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di Holie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Night (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 2: *** Bridge (implied Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 3: *** Lily (Oda/Chuuya) ***
Capitolo 4: *** Wave (Oda/Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 5: *** Music (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 6: *** Shadow (Oda/Chuuya) ***
Capitolo 7: *** Books (implied Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 8: *** Mirror (implied Oda/Chuuya) ***
Capitolo 9: *** Kidnapping (Beast Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 10: *** Cut (implied Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 11: *** Bond (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 12: *** Memory (Oda/Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 13: *** Choice (implied Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 14: *** Alone (Beast - implied Dazai/Chuuya – Oda/Chuuya) ***
Capitolo 15: *** Cold (Oda/Dazai) ***
Capitolo 16: *** Bullet (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 17: *** Dream (Oda/Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 18: *** Softness (Oda/Dazai) ***
Capitolo 19: *** Hug (Oda/Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 20: *** Promise (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 21: *** Drink (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 22: *** Back (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 23: *** Misunderstanding (Oda/Chuuya) ***
Capitolo 24: *** Past (Oda/Dazai – Chuuya/Dazai) ***
Capitolo 25: *** Reality (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 26: *** New coat (Oda/Dazai) ***
Capitolo 27: *** Cake (Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 28: *** Bandage (implied Oda/Dazai) ***
Capitolo 29: *** Darkness (Oda/Dazai/Chuuya) ***
Capitolo 30: *** Forgiveness (Oda/Dazai – Oda/Chuuya) ***
Capitolo 31: *** Halloween (Oda/Dazai/Chuuya) ***



Capitolo 1
*** Night (Dazai/Chuuya) ***


1)Night (Dazai/Chuuya)

Un singhiozzo disperato, un vagito soffocato appena udibile nella notte silenziosa di Yokohama. Oltre una finestra, nascosto alla vista da pesanti tende e illuminato solamente da uno spicchio di bagliore lunare, Dazai cullava suo figlio. Tenendolo in braccio, sussurrava al suo orecchio promesse e parole rassicuranti, nel tentativo di placare la sua agitazione.

«Cucciolo, va tutto bene, papà è qui. Non aver paura. Ti sei spaventato perché eri solo quando ti sei svegliato?» posò le labbra sulla guancia del figlio. Il piccolo tirò su col naso, smettendo di piangere ma mostrando gli occhi ancora lucidi e carichi di lacrime.

«Bravo, bravissimo amore mio. Così non disturbiamo la mamma. Adesso ce ne stiamo un po’ soli io e te finché non ti viene di nuovo sonno, ok?» Dazai si accomodò sulla sedia a dondolo nell’angolo, la testa del bimbo posata sul petto all’altezza del cuore.

A volte fare il genitore era difficile, richiedeva sacrifici. Prima della nascita di suo figlio, più volte Dazai si era domandato se fosse veramente pronto a tutto questo e spesso la risposta che si era dato era “no”. Ma alla fine si era ricreduto. Per Chuuya, esausto nel letto della stanza accanto dopo un’intensa giornata di lavoro, Dazai aveva capito di essere pronto ad essere padre.

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Capitolo 2
*** Bridge (implied Dazai/Chuuya) ***


Con le braccia poggiate al parapetto del ponte, Dazai guardava rapito l’acqua che scorreva al di sotto di lui, limpida, fresca e veloce. Si sporse un po’ per osservare meglio. Il fiume era come un richiamo, una sirena che sussurrava nel suo orecchio. Si fece ancora avanti, sbilanciandosi pericolosamente.

Due bambini gemelli salirono di corsa sul ponte. Otto anni circa, una folta corona di capelli castani e profondi occhi azzurri, portavano in mano tre gelati. «Papà!! Papà!» lo raggiunsero e uno dei due quasi gli saltò in braccio nel tentativo di porgergli un cono. Dazai si voltò e intercettando il piccolo, gli prese il gelato dalle mani. «Grazie mille cucciolo.»

«Guarda! Guarda il mio!! Limone e liquirizia!» si agitò l’altro gemellino, esaltato dal dolce. «Uhm, deve essere buonissimo. Incamminiamoci ragazzi, forza» rispose il padre con un sorriso.

Dazai si allontanò dal parapetto, il momento era passato. Con il cono in mano e i figli alle calcagna se ne andò.

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Capitolo 3
*** Lily (Oda/Chuuya) ***


Chuuya dormiva attaccato a una flebo, in una stanza di ospedale dalle pareti bianche e asettiche. Sul suo comodino, assieme a qualche effetto personale, un vaso di gigli freschi e sulla sedia di fianco al letto Odasaku con in braccio un fagotto.

Il parto era stato difficile: durato più del previsto, erano sorte diverse complicazioni. Temendo per la salute del compagno e del nascituro, Oda era rimasto in tensione per tutto il tempo, riuscendo a tirare un lungo sospiro di sollievo solo a travaglio finalmente concluso. La sua bambina si era rivelata combattiva e una volta venuta al mondo aveva salutato tutti con un urlo forte e disperato.

Ora la piccola se ne stava buona tra le braccia del papà, sonnecchiando tranquillamente. Oda la fissò, incapace di staccare gli occhi da lei. «Mia piccola Yuri, sei bellissima come tua madre e come questi gigli.»

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Capitolo 4
*** Wave (Oda/Dazai/Chuuya) ***


L’onda si alzò per un paio di metri, ripiegandosi poi su se stessa. Un attimo prima che si infrangesse, Chuuya la attraversò da parte a parte sul suo surf. «Yahoooo!!!» urlò a tutta voce, scivolando verso il cavallone successivo.

Molti metri più in là, al sicuro sulla spiaggia, Dazai si portò una mano alla fronte per ripararsi dal sole e osservare il compagno affrontare i flutti. «Io un giorno lo disconosco. Che vergogna, urlare come un pazzo in questo modo.»

Odasaku, seduto poco distante in mezzo a diverse montagnole di sabbia, non distolse lo sguardo dal castello di sabbia che stava decorando mentre rispondeva «Come se tu non ci facessi vergognare mai. Devo ricordarti la tua avventura con i frutti di mare? Tsukasa, mi presti il rastrello?»

Il piccolo, intento a scavare un fosso con i suoi due fratelli, gli passò l’attrezzo richiesto.

«L’ho già detto mille volte! È stata una svista!!» si lamentò Dazai, arrossendo imbarazzato.

«Sì, sì, come vuoi» lo liquidò l’altro «Ora vieni qui e aiutami con la torre. Hirotami, le conchiglie.»

Sbuffando, Dazai si risistemò sulla testa l’ampio cappello di paglia e andò a sedersi in terra assieme alla sua famiglia per giocare anche lui con la sabbia.

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Capitolo 5
*** Music (Dazai/Chuuya) ***


Una giornata di sole, una splendida domenica mattina. Dazai attraversò il salone a passo di danza, agitando lo straccio al ritmo della musica sparata dal giradischi. Fischiettando, si spostò nel corridoio e da lì nelle camere. Finito il percorso, tornò indietro ballando fino al punto di partenza. Con un movimento aggraziato, prese al volo un panno da spolvero e cambiò mansione, dedicandosi alla pulizia dei mobili.

«Osamu.»

L’uomo non udì la voce del compagno, soffocata dal volume proibitivo della canzone.

«Osamu!» tentò di nuovo Chuuya, stavolta comparendo sulla soglia della cucina. La sua espressione tradiva un principio di irritazione. Anche questa volta, il richiamo non ottenne risposta.

«Dazai!» sbraitò il rosso e finalmente, forse percependo nell’aria il pericolo, l’alfa si voltò. «Chuuya, Chibi, cosa c’è?»

«Per favore, leva quel disco. La musica sta facendo agitare il bambino e io mi sento male».

Senza farselo ripetere due volte, Dazai volò a spegnere il giradischi. Un silenzio improvviso calò sulla casa.

«Grazie» sospirò Chuuya, poggiandosi allo stipite della porta con fare stanco. «Scusami» il compagno lo baciò sulla fronte, quindi si inginocchiò davanti a lui per posare un bacio sul suo pancione. «Scusami anche tu piccolo».

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Capitolo 6
*** Shadow (Oda/Chuuya) ***


Nell’ampio letto matrimoniale, Chuuya dormiva sonoramente, circondato dai suoi tre bambini gemelli. Hirotami era rotolato fino a una delle estremità, cercando il fresco. Tsukasa era schiena a schiena con la madre, desiderandone il contatto ma ostentando indipendenza. Da ultimo, Kaoru si era posizionato con la testa sul petto di Chuuya, il nasino affondato nel collo dell’adulto alla ricerca dell’odore rassicurante della madre.

Oltre il lontano e costante rumore del frigorifero nella cucina, si udì un lieve scricchiolio. A seguire, un rumore ovattato di passi. Pochi istanti dopo, un’ombra senza nome si affacciò sulla soglia della stanza.

Chuuya si svegliò di colpo con una forte sensazione di pericolo, il sonno che gli intorpidiva la mente e la vista. Capì che c’era qualcuno nella camera, uno sconosciuto, una possibile minaccia per lui e i suoi figli. Provò a gridare, ma dalla bocca impastata non uscì alcun suono. Con il cuore a mille, riuscì a fare un unico gesto istintivo: accendere la luce.

L’abat-jour si illuminò di colpo, inondando la camera di un bagliore giallastro. Tutto prese forma e colore, compresa la figura misteriosa. Odasaku, suo marito.

L’alfa dovette leggere il muto panico nel viso del compagno perché, con voce colpevole, disse «La prossima volta farò più rumore quando rientro.»

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Capitolo 7
*** Books (implied Dazai/Chuuya) ***


Quando Dazai aveva chiesto a Kunikida di accompagnarlo in libreria dopo il lavoro, l’uomo aveva inizialmente risposto con un secco «No». Non sapeva cosa avesse in mente l’altro, ma una volta conclusa la giornata in agenzia le sue intenzioni erano di tornare a casa e dedicarsi alle pulizie, come da programma.
Stupido da parte sua pensare che Dazai avrebbe desistito così facilmente.

Il collega aveva continuato a tartassarlo nelle ore successive, pregandolo sempre più platealmente di andare con lui. Per la sua salute mentale, Kunikida aveva infine ceduto. Lo avrebbe accompagnato, ma sarebbe rimasto con lui non più di mezz’ora.

Appena avevano messo piede nel negozio, il castano gli aveva detto «Aspettami qui.» e era sparito tra gli scaffali senza dare spiegazioni. Dopo aver atteso due minuti sul posto senza vederlo fare ritorno, Kunikida si era avvicinato al primo espositore disponibile e aveva iniziato a sfogliare una rivista scientifica con fare annoiato.

Poco dopo Dazai era ricomparso nel suo campo visivo. Si stava aggirando tra gli scaffali come un’anima in pena, mormorando tra sé e sé. Sempre borbottando lo aveva raggiunto e in preda alla disperazione aveva esclamato «Kunikida, cosa faccio? Ho paura di essere impreparato quando arriverà il grande giorno!!» guadagnandosi delle occhiatacce dagli altri clienti.

Afferrandolo per il collo della camicia, Kunikida lo trascinò più avanti tra le varie sezioni, fermandosi solo nel pressi del cartello “salute”. Aveva finalmente capito perché Dazai gli aveva chiesto di accompagnarlo e anche perché fosse nel panico. Per essere un uomo così intelligente, talvolta l’altro alfa si perdeva in un bicchier d’acqua.

Sbuffando, il biondo sfilò un libro da un ripiano e glielo mise in mano. "Cosa aspettarsi quando si aspetta" era il titolo. «Magari prima inizia a leggere questo, il resto verrà da sé.»

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Capitolo 8
*** Mirror (implied Oda/Chuuya) ***


Chuuya si guardò nello specchio. Angolazione frontale. “Banale” pensò e prese un’altra posa, girandosi di tre quarti. Si scrutò da testa a piedi, non piacendosi. Provò una posizione simile, poi decise di mettersi di profilo. Oh, da questo lato era strano! Ancora un tentativo: di schiena. Voltò il collo per osservarsi e gli venne da ridere. Forse il problema non erano le pose ma i vestiti.

Andò all’armadio e si cambiò. Scelse una maglia diversa e dei pantaloni da palestra, più attillati. Tornò davanti allo specchio, girò su se stesso, alla fine scelse nuovamente di vedersi di profilo. Portò una mano al pancione, lo accarezzò con riverenza. Nove mesi e tre gemelli, era davvero enorme.

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Capitolo 9
*** Kidnapping (Beast Dazai/Chuuya) ***


Chuuya piangeva disperato tra le braccia del compagno. Lacrime calde e copiose abbandonavano i suoi occhi per andare a bagnare la camicia del boss mafioso. Il giovane omega non riusciva ad essere forte, non riusciva a trattenere i singhiozzi con la consapevolezza che qualcuno aveva rapito i suoi figli per vendicarsi di Dazai. I suoi neonati, piccoli, totalmente indifesi. Avrebbe dovuto proteggerli, ma non era stato capace perché troppo stanco per il parto.

La sicurezza di Dazai non era stata sufficiente. Il rapitore era un vecchio amico, qualcuno tanto furbo e abile da riuscire ad aggirare anche gli uomini migliori del boss.

«Non temere amore, li riporterò indietro» lo rassicurò Dazai, la bocca affondata tra i capelli dell’altro e lo sguardo carico di odio.

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Capitolo 10
*** Cut (implied Dazai/Chuuya) ***


«Uuwaaaahh!! Mammaaaaa!!»

Piangendo disperata, Yumi corse dalla madre in cucina. Chuuya si voltò nella sua direzione, vedendola arrivare un dito sanguinante mentre nella mano opposta teneva un paio di forbici.

«Cosa stai facendo? Ti ho detto mille volte di non correre con le forbici in mano, è pericoloso!» la sgridò. Yumi non parve sentirlo, continuando a piangere come una fontana per la ferita.

«Vieni qui, fammi vedere» sospirando, Chuuya le pulì l’indice con un tovagliolo umido. Sanguinava abbastanza, ma era solo un taglietto. La bambina si era sicuramente fatta male mentre creava qualche collage. «Ora ci mettiamo un bel cerotto e ti passa, ok?» la rassicurò, baciandole una guancia e poi prendendola in braccio con qualche sforzo. A tre anni Yumi era già piuttosto alta grazie ai geni paterni e la pancia data dal piccolo in arrivo non aiutava Chuuya nelle manovre.

Arrivato in bagno, mise la figlia seduta sul bordo della vasca, quindi le disinfettò il dito per poi avvolgerlo in un cerotto con le coccinelle. «Meglio?»

«Sì! Grazie!!» con uno slancio la piccola si alzò e corse via, la paura del taglio già dimenticata.

«Ogni tanto vorrei che fosse più tranquilla» mormorò rassegnato Chuuya, riponendo le medicazioni.

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Capitolo 11
*** Bond (Dazai/Chuuya) ***


Dazai allungò una mano ad accarezzare la guancia di Chuuya, disteso accanto a lui nel letto. La pelle dell’altro era calda, quasi bollente sotto le sue dita e non per le sole attività di poco prima. Il castano si avvicinò ulteriormente al compagno, facendo sì che le coperte si aggrovigliassero ancora di più attorno al suo corpo. Da questa distanza era impossibile non notare il respiro leggermente affannato di Chuuya, o il modo in cui il suo sguardo andasse ogni tanto fuori fuoco. Questi segni, combinati col il caldo cocente della sua pelle e il dolcissimo odore che emanava, erano tutti sintomi di un imminente calore.

«Chuuya, sei sicuro di volerlo? Desideri davvero che io ti marchi?» chiese Dazai, cercando il consenso dell’ omega per l’ennesima volta. Il rosso annuì distrattamente, con un debole gesto del capo. Poi, riprendendosi, mise a fuoco Dazai e parlò «Sì, lo voglio. Per favore Osamu, quante volte vuoi ancora che lo ripeta?»

Questo sembrò bastare all’alfa, che con un ultimo sorriso affondò la testa nel collo di Chuuya. Per qualche minuto ne assaggiò la pelle, leccandola avidamente, individuando il punto perfetto per mordere. Senza preavvisò affondò i denti. Chuuya urlò, ma Dazai quasi non lo sentì, sopraffatto dalle proprie emozioni.

Il leggero sapore di sangue sulla lingua, l’improvviso e graduale cambiamento del profumo dell’omega e su tutto questo la splendida e impagabile sensazione che l’altro fosse finalmente suo.

Tra le sue braccia, nella sua mente e nel suo cuore. Ora Chuuya era ovunque in lui, apparteneva a lui nel modo primordiale in cui alfa e omega erano fatti per appartenersi. E lui apparteneva a Chuuya nello stesso, identico modo.

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Capitolo 12
*** Memory (Oda/Dazai/Chuuya) ***


Il fuoco scricchiolava nel camino, riempiendo la stanza di un piacevole calore. Sul divano, raggomitolati uno contro l’altro, stavano Odasaku, Chuuya e Dazai. Il più basso tra loro teneva sulle gambe un grosso album fotografico dall’aspetto usurato. Ne sfogliava lentamente le pagine, permettendo agli altri di commentare i ritratti in questo custoditi. Immagini che raccontavano la loro storia, riportando alla memoria spezzoni di vita.

Dazai e Oda giovanissimi in riva al mare, i sorrisi smaglianti mentre posavano con le canne da pesca nuove di zecca. Loro tre assieme, le espressioni distratte in una foto che li ritraeva mentre mangiavano un gelato. Chuuya, nudo e addormentato in mezzo al letto, due morsi freschi ai lati del collo. La laurea di Dazai, con il tocco messo per storto sulla testa e la tesi in bella vista tra le mani. Odasaku e Chuuya sporchi di vernice, gli sguardi concentrati sulla parete che stavano pitturando al momento dello scatto. Chuuya incinto per la prima volta accanto a Dazai, avvolti dai fiocchi di neve in una via cittadina, la punta sfocata di un dito di Oda casualmente nel basso dell’inquadratura. E poi ancora, i loro bambini, il matrimonio, i compleanni, le feste e gli altri figli. Le persone che di volta in volta entravano nell’inquadratura si facevano sempre più numerose, fino a diventare dieci.

Chuuya chiuse l’album con un sospiro, stiracchiandosi un po’ «È stata una lunga corsa, ma adesso che anche Sakura è andata via di casa possiamo tornare ad avere un po’ di tranquillità.»

«Quarantacinque anni e sette figli, chi lo avrebbe mai detto?» Dazai baciò la testa del coetaneo.

«Qui gli anni sono cinquanta» lo corresse Odasaku «E sapete bene come la penso sui bambini. Non mi dispiacerebbe il numero otto.»

Gli altri due si voltarono a guardarlo con aria minacciosa «Sakunosuke, NO» gli dissero in coro, come solo loro talvolta riuscivano involontariamente a fare. «Puoi avere un cane, un gatto, anche un’iguana se preferisci, ma non avremo un altro bambino» chiarì Chuuya.

A Oda non restò che capitolare.

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Capitolo 13
*** Choice (implied Dazai/Chuuya) ***


Doveva fare una scelta. Dedicarsi alla carriera e impegnarsi per diventare un dirigente della Port Mafia, oppure … Oppure ritirarsi per mettere al mondo il figlio che portava in grembo.

Con un gesto di rabbia Chuuya scagliò il test di gravidanza nel cestino. Avrebbe voluto urlare e distruggere tutto, ma sapeva che sarebbe stato controproducente. Non aveva bisogno di attirare l’attenzione di qualcuno proprio ora, non mentre si disperava per l’ennesima scelta di fronte a cui Dazai lo stava mettendo.

Un bambino. Un bambino proprio in quel fottuto, maledettissimo momento. Ci doveva essere dell’ironia in ciò che stava accadendo, ma lui non riusciva a percepirla perché troppo accecato dalla rabbia.

Scoprire di aspettare pochi giorni dopo che il suo ex-partner aveva tradito la mafia era un duro colpo. A seguito della morte del suo amico Oda, Dazai era scomparso nel nulla. Si era lasciato dietro non solo ciò che era stata la sua vita fino a quel momento, ma anche la rabbia di Mori, l’auto esplosa di Chuuya e un feto che sarebbe nato tra 8 mesi.

Lui sapeva (ne era convinto con una certezza disarmante) che Dazai non era a conoscenza della gravidanza, ma non poteva fare a meno di dargliene la colpa. Era stato il castano ad andare da lui un mese prima, a gettarlo sul letto senza spiegazioni con l’adrenalina a mille dopo lo sterminio di una gang rivale. Chuuya non lo aveva allontanato, si era lasciato piegare come Dazai desiderava, assecondando la sua danza selvaggia tra le lenzuola. Non erano stati attenti, ma non ci aveva dato peso. Probabilmente una delle scelte peggiori della sua vita.

E ora questa spada di Damocle pendeva sulla sua testa. Tenere il bambino significava abbandonare la vita nella Port Mafia, sparire dalla circolazione per impedire che Mori mettesse le mani su quella che poteva diventare una nuova pedina per i suoi contorti piani. Restare invece comportava abortire in segreto e possibilmente nascondere la questione sotto una colata di cemento, dove nessuno l’avrebbe trovata.

Quale scelta avrebbe fatto? A cosa avrebbe deciso di rinunciare?

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Capitolo 14
*** Alone (Beast - implied Dazai/Chuuya – Oda/Chuuya) ***


Dazai si era suicidato gettandosi dal detto di uno dei palazzi della Port Mafia e lui era rimasto solo. Non completamente, effettivamente solo, ma solo nel modo in cui si spezza un legame di cui non si capisce l’importanza fino a quando non è reciso.

Era stato tutto molto improvviso. Chuuya non era potuto intervenire, troppo lontano per afferrare il boss al volo e con un potere per la prima volta inutile. Volare fino a Dazai per riprenderlo avrebbe significato morire entrambi. Anzi, in tre.

Non sapeva neanche come reagire all’accaduto. Dazai si era gettato per “salvare” Oda, un perfetto sconosciuto. La sua morte avrebbe mantenuto in vita l’altro, aveva detto. Era tutto così paradossale e confuso che Chuuya non era riuscito ad arrabbiarsi. L’unica cosa di cui era certo era che la nuova acquisita “vedovanza” non gli piaceva. L’altro era morto da neanche mezz’ora e già i loro uomini gli si accalcavano attorno per rassicurarlo, fargli le condoglianze, domandare ordini e cercare di capire cosa non andasse in lui.

“Cosa può esserci che non va in me?!” avrebbe voluto tanto urlare a quella marmaglia indistinta vestita di nero “Che forse l’uomo dal quale aspetto un figlio si è appena suicidato per un motivo che non comprendo, lasciandomi sulle spalle un incarico di boss che non voglio?!”

Qualcuno si fece largo tra la folla, proprio Oda. Si fermò accanto a lui. «Cosa vuoi?» le parole di Chuuya uscirono come un ringhio.

Quello rimase impassibile, non reagì al tono sprezzante «Penso che tu abbia bisogno di un aiuto, di un posto in cui rifugiarti per un po’ e avere tempo di capire cosa è successo. Se vuoi, io posso offrirtene uno.»

Chuuya lo guardò sgranando gli occhi. Oda Sakunosuke doveva essere pazzo, per fare quella proposta a un boss mafioso. E lui doveva essere ancora più pazzo, per accettare.

Lanciò uno sguardo a Koyou, avrebbe capito al volo, quindi si portò una mano al ventre mentre faceva cenno ad Oda di seguirlo. Quattro mesi, ne restavano cinque. Era suo diritto fermarsi per la maternità, no?

«Parlami della tua idea.»

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Capitolo 15
*** Cold (Oda/Dazai) ***


Dazai fu attraversato da un brivido di freddo che lo scosse in tutto il corpo. Seduto nella rientranza del bovindo, osservava la fitta tempesta di neve agitare il mare di Yokohama, l’espressione sul suo volto vuota e solitaria.

«Osamu?» lo chiamò Odasaku, avvicinandosi. L’uomo indossava un pigiama pesante e portava tra le braccia la loro figlia neonata. La piccola si stiracchiò appena nel sonno, piacevolmente avvolta da una coperta calda e morbida.

Dazai spostò lo sguardo sul compagno, risvegliandosi improvvisamente dallo stato catatonico in cui era caduto. Allungò le braccia per farsi passare la bambina.

Una volta lasciata la piccola alla madre, Oda prese una coperta dal divano, andandola a posare sulle spalle del più giovane.

«Scusami» mormorò Dazai, ma l’alfa lo zittì con un gesto del capo.

«Non è successo nulla, va tutto bene» sussurrò, scivolando accanto a lui nella rientranza.

Dazai sorrise appena e Odasaku si sporse a baciarlo sulle labbra, per poi volgere anche lui lo sguardo sulla baia, la testa posata sulla spalla dell’altro.

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Capitolo 16
*** Bullet (Dazai/Chuuya) ***


Il drappello di medici e infermieri accalcati attorno alla barella oscurava la vista di Dazai. Le grida concitate dei sanitari gli perforavano le orecchie mentre portavano il suo omega lontano da lui, nella sala operatoria.

All’alfa non rimase che restare seduto per ore su una sedia in una stanza minuscola, unicamente in compagnia dei suoi pensieri. Nella testa continuava a vedere e rivedere gli eventi che avevano portato a quella situazione.

Chuuya, testardo come un mulo, aveva insistito per seguirlo in missione nonostante la gravidanza. Doveva essere una cosa semplice, un mordi e fuggi, ma le cose erano degenerate dando vita a uno scontro. C’erano stati degli spari e l’omega, rallentato nei movimenti, si era preso una pallottola nell’addome. Dazai non aveva potuto fare nulla per evitarlo.

Assorto nei suoi pensieri, l’uomo non si accorse di Koyou, che era seduta al suo fianco. La donna lo fissava con espressione preoccupata. Dazai non diede segno di vedere neanche Ango, arrivato a portargli conforto e caffè.

Dazai non sapeva quante ore fossero passate, ma finalmente fu raggiunto da un medico uscito dalla sala operatoria. Le notizie che portò furono in grado di sciogliere almeno in parte la sua tensione.

«Nakahara e il bambino stanno bene, ma la ferita ha causati diversi danni. C’è stato un distacco della placenta. Il suo compagno dovrà restare in assoluto riposo fino al momento del parto.»

L’alfa non riuscì a negarsi un sospiro di sollievo. Erano vivi. Non era una situazione ottimale, ma potevano farcela. Potevano ancora andare avanti.

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Capitolo 17
*** Dream (Oda/Dazai/Chuuya) ***


Chuuya passeggiava in un prato montano, ai suoi piedi l’erba era cosparsa di splendidi fiori dai colori brillanti. Sentì in lontananza delle voci e istintivamente le seguì, come fossero un richiamo.

Inoltrandosi in una zona boschiva, superò alcuni cespugli, quindi li vide. Due bambini dai capelli di un rosso scuro, identici tra loro, si divertivano rincorrendosi tra le piante. Vedendolo, i piccoli si fermarono e uno gli chiese «Vuoi giocare con noi?»

Senza pensarci, Chuuya annuì. Era divertente, si sentiva allegro e leggero come l’aria. Il tempo passava e loro continuavano a correre, ma la stanchezza non sembrava coglierli. Era come uno splendido sogno.

Improvvisamente comparvero altri due bambini, anche loro perfettamente simili, ma con i capelli di colore castano. «Lo avete trovato!» esclamò uno di questi, un sorriso di pura gioia sul volto. L’altro si diresse verso di lui, andando ad abbracciarlo «Ti stavamo cercando, mamma!!»


Chuuya si svegliò di colpo, mettendosi di scatto a sedere nel letto, il volto sudato. «Cazzo!!» gridò.

Odasaku e Dazai, che dormivano di fianco a lui, aprirono gli occhi. «Cosa c’è?» domandò Oda con la voce rauca per il sonno.

«Cazzo!!» ripeté nuovamente Chuuya agitato, portandosi una mano al ventre ancora piatto «Sono quattro gemelli!!»

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Capitolo 18
*** Softness (Oda/Dazai) ***


Negozio di casalinghi, reparto biancheria per la casa.

Dazai, al centro del corridoio, era intento ad aprire e buttare all’aria tutte le coperte in esposizione. «Questo no e quest’altro è anche peggio!!» sbuffò contrariato, scartando un paio di plaid.

Odasaku lo raggiunse, il carrello pieno di spesa. «Allora, hai deciso? Possiamo andare a pagare?» c’era una lieve nota di disperazione nella sua voce.

«No, perché ancora non ho trovato ciò che cerco! Queste coperte sono terribili Odasaku!! Così ruvide, non vanno bene per il mio nido!»

Di fronte all’isterismo del compagno, Oda esalò un lento sospiro «Lascia stare, passiamo al prossimo negozio.»

«Ma sull’ultimo ripiano ne vedo delle altre!» protesto Dazai «Aspetta, controllo quelle e poi ci avviamo!»

Il rosso si vide costretto a bloccarlo «Osamu, compro della lana e te le cucio io queste coperte, va bene? Ora andiamo.» Prendendolo per un braccio, lo trascinò via di forza.

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Capitolo 19
*** Hug (Oda/Dazai/Chuuya) ***


I tre gemellini dormivano profondamente nei loro letti, caduti tra le braccia di Morfeo dopo una fiaba della buonanotte. Dazai chiuse delicatamente la porta della loro stanza e raggiunse Chuuya in cucina. L’omega era intento a sciacquare i piatti della cena.

Avvicinandosi da dietro, il castano gli cinse la vita stringendolo in un abbraccio. Inizialmente sorpreso, l’altro si lasciò andare ad un sorriso, sospirando dolcemente e accarezzando una delle braccia di Dazai.

«Cosa ti prende ora?»

«Sembrava che tu avessi bisogno di un abbraccio Chibi.»

Chuuya voltò la testa, allungandosi a baciarlo su una tempia «Qui ho finito, andiamo ad aspettare Odasaku in sala.»

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Capitolo 20
*** Promise (Dazai/Chuuya) ***


Il criminale strisciò in terra, indietreggiando spaventato. L’espressione sul suo volto era di puro terrore. E di fronte a lui … un gattino di razza, arrabbiato e con il pelo gonfio. Dietro al micio …

«Prova di nuovo a rubare Tama e te la dovrai vedere con me!» avvertì una bambina di appena cinque anni, capelli castani e occhi azzurri. Guardò l’uomo dall’alto in basso, le mani sui fianchi in una postura minacciosa.

Il ladro deglutì, ma non era certo di lei che aveva paura. Alle spalle della piccola stava a sua volta un’altra figura, silenziosa e letale. Nakahara Chuuya, madre della bimba e braccio destro di Dazai Osamu, boss della Port Mafia. L’espressione del rosso lasciava intendere che avesse tutta intenzione di usare l’uomo ai piedi della figlia come materiale da ardere.

Allontanandosi ulteriormente, il malvivente alzò lo sguardo di qualche altro centimetro. Sullo sfondo di quella parata si stagliava Dazai in persona, marito di Chuuya e padre della bambina. Avvolto nel suo cappotto nero che ne accentuava l’aspetto demoniaco e intimidatorio, fissava glaciale l’uomo dritto negli occhi. Non c‘erano dubbi su quali pensieri stesse avendo nei suoi riguardi in quel momento.

«Non toccherò mai più Tama! Lo prometto, lo prometto!» si ritrovò a gridare il criminale, alzandosi di scatto per fuggire con ritrovata energia.

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Capitolo 21
*** Drink (Dazai/Chuuya) ***


Chuuya guardava fisso il bicchiere di whiskey con intenso desiderio. Era pieno fino all’orlo, di un bel colore ambrato e freddo per il ghiaccio. La condensa che appannava il vetro era a dir poco invitante. Sentiva in bocca un’intensa acquolina, una voglia spasmodica di afferrarlo e mandarne giù un lungo sorso. Non era il suo drink preferito, un bicchiere di vino sarebbe stato nettamente meglio, ma Chuuya era un uomo disperato in quel momento e se lo sarebbe fatto andar bene.

Allungò la mano, pronto a prenderlo, ma qualcuno glielo sfilò da davanti, molto più veloce.

Dazai si portò il bicchiere alle labbra, svuotandolo in un solo colpo. A Chuuya non restò che guardarlo con espressione profondamente delusa.

Accorgendosi della reazione del rosso, Dazai gli avvicinò un bicchiere riempito d’acqua. «Coraggio Chuu, non fare quella faccia. Lo sai che non puoi bere alcolici in gravidanza. Forza, prendi un po’ d’acqua.»

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Capitolo 22
*** Back (Dazai/Chuuya) ***


Quattro anni da quando era morto Odasaku, quattro anni da quando aveva fatto perdere le sue tracce tradendo la mafia e lasciando indietro pezzi importanti della sua vita.

In quattro anni erano successe molte cose, il mondo era andato avanti e non aveva atteso i suoi comodi. Si era illuso che tornare indietro dopo tutto questo tempo sarebbe stato semplice, che inserirsi nuovamente nello schema delle cose sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Solo ora comprendeva come il suo fosse stato un pensiero egoistico e infantile.

Non c’era alcun posto in cui tornare per lui. Lo aveva capito mentre osservava da lontano Chuuya camminare mano nella mano con due bambini gemelli. I loro bambini.

Dazai non sapeva nulla, aveva appreso della loro esistenza solo qualche minuto prima. Non poteva incolpare l’ex compagno per averli tenuti nascosti. Era stato abbandonato, se fosse capitato a lui avrebbe fatto la stessa identica cosa.

I suoi iniziali progetti per tornare indietro da Chuuya erano falliti. Forse era arrivato il momento di abbandonare gli schemi e affrontare la situazione faccia a faccia, con onestà.

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Capitolo 23
*** Misunderstanding (Oda/Chuuya) ***


Chuuya si alzò in piedi, stiracchiandosi e agitando leggermente le ali trasparenti. «E con questo per oggi abbiamo finito» i resti scomposti di uno zombie giacevano ai suoi piedi.

Odasaku passò alla fata un fazzoletto perché si ripulisse dalla melma maleodorante che gli ricopriva mani e braccia, poi con un gesto reso ormai automatico dall’abitudine, accese un fiammifero e diede fuoco al “cadavere”. I frammenti si polverizzarono velocemente, lasciandosi dietro un fumo bluastro. «Ormai la situazione sta sfuggendo di mano. Non ho mai visto così tanti zombie affollare la città. Scommetto che c’è qualcuno dietro tutto questo.»

«Lasciamo le indagini ai piani alti Oda» rispose l’altro, gettando il fazzoletto lurido tra le fiamme «In realtà a me non dispiace che siano aumentati. La caccia è divertente e tu sei un ottimo partner.»

Il più alto arrossì leggermente in risposta al sorriso del compagno, fresco e sincero. Lui e Chuuya non erano in squadra assieme da molto tempo, ma era indubbio che ci fosse sintonia tra loro. Una fata e un vampiro a caccia di zombie. Chi lo avrebbe mai detto?

«Siamo sporchi da capo a piedi. Ti va di venire da me per darti una ripulita prima di tornare indietro? Casa mia è vicina e tu devi attraversare la città. Mi spiace mandarti in giro così.»

«Uh, sì grazie … se non ti dispiace …» rispose imbarazzato Odasaku.


Così finì per ritrovarsi nel bagno di Chuuya, lindo e profumato dopo una doccia calda. Ne aveva veramente bisogno dopo la notte passata tra gli schizzi di melma e sangue.

Mentre si asciugava i capelli osservò che la fata aveva una grossa collezione di bagnoschiuma, profumi e prodotti di bellezza. Un po’ strano, considerando quanto l’altro fosse un maschiaccio sul lavoro. La razza dell’altro era nota per tenere molto al proprio aspetto, ma Chuuya gli aveva sempre dato l’impressione di essere un po’ fuori dal coro. Forse semplicemente era anche lui un vanitoso.

L’occhio gli cadde improvvisamente su di un particolare flacone tra gli altri. La boccetta, tipica dei medicinali, recava la scritta “inibitori”. Odasaku ne rimase stupito e subito capì che quello era un indizio importante. Uscito dal bagno, non poté fare a meno di chiedere delucidazioni all’altro. «Non sapevo avessi una compagna. Sei sicuro che non le dispiaccia che io abbia usato il vostro bagno?»

«Eh? Quale compagna?» rispose la fata aggrottando le sopracciglia.

«Quella che è la proprietaria di tutte quelle boccette di profumo nel bagno e anche degli inibitori» spiegò il vampiro.

Chuuya rimase per un attimo in silenzio, quindi scoppiò a ridere «Oda, non c’è nessuna compagna! Quella è tutta roba mia, anche i medicinali.»

Odasaku arrossì violentemente «Pensavo …. Pensavo tu fossi un alfa, o un beta …»

«No, sono un omega. Non te l’ho mai detto perché non pensavo fosse importante. Gli inibitori sono essenziali per me: noi fate siamo molto fertili e non ho intenzione di restare incinto di qualsiasi creatura magica con cui io vada a letto.»

Il vampiro annuì senza parlare, diventando sempre più rosso a causa della sincerità della fata.

«Anzi» proseguì Chuuya con espressione lasciva «Dato che ci siamo, ti va di divertirti un po’?»

Oda deglutì, incapace di dire di no.

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Capitolo 24
*** Past (Oda/Dazai – Chuuya/Dazai) ***


Seduto di fronte l’altare domestico, Dazai accese una nuova candela e la posò di fianco alla foto incorniciata di Oda.

«Odasaku, sono venuto a cambiare una delle candele» iniziò a parlare al ritratto in modo disinvolto, come se l’altro fosse di persona davanti a lui «Oggi è stata una bella giornata. Yuu ha avuto il suo primo compito in classe. Ha paura che sia andato male, ma io sono sicuro che prenderà un bel voto. È sempre così timido e insicuro, crede poco in se stesso. Vorrei che tu fossi qui a incoraggiarlo …»

«Osamu! Sono a casa!» la voce di Chuuya interruppe la chiacchierata.

Dazai sorrise «Perdonami, devo andare. Parleremo di nuovo più tardi.»

Alzandosi con un po’ di fatica, il pancione ormai molto grosso, uscì dalla stanza.

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Capitolo 25
*** Reality (Dazai/Chuuya) ***


Aveva sempre saputo che quella era una possibilità, un presagio che incombeva sulla loro relazione, ma non si era mai soffermato a pensare che potesse effettivamente divenire una realtà.

Sin dal momento in cui si erano conosciuti, pochi anni prima, Chuuya aveva messo in chiaro le cose: era malato e sarebbe potuto morire. Dazai inizialmente non aveva afferrato la gravità della situazione. Ormai qualsiasi malattia era praticamente curabile, cosa poteva mai affliggere il rosso, da non trovare soluzione? Banalmente, un problema di cuore.

La vita non è mai un percorso rettilineo, una bella autostrada a quattro corsie con piazzole di sosta attrezzate. Somiglia piuttosto a una via tutta curve, alcune più strette e pericolose di altre. La vita di Chuuya purtroppo si era rivelata sin da subito un tratturo di montagna, in salita e pieno di buche, con una pendenza mano a mano sempre più proibitiva. Lui aveva tentato con tutte le forze di andare avanti, ma in certi momenti non ce l’aveva fatta e si era dovuto fermare.

Le terapie non avevano avuto l’effetto desiderato. I trapianti di cuore falliti per rigetto. Chuuya si era semplicemente rassegnato: sarebbe andato avanti finché riusciva. Dazai si era quasi strappato i capelli per la disperazione sentendo quell’ammissione di sconfitta.

Ma il tempo era stato abbastanza clemente e nonostante un paio di pericolosi scivoloni, i due erano riusciti a costruire una vita assieme. Il rosso talvolta si sentiva inutile, relegato a letto come era, ma il compagno non glielo faceva assolutamente pesare e si dimostrava contento anche solo di poterlo avere al suo fianco ogni giorno. Dazai lavorava, usciva la mattina presto e tornava la sera tardi. Chuuya si alzava a metà mattinata, preparava una parvenza di pranzo e una cena abbondante, poi tornava a riposare fino al rientro del marito. Anche il matrimonio, celebrato in una fredda mattina di marzo, era stato breve ed essenziale, con pochi invitati. Vestiti semplici, una piccola torta nuziale, ma per loro era stato quanto di più perfetto potessero avere.

E Chuuya … Chuuya a volte si sforzava, faceva fatica e si sentiva male, ma voleva impegnarsi. Voleva farlo per Dazai, per renderlo il più possibile felice, regalargli un po’ di gioia finché ne era capace. La sua vita gli aveva impedito di fare molte cose per sé stesso, ma se poteva fare qualcosa per l’altro, realizzare i suoi sogni, allora sarebbe andato bene lo stesso. Era un buon compromesso.


Dazai si svegliò, gli urli della neonata lo raggiungevano dalla culla di fianco al letto. Voltandosi verso la sveglia, notò che erano le cinque del mattino. Un orario insolito per Yumi. Forse non si sentiva bene.

Nonostante il pianto disperato, Chuuya dormiva ancora profondamente al suo fianco. Il castano si affrettò ad alzarsi e a portare la piccola fuori dalla stanza, per non disturbare il compagno. Da quando aveva partorito la settimana precedente, l’omega soffriva di insonnia. Sempre preoccupato per la figlia, era raro vederlo riposare profondamente.

Il cambio di pannolino non bastò a placare la bambina, che rifiutò anche il biberon. I suoi strilli non accennavano a placarsi, sembrava come scossa da qualcosa. Non potendo fare altrimenti, Dazai tornò nella stanza per svegliare Chuuya. Forse la madre sarebbe riuscita a calmarla.

«Chuuya?»

Il rosso non rispose, continuando a dormire voltato sul fianco. Dazai si avvicinò, scuotendolo leggermente da una spalla. «Chuuya.»

Niente.

Sull’alfa calò come una coltre gelata. C’era qualcosa che non andava, ma non sapeva darvi un nome, come se si trovasse appena al di fuori del suo campo di coscienza.

Spostò le ciocche rosse come il fuoco che coprivano il volto del compagno e gli posò una mano sulla guancia. Chuuya era freddo. Non freddo come una persona con una bassa temperatura, ma freddo come la …

«… morte.»

Gli occhi di Dazai si riempirono istintivamente di lacrime, la neonata che si dimenava tra le sue braccia. Nessun segno di respiro, nulla, niente.

Nella stanza silenziosa, solo le urla disperate della bambina.

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Capitolo 26
*** New coat (Oda/Dazai) ***


«Uhm …»

Dazai fece una piroetta davanti lo specchio della boutique. Il cappotto svolazzò attorno a lui, aprendosi come una coltre nera. Non gli stava male, anzi, era a dir poco perfetto ma …

«Sicuro che sia questo che vuoi?»

«No.» la voce gli uscì in un sospiro. Si sfilò l’indumento, piegandolo con cura prima di restituirlo all’anziano commesso. «Sinceramente Odasaku, che ne pensi?»

L’uomo si alzò dalla sedia nell’angolo, affiancandosi all’omega davanti lo specchio. Da quando lo aveva conosciuto si era alzato ancora, ma Dazai quasi non se ne era accorto stando ogni giorno assieme a lui. Ormai gli arrivava con la testa appena sotto al mento. Meglio, gli piaceva sentirsi piccolo tra le sue braccia. «Ti sta bene, come tutti gli altri soprabiti neri che usi quando lavori. Però pensavo desiderassi qualcosa di diverso, per questo domandavo. Dimmi, cosa vuoi veramente?»

«Difficile da dire» iniziò il castano, quasi rassegnato «La mia parte razionale sa che in quanto boss della Port Mafia, ci si aspetta da me un codice di abbigliamento di un certo tipo. Prendi Mori ad esempio. Lui vestiva sempre completamente di nero, anche quando non era in veste ufficiale. Il mio istinto omega invece vuole qualcosa di diverso, più chiaro e soffice» concluse frustrato.

«Tu non sei Mori e non rivesti il ruolo di boss ventiquattro ore su ventiquattro» gli spiegò il rosso sorridendogli attraverso lo specchio «Hai diritto di scegliere ciò che preferisci, fintanto che si tratta di un capo di abbigliamento da usare nei momenti in cui non lavori.»

Dazai ricambiò il sorriso, ancora un po’ incerto. «Allora non mi giudicherai, se ti faccio vedere ciò che voglio?»

«Assolutamente Osamu. Non mi sognerei mai di farlo» promise Oda.

«Per favore, mi potrebbe portare il cappotto che avete in vetrina?» domandò Dazai al commesso.

«Subito» rispose quello, sparendo nel negozio. Tornò qualche minuto dopo con un pastrano bianco come la neve. Indossandolo, l’omega ne percepì immediatamente la morbidezza del tessuto. Era confortevole e avvolgendolo gli trasmetteva una sensazione di tranquillità.

Odasaku lo osservò rimirarsi negli specchi. «Mi piace, ti sta molto bene. Questo colore ti dona. Lo vuoi prendere?»

Questa volta, la risposta di Dazai arrivò decisa «Sì».

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Capitolo 27
*** Cake (Dazai/Chuuya) ***


In tutta franchezza, Dazai aveva avuto delle aspettative rispetto a quel baby shower che però si immaginava non sarebbero state tutte rispettate. Questo tuttavia andava leggermente oltre il suo limite di sopportazione.

«Dazai, spero che le mie motivazioni ti siano chiare. La gravidanza non gioverà alla carriera di Chuuya e potrebbe anche comprometterla in modo definitivo.»

Seduto di fronte a Mori nello studio di casa sua, mentre al pianterreno festeggiato e invitati scartavano regali, Dazai aggrottò le sopracciglia cercando di non perdere la calma.

«Lui è uno dei nostri artisti di punta.» proseguì il più anziano, ignorando l’irritazione del suo interlocutore «I fan hanno avuto reazioni contrastanti riguardo l’annuncio, specialmente riguardo al fatto che prima di sganciare la “bomba”, Chuuya non aveva neanche mai menzionato pubblicamente di avere una relazione.»

«Cosa sta insinuando esattamente?» lo pressò il castano, cercando di arrivare al nodo della questione.

Mori gli lanciò un sorriso falsissimo «Avere un bambino con un altro artista, per giunta della concorrenza, non ha fatto buona pubblicità né a lui né alla Port Mafia Production. Perciò avrei delle proposte su come muoverci a seguito della nascita delle quali mi piacerebbe parlarti. Ovviamente prenderemo accordi anche con la tua casa di produzione, la ADA Records.»

Dazai fissò intensamente le due fette di torta che occupavano la scrivania posta tra loro. Il dolce, dall’esterno bianco e dall’interno azzurro, era stato fatto dallo stesso Chuuya per l’occasione. L’omega lo aveva creato per sorprendere tutti rivelando il sesso del nascituro.

Prese il cucchiaino e lo fece ticchettare sul piatto «E sarebbero?»

«La prima opzione è quella che penso sia la scelta migliore per tutti» il moro posò i gomiti sul tavolo, sporgendosi verso il cantante con fare cospiratorio «Una volta nata la creatura, il bambino … Chuuya tornerà a lavorare appena possibile. Il suo nuovo disco è in uscita nell’estate del prossimo anno e non c’è per lui tempo da perdere in allattamento e cambio di pannolini. Tu prenderai il bambino, ne chiederai l’affidamento esclusivo e sparirai dalla circolazione assieme a tutti i problemi che ti sei portato dietro. Semplice e lineare. Che ne pensi?»

Il giovane, con volto totalmente inespressivo, sollevò il piattino e spiaccicò la torta in faccia a Mori. «Penso sia il momento che tu alzi il culo da quella sedia e esca da casa mia prima che ti prenda a calci.»


Quando qualche minuto più tardi Dazai tornò di sotto, Chuuya gli si avvicinò con espressione confusa «Mori?» gli domandò.

«È uscito dalla porta sul retro cucciolo. Ha detto di avere un impegno importante e è praticamente fuggito via. Vieni, fammi vedere i regali che hai ricevuto» gli sorrise dolcemente, baciandolo sulla fronte mentre tornavano a unirsi ai festeggiamenti.

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Capitolo 28
*** Bandage (implied Oda/Dazai) ***


«Mamma, ti ricordi quelle bende che portavi? Quelle che mettevi tanto tempo fa?»

Dazai abbassò il giornale che stava leggendo per guardare il figlio. Yuu se ne stava tutto dritto con le braccia dietro la schiena, ma dava l’impressione di star provando vergogna. Non ci voleva un genio per capire che nascondeva qualcosa.

«Sì, perché?» rispose con calma al bambino, assottigliando leggermente lo sguardo, sospettoso.

Yuu dondolò un pochino sulle gambe, come colto dall’indecisione. «Ecco mamma … se ne hai ancora … potresti prestarmele?»

«Cosa devi fare con quelle bende?» lo pressò un pochino Dazai.

«Domani a scuola dobbiamo andare in maschera e Sakura ha detto che vuole fare la mummia … » ammise il piccolo con voce piano piano sempre più debole.

«Ah! Sakura!» Dazai balzò in piedi dalla sedia, spaventando il figlio «Tua sorella cerca di ottenere ciò che vuole anche se è in punizione! Furba, molto furba. Non dovresti farti raggirare così da lei Yuu. È più piccola di te» imboccò a grandi passi la scala per il piano superiore, seguito a ruota dal bambino ormai ammutolito.

«Sakura!» esclamò l’adulto, spalancando la porta della camera della figlia. Quella sobbalzò e il libro che stava leggendo le cadde dalle mani. «Pensavi che non me ne sarei accorto? Ne abbiamo già discusso: non andrai a scuola in maschera.»

Yuu si nascose dietro lo stipite della porta, osservando la scena completamente impietrito.

«Ma mamma!! Tutti gli altri avranno dei costumi!» pianse la piccola.

«E tu no. Questa è la tua punizione per aver dato dello stupido al tuo compagno di banco» le ricordò il genitore, irremovibile.

«Non sa fare le addizioni!» ribatté lei, come se fosse una giustificazione accettabile.

E effettivamente Dazai l’avrebbe trovata più che accettabile in un’altra situazione (era impensabile che un bambino di sei anni fosse così carente in matematica), ma adesso era richiesta un po’ di fermezza. Odasaku era già da solo un genitore troppo permissivo, non c’era bisogno che contribuisse anche lui ad aggravare la situazione.

«Non importa. Devi imparare a rispettare gli altri» spiegò Dazai, ottenendo il silenzio della figlia. Sakura si arrese, lasciando cadere la discussione.

Impietosito dalla sua espressione, il castano non poté fare a meno di rincuorarla. «Se ti comporterai bene, potrai usare le mie bende per mascherarti il prossimo anno, ok?»

«Ok» annuì mogia la bambina.

La questione era chiusa. Ora doveva solo avvertire Odasaku e metterlo in guardia dalle trappole della figlia.

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Capitolo 29
*** Darkness (Oda/Dazai/Chuuya) ***


Dazai era stato chiamato in molti modi. Demone nero, re della notte, principe oscuro, ma in quel momento lui di tenebre ne vedeva ben poche, se non per nulla.

La stanza era abbastanza buia, fatta eccezione per uno spicchio di luce arancione che, entrando dallo spiraglio di una tenda, si infrangeva sul pavimento gettando riflessi di tramonto sulle superfici.

«Odasakuuuu … che ore sono?» la voce gli uscì bassa e lenta, impastata dal sonno. Il vampiro si rigirò nell’ampio letto matrimoniale, notando come non ci fosse nessuno al suo fianco.

«Sono le diciotto e sette minuti. Il sole tramonterà tra circa due ore» rispose Oda, sistemato su una poltrona nell’angolo più scuro della camera. Ai suoi piedi si trovava un cestino da cucito e lui era impegnato a rammendare qualcosa.

Dazai si alzò su un gomito per vedere meglio cosa stesse combinando l’altro. Cielo, stava ancora creando apposite fessure sulla schiena per i vestiti del nanetto. Doveva essere uno sbattimento totale, ma il vampiro più giovane aveva preso questa iniziativa di sua spontanea volontà.

«Uhm … chiudi quella tenda, voglio dormire fino a che non diventa buio» sbadigliò il castano, stropicciandosi gli occhi e lasciandosi ricadere sui cuscini. «Dov’è Campanellino?»

Oda accostò la tenda e la stanza tornò a essere invasa dall’oscurità. «È uscito a correre circa quaranta minuti fa.»

«Fallo tornare e portalo qui» ordinò l’altro con l’ennesimo sbadiglio.



«Mollami!! Lasciami andare!» il rosso tornò nella stanza diverso tempo dopo, portando in spalla la fata. Questa continuava ad agitarsi, palesemente infelice del trattamento ricevuto. Arrivato di fronte al letto, Oda lanciò senza complimenti il suo carico tra le lenzuola. Trovatosi momentaneamente a mezz’aria, Chuuya tentò disperatamente di mantenersi in volo, ma a causa dell’ala spezzata non ci riuscì e finì per cadere sulle coperte, battendo la fronte su un ginocchio ossuto di Dazai.

«Maledetto sgombro piranha! Giuro che ti ammazzo!» urlò il deportato a squarciagola, ma il vampiro lo zittì premendogli una mano sulla bocca.

«Campanellino, o sono uno sgombro o sono un piranha. Non esiste un pesce che sia entrambi» spiegò svogliato, manipolando l’altro come se fosse una bambola. Chuuya provò a fare resistenza, ma neanche con tutto il suo impegno sarebbe riuscito a contrastare la forza di un vampiro centenario. Si arrese, lasciando che il castano lo spogliasse e lo adagiasse accanto a sé sulle lenzuola.

Odasaku, tornato al suo lavoro precedente, ignorò i loro battibecchi.

«Ho fame Chibi» sussurrò Dazai nel collo della fata, premendo assieme i loro corpi. Chuuya fu percorso da un brivido quando la sua pelle accaldata dalla corsa entrò in contatto con quella gelida del vampiro.

«Potevi chiamarmi. Sarei venuto ugualmente» gemette il rosso, provando piacere misto a dolore nel momento in cui le zanne bucarono la sua pelle diafana. Sospirò, stringendo delicatamente la testa dell’amante tra mani, lasciando che questo si nutrisse.

Dazai aggiustò le loro posizioni senza staccare mai la bocca dall’altro e con un colpo secco lo penetrò. La fata si aprì a lui in modo del tutto naturale, sempre pronta a riceverlo. Questa mugolò nuovamente, invasa dal piacere.

Il vampiro smise di bere solo ad amplesso concluso, il rosso disteso sotto di lui in una posizione scomposta e rilassata. Era bellissimo e suo.

Colto da una nuova fitta di possessione, Dazai baciò il compagno con passione. «Alla prossima luna piena avremo un figlio» sussurrò sulle sue labbra.

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Capitolo 30
*** Forgiveness (Oda/Dazai – Oda/Chuuya) ***


La porta dell’ascensore si aprì e Chuuya si bloccò sui suoi passi vedendo che c’era già qualcuno dentro. «Che ci fai qui?»

«Vado da Mori» rispose Dazai, facendosi di lato perché il rosso potesse entrare.

«Anche io vado da Mori» rispose quello premendo il pulsante per la chiusura delle porte.

Arrivati al piano, le guardie scortarono entrambi nel grande ufficio, lasciandoli soli con il boss. L’uomo guardò i ragazzini leggermente annoiato, aspettandosi che fossero di nuovo lì per lamentarsi l’uno dell’altro. «Cosa volevate dirmi?»

Dazai mosse un passo avanti, battendo Chuuya sul tempo «Inizio io se non ti dispiace» quindi, guardando fisso Mori disse «Boss, sono incinto.»

L’adulto sgranò gli occhi, palesemente sorpreso dalla notizia, ma non fece in tempo a parlare che Chuuya avanzò a sua volta e con una certa rabbia esclamò «Che vuol dire?! Anche io sono incinto!!»

Tanto bastò a far perdere al dirigente qualsiasi possibilità di condurre quella discussione. I due diciassettenni iniziarono ad aggredirsi verbalmente, ignorando il loro datore di lavoro. Mori sospirò, mettendosi la testa tra le mani. Non aveva previsto che una cosa simile potesse accadere alle sue migliori promesse. Forse avrebbe dovuto farli sterilizzare quando ne aveva avuto la malsana idea qualche mese prima.

«Mi stai dicendo che hai trovato qualcuno che non si è schifato di venire a letto con te Chibi? Deve essere stato un pazzo, o un cieco!»

«E tu devi aver drogato un alfa! Nessuno passerebbe volontariamente la notte con te, stupido sgombro!»

Elise uscì dalla stanza, disinteressata e infastidita dal litigio. Mori la pregò di restare, ma fu lasciato solo senza possibilità di appello.

«Se questa persona esiste davvero allora tira fuori il nome, spreco di bende!» sfidò Chuuya.

Dazai a quelle parole sembrò arrabbiarsi ancor di più. «Certo che esiste! È Odasaku, il mio amante!»

«Cosa?!» gridò il rosso, preso completamente in contropiede.

Il più alto ridacchiò, certo di averlo spiazzato. Lui aveva un amante, un padre per suo figlio, mentre Chuuya era sicuramente stato promiscuo con un qualche sconosciuto casuale. «Stupito Chibi?» gongolò.

«Certo che sono stupito!» ormai la voce dell’altro aveva raggiunto un tono esagerato «Pure io sono stato con Oda!!»

«Che hai detto?!»



Odasaku pensò che non sarebbe bastato un bravo giudice a risolvere quella situazione. Aveva fatto il passo più lungo della gamba e ora ne stava pagando le conseguenze. Quando un mese fa era andato a letto prima con Dazai e poi con Chuuya non gli era parsa una cattiva idea. Due omega giovani e attraenti con tanta voglia di sperimentare. Una cosa aveva tirato l’altra e …

Ora i ragazzi erano seduti entrambi di fronte a lui e non sembravano per nulla soddisfatti della condizione attuale. Meno male che i libri descrivevano la gravidanza come un periodo di felicità per la madre.

«Penso tu ci debba delle spiegazioni» fece Chuuya minaccioso. Un piccolo dio della distruzione pronto a vendicarsi.

«Strano a dirsi, ma concordo con il piccoletto. Parla Odasaku» lo incalzò Dazai, privo della solita spensieratezza che mostrava quando erano assieme.

«Ecco, per iniziare … » incespicò Oda, tentando di costruire un discorso «Credo di dovervi delle scuse.»

A giudicare dalle espressioni ricevute, la prima frase non doveva aver sortito un grande effetto. Qualcosa gli diceva che sarebbe stato complicato ricevere almeno una parvenza di perdono.

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Capitolo 31
*** Halloween (Oda/Dazai/Chuuya) ***


31 Ottobre.

Il brecciolino schiacciato dalle scarpe di Odasaku e Dazai produceva un rumore assordante nel silenzio della notte.

I due affrontavano la strada senza parlare, i respiri affannati per il percorso in salita. Non portavano torce, la luna come unico faro. C’era qualcosa di teso nelle loro posture mentre abbandonavano il sentiero boschivo, giungendo al pianoro secco e spoglio che avevano come destinazione. Un gufo volò basso e andò ad appollaiarsi sul tetto di una vecchia cappella. L’intonaco scrostato le donava un aspetto cadente, ma non abbastanza da rivaleggiare con l’immagine devastata del piccolo cimitero ai suoi piedi.

Gli uomini si aprirono la strada tra le tombe storte ed erose dal vento, il percorso ripetuto così tante volte da essere diventato memoria del corpo. Si fermarono davanti una lapide, l’unica a mostrare un rimasuglio di fiori. Dazai si chinò, spostando il mazzo rinsecchito e pulendo la lastra con una mano.

“Nakahara Chuuya”. La scritta tornò a brillare debolmente sotto i raggi lunari.

Con espressione solenne Odasaku posò un fascio di fiori freschi a rimpiazzo dei vecchi, quindi controllò l’orologio. Le lancette al fosforo segnavano pochi secondi alla mezzanotte. «È ora» disse al compagno e entrambi fecero un passo indietro.

Per qualche istante sembrò che non dovesse accadere nulla. Poi, quasi con timidezza, fiochi bagliori iniziarono a comparire in modo sporadico di fronte a qualche tomba, prendendo lentamente forma di persona. Come ogni anno in quel periodo, gli spiriti si stavano risvegliando.

E come ogni anno Dazai e Odasaku dovettero attendere un po’ prima che lo stesso accadesse alla lapide che presidiavano.

Finalmente la luce si palesò, trasformandosi nella figura trasparente di un ragazzo. I capelli rossi, la maglietta bianca troppo larga e i pantaloncini corti: Chuuya mostrava lo stesso aspetto ogni anno, senza mutare mai. Eternamente fermo nell’istante in cui aveva perso la vita.

Odasaku sorrise, un misto tra tristezza e dolcezza. Il loro dormiglione li aveva fatti aspettare anche questa volta.

Il fantasma aprì gli occhi, mostrando al mondo le iridi azzurre. Ci fu un attimo di confusione nel suo sguardo, ma appena mise a fuoco la persona più vicina a lui, la sua voce si ruppe per il pianto. «Dazai» gracchiò.

«Amore mio» rispose il castano allungando una mano per accarezzarlo. Non potevano toccarsi realmente, ma quando Chuuya adagiò una guancia sul suo palmo gli parve di averlo nuovamente vicino a sé come una volta. Percepì una goccia rigargli la guancia. Non si era accorto di star piangendo.

«Chuuya» si fece avanti Oda e subito lo spirito si voltò verso di lui, gettandogli le braccia al collo mentre l’uomo tentava vanamente di accarezzarlo sulla schiena. Lo sentì singhiozzare contro il suo petto, il volto nascosto nel giaccone.

Chuuya era stato strappato loro troppo giovane. Aveva appena venti anni quando la sua auto era stata travolta da un tir, di rientro da un evento sportivo. Dazai e Odasaku lo avevano aspettato a casa per ore, preoccupati. Poi era arrivata la telefonata. L’omega era morto sul colpo.

Da quel momento i due alfa erano rimasti soli in una villa troppo grande per loro due. Oda aveva investito tutti i suoi risparmi in quel mutuo, ma il destino aveva deciso che non ci sarebbe stata alcuna famiglia per loro. Eppure non avevano abbandonato l’abitazione, continuando a risiedervi come memento al compagno perduto.

Cercando di tirare avanti nonostante l’onnipresente ombra della morte, erano passati più di 10 anni.

Il rintocco di una campana in lontananza lì avvertì che il momento stava per concludersi. Mezzanotte e dieci. Anche questa volta l’incanto era destinato a durare solo pochi minuti.

Gli spiriti attorno a loro iniziarono a rientrare nelle tombe. Chuuya si sporse freneticamente in avanti a baciare le labbra di Dazai. Tentò di lasciare qualcosa all’altro, un segno che potesse portare con sé quando sarebbero stati nuovamente separati, fino a che non si fossero incontrati di nuovo.

Con le labbra ancora formicolanti, il castano lo lasciò andare riluttante, spingendolo verso l’altro. Il fantasma atterrò nuovamente tra le braccia di Odasaku, rapendo la sua bocca in un bacio pieno di passione. «Ti amo Sakunosuke. Ricordalo» sussurrò. Il rosso lo guardò intensamente, cercando di imprimere nella memoria la bellezza eterea del compagno. Poteva ancora sentirlo su di sé, come un piacevole pizzicore.

«Anche io ti amo Chuuya. Fai buon viaggio.»

L’uomo allargò le braccia e lo spettro scivolò dalla sua presa. Sempre più trasparente nell’aria notturna, rivolse ai suoi amanti un sorriso il più possibile gioioso, non potendo però impedire alle lacrime di bagnarli il volto. “Ci vediamo l’anno prossimo” tentò di dire, ma la sua voce era già scomparsa. Gli uomini non poterono che leggere il saluto sulle sue labbra.

Mezzanotte e undici.

Il cimitero era nuovamente desolato, a esclusione dei due alfa. Restarono per qualche istante in silenzio, mettendo ordine all’intimo tumulto dei loro sentimenti. Dalla valle accanto arrivò il rimbombo di un tuono. Presto sarebbe arrivata la pioggia.

«Andiamo» fece Odasaku, dando le spalle alla tomba e incamminandosi.

«Aspetta. Vieni qui.» Dazai lo richiamò indietro, chinato in terra sulla lapide. Stava osservando qualcosa, sorpreso e sconcertato allo stesso tempo.

Il rosso si sporse a vedere. Sul marmo c’era un piccola chiazza tonda di bagnato. Sembrava un lacrima.

La sua mente si aggrappò immediatamente a un pensiero. Chuuya era stato esattamente lì poco prima e aveva pianto. Sembrava impossibile, ma poteva essere sua. Una lacrima caduta dai suoi occhi.

No, non doveva aggrapparsi a queste false speranze. Era morto, erano già stati graziati dalla presenza del suo spirito, anche se per pochi minuti l’anno. «È solo acqua Osamu. Sta per scatenarsi un temporale.»

Un fulmine squarciò il cielo, illuminandolo a giorno prima di farlo ricadere nel buio più totale. Un riflesso di luce catturò la goccia, facendola brillare di un colore innaturale.

Dazai allungò un dito e la toccò. Era bagnata e pizzicava. Si avvicinò a guardare meglio. Sul suo polpastrello la lacrima riluceva di una fievole luce azzurrina.

I due uomini si fissarono negli occhi, improvvisamente consapevoli di una nuova possibilità. Attorno a loro il ringhio prepotente della tempesta.

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