Raccolta di Poesie

di Mercurionos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (Composizione Breve) Tristezza ***
Capitolo 2: *** (Composizione Breve) Gioia ***
Capitolo 3: *** (Haiku) Re e Padre ***
Capitolo 4: *** (Sonetto) Catullo studente moderno ***
Capitolo 5: *** (Sonetto) Ricordarsi a Rimare ***
Capitolo 6: *** (Canto) Le Armi di San Michele ***
Capitolo 7: *** (Elegia) Falso ***
Capitolo 8: *** (Lirica) Mamma ***
Capitolo 9: *** (Canto) Lo Italico Poeta, Dante Vegeta ***
Capitolo 10: *** (Sonetto) Al mio amico che non vuole laurearsi ***
Capitolo 11: *** (Lirica) Manhattan ***
Capitolo 12: *** (Ballata) La Ballata del Duca Quaquarone ***
Capitolo 13: *** (Sonetto) Nubi ***
Capitolo 14: *** Immortale ***



Capitolo 1
*** (Composizione Breve) Tristezza ***


Tristezza
 
Il buio
mi spegne

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Capitolo 2
*** (Composizione Breve) Gioia ***


Gioia
 
Nel buio
risplendo

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Capitolo 3
*** (Haiku) Re e Padre ***


Re e Padre
 
Muore l’autunno,
primato ormai perduto;
L’amor mi salva

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Capitolo 4
*** (Sonetto) Catullo studente moderno ***


Catullo studente moderno
 
Cento, mille, e cento milioni
I professori m’han rotto i maroni
Studiare studiando, sempre studiare
Quanti volumi mi fate sfogliare?
 
Da mesi spiegate immense cagate
Che manco a memoria saranno imparate!
Sembra a me solo una lingua aliena
Quella uscita dalla bocca blasfema?
 
Calore, reazione, anche entalpia
Formule, costanti, pure integrali
Io tutto questo non so cosa sia
 
Tanto, per voi, tutti i volti uguali
“La tua istruzione? Non roba mia!”
Che qualità le nostre magistrali!

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Capitolo 5
*** (Sonetto) Ricordarsi a Rimare ***


Ricordarsi a Rimare
 
Cerco io oggi di ricordare
Come si faceva a rimare
Ma la rima che sempre mi piacque
È la baciata, che ora tacque.
 
“Sempre caro mi fu, quest’ermo colle”
Disse Leopardi, ma senza rimeggio
Non l’alternata è quella che volle
La libertà di quel bel paesaggio
 
Se vedo lo schema, la rima incrociata
Ancora ripenso ai svedesi cantori
Ma l’uom fatale ne dirà: “Traditori!”
La sigla in mente rimane stampata
 
Giacomo, Napoleone, or Dante
Chiamato in causa da queste terzine
Produsse metrica incatenante.
 
Da Beatrice volevi moine
Per rime del viaggio terrificante:
Boccaccio disse che sono divine.
 
E qui presente la strofa più astrusa
Simmetrica dici? Non l’ho mai vista.
“A bici i cerbiatti”: ecco la rima!
 
Da quando scrivo, è questa la prima
Ma anche ultima della lunga lista:
con questa la poesia s’è chiusa.

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Capitolo 6
*** (Canto) Le Armi di San Michele ***


Le Armi di San Michele
 
Stette
Michele dal viso di trionfo,
bruciante l’esercito di spade
dal suo cospetto scagliate nel buio,
sovra l’immensa Luce elevata.
L’occhio superbo guaiva al Cielo
radioso oltr’ogne misura terrena
e dunque Lume oscurò lume
nell’ultimo giorno
alla tenzone estrema
 
Brillante Durlindana, la stella cadente,
duro diamante del dono divino;
Gioiosa lama dei re mortali,
cristallo di fede, l’impero dei pii;
trino acciaio dell’ammazzadragi è
Balmung e Notung e Gramr chiamato;
brucia pur Tirfing, la maledizione
nemica dei discepoli di Odisseo;
Calibur speranza benedetta dall’acqua
si leva al sole bagnata di vittoria.
 
Piomban sfreccianti le armi messaggere
figlie dei secoli in mano all’Eterno
sull’empia creatura di pelle immortale.
Ma l’Alto conferì un dono pauroso
al primo dei primi:
bianca daga di forma sinuosa,
radice di ferro in mano celeste,
cintasi il capo di fiamme turchine
com’era il volto del padron suo
scintilla sul Drago maligno.

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Capitolo 7
*** (Elegia) Falso ***


Falso
 
Chiedo, e ottengo risposta,
ma non è che scherno.
Indago, e la gente ascolta,
ma subito ricorre a violenza.
Allora cancello, e lascio stare,
ma l’uomo legge quello che vuole.
Tento, per non fare del male,
ma è troppo tardi, e ormai hai la tua verità.
Mi accusi, e spiego che ho fatto,
ma non ti interessa.
Mi perdoni, ma sei falso,
e rincari la dose.
Mi attacchi, ripetendo l’errore
di cui tu stesso mi hai accusato.
Piango delle mie azioni, ma tu ti fregi buono, e subdolo
rincari la dose.
Non ho libertà,
perché ora ho paura.
Parli di perdono,
e rincari la dose.

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Capitolo 8
*** (Lirica) Mamma ***


Mamma
 
Luce, risorgi cotidie
sulle mura spoglie
della casa silente che
allora ospitava giochi
e risa mie e il sorriso
di Lei cui ormai
nulla posso restituir,
ora quando pur il tempo
asciugato ha il mio viso.
 
Cammino nel tedio
del mio quotidiano,
nulla preannuncia
quell’etereo filo che
capto, tutt’un tratto
nell’aria stantia:
è ‘l Suo profumo, l’odore
del Suo più calmo respiro,
ch’anch’oggi avrebbe fatto.
 
Allora corro verso quel
caro ricordo smunto che
vita riprende in mente
mia, nulla trovo giacché
niente resta di Lei:
solo illusione è la mia
ma l’istinto non si placa
e vaga per ogni porta
cerca ma non trova
traccia dell’Anima Pia.
 
Lento, carezzo il corredo
che Le apparteneva
ma lagrime m’assalgono
rivedo me stesso
io sciagurato La
maltratto e trascuro
per mia superba pigrizia:
stolto son stato e
perdono non trovo,
e mai scaccerò le ombre
che ora m’appartengono.
 
Squillante mi sveglia
il timbro sì dolce
della voce Sua che mai
io potrò dimenticare:
speranza e giustizia
m’insegnasti allora
e così mi rialzo per
renderti fiera di
chi sarò diventato.
Grazie, mia Luce.
 
Ognissanti 2020. In Memoria di mia Madre.

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Capitolo 9
*** (Canto) Lo Italico Poeta, Dante Vegeta ***


Una storia che ho scritto l'anno scorso, che pubblico anche in questa sezione poiché non ho potuto inserire il tag cross-over con la poesia: infatti si tratta di un canto in stile dantesco, con endecasillabi, rime incatenate e tutto quanto, basato sul personaggio di Vegeta, da "Dragon Ball". Spero che vi piaccia in ogni caso, e che vi diverta quanto ha divertito me scriverla.


 
Lo Italico Poeta, Dante Vegeta

Nel disperato tentativo di appagare l’inusuale richiesta della bellissima moglie Bulma, il principe dei saiyan Vegeta IV di Vegeta parte alla ricerca di un raro frutto esotico…

Nel mezzo del cammin di nostra vita
Poiché li saiyan vivon assai lungo
la dritta via mia era smarrita

Era cosa dura cercar lo mango
Che mia moglie voleva assai forte
Per una torta di frutta suppongo

Tant’è dolce che poco più è morte
Ma per trattar bene la cara Bulma
Vi dic’ io le cose che ho scorte

Vidi un giorno n’altissima palma
Tant’ero pien di sonno a quel punto
Sperai di Kakarotto fosse salma

E poi ch’i fui al piè d’un colle giunto
Là dove quella selva terminava
M’avea di speranza il cor compunto

Guardai in alto e vidi che spiccava
L’obelisco più alto del pianeta
Che’l gatto bianco in cima ospitava

Allor fu la stanchezza un poco queta
Et in aria di spe carico balzai
Volli risposta mossa da tal pieta

E come quando con lena affannai
Uscito co’ Broly fuor de ghiacciaio
Al felino mi volsi e interrogai:

“Maestro” chiesi “ne voglio un paio
Esotici pomi grossi da sasso
Non chiedo quanto chi vuole un migliaio!”

Lo vecchio si pose con corpo lasso:
“Non so che mi chiedi, ma cosa certa
È più della gamba fai lungo passo

Ora tu cerca la vecchia esperta
Che della pecunia sai chiede molto
Ma poi avrai la risposta scoperta!”

E lo osservai mesto in volto
S’è ancor allungato il mio cammino
E quanto Yamcha or mi sento stolto

È già passato molto dal mattino
Ed appaiono già le prime stelle
Veloce e blu, indosso ’l ki divino

Lo fo per la donna tra le più belle
Che mi fece trovar vital ragione
Ma non seppi n’avesse di sorelle!

Allora giungo all’ampia magione
Mai avrei detto ch’incontro venisse
Me spettro dalla rosa carnagione

Parea proprio contra me andasse
Rapido sguardo mi prese ‘n esame
Proprio per nulla sembrò mi temesse

Mi chiese ordunque: “Per le tue brame
La cara sibilla nella fortezza
Risposte ti da, ma paga presume!

Se però per te schiaffo è carezza
E ti funziona ancora la vista
Di uno scontro saresti all’altezza?”

“Questo è ciò che ‘l saiyan acquista,
E tempo è giunto che a botte face
Se non vi sembri un far masochista!”

Sfidante vado, non voglio far pace
L’avversario bendato poc’ a poco
Malmeno fortemente, finché tace

Così deturpai quell’ameno loco
L’ultima sfida mi venne offerta
Ma il nemico pareva ancor fioco

La faccia mutò in una sconcerta:
“Miserere di meco!” gridò lui
E la mia vittoria fu cosa certa

Rispose una vecchia: “Da voi già fui
Nell’ardua pugna cotanto sconfitta
Fate inflazione voi saiyan, ambedui!”

“Baba sibilla! - le chiesi in fretta –
Io giungo in questo luogo angusto
Per chieder di manghi una vaschetta!”

“Vegeta dico sei nel posto giusto!
Hai vinto, non darti più altra noia,
Cerchi il frutto dal gusto robusto:

Puoi ritornare a casa con gioia!
Perché non sali il dilettoso monte,
Porta teco giardiniera cesoia!”

Volo nel cielo e seguo la fonte
Del profumo che prende come fiume
Dall’alto intravedo nuovo orizzonte

Colgo i fiori, accesi come lume
Pensando al volto del mio grand’ amore
Ai capelli, le curve e ‘l suo… volume.

Oh Toriyama, mio amato autore
All’impero di Freezer tu mi tolsi
Così compresi cos’è il vero onore

Vidi bestia ch’ero e me ne volsi
Ma tu invero sei il maggior saggio
Le catene spezzasti dai miei polsi!

Proseguì così il mio bel viaggio
Tornai ma Bulma lagrimar mi vide:
“Vegeta mio caro, fatti coraggio

La mogliettina tua, così pia ride
Vuole che ‘l tuo malumore vada via
E che ogne turbamento uccide.”

“Bulma non è triste la lacrima mia,
felicità mi tiene a tenaglia
averti con me sai che gioia mi dia!

Il mio passato era ‘na gran doglia
Ma il dono d’aver Te conosciuto
È ‘l gran futuro in cui saiyan s’ammoglia

Offro frutta dal corposo velluto
A Te donna dall’immensa virtute
E spero per torta avesti fiuto.”

Posi quel pomo in piena salute
In mano all’adorabil pulzella
E presi brocca per grandi bevute

Bevvi due o tre litri di cammomilla
Mentre la Bulma sparì all’interno
Con una scodella fatta d’argilla

Ora però che ci penso e discerno,
Bulma in cucina ha bisogno di guida,
Mi ci catapulto, è ‘l mio governo!

Indi udii le disperate strida
Di fruste e bacchette ahimè dolenti
Cucinare non sa, tanto Lei grida!

“Cara mia Bulma, chiama gli attenti
Ospiti divi, dì lor di venire:
Beerus e Whis saranno qui presenti.”

Imbronciata decise di salire
Da Bra, dell’amor suo unica degna
Col cucinar potei allor partire

Venne gatto che sul creato regna,
che non vuol seguir degli dei la legge:
ma meglio che al “hakai” non si vegna

In ogni dove impera e quivi regge,
l’angelo Whis dall’alto del suo seggio.
Poverino colui che vi elegge!

Ma resisto io, in cucina armeggio
Il principe dei saiyan sono io,
E già venni e vidi molto peggio

Con la torta al mango porta tan desìo
La vista della tavola imbandita
Così mangiam tutt’insieme ma di mio

Dico: “La mia giornata è finita!”

Nota dell’Autore:
E per ogni ora che Mercur cazzeggia
Nella sua mente scaturisce
Di fanfiction nuova idea
Ma il giovane non capisce
Che la laurea indietreggia…

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Capitolo 10
*** (Sonetto) Al mio amico che non vuole laurearsi ***


Al mio amico che non vuole laurearsi
 
Caro amico mio Lorenzo,
non c’è giorno che non ti penso,
ma in mente non può restare
altro che il monito di studiare!
 
Quanto ancora attendi il giorno
che finalmente ti levassi di torno
dalle tasche dei tuoi pii tutori,
i pazienti lombardi genitori?
 
Ahimè conosco il grave peso
di non aver al muro appeso
quell’attestato a lungo atteso
 
Ma caro mio non disperare
e la tua mente distrar non fare
che presto, pur tu, ti potrai laureare!

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Capitolo 11
*** (Lirica) Manhattan ***


Manhattan

Brucia, nel respiro d’un attimo,
la corona del mondo,
s’infiamma nuova alba,
ma il sole già alto
sparisce.
 
Alzano a Dio le mani
nelle grida confuse
gli ultimi figli della terra,
ma nessuno li sente
e nulla tace.
 
Crolla l’alta guglia:
t’afferro e corro, lontano
verso l’impossibile rifugio,
ma sappiamo che l’altrove
più non c’è concesso.
 
Piego in terra
torchiato dal peso di paure
che con me voglion scappare,
ma di perdere te
nessun terrore è più grande.
 
Stringo il tuo corpo
flebile palpito delle nostre vite
vorrei arrestare l’infernale cavaliere,
ma scudo non sono
e resister non posso.
 
Mi attraversano mille coltelli
spezzano la mia schiena
squartano il mio ventre
spaccano il mio cuore;
tramuto in carbone
più ombra che uomo
mi dissolvo nel vuoto
mattino di vampa
eroso dall’odio
di chi non conosco.

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Capitolo 12
*** (Ballata) La Ballata del Duca Quaquarone ***


Questa ballata è ispirata alla storia "Il Segreto del Vecchio Castello", scritta e disegnata da Carl Barks nel 1948. Si tratta a tutti gli effetti della prima storia con protagonista Paperon de' Paperoni in seguito al suo esordio. La ballata parla di un suo antenato, tal Quaquarone de' Paperoni, che si murò vivo nel castello per proteggere un tesoro ricevuto da Macbeth I nel 1057 in cambio di protezione.

La Ballata del Duca Quaquarone

Discese dal Cielo l’anima tua
Pio erede del Fosco Maniero
Duca nascesti, imposto il nome
Quaquarone ti fu, forte e fiero.

Giovin signore del nuovo millenio
Buono e gentile, ma avaro tirchione
Crescesti nel lusso della tua casa
Primo tra i paperi, vero campione!

Corse l’anno del papale concilio
Che decidesti speranza futura
Per la tua Scozia, la terra natia
“Forza soldati, usciam dalle mura!”

Marciaron per giorni, fino al mare
Ma ben presto si dovette comprare
Una nave capiente, ben costruita:
la Manica d’acqua fu da guadare.

“Voi sfaticati, marciate più forte!
Per cosa pago, se non per soldati?”
“Messer Duca – lo scudiero rispose
La paga è di torba, non di ducati!”

Varcarono Alpi, e colli padani
Fino a Piacenza, ormai era autunno
Videro il Massimo, e ‘l terzo Enrico
Ma sepper dire soltanto “Buongiorno.”

Ecco l’armata del Nobil torbiero
Sozza dal capo ai piedi puzzava
Il duca non volle alcun lavaggio
Che a dir suo, il sapone costava!

Disse allora agli uomini suoi
“Nei boschi, ora! A coglier lamponi!”
Tinto lo stemma del Papa sul petto
Svanì l’olezzo dai stanchi campioni.

Il Papa apprezzò il gesto inatteso:
“Venite a Sutri, solo formale
sarà la nostra interrogazione.”
Stettero in Italia fino a Natale.

Tornarono in Scozia, tinti di croci
Gli araldi del prode Quaquarone
E furono accolti con gran festa
Dal nuovo regale anfitrione.

Di Bethad e di Findlaich signore
La Scozia aveva sì usurpato
Ma pace regnava e molto regnò
Che nessuno se n’era lamentato.

A tutti è nota questa verità,
Angli e Scoti adoran la zuffa:
Con ragione cacciar l’usurpatore
In Dunsinane s’arrivò a baruffa.

Macbeth, dai sudditi tradito trovò
In Quaquarone l’ultimo amico:
Colle Fosco fu la sua salvezza
Ma il suo destino restò in bilico.

La gratifica del paperoniano
Fu del re tutto e l’ultimo oro
Gesto che il tirchio apprezzò cotanto
Da stipare nel muro il tesoro.

Quaquarone, buono ma sì avaro
Nel timore di perdere ricchezza
Perdesti la vita tra le tue mura
Murasti te stesso in tua accortezza!

Spirito biondo, di Scozia prescelto
Legasti il tuo spettro al tuo castello
Fosti aiuto agli eredi del nome, e
Dei Whiskerville restasti randello.

Attendi, Quaquarone! L’erede più
Tirchio e furbo, duro dei più duri,
Per il Clan conquisterà Colle Fosco
Ultimo figlio tra i figli futuri.

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Capitolo 13
*** (Sonetto) Nubi ***


Nubi
 
Ma quanto è mancato
sulle nostre tegole
infinito il ritmo
delle tue lacrime!
 
O mare, tu nascosto
dalle alte nuvole
il giorno tingi gramo
ma l’animo non geme
 
Scroscian gli umidi tetti
suonan anche le foglie
ridon le fronde flave
 
Senti che dolci canti:
rondini s’alzan gaie
e, finalmente, piove.

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Capitolo 14
*** Immortale ***


Immortale
 
Nel primo buio
Si udì una voce
E ci fu luce
 
Il fuoco delle stelle
Lambì i resti del primo urlo
E si sparse per il Mondo
 
Piovve.
Una mano carezzò il fango
E donò ad esso il proprio amore
 
Dal nulla nacqui
Incapace di capire
Sapevo solo soffrire
Ma imparai ad amare
Quando trovai Te
 
Volli riempire ogni giorno
Col suono del suo riso
Volli dare all’aria
L’odore del tuo corpo
Volli dare al mio sangue
Il sapore delle tue labbra
 
Ma ti ferì
Con la mia stupidità
Con la mia disattenzione
Con la mia arroganza
 
Prego, col cuore dilaniato
Bagnando il mio letto
Con le lacrime più pesanti
Che non sia troppo tardi
 
E chiedo alla mano
Che mi tirò fuori dal fango
“Permettimi di amarla,
permettimi di rimediare al mio errore,
che non sia troppo tardi,
che non sia troppo tardi
per darle nuovamente il sorriso”
 
Perché vivere, se non per amarti?
Perché vivere, se non per la felicità?
E quale felicità più grande,
di amarti gioiosa?
 
Perché non cambiare chi sono,
per vederti sorridere ancora?
Perché non tentare tutto,
per ridarti calore tra le mie braccia?
 
E anche se la mia carne
Dovesse perdere ogni calore
Se il mio cuore
Smettesse di battere
Resterà immortale
Il fuoco che mi ha animato,
Incrollabile di fronte al tempo
Tutto ciò che per te sempre provo
 
E se anche sarò dimenticato,
Rinascerò dal fango
Come un fiore nuovo
Teso a quel sole che mi ha folgorato
 
E quando la terra sarà arida
Nella sabbia scriverò il tuo nome
Confidando a Dio
Il mio amore per te
 
Quando il mondo sarà diventato freddo
Nel soffio dell’ultimo vento
Si sentirà il mio respiro
Che mai dimenticherà
 
E quando l’ultima stella
Avrà perso la propria luce
E il buio si sarà impadronito
Di un cosmo silenzioso
Una scintilla brillante
Renderà splendente l’oscurità
E griderà al mondo
“Ti Amo”

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