Un legame oltre la vita

di Rie29
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Tiri Vispi Weasley ***
Capitolo 3: *** Invenzioni ***
Capitolo 4: *** Olivander ***
Capitolo 5: *** Legami ***
Capitolo 6: *** La festa ***
Capitolo 7: *** Una giornata al lago ***
Capitolo 8: *** Gelosia ***
Capitolo 9: *** Dolci risvegli e rivali in amore ***
Capitolo 10: *** Scomode verità ***
Capitolo 11: *** L'appuntamento ***
Capitolo 12: *** Verresti a Hogwarts con me? ***
Capitolo 13: *** Al Ministero ***
Capitolo 14: *** No ho paura di bruciarmi ***
Capitolo 15: *** Tra sogno e realtà ***
Capitolo 16: *** ...ora che amo un altro ***
Capitolo 17: *** A cuore aperto ***
Capitolo 18: *** Complicazioni ***
Capitolo 19: *** Sensazioni ***
Capitolo 20: *** Come rompere un letto ***
Capitolo 21: *** In missione ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


Lampi verdi schizzavano in ogni direzione, seguiti da altri rossi, da maledizioni urlate, esplosioni, ringhi, scalpiccii indistinti. Volti sfocati si confondevano nella nebbia, sfilando come una processione. In piedi in mezzo al caos, il rumore del suo cuore che palpitava scacciò ogni altro dalle sue orecchie. Rimase solo l'ansare del suo respiro, i tonfi forti di un organo che la teneva in vita per pura forza di volontà. Come poteva non essere ancora andato in pezzi davanti a tutta quella morte e devastazione, non sapeva spiegarlo. Osservò, come da una bolla, persone combattersi, buoni e cattivi, impegnati in uno scontro all'ultimo sangue. Era così netta quella distinzione, così facile, almeno in quel momento. Vide, senza riuscire a sentirli i membri della famiglia Weasley, che come leoni affrontavano i nemici. Leali scudieri, leali amici, amanti, fidanzati, mariti e mogli, figli. Una famiglia che aveva dato tutto per quella guerra, per lei, per Harry. Vide Percy dire qualcosa mentre duellava contro un nemico di cui aveva dimenticato il volto. Vide Fred e seppe che quello che aveva fatto le sarebbe sembrato una follia. Vide una se stessa diversa, che osservava il gemello Weasley, che lo vedeva sbalzato via da un'esplosione fragorosa. Sentì, più che rendersene veramente conto, l'incantesimo che aveva lanciato. Neanche dopo, con calma, aveva capito cosa l'avesse spinta ad agire. Una forza misteriosa, proveniente dalla sua bacchetta più che dal suo cervello, si era destata con un ruggito. Aveva sentito un fragore immenso, come di una bomba, esploderle dentro, il masso che puntava verso Fred disintegrarsi sotto una magia sconosciuta. Il ragazzo sconvolto, bianco come un cencio che si guardava attorno, senza capire cosa lo avesse salvato. E poi il buio l'avvolse, inglobandola con le sue braccia misericordiose, strappandola da quei ricordi, da quei sogni.

 

Hermione si svegliò di soprassalto, urlando, madida di sudore, col cuore che batteva all'impazzata, nella stanza che divideva con Ginny alla Tana. La rossa aveva entrambi gli occhi aperti e guardava l'amica nel buio, con la fronte corrucciata.

"Siamo tutti al sicuro, siamo vivi. Harry, Ron, io, tu, mamma e papà, Percy, Bill, Charlie, Angelina.." Ginny andò avanti ad elencare i nomi di tutti quelli che erano sopravvissuti alla battaglia di Hogwarts, come faceva praticamente ogni notte. Lei diceva che non le pesava, ma Hermione non era certa che fosse la verità. Eppure non era riuscita a trovare un altro modo per dormire, per calmarsi, per riprendere contatto con la verità.

"...George e Fred. Stiamo tutti bene e Voldemort è morto" snocciolò, con voce cupa e bassa. Ginny non era una stupida, sapeva che Hermione aveva dei problemi, sapeva che qualcosa non andava in lei, ma non era riuscita a farle chiedere aiuto. Si rifiutava categoricamente, asserendo che le sarebbe passato col tempo. In realtà non era passato affatto. Dopo due mesi ancora niente, gli incubi erano sempre lì, ogni notte ad aspettarla come i mostri dei bambini sotto al letto. Qualche notte erano diversi. C'erano delle variazioni, c'erano dei momenti in cui semplicemente vedeva Voldemort tornare e uccidere tutti quelli a cui voleva bene, senza che potesse far niente per aiutarli. Inspirò a fondo dal naso, lasciando uscire l'aria dalla bocca. In teoria serviva a calmarla.

"Scusa Ginny" sussurrò, gettando i piedi oltre l'orlo del materasso. Aveva bisogno d'acqua.

"Non preoccuparti, non mi dispiace, anche io non dormo bene senza Harry" le fece un sorrisetto furbo e si voltò dall'altro lato. La luna colpì i capelli rossi di Ginevra, illuminandoli come se fossero qualcosa di vivo e liquido. Aveva sempre invidiato quel colore all'amica. Con la maglietta incollata addosso e la sgradevole sensazione di essere ancora in pericolo, Hermione afferrò la bacchetta, incastrandola tra la pelle e i pantaloncini del pigiama, facendo attenzione a non calpestare le assi scricchiolanti della Tana. Si sentiva al sicuro lì, sentiva che quello era il suo posto, eppure gli incubi non la lasciavano mai. Due mesi precisi, dal 2 Maggio, eppure le sembrava di essere ancora in viaggio per cercare gli Horcrux, o di dover partire. Durante il giorno era tutto più semplice. Chissà perché durante la notte ogni paura si acuiva. Avrebbe tanto voluto un molliccio sotto mano per capire cosa temesse così tanto. Lui non sarebbe tornato. La cucina era silenziosa ed immersa nella luce della luna, che rischiarava le superfici, gettando su ogni cosa un alone di mistero. Andò a prendersi un bicchiere d'acqua. Avrebbe anche potuto farlo apparire in camera, ma aveva bisogno di uscire. Fu quello che fece. Ormai non doveva più temere di essere aggredita da nessuno, tranne forse qualche Mangiamorte, ma non pensava che sarebbero stati così stupidi da attaccare una casa piena di maghi, non con Harry Potter sotto lo stesso tetto. Dopo la guerra sia lei che Harry si erano trovati senza casa, senza famiglia e senza un posto in cui andare a rifugiarsi. Inutile dire che i Weasley li avevano accolti a braccia aperte. Sia lei che Harry erano come di famiglia per Molly e Arthur, non importava a nessuno quanto si sarebbero trattenuti, poteva essere anche per sempre. Molly ci sperava proprio. Aveva accolto la relazione di Harry e Ginny come la notizia più bella del mondo. Aveva addirittura pianto quando glielo avevano riferito. Ricordava ancora quanto Fred e George ridevano. Molly, tirando su col naso, aveva detto a Harry che dopo la morte di Voldemort era il più bel regalo che avrebbe potuto desiderare. George ridacchiando aveva precisato che il loro occhialuto amico aveva salvato diversi membri della famiglia negli anni e che quello doveva essere il regalo più bello. Tutti avevano riso. Uno scricchiolio alle spalle la fece sobbalzare. In un secondo aveva lasciato cadere il bicchiere a terra, che s'infranse lanciando schegge di vetro ovunque, ed estratto la bacchetta. Un fiotto di luce rossa si era schiantata contro il muro della Tana, rimbalzando via nell'oscurità.

"Che cazzo! Sono io, Granger!" Esclamò Fred, con le mani alzate e i capelli sparati in ogni direzione. Aveva gli occhi spalancati per la sorpresa, la bocca storta in una smorfia di rabbia.

"Sei scemo? Avrei potuto colpirti!" Sbottò, sistemano il bicchiere. L'acqua era schizzata ovunque e notò che un vetro le aveva aperto un solco scarlatto nella pelle della caviglia.

"Chi pensavi che fossi?" Borbottò lui, osservando il sangue che scendeva dalla sua ferita.

"Non lo so, non si arriva alle spalle della gente di notte senza annunciarsi" rientrò in casa, scansando il ragazzo, che aveva ritrovato un po' di autocontrollo.

"Vieni che ti sistemo quel graffio, prima che imbratti tutta casa" la invitò ad andare in cucina, poi frugò tra le cose della signora Weasley per un po'. Indossava una maglietta bianca slabbrata, tanto grande che poteva vedergli la clavicola e una generosa porzione di petto, sotto un paio di pantaloni a righe blu e bianchi che sembravano aver avuto altri proprietari. Gli stringevano un po' sulle cosce, mentre gli stavano larghi in vita. Con un'esclamazione di vittoria recuperò dalla credenza una bottiglietta viola e ne fece colare un paio di gocce su un tovagliolo, poi si sedette davanti a lei, prendendole la caviglia e posandosela su una coscia. Il contatto bruciò per un istante, ma Hermione non ci fece caso. Osservava il volto del ragazzo che aveva davanti, quello che aveva salvato due mesi prima.

"Non riuscivi a dormire?" Domandò lui, rompendo il silenzio.

"Ho solo avuto un incubo" scrollò le spalle, cercando di sminuire il tutto. Lui sollevò gli occhi dal suo lavoro.

"Un altro?" Indagò. Hermione sobbalzò, come se le avessero fatto male.

"Che vuol dire un altro?" Chiese, cercando di non sembrare troppo arrabbiata. Perchè si scaldava così tanto?

"Chi vuoi prendere in giro, Granger? Ti sento urlare ogni notte. La tua stanza è proprio sotto la nostra" spiegò. Hermione pensava di trovare compassione o tristezza sul suo volto, invece Fred fece un mezzo sorrisetto.

"Non credo che siano sogni porno, eh?"Aggiunse, facendola avvampare. Ritrasse in fretta la caviglia dalla sua coscia, rannicchiandosi sulla sedia.

"Temo di no" sussurrò. Non le piaceva essere scrutata a quel modo da lui.

"Hai provato a prendere una pozione per dormire?"

"Non ho bisogno di intrugli del genere. Sto benissimo, è normale avere incubi dopo quello che ho passato" gli occhi di Fred saettarono sul suo braccio sinistro. Non si era ancora decisa a far rimarginare quella cicatrice. La magia avrebbe potuto farlo in un momento, ma per qualche motivo non ci riusciva. Sangue marcio, il peggior appellativo per un nato babbano, le spiccava sulla pelle chiara, come una medaglia al valore. Era sopravvissuta alle torture, un paio di incubi non sarebbero riusciti ad abbatterla.

"Dovresti almeno provare, le tue occhiaie ormai assomigliano a quelle di un panda"scherzò, alzandosi e andando a recuperare il bollitore.

"Perché siete ancora alla Tana?" domandò cambiando argomento. Vide le spalle larghe di Fred irrigidirsi nel gesto di mettere il bollitore sui fornelli.

"Lo facciamo per la mamma, non si è ancora ripresa del tutto. Averci attorno la fa stare meglio"non sapeva come facesse a saperlo, ma Fred stava mentendo.

"Bugiardo" borbottò a mezza voce, rendendosi conto troppo tardi che quelle parole le erano sfuggite di bocca. Fred si voltò, appoggiandosi alla cucina e incrociando le braccia sul petto.

"Senti chi parla" sputò fuori. Non sembrava arrabbiato, ma la sua espressione era dura. Quand'era stata l'ultima volta in cui l'aveva visto così serio? Anche in punto di morte aveva riso, anche ad un soffio dalla fine il sorriso aveva illuminato il suo volto. Ricordava benissimo quand'era stata l'ultima volta che gli aveva visto un'espressione del genere: dopo la Battaglia di Hogwarts, quando l'aveva presa da parte e le aveva fatto il terzo grado.

 

"Sei stata tu?" Aveva chiesto, una volta che l'aveva inchiodata al muro. I suoi occhi castani le scrutavano il volto da una distanza infinitesimale. Poteva contargli le lentiggini sul naso, notare ogni screziatura verde nei suoi occhi.

"A fare cosa?" Domandò, intontita. Si sentiva svuotata di ogni forza. Stare in piedi le sembrava uno sforzo immenso.

"A salvarmi, non fare la finta tonta!"Esclamò lui. Non c'era traccia di divertimento, di un sorriso, di ilarità. Era mortalmente serio.

"Come avrei potuto? Siamo saltati tutti in aria allo stesso momento" cercò di sfilarsi dalla sua presa, ma Fred la teneva inchiodata al muro.

"Bugiarda! Perché l'hai fatto?" Chiese, addolcendo un po' il tono. Lo aveva salvato e basta, ci voleva un motivo per salvare la pelle a qualcuno?

"Non sono stata io, Fred" gli posò una mano sul petto per spingerlo via. Il suo cuore batteva veloce e vivo. Si sentì mancare la terra sotto i piedi. Era vivo e stava bene.

"Hermione, non mentirmi" aveva sussurrato, ma l'aveva lasciata andare.

 

Non erano più tornati sull'argomento, anche perché lei cercava di evitare di rimanere da sola con lui. Sapeva che aspettava solo l'occasione giusta per attaccare ancora. Non si era rassegnato. Hermione non aveva detto a nessuno quello che era successo, tranne che a Harry. Ne avevano parlato una notte come quella, in cui neanche lui era riuscito a chiudere occhio. Lui non si era spiegato cosa fosse successo, ma visto che non c'erano state conseguenze a quell'atto, aveva liquidato l'argomento alla svelta. Sosteneva che anche la sua bacchetta avesse agito di sua spontanea volontà, ma che nessuno avesse trovato una spiegazione valida per quel comportamento. Nessuno dei libri che Hermione aveva consultato ne parlava, ma non si era arresa. C'era sicuramente qualcuno che sapeva. Le era immediatamente venuto in mente Olivander, oppure il ritratto di Silente ad Hogwarts. Loro avrebbero potuto aiutarla, ne era certa. Il bollitore fischiò e Fred si riscosse, servendo ad entrambi due tazze di camomilla fumante. In teoria serviva per rilassare i nervi, in pratica non faceva niente.

"Me ne servirebbe un secchio per dormire" bofonchiò Hermione, che si sentiva a disagio sotto lo sguardo insistente di Fred. Lui ridacchiò, soffiando sulla tazza.

"Anche a me"

"Perchè non riesci a dormire?" Indagò, anche se il suo istinto le diceva di non addentrarsi in quel terreno se non era pronta ad avere delle risposte che non le sarebbero piaciute.

"Non sei l'unica che ha gli incubi" lui però non aggiunse altro. Quella spiegazione era più che sufficiente. Tutti li avevano, chi più e chi meno ovviamente. George per esempio dormiva ogni notte come un ghiro. Non era stato presente nel momento di quasi morte del gemello. Hermione ne era felice. Le risate che faceva fare a tutti la tiravano sempre su di morale e bastavano già loro due a preoccuparsi per tutti. Bevvero le tisane in silenzio, ogni tanto gettandosi qualche occhiata furtiva. C'era mai stato un momento in cui fossero stati così tanto da soli in tutti quegli anni? Non che ricordassero. George, Harry e Ron erano sempre vicini, sempre intorno. Era strano passare del tempo da soli senza gli altri, eppure a Hermione non dispiaceva. Avere Fred vicino la faceva sentire un po' più sicura, un po' più tranquilla, come se l'incubo non ci fosse mai stato.

"Come vanno gli affari?" Non le dispiaceva quel silenzio tra di loro, ma preferiva riempirlo o i suoi pensieri avrebbero iniziato a vagare verso cose più tristi e oscure. Fred parve sorpreso da quella domanda.

"Molto bene. Dopo la guerra le persone hanno bisogno di ridere, ma più che altro è la nostra linea per la difesa che va a ruba" le spiegò. Adesso era più disteso, più simile al Fred che conosceva. Il suo negozio era la sua passione.

"Ti dispiace se uno di questi giorni faccio un salto in negozio?" Domandò. Per un momento Fred tradì un profondo stupore, ma si riprese immediatamente.

"Saresti la benvenuta"fu tutto quello che disse. Recuperò le tazze vuote, mettendole a lavare e si stiracchiò pigramente.

"Andiamo a dormire almeno un paio d'ore, Granger"le propose. Per un attimo Hermione rimase a guardare quella mano che lui le tendeva, indecisa se prenderla o meno, poi lasciò perdere e si fece tirare in piedi con troppa energia. La caviglia stava bene, il taglio non era altro che un ricordo, così come il suo incubo. La mano di lui era forte e morbida, anche se c'erano dei calli sul palmo. Chissà a cosa erano dovuti. Sul pianerottolo, lui le fece un sorriso distratto e salì le scale, incurante delle assi che scricchiolavano. Lo guardò sparire al piano superiore, domandandosi quando mai si era interessata del negozio dei gemelli e da dove le venisse in mente quella richiesta. Una volta tornata sotto le coperte riuscì a dormire quello che restava della notte, senza che alcun sogno la disturbasse.

 

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Capitolo 2
*** Tiri Vispi Weasley ***


La cucina era affollata di persone ciarliere, tutte più o meno pronte per affrontare una giornata di lavoro. Il Signor Weasley, aveva appena finito di fare colazione, quando Hermione entrò nella stanza sbadigliando. Lui la salutò distrattamente, prima di afferrare la valigetta, dare un bacio alla moglie e uscire. Al ministero c'era così tanto lavoro che tutti dovevano fare gli straordinari. Spesso doveva rimanere a lavoro fino a tardi, con profonda costernazione di Molly. A tavola c'erano Harry e Ron, entrambi ancora assonnati e con le cispe incrostate. Il moro sorrideva a Ginny, ancora in pigiama, ma coi capelli impeccabili e la faccia già lavata. Non era ancora al punto di farsi vedere impresentabile dal fidanzato. I loro occhi incatenati facevano fatica a lasciarsi, ma Hermione notò che Harry aveva occhiaie profonde sotto ai suoi occhi verdi. Ron accanto a lui, si stava abbuffando di pancake con lo sciroppo d'acero e succo di zucca. Aveva la bocca piena e nel salutarla un pezzo di cibo semi mangiato colpì la sorella in faccia. Ginny avvampò all'istante.

“Sei disgustoso! Chiudi la bocca quando mangi, non sei un maiale!” Tuonò, pulendosi la guancia con un fazzoletto. Harry scoppiò a ridere. Quel suono fece voltare la Signora Weasley, il cui volto si aprì in un largo sorriso.

“Buongiorno, Granger!” Esclamarono in coro i gemelli, entrando in cucina. Erano entrambi già vestiti per andare a lavoro, con completi blu scuro identici. Se George non avesse avuto un orecchio in meno, nessuno avrebbe potuto distinguerli l'uno dall'altro. La superarono e andarono a prendere posto a tavola, servendosi generose porzioni di cibo. Fred spostò con un calcio la sedia davanti a lui, invitandola a sedersi.

“Buongiorno cara! Sarai affamata!” Molly recuperò una tazza di caffè e la posò sul tavolo, sapendo che era impossibile per lei iniziare la giornata senza, soprattutto in quel periodo di nottate in bianco.

“Hai dormito bene?” Indagò George, scrutandola. Fred gli lanciò un'occhiataccia, ma venne ignorato.

“Ho avuto una nottata tranquilla” scherzò lei.

“Allora vuoi venire oggi con noi?” Rincarò quello, beccandosi una gomitata nelle costole dal gemello. Lo sguardo confuso di tutti i commensali le si posò addosso, facendola arrossire fino alla radice dei capelli.

!Penso che passerò più tardi, devo fare delle commissioni prima” buttò lì, generica, con una gran voglia di uccidere George e anche Fred per averglielo detto.

“Che devi fare?” Ron era riuscito ad ingoiare il cibo.

“Ho bisogno di cose nuove per la scuola, pensavo di passare da Diagon Alley in mattinata” spiegò. Harry e Ron si scambiarono uno sguardo colpevole che le sfuggì perchè Fred aveva sussurrato qualcosa al gemello.

“Sono così felice che vogliate tornare! Prenderemo i M.A.G.O tutti insieme” esclamò Ginny con un'allegria contagiosa. Anche lei era contenta. Per lavorare al ministero le servivano ottimi voti, nonostante le avessero offerto di iniziare subito, senza finire la scuola. Non voleva favoritismi di alcun tipo. Solo perchè aveva aiutato a salvare il mondo, non significava che le dovessero dare ruoli di rilievo senza che se li fosse meritati. Qualcuno le aveva detto che nessuno se li era meritati quanto lei, ma Hermione non aveva sentito ragioni: sarebbe tornata a scuola. Aveva anche convinto Ron e Harry, così avrebbero finalmente avuto un anno tranquillo tra le mura del castello.

“Sarà un anno perfetto!” Trillò la signora Weasley, guardandoli tutti con gli occhi luccicanti di commozione.

“Mamma per favore non ricominciare a piangere, ora” l'ammonì Fred.

“Vorrei cominciare almeno un giorno senza dover consolare qualcuno” rincarò George, beccandosi un calcio sotto il tavolo da Ginny.

“Sono solo felice che tutto sia andato a finire bene” la felicità della donna non venne intaccata dai suoi figli, che però sorridevano bonari. Dopo colazione i gemelli si smaterializzarono per andare ad aprire il negozio di scherzi. Ginny e Harry andarono in Grimmauld Place per continuare a ristrutturare la casa. Hermione sospettava che fosse tutta una scusa per passare del tempo da soli. Per quanto Molly fosse felice della loro relazione, non ammetteva smancerie sotto il suo tetto. Li aveva chiaramente avvertiti di non tirare la corda. Harry non le aveva raccontato niente e neanche Ginny, ma sospettava che la loro intimità stesse facendo grossi passi avanti. Era felice per loro. Indossò un semplice abito azzurro che le arrivava poco sopra il ginocchio. Aderente sui fianchi e sul seno, era invece morbido e svolazzante sulla gonna. Lo abbinò con dei sandali bianchi bassi, una borsa e gli occhiali da sole. Luglio era proprio un mese inclemente. Finché Voldemort aveva tenuto il potere persino in estate faceva freddo, a causa dei Dissennatori, ma ora il sole cocente le scaldava la pelle.

“Possiamo parlare?” La voce di Ron la riscosse. Era il più alto dei ragazzi Weasley e il più ingenuo. La osservava dalle scale, con le braccia conserte, in una posa che le ricordò Fred la notte precedente. I capelli e le lentiggini erano le uniche altre somiglianze tra i due. Uno era alto e allampanato, mentre l'altro era più basso, se così si poteva definire, ma più muscoloso. Ron era più simile a Percy, mentre i gemelli assomigliavano a Bill e Charlie. Si riscosse, perché stava facendo paragoni tra i ragazzi? Non era da lei.

“Certo, andiamo fuori” propose. Non voleva che la signora Weasley origliasse, qualsiasi cosa fosse. La condusse sotto un enorme albero, che gettava un'ombra rinfrescante sulla loro pelle accaldata. Ron era nervoso, lo vedeva da come si strofinava le braccia, da come il suo sguardo saettava in giro, senza mai fermarsi su di lei.

“Ron, vuoi dirmi che sta succedendo?!” Esclamò con l'ansia che iniziava a pervaderla. Non avrebbe sopportato altre brutte notizie.

“Ecco...in realtà volevo aspettare Harry a dirtelo...cioè è una cosa che riguarda entrambi...ma credo che sia giusto che ne parliamo noi due, sai perché...” sospirò profondamente, come a farsi coraggio. Lui che aveva affrontato i mostri più spaventosi che si potesse immaginare, balbettava come uno scemo davanti a una ragazza. Ovviamente Hermione sapeva essere più spaventosa di Voldemort e tutti i Mangiamorte messi insieme. Si ricordava ancora di come un branco di canarini dolci lo avesse aggredito, lasciandogli ferite per settimane. Rabbrividì al ricordo.

“Ronald, vuoi arrivare al punto?!” Tuonò lei, battendo un piede per terra, impaziente.

“Io e Harry non torneremo a Hogwarts” esalò. Il silenzio che seguì lo costrinse ad alzare gli occhi da terra. Hermione lo guardava con gli occhi a fessura e la bocca spalancata.

“Perchè?” Domandò, dopo aver scartato tutte le altre domande. Ne aveva un centinaio.

“Ci è stato offerto di iniziare l'addestramento Auror immediatamente” le spiegò. Si era aspettato che urlasse, che tentasse di fargli cambiare idea, che lo affatturasse persino, ma non che abbozzasse un sorriso. Per un momento pensò che fosse diventata matta.

“Lo immaginavo. Speravo che avremmo finito la scuola insieme, che potessimo rimandare il momento della separazione ancora per un po', ma sembra che ci siamo” sembrava parlare più con se stessa che con lui.

“Quale separazione? Andiamo solo all'accademia per Auror, non cambia niente tra noi!” Esclamò in preda al panico.

“Certo che no, saremo sempre amici, ma sarà diverso a scuola senza di voi” sentiva che una parte della sua vita stava finendo. Succedeva spesso in quel periodo. Stava acquisendo nuove consapevolezze e non era certa che tutte fossero positive.

“A...amici?” Domandò Ron, i cui occhi si erano sgranati.

“Sì, amici, non credi che sia meglio per tutti e due?” Hermione sapeva di non poter rimandare quel discorso. Ci aveva pensato per due mesi. Il bacio che si erano scambiati era stato dettato solo dall'adrenalina, dalla paura di morire. Era sempre stata curiosa di baciare Ron, ma quello che aveva provato non era quello che aveva sognato.

“Ma...io credevo che...Hermione io sono innamorato di te” dichiarò, finalmente ritrovando il coraggio. Quella conversazione gli era sfuggita di mano.

“Lo so, ma per me sei il mio migliore amico” vide chiaramente quanto quelle parole lo avevano ferito, quanto potessero far male.

“Ci siamo baciati, io credevo che per te fosse lo stesso” ora cominciava ad arrabbiarsi.

“Lo credevo anche io, ma dopo quel bacio ho capito che non era così” si sentiva dispiaciuta per lui, ma era meglio che entrambi andassero avanti con le loro vite. Le orecchie di lui erano diventate rosse come i suoi capelli.

“Hai aspettato due mesi per dirmelo?!” Sbottò, infervorato.

“Non è che tu abbia fatto molto per farmi pensare che fosse stato più di un bacio tra amici, in tutto questo tempo” lo accusò. Non voleva assumersi tutta la responsabilità, perché anche lui aveva le sue colpe.

“Avevi bisogno di tempo per riprenderti!” Urlò, esasperato. Aveva preso a camminare avanti e indietro nervosamente.

“Non ci siamo promessi niente, non ci siamo detti niente, non ne abbiamo neanche più parlato! Pensavo che fosse lo stesso per te” ora anche il collo gli era diventato rosso. Sembrava una strillettera umana pronta a scoppiare.

“Non ci siamo promessi niente?! Cosa volevi una dichiarazione d'amore? Archi e rose?” Tuonò, quasi deridendola.

“Magari le rose no, ma mi aspettavo che tu avresti almeno esternato i tuoi sentimenti!” Ribatté indignata da quel tono. Ron rimase interdetto, a corto di parole.

“Quindi è per questo che mi stai piantando. Fai i capricci perchè non ti ho fatto una dichiarazione come si deve!” Quelle parole ebbero l'effetto di far infuriare Hermione.

“Non faccio i capricci, dannato idiota! Non voglio stare con te, punto e basta! Vattene pure a diventare un Auror!”Urlò girando improvvisamente su se stessa e smaterializzandosi in Diagon Alley. Furiosa con quell'idiota di Ron, si accorse di essere davanti ai Tiri Vispi, ma non aveva voglia di entrare. Era troppo arrabbiata per guardare altri capelli rossi e lentiggini in quel momento. Si girò sui tacchi e percorse il viale pieno di gente. Dopo la caduta di Voldemort era tornato tutto all'antico splendore. Le botteghe traboccavano di merci e di gente ciarliera. Alcuni la guardavano indicandola, qualcuno la salutava. Un paio di streghe andarono a stringerle la mano, ringraziandola calorosamente. Ora che la sua immagine era stata messa sulle Cioccorane capitava sempre più spesso che la gente la fermasse. Una bambina corse da lei per farsi firmare una pergamena.

"Da grande voglio essere come te" le disse, prima di correre dalla madre, che sorrise. Tutte quelle attenzioni non le facevano proprio piacere. Si sentiva sempre in imbarazzo. Non aveva fatto niente di che, non era stato merito suo se Voldemort era morto, non era lei che aveva offerto la sua vita per il mondo. Eppure, grazie a tutte le interviste rilasciate, ormai non era meno famosa di Harry. Andò a comprare penne e pergamena, tutti gli ingredienti per pozioni e infine andò a farsi fare nuove divise, quelle vecchie le stavano strette e corte. Ogni volta che entrava in un negozio qualcuno la fissava a bocca aperta e i negozianti erano fin troppo deferenti. Al Ghirigoro insistettero per regalarle i libri che voleva acquistare, senza voler sentire una sola protesta da lei. Carica di buste si concesse un gelato da Florian. L'omone era di buon cuore e anche se i segni delle torture si vedevano chiaramente sul suo corpo, le fece un gran sorriso e le regalò una coppa gigantesca che faticò a finire. Mentre mangiava ai tavolini e osservava tutta quella gente andare e venire si sentì un po' meglio, anche se la rabbia per Ron continuava a ribollirle nelle vene. Come poteva averla accusata di comportarsi come una bambina? Non lo era affatto. Cercò di scacciare quei pensieri dalla mente e trascinandosi dietro tutti i suoi acquisti si diresse verso i Tiri Vispi che era quasi ora di pranzo. Il negozio straripava di merci colorate. C'era un gran chiasso e una moltitudine di ragazzini radunata attorno agli espositori dei fuochi d'artificio con innesto ad acqua sospirava ad ogni nuovo prodotto declamato da una bocca gigante. C'erano altre bocche del genere sparse in giro per tutto il negozio. Alcune accanto alle Merendine Marinare, altre davanti ai giochi dei babbani, altri davanti ai set di difesa per le arti oscure. Quando qualcuno si avvicinava e premeva il bottone quelle iniziavano a elencare i prodotti esposti e le loro caratteristiche. Hermione lo trovò ingegnoso. Quel posto era troppo grande perchè i gemelli potessero tenere d'occhio tutti i clienti e attardarsi a spiegare ogni singolo prodotto a tutti. Aveva sempre pensato che fossero maghi sprecati.

“Granger! Ti aspettavamo prima!” La voce di George la fece sobbalzare.

“Dovete smetterla di farmi prendere paura, uno di voi due verrà affatturato prima o poi” ringhiò. Quello ridacchiò, scuotendo una mano, come a scacciare quel pensiero fastidioso.

“Sei troppo suscettibile, posso consigliarti di rilassarti un po'?” Lo disse come se stesse vendendo qualcosa.

“Cosa stai pensando, Weasley?” chiese sospettosa. Quello le fece un sorriso immenso e la sospinse verso uno scaffale di pozioni. Ne afferrò una azzurra e la cacciò nelle sue mani. L'etichetta diceva: “Hai bisogno di rilassarti? La tua vita è troppo stressante? Non vuoi ricorrere a pozioni complicate o a rimedi della nonna inefficaci? Prova Svia Pensieri e per qualche ora, ogni brutto pensiero svanirà dalla tua mente come per magia!” Sotto c'erano una serie di controindicazioni scritte così in piccolo che non riuscì a leggerle. Spostò lo sguardo su George, sospettosa.

“Che diavolo è questa roba?”

“Una nostra nuova invenzione. In realtà ne vendiamo così tante che non riusciamo quasi a tenere il passo con la produzione” spiegò il ragazzo, soddisfatto.

“Cosa fa di preciso?” Hermione era sospettosa.

“Quello che dice. Scaccia i cattivi pensieri, lasciando solo quelli positivi. È come...ti sei mai ubriacata Granger?” Chiese a brucia pelo.

“No!”

“Ma quanto sei noiosa, ragazza?! Ora non mi viene un'altra similitudine” borbottò mettendo su un finto broncio. Hermione ridacchiò, anche se l'aveva quasi offesa.

“è come avere un orgasmo di due ore” s'intromise Fred, sbucando da dietro gli scaffali. Un calore inaspettato le si propagò su tutta la faccia a quelle parole. George annuì serio. Due paia di occhi identici e allegri la fissavano.

“L'avete provato?” Domandò, cercando di cambiare argomento. Loro si scambiarono un'occhiata sconvolta.

“Non ci credo...” cominciò George.

“Te l'avevo detto, paga!” Rincarò Fred, intascandosi un galeone d'oro che gli aveva porto il fratello.

“Che significa?” Hermione ne aveva avuto abbastanza per un giorno di Weasley idioti.

“Niente mi hai appena fatto vincere un galeone” ridacchiò Fred.

“Granger, io credevo in te! Perchè sei così Perfettina?” George si portò una mano al cuore, come se lei l'avesse colpito. Nonostante si stessero palesemente prendendo gioco di lei, non poteva fare a meno di sorridere.

“Non sono perfettina”si lamentò.

“Sei stata un anno intero in giro con due uomini e...per le mutande di Merlino!” Sbuffò George. Cominciava a capire dove stesse andando a parare quella conversazione e non le piaceva.

“Voi due stronzi, come vi siete...” non finì mai la frase. All'improvviso uno dei fuochi d'artificio schizzò fuori dalla scatola con un fischio spacca timpani e una raffica di scoppi. Hermione lasciò cadere la boccetta che aveva in mano e tutti i pacchi, estrasse la bacchetta e si parò davanti ai gemelli, pronta a dare battaglia. Il gruppo di ragazzini, vedendosi puntare contro la bacchetta dalla Salvatrice del Mondo Magico, impietrirono e divennero bianchi come il gesso. Il cuore di Hermione batteva all'impazzata e la mente si era azzerata. Due mani gemelle si posarono sulle sue spalle e si rilassò all'istante. La tensione e l'adrenalina scemarono, lasciandola un po' tremante, ma più tranquilla.

“Va tutto bene ragazzi! Si può sapere chi è stato?” La voce di George era ferma. Fece un cenno al fratello con la testa e andò incontro ai bambini, ancora paralizzati sul posto. Fred le fece abbassare il braccio gentilmente e la trascinò con sé sul retro. Non disse niente, finchè non furono da soli e l'ebbe fatta sedere su uno scatolone. Fred ripiegò le lunghe gambe sotto di sé in modo da guardarla negli occhi. Hermione era una mina vagante. Le tolse la bacchetta di mano, gentilmente e lei sembrò metterlo a fuoco.

“Mi...”

“Non c'è bisogno di scusarsi. Sono cose che succedono spesso in negozio. All'inizio anche io scattavo, anche George in realtà, ma non lo ammetterà mai, poi ci fai l'abitudine” raccontò, con un sorriso sereno. Le porse un bicchiere d'acqua fatto apparire dal niente.

“Come sta?” La testa di George fece capolino da dietro la porta.

“Solo un po' scossa, ma almeno non ha tentato di schiantare i bambini” ridacchiò davanti al suo sguardo mortificato.

“Avrei voluto vedere la scena, non è giusto che mi escludiate” borbottò George.

“Stavi russando beato, non volevo svegliarti”

“Io non russo, quello che russa sei tu!” Battibeccarono per alcuni istanti, dando alla ragazza il tempo di riprendersi. Hermione li guardava stordita. Aveva quasi aggredito un branco di bambini perché era partito un fuoco d'artificio, come poteva pensare di andare a scuola? Le esplosioni e i rumori forti erano all'ordine del giorno nell'aula di Incantesimi o Difesa Contro le Arti Oscure.

“Pensate che debba andare al San Mungo?” Li interruppe Hermione, ponendo fine al battibecco. George entrò nel magazzino e si avvicinò, con quell'aria seria che un po' la preoccupò. Fred sospirò profondamente.

“Dipende. Hai provato tutto quello che potevi per stare meglio?” Chiese George.

“Non so cosa fare” la sua voce si era incrinata, ma trattenne le lacrime con la forza di volontà. Perché aveva chiesto quella cosa ai gemelli? Chi erano loro per lei?

“Ti direi di provare la nostra pozione, ma penso che non sarebbe una soluzione a lungo termine” riflettè.

“Ne hai parlato con qualcuno che non sia Harry o Ron?” Fred era molto serio.

“No, ne sto parlando con voi” fraintese.

“Intendevo di quello che è successo. Ti sei confidata?” Insistette.

“Freddy, vado a chiudere il negozio per pranzo, portala di sopra intanto”ordinò George, sparendo dietro la porta del magazzino. Lo sentì suonare una specie di sirena che annunciava che il negozio era in chiusura, al quale fece seguito un brusio e uno scalpiccio di piedi. Fred la fece alzare e afferrata saldamente per un braccio, ruotò su se stesso.

L'appartamento dei gemelli era esattamente caotico come si era immaginata. Su ogni superficie disponibile vi erano progetti, prototipi e pozioni ribollenti. Alcuni aeroplanini volavano attorno al lampadario, mentre sul tavolo da pranzo c'era un misto di Merendine Marinare incompiute, scatole di Torrone Sanguinolento e un Cappello Decapitante. Il divano era una delle poche superfici disponibili, così Fred la fece accomodare lì, mentre con la bacchetta riordinava frettolosamente. Le pareti di casa erano comunque tappezzate di progetti, di lunghe liste di ingredienti per le loro pozioni, alcune delle quali erano state corrette più volte. Quello era un laboratorio in piena regola. Dal salotto vedeva due porte, ognuna delle quali aveva un colore diverso. Rosso e arancione. Una cucina a vista completava tutto l'appartamento. Era piccolo, ma per quei due andava più che bene.

“Benvenuta a casa!” Esclamò Fred, notando che si guardava attorno.

“Se aggiungi la pelle di Girilacco alla pozione trasfigurante dovresti risolvere il problema della coagulazione” gli fece notare, indicando un progetto sul tavolo. Il ragazzo parve sorpreso, poi strappò via il foglio da sotto una pila di scatole di Polvere Buio Pesto per controllare. Era una pozione che stavano sviluppando da qualche mese, ma che avevano dovuto accantonare a causa della guerra. La pozione trasfigurante in teoria doveva cambiare, a seconda delle tue preferenze una parte del tuo corpo per qualche ora. Non ti piaceva il tuo naso? Potevi cambiarlo o rimpicciolirlo, volevi i capelli azzurri ma non riuscivi a farlo con la bacchetta? La pozione Trasfigurante faceva al caso tuo. Fred afferrò una penna dall'aria molto babbana e scarabocchiò un appunto, poi cambiò la dose di qualcos'altro.

“Che stai facendo, Freddy?”George si era appena materializzato con un crac.

“Hermione ha avuto un'idea per la pozione trasfigurante, vieni a vedere” George le sorrise, andando a mettersi dietro il gemello.

“Guardate che basta dimezzare le dosi, se volete...”

“Sei un genio!” Esultò Fred, scribacchiando qualcosa in fretta.

“Vuoi un lavoro estivo?” Buttò lì George. Entrambi lo fissarono stupefatti.

“Cosa?!” Le loro voci in stereo lo fecero ridere di gusto.

“Sono serio, vuoi un lavoro estivo? Il tuo cervello ci potrebbe servire e a te serve distrarti”

“Dopotutto non hai niente da fare alla Tana” rincarò Fred, che trovava l'idea di suo fratello geniale.

“Almeno che tu non voglia passare l'estate a pomiciare con Ronnino” ghignò George.

“Non sarebbe una cattiva idea” riflettè Hermione, scrutando i volti dei ragazzi. Lei non aveva niente da fare e loro avevano bisogno di una mano. Il tempo per sviluppare nuovi scherzi e metterli a punto e stare dietro al negozio non doveva essere molto.

“Pomiciare tutta l'estate con Ronnino?” Domandò Fred, schifato.

“Non stiamo insieme. Intendevo lavorare qui” si guardò attorno. Non era sicura che quel caos sarebbe stato l'ideale, ma magari poteva sistemare un po' di roba.

“Che vuol dire non stiamo insieme?” Domandarono in coro i gemelli. La facevano rabbrividire quando lo facevano.

“Esattamente quello che ho detto” incrociò le braccia sul petto, sfidandoli con lo sguardo a ribattere qualcosa di cattivo.

“Mi vuoi uccidere, Granger?!” Tuonò George, frugandosi in tasca e tirandone fuori una manciata di galeoni.

“Smettila di scommettere sulla mia vita privata e magari ti rimarrà qualche zellino per fartene una tua” lo rimproverò. Fred scoppiò a ridere così forte che sobbalzò, sorpresa. Si teneva la pancia in un eccesso di risa, mentre anche il fratello si univa a lui, anche se molto più pacatamente.

“Ti ha proprio messo al tuo posto, eh Georgy?!” Riuscì a dire, tra una risata e l'altra.

“Vale anche per te, idiota” lo rimbeccò, col risultato di far ripartire le risate. Quando i gemelli si furono calmati ed ebbero mandato un gufo al Paiolo Magico per il pranzo, Hermione li studiò attentamente. Sembravano due tipi assurdi, sempre pronti alla battuta, le persone meno serie del mondo, ma erano riusciti a tirare su un'attività fiorente. Se quello che aveva sentito dire da Ginny era vero, stavano pensando di comprare Zonko, il che significava galeoni a palate. Si rese conto, sedendosi a tavola, che lo spavento di prima per i fuochi era totalmente scomparso. Ancora una volta i gemelli l'avevano distratta. Rifletté sulle parole di George mentre li ascoltava parlare di lavoro.

“Se devo lavorare con voi, voglio essere pagata e soprattutto voglio un posto di lavoro decente” sbottò infilzando una patata arrosto. I gemelli le sorrisero, furbeschi.

“Pagata? Granger tu dovresti pagare noi per il privilegio” esordì George.

“Considerala come una terapia” rincarò Fred.

“Non siete simpatici. Voglio almeno un galeone all'ora, ed è un prezzo da amica, inoltre questo macello deve sparire. Non è un laboratorio serio e non sono attrezzature adatte, quelle. Su ogni prodotto che vi aiuterò a sviluppare ci sarà anche il mio nome, dopo i vostri ovviamente. Lo stesso per i brevetti. Voglio una parte dei proventi per ogni brevetto che vi aiuterò a registrare” snocciolò. I due la guardarono a bocca aperta.

“Forse non ti è chiaro che lavorerai qui per due mesi e basta” le ricordò Fred, che però faticava a non mostrarsi colpito.

“Allora non dovrai preoccuparti di pagarmi troppo, non pensi?” I suoi occhietti furbi, non trassero in inganno i gemelli.

“Granger, nessuno mette in dubbio il tuo cervello, ma i brevetti scordateli” George era irremovibile.

“Una parte, non ho detto tutto. Diciamo il dieci percento” buttò lì con finta non curanza.

“Come scusa? Ho solo un orecchio, credo di non aver sentito bene!”

“Facciamo il cinque e abbiamo un accordo” Fred diede di gomito al fratello.

“Il cinque percento di un brevetto per il resto della vita sono un sacco di soldi!” Protestò.

“Ma se non vi aiuterò con nessun brevetto non dovrete pagarmi, cioè solo le ore di lavoro e un galeone l'ora non è niente. Sono otto galeoni il giorno al massimo” li tentò. George gemette sonoramente. Una parte di lui voleva cedere, ma l'altra, quella che pensava ai soldi, si rifiutava. Per qualche motivo sapeva che Hermione aveva bisogno di quel lavoro. Aveva notato come erano riusciti a distrarla dal suo scatto. Inoltre il suo cervello poteva essere di grande aiuto. Eppure una piccolissima parte di lui, urlava che si stava andando a cacciare in un grosso guaio. Si voltò verso Fred, che lo stava osservando. Il loro legame era molto forte, quasi come se potessero parlarsi nella mente senza parole. Sentiva che il gemello spingeva per accettare l'accordo. Sapeva che Hermione era più sveglia di loro due messi insieme e che la sua conoscenza del mondo magico era immensa. Quello che non sapeva lo compensava coi libri, di cui era sempre ben fornita. Sentì però che c'era dell'altro che Fred non gli stava dicendo, qualcosa che non riusciva ad afferrare del tutto. Delle domande. Il gemello voleva delle risposte e pensava che averla intorno lo avrebbe aiutato ad ottenerle. George si fece un appunto mentale di indagare su quel punto.

“Inoltre posso aiutarvi con l'acquisto di Zonko” aveva calato l'asso. E pensare che era stato lui a proporre quella cosa. Sembrava che fosse lei a spingere per lavorare lì, ora.

“In che senso?” Fece riprendendosi dai suoi pensieri.

“Acquistare un negozio di scherzi non sarebbe un problema di per sé, ma sono sicura che voi non volete il negozio in quanto tale, ma i brevetti di Zonko. Volete essere una grossa azienda che ne compra una più piccola e ne assorbe i diritti” spiegò, con la faccia di un gatto che abbia mangiato un canarino. Il sorriso dei gemelli si allargò a dismisura.

“Ginny non sa proprio tenere la bocca chiusa”

“Ho una conoscenza delle leggi magiche due volte superiore alla vostra e mi piace fare ricerche” non riuscirono più a dirle di no. Allungarono entrambi le mani e lei le afferrò entrambe. In quel momento sentì una tensione che non sapeva di avere sciogliersi. Erano loro a farle quell'effetto? Lasciò andare la mano dei gemelli e quel nodo tornò, anche se non troppo doloroso. Perplessa allungò nuovamente una mano e la posò sul braccio di Fred. Lui la guardò confuso. Il nodo c'era ancora, anche se lo sentiva allentarsi. Posò l'altra sul braccio di George e sospirò di sollievo. Per la barba di Merlino che stava succedendo?

 

 

Angolo Autrice: Salve a tutti! Mi presento, sono la matta appassionata di Fred e Hermione che scrive storie da un pò di tempo. Ho pensato di condividere con voi queste cosette. Spero che le troviate di vostro gusto e magari mi facciate sapere cosa ne pensate. La storia è solo all'inizio, ma spero che vi piaccia e che sia tutto chiaro. Fatemi sapere se avete domande o dubbi e soprattutto se ho fatto qualche orrore grammaticale!

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Capitolo 3
*** Invenzioni ***


Hermione, dopo quel breve contatto si era scusata e precipitata fuori dalla casa dei gemelli. Fred era scattato in piedi per inseguirla, ma George lo aveva bloccato.

“Lasciala andare” erano state le sue parole.

“Non ti sei accorto di niente?” Sbottò il fratello, confuso.

“Non sono sordo, fratellino” replicò.

“Allora perchè...” la risposta gli arrivò direttamente dal loro canale condiviso. Hermione si era spaventata e aveva bisogno di spazio, lontano da loro. Fred si accasciò nuovamente sulla sedia, guardando il gemello in cerca di spiegazioni.

“Non lo so, non chiedere” fece quello scrollando le spalle. Fred non chiese, anche se gli ci volle un grande sforzo di volontà. Nella sua mente si affollavano troppe domande a cui non sapeva dare una risposta. Sperava che avere Hermione in giro per il negozio lo avrebbe aiutato a trovare le risposte di cui aveva bisogno, non a porsi nuove domande sempre più complicate.

“Andiamo, dobbiamo creare un laboratorio per la signorina perfettina” ridacchiò il gemello. Trascorsero il resto della pausa pranzo a rendere un angolo del magazzino una specie di laboratorio in cui lei potesse lavorare, ci portarono tutti gli ingredienti e i progetti, sistemandoli nella credenza. Tutti i prototipi finirono in una cesta accanto al bancone. Hermione avrebbe sicuramente trovato qualcosa da ridire. Sempre se il loro accordo verbale fosse stato ancora valido.

 

Hermione si era materializzata alla Tana, dopo essere andata via in tutta fretta da casa dei gemelli. C'era solo Molly, affaccendata come sempre, col suo orologio in bilico su una pila di panni accanto a lei. Nonostante la guerra fosse finita non aveva perso l'abitudine di portarlo in giro. Il silenzio era quasi innaturale. Era abituata ad avere sempre gente in giro, gente rumorosa che urlava e chiacchierava. Vedere la Tana deserta le faceva una strana impressione. Molly sollevò lo sguardo da quello che stava facendo, quando tornò.

“Sei a casa cara! Hai mangiato?” Domandò. Era il suo modo di dimostrare amore. Sarebbe stata una nonna meravigliosa un giorno.

“Sì, ho pranzato coi gemelli” rispose Hermione. La signora Weasley non riuscì a trattenere la sorpresa.

“Spero che non ti abbiano dato una delle loro Merendine” bofonchiò. Nonostante i suoi figli avessero un negozio che andava a gonfie vele e la riempissero di regali, lei non era ancora propriamente soddisfatta. Avrebbe voluto una carriera più prestigiosa per quei due.

“No, mi hanno offerto un lavoro estivo, però” non sapeva perchè ne parlasse con lei. Voleva bene a Molly, ma confidarsi con lei era tutta un'altra questione.

“Un lavoro?” Chiese, posando il ferro da stiro, l'espressione confusa.

“Vorrebbero che li aiutassi con i prototipi dei nuovi scherzi” spiegò, sentendosi come se stesse chiedendo il permesso. Il silenzio si dilatò tra di loro.

“Almeno hanno abbastanza cervello per capire che hanno bisogno di una in gamba come te per aiutarli” sbottò infine, con un sorriso dolcissimo. Hermione si sentì sollevata. Per qualche motivo, l'approvazione di lei era stata importante.

“Già, spero solo di poterli aiutare veramente” riflettè.

“Cara, il tuo cervello vale più di quello di tutti i miei figli messi insieme. Forse solo Ginevra si salva” ridacchiò la Signora Weasley. Hermione rimase interdetta.

“Fred e George sono molto intelligenti invece. Hanno sviluppato una linea per i maghi meno capaci” cominciò a raccontare delle cose che aveva visto quel giorno. I loro non erano solo scherzi, non erano solo cose stupide per far ridere. Erano riusciti a creare oggetti utili per coloro che non avevano avuto Harry come insegnante e non potevano difendersi a dovere. La guerra era sicuramente finita, ma questo non significava che fossero tutti al sicuro. I Mangiamorte se ne stavano nell'ombra. Non tutti si erano dati alla clandestinità o si erano ravveduti. Non faceva male avere qualche difesa in casa. Mentre parlava con la donna un'idea le si sviluppò nella mente. Era ancora qualcosa di indistinto e vago, ma sentì il bisogno di correre di sopra per buttarla giù. Trascorse molte ore china sulla pergamena, scrivendo, disegnando, cancellando e riscrivendo. Le ore del pomeriggio volarono via e non si rese conto che la casa aveva iniziato nuovamente a popolarsi di voci allegre. Ginny fece capolino in camera, sbadigliando sonoramente. Hermione non alzò neanche la testa.

“Terra chiama Hermione, ci sei?!” Esclamò la rossa, osservando la chioma cespugliosa dell'amica più arruffata che mai. L'aveva vista in quelle condizioni solo per gli esami dei G.U.F.O.

“Shhh!” Replicò lei, richiudendosi in un mutismo forsennato. Ginny tentò di attirare ancora la sua attenzione, ma ci rinunciò, scendendo per la cena.

“Hai chiamato Hermione?” Sbottò sua madre, vedendola tornare da sola.

“Credo che...”

“Fred, George!!!” L'urlo di Hermione che proveniva dal piano superiore fece sobbalzare tutti. I gemelli, che erano appena usciti dalla cucina, con la bocca piena di biscotti, si bloccarono sotto lo sguardo di tutta la famiglia.

“Ho avuto un'idea!” Hermione si era precipitata al piano inferiore brandendo la pergamena piena di schizzi su cui lavorava da ore. Aveva una macchia di inchiostro sulla guancia sinistra, nel punto in cui si era sfregata la faccia. I gemelli scattarono a quelle parole, anche se ancora un po' confusi. Andarono in salotto, dove lei schiaffò il foglio sotto i loro nasi. C'era un grosso disegno di una bocca come quella che usavano in negozio per elencare i prodotti degli scaffali. In una minuta calligrafia ordinata, c'era scritto: Antifurto.

“Che significa?” Domandò George perplesso.

“Stavo raccontando a vostra madre della vostra linea di prodotti difensivi per maghi poco capaci e ho pensato al posto in cui la gente si sente più al sicuro: casa! Ma non tutti possono permettersi le protezioni del ministero e neanche un incanto fidelius. È magia troppo avanzata. Allora ho pensato a come fanno i babbani a difendere le loro case” puntò un dito sulla parola antifurto, esultante. Fred e George non stavano capendo.

“Hermione, non sappiamo cosa voglia dire quella parola” spiegò Fred. Lei rimase interdetta. A volte dimenticava che i maghi non conoscevano molte delle cose babbane.

“Scusate. Un antifurto funziona come un allarme. Se qualcuno entra in casa e non conosce la sequenza di numeri giusta, quello comincia a suonare all'impazzata e viene avvertita la polizia” spiegò. Vide che i due iniziavano a comprendere. Intanto il signor Weasley si era avvicinato, affascinato dalla spiegazione degli antifurto.

“Voi avete una linea difensiva, ma solo dalle maledizioni e sono tutti abiti, cose che proteggono solo il mago da attacchi diretti e minori. Se invece creassimo un antifurto magico?” Domandò esultante, davanti alle facce dei ragazzi. La fissavano entrambi a bocca aperta.

“Potremmo concedere alle persone non solo la possibilità di smaterializzarsi in tempo, quando l'allarme scatta, ma anche al ministero di arrivare in tempo per salvare il mago con una squadra di Auror!”Concluse, indicando la pergamena. Sia i gemelli che Arthur rimasero in silenzio per un momento, ponderando quello che aveva appena detto. Poi, come se si fossero ripresi tutti insieme, cominciarono a parlare uno sopra l'altro. Le loro voci si accavallavano, in una cacofonia assordante.

“Non vi sento se fate così” rise.

“Hermione sei un genio! Avrebbe applicazioni magiche incredibili per tutti coloro che non possono o non vogliono fare incantesimi alla casa”

“Credi che il ministero potrebbe accettare di collaborare con una cosa del genere?” Chiese Fred al padre.

“Se riuscite a creare questa cosa, penso che potremmo chiedere al Ministro un incontro per esporgli l'idea di Hermione” Arthur guardava la ragazza con malcelato orgoglio, neanche fosse figlia sua. In realtà era come se lo fosse. In quegli anni aveva passato più tempo con la sua famiglia, nella sua casa, che con i suoi genitori. I tre ragazzi si lanciarono in una fitta discussione.

“Adesso basta, la cena è pronta! Potrete parlare domani delle vostre invenzioni” li rimproverò Molly, che aveva messo in tavola la cena. A tavola si sforzarono di non parlare di lavoro, cosa che di solito era seguita da sbuffi e rimproveri della madre. Inoltre, Fred e George notarono, c'era una certa tensione tra Ron e Hermione. Persino Harry sembrava a disagio. Non si guardavano direttamente ed erano un po' troppo cortesi e educati nel chiedersi di passarsi il sale o il pane. Ginny li guardava tutti e tre con aria esasperata.

“Fatela finita!” Sbottò al dolce. L'aria era diventata così carica di tensione che non ne poteva più.

Harry, Ron e Hermione sobbalzarono e assunsero un'aria colpevole piuttosto comica.

“Che è successo?” Domandò George alla sorella.

“Harry e Ron hanno qualcosa da dire a tutta la famiglia” li incastrò lei. Harry la fulminò con lo sguardo, sentendosi tradito. Ron le lanciò una mollica di pane e si fece piccolo piccolo sulla sedia. Molly aveva già assunto l'aria preoccupata di una che sta per ricevere notizie fatali.

“Abbiamo ricevuto l'offerta di intraprendere immediatamente gli studi per diventare Auror e abbiamo accettato. Non torneremo a scuola a settembre” esalò Ron tutto d'un fiato. I signori Weasley rimasero sconvolti dalla novità.

“Come sarebbe a dire? Avevate promesso di prendere i vostri M.A.G.O e poi intraprendere l'accademia” sbottò Molly. I suoi figli erano una continua fonte di preoccupazione.

“Hanno detto che non serve, che per noi...sarebbe superfluo” spiegò Ron, balbettando. Alla madre non piaceva quando si vantava di aver salvato il mondo. Solo lei poteva farlo con le amiche.

“Molly, non hanno tutti i torti. Sanno tutti quello di cui sono capaci” tentò Arthur, cercando di calmare la moglie.

“Puoi scommetterci che lo sanno, ma non significa che un titolo di studio sia inutile! Avevamo un accordo, Ronald” agitò minacciosamente un dito davanti al naso del figlio, che sbiancò.

“Mamma, è un'occasione che non posso perdere” insistette. Ne seguì una lunga conversazione accesa. Ron asseriva che prendere i M.A.G.O sarebbe stata solo una perdita di tempo, che Harry e lui erano già abbastanza esperti di magia oscura da poter intraprendere l'accademia. Sua madre non era d'accordo, asserendo che un titolo di studio fosse la cosa migliore. Ad un certo punto entrambe le parti cercarono di tirare in mezzo Hermione e i gemelli, per sostenere la propria tesi. Tutti e tre continuarono a mangiare senza proferire parola, evitando di incontrare gli occhi della Signora Weasley. Anche quando il marito riuscì a calmarla un po', lei scoccò al figlio minore uno sguardo abbastanza eloquente: la partita non era finita. Hermione ridacchiò tra sé, attaccando la torta di melassa preferita di Harry. Praticamente non mangiavano altro. Ginny sembrava felicissima di aver causato quello scompiglio e capì che era arrabbiata col fidanzato. Sperava di trascorrere con lui l'ultimo anno a scuola, di camminare mano nella mano, di studiare insieme in biblioteca fino a tardi e lui aveva mandato tutto all'aria. Questa volta non per salvare il mondo, cosa che lei gli aveva perdonato, ma per intraprendere un anno prima, una carriera che lo avrebbe aspettato comunque. Hermione non poteva biasimarla. L'accademia per Auror era molto dura e lo avrebbe tenuto impegnato per almeno altri tre anni. Dopo cena, mentre tutti si dedicavano alle proprie attività, lei recuperò i suoi progetti dell'antifurto magico. Avere qualcosa da risolvere, qualcosa di buono che avrebbe aiutato le persone, la faceva sentire utile come non si sentiva da un po'. Non avrebbe mai creduto di poter dire che i tempi della clandestinità le mancassero, ma almeno in quei momenti sapeva di avere uno scopo. Seppur piccolo, anche quello lo era. I gemelli la guardarono immersa nei libri fino al collo e sorrisero, entrambi consapevoli di quanto averla come collega sarebbe fruttato in termini di guadagni e creazioni. Ammesso che fosse riuscita a perfezionare la sua invenzione, probabilmente avrebbero potuto brevettarla. Fred ridacchiò mentalmente seguendo i percorsi mentali del gemello, soprattutto la disperazione per tutti i soldi che le avrebbe dovuto sganciare. Sentiva anche quanto entrambi si sforzassero di ignorare l'incidente del pomeriggio. C'era stata una connessione, una scarica elettrica che gli aveva attraversato il braccio e anche George l'aveva percepita. Aveva visto le spalle di Hermione rilassarsi, i tratti distendersi e una sorta di vago sorriso dipingersi sul suo volto stanco. Era stato solo un attimo, poi tutto era scomparso, ma dentro di lui era rimasta una febbrile curiosità. Voleva toccarla, voleva ricreare quell'attimo. Un'ondata di pura disapprovazione lo sommerse, proveniente dal legame col gemello. George lo guardava storto, vagamente allarmato dai suoi pensieri.

“Non pensarci neanche!” Sussurrò, cercando di tenere la voce bassa e non farsi sentire dal resto della famiglia che conversava amabilmente. Fred indicò il cortile. Si alzarono senza che nessuno facesse caso a loro. L'aria frizzante della sera li investì, raffreddando le loro pelli accaldate.

“Perchè no?” Domandò Fred, fermandosi davanti al garage dove il padre teneva tutta la sua roba babbana.

“Perchè è una strada pericolosa da prendere, Freddy” lo ammonì George, appoggiandosi a braccia incrociate al capanno.

“Non sai neanche cosa sia stato” bofonchiò quello. Essere in disaccordo col fratello gli faceva strano. Di solito erano sulla stessa lunghezza d'onda.

“Ci sono cose che è meglio non sapere” Fred rimase basito davanti alla risolutezza di George.

“Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mio fratello? Cose che è meglio non sapere? Ora so che sei impazzito!” Esclamò. L'altro gli fece cenno di abbassare la voce.

“Smettila di fare l'idiota. Lascia perdere, due mesi passano alla svelta” George si staccò dal garage, tornando verso la casa, non seguito dal gemello.

 

 

Note dell'autrice: salve di nuovo! Non so bene se la storia vi stia piacendo o almeno incuriosendo, ma volevo scusarmi per il capitolo più corto del normale, ma sto iniziando a pensare che siano troppo lunghi in generale e quindi ho provato a tagliare. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche per incoraggiarmi ad andare avanti con la storia!

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Capitolo 4
*** Olivander ***


Bellatrix rideva, così forte che quel suono stridente sembrava perforare l'anima. Era su un pavimento duro, tutto il corpo urlava per il dolore. La stava torturando, sia con la maledizione Cruciatus, sia con quel dannato coltello. Sentiva la carne cedere, il sangue sgorgare. Non era niente rispetto al dolore che le percorreva le membra. Voleva solo che finisse, solo che la morte la prendesse, perchè non si sarebbe mai salvata condannando Harry, dicendo a Bellatrix quello che voleva. Non erano mai stati nella sua camera blindata, ma lei non sembrava crederle. Ancora altro dolore, ancora urla che le laceravano la gola. Una voce la chiamava, una voce maschile. Harry, Ron? Si chiese. No, non era una voce, erano due voci. Il sogno venne spazzato via e lei aprì gli occhi. Davanti a lei c'erano due volti preoccupati, due volti identici, ma solo un paio di braccia la stringevano. Fred, capì subito, anche se non riusciva a vedere bene, con gli occhi socchiusi.

“Sei sveglia?” Domandò ad un palmo dal suo naso. Annuì e lui le sorrise, felice, aiutandola a mettersi seduta. Era crollata sul divano, troppo presa dal suo progetto per abbandonare le ricerche.

“Stavi urlando” George sembrava a disagio.

“Scusate se vi ho svegliato” notò che erano ancora coi pantaloni della tuta e le magliette verde scuro che avevano a cena. Neanche loro stavano dormendo. Infatti scossero il capo all'unisono.

“Incubi?” Domandò George, lanciando un'occhiata al gemello che le teneva ancora una mano appoggiata sul braccio. La sensazione di oppressione era meno intensa, ma non come nel pomeriggio. Istintivamente, senza pensarci troppo allungò una mano per toccare George. Quello fece un salto all'indietro come se fosse stata un serpente. Una chiara delusione si dipinse sul volto della ragazza.

“Scusa, è che...” si giustificò George, passandosi una mano nei folti capelli rossi e sparandoli in ogni direzione. Non l'aveva mai visto nervoso.

“L'avete sentito anche voi!” Esclamò lei, capendo al volo. I suoi occhi saettarono dall'uno all'altro. Fred annuì, alzandosi. Immediatamente quella sensazione di sollievo scomparve dal suo petto.

“Sì, è stata come una scarica elettrica” spiegò, facendo segno al gemello di avvicinarsi. Lui sbuffò ma eseguì, tenendosi comunque fuori dalla portata di Hermione.

“Per me...non so come spiegarlo è come se un peso si sollevasse dal mio cuore” sussurrò. Quella confessione le sembrò così intima da farla arrossire. Nessuno la prese in giro, nessuno ridacchiò, ma notò che entrambi i ragazzi si agitavano a disagio. Quando sollevò gli occhi i capelli di entrambi erano scompigliati.

“Niente scosse elettriche?” La voce di George sembrava incerta.

“No. Il peso si alleggerisce ogni volta che uno di voi mi tocca, ma se lo fate entrambi insieme...” perchè sentiva così tanto caldo? Perchè le sembrava di star parlando di qualcosa di così intimo?

Fred, senza pensarci le prese la mano. Lei sospirò, sorridendogli timidamente. Lui non sentì la scossa.

“L'ho sentita solo quando hai toccato anche lui, però...” aggrottò la fronte, concentrato sulle loro mani unite

“non so spiegarlo, ma...mi sento più...tranquillo?” Si voltò verso George, che annuì secco. Hermione tese la mano libera nel vuoto che la divideva dall'altro gemello. I suoi occhi saettarono da lei al fratello, come se avesse paura.

“Georgy, non fare il codardo” lo ammonì Fred, trepidante.

“Non sono un codardo, ma questa cosa non mi piace. Non è normale” bofonchiò, ma allungò le dita. Nell'esatto istante in cui si sfiorarono, i gemelli rabbrividirono. La scossa li aveva percorsi. Non era qualcosa di doloroso, anzi, era come calore che li pervadesse, li abbracciasse. George scattò ancora all'indietro, interrompendo il legame.

“Torna qui!” Fred era corso dietro al gemello che usciva dal salotto quasi correndo. Lo raggiunse che era quasi fuori dalla porta sul retro. Sentiva che voleva allontanarsi da loro. Si sarebbe smaterializzato una volta fuori. Fred lo afferrò per un braccio, costringendolo a voltarsi.

“Che ti prende?” Sibilò.

“A me? Se volete giocare con magia che non capite neanche fate pure, ma non tirarmi dentro a questa cosa” George non era arrabbiato, forse più irritato, più spaventato.

“Ci siamo dentro insieme” gli fece notare la copia di se stesso. A volte era estremamente irritante avere un gemello che sapeva sempre cosa provava, cosa pensava, persino quando voleva tenere tutto per sé. Era come se la sua coscienza fosse al di fuori del suo corpo e gli ricordasse continuamente di essere una persona migliore.

“Dentro a cosa?” Sbottò, scrollandosi la mano del fratello di dosso. Fred non seppe spiegarlo, ma non serviva.

“Di cosa hai paura?” Domandò, rassicurante. In un attimo le barriere di George caddero, investendo Fred con tutti i suoi sentimenti, le sue domande e i pensieri inespressi. Capì che il fratello aveva riflettuto a fondo su quella storia, molto più di lui e che aveva tratto delle conclusioni pericolose.

“Non è così” borbottò, mettendosi sulla difensiva.

“Non puoi saperlo!” Ringhiò l'altro.

“Neanche tu!”

“Vorrei sapere anche io di cosa parlate” la voce di Hermione li fece sobbalzare entrambi, come se fossero stati beccati a combinare qualche marachella. George sbuffò, aprì la porta e senza neanche mettersi le scarpe si smaterializzò nella notte.

“Vado a parlarci. Ci vediamo in negozio domani alle nove” poco prima di uscire anche lui nella notte e andarsene, lasciandola sulla soglia, imbronciata. Si ricordò in quel momento che non era andata a parlare con Olivander.

 

 

Il mattino seguente era nervosa. Dopo tutto quello che era successo si sentiva sovraccarica di emozioni. Ancora furiosa con Ron per le parole amare e infondate scagliatele addosso, lo ignorava a bella posta, così come Ginny con Harry. Lei gli teneva un muso offeso, mentre lui aveva la faccia di chi si sentiva tradito. Ron era furioso con la madre, con lei e con la sorella, col risultato che parlò solo col padre e con Harry, in un atteggiamento di superiorità davvero fastidioso. Molly continuava a lanciare frecciatine al figlio, nella speranza di fargli cambiare idea, mentre il marito roteava gli occhi, esasperato. Hermione non era arrabbiata perchè non volevano continuare con l'ultimo anno, ma una parte di lei si sentiva abbandonata. Insieme ne avevano passate davvero tante in tutti quegli anni e ora stava per finire tutto. Sarebbe tornata a scuola senza di loro, probabilmente per trascorrere un anno tranquillo e senza incidenti. Inoltre la mancanza dei gemelli a colazione aveva destato un certo interesse da parte degli altri. Ovviamente non aveva detto niente, fingendo stupore lei stessa. Harry le aveva scoccato un'occhiata scettica davanti alla sua interpretazione. Non era mai stata una gran bugiarda. In ogni caso fece finta di niente, ignorando i tentativi dell'amico di attirare la sua attenzione. Fece colazione in fretta, quasi senza rendersi conto di quello che buttava giù e si alzò prima del signor Weasley.

“Dove vai?” La bloccò Ginny.

“A lavoro” rispose, rendendosi conto solo in quell'istante di non aver parlato con lei del suo nuovo incarico temporaneo.

“Fred e George mi hanno assunta per aiutarli con lo sviluppo di nuovi scherzi” spiegò. Ginny batté le ciglia, confusa.

“Quindi vai al negozio?”

“Sì, inizio oggi. Passa a trovarmi per l'ora di pranzo, ti racconto un po' di cose” le propose. L'amica annuì, scoccando un'occhiata velenosa al fidanzato, come a dire: posso godermi la giornata anche senza di te. Hermione sorrise tra sé, certa che tutto sarebbe passato con delle scuse e un bacio. Ginny non era il tipo che portava rancore.

Si smaterializzò proprio davanti ai Tiri Vispi Weasley, col cuore che batteva forte. Voleva rivedere i gemelli e parlare, approfondire i sintomi che li colpivano ogni volta che si toccavano, ma era ancora presto. Il negozio era buio e silenzioso e un grosso cartello recitava: Chiuso!

Bussò forte a lungo, ma nessuno arrivò ad aprire. Fece il giro dello stabile e finalmente trovò la porta che conduceva all'appartamento di sopra. I battenti di quercia erano spalancati. Un vago senso di ansia le strinse le viscere in una morsa dolorosa. Estrasse la bacchetta e cautamente si arrampicò su per la scala. Non sentiva rumori provenire da dentro e la porta era chiusa. Tentò di aprire la maniglia una volta: niente. Provò ancora con più forza. Dal legno compatto si aprì una fessura e un grosso pugno la colpì in un occhio. Ululando di dolore, ma senza mollare la presa sulla bacchetta, Hermione cadde col culo sul pianerottolo, mentre dei passi trafelati andavano ad aprire. George trovò la ricciola seduta per terra, che si teneva una mano premuta sull'occhio ferito. Era una scena piuttosto comica. Rise come un matto, fino a farsi dolere lo stomaco.

“Che accidenti era quello?” Sbottò Hermione, con sguardo truce.

“Il nostro sistema di benvenuto per chi cerca di forzare la serratura” rispose quello cercando di parlare normalmente.

“Non stavo cercando di scassinare niente. Il portone era spalancato, ho pensato che fosse successo qualcosa e allora ho scrollato la maniglia e quel coso mi ha colpita” spiegò, ancora seduta sul pavimento. Fred arrivò dietro al gemello, mezzo nudo e grondante acqua. Aveva indosso solo un asciugamano candido legato in vita. Goccioline traslucide brillavano sulla pelle chiara, colando invitanti tra i muscoli sodi del petto e dell'addome ipnotizzando Hermione. Senza rendersene conto il suo unico occhio buono vagava sul corpo del ragazzo, beandosi di quelle forme scolpite. Quando aveva messo su tutti quei muscoli? Fred scoppiò a ridere, notando lo stato in cui versava e facendo ricominciare anche George. Sbuffando lei si rimise in piedi, accettando la mano che lui le porgeva. La fecero accomodare in casa. Tutti i progetti e i prototipi erano spariti. Fred, che sembrava a suo agio con la sua nudità, le sorrise, analizzando l'occhio nero da vero esperto. Ricordò che erano soliti testare i prodotti in prima persona.

“Vado a prendere la pomata” dichiarò, sparendo dietro uno scatolone. Quelli non erano scomparsi. Probabilmente usavano l'appartamento anche come deposito, perchè il vero magazzino era interamente stipato di materiale. Dovevano ingrandirsi al più presto o almeno trovare un posto in cui mettere la merce.

“Che ci fai qui?” Indagò George recuperando il suo succo di zucca da una tazza che diceva: Sono il gemello più bello.

“Pensavo di iniziare a lavorare, ma giù è ancora chiuso” ancora risentita le uscì un tono un po' più petulante del previsto.

“Sono le otto e mezzo, iniziamo tra mezz'ora, Granger” le fece notare. Fred rispuntò da dietro gli scatoloni brandendo un vasetto giallo, con aria trionfante. Aprendolo una puzza nauseante rischiò di farla vomitare. Sembravano uova sode marce lasciate al sole insieme a delle aringhe sotto aceto. Allungò una mano imbrattata di quella sostanza collosa ma lei si ritrasse, schifata.

“Preferisci tenerti l'aspetto da panda? Per me va bene, sei più carina” ridacchiò, quando lei emise uno sbuffo sonoro.

“Fa proprio schifo” si lamentò. Ma venne distratta dall'immagine dei suoi addominali che si contraevano a ritmo delle sue risate. Le sfiorò il grosso livido violaceo con quella pasta rivoltante e il dolore passò immediatamente.

“Mettine ancora tra qualche ora e non rimarrà nessuna traccia” le cacciò il barattolo in mano alzandosi.

“Vai a vestirti o non usciremo da questo salotto in tempo” lo redarguì George a cui non sfuggiva mai niente, interrompendo il flusso di pensieri sconci di Hermione. Fred si raddrizzò più lentamente del necessario, mettendo in mostra più muscoli possibili e se ne andò, ma lo sentirono continuare a ridere anche quando si fu chiuso in camera sua. Notò che la porta era quella rossa e non era stata chiusa del tutto. Solo quando furono soli, George le ammiccò, divertito.

“Hai capito la Granger che mi fa perdere un sacco di soldi” fischiò, come se fosse ammirato. Lei non capì subito la sua allusione.

“Eh?” Fece, ottusamente.

“Se continui a guardare mio fratello a quel modo...dovrò segnalarti alle risorse umane per molestie sessuali” Hermione sgranò gli occhi, arrossendo violentemente.

“Io...ma che....” balbettò. George si sporse in avanti con un sorriso diabolico sul volto.

“Per fortuna che i capi siamo noi e che le molestie sessuali ci piacciano da morire” le strizzò l'occhio, ridendo della sua espressione inorridita.

“Sei stanco di vivere, Weasley?” ringhiò, riprendendo una minima parte del controllo perso. Lui non sembrò neanche averla sentita.

“Oh andiamo è normalissimo essere attratte da noi gemelli, si sa che siamo irresistibili e pensare che Fred è quello brutto della coppia” sospirò furbescamente. Quella conversazione era finita su un terreno minato. Cercò una via d'uscita, ma non poteva schiantarlo, o forse sì? Per un attimo valutò la possibilità, almeno una fattura Orcovolante, o una Mollelingua.

“Parlate ancora di me?” La voce di Fred, non la tranquillizzò.

“Stavamo dicendo che tu....” Hermione si era allungata verso la poltrona in cui era stravaccato George e lo aveva afferrato per i polsi. Immobile, coi nervi tesi, lo fissò negli occhi da due centimetri di distanza e pensò: “se non vuoi fare una brutta fine, taci!” fu come se lo avesse colpito in faccia. Quello si ammutolì e sbiancò, ricambiando il suo sguardo fermo. Gli occhi di lei erano più scuri dei loro, ma al loro interno c'erano delle macchioline dorate che non aveva mai notato prima. Cercò di alzarsi in piedi, ma Hermione non voleva mollarlo; nell'intento ti tenerlo, venne quasi trascinata per terra dalla forza del ragazzo.

“Lasciami” sibilò quello, osservandosi i polsi come se si aspettasse di trovarci delle impronte. Lei obbedì, riluttante. Era certa che George avesse sentito i suoi pensieri o almeno intuiti. Guardò Fred, come se le potesse andare in aiuto.

“Che succede?” Chiese, confuso.

“Niente, è l'ora di aprire il negozio” sentenziò George, mettendo fine alla conversazione.

 

Per il resto della giornata i gemelli si tennero alla larga da lei e dal suo laboratorio. Sembrava che volessero fingere che niente fosse successo. Hermione decise che avrebbe indagato. Non poteva lasciar perdere. C'era un mistero da risolvere, uno che la riguardava in prima persona per giunta, non poteva chiudere gli occhi e ignorarlo. Però in quel momento aveva altre priorità. Il suo personalissimo progetto di sicurezza l'aspettava. Non era facile come sembrava, incantare quelle bocche perchè facessero quello che si era prefissata. Di tutte le formule che conosceva, non ce n'era nessuna così complicata e avanzata. Dubitava che esistesse. Far emettere dei suoni penetranti e fastidiosi non era un problema, quelle cose erano state inventate dai gemelli appositamente. Il suo scopo non era farle reagire al movimento, cosa che già facevano, ma permetterle di inserire una parola d'ordine, una sequenza numerica, così che si fermassero. Doveva essere il primo passo. Poi avrebbe pensato a come far in modo che si collegassero al Ministero per avvertire di qualche pericolo. Non sarebbe stato affatto semplice. La combinazione di tutte quelle magie era instabile. Era così presa dal suo dilemma che non si accorse di Ginny, finchè quella non le batté sulla spalla. Sospettò che l'avesse persino chiamata un paio di volte, dalla sua espressione scocciata.

“Mi fai venire qui per guardarti lavorare?” Sbottò, lasciandosi cadere su uno sgabello vuoto accanto a lei. Indossava un abito verde chiaro con margherite stampate ovunque. Essendo una femmina era l'unica della famiglia a non indossare abiti smessi. Almeno finché i gemelli non avevano raggiunto l'indipendenza economica, si disse. Li vedeva vestiti con quei completi dall'aria piuttosto costosa.

“Scusa, ma questo progetto mi ha un po' preso la mano” si giustificò.

“Ho portato il pranzo, così mi puoi raccontare tutto. Ho detto ai miei fratelli di non disturbarci” aggiunse, ricordandosi che in casa Weasley, la privacy era un concetto molto astratto.

Hermione raccontò all'amica della notte in cui si era trovata in cucina con Fred, delle cose che si erano detti, della strana sensazione di calma, a cui in un primo momento non aveva fatto caso, che la invadeva ogni volta che lui o George la toccavano. Parlò del lavoro che le avevano offerto, di come riuscissero a distrarla quando aveva uno dei suoi scatti. Le disse persino della scossa elettrica che sentivano loro quando tutti e tre erano in contatto, di George e delle sue reazioni. Parlò tutto d'un fiato, mentre Ginny la guardava a bocca aperta, dimentica del suo panino con la carne. Quando ebbe finito, l'amica rimase in silenzio a lungo. Sembrava star riflettendo velocemente, ma in quella storia mancavano troppi pezzi.

“Perchè loro provano una sensazione diversa?” Domandò. Di tutto quello che aveva appena detto, era quello che le era rimasto più impresso?

“Non ne ho idea” rispose mestamente la riccia.

“Hai detto che George ha delle teorie?” Meditò, grattandosi il mento, pensierosa.

“Credo che le abbia, ma non sono riuscita a capire niente quando ne parlavano. Sembrava avessero una delle loro conversazioni mentali” spiegò, riflettendo su quando aveva origliato la loro conversazione da dietro una porta. Non erano cose da fare, ma ormai il suo senso di giustizia era un po' più elastico.

“Però non vuole parlare e non ha intenzione di testare questo strano fenomeno. Dici che ne ha paura?” Hermione scosse le spalle. Pensò a quello che era successo quella mattina. Lo riassunse brevemente all'amica che era combattuta tra le risate e la preoccupazione per la reazione del fratello.

“Avrei molte cose da commentare, ma sei fortunata che ci siano cose più importanti di cui parlare che il tuo sbavare dietro a mio fratello” la frecciatina colpì nel segno, tanto che lei si agitò sul posto.

“Credo che abbia percepito i miei pensieri o almeno, che abbia compreso quello che provavo” rifletté, ricordando la faccia cadaverica di lui.

“Tu pensi che sia stato perché hai salvato la vita a Fred?” Se Ginny si fosse trasformata in un pipistrello, Hermione ne sarebbe rimasta meno stupita. Allibita, incapace di articolare una frase di senso compiuto, rimase a bocca aperta boccheggiante. La ragazza fece un sorrisetto furbo, agitandole un dito davanti al naso.

“Harry mi dice tutto, soprattutto dopo che mi ha tenuto nascosti gli Horcrux così a lungo. Non voglio che ci siano più cose taciute tra noi” spiegò seria. I suoi occhi erano identici a quelli dei gemelli, con quello stesso guizzo di furbizia e malizia. Hermione non ci aveva mai fatto caso prima.

“Capisco...scusa se non te l'ho detto ma non volevo...non so cosa sia successo quella notte” un torrente di lacrime rischiava di sommergerla, ma lei le ricacciò indietro.

“Harry mi ha detto che credi sia stata una decisione della tua bacchetta, ma se fosse di più?” Vedeva che c'era un pensiero nella mente dell'amica ancora non del tutto formato, qualcosa di vago e indistinto. Scosse la testa, facendo ondeggiare i lisci capelli rossi ovunque.

“Devo parlare con Olivander” dichiarò Hermione.

“E costringere George a parlare. O almeno a collaborare per capire meglio questa cosa. Secondo me dovresti chiedere a Fred di bloccarlo e toccarli entrambi” Ginny sorrise tra sé. Stava seguendo dei pensieri tutti suoi. Non osava parlarne con Hermione. Vedeva che l'amica era appesa ad un filo molto sottile. Sarebbe bastato poco per far crollare tutto. Non capiva bene la natura di quel legame, ma era certa che si fosse creato in seguito a quello che aveva fatto per loro, dopotutto è impossibile salvare la vita a qualcuno senza aspettarsi delle conseguenze. Fred non lo sapeva, ma di certo non era uno stupido, probabilmente aveva già fatto due più due. Se non lo aveva fatto lui, ci aveva pensato George.

“Preferirei non doverlo obbligare. Lui mi è sembrato...spaventato” concluse.

“Sarei spaventata anche io da un legame creatosi la notte della Battaglia di Hogwarts” sospirò Ginny, dando una pacca incoraggiante a Hermione. Quasi si aspettasse di sentire qualcosa, la ragazza si guardò la mano delusa. Evidentemente era selettivo quel potere.

 

Hermione aveva due missioni a quel punto: costringere George a parlare con lei e possibilmente esplorare quelle strane sensazioni e andare da Olivander. Entrambe le prospettive le sembravano spaventose allo stesso modo. Voleva risposte, ma la spaventavano. C'erano troppe alternative in un universo magico. L'amore aveva salvato Harry, la morte aveva creato un legame tra lui e Voldemort. Possibile che fosse successo lo stesso? L'amico soffriva quando veniva toccato da Tu-Sai-Chi, lei no, lei provava sollievo. Certamente non aveva creato nessun Horcrux, rifletté cercando di essere logica e razionale. Fred e George. Perché entrambi? Non aveva salvato solo Fred quella notte? Ma soprattutto, come aveva fatto a farlo? Con tutte quelle domande la testa iniziò a farle male a metà pomeriggio. La parte assurda e irrazionale pensò che fosse un brutto segno, un segno di magia oscura, ma poi si rese conto che erano solo gli occhi stanchi la causa. I gemelli non avevano messo piede nel laboratorio neanche una volta. Una parte di lei era delusa. Sperava che almeno mettessero da parte le faide mattutine. Il lavoro e le relazioni personali dovevano rimanere separati. Alle cinque decise che per quel giorno non avrebbe combinato niente e che le ricerche, avevano la priorità. Sgattaiolò fuori dal negozio come una ladra, cercando di non attirare l'attenzione dei clienti. Non voleva essere fermata. A pensarci bene la pozione trasfigurante le avrebbe fatto molto comodo. Camminare per strada senza essere riconosciuta era un lusso che non poteva permettersi. Cercò di sgattaiolare per vie traverse, tenendo la testa bassa e un passo sostenuto, ma la gente continuava a fermarla. Era tutto troppo fresco, si disse. Quando finalmente raggiunse il negozio di Olivander tirò un sospiro di sollievo. Il locale era deserto all'apparenza ma sentiva dei rumori provenire dal retro. Era tutto come lo ricordava. Pile infinite di bacchette ordinatamente impilate in alte librerie polverose, contrassegnate da qualche sporadico cartellino. Olivander non aveva bisogno di indicazioni, ricordava ogni bacchetta che avesse mai venduto o prodotto. Una memoria del genere doveva esser prodigiosa. Si avvicinò al bancone, grosso e di legno scuro, come tutto lì dentro e suonò una campanella. In un attimo un vecchietto macilento dai grossi occhiali apparve.

“Signorina Granger, quale onore averla nella mia bottega!” Trillò felice. Gli avevano salvato la vita un po' di tempo prima. Quando lo avevano trovato nelle segrete di Villa Malfoy era ad un passo dalla morte, ma con le cure adeguate si era rimesso in sesto.

“Come sta Signor Olivander?” Domandò, educatamente.

“Sono stato peggio, mia cara. Mi dica di cosa ha bisogno” arrivò diretto al punto. Hermione esitò.

“Ho fatto una cosa la notte della Battaglia di Hogwarts, o meglio credo che l'abbia fatta la mia bacchetta” la estrasse di tasca, posandola sul bancone. Lui la prese studiandola.

“Legno di cedro! Me la ricordo bene, è un legno che si usa raramente per una bacchetta, ma questa è stata fatta appositamente per lei, così ho scelto un legno particolare. Corda di cuore di drago, 10 pollici e tre quarti, molto flessibile. Perfetta per molti incantesimi. Le ha dato problemi? Quella precedente era di legno di vite, so quanto vi era affezionata” indagò, perplesso, agitando la bacchetta dalla cui punta scaturirono delle scintille colorate.

“No, nessun problema. La bacchetta però ha agito di sua iniziativa” sentenziò. Il vecchio con un'ultima occhiata analitica posò la bacchetta sul bancone, restituendola alla proprietaria.

“Impossibile. Mi dica di più”

“Non ricordo con precisione, ma eravamo in mezzo alla mischia e ad un tratto tutto è saltato in aria. È stata una frazione di secondo. Ho sentito la bacchetta muoversi così veloce che io non avrei neanche potuto immaginarlo. È esploso qualcosa dentro di me quando ho visto il masso che stava per schiacciare Fred. La bacchetta ha fatto qualcosa e quello si è disintegrato. Non ho pensato un incantesimo, ero paralizzata dalla paura” spiegò. Vide il mago studiarla attentamente.

“Questo ragazzo è il suo fidanzato?” Domandò. Hermione avvampò, che attinenza poteva avere?

“No è il fratello di un mio amico”

“Avete qualche legame? Un amore non ricambiato, magari?”

“No, noi non credo che ci siamo mai parlati da soli in otto anni che lo conosco” la sua voce aveva una sfumatura di indignazione che non sfuggì al vecchio. Si raddrizzò gli occhiali sul naso.

“Signorina Granger, una bacchetta di cedro è una bacchetta particolare. È perfetta per una strega di talento e di intuito impareggiabili come il suo. Sono bacchette che nella mani di una persona come lei diventano strumenti temibili, soprattutto se si cerca di fare del male a qualcuno a cui tengono. Perciò le chiedo dei suoi legami col ragazzo”

“Fred Weasley è...era solo il fratello del mio amico. Ora, credo dopo avergli salvato la vita sia successo qualcosa. Credo che si sia instaurato un legame tra noi” l'imbarazzo nella sua voce era palpabile, ma Olivander non vi fece caso.

“I gemelli Weasley hanno due bacchette di corniolo, con un nucleo di cuore di drago, perfettamente identiche” rifletté ad alta voce.

“Ogni volta che li tocco...sento che succede qualcosa”

“Si è instaurato un legame magico. Interessante. Lei ha salvato solo Fred, vero?”

“Sì, ma questa cosa la sento con entrambi” Olivander sembrava pensieroso.

“Non saprei darle una risposta, io mi intendo di bacchette, non di legami magici. Le posso dire che lei teneva molto al Signor Weasley se la sua bacchetta si è mossa da sola per salvarlo. Quanto al resto...dovrà rivolgersi a maghi più esperti di me>> sembrò un congedo. Hermione non aveva scoperto molto, solo che la sua bacchetta aveva veramente salvato Fred. Le mancava quella di vite, ma non era mai riuscita a ritrovarla dopo che i Ghermidori l'avevano presa. Quella era un'ottima sostituta. Teneva a lui prima di tutto quel casino? Aveva mai guardato Fred con occhi diversi da quelli di una conoscente? Non ricordava affatto. Si rigirò la bacchetta tra le mani.

“Tieni a lui? Tengo a lui?” Domandò, come se quella potesse rispondere. Aveva smesso di credere che la bacchetta fosse potente solo grazie alla forza del mago che la brandiva, eppure il fatto che avesse anche un'anima le pareva troppo. Dunque era tutto riconducibile ad un affetto che non sapeva di provare. Olivander era stato abbastanza chiaro: una semplice conoscenza non sarebbe bastata per far muovere la bacchetta da sola, ci voleva un sentimento più forte. Non credeva di aver avuto alcun sentimento per Fred prima, non credeva di aver mai provato amore per lui, allora come si spiegava il tutto? Forse c'era un solo luogo in cui potesse trovare le risposte che cercava e mancavano ancora due mesi alla partenza dell'Hogwarts Express.

 

Note: Salve a tutti! Allora come avrete letto ci sono delle specifiche sulle bacchette dei gemelli e di Hermione. Ho immaginato che avesse perso la sua bacchetta storica e ne ho creata un'altra per lei. I legni che ho scelto sia per la sua che per quelle dei gemelli hanno un significato preciso, quindi se volete controllare per capire meglio ne sono contenta. In alternativa posso spiegarvelo io se siete interessati. Questo capitolo è più lungo, ma spero che la cosa non vi dispiaccia!

Lasciate un commentino e ne sarò felice!

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Capitolo 5
*** Legami ***


Nelle settimane successive i gemelli si impegnarono al massimo per evitarla. La cosa le stava benissimo. Era troppo immersa nei suoi pensieri riguardanti la bacchetta per avere altra carne sul fuoco. Aveva raccontato a Ginny e Harry, in separata sede, quello che aveva scoperto. Sembrava che non avessero ancora fatto pace, anche se aveva sentito l'amica sgattaiolare via dalla loro stanza a notte fonda. Non avevano una teoria migliore di quella di Olivander. Ginny azzardò persino a chiederle se amasse i suoi fratelli. Non uno, entrambi! Per poco non l'aveva affatturata. Scartate tutte le altre opzioni, seppur improbabile, quello che restava doveva essere la verità. Quindi il loro legame era dovuto da quella notte, dalle azioni della sua bacchetta. Accettare quello non fu difficile, non più di quanto lo fosse stato scoprire di tenere ai gemelli. Cercò dei volumi al Ghirigoro, qualsiasi cosa che potesse fare chiarezza sui legami magici tra persone. Non aveva trovato niente di utile. La biblioteca di Hogwarts sembrava la sua ultima speranza.

“Potresti smettere di fare la fifona e parlare con i miei fratelli” disse Ginny, mentre pulivano la loro stanza senza l'aiuto della magia.

“Non vogliono parlarmi”

“Tu costringili” sbottò Ginny esasperata. A volte quei tre, quei cretini che avevano salvato il mondo dal più terrificante mago oscuro di tutti i tempi, le facevano cadere le braccia. Sembravano dei bambini capricciosi e lagnosi.

“Come?” Hermione estrasse da sotto il letto un cumulo di laniccio rosso, probabilmente appartenente a Grattastinchi.

“Che ne so, chiudili in una stanza, affatturali, legali, non mi interessa, basta che tu la smetta” Ginny era evidentemente esasperata da quella situazione.

“Lo farò, te lo prometto” essere diventata una lagna era imbarazzante. Dava già abbastanza problemi all'amica di notte. I suoi incubi non si erano calmati, arrivavano puntuali e terrificanti. Ogni notte si alzava urlando, o in preda al panico, tanto che stava pensando di passare alle pozioni per dormire. Il problema con quella che scacciava i sogni era che dava dipendenza se usata troppo spesso e troppo a lungo. Diventare dipendente di quella roba era fuori discussione. Andare al San Mungo pareva l'unica soluzione. Ma prima voleva occuparsi dei gemelli. Anche perché voleva convincerli ad andare in ospedale per far controllare quella cosa. Decise che il momento migliore era a lavoro, in pausa pranzo. In quei giorni di mutismo aveva mangiato da sola nel laboratorio, con Ginny o con Harry, Ron si rifiutava di parlarle, mentre i due andavano nell'appartamento. Tutto quello doveva finire al più presto. Una volta a scuola non avrebbe potuto indagare fisicamente i confini di quella connessione e più dati aveva e più possibilità di capirci qualcosa le sembrava di avere. Purtroppo ogni tentativo di approccio, fallì miseramente. Fred e George la evitavano, con una maestria sviluppata in anni ad evitare punizioni, fatture, Gazza e la sua gatta. Così presa dallo sconforto, tentò un'azione drastica. Sapendoli al piano di sopra si smaterializzò in bagno, sperando che fosse libero. Così fu, per un colpo di fortuna. Sentiva le voci dei ragazzi che parlottavano allegramente in salotto. Gettò un incantesimo di Disillusione su se stessa e aprì la porta più lentamente che le riuscì. Erano a tavola che mangiavano di gusto, mentre George raccontava qualcosa di spassoso, gesticolando con la forchetta. Hermione si avvicinò il più possibile, sapendo che loro erano in due e lei sola e che una volta colpito uno, l'altro avrebbe reagito. Decise che George fosse il suo obiettivo. In un attimo delle corde lo avvolgevano stretto alla sedia, impedendogli qualsiasi movimento. Fred estrasse la bacchetta e lanciò una fattura nella sua direzione, che le fischiò accanto all'orecchio sinistro. Si rotolò sul pavimento, mentre George urlava, arrabbiato.

“Che cazzo succede!?” Strillò, agitandosi sulla sedia. Fred si era accovacciato dietro il divano e scrutava tutto attorno, guardingo.

“Fred non vedo nessuno!”

“Neanche io. Codardo vieni fuori e affrontami da uomo” esclamò Fred, spedendo un incantesimo scudo attorno al fratello, per proteggerlo da eventuali attacchi. Hermione sospirò, non voleva fare del male a nessuno e sciolse l'incantesimo su se stessa. I gemelli la guardarono allibiti.

“Che cazzo ti salta in mente?!” Tuonò Fred, uscendo da dietro il divano. Alzò la bacchetta per liberare il fratello, ma lei si mise in mezzo.

“Non liberarlo o ti affatturo” non era certa di poterlo fare, ma lui non lo sapeva. Vide la rabbia incendiargli gli occhi.

“Voglio vederti provare, Granger” la sfidò, avvicinandosi alla punta della sua bacchetta, finché non vi premette contro lo stomaco.

“Siediti, voglio solo parlare con voi” rinfoderò e gli fece segno di accomodarsi. Lui non mise via la sua, tenendola d'occhio. George, sconvolto ringhiava.

“Lasciami andare”

“No, dobbiamo parlare! Sono stufa marcia di questo atteggiamento schivo” sbottò, rivolta ad entrambi. Le aveva dato fastidio soprattutto il volta faccia di Fred.

“Ti avverto che me la pagherai” ringhiò George.

“Non ho alcun dubbio, ma non mi importa” la risolutezza nella sua voce, lo fece desistere dal lottare.

“Ti lascio andare se giurate su tutti i galeoni che avete in banca di non andarvene” vide le rotelle di entrambi girare vorticosamente.

“Giuriamo!” Esclamarono in coro, facendola sorridere. Permise a Fred di sciogliere l'incantesimo. George si massaggiò le braccia, scoccandole occhiate velenose.

“Lo so che questo legame che abbiamo vi spaventa, anche io lo sono, ma non possiamo fingere che non ci sia” iniziò Hermione. Voleva arrivare al dunque.

“Invece sì, basta stare lontani, esattamente come prima” ribatté George.

“Non serve a niente...”

“Te ne andrai presto a Hogwarts e visto che hai mollato Ron, non ci saranno occasioni di incontrarsi. Problema risolto, no?” La voce di Fred era fredda come quella del gemello. Questo la ferì, ma non voleva demordere.

“Quindi voi non lo sentite?” Scattò su, più arrabbiata che mai. Entrambi parvero sorpresi e confusi.

“Oh andiamo, siete forse fatti di legno? Sono qui seduta e sono già sporta verso di voi! Guarda come sei messo tu!” Indicò Fred, che non si era accorto di aver allungato un braccio sul tavolo nella sua direzione, persino George aveva le lunghe gambe a pochi centimetri da quelle di lei. Tutti e due si affrettarono a ricomporsi.

“A maggior ragione direi di andare ognuno per la propria strada” insistette George testardo.

“Io propongo che tu mi dica quello che pensi e che non mi avete detto” non avrebbe lasciato andare, lo sapevano entrambi. Quando quella ragazzina si metteva in testa una cosa, non c'era niente al mondo che potesse fermarla.

“Diglielo, forza” lo incoraggiò Fred. Si trovò a sbuffare, piegandosi verso di lei.

“Penso sia chiaro a tutti che ci sia un legame magico tra noi tre. Su come si sia formato e perché posso solo fare delle supposizioni, in realtà tutto quello che sto per dire sono supposizioni” esordì, raddrizzandosi perché si era accorto di essere troppo vicino a lei.

“Credo che tu sia entrata a far parte della nostra coscienza condivisa, del nostro spazio gemellare. Quando mi hai toccato quel giorno che eravamo in salotto...” indicò la poltrona di pelle marrone in salotto con un gesto del capo “...ho percepito quello che volevi trasmettermi. L'hai fatto senza pensarci, ma ho sentito te, come sento lui” indicò il gemello. Il volto di Fred era impassibile, come non lo aveva mai visto. Hermione inspirò forte, sibilando. Sapeva che l'aveva sentita! Si alzò e prese a camminare avanti e indietro. L'ovvietà di quella cosa la colpì come un pugno. Aveva salvato Fred, ma lui e George erano quasi la stessa persona, condividevano un canale connettivo unico. Non tutti i gemelli l'avevano, alcuni neanche si rendevano conto del dono straordinario toccato loro in dono. Loro erano diversi. Il loro legame era indissolubile, forte e funzionava anche a distanza.

“Funziona solo se vi tocco però” bisbigliò così piano che entrambi i ragazzi si dovettero sporgere per sentire meglio.

“Granger mi funziona solo un orecchio, parla più forte”

“Il vostro legame funziona anche senza contatto fisico, perché voi siete praticamente la stessa persona. Le vostre bacchette sono identiche, nucleo, legno, lunghezza, flessibilità, però i vostri patronus sono diversi. Siete uno ma due. Persino io le vedo le sottili differenze tra di voi. Sono entrata nel vostro spazio gemellare...non sono legata solo a lui perché lui è legato anche a te” aveva ripreso a borbottare tra sé verso la fine, facendo esasperare i gemelli. Fred le afferrò un polso e la costrinse a fermarsi.

“Parla chiaro” intimò. Sembrava preoccupato almeno quanto George.

“Non lo so, sto pensando. Sto facendo supposizioni sul niente”

“Anche noi, ma credo che quello che ha detto Georgy ti abbia portata a fare altri ragionamenti” le picchiettò il polso gentilmente, come a dire che aveva sentito qualcosa.

“Ho bisogno di più elementi per poter fare altre supposizioni” spiegò, massaggiandosi la radice del naso.

“Lo so cosa vuoi fare, ma non credo che sia una buona idea” sbottò George.

“Ha paura che più ci tocchiamo e più questa cosa prenderà campo” spiegò Fred, comprensivo.

“Certo che ho paura! Ho sentito i suoi pensieri come sento i tuoi, ho sentito che era arrabbiata e tu hai sentito i residui dei suoi incubi l'altra notte” Hermione si voltò di scatto verso Fred, sconvolta e spaventata che lui avesse potuto sentire tutto il dolore e la paura che provava in quei momenti.

“Era solo una vaga sensazione di paura. Il legame è più forte se ci tocchiamo tutti e tre insieme”

“Dobbiamo indagare” asserì Hermione.

“La penso come te” la spalleggiò Fred. George li fissò tra l'arrabbiato e il tradito.

“Cazzo non mi date altra scelta” sputò fuori. Non sembrava felice, solo rassegnato. Tutti e due guardarono nella direzione di lei, aspettandosi che tirasse fuori un piano. In realtà non sapeva proprio da dove iniziare.

“Prima di andare a Hogwarts vorrei...vedere fin dove si estende questa cosa, per parlarne col ritratto di Silente. Se c'è qualcuno che ne sa qualcosa è lui. Ho anche pensato che potremmo andare al San Mungo tutti e tre”

“No!” Entrambi dissentirono su quel punto. Non volevano andare in ospedale e lei cedette. Li stava già obbligando ad esplorare un legame potenzialmente pericoloso. Il silenzio si dilatò tra di loro, con l'imbarazzo che cresceva via via che nessuno diceva qualcosa.

“Smettiamola di fare i bambini” Fred si alzò in piedi, andando verso il salotto. Fece apparire un grosso foglio di pergamena che si incollò alla parete lasciata vuota dai loro progetti. Gli altri due lo seguirono curiosi. In cima alla pergamena apparvero delle lettere: Cose che sappiamo sul nostro legame. Recitava. Subito sotto c'erano i loro nomi.

“Quando mi tocchi, cosa senti?” Domandò a brucia pelo. Hermione sussultò, arrossendo.

“Di solito è una sensazione che mi calma, come se avessi un nodo nello stomaco che si scioglie, ma non del tutto. Solo quando c'è anche lui se ne va” spiegò. Fred sorrise, agitando ancora la bacchetta. Delle frecce che partivano da Hermione collegarono i loro nomi. Con le parole calma accanto.

“Per noi è diverso. Quando ti tocco senza George, non sento niente, ma se lo facciamo insieme è come se una scossa elettrica piacevole e calda ci attraversasse” mentre parlava le parole e un altro schema apparvero. Era una cosa così da Hermione quella che sorrise.

“C'è anche la questione che siamo evidentemente spinti ad avvicinarci” gli fece notare. Lui li guardò. Erano molto vicini, anche se lo spazio in salotto non mancava. George teneva le braccia conserte sul petto, come per evitare di toccare qualcuno per sbaglio.

“Sappiamo solo questo?” Domandò Fred, rivolto al gemello.

“Scrivi anche che ho sentito quello che provava quando mi ha afferrato” George sospirò, come se si fosse trattenuto dal dire qualcosa.

“Direi che non è molto” rifletté Hermione.

“Da qui partono gli esperimenti. Credo che dovremmo capire se questa cosa che è successa con lui, può succedere anche con me” Fred le porse una mano che lei afferrò subito. La classica sensazione di alleggerimento la invase.

“Pensa a qualcosa che ti ha fatta arrabbiare. Di solito la rabbia è il sentimento più facile da sentire” la incoraggiò. C'erano tante cose che l'avevano fatta infuriare in quell'anno, così tante che non riusciva a focalizzarsi su niente. Sentiva solo la sensazione della mano di lui nella sua, quella mano così grande che la sua quasi spariva al confronto. Rabbia. Risentimento. L'ultima volta l'aveva provata per Ron. Quel giorno sotto l'albero, il giorno in cui lui aveva detto che stava facendo i capricci solo perché non aveva avuto la sua dichiarazione d'amore in grande stile. Il giorno in cui aveva confessato di non voler tornare a scuola, di amarla. Sentì la rabbia montare. Era stato così egoista e superficiale, così dannatamente infantile. Pensava veramente che facesse la difficile perché non si era omologato alle sue fantasie su come dovesse essere l'amore? Pensava di poter accampare dei diritti su di lei, solo perché in un momento di follia l'aveva baciato? Sentì Fred boccheggiare e stringerle la mano più forte.

“Ho sempre pensato che mio fratello fosse un completo idiota” commentò, sorridendo felice. Lei non lo lasciò andare, ma tutta la rabbia sparì subito, trascinata lontano da quello sguardo caldo.

“L'hai sentito?” La flebile voce di lei sembrò quasi uno squittio.

“Credo di aver anche visto qualcosa. Parlavate sotto l'albero in giardino?” Domandò, corrugando le sopracciglia. Lei annuì, incapace di dire alcun che.

“Ha veramente detto che lo stavi lasciando solo perché non si è dichiarato in grande stile?>> L'espressione concentrata lasciò spazio a una scocciata.

“Temo di sì” uno sbuffo alle sue spalle la fece voltare.

“Senti qualcosa anche senza toccarmi?” Hermione era emozionata, come sempre quando iniziava a dipanare un mistero particolarmente fitto e interessante.

“Come?”

“Attraverso il tuo legame con lui. Voi potete comunicare senza toccarvi, ma noi no. Però se tocco lui e lui sente quello che penso...dovresti poter percepire qualcosa anche tu attraverso lui” spiegò precipitosamente. George soppesò le sue parole. Allentò le barriere che istintivamente aveva eretto e toccò la coscienza del fratello. Tutto quello che sentiva era la trepidazione.

“Se non provi qualcosa di specifico non ci riesco” sbuffò.

“Certo, hai ragione” lei si concentrò ancora una volta. Faceva molta fatica a ritrovare la rabbia nei confronti di Ron, soprattutto con Fred che le teneva la mano. Ci voleva qualcosa di più forte. Senza neanche pensarci il sogno di quella notte la colpì come una mazzata. Le torture di Bellatrix erano qualcosa che stava sempre in agguato dietro i suoi scudi. Mai dimenticate, mai superate. Sentì dentro di sé la paura, il dolore che la invadevano come un'onda anomala. Era sola, con quella donna raccapricciante sopra di lei che rideva e urlava, alternando la maledizione Cruciatus al coltello. Sentì Fred ansimare forte, sentì che la attirava tra le sue braccia, che la stringeva al petto. George emise un gemito di dolore, quando rivisse il momento in cui la scritta sangue sporco le era stata incisa nella carne. Lacrime bollenti le scendevano sulle guance e singhiozzi fuori controllo la scuotevano. George non seppe mai dire cosa l'avesse spinto a muoversi. Forse il puro istinto o la semplice voglia di scacciare tutto quel dolore. Raggiunse quei due abbracciati nel mezzo del salotto e si unì alla stretta. Li cinse entrambi tra le braccia, posando la fronte su quella del gemello. Sentì Hermione sussultare e il suo dolore svanire. Così come la marea che si ritira, ogni brutto pensiero, ogni residuo di quella sofferenza se ne andò. Non scomparsa, ma irraggiungibile per il momento. I suoi singhiozzi si placarono lentamente e le lacrime si asciugarono sul suo viso. Loro non la lasciarono andare. Non avevano sentito la scossa elettrica, forse perché la situazione emotiva era diversa, ma potevano entrambi percepire il sollievo di lei, persino la sorpresa e una punta di gioia. Hermione sollevò gli occhi arrossati dal pianto per posarli sui ragazzi. Era in una specie di nicchia tra i loro corpi, premuta contro l'abito elegante di Fred, ora tutto bagnato di lacrime e si sentiva al sicuro. Quello che veniva dai ragazzi era un misto di sorpresa e sollievo. George era anche un po' spaventato, mentre Fred sembrava elettrizzato. Li guardò entrambi, senza staccarsi dalla loro presa.

“Niente scossa?” Domandò tirando su col naso. Entrambi scossero la testa.

“Però tu stai meglio” non era una domanda, semmai un'affermazione. Lei annuì. George tentò di scostarsi da quell'abbraccio, ma lei si voltò e lo afferrò per la giacca, spaventata.

“Non...” andarono a sistemarsi sul divano, con lei in mezzo e loro ai lati che si tenevano per mano. Non sarebbe stato necessario, ma Hermione si sentiva confortata da quel contatto. Fred aggiunse nuove note allo schema. Le informazioni aumentavano, ma lei non si sentiva dell'umore adatto per continuare.

“Dovremmo andare ad aprire il negozio” suggerì George dopo un po'.

“Io devo andare in laboratorio” sospirò profondamente. Quando loro la lasciarono si sentì come se le mancasse qualcosa, ma subito scacciò quel pensiero dalla mente. C'era del lavoro da fare. Era a un buon punto con la sua idea e aveva già perfezionato la ricetta della pozione trasfigurante. Ne avrebbero lanciata presto una linea intera. Alcune ti cambiavano il colore dei capelli e delle sopracciglia, qualcuna ti faceva spuntare un paio di baffoni a manubrio, altre un naso a porcellino o un becco da anatra. Ovviamente tutte in stile Weasley. Almeno quelle vendute in negozio. Quei tipi di pozione duravano poco tempo, un'ora al massimo. Hermione stava lavorando alla linea per il ministero. C'erano molti Auror che non potevano trasfigurarsi, non come Tonks almeno e ne avrebbero avuto bisogno. Insieme a quei due progetti avevano ideato la Merendina Marinara che faceva cadere i denti. I gemelli l'avevano trovata spassosissima. Lei faticava a capire il loro senso dell'umorismo, ma veniva pagata e questo era abbastanza. Se pensava che le sue credenziali lavorative avrebbero recato scritto: salvatrice del mondo magico e subito sotto, creatrice di prodotti Weasley, le veniva da ridere. Era uno strano accostamento. Però le piaceva lavorare lì e si sentiva ispirata dai gemelli. Da parte loro avevano deciso che le avrebbero offerto un vero lavoro quando fosse uscita da Hogwarts. Hermione aveva riso alla sola idea, ma Fred era serissimo e così George. Non voleva lavorare in un negozio di scherzi per sempre. Forse per l'estate, ma i suoi programmi comprendevano uno stage al ministero quanto prima. Rifletteva su queste cose mentre cercava di trovare la perfetta commistione di tutti gli ingredienti per la nuova merendina, quando Fred entrò in laboratorio con un barbagianni appollaiato sulla spalla.

“A quanto pare è per te” l'uccello volò sul bancone, tendendole la zampa regalmente. Era una lettera dal Ministero.

“Siamo lieti di informarla che la sua domanda di inviare una squadra di Obliviatori alla ricerca dei suoi genitori è stata accolta. Essa è incaricata di trovarli e rimuovere l'incantesimo che lei stessa ha lanciato su di loro. Le faremo avere notizie al più presto!>> Esclamò saltando su e gettandosi al collo di Fred. Avrebbe presto riabbracciato i suoi genitori! Non poteva crederci. Lui la strinse forte e gioì con lei, sollevandola da terra e facendola girare.

“Che state facendo?” George mise dentro la testa, con un gran sorriso in faccia.

“Hanno accettato la richiesta di cercare i miei genitori!” Strillò, correndo ad abbracciare anche lui. Quello rimase un attimo interdetto, arrossendo fino alla punta dei capelli. Assomigliando tantissimo a una carota gigante. Fred inarcò un sopracciglio, chiedendo silenziosamente.

“Fatti gli affari tuoi” mimò l'altro, senza mollare Hermione, che era troppo presa dalla sua felicità per notare quello scambio.

“Dobbiamo festeggiare!” Urlò, saltellando sul posto con la lettera stretta al petto.

“Mandiamo un gufo a mamma per farle organizzare qualcosa?” Chiese George.

“No! Andiamo a bere! Invitiamo anche Harry e Ginny e ubriachiamoci!” Propose lei. I gemelli la guardarono esterrefatti.

“Chi sei tu e che ne hai fatto di Hermione Granger?” Fred si chiese se passare del tempo con loro non le facesse male.

“Andiamo, voglio festeggiare come una normale adolescente” protestò davanti alle loro facce scettiche.

“Tu non sei mai stata normale da quando ti conosciamo”

“Proprio per questo è il caso di iniziare” loro non seppero più protestare. Dopotutto come potevano negarle un po' di spensieratezza? Avevano tutti bisogno di allegria, di feste, di vita normale. Basta drammi, basta morti, basta terrore. I gemelli si scambiarono uno sguardo d'intesa. Le avrebbero organizzato una festa coi fiocchi.

 

 

Note: finalmente inizio a parlarvi meglio di questo legame tra i nostri protagonisti. Mi dispiace se la storia vi sembra un pò lenta, ma non voglio tirare via. Mi piace dilungarmi sulle cose e creare la giusta atmosfera. Comunque spero che vi stia piacendo! Ci vediamo sabato!

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Capitolo 6
*** La festa ***


“Perché mai dovrei andarmene da casa mia?” Molly guardava i suoi figli, in un misto di rabbia e rassegnazione. Se ne stavano entrambi davanti a lei con le facce da bravi ragazzi più convincenti che avesse mai visto loro, ma non gliela raccontavano. Sapeva benissimo quando stavano architettando qualcosa.

“Non è che te ne devi andare, devi lasciarci organizzare una festa in giardino”

“Una festa senza adulti” precisarono. Era proprio quel punto che non le piaceva.

“Certo che no! Per lasciarvi ubriacare e fare Merlino sa cosa? Non se ne parla!” Sbottò, cercando di aggirarli. Fred si allungò per bloccarle la fuga, sorridendole bonariamente.

“Mamma, è la festa per la fine di Tu-Sai-Chi” tentò George.

“Mi sembra che ce ne siano state a sufficienza” ribatté secca. Dopo la sua morte tutto il mondo magico aveva celebrato con giorni e giorni di bagordi. Era stato persino istituito un giorno di festa nazionale. Il compleanno di Harry era anche esso festa nazionale, una cosa che lui aveva giudicato esagerata e imbarazzante.

“Diciamo che questa è una festa tra ragazzi per celebrare la morte e il trionfo” Fred non la lasciava andare. Quando i suoi figli si mettevano in testa qualcosa era impossibile per lei fargli cambiare idea. Soprattutto ai gemelli. Non era riuscita a fargli finire la scuola, non era riuscita a mandarli a lavorare al ministero, ad ottenere una carriera rispettabile, non era riuscita neanche a fare in modo che uscissero con ragazze rispettabili e non con una diversa ogni settimana. Si erano dati una calmata solo dopo il matrimonio di Bill e Fleur.

“Volete liberarvi di noi per ubriacarvi?” Domandò a brucia pelo.

“Sì mamma. Siamo tutti maggiorenni, ci piacerebbe bere senza che la mamma sia lì a rimproverarci, ma dovresti essere felice che vogliamo farlo nel cortile di casa e non chissà dove” Molly scrutò i figli. Aveva sempre saputo che fossero due venditori straordinari, con la parlantina sciolta e abbastanza faccia tosta da ingannare anche il goblin più astuto.

“Cosa ne pensa vostro padre?” Loro si lanciarono un'occhiata di trionfo. Quando lei faceva così era sull'orlo del collasso.

“Papà ha detto che essendo tutti maggiorenni e avendo contribuito a salvare il mondo, possiamo certamente organizzare una festa in giardino” snocciolò George, riportando le parole del padre. In realtà non aveva detto proprio così, ma quasi.

“Quanta gente volete invitare?” Si informò.

“Soltanto gli amici stretti: Neville, Luna, Angelina, Katie, Alicia, Oliver, Lee, Seamus e Dean, forse anche Bill e Charlie” in realtà i fratelli maggiori avevano ben altro a cui pensare, ma era sempre molto divertente avere la loro compagnia, nonostante Bill fosse sposato.

“Va bene, ma vi avverto, se qualcuno si sente male, se qualcuno rompe qualcosa, se trovo qualcuno appartato nelle camere, vi farò pentire di essere nati! Inoltre io non ho intenzione di alzare un dito per questa festa, né prima né dopo, intesi?” Li minacciò. I suoi figli l'abbracciarono stretta, ringraziandola in stereo e sparirono al piano superiore.

“Hai ceduto più velocemente di quanto pensassi” commentò il marito, con un sorriso bonario.

“Sono adulti, non è che abbia un vero potere su di loro, non pensi?” Sospirò lei andandogli incontro.

“Credo che ti temeranno sempre un po'” la consolò.

“Avrebbero potuto non chiedere il permesso e farla da qualche altra parte, credo di potermi ritenere soddisfatta” borbottò, lasciando che il marito la tenesse stretta per un po'.

 

 

Fred e George organizzarono la festa del secolo. Sarebbe impallidita davanti ad ogni altra. Veniva inoltre, a sommo studio, per il compleanno di Harry. Lui aveva detto che non voleva festeggiare, ma lo avevano convinto facilmente. Razziarono il negozio di ogni fuoco artificiale, creandone anche alcuni nuovi appositamente. Incantarono lanterne con della musica e spedirono gli inviti a tutti. Ovviamente nessuno si sognò di mancare. Un lungo tavolo era stato posto in giardino, corredato di tovaglia bianca, piatti e stoviglie e ogni leccornia degna di un elfo domestico. In realtà i gemelli avano ordinato tutto dal Paiolo Magico. Intorno al tavolo c'erano lanterne sospese a mezz'aria che diffondevano una dolce melodia d'atmosfera, oltre che una luce tenue e delicata. Molly e Arthur si erano rifugiati nella loro stanza, ma l'uomo sbirciava dalla finestra ogni due minuti, ammirato. Uno striscione si muoveva nell'aria cambiando scritta ogni tanto. Prima c'era scritto “Auguri Harry” poi “Grazie di aver salvato il mondo” e persino “Voldemort puzza” e infine “I tuoi genitori torneranno presto!” a lettere rosse e oro. Ginny aveva assillato Hermione su cosa mettersi per almeno una settimana, poi aveva attaccato col regalo di Harry, senza darle pace. Alla fine avevano comprato degli abiti nuovi, anche se non ne avevano veramente bisogno. Hermione ora indossava un abito rosso a maniche corte, piuttosto scollato sulla schiena che le arrivava a metà coscia, in una gonna di tessuto svolazzante. Non potendo camminare sull'erba con i tacchi, aveva optato per un paio di sandali alla romana, incrociati fino al ginocchio. Aveva passato il pomeriggio a lisciarsi e acconciarsi i capelli, così che ora erano tenuti alti in uno chignon elaborato da cui sfuggivano delle ciocche ribelli sapientemente arricciate. Ginny invece si era buttata su un abito dorato di paillettes che la fasciava in tutti i punti giusti e le illuminava il volto sotto le luci soffuse. I gemelli si erano messi dei jeans scuri e due camicie bianche identiche, con le maniche arricciate. Erano in giardino ad accendere le lanterne quando videro arrivare le ragazze. George sentì lo stupore del fratello e si voltò, beandosi delle forme di Hermione. Aveva sempre pensato che fosse una bella ragazza, ma quella sera era da mozzare il fiato. Si affrettarono a raggiungerla.

“Complimenti sorellina! Occhio a non dare il colpo di grazia a Potter” le disse Fred passandole accanto per raggiungere Hermione. I gemelli le porsero il braccio insieme e lei li accettò entrambi, lasciando che la accompagnassero al tavolo. Sentì chiaramente che la trovavano molto bella e desiderabile e arrossì compiaciuta.

“Grazie ragazzi” disse, lasciandoli andare. Ginny era già incollata alle labbra di Harry. Avevano fatto pace alla fine, notò con piacere.

“Se avevi intenzione di uccidermi, ci stai riuscendo, Granger” le sussurrò Fred all'orecchio, facendola rabbrividire. Ron aveva accettato di partecipare, anche se le cose tra loro non si erano ancora appianate, perché quella era anche la sua festa.

“Ragazzi vi siete superati” sussurrò Luna, smaterializzandosi. Era bello vedere l'amica, anche se il suo vestito verde elettrico faceva male agli occhi. Ad uno ad uno tutti gli invitati arrivarono. Ci furono baci e abbracci, qualche pacca sulle spalle e una gran quantità di chiacchiere sul Quidditch. Si sedettero a tavola che il sole stava già tramontando, gettando caldi colori rossi sulle colline intorno alla Tana. Osservandole Hermione si sentì in pace, o forse erano i gemelli seduti ai suoi lati a darle quella sensazione di benessere. Non le importava. Ron guardava storto quella nuova disposizione, ma sembrò l'unico a farci caso. Servirono la cena a colpi di bacchetta, ridendo e bevendo in allegria.

“Allora ragazzi il negozio come procede?” Si informò Lee, il migliore amico dei gemelli.

“Benissimo. Abbiamo un sacco di nuovi prodotti in vendita e stiamo lavorando per un nuovo accordo col Ministero che praticamente ci sommergerà d'oro, grazie a questo genietto” raccontò George. Era vero. Hermione si era data un gran da fare per finire il prototipo di antifurto e in accordo con Fred e George aveva deciso che una bocca magica era troppo appariscente, malintenzionati l'avrebbero notata. Così si erano concentrati su oggetti comuni, come quadri, foto, portaombrelli e via dicendo. Qualsiasi cosa si potesse trovare in una casa o in un giardino. Tutto sembrava funzionare per il meglio e l'idea di Hermione di fare in modo che un tentativo di disattivazione si tramutasse in una fattura era piaciuto molto ai ragazzi. Avevano un incontro al Ministero due giorni dopo e tutti e tre si erano detti trepidanti.

“Cavolo assumere la Granger è stato un colpo da maestri” commentò Lee, strizzandole l'occhio.

“Purtroppo tornerà presto a Hogwarts, subito dopo la firma del contratto per l'acquisto di Zonko!” Esclamò Fred. Tutti quelli a tavola scoppiarono in grida di giubilo.

“Congratulazioni!”

“Grandi!” Piovevano da tutte le parti.

“Quanti motivi per festeggiare stasera” commentò Luna, seduta accanto a Neville. Lui la guardava con gli occhi da cucciolo innamorato.

“A proposito, vorremmo proporre un brindisi” esclamò Fred sopra il frastuono.

“State zitti!” Rincarò George alzandosi. I ragazzi scrutarono tutti seriamente.

“Se siamo qui oggi a ridere e scherzare, a gioire di negozi aperti, di nuovi amori, di convocazioni in squadre di Quidditch professioniste” Fred fece l'occhiolino a Baston e Angelina e continuò “è soprattutto grazie a questi tre ragazzi. Quando li abbiamo conosciuti erano solo tre mocciosi a cui piaceva ficcare il naso nei fatti altrui e cacciarsi nei guai, ma guardateli oggi! Hanno salvato tutti noi, tutto il mondo magico. Quindi farei un brindisi a Harry, Ron e Hermione, per i loro sacrifici, per il dolore sofferto, per il coraggio dimostrato! A voi!” Urlò levando il calice. Hermione sentì gli occhi inumidirsi quando come tutti si alzò e brindò, percependo le mani dei gemelli sulla sua schiena, nascoste agli altri. I loro sentimenti erano così tanti, così forti e confusi che si sentì mancare e dovette sedersi.

“Stai bene?” Sussurrò George.

“Troppe emozioni” spiegò, bevendo un sorso di vino. Lui annuì e si riaccomodò a tavola.

“Scusa, abbiamo esagerato” sussurrò Fred dall'altro lato.

“Mangiamo! È stato un brindisi molto bello, grazie” fu solo allora che Hermione notò qualcosa di diverso in George. Lo osservò aggrottando la fronte, confusa.

“Per le mutande di Merlino che hai lì?!” Esclamò a voce alta. Lee, Angelina e Katie, le persone più vicine, si voltarono istantaneamente.

“Shh, che urli? È una protesi”

“Hai l'orecchio!” Urlò Lee, col risultato di far voltare tutti.

“Sembra anche vero!” Angelina gli sorrideva dall'altra parte del tavolo.

“Sì, non c'è bisogno di fare tutto questo chiasso. È una protesi, come quella di Malocchio, mi permette di sentire meglio. È praticamente indistinguibile da un orecchio normale” spiegò mentre tutti lo osservavano.

“Mamma non riuscirà nuovamente a riconoscervi” commentò Ginny ridendo. Si unirono tutti a lei.

“Quando l'hai fatta?” Gli chiese Hermione.

“In realtà ero andato al San Mungo prima della guerra, ma tra una cosa e l'altra non erano riusciti a completarla in tempo e mi è arrivata ieri per posta” lei allungò una mano per toccarla. Era come toccare la pelle di George, anche se non era altrettanto calda.

“Non ti piace?”

“Cretino, certo che sì, ma stavi bene anche senza. Credo che sia indifferente in realtà” si affrettò a dire, sentendosi scema. Gli posò una mano sulla guancia, così che lui potesse capire meglio quello che non era riuscita ad esprimere a parole. Lui annuì sorridendo. Hermione notò lo sguardo di Angelina. La ragazza sembrava arrabbiata. I suoi occhi neri mandavano lampi omicidi.

“Fred? Ho una domanda: è una mia impressione o qualcuno vuole uccidermi?” Chiese dandogli di gomito. Confuso guardò verso Angelina e per poco non scoppiò a ridere.

“Angi aiutami a prendere altro vino in cucina” ordinò, facendo l'occhiolino a Hermione. Si allontanarono insieme parlottando fitto fitto.

 

“Smettila di fare la gelosa o mio fratello se ne accorgerà” le disse trascinandola quasi di peso verso casa. Angelina si ribellò, strappando il braccio dalla sua stretta.

“Certo che sono gelosa, gli stava incollata come una cozza!” Tuonò, quasi isterica. Fred sospirò, i drammi d'amore non erano il suo forte. Non gli piacevano le scenate e i pianti. George era stato chiaro con lei come lo erano con tutte. Era solo sesso, niente di più. Appuntamenti e gesti romantici non facevano per loro, ma alcune ragazze, come Angelina, non riuscivano ad accontentarsi.

“Non c'è niente tra George e Hermione” la rassicurò, anche se forse era una mezza bugia. Qualcosa c'era, anche se non quello che credeva lei.

“Bugiardo” ringhiò. Era una ragazza molto bella, doveva ammetterlo, ma non aveva mai capito per quale motivo il fratello avesse continuato ad andare a letto con lei in tutti quegli anni, anche se aveva avuto altre ragazze. Era alta e bruna, con lunghi capelli neri come la notte, labbra carnose e un fisico da modella, ma era la sua personalità il problema. Angelina era possessiva, bisognosa, gelosa.

“Senti Angi, te lo giuro, non vanno a letto insieme, altrimenti lo saprei” agitò le sopracciglia facendola arrossire.

“Idiota! Avevi detto che non ne avresti più parlato” lo accusò, ma con l'ombra di un sorriso sulle labbra.

“Hai ragione, scusa, ma ammettilo che è stato un periodo divertente. Comunque smettila anche se ci fosse qualcosa tra loro non sarebbero affari tuoi, lo sai che...”

“Non volete impegni seri. Lo so, ma non può fare il cretino con Hermione Granger davanti a me”

“Non lo fa. Angi comunque non puoi continuare così, se lo ami diglielo” la incoraggiò.

“Così scapperebbe via a gambe levate e non mi rimarrebbe niente” i suoi grandi occhi scuri si riempirono di lacrime, ma non pianse. Con uno sforzo riprese il controllo si se stessa.

“Giurami che nessuno di voi due va a letto con lei”

“Perché tiri in mezzo anche me?”

“Non sono idiota, lo so che vi scambiate le ragazze” ringhiò lei. Fred scoppiò a ridere.

“Quindi pensi che se andassi a letto con Hermione la passerei a George” il divertimento nella sua voce la fece irritare.

“Come se fosse la prima volta”

“Ascoltami, siamo cambiati. Non facciamo più quelle cose e non baciamo una ragazza dal matrimonio di Bill. Ora andiamo di là o penseranno tutti che noi due stiamo facendo qualcosa qua dentro” la esortò. Angelina non sembrava convinta. Sapeva bene quanto amasse suo fratello e lo sapeva anche George, solo che preferiva far finta di niente.

 

La cena continuò in allegria. Tutti parlavano, mangiavano e bevevano a volontà, ridendo come matti delle battute dei gemelli. Persino Ron si ammorbidì un po', forse per le generose dosi di vino che Lee continuava a versargli. Alla fine Ginny arrivò dalla cucina con una torta a tre piani. Era tutta decorata con boccini d'oro, scope volanti e draghi, le cose che rappresentavano di più Harry in assoluto. Lui sembrò commosso quando gli cantarono tanti auguri.

“Cento di questi giorni!” Urlò Neville, infervorato. Lui soffiò sulla torta e il drago appiccò nuovamente fuoco alle candeline, facendo ridere tutti e applaudire Luna.

“Grazie ragazzi!”

“Discorso, discorso, discorso!!!” Tuonarono tutti. Harry arrossì, non era molto bravo a parlare in pubblico, anche se stava migliorando notevolmente.

“Non è che ci sia molto da dire. Vi ringrazio di essere qui oggi a festeggiare il mio compleanno. Come tutti sapete, io non ho una famiglia e questo in qualche modo è sempre stato un peso. Oggi però posso dire di aver perso i miei genitori, ma di aver trovato nuove persone a cui tengo immensamente, amici e fratelli, compagni di avventura, persone straordinarie. Grazie” urlarono tutti. Ginny cominciò a frignare e anche Hermione versò qualche lacrima. Entrambe le ragazze si gettarono al collo di Harry contemporaneamente, col risultato che lui barcollò fin quasi a cadere. Anche Ron si fece avanti per abbracciarlo ed esitante strinse anche Hermione. A quel punto la ragazza si lasciò andare ai singhiozzi sulla spalla di Ron, facendosi colare tutto il trucco. Sembrava un panda, tanto che Ginny fu costretta a trascinarla di nuovo in casa per sistemare quel macello.

“Hai rovinato il mio capolavoro” la brontolò.

“Senti chi parla!” Ridacchiò l'altra tirando su col naso.

Mangiarono la torta e brindarono ancora e ancora, finché tutti non ebbero fatto un discorso più o meno sensato. Alla fine misero da parte il tavolo, che divenne il bar e fecero in modo che le luci cambiassero colore, mentre la musica si alzava di volume. Fred e George spararono in aria alcuni fuochi che volteggiarono nell'aria cambiando colore e spargendo scintille colorate sui ragazzi che, scatenati si davano alle danze. Le ragazze venute coi tacchi se ne sbarazzarono presto, rimanendo a piedi nudi sul terreno soffice. I ragazzi sganciarono i primi bottoni delle camice e Neville lanciò via la cravatta, afferrando Luna per la vita e facendola vorticare. Hermione si era lanciata in una specie di balletto improvvisato con Alicia e Katie, ubriache marce, ma continuava a sbagliare passi. Angelina si avvicinò a George, che stava decidendo cosa bere.

“Ciao, straniero” esordì lisciandosi delle pieghe invisibili dell'abito blu. Le stava così aderente che George fece fatica a concentrarsi sui suoi occhi.

“Hey, ti diverti?”Domandò, esaminando una bottiglia viola.

“Moltissimo, avete organizzato una bella festa”

“Sono contento” sembrava di nuovo distratto, come se la sua mente fosse da un'altra parte.

“Ti dispiace se dormo qui stanotte?” Angelina era sempre stata diretta.

“Che?!” Adesso aveva tutta la sua attenzione.

“Sono troppo ubriaca per smaterializzarmi” civettò passandosi una mano tra i capelli.

“Angi...non so se sia il caso...” rizzò la testa di scatto, come se qualcosa lo avesse colpito. I suoi occhi si posarono su Hermione che era caduta a terra e suo fratello che l'aiutava a rimettersi in piedi. Un vago sorriso gli illuminò il volto.

“Per colpa sua?” Domandò inviperita. Non era cieca, si era accorta del suo sguardo.

“No, perché non voglio continuare a ferirti” la guardò diritta negli occhi.

“Mi sta benissimo così, lo sai” lei non avrebbe ceduto, era sempre stata una guerriera. George non replicò. Si versò da bere e si allontanò da lei.

“George!” Urlò lei.

“Ci vediamo dopo in camera mia”le disse, senza voltarsi. Angelina esultò, felice.

 

“Ma quanto sei scoordinata?” La stava prendendo in giro Fred. Aveva fatto una caduta imbarazzante mentre tentava un passo di danza particolarmente complicato. Muovere in contemporanea braccia e gambe era stato troppo. L'impatto col terreno l'aveva fatta solo scoppiare a ridere. Fred preoccupato più per la quantità d'alcol che per la caduta l'aveva tirata sù, sequestrandole il bicchiere che stringeva ancora tra le mani.

“Shh, sono una ballerina fantastica” si esibì in una piroetta e barcollò tentanto di recuperare l'equilibrio. Katie applaudì, imitandola.

“Vieni ballerina, andiamo a sederci un attimo” la esortò, tenendola per un braccio in modo che non cadesse. L'adagiò su una sedia e si accoccolò davanti a lei. Lo chignon era quasi del tutto disfatto e i capelli liberi le ricadevano sul volto arrossato. I suoi occhi castani brillavano di felicità e alcol.

“Ti sei fatta male?” Domandò, controllando che non avesse ferite.

“No, sono molto forte sai?” Gli mostrò i muscoli, praticamente inesistenti.

“Oh lo vedo, sono terrorizzato!” La prese in giro.

“Fammi vedere i tuoi allora” sbuffò, afferrandogli il bicipite.

“Ah sì, hai vinto tu! Quando ti alleni così tanto?” Domandò. Fred scosse la testa.

“Vado a prendere dell'acqua, ubriacona, tu resta qui” lei non protestò, annuendo lentamente con la testa. Avrebbe dovuto controllarla un po' di più. In cucina trovò Harry e Ginny che si baciavano appassionatamente. Lei stava seduta sul tavolo e lui era incuneato tra le sue gambe, con la camicia mezza sbottonata e gli occhiali storti.

“Se vi becca mamma sei morta, sorellina” esordì, facendoli sobbalzare. Harry tentò di ricomporsi, mentre sua sorella lo apostrofava con parole poco lusinghiere.

“Fatti gli affari tuoi” ringhiò.

“Occhio a quello che fai Harry, intesi?” Gli strizzò l'occhio mettendolo ancora più a disagio. Per essere quello che aveva salvato il mondo dopo indicibili peripezie e sofferenze, aveva mantenuto un'umiltà pazzesca. Fred se ne stupiva ogni volta. Forse era anche per quello che gli piaceva tanto il ragazzo, oltre che per i mille galeoni che gli aveva regalato, al fatto che avesse salvato sua sorella e suo padre.

“Sì, scusa...noi ci stavamo solo baciando” si giustificò.

“Certo. Fosse per me te le potresti portare via domani, ma credo che Ron e mamma non sarebbero d'accordo” prese un bicchiere d'acqua e strizzando l'occhio a Ginny tornò alla festa. Hermione era seduta dove l'aveva lasciata, ma Ron le stava di fianco. Maledizione! Il loro legame non funzionava senza contatto e a quella distanza non poteva sentire cosa dicesse il fratello. Sembrava molto serio e muoveva le mani in maniera concitata. Lei scuoteva la testa ogni tanto, ma non parlava. Poteva rischiare di avvicinarsi? Avrebbe avuto bisogno delle Orecchie Oblunghe. Individuò il gemello che osservava la stessa scena con il volto corrucciato.

“Dovresti dirglielo” la voce di Luna gli fece prendere un colpo.

“Di cosa parli?” Si asciugò la mano sulla camicia.

“Ti piace Hermione, giusto? Allora diglielo, credo che lo stia facendo anche Ron” se gli avesse dato un pugno nello stomaco, sarebbe stato più semplice riprendersi. Stordito, guardò la ragazza bionda con una collana di tappi di bottiglia al collo. Era proprio strana.

“Non mi piace...”

“Sai che ogni volta che menti, guardi il naso delle persone e non gli occhi?” Rincarò quella. Come faceva a rendersi conto di quello che faceva inconsapevolmente?

“Luna...non è come credi” tentò. Lei gli fece un sorriso svagato.

“Lei mi piace, credo che sareste una bella coppia. Ha bisogno di risate nella sua vita” era come se non avesse mai aperto bocca. George li raggiunse in quel momento e lei gli sorrise.

“Stavi meglio senza orecchio” asserì, lanciandosi in una danza strampalata. George scoppiò a ridere, divertito.

“Che tipa! Perché sei agitato?”

“Lascia stare, guarda là” gli indicò Hermione, che si era alzata in piedi e sembrava furiosa. Ron le teneva un polso e stava dicendo qualcosa che evidentemente non le piaceva.

“Cazzo!” Esclamò, George, prima di seguire il fratello che era scattato verso di loro. Sentiva la rabbia di Fred ribollire.

“Devi ascoltarmi!” Stava urlando Ron. George superò Fred di corsa, cercando di evitare una rissa.

“Allora cosa succede, fratellino?” Esordì con un tono leggero. Ron lo guardò come se fosse uno scarafaggio particolarmente grosso.

“Niente, vattene” ringhiò senza lasciare il polso di Hermione.

“Vedi io me ne andrei anche, ma stai importunando una mia dipendente e volevo risparmiarti un pestaggio” gli indicò Fred alle loro spalle che sembrava sul punto di esplodere.

“Andate via, è una questione tra me e lei” Hermione tentò di strattonare via il polso dalla presa di Ron e facendolo finì addosso a George. Immediatamente sentì la rabbia di lei e anche una punta di spavento. Suo fratello emise un basso ringhio gutturale e si trovò a mettersi nel mezzo ai due.

“Lasciala ora” intimò.

“Non...”

“Ron, lasciala!” Fred teneva Hermione per le spalle. Immagini lo bombardarono prepotentemente. Ron che arrivava, evidentemente sbronzo, che iniziava nuovamente a dirle che l'amava. La conversazione era degenerata quando lei aveva detto che non era lo stesso per lei. Allora l'aveva accusata di averlo illuso, di averlo preso in giro e umiliato, di essere una poco di buono, di farsela con loro.

“Sto per colpirti molto forte, hai tre secondi per toglierti dalle palle” George aveva sentito tutto quello e anche di più e stava perdendo il controllo. Per fortuna nessun altro si era accorto di niente. Continuavano tutti a ballare e bere. Compreso il pericolo impersonato dai suoi fratelli maggiori, si decise a lasciarle il polso. Con una smorfia sprezzante corse verso casa, sparendo alla vista. Fred strinse Hermione al petto, tranquillizzandola.

“Hey, era solo Ron, va tutto bene” sussurrò accarezzandole la schiena nuda. Hermione allungò un braccio per avvicinare anche George. Avvinghiata ai due, si sentì subito meglio.

“Hai solo bevuto troppo e le emozioni sono più forti, è normale per chi è all'inizio” la consolò lui, cercando di strapparle una risata. Hermione lo guardava in modo strano, sembrava scavargli dentro con lo sguardo.

“Oh! Mi dispiace!” Disse all'improvviso. I gemelli si guardano senza capire.

“Di cosa?”

“Non volevo che Angelina pensasse che io e te...scusami! Non me l'avevi detto” balbettò. George inorridito si fece indietro. Poteva vedere cose del genere anche se non ci stava pensando? Fred gli intimò di riprendere il controllo attraverso la connessione.

“Non guardare quelle cose, ti bloccheranno la crescita” sdrammatizzò Fred, per impedirgli di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito.

“Ma lui...sei arrabbiato?” I suoi grandi occhi lo fissavano lucidi, implorandolo di non esserlo.

“No, credo di essere più sbronzo di quanto pensassi se non riesco a tenerti fuori dalla mia testa” borbottò, col risultato di essere poco convincente. Lui e Fred avevano deciso di tirare sù delle barriere per impedirle l'accesso a determinati ricordi a determinate cose che avevano fatto. Non serviva che le vedesse o che le immaginasse. Erano cose del passato, ma rivedere Angelina e bere gli avevano fatto abbassare la guardia.

“Vado a bere qualcosa” annunciò, lasciandoli soli. Hermione si voltò verso Fred, mortificata.

“Non avevo intenzione di farlo arrabbiare. Era tutto lì in bella vista e non sono riuscita a non guardare”

“Che cosa hai visto?” La voce di lui era un po' esitante.

“Hanno avuto una conversazione in cui lei gli chiedeva di noi, penso che mi abbia vista toccarlo spesso e si è ingelosita. Hanno parlato un po' e lei gli ha chiesto di rimanere a dormire qui. Penso che lo farà” sembrò più rilassato ma senza toccarlo non riusciva a dirlo con precisione.

“Non impicciamoci di questa storia, che ne dici?” La coinvolse in un balletto idiota, insieme a Neville e Luna. Non voleva toccarla mentre era ubriaco, non più del necessario. Se aveva visto di Angelina nella testa di George, poteva benissimo vedere altre cose nella sua. Nei lunghi anni di convivenza con il gemello aveva imparato a schermare. C'erano cose molto private che neanche l'altra metà di sé doveva sapere. Erano poche, più che altro pensieri astratti e oscuri, ma dovevano rimanere segreti. Sapeva che anche George faceva lo stesso. Hermione doveva essere schermata da un po' più di cose ed era stato felice che sembrasse in grado di leggere solo i pensieri più superficiali. La sola idea che il legame divenisse più profondo lo terrorizzava a morte. Se fosse andata in profondità non lo avrebbe mai più guardato in faccia. Lasciò che la serata scorresse verso lidi più piacevoli, confortandolo con la sua semplice gioia. Hermione sembrava non avere un solo pensiero al mondo. Di solito i suoi occhi erano offuscati da preoccupazioni e oscuri ricordi, mentre in quel momento sorrideva e rideva di cuore, come raramente era successo. Persino quando era con loro non rideva di gusto. Magari sorrideva o faceva un risolino, a volte qualcosa di più, ma non era mai riuscito a strapparle una risata di quelle che ti fanno male alla pancia e lacrimare gli occhi. Gli sarebbe piaciuto, vedere una Hermione senza pensieri, libera e felice, che rideva fino a lacrimare, che doveva prendere aria per ricomporsi. Quelle risate da ubriaca non contavano. L'aveva vista bere una quantità d'alcol sconsiderata per qualcuno che non si fosse mai avventurato su quel terreno; come potesse stare ancora in piedi non se lo spiegava. Ad un certo punto, notò che Harry e Ginny erano spariti, che Luna e Neville ballavano appiccicati. Katie e Alicia, erano così ubriache da aver bisogno di Dean e Seamus per reggersi in piedi. Lee era collassato per terra e russava della grossa e Ron era scomparso. Suo fratello era chiaramente con Angelina. Il momento di mandare tutti a casa era arrivato.

“Ragazzi ce la fate a portarle a letto?” Domandò a Dean.

“Ehm...sì certo ci pensiamo noi” rispose quello prontamente. Gli amici di Harry erano dei gran cavalieri, poteva affidare quelle due sciamannate ai ragazzini senza doversi preoccupare.

“Neville, Luna sta dall'altra parte della collina, l'accompagni?” Il ragazzo arrossì e balbettò un consenso. Aveva ucciso un serpente e tenuto testa a Voldemort, ma in amore era ancora alle prime armi. Guardò Lee, mezzo svenuto per terra e sorrise. Non sarebbe stato in grado di smaterializzarsi e lui non aveva intenzione di riportarlo a casa.

“Dormirai nella stanza di Percy” borbottò, facendolo levitare con la bacchetta. Gli ci voleva una bella concentrazione per eseguire incantesimi da ubriaco. Mise a letto Lee che non si era svegliato, poi tornò in giardino. Erano tutti spariti, tranne Hermione che continuava a volteggiare lentamente, persa in una melodia immaginaria. La guardò da lontano, beandosi della sua bellezza. I capelli si erano sciolti e ora le ricadevano in morbide onde sul volto. Teneva gli occhi chiusi, magari per concentrarsi meglio sulle note inudibili. Lasciò che ballasse ancora un po', imprimendosi tutti i dettagli di lei nella mente. Sarebbe stata via troppo a lungo, non voleva dimenticare la curva morbida delle sue labbra, l'ombra fitta delle sue ciglia sugli zigomi alti o la delicatezza del collo lungo.

“Freddy, vieni a ballare!” Urlò vedendolo.

“Devi andare a dormire, è tardi” lei mise su un finto broncio e agitò le mani freneticamente, invitandolo a raggiungerla.

“Non voglio! Balliamo un lento, non abbiamo mai ballato così” lo pregò. La tentazione fu forte, ma sapeva che farsi toccare in quel momento da lei non era affatto una buona idea.

“Ho sonno, andiamo a letto” lei sgranò gli occhi ridacchiando.

“Fred, che proposte sono queste?” Esclamò. Lui rimase un attimo interdetto poi emise un suono strano, tra l'esasperato e il divertito.

“Scema, tu nella tua stanza e io nella mia” precisò iniziando a camminare verso casa. Sentì che lo seguiva da brava bambina.

“Credo che la tua stanza sia occupata” gli fece notare.

“Magari hanno finito! Altrimenti dormirò sul divano” esclamò esasperato. Di smaterializzarsi in quelle condizioni non se ne parlava neanche. L'ultima volta che ci aveva provato si era spaccato e il dolore era stato così forte da farlo desistere. La condusse in casa e l'accompagnò al suo piano. Hermione esitò sulla soglia, indecisa.

“Freddy...pensavo...no niente sto zitta” arrossì violentemente, distogliendo lo sguardo.

“Cosa pensavi?” Indagò.

“Tu lo senti, quando George è con una ragazza?” Domandò a sorpresa.

“Ehm, sì, diciamo che se non ci sto attento lo sento molto bene” era imbarazzato anche lui.

“Avete mai...fatto quello insieme, nello stesso istante con i muri abbassati?” La sua curiosità era sconfinata, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di porre quelle domande da sobria.

“Sì, l'abbiamo fatto” disse sinceramente.

“Che cosa si prova? È diverso da quando lo fai normalmente?” Per Merlino, voleva ucciderlo. Si stava mordendo un labbro, evidentemente in difficoltà.

“L'intensità è diversa, è come amplificata se non chiudi i canali” vide chiaramente altri dieci pensieri diversi affollarsi nella sua mente e seppe che se l'avesse toccata in quel momento non sarebbe stato in grado di mandarla a dormire nella sua stanza. Le sue domande potevano anche sembrare innocenti, ma era certo, a prescindere dal legame, che stesse valutando quanto sarebbe stato piacevole testare la stessa cosa in prima persona. Ci aveva pensato anche lui. Un orgasmo amplificato per tre. Inspirò bruscamente. Non doveva pensarci.

“Vai a dormire Hermione” la invitò e lei annuì sbadigliando. Però non si mosse, così fu lui a voltarsi e salire le scale, stringendo le mani nelle tasche dei jeans. Non arrivò neanche al pianerottolo della sua stanza. Sentì chiaramente George e Angelina in un recesso di legame mentale, così fece inversione e tornò in salotto. Hermione era ancora in bagno. Avrebbe dovuto accomodarsi sul divano per quella notte.

Una volta che si fu lavata, si sentì lievemente più lucida. La sbronza era potente ma le piaceva non dover pensare troppo, avere il coraggio di fare domande scomode. In camera sua la luce della lampada da comodino era accesa, così quando entrò le ci volle un istante per capire cosa succedeva. Nel letto di Ginny c'erano due persone, mezze nude e avvinghiate. Si baciavano freneticamente, ma poteva vedere che Harry aveva ancora i pantaloni. Senza far rumore recuperò il pigiama e indietreggiò, senza che uno dei due la notasse. Non le rimaneva altro che il divano. Andò a mettersi il pigiama, assicurandosi di ripiegare a dovere l'abito rosso. Le piaceva troppo per rovinarlo. Scese le scale. Anche il salotto però era occupato. Fred era disteso a pancia in sù con un braccio ripiegato sul volto, le lunghe gambe ancora fasciate dai jeans allungate oltre l'orlo del bracciolo. Non sapeva dove andare a dormire, forse nella stanza di Percy.

“Dove vai?” La voce roca di Fred la fermò nell'atto di svignarsela.

“Ehm...la mia stanza è occupata e...” lui si alzò a sedere.

“Non sai dove dormire?” Le sembrò una domanda molto intima.

“No” sussurrò.

“Se ci stringiamo ci stiamo entrambi” propose sdraiandosi in modo da lasciarle dello spazio. Hermione non si mosse. Dormire con lui le sembrava molto importante, troppo personale.

“Non ti faccio niente, Granger” la incoraggiò. No certo che no, ma non era quello il problema.

“Se mi senti urlare e mi sveglio, potresti per favore farmi l'elenco delle persone sopravvissute?” Chiese, lasciandolo interdetto. Non disse niente, non commentò, si limitò ad annuire. Solo allora lei si accoccolò al suo fianco, posando il capo sul suo braccio e chiuse gli occhi.

“Hermione, io sono qui, se hai paura cercami e mi sentirai” le picchiettò un dito sulla spalla e lei ebbe un moto di gratitudine. Sentendosi al sicuro tra le braccia di Fred lasciò che l'oscurità l'avvolgesse, temuta e bramata insieme.

 

 

 

Note: So che la storia è stata un pò lenta fino ad ora, ma vi prometto che sta ingranando. In questo capitolo ho voluto darvi pace da tutta la cupezza e il dolore che avevo infilato negli altri capitoli, quindi spero che vi piaccia un pò di più. Ho anche voluto far capire come il rapporto con i gemelli stia cambiando Hermione. Più l'influenza di Fred e George prenderà campo, meno momenti cupi ci saranno. Spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso per non aver pubblicato sabato, ma ero veramente mega impegnata questa settimana. Ora che sono in vacanza riuscirò senza problemi a rispettare le scadenze. Grazie della lettura!

 

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Capitolo 7
*** Una giornata al lago ***


Una luce intensa proveniva dalle finestre aperte, colpendo i due ragazzi abbracciati sul divano consunto. Erano ancora vestiti ma l'intimità con cui si stringevano, faceva pensare che non ci fossero vere barriere tra loro. Fred aveva i capelli rossi spettinati e sparati in ogni direzione, la bocca aperta in un vago sorriso, residuo di un sogno piacevole. I suoi vestiti erano tutti stropicciati e la camicia gli pendeva ad una strana angolazione. Un paio di bottoni erano saltati rivelando lo stomaco piatto. Hermione gli stava rannicchiata addosso, con la testa riccioluta sulla sua spalla e un braccio di traverso sul suo stomaco, le gambe intrecciate a quelle di lui. Anche lei sembrava serena e rilassata. La luce illuminava i tratti delicati di entrambi, facendo spuntare delle piccole efelidi sul volto di lui, dandogli un'aria ancor più sbarazzina.

“Fred Weasley!” La voce della madre spezzò il magico incanto in cui si trovavano i due ragazzi addormentati.

“Cosa significa tutto questo?!” Tuonò la donna, facendo svegliare tutta la casa.

Lui aprì un occhio, inconsapevole di quello che accadeva intorno, ma non vide la madre. Si rese conto che la sua voce arrivava da un punto sopra la sua testa.

“Non sono Fred! Mamma non è successo niente siamo adulti...” tentò suo fratello.

“Adulti?! Un adulto responsabile non si sognerebbe mai di indulgere in questi comportamenti sconsiderati sotto il mio tetto!” Riprese lei, alzando ancora di più il volume, tanto che l'avrebbero sentita da ogni angolo del paese. Si perse la replica del gemello, ma immaginò le parole. Doveva avvertire Harry e Ginny. Si sfilò con cautela da sotto Hermione, cercando di non svegliarla. Non capiva come facesse a dormire con quel fracasso. In un baleno raggiunse la stanza della sorella. Trafelato vi si fiondò dentro, ma per fortuna i due erano già vestiti, anche se con l'aria colpevole dipinta in volto. Fred si sentì in conflitto con se stesso. C'era una parte di lui che avrebbe voluto dare un pungo a Harry per aver dormito con sua sorella, mentre l'altra era propensa per le congratulazioni. Nel dubbio decise di tacere.

“Devi smaterializzarti o ti vedrà” disse al ragazzo, tendendo l'orecchio. Sua madre stava ancora urlando a pieni polmoni all'indirizzo di George. Per fortuna era andata a controllare loro per prima o ci sarebbe stato un incidente diplomatico davvero irreparabile. Harry non esitò, diede un bacio rapido a Ginny e ruotando su se stesso scomparve.

“Che succede?” Indagò la sorella, stropicciandosi gli occhi assonnati.

“Ha beccato Georgy con Angelina” entrambi ridacchiarono sotto i baffi.

“Dov'è Hermione?” Ginevra lo guardò, l'espressione inquisitoria sul viso molto simile alla madre.

“Dorme sul divano, la stanza era impegnata stanotte...”

“Non voglio sentire una parola” lo avvertì con lo sguardo severo e inflessibile. Fred si smaterializzò, ma quando arrivò in salotto Hermione era sveglia e si guardava attorno come se cercasse qualcosa. Nel vederlo i suoi occhi si fecero grandi e felici.

“Freddy, stanotte io...” non riuscì a completare la frase. Tonfi e urla si avvicinavano a gran velocità. Per prima apparve Angelina, con le scarpe in mano e i capelli arruffati. Svelta come una lepre, passò loro davanti e si fiondò verso la porta, senza neanche un cenno di saluto. A ruota apparvero la Signora Weasley, George, Lee, e Arthur, tutti in fila come in una processione. La donna era furiosa, continuava a predicare il rispetto per le regole della casa, la decenza e il contegno. George la seguiva con sguardo infastidito, ma anche un po' intimorito dall'ira materna. Lee sembrava non capire cosa stesse succedendo e perché fosse lì. Il Signor Weasley era semplicemente rassegnato.

“TU! In cucina, subito!” Urlò la madre vedendo Fred sulla soglia del salotto.

“Hermione cara, la colazione sarà pronta tra poco, scusami” il suo tono era passato dal furioso e perentorio allo zuccheroso in un istante. Fred si unì alla processione, confuso. Che aveva fatto di male? Di sicuro era stato l'unico a comportarsi come un vero gentiluomo. Molly li portò in cucina e come un generale riprese la sua sfuriata.

“Che cosa avevo detto quando ho acconsentito a questa festa? Non volevo trovare gente appostata nelle camere e ubriachi svenuti in giro! Avete dimostrato ancora una volta che non vi importa delle regole! Vi sentite forse superiori?!” Tuonò all'indirizzo dei gemelli.

“Mamma, era solo Lee. Stavano tutti quanti bene, nessuno ha vomitato o è finito in coma etilico, non c'è bisogno di fare una scenata se George si è portato una ragazza in camera” tentò di ammorbidirla.

“Niente di male?! Quella ragazza non è neanche la sua fidanzata e poi chi sarebbe? Conosciamo la sua famiglia? L'hai invitata a cena per farcela conoscere?” La sua visione delle cose era troppo antiquata. Fred e George trattennero le risate.

“Non stiamo insieme, noi...ci divertiamo e basta” spiegò George, temendo un nuovo attacco dell'ira di Molly.

“George, come puoi trattare così le ragazze? Non ti ho insegnato niente?” Sembrò molto addolorata e questo sorprese i gemelli.

“A lei va bene, non è che la stia illudendo” si difese. La madre non parve rassicurata da quelle affermazioni.

“Non voglio mai più ragazze sconosciute mezze nude in camera vostra. Tu dove stavi mentre lui faceva quelle cose?” Puntò il dito accusatore su Fred.

“Sono andato a dormire sul divano” si affrettò a dire “da solo” aggiunse poi, come per prevenire altre domande.

“Almeno uno di voi due ha imparato qualcosa” sbuffò la madre. L'occhiata scettica di George rischiò di farli ridere ancora. Non era il caso di stuzzicare la rabbia della donna, con risatine idiote.

“Mamma sono abbastanza grande per...”

“Non sei grande per niente! Solo perché guadagni dei soldi e vivi da solo credi di sapere qualcosa del mondo? Questa è casa mia e le regole sono sempre state chiare per tutti i vostri fratelli. Charlie e Bill non si sono mai sognati...” continuò a sproloquiare su quello che i maggiori non si sarebbero mai azzardati a fare, ma i gemelli sapevano benissimo che Bill e Fleur non si erano limitati a scambiarsi baci e abbracci prima del matrimonio. Chi, sano di mente, avrebbe potuto resistere al fascino di una mezza Veela? Quando Molly si fu calmata, grazie anche all'intervento del marito, tutti riuscirono finalmente a sedersi a tavola per la colazione. Lee si era fermato, perché per niente al mondo si sarebbe perso il cibo della Signora Weasley. Ron era furioso e ferito, tanto che tenne gli occhi fissi sulla sua ciotola di cereali, evitando di incrociare gli sguardi dei suoi familiari. Fred e George gli lanciavano occhiate assassine, mentre Hermione pareva totalmente dimentica dell'accaduto. Continuava a sbracciarsi dall'altra parte del tavolo per attirare l'attenzione dei gemelli. Harry e Ginny si guardavano innamorati, con l'espressione rilassata e soddisfatta di chi ha avuto una notte piacevole. A metà del pasto, arrivò un grosso gufo selvatico, che planò sul tavolo, rischiando di travolgere una torre di pancake e il succo di zucca di Lee. Si fermò davanti ai gemelli e tese la zampa, per consegnare la lettera legata alla zampa. Fred l'afferrò strappando il sigillo in ceralacca. La lesse velocemente, sotto lo sguardo di tutta la famiglia.

“Abbiamo avuto un colloquio!” Urlò passando la pergamena a George, che incredulo rilesse le parole scritte sopra. Hermione scattò in piedi facendo il giro del tavolo e gettò un'occhiata alla calligrafia minuta e regolare del capo del Dipartimento Auror. I gemelli che ancora stavano saltando e urlando, l'afferrarono, sollevandola in aria, così in alto che sbatté la testa contro il lampadario.

“Sei un genio, Granger!” Stava ululando George.

“Mettetemi giù, scemi!” Ridacchiò lei, senza smettere di sorridere. Obbedirono e molti membri della famiglia l'abbracciarono congratulandosi con loro.

“Ancora non abbiamo un accordo. Sarebbe meglio non montarsi la testa e mettersi a lavoro su una strategia...”

“Domani, oggi è domenica. Ci rilassiamo e domani penseremo a una strategia” Fred la fece roteare sul posto e lei gli inviò una richiesta di vedersi in privato per parlare. Perplesso, annuì. Sentiva che lei era così felice da scoppiare. Anche i suoi occhi brillavano più del solito e le occhiaie erano quasi del tutto sparite. Persino le guance avevano riacquistato il loro colorito rosa.

Dopo colazione decisero di andare a fare una passeggiata fino al laghetto poco distante dalla Tana. Il sole batteva forte, impietoso sulla loro pelle candida. Fred, George e Hermione camminavano in silenzio da qualche minuto, aspettando di essere a debita distanza da orecchie indiscrete e intanto si scrutavano di sottecchi. Lei aveva indossato un paio di pantaloncini di jeans corti, scarpe da tennis e una maglietta oversize bianca che lasciva intravedere le spalline del reggiseno bianco. I capelli erano raccolti sulla nuca con un elastico. Fred e George invece avevano optato per dei pantaloni corti azzurro cielo e maglie bianche identiche. Dalla spalla di Fred pendeva un borsone da mare, mentre George portava un cestino da pic nic. Hermione non parlò finché non ebbero raggiunto il laghetto. Un pontile si allungava sulla superficie immobile, su cui si affacciava alta erba gialla, bruciata dal sole. Non era grande, ma era bello passarci le giornate afose, tra un tuffo e l'altro. Recuperarono dalla borsa un grosso telo e lo stesero a terra, scalciando via le scarpe per sedervisi sopra. I gemelli non stavano più nella pelle dalla curiosità.

“Allora?!” Sbottò Fred, impaziente.

“Stanotte è successa una cosa...” attaccò lei, arrossendo lievemente. George li guardò alternativamente, aspettandosi che dicessero che erano stati a letto insieme, ma non sentiva niente provenire dal fratello ed era impossibile che non glielo avesse detto subito. Cavolo l'avrebbe sentito!

“Granger, stringi” ordinò, preoccupato. La vide prendere un respiro tremante e ricomporsi.

“Per la prima volta da mesi non ho avuto un incubo” esordì. Era chiaro che quello per lei aveva un significato più profondo.

“Fantastico! Te l'avevo detto che l'alcol ti avrebbe aiutata” Fred riuscì a ricomporsi. Non era quello che si era aspettato.

“Sei scemo? Secondo te è stato l'alcol?” La voce di lei era impaziente, come quando gli spiegava un concetto che doveva essere lampante, mentre lui si rivelava più ottuso del necessario.

“Allora cosa? Puoi parlare chiaro?” La incalzò.

“Sei stato tu” esalò, tornando ad assumere una sfumatura rossastra sulle orecchie. Fred si immobilizzò a bocca aperta, come un pesce fuor d'acqua.

“In che senso è stato lui?” George non capiva.

“Per la barba di Merlino come fate a non capire?! Stanotte, dopo mesi di incubi fatti ogni notte senza alcuna eccezione, dormo con lui, lui che quando mi tocca è un calmante perfetto!” Esclamò agitando la mano davanti alla faccia di Fred.

“Lo pensi veramente? Magari è stato l'alcol. Quando si è veramente ubriachi non si sogna” insistette Fred.

“Oh per l'amor del cielo, venite qua” li afferrò entrambi per le mani, quasi trascinandoli in avanti di peso. Si concentrò per un istante e poi sensazioni si affollarono nella mente dei ragazzi. La vedevano sdraiarsi accanto a Fred e sospirare, agitarsi nel sonno. Videro che per un attimo qualcosa di oscuro si era agitato sul fondo della sua mente dormiente, finché Fred non si era voltato e l'aveva stretta a sé, trascinandola quasi sul proprio petto. Immediatamente le ombre e la paura si erano dileguate e lei aveva riposato tranquilla tutta la notte, come non faceva da mesi. Quando quei ricordi smisero di fluire, rimase solo la gioia e il sollievo di lei, la gratitudine per qualcosa che neanche dipendeva dai ragazzi.

“Capite adesso?” Entrambi annuirono pensierosi.

“Non sono del tutto convinto ancora”rifletté George, passandosi una mano tra i capelli.

“Perchè no? Avete visto” esasperata batté un piede nudo a terra.

“Potrebbero esserci troppi fattori. Facciamo una prova stanotte, senza alcol e vediamo come va” propose. Hermione si disse d'accordo. Non aveva avuto il coraggio di suggerirlo, ma segretamente sperava che le chiedessero di replicare l'accaduto. La prospettiva di un sonno senza incubi era troppo bella per lasciarsela sfuggire.

“George, se la mamma la trova nel mio letto sono morto” fu l'obiezione di Fred. In effetti era rischioso dopo la sfuriata della mattina.

“Le dirò che sei rimasto a lavoro fino a tardi e che rimani a casa. Tu ti smaterializzi e possiamo mettere un cuscino sotto le coperte” se fossero stati scoperti non osava neanche pensare a cosa avrebbe detto di lei la Signora Weasley. Non voleva perdere la fiducia della donna. Per non parlare di Ron. Le parole che le aveva rivolto la notte precedente erano ancora lì che bruciavano in fondo alla sua anima, non svanite, solo celate. Ricordava bene come i gemelli fossero intervenuti, come l'avessero difesa a spada tratta.

“Grazie per ieri sera, sia della festa che di avermi difesa con Ron” disse. I loro ghigni identici le diedero un brivido.

“Ron è stato fortunato che ci fossero altre persone o avrebbe fatto una brutta fine” ringhiò Fred a cui non era ancora passata del tutto

“Credo che fosse dettato dall'alcol e dalla gelosia” Hermione ripensò a quello di cui l'aveva accusata e si sentì stringere il cuore.

“Non lo giustifica. Inoltre non è nessuno per poter giudicare noi o te” George le diede una spintarella con un piede, sperando di farla sorridere.

“Pensa che il nostro rapporto sia sospetto, che...”

“Andiamo a letto insieme” dissero in coro. Non si stupiva più quando lo facevano e neanche che sapessero tutto quello che lui aveva detto o fatto.

“Infischiatene. A chi importa l'opinione di Ronnino colui che ha aiutato a salvare il mondo?” Ridacchiò Fred, strappando un lungo stelo d'erba.

“Se ci pensate anche voi avete aiutato, con la radio, con la Battaglia di Hogwarts, con la vendita clandestina di prodotti Weasley da casa di zia Muriel”

“Oh è stato uno sforzo enorme” ironizzò George.

“Molto faticoso” rincarò Fred. Hermione lasciò perdere, ormai li conosceva bene da capire quando era il caso di insistere e quando quello di rinunciare. I gemelli non si vedevano come eroi, ma dopotutto neanche lei. Sulle cioccorane c'era scritto che lo era. Una strega dall'ingegno sviluppato, un'eroina del mondo magico. Tutte fandonie. Lei voleva solo proteggere Harry e fare quello che era giusto. Non aveva mai pensato alla fama e a quelle sciocchezze. Non pensava neanche che ne sarebbe uscita viva per raccontarlo. Rimasero a godersi il sole per alcuni istanti, prima che Fred si alzasse e si sfilasse la maglietta per lasciarla cadere a terra. I suoi muscoli guizzanti attirarono immediatamente lo sguardo di Hermione, come una calamita. In un baleno si era tolto anche i pantaloncini ed era rimasto con un costume a pantaloncino blu a fiori bianchi. George lo imitò, flettendo i muscoli della schiena. La ragazza, immobile cercò di fingere di prendere il sole, quando in realtà non riusciva a distogliere l'attenzione da quel panorama. Li osservò entrambi alla luce del sole di nascosto. Erano cresciuti tanto, ma c'era ancora qualcosa di infantile in loro, forse le espressioni birichine o le lentiggini, non riusciva a capirlo. Quello che capiva bene era quanto i loro corpi fossero desiderabili. Erano alti entrambi più di un metro e ottanta, con spalle larghe e bicipiti imponenti, tanto che non era riuscita a stringere quelli di Fred con entrambe le mani quando ci aveva provato. Avevano i pettorali in rilievo e gli addominali che facevano capolino dall'addome. Una striscia di peli rossi scendeva dall'ombelico fin sotto l'elastico del costume, attirando lo sguardo di Hermione. Si domandò che aspetto avrebbero avuto con le labbra gonfie di baci e i capelli arruffati da mani voraci, con le pupille dilatate e le narici frementi di desiderio.

“Hermione...” il ringhio basso di Fred la fece fremere. Aveva pronunciato il suo nome con voce tremante, bassa, un suono che non gli aveva mai sentito emettere. Lui si era avvicinato, lasciando il pontile dove era stato un attimo prima. Ora era carponi davanti a lei.

“Ch...che c'è?” Squittì lei, ritraendosi dalla portata delle sue mani. Non poteva averla sentita!

“Sei spacciata!” Esclamò lui, facendola sobbalzare. Fu velocissimo. Un minuto aveva il sedere appoggiato per terra, quello dopo era a testa in giù sulla spalla di Fred, che la teneva ferma e camminava verso il lago. Strillò e scalciò, ma non poteva sfuggire a quella presa. Ad ogni passo rimbalzava come un sacco di patate ad un millimetro dal suo fondoschiena. Si concentrò al massimo per impedirgli di vedere i suoi pensieri. Lasciarlo entrare in quel momento sarebbe stata una tragedia. Poteva già visualizzare le prese in giro. Concentrata com'era non si accorse che lui si era tuffato in acqua finché non ci finì dentro. L'impatto le tolse il respiro per la sorpresa. Riemerse sputacchiando, coi vestiti attaccati alla pelle e i capelli scuriti dall'acqua. I gemelli ridevano ad un millimetro da lei. Doveva sembrare ridicola.

“Adesso me la pagate!” Urlò, scagliandosi contro di loro e dando il via a una guerra di gavettoni. Si schizzarono, fecero i tuffi più assurdi dal pontile e un paio di volte i ragazzi la lanciarono in aria facendola salire sulle loro spalle. Non ricordava di essersi mai divertita tanto. Voleva bene a Harry e Ron, ma doveva ammettere che non erano così spassosi.

“Tuffo a bomba!!!” Urlò George, prima di travolgerli con un'onda anomala.

“Come fa a non staccarsi l'orecchio?” Gli chiese Hermione, nuotando fino a lui.

“C'è un incantesimo sopra, ovviamente. La domanda giusta è come fai a sapere che sono George anche senza toccarmi” le fece notare. Hermione rimase interdetta. Non aveva fatto caso a quel dettaglio.

“Non lo so, credo che sia istintivo” scrollò le spalle. George non parve soddisfatto.

“Facciamo un gioco: riconosci il gemello” propose. Le fecero chiudere gli occhi mentre si scambiavano i posti un paio di volte. Quando lei li riaprì erano immobili e inespressivi. Nessuno dei due la guardò mentre li scrutava.

“Tu sei Fred e tu George” dichiarò un attimo dopo, puntando il dito. Le loro espressioni di stupore le dissero chiaramente che aveva indovinato.

“Ancora” fecero quel gioco un paio di volte e lei non sbagliò mai. Non sapeva come facesse. L'istinto le diceva chi era chi guardandoli. Si girarono di spalle persino e lo fecero anche a occhi chiusi. Hermione non sbagliava un colpo.

“L'hai sempre fatto o è un'abilità nuova?” Le chiese Fred una volta che si furono sdraiati al sole. Lei si era asciugata i vestiti bagnati con un incantesimo e anche i capelli, mentre loro erano rimasti bagnati, con sommo piacere di Hermione.

“Non lo so, prima non mi interessava distinguervi” rifletté.

“Ora si?”

“Non pensare male. Mi piacete molto entrambi, ma siete due persone diverse...”

“Ti piacciamo molto entrambi?!” Esclamarono in coro.

“Andiamo avete capito che intendo” sbuffò impaziente, rannicchiandosi su se stessa. La stavano guardando in un modo che non le piaceva affatto.

“Oh sì, abbiamo capito benissimo” il sarcasmo nella voce di George era palpabile. Lanciò un'occhiata maliziosa al gemello e fece un sorrisone. Un campanello d'allarme suonò nella mente di lei.

“Pensavamo che tu fossi una ragazzina innocente e invece ci sbagliavamo di grosso” rincarò Fred, con lo sguardo di chi abbia trovato una preda succulenta e non voglia farsela scappare. Allarmata, Hermione strisciò un po' all'indietro.

“Non è come pensate...” non riusciva a credere che avessero letto quei pensieri imbarazzanti. Doveva essere stato colpa dell'impatto con l'acqua. L'aveva così sorpresa che le barriere erano cadute per un attimo.

“No, infatti è come pensi tu” ridacchiò George.

“O meglio, quello che provi tu” corresse Fred, allungando una mano verso il suo piede. Hermione scattò in piedi prima che lui avesse il tempo di toccarla.

“Che state facendo?!” Esclamò, tremante. Il cuore le batteva forte in petto come le ali di un colibrì.

“Ti prendiamo in giro, Granger” la tranquillizzò Fred.

“Non è affatto divertente” però si era calmata e lo lasciò avvicinare. Sembrava un animale preso in trappola tra due predatori. Si vedeva che non le piaceva essere in minoranza. Di quelle cose lei non sapeva niente, mentre loro erano esperti, cosa che non accadeva di frequente. Hermione era quella che aveva tutto sotto controllo, che sapeva tutto ed era pronta a spiegarlo agli altri. In quel momento però era come una bambina di dieci anni.

“Voglio solo toccarti, non ti faccio niente” sussurrò. La sua mano era bollente quando le sfiorò la guancia. Fu un tocco così delicato che pensò di esserselo immaginato, ma poi le sue dita si posarono dove prima avevano sfiorato. Non disse niente, ma i pensieri che aveva percepito da lei fluirono come la marea. Sentì la mano di George sulla caviglia e una scossa elettrica che non aveva mai provato prima la percorse da capo a piedi. Era piacevole, ma intensa. Sgranò gli occhi, col cuore a mille e il fiato corto.

“Che cosa è stato?” Domandò, non riconoscendo la sua voce. Anche i ragazzi avevano la sua espressione stupita dipinta in volto. L'avevano lasciata.

“Credo...” Fred non finì la frase, guardando il fratello che scuoteva la testa.

“Che cosa? Smettetela di tenermi nascoste le cose!” Sbottò, iniziando a infuriarsi. Sapeva che loro avevano un legame molto più speciale di quello che condividevano con lei, ma si risentiva sempre quando la escludevano. Non era razionale e neanche logico, ma sentirsi tagliare fuori non era piacevole.

“Diglielo, se proprio ci tiene” George si rotolò sulla schiena, incrociando le braccia dietro la testa, fingendo indifferenza.

“Crediamo che la scossa si senta se siamo eccitati” spiegò lui, guardandola direttamente negli occhi. Hermione inorridì, facendo un passo indietro.

“E...eccitati? Voi siete...?” Le morì la voce e dovette trattenersi dall'abbassare lo sguardo.

“Noi siamo ragazzi lo siamo sempre, il punto è che lo sei tu, per questo è stata molto più forte del solito” la sua voce era indifferente, come se fosse una cosa normale. Hermione pensò che la faccia non potesse andarle a fuoco più di così. Un milione di pensieri le affollarono la mente contemporaneamente. Lo era? Non poteva mentire a se stessa. Quando loro si erano avvicinati con quegli sguardi si era sentita fremere in un misto di timore e aspettativa.

“Hermione è normale sentirsi così. Sei giovane e in salute, sei viva e noi siamo molto appetitosi. Non è una tragedia. Non ti faremmo mai niente contro la tua volontà” specificò Fred. Per un attimo si sentì rassicurata da quelle parole, poi ci pensò meglio.

“Contro la mia volontà?” Chiese, confusa. A quel punto George si alzò, prendendo parte alla discussione.

“C'è anche bisogno di chiedere? Granger noi siamo gentiluomini, non tocchiamo nessuno che non voglia essere toccato” specificò, con una punta di divertimento nel tono altrimenti misurato.

“Nessuno ha mai neanche pensato il contrario” sbottò lei piccata.

“Allora vieni” la incoraggiò Fred, porgendole una mano. Per un attimo di pura follia, pensò che fosse un invito a cose più oscure, a baci e carezze a una passione bruciante che incendiava la carne di desiderio. Quando però prese quella mano capì che le intenzioni dei ragazzi non si avvicinavano neanche lontanamente a quei pensieri maliziosi. Volevano solo che si sentisse tranquilla e rilassata. Una punta di delusione le confermò di essere fuori di testa. Che le succedeva? Dov'era il suo autocontrollo?

“A volte dovresti lasciarti andare” le sussurrò Fred.

“Merda, smettila” sfilò la mano dalla sua. Le girava la testa. Non riusciva a riprendere il controllo abbastanza da tenerlo fuori dalla sua testa.

“Scusa, ma sei tu che continui a pensarci e io non sono di pietra. Pensare queste cose getta solo benzina sul fuoco” borbottò contrariato, senza però cercare un altro contatto.

“Allora vestiti!” Sbottò, perdendo la pazienza. Gli sguardi dei gemelli non placarono la sua ira.

“Continui a dire che non sei di pietra, ma neanche io lo sono! Se non ve ne foste accorti sono una donna e voi passate il tempo mezzi nudi davanti a me. È difficile non pensarci. Soprattutto per colpa tua” si voltò verso George, fulminandolo.

“Perché che ho fatto?” Domandò confuso.

“Sei andato a letto con Angelina e lui ti sentiva e io dormivo con lui!” Esclamò esasperata, confessando definitivamente tutto. Gettando la cautela e la privacy alle ortiche. I gemelli ammutolirono.

“Perché sento di dovermi scusare?” La domanda di George li fece ridacchiare. Di comune accordo o forse inconsciamente, decisero di lasciar cadere l'argomento. Hermione ne fu felice. L'imbarazzo era stato così forte che aveva rischiato di darsela a gambe. Non voleva parlare di cose così intime con loro due, anche se non poteva negare che quella scossa elettrica l'aveva incuriosita. Se le supposizioni dei gemelli erano corrette si manifestava in momenti di eccitazione. Cosa sarebbe accaduto, se non avessero smesso di toccarsi? Aveva troppe cose su cui riflettere. Troppe domande senza risposta, alcune così pericolose da farle temere una risposta. Ci si sarebbe potuto riempire un libro con le cose che non sapevano sul loro legame. Anche nel sonno lei aveva percepito, seppur con una parte del suo cervello, George che si dava da fare in camera sua con Angelina, perciò le sue sensazioni erano solo state vaghe. Cosa sarebbe accaduto se fosse stata cosciente? Immaginava solo le implicazioni che quella domanda comportava. I ragazzi la lasciarono stare per tutto il giorno, ridendo e scherzando come se quel momento così intimo fosse stato dimenticato. La Signora Weasley aveva preparato loro panini imbottiti e succo di zucca per pranzo, più una generosa fetta di torta al limone a testa. Fu una delle giornate più piacevoli che ricordasse da molto tempo. Fecero una partita di Spara Schiocca e persino alcuni giochi babbani che Hermione gli insegnò. Fu solo verso sera che la malinconia l'avvolse. Pensò a quanto la sua vita fosse cambiata in quelle settimane, alla pura gioia che aveva provato nel non avere incubi per una notte, per la lettera del ministero che diceva che sarebbero andati a cercare i suoi genitori e quella successiva in cui comunicavano che avevano un appuntamento per presentare i loro Scaccia Intrusi. Ci aveva messo molta passione e impegno, dedicando loro ore lunghissime e ricerche ancora più lunghe. Gli incantesimi erano complicati e molteplici, ma avevano dato i loro frutti. Sperava che il ministero avrebbe capito la portata di quell'invenzione. Probabilmente quello sarebbe stato il suo ultimo contributo al negozio dei gemelli. Mancava un mese alla sua partenza per Hogwarts e da quel momento si sarebbe concentrata sulla scuola, sulla sua carriera. Non avrebbe avuto tempo per le invenzioni. Una parte di lei non voleva lasciare che quell'estate finisse. Voleva rimanere alla Tana coi suoi amici, fare pace con Ron e mettere da parte ogni rancore, passare del tempo con Fred e George, ridere con Ginny, godersi l'affetto di una mamma. Le mancavano i suoi, anche se era abituata a lunghi periodi distanti. Sperava che stessero bene e che l'avrebbero perdonata. Quanto ci avrebbero messo gli Auror a trovarli in Australia?

“Vedo le tue rotelle girare” le disse Ginny quando furono tornati a casa. Erano insieme nella stanza di lei che condividevano. Quando era arrivata le era stato chiaro che la ragazza avesse grosse novità, eppure non era riuscita a concentrarsi abbastanza per ascoltare.

“Scusa è stata una giornata molto lunga. Raccontami tutto” la esortò, scacciando ogni pensiero che non fosse l'amica dalla mente.

“Io e Harry l'abbiamo fatto!” Hermione incredula saltò in piedi e abbracciò l'amica di slancio.

“Quando? Come? Perché?” Domandò a raffica, facendola ridere. Ginny le raccontò che era un po' che ci pensavano, che avevano già sperimentato altre cose. Da quando la guerra era finita non si erano lasciati un solo momento, e la passione aveva preso il sopravvento.

“Capisci, dopo aver provato le altre cose, c'era la curiosità di spingersi oltre. L'altra sera avevamo bevuto un po' e non siamo riusciti più a trattenerci” raccontò sognante.

“Com'è stato?” Domandò. Ginny storse il naso.

“Poteva andare meglio. Nessuno dei due sapeva esattamente cosa fare” sembrava imbarazzata.

“Hai sentito dolore?” Indagò. Voleva sapere tutto.

“Sì, un po', ma ecco penso che sia stato più che altro per il nervosismo e perché nessuno dei due era esperto. Andrà meglio la prossima volta, ne sono sicura” affermò, ripensandoci.

“Quindi non ne vale la pena” concluse la riccia delusa.

“Ma che dici?! Certo che sì. Fa un po' male e non è che sia venuta in quel modo, ma è la sensazione più bella del mondo. Io e Harry ci amiamo ed è stato come se fossimo una sola persona. Le altre cose sono piacevoli e mi piacciono molto, ma non è lo stesso” Ginevra sembrava d'un tratto molto più grande di lei. Aveva fatto un discorso profondo senza neanche rendersene conto.

“Per altre cose cosa intendi di preciso?”

“Hermione tu non hai mai fatto niente, niente?!” Esclamò quella, sconvolta.

“Uhm, no. Io e Viktor ci siamo solo baciati moltissimo e con Ron è stato un bacetto” spiegò imbarazzata dalla sua mancanza di esperienza.

“Sì questo lo sapevo, ma credevo che...” non terminò la frase, ma non ce n'era bisogno.

“Noi non facciamo niente” asserì.

“Ma se hai detto che stanotte vai a dormire con Fred” la contraddisse.

“Solo per quella cosa degli incubi” precisò.

“Ascoltami bene, potrai ingannare Hary e Ron, persino mia madre e anche quei due dementi di Fred e George, ma io sono la tua migliore amica e ti conosco bene. Ti stai convincendo che non è niente, che è solo per gli incubi, ma intanto hai messo sul letto la vestaglia e non il pigiama che porti sempre, quindi non prendermi in giro” l'avvertì, in perfetto stile Signora Weasley. Doveva ammettere che i suoi figli avevano tutti preso un cipiglio degno di lei.

“L'ho messo a lavare! Ginny...”

“Fa silenzio! Chi se ne frega di quello che pensano tutti, di quello che prova Ron o del fatto che hai programmato la tua vita nei minimi dettagli. Qui si parla di qualcosa di straordinario, si parla di un legame immenso. Olivander ti ha detto che se non avessi tenuto a lui anche prima la tua bacchetta non si sarebbe mossa. Lui ti piace, ti è sempre piaciuto, perché non fare qualcosa?” La esortò. Hermione non seppe ribattere.

 

 

Trascorse la serata come intontita, con le parole di Ginny che le rimbombavano in testa. Era vero che aveva sempre provato dei sentimenti per Fred? Era vero che si stava facendo delle paranoie solo perché aveva paura del giudizio altrui? Era abbastanza ovvia l'attrazione fisica che provava, ma se ci fosse di più non sapeva dirlo. Rispose alle domande e conversò amabilmente con tutti, ma si sentiva distaccata. Il suo cervello correva, come aveva fatto tutto il giorno. Era stanca di pensare, stanca di analizzare tutto, eppure non smetteva di farlo. Prima di addormentarsi sul divano con Fred non aveva mai dormito con un ragazzo, ma non era molto lucida quindi poteva anche non contare. Quella notte comunque avrebbe ripetuto l'esperienza, anche se si diceva che era per gli incubi, non le era dispiaciuto il calore di lui, il suo profumo di pioggia estiva.

“Che ti prende?” La voce di George la riscosse dalla sua trance. Era evidentemente preoccupato, forse perché aveva tentato di attirare la sua attenzione già da un po'.

“Niente, stavo pensando a cose di scuola” mentì. Capì subito che lui non le aveva creduto, ma lasciò perdere, per non attirare l'attenzione di tutti gli altri. Già George. L'altra metà di Fred, un pezzo della loro connessione. Testardo, allegro, coraggioso e impertinente. Quando quel pomeriggio avevano alluso alla possibilità di spingersi oltre, Fred aveva parlato al plurale, come se avesse incluso il fratello nell'offerta. Significava che era solo un gioco per loro? Qualcuna con cui divertirsi e poi passare oltre? Magari solo per il piacere di sperimentare un altro limite del legame. Tutti quei pensieri la confondevano, rendendola titubante e spaventata. Ossessionata da risposte che non avrebbe trovato sfuggendo le sue paure. Le ore le scivolarono via dalle mani, finché la casa non fu silenziosa e seppe che doveva prendere una decisione. Lei era Hermione Granger e questo aveva un significato. Non sarebbe potuta scappare. Piroettando su se stessa con la borsa per la notte stretta al petto, si smaterializzò.

 

 

Note: Salve a tutti ragazzi! Questo capitolo è un pò di mezzo, nel senso che non succede niente di particolare, ma vi fa capire quanto il rapporto coi gemelli sia cambiato e quanto anche Hermione stia cambiando. Rispetto ai primi capitoli è tutto meno cupo, perchè la presenza dei gemelli nella sua vita la sta aiutando a superare i traumi della guerra. Vi volevo inoltre avvertire che questa settimana uscirà solo il capitolo di mercoledì, perchè venerdì parto per andare qualche giorno al mare e non avrò il pc dietro. Quindi ci rivedremo direttamente il mercoledì seguente, sempre che non vada in Trentino....se ciò dovesse accadere vi metterò un capitolo martedì o lunedì sera. Spero che la storia vi stia piacendo! Commentate per farmelo sapere. Un bacio a tutti! Buone vacanze!

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Capitolo 8
*** Gelosia ***


Fred non era ancora arrivato, cosa che la lasciò interdetta. Aveva ingenuamente creduto che lui sarebbe stato lì ad accoglierla. Una piccola morsa di delusione le fece contrarre lo stomaco, ma non aveva importanza. Le piaceva la casa dei gemelli. Anche se non era grande o arredata in stile moderno, la loro personalità si scorgeva in ogni dove. Soprattutto perché sembrava che avessero mantenuto un certo attaccamento alla casa di Grifondoro. Dietro la porta d'ingresso c'era un grosso arazzo raffigurante il leone rampante dorato. Alcune foto dei gemelli a Hogwarts erano appese alle pareti. La squadra di Quidditch che aveva vinto il campionato, loro con le mazze da battitori e Lee nel mezzo tutto felice, una foto con Angelina, Katie, Alicia e Lee la sera del Ballo del Ceppo, il giorno in cui avevano aperto il negozio. Alcune erano posate su un mobiletto basso dall'aria antica, probabilmente messo lì per far contenta la madre. Sopra vi erano una foto di tutta la famiglia Weasley al completo quando erano stati in Egitto, una dell'ES e una dell'Ordine della Fenice. Tutti ricordi dolce amari. Tutte le foto erano magiche, così che lei poté osservare i sorrisi felici dei suoi amici, anche quelli che non c'erano più. Una morsa di tristezza le afferrò lo stomaco guardando Lupin e Tonks che si scambiavano sguardi innamorati. Era stata una perdita devastante. Harry aveva pianto per giorni sul corpo dell'ultimo amico di suo padre. Se ci ripensava si sentiva svenire. Era stato solo per miracolo che aveva impedito alla famiglia Weasley di affrontare un lutto peggiore. Si sarebbero mai ripresi dalla morte di Fred? Era sicura che George non l'avrebbe fatto e neanche i Signori Weasley. Sopravvivere a un figlio era qualcosa di impensabile. Non lo avrebbe augurato al suo peggior nemico.

“Granger che fai ficchi il naso?” La voce di lui la fece sobbalzare. Era così immersa nei suoi pensieri che non si era accorta della sua presenza. Sembrava arrabbiato, notò. I capelli gli stavano sparati in ogni direzione, facendole pensare che vi avesse passato la mano in mezzo freneticamente, con quel nervosismo incontrollabile che ogni tanto lo prendeva. I suoi occhi inoltre erano sfuggenti. Passavano in rassegna la stanza, ma non si fermavano su di lei o sul suo volto. Era forse colpa sua?

“Tutto bene?” Chiese osservandolo andare in cucina a recuperare due burrobirre.

“Come? Ah sì, tutto bene” fece lui stappandole. Non andava tutto bene, lo poteva vedere chiaramente e non le serviva leggergli dentro per arrivare a quella conclusione.

“Fai come le donne?” Sbottò. Fu solo in quel momento che lui alzò gli occhi. Le tese la sua burrobirra e fece un mezzo risolino assai poco convincente.

“No, è solo che non mi va di parlarne” sbuffò.

“Allora non parlare e fammi vedere” propose. Le piaceva molto quella loro alternativa. Solitamente facilitava la comunicazione. Spesso con le parole o i toni si potevano fraintendere le intenzioni altrui, ma così era impossibile.

“Scordatelo. Scatenerebbe una discussione infinita e non ho proprio la forza di affrontarla” le fece notare con un mezzo ghigno, mentre si sedeva in poltrona.

“Come ti pare. Volevo solo aiutarti” bofonchiò accomodandosi sul divano.

“Lo so ma diventi molto polemica a volte e abbiamo entrambi bisogno di dormire. È stata una lunga giornata” non aveva tutti i torti. Hermione si sentiva come se non chiudesse occhio da almeno un anno intero. Probabilmente era proprio così. La profonda dormita della notte precedente l'aveva sostenuta solo fino ad un certo punto e le emozioni della giornata in riva al lago erano state forti. Bevvero in silenzio. Fred sembrava perso in un altro mondo, dimentico della ragazza che gli stava davanti. La sua espressione assorta, con lo sguardo perso nel vuoto, le labbra appena dischiuse e la fronte lievemente corrucciata, facevano pensare che fosse successo qualcosa di grosso. Ma cosa? Non poteva essere stata via più di dieci minuti e prima, che sapesse o che avesse notato, non c'erano stati avvenimenti degni di nota. Quindi le restava solo l'opzione di una litigata con un membro della famiglia. Ron? La Signora Weasley? Harry? Dubitava che qualcuno di loro avesse il potere di turbare Fred in alcun modo. Lo aveva già visto discutere con il fratello minore o con la madre e il suo atteggiamento noncurante non era mai stato intaccato dalle loro opinioni o accuse. Era facile quindi dedurre ciò che lo aveva turbato. Per qualche motivo c'era stato un alterco con George. Il gemello era l'unico col potere di far immusonire così Fred, spingendolo a riflettere e a chiudersi in se stesso. Da che ricordava c'era mai stato un litigio tra i due? Non lo sapeva. Negli anni passati ad Hogwarts non le era mai parso che si trovassero in disaccordo su niente e da un certo punto di vista, Fred era il capo del duo. Nessuno aveva mai accennato alla cosa, ma lei, istintivamente lo sapeva. Era lui che decideva le cose, lui che dava il via agli scherzi. Allora perché litigare con George?

“Che ti ha detto?” Domandò interrompendo i suoi pensieri. Fred sussultò sulla poltrona, quasi lasciando cadere la bottiglia di burrobirra che non aveva ancora toccato.

“Chi?”

“George. Cosa ti ha detto per indurti a un comportamento così strano?” Insistette anche se lui aveva detto di non volerne parlare.

“Come sai che è stato lui?” Assottigliò gli occhi, come a cercare di capire un ragionamento molto complesso.

“Andiamo ti conosco. Il solo col potere di sconvolgerti tanto e toglierti il sorriso è lui. Inoltre io sono andata via dieci minuti prima di te, ed eri nella tua stanza per non destare sospetti” gli spiegò. Fred non la lodò per quel ragionamento deduttivo, non si azzardò neanche a mostrare sorpresa. Sbuffò e diede un sorso della sua bevanda, distogliendo lo sguardo e non aggiunse altro.

“Ti ho fatto una domanda” sbottò, irritata da quell'atteggiamento. Non le piaceva affatto quella versione di lui.

“A cui ho già detto che non voglio rispondere” chiarì, scrutandola minaccioso. Non aveva paura di Fred, anche se faceva il duro.

“Per discutere con George dev'essere qualcosa di importante. Riguarda il negozio?” Sapeva di star irritando il ragazzo con la sua curiosità, ma non poteva lasciar perdere. Una parte di lei, troppo curiosa, voleva delle risposte.

“No. Hermione basta, finirà in un litigio” sospirò cambiando atteggiamento e passandosi una mano tra i capelli già spettinati.

“Perché?”

“Se non te lo dico mi assillerai finché non litigheremo percéè non voglio aprirmi. Se te lo dico litigheremo comunque per quello che ti dirò” allargò una mano dalle dita lunghe e affusolate. Le piacevano quelle mani, erano forti ma delicate e davano l'impressione di poterti fare molto male ma anche molto bene.

“Quindi è qualcosa che riguarda me, te e George. Qualcosa che lui ha detto che ti ha fatto infuriare ma non pensi che abbia del tutto torto e se me lo dicessi, io probabilmente mi arrabbierei con lui e tu ti schiereresti dalla sua parte” rifletté, posando la bottiglia sul tavolino basso davanti ai suoi piedi. Questa volta l'espressione sorpresa di Fred la fece fremere di soddisfazione. Ci aveva preso in pieno.

“Non sei proprio capace di lasciar perdere, vero?” Esclamò esasperato.

“Temo di no” replicò, senza interrompere il contatto visivo. Voleva convincerlo a parlare con la forza della mente. Purtroppo non aveva mai imparato la Legilimanzia, anche se le sarebbe piaciuto.

“Allora facciamo un accordo: un segreto per un segreto” cambiò strategia lui. Quando lei non rispose, allibita, il suo sorriso diabolico la fece infuriare.

“Che segreto?” Si costrinse a sputare fuori. Fred si avvicinò e questa volta seppe di essere nei guai. C'erano troppi segreti che aveva spinto in fondo alla sua anima, troppe cose che lui avrebbe potuto chiederle.

“Cos'è veramente successo la notte della Battaglia di Hogwarts?” Domandò. Sapeva che sarebbe stata quella la sua domanda. Lui non aveva mai rinunciato a sapere. Aveva solo finto.

“Non lo so, ti ho già detto che non so niente” ripeté, sperando di avere abbastanza faccia tosta.

“Allora dimmelo toccandomi e con gli scudi abbassati” la sfidò. Hermione inorridì. Se l'avesse fatto, lui avrebbe scoperto tutto. Non era certa del motivo per cui non volesse farglielo sapere. Probabilmente perché aveva paura della sua reazione. Anche una positiva sarebbe stata troppo.

“No” la sua voce secca e perentoria lo fece sorridere ancor di più.

“Ecco fatto, vedi? Ognuno ha i suoi segreti ed è meglio che rimangano tali” Hermione rimase spiazzata. Lui aveva fatto quella domanda appositamente per farla desistere. Che si tenesse pure i suoi segreti! Dannato stronzo. Andò diretta alla sua borsa e fece per afferrarla. Non le sembrava il caso di passare la notte in un letto con lui con la rabbia che le incendiava le vene.

“Dove vai?” La sua voce rimbombò per la stanza, bloccandola.

“A casa” fu la sua risposta secca.

“Non vuoi più capire se il nostro legame scaccia gli incubi?” Hermione non si voltò, ma lasciò cadere la borsa al suolo. Era troppo importante per lei.

“Certo che voglio, ma vorrei anche prenderti a schiaffi” ringhiò voltandosi. Fred era in piedi in mezzo alla stanza e ghignava divertito.

“Credo che siano le emozioni più spesso associate a me” commentò scrollando le spalle ampie.

“A giusta ragione, direi” bofonchiò lei a bassa voce. Lui la sentì e il suo ghigno si allargò ancora.

“Su non farti scoraggiare da una piccola lite. Andiamo a letto” allungò una mano e le ammiccò. Hermione, nonostante stesse pensando di soffocarlo nel sonno, non esitò e l'afferrò. Come sempre era calda e rassicurante nella sua. Lasciò che lui la trascinasse oltre la porta rossa. Non era mai entrata lì e neanche si era fatta delle idee su come dovesse essere, ma non si aspettava quello che trovò. La camera di Fred aveva un enorme letto matrimoniale appoggiato alla parete di fronte alla porta, col copriletto rosso rubino e i cuscini in tinta. Sopra vi era una coperta nera con boccini d'oro ricamati, accuratamente ripiegata ai piedi del letto. La testiera era di legno chiaro e formava una specie di mensola su cui sopra erano posati alcuni oggetti. Una sveglia dall'aria babbana, una foto di lui e George da bambini senza i denti davanti, un libro rilegato in pelle scura e uno spioscopio immobile. L'armadio enorme era tappezzato con poster di squadre di Quidditch e l'autografo di Krum era incorniciato lì accanto. Attaccato alla porta c'era un giubbotto di pelle di drago, una sciarpa di Grifondoro e un cappello nero con la visiera. L'arredamento era completato da una grossa scrivania ingombra di fogli di carta, libri e schedari e una libreria che occupava da sola quasi una parete. Incredula la ragazza vi si avvicinò. C'erano un sacco di volumi di incantesimi, fatture, alcuni di trasfigurazione, qualcuno di pozioni, i vecchi libri che avevano usato a scuola e alcuni quadernetti con le rilegature di pelle colorate ordinate per anno.

“Sono diari quelli?” Domandò stupita.

“Molto spiritosa. Sono taccuini delle idee. Ci scrivo sopra ogni idiozia che mi viene in mente per il negozio da praticamente quando ho imparato a scrivere” le spiegò, arrossendo lievemente.

“Non mi aspettavo tutti questi libri”

“Noi impariamo solo le cose che ci servono veramente, ma non significa che siamo due stupidi ignoranti” si era messo automaticamente sulla difensiva, nonostante Hermione non intendesse offenderlo.

“So meglio di chiunque altro quanto siete intelligenti, smettila di trattarmi come se fossi un'estranea” si risentì lei incrociando le braccia sul petto.

“Scusa, non era mia intenzione. Dannazione. Vieni qui e ricominciamo da capo” le fece segno di avvicinarsi e spalancò le braccia per accoglierla in mezzo. Sentì che c'era qualcosa che lui voleva dirle, qualcosa che riguardava il suo stato d'animo, ma non aveva il coraggio di affrontare la conversazione. Sembrava troppo stanco per tutto. Sentì anche il dispiacere per essersi comportato da completo stronzo con lei che non c'entrava niente. Non era stata colpa sua il litigio con George. Appena lui pensò quello, lei spinse. Non fu una cosa consapevole, ma afferrò quel pensiero e premette per entrare. Fred non se lo era aspettato e la sua sorpresa fu il solo motivo per cui riuscì a captare qualcosa. Fu solo un vago sentimento, ma era certa che si trattasse di gelosia. Era George quello geloso o Fred? Lui si era ripreso troppo in fretta e aveva richiuso le porte.

“Non farlo...” l'avvertì, senza però lasciarla andare. Hermione sospirò affondando la testa nel suo petto e respirando il suo odore di temporale estivo.

“Hai un profumo incredibile” si lasciò sfuggire, anche se lui poteva cogliere quei pensieri superficiali. Lo sentì ridacchiare e il suono rimbombò nel suo petto.

“Anche il tuo non è male” commentò annusando avidamente i suoi capelli. Fred la lasciò andare e afferrò una maglia e dei pantaloncini da sotto il cuscino, le disse di approfittare del bagno per cambiarsi. Sapeva che averla lì tutta la notte non sarebbe stato semplice, ma la sua insistenza complicava le cose. Oltre che leggergli dentro era diventata un'acuta osservatrice delle sue espressioni facciali. Proprio quello che ci voleva. Poco prima di smaterializzarsi aveva avuto una brutta discussione con George, come forse non era mai capitato prima. Si erano accusati a vicenda di cose stupide e i toni si erano scaldati. Odiava litigare col fratello, perché automaticamente entrambi finivano per chiudersi a riccio e ogni contatto veniva annullato. La solitudine non era una bella cosa. Nonostante tutto non poteva parlarne con Hermione. La discussione riguardava lei e lasciarsi sfuggire qualcosa poteva significare solo disastro assicurato. George non lo avrebbe perdonato. Sperò ardentemente di non lasciarsi sfuggire qualcosa durante la notte o che lei continuasse a insistere. Entrambe le prospettive erano probabili. Quando lei bussò timidamente e le urlò di entrare, per poco non ci rimase secco. Indossava una corta camicia da notte, che le arrivava a metà coscia. Era di un tessuto azzurro quasi liquido che la fasciava in zona seno e fianchi, mettendoli in risalto. Lo scollo era piuttosto audace e ornato di un lieve pizzo bianco. Due spalline sottilissime completavano il tutto. Allibito deglutì un paio di volte a vuoto, senza riuscire a proferir parola.

“Che ti sei messa addosso?” La voce gli venne fuori un po' troppo acuta e tentò di schiarirsela.

“Ho messo a lavare il pigiama e avevo solo questa pulita” si giustificò arrossendo. Si rendeva conto di quanto fosse indecente quella roba?

“Granger, mettiti questa addosso o io...” le lanciò una sua maglietta presa dall'armadio e frugò in cerca di un paio di pantaloni. Lei sembrò quasi mortificata ma non fece obiezioni. Sparì in bagno e passarono diversi minuti prima che avesse il coraggio di farsi rivedere. Non era stata sua intenzione esagerare ma sperava che lui avrebbe almeno apprezzato. Invece le aveva lanciato dei nuovi vestiti sforzandosi di non guardarla. Era così poco desiderabile ai suoi occhi? Non che volesse che lui le saltasse addosso o roba del genere, ma si era aspettata qualcosa. Una reazione almeno. Invece Fred quella sera sembrava di umore così nero, che non riuscivano neanche ad avere una conversazione civile. Le dispiaceva che avesse litigato con George, non voleva che ci fossero tensioni tra loro. Inoltre quell'unico barlume di emozione che aveva colto toccandolo l'assillava. Gelosia. Un sentimento così strano proveniente da uno di loro due. Perché Fred avrebbe dovuto provarla, o George? Quando tornò in stanza Fred aggrottò la fronte guardandola. La sua maglietta le arrivava a metà coscia e ci sguazzava dentro, mentre i pantaloncini benché lunghi potevano andare.

“Preferisci il lato destro o sinistro?” Le domandò, voltandosi verso il letto.

“Sinistro, se non ti dispiace” erano così formali.

“Tutto tuo” le fece segno, ma Hermione non si sdraiò. Lo raggiunse e si mise a gambe incrociate sul copriletto. Lui si bloccò, notando l'espressione decisa di lei.

“Cosa c'è?” Sospirò, rassegnato all'ennesima discussione.

“Un segreto per un segreto, ma chiedi qualsiasi altra cosa a parte quella” propose. Era un'offerta generosa. C'erano molte domande che voleva porle, molte cose stupide più che altro per vanità personale. Alcune di quelle avrebbe potuto porle senza troppi problemi, se solo avesse avuto tempo e voglia di discutere con lei. Ma qui si parlava di una domanda a cui avrebbe dovuto rispondere senza lamentarsi, senza urlare o sbattere porte. Non a proposito della Battaglia di Hogwarts. Cosa voleva sapere?

“Non c'è niente che non potrei sapere con un po' di persuasione” le fece notare, sperando di trattare.

“Potrei essere disposta a condividere una parte della storia, ma senza che mi tocchi” esalò lei, incerta. Voleva proprio sapere di cosa avevano discusso lui e George! Poteva barattare quel segreto per una parte di verità? Era una decisione non sua.

“Non posso, non è un mio segreto, Hermione” le disse scuotendo la testa. Lei parve sorpresa ma i suoi occhi assunsero quell'espressione assorta che aveva sempre quando il suo cervello galoppava in cerca di risposte. Solitamente tutto quello che ne seguiva era una sorta di verità alla lontana. Indovinava la maggior parte delle cose e per qualche motivo sembrava che averle detto del segreto di George l'avesse messa in modalità studiosa.

“Merda! Sono proprio stupida!” Esclamò ad un tratto, con gli occhi sgranati. Si morse un labbro e assunse un'aria mortificata. Prima che potesse chiederle che stava blaterando, lei era scesa dal letto, aveva piroettato sul posto ed era scomparsa. Incredulo e preoccupato guardò il punto in cui era sparita, sentendosi un completo demente.

 

Hermione si smaterializzò esattamente sul letto di Fred nella camera che i gemelli condividevano alla Tana. Non era stata sua intenzione darle un indizio e sperava che George non si sarebbe arrabbiato troppo. Aveva agito d'impulso e d'un tratto si chiese se non avrebbe fatto meglio ad avvertire. Poteva essere in compagnia. Invece l'altro gemello se ne stava a letto, senza la maglia del pigiama, da quello che poteva vedere e con la bacchetta puntata contro di lei.

“Granger! Volevi finire schiantata?” Sibilò passandosi una mano tra i capelli.

“Scusa...io...ho agito prima di pensare” si giustificò.

“Che è successo? Fred sta bene?” Domandò scendendo dal letto. Per fortuna aveva i boxer addosso. Non che migliorasse l'imbarazzo di lei.

“Sì è che...” ora che si era precipitata lì cosa sperava di ottenere? Come poteva spiegargli senza che si arrabbiasse.

“Granger, mi sto arrabbiando” l'avvertì.

“Sei geloso di me e Fred?” Domandò sperando di non beccarsi una fattura. La faccia di George sbiancò. Per un attimo lo vide lottare con la voglia di mentire, di ingiuriarla persino di cacciarla a calci di casa. Riacquistò l'autocontrollo a fatica, stringendo i denti.

“Te l'ha detto lui?” Chiese sputando le parole come se fossero incastrate nella sua gola.

“Non proprio. Vieni ti faccio vedere” tese la mano, ma George la fissò come se fosse un serpente velenoso.

“Usa quella tua bella boccuccia” suggerì, sempre più simile a se stesso. Gli spiegò allora brevemente com'erano andate le cose, completando i punti oscuri con le sue deduzioni. Non era stato molto difficile. Mentre parlava lo vedeva calmarsi. A fatica, respirando profondamente, ricacciò ogni istinto di ucciderla in fondo al cuore. Quella mocciosa era troppo intelligente. Persino per il suo bene.

“Mi dispiace se ti è sembrato che volessimo escluderti, non è così” lo rassicurò alla fine.

“Non sono un bambino, non hai bisogno di trattarmi così” sbuffò.

“George, non piace neanche a me quando voi due mi escludete. In qualche modo mi fa sentire sola. Quindi scusa se non ci ho pensato prima. Vuoi venire anche tu?” Domandò con un sorriso dolce. Lo sapeva veramente cosa provasse lui. Odiava quando avevano dei segreti con lei, soprattutto se la riguardavano.

“Sarai a disagio con me” obiettò lui, guardandola ancora con diffidenza.

“Credo invece che sarà ancora meglio. Quando mi toccate entrambi è sempre meglio” la faccia che fece dopo che quelle parole le sfuggirono di bocca, la fecero pentire di averle pronunciate. Il ghigno di lui, inequivocabilmente malizioso, significava solo che aveva frainteso.

“E io che avevo iniziato a pensare che tu fossi una brava ragazza” sospirò con enfasi, ritrovando il buon umore. Hermione lo insultò, ma quando si trovò schiacciata contro il suo petto e lui si smaterializzò stava ridendo.

 

Fred vide i due apparire insieme. George era praticamente nudo e la teneva spiaccicata contro di lui, con un ghigno soddisfatto in volto. Era andata a prenderlo dopo aver capito per sommi capi quale fosse stato l'argomento scatenante della discussione. Per fortuna non era andata oltre.

“Fate pace adesso” esordì, guardandoli alternativamente.

“Non sono stato io a dirle...” esordì Fred, pronto all'attacco.

“Lo so. Mi ha detto che il suo cervello sopraffino è arrivato da solo alla conclusione” gli strizzò l'occhio e seppe che tutto era perdonato. Con grandi pacche sulla spalla e abbracci erano nuovamente i gemelli. Hermione sorrideva soddisfatta, come se la sua felicità dipendesse da questo. Si rallegrò che fosse così furba da capire quelle cose da sola, ma non abbastanza da scavare a fondo. Almeno non con quei pochi elementi.

“Lo facciamo dormire con noi, è un problema?” Chiese.

“Se non lo è per te” scrollò le spalle. George sembrava divertito da tutta quella situazione, dall'imbarazzo di Hermione quando si rese conto di cosa significava dormire in mezzo a loro due, del disagio quando lo scrutò vedendo che era mezzo nudo. Poteva vedere le rotelle del suo cervello lavorare per trovare una soluzione. Sospettò persino che volesse tirarsi indietro e fuggire. Però non lo fece. Con una magia allargò il letto, in modo che potessero entrarci tutti senza pigiarsi troppo e gli lanciò una maglietta del gemello, che lui si infilò con una smorfia. Sentiva chiaramente quanto Fred si divertisse, quasi quanto lui, e quanto non fosse molto felice della sua presenza.

“Sei così puritana!” Si lamentò.

“Perché non voglio dormire con te mezzo nudo?” Domandò lei, senza neanche voltarsi a guardarlo.

“è solo un po' di pelle” ribadì. Lei lo fulminò con lo sguardo, arrampicandosi sull'enorme letto che occupava tutta la stanza. Vestita a quel modo pareva un sacco di patate.

“Senti, o ti vesti o vai a dormire di là da solo” lo avvertì tirandosi il lenzuolo fin sotto al naso.

“Prima mi porta qui con secondi fini e poi ritratta, ti sembra giusto?” Il gemello ridacchiò.

“Pensa che io mi sono trovato qui con te, quando pensavo di averla tutta per me” commentò l'altro.

“Voi due idioti volete venire a letto o no?” Bofonchiò Hermione, che stava iniziando ad arrossire. Non se lo fecero ripetere due volte e si piazzarono ai suoi lati, senza però sdraiarsi. La videro saettare lo sguardo dall'uno all'altro e poi sbuffare.

“Smettetela subito” esclamò, spostandosi in modo da poterli guardare entrambi.

“Di fare cosa?” Chiesero in coro.

“Vi sento!” Fu tutto quello che disse. Fred inarcò un sopracciglio.

“Cosa senti?”

“Voi due che fate i cretini alle mie spalle. Lo so che state tramando qualcosa” si lamentò. I gemelli si lanciarono uno sguardo preoccupato.

“Lo senti o lo immagini?” George aveva smesso di ghignare e ora la sua faccia esprimeva solo ansia. Hermione parve capire solo in quel momento cosa intendesse.

“Oh no lo immagino! Non vi sento veramente, non come pensate” li rassicurò. Vide distintamente le spalle di entrambi rilassarsi e le venne da ridere. Per un attimo avevano creduto che avesse sviluppato la capacità di captare i loro pensieri anche senza toccarli. In realtà poteva capirli perché aveva iniziato a conoscerli veramente. La loro connessione insieme alla frequentazione l'aveva portata a intuire i loro pensieri anche con una sola occhiata.

“Volevi farmi prendere un colpo, Granger?!” Esclamò Fred, afferrandole una caviglia e trascinandola, mentre lei scalciava e rideva. George iniziò subito a farle il solletico, ridendo di lei, quando cercò di ribellarsi e afferrare un cuscino.

“Ah vuoi proprio la guerra!” Fred afferrò a sua volta un cuscino e lo schiantò sulla faccia del gemello. Ne scaturì una lotta all'ultimo sangue. Hermione saltava sul letto e li colpiva ridendo, cercando di schivare e lamentandosi quando si accanivano entrambi su di lei.

“Non vale! Due conto uno è sleale!” Strillò percuotendo George sulla testa, finché lui non l'atterrò con una cuscinata alle gambe. Lei gli diede un morso quando lui cercò di bloccarle le braccia e scattò all'indietro sibilando.

“Non si morde!”

“Non stai giocando secondo le regole” gli fece notare senza perdere il buon umore.

“Ma quali regole? Nella lotta coi cuscini non ce ne sono” Fred le assestò una cuscinata in faccia e lei rise forte. Era un suono che raramente le aveva sentito emettere. C'era una sorta di musica in quella risata, una nota di pura spensieratezza. Per la prima volta nell'oscurità della sua anima si stava accendendo un bagliore tremulo ma deciso a rischiarare le ombre del suo dolore. I gemelli la guardarono con tenerezza e lei si sentì in imbarazzo.

“Che volete?” Domandò tirandosi a sedere.

“Era molto tempo che non ti sentivo ridere” commentò Fred.

“Ma se non faccio altro con voi” si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, chiaramente imbarazzata.

“Non così” puntualizzò George. Lei non seppe cosa dire. Vedeva negli occhi dei gemelli che qualcosa era cambiato in lei. Qualcosa di cui non si era neanche resa conto coscientemente. Lentamente, ma con costanza, loro erano entrati nella sua vita, a forza di risate e prese in giro e la stavano rasserenando. Pensò a quando si era fatta l'ultima risata di cuore, di quelle che ti fanno dolere gli zigomi e implorare per dell'aria. Non lo ricordava. Improvvisamente, senza neanche pensarci sentì il fortissimo bisogno di rifugiarsi tra le loro braccia. Li gettò entrambi sul materasso, che affondò sotto il loro peso. Sentì le sorpresa di George, l'affetto di entrambi, una punta di preoccupazione e la semplice felicità sotto tutto quello.

“Vieni qui, mostriciattolo” la voce di Fred le sfiorò un orecchio. Lui la strinse, posandole una mano sulla schiena, subito raggiunta da quella del fratello. Stare così tra di loro la faceva sentire al sicuro, amata, protetta, capita.

“Sarà meglio dormire” George la trascinò sotto le coperte, ma non si allontanò da lei, continuò a tenerla stretta, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli. Hermione si voltò per osservare il soffitto bianco. Qualcuno spense la luce e sentì i ragazzi cambiare posizione per dormire meglio, ma lei non si mosse. I suoi pensieri vorticavano. Si sentiva più serena da un po' di tempo a quella parte, non felice, non tranquilla, ma meglio. Ne attribuiva il merito a quei due ragazzi che dormivano accanto a lei, appena rischiarati dalla luce della luna che filtrava dalla finestra. A scuola non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovata a dormire in un letto con loro. In realtà niente di quello che le stava accadendo aveva un senso. Salvare la vita a qualcuno da quando portava a legami psichici? Quante volte lei, Harry e Ron si erano tirati fuori dalla morte? Perché con loro non era successo niente? Era forse per i sentimenti che neanche sapeva di avere? Non riusciva a capire come fosse possibile tutto quello. Non le dispiaceva più essere legata a quei due matti coi capelli rossi, ma le domande la assillavano. Aveva notato come quella connessione psichica fosse aumentata di intensità. Ricordò di come Fred le avesse curato la ferita in cucina, la notte in cui aveva rischiato di schiantarlo, a come le sue mani l'avessero sfiorata con gentilezza. Le sembrò di non aver sentito alcun che. Poi c'era stata quella sensazione di calma e ora, a distanza di un mese poteva chiaramente sentire i loro sentimenti, le loro impressioni. Non pensieri definiti, ma abbastanza lampanti. Pezzi di ricordi, emozioni, stralci di conversazioni anche. Loro tiravano su dei muri, lo sapeva bene, ma era certa che quella sera avesse fatto l'ennesimo passo avanti. Quando Fred si era rifiutato di parlare, di dirle cosa non andava, lei aveva spinto e qualcosa era passato dalla barriera. Ovviamente lui l'aveva subito ricacciata indietro senza tanti complimenti, ma lei aveva captato qualcosa. Un brandello di sensazione, di gelosia. Non avrebbe sicuramente potuto farlo all'inizio di quella storia. Quindi la connessione si rafforzava più loro la usavano. Come un muscolo. Se allenato diventa più facile da usare. Guardò i due ragazzi vicini a lei. Non la toccavano, ma entrambi erano rivolti nella sua direzione. Dormivano sereni con le braccia forti strette attorno ai cuscini, i capelli rossi che si mimetizzavano quasi con il colore delle federe. Avevano i volti rilassati, ambrati per il sole che avevano preso, lunghe ciglia folte, profili forti e netti, col naso dritto e le labbra gentili. Chissà se nel sonno poteva sentire i loro sogni. Lentamente, cercando di non svegliare Fred allungò una mano e la posò sulla sua guancia. Le ci volle un momento, un po' di concentrazione, una piccola spintarella e si trovò nella sua mente.

 

Hermione si rese conto di essere in un sogno, perché non riusciva a vedere il suo corpo, non con gli occhi, ma lo percepiva in quanto tale. Non aveva una forma definita, ma sapeva di essere lei. Magari come la vedeva Fred, ma pur sempre lei, con la sua coscienza. Evidentemente erano a Hogwarts perché quell'ala del castello le era familiare. Nel sogno non capì se fosse giorno o notte, c'era solo un bagliore che rischiarava tutto, ma non riuscì a guardare dalle finestre. Sentiva dei passi frettolosi. Si voltò giusto in tempo per vedere i gemelli che andavano verso di lei. Non indossavano la divisa, ma semplici jeans e magliette a maniche lunghe. Entrambe erano rosse. I due ragazzi parlavano di qualcosa che non riuscì ad afferrare, perché sembrava che le parole fossero inframezzate da lunghi silenzi. Probabilmente dovuti a una conversazione mentale. Le sembrò che quel sogno venisse da un ricordo. I due gemelli erano più infantili, coi tratti più morbidi e i capelli tagliati diversamente. George aveva ancora l'orecchio ed entrambi sembravano molto più sereni. Li seguì lungo il corridoio, vedendoli armeggiare con qualcosa nelle tasche. Poi, senza alcun preavviso, vide una nuova versione di se stessa arrivare di corsa. Indossava la divisa scolastica e a occhio e croce sembrava avere quindici anni, anche se non ne era sicura. I capelli sembravano un cespuglio di rovi, ma nel sogno la sua pelle riluceva. Si fermò davanti ai gemelli che immobili sfoggiavano due identici ghigni.

“Cosa significa questo?!” Tuonò brandendo un foglio di pergamena sui cui era scritto qualcosa.

“Oh andiamo Granger, non stiamo facendo del male a nessuno!” Sbuffò Fred.

“Ah no? State cercando cavie da laboratorio per i vostri stupidi esperimenti!” Urlò lei. Adesso ricordava. Era sicuramente il suo quinto anno e quello era un ricordo vero.

“Non è così, prima li proviamo su di noi, non vogliamo fare del male a nessuno” protestò George. Hermione si vide sbattere un piede per terra con aria stizzita. Quell'anno aveva preso il suo compito di Prefetto un po' troppo sul serio. Rivedersi in quel momento la fece arrossire d'imbarazzo. La sua crociata contro i gemelli era stata inutile, ma divertente.

“Questo allora cambia tutto!” Ironizzò.

“Guarda che li paghiamo” Fred sembrava divertito e la guardava con una certa malizia. Ecco quello non l'aveva notato a suo tempo. Gli occhi del ragazzo le percorrevano il corpo, come se stesse cercando di immaginarsela nuda. Sentì il calore salirle alle guance.

“Non importa se li pagate! Non potete assolutamente far magiare quella roba a dei poveri ragazzini indifesi! Ve lo proibisco” sbraitò. Questo parve alimentare il divertimento dei ragazzi.

“Oh sono terrorizzato, Freddy”

“Non siete divertenti. Dovrò punirvi se continuate così” a quelle parole vide il ghigno dei ragazzi allargarsi.

“Punirci? Cosa pensi di farci?”

“Dovremmo essere noi a punirti” vide la se stessa ragazzina diventare rossa come un pomodoro e balbettare qualcosa, cercando di riprendere il controllo della conversazione. Ormai però quei due l'avevano messa alle strette.

“Non lo sai come funziona il gioco?”

“Andiamo Granger, se volevi giocare bastava dirlo. Non ci tiriamo mai indietro davanti alle...necessità di una bella ragazza” la voce di Fred le fece salire un brivido lungo la colonna vertebrale. Nei suoi ricordi non le aveva fatto quell'effetto, anzi si era sentita così a disagio che...

“Smettila di fare l'idiota o dovrò togliere dei punti a Grifondoro” l'unica cosa che le era venuta in mente. Rivisse la loro risata di scherno in stereo, tanto umiliante all'epoca, quanto adesso.

“Rovini tutto il divertimento se fai così”

“Parlavamo di cose molto più divertenti” rincarò George. Vide la se stessa ragazzina, girare i tacchi, fare a pezzi la pergamena e correre via alla velocità della luce.

 

Staccò la mano dal corpo di Fred, un po' scossa. Era strano entrare nei sogni altrui, perché la percezione delle cose era alterata. Inoltre aveva scelto proprio un bel ricordo da propinarle. Osservò il ragazzo vicino a lei dormire beato, ignaro di quella invasione e decise che per quella volta poteva risparmiarsi un nuovo tentativo. Si rannicchiò a sua volta e lasciò che le tenebre l'avviluppassero nella loro stretta di seta.

 

 

Note: Salve a tutti! Allora sarò molto breve. Come sapete me ne vado al mare quindi sabato niente puntata. Ci vedremo la settimana prossima direttamente con un capitolo un pò più intrigante. Spero di poter pubblicare mercoledì come sempre, ma non ne ho ancora la certezza...i miei parenti rompono. Per ora è tutto! Ciao ciao!

 

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Capitolo 9
*** Dolci risvegli e rivali in amore ***


Hermione si svegliò con la sensazione di andare a fuoco. Il suo corpo bruciava e non riusciva a muoversi. Sentiva il sudore colarle lungo la schiena e sul collo. Per un momento pensò di essere schiacciata sotto la casa in fiamme, ma quando il sonno lasciò andare la sua presa e riuscì ad aprire gli occhi, si rese conto che Fred e George le stavano sopra. Entrambi avevano reclamato un pezzo di lei, così che ora se ne stava a stella, con braccia e gambe spalancate. Quei due dormivano con la testa sulle sue spalle, coi capelli che le sfioravano il naso. Fred le aveva gettato un braccio sopra lo stomaco, mentre George aveva intrecciato le gambe alle sue. Le loro temperature corporee erano talmente elevate che si sentiva ardere. Ma di incubi nessuna traccia. Aveva funzionato. Sapeva che era solo merito loro. Quella consapevolezza la colpì allo stomaco e si fece strada dentro di lei, finché non si sentì scoppiare di gioia pura. Niente incubi, niente Voldermort che uccideva chiunque amasse, niente Bellatrix che la torturava ogni notte, niente cadaveri, niente urla, niente ricordi. Sentì Fred che si svegliava e un secondo dopo anche George aprì gli occhi. Sentirono immediatamente la sua felicità ed entrambi sorrisero.

“Credo che abbia funzionato” commentò Fred con uno sbadiglio.

“Tu credi eh? Guarda che faccia” replicò George, affondando un dito birichino nella sua guancia.

“Pensi che sia troppo sopraffatta per parlare?” Domandò Fred, vedendo che non apriva bocca.

“Penso che adesso siamo spacciati. Non ce ne libereremo mai” bofonchiò l'altro, senza riuscire a sembrare troppo serio. Hermione si agitò sotto di loro, una certa ansia le stava attanagliando lo stomaco, ma il naso di Fred le si strofinò sul collo e ogni inquietudine scomparve, sostituita da un brivido. Sentì George che emetteva una specie di gemito basso, che le si riverberò lungo il corpo. Il calore divenne quasi insopportabile. Con uno sforzo immane voltò la testa e incontrò gli occhi di George. Teneva solo le gambe unite a lei, scostandosi appena per portela osservare. Aveva lo sguardo languido e le pupille dilatate, le labbra appena dischiuse e i capelli sconvolti. Tentò di sorridere appena, ma quando Fred la morse lievemente dove prima si era strofinato lei annaspò e George con lei. Lo sentì tremare leggermente. Era una sensazione assurda. George non riusciva a staccare lo sguardo da Hermione, che sembrava aggrapparsi a lui per trovare un po' di solidità, ma non aveva niente da darle. Fred ridacchiò felice come un bambino e fece guizzare la lingua sulla pelle che aveva appena morso. La passò sopra lentamente, per poi sfiorarla con le labbra. Hermione praticamente gli tremava tra le braccia e lui, con le barriere abbassate, come tutti loro, sentiva ogni cosa. Poteva percepire il nodo di lei allo stomaco, la lieve paura, il piacere che sembrava sommergerla anche per quel piccolo gesto. Si fermò di scatto, tirando su la testa. Hermione e George si guardavano, come se fossero sul punto di annegare e l'unica cosa che glielo impedisse fosse la presenza dell'altro. Suo fratello lo vide e gli lanciò un'occhiata stranita.

“State bene?” Domandò, stupendosi di quando la sua voce fosse roca. Hermione si voltò verso di lui. Aveva la stessa espressione di suo fratello, smarrita. La sentì pensare nitidamente che nessuno l'aveva mai baciata in quel punto e che era una sensazione incredibile. Fred rimase interdetto. Sapeva bene che non aveva molta esperienza in quel campo, più che altro perché era stata più impegnata a salvare il mondo o a studiare come una matta, aiutare Harry a mettersi nei guai e cose del genere, ma non avrebbe mai creduto che la sua inesperienza si spingesse fino a quel punto. George, si alzò su un gomito, incuriosito dalla cosa.

“Hermione...” azzardò, interdetto. Improvvisamente non si sentiva più così sicuro di se stesso come al risveglio.

“Ehm...per curiosità...non sei mai uscita con nessuno?” Finì George, attirando l'attenzione della ragazza. Lei arrossì violentemente e si tirò a sedere. I suoi capelli erano un groviglio cespuglioso.

“No, io ho solo frequentato Viktor per un periodo, ma...ci siamo solo baciati qualche volta” spiegò completamente imbarazzata. I gemelli si sedettero a gambe incrociate ai suoi lati. Fred sentì che George era molto interessato alla faccenda.

“E con Ron?” Indagò.

“C'è stato solo un bacio una volta” abbassò lo sguardo. George la trovò assolutamente deliziosa. Non sapeva se fosse perché i suoi sentimenti avevano iniziato a confondersi con quelli di Fred, o perché Hermione, standogli così vicina, si fosse rivelata una persona degna di attenzione per la sua forza, il suo coraggio, ma anche la sua vulnerabilità. Sapere che nessuno mai l'aveva toccata, che nessuno le aveva fatto provare le delizie del contatto fisico, gli fece girare un po' la testa. Non era facile trovare ragazze così belle e così innocenti, totalmente inconsapevoli della loro bellezza e sensualità. Fred invece si era chiuso a riccio. Improvvisamente, come aveva iniziato quella cosa, si tirò indietro. Le diede un frettoloso bacio sulla fronte e scese dal letto. Hermione lo guardò alzarsi e imboccare la porta, senza che riuscisse a muovere un muscolo per fermarlo.

“Che è successo?” Domandò a George.

“Dobbiamo prepararci per aprire il negozio” rispose lui evasivo. Sapeva benissimo cosa passasse per la mente del gemello.

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Hermione non avrebbe lasciato perdere tanto facilmente. Anche George si alzò, stiracchiandosi. I muscoli della sua schiena si stesero e rilassarono sotto gli occhi di lei.

“Diciamo che è più quello che non hai fatto” rispose sibillino, prima di uscire a sua volta.

 

 

“La tua idiozia a volte rasenta l'assurdo” stava dicendo George, appoggiato al lavandino, mentre Fred faceva la doccia.

“Non rompere, l'hai sentita” esclamò ad alta voce per farsi sentire al di sopra del frastuono della doccia.

“Perché ne stai facendo una tragedia?” George tentò di domare i capelli che però non ne volevano sapere di starsene piatti e in ordine sulla sua testa.

“Non ne faccio una tragedia” bofonchiò l'altro che evidentemente ne faceva un dramma.

“Invece sì. Ci stavamo divertendo e appena lei ha pensato quella cosa ti sei messo a fare il coglione” la copia esatta si se stesso mise fuori la testa e afferrò un asciugamano bianco.

“Non posso, Georgy e non dovresti neanche tu” lo avvertì, uscendo dalla doccia bagnato fradicio.

“Non vuoi, non è che non puoi. Hai paura di ferirla?” Chiese togliendosi la maglietta per lavarsi a sua volta.

“Lei...non voglio ferirla e sai bene che andrà a finire male. Lei è troppo innocente! Mi odierebbe” si strofinò i capelli con un altro asciugamano più piccolo.

“D'accordo non ha esperienza, non ha mai avuto un ragazzo e neanche tutte quelle cose che si fanno da ragazzini, ma non è ingenua. Tu dille solo che non vuoi impegnarti, che però ti piace e vorresti divertirti e senti se le va bene” George la faceva facile.

“Oh certo come hai fatto tu con Angelina, vero?” Sbottò l'altro. Vide il gemello arrossire. Aveva toccato un nervo scoperto.

“Perché mi rinfacci sempre questa storia?” Incrociò le braccia sul petto, infastidito.

“Perché è la stessa cosa che mi stai dicendo di fare con Hermione. Com'è andata con Angelina per te? Malissimo, un disastro. Lei ti ama e tu la ignori e quando ti fa comodo te la porti a letto. Sai quanto ci soffre. Non farò lo stesso con Hermione. Fine della discussione” George sbuffò e gli lanciò contro le mutande, che lui prese al volo.

“Ti odio quando fai così. Era una sensazione incredibile” sospirò e fece partire l'acqua calda. Sì, aveva stampata a fuoco quella scia di eccitazione e trepidazione che lo percorreva, che attraversava Hermione e si riversava nel gemello. Aveva percepito nitidamente quanto le fosse piaciuto che lui la mordesse, quanto i suoi nervi avessero fremuto, o la sua mente si fosse svuotata. Era tutto amplificato per tre. Se si fosse spinto oltre...la sola idea del piacere che poteva venirne fuori lo fece imprecare tra i denti. Svegliarsi con lei così vicina, con quel profumo inebriante, con quella gioia che lo inondava, gli aveva fatto dimenticare tutti i motivi per cui non doveva. Si era buttato su di lei, e poi quel pensiero.

“Merda!” Imprecò ancora, sbattendo la mano contro il lavandino.

 

Hermione era nel suo laboratorio, immersa fino al collo in esperimenti che avevano iniziato a destabilizzarsi e a esplodere. Voleva creare qualcosa di stupido e assolutamente inutile in puro stile Weasley, ma quel giorno la sua mente proprio non voleva saperne di collaborare. Ogni volta che provava a concentrarsi ricordava la sensazione della bocca di Fred sul suo collo e qualcosa andava storto. Almeno che non volesse creare delle merendine esplosive, quello non era il modo migliore di procedere. Aveva mille progetti in corso, ma il più importante era quello del ministero. Avrebbe dovuto prepararsi per quell'incontro, ma non ne aveva voglia. C'erano le carte per l'acquisto di Zonko che la imploravano di essere lette, ma non riuscì a interessarsene. Era delusa e anche arrabbiata. Fred si era fatto avanti, aveva fatto una mossa e immediatamente un secondo dopo, era fuggito per non rivolgerle più la parola. Si sentiva ferita nel suo orgoglio di donna, come non le era mai capitato prima.

“Granger, devo chiederti una mano in negozio. Verity oggi è libera ma c'è così tanta gente che stiamo affogando” George le sorrise, nel suo completo bordeaux scintillante.

“Oh no, sai quanto odio stare in pubblico” si lagnò, ricordando tutte le attenzioni indesiderate che le piovevano addosso ogni volta che se ne andava in giro da sola.

“Lo so, mi dispiace, mi farò perdonare, ok?” Il suo sorriso birichino la fece cedere. Afferrò la bacchetta e sconsolata si avviò verso la cassa. Lanciò un'occhiataccia a Fred che stava illustrando i vantaggi di acquistare le loro pozioni Svia Pensieri a un branco di ragazzine sognanti e prese posto alla cassa. C'era una bella fila e ogni cliente che la vedeva, chiedeva un autografo o faceva qualche domanda idiota, alcuni azzardavano un grazie, alcuni qualcosa di più. Avevano tutti qualcosa da dire. George la teneva d'occhio e sopratutto teneva d'occhio la situazione ammiratori. Hermione era famosa, molto più di quanto lo fossero loro due e non le piaceva stare al centro dell'attenzione per aver salvato il mondo, visto quanto la cosa l'avesse traumatizzata. Sentirsi continuamente ricordare qualcosa che volevi dimenticare, poteva essere una forma di tortura molto azzeccata. Da un po' di tempo però gli era sembrata più rilassata. Aveva smesso di cercare di schiantare chiunque le si parasse davanti, e di saltare in aria come una molla per qualsiasi rumore più forte di un sussurro. In generale, gli sembrava che stesse guarendo, anche se molto lentamente. Quel giorno però era arrabbiata, poteva vederlo chiaramente dalla sua espressione truce e dagli sguardi assassini che lanciava al fratello. Quell'idiota faceva il cascamorto con delle ragazzine, che lo guardavano svenevoli. Poteva percepire la tensione nell'aria anche da quella distanza. Quando finalmente suonarono la campana che annunciava la chiusura per pranzo, Hermione si accasciò dietro il bancone, esausta. Essere subissata di domande, dover sorridere e beccarsi le lamentele dei clienti non era affatto divertente e tanto meno rilassante. Il lavoro al pubblico proprio non faceva per lei. Preferiva stare nel suo laboratorio a giocare con le pozioni e gli incantesimi. I gemelli, al contrario, erano due animali da palcoscenico. Sospettava che molti dei clienti, soprattutto donne, venissero con regolarità solo per vederli. George aveva appena chiuso le porte, che sentirono bussare energicamente. Quello si voltò e sembrò sbiancare. Aprì lentamente la porta.

“Freddy!” Una voce cristallina si propagò per il negozio silenzioso.

“Sono George” fu la risposta secca.

“Oh ancora con questo scherzo? Tuo fratello non ha un orecchio, lo so che sei tu” trillò la voce. George sbuffò e si staccò la protesi.

“Sono George” ripeté quello con voce scocciata. Hermione si arrampicò sul bancone per poter sbirciare verso la porta. Vedeva solo la schiena di George, la sua posa nervosa e tirata.

“Scusami caro, dov'è Fred?” domandò la voce.

“Sta lavorando...non credo che...” tentò lui, ma la ragazza lo scansò bruscamente. Hermione la vide marciare sui tacchi come se stesse camminando su una nuvola. Era molto alta, forse sfiorava il metro e ottanta ed era biondo grano. I suoi capelli lunghi scintillavano sotto i raggi del sole. Quando le passò accanto si fermò di botto.

“Sei Hermione Granger?” Esclamò sorpresa. Aveva un volto angelico a cuore, un nasino alla francese e due grandi occhi quasi neri. Quel contrasto distrasse Hermione. Per qualche motivo si immaginava occhi azzurro ghiaccio.

“Ehm sì sono io” rispose a disagio.

“Alyssa!” La voce di Fred fece voltare la ragazza, che raggiante, fece gli ultimi metri di corsa e si gettò tra le sue braccia. Lui, con un'espressione a metà tra il sorpreso e l'estasiato la strinse forte, affondando il naso nei suoi capelli. Hermione e George assistettero a quella scena contrariati.

“Freddy, mi sei mancato da morire” biascicò la ragazza, senza lasciarlo andare.

“Chi cavolo è quella?” Domandò Hermione tra i denti.

“Il primo amore di Fred” lei non si aspettava minimamente quella risposta. Forse un'amante, forse una storiella della sue da una botta e via, ma il primo amore?

“Quando sei tornata?” Le chiese, ignorando il pubblico.

“Ieri sera! Non ho resistito e sono venuta subito qua! Adoro questo posto” cinguettò guardandosi attorno.

“Avresti dovuto mandarmi un gufo! Sarei venuto da te” Hermione si morse il labbro con forza, afferrò la borsa e si avviò verso l'uscita. Non voleva passare un minuto di più con quei due che si facevano le fusa a vicenda. Era così che avrebbe dovuto essere tra di loro, così che lui avrebbe dovuto guardarla, con quel desiderio a mala pena trattenuto, con gli occhi scintillanti di gioia. Invece no, ci guardava quella tizia sbucata dal niente, col corpo di una modella di costumi da bagno. La maledisse mentalmente per la bellezza, per essere stata il primo amore di Fred, per essere così perfetta.

“Dove vai?” George l'aveva seguita. Vederla scappare, gli aveva fatto desiderare di dare un pugno sul naso al gemello, per la sua idiozia.

“A pranzo fuori, vieni con me?” Gli chiese, sorpresa di vederlo. Lui esitò, indeciso se tornare indietro e non lasciare soli quei due e il desiderio di passare del tempo con lei senza il gemello tra i piedi.

“Offri tu, dipendente strapagata?” Scherzò. Lei gli fece la linguaccia e gli porse il braccio. Camminarono lungo Diagon Alley con calma, godendosi il caldo estivo che quel giorno era stemperato da una brezza fresca. Non c'era una nuvola in cielo e la strada era affollata. La maggior parte della gente si voltava a guardarli, indicandoli. Un paio di ragazze si bloccarono davanti a loro, paonazze.

“Tu sei Ronald Weasley?” Domandarono a George. Quello rimase di sasso, con la faccia di uno che avesse appena ingoiato un rospo enorme.

“Come scusa?! Ron? Io? Io sono George. Va bene scambiarmi per Fred, ci posso anche stare, ma per Ron proprio no!” Sbottò. Le due ragazze arrossirono fino alla radice dei capelli e filarono via, sotto lo sguardo furente del rosso. Hermione scoppiò a ridere fragorosamente.

“Che hai da ridere, tu?” Ringhiò, controllando il suo riflesso in una vetrina.

“Dovevi vedere la tua faccia! Quando ti hanno chiesto se eri Ron, sei quasi svenuto” rise lei, indicandolo mentre si teneva la pancia.

“Ti posso mai sembrare quell'idiota?!” Tuonò, sistemandosi il vestito già perfetto.

“No George, mai. Sei molto più bello di lui” lo rassicurò, prendendolo sotto braccio e trascinandolo via dalla vetrina.

“Certo che lo sono” bofonchiò, ancora di cattivo umore. Presero posto in un locale che aveva i tavolini lungo la strada e sfoggiava un menù semplice e fresco. Hermione aveva quasi dimenticato perché si trovavano lì, grazie a George che continuò a bofonchiare imbronciato per un buon quarto d'ora.

“Pensano che sia Ron per colpa tua” l'accusò mangiando un pezzo di schiacciata alle olive.

“Lo pensano perché sei alto e rosso di capelli” precisò, guardandolo. Era davvero identico al gemello, almeno all'apparenza. Se lo si conosceva bene, si potevano scorgere sottili differenze. Come per esempio il fatto che George non si stravaccasse come il gemello, che la sua postura fosse eretta ma meno sicura.

“Promettimi che non lo dirai a nessuno” le sventolò un dito davanti al naso, minaccioso.

“Oh sarà la prima cosa che farò stasera non appena vedrò Ginny” ridacchiò, quando lui si sporse verso di lei, paonazzo.

“Non oseresti” ringhiò, guardandosi attorno come se la sorella potesse spuntare da dietro un angolo.

“Cosa mi darai in cambio di questa informazione?” Chiese, divertita. Lui ci pensò attentamente, anche se lei intendeva solo scherzare.

“Offrirei il mio corpo, ma temo che sarei troppo banale e scontato. Che ne dici di una cena?” Domandò, come se niente fosse. Hermione rimase un attimo interdetta.

“Nel senso che mi vuoi portare fuori a cena?” Lo chiese solo per essere sicura di aver capito bene. Con lui non si poteva mai dire.

“Quale altro significato potevi dare alla frase?” Sbuffò lui.

“Ehm, tu non esci con Angelina?” Ribatté, senza rispondere. Lo vide esitare un momento.

“No, noi...ce la spassiamo e basta” per qualche motivo non gli credette affatto. Probabilmente per come lo aveva detto.

“Granger, è solo una cena non ti ho chiesto di amarmi. Voglio solo cenare con te, da amici” aggiunse perché lei sembrò a disagio. Quel giorno indossava un abito nero a fiori colorati bianchi e gialli, con i sandali intrecciati fino al ginocchio e i capelli raccolti in una morbida coda, che le lasciava scoperto il collo lungo e le orecchie adorne di piccoli orecchini scintillanti.

“Perché non ti sto credendo?”

“Sei una mal fidata. Sono un gentil uomo io” le fece l'occhiolino, annullando immediatamente le parole appena pronunciate. Lei rise, di cuore. Le piaceva passare del tempo con lui, era più facile. George non la metteva a disagio, non le faceva domandare cosa non andasse in lei.

“Va bene, vengo a cena con te” cedette, divertita.

“Domani sera” specificò, guardandola come se fosse qualcosa da mangiare. Hermione si agitò sulla sedia. Non aveva mai avuto un appuntamento con nessuno. Ma poi era un appuntamento quello?

“Weasley vedi di comportarti come si deve” lo ammonì.

“Sarò talmente bravo che a fine serata mi implorerai per un secondo appuntamento” l'avvertì ridendo.

“Non è un appuntamento, siamo solo due amici che...”

“Granger, falla finita” la zittì. Hermione fece per ribattere, ma in quel momento vide Fred e la bionda che camminavano verso di loro. Stavano vicinissimi, tanto che lui aveva passato un braccio attorno alle sue spalle e ridevano, complici. Hermione s'irrigidì nel vederli. Di tutti i posti della terra, proprio lì dovevano andare? La tipa li vide e agitò una mano nella loro direzione, tutta allegra.

“Qualcuno mi fulmini” sussurrò Hermione facendo ridere George.

“Hey voi due, possiamo unirci a voi?” Alyssa non aspettò neanche una risposta e afferrò una sedia, trascinandola al loro tavolo. Fred sembrò più a disagio, ma si sedette comunque, cercando di non incrociare lo sguardo accusatore del gemello. Hermione notò perfettamente che stavano comunicando tra di loro e non le piacque affatto essere esclusa.

“Hey fatela finita! Sono qui io” li rimbrottò, contrariata.

“Scusa, è l'abitudine” si scusò George, tornando a sorridere, come niente fosse.

“Ancora con questa cosa della telepatia?” S'informò Alyssa, che era abbastanza sveglia.

“Negli anni abbiamo perfezionato la cosa” le spiegò Fred. Arrivò il cameriere e prese le ordinazioni di tutti, dileguandosi in fretta, a causa dell'aria pesa che aleggiava. Alyssa parlò per la maggior parte del tempo di quello che aveva fatto nell'anno trascorso. A quanto pareva era un anno più grande dei gemelli e anche lei aveva frequentato Hogwarts, nonostante Hermione non se la ricordasse. Era una Corvonero, nonostante non lo sembrasse. Neanche Luna lo sembrava a ben pensarci. Lei era andata via dall'Inghilterra quando Voldemort era tornato al potere e aveva viaggiato con i genitori.

“Siamo tornati perché lui è morto o credo che avremmo continuato a girare il mondo. È stata un'esperienza incredibile, ho visto moltissime cose meravigliose. Forse dovrei essere grata a Voldemort per...” Hermione sbatté la mano sul tavolo con forza, facendo saltare in aria tutte le stoviglie.

“Sta zitta!” Gridò. Tutti gli altri clienti la guardarono allibiti e per la prima volta anche Fred si girò verso di lei.

“Non sai niente della guerra, non sai niente di com'è stato. Sei scappata via e hai anche il coraggio di dire che dovresti ringraziare l'uomo più malvagio di questo secolo, la persona che ha torturato, ucciso e dilaniato persone, famiglie e bambini?! Non sai niente, niente della guerra, quindi chiudi il becco dannata oca!” esclamò alzandosi in piedi, rovesciando la sedia e tremando incontrollabilmente. Alyssa rimase in silenzio, con la bocca aperta e gli occhi sgranati ad ascoltare la scenata di quella ragazza. Non si aspettò però la reazione dei gemelli. Entrambi scattarono in piedi, come molle. Fred, che era più vicino a lei, le posò una mano sulla spalla e mormorò qualcosa. George scavalcò la borsa di Alyssa e fu dall'altro lato di Hermione che tremava come una foglia. Quando lui la toccò lei sospirò e si calmò, abbassando la testa e recuperando il controllo sulle sue emozioni.

“Che avete da guardare, non avete mai visto qualcuno fare una scenata?” La voce tagliente di Fred, convinse la gente a smettere di guardare e impicciarsi. Hermione lo guardò, con le labbra strette e si scrollò la sua mano di dosso con rabbia. Lui parve un po' ferito da quel gesto, ma si ricompose e affondò le mani nelle tasche come a trovare loro un posto migliore.

“Adesso siediti e bevi un sorso d'acqua” le consigliò George, cercando di risospingerla sulla sedia. Lei non si lasciò convincere, aveva ancora gli occhi puntati su Fred, come se volesse incenerirlo con lo sguardo.

“Sei proprio uno stronzo. Tranquillo non dirò niente” sputò fuori. Lui sobbalzò come se l'avesse colpito in faccia, poi si raddrizzò.

“Andiamo via, hai bisogno di sfogarti un po'” George tirò lievemente il braccio di Hermione, convincendola a lasciar perdere, almeno per il momento lo scontro col gemello. Non era né il luogo né il momento adatto. Lei lasciò che la riportasse al negozio, poi torva osservò l'ingresso.

“Credo che mi prenderò la giornata libera” disse all'amico. Lui non obiettò, non poteva costringerla a stare lì col gemello che faceva il cretino con la sua vecchia fiamma.

“Ricordati che domani sera vengo a prenderti alle sette” fu l'unica cosa che gli venne in mente di dire. Hermione gli diede un rapido abbraccio e poi, piroettando su se stessa scomparve alla sua vista.

 

 

Note: salve sono tornata ma riparto subito domani, per questo ho anticipato di un giorno la pubblicazione. Vi comunico che anche questo sabato salterà, perchè sono in montagna e ovviamente non mi porto il pc. Mercoledì però ci sarò puntuale, quindi non temete. Mi dispiace essere così altalenante nelle pubblicazioni ma le ferie mi reclamano! Spero che la storia vi piaccia. Non capisco perchè non commentate, ma vabbè! A presto!

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Capitolo 10
*** Scomode verità ***


Si scoprì che Alyssa non aveva dimenticato affatto Fred e che era venuta per riprenderselo. Questo George lo venne a sapere dal gemello, che divertito gli parlò della sua serata in compagnia della bella bionda. Quei due avevano avuto una storia un po' malata. Lei era più grande e lo aveva circuito quando aveva ancora quattordici anni. Non erano mai stati una vera coppia, più il gatto col topo. Fred all'epoca era ancora abbastanza ingenuo da credere nel vero amore e pensare che la prima ragazza con cui fosse stato, sarebbe stata quella giusta. In realtà Alyssa era stata molte cose, ma non certo quella giusta. Lo aveva preso e lasciato molte volte, facendolo ingelosire, poi tornando da lui, lasciandolo quando si annoiava e impedendogli però di andare avanti con la sua vita. Non era mai lontana, se lei non lo voleva non significava che lui potesse essere libero di trovare una sostituta. Non la infastidivano le storie di solo sesso che lui aveva, ma se qualcuna iniziava a fare breccia nel suo cuore, Alyssa era pronta a rivendicare il suo territorio. Solo quando finalmente aveva finito la scuola e successivamente era fuggita dal paese con la sua famiglia, Fred era stato veramente libero. George la odiava. Ogni volta che lei era nei paraggi lui se ne andava perché aveva passato troppe sere a consolare il fratello per colpa di quella vipera, troppe notti lo aveva sentito piangere nel suo letto e lentamente perdere tutta la fiducia nell'amore. Alyssa sapeva perfettamente che avere George come nemico non era affatto divertente. Non c'era niente a cui Fred tenesse più che a suo fratello e si fidava ciecamente di lui, per quel motivo la ragazza era sempre attenta alle sue parole in presenza sua. Non aveva capito che Hermione fosse importante per i gemelli finché non erano corsi da lei quando aveva dato di matto al ristorante. Il che poteva essere un problema. Fred aveva raccontato al gemello di come lei gli avesse fatto capire che era disposta a riprendere da dove avevano interrotto e che lo aspettava quella notte a casa sua.

“Non ci andrai, vero?” Sbottò George allibito. Sperava che avesse ormai imparato la lezione.

“Non lo so, perché non dovrei?” Domandò quello che era stravaccato sul divano del loro appartamento.

“Perché quella ti distrugge ogni volta che passi del tempo con lei. Fa di te quello che vuole, ti mastica e poi ti risputa quando trova un giocattolo che la diverte di più” sentenziò George, duro. Non si preoccupò di indorare la pillola, voleva essere cattivo e schietto. Fred raddrizzò la gamba che aveva gettato sul bracciolo e posò la burrobirra.

“Andiamo ora sono cambiato. Posso divertirmi anche io e mandarla al diavolo” il sopracciglio destro di George schizzò in alto, scettico.

“Fred, non puoi gestirla. Alyssa è bravissima a manipolarti, sa esattamente come e cosa pensi e usa tutti i tuoi punti deboli contro di te. Stalle alla larga” scandì bene, in modo che il messaggio non potesse essere frainteso.

“Georgy ma l'hai vista? È incredibile, sexy, sfacciata” sospirò ricordando le forme della ragazza. Il gemello non riuscì a ribattere. Era inutile usare quella tattica con Fred. Così decise di lasciar perdere.

“Magari potremmo uscire in quattro” buttò lì, attirando immediatamente l'attenzione del fratello.

“Con Angelina?” Domandò incuriosito. George fece un ghigno malevolo.

“Con Hermione” quelle due semplici parole ebbero l'effetto di una bomba. Fred lo guardò allibito, completamente dimentico di Alyssa. Rimase a fissarlo con la bocca aperta, esattamente come George si era aspettato. Soddisfatto diede un sorso della sua bevanda, appoggiandosi al muro della cucina.

“Come scusa?” Si riprese Fred, sbattendo le palpebre.

“Hai sentito bene. Domani sera la porto a cena fuori” così era anche troppo facile. Il fratello, completamente stordito dal significato di quelle parole si passò una mano tra i capelli diverse volte, sparandoli in tutte le direzioni.

“Come un appuntamento?”George si preoccupò di aver compromesso le facoltà mentali del gemello per sempre con quella bomba. Annuì compiaciuto, incapace di smettere di sorridere sotto i baffi.

“Scherzi, vero?”

“No. La porterò fuori a cena, la corteggerò e la farò sentire come l'unica donna al mondo. È così che si fa quando inviti qualcuna per un appuntamento” ridacchiò alla sola idea. Fred invece era mortalmente serio.

“Quindi hai intenzione di provarci con lei e di portartela a letto” sputò fuori, arrabbiato.

“No, ho intenzione di uscire con lei, di provarci con lei e se vorrà di portarmela a letto” spiegò elencando le cose nell'ordine giusto. Sfortunatamente il fratello sembrava ritardato, quella sera.

“George, non vorrai illuderla...”

“Non illudo nessuno. Hermione mi piace, molto. È sveglia, bella, forte e testarda, ho intenzioni serie” se gli avesse dato un pugno sul naso, il gemello non sarebbe stato più ferito. Scattò in piedi, furente. Si allentò la cravatta con stizza, senza perderlo di vista.

“Non puoi essere serio” ringhiò. George provò un'incredibile soddisfazione nel vedere il gemello così arrabbiato.

“Lo sono eccome. Se tu sei un codardo non significa che lo sia anche io” rispose tranquillo, posando la bottiglia sul piano della cucina. Si aspettava un pugno da un momento all'altro.

“Non sono un codardo, lo faccio per lei” specificò, senza che l'altro gli credesse.

“Certo, come no. Continua a raccontarti questa storiella mentre sarò a cena fuori con lei domani sera” stava tirando la corda e lo sapeva, ma Fred aveva bisogno di una svegliata, anche se andava a discapito suo.

“George non ti azzardare...”

“A fare che? Ad aprire gli occhi e capire che Hermione è speciale? Che vorrei una donna come lei nella mia vita? Sentimi bene, stamattina c'ero anche io nel letto con voi due. Ho sentito quello che sentiva lei e quello che sentivi tu e ti assicuro che era molto chiaro. Lei ti piace, la vuoi, ma sei troppo idiota e codardo per prendertela. Indovina un po' chi non ha paura dei propri sentimenti?” si indicò con i pollici, mettendo su una faccia divertita.

“Sei anche un bugiardo. Tu sei quello che più di tutti ha paura dei suoi sentimenti! Altrimenti smetteresti di fare l'idiota e capiresti che ami Angelina, tanto quanto lei ama te e che questa storia di Hermione è solo perché lei ha detto di non essere mai stata toccata da nessuno. Ti ho sentito chiaro e tondo. Ti eccita l'idea di essere il primo a toccarla e a farle tutte quelle cose malate che ti girano nella mente” lo accusò, colpendolo dove faceva più male. Il problema di avere qualcuno nella propria testa era quello, che quando litigavano finivano per dire cose molto azzeccate che ferivano in profondità. George accusò il colpo, chiudendo fuori il gemello dal loro legame. Non aveva alcuna intenzione di dargli soddisfazione.

“Penserò sicuramente a quello che hai detto mentre sarò a cena con Hermione” sibilò, gelido. Fred afferrò un cuscino del divano per lanciarglielo dietro, ma George si era già smaterializzato, lasciandolo solo nell'appartamento sopra al negozio, che improvvisamente gli sembrò troppo grande.

 

Hermione stava leggendo il libro di incantesimi dell'ultimo anno, cercando qualcosa che già non sapesse fare. Quando aveva deciso di accompagnare Harry nel suo viaggio, si era preparata accuratamente, imprimendosi nella memoria ogni incanto che le capitasse sotto mano, così era rimasto ben poco che la scuola potesse insegnarle. Le andava benissimo, l'ultimo anno sarebbe stato molto facile da affrontare. Forse un po' di tranquilla vita scolastica era quello di cui aveva bisogno. Era in giardino, sotto il salice con alcune lucine che le danzavano attorno alla testa, per rischiarare l'oscurità incalzante. Non voleva stare troppo in casa. Ginny e Harry erano talmente innamorati da farle venire il diabete, mentre Ron era scontroso e le rivolgeva a mala pena la parola. La casa era vuota senza Fred e George. Sentire così la loro mancanza, anche dopo poche ore separati non era un buon segno. Il loro legame si era irrobustito e adesso, tra poco meno di un mese, lei sarebbe stata lontana miglia e miglia, impossibilitata a raggiungerli. Cosa le sarebbe accaduto? Il solo pensiero la spaventava a morte. Inoltre avrebbe lasciato Fred con la sua ex. Quella perfetta modella che gli ronzava attorno come se lui fosse proprietà privata! Le faceva ribollire il sangue nelle vene.

“Hermione...” la voce di Ron la riscosse dai suoi propositi omicidi. Guardò l'amico, con le mani affondate nei jeans logori, una maglietta verde bottiglia a maniche corte e i capelli che iniziavano ad aver bisogno di un taglio. Sembrava imbarazzato e a disagio.

“Ciao” esitò, le cose erano diventate molto strane e tese tra di loro, quasi come quando lui si era messo con Lavanda Brown.

“Ti disturbo?” Domandò, indicando il libro col mento. Lei lo chiuse di scatto, mettendolo da parte e alzandosi in piedi.

“Dimmi tutto” lo incoraggiò, mettendo su il sorriso migliore che avesse.

“Ah...sono venuto a scusarmi per il mio comportamento di queste ultime settimane. Sono un idiota, lo sai. Non intendevo dire quelle cose alla festa. Ero ubriaco e i miei fratelli...” sospirò senza concludere la frase. Sapeva bene quanto Ron avesse problemi coi maggiori. Tutti i figli dei Signori Weasley erano speciali, dotati, intelligenti e qualcuno molto affascinante. Ron era sempre stato quello mediocre, l'amico di Potter, quello che non eccelleva in niente e veniva notato solo per la sua amicizia con il Prescelto. Le cose erano cambiate dopo la guerra, ma tutti i suoi fratelli lo mettevano ancora in difficoltà. Fred e George in particolar modo. Loro erano i più vicini a lui d'età, ma non lo avevano mai veramente accettato nel loro circolo ristretto. Erano fratelli e si volevano bene, ma Ron era escluso dal loro club, dai loro scherzi, tranne come vittima, e lo facevano sempre sentire un inetto.

“Lo so...credo di doverti delle spiegazioni” sospirò Hermione. Avere dei segreti con il suo migliore amico non le piaceva affatto.

“Non so se sono pronto” scherzò lui, grattandosi la nuca.

“Tranquillo non è come pensi. Non abbiamo una storia” lo rassicurò, anche se non ne era proprio sicura. Dopo tutto la sera seguente sarebbe andata a cena fuori con George. Gli fece segno di accomodarsi accanto a lei e per una mezz'ora gli parlò di tutto quello che stava succedendo nella sua vita. Ron la guardava incredulo ed emetteva dei versi strozzati o delle esclamazioni poco lusinghiere a seconda di quello che lei stava dicendo. Spiegargli che aveva salvato Fred, fu la parte più difficile. Non capiva perché ma dirlo ad alta voce, sembrava quasi che esponesse i suoi sentimenti davanti a tutti. Lui rimase basito. Quelle informazioni non erano qualcosa che potesse aspettarsi. Fece qualche domanda, ma per lo più ascoltò in silenzio, riflettendo.

“Dovresti andare al San Mungo” fu il suo responso finale.

“I tuoi fratelli non vogliono venire” sospirò lei.

“Allora vai tu da sola. Intanto parti da lì” la incoraggiò. Adesso che sapeva come stavano le cose sembrava un po' più propenso alla ragionevolezza. Le sembrò di avere nuovamente il suo migliore amico accanto. Ovviamente non gli aveva raccontato degli sviluppi di quel giorno, non era pazza e non servivano a niente, se non a fargli del male.

“Penso che lo farò. Ormai non ho molte altre alternative e partirò presto per la scuola. Se stare qualche ora lontana da loro mi fa quest'effetto, temo quando sarò a Hogwarts>> Ron sembrò a disagio, si agitava nervosamente al suo fianco.

“Forse dovresti chiedergli di venire con te” fu difficile per lui dirlo, ma vedeva quanto l'amica soffrisse.

“A Hogwarts?!” Esclamò incredula.

“Sì, mamma sarebbe la persona più felice del mondo” ridacchiò al pensiero. Hermione non ci aveva mai pensato, ma non credeva che potesse funzionare. Avevano un'attività troppo proficua per pensare di lasciare tutto e tornare a scuola. Non gli serviva un diploma, avevano già tutto quello che potevano desiderare.

“Ce li vedi i tuoi fratelli a chiudere tutto e venire a scuola con me?” Chiese, scettica.

“In realtà no. Ma non si può mai sapere, magari ne convinci solo uno, non sarebbe abbastanza?” Ron sembrò molto ragionevole. Convincerne uno. Era strano pensare che si potessero dividere, anche se per un breve periodo. Poteva convincere George? Sicuramente Fred le avrebbe riso in faccia. Soprattutto col ritorno di Alyssa.

“Ron, basta parlare dei tuoi fratelli, ho la testa che mi scoppia” si lamentò, cercando di portare la conversazione verso altri argomenti, magari più felici. Purtroppo lui non aspettava altro.

“In realtà ero venuto a chiederti una cosa, prima di ricevere un resoconto dettagliato della tua vita privata” si voltò a guardarla. Alla luce tenue dell'incantesimo sembrava molto pallido e sudato.

“Spara”disse, mettendolo a suo agio con un gran sorriso. Lui aggrottò le sopracciglia, come se quel termine non gli fosse proprio gradito.

“Pensavo che magari ti andasse di uscire con me. Mi sono reso conto che ti ho data per scontata, così come una possibile relazione tra di noi, così volevo rimediare” aveva sparato. Hermione guardò il suo migliore amico e non riuscì a credere alle sue orecchie. Credeva di aver chiarito quella situazione e invece lui ci pensava ancora.

“Ron...io pensavo di averti detto che non provo niente per te” iniziò cauta.

“Lo so! Però tu mi piaci tantissimo e non voglio partire per l'addestramento senza averci almeno provato come si deve. Un appuntamento e se alla fine non vorrai ancora stare con me, giuro che saremo solo amici” le tese la mano come in un accordo. Pensò a Fred e a George e si sentì in colpa, ma quello era Ron. Si conoscevano da una vita, avevano affrontato la morte mille volte insieme, non poteva negargli niente. Strinse quella mano sudaticcia e si costrinse a sorridere.

“Però possiamo fare sabato sera? Devo prepararmi per l'incontro di venerdì questa settimana” sperò che lui se la bevesse.

“Certo! Sarà un appuntamento bellissimo, vedrai!” Esclamò lui felice. Si alzò in piedi e quasi saltellando si avviò verso la Tana, lasciandola sola. Hermione si accasciò contro il tronco dell'albero, sentendo la corteccia scavarle la pelle scoperta delle spalle e della schiena. Uscire con due fratelli, nella stessa settimana, non era affatto una buona idea. Se Ron avesse scoperto di George sarebbe scoppiato il putiferio. Gemette, affondando la faccia tra le mani. Come era passata dall'essere la persona meno desiderata sulla faccia della terra ad avere due appuntamenti in una settimana?

“Non siamo ancora usciti e già mi tradisci?” la voce di George la fece sobbalzare di paura. Il ragazzo uscì dalle ombre del giardino in tuta. Indossava un paio di pantaloni neri e una maglietta bianca bucherellata per il troppo uso.

“Da quanto sei lì?” Chiese col cuore che le galoppava in petto.

“Abbastanza da aver sentito dell'appuntamento con Ron” quando arrivò alla luce, vide che non sorrideva. Sembrava abbastanza irritato.

“George, ho dovuto accettare di uscire con lui. Non potevo negarglielo, ma non c'è niente tra di noi. Almeno da parte mia” lui inclinò la testa di lato.

“Sì, lo so. Non sono arrabbiato con te” però lo era con qualcun altro, su quello lei non aveva alcun dubbio.

“Che è successo?” Chiese, allungando una mano verso di lui. George la strinse tra le sue, ma non lasciò che trapelasse alcun che.

“Oh niente di che ho appena litigato con Fred. Questa cosa succede troppo spesso ultimamente” sospirò.

“Per colpa mia” non era una domanda.

“Come sei egocentrica, Granger. Stare con noi ti fa male” scherzò lui.

“Probabilmente sono stata infettata dalla vostra stupidità” gli accarezzò il dorso della mano col pollice, sentendo solo il calore del suo corpo.

“Sei sempre stata un po' tarda...” ridacchiò lui quando le gli diede una spinta con la spalla.

“Perché mi hai chiesto di uscire?” Gli chiese, cambiando argomento. George la scrutò attentamente per qualche istante, valutando attentamente cosa dire.

“Mi sembrava brutto saltarti addosso senza almeno offrirti una cena” se ne uscì, riacquistando un po' della sua sfacciataggine. Hermione scoppiò a ridere. Il suono riverberò nelle ossa di George.

“Che gentil uomo!” Ridacchiò lei. Sapeva benissimo che non era quello il motivo. Neanche lontanamente.

“Perché hai detto di sì?” In realtà lui non si era aspettato che lo facesse. Hermione avrebbe voluto dire che non lo sapeva o che aveva accettato perché non voleva pensare a Fred, ma non sarebbe stata interamente la verità.

“Perché non avevo un motivo per dire di no” fu la sua risposta. George non parve del tutto soddisfatto.

“Te ne posso dare un centinaio se vuoi” sussurrò, quasi impercettibilmente.

“Anche io” George la guardò corrucciando la fronte.

“Hermione non devi pensare neanche un minuto di non essere desiderabile” esclamò, a voce più alta del previsto. Lei sorrise dolcemente scuotendo la testa ricciuta.

“Non lo penso. Direi che stamattina i tuoi pensieri erano abbastanza chiari” lo prese in giro.

“Anche i tuoi” ghignò, ricordando la marea di sensazioni che lo aveva travolto.

“Quindi di cosa ci preoccupiamo?” Chiese. Sentì chiaramente la risposta venire dal legame con lui.

“È alto, muscoloso, rosso di capelli, e mi somiglia abbastanza, anche se è decisamente quello più stupido dei due” ironizzò George.

“Ci manca qualcosa senza di lui, vero?” Hermione lo sentiva chiaramente. George era un ottimo sostituto e stargli vicino era piacevole, ma non era lo stesso che con Fred. Lui era quello che li univa. Senza di lui era come se mancasse un pezzo del puzzle proprio al centro.

“Sì, credo sia abbastanza ovvio per entrambi” lui le sorrise mestamente. Hermione non riuscì a trovare niente da replicare. George sapeva tutto senza bisogno di spiegare, perché lo sentiva chiaro e tondo.

“Sei legata a lui e attraverso di lui a me, ma non è lo stesso” aggiunse, come se parlasse con se stesso ad alta voce.

“Temo di sì” sospirò profondamente abbattuta.

“Questo non mi impedirà di saltarti addosso domani sera” le disse, tornando a sorridere, come niente fosse. Hermione gli sorrise, ma quando lui rientrò non lo seguì dentro. Aveva bisogno di respirare un po'. Scivolò a terra, rannicchiandosi su se stessa, con le ginocchia strette al petto e il cuore in subbuglio. Lasciò che le lucine si spegnessero, rimanendo nell'oscurità della notte. Il buio non l'aveva mai spaventata, anzi si sentiva accolta dalle sue braccia tenebrose, come in una culla di silenzio armonioso. Il terreno era umido sotto di lei e l'albero ruvido dietro la sua schiena. Due sensazioni rassicuranti, che le davano solidità, la rendevano viva. Si rialzò a fatica e osservò la forma improbabile della Tana, con quei piani in più aggiunti magicamente e la sua struttura traballante. Pareva che dovesse schiantarsi al suolo da un momento all'altro solo se il vento avesse spirato più forte. Le faceva pensare a se stessa. Voleva entrare, ma qualcosa la spinse nella direzione opposta. I suoi occhi si erano ormai abituati all'oscurità e riuscivano a vedere abbastanza da ritrovare il sentiero. Percorse quella strada quasi di corsa, coi piedi che saltavano istintivamente i sassi o i rami caduti, qualche buca nascosta. Per qualche motivo il cuore le batteva forte in petto, galoppando al ritmo coi suoi passi. Si sentì come quando era braccata dai Ghermidori, solo che ora non scappava da niente. L'istinto la condusse al lago. Se ne accorse solo quando il rumore dei suoi passi che battevano il terreno cambiò. Si trovò sul pontile a guardare la distesa d'acqua scura su cui si rifletteva la luna. Tutto intorno a lei i grilli frinivano e le rane gracidavano indisturbate. La sua presenza non aveva disturbato gli animali. Guardò l'acqua, immobile, guardò nella notte e si spogliò completamente. Gli abiti caddero a terra l'uno dopo l'altro. Hermione, nuda ed esposta alla brezza notturna si gettò nel lago, lasciando che le acque abissali la sommergessero. L'impatto le tolse il fiato e la raggelò fino nel midollo. Riemerse sentendosi libera. Fece qualche bracciata per riscaldarsi e alla fine rimase a galleggiare sulla superficie, chiudendo gli occhi. Così sospesa si sentì senza peso, un granello di sabbia sospeso tra cielo e terra, insignificante nel grande schema della vita. La sua esistenza confrontata con la forza degli elementi cos'era se non nullità? Poteva rimanere lì, magari scomparire per sempre, lasciare che il mondo la inghiottisse, che l'eternità la trascinasse al largo, senza più preoccuparsi di niente. Magari qualcuno avrebbe pianto, qualcuno l'avrebbe cercata, ma sapeva bene come scomparire. Hermione Granger poteva diventare solo un ricordo lontano. Le sembrò un'idea meravigliosa, così allettante da far male.

Crack! Sentì il rumore di una smaterializzazione e si affrettò ad immergersi. Sulla riva del lago c'era una figura scura che si guardava attorno, apparentemente confusa. Notò i vestiti a terra e si chinò a raccoglierli. Hermione si maledisse per aver lasciato la bacchetta sulla riva. L'adrenalina le pompava nelle vene rendendola lucida.

“Hermione!” La voce di Fred la lasciò basita.

“Fred?” domandò alla figura che teneva in mano il suo vestito. Lo vide camminare in fretta fino alla fine del pontile, localizzandola.

“Che stai facendo?!” Tuonò, come se fosse sconvolto.

“Nuoto” fu la risposta che venne da un punto imprecisato. La vide nuotare lentamente verso di lui a rana.

“Nuoti? Allora perché io sono qui?” Esclamò facendo un gesto con il braccio per indicare il lago.

“Che ne so, dovrei chiederlo a te” replicò, ora era abbastanza vicina perché la luna gli mostrasse la sua figura. Era bagnata fradicia, coi capelli lisci gettati indietro e il trucco lievemente sbavato sotto gli occhi. Una parte della sua mente registrò immediatamente che non portava il reggiseno e neanche le mutandine a giudicare dagli indumenti che aveva raccolto.

“Sei tu che mi hai trascinato qui” l'accusò contrariato, sedendosi sul bordo del pontile.

“Come sarebbe a dire?”

“Ho sentito che avevi bisogno di me e mi sono trovato qui smaterializzandomi” le spiegò, anche se era un po' imbarazzato dalla cosa.

“Di te? Stavo solo nuotando” protestò con una nota di disprezzo nella voce. Era ancora arrabbiata.

“Puoi uscire così ne parliamo?” Chiese lui.

“Voltati e passami i vestiti” gli intimò. Roteando gli occhi fece come aveva chiesto. La sentì armeggiare un po' e poi apparve nel suo campo visivo. Il vestito le stava incollato alla pelle come se vi fosse dipinto sopra, senza fare niente per nascondere che non portava il reggiseno. Fred dovette costringersi a guardarla negli occhi.

“Perché sei qui?” Gli chiese, incrociando le braccia sul petto.

“Te l'ho detto! Ho sentito che qualcosa non andava e mi sono trovato qui” insistette spazientito.

“Non ho bisogno di te, puoi andare” lo congedò con un gesto della mano.

“Ah no? Allora cosa stavi facendo in acqua?” Non aveva alcuna intenzione di farsi scacciare come una mosca fastidiosa.

“Pensavo ai fatti miei” i suoi occhi dardeggiarono ovunque tranne che sul suo volto.

“Pensavi che sarebbe stato bello sparire” l'accusò. Vide Hermione indietreggiare spaventata.

“Che ne sai?”

“La tua tristezza era così forte che ti ho sentita da miglia di distanza, per questo assurdo legame che abbiamo” ringhiò.

“No, funziona solo se mi tocchi”

“Evidentemente non è così!” Replicò, esasperato.

“Maledizione!” Esclamò sbattendo un piede a terra, piena di frustrazione. Fred la guardò divertito da quella reazione.

“Senti se hai bisogno di parlarne io ci sono...” non riuscì a finire la frase che lei lo fulminò con lo sguardo.

“Ci sei per me? Sei serio? Ma fammi il piacere” sbottò. Era stanca di fare la persona educata che ingoiava il rospo e basta. Aveva provocato lei quella situazione, ma non era disposta a sopportare le stronzate di nessuno, tanto meno di Fred Weasley.

“Hey ci sono sempre stato per te in questi mesi. Ti ho dato un lavoro e mi sono prestato a questo legame. Ti sono stato sempre vicino quando sbroccavi senza mai lamentarmi” anche lui si stava arrabbiando. Non era disposto a sentirsi denigrare per qualcosa che non aveva né voluto né sperato.

“Ma fammi il piacere! Ti ho dovuto costringere e non dirmi che dandomi un lavoro ci hai rimesso! Ti farò guadagnare più soldi di quanti ne riuscirai a spendere, dannato ingrato!” Tuonò. Rinfacciarle quelle cose era stato da vero stronzo.

“Non mi hai costretto a fare niente, mi hai solo imposto un legame che non ti avevo chiesto! Pensi che sia facile avere anche te nella mia testa? Pensi che sia divertente sapere che senza di me gli incubi torneranno a tormentarti? Pensi che mi diverta a farti vedere tutto quello che provo e penso e a venire trascinato qui nel mezzo della notte, mentre ero in compagnia?!” Hermione lo guardò ansimare. Erano molto vicini, e lui la guardava dall'alto con gli occhi sgranati e una vena del collo che pulsava pericolosamente.

“Ti ho...” stava per urlargli che gli aveva salvato la vita, ma non riuscì ad aprire bocca.

“Cosa?!” Urlò Fred, esasperato. Lei si morse un labbro e lui la toccò. Una valanga di immagini si accavallarono nella sua mente. C'era Olivander che diceva qualcosa sul legno della bacchetta di Hermione, Ginny che la ringraziava tra le lacrime, Harry che la stringeva forte e poi lui. Ovunque c'era la sua faccia, col suo sorriso sghembo, o la sua risata divertita, persino qualche espressione rattristata o concentrata. Si accorse che erano immagini di quando andavano a scuola e ne rimase sconvolto. E sopra a tutto, forte come un urlo c'era il ricordo di quella notte. Fred lo vide e vi si aggrappò forte, ma lei lo scacciò con forza dalla sua mente. Lo respinse mettendoci tutta la volontà che possedeva.

“Stai fuori dalla mia testa!” La sentì urlare mentre gli puntava le mani sul petto per scostarsi dalla sua presa. La lasciò andare e vide che stava trattenendo le lacrime.

“Cosa cazzo nascondi?!” Era affannato e gli era venuta l'emicrania nello sforzo di resistere.

“Tu cosa nascondi!” Lui fu spiazzato da quelle parole. Era stato un legame a doppio filo e non se ne era accorto?

“Niente” colto di sorpresa la rabbia era scemata.

“Ah no? Questo allora cos'è?” Lei gli toccò il polso e lui precipitò nel ricordo di lui e George che discutevano poche ore prima. C'erano solo degli spezzoni, niente di troppo compromettente, ma sentì chiaramente la voce del gemello accusarlo.

“Lo sono eccome. Se tu sei un codardo non significa che lo sia anche io” e il suo nome che veniva ripetuto una decina di volte. Si maledisse per essere stato così idiota. Ovviamente mentre lui scavava nei suoi ricordi lei non era rimasta immobile a subire. Doveva imparare l'Occlumanzia come si doveva.

“Un segreto per un segreto, Granger” sapeva che lei si sarebbe tirata indietro, che non avrebbe affrontato quella conversazione, invece rabbrividì e alzò il mento in segno di sfida.

“Benissimo, accomodati” spalancò le braccia magre e rimase così a guardarlo, aspettando. Fred sentì il cuore battergli a mille nel petto.

“Voglio vedere tutto, Hermione” l'avvertì.

“Credo che sia il momento di mettere in tavola tutte le carte” disse lei. Era stufa di tenere quel segreto, stufa che lui usasse quella carta per nascondersi.

“Se ora guardi questo ricordo Fred, dopo le cose saranno diverse tra di noi. Non potrai negarmi niente di quello che voglio sapere” lui esitò. Hermione non stava bluffando, era seria.

“Cosa intendi?” Lei sospirò.

“Se ora guardi questo ricordo, io non sarò più Hermione. Non sarò più la ragazzina che anche se ha salvato il mondo, tu non vedi come un'eroina, ma come l'insopportabile so tutto io che il primo anno si è quasi fatta uccidere da un troll. Ci saranno delle conseguenze” lo avvertì. Poteva vedere le lacrime nei suoi occhi e non ne capiva il motivo.

“Mi stai spaventando” le disse, ritirandosi un po'.

“Non voglio che il nostro rapporto venga influenzato da questo ricordo. Voglio che...”

“Ho capito. Non lo guarderò finché non sarai pronta a condividerlo con me” le disse. Inaspettatamente Hermione scoppiò a piangere. Non fu un pianto isterico, ma grosse stille iniziarono a caderle dagli occhi, come grosse lacrime di luna argentea. Era un pianto inquietante e suggestivo da osservare. Lei era solo una figura ammantata di oscurità, rischiarata dalla luce degli astri, che creavano un dualismo mistico. Era fragile e spaventata, ma si rifiutava di cedere al dolore, trattenendo i singhiozzi. Fred non riuscì a evitare di prenderla tra le braccia e stringerla forte. Gli sembrò naturale. Lei aveva bisogno di lui e benché fosse furioso con lei, ferito e spaventato dal motivo per cui si trovava lì, non poteva negarle il conforto di un abbraccio. Hermione si lasciò stringere, aggrappandosi alla sua schiena con le sue mani esili. Quando lui la toccò sentì il sospiro profondo di sollievo che la percorse ma anche il dolore che la dilaniava. Aveva creduto che la sua presenza le facesse bene, aveva creduto di poterla aiutare, ma forse non era abbastanza.

“Parlami, dimmi cosa c'è che non va” la incoraggiò. Lei lo strinse ancora di più e lasciò andare. Fred si trovò a sentire ogni emozione di lei e ne fu sopraffatto. Hermione provava troppe cose, alcune indescrivibili, altre così nitide da far paura. Vide i suoi incubi che la perseguitavano ogni notte e il sollievo di sapere che c'era un modo per cacciarli, la paura perché quel modo era un ragazzo che non poteva portare sempre con sé, un ragazzo che era sempre stato indifferente nei suoi confronti e ora si trovava costretto a condividere un legame che non aveva chiesto. Vide molte cose legate a se stesso, molte paure di lei, alcune non le comprese a pieno, ma si sentì sconfortato. Poi arrivò George, che la invitava ad uscire e lei che pensava che fosse il suo modo di scappare da Angelina, che non gli importasse veramente di lei, ma che l'aveva aiutata. Ron fu il successivo. Con lui la paura di deluderlo, di perderlo, di ferirlo e illuderlo insieme. Sentì che lei non lo amava e mai lo aveva fatto, ma che gli voleva bene come un fratello, forse anche di più ma che non poteva essere quello che lui desiderava senza tradire se stessa. Vide i genitori di lei, la paura di non ritrovarli, di averli persi per sempre, perché aveva fatto una scelta, la più dolorosa e loro non sapeva se l'avrebbero mai perdonata. E altre mille cose. Gli girava la testa. Come faceva una persona così piccola a contenere tutte quelle cose? Come poteva una ragazza così fragile essere anche indistruttibile? La strinse più forte e lasciò che tutti i suoi sentimenti fluissero attraverso di lui. Le mormorò parole dolci all'orecchio, qualcosa di stupido e banale, qualche frase di circostanza che non aveva alcuna importanza. Lo fece con un tono basso e cantilenante, perché sapeva che l'avrebbe tranquillizzata. Alla fine lei si scostò, con i grandi occhi rossi per il pianto e lo guardò. Fred sentì che gli scavava nell'anima, che lei si aspettava un eguale livello di apertura e sincerità. Avrebbe voluto accontentarla, avrebbe voluto mostrarle tutti i suoi demoni, ma il terrore che lo giudicasse e lo trovasse rivoltante gli fece scuotere la testa, mestamente. Hermione si irrigidì e lasciò che le braccia le ricadessero lungo i fianchi, inerti. Fece un passo indietro, mettendo tra di loro abbastanza distanza perché non potesse toccarla e sorrise triste.

“Addio Fred” furono le ultime parole che gli disse, prima di girarsi e incamminarsi nell'oscurità. Lui rimase su quel pontile da solo, chiedendosi perché fosse così idiota, come aveva potuto tirarsi indietro a quel modo, quando lei si era lasciata guardare dentro nelle sue paure più profonde. Mentre guardava il punto in cui Hermione era scomparsa, capì che lei non lo avrebbe più cercato, che da quel giorno l'avrebbe bandito dal suo cuore e che la colpa non era altro che sua.

Note: salve a tutti, sono tornate dai miei quattro giorni in montagna con un nuovo capitolo! Spero che vi piaccia, anche se quando ho scritto questa cosa ero in uno stato d'animo un pò strano e credo che si capisca abbastanza bene...

Comunque sabato è il mio compleanno e sto organizzando una festicciola, quindi io spero di riuscire a pubblicare normalmente, in caso contrario lo farò domenica pomeriggio. Non la mattina perchè sarò a riprendermi dai festeggiamenti! 

Spero che vi piaccia la storia e che abbiate la bontà di farmelo sapere. Devo dire che la mancanza di commenti mi preoccupa alquanto.

Un bacio a tutti!

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Capitolo 11
*** L'appuntamento ***


Ginny stava saccheggiando l'armadio di Hermione, gettando all'aria tutti i suoi vestiti ordinatamente ripiegati, lamentandosi a gran voce per il fatto che si vestiva come una suora e che non aveva alcuna intenzione di farla andare ad un appuntamento conciata a quel modo. Hermione era appollaiata sulla scrivania sotto la finestra e guardava l'amica, imprecare, inveire e lamentarsi. La divertiva un mondo quella scena. Quando le aveva detto che sarebbe uscita con George era rimasta sorpresa, ma poi aveva iniziato a urlare di felicità.

“Ho sempre sognato che ti prendessi uno dei miei fratelli! Non credevo sarebbe stato George, ma va bene lo stesso! Diventeremo sorelle!” Aveva ululato, col rischio di farsi sentire da tutta la casa.

“Noi siamo già sorelle, non devo sposare un membro della tua famiglia per esserlo” le aveva detto, suscitando nella rossa un eccesso di baci e abbracci.

“Sì ma se sposerai George almeno sarò sicura che sarai veramente mia sorella per sempre!” Aveva replicato, iniziando a cercare vestiti nell'armadio che dividevano.

“Non lo sposerò! Andiamo solo a cena fuori” puntualizzò. Non pensava che avrebbe mai potuto sposarlo. Però Ginny sembrava convinta di sì.

“Invece sì, lo obbligherò a farlo! Se non lui allora Fred, Ron o Charlie!” Le propose. Sembrava una vendita per corrispondenza. Hermione ridacchiò allegra.

“Con Ron esco sabato sera” le disse. Ginny strabuzzò gli occhi verdi.

“Oh Hermione io ti adoro! Quando uscirai con Fred e Charlie?” Domandò ridendo della sua espressione scandalizzata.

“Sei tremenda”

“Oh provali tutti prima di sceglierne uno! Fai bene non si compra il primo vestito che si prova! Brava! Anche se credo che uscire con Ronald sia una perdita di tempo” commentò pensierosa.

“Non è che li voglio provare tutti, ma non potevo dire no a Ron. Mi sarei sentita in colpa” spiegò. Ginny ci pensò un momento poi annuì.

“George lo sa?”

“Sì, ci ha sentiti parlare, ma ha capito che per me non significa niente” l'amica le lanciò uno sguardo penetrante.

“Invece George cosa significa?” Le sue domande erano sempre mirate in modo da far vacillare Hermione. Non si poteva nascondere niente alla più giovane dei Weasley. Sembrava aver ereditato tutte le caratteristiche migliori dei fratelli e genitori. Quel dannato acume sarebbe stato meglio evitarlo però.

“Non ne ho idea” sospirò lei, ripensando alle cose che si erano detti la sera prima.

“Ah e...Fred?” Ginny lo disse esitando, come se sapesse che nominarlo era pericoloso. Hermione le raccontò di quello che era successo, cercando di spiegarle cosa era stato per lei mostrargli le sue paure. Le disse della delusione immensa che aveva provato quando lui non si era neanche azzardato a fare lo stesso. Ginevra ascoltò tutto concentratissima, facendo domande abbastanza complicate.

“Non ho capito una cosa. Tu gli hai detto che lo ami?” Domandò a bruciapelo alla fine. Hermione sobbalzò, quasi avesse preso la scossa.

“Amarlo? Io non...non lo amo” balbettò in preda al panico.

“Ah no? Quindi gli hai aperto il tuo cuore ma non hai detto che ti piace né che gli hai salvato la vita” concluse l'altra, scartando un vestito bianco con disgusto.

“Non voglio che per lui cambi quello che sono. Deve volermi a prescindere da quello che ho fatto per lui, non in base a quello. Se glielo dicessi ora e poi lui volesse stare con me, mi chiederei per sempre se è solo perché si sente in debito” spiegò, avendo finalmente fatto pace con quei sentimenti. Ginny ci pensò un po', passando ad esaminare anche i suoi vestiti.

“Credo che sia una stronzata. Harry mi ha salvato la vita, ma non lo amo solo per quello” concluse.

“Tu lo amavi già prima!” Protestò Hermione.

“Non è così. Prima io...era come un vip, ma non lo amavo. Quello che provo per Harry ha radici profonde ed è fatto di molte cose. Ovviamente anche il fatto che mi abbia salvato la vita o che abbia salvato Ron o mio padre ne fanno parte. L'amore è più complesso di come pensi tu, ha molti strati” spiegò l'altra, con la sua espressione da vecchia saggia. Hermione la detestava quando faceva così.

“Metti che io fossi grassa, molto grassa e mi piacesse un ragazzo. Non vorrei che si mettesse con me dopo essere dimagrita, perché saprei che non mi ama per come sono dentro ma per come appaio” ribatté Hermione, decisa a non darla vinta all'amica. Quella ridacchiò, evidentemente impegnata a immaginarsela obesa.

“Hermione, sei veramente una stupida. Fred non ti vedrà diversamente dopo aver saputo che gli hai salvato la vita, né vorrà stare con te per quello. Sono stupide paure che ti impediscono di essere sincera con lui” Ginevra le lanciò un vestito verde, con lo scollo a cuore e la gonna ampia.

“Quindi vorresti che gli dicessi che l'ho salvato ed è colpa di quello se ora siamo legati?” Domandò adocchiando l'abito scettica.

“In un mondo ideale sì. Ma so che sei orgogliosa e che lui ti ha ferita troppo ieri, sia con la storia di Alyssa che con quella del molo, per non parlare del letto” le riprese il vestito storcendo il naso.

“Quindi?” Domandò spazientita.

“Quindi esci con George e goditelo. Sono sicura che una storia non troppo seria ti farà solo bene” le strizzò l'occhio e lei si sentì avvampare.

“Che intendi?”

“Oh andiamo. Tu non ami lui e lui non ama te, mi pare ovvio. Però vi piacete, siete giovani, legati per colpa di Fred, e c'è una certa intesa tra voi. Magari non sarà l'amore della tua vita, ma può essere divertente e istruttivo, se riuscirai a lasciarti andare” non c'era bisogno di aggiungere altro. Hermione capì perfettamente e sentì la faccia andare a fuoco. Ginny scoppiò a ridere davanti alla sua espressione scandalizzata.

“Andiamo, prima di Harry ho fatto un po' di pratica, anche se non sono mai andata fino in fondo. È divertente e piacevole. Inoltre George è identico a Fred, il che dovrebbe essere un vantaggio per te” scherzò l'altra rincarando la dose.

“Sei un mostro. Vivere con i gemelli ti ha provocato dei danni irreparabili” commentò Hermione che non sapeva se ridere o gettarsi dalla finestra.

“Probabile. Comunque dobbiamo andare a fare spese. Non hai niente di adatto” sentenziò. C'era il caos attorno a loro. Ovunque erano gettati abiti alla rinfusa, coprendo ogni superficie disponibile. Hermione diede un colpo di bacchetta e quelli schizzarono dentro l'armadio ordinatamente.

“Quello rosso?” Domandò.

“L'hai messo per la festa, ti serve qualcosa di nuovo” Hermione sospirò. Si poteva permettere tutto quello che voleva, i soldi non erano un problema. Dopo aver sconfitto Voldemort le erano piovuti addosso galeoni a palate come ricompensa. Inoltre usare la sua immagine per le Cioccorane era molto redditizio. Se ci si aggiungeva anche il lavoro in negozio che non era più sicura di avere, Hermione se la passava bene.

“Come vuoi, andiamo a fare spese allora” si convinse. Le due ragazze girarono per Londra sbirciando le vetrine dei negozi più prestigiosi, provandosi abiti improbabili e ridendo complici. Ginny guardava le vetrine sfavillanti della Londra babbana come una bambina in un negozio di giocattoli. Si lasciava ammaliare dai manichini alla moda, dalle luci sgargianti, dalle commesse gentili. Ogni cosa per lei era una novità. Sua madre le comprava sempre abiti di seconda mano in qualche mercatino dell'usato e benché i suoi vestiti fossero della misura giusta a differenza di quelli dei fratelli, non aveva mai avuto qualcosa di nuovo. Fu così che Hermione decise di regalarle un vestito, in uno slancio di affetto per quella ragazza sempre pronta a sostenerla in ogni circostanza. Decisero che le grandi marche erano troppo care per loro e si rifugiarono ai grandi magazzini. Ginny sbavò letteralmente su qualsiasi cosa le capitasse a tiro, con grande divertimento di Hermione.

“Prova quello nero!” La incoraggiò la ragazza indicando un vestito un po' troppo audace per i suoi gusti. Lo indossò e quando si osservò nello specchio si sentì la donna più sexy del mondo. Il vestito le lasciava le spalle scoperte e aveva uno scollo a v molto profondo, tanto che si intravedeva il reggiseno. La schiena era altrettanto scoperta, quasi a lasciar vedere tutto, ma invece si fermava poco prima di diventare indecente e scendeva in una morbida gonna lunga, che le ricadeva morbida fino a poco sopra il ginocchio.

“Con quello gli verrà un infarto!” commentò Ginny con gli occhi sfavillanti. Hermione ridacchiò e decise che poteva fare una follia per una volta. L'amica decise di comprare qualcosa di altrettanto provocante. Acquistò un vestito verde smeraldo, del colore degli occhi di Harry, che le stava come una seconda pelle addosso. Era di taglio semplice, ma di seta, così che sembrava un serpente sensuale e pericoloso. Hermione la guardò ammirata.

“Credo che a Harry prenderà un colpo”

“Quello sarebbe lo scopo” le strizzò l'occhio l'altra. Andarono a bere un caffè in un bar e Hermione insistette per farle assaggiare il cappuccino. Ginny lo amò e si mangiò una ciambella coperta di glassa rosa confetto.

“Devo dire che i babbani sono proprio incredibili. Inventano cose meravigliose” sospirò la ragazza osservando il menù infinito di Starbucks.

“Suppliscono alla mancanza della magia con molta inventiva e capacità di adattamento” rispose Hermione, ridacchiando tra sé. Spesso si domandava se l'amica vedesse il mondo babbano come lei quello magico.

“Quel barista è anche figo” le fece notare Ginny, strizzando l'occhio a un ragazzo alto e bruno, che sembrava di origini Mediterranee.

“Sei incorreggibile. Due minuti fa mi volevi vendere uno dei tuoi fratelli e ora fai la scema col barista?”

“Mica ho detto che è per te! Tu devi sposare uno dei miei fratelli” rise. Hermione le invidiò quella sicurezza di sé, quella disinvoltura. Era tipica dei gemelli e anche di Bill e Charlie. Ron e Percy invece erano un po' insicuri.

“Sei tremenda. Se non amassi Harry avrei paura per tutti i ragazzi di Hogwarts”

“Ah mi sono accasata troppo presto! Avrei dovuto fare come i miei fratelli e divertirmi di più, invece quel dannato occhialuto è piombato nella mia vita e mi ha fregata” Ginny rise felice, con gli occhi che sprizzavano amore. Era invidiabile tanta felicità in una persona.

“Non sei preoccupata per la lontananza?” Le chiese.

“Preoccupata perché penso che uno dei due potrebbe fare qualcosa di stupido? No, ma perché sentirò la sua mancanza e l'ho già sentita troppo a lungo” sospirò un po' più malinconica.

“Mi dispiace, Ginny”

“Non preoccuparti, ha detto che verrà a trovarmi ogni fine settimana a Hogsmead” scrollò le spalle come a scacciare la malinconia. Ginny non era il tipo che si facesse abbattere dalle avversità, né una ragazza tendente alla malinconia. Portava sempre molta gioia nelle vite di coloro che amava e che la ricambiavano.

“Sei molto fortunata” sospirò Hermione bevendo un sorso di cappuccino.

“Lo sarai anche tu. Devi solo tenere duro per un po', come ho fatto io” la incoraggiò l'altra. Era bello passare il tempo con l'amica e godersi un pomeriggio tra donne. La faceva sentire più leggera. Nella sua vita non c'era mai stato posto per i drammi amorosi, ma ora sembrava che non facesse altro che struggersi per un ragazzo idiota o preoccuparsi dei sentimenti di tutti gli altri. Era sfibrante e quella giornata di frivolezze era quello di cui aveva bisogno. Purtroppo l'ora di tornare alla Tana per prepararsi arrivò molto presto. Ginny l'aiutò a sistemare i capelli e a truccarsi, continuando a scherzare con lei. Insistette perché si mettesse i tacchi alti e una collana con un punto luce che le cadeva tra i seni. Ginny aveva fatto un incantesimo perché non si vedesse il reggiseno, anche se era ben presente a salvarla da qualche scivolone. Si chiese come facessero le donne babbane.

“Sei un capolavoro” sospirò alla fine.

“Ginny, gli sembrerò una ragazzina che gioca a fare la donna” si lamentò lei. Tutta la sicurezza di prima scomparsa.

“Proprio non capisci niente di uomini! Falla finita sei bellissima. Prendi il mio profumo” in quel momento bussarono alla porta e Harry mise dentro la testa.

“Ginny, c'è George. Non so quanto potrò trattenere Ron” lanciò un'occhiata all'amica e rimase senza parole. La fidanzata gli diede un nocchino scherzoso.

“Sei bellissima Herm. Ottimo lavoro piccola” diede un rapido bacio alla fidanzata e sparì.

“Ricordati che sei uno schianto e che il mondo è ai tuoi piedi stasera. Ce la puoi fare”le disse Ginny, come un coach prima di una partita importante. Hermione annuì e deglutendo tutto il nervosismo che sentiva accumularsi nello stomaco sgattaiolò al piano terra, cercando di fare meno rumore possibile. George l'aspettava ai piedi delle scale. Indossava una camicia bianca immacolata con sopra una giacca blu, senza cravatta e i pantaloni neri in tinta con le scarpe eleganti. Notò che aveva cercato di domare i capelli con scarsi risultati, ma quel ciuffo ribelle sulla fronte gli dava una nota sbarazzina confortante. Lui strabuzzò gli occhi quando la vide, incapace di credere a tanta bellezza. Il vestito le stava a pennello, stuzzicando la fantasia con un gioco di vedo e non vedo che lo fece immediatamente esultare internamente. Rimaneva sempre sorpreso dalla bellezza di Hermione, forse perché non era la sua qualità migliore, forse perché lei non era il tipo che la mettesse in risalto ogni giorno, ma quando lo faceva c'era da perdere la testa. Si era arricciata i capelli in morbide onde che aveva raccolto in un morbido chignon dietro la testa. Alcune ciocche le incorniciavano il volto finemente truccato. Aveva solo un po' di mascara, una linea sottile di eye liner e un po' di blush sulle guance. Niente rossetto, niente ombretti. Era semplicemente incantevole. George deglutì a vuoto un paio di volte e le porse il braccio per aiutarla a scendere gli ultimi scalini.

“Granger vuoi uccidermi” sussurrò, facendo uno sforzo immenso per guardarla in faccia.

“Si fa quel che si può” gli strizzò l'occhio complice e si avviò verso la porta.

“Mi pareva di averti detto che questa cena era un pretesto per saltarti addosso. Speravo che il tuo istinto di sopravvivenza ti facesse indossare un sacco di iuta” le disse, mentre la conduceva fuori.

“George, sono la ragazza che ha seguito Harry in ogni sua avventura, che ha creato l'ES, che ha accettato di uscire con te. Quanto istinto di sopravvivenza pensi che io abbia?” Lo prese in giro bonariamente. Lui si sentì ammaliato da lei, come non gli capitava da molto tempo.

“Possiamo saltare la cena?” Domandò tra il serio e lo scherzoso. Hermione rise, in quel suo modo cristallino.

“Sei sicuro che ci sarà un dopo cena? Non ti sei impegnato troppo, siamo ancora nel giardino della Tana” gli fece notare. Lui si riscosse, dandosi dell'idiota. Era uscito con ragazze più belle di lei, che gli prendeva? Era Hermione! L'aveva vista sporca di sangue, al mattino appena sveglia con le cispe e anche in lacrime. Doveva darsi una calmata o quella serata sarebbe stata un disastro.

“Ho prenotato in un posto assurdo” disse e le passò un braccio attorno alla vita, notando per la prima volta lo scollo vertiginoso che le lasciava scoperta la schiena. Chiuse gli occhi concentrandosi sulla loro destinazione. Non poteva distrarsi in quel momento o si sarebbero spaccati. La strinse più forte del necessario e saltarono.

 

Il luogo in cui atterrarono non era affatto un ristorante affollato ed elegante, come si era aspettata. Stavano su un tetto in piena Londra. Da lì poteva vedere il Big Bang, con il Palazzo del parlamento e il Tamigi che scorreva placido e sinuoso, illuminato da centinaia di piccole luci calde. Vedeva i ponti su di esso e alcune imbarcazioni che attraccavano, in ritardo per la cena. C'erano persone che brulicavano per le vie della città ma erano troppo lontane perché potesse distinguerne qualcuna. Quel tetto era sulla sommità di un palazzo abbandonato, eppure sembrava che almeno la terrazza fosse frequentata spesso. C'era un pergolato su cui era drappeggiata una pianta che non conosceva, ma che faceva dei meravigliosi fiori viola a grappolo e spargeva un delicato profumo nell'aria. Ad essa erano state appese lanterne bianche al cui interno vi erano delle piccole fiammelle rosse e blu. Nell'aria risuonava una lieve musica d'atmosfera che non riuscì a capire da dove venisse, per poi accorgersi che erano i fiori stessi a emanarla. Altre lanterne fluttuavano a mezz'aria attorno ad un tavolino per due. Vi era sopra una tovaglia candida e alcune pietanze nascoste da un vassoio con coperchio. Una bottiglia di vino fluttuava in un secchiello del ghiaccio lì vicino. Hermione rimase senza fiato.

“Ti sei veramente dato da fare” sussurrò incantata da quella magia. Vide George arrossire e tentare di riprendere il controllo.

“Direi che ho fatto bene” le scostò la sedia per farla accomodare e immediatamente la bottiglia di vino le riempì il calice.

“Non pensavo che potessi essere un tipo così romantico”

“Solo perché faccio il cretino non significa che non sappia come si tratta una donna come te” le disse bevendo un sorso di vino.

“Una donna come me?” Chiese Hermione divertita. Le piaceva quel gioco. Lui la stava corteggiando seriamente. La lusingava con ogni suo sguardo, con quelle attenzioni così dolci e delicate e flirtava. Si sentiva desiderata. Nessuno l'aveva mai fatta sentire a quel modo.

“Sì, incredibilmente bella, intelligente, forte, perseverante, col cuore più generoso che abbia mai incontrato e dannatamente sexy” George si passò la lingua sulle labbra e lei sentì un tremito scuoterle la spina dorsale. Ci sapeva proprio fare.

“Mi piace perseverante, è un aggettivo che non ho mai sentito nessuno attribuirmi” assaporò la parola mentre la pronunciava.

“Di tutte le cose che ho detto, ti sei concentrata su questa!” Esclamò lui divertito.

“Che vuoi? Lo sanno tutti che sono intelligente, e tutti possono dire che sono bella, anche se non mi ci sento, ma perseverante lo può dire solo qualcuno che mi conosca bene” spiegò compiaciuta. George alzò il bicchiere per fare un brindisi.

“Alla perseveranza” esclamò cozzando il vetro contro il suo bicchiere.

“A questa serata” aggiunse Hermione bevendo quel vino rinfrescante.

“Mangiamo, che ne dici?” Propose lui, estraendo la bacchetta e facendo arrivare le pietanze. Lei aveva legato la sua alla coscia destra, in alto in modo che non si vedesse spuntare dal vestito, ma a portata di mano. Si fidava delle doti di George come combattente, ma senza si sentiva nuda. Più nuda che con quel vestito addosso. Lui aveva preparato un menù che stonava totalmente con l'eleganza e la raffinatezza del luogo, ma che fece ridere Hermione. Fish and chips volarono nel suo piatto. Guardò l'altro che si strinse nelle spalle.

“Sono l'unica cosa che so fare” spiegò a mo di scusa. Le venne una gran voglia di alzarsi e baciarlo.

“Hai cucinato tu?” Non se l'era aspettato.

“Ovvio, altrimenti ti avrei portata in un ristorante, ma non avevo voglia di condividerti con altre persone” aveva sempre la risposta pronta. Ora capiva come facesse a sedurre tutte quelle ragazze. Non era solo il suo aspetto, ma George era un vero latin lover. Diceva sempre quello che volevi sentirti dire, al momento giusto e ti metteva a tuo agio. Mangiarono, con le mani, ridendo dell'assurdità della cosa. Era tutto squisito e la conversazione si mantenne su argomenti semplici e piacevoli. Lui evitò accuratamente di nominare uno qualsiasi dei suoi fratelli, tranne Ginny.

“Lo so che è la vostra preferita” scappò detto a Hermione senza rendersi conto di aver usato il plurale.

“Ginevra è la preferita di tutti, non si può non amarla” evitò quel proiettile con destrezza.

“Mi ha convinta lei a comprare questo vestito” gli confidò. Era già al secondo bicchiere di vino e si sentiva più disinibita.

“Dovrò mandarle dei fiori e un biglietto di ringraziamento” commentò lui, benedicendo la sorella che evidentemente lo amava molto.

“Mi sembra il minimo! Fosse stato per me avrei rimesso quello rosso”lui ricordava bene anche quel vestito.

“Lo adoro quel vestito. Saresti stata bellissima persino con un sacco di patate”

“Non esagerare! Senza Ginny comunque rischiavo di venire coi jeans e le scarpe da ginnastica”

“Altrettanto affascinante, ma forse più scomodi da togliere” la vide avvampare e bere un altro sorso di vino. Era tutta la sera che la stuzzicava e si divertiva a vederla in difficoltà. La sua innocenza era qualcosa di prezioso per lui. Se avesse detto una cosa del genere ad Angelina gli sarebbe già saltata addosso, ma lei no, rimaneva al suo posto. Lui capì che forse stava esagerando, ma aveva perso il controllo quando lei era scesa dalle scale con quel coso addosso. Lo stava logorando l'interrogativo sul suo reggiseno. Non capiva se lo indossasse o meno e si lambiccava il cervello da mezz'ora per capirlo.

“Sei sempre così diretto sulle cose che vuoi?” Gli domandò lei quando si fu ripresa.

“Sì. Se c'è una cosa che ho imparato da questa guerra è che siamo temporanei, possiamo morire in qualsiasi momento. A maggior ragione se si è amici di Harry. Quindi perché sprecare il tempo che abbiamo girando attorno alle cose?” Domandò. La vide mettere in moto i suoi ingranaggi cerebrali e ponderare le sue parole. Assorta, il suo sguardo vagò lontano per un istante.

“Allora devo dirti che non farò sesso con te stasera” George per poco non si strozzò con una patatina. Viva la sincerità! Quando smise di tossire come un vero idiota ed ebbe riacquistato un colorito decente, la guardò. Era serissima, ma anche divertita.

“Hey va bene essere diretti ma così mi uccidi” si lamentò.

“Scusa, volevo essere chiara. Lo so che è quello che vuoi tu, ma io...”

“Certo che lo vorrei, per Merlino sarei un vero idiota a non volerti! Però so che non sei pronta e io non ti metterò fretta. Quando ti dico quelle cose è perché voglio mettere in chiaro che per me non sei un'amica e basta, ma so anche che hai bisogno di procedere per gradi” le disse, rassicurandola. La vide annuire e rilassarsi impercettibilmente. Forse aveva esagerato.

“Grazie. Mi stava venendo l'ansia” il vino le aveva sciolto la lingua. George rise.

“Non ho detto che farò il bravo però!” L'avvertì, ma lei sembrò ugualmente tranquilla.

“Sarebbe strano se lo facessi” ridacchiò Hermione, scostandosi i capelli dal volto.

“Sei uno strano miscuglio di innocenza e provocazione, Granger” le fece notare lui.

“Grazie? Credo” rispose un po' confusa. A quel punto lui si alzò e le tese una mano. La trasse in piedi e la condusse poco distante dal tavolo, stringendola a sé in un ballo lento. I suoi capelli sapevano di cocco e la sua pelle di fiori, di un mattino di settembre, quando l'aria è frizzante e ti solletica le narici. Non aveva mai sentito qualcuno con un profumo del genere. La fece ondeggiare a ritmo, poi senza preavviso piroettò sul posto con lei che si aggrappò alla sua giacca, strillando. Lui la scostò tenendola per mano e poi la riattirò contro il suo petto. Hermione rideva e cercava di stare al passo, seguendolo in quel ballo strampalato. Le girava la testa, un po' per l'alcol, un po' per quella danza frenetica, fatta di giravolte e improvvisi cambi di direzione, ma soprattutto per George, che si stava dimostrando un cavaliere incredibilmente affascinante. Non si era lamentato neanche quando gli aveva comunicato senza mezzi termini che non sarebbe andata a letto con lui. Ora che lo stringeva tra le braccia, o meglio, che si aggrappava a lui cercando di non cadere da quei tacchi vertiginosi, si sentiva al sicuro. George non era un codardo, non scappava dai suoi sentimenti per lei. Aveva avuto paura all'inizio di quel legame, ma ora sembrava averlo accettato in pieno. Aveva accettato lei nella sua vita come se ci fosse sempre stata. Non la respingeva continuamente e anzi la voleva, su quello era stato molto chiaro. Lo guardò e per una volta non vide il gemello di Fred, non vide un Weasley, ma solo lui. Vide lo sforzo che aveva fatto nell'andare oltre le sue paure, vide come le era stato accanto quando Fred l'aveva respinta e quanto si fosse impegnato per rendere quella una serata speciale. Forse Ginny aveva ragione. Lui non era l'amore della sua vita, ma in attesa di quello, le sembrava un ottimo candidato almeno per un po' di sano divertimento. Così quando lui smise di farla girare come una trottola e di ridere come un bambino e la guardò negli occhi lei sollevò la testa verso di lui, schiudendo le labbra. George non se lo fece ripetere due volte. Aveva aspettato quel momento così a lungo che dovette trattenersi dall'essere troppo impetuoso. Strinse Hermione tra le braccia e la baciò. Lei sembrò sorpresa da quel contatto, anche se era stata la prima a iniziare, ma dopo un attimo di incertezza si sciolse nel suo abbraccio e ricambiò quel bacio con trasporto. George era un baciatore esperto e lei una novellina. Sentì le sue labbra schiudersi e i suoi denti trovare il suo labbro inferiore, che mordicchiò. Gemette di piacere e lui interpretò quel suono come un invito a continuare. La sfiorò con la lingua e lei si lasciò assaporare da lui. George smise di essere delicato e attento quando lei lo ricambiò. Ignorò il fatto che voleva andarci piano e con calma e si gettò sulle sue labbra come un assetato sull'acqua. Quando si staccarono, entrambi erano a corto di fiato. Lui si allontanò leggermente, tentando di riprendere il controllo sui suoi istinti. Vederla coi capelli in disordine, le labbra gonfie e gli occhi languidi, rischiò di condurlo nuovamente oltre il baratro.

“Perché ti sei fermato?” Domandò lei, confusa. George ridacchiò sentendo la sua voce roca e tremula.

“Oh, hai presente quando ho detto che non volevo metterti fretta? Se continuo a baciarti dovrò infrangere la parola data” lei sembrò compiaciuta da quell'ammissione e stava per gettarglisi al collo, quando si congelò sul posto, portandosi una mano alla gola. Poi fissò un punto dietro George e gemette sconfortata. Fred e Alyssa erano appena apparsi sul tetto.

 

NOTE: salve a tutti! Oggi è il mio compleanno quindi andrò a festeggiare, ma ero impaziente di pubblicare questo capitolo in cui cominciano finalmente a smuoversi un pò di cosette hot. Spero che vi piaccia il pepe che ci ho messo...

Comunque vi comunico che non so quando sarà la prossima pubblicazione...potrebbe passare un pò di tempo perchè vado via da domani e non so bene quando tornerò. Potrebbe essere tra quindici giorni come tra un mese...chiaramente non avrò internet dove sarò e quindi mi dispiace ma per il momento non posso dirvi di più. Anzi una cosa posso dirla: ho trovato un vecchio racconto che avevo scritto e lo sto continuando, quindi magari quando tornerò ve lo metterò. A presto!

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Capitolo 12
*** Verresti a Hogwarts con me? ***


Di tutte le cose che potevano andare storte durante quella serata, George non si era immaginato di veder apparire suo fratello, abbarbicato ad Alyssa. La faccia di Hermione era sbiancata e i suoi occhi sprizzavano scintille di rabbia. Era un incendio pronto a divampare e a distruggere tutto. Fred ci mise un istante a registrare quello che aveva davanti, ma quando lo fece, il suo sorriso divertito scomparve del tutto. Si raddrizzò e rigido come un tronco, voltò il capo dall'uno all'altra. Notò l'abito di Hermione, i suoi capelli in disordine e le labbra gonfie di baci, esattamente come quelle del gemello. Non ci voleva un genio per capire cosa stesse accadendo.

“Cosa ci fai qui?” La voce di George tagliò l'aria come un freccia.

“Non è di tuo esclusivo uso questo tetto. Mi pare di averlo scoperto per primo” si costrinse ad assumere una posa rilassata e indolente.

“Stasera è occupato. Puoi andartene?” Domandò, sperando che Fred fosse clemente.

“Direi di no” scrollò le spalle, facendo un sorrisetto divertito e dirigendosi verso il tavolo apparecchiato. Fece apparire due calici e offrì un po' di vino ad Alyssa. La ragazza indossava un abito dorato, scintillante, molto aderente, con ricami argentati che salivano sinuosi dal fondo. Le stava perfettamente.

“Così uscite insieme! Che bello, qualche volta potremmo fare delle uscite a quattro” cinguettò. Tre paia di occhi stralunati le si puntarono addosso.

“Non mi sembra una buona idea” commentò George, avvicinandosi a Hermione, che non aveva ancora aperto bocca. Osservava Fred come se si aspettasse che lui l'aggredisse da un momento all'altro.

“Oh andiamo! Ci divertiremo!” Esclamò Alyssa, facendo tintinnare il bicchiere contro quello di Fred.

“Piccola, questi due sono troppo noiosi per noi” le disse lui, cercando di dissuaderla. Sentì Hermione irrigidirsi al suo fianco. Lo preoccupava quel mutismo.

“Forse hai ragione, però sanno come organizzare una serata romantica” si guardò attorno stupita.

“Ah ma questo è il posto che usiamo sempre per fare colpo sulle ragazze” quelle parole non avevano ancora lasciato le labbra di Fred, che Hermione si era già allontanata da George. Fece solo un paio di passi, ma lui capì benissimo quanto fosse ferita.

“Hermione...se ti ho portata qui è perché pensavo che l'avresti apprezzato” la vide stringere gli occhi a fessura, guardare Fred e fare un sorriso stranissimo.

“Infatti è così. Non importa cosa dice tuo fratello per farci litigare. Non lasciamo che ci rovini la serata. Ignoriamolo” con perfetta cura, aveva scelto le parole che avrebbero fatto scattare Fred. Quel legame sarebbe stato la loro distruzione. Sentì distintamente il gemello trattenere uno zampillo di rabbia e gli venne voglia di urlare, ma Hermione gli tendeva la mano e non poteva ignorarla. La prese tra le sue e lasciò che lei lo stringesse. Tutti e tre tenevano gli scudi ben alti, cercando di impedire a qualsiasi pensiero o emozione di fuoriuscire.

“Perché non la fate finita con questa farsa?” Fred non li avrebbe lasciati in pace.

“Di quale farsa parli? Della tua con quella?” Hermione usò una voce così calma e zuccherosa da far venire le carie.

“Hey ragazzina occhio a quello che dici” la redarguì Alyssa, con una smorfia.

“Taci, nessuno ha chiesto il tuo parere” ringhiò Hermione.

“Ora basta, tutti quanti!” George aveva alzato la voce, tanto da farli tacere tutti. Lo guardarono allibiti.

“Fred, una parola” gli intimò. Trascinò il gemello dall'altra parte della terrazza, mettendo più distanza possibile con le ragazze. Odiava quella situazione, odiava il modo in cui si stavano allontanando. Non era da loro.

“Che stai facendo?” Gli chiese, lasciandolo andare.

“Io? Tu che stai facendo?” Sbottò l'altro.

“Ero a cena con una splendida ragazza prima che ti intromettessi” ringhiò arrabbiato.

“A te Hermione non piace”

“Ah no? Allora avrei organizzato questa cena solo per passare il tempo?” Indagò.

“Per portartela a letto”

“Veramente ha messo bene in chiaro che non avremmo fatto sesso tanto presto” gli disse. Vide il gemello interdetto. Non si era aspettato niente del genere.

“Allora continuerai questa farsa finché non te la sarai fatta?” Incrociò le braccia sul petto.

“Non è una farsa. Hermione mi piace. Non sono come te che non riesco a gestire i miei sentimenti” Fred roteò gli occhi, scocciato.

“Io esco con Alyssa, li gestisco benissimo i miei sentimenti” borbottò l'altro.

“No, tu esci con lei perché sei terrorizzato da quello che provi per Hermione, così ti nascondi e fai finta che non ti interessi” aveva sganciato una bomba e lo vide chiaramente dallo sguardo dell'altro.

“Se pensi che mi piaccia perché allora ci stai provando con lei?” Fred era comunque un osso duro e non avrebbe ceduto facilmente.

“Perché se sei troppo stupido per vedere quello che hai, chiunque può portartelo via. Non ti sto rubando Hermione, sei tu che la lasci andare” gli fece notare.

 

Hermione guardò i gemelli allontanarsi sentendo il cuore in mille pezzi. Odiava vederli litigare, odiava ancor di più sentire la distanza che stavano mettendo tra di loro. Si sentiva sola senza Fred, sentiva che il legame non era completo. Inoltre le sembrava di essersi messa in mezzo ai due fratelli che erano sempre stati uniti per la pelle. Alyssa la stava fissando con uno sguardo spiacevole in volto. Era pesantemente truccata e questo la faceva sembrare più grande, quasi una donna adulta.

“Fai bene a uscire con George. È importante per quelle come te capire qual è il proprio posto” quelle parole ebbero il potere di far vedere rosso a Hermione.

“Sarebbe?” Domandò trattenendosi dall'urlare.

“Oh sai, magari sei intelligente e ti è capitato di trovarti nella situazione di dare una mano al Prescelto, ma da sola cosa avresti fatto? Sei solo una spalla, un po' bruttina, che tra qualche anno nessuno si ricorderà” il bel volto di Alyssa era atteggiato in una smorfia crudele, gli occhi neri scintillavano di cattiveria. Hermione scoppiò a ridere fragorosamente, lasciando la ragazza interdetta.

“Che hai da ridere?” Sbottò, infastidita.

“Rido perché è divertente sentir sminuire le mie doti da...aspetta tu chi sei? Della tua opinione non potrebbe fregarmene di meno. Non sei nessuno, non hai mai fatto niente, pensi che sentirmi chiamare spalla da te possa distruggere la mia autostima?” Chiese Hermione.

“Tu...” balbettò l'altra.

“Stai cercando di affossarmi perché ti senti minacciata, eppure sei bella, mentre io sono solo una ragazza bruttina. Bhè i due che vedi laggiù non lo pensano, anzi. Per questo ti senti minacciata da me, perché a parte un bel faccino non sei altro. Non sei niente senza Fred accanto” concluse Hermione, dimostrando come sempre una capacità intuitiva paurosa. Alyssa divenne livida di rabbia, quasi tremante. Aprì la bocca per replicare, ma non ne venne fuori altro che una specie di grido strozzato, prima che si gettasse su di lei, sconvolta dal furore. Hermione non si era aspettata una reazione così fisica. Era pronta ad estrarre la bacchetta, ma quello la colse di sorpresa. La ragazza le saltò addosso come una furia, gettandola a terra col suo peso. Senza lasciarle il tempo di reagire le sferrò un pugno al volto, annebbiandole la vista. Hermione urlò e scalciò, sentendo che Alyssa continuava a percuoterla coi pugni e con le unghie. Lei ne parò un paio, poi decise che non poteva farsi massacrare di botte e affondò il pugno nel suo fianco scoperto. Alyssa boccheggiò e lei lo rifece, ancora. Poi sentì il peso della rivale strappato di dosso e il volto preoccupato di George entrare nel suo campo visivo.

“Stai bene?” Le chiese, aiutandola a rimettersi dritta. Hermione vide Alyssa che si dibatteva tra le braccia di Fred.

“Lasciami andare! La voglio uccidere!” Gridava, isterica.

“Mi è saltata addosso” rispose Hermione toccandosi la faccia. Aveva il labbro spaccato che sanguinava, uno zigomo contuso e alcuni graffi sulle braccia e sul petto.

“Fred, portala via!” Ordinò George.

“No!” Esclamò invece Hermione. Si avvicinò ai due, sentendo i graffi sulle braccia che sanguinavano. Avrebbe avuto bisogno di un po' di Dittamo, ma sarebbero guariti. Hermione era furibonda. Sprizzava rabbia da ogni poro e sembrava una regina vendicatrice. L'acconciatura si era sciolta e i capelli le incorniciavano il viso. Lo zigomo era già rosso e il sangue che colava dalla bocca le imbrattava il mento. Fred lasciò andare Alyssa, che si era un po' calmata, pronta a ricevere un contrattacco dalla riccia. Allungò una mano per toccare Hermione, ma lei lo scacciò, fulminandolo.

“Non toccarmi” ringhiò. Poi sorrise ad Ayssa. Aveva i denti rossi di sangue, e conciata in quel modo era una visione terribile.

“Non farti mai più vedere da me, o lo rimpiangerai a vita” sussurrò. La ragazza sbiancò e cercò Fred, ma lui scosse la testa. Aggredire così Hermione era stato troppo. Per quanto il loro rapporto fosse incasinato teneva a lei e voleva proteggerla, persino da se stesso.

“Fred, vieni con me” intimò con la voce tremante.

“Vattene Alyssa” le disse, guardandola negli occhi. Voleva essere sicuro che avesse capito.

“Cosa?! Mi mandi via per lei?” Esclamò incredula.

“No, lo faccio perché riesci sempre a rovinare tutto e a ferirmi. Lo faccio per me” lo sforzo per ammetterlo fu immenso, ma George aveva ragione di chiamarla Manipolatrice Bastarda. Ogni cosa che c'era stata tra loro era macchiata di bugie e tradimenti. Sentì suo fratello posargli una mano sulla spalla e si sentì meglio. Sapeva che qualsiasi cosa fosse successo tra loro, niente li avrebbe separati. Alyssa trattenne le lacrime e ruotando scomparve. Solo quando furono soli, Hermione ebbe un cedimento.

“Merda che dolore!” Sbottò toccandosi lo zigomo destro. George le sorrise, divertito. Era una vera forza della natura e anche conciata a quel modo, col sangue che la imbrattava, la trovava sexy da morire.

“Granger, dovrò insegnarti a difenderti coi pugni” commentò.

“Pff, in un duello l'avrei massacrata” rispose sbuffando e pentendosene subito.

“Andiamo, ti porto a casa” le passò un braccio sulle spalle, cercando di non farle male.

“Hermione...” Fred la richiamò. Pareva incerto su cosa dire, ma lei non lo facilitò. Rimase a fissarlo inespressiva.

“Mi dispiace per quello che è successo” tentò lui.

“Per cosa di preciso?” Domandò. George era confuso, a cosa si riferiva?

“Per Alyssa...per l'aggressione” Fred aveva la stessa espressione di George.

“Benissimo. Scuse accettate” disse lei seccamente, facendo intendere il contrario.

“Allora è tutto a posto?” Domandò lui, accennando un sorriso.

“No, non è a posto per niente. Questo non è colpa tua, non sono arrabbiata neanche perché te la facevi con quella e se non lo capisci allora non abbiamo niente da dirci” George la sentì tremare sotto di lui, ma non per il freddo. Era una serata tiepida e non c'era vento.

“Allora per cosa?!” Esclamò l'altro esasperato.

“Pensaci Weasley, vedrai che anche il tuo cervello sottosviluppato ci arriverà prima o poi” Hermione non aspettò che lui aggiungesse altro, neanche che George la raggiungesse. Si voltò su se stessa e scomparve, lasciando i due gemelli a guardarsi stupiti sul tetto.

 

Ginny e Harry stavano chiacchierando tra loro amabilmente, ridendo e baciandosi di tanto in tanto sul letto di lei, quando un sonoro Crack li fece scattare in piedi. Terrorizzati all'idea di essere beccati da Ron o dalla Signora Weasley. Invece, quella che apparve in mezzo alla stanza, tutta scarmigliata e coperta di sangue, era Hermione. Harry scattò subito in direzione dell'amica, facendo quasi cadere Ginny per terra. L'afferrò con la bacchetta sguainata, gli occhi grandi per la paura.

“Hermione che ti è successo?!” Quasi urlò. Lei guardò il suo migliore amico e scoppiò a piangere, gettandogli le braccia al collo.

“Dov'è George?” Soggiunse Ginny.

“L'ho lasciato con Fred” singhiozzò la riccia.

“Cosa gli è successo?!” L'ansia nella voce dell'amica la costrinse a ricomporsi.

“Niente, sta bene” biascicò asciugandosi le lacrime.

“Perché sei ridotta così?!” Harry la fece sedere sul letto, controllando le ferite.

“Ginny vai a prendere del Dittamo” chiese alla fidanzata. Avrebbero potuto appellarla, ma lei intuì che avevano bisogno di un momento da soli. Annuì e si defilò. Harry le si accovacciò davanti, guardandola da dietro gli occhiali.

“Chi ti ha fatto questo?” Chiese lui, dolcemente.

“La fidanzata di Fred” Harry parve stupito.

“Vuoi parlarmene?” Hermione annuì, senza riuscire a fermare le lacrime. La voce le tremava un po', ma riuscì a raccontare tutto quello che era successo. Harry ascoltò in silenzio, domandandosi quando le ragazze fossero diventate così aggressive. Gli venne da ridere sentendo le repliche piccate dell'amica alle cattiverie dell'altra. Hermione non si faceva facilmente scoraggiare. Gente peggiore le aveva inflitto torture ben più gravi di quelle che avrebbe mai potuto tirar fuori una ragazzina qualsiasi. Però era turbata e non solo per l'aggressione.

“Cosa sta succedendo?” Le domandò.

“Non lo so! Non capisco cosa mi succede!” Esclamò riprendendo a piangere. Harry non voleva farla ricominciare, ma doveva capire la situazione. Non aveva mai visto l'amica così confusa. Di solito sapeva esattamente cosa voleva e spesso anche come ottenerlo. L'aveva vista piangere per Ron, ma gli sembrò che quello fosse completamente diverso. Ginny tornò col Dittamo e aiutò l'amica a tamponarsi le ferite.

“Allora, che succede? A chi devo affatturare la lingua?” Chiese, battagliera. Ginevra aveva un istinto protettivo simile a quello della Signora Weasley e nessuno poteva far del male alla sua famiglia. Harry fece un riassunto di quello che era accaduto quella sera e vide la fidanzata adombrarsi.

“Fred è morto” sentenziò alla fine. Non disse che avrebbe ucciso Alyssa, la sua rabbia era tutta indirizzata al fratello.

“Mi volete dire cosa sta succedendo?” Esclamò Harry esasperato. Ginny sorrise gentilmente al ragazzo.

“In poche parole, Hermione è innamorata di Fred, ma lui finge di non provare niente e come da consuetudine trova mille modi divertenti per ferire le persone che gli si avvicinano troppo. Lui aveva anche fatto una mossa, ma quando ha saputo che...ehm che lei è digiuna di ragazzi è andato in panico, mentre al contrario George si è fatto avanti. Dopo essere stata respinta, l'ha visto uscire con Alyssa, la sua ex. Inoltre, quando lei si è aperta con lui, facendogli vedere ogni sua paura e paranoia, lui da bravo idiota si è chiuso a riccio, ferendola ancora di più. Allora Hermione, ha accettato di uscire con George, nella speranza di distrarsi e anche perché un po' lui le piace. Ah e anche con Ron, perché lui le fa pena>> riassunse, quasi senza prendere fiato. Harry apparve un po' stordito e inorridito. Avrebbe preferito affrontare un altro drago. Le ferite di Hermione erano già migliorate molto, ma non sparite del tutto. Si vedevano ancora grossi graffi rossi sulla sua pelle candida. Però le ferite peggiori erano nel suo cuore.

“Tu l'hai detto a Fred che lo ami?” Domandò. Capì immediatamente di aver detto la cosa sbagliata, perché lei sgranò gli occhi e inorridì.

“Non posso farlo! Dopo il modo in cui...”

“Senti, mio fratello è un cretino. Lascialo perdere, ne ho altri tre. George è quello più furbo. Gli piaci, si è impegnato molto per questa serata, ti ha corteggiata e tutto, dagli una possibilità” Ginny sapeva benissimo che George era un po' come il suo Dean. Magari potevano stare bene per un po', si potevano divertire e piacere, ma non poteva mai essere abbastanza. Lei aveva amato Harry anche mentre usciva con altri e quello aveva rovinato ogni rapporto, alla fine. Fred sarebbe stato lo stesso per Hermione. Purtroppo conosceva bene suo fratello maggiore. Aveva paura di impegnarsi e l'idea di farsi amare e ricambiare lo terrorizzava. Era autodistruttivo all'inverosimile. Se l'avessero lasciato fare avrebbe continuato a passare di donna in donna fino alla fine dei suoi giorni.

“Non è così semplice. Siamo legati. Quando non è con me...è come se mi mancasse qualcosa” si toccò il cuore, tirando su col naso.

“Ci sarà pure un modo per spezzare questa cosa!” Sbottò Harry.

“Ho cercato in ogni libro che ho trovato, ma penso che le risposte siano a Hogwarts” commentò Hermione.

“Dovresti scrivere alla McGranitt, lei magari potrà aiutarti” le suggerì Ginny. Hermione si diede della stupida. Aveva automaticamente pensato al ritratto di Silente, ma la nuova preside doveva sapere qualcosa! Si soffiò il naso con un gran fracasso e afferrò il pigiama.

“Le scriverò domani mattina. Adesso ho solo bisogno di dormire” sentenziò. Sparì in bagno e quando ne riemerse, dieci minuti dopo, era in pigiama, struccata e col viso pulito. Harry e Ginny non si erano mossi di un millimetro.

“Ragazzi sto bene, non preoccupatevi” tentò di rassicurarli, ma loro si lanciarono un'occhiata.

“Sarà meglio che io dorma con te stanotte” disse la rossa. Harry annuì convinto.

“Ma no! Tra poco dovrete separarvi, dovete passare più tempo possibile insieme” disse con convinzione, arrampicandosi sul suo letto e infilandosi sotto le coperte. In quel momento bussarono alla porta. Ginny scattò in piedi e andò ad aprire.

“Che cavolo ci fate voi due qui?!” Tuonò senza permettere a Hermione di vedere con chi parlasse.

“Devo vedere Hermione” la voce di Fred la fece rabbrividire.

“Sei Fredo o George?” Ginny, come tutti non riconosceva i gemelli.

“Fred”

“Col cavolo che ti faccio passare!” Esclamò, sbarrandogli il passaggio.

“Ginny non sono affari tuoi, levati” intimò, cercando di spaventare la sorella. Purtroppo per lui, lei non aveva mai avuto paura delle sue minacce. Sapeva come cavarsela.

“Sono affari miei se ferisci la mia migliore amica!” Trattenne a stento un urlo. Fred sbatté una mano contro il muro, facendo tremare la porta.

“Ginevra, per favore” la sua voce si era addolcita, cercando di prendere la ragazza con le buone.

“No, vattene via! Se vorrà ti vedrà domani, ma ora ha solo bisogno di riposare” Ginny non si sarebbe spostata per tutti i galeoni del mondo, lo sapevano tutti.

“Sono qui per quello! Non può riposare senza di me” quello non se l'era aspettato. Si voltò verso Hermione, che era rannicchiata con le coperte fin sopra in naso.

“George?!” Urlò da dentro la stanza.

“Sono qui Hermione!” Rispose quello.

“Fallo passare, Ginny” la rossa esitò, squadrando i due gemelli, poi si scostò quel tanto che bastava per farne passare uno, senza perdere di vista l'altro. George si precipitò dentro la stanza. La giacca era scomparsa e la camicia aveva i primi bottoni aperti. I capelli rossi gli stavano sparati in ogni direzione, segno che si era passato una mano in mezzo diverse volte per il nervoso.

“Hermione devo parlarti!” Urlò Fred a sua volta, cercando di evitare la sorella. Lei sospirò profondamente, si alzò e raggiunse la porta. Rimase dietro Ginny, senza farlo entrare. Fred si arrese, accontentandosi di quello.

“Parla allora” intimò, incrociando le braccia sul petto.

“Possiamo farlo in privato?” Domandò, lanciando un'occhiata al loro pubblico. Poteva scommettere che tutta la casa fosse in ascolto a quel punto. Con tutto il baccano che stavano facendo.

“No, quello che hai da dire possono sentirlo tutti” non voleva stare sola con lui. Sapeva che se l'avesse fatto, lui sarebbe stato in grado di ammorbidirla, di placarla con qualche parolina dolce, ma non era quello che voleva lei.

“Spiegami perché sei arrabbiata con me e mi farò perdonare” la pregò. Anche se ci aveva pensato e ripensato non era stato in grado di capirlo. Potevano esserci mille motivi, uno più plausibile dell'altro.

“Fred io mi sono aperta con te in ogni modo possibile, ti ho fatto guardare dentro la mia testa. Ti ho mostrato ogni paura, ogni paranoia, hai visto i miei incubi peggiori. Ti ho lasciato persino...e tu cos'hai fatto? Sei scappato e mi hai respinta, ti sei chiuso e sei uscito con quella stronza” spiegò, arrossendo al pensiero delle sensazioni che le aveva scatenato coi suoi baci sul collo. Lui parve interdetto. Non si era aspettato un elenco tanto lungo di cose. Rimase a guardarla sulla soglia, incapace di trovare qualcosa di intelligente da dire.

“Hermione io...” diede un altro pugno al muro.

“Senti forse è meglio così. Tra tre settimane me ne andrò via e ci vedremo un paio di volte l'anno per le feste. È giusto che ognuno di noi faccia la propria vita e impari a vivere senza l'altro” afferrò la porta e la sbatté in faccia al rosso. George, Harry e Ginny la guardavano tra il preoccupato e lo strabiliato.

“Possiamo andare a letto?” Domandò a George. Era così stanca che faticava a tenersi in piedi. Quella settimana le sembrava infinita e il giorno dopo avevano l'incontro al Ministero. Non sapeva neanche come fare ad affrontarlo senza crollare o litigare con Fred.

“Sì, ci penso io ragazzi” si riscosse il rosso. Fece un cenno a Ginny e Harry, tentando di tranquillizzarli, ma la sorella lo stava osservando come se gli leggesse dentro.

“Tieni le mani a posto” intimò, prima di uscire dalla stanza. George ridacchiò.

“Hey, stai bene?” Chiese a Hermione. Lei gli fece un sorriso distratto e si spostò un po' per fargli spazio. Lui iniziò a spogliarsi.

“Che fai?!” La voce acuta di lei lo fermò mentre si stava togliendo la camicia.

“Non penserai che dorma vestito” le fece un sorriso ammiccante.

“Ma...non puoi dormire nudo!” Protestò arrossendo.

“Granger, hai già dormito con me in mutande, non vedo che problema ci sia ora” adorava il modo in cui si imbarazzava e iniziava a balbettare.

“Ma...c'era Fred con noi” lui inarcò un sopracciglio.

“Sì e se lui non si fosse fermato...chissà cosa sarebbe successo in quel letto. Non fare la pudica, non ti farò niente stasera. Niente di niente” il suo mezzo sorriso malizioso diceva tutt'altro, ma Hermione si fidava abbastanza di lui, così annuì. Lo guardò spogliarsi e svelare quel fisico scattante, asciutto e muscoloso nei punti giusti. La sua schiena, senza vestiti sembrava ancora più imponente, un fascio di muscoli guizzanti e appetitosi.

“Se non la smetti di guardarmi così, dovrò infrangere tutte le mie promesse. Non mi piace farlo” rise vedendola distogliere lo sguardo in fretta.

“Scusa è che...”

<> rimase coi boxer neri e s'infilò al fianco di lei, che praticamente bruciava dall'imbarazzo. Lei gli diede una spinta giocosa con la spalla e lui la trascinò sul suo petto, tenendola stretta. Rimasero per un po' in silenzio, ascoltando i battiti dei loro cuori, i loro respiri che si sincronizzavano. Era bello stargli così vicina, sentirne la solidità sotto le dita, respirando il suo profumo. Era diverso da quello di Fred. Ma non avrebbe saputo dire esattamente in cosa. Uno sapeva di temporale estivo, mentre l'altro forse solo di pioggia. Le piaceva comunque.

“George?” Lo chiamò dopo un po'. Lui si mosse e aprì un occhio, per guardarla.

“Dimmi” la voce era già roca, segno che si stava per addormentare.

“Verresti a Hogwarts con me?” Chiese, ma la risposta di lui fu solo un biascicare indistinto, che andò perso nella notte. Lei sospirò e gli si strinse addosso, lasciando che la notte reclamasse il suo prezzo.

 

 

Note: Salve a tutti! Sono finalmente tornata...praticamente qualche ora fa e ho deciso che visto che è mercoledì, anche se sono stanchissima per il viaggio e le tremila cose da fare, dovevate avere un nuovo capitolo. Avete aspettato abbastanza...e niente spero che vi piaccia! 

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Capitolo 13
*** Al Ministero ***


Il dipartimento Auror era una della sezioni ministeriali più grandi e rinomate. C'erano persone che andavano e venivano in continuazione, alcuni da soli e altri in gruppi. Quasi tutti avevano un cubicolo al Ministero, ma pochissimi lo usavano. Alcune missioni li tenevano lontani per giorni, altre per settimane e quella era solo una base temporanea per smaltire le scartoffie. Con la caduta di Voldemort, erano così impegnati che sembrava di stare in un formicaio. Parlavano tutti insieme, alcuni gridavano ordini e c'erano talmente tante carte sulle scrivanie che rischiavano di spezzarsi. Hermione, Fred e George se ne stavano davanti all'ufficio di Savage, il nuovo capo Auror. Una strega dall'aria stressata li stava guardando storto.

“Cosa avete detto che siete venuti a fare?” Domandò per la terza volta, scrutando le loro facce.

“Abbiamo un appuntamento con Savage per parlare di un prototipo di...” iniziò George.

“Sì, ma l'appuntamento?” Lo interruppe quella. Osservandoli dietro i suoi occhiali rosa tempestati di pietre colorate aveva l'aria schifata, come se quei tre ragazzini le stessero facendo perdere del tempo prezioso.

“Senta, sono Hermione Jean Granger e ho un appuntamento col capo Savage” Hermione le sbatté una pergamena sulla scrivania, ma la donna non la guardò neanche. Scrutò la ragazza con evidente ammirazione. La torre di capelli cotonati dal colore indefinibile oscillò pericolosamente.

“Perché non l'hai detto subito, mia cara?!” Cinguettò, cambiando immediatamente registro. In un baleno li fece accomodare all'interno dell'ufficio, dopo averli annunciati. L'ufficio del capo Auror era minimal. C'erano una scrivania ingombra di carte, uno schedario, alcune sedie e dei ritratti di vecchi Auror famosi passati a miglior vita. L'uomo seduto alla scrivania era il prototipo di un guerriero. Alto e muscoloso, non doveva avere più di 50 anni. Era abbronzato e i capelli scuri iniziavano a diventare brizzolati sulle tempie. Portava la barba di qualche giorno, probabilmente perché non aveva avuto il tempo di radersi e un paio di occhiali di corno in bilico sul naso dritto. Nel complesso era un bell'uomo e quando sorrise diede l'impressione di qualcuno che lo facesse dal cuore.

“Accomodatevi ragazzi miei!” Li accolse con voce tonante. Hermione ricordò di averlo visto aggirarsi per Hogwarts al suo sesto anno. Era stato assegnato alla difesa della scuola. Silente doveva fidarsi molto di lui.

“Salve, capo Savage” si strinsero cordialmente la mano e si sedettero.

“Non servono le formalità tra di noi, Signorina Granger!” Esclamò cordiale. Lei decise che le piaceva quell'uomo.

“Allora mi chiami Hermione” replicò lei. Lui annuì e si strofinò le mani.

“Benissimo. So che avete un progetto per me. Sono curioso di vederlo da quando ho letto la sua missiva” Fred aprì la valigetta e ne estrasse alcuni oggetti dall'aspetto comune. Un nano da giardino, un quadro raffigurante un paesaggio campestre, la statuetta di un cane in porcellana, un pomello e un chiodo. Li dispose tutti in fila sulla scrivania di Savage, con un sorriso furbo. L'uomo parve perplesso.

“Come le abbiamo illustrato nella nostra lettera, abbiamo ideato un nuovo sistema di difesa magica” iniziò George, entrando nel ruolo di venditore.

“Per tutti quei maghi che non sono in grado di applicare incantesimi difensivi alla propria abitazione” continuò Fred.

“Abbiamo ideato lo Scaccia Intrusi!” Esclamò George. Savage guardava i gemelli evidentemente divertito dal loro modo di parlare.

“Basta impostare una parola d'ordine o una sequenza di numeri”

“E chiunque entri in casa senza conoscerla attiverà lo Scaccia Intrusi” George si era alzato in piedi e aveva attivato il nano da giardino. Fece un passo e quello cominciò a emettere suoni perforanti, come una sirena d'allarme. Savage trasalì.

“Puffola Pigmea” esclamò Fred e il nano smise di fare baccano.

“Questo darà il tempo agli abitanti della casa di scappare e, se vorrete collaborare, un sistema verrà collegato direttamente al vostro ufficio, in modo che possiate mandare una squadra in aiuto dei maghi che ne avranno bisogno” concluse Hermione. Vide l'uomo riflettere sulle implicazioni della loro invenzione.

“Potrete prevenire il crimine, invece che perseguire i criminali dopo che abbiano commesso qualche azione indicibile” aggiunse Hermione. Savage la scrutò attentamente.

“Lei è sicura che questo funzionerà?” Domandò. Sentì, più che vedere i gemelli sorridere.

“Abbiamo pronta un'altra dimostrazione” Fred scattò in piedi, afferrò la statuetta del cane e mostrò a Savage come impostare la parola d'ordine. Trascinò tutti fuori dall'ufficio e lasciò lo Scaccia Intrusi sulla scrivania dell'Auror. La segretaria sembrò un po' perplessa, ma non fece domande. Quando George aprì la porta ed entrarono, il cane di porcellana iniziò a ululare prepotentemente.

“Cerchi di farlo tacere con un incantesimo!” Urlò Fred per farsi udire sopra il frastuono. Savage cercò di farlo esplodere. L'incantesimo rimbalzò addosso alla statuetta e colpì l'uomo, facendolo andare a sbattere contro la porta, che vibrò pericolosamente sotto il suo peso.

“Adesso dica la parola che ha scelto”

“Polisucco!” Esclamò l'uomo, un po' ammaccato. Immediatamente il cane tacque, con sommo sollievo di tutti.

“Per la barba di Merlino! Questo affare funziona veramente!” Ridacchiò, massaggiandosi il punto in cui l'incantesimo lo aveva colpito. Tornò dietro la sua scrivania e passarono l'ora successiva a parlare di affari. Hermione osservò i gemelli condurre le trattative, spiegare tutti i vantaggi di avere in casa un oggetto del genere. Savage tentò di suggerire che fosse il Ministero a venderli, acquistandoli dai gemelli. Vide i ragazzi impallidire, pensando a quanto avrebbero perso in termini di denaro. Contrattarono a lungo e Hermione fornì tutti i dettagli burocratici necessari. Aveva pensato anche a come collegarli al ministero. Tirò fuori dalla valigetta una mappa simile a quella del malandrino, ma con rappresentata Londra, almeno in quel momento. Sulla pergamena c'erano due puntini con gli indirizzi dove erano stati collocati precedentemente gli Scaccia Intrusi. Uno a casa dei gemelli e l'altro al Paiolo Magico.

“Quando uno di questi si attiva, una spia luminosa avverte l'Auror di quale indirizzo si tratta, così che si possa Smaterializzare sul posto senza difficoltà” l'uomo era incantato da tanta ingegnosità. Lodò i tre a lungo e disse che avrebbero sicuramente concluso l'affare, ma non prima di qualche mese. Le trattative dovevano essere presentate all'attenzione del Ministro della Magia e dovevano redigere un contratto soddisfacente per tutti. Comunque l'idea era piaciuta molto e Savage gli assicurò che sarebbero diventati ricchi sfondati.

“Con questo brevetto e il contratto col Ministero, diventerete presto più ricchi di Creso” ridacchiò, vedendo la gioia sui loro volti. Quando fecero per uscire, tra mille ringraziamenti, Savage richiamò Hermione.

“Vorrei scambiare due parole in privato con lei, se non è un problema” strizzò l'occhio ai gemelli, che si defilarono.

“Hermione so che i suoi compagni hanno accettato la mia proposta di accedere all'Accademia a settembre, ma mi chiedevo se non fosse interessata anche lei” l'uomo la guardava con gli occhi luccicanti.

“Veramente non sono interessata a una carriera da Auror” commentò un po' imbarazzata. Lui parve sorpreso.

“Avrei scommesso il contrario. Mi dicono che è singolarmente dotata nelle arti magiche e che nessuno conosce tanti incantesimi quanto lei. So anche che la sua mente sveglia è in grado di risolvere misteri che per altri sono impossibili” la lodò. Gli sarebbe piaciuto avere tutto il trio di salvatori tra le sue fila. Potevano essere le sue stelle, un capolavoro per la sua carriera. Hermione gli sorrise lusingata.

“La ringrazio per i complimenti, ma ho intenzione di fare domanda per l'ufficio Regolazione Magica e poi diventare Ministro della Magia” gli sorrise. Sapeva quanto quell'affermazione fosse sfrontata ma non le importava. Savage scoppiò a ridere di gusto.

“Se ci ripensa, il mio ufficio è sempre aperto! Le auguro buona fortuna!” Quando lei uscì stava ancora ridendo. Fred e George l'aspettavano fuori, impazienti. Appena messo piede fuori, l'abbracciarono, strillando entusiasti, dandosi grosse pacche sulle spalle e ridendo come matti. Persino Fred si lasciò andare a dimostrazioni di gioia.

“Che voleva?” Indagò George.

“Offrirmi di diventare un Auror” spiegò.

“Hai accettato?!” Esclamò incredulo.

“No. Benché la prospettiva di azione e pericolo non mi dispiaccia affatto, penso che sarei più utile in altre parti del Ministero” a loro non disse quali erano i suoi piani, le sembrò prematuro e l'avrebbero presa in giro.

“Devi venire a lavorare con noi in pianta stabile!” Se ne uscì George, fermandola in mezzo a un corridoio.

“Lo sai quanto mi sia piaciuto creare scherzi e concentrarmi sullo Scaccia Intrusi, ma non è questo che voglio per la mia vita. Magari potrei farlo come lavoro estivo, finché non avrò un lavoro serio, ma niente di più” si scusò con lui. Vide la delusione sul suo bel viso, ma fu immediatamente sostituita dalla gioia per quell'incontro così ben riuscito.

“Dobbiamo assolutamente festeggiare, stasera!” Esclamò Fred, che non riusciva a credere alla loro fortuna. Un contratto col Ministero significava soldi a palate e la prospettiva futura di altre collaborazioni. Potevano diventare i principali collaboratori esterni. La sola idea gli dava il capo giro.

“Sì direi che dobbiamo organizzare una cena!” Concordò George, sorridendo al gemello.

“Non c'è il tempo di farlo stasera” commentò Hermione pensando a tutte le cose che avrebbero dovuto fare.

“Il negozio oggi lo chiudiamo” iniziò Fred.

“E ci dedichiamo ai preparativi” finì George. I gemelli sembravano stranamente in sintonia. Dopo la serata trascorsa, Hermione avrebbe giurato che ci sarebbe stata della tensione, magari qualche frecciatina acida. Invece i due parevano i soliti gemelli affiatati di sempre. Sicuramente George le aveva tenuto nascosto qualcosa la sera prima. Nel lasso di tempo che era intercorso tra la sua Smaterializzazione alla comparsa del rosso nella sua stanza, c'era stata almeno una mezz'ora, se non di più. Probabilmente si era chiarito con Fred. Una parte di lei ne era felice, l'altra si sentiva tradita, anche se irrazionalmente. Quei due erano due facce della stessa medaglia, non poteva pensare che George sarebbe stato dalla sua parte. Non avevano neanche parlato di quello che era accaduto.

“Come volete. Siete voi i geni delle feste”

“Puoi giurarci, Granger!” Esclamarono in coro. Non poteva credere che si stessero comportando come niente fosse. Sospirò tra sé.

“Voi avviatevi, io vi raggiungo più tardi” li salutò davanti all'ascensore. I due ragazzi la guardarono interrogativi.

“Voglio andare all'ufficio Obliviatori, per capire come sta andando la ricerca dei miei genitori” spiegò, rispondendo alle loro domande silenziose. Li vide corrugare la fronte, preoccupati.

“Veniamo con te” propose Fred.

“No!” Esclamò lei, con troppa enfasi.

“Ti accompagno io se vuoi” si offrì George, capendo che la presenza del fratello sarebbe stata troppo per lei. Hermione scosse la testa.

“No, non c'è bisogno. È solo una visita, non devi preoccuparti. Ci vediamo a casa” gli disse, con un sorriso incoraggiante. George non sembrò troppo convinto, ma non insistette oltre. C'erano cose che lei preferiva fare da sola ed evidentemente l'argomento genitori era abbastanza delicato. Le diede un veloce bacio sulla guancia e seguì Fred lungo il corridoio, mentre lei si lasciava nuovamente inghiottire dai meandri tortuosi del Ministero.

 

L'ufficio Obliviatori non era molto diverso da quello degli Auror. Dopo Voldemort non doveva esserci un solo luogo del Ministero in cui le cose procedessero con calma. Le scrivanie erano ricoperte di scartoffie, ma di Obliviatori non c'era la minima traccia, così rimanevano solo un paio di segretari a gestire tutte le richieste che arrivavano in continuazione coi promemoria volanti. Erano due ragazzi piuttosto giovani. Ed Hermione pensò di averli incontrati da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove. I due non alzavano lo sguardo dal loro frenetico lavoro. Aprivano una missiva, la leggevano e prendevano nota della richiesta, che immediatamente volava su una scrivania, secondo un qualche criterio che non riusciva a capire. Uno dei due era biondo e l'altro moro, tutti e due molto pallidi e magri, con grandi occhi azzurri, nasi dritti e bocca morbida e carnosa. Sembravano fratelli. Forse il moro era un po' più grande, ma non di molto.

“Scusate” esordì. Quelli quasi strillarono per la sorpresa di trovarsela davanti.

“Hermione Granger!” Esclamò il biondo sconvolto. Aveva delle vaghe lentiggini sul naso.

“Salve, c'è qualcuno con cui posso parlare?” Domandò gentilmente. I due si scambiarono uno sguardo preoccupato.

“Ehm, in questo momento tutti gli Obliviatori sono fuori in missione. Ci sono centinaia di richieste” si giustificò il moro, arrossendo un po'.

“Oh capisco. Posso chiedere a voi per delle informazioni?” Insistette. Non aveva alcuna intenzione di tornare a casa senza sapere qualcosa di come procedessero le indagini sui suoi genitori. I ragazzi guardarono le centinaia di richieste da smaltire con evidente preoccupazione.

“Certo, suppongo di non poterti negare niente” commentò il moro, strizzandole l'occhio.

“Scusa, ci conosciamo?” Gli chiese, confusa. Quel gesto le sembrava familiare.

“Oh eravamo a Hogwarts due anni avanti a te. Io sono Peter Maxwell e lui è mio fratello Adam Maxwell. Corvonero io e Grifondoro lui” spiegò il moro, indicando il biondo. Lei lo guardò attentamente.

“Adesso ricordo! Eri con i gemelli Weasley” rievocò quel ragazzo allampanato che entrava in classe seguito da Fred e George.

“Sì, proprio io!” Ridacchiò l'altro ricordando i tempi andati.

“Scusa se non...” iniziò, ma lui agitò una mano in aria, scacciando le sue parole.

“Non eravamo amici. È normale” tagliò corto, con un sorriso comprensivo.

“Allora di cosa hai bisogno?” Chiese Peter, ricordandole il motivo della sua visita.

“Ehm, mi è arrivata una lettera qualche settimana fa che diceva che la richiesta per rintracciare i miei genitori ed eliminare la magia di memoria che ho praticato su di loro, era stata accettata. Avrei bisogno di capire a che punto sono le indagini” Peter sembrò un po' imbarazzato.

“Vedi, normalmente tutto sarebbe schedato e riportato nei rapporti, ma ultimamente le cose stanno un po' andando a rilento. Gli Obliviatori sono tutti in giro e alcuni, come nel caso dei tuoi genitori, devono spingersi molto lontano. È probabile che ancora non si sappia niente” la delusione sul volto di lei fu così evidente, che Adam inorridì.

“Comunque possiamo controllare!” Si affrettò a dire. Scattò in piedi e raggiunse una parete completamente nascosta da un enorme schedario. Agitò la bacchetta e un fascicolo schizzò fuori da un cassetto per atterrare nella sua mano. Lo aprì e lesse qualcosa.

“Allora, se ne sta occupando un Obliviatore, ma a quanto pare ancora non è riuscito a rintracciarli. È partito per l'Australia una settimana fa. È ancora presto per avere dei risultati” sorrise mestamente. Non era stato molto d'aiuto. Hermione sospirò affranta.

“Certo, capisco. Ecco, vi dispiacerebbe farmi un favore?” Domandò, speranzosa.

“Quello che vuoi” Adam sembrava così dispiaciuto, neanche fosse colpa sua.

“Quando avrete nuove informazioni, anche solo una sciocchezza, vi dispiacerebbe avvertirmi?” I due ragazzi annuirono all'unisono, rincuorati che non fosse niente di illegale. Lei gli disse che potevano trovarla ad Hogwarts o alla Tana. Li ringraziò ed uscì. Aveva sperato di ricevere buone notizie, invece ancora niente. Dopotutto non ne era stupita. Spedire i suoi dall'altro capo del mondo, facendo in modo che la dimenticassero e cambiare i loro nomi, era una cosa escogitata appositamente perché non fossero rintracciabili. Non voleva che venissero usati contro di lei. Non sarebbe stata in grado di continuare la sua missione, sapendoli nelle mani nemiche. Per quello aveva preso tutte le precauzioni del caso. Se erano stati introvabili per Voldemort, gli Obliviatori avrebbero sicuramente impiegato più di una settimana per riportarli indietro. Hermione prese l'ascensore ingombro di promemoria svolazzanti col cuore pesante, quando le porte si spalancarono e un ragazzo alto entrò sbuffando e facendosi largo tra la folla di aeroplanini volanti che gli sbatacchiavano contro i capelli bianchi.

“Malfoy!” Esclamò sorpresa. Lui rimase interdetto per un momento, guardandola dall'alto. Indossava un completo elegante nero, con i risvolti della giacca di una tonalità più scura rispetto al resto, una camicia bianca sbottonata e la cravatta verde scuro che gli spuntava dalla tasca del pantaloni eleganti.

“Granger, cosa ci fai qui?” Domandò, talmente sorpreso da dimenticarsi di insultarla.

“Ero all'ufficio Obliviatori, tu?”

“Processi vari” scrollò le spalle, come se niente fosse. Aveva sentito che i Malfoy erano tutti quanti indagati, Draco compreso, ma non ci aveva pensato molto. La sorte di quella famiglia di traditori non era affar suo. Nonostante Narcissa avesse fatto il doppio gioco e Draco si fosse rifiutato di schierarsi dalla parte di Voldemort alla fine, non cambiava niente di tutto il resto.

“Come stanno andando?” Domandò incapace di trattenersi. Si aspettò una rispostaccia, invece vide che Draco era pensieroso.

“Sono stato assolto da ogni accusa, ma i miei genitori sono ancora in arresto” rispose. I suoi occhi glaciali non sembravano più così distanti e cattivi. Qualcosa si era spezzato in quel giovane uomo che ne aveva passate troppe.

“Tornerai a scuola a settembre?” Non se la sentì di commentare la notizia che fosse stato assolto dalle accuse. Per lei rimaneva il ragazzo che l'aveva torturata durante tutti gli anni a Hogwarts, quello che aveva tradito Silente portando i Mangiamorte tra le mura del castello, mettendo la vita di tutti a repentaglio.

“Devo. Per fare il Medimago ho bisogno di un sacco di M.A.G.O” sospirò, ma sul suo volto si aprì una specie di sorrisetto.

“Il cosa?!” Esclamò lei sconvolta.

“Ma come Granger, non sei la So Tutto Io più saccente della tua generazione? Un Medimago è...”

“So benissimo cosa sia un Medimago, Malfoy. Sono sorpresa che tu voglia dedicare la tua vita a salvare quella degli altri” rispose acida. Lui le scoccò un'occhiata infastidita.

“Credo che sia il miglior modo per ripagare il mio debito” le porte si aprirono e Draco uscì scagliandole addosso quelle parole. Hermione lo guardò allontanarsi, ancora interdetta.

 

 

“Cosa state combinando?” Ginny entrò in salotto mangiando una pesca. I suoi fratelli se ne stavano con le teste vicine a parlottare tra di loro concitatamente. Di solito quello era un segnale che un qualche scherzo diabolico sarebbe presto ricaduto sulla testa di Ron.

“Hey sorellina, unisciti a noi” esordì uno dei due. Quel giorno indossavano due giacche porpora identiche, corredate di cravatta allentata e camicia bianca sbottonata.

“Stiamo organizzando una cena” spiegò l'altro. Da quando George si era fatto fare quella protesi era nuovamente impossibile riconoscerli. Secondo lei ci godevano.

“Per cosa?” Domandò, sedendosi davanti a loro.

“Siamo stati al Ministero oggi”

“E abbiamo fatto un'ottima impressione!”

“Savage ci ha assicurato un contratto col Ministero” parlarono a turno, stordendo la ragazza.

“Ma è fantastico!” Esultò dando il cinque ad entrambi. I suoi fratelli erano una fonte costante di soddisfazione. Benché non avessero terminato gli studi, avessero preso pochissimi G.U.F.O a testa e facessero impazzire tutti, erano dei geni degli affari. Da quando Hermione lavorava con loro la cosa aveva portato immensi benefici a quei due. Avevano in ballo quella cosa col Ministero, portato a termine un brevetto, messo almeno cinque nuovi articoli sul mercato e iniziato le trattative per acquistare Zonko. Se la riccia avesse continuato a lavorare con loro, avrebbero presto conquistato il mondo.

“Grazie, sorellina!” dissero in coro.

“Per questo motivo abbiamo deciso di fare una cena, per festeggiare” ogni scusa era buona per fare casino con loro.

“Invece di fare una cena, perché non facciamo una cosa diversa?” Domandò lei, che aveva ereditato la loro propensione a cacciarsi nei guai. Entrambi si avvicinarono, curiosi di sapere cosa avesse in mente la sorella minore.

“Dicci tutto, rossa”

“Ho saputo che ci sarà un concerto delle Sorelle Stravagarie da qualche parte in Inghilterra e che per scoprire il luogo servono gli agganci giusti...pensavo che magari voi due potreste...” vide i fratelli scattare in piedi, con gli occhi luccicanti per l'emozione e la sfida imminente.

“Consideralo fatto”

“Scopriremo il luogo del concerto!”

“Tenetevi pronti per stasera” detto questo si precipitarono fuori dalla stanza in un turbine scarlatto. Ginny diede un morso alla pesca, felice. Avrebbe potuto mettersi lei stessa alla ricerca, ma così avrebbe risparmiato una giornata di fatiche, che poteva impiegare in modi assai più piacevoli.

 

 

Note: scusatemi immensamente!!! La settimana scorsa non ho pubblicato, ma ho iniziato questo nuovo lavoro che è una follia assurda e quindi mi è totalmente passato di mente! Mi dispiace!!! Questo capitolo tra l'altro non sarà neanche pregno di avvenimenti amorosi, quindi so già che mi odierete tutti e dropperete la mia storia di brutto...vi prego abbiate pietà di me! Nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle ve lo prometto!!!

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Capitolo 14
*** No ho paura di bruciarmi ***


Fred e George li avevano riuniti tutti quanti in giardino per un grande annuncio, così ora una piccola folla di gente se ne stava a guardare i gemelli, trepidante. Quando loro facevano qualche annuncio c'era sempre da divertirsi. Non fosse altro che per la rabbia di Molly, che però non era stata invitata. Al suo posto c'erano Bill e Fleur, con Charlie che era stato richiamato appositamente per quella serata. Tutti i Weasley più, Harry e Hermione guardavano i gemelli sopra una cassa che si davano arie da grandi conquistatori. Indossavano dei jeans scuri e due magliette bianche identiche, con sopra giubbotti di pelle di drago nera. I capelli erano scompigliati ad arte. Hermione li guardò preoccupata. L'idea della cena era evidentemente andata a farsi benedire. La preoccupava il contenuto della cassa.

“Grazie di essere venuti, famiglia!” Iniziò George, facendo una sorta di inchino.

“Vi abbiamo riuniti per festeggiare il nostro imminente contratto col Ministero per gli Scaccia Intrusi!” Continuò Fred. I fratelli maggiori si profusero in esclamazioni felici.

“Ben fatto ragazzi!” Si complimentò Charlie. Hermione gli lanciò un'occhiata di sottecchi. Se mai aveva visto un ragazzo attraente era proprio lui. Come i gemelli indossava un giubbotto di pelle di drago nera, sotto una maglietta nera e dei jeans logori. L'orecchio era stato forato con diversi anelli scintillanti e i capelli lunghi erano tenuti fermi con un elastico. Per il resto era uguale agli altri fratelli, solo più muscoloso e dall'aria pericolosa. Una barba di qualche giorno gli cresceva sulle guance. Aveva qualche cicatrice sul collo e sulle mani, il che aiutava l'idea di pericolo. Ginny la vide guardare Charlie e per poco non scoppiò a ridere. Le diede un colpetto col gomito. Hermione arrossì immediatamente ripensando alle parole della sorella.

“Sì ma non è solo per questo che vi abbiamo convocati tutti”

“Per festeggiare abbiamo trovato la passaporta per il concerto delle Sorelle Stravagarie!” Annunciò Fred. I ragazzi si misero tutti a parlare contemporaneamente.

“Ma è l'evento dell'anno, come avete fatto?” Domandò Bill. Nonostante le ferite sembrava che Fleur lo amasse più di prima.

“Abbiamo i nostri metodi. Adesso se volete avvicinarvi...” saltarono giù dalla cassa, che aprirono, mostrando il contenuto. C'erano diversi oggetti dentro, uno più strano dell'altro.

“A cosa servono?” Domandò Ron, scettico. Di solito i gemelli non erano affidabili.

“Servono per arrivare al concerto” disse George.

“Non capisco, in che senso?”

“Noi abbiamo trovato il modo di arrivare al concerto, ma abbiamo scoperto che una passaporta non basta. Ne serve una ogni tre persone, non di più. Io, George ed Hermione andremo insieme. Harry, Ginny e Ron insieme. Charlie, Fleur e Bill insieme” li divise, passando loro una vecchia trombetta, un pallone da calcio e un cappello malconcio.

“Ora, la passaporta non vi dà l'accesso automatico al concerto. Dovrete passare una sorta di test prima, quindi prendete queste” estrassero delle bottiglie dalla cassa e ne diedero una a testa. Era Whisky Incendiario.

“Che prova?” Chiese Ginny ridendo.

“Non si può entrare sobri al concerto. Vi faranno un test per verificare il livello di alcol” spiegò George, che la trovava un'idea incredibilmente geniale. Charlie scoppiò a ridere e svitò il tappo della sua bottiglia, immediatamente imitato da Bill e i gemelli.

“Prevedo che sverrò molto prima di averla finita” commentò Hermione, che non reggeva molto bene l'alcol. Tutti quanti brindarono e iniziarono a bere. La gola le bruciò come se avesse bevuto fuoco liquido. Era micidiale.

“Tranquilla ci pensiamo noi a te, Granger” ridacchiò George, passandole un braccio attorno alle spalle. Stranamente non ne fu incoraggiata, ma non replicò e diede una lunga sorsata. Bevvero tutti avidamente, aspettando che le passaporte si attivassero. Fu una breve attesa. All'improvviso Fred scattò in piedi e afferrò la cassa, trascinando anche Hermione e George.

“Tenetevi pronti, ci vediamo al concerto!” Esclamò, prima di essere trascinato via. Hermione odiava viaggiare a quel modo. Sentì lo stomaco artigliato e una pressione tremenda schiacciarla. L'alcol nel suo stomaco si agitò prepotentemente, ma non lasciò andare.

“Mollate ora!” Urlò George. Lei fece come le avevano detto e si sentì cadere da un'altezza impossibile. Impattò col terreno morbido e fresco, sputacchiando. Erano in una specie di bolla e un tizio pelato con una bacchetta li guardava annoiato. Fred si era già rimesso in piedi.

“Controllo alcolico” esordì il tizio, agitando la bacchetta davanti alla faccia del rosso. Apparve una spunta verde e il tizio si rivolse a George e Hermione. Tutti e tre passarono il test, così la bolla si dissolse e si trovarono in mezzo ad un prato immenso, alla fine del quale era montato un palco fluttuante. C'erano centinaia di ragazzi che confluivano verso il palco urlando e ridendo sguaiatamente. Luci stroboscopiche che ferivano gli occhi, di tutti i colori, venivano riflesse da degli aggeggi che Hermione non aveva mai visto prima, ma che assomigliavano a delle coccinelle giganti che volavano in cerchio sopra la zona del concerto. Lei stringeva ancora la sua bottiglia, piena per metà e si guardava attorno alla ricerca degli altri. I gemelli non sembravano così ansiosi di ricongiungersi al gruppo, ma la trascinarono verso un ragazzo di colore che si rivelò essere Lee Jordan.

“Hey Granger!” La salutò cordiale.

“Lee grazie per la dritta sul concerto” esordì George dandogli una pacca sulla spalla.

“Figurati amico!” Il ragazzo aveva preso a lavorare in radio, così era in contatto con tutte le feste e i concerti che si tenevano sul territorio inglese.

“Non sono venuti con voi gli altri?” Chiese Lee.

“Dovrebbero essere in giro da qualche parte” George scrollò le spalle.

“Allora ci vediamo in giro, devo andare a presentare il gruppo spalla” disse, dirigendosi verso il palco.

“Oggi ho incontrato Adam Maxwell” disse Hermione, guardando Lee andare via. Le era venuto in mente solo in quel momento.

“Chi?” Domandò George, perplesso.

“Era del vostro anno, biondo, alto e magro, occhi azzurri. Ha un fratello a Corvonero”

“Ah ora me lo ricordo. Dove l'hai incontrato?”

“All'ufficio Obliviatori. Lavorano tutti e due lì” raccontò. George sembrò sul punto di chiederle qualcosa, ma si trattenne. Quello non era il momento adatto.

“Ragazzi!” Charlie veniva verso di loro seguito da tutto il resto della banda. Sembrava molto allegro.

“Ce l'avete fatta!” Fred si beccò una pacca dal fratello maggiore.

“Ron non era abbastanza ubriaco, ma Ginny ha rimediato subito” spiegò con la sua voce profonda. Per qualche motivo Hermione scoppiò a ridere. Charlie le fece l'occhiolino, contento che qualcuno avesse capito il sottinteso delle sue parole. Fred aggrottò la fronte. Lee salì sul palco in quel momento richiamando l'attenzione di tutti. Con un incantesimo amplificatore annunciò il gruppo spalla che si chiamava Sunset Sons. Erano tre ragazzi, che da quella distanza sembravano solo delle formiche con in mano degli strumenti. Quando però attaccarono a suonare risultarono molto bravi. Attaccarono a suonare un brano che si chiamava “Remember”. Una musica leggera ma ritmata si diffuse in tutta la radura.

“Andiamo a ballare, Hermione!” Esclamò Ginny afferrando l'amica per la mano e trascinandola in mezzo alla ressa. Harry e Ron le guardarono sparire, inorriditi all'idea di ballare. Non era proprio il loro forte.

“Andiamo Harry, non vorrai lasciare Ginevra da sola?” Lo prese in giro Bill, mentre Fleur lo trascinava dietro alle due ragazze. Il moro sospirò profondamente: odiava ballare. Le due amiche si muovevano a ritmo, ridendo mentre improvvisavano delle mosse stupide. Marito e moglie stavano appiccicati lì accanto, scambiandosi effusioni. Hermione, cogliendo le parole del ritornello cominciò a cantare a pieni polmoni, subito imitata da Ginny. I gemelli, Harry e Ron erano scomparsi, ma Charlie le aveva raggiunte. Afferrò la sorella e se la caricò in spalla, facendola svettare oltre il mare di teste. Lei indossava dei jeans attillati e un top bianco abbastanza scollato e sembrava la persona più libera del mondo. I lunghi capelli rossi le ricadevano dietro la schiena come un mantello di seta. Le guance arrossate e gli occhi luminosi le davano un'aria ancora più affascinante. Il fratello maggiore la teneva come se non pesasse niente ed entrambi iniziarono ad agitare le braccia protese a ritmo. In quel momento due mani calde si posarono sui fianchi di Hermione, facendola rabbrividire. Il top nero che Ginny aveva insistito per farle indossare le lasciava la pancia scoperta e i jeans a vita alta non erano abbastanza coprenti. Le mani la fecero indietreggiare, finché non si trovò premuta contro un corpo caldo, molto familiare. I capelli di George le solleticarono le narici quando lui si chinò a darle un bacio sulla guancia.

“Devi iniziare a vestirti un po' di più quando ci sono io nei paraggi” sussurrò al suo orecchio, facendola rabbrividire.

“Se lo facessi, che gusto ci sarebbe?” Domandò, di rimando. La sua risata si riverberò lungo la schiena di Hermione. Stava per girarsi a baciarlo, quando George s'irrigidì all'improvviso, si voltò e scomparve tra la folla, lasciandola sola e interdetta. Una saetta le passò accanto, dandole uno spintone mentre passava. Hermione la riconobbe subito: Angelina. Senza aspettare, senza pensare, la rincorse. Si muoveva tra le persone come se fosse la padrona del mondo e quelle si scansavano per farla passare o si beccavano spallate e pestoni. La perse di vista solo quando un ragazzo la urtò rischiando di farla precipitare al suolo. Imprecò recuperando l'equilibrio, ma Angelina era già scomparsa. Freneticamente, si spinse in avanti. Non le ci volle molto per vederli. Erano al limitare della folla. Lei lo teneva per un braccio e stava dicendo qualcosa, in atteggiamento aggressivo. George sembrava mortificato, ma i suoi occhi mandavano scintille. Hermione si avvicinò lentamente.

“Angelina ora basta” stava urlando lui.

“Basta cosa?! Mi hai mentito!” Ringhiò. Hermione vide il dolore sul volto della ragazza e si sentì malissimo.

“Non ti ho mentito, non sono George” disse, cercando di scrollarsela di dosso. Angelina impallidì e mollò la presa. Hermione era confusa. Come faceva a non essere George? Si avvicinò ancora per vederlo meglio, ma le girava la testa e non era sicura. Poteva essere Fred? Poteva non essersi accorta che era lui quando l'aveva toccata?

“Menti ancora” disse Angelina, ma sembrò poco convinta.

“Ti proverò che sono Fred. Ti ricordi alla festa che abbiamo organizzato alla Tana? Siamo andati in cucina a prendere da bere e abbiamo parlato di te e George, di quanto lo ami e io ti ho consigliato di confessargli i tuoi sentimenti” vide la ragazza arrossire violentemente e tutta la rabbia sparire dal suo volto. Per quanto riguardava Hermione, non provava niente.

“Scusa Fred, pensavo che fossi George” la ragazza abbassò lo sguardo.

“Figurati, ci scambiano tutti di nuovo ora che ha la protesi” rise Fred.

“Allora tu e la Granger, eh?” Domandò l'altra, sorridendo per la prima volta.

“Oh ehm...diciamo che è una storia lunga e complicata. Prima o poi te la racconterò” fece lui evasivo. Se avesse iniziato a parlare di quello si sarebbero sicuramente persi il concerto. In quell'istante le Sorelle Stravagarie salirono sul palco, accolte da applausi scroscianti e da una pioggia di scintille che ricoprì l'intera radura. Hermione alzò il volto al cielo, osservando delle fatine svolazzare allegramente, mentre lanciavano quella polverina. Sentì la testa farsi leggera e ogni preoccupazione o pensiero dissolversi. Una parte del suo cervello registrò che quello era uno degli ingredienti che i gemelli usavano per le loro pozioni di Svia Pensieri, ma niente di più. Sorrise come una scema, dimentica del motivo che l'aveva fatta dubitare un momento prima.

“Hey, che ci fai qui?” George le spuntò alle spalle. Aveva i capelli pieni di polverina.

“Ciao, straniero” lo accolse. Lui vide la polvere scintillante sul suo volto e gemette.

“Merda! Hermione hai respirato quella roba?” Sembrava un po' allarmato.

“Oh si! Guarda tuo fratello sta discutendo con Angelina” gli indicò la coppia che ora chiacchierava amabilmente. Vide George confuso.

“Dai vieni con me, raggiungiamo gli altri” la prese per mano e lei sentì una scossa piacevole percorrerla. Anche lui sembrò averla sentita. La guardò con gli occhi sgranati.

“Possiamo aspettare?” Domandò. Si sentiva bene in quel momento. La musica le vibrava dentro, la testa era calma e si sentiva eccitata per via dell'alcol e di quella polverina misteriosa. L'altro annuì con un sorriso incerto. Le sembrava troppo razionale, così si passò un dito sulla faccia, raccogliendo tutta la polverina magica possibile e se lo passò sulle labbra. Senza dargli il tempo di pensare, attirò George in un bacio. Lo sentì esitare solo un momento, ma quando lei aprì la bocca e lo accarezzò con la lingua, lui emise un gemito strozzato e l'afferrò per i fianchi, attirandola il più possibile contro il suo corpo. Hermione venne percorsa da una scarica elettrica, quando lui le affondò una mano tra i capelli e approfondì il bacio. Non si era mai sentita così famelica, neanche sul tetto, ma in quel momento desiderava solo perdersi sulle labbra di lui, fondersi con la sua pelle che sapeva di temporali estivi. Le sue mani trovarono la porzione di pelle lasciata scoperta dai vestiti e iniziarono a muoversi lentamente su e giù provocandole dei brividi. Si staccò da lui ansimando. I suoi occhi erano dilatati, grandi e languidi, le labbra gonfie per i baci famelici che si erano scambiati, i capelli spettinati. Non aveva mai visto niente di così bello.

“Mi fai impazzire, Granger” la sua voce roca, le provocò una stretta al basso ventre.

“Anche tu Weasley” sussurrò, mentre si stavano già baciando. Era quasi una necessità fisica. Lui le afferrò i glutei e la trascinò lontana dalla ressa. Hermione non si rese conto di niente, se non quando sentì la schiena premuta contro qualcosa di ruvido. Si voltò vedendo una grossa quercia centenaria. La musica le vibrava ancora dentro, ma non era più assordante. Per qualche motivo le venne da ridere.

“Scusa, non volevo condividerti con nessuno” spiegò lui, baciandole il collo. Alzò il mento per agevolarlo e lui sorrise a contatto con la pelle morbida di lei. Mordicchiò il punto dove l'aveva baciata e lei emise un gemito che gli fece ribollire il sangue nelle vene. Sentì le sue mani intrufolarsi sotto la sua maglietta e si affrettò a gettare per terra il giubbotto di pelle, per agevolarla. La vide mordersi il labbro, mentre le sue dita trovavano l'orlo della maglia e risalivano, trascinandola nel loro percorso di esplorazione. Sentì i muscoli tesi dell'addome di lui fremere sotto al suo tocco, mentre si spostava verso la schiena e tornavano sui suoi pettorali, sfiorando i capezzoli rosa. Lo sentì trattenere il fiato e premersi contro di lei. La sua erezione si sentiva anche a contatto coi jeans. Hermione sgranò gli occhi a corto di fiato. Lui rise a quella reazione e lasciò cadere l'indumento a terra. Vederla così disinibita, audace e scarmigliata rischiava di fargli perdere il controllo delle sue azioni. Sapeva che non doveva, che doveva rispettare i suoi tempi, ma quando lei si strofinò contro la sua erezione, rischiò di prenderla contro quell'albero.

“Dobbiamo rallentare” ansimò.

“Non avrai paura Weasley” lo canzonò lei.

“Stai giocando col fuoco, Granger” l'avvertì.

“Non ho paura di bruciarmi” furono le sue parole, prima di baciarlo ancora. Era inebriata, si rendeva anche conto che era tutto merito di quella polverina e dell'alcol se in quel momento si sentiva così audace. Ma non le importava. George era magnifico, sexy e divertente e non era un codardo, la voleva e lei voleva lui. Sentiva il sapore della sua pelle sotto le labbra, il vago sentore di sudore, il respiro affannato, lo sforzo dei suoi muscoli guizzanti della schiena nello sforzo di tenerla su e allo stesso tempo non strapparle gli abiti di dosso. Sentì la sua lingua percorrerle il collo in una scia infuocata e poi farsi audace e assaporare anche la clavicola, dove depositò un bacio umido. Lui la mise in piedi, lasciandola per un momento e le afferrò il top con entrambe le mani, guardandola molto seriamente.

“Cosa state facendo?!” La voce di Ginny interruppe la magia. Entrambi sussultarono vedendo apparire la rossa nel loro campo visivo. Teneva un Harry sorridente per mano. Gli occhiali del ragazzo erano completamente incrostati di polvere luccicante.

“Sei una guasta feste, sorellina” ringhiò George, recuperando la maglietta caduta al suolo.

“Scusate, anche noi cercavamo un posto per appartarci” si giustificò. Vide Harry arrossire violentemente, ma non disse niente.

“Come no, scordatelo. Se rovini la festa a me, io la rovino a te” afferrò la sorella per la collottola e la trascinò di nuovo alla festa. Harry e Hermione si guardarono in evidente imbarazzo.

“Andiamo o ci lasciano qui” commentò lei, afferrando l'amico sotto braccio. Una serie di urla scoppiò in mezzo alla folla, lampi di luce volarono ovunque, seguite da maledizioni senza perdono. La gente iniziò a correre in ogni direzione, travolgendo amici e vicini, senza distinzione. Hermione ci mise un secondo a realizzare cosa stesse accadendo. C'era un attacco in corso. Totalmente sobria si voltò verso Harry, afferrando la bacchetta. Vide l'amico fare lo stesso e pulire gli occhiali con un colpo di polso. Il sorriso beato era scomparso, sostituito da uno sguardo fermo e risoluto. Sapevano tutti che i Mangiamorte non se ne sarebbero stati buoni, anche se Voldemort era caduto. Harry li conosceva quasi tutti e quelli catturati avevano fatto dei nomi. Non avevano più niente da perdere e quella ne era la prova. Cinque o sei figure incappucciate stavano al centro della folla e sparavano maledizioni senza perdono ovunque. Hermione si guardò attorno frenetica, ma di George e Ginny non c'era traccia. Poteva scommettere che sarebbero andati ad affrontare l'emergenza senza pensarci due volte. Con Harry al suo fianco fece lo stesso. Rimasero uniti, mentre cercavano di fendere la folla impazzita. Hermione evocò uno scudo che li proteggesse e con quello riuscirono a raggiungere Ron. Il ragazzo stava duellando con un tizio ammantato di nero che gli scagliava maledizioni addosso. Harry lo schiantò con un gesto del braccio e quello si accasciò al suolo.

“Miseriaccia, dove siete stati?!” Esclamò vedendoli.

“Dove sono gli altri?” Chiese Hermione, ignorando la sua domanda.

“Charlie e Bill stanno duellando laggiù con Fleur. Ho visto Ginny e i gemelli inseguire dei Mangiamorte in quella direzione” spiegò.

“Rimaniamo uniti! Andiamo ad aiutare Ginny” Harry era il loro capo, soprattutto in quelle situazioni. Gli altri due non se lo fecero ripetere due volte e scattarono, con Ron che mostrava la strada. Videro anche Angelina, Lee e Katie che facevano onore all'Es. Senza fermarsi scagliarono qualche maledizione per aiutarli.

“Uno dei gemelli è ferito!” Sentì gridare Angelina. Hermione sentì tutto il sangue abbandonare il suo corpo a quelle parole. Partì di corsa, schivando i raggi di luce che le arrivavano addosso da ogni direzione. L'adrenalina le pompava nelle vene. Si fermò scivolando quando vide i tre Weasley accerchiati da quattro Mangiamorte. Fred sanguinava da un lungo taglio che gli aveva squarciato la maglietta. Si reggeva al gemello, ma non aveva smesso di lottare. Ginny era piena di polvere e tremava, ma respinse al volo una maledizione di Dolohov, che ringhiò. Harry emise un verso inarticolato e si gettò nella mischia. Hermione e Ron lo seguirono a ruota. Ora erano i Mangiamorte ad essere in svantaggio. Hermione si mise davanti a Fred proteggendolo. Lo sentì sospirare quando la vide.

“George, dobbiamo portarlo via di qui!” Gridò, sopra il frastuono.

“Ti sembra facile?!” Urlò di rimando, facendo esplodere una zolla di terra invece che l'avversario mascherato.

“Sta perdendo troppo sangue! Ti copro, tu prendilo e vattene!”

“Scordatelo, non ti lascio qui” Fred era più testardo di un mulo.

“Sei ferito! Smettila di fare l'idiota!” Replicò lei. Vide Harry gettare a terra Ginny in tempo per evitarle una fattura volante. Rotolarono a terra e lui si alzò immediatamente, gettandosi verso Dolohov con ferocia.

“Non ti lascio” ansimò. Hermione, assolutamente furiosa con lui intensificò gli sforzi e George le diede manforte. Tenevano a bada due nemici, mentre Fred manteneva la protezione su di loro.

“Se ti fai ammazzare questa volta ti lascio morire!” Ringhiò, prima di schiantare il suo avversario. Gli ultimi Mangiamorte rimasti capirono che avevano perso e iniziarono a Smaterializzarsi in fretta e furia.

“Ron, vieni con me!” Urlò Harry. Hermione capì quello che voleva fare e corse verso di lui insieme all'amico. Dovevano afferrare la scia.

“Porta Fred a casa!” Gridò a George, prima di afferrare la mano di Harry e farsi trascinare via. Si sentì strattonata e compressa, un vortice di immagini confuse la stordiva. Sbatté la spalla contro il terreno roccioso e si guardò attorno. Non c'era traccia di Mangiamorte. Harry ansimava e Ron si tamponava il naso. Si trovavano su un promontorio a picco sul mare in tempesta. Il paesaggio era brullo e nubi oscure impedivano alla luna di rischiarare l'ambiente. Le ci volle un po' prima di adattare la vista a quell'oscurità.

“Cos'è successo?!” Gemette massaggiandosi il fianco. Le sanguinavano i palmi delle mani ed era convinta di avere diversi lividi.

“Abbiamo afferrato il Mangiamorte e ho tentato di vedere la sua faccia, ma quello ha iniziato a lottare con calci e pugni e ci siamo trovati qui” spiegò Harry riprendendo fiato. Aveva gli occhiali storti sul naso e un grosso livido gli si stava formando sullo zigomo destro.

“D'accordo, dobbiamo tornare alla Tana. Fred era ferito” disse Hermione rimettendosi in piedi a fatica.

“Dobbiamo andare nella radura, potrebbero esserci altri Mangiamorte da catturare” obiettò Harry, dimostrando di essere cresciuto. Ron annuì, anche se si vedeva che era preoccupato per il fratello. Hermione era combattuta. Così decise di aprire il suo legame coi gemelli. Anche se a distanza non funzionava, era convinta che in caso fosse successo qualcosa a Fred lei l'avrebbe sentito. Tutti e tre, stanchi, sporchi ed esausti tornarono al concerto. Una squadra di Auror era già sul luogo. Savage strillava ordini a tutti, abbaiando di non far avvicinare i civili. Quando vide i tre, però disse di lasciarli passare.

“State bene?” Domandò brusco, passandoli al radar.

“Solo qualche ammaccatura, signore” replicò Harry.

“Bene. Abbiamo preso tre Mangiamorte, grazie al vostro coraggio, gli altri sono scomparsi” li informò.

“Ne abbiamo rincorso uno ma era troppo tardi” Harry sembrò in imbarazzo.

“Capisco. Siete riusciti a capire chi fosse?”

“No. Aveva la maschera” Savage sospirò sconfitto.

“Vittime?” Domandò Hermione, interrompendoli. Guardarli discutere le faceva capire chiaramente a chi avrebbe lasciato il suo posto Savage, un giorno.

“Nessuno grave. Ci sono solo un paio di schiantati, cinque affatturati e uno cruciato” riassunse, mestamente. Poteva andare molto peggio.

“Strano. Sembra quasi che...” rifletté Hermione ad alta voce.

“Cosa?” Domandò Ron, impaziente. Sapeva che la sua amica quando supponeva qualcosa molto spesso ci azzeccava.

“Sembra che non volessero uccidere nessuno. Il che è strano e mi porta a supporre che ci siano solo due motivi per questo: o volevano ricordarci che anche se Voldemort è caduto loro sono sempre qui nell'ombra...o volevano solo distrarci e il loro obiettivo era un altro” rifletté. Vide Savage impallidire, considerando la sua seconda ipotesi.

“Quanti Auror ci sono qui stasera?” Domandò Harry, capendo al volo.

“Ventidue” quella parola gli uscì dalle labbra come un sussurro.

“Ci sono anche le guardie di Azkaban?” Dopo che Voldemort si era alleato con i Dissennatori era stata votata una legge che li bandisse dalla prigione, in modo che una cosa del genere non succedesse ancora. Il problema era che ora erano gli Auror a supervisionare i prigionieri.

“No figliolo non sono così sprovveduto” sbottò Savage. I tre tirarono un sospiro di sollievo. Eppure Hermione non si sentiva affatto tranquilla. C'era qualcosa che non andava.

“Dove sono i miei fratelli?” Domandò Ron, che era pallido come un cadavere.

“Sono laggiù. La vostra famiglia è piena di eroi, Signor Weasley” fece cenno verso Bill, Fleur e Charlie. Nessuno di loro pareva ferito, solo scarmigliati, sporchi e stanchi. La bellissima bionda sembrava una dea vendicatrice tutta sporca di terra, coi capelli aggrovigliati e gli occhi azzurri che lanciavano scintille a chiunque si avvicinasse al marito.

“Charlie, dove sono Ginny, Fred e George?” Esclamò Hermione vedendoli.

“George li ha portati alla Tana, Fred era ferito abbastanza gravemente” spiegò. Hermione sbiancò, sentendo le ginocchia molli.

“Devo andare, pensaci tu qui” disse a Harry. Lo abbracciò per un momento e si Smaterializzò, temendo di non arrivare in tempo questa volta.

 

 

 

Note: innanzi tutto mi scuso perchè non ho riguardato il capitolo e credo che troverete una marea di errori...mi dispiace ma ho delle giornate assurde a lavoro e non riesco neanche a tenere gli occhi aperti. Quindi perdonatemi. Questo capitolo è lunghissimo ma denso di avvenimenti e spero che vi piaccia tanto quanto è piaciuto a me scriverlo. Inoltre...bhe non penso che riuscirò a pubblicare sempre il mercoledì, quindi dobbiamo andare un pò a fortuna. Mi dispiace ma sono cambiate tante cose nella mia vita. Fatemi sapere che ne pensate!

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Capitolo 15
*** Tra sogno e realtà ***


Hermione si materializzò nel cortile della Tana e quasi inciampò cercando di mettersi a correre prima di aver riacquistato l'equilibrio. Spalancò la porta di casa e si precipitò in salotto. Fred era accasciato sul divano, col torace pieno di bende che in alcuni punti si erano macchiate di sangue. Molly e Arthur si affaccendavano attorno al figlio, assicurandosi che non avesse altre ferite. George stringeva Ginny, che aveva gli occhi pieni di lacrime.

“Hermione!” Esclamò George vedendola.

“Mi dispiace Hermione è stata tutta colpa mia...” singhiozzò la ragazza. Ma lei non aveva occhi che per Fred. Era pallido come un lenzuolo e ricoperto di sangue, un po' secco un po' fresco. Teneva gli occhi chiusi, ma le sue palpebre fremevano per il dolore che riusciva a raggiungerlo anche nel sonno. Aveva le labbra esangui e screpolate. Hermione si sentì mancare a quella vista.

“Molly...come sta?” Le tremava la voce.

“Oh Hermione cara! Per il momento sta bene, dovrebbe rimettersi” la donna piangeva ma non si dava per vinta. La strinse forte e si fece aiutare dal marito ad alzarsi. Nell'aria c'era odore di dittamo e altri medicinali sconosciuti. Avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente su quella branca della magia. Si accovacciò accanto a Fred, guardandolo soffrire, controllando le bende.

“Mi dispiace, non sono arrivata in tempo. Mi dispiace tanto” sussurrò accarezzandogli i capelli teneramente. Sentì i Signori Weasley ritirarsi in cucina, per lasciarli soli.

“Hermione, vieni, ti preparo una tazza di thè caldo” le propose Ginny, tentando di farla alzare. Né lei né George sembrarono averla sentita. Entrambi se ne stavano accovacciati accanto a Fred che dormiva, senza staccargli gli occhi di dosso. Lei sospirò rassegnata e andò a preparare qualcosa di caldo per tutti. Gli altri arrivarono e si diressero in salotto a controllare il fratello. Qualcuno disse qualcosa, ma i due che vegliavano non sembrarono sentire. Hermione e George, spalla contro spalla, accarezzavano distrattamente il braccio di Fred, guardando nel vuoto, come se fossero assenti.

“Secondo te sono connessi?” Chiese a Harry. Il ragazzo ci pensò per un istante e annuì.

“Penso che stiano cercando di alleviargli il dolore” le disse, abbracciandola. Lei gli aveva raccontato che Fred si era preso una Maledizione rivolta a lei, che non era stata abbastanza veloce. Lui l'aveva spinta via, salvandola. Harry gli era grato, non poteva esprimere la sua ammirazione e gratitudine per quel gesto. Non se lo sarebbe mai perdonato se fosse successo qualcosa a Ginny. Ma vedere la sua amica così in apprensione, pallida e tirata, lo metteva altrettanto in difficoltà. Non aveva mai visto Hermione amare così qualcuno, neanche Ron che pure doveva essere stato il suo primo amore.

“Lasciamoli soli e andiamo a riposarci un po' è quasi l'alba” le disse, trascinandola al piano di sopra.

 

Hermione non sapeva come e neanche perché ma si trovava a Hogwarts con George. Entrambi indossavano le loro divise e a giudicare dal loro aspetto, doveva essere il quinto anno. Camminavano per i corridoi cercando entrambi la stessa persona. Doveva essere sera, perché non c'era altra luce che quella delle candele a rischiarare il corridoio.

“Secondo te dove sarà?” Domandò Hermione, felice per una volta di poter interagire. Di solito nei sogni poteva solo guardare. George le sorrise furbo.

“Il quinto anno lo abbiamo passato tutto al terzo piano” le spiegò facendo strada. Infatti ci trovarono Fred, che armeggiava con qualche pozione. Non li vide e neanche li sentì. Era molto concentrato. L'aula era diventata una specie di laboratorio. C'erano pozioni ovunque che bollivano pigramente, alcune quasi pronte, altre in via di sviluppo. C'erano le Orecchie Oblunghe in un angolo e le Pasticche Vomitose.

“Mi sa che siamo appena arrivati a Hogwarts” commentò George al suo fianco, studiando la stanza. C'era anche un grosso divano mezzo sfondato, una lavagna piena di scritte e alcuni fogli sparsi sui banchi.

“Non viene usata quest'aula?” Indagò.

“Non più per fortuna, l'abbiamo usata in questi anni come tana” le fece l'occhiolino e guardò se stesso entrare da una porta circospetto.

“Hey Georgy come mai sei in ritardo?” Domandò l'altro, un po' scocciato.

“Dovevo evitare quella scassa bolidi della Granger, mi ha visto nei corridoi e si è subito insospettita” commentò lui, slacciandosi la cravatta e arrotolandosi le maniche della camicia. Fred sorrise divertito.

“Quella è proprio un osso duro e ora che è un Prefetto ci darà filo da torcere” commentò aggiungendo qualcosa a una pozione.

“Pensi che potrebbe cedere al fascino Weasley?” Domandò Fred, con un sorriso diabolico in volto.

“Non penso, fratello. Quella è innamorata di Ron, non te ne sei accorto?” George sembrò divertito all'idea di sedurla.

“Ugh, che schifo! Comunque secondo me ti sbagli, le potrebbe fare bene una dose doppia di Weasley” ridacchiò quello. Sentì che anche il George che le stava accanto rideva e lo fulminò con lo sguardo.

“Se vuoi provare fai pure, io ho adocchiato quella Tassorosso con quel seno esagerato” commentò il George del ricordo. Hermione sospirò rassegnata, quello era il problema di entrare nei sogni altrui. Eppure aveva dovuto. Fred soffriva e anche nel sonno non riusciva a trovare pace. Entrare nella sua testa e manipolare il dolore e la sofferenza non era stato possibile, ma farlo sognare in modo che non potesse sentire altro sì, così avevano tentato. Il risultato era che si stava sorbendo tutti quegli stralci di ricordi. George pensava che fosse la loro presenza a orientare il tipo di sogno, ma a lei non importava finché Fred fosse stato bene.

 

Il sogno cambiò e si trovò in Sala Comune. Fuori era ancora giorno, ma si avviava al tramonto. I gemelli erano in un angolo a vendere le Merendine Marinare. Hermione sapeva perfettamente cosa stava per accadere ed emise un gemito. Vide se stessa in divisa marciare decisa verso di loro, furiosa.

“Scendete di lì immediatamente!” Ordinò, rivolta ai due ragazzi che urlavano le loro proposte da un tavolo, accerchiato di bambini del primo e secondo anno.

“Altrimenti che ci fai, Granger?” Domandò Fred, ridendo.

“Vi metto in punizione, Weasley!” Tuonò, rossa in faccia.

“Sto tremando Freddy”

“Anche io Georgy” la presero in giro. Hermione afferrò la caviglia di Fred e la strattonò, col risultato che quello perse l'equilibrio e le piombò addosso, travolgendola coi suoi ottanta kg di muscoli. Sentì tutto il fiato uscirle dai polmoni per l'impatto e tentò di spingere via Fred, ma lui non si mosse. Era a un millimetro dalla sua faccia e la guardava come mai prima. Sembrava che volesse mangiarla. Hermione rabbrividì, ma non riuscì a spingerlo via, era ipnotizzata da quegli occhi, da quella bocca così vicina eppure così lontana.

“Se mi guardi così dovrai invitarmi a cena Granger, non sono il tipo che si concede sul pavimento della Sala Comune” esordì Fred, ghignando. Hermione lo scacciò via imprecando.

“Fatela finita di contrabbandare quella roba!” Lo ammonì, ignorando il suo commento precedente. Hermione se ne andò indignata, per poi prendersela con Ron e il suo scarso entusiasmo nel redarguire i fratelli. Come niente fosse, i gemelli ripresero a vendere le Merendine non appena lei si fu ritirata per la notte.

“Quanto vi odiavo quell'anno” sospirò Hermione guardando la scena.

“Nessuno può odiarci” fu la replica di George.

 

Improvvisamente tutto cambiò. Il castello scomparve e si trovò catapultata in una stanza alla Tana. Vide Fred che si stava preparando per la notte e George che in mutande, sdraiato sul suo letto lo guardava storto. Il gemello accanto a lei gemette disperato.

“Merda non questo!” Esclamò, ma ormai era troppo tardi.

“Chi l'ha deciso che dovessi andare tu?” Domandò George dal letto, fingendo di provare molto interesse per le sue unghie. Fred si voltò, stranito da quella frase.

“Non lo so, credo che sia perché ho dormito io con lei sul divano” rispose infilandosi una maglietta larga. Si vedeva che era preoccupato dalla piega che stata prendendo la conversazione.

“Allora non ti dispiacerà se andrò io” George si tirò su a sedere sul letto.

“In realtà mi dispiace eccome” Fred incrociò le braccia sul petto.

“Guarda che ci siamo dentro entrambi in questa storia”

“Ma se tu neanche volevi averci a che fare? Da quando sei così coinvolto?” Fred fece una faccia furba.

“Mi sono lasciato convincere e ora non mi dispiace la piega che stanno prendendo gli eventi” c'era una certa tensione nell'aria, anche se Hermione vedeva solo un ricordo.

“Certo, ora che si parla di dormire con lei, sei prontissimo a offrirti volontario, ma quando si parlava di collaborare per vedere i limiti di questa cosa sei scappato” sbuffò Fred. George si era irrigidito a quelle parole.

“Lo sai benissimo che l'unico motivo per cui non volevo è che sono convinto che sia pericoloso. Tu credi che sia una cosa innocente, una cosa divertente anche, ma non è così. Questo legame con lei...potrebbe anche prendere il posto del nostro legame” disse. Hermione sentì che un macigno si era posato sul suo stomaco. Erano quelli i timori di George? Era per quello che sembrava così restio nel farsi toccare con gli schermi abbassati?

“Non è così, quante volte devo dirtelo? È una cosa diversa che non cambia niente tra noi” Fred sembrava uno che avesse fatto quel discorso diverse volte.

“Ah no? Allora perché non posso andare io da Hermione?” George si era alzato in piedi e aveva afferrato una maglietta, pronto a vestirsi, ma Fred gli afferrò il braccio.

“Perché il mio legame con lei è più forte del tuo” disse.

“Non ti sei chiesto perché?”

“Certo che sì”

“Allora chiediti anche cosa significa il fatto che tu sia così geloso della possibilità che sia io a dormire con lei” sbottò George, per poi divincolarsi dalla presa di Fred e buttarsi sul letto, chiudendo la conversazione.

 

“Mi sa che stiamo per assistere a una sfilza di altri ricordi imbarazzanti che avrei preferito tenere per me” commentò il George reale, accanto a lei.

“Almeno saprò tutto quello che mi avete tenuto nascosto fino a questo momento” commentò Hermione, piccata.

“Ci sono cose che sarebbe meglio tu non vedessi” sembrava molto serio e anche preoccupato.

“Perché?”

“Hermione, ci sono cose che abbiamo fatto in passato di cui non andiamo fieri e che non hai bisogno di sapere” sospirò massaggiandosi la radice del naso.

“Credo invece di sapere di cosa parli” se lo avesse schiaffeggiato, George non sarebbe stato così sorpreso, come quando udì quelle parole. Sbiancò tutto d'un tratto e fece un passo indietro.

“Cosa...come?” Balbettò.

“Oh andiamo ero in camera con delle pettegole professioniste! Pensi che vivessi come un'eremita?!” Sbuffò contrariata.

“Sì, ma non credevo che ci facessi caso”

“Infatti. Non m'importa un accidente di quello che facevate a scuola con le ragazze” George non aveva abbandonato l'espressione stupita.

“Perché no? A me importerebbe”

“Perché tutti fanno sciocchezze da giovani e voi siete sempre stati molto belli e ambiti. Vi volevano tutte e voi ve ne siete approfittati. Io sono anomalo come caso. Tutte le mie amiche hanno fatto esperienze, persino Ginny. Io no, ma non perché non volessi, ma...avevo altre cose più importanti per la testa. Non m'importa con quante ragazze siete stati” scrollò le spalle e George sospirò di sollievo. Era chiaro che non sapeva tutto.

“Hai usato il plurale” le fece notare, con una punta di amarezza. Hermione sorrise, ma non si scompose.

“Non ci siamo mai mentiti io e te, non farmi iniziare ora” gli disse e George non aggiunse altro.

 

Come erano iniziati, i sogni scomparvero. Fred si stava svegliando. Hermione e George si trovarono catapultati nel salotto della Tana, entrambi un po' scombussolati per quell'esperienza. La ragazza si alzò in ginocchio con una smorfia a causa degli arti rigidi. Era rimasta nella stessa posizione troppo a lungo. George era già al fianco del fratello. Quello aprì un occhio molto lentamente, quasi che fosse doloroso e ci mise qualche secondo per metterli a fuoco.

“Avete delle facce orrende” gracchiò. Hermione trattenne a stento un singhiozzo.

“Perché non hai visto la tua” replicò George con un gran sorriso.

“Come ti senti?”

“Malissimo” tentò di alzarsi a sedere, ma il dolore lo fece desistere immediatamente.

“Vado a chiamare tua madre” Hermione scattò in piedi, ma lui la fermò, afferrandole un polso. Era molto debole, ma lei non si divincolò.

“Per favore rimanete qui”

“Certo, Freddy, non andiamo da nessuna parte” lo rassicurò il gemello, accarezzandogli la fronte. Hermione si rimise giù, tenendogli la mano. Nel giro di qualche istante si era già riaddormentato. Lei lo guardò dormire e sentì il suo dolore scorrere tra la loro connessione. Era una sensazione straziante, come se la sua pelle andasse a fuoco e qualcuno ci strofinasse sopra del sale per aumentare il dolore. Imprecò ad alta voce, sentendo l'afflizione passare da lui a lei.

“Hermione che stai facendo?!” Esclamò George allarmato.

“Non lo so...ma...non riesco...a smettere” riuscì a dire tra un lamento e l'altro. Nel panico, senza sapere che altro fare, tirò via la mano di Hermione da quella del fratello e la vide sospirare. Grosse lacrime di sofferenza le offuscavano gli occhi scuri, a stento trattenute.

“Stavi assorbendo il suo dolore?!” Sbottò George, terrorizzato.

“Credo...di sì” balbettò lei altrettanto spaventata. Le implicazioni di quel gesto caddero come macigni su di loro.

“Te l'avevo detto che sarebbe andata così! Hai voluto aprire una porta che doveva rimanere sigillata! Invece voi due vi siete messi a esplorare le potenzialità di questo legame e ora guardati!” Esclamò arrabbiato. Non sapeva se stava urlando perché si era spaventato o per tutte le cose successe quella notte. Era stata colpa loro se i loro amici e familiari erano stati in pericolo di morte, se Fred giaceva su quel divano avvolto dalle bende.

“Non si possono ignorare i legami magici! Non spariscono solo perché ti volti dall'altra parte. Sarebbe solo stato peggio” si inalberò lei. Sentirsi rinfacciare quelle cose le aveva fatto saltare la mosca al naso.

“Invece è andato tutto bene così, vero? Hai assorbito il suo dolore e ci scommetto quello che vuoi che l'altra sera sulla terrazza l'hai sentito arrivare, prima di vederlo!” In quel momento non ci aveva fatto caso, ma Hermione si era portata una mano alla gola ed era impallidita un istante prima che Fred apparisse. La vide arrossire e distogliere lo sguardo, il che fu una conferma più che sufficiente.

“Che altro non mi stai dicendo?!” Tuonò afferrandole un polso. Lei tentò di ribellarsi, ma alla fine cedette.

“Mi ha trovata. Ero al lago l'altra notte da sola a fare il bagno ed ero molto triste. Lui mi ha sentita e Smaterializzandosi è stato portato da me” confessò. Vide George sbiancare e lasciarla come se si fosse bruciato.

“Questa cosa finisce oggi” dichiarò a denti stretti.

“Intendi tra di noi?” Lei lo guardò con sfida, quasi ringhiando.

“Sì, basta contatti, basta giocare con questo legame. Vai a Hogwarts e restaci” il suo sguardo si fece freddo e distaccato. Qualsiasi forma di compassione e affetto avesse scorto prima, ora era stata spazzata via.

“Hai solo paura, non parli sul serio” le parole le uscirono più lamentose del previsto.

“Certo che ho paura! Ti rendi conto che all'inizio dovevamo concentrarci solo per sentire le tue emozioni e ora tu lo tocchi e il suo dolore passa a te? Lui ti trova anche senza sapere dove sei, lo senti senza...” George esitò, come se un'idea improvvisa l'avesse colpito. Con la bocca spalancata e gli occhi sgranati la fissò.

“Oh cazzo sei tu! Tu l'hai salvato! Hai detto: se ti fai ammazzare questa volta ti lascio morire!” Esclamò sconvolto. Hermione sentì tutto il sangue abbandonarle il corpo e la testa girare. L'aveva detto, ma aveva sperato che nel mezzo della battaglia non avesse sentito, che le sue parole fossero andate perdute.

“Abbassa la voce!” Sibilò, afferrandolo per un braccio e trascinandolo via da lì. George si divincolò sotto la sua presa.

“Hai salvato la vita di Fred durante la Battaglia di Hogwarts” sussurrò, incredulo.

“Sì, sono stata io, ma...”

“Lui aveva ragione! Lo sapeva ma non ne aveva le prove. È per questo che ora siamo incastrati in questa cosa?” Domandò agitando una mano in aria.

“Temo di sì. Deve essere successo qualcosa quella notte. La mia bacchetta ha agito di sua spontanea volontà. Non l'ho fatto coscientemente” Hermione sapeva che da quel momento non avrebbe più potuto nascondere quello che era successo, non con George al corrente di tutto. Fred l'avrebbe saputo immediatamente.

“Che significa?” Domandò. Lei gli spiegò brevemente del suo colloquio con Olivander e della lettera che aveva spedito alla McGranitt. George rimase in silenzio a lungo, riflettendo.

“Perché non glielo hai detto?” Sembrava più calmo, ma non aveva intenzione di mollare la presa ed Hermione non poteva biasimarlo.

“Non voglio che le cose cambino tra di noi. Non voglio che pensi di dovermi qualcosa, o che questo lo induca...” esitò incerta.

“Non vuoi che lui ti ami per questo” concluse George con un sorriso triste.

“Mi dispiace” fu tutto quello che lei riuscì a dire.

“Non preoccuparti, lo sapevo dall'inizio” scrollò le spalle come se non fosse una cosa importante. Eppure lei poteva leggere tristezza sul suo bel volto.

“Senti...non è che potresti tenerlo per te?” Domandò incerta.

“L'unica cosa che terrò per me è che sei innamorata di lui. Per quanto riguarda il resto, dovresti essere tu a dirglielo, ma se non lo farai non terrò il tuo segreto” le disse, serissimo.

“D'accordo gli parlerò appena starà meglio” cedette lei. Era terrorizzata alla sola idea, ma sapeva di non poter rimandare oltre.

“Adesso vado a farmi una doccia e poi ti do il cambio” le disse sorridendo.

“George mi dispiace tanto!” Esclamò. Era una scusa generica, un po' perché era innamorata di suo fratello, un po' perché lo aveva trascinato in quel legame assurdo che rischiava di rovinare le loro vite, un po' per la paura di averlo ferito.

“Non preoccuparti, è stato solo un bacio, Granger” le disse prima di salire le scale e sparire al piano di sopra. Hermione tornò in salotto da Fred, che dormiva beatamente. Sembrava che stesse meglio e le ferite avevano smesso di sanguinare. Il volto era disteso, anche nel sonno e le guance avevano ripreso un po' di colore. Si sentì sollevata. Si chinò su di lui per sistemargli la fasciatura e lo sentì sospirare. Poi si accomodò per terra al suo fianco, tenendogli dolcemente una mano, ma attenta a tenere gli scudi alzati.

 

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Capitolo 16
*** ...ora che amo un altro ***


Il giorno seguente, quando Molly scese in cucina per preparare le colazione, passò a trovare il figlio che giaceva ancora sul divano. Nella luce calda del mattino vide George stravaccato in poltrona, coi capelli sparati in ogni direzione e i vestiti del pigiama freschi di lavanderia. Era rimasto al fianco di Fred tutta la notte. Si avvicinò per controllare le ferite e notò un'altra sagoma. Hermione si era seduta accanto al divano, con la testa posata vicino alla coscia del moribondo, ancora vestita come la sera precedente, sporca e sfinita. Non si era neanche andata a fare una doccia. Lei e il figlio si tenevano per mano, cosa che la sorprese. Accadevano troppe cose che non notava in quei giorni. Sapeva che qualcosa non andava tra lei e Ron, ma non avrebbe mai creduto che quel qualcosa fosse Fred. Sorrise, non le sarebbe dispiaciuto che sposasse il maggiore dei gemelli, nonostante le sembrasse una coppia strana. Lui era così immaturo, mentre la ragazza aveva i piedi per terra e la testa sulle spalle. Ma magari era proprio quello che li univa, quella loro diversità che faceva in modo che supplissero alle mancanze dell'altro. Aveva sempre immaginato Hermione come parte della sua famiglia, che fosse o meno sposata con uno dei suoi figli, ma quel risvolto la fece sorridere. Ginny fu la prima a scendere. La notte le era sembrata infinita, ma non era riuscita a riposare bene, anche con Harry al suo fianco. Si era agitata nel letto all'infinito, macerandosi il fegato al pensiero di Fred che si era lanciato sulla traiettoria della maledizione per salvarla. Era tutta colpa sua e se gli fosse successo qualcosa di peggio, non se lo sarebbe potuto perdonare. Privare George ed Hermione di una parte di loro le sembrava un delitto imperdonabile. Fece un salto in salotto e vedendo i tre così accovacciati sorrise. Hermione non aveva lasciato Fred neanche per un istante.

“Buongiorno mamma!” Esclamò entrando in cucina e trovando la donna, ancora in vestaglia, già ai fornelli.

“Ti sei svegliata presto” commentò mettendo in padella del bacon.

“Ho dormito male...col pensiero di Fred e tutto” confessò prendendo del succo di zucca fresco.

“Tesoro, non è stata colpa tua. Tu avresti fatto lo stesso per lui” la consolò la donna. Anche Harry glielo aveva ripetuto all'infinito, ma non cambiava niente.

“Sì, ma non ci sono io su quel divano a soffrire” replicò, sedendosi a tavola.

“Non mi sembra che stia soffrendo molto” commentò Molly, lanciando alla figlia un'occhiata furba. Ginny colse al volo l'allusione e ridacchiò.

“Oh no, mi è sembrato di vedere anche un sorrisetto sulla sua faccia” la Signora Weasley rise con la figlia.

“Sai qualcosa che non so?” Domandò, curiosa. I suoi figli tendevano a nasconderle la loro vita privata, ma Ginny ogni tanto le raccontava qualcosa, soprattutto di Harry e pettegolezzi sugli altri. La figlia era sempre informata di tutto.

“Oh mamma, so anche qualcosa che non sanno loro!” Sghignazzò. Le informazioni quando si hanno come fratelli Fred e George, erano una moneta di scambio preziosa. Aveva imparato fin da piccola che il ricatto era il modo migliore per ottenere quello che voleva.

“Racconta!” Esclamò deliziata la donna.

“Bhè a quanto pare Hermione si trova al centro di una specie di triangolo. Sia George che Ron le hanno chiesto di uscire” iniziò. Vide la madre sgranare gli occhi, totalmente dimentica della colazione, che si stava cucinando da sola.

“Ma allora...Fred?”

“Aspetta. Lei ha accettato di uscire con tutti e due, più per colpa mia che altro. Comunque l'ha fatto perché Fred è tornato con Alyssa” al solo nominare quella ragazza Molly inorridì.

“Non ce ne eravamo liberate?” Borbottò turbata.

“A quanto pare è tornata e ha tentato di riprendersi Fred. Comunque Hermione è uscita con George perché lui è andato dalla ex e perché...bè perché George è molto affascinante e le ho consigliato di divertirsi”

“Ginevra!” Esclamò la madre, scandalizzata dai consigli sconsiderati che la figlia elargiva.

“In realtà speravo che facesse ingelosire Fred. E credo che sia andata così. Lui si è presentato con Alyssa nel posto dove stavano cenando lei e George ed è successo un gran casino. Le ragazze hanno litigato e Hermione ne è uscita ferita. Grazie a questo Fred ha chiuso con Alyssa” Molly si sentiva tornata adolescente. Aveva capito che le fosse sfuggito qualcosa, ma non credeva tutte quelle cose! Doveva prestare più attenzione ai suoi figli. Si alzò per togliere il bacon dalla padella e mettercene altro. I suoi figli mangiavano come lupi.

“Continua!” La incitò. La storia la stava appassionando.

“Non conosco le dinamiche precise di tutto quello che è successo dopo. Mi devo ancora aggiornare con Hermione, ma l'ho trovata avvinghiata a uno dei gemelli ieri sera, non chiedere quale dei due perché non lo so” la precedette ridendo.

“E Ron in tutto questo?” Chiese preoccupata.

“Lui è totalmente fuori gioco. Ha dichiarato i suoi sentimenti a Hermione, ma poi l'ha trattata malissimo e l'ha anche accusata di essere una poco di buono...così lei si è infuriata e hanno passato settimane a non parlarsi. Poi lui ha capito che i suoi fratelli gli stavano soffiando la donna da sotto il naso e si è svegliato, ma troppo tardi. Hermione aveva già perso la testa per Fred. Credo che usciranno comunque insieme, ma solo per mettere fine alla cosa” la Signora Weasley tacque a lungo. Le dispiaceva per il figlio minore. Ron era sempre stato quello più insicuro dei suoi figli. Crescere all'ombra di Charlie, Bill, Percy, Fred e George era stata molto dura per lui. Doveva competere con delle personalità molto forti. Quando poi era diventato amico di Harry e Hermione, aveva capito che sarebbe continuata ad essere dura per lui. I suoi amici erano indubbiamente più famosi e talentuosi di lui. Eppure Ron era cresciuto molto, aveva salvato il mondo e i suoi amici. Nonostante questo, quando era a casa, spesso tornava ad essere il bersaglio dei gemelli, sottomesso a tutti loro. Vedersi portare via la donna che amava dai fratelli poteva essere troppo per lui.

“Credi che Fred la ami?” Domandò alla figlia.

“Penso di sì, anche se è troppo stupido per ammetterlo” Molly annuì. Fred non era stupido, ma solo testardo. Quando si metteva in testa una cosa era impossibile fargli cambiare idea. In quel periodo vedeva chiaramente quanto fosse cambiato, ma si identificava ancora con il rubacuori che era stato prima della guerra. Sperava che Hermione gli facesse cambiare idea.

 

 

Fred si trovava in un sogno che non era il suo. Era chiaro dal fatto che stesse osservando tutto dall'esterno, come quei film proiettati nell'aula di Babbanologia a scuola. Non che avesse mai frequentato il corso. Si erano solo introdotti lì per rubare il divano e portarlo nel loro covo. Quando però avevano visto la scatola magica, si erano incuriositi e messi ad armeggiare con i pulsanti. Gli erano piaciuti molto quei film, anche se gli era ancora totalmente oscuro cosa fossero e come facessero ad essere dentro la scatola. Suo padre aveva provato a spiegarglielo, ma non ci aveva capito molto. In ogni caso, ora gli sembrava di star guardando un film, anche se non aveva coscienza del suo corpo. Vedeva Hermione più piccola, con quei capelli cespugliosi sempre in disordine, mentre la divisa era impeccabile. A giudicare dal maglioncino che indossava sopra, doveva essere inverno, ma non ancora troppo freddo. Stava studiando su un libro più grosso di lei. C'era poca gente quel giorno. Neville era immerso nella lettura di un libro sulle piante del Mediterraneo e un altro paio di studenti leggeva in disparte. Quando però notò il ragazzo che fissava Hermione di sottecchi capì immediatamente a che anno fossero. Victor Krum, Campione Tre Maghi per Drumstrang, Cercatore per la Bulgaria, primo amore di Hermione Granger. Non ricordava che fosse così grosso. Ad un tratto lui si alzò, prese coraggio e si avvicinò a lei.

“Io disturbare te?” Domandò con il suo inglese stentato. Lei parve totalmente confusa da quell'approccio.

“No, dimmi”

“Vuole venire a ballo con me?” Hermione rimase basita. Aprì e chiuse la bocca qualche volta.

“Ehm, posso pensarci un paio di giorni?” Chiese, per prendere tempo.

“Sì. Io osservato te da lontano. Tu molto bella e intelligente. Unica donna che volere per ballo” rincarò. Hermione arrossì violentemente.

“Grazie, ti farò sapere il prima possibile” rispose. Lui annuì impacciato e caracollò via con quel suo strano modo di camminare. Sembrava sempre che non fosse a suo agio per terra, ma che gli mancasse volare. Forse era quello il segreto della sua bravura. Hermione chiuse il librone, raccolse la sua roba e in fretta raggiunse la Sala Grande. Fred rivide tutti i suoi compagni di scuola, e persino lui e George con quei capelli lunghi inguardabili. Quell'anno si erano rifiutati di tagliarli, così tanto per fare. Hermione si accomodò tra Harry e Ginny, frastornata. Aveva ancora le guance rosse.

“Allora fratellino hai trovato una compagna per il ballo?” La voce di George attirò l'attenzione del tavolo. Tutti si voltarono verso Ron, che divenne rosso come un pomodoro.

“Ancora no! Tu con chi ci vai?” Domandò piccato, come se volesse coglierlo in castagna. George sorrise, lanciò il tovagliolo ad Angelina per richiamare la sua attenzione.

“Vuoi venire al ballo con me?!” Le chiese. Vide la ragazza arrossire e annuire, felice.

“Vedi? È così che si invita una donna” commentò il se stesso più giovane, facendo l'occhiolino al gemello.

“Perché tu con chi vai?” Notò distintamente Hermione che sollevava la testa per ascoltare. Fred aveva sorriso, si era alzato e aveva raggiunto Katie.

“Mia signora, vuole farmi l'onore di venire al ballo con me?” Aveva chiesto inchinandosi profondamente. Era proprio scemo all'epoca. Katie divenne scarlatta, ma accettò la sua mano con gioia.

“Certo che vengo al ballo con te!” Trillò felice. Fred la fece piroettare sul posto, le baciò la mano e la fece riaccomodare al tavolo. Evidentemente soddisfatto tornò a sedersi. Ron era allibito. Lanciò un'occhiata a Hermione.

“Hermione...tu sei una ragazza” esordì. La vide illividire a quelle parole e gli venne da ridere.

“Sì, Ron che scoperta, sono una ragazza!” Sbottò infastidita.

“Pensavo che magari potresti venire al ballo con uno di noi” Hermione scattò in piedi indignata.

“Ci vado già con qualcun altro!” Tuonò, per poi correre via. Il sogno cambiò impercettibilmente e la vide fermare Krum che usciva da un'aula. Lui parve molto felice di vederla.

“Verrò al ballo con te” esordì. Lui le fece un sorriso gigantesco mettendo in mostra una dentatura bianca e perfetta.

“Io essere felice! Come tu cambiare idea?” Chiese.

“Oh ehm, il ragazzo che speravo mi invitasse ci va con un'altra” spiegò imbarazzata.

“Lui stupido. Io promette te serata indimenticabile” Hermione gli sorrise timidamente.

“Grazie, sei molto gentile”

“Posso portare tuoi libri?” Le chiese e i due si allontanarono insieme.

Fred rimase interdetto. Ron non ci andava con nessuno, allora perché lei aveva detto che il ragazzo da cui voleva essere invitata era impegnato? Si riferiva forse a lui? Impossibile, se lei avesse avuto una cotta per lui a scuola, l'avrebbe capito. O no?

 

Hermione aprì gli occhi lentamente, accecata dalla luce. Le faceva male la schiena e il collo per l'assurda posizione assunta durante la notte. Si era addormentata al fianco di Fred, tenendogli la mano e George l'aveva lasciata stare al ritorno dalla doccia. Il risultato fu che era indolenzita, sporca e puzzolente. Si stiracchiò attentamente, lanciò un'occhiata al ferito e decise che aveva tempo per mettersi in ordine. La lunga doccia calda le sciolse i muscoli ed ebbe il potere di farla sentire meglio. Si stava asciugando i capelli con un asciugamano, quando Leotordo piombò nella stanza super agitato e cinguettante. Aveva una lettera nel becco che fece cadere sul letto di Hermione, per poi continuare a girare sul soffitto come una trottola invasata. Lo convinse a scendere solo offrendogli dei biscotti, che si mise a sgranocchiare sul davanzale, emettendo dei gorgoglii soddisfatti. Hermione aprì la lettera col cuore che le batteva all'impazzata.

 

Cara Signorina Granger,

ho ricevuto la sua missiva attraverso uno strano gufetto iperattivo e ne sono rimasta assai colpita. Lei dice che in seguito alla Battaglia di Hogwarts, dopo che gli ha salvato la vita, ha instaurato un legame mentale col Signor Fred Weasley. Solo Merlino sa quanto io sia turbata dalla notizia. Per quanto riguarda la sua domanda, temo di non avere la minima idea di che legame magico si tratti e neanche di come spezzarlo. Sono sicura che quando verrà a scuola a settembre Silente saprà darle le spiegazioni che cerca. Non mi sono arrogata il diritto di esporre la sua storia al suo ritratto, in sua assenza. Vorrei che fosse lei in persona a raccontargli tutto. Farò sicuramente delle ricerche per suo conto e le invierò i volumi che mi ha chiesto.

In attesa del suo ritorno.

Sinceramente sua,

Minerva McGranitt.

 

Hermione lesse la missiva d'un fiato, rimanendo delusa del suo scarno contenuto. Aveva sperato che la nuova preside potesse fare un po' di chiarezza, ma evidentemente diventare il capo di una scuola millenaria non faceva di te una persona onnisciente. Silente lo era stato ma a prescindere dal suo ruolo. Non le veniva in mente nessun altro a cui chiedere a meno di non recarsi all'Ufficio Misteri. Luogo che comunque non era autorizzata a frequentare e che le era stato interdetto per sempre dopo averne distrutto la maggior parte al quinto anno. Così scese da basso, con una vecchia tuta e una maglietta dello studio dentistico dei suoi che le stava troppo grande. Con sua somma sorpresa Fred era sveglio e parlava, tutto allegro. Si era persino tirato a sedere sul divano e la Signora Weasley lo stava rimpinzando di cibo. Quando la vide fece un gran sorriso e un occhiolino. Hermione sentì il cuore battere all'impazzata nel petto. Doveva parlargli al più presto. Ma quello non era il momento adatto. La famiglia Weasley festeggiava il suo ritorno alla vita e gli si affollavano tutti attorno per congratularsi con lui. Ginny era in lacrime al suo fianco che gli teneva stretto un braccio.

“Tutto bene?” La voce di Ron la costrinse a voltarsi.

“Sì, sono felice che stia meglio” commentò, guardandolo mangiare una fetta di bacon.

“Allora stasera c'è il nostro appuntamento, sei pronta?” Domandò muovendo le sopracciglia allusivamente. Lei si costrinse a sorridere, anche se si era totalmente dimenticata di lui.

“Certo. Qualche indizio su dove andiamo?” S'informò.

“Nessuno! È una sorpresa. Mettiti solo qualcosa di semplice, non preoccuparti, mi piaci acqua e sapone” disse prima di mettersi in bocca un toast. In realtà non l'aveva chiesto per l'abbigliamento, ma per prepararsi psicologicamente. Non era certa di poter sopportare un appuntamento come quello con George, ma non aveva il coraggio di disdire. Ron ci sperava e sarebbe stato da maleducati dargli buca all'ultimo. Lui aveva bisogno di provarci. Se poi non fosse andata, aveva promesso di metterci una pietra sopra, ma almeno un appuntamento glielo doveva.

 

Fred venne trasportato nella sua stanza di peso, perché camminare era uno strazio e non poteva rimanere sul divano a lungo, era troppo alto e i piedi gli sporgevano oltre il bordo. Così con attenzione lo fecero levitare fino alla sua vecchia stanza e la Signora Weasley si affacciava ogni due minuti per controllare le sue condizioni, chiedergli se voleva qualcosa e assicurasi che le fasciature non fossero impregnate di sangue. Lui sembrava migliorare a vista d'occhio. Mangiava e parlava, ma gli faceva ancora molto male ridere e si affaticava in fretta. George lo vegliava come un segugio e cacciava via tutti non appena vedeva il fratello che iniziava a manifestare segni di stanchezza o dolore. Hermione si era tenuta alla larga da loro due per tutto il giorno. Un po' perché non voleva affrontare il discorso Battaglia di Hogwarts, un po' perché non voleva vedere George e ricordarsi quanto era stata stronza. Così passò la giornata a studiare, con Ginny che l'assillava.

“Hermione mancano tre settimane scarse alla partenza per Hogwarts, smettila di studiare e prenditi una pausa” stava dicendo per la milionesima volta.

“Voglio essere preparata” fu la sua risposta secca.

“Sì certo, non l'hai ancora imparato a memoria quel libro?” Ridacchiò la rossa, che era andata a scusarsi con il fratello e lui l'aveva perdonata senza neanche battere ciglio, ma con la promessa che gli avrebbe fatto da schiava finché non si fosse rimesso. Lei si era sentita così in colpa che non aveva neanche protestato ed era corsa a preparargli un panino.

“Ginny cosa vuoi?” Sbottò esasperata.

“Voglio che la smetti di fare così e ti rendi conto che non ti rimane tempo per stare con Fred. Ti nascondi dietro George, dietro Ron e dietro lo studio” le disse, un po' troppo brutalmente.

“Non mi sto nascondendo. Devo studiare” Ginny le strappò il libro di mano e lo gettò sul letto. Le stava davanti con le mani sui fianchi in un atteggiamento aggressivo alla Signora Weasley da mettere i brividi.

“Hermione Jean Granger! Sei o non sei la salvatrice del mondo magico? Hai o non hai resistito alle torture di quella pazza di Bellatrix, cavalcato un drago e affrontato i Mangiamorte in mille occasioni?” Domandò perentoria. Quando Ginny faceva così c'era da aver paura.

“Sì, ma...”

“Silenzio! Tu hai fatto cose assurde in vita tua, ti sei lanciata a capofitto in situazioni al limite dell'umano senza neanche battere ciglio! Non puoi avere paura dei tuoi sentimenti e farti fermare da quell'idiota di mio fratello!” Tuonò. Hermione ascoltò l'amica attentamente e si sentì rincuorata. Aveva ragione, si stava comportando da stupida e da codarda.

“Che devo fare?” Chiese sconfitta. Ginny fece un ghigno soddisfatto.

“Vai da lui e parlagli. George ti ha dato l'ultimatum, confessa tutto e basta”

“Ma lui sta con Alyssa” si lamentò

“L'ha lasciata la sera in cui ti ha aggredita” Hermione rimase stupita. Nessuno si era preso la briga di informarla. Però quello cambiava molte cose.

“Posso farlo domani?” Chiese, speranzosa.

“No! Vai adesso o rimanderai all'infinito. O vai tu a dirglielo o lo faccio io” l'avvertì. A differenza delle minacce di George, Hermione non le credette. Ginny non l'avrebbe mai tradita e non avrebbe avuto alcun senso farlo.

“Va bene ci vado!” Sbottò esasperata. Si controllò allo specchio, sistemandosi alla meglio i capelli e legandoli in una crocchia improvvisata sulla nuca. Non era al suo meglio, ma non poteva pretendere molto da se stessa dopo una nottata come quella appena trascorsa. Prese il coraggio a due mani e salì le scale che portavano alla stanza dei gemelli. Ogni scalino le sembrò più duro del precedente, ogni minuto un secolo. Poteva farcela, doveva solo parlargli a cuore aperto. Era inevitabile, George, Ginny, Ron e Harry lo sapevano, non poteva rimandare ancora o prima o poi qualcuno l'avrebbe tradita, anche per sbaglio. Mentre saliva le scale, sempre più convinta di star facendo la cosa giusta, Ron arrivò di corsa. Aveva un paio di jeans blu e una camicia bianca leggera che gli stava un po' larga coi bottoni diversi e il colletto alla coreana.

“Hey non sei ancora pronta?” Domandò sorridendo.

“Ma sono solo le cinque, pensavo che saremmo andati a cena” lui arrossì e si grattò la nuca.

“Scusa mi sono scordato di dirtelo, andiamo per il tè delle cinque” Hermione esitò, ma non riuscì a dirgli di no.

“Dammi cinque minuti, vado a cambiarmi” tornò di corsa in camera, sbattendo la porta dietro di sé. Ginny la guardò stupita.

“Che ci fai qui?!” Sbottò, mettendo Arnold la Puffola Pigmea nella sua gabbietta.

“Ho scordato l'appuntamento con Ron, mi devo preparare” imprecò tra i denti, lanciandosi verso l'armadio.

“Ma non puoi! Devi andare da Fred” esclamò, turbata dalla piega che avevano preso gli eventi.

“Gli parlerò dopo l'appuntamento, te lo giuro, adesso smettila e aiutami a trovare il vestito a fiori” disse spazientita. Ginny storse il naso, ma l'aiutò e in un quarto d'ora fu pronta. Non era al suo meglio e neanche lontanamente bella come la sera in cui era uscita con George, ma non poteva lamentarsi. L'amica l'aveva truccata leggermente, applicandole lucidalabbra e mascara in quantità industriali, poi aveva tentato di domarle la chioma, capendo che era impossibile aveva ripiegato sulle trecce olandesi.

“Come sto?” Domandò Hermione guardandosi allo specchio.

“Come una che sta andando a un appuntamento con uno che non ama” borbottò l'altra, incrociando le braccia sul petto.

“Grazie!” Le lanciò un bacio uscendo. Ron la stava aspettando seduto su un gradino, con la testa tra le mani, ma quando la vide arrivare sorrise felice.

“Sei molto carina” le disse. Lei annuì e si fece portare fuori. In cortile lui la strinse a sé e ruotando sul posto si Smaterializzarono.

 

La prima cosa che Hermione notò fu che il posto le era familiare. C'era una strana atmosfera di casa lì e solo in un secondo momento si rese conto di essere a Hogsmead, per la precisione davanti alla sala da tè di Madama Piediburro. Confusa si voltò verso Ron.

“Perché siamo qui?” Domandò. Era l'ultima cosa che si aspettasse.

“Quando eravamo a scuola tutte le coppie di innamorati venivano qui nei fine settimana e ho pensato che sarebbe stato carino farlo anche noi. Non torneremo mai più a Hogwarts insieme, ma almeno possiamo venire qui” le sorrise timidamente e lei si sentì sciogliere. Aveva fatto una cosa molto dolce. Non si sarebbe mai aspettata questo da lui.

“Ron è un pensiero bellissimo” cinguettò. Entrarono e furono accolti dalla proprietaria che li fece accomodare al suo tavolo migliore, squittendo elettrizzata per la loro presenza. Il locale era frequentato solo da coppie, ma non c'era l'affluenza di quando erano stati a scuola. In quei giorni il locale era strapieno e si faticava a trovare anche uno sgabello. Molte teste si voltarono nella loro direzione, ma solo per qualche istante. Erano tutti troppo concentrati sulla persona che avevano davanti per badare a loro. Si sedettero e la cameriera portò i menù. Hermione era a disagio. In altre circostanze le premure di Ron le avrebbero fatto molto piacere e forse, se lui l'avesse invitata a scuola, le cose sarebbero andate diversamente. Si sarebbe innamorata di lui e avrebbero avuto una vita facile e in discesa. Lo conosceva come le sue tasche ed erano cresciuti insieme. Avere una storia con lui sarebbe stato molto semplice.

“Allora cari cosa vi porto?” Li interruppe una ragazza vestita da cameriera come negli anni venti.

“Per me tè e biscotti, grazie”

“Lo stesso per me” si affrettò a dire Ron. Poi si concentrò su di lei.

“Allora quanto è imbarazzante essere qui?” Domandò. Hermione ridacchiò.

“Abbastanza”

“Pensavo che sarebbe stata una cosa romantica, invece ti ho messa a disagio” sospirò sconfitto.

“No è solo che...non siamo più quelli di una volta” alzò le spalle come a scusarsi per quello.

“Hai ragione avrei dovuto portarti a cena fuori” Ron si grattò la nuca in imbarazzo. La cameriera portò le loro ordinazioni e Hermione tentò di parlare del più e del meno per un po', ma era evidente che avrebbe voluto trovarsi da un'altra parte. Lui non era scemo, sapeva che quell'appuntamento era solo un patetico tentativo di tenerla legata a sé. Aveva visto da lontano come il rapporto con i suoi fratelli si fosse trasformato in quei mesi e l'aveva vista dormire al fianco di Fred sul divano dopo la festa e anche quella mattina. Hermione non gli apparteneva più o forse non l'aveva mai fatto, ma non poteva arrendersi senza combattere. Non era il tipo che rinunciava facilmente, non più. Harry gli aveva consigliato di parlare chiaramente con lei, di dirle cosa voleva e cosa provava, perché Hermione aveva bisogno di solidità e certezze nella vita.

“Senti. Probabilmente sono in ritardo di qualche anno, ma devi sapere che mi sei sempre piaciuta quando eravamo a scuola” iniziò, raccogliendo il coraggio. La vide sgranare gli occhi e arrossire.

“Piacevi anche a me” non gli sfuggì l'uso del passato.

“Solo che ero troppo stupido e timido per confessarti i miei sentimenti. Pensavo che mi vedessi solo come un amico e che...ecco dirti quello che provavo fosse da deboli. Sono proprio un idiota eh?” Ridacchiò, per smorzare l'atmosfera.

“Ron, per favore non farlo” mormorò lei, afflitta. Avrebbe voluto annegare nella tazzina di porcellana che aveva davanti pur di evitare quella conversazione.

“Lo so che non provi niente per me adesso. Non importa. È solo che volevo che tu capissi che se ci fosse anche solo una possibilità su un milione che tu mi possa amare di nuovo...io la vorrei” Hermione sentì lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa e le lacrime fare capolino dagli occhi. Lui non si era certo aspettato quella reazione.

“Sei proprio un'idiota! Perché fai così adesso? Hai avuto una vita intera per dichiararti e lo fai ora che...ora che io amo un altro!” Sbottò attirando gli sguardi di qualche coppia curiosa. Ron impallidì.

“Sto cercando di rimediare al mio comportamento di questi mesi. Sono stato un cretino. Ti ho urlato addosso e ho preteso che tu mi amassi anche se è evidente che tu non possa farlo. Lo so che non mi ami, ma non potevo arrendermi così. Dovevo provare” le disse, con un tono risoluto che raramente gli aveva sentito usare.

“Sì, sei stato un vero stronzo. Però eri ferito e lo posso capire” in realtà Hermione aveva dedicato pochissimo tempo a pensare ai suoi sentimenti in quel periodo. Tutto quello che le stava succedendo nella vita era sufficiente per attirare tutta la sua attenzione.

“Anche se sono ferito questo non mi giustifica...alla festa io...mi dispiace per come ti ho trattata” Ron chinò il capo mestamente. Il fatto che si stesse scusando per lei era sufficiente per andare avanti.

“Ti perdono, anzi credo di averlo già fatto. Tu potrai perdonare me?” Domandò.

“Col tempo penso di sì. Dopotutto non è colpa tua se non mi ami. Magari non subito, ma torneremo ad essere gli amici di sempre” entrambi si resero conto che quella era la fine della loro storia, che da quel momento non ci sarebbe più stato un noi. Come molte volte in quei mesi Hermione sentì una parte della sua vita che si allontanava per sempre, un capitolo che si chiudeva. Per la prima volta, però si sentì sollevata di aver chiuso con Ron. Lui aveva lo sguardo triste e la testa bassa da cucciolo bastonato, ma si sforzò di sorridere. Poi si alzò e la strinse forte a sé. Hermione affondò la faccia nella sua camicia e si tenne stretta a lui. Era il suo amico, quello con cui era cresciuta e conosceva così bene. Profumava di erba bagnata. Doveva essere una caratteristica dei Weasley, o almeno dei maschi profumare di acqua. Ripensò ai gemelli. Fred sapeva di tempesta estiva, quando faceva così caldo che un temporale raffrescava tutto e sprigionava quell'odore caratteristico, mentre George... si staccò da Ron. Un ricordo improvviso la colpì come un maglio. Quella notte al concerto, quando si stavano baciando lei aveva creduto che fosse George, perché aveva sentito chiaramente l'altro gemello dire ad Angelina che era Fred. Eppure il suo profumo non corrispondeva. Era stata troppo ubriaca e stordita per notarlo, o almeno per razionalizzarlo, ma quello che stava baciando disperatamente contro un albero, non era affatto George, era Fred.

Note: Salve a tutti!!! Non so bene chi di voi segua anche l'altra storia...quindi lo ripeto: sono infortunata a una spalla e mi hanno detto che è una cosa cronica e che sarà lunga a guarire, quindi i capitoli potrebbero subire qualche ritardo di pubblicazione. Per adesso però non disperatevi perchè almeno per altre due o tre settimane abbiamo materiale...poi dopo si vedrà spero di essermi rimessa e aver ripreso a scrivere! Ringrazio tantissimo chi ha commentato, perchè è un pò l'unico modo che ho per comprendere se la storia piace o no e mi da la forza di andare avanti. Quindi grazie e godetevi questo capitolino che sembra tranquillo ma in realtà....

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Capitolo 17
*** A cuore aperto ***


Fred era sdraiato a letto, con George che gli faceva la guardia come un mastino. Non lo aveva mollato neanche un solo istante da quando era stato ferito e per quanto apprezzasse la sua premura, lo trovava esagerato. Ovviamente sarebbe andato a lavoro lunedì, ma Fred doveva riposare ancora qualche giorno, così si sarebbe fatto aiutare da Verity e anche da Ginny, che ormai era sottomessa a Fred. Lui l'aveva perdonata, ma si era divertito a torturarla un po'. La sorella si faceva una colpa di quello che gli era accaduto, nonostante ai suoi occhi non ne avesse affatto. Sarebbe saltato davanti alla maledizione per chiunque della sua famiglia. In battaglia erano cose che potevano succedere e ai suoi occhi era meglio che morisse lui piuttosto che uno di loro. Non avrebbe tollerato una perdita del genere. Loro potevano andare avanti, erano tutti molto forti.

“Cosa facciamo con l'ordine per la pelle di Girilacco?” George era sdraiato per terra con una pila di documenti al suo fianco. Dovevano far partire gli ordini per le scorte. Ora che avevano in progetto di acquistare Zonko sarebbero stati molto impegnati e dovevano accumulare un po' di materiale.

“Sarebbe meglio ordinarne due casse, anche se è cara è di qualità incredibile” commentò riflettendo. I commercianti ci marciavano sopra, ma loro ne avevano trovato uno abbastanza onesto da fare prezzi decenti.

“Va bene, quando pensi che cederà?” Fred sapeva che si stava riferendo a Zonko. Hermione aveva sapientemente preparato un accordo, che secondo loro era molto invitante, ma il commerciante non voleva cedere senza combattere. Nelle previsioni avrebbero dovuto firmare il contratto di acquisto prima del ritorno della ragazza a Hogwarts, ma temevano che non sarebbe potuto accadere. Gli dispiaceva non vederla festeggiare quella vittoria.

“Non lo so, magari dovremmo fargli un po' di pressione” rifletté, anche se non aveva idea di quale pressione potessero applicare su un negozio che stava a Hogsmead da anni. In realtà viveva principalmente grazie ai guadagni che gli portava Hogwarts, ma considerato che gli studenti stavano al castello da settembre fino a giugno, era un periodo di tempo assolutamente ragionevole. Avrebbero tenuto chiuso per le vacanze estive e si sarebbero concentrati su quello in Diagon Alley. Era molto lavoro, ma alla lunga avrebbe portato un enorme ritorno economico.

“Potremmo mandargli una caccabomba” ridacchiò George, passandosi la piuma d'oca sotto il mento.

“Non penso che...”

Toc, Toc, Toc.

Il suono di un timido bussare interruppe la loro conversazione. George andò ad aprire, con un cipiglio contrariato. Sua madre non faceva altro che interromperli e stressare Fred con le sue premure. Spalancò la porta pronto a cacciarla via, quando si trovò davanti Hermione. Sembrava sconvolta e lo guardava con due grandi occhi castani tristi. Portava due trecce attaccate alla testa che non le aveva mai visto e che le davano un'aria strana. Il vestito a fiori invece le donava.

“Posso entrare?” Gli chiese, titubante. Non sembrava che lo volesse. George si spostò e lasciò che riempisse la stanza con la sua presenza. Vide Fred raddrizzarsi e fare un sorriso sghembo.

“Era l'ora che venissi a trovarmi...dove sei stata?” Domandò gioviale.

“Sono stata ad un appuntamento con Ron” disse. Entrambi i gemelli la fissarono sconvolti. George sapeva di quella cosa, ma aveva creduto che, dopo i fatti della notte precedente, avrebbero annullato tutto. Che senso aveva? Invece lei era andata, leale come sempre alle sue promesse.

“Come scusa? Mi è parso di sentire che...” iniziò Fred, contrariato.

“Abbiamo chiuso definitivamente” tagliò corto lei, evitando una lamentela infinita. Lui chiuse la bocca.

“Bene no?” George si sentiva un po' a disagio con quella strana versione di Hermione. Lei sembrava distaccata, persa nei suoi pensieri. Si voltò verso di lui e notò che aveva gli occhi lucidi di lacrime. Preoccupato da quella reazione la strinse tra le braccia.

“Che succede? Non volevi chiudere?” Domandò. Lei si aggrappò alla sua maglietta e singhiozzò.

“No...cioè sì che lo volevo...ma è come se la mia vecchia vita fosse finita oggi” piagnucolò. George non capiva cosa intendesse, ma sapeva che quando lei era turbata, sicuramente era per qualcosa di così complesso che lui non poteva neanche immaginare di comprendere.

“D'accordo, ci vuoi raccontare cos'è successo?” Fred scalpitava, inchiodato al letto e impossibilitato ad alzarsi. Gli faceva ancora molto male la ferita, nonostante si stesse rimarginando bene. Le ferite magiche di quel tipo ci mettevano molto più tempo a guarire.

“No. Non è per quello che sono qui” lei sospirò e si staccò da George, andando a sedersi sul suo letto. Scalciò via le scarpe e si mise a gambe incrociate in modo da poterli guardare entrambi in faccia. Sembrò pensarci a lungo, fare le sue valutazioni e infine decidere con un moto di stizza.

“Dobbiamo parlare della sera del concerto” esordì. I gemelli si scambiarono un'occhiata perplessa.

“Perché?” Domandò George, a cui non piaceva affatto il modo in cui lei l'aveva detto.

“Perché voi due mi avete mentito e io me ne sono accorta solo adesso” esordì.

“Su cosa ti avremmo mentito?” Fred tentò di spostarsi per guardarla meglio, ma una smorfia di dolore lo trattenne.

“Sarebbe meglio che ve lo mostrassi” andò a sedersi in mezzo a loro due e tese le mani. Entrambi esitarono un momento, ma poi l'afferrarono. Hermione mostrò loro la notte del concerto, come aveva seguito Angelina dopo che George era scappato via da lei. Aveva corso e l'aveva sentito chiaramente dire di essere Fred e poi l'altro che si avvicinava a lei e che aveva pensato essere George, di conseguenza. Non era in grado di distinguerli in quel momento, era troppo sballata e si era fidata di loro. Mostrò loro dei baci con il finto George, ma poi interruppe il contatto. I gemelli si guardavano in silenzio, inespressivi. Era chiaro che stessero comunicando attraverso il loro legame.

“George, non era mia intenzione tradirti...io credevo che fossi tu” si giustificò. Il ragazzo le lanciò un'occhiata distratta.

“Lo so, ho sentito. Non sono arrabbiato” e non lo sembrava. Questo più di tutto turbava Hermione. Perché non si arrabbiava? Lei avrebbe almeno urlato.

“Potete smettere di escludermi dalla conversazione?” Li fulminò con lo sguardo e loro sorrisero. Dimenticavano sempre quanto lei odiasse non essere messa al corrente di quello che accadeva.

“Stavo dicendo a Fred che non sono arrabbiato. Tra di noi comunque non era niente di serio” scrollò le spalle e si alzò in piedi.

“Io e te abbiamo un patto, ricordi?” Quel brusco cambio di argomento la sorprese, ma annuì mestamente.

“Lo so. Ci lasci soli?” Chiese. Era una conversazione che voleva fare da sola con Fred. George annuì, le fece l'occhiolino e se ne andò. Quando la porta si chiuse il silenzio avvolse i due ragazzi. Immediatamente Hermione iniziò a disfarsi le trecce, come se la infastidissero e non riuscisse a resistere un momento di più. Era facile capire che stava riflettendo.

“Sei arrabbiata perché ti ho baciata al concerto?” Domandò lui distogliendola dei suoi pensieri. Come i suoi capelli, erano un groviglio inestricabile.

“Cosa? Ah no, non proprio” lui la guardava preoccupato. Era troppo strana. Con la gamba le diede un colpetto al fianco e lei si decise a guardarlo in faccia.

“Mi dici che hai?”

“Non so da dove iniziare. Ci sono almeno un milione di cose di cui dobbiamo parlare” strattonò l'ultima parte di treccia e finalmente i suoi capelli tornarono ad essere cespugliosi e indomabili.

“Io non vado da nessuna parte. Possiamo anche stare qui tutta la notte” sembrava finalmente pronto ad affrontare una conversazione a cuore aperto e lei si sentì più tranquilla. Con Fred non sapeva mai come avrebbe reagito.

“Sì, ma non so comunque come iniziare” borbottò. Si accomodò sul letto con la schiena contro il muro e le gambe raccolte sotto di sé.

“Allora inizio io. Ho lasciato Alyssa dopo che ti ha ferita. In realtà più che lasciarla l'ho cacciata, ma il punto è lo stesso. Quando ti ho vista sanguinare per colpa sua...non ci ho visto più dalla rabbia. Mi dispiace anche per il modo in cui mi sono comportato con te. Ho reagito malissimo a una cosa assolutamente innocente e...” lei alzò una mano per interrompere quel fiume di parole. La stavano sommergendo.

“Ginny mi ha detto della rottura qualche ora fa. Sono felice che tu sia tornato in te, ma non ero arrabbiata solo per lei. Cioè sì, ovviamente ero furiosa perché sei corso dalla tua ex alla prima occasione, ma c'è di più” Fred sostenne il suo sguardo. Alla luce del tramonto i suoi capelli sembravano andare a fuoco. I caldi raggi aranciati creavano uno strano contrasto con la chioma di lui. Davano l'impressione che stesse uscendo direttamente dal sole, avvolto dalle fiamme. Anche la sua pelle dorata riluceva. I suoi occhi fermi la scrutavano attentamente, come se volesse leggerle l'anima.

“Allora per cosa?” Domandò, anche se lo immaginava. Lei ebbe un moto di stizza e diede un pugno sul materasso.

“Per cosa? Cazzo, ma lo sai che mi hai rifiutata in tutti i modi in cui si può rifiutare una persona? Ti rendi conto?” Sbottò arrabbiata.

“Non...” tentò lui, ma lei non lo lasciò parlare.

“Ero nel tuo letto, vestita con la tua roba e ti avrei lasciato...Fred quando ho detto che nessuno mi aveva mai fatto niente intendevo proprio niente. Con Victor ci siamo solo baciati, ma non come con te. Io non ho mai sentito quello che ho sentito con te, non ho mai voluto di più con lui. Tu mi hai sbattuto la porta in faccia mentre io sarei stata disposta a lasciarti fare quello che volevi col mio corpo! Non solo ma tu sei anche corso da quella...da quella stronza della tua ex! Mi sono sentita uno schifo...” lui la guardò in silenzio, sapendo benissimo che non aveva affatto finito di scaricargli addosso la sua frustrazione.

“Per non parlare del lago...cazzo ti ho aperto il cuore, ti ho fatto vedere tutte le mie paure, tutte le cose tremende che mi passano per la mente, tutto quello che mi è successo, tutto il dolore e tu...tu ti sei chiuso a riccio, mi hai esclusa! Non hai voluto neanche condividere qualcosa con me...” la rabbia l'aveva portata ad alzarsi e camminare per la stanza a piedi nudi, agitando le braccia. Fred si sentì travolto da tutte le cose orribili che le aveva fatto. Inconsciamente forse l'aveva capito, forse aveva tentato in tutti i modi di tenerla alla larga e ci era riuscito. Almeno un po'.

“Le mie scuse servirebbero a migliorare la situazione?” Domandò mestamente.

“No! Me ne infischio delle scuse. Voglio dei fatti!” Esclamò lei, infervorata. Fred non ci pensò neanche per un istante. Si sporse ad afferrarla e nel momento in cui la sua pelle sfiorava la sua un mare di sensazioni la invase. Hermione barcollò pericolosamente e si sedette vicina al ragazzo. In un baleno, capì quanto lui fosse spaventato dalla sua presenza nella sua mente, nella sua vita e anche nel suo cuore. Senza che se ne accorgesse lei si era introdotta in ogni ambito della sua quotidianità. Era a lavoro, era a casa, era nel suo legame col gemello. Una parte di lui era affascinata da quegli sviluppi, voleva esplorare quello che succedeva, ma l'altra, con l'avanzare della portata della cosa, si era spaventata. Non voleva perdere la sua identità, non voleva che lei prendesse il posto di George. Eppure non era riuscito ad opporsi a quello che accadeva. Era spinto verso di lei da una forza incomprensibile. Vide chiaramente quanto l'avesse desiderata in ogni occasione, anche mentre cenavano o la vedeva studiare da lontano, magari quando li aiutava alla cassa o gli mostrava un prototipo a cui aveva lavorato tutto il giorno. Dopo il primo approccio nel suo letto e quello che gli aveva confessato, gli era sembrato tutto ancora più grande e spaventoso. Non il fatto che lei non avesse esperienza, ma più che altro quello che avrebbe significato se lui si fosse arrogato il diritto di strapparle quelle esperienze. Sarebbe stata ancor di più legata a lui. Lo vide sforzarsi di stare con Alyssa e la consapevolezza che non poteva durare, che si stava prendendo in giro e cercava solo di auto convincersi di amare la bionda. Quando li aveva trovati sul tetto e aveva capito che George l'aveva baciata, aveva perso quasi il controllo di sé. La sua gelosia, cosa di cui non aveva mai sofferto prima, lo divorava. La situazione poi era degenerata. Alyssa l'aveva aggredita e lui l'aveva cacciata. Avrebbe voluto gettare le sue colpe ai suoi piedi quella notte, ma lei l'aveva respinto come meritava, preferendo il gemello. Non poteva biasimarla, soprattutto perché aveva capito benissimo che il motivo principale per cui lo mandava via era la notte al lago. Non aveva capito quello che stava succedendo finché non l'aveva trovata in acqua. Era terrorizzato. Aveva sentito i suoi sentimenti di disperazione anche a distanza di miglia e quelli lo avevano trascinato da lei. Quello più di tutto gli aveva fatto capire quanto il loro legame si fosse rafforzato e quanto poteva essere pericoloso. George aveva avuto ragione fin dall'inizio, solo che lui era stato troppo stupido per capirlo. Hermione lo aveva poi investito con tutte le sue emozioni, travolgendolo e aspettandosi un eguale livello di sincerità, ma non poteva. Cosa avrebbe significato quello? La perdita della sua identità o della sua indipendenza? Avrebbe iniziato a sentirla anche a distanza ogni volta? Sarebbe stato incapace di separare le sue sensazioni dalle proprie? Cosa avrebbe fatto quando lei fosse stata lontana?

Hermione boccheggiò stordita. Non aveva immaginato che fosse così dura sopportare quell'assalto. “Adesso capisci?” Domandò lui, un po' imbarazzato. Aprirsi a quel modo era come strapparsi il cuore dal petto e darglielo.

“Siamo proprio incasinati” commentò lei, che stava ancora facendo chiarezza tra tutte quelle immagini. Lui le accarezzò una guancia dolcemente.

“Essere incasinati rende tutto più interessante, non pensi?” Ridacchiò davanti alla sua faccia scettica.

“Capisco le tue preoccupazioni per il nostro legame. Sono anche le mie. Quando sei arrivato al lago e hai detto di avermi sentita...è stato spaventoso, ma anche rassicurante. Ho pensato che ci saresti sempre stato, che non...che non sarei mai stata sola se tu potevi sentirmi” confessò, arrossendo. Fred rimase sorpreso. Per lui non c'era mai stato quel pericolo, aveva George, e non credeva che qualcuno potesse desiderare quello che avevano loro. Eppure Hermione aveva provato cosa significava avere sempre una persona al proprio fianco, che ti capisce più profondamente di ogni altra.

“Non ti puoi liberare di me così facilmente” scherzò. Lei sorrise e gli strinse la mano più forte.

“Ho bisogno di dirti ancora due cose, però” adesso sembrava molto determinata. Lui annuì, incoraggiante.

“Spara, Granger” ridacchiò. Si sentiva sereno dopo averle lasciato vedere tutte le sue paure. Ancor di più dal momento che lei sembrava averlo perdonato per ogni cosa. Il fatto che fosse seduta ad un centimetro da lui e gli tenesse la mano, sembravano ottimi indizi.

“In tutte le cose che ti ho mostrato al lago, in tutti i miei sentimenti, ho evitato accuratamente di farti vedere quello più importante. Forse lo sai, forse non hai neanche bisogno che te lo dica, ma a volte credo che le parole siano importanti: sono innamorata di te, Fred. Credo di esserlo sempre stata, fin da quando eravamo a scuola, anche se non me ne rendevo conto pienamente. Ti prego non andare in panico. Non importa se tu non provi lo stesso” confessò. Fu difficilissimo dirlo senza scoppiare a piangere o scappare via, ma rimanere e guardarlo in faccia. Lui non disse niente, ma un enorme sorriso gli illuminò il volto.

“Sei proprio una sciocca, Hermione” sussurrò prima di attirarla in un lungo bacio appassionato. Fred non voleva che il bacio prendesse quella piega, ma non riuscì a staccarsi dalle sue labbra. Hermione gli si abbandonò tra le mani, la sentì sospirare profondamente e rilassarsi. Aveva trattenuto una tensione incredibile dentro di sé, ma quando lui posò le sue labbra contro le sue, sentì che tutto se ne andava. Sentì che quello era il suo posto, tra le sue braccia. Attenta a non fargli del male, ricambiò il bacio con trasporto, assaporando quell'incredibile sapore di pioggia ed elettricità. Il cuore le batteva all'impazzata e quando lui le sfiorò le labbra con la lingua, chiedendo il permesso di entrare, con un gemito strozzato lasciò che esplorasse la sua bocca. Lo sentì passarle le mani dietro la schiena per attirarla più vicina e quando lei gli si premette contro lui sobbalzò per il dolore.

“Merda” imprecò. Hermione balzò in piedi, preoccupata che gli si fossero riaperte le ferite.

“Mi dispiace...stai bene?” Esclamò.

“Granger, niente panico, sto bene” non sembrava. Era impallidito e respirava a fondo.

“Vado a chiamare Molly”

“Non ti azzardare. Vieni qui e smettila di preoccuparti. Ho detto che sto bene”

“Sembri uno sul punto di vomitare” commentò lei, guardandolo storto.

“Dovresti esserne contenta. Per qualche giorno sarai al sicuro da me” le strizzò l'occhio facendola ridere.

“D'accordo, tanto comunque devo parlarti di altre cose” aspettò che tornasse di un colore normale e riacquistasse il controllo sul suo dolore. Le spezzava il cuore vederlo soffrire, ma era anche orgogliosa delle sue azioni.

“Tu parli troppo, dovresti imparare da me”

“Ma se non stai mai zitto!” Protestò lei.

“Non è vero! Lo faccio solo per far divertire il pubblico” si aggiustò un cappello immaginario in testa, dandosi delle arie.

“Ah ah ah, mi sto sganasciando dalle risate” roteò gli occhi al cielo, esasperata, ma divertita.

“Granger, tu sei un caso disperato”

“Vuoi fare il serio?” Domandò spazientita.

“Ho fatto il serio fino ad ora! Abbiamo parlato abbastanza, non vuoi farmi da infermiera sexy?” Agitò le sopracciglia con fare invitante.

“Non reggeresti e ti prenderebbe un colpo. Scordatelo” Fred mise su un finto broncio, che lei trovò adorabile. Si allungò per dargli un casto bacio a stampo, trovando quella sua nuova libertà incredibile. Ogni volta che avesse voluto avrebbe potuto farlo.

“Allora avanti, dimmi tutto” la incoraggiò.

“Prima di tutto, voglio mettere in chiaro una cosa: questa è una relazione monogama. Non ti è assolutamente permesso corteggiare, frequentare, andare a letto, baciare o anche solo rimorchiare altre ragazze, sono stata chiara?” Fred fece una faccia sconvolta.

“Pensavo di mettere su un harem e tu come sempre hai distrutto tutto” la prese in giro.

“Non è divertente. Ti piacerebbe se lo facessi io?” Chiese. Fred le guardò la bocca per qualche istante, poi lanciò un'occhiata alla porta.

“Non mi è piaciuto vederti con George, figuriamoci con altri. Io sono tuo e tu sei mia, non preoccuparti, proverò questa nuova emozione della coppia esclusiva” Hermione gli avrebbe gettato le braccia al collo se non avesse avuto paura di fargli del male, così gli inviò tutta la gratitudine e la felicità che provava attraverso il loro legame. Fred sorrise. Era bello poter sentire quello che provava lei e non vedeva l'ora di star bene per iniziare a esplorare tutte le possibilità che comportava quel fatto.

“Adesso devo dirti una cosa veramente importante” il tono di lei lo fece preoccupare e quando la guardò in faccia la preoccupazione non fece che aumentare.

“Non era questa della coppia chiusa?” Domandò. Aveva sperato che avessero finito per quel giorno, ma evidentemente lei non aveva alcuna intenzione di demordere.

“No. Ho promesso a George che te ne avrei parlato e adesso che so cosa provi per me sono più tranquilla nel dirtelo” iniziò.

“Hermione, se devi dirmi che sei andata a letto con mio fratello uccidimi subito e falla finita” le disse. Lei rimase a bocca aperta per un istante e poi gli diede uno scappellotto.

“Idiota! Ma come ti viene in mente?!” Tuonò, arrossendo fino alla radice dei capelli.

“Hai una faccia...lo so che vi siete solo baciati, scherzavo”

“Non è divertente!”

“Forse per te, io mi sto divertendo un sacco” commentò lui scrollando le spalle attentamente. Lei avrebbe tanto voluto lasciar perdere quel discorso e rannicchiarsi tra le sue braccia, per trascorrervi tutta la notte, lasciare che le preoccupazioni se ne andassero e annegare nel profumo del suo corpo. Eppure aveva fatto una promessa a George e non poteva tirarsi indietro. Intanto la sera aveva avvolto la Tana e i rumori al piano inferiore facevano capire che gli abitanti della casa erano tornati dalle loro occupazioni. Sperò che nessuno venisse a interromperli.

“Vuoi parlare di quando andrai a Hogwarts?” Domandò Fred, attirando la sua attenzione.

“Che intendi?” Fece colta di sorpresa.

“Bhè la lontananza e i tuoi incubi...” balbettò lui capendo troppo tardi che non era quello che assillava la mente di Hermione.

“Ci penso da quando ho scoperto che potevano essere scacciati. Ma non ci sono soluzioni. Tu sarai qua e non posso farci molto” scrollò le spalle. Oltre al fatto degli incubi era preoccupata di non poter passare del tempo con lui. Restavano tre settimane prima della partenza e non erano sufficienti.

“Però verrò a trovarti a Hogsmead ogni fine settimana e potremmo stare insieme” le sorrise incoraggiante.

“Sarà dura, lo sai vero?”

“Granger, ti conosco bene, so che con te le cose non sono facili, ma non importa. Mi piacciono le sfide” le strizzò l'occhio, ridendo.

“Intendevo stare lontani! Sei proprio uno scemo” lo accusò.

“Ma dai dovrai stare solo cinque giorni senza di me, ce la puoi fare” le tirò una ciocca di capelli per farla avvicinare e la baciò teneramente. Quel bacio fu diverso da tutti gli altri che si erano scambiati fino a quel momento. Era dolce, posato, delicato e trasmetteva tanto affetto e premura. Le piacque moltissimo. Le labbra di Fred erano morbide e vellutate, in netto contrasto col resto del suo corpo. Quando si separarono lui rimase a guardarla da molto vicino, tanto che avrebbe potuto contare le lentiggini sul suo naso.

“Forse sarò io a non farcela” inspirò profondamente e posò la fronte sulla sua.

“Ti scriverò sempre” propose. Lui inarcò un sopracciglio, trattenendo a stento una battutaccia.

“D'accordo. Sono solo preoccupato per i tuoi incubi” le diede un bacio sulla punta del naso e si scostò. Gli costava dolore quella posizione. Maledisse ancora una volta quel Mangiamorte. In un momento del genere era praticamente inutile, mentre avrebbe solo voluto prenderla tra le braccia e cancellare quel cipiglio preoccupato dal suo volto.

“Anche io...non voglio tornare a farli” sussurrò, giocherellando con l'orlo del vestito.

“Purtroppo non penso che la McGranitt mi lascerà mettere piede nel...” Fred ammutolì ad un tratto. Un'idea malsana aveva cominciato a prendere forma nella sua mente.

“Fred, cosa stai pensando? Mi preoccupi quando fai quella faccia” gli diede una spintarella al centro della fronte e lui si riscosse, guardandola come se non fosse sempre stata lì.

“Ehm...se te lo dicessi tenteresti di dissuadermi e non so ancora se è fattibile come cosa, dovrei parlarne con George” sembrava emozionato per quell'idea, ma Hermione era preoccupata. Quando si metteva in testa qualcosa era impossibile farlo desistere, soprattutto se metteva in mezzo suo fratello.

“Fred, dimmelo avanti” lui ci pensò per mezzo secondo, poi sentì tirare il legame con George e si distrasse. Il gemello gli comunicava che qualcuno stava salendo in camera. Come se potessero essere nudi a fare chissà cosa con quella maledetta ferita che lo torturava. Un secondo dopo sentirono bussare alla porta. Hermione si alzò in piedi, come se avesse fatto qualcosa di male stando seduta così vicina a lui. Un campanello d'allarme risuonò da qualche parte nella mente di Fred.

“La cena è pronta Hermione, cara” la voce di sua madre gli giunse alle orecchie.

“Preferirei mangiare qui con lui, per dare il cambio a George” disse.

“D'accordo, almeno si potrà fare una doccia. Puzza da far invidia a un troll” commentò la donna, facendo ridere Hermione. Portò loro la cena con due vassoi carichi di leccornie. Polpettone, patate, insalata, pane, zuppa per Fred, un paio di cosce di pollo e un pezzo di torta al cioccolato. Sembrava un banchetto. I ragazzi lasciarono perdere per un po' i discorsi seri e mangiarono seduti sul letto, ridendo e chiacchierando. Hermione gli raccontò della sua infanzia. Era stato strano crescere non sapendo di essere una strega con due genitori babbani che pensavano avesse qualcosa che non andava. Succedeva sempre qualcosa di strano quando era nervosa o arrabbiata. Una sera in particolare tutte le lampadine di casa erano esplose quando sua madre le aveva proibito di rimanere alzata fino a tardi a leggere. Oppure di quando aveva litigato con una bambina a scuola che l'aveva spinta e strappato il suo disegno. I pennarelli erano volati in aria e avevano iniziato a inseguire la bambina, col risultato che quella si era messa a piangere e i pennarelli l'avevano dipinta di mille colori.

“Eri proprio una secchiona anche da piccola!” Rise Fred. Gli piaceva ascoltare quelle storie. Non sapeva molto di lei prima di Hogwarts e non ricordava di aver mai visto i suoi genitori. Lei non ne parlava mai con loro.

“Ah perché non sai cos'è successo quando ho preso un brutto voto in matematica...” lui parve inorridito alla sola idea.

“Granger c'è un solo racconto che non sia collegato alla scuola?” Domandò ridendo. Si era messo con una secchiona. Non poteva crederci.

“Mmh, in realtà sì. Ti racconto di quella volta che sono andata a cavallo!” Gli parlò del desiderio dei genitori che passasse più tempo all'aria aperta. Così l'avevano trascinata in campagna, privandola dei suoi libri per un giorno intero. Non era stata felice, almeno non finché non aveva visto i cavalli. Nell'esatto momento in cui aveva messo piede nelle scuderie si era innamorata. Erano animali incredibili. Aveva solo cinque anni.

“Aspetta a cinque anni sapevi già leggere?” Domandò lui incredulo.

“Ovviamente. Smettila di interrompere” lo ammonì, con aria di finta superiorità. I cavalli le erano piaciuti così tanto che aveva chiesto di poterli cavalcare. Di solito cinque anni è un'età troppo tenera per mettere una bambina su un animale di una tonnellata, così i suoi avevano rifiutato. Passare la giornata a implorarli non era servito a niente e neanche promettere loro ogni cosa che desiderassero. Erano stati irremovibili. Così, la piccola Hermione, che non accettava un no come risposta aveva deciso che poteva fare da sola. Si era introdotta nel recinto dei cavalli e usando la magia si era issata su uno di essi. Quando sua madre l'aveva vista in cima a quel bestione era svenuta per la paura. Il cavallo però non sembrava dispiaciuto e si era messo a passeggiare come niente fosse, facendo attenzione a non farla cadere. Così i suoi si erano convinti e l'avevano portata due volte a settimana al maneggio.

“Non lo sapevo! Allora perché hai paura di volare?” Domandò Fred.

“I cavalli non volano, idiota!” Lui parve confuso.

“Ah non erano alati. Capisco” lei rise di quel commento.

“Non ho paura di volare, almeno non più. Dopo aver cavalcato un drago, posso dire che le scope non mi spaventano più” dichiarò. Lui fece un sorrisetto malefico.

“Allora verrai a fare un giro con me, appena mi riprenderò” non si aspettava che lei annuisse tutta contenta, né che lo baciasse.

“Non vedo l'ora” disse. Poi si fece seria. La notte era calata, così scura e senza stelle che avevano dovuto accendere la luce. Non sentivano più rumori provenire dalla casa. Tutto era pacifico a parte i grilli che frinivano in giardino e il russare provenire dalla stanza di Harry e Ron. George doveva essere andato al loro appartamento per lasciargli il tempo di chiarire. Gli dispiaceva per suo fratello. Sapeva che aveva una cotta per Hermione, ma una cotta non poteva competere con i sentimenti che gli si agitavano nel cuore ogni volta che lei sorrideva o lo guardava.

“Fred, voglio che tu guardi il ricordo della Battaglia di Hogwarts” gli ci volle un po' per comprendere a pieno quelle parole. Erano mesi che aspettava quel momento, mesi in cui avrebbe voluto strapparglielo con la forza e ora lei glielo offriva. Non era la prima volta che lo faceva, ma quella notte al lago, lo aveva usato come arma. Sembrava che avrebbe distrutto tutto e lui si era spaventato. Ora lei glielo offriva di nuovo.

“Perché?” Chiese con la voce tremante per l'emozione.

“Ci siamo detti tutto, ti ho detto che sono innamorata di te e tu ricambi i miei sentimenti. Ho guardato dentro di te e tu dentro di me. Sono abbastanza sicura che questo ricordo avrà un forte impatto su tutto questo, ma ho promesso a George che te lo avrei fatto vedere” spiegò calma. Non poteva più rimandare. Fred la guardò per un lungo momento, poi sorrise.

“Buttiamoci, Granger” le disse, allungando una mano.

 

 

Fred si trovò catapultato durante la Battaglia di Hogwarts. Di tutti gli incubi che riviveva, quello era il peggiore di tutti. Vederlo dal punto di vista di Hermione non migliorava le cose. C'era il caos attorno a lui. Mangiamorte, ragni, lupi mannari, giganti, membri dell'ES, compagni di classe, professori, tutti combattevano senza risparmiarsi. Maledizioni volavano ovunque facendo saltare in aria pezzi di scuola. Le torri erano quasi tutte crollate e così il cancello e le mura dell'ingresso. Fred vide Hermione darsi battaglia con un Mangiamorte biondo. Era ricoperta di sporco, con delle ferite sanguinanti e lo sguardo determinato di chi non aveva alcuna intenzione di morire. Rispondeva tono su tono agli attacchi nemici, con un'espressione concentrata tipica. Accanto a lei vide Percy che si scambiava incantesimi con Pius O'Tusoe. Ricordava perfettamente tutto. Ogni gesto, ogni parola, ogni pensiero. Hermione però aveva registrato solo i suoni. Le esplosioni, i gemiti, i grugniti e i versi disumani. Poi si vide. Combatteva contro Rockwood, quel dannato Mangiamorte. Era forte, ma gli stava tenendo testa. Vide Hermione registrare la sua presenza e avvicinarsi a lui. Percy aveva fatto la sua stupidissima battuta, la prima della sua vita e lui si era distratto. All'improvviso, una deflagrazione spaventosa aveva scosso il terreno sotto di loro. Rockwood aveva lanciato un incantesimo e parte del muro sopra di lui era esploso in mille pezzi. Vide l'enorme masso che si staccava dalla parete dietro di lui. Poi senza preavviso un urlo squarciò l'aria.

“NO!!!” La voce di Hermione lo costrinse a girarsi verso di lei. La sua bacchetta scattò, serpentina, più veloce di qualsiasi cosa avesse mai visto e un incantesimo partì dalla punta. Seppe che gli aveva salvato la vita, ma quello che non aveva notato quella notte, fu lei. Hermione per un istante venne sbalzata in aria dal suo stesso incantesimo e sembrò risplendere da dentro di una luce dorata. Poi la forza della deflagrazione la scaraventò lontana. Quando si rialzò corse da lui, come tutti gli altri. Era a terra, stordito e confuso. Aveva visto arrivare la morte, ma quella non l'aveva portato con sé. Era vivo grazie a lei.

 

Quando Fred tornò nel suo corpo, non riusciva a credere ai suoi occhi. Hermione lo guardava, timorosa della sua reazione. Si mordeva un labbro.

“Mi...mi hai...salvato la vita” riuscì a dire. Si sentiva un completo idiota.

“Hermione! Mi hai salvato!” Esclamò riprendendosi. La felicità, la consapevolezza che lei aveva rischiato la vita per lui, che aveva ignorato il suo avversario solo per impedirgli di finire schiacciato da quel masso lo riempì. Non era mai stato così felice in vita sua. Dimentico del dolore e delle ferite, l'afferrò e la strinse a sé così forte da soffocarla.

“Fred! Le ferite!” Protestò lei mezza sepolta nel suo petto.

“Non me ne importa niente! Perché non me l'hai detto prima?” Chiese, senza lasciarla andare.

“Avevo solo paura che potessi...che iniziassi a provare qualcosa per me solo perché ti ho salvato>> confessò arrossendo. Lui sorrise, e la baciò. Mise in quel gesto tutta la riconoscenza, l'amore e il sollievo che provava. Senza riflettere la trascinò a cavalcioni delle sue gambe, ridendo e baciandola, accarezzandole il volto, la schiena e le gambe scoperte.

“Tu sei la donna più straordinaria che abbia mai conosciuto! Come ho fatto a meritarmi una come te?” Esclamò tra un bacio e l'altro. Lei rise sulle sue labbra, inebriata da quella reazione.

“Fred, smettila ti si riapriranno tutte le ferite” lo ammonì, cercando di tenersi un po' scostata dal suo petto.

“Non m'importa!” Protestò lui, rubandole un altro bacio.

“Fred è colpa di quella notte se adesso siamo legati” gli fece notare.

“Non importa. Ora che mi hai salvato sono tuo per sempre, dovrai farci il callo” le diede un dolcissimo bacio sul naso.

Note: ragazzi finalmente ci siamoooo! Siamo arrivati al dunque! Non so come mai ma mi è piaciuto tantissimo scrivere questo capitolo. Ho pensato che fosse giusto che parlassero di tutte le questioni in sospeso e che lei gli confessasse ogni cosa. Non so se sono riuscita a trasmettervi tutte le emozioni del caso, ma spero di sì. A volte ho il dubbio di essere un pò fredda nelle descrizioni, ma spero sia una mia impressione. Comunque fatemi sapere se è piaciuto anche a voi quanto a me!

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Capitolo 18
*** Complicazioni ***


Hermione sentiva caldo. Le sembrava di andare a fuoco. Era una sensazione che aveva già provato prima. Era la temperatura standard se si dormiva abbracciate a uno dei gemelli. Il suo corpo riacquistò lentamente coscienza di sé. C'era una tenue luce nella stanza che proveniva dalle persiane abbassate. Una lieve brezza entrava dalla finestra e agitava i suoi capelli crespi. Aveva dormito con Fred, dopo una nottata passata a confessarsi segreti, dopo una notte di baci e risate. Lui era stato perfetto, le aveva sussurrato tutte le parole giuste, aveva accettato che lei l'avesse salvato e si era dichiarato suo per sempre. Il cuore di Hermione sembrava scoppiarle in petto per l'emozione, per la gioia di sentire quella frase. Non avrebbe mai creduto che Fred Weasley potesse essere un romantico, ma era felice di sbagliarsi. Lui dormiva ancora e la teneva stretta al suo petto. Avevano dormito a cucchiaio, con lui rannicchiato sulla sua schiena. Poteva sentire il fiato caldo solleticarle l'orecchio e le braccia forti che si contraevano lentamente; il cuore gli batteva placido a ritmo col suo, il suo torace si alzava e abbassava ritmicamente. Avrebbe voluto spostarsi o almeno voltarsi per guardarlo in volto, ma lui la teneva così stretta che sarebbe stato impossibile farlo senza svegliarlo. Era lunedì mattina e gli abitanti della Tana si stavano preparando per andare a lavoro. Hermione poteva sentire i rumori della routine quotidiana. La Signora Weasley che cucinava, i figli che si trascinavano in bagno come zombie, Arthur che parlava sottovoce, le scale che scricchiolavano. Tutto quello le parlava di casa, di appartenenza e felicità. Non poteva pensare a nessun altro luogo, a parte Hogwarts, sentendo quel sentimento di appartenenza. Se i suoi genitori fossero tornati dall'Australia, sarebbe riuscita a tornare a vivere con loro e sentirsi a suo agio? In quel momento, tra le braccia di Fred, non voleva neanche pensare alla possibilità. Voleva godersi quelle tre settimane che mancavano all'inizio della scuola, scacciando ogni pensiero negativo, ogni preoccupazione per il futuro. Lui si mosse, facendo un verso strano e Hermione sentì distintamente la sua erezione premerle sulla schiena. Avvampò, ma stranamente la cosa non la mise a disagio, anzi le provocò un piacere torbido, fatto di consapevolezza e sicurezza. Istintivamente arretrò un po', premendosi di più contro quella protuberanza. Fred emise uno suono strozzato e aprì gli occhi di scatto. Sembrò metterci un momento per capire dove fosse e con chi, ma quando vide Hermione sorrise sornione.

“Buongiorno, Granger. Hai dormito bene?” Domandò sbadigliando. Non la lasciò andare, ma si limitò ad alzare la testa per guardarla meglio.

“Benissimo! Nessun incubo all'orizzonte” rispose, felice. Fred le diede un bacio sulla guancia e rotolò sulla schiena, finendo a un millimetro dal bordo del letto. Hermione, delusa, si mosse con lui, posando la testa sul suo braccio, stando bene attenta a non toccare le fasciature. Lui la osservò di sbieco.

“Uhm, vado in bagno e torno eh” esordì e senza ulteriori indugi si alzò e scomparve. Hermione era confusa. Non si era aspettata certo lo stesso livello di sdolcinatezza della notte prima, ma neanche quella freddezza. Fred sembrava in qualche modo imbarazzato. Il che era un paradosso di per sé. Non aveva mai visto i gemelli in imbarazzo per qualsivoglia cosa. Quando lui tornò, lei aveva già elaborato un centinaio di teorie differenti ed era sempre più preoccupata.

“Andiamo a fare colazione?” Le propose, cambiandosi la maglietta che aveva usato come pigiama e infilandosene una rossa.

“Mi dici che hai?” Lui la guardò sorpreso.

“Niente, ho solo fame” borbottò, scompigliandosi i capelli. Era un chiaro segno di nervosismo.

“Fred, sei strano. Ti sei pentito di stanotte?” Chiese, titubante. Aveva paura della risposta. Lui sgranò gli occhi e si sedette accanto a lei sul letto.

“Hey, no che non mi sono pentito! Per niente, ma voglio parlare con George. Non mi sento a mio agio se lui non sa di noi” spiegò, prendendole il volto tra le mani e scrutandola da vicino.

“Scusa, hai ragione. Io...ero solo insicura, credo” balbettò arrossendo. Fred le sorrise dolcemente.

“Ok senti, non farti prendere dal panico. Ho solo bisogno di parlare con mio fratello e chiarire, poi sarò tutto tuo” promise, suggellando quella promessa con un bacio lungo e lento. Quando lei riemerse aveva gli occhi dilatati e il fiato corto. Fred ridacchiò sulle sue labbra.

“Granger datti una calmata. Non sono ancora in forma per quello. Vai a farti una doccia fredda” Hermione lo fulminò con lo sguardo.

“Sei andato in bagno a fartene una anche tu, prima?” Domandò fingendo innocenza. Fred assottigliò lo sguardo e scoppiò a ridere.

“Sono proprio una pessima compagnia per te. Vestiti, ci vediamo di sotto” le diede un rapido bacio e si alzò.

“Fred! Che diciamo a tutti gli altri?” Domandò. Non ne avevano ancora parlato. Lui ci pensò un momento.

“Prima fammi parlare con George, poi ci penseremo”

“Posso dirlo a Ginny?” Domandò. Lui sorrise e annuì. Non poteva certo impedirle di andare a raccontare tutto alla sua migliore amica, nonché sorella pettegola.

 

Fred trovò George in cucina che si abbuffava di bacon e uova. Era già vestito di tutto punto per andare a lavoro. Quel giorno indossava un completo verde bottiglia con il panciotto giallo. Quando lo vide scendere alzò la testa e gli sorrise.

“Come ti senti oggi?” Domandò, alludendo alle ferite. Sua madre si precipitò da lui, con la faccia ansiosa.

“Dobbiamo cambiare le fasciature e mettere la pomata” esordì senza neanche dargli il buongiorno. Fred respinse dolcemente le sue premure.

“Prima dovrei parlarti, Georgy” fece segno al gemello.

“Fred, le tue ferite...” tentò la madre.

“Prometto che dopo sarò tutto tuo, ma devo parlargli” diede un bacio alla madre e sotto gli occhi di tutti uscirono in giardino. L'aria del mattino era frizzante e solleticava il naso di Fred. George si era portato dietro il piatto e continuava a mangiare, assomigliando terribilmente a Ron.

“Allora che volevi dirmi?”

“Io e Hermione ci siamo messi insieme” sparò. George non sembrò affatto sorpreso come aveva creduto che sarebbe stato. Si limitò a mandare giù un boccone enorme di uova e a fare un mezzo sorriso.

“Non hai niente da dire?” Sbottò un po' deluso.

“Chiunque avesse occhi per vedere e orecchie per ascoltare aveva capito che lei era cotta di te e tu di lei” scrollò le spalle.

“Non sei arrabbiato?” Fred non voleva che ci fossero altri problemi con il gemello. In quelle settimane c'era già stato troppo attrito tra loro.

“Io e Hermione non ci siamo mai mentiti. Lo sapevo benissimo che era innamorata di te, anche quando è uscita con me. L'unico che non sapeva niente eri tu” George ora era serio. Aveva smesso di mangiare e fissava il gemello negli occhi.

“Già, forse hai ragione. Sono stato cieco” sospirò Fred.

“Lo sapevi anche tu, solo che avevi troppa paura di impegnarti. Perché ti sei impegnato con lei, vero?” George non era così sicuro di quel fatto.

“Mi ha salvato la vita, Georgy. Sono molto impegnato con lei” Fred gli strizzò l'occhio, ma lui non si sentì rassicurato da quel gesto.

“Spero che non sia solo per quello”

“No, ero già impegnato prima. Quella è stata l'ultima cosa che mi ha detto. Ero già suo dalla notte precedente, anche se lei non lo sapeva” Fred si appoggiò al muro della casa con la schiena, in cerca di sostegno.

“Hai paura?” George lo chiese solo per cortesia. Lo sapeva benissimo che il fratello era terrorizzato.

“Da morire. L'unica cosa che possa chiamarsi relazione l'ho avuta con Alyssa e lei mi ha distrutto. Non voglio fare casini con Hermione” confessò. In realtà non aveva avuto intenzione di iniziare una seduta di terapia col gemello quando l'aveva chiamato fuori, ma a quanto pareva ne aveva bisogno.

“Purtroppo io non sono la persona giusta che può darti consigli. Sono incasinato quanto te” sospirò George con un sorriso mesto. Fred seppe subito che parlava di Angelina.

“Magari dovresti provare anche tu. Potremmo farlo insieme e aiutarci a vicenda” propose. George gli lanciò un'occhiata di sbieco.

“Freddy, quella che può aiutarti è Hermione. Dovresti parlarle delle tue insicurezze. Emotivamente è molto più matura di tutti noi messi insieme. In un certo senso vi completate” rifletté.

“Già, sai che bella conversazione: cara, sono spaventato a morte da questa relazione, che ne pensi? Non mi sembra il caso” ironizzò.

“Magari non così, basta che ti apri, lei lo capirà subito. Non è scema. Magari ha anche lei delle paure” gli fece notare.

“Lo farò, ma con calma. Non voglio esagerare, è solo il primo giorno che stiamo insieme” sbuffò. La sola idea di fare un'altra conversazione a cuore aperto gli faceva venire l'ansia. Non potevano semplicemente godersela e vedere dove andava a finire?

“Come vuoi, ma ricordati che anche per lei è la prima vera relazione. Cerca di non metterle fretta” Fred gli diede un pugno leggero sul braccio.

“Stronzo. Mi dipingi come un mostro” borbottò.

“Un po' lo sei. Si sa che sono io quello bello tra noi due”

“Mi sa che hai bisogno degli occhiali. È evidente che sono io quello più bello” risero entrambi.

“Adesso vado a lavoro. Senza di te sarà un incubo, oggi”

“Georgy, quindi per te va bene se sto con lei?” Chiese Fred. Il gemello lo scrutò un secondo, poi sorrise.

“Oh vuoi la mia benedizione eh?” L'altro roteò gli occhi al cielo. Doveva sempre fare l'idiota.

“Sì, diciamo che sarebbe meglio”

“Certo che sì, ma se la farai soffrire, potrei essere pronto a consolarla” lo provocò.

“Stronzo!” Gli gridò Fred, mentre lui si avviava verso la cucina. Era sollevato che il fratello non ce l'avesse con lui. Almeno quel fratello. Valutò per un istante di pura follia di andare a dirlo anche a Ron, ma cambiò immediatamente idea. Non sarebbe finita bene una conversazione del genere tra loro e non era ancora in forma per fare a botte. Scrollando le spalle andò a fare colazione.

 

Hermione se ne stava seduta a tavola, guardando Fred che mangiava come un lupo. Gli era tornato l'appetito e sembrava che le ferite stessero guarendo alla perfezione. La Signora Weasley lo aveva acciuffato non appena era rientrato in casa e si era messa a spargere unguenti e pozioni maleodoranti sul suo torace, per poi bendarlo come una mummia. Le due grosse ferite che lo attraversavano erano ancora rosse e infiammate, ma non sanguinavano più, per la felicità di tutti. Ora lui le lanciava occhiate divertite da sopra la sua tazza di latte fumante. Non le aveva voluto dire com'era andata la conversazione con George e quello era uscito prima che lei potesse tentare un approccio. Ovviamente non si aspettavano che lei andasse a lavoro, almeno non con Fred ancora convalescente. Ginny, che non era stupida e sapeva benissimo dove l'amica avesse trascorso la notte, sorseggiava il suo succo di zucca come un gatto che avesse catturato un topo succulento. Harry aveva un'aria felice, che Hermione raramente gli aveva visto in volto, cosa che la riempì di gioia. Era bello che il suo migliore amico potesse finalmente tirare un sospiro di sollievo e godersi la vita. Ginny lo rendeva felice e riusciva a scacciare i fantasmi del suo passato. Esattamente come Fred faceva con lei. Ron osservava i suoi amici e la sua famiglia con un po' di tristezza. Sembrava che tutti fossero felici, tranne lui. Un Crack e un bussare interruppero la tranquillità di quella mattinata. La Signora Weasley si precipitò ad aprire la porta in vestaglia. Sulla soglia, imponente e massiccio se ne stava il capo Auror Savage. Aveva l'aria imbarazzata di chi fosse piombato in casa di gente sconosciuta la mattina presto senza farsi annunciare. Era chiaro che avesse passato una notte insonne. Aveva la barba lunga e ispida, le occhiaie pronunciate e i vestiti in disordine. Portava una specie di divisa da battaglia, con pantaloni neri infilati in alti stivali impolverati. Una giacca rattoppata e un mantello corto completavano l'abbigliamento.

“Ehm mi scusi per l'ora Signora Weasley, ma ho bisogno di parlare con i ragazzi” esordì, sotto lo sguardo perplesso di Molly. La donna si scostò per farlo entrare, stringendosi la vestaglia addosso. Aveva lo sguardo preoccupato che faceva sempre quando qualcuno si presentava in casa sua chiedendo dei suoi ragazzi.

“Capo Savage!” Esclamò Harry, scattando in piedi. Si strinsero la mano e così con Ron. Fred lo osservava come se volesse valutare il motivo della sua visita con un'occhiata. Anche Hermione si fece avanti.

“Scusate la mia intrusione, ma ho bisogno di parlare con voi tre” disse indicando Harry, Ron e Hermione. Per qualche motivo Fred ridacchiò. Quando i guai bussavano alla porta, era ovvio che in qualche modo quei tre fossero coinvolti. Hermione gli diede un nocchino e lui le afferrò la mano di nascosto. Le inviò una richiesta silenziosa di essere prudente e la lasciò andare, tornando a mangiare.

“Certo, possiamo parlare in salotto” disse Ron, facendo strada. Si erano accomodati da due secondi, quando Savage cominciò a parlare a ruota.

“La sera dell'attacco al concerto, quando siete stati aggrediti, hai detto una cosa interessante Hermione, ricordi?” Domandò lui.

“Certo, ho detto che era strana quella faccenda. Non c'erano stati morti, il marchio nero non era stato evocato e c'erano solo due ragioni per cui avrebbero dovuto fare una cosa del genere: o era un modo per farci capire che erano ancora attivi e pronti alla battaglia, oppure un diversivo” snocciolò Hermione, come se fosse a lezione. L'autorità le faceva quell'effetto. Doveva sempre essere perfetta.

“Esattamente. Ho riflettuto molto sulle sue parole, quella sera. Così ho mandato qualcuno ad Azkaban per controllare che i prigionieri non evadessero, che non ci fosse un altro attacco in corso, ma niente di tutto ciò era accaduto” era chiaro a tutti che un grosso ma fosse in arrivo.

“Ma non avevamo preso in considerazione un fatto. C'erano dei prigionieri al Ministero in attesa di giudizio, che sono stati fatti evadere” confessò. Harry s'irrigidì al suo fianco.

“Chi è fuggito?” Domandò a denti stretti. La sua missione nella vita era quella di assicurare ogni seguace di Voldemort alla giustizia. La sola idea che qualcuno di quelli già in custodia fosse fuggito gli faceva venire voglia di vomitare.

“I Malfoy e i Carrow” quei due nomi ebbero l'effetto di una doccia gelata sui tre ragazzi. Hermione e Ron si voltarono immediatamente verso Harry. Lui era sbiancato e stringeva i pugni convulsamente.

“Immagino che avrete già interrogato Draco Malfoy” intervenne Hermione, stringendo la mano a Harry.

“La cosa singolare è che il giovane Malfoy è scomparso. Nessuno lo ha più visto da prima dell'evasione dei suoi genitori” Savage aveva la faccia di chi pensa di aver trovato un colpevole.

“Non è possibile che sia stato lui” esclamò Hermione. Tre paia d'occhi increduli si posarono su di lei.

“Ho visto Draco il giorno del nostro incontro e mi ha detto di voler diventare un Medimago, di voler tornare a scuola per finire la sua istruzione. Di voler prendere in mano la sua vita” spiegò.

“Hermione, non puoi fidarti di quel verme. Lo sai meglio di tutti quanto possa essere spregevole” sbottò Ron. Tra tutti, lui era quello che aveva fatto più fatica ad accettare che Draco potesse essere cambiato. Harry stava riflettendo silenziosamente.

“Non mi fido di lui. Ti sto solo dicendo che mi sembra strano che abbia rovinato tutti i suoi progetti di vita per far evadere i suoi genitori. Gli stessi che lo hanno costretto a diventare un Mangiamorte quando lui non voleva” Ron sembrava sul punto di replicare, quando Harry lo fermò.

“Cosa vuole che facciamo?” Chiese a Savage. L'uomo parve imbarazzato. Si rendeva conto di star chiedendo molto a persone che avevano già dato tutto e ora avevano solo bisogno di riposo.

“Voi conoscete Malfoy meglio di tutti. Avete una vaga idea di dove possa essersi nascosto?” Era evidente che la domanda voleva essere un'altra. I tre ci pensarono a lungo. Non veniva in mente a nessuno un nascondiglio adatto. Se non era a Malfoy Manor, non avevano idea di dove potesse essere andato.

“Avete controllato tutte le proprietà della sua famiglia?” Domandò Hermione. Non pensava che persone così ricche e influenti potessero avere solo un'abitazione. Dovevano per forza avere un altro luogo di residenza, magari per le vacanze.

“I Malfoy possiedono una casa in Galles, ma anche quella risulta essere vuota” Savage era pensieroso.

“I Carrow?” Harry fremeva dalla voglia di entrare in azione. Lo poteva dire dai suoi occhi verdi che scintillavano, dalla gamba che si muoveva nervosamente sotto le loro mani incrociate.

“Non ci risulta che abbiano possedimenti” Savage sospirò.

“Se doveste sentire qualcosa, o se vi capitasse di ricordare qualcosa, vi prego di farmelo sapere il prima possibile” si alzò in piedi, sovrastandoli con la sua corporatura. Salutò sbrigativamente gli altri e si chiuse la porta alle spalle. Harry, Ron e Hermione rimasero in salotto ancora per qualche minuto. Nessuno dei tre aveva la minima idea di dove potessero nascondersi i fuggitivi. Trovare qualcuno che poteva smaterializzarsi non era affatto semplice. Per quanto ne sapevano, potevano essere ovunque.

“Allora che si fa?” Domandò Ron, guardando gli altri due.

“Niente, non abbiamo neanche uno straccio di pista” gli fece notare Hermione.

“Questo non ci ha mai fermati” ribatté lui. In realtà era vero, ma lei non sapeva proprio da dove cominciare.

“Non credo che sia stato Draco a far evadere i suoi genitori e i Carrow. Quando l'ho incontrato ha detto di voler fare il Medimago per ripagare il suo debito. Uno che parla così non torna ad essere un Mangiamorte dopo due secondi”

“Potrebbe essere solo il suo modo di sviare i sospetti” ipotizzò Harry, ma non era convinto neanche lui.

“Harry, Nascissa non è parente di Sirius?” Domandò Hermione, riflettendo.

“Sì, credo che fosse sua cugina”

“I Black non hanno altre proprietà? Sirius non ti ha lasciato un altro appartamento?” Harry scosse la testa mestamente.

“Solo Grimmault Place” sospirò. Hermione imprecò tra i denti. Era la sua unica idea.

“Hey, che state combinando?” Ginny e Fred se ne stavano sulla soglia ad osservargli. Lei aveva le sopracciglia corrucciate e le braccia incrociate sul petto. Sembrava arrabbiata.

“Ehm, niente di che” balbettò Ron.

“I Malfoy e i Carrow sono evasi la notte dell'attacco al concerto e Draco è scomparso con loro” spiegò Harry, per la sorpresa di tutti. Ginny sembrò immediatamente più serena. Odiava quando lui le nascondeva qualcosa e gli aveva fatto promettere di essere sempre sincero.

“Pensate di fare qualcosa di stupido, come andare a cercarli?” Fred lo chiese a Hermione, anche se la domanda era per tutti.

“Non abbiamo nessuna pista da seguire. Non possiamo fare molto” scrollò le spalle.

“Perché sono convinto che questo non basterà a trattenerti?” Non sembrava arrabbiato, ma solo rassegnato.

“Devo almeno provare a fare qualche ricerca”

“Non puoi aspettare che mi riprenda, vero?” Era quasi una domanda retorica.

“Farò solo delle ricerche innocue. Devo solo prendere dei libri e posso farle da qui” Fred sorrise, più tranquillo. Non voleva impedirle di fare qualcosa, semplicemente avrebbe preferito poter andare con lei e proteggerla. Hermione però lo aveva tranquillizzato. Harry, Ron e Ginny li guardavano confusi. Lei evitò i loro sguardi indagatori di proposito.

“Vado a prepararmi e faccio un salto al Ghirigoro. Ho bisogno di un libro sulle discendenze magiche dei purosangue. Harry, tu e Ron potreste andare in Grimmauld Place a fare delle ricerche tra i documenti di famiglia” ordinò perentoria.

“Io vengo con te” esclamò Ginny, che voleva assolutamente un momento per parlare con l'amica. Hermione annuì e schizzò al piano di sopra. Si stava infilando una maglietta, quando Fred fece irruzione nella stanza.

“Quindi io che faccio? Ti aspetto da bravo bambino in camera?” Domandò bruscamente.

“Tornerò presto. Prendo solo dei libri. Farò le ricerche dal tuo letto” propose, conciliante.

“Nuda?” Rilanciò lui, con un sorrisetto.

“Non penso che sia una buona idea” rise Hermione.

“Sei proprio una brava ragazza. Povero me!” Esclamò lui, portandosi una mano alla fronte teatralmente.

“Smettila scemo. Tornerò il prima possibile” lui l'afferrò per i fianchi e l'attirò a sé, sfiorandole la punta del naso con un bacio.

“Non avevo pensato che il nostro primo giorno insieme sarebbe stato così” sussurrò. Quando la guardava a quel modo, con il fuoco negli occhi e un sorriso birbante sulle labbra, Hermione sentiva le gambe cedere e il cervello svuotarsi.

“Neanche io, ma abbiamo sempre stanotte” Fred la baciò, stringendola a sé con forza, come a volersi fondere con lei. Leccò e succhiò, mordicchiando di tanto in tanto quelle labbra così invitanti. Hermione si aggrappò a lui per non cadere, in cerca di sostegno per le sue gambe molli. Quando lui la lasciò andare stava ansimando, aggrappata alla sua schiena forte.

“Era solo per darti un'anteprima e farti venire voglia di tornare da me velocemente” ridacchiò lui, che però aveva la voce roca.

“Farò in un lampo” gli diede un bacio veloce, afferrò la borsa e si precipitò giù per le scale.

 

 

Era con Ginny in Diagon Alley. La giornata era un po' nuvolosa e spirava un vento che prometteva tempesta. Nonostante quello era piuttosto piacevole passeggiare con l'amica. Ginny era impaziente di subissarla di domande, ma sapeva che avevano altre cose più importanti da fare, così si era trattenuta. Arrivarono al Girigoro che non erano neanche le dieci, così che la libreria era quasi vuota. Il commesso si profuse in esclamazioni di piacere vedendo entrare Hermione.

“Signorina Granger, quale onore! Posso esserle utile?” Domandò l'uomo che qualche settimana prima le aveva regalato tutti i suoi libri di testo per il settimo anno.

“Ehm in realtà sì. Sto facendo una ricerca per un progetto e avrei bisogno di un libro sulle grandi famiglie di purosangue. Qualcosa di completo, che elenchi i discendenti e i loro possedimenti” spiegò. L'uomo che era magro e pallido parve estremamente sorpreso, ma non disse niente e si affrettò a sparire dietro gli scaffali. Non appena se ne fu andato, Ginny si voltò verso l'amica.

“Allora?” Sussurrò, cercando di non farsi sentire.

“Ho detto tutto a Fred. Intendo proprio tutto” raccontò Hermione.

“Anche che gli hai salvato la vita?” Ginny non stava più nella pelle.

“Sì, anche se prima gli ho detto di essere innamorata di lui” l'amica emise uno squittio di felicità, afferrandola per una manica e saltellando felice.

“Lui che ha detto?!”

“Ha detto che prova le stesse cose. Che era solo spaventato dal nostro legame, ma che non può negare di essere innamorato di me. Che visto che gli ho salvato la vita ora lui è mio e ci devo fare il callo” rise, ricordando quelle parole che le avevano fatto volare il cuore. Ginny la fissò con gli occhi che luccicavano.

“Che bello! Sposerai Fred! Sono così felice! Sarai mia sorella!” Esclamò, dimenticandosi di tenere la voce bassa.

“Non sposerò nessuno! Almeno non ancora!” Tentò di spegnere l'entusiasmo dell'amica ma con scarsi risultati.

“No, certo non ancora. È troppo presto. Ma lo farai! Farò il lavaggio del cervello a Fred. Faremo un matrimonio a quattro!” Cinguettò. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso di felicità, anche se quei progetti le sembravano troppo affrettati.

“Ginny per ora siamo ancora fermi ai baci. Direi che è presto per il matrimonio” la rossa sbuffò spazientita.

“Certo, ma tu lo ami e lui ama te. Come l'ha presa George?” Domandò improvvisamente preoccupata.

“Non lo so. Fred gli ha parlato a colazione, ma poi è arrivato Savage e non ho avuto il tempo di chiederglielo. Se lui non approvasse temo che Fred mi mollerebbe subito” Hermione sapeva benissimo quanto fosse importante l'opinione di George in quella situazione. Fred non avrebbe fatto niente per ferire il fratello.

“George non sarà contrario. Anche perché vuole la felicità di entrambi. Non è meschino” Ginny lo disse con sicurezza e Hermione si sentì rassicurata. Quando l'omino tornò aveva con sé due enormi volumi e altri tre più modesti.

“Questo è il più antico. Ci sono riportate anche stirpi di maghi che si sono estinte, ma è molto minuzioso nei suoi dettagli. Questo comprende anche i parenti non purosangue e i tre più piccoli sono quelli più moderni” spiegò il commesso, tutto fiero. Hermione lo ringraziò, pagò i libri e insieme a Ginny li trascinarono per Diagon Alley. Fu solo quando ormai erano a metà strada, che alla riccia venne un'idea.

“Aspettami da George. Devo fare una fermata” lasciò l'amica e corse via.

Notturne Alley era il luogo più cupo e malfamato che si potesse immaginare. Streghe e maghi dall'aria emaciata e sporca si nascondevano nell'ombra, scrutando Hermione con evidente disprezzo. Ogni volta che ci era andata aveva pensato che le storie babbane prendessero vita in quei vicoli maleodoranti. In quelle storie le streghe erano creature ripugnanti con grossi bozzi purulenti e l'aria di volerti buttare nel pentolone per mangiarti, esattamente come le persone che incrociò mentre si dirigeva da Magie Sinister. Non aveva paura di camminare in mezzo a quella gente. In pochi si sarebbero azzardati ad aggredirla di giorno, mentre stringeva la bacchetta e quei pochi li stava giusto cercando. Il negozio era ancora meno invitante del solito. I vetri erano incrostati di sporcizia e l'insegna pendeva sbilenca. Da quando Voldemort aveva perso il potere, la magia oscura era praticamente stata bandita. Perciò Sinister si trovava nella scomoda posizione di non avere molta merce da vendere e ancora meno clienti. Hermione spalancò la porta che tintinnò e cigolò. L'interno era stato svuotato della maggior parte degli articoli che una volta esponeva. L'omuncolo che venne ad accoglierla di gran carriera, sbiancò quando la vide.

“Non vendiamo niente di illegale qui!” Sbottò con la voce gracchiante.

“Non sono venuta per quello. Sto cercando una persona” disse. L'uomo le scoccò un'occhiata scettica e cattiva.

“Non so niente di nessuno” dichiarò, ancor prima che Hermione chiedesse qualcosa.

“Voglio sapere quando è stata l'ultima volta che ha visto Draco Malfoy” disse, avvicinandosi al bancone. L'uomo la scrutò a lungo, rigirando una moneta tra le lunga dita sottili.

“Perché lo vuoi sapere?” Chiese infine.

“Sono una sua amica e temo che sia in pericolo” dichiarò. Non era proprio la verità.

“Il Signorino Malfoy non sarebbe mai amico di una come te. Allora cosa vuoi?” Sinister non era stupido come sembrava.

“Benissimo. Non siamo amici ma sto cercando di aiutarlo. Credo che possa essere nei guai e io faccio sempre la cosa giusta, anche se questo significa aiutare un viscido bastardo” l'uomo ghignò, evidentemente consapevole che quella fosse la verità.

“Non vedo il Signorino da almeno un anno, mi dispiace. Ma se si stesse nascondendo non dovrebbe cercarlo qui. Ha ancora qualche amico al mondo, ho sentito dire” detto questo lanciò la moneta sul bancone e si dileguò sul retro. Hermione colse al volo il suggerimento. Quindi Draco si stava nascondendo da qualche parte. Gli erano rimasti degli amici. Sicuramente tra i Serpeverde. Doveva allargare le sue ricerche. Non le piaceva affatto l'idea di dover andare a bussare a casa di gente che l'aveva odiata per sei lunghi anni, ma non vedeva altra scelta. Sapeva che Harry ci si sarebbe precipitato.

 

Note: buon mercoledì a tutti! Spero che mi perdonerete se in questo capitolo ho dato più spazio ad altre cose. Sapete che non mi piacciono troppo le storie smielate in cui il centro del mondo diventa il compagno. Non sarebbe da Hermione. Perciò spero di non aver disatteso le vostre aspettative. Con la mia spalla malandata ma abbastanza in forma ho scritto altri due capitoli, quindi per ora siamo salvi! A sabato con l'altra storia!

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Capitolo 19
*** Sensazioni ***


Fred osservava Hermione impazzire lentamente. Aveva riempito il suo letto con volumi antichi e rilegati in pelle dall'aspetto solenne, che sfogliava febbrilmente, per poi appuntarsi qualche nome o qualche altra cosa su una pergamena. Non era quello che aveva immaginato, quando lei aveva detto che avrebbe fatto ricerche dal suo letto. In realtà forse avrebbe dovuto capire che non si riferiva a niente di sessuale o lontanamente sexy, ma ad un mucchio di polverosi libri. Eppure guardarla gli provocava un piacere inaspettato. Quando Hermione era concentrata i suoi occhi brillavano e riluceva di una sorta di febbrile attività, che le faceva splendere la pelle. Una macchia di inchiostro le era caduta sul dorso della mano e si era sfregata la guancia. Gliel'aveva visto fare mille volte a scuola. Quel baffo di inchiostro nero sulla guancia era il simbolo delle ore che aveva passato sui libri. Lui aveva provato a leggere uno di quelli più piccoli, ma dopo poche righe si era trovato a sbadigliare e a desiderare di schiacciare un pisolino. Lei invece non si era fermata. In pantaloncini corti e con la sua maglietta del pigiama, se ne stava a pancia sotto. Non capiva come facesse ad avere un tale livello di concentrazione. Stare con una secchiona poteva avere dei lati molto negativi, soprattutto se quella secchiona era concentrata su un caso urgente da risolvere. Gli aveva raccontato della sua visita a Magie Sinister, cosa che non gli aveva fatto piacere e delle informazioni che pensava di aver raccolto. Secondo lei bastava fare una capatina a casa di tutti gli amici Serpeverde di Malfoy per scovarlo. Come se quelli fossero ben disposti nei suoi confronti. Non ce li vedeva proprio ad aprirle la porta e permettere che le loro belle case venissero setacciate. Harry, che era stato in quella stanza per ore, senza smettere di rimuginare, alla fine aveva deciso di passare all'azione e con Ron erano andati al Ministero. Almeno si era liberato di quei due. Il piede nudo di Hermione gli ciondolava davanti alla faccia e lui si stava annoiando. Guardarla studiare non era affatto divertente come lo faceva sembrare Krum nei sogni di lei.

“Pensi di fare una pausa o hai deciso di diventare una vecchia zitella ammuffita?” Le chiese, tanto per provocarla. Hermione gli lanciò un'occhiata divertita da sopra la spalla.

“Non posso diventare una vecchia zitella se ci sei tu” gli fece notare con molta calma.

“Però i fidanzati hanno bisogno di attenzioni. Almeno la metà di quelle che riservi a quei vecchi libri puzzolenti” le afferrò una caviglia e lentamente fece risalire la mano lungo il polpaccio, sfiorando la pelle dorata, sentendone la levigatezza sotto i polpastrelli.

“Ah sì? E di quali attenzioni ha bisogno il mio fidanzato?” Chiese, osservando il movimento della mano che era arrivata al ginocchio.

“Non so, tu a cosa stavi pensando?” Domandò con uno sguardo furbo. Hermione non si mosse, ma non si ribellò neanche, quando lui iniziò a percorrere tutta la lunghezza della sua coscia lentamente. Ad ogni millimetro conquistato, vedeva gli occhi di lei scurirsi, le labbra dischiudersi inumidite dalla lingua rosea. Quando giunse all'attaccatura dei pantaloncini si fermò. Era pericolosamente vicino al suo sedere. Lei continuò a non muoversi, senza incoraggiarlo né respingerlo, aspettando che lui prendesse una decisione. Fred sorrise e spostò il dito avanti e indietro lungo l'orlo dell'ostacolo. Avanti e indietro, ancora e ancora. Poi mantenendo quel ritmo costante, si allungò e posò le labbra sulla sua caviglia. Fu solo uno sfiorare e poi la sua bocca, seguì il percorso che aveva fatto la sua mano solo pochi momenti prima. Lungo il polpaccio, giù per l'incavo del ginocchio e infine lungo la coscia tonica. Arrivato al bordo, posò un piccolo morso sulla sua pelle e la sentì rabbrividire. Tornò indietro e diede un altro morsetto nell'incavo del ginocchio. Hermione spalancò la bocca in una piccola o perfetta. Quello gli diede lo stimolo per continuare. Senza lasciarle il tempo di reagire, passò all'altra gamba riservandole lo stesso trattamento. Avanti e indietro, dita, labbra, denti. Ancora e ancora. Hermione aveva il fiato corto e aveva lasciato cadere la piuma con cui stava scrivendo, totalmente dimentica della sua missione. Si sentì soddisfatto di quel risultato, ottenuto con qualche carezza. Allora, guardandola negli occhi, decise di farsi più audace e spinse la mano sotto i pantaloncini. Lei sobbalzò, sorpresa. Le dita di Fred risalirono lungo la sua gamba, trovando le mutandine e lì si fermarono, percorrendone la lunghezza. Si mossero lungo la curva della sua natica, prima risalendo verso il fianco, poi scendendo lentamente.

“Hermione, Harry è...” Ginny spalancò la porta e s'immobilizzò sull'uscio. Fred ritrasse la mano alla velocità della luce, ma ormai la sorella aveva visto tutto. Hermione saltò quasi per aria, diventando scarlatta.

“Non si bussa prima di entrare?!” Sbottò Fred.

“Non si chiude a chiave quando si fanno le porcate?” Ribatté lei.

“Senti chi parla!” Esclamò lui.

“Cosa vorrebbe dire?!” Ginny era diventata pericolosamente rossa.

“Ti ho beccata in cucina a pomiciare con Potter e Hermione vi ha trovati avvinghiati in camera” la stuzzicò.

“Basta così voi due!” Intervenne Hermione, ponendo fine a quel battibecco che poteva continuare a lungo. Afferrò Ginny per un braccio e la trascinò al piano di sotto.

“La prossima volta bussa” le disse, ridendo, davanti alla sua espressione contrariata. Harry le aspettava ai piedi delle scale con Ron.

“Avete trovato qualcosa?”

“Abbiamo parlato con Savage della tua teoria che Draco si nasconda da qualche amico, ma ha detto che non può andare a bussare in casa di ogni suo compagno di corso a Hogwarts, che gli serve una lista di nomi” spiegò Harry. Così tutti e tre buttarono giù qualche nome. Sulla lista c'era Nott, Zabini, la Greengrass, la Parkinson e ovviamente Goyle. Peccato che i genitori della maggior parte di essi fossero dei Mangiamorte conclamati. Non sarebbe stato facile ritrovare il ragazzo, anche con le migliori intenzioni del mondo. Hermione era certa che Malfoy non avrebbe creduto alla bella storia di aiutarlo. Dopotutto, anche se era stato assolto da ogni accusa formale, rimaneva un paria della società. Aveva fatto parte delle schiere di Voldemort, portava il suo marchio e aveva introdotto i Mangiamorte dentro il castello di Hogwarts. Erano tutte azioni che forse un tribunale poteva soprassedere, ma gli studenti, lei, Harry e Ron, sicuramente non avrebbero mai dimenticato. Secondo lei neanche Draco l'avrebbe mai potuto scordare. Ci sono ferite dell'animo che non guariscono mai. Magari migliorano, ma sono sempre pronte a stillare fuori sangue e pus, per ricordarti quanto la tua vita abbia richiesto un prezzo. Nessuno era uscito indenne dalla battaglia di Hogwarts, anche se alla fine avevano vinto. C'erano state delle perdite tremende, sacrifici da fare, paure da affrontare e la cosa peggiore era convivere col peso delle persone che avevi ucciso. Perché anche se non ne parlavano mai, Hermione sapeva che a Harry la morte di Voldemort gravava sulla coscienza. Non si uccide qualcuno, persino il tuo acerrimo nemico, per poi andarsene via fischiettando. È una cosa che ti cambia nel profondo e lascia cicatrici indelebili.

“Credete che sia da uno di questi?” Domandò Ron che sembrava un po' scettico.

“Mi sembra una mossa stupida, sa che sarà il primo posto dove lo cercheremo” rifletté Harry ad alta voce.

“Tu cosa avresti fatto? Ti saresti precipitato alla Tana o in Grimmauld Place, ma finché non avremo trovato le prove di vecchie proprietà nascoste, dobbiamo presumere che sia andato da qualche alleato” gli fece notare Hermione.

“Hai ragione, almeno di non andare di persona a bussare alle porte, non vedo che altro possiamo fare” Harry sembrò trovare la sua stessa affermazione interessante.

“Non ci pensare neanche! Non sei ancora un Auror” lo bloccò lei, che aveva letto nei suoi occhi la voglia di entrare in azione.

“Ma potrei aiutare! Conosco Malfoy e mi ascolterà” protestò, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

“Oh certo, Draco è così ragionevole! Ascolterà sicuramente il ragazzo che gli ha distrutto la famiglia” lo prese in giro Ron.

“Savage non ti farà partecipare” affermò Hermione sicura. In realtà non lo era affatto. Harry era un eroe e fa sempre bene assecondare le richieste di chi può diventare il tuo capo in due minuti.

“Potrei comunque chiederglielo” quando si impuntava non c'era modo di farlo ragionare.

“Ginny ti ucciderà. Vuole passare più tempo possibile con te prima di tornare a scuola, se ti metti a dare la caccia a Malfoy vorrà la tua testa” gli fece notare. Harry non ci aveva pensato, o meglio non aveva preso seriamente in considerazione la cosa. Amava Ginny con tutto il cuore, ma non poteva pensare di rimanere con le mani in mano e far fare il lavoro ad altri. Quello era un suo problema. Aveva sconfitto Voldemort e pagato un prezzo molto alto per farlo, ma non significava che avesse finito. Inoltre, anche se non lo avrebbe ammesso con la fidanzata, gli mancava l'azione. Vedeva lo stesso bisogno sul volto di Ron e Hermione, che si era precipitata a fare ricerche, anche se era all'inizio di una relazione con Fred e tra tre settimane avrebbe dovuto lasciarlo. Loro tre insieme potevano fare tutto e per qualche motivo, si sentivano in dovere di mettersi in prima linea.

“Ginny capirà e poi si tratta solo di qualche ora al giorno” bofonchiò, anche se sapeva che era una menzogna. Ginny lo avrebbe ucciso sicuramente.

“Come vuoi. Io torno a fare qualche ricerca. Se Savage ti darà il permesso avvertimi” Hermione si alzò stiracchiandosi e così facendo la maglietta lasciò scoperta una generosa porzione della sua pancia piatta. Vide Ron diventare scarlatto e distogliere lo sguardo in fretta.

“Se trovi qualcosa chiamami” le disse Harry, sorridendo. L'amica risalì di corsa le scale, lasciandolo solo con Ron.

“Allora le cose non sono andate bene eh?” Esordì, imbarazzato. Gli dispiaceva per l'amico, ma non poteva fare niente per lui.

“Già. L'appuntamento è stato strano. Si vedeva che lei non era neanche un po' coinvolta” sospirò grattandosi una guancia distrattamente.

“Mi dispiace, amico. Ne troverai un'altra” lo incoraggiò.

“Non ce ne sono come lei. Inoltre perderla per mio fratello...è un vero schifo” Harry non pensava che Ron avesse capito.

“Fratello?” Domandò ottusamente. L'altro gli lanciò un'occhiataccia.

“Non fare il finto tonto. Lo so che Ginny ti dice tutto” borbottò arrabbiato. Harry arrossì, chinando un po' il capo.

“Scusa. Hai ragione. Avrei dovuto dirtelo”

“Dirmi cosa? Non stavano neanche insieme. Ho sentito per caso Ginny e George che ne parlavano in salotto e ho origliato” la sua espressione mesta strinse il cuore di Harry.

“Magari durerà poco e si renderà conto che ama te” buttò lì. Era una patetica bugia e Ron non gli credette neanche per un istante.

“Come no e a me spunteranno le ali. Fred è furbo, non lascerà che qualcuno gliela porti via. Inoltre hanno questa cosa del legame che...bè che incasina tutto” esclamò. L'amico si alzò, recuperò il foglio con i nomi e lo scrutò attentamente, con sguardo determinato.

“Visto che la mia vita sentimentale fa schifo, ti accompagnerò, così magari Ginny non ti ucciderà” gli tese una mano, che Harry afferrò e insieme si Smaterializzarono.

 

Hermione trovò Fred immerso nella lettura dei suoi appunti. Anche se lo vedeva perfettamente coi suoi occhi, rimase un attimo interdetta. Possibile che stesse impazzendo? Lui le sorrise e mise da parte la pergamena, facendole segno di raggiungerlo sul letto.

“Che stavi facendo?” Domandò, strisciando verso di lui, attenta a evitare i libri, le penne e il calamaio. Quel letto era diventato una specie di discarica.

“Leggevo quello che hai scritto mentre ti aspettavo” lei gli di sedette accanto e lui le passò un braccio dietro le spalle, attirandola col capo sulla sua spalla. Era strano passare dal parlarsi a mala pena a poter tranquillamente fare quelle cose.

“Hai trovato qualcosa di interessante?”

“In realtà no, solo che la tua scrittura minuscola mi fa male agli occhi” la prese in giro. Hermione gli diede una leggera spinta sulla spalla.

“Molto divertente! I tuoi ordini per il negozio sono rune antiche da decifrare” lo sfotté allegramente. Fred ridacchiò e le posò un bacio sulla sommità della testa.

“Hermione, al quarto anno, avresti voluto che ti invitassi al Ballo del Ceppo?” Domandò a bruciapelo. Lei sussultò e si scostò per guardarlo in faccia.

“Che...cosa...da dove ti viene una simile idea?” Esclamò diventando rossa come i suoi capelli. Fred rise.

“Ho sbirciato nei tuoi sogni” ammise con un sorrisetto furbo.

“Ah. Ehm, diciamo che avrei voluto, sì” confessò, giocherellando col bordo del lenzuolo.

“Non me ne ero proprio accorto” disse lui.

“Ovvio, neanche mi guardavi all'epoca” Hermione era imbarazzata da quella conversazione, ma non poteva biasimare lui per aver guardato i suoi sogni, quando lei lo faceva già da un pezzo.

“In realtà ti guardavo e anche un sacco, ma...ho sempre pensato che fosse meglio starti alla larga” raccontò. I suoi occhi si persero in lontananza nei ricordi.

“Lo pensi anche adesso?” Chiese. Fred le tirò su il mento per farsi guardare in faccia. Era serissimo.

“Sì, credo che ti meriti di meglio. Penso che ti sia innamorata di me per colpa del legame che abbiamo e che in circostanze normali avresti capito che siamo molto diversi e che stare insieme sarà un casino” Hermione sentì tutto il sangue abbandonarle la testa. Stava già tentando di lasciarla dopo neanche un giorno?

“Però sono felice che tu sia troppo cieca per vedere che puoi avere di meglio e che non ti importi della nostra diversità, perché sono un grande egoista e ti voglio tutta per me” concluse con un sorrisetto sghembo. Hermione lo colpì in testa con un pugno.

“Hey mi hai fatto male!” Esclamò massaggiandosi il punto in cui si era abbattuto il pugno di lei.

“Sei un completo idiota! Pensavo che mi volessi lasciare!” Esclamò continuando a prenderlo a sberle sulla testa. Fred scoppiò a ridere, cercando di ripararsi come poteva, ma lei era implacabile. Allora l'afferrò per i fianchi e placcandola, la fece cadere sul materasso, in mezzo ai libri che esalarono sbuffi di polvere. Le atterrò sopra, storcendo il naso per il dolore improvviso. Si dimenticava sempre delle ferite. Hermione però non si arrese e continuò a colpirlo, ridendo e scalciando.

“Sei uno stronzo e me la pagherai!” Strillava, agitandosi. Fred le afferrò i polsi e con una mano sola glieli immobilizzò sopra la testa.

“Ah sarei uno stronzo? Come siamo sboccati, non è questo il linguaggio adatto a una signorina!” Con la mano libera iniziò a farle il solletico sotto le ascelle, sui fianchi, sul collo, ovunque riuscisse ad arrivare. Hermione cominciò a ridere forte, ad agitarsi ancor di più e a dibattersi come un'anguilla in una rete.

“Basta ti prego! Mi arrendo, mi arrendo!” Urlò. Aveva le lacrime agli occhi, i capelli arruffati e il volto arrossato per lo sforzo. Fred si fermò ad ammirarla.

“Benissimo, in questo caso meriti una ricompensa” ghignò e le diede un bacio sulla fronte. Hermione lo guardò storto.

“Che ricompensa triste” commentò. Lui inarcò le sopracciglia, si voltò verso la porta e afferrata la bacchetta eseguì un paio di incantesimi. Giusto per non essere disturbato ancora. Hermione lo guardava con gli occhi sgranati.

“Che fai?” Domandò.

“Mi assicuro che nessuno piombi in questa stanza e ci senta” rispose ammiccando. Lei rimase a bocca aperta. Intendeva veramente quello che pensava? La cosa la preoccupava un po'. Non sapeva se era pronta per un altro livello di intimità, nonostante le sue carezze l'accendessero di passione.

“Fred...” iniziò lei.

“Tranquilla, non ho intenzione di mangiarti” ridacchiò lui interrompendola. La cosa non la tranquillizzò affatto. Stava per ribattere, ma lui cominciò a riempirle il volto di baci. Partì dalla fronte, poi il naso, le guance, le palpebre, il mento, le tempie, per poi arrivare alla bocca. Si era aspettata che lui approfondisse il bacio e si fermasse, invece proseguì e cominciò a baciarle le orecchie, il collo, la clavicola, senza soffermarsi troppo, giusto un bacetto. Hermione lo lasciò fare, perché sembrava divertirsi moltissimo. Intanto non smetteva di tenerla inchiodata al letto. Sentiva dietro la schiena la copertina del libro su cui era atterrata.

“Sembra che tu mi stia assaggiando, però” commentò quando lui le diede un morso sulla pancia coperta dalla maglietta. Fred sollevò la testa rossa e le lanciò uno sguardo furbo.

“In realtà non ho ancora cominciato ad assaggiarti” ridacchiò e smise di giocare. Si avventò sulla sua bocca come un assetato su un bicchiere d'acqua, divorandola. Prese possesso delle sue labbra come un conquistatore, baciando, leccando e succhiando in egual misura. Fece guizzare la sua lingua a ritmo con quella di lui, arrendendosi alle sue mani, che ora percorrevano le sue forme con decisione, stringendola e accarezzandola, infiammandole le membra. Hermione non si era mai sentita così elettrica e languida allo stesso tempo. I suoi occhi castani offuscati dal desiderio si beavano di lui, che aveva le labbra gonfie per i baci e i capelli arruffati. Sembrava così selvaggio e indomabile. Si staccò per un attimo da lei, sollevandosi sulle braccia muscolose per guardarla meglio. Hermione sentì il cuore scoppiarle nel petto. L'aveva desiderato a lungo, anche se la ragione l'aveva negato con forza, e ora era lì tra le sue braccia, bellissimo e passionale. Ricambiò i suoi baci con trasporto e le sue carezze con altrettanta bramosia.

“Non hai idea di quanto ti desidero, Hermione” disse lui con voce arrochita dalla passione. Lei non aveva voce per esprimere le sue sensazioni, se ne sentiva totalmente sopraffatta, ma non serviva. Allentò le barriere che ormai le veniva naturale erigere e lui sentì tutto. Quanto le piacessero i suoi baci, quanto le sue carezze le accendessero il fuoco sulla pelle, quanto volesse di più. Fred aveva il fiatone. Percepire tutto quel desiderio, oltre al suo, lo stava facendo impazzire. Doveva riprendere il controllo. Respirò a fondo, schiarendosi la mente. Ma Hermione non voleva aspettare. Si sollevò a sedere, gettandogli le braccia al collo e facendogli scordare tutti i motivi per cui non poteva perdere la bussola. Gli affondò le dita nei capelli per attirarlo ancora più vicino, per poterlo baciare più a fondo. Fred le morse il labbro inferiore e lei mugolò. Una fitta di dolore e piacere gli corse lungo la spina dorsale, facendoli rabbrividire all'unisono. Hermione gli sollevò la maglietta, che lui fece cadere sul pavimento. Le bende gli coprivano il torace, ma gli addominali scolpiti e la striscia di peli rossicci che spariva sotto l'elastico dei pantaloni attirò l'attenzione di lei. I suoi occhi erano due pozzi insondabili di perdizione. Le sua labbra tumide e luccicanti un invito allettante. Gli passò delicatamente le dita lungo la linea delle spalle, giù sulle braccia, risalendo dalla schiena e scendendo lungo la clavicola, facendo attenzione alle fasciature, percorsero l'addome, circumnavigando l'ombelico e giocando con la morbida peluria dell'addome. Quella mano, così leggera e birichina lo faceva impazzire. Aiutò Hermione a liberarsi della maglietta. Indossava un semplice reggiseno bianco, senza pretese, che conteneva a mala pena il suo seno generoso. Doveva avere almeno una terza, osservò con piacere. Lui la guardava come se volesse mangiarla, a dispetto delle sue dichiarazioni. Rabbrividì sotto quello sguardo famelico. Fred sembrava una tigre pronta a sbranarla. Sentiva quanto si stesse trattenendo, quanto volesse rimanere aggrappato ai suoi principi. Invece di gettarsi su di lei come un animale selvatico, chiuse gli occhi e respirò a fondo. Poi l'attirò sulle sue gambe, ritrovandosi con il volto a pochi centimetri dal suo seno. Hermione stava in ginocchio e dall'alto lo vedeva esitare. Sapeva che lui stava pensando a lei, a quanto le cose stessero procedendo troppo in fretta e non volesse spaventarla, ma non le importava in quel momento. Voleva solo sentire le sue carezze, perdersi nei suoi baci e prendersi tutto il piacere che lui le prometteva. Gli posò una mano sulla guancia e gli trasmise quei pensieri. Lo vide sgranare gli occhi e mordersi un labbro.

“Piccola, dobbiamo andare con calma” non l'aveva mai chiamata a quel modo, ma le piacque immediatamente.

“Perché?” Domandò. A stento riconobbe la sua voce, roca e tremante.

“Ci sono tante cose che possiamo fare prima di quello. Voglio che impari a conoscere il tuo corpo e quello che ti piace” sentì tutta la sorpresa di lei e la confusione.

“Non...non mi vuoi?” Domandò esitante. Fred le afferrò un braccio che aveva iniziato a portarsi al seno per coprirsi.

“Ti desidero da morire, non lo senti?” Lei abbassò lo sguardo sui suoi pantaloni della tuta in tensione e vide l'erezione. Inconsciamente si leccò le labbra, costringendo Fred a trattenere un gemito.

“Allora...perché?” Non lo stava guardando in faccia, continuava a guardare giù, cosa che lo divertiva un mondo.

“Perché è troppo presto. Ci andremo con calma” non sapeva neanche lui da dove gli venisse quella forza di volontà.

“Ma io voglio...” allungò una mano verso il cavallo del suoi pantaloni e lo posò sul suo membro eretto. Fred gemette di piacere, mordendosi le labbra. Quel suono profondo e viscerale si riverberò dentro Hermione, che sorrise. Si sentiva bellissima e potente, una Dea inarrestabile. Mosse lentamente la mano, sentendo la durezza della sua erezione anche al di sopra della stoffa. Fred gettò la testa all'indietro, rinunciando definitivamente alla conversazione razionale che aveva messo in piedi. Lei sorrise, soddisfatta, le piaceva quel potere su di lui. Le reazioni che riusciva a strappargli, solo muovendo la mano sul suo membro, su e giù. Lui però non aveva intenzione di lasciarle fare quello che voleva, l'afferrò per i fianchi e se la tirò in collo, così che la sua erezione fosse a contatto con l'inguine di lei. Hermione gli si aggrappò alle spalle baciandolo e lui si mosse, andandole incontro e sfregandosi. La sentì emettere una specie di singulto strozzato, ma non era ancora abbastanza. C'erano troppi vestiti in mezzo. Una volta sdraiata sotto di lui le sfilò i pantaloncini, gettandoli lontani e ammirandola in biancheria. Non l'aveva mai vista neanche in costume da bagno. Il suo corpo era magro ma forte, snello nei punti giusti e pieno in altri. La curva del suo seno lo faceva impazzire e così l'addome piatto e le lunghe gambe tornite. Voleva riempirla di baci, morderla e leccarla, ma ormai si erano spinti troppo oltre e l'erezione lo faceva impazzire. Gli doleva tutto il corpo per il desiderio di affondare dentro di lei, di farla sua per sempre. Le slacciò il reggiseno, ammirando i suoi capezzoli turgidi e si sbarazzò dei pantaloni, rimanendo con i boxer. La vide chiaramente deglutire nel guardarlo.

“Fred...” pronunciò solo il suo nome, ma fu come se l'avesse spinto oltre il bordo di un baratro. Si stese sopra di lei baciandola e con una mano grande e forte le afferrò un seno. Nessuno l'aveva mai toccata così, nessuno l'aveva mai fatta sentire così. Quando le pizzicò leggermente un capezzolo gemette forte nella sua bocca e lui sorrise. Poi sentì la sua erezione strofinarsi contro le sue mutandine e un diverso piacere le fece formicolare il ventre. Sentiva la testa leggera, ovattata.

“Metti le gambe attorno ai miei fianchi” le disse lui. Hermione obbedì. Avevano ancora le mutande addosso, ma lui era stato chiaro: non avrebbero fatto sesso quel giorno e lei era comunque felice di poter sperimentare. Lo sentì grosso e duro contro la sua intimità, che si strofinava dove era più sensibile, mentre la sua bocca le succhiava un capezzolo. Erano troppe sensazioni, troppo da processare in una volta. Si sentiva bombardata dal piacere, dal suo corpo che rispondeva a quello di lui come uno strumento in mano a un musicista esperto. Inarcò la schiena, quando Fred insinuò una mano nelle sue mutandine. Lunghe ed esperte, le dita trovarono il suo clitoride e lo massaggiarono, senza fermare il movimento dei fianchi o il succhiare della bocca. Hermione sentì il piacere accumularsi, crescere come un'onda e poi, quando lui la morse, esplodere e sommergerla. Gettò la testa indietro, aggrappandosi alle spalle di lui e stringendolo tra le gambe e gemette forte. Fu un suono liberatorio, sorpreso e felice. Qualcosa che Fred accolse con gioia. Era il primo orgasmo nella via di Hermione ed era stato lui a procurarglielo. Con quella consapevolezza e la frizione dei loro corpi, venne copiosamente nelle mutande, crollando come un sacco di patate su di lei, completamente sudato.

 

Note: Ragazzi scusate ma non ho fatto la revisione perchè il ciclo mi sta uccidendo e ho mamma malata (non di covid) quindi sono dovuta andare a fare mille commissioni e badare alla nonna oltre a lavorare! Sto impazzendo e non ho avuto un attimo di tempo...Quindi scusate se ci saranno orrori ortografici e roba varia! Spero comunque che vi piaccia qui si comincia ad andare sullo spinto...non so se ho reso bene la cosa che loro provano il piacere amplificato è un pò un casino....ma ho fatto del mio meglio magari poi migliorerò. Voglio andarci per gradi anche sulla questione sesso quindi ci saranno un sacco di livelli intermedi prima del fattaccio! Non uccidetemi vi voglio bene!

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Capitolo 20
*** Come rompere un letto ***


“Secondo me è una follia bella e buona!” Ripeté Ron per la quindicesima volta. Hermione era stanca delle sue lamentele e soprattutto della sua negatività. Al Ministero non avevano concluso niente. Savage aveva gentilmente ma fermamente fatto capire che era meglio se si concentravano sul riprendersi dalle ferite della guerra. Non volevano il loro aiuto, almeno non sul campo. Chiaramente né Harry né Ron l'avevano presa bene. Loro che avevano salvato il mondo, non una ma svariate volte, loro che avevano sacrificato tutto, loro che più di tutti conoscevano il nemico, venivano ora relegati in panchina come degli adolescenti qualsiasi. A niente erano valse le proteste di Ron o le ragionevoli obiezioni di Harry, Savage non voleva che si esponessero. Era però stato felice di accettare la lista di nominativi che gli avevano fornito e aveva assicurato loro che si sarebbe prodigato per cercare Draco Malfoy.

“Te lo ripeto per la centesima volta. Non possiamo fare altro!” Scandì Hermione massaggiandosi le tempie. Avevano fatto quel discorso tutta la notte, vagliando ogni possibilità. Almeno di non prendere e andare personalmente a bussare a casa dei Mangiamorte, non c'era alcun altro modo in cui potessero intervenire.

“Perché vuoi arrenderti?!” Domandò Ron indignato. Lei fece un sospiro profondo, lanciano un'occhiata al soffitto. Il motivo principale se ne stava al piano di sopra, ancora addormentato che l'aspettava. Aveva così poco tempo da passare con Fred, che le sembrava un delitto trascorrere la notte a fare piani inutili per trovare Draco.

“Non mi sto arrendendo! Ho passato tutto ieri a fare ricerche e tutta la notte con voi a parlare del niente! Ho bisogno di dormire” sbottò irritata. Ron fece per ribattere, ma Harry fu più veloce di lui e lo bloccò alzando una mano. Anche lui aveva profonde occhiaie e ogni tanto lanciava occhiate alla porta, come se volesse fuggire. Hermione sospettava che si sentisse esattamente come lei. Anche il suo tempo con Ginny era contato.

“Adesso basta. Abbiamo solo due alternative: o continuiamo con le ricerche da qui o andiamo a bussare a casa dei Mangiamorte. Votiamo” in realtà di solito cedevano tutti e facevano quello che ordinava lui, ma in quel caso Harry non voleva mettersi al di sopra di loro. Hermione ci pensò un po' sentendosi in colpa. Sapeva cosa avrebbe fatto prima di Fred, era così ovvio, ma ora le cose erano diverse.

“Va bene! Vi odio entrambi! Andiamo a bussare a casa dei Mangiamorte!” Sbottò irritata. Ron fece un gesto di vittoria e Harry le sorrise mesto. Non era una vittoria.

“Prima però ho bisogno di dormire qualche ora e di farmi una doccia” si alzò in piedi, sentendo le articolazioni rigide per il troppo tempo ferma. Harry si stava stiracchiando e Ron cercava qualcosa sotto il letto. Ne estrasse uno zaino mal ridotto, lo stesso che si era portato dietro nei loro giorni da fuggiaschi. Hermione lo guardò storcendo il naso. Non ci teneva minimamente a rivivere quei momenti. Era riuscita a superarli solo grazie a Fred e la sua fragile psiche non poteva sopportare altro.

“Guarda che saremo a casa per cena” gli fece notare lei piccata.

“Non si sa mai quello che potremmo trovarci ad affrontare” fu la replica placida e soddisfatta. Quando Ron si comportava a quel modo le faceva saltare i nervi.

“Vado a parlare con Ginny, se non mi vedete tornare...bè mi avrà già ucciso e fatto sparire il corpo” ridacchiò Harry, anche se dalla piega della bocca non sembrava che fosse uno scherzo. Hermione salì le scale il meno rumorosamente possibile, sentendosi come una ladra. La stanza dei gemelli era in penombra, con le tende tirate, dalle quali filtrava uno spiraglio di sole. Erano solo le sette, ancora presto perché i Signori Weasley si alzassero per andare a lavoro. George non era tornato a casa quel giorno e lei sospettava che fosse colpa della nuova relazione con il gemello. Si fece un appunto mentale di andare a parlare con lui. Non voleva perderlo anche se aveva fatto una scelta. Fred dormiva sbracato sul letto con la bocca aperta. I capelli arruffati erano sparati in ogni direzione e le coperte giacevano abbandonate sul pavimento. Indossava un paio di pantaloncini corti neri e nient'altro oltre alle bende. Ormai erano diventate quasi una precauzione inutile. Le ferite si erano rimarginate e anche se ancora un po' rosse e doloranti, lui si sentiva alla grande. Non era stato facile spiegargli perchè non avrebbero potuto passare la notte insieme e infatti se ne era lamentato talmente tanto che gli aveva dovuto promettere una serata insieme. Fosse dipeso da lei non si sarebbe mossa da quel letto. Dopo l'esperienza orgasmica del pomeriggio precedente, Hermione non era riuscita a togliersi dalla testa l'eccitazione, la scarica di adrenalina e piacere, il baratro di delizie peccaminose che aveva appena iniziato a percorrere. Pensava continuamente ai suoi baci infuocati, ai morsi che l'avevano fatta rabbrividire e all'ondata di piacere che aveva rischiato di sommergerla. Tutti parlavano di sesso, tutti lo praticavano e lei aveva quasi pensato che fosse una cosa sopravvalutata, invece era tutto il contrario. Niente di quello che aveva sentito era neanche lontanamente paragonabile a quello che aveva provato in quel letto. Si fermò accanto a Fred, guardandolo con tenerezza. Dormiva a pancia all'aria con un braccio sugli occhi e uno a penzoloni fuori dal materasso. Con la sua mole prendeva tutto lo spazio a disposizione e russava leggermente. Era bellissimo e rilassato, un angelo finché non si fosse svegliato. Avrebbe voluto rimanere lì a guardarlo tutto il giorno, ma aveva pochissimo tempo utile. Così, cercando di fare meno rumore possibile si arrampicò sul letto, mettendosi a cavalcioni sopra di lui ma senza toccarlo. Lentamente, tenendosi i capelli iniziò a percorrere ogni centimetro disponibile del suo volto con le labbra. Solo uno sfiorare lievissimo. Fred non si mosse neanche. Un po' delusa e un po' divertita, iniziò a spostarsi sul collo, poi giù lungo la clavicola, passando per lo sterno. Le fasciature la ostacolarono, così passò direttamente all'addome piatto. Le sue labbra trovarono l'ombelico tondo gli scalini degli addominali che in quella posizione non erano che cunette dolci e arrivò fino all'orlo del pantaloncini. Lui non cambiò mai posizione e il respiro rimase lento e profondo. Com'era possibile che non sentisse? Un po' contrariata da quella sua immobilità, Hermione iniziò a dargli dei piccoli morsi. Dove prima le sue labbra avevano solo sfiorato, ora i suoi denti esigevano di più. Lo sentì rabbrividire quando gli mordicchiò la pelle sensibile dietro all'orecchio e sorrise trionfante, ma lui non si mosse. Almeno non coscientemente. Invece il suo corpo doveva aver capito meglio della sua testa quello che stava succedendo, perché il rigonfiamento nei suoi pantaloncini iniziò a crescere. Le venne da ridere. Fred era incorreggibile. Anche nel sonno era già pronto per le porcate. Presa dalla curiosità andò in esplorazione. Il giorno prima l'aveva toccato sopra i vestiti e poi lui aveva preso il comando della situazione, cosa di cui gli era assolutamente grata. Non avrebbe saputo che cosa fare o come comportarsi e non aveva il coraggio di chiedere se avessero un libro che spiegasse nei dettagli la faccenda. Alla sola idea si sentì arrossire. Però sarebbe stato utile, basarsi solo sull'istinto e su quello che si sentiva dire in giro, non era proprio il massimo. Lei voleva imparare a dargli piacere, a conoscere i loro corpi e capire come potessero fondersi insieme. In realtà pensandoci, il maestro adatto l'aveva proprio davanti. Fred aveva moltissima esperienza in quel campo e non si vergognava certo quando parlava di sesso. Ma avrebbe fatto la figura della scema a chiedergli di insegnarle?

“Pensavo che mi avessi svegliato per un motivo, invece ti sei incantata” la voce roca di Fred la fece sobbalzare. Lui aveva gli occhi aperti e un sorrisetto divertito sulle labbra.

“Oh ehm...io...cavolo” balbettò, cercando di guadagnare una posizione meno scomoda.

“Io ehm cavolo....complimenti, e io che pensavo di essermi messa con una sveglia” la prese in girò alzandosi a sedere. Si stiracchiò attentamente saggiando la mobilità delle sue ferite e sembrò soddisfatto.

“Non pensavo che fossi sveglio” lo accusò un po' contrariata.

“Nell'istante in cui mi hai toccato mi sono svegliato, ma volevo vedere dove andava a finire la cosa” scrollò le spalle.

“Scusa mi sono distratta” si giustificò. Lui fece una faccia comica, a metà tra l'incredulo e il rassegnato.

“Non ti puoi distrarre mentre cerchi di svegliare qualcuno sensualmente” le fece notare ridendo.

“Hai ragione, tanto più che abbiamo poco tempo oggi” gli occhi di Fred si adombrarono.

“Come sarebbe?!” Sbottò completamente dimentico del tono leggero di poco prima.

“Devo andare in missione con Harry e Ron a casa di alcuni ex compagni di classe di Malfoy” spiegò, rammaricata. Sapeva che non l'avrebbe presa affatto bene.

“Vengo con voi” dichiarò sicuro. Hermione ne fu sorpresa e inorridita al tempo stesso. Non voleva che si facesse del male.

“Non se ne parla neanche!” esclamò gesticolando.

“Allora non andrai neanche tu” le afferrò i polsi per ribadire il concetto.

“Fred devo andare. Credimi non mi fa piacere ma non posso tirarmi indietro”

“Infatti non ti ho detto di non andare, ho solo detto che vengo anche io. Non ti lascio in pericolo con quei due mentre io sono confinato in questa stanza” il suo tono deciso la fece sorridere.

“Va bene, non credo che uno in più o meno faccia differenza. È solo una missione esplorativa”

“Anche se fosse una missione offensiva verrei con te. Non puoi trattarmi come se fossi un bambino” l'avvertì con una punta di risentimento nella voce.

“Ma non lo faccio! Mi preoccupo solo per te!” esclamò Hermione, inorridita all'idea.

“Anche io, ma non ti impedisco di fare niente. Quindi, visto che ci siamo chiariamo una cosa: sono in grado di badare a me stesso anche se mi hai salvato la vita” per qualche assurda ragione lui sembrava arrabbiato. Quella che era iniziata come una conversazione piacevole era degenerata nell'assurdo.

“Ma...Oh uffa! Non voglio che tu stia a casa perchè penso che tu non sia in grado di difenderti, ma perchè ho paura di non essere in grado di pensare ad altro che a te in una situazione di pericolo. Non posso distrarmi e tu...tu sei una fonte costante di distrazione” spiegò lei frustrata. Sapeva perfettamente che lui era in grado di difendersi e il fatto che in quel momento fosse ferito non significava che non lo fosse. Aveva semplicemente tentato di salvare sua sorella. Fred era un altruista e non avrebbe mai esitato nel gettarsi davanti ad un incantesimo mortale per salvare un altro. Era proprio quello che spaventava Hermione a morte. La sola idea di poterlo perdere, magari perchè aveva salvato lei o Ron o Harry, le faceva venire la nausea. L'espressione scettica di Fred la fece quasi perdere la pazienza.

“Te lo giuro! Non penso che tu abbia bisogno di protezione...ma non credo che...non penso che potrei sopravvivere se ti succedesse qualcosa” improvvisamente le scene della Battagli di Hogwarts la colpirono. Rivide il masso che precipitava verso di lui, la certezza che l'avrebbe colpito e che non sarebbe sopravvissuto. Sentì il panico invaderle nuovamente le vene e il bisogno atavico di agire, di salvarlo, perchè ne era certa ora come allora, non avrebbe potuto sopravvivere alla sua morte.

“Hey, non piangere! Sono vivo, sto bene e non mi accadrà niente” non si era accorta che le lacrime avevano preso a scorrere sul suo volto, non si era neanche accorta che lui le si era avvicinato. Ma quando la strinse a sé tutte le preoccupazione se ne andarono. Attraverso il loro legame le arrivarono immagini di pace e serenità e per farla ridere lui le mostrò come sarebbero stati da vecchi, curvi ma ancora stranamente giovanili a dondolarsi in veranda circondati da nipoti e figli dai capelli rossi.

“Scusa sono un po' emotiva oggi” biascicò tirando su col naso. Fred le diede un dolcissimo bacio sulla testa e la trascinò sul suo petto quando si sdraiò. Era confortante stare così con lui, sentirsi protetta dalle sue braccia forti, ascoltare il battito regolare del suo cuore. Rimasero un po' in silenzio, tanto che Hermione pensò che lui si fosse nuovamente addormentato.

“Hai presente come ti sei sentita poco fa ripensando alla notte in cui sono quasi morto? Io mi sento così al pensiero che tu ti metta in pericolo senza di me. Quindi promettimi che andremo insieme” le disse. Hermione ci pensò un momento, riflettendo sulle sue parole.

“D'accordo. Ma mi devi promettere di non fare sciocchezze” si raccomandò, cercando di guardarlo in viso. Fred annuì secco, ma poi le regalò un meraviglioso sorriso.

“Ma come siamo bravi a gestire tutto?!” Ridacchiò.

“Scemo, tutto cosa? Stiamo insieme da due giorni!” Lo prese in giro.

“Pensa quante cose accadono in così poco tempo!” C'era qualcosa che le stava sfuggendo.

“Di che parli?”

“Oh niente è una sorpresa, anzi forse due sorprese” fece con l'espressione vaga e misteriosa che gli riusciva benissimo.

“Sorpresa?!” Esclamò Hermione improvvisamente esaltata.

“Alt non puoi ancora sapere niente!” Cercò di arginare il suo entusiasmo, ma lei cominciò a saltellare sul letto come una bambina.

“Dimmelo, dimmelo, dimmelo, dimmelo, dimmelo!” Ripeteva ad ogni saltello. Divertito Fred la imitò cercando di mantenere l'equilibrio e di non piombarle addosso.

“No che non te lo dico” cantilenava ridendo. Quando ad un tratto si sentì un sonoro Crack! Il letto cedette, catapultando per terra i due ragazzi. Ci fu un tonfo sordo e una serie di imprecazioni. Hermione si trovò sdraiata faccia avanti, col braccio di Fred che aveva tentato di attutire la cadura, per altro con pochi risultati.

“Che sta succedendo?!” La Signora Weasley spalancò la porta di camera, trovando i due ragazzi aggrovigliati sul pavimento e il letto sfondato.

“Ehm abbiamo rotto il letto” fece Fred con la sua migliore aria innocentina stampata in faccia. Si tirò su districandosi dai capelli di Hermione.

“Come è possibile?! Quel letto era di quercia!” esclamò lei arrabbiata.

“Uhm...mi crederesti se ti dicessi che stavamo saltandoci sopra?” Tentò lui. Sua madre lanciò un'occhiata al suo torace nudo, e alla faccia colpevole di Hermione, rischiando di farsi venire un colpo.

“Voi due...so che alla vostra età...oh insomma niente cose sconce sotto il mio tetto, vi avverto!” Sbottò, decidendo che era meglio lasciar perdere.

“E riparate immediatamente quel letto!” urlò scendendo le scale più rumorosamente possibile. Fred e Hermione scoppiarono a ridere.

“Povera mamma, sta perdendo colpi” commentò lui sistemando tutto il disastro con un colpo di bacchetta.

“Era palesemente in imbarazzo” Hermione era dispiaciuta. Non voleva metterla in difficoltà.

“Per una volta che mi stavo comportando bene” bofonchiò contrariato.

“Possiamo sempre recuperare” gli lanciò uno sguardo sornione e Fred colse subito il messaggio. Senza pensarci due volte si avventò contro le sue labbra. Fu un bacio passionale, ma anche in un certo senso divertente. Fred la mordicchiò e le strofinò il naso contro il collo, soffiando contro la pelle calda. Hermione gli si premette contro per aderire meglio al suo corpo e lui l'afferrò per le cosce issandola alla sua altezza, per poi lasciarla cadere di schianto sul letto. Hermione rise, sento scricchiolare la struttura appena sistemata.

“Adesso ti faccio vedere il modo corretto per distruggere un letto” esordì lui, ammiccando. Lei recuperò la sua bacchetta e si premurò di fare gli incantesimi per tenere tutti alla larga. Non voleva replicare l'esperienza con Ginny, soprattutto dopo che la Signora Weasley era stata chiara sui limiti da tenere sotto il suo tetto. Si sarebbe anche potuta sentire in colpa, se Fred non avesse cominciato a guardarla in quel modo particolare. C'era un momento tra quando si baciavano e quando la cosa si faceva più seria in cui i suoi occhi si scurivano, diventando più intensi, carichi di desiderio e promesse. Le sarebbe piaciuto capire se anche i suoi lo facevano.

“Tua madre ci ucciderà” commentò con una risatina.

“Piccola, quando siamo in intimità non nominare mai mia madre o potrei avere problemi di concentrazione” la prese in giro. Hermione rimase un attimo senza parole, valutando se ridere o disperarsi. Lui non le diede il tempo di fare niente di tutto quello, in un lampo si sfilò i pantaloncini rimanendo con i boxer. Aveva già notato quanto gli donassero. Così aderenti che lasciavano ben poco all'immaginazione. La sua pelle abbronzata riluceva in quella penombra. Hermione si sorprese a pensare che sarebbe potuta rimanere ad ammirarlo per sempre.

“Non ti stai concentrando” la riprese lui.

“Scusa, in realtà pensavo a quanto sei sexy” in bocca a lei quella parola sembrava un po' fuori luogo, quasi estranea.

“Voglio provare una cosa” rifletté lui. Si chinò a baciarla e una serie di immagini balenò nella mente di Hermione. Era lei, ma vista con gli occhi di Fred. Sembrava diversa. Lui notava cose che non si sarebbe mai sognata di immaginare. Si vide più seducente, più donna e meno ragazzina. Fred sembrava cogliere ogni dettaglio di lei, come la curva delle labbra quando era di profilo, o l'ombra che le sue ciglia proiettavano sugli zigomi alti. Il colore dei suoi occhi colpiti dal sole, l'inclinarsi della testa in modo pensieroso. Era tutto lì, amplificato dall'amore e dal desiderio. Hermione si staccò da lui emozionata.

“Oh” fece rimanendo sconvolta.

“Sì, credo che oh sia la parola adatta per descriverti” sussurrò lui strofinando il naso contro il suo.

“Mi vedi così?” Domandò, scacciando gli ultimi rimasugli delle sue emozioni.

“Anche meglio, quando sei nuda” replicò ammiccando. Le sfilò la maglia godendosi ogni brandello di pelle scoperta. Qualche giorno prima lei non era sua e solo la sua immaginazione aveva potuto provare a indovinare quanto lei fosse perfetta e desiderabile. Doveva ammettere che la realtà era meglio di tutto quello a cui il suo stupido cervello umano aveva potuto pensare. La baciò lentamente, fingendo di non avere furia di averla completamente nuda. L'accarezzò come se avesse tutto il tempo del mondo. E lasciò che lei sentisse ogni cosa. Lasciò che i muri che ergeva ogni giorno si dissolvessero mentre faceva scorrere le mani sulla pelle del suo stomaco, giù lungo la pancia, fino ad arrivare ai pantaloncini, ben misero ostacolo per lui. La volta prima le aveva lasciato le mutandine addosso, adesso, quelle vennero via con facilità. Era talmente bella che gli mancò il fiato, rimirandola. Hermione fece per coprirsi davanti ai suoi occhi indagatori, ma lui le inviò meraviglia e stupore, assoluta venerazione per il suo corpo e lei si distese. Gli sorrise con le ciglia abbassate, timidamente, per poi gettagli le braccia al collo e baciarlo con trasporto. Fred sorrise sentendo quanto lei si nascondesse dietro quel gesto, quanto avesse paura e allo stesso tempo fremesse di scoprire quello che veniva dopo. Era un connubio di innocenza e peccaminosa aspettativa.

“Piano, non correre” le sussurrò quando cercò di infilargli una mano nelle mutande. Non voleva affrettare i tempi, voleva godersela. La fece stendere sul letto, troppo stretto per loro due e iniziò a cospargere ogni centimetro di pelle di baci. Partì dalla fronte, passando per le palpebre, la punta del naso e le labbra, dove indugiò a lungo, le orecchie, il collo, le clavicole, i seni pieni, i capezzoli eretti. Hermione emise un verso strozzato quando lui ne prese uno in bocca succhiandolo e facendoci passare i denti con attenzione. Sentì l'ondata di piacere che la sommergeva e per poco non perse il controllo sui suoi appetiti. Si era ripromesso di farle esplorare il mondo del sesso con calma e non poteva mandare tutto in rovina. Lei ansimava e gli teneva le mani tra i capelli, incoraggiandolo a proseguire. Sorrise, meravigliato di quanto potesse diventare languida ed esigente in quelle circostanze. Scese lentamente pungo la sua pancia, trovando il punto di svolta che era l'ombelico e lo circumnavigò, rallegrandosi di quanto lei sembrasse sconvolta. Superato quello, Hermione gli tirò i capelli per fargli alzare la testa. I suoi occhi erano scuriti dal desiderio le labbra erano gonfie di baci. Non ricordava di averla mai vista così bella e sensuale.

“Che fai?” ansimò. Lui non rispose, si limitò a inviarle una nitida visione di lui che affondava tra le sue gambe con la bocca. L'espressione incredula e scandalizzata di lei lo fece ridacchiare.

“Non...Oh!” lui le diede un morso nell'interno coscia e lei sospirò. Una cosa l'aveva capita bene, non le dispiacevano i morsetti. Istintivamente lei chiuse le gambe e lui dovette ricominciare a baciarla per farla sciogliere.

“Smettila di pensare che è una cosa strana. Ti prometto che ti piacerà” bofonchiò lui. Senza attendere che lei potesse processare quelle parole fece scivolare le sue dita verso la sua intimità, continuando a baciarla in continuazione. Trovò il punto in cui era più sensibile e con dita esperte la torturò, facendole emettere dei gemiti gutturali che gli si riverberarono lungo la spina dorsale, rischiando di precipitarlo oltre l'orlo del baratro. Farle quelle cose era quasi come farle a se stesso, ogni morso, ogni bacio, ogni carezza, era amplificato da lei e tutte quelle sensazioni gli si riversavano addosso come una cascata. Sentì che era vicina all'orgasmo e smise di toccarla. Beccandosi un insulto mentale. Senza lasciarle il tempo di registrare quello che stava facendo, sostituì la sua bocca alle mani. Le diede una leccatina rapida e lei tremò sotto di lui. Allora, incoraggiato da quella reazione, applicò le labbra al clitoride e succhiò.

“Fred!” Esclamò lei, stringendogli le cosce attorno alla testa. Lui ridacchiò soddisfatto e continuò a leccare e suggere. Hermione si lasciò andare sulle coperte, artigliando il lenzuolo e contorcendosi sotto di lui. Sentiva che l'orgasmo stava tornando, diverso dalla prima volta, più violento, più veloce. Fred muoveva la bocca su di lei e quando sentì che era vicina al limite, introdusse un dito dentro di lei. Era la prima volta che lo faceva e sentì quanto era stretta e calda, pronta ad accoglierlo se avesse voluto. Dovette farsi violenza da solo per non liberarsi dei boxer e affondare dentro di lei. Tremò con lei sentendola gemere, assaporando il suo piacere. Mosse il dito dentro e fuori lentamente, ma non sembrava abbastanza, lei pensava che non lo fosse. Accelerò il ritmo e succhiò più forte. Hermione gemette più forte e si inarcò contro di lui. Squassata da un orgasmo profondo, sfibrante. Non la lasciò andare continuò a darle dei colpetti con la lingua per far continuare il piacere, protraendolo ancora un po'.

“Fred!” Fu una specie di preghiera, un'invocazione gutturale, primordiale, liberatoria. Hermione crollò esausta, svuotata di ogni cosa. C'era posto solo per un languore soddisfatto un torpore piacevole che si propagava nei suoi muscoli e attraverso il ventre. Si ricordò che doveva respirare per sopravvivere e sbattere le palpebre. Lentamente ritornò la sensazione delle lenzuola sotto di lei, del caldo, del peso di Fred che la fissava sollevato sulle braccia, con quello sguardo tipicamente maschile di orgoglio.

“Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto” commentò con voce roca, graffiante.

“Mi hai quasi uccisa” balbettò lei, riprendendo la facoltà di linguaggio.

“Vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro”

“Adesso capisco perchè i francesi chiamano l'orgasmo la piccola morte” lui la guardò incuriosito. Anche di argomenti di cui era assolutamente digiuna, aveva ovviamente una conoscenza teorica niente male.

“Lascia perdere. Inutili digressioni del mio cervello ancora sotto shock. Ora vieni qui, credo che anche tu abbia bisogno di qualche attenzione” stava fissando la sua erezione. Le piaceva che lui si dedicasse a lei a quel modo, pieno di premura. Era così generoso! Eppure anche lei voleva fare qualcosa per lui. Voleva toccarlo, vederlo perdere il controllo a causa sua.

“Eh? No non preoccuparti, sto bene” fece lui stendendosi accanto a lei. In quel lettino ci stavano precisi, se si fossero girati uno dei due sarebbe caduto di sotto.

“Guarda che io voglio toccarti. Voglio imparare a darti piacere” si alzò per dirlo, in modo che lui potesse vederla in faccia e vedere quanto era seria. Fred la scrutò e poi fece quel suo mezzo sorriso birbante che la faceva impazzire.

“Sentiamo, cosa vorresti fare di me?” Domandò allungando le braccia dietro la schiena per afferrare la testiera del letto. In quella posizione il suo corpo sembrava ancor più muscoloso. I bicipiti spiccavano e persino gli addominali spuntavano come quadratini invitanti da sotto la pelle dorata. Hermione sentì la bocca seccarsi. Quella mattinata era iniziata quasi così, con lei che lo aveva in sua balia e non riusciva a decidere cosa fare.

“Non lo so” confessò in un sussurro. Il sorriso di Fred si fece ancora più marcato, come se si fosse aspettato quella risposta.

“Potresti iniziare col baciarmi” suggerì lui. Stava a stento trattenendo le risate. Gli piaceva vedere Hermione così indecisa, mettersi nelle sue mani. Era la prima volta che era più bravo di lei in qualcosa e quasi gli dispiaceva che presto, non avrebbe avuto più niente da insegnarle. Era un'allieva eccellente. Quando montò sul letto, mettendosi a cavalcioni del suo addome, percepì il divertimento provenire da lui e inarcò un sopracciglio.

“Vedo che la cosa ti diverte” commentò con appena una punta di acidità.

“Moltissimo. Osservare il tuo processo di apprendimento sarà una gioia” ironizzò lui muovendo le sopracciglia rosse.

“Oh non ne dubito!” gli fece la linguaccia, divertita. Fred riusciva sempre a metterla a suo agio anche se faceva l'idiota.

“Allora muoviti, da quello che ho capito dobbiamo uscire a salvare il mondo prima di pranzo e vorrei farlo con almeno uno dei miei appetiti soddisfatto” ammiccò e lei gli diede un buffetto sulla spalla.

“Potrei anche decidere di lasciarti a bocca asciutta” insinuò Hermione assottigliando gli occhi.

“Hey così è sleale! Non puoi illudermi e poi fregarmi”

“Stavo scherzando!” Esclamò ridendo, per poi chinarsi a dargli un bacetto stampo. Lui fece una smorfia contrariata quando lei si ritrasse, ma non lasciò andare la testiera del letto, deciso fino all'ultimo a lasciarle libertà d'azione. Voleva che Hermione si sentisse libera di fare di lui quello che voleva, di sperimentare a piacimento. E lei lo fece. Con la punta del suo indice bianco e delicato, percorse il profilo del suo naso, scendendo sulle labbra piene che lui dischiude per morderle il polpastrello. Anche quando decideva di lasciarle il controllo non era in grado di non fare lo scemo. Lei gli fece un sorriso dolce e proseguì, scendendo lungo la gola, sfiorando appena le fasciature, per poi spostarsi e continuare lungo la linea dell'addome. S'infilò nell'ombelico e lui fece un sobbalzo. La risatina divertita di lei gli fece venire voglia di mollare le sbarre e torturarla col solletico fino a farle implorare pietà. Eppure rimase immobile, perché quel dito così piccolo e birichino, gli stava accarezzando la pelle vicino all'elastico dei boxer. L'espressione di Hermione era un misto tra curiosità e insicurezza. Sembrava soppesare le alternative. Poi improvvisamente, sembrò prendere una decisione. Smettendo di torturarlo, afferrò il bordo dei boxer e lo strattonò. Fred inarcò la schiena, aiutandola a sfilarle. Per la prima volta rimase nudo davanti a lei, chiedendosi se la realtà fosse all'altezza delle sue aspettative. Hermione lo stava fissando immobile, con gli occhi spalancati e il labbro inferiore imprigionato tra i denti candidi. C'era elettricità nell'aria, una tensione palpabile. Spezzarla non sembrava una buona idea, ma rimanere calmo sotto quello sguardo, non si stava rivelando affatto facile.

“Quel coso non entrerà mai dentro di me” sbottò alla fine lei, guardandolo preoccupata. Fred scoppiò a ridere fragorosamente. Di tutte le cose che si sarebbe aspettato da lei, quella era proprio l'ultima. Mollò le sbarre e cominciò a sganasciarsi, incapace di trattenersi.

“Non sto scherzando! Come pensi che possa...” lui la interruppe prendendole le guance a coppa tra le mani. Stava ancora sghignazzando.

“Piccola io ti adoro! Credo che sia il complimento più bello che una donna mi abbia mai fatto”

“Sei un cretino! Fred dico sul serio”

“Lo so, ma ti rivelo un segreto. Con un po' di allenamento potresti arrivare a prendere cose molto più grosse del mio...” Hermione si divincolò assestandogli una sberla sulla testa. Lui rise ancora. Gli occhi scintillanti di allegria e le guance arrossate gli donavano un aspetto ancora più affascinante.

“Proprio di un idiota dovevo innamorarmi” sospirò Hermione rassegnata. Tutta la preoccupazione era svanita davanti al buon umore di lui. Era contagioso.

“Io sono il Re degli idioti, ricordatelo sempre” l'ammonì lui. Hermione sbuffò dandogli una piccola spinta per farlo ricadere al suo posto. Fred l'assecondò crollando come un sacco di patate sui cuscini. La vide prendere un bel respiro e allungare la mano. Titubante avvolse le dita attorno all'asta dura, stupendosi di quanto fosse morbida la pelle, nonostante la rigidità e le piccole venuzze che si intravedevano. Il respiro di lui iniziò ad accelerare. La guardava con gli occhi sgranati, al cui interno l'iride era quasi scomparso, sopraffatto dalla pupilla dilatata. Incoraggiata da quella reazione, mosse la mano su e giù, lentamente, cercando di non stringere troppo.

“Non aver paura di farmi male” sussurrò lui con voce roca. Tutta l'allegria di poco prima era stata spazzata via da qualche carezza. Hermione annuì e iniziò a muovere la mano più velocemente. Su e giù. Fred gemette forte inclinando la testa all'indietro e afferrando le sbarre più saldamente. Era incredibile guardarlo contorcersi e affannarsi.

“Allenta la barriera, voglio sentire” lui drizzò la testa, sorpreso da quella richiesta. Si stava concentrando con tutto se stesso per non venire subito. Aveva desiderato quel piacere da molto tempo, forse da quando erano ragazzi, da quando aveva capito che Hermione non era più una bambina. Con estrema cautela allentò le barriere che lo isolavano da lei. Non voleva travolgerla con tutte le sensazioni che stava provando, col tumulto irrefrenabile della sua passione. Eppure lei si aggrappò a quel filo di piacere teso tra loro due e spinse. Se il suo godimento era stato come una marea montante, quello di Fred assomigliava più ad elettricità pura. Sentì il corpo fremere, le viscere annodate in una morsa deliziosa. Percepì il bisogno che lui aveva di venire e aumentò la velocità della frizione sul suo membro. Gemettero insieme, come se fossero diventati un'unica entità. Hermione perse l'appiglio su se stessa. Non capiva bene dove iniziasse il suo corpo e finisse quello di Fred. Poi nella mente le balenò un'immagine nitidissima, che non capì se arrivava dal suo cervello o da quello di lui, ma le sembrò la cosa migliore da fare. Come in un sogno si vide chinarsi in avanti e prendere in bocca la punta del pene. Succhiò appena, continuando a fare su e giù con la mano. L'elettricità s'intensificò, la percorse dalla testa ai piedi, concentrandosi nel suo bacino. Sentì il sangue ardere nelle vene e i pensieri azzerarsi. Gridarono insieme, lui gonfiando i muscoli delle braccia, nel tentativo di non afferrarla, lei ritraendosi e contorcendosi dal piacere. Quando smise di toccarlo, passò anche la sensazione orgasmica. Si trovò sul pavimento, sudata fradicia col respiro corto. Aveva dolci spasmi nelle membra e si sentiva totalmente rilassata.

“Cazzo, stai bene?!” La voce preoccupata di Fred la strappò dal suo torpore. Aprì un occhio e vedendolo scapigliato e sconvolto le venne da ridere.

“Credo di essere venuta” ridacchiò. Lui batté le palpebre un po' confuso.

“Non ti ho neanche toccata” fece ottusamente.

“Io sì però. Attraverso di te io...non lo so è stato come se quello che facevo a te lo facessi a me stessa” ansimò, sdraiandosi nuda sulla schiena. Il pavimento fresco fu un sollievo nella calura. Vide che lui iniziava a comprendere.

“Cazzo! Hermione devi stare attenta. Non puoi forzare così il legame è pericoloso” lei sbuffò. Non le sembrava affatto una cosa da evitare se la faceva stare bene.

“Dovremmo provare al contrario” rifletté ammiccando.

“No! Se è più potente di quello che ho provato prima...non sono sicuro che riuscirei a resistere” scosse la testa rossa, come se la sola idea lo terrorizzasse.

“Sei un fifone” commentò Hermione accettando la mano che lui le tendeva.

“Sono solo preoccupato che questa cosa possa degenerare” sbuffò lui, prendendo la bacchetta e sistemando il disastro che avevano combinato.

“Fred, questa cosa è già degenerata. Almeno godiamoci il lato positivo” gli stampò un bacio sulla bocca e recuperò i vestiti.

“Chi sei tu e che ne hai fatto di Hermione?!” Esclamò tra il perplesso e il divertito.

“Andiamo a farci una doccia?” Domandò lei ammiccando.

“Non ci penso neanche. Sei una maniaca sessuale!” Finse pudore, facendola ridere. Lei s'infilò il pigiama alla velocità della luce e annullò gli incantesimi sulla porta, poi afferrò la maniglia e sculettò invitande.

“Ci perdi solo tu” gli fece l'occhiolino e poi uscì, lasciandolo in mezzo alla stanza ancora nudo, con in mano la bacchetta, a chiedersi se non cominciasse a presentare dei tratti tipici suoi e di George. La sola idea di un mix tra Hermione e loro due, lo faceva rabbrividire di paura. Da qualche parte tra le mura di Hogwarts anche Minerva McGranitt rabbrividiva, nel suo ufficio, chiedendosi se non fosse un presagio nefasto.

 

Note: Salve a tutti. Allora vi comunico che ho finito i capitoli di riserva per questa storia, perchè ho l'impressione che non piaccia molto e quindi mi è presa male scriverla e mi sto concentrando sull'altra. Quindi il nostro solito appuntamento del mercoledì non so se verrà rispettato. Magari metterò un capitolo ogni tanto. Non so devo ancora decidere

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Capitolo 21
*** In missione ***


“Lui che ci fa qui?” Sbottò Ron vedendo scendere Hermione e Fred, tutti ridacchianti e odiosamente felici per le scale.

“Buongiorno anche a te, fratellino” commentò lui divertito dalla rabbia del minore.

“Viene con noi. Uno in più non ci farà male” Hermione liquidò la faccenda con un gesto della mano. Avevano fatto fatica a uscire dalla doccia perchè il sapone e l'acqua calda rendevano tutto più interessante. Vestirsi poi era parsa un'impresa, ma alla fine si erano presentati in tempo. Hermione indossava dei jeans a vita alta in cui aveva infilato una camicetta a maniche corte azzurro cielo, morbida e di un tessuto che ricordava la seta. Si era legata i capelli in una coda alta e profumava di vaniglia e fiori freschi. Fred aveva i capelli ancora bagnati di un rosso più scuro rispetto al solito. Indossava una maglietta a maniche corte bianca e un paio di jeans strappati chiari. Non riusciva a smettere di guardare Hermione con quello sguardo tipico di possesso di un uomo innamorato. Erano semplicemente disgustosi da vedere.

“Scusate il ritardo” annunciò Harry sbadigliando. Aveva la faccia stanca di uno che non è riuscito a chiudere occhio e i suoi capelli solitamente scompigliati, sembravano essere stati pettinati con i petardi. Dietro di lui sbucò Ginny, tutta allegra. Si era vestita con un paio di pantaloncini corti e una canottiera bianca su cui aveva messo una camicia a quadri verdi di Harry. I capelli rossi erano legati in una lunga treccia e al polso aveva un braccialetto d'argento con un boccino d'oro al centro.

“Oh no anche lei no!” Si lamentò Ron vedendo la sorella.

“Lo sapevo che ci saresti stato anche tu” Ginny strizzò l'occhio a Fred, complici.

“Non ci penso neanche a rimanere a casa”

“Voi due farete solo casino” si lamentò Ron.

“Qui l'unico che fa casino sei tu Ronald” lo rimbeccò Ginny, contrariata.

“Siamo troppi, perchè non rimanete a casa?”

“Perchè non ci rimani tu?” Era una lotta persa con la sorella.

“Lo dico per il tuo bene” cambiò tattica lui.

“Certo, anche io. Bastiamo io e Fred ad aiutare questi due, tu non servi” Ginevra aveva il tono polemico di chi non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. Harry vide che Ron era pronto a ribattere e sapeva che la discussione sarebbe andata avanti all'infinito.

“Ora basta. Siamo una squadra e più siamo meglio è” il suo tono era quello del capo e come tale venne riconosciuto subito. Sia Ron che Ginny tacquero e annuirono alle sue parole. Fred fece l'occhiolino a Hermione prendendola per mano per trasmetterle tutto il suo divertimento misto ad ammirazione per l'amico.

“Ci divideremo in due squadre. Io, Ron e Hermione andremo avanti, mentre voi due controllerete le uscite posteriori delle abitazioni, impedendo la fuga a chiunque ci provi. Sono stato chiaro?” Domandò squadrandoli tutti con i suoi occhi verdi sfavillanti. Hermione gli sorrise incoraggiante. Sapeva che aveva diviso le squadre per tenere Fred e Ginny al sicuro e allo stesso tempo fare in modo che Ron non si sentisse escluso. Tutti fecero cenni d'assenso. Benchè Ginevra fosse un'attaccabrighe sapeva quando era il momento di accettare una sconfitta. Harry le aveva promesso di portarla, ma non di metterla sulla linea di fuoco. Era improbabile che qualcuno fuggisse. La loro non era un'azione offensiva. Stavano semplicemente indagando al posto del Ministero.

“Da dove partiamo?” Questa volta si rivolse a Hermione. Era lei il cervello dell'operazione.

“Abbiamo due posti più probabili da pattugliare. Il primo è una vecchissima tenuta dei Black in Scozia. È andata alla madre di Tonks, ma lei e Narcissa sono sorelle quindi potrebbero nascondersi lì. O almeno potrebbe averlo fatto Draco. La tenuta non è troppo distante da Hogwarts, quindi ho pensato che se lui volesse tornare a scuola, quello sarebbe il posto perfetto per rintanarsi” spiegò.

“Allora ci Smaterializziamo a Hogsmead e prendiamo le scope per fare il resto del tragitto” concluse Harry, appellando la sua Firebolt con un colpo di bacchetta. Tutti gli altri lo imitarono e Fred sembrava così felice che Hermione si chiese in che guaio si fosse cacciata portandolo con sé.

 

Hogsmead era esattamente come la ricordavano. Piccola, caratteristica e piena di vita. Le attività che erano state sul punto di fallire a causa dei Carrow e più di Voldemort in generale, ora fiorivano in ogni dove. C'erano streghe e maghi che sostavano fuori dai locali, bevendosi una rinfrescante burrobirra o gustando un ghiacciolo sempre freddo di Mielandia. Zonko aveva esposto dei cartelloni arancioni in vetrina che promuovevano una nuvoletta portatile che ti nevicava in testa tutto il tempo. Fred, affascinato fece inconsciamente un passo in quella direzione, ma Hermione lo frenò tenendolo per la manica.

“Non è il momento. Siamo qui per altre cose” lo redarguì. Lui scrollò le spalle come se non gli importasse troppo, ma i suoi occhi continuavano a dardeggiare in direzione del negozio di scherzi. Erano in trattativa per acquistarlo, ma il proprietario teneva duro, intestardendosi sul prezzo. Se fossero riusciti a trovare un accordo, per i gemelli sarebbe stata la svolta del secolo. Non solo avrebbero fatto affari d'oro con gli studenti, ma i brevetti per le invenzioni di Zonko sarebbero stati acquisiti dai Tiri Vispi, ampliando il loro mercato a dismisura.

“Voleremo vicini e cerchiamo di tenere gli occhi aperti. I Mangiamorte potrebbero avere occhi e orecchie ovunque. Fred, tu porti Hermione?” Domandò Harry, anche se sapeva già la risposta.

“Certo, capo!” Gli fece il saluto militare, facendo ridere tutti e arrossire Harry. Era così abituato a prendere il controllo della situazione, che a volte risultava un po' troppo capetto.

“Niente deviazioni dalla traiettoria. Non vogliamo perderci” li ammonì, ma guardava soprattutto Fred, che tutto allegro faceva finta di niente. Quando tutti furono pronti lei si trovò in aria a stringersi convulsamente alla vita di Fred, che era schizzato in alto senza neanche darle il tempo di abituarsi all'idea. Volare non le dispiaceva poi troppo, o almeno non le dispiaceva più dopo aver cavalcato un drago. La scopa, sembrava molto più sicura ed era piacevole stare appiccicata come un koala alla schiena di Fred. Sentiva la sua gioia nell'essere in aria, la sensazione di libertà che quello gli dava e si tranquillizzò. Anche se di normale il suo stomaco faceva le capriole di protesta, starsene con Fred e condividere le sue emozioni, riusciva a tranquillizzarla al punto che si godette il viaggio. Sorvolarono le brulle valli della Scozia, beandosi dell'aria fresca e dei paesaggi selvaggi. C'erano fiumi e fossi ovunque, piccoli laghi e colline verdeggianti a perdita d'occhio. Hermione era sempre stata innamorata di quel paesaggio, forse perchè era collegato alla scuola, forse semplicemente per la tranquillità e immutabilità delle brulle colline. Avrebbe voluto il tempo di girare ogni paesino che stavano sorvolando ad altezza vertiginosa, in modo che gli abitanti non li scorgessero. Un giorno, magari non troppo lontano, si promise, lascerò perdere doveri e responsabilità e mi concederò una lunga vacanza. Magari con Fred al suo fianco. Le sarebbe piaciuto molto. Quando finalmente avvistarono il maniero, Hermione fece un grido e iniziò la discesa. Quella era la parte che odiava di più. Aumentò la stretta sulla vista di lui che ridacchiò, percependo il panico. Il terreno si avvicinava troppo velocemente per i suoi gusti, ma sapeva che Fred aveva tutto sotto controllo. Aveva volato centinaia di volte, se non migliaia. Fin da quando aveva raggiunto l'età per combinare marachelle, con George si erano introdotti nel capanno dove Bill e Charlie tenevano le scope e senza pensare alle conseguenze vi erano montati in sella. Per poco non si erano spaccati la testa e quando la mamma l'aveva scoperto, aveva urlato per un giorno intero, col risultato di mettere lucchetti ad ogni porta. Non che questo li avesse fermati. Scassinare un lucchetto babbano era diventata una sfida personale e anche piuttosto semplice da imparare.

“Eri proprio carino da piccolo” commentò Hermione scendendo con il suo aiuto. Lui le lanciò un'occhiata divertita.

“Stai sempre a sbirciare nei miei pensieri”

“Sei tu che ci pensi senza tirare su barriere! Non posso far finta di niente, sono lì che mi fissano” si lamentò. Harry guardò l'amica battibeccare con Fred e si domandò come fosse possibile che non si fosse mai accorto di quello che c'era tra i due prima di quel momento. Hermione doveva essere stata innamorata di lui da molto tempo.

“Ora basta voi due. Dobbiamo mantenere un basso profilo. Ginny, Fred andate su retro. Voi due venite con me” si divisero. Il maniero era una costruzione imponente, scura e minacciosa. Con torrette acuminate, finestre sprangate e un cortile interamente invaso da erbacce selvatiche. Gli gnomi scorrazzavano indisturbati, padroni assoluti di quel rigoglioso appezzamento. Hermione si sentì a disagio in quel luogo, come se ci fosse qualcosa che non andava. Anche Harry sembrò percepirlo, perchè estrasse la bacchetta e si fece avanti. Sembrava che nessuno fosse passato di lì da molto tempo, ma la proprietà aveva mantenuto un certo splendore. Non sembrava in alcun modo che il tempo o le intemperie avessero scalfito la facciata di pietra nera, o le guglie svettanti. Tutto pareva in perfetto stato, a parte il prato. Una volta davanti al portone, su cui erano stati applicati due batacchi a forma di mostri zannuti, i tre amici si guardarono indecisi.

“Che facciamo, bussiamo?” Domandò Ron a disagio.

“Certo così avvisiamo chiunque ci sia all'interno del nostro arrivo!” Sibilò Hermione piccata. Harry tolse tutti dagli indugi e tentò di aprire il portone. Incredibilmente quello si aprì con un cigolio sinistro. L'interno era completamente privo di mobilio. Le pareti scure erano state rivestite con una carta da parati verde e argento, raffigurante tanti serpenti, a riprova che quella era un'abitazione di purosangue Serpeverde. Hermione rabbrividì, ma seguì Harry all'interno. Come l'esterno, tutto sembrava perfettamente conservato, benchè non vi fossero mobili. Attraversarono un ampio ingresso e si trovarono in quello che una volta doveva essere un salone. Alle pareti erano rimasti appesi alcuni quadri raffiguranti la campagna circostante, mentre tutti gli altri, che si notavano per la loro assenza, erano stati rimossi. Ne trovarono i resti sparsi per la casa. C'erano pezzi di cornici distrutte ovunque, frammenti di tele, mezzi volti deturpati. Qualcuno doveva aver distrutto i quadri di famiglia in un eccesso d'ira. Erano pochi gli eredi dei Black che potevano aver compiuto un tale scempio. Uno era Sirius, che aveva disprezzato dal profondo dell'animo la famiglia. Lui che era l'unico Black appartenente alla casa di Grifondoro, lui che aveva rinnegato tutti per combattere contro Voldemort. L'altro, era qualcuno che fosse stato ferito da quella famiglia. Qualcuno che odiava i suoi parenti, che lo avevano costretto a diventare qualcuno che non era. Hermione sentì il cuore batterle forte. Se aveva ragione, Draco era stato in quel luogo e con un po' di fortuna l'avrebbero trovato appostato da qualche parte. Continuarono a setacciare il maniero metodicamente, senza mai dividersi, anche se questo richiese più tempo, per evitare imboscate. Harry li guidava come se ci fosse già stato. Una volta che il piano terra fu evidentemente sgombro, si arrampicarono lungo l'enorme scalinata di marmo. I corrimano non presentavano neanche un granello di polvere e i tappeti verdi erano immacolati. C'era sicuramente una magia di conservazione molto potente lanciata sulla casa, altrimenti il tempo avrebbe quantomeno fatto depositare della polvere in giro. Fu al piano superiore che trovarono i primi segni di vita. Entrarono in una camera da cui anche la carta da parati era stata divelta, lasciando sul muro segni di magia, e un fuoco l'aveva divorata nel caminetto. C'erano pezzi di quadri mezzi anneriti, il letto era disfatto e sul cassettone una bottiglia di vino mezza finita e degli avanzi erano stati abbandonati di recente. L'unico ritratto che si era salvato era vuoto.

“Dividiamoci e vediamo se troviamo qualcuno” sussurrò Harry, facendo segno a ognuno di prendere una direzione differente. Silenziosi come gatti si dispersero. Hermione poteva sentire l'impazienza di Fred anche da quella distanza. Sapeva che lui era preoccupato per lei, sapeva che c'era la possibilità di un'imboscata e tutto quel tempo senza avere notizie lo stava snervando. Forzando un po' il legame cercò di fargli capire che stava andando tutto bene, che avevano trovato qualcosa e che sarebbe presto tornata da lui. Poi si rimise in allerta. Sentiva dei rumori provenire da dietro una porta chiusa. Avrebbe voluto chiamare gli altri, ma non c'era tempo e se avesse fatto rumore chiunque ci fosse dietro quella porta l'avrebbe sentita e sarebbe scappato. Così si appostò in corridoio, con i nervi a fior di pelle e la bacchetta spianata. Non dovette attendere più di due minuti. Da dietro la porta spuntò Draco Malfoy in accappatoio. Appena la vide strillò di sorpresa, rischiando di inciampare nelle ciabatte di pelo che indossava.

“Che cosa ci fai qui, Granger?!” Strillò, coprendosi il petto pallido. Era appena uscito dalla doccia e i capelli argentei sgocciolavano sul pavimento di legno scuro.

“Io?! Sono venuta a cercare te!” Esclamò lei imbarazzata. Sentendo le grida, Harry e Ron si precipitarono in corridoio.

“Potter, Weasley! Dannazione ma non si può avere un po' di privacy?!” Sbottò Draco, che non sembrava troppo sorpreso della presenza degli altri due.

“Draco, dove sono i tuoi genitori?” Domandò Harry, senza abbassare la bacchetta.

“Non qui, Potter. Datti una calmata, sono solo” sbuffò lui oltrepassandoli e andando verso la camera dove avevano trovato segni di vita.

“Chiamo Fred e Ginny” avvertì Hermione.

“Avete portato tutta la dannata famiglia Weasley?” Li derise Draco, cominciando a frugare nei cassetti, alla ricerca di qualcosa da mettersi. Hermione inviò un segnale a Fred e lo sentì muoversi all'esterno. Il loro legame era sempre più forte e sapeva che lui era preoccupato per la cosa. Stranamente lei non provava le stesse sensazioni in merito.

“Draco sei ricercato da tutti gli Auror del paese!” Esclamò Harry che non lo perdeva d'occhio.

“Perchè non ho fatto niente” un po' di panico si era insinuato nella sua corazza da menefreghista.

“I tuoi genitori sono evasi e così i Carrow. Secondo te perchè sei ricercato, razza di idiota?!” Sbottò Ron.

“Io non ne so niente, ora andatevene” liquidò la faccenda. Trovò dei vestiti in un cassettone e rimase in attesa che qualcuno se ne andasse per lasciargli un po' di privacy. Solo Hermione si voltò, gli altri due non erano così ingenui da dare le spalle a Malfoy. Fred e Ginny arrivarono che lui si era già reso presentabile. Fred scrutava tutto attorno attento e guardingo, con la bacchetta in mano e la scopa nell'altra, come se fosse pronto alla fuga.

“Tutto bene?” Domandò non appena la raggiunse.

“Sì, non credo che voglia farci del male. Sarebbe estremamente stupido” alzò la voce sulle ultime parole, per fare in modo che lui capisse bene.

“Granger non sono idiota. Venite accomodiamoci nel salotto, visto che non avete intenzione di andarvene” li precedette fuori dalla camera, come se non avesse cinque bacchette puntate alla schiena e una quantità di risentimento tale che ci si poteva riempire tutto il maniero, a seguirlo. Quello che lui chiamava salotto era una specie di enorme stanza con un divano sfondato, qualche cuscino per terra e un tavolino ingombro di bottiglie.

“Sedetevi, non sia mai che mi si accusi di non essere un bravo padrone di casa” ghignò, beffardo. I ragazzi trovarono spazio attorno al tavolino, mentre lui recuperava una sedia e vi si lasciava cadere con un sospiro. Era strano vederlo in abiti normali, con i jeans e un golf grigio a collo alto e non tutto in tiro, ma pareva quasi un adolescente normale.

“Malfoy, abbiamo bisogno di risposte” lo incalzò Harry, che stava cominciando a spazientirsi.

“Immagino che non ti accontenterai di un mio: non centro niente eh, Potter?”

“Ascolta, se non ci dici tutto, saremo costretti a portarti al Ministero” Hermione prese la parola, cercando di evitare uno scontro tra i due. Nonostante tutto, Harry provava del risentimento infinito verso quel ragazzo pallido ed emaciato.

“Credo che mi ci porterete comunque, anzi sarebbe meglio muoversi, visto che qualsiasi cosa dirò non mi crederete. Quindi d'accordo giochiamo ai piccoli salvatori del mondo magico” li sbeffeggiò. Fred non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito. Draco lo guardò sorpreso.

“Senti lo so che è una merda questa situazione e che vivere qui non deve essere uno spasso. Non è che tu sia proprio in vacanza in un cinque stelle. Però devi capire che se non collabori gente molto peggio di noi verrà qui a bussare alla porta e non si fermeranno a chiacchierare amabilmente, ma ti accuseranno di complicità in evasione” fece Fred, sorprendendo tutti.

“Direi che non ho molte possibilità eh?” Li scrutò uno per uno, domandandosi come mai ogni volta che succedeva qualcosa erano sempre pronti a ficcare il naso dove non dovevano. Ginny scosse la testa e rinfoderò la bacchetta. Hermione e Fred la imitarono, ma Harry si limitò a posarla sul tavolino e Ron incrociò le braccia scuotendo il capo. Non era disposto a cedere.

“Tutto è cominciato quel giorno che ci siamo incontrati al Ministero, Granger. Come tutti sapete bene ho subito molti processi prima di essere dichiarato innocente. Ma ho dovuto continuare a recarmi al Ministero per le deposizioni su altri Mangiamorte, in particolare sui miei genitori e sui Carrow. Insomma ho passato questi mesi al Ministero. Sarò sincero, l'idea che mio padre finisca ad Azkaban per sempre non mi dispiaceva troppo. Avrei potuto ereditare tutti i soldi di famiglia, le case e un titolo niente male. Sarei campato di rendita e avrei potuto fare quello che volevo. Ma amo mia madre e quindi sono andato a deporre a suo favore. Badate bene, non ho mentito. Lei non ha avuto colpe in tutto ciò a parte una fiducia cieca in mio padre e il desiderio di tenerci tutti in vita” cominciò. Hermione e Ginny si accomodarono meglio, anche se il divano era duro e bitorzoluto.

“Senti puoi arrivare al punto? Non siamo affatto dispiaciuti per te e i tuoi meravigliosi genitori Mangiamorte che hanno tentato di ucciderci una quantità di volte incalcolabile” sbottò Ron interrompendolo. Draco gli lanciò un'occhiata gelida e lo ignorò.

“Come stavo dicendo ero al Ministero per alcune deposizioni quando uno di quegli aggeggi che usano come promemoria si è schiantato nel taschino della mia giacca. L'ho aperto e vi ho trovato un messaggio che mi ha messo in allarme” si alzò per cercare qualcosa in quel caos di stanza. Finalmente ne emerse con un biglietto, che lanciò a Harry. Era tutto sgualcito e in alcuni punti vi era stato versato del liquido appiccicoso, probabilmente burrobirra.

“Fatti trovare pronto per domani notte. Verremo a prenderti. M & P”

“Ovviamente m e p sta per mamma e papà” spiegò, come se avesse a che fare con un branco di ragazzini idioti.

“Cosa hai fatto quando hai ricevuto il biglietto?” Indagò Hermione con voce dolce.

“Sono andato a casa, ho fatto le valigie e sono scappato. Sono stato un paio di giorni a casa di Astoria e poi sono venuto qui, non volevo rimanere in un posto troppo a lungo, ma evidentemente avevo sottovalutato il trio impiccione” una smorfia di amaro divertimento gli contorse il volto pallido.

“Non sono venuti a cercarti qui?” Hermione era scandalizzata dall'idiozia dei suoi genitori, era stato il primo posto in cui l'avevano cercato loro e non sapevano neanche della sua esistenza fino a un giorno prima.

“Ovviamente sì, Granger. Ma io ero da Astoria. Quando sono arrivato ho trovato un biglietto sulla porta. Diceva: Draco siamo evasi. Ci nasconderemo per un po' di giorni e poi partiremo per l'America. Il biglietto è una passaporta” Harry tremò d'impazienza accanto a Hermione. Sentiva la tensione del suo corpo irradiare ad ondate.

“Quindi?!” Lo incalzò Ginny, che sembrava appassionata.

“Ho distrutto il biglietto. Per quanto ami i miei genitori non voglio emigrare in America, è pieno di zotici inutili. Devo finire la scuola qui e intraprendere gli studi da Medimago” Sbuffò spazientito dalla loro ottusa visione delle cose.

“Perchè mai hai distrutto il biglietto?!” Esclamò Hermione a voce alta.

“Sei sorda, Granger o solo stupida?”

“Hey occhio a come le parli. Non costringermi a farti del male” lo avvisò Fred. Draco spostò lo sguardo tra l'uno e l'altra e cominciò a ridere di gusto.

“Voi Weasley siete proprio degli idioti! Non solo avete disonorato il vostro nome, ma adesso vi fate la guerra tra fratelli per lei?” Evidentemente non era cambiato affatto. Hermione non riuscì neanche a reagire, che Fred gli aveva sferrato un pugno diritto sul naso con talmente tanta forza che ribaltò dalla sedia, finendo a terra, in un lago di sangue.

“Ripetilo, stronzo” ringhiò. Anche Ron e Harry si erano alzati in piedi, pronti all'offensiva, ma erano stati battuti sul tempo. Draco emise un gemito di dolore, cercando di tamponare il sangue che zampillava. Fred gli aveva rotto il naso.

“Cazzo, mi hai rotto il naso” piagnucolò quello.

“Oh per l'amor di Merlino! Fatela finita tutti! Malfoy alzati. Epismendo!” Esclamò Hermione bloccando il sangue. Poi afferrò il naso di Draco e con un colpo di bacchetta lo rimise a posto con un sonoro schiocco che fece rabbrividire il ragazzo. Con le lacrime agli occhi e la faccia di chi volesse solo saltare addosso al suo assalitore, si rimise a sedere.

“Sei un animale, Weasley”

“Io? Ti rendi conto che siamo qui per aiutarti e tu non fai altro che insultarci? Ti conviene cambiare registro o ci metto due secondi a chiamare Savage e farti sbattere in gattabuia per il resto della tua miserabile, inutile vita” Hermione non aveva mai visto Fred così infuriato. Tratteneva a stento la rabbia. Allora gli prese la mano, e gli inviò un po' della sua calma. Aveva passato anni a subire i soprusi di Malfoy e della sua cricca di Serpeverde e ormai quelle parole non la toccavano più. Però era strano. In ascensore non era stato così cattivo, anzi aveva letto della tristezza nei suoi occhi. Poi lo notò. In fondo alla stanza c'era un quadro che non era riuscito a staccare dal muro e bruciare. C'erano dei segni di incantesimi intorno alla cornice, ma quello era immobile. Rappresentava una vecchia signora raggrinzita, col naso adunco, il pallore tipico degli anziani e i capelli neri. Sembrava immobile, ma ad una seconda occhiata, Hermione si accorse che batteva le palpebre di tanto in tanto. Afferrò la mano di Fred e gli inviò quel pensiero. I suoi occhi scattarono in fondo alla stanza individuando il quadro in questione. Draco era controllato e non poteva esporsi troppo. C'era qualcuno che sapeva che erano lì, qualcuno che sarebbe arrivato di lì a pochi istanti probabilmente. Hermione sentì l'adrenalina pompare nelle vene e analizzò brevemente le loro alternative. Dovevano portare via Draco da quella casa e dovevano farlo alla svelta, per salvarsi la pelle. I Mangiamorte erano sicuramente in arrivo. Hermione estrasse la bacchetta e gli altri lo notarono. Ginny si alzò e andò alla finestra, fingendo di passeggiare e sgranchirsi le membra. Harry entrò immediatamente in modalità allarme.

“Fred, prendi Ron e va a controllare in camera di Malfoy che abbia detto la verità sulla passaporta distrutta” ordinò Hermione. Quello annuì e si allungò a darle un rapidissimo bacio sulle labbra. Draco li guardò andare via con un certo sollievo. Sicuramente temeva un altro pugno. Doveva escogitare un modo per portare Draco fuori da quella stanza senza che il quadro si insospettisse. Non ricordava se ce ne fosse stato uno anche nella camera da letto e non conosceva la pianta del maniero. Non avevano finito di ispezionarlo. Si maledisse mentalmente. Avevano creduto che fosse solo e avevano abbassato la guardia. Dall'imboscata a casa Lovegood non erano migliorati affatto. Ingenui e approssimativi. Ora doveva rimediare.

“Non posso vederti conciato così, andiamo di là, hai bisogno di vestiti puliti” fece Hermione, cercando di non guardare il quadro. Dracò capì immediatamente che lei aveva afferrato la situazione. Si alzarono tutti insieme e come in una processione si diressero nell'ingresso. Sentiva Fred al piano di sotto che sistemava la trappola, aiutato da Ron.

“Ci sono altri quadri in casa?” Sibilò Hermione non appena misero piede fuori dal salotto.

“In ogni camera da letto” fu la risposta a fior di labbra.

“Dobbiamo andarcene. I Mangiamorte stanno arrivando” annunciò Hermione. Harry sbiancò guardando Ginny, terrorizzato per lei. Doveva essere solo una missione ricognitiva e invece li avevano trascinati in un potenziale scontro armato.

“Niente panico. Malfoy immagino che non ci si possa smaterializzare qui dentro” disse Harry.

“Dici bene, o usciamo dalla porta principale o da quella sul retro”

“Non c'è il tetto?” Fece Hermione. Era più sicuro che uscire dalla porta. Draco annuì. Calcolando mentalmente quanto tempo sarebbe trascorso prima dell'arrivo dei suoi genitori. Non dovevano averne molto.

“Dobbiamo andarcene ora” sibilò lui. Fred e Ron arrivarono di corsa, col fiato corto.

“Sul tetto. Ci smaterializziamo tutti insieme e andiamo alla Tana, chiaro? Io vado ad avvertire Savage e vi raggiungo. Ron tu porti Malfoy. Ginevra devi andare con loro, non voglio sentire storie” ordinò secco. Si divisero in tre gruppi e cominciarono a salire le scale per raggiungere il tetto. Avevano appena fatto una rampa che dall'ingresso arrivò un frastuono assordante. Un allarme spacca timpani era partito. Ci fu un boato e uno strillo. Evidentemente avevano cercato di farlo tacere e l'incantesimo gli si era rivoltato contro. Fred sogghignò, felice che il loro dispositivo funzionasse così bene. Qualcuno sbraitò degli ordini e un raggio rosso schizzò su per le scale, rimbalzando sul corrimano che andò in mille pezzi.

“Idiota, hanno mio figlio!” Strillò Narcissa. La sua voce acuta e preoccupata giungeva alle orecchie dei ragazzi nitida come se fossero stati lì. Harry non arrestò la loro corsa, ma li avrebbe sentiti anche un sordo. Procedevano come elefanti.

“Muffilato” sussurrò Hermione e i loro passi vennero immediatamente attutiti. Così avrebbero guadagnato qualche istante prezioso. Scorgeva negli occhi di Harry tutta la voglia di tornare indietro e affrontare i Malfoy, ma la presenza di Ginny lo faceva desistere. Doveva prima portarla in salvo e poi, forse sarebbe tornato per loro. Raggiunsero una scaletta stretta e ripida che furono costretti a percorrere uno per volta. Ron era in testa, seguito da Draco e Harry chiudeva la fila. Hermione era proprio davanti a lui, quando Lucius Malfoy spuntò dalle scale. Sembrava che fosse invecchiato di almeno dieci anni, con la pelle grigiastra e le occhiaie profonde. I capelli biondo platino avevano perso il solito splendore e gli occhi erano acquosi.

“Potter, restituiscimi mio figlio” ringhiò. Harry si fermò, vibrando per l'attesa e Hermione lo affiancò. Non sarebbe scappata lasciandolo lì.

“Draco viene con noi e se lo volete indietro, dovrete venire a prendervelo, stronzi” Esclamò Fred spuntando da dietro di loro. Malfoy senior si mosse, ma Hermione fu più veloce. Evocò un incantesimo protettivo su cui s'infranse un fascio di luce verde. Stava cercando di ucciderli.

“Stupeficium!” Esclamò Harry. Nascissa urlò qualcosa, trascinando via il marito per la veste.

“Muovetevi adesso, dobbiamo andarcene!” Fred li sospinse su per la scala, evitando per un pelo un incantesimo che si schiantò sul muro alle sue spalle. Con un ghigno divertito estrasse qualcosa dalla tasca e lo lanciò sul pavimento. Una nuvola di fumo nero e denso si sparse per l'angusto corridoio, rendendo difficile anche respirare. Harry, Hermione e Fred si precipitarono sul tetto, dove Ginny e gli altri aspettavano.

“Stanno arrivando. Andiamo, adesso!” Urlò Harry. Ron agganciò Malfoy per la collottola e piroettando su se stesso si smaterializzarono. Fred afferrò Hermione e insieme a lei e Harry sparirono, lasciandosi alle spalle Narcissa e Lucius, affranti e furiosi.

Note: Salve a tutti! Non so come ma sono riuscita a finire questo dannato capitolo in tempo! Non ho neanche riguardato quello che ho scritto, quindi non odiatemi se ci saranno orrori ortografici. Mi dispiaceva troppo per tutti quelli che mi hanno chiesto di continuare e quindi mi sono sforzata. Mi sa che si capisce che non ero molto ispirata, perchè...bhè non è che mi convince molto, mi sembra un pò...piatto, ma considerate che è stato uno sforzo, quindi non odiatemi! Spero che apprezzerete lo sforzo e anche il capitolo. 

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