A Certain Stories of Yokohama

di Europa91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Night ***
Capitolo 2: *** Bridge ***
Capitolo 3: *** Lily ***
Capitolo 4: *** Wave ***
Capitolo 5: *** Music ***
Capitolo 6: *** Shadow ***
Capitolo 7: *** Books ***
Capitolo 8: *** Mirror ***
Capitolo 9: *** Kidnapping ***
Capitolo 10: *** Cut ***
Capitolo 11: *** Bond ***
Capitolo 12: *** Memory ***
Capitolo 13: *** Choice ***
Capitolo 14: *** Alone ***
Capitolo 15: *** Cold ***
Capitolo 16: *** Bullet ***
Capitolo 17: *** Dream ***
Capitolo 18: *** Softness ***
Capitolo 19: *** Hug ***
Capitolo 20: *** Promise ***
Capitolo 21: *** Drink ***
Capitolo 22: *** Back ***
Capitolo 23: *** Misunderstanding ***
Capitolo 24: *** Past ***
Capitolo 25: *** Reality ***
Capitolo 26: *** New Coat ***
Capitolo 27: *** Bandage ***
Capitolo 28: *** Cake ***
Capitolo 29: *** Darkness ***
Capitolo 30: *** Forgiveness ***
Capitolo 31: *** Halloween ***



Capitolo 1
*** Night ***


1) Night
 
 
 
Dazai ha deciso. Non c’è più nulla per lui nella Port Mafia. Ora che Odasaku è morto non ha motivi che lo spingano a rimanere. Deve mantenere quella promessa, vivere per salvare le persone, e sa benissimo che non può farlo restando al servizio di Mori.
 
È il crepuscolo. Odasaku è morto al tramonto. Sono passate solo poche ore, ma più che sufficenti a prendere una decisione.
 
Non cambierà idea. Non tornerà indietro. Ha sostituito le bende sporche di sangue. Dato fuoco al vecchio cappotto di Mori. Speso qualche minuto per mettere una bomba sotto l’auto di Chuuya.
 
E ora, cullato dal silenzio e dall’oscurità, Dazai si appresta ad abbandonare per sempre il suo appartamento. Nessun messaggio, nessuna spiegazione. Non ne vede il motivo. Chiude la porta alle sue spalle. In quella notte, Osamu Dazai il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia è morto.
 
Quella parte di lui se n’è andata insieme ad Odasaku; ma quella, è anche la notte che segna l’inizio della sua nuova vita, della sua rinascita.

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Capitolo 2
*** Bridge ***


2) Bridge


 
Dazai osserva l’acqua scorrere sotto di sé. È una bella giornata di sole, gli uccellini cantano, e quale momento migliore per suicidarsi? Manca solo la presenza di una bella ragazza e il quadro è perfetto. Sorride, mentre inizia piano ad allungare una gamba per scavalcare il parapetto. Intorno a lui non c’è nessuno. Una leggera brezza gli scompiglia i capelli. Si sente così felice, in pace. Gettarsi da quel ponte gli regalerà la morte indolore che tanto desidera. Potrà raggiungere finalmente il suo scopo. Inspira profondamente e chiude gli occhi, pronto per il grande salto.
 
“Che stai facendo brutto idiota? Ti ricordo che abbiamo una missione da portare a termine. Se proprio vuoi suicidarti fallo, ma quando avremo finito!”
 
Chuuya lo afferra per la cottola e lo trascina di nuovo dall’altra parte della barriera. Dazai sbuffa. È infastidito ma non più di tanto. Anche per quella volta dovrà rimandare il suo tentativo di suicidio. Peccato. Mormora sottovoce qualche imprecazione diretta al suo piccolo partner e lo segue. Si volta, lancia un’ultima occhiata al ponte. Un vero peccato, pensa. Ma il dovere chiama.

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Capitolo 3
*** Lily ***


3) Lily



 

Dazai è seduto con la schiena appoggiata contro la lapide di Odasaku. Va sempre a trovare l’amico quando sente il bisogno di stare da solo per riflettere e anche quel giorno non fa eccezione. Durante il tragitto, il moro aveva incrociato una fiorista molto carina. Dopo averle proposto di morire insieme ed aver ricevuto un garbato rifiuto, la sua attenzione si era spostata su un mazzo di gigli bianchi che ora se stavano comodamente appoggiati alla tomba di Odasaku, accanto a lui. Sono proprio quei fiori a catturare l’attenzione di Atsushi, inviato da Kunikida per recuperare l’ex mafioso.

 

“Sono bellissimi”

 

Mormora accennando ai gigli. Il moro non risponde, si limita a sorridere. Il ragazzo lo prende come un invito a continuare;

 

“Sono certo che Oda-san fosse una persona grandiosa”

 

Quella frase ha il potere di catalizzare tutta l’attenzione di Dazai. Si alza lentamente e fissa il suo kohai.

 

“Oh, cosa te lo fa pensare?”

 

“I fiori. Non ho mai visto Dazai-san spendere soldi o fare regali a qualcuno”

 

Ammette con la solita, disarmante, sincerità. Dazai non può che sorridere, un velo di malinconia adombra per un attimo il suo sguardo. Atsushi ha il potere di lasciarlo sempre senza parole. Pensa che a Odasaku quel ragazzino sarebbe piaciuto.

 

“Si Atsushi-kun, lo era”.

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Capitolo 4
*** Wave ***


4) Wave



 

Odasaku ha appena completato il suo ultimo incarico: sedare una rissa scoppiata tra baby gang nell’area del porto di Yokohama. Ora deve solo tornare alla base per fare rapporto. Osserva pensieroso l’orizzonte. Si sta avvicinando una tempesta, lo capisce dalle onde che si stanno infrangendo con sempre maggior forza contro la banchina. Resta per qualche minuto a fissare l’oceano. Ripensa al suo sogno di diventare uno scrittore. Si chiede se riuscirà mai a realizzarlo. Un’onda si abbatte con violenza, dei lampi s’intravedono in lontananza, seguiti da qualche tuono. Deve affrettarsi, presto si scatenerà una tempesta. Intanto, nella sua tasca, il cellulare ha iniziato a vibrare. È Dazai, lo sta invitando a bere qualcosa insieme dopo il lavoro. Posa il telefono e un sorriso spontaneo compare sulle sue labbra.

 

“Le persone vivono per salvare se stesse”.

 

Non sa perché gli sia tornata in mente quella frase. Osserva un’ultima volta il mare, le onde. Si incammina velocemente, ha proprio voglia di rivedere Dazai. Nel frattempo ha iniziato a piovere. 

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Capitolo 5
*** Music ***


5) Music


 
Dazai apre un occhio. È ancora notte, il momento della giornata che appartiene alla Mafia. Si rigira pigramente tra le lenzuola fino a rotolare verso l’uomo addormentato accanto a lui. Sorride. È ancora nudo e al momento non ha voglia di alzarsi o rifarsi i bendaggi, preferisce di gran lunga fare altro. Come perdersi nell’osservare ogni minimo particolare del suo amante.
 
Odasaku è così bello mentre dorme. Dazai non credeva che la serata si sarebbe conclusa in quel modo, anzi non avrebbe mai sospettato che i suoi sentimenti verso l’amico fossero in qualche modo ricambiati. Eppure non può che esserne felice.
 
La sera prima, durante una bevuta al Lupin, Dazai aveva alzato troppo il gomito: quel giorno aveva litigato con Chuuya e l’alcol sembrava la soluzione idale a tutti i suoi problemi. Ango li aveva abbandonati presto, stanco per la giornata di lavoro e le lamentele del giovane dirigente. Così erano rimasti soli e avevano ordinato ancora un paio drink prima di lasciare il locale.
 
Dazai non ricordava molto di quello che era successo dopo, ad un certo punto però, era certo che Oda se lo fosse caricato in spalla e portato a casa.
 
Il moro si era trovato così nell’appartamento del suo amico. Le finestre erano aperte e poteva sentire una musica leggera, forse un violino che suonava per strada. Ricordava di essersi sporto dalla finestra per controllare. Era una melodia così triste e allo stesso tempo dolce.
 
Odasaku, pensando si trattasse dell’ennesimo tentativo di suicidio l’aveva afferrato e tirato a sé. Poi qualcosa era scattato. Per entrambi. Dazai si era trovato tra le braccia di Oda e aveva iniziato a baciarlo, era come un viandante nel deserto e la bocca di Odasaku era l’acqua di cui aveva bisogno per dissetarsi. La musica arrivava alle sue orecchie sempre più ovattata mentre Oda piano lo spogliava prima dei vestiti e poi dei bendaggi. Ed era semplicemente successo.
 
In quel momento Odasaku si volta ed incrocia il suo sguardo con quello di Dazai. Si è svegliato, sta sorridendo.
 
“Buongiorno”
 
“Buongiorno”
 
Quel mattino ha un suono diverso per entrambi, sanno che può essere l’inizio di qualcosa di nuovo. Sta a loro decidere. Per strada intanto, anche la musica è ricominciata e un pallido sole fa capolino all’orizzonte illuminando le vie di Yokohama. Dazai si perde ad ascoltare quelle note, mentre si lascia coccolare dall’altro. Non è del tutto certo di quello che prova verso l’amico, ma sa che non vuole rinunciarvi.
 
“Eh Odasaku, che ne dici se facciamo di questa la nostra canzone?”
 
L’uomo lo fissa per qualche secondo prima di sorridere e chinarsi a baciarlo.
 
“Non è una cattiva idea”.
 
 

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Capitolo 6
*** Shadow ***


6) Shadow
 


Odasaku osserva Dazai freddare degli uomini senza batter ciglio. Nessuna emozione traspare sul viso del più giovane dirigente nella storia della Port Mafia. A volte, quella freddezza e quel cinismo hanno il potere di lasciarlo senza parole. Dazai e i suoi uomini erano intervenuti come supporto dopo che la missione di Oda era degenerata. Era servito l’intervento di un dirigente per appianare le cose, e ovviamente, il tutto si era concluso con l’ennesima carneficina.
 
Oda in quel momento riesce a scorgere benissimo un’ombra avvolgere Dazai. Gli occhi del ragazzo sono più neri e profondi del solito, sono sempre così quando si trova in quello stato. Dazai sembra essere un’altra persona. Una parte di Odasaku vorrebbe solo correre ed afferrare l’amico, levargli dalle mani la pistola con cui sta ancora sparando verso quei corpi ormai senza vita. Il sorriso sulle labbra di Dazai è inquietante. Oda vorrebbe salvarlo da tutta quell’oscurità, da quell’ombra che sembra avvolgerlo sempre più spesso, ma sa di non poterlo fare; il suo amico è nato per appartenere a quel mondo.
 
Si avvicina piano, non appena l’altro abbassa la pistola. Gli posa una mano sulla spalla. Tutti i presenti notano quel gesto così intimo, confidenziale, che scavalca la gerarchia della Port Mafia, ma nessuno dice nulla.
 
“Basta Dazai, sono morti”
 
Oda vede piano quell’ombra abbandonare lo sguardo del ragazzo che torna quello di sempre.
 
“Odasaku, torniamo alla base”.

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Capitolo 7
*** Books ***


7) Books - Beast Au
 


Dazai osserva il libro. Lo proteggerà a costo della vita come proteggerà quel mondo che ha così faticato a creare. A Dazai non importa di nulla, basta solo che Odasaku sia vivo; anche se quando si sono rivisti l’amico ovviamente non l’ha riconosciuto. L’ha allontanato in malo modo e a lui va bene così. Dazai ha fatto e farebbe di tutto purché Oda continui a vivere, anche se ciò significa ottenere solo il suo odio. Il boss della Port Mafia osserva distrattamente il resto del libri che compongono la sua libreria. Trova quello scritto da Odasaku. Sorride, è buffo come in tutti quegli anni non lo abbia ancora letto. Lo prende tra le mani, aprendolo lentamente. Inizia con l’osservare la prefazione:
 
“Le persone vivono per salvare se stesse”.
 
Non riesce a smettere di sorridere. Trova quella frase così vera. Così da Odasaku. In quel momento qualcuno bussa con insistenza alla porta. Anche per quel giorno la lettura deve essere rimandata.


 

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Capitolo 8
*** Mirror ***


8) Mirror


 
Dazai si leva piano le bende ancora sporche del sangue di Odasaku. È distrutto e sotto shock, non riesce ancora a capacitarsi di quanto sia appena successo. Oda è morto. Sembra tutto così surreale. Si sciacqua il viso e osserva la sua immagine allo specchio. Fatica a riconoscersi, e non perché vede il suo riflesso senza i bendaggi che di solito ne coprono la metà. Quello che vede è il volto di un uomo distrutto, che ha appena perso la persona più importante della sua vita, non un semplice amico. È un Dazai diverso quello che ora lo sta fissando. Non è più lo spietato dirigente della Port Mafia. Può ancora sentire le ultime parole di Odasaku martellargli in testa. Mentre una lacrima silenziosa scende lungo la sua guancia.
 
“Stai dalla parte di chi salva le persone”.
 
Ora Dazai sa cosa deve fare. Afferra delle bende nuove e si richiude la porta alle spalle. Si specchia un ultima volta poi lascia per sempre il suo appartamento.

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Capitolo 9
*** Kidnapping ***


9) Kidnapping


 
Dazai lo sapeva. Era solo questione di tempo. Sapeva che prima o poi la Port Mafia avrebbe fatto la sua mossa e cercato di rapire Atsushi. Era logico e del tutto prevedibile. Per questo l’ex dirigente si era lasciato catturare a sua volta, così avrebbe avuto modo di indagare a cosa realmente mirasse la Mafia, si sarebbe divertito e nel frattempo, avrebbe cercato di salvare il suo sottoposto. C’era solo una cosa che non aveva previsto. Una piccola sbavatura che aveva intaccato il suo piano perfetto. Quella sbavatura aveva un nome: Nakahara Chuuya. Il suo ex partner che ora, dopo quattro anni, lo fissava con rabbia e intento omicida. Era così strano trovarsi dopo tanto tempo in compagnia di Chuuya, eppure così familiare. Gli era mancato.
 
Fu quella la prima cosa a cui Dazai pensò mentre incassava e schivava i colpi dell’altro, che non aveva tardato a sfogarsi. Nonostante fossero passati anni, lui e Chuuya erano ancora sulla stessa lunghezza d’onda, non servivano parole, si capivano con uno sguardo. Per questo Dazai non si stupì più di tanto, quando l’altro gli diede qualche informazione e lo lasciò andare. Chuuya era sempre stato un cane fedele.

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Capitolo 10
*** Cut ***


10) Cut
 


Chuuya doveva darci un taglio. Non poteva sempre pensare al passato e, più precisamente, a Dazai. Quel idiota aveva abbandonato la Port Mafia, li aveva traditi. Lo aveva abbandonato, lo aveva tradito. Eppure non appena l’aveva rivisto tutto il suo odio era come scomparso, sostituito solo dalla rabbia.
 
Dazai l’avrebbe pagata, non gli avrebbe permesso di cavarsela. Non sarebbe più rimasto indietro. Non lo avrebbe più lasciato indietro. Chuuya sapeva di non essere in grado di tagliare i ponti col passato.
 
Ne aveva preso atto quattro anni prima. Ne ebbe un’ulteriore conferma dopo essersi scambiato un lungo e appassionato bacio con Dazai al termine dei fatti di Dead Apple, o come quel diavolo di quattrocchi aveva soprannominato tutto quel casino. Dopo averlo liberato da quel drago, Chuuya si era trovato tra le sue braccia e non aveva potuto resistere. Il rosso non voleva e non poteva tagliare quel legame che ancora li univa. Lo sapeva bene. Si ritrovò a pensarlo dopo l’ennesima notte di passione consumata insieme a Dazai in qualche squallido motel, scenario dei loro incontri segreti.
 
La loro relazione era una lama a doppio taglio. Chuuya lo sapeva. Come sapeva che avrebbe finito con il ferirsi nuovamente, eppure non gli importava. Finché Dazai restava al suo fianco andava bene. Aveva troppa paura di essere nuovamente lasciato indietro per preoccuparsene.

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Capitolo 11
*** Bond ***


11) Bond


 
La prima volta che aveva visto Chuuya, Dazai lo aveva etichettato solo come un ragazzino. Si, aveva un’abilità spaventosa ma era troppo imprevedibile e irritante. Per questo quando il boss gli aveva proposto di lavorare insieme si era opposto categoricamente. Chuuya non gli piaceva. Lo odiava.
 
Negli anni, Dazai ebbe modo di rivedere questo suo pensiero. Chuuya si era scoperto essere il partner ideale, si capivano con uno sguardo, non servivano parole o inutili spiegazioni. Dopotutto il rosso era il suo cagnolino fedele. Per Dazai era più facile continuare a pensarla in questo modo piuttosto che indagare sui sentimenti che la vicinanza dell’altro gli provocava.
 
Quando le loro mani si erano intrecciate la prima volta, Dazai aveva iniziato a comprendere qualcosa: condividevano una sorta di legame, al momento non sapeva spiegarlo in altro modo. Era certo che anche Chuuya se ne fosse reso conto, ma che come lui, preferisse ignorare il problema. Così era più facile per entrambi. Era facile continuare ad odiarsi. Sapevano, che se avessero accettato quel qualcosa che era nato tra loro sarebbe potuta essere la fine della Soukoku. Avevano solo 16 anni, non erano ancora pronti.
 
Alla fine, ci aveva pensato Dazai per entrambi. Aveva risolto il problema. Se n’era semplicemente andato e Chuuya non aveva avuto modo d’impedirlo.
 
Il loro legame però non si era spezzato.
 
Lo capirono entrambi la notte in cui recuperarono Q. La Soukoku forse non esisteva più, ma quel legame che li univa si. Non si era spezzato, e se era sopravvissuto a quattro anni di lontananza, non lo avrebbe mai fatto.
 
Pensava a tutto questo Dazai, mentre si rigirava nervosamente tra le mani una scatola contenente un anello di fidanzamento. Si, il discorso del legame che li aveva uniti fino a quel momento sarebbe stato perfetto, doveva solo sperare che Chuuya lo lasciasse parlare fino alla fine e non lo scaraventasse fuori dalla finestra. Be’ in quel caso, pensò, non sarebbe stata una brutta morte. Avrebbe corso il rischio.

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Capitolo 12
*** Memory ***


12) Memory
 


Chuuya non ricordava nulla dei suoi primi anni di vita come essere umano. Aveva avuto anche lui dei genitori?! Una famiglia? Perché si trovava a Suribachi quando Arahabaki era apparso? Perché quell’energia aveva preso possesso proprio del suo corpo e l’aveva trasformato in ciò che era ora? Perché non era morto come tutti gli altri? Perché era sopravvissuto ed aveva acquistato quel potere?
 
C’erano così tanti perché, così tante domande che non avevano ancora trovato una risposta.
 
Lui era nato quel giorno, in quello che anni dopo sarebbe diventato il distretto di Suribachi. Sul fondo di quel cratere che lui stesso aveva creato, liberando la sua energia. Aveva aperto gli occhi all’improvviso, e si era trovato accecato dal sole, da quella luce, quel calore che prima di allora non conosceva. E come poteva? Prima di allora aveva solo provato sensazioni.
 
Non rimembrava altro Chuuya. Il suo primo ricordo era quell’alba che sorgeva sul distretto dopo una notte di caos e devastazione. Prima di allora era solo una massa d’energia informe che fluttuava nello spazio, in quell’ambiente asettico, buio e freddo.
 
A quel tempo, Chuuya non conosceva ancora il significato della parola solitudine. L’avrebbe imparato anni dopo; e solo allora avrebbe capito quanto in realtà fosse sempre stato solo, fin dal principio.
 
Poi, un giorno, Rimbaud era comparso, l’aveva afferrato col suo potere e portato contro la sua volontà in quel nuovo mondo.
 
Una parte di Chuuya odiava profondamente quell’uomo per ciò che aveva fatto; nonostante questo però, un’altra parte, nascosta e sopita dentro il suo animo, sapeva di doverlo ringraziare. Portandolo in quella realtà gli aveva permesso finalmente di vivere, di conoscere il significato anche di quella parola.
 
Il rosso si spostò stancamente i capelli all’indietro, in modo da posizionarsi meglio il cappello in testa. Aveva osservato a lungo quell’oggetto; soffermandosi su cosa realmente significasse per lui. In fondo era tutto ciò che era rimasto di Randou. Era appartenuto a lui. Da quando il boss glielo aveva regalato qualche giorno prima, non faceva altro che rigirarselo tra le mani, indeciso se accettare quell’eredità o no.
 
Rimbaud, lesse sulla targhetta al suo interno, già, quello era il vero nome di Randou-san.
 
Quella, era solo un’altra delle poche cose che conosceva su quell’uomo. Non avevano mai veramente avuto modo di parlarsi, confrontarsi, si erano semplicemente scontrati. Era stato tutto così frenetico. Non aveva potuto evitarlo.
 
Combattere contro di lui gli aveva permesso da un lato di ottenere risposte; ma d’altro canto, aveva contribuito a gettare benzina sul fuoco, alimentando altre domande.
 
In fondo Rimbaud era simile a lui, più simile di quanto si potesse pensare; era un uomo senza passato, alla continua ricerca di risposte per cercare di sopperire a quella mancanza, a quel vuoto che Chuuya conosceva così bene.
 
Ricordava che Randou-san avvertiva sempre una sensazione di freddo dentro di sé; all’inizio ne era rimasto davvero sorpreso, ma poi aveva capito. Chuuya al contrario sentiva solo un grande senso di vuoto e allo stesso tempo calore; come se fossero le stesse fiamme nere di Arahabaki a consumarlo lentamente; a corroderlo dall’interno.
 
Istintivamente lanciò il cappello per terra, preso da un improvviso scatto di rabbia, se lo stava ancora rigirando tra le mani e non era riuscito a controllarsi.
 
Odiava quella situazione, odiava tutto e tutti; ma soprattutto si odiava, odiava se stesso. Perché non ricordava nulla? Perché doveva aver dimenticato il suo passato ma, altra cosa importantissima, perché non gli era ancora concesso di conoscere tutta la verità sul caso di Arahabaki? Si stava parlando della sua stessa vita, cos’altro poteva esserci da nascondere?!
 
Lui era un essere umano, un essere umano che si era legato a quest’entità, e ne aveva acquisito il potere. O almeno questa era la teoria di Randou-san; una teoria che ormai si era radicata talmente in profondità nella sua mente da diventare la verità.
 
Chuuya tornò a sedersi scompostamente incrociando le braccia al petto; dopo essere corso a recuperare da terra il suo cappello. Non si era ancora calmato, non riusciva a calmarsi. Forse in cuor suo, aveva solo paura di conoscere un giorno tutta la verità.
 
Alla fine, lui stesso non poteva affermare con sicurezza, dove iniziasse l’essere umano conosciuto come Nakahara Chuuya e dove Arahabaki, non esisteva un vero e proprio confine fra loro; una linea netta che lo separava da quell’entità.
 
Dentro di sé il rosso custodiva come il sentore che prima o poi il suo lato umano sarebbe scomparso, inghiottito dalle fiamme nere e dalla gravità. Sarebbe finito nell’oblio, nell’oscurità. Un giorno, Arahabaki avrebbe prevalso e l’essere umano conosciuto come Nakahara Chuuya sarebbe svanito per sempre.
 
Chi avrebbe pianto per lui? Nessuno..
 
In fondo, chi poteva dire di conoscerlo? Nessuno.. lui non aveva mai vissuto.
 
Chuuya era ancora seduto, anzi per meglio dire era quasi sprofondato, in quella magnifica poltrona che aveva un’aria così dannatamente costosa e che adornava la sala d’attesa del Quartier Generale della Port Mafia. Si chiese per una frazione di secondo cosa ci facesse lui in quel posto, perché fosse entrato proprio nella Mafia. Be’ ovvio; si era lasciato ammaliare dal quel mondo; dalle parole del boss e dalla promessa di scoprire altre informazioni sul suo passato. O forse si era semplicemente stancato di essere solo.
 
Anche coloro che fino a poco prima aveva considerato dei compagni, amici, l’avevano tradito, gettandolo in pasto al nemico senza pensarci due volte e senza rimpianti. Ingrati. Dopo tutto quello che aveva fatto per loro, per proteggerli, aiutarli, salvarli.
 
Sbuffò nuovamente posizionandosi meglio sulla poltrona; non era il caso di rinvangare il passato, ora faceva parte della Port Mafia, non era tagliato per essere un leader, lavorava meglio come sicario, d’ora in avanti avrebbe svolto ogni missione che Mori-san gli avrebbe affidato, e poi, un giorno, forse sarebbe riuscito a fare luce sul mistero riguardante il suo passato.
 
 



Note Autrice:
Allora, posso spiegare.
In realtà tutti questi pensieri provengono dal Pov di Chuuya di un'altra storia (che al momento ho leggermente accantonato), mi sembravano perfetti per il prompt di oggi e quindi li ho usati. E' l'unico prompt lunghetto ma non ho avuto il cuore di tagliarlo ulteriormente.
Per il resto ringrazio tutti quelli che stanno leggendo/seguendo questa raccolta ^_^ 
Grazieeee <3 

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Capitolo 13
*** Choice ***


13) Choice


 
“La decisione spetta a te, Chuuya”
 
Quanto lo odiava. Odiava quando Dazai gli rivolgeva quelle parole, soprattutto con quel cazzo di sorriso stampato sulle labbra. Gli dava come l’illusione di contare qualcosa. Che la scelta fosse sua, quando Chuuya sapeva benissimo che arrivati a quel punto non aveva realmente altre opzioni.
 
Ogni dannatissima volta che Dazai pronunciava quelle parole lui non aveva davvero una scelta, se non quella di fidarsi di quell’idiota. Anche in quell’occasione non sarebbe stato diverso: Chuuya avrebbe messo la sua vita completamente nelle mani dell’altro.
 
Non sapeva nemmeno lui perché lo faceva. Perché ogni volta finiva con l’accettare le condizioni del suo partner. Forse perché scegliere di fidarsi di Dazai gli veniva così facile, naturale. Lo odiava, eppure finiva con l’affidargli la sua vita, sicuro che sarebbe andato tutto bene.
 
Dazai poteva essere un gran bastardo, ma non lo avrebbe mai lasciato morire, non lo avrebbe mai abbandonato al suo destino. Con questi pensieri, Chuuya attivò corruzione.
 
 

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Capitolo 14
*** Alone ***


14) Alone
 


Chuuya quella sera si era alzato in piena notte, svegliato dal rumore di un’esplosione. Non aveva avuto nemmeno tempo di alzarsi dal letto e spiare dalla finestra che aveva visto la sua auto andare letteralmente a fuoco. Non aveva però notato particolare molto più rilevante: Dazai non si trovava a letto.
 
Si era addormentato accanto a lui, solo un paio di ore prima.
 
I due fatti non erano collegati. Non potevano esserlo, si rifiutava di crederlo. Chuuya quella sera aveva accolto il suo partner prima a casa sua e poi nel suo letto. Voleva aiutarlo, sapeva che la morte di quell’Odasaku lo aveva sconvolto, gli era bastata una semplice occhiata per capirlo. Non avrebbe mai creduto però che Dazai sarebbe arrivato a tanto. Si sentiva solo usato. Usato e gettato via come un fazzoletto sporco. Contava così poco per lui?
 
Dazai lo aveva abbandonato senza fornirgli una spiegazione. Nemmeno delle scuse. Niente. Avanzò barcollando verso la cucina, raggiunse il mobile dei vini. Prese tra le mani una bottiglia di Petrus. Alla fine quel bastardo lo aveva davvero lasciato.

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Capitolo 15
*** Cold ***


15) Cold
 



Dazai poteva sentire il corpo di Odasaku diventare sempre più freddo mentre lo teneva stretto tra le sue braccia. Oda respirava a fatica, la sua voce era ridotta a un sussurro, il viso contratto in una maschera sofferente.
 
Dazai ce la stava mettendo tutta per non crollare. Non voleva che Odasaku lo vedesse così, era disperato ma voleva mostrarsi forte. Doveva esserlo.
 
Oda gli fece un’ultima carezza, portando via con le sue ultime forze anche quei bendaggi che gli celavano metà volto. Dazai percepì solo quella mano fredda sfiorargli la pelle. Solo quando Odasaku chiuse per sempre gli occhi finalmente riuscì a piangere.

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Capitolo 16
*** Bullet ***


16) Bullet


 
Odasaku fissava i proiettili in fila sul tavolo del soggiorno. Aveva preso la sua decisione. Gide si era spinto troppo oltre, non doveva uccidere i bambini. Loro non c’entravano nulla con quella storia.
 
Dopo aver pulito con cura la canna delle sue pistole allungò la mano per afferrare i proiettili e inserirli nel caricatore. Era arrivato il momento della resa dei conti. Non si sarebbe tirato indietro, ormai non aveva più nulla a cui aggrapparsi. Tornò con la mente a Dazai. Ecco, forse il suo unico rimpianto sarebbe stato di non essere riuscito a salutare il suo amico. Poteva solo sperare che un giorno l’altro lo avrebbe perdonato.

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Capitolo 17
*** Dream ***


17) Dream


 
Dazai non ci voleva credere, anzi non poteva. Odasaku era morto. Doveva essere un sogno, un fottuto incubo. Si, era sicuramente così. Presto si sarebbe svegliato e nulla di tutto quello sarebbe mai accaduto: Oda, Ango, la Mimic.
 
Nemmeno nei suoi incubi aveva immaginato una realtà simile. Odasaku era dovuto morire perché l’intricato piano elaborato da Mori-san potesse realizzarsi. Era morto perché la Port Mafia ottenesse una licenza. Dazai voleva piangere, urlare. In quel momento avrebbe tanto voluto ammazzare il Boss con le sue stesse mani. Ma non poteva. Aveva promesso a Odasaku che sarebbe diventato una persona migliore. Non lo avrebbe deluso.

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Capitolo 18
*** Softness ***


18) Softness


 
I capelli di Dazai erano sorprendentemente morbidi al tatto. Chuuya aveva sempre desiderato di poter un giorno, affondare le mani in quella folta chioma. Ora che finalmente c’era riuscito, poteva dire che quei cavolo di capelli erano esattamente come se li era immaginati.
 
Dazai quella sera si era presentato alla sua porta. Era sconvolto, gli era bastata una semplice occhiata per capirlo, e non aveva faticato ad intuirne il motivo. Lui stesso era rientrato in città da poche ore, eppure la notizia della morte di Oda Sakunosuke si era già diffusa a macchia d’olio all’interno della Port Mafia e l’aveva raggiunto. Chuuya sapeva che quel tuttofare e l’idiota erano amici, ma sinceramente non avrebbe mai creduto che la sua morte potesse sconvolgere Dazai.
 
Il moro si era gettato su di lui e Chuuya non lo aveva respinto. Aveva inconsciamente desiderato per anni quel momento, avere Dazai sotto di sé, affondare le dita nei suoi capelli, scoprire la sua pelle, liberarlo da quelle fottute bende. Chuuya sapeva che in quel momento la mente del moro era altrove, che sicuramente non era con lui.
 
Dazai era innamorato di Odasaku, poteva capirlo dal suo sguardo vuoto, da come quella notte si fosse disperatamente concesso a lui. Chuuya lo sapeva ma non aveva avuto la forza di respingerlo. Era un fottuto masochista oltre che un egoista.
 
I capelli di Dazai erano davvero morbidi mentre ci giocava. Aveva appena finito di gustarsi una sigaretta post sesso e ancora una volta non aveva resistito, aveva allungato la mano e preso ad accarezzare la chioma dell’altro. Dazai lo aveva lasciato fare, troppo stanco per fare qualsiasi cosa.
 
Non si erano parlati. Non ne avevano bisogno. Andava bene così, per il momento andava bene così.

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Capitolo 19
*** Hug ***


19) Hug


 
Dazai stringe il corpo ormai senza vita di Odasaku a sé. Non vuole lasciarlo, non può.
 
Ci vogliono cinque uomini della Port Mafia per separarlo dall’amico e sciogliere quel loro ultimo abbraccio. Dazai li osserva mentre lo portano via. Poi si volta, si fissa le mani e le bende imbrattate di sangue.
 
Una sensazione di vuoto lo avvolge e per un attimo gli toglie il respiro. Odasaku è appena morto e lui non ci vuole credere. Semplicemente non può.

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Capitolo 20
*** Promise ***


20) Promise


 
“Difendi gli orfani... Sta dalla parte di chi salva le persone”.
 
Erano state le ultime parole di Odasaku mentre si spegneva lentamente tra le sue braccia. Era da un po’ che Dazai non ci pensava, ma ora, mentre osservava Atsushi in lontananza, sentiva che in qualche modo aveva mantenuto quell’ultima promessa fatta all’amico.
 
Dazai era cambiato in quegli anni; forse non sarebbe mai diventato completamente buono ma si stava impegnando. Atsushi ad esempio, lo vedeva come una persona migliore di quanto non fosse. Sorrise, pensando che a Odasaku sarebbe piaciuto quel ragazzino.

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Capitolo 21
*** Drink ***


21) Drink
 


Era una delle solite serate al Lupin. Dazai se ne stava seduto sgraziatamente sullo sgabello centrale davanti al bancone, tra Ango e Odasaku. Aveva appena finito col domandare al barista l’ennesimo drink corretto con del detersivo e ricevuto l’ennesimo rifiuto. Era tutto così normale, loro tre riuniti a bere qualcosa dopo una giornata di lavoro, il locale deserto e quel simpatico gatto che ogni tanto faceva loro compagnia. Ma ovviamente, quella poteva solo essere la calma prima della tempesta.
 
“Brutto idiota è tutta sera che sto provando a contattarti, si può sapere dove hai lasciato il cellulare?!”
 
I tre si voltarono sorpresi in direzione del nuovo arrivato: Nakahara Chuuya, che in quel momento stava scendendo le scale a passo di marcia. Il rosso era fradicio, fuori stava piovendo. Si avvicinò pericolosamente a Dazai, mentre Ango e Odasaku si facevano da parte senza dire una parola.
 
“Ehilà Chibi. Il cellulare si è preso un paio di proiettili durante l’ultima missione, sto aspettando lo rimpiazzino. Come sono contento di vedere che ti preoccupi per me”.
 
Chuuya sbatté il pugno sul bancone.
 
“Io ti ammazzo”
 
Dazai sorrideva mentre Oda e Ango si lanciavano sguardi confusi, non era mai facile aver a che fare con il giovane dirigente e loro ne sapevano qualcosa. Potevano capire perfettamente lo stato d’animo di Chuuya. Pochi secondi dopo una sedia volò in direzione di Dazai e venne prontamente schivata.
 
“Non ti arrabbiare sempre Chibi. Siediti. Bevi qualcosa insieme a noi visto che ormai sei qui, ti offro un drink”
 
“Sai dove te lo puoi infilare quel drink? Ti stavo cercando solo perché il boss ci ha convocato. Come sempre il signor dirigente era irraggiungibile così sono dovuto venire fino a qui per recuperarti”
 
Dazai si alzò con un balzo dallo sgabello, raggiungendo Chuuya e mettendogli una mano dietro le spalle.
 
“Scusate ragazzi, come vedete mia moglie è venuta a prendermi, ora devo andare”.
 
Se non fosse stato per il tocco del moro che annullava la sua abilità Chuuya era sicuro che lo avrebbe davvero ammazzato. Sia Oda che Ango non dissero nulla limitandosi a salutarli per poi tornare a bere.
 
Quando i due ragazzi scomparvero dietro la porta fu Ango il primo a parlare;
 
“Ti sta davvero bene, Odasaku-san?”
 
L’uomo finse di non capire.
 
“Dovresti dire a Dazai-kun quello che provi. Prendilo come un consiglio”
 
Oda sorrise.
 
“Dazai è nato per appartenere a questo mondo, non posso, non potrò mai strapparlo dalla Port Mafia”
 
Era il turno di Ango di non capire. Ordinarono un altro giro. Poi il rosso proseguì con il suo discorso.
 
“Un giorno io lascerò la Mafia. Ho un sogno che intendo realizzare, so che non potrò mai chiedere a Dazai di seguirmi. Meglio lasciare le cose come stanno. È meglio per tutti fidati.”
 
Ango non rispose, finì di bere il suo succo di pomodoro, anche quella sera era venuto lì in auto. Poi se ne andò lasciando soli Odasaku e il gatto.
 
“Sto facendo la scelta giusta, vero?”
 
Chiese Oda accarezzando distrattamente l’animale, che si limitò a miagolare. Aveva smesso di piovere. Prese il suo cappotto e si avviò anche lui verso casa.

 

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Capitolo 22
*** Back ***


22) Back - Beast AU


 
Dazai osserva la sua nuova scrivania. Nonostante sia passato quasi un mese dal suo arrivo in quel mondo, deve ancora abituarsi al fatto che quello ora sia il suo ufficio e che lui sia il boss della Port Mafia. Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe finito con il guidare l’Organizzazione. A pensarci bene, erano successe molte cose che non aveva presto, come ad esempio la morte di Odasaku.
 
Sinceramente, Dazai non avrebbe mai creduto a un suo possibile ritorno in quelle vesti, eppure una parte di lui non poteva negare che il mondo oscuro della Mafia in fondo gli fosse mancato. Quando quei pensieri riaffioravano nella sua mente, subito dopo erano seguiti da altri. Rivedeva Odasaku, che esalando l’ultimo respiro, lo pregava di diventare una persona migliore.
 
Scosse la testa. Non ci doveva pensare. In quel mondo, in quella realtà Odasaku era vivo, era un detective, aveva scritto un libro ed era felice. Dazai pensò che gli sarebbe tanto piaciuto incontrarlo, parlargli, sentire di nuovo il suono della sua voce. Gli venne un’idea: sarebbe andato al Lupin sperando d’incrociarlo. Ormai aveva preso quell’abitudine da qualche giorno, ovviamente sarebbe uscito sotto copertura sperando di non essere riconosciuto.
 
“Dove stai andando ora?”
 
Ecco, era troppo bello per essere vero. Infatti Chuuya, in quella realtà suo adorabile braccio destro, l’aveva intercettato non appena aveva lasciato l’ufficio. 
 
“A bere qualcosa”
 
Lo liquidò senza troppi giri di parole.
 
“No. Non se ne parla. Hai una riunione tra un’ora con i coreani, l’hai già saltata settimana scorsa, non puoi permetterti di mancare.”
 
“Da quando sei diventato la mia baby sitter?”
 
“Da quando hai iniziato a comportarti come un moccioso. Dazai sei il boss della Port Mafia non puoi sempre fare come ti pare”
 
“Volevo andare solo a bermi qualcosa”
 
“No. Tu volevi andare ancora in quel bar. Speri di incontrare qualcuno vero? Magari quel detective”
 
Dazai non disse nulla. Chuuya lo conosceva bene. Troppo bene.
 
“Mi è passata la sete”
 
“Bene”
 
Seguì il rosso lungo il corridoio. Tornare nelle vesti del boss lo aveva caricato di obblighi e doveri. Odasaku avrebbe aspettato, per il momento la certezza che fosse vivo era l’unica cosa che gli dava la forza per andare avanti.

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Capitolo 23
*** Misunderstanding ***


23) Misunderstanding


 
“È tutto un fottuto malinteso va bene? Io e quel idiota maniaco dei suicidi non siamo mai stati insieme”.
 
Esordì Chuuya scolandosi l’ennesimo bicchiere di vino della serata. Aveva accettato l’invito a bere qualcosa di alcuni suoi sottoposti, avevano appena concluso con successo una missione complicata e un drink era quello di cui il rosso aveva bisogno. Peccato che non reggesse minimamente l’alcol. Durante la serata qualcuno aveva avuto la brillante idea di nominare Dazai, per poi ipotizzare una possibile relazione passata tra i due membri della Soukoku.
 
“Ci tengo a precisare che non stavamo insieme. Lavoravamo insieme”
 
Proseguì Chuuya afferrando nuovamente la bottiglia e riempiendosi il bicchiere fino all’orlo.
 
“Che poi abbia finito disgraziatamente per finirci a letto un paio di volte...”
 
Dopo questa ammissione nella sala calò il silenzio.

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Capitolo 24
*** Past ***


24) Past



 

Dazai è appoggiato con la schiena contro la tomba di Odasaku. Ripensa al passato, al tempo trascorso insieme all’amico. Tante cose sono rimaste in sospeso tra di loro, parole non dette, conversazioni lasciate a metà. Oda era sempre stato un tipo riservato e per contro anche Dazai non era tipo da svelare le sue carte. Avrebbe così tante cose da raccontare a Odasaku sulla sua nuova vita all’Agenzia, di Atsushi, su come sta cercando di essere un buon maestro per lui.

 

Il vento soffia scompigliandogli i capelli, è una brezza leggera ma forte abbastanza da fargli cadere un paio di foglie in grembo. Dazai ne prende una tra le mani e la osserva. Ripensa al primo incontro con Odasaku. Poi alla loro prima bevuta insieme, quando avevano iniziato a frequentare il Lupin. Ripensa alla prima volta in cui ha guardato Odasaku con occhi diversi; la prima volta in cui ha pensato fosse attraente. Pensa con nostalgia che quell’uomo è stato il suo primo amore. Ora vorrebbe solo che Oda fosse fiero di lui. Ripensa al suo sorriso e a quanto gli manchi averlo al suo fianco; il suono del suo nome pronunciato dalle sue labbra.

 

Sono ricordi preziosi che conserverà per sempre nel profondo del suo cuore. Deve ringraziare Odasaku. Per tutto. È grazie a lui se ha potuto cambiare vita, se ora ha degli amici, se ha scoperto cosa significhi davvero amare qualcuno.

 

“Sei venuto a prendermi?”

 

Dazai alza la testa, Chuuya è davanti a lui, mani in tasca.

 

“Non farti strane idee ero per strada, sapevo di trovarti qui”

 

Il moro si alza, lascia un ultima carezza alla lapide per poi raggiungere il rosso. Velocemente fa intrecciare le loro mani. Torna con la mente a Odasaku, chissà cosa direbbe vedendolo ora, sapere che ha trovato l’amore proprio con il suo ex partner. Probabilmente gli farebbe i suoi più sinceri auguri.

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Capitolo 25
*** Reality ***


25) Reality - Beast AU



 

Dazai non riusciva quasi a credere ai propri occhi: finalmente aveva trovato una realtà dove Odasaku era vivo. Era un mondo per certi versi assurdo, così simile eppure diverso da quello che aveva lasciato. Anche se l’unica differenza del quale gli importava davvero era che Odasaku fosse sopravvissuto. C’era stato solo un piccolo prezzo da pagare, Dazai aveva dovuto sacrificare la loro amicizia. Ma andava bene così, se significava poter salvare la vita a Oda, lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. O almeno, era quello che continuava a ripetersi.

 

Aveva creduto di potercela fare Dazai. Di riuscire a fingere che andasse tutto bene. In realtà, quando Odasaku l’aveva allontanato, qualcosa dentro di lui si era rotto. Faceva male vedere come Oda lo guardava con un disprezzo che non gli apparteneva. Dazai in tanti anni, non aveva mai visto quello sguardo, era così freddo, carico d’odio. Così diverso dal solito, dallo sguardo del Oda Sakunosuke che ricordava e amava.

 

Non chiamarmi più Odasaku”

 

Quella frase era stata letteralmente un colpo al cuore. Dazai continuava a ripetersi che era giusto così. In quel mondo la freddezza e l’odio di Odasaku nei suoi confronti erano giustificati; lui era il boss della Port Mafia. Eppure quel momento per Dazai fu tremendo. Realizzò per la prima volta che quello non era il suo mondo, ma solo una realtà creata da lui grazie al libro. E soprattutto, che quello non era il suo Odasaku. Il suo amico gli era morto anni prima tra le braccia. Quello era un Oda diverso, uno scrittore che lavorava per l’Agenzia, mentore di Akutagawa. Mentre lui si era ritrovato ad essere il boss della Port Mafia.

 

Il destino sapeva essere beffardo. Avere di nuovo Odasaku nella sua vita ma allo stesso tempo non poterlo avere. Era una dolce condanna. Tuttavia non si sarebbe arreso facilmente; avrebbe continuato a proteggere quel libro e con esso la vita di Odasaku. Di colpo nulla aveva più importanza, gli andava anche bene che lo odiasse; Oda era vivo e aveva realizzato il suo sogno, e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per difenderlo.

 

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Capitolo 26
*** New Coat ***


26) New Coat



 

“Per me staresti bene anche con un colore più chiaro”

 

“Come il tuo vorresti dire?”

 

Dazai ripensava a quella conversazione avuta solo qualche mese prima con Odasaku. Era una delle loro solite serate al Lupin e il discorso era stato dirottato verso il cappotto di Dazai, un regalo di Mori quando il giovane dirigente era stato reclutato nella Port Mafia. Non ricordava perché stessero parlando proprio di quello, solo che Odasaku e Ango, ad un certo punto, gli avevano proposto un look diverso. Dazai ebbe una leggera fitta di nostalgia nel pensare a quelle serate spensierate, sembrava essere trascorsa una vita da allora, invece che alcune settimane. In quel breve lasso di tempo però tutto era cambiato. La sua vita era cambiata. Ango si era rivelato un traditore mentre Odasaku... lui era appena morto.

 

Dazai si perse qualche secondo ad osservare il cappotto, era appena rientrato nel suo appartamento e aveva gettato il pesante indumento a terra. Era ancora sporco del sangue di Odasaku. Il moro ormai aveva preso una decisione, non lo avrebbe mai più indossato. Cercò nella tasca dei suoi pantaloni e ne tirò fuori una confezione di fiammiferi. Non sarebbe tornato sui suoi passi.

 

Qualche giorno dopo, Dazai stava passeggiando tranquillamente per le vie di Yokohama, sapeva che il Direttore Taneda stava pranzando ad una tavola calda li vicino e voleva presentarsi per chiedergli qualche consiglio per un nuovo lavoro. La sua attenzione però venne catturata da un cappotto beige che spiccava in una vetrina. In un primo momento gli ricordò il trench indossato da Odasaku, anche se era leggermente più lungo. Non ci pensò due volte ed entrò nel negozio. Quello sarebbe stato il primo passo verso la sua nuova vita.

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Capitolo 27
*** Bandage ***


28) Bandage


 
Dazai apre lentamente gli occhi. Chuuya accanto a lui sta ancora dormendo, il sole non è ancora sorto. Si mette seduto e inizia piano a rifarsi le bende. È un processo abbastanza lungo, ma prima deve recuperare i vari pezzi di stoffa dispersi per la stanza. La sera precedente preso dalla foga del momento, Chuuya lo aveva spogliato e gettato sul letto senza troppe cerimonie. Dazai lo aveva lasciato fare.
 
L’ex mafioso si trova ora ad osservare quelle bende, non si sente pronto a rinunciare a loro, sente ancora il bisogno di nascondere il suo corpo; indossare quella sorta di armatura che lo separi dal contratto con gli altri. Ricorda come da bambino, avesse quasi paura di toccare le persone per via della sua abilità, ma questo prima di incontrare Mori, o di entrare nella Port Mafia.
 
Avverte dei movimenti. Chuuya si è svegliato. Può sentire le sue mani raggiungerlo e abbracciarlo. L’ex partner gli toglie lentamente le bende dalle mani ed inizia a dipanarle al suo posto. Dazai lo osserva, non può fare altro.
 
Si scambiano uno sguardo che vale più di mille parole. Poi il rosso si china, fino a baciare ogni centimetro della schiena di Dazai. Ogni ustione, botta o cicatrice, con assoluta concentrazione, prima di ricoprire tutto con le bende.
 
Il moro non dice nulla. Chuuya è l’unico al quale ha mai concesso questo privilegio: di vederlo completamente nudo, esposto, senza barriere. Nemmeno con Odasaku è arrivato a tanto.
 
Chuuya prosegue quel lento rituale, fino a ricoprire anche le braccia e le gambe di Dazai. Il tutto sempre in assoluto silenzio. Quando ha finito lo bacia finalmente sulle labbra.
 
Sanno entrambi che è arrivato il momento di separarsi, uno tornerà all’Agenzia e l’altro alla Port Mafia. Per ora hanno deciso di comune accordo che è meglio mantenere segreta la loro relazione. Dazai si ferma qualche istante sull’uscio della porta.
 
“Domani da te o da me?”
 
Domanda. Chuuya lo manda a quel paese e si allontana. Tutta la dolcezza di prima è già scomparsa.

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Capitolo 28
*** Cake ***


27) Cake



 

“Io quella cosa non la mangio. Non sono nemmeno sicuro che sia commestibile”

 

Chuuya osservava la fetta di torta che Dazai gli stava porgendo con un’espressione di puro disgusto. Era il suo diciasettesimo compleanno e il suo partner si era offerto di preparargli una torta con le sue mani. Non solo. L’aveva pure trascinato in quel bar sgangherato dove il giovane dirigente era solito riunirsi con i suoi amici dopo il lavoro. Chuuya non sapeva dire perché avesse accettato quella tortura, forse perché Dazai l’aveva spinto sull’orlo dell’esasperazione. E ora si ritrovava ad alternare lo sguardo dalla torta, se così la si poteva chiamare, al resto dei presenti.

 

Sakaguchi Ango, se ne stava in un angolo come se la piccola festicciola non gli interessasse più di tanto, dava l’impressione che fosse stato trascinato lì controvoglia. Chuuya sentì un improvviso moto d’empatia nei confronti di quel quattrocchi.

 

Sakunosuke Oda invece, era quello che insieme a Dazai stava irritando maggiormente il rosso. Non solo aveva portato dei cavolo di mocciosi alla sua festa di compleanno, ma assecondava ogni malsana idea di quell’idiota bendato. Come la torta. O quello che era.

 

Chuuya pensò che quello sarebbe stato il compleanno più brutto della sua vita. Ovviamente si sbagliava.

 

Il suo diciottesimo compleanno fu completamente diverso.

 

Incredibile come le cose potessero cambiare in soli dodici mesi. Chuuya fissava la bottiglia di vino davanti a sé. Si trovava da solo nel suo appartamento, a bere. Non c’era nulla che valesse la pena festeggiare quel anno.

 

Sakaguchi Ango si era rivelato una spia del governo.

 

Sakunosuke Oda era stato ucciso qualche mese prima, come anche gli orfani di cui si occupava.

 

Mentre Dazai, a seguito della morte di Odasaku aveva deciso di abbandonare sia la Mafia che lui.

 

Chuuya fissava il bicchiere di vino tra le sue mani. Continuava ancora a pensare a quell’idiota spreco di bende. Dazai se ne era andato, doveva semplicemente farsene una ragione. Ripensò alla torta che gli aveva preparato l’anno prima, ai sorrisi di quei bambini, cosa avrebbe dato in quel momento per poter tornare indietro nel tempo. Era bastata la morte di Oda a cambiare tutto, a portargli via Dazai.

 

“E quella torta era pure deliziosa”

 

Disse prima di versarsi un altro bicchiere e annegare i suoi dispiaceri.

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Capitolo 29
*** Darkness ***


29) Darkness



 

Odasaku osserva Dazai premere il grilletto. Non dice nulla. Sa che non può fare nulla. Ci sono delle volte in cui il suo amico viene risucchiato dall’oscurità. Dazai in quei frangenti diventa un essere cinico e spietato, completamente privo di emozioni e sentimenti. I suoi occhi si fanno ancora più neri, più spenti. A volte fa paura persino a Oda. L’uomo però non dice nulla, sa che non può fare nulla.

 

Inconsciamente sa che Dazai è nato per appartenere a questa oscurità, alla Mafia. Quando il suo amico perde il contatto con la realtà come in quel momento, Odasaku può solo stargli accanto, in attesa che passi.

 

Una volta svuotato completamente il caricatore, Dazai sembra essere tornato in sé.

 

“Qui abbiamo finito. Ripulite tutto”

 

Ordina ai suoi sottoposti, poi incrocia lo sguardo con Odasaku. Sorride.

 

“Ora ho voglia di bere qualcosa”.

 

L’uomo lo segue. Oda ha fatto la sua scelta, ad un certo punto della sua vita, ha scelto di smettere di uccidere.

 

Chi toglie la vita non può scrivere della vita”

 

Si chiede se ci possa essere una speranza anche per Dazai. Spera che un giorno possa cambiare. Vorrebbe davvero una vita diversa per lui.

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Capitolo 30
*** Forgiveness ***


30) Forgiveness

 

Ango vuole essere perdonato da Dazai. Solo questo. Sa che in fondo la morte di Odasaku non è stata colpa sua ma non riesce a scacciare l’idea che il suo ex amico possa odiarlo per questo.

 

Sono passati anni da quel giorno, eppure sente che il moro non l’ha ancora perdonato del tutto. Forse perché lui stesso non riesce a farlo. Ango è il primo che non riesce a perdonarsi. A volte pensa che se fosse stato più attento, forse Oda sarebbe ancora vivo.

 

Ango vuole essere assolto da quella colpa, liberato da quel peso che ancora lo opprime e l’unico che può aiutarlo è proprio Dazai. Peccato che dopo aver abbandonato la Mafia sia letteralmente scomparso per anni; prima di ritornare nelle vesti di Detective.

 

Quando il Direttore Taneda l’aveva informato non ci voleva credere, Dazai che aiutava le persone. Ango pensò che presto o tardi sarebbe riuscito a chiedergli perdono, intanto decise che avrebbe fatto il possibile per aiutarlo. In fondo lo doveva a Odasaku.

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Capitolo 31
*** Halloween ***


31) Halloween

 

 

“Sembri una fottuta mummia”

 

“Be’ data la serata in questione Chibi non trovi sia un travestimento opportuno?”

 

Chuuya si volta a fissare il suo partner dritto negli occhi, solo per regalargli un espressione scettica e abbastanza annoiata.

 

“Sei sempre vestito così. Hai solo aggiunto un paio di cerotti di più su quella tua faccia da schiaffi”

 

“Sono solo souvenir dalla sparatoria di ieri”

 

“Non me lo ricordare, mi hai fatto fare tutto il lavoro. Come sempre”

 

“È a questo che serve un buon cane”

 

“Sta zitto”

 

Era la notte di Halloween e il Boss aveva mandato in missione la terribile Soukoku per sbaragliare l’ennesima organizzazione rivale che credeva dopo gli avvenimenti del Conflitto Testa di Drago, di poter reclamare qualche territorio.

 

“Qui abbiamo finito”

 

“Già, per quanto mi secchi ammetterlo per una volta concordo con te. Bene Chibi come passerai il resto della serata?”

 

“Eh?”

 

Chuuya gli lanciò questa volta uno sguardo confuso. Si preparò al peggio, era certo che Dazai se ne sarebbe uscito con qualche trovata delle sue.

 

“Io sto andando da Odasaku, perché non vieni anche tu?”

 

Il rosso restò qualche secondo senza parole. Odasaku. Certo, il tuttofare. Il tizio che non uccideva e che aveva portato gli orfani di cui si occupava alla sua festa di compleanno. L’amico di Dazai. All’improvviso gli venne voglia di distruggere qualcosa. Sia chiaro, Chuuya non odiava quel uomo, ma c’era qualcosa nella frase appena uscita dalle labbra di Dazai che non gli piaceva. Per niente.

 

“No, grazie”

 

Rispose prima d’infilarsi le mani in tasca e fare per andarsene.

 

“Ci saranno dei dolci”

 

Chuuya si fermò, era certo di aver capito male.

 

“Odasaku mi ha invitato per fare dolcetto e scherzetto con i mocciosi, sai questa è la notte di Halloween e come hai ricordato tu stesso sono mascherato da mummia”

 

Rispose mostrandogli con orgoglio i bendaggi. Chuuya sbuffò

 

“Non ho voglia di fare il baby sitter mentre voi amoreggiate in un angolo”

 

Quella frase ebbe il magico potere di zittire Dazai per qualche secondo.

 

“Non avremmo amoreggiato in un angolo” sottolineò il giovane dirigente.

 

“Odasaku non vuole dire nulla ai bambini, cioè non è che ci sia qualcosa da dire.”

 

Era leggermente arrossito e Chuuya fu fiero di se stesso, mettere in difficoltà Dazai era il suo sport preferito. Non era al corrente di tutti i dettagli riguardanti il rapporto tra quell’idiota e il suo amico, ma sapeva abbastanza. Ad esempio che il moro era cotto di lui, e per qualche motivo che andava oltre la sua comprensione, sembrava essere ricambiato. Si avvicinò lentamente a Dazai.

 

“Fammi strada”

 

Un anno dopo...

 

Chuuya osservava distrattamente i bambini correre per le strade di Yokohama, mentre era di ritorno da una missione. Akutagawa era con lui ma non aveva ancora detto una parola da quando avevano lasciato il Quartier Generale.

 

Ripensò controvoglia all’anno prima quando Dazai lo aveva trascinato da Odasaku.

 

Alla fine era stato di parola, avevano passato la serata ad abbuffarsi di dolci e giocare ai videogame con quegli orfani. Odasaku aveva preparato la cena. Solo a tarda serata, quando Chuuya aveva deciso di lasciare l’abitazione, Dazai non lo aveva seguito. Era rimasto. Forse il rosso ci era rimasto male al momento. Non lo sapeva e di certo non voleva indagare sul senso di fastidio che aveva provato nel intercettare certi scambi di sguardi tra quei due.

 

Tornò alla realtà.

 

Oda Sakunosuke era morto, e da qualche mese anche di Dazai si erano perse le tracce. Lui era stato promosso a dirigente e il mondo stava continuando ad andare avanti come sempre. Allora perché quell’idiota continuava ancora ad occupare giorno e notte i suoi pensieri? Perché non riusciva a toglierselo dalla testa?

 

Ovviamente non poteva farne parola con nessuno. Men che meno con Akutagawa. Pensò che in fondo anche quel ragazzino stesse soffrendo, aveva sempre idolatrato Dazai. Il moro invece aveva abbandonato tutti loro, senza pensarci due volte. Chuuya poteva ricordare benissimo la notte in cui aveva trovato la sua amata auto in fiamme e l’altro capo del letto vuoto. Dazai aveva scopato con lui solo per soffocare il dolore provocato dalla morte di Oda e poi l’aveva lasciato. Doveva solo accettarlo.

 

“Su muoviti, ho voglia di tonare al lavoro”

 

Mormorò in direzione di Akutagawa. Il ragazzo lo seguì.

 

Quattro anni dopo..

 

Dazai gli tolse la maschera dal viso prima di chinarsi e baciarlo con passione. Chuuya lo lasciò fare, alzandosi inconsciamente sulle punte per andargli incontro, intrecciando le braccia intorno al suo collo.

 

Si erano entrambi infiltrati ad una serata di gala organizzata da una delle tante agenzie di facciata della Port Mafia. Dazai ovviamente sotto copertura per l’Agenzia e il rosso per i suoi. Come sempre avevano finito con il dover collaborare. Stava capitando sempre più spesso e, sempre più spesso il risultato era quello: loro due avvinghiati che finivano per consumare la loro passione nel vicolo o nella stanza più vicina.

 

Chuuya aveva perso il senso della realtà, forse complici un paio di bicchieri di champagne che si era scolato prima d’incontrare il moro. Non gli importava. Tutta la sua attenzione era concentrata su Dazai che lo stava spogliando con foga, mentre cercava di fare lo stesso.

 

“Ahi. Mi hai appena morso Chibi?”

 

Chiese il moro prendendosi il collo con fare melodrammatico. Chuuya gli sorrise mostrandogli i canini finti per poi levarseli e gettarli da qualche parte dietro di sé.

 

“Questa notte sono un vampiro. Ritieniti fortunato se uscirai da qui solo con quel morso”

 

Dazai rise prima di tornare a baciarlo. Non servì aggiungere altro.

 

“A cosa stai pensando?”

 

Era passata qualche ora, si erano appisolati, stretti in un abbraccio scomposto. La domanda di Dazai aveva spezzato il silenzio che come sempre lì accompagnava dopo un amplesso. Chuuya si fece più vicino, come se sentisse improvvisamente freddo.

 

“Ripensavo all’ultimo Halloween che hai passato alla Port Mafia”

 

Dazai fece finta di pensarci per qualche secondo. Ma il rosso sapeva che stava solo facendo apposta. Stava prendendo tempo.

 

“Quando ti ho invitato da Odasaku?”

 

“Già. Quanti anni sono...”

 

“Quattro anni”

 

Rispose ancora prima che l’altro potesse terminare la frase.

 

“Odasaku è morto da quattro anni”

 

“E da altrettanto tempo siamo diventati amanti”

 

Chuuya non aveva resistito. Gli era uscito dalle labbra. Non era un’accusa. Non voleva esserlo. Era più che altro una constatazione.

 

“Chissà che penserebbe Odasaku di noi”

 

Fu la risposta di Dazai accompagnata da un sorriso che Chuuya non sapeva davvero interpretare.

 

“Non credo di essergli mai stato molto simpatico”

 

“Ti adorava”

 

“Non prendermi per il culo”

 

“Linguaggio. Comunque non sto scherzando Chibi. Odasaku pensava fossi il partner perfetto per me”

 

Poi scoppiò a ridere. Chuuya gli tirò un cuscino in testa.

 

“Diceva che insieme eravamo qualcosa di letale. Sai ci aveva visto in azione durante il conflitto Testa di Drago. Aveva grande stima di te”

 

“Lo ami ancora?”

 

Non voleva chiederglielo così, ma come sempre aveva seguito l’istinto. Era una domanda che da tempo non gli dava tregua, voleva saperlo.

 

“Chuuya. Odasaku è morto. Non potrà tornare indietro”

 

“Non girarci attorno. Rispondi alla domanda”

 

“Devo molto a Odasaku. Se ho cambiato vita lo devo a lui”

 

“Non me lo ricordare”

 

“Comunque ora penso di essermi innamorato di qualcun altro. Sai, ho provato a resistere ma penso sia stato inevitabile”

 

“Non vorrei mai conoscere quel disgraziato”

 

“Oh Chuu ma lo conosci”

 

“Davvero?”

 

“Sei tu”

 

Così Halloween divenne una festa che Chuuya non avrebbe più dimenticato. Il giorno in cui Dazai gli confessò di essersi innamorato di lui.

 

 

 

 





 

 

E con questo si conclude il Writober!!! Sono contenta di essere arrivata fino alla fine. Ringrazio tutti quelli che hanno letto, soprattutto chi ha speso qualche minuto a commentare. Non ci credo ancora che sia davvero finito, un po' ammetto che mi mancherà XD

 

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