Flight AA199 - A new beginning

di andekry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Volo AA199 ***
Capitolo 2: *** Feeling good ***



Capitolo 1
*** Volo AA199 ***



VOLO AA199

"Mamma", ridacchiò, "ti prometto che starò bene." Alzò gli occhi al cielo, accennando un sorriso mentre sua madre l'abbracciava per l'ennesima volta.

"Lo so, tesoro, sono solo preoccupata. Hai preso il passaporto? E il biglietto?" si staccò e cominciò a metterle a posto i capelli.

"Sì, mamma", sospirò, "ho preso tutto e ho già fatto il check-in online. Devo solo far imbarcare le valigie." Tirò su la spallina dello zaino e cercò di calmare sua madre e le sue mani che le ronzavano attorno alla faccia. "Papà fai qualcosa per favore."

"Clarissa, ha 19 anni, se la caverà benissimo", disse il padre Tom poggiando le mani sulle spalle della moglie, tentando di tranquillizzarla. Poi guardò la figlia con un sorriso e un pizzico di nostalgia negli occhi. "Mi mancherai, formichina", disse dolcemente con la voce leggermente rotta dal pianto.

"Non la smetterai mai di chiamarmi così, vero?" si avvicinò e lo abbraccio appoggiando la testa sul suo petto.

"Mai", sussurrò Tom accarezzandole la testa.
La ragazza si allontanò e li guardò entrambi cercando di trattenere le lacrime. "Mi mancherete, abbiate cura di voi."

***

Mancava solo mezz'ora all'inizio dell'imbarco, ma quella mezz'ora sembrava durare in eterno. Era seduta di fronte alla vetrata che dava sulle piste e osservava gli aerei decollare, atterrare, osservava i marshaller lavorare, mentre teneva in mano il passaporto e il biglietto, e lo zaino sulla poltrona di fianco a lei. Picchiettava il piede a ritmo di Feel So Close di Calvin Harris che suonava nei suoi AirPods. Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si era accorta del ragazzo che tentava di attirare la sua attenzione. Cercava di usare le parole ma il volume della musica era troppo alto perché lei lo sentisse, così picchiettò il dito sulla sua spalla, il che la fece sussultare. Lei si tolse una cuffia e si voltò verso di lui. Sembrava avere la stessa età della ragazza; era alto, forse 1.85, e aveva i capelli castano scuro, con un ciuffo che tendeva leggermente a sinistra. Indossava una felpa nera semplice e dei bermuda dello stesso colore, mentre ai piedi portava delle semplici Air Max. Gli occhi sembravano azzurri, anche se la ragazza non riuscì subito a vederli bene.

"Scusa se ti disturbo, volevo solamente chiederti se potevi togliere lo zaino dalla poltrona." disse in inglese, facendo un mezzo sorriso di cortesia. "Vorrei sedermi."

"Oddio, scusami, certo!" rispose lei mortificata, spostando immediatamente lo zaino e mettendolo per terra tra le sue gambe.

Le labbra del ragazzo si unirono in una linea sottile che andava a formare un sorriso imbarazzato e fece un cenno con la testa. "Grazie." si sedette di fianco a lei, poggiando il suo zaino per terra, per poi appoggiarsi allo schienale. "Prima volta a New York?"

La ragazza si tolse anche l'altro AirPod e mise entrambi gli auricolari nella loro custodia. "No, in realtà sono nata lì. Mia madre è di New York, ma ci ho vissuto solamente per due anni. Mio padre è di Milano e ci siamo trasferiti qui quando ero ancora una bambina." disse abbassandosi per infilare le cuffie nella tasca dello zaino.

"Figo", disse il ragazzo con un'espressione compiaciuta. "Ecco perchè il tuo inglese è ottimo. Mi sembrava strano che una persona italiana avesse una pronuncia così buona."

Lei si voltò aggrottando le sopracciglia, confusa.

"Non fraintendermi, non sto dicendo che gli italiani non sappiano l'inglese, ma", si passò una mano sul collo visibilmente a disagio, "da quanto ho potuto constatare durante questa mia vacanza, la vostra pronuncia lascia un po' a desiderare."

La ragazza assunse un'espressione lievemente infastidita e lo guardò dritto negli occhi. "Posso chiederti quante lingue parli tu?"

"L'inglese e qualche parola in spagnolo, perchè?" la guardò socchiudendo gli occhi.

"Conosci solo una lingua e hai il coraggio lamentarti della pronuncia di una persona che probabilmente, anzi quasi sicuramente, ne sa più di una?" domandò lei scocciata. "The audacity."

Il ragazzo aprì la bocca, cercando le parole giuste per difendersi, ma non ce n'erano. "Però l'inglese è una lingua internazionale, dovrebbero conoscerla tutti. E anche bene. Magari tu potresti insegnarmi l'italiano." alzò le sopracciglia con le labbra che formavano un ghigno.

Lei alzò gli occhi al cielo, visibilmente irritata, mentre si appoggiava allo schienale della poltrona. "Scaricati Duolingo."

"Attenzione. Il volo AA199 diretto all'aeroporto JFK di New York sta cominciando l'imbarco. Imbarcheremo i gruppi in ordine crescente. Trovate il numero del vostro gruppo sulla carta d'imbarco. Vi preghiamo di rispettare la suddivisione e di presentarvi con la carta d'imbarco e il passaporto già in mano. Grazie."

La ragazza infilò il telefono nella tasca della sua felpa e si alzò, afferrò il suo zaino e se lo portò sulla spalla. Guardò il ragazzo per un'ultima volta. "E' stato un piacere conoscerti." Forse, pensò. Senza dargli il tempo di rispondere, si incamminò verso la fila dei numerosi passeggeri diretti a New York, controllando il numero del suo gruppo. Si mise in fila anche lei, aspettando il suo turno e controllando ogni tanto il telefono.

"Certo che potevi almeno presentarti, tesoro. O per lo meno darmi il tempo di rispondere prima che te ne andassi."

Lei chiuse gli occhi e sospirò irritata, prima di voltarsi e guardare il ragazzo in faccia. "Hai intenzione di starmi addosso per tutto il viaggio?"

Lui rise, probabilmente la trovava divertente. "Dipende. In che gruppo sei?"

La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi si decise a rispondere. Lui avrebbe sicuramente insistito. "Gruppo 5."

Il ragazzo spalancò la bocca, ma lei non riusciva a capire se fosse davvero sorpreso.

"Anche io, che coincidenza", e rise ancora. Per quanto lei già non lo sopportasse, doveva ammettere che aveva davvero un bel sorriso. In realtà, era proprio un bel ragazzo, ma gli apprezzamenti si limitavano esclusivamente all'aspetto fisico. "Magari avremo anche i posti vicini sull'aereo."

Lei scosse la testa, girandosi di nuovo e facendo qualche passo avanti mentre la fila avanzava. "Non dare al destino strane idee."

***

Posto 19A. 
Tirò fuori dallo zaino il necessario per il viaggio e lo mise nella cappelliera sopra la sua testa, prima di sedersi al suo posto al finestrino. Tirò fuori il telefono e scrisse a sua madre per aggiornarla e dirle che tutto stava andando bene. Ma quando alzó lo sguardo, subito incrociò quello del ragazzo che aveva conosciuto non molto prima al gate. Si stava avvicinando sempre di più controllando di volta in volta il numero del posto sul biglietto. "19B", disse.

Lei sgranò gli occhi, del tutto incredula. Non voglio crederci, pensò portandosi una mano sulla fronte.

Il ragazzo la guardò e scoppiò in una sonora risata, divertito dalla situazione. "A quanto pare non mi sbagliavo", e alzò lo zaino per riporlo nella cappelliera. Dopodiché si sedette al suo posto, proprio quello di fianco alla ragazza. "Non è giusto, il finestrino lo volevo io", fece labbruccio.

"Te lo cedo volentieri se prometti di non stressarmi durante il viaggio", sbuffò.

"Nah, puoi tenertelo", disse facendo un gesto con la mano e giocherellando con il cuscino e la coperta che si trovavano sul sedile e che la compagnia offre a ogni passeggero per i viaggi di  lunga tratta. "E non prometto nemmeno di darti fastidio durante il volo", disse con un ghigno voltandosi verso di lei.

Ottimo, pensò la ragazza, devo farmi 8 ore di viaggio con uno sbruffone di fianco.

"Dai, piccola", la stuzzicò col gomito, "sto scherzando."

"Piccola?" si poteva leggere l'irritazione sul suo volto, "ma chi ti credi di essere?"

Lui appoggiò la testa al sedile, chiudendo gli occhi. "Certo che sei permalosa", aprì solo un occhio per vedere la sua reazione. "So dramatic!" disse poi trattenendo una sorriso.

"Come scusa?" alzò le sopracciglia sorpresa dall'audacia del ragazzo.

Lui sorrise, senza dire nulla. Tenne la testa appoggiata al sedile e gli occhi chiusi e ci furono trenta secondi di silenzio. "Quindi", si voltò verso di lei, "come ti chiami?"

"Zoey."

Il ragazzo accennò un sorriso e allungò la mano. "Bel nome. Io mi chiamo Kai."

 

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Capitolo 2
*** Feeling good ***


https://www.youtube.com/watch?v=JcTxw2v4_nw&ab_channel=SabrinaMarra
Feeling Good
 

"Kai?" chiese Zoey "che razza di nome è Kai?"

Il ragazzo ridacchiò e si accarezzò le cosce. "E' il diminutivo di Malachai."

Zoey inclinò la testa da un lato, perplessa. "E Malachai dovrebbe essere un nome più normale?"

Kai sbuffò. Stava cominciando a irritarsi. "Sempre meglio di un nome banale come Zoey", disse a bassa voce per non farsi sentire.

"Cosa?" domandò Zoey, cercando di capire cosa avesse detto.

"Niente, lascia perdere", Kai sospirò tirando fuori dalla tasca della sua felpa il cellulare. L'aereo sarebbe dovuto decollare tra dieci minuti. 

Zoey non insistette. Voleva solo che l'aereo partisse, voleva solo arrivare a New York, prendere un taxi e farsi lasciare all'appartamento dove avrebbe alloggiato per i prossimi quattro anni. Aveva trovato una stanza in un appartamento non molto lontano dal college e che avrebbe condiviso con altre due ragazze. Fremeva all'idea che finalmente poteva vivere senza i genitori, che finalmente sarebbe stata autonoma, libera di fare le sue scelte. 

Passarono quindici minuti e il comandante di volo annunciò che erano pronti per decollare, mentre le hostess, come da rito, davano le indicazioni sulla sicurezza a bordo. 

Erano le dieci e mezza del mattino, il che significava che, al suo arrivo, a New York sarebbe stato mezzogiorno. Zoey si appoggiò allo schienale, guardando fuori dal finestrino, mentre l'aereo prendeva velocità sulla pista. Accennò un sorriso non appena sentì il velivolo prendere il volo. La sua nuova vita era ufficialmente iniziata. 

***

Kai si stiracchiò di fianco a lei, sbadigliando e strofinandosi gli occhi. "Mi ci voleva proprio una bella dormita", disse più a se stesso che alla ragazza. Controllò l'ora sul suo orologio da polso e si mise in ordine i capelli. Aveva dormito poco più di due ore da quando erano partiti. "Non dirmi che mi sono perso il pranzo", si lamentò guardando il vassoio di fronte a Zoey.

"Okay, non te lo dico", Zoey mandò giù una forchettata di pasta al sugo.

Kai socchiuse gli occhi infastidito. "Non sei per nulla simpatica."

La ragazza scosse la testa roteando gli occhi. "Rilassati, poppante. L'hostess è passata poco fa, molto probabilmente passerà di nuovo."

"Sei sempre così dolce, Zoe?" chiese Kai aprendo il tavolino davanti a lui.

"Il mio nome è Zoey." rispose secca.

"Zoey, Zoe", disse il ragazzo picchiettando le dita sulla sua gamba, "stessa cosa."

"Okay, Kyle. Zoey sperava di averlo infastidito abbastanza.

Kai sbuffò e si voltò a guardarla per qualche secondo. "Stai zitta", disse semplicemente.

Zoey prese un'ultima forchettata di pasta. "Volentieri, è sempre meglio che dover parlare con te."

***

"Buongiorno, fiorellino" mormorò Kai non appena Zoey si svegliò. Si era addormentata poco prima e durante il sonno si era inconsapevolmente appoggiata alla spalla del ragazzo. "Sono comodo?"

Non appena si rese conto di aver dormito addosso a Kai, Zoey si alzò di scatto, cercando di sedersi composta sul suo sedile, ma chiunque avrebbe notato l'imbarazzo sul suo volto, che lentamente diventava sempre più rosso. "Quanto ho dormito?" chiese impacciata e tirò fuori il telefono e iniziò a specchiarsi sullo schermo, cercando di sistemarsi i capelli e il mascara sbavato sotto l'occhio sinistro.

"Tre ore", rispose Kai scrollando le spalle e mettendosi a posto la felpa, "spero tu non mi abbia sbavato addosso."

"Tre ore?!" urlò la ragazza voltandosi a guardarlo incredula.

Kai allungò la mano e le accarezzò la testa per prenderla in giro. "Quasi quattro, se vogliamo essere precisi. Circa tre ore e mezza." Le diede poi due colpetti sopra il ginocchio. "Ma no, tranquilla, non mi hai dato fastidio."

"Prima di tutto", disse Zoey a denti stretti tirando una gomitata al ragazzo, "non mi toccare. Seconda cosa, avresti potuto svegliarmi."

Kai si massaggiò il braccio sul punto dove la ragazza l'aveva colpito con il gomito. "Prima di tutto, ahia. Seconda cosa, avrei dovuto svegliarti e rompere quel silenzio magnifico che c'è quando non parli?"

Zoey tirò un profondo respiro tentando di mantenere la calma. Se avesse potuto, gli avrebbe tirato un pugno in pieno volto. Tecnicamente posso, pensò. No, Zoey. Stai calma. "Quando mai ho deciso di prendere questo aereo!" e tirò fuori dalla tasca della sua felpa le AirPods. Aprì la custodia ed estrasse gli auricolari per poi portarseli alle orecchie.

"A proposito", Kai si appoggiò con il gomito sul bracciolo del sedile, "come mai stai andando a New York?"

La ragazza sbuffò, insultando il ragazzo nella sua testa. Voleva solo ascoltare della musica, ma era evidente che lui non l'avrebbe lasciata in pace nemmeno per cinque minuti. L'unico momento di tranquillità era stato quando Kai aveva dormito per circa due ore all'inizio del volo. "College", disse secca.

Kai sorrise. "Anch'io frequento il college a New York."

"Emozionante, Kai", Zoey fece un finto sorriso. "Chi l'avrebbe mai detto?"

"In che college sei entrata?" chiese curioso il ragazzo, appoggiando il mento sul palmo della sua mano.

"Credo sia un'informazione troppo delicata da dare ad un perfetto sconosciuto", strinse le labbra e fece spallucce. "Per quanto ne so io, potresti anche essere un serial killer, come Jack Lo Squartatore."

Kai scoppiò a ridere portandosi una mano sulla pancia. "Non fare la misteriosa e dimmelo, magari andrai al mio stesso college."

"Ci sono più di dieci college a New York, Kai. Ne dubito." Zoey cominciò a scorrere la sua libreria musicale, in cerca di qualcosa da ascoltare. "Ora posso ascoltare un po' di musica o vuoi continuare a interrompermi?"

Kai alzò gli occhi al cielo e allungò la mano. Rubò un AirPod alla ragazza e se lo infilò nell'orecchio. "Che cosa vuoi ascoltare?"

Zoey si allungò cercando di riprendersi il suo auricolare ma Kai evitava ogni suo singolo movimento, al che la ragazza si arrese e tornò ad appoggiarsi allo schienale del suo sedile. Scorse ancora per qualche secondo la sua libreria musicale e alla fine scelse Feeling Good di Michael Bublè. 

"Dio, amo questa canzone! Birds flying high, you know I feel.." Kai appoggiò la testa sullo schienale e cominciò a cantare a bassa voce, tenendo gli occhi chiusi. 

Zoey si voltò a guardarlo con un'espressione compiaciuta scolpita in volto, piacevolmente sorpresa dal fatto che il ragazzo sapesse cantare. Osservava la sua mano picchiettare a ritmo sulla sua gamba e notò un anello argento con incisa quella che sembrava essere una data. Strizzò gli occhi cercando di leggerla, ma era troppo lontano e troppo piccola perchè Zoey riuscisse a capire cosa ci fosse scritto. Probabilmente è il giorno in cui si è fidanzato, pensò lei. Ma non chiese nulla, in fondo non le importava davvero. Si appoggiò al bracciolo, quello vicino al finestrino e cominciò a guardare fuori, mentre le note della canzone risuonavano nelle cuffie e Kai continuava a cantare imperterrito. Per la prima volta, la sua voce non le dava fastidio, anzi era quasi un piacere ascoltarlo. Okay, senza il quasi.

"Adoro questa parte. It's a new dawn, it's a new day, it's a new life, it's a new life, for me. And I'm feeling good!" Kai era totalmente coinvolto nella canzone e tutto il suo corpo si muoveva a ritmo. 

Anche Zoey si era lasciata andare e nel frattempo pensava alle parole. Era una nuova alba per lei. Un nuovo giorno. Una nuova vita. E, nonostante l'incontro con Kai, si sentiva bene.
 



SPAZIO AUTRICE:
Ecco il primo spazio autrice di questa ff. Non ho molto da dire in realtà, volevo solo salutarvi e dire che spero vi piaccia come si sta evolvendo la storia finora. Se vi sembra lenta, per favore restate perchè ci saranno davvero tanti colpi di scena. Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, anche negativa. Non me la prendo, purchè sia costruttiva e non un semplice "scrivi di m***a" o "la tua storia fa schifo". In realtà non mi va bene neanche un semplice "non mi piace", mi farebbe piacere anche sapere il motivo, cosicchè io possa lavorare per migliorare la storia. Detto questo, nulla, fatemi sapere.
Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio di aver letto.
xx

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