Tu sei Tu

di _tuseitu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Riccardo ***
Capitolo 2: *** Alba ***
Capitolo 3: *** 3.Riccardo ***
Capitolo 4: *** 4.Alba ***
Capitolo 5: *** 5. Riccardo ***
Capitolo 6: *** 6. Alba ***
Capitolo 7: *** 7. Riccardo ***
Capitolo 8: *** 8. Alba ***
Capitolo 9: *** 9. Riccardo ***
Capitolo 10: *** 10. Alba ***
Capitolo 11: *** 11. Alba seconda parte ***
Capitolo 12: *** 12. Riccardo ***
Capitolo 13: *** 13. Alba ***
Capitolo 14: *** 14. Riccardo prima parte ***
Capitolo 15: *** 15. Riccardo seconda parte ***
Capitolo 16: *** 16. Alba ***
Capitolo 17: *** 17. Riccardo ***
Capitolo 18: *** 18. Alba ***
Capitolo 19: *** Riccardo ***
Capitolo 20: *** 20. Alba ***
Capitolo 21: *** Riccardo ***
Capitolo 22: *** 22. Alba ***
Capitolo 23: *** 23. Riccardo ***
Capitolo 24: *** 24. Alba ***
Capitolo 25: *** 25. Riccardo ***
Capitolo 26: *** Alba ***
Capitolo 27: *** 27. Riccardo ***
Capitolo 28: *** 28 Alba ***
Capitolo 29: *** Riccardo ***
Capitolo 30: *** 30 Alba ***
Capitolo 31: *** 31 Riccardo ***
Capitolo 32: *** 32 Alba ***
Capitolo 33: *** 33 Riccardo ***
Capitolo 34: *** Alba ***



Capitolo 1
*** 1. Riccardo ***


Riccardo
Il termometro segna 3 gradi.
L'orologio segna le 06:00.
È ancora buio.
Ho appena terminato il turno di notte di quello che è stato il mio ultimo giorno di lavoro in questo ospedale.
Qualche giorno fa ho ricevuto una telefonata di mia madre.
Mi ha chiesto di ritornare a casa, nel nostro piccolo paesino di provincia.
Questa è mia madre, Irene.
Un casino che cammina.
Quarantadue anni all'anagrafe, quindici nella vita reale.
Ho perso il conto delle volte in cui ho l'ho tirata fuori dai guai: dalle relazioni sbagliate ai problemi economici.
< Riccardo, io ho solo t e> - ha sussurrato. Non mi ha nemmeno dato il tempo di replicare che aveva già riattaccato.
Quante volte l'ho sentita questa frase in ventiquattro anni?
Tre parole che mi rimbombano in testa da sempre.
Tre parole che pesano un macigno.
Tre parole che sottintendono la frase: “ Ho solo te perché quello stronzo di tuo padre ci ha abbandonati”
 
 
Mio padre se n'è andato di casa un giorno di diciotto anni fa.
Ha detto che partiva per lavoro, che sarebbe stato via qualche giorno e non è più tornato.
Poco tempo dopo abbiamo saputo che aveva cambiato città e che viveva già con un’altra donna: la sua segretaria.
Il solito cliché.
Non è mai stato un uomo originale.
E non si è dato nemmeno il tempo di provare a farlo il padre.
La sua assenza, però, mi ha insegnato delle cose.
Mi ha insegnato che a volte sarei dovuto restare perché partire è la scelta più semplice.
Io me ne sono andato perché non riuscivo a vedere abbastanza in me stesso, non in cui mi stava accanto.
E me ne sono pentito perché forse, in alcune circostanze, avrei dovuto fidarmi, delle promesse, delle favole, dei per sempre.
 
Del tuo per sempre, Alba.
 

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Capitolo 2
*** Alba ***


Alba
 
Sono venti minuti che fisso l'immagine allo specchio.
C'è una ragazza con dei lunghi capelli biondi e gli occhi neri, un tubino nero e tacchi vertiginosi.
Non c'è nulla di strano, nulla che non vada, eppure mi chiedo se quella ragazza sia davvero io o solo una fotocopia sbiadita di me stessa.
Il vortice dei miei pensieri viene interrotto dal suono del clacson di un'auto.
È arrivata Francesca.
Mi ha convinta ad andare ad una di quelle stupidissime rimpatriate tra compagni di liceo.
Quanta ipocrisia!
In classe a stento riuscivamo a sopportarci, ma stasera saremo seduti insieme ad un tavolo a fingere di essere dispiaciuti di non essere rimasti in contatto e a dire che avremmo dovuto organizzare prima una serata come questa.


Francesca sorride e iniziamo a parlare e a chiederci come saranno diventati alcuni dei nostri compagni.
Parliamo della secchiona che era sempre in prima fila e non lasciava copiare nessuno, del ragazzo straniero che si fermò in classe con noi per pochi mesi e delle pettegole della classe che non facevano che darci il tormento.
Improvvisamente mi balena un pensiero in testa.
Come ho fatto a non pensarci prima?!?
"Francesca, sai se ci sarà anche Riccardo?" - chiedo.
"Ma figurati! Chissà in quale parte del pianeta sarà andato?!" - dice ironica.
"Si, hai ragione" commento e abbozzo un sorriso di circostanza.
Perché non posso fare altro.
Perché non posso certo dire a Francesca che ogni giorno anch’io mi chiedo dove sia.
 
Però, sai una cosa, Riccardo?
Non voglio sapere dove sei.
L'importante è che tu non torni.
 
Per la cena i nostri amici hanno scelto un ristorantino molto caratteristico.
Ci sono tavoli e panche di legno.
Su ogni tavolo c'è un vaso con dei fiori di lavanda.
In lontananza, io e Francesca intravediamo qualcuno dei nostri compagni e ci avviciniamo al nostro tavolo.
Dopo i soliti convenevoli, prendiamo posto.
Noi due siamo sedute alla fine del tavolo e accanto a me è rimasto un posto libero.
"Che dite? Ci siamo tutti?" - urla una voce dal fondo.
"No , ragazzi, aspettate, manca Riccardo. Mi ha scritto che sta per arrivare>" - risponde Elia.
 
Una doccia fredda.
Un fulmine a ciel sereno.
Un colpo al cuore.
No, non sono pronta.
Non posso rivederlo.
Sono passati cinque anni dall’ultima volta.

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Capitolo 3
*** 3.Riccardo ***


RICCARDO

Sono tornato da appena due giorni e l'ultima cosa che immaginavo era di stare seduto di fianco ad Alba in un locale.

Alba non mi parla.

Non mi guarda.

Non mi saluta.

Lei mi punisce così.

Eppure, io stasera non riesco a toglierle gli occhi di dosso.

La guardo di nascosto: i capelli biondi, il neo sul mento, le dita sottili, i seni piccoli, le spalle da ballerina classica.

“Forza, Alba è il tuo turno. Raccontaci un po’ di te” - la incalza un nostro compagno.

Racconta di essere iscritta all’ultimo anno di scienze della formazione, che i bambini le piacciono da impazzire e che sta per diventare zia.

“E Carlo? Stai ancora con lui?”

“Si, assolutamente. Non potrei chiedere di meglio. Contiamo di sposarci tra qualche anno!”

Cosa? Lo vuole sposare?

La sento parlare e non la riconosco.

Può il tempo cambiare così tanto una persona?

No.

Per me, no.

Alba, forse non è così importante ciò che dici se intanto i tuoi occhi stanno gridando altro.

Perché gli altri potranno anche non accorgersene, ma io no.

Io, i tuoi occhi, li conosco a memoria.

Esco a fumare una sigaretta.

Mi sento soffocare e mi chiedo perché, a distanza di anni, debba sentire tutto questo ogni volta che la vedo.

Mi sento uno stupido.

Ho passato cinque anni a scappare da queste sensazioni.

Milano, Londra, Torino, ancora Milano e non sono riuscito a togliermela della testa.

Come posso credere di riuscire a farlo restando qui dove tutto é iniziato?

Quando rientro, alcuni dei nostri amici si sono alzati, altri sono andati via.

Lei, invece, è ancora lì, con una mano tra i capelli e gli occhi che fissano un punto indefinito.

“E così ti sposi?” le dico.

Sussulta.

Abbassa lo sguardo.

Il linguaggio del corpo ci mette un attimo a tradirti.

“Già! Con Carlo va alla grande…quindi..”

“Immagino. Carlo è …”

“Carlo c'è sempre stato per me!”

Me lo vomita addosso così, senza preavviso, senza giri di parole.

E per un attimo mi sembra di rivedere l'Alba che ho sempre conosciuto io.

“Io, invece, no. Stavi per dire questo?”

“Io non ho detto nulla”

Si mette sulla difensiva e mi accorgo di essere andato oltre.

“Scusami, posso farmi perdonare con un ballo?”

Sorride ed è già una conquista.

“Sai, gira voce che tu sia una bravissima ballerina”

Le tendo la mano.

“Sì, ma solo uno, perché sono piuttosto arrugginita!”

Afferra la mia mano e stavolta a sorridere sono io.

E mi sembra di ritornare a quando avevamo diciassette anni e ci sentivamo invincibili.

A quando il nostro amore lo scrivevamo sui muri.

Chissà se c'è ancora da qualche parte la nostra scritta o se è stata cancellata dal tempo?

Alba e Riccardo 4ever.

A quando ancora credevamo che il nostro amore sarebbe durato tutta la vita

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Capitolo 4
*** 4.Alba ***


ALBA
Sento una scossa lungo tutto il corpo.
Le mani di Riccardo tra le mie, poi sui miei fianchi, tra i miei capelli.
Mi sembra quasi di essere sulle montagne russe mentre balliamo insieme.
Riccardo non mi toglie gli occhi di dosso.
E non è l'unico.
Mi accorgo che anche gli altri ci stanno guardando.
Chissà cosa staranno pensando di me, di “Dai, basta. Ci guardano”
“Non stiamo facendo niente di male”

Ne sei sicuro?
Perché io no, non ne sono affatto sicura, Riccardo.
Perché tu devi stare lontano da me.

La canzone non fa nemmeno in tempo a finire, che Maddalena mi ha già spinto via e si è avvinghiata a Riccardo.
“Un ballo con te non me lo merito? Sai, in nome dei vecchi tempi!” - ha ridacchiato.
Non dovrei provare nulla, eppure la sento, una strana sensazione, un fastidio.
Un qualcosa che non provavo più da tempo.
Gelosia?
No, no e poi no!
E di cosa, poi? Di chi?
Di qualcuno che non è più mio e che forse non lo è mai stato davvero?
Mi impongo di restare lì a guardarli ballare, perché ho bisogno di un motivo nuovo per odiarti Riccardo
Perché non puoi avere tutto questo potere su di me.
Perché io ti odio per quello che mi hai fatto.

Quando arriva il momento di andare via, Riccardo mi saluta con due baci sulle guance e mi sussurra qualcosa all’orecchio: “Sai, Maddalena non balla come te”
Sorrido.
“Se ti va possiamo prenderci un caffè in questi giorni?” - mi chiede.
Rimango sul vago, sicura del fatto che non ci andrò mai, visto che tra qualche giorno sicuramente se ne ritornerà da dove è venuto.
“Mi farebbe davvero piacere sapere quando sei libera, tanto abbiamo tempo… Questa volta sono tornato per restare"

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Capitolo 5
*** 5. Riccardo ***


RICCARDO
È passata una settimana dalla sera in cui ho rivisto Alba e non sono riuscito a togliermela dalla testa nemmeno per un secondo.
Quando sono a letto, non riesco a dormire. Mi chiedo dove sia, se anche lei mi stia pensando.
Non riesco a smettere di chiedermi se abbia raccontato a qualcuno che ci siamo rivisti, in che modo l'abbia fatto o se, invece, non abbia detto nulla, perché non è stato poi così importante per lei.
Non è servito nulla a distrarmi. Né fumare.
Né le uscite con Marco, né il colloquio di lavoro che ho tra qualche giorno.
È stata mia madre a trovare un contatto: uno dei suoi 'fidanzati' lavora in una clinica e stanno cercando degli infermieri, così ha fatto il mio nome.
Credo che in parte, me lo dovesse, se sono qui è solo a causa dei suoi investimenti sbagliati.
Ho sempre fatto di tutto per cercare di aiutarla. Appena ho iniziato l'università ho fatto il barista, il lavapiatti, il cameriere, ho fatto persino lo spogliarellista.
Fino a che non mi sono laureato e ho cominciato da subito a lavorare come infermiere in pronto soccorso.
Avrei voluto diventare un medico, una parte di me forse lo desidera ancora, ma sarebbe stato tutto più difficile.
Ora che ho lasciato il mio lavoro e il mio monolocale in affitto a Milano, mi sento un po’ perso.
Questo è il luogo dove sono nato e cresciuto, dovrei sentirmi a casa, ma qui non mi sento così.
L'unica cosa che assomiglia vagamente al sapore di una casa in questo posto è la presenza di Alba.
La sento dappertutto la sua presenza.
Quanti pomeriggi abbiamo passato a studiare insieme in questa stanza?
Con lei che traduceva le versioni di latino e greco e io che facevo le analisi testuali di letteratura, gli esercizi di inglese e i riassunti di storia dell'arte.
Quante sere ci siamo addormentati in questo letto e quante mattine ci siamo seduti a fare colazione insieme in cucina per poi correre a scuola?
Come ho potuto mandare all'aria tutto questo?
Non ho avuto il coraggio di restare, quando lei aveva più bisogno di me.
E adesso ne pago le conseguenze.
Perché pensavo che dopo cinque anni avrei dimenticato tutto.
E invece no.
Tutto è più vivo di prima.
Tutto fa più male di prima.

E tu come stai, Alba?
Sono le tre di notte e ti penso
Scrivo.
Invio.

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Capitolo 6
*** 6. Alba ***


ALBA

Non ho raccontato a nessuno di aver incontrato Riccardo alla cena, nemmeno a Carlo.
Non so perché gli sto mentendo.
Mi ha chiesto più volte in questi giorni se fosse successo qualcosa che mi avesse turbata alla cena.
Carlo…Carlo e la sua irrefrenabile voglia di proteggermi da tutto.
Quando capirà che non ho più bisogno di essere protetta?
Che so camminare da sola, che so prendere decisioni da sola, che deve lasciarmi sbagliare da sola.
Che potranno esserci delle volte in cui cadrò, ma che cercherò di rialzarmi.
Che non cadrò più nel baratro da cui mi ha tirata fuori cinque anni fa quando Riccardo se n'è andato.

Sono le 04:56 quando leggo il messaggio di Riccardo.
Non so come abbia avuto il mio numero di telefono.
E non so nemmeno perché mi venga da piangere di fronte a due semplici frasi.
‘Come stai, Alba? Sono le tre di notte e ti penso'
‘Riccardo perché sei tornato?’
Glielo chiedo senza giri di parole perché non ha il diritto di piombare nella mia vita così.
'E' difficile da spiegare. Spero che tu stia bene'
Enigmatico come sempre.
No, non sto bene.
Perché mi fai l'effetto di sempre.
Mi destabilizzi.
‘Ho bisogno di saperlo'
Gli scrivo.
‘Se ti fa stare più tranquilla, non sono tornato per te'

Stupida.
Stupida.
Mille volte stupida.

Sei sempre il solito stronzo, Riccardo.

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Capitolo 7
*** 7. Riccardo ***


RICCARDO
Sono un'idiota.
Più voglio avvicinarmi a lei e più non faccio altro che allontanarla da me.
Ho bisogno di parlarle, di dirle che, anche se, non sono tornato solo ed esclusivamente per lei, la sua presenza qui è l’unico motivo che mi spinge a restare.
Che non pensavo che il vederci, anche solo una sera, mi avrebbe portato a mettere in discussione le mie scelte passate, i miei sentimenti.
Eppure in questi anni ci sono sempre stati dei segnali.
Ad esempio, qualche mese fa ero a cena con una ragazza bionda e mentre la guardavo mangiare il sushi, ho pensato ad Alba, a tutte le volte che mangiavamo insieme a casa mia e a quanto lei detestasse il sushi. Così, dopo aver mangiato un primo di fretta, ho trovato una scusa per riportare quella ragazza a casa.
Non era la prima volta che mi succedeva.
Sono proprio queste cose, quelle più stupide, che mi impediscono di andare avanti.
È come se il mio posto non fosse accanto a nessuno da quando non sono insieme a lei.
Nonostante sia stato io ad andarmene.
Ricordo di essere rimasto fermo, immobile mentre lei mi supplicava di restare.
Non sono migliore di mio padre.
Me ne sono andato come un vigliacco perché stava diventando tutto troppo grande, troppo importante, ché ho avuto paura.
Ho avuto paura che il nostro amore si esaurisse, che lei si rendesse conto della persona che sono, perché io non me lo sono mai meritato un amore così incondizionato.
Perché quelli come me sono fatti per essere abbandonati.
E allora ho voluto batterla sul tempo, l'ho lasciata io.
E non perché non l’amassi, perché volevo che stesse lontana da una persona come me.
E adesso?
Non so, se con il tempo, sono diventato un uomo migliore. Forse solo più consapevole di quello che sento.
E una cosa mi è chiara come il sole.
Non ti ho mai dimenticata, Alba

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Capitolo 8
*** 8. Alba ***


ALBA

Quando Riccardo se n'è andato, nulla aveva più senso.
Ho smesso di uscire, di studiare, di mangiare.
Riuscivo solo a piangere.
Di mattina, di pomeriggio, di notte.
A volte ci piango ancora.
A volte, dopo che faccio l'amore con Carlo, mi chiudo in bagno, mi siedo a terra con le ginocchia al petto e piango.
Perché mi sento sbagliata, perché non provo nulla, perché nella mia testa faccio continui paragoni con Riccardo.
Altre volte succede quando ascolto una canzone. Bastano poche note e mi perdo nei nostri ricordi fatti di gite scolastiche, di pomeriggi interi passati a studiare o nella scuola di danza, di sere abbracciati su un motorino sgangherato.
E per un attimo, mi dimentico il dolore, penso solo a quanto di bello abbiamo vissuto.
Poi però, mi ricordo di tutto. Del pomeriggio in cui se n'è andato, delle urla, del suo 'Lo vuoi capire che non ti amo?’, delle lacrime, dei cocci che ha raccolto Carlo. Perché se sono andata avanti, è solo grazie a lui.
È stato paziente, gentile, rispettoso.
Mi ha sempre amata, non si è mai arreso, non è mai scappato.
Nemmeno quando avrebbe avuto tutte le ragioni per farlo.
Così ho pensato che lui fosse la persona giusta per me.
Ci siamo messi insieme, ma in quasi cinque anni, non ho mai provato con lui le stesse sensazioni che provavo per Riccardo.
Ho sempre attribuito tutto questo al fatto che fosse una storia diversa quella con Carlo, una storia più matura.
Solo adesso, so che mi sono sbagliata.
Perché l'amore è uno.
Perché non esistono amori maturi e amori immaturi.
Perché quando ami qualcuno, lo ami e basta.
E ti sembra di essere su una giostra.
Tutto gira.
Tutto trema.
E io su quella giostra ci sono risalita la sera che ho rivisto Riccardo.

Lui e i suoi ricci.
Lui e i suoi tatuaggi.
Lui e i suoi occhi verdi.
Lui e la sua bellezza.
Come sono superficiale.
Ma no. Non è solo questo.
Riccardo è spavaldo, vuole sembrare forte a tutti i costi.
Fa l’arrogante, l'egocentrico e il narcisista.
Ma io so che non è così.
Che dietro tutto questo si nasconde un ragazzo dal cuore buono, delicato e maledettamente fragile.
Nei suoi occhi c'è un velo di tristezza, di dolore che nessuno potrà mai cancellare.
Nemmeno lui, per quanto si sforzi di essere quello che in realtà non é.

Sono patetica.
Continuo a pensare a lui, nonostante mi abbia fatto capire chiaramente che il suo ritorno non c’entra nulla con me.
Dovrei essergli grata.
Non ho nessuna voglia di sconvolgere la mia vita adesso.
Metto di fretta un leggings e una felpa.

Dico così ed esco.
Sento il vento tra i capelli e l’adrenalina in circolo nel mio corpo.
Cerco di scacciare i pensieri.
Ma non è così semplice, soprattutto adesso.
Adesso che Riccardo è di fronte a me in tenuta ginnica e bello come il sole.

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Capitolo 9
*** 9. Riccardo ***


RICCARDO
Ho passato giorni a sperare di rivedere Alba per poterle parlare e adesso che è di fronte a me non riesco a dire niente.
La felpa rosa, i leggings neri, i capelli raccolti in una coda alta.
Può qualcuno essere così semplice e così bello nello stesso tempo?
“Ciao” , dico.
Mi saluta appena e riprende a correre.
“Alba, aspetta… io volevo chiederti scusa. Mi spiace essere stato brusco per messaggio”
“Brusco? No, direi chiaro. Ma sono contenta che tu non sia tornato per me, spero ti troverai bene qui”
Abbasso lo sguardo.
Che devo dirti, Alba? Che sono un'idiota? Che non riesco a non pensare a te da quella sera?
Perché devi essere così fredda?
Non faccio in tempo a dire nulla, che veniamo colti da un temporale improvviso!
“Cavolo, piove!”
“Non è stata una grande idea venire a correre oggi con questi nuvoloni” - dico.
“Già, ma adesso devo correre davvero, altrimenti sarò zuppa!”
“Alba, siamo a due passi da casa mia, vieni da me”
“No, non è il caso”
“Solo per ripararti dalla pioggia. Appena smette di piovere, ti accompagno a casa tua o ci vai da sola, come vuoi tu”

Corriamo sotto la pioggia.
Da quanto tempo non mi sentivo così?
Libero.
Felice.
Mi sento così anche se non ci rivolgiamo una parola in questi pochi metri percorsi insieme.
Ma va bene lo stesso perché siamo sempre stati così noi due.
O tutto o niente.
E ora siamo niente.
Siamo diventati niente a causa mia.
“Riccardo, tua madre è in casa?”
Mi chiede sulla porta.
“No, lei non c’è. Non c’è mai, lo sai”

Appena entrati le faccio strada e mi sento stupido perché so che la strada la conosce benissimo.
“È rimasto tutto uguale” - sussurra.
“Che dici, vado a prendere degli asciugamani che siamo tutti bagnati?”
Li prendo dall'armadietto del bagno e mi tolgo la felpa bagnata.
“Tieni” dico e le porgo un’ asciugamani lilla.
Si scioglie i capelli e li tampona.
E penso che potrei restare ore a guardarla.
Mi accorgo che trema e le propongo di togliersi la felpa che è fradicia, ma come risposta ricevo un No secco e deciso.
“Alba, ti prenderai una brutta influenza. Toglietela, te ne presto una delle mie. Vado a prenderla”
“Io non voglio niente da te, Riccardo”
“Alba, ti prego, si tratta di una felpa”
“Voglio andare a casa”
“Sta ancora piovendo”

Vado in camera mia, cerco una felpa nell'armadio, nonostante mi rimbombino in testa le sue parole “non voglio niente da te”

Perché Alba?
Perché mi odi ancora così tanto?

“Tieni” - dico e la appoggio sul tavolo.
“Perché stai facendo tutto questo?”
Me lo chiede così, all'improvviso, senza nemmeno guardarmi, intenta com'è a fissare la pioggia scorrere lungo i vetri del balcone.
Allora mi faccio coraggio.
Mi avvicino a lei e appoggio le mie mani sulle sue spalle, la mia testa sul suo collo e finalmente glielo dico.
“Perché mi manchi”- le sussurro all’orecchio.
Lei si irrigidisce, ma non si allontana da me.
Le mie mani allora si posano sui suoi fianchi e la stringo.
“Mi manchi anche tu” - dice con filo di voce.
Si gira verso di me e ci guardiamo per un istante indefinito.
Vedo i suoi occhi lucidi, il suo naso perfetto, le sue labbra carnose e non riesco a resistere.
La bacio piano, la bacio come quando l'ho baciata la prima volta.
La bacio e tutto sembra avere un senso.
Perché Alba non mi respinge, mi bacia con una passione che quasi non riconosco in lei.
Ma mi piace e mi dà quella spinta per essere più audace: le bacio il collo e le sfilo la felpa rosa.
Ma improvvisamente si allontana da me.
“Basta. Che stiamo facendo?”
“Alba..”
Continuo a baciarle il collo.
“Riky basta, ti prego..”
La guardo confuso quanto lei, che intanto ha già afferrato la mia felpa e se l'è infilata di fretta.
“Alba, io…scusami…”
“Vado a casa, Riccardo. Ha smesso di piovere”
“Forse dovremmo parlare…”
“No. Io me ne vado e da sola. Ci metto dieci minuti a piedi”

Non la fermo.
La guardo andare via.
Di nuovo.
Ma stavolta è diverso.
Stavolta io resto.
Resto, nonostante tutto sia terribilmente complicato, perché io credo di amarti ancora Alba.
Di amarti più di prima.

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Capitolo 10
*** 10. Alba ***


ALBA
“L'amore incasina tutto”
L'ho letto da qualche parte, io, però, la riscriverei così questa frase: “Riccardo incasina tutto”
La mia vita. I miei progetti. La mia storia con Carlo.
Sono distesa sul letto con addosso ancora la sua felpa, senza riuscire a smettere di pensare a quanto sia stato assurdo quello che è successo qualche ora fa.
Cinque anni di silenzio spazzati via da un pomeriggio piovoso di dicembre e da un bacio pieno d'amore e di nostalgia.
Quanto mi sei mancato, Riccardo.
Quanto…quanto ti ho pensato in questi anni.
Quanto mi è mancato il tuo modo di stringermi, di guardarmi.
Solo tu mi hai sempre guardata in quel modo: dalla testa ai piedi con gli occhi colmi di desiderio.
Eppure, io mi sono sempre chiesta il perché.
Sai come sono fatta: ho bisogno di una spiegazione per tutto.
Perché io? Ci sono ragazze mille volte più belle di me, perché ti sei innamorato proprio di me, Riccardo? Tu, tu che potresti avere tutte le ragazze ai tuoi piedi?
Mi hai sempre preso in giro quando te lo dicevo.
Mi rispondevi sempre allo stesso modo.
Quattro semplici parole, solo nostre: “Perché Tu sei Tu”
E non sai quanto mi manca sentirtele dire.

Lo squillare del cellulare mi riporta alla realtà.
Due chiamate perse di Carlo.
Carlo.
Cazzo.
Mi metto la testa fra le mani.
L'ho tradito.
Ho baciato un altro e proprio Riccardo.
Come potrò guardarlo in faccia domani o parlare con lui al telefono questa sera?
Non dovrà sapere nulla. Infondo non è successo nulla di importante: conosco Riccardo, lui vuole solo giocare.
Non è vero che gli manco.
Lui non prova niente per nessuno.
“Alba è pronta la cena” - dice mio padre e si affaccia alla porta della mia camera.
“Papà, non mi va. Sono molto stanca stasera”
“Devi mangiare, Alba”
“Non mi sento bene. Ti prego, non mi va” - dico mettendomi su un fianco.
Papà si siede sul letto, mi poggia una mano sul viso e poi sulla fronte.
“Sei calda. Forse hai la febbre, ma non è solo quello, vero?”
Gli faccio un mezzo un sorriso mentre lui va a prendere il termometro.
“38.5 signorina! Avevo ragione”
Solo la febbre ci mancava.
“Oggi sono andata a correre, poi si è messo a piovere, avrò preso freddo”
“Già, ma secondo me, dietro questo visino triste di stasera, c'è dell’altro” - dice e si stende sul letto accanto a me.
“Papà non sono sicura di poterne parlare con te”
“Alba, amore, sai che puoi parlare di qualsiasi cosa con me”
“Papà è tornato Riccardo…è tornato per restare”
Rimane in silenzio e intravedo un'ombra di preoccupazione nei suoi occhi, che non riesce a nascondere.
“Non voglio che tu soffra”
Riesce a dire solo questo e mi abbraccia forte.
“Sei la mia bambina”
“Di 24 anni?”
Ci guardiamo ne scoppiamo a ridere, ma le nostre risate vengono interrotte dalla voce severa della mamma, che ribadisce che la cena è pronta e che oramai si è raffreddata.
“Alba ha la febbre. Resto qui a farle un po’ di compagnia, non preoccuparti per la cena”
“Lorenzo! Alba non ha più 4 anni da un pezzo” - dice e va via chiudendo la porta.
Voglio sparire.
Ci odia. Mi odia.
Lo so.
L'ho sempre saputo.

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Capitolo 11
*** 11. Alba seconda parte ***


Mia madre è una donna bellissima.
Ha un corpo perfetto, nonostante gli anni e due figlie.
È sempre impeccabile. È la tipica persona che non passa mai inosservata, che sa sempre cosa fare e cosa non fare.
Tranne crescere una figlia.
Tuttavia credo che sia una donna profondamente insoddisfatta per non essere riuscita a realizzare i suoi sogni e le sue aspirazioni, che sono stati ostacolati dalla nascita prima di mia sorella e poi dalla mia.
È per questo che non si comporta come una madre, ma come una rivale. Ritiene che oltre ad averle impedito di realizzare i suoi sogni, le abbiamo portato via anche l'amore di nostro padre.
Papà è il suo opposto.
È la persona più importante della mia vita.
Abbiamo un rapporto unico, che non cambierei per nessuna ragione.
Nonostante i vani tentativi di mia madre di minare a questo rapporto.

Più tardi mio padre esce dalla mia camera e io non faccio che girarmi e rigirarmi nel letto senza riuscire a prendere sonno.
Sento, però, la sua voce provenire dalla cucina.
“Marina, era davvero necessaria quella piazzata?”
“Tratti Alba come una bambina. Guardala, non è in grado di combinare niente da sola”
“Come fai parlare così di nostra figlia, Marina? Io non ce la faccio più”
“Beh, puoi sempre andartene”
“Non lascerei mai Alba da sola con te”
Glielo dice con una fermezza e una convinzione che non avevo mai sentito prima.
Lei non risponde.
Ma papà è diventato un fiume in piena.
“Tu non capisci, Marina che è grazie ad Alba che ho ricominciato ad amarmi, che è per lei che torno a casa ogni sera, che so a memoria cosa le piace e cosa non sopporta, che so quando ha dato il primo bacio e che sono quasi morto quando me l'ha raccontato. Ho passato notti intere a passeggiare per la casa quando era una neonata, ho curato le sue sbucciature, ho lottato contro il suo mal di stomaco perenne. L'ho seguita la prima volta che è uscita da sola con le amiche. So che odia i peperoni, che è allergica alle graminacee e che odia la danza classica, che ha continuato solo perché lo volevi tu. Ho passato serate intere a spiegarle la matematica, con pessimi risultati, ma lo rifarei altre cento volte. Ho custodito tutti i suoi segreti dal suo primo bacio alla prima volta che ha fatto l'amore con il suo Riccardo. Ho asciugato tutte le sue lacrime quando lui se n'è andato e mi sono trattenuto più volte dal volergli dare una bella lezione. E soprattutto, Marina, io c'ero quando aveva smesso di mangiare, quando non faceva che dire che era sbagliata, quando piangeva a tutte le ore del giorno e della notte. Adesso le cose sono cambiate, è passato tempo, è cresciuta, ha un nuovo fidanzato e spesso indossa delle gonne, anche troppo corte per i miei gusti, ma quando esce da sola, quando ha la febbre, io ho ancora un po’ paura. Starai pensando che sono uno stupido, vero? Ma sappi che è per lei che non me ne sono mai andato, che ho sopportato tutti i tuoi tradimenti e non me ne sono mai pentito!”
Le parole di papà mi attraversano l'anima.
È sempre rimasto solo per me.
“Con questo discorso ti faranno sicuramente padre dell'anno, Lorenzo” -dice lei e va via sbattendo la porta.
Cerco di chiudere gli occhi. Devo dormire altrimenti domani mattina sarò uno straccio.

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Capitolo 12
*** 12. Riccardo ***


È passata circa una settimana dal nostro bacio e Alba è sparita nel nulla.
È bastato un semplice messaggio su WhatsApp: “Facciamo finta che non sia successo nulla. È la cosa migliore”
Ho provato a replicare, a dirle che volevo parlarle, che non riuscivo a fare finta di niente, ma Alba non ha più risposto ai miei messaggi e alle mie chiamate.
Forse, ha davvero ragione lei.
Dovrei dimenticare.
Eppure non ci riesco, perché quel bacio mi ha riacceso qualcosa dentro, qualcosa che non sentivo più anni.
Perché mi sono reso conto che non è vero che un giorno ti svegli e fa meno male, solo cerchi di non pensarci.
Provi ad uscire con qualcun'altra, ma poi stai peggio perché sai che ti stai solo illudendo.
E poi succede che te la ritrovi davanti e anche solo salutarla è peggio che ricevere una coltellata.

La discoteca è strapiena.
Tutti ballano, ridono, ripetono le parole del dj.
Io stasera non ci riesco. Me ne sto da solo in un angolo col mio bicchiere in mano.
È come se questo luogo ti imponesse di dover essere felice, ma la felicità non ha niente a che fare con l'imposizione.
Mi guardo intorno e intravedo Alba.
È seduta ad un tavolo con delle amiche.
Non si accorge di me.
Ma io non le tolgo gli occhi di dosso.
Balla e dispensa sorrisi a sconosciuti.
Forse ha bevuto un troppo.
Anzi, ha decisamente bevuto troppo.
Un ragazzo le si avvicina mentre sta ballando, le poggia le mani sui fianchi, poi sul fondoschiena.
Le sue amiche non fanno nulla.
Ridono.
Io però non riesco a restare a guardare.
Mi avvicino a lei, spingo via quello sconosciuto.
“Vattene, non vedi che è ubriaca?” - urlo.
“E tu chi cazzo sei?”
“Io sono il suo ragazzo! Vattene!”
Lo sconosciuto se ne va mentre Alba mi dà uno schiaffo in pieno viso. La prendo per un braccio e la porto fuori dal locale sotto lo sguardo esterrefatto delle sue amiche.
“Si può sapere quanto hai bevuto?”
“Non è un problema tuo”
“Diventa un mio problema quando succedono episodi come quello di pochi minuti fa”
“Ah sì? E perché, Riccardo? Tu non sei nessuno nella mia vita”
Quanto riesci ad essere stronza, Alba?
Quanto?
Ti perdono solo perché sei ubriaca.
Solo perché adesso hai cominciato a piangere e dici cose senza senso.
Solo perché adesso non posso fare altro che abbracciarti.

Quando arriviamo a casa mia, Alba si lascia andare sul divano, chiude gli occhi mentre mi sussurra quanto le faccia male la testa.
Le preparo un caffè bello forte.
“Tieni, bevilo”
Fa una smorfia, ma poi fa come le dico.
“Ho fatto un casino…io non bevo mai…io…non so nemmeno io perché..”
“Lo so che non bevi mai, tranquilla, adesso devi solo riposare un po’”
“Qui?”
“Non credo voglia farti vedere dai tuoi genitori o dal tuo fidanzato così..”
Annuisce e mi chiede di scrivere un messaggio a suo padre dove lo avvisa che non tornerà a dormire.
Poi mi guarda e dice: “Ma sono così brutta?”
Sorrido e le scompiglio un po’ i capelli: “Tu sei sempre bellissima”

Alba si è addormentata.
La prendo in braccio e la porto a letto.
Le sfilo le scarpe e le rimbocco le coperte, lasciando uno spazio microscopico anche per me.
Continuo a guardarla con una consapevolezza che un po’ mi strugge l'anima.
Sei l'amore della mia vita, Alba.
Perché non importa chi ci sarà dopo, chi c'è stato prima, nessuna potrà mai essere importante quanto te.
Perché le cose che abbiamo vissuto rimarranno sempre solo nostre.
Perché Alba…Tu sei Tu.
E vorrei avere il coraggio di dirtelo.
Di prendere in mano la situazione e dirti che non ti ho mai dimenticato in questi anni.
Vorrei chiederti di prendere una valigia, buttarci dentro quattro cose e andarcene via insieme.
Perché un po’ me ne accorgo, lo vedo da come mi guardi, che anche tu provi qualcosa.
Poi però, ritorno alla realtà, e mi dico:”Chi sono io per chiederti di lasciare tutto?”
Sono solo un codardo.
Un vigliacco che non ti dirà mai nulla.
Uno che stanotte ti guarda, invece di dormire, per cercare di trattenere il più possibile nella memoria, questo momento.
Uno che si sta inebriando nel tuo profumo, nel vano tentativo di ricordarsi quale sia per poterlo comprare.
Uno che ti ama da impazzire, ma non sa se sarà mai capace di dirtelo

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Capitolo 13
*** 13. Alba ***


ALBA
Appena apro gli occhi faccio fatica a rendermi conto di dove mi trovi.
Poi però mi giro e lo vedo disteso accanto a me.
Riccardo.
Se ne sta raggomitolato in un angolo del letto, senza piumone e con un cuscino addosso a mo' di coperta.
Mi viene da sorridere solo a guardarlo, nonostante mi scoppi la testa e nonostante sappia benissimo che devo andarmene da qui.
Abbiamo dormito insieme.
Complimenti Alba. Ottima mossa uscire ad ubriacarti con le amiche per cercare di non pensare a lui.
E adesso guardati, sei addirittura nel suo letto.
Sono un disastro.
Ma che farei senza di te, Riccardo?
Ti ho pensato ogni giorno, ogni minuto in questi anni.
E ho paura che io mio amore per te sia sempre stato troppo.
Te l'ho sempre buttato addosso insieme alla mia valanga di insicurezze e di paure.
Forse sono stata io stessa ad allontanarti da me.
Forse dovrei smettere di pensare che mi hai abbandonata.
Però, sai, pensarla così ha reso tutto più facile.
Così potevo odiarti.
Adesso no.

“Buongiorno, bella addormentata!”
La voce di Riccardo mi fa sussultare.
“Dormito bene?” mi chiede.
Annuisco e mi catapulto fuori dal letto, gli dico che devo tornare a casa, che i miei genitori saranno preoccupati.
“Alba, aspetta, ti prego”
Si alza e si avvicina a me.
“Non bere più, promettimelo”
“Lo so, ho fatto una stupidaggine. Io volevo solo smettere di pensare, almeno per una sera”
“Già…So che vuol dire non riuscire a togliersi qualcosa dalla testa. Penso al nostro bacio da giorni. Mi spiace, io non riesco a fare finta di niente”
Riky, ti prego.
Allontanati da me.
Riky, non dire più niente.
Smetti di farmi sentire così piccola e vulnerabile.
“Alba…”
Le sue mani mi sfiorano il viso.
Chiudo gli occhi.
“Guardami e dimmi che non ha significato nulla per te e ti lascerò in pace”
Come puoi chiedermi questo?
Raccolgo tutte le poche forze che mi sono rimaste e lo guardò negli occhi.
“Riccardo, siamo già andati troppo oltre. Dimentichiamoci di tutto, è la cosa migliore per entrambi”
“Quindi facciamo così: ci baciamo, dormiamo insieme e poi dimentichiamo tutto?”
Lo sento improvvisamente più freddo e distaccato.
“Cosa ti aspetti da me, Riccardo?”
“Nulla, hai ragione. Io non sono più nessuno nella tua vita”
Si allontana da me e si chiude in bagno.
Rimane lì per un po’ e so che potrei approfittarne per andare via senza ulteriori spiegazioni, ma non riesco a farlo.
Quando esce dal bagno, è meravigliato che io sia rimasta.
“Pensavo te ne fossi andata”
“Ora me ne vado, però voglio che tu sappia che non è vero che per me non sei nessuno. Diciamo che in questi anni sei stato lo stronzo che mi aveva abbandonata, adesso sei lo stronzo che è tornato”
Mi guarda e scoppia a ridere.
Dio, è così bello quando ride!
“Sicura di non essere ancora brilla?”
Gli do un bacio sulla guancia e gli sussurro un grazie nell'orecchio e me ne scappo di corsa dal suo appartamento prima che possa succedere qualche altro disastro.

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Capitolo 14
*** 14. Riccardo prima parte ***


RICCARDO
Stanotte ho sognato che eravamo a Perugia all' Eurochocolate, che passeggiavamo mano nella mano.
Ho ripensato subito ad una delle nostre gite scolastiche. La prima di me e Alba da fidanzati.
Nessuno sapeva di noi, avevamo combinato un casino non da poco, innamorandoci l’uno dell'altra.
All’epoca io frequentavo diverse ragazze, tra cui anche una sua amica, Lisa.
Alba non l'avevo mai notata, nonostante la conoscessi da sempre. Lei era sempre timida, chiusa, non dava confidenza a nessuno.
Mi sono accorto di lei quando ci siamo trovati un pomeriggio a casa di Lisa tutti e tre insieme. Quando arrivai Alba stava mostrando una coreografia a Lisa. Rimasi completamente folgorato dalla sua grazia, dalla sua spontaneità.
Dovevamo fare una ricerca sulle origini della tragedia nella letteratura greca, ma io non riuscivo a pensare a nulla perché guardavo solo lei e mi chiedevo come non mi fossi accorto prima che in tanta semplicità potesse nascondersi così tanta bellezza. Sulla via del ritorno, quando eravamo da soli le chiesi di uscire, lei mi disse di no. E quello fu l'inizio della fine, perché no. Nessuna ragazza mi aveva mai detto di no. Questo mi spinse ancora di più a fare qualsiasi cosa per farle cambiare idea.
Più Alba mi chiedeva di lasciarla in pace, più io cercavo di inventarmi qualcosa.
“Mi dici come devo fare a convincerti ad uscire con me?”
“No”
“Sei bellissima e sei anche molto intelligente, ma sai, più mi rifiuti, più non riesco a lasciarti in pace”
“Esci con una mia amica, devi lasciarmi stare”
Ne avremmo avute a centinaia di conversazioni come questa, perché Alba non si lasciava convincere, perché lei è sempre stata una tosta, una di principio, anche se allora aveva appena 17 anni.
Ci pensò il caso a darmi una mano, con il senno di poi, forse dovrei dire il destino.
A scuola ci venne assegnato lo svolgimento di una nuova ricerca e la nostra professoressa divise la classe in coppie: io e Alba eravamo insieme e, mentre lei voleva a tutti i costi cambiare coppia, io ero entusiasta.
Alla fine mi chiese:
“Dove ci vediamo per fare la ricerca?”
“Ci vediamo da me. Mia madre non c’è mai” - le risposi.
Ci mettemmo d'accordo per l'indomani alle due del pomeriggio. Era una domenica mattina quando all’una, andai ad aprire la porta di casa e me la ritrovai davanti con lo zaino in spalla e in un mano una teglia di lasagne.
“Mi hai detto che tua madre non c’è mai. Ho pensato che non avessi voglia di cucinare da solo”
Era la cosa più dolce e spontanea che qualcuno avesse mai fatto per me. Le sorrisi e l’abbracciai. Apparecchiammo insieme la tavola e pranzammo insieme, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se l’avessimo sempre fatto.
“Adesso dobbiamo studiare”
“Sai che ti dico? Che queste ricerche di letteratura greca stanno iniziando a piacermi”le dissi , mentre mi sedevo alla scrivania accanto a lei.
“Amore invincibile che chi ti ha dentro è pazzo” . Ci aveva colpito questa frase dell’ Antigone di Sofocle.
“Sai che se vedono un pazzo per strada in Grecia dicono che è innamorato?”
“Dici che l'amore ha a che fare con la follia?”
“Ovvio. E tu che follia saresti disposta a fare?”
“Io non sono una che fa follie”
“Io invece sì”
Fu così che baciai Alba la prima volta. Il nostro primo bacio così dolce, ma anche così intenso, così passionale, così unico, che in quel momento non pensai nemmeno al fatto che fosse il primo bacio in assoluto per lei.
Iniziammo a vederci sempre più spesso da quel momento. Lo facevamo di nascosto da tutti, da Lisa, dai nostri compagni di classe, dai nostri genitori.
Fummo scoperti durante la gita a scolastica a Perugia. Mi ricordo che era sera, che eravamo in pullman e stavamo per arrivare in albergo. Eravamo seduti vicini, Lisa aveva pensato bene di sedersi accanto a qualcun altro. Così io ne avevo subito approfittato. Alba se ne stava con la testa con sul mio petto e ogni tanto mi chinavo per darle un bacio, avvolti com’ eravamo dal buio della sera e coperti dai nostri giubbini. Un nostro compagno, pensando di fare uno scherzo innocente, tiró via i giubbotti che ci coprivano e immediatamente ci ritrovammo addosso gli sguardi di 30 ragazzi e annessi professori. In un attimo tutti seppero tutto.
Ricordo ancora i loro sguardi, il suo terrorizzato e le parole di Lisa:
“Lo immaginavo, ma adesso ne ho la certezza, sei solo una puttana”
“Lasciala in pace!”
Le mie parole, le lacrime di Alba.

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Capitolo 15
*** 15. Riccardo seconda parte ***


L’arrivo in albergo e la sistemazione delle camere. Nessuna ragazza voleva stare con Alba, poche volte mi sono sentito in colpa come allora. Alla fine riuscì a sistemarsi con una compagna di classe un po’più indulgente rispetto alle altre.
Io ero in camera con Marco, non riuscivo a smettere di pensare ad Alba e a quanto mi sentissi responsabile. Gli altri ragazzi entravano e uscivano dalla stanze, facevano scherzi, mi prendevano in giro perché dicevano che Alba non aveva niente in comune con me, che era una suora. Io per tutta risposta gli dissi di lasciarmi stare altrimenti sarebbero stati guai e sapevano che era meglio non farmi arrabbiare.
Quando arrivò l'ora di cena, scesi in sala con gli altri e mi accorsi che Alba non c'era ancora. Chiesi di lei alla sua compagna di stanza:
“Ha detto che non aveva fame”
Presi un vassoio e riempii un piatto con una cotoletta e dei piselli e mi avviai verso la sua stanza, non curandomi neppure dei rimproveri della nostra professoressa.
“Servizio in camera, principessa!” - dissi.
Ci misi un po’ a convincerla a mangiare qualcosa, ma alla fine ci riuscii tra aeroplanini e storie inventate.
“Riky, lo sai che dopo questo cambierà tutto? Vedi, ci odiano tutti”
“Che ci odino, pure. Io voglio stare con te, non mi importa di nulla”
Ricordo ancora la convinzione, la determinazione con cui lo dissi. Perché a 17 anni ti senti invincibile, ti senti forte, perché a 17 anni pensi che tutto duri per sempre, che niente possa scalfire i tuoi attimi di felicità, pensi di avere così tanta forza da poter lottare contro il mondo.
“Ti va se dormiamo insieme stanotte?”
“Si, anche se mi vergogno”
Sorrisi.
“Dormiamo e basta, lo giuro”
Scrissi un SMS a Marco e gli dissi di trovarsi un'altra stanza in cui andare a dormire. Sapevo di poter contare su di lui.
Ricordo il pigiama rosa di Alba, i suoi piedi congelati, i suoi occhi ancora gonfi per aver pianto prima, i capelli raccolti in una coda alta, il suo viso struccato.
“Sono brutta perciò mi guardi così”
“Sei bellissima, cazzo”
Poco dopo sentimmo bussare alla porta, era la nostra insegnante:
“Ragazzi, non potete dormire insieme!”
“Prof, ha visto quello che è successo?! La prego” - replicai.
“Io non sono nessuno per giudicarvi. Facciamo conto che io non abbia visto nulla”
Ringraziammo la professoressa. Forse avevamo qualcuno dalla nostra parte.
Quella fu la prima notte che dormimmo insieme. Ci addormentammo mano nella mano con la consapevolezza che da allora avremmo sempre dormito così.
Un po' facevo fatica a riconoscermi. Io non avrei mai dormito con una ragazza senza portarmela a letto, io non avrei mai avuto il coraggio di lottare per qualcosa, per qualcuno. Allora forse, poteva essere vero, forse anche io potevo fare qualcosa di buono, potevo essere buono.
La mattina seguente tutti sapevano che avevamo dormito insieme. Facemmo colazione da soli in un angolo della sala, perché tutti non facevano altro che fare stupidi commenti.
“Non vedo l’ora di andarmene a casa”
“A casa però non possiamo dormire insieme”
Cercai di farle tornare il sorriso, ma duró poco perché sapevo quanto le occhiate delle altre ragazze, la facessero stare male.
“Sono solo invidiose”- te lo disse , anche la nostra professoressa.
Passammo la mattinata a passeggiare mano nella mano per la fiera del cioccolato.
Le raccontai una storia inventata su una principessa che viveva in un castello di cioccolato, lei mi disse che avrei dovuto fare lo scrittore, le sorrisi e le promisi che un giorno avrei scritto di lei.

È stato come un flash, ho rivisto tutto.
Ho rivissuto tutto.
Alba avevamo 17 anni e siamo stati così forti.
Alba avrei dovuto capirlo da allora quanto ti amavo.
Alba adesso di anni ne abbiamo quasi 25 , cosa n’è stato di quei due ragazzi che erano pronti ad affrontare qualsiasi cosa pur di stare insieme?

“Ho sognato che eravamo andati a Perugia. Stavolta però non dovevamo giustificarci con nessuno.
Ps. Ci sono cose che non ti dimenticherai mai”
Scrivo.
Invio.

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Capitolo 16
*** 16. Alba ***


ALBA
Leggo il messaggio di Riccardo e sento il pavimento mancarmi da sotto i piedi.
Dice che ci sono cose che sono impossibili da dimenticare.
Ha ragione.
Le cose che fanno male, io proprio non ci riesco a togliermele dalla testa.
“E’ così. Mi hai fatto pensare a quello che è successo a Berlino. Le nostre gite non sono mai state tranquille”

Quando siamo andati in gita scolastica a Berlino io e Riccardo ci eravamo lasciati da qualche mese.
Era quasi un anno che stavamo insieme, avevamo vissuto di tutto, ci eravamo donati l’inimmaginabile.
Avevamo lottato contro tutti: i nostri compagni, i nostri genitori persino qualche professoressa a cui dava problemi il nostro stare insieme nella stessa classe.
Eppure erano bastate poche cose a dividerci.
Una litigata per dei messaggi banali con una sua amica, una rissa scoppiata in un locale in cui lui aveva esagerato.
“Mi stai tradendo? Perché ti comporti così?”
Io e le mie mille domande.
Io e le mie mille insicurezze.
“Tu riesci solo a giudicarmi ”
“Tu non mi dai certezze”
“Non sei obbligata a stare con me”
Me la ricordo ancora quella frase, quello sguardo più freddo del ghiaccio.
I giorni successivi passati a piangere, a non salutarci nemmeno nonostante fossi seduti l'uno affianco all'altra per sei ore al giorno, a sopportare le risatine e i commenti degli altri in classe.
E poi la gita a Berlino.
Ormai avevamo pagato già tutto, non potevamo più tirarci indietro.
Il destino però continuava a giocare con noi. Sull'aereo i nostri posti erano vicini, non si poteva fare cambio, così come anche le nostre camere in albergo.
Mi ricordo della sera in cui Riccardo aveva bevuto troppo, me lo trovai davanti la porta della camera che era ridotto uno straccio e che diceva cose senza senso. I suoi amici lo avevano lasciato da solo in quelle condizioni, così mi presi cura di lui.
Passammo la serata sul pavimento del bagno di quella stanza d'albergo.
“Dormi insieme a me?” - mi chiese ad un certo punto.
“È meglio che me ne vada”
“Giuro che tengo le mani apposto”
Rimasi a dormire con lui, anche se la mattina dopo, mi disse di non dargli importanza e mi chiese di non dire niente a nessuno, mentre io stavo morendo dentro.

Cazzo, Riky, me lo ricordo ancora quanto riesci ad essere stronzo. Eppure anche stavolta ho dormito con te.
Non imparo mai!
Sono proprio una stupida!

“Sono stato uno stronzo a Berlino. (E non solo lì). Mi darai mai l'opportunità di rimediare?” – mi scrive.
“Ci devo pensare, ma in un certo senso abbiamo già rimediato: ora non abbiamo più un ricordo così brutto dell'ultima volta che abbiamo dormito insieme”
“L'altra notte ha cambiato un sacco di cose, solo che mi piacerebbe dirtele guardandoti negli occhi, magari davanti un caffè”

Digli di no, Alba.
No.
No e poi no.

E invece gli scrivo di si.

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Capitolo 17
*** 17. Riccardo ***


RICCARDO
Ho cominciato da qualche giorno a lavorare in una clinica privata che ospita anziani e malati terminali. È un lavoro completamente diverso da quello che facevo prima. Fare l’infermiere in pronto soccorso è tutta un’altra storia e già mi manca. Mi manca prendere la borsa con i farmaci, la rianimazione portatile, mi manca il mio mantra: preparare unità respiratoria, montare laringoscopio e passarlo al medico, prendere la siringa da 10, sfilare il mandarino, iniettare. Fare il massaggio cardiaco, somministrare l'adrenalina e guardare l'orologio perché ogni secondo può essere fatale. A volte lo è, altre no. Quando succede, chiedo scusa alla persona per non essere riuscito a salvarlo. Esco fuori e cerco di ripetere a mente tutti i passaggi che ho fatto per capire se ho commesso un errore. E anche se ho la certezza di aver fatto tutto correttamente, una parte di me si sente sempre un po’ in colpa.
Qui, il lavoro è completamente diverso. Niente adrenalina, niente corse tra un reparto e l'altro, niente turni massacranti. Dovrei essere contento, perché ho più tempo per me, per pensare alla mia vita, per stare con mia madre, ma per me è solo peggio.
Mia madre non la sa fare la madre. È una ragazzina di 15 anni imprigionata nel corpo di una donna di 42 anni.
Quando siamo a casa non parliamo di niente.
Le nostre conversazioni sono fatte solo di poche parole e frasi di circostanza.
Non so nemmeno quando e come io abbia smesso di parlarle davvero e di raccontarle di me e della mia vita. Forse non l'ho mai fatto, dal momento che cerco di risolvere i suoi problemi da quando quello stronzo di mio padre se n’è andato.
Il Natale si sta avvicinando sempre di più e spero di lavorare quel giorno piuttosto che sorbirmi una cena con mia madre e il suo fidanzato del momento.
Non sono un amante dell'atmosfera natalizia, al contrario di Alba, che, invece l'adora.

Aspetto Alba in macchina all’ angolo della strada di casa sua. E un po’ mi sembra di ritornare a quando avevamo 18 anni e passavo a prenderla con il motorino per uscire.
Sorrido tra me e me quando la vedo arrivare.
È bellissima.
“Che sorriso! Le accogli tutte così?” - dice appena sale in macchina.
“Assolutamente no. Tu sei una privilegiata!”
Sorride anche lei e le do un bacio sulla guancia.
“Dove vuoi andare, baby?”
“Dove non ci veda nessuno”
“Come mai hai accettato di venire alla fine?”
“Voglio che tu mi dica cosa è cambiato da quando abbiamo dormito insieme”
“Hai tempo?”
Mi guarda confusa.
“Dico sul serio. Ce l’hai?”
Annuisce
“Allora ce ne andiamo al mare”
“Adesso? Il 18 dicembre?”
“Si, adesso!”

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Capitolo 18
*** 18. Alba ***


ALBA
Non ci porti chiunque a vedere il mare d'inverno.
Sono le tre di un pomeriggio di dicembre e sono in macchina con un pazzo.
Riccardo.
Mi sta portando al mare.
Solo pochi minuti e ci ritroveremo insieme a passeggiare sulla spiaggia.
Quanto mi è mancato tutto questo?
Le sue pazzie così sconclusionate e così terribilmente giuste.
Non abbiamo parlato molto durante il tragitto e non lo stiamo facendo nemmeno adesso che passeggiamo sul bagnasciuga.
Riccardo fissa un punto indefinito di questo mare in tempesta, che ha un colore verdastro, proprio come i suoi occhi.
I suoi occhi così belli. Così tristi.
“Ti somiglia” gli dico.
“Cosa?”
“Il mare. Ha lo stesso colore dei tuoi occhi ed è agitato, in perenne movimento, proprio come te”
Scuote la testa e sorride.
“Vorrei dirti tante cose ma non so da dove cominciare…ti vorrei viziare…farti scivolare addosso questo mondo infame…” inizia ad intonare la canzone di Coez.
Da quanto tempo non ti sentivo cantare?
Da quanto non sentivo la tua voce così bella?
Senza che nemmeno me ne renda conto, i miei occhi si fanno lucidi e qualche lacrima scende sulle mie guance.
Lui mi abbraccia e continua a cantare:

“E in fondo tutto quello che volevo lo volevo con te
E sembra stupido ma ci credevo, e ci credevi anche te
E non è facile trovarsi mai, oh mai, oh mai..”

Anche io Riky, lo volevo. Lo volevo davvero.

“Non piangere, ti prego. Pensavo che sarei riuscito a dirti quello che sento senza troppi giri di parole, ma non ci riesco. So solo che, ultimamente, non faccio altro che pensare a te, a quello che siamo stati, a quello che saremmo potuti diventare, se io non avessi rovinato tutto. Mi manchi, Alba”
Trattengo le lacrime a fatica.
“Anche io non faccio altro che pensare a te, ma non è giusto. È passato tanto tempo. Io ho un fidanzato, non dovrei nemmeno essere qui”
“Eppure ci sei, Alba. Cerca di essere sincera con te stessa”
“Non mi puoi chiedere questo. Tu sei il primo a mentire a te stesso e a tutti gli altri. Dammi un motivo per crederti”
“Io credo di… di …. Alba, ti prego, lo sai”
“Non lo sai dire, sono passati quanti anni? Cinque e ancora non riesci a dirlo guardandomi negli occhi”
Riccardo si irrigidisce, prima si passa una mano tra i capelli, poi inizia a lanciare dei sassolini in acqua.
Basterebbero due parole.
Solo due, Riky, eppure tu non riesci nemmeno a pronunciarle.
“Andiamocene”- sentenzia improvvisamente.
“Lo vedi come sei? Decidi tu, sempre tu. Tutto tu! Decidi dove andare, quando ritornare. Sei sempre il solito egocentrico”
“E sono così, che ci vuoi fare?”
“Risposta molto matura, complimenti”
“Vuoi litigare?”
“ Ma sei tu che …”
Non dico più niente, non continuo la frase perché non riesco a capire come si possa passare dal vivere un momento così bello ad uno così brutto.
“Alba...come devo fare con te?”
Lo guardo negli occhi e dentro ci vedo tutto l'amore del mondo. Quel suo modo di guardarmi, solo suo.
Si avvicina a me e appoggia la sua fronte alla mia.
Chiudo gli occhi mentre le nostre labbra si sfiorano.
Riccardo mi bacia con una dolcezza infinita.
Sento che il cuore potrebbe scoppiarmi da un momento all’altro.
Non so per quanto tempo ci baciamo.
So solo che adesso è buio e Riccardo continua a stringermi tra le sue braccia senza dire niente.
I suoi silenzi li conosco a memoria.
Fanno parte di lui.
Come ogni singola parte di me.

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Capitolo 19
*** Riccardo ***


RICCARDO
Come si fa a dire ti amo?
Sono due parole, solo due.
Dovrebbe essere così semplice dirle, ma perché io non ci riesco?
Eppure vorrei dirglielo ad Alba, che è solo con lei che ci penso a queste due parole, perché con lei mi viene voglia di fare un sacco di cose.
Mi viene voglia di alzarmi la mattina, di sorridere, di cucinare, di ballare, di uscire persino a fare compere per Natale.
“Pronto per questa full immersion di shopping natalizio?”
Alba mi accoglie con un sorriso mozzafiato e sale in macchina.
Vorrei baciarla e dirglielo adesso che la amo, che la vorrei solo per me, ma non lo faccio neppure stavolta.
Abbiamo iniziato a vederci di nascosto da tutti, dai genitori di Alba, dal suo fidanzato, dai miei amici.
“Così mi spaventi! Faccio ancora in tempo a scappare?”
“Non ci pensare nemmeno!”
E stavolta è lei a baciarmi.
Le metto le mani dietro la testa, tra i capelli.
So che le piace da impazzire.
Lei fa lo stesso con me.
E impazzisco anche io.
Sorridiamo e ci guardiamo un po’ imbarazzati.
“E questo?” - le chiedo.
“Questo è perché…perché…lo sai. Vedi inizio anche io a parlare come te!”
Scoppiamo a ridere e dopo qualche piccolo battibecco, decidiamo di andare in un centro commerciale fuori città, così da essere sicuri di non essere scoperti.

Alba guarda tutte le vetrine, entriamo in negozi di ogni tipo, facciamo su e giù per le scale mobili, passeggiamo mano nella mano come se fossimo una normale coppia di fidanzati.
Come se questi cinque anni non fossero mai trascorsi e come se nulla fra noi fosse cambiato.
Come se Carlo non esistesse e come se tutto il dolore fosse svanito di colpo.
“A che pensi?” le chiedo.
“Penso che non so cosa stiamo facendo, ma sono felice di essere qui con te”
La stringo forte a me.
Hai ragione, amore mio.
Non so nemmeno io cosa stiamo facendo.
Se tutto questo è giusto o sbagliato.
Se ci stiamo solo illudendo di avere ancora 18 anni e poter cambiare le cose.
Non so se la mia presenza ti faccia bene.
E ho una paura tremenda di farti di nuovo del male.
Di farmene anche io.
So che non ho il diritto di chiederti nulla, anche se impazzisco al pensiero di te con lui.
So che hai bisogno di tempo per capire.
Ne ho bisogno anch’io.
So che probabilmente siamo le persone più egoiste del pianeta ora, ma siamo felici.
Adesso per un’ora, per un po’ siamo felici.

La felicità però dura sempre troppo poco.
E la mia svanisce quando il mio sguardo incontra quello di un uomo dagli occhi verdi, fin troppo simili ai miei.
É mio padre l'uomo che mi sta fissando. Accanto a lui c'è una donna dai capelli rossi con un cappotto color crema, vicino alla donna c'è un bambino, forse di quattro, cinque anni.
Non riesco a pensare, a muovermi, a ragionare.
Alba mi chiede se c’è qualcosa che non va, ma non faccio in tempo a risponderle che l'uomo si è già avvicinato a me.
“Riccardo…Riccardo…sei tu?”
Che c'è fa finta di non riconoscermi lo stronzo?
“Si”
“Quanto tempo…come stai?”
Bene fino a qualche minuto fa. Di merda ora. Perché non te ne vai? Perché non te ne ritorni dalla tua bella famigliola del cazzo che ti sta aspettando qualche metro più avanti, eh?
“Bene”
“Cosa stai facendo? Stai ancora studiando?”
“Sono un infermiere”
“ Bravo. E tua madre come sta?”
Cerco di trattenermi finché non esplodo.
“Come sta lei? Come sto io? Te ne vieni con queste domande del cazzo dopo che non ti sei fatto sentire e vedere per anni. Sai che ti dico? Che deve continuare a non fregartene un cazzo di come stiamo. Hai un'altra vita, viviti quella”
“Mi dispiace per come sono andate le cose. Ho provato a chiamarti in questi anni ma non mi hai mai risposto, non so nemmeno se questo sia il tuo numero. Intanto ti lascio il mio, se ti va chiamami. Io abito a pochi passi da qui, se avessi bisogno di me”
“Non ho bisogno di te”
“Riccardo, ti prego, prendilo”
Mi porge di nuovo il suo biglietto da visita, come se fossi uno dei suoi clienti.
Non lo prendo io, ma Alba sì.
“Grazie” le dice lui.
Prima di andarsene cerca di avvicinarsi di più a me, mi mette una mano sulla spalla, ma io resto impietrito, immobile.
“Riccardo sei mio figlio”
“Io non sono niente per te” dico e scappo via come se invece di avere 24 anni, ne avessi 14 .

Alba mi corre dietro, mentre io cerco nervosamente le chiavi della macchina. Mi dice di non preoccuparmi, mi dice che lei lo sa. Prima di andare via , mi lascia il biglietto con il numero di mio padre sul seggiolino dell’auto.
“Secondo me, dovresti chiamarlo. O almeno, dagli modo di spiegarsi”
No, no e no.
“Io penso che tu lo debba a te stesso”- aggiunge.
“Nonostante questo, sono stato bene con te”
“Anche io”
“Ci rivedremo?”
“Può essere”

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Capitolo 20
*** 20. Alba ***


ALBA
Sono ancora un po’ frastornata quando ritorno a casa.
Un po’ per le bugie, dato che la situazione sta diventando sempre più difficile da gestire, un po’ per quanto appena accaduto con Riccardo.
Non lo vedevo così da anni.
Gli è bastato vedere per qualche minuto suo padre, che il suo sguardo fiero è diventato perso, indifeso, quello di un bambino abbandonato.
Lo stesso bambino che si preparava il pranzo da solo, che faceva i compiti da solo, che lavava i piatti da solo, che andava dal dottore da solo, che si rimboccava le coperte da solo.
Lo stesso adolescente che si è portato il peso di tutto ciò addosso per anni.
Me le ricordo ancora le notti passate in bianco. Io, Riccardo e suoi incubi. Mi ricordo le urla, mi ricordo di quando si svegliava tutto sudato, mi ricordo che tremava e piangeva e che si vergognava come un ladro a farsi vedere così.
Nei suoi incubi c'era sempre lui, suo padre. Che se ne andava, che tornava, che lo odiava, che lo cercava e poi lei… la paura di somigliargli, di essere come lui.
Ho sempre pensato che non fosse giusto passare per tutto quello a soli 18 anni. Che non si meritasse tutto quel dolore.
Mi sono spesso chiesta se avessi potuto fare qualcosa di più, qualsiasi cosa. Ho provato a dargli tutto l'amore del mondo, solo che allora non è bastato e forse non basterà mai, perché le sue ferite sono così grandi e profonde, che nemmeno l'ago più resistente il e filo più lungo riuscirebbero a ricucirle.
Io stessa ho passato anni interi a ripetermi che non volevo essere come mia madre e ora sono esattamente come lei.
Non faccio che mentire. Mento quando dico che sto bene, quando mi chiedono se sono felice e soprattutto mento a Carlo.
Sono settimane che mi ripeto che la storia con Riccardo deve finire. Che le nostre uscite non hanno alcun senso. Che abbiamo due vite diverse, che io sono fidanzata, solo che poi, basta un suo messaggio, un suo sguardo a mandare in frantumi ogni mia certezza.
La mia certezza in questi anni è stato Carlo. Gli devo tutto. Ha fatto sì che riprendessi in mano la mia vita quando ero alla deriva, mi ha aiutata a ricominciare ad uscire, mi ha fatto conoscere i suoi amici, che poi sono diventati anche miei amici, mi ha aiutata con l'università e ha sempre cercato di rendermi felice.
“Felice lei? È un’impresa impossibile! Lei gode della sua perenne insoddisfazione” - mia madre non fa che dirlo quando si tratta di me.
Sono perennemente insoddisfatta, è vero. Forse dovrei imparare ad accontentarmi e smetterla di struggermi per cose impossibili.
Come Riccardo.
Perché lui è così, torna, se ne va, ritorna e distrugge.
Dopo quello che è successo, è sparito; per qualche giorno, ho provato a scrivergli e telefonargli, ma poi ho smesso.
Lo conosco bene e in questi anni non è cambiato. Quando c'è qualcosa che lo fa soffrire, lui si isola. Sparisce. Riesce a pensare solo a sé stesso e al suo dolore. Non si lascia aiutare e non vuole parlarne con nessuno.
E vorrei essere capace di odiarlo per essere sparito di nuovo così, da un giorno all’altro, invece so solo che mi manca da impazzire.

Questa sera, però, vado a ballare con il mio fidanzato e con quelli che sono i miei amici.
Stasera non voglio pensare a te, Riccardo.
Tu non esisti.

Ballare è una delle poche cose che mi aiuta a non pensare. Farlo in discoteca non è come farlo in sala, ma va bene lo stesso.
Carlo, invece, odia ballare e credo che infondo, non sopporti nemmeno che io lo faccia, e soprattutto qui. Ma non dice nulla, si limita a guardarmi, a scuotere la testa e soprattutto a non far capire agli altri quanto io lo stia infastidendo.
A volte vorrei che avesse il coraggio di reagire, di dirmi davvero quello che realmente pensa di me, piuttosto che riempirmi di regali e di complimenti.
“Ehi, vado in bagno” - dico a Carlo mentre mi avvicino al tavolo a prendere la pochette.
“Vuoi che ti accompagni?”
Gli faccio cenno di no e mi avvio verso il bagno.
Quando apro la porta del bagno, però mi trovo di fronte ad una scena agghiacciante: Riccardo che sta baciando una ragazza.
Mi manca il pavimento da sotto i piedi.
Respira.
Respira.
Respira, un cazzo!
Non resisto.
“Sei sempre il solito stronzo!” - urlo e gli tiro un ceffone in pieno viso.

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Capitolo 21
*** Riccardo ***


RICCARDO
Non so quanti cocktail ho bevuto, non so che roba ho fumato e non so nemmeno come si chiami la ragazza che ho appena baciato.
So solo che ho fatto una cazzata e che non voglio perdere Alba.
“Ma chi era quella?” - mi chiede la ragazza.
L’unica persona che io abbia mai amato.
La mia luce.
La mia Alba.
Spingo via la ragazza e la lascio lì , mentre inizio rincorrere Alba facendomi spazio tra la gente.
Riesco a raggiungerla e l’afferro per un braccio.
“Lasciami in pace, Riccardo!”
“Ho fatto una cazzata, non so nemmeno chi sia!”
“Vaffanculo. È per questo che sei sparito? E io che pensavo che fosse perché stavi male per tuo padre. Sono proprio una cretina”
“Alba, no, che dici? Credimi!”
Non so che dire.
Vorrei dirglielo che non è così.
Che sono sparito perché non volevo coinvolgerla nei miei problemi. Perché quando sto male sono intrattabile e faccio cose stupide. Vorrei dirglielo che a questa serata non volevo nemmeno venirci, ma Marco mi ha trascinato qui. Vorrei dirglielo che quando l'ho vista arrivare insieme al suo fidanzato, lei non si è accorta di me mentre io sono quasi impazzito.
“Non voglio vederti mai più. Riesci sempre a rovinare tutto”
Lo so, l'ho sempre saputo. È l'unica cosa in cui sono bravo.
Eppure, credimi, che stavolta non volevo.
Guardo Alba allontanarsi da me con gli occhi lucidi. Man mano che si allontana, la sua figura diventa sempre più piccola. Tuttavia, riesco ancora a vederla mentre si siede al suo tavolo e si rifugia in braccia che non sono le mie.

Ho perso il conto delle chiamate fatte ad Alba negli ultimi giorni.
Le ho scritto diversi messaggi in cui mi scusavo, in cui le chiedevo di vederla, ma non mi ha mai risposto.
In fondo perché dovrebbe farlo?
L'ho delusa, l'ho ferita ancora una volta.
DEVI STARLE LONTANO, me lo ripeto come un mantra, ma non ci riesco. Non riesco ad esserci per lei, ma nemmeno a non esserci.
Sono solo un egoista del cazzo.
Ha ragione lei.
Hanno ragione tutti.
Più non voglio essere come mio padre, più finisco per essere esattamente come lui.

Non l'ho mai chiamato da quel giorno, nonostante sia Alba che mia madre mi avessero invogliato a farlo.
Non mi ha chiamato nemmeno lui, mi ha scritto un messaggio con gli auguri di buon Natale, uno con quelli di buon anno e uno in cui mi invitava a cena a casa sua, dalla sua nuova famiglia con allegato tanto di indirizzo e posizione.
Non ci andrò mai.
Non ho mai avuto bisogno di lui nella mia vita.
Non comincerò di certo ora.
“Sei troppo drastico”, mi ripete mia madre.
Io non le rispondo, non le parlo, non le racconto nulla di me.
Di come mi sento.
Tanto non le importerebbe, dopo qualche minuto, inizierebbe a parlare dei suoi di problemi.
Ho 24 anni e non so cosa significhi avere un rapporto con i propri genitori, ho 24 anni e non so come esprimere i miei sentimenti, ho 24 anni e a volte mi comporto come un idiota.
Ho 24 anni e da sempre amo solo te, Alba.

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Capitolo 22
*** 22. Alba ***


ALBA
Sono giorni che vago per casa come uno zombie.
Non ho voglia di uscire, di vestirmi, di mangiare, di studiare.
Carlo pensa che sia impazzita da quella sera in discoteca. Mi ha confessato di avermi vista discutere da lontano con un ragazzo, che gli sembrava Riccardo, io gli ho detto che si sbagliava, che era solo un tipo che voleva provarci.
Gli ho mentito di nuovo.
Non so se troverò mai il coraggio di dirgli che Riccardo è tornato, che è per questo che sono cambiata, come dice lui.
“Sei strana, ci sono giorni in cui sembri felice, persa in un mondo fantastico e altri in cui sprofondi in un abisso di dolore inaccessibile a tutti gli altri”
“Mi sembra che tu stia esagerando, Carlo. Sto benissimo, sono solo stressata per via dell’università. Sto bene e per provatelo stasera ti preparo una cena solo noi due”
Carlo sorride, so che gli basta poco per renderlo felice. So che gli basta la mia presenza.
Lui mi tratta come merito, non litighiamo mai perché mi dà sempre ragione, si ricorda di ogni ricorrenza, mi regala sempre le rose rosse.
Tu, invece, riesci solo a farmi del male, litighiamo in continuazione, dici che le ricorrenze sono sopravvalutate e odi le rose rosse perché sono banali.
Eppure, eccomi sono di nuovo qui a pensare a te, mentre giro questo risotto che ho appena preparato.

Ceniamo insieme e più guardo Carlo, più sono convinta di aver preso la decisione giusta tagliando i ponti con Riccardo.
“La cena era ottima. Che ne dici di passare al dopocena, piccola?”
Carlo mi sorride e mi bacia.
Lo lascio fare, chiudo gli occhi, voglio lasciarmi andare.
Sembra tutto perfetto, quando improvvisamente dalla TV sento risuonare le note di Coez.
Eccola, la nostra canzone. Mia e di Riccardo.
Mi manca l’aria e mi sembra di impazzire, così mi allontano bruscamente da Carlo e cerco il telecomando per spegnere la tv.
“Alba, che hai?”
“Niente, non la sopporto questa canzone” urlo.
“Ti vuoi calmare?”
Finalmente lo trovo e spengo quella maledetta TV.
Carlo si riavvicina a me, lo respingo.
Non ci riesco.
Non adesso. Non adesso che mi sono resa conto che penso ancora a Riccardo, che nonostante tutto, non ho mai smesso di farlo.
Che la nostra canzone è solo nostra e deve restare tale.
“Alba, ma perché? Dimmi che hai? Puoi reagire così per una canzone?”
“Sono stanca”
“Dimmi la verità perché qui, quello stanco sono io”
“Fidati, che non vorresti saperlo”
“Dimmelo”
“È tornato Riccardo”
Il gelo.
Il silenzio.
“Cosa significa questo per te, per noi?”
E stavolta sono io a non rispondere, Carlo si alza dal divano, si infila la giacca e tira fuori una scatolina dalla tasca.
“Questo l’avevo preso per te. Buonanotte” - dice e se ne va.
Apro la scatolina che ha appena posato sul tavolo, dentro c'è una spilla a forma di cuore.
Mi siedo sul divano e piango per Carlo, per me e per quello stronzo di Riccardo.

02:33
'Carlo sa che sei tornato. Se dovesse chiederti qualcosa, non raccontargli niente di noi. Gli faresti solo del male’
Scrivo e invio a Riccardo.
02:45
'Mi hai scritto solo per dirmi di tenere la bocca chiusa con il tuo fidanzato? Sarà fatto, ma sappi che quel NOI a fine messaggio, mi ha ridato qualche speranza'
03:00
‘Preoccupati solo di stare zitto. Ti viene bene fare lo stronzo e mentire, quindi non ti sto chiedendo una cosa difficile'
03:04
'Abbiamo ancora il dente avvelenato, baby? Scherzo, sai bene che non volevo che succedesse'
03:05
'Per te? Tu per me non esisti, Riccardo'
03:07
‘Lo vedremo. Comunque, che tu lo voglia o meno, ci rivedremo presto: dopodomani c'è la festa di laurea di Lucrezia'
03:10
‘Pur di non vederti, non ci verrò'

Merda, merda e ancora merda!
Ho promesso a Lucrezia di esserci, ho comprato un vestito pagato un occhio della testa e adesso che scusa mi invento per non andarci?
Ti odio Riccardo, ti odio.
Perché sei sempre in mezzo?
Perché sei rientrato nella mia vita?

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Capitolo 23
*** 23. Riccardo ***


RICCARDO
Arrivo alla festa con un’ora di ritardo.
I turni in clinica stanno diventando sempre più complicati a causa del trasferimento di nuovi pazienti.
“Scusatemi per il ritardo!”
“Riccardo! Pensavamo non venissi più!”
Sorrido a Lucrezia e inizio a guardarmi intorno nella speranza di vedere Alba.
Alla fine la vedo, è venuta insieme al suo fidanzato.
“Dai, prendi qualcosa al buffet!” mi incalza Lucrezia, ma io non l'ascolto. Guardo Alba, il suo vestitino beige con le rouges, il cappottino nero appoggiato sulle spalle, le décolleté ai piedi, che si è appena alzata e sta per uscire fuori.
Pianto in asso Lucrezia e mi precipito fuori anche io.
Alba passeggia nel giardino esterno del locale, sta parlando al telefono e non si accorge della mia presenza. Io mi avvicino a lei appena riaggancia.
“Alba…Possiamo parlare?”
“Vattene. Non abbiamo nulla da dirci. E non voglio che ci vedano insieme”
“ Sei ancora arrabbiata con me?”
“Per essere arrabbiata, dovrei provare qualcosa per te, e invece, no. Niente. Perché mi sei completamente indifferente, Riccardo. Ho un fidanzato e sto benissimo con lui!”
Dici così, ma i tuoi occhi, dicono tutt'altro.
E io mi aggrappo a loro.
“Sai, io non ne sono così sicuro…”
Avvicino il mio viso al suo, le metto una mano sul fianco, una tra i capelli e la bacio.
Mi bacia anche lei.
Sapevo che stava mentendo, che non poteva finire tutto così.
“Non ti sono così indifferente, vedi? Ogni volta che lui ti toccherà, che ti bacerà, tu penserai a me” – le sussurro all’orecchio.
Alba si allontana bruscamente da me e mi dà uno schiaffo in pieno viso.
“Sei un idiota! Lasciami in pace, Riccardo!”
“La mia unica consolazione è che so che sarai profondamente infelice insieme a lui!”
Alba mi spinge via e urla.
“Anche tu lo sarai ogni volta che penserai a me! Dimenticami, chè tanto sai benissimo come farlo! L'hai fatto già altre volte! Quindi lasciami in pace!”

Distrutto.
Spezzato.
È così che mi sento, mentre la guardo allontanarsi da me per l'ennesima volta.

Ritorno alla festa anche se vorrei solo andarmene via.
Le ragazze mi convincono a ballare, cerco di distrarmi, mi coinvolgono in uno stupido gioco: io sono al centro, loro mi ballano intorno, ne scelgo una diversa ogni volta e facciamo qualche passo di bachata.
Mi accorgo che Alba, nonostante tutto, non mi toglie gli occhi di dosso.
È gelosa.
Lo conosco bene quello sguardo.
Poco dopo la vedo alzarsi dal tavolo e discutere animatamente con il suo fidanzato.
Stanno litigando per colpa mia, o almeno è quello che sembra.
O da egoista quale sono, è quello che spero.

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Capitolo 24
*** 24. Alba ***


ALBA
“Alba la smetti di fissarlo?”- rimprovera Carlo.
“Cosa? Non sto guardando nessuno!” – replico e mento perché non riesco a smettere di guardare Riccardo mentre ride, si diverte, balla con tutte, quando un'ora fa è me che ha baciato.
“Mi sto stancando di questo teatrino. Me ne voglio andare”
“Io, invece, no. Voglio andare a ballare. Vieni?” – dico.
“Alba mi stai dando sui nervi. Non ti riconosco più!”
Cerco di ignorare le parole di Carlo, ma non voglio continuare a litigare e soprattutto non qui.
“Va bene. Facciamo come vuoi. Andiamo a casa”, mi arrendo.
Carlo non mi rivolge la parola durante tutto il tragitto in macchina, io faccio lo stesso. Non so da quanto tempo abbiamo smesso di parlare, a volte mi chiedo se l'abbiamo mai fatto davvero. Carlo mi ha voluta così, a scatola chiusa, senza nemmeno chiedersi chi fossi veramente.
Ha sempre pensato che fossi la ragazza debole, fragile, da proteggere, ma io non sono solo questo.
E io? Io mi sono adattata completamente all'immagine che lui si era fatto di me.
Ho smesso di essere me stessa, per essere come lui immaginava che io fossi.
E adesso? Riccardo ha sconvolto tutto. Ha fatto riaffiorare delle parti di me che avevo soppresso, nascosto.
Carlo dice che sono cambiata, ma io vorrei dirglielo che non sono cambiata, che io sono anche questa: quella che balla in discoteca, quella che si incazza, quella passionale, quella che vuole mettersi in gioco.
Invece non dico nulla, lascio che lui mi accompagni fin sotto casa, che mi apra la portiera della macchina e gli chiedo addirittura scusa per il mio comportamento.
Complimenti Alba.

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Capitolo 25
*** 25. Riccardo ***


RICCARDO
Ho provato a non pensare a te, a buttarmi a capofitto nel lavoro, ma non è servito a niente.
Ci sei in ogni cosa che faccio.
Quando mi preparo il caffè la mattina e penso che tu, invece, lo detesti. Quando apro l'armadio per vestirmi e in un angolo c'è la tua felpa rosa. Non te l’ho più ridata, e tu hai fatto lo stesso con la mia. Chissà se qualche volta la indossi. Chissà se te la stringi forte al petto come faccio io con la tua. Il tuo profumo è quasi sparito ormai, un po’ come te.
Non ci sentiamo e vediamo da giorni.
Passo il mio tempo libero a spiarti sui social. Marco dice che sono impazzito, dice che mi sto struggendo per nulla, tanto io nemmeno ci riesco a stare in una relazione. Mi ripete che devo lasciarti in pace, che tanto già non ha funzionato in passato, perché dovrebbe funzionare adesso? Dice che devo distrarmi, uscire, conoscere ragazze nuove, che dovrei provarci con quella collega che mi fa gli occhi dolci, che dovrei chiamare una come Maddalena e farmi una scopata, tanto lei ci starebbe, ma non posso e non ci riesco.

L'unico consiglio che ho deciso di mettere in pratica è quello di prendermi del tempo per fare qualcosa che mi piace.
Ho deciso di riprendere a ballare. L'ho fatto quando ero un bambino, per un periodo da adolescente, poi ho seguito un corso di salsa e bachata quando ero a Milano e adesso vorrei ricominciare.
Il mio Paese è molto piccolo e la scuola di danza qui è una soltanto. È la stessa in cui io e Alba andavamo da bambini ed è la stessa che lei, talvolta, frequenta ancora.
Ad accogliermi all’ingresso c'è Mara, la nostra insegnante.
“Riccardo, che piacere averti qui! Fatti guardare! Eri un ragazzino e adesso sei un uomo! Fai come se fossi a casa tua”
La ringrazio e le faccio qualche domanda sui corsi attivi e sugli orari, facendole presente che il mio lavoro difficilmente mi consentirà di rispettare determinati orari.
“Nessun problema, sono un’ amica di tua madre e ti conosco da sempre, puoi venire qui quando vuoi! Lì infondo, c'è una saletta che non utilizziamo spesso, puoi ballare lì, provare qualche coreografia. La mettiamo a disposizione per i nostri allievi migliori! Adesso è occupata, ma puoi andare ugualmente a dare un’occhiata. C'è Alba, sono sicura che sarà contenta di vederti! Potreste creare qualche bella coreografia insieme!”
Vorrei avere le stesse certezze e lo stesso entusiasmo di Mara, ma non è così. Dubito che Alba sarà felice di vedermi.

Mi fermo a guardarla incantato mentre balla.
Ha i capelli raccolti in uno chignon disordinato, un top fuxia che le lascia la pancia scoperta e una culotte nera che lascia spazio all’immaginazione insieme alle sue bellissime gambe.

No matter what I do
(Non importa cosa faccio)
All I think about is you
(Penso solo a te)
Even when I'm with my boo
(Anche quando sono con il mio ragazzo)
Boy, you know I'm crazy over you
(Ragazzo,lo sai che sono pazza di te)

Dice così la canzone che sta ballando e io vorrei che fosse vero. Vorrei che lo capisse che mi fa impazzire, che il pensiero di lei insieme al suo ragazzo mi manda fuori di testa.
Alba smette di ballare appena si accorge della mia presenza.
“Che ci fai qui?”
“Non credevo di incontrarti qui. Sono venuto perché vorrei riprendere a ballare”
“Qui?”
Annuisco. E penso che stiamo perdendo tempo in domande e congetture inutili, quando ne avremmo di cose di cui parlare.
“Io me ne vado”
“Alba, aspetta. Io credo che dovremmo parlare”
“Non abbiamo nulla da dirci. Sei stato abbastanza chiaro sia nelle parole che nei comportamenti”
“Vorrei scusarmi con te, ti prego, credimi”
“Ah si? Non devi farlo”
Alba prende la sua borsa e si avvia verso la porta.
Le corro dietro.
“Voglio che tu mi dica solo una cosa e poi ti lascio in pace: sei felice con lui?”
Alba non risponde.
Il suo silenzio rimbomba.
I suoi occhi evitano il mio sguardo.
Le sue mani tremano.
Si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio: “A te non deve importare” – dice.
“A me importa, perché mi importa di te”
Sorride e per un attimo vedo delle crepe formarsi sul muro che aveva messo tra di noi.
Forse quel muro non è così resistente come pensa.
Forse possiamo ancora farlo crollare insieme.
Buttarlo giù per costruire qualcosa di nuovo.
“Perché mi guardi così, Riccardo?”
“Perché sei bellissima”
“Smettila”
“Dico sul serio. Dammi la possibilità di dimostrarti che non sono così stupido e immaturo come pensi. Domani sera, vieni a casa mia”
“Ci devo pensare”

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Capitolo 26
*** Alba ***


ALBA
23:34
“Va bene, ci vediamo domani sera. Hai ragione, dobbiamo parlare”
Scrivo.
Invio.

***
È la quarta volta che mi cambio.
Possibile che non riesca a trovare nulla da mettermi?
È solo una cena, una stupidissima cena per mettere finalmente le cose in chiaro.
Ognuno deve andare avanti con la propria vita, perché, continuando così, ci facciamo solo del male a vicenda.
È questa la cosa giusta.
Dobbiamo stare lontani.
Mentre rifletto su questo, lancio per aria l'ennesimo maglioncino che, però, stavolta finisce dritto dritto in faccia a mio padre.
“Ehi, volevi farmi fuori?” – dice scherzoso.
“Non ti avevo sentito entrare, scusa”
“Mi sembri piuttosto pensierosa”
“Un po’. Non so che cosa mettermi per uscire” – sdrammatizzo.
“Non è solo quello, ti conosco ed è un po’ che ti vedo preoccupata”
Papà, tu sì che ti accorgi di tutto.
“Dai, Alba. Puoi dirmelo. È per Riccardo, vero?”
Non rispondo, mi basta guardarlo negli occhi per fargli capire che è così.
Scuote la testa e si alza dalla poltrona bianca su cui si era appena seduto.
“Ti stai preparando per uscire con lui?”
“Si..io..”
“Da quanto tempo va avanti? E Carlo?”
“Papá, ti prego, non trarre conclusioni affrettate, sai che non è così semplice tra me e Riccardo. Ci sono un sacco di questioni irrisolte”
“Alba, io non voglio giudicarti, io vorrei solo che facessi la cosa giusta”
“E qual è la cosa giusta? Annullare l' appuntamento di stasera e lasciare perdere tutto, vero?” – gli dico con la voce rotta.
Con la voce di chi davvero non sa quale sia la cosa migliore da fare.
Papà mi abbraccia.
“Solo tu puoi scoprirlo. Te lo dirà il tuo istinto, il tuo cuore. E non sarò sicuramente io ad impedirti di andare lì questa sera”.
Lo stringo forte anche io perché so di essere molto fortunata ad averlo.
Prima di uscire dalla stanza, mi guarda e mi sorride: “Alba, amore, quella gonna è un po’ troppo corta!”
“Papà!”
Scoppiamo a ridere entrambi e io finisco di prepararmi.
Alla fine indosso dei jeans con un top nero in raso e un cardigan di lana grigio.
Quando arrivo davanti casa di Riccardo sono le 21:00. Salgo le scale del palazzo assalita da mille dubbi e mille paranoie. Addirittura penso di andarmene via nonostante sia arrivata davanti la porta del suo appartamento, ma la voce di Riccardo fa sparire ogni mia perplessità.
“Ehi, baby ti aspettavo”
Baby non smetterà mai di chiamarmi così, penso e gli sorrido.
Sorride anche lui.
“Su, entra” ,- mi dice.
Resto imbambolata a fissarlo.
I suoi occhi verdi, così belli. Il suo sorriso così sincero. La sua voce così dolce.
“Alba?!”
“Si? Scusami, ero sovrappensiero” – dico mentre varco la soglia di casa sua.
“Temevo che avresti cambiato idea e non saresti venuta”
“Lo credevo anch’io, ma alla fine, eccomi qui”

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Capitolo 27
*** 27. Riccardo ***


RICCARDO
Alba è più bella che mai e io non riesco a smettere di guardarla. Vorrei trovare qualcosa da dire, qualcosa di interessante da dire, ma niente. Mi sembra di avere di nuovo 15 anni ed essere ad un primo appuntamento.
“Ho preparato il pollo al curry, so che è il tuo piatto preferito”
“Te lo ricordi ancora?”
Le sorrido, mentre inizio a riempire il suo piatto. Poi faccio lo stesso con il mio.
“È strano, sai, io e te a cena insieme. A casa tua. Sto talmente bene adesso che è come se le cose successe negli ultimi tempi, non abbiano più importanza” – dice lei.
“Non volevo ferirti. E non voglio nemmeno che tu sia infelice”
“Lo so”
Sorride mentre lo dice e mi guarda con i suoi occhi pieni di dolcezza.
Io, invece, la guardo un po’ interrogativo.
“So che non mi vuoi fare del male, almeno non intenzionalmente”
“È così, credimi”- dico e poso la mia mano sulla sua.
È gelata, come sempre.
Me la porto vicino alle labbra e cerco di riscaldarla. Alba mi lascia fare, anche se percepisco il suo imbarazzo.
“Vuoi altro?” le chiedo.
E mi alzo per sparecchiare.
“Riccardo, dobbiamo parlare”
“Vuoi che smettiamo di vederci?”
“Si! Cioè no..non vorrei, ma.. cosa siamo?”
“Perché ti ostini a voler dare un nome a tutto? Io non lo so cosa siamo. So però, quello che siamo quando stiamo lontani: due persone profondamente sole e infelici”
Alba non risponde, si mette la testa tra le mani e inizia a camminare nervosamente avanti e indietro, finché non esplode.
“Tu non sai che cosa sia l'infelicità, Riccardo. Tu te ne sei andato, tu hai potuto dimenticare. Io no. Io l’infelicità l'ho vissuta ogni singolo giorno perché sono rimasta qui, perché ero costretta a passare davanti casa tua, ad incontrare tua madre al supermercato, ad andare in quel pub in centro, dove andavamo sempre insieme…A fare…”
“Ti sbagli. Ci ho provato non so quante volte a fare finta che tu fossi mai esistita. Sono passato da un letto all’altro, eppure quello che c'era tra noi non l'ho trovato in nessun'altra. Perché la magia è cosa rara. E io so che quella magia c'è solo con te”
Mi avvicino a lei e le sollevo il viso con le mani.
“Alba, guardami..”
“Non posso. Devo andarmene da qui”
“Rimani, ti prego”
Alba continua a tenere gli occhi chiusi, nonostante qualche lacrima faccia capolino lungo le sue guance.
“Non piangere, piccola” – le sussurro mentre la stringo forte a me.

Siamo rimasti stretti l’uno all’altra per non so quanto tempo.
Il nostro abbraccio viene interrotto dal beep del suo cellulare.
“Scusami. Si è fatto tardi, forse è meglio che vada”
No, ti prego, resta qui con me.
Rimani, Alba.
Glielo vorrei urlare con tutte le mie forze, ma non dico nulla. Mi limito ad annuire, mentre la vedo indossare il suo cappotto e prendere la borsa.
“Grazie per la cena e per tutto il resto..”
“Figurati. Buonanotte”- le dico, mentre la guardo uscire.
Mi butto sul divano.
Sono un idiota.
L'ho lasciata andare via per l’ennesima volta.

Non faccio in tempo a pensarlo che sento suonare alla porta, mi precipito ad aprire e davanti a me c'è Alba.
Non ci diciamo nulla stavolta. Sono i nostri occhi a parlare per noi.
Ci baciamo appassionatamente, le nostre lingue si cercano, i nostri respiri si mescolano, le nostre mani si infilano dappertutto, sul viso, tra i capelli, sui fianchi, sotto i vestiti.
Lascio cadere il suo cappotto sul divano, il cardigan di lana sul pavimento del soggiorno, la mia felpa in un angolo del corridoio.
Sento il cuore che mi batte l'impazzata, come forse non mi succedeva più da anni.
Alba, amore mio.
Quanto tempo ti ho aspettato? Quanto?
Le bacio il collo mentre armeggio con i gancetti del reggiseno. Lei fa lo stesso con la cintura dei miei pantaloni.
Ci ritroviamo sul mio letto nudi e imbarazzati, un po’ come se fosse la nostra prima volta.
“Lo vuoi davvero?” le chiedo.
Lei annuisce, chiude gli occhi e mi attira a sé.
E in un attimo diventiamo una persona sola.
In un attimo spariscono tutti i nostri problemi.
Ci siamo solo noi, il resto non esiste.

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Capitolo 28
*** 28 Alba ***


ALBA
Che si fa quando ti senti al posto giusto, ma sai di aver fatto una cosa sbagliata?
Non lo so, ma è così che mi sento adesso.
Adesso che sono tra le braccia di Riccardo nuda nel suo letto.
So che dovrei andarmene via, ma non ci riesco, perché, per la prima volta dopo anni, mi sento viva.
Guardo Riccardo che ha gli occhi chiusi e rido da sola.
Quanto sei bello amore mio.
I suoi ricci sono più arruffati del solito, le sue labbra sono gonfie come un canotto, peggio delle mie, colpa dei troppi baci.
Guardo i suoi tatuaggi.
Ne ha fatti di nuovi, penso.
L'occhio mi cade su un tatuaggio, appena sotto l’ombelico, anzi un po’ spostato verso destra, vi è rappresentato il simbolo dell’infinito. Un tatuaggio piccolo, delicato, diverso dagli altri che ha lungo il braccio sinistro e la spalla.
Mi chiedo quando l’avrà fatto…per chi…
Sospiro.
Riccardo mi passa una mano tra i capelli.
“Dormi?” – mi chiede.
“No. Non so che ora sia”
Riccardo allunga il braccio verso il comodino e illumina il display del cellulare.
“Sono le 03:26”
“È tardissimo. Devo andarmene”
“Alba, non ti lascio andare da nessuna parte a quest'ora”- replica con fare deciso, anche se io ho già cominciato a rivestirmi di fretta. Anche Riccardo si alza, raccoglie i boxer che sono finiti sul pavimento e se li infila.
Mi afferra per un braccio.
“Alba, ti ho detto che non voglio che tu esca da sola. Se vuoi andartene via, lascia almeno che ti accompagni”
No, devi farmi andare sola perché non riuscirei a separarmi di nuovo da te.
Perché andarmene è l’ultima cosa che voglio fare, ma devo farlo.
“No” – dico.
“E come la mettiamo con quello che è appena successo?”
“Quello che è appena successo non deve succedere mai più”
“Alba..ragiona, ti prego, non andartene”
Sento il pavimento mancarmi da sotto i piedi. Riccardo che mi chiede di restare, che mi prega di restare.
“Sono patetica, vero? Tutto questo non è normale”
Riccardo accenna e un sorriso e mi prende per mano.
“Noi non siamo mai stati normali”

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Capitolo 29
*** Riccardo ***


RICCARDO
Sono le otto del mattino quando apro gli occhi.
Alba è distesa accanto a me e sta ancora dormendo.
Nonostante volesse andarsene nel bel mezzo della notte, sono riuscito a convincerla a restare.
Si è addormentata con addosso i suoi vestiti, non ha lasciato nemmeno che le prestassi una t-shirt per stare più comoda.
Non abbiamo più accennato a quanto accaduto, Alba era ancora scossa questa notte e lo ero anch'io, nonostante abbia passato uno dei momenti più belli della mia vita.
Mi alzo piano per non svegliarla, ma non è sufficiente perché a svegliarla è lo squillare del suo cellulare.
É il suo fidanzato.
Vedere quel nome sul display, sentirla parlare al telefono con lui, mi riporta alla realtà. Una realtà in cui non c’è spazio per me, per noi.
“Scusami io..dovevo rispondere”
“Tranquilla”
“Mi sento uno schifo. Io non sono questa”-sospira.
“Lo so. Io so bene chi sei”
“Io, invece, non lo so più chi sono. Abbiamo passato una notte meravigliosa, ma..”
“Alba siamo adulti ormai, io non ti sto chiedendo niente” -dico, e me ne pento immediatamente, perché una parte di me vorrebbe urlarti quanto ti desidera, quanto vorrebbe che tu mollassi tutto per me, quanto ti ama.
“Va bene così. Adesso io me ne vado. Riccardo, ti prego, non dirlo a nessuno”
Annuisco e mi avvicino a lei per darle un bacio.
“Meglio di no”- dice, mi allontana e mi porge la guancia.
E se ne va.

Non riesco a concentrarmi a lavoro. Non ne sto combinando una giusta. Esco per fumare una sigaretta e istintivamente tiro fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
Spero di trovare un messaggio di Alba, una sua chiamata e invece niente.
Probabilmente sono solo un illuso, uno sciocco.
La notte passata insieme non ha significato nulla per lei, penso.
O forse è solo confusa e ha bisogno di tempo.
Ma non resisto, le scrivo:
“Mi manchi già” -invio.
“Anche tu. Ma è tutto un casino”
Sorrido.
“Lo so. Prima o poi dovremmo cercare di venirne a capo di questo casino”
“Vero. Ne dovremmo riparlare, ma dammi tempo”
“Tutto quello che vuoi” – rispondo e torno a lavoro.

Quando rientro ad attendermi c'è la signora della stanza numero 7. Si chiama Lina, ha 68 anni ed è ricoverata qui già da qualche settimana. Ha problemi motori dovuti ad un ictus, e i suoi figli, non potendosi prendere cura di lei, l'hanno ricoverata qui. Non vengono quasi mai a trovarla, lei li giustifica, dice che sono impegnati, il lavoro, le mogli, i bambini. Quando posso, mi fermo sempre a farle un po’ di compagnia. Anche se sono arrivato da poco in questa clinica, mi sono reso conto che di situazioni come quella di Lina, ce ne sono a bizzeffe: persone anziane chiuse qui e abbandonate a sé stesse, che come unica compagnia hanno noi infermieri.
“Allora, giovanotto, come va con la tua innamorata?”- mi chiede.
Sorrido perché Lina lo sa, sa tutto di me e di Alba. Gliel'ho raccontato durante un turno di notte infinito in cui nemmeno lei riusciva a prendere sonno per via dei dolori alle gambe.
“Va così, così”
“Ma gliel'hai detto?”
“Cosa?”
“Che la ami!”
“Non ancora”
“Ti meriteresti una bella tirata d’orecchi”
Mi scappa un sorriso.
“Lina, io non ci riesco. Io non lo so dire. Anzi, credo di non saperlo nemmeno fare”
“Si impara, tesoro bello. Tutto si impara, anche ad amare”
“Io non voglio farla soffrire. Io sono un disastro, non me la merito”
“Riccardino, tu sei un tesoro, sei premuroso, sei buono, sei disponibile, altrimenti non staresti qui a parlare con una povera vecchia. Hai solo paura perché credi che nessuno possa davvero volerti bene, ma sono sicura che tutti te ne vogliono, soprattutto i tuoi genitori”
Scuoto la testa.
“Io aspetto sempre che un giorno me la porti qui questa ragazza, voglio proprio vedere se è così carina come dici!”
Lina mi strappa un sorriso, le dico che un giorno di questi sicuro gliela faccio conoscere ed esco dalla sua stanza con il cuore un po’ più leggero e pronto per il prossimo giro di visite.

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Capitolo 30
*** 30 Alba ***


ALBA
Sono passati cinque giorni e ancora non riesco a togliermi dalla testa la notte passata con Riccardo. Mi sembra di sentirle ancora addosso le sue mani, le sue labbra. Erano anni che non mi sentivo così dopo aver fatto l'amore con qualcuno. Non ho tutta quest’esperienza: in ventiquattro anni, quasi 25 ormai, ho fatto l'amore solo con Carlo e con Riccardo.
Con Carlo è sempre stato tutto così.. così normale, già scritto, mi è sempre mancato quel qualcosa in più. Più di una volta, mi sono ritrovata a fare continui paragoni con Riccardo, pensavo a lui per arrivare all’orgasmo e mi sono sempre vergognata per questo. Così come adesso, che l’ho tradito andando a letto con Riccardo.
Non so per quanto tempo riuscirò a portarmi questo peso. Per il momento, gli ho detto che sono stanca e stressata per via degli esami, che non mi va di uscire e vedere nessuno.
Non ho visto nemmeno Riccardo, nonostante abbia insistito in questi giorni.
La verità è che non saprei cosa dire, cosa fare, se me lo trovassi davanti.
Continua a dirmi che lui non mi sta chiedendo nulla, che non vuole obbligarmi a fare nessuna scelta. Eppure io vorrei che lo facesse, vorrei che mi chiedesse di lasciare Carlo e di ricominciare d'accapo. Forse se fosse lui a chiedermelo, ci riuscirei, avrei meno paura delle conseguenze di tutto questo. Avrei meno paura di affrontare mia madre, di mandare all’aria una storia già scritta, di perdere i miei amici. Perché so che perderei tutto questo lasciando Carlo, ma forse sarei felice con la persona che amo.
E tu Riccardo, mi ami?
Tu che non riesci nemmeno a dirle queste due parole.
Tu che sei sempre così misterioso.
Tu che non parli mai, ma lasci che siano i tuoi occhi verdi farlo per te.
Tu che sei sempre stato il mio grande amore.
Tu…

“Alba, ma stai ancora studiando?”
Mio padre entra nella mia stanza notando la luce ancora accesa, nonostante siano le 23.
“Papà, non mi ero accorta fosse così tardi. Ho un esame importante e mille cose che mi passano per la testa”
“Concentrarsi con mille pensieri deve essere sicuramente complicato. Sono pensieri che riguardano Riccardo?”
Va subito al sodo mentre io abbasso lo sguardo.
“Non sei obbligata a parlarmene, tesoro. Io vorrei solo che tu fossi felice”
“Papà anche io vorrei che tu fossi felice. Perché non lasci la mamma?”
Stavolta è lui ad abbassare lo sguardo e a mettersi la testa fra le mani.
“Tesoro è difficile da spiegare quando due persone si sposano, si assumono delle responsabilità e bisogna cercare di mantenerle. Tua madre è una donna complicata, lo sapevo, l'ho sempre saputo, ma ho deciso di andare avanti lo stesso e non mi sono mai pentito perché sei nata tu, il regalo più bello”
Papà mi stringe. Il suo abbraccio mi fa sentire protetta, sicura, a casa.
“Devo dirti una cosa…Ho fatto l'amore con Riccardo”
“Forse non lo volevo sapere” – dice e ci scappa un sorriso – “Sei felice?”
“Confusa, ma anche felice credo”
“Un po’ come dice una canzone. Adesso, mettiti a letto. Spegni le luci e pure i pensieri. Hai 24 anni Alba, concediti il lusso, per così dire, di poter sbagliare, segui il tuo cuore e il tuo istinto”
Esce e chiude la porta.
Mi infilo sotto le coperte e prendo il cellulare.
“Ti ho pensato fino a consumarmi in questi giorni. Non avevo il coraggio di ammetterlo con me stessa, ma mi manchi da impazzire. Ho voglia di vederti”
Scrivo.
Invio.

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Capitolo 31
*** 31 Riccardo ***


RICCARDO
C'è qualcosa tra me e Alba che a parole non riesco a spiegare.
C'è qualcosa che ci lega indissolubilmente l'uno all'altra.
Qualcosa che per quanto cerchiamo di evitarla e negarla, finisce sempre per trovarci, prenderci e riportarci lì dove abbiamo interrotto. È come un filo invisibile. Un filo magico e scintillante con cui sono legate le nostre vite.
Mi preparo di fretta, il tempo di una doccia veloce e vado a prendere Alba, che mi aspetta all’angolo della strada.
“Ciao principessa”
Sorride.
“Ciao principe azzurro! Dove mi porti?”
“Da principe azzurro dovrei dirti che ti porterei in capo al mondo in sella al mio destriero, ma da disastro quale sono, ti dico che ti porto a prendere un caffè con la mia Panda”
“Va benissimo lo stesso”
Mentre guido Alba poggia la sua mano sulla mia gamba, le sorrido, i nostri occhi si incontrano e parlano una lingua che conoscono a memoria.
Mi chiedo se sia davvero questa la magia: lo stare così bene con qualcuno senza fare niente di speciale.
Al bar Alba ordina una tisana alla mela e cannella, io un caffè. Le rubo tutti i biscotti, lei mi lascia fare e mi guarda divertita.
“Sto così bene” – dice improvvisamente.
“Anche io”
La prendo per mano e la faccio sedere sulle mie gambe. Affondo la testa nei suoi lunghi capelli.
“Sto così bene grazie a te”- mi sussurra all’orecchio.
La stringo forte a me e la bacio dolcemente.
Lei si lascia andare.
“Riccardo, io ho deciso di lasciare Carlo, lui non se lo merita questo”
Resto di sasso. Per un attimo mi manca la terra da sotto i piedi. Vuole stravolgere la sua vita, per me, per noi?
Mi allontano da lei.
“Andiamocene da qui” – le dico.
Lascio cinque euro sul tavolo e usciamo. Ci ritroviamo subito in macchina.
“Riccardo ma si può sapere che ti è preso?”
“Tu non puoi farlo, Alba! Non puoi lasciarlo così. Non puoi pensare di stravolgere la tua vita per me!”
Mi guarda delusa e amareggiata.
“So che ne varrà la pena. Tu sei..”
“ Vuoi sul serio mandare tutto all’ aria per noi? E che cosa siamo? Pensi davvero che potremmo stare insieme come due persone normali? Pensi che io possa darti quello di cui hai bisogno? Sai, che non è così. Io non ti merito”
“Non so che cosa siamo, ma so per certo quella che sono io da quando sono con te. So che quello che sento per te e so che non lo provo per lui. Ma tu, come sempre scappi e ti nascondi dietro al fatto che secondo te non mi meriti”
“Perché è così! Smettila di cercare sempre del buono in me. Non c'è”
Guardo le lacrime scendere lungo il viso di Alba e so che purtroppo, ho ragione. Riesco solo a farla soffrire, devo starle lontano, il più lontano possibile.
“Non cambierai mai. Sei solo un codardo che ha paura di amare”
Tiro un pugno sul volante dell’auto.
Alba scende dalla macchina, prima di andarsene mi dice un'ultima cosa.
“Hai avuto la tua occasione. Hai distrutto tutto di nuovo. Non voglio vederti mai più!”

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Capitolo 32
*** 32 Alba ***


ALBA
Che si fa quando perdi la persona che ami per la seconda volta?
Il dolore ti uccide.
Il senso di vuoto ti divora.
La delusione ti spezza.
Spezzata.
È così che mi sento.
Perché questa volta ci avevo creduto davvero, Riccardo. Pensavo che fossi cambiato, pensavo che avessi trovato il coraggio di amare e di essere amato. Pensavo che avremmo ricominciato da zero insieme, che mi avresti dato la forza per affrontare qualsiasi cosa, e invece niente. Non ci hai voluto nemmeno provare a salvarlo il nostro amore.

In queste due settimane senza Riccardo ho ripreso il controllo della mia vita. Sono ritornata ad essere l'Alba di sempre, sono esattamente come gli altri si aspettino che io sia. Ed è tutto più semplice: Carlo è contento, non mi chiede più cosa abbia, mia madre è tranquilla perché non le creo problemi e io…io sono me stessa solo quando mi trovo nella sala da ballo. Davanti a tutti quegli specchi, è difficile scappare, non si può mentire. Allora mi lascio trasportare dalle note di una canzone e con il mio corpo riesco ad esprimere come mi sento.
Oggi Mara ha detto che vuole parlarmi, mi chiedo cosa sia di così importante da non poterne parlare al telefono.
“Alba, cara buongiorno! Sono contenta di vederti e che tu sia venuta qui ad allenarti un po’ anche oggi! Come stai?”
“Bene, grazie a te per avermi messo a disposizione questo posto. Hai detto che volevi parlarmi, dimmi pure”
“Aspettiamo una persona, che sta per arrivare”
La guardo interrogativa, ma proprio in quel momento vedo Riccardo sbucare sulla porta.
“Eccoti, Riccardo, vieni!” – dice Mara.
Ci guardiamo imbarazzati, non ci salutiamo neppure. Stiamo solo cercando disperatamente di capire che cosa ci facciamo qui.
“Ragazzi, vorrei farvi una proposta: due maestri di salsa e bachata sono partiti per una tournée, lasciandomi con il corso scoperto per due mesi, vi andrebbe di sostituirli?”
No, no , no e poi no.
Riccardo mi guarda, vorrebbe che fossi io a parlare per prima, ma l'unica parola che esce dalla mia bocca è No.
“Ragazzi siete bravi, avete feeling, mi fareste davvero un grande favore. Adesso vi lascio soli, pensateci!”
Fermo Mara, cerco di convincerla che non siamo abbastanza preparati per insegnare agli altri, che non ce la sentiamo di farlo, ma lei non vuole sentire ragioni e ci invita nuovamente a pensarci su.

Mi siedo con Riccardo sul muretto fuori dalla scuola di danza.
“Non crederai che abbia intenzione di accettare!?! Non voglio farlo e soprattutto con te”
“Ti comporti da ragazzina viziata. Io voglio farlo perché mi piace e perché….”
“Perché cosa?”
“Per i soldi. Mi farebbe comodo un’entrata in più. La situazione è complicata a casa mia, ma questo lo sai già”
Colpita e affondata.
“Fallo con qualcun’altra”
“Dobbiamo farlo insieme. Almeno nel ballo, abbiamo sempre funzionato bene insieme”
Faccio un sorriso di circostanza.
“E poi sono sicuro che sarà una bella esperienza”- aggiunge.
“Io sono convinta che sarà un disastro. Non voglio aver nessun tipo di rapporto con te”
“Può essere, ma siamo persone adulte, possiamo almeno provare ad avere un rapporto professionale”
Mi chiedo come riesca ad essere così freddo e distaccato. Così razionale.
Alla fine mi arrendo e decido di accettare.
Sono una donna adulta, sarò in grado di separare il lavoro dalla mia vita privata.

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Capitolo 33
*** 33 Riccardo ***


RICCARDO
Ho accettato questo lavoro solo ed esclusivamente per stare vicino ad Alba.
Prima mi sforzo di starle lontano e poi alla prima occasione faccio di tutto per stare con lei.
Per starle vicino, ma non troppo vicino da farle male.
Non potevo permettere che rovinassi la tua via per me, Alba. Non potevo chiederti di rinunciare ai tuoi sogni per farli combaciare con i miei, perché tu nel tuo futuro vedi una casa, dei bambini, magari anche un cane o un gatto, io invece no, io non vedo niente di tutto questo e non voglio niente di tutto questo. Non avrò mai un bambino, non so nemmeno cosa voglia dire avere un padre, come potrei essere un buon padre per quel bambino? E una casa nostra? No. Non so nemmeno cosa significhi avere una casa pulita, ordinata, in cui c’è qualcuno che ti aspetti, qualcuno che quando arrivi ti abbia già preparato la cena. Tu te le meriti tutte queste cose. Tu ti meriti tutto ciò che desideri, amore mio. E per quanto possa fare male e sia difficile da accettare, so che Lui potrà dartele, io invece no.

Abbiamo deciso di vederci solo qui nella scuola di danza per organizzare le lezioni. Lo facciamo ad orari assurdi per conciliare i nostri impegni, ma va bene così. Va bene anche fare i salti mortali pur di vederla qualche ora.
Qualche volta, viene a prenderla il suo fidanzato e quando li guardo andare via insieme, mi prende sempre un nodo allo stomaco.
Non ho mai parlato con lui, non so lui cosa sappia di me, di noi due.
So, che quando ci vede ballare abbassa lo sguardo, fa finta di guardare il suo iPhone, forse perché, anche lui, nonostante voglia negarlo, si accorge di tutto quello che c'è tra noi.
Che questo niente apparente, fa un rumore incredibilmente assordante.
Di te, so per certo, che non lo guardi come guardi me.
Come so che il tuo corpo trema quando ti sfioro.
Che il tuo fiato diventa corto quando ci ritroviamo a ballare con le labbra a pochi centimetri di distanza.

Questa sera sono le 23:00 e siamo ancora qui dentro, oramai Mara ci ha lasciato le chiavi.
La lezione è terminata qualche ora fa, ma dobbiamo ancora provare qualche coreografia per la prossima settimana.
“ Alba, io sono davvero stanco, ieri ho fatto il turno di notte in clinica, vorrei solo andare a dormire” – mi lamento.
“Si, in effetti, è tardi, andiamo via. Chiudi tu?”
“Si. Viene a prenderti Carlo?”
“Non può, vado a piedi”
“Ti do un passaggio io. È notte, non ti lascio andare da sola!”- dico.
“E perché? Che te ne importa?”
“Smettila. Non voglio che ti succeda nulla”
“Vaffanculo, Riccardo!”
Mi dá una spinta e va verso la porta. Mi piazzo davanti.
“O ti fai accompagnare da me o non esci da qui! Ce ne restiamo qui per tutta la notte”
“Stai scherzando, vero? Spostati!”
“No!”
“Non è divertente. Me ne voglio andare da qui”
“Allora, lascia che ti accompagni!”
“No! Chiamo mio padre!”
“E gli racconti che non vuoi farti accompagnare a casa dal tuo…ex?”
“Ex? Tu non sei nessuno”
Alba si allontana da me, armeggia con il suo cellulare, mentre io continuo a chiedermi se stia facendo la cosa giusta trattenendola qui.
Lo sto facendo per lei, per non farla andare via da sola a quest’ora o lo sto facendo per me, per restare ancora un po’ con lei?
“Mi arrendo: vengo con te”- dice improvvisamente, così spegniamo le luci e ci lasciamo alle spalle la scuola di danza.
Quando siamo in macchina, Alba non mi rivolge la parola, eppure io lo sento che prova qualcosa per me.
Faccio una piccola deviazione e invece di riportarla a casa la porto qui, in quello che era il nostro posto: un campo da calcio inutilizzato dove c'è un'ottima visuale per guardare le stelle.

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Capitolo 34
*** Alba ***


ALBA
“Perché mi hai portato qui?” – gli chiedo.
Riccardo non risponde, continua a tenere gli occhi bassi, fissi sul volante dell’auto.
Non so nemmeno quanto tempo sia passato dall'ultima volta che sono venuta qui. È rimasto tutto uguale, gli spalti fatti di cemento, il campo pieno di terriccio marrone, le grate di ferro. E poi questo cielo immenso sopra di noi pieno di stelle, anche se siamo in pieno inverno.
Quando stavamo insieme venivamo spesso qui a vedere le stelle o semplicemente per stare un po’ da soli, lontani da tutto il resto.
“Riccardo, rispondimi”
“Vuoi davvero saperlo? Non lo so. È che c'è una parte di me che davvero voleva portarti a casa, ma anche un'altra che non desidera altro che stare con te questa sera”
Lo dice con una dolcezza e con un dolore che sento anche miei.
“Vuoi stare con me stasera..e domani? Mi chiederai di non farmi illusioni, vero?”
“Non so nemmeno questo. Però voglio dirti delle cose e penso che questo sia il posto giusto”
Accenno un sorriso.
“Ti ascolto”
Lui si prende un po’ di tempo, poi inizia a parlare.
“Vorrei avere più coraggio, vorrei riuscire a guardarti negli occhi e smettere di fissare le mie mani o questo stupido volante, vorrei chiederti di mollare tutto per me, per noi, ma non ci riesco. Una parte di me continua a pensare che sia troppo, che forse è tutta un'illusione e un giorno quello che c'è tra noi non ci basterà più, così tu ne andrai. So che non ci sono garanzie, eppure le vorrei. Vorrei essere sicuro di non farti male, di essere la persona giusta per te, ma guardami. Vorrei essere capace di allontanarmi da te una volta per tutte e di lasciarti libera, ma non riesco a fare nemmeno questo. Ci ho provato a smettere di pensarti, ma niente, ci sei sempre stata”
I miei occhi si fanno lucidi mentre poso una mano sulla gamba di Riccardo, lui l'afferra e la stringe con la sua.
“Probabilmente abbiamo sbagliato tutto negli ultimi tempi. Avvicinarci così, ci ha fatto solo stare peggio, perché ci siamo scontrati per l'ennesima volta con una realtà che è difficile da accettare: quella di due persone fatte per stare insieme, ma incapaci di farlo. Io voglio solo che tu sia felice ed io devo andarmene da qui. Io così non riesco a respirare”
No. No. Non sta succedendo davvero.
Comincio a piangere come una bambina, mentre Riccardo mi tiene stretta lui.
“Alba..calmati, amore..” – sussurra.
“Non voglio che tu te ne vada..”
Mi aggrappo con tutte le mie forze alle sue braccia, sento il suo cuore battere con il mio e vedo i suoi occhi umidi e gonfi come i miei.
Piange anche lui e io vorrei riuscire a trovare le parole giuste, ma forse non esistono quando si sta così male.
“Hai ragione su tante cose, so quello che senti, quello che sentiamo, ma so anche tutte le volte in cui hai cercato di nasconderlo a te stesso e anche a me, tutte le volte in cui io mi sono avvicinata a te e tu mi hai allontanata , più il mio amore diventava grande, più tu scappavi via. Però, io voglio che tu sappia che tu puoi amare, non so quante volte ho provato a fartelo capire. So che qui non respiri, come non respiravi a Milano, a Londra, a Torino. Le tue fughe le conosco a memoria. Perché sai che cosa rimaneva, poi? Sempre io che piangevo in un angolo della mia camera aspettando che tu venissi a salvarmi. Quando finalmente mi sono convinta che non sarebbe successo, sei riapparso dal nulla con i tuoi sentimenti detti a mezza voce e il caos che ti porti dentro da una vita. E mi hai travolta di nuovo, perché io ti amo, Riccardo. E sono anni che provo a farti capire che anche tu puoi amare..”
Glielo dico tutto d'un fiato nonostante le lacrime non la smettano di scendere e cadere lungo le nostre guance.
Ci abbracciamo forte, quasi ci stritoliamo. Ci aggrappiamo l’una all'altro come abbiamo sempre fatto.
Sento il respiro di Riccardo sul mio collo e la sua bocca che si avvicina al mio orecchio:
“Ti amo anch’io” – sussurra.
E penso che stasera posso anche morire sotto questo cielo stellato e tra le sue braccia.

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