Inkessence - Profumo d'inchiostro

di flyerthanwind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Party all night ***
Capitolo 3: *** I postumi (della prima) ***
Capitolo 4: *** Malfoy's ***
Capitolo 5: *** L'incontro-scontro ***
Capitolo 6: *** Binario 9 e ¾ ***
Capitolo 7: *** L'arazzo ***
Capitolo 8: *** È finita l'attesa ***
Capitolo 9: *** La festa con sorpresa ***
Capitolo 10: *** Nursery ***
Capitolo 11: *** Stai scherzando, Malfoy?! ***
Capitolo 12: *** Halloween ***
Capitolo 13: *** Gufi ritardatari ***
Capitolo 14: *** Di Serpeverde vendicativi e Grifondoro impiccioni ***
Capitolo 15: *** Revengessence - Profumo di vendetta ***
Capitolo 16: *** Grifondoro vs Serpeverde ***
Capitolo 17: *** La Tana ***
Capitolo 18: *** Orgoglio purosangue ***
Capitolo 19: *** Nemica neve ***
Capitolo 20: *** Indagini babbane ***
Capitolo 21: *** Dominique ***
Capitolo 22: *** Il cavaliere misterioso ***
Capitolo 23: *** Testardi ***
Capitolo 24: *** Scommettiamo? ***
Capitolo 25: *** Il duello ***
Capitolo 26: *** Make a deal ***
Capitolo 27: *** L'intervista ***
Capitolo 28: *** Incazzato rosso ***
Capitolo 29: *** Hogwarts Express ***
Capitolo 30: *** Di discorsi e compleanni ***
Capitolo 31: *** HP: hypothesis ***
Capitolo 32: *** Tittle-tattle ***
Capitolo 33: *** Buon compleanno, Jamie! ***
Capitolo 34: *** Real ***
Capitolo 35: *** La rivelazione ***
Capitolo 36: *** Cenerentola ***
Capitolo 37: *** A colloquio con il preside ***
Capitolo 38: *** Gelosi marci ***
Capitolo 39: *** Le piccole cose ***
Capitolo 40: *** Guess who isn't back ***
Capitolo 41: *** Il vuoto ***
Capitolo 42: *** L'urlo ***
Capitolo 43: *** Lo scontro finale ***
Capitolo 44: *** Crisi ***
Capitolo 45: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling; la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non considera gli avvenimenti di Harry Potter and the Cursed Child.



 
Prologo

Rose non era normale. Alla veneranda età di quasi undici anni Rose aveva già capito di essere strana.
Era diversa dai suoi cugini, non faceva esplodere le cose come Jamie, né riusciva a farsi crescere i fiori tra le mani come Lily. Era diversa persino da Hugo e Al, che già erano capaci di volare sulle loro mini-scope. Ah, e non era nemmeno minimamente bella come i suoi cugini d'oltreoceano Vic, Domi e Louis. Persino differente da Lucy e Molly!
Era diversa. Diversa e basta. E sapeva anche il perché.
Sentiva una strana cosa, nelle vene, quando si arrabbiava. Riusciva a sentirla fluire e spargersi in tutto il corpo assieme al sangue, ma era più calda. Era sicura che fosse quella a renderla diversa, perché gli altri non l'avevano.
Forse. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo.
Quel giorno, poi, si sentiva ancora più diversa, perché Al aveva ricevuto la sua lettera per la scuola, mentre a lei ancora non arrivava nulla. Se n'era vantato tutto il giorno alla Tana, il cattivo, fin quando lei l'aveva spintonato nel laghetto e i suoi genitori l'avevano portata via.
Avevano sempre un gran da fare, loro, e non era raro sentirli parlottare di cose di lavoro. Quella volta, però, era sicura stessero parlando di lei, perché aveva chiaramente sentito il suo nome e suo padre che borbottava irritato: «Non può essere una maganò, è nostra figlia! ». Non sapeva cosa volesse dire quella strana parola, maganò, ma non le sembrava affatto bella. Anzi, la trovava orribile, la peggior parola che avesse mai sentito.
Comunque suo padre aveva detto che non poteva essere una maganò, quindi doveva trovare un modo per riuscire a far esplodere qualcosa. O perlomeno farla rimpicciolire. Si era allenata per tutto il giorno, riuscendo solo ad innervosirsi e chiudersi nella stanza che divideva con Hugo, il quale era stato giustamente cacciato fuori. La sera, poiché si era categoricamente rifiutata di mangiare, la madre era entrata nella sua stanza con la forza.
«Tesoro» aveva esordito con falsa tranquillità, ma le si leggeva negli occhi che era preoccupata.
«Non voglio essere una maganò, mamma!» aveva quindi sbottato, evitando alla donna inutili giri di parole.
Ella le aveva allora cinto le spalle con un braccio -gesto che la faceva sentire piccola di fronte alla gran donna che era capace di avvolgerla- e le aveva raccontato di quella volta in cui, a un anno e mezzo, l'aveva lasciata alle cure del padre e del nonno, che nel tentativo di farle un bagnetto con una paperella di gomma, l'avevano spaventata così tanto che se l'era ritrovata tra le braccia in ufficio, tutta bagnata.
«Quella è stata la tua prima magia accidentale» le aveva spiegato con pazienza sistemandola meglio sul letto. Rose aveva sorriso, finalmente rasserenata all’idea che la sua lettera sarebbe arrivata –o almeno, ancora ci sperava- e si era acquietata tra le braccia della madre.
⊰·⊱
Anni dopo, verso i quindici anni, Rose scoprì che non aveva manifestato nemmeno un briciolo di magia accidentale -eccetto l'episodio- ma ne aveva tantissima. Hogwarts le piaceva moltissimo e ne era rimasta così affascinata che aveva divorato il libro “Storia di Hogwarts” in meno tempo di sua madre, ma l'adulta non l'avrebbe mai ammesso.
Si era anche sentita abbastanza stupida quando, il primo giorno di scuola, aveva scoperto che il guardiano, Messer Dohlov, era un magonò, una semplice persona senza magia. Certo, vivere senza poter utilizzare la magia doveva essere terribile, tuttavia non era la tragedia che si era immaginata tempo addietro.
Naturalmente, la sua casa era stata Grifondoro, come per la maggior parte dei suoi cugini. Il cappello aveva esitato a lungo anche su Corvonero, facendo di lei una Testurbante a tutti gli effetti –non come la madre, il cui smistamento era durato quattro minuti e mezzo. La giovane rossa, però, si era opposta fermamente a quest'ultima, volendo onorare i genitori e convita di avere altre doti oltre l’ingegno e la saggezza, e alla fine aveva vinto.
Perché non sono solo leale, coraggiosa e buona di cuore, sono anche un gran testarda.
Al era stato smistato in Serpeverde -sebbene all’inizio avesse avuto le reticenze, Rose si era trovata costretta ammettere che non aveva sbagliato affatto- così come la piccola Lucy. Louis e Molly, invece, erano due Tassorosso, ligi alle regole e infinitamente pazienti.
Ma stava divagando, come sempre del resto. Spesso, quando faceva lunghi monologhi interiori -nel suo cervello meglio conosciuti come sproloqui inutili per la sua già precaria sanità mentale- non riusciva a ricordarne l'inizio, tanto aveva divagato.
«E basta coi soliloqui Rosie, anche oggi no!».
Ecco, appunto.
La voce di suo cugino James l'aveva riscossa, e poi era stata letteralmente tirata su dall'angolo di casa in cui era riuscita a nascondersi.
Sì, perché si stava proprio nascondendo.
Il problema era che tra meno di sei ore avrebbe compiuto sedici anni, e per l'occasione zio Bill e zia Fleur le avevano gentilmente concesso Villa Conchiglia per una piccola festicciola in famiglia. E fin lì nessun problema.
Quando però, verso le sei del pomeriggio, le era sembrato di vedere zio George e molti alcolici, aveva pensato bene di far valere il proprio spirito Grifondoro e battere in ritirata. Perché non era mai un buon segno se James e i gemelli si coalizzavano. E in quella settimana particolarmente, Roxanne aveva fatto in modo di tenerla il più all'oscuro possibile sulla festicciola, e Fred era stato a complottare con il padre tutto il tempo. Inoltre, giusto perché un clan era sempre unito, Al le aveva parlato di Chris per tutta la settimana, con evidente sdegno da parte di Molly -la quale, a quanto le era dato sapere, era finita lì solo per controllarli tutti.
Chris era Christopher Devies, Tassorosso del sesto anno che aveva una cotta per lei, e a cui ovviamente sbavava dietro Molly, perché non era solo rispettoso delle regole, ma anche relativamente carino: aveva i lineamenti orientali della madre, la famigerata Cho Chang, e il corpo magro e slanciato del padre, Roger Devies, cavaliere di zia Fleur al Ballo del Ceppo. Non c'era da stupirsene se a zia Ginny non andasse del tutto a genio, coi genitori che si ritrovava lei lo considerava un bomba ad orologeria.
«Che diavolo sta succedendo, James Sirius Potter?!» spuntò dall'altra stanza la cugina, nemmeno avesse sentito il richiamo dei suoi pensieri.
«Sta' calma, Molliccio» la apostrofò James nel modo che più odiava, facendole divenire le orecchie tutte rosse.
Non hai i classici capelli rosso Weasley, ma almeno qualche caratteristica da noi l'ha presa.
Ad ogni modo, Rose non seppe mai come proseguì la conversazione, perché sgusciò tra i due ignorando il proprio metro e settanta di altezza e uscì in spiaggia.
Sulla riva c'erano Dominique e Victoire che prendevano il sole, e non poté fare a meno di invidiarle ardentemente. Erano due fotocopie, entrambe con lunghi e liscissimi capelli color del grano e grandi occhi dannatamente azzurri. Stavano stese con dei costumi sul bagnasciuga, nonostante l'acqua fosse ghiacciata, e non appena la notarono si scambiarono degli eloquenti sorrisi complici.
«Dovresti prendere un po' di sole, Mon Cherie, sei così pallida» le disse Domi con forte accento francese. Dei tre figli, forse era quella che l'aveva recepito di più. Victoire infatti aveva frequentato Hogwarts ed era stata quasi sempre in Inghilterra, mentre zia Fleur aveva provato a riportare in Provenza lei, Louis e zio Bill, ma aveva fallito miseramente e alla fine si era arresa.
«Potreste spiegarmi, gentilmente, perché mentre venivo qui Lucy e Lily stavano convincendo Teddy a trasfigurare delle vecchie coperte in vestitini?» domandò la Rossa alquanto perplessa dalla scena che si era ritrovata davanti poco prima.
Le due bionde ridacchiarono di nuovo, tirandosi in piedi. Si posizionarono ognuna a un lato del suo corpo, e la cosa era piuttosto inquietante dato che erano due benedette sorelle identiche ascendenti Veela.
«Sai Rosie» esordì la maggiore con un ghigno degno del padre, «Forse tu e Jamie avete due idee diverse di compleanno in famiglia!».
Adesso si che ho capito...
Merlino sono ancora più confusa...
Morgana, perché proprio tra i Weasley dovevo nascere?!



N.d'A.
Vi ringrazio innanzitutto per essere arrivati fin qui e, di conseguenza, per aver dato una chance a questa storia, ne sono davvero lieta e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, magari scambiare qualche opinione (sì, è un messaggio non molto subliminale per invitarvi a recensire ahahahah)
Questa storia non è pubblicata solo qui ma anche su un'altra piattaforma, dove per ora sono presenti già i primi tre capitoli, che impegno a pubblicare anche qui al più presto. 
Per qualsiasi cosa sono reperibile sia qui su efp che su instagram (@flyerthanwind_)
A presto
Luna

 

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Capitolo 2
*** Party all night ***


Party All Night.

Verso le dieci aveva scoperto che sì, la sua idea e quella di James di compleanno in famiglia differivano, e di molto anche. Soprattutto perché alla sua festa di compleanno erano stati invitati i fratelli Scamandro -e okay che voglio bene a zia Luna…- e anche i fratelli Paciock -passino anche loro, fanno parte della famiglia, in fondo-; quando però aveva visto Christopher varcare la soglia del salotto non c'aveva visto più, soprattutto perché era seguito da quello sbruffone di Malfoy.
«Potter, si può sapere chi diavolo hai invitato al mio compleanno?» sbottò la Weasley con le orecchie color fiamme dei draghi di zio Charlie. Quella era una caratteristica di famiglia che non aveva avuto pietà alcuna della progenie Weasley-Potter.
«Io?! Proprio nessuno» si difese l'incredibile serpe negando l'evidenza.
«Oh, ma certo, vuoi dirmi che è stata Lily? O magari James?» ribatté di nuovo la piccola Rossa. Beh, tanto piccola non era, soprattutto vicino quel nanetto di suo cugino.
«Sai che ti dico? Dev'essere stata Lucy» rispose incolpando la cuginetta. Non che non la ritenesse capace di una cosa del genere, sia chiaro, ma era sicura che in quel caso la colpa fosse tutta di Mister Fanali.
Gli aveva dato quel soprannome al terzo anno, quando aveva beccato la sua compagna di dormitorio a sbavare su una loro foto e si era giustificata dicendo: «È che ha degli occhi fantastici... sembrano dei fanali!». Oh, era stata una cosa brutta sentirglielo dire, ma mai terribile come quello che l'aspettava in seguito... apprezzamenti su James Il Troglodita.
Che faticaccia, vivere così...
Mentre la serpe le scivolava vicino e strisciava via ad accogliere l'amico platinato, Christopher si avvicinò, cogliendola di sorpresa e limitandole le vie di fuga.
«Ciao Rosie!» esclamò provando a darle un bacio sulla guancia. Nonostante la modesta altezza, riuscì ad evitare quell'effusione vicino a sua cugina Molly e ricambiò un sorriso senza troppo entusiasmo, sgusciando poi via come aveva fatto il cugino.
Beh?! Siamo comunque parenti...
Si complimentò con sé stessa per l'uscita gloriosa di scena e si rifugiò in cucina, abbandonandosi -letteralmente- contro il muro e aspettando che le gambe cedessero da sole per scivolare fino a terra. Perché era sveglia da troppo tempo, la musica non aiutava, il drink che le aveva ficcato in gola sua cugina a inizio serata nemmeno, e per di più non ce la faceva a fare da balia a degli adolescenti con gli ormoni a palla.
Dovrebbero esserci Vic e Teddy, a placare gli animi Grifondoro -casata della maggior parte degli invitati-, ma avranno trovato di meglio di fare…
Mentre meditava per trovare il posto più adatto su cui sbattere la testa, sentì una voce vicino ai fornelli, e guardando sotto al tavolo, anche due paia di piedi. Affinò l'udito per tentare di capire cosa dicessero e benedisse mentalmente la sua cocciutaggine sull'abbigliamento e il fatto che fosse riuscita a far uscire dalla bacchetta scintille verdi con un incantesimo non verbale quando Lily e Lucy avevano provato a farle indossare una delle coperte che avevano trasfigurato in vestiti.
Coi leging -o come si chiamano queste specie calze- riesco a scivolare decisamente meglio!
«Io non ce la faccio Lys, non mi fila nemmeno di striscio!» esclamò una voce femminile, che fu poi identificata come quella di sua cugina.
«Se mi dicessi almeno il nome, Dom, potrei fare qualcosa in più...» replicò la voce decisa di Lysander, l'unico che potesse parlare con lei e non sapere il nome del ragazzo che la faceva lagnare. Hermione diceva che era perché era molto più malleabile da bambino di suo fratello Lorcan, e quindi si lasciava manipolare da Domi. E poi, era l'unico a chiamarla Dom.
«Ancora?! Te l'ho già detto, non posso» replicò la cugina alterandosi. Era vicina allo stadio massimo: l'incazzatura. In quei momenti il suo quarto Veela sembrava apparire tutto insieme, e anche se non diventava un orribile uccellaccio, faceva terribilmente paura.
Ad ogni modo, non aveva la minima intenzione di farsi scoprire e/o essere lì mentre la bionda scoppiava, perciò si acquattò meglio contro il muro e scivolo fino alla porta, mettendosi in piedi poi, lodando di nuovo quei lecosi.
«Ehi Rosie» la voce la fece sobbalzare, ma non per timore. Si guardò intorno e notò sua cugina Molly che avrebbe potuto Avadakedavrizzare qualcuno. Distolse immediatamente lo sguardo, rivolgendo a Christopher un sorriso di circostanza.
«Chris» ripeté in segno di saluto cercando un modo per svignarsela, mentre quello sbruffone di un Malfoy ghignava in compagnia di suo cugino Albus.
«Sei proprio carina con queste calze e la canottiera rossa» disse il moro squadrandola per bene nel suo metro e settantasei con sei cm di tacchi.
Magenta pensò Rose, ricordando quello che le aveva detto Lily mentre cercava di rifiutarsi di indossare quella canottiera rossa. Ovviamente aveva perso.
«Senti, Rosie, non è che ti andrebbe di andare di sopra... così... a parlare?» continuò con il viso abbassato.
Merlino... Morgana... Circe...
«Senti Christopher, è inutile girarci intorno» disse la Rossa cercando di arrivare dritta al punto. Non le erano mai piaciuti i giri di parole, ma c'era un motivo se il mezzo-orientale davanti a lei non era stato smistato in Corvonero, a giudicare dall'occhiata interrogativa che le lanciò.
«È che vedi...» sospirò, non volendo trattar male l'amico, «Non sei il mio tipo».
Christopher le lanciò dapprima un'occhiata delusa, oserei dire, poi gli si accese una strana scintilla negli occhi.
«E com'è il tuo tipo?!» domandò mettendo in difficoltà la neo-sedicenne.
Perché sì, aveva detto la prima cavolata che le era venuta in mente per toglierselo di torno.
«Beh» esordì Rose mentre le orecchie le andavano in fiamme, guardandosi disperatamente attorno. «È biondo...» disse dopo aver sorpassato con lo sguardo Malfoy e Albus, «Con gli occhi chiari» aggiunse, rendendosi conto di star descrivendo l'opposto di Devies; «Poi alto, più di me, con pochi muscoli» continuò riposando lo sguardo su suo cugino e Malfoy; «E con lineamenti... angelici» concluse riposando lo sguardo su quello di Christopher, il quale si stava infervorendo nel suo metro e settanta di altezza.
«Oh bene. Comunque tranquilla, non volevo nulla da te, solo consigli per conquistare tua cugina Molly!» esclamò stizzito allontanandosi.
Se vabbe'...
«Ehi Weasley» le si avvicinò Malfoy con un ghigno.
«Che vuoi?» rispose lei indispettita.
«Bel modo di liberarsi di Devies» disse il biondo cercando con lo sguardo il suo complice Potter.
«Malfoy sei una serpe! Non lo sai che non si origliano le conversazioni altrui?!» lo riprese lei con le orecchie in fiamme dalla rabbia. Lui la osservava di sottecchi, cogliendo ogni dettaglio della sua reazione.
«Già... ma mi era sembrato di capire che sono io, il tuo tipo ideale» le rivelò facendo comparire un ghigno astuto a discapito di quello malefico.
«Oh, ma per favore, dovevo solo descrivere l'opposto di Christopher, non potrebbe mai piacermi uno come te!» rispose convinta scoppiando a ridere subito dopo e allontanandosi da Malfoy.
Per un attimo le era sembrato che fosse deluso, ma poi aveva cacciato via quell'idea bizzarra dalla sua scatola cranica.
A Malfoy non potrebbe mai piacere una come me.

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Capitolo 3
*** I postumi (della prima) ***


I postumi (della prima)

Conoscete il vecchio motto babbano "Sleep all day, party all night"? Rose, dopo aver festeggiato tutta la notte ed essere crollata dopo un paio di drink somministrateli da una cugina rossa non ben identificata, era collassata sul pavimento del salotto di villa conchiglia con un braccio incollato al pavimento e un altro addosso a qualcuno che assomigliava vagamente ad uno spaventapasseri platinato.
Non era lucida di mattina dopo la colazione, come poteva essere alle cinque del mattino mezza sbronza?! Perché no, Rose non lo reggeva, l'alcool.
Comunque, al suo solito, stava divagando.
Erano circa le dieci e lei aveva appena cinque ore di sonno quando una Molly stranamente ridente –sono l’unica a non ricordare nemmeno come ci sono finita su questo pavimento?- l'aveva tirata in piedi e aveva tolto il suo braccio da sopra la schiena dello spaventapasseri platinato, che NON era affatto Scorpius. Assolutamente no, negativo.
La sua faccia, nonostante il sorriso che capeggiava prepotente, imponendosi con forza tra i lineamenti rigidi, era seria e non faceva pensare a nulla di buono.
«Zia Herm ha mandato almeno dieci gufi, dice che se non ti presenti subito a casa manderà una pattuglia a controllare, e non mi sembra proprio il caso che vedano la villa in queste condizioni» le aveva detto con voce seria mentre suo cugino rimetteva in piedi lo spaventapasseri platinato.
Quindi lei, da sedicenne qual era, era scattata in piedi all’istante e aveva avuto un abbassamento di pressione che l'avrebbe fatta cadere, se solo la cugina non l'avesse afferrata in tempo.
Non aveva tempo di recuperare la t-shirt leggera e i jeans da una delle camere superiori, perciò si aggiustò la camicia e raggiunse Vic in cucina, che la aspettava per la materializzazione.
L'aveva già fatto altre volte, ma la morsa che sembrava volesse strapparle l'ombelico era sempre la stessa e solo negli ultimi tempi la rossa aveva imparato a uscirne in piedi. Non aveva mai provato a materializzarsi dopo una sbronza -non si era nemmeno mai sbronzata, a voler dirla tutta- e quindi non si era aspettata che la polvere del proprio salotto le sporcasse le lentine.
«Rose! Tutto bene?!». Sua madre aveva una voce isterica, ma qualcosa le faceva sospettare che non fosse per la figlia stesa a terra a faccia in giù.
«Le lentine» brontolò lei con la vista offuscata, «vado a toglierle» disse dirigendosi verso il bagno di casa sua.
Portava le lentine dal primo anno, ma non lo aveva mai detto a nessuno. Sospettava nemmeno suo padre lo sapesse. Quando, a dieci anni, aveva iniziato a non vederci bene e i guaritori avevano consigliato un bel paio di occhiali, aveva pianto così tanto che alla fine la povera madre si era arresa e le aveva comprato delle lentine babbane che provvedeva a spedire a Hogwarts ogni qual volta la sua scorta si avvicinava alla fine.
Già con questi capelli indomabili sono impresentabile, con gli occhiali poi!
Mentre depositava le lentine nell'apposito liquido, sentì il campanello e sua madre che apriva il portone e accoglieva gli ospiti in casa. Indossò così i suoi occhiali e andò in salotto. Erano occhiali abbastanza grandi dalla forma piuttosto rotondetta, molto in voga tra i babbani; li aveva infatti dovuti cambiare da poco.
Mentre percorreva il corridoio che divideva il bagno dalla sala, sentì due voce di donne parlare tra loro con voce un po' tesa, e la prima cosa che vide, entrando nell'abitacolo, era che Vic se l'era data a gambe e la signora Malfoy sedeva nel salotto di casa sua, con suo figlio -lo spaventapasseri platinato- affianco.
Si girarono a guardarla entrambi, la prima a disagio squadrandola da capo a piedi -oh no, non avrebbe dovuto togliersi gli stivali per la strada- e il secondo alquanto stupito.
«Rosie!» esclamò sua madre andandole accanto e poggiandole amorevolmente una mano sulla spalla, nonostante la sua voce tradisse una punta di imbarazzo e i suoi occhi non lanciassero occhiate propriamente amorevoli.
Mentre sua madre borbottava qualcosa del fatto che lei e Astoria lavorassero insieme al secondo livello del ministero, Rose fu felice di notare che neanche Scorpius aveva avuto il tempo di cambiarsi dalla sera prima e che indossava ancora il pantalone di velluto e la camicia abbottonata storta che lasciava intravedere un ciondolo che portava al collo -non l’aveva mai notato ad Hogwarts perché il laccetto era abbastanza lungo.
«Meglio arrivare subito al dunque» disse la ex signorina Greengrass guardando prima la rossa e poi suo figlio, «Abbiamo avuto un po' di problemi in questi ultimi tempi in ufficio con persone che hanno ammesso pubblicamente di voler perseguire gli ideali del Signore Oscuro, e sarebbe opportuno che qualcuno desse loro l'esempio, per ricondurli sulla retta via, per rendergli chiaro che la guerra è finita e non ci sono più distinzioni tra i ragazzi di oggi».
«E dovremmo darlo io e Malfoy l'esempio?!» domandò la Rossa incredula, «Perché non lui e Al? In fondo loro sono amici per davvero».
«Credo ci sia qualcosa che tu debba sapere Rose... Vedi, dopo la guerra, tuo zio Harry ha provato a riallacciare i rapporti con Draco, mentre tuo padre –quel testone, non mi dà mai ascolto!- si è sempre rifiutato di rivolgergli la parola».
«Ah quindi è questo il punto, dovete dimostrare che non ci sono distinzioni nemmeno tra i figli dei due Salvatori del mondo magico e il vecchio Mangiamorte pentito» le diede man forte Scorpius, il cui temperamento di solito calmo e insopportabile stava cedendo il posto ad una rabbia impetuosa.
«Scorpius!» esclamò indignata la madre, «Non parlare così di tuo padre!».
«Beh, è quello che avete lasciato intendere…» rispose lui abbassando lo sguardo, sconfitto e messo a tacere davanti ad altri. Strano come le scarpe diventino estremamente interessanti in determinati momenti.
«Beh, ad ogni modo» li interruppe Hermione per strappare il velo di irritazione che aveva avvolto la donna dagli zigomi pronunciati, «Venerdì pomeriggio noi quattro ci vedremo da Florian Fortebraccio per un gelato prima dell'inizio dell'anno scolastico alle sette in punto. Siate puntuali e non troppo eleganti».

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Capitolo 4
*** Malfoy's ***


Malfoy's

La prima e unica gelateria di Diagon Alley -e probabilmente di tutto il mondo magico- un tempo era appartenuta a Florian Fortebraccio, come si poteva dedurre dall'insegna di legno che ancora capeggiava sulla vetrata di fronte al Paiolo Magico. Prima della seconda guerra magica, però, egli era misteriosamente sparito chiudendo baracca e burattini, e solo dopo di essa le sue figlie gemelle avevano riaperto i battenti.
Uno degli ultimi tavolini bianchi che ancora si trovavano all'esterno della bottega era occupato dalla signora Malfoy e dal figlio prediletto. E se all'inizio Rose aveva creduto che la madre scherzasse sull'eleganza, si era dovuta ricredere quando l'aveva vista indossare una camiciola bluette sopra dei collant dello stesso colore e degli stivaletti blu con tacco, tacco alto; e allora, vedendo la austera donna che Malfoy senior aveva sposato indossare un semplice abito nero con i décolleté anch'essi neri non troppo alti, la fece sentire leggermente stupida nella sua camicia bianca, pantalone e ballerine per aver anche solo potuto pensare una cosa del genere.
Persino Scorpius era elegante, nei suoi abiti da mago di alta sartoria.
Lanciò un occhiata di sbieco al resto della strada quasi deserta, i cui passanti si giravano a guardare lei e la madre avanzare decise verso il tavolo dove sedevano i Malfoy.
Astoria la guardò un solo momento prima di parlare: «Buonasera» disse posando lo sguardo su Hermione, «Ho già pagato per quattro gelati, dobbiamo solo aspettare la cameriera per ordinarli».
La cameriera in questione era Noisette Fortebraccio, che avvicinandosi al tavolo rivolse un grande sorriso alla Rossa e a sua madre, assidue frequentatrici della gelateria.
«Allora, che gusti prendete?» domandò allegra la ragazza prendendo la penna e il blocco per le ordinazioni.
«Per me burrobirra e mela con panna» intervenne Malfoy con un sorriso.
«Specialità Scorpius» disse un'altra ragazza unendosi a Noisette. Era sua sorella Vanilla e le due erano praticamente identiche: entrambe avevano grandi occhi scuri e capelli castani leggermente mossi, le labbra gonfie e sempre del colore bordeaux, abbastanza magre ma non troppo alte. A Rose facevano pensare vagamente a uno specchio, tanto erano uguali, e invidiava un po' le loro forme perfette.
Madre Natura si è decisamente presa gioco di me e della mia taglia 40...
«Per me solo vaniglia» disse Astoria osservando per bene le due sorelle.
Dopo che anche Rose ed Hermione ebbero ordinato e le due si furono allontanate, lady Astoria prese parola.
«Voi due avete sedici anni ormai» disse parlando con un filo di voce per non farsi sentire da nessun altro, «è ora che iniziate a responsabilizzarvi e a carpire il peso dei vostri cognomi».
«Non siete dei semplici maghi la cui unica preoccupazione sarà prepararsi ai MAGO» intervenne la mamma, «dovreste frequentarvi un po' di più per dare l'esempio ai ragazzi, per far si che non seguano gli ideali dei loro amici, cugini, fratelli...».
«Beh, mi dispiace per voi» la interruppe Malfoy, «ma non vedo come io e Weasley, che ci siamo punzecchiati per cinque anni, potremmo essere credibili presentandoci ad Hogwarts come amici di una vita».
Le due si guardarono in un impeto di disperazione. Il caso le stava distruggendo e non riuscivano a uscirne fuori, a trovare una conclusione, nonostante fossero le migliori del dipartimento Applicazioni della Legge sulla Magia.
«Potreste iniziare chiamandovi per nome» propose Astoria, «E poi avete un amico in comune» aggiunse Hermione.
«Direi più che ci contendiamo un amico in comune» disse Rose con una sana dose di sarcasmo. Non era mai stata entusiasta dell’amicizia tra Albus e Scorpius, e non perché lui era un Malfoy. Più che altro si era sentita punta nel vivo del suo orgoglio di migliore amica e cugina quando Potter le aveva annunciato che lui e Scorpius erano divenuti migliori amici.
In fondo è la verità, che mi rivolgano pure tutte le occhiatacce che vogliono!
«Allora imparerete a conoscervi domani sera a cena. Porta anche tuo marito e tuo figlio».
⊰·⊱
Se a Rose avessero detto che avrebbe partecipato ad una cena con i Malfoy, probabilmente avrebbe riso in faccia al suo interlocutore. Mentre sua madre strillava e stirava la giacca di suo padre, però, la Rossa non ci trovava proprio niente da ridere.
Aveva scommesso che suo padre avrebbe dato di matto solo a sentir nominare i Malfoy, e infatti così fu. Dopo il gelato erano tornate a casa e quando Hermione aveva fatto l'annuncio Ron aveva cominciato a sbuffare e dire che i Weasley non avrebbero mai cenato con i Malfoy. Ovviamente aveva perso le staffe e aveva cominciato ad urlare a sua volta che lui era un uomo con i paraocchi e che non accettava mai nulla di ciò che lei proponeva. Era andata avanti così fino a sera tardi, quando Hermione l'aveva spuntata ed aveva riaperto le porte della camera da letto al povero marito. Non si era però tenuto conto di Hugo, il quale non aveva accettato la resa del padre e stava cercando un modo per annullare la cena, anche a costo di un incidente diplomatico.
«HUGO SMETTILA DI COMPLOTTARE E METTITI LA CAMICIA» gli urlò la madre consegnando intanto a Ron la cravatta perfettamente stirata. Era riuscita a far indossare abiti eleganti sia al marito che al figlio, distinti solo dal colore della camicia (rispettivamente bianca e azzurra) ed anche lei aveva indossato un tailleur nero con camicetta e décolleté rosa antico.
Rose invece, giaceva rintanata nella propria stanza a pensare alla spiegazione che avrebbe potuto dare alla madre sul suo vestiario.
Potrei dire che un poltergeist mi ha rubato tutti i vestiti per farmi dispetto...
Che poi tra l'altro un poltergeist lo avrebbe fatto davvero. Quando la madre andava a scuola, spesso a Luna sparivano le cose e Rose sospettava che qualche Corvonero avesse spifferato a Pix la parola d'ordine della Torre.
Ma stava divagando, perché lei non era capace di mantenere un filo logico nella sua incasinata testa.
«Rose, muoviti» urlò suo madre dal soggiorno trafficando con le chiavi.
La Rossa si osservò un ultimo momento allo specchio: indossava un maglioncino nero a collo alto, dei jeans strappati sulle ginocchia –all’ultima moda secondo nonno Arhur- e degli scarponcini bordeux. Non era elegante per niente, ma supponeva fosse passabile.
Supponeva.


N.d’A.
Piccola licenza, so che in realtà i Corvonero non hanno una parola d’ordine ma devono rispondere ad un indovinello prima di entrare nella Torre, tuttavia come farebbe Pix a infilarsi sempre nella Sala Comune?
flyerthanwind

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Capitolo 5
*** L'incontro-scontro ***


L’incontro-scontro

Malfoy Manor era accessibile con lo spostamento di un particolare masso, ma dato il loro arrivo, Messer Draco aveva provveduto a far trovare loro il sentiero per l'ingresso. Ad accoglierli sul portone, con grande orrore di Hermione, c'erano due elfi domestici, ai quali consegnarono i cappotti e la pochette della donna e che li guidarono lungo un corridoio scarsamente illuminato dalle fiaccole.
Rose sospettava che ci fosse lo zampino di Malfoy Senior, probabilmente nemmeno lui –proprio come Ron, estremamente simili questi due!- aveva preso bene l’iniziativa della moglie di invitare i Weasley a cena, e aveva pensato a come far battere in ritirata la Granger prima ancora che varcasse la soglia del Manor.
Nonostante non fossero ancora entrati in alcuna stanza, già si capiva che la famiglia che possedeva la villa era di alto rango e molto benestante, testimonianze le numerose cornici d'oro che giacevano dormienti sui muri.
Vi erano ritratti antenati della famiglia Malfoy, tutti riconoscibili dai capelli chiari e i lineamenti duri che Draco Malfoy mostrava con fierezza. Tutti, inoltre, avevano le labbra stirate in una linea sottile che, seppur dormienti, conferiva loro un aspetto austero e regale.
Davanti a una porta di vetro c'era Malfoy Jr., impeccabile nel suo vestito nero. Aveva eleganti abiti da mago scuri che contrastavano con la sua pelle diafana e indossava delle stupide scarpe eleganti, eppure non sembrava un pesce fuor d'acqua come il piccolo Hugo, che non indossava nemmeno la cravatta e i cui rossi ribelli erano stati domati da molta magia.
«Buonasera signor Weasley, buonasera signora Weasley. Rose, Hugo» disse facendo sfoggio di tutta l'eleganza e l'educazione che gli erano state inculcate già nella culla. Doveva ammettere che le sarebbe piaciuto conoscere qualche retroscena della sua infanzia, ridere degli educatori privati che gli avevano insegnato come essere un Lord, immaginare i suoi rigidi genitori senza quell’austerità quasi regale che regnava sovrana intorno alle loro figure.
Rose s'immaginava un esasperato Draco Malfoy che provava ad insegnare a un poppante Scorpius che non c'era bisogno di urlare, sarebbe stato allattato a momenti. Al pensiero trattenne una risata.
La cena si svolse in una immensa sala da ballo al cui centro era stato posizionato un tavolo rotondo apparecchiato con più posate di quante Hugo ne avesse mai usate durante un pasto alla Tana. Era illuminata dalle finestre ampie, da cui nonostante il buio della notte filtravano, con un incantesimo, i luminosi raggi della luna; il soffitto era alto e affrescato con colori tenui, pastello, per non oscurare la stanza. 
Il pasto si consumò in silenzio tombale, nessuno osò rompere il delicato equilibrio che si era formato. Di tanto in tanto, però, Hermione lanciava sguardi omicidi a Ron e Hugo ritenendoli incapaci di mangiare civilmente e senza sporcarsi la camicia.
Alla fine fu Scorpius a rompere il silenzio, annunciando che loro sarebbero andati a fare una passeggiata nel parco mentre gli adulti potevano rimanere a crogiolarsi nei loro sguardi freddi e distanti. Appena si chiusero la porta della sala alle spalle, cacciarono tre identici sospiri di sollievo e Hugo disse: «Malfoy, questa casa è un labirinto, dove cazzo è il bagno?!».
Per tutta risposta, lo spaventapasseri platinato rise e disse: «In fondo al corridoio, terza porta a sinistra. Noi usciamo da dove siete entrati e poi sempre a destra per il sentiero».
Mentre Hugo correva dalla parte opposta, loro due si incamminarono per il lungo corridoio fino a giungere al portone d'ingresso. Era quasi simile a quelli di Hogwarts, in legno scuro, alto abbastanza da far passare un Gigante e con una serie di serrature dall’aria complessa.
Una pallida luna faceva capolino tra le stelle e una brezza rinfrescava la serata, altrimenti molto piacevole. La poca luce che filtrava tra i fitti rami regalava un’atmosfera quieta e serena.
«Allora Weasley, dove sono gli occhiali?» iniziò Malfoy con un ghigno degno della serpe che era.
«Parlane con qualcuno e giuro che ti farò pentire di essere nato» rispose con un’occhiataccia mentre le orecchie le prendevano fuoco. Non riusciva proprio a tollerarlo, era più forte di lei, come potevano pretendere che fingessero di essere d'accordo?!
«Uh, non ti scaldare Weasley, stavo solo scherzando» si difese lo spaventapasseri platinato addentrandosi in un fitto boschetto che terminava in una piccola radura con una panchina immersa nel verde. 
Sembrava uno dei paesaggi fiabeschi di cui aveva letto nei libri babbani, con le foglie rosse e arancioni a terra e gli alberi che le stavano perdendo quasi spogli, ma che comunque riuscivano a ombreggiare il luogo di giorno e ripararlo di notte.
«È così… romantico» pensò Rose mentre già si vedeva seduta lì a baciarsi col suo principe azzurro, indossando un abito bianco mentre un coro intonava una lieve melodia.
«Non farti strane idee, Weasley» interruppe Malfoy buttandosi sulla panchina con una grazia tale che, se ci fosse stata Astoria, gli sarebbe valsa un rimprovero coi fiocchi. 
Nella sua confusionale confusione cerebrale, forse non l'aveva proprio pensato...
Già, un completo disastro.
«Nessuna strana idea Malfoy» ribatté curiosando intorno a sé in quella specie di paradiso terrestre. Le foglie erano sparpagliate a terra e formavano un puzzle variopinto intorno a loro.
«Ah no?! Già ti vedevo con gli occhi a cuoricino a sbavare sulla mia foto» si vantò sollevando le sopracciglia con espressione divertita.
Oh, gliele avrebbe staccate a morsi se non fosse stato un po' zitto, una per una.
«Che diamine dici, Malfoy?! Io non… sbavo sulle tue foto!» protestò guardandolo con espressione così aggrottata che stava per perdere le lentine.
«Quindi ammetti di avermi fatto gli occhi a cuoricino!» esclamò sornione, piegando leggermente un angolo della bocca.
«Va' al diavolo Malfoy» urlò quasi in preda all'isterismo, buttandosi sulla panchina a debita distanza e mollandogli un calcio.
Lui imprecò cercando di non farsi sentire, ma Rose aveva centrato lo stinco. Dopo anni di vita vissuta tra mezzi scimmie mezzi Weasley aveva imparato un po' di tecniche che non guastavano mai. Una di quelle tecniche era, appunto, il calcio nello stinco, per mettere subito k.o. l'avversario e poi correre ai ripari fingendosi innocente. Col l'età, poi, aveva capito che le scarpe facevano poco male, mentre gli stivali erano l'ideale per colpi del genere, soprattutto su James. Alla fine era lui che litigava con tutti alla Tana con l'appoggio degli Scamandro.
«Non avrai mica pensato di far colpo su mia madre con il tuo look trasandato» Malfoy le ricordò che stava divagando, riportando l’attenzione su ciò che più lo aveva colpito quando, insieme al resto della famiglia, era approdata al Manor. Naturalmente subito dopo aver annusato il profumo d’inchiostro di cui la sua figura sembrava cosparsa.
«Ho già una ramanzina che mi aspetta a casa, non mettertici anche tu biondo» rinsavì lei e rispose a tono. La testa già le doleva al pensiero della paternale infinita che l’attendeva una volta rincasata. Hermione non avrebbe avuto pietà nemmeno della stanchezza e dell’ora tarda.
«Pensavo tu fossi la figlia perfetta» disse il suddetto biondo, non nascondendo un guizzo di sorpresa che gli trapassò le iridi color ghiaccio. Non riusciva proprio a immaginarsi la testolina rossa di Rose subire una ramanzina in silenzio, senza sindacare sulla punizione che la genitrice le avrebbe inflitto dopo averla scoperta con le mani nel sacco.
«“A casa facciamo i conti, signorina”… “Impegnati di più, Rose!”… “Devi pensare al tuo futuro, non perdere tempo”… “Quest'anno ci sono i gufi e pretendo almeno tutte O, quindi bando alle ciance e mettiti a studiare”… “Adesso devi iniziare a prepararti per i MAGO”… “Ai colloqui di lavoro l'aspetto è importante, quindi basta schifezze e da oggi dieta”… “Ti sembra l’abbigliamento adatto per questa cena? Ti manderei a cambiarti ma non voglio fare tardi”» iniziò a scimmiottare la madre nei vari momenti in cui non le aveva esattamente dimostrato di essere la figlia perfetta.
Scorpius scoppiò in una fragorosa risata che echeggiò nel vuoto del parco, trascinandosi poi dietro anche il musone che si stava appropriando della Rossa. Pensare alla severità della donna l’aveva rattristata, ma l’ilarità del suo spettatore era contagiosa.
«Sei uguale sai» riuscì a dire tra una risata e un'altra il biondo. 
A quel punto videro la signora Malfoy da lontano che sembrava brillasse nel suo abito azzurro. Le scarpe spezzavano le foglie sottostanti producendo il tipico scricchiolio mentre si avvicinava ai due con un sorriso cordiale. 
«Tornate dentro, ragazzi? Sta facendo buio ed Hermione vorrebbe rincasare».
La sera, a casa, Rose si sarebbe aspettata una sfuriata senza precedenti da parte della madre sul loro comportamento alla cena, ma Hugo e Ron crollarono sul divano prima ancora di cambiarsi e Rose andò a mettersi anche lei a letto prima che la donna potesse intercettarla.
Anche se la cena era filata tutto sommato liscia, non era del tutto certa che la madre sarebbe stata clemente circa lo scherzetto sull’abbigliamento indossato. Hermione stimava Astoria ed era volenterosa di instaurare con lei un rapporto non esclusivamente lavorativo, per cui ognuno doveva fare la sua parte per farle fare un’ottima figura, dimostrando così che non solo era la migliore sul proprio lavoro, ma sapeva anche essere un’ottima madre.
La sera, a fine giornata e con la testa che sembrava scoppiarle, Rose riusciva a malapena a buttarsi sul letto che già si assopiva, ma quella notte sembrava diversa.
Mentre si girava per la settima volta nel letto, sentì la porta della camera aprirsi e finse di dormire mentre sua madre si sedeva sul suo letto, accarezzandole i capelli. Non era una cosa che faceva abitualmente, ma poiché la faceva sentire amata e apprezzata – molto più di quanto Hermione non dimostrasse con le parole- non si girò dall'altra parte, beandosi di quel gesto.
Quando stava per andarsene, la sentì avvicinarsi all'orecchio e sussurrare con voce flebile ma sempre ferma: «Grazie Rosie, anche se non te lo dico mai».
E d'un tratto si sentì terribilmente in colpa per quello che aveva detto a Malfoy.

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Capitolo 6
*** Binario 9 e ¾ ***


Binario 9 e ¾

Il primo settembre era, da sempre, un giorno travagliato per i maghi. Bisognava svegliarsi presto, caricare i bagagli e arrivare a Kings Cross senza farsi riconoscere. Poi, una volta arrivati, bisognava scaricare i bagagli e aiutare i ragazzi a ricaricarli sul treno. Una fatica enorme per il re dei pigri, Ronald Weasley. E dato che codesto re era in possesso della patria potestà di due individui meglio conosciuti come Rose e Hugo, suddetti figli erano costretti a farselo da soli, mica come Lily, a cui caricava tutto Harry.
«Ron, aiuta i ragazzi!» esclamò la madre arcigna mentre il resto del clan Weasley-Potter si avvicinava alla banchina.
L'uomo sbuffò e si allontanò con il baule di Rose, seguendo Hugo tra gli scompartimenti.
Rose, rimasta sola con Hermione, stava cercando disperatamente le parole per espiare le proprie colpe, ma non le veniva in mente nulla che potesse esprimere l'importanza di avere una madre del genere. Alla fine, fu Hermione a parlare.
«Quest'anno avrai di nuovo un ruolo importante» disse alludendo alla spilla da prefetto che le era arrivata qualche giorno prima.
«Già» riuscì solo a rispondere la Rossa mentre la banchina si svuotava e il senso di disagio che ultimamente avvertiva in presenza della madre diveniva man mano più tangibile.
«Oh Rosie, sono così fiera di te!» disse all'improvviso asciugandosi una lacrima dal viso. Non era una donna estremamente sentimentale, eppure Rose era abituata a gesti del genere.
«Ti voglio bene mamma» rispose allora lei, come se quelle quattro parole potessero esplicitare il sentimento che provava per la donna che l'aveva cresciuta, educata, protetta, e tutto nel miglior modo possibile.

 
⊰·⊱

Il treno per Hogwarts sembrava ogni anno più affollato, anche se, da quando era Prefetto, a Rose sembrava più caotico che mai. Di norma, avrebbe dovuto esserci un prefetto per vagone, ma Gideon e Kelzar Paciock erano già a Hogwarts con il padre e quindi alla Rossa toccavano due vagoni.
Quando stava per cedere e schiantare tutti, arrivò in suo soccorso uno dei due caposcuola, James Hutcherson.
«Serve una mano, Wesley?» domandò il Corvonero con aria professionale. Rose si trattenne dall'inginocchiarsi e baciargli e piedi, quindi annuì e arrossì di circostanza, giusto perché era una Weasley e il rosso era l’unico colore in grado di identificarli.
Con l'aiuto del compagno del settimo, riuscì a far defluire il traffico di studenti nei vari vagoni e a rassicurare i primini spaventati. Al termine, andò alla ricerca della cabina in cui si trovavano i suoi cugini. Non fu difficile trovarla, dato che si mettevano sempre alla stessa, ma la trovò occupata anche da Christopher. Trasalì nel vederlo seduto vicino a sua cugina che stava ridacchiando -rendiamoci conto, Molly che ridacchia! Il mondo sta per finire- e dopo avergli lanciato un occhiata schifata annunciò che sarebbe andata nella carrozza dei prefetti.
La carrozza dei prefetti di solito non si riempiva prima della chiamata dei caposcuola, che avveniva circa mezz'ora prima dell' arrivo per discutere dei primi turni di sorveglianza, ma quel primo settembre una figura si intravedeva dormiente oltre la porta chiusa del vagone. Rose entrò, cercando di fare il meno rumore possibile, e si richiuse lo sportello scorrevole alle spalle.
«Ehi Weasley!» Esclamò la voce dietro di lei facendola sobbalzare.
Ma non stava dormendo?!
Si voltò furente e spaventata verso il ragazzo più idiota di tutta Hogwarts, colpevole solamente di aver occupato la cabina prima che vi arrivasse lei.  
«Malfoy, per Merlino, che ci fai qui?!» urlò in preda ad una crisi isterica delle sue mentre sistemava il proprio baule con l’aiuto della magia.
«Beh, sono un prefetto, e poi potrei fare la stessa domanda a te» replicò lui calmo e pacato come al solito, incurante dello sguardo arcigno della collega.
Ahhhh, quand'è così tranquillo mi da i nervi!!
«Beh, anch'io sono un prefetto. Ma non potresti andare dai tuoi amici?» domandò la rossa pentendosene subito dopo, al lampo di... malinconia -forse?- che gli attraversò per un momento lo sguardo.
«La carrozza era piena» disse alludendo probabilmente alla carrozza Weasley nella quale alloggiavano Albus e Lucy, i suoi compagni di pranzo di Hogwarts da... sempre.
«Bene» disse lei posizionandosi accanto al finestrino a guardare il panorama. Le piaceva vedere i campi che si rincorrevano e quei colori che si miscelavano nei suoi occhi, creando una tavolozza variopinta che-.
 
«Ehi, sveglia, stanno arrivando gli altri».
Una voce la riscosse. Non si era nemmeno resa conto di essersi addormentata, e se Malfoy non l'avesse chiamata non si sarebbe accorta di nulla e sarebbe potuta perfino tornare a King's Cross.
Rose si tirò a sedere e si sistemò alla bell’e meglio i capelli –sicuramente increspati più del solito dopo la dormita- mentre James e Seline Goth entravano nella cabina, seguiti dagli altri prefetti.
«Allora» esordì decisa Seline. «Quest'anno non ci saranno lamentele per i turni di vigilanza. Il primo inizierà alle otto e terminerà alle dieci, il secondo terminerà a mezzanotte e l'ultimo alle due. I turni saranno svolti a rotazione e non necessariamente con il compagno della propria casa. Tutto chiaro?».
Gli occhi verdi di Seline si alzarono su di loro, ghiacciandoli tutti. Era la Serpeverde più in gamba che Rose avesse mai conosciuto, rispettosa, caparbia, ma anche furba e astuta, i suoi occhi erano capaci di uccidere. E poi era bellissima. Pelle diafana e liscia, labbra rosee e carnose, occhi grandi e magnetici, sopracciglia alte e definite, capelli mossi marroni e un sorriso da mozzare il fiato.
Rose ne era quasi certa, poche persone erano ritenibili più belle di lei.
Non appena ebbe finito di parlare, la mano di Justin Macmillan, anonimo Tassorosso sano di mente al contrario di Rose, si levò, e lui disse: «Perché i turni iniziano alle otto se il nostro coprifuoco è alle nove?».
«Perché il preside ha stabilito che fino al quarto anno il coprifuoco è alle otto. Altre domande?».
Tutto tacque intorno alla misteriosa mora, così continuò: «Bene, per stasera Rose e Gideon primo turno, Justin e Brisen secondo e io e James faremo l'ultimo. Chi oggi si riposa, domani farà l'ultimo turno» e con queste parole ci congedò.
Tutti uscirono dal vagone per andare a recuperare i bauli nelle carrozze, e anche Scorpius, con il baule alla mano, si avvicinò alla porta scorrevole. Un attimo prima di oltrepassarla, si girò e disse: «Sai, rossa, sei bella quando dormi, sembri quasi normale» e detto questo se ne andò.
Mentre il treno sferragliava sui vagoni per arrestare la propria corsa, Rose non poteva fare a meno di pensare alle parole di Scorpius. Nella testa le risuonavano come una presa in giro, ma la sua mente incasinata continuava a riproporgliele di continuo, come un disco inceppato.
E mentre tentava di dare una spiegazione allo strano gesto di Malfoy, per poco non cadde dal treno. Fortuna che Hagrid la prese in tempo e la stritolò per benino mentre conduceva i primini alle barche.
Li guardò osservare incuriositi l'enorme castello e le piccole barchette con cui avrebbero dovuto raggiungerlo, e le sembrò di ricordare il suo primo giorno di scuola. Era impaurita e tremolante, se non ci fosse stato Al probabilmente avrebbe pianto.
Adesso invece, le veniva quasi da ridere ripensando alla bambina ingenua che era e alla donna che stava diventando, mentre s’incamminava per il sentiero raggiungendo la sua marmaglia di cugini e l’ennesimo anno ad Hogwarts stava per incominciare.

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Capitolo 7
*** L'arazzo ***


L'arazzo

Il ritmo a Hogwarts era sempre frenetico, già dal primo giorno. Dopo la prima settimana, poi, sembrava di essere nel bel mezzo dell'anno, anno che per Rose sarebbe stato ancora più duro.
Sua madre l'aveva tormentata per tutta l'estate con la questione dei MAGO dell’anno successivo e non aveva nessuna intenzione di deluderla. Inoltre, aveva deciso di mettersi a dieta e aveva smesso di presentarsi a cena dall'inizio della settimana.
Il tempo della cena lo utilizzava solitamente per studiare; tuttavia, non aveva tenuto conto dell'eccessivo senso di fame che l'avrebbe aggredita.
Quella settimana non era stata una delle migliori per Rose poiché aveva ricevuto molte lettere della madre nelle quali le metteva pressione per far si che sembrasse amica di Scorpius. Probabilmente anche lui aveva ricevuto le stesse lettere, ma aveva imparato a gestire lo stress meglio di lei, e si vedeva.
La sera prima Rose era in biblioteca per rispondere all'ennesima lettera pressante della madre e stava per crollare su un tavolo di legno nascosto tra gli scaffali della sezione babbana, dove nessuno andava mai e in cui lei si rifugiava per rimanere sola.
Lei ci provava, ci provava davvero ad essere la figlia perfetta, ma non riusciva a star dietro a tutto. Doveva studiare per gli esami, controllare che suo fratello non finisse nei guai, aiutare il clan con i compiti e per di più coltivare un'amicizia con lo spaventapasseri platinato.
Oh, questo sarebbe troppo persino per una sana di mente, figuriamoci per me!
La biblioteca era deserta poiché tutti erano in sala grande per la cena, ma all'improvviso Rose sentì dei passi e scattò in piedi. Non fu affatto sorpresa di vedere Malfoy con lo sguardo corrucciato e una lettera chiusa da un sigillo importante. Non appena vide la Rossa sostituì l'espressione preoccupata con un sorriso diabolico e disse: «Ehi Weasley».
«Che ci fai qui?» domandò sospettosa lei, chiedendosi perché mai il Signorino avesse saltato un pasto di sua volontà e soprattutto cosa ci facesse tra i manoscritti babbani della biblioteca. Rose dubitava persino che l’avesse mai visto in vita sua, un babbano.
«Potrei farti la stessa domanda» replicò lui beffardo prendendo posto sulla sedia, all’apparenza ignaro delle fugaci occhiate ammonitrici che la ragazza gli stava riservando.
«Dovevo rispondere ad una lettera» spiegò lei sprezzante. Non sopportava i toni con cui lo spaventapasseri platinato le si rivolgeva, non riusciva a digerire la sua arroganza e la superbia con cui si rapportava praticamente a chiunque a scuola.
«Anch'io» aggiunse il biondo preparandosi ad analizzare la lettera mentre Rose si allontanava in fretta prima di battibeccare nuovamente con lui.
Forse non voleva darlo a vedere, ma c'era qualcosa che non andava, e Rose non lo pensava solo perché Malfoy inizialmente aveva un'espressione corrucciata. Si era fermata ad osservarlo -no, non spiarlo, osservarlo, c’è una notevole differenza- appostata dietro uno scaffale mentre lui rileggeva nervosamente la lettera e strappava l'ennesima pergamena di risposta.
Strano, molto strano...
Dopo l’uscita di scena silenziosa dalla biblioteca si era rifugiata nella Sala Comune a studiare, tuttavia non aveva mai smesso di rimuginare circa gli strani comportamenti di Scorpius.
Quella sera, inoltre, aveva l'ultimo turno di sorveglianza, che non avrebbe affatto aiutato a diminuire il suo senso di fame, e oltretutto avrebbe dovuto farlo proprio con lo spaventapasseri platinato!
Si incontrarono sulle scale del terzo piano e decisero diplomaticamente che lei si sarebbe occupata dei piani superiori e lui di quelli inferiori, anche perché per quella settimana si erano già visti abbastanza.
Le persone che andavano in giro per la scuola di giovedì dopo mezzanotte erano veramente poche, e soprattutto erano in grado non farsi scoprire molto facilmente. Alle due, quando il turno era ormai terminato e Rose era convinta che non sarebbe riuscita a passare la notte se non avesse ingurgitato qualcosa, corse per tutti i piani di scale in direzione delle cucine, sperando che qualche elfo domestico caritatevole riconoscesse in lei la stessa anima pura della madre e le desse qualcosa da mangiare.
Quando il suo piano fallì miseramente, si accasciò davanti la statua che portava alle cucine con le mani tra i capelli e lo stomaco in subbuglio. I crampi la immobilizzavano tanto che non si curò dei passi sentiti in lontananza.
In fondo sono un Prefetto, per Circe!
Quando i passi si fecero più vicini Rose si tirò su a fatica e improvvisò la miglior faccia seria di cui fosse capace, per poi scoprire che i passi erano solo del biondo platinato.
«Che diavolo fai tu qui?» domandò Malfoy ghignando, scrutando di sottecchi la figura di Rose leggermente piegata su se stessa che si reggeva a fatica contro il muro.
«Non sono affari tuoi» sputò la rossa tentando di non urlare per il crampo che le stava divorando lo stomaco e le faceva venir voglia di accartocciarsi più di quanto non fosse.
«Tu sei strana» disse lui passandole avanti con disinvoltura, seppure controllando con la coda dell’occhio le condizioni della sua interlocutrice.
Rose non si era mai curata di come la gente la considerasse, ma quell'anno era decisa a rendere orgogliosa la madre e non poteva permettere che Malfoy le mettesse i bastoni tra le ruote.
«Ehi tu» sbottò con voce aggressiva «Ti ricordo che dobbiamo fingere di andare d'accordo noi due» asserì posando le mani sui fianchi e ignorando le proteste del suo stomaco.
«Non si può andare d'accordo con te» disse senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
Se c'era una cosa che Rose odiava era la non considerazione. Poteva sopportare tutto: che le persone non fossero d'accordo con lei, che le sue idee non fossero prese sul serio, che la sua intelligenza fosse sottovalutata, ma che non la si degnasse di una seppur minima considerazione, questo no.
Forse questo faceva di lei un’egocentrica o una narcisista senza speranze di guarigione, poteva accettarlo infondo, purché le si desse l’attenzione meritata.
«Ehi Malfoy!» esclamò lei spingendo il biondo e facendogli perdere l'equilibrio. Si aggrappò a lei per non cadere con l'unico risultato che entrambi finirono a terra, arrabbiati l'uno con l'altra.
Nessuno dei due era esattamente pacifico, né tantomeno paziente –d’altronde non erano mica stati smistati in Tassorosso!-, per cui tra spintoni e sbuffi si tirarono su ed estrassero le bacchette per illuminare il corridoio buio.
Rose illuminò un arazzo di fronte a lei e improvvisamente i crampi passarono. Adesso ad attorcigliarle lo stomaco era un sentimento nuovo e decisamente non di buon auspicio.
«S-Scorpius» balbettò con la voce spezzata, puntando la bacchetta in direzione dello squarcio alle spalle del ragazzo, «Che diavolo è quello?!».
L'arazzo era strappato ed era apparsa una frase.

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Capitolo 8
*** È finita l'attesa ***


È finita l'attesa

In una situazione del genere, chiunque sarebbe scappato via a gambe levate. Non che Rose non l'avesse fatto, se fosse stata sola. Purtroppo però, era con un Serpeverde, per di più un Malfoy, e non poteva permettersi una vigliaccheria simile.
Fuggire no, ma farsi prendere dal panico sì.
Con la loro piccola zuffa i due aveva scoperto uno squarcio in un arazzo che rivelava una scritta decisamente inquietante, a grandi caratteri neri, gotici. Scorpius la fissava attonito cercando di gestire lo stress, e ci sarebbe anche riuscito, se non fosse stato per Rose.
La Rossa tremava come una foglia, sbatteva i denti e aveva una miriade di pensieri in testa che avevano creato un bolla. Si era esclusa dalla realtà e non faceva altro che pensare a tutte le storie che suo padre le aveva raccontato fin da bambina, di scritte sui muri, mezzo sangue perseguitati e guerre tra maghi. Tali pensieri l'avevano ovattata dalla realtà a tal punto che Scorpius aveva dovuto scuoterla per farla tornare da lui.
«Rose, cazzo, mi vuoi ascoltare?!» le aveva urlato in faccia mentre i suoi tentativi di gestire lo stress andavano a farsi cruciare e si lasciava andare a un lieve tremore.
«Ti ascolto, ti ascolto» aveva biascicato lei rimettendosi in piedi e dando almeno la parvenza di essersi calmata.
In effetti, non sapeva nemmeno come ci era finita, a terra.
«Chiama il direttore della tua casa» la incitò Scorpius guardandosi intorno. La situazione non si metteva affatto bene e se entrambi perdevano la testa era finita per davvero.
Rose stava iperventilando e non riusciva a produrre un patronus degno di essere chiamato tale –suo zio stesso gliel'aveva insegnato, a lei e a tutti i cugini, ma esclusi Teddy e Vic nessuno ne era davvero capace- così Scorpius la scosse di nuovo.
«Ehi, Rossa, non è il momento di sclerare! Respira e fai quel dannatissimo patronus, so che puoi farlo» la incitò con tutte le forze che possedeva. Rose non aveva mai sentito qualcuno dirsi così fiducioso di lei, delle sue capacità, e anche se quel qualcuno era Scorpius Malfoy, ciò bastò a farla riprendere. Produsse le scintille argentee che corsero veloci fino all'ufficio di Neville.
Probabilmente, com'era giusto che fosse alle due di notte di giovedì sera, il professore stava dormendo nella sua stanza, e infatti arrivò nel corridoio col fiato corto e una vestaglia a coprire il pigiama.
«Che diavolo ci fate voi due qui?!» domandò con la voce impastata dal sonno.
«Stavamo finendo il nostro turno di sorveglianza, Signore, quando abbiamo trovato questo». Scorpius illuminò con la bacchetta l'arazzo strappato e Neville impallidì di colpo. Mandò un patronus corporeo al preside e agli altri insegnanti.
Vitius fu il primo a giungere sul posto, controllò con un incantesimo che nessuno fosse nei paraggi ma non tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che non era così. Sperava in uno scherzo, indubbiamente di poco gusto, nei confronti della Weasley e di Malfoy, ma naturalmente non lo era.
Osservò la scritta scura fin quando non arrivarono tutti i professori, poi iniziò ad impartire ordini con l’aria seria e il cipiglio sempre più crucciato.
«I direttori delle casate prendano con sé un altro insegnante e si dirigano nelle sale comuni. Portate i due ragazzi con voi. Gli altri rimangano qui con me. Voglio che siano allertati tutti gli elfi e i quadri del castello, se qualcuno ha visto qualcosa dobbiamo saperlo». Era un ometto molto piccolo, il preside Vitius, ma sapeva come farsi temere e rispettare da insegnanti e studenti.
Mentre Rose e Scorpius tornavano nei loro dormitori, egli fissò ancora un po' la frase.
"È finita l'attesa", ma attesa di cosa?
Era strana, ad Hogwarts, la velocità con cui le notizie viaggiavano, ma nessuno si stupì se la mattina dopo l'intera scuola era a conoscenza dell'accaduto. Si vociferava di ragazzini colti in flagranza di reato mentre strappavano l'arazzo, di prefetti che erano scesi a controllare dopo aver sentito quel trambusto, di quadri che avevano strillato a squarcia gola per farsi sentire, ma nessuna di quelle versioni era quella giusta. Solo a pranzo il preside raccontò quella ufficiale, senza rivelare i nomi dei ragazzi, e annunciò ufficialmente la macabra frase, che solo il clan Weasley-Potter già conosceva.
Dopo l'ultima lezione della settimana tutti si recarono al platano picchiatore per una "riunione di famiglia" a cui Scorpius si era imbucato in via del tutto eccezionale.
Beh, non fa parte della famiglia... ma c'era anche lui con me.
Non erano ancora arrivati tutti i componenti del clan quando avevano iniziato a discutere: quelle piccole serpi di Lucy e Al ancora non si erano viste, nonostante avessero spedito Scorpius a calci nel sedere fino al lago nero, mentre Molly non poteva rinunciare a tempo prezioso per lo studio per stare dietro a quella banda di ragazzini, e aveva consigliato loro di fare lo stesso. Anche perché il giorno seguente c'era l'uscita ad Hogsmeade, ed era da un po' che non ne saltava una. Sospettavano si vedesse con qualcuno lì, probabilmente ancora Christopher Devies.
Rose stava spiegando per l'ennesima volta come si erano svolti i fatti quando in lontananza scorsero Vic e Teddy che, mano nella mano, si avvicinavano a loro.
«Ehi ragazzi, che combinate qui?» domandò curioso Ted. Naturalmente si supponeva fosse chiaro a tutti che il motivo di quella riunione doveva rimanere segreto, ma forse non tutti avevano recepito il messaggio.
«Una riunione di famiglia p» aveva esordito con molta tranquillità Hugo, subito bloccato da una gomitata nello stomaco di Lily, che si apprestò ad aggiungere: «Sai com'è, il bilancio delle prime settimane».
Teddy li osservò a lungo sospettoso senza dire una parola, limitandosi a scrutarli da sotto le folte ciglia colorate, mentre Vic, in pieno spirito Weasley, tentava di convincerlo ad andare.
«Dai su, dobbiamo rientrare per la cena» diceva fingendo i capricci lei, e quando Teddy acconsentì finalmente a portarla al di fuori delle mura di Hogwarts l'ascendente Veela lanciò uno sguardo comprensivo a tutto il clan, facendo loro l'occhiolino.
Intanto erano arrivati anche Lucy e Albus.
«Si può sapere dov'eravate finiti voi due?!» domandò Rose sull'orlo di una crisi. Non riusciva affatto a gestire lo stress e tutti se n'erano accorti, ma nonostante ciò nessuno tentava di calmarla, probabilmente troppo terrorizzati dall’idea di peggiorare la situazione.
«In realtà no» rispose Lucy ghignando, incurante dello sguardo omicida di sua cugina, «che ci siamo persi?».
Oh, Rose non sopportava affatto le serpi che erano imparentate con lei. Erano così dannatamente Weasley -voglio dire, Lucy è rossa!- e così dannatamente furbe... Nascondevano sempre qualcosa al resto del clan e le cose non finivano mai bene.
L'ultima volta che le due serpi avevano complottato insieme, Molly aveva rischiato di impazzire. L'anno prima, nel periodo dei GUFO di Molly, la sorella e il cugino avevano iniziato a rubarle le cose, e non solo abiti o accessori, ma anche libri, relazioni e roba di scuola. Gliele facevano riapparire poco prima che lei finisse quelle nuove, ma lei stava davvero dando di matto. Non c'era da stupirsi se aveva passato gli esami con quasi tutte E, ma lei non li avrebbe mai ringraziati. Anzi, dopo aver scoperto la loro colpevolezza, fece in modo che ricevessero una bella punizione!
Ad ogni modo, Rose sperava che l'oggetto del complotto non fosse qualcuno del clan, ma non era pronta a metterci la mano sul fuoco. D’altra parte, trattandosi di Albus e Lucy, mettere la mano sul fuoco non era affatto una garanzia, neppure se non si fosse bruciata.

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Capitolo 9
*** La festa con sorpresa ***


La festa con sorpresa

I Weasley amavano i festini, e non c'era nulla da aggiungere. Avevano un debole per tutto ciò che fosse illegale o anche solo minimamente sconsigliato. Il loro periodo preferito era quello degli esami perché i professori erano impegnati a preparare GUFO e MAGO e non si curavano troppo degli strani movimenti da e per Hogwarts.
I loro loschi traffici raggiungevano l'apice in quel periodo dell'anno soprattutto per i numerosi studenti in crisi che, come da tradizione, l'ultimo weekend prima dell'inizio degli esami si ubriacavano fino ad addormentarsi nelle sale comuni. Gli alcolici arrivavano nella scuola durante tutto l'anno per posta o nelle uscite ad Hogsmeade, e gli scherzi per i festeggiamenti arrivavano direttamente dai Tiri Vispi Weasley ogni qualvolta si richiedeva qualcosa.
Questa volta però, il periodo era del tutto diverso. Erano passate solo poche settimane e i Rossi già avevano deciso che era tempo di allentare la tensione con un festino.
Naturalmente, tutti conoscevano i festini dei Weasley e tutti desideravano ardentemente di parteciparvi. Tuttavia si tenevano in posti strani, non sempre accessibili a tutti, e soprattutto da cui le matricole non erano sempre in grado di fuggire in caso di scoperta.
Quella volta il luogo prescelto era la guferia, con sommo disgusto di buona parte della popolazione femminile.
I veri organizzatori delle feste erano James e Fred, da sempre. Dal primo anno ad Hogwarts si erano fatti riconoscere per le loro grandi capacità di divertire e attirare l'attenzione. D'altronde, Fred era il degno figlio di suo padre e si era trascinato James fin quando si scazzottavano alla tana con Roxanne e i gemelli Scamandro.
Luna non era esattamente una che amava la lotta libera e cercava sempre di far desistere i suoi figli. Tuttavia non poteva farci molto, Lorcan era esattamente come i figli dei suoi migliori amici, mentre Lysander a volte preferiva farsi abbindolare dagli occhioni di Dominique e stava ad ascoltare le sue lamentele per ore. Erano dei gemelli bizzarri e molto diversi, al contrario di Fred e Roxanne.
Roxanne era quella che si poteva definire una donna con le palle. Cresciuta alla Tana con tutti i cugini, assomigliava incredibilmente alla madre, tanto che entrambe giocavano nel ruolo di Cacciatrici a Quidditch. La principale differenza era che Roxanne aveva i capelli rosso Weasley ed era un maschiaccio molto più di zia Angelina. Ma come darle torto, Lily era l'unica cresciuta con soli maschi ad aver preso la grazia di sua madre.
Dunque, mentre Fred e James organizzavano praticamente i famosi festini Weasley, lei era la mente pensante. Certamente più intelligente e astuta di quei due messi insieme, la vera primogenita Weasley -no, Victoire e i suoi capelli biondi non contavano!- progettava silenziosamente i migliori festini di Hogwarts.
La guferia si trovava a distanza di sicurezza dal castello, ma nel caso fossero stati scoperti sarebbe stato molto più difficile fuggire. Per questo motivo Roxanne aveva provveduto a far crescere una folta -e magica, ovviamente- vegetazione lì nei dintorni, nel caso qualcosa fosse andato storto.
Rose non aveva cugine della sua età per cui si preparò insieme alle sue compagne di dormitorio. Divideva la stanza con altre quattro ragazze della sua stessa età e stessa casa, anche se non era molto legata a loro. L'amore per la famiglia spesso la portava a non dormire neanche in stanza per aiutare qualcuno a finire quel saggio difficilissimo che avrebbe dovuto consegnare solo qualche ora dopo.
A volte, però, era contenta di passare così poco tempo nella sua stanza. Infatti al momento Abigail si stava lamentando del fatto che ci fosse un festino a cui era assolutamente costretta a partecipare, perché lei non poteva mancare a eventi mondani del genere, senza curarsi minimamente del fatto che ehi, Rose era lì, e quelli di cui si stava lamentando erano la sua famiglia.
«Oh por favor, fatela tacere!» sbottò Sol a un tratto. La giovane studentessa di origini spagnole era la più paziente del dormitorio, e se lei era sbottata -in spagnolo tra l'altro- la situazione doveva andare avanti da ore.
Emma, una nata babbana che quando aveva scoperto di essere una strega aveva iniziato a tentare di rimpicciolire il proprio corpo con la forza del pensiero e successivamente colpendosi con la bacchetta, sbuffò mentre tirava su le calze. «Queste cose saranno pure all'ultima moda tra i babbani, ma sono dannatamente fastidiose!» esclamò abbandonando le calze e abbottonandosi la camicetta. Emma amava la moda e ogni settimana si faceva spedire da sua madre la rivista Vanity Hair o qualcosa del genere.
In quel momento Larke uscì dal bagno, vestita solo di un telo avvolto intorno al corpo snello e guardò con disprezzo Abigail, già pronta nel suo vestito nero di pizzo che si ritoccava il trucco. La prima pose i vestiti che avrebbe dovuto indossare sul letto e fece cadere il telo, senza far trasparire alcuna vergogna nel mostrare il proprio corpo completamente nudo alle sue compagne di stanza.
Rose, che la stava osservando, arrossì e distolse lo sguardo, chiedendosi perché le sue compagne di stanza dovessero essere così strane.
Parlo proprio io, poi!
«Bene, io direi di andare!» disse Rose afferrando Sol per un braccio. Questa per poco non le pestò i mocassini mentre si girava per tirare con sé Emma e le tre uscirono dal dormitorio seguite da Abigail che urlava di aspettarla.
La guferia era gremita di gente, Rose non riusciva a capire come Roxanne avesse fatto a farci entrare tutti. Le vecchie scale in pietra erano state messi in sicurezza con delle ringhiere per evitare che qualche studente ubriaco potesse cadere e al posto del poggiamano vi erano vassoi pieni di alcolici. Gli alcolici non mancavano mai ai festini Weasley.
James e Fred, già mezzi sbronzi, tentavano di interagire con i gufi, che per tutta risposta bubolavano insistentemente. Quello era il suono più forte, mentre le risate dei ragazzi passavano in secondo piano. Nemmeno quella sera Rose aveva mangiato e aveva i crampi allo stomaco, di nuovo. Dubitava di poter trovare qualcosa di commestibile per cui tentò di distogliere il pensiero intrufolandosi nella conversazione tra Emma e Sol.
«La Spagna è paradisiaca» affermò Sol dopo aver descritto una delle sue vacanze a Ibiza. Nonostante Sol fosse una purosangue, la sua vita era quanto di più distante da quella dei Lord e delle Ladies dato che i genitori amavano il contatto coi babbani.
Rose ascoltò distratta la loro conversazione fin quando non vide Al e lo raggiunse. Non si era accorta che con lui ci fosse anche Malfoy, ma avrebbe dovuto immaginarlo dato che sembravano una coppietta. Entrambi avevano un bicchiere tra le mani e parlottavano tra un sorso e l'altro. Non appena fu loro davanti smisero di parlare e Al la abbracciò, cosa alquanto insolita.
«Al, da quanto tempo» fece sarcastica, mentre Malfoy ridacchiava alle spalle dell'amico. Lo guardò male e lui fece un cenno di scuse senza però smettere di ridere. Faceva delle facce buffe, in effetti, e iniziò a ridere anche lei.
«Siete due idioti!» li canzonò Al, precedendoli. Nel passar loro avanti urtò Rose abbastanza forte su una spalla, facendole perdere l'equilibrio.
La Rossa si inclinò quasi completamente urtando qualcun altro, e a un passo da terra due braccia la sorressero per un po'. Si voltò a guardare chi la stava aiutando credendo fosse Scorpius, ma si stupì quando vide una figura chiusa in mantello nero di cui non si vedeva il viso. Si puntò la bacchetta alla gola e le sue parole risuonarono per tutta la guferia: "È finita l'attesa".
Dopodiché sparì nel nulla e Rose cadde a terra sbattendo la testa. L'ultimo suo ricordo fu il viso preoccupato di Malfoy che scuoteva Al, immobile con la bocca leggermente schiusa dalla sorpresa.
 


N.d’A.
Non mi state odiando, vero? Perché io adoro aggiungere altra carne al fuoco 😈
Prometto che presto le cose inizieranno a farsi più chiare, intanto sarei lieta di ascoltare le vostre congetture!
flyerthanwind

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Capitolo 10
*** Nursery ***


Nursery

Rose si risvegliò in infermeria, e il suo primo ricordo fu esattamente uguale all'ultimo. Scorpius l'aveva sentita muoversi e stava scuotendo Al che si trovava dietro il letto.
Batté le palpebre un paio di volte prima di abituarsi alla luce al neon che si trovava esattamente sulla sua testa, l’odore di disinfettante che si infilava prepotentemente nelle narici.
«Rosie!» esclamò Al abbracciandola di nuovo nel giro di poche ore, questa volta con una buona motivazione.
«Al, da quanto tempo» fece lei sarcastica ripetendo la scena della guferia. Malfoy ridacchiò ancora con le sue facce buffe, ma stavolta Rose non ci trovò nulla di divertente.
«Cos'è successo?» domandò preoccupata tentando di mettersi a sedere mentre l'infermiera le rivolgeva occhiatacce dal suo ufficio.
«Non ti ricordi nulla?» domandò Al mentre una fitta lancinante le attraversava la testa.
Oh, ricordava eccome, altrimenti non si sarebbe potuta spiegare quei dolori.
«Certo che me lo ricordo, idiota! Intendevo dopo che sono svenuta».
Albus la osservò massaggiarsi le tempie e la fronte con gli occhi chiusi per un po', li riaprì solo per lanciare un'occhiataccia al cugino, intimandogli di continuare.
«Beh, tutti sono fuggiti di corsa e siamo rimasti noi, così ho mandato gli altri ai dormitori e ho fatto chiamare Neville. Gli ho raccontato quello che era successo dicendogli che eravamo lì per inviare delle lettere e lui pare averci creduto dato che il nostro coprifuoco non era scattato da molto. Scorpius ti ha portata in infermeria e io sono andato a parlare con il preside».
Rose arrossì alle ultime parole e continuò a tenere gli occhi serrati sperando che nessuno se ne accorgesse, ma Scorpius la stava fissando dall'inizio del racconto di Al dunque non gli sfuggì il suo colorito purpureo e gli venne da sorridere, ma Rose non lo seppe mai.
Quando si decise ad aprire gli occhi scoprì con piacere di indossare ancora gli abiti della sera precedente, eccetto per le scarpe, che erano state poggiate sotto al letto.
«Che ore sono?» chiese cercando invano l'orologio al suo polso.
«Le otto CAVOLO SCORP DOVREMMO ESSERE A LEZIONE» urlò al trascinandosi il biondo platinato senza nemmeno salutare e sparendo in me che non si dica, senza dare a nessuno la possibilità di replicare.
Rose tentò di scendere dal letto ma Madama Vane la bloccò immediatamente, intimandole di non muoversi. A quanto pareva avrebbe dovuto trascorrere l'intera mattinata a girarsi i pollici. Si guardò un po' intorno e scoprì che più di qualcuno era passato a farle visita. Aveva il comodino pieno zeppe di dolciumi ed era convinta che tutta la sua famiglia fosse andata a trovarla.
Cercò di passare il tempo esercitandosi con qualche incantesimo in cui non era molto pratica, ma Madama Vane le sequestrò la bacchetta perché stava facendo troppi danni, così passò la mattinata a mangiare cioccolata e caramelle e maledicendosi ad ogni boccone.
Sono rimasta digiuna a cena per più di un mese e adesso diventerò obesa.
Era anche vero che da quando aveva smesso di cenare spesso si recava nelle cucine a rubare del cibo oppure si rinchiudeva nelle tende del suo letto a baldacchino cercando di addormentarsi prima che la fame diventasse insostenibile.
A ora di pranzo le fu servita una zuppa dall'aspetto orribile che non toccò nemmeno, dato tutti i dolciumi che aveva ingurgitato, e stava tentando per la seconda volta di scendere dal letto quando una saltellante Lily la raggiunse, porgendole un mazzo di rose.
Lily era la più piccola del clan Weasley-Potter, e poteva sembrare anche la più indifesa. Al contrario dei suoi cugini, i suoi capelli erano rosso scuro, proprio come quelli della sua nonna paterna, e aveva gli occhi marroni di zia Ginny. Lily sembrava essere l'unica della famiglia ad avere un tocco femminile che la distinguesse. Lily era dolce, pacata, graziosa, snella, leggiadra. O meglio, lo sembrava.
Aveva la stessa tempra di zia Ginny, con uno sguardo poteva mettere a tacere chiunque e con una fattura poteva definitivamente farla finita. Purtroppo però, questa tecnica non aveva mai funzionato su sui fratelli, che avevano continuato a darle fastidio nonostante fossero stati affatturati svariate volte.
«Ciao Rosie!» esclamò a voce alta la cugina, guadagnandosi un'occhiataccia da Madama Vane. Rose sospettava ci fosse qualcosa di più di semplice voglia di pace a tranquillità.
Lily, da parte sua, mise da parte l'aria da ragazzina affabile e rivolse una linguaccia all'infermeria mentre quella era di spalle. Rose ridacchiò mettendosi a sedere sul letto e Lily alzò le spalle.
«Non credo si sia mai ripresa dal fatto che papà abbia deciso di sua volontà di sposare la mamma» sciorinò, sollevando le spalle con aria indifferente.
Rose ridacchiò nuovamente e guardò le mani di Lily mentre estraevano dal mantello un pacco di cioccorane per poggiarglielo sul comodino. Quando Lily Luna Potter regalava un intero pacco di ciocciorane integro c'era qualcosa per cui voleva farsi perdonare. Rose le lanciò un'occhiata interrogativa e Lily si apprestò a spiegarsi.
«Stanotte, quando Albus ci ha mandati tutti nei nostri dormitori, potrei accidentalmente aver tentato di Schiantare Scorpius per essere io ad accompagnarti e potrei accidentalmente aver dato fuoco alla suola delle tue scarpe rischiando che Scorpius ti facesse cadere mentre prendeva fuoco...» ammise mesta.
In effetti, l'idea della piccola Potter che Schiantava Scorpius tra gli applausi e le ovazioni di tutto il clan era uno spettacolo che non avrebbe mai voluto perdersi, ma poi si ricordò della promessa fatta alla madre e si maledisse mentalmente.
Maledetta Donna, dovevo essere sotto Imperio quando ho accettato di andare d'accordo con quello spaventapasseri platinato!
D'altra parte, lo spaventapasseri platinato le aveva salvato le penne portandola in braccio fino all'infermeria. E ci teneva a sottolineare in braccio. Aveva perso alcuni chili ma non poteva comunque dire di essere di propriamente leggiadra come una piuma. Se fosse stato per quel nanetto di suo cugino sarebbe finita a levitare per il castello, sballottata da una parte e l'altra, e si sarebbe risvegliata con una commozione cerebrale.
Rivolse un sorriso sincera a Lily assicurandole che era tutto apposto, dopodiché si fece mostrare le scarpe per osservare la bruciatura che gli era stata arrecata.
Niente di irreparabile, si premurò di dire a Lily per evitare che si sentisse ancora più in colpa, dopodiché tornò a girarsi i pollici quando lei abbandonò la stanza saltellando così com'era entrata.
Ogni volta che abbassava le palpebre riviveva gli ultimi istanti prima dello svenimento, l’oscura figura che l’aveva avvolta, impedendole di cadere, e il freddo pungente che era penetrato fin dentro le ossa quando aveva pronunciato quella frase.
Rose rabbrividì ancora, tirandosi le coperte addosso e cercando di rifugiarsi sotto di essere per sfuggire al buio che sembrava volerla inghiottire.

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Capitolo 11
*** Stai scherzando, Malfoy?! ***


Stai scherzando, Malfoy?!

Rose non odiava Scorpius. Rose non odiava nessuno. Semplicemente non si rivolgevano la parola, da bravi Grifondoro e Serpeverde con faide generazionali alle spalle. Non si odiavano nemmeno, però. Semplicemente erano in conflitto pacifico per i risultati scolastici e sportivi. Oh, e si contendevano il migliore amico.
Tra loro vi erano una sorta di guerra ghiacciata o qualcosa del genere. Ne aveva sentito parlare una volta dalla sua compagna di dormitorio e ne era rimasta affascinata. Era come una guerra, ma senza esplosioni, incantesimi e morti. Era una gara a chi riusciva a fare di più, a diventare il migliore.
Ad ogni modo, Rose non si sarebbe mai aspettata di veder entrare dalla porta dell'infermeria Scorpius Hyperion Malfoy con un mazzo di margherite tra le mani, non se lo aspettava minimamente. Soprattutto non si aspettava che i fiori fossero per lei.
Si guardò intorno sospettosa dato che non si era resa conto che ci fosse una nuova paziente di Madama Vane, ma quando si voltò di nuovo verso Malfoy scoprì con stupore che non c'era nessun altro in infermeria e che quei fiori erano proprio per lei.
Stai scherzando Malfoy?!
Il biondo le porse il mazzo impacciato e distolse lo sguardo sperando di non arrossire. Naturalmente fallì e Rose si giovò di aver vinto un'altra piccola battaglia. Non appena si rese conto che avrebbe dovuto accettare quei fiori, alla svelta anche, arrossì furiosamente di rimando maledicendosi mentalmente, o quasi.
Stai scherzando Malfoy?!
Al suo sguardo interrogativo e piuttosto eloquente, Scorpius rispondeva con uno sguardo altrettanto interrogativo e preoccupato.
«Albus mi ha costretto a venire a trovarti» confessò senza spiegare il motivo per cui era andato a trovarla portandole un mazzo di margherite. Erano vagamente simili a due ebeti, in piedi davanti al letto a fissarsi esterrefatti e straniti.
Rose rivolse uno sguardo eloquente al mazzo di fiori che si apprestava a strappare dalle mani gelide di Scorpius temendo che potessero affievolire i docili ramoscelli solo con lo sguardo -che c'è, sono pur sempre i miei fiori preferiti!- continuando a chiedersi per quale oscuro motivo le avesse portato le margherite, e soprattutto come facesse a sapere che erano i suoi fiori preferiti. Sull'ultimo punto pensò ci fosse lo zampino di Lucy.
«Beh, i fiori...» iniziò impacciato fissandosi le scarpe. Era già la seconda volta che Rose lo osservava in un momento del genere e non poté fare a meno di constatare che sembrava più umano, sicuramente più insicuro e  molto meno superbo in situazioni del genere.
«Mi sembrava poco cortese presentarmi al tuo capezzale a mani vuote, ecco tutto» spiegò con l'aria di superiorità che lo aveva contraddistinto nei cinque anni precedenti. La timidezza era stata fatta da parte e al suo posto prevaleva di nuovo la strafottenza.
In un certo senso, Rose fu grata di questo repentino cambiamento di personalità -non avrebbe saputo come mettere Scorpius a proprio agio- ma iniziò a sospettare che soffrisse di qualche disturbo della personalità -vedi bipolarismo o simili.
Beh, questo spiegherebbe molte cose. E comunque, stai scherzando Malfoy?!
D'altronde, solo perché Scorpius non aveva sfoggiato con lei la galanteria, non aveva mai pensato che non ne fosse dotato. Era stato cresciuto come un viziatello purosangue e fin dai primi mesi le buone maniere gli erano state inculcate da educatori e insegnanti privati.
Non sia mai che Scorpius Hyperion Malfoy, erede dell'antichissima casata purosangue dei Malfoy, frequenti una normale scuola pubblica.
Rose arrossì mentre prendeva le margherite tra le mani, premurandosi di annusarle per bene prima di riporle sul letto sfatto dell'infermeria. Stava racimolando le ultime cose prima di spostarsi di nuovo nel suo dormitorio.
«Tuo cugino non me lo perdonerebbe mai» aveva borbottato Scorpius mentre prendeva il mantello di Rose e seguiva la ragazza con due mazzi di fiori.
Non era l'unico ad aver pensato di non presentarsi lì a mani vuote, o in alternativa piene di schifezze. Certo, i fiori era un pensiero elegante, ma per regalarli bisognava avere una buona dose di coraggio e un certa conoscenza della persona.
In effetti, pensò bene Scorpius, regalare delle rose a una che si chiama Rose è alquanto banale. D'altra parte lui non avrebbe saputo fare di meglio se Lucy non avesse ripetuto per tutta la mattina che le margherite erano i suoi fiori preferiti. Sospettava che le due serpi Weasley -vedi Albus e, appunto, Lucy- stessero cospirando qualcosa, ma era troppo impegnato a salire le scale della torre in cui c'era sala comune dei Grifondoro, per pensarci.
In quel momento si rese conto di aver pensato troppo perché non si era accorto che erano davanti alla Signora Grassa e non avevano spiccicato parola dal suo ultimo borbottio indistinto, beandosi solamente del lieve profumo d'inchiostro che contraddistingueva la ragazza che gli camminava davanti.
Se non altro mi risparmia la fatica di contraddirlo.
Rose aveva sussurrato la parola d'ordine  -aveva a che fare con un limone, suppose- e il quadro si aprì, non senza che la donna palesasse tutto il suo sdegno nei confronti della sua “orrenda cravatta verde e argento”. Ma non si poteva certo avere tutto nella vita.
Scorpius seguiva Rose furtivamente, sperando di non essere notato dai Grifondoro, per quanto fosse possibile data la sua testa platinata e la sua prominente altezza. Rose, d'altro canto, non sembrava minimamente turbata, e suppose che se avessero tentato di rifilargli qualche incantesimo l'avrebbe difeso, almeno se fossero state Maledizioni Senza Perdono. Non che la cosa lo consolasse, tutt'altro.
In quel silenzio tombale Malfoy non si era accorto si essere salito su per le scale del dormitorio femminile e che vi stava anche entrando, se solo non avesse smesso di  sentire il rumore dell'acqua nella doccia. Una delle compagne di dormitorio di Rose stava per uscire in accappatoio e lui voleva fuggire il più lontano possibile. Lanciò il mantello alla Rossa in maniera tutt'altro che elegante e guadagnandosi uno sguardo accigliato.
Prima mi regali i miei fiori preferiti e poi tenti di sabotarli? Stai scherzando, Malfoy?!
Inutile dire che si pentì di quel gesto non appena le scale si trasformarono in uno scivolo. Non era sicuro di come era riuscito a salire fin lassù, in effetti. Era certo che la presenza di Rose e il fatto che portasse il suo mantello in mano avevano aiutato. Atterrò ruzzolando nel bel mezzo della sala comune guadagnandosi non poche occhiatacce ed uscì borbottando qualcosa a proposito delle false credenze sulla cordialità dei Grifondoro mentre l'essenza di inchiostro svaniva, sostituita dal tepore del caminetto.
Rose aveva osservato la scena dalla cima delle scale con un sorriso sulle labbra e si riscosse solo quando Sol uscì dalla doccia.
«Che succede?» aveva domandato la coinquilina sporgendosi ad osservare lo scivolo che si trasformava nuovamente in scala.
Non ricevendo risposta si era avvinata al letto su cui giaceva un pacco abbondato poco prima da un gufo dall'aria impettita. Rose gli aveva liberato la zampa con non poca fatica e aveva scrutato incuriosita la posta della sua vicina di letto. Quando la sentì squittire qualcosa che assomigliava decisamente a «Si! Il vestito per il ballo di Halloween!» si bloccò di colpo.
«CHE COSA?».
Mise a mente di rimproverare Malfoy per non averle detto una cosa importante come quella nel lungo tragitto silenzioso che avevano percorso insieme e si affrettò a scendere le scale per andare in Sala Grande.
Aveva appena finito di cenare quando il suddetto biondo-che-doveva-essere-cazziato e suo cugino la raggiunsero vicino la porta blaterando quanto fossero entusiasti per il ballo in maschera di Halloween. Rose non aveva esattamente capito di cosa si trattasse, ma non poté fare a meno di chiedere: «Stai scherzando, Malfoy?!».


N.d'A
Lo so, questo capitolo si concentra maggiormente su Scorp che su Rose, ma d'altronde mi serve un modo per caratterizzare anche lui e farvi sapere cosa frulla nella sua testa certamente più sana di quella di Rose (e della mia, ovviamente).
Baci baci
flyerthanwind

 

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Capitolo 12
*** Halloween ***


Halloween

Alla veneranda età di sette anni, Rose aveva capito che le feste in maschera erano una grandissima fregatura. Il motivo ufficiale era che nascondere i capelli rosso-Weasley era pressoché impossibile, e lo aveva scoperto alla festa di compleanno di un bambino babbano, vicino di casa dei nonni Granger.
Inutile dire che Rose era cotta di lui fin dalla culla e adorava giocare con questo nanerottolo che, per essere solo un babbano, era davvero intelligente. Alla suddetta festa in maschera, Rose, con un piccola mascherina dorata che a stento le copriva il contorno degli occhi, si era avvicinata a lui con aria affabile e aveva tentato apertamente di baciarlo sotto gli occhi increduli degli altri bambini. Lui l'aveva respinta con un poco elegante «Che schifo, Rose» ed era corso a giocare alla guerra. Inutile dire quanto ci fosse rimasta male, in maniera del tutto ufficiosa, naturalmente.
Non aveva ancora definitivamente superato il trauma del suo primo due di picche quando l'aveva ritrovato, quattro anni dopo, a King's Cross insieme a uno stranito padre che aveva borbottato qualcosa a proposito di essere sbattuto contro un muro di pietra ed era fuggito, mollando il bambino a Hermione. Per fortuna era un Tassorosso qualsiasi e Rose aveva imparato ad evitarlo come meglio poteva.
Se c'era una cosa che Rose odiava più delle feste in maschera, era decidere cosa indossare per le feste in maschera.
Non che il resto dei giorni sia facile, con questi cosi che ho in testa...
Con suo sommo stupore era venuta a conoscenza della folle idea di Vitius di unire gli alunni di tutte le case, e quale modo migliore di una stupida festa in cui non avrebbero potuto nemmeno riconoscere gli amici. La Rossa si era sentita decisamente sollevata quando aveva scoperto che avrebbero fatto un incantesimo alle maschere per fare in modo che modificasse i caratteri riconoscitivi degli individui, come colore dei capelli e suono della voce.
Almeno stavolta non rischio di fare figuracce assurde.
La nota positiva era che, privandosi per una sera del caratteristico rosso-Weasley, avrebbe potuto indossare un abito qualsiasi dato che sarebbero stati i capelli ad adattarsi. Per quanto potesse esserne felice, ritenne inutile comprare un abito rosa confetto, ad esempio, che non avrebbe potuto indossare mai più dato che chiaramente i suoi capelli lo odiavano.
Alla fine aveva optato per una gonna lunga con due spacchi laterali che sembrava vestirle decentemente da quando era dimagrita e una maglietta corta rosa antico che, strano ma vero, le stava bene anche coi capelli che si ritrovava. Sua madre aveva provato a spedirle via gufo un paio di tacchi, ma lei aveva pensato bene di mandarglieli dietro insieme a una strillettera, decisa ad indossare i suoi comodissimi mocassini che Lily aveva provveduto a riparare.
Aveva fatto un patto con le compagne di dormitorio stabilendo che non avrebbero dovuto vedersi l'un l'altra per evitare che si riconoscessero, una volta in Sala Grande. Era stato bellissimo avere il dormitorio tutto per se.
Stava riflettendo sul cliché di indossare degli orecchini a forma di rosa nera se il suo nome era Rose quando il fruscio dell'acqua si interruppe bruscamente insieme a un cigolio. Un paio di imprecazioni in spagnolo la avvertirono che la sua compagna di stanza aveva finito di fare la doccia e, con molta probabilità, era scivolata.
Si affrettò a legare l'orologio al polso e prendere la maschera scura tra le mani, osservandola per bene, prima di dire: «Sol, puoi uscire!»
Quella maschera sarebbe stata la sua salvezza per tutta la sera.

 
⊰·⊱

Verso le dieci la Sala Grande era piena zeppa di adolescenti in atteggiamenti più o meno equivoci e professori che maledicevano più o meno discretamente Vitius e le sue strambe idee. In effetti non era stata una buona pensata dato che mentre rimproveravano gli alunni non sapevano a quale casa dovessero togliere dei punti.
Si stava annoiando terribilmente, aveva finito qualcosa come tre caraffe di succo di zucca ed era certa che se non fosse andata immediatamente in bagno se la sarebbe fatta addosso.
Sbuffò all'idea di passare in mezzo la calca di studenti che si rifiutava di lasciare libero il passaggio, ma un crampo alla vescica la costrinse a muoversi. Aveva provato, nelle ore precedenti, a riconoscere qualche suo conoscente o magari qualche cugino tra la folla di persone, ma era stato tutto inutile, le maschere rendevano il lavoro impossibile.
Nel primo bagno in cui si era infilata aveva trovato liberi tutti i cubicoli ad eccezione di uno. Dopo aver soddisfatto i propri impellenti bisogni fisiologici primari avrebbe scoperto cosa stava succedendo. In effetti non ce ne fu proprio bisogno.
Mentre la Rossa si beava del ritrovato equilibrio, nel cubicolo accanto qualcuno non sembrava altrettanto contento. Una ragazza dai lunghi capelli -beh, in effetti non ha molto senso concentrarsi sulle cose più evidenti, dato che indossa la maschera mentre se ne sta seduta sul bordo del water a singhiozzare sommessamente. Di tanto in tanto tirava su col naso, arricciandolo in un modo che non poté che ricordarle Seline Goth, ambiziosa Serpeverde nonché caposcuola intransigente.
Eppure, curva su se stessa in una posizione che sembrava sperasse di inghiottirsi da sola, quella ragazza non le sembrava la stessa che il primo settembre, sul treno, era stata capace contemporaneamente di tranquillizzare dei primini terrorizzati e terrorizzare i suoi tranquilli cugini che li stavano schernendo.
Arretrò di qualche passo sperando di non farsi sentire, non era sicura che non sarebbe stata oggetto delle sue ire se solo l'avesse scoperta a spiarla, pur non sapendo di chi si trattasse.
Probabilmente torturerebbe tutte le ragazze della scuo- ah no aspetta, quello lo fa già con tutti.
Tutti i tentativi di Rose furono sventati quando, uscendo di spalle dal bagno per controllare che la ragazza non la stesse guardando, urtò contro qualcosa di molto umano e molto arrabbiato.
«Merlino, sta' attenta a dove metti piedi!» esclamò lui spingendola via. In effetti si era praticamente spalmata addosso a lui nel tentativo di sfuggire a Seline. O almeno a quella che credeva essere Seline. Il ragazzo, invece, era indeterminato. L'avrebbe scambiato per uno a casa dei suoi cugini se non fosse stato alto un metro e ottanta e si fosse portato appresso altri tre suoi simili.
Decisamente non è uno dei Potter o dei suoi amichetti sentenziò, scrutandolo attentamente alla ricerca di qualcosa che potesse farle capire chi fosse.
«SPARITE!» sbraitò la misteriosa ragazza lanciando un incantesimo alla porta che per poco non si chiuse giusto sul naso di Rose. Il gesto non sarebbe stato affatto apprezzato, soprattutto se unito agli sguardi in cagnesco del suo interlocutore. Non era molto di compagnia, in effetti.
«Che le hai fatto?» domandò ridacchiando mentre con un gesto meccanico si portava i capelli dietro la testa. Il biondo ramato si intonava perfettamente col pallore tipicamente inglese delle sue mani dalle dita affusolate. D'un tratto Rose si chiese di che colore potessero apparire i suoi di capelli, intimorita che il rosso-Weasley non fosse assoggettato all'incantesimo e arrossì di colpo.
Lo sguardo interrogativo del ragazzo si fece acuto mentre lei tentava di ricomporsi e si affrettava a negare qualunque cosa di cui la stesse accusando. L'avrebbe liquidato in men che non si dica se i suoi occhi non le fossero stati così familiari. Aveva i lineamenti piacevolmente angelici e gli occhi color petrolio probabilmente per l'incantesimo, eppure lo conosceva, ne era certa. Il ragazzo si guardò un po' intorno, concentrandosi principalmente sulle sue scarpe, poi all'improvviso si riscosse, ispirato.
Rose lo guardava con una faccia da ebete, troppo concentrata a capire chi fosse per preoccuparsi del fatto che la stesse praticamente trascinando nella prima aula vuota in cui si imbatté. Continuò a fissarla, poi sorrise sedendosi senza sforzo sulla cattedra in una posa composta.
Aveva gli occhi sorridenti, nascosti in parte dalla maschera, occhi grandi dalle lunghe ciglia scure e molto folte. Era bello, o almeno così sembrava, nella sua graziata posa. Se ci avesse provato Rose, sarebbe ruzzolata sgraziatamente a terra nel tentativo vano di non inciampare nei propri piedi.
«Che anno?» domandò furtivamente senza staccargli occhi di dosso. Un leggero strato di muscolatura gli copriva i bicipiti e aderiva sulla sua camicia azzurra. Seta, avrebbe affermato se ne avesse capito qualcosa di stoffe.
«Sesto» sorrise lui, perfettamente sotto controllo. Era una spiacevole sensazione, quella di trovarsi sotto inquisizione, soprattutto dopo i racconti di sua madre sugli infiniti interrogatori di suo padre. L'avevano torchiato per bene prima di rendersi conto che fosse pulito.
Eppure, nonostante gli occhi della ragazza puntati addosso, deteneva il pieno possesso delle sua facoltà mentali e non aveva dovuto impegnarsi minimamente per riconoscerla. D'altronde l'aveva osservata bene, in tutti quegli anni. Ma se non fosse stato per quel piccolo dettaglio a cui lei certamente non aveva dato la minima importanza, sarebbe stato come Rose, gli occhietti ridotti a due fessure mentre tentava di capire chi diavolo fosse il suo interlocutore. Sorrise ancora, soddisfatto della posizione che deteneva.
La ragazza chiuse gli occhi per qualche secondo, incerta, e quando li riaprì lui era diritto di fronte a lei, pancia in dentro, petto in fuori e spalle basse in una perfetta imitazione di un soldato qualunque. Si sentiva in soggezione, dall'alto del suo metro e settanta, per quella manciata di centimetri che li differenziavano. Non erano molti, ma quella era l'altezza media dei ragazzi del sesto anno e poteva essere chiunque.
Rose si stava per l'appunto chiedendo cosa frullasse nella sua bacata testolina quando lui, sorprendentemente, posò le labbra sulle sue. Erano così calde e morbide che per un attimo si ritrovò bambina, a uno dei Natali alla Tana, quando suo padre la stringeva forte vicino al caminetto crepitante e il calore la rinvigoriva dopo un'azzuffata con James. Era un calore che la faceva sentire a casa, ma si spense subito. Non ebbe il tempo di ricambiare o di costringerlo a togliersi la maschera che il cavaliere misterioso -sì, aveva deciso che quello sarebbe stato il suo nome, in attesa di scoprire la sua identità- era già sparito oltre la porta, lasciandola smarrita e triste in balia del freddo vento novembrino.
Inutile dire che il forte odore di inchiostro non abbandonò mai più le narici di lui.

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Capitolo 13
*** Gufi ritardatari ***


Gufi ritardatari

Avete presente quelle sensazioni che ti logorano dentro fin quando ti consumano tutta, prendendosi ogni energia vitale e ogni briciola di qualsivoglia sentimento voi abbiate provato prima? Ecco, Rose si sentiva esattamente così, stanca e spossata.
Il gelo si era impossessato del suo corpo dopo quel bacio morbido e caldo e non si era più ripresa. Sentiva le viscere attanagliarsi ogni volta che si avvicinava a un caminetto o semplicemente un lieve tepore la riscaldava, ricordando che quella notte non era servito nulla di tutto ciò per riscaldarla.
Ci aveva provato a capire chi fosse il cavaliere misterioso, ma non sapeva nemmeno da dove cominciare. Sapeva che era alto poco più di lei e frequentava il sesto anno, il che escludeva dalla lista solo quel nanetto di suo cugino Albus. La sensazione di riconoscere quegli occhi l'aveva scacciata quasi subito, sostenendo che molti ragazzi avevano quegli occhi e che, ad ogni modo, potevano anche ricordarle quel vecchio commerciante babbano dove andava sempre con sua nonna.
«Rose, per Merlino, mi stai ascoltando?!» la voce acuta di sua cugina la riscosse dai suoi pensieri. Halloween era passato da un pezzo ma Roxanne non si era ancora ripresa dal suo inciucio con Lorcan Scamandro. A quanto le era dato sapere, per quello che aveva colto tra una farneticazione e l'altra, Roxanne e Lorcan erano usciti dalla Sala Grande per andare a sbaciucchiarsi in un luogo più appartato senza conoscere l'identità altrui.
Lorcan le stava abilmente -e qui l'aveva bloccata, non le interessavano i dettagli- palpando il sedere quando l'elastico babbano che gli teneva su la maschera si era spezzato ed era ruzzolata a terra. Completamente scossa per la nuova scoperta e vogliosa di fuggire lontano da lì, Roxanne si era ingenuamente tolta la maschera e si erano ritrovati a fissarsi increduli, mentre lui le teneva ancora una mano sul sedere. Erano talmente imbarazzati che si evitavano manco avessero la spruzzolosi, ma tanto i loro stupidi amici non se ne sarebbero accorti nemmeno se fosse successo davanti a loro.
Sempre detto che quei bestioni hanno le fettine di drago sugli occhi.
Ad ogni modo, Roxanne non era l'unica ad aver combinato guai ad Halloween. Kyle Zabini, progenie di un'antichissima famiglia purosangue, Serpeverde, era stato sorpreso nel proprio dormitorio in dolce compagnia. La ragazza, almeno a detta di Al, era Venere Nott, sorella del suo compagno di stanza Alfred, che aveva tentato di Schiantarlo tutta la notte per aver attentato alla purezza della sua sorellina.
Rose era certa che Hogwarts fosse piena di storie del genere, bastava aver un paio di orecchie oblunghe.
Okay, forse non solo un paio...
«Vaffanculo Rose» proferì sua cugina sbattendo la sedia su cui era seduta. Non era stata lei a chiedere la sua compagnia e non aveva colpe se la mulatta sentiva il bisogno di lagnare chiunque incontrasse con questa storia.
Non ho ancora capito come faccia Fred a non averlo saputo.
Rose sospirò, tornando a dedicarsi al suo tema di pozioni prima che qualche altro molesto cugino potesse andare a disturbarla lì, nella Sala Comune, senza escludere che potesse essere Albus. Stava per trovare davvero l'ispirazione quando un gufo iniziò a picchiettare contro la finestra con tutta l'aria di chi non ha intenzione di smettere finché non avrà assolto il proprio compito.
Osservò con sguardo truce un ragazzo del terzo anno che apriva la finestra per farlo entrare e arrossì furiosamente quando il gufo si posò sulla sua pergamena facendole rovesciare il calamaio.
Ops.
Rifilò un sorrisetto al ragazzino, dopodiché liberò il gufo e iniziò a leggere la lettera, scritta con la composta grafia di sua madre.
 
Cara Rose,
Tutto bene? Spero che tu ed Hugo stiate studiando invece di perder tempo.
Ad ogni modo, ti scrivo per dirti che questo sabato, a Hogsmeade, io e Astoria  aspettiamo te e Scorpius per una cena.

Con affetto
Mamma
 
Quello che più la stupiva non era tanto che non l'avesse considerata minimamente se non per i suoi sporchi comodi, quanto più non coinvolgerla in quelle genialate del secolo che le riferiva sempre all'ultimo minuto.
Merlino, Morgana e Circe, quella donna mi farà impazzire!
Stava giusto per andare nei sotterranei a cercare Malfoy per strigliarlo ben bene dato che non l'aveva informata, quando sentì la sua voce dietro il quadro, o meglio, dietro James che gli impediva di oltrepassare il quadro.
«Dannazione Potter, se non ti levi di mezzo ti Schianto!» stava sbraitando mentre cercava la bacchetta nel mantello davanti al suddetto Potter che, per nulla intimorito -autoconservazione, questa sconosciuta!- tirava su le spalle con un sorrisetto beffardo.
«Levati Jamie, ci penso io» era intervenuta Rose prima che si scatenasse un duello con conseguente incidente diplomatico dovuto alla lotta Potter-Malfoy e la sua influente madre potesse uccidere entrambi per avergli sabotato il lavoro -sempre che James non lo uccida per primo, ovvio.
«Stavo giusto per venire a cercarti» disse incrociando le braccia sotto al seno. Era decisamente arrabbiata con sua madre e aveva un certa voglia di scaricare la sua frustrazione su Malfoy, non importava se a parole o a incantesimi.
Rose aveva la netta sensazione che lui ne sapesse, se possibile, ancora meno di lei, e per un attimo pensò che doveva lasciar perdere tutto e mandare al diavolo sua madre per uscire con Dominque e Lily. Poi si ricordò che Malfoy era impalato davanti a lei e la stava prendendo per una psicopatica, così si affrettò a dire: «Mia madre è matta».
Io sono matta, altroché...
Il biondo si guardava intorno stranito, probabilmente a disagio tra i caldi colori della sala comune e lo scoppiettio del fuoco nel caminetto. D'altra parte, le occhiate che gli rivolsero i suoi compagni di casa non erano affatto accoglienti come la Sala che li ospitava.
Dannati Grifondoro in lotta coi Serpeverde.
Mezz'ora dopo aveva appurato non solo che Scorpius non ne sapeva nulla, ma anche che questo sabato era in realtà quel sabato. Se non fosse stata convinta dell'autocontrollo dei Malfoy era certa che il ragazzo avrebbe dato di matto quando glielo fece notare. Indi per cui decise che lui non poteva dare di matto da solo e iniziò a borbottare al nulla di fronte a lei, là dove prima sedeva Scorpius, che non aveva intenzione di stare una serata intera sui tacchi e che avrebbe Cruciato la madre, se solo avesse provato ancora una volta a sabotare il suo tema di pozioni. Che sì, per la cronaca, era stato distrutto dagli artigli del gufo.
Al diavolo, James mi uccide se salto gli allenamenti per fare il tema.
Naturalmente Rose si premurò di farlo notare alla madre non appena la vide accanto ai cancelli di Hogwarts in dolce compagnia.
Anche di spalle poteva intravedere le forme procaci avvolte dalle calze a rete e dalla gonna, imbacuccata in un cappotto nero. Astoria Malfoy era molto più elegante di lei anche nel modo in cui riusciva ad indossare un cappotto. Osservò di sfuggita la madre, lanciandole un'occhiataccia mentre la donna incrociava le braccia sotto al seno nel tentativo di bloccare la maglietta che indossava sul pantalone elegante e sembrare una donna autoritaria.
Inutile dire che aver trascorso l'adolescenza tra i Weasley non le aveva giovato. A volte Hermione sembrava goffa nei suoi modi di fare, come se il fatto di essere nata babbana potesse impedirle di confrontarsi come pari con una purosangue. Naturalmente, le bastava aprire la bocca per aggiustare le cose.
Rose si sentiva leggermente a disagio tra le due donne mentre attendeva che Malfoy le raggiungesse, osservando gli stivaletti col tacco che sua madre aveva provveduto a spedirle insieme e un vestito bordeaux e le calzamaglie. Era come se non credesse che la figlia fosse in grado di vestirsi da sola a sedici anni, che senza la presenza autoritaria della madre potesse, in qualche modo, perdersi.
Quando Scorpius le sfiorò il braccio biascicando scuse sul suo ritardo fu lieta di riscuotersi dai pensieri, anche perché quella sensazione di perdersi senza una guida si stava lentamente trasformando in solitudine e gelo che qualcuno le aveva lasciato.

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Capitolo 14
*** Di Serpeverde vendicativi e Grifondoro impiccioni ***


Di Serpeverde vendicativi e Grifondoro impiccioni

Rose Weasley adorava giocare a Quidditch. Era la sua valvola di sfogo. Dopotutto, sclerare per ore sui libri era faticoso e destabilizzante, colpire bolidi poteva essere molto utile. La forza con cui indirizzava quelle palle impazzite verso gli avversari era paragonabile solo all'impegno che metteva nello studio.
Rose Weasley voleva essere sempre perfetta, in tutto. Nell'anelito di raggiungere quella perfezione, tuttavia, poteva capitare di incappare in problemi più o meno grossi. Uno di questi era suo cugino, James Potter, capitano della squadra di Grifondoro nonché terrorista psicologico durante gli allenamenti. Non era un caso se tutti i giocatori della squadra fossero degli ultimi anni, bisognava imparare a conoscere il cugino per non lasciarsi intimorire dal suo metro e ottanta di bicipiti.
Tutto muscoli e niente cervello...
Il suddetto cugino, però, la guardava torvo, troppo impegnato a massaggiarsi la spalle dopo essere casualmente sfuggito a un bolide.
«ROSE» tuonò in preda ad una crisi isterica, «I Serpeverde non si batteranno da soli, sabato, smettila coi soliloqui».
Soliloqui era probabilmente l'unica parola di un certo livello che conoscesse. Sua madre gli aveva spiegato il significato dopo che aveva creduto di averla traumatizzata in seguito a una spinta in una delle lotte alla Tana.
Rose si guardò intorno, alla ricerca dell'altro battitore, Kelzar Paciock, che si trovava dall'altra parte del campo e la fissava con aria timida. Kelzar era completamente diverso da suo fratello Gideon, Tassorosso di un anno più grande che somigliava incredibilmente al Neville undicenne e goffo che gli avevano descritto i suoi genitori nei racconti. A volte, però, sembrava un pesce fuor d'acqua, proprio come suo padre. Solitamente, quando Rose si perdeva trai suoi pensieri durante gli allenamenti, era lui a prendere tutti i bolidi, parandole praticamente il sedere. Quella volta, però, era troppo lontano.
Vide Fred avvicinarsi e ripararla dal cugino Potter, che ancora la fissava come se stesse aspettando il momento giusto per farla fuori. Fred, al contrario di suo padre e del defunto zio, non giocava a Quidditch. Quando zio George aveva scoperto che la moglie era incinta di due gemelli aveva fatto i salti di gioia, già immaginandosi due piccoli battitori. Il figlio, tuttavia, aveva sempre dimostrato una scarsa propensione per il Quidditch, pur essendone interessato. Era capace di elaborare della tattiche fantastiche anche se non era in grado poi, in prima persona, di metterle in pratica. Ecco perché era l'allenatore dei Grifondoro nonché telecronista della stagione del Quidditch a Hogwarts.
«Il problema» disse circondandole le spalle con un braccio e tirandola via da lì, «è che Kelzar è nettamente più veloce di te e tu sei nettamente più forte di Kelzar. Dovreste cercare di bilanciarvi o non riuscirete a gestire i bolidi».
Ovviamente Fred aveva ragione, come sempre quando si parlava di Quidditch. Il motivo per cui il bolide aveva quasi disarcionato James non era solo che Rose era distratta, ma anche che, pur volendo, non sarebbe mai arrivata in tempo.
«Rose, cinquanta giri di campo a tutta velocità; Kelzar, vai a sparare bolidi con tutta la forza di cui sei capace a Sara» proferì sicuro dopo aver udito il cugino. Sara Baston, portiere di Grifondoro, degna figlia di Oliver Baston, sbiancò improvvisamente iniziando a perdere quota.
Fred le rivolse un sorrisino di scuse mentre tentava di far ragionare suo cugino James, mentre questo, ignorandolo completamente, chiedeva agli Scamandro chi dei due avrebbe giocato la partita. Lorcan e Lysander Scamandro era entrambi cercatori, uno ufficiale e uno di riserva. Si allenavo insieme, tentando di fregarsi il boccino a vicenda, e prima di ogni partita decidevano più o meno arbitrariamente chi dei due avrebbe giocato. Di solito si alternavano.
«Gioca Lysander» aveva affermato con sicurezza Lorcan, ancora arrabbiato per non essere riuscito mai ad afferrare il boccino durante l'allenamento, troppo distratto a guardare altro. Roxanne si lasciò sfuggire un sospiro, sollevata dal fatto che Lorcan che non sarebbe stato in campo, ma fu solo lui ad accorgersene. Lui e Rose.
Prima che il gemello potesse replicare qualsiasi cosa, il terzo cacciatore, Sean Johnson, affascinante nato babbano del settimo anno, planò tra loro con un sorrisetto soddisfatto. Sean era un incredibile pettegolo e quel sorrisetto significava che sapeva qualcosa e moriva dalla voglia di condividerlo con più persone possibili.
«State calmi ragazzi, i Serpeverde sono spacciati» proferì con tranquillità come se stesse dicendo che Albus, che catturava sempre il boccino, fosse finito in infermeria insieme ad Alfred Nott, cacciatore con più punti fatti del campionato scolastico.
Poi proseguì, umettandosi le labbra: «Immagino che tutti sappiate quello che è successo tra Zabini e Nott» disse riferendosi agli schiantesimi che Kyle Zabini si era preso per essere stato sorpreso con Venere Nott dal fratello geloso, «Si dice che la piccola Brisen Zabini non abbia preso bene la faccenda e durante l'allenamento abbia tentato in continuazione di disarcionare Nott. A quanto pare Halloween è stato un gran disastro».
Questa sì che è una bella notizia!
Mentre sorrisi gioiosi illuminavano i volti dei Grifondoro, Sean fece apertamente l'occhiolino a Roxanne, che si rabbuiò arrossendo furiosamente, immediatamente seguita da Lorcan. Naturalmente Sean era un pettegolo e non poteva non sapere dell'inciucio Weasley-Scamandro, ma conosceva i suoi compagni di stanza abbastanza bene da sapere che certe informazioni era meglio tenersele per sé, soprattutto quando ci andavano di mezzo cugini protettivi. Quel ragazzo era un Serpeverde mancato.
Ad ogni modo, James Potter era terribilmente contento -Rose l'aveva visto così felice solo quando aveva ricevuto in regalo la sua prima scopa da corsa-, così contento che mandò tutti i giocatori sotto la doccia sospendendo l'allenamento giornaliero e trattenendosi a parlare con gli Scamandro per organizzare una magnifica festa post-partita. Erano un trio inquietante, a volte.
Rose vide Roxanne schizzare letteralmente negli spogliatoi femminili prima che Sean, ora un po' turbato, potesse rivolgerle la parola. La seguì senza proferire parola e decise che per quel giorno non voleva avere niente a che fare coi guai in cui la mulatta si cacciava continuamente insieme a qui ragazzacci, soprattutto perché la sua sanità mentale era già precaria prima che ci si mettesse lei coi suoi problemi ad accelerare il delicato processo di ricognizione delle sue facoltà che veniva continuamente e bruscamente interrotto dagli idioti di turno con le loro bravate.

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Capitolo 15
*** Revengessence - Profumo di vendetta ***


Revengessence - Profumo di vendetta

Rose non marinava le lezioni. Mai. Non l'aveva mai fatto e non lo avrebbe fatto mai. Tuttavia, a volte bisognava giungere a soluzioni drastiche, soprattutto quando il cugino metteva la squadra sotto torchio e un gufo distruggeva quello che si prospettava essere il miglior tema di pozioni della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Okay, forse non proprio il migliore, ma andando avanti con la stesura poteva diventarlo.
La doppia ora di pozioni era sempre stata un incubo per i capelli di Rose, che levitavano insieme ai calderoni contenenti strane pozioni. L'abile pozionista e professore Horace Lumacorno era invecchiato e l'avanzare dell'età doveva avergli fuso qualche neurone.
La maggior parte delle volte faceva preparare loro pozioni che, nel migliore dei casi, esplodevano più o meno a metà del processo. L'unico che aveva ancora lo stesso calderone da anni era Albus, abile pozionista del Luma-club. Da anni si vociferava della pensione del vecchio professore, che si trascinava per i meandri del castello con poca forza vitale e un piatto sempre pieno di cibo, ma con sommo stupore degli studenti il primo settembre sedeva sempre al tavolo dei professori, più arzillo che mai, salvo poi abbandonarsi durante l'anno.
Al primo anno Rose era eccitatissima di conoscere il professore, ma col tempo si era reso conto che tutto ciò che le avevano detto James e Fred -e non erano cose belle- era vero. Certo, ancora dubitava del fatto che ad Halloween si fosse travestito da Lord Voldermort e fosse andato in giro per il castello barcollando con un bottiglia di Whiskey Incendiario in mano, ma al momento doveva ricredersi.
Infatti Lumacorno stava passeggiando per il corridoio con un bicchieri di non-succo-di-zucca tra le mani quando avrebbe dovuto trovarsi a fare lezione. Rose era un po' stordita dalla situazione, ma non poteva muoversi dalla statua dietro cui si stava nascondendo altrimenti sarebbe stata scoperta. Per fortuna ci pensò il professor Neville a intervenire, passando lì per caso mentre chiacchierava con una studentessa particolarmente avvezza alla sua materia.
Rose tirò un sospiro di sollievo salvo poi pentirsene immediatamente, data la voce che sentì alle sue spalle. Non le era ancora chiaro come avesse fatto a vederla, ma dato che lo aveva fatto tanto valeva fronteggiarlo apertamente, con Lumacorno lontano dai paraggi.
«Weasley che salta le lezioni, complimenti» trillò con tono canzonatorio. Se lei non fosse stato un prefetto era certa che le avrebbe tolto dei punti, ma per fortuna era impossibilitato.
«Mi sembra che lo stia facendo anche tu, Malfoy» replicò sottolineando il suo cognome. Nella sua testolina bacata non doveva dirlo con tutta quella cattiveria, ma alla fine era sembrato quasi un insulto.
Il biondo storse il naso prima di trascinarla dentro alla statua, letteralmente. A quanto pareva quello era un passaggio segreto a Rose ignoto e male illuminato. La Rossa tastò le pareti di pietra con le mani prima di riuscire a stare, probabilmente, faccia a faccia con Scorpius, la cui ramanzina imminente stava per cominciare con un dito puntato sotto al naso.
Il ragazzo le tappò la bocca con una mano facendole perdere l'equilibrio. Mentre indietreggiava nel tentativo di stabilizzarsi cozzò contro la parete di pietra, maledicendo l'idiota che ancora non toglieva la mano dalla sua bocca e ventilando l'ipotesi di morderlo.
Quando sentì un vociare diffuso provenire dal corridoio, Rose capì.
Il rumore dei passi era forte e nessuno dei due poteva dire con certezza quante persone stessero attraversando il corridoio. Parlottavano a voce bassa e solo alcune parole erano comprensibili. Poi, d'un tratto, si fermarono, come se il capo avesse alzato una mano e tutti fossero stati colpiti da un Petrificus Totalus. Se non fosse stato per la mancanza del tonfo che molti corpi immobili avrebbero dovuto creare toccando terra, quell'ipotesi sarebbe stata plausibile.
«Fate silenzio» proferì una voce sicura, non certo la voce di un alunno, «Ho imparato a mie spese che anche i corridoi hanno le orecchie. Domani avremo la nostra vendetta». Il vociare riprese ancora più concitato e tutti quei passetti accelerati svanirono prima che Rose e Scorpius uscissero dal loro nascondiglio e potessero guardarli in faccia.
«Chi diavolo erano quelli?!» domandò sorpresa e anche leggermente spaventata Rose. Se non fosse stato per Scorpius lei avrebbe continuato a camminare e si sarebbe imbattuta certamente in loro. Non osava immaginare cosa le avrebbero fatto se avessero potuto, perché era certa che non fossero cose belle.
«Non lo so Weasley, ma tutto era tranquillo da troppo tempo, dovevamo aspettarcelo» proferì fiero continuando a guardarsi intorno. Aveva l'impressione che ci fosse qualcuno, ma il corridoio era spoglio e deserto e il solo posto in cui ci si poteva nascondere era occupato, fino a pochi istanti prima, da loro due.
Erano passati due mesi da quando Rose era finita in infermeria e la figura scura aveva pronunciato di nuovo quelle parole che avevano trovato sull'arazzo all'inizio della scuola. Novembre era ormai terminato e si avvicinavano le vacanze di Natale. Gli studenti iniziavano a decidere se restare o tornare a casa e iniziavano a comprare i regali. La neve imbiancava il paesaggio, il lago Nero era diventato una pista di pattinaggio e gli studenti giocavano allegramente. Nessuno aveva dovuto preoccuparsi degli strani avvenimenti dato che non c'era nulla su cui basarsi.
«Voglio sapere di più...» iniziò Rose fissando Scorpius negli occhi, forse aspettandosi una strana collaborazione. L'aveva conosciuto meglio negli ultimi tempi ed era consapevole che fosse intuitivo e intelligente, nonché astuto e ambizioso, tutte qualità Serpeverde che le avrebbero certamente fatto comodo.
Il ragazzo storse il naso, perplesso. Rose continuava a profumare di inchiostro anche quando era ben lontana dalle aule e dalle pergamene intonse. Valutò la proposta implicita della Rossa scoprendo con stupore che non aveva la minima intenzione di coinvolgerla. Non che gli sarebbe dispiaciuto, ma quelle non erano faccende in cui una ragazza doveva immischiarsi, in cui una Wealey doveva immischiarsi.
«Non sperarci, ti limiterai ad accettare le mie scoperte alla fine» disse sprezzante. In fin dei conti ci sperava davvero, che non si immischiasse, ma era sicuro che i Weasley fossero attratti dal ficcare il naso in situazioni che non li riguardavano.
La faccenda, però, era complessa, si trattava di vendetta ed era una sentimento che aveva visto tante volte negli occhi del nonno. Non era bello vedere un uomo anziano sputare odio sulle grandi gesta di coloro che aveva salvato suo figlio e che adesso avevano dei figli a loro volta, ma Lucius Malfoy non sarebbe cambiato mai, Scorpius ne era sicuro.
L'importante era non essere come lui.

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Capitolo 16
*** Grifondoro vs Serpeverde ***


Grifondoro vs Serpeverde

Dopo quello spiacevole episodio ventiquattro ore erano trascorse nella norma. Stava chiacchierando con Emma, la sua compagna di dormitorio, mentre percorrevano la strada che portava allo stadio.
Rose era un fascio di nervi e non solo per la partita.
«Sta' tranquilla Rosie, i bolidi con te hanno i minuti contati» la tranquillizzò docilmente la ragazza. Si conoscevano dal primo anno ma nonostante tutto non erano molto legate, per questo Rose non spiegò lei il vero motivo di tutta quella tensione.
Non ne aveva fatto parola con nessuno e nemmeno Malfoy, a giudicare da come si guardava intorno indispettito. Dopo la conversazione del giorno prima Rose era molto più che propensa a disarcionarlo non appena fossero stati liberati i bolidi.
Nessuno può mettermi a tacere così, miseriaccia!
Quando raggiunse gli spogliatoio nessuno si curò di lei, ognuno impegnato a cercare di tranquillizzarsi di per sé. Lorcan stava aiutando Lysander a concentrarsi in un modo che zia Luna gli aveva insegnato, con le teste attaccate e le braccia che si muovevano in sincro. Roxanne li osservava a metà tra il divertito e il terrorizzato chiedendosi come fosse possibile che si fosse intrattenuta con uno di quei due. James, d'altro canto, sembrava esserci abituato.
Lui e Sean stavano discutendo a voce alta su quale dei tre anelli sarebbe stato il più scoperto e a quale, di conseguenza, avrebbero dovuto mirare. Kelzar ripeteva ritmicamente il movimento delle braccia con la mazza da battitore e Sara sembrava leggermente a disagio in tutta quella gentaglia. Tuttavia, nell'anno in cui Rose aveva assistito agli allenamenti dei Grifondoro, aveva imparato che quello non era disagio ma puro terrore nascosto sotto strati di disgusto. James doveva averli strigliati per bene se anche suo fratello Hugo, portiere di riserva, sedeva terrorizzato sulla panca.
Rose fece per affiancarlo ma fu placcata da James che la inserì nella fila di giocatori che stavano uscendo dagli spogliatoi.
Un caloroso e familiare boato li accolse nello stadio gremito di persone urlanti e bandiere sventolanti mentre Fred annunciava le due squadre che si librarono in volo, assumendo le posizioni di partenza.
Erano passati circa dieci minuti e la situazione era naturalmente degenerata. Brisen Zabini non stava facendo nulla per reindirizzare i bolidi di Alfred Nott, che stava per essere disarcionato per l'ennesima volta. Il capitano, Seline Goth, era stata placcata da Sean e James almeno una dozzina di volte e si era fatta fregare la pluffa senza riuscire a segnare mai. Albus strizzava gli occhi alla ricerca della pallina dorata ma non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Sembrava una delle partite più movimentate e scontate della stagione, almeno fin quando una coltre di fumo nero oscurò il campo dal basso. Gli spettatori furono i primi ad essere avvolti e finire a tossicchiare nel tentativo di fuggire. Alcuni urlavano al sabotaggio mentre i bolidi impazziti disarcionava i giocatori in mezzo al campo.
La situazione era critica. Poi la nube parlò. Tra le urla strozzate e represse in gola e le scazzottate per raggiungere le scale, un timbro forte risuonò con un incantesimo. Era la stessa voce fredda e sicura del giorno precedente, ma stavolta stava parlando a tutti.
«Per secoli i Purosangue sono stati una razza privilegiata. Adulati in quanto maghi da generazioni, oscurantisti e tradizionalisti, hanno tentato di fare del Mondo Magico un élite. Incapaci di governare, mancano delle basi umane della vita, che non si apprendono se non vivendo senza la magia».
La Voce fece una pausa. Sembrava che la foschia si fosse in parte diradata e Rose fu lieta di vedere sulle scope ad alta quota qualche volto amico. Albus si guardava intorno sorpreso mentre Alfred sembrava sorpreso di trovarsi ancora sulla scopa. Roxanne si muoveva febbrilmente cercando qualcuno sugli spalti.
«Liberiamoci del vecchio per rigenerarci» disse alla fine.
«Liberiamoci del vecchio per rigenerarci» ripeté un coro sparso. Non sapeva da dove provenissero le voci, era come se gli altoparlanti le riproducessero da ogni angolo. Rose riconobbe qualche cadenza particolare, qualche r moscia che aveva udito nel vociare concitato del giorno prima. La loro vendetta stava iniziando.
Mentre l'eco delle loro parole risuonava nello stadio la nebbia scura sparì definitivamente, rivelando ciò che aveva lasciato. Sugli spalti molto persone erano distese a terra, inciampate nella calca e non riuscite più a rialzarsi. Studenti e professori tenevano le bocche serrate, timorosi che la voce potesse tornare e finire ciò che aveva iniziato, perché era chiaro che quello era solo l'inizio di qualcosa di troppo grande.
Hogwarts era il terreno di formazione di giovani streghe e maghi, non era insolito che eventi spiacevoli o strani animassero al vita frenetica degli studenti. Si tentava di plasmare gli adulti del futuro per costruire un mondo a proprio piacimento e si dovevano fare i conti con trovate molto spiacevoli. Avere a che fare con i giovani era qualcosa di estremamente pericoloso poiché le linee di pensiero erano appunto linee, e si poteva sfociare in qualcosa che andasse oltre. Inculcare un pensiero a dei giovani poteva essere un rischio, crescendo avrebbero potuto travisarlo e l'esperimento sarebbe fallito, addio al mondo a propria immagine.
Rose osservava immobile la scena davanti a sé. Tremava sulla scopa e cercava tra gli spalti gli occhi dei suoi familiari per assicurarsi che stessero bene. Al le sfrecciò davanti con la scopa, dirigendosi a terra. Lo seguì, affiancandolo, e scoprì che puntava su un corpo esanime.
Scorpius Malfoy era a terra, i capelli biondo platino arruffati dal volo e dalla caduta. Aveva la gambe piegate in maniera assolutamente innaturale. La scopa, molti metri più in là, era squarciata a metà, accanto al corpo di una incazzata Brisen Zabini che esprimeva coloriti insulti al suo braccio rotto. A pochi passi da lei Lysander Scamandro si teneva la testa tra le mani e gli occhi serrati.
La situazione non era certo florea, ma Scorpius era preoccupante. Un bolide doveva averlo colpito in pieno, spezzando la scopa e facendolo cadere a terra da chissà quale altezza. Tra le urla di panico e il rimbombo dello strampalato messaggio nessuno era stato capace di distinguere le urla di Malfoy. Sempre che avesse urlato. Rose era sicura che il suo orgoglio gliel'avrebbe impedito.
Aveva iniziato a scuotere Scorpius insieme ad un concitato Al e se n'era resa conto solo quando i professori li avevano allontanati e aveva dovuto bloccare con la forza il cugino per impedirgli di avvicinarsi. Era sconvolto. Negli enormi occhi le iridi verdi avevano lasciato spazio alle pupille dilatate, quasi come fossero due pozzi. Gli angoli erano arrossati e lucidi ed era sicuramente spaventato per il suo migliore amico.
Rose lo abbracciò forte per fargli affondare la testa nell'incavo del suo collo e lasciare che piangesse senza che gli altri lo fissassero. Il suo corpo era scosso dai singhiozzi e nemmeno la cugina poté fare a meno di pensare al peggio. Scorpius non si muoveva e non sembrava che respirasse, non che avessero controllato d'altra parte.
Affondò le dita nei capelli suoi corvini chiedendosi cosa fosse accaduto e se lei e Scorpius avessero fatto bene a non parlarne con nessuno.
E si sentì tremendamente in colpa.

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Capitolo 17
*** La Tana ***


La Tana

Il Natale alla Tana era sempre stato qualcosa di speciale. Nonostante oramai fossero tutti cresciuti e risultava noioso ricevere ogni anno lo stesso maglione da nonna Molly, era l'aria della Tana a sapere di festa.
La cucina e il salotto profumavano di biscotti al cioccolato appena sfornati come se tutti si adoperassero per fare in modo che non mancassero mai. E in effetti Rose non riusciva a ricordare un Natale senza quei deliziosi biscotti.
Nonno Arthur non perdeva mai occasione per chiamare uno a caso dei suoi nipoti -con un nome sbagliato, ovviamente- e chiedergli l'uso del misterioso oggetto babbano su cui stava lavorando in quel periodo. Arthur Weasley era in pensione e quando non faceva il nonno a tempo pieno amava informarsi sul mondo babbano chiedendo continui chiarimenti ad Hermione.
Teddy, ospite con sua nonna Andromeda dacché Rose potesse ricordare, intratteneva i più piccoli con le sua abilità di metamorfomago mentre James tentava invano di rubargli la scena litigando con Albus. Lily, in compagnia di Lucy, li guardava esasperata, fuggendo non appena fiutavano l'aria di ramanzina di Molly. Hugo e Louis giocavano a Quidditch in compagnia di Al mentre le due bionde -Vic e Domi- parlottavano sempre fitto tra di loro, a volte anche in francese. Fred e Roxanne stavano perennemente progettando qualcosa.
I suoi genitori non bisticciavano e tutti gli adulti sembravano incredibilmente più inclini e chiudere un occhio sulle malefatte dei figli.
Il Natale era proprio magico, anche se non necessariamente nel senso letterale del termine.
Certo, erano cresciuti, Ted non faceva più spettacoli in salotto per tenerli buoni, James non tentava di maltrattare volutamente il fratellino e le due bionde si erano divise. Ma era una sorta mite consolazione sapere che la battaglia a palle di neve ci sarebbe stata anche quell'anno.
L'aria fuori dalla Tana era pungente, Rose lo appurò con le guance arrossate mentre tirava su col naso, nascosta dietro un masso enorme. Si guardava attorno, nell'attesa che qualcuno facesse un passo falso, ma non si accorse minimamente che, mentre lei scrutava oltre il sasso, qualcuno dietro di lei la stava fissando.
Aveva ridotto la sensazione di avere gli occhi di qualcuno puntati addosso a semplice fissazione, ma aveva dovuto ricredersi quando Albus aveva iniziato a bersagliarle la schiena di mucchietti di neve fredda. Al primo colpo si era irrigidita nettamente, inarcando la schiena, al secondo aveva sospirato e al terzo si era lasciata sfuggire un urletto che aveva rivelato al clan la loro posizione. Non fu sorpresa quando tutti piombarono su di loro, pronti a seppellirli sotto una coltre bianca. Perché sì, alla fine qualcuno finiva sempre per farsi scoprire e quello era il pegno che si doveva pagare.
«Poi mi chiedono perché adoro il Natale!» trillò Albus mentre James e Fred si adoperavano per ricoprirlo di neve.
Il candore della neve, nonostante le temperature a cui essa si manifestasse, Rose l'aveva associato al tepore dei caminetti accessi e dei maglioni caldi, delle coperte nei vecchi letti della Tana e delle stanze condivise con le cugine. Era bello, almeno a Natale, condividere.
Quel Natale, però, era diverso dagli altri. Nella atmosfera quieta in cui i cugini si divertivano, poteva chiaramente notare i sobbalzi di Roxanne ogni volta che sentisse nominare gli Scamandro o zia Luna, e Domi si era isolata dai suoi cugini preferendo starsene per i fatti suoi. Albus, tra una risata e l'altra, si rabbuiava pensando a Malfoy, confinato nel Manor ancora in convalescenza. Hogwarts, sebbene fossero passati a malapena tre mesi, li stava già mettendo duramente alla prova.
L'idea che ci potessero essere dei fanatici tra le mura della scuola, e che questi fanatici non fossero Serpeverde purosangue, era profondamente destabilizzante. Era chiaro come il sole che il razzismo manifestato alla partita di Quidditch era nei loro confronti, contro ogni precedente previsione, e Rose non era sicura fosse una caso che Malfoy fosse stato colpito. Certo, anche Nott e Zabini e molti altri presenti sul campo, compresi alcuni dei suoi cugini, erano purosangue, ma Malfoy ostentava a volte la sua aria da Lord.
Aveva riferito, dopo essersi svegliato in infermeria, di essere stato disarcionato da un bolide che gli aveva colpito, tra le altre cose, la cassa toracica, serrandogli il respiro -motivo per cui era svenuto ed era rimasto incosciente. Nonostante la sua versione fosse plausibile, Rose stentava a credergli, e voleva saperne di più sulla faccenda.
Naturalmente era stato scomodato il Ministero della Magia per un'infrazione del genere, e un paio di agenti della Squadra Speciale Magica erano rimasti qualche giorno ad Hogwarts a fare domande in giro a studenti e insegnati, per tranquillizzare i genitori. Non che ci fosse stato qualche attacco personale, ma per i suddetti Lord purosangue le misure di sicurezza non erano mai abbastanza.
Stupidi palloni gonfiati...
Rose era più che convinta che la faccenda fosse più grande di lei e tutto il clan Weasley-Potter messo insieme, ma non riusciva a reprimere la sensazione di dover fare qualcosa, e non necessariamente perché si sentiva ancora in colpa per Malfoy. Okay, forse anche per quello, ma il motivo ufficiale era che nessuno avrebbe lasciato che fossero le autorità costituite ad occuparsi di un caso del genere. D'altra parte gli Auror non erano stati minimamente tirati in causa, dunque non si trattava di qualche mago oscuro travestito da simpatizzante babbano le cui intenzioni erano quelle di catturare il favore di parte degli studenti per poi farli fuori tutti.
Non appena il suo cervello elaborò quelle parole, Rose non poté fare a meno di pensare che quella teoria fosse plausibile. Per quanto campata in aria e assolutamente senza senso, non era da escludere a priori. Certo, avrebbe dovuto indagare sulle più illustri famiglie del mondo magico, anche se molte di loro avevano perso i propri rampolli durante la guerra, e doveva fare molta attenzione, ma avrebbe iniziato non appena tornata ad Hogwarts, dove aveva a disposizione un'intera biblioteca.
D'altra parte, non aveva un gran da fare, dopo aver finito i compiti. Certo le ronde la spossavano, ma nulla che non si potesse recuperare. E Rose aveva deciso di volerci veder chiaro in questa storia. Naturalmente non aveva tenuto conto dell'eventualità di dover scavare nel passato di entrambi i genitori di colui con cui avrebbe dovuto instaurare un legame -non che le interessasse, in realtà- e di buona parte della popolazione di Hogwarts.
Rose Weasley non si ferma davanti a niente, o quasi... pensò mentre si rovesciava addosso il calamaio in cui aveva immerso la sua piuma per iniziare ad appuntare qualche nome che potesse esserle familiare.
Era spacciata.

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Capitolo 18
*** Orgoglio purosangue ***


Orgoglio purosangue

I gelidi corridoi di Hogwarts erano perfettamente coordinati al clima che temperava l'esterno del castello. La neve continuava a posarsi sull'immenso parco imbiancando il paesaggio, e gli studenti si divertivano, quando si poteva, ad uscire a giocare. Una bufera era in arrivo e l'ora di Erbologia era stata sospesa poiché le serre erano inaccessibili.
Rose camminava veloce e sovrappensiero verso la biblioteca con un libro stretto sottobraccio quando urtò contro quello che riconobbe essere lo spaventapasseri platinato. Si premurò di indagare anche su di lui, non che lo ritenesse capace di creare tutto quel trambusto, in realtà. Ma meglio togliersi ogni dubbio.
«Sta' attenta Weasley» esclamò massaggiandosi lo sterno e ispirando un'ampia boccata d'aria.
«Sta' attento anche tu. Sbaglio o sei ancora convalescente?» domandò suonando molto meno sprezzante di quello che avrebbe voluto. Dopo l'incidente aveva addolcito i toni, anche se una sorta di tregua era già iniziata per le loro madri.
Il ragazzo storse il naso e si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno. In effetti, constatò Rose, era una delle poche volte che lo incontrava senza il suo fido compagno.
«Rose, per... quello che è successo alla partita» iniziò a blaterare prima che Rose potesse fermarlo immediatamente. Non voleva che aggiungesse una sola parola prima che lei si potesse giustificare.
«No ascolta io non sapevo cosa fare a chi dirlo e nemmeno tu l'avevi detto a nessuno e quindi non sapevo se confessare alla partita ma poi tu hai detto che era stato un bolide...» iniziò a parlare a raffica, quasi senza respirare, un insieme di frasi che di compiuto avevano davvero ben poco.
Scorpius la guardava sempre più confuso, non riuscendo a collegare i fili logici di Rose che, per sputare più cose possibili, si stava persino mangiando le parole.
Dovette letteralmente tapparle la bocca per farla zittire. Appurato che non avrebbe ricominciato a parlare ritrasse la mano. Rose non si era stupita di trovarla fredda, pur irritandosi per la brutalità di quel gesto.
«Volevo chiederti se pensassi che i tizi del giorno prima si riferissero a quello, Merlino non mi fai mai parlare!» replicò un po' stizzito.
Rose non poté fare a meno di arrossire per essere appena stata zittita da Malfoy, ma non poteva farci nulla, aveva ragione, per quanto le costasse ammetterlo. Iniziò ad osservarsi i piedi mentre Scorpius, dritto di fronte a lei, aspettava che un paio di studenti che li osservavano curiosi li oltrepassassero per evitare che potessero sentire. Poi si chinò sulla ragazza, di una decina di centimetri più bassa di lui, e sussurrò: «Vediamoci alle dieci in biblioteca, vedi di non farti scoprire» e se ne andò.
Rose rimase lì impalata un paio di minuti senza capirci granché. Malfoy le aveva appena dato un appuntamento, seppure per discutere di quello che stava succedendo, e lei non riusciva a capire perché non si fosse rivolto a quel complottista di Al. Era il suo migliore amico e il suo compagno di dormitorio, sarebbe stato molto più facile riuscire a parlare da sola con lui. Decise che quella sera sarebbe stata la volta buona in cui chiederglielo, era troppo sospetto fermarlo in giro per i corridoio sebbene dal primo anno i loro conflitti si erano quietati.

 
⊰·⊱

La biblioteca di Hogwarts era un posto particolare. Mal frequentata durante l'anno, erano pochi gli studenti che decidevano di trascorrere i propri pomeriggi chiusi tra scaffali colmi di libri, nel periodo degli esami pullulava di anime. Per fortuna gennaio inoltrato non doveva essere un mese particolarmente duro per gli alunni.
Rose percorreva i corridoi male illuminati con l'orecchio teso nel tentativo di udire qualcosa di diverso dal ticchettio delle sue scarpe. A quell'ora erano già iniziate le ronde dei prefetti e lei non era di turno, lo sapevano. Non sarebbe stato buono per la sua reputazione farsi beccare a gironzolare per i corridoio dopo il coprifuoco.
Un ticchettio concitato di passi la riscosse dalla possibilità di venire appesa a testa in giù a una delle torce spente in quel corridoio se fosse stata scoperta da un prefetto. L'altro, chiunque fosse, non era solo. Probabilmente stava rincorrendo qualcuno.
«Malfoy!» esclamò una voce che somigliava in maniera tremenda a quella del caposcuola. Anzi, della caposcuola. Seline Goth, col fiato corto e i lunghi capelli marroni svolazzanti al seguito, aveva appena fermato Malfoy in mezzo a un corridoio e lo fissava con i suoi occhi magnetici.
Dimmi che non si è fatto scoprire dal più temibile caposcuola che Hogwarts abbia mai avuto.
«Come stai?» chiese concitata, quasi aspettandosi una risposta imminente e soprattutto negativa. Malfoy la guardò per un paio di istanti, poi parve decidere che fosse degna di una risposta.
Rose alzò gli occhi al cielo, sospirando dietro l'armatura che le aveva fornito il nascondiglio. Era urtata dal comportamento perennemente superiore di Malfoy, che scrutava tutti come a farli sentire indegni della divisa che portavano.
«Uhm, bene, grazie» rispose stranito osservando incuriosito la mano che la ragazza teneva sulla sua spalla. Era più bassa di lui ma riusciva comunque a incutere timore e rispetto.
Si affrettò a spostare la mano non appena si accorse di quel contatto fisico. Seline Goth non era esattamente la più amabile Serpeverde. Teneva tutti ad almeno un passo di distanza da lei, e non solo metaforicamente.
Sembrò sollevata dalla risposta di Malfoy poiché si aprì in un ampio sorriso, di quelli di cui solo lei era capace, freddi e stregati. Era impossibile non fermarsi ad ammirarlo ed era proprio quello che stava facendo Malfoy. Si era imbambolato davanti la ragazza e nemmeno si accorse che lei lo aveva lasciato lì impalato in mezzo al corridoio senza nemmeno salutarlo, comportandosi in maniera usuale.
Per un momento Rose fu terrorizzata dall'idea di essere scoperta e trattenne il respiro, facendosi il più piccola possibile dietro quell'armatura. A pericolo scampato uscì dal suo nascondiglio e riscosse Scorpius, ammaliato dalla sua compagna di casa.
Rose era infastidita, ma non dal comportamento di Malfoy; d'altra parte era abituata all'effetto della Goth sul genere maschile. Lei era gelosa di Seline, del modo in cui riusciva farsi ammirare e rispettare dai ragazzi. Li teneva tutti in pugno, ai suoi piedi, pronta a calpestarli da un momento all'altro, eppure non doveva essere una così fiera Serpeverde se non era nemmeno riuscita a liberarsi di Justin Macmillan, Tassorosso brufoloso del settimo anno che, era risaputo, le aveva messo gli occhi addosso dal primo anno e non si era ancora arreso.
«Tanto non ti fila» apostrofò il biondo, oltrepassandolo per svoltare il corridoio.
Il ragazzo parve riscuotersi solo quando il forte odore della ragazza lo inondò. La sua non era semplice acqua di colonia, era molto di più, ed era la sua pelle a profumare.
Odorava di inchiostro, e sospettava che il motivo principale non fossero le molte ore di studio. Anche lui studiava un sacco e non aveva mai avuto quel profumo. Era quasi certo che se ne versasse addosso molti litri, sbadata com'era.
«Oh, è cotta di me, ma non lo sa. E comunque mi interessa un'altra» disse facendole strada. Da quella posizione Rose poteva vedere la sua testa alta e bionda volteggiare a pochi centimetri da lei. Era vestito con colori scuri, non poteva distinguerli chiaramente, e la stava guidando verso la sezione proibita.
«Malfoy, perché siamo qui?» domandò la ragazza perplessa. A quell'ora non sarebbero riusciti a leggere nulla senza un lumos, ma in quel modo sarebbero certamente stati scoperti.
«Per parlare» affermò con sicurezza, «So che stai indagando su quello che è successo alla partita».
Rose parve colta alla sprovvista nonostante sapesse che voleva parlare di quello. C'era stata una luce di speranza nei suoi occhi che per un attimo aveva fatto ben sperare anche Scorpius, che desistette subito dopo. Rose doveva ammettere che per essere un Serpeverde altolocato, rampollo dell'antichissima casata Malfoy, sapeva collaborare e dunque chiedere aiuto, quando necessario.
«Beh sì, ho una teoria... particolare» confermò la Rossa sentendosi a disagio. Erano relegati in una sorta di strettoia, circondati da scaffali colmi di libri ignoti e potenzialmente pericolosi e Malfoy le stava col fiato sul collo, letteralmente, piegato per poter udire le sue flebili parole. Era una situazione assurda.
«Senti, Weasley, detesto chiedere l'aiuto di qualcuno, ma non posso cavarmela da solo» disse passandosi una mano tra i capelli platinati. Era un gesto di rassegnazione, e anche a quella visibilità poteva notare le occhiaie sotto gli occhi del ragazzo.
La ragazza non distolse gli occhi dai suoi, intimandolo a continuare, e passarono la notte lì, a discutere e battibeccare di teorie ambigue e sospetti infondati.
E Rose si sentì nuovamente invadere dal senso di colpa, questa volta per aver voluto indagare sulla sua famiglia.

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Capitolo 19
*** Nemica neve ***


Nemica neve

Una fitta coltre di neve bianca era poggiata sul parco di Hogwarts, rinforzata dal leggero manto che la tempesta stava contribuendo ad aumentare. Erano giorni che nevicava insistentemente e le lezioni di Erbologia e cura della creature erano sospese, mentre gli allenamenti di Quidditch erano stati severamente vietati. Il ritmo era rallentato e le giornate sembravano vuote. L'aria era talmente gelida che i turni di vigilanza dei prefetti erano inutili, dato che nessuno decideva di imboscarsi negli anfratti del castello più freddo della storia.
«Merlino, dovrebbero fare qualcosa per questa temperatura» sbottò Rose durante uno dei suddetti noiosissimi turni di vigilanza.
Scorpius, avvolto in un pesante mantello scuro, ridacchiò.
«Ti proibisco di ridere di me!» sbottò di nuovo la ragazza, irritata dalla sua reazione. Nonostante la recente collaborazione, a volte Rose mal sopportava il suo socio. Continuava ad essere altezzoso e caparbio anche se erano costretti a comunicare.
«Perdonami Rossa» la apostrofò senza smettere di ridere.
Si era creato un legame tra i due, era innegabile. Si conoscevano da sei anni grazie ad Al, e nell'ultimo periodo si era ritrovati spesso insieme sia per le loro indagini sia per i loro doveri. Si erano sempre punzecchiati e continuavano a farlo, ma iniziavano a parlare di più. Rose pensava fosse una cosa bella, aveva scoperto delle cose su Malfoy e gli era sembrato interessante, poteva essere un buon conoscente. In più, in quel modo, favorivano anche il lavoro delle loro madri.
Rose sbuffò, rivolgendogli un'occhiataccia, ed accelerò il passo per precederlo. Il corridoio buio era naturalmente vuoto, i quadri appisolati e non si sentiva alcun rumore, se non il ticchettio dei lori passi. Era interessante come, di giorno, in mezzo a tutte le persone, l'unica cosa udibile era un assembramento di voci e risate mentre, alla sera, il silenzio innaturale dava quasi i brividi. Sembrava che il castello fosse rimasto vuoto per secoli, con l'umidità che filtrava dalle spesse pareti e le torce spente. Era difficile immaginare che di lì a poche ore si sarebbe ripopolato.
Scorpius la riscosse dai suoi pensieri raggiungendola e un brivido le percorse la schiena. Un'ampia finestra era rimasta aperta e una leggera coltre di neve si era poggiata sul pavimento. Scorpius la circondò con un braccio, avvolgendola nel suo mantello, poi chiuse la finestra con un colpo di bacchetta. L'umidità le era entrata fin dentro le ossa e il calore del mantello pesante la riscosse leggermente. Si appuntò mentalmente di scrivere a sua madre per farsi spedire un secondo mantello da usare nelle ronde.
Stava per staccarsi e proseguire, ma il biondo parò un braccio davanti a lei, tirandosela addosso e facendole perdere l'equilibrio. Stava per franare a terra ma si mantenne alla finestra aperta davanti a lei e rivolse un'occhiataccia a Scorpius.
Aspetta, l'aveva appena chiusa...
Scorpius fissava insistentemente qualcosa a terra, senza curarsi della finestra che gli si era riaperta sotto al naso, e quando Rose fece per farglielo notare, la zittì. Quello che stava fissando non era il vecchio pavimento umido del castello bensì il piccolo strato neve, su cui vi erano impresse delle impronte di scarpe.
In quel momento avrebbe tanto voluto indossare una di quelle tute bianche che i poliziotti babbani sfoggiavano in quel telefilm che piaceva tanto a nonna Granger. Infatti quei signori erano in grado, con delle semplici misurazioni, di risalire a peso e altezza della persona di cui possedevano l'impronta. Naturalmente, fuori dal mucchietto di neve, vi erano solo svariati cristalli di ghiaccio nella direzione da cui erano venuti e poi più nulla. Era stato un errore grossolano incantare una finestra perché non si chiudesse così da far entrare qualcuno se poi questo qualcuno lasciava delle impronte nella neve.
«Credi che sia l'uomo che parlava alla partita?» domandò incerto Scorpius. Non sapeva se, quel giorno, avesse potuto ascoltare la voce forte dell'uomo risuonare nel campo da Quidditch o se il bolide l'avesse stordito prima, ma sicuramente sapeva le parole che aveva pronunciato dato che il giorno seguente erano riportate sulla Gazzetta della Profeta.
«Beh, questo spiegherebbe come fa ad entrare, dato che non è un alunno né un professore» spiegò Rose con tono basso. Aveva un'idea che le frullava nella mente ma non voleva condividerla con lui. D'altra parte non credeva che sapesse l'esistenza dei doni della morte e che uno in particolare fosse riposto nel baule di suo cugino.
«A cosa stai pensando?» domandò il ragazzo, scrutandola con aria curiosa. Rose Weasley era sempre stata un mistero per lui. Di tanto in tanto si sorprendeva ad osservarla, ma non riusciva a capirla. Era sempre frenetica e nevrotica, ma poi si fermava e pensava -Scorpius ne era certo- pensava talmente tanto che il mondo esterno scompariva e non si rendeva conto, per esempio, di avere un calamaio in mano e che si stava versando tutto l'inchiostro addosso. Almeno al secondo anno le era capitato, poi doveva essere migliorata.
«A nulla» mentì, riscossa dall'eco delle parole del ragazzo che risuonavano nel corridoio vuoto. Al buio non era perfettamente in grado di riconoscere ogni anfratto del castello, ma era quasi certa che lì non ci avesse mai messo piede.
Scorpius naturalmente non si lasciò abbindolare dalle menzogne del prefetto, ma la stanchezza iniziava a farsi sentire e una serie di sbadigli gli avevano annunciato che era ora di andare a dormire, nonostante la scarica di adrenalina di poco prima.
Decise così di andare a dormire, riaccompagnando prima Rose alla torre di Grifondoro.
Era un ambiente caloroso che la riscosse non appena oltrepassò il varco lasciato dalla Signora Grassa. Nonostante l'orario, il caminetto era ancora acceso e qualche studente giaceva addormentato sui tavoli. Riconobbe, tra gli altri, Emma, la sua compagna di stanza, e decise di svegliarla. D'altra parte lei sapeva che aveva la ronda e che sarebbe tornata tardi, dunque sapeva anche che l'avrebbe trovata lì, e avrebbe potuto arrabbiarsi se non l'avesse svegliata.
Emma era una ragazza strana. Passava la maggior parte del suo tempo libero tra riviste di moda pozioni snellenti, e poi, tra una lezione e l'altra, fuggiva nelle cucine a rimpinzarsi di cibo, quando gli elfi glielo concedevano.
La ragazza si guardò intorno stranita, sbattendo ripetutamente gli occhi per abituarli alla luce flebile del caminetto e di un paio di torce. Sorrise dolcemente a Rose, spostando il braccio in maniera innaturale davanti a sé. Teneva il gomito destro davanti e il braccio nella stessa direzione, a reggersi il viso.
Si strofinò un po' gli occhi con le dita, poi disse: «Grazie per avermi svegliato, arrivo subito».
Rose si incamminò lentamente per le scale che portavano ai dormitori femminili, cercando di fare meno rumore possibile. Conosceva se stessa e sapeva bene che sarebbe potuta ruzzolare giù oppure urtare tutti i mobili del dormitorio anche solo aprendo la porta della stanza. Per fortuna non accadde.
Le altre ragazze dormivano tranquillamente, gli unici letti vuoti erano il suo e quello di Emma. Si affrettò a prepararsi per dormire mentre svariati sbadigli la scuotevano. La sua mente, prima di staccarsi del tutto, continuava a rielaborare tutte le sue scoperte e le teorie che ne erano conseguite, e quando finalmente si addormentò Emma non era ancora risalita.

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Capitolo 20
*** Indagini babbane ***


Indagini babbane

Partiamo dal presupposto che le persone cambiano. Si può cambiare in pochi secondi, in seguito ad un'azione, una parola, una situazione. Si può cambiare col tempo, che ci mette davanti soluzioni differenti che plasmano la nostra personalità. Si può, talvolta, non cambiare affatto, ed è anch'esso un cambiamento dato che, più o meno, volutamente si decide di non cambiare.
Sta di fatto che, in un modo o nell'altro, si cambia.
In sei anni, Rose poteva certamente affermare di essere cambiata e, soprattutto, cresciuta. Non era più la ragazzina che, a undici anni, trotterellava per i corridoi di Hogwarts, inciampando ogni due per tre, seguita da suo cugino Al e tenuta d'occhio dai cugini più grandi. I suoi capelli crespi era stati domati, con molta pazienza, molta cura e soprattutto molto dolore. Aveva stretto nuove amicizie e i cugini erano rimasti il rifugio sicuro dove nascondersi dopo che quello stronzo del terzo anno l'aveva presa in giro, meritandosi ovviamente un pugno da James. Era una persona molto impulsiva, ma amava la sua famiglia.
Anche Rose amava la sua famiglia, ma si sarebbe volentieri risparmiata i connotati tipici dei Weasley-Potter. Anche perché quelli utili non li aveva ereditati. Era una cosa babbana che si chiamava genica, una cosa così, secondo la quale si ereditavano alcuni connotati di ogni genitore, ma soprattutto alcuni prevalevano su altri -il colore marrone sul rosso, ad esempio. Tuttavia, il rosso Wesley doveva essere talmente forte da aver preso il sopravvento anche sui capelli neri di zia Audrey, figuriamoci su quelli castano chiari di sua madre. L'unica a non essere rossa era Molly, e non se ne conosceva ancora il motivo.
Chissà, forse anche la genica a volte toppa.
Rose aveva sperato che la genica toppasse -supponeva fosse il termine giusto, l'aveva sentito pronunciare qualche volta da una nata babbana e sperava di utilizzarlo bene- anche sul colore dei suoi occhi, ma le sue iridi color nocciola non lasciavano dubbi, non era possibile avere gli occhi azzurri. Eppure, suo fratello li aveva. L'unico, se si escludevano i " fari" verdi di Al. Per i capelli non aveva speranza, crespi come quelli della madre, la quale per fortuna le aveva donato anche una buona dose di intelligenza.
Dopo tutto quello che mi ha negato, almeno questo!
Non che a Rose importasse davvero l'aspetto fisico, non era una ragazza che si fermava a questi convenevoli. Era consapevole che il vero valore di una persona è nascosto nella sua mente e nel suo cuore, non di certo nella taglia dei suoi pantaloni.
Ad ogni modo, non era a questo che stava pensando. Ogni volta che iniziava a riflettere su qualcosa nel suo cervello si apriva contemporaneamente scenari di anfratti che la portavano a deviare dalla linea principale dei suoi pensieri, ed era quello che era successo di nuovo.
Sbuffò sul piatto della colazione davanti a lei, rinunciando a rimettere in ordine la sua testolina bacata, e osservò stupida Al e Malfoy che camminavano verso il loro tavolo. Per la precisione, il loro tavolo Grifondoro.
«Buongiorno Rosie» la salutò allegramente suo cugino, guadagnandosi un paio di occhiatacce dai suoi compagni di casa. Nessuno, ad Hogwarts, rispettava le divisioni dei tavoli per casa, né i professori pretendevano che fossero rispettate. Per sfavorire il razzismo tra Case, nessuno imponeva di stringere amicizia o di sedersi solo accanto ai propri compagni di Casa, e sarebbe anche stato sbagliato farlo. Hogwarts, d'altra parte, era l'abitazione degli studenti per nove mesi l'anno, era impensabile che trascorressero il loro tempo libero sempre con le stesse persone, confinati dietro amare convinzioni che non fanno altro che dividere.
«Potter, Malfoy» attirò la loro attenzione Matt Baston, che discuteva tattiche di Quidditch con Louis, «Non riuscite a scoprire le nostre mosse».
Rose aveva sempre pensato che la faccenda dello sport fosse importante. Ogni squadra puntava alla vincita del campionato, com'era normale che fosse, ma vi era una rivalità per molti versi malsana. Insomma, lei stessa, come battitore, non si faceva troppi scrupoli quando provava a disarcionare gli avversari dalla scopa, ma alcuni, come appunto Matt o James, prendevano la faccenda un po' troppo sul personale.
Scorpius gli rivolse una schifata occhiata di superiorità, mentre Albus si limitò a scrollare le spalle. Essere un grande Cercatore non faceva di lui una celebrità, era sempre stato James quello su cui si proiettavano, per eredità, le glorie di suo padre.
«Weasley» disse Malfoy sottovoce, per non farsi udire nemmeno da suo cugino. Tale cugino -complottista nato che non si accorgeva di ciò che gli stava accadendo sotto al naso- continuò a spalmare la marmellata sulla sua di pane tostato. Aveva un sorrisino che la diceva lunga su quanto fosse innocente, di qualsiasi cosa fosse colpevole.
«Ho ricevuto il gufo di mio padre, non era un incantesimo» continuò senza troppi dettagli, certo che la sua interlocutrice avrebbe capito. Non ne aveva mai messo in dubbio l'intelligenza, semmai la razionalità. E infatti la ragazza comprese senza problemi, ricordandosi della conversazione in biblioteca. Scorpius aveva inviato un gufo al padre per sollecitarlo a dirgli di quale incantesimo si trattasse. Il fatto che la nebbia della partita di Quidditch non fosse frutto della magia, però, fece vacillare le teorie di Rose.
«Che cosa può creare tutto quel fumo?» domandò più a se stesso che alla ragazza che gli sedeva di fronte, adesso che Al aveva abbandonato misteriosamente il tavolo, lasciandoli soli.
Rose iniziò a riflettere, ripensando ai week-end dai Grenger e ai racconti di sua madre. Su nonno Arthur non si poteva far affidamento. Non ricordava ci fosse qualcosa che potesse creare tutta quella nebbia, anche perché quel qualcosa doveva essere stato incantato per evitare che si diradasse, e incantare un oggetto babbano, oltre che vietato e molto pericoloso, era anche difficile. Niente che rientrasse nel programma scolastico, comunque.
«Penso che dovrei chiedere ad Hugo» sentenziò la Rossa, consapevole che di babbanologia il fratello ne sapesse molto più di lei. In una qualsiasi altra situazione, avrebbe avuto dei problemi ad ammetterlo, ma il fatto che stesse parlando di suo fratello e che il corso di Babbanologia, ad Hogwarts, facesse pena, la facevano prendere la sua ignoranza a cuor leggero.
«Ma la biblioteca è piena di libri sui babbani» replicò il biondo, stizzito dal dover attendere una risposta, per di più da un Weasley. Rose l'aveva osservato, nei giorni precedenti, quando era in attesa del gufo del padre, e aveva potuto appurare come acuisse la vista non appena sentiva un gufo bubolare e come si muovesse rigido in maniera innaturale nella sua uniforme cucita su misura. Odiava aspettare, era chiaro. Era cresciuto come un piccolo Lord ed era abituato ad aver tutto e subito.
«Scritti da maghi» replicò la ragazza stizzita «Non hai idea di quante baggianate ci siano scritte».
Malfoy si zittì per qualche secondo, poi sospirò, vinto.
«D'accordo Weasley, ma fa' presto» sentenziò prima di andarsene.
Se avesse potuto, Rose avrebbe volentieri replicato che non era la sua schiava tantomeno la sua elfa domestica, dunque doveva stare ai suoi tempi. Peccato che ella avesse, se possibile, ancora più fretta del socio.
Quasi sputò tutto il succo di zucca che stava bevendo quando vide suo fratello avanzare con sicurezza verso il tavolo dei Grifondoro. Era un bel ragazzo, altezza Weasley, capelli Weasley, occhi Weasley. Si sedette sgraziatamente davanti a lei iniziando a mangiucchiare qua e là. Grazia ed eleganza Weasley.
Rose si schiarì la voce, come faceva sempre prima di iniziare un rimprovero, e ciò mise in guardia suo fratello.
«Hugo» esordì con voce eccessivamente smielata. Era chiaro che volesse chiedergli un favore, se n'era accorto persino lui. «Tu sai niente di fumo babbano?».

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Capitolo 21
*** Dominique ***


Dominique

Rose Weasley era consapevole che la sua famiglia avesse bisogno di lei, sempre. D'altra parte, erano pochi i cugini su cui si potesse contare, una volta tornati ad Hogwarts. 
Victoire aveva finito la scuola e tornava di tanto in tanto a far visita a Teddy, giovanissimo assistente del professore di Incantesimi nonché preside Vitious.
Aveva deciso di non rinunciare alla cattedra, nonostante i suoi doveri da Preside, e si era così preso un giovane assistente, come i professori universitari babbani. 
Dominique trovava molto più confortevole passare le giornate chiusa in dormitorio piuttosto che in compagnia dei suoi amici, cosa che le aveva dato non poco da pensare. 
James e Fred erano perennemente nei guai, o a combinarli o a scontare le punizioni per gli stessi. Roxanne, quando non si faceva beccare, spariva negli anfratti del castello, rispuntando ore dopo in condizioni non buone. Rose sospettava avesse una tresca con Lorcan, ma aveva paura di domandarglielo per il timore di sentirsi rispondere con dovizia di particolari. 
Louis, quando non era lo schiavetto di Domi, passava la maggior parte del suo tempo al club dei duellanti, anche oltre l'orario permesso, ad allenarsi. La sua aspirazione era quella di diventare un Auror e dunque voleva arrivare preparato all'Accademia. 
Hugo, d'altra parte, passava il suo tempo libero, ovvero sempre, a bighellonare per i corridoi di Hogwarts alla ricerca di passaggi segreti che non fossero segnati sulla mappa di suo cugino, agognando di poter mettere il proprio nome su quel cimelio. 
Molly, neanche a dirlo, si divideva tra la biblioteca e Christopher, storia stranamente duratura, anche se sospettava dei tradimenti da parte di lui.
Le serpi di casa, naturalmente, erano sempre un'incognita. Potevano essere dovunque e spuntarti alle spalle da un momento all'altro. 
In quel momento, in particolare, una delle suddette serpi aveva appena spaventato a morte Rose, certa di essere sola nel corridoio che portava al dormitorio del settimo anno. Ancora non riusciva a capire chi li facesse entrare dal buco del ritratto, ma supponeva che, in quanto Serpeverde, avessero un grande ascendente sulle persone.
«Merlino, Lucy, che vuoi?!» esclamò con una mano sul petto. Il cuore le era arrivato in gola e batteva fortissimo sotto la camicia e il maglione.
«Oh nulla, passavo da queste parti» disse la ragazzina girandole intorno. Era un metodo che le aveva insegnato Al: gironzolare intorno alle persone le confondeva, e le persone confuse erano più facili da manipolare.
«Ti ha mandato Al» sentenziò sicura la Rossa, incrociando le braccia sotto al petto per non guardare la cugina. L'altro Rossa ridacchiò, tirando su le spalle.
«Vuole sapere se tu e Scorpius avete una tresca» disse sicura, fermandosi davanti a lei e osservandola per bene. Anche Lucy era un'ottima osservatrice, ma l'unica cosa strana nella faccia di Rose fu la smorfia che le adombrò il viso.
«Io e Malfoy cosa?! E comunque è il suo migliore amico, poteva chiedere a lui» sbottò, certa che se la conversazione fosse andata avanti Domi l'avrebbe sentita urlare dalla sua stanza e addio effetto sorpresa. Era lì perché voleva sapere cosa stesse succedendo alla bionda ed era intenzionata a non cedere finché non avesse sputato il rospo. 
«Appunto» replicò Lucy sicura, «Il suo migliore amico non ammetterebbe mai di avere una storia con sua cugina. Comunque ciao!» esclamò, trotterellando giù per le scale. Non riusciva a capire Lucy, non ci sarebbe mai riuscita. Le menti dei Serpeverde erano molto più contorte della sua, che le faceva perdere il filo del discorso persino quando pensava.
Fissò la porta del dormitorio un paio di minuti, ancora frastornata dalla conversazione avuta con sua cugina. All'interno dell'ambiente non si udiva alcun rumore, ma Rose era certa che sua cugina fosse lì dentro. Vi era entrata ore prima e non ne era più uscita, almeno non passando dalla Sala Comune. Era preoccupata, più che altro, per averla vista molto distante da sua sorella. Erano molto unite, lo erano sempre state, ma adesso qualcosa si era interposto tra loro.
Entrò nella stanza, trovando Dominique allungata sul letto. Indossava ancora l'uniforme ed era stesa in maniera innaturale. Ovviamente stava fingendo di dormire.
«Domi, so che sei sveglia» disse sedendosi accanto a lei, sul letto.
La bionda sbuffò e si mise a sedere, urtata da quella presenza che disturbava la sua quiete.
«Ti va di dirmi che sta succedendo?» domandò con poca convinzione. Quand'erano più piccole non avevano bisogno di tutti questi convenevoli, parlottavano tra loro anche per ore, senza mai fermarsi, di qualsiasi cosa passasse loro per la testa.
«Nulla» rispose lapidaria guardando fisso il pavimento.
Non era un buon segno. Dominique era abituata a fissare le persone negli occhi, mettendole anche in soggezione talvolta. Sapeva essere persuasiva con quegli occhioni blu e non c'era nulla che non riuscisse ad ottenere, da chiunque.
«Ti conosco abbastanza bene da sapere che non è nulla» replicò con pacatezza. Era sicura che attaccarla e mettere in luce i suoi comportamenti l'avrebbe solo portata sulla difensiva, e non avrebbe ottenuto nulla in quel modo.
«Mi piace un ragazzo» confessò sconsolata, stringendo più forte il cuscino. 
Rose si sarebbe aspettata qualsiasi confessione, a partire da «Sono innamorata di mio fratello» a «Ho una tresca con tuo fratello», ma non c'era nulla di più normale, per Dominique almeno, di avere una cotta per qualcuno. In poco tempo la cotta sarebbe diventata una storia, avrebbero amoreggiato in posti improbabili e poi lei l'avrebbe mollato perché si sarebbe scocciata.
Era così che andavano le storie di Domi.
La bionda parve comprendere il suo silenzio, perché continuò: «Ti prego, non rifilarmi la solita storia che sono bellissima e tutti mi vogliono. Lui non mi vuole, ne sono sicura».
Rose era un po' spiazzata. Non era certo la persona più adatta in quella situazione. Non aveva avuto dei fidanzati e non sapeva come comportarsi con la ragazza più bella della scuola. Dominique non era mai stata rifiutata, ed era certa che non lo sarebbe stata neanche stavolta, ma non era in grado di farglielo capire senza farla sembrare stronza o sfruttatrice.
«Ma magari stai interpretando male i suoi segnali» tentò senza troppa convinzione. In effetti, sua cugina ne capiva fin troppo di ragazzi, non avrebbe potuto fraintendere nulla.
«Anche volendo non potrei, per lui non esisto» replicò affranta. Vedere sua cugina in quelle condizioni era doloroso, non se lo sarebbe mai aspettato e, inoltre, era del tutto impotente. Per mantenere lo Statuto di Segretezza, un patto stipulato quand'erano bambine, non poteva trovare questo tipo -di cui, tra l'altro, nemmeno sapeva il nome- e dirgli di innamorarsi di Dominique.
Salutò in fretta sua cugina, decisa ad escogitare un modo per aiutarla. In effetti non ne sapeva granché, ma tra le sue ipotesi c'era riempire il dormitorio di questo tizio -dopo aver saputo il nome e, di conseguenza, la Casa- di foto di Dominique. In quel modo, chi mai avrebbe potuto sospettare di lei? E chi mai non si sarebbe accorto di una figa del genere? 
Bastava solo forzare un po' la mano, spingerlo un po' più in là, fargli fare un passo avanti, e poi Domi avrebbe fatto tutto da sola. O meglio, i suoi capelli biondissimi e i suoi occhioni blu e il suo ascendente Veela avrebbero fatto tutto da soli. E poi lui sarebbe capitolato.
A furia di fare un passo avanti, però, Rose urtò contro qualcuno. Camminava sovrappensiero tra le scalinate e qualcuno di alto le si era parato davanti, intralciandole la strada. Non troppo alto però, poco più di lei. 
Era un Corvonero del suo anno, Colin Canon era il suo nome. I suoi genitori le avevano raccontato che il suo omonimo era morto durante la battaglia di Hogwarts così il fratello Dennis, aveva deciso di onorarlo rinnovandolo. Era una pratica molto comune tra i maghi, vedi i nomi dei Potter o di Fred.
Ad ogni modo, il ragazzo le rivolse un caloroso sorriso, poggiandole una mano sul braccio.
«Oh, scusami» disse semplicemente, prima di oltrepassarla. La sua mano era calda, poteva sentirlo anche con la camicia, e avvampò.
Quel calore poteva farle pensare una sola cosa: il cavaliere misterioso.

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Capitolo 22
*** Il cavaliere misterioso ***


Il cavaliere misterioso

L'interesse di Rose per quello che veniva definito il sesso forte non era mai stato palese. O meglio, chiaramente le piacevano i maschi, lo si poteva dedurre dal crescendo di apprezzamenti che, negli anni, aveva rifilato loro con Domi. Tuttavia il suo interesse era platonico.
Nessun ragazzo era mai riuscito per davvero a catturare la sua attenzione -eccetto, beh, il ragazzo- escludendo la figuraccia alla festa in maschera quando aveva sette anni, e l'avrebbe volentieri obliviata dalla sua memoria se di tanto in tanto non le toccasse incontrare il Tassorosso.
Il primo anno, quando si era ritrovata catapultata in una realtà che non conosceva, era risultata molto fragile. Una bambina era stata rinchiusa in un castello e le ricordava terribilmente una di quelle fiabe babbane in cui il principe andava a salvare la sua principessa combattendo contro un drago. Con la sola differenza che, nel suo mondo, i draghi esistevano davvero e nemmeno i principi più coraggiosi si sognavano di affrontarli.
Da quando Dominique le aveva spiegato la situazione, il loro rapporto si era rafforzato. La bionda aveva smesso di chiudersi in dormitorio evitando chiunque respirasse e aveva ripreso ad uscire, mostrandosi in una delle forme migliori che avesse mai potuto vantare.
Chiariamo, Dominique era sempre impeccabile, ma capitava anche lei, alle volte, di non riuscire a mascherare perfettamente le occhiaie violacee che aveva sotto gli occhi. Tuttavia nell'ultimo periodo era impossibile beccarla persino con un solo capello fuori posto e Rose sospettava che c'entrasse qualcosa la sua nuova fiamma.
Ad ogni modo, Rose, Dominique e Roxanne passeggiavano insieme per i corridoi di Hogwarts in una delle poche giornate in cui poteva distogliere temporaneamente l'attenzione dallo studio -ma questo è meglio che Hermione non lo sappia, per lei ogni istante non dedicato allo studio è perso.
Per Dominique e Roxanne era l'anno dei MAGO, ma non era diplomarsi il problema. Lo studio poteva essere gestito, il futuro no. Le due, paragonabili a due babbane maturande, dovevano decidere cosa fare della propria vita da quel momento in poi, effettuare una scelta e assicurarsi che fosse quella giusta, per evitare di avere rimpianti.
I ripensamenti erano all'ordine del giorno, specialmente per un tema così delicato come il proprio futuro, ma si sa che ogni studente, trovandosi davanti a quel bivio, auspicava di scegliere la strada più idonea per sé. Sebbene cambiare idea sia indice di maturità -prendere consapevolezza dei propri errori e tentare di porvi rimedio è la prima condizione per crescere- era inevitabile la sensazione di inadeguatezza che li opprimeva quando effettuavano la scelta sbagliata, come se aver perduto un anno della loro vita potesse condannarli all'infelicità eterna.
Eppure quell'anno non era mai realmente perduto perché ogni errore insegnava a non commetterne un altro simile, ogni passo falso spronava a tastare meglio il terreno prima di lasciarsi andare, ogni presa di consapevolezza era un tassello aggiunto alla puzzle della conoscenza di sé.
Al conseguimento dei MAGO si spalancavano agli studenti le porte del mondo vero, dove i genitori sono solamente spettatori consapevoli e le mura familiari e protettive di Hogwarts un ricordo mesto, ma essi non sempre erano preparati ad affrontare gli ostacoli tangibili che la realtà poneva sul loro cammino.
Dunque sbagliare era inevitabile, accertarlo era imprescindibile, riparare ai propri errori era doveroso, impegnarsi affinché non fossero commessi di nuovo era maturo.
La pressione cui erano sottoposti donava loro un opprimente macigno sul petto che rendeva impossibile ragionare con tranquillità sulle proprie scelte. La spada di Damocle che avvertivano dritta sul collo pareva minacciarli delle peggiori maledizioni senza perdono se avessero commesso un errore. Il groppo in gola arrecava solamente insicurezze e dubbi e sembrava impossibile da ingoiare, eppure sentivano di dover decidere, e in fretta anche!
«Fred ha inviato un gufo a papà, subito dopo i MAGO ha deciso che andrà a lavorare lui in negozio» annunciò sconsolata Roxanne, giocherellando con un ciuffo rosso che era sfuggito alla coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli.
«Almeno zio George avrà questa soddisfazione, nessuno a casa nostra seguirà le orme di papà» replicò Dominique ignorando le occhiate eloquenti dei ragazzi che la stavano letteralmente adulando.
Si era sentita la sua mancanza nel tempo in cui si era chiusa in se stessa: mancavano ragazzini petulanti che le facevano maldestramente la corte e ragazzine invidiose che le giravano intorno per tentare di scoprire i suoi segreti più oscuri e profondi.
«Secondo me fare lo spezzaincantesimi sarebbe molto interessante» s'intromise Rose nella conversazione, nella stessa posizione indecisa delle cugine ma ancora lontana dal momento in cui avrebbe dovuto renderne conto al mondo fuori da Hogwarts.
«James ha iniziato a scrivere un sacco di lettere a papà. Penso che lui sia interessato alla professione» continuò Dominique. Tutt'e tre concordarono silenziosamente nel pensare che quello fosse il lavoro più adatto per lui, la sua indole ribelle e la sua capacità di cacciarsi nei guai. Inoltre, girare il mondo avrebbe potuto mettergli la testa a posto.
«Avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile per prendere il MAGO in Antiche Rune» sospirò Roxanne mentre svoltavano l'ennesimo corridoio. Non sapevano esattamente dove stessero andando, ma preferivano vagare inconsapevolmente nel castello, seguendo il percorso indicato dalle loro gambe, piuttosto che rintanarsi nelle Sala Comune ove una folta schiera di studenti in crisi rendeva l'aria talmente tesa da poterla fendere con un coltello.
«Non avete idea di quanto invidi Louis e la sua decisione di divenire un Auror fin da quando aveva tre anni» confessò Dominique evitando un primino come se avesse avuto la scabbia o qualche altra malattia babbana contagiosa e incurabile.
A volte la sua alterigia la faceva risultare una gran stronza, ed effettivamente lo era, stronza e calcolatrice con complessi da regina del mondo. Peccato che potesse permettersi tutto. Spesso, tuttavia, nella continua ricerca della propria felicità, oscurava la via degli altri, impedendo loro di andare avanti senza che la sua ombra rendesse più ostile il cammino.
Il suo narcisismo la rendeva spesso odiosa, ma bastava conoscerla a fondo per comprendere che l'aura di perfezione dietro cui si rifugiava era necessaria per coprire la sua debolezza e la sua fragilità, il suo essere un'eterna romantica, il suo sentirsi spesso sola e incompresa persino nel marasma del Clan.
Stavano continuando a camminare per il castello in anfratti che Rose non era certa di aver percorso prima, quando riconobbe la finestra incantata che non si chiudeva e dalla quale entrava qualche coraggioso fiocco di neve, salvo poi sciogliersi immediatamente a contatto con il pavimento.
«Che voi sappiate, James ha ancora il mantello di zio Harry?» domandò Rose improvvisando la domanda sul momento, ricordando la spiacevole scoperta durante il turno di ronda con Malfoy, di cui non avevano voluto parlare con nessuno.
«Ovvio che si, lo custodisce come un tesoro» rispose prontamente Roxanne, la più vicina al cugino Potter tra le tre. Il tempo che passavano insieme era paragonabile al tempo che Rose passava sui libri, ed è tutto un dire!
«Canon, dimmelo!» esclamò una voce dal corridoio successivo che somigliava terribilmente a quella di Scorpius. E infatti, non appena svoltarono l'angolo, il suddetto biondo platinato teneva Colin Canon per la collottola, appiccicato al muro, e si staccò solo quando vide Rose marciare verso di lui.
«Malfoy, lascialo immediatamente» ringhiò la Rossa raggiungendo il prefetto, il quale cercava un alibi per la sua discolpa che non l'avrebbe aiutato.
«Colin, stai bene?» piagnucolò Dominique avvicinandosi al ragazzo, infilandogli immediatamente una mano nei capelli marroni. Non dovevano essere molto in confidenza da come il ragazzo la guardò dapprima stupito, poi ammirato e infine adulante, ma dallo sguardo languido che le rivolse doveva aver apprezzato il gesto.
Rose, mentre era vicino a Malfoy, si era resa conto che l'altezza coincideva con quella del cavaliere misterioso -e quella di Malfoy- e che poteva effettivamente essere lui. Stava giusto per mollare Malfoy lì in mezzo e correre a riprendersi il suo uomo quando si rese conto che oramai aveva messo gli occhi su Dominique e non avrebbe mai distolto lo sguardo, non di sua volontà almeno.
Il narcisismo egoistico di sua cugina non avrebbe mai compreso che le apparteneva, che il suo tocco caldo l'aveva fatta sentire a casa e che le sua labbra morbide stavano molto meglio poggiate sulla sua, di bocca.
O forse era lei l'egoista, per non essersi resa conto che il cavaliere misterioso era il ragazzo che Dominique aveva effettivamente visto per prima e che, per la prima volta, aveva suscitato in lei un interesse che esulava dal semplice apprezzamento fisico.
«Voi andate, qui ci penso io» ordinò alle cugine mentre voltava loro le spalle per non dover guardare la nuova coppietta felice che stava per nascere.
«Malfoy, noi dobbiamo parlare» sentenziò invece al biondo davanti a lei.



N.d'A. (ovvero sproloqui senza senso e consigli non richiesti)
Questo capitolo casca a pennello in pieno periodo di scelte universitarie, quindi mi è sembrato doveroso l'excursus sulla scelta del futuro -ed eventualmente del percorso di studi- anche se non aggiunge granché ai fini della trama.
L'unica cosa che mi sento di aggiungere per i neo maturi che si approcciano per la prima volta al mondo vero è: siate voi stessi, non abbiate paura di sbagliare perché tutti commentiamo errori, non abbiate paura di fallire perché le sconfitte hanno molto più da insegnare delle vittorie. Fate la vostra scelta e non abbiate paura di cambiare idea, di tentare ancora qualora non fosse quella giusta; non accontentevi, ambite al meglio per voi stessi, qualsiasi esso sia. E fatevi il culo, perché in questa vita non si ottiene nulla con facilità.
Spero che queste parole possano esservi d'aiuto in qualche modo, io a diciotto anni credevo di avere il mondo in mano ma mi sono resa conto che era troppo grande, ho dovuto ridefinire i miei limiti prima di superarli, ma ce l'ho fatta; nonostante i dubbi, le incertezze, i sacrifici, le immancabili delusioni che continuano a costellare il mio presente, se guardo indietro non riesco a non pensare di aver fatto la scelta giusta, alla fine. Auguro anche a voi di potervi sentire così ❤️
Adesso la smetto altrimenti mi vengono le note più lunghe del capitolo stesso -e perché inizierò a rimuginare e non è mai un buon segno ahaha
Per qualsiasi cosa -sostegno, necessità di confrontarsi, sfoghi vari- sono sempre a vostra disposizione, sia qui che su Instagram (flyerthanwind_).
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Capitolo 23
*** Testardi ***


Testardi

La testardaggine è una qualità di molti. Avere una dura cervice, come piaceva dire a sua madre nei momenti in cui era maggiormente ingestibile, non era cosa buona e giusta.
In primis la testardaggine è cieca: ti impedisce di guardare quello che hai praticamente davanti agli occhi e trasmuta la realtà a proprio piacimento, impedendo una visione oggettiva delle cose.
In secondo luogo la testardaggine è sorda: non permette di ascoltare l'opinione degli altri, rimanendo immobile nella posizione iniziale ed evitando particolari che potrebbero rivelarsi poi fondamentali.
Infine la testardaggine è muta: inibisce i muscoli facciali e l'attività delle corde vocali, impedendoti di proferire anche una sola piccola parola che possa andare contro il tuo orgoglio o contro i tuoi ideali.
E Rose e Scorpius erano i migliori anche tra i testardi.
«Che diavolo ti è saltato in mente, Malfoy?!» sbraitò la Rossa, strattonagli un braccio. Il mantello gli scese leggermente lungo le spalle e il ragazzo si apprestò a ricomporsi con l'aria altezzosa che l'aveva sempre contraddistinto.
«Toglimi le mani di dosso, Weasley» replicò pungente, una vena di sarcasmo nella voce.
«Mi perdoni, signorina Malfoy» schernì Rose con la voce sottile, molto più acuta di quella che aveva normalmente, guadagnandosi un'occhiataccia e un sorrisetto malcelato.
«Non fare l'idiota, la tua voce è già normalmente fastidiosa» riprese Scorpius, per nulla scalfito dalle prese in giro della ragazza.
«Ci metto impegno nel darti fastidio» replicò salace lei, mentre un sorriso soddisfatto le incurvava le labbra. Voleva vincere quel battibecco, ma si rese conto che l'unico modo per farlo era impedire al ragazzo di andare avanti, dunque continuò: «Si può sapere che diavolo facevi con Colin?».
«Certo, lui si chiama Colin e io Malfoy! Ho motivo di credere, mia cara Rose -calcò particolarmente sul nome, imprimendole nel capo il concetto che lui fosse superiore a quella faida familiare che ingombrava i loro già pesanti cognomi- che sia un tipo sospetto» affermò, camminando lentamente per permettere alla ragazza di affiancarlo.
«E questo ti basta per sbatterlo al muro?» continuò insolente Rose, incurante del fatto che Scorpius si stesse sforzando per non dare di matto dato che aveva interrotto il suo più o meno amichevole colloquio.
«Mi basta per fargli qualche domanda» corresse, rendendosi conto che il suono delle sue parole era contraddetto dalla realtà dei fatti, ma non accettando quella verità che la Rossa gli stava sbattendo davanti agli occhi.
Lo sguardo contrariato che gli stava rivolgendo minacciava la peggior punizione del secolo e la perdita di moltissimi punti, peccato che anche lui fosse un prefetto e dunque fosse impossibilitata.
«Ma cosa hai da sospettare su Colin!» sbottò lei, innervosita dalla situazione. Avrebbe voluto seguire le cugine ma qualcuno avrebbe dovuto riprendere Malfoy: non tutte le sue azioni potevano restare impunite e lei era ben decisa a torchiarlo ben bene.
«Era qui!» replicò, come se quella breve frase fosse la spiegazione per il teatrino che aveva messo in atto, come se tutto gli fosse dovuto.
«E cosa c'entra!» esclamò la Rose allargando le braccia, guardandosi intorno. Era Hogwarts, semplicemente Hogwarts, era esattamente dove doveva stare.
«Questo è il corridoio della finestra incantata ed è quasi sempre deserto!» continuò, come se il suo sospetto fosse migliore a priori, perché era suo e basta.
Rose non sapeva se aveva quell'impressione perché lui si stava davvero comportando così o se fosse semplicemente nervosa e frustrata e volesse scaricare così la tensione.
«Appunto, quasi sempre! Ti sei tradito da solo» si bloccò in mezzo al corridoio male illuminato che era quasi certa di non aver mai percorso. Ma anche Hogwarts sapeva difendersi, e ci teneva a confondere ogni volta i nuovi inquilini. Cambiare la propria architettura lo divertiva particolarmente, ma i ragazzi stavano imparando a comprendere i giochetti del vecchio castello burlone.
«Nessuno ci è mai passato da solo» continuò annullando le distanze tra di loro. Era alto solo una manciata di centimetri in più ed era perfettamente in grado -e consapevole, purtroppo- di metterla di disagio.
Il problema era che lei era una Weasley, capelli rossi, occhi marroni e la delicatezza e la grazia di drago infilato in un tutù; Scorpius invece era un Malfoy, impettito e allampanato come doveva essere, sempre impeccabile, sempre perfetto, sempre beneducato e con la risposta pronta, ed era anche intelligente! Rose a volte era invidiosa della sua condizione -non del suo cognome, amava essere una Weasley- e del modo in cui riuscisse ad adattarsi a qualsiasi situazione.
«Sai che c'è, Malfoy, sono stufa!» esclamò, spintonando il ragazzo e facendogli fare un paio di passi indietro per imporre le proprie distanze. «Non sei a casa tua qui, non puoi comportarti come se tutto ti sia dovuto. Nessuno è al tuo servizio. E mi dispiace che tu senta la mancanza del tuo elfo domestico, ma qui devi cavartela da solo. Facci l'abitudine» terminò, riprendendo il fiato con le gote in fiamme dopo aver sciorinato tutte quelle parole.
E anche le orecchie ovviamente!
Riflettendoci a posteriori, non le pensava davvero tutte quelle cose. Hogwarts era la casa di tutti, dunque era anche la sua. E arrogarsi il diritto di negarglielo non era una cosa che poteva permettersi. L'impulso e l'emotività avevano preso il sopravvento e, se i suoi occhi erano come lingue di fuoco, quelli di Scorpius erano spenti, lontani, neri nonostante fossero di azzurro limpido.
«Hai ragione Weasley, almeno tu me lo dici in faccia» rispose semplicemente, la voce calma ridotta ad un sussurro. «Ma smettila di crederti la salvatrice della terra» terminò, superando la ragazza e impedendole di replicare.
E quella volta non aveva vinto nessuno dei due.

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Capitolo 24
*** Scommettiamo? ***


Scommettiamo?


La coltre di neve che aveva imbiancato Hogwarts non accennava a diradarsi con la fine di febbraio, come se qualche burlone si fosse divertito ad attaccare i fiocchi bianchi al suolo con l'Incantesimo di Adesione Permanente. I forti venti che spiravano da Est non muovevano minimamente le fronde degli alberi, congelati nell'immensa Foresta Proibita.
Nonostante le temperature glaciali, il clan Weasly-Potter non rinunciava alle riunioni in riva al Lago Nero. La tradizione voleva che quello fosse il loro punto di ritrovo, abbastanza lontano da faide tra case e compagni indiscreti per discutere di questioni di famiglia.
«Non ci credo nemmeno se li vedo baciarsi davanti ai miei occhi!» esclamò Roxanne dopo aver udito le parole di Lucy. La piccola Serpeverde, infatti, aveva esposto al resto del clan i sospetti suoi e di Albus riguardo la coppia Malfoy-Weasley.
«Ovviamente me l'avrebbe detto» le diede man forte Dominique, rivolgendo un'occhiataccia al fratello per essersi schierato dalle parte delle due serpi.
«Ma se passa le estati a spiegare a papà i motivi per cui non sopporta Malfoy e la sua puzza sotto al naso» proferì Hugo, fratello del soggetto in questione, mentre Al gli rivolgeva un sorriso sinceramente comprensivo.
«Cari miei» esordì mettendosi in piedi per essere al centro del suo uditorio, «Vi assicuro che tra quei due c'è una tensione sessuale assurda» terminò calmo, facendo arrossire le orecchie dell'intero Clan –tutti degni parenti di Ron Weasley.
«Non è possibile che Rosie voglia rotolarsi tra le lenzuola con quello spaventapasseri platinato» urlò James, a metà tra l'oltraggiato e lo schifato.
«Nel caso non lo sappiate» riprese la parola Lucy, sfoggiando un sorriso saccente, «l'altro giorno hanno litigato. Beh, Scorpius è intrattabile e Rose è praticamente sparita dalla circolazione».
I sorrisetti beffardi che curvavano le labbra delle due serpi furono spezzati dall'entrata in scena proprio di Rose, che li guardò stranita quando udì uno a caso dei cugini che sussurrava: «Parli del drago e spunta il fuoco...».
«Stavate parlando mica di me?» domandò diffidente, senza risparmiare nessuno dei presenti di un'occhiata malevola. In effetti era parecchio più irritabile del solito
«Assolutamente no» disse Lucy affiancando Albus, ancora in piedi in mezzo alla cerchia di teste rosse -e due bionde- che si era adunata vicino al lago.
«Dominique, Roxanne, devo parlarvi» disse rivolgendosi alle due ragazze e indicando loro un punto imprecisato alle sue spalle per parlare loro in privato, lontano dagli altri cugini.
«Certo» disse prontamente Roxanne, sempre in prima fila quando si trattava di condividere esperienze personali. Perché sì, le due ragazze avevano davvero sperato che Rose fosse lì per confessare tutto il suo amore per Scorpius.
«A noi puoi dire tutto, Rosie» le disse Dominique prendendola a braccetto e sorridendole come se volesse chiederle di dormire nella Foresta Proibita per non farle perdere una scommessa.
«Che vi ha detto Colin?» domandò la Rossa, allontanandosi da entrambe le cugine.
«Che sono bellissima» rispose Dominique, gli occhioni azzurri a forma di cuoricini che battevano fuori dalle orbite.
Rose sentì una fitta allo stomaco, ma c'era da aspettarselo. Tutti dicevano a Dominique che era bellissima, e lo era davvero. Il corpo snello, le forme procaci, i lunghi capelli biondo grano che si adattavano a qualsiasi pettinatura e gli occhi blu che ipnotizzavano i suoi interlocutori forse anche più del suo seno.
«Riguardo Malfoy» si corresse senza distogliere gli occhi da quelli della bionda. Una scintilla di malizia le balenò nelle iridi chiare mentre Roxanne si abbandonava a un ghigno degno di suo padre o di uno a caso dei Malandrini.
«Perché ti interessa?» domandò quest'ultima, mordendosi le labbra.
«Perché non può rimanere sempre impunito, ma ho bisogno di prove concrete per andare dal preside» disse soddisfatta la Rossa. Gli sguardi stupiti delle due cugine le fecero ripensare a ciò che aveva detto e se lo pensasse veramente.
«Non credi di essere un tantino esagerata?» domandò intimidita Roxanne, consapevole che il suo astio verso Malfoy poteva ritorcersi contro le malefatte di tutto il clan.
«Lui potrebbe dire alla preside ciò che gli ha raccontato Albus» le diede man forte Dominique, la voce più ferma di quella dell'altra Weasley poiché non era coinvolta in ogni casino che combinassero Fred, James e gli Scamandro.
«Ma è presuntuoso!» ribatté Rose sbattendo un piede a terra, decisa ad andare avanti nella sua corsa.
«E non lo sei anche tu?» replicò Dominique convinta, i penetranti occhi azzurri che cercavano di scavarle dentro l'anima per trovare la verità nascosto dietro strati di paura, pregiudizi e bugie.
Rose si stava chiedendo come poteva permettersi sua cugina, sua cugina Dominique, di dare a lei della presuntuosa, lei che era così arrogante, stronza, sfruttatrice e manipolatrice. E si chiese perché Roxanne non dicesse nulla in sua difesa, ma probabilmente l'amicizia di Domi contava di più, una volta uscita da Hogwarts. A Dominique sarebbe bastato sfoggiare il suo charme, il suo quarto Veela, per convincere le persone a fidarsi, ad aprirsi, a fare ciò che lei voleva.
«Grazie lo stesso, cugine» salutò solamente, girando i tacchi e tornando verso il castello. Il suo cervello stava elaborando un milione di motivazioni per cui sarebbe dovuta tornare indietro e Schiantarle entrambe, ma i piedi si rifiutavano di fermarsi per permettere alla parte irrazionale di prendere il sopravvento.
«Ha detto qualcosa?» domandò curioso Louis quando le due ragazze tornarono dal resto del clan, stupite e soprattutto molto confuse.
«Vuole farlo punire perché è presuntuoso» sibilò Roxanne prendendo posto accanto al gemello, che intanto aveva iniziato a scribacchiare su una pergamena consunta.
«Che poi le sono sempre piaciuti i ragazzi forti, coraggiosi, orgogliosi. Diceva sempre di volere uno che sapesse tenerle testa» disse a nessuno in particolare Dominique, mentre Hugo si tappava le orecchie e faceva una faccia schifata.
«Scommetto un galeone che si metteranno insieme prima degli esami finali» sorrise beffarda Lily in un sorriso crudele degno di nonna Molly nello scontro finale con Bellatrix.
«Due galeoni» le diede manforte Fred, estraendo il sacchetto in cui raccogliere il denaro, mentre il resto del clan discuteva sulla cifra da puntare.


N.d'A.
Non ho resistito, ho dovuto inserire il detto babbano "Parli del diavolo e spuntano le corna", seppur con le dovute modifiche!
Volete uccidere Rose dopo questo capitolo? Vi capisco, anch'io avrei voluto... Intato vi consolo con una scena corale del Clan perché adoro scrivere di loro ✨ Vi vorrei dire qualcosa sul prossimo capitolo, ma ancora non lo metto nelle bozze di wattpad quindi non mi ricordo minimamente cosa succederà 😂
Sono pessima, me ne rendo conto... 
A presto
Luna

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Capitolo 25
*** Il duello ***


Il duello

Gli studenti di Hogwarts hanno un'età compresa tra gli undici e diciannove anni, la fascia della cosiddetta adolescenza. I giovani, in questo periodo, sono ribelli, arroganti, presuntuosi, e non c'è differenza tra maghi e babbani. È come se il sangue, da una certa età in poi, risvegliasse certi spiriti sopiti per tutta l'infanzia e impedisse di non mostrarsi in tutta la loro arroganza e il loro orgoglio.
I piccoli uomini e le piccole donne hanno il mondo nelle loro mani e lo usano per specchiarsi, per tentare di essere un tutt'uno con esso piuttosto che studiarlo per poter emergere dalla massa informe che lo popola e non riesce a colorarlo, lasciando immensi spazi bianchi. Compito degli adolescenti è armarsi di colori e ridipingere il mondo, dargli un pretesto per farsi ricordare.
Rose e Scorpius sono consapevoli del loro dovere, ma si arrogano il diritto di farlo da soli, di colorare tutta l'immensità di un colore unico. Non hanno compreso che in realtà c'è abbastanza spazio per tutti.
«Io vado a destra, tu vai a sinistra» ordinò Scorpius durante una ronda notturna.
I turni di vigilanza non erano cambiati, dunque i due si ritrovavano insieme la maggior parte delle notti a percorrere i corridoi bui e freddi di Hogwarts. Dopo quel litigio, nonostante i brividi che scuotevano Rose ad ogni ronda, non le aveva più prestato il suo mantello per ripararsi dall'umidità insita tra le mura del castello.
«No» replicò la ragazza per il mero gusto di contraddirlo. «Tu vai a destra e io a sinistra».
«Come ti pare Weasley, basta che ti levi di mezzo» rispose Scorpius, oltrepassandola e imboccando il corridoio indicatogli dalla ragazza.
Rose s'incamminò per la strada opposta con la bacchetta spianata a illuminarle il cammino. Più volte le era capitato di fare le ronde da sola, ma il senso di incompletezza e inquietudine che le attanagliava le viscere quella sera non l'aveva mai accompagnata per i corridoi del castello.
Hogwarts era la sua casa. Hogwarts era la casa di tutti. Ogni tanto pero, Rose dimenticava che la storia vissuta da quei muri era talmente crudele che ci si poteva aspettare che cascassero da un momento all'altro. Qualche volta si potevano sentire le urla riecheggiare tra le pareti se si tendeva per bene l'orecchio, o si poteva vedere la cicatrice dell'esplosione che aveva ucciso suo zio Fred. A Rose sarebbe piaciuto essere forte come quei muri, ma sapeva di non esserlo minimante.
«Chi va là?» esclamò quando vide un ombra illuminata dalla luce della sua bacchetta attraversare il corridoio da parte a parte per tornare nell'oscurità.
«Non eri tu il mio obiettivo» disse una voce fredda, lontana milioni di chilometri da lei, che rimbombava tra le pareti. «Ma sicuramente non sei sola» udì poi chiaramente, dentro al suo orecchio, come se la voce le fosse entrata nella testa.
Non ebbe il tempo di reagire che una Pastoia Total-Body le aveva stretto le viscere al punto di non fargliele sentire affatto. Un incantesimo non verbale era difficile da mandare a segno al meglio e, dal modo in cui Rose stava immobile in balia della voce, era stato pronunciato da un mago esperto.
«Wingardium Leviosa» disse poi, e il corpo della ragazza gli volteggiò davanti, facendogli da scudo.
«Non hanno cambiato i turni, vero Rose? Quindi Malfoy dev'essere qui da qualche parte» continuò parlando a vuoto. La ragazza non poteva rispondere, ma udiva tutto ciò che l'uomo diceva e ne era terrorizzata. I turni di sorveglianza dei prefetti non erano di pubblico dominio, li conoscevano appunto i prefetti, i caposcuola e il preside.
E la Voce non era certo uno studente o il mezzo goblin.
«Chi va là?» chiese Malfoy quando sentì l'eco dei passi avvicinarsi dalla direzione in cui lui proveniva. Suppose che fosse Rose a fargli uno scherzo, nonostante la ragazza non fosse incline a gesti del genere, ma si sbagliava di grosso.
La Rossa era intrappolata in cinture invisibili che la stringevano sempre di più e sorrideva -tentava di farlo- udendo che Scorpius aveva pronunciato le sue stesse identiche parole.
«Malfoy» di nuovo la voce sembrava distante, ma Rose avrebbe voluto gridare al biondo di correre a chiedere aiuto perché in realtà voleva solo infilarsi nella sua testa.
La Rossa si sentì muovere, ma le cinghie invisibili che la stringevano non accennavano ad allentarsi. Fu scagliata contro Scorpius con un altro incantesimo non verbale, con troppa forza per essere solo il frutto di un Wingardium Leviosa, e impattò contro lo stomaco del biondo, accecato dall'oscurità per impedirgli di difendersi.
«Merlino» biascicò, scrollandosi il corpo immobile e gelido di Rose di dosso senza rendersi conto che fosse davvero lei. La scaraventò a terra con poca grazia e sfoderò la bacchetta verso il nulla davanti a sé, senza sapere che il pericolo era proprio dietro le sue spalle.
Un nuovo incantesimo, verbale questa volta, colpì Scorpius al centro della schiena a distanza ravvicinata, rischiando di spezzargli la spina dorsale. Per fortuna la Voce aveva parlato e un breve incantesimo scudo lo aveva protetto, seppure in minima parte.
«Tutto qui, Lord Malfoy?» calcò in senso dispregiativo sulle ultime due parole, affibbiando al ragazzo lo stesso titolo che molti anni prima era appartenuto a Voldemort in persona. Scorpius ci rifletté appena, impegnato nel tentativo di risollevarsi da terra, ma Rose ebbe modo di rimuginarci anche in seguito.
Nonostante nel duello Scorpius stesse avendo la peggio, la Voce doveva comunque star utilizzando maggiori risorse di quelle che si aspettava di sfruttare, dunque l'incantesimo in cui Rose era intrappolata si stava alleggerendo, complici anche i movimenti improvvisati da lei.
«Stupeficium» urlò Scorpius, colpendo a vuoto una parete con il getto di scintille rosse mentre una risata risuonava tra le pareti in pietra. A vedere quella scena dall'esterno poteva sembrare un momento casuale della Battaglia di Hogwarts, ma da quell'anno era passato molto tempo e, a quanto pareva, il razzismo era cambiato.
«LUMOS» urlò Rose sfoderando la bacchetta e accecando i presenti con un fiotto di luce argentea che li immobilizzò entrambi. Scorpius, una mano davanti gli occhi, non riuscì a vedere l'uomo che, esattamente davanti a lui, era vestito completamente di nero e si stava scagliando nuovamente contro Rose. Le sue mani, talmente sottili da sembrare scheletriche, fuoriuscivano dal mantello e, se avesse iniziato a volteggiare e succhiare l'anima ai passanti, sarebbe potuto essere scambiato per un Dissennatore.
«Stupeficium» pronunciò nuovamente Scorpius. Questa volta lo Schiantesimo andò a segno, ma scalfì solo in minima parte la Voce, giusto il tempo di permettere a Rose di sottrarsi alla sua presa e raggiungere Scorpius dietro un'armatura.
Per un lungo istante tutto tacque, ma tutti e tre erano consapevoli che quella quiete non sarebbe durata a lungo. Quando la Voce sollevò la bacchetta contro di loro -un gesto impercettibile, solo un fruscio del mantello e lo spostamento d'aria resero noto il gesto ai due studenti, che tenevano le orecchie ritte col l’intento di catturare ogni movimento- Scorpius si gettò in avanti con un sortilegio scudo a proteggerlo e atterrò direttamente sulla Voce.
«Dov'è la tua autoconservazione, Malfoy?! Pensavo che voi Serpeverde ne aveste da vendere» sbraitò Rose, colpendo a suon di Schiantesimi il malcapitato, che non si era aspettato di trovare così preparati nel duello due studenti del sesto anno.
Ma aveva dimenticato di trovarsi al cospetto di un Malfoy e una Weasley, entrambi figli di reduci di guerra, per anni vissuti nel terrore della ricomparsa di Voldemort per una regolazione dei conti; entrambi avevano combattuto battaglie reali, mettendo a repentaglio la propria vita in nome di un ideale non sempre corretto, osservando inermi il sacrifico di coloro che amavano.
La Voce stava appunto per scagliarsi contro i due ragazzi -la posizione indicata dalle scintille verdi che fuoriuscivano dalla bacchetta- quando la voce tranquilla e pacata di Teddy, ora forte e roboante, risuonò nel corridoio in un incantesimo a loro ignoto che mise in fuga lo sconosciuto.
E finalmente trassero un sospiro di sollievo.
 

N.d’A.
Mi sento buona. Avrei potuto lasciarvi nel bel mezzo del duello e invece ho terminato proprio all’arrivo del salvatore. Forse mi sto ammorbidendo…
Anyway, avete qualche ipotesi? Dubbi? Perplessità? Sono qui per confondervi ancora di più ahahah
Vi ricordo che mi trovate sempre su ig come flyerthawind_ per anticipazioni sulla nuova storia, estratti, immagini, quattro chiacchiere e chi più ne ha più ne metta!
Luna

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Capitolo 26
*** Make a deal ***


Make a deal

Il rumore di incantesimi e le forti luci provocate dalle scintille contraddistinsero il sonno di Rose per molte ore, facendola scuotere continuamente nel letto e sudare freddo dopo essersi liberata della mole di coperte che Madama Vane le aveva adagiato addosso quando Teddy li aveva accompagnati in infermeria.
Scorpius, un paio di letti distante, non chiuse occhio tutta la notte, chiedendosi il motivo per cui fosse capitato proprio a lui, se essere un Malfoy voleva anche dire essere vittima di razzismo. Era certo che suo nonno, magari anche suo padre a volte, fosse razzista, e che non si fosse mai curato di come le persone si sentissero ad essere state insultate da lui.
Eppure Scorpius, che non era stato nemmeno insultato, si riteneva ferito nell'orgoglio. Era stato preso di mira in quanto Purosangue, poiché nato in una famiglia che non aveva scelto ma che, tra alti e bassi, se avesse potuto avrebbe designato come la migliore in cui nascere. Era cresciuto beneducato, rispettoso e anche viziato, attorniato dalle cure della sua amorevole madre e di sua nonna, mentre vedeva il grande padre tornare a casa la sera da lavoro e rifugiarsi nei suoi giochi di infante per dimenticare la sua giornata al Ministero.
A volte si chiedeva cosa volesse dire vivere in una qualsiasi altra famiglia dei maghi, che fossero i Weasley, i Potter, i Baston, i Nott o gli Zabini, ma si rendeva che chiedere di cambiare chi si è consiste nel chiedere di cambiare sé stessi, il proprio passato e il proprio futuro, e lui non voleva farlo. Non si sentiva pronto a rinunciare ai calorosi abbracci di sua madre che lo avvolgeva nei suo lunghi abiti scintillanti, né ai sorrisi orgogliosi di suo padre quando riportava vittorie sportive o premi scolastici. Le promesse di sua nonna che lo cullava in una stanza qualunque del Manor erano un ricordo immobile nella sua mente, assieme agli sproloqui di suo nonno su questo o quell'argomento. Gli voleva bene e gli sarebbe piaciuto, un giorno, presentare loro una donna, una moglie, e condividere con lei i bei ricordi legati alla sua famiglia e alla sua abitazione.
«Tutto bene signorina Weasley?» domandò Madama Vane, accostandosi al letto di Rose con un panno umido da metterle sulla fronte.
«Sta bene?» domandò Malfoy, cogliendo di sorpresa la giovane infermiera, che sobbalzò.
«Credo che abbia la febbre» spiegò la donna, i capelli scuri raccolti in una coda di cavallo informe, probabilmente la stessa con cui si era addormentata la sera prima. Allo sguardo interrogativo del ragazzo, si apprestò ad aggiungere: «Non posso semplicemente imbottirla di pozioni, devo anche assicurarmi che non sia nulla di grave» e si allontanò, mostrando il volto pallido e sudaticcio di Rose con i capelli appiccicati alla testa e alla fronte in una massa rossa e informe di ricci.
«Hai un aspetto orribile» sentenziò Malfoy con una risatina malcelata.
«Tu non sei da meno» replicò la Rossa pungente, lasciandosi sfuggire un sorrisetto.
«Ma cosa dici, io sono sempre impeccabile» replicò Scorpius alzandosi in piedi e raggiungendola, sedendosi sul letto accanto al suo dopo aver controllato che Madama Vane fosse ignara dell'accaduto; gli aveva infatti vietato di muoversi.
«Certo, Malfoy, con le occhiaie che tra poco ti arrivano sotto i piedi e i capelli sparati in tutte le direzioni come se avessi appena fatto esplodere un calderone» si abbandonò a una risata cristallina anche se delicata, come se si potesse spezzare da un momento all'altro e portare con sé il profumo di inchiostro che la contraddistingueva.
«Va bene, hai ragione» riprese il ragazzo tirando su le braccia in segno di resa. Si accomodò meglio sul letto sfatto, allungando le gambe sopra di esso, e posizionò le mani dietro la testa; Rose lo imitò.
«Credo che quello psicopatico ce l'avesse con me» disse di punto in bianco, come se fosse stato il punto cruciale dell'intera conversazione. E in effetti lo era, quello era il punto cruciale delle conversazione che i due aveva imbastito nell’ultimo periodo.
«Lo credo anch'io» confermò la ragazza, «E... aveva lo stesso timbro» aggiunse sottovoce, timorosa che anche i muri dell'infermeria potessero avere le orecchie, ma certa che lui avrebbe capito perché erano insieme quando l'avevano sentito per la prima volta.
Scorpius stava per aggiungere qualcosa, un dettaglio cruciale magari, ma fu interrotto da una voce potente e familiare che risuonò insieme a numerosi passi.
«Rosie» esclamò Ron, entrando nell'infermeria e fiondandosi immediatamente sulla figlia, seguito dalla moglie. Dietro di loro, altrettanto preoccupati ma sempre maggiormente discreti, i coniugi Malfoy si diressero dal figlio con passi concitati.
«Stai bene?» domandò Astoria carezzandogli il viso mentre Draco lo osservava da ogni angolazione per cogliere anche una sola abrasione o livido sul corpo del figlio.
«Sì, mamma» confermò, unendo le loro mani in una stretta empatica.
«Vedo che siete già svegli» osservò il preside Vitious, seguito da Teddy e un paio di agenti della Squadra Speciale Magica con pergamene e piume incantate.
«Vorremmo farvi qualche domanda» disse uno dei Tiratori Scelti avvicinandosi ai letti in cui poggiavano i due ragazzi.
Hermione stava già per protestare, tirando in ballo tutto ciò che riguardava la legge e il fatto che fossero minorenni e stanchi, impossibilitati a parlare in quanto colpiti essi stessi e sotto shock, quando Scorpius si sedette meglio sul letto accanto a quello di sua figlia e disse: «Posso cominciare io».
Il racconto della ronda non era confusionario, bensì preciso e giusto, dato che sua figlia non aveva avuto nulla da ribattere, e soprattutto molto dettagliato, come se si fosse congelato nella sua memoria il ricordo di quanto accaduto la notte precedente.
«Mi ha scaraventato addosso qualcosa di molto pesante, non so esattamente cosa» continuò sicuro, senza che quelle parole potessero scalfire il suo volto, come se avesse annullato la propria essenza e ripetesse quelle parole come un automa.
«Grazie Malfoy, quel qualcosa ero io» subentrò Rose, arrossendo furiosamente. Il ragazzo la guardò stranito, senza spiegarsi come avesse potuto finirgli addosso senza opporre la minima resistenza, a peso morto.
«Mi ha immobilizzato con un incantesimo non verbale ma comunque potente di Pastoia e sono riuscita e liberarmene solo quando il duello con Scorpius ha iniziato ad indebolirlo» spiegò pazientemente la Weasley all'uditorio.
«Infatti quando è subentrata Rose siamo riusciti, in qualche modo, a sopraffarlo» spiegò il biondo, continuando nel suo racconto.
«Credo non si aspettasse fossimo così preparati» lo interruppe la Rossa, dando voce ai pensieri di tutti i presenti. Un mago abile e potenzialmente pericoloso non poteva permettere a due ragazzini di sopraffarlo, a meno che non fossero una Weasley e un Malfoy e li avesse enormemente sottovalutati.
«Va bene ragazzi, c'è altro?» domandò uno degli agenti prima di congedarsi.
I due si guardarono negli occhi di sottecchi, senza lasciar trasparire la loro unione e lo scambio di mute parole che stavano trasmettendo i loro sguardi.
«No» dissero in coro, in un tacito accordo che oramai li legava e gli impediva di far parola con altri di ciò a cui avevano assistito il giorno prima della partita.


N.d'A.
Perdonatemi per l'attesa leggermente maggiore rispetto al solito, ma ho finalmente finito la sessione e mi sono goduta questi giorni in tranquillità, dunque mi è risultato difficile mettermi al pc per aggiornare. In compenso il prossimo capitolo arriverà già tra domani e dopodomani!
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Luna

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Capitolo 27
*** L'intervista ***


L'intervista

La fama è qualcosa che arriva quando meno te l'aspetti e diventa una costante senza che sia tu a chiederlo. Ti segue ovunque, a prescindere se tu lo voglia o no, e non smette di esserci mai. Talvolta si attenua, ma è solo un modo per riprendere le energie e tornare più forte e agguerrita di prima, decisa a ridurre in brandelli la tua privacy e rendere di pubblico dominio ogni cosa, che sia essa positiva o negativa.
La fama che accompagnava i Weasley e i Potter era differente da quella dei Malfoy. Harry Potter era il Prescelto, il Salvatore del mondo magico, il bambino prodigio che con le giuste amicizie aveva parato il culo a tutti. I coniugi Weasley erano la sua ombra, e anche la loro fama era riflessa dalla luce propria di quella di Harry.
I Malfoy, invece, avrebbero preferito di gran lunga vivere nell'anonimato piuttosto che essere additati ancora come la famiglia di Mangiamorte che continuava a perseguire gli ideali di Voldemort. Lucius era da sempre fedele al Signore Oscuro, e solo il timore per lui era maggiore della sua codardia; Draco era stato cresciuto in un società di storture e aberrazioni e aveva fatto le scelte sbagliate, sebbene se ne fosse amaramente pentito. Scorpius, dal canto suo, aveva solo udito le vicissitudini della guerra dai racconti del nonno o del padre, due punti di vista molto differenti, e si era ritrovato a sedici anni in una condizione similare: Draco era stato obbligato a stare tra i cattivi, Scorpius era stato attaccato da loro.
Sebbene fossero due forme di razzismo prettamente diverse, la seconda era più pericolosa, poiché Voldemort odiava i babbani e tentava, in un modo ambiguo e certamente sbagliato, di risparmiare i maghi, mentre il mago che li aveva attaccati non si era fatto scrupoli nell'utilizzare Rose come arma.
La fama li aveva raggiunti entrambi, catapultati in un mondo che credevano non esistesse e lasciati in balìa di giornalisti e curiosi. Avrebbero voluto rifiutare, ma quando la fama suona il campanello entra senza aspettare che qualcuno apra la porta.
«Perché quella notte avete deciso di dividervi?» domandò una giornalista ai due ragazzi, convocati in un aula in disuso per rilasciare le dichiarazioni per la stampa. Aveva tentato di mettere in mezzo i genitori e il fatto che fossero minorenni, ma avevano potuto fare ben poco. Inoltre l'intervista dava visibilità al loro rapporto, ed era esattamente ciò che Hermione e Astoria tentavano di fare da sei mesi a quella parte.
«Stavamo facendo una ronda, è normale dividersi per coprire più corridoi» rispose Rose, alterata dall'idiozia e dall'inutilità di quella domanda. Scorpius le posò una mano sul braccio con l'intenzione di calmarla, ma non funzionò minimamente.
«Cosa avete provato quando vi siete voltati le spalle?» li sollecitò, la piuma incantata che si muoveva frenetica sulla pergamena svolazzante nonostante nessuno stesse parlando.
«Cosa avremmo dovuto provare?!» replicò di nuovo la ragazza, furente dato che quelle inutili domande le stavano solo sottraendo tempo allo studio.
Scorpius le lanciò un'ammonitoria occhiata di sbieco, poi aggiunse: «Nulla, non era la prima volta che ci capitava».
«Dunque non era la prima volta che vi vedevate insieme in piena notte?» continuò, con domande sempre inopportune a cui Rose si stava stancando di rispondere. Fu messa a tacere dalla mano si Scorpius che le artigliò il braccio, e anche questa volta fu il ragazzo a rispondere.
«Facciamo le ronde insieme dall'inizio dell'anno, i nostri nomi sono stati sorteggiati» spiegò con tranquillità, stringendo la presa sul braccio della Rossa che tentava di divincolarsi invano e di Schiantare la giornalista.
«Quali sono i vostri rapporti?» domandò, deviando completamente l'argomento dell'intervista per tastare il terreno alla ricerca di succulenti gossip con cui darli in pasto all'intera Comunità Magica.
«Siamo entrambi prefetti» rispose prontamente Scorpius, prima che la Weasely potesse dar fuoco alla pergamena con un incantesimo non verbale. Ma la giornalista la osservava, leggeva il linguaggio del suo corpo e sperava che si tradisse, mentre attendeva anche la sua risposta.
«Ci conosciamo dal primo anno per mio cugino Albus Potter» spiegò Rose tentando di ricomporsi, consapevole che la donna la stesse studiando e decisa a non far trasparire nessuna emozione di troppo.
Sempre che non decida di Schiantarla prima che finisca questa stupida intervista!
«Quindi siete... amici?» domandò, mentre un sorriso consapevole le incurvava le labbra e i suoi occhi marroni catturavano una strana luce che la rendeva maliziosa.
Rose arrossì furiosamente ma lo nascose, affrettandosi ad appoggiare ciò che aveva risposto Scorpius al riguardo.
«Passate molto tempo insieme per essere due conoscenti» osservò la donna sedendosi meglio sulla sedia che le era stata assegnata.
«Abbastanza, stiamo diventando amici» rispose Rose, osservando la bozza dell'intervista che era sulla pergamena e tentando di leggere qualche riga.
«Cosa apprezzate l'uno dell'altra?» domandò ritirando la piuma, avendo notato il gesto della Weasley. Le sue labbra ormai erano arricciate in un ghigno malizioso.
Scorpius guardò la Rossa senza premurarsi di nascondere il gesto, poi puntò gli occhi azzurri in quelli della giornalista e rispose lapidario, in tono deciso: «La sincerità».
Rose intuì si riferisse al loro litigio dopo lo scontro con Colin e al fatto che gli aveva urlato addosso delle cattiverie, ma con tutto quello che era successo l'episodio era acqua passata e ormai dimenticato da entrambi.
«Il sangue freddo» aggiunse la ragazza, imitando lo sguardo di Scorpius e lasciando la giornalista impotente di fronte a quelle affermazioni sincere e lontane da quel si voglia doppio senso o sotto testo che avrebbe potuto inserire.
«Va bene così» disse allora, radunando le proprie cose e infilandole distrattamente nella borsa. Rose sperò che il calamaio le rendesse illeggibile la pergamena su cui aveva preso appunti, ma supponeva fosse incantata per resistere a quel genere di attacchi.
«Però, ce la siamo cavata bene» disse Rose quando la donna fu uscita dalla stanza e si fu chiusa la porta alle spalle. Era la prima volta dall'incidente che erano di nuovo soli e la tensione tra di loro si era nettamente attenuata, lasciando il posto alla riconoscenza.
«Intendi prima o dopo che hai tentata di Schiantarla con lo sguardo?!» domandò retorico il ragazzo, sorridendole mentre si metteva in piedi e toglieva la mano dal suo braccio. Era un calore a cui si era abituata, nonostante le mani gelide del ragazzo, e l'allontanamento repentino la lasciò di stucco.
«Comunque, la fama non fa per me» terminò mentre apriva la porta alla ragazza e la lasciava passare per prima, esattamente come era stato educato. Rose rise della sua affermazione, di una risata cristallina che gli entrò nelle orecchie così come il suo profumo di inchiostro gli era penetrato fin dentro l'anima.


N.d’A.
Come promesso eccomi qui. Avrei voluto pubblicare ieri ma sono stata fuori casa dalle sei alle venti e la sera sono praticamente collassata, il mare mi ha distrutto ahahah
Spero comunque che il capitolo sia valso l’attesa, il prossimo arriverà come di consueto nei prossimi giorni
Luna

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Capitolo 28
*** Incazzato rosso ***


Incazzato rosso

Dopo l'intrusione della Voce nella scuola, la sorveglianza era stata raddoppiata e i turni dei prefetti terminavano alle dieci, dopodiché i Tiratori Scelti pattugliavano il perimetro e i corridoi di Hogwarts, armati di doppia bacchetta e autorizzati ad usarle entrambe.
Lo scontro con Rose e Scorpius era stato diffuso nella sua versione ufficiale dal preside, il quale aveva tuttavia omesso parte dei dettagli, raccontando il succo della vicenda. I due protagonisti, d'altra parte, non ne parlavano con piacere, e i loro amici e cugini li proteggevano da occhi indiscreti e studenti estremamente curiosi.
La fama si introduceva anche a Hogwarts, arrivava a volte con gli studenti, ma altre si infiltrava tra le pagine della Gazzetta del Profeta e vi restava finché non trovava la sua vittima.
«ROSE WEASLEY» una voce tuonò dietro il quadro della Signora Grassa, che non si mosse di un millimetro ma lasciò il buco del ritratto perfettamente sigillato.
Rose, seduta sul divano più vicino al camino in compagnia di Lily e Hugo, stava leggendo distrattamente il Manuale Avanzato di Incantesimi nel tentativo di ricordare una fattura di particolare complessità, e sussultò quando udì il suo nome. Sapeva che era Malfoy a chiamarla, avrebbe riconosciuto la sua voce squillante e fastidiosa in mezzo a molte altre, ma qualcosa che le diceva che temporeggiare non era la soluzione giusta. Si alzò dalla poltrona e si diresse velocemente verso l'entrata della Sala Comune, costringendo la Signora Grassa ad aprire il passaggio.
«Al diavolo!» esclamò Scorpius, facendo una poco elegante linguaccia alla donna indignata prima di spingere Rose dentro e urlarle nuovamente addosso.
«Hai visto che ha scritto?» domandò iracondo fornendole una copia della Gazzetta del Profeta, probabilmente il numero in cui doveva uscire la loro intervista.
Rose non l'aveva letto, dunque strappò il giornale dalle mani di Scorpius e prese posto allo stesso tavolino su cui molti mesi prima avevano dato di matto, iniziando a leggere ad alta voce.
«Attacco ad Hogwarts: Coinvolti due studenti
Rose Weasley e Scorpius Malfoy, intervista per diffondere la loro versione dei fatti, si confessano alla Gazzetta del Profeta
I due ragazzi sono stati attaccati da un mago, presumibilmente esterno alla scuola, il quale li ha colti separatamente. A quanto pare i due si erano appena divisi in seguito a una lite amorosa qu... CHE COSA?!» sbottò la Rossa, scattando in piedi. Il volto completamente paonazzo era della stessa tonalità dei capelli, mentre le orecchie le stavano letteralmente andando a fuoco.
«E questo è solo l'inizio» continuò Scorpius prendendo un'altra copia della Gazzetta abbandonata sul tavolo e riprendendo a leggere.
«La scintilla tra loro sarebbe scoppiata solo quest'anno, in seguito alle loro frequenti uscite notturne, ma pare si conoscano dall'età di undici anni» lesse con disprezzo un paio di righe più in basso, la rabbia che gli deformava i lineamenti.
«Una coppia insolita, Malfoy-Weasly, che sia la ribellione di una sedicenne verso la sua famiglia o il tentativo del figlio di un Mangiamorte di inserirsi nell'alta società? No ma dico scherziamo?!» replicò con una smorfia di gusto dipinta in volto Rose, la rabbia che le obliterava i sensi e le impediva di pesare in maniera razionale.
«Mio padre non è più un Mangiamorte!» esclamò Scorpius indignato, dando fuoco alla copia della Gazzetta che aveva tra le mani. Rose gli diede man forte, riducendo anche la propria in cenere, mentre si torturava le mani facendosi scrocchiare tutte le dita.
«A mio padre verrà un infarto» replicò la Rossa mentre estraeva la bacchetta -da cui fuoriuscivano scintille pericolosamente rosse- per appellare pergamena e calamaio e inviargli un gufo il più in fretta possibile.
«Ho già scritto a mio padre, ma dubito possano fare qualcosa» disse Scorpius, disperdendo i brandelli della Gazzetta e incenerendone anche gli ultimi frammenti.
Rose non ricordava di averlo mai visto così arrabbiato, neanche quando l'aveva pesantemente insultato. A quanto pareva l'orgoglio dei Malfoy era molto fragile quando si trattava di notizie di pubblico dominio, e non avere l'intera situazione sotto controllo doveva essere particolarmente snervante per uno come lui.
«Lo sapevo che dovevi lasciarmi Schiantare quella pazza!» esclamò Rose, puntandogli la bacchetta, ormai inoffensiva, sul petto.
«Oh certo, e magari lasciare che ti denunciasse e ti accusasse pubblicamente degli attacchi ad Hogwarts, razza di idiota» replicò, togliendosi la bacchetta di dosso e gettandola sul tavolino che li divideva.
Si guardavano in cagnesco, ma la loro rabbia non aveva nulla a che fare con loro due. Erano rabbie recondite, seppellite per troppo tempo. Era rabbia verso una società che l'aveva sempre esaltata solo per il suo cognome e verso una società che l'aveva sempre condannato solo per il suo cognome. Una società retrograda, incapace del progresso, in cui le vecchie radicate convinzioni sono dure a morire e in cui i buoni sono sempre i buoni e i cattivi non posso cambiare mai idea, ma quei due erano decisi a dimostrare il contrario, pur senza saperlo.
«Vieni Malfoy, andiamo dal preside» disse decisa Rose afferrandolo per un braccio sotto gli occhi indispettiti, curiosi e sconvolti degli studenti che avevano osservato la scena. Se fossero stati due studenti qualsiasi, quel gesto sarebbe passato inosservato; tuttavia erano una Weasley e un Malfoy, e per di più c'era un articolo sulla loro fantomatica storia d'amore sulla Gazzetta del Profeta, il giornale più venduto da sempre.
Avevano appena oltre passato il buco del ritratto quando incrociarono Dominique e Colin mano nella mano. Dopo quelle scenate che aveva fatto, a Dominique non era servito molto tempo per conquistare il cuore di Colin. Se solitamente tutti le cadevano ai piedi dopo mezzo sguardo, a lui aveva dovuto rivolgere la parola perché la notasse, talmente preso dallo studio che non si era accorto della sua esistenza. Dietro di loro, Lysander reggeva la borsa di Dominique e li seguiva nella Sala Comune, sicuramente incastrato dagli occhioni della bionda che lo sfruttava da sempre.
«Rosie!» esclamò eccitata quando li vide insieme, «Ma perché non me l'hai detto prima. Sono tanto contenta per voi» la abbracciò, lasciandola di stucco.
«Non stiamo insieme!» replicò la cugina indignata, scrollandosela di dosso con celerità. Malfoy, dietro di lei, era sempre più impaziente di chiudersi in una stanza e non uscirne più finché la sua posizione non fosse stata pubblicamente chiarita.
«Oh, capisco, è ancora una cosa privata» le fece l'occhiolino, trascinandosi il seguito nella Sala Comune e ridacchiando maliziosa contro la spalla di Colin.
Continuarono a camminare in silenzio, mentre parecchi studenti li indicavano al passaggio come se fossero stati una strana creatura che Hagrid portava a lezione. E forse lo erano davvero, Rose Weasley e Scorpius Malfoy, inviperiti come non mai, che incedevano con sicurezza tra i corridoi.
«Amici miei» subentrò Albus, seguito da Lily e Fred. Quest'ultimo portava una pergamena tra le mani e Rose dubitava che ci stesse scrivendo un tema di pozioni.
«Che vuoi?» lo freddò Scorpius con un'occhiataccia mentre Rose si occupava degli altri due cugini che trafficavano con la piuma. Non era certa di voler sapere cosa ci fosse scritto, in effetti, per cui si limitò a dirgli di farla sparire e, magari, di sparire a loro volta.
«Abbiamo letto la Gazzetta» subentrò Hugo, percorrendo il corridoio di corsa per raggiungere il resto della famiglia e schierarsi dalla loro parte.
«Dovete dirci qualcosa?» domandò Lucy, spuntando da un punto imprecisato del mantello di Albus e facendo sussultare tutti i presenti. Scorpius e Rose le rifilarono due identiche occhiate taglienti prima di proseguire, sempre più adirati.
«Andate al diavolo!» esclamò Scorpius paonazzo facendosi spazio con la forza in mezzo a loro, direttamente seguito da Rose, mentre Hugo lo canzonava con un poco sensato: «Avete visto la sua faccia, è proprio incazzato rosso».

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Capitolo 29
*** Hogwarts Express ***


Hogwarts Express

La neve di febbraio si era ormai dissolta dall'immenso parco di Hogwarts all'improvviso, tutta in una volta, come se l'incantesimo che la teneva incollata al terreno si fosse spezzato di punto in bianco. La routine era tornata, erano state ripristinate le lezioni di Cura delle Creature Magiche e di Erbologia, nonché gli allenamenti di Quidditch. Tutto sembrava star tornando lentamente alla normalità e anche i pettegolezzi si stavano dissipando, seppure molto lentamente. Gli studenti si erano resi conto dell'infondatezza di quelle affermazioni dati i comportamenti di Rose e Scorpius e anche i rispettivi genitori si erano intromessi affinché fosse rilasciata un'altra versione, questa volta veritiera.
Le vacanze di Pasqua erano ormai alle porte e le liste di coloro che si sarebbero fermati ad Hogwarts erano già state consegnate agli insegnanti. Non restava altro che mettersi in viaggio per la stazione di Hogsmeade. Seline e James avevano convocato tutti i prefetti, dunque si erano riuniti nella stessa carrozza.
«La sorveglianza del treno sarà a cura degli stessi studenti sia adesso che durante il viaggio di ritorno, oltre me e James ci saranno Weasley, Weasley, Paciock e Paciock. Niente se, e niente ma. Le persone che non ho nominato faranno meglio a chiudersi in carrozza e non uscirne finché non saremo arrivati a Londra» disse Seline, decisamente molto nervosa e particolarmente strana.
Il suo atteggiamento austero e altolocato l'aveva abbandonata, anche se solo per un istante, e aveva mostrato le sue profonde occhiaie e le unghie delle mani mangiucchiate; così era molto più simile alla ragazza che ad Halloween piangeva in un cubicolo del bagno.
Sempre che fosse davvero lei, con quella maschera poteva essere letteralmente qualunque studentessa di Hogwarts.
«Perché solo Grifondoro e Tassorosso?» domandò prontamente Molly, che era stata aspirante Caposcuola e che detestava la tirannia della Goth.
«Perché io ho deciso così e non si discute, Weasley» la freddò la mora, mentre uno sconcertato James Hutcherson la guardava meravigliato, incapace di replicare.
Per quanto il carattere irascibile della Caposcuola fosse noto a tutti, lei aveva sempre unito un cortese distacco negli interventi che avevano a che fare col suo ruolo, impegnandosi, se non altro, a non risultare troppo sgarbata. In quel caso, invece, non solo si era rivelata dispotica, ma anche molto sgarbata nei confronti di una sua compagna di scuola.
La distanza tra Hogwarts e il villaggio era breve, indi per cui pochi minuti dopo quella conversazione tutti scesero dalla carrozza e iniziarono a sistemare i bauli nei vagoni del treno. Rose affidò il suo ad Albus e Lucy, un po' preoccupata in realtà, dopodiché iniziò a cercare Kelzar per la ronda.
Sebbene non concepisse quei turni di sorveglianza, al contrario di sua cugina possedeva una buona dose di amor proprio e non era nelle sue intenzioni far arrabbiare la Goth. E siccome l’aveva vista fin troppo contrariata, si limitò ad eseguire gli ordini senza fiatare.
«Meglio che iniziamo a passeggiare» disse il Grifondoro non appena si incontrarono. Si conoscevano praticamente da sempre poiché i loro genitori erano stati amici fin dai tempi di Hogwarts e il professor Paciock era il padrino di suo cugino Albus.
«Ho letto la lettera di tua madre sulla Gazzetta, era una bomba» disse, riferendosi all'articolo in cui Hermione, a nome suo, di Ron e dei coniugi Malfoy, smentiva quanto detto dalla giornalista e la accusava di calunnie e dichiarazione del falso.
«Sa essere terribile quando ci si mette» confessò Rose, ridendo di gusto al ricordo di alcuni passaggi di quell'articolo ben riuscito. La giornalista aveva dovuto scusarsi pubblicamente dopo essere stata sollecitata dalla Gazzetta per evitare altri incidenti diplomatici ed era stata soprannominata la nuova Rita Skeeter.
«Credo che non scriverà articoli per un bel po' di tempo» continuò Kelzar per oltrepassavano una carrozza, apparentemente tranquilla, per passare alla successiva.
Seline doveva aver terrorizzato tutti dato che nessuno si aggirava tra i corridoi alla ricerca dei propri compagni di casa o di parenti e amici.
Stavano per oltrepassare anche quella seconda carrozza, apparentemente tranquilla, quando udirono uno schianto e il vibrare della porta. Uno degli scompartimento era oscurato dalla tenda e non si udivano rumori al suo interno, ma lo schianto era qualcosa sbattuto contro la porta.
Rose e Kelzar sussultarono, preparandosi ad entrare e privare qualche studente imprudente di una buona manciata di punti, ma non riuscivano aprire la porta.
«Bloccata» disse nervoso Kelzar estraendo la bacchetta dai pantaloni per fare un incantesimo, ma doveva esserci qualche impedimento. La porta rimase sigillata mentre dall'interno un silenzio inquietante si alternava a rumori di oggetti gettati contro di essa e le sue vibrazioni.
Rose batté sullo scompartimento più volte, minacciando di chiamare i Caposcuola se non gli avessero aperto immediatamente, ma ottenne solo un silenzio assordante come risposta. Non sapeva perché, ma sentiva che lì dentro c'era qualcosa che non andava. L'ultima volta che era stata vittima di quella spettrale assenza di suoni, lei e Scorpius erano stati attaccati da uno psicopatico con strani ideali razzisti che li aveva quasi sopraffatti. Se Teddy non avesse udito tutto quel trambusto probabilmente sarebbero stati sconfitti. Magari rapiti, chissà, o forse addirittura uccisi in nome di un ideale malato.
«Kelzar, prepara la bacchetta, ho intenzione di sfondare questa porta» disse Rose, consegnando anche la propria arma al compagno per evitare di spezzarla in un eventuale colluttazione.
Colpì ripetutamente la porta con un calcio, ma questa sembrava incantata per restare in piedi e Rose perdeva forza ed equilibrio ad ogni nuovo colpo.
«Oddio, c'eri quasi!» esclamò Kelzar quando l'ennesimo calcio andando in centro fece traballare la porta sui cardini e udire qualche rumore in più, seppure ovattato.
Rose aveva il fiatone ed era allo stremo delle forze, ma decise di tentare un ultimo colpo, questa volta con la spalla. Nei telefilm babbani che guardava sempre nonno Granger, un uomo era incaricato di aprire le porte con un oggetto grande e pesante, ma in una sua assenza ci si gettavano con le spalle. La ragazza si armò di tutta la forza di cui era capace e colpì con violenza la porta, convinta che non avrebbe ceduto. Quando con sorpresa si scardinò, non riuscì a rimettersi in equilibrio, franando con essa addosso a un personaggio non ben identificato.
«Rose!» l'esclamazione di Kelzar si udì forte e chiara, così come le voci concitate degli studenti all'interno dello scompartimento.
«Cazzo, l'ha steso» disse qualcuno; Rose non ne seppe distinguerne la voce, intontita dal dolore per la forte botta che aveva preso cadendo insieme alla porta e rimbalzandovi sopra.
«Brisen, stai bene?» domandò un'altra voce, questa volta femminile, alla ragazza che stava in piedi contro il finestrino e che era stata risparmiata dalla porta per una manciata di centimetri.
Rose si rimise in piedi, rotolando giù dalla porta e grugnendo di dolore per i lividi che, già se lo sentiva, le stavano colorando il corpo di un forte color porpora, e scoprì che all'interno dello scompartimento vi erano i fratelli Zabini e Astrid Goyle.
Brisen, attaccata al finestrino, aveva i capelli scompigliati e gli occhi sbarrati dalla paura, mentre suo fratello Kyle, poco distante, zoppicava e probabilmente aveva un braccio rotto a giudicare dal modo innaturale in cui era piegato. Astrid sembrava illesa ma spaventata a morte e osservava insistentemente la porta da cui era rotolata giù Rose. Kelzar seguì per un attimo il suo sguardo, giusto in tempo per vedere una mano scomparire e la porta impattare con il pavimento.
Era di nuovo la Voce.

N.d'A.
Secondo voi per quale incantesimo Rose e Kelzar non riescono ad udire cosa succede all'interno? Lo so che lo sapete ^^
Anyway, anche in questo capitolo c’è un po’ di azione, questa volta però i bersagli non sono Rose e Scorp ma Serpeverde purosangue, dunque la teoria più accreditata si sta rivelando veritiera… ma sarà tutto?
Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo tantissimo a sapere cosa potrei migliorare e come potrei farlo. Intanto vi annuncio che i prossimi capitoli saranno più tranquilli ma ricchi di indizi, per cui aguzzate la vista!
Luna

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Capitolo 30
*** Di discorsi e compleanni ***


Di discorsi e compleanni

Quando l'Hogwarts Express era arrivato a Londra, il professor Paciock -che era sul treno insieme a sua moglie Hanna- era già accorso sul luogo del misfatto con i Caposcuola, richiamati dal trambusto in quella carrozza; dopo aver ascoltato i ragazzi attaccati, tutti rigorosamente Purosangue, aveva provveduto ad avvertire i Tiratori Scelti, i quali già sostavano presso il binario 9 e ¾. Era stata una casualità che il professore si trovasse lì, invitato a trascorrere le vacanze alla Tana con la sua famiglia su invito di Ginny, che voleva riunire i suoi amici per le festività.
Rose e Kelzar erano stati lasciati andare in fretta, coinvolti in minima parte nell'accaduto, mentre i Zabini e la Goyle erano stati trattenuti per ottenere informazioni su quell'uomo e un Medimago era accorso per curarli.
«Rosie!» la chiamò suo padre quando vide la ribelle chioma rossa spuntare dal vagone del treno da cui i Tiratori l'avevano appena rilasciata. Un sospiro si levò dalle sue labbra una volta accertatosi che la sua bambina stesse bene, tuttavia la sua espressione preoccupata non lo abbandonò.
La Rossa corse verso i suoi genitori con difficoltà, lasciandosi abbracciare nonostante le smorfie di dolore che le colorarono il viso di un tenue color pesca.
«Possibile che quando succede qualcosa ci sei sempre tu di mezzo?» domandò Hermione con rimprovero, ma dagli occhi traspariva la gioia nel vedere la figlia sana e salva, quasi del tutto incolume.
Ron rabbrividì vistosamente, poi disse alla moglie: «L'hai detto proprio come la McGranit».
«Oh a proposito, auguri papà» Rose lo baciò su entrambe le guance per porgergli gli auguri di compleanno che era stato il 1° marzo e che sarebbe stato festeggiato quella sera alla Tana. Anche per quel motivo Neville era tornato a Londra con l’Hogwarts Express.
«Rose, ho letto la Gazzetta» esordì Ron, prendendo in disparte la figlia e facendola arrossire fino alle punte dei capelli. La ragazza lo conosceva abbastanza bene da sapere che anche le sue orecchie avevano assunto un colorito rossastro.
«Erano tutte baggianate papà» lo interruppe prontamente, timorosa che potesse avere un infarto nel bel mezzo di King's Cross e toccasse a lei soccorrerlo. Che poi nemmeno lo sapeva come comportarsi in caso di infarto, avrebbe potuto solamente urlare e contattare un Medimago con la bacchetta.
«Lo so, ma devi sapere che ormai hai sedici anni…» biascicò senza guardarla negli occhi, osservando i mantelli dei maghi svolazzare in balia del vento, «… ed è normale che ti leghi a qualcuno» continuò, anche lui visibilmente paonazzo come la figlia.
«Papà... cosa stai dicendo?» domandò la ragazza, aspettandosi di vedere suo zio George comparire dal nulla per riscuotere i soldi di una scommessa che non gradiva affatto. Se davvero stavano scherzando sulla sua vita privata non l’avrebbero passata liscia, anche se erano loro gli adulti.
«Tua madre mi ha obbligato a farti questo discorso» disse, guardandola per la prima volta negli occhi. Erano azzurri come quelli di Hugo e risplendevano luminosi tra la foschia di King’s Cross, sebbene il velo di preoccupazione non li avesse abbandonati del tutto.
«Voglio dire che… se vuoi molto bene a qualcuno, ecco, per noi non ci sono problemi».
Rose si chiese se volere molto bene fosse lo pseudonimo di stare insieme, ma la faccia di suo padre sembrava star andando a fuoco e decise di non infierire. D’altra parte non voleva davvero sapere cosa intendesse, voleva solo che finisse. E presto anche.
«Anche se questo qualcuno è incredibilmente arrogante... e presuntuoso... e odioso... e altezzoso...e Purosangue... come un Malfoy insomma» concluse, risistemandosi la giacca che ricadeva liscia lungo i fianchi nel tentativo di dissimulare l'imbarazzo.
Beh, siamo pur sempre Weasley, non possiamo parlare di un Malfoy senza inserire qualche insulto, neanche se ci conteniamo!
«Ma non avevi detto che nonno Arthur non mi avrebbe mai perdonato se avessi sposato un Purosangue?» domandò Rose, paonazza, ricordandosi il discorso che il primo settembre 2016 il padre le aveva fatto sempre a King's Cross.
«Sì, ma vedi… A sedici anni è normale avere dei... bisogni... Ed è normale che si cerchi un ragazzo... a prescindere da chi sia» riprese Ron, ormai vicino a scoppiare, il viso di un acceso color bordeaux e gli occhi piantati rigorosamente lontani da quelli figlia, altrettanto paonazza e imbarazzata.
«Non mi hai davvero fatto questo discorso...» biascicò la ragazza sconvolta, alla disperata ricerca di una giratempo al fine di evitare suo padre per sempre o di suo zio George che si sbellicava dalle risate nascosto in qualche anfratto. Ma purtroppo nessuna delle due opzioni sembrava volersi avverare nell'immediato futuro.

⊰·⊱

Hermione Granger aveva previsto ogni cosa per il compleanno del marito, nonostante avesse lasciato a Ginny l'organizzazione pratica. Il salotto della Tana era stata espanso con un Incantesimo di Estensione irriconoscibile per non soffocare gli ospiti. Erano state invitate le famiglie Paciock e Scamadro, naturalmente, e, a gran sorpresa, i Malfoy. Naturalmente Ronald non aveva potuto opporre resistenza alla decisione della moglie, la quale, anche per questioni lavorative, aveva invitato Astoria Malfoy e famiglia, compreso Scorpius ovviamente.
Hermione si era preparata per l'occasione, indossava un pantalone e una giacca nera e una canottiera rosa con i tacchi, mentre Rose un paio di jeans e un maglioncino. Indossavano abiti babbani la maggior parte del tempo, li ritenevano molto più comodi degli impegnativi abiti da mago. Inoltre, Hermione sosteneva di dover dare il buon esempio di integrazione al Ministero, dimostrando di essere una Nata Babbana e una strega grandiosa.
Quando Rose vide i Malfoy in lontananza arrossì furiosamente e si rifugiò ai piani alti della Tana per evitare suo padre; temeva che potesse fare qualche accenno al discorso e non era in vena di farsi prendere in giro da Scorpius. Anche se, in effetti, non era del tutto certa che il biondo potesse sopravvivere a una conversazione del genere con Ronald Weasley. Che Ronald Weasley potesse sopravvivere a una conversazione del genere con Scorpius Malofy, d’altronde, era escluso a priori.
Per fortuna tutti i suoi cugini erano di sotto, per cui si sdraiò su uno dei letti allestiti nella vecchia stanza di sua zia Ginny in cerca di un po' di pace e tranquillità, prima di tornare alla festa a farsi mettere in imbarazzo dai suoi genitori.
«Ma che ci fai qui?!».
Una voce la fece sobbalzare e la mano si diresse senza rifletterci alla bacchetta, prima di accorgersi che era solo Roxanne ad aver parlato. Aveva ancora i nervi tesi dopo l’incursione dello sconosciuto sull’Hogwarts Express e l’attacco ai Zabini e alla Goyle.
«Ti nascondi da Lorcan?» le chiese Rose di rimando, ignorando la sua domanda, consapevole che dopo Halloween c'era stato altro tra loro. In quel caso sarebbe bastato semplicemente evitarsi; i due, invece, sembravano sempre sul punto di esplodere ogni istante in cui si trovavano a meno di duecento metri di distanza –Rose non seppe dire con certezza se per l’imbarazzo di ciò che c’era stato con le maschere indosso o per la voglia di replicare ciò che c’era stato dopo, magari senza niente indosso.
«Papà mi prenderebbe in giro per sempre se sapesse che sto con Lorcan» confessò senza pensarci troppo e rivelando una situazione che probabilmente sarebbe dovuta rimanere segreta. Poi Roxanne fuggì immediatamente di sotto dopo essere avvampata, senza parlare nuovamente, e lasciò Rose sola nella stanza, persa tra i suoi pensieri.
«Oh, eccoti qui» disse una voce maschile chiudendosi la porta alle spalle. Scorpius era appena entrato e si dirigeva con passo deciso verso il letto su cui Rose era allungata. «Ho parlato con Zabini e mi ha detto che la Voce li ha insultati prima di attaccarli, e ha farneticato riguardo una falsa purezza del sangue».
Rose non riusciva a guardarlo negli occhi, paonazza in volto e con le parole del padre che le risuonavano insistentemente nella testa. Era eccessivamente vicino e se qualcuno fosse entrato nella stanza in quel momento avrebbe sicuramente frainteso la situazione.
Che poi, c’era ben poco da fraintendere, una Weasley e un Malfoy poteva passare del tempo insieme solamente per questioni di affari, ed era esattamente quello che stavano facendo loro due. Ciò non toglie che il discorso di Ron aveva turbato Rose più di quanto fosse disposta ad ammettere.
«Mi stai ascoltando?» domandò Scorpius, scuotendola dopo averla presa per le spalle. Il maglioncino con lo scollo che indossava lasciava scoperte le clavicole e qualche livido si intravedeva sulla porzione superiore del tronco, ma lui sembrava non averci fatto caso mentre le sue mani gelide le risultavano bollenti a contatto con la pelle nuda.
Un calore familiare si insinuò nelle sue viscere, un calore che solo il camino della Tana era capace di infonderle, un calore felice. E improvvisamente si dimenticò dell’articolo, di suo padre e dell’ambiguità del loro rapporto.
C’erano solo loro due a discutere e confrontarsi… e andava maledettamente bene così.
 
N.d’A.
Gente, ma voi ve lo immaginate Ronald fare un discorso del genere? Tra tutt’e due l’imbarazzo sarà arrivato alle stelle ahahahahaha
Btw, che mi dite? Cosa ne pensate? Secondo voi ci vorrà ancora parecchio prima che questi due scoprano qualcosa di interessante? ⚡
Sul loro rapporto, beh, non garantisco… però c’è qualcosa che potrebbe sembrarvi familiare, ma non aggiungo altro! 🙊 Ci vediamo prestissimo con il nuovo capitolo 🦋
Luna

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Capitolo 31
*** HP: hypothesis ***


HP: hypothesis

La pausa didattica coincidente con le vacanze di Pasqua era giunta al termine e gli studenti si apprestavano a fare i conti con la routine che dominava le loro giornate ad Hogwarts. Gli esami erano ormai vicini e la biblioteca iniziava a popolarsi di un numero sempre crescente di alunni. Molti di loro vi perdevano del tempo, pensando che si sarebbero concentrati meglio in un luogo affollato, quando in realtà tutto quello che serve per studiare è pace e tranquillità.
Rose aveva iniziato ad evitare quel luogo, rifugio prediletto degli studenti che dovevano sostenere i GUFO o i MAGO, in primis perché era già abbastanza deviata mentalmente di suo senza osservare la pazzia a cui sarebbe giunta anche lei l'anno seguente, in secundis perché Molly deteneva come prigionieri la maggior parte dei suoi cugini ed evitare la biblioteca era un buon modo per evitare i loro loschi traffici. Solo lei e Albus erano immuni ai rimbrotti di Molly dato che non avevano né i GUFO né i MAGO, indi per cui Rose si ritrovava con lui e Scorpius in ogni angolo del castello.
«Rosie» esclamò Albus entrando nella Torre di Astronomia, naturalmente seguito dallo spaventapasseri platinato, dove la ragazza stava tentando di memorizzare un incantesimo che le era estremamente ostico.
Non ricevendo alcuna risposta di rimando i due si accomodarono di fronte a lei, rischiando anche di beccarsi una fattura in piena faccia.
«Incanto Proteus» disse Rose, facendo scorrere la bacchetta da un oggetto all'altro, senza tuttavia che i filamenti dorati, indici di buona riuscita dell'incantesimo, si manifestassero. Scaraventò le cavie dall'altra parte della stanza, guardando male Scorpius e Albus che erano giunti a distrarla e l'avevano deconcentrata.
È tutta colpa loro, ci sarei sicuramente riuscita se non mi avessero disturbata!
«Devi muovere la bacchetta più lentamente» le spiegò Scorpius ripetendo l'incantesimo e facendole osservare i filamenti dorati a cui lei anelava terribilmente, guadagnandosi solo un'altra occhiataccia. 
Rose odiava essere corretta, lei era in grado di fare tutto da sola, e anche quando non ci riusciva era troppo orgogliosa per chiedere aiuto a chicchessia. Durante le vacanze, quando la madre le domandava se le servisse aiuto con i compiti, la ragazza negava nonostante a volte avesse trovato difficile scrivere trenta centimetri sulle proprietà di qualche pianta che a lei pareva inutile.
«Non ho bisogno del tuo aiuto» replicò salace, richiamando gli oggetti che aveva scagliato via e preparandosi a ripetere la magia. Con un movimento più lento della bacchetta eseguì nuovamente l'incantesimo, esclamando di gioia quando i filamenti dorati stabilirono il legame tra i due oggetti prescelti.
«A quanto pare ne avevi bisogno» replicò Scorpius con un sorrisetto soddisfatto mentre Al, che era rimasto in silenzio, rideva dello scambio di battute tra i suoi amici, conoscendo fin troppo l'orgoglio di entrambi.
«Ci sarei riuscita anche da sola» continuò Rose, mettendo via la bacchetta e preparandosi a fare la sua uscita trionfale e vincente dalla Torre.
«Rose, aspetta! Io e Scorpius abbiamo sentito una cosa» la bloccò Albus parandosi davanti a lei e impedendole di uscire. L'avrebbe maledetto in seguito, al momento era troppo curiosa per curarsi di suo cugino.
«La Zabini e la Goyle stavano parlando in Sala Comune, sicuramente certe di aver fatto un Muffliato, e abbiamo sentito che entrambe erano state minacciate da un anonimo con delle lettere» spiegò Albus, eccitato per le sue teorie complottiste.
«A quanto pare lo psicopatico designa le sue vittime in precedenza. Io e Kyle siamo stati scelte casuali» si accinse ad aggiungere Scorpius passandosi una mano tra i capelli chiari e sicuramente liscissimi, a giudicare dalla facilità con cui le sue dita affusolate attraversarono il cuoio capelluto.
«Quindi voi dite che sta seguendo uno schema» ipotizzò Rose, rivolgendosi più a Scorpius che al cugino. Era maggiormente implicato nei fatti ed era a conoscenza di certe situazioni che non avevano condiviso con i Tiratori Scelti.
«Sicuramente attacca i Purosangue» decretò Albus mettendosi in piedi e avvicinandosi alla porta, poi aggiunse: «Scusate, ragazzi, io devo andare, ci vediamo a cena» e fuggì in fretta com'era arrivato, lasciandoli alquanto allibiti.
«La mia teoria è che si è trovato la ragazza, ma lui continua a negare» suppose Scorpius, seduto a terra, senza distogliere lo sguardo dalla porta da cui il moro era appena fuggito senza degnarsi di fornire spiegazione alcuna.
Rose sospirò, poi tornò a sedersi di fronte al biondo.
«Per ora sono stati colpiti solo Serpeverde» disse, cercando di riordinare le idee e di capirci qualcosa, anche se dubitava che sarebbero riusciti a scoprire l'identità della Voce se continuavano a brancolare nel buio.
«E te» la corresse Scorpius, se possibile ancora più concentrato di lei.
«Uhm, ti vorrei ricordare che mi ha apertamente detto di non essere il suo obiettivo» rispose Rose, sicura almeno della propria posizione nella faccenda.
«Sì ma tu sei sempre in mezzo e sono già due volte che gli metti i bastoni tra le ruote. E poi la tua famiglia simpatizza con i Purosangue» sciorinò il ragazzo, certo che Rose fosse coinvolta più che mai dopo l'episodio sul treno.
Rose arrossì al ricordo del compleanno del padre, del discorso che le aveva fatto e dei brividi che il tocco ustionante delle mani gelide di Scorpius le aveva provocato.
«Per me cerca di colpire i Purosangue medi» disse la ragazza cercando di dissimulare il rossore sulle guance, consapevole che non ci sarebbe riuscita.
«Zabini ti sembra un Purosangue medio?» domandò Scorpius sollevando le sopracciglia in un modo prettamente aristocratico, come se fosse stato ferito nel profondo da quell'affermazione.
«Non intendo questo. Dico solo che Astrid e Brisen sono due studentesse del quinto anno. Magari vuole testare la preparazione degli alunni medi, poi passare a quelli degli ultimi anni e lasciare le matricole per ultime» spiegò Rose, mentre il discorso acquistava sorprendentemente credibilità ad ogni nuova parola. 
Scorpius era concentrato e immerso nei suoi pensieri, lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento, ma la testa si muoveva in senso affermativo.
«Se fosse così, vuol dire che non deve aver frequentato Hogwarts o che l'ha frequentata diverso tempo fa, quando gli insegnanti erano diversi» ragionò Scorpius, senza distogliere lo sguardo dal pavimento. A quanto pareva osservare un punto fisso lo aiutava a concentrarsi, come se fosse in grado di abnegare se stesso, annullando completamente il mondo che lo circondava.
«Ma dev'essere comuque una persona con una certa prestanza fisica dato che si introduce nel Castello con facilità e si mimetizza tra gli studenti... Quindi dovrebbe avere l'età dei nostri genitori!» obiettò Rose, seppur certa che una persona vissuta durante la Seconda Guerra Magica non avrebbe mai potuto covare del razzismo, di qualsiasi sorta esso fosse.
«E non ha nemmeno figli! Andiamo Rose, cerchiamo qualcosa in biblioteca» esclamò, prendendola per mano e dirigendosi fuori dalla Torre, lasciandola stupita e al contempo terrorizzata dai brividi che le avevano attraversato la spina dorsale a quel tocco gelido ma ancora una volta bollente.


N.d'A.
Curiosità ambigua: il nome del capitolo mi è venuto in mente perché la mia professoressa di matematica del liceo, spiegando i teoremi, scriveva l'ipotesi come "Hp" e la tesi come "Th". E niente, volevo rendervi partecipi del disagio che mi affligge.
Btw, per chi se lo fosse perso, ho pubblicato una sorta di omaggio a questa giornata intitolato "1 settembre 2017" per celebrare l'approdo a Hogwarts di qualcuno in particolare... Ricordate chi?
Lascio sempre il profilo ig per qualsiasi cosa: flyerthanwind_
Luna Freya Nives

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Capitolo 32
*** Tittle-tattle ***


Tittle-tattle

La velocità con cui viaggiano le notizie è direttamente proporzionale all'interesse dell'uditorio. Maggiore è la curiosità dell'uditorio, più velocemente si diffondono idiozie e baggianate che risentono di notevoli modifiche passando di bocca in bocca. E si sa, a Hogwarts l'uditorio è particolarmente curioso, soprattutto per quanto concerne i pettegolezzi riguardanti una certa Weasley e un certo Malfoy.
Il loro ingresso concitato in biblioteca era stato trasformato in un lungo bacio appassionato che li aveva lasciati senza fiato e che aveva suscitato lo stupore di tutti i presenti; il loro battibecco incomprensibile riguardo un certo problema si era tradotto nella fecondazione di Rose e, ciliegina sulla torta, gli sguardi furenti che si erano lanciati per l'intera settimana successiva erano indice di una tensione sessuale tra i due, dovuta a determinate questioni irrisolte.
Rose era stanca di essere additata tra i corridoi del castello come colei che "si è fatta Malfoy" e non ne poteva più di vedere delle ragazzine ronzarle intorno solo per porle domande inopportune, per esempio «Come si fa a farsi mettere incinta dallo scapolo d'oro di Hogwarts?».
Scorpius, d'altro canto, non riceveva un trattamento migliore: lui era il figlio di un Mangiamorte che cercava il riscatto nel rapporto con la figlia dei Salvatori del Mondo Magico e odiava beccarsi le pacche sulle spalle da Serpeverde ignari e le occhiatacce furenti di studentesse arrabbiate.
Nonostante entrambi avessero smentito ripetutamente le numerose versioni che avevano avuto modo di sentire e nonostante l'intero clan Weasley-Potter contribuisse a minacciare matricole timorose se avessero messo in giro delle false dicerie, i pettegolezzi non accennavano a fermarsi.
«Io non ne posso più» biascicò Scorpius abbandonandosi contro il muro di pietra della Torre di Astronomia, l'unico posto in cui ancora non venivano seguiti e additati. Erano costretti a nascondersi come due fuorilegge per poter parlare in privato dei risvolti delle indagini che stavano portando avanti, nonostante i numerosi problemi.
«Non me ne parlare» replicò Rose sull'attenti, sempre pronta a smascherare qualche studente curioso che si nascondeva negli anfratti più improbabili al fine di ottenere l'esclusiva sulla loro fantomatica relazione.
«Di cosa avevi urgenza di parlarmi?» domandò il biondo accovacciandosi di fronte la ragazza, entrambi nascosti alla vista dei passanti, protetti da un Muffliato che impediva a coloro che si avventuravano nelle vicinanze della torre di udirli.
«Ho tastato un po' il terreno con mia madre e ho scoperto che durante il loro secondo anno non fu l'unica ad essere pietrificata dal basilisco di Voldemort, ma lo videro in maniera indiretta anche Colin Canon, Justin Finch-Fletchley e Penelope Light» sciorinò la ragazza, mantenendo una vista salda come se stesse pronunciando un incantesimo di particolare difficoltà.
«Vuoi dire che questi tre potrebbero essere dei potenziali psicopatici?» domandò Scorpius, riflettendo sulle parole della sua Partner-In-Crime.
Avevano effettuato delle ricerche sulla Seconda Guerra Magica quando avevano iniziato ad ipotizzare che l’uomo potesse avere l’età dei genitori e la pietrificazione da parte del basilisco era stato l’evento più rilevante in cui erano stati coinvolti diversi Nati Babbani.
«Beh, Colin Canon è morto durante la Battaglia di Hogwarts, ma gli altri due sono entrambi Nati-Babbani che non hanno figli ad Hogwarts. Direi che sono i candidati ideali» suppose Rose, cercando nelle iridi color ghiaccio di Scorpius un qualsivoglia cenno di assenso.
«Ma non possiamo accusare nessuno senza avere le prove» replicò il ragazzo, continuando a riflettere, poi aggiunse: «I tuoi genitori accusarono mio padre di essere l'erede di Salazar Serpeverde fondandosi sul nulla e si sbagliavano».
Rose parve intimorita da quelle parole, cercandovi un cenno di accusa che in realtà non era presente; le intenzioni di Scorpius non erano quelle di diffamare la famiglia di Rose, bensì evitare di commettere i loro stessi errori. Purtroppo nessuno dei due era il Prescelto e dunque non si potevano permettere strappi enormi alle regole. Inoltre non c'era la Terza Guerra Magica, per fortuna, indi per cui non erano concessi determinati atteggiamenti che invece il Trio aveva fatto propri.
«Secondo me dobbiamo continuare a cercare» disse infine Scorpius, destandosi dallo stato di trance che ormai Rose aveva imparato ad associare a quella concentrazione di cui necessitava per escogitare le sue idee geniali.
«Io non metto piede in biblioteca manco morta» replicò Rose, decisa a tenersi lontana da quel luogo gremito di studenti pettegoli che cercavano nuovi pretesti per additarla.
Non bastava che fosse una Weasley, ora dovevano inventarsi anche una presunta tresca col rampollo di casa Malfoy affinché fosse sempre la protagonista dei pettegolezzi più succosi!
«Ci andrò io» acconsentì il ragazzo allungando le gambe e giungendo a sfiorare le cosce della ragazza in quello spazio ristretto. Era piuttosto angusto ma era il meglio a cui potevano ambire, lontani da occhi e orecchie indiscrete e protetti dagli incantesimi di cui ormai erano esperti.
«Lily mi ha detto che hanno eretto una specie di altarino sul tavolo che abbiamo usato» confessò la ragazza, a metà tra l'imbarazzato e lo schifato.
Non che le dispiacesse passare del tempo con Scorpius, aveva imparato ad apprezzare la sua intelligenza e la sua compagnia, nonché quegli aspetti del suo carattere che aveva seppellito sotto strati di ironia e presunzione, ma era ancora destabilizzata dagli stati d'animo che era in grado di provocarle sfiorandola o anche solo guardandola. Sapeva di starsi legando a lui in un modo differente dall'amicizia, ma temeva di non essere ricambiata, e a ragione anche!
«Vorrà dire che andrò a mettere delle margherite accanto alla tua foto» scherzò il ragazzo, facendole l'occhiolino, senza curarsi del colore paonazzo che stavano assumendo le guance della sua interlocutrice.
L'amore è cieco e Scorpius non si rendeva conto di tutti i piccoli cambiamenti nell'atteggiamento di Rose. Per lui era sempre la Weasley più intelligente, più scaltra, più presuntuosa, più bella; l'unica in grado di fargli perdere le staffe, di tenergli testa, di farsi adorare e odiare nello stesso istante.
Non sapeva dire con certezza in quale momento dell'anno si era reso conto di provare qualcosa per lei: forse al suo compleanno, quando aveva respinto Christopher Devies e lui si era sentito immensamente sollevato, leggero; o magari quando l'aveva portata in braccio in Infermeria e aveva rimuginato tutta la notte sulle sue colpe; o forse quando aveva temuto per la sua incolumità durante il duello o sull'Espresso per Hogwarts.
La sua unica sicurezza era di essere riuscito a fare breccia nel suo cuore, ma doveva dimostrarle di essere stato proprio lui.

N.d’A.
Abbiamo la prima confessione di Scorpius! Sventolate le bandiere, suonate le trombe e… affinate la lettura perché sto disseminando indizi ovunque! Allora, avete tradotto il titolo del capitolo? Personalmente lo preferisco di gran lunga alla versione italiana, ha un che di sussurrato e segreto che mi manda in brodo di giuggiole!
Luna Freya Nives

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Capitolo 33
*** Buon compleanno, Jamie! ***


Buon compleanno, Jamie!

La fine di marzo era, da sette anni, un periodo particolare per la storia e la quiete di Hogwarts. Il ventisette marzo era la data di nascita del degno erede dei Malandrini, James Potter, omonimo del Malandrino originale. Facendo parte del clan Weasley-Potter, era inevitabile che fosse omaggiato dei migliori festeggiamenti che fossero in grado di allestire.
La Sala Comune era stata incantata per contenere più studenti del solito: i tavolini addossati contro il muro e forniti di cibo e bevande, rigorosamente corrette, e i divani relegati in un angolo inutilizzato. Naturalmente James sapeva, eppure era tradizione che la sua fosse la festa a sorpresa più attesa di tutta la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dunque nei giorni precedenti si era isolato da cugini e amici, dedicandosi al Quidditch.
Roxanne, la mente pensante, aveva effettuato i dovuti incantesimi per evitare inaspettate visite di professori, mentre Fred aveva chiesto aiuto al padre per far giungere al castello fiumi di alcol. I gemelli Scamandro si erano occupati dell'allestimento pratico, mentre Lily e Lucy avevano distribuito gli inviti. Quella sera ogni cosa sembrava andare per il verso giusto: James era mezzo ubriaco che ballava su un tavolo, Lily si stava intrattenendo con un ragazzo del suo anno, Roxanne e Lorcan sembravano spariti nel nulla, Albus e Lucy confabulavano con Fred riguardo un certo giro di scommesse e Molly era naturalmente finita lì per controllarli tutti, portandosi dietro anche il suo fidanzato. Anche Dominique aveva portato Colin, mostrandolo come un premio a tutti coloro che le si avvicinavano e incastrando Lysander a tenerle compagnia ogni qualvolta il ragazzo si allontanava per prendere da bere.
«Rosie» esclamò il primogenito Potter, avvicinandosi a lei con una bottiglia di Whisky Incendiario che sembrava attaccata alle sue labbra con un Incantesimo di Adesione Permanente.
«Vedo che ti stai divertendo» disse la ragazza, battendogli un pacca sulla spalla. Era poggiata a una parete, di fianco a un tavolino, poiché non aveva voglia di ballare né di bere; la vista di Dominique e Colin era stata in grado di provocarle il voltastomaco.
«Tu no» replicò il ragazzo, astuto anche quando l'alcool gli obnubilava i sensi.
Rose gli sorrise, consapevole di non essere in grado di mentire agli occhioni color cioccolato di James, ma distolse lo sguardo per evitare di essere psicanalizzata da lui.
Ma James era un ragazzo che teneva alla famiglia più di qualsiasi altra cosa e nonostante fosse un piantagrane fastidioso e un Grifondoro la cui indole pareva sempre amplificata, non riusciva a divertirsi sapendo che anche solo uno dei suoi cugini, in questo caso Rose, si stava lasciando divorare dal suo cervello ragionevole.
La trascinò al centro della pista, facendole fare un paio di giravolte e lasciando che la sua risata cristallina riecheggiasse tra le pareti della Sala Comune. Il sorriso che le arcuava le labbra era sincero, James poté appurarlo quando i riccioli indefiniti le nascosero il viso e gli occhi marroni continuarono a risplendere, illuminando anche il suo sguardo.
«Basta, ti prego» lo supplicò con le mani sui fianchi, riprendo fiato poggiata ad una colonna per evitare di stramazzare al suolo. Le numerose giravolte avevano sortito l'effetto di una forza centrifuga, scacciando dalla sua testa tutti i pensieri cupi che l'accompagnavano da molto tempo. Adesso voleva solo divertirsi un po’.
Subito dopo James venne rapito da Fred e Roxanne, rispuntata dal nulla del tutto scapigliata ma molto più contenta di quando la festa era iniziata. Rose avrebbe voluto farle un discorsetto per farsi raccontare tutte le ultime novità con Lorcan, ma era certa che non fosse quello il momento: doveva lasciarla divertire con i primi uomini della sua vita.
«Ciao Rose» esclamò Dominique, raggiungendola accanto ala colonna. Era stranamente sola, avendo lasciato Lysander e Colin a chiacchierare al divano su cui li aveva costretti ad accomodarsi, e il suo sorriso era amabile.
Rose si sentiva in colpa a provare quei sentimenti contrastanti nei confronti della cugina, ma non le era affatto andato giù che Colin avesse scelto lei. Si rendeva conto che una sfida non c'era mai stata, e non solo perché Dominique aveva i capelli biondi e fluenti e gli occhioni blu, ma anche perché lei non gli aveva mai confessato di essere la ragazza di Halloween. E, visto come si erano messe le cose, non l'avrebbe mai fatto.
«Perché non vieni a sederti con noi?» continuò la bionda, vedendo che la cugina non accennava a proferire una singola parola. Rose tentò di declinare l'invito, ma si accorse che James la osservava di sottecchi, pronto a portarla nuovamente al centro della pista da ballo improvvisata, così decise di accettare.
«Buonasera» disse raggiungendo i divanetti e prendendo posto su una poltrona isolata, tra Dominique e Colin e Molly e Christopher. Si sentiva leggermente a disagio tra le due coppie, ma era certa che ben presto si sarebbero persi nelle loro frivolezze di innamorati e l'avrebbero bellamente ignorata. Non si aspettava però che quasi tutti si alzassero, indaffarati a fare qualcosa di estremamente importante.
«Adoro questa canzone, andiamo Colin» esordì Dominique, facendo gli occhi a cuoricino al suo ragazzo. Lui non sembrava molto entusiasta della proposta, ma Domi aveva un forte ascendente su chiunque le ronzasse intorno.
Molly e Christopher la ignorarono, continuando a scambiarsi nomignoli e smancerie varie, finché Rose si sentì di troppo in quella situazione. Quando stava per congedarsi, tuttavia, Molly si alzò come una furia, diretta verso una testa rossa non ben indentificata con il cipiglio arrabbiato di chi sta per fare una sfuriata coi fiocchi.
«E così siamo rimasti soli, proprio come al tuo compleanno» esordì Christopher, rivolgendole uno dei migliori sorrisi ammalianti che potesse sfoggiare. A Rose venne un'improvvisa voglia di ridere, ma sapeva che era poco educato farlo, dunque cercò di trattenersi e fece un cenno di assenso con la testa.
«Sai, da quando sto con Molly passo molto tempo in questa Sala Comune e ho avuto modo di osservarti» esordì, dandosi implicitamente dello stalker senza rendersene nemmeno conto.
Rose non rispose, sperando che il discorso cadesse senza ulteriori commenti o che uno a caso dei suo cugini -le sarebbe andato bene anche uno che non fosse di famiglia- la salvasse da quella situazione.
«Sei sempre così bella» continuò, poggiandole una mano sulla gamba e spingendola ad allontanarsi da lui in modo poco elegante. Stava giusto per replicare qualcosa quando il Salvatore giunse a tirarla fuori dai guai.
«Rose, posso parlarti?» domandò Malfoy, improvvisando palesemente la sua messa in scena e proclamando un’emergenza improrogabile, mentendo a Devies, ignaro del fatto che gliela stessero facendo sotto al naso.
La ragazza lo seguì in fretta nei dormitori maschili senza accorgersi della destinazione a cui giunsero, troppo impegnata a non voltarsi indietro per timore che il ragazzo li stesse osservando allontanarsi e potesse intuire qualcosa. Sospirò quando fu consapevole di essere lontano da quel pazzo fidanzato di sua cugina, sorridendo amabilmente al biondo che, ultimamente, la salvava dai guai un po’ troppo spesso per i suoi gusti.
Certo, in quel caso non c’era una Voce pronta ad attaccarli per fargli chissà cosa, ma Christopher Devies poteva essere parecchio spaventoso quando ci si metteva.
«Grazie» disse semplicemente Rose, accomodandosi sul primo letto che si trovò davanti e lasciandocisi cadere, seguita a ruota da Scorpius.
Il ragazzo si aggiustò alla meglio nel poco spazio disponibile sul materasso singolo, passando una mano dietro la schiena di Rose per evitare che potesse cadere. La ragazza sistemò il capo sulla sua spalla, accoccolandosi al suo fianco e inebriando Scorpius del suo profumo d’inchiostro, in attesa che Morfeo s’impossessasse dei loro sensi e li facesse cadere in un lungo sonno ristoratore.

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Capitolo 34
*** Real ***


Real

Morfeo cattura le sue vittime nei momenti che ritiene più consoni, talvolta lasciando questioni in sospeso, talvolta attendendo il momento più opportuno. Al compleanno di James, Rose e Scorpius erano stati colti di sorpresa, quasi senza rendersi conto di essere caduti in una catalessi profonda l'uno accanto all'altra, senza discussioni in corso e con parecchi conti in sospeso, con tranquillità.
Risvegliarsi sulla spalla di Scorpius su un letto non identificato di un dormitorio Grifondoro poteva risultare parecchio piacevole o decisamente sconveniente, a seconda dal modo in cui ci si risvegliava. Se gli squittii felici di Albus avevano terribilmente imbarazzato i belli addormentati, costretti a campare in aria scuse su scuse per tappare la bocca di quel nano malefico, non osavano immaginare come li avrebbe svegliati Hugo.
Rose trasalì, immaginando le urla terrorizzate di suo fratello, che si era già insospettito quando, tempo prima si era informata riguardo il fumo babbano e poi aveva riferito tutto a Scorpius. Quello era stato un buco nell'acqua, ma le indagini non si era fermate lì.
«A cosa pensi?» domandò Emma, seduta silenziosamente accanto a lei per la colazione. La sua compagna fidata di dormitorio l'aveva osservata mutare i suoi atteggiamenti e, al contrario di Scorpius, si era resa conto che c'era qualcosa a bollire in pentola.
«A nulla» mentì Rose arrossendo e al contempo cercando di scacciare dalla mentre l'immagine di un Hugo infuriato che sorprendeva lei e Scorpius a dormire insieme.
«Se lo dici tu» sospirò la ragazza, che anche se per nulla convinta dalle parole dell'amica aveva spostato lo sguardo su Larke che giungeva concitata accanto a loro.
«Avete sentito la notizia?!» si affrettò a domandare quest’ultima, prendendo posto in mezzo a loro e attirando su di sé gli sguardi curiosi di parte della tavolata, comprese le altre compagne di dormitorio.
«Ancora altre notizie? Ma insomma, qui non si finisce di diffondere una voce che già un'altra è in procinto di essere sparsa, non se ne può più» si lagnò Abigail, guadagnandosi le occhiatacce delle altre ragazze.
«Pare che questa notte ci sia stato un altro attacco, un Corvonero del sesto anno, Abercrombie mi pare» spiegò la ragazza. Rose cercò Scorpius con lo sguardo, ma il ragazzo consumava tranquillamente la sua colazione con Albus, ignaro che un nuovo attacco si era consumato tra le mura del castello che era la loro casa.
«E come sta?» domandò preoccupata Sol, buona e altruista come solo una Tassorosso mancata poteva essere, attendendo pazientemente la risposta.
«Sembra che sia miracolosamente incolume, il professor Paciock passava di lì ed è arrivato prima della Goth» si affrettò a spiegare Larke prima di ingozzarsi. Emma non parve stupirsi eccessivamente, ma nessuno notò il suo atteggiamento date le parole concitate di Sol e Abigail.
«Io vado, ci vediamo a lezione» disse Rose, defilandosi con nonchalance e dirigendosi, naturalmente, verso il tavolo dei Serpeverde. Se Malfoy non ne sapeva nulla, doveva dirglielo per continuare con le loro indagini.
«B-on-o-nno Ros-» disse Albus, continuando a ingurgitare la sua colazione. Se aveva del cibo davanti, come la maggior parte dei Weasley-Potter, il resto del mondo non esisteva. Rose pronunciò un Muffliato e poi si rivolse direttamente a Scorpius.
«C'è stato un nuovo attacco, Abercrombie» disse, attendendo che attivasse la modalità riflessione e le dicesse qualcosa su quel nome. Si erano divisi gli ex-alunni in modo da poterne analizzare di più, ma tra i suoi non era spuntato quel cognome.
«Purosangue» sentenziò, senza curarsi più della sua colazione, poi aggiunse: «Andiamo alla Torre».
«Passo da Neville per vedere sei riesco a ottenere qualche altra informazione» disse Rose mentre uscivano insieme dalla Sala Grande, sotto gli occhi indispettiti dei presenti, e poi prendevano due direzioni differenti.
Il fatto che lo studente attaccato fosse un Purosangue non faceva che accreditare maggiormente la loro teorie, eppure le prove per accusare materialmente qualcuno non le avevano e sulle ipotesi non potevano fondare nulla.
«Professor Paciock» lo chiamò, prima che il docente sparisse sul sentiero per le serre, «Come sta lo studente attaccato?».
«Sta bene Rose, non preoccuparti, sono arrivato prima che potesse torcergli un capello. Adesso è infermeria, ma è solo molto spaventato» rivelò, senza lasciarsi sfuggire informazioni che non circolassero già nei corridoi.
Sembrava un professore bonario, accomodante, ma era grazie a lui se Voldemort era stato sconfitto; inoltre sapeva inscenare la farsa dello scemo per comprendere meglio le persone.
«Lei crede che sia sempre lo stesso?» domandò a bruciapelo, senza riuscire ad evitare che la voce cedesse per un istante. Non stava mentendo, era davvero spaventata da quell'eventualità.
Il professore le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla e annuendo col capo, senza lasciare che però la preoccupazione lo investisse. Anche Rose si sentì tranquillizzata, quindi corse alla torre per raccontare tutto a Scorpius.
«Ma perché con tutti questi passi falsi non ci lascia mai nessun indizio!» sbottò, destandosi dal suo ormai noto stato di trance.
Sembravano due persone molto differenti: la prima altezzosa, presuntuosa, imperterrita, col mento in su e l'espressione aristocratica; la seconda accasciata su sé stessa, gli occhi profondi e assenti, immobile in attesa di un'illuminazione. Rose aveva imparato ad apprezzarle entrambe.
«Sta' calmo, Malfoy, sembri nevrotico» replicò, preoccupata che qualcuno potesse vederli o udirli e iniziare a inventare ulteriori storie sul loro conto. Nonostante fosse stufa di rendere conto a gli altri, non era il momento giusto per stare al centro dell'attenzione.
«Chissà di chi sarà la colpa, tu mi hai mischiato la nevrosi e io la calma» ironizzò, rivolgendole un sorrisetto sarcastico ma amichevole. Rose replicò con una smorfia e successivamente gli lanciò il suo mantello, che giaceva abbandonato davanti a lei.
«Così non vale» contestò il ragazzo tirandoglielo indietro e ridendo della sua incapacità di uscirne fuori con la sua stessa facilità.
Era quello uno dei pochi momenti in cui erano veri entrambi, senza maschere, finzioni o falsi pregiudizi. Erano solo Rose e Scorpius, a prescindere da cognomi ingombrati, Case rivali e maghi psicopatici, e stavano imparando ad apprezzarsi per com'erano davvero.

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Capitolo 35
*** La rivelazione ***


La rivelazione

Rose Weasley era stata convinta, da sempre, di essere una persona decisa. Lei sapeva cosa voleva e cosa non voleva, le materie interessanti e quelle che al terzo aveva scartato, i GUFO in cui aveva voluto prendere Eccezionale e quelli in cui si era accontentata di Oltre ogni previsione, i maglioni che avrebbe indossato e quelli che sarebbero finiti nel dimenticatoio, le persone di cui amava circondarsi e quelle di cui voleva solo liberarsi.
Non si era mai arrogata la presunzione di definirsi normale, d'altronde era una strega e normale non lo sarebbe mai stata, ma con la nevrotica e petulante Hermione Granger come madre e l'impetuoso e piantagrane Ronald Weasley come padre aveva bruciato qualsiasi possibilità. A volte aveva anelato alla calma e al benessere che mostravano le sue compagne di dormitorio, ragazze qualunque con una vita qualunque, ma essere una Weasley aveva anche una miriade di pregi.
Escludendo, ovviamente, gli occhi azzurri, i capelli lisci e l'altezza sovrumana, caratteristiche che non l'avevano minimamente riguardata, aveva il suo clan, leale e sempre a disposizione per qualunque evenienza, dalla voglia di non trascorrere l'uscita ad Hogsmeade da sola alla necessità di marinare le lezioni o farsi passare un compito. E poi, essendo una Weasley, non era mai stata vittima degli scherzi di James e Fred.
Si era sempre ritenuta fortunata di essere nata in quella famiglia, ma mai come in quel momento avrebbe voluto rinnegarla.
Era sulla Torre di Astronomia, protetta da ogni sorta di incantesimo; attendeva Scorpius, un Malfoy, e si sentiva terribilmente in ansia. Sapeva che necessitavano di parlare delle indagini che stavano conducendo, nonostante gli indizi fossero pressoché nulli, ma la sua voce scarseggiava e la sua indole nevrotica stava per avere il sopravvento.
Il problema era -ma non l'avrebbe mai ammesso- che Scorpius le faceva un determinato effetto. Osservarlo nel suo stato di trance era in grado di calmarla come nemmeno una caraffa di camomilla di nonna Granger era stata mai in grado di fare; a volte sentiva il bisogno di subire una scarica elettrica, così si avvicinava e attendeva che i loro corpi si sfiorassero involontariamente per ricevere la sua anelata dose di piacevoli e bollenti brividi. Rose non l'avrebbe mai ammesso, ma Scorpius iniziava a piacerle e lei non era più in grado di controllarlo.
«Rose» sussurrò, entrando nell'abitacolo e giungendo nel piccolo anfratto in cui erano soliti rifugiarsi da occhi indiscreti. Era però inquieto, agitato, incapace di stabilizzare il suo battito cardiaco.
Che sia nella mia stessa situazione?” fu il primo pensiero che le balenò in testa.
«Dimmi» pronunciò fermamente lei, tentando di non spezzare la voce, ma il ragazzo non parve accorgersi dell'immensa fatica di cui necessitò. Si accasciò a terra di fronte a lei e chiuse gli occhi, raccogliendo la testa tra le gambe in un gesto che non gli era proprio e non si confaceva alla maschera aristocratica che mostrava in pubblico.
«Mentre venivo qui ho sentito un gruppo di persone discutere animatamente. Qualcuno, sicuramente una ragazza, stava piangendo, e altre persone parlottavano. Poi la Voce -fece una pausa, a sottolineare l'intensità delle parole- ha detto che arrivati a quel punto non ci si poteva più tirare indietro perché c'era troppo in ballo» sciorinò quelle parole velocemente, con quell'unica pausa che accrebbe solamente la tensione. Rose non sapeva cosa dire, era pietrificata come la notte in cui la Voce le aveva inflitto un incantesimo di Pastoia.
«Stanotte attaccheranno di nuovo» disse a bruciapelo, gettando la notizia tra loro in mezzo all'angoscia e allo sconforto, nello stesso modo in cui si lasciano cadere i galeoni su un tavolo per una scommessa.
Quella notte erano di turno in quanto prefetti, entrambi, e in un tacito accordo avevano acconsentito a sventare quell'ennesimo attacco.
«Ma come fanno a sapere che stanotte qualche purosangue se ne andrà in giro per il castello?» domandò Rose a nessuno in particolare. Molte volte, durante le ronde, non avevano trovato studenti fuori dai dormitori, complice anche il fatto che Hogwarts non fosse particolarmente ospitale a tarda ora.
«C'è un appuntamento o qualcosa del genere» spiegò Scorpius, scuotendo la testa come per scacciare un brutto pensiero, ma senza riuscirci.
«Rose, qualcuno ha parlato, in mezzo a quel gruppo» iniziò, apparentemente calmo, ma con le gambe che fremevano accanto a quelle della ragazza. «Ha detto che si sarebbe occupata di tutto lei».
«Lei? Era una ragazza quindi?» domandò lesta Rose, abile nell'individuare anche i particolari più sfuggevoli. Questa sua caratterista l'aveva sempre favorita nella maggior parte delle cose, ma nei rapporti umani poteva sembrare che avesse atteggiamenti da stalker. Ad esempio, osservare che la velocità con cui Scorpius si passava una mano tra i capelli era indice del fatto che fossero lisci e setosi non faceva altro che aumentare il suo bisogno fisiologico di affondarci le dita dentro. E chiaramente non avrebbe mai potuto –né dovuto!- farlo.
«Era Emma» disse sicuro, senza pensare a riflettere ed entrare in quello stato di trance che era salvifico per entrambi. La Rossa sembrò concentrarsi per ricordare tutte le Emma alunne della scuola, ma una pulce nell'orecchio non accennava a scomparire.
«La tua compagna di stanza» sentenziò infine Scorpius e a Rose sembrò che il mondo le stesse crollando addosso.
Il suo corpo stanco, provato dai numerosi pasti che continuava a saltare, non sembrava in grado di reggerlo un secondo di più e la rossa necessitò di uno sforzo sovrumano per non lasciarsi andare allo shock e mantenersi vigile mentre la sua testa appariva improvvisamente troppo leggera.

N.d'A.
Sono stata crudele eh? Non potete dire che non vi ho avvertito, avevo lasciato qualche indizio sparso qua e là... Ve n'eravate accorti?
Comunque, il titolo del prossimo capitolo sarà "Cenerentola", di cosa tratterà secondo voi? Sono aperte le scommesse!
Luna Freya Nives

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Capitolo 36
*** Cenerentola ***


Cenerentola

Passi concitati si alternavano a borbotti sinistri in un anonimo corridoio di Hogwarts. La finestra incantata era spalancata e alcune goccioline di pioggia si infrangevano contro il pavimento anziché sbattere contro il vetro. Ormai tutto era pronto e ogni cosa sembrava andare per il verso giusto: non c'erano Prefetti o professori tra i piedi e il luogo isolato avrebbe permesso l'inizio di una nuova era per il Mondo Magico; la fine di una Purosangue avrebbe decretato l'avvento di un mondo migliore, puro, adatto alla convivenza tra maghi e babbani e aperto al dialogo.
Un mondo migliore per dei maghi migliori, bastava solo iniziare a radunare le truppe.

⊰·⊱

«Rose, sei proprio sicura?» domandò ancora una volta Scorpius, eccessivamente preoccupato per un piano che era stato lui a ideare.
«Certo, sono sicura e pronta: ho la mia bacchetta e la mappa di James» ripose la ragazza, mostrando al suo partner in crime -ormai era quello il loro nome in codice- rispettivamente l'una e l'altra mano.
«Io non credo sia una buona idea» rettificò nuovamente il biondo, continuando a percorrere la Torre di Astronomia in tutta la sua lunghezza.
«Scorpius, guardami» gli ordinò la ragazza, scrollandogli le spalle. Il gesto parve farlo rinsavire, e fissò i suoi intensi occhi azzurri in quelli nocciola dell'altra. Erano grandi e liquidi, quasi trasparenti, ma il gelo che parevano emanare era calore all'altezza del basso ventre per la Rossa, stupita di tutte quelle nuove emozioni che non era in grado di controllare e che avrebbe voluto eliminare per sempre.
«Andrà tutto bene, hai pianificato ogni cosa» lo rassicurò, senza riuscire ad evitare che la voce tremasse per un attimo. Ma Scorpius poteva capirla, si stava gettando a capofitto in un'impresa probabilmente mortale, in uno scontro con uno psicopatico che quasi certamente l'aveva inserita tra le sue vittime, rischiando la vita per lui che era inerme, controllore della scena dall'esterno.
«No senti, dobbiamo dire tutto al preside» riprese a camminare, passi lunghi ma svelti, a percorrere di nuovo l'intera Torre
«Ma sei impazzito?!» lo redarguì Rose, ormai convinta di ciò che stavano per fare. Dovevano andare immediatamente o non tutto sarebbe filato liscio come avevano programmato; purtroppo gli errori non erano stati previsti nella pianificazione.
«Andiamo, Emma è appena uscita dalla Torre di Grifondoro» disse dunque, osservando la mappa che James le aveva prestato, raccomandandole di tenerne molta cura e non senza evitare di farle qualche domanda inopportuna.
Seguirono le orme della sua compagna di dormitorio sulla mappa fino a quell'ala del castello in cui ultimamente finivano fin troppo spesso. Si appostarono un corridoio prima di Emma e la ragazza, a loro sconosciuta, che stava lì con lei. Sembravano in buoni rapporti, ma a un certo punto il vociare divenne concitato e volò qualche parola di troppo.
Fu in quel momento che a Rose cadde l'occhio sulla mappa e vide un gruppo di persone venire verso di loro. Appiattì Scorpius contro il muro, posandogli una mano sulla bocca per evitare che fiatasse, e si strinsero accanto all'armatura. Il gruppo li oltrepassò in fretta e in silenzio, senza accorgersi della loro presenza.
Il cuore le martellava nel petto, ma era il momento di andare dato che i primi incantesimi rimbalzavano tra le pareti ed erano visibili dal corridoio precedente sotto forma di una luce rossastra e verdognola.
Era Rose che doveva agire, cercare di capire le motivazioni, perché Scorpius sarebbe stato un bersaglio facile, un Purosangue da aggiungere alla lista di coloro che ormai non erano più un problema per il nuovo mondo che si voleva creare.
«Fermo!» urlò Rose all'uomo, il più alto tra tutti i presenti, che stava levando la bacchetta verso l'alto per scagliare un maleficio alla povera vittima. Non si ricordava il suo nome, confuso sulla mappa insieme a tutti gli altri, probabilmente Ember.
Tutti gli incappucciati, il volto coperto da pesante stoffa nera, si voltarono verso di lei.
Non erano sulla difensiva e non avevano le bacchette pronte, probabilmente non si aspettavano di dover prendere parte a qualcosa, dovevano esser semplici spettatori di qualcosa che, non se ne rendevano conto, era orripilante.
«Quello che stai facendo è sbagliato» tentò di nuovo, la bacchetta nascosta ma facilmente raggiungibile se le cose fossero precipitate.
«Ma cosa ne vuole sapere una ragazzina come te di cosa sia giusto o sbagliato» disse, il tono sprezzante diverso da quello con cui le si era rivolto durante la ronda, ma senza alterazioni magiche come quello al campo da Quidditch.
«Io forse non lo so» tentò la ragazza, appigliandosi a strascichi di discorsi che aveva provato e poi dimenticato, incapace di tenere a mente qualsiasi cosa in quel momento. «Ma i miei genitori hanno vissuto la guerra, e mi hanno insegnato che discriminare chi è diverso è sbagliato in qualunque caso» tentò il tasto dei genitori. Se era un vecchio compagno li avrebbe sicuramente ricordati, forse si sarebbe fatto convincere.
La sua risata profonda e roca riecheggiò tra le pareti del corridoio: crudele, profonda, la cui perfidia si acuiva ad ogni nuovo suono.
«I tuoi genitori... I salvatori del mondo magico!» esclamò allargando le braccia e aumentando il tono di voce, «Cosa ne sanno di come vive la gente normale!».
Era decisamente arrabbiato. La carta della guerra non era stata tra le più felici; Rose sentiva il cuore accelerare pericolosamente e la massa di ricci appiattirsi docili sotto le gocce di sudore che le stavano colando dal viso e dal capo. Era assolutamente in ansia, e mai come in quel momento avrebbe voluto la metà della loro fortuna, anche solo per salvarsi la vita.
Aveva sempre ritenuto che l'istinto di conservazione dei Grifondoro fosse alquanto opinabile, ma aveva anche creduto bene di escludersi da quella categoria di studenti che rischiano la vita per qualcosa di insensato come la sfida con i Serpeverde. Aveva tuttavia sottovalutato una situazione del genere, in cui ovviamente non aveva programmato di trovarsi, a sedici anni, da sola, con un Malfoy come unico complice. Andava oltre il suo immaginario comune.
Fu un attimo, le bastò vedere la bacchetta dell'uomo levarsi mentre egli osservava la vittima per scagliarsi addosso a lui con tutta la forza di cui fosse capace. Era una colluttazione corpo a corpo, babbana, ma lui sicuramente sarebbe stato più esperto.
A sorpresa, tutti i presenti corsero via in ogni direzione possibile e l'uomo si avvicinò alla finestra, scrollandosela di dosso per poi gettarsi di sotto. Nell'inutile tentativo di fermarlo, di impedire a quell'anima di privarsi della vita, Rose per poco non lo seguì nel volo che fece, ma si ritrovò tra le mani una scarpa e un lembo del mantello.
Le veniva da piangere perché era stato una vittima di sé stesso, ma quando Scorpius la raggiunse, preoccupato per la sua incolumità ma soprattutto per la sua sanità mentale -d'altronde l'aveva quasi vista defenestrarsi-, riuscì solo a mostrargli ciò che rimaneva.

N.d'A.
Vi siete lasciati ingannare dal titolo? Illusi! Cenerentola non è la sola a perdere la scarpetta a quanto pare. Tuttavia, questa non servirà a dare una principessa al regno bensì a chiarire un po' le idee...
Ormai siamo in dirittura d'arrivo, ve lo dico, mancano otto capitoli più l'epilogo, ma state tranquilli che le sorprese non sono finite, solo... non posso garantirvi che vi piaceranno 🙊
Luna Freya Nives

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Capitolo 37
*** A colloquio con il preside ***


A colloquio con il preside

La pianificazione della vita tiene conto di un 'pacchetto' di rischi piuttosto che calcolare le implicazioni di distinti segmenti di un comportamento rischioso. Prendere certi rischi nell'inseguimento di un dato stile di vita, in altre parole, è accettato per essere entro i confini dei 'limiti tollerabili' come parte del pacchetto complessivo.
Alcuni rischi, tuttavia, spesso non vengono nemmeno programmati. Nella pianificazione ci si dimentica di considerare certi aspetti della realtà che poi appaiono all'improvviso e a cui non riesci a sottrarti. Saranno i geni da eroe o da mangiamorte, ma prima o poi le conseguenze si presentano sfondandoti la porta di casa -o della Sala Comune, a seconda.
«Rose Weasley» la voce acuta del vecchio preside rimbombò tra le pareti rosso e oro della stanza in cui pochi studenti si era trattenuti, dato il sole splendente, «La prego di seguirmi nel mio studio». Il tono perentorio non ammetteva repliche e la ragazza si affrettò a seguirlo, mollando lì il pacchetto di cioccorane che aveva appena aperto.
Sapeva che quel momento sarebbe arrivato presto, d’altronde essersi trovati casualmente nello stesso corridoio della Voce e aver casualmente assistito alla sua defenestrazione non poteva passare inosservato agli occhi del preside. Peccato solo che, quando i docenti erano accorsi sul luogo, non c’era alcuna traccia di un cadavere.
In effetti, Rose avrebbe dovuto immaginarlo prima di rischiare di cadere di sotto, doveva essere un mago quantomeno abile per essere riuscito a intrufolarsi nella scuola, dunque era escluso che non avesse utilizzato qualche incantesimo per rallentare la caduta e salvarsi in extremis. Tuttavia, nemmeno i Tiratori Scelti erano riusciti a venire a capo di quel mistero.
L'ufficio del preside era lo stesso da sempre, solo con qualche quadro in più. Colmo di libri alle spalle della scrivania e oggetti di varia e talvolta dubbia utilità sparsi sui tavolini qua e là; le due poltrone erano occupate dal professor Paciock e dal professor Lumacorno, rispettivamente direttori dei Grifondoro e dei Serpeverde. Dietro quest'ultimo Scorpius stava in piedi e rivolse uno sguardo di sbieco a Rose mentre il professor Vitious prendeva posto sulla sua poltrona dorata.
«Signor Malfoy, signorina Weasley» esordì, soffermandosi ad osservare entrambi da sotto gli occhiali tondi che indossava, «Voi siete sicuri di aver detto la verità ai Tiratori Scelti?» domandò inquieto, sistemandosi meglio.
«Certo» esordì Scorpius, il tono di menzogna mascherato al meglio.
«Perché avremmo dovuto mentire?» gli diede man forte Rose, ripetendo a mente la versione dei fatti che avevano propinato ai Tiratori Scelti.
«Dati i precedenti dei vostri genitori» e qui si soffermò ad osservare per un momento anche il professor Paciock, «Mi chiedevo se ci fosse qualcosa che voleste dire a noi, in confidenza» concluse, un sorriso amichevole di chi la sa più lunga di quanto dovrebbe dopo essere sopravvissuto a due guerre magiche.
Rose e Scorpius ci pensarono alcuni istanti, confermandosi con lo sguardo la volontà di rendere partecipe anche il preside di ciò che stavano provando a sventare.
«Beh, in questo caso...» esordì Scorpius, incitando poi Rose a completare il discorso. Avevano svolto delle indagini, di cui si era occupata principalmente Rose, e dunque era giusto che fosse lei ad esporre la propria teoria.
«Quando io e Scorpius ci siamo ritrovati, del tutto casualmente, in quel corridoio» esordì la ragazza, mentre uno strano luccichio di comprensione animava gli occhi del preside, «E abbiamo visto che c'erano altre persone, probabilmente studenti, incappucciati, insieme a lui» la interruppe Scorpius, rimarcando quel particolare che avevano fatto presente anche alla Polizia Magica.
«Abbiamo pensato che quella situazione potesse essere pericolosa per tutti i presenti» continuò ancora Rose, bloccando con lo sguardo Scorpius che sembrava voler aggiungere qualcosa a proposito del pericolo per la sua incolumità, come ci teneva a precisare ogni qual volta la vedeva girovagare per il castello in solitudine.
A nulla erano serviti tutti i rimbrotti di lei, che rifiutava di trascorrere tutto il tempo a disposizione in compagnia di qualcuno, soprattutto da quando aveva scoperto che la sua compagna di dormitorio, la sua amica, era coinvolta. Ember aveva naturalmente fatto il nome di Emma, ma la ragazza sembrava sparita nel nulla e in pochi erano a conoscenza della corretta versione dei fatti.
«Quindi ho cercato di impedire a quell'uomo di scappare e gli ho strappato un pezzo di mantello e la scarpa» spiegò ai presenti, increduli del fatto che dei particolari così importanti potessero essere stati nascosti agli agenti.
«Rose, ma ti rendi conto di quello hai fatto?! Hai privato i Tiratori Scelti di prove fondamentali!» s'intromise Neville per la prima volta, paonazzo in volto e con un’espressione corrucciata che non si addiceva ai suoi lineamenti docili.
«No! Quando sono venuti a fare i rilievi glieli abbiamo consegnati!» esclamò Scorpius sulla difensiva, mentre Rose era rossa in viso e incapace di parlare. Per lei il parere del professor Paciock era fondamentale, e percepire la delusione proprio nei suoi lineamenti contratti doveva esser stato una specie di colpo basso per la ragazza, già provata dagli ultimi eventi accaduti.
«Allora perché non ci sono state comunicate delle novità sulle indagini?» domandò il professor Lumacorno, stranamente sobrio e perfettamente vigile e cosciente.
«Perché non capiscono la portata delle prove che gli abbiamo fornito!» replicò Scorpius, la voce leggermente più alta del dovuto indice della crescente arrabbiatura.
Il professor Paciock scosse la testa mentre il preside osservava la scena in silenzio, spostando lo sguardo dai due ragazzi al vuoto dietro di loro, come a voler cercare una risposta a tutti gli interrogativi insoluti di quella questione.
«Sotto la scarpa c'erano dei rametti» esordì nuovamente Rose, la voce ferma e lo sguardo deciso, con gli occhi puntati in quelli del preside quasi a volerli inchiodare per evitare che potesse contraddirla. Era il modo in cui la ragazza si portava all'ordine, ristabiliva il normale corso degli eventi in maniera razionale ed elaborava le dovute riflessioni sull'accaduto.
«Prima di consegnarla agli agenti ne ho preso uno ed ho fatto una ricerca di biblioteca. Si trattava di un giacinto, e nel Northampshire c'è un villaggio, popolare meta di turismo babbano proprio per i giardini e i boschi dove fioriscono questi giacinti» concluse la prima parte del discorso senza sbattere le palpebre e riprendere fiato, incapace di distogliere l'attenzione dal suo obiettivo principale.
«Il pezzo di stoffa era di un velluto pregiato, di quelli che si utilizzano per fare i mantelli su misura, dunque il proprietario proviene da una famiglia benestante» continuò Scorpius, molto più esperto della sua partner-in-crime in quel frangente.
«Un ex studente di questa scuola, Nato Babbano, proviene da una famiglia benestante del Northampshire. Secondo noi fu anche pietrificato dal basilisco, così come mia madre e altre studentesse» esplicò Rose, il cui compito era quello di rivelare l'identità del sospettato al fine di far giungere alle orecchie di Tiratori le loro teorie.
«Justin Finch-Fletchley» sentenziò lapidaria, attirando su di sé gli sguardi stupiti di un suo vecchio compagno di scuola e del suo vecchio insegnante di Incantesimi.
«Avete mai pensato di fare gli Auror?» domandò allora Lumacorno, da sempre inopportuno e particolarmente incline a battute del genere, facendoli sorridere entrambi, soddisfatti del servizio che stavano recando alla comunità.

N.d'A.
La frase iniziale -"La pianificazione . . .  pacchetto complessivo"-  è di Anthony Giddens.
Beeene, è rivelata l'identità dello psicopatico. Spero che non vi sia sembrata una scelta scontata e soprattutto che sembri coerente con gli indizi disseminati qua e là.
La storia comunque non finisce qui, manca ancora in gran finale, per cui ho riservato delle chicche che mi hanno fatto letteralmente esaurire per riuscire a incastrate tutto... Inoltre, abbiamo diverse questioni irrisolte da sistemare, if you know what i mean!
Luna Freya Nives

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Capitolo 38
*** Gelosi marci ***


Gelosi marci

Il castello di Hogwarts s'innalza impetuoso tra le Highland scozzesi, ideato per resistere alle forti intemperie esterne e per permettere a giovani maghi e streghe di crescere insieme a propri simili, non solo dal punto di vista magico ma anche dal punto di vista spirituale.
Essere sottratti ai propri genitori per nove mesi l'anno dall'età di undici anni può creare una ferita difficilmente arginabile, ma l'intero personale si impegna affinché gli studenti vivano la loro permanenza ad Hogwarts nel miglior modo possibile.
Nel castello si insegna non solo a difendersi dalla Arti Oscure, a fare incantesimi e trasfigurare oggetti; si impara anche a convivere, ad adattarsi per il bene comune, si sperimenta la lealtà e si instaura l’amicizia più profonda -e, perché no, talvolta anche qualcosa in più.
La crescita spirituale ed emotiva si accompagna al susseguirsi delle stagioni: al manto di foglie rosso sangue che vengono ricoperte dalla neve candida, agli alberi in fiore che riconquistano i loro colori sotto il primo sole, al verde accecante che risplende intorno al lago cristallino che li saluta in giugno e li riaccoglie in settembre.
La magia di Hogwarts, in quel caso, ha poco a che fare con i poteri magici, è bellezza pura ed eterea che nessun incanto potrebbe eguagliare, è naturale. L'immenso parco all'esterno, insieme alla Foresta Proibita, alla fine di aprile rinvigorisce: le fronde si acquietano, placano il loro eterno agitarsi per rivestirsi d’un abito rigoglioso, impreziosito dalle rocce spendenti come perle, dando vita ai primi fiori a maggio, orpelli colorati in quell’immensa distesa verde.
Rose aveva vissuto già cinque primavere ad Hogwarts, e la sesta -quella che si apprestava ad osservare, con maggio alle porte- sarebbe sicuramente stata la più eccitante e al contempo sconvolgente.
Se il primo settembre 2016 qualcuno le avesse detto che, durante il suo sesto anno, avrebbe avuto a che fare contro un ex compagno di scuola dei genitori, psicopatico e razzista, probabilmente sarebbe morta dal ridere e avrebbe sbandierato ai quattro venti l'impossibilità di qualsivoglia collaborazione tra lei e quel presuntuoso di un Malfoy.
Eppure, erano proprio loro due che camminavano insieme per i corridoi del castello, discutendo degli ultimi sviluppi e delle strillettere che avevano ricevuto dalle madri per essersi cacciati nei guai, seguite ovviamente dai vivissimi complimenti dei rispettivi padri.
Ron e Draco potevano essere quanto più diversi sotto ogni punto di vista, ma di certo condividevano il costante bisogno di approvazione che, in differenti situazioni, li aveva accompagnati per la maggior parte della propria vita. Era un aspetto del proprio carattere che entrambi avevano cercato di nascondere e di non trasmettere alla progenie, per cui ogni occasione era buona per donare ai loro ragazzi la visibilità che essi stessi avevano tanto anelato, finendo poi per invischiarsi in situazioni molto più grandi di loro.
«Hai visto? L'agente Thompson si è preso tutto il merito per le indagini!» esclamò orripilato Scorpius indicando alla sua compagna un articolo della Gazzetta del Profeta su cui capeggiava la foto del suddetto agente, un uomo impettito che dispensava sorridi all’obiettivo mentre esplicava il modo in cui aveva condotto le indagini e che l’aveva condotto al colpevole.
«Sai che ti dico, Scorpius?» rispose la ragazza, il viso incredibilmente tranquillo e rilassato dopo che il preside aveva informato gli agenti dei loro sviluppi, dato che quell'incompetente non era stato in grado di fare nulla, «Non mi interessa minimamente!».
«Ti immagini un'altra intervista? Avrei potuto Schiantare quell'idiota su due piedi» esclamò il ragazzo mentre Rose rideva di gusto, le labbra incurvate e quel suono cristallino che rimbombava tra le pareti del corridoio che stavano percorrendo.
Avevano legato molto, potevano quasi definirsi amici, anche se nessuno aveva compreso in quale momento i loro battibecchi erano divenuti amichevoli prese in giro. Forse lo erano sempre stati, nascosti sotto penetrabili strati di pregiudizi e pungente ironia. O forse era stata la loro improvvista e indispensabile vicinanza a far crollare strati e strati di indisponenza.
Forse questo era meglio non condividerlo con Albus o si sarebbero ritrovati fiori d’arancio nei rispettivi dormitori in men che non dica.
Eppure c'era qualcosa di indicibile, nascosto nel profondo dei loro animi, che non riuscivano ad esprimere. Un sentimento troppo forte e particolare per essere compreso da due sedicenni alla scoperta del mondo, al contempo esplosivo e fluido, distruttivo e volenteroso di creare qualcosa in più, come un'eruzione che crea un cono vulcanico oppure un vulcano lineare che si estende lentamente, un po' per volta. 
Questo era decisamente meglio tenerselo per sé, non solo per l’agenzia matrimoniale che Al avrebbe messo su, ma anche perché fare paragoni con ossimori e vulcani non era esattamente qualcosa da sbandierare ai quattro venti assieme alla dignità perduta e alla sanità mentale mai avuta.
«Avremmo potuto legarla, imbavagliarla e farla sparire come due 007» improvvisò Rose, bloccandosi in mezzo al corridoio con gli occhi scuri lucidi e ambrati per le risate eccessive. Solitamente era una ragazza controllata, nevrotica ma controllata, che non si abbandonava a emozioni troppo forti, ma ridere con Scorpius la faceva sentire leggera.
Nell'ultimo anno era cambiata molto, come se la sua personalità avesse risentito dell’influenza di una persona controllata -controllata sul serio, non come lei- e la sua compagnia avesse giovato ai suoi nervi solitamente tesi.
«Due cosa?!» domandò il ragazzo, ignorante in tutto ciò che riguardava il mondo babbano dato che era stato cresciuto ed educato come un perfetto Lord purosangue.
«Agente 007. Sono gli Auror babbani solo che agiscono in incognito, e questo è il protagonista di moltissimi film» spiegò, mimando con le mani una pistola e portandosela alle labbra nel tentativo di imitare uno dei suddetti agenti in una delle pose più famose.
Scorpius rise della sua idiozia, osservandola compiere un paio di passi all'indietro con aria furtiva e reprimendo il desidero di afferrarla per poterla stringere tra le braccia, inalare quel suo profumo d’inchiostro e baciare quelle labbra con cui stava soffiando sulle dita.
«Rose atten-» provò a chiamarla, invano, senza riuscire ad evitare che sbattesse contro un’armatura e ruzzolasse tra le braccia di un ragazzo corvino. Scorpius gli rivolse un'occhiata sprezzante non appena lo riconobbe, ma Rose gli stava già sorridendo a trentadue denti.
Adesso non aveva più molta voglia di scherzare con lei, dal momento che aveva arricciato le labbra in un sorriso luminoso tutto dedicato al bastardo. In effetti avrebbe tanto voluto scuoterla per un braccio e tirarla via per farla rinsavire e magari sferrare un pungo all’idiota che continuava a sorriderle come l’idiota che era.
«Scusami, Colin» disse la ragazza, aiutata da lui a rimettersi in piedi. Le guance le si erano tinte di un vivace rosso fuoco quando le mani del ragazzo, saldamente posizionate sul fianco e alla base della schiena l'avevano aiutata a rialzarsi, indugiando fin troppo oltre il consentito per i gusti di Scorpius.
«Nessun problema» replicò lui, sorridendole con quell’aria affabile da cavaliere, senza dar segno di aver notato il biondo a pochi passi da loro che li guardava furente, scoccando dardi infuocati dagli gelidi.
Il problema, stava cercando di autoconvincersene, era che Colin nascondeva qualcosa. Era stato beccato a bazzicare in un corridoio solitamente deserto, era diventato il fidanzato di Dominique in un tempo eccessivamente record anche per lei ed era il sospettato perfetto proprio perché, all'apparenza, era uno studente qualunque, anche se con i giusti collegamenti.
Doveva per forza nascondere qualcosa.
«Canon!» una voce alle sue spalle lo riscosse, facendogli irrigidire la schiena e togliere le sue manacce di dosso a Rose, ma il suo sorriso non vacillò neanche per un'istante, finto come doveva essere.
Seline Goth, la più temuta caposcuola di Hogwarts dacché ricordassero gli studenti di quegli anni, li aveva affiancati, rivolgendo a Scorpius un sorrisetto amichevole nonostante non fossero così in confidenza. Lui ricambiò, anche se non comprendeva da dove scaturisse la sua gentilezza -ed era risaputo che Seline Goth non facesse nulla per nulla, finanche rivolgere la parola a qualcuno.
Dopo l'episodio al campo di Quidditch gli aveva sempre riservato un trattamento speciale, talvolta facendogli saltare le ronde -come sull'Hogwarts Express- e Scorpius aveva etichettato quel gesto come solidarietà tra compagni di Casa, ma non tutti erano ottusi come lui.
Rose osservava la scena e ne risultava seccata perché più passava il tempo più si rendeva conto che la gelosia nei confronti di Seline, del mondo in cui riusciva a farsi accettare e rispettare da tutti, del suo modo di apparire sempre impeccabile, della sicurezza che emanava anche solo camminando a testa alta nei corridoi, cresceva sempre di più.
Dispensava sorrisi amichevoli a Scorpius da sei mesi a quella parte e passava molto più tempo del dovuto con lui, come se volesse fare un affronto personale a lei, che tra l’altro non le aveva mai fatto nulla. Inoltre, suo cugino Albus la venerava manco fosse stata una dea, dunque riteneva più che giusto nutrire quel profondo astio nei suoi confronti.
Entrambi osservarono l'improbabile coppia Serpeverde-Corvonero allontanarsi confabulando fitto fitto finché non furono spariti dietro l'ennesimo corridoio di quel labirintico castello.
I due evitarono di guardarsi dritto in viso per non far scoprire all’altro il livore che gli avvelenava lo stomaco, facendogli contorcere i visceri e bruciare la gola dalla rabbia, ma si spiarono con la coda dell’occhio per non perdersi ogni reazione dell’altro, pur rimanendo ciechi nei confronti di quel sentimento che li accomunava.
«Sai, Weasley, non dovresti fare gli occhi dolci al ragazzo di tua cugina» esordì Scorpius, sempre senza degnarla di uno sguardo, osservando un punto fisso nella parete rocciosa davanti a loro mentre una nota ironica e quasi spregevole rendeva quelle parole pungenti come squame di un ungaro spinato.
«Fatti i fatti tuoi, Malfoy» fu la risposta secca e quasi atona di Rose, che lo abbandonò lì, immobile e statuario in quel corridoio, ripercorrendo la strada da cui era venuta con una morsa al basso ventre e le palpebre contratte dalla rabbia.

N.d’A.
Mi odiate, vero? Non è colpa mia, hanno fatto tutto da soli! Lo so lo so, dovrebbero proprio parlare di ciò che provano… ma non sarebbero Rose Weasley e Scorpius Malfoy se non fossero estremamente orgogliosi e tremendamente complicati. In fondo so che li amate proprio per questo! Comunque, non disperate perché nel prossimo capitolo ci sarà un confronto, ma sugli esiti non garantisco
Ricordo che mi trovate sempre su instagram come @flyerthanwind_, lì ci saranno estratti, aestetich, domande ai personaggi e un po' di disagio importato direttamente dalla sottoscritta ahahah
Luna Freya Nives

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Capitolo 39
*** Le piccole cose ***


Le piccole cose

Il sole, alto nel cielo terso, illuminava debolmente il grande parco di Hogwarts, rendendolo più popolato; maggio era iniziato, così come i primi fiori che avevano colorato qualche albero qua e là e reso più caloroso l'ambiente.
Gli esami erano sempre più vicini e gli studenti affollavano la biblioteca nel tentativo di recuperare le ultime materie. Per chi aveva i GUFO o i MAGO il ripasso era iniziato già da tempo, ma gli altri scolari si riducevano a studiare tutto nell'ultimo mese.
Il Lago Nero era circondato da alunni che tentavano di studiare sulla riva, tra le sonore risate di coloro che ancora non avevano iniziato il ripasso e si godeva il tiepido solo sulla pelle candida. Rose aveva difficoltà a studiare in mezzo al caos, e comunque nelle ore di punta suo cugino prenotava sempre il campo da Quidditch per gli allenamenti: era convinto che farli allenare quando tutti gli altri studiavano gli avrebbe reso più facile sia giocare che studiare poiché avrebbero avuto molte meno distrazioni, e per certi versi non si sbagliava nemmeno.
«Rose, sapevo che ti avrei trovato qui» disse una figura biondina entrando trafelato nella Torre di Astronomia e trovando la Rossa raggomitolata nell'angolino più angusto.
«Che vuoi, Malfoy?» domandò astiosa, nervosa a causa del solito incantesimo che le aveva creato e continuava a crearle non pochi problemi. Non era stata abituata a dover ritentare più volte un colpo di bacchetta affinché le riuscisse alla perfezione, ma il sesto anno aveva messo a dura prova le sue abilità.
«Il preside vuole vederci più tardi» sentenziò il ragazzo, abituato ai suoi toni forti e consapevole di non aver fatto nulla. Immaginava fosse solo arrabbiata a causa di chissà cosa e, come al solito nell’ultimo anno, usasse quei toni burberi nei suoi confronti per scaricare la tensione.
«Rosie» le disse, cercando di risultare il più dolce possibile per non alterarla maggiormente. Le aveva poggiato una mano gelida sulla sua, stretta intorno all’impugnatura della bacchetta, e gliel'aveva abbassata per portarla a farsi guardare negli occhi, ma Rose era arrossita e si rifiutava di alzare lo sguardo.
«Hai visto Emma?» le domandò con lo stesso tono, tentando di non essere crudele e non urtare la sua sensibilità.
Emma era, tra le sue compagne di dormitorio, quella con cui aveva legato maggiormente, e pensare che stava dalla parte dei cattivi era stato devastante. Rose era di dura cervice e Scorpius era convinto che determinazione e testardaggine l'avrebbero portata molto lontano in futuro, ma in quel determinato frangente tutto ciò di cui lei aveva bisogno era parlare. Si sarebbe accontentato anche solo di sentirla insultare Emma, dire qualche sciocchezza oppure ridere -ma ridere per davvero, non quelle smorfie con le labbra arcuate che rifilava ultimamente ai suoi cugini per tranquillizzarli sul suo stato d’animo; gli esami si avvicinavano e lui temeva che ci arrivasse con la testa da tutt'altra parte, compromettendo la sua carriera scolastica.
«Si rifiuta di parlare e in più è sotto stretta sorveglianza» spiegò la ragazza, alzando il capo poiché si era riscossa. Aveva sperato, per un momento, che Scorpius volesse parlare di qualcosa che non fossero le loro indagini, ma si era sempre ritenuta una povera illusa. Il loro legame si era rafforzato, era innegabile, ma a quanto pareva solo da una parte: se metà di una corda è solida mentre l'altra metà è vecchia e consunta, la corda si spezza più facilmente.
«E tu avresti qualcosa da dirle?» la incitò il ragazzo osservandola attentamente, focalizzandosi su tutti quei piccoli dettagli che la rendevano unica: la bocca, leggermente dischiusa, con le labbra rosee arricciate un'espressione di perenne stupore; il naso, contornato di lentiggini, era rosso a causa del freddo; le sopracciglia, definite senza essere arcigne, le conferivano uno sguardo sognante ma determinato; e gli occhi, quegli occhi che tanto adorava, di un colore nocciola che si mischiava al sole per farli divenire dorati e caldi, dolci e glaciali anche in un sola espressione.
«No» sentenziò Rose perentoria, senza un accenno di tremolio nella voce.
La fermezza era la sua arma letale, ma Scorpius aveva imparato a comprendere i momenti in cui avrebbe semplicemente voluto essere salvata. Le pupille dilatate parevano volerle inondare le iridi proprio come il giorno del compleanno di James, quando l'aveva idealmente salvata da Devies e lei l'aveva ringraziato, addormentandosi poi su di lui. Quella notte si era ubriacato del suo profumo di inchiostro ed era rimasto inebriato dalla sua immagine, svegliandosi stordito ma incredibilmente felice, come un gigantesco post sbronza ma senza mal di testa, nausea, mancamenti e tutte e altre cose negative.
«Io avrei qualcosa da dirle» tentò di non lasciar cadere il discorso, con ottimi risultati. Rose, il cui capo era ritornato basso, si era riscossa all'improvviso e aveva preso a scrutarlo con quel suo sguardo curioso e interrogativo, paragonandolo in quel modo a uno degli argomenti che tanto la affascinavano.
«Vorrei insultarla pesantemente, innanzitutto» scherzò, aprendosi in un sorriso che riuscì a coinvolgere anche la ragazza. Bastava distoglierla dai suoi pensieri per farle tornare il sorriso, anche parlando di questioni attinenti a ciò che la faceva tanto dannare.
Era una ragazza stramba, Scorpius ne era sempre più convinto, ma era altresì convinto che sarebbe stato difficile dimenticarsi di lei.
«Io vorrei chiederle perché» disse a sorpresa Rose, un sorriso amaro a incurvarle la labbra e gli occhi completamente assorti nella contemplazione del pavimento. Stava riflettendo, cercava di ricordare i motivi per cui Emma avrebbe dovuto prendersela con i Purosangue, ma non ricordava particolari episodi in cui era stata presa di mira. Non riusciva in alcun modo a spiegarsi il suo comportamento, a cercare una sorta di attenuante per qualcosa che poi, alla fin fine, è talmente insensato da non necessitare di alcuna giustificazione.
«Zio George ha perso un orecchio durante la guerra» iniziò il racconto, suscitando la curiosità di Scorpius, che conosceva la storia da altri punti di vista -quello di suo padre e dei libri.
«Mia madre è stata torturata, ha fatto dimenticare ai suoi genitori chi fosse per proteggerli; mio padre ha pianto la morte di un fratello troppo giovane durante la guerra. Hanno combattuto per degli ideali, contro il razzismo e contro le distinzioni, e adesso un pazzo psicopatico vuole far credere a noi che i Nati-Babbani sono superiori, che dovrebbero essere una casta privilegiata. Vuole farci credere zio Harry, Teddy… siano cresciuti orfani invano, che Neville abbia due genitori che semplicemente hanno dato di matto -fece un pausa, alzando il tono- e che tutti gli studenti che sono morti per difendere Hogwarts erano dei falliti. No, io non ci sto» concluse in un crescendo con una lacrima fastidiosa che solcava la guancia e l’ammasso informe di ricci color fiamma che tentavano di nasconderla agli occhi attenti del suo interlocutore.
Scorpius era rimasto colpito dal suo discorso, quasi inconsapevole che anche lei potesse provare del risentimento verso persone che non aveva mai conosciuto ma che avevano interferito nella vita dei suoi genitori. Credeva che la rabbia fosse una prerogativa dei vinti, di coloro che si trovano a subire gli eventi senza effettivamente riuscire a fare qualcosa per cambiare il corso della storia, invece dovette ricredersi riconoscendo come anche i vincitori non fossero inattaccabili anime pure.
Si chinò su di lei senza fretta, accovacciandosi ai suoi piedi per essere alla sua altezza e asciugarle una lacrima con la manica del maglione, salvo poi indugiare sulla sua guancia rosea e morbida con una carezza di conforto. Non osò spezzare quel complice silenzio che si era creato, si limitò ad inalare profondamente il profumo d’inchiostro di cui la sua pelle era impregnata, beandosi del suo respiro regolare e dei suoi capelli che gli solleticavano il dorso della mano.
«Ci vediamo in Sala Grande» la salutò, uscendo dalla stanza per lasciarle la privacy di cui aveva bisogno per piangere in pace e sfogarsi come avrebbe dovuto fare molto tempo prima, magari accanto al caminetto di casa o sul letto del suo dormitorio, in compagnia delle persone che amava più al mondo.
Eppure, Scorpius non avrebbe mai potuto immagine che Rose, in quella Sala Grande, non ci sarebbe mai arrivata.



N.d’A.
Va bene, sì, a questo punto potete anche uccidermi, ma sappiate che ho fatto le valigie e sto per fuggire in Alaska. Proprio in Alaska, sì, in mezzo ai ghiacci e alla mia amata neve, dove i vostri insulti non potranno raggiungermi ahahaha Inoltre, se mi uccidete, non potrete avere il nuovo capitolo, quindi… a voi la scelta!
Mancano cinque capitoli più l’epilogo, ormai siamo al capolinea, per cui cercherò di essere più veloce possibile negli aggiornamenti (università permettendo), e poiché non sono troppo lunghi diciamo che provo ad aggiornare ogni tre/quattro
giorni, ma non prometto nulla di assolutamente certo purtroppo.
Se ci tenete a insultarmi ancora vi ricordo che potete seguirmi su instagram (flyerthanwind­_), vi lascio un apposito box nelle storie così da poter conservare anche lì le vostre reazioni ahahah
Adesso mi dileguo sul serio prima che riusciate a scovarmi anche il mio rifugio in Alaska, adieu
Luna Freya Nives

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Capitolo 40
*** Guess who isn't back ***


Guess who isn't back

Per le mura del castello di Hogwarts, udire gli studenti piangere è quasi una routine. Molteplici sono i ragazzi che si rifugiano in corridoi deserti, aule vuote o cunicoli dei bagni per non essere visti dai propri coetanei, timorosi di incorrere nel loro giudizio o nelle loro vessazioni.
Piangere è un buon modo per sfogarsi: è utile per combattere le proprie insicurezze, per affrontare le angosce e farsi coraggio, scaricare la tensione e prepararsi a ciò che è necessario fronteggiare, gioire davvero per qualcosa di estremamente bello o lasciare che il dolore fluisca fuori dal cuore attraverso stille trasparenti dagli angoli degli occhi.
Attendere che le lacrime solchino il viso provoca un senso di liberazione assoluta, come se con esse possano essere eliminati tutti i sentimenti contrastanti che opprimono gli animi insicuri dei ragazzi, alleggerendoli dal peso che si portano dentro.
Piangere non è mai indice di debolezza. Ma Rose Weasley non piangeva.
Rose odiava essere scossa dai singhiozzi e tremare fino a sentire il respiro mozzarsi, ritrovarsi tutti i capelli appiccicati alla faccia in un tripudio di fiamme ed efelidi, gli occhi lucidi che appannavano la vista, doversi ricomporre e rendere presentabile perché non era quello il comportamento che si addiceva a una Weasely forte come lei.
No, le ragazze forti non piangono, resistono, stringono i denti, ringhiano e graffiano e combattono contro tutto ciò che tenta di sopraffarle; non si arrendono neppure dinanzi alle lacrime.
Nemmeno quella volta Rose pianse, sulla Torre di Astronomia. Semplicemente attese che il tempo passasse e portasse via con sé quell'ingombrante groppo che si era ancorato alla sua gola; solo quando fu certa di essersene liberata mise piede fuori dalla Torre.
Un paio di passi concitati le arrivarono alle spalle, ma non ebbe il tempo di voltarsi che si ritrovò circondata. Tante paia di braccia la toccavano da ogni parte e cercavano di impedirle il movimento, ma lei si dimenava tremendamente. Il suo viso era quasi pieno di graffi e i suoi denti erano finiti impressi sui palmi di coloro che avevano provato a impedirle di strepitare, mentre le sue gambe continuavano a scalciare qua e là come le braccia, intente a colpire il maggior numero possibile di corpi, instancabile.
Si domandò il motivo per cui non fosse stata paralizzata da un incantesimo, distraendosi giusto il tempo di colpire qualcuno che aveva momentaneamente perso l’equilibrio prima che delle dita per poco non la rendessero cieca, colpendola sugli occhi e facendole perdere la lente a contatto che le rendeva la visuale nitida. Stava per urlare ancora più forte di quanto aveva fatto fino ad allora quando si scoprì incapace di muovere qualsiasi muscolo, le palpebre serrate e il corpo statico, e cadde come corpo morto cade.

 
⊰·⊱

Scorpius aveva aspettando l'entrata trionfale di Rose in Sala Grande da più di un'ora, e ad un certo punto aveva persino pensato che fosse andata dal preside senza di lui. Quando però il professor Vitious, giunto per la cena, gli aveva riservato un'occhiata che la diceva lunga su quanto la ramanzina che gli avrebbe rifilato non sarebbe stata piacevole, aveva capito che qualcosa non andava.
Era tornato indietro alla Torre di Astronomia per vedere se fosse rimasta lì, decidendo di saltare la cena e rifugiarsi in un luogo in cui poter essere debole senza occhi indiscreti attorno; l'aveva cercata alla Torre di Grifondoro, supponendo che fosse corsa a confidarsi con uno a caso dei suoi cugini, ma nessuno sembrava averla vista lì da quando, nel primo pomeriggio, era passata a posare alcuni libri per prenderne altri; era corso al campo da Quidditch immaginando un allenamento improvvisato e persino alla guferia, ma di lei non c'era traccia.
Decise che quella sera non sarebbe andato da Vitious poiché, da solo, non aveva nulla da dirgli, anche se ciò avrebbe voluto dire beccarsi una grande strigliata non solo da lui, ma anche dal Direttore della propria casa. Di certo Rose gliel’avrebbe pagata per quel colpo basso, non poteva decidere di sparire nel nulla proprio quando il preside li convocava.
Tornò esasperato e infreddolito nei sotterranei, nervoso perché quella specie di testa rossa gli aveva dato buca per chissà quale motivo e chissà dove si era cacciata, probabilmente scortata da qualche cugino -magari quella serpe di Al- che aveva il compito di tenerla lontana dalle domande indiscrete degli altri studenti.
Si lanciò sul letto sbuffando sonoramente nonostante nessuno potesse sentirlo e si stupì di non averlo notato immediatamente: un frammento di pergamena era adagiato sul suo cuscino, in parte mimetizzato con la stoffa candida, e gli solleticava l'orecchio. Lo prese alla svelta, domandandosi perché uno dei suoi compagni avrebbe dovuto lasciargli un biglietto sul letto, e rabbrividì leggendo quella cantilena.
È il posto in cui devi andare
Se la tua cara amica voi trovare
L'interruttore ti può aiutare
Dove mai potrà stare?

Scorpius boccheggiava. Non aveva assolutamente idea del luogo in cui poteva trovarsi quella sprovveduta, ormai sicuramente nei guai fino al collo, e aveva terminato gli insulti per definirla mentre entrava bellamente nel panico.
A quel punto, il colloquio con Vitious era l'unica speranza.
Prima di andare da lui, tuttavia, decise di tornare alla Torre, speranzoso circa la sorte di Rose e certo che, se ci fosse riuscita, avrebbe senz’altro lasciato qualche indizio -mollichine di pane da seguire come in quella fiaba babbana di cui una volta aveva sentito parlare. Si sarebbe accontentato anche di qualcosa di incomprensibile, scritto in rune antiche o nella lingua elfica -che poi gli elfi che lingua parlavano?- purché gli facesse comprendere in quale anfratto era finita.
Se ci fosse stato qualcosa, qualunque cosa, sarebbe stata la prova che le sue facoltà mentali erano ancora ottime, che era vigile e, dunque, era in grado di difendersi nonostante la situazione di pericolo.
Le gambe quasi si muovevano da sole, senza che il cervello desse loro l'impulso, per tutte le volte che vi era andato, e in quel momento si sentiva angosciato perché ogni volta era stato per lei. Ormai la Torre era il loro rifugio, il loro porto sicuro, il luogo in cui lasciarsi andare, e il timore che Rose potesse essere stata aggredita proprio lì gli faceva accapponare la pelle, oltre a stringergli il cuore in una morsa dolorosa.
I polmoni necessitavano di immagazzinare aria, indi per cui si fermò sulla soglia delle scale, piegandosi in basso con le ginocchia sui gomiti per favorire la respirazione. Non avrebbe mai pensato che, per una pura casualità, avrebbe trovato qualcosa di estremamente importante.
Abbandonata a terra, in parte mimetizzata con il pavimento, visibile solo ad un particolare riflesso della luce che si infrangeva sulla retina dell’osservatore, una lente a contatto si stava impolverando.
Scorpius si fiondò su di essa come fosse stata l'ultimo pasto disponibile, l'ultima goccia d'acqua sulla faccia della terra dopo un infinito periodo di siccità, e in un certo senso era così. Quella lente a contatto rappresentava l'unico legame con Rose, l'unica ancora di salvezza, l'ultima testimonianza della presenza di Rose in quel posto, anche se molto tempo prima. Il fatto che fosse stata abbandonata lì, in mezzo alle scale, poteva significare solamente che lei era uscita dalla Torre per raggiungerlo, stava per andare da lui ma era riuscita ad arrivarci perché era stata sopraffatta, e Scorpius poteva solo immaginare da chi.
Custodì quell'arma letale tra le dita affusolate e riprese la sua folle corsa, desideroso di vedere il preside il quel momento come non era mai stato in tutta la sua carriera scolastica. Si precipitò ai piedi della scalinata dell'ufficio e fece un tale baccano che fu egli stesso a scendere, nonostante il Gargoyle all'entrata gli avesse impedito di entrare in quanto non era a conoscenza della parola d’ordine.
Non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca che si fiondò su lui, quasi aggredendolo verbalmente con tutte le informazioni che necessitava di comunicargli nel minor tempo possibile.
«Si calmi, signor Malfoy» tuonò l'ometto con un tono grave che Scorpius era certo di non aver mai udito, nemmeno nella peggiore delle situazioni in cui si era cacciato.
«Mi mostri la pergamena e la lente» ordinò, testimoniando la sua comprensione e aspettandosi di ricevere la lente di normalissimi occhiali. A una seconda occhiata si accorse che il ragazzo non aveva intenzione di levargli quella cosetta dalle mani, per cui doveva essere importante.
«Cos'è?» domandò, scrutandola meglio senza tuttavia riuscire a comprenderne l'utilità.
«Una cosa babbana, si usa al posto degli occhiali. Rose me ne aveva parlato una volta così aveva cercato cosa fosse, e meno male! Dev'essere sua» sciorinò in fretta agitando le mani sotto il naso del professore, il quale stava lentamente ricollegando i tasselli mancanti di un puzzle che non erano consapevoli di possedere.
«Interruttore... interruttore... interruttore» biascicò l'uomo, passeggiando nel corridoio e percorrendolo in tutta la sua lunghezza mentre rimuginava sul significato della cantilena.
Anche Scorpius stava riflettendo, concentrandosi in particolare su quel dannatissimo interruttore di cui si parlava. Se le sue reminiscenze di babbanologia non lo ingannavano, gli interruttori avevano qualcosa a che fare con la corrente eclettica e la luce, ma il modo in cui questi fossero collegati con Hogwarts gli sfuggiva del tutto.
Eppure doveva esserci qualche significato recondito, a lui ignoto, che li correlava, altrimenti perché mai un Nato-babbano avrebbe dovuto dirgli che un interruttore poteva essergli d’aiuto nella ricerca di Rose?
Fu un lampo, un fulmine a ciel sereno, un’epifania che giunse alla sua attenzione in un singolo e breve istante di lucidità
«Trasfigurazione!» urlò il ragazzo, mollando lì il professore con la soluzione sotto il naso e un grande dubbio iperbolico sulla sua Casa di appartenenza.

N.d'A.
Lo so, vi mollo sul momento più bello, ma che sfizio c'è altrimenti! Mi sto divertendo un sacco con tutti questi indizi sparsi, indovinelli incomprensibili e rapporti umani complicati.
Ovviamente vi sfido a indovinare la soluzione dell’indovinello, non solo per constatare quanto la mia mente sia effettivamente contorta ma soprattutto per verificare che sia qualcosa di sensato, a cui si può arrivare con gli indizi giusti. Naturalmente dovete tenere conto del fatto che Scorpius legge l’indovinello in inglese, per cui la versione cambia ;)
La soluzione non l’avrete nel prossimo capitolo sia perché voglio concedervi qualche indizio in più su cui riflettere sia perché sarà totalmente incentrato su Rose, -e vi avverto, sarà parecchio angosciante!
Luna Freya Nives

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Capitolo 41
*** Il vuoto ***


Il vuoto

Molti pensano che la più grande paura degli uomini sia la morte, e dunque ciò che non si conosce. La fine di ogni esperienza umana è sancita dall'esalazione dell'ultimo respiro, ma i suoi misteri risultano ignoti persino alla comunità magica. Il dolore, la devastazione che ne consegue, l’impossibilità di far tornare indietro chi oramai è perduto per sempre perseguita i corpi di chi rimane, rendendoli anime in pena che vagabondano in cerca di risposte senza mai riuscire a riceverle.
La morte, sia che la si voglia intendere come fine di qualsivoglia turbamento sia come passaggio a una vita migliore, è l'ultimo regalo che si fa alla vita, il congedo terminale di ogni essere umano, la fine delle avversità e il cessare necessario di un ciclo che si ripropone all'infinito.
Altri, i più arditi, sostengono che il vero timore degli uomini sia l'oblio, la dimenticanza, sparire per sempre dalla faccia della terra, ma anche e soprattutto dai pensieri di coloro per cui in vita si è provato tanto amore, come se esso potesse andare sprecato dopo che l’ultimo alito di vita abbandona il corpo. L'oblio è una forza che succhia via l'anima degli uomini, cancellando i ricordi ed eliminando per sempre parti indispensabili della loro vita. Si perdono attimi, istanti, emozioni di portata tale da forgiare le personalità di ognuno ed essi svaniscono, come sublimati nell'aria da ciò che ha più potere dell'oblio: il ricordo.
Rose, gli occhi serrati, rannicchiata in un angolino umido di quella che le sembrava una stanza enorme, era giunta alla conclusione che il timore ultimo e vero dell'uomo riguarda il vuoto. Era sola, infreddolita e spaventata, ma non temeva di morire né di essere dimenticata. I graffi sul viso le bruciavano e sembrava che le sue gambe si stessero ricoprendo di sangue mentre i lividi violacei le coloravano la pelle altrimenti pallida.
Non aveva paura di morire, quella sembrava essere la sua ultima consolazione, il raggiungimento di quell'isola felice e tranquilla a cui in vita non sarebbe mai giunta. Non aveva paura di essere dimenticata, non le importava, avrebbe preferito scomparire dalle menti dei suoi familiari piuttosto che essere compianta per quel poco di buono che in vita aveva fatto, omaggiata come se fosse stata la più buona, distruggendo per sempre le vite di chi aveva sofferto fin troppo e di coloro i quali erano ancora troppo giovani per farlo.
No, non era certamente quello il futuro che Rose si era aspettata, ma non era tra i suoi piani divenire la nuova eroina di Hogwarts, la nuova giovane salvatrice, la venerabile, l'indistruttibile, l'audace.
No, Rose non era nulla di tutto ciò. Non poteva essere ritenuta affatto un'eroina quando prima di iniziare quel penultimo anno ad Hogwarts voleva fuggire a gambe levate dalla sua festa di compleanno.
La vera salvatrice, nella sua esistenza, era sua madre, la donna che aveva portato avanti il trio e che aveva permesso a tutti di sopravvivere: lei era stata pietrificata, torturata, aveva ricevuto una maledizione ed era sopravvissuta tutta intera, senza un graffio visibile ma tante crepe nascoste nel cuore. Lei era la venerabile. Rose non osava nemmeno avvicinare il suo nome accanto a quello di una donna di quel calibro, non era minimamente in grado di farlo e lì, in quell'angolo della stanza indefinita in cui si trovava, il respiro le si mozzava in gola e le lacrime minacciavano di fare capolino da un momento all'altro nonostante si stesse imponendo di rimanere forte.
Ci aveva provato a resistere, a fingere di essere altrove, ma i rumori sinistri che le giungevano alle orecchie la riscuotevano da ogni suo tentativo e la facevano sentire vulnerabile, vittima della situazione e debole, come se ogni istante trascorso in quella stanza le stesse risucchiando via i ricordi felici e gli ultimi brandelli di una vita a cui non voleva rinunciare.
Si stava rompendo perché non era indistruttibile.
«Dov'è la ragazza?»
La Voce. Rose ne era assolutamente certa.
Quel timbro inconfondibile che l'aveva fatta disperare e le aveva dato non poco filo da torcere, sembrava un incubo divenuto realtà. Passi concitati si stavano avvicinando, probabilmente uno degli adepti aveva indicato la sua ubicazione.
Dal momento in cui si era risvegliata in quel posto umido, dovunque si trovasse, era stata consapevole di non essere sola. Talvolta aveva sentito una presenza aleggiarle attorno, nonostante il rumore dei passi fosse praticamente impercettibile, e i rumori sinistri che animavano il luogo non potevano provenire esclusivamente dall'esterno.
«Rose Weasley» la chiamò, la voce fredda ma sicura, e la fece scattare immediatamente. Era immobile e non vedeva assolutamente nulla, ma era certa che la scena che le si parava davanti agli occhi serrati doveva essere mutata.
«Mi sei stata tra i piedi fin dall'inizio» le disse ancora, ed era più vicino. Sentiva i passi avvicinarsi ancora e quasi credette che a momenti le sarebbe finito addosso.
«Tu e le tue manie da eroina» continuò, e Rose pensò che non avrebbe mai disprezzato nessuno come stava facendo con lui in quel momento.
La criticava per le sue qualità migliori, per quei valori che la sua famiglia aveva voluto inculcarle fin dalla culla, per il bisogno di aiutare gli altri, di non abbandonare nessuno, di sentirsi parte di qualcosa. La criticava perché probabilmente era ciò che lui non era mai stato, e non riusciva ad accettarlo. Durante la guerra erano stati altri i nomi importanti, non il suo, quindi si sentiva in diritto di farsi ricordare a qualunque costo: evidentemente per lui il fine giustificava i mezzi.
Rose non l'aveva vissuta la guerra, ma era assolutamente certa che i suoi familiari avrebbe preferito essere dimenticati piuttosto che sorbirsi tutto quel dolore, il proprio e degli altri. Non avrebbero voluto perdere un fratello, degli amici, delle persone che erano entrate a far parte della loro vita e poi erano stati da essa strappati contro il proprio volere, con l’unica consolazione di essere morti in nome di un giusto ideale che, alla fine, aveva prevalso.
«Forse potrei iniziare proprio da te, chissà cosa ne penseranno» parlava ancora e non accennava a chiudere il becco. La Rossa avrebbe tanto voluto urlargli di tapparsi la bocca, ma non poteva perché era lei quella impossibilitata. Avrebbe voluto dirgli che tutto ciò in cui credeva era sbagliato, che la fama non è ciò che tutti pensano e che avercela col mondo in quel modo è controproducente. Avrebbe voluto, ma non riusciva a parlare.
Un forte trambusto dall'esterno fece distogliere l'attenzione da lei. Tutti i presenti parlottavano tra loro e delle grida si udivano ovattate probabilmente oltre una porta sigillate.
«Lasciami entrare!» esclamò una voce a lei fin troppo nota.
Iniziò ad agitarsi, in preda al panico, timorosa che potesse accadergli qualcosa. Sembrava conoscere il suo interlocutore, ma, nonostante ciò, non riusciva ad avere accesso alla stanza. Rose stava lentamente riacquistando la vista, segno che la fonte dell'incantesimo si stava indebolendo. Probabilmente iniziava a concentrarsi su altro.
Aveva ancora una visione appannata e poco nitida quando una testa bionda fece capolino nella stanza guardandosi concitatamente intorno e la Voce gli puntava la bacchetta conto.
Rose non sapeva cosa fare, ma doveva farlo in fretta poiché un secondo in più avrebbe potuto essergli fatale.
E così urlò.

N.d’A.
Credo non ci sia nulla da aggiungere, spero solo di essere stata in grado di farvi cogliere l’essenza delle emozioni di Rose. È un capitolo di appena 1200 parole, ma non me la sentivo proprio di aggiungere altro; per me è tutto qui, spero anche per voi.
Luna Freya Nives

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Capitolo 42
*** L'urlo ***


L’urlo

L'urlo è l'inizio della vita. Un bambino piange al momento della nascita, inizia il suo approccio con mondo urlando e dimenandosi, protestando contro qualcosa che non ha scelto ma a cui non può sottrarsi.
Durante il corso della nostra esistenza si grida per molti motivi. Le urla di gioia sono sempre le più belle, gridolini festosi accompagnati da ampi sorrisi e magari anche dagli occhi lucidi. Le più temibili sono le urla di dolore, la ferita che ti squarcia il petto quando comprendi che tutto è ormai perduto.
L'urlo di Rose sortì l'effetto che aveva voluto. Tutti si paralizzarono, incapaci di comprendere la fonte di quel suono tanto acuto che perforava i timpani e corrodeva le terminazioni nervose, un grido straziante accompagnato da una valle di lacrime e dal corpo che, da immobile, prendeva a muoversi spasmodicamente.
Ciò che non può danzare sul bordo delle labbra va a urlare in fondo all’anima.
La situazione era statica, nessuno osava muoversi. Come se fosse stato il più potente incantesimo, il grido di Rose impediva di pensare ma soprattutto di agire. Ma si sa, ci sono maghi più allenati di altri a respingere gli incantesimi, anche i più complessi, quelli che non andavano recitati e non necessitavano della bacchetta.
La Voce, chiamata così dato che non si avevano ancora effettivamente prove concrete che fosse Justin Finch-Fletchley, agì e con un colpo di bacchetta atterrò Scorpius, segregandolo nell'angolo opposto rispetto a quello in cui si trovava Rose. Ad osservare bene la stanza, la ragazza si rese conto che quel luogo era stata l'aula che l'aveva accolta per sei anni.
«Cosa ci facciamo qui?» domandò a nessuno in particolare, osservando i tomi di Trasfigurazione raccolti dietro la cattedra. Si era svolto tutto così velocemente che non si erano minimamenti accorta della riacquisita facoltà di Rose, e ne rimasero tutti piacevolmente sorpresi. Nonostante l'incantesimo si stesse indebolendo, spezzarlo del tutto richiedeva comunque una grande forza d'animo, nonché un notevole potenziale magico.
«Tu sei qui perché stai sempre tra i piedi» le rispose una voce dal gruppo, non avrebbe saputo dire con chiarezza chi fosse ma certamente era un ragazzo, probabilmente un alunno della scuola.
Più tempo trascorreva e più Rose non si capacitava dello spropositato numero di persone che quello psicopatico era riuscito a coinvolgere. Probabilmente avrebbe tentato di coinvolgere anche la sua famiglia, se non fossero stati le persone meno razziste sulla faccia della terra.
«Lui invece è qui perché mi interessa» disse la Voce, avvicinandosi a Scorpius. Era cosciente ma non muoveva un muscolo, nemmeno sbatteva le palpebre, e Rose tentò di svincolarsi per accorrere in suo aiuto. Glielo doveva, e in fondo si affezionata a quello spaventapasseri platinato che andava in trance per concentrarsi.
«Non ti avvicinare» urlò lei, immobile mentre una sorta di mostro le faceva impercettibilmente muovere ogni muscolo del suo esile corpo.
Una profonda risata riscosse l'uomo, accompagnate ben presto dalle risate degli altri. Erano visibilmente nervosi, indice della mancanza di fiducia che nutriva verso di loro. Se non gli aveva rivelato il piano, erano tutti delle marionette nelle sue mani.
«Cosa ridete, razza di idioti?!» sbroccò nuovamente, la lingua affilata e tagliente pronta ad attaccare chiunque si fosse messo in mezzo.
Scorpius avrebbe volute tapparle quella boccaccia impertinente, anche se era uno dei motivi per cui l'adorava. Eppure era certo che in quella situazione non le avrebbe affatto giovato.
Il problema era, oltre lo scarso istinto di conservazione dei Grifondoro e il fatto che fossero inclini a gesti potenzialmente suicidi, che era arrabbiata. O forse, non era arrabbiata. Rose Weasley era furiosa e nulla in quel momento avrebbe potuto placare la sua ira.
«Loro forse non sanno cosa ci fate qui, ma io lo so» s'intromise la Voce, avvicinandosi nuovamente a lei. Se il suo obiettivo era quello di perdere del tempo, ci stava riuscendo perfettamente. Tuttavia ogni secondo era indispensabile poiché non faceva che aumentare l'irritazione di lui.
«Devi fidarti molto se gliel'hai tenuto nascosto» continuò ironica, un sorrisetto beffardo ad incurvarle le labbra e un sopracciglio alzato che le donava il cipiglio di chi ne sa fin troppo. Eppure non ne sapeva assolutamente niente.
«Non sono affari che li riguardano» replicò arrabbiato, la voce ferma ma meno fredda di come era stata fino ad allora. Lo stava innervosendo e le sue difese iniziavano a cedere. Le sue certezze venivano sgretolate un secondo alla volta e i suoi incantesimi iniziavano a perdere di significato.
«E non riguardano nemmeno te» le disse, questa volta arrabbiato, il tono di voce molto più alto del normale. Si allontanò di un paio di passi, stava per tornare a rivolgersi verso Scorpius quando la porta dell'aula si aprì.
Seline Goth, le guance arrossate, gli occhi lucidi e i capelli scompigliati, fece capolino nella stanza. Tremava per il terrore e il battito dei suoi denti rendeva incomprensibili le parole che tentava di pronunciare.
«Parla chiaro» le ordinò l'uomo, il cappuccio si mosse per un momento lasciando intravedere una ciocca di capelli corvini. Justin Flin-Fletchley aveva i capelli corvini.
«Sono qui» biascicò la ragazza, ancora scossa dal nuovo ordine che le era stato imposto. Vederla in quello stato, gli occhi serrati e il viso che era una maschera di terrore, fece nascere un moto in Scorpius. Non l'aveva mai vista in quello stato, anche se si era interessata a lui l'austerità aleggiava sempre intorno alla sua figura.
«Sarà meglio accelerare i tempi allora» concluse con un ghigno, rivolgendosi nuovamente a Scorpius. Aveva la bacchetta levata verso l'alto e puntava dritto al suo cuore. Rose era terrorizzata e le sue forze venivano meno, per cui non riusciva nemmeno a svincolarsi dall'ormai debole incantesimo.
«Avevi detto che non avresti fatto del male a nessuno!» urlò Seline, le lacrime che scendevano copiose e la bocca aperta in un ghigno tra dolore e compassione.
«Sarà meglio iniziare da te allora» continuò l'uomo, infuriato come non mai, spostando lentamente la bacchetta verso la ragazza.
Ma non riuscì ad evocare alcun incantesimo contro di lei che Scorpius le si parò davanti.

N.d'A.
Vi abbandono nel momento di tensione massima, lo so, ma sono certa che apprezzerete questa suspense. Ecco la soluzione all'indovinello del precedente capitolo: interruttore in inglese si dice "Switch", e Emeric Switch nella Guida Pratica alla Trasfigurazione per Principianti, sancisce proprio i principi della Trasfigurazione.
Mi volete bene anche se sono psicopatica, vero? Ci sareste arrivati da soli?
Ormai siamo davvero agli sgoccioli, mancano due capitoli più l'epilogo... cos'altro vi aspettate? Nel caso abbiate voglia di farvi venire un po' l'ansia, ho iniziato la pubblicazione di una raccolta chiamata Il mio abisso personale che definisco un viaggio nella mente, se vi va passate a dare un'occhiata!
Vi ricordo che per qualsiasi cosa mi trovate sempre su ig come flyerthanwind_
Luna Freya Nives

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Capitolo 43
*** Lo scontro finale ***


Lo scontro finale


Incredibile quanto il tempo sia importante e le persone non se ne rendano minimamente conto. Si perde gran parte della propria vita in occupazioni frivole, inconsapevoli del fatto che nel momento della morte si ripensa sole alle emozioni più intense. Sono pochi quei ricordi che riaffiorano alla mente, pochi attimi che scorrono veloci davanti agli occhi prima di essere sostituiti dal nulla.
Pare sia uno scherzo della psiche concentrarsi su tutto ciò che fa più sentire vivi proprio nel momento in cui si sta per abbandonare la vita, un centrifugato di emozioni che rivolta i visceri e manda in corto circuito il cervello pur di non lasciare che la consapevolezza di star abbandonando questo mondo rovini gli ultimi istanti in cui si può godere di esso.
Scorpius pensava che, dopo essersi gettato su Seline, sarebbe morto. Nonostante quel timore, era consapevole che le due ragazze, insieme, avrebbero potuto dare del filo da torcere a quello psicopatico, almeno fino all'arrivo dei professori.
"A proposito, dove diavolo sono quando servono?! A momenti sfasciamo l'aula di Trasfigurazione e loro pensano beatamente ai fatti loro" pensò con stizza, l'ultimo barlume di lucidità ormai perduto poiché la sua mente si rifiutava di elaborare quell'epilogo funesto.
Tuttavia, le cose non andarono effettivamente come aveva previsto. Riuscì infatti ad atterrare Seline, ma l'ingresso dei professori nell'aula di Trasfigurazione distrasse la Voce e dunque l'incantesimo che lo colpì perse potenza, affievolendo i suoi effetti letali. Un dolore lancinante gli attraverso comunque la spalla, costringendolo a fermarsi e a desiderare di staccare l'arto dal resto del corpo. Sembrava che milioni di aghi lo stesso trafiggendo nello stesso identico punto, contemporaneamente, e il dolore era talmente intenso da fargli serrare gli occhi e dimenticare di aver sbattuto la testa. Non riusciva a pensare ad altro se non al fuoco che sembrava bruciare il suo corpo, fiamme roventi che dilaniavano la carne e parevano volerla ridurre in brandelli.
L'uomo fu travolto da Rose, la quale gli finì addosso e lo fece rotolare a terra, lontano dalla sua bacchetta. Nonostante ciò, nessuno sembrava intenzionato a toglierla di mezzo. L'azione della rossa, se non altro, pose fine alle sue fitte di dolore, lasciando che alle fiamme ardenti si sostituisse un dolore sordo che lo divorava dall'interno.
Si ribellò in fretta e riuscì a scaraventarla violentemente a terra, spingendola contro un tavolo. Il respiro le morì in gola mentre muoveva freneticamente gli occhi dai professori, che non riuscivano a raggiungerli a causa di chissà incantesimo, all'espressione dolorante di Scorpius.
La Voce, il cappuccio ancora tirato che impediva di scorgerne i lineamenti, stava ringhiando con i denti digrignati. Quel suono stridulo disturbava gli apparati uditivi degli adepti, ma nessuno sembrava intenzionato a farglielo notare attirando su di sé la sua collera.
Se Rose avesse avuto la forza di respirare gli avrebbe detto qualcosa, ma l'angolo spigoloso di un tavolo si era conficcato nel suo costato con troppo vigore.
«Flinch-Fletchley» lo apostrofò il piccolo preside, facendosi avanti rispetto a tutti gli altri. Le ragazze non comprendevano il motivo per cui nessuno osasse fare un passo in più, ma supposero che fossero a conoscenza di qualcosa a loro ignota.
Scorpius, d'altra parte, si stava ancora contorcendo per il dolore, anche se sembrava starsi attenuando col tempo. O forse il fatto che si stava conficcando ripetutamente le unghie nella pelle, causandosi dei graffi profondi da cui strabordavano stille rubino, lo stava distraendo dalle fitte continue alla spalla. Il sangue gli colava copiosamente lungo le braccia, ma nessuno sembrava farci troppo caso, lui stesso compreso.
«Hai già perso, Justin» continuò il preside, calcando sul suo nome. Un nome molto diffuso che aveva la facoltà di omologarlo al resto della comunità magica e non. Non si chiamava Ninphadora o Lupin, non era morto da eroe, era esattamente come tutti gli altri. Un nome comune, come Harry o Ronald.
«Non credo proprio» rise nervosamente l'uomo, calandosi il cappuccio. Il viso da adulto era ombreggiato da una barba scura, i capelli corvini tenuti più lunghi del solito gli ricadevano dinanzi gli occhi, luccicanti per la vendetta che aveva messo in atto. La sua bacchetta era ancora sollevata a mezz'aria, ma stavolta puntava sulla coltre di professori che si mantenevano lontani.
«I Tiratori Scelti saranno qui a momenti, sanno che hai degli studenti in ostaggio» continuò il professor Rüfus, certamente suo vecchio insegnante.
L'uomo parve spaventato e per alcuni momenti osservò la scena intorno a sé spaesato: i professori schierati davanti l'unica via di uscita; i suoi ragazzi terrorizzati e inermi addossati lungo le mura della stanza; la Weasley che sotto il suo naso era sgattaiolata accanto a Malfoy e la Goth che tentava di aiutarlo.
L'unico modo per portare a compimento la sua impresa era agire in quel momento, davanti a tutti quei testimoni, almeno in quel modo la sua impresa avrebbe potuto essere portata a termine dai suoi posteri. Non gli importava di morire lì, trafitto da tutti i loro incantesimi. L'importante era preservare i suoi ideali, riferirgli agli altri, far valere la propria parola in quanto conoscitori di entrambi i mondi.
Levò la bacchetta contro i ragazzi: la Goth era impassibilmente terrorizzata, scossa solamente dai singhiozzi; Malfoy continuava a sanguinare e di quel passo si sarebbe suicidato con le sue stesse mani; la Weasley lo guardava in cagnesco, il petto che si alzava e si abbassava ritmicamente a causa del colpo precedentemente incassato che le ancora le impediva di proferir parola.
Strinse gli occhi, deciso a colpire lei per prima, la più forte tra i tre, certamente la vittima che avrebbe sancito più scalpore e gli avrebbe donato una maggiore notorietà. Serrò la presa sulla sua arma, pronto a scagliare l'incantesimo contro la minuta figura rossa che stava rannicchiata a terra, nella medesima posizione in cui si era trovata prima, svenuta, con l'unica differenza che adesso lo osservava con disprezzo.
Tuttavia, in un impeto di terrore, il ragazzo si era alzato di scatto e si era buttato addosso a lui, proprio mentre i Tiratori Scelti facevano il loro ingresso nella stanza e la squadra Spezza-Incantesimi si preparava ad annullare la barriera che aveva innalzato per tenerli lontani.
Adesso era arrabbiato perché tutto il suo piano era andato in fumo per colpa di due ragazzini ficcanaso che avrebbero dovuto essere morti già da un pezzo. Era arrabbiato perché aveva messo in conto ogni dettaglio tranne quei due idioti che non sapevano stare al loro posto. Era arrabbiato perché per colpa loro nessuno avrebbe tenuto conto delle sue idee. Era arrabbiato perché il piano era fallito.
Com'era stato possibile farsi fregare da due sedicenni? Perché nessuno dei suoi adepti era accorso in suo aiuto? Quando, esattamente, aveva firmato la sua disfatta?
Aveva appena iniziato a scagliare una Cruciatus contro il ragazzo quando i Tiratori gli erano arrivati addosso, sommergendolo. Le urla di Malfoy erano state ovattate da tutti gli incantesimi, ma Rose le sentiva risuonare nelle orecchie anche se erano durate solo pochi istanti. Gli avrebbe volentieri risparmiato quella maledizione, ma i Tiratori -e a dovere, aggiungerei- erano stati più veloci di lei
Era davvero tutto finito?


N.d'A.
Ebbene eccoci qui, penultimo capitolo, la fine di tutto?
Vorrei chiarire la questione dei nomi, che fin dalla saga originale hanno un ruolo importante. Il professore chiama Finch-Fletchley per nome per omologarlo al resto, ma poi cito anche Ronald e Harry. Ciò che spero si sia compreso è che anche Harry e Ron, due eroi di guerra, sono esattamente come tutti gli altri: due uomini che hanno commesso errori, ma hanno scelto di sostenere degli ideali per cui erano pronti a morire.
Anche Justin combatte per degli ideali, ma in essi vi è una gerarchia, una supremazia che egli desiderava stabilire, e che è stata la causa della sua disfatta: si è creduto migliore in quanto Nato-babbano, in realtà ha perso perché solo.
Non è un caso che siano proprio Rose e Scorpius a causare la sua disfatta, non era semplice esigenza di trama (e perché io amo la scorose), ma ho scelto loro due per ciò che rappresentano: un Purosangue e una Mezzosangue, due ragazzi che non si tollerano ma che collaborano creando un fronte comune quando qualcuno minaccia Hogwarts. Insieme sono più forti.
Spero di aver reso l'idea, mi farebbe piacere conoscere anche la vostra interpretazione, su cosa vi ho invitato a riflettere con le mie parole 🦋
Luna Freya Nives

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Capitolo 44
*** Crisi ***


Crisi

I giorni che seguono un episodio degno di nota sono sempre i più tormentati. Nessuna versione ufficiale è stata ancora rilasciata e l'accaduto aleggia in un velo di mistero in cui si è particolarmente inclini ad aggiungere o depennare determinati dettagli che talvolta possono anche rivelarsi indispensabili. I protagonisti vengono assaliti da qualunque essere senziente di media curiosità e contribuiscono a modificare le varie versione della storia che circolano. Se l'età media ad Hogwarts è sempre stata quattordici anni, la curiosità media è sempre stata di gran lunga maggiore. D'altra parte, chi può essere più curioso di una folla di adolescenti?
Scorpius e Rose erano rimasti a lungo nell'aula di Trasfigurazione insieme agli altri. Alcuni Tiratori avevano portato via Finch-Fletchley in tutta fretta mentre gli altri stavano interrogando gli alunni coinvolti. I professori, invece, si erano presi cura di Rose e Seline, mentre Scorpius era stato momentaneamente affidato alle cure di Madama Vane, anche se lui affermava di stare bene. Eppure, i profondi graffi sulle sue braccia non sembravano concordare.
Rose lo aveva odiato come non le era mai capitato prima d’allora. Nemmeno la volta in cui gli aveva sbattuto in faccia il suo Eccezionale in Rune Antiche era stata così arrabbiata con lui, eppure non riusciva a spiegarsene il motivo. Un fuoco che le dilaniava il petto la stava persuadendo ad urlagli in faccia davanti a tutti i presenti, ma non voleva finire nel reparto di malattie mentali del San Mungo, dunque aveva atteso.
In fondo, non avrebbe comunque potuto far nulla senza l’intero castello venisse a saperlo nel giro di tre secondi netti, specialmente contando che, con ogni probabilità, il Preside avrebbe messo qualche professore a sorvegliare le loro Sale Comuni per evitare che facessero qualcosa di potenzialmente lesivo per la loro salute.
E per la nostra dignità” pensò sommessa Rose, che sembrava impaziente di ritrovarsi faccia a faccia con Scorpius senza avere la più pallida idea di cosa gli avrebbe detto.
Speranzosa che la notte potesse affievolire quel sentimento innato di astio che l'animava, era stata scortata nella sua stanza e si era sdraiata sul letto fingendo di dormire. In realtà aveva udito tutto il viavai che c'era stato e poteva dire l'ordine di arrivo e partenza di tutti quelli che erano stati lì, oltre ai nomi e alle parole che avevano speso per lei.
Tutto il clan era giunto al suo capezzale e le sue compagne di dormitorio non l'avevano abbandonata un istante. Nonostante ciò, quell'astio non si era attenuato e il fuoco le stava squarciando il petto, così decise di agire il giorno seguente.
La Torre di Astronomia era ancora l'unico posto in cui potevano stare in tranquillità, indi per cui era divenuto il rifugio di entrambi. Non appena riuscì a sfuggire a tutti gli occhi indiscreti che la cercavano a intervalli più o meno regolari, si diresse a passo marziale fino alla Torre.
«Razza di idiota» gli urlò in faccia appena lo vide, afferrandolo per la collottola. Scorpius evidentemente non si aspettava nulla del genere, dato che indietreggiò di qualche passo, confuso, chiedendosi di cosa lo stesse accusando in quel momento.
«Ma dov'è questo fantomatico istinto di conservazione dei Serpeverde?!» continuò imperterrita, scuotendolo con cautela. Le ferite sul braccio si stavano rimarginando grazie alla pozione dell'infermiera, ma la spalla continuava a dolergli e di certo gli scossoni di Rose non era carezze, nonostante si stesse trattenendo.
«Tu stavi per morire!» gli sbraitò contro, a pochi centimetri dal suo viso. Occhi negli occhi, si scrutavano nel profondo delle loro anime, studiandosi e desiderandosi avidamente, ma tacendo.
In fondo, se le loro iridi si rifiutavano di osservare, come avrebbero potuto vedersi davvero? Se le loro bocche parlavano lingue diverse, come avrebbero potuto comprendersi? Se imponevano ai loro corpi una distanza forzata, come avrebbero potuto fare quell’ultimo passo che li avrebbe spinti tra le braccia l’uno dell’altra?
«Rose, calmati» tentò il ragazzo, accarezzandole dolcemente i capelli. Stava per avere una crisi ed era esattamente l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, con il caos che ancora regnava sovrano nel Castello e tutti gli occhi puntati su di loro.
«Calmarmi?!» era decisamente furente. «Quella maledizione ti avrebbe ucciso e se fossi stato intelligente ti saresti tolto dai piedi ma no tu stai sempre in mezzo qualunque cosa accada perché devi sempre dare una mano ed essere gentile ma non devi essere gentile perché sei quasi morto» terminò tutto d'un fiato, ansimando al termine di quel discorso la cui comprensione risultò complessa persino al diretto interessato.
Non capiva perché ce l'avesse così tanto con lui per aver rischiato la vita se lei si era trovata in un pericolo ben peggiore. In fondo non aveva fatto nulla di che, semplicemente aveva cercato di salvare lei e Seline con la consapevolezza che insieme avrebbero potuto fermare Justin. La sua scelta era stata ponderata, non avventata: al netto della situazione, avere tre studenti feriti piuttosto che solamente uno fuori gioco e due abili streghe pronte a collaborare gli era sembrato lo scenario peggiore.
«Rosie, adesso basta, sto bene» tentò nuovamente, attirandola a sé. Le circondò la schiena con le braccia, intrappolandola contro il suo petto e poggiando la guancia sul suo capo per sentirla più vicina di quanto non fosse mai stata. Il suo profumo di inchiostro gli inebriava le narici e gli faceva scordare tutto il dolore che aveva provato; erano insieme, era l'unica cosa che contava.
«Grazie al cielo stai bene, stupidissimo idiota di un Malfoy» lo colpì un paio di volte sul petto, scoppiando in lacrime. I suoi nervi tesi si era appena spezzati ed era crollata in quella Torre che aveva creato tra loro un legame indissolubile. Tutti suoi buoni propositi di non finire al San Mungo erano appena stati gettati alle ortiche.
Rose non era indistruttibile, doveva rendersene conto, altrimenti tutto il peso di cui si ostinava a caricarsi avrebbe finito per schiacciarla, facendola soccombere e portandola all’autodistruzione. Eppure, lei non sembrava far troppo caso alla miriade di pensieri che offuscavano le pupille del ragazzo, il quale cercava di sostenerla e sorreggerla senza però invadere il suo spazio vitale, mentre lei gli prendeva il viso tra le mani e lo baciava, travolgendo del tutto il suo, di spazio vitale.
Era un gesto inaspettato. Le labbra morbide di Rose si schiusero sulle sue con una tale dolcezza che a Scorpius venne il terrore che potesse rompersi tra le sue braccia, fragile come non gli era sembrata nemmeno accucciata in quell’angolo dell’aula di Trasfigurazione, rannicchiata su se stessa come un bambina inerme.
Rimase lì impalato alcuni istanti, incerto sul da farsi, non del tutto convinto che fosse reale, che la ragazza più fantastica di Hogwarts stesse baciando proprio lui, pensò persino che il trauma cranico fosse stato più forte di quanto sostenuto da Madama Vane. Si riscosse solamente quando sentì che Rose si stava allontanando, il capo chino e una criniera rosso fuoco a nasconderle il viso mentre tentava di mascherare quelle lacrime che avevano preso a velarle le gote e che invece Scorpius aveva percepito infrangersi contro la sua guancia.
Il ragazzo la attirò nuovamente a sé, posandole le mani fredde sul viso e carezzando le sue gote con i pollici per asciugare le sue lacrime, provocandole una serie interminabile di brividi. Il suo tocco gelido le fece provare un improvviso calore nel resto del corpo e, improvvisamente, si scoprì avida delle sue labbra morbide.
Rose si sentiva felice come ad uno di quei Natali alla Tana, quando le forti braccia di Ron Weasley e il camino crepitante la rinvigorivano dopo un'azzuffata con James. Era una felicità nuova, mai provata prima, strettamente collegata alla persona che gliela faceva provare.
Le dita fredde di Scorpius che le solleticavano il collo le fecero percepire una serenità a cui aveva anelato tanto senza nemmeno rendersene conto mentre lei infilava le mani tra i suoi morbidi capelli. Aveva sempre voluto passarci le dita per testare quanto fossero lisci, ma non ne aveva mai avuto la possibilità, o il coraggio. In quel momento, invece, pensava che non ci fosse posto più adatto della base della sua nuca in cui tenere le mani.
«Il mio istinto di autoconservazione mi aveva impedito fino ad ora di fare una cosa del genere» le sussurrò all'orecchio, mentre un sorrisetto malizioso spuntava furbo sul suo viso. Le cinse le spalle con più vigore, stringendola a sé e beandosi ancora una volta dell'intensità del suo inebriante profumo d’inchiostro.
Rose sorrise mentre continuava a singhiozzare, i ricci crespi che si stavano attaccando al suo viso e l'impellente bisogno di baciare ancora Scorpius. Avevano condiviso fin troppo per restare indifferenti come lo erano stati fino ad allora e lei aveva deciso che, da quel momento in poi, avrebbe sempre preferito osare, pur rischiando di perdere tutto, piuttosto che sguazzare in quella bambagia indefinita che la faceva sentire al sicuro, ma mai veramente completa.
«Basta piangere, Rosie» le sussurrò nuovamente Scorpius, asciugandole ancora le lacrime e stringendola forte a sé. Non vedeva l'ora che tornasse la Weasley di sempre, quell'impertinente rossa sempre pronta a contraddirlo e sfidarlo, ma intanto consolava quella docile ragazza provata da tutto ciò che avevano subito, e si sentiva incredibilmente bene così.

N.d'A.
Quest’ultimo capitolo è un test per verificare la vostra attenzione! Voglio sapere se certe parole vi ricordano qualcosa, magari qualche altro capitolo, forse personaggio... Manca giusto quel piccolo passaggio che sicuramente non avete dimenticato.
Ovviamente nell’epilogo avrete le dovute spiegazioni, nonostante sia estremamente breve. I finali, purtroppo, non sono il mio forte, io in primis non avrei voluto abbandonare questa storia, ma devo dare ai miei ragazzi il loro agognato lieto fine e lasciarli andare.
Allora, cosa ne pensate? Finalmente ce l’hanno fatta! Siete contenti? Adesso non mi maledirete più ahahaha Era proprio ora eh, anche perché il tempo è finito 🙊
Luna Freya Nives

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Capitolo 45
*** Epilogo ***


Epilogo

Al termine degli esami il castello di Hogwarts si trasformava. Solo in quel momento gli studenti si rendevano conto che l’estate era ormai giunta: il sole, alto nel cielo, illuminava le cime degli alberi, verdi come non mai; le Higlands scozzesi risplendevano di luce propria; il lago nero diveniva il principale luogo di ritrovo in cui sostare all’ombra del grande albero o in cui trovare refrigerio in una giornata afosa alquanto atipica per il clima inglese.
Rose osservava i suoi compagni chiacchierare, finalmente spensierati, dalla Torre di Astronomia, ancora l’unico luogo in cui poteva trovare un po’ di pace, e poteva udire le loro risate sguaiate fin lassù. Erano fortunati a non essere stati coinvolti nel grande caso diplomatico che era scoppiato a Hogwarts. Lei ne era uscita apparentemente illesa, ad eccezione di un paio di lividi e qualche graffio che non voleva rimarginarsi, ma il segno delle percosse era impresso nella sua mente e lo riviveva ogni qual volta chiudeva gli occhi.
Scorpius doveva stare anche peggio di lei, ma era più bravo a nasconderlo. In pubblico cercavano di contenersi, di minimizzare il loro coinvolgimento, anche se in realtà erano quasi rimasti vittime di quello psicopatico razzista. Quando erano soli, rifugiati tra le solide rocce della Torre, si permettevano di essere vulnerabili, a volte anche semplicemente stando sdraiati in silenzio mentre qualche lacrima scendeva dagli angoli dei loro occhi, illuminandoli di dolore per ciò a cui erano stati sottoposti e gratitudine per essere sopravvissuti entrambi.
Invece quel pomeriggio ne stavano parlando, d’altronde farlo era necessario per entrambi, per lasciarsi tutto alle spalle. Ricordare ogni dolore ed ogni emozione si sarebbe rivelato indispensabile per controllarsi in futuro, pubblicamente, quando avrebbero dovuto rendere conto alla comunità magica, lontani dalle mura protettive di Hogwarts.
«Quindi era davvero Seline che piangeva nel bagno ad Halloween» soffiò a un certo punto Rose, riflettendo su ogni istante incerto che aveva caratterizzato quell'anno e soffermandosi su quel particolare del ballo di Halloween che aveva sottovalutato.
«Io ancora non capisco come tu abbia fatto a riconoscerla, sembrava un'altra persona con la maschera» si lasciò sfuggire il ragazzo, senza rendersi conto della cruciale informazione che aveva appena rivelato.
«E tu come fai a sapere...» rifletté la Rossa, sbattendo ripetutamente le palpebre per capacitarsi di ciò che il cervello le stava suggerendo. Non era da sola quella sera, il cavaliere misterioso, che aveva creduto essere Colin per tutto quel tempo, l’aveva trovata insieme a Seline nel bagno del piano terra.
«Sei...» azzardò incerta, tirandosi a sedere sui gomiti.
Scorpius era accanto a lei, ancora sdraiato con gli occhi chiusi. I capelli chiari gli ricadevano in ciuffi leggeri sulla fronte e sugli occhi, che teneva chiusi per proteggerli dalla luce. Le labbra erano arcuate in un sorriso leggero ma malizioso.
«Il ragazzo di Halloween» terminò per lei dopo essersi tirato a sedere a sua volta, facendole l'occhiolino. Ora la osservava da sotto i ciuffi che leggeri gli cadevano sugli occhi e che provvedeva immediatamente a spostare.
«Ma come facevi a sapere che io ero lei?» domandò, non riuscendo nemmeno a formulare correttamente la frase tanta era la fretta di conoscere la risposta. Non aveva molto senso in realtà, ma Scorpius parve afferrare il concetto.
Era troppo stranita dalla situazione per rendersi conto di ciò che il ragazzo le stava rivelando. Aveva odiato sua cugina, accusandola tacitamente di averle rubato il ragazzo, ragazzo che in realtà non aveva mai visto e che si era rivelato non essere il suo cavaliere misterioso; dunque, l’unica colpevole era lei, troppo sciocca per rendersi conto che ciò che aveva ardentemente desiderato l’aveva avuto dinanzi agli occhi per tutto l’anno.
«Segreto» ammiccò lui, sollevando le sopracciglia in modo eloquente.
Rose lo osservò con gli occhi ridotti a due fessure, avvicinandosi guardinga al fine di estorcergli qualche informazione. Finì praticamente seduta su di lui quando Scorpius le afferrò le braccia per attirarla a sé, facendo cozzare i loro petti.
«Profumi di inchiostro» rivelò infine, suggellando quella confessione con l’ennesimo bacio.

 
Fine

N.d'A. (le ultime, per ora)
Ebbene, ci siamo, è finita davvero, e io vorrei rubarvi ancora qualche minuto per spigarvi cos’ha significato questa storia per me.
È stata il mio riscatto, la mia nuova occasione, l’opportunità di rileggere ciò che ho scritto e di scrivere ancora. Inkessence risale al lontano 2016 (credo), terminata poi l’anno successivo se non erro, e solo quest’inverno ho deciso di revisionarla interamente per poi pubblicarla. Rileggere e correggere questa storia ha significato per me tornare indietro nel tempo di un paio d’anni, quando la vita mi sembrava più frenetica ma meno impegnativa e amavo chiudermi nella mia cameretta a scrivere avventure e sentimenti che mi ronzavano nella testa.
Spero di essere stata in grado di trasmettere i giusti valori: l'importanza della famiglia, dell'amicizia e dell'amore, il lavoro di squadra, l'insania del senso di vendetta e di superiorità. Spero di avervi portati a riflettere su come temprare le personalità, adattarsi al vivere civile, ma, soprattutto, su come anche quelle che sono le persone più famose in realtà non sono altro che comuni mortali, con i loro pregi e difetti e con tanti errori alle spalle.
Ho scelto di non modificare l’impostazione iniziale, ho solamente aggiunto e approfondito dove lo ritenevo necessario, quindi sicuramente ci saranno mancanze, sviste e quant’altro, ma io la amo così com’è perché mi ha permesso di tornare a scrivere.
Dopo aver revisionato Inkessence è tornata la mia ispirazione e per questo non potrò mai ringraziare abbastanza Rose e Scorpius.
Ma, soprattutto, devo ringraziare voi, che capitolo dopo capitolo mi avete seguita e attesa con pazienza nonostante i miei finali ansiogeni e le gioie che sembravano non arrivare mai.
Ora parliamo di nuovi progetti.
Per il momento una ff non è in programma perché la trama che vorrei elaborare è un po’ complessa e necessita di molta cura che, purtroppo, non posso dedicarle. Ovviamente di tanto in tanto spunteranno one shot perché non potrei mai abbandonare i miei cuccioli.
Intanto ne trovate già tre sul mio profilo (“Buon Natale, Evans” per i Malandrini, “1 settembre 2017” per la nuova generazione e “Michelle-Sir Chloe” per il trio adulto)
*momento selfish/pubblicità*
Sul mio profilo troverete anche una raccolta di flashfiction intitolata “Il mio abisso personale”, che mi piace definire un viaggio attraverso la mia mente; “In ascensore”, una storia breve in cui Sofia e Stefano sapranno inondarvi di sfiga e disagio; “Arrogante”, una os sui toni del rosso.
Infine,ho iniziato la pubblicazione della long “Anche se non voglio”, di cui trovate già il booktrailer e il prologo. Vi invito inoltre a seguirmi su instagram (@flyerthanwind_) perché lì troverete anche schede personaggio e altre grafiche.
Okay, ora chiudo per davvero.

Grazie a voi, senza i quali non starei scrivendo questi ringraziamenti.
Grazie a chi ha appoggiato questa storia con entusiasmo fin dall’inizio.
Grazie a chi ha recensito, facendomi ridere e riflettere. In particolare, grazie a 0_eleonora_0 che analizza ogni capitolo nei dettagli e che mi sembra doveroso ringraziare personalmente.
Grazie a Rose, alla sua tenacia e alla sua determinazione.
Grazie a Scorpius, al suo intuito e alla sua caparbia.
Grazie al Clan, al suo affetto e al sostegno incondizionato.
Grazia a Hogwarts, che insegna a sognare e a vivere.
E, infine, grazie e noi, se siamo rimasti con Harry fin proprio alla fine.

Con la speranza che ciò possa avervi fatto bene almeno la metà di quanto ne ha fatto me
Per sempre vostra
Luna Freya Nives

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