Il giorno in cui decisi di restare

di AlexVause
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Eve ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Villanelle ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Eve ***


Killing Eve
Il giorno in cui decisi di restare
Capitolo 1 - Eve
 
Per Eve Polastri, quello era un giorno come un altro.
Si alzò dal letto, trascinandosi come ogni mattina. Sospirò, guardandosi allo specchio. Un profumo di caffè riempiva la piccola casa dove in quei mesi si era rifugiata, forse nascosta dagli eventi…o da lei? Si soffermò su quel pensiero, sugli occhi di quella bionda che le toglieva il fiato.
Sentimenti contrastanti la investivano ogni volta che la vedeva. Paura, odio e poi…e poi.
«Dio» sbuffò come ad esternare quella forza che dentro sé veniva meno. Una richiesta di aiuto se avesse continuato quella frase. Anche il solo pensare a Villanelle ormai la disarmava.
Si versò il caffè in una tazza con l’emblema del suo college. Un ricordo che si portava dietro da quando era all’accademia di polizia. Un ricordo assai caro che l’ancorava a terra, ai suoi ideali. Ma quali erano?
In quel periodo non si riconosceva più.
Niko, il viso del marito, o era meglio dire ex, le si palesò nella mente.
«Ho rovinato tutto» le uscì dalle labbra. Una frase malinconica ma piena di dolore o forse era rammarico? Rimpianto? Scosse energicamente il capo. No, quello no.
Prese la cannella e ne mise una leggera spolverata sul caffè. Il suo profumo misto a quello della bevanda calda e nera, le fece chiudere gli occhi come ad assaporarla meglio.
Il bacio. Quel bacio fugace dato a Villanelle sull’autobus.
Perché? Si chiese scrutando dentro sé.
Il cuore si mise a correre veloce ripensando a lei. Lei, una killer su commissione, pericolosa e mentalmente instabile. Davvero Eve?
Prese un respiro profondo senza mai distogliere lo sguardo da quei ricordi. Le parve quasi di sentire il suo profumo. Il ricordo vivido di quel ballo. Il calore di Villanelle. Il suo corpo così vicino, il suo viso, le sue mani che la stringevano.
Il telefono squillò facendola sussultare. La tazza quasi vuota, cadde sul pavimento infrangendosi.
Ecco, ora poté determinare il momento esatto in cui il suo essere mutò. Anche l’ultima cosa che la manteneva legata alla sua vecchia vita andò in frantumi.
Rispose alla chiamata, con tono piatto di chi si sente vuota. Carolyne la voleva incontrare.
 
«Siegfried Stern. Siamo sulle sue tracce da anni. Una soffiata ci ha rivelato che sarà qui a Londra sino a fine mese. Abbiamo una settimana per catturarlo» Carolyn, accento inglese perfetto, voce apatica dal tono lineare, riusciva a parlare di brutali omicidi senza mostrare emozioni.
«Qualche indizio in più?» Eve era incuriosita.
«Lui è uno di quelli che muovono le fila dei 12»
Dentro sé Eve sembrò esclamare un “Ah”, e nuovamente il pensiero scivolò su Villanelle.
«Villanelle è in gioco» quella frase detta da Carolyn fu una doccia fredda per la mora dall’aria assorta. Eve, infatti si destò velocemente «Che vuoi dire?»
«Non so come, ma sembra che Villanelle sieda al tavolo dei 12»
«Cosa stai dicendo?» Eve sgranò gli occhi.
«È stata vista nel salone, in una riunione privata con Hélène»
Eve rimase senza parole. Cosa stava combinando Villanelle? Un nodo le salì alla gola. Come ha potuto credere al suo doppio gioco? Non poteva fidarsi di lei, non ha mai potuto farlo. In fondo, cosa mai poteva aspettarsi da un killer? «Quindi?» chiese.
«Cerca di sapere qualcosa di più» la frase detta da Carolyn come se fosse la cosa più ovvia da fare «Sfruttala Eve. In fin dei conti può tornarti utile un infiltrato. Sappiamo che sei una sua debolezza, quindi sfrutta questo punto a nostro vantaggio».
Eve si alzò, consapevole di tutto e di niente.
«Per ora cerca informazioni e trova Villanelle» continuò l’agente dell’MI6 «un detto dice che ogni persona è qui sulla terra per uno scopo. Cerca di rendere utile, una persona inutile come lei».
Con un cenno del capo Eve si allontanò.
 
Chiuse la porta del suo appartamento sbattendola con forza, quasi ad esternare la rabbia di quel momento.
Non riusciva a sopportare il cinismo di Carolyn. Perché sentir parlare così di Villanelle, era riuscita a ferirla nel profondo?
Inspirò a fondo ed espirò. Le mancava il respiro. Il cuore correva veloce nel petto. Chiuse gli occhi sedendosi pesantemente sulla sedia le mani a coprire il viso. “Cazzo Eve, riprenditi” pensò fra sé.
«Ciao Eve».
Quella voce, quel saluto la fece alzare immediatamente. La sedia cadde a terra. Eve rimase immobile senza voltarsi. Rimase ferma in piedi, come ad aspettare di udirla di nuovo.
«Ciao Eve».
La voce, quella voce si fece più vicina. La sua voce, così calma e paziente.
Eve inspirò a fondo. Espirò e poi, si voltò.
Villanelle era lì davanti a lei. Elegante, bella come sempre e forse anche di più.
Un completo gessato, pantaloni e blazer, che le fasciava il corpo divinamente.
I capelli lunghi e biondi le cadevano sulle spalle morbidi e setosi, come ad incorniciarle il viso.
«Ciao Eve» lo disse nuovamente. Un sorriso lieve sulle sue labbra.
Perché era qui? Perché era così bella?
«Perché sei qui?» la domanda uscì più duramente di come Eve se l’era immaginata.
Villanelle si mise le mani in tasca guardandosi intorno «è bello qui, ti rispecchia».
«Una bettola?» la mora alzò un sopracciglio indispettita.
«Sei caotica. Confortevole ma caotica. Una casa così piccola, pochissime stanze ma dove c’è tutto ciò che serve. Accogliente perché compatta, come un nido, un rifugio» in quell’istante Villanelle si fermò. Le labbra ancora aperte, seppur lievemente. In quell’istante aveva capito che Eve era il suo rifugio.
Serrò la mascella, quando capì la pericolosità di quella debolezza.
Eve colse quel pensiero fugace che scosse la bionda. Lo colse a tal punto da comprendere quanto lei stessa, si aggrappasse agli istanti che passava con la bionda «Perché sei qui» chiese nuovamente.
Sulle labbra di Villanelle nacque un sorriso malizioso «Siegfried Stern» attese una reazione della mora, che non si mosse minimamente. Fece un passo verso di lei. I loro visi vicinissimi «Posso aiutarti» un sussurro lieve come una brezza invernale sulla pelle.
Villanelle le sfiorò la mano con la sua «Voglio aiutarti»
«Come» una domanda che dal tono di Eve sembrava più una stanca richiesta.
«So che l’MI6 non sa nemmeno quale sia il suo volto. Io sì, lo conosco, posso dirti chi è e dove si trova»
Sfruttala Eve” le parole di Carolyne le rimbombavano nella testa quasi a farle male. Così, Eve nuovamente inspirò ed espirò, quasi a voler cacciar fuori quella voce fastidiosa.
Villanelle prese lo smartphone dalla tasca dei pantaloni «Seguimi» disse prima di allontanarsi verso la porta.
Eve guardò la sua tazza dell’accademia, ancora lì a terra in frantumi. Prese la sua giacca e la seguì.
 
Per Eve Polastri, quello era un giorno come un altro…o forse no.
Si ritrovò in auto a guidare. Villanelle seduta al suo fianco, che guardava con occhi ricchi di meraviglia, segno di un’infanzia perduta, ogni cosa interessante che scorreva lungo il loro viaggio.
Era uno dei pochi momenti in cui Eve riuscì a sentirsi serena. Guardava la donna vicino a lei spesso faticando a trattenere un sorriso. Guardava la donna vicino a lei, pensando di riuscire a viverla un po' più del solito. Bastava allungare la mano per poterla toccare eppure, non osava farlo. La sua paura era che fosse un sogno, una bolla di sapone e, se l’avesse toccata, sarebbe sparita lasciandola sola.
«Gira in quel vicolo e parcheggia» la voce della bionda la colse alla sprovvista dopo tanto silenzio, ma Eve fece ciò che le era stato chiesto.
«È quasi l’una. A quest’ora viene sempre a pranzare qui» Villanelle pronunciò quelle parole, senza distogliere lo sguardo dalla tavola calda a pochi passi da loro.
«Come lo sai?» domandò Eve incuriosita.
«I suoi incontri d’affari li svolge qui. Abbiamo l’ordine di recapitare qui qualsiasi cosa lo riguardi»
“Abbiamo” è una conferma che lavora ancora per i 12. Questo pensò l’Agente dell’MI6. Un pugno nello stomaco dettato dalla paura. Paura per Villanelle o paura di lei? «Abbiamo?» chiese.
«Non importa» Villanelle rispose frettolosamente aprendo la portiera e scendendo dall’auto.
Importava eccome, ma Eve era cosciente che quello non fosse né il momento né il luogo per discuterne.
Le due donne entrarono e si sedettero ad un tavolo.
«Non è un problema se ti vede?»
«Non mi ha mai vista, comunque il suo tavolo riservato è abbastanza fuori dalla nostra visuale, anche se non totalmente. Possiamo tenerlo d’occhio da lì» la giovane donna indicò uno specchio poco distante, posto in un angolo. Villanelle aveva ragione, visuale perfetta per loro.
E senza attendere troppo, Siegfried Stern fece il suo ingresso. Due scagnozzi in completo nero ad accompagnarlo. Si sedette al solito tavolo, ordinò del vino rosso, ma qualcosa andò diversamente dai progetti fatti da Villanelle.
I capelli scuri di una donna a lei sin troppo familiare, celarono un volto che non tardò a farsi mostrare.
Hélène sorrise allo specchio e Villanelle capì. Hélène sorrise allo specchio e il cuore di Eve mancò di battere.
«Credi che ci abbia viste?» Eve formulò la domanda temendo per la risposta.
«Ne sono certa».
Eve sentiva l’aria immobile attorno a lei. La tensione cresceva a dismisura.
«Aspettiamo la loro mossa e poi agiremo di conseguenza» il tono di Villanelle sembrava calmo, ma la sua espressione dura, mostrava che non lo era.
Villanelle, mascella serrata, respiro controllato, battito veloce, si rese conto di aver messo in pericolo l’unica persona che aveva mai amato davvero. Che qualcosa potesse andare storto bisogna sempre metterlo in conto, ma così…
Siegfried ed Hélène si alzarono, pagarono il conto e si avvicinarono all’uscita.
L’azzardo era seguirli.
I due uscirono dalla tavola calda. Eve e Villanelle si alzarono di scatto, lasciarono dei soldi sul tavolo e senza che la bionda se ne rendesse conto l’Agente dell’MI6 era scomparsa dalla sua vista.
Villanelle uscì velocemente a cercarla.
In quel momento molti turisti uscirono dal teatro di fronte a lei. La killer su commissione la cercò con lo sguardo setacciando i volti delle persone uno ad uno.
Il panico iniziò a impossessarsi di lei. Emozioni mai provate prima.
Una mano sulla spalla la fece voltare e Villanelle finalmente tornò a respirare.
Eve Polastri era lì davanti a lei. Un lieve sorriso sul volto «Ti sono mancata?» fu tutto ciò che disse.
Villanelle, con tocco leggero, le mise un braccio intorno alla vita, avvicinandola a sé per poi sussurrarle all’orecchio «Mi sono sentita morire quando non ti ho più vista».
La vicinanza della bionda ad Eve le fece mancare del cuore un battito, lo stesso cuore che si fermò pochi istanti dopo.
Un’espressione di stupore mista a paura si dipinse sul volto di Villanelle, che con prontezza capovolse la situazione.
L’amore fa compiere azioni straordinarie anche alle persone più impensabili e, quel giorno iniziato come gli altri, mutò lasciando un segno indelebile in un cuore dal sapore confuso.
Eve sentì le forze di Villanelle venir meno. La strinse a sé tra le urla delle persone.
Uno scagnozzo di Siegfried, mischiandosi fra la folla, attaccò le due donne con l’intento di accoltellare Eve, che gli dava le spalle. Villanelle lo vide e, in un battito di ciglia, scostò l’agente dell’MI6 prendendone il posto. Il ghigno soddisfatto di quell’uomo senza nome, fu l’ultima cosa che vide Eve prima che lo scagnozzo, come era apparso, svanisse nel nulla.
 
©AlexVause

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Villanelle ***


Capitolo 2 – Villanelle
 
Per Villanelle, quello non era un giorno come gli altri, non lo era mai.
In quella nebbiosa giornata londinese, si sentiva più spensierata del solito. Camminando nella grande villa dove solitamente si riunivano i 12, decise di uscire e visitarne il parco. Era attesa da Hélène alle 10 in punto, quindi c’era tempo sufficiente per una passeggiata.
Costeggiando il muro bianco che portava all’entrata del giardino, sentì delle voci.
La ragazza si fermò.
Ciò che Villanelle sapeva è di non avere principi né regole. Ciò che fece ne era una conseguenza.
«L’MI6 ci è alle costole» una voce maschile giovane, dal tono preoccupato, si udì mischiata ad una femminile molto familiare.
«Parla piano idiota!» Hélène lo ammonì.
«Vogliono Siegfried» continuò il ragazzo «se lo prendono quello ci rovina!»
«E noi rovineremo loro» Hélène, sicura di sé come sempre, Hélène sicura di sapere, sempre.
Un movimento di passi fece scivolare la giovane killer in un nascondiglio.
I due continuarono a parlare allontanandosi ma, seguirli sulla ghiaia non sarebbe stato molto intelligente.
Villanelle s’incamminò tra quel verde sbiadito dalla nebbia. Smarrita tra i pensieri che s’insinuarono abilmente nella sua testa, già così caotica e confusa.
Il suo telefono squillò «Sei ancora dentro?» una voce dall’accento inglese, inconfondibile, si udì dall’altro capo.
«Ora ti vado bene?» chiese la giovane con una smorfia di disgusto sulle labbra.
«Posso darti ciò che vuoi».
«Pensi di potermi comprare così?» Villanelle parlava a bassa voce. Dove l’avrebbe portata questa conversazione?
«Sì. So di poterlo fare. So quello che vuoi, so cosa vuoi» la voce all’altro capo la incalzò.
«Hai detto che puoi darmi “ciò che voglio” quindi, sono dentro oppure è come oggetti che tratti i tuoi Agenti?» chiese Villanelle con tono fermo.
«Siegfried Stern. È lui che minacciava mio figlio. Fammelo avere, in qualsiasi modo. Potrai collaborare con Eve Polastri».
Quel nome, il suo nome. La giovane bionda inspirò ed espirò. Il volto di Eve le si instillò nella mente.
Per Villanelle quello non era un giorno come gli altri, perché quel giorno, Villanelle decise di restare.
«Sono dentro» disse poi chiudendo la chiamata.
 
Durante la riunione Villanelle stette a rimuginare su quella telefonata, sognando ad occhi aperti in quanti modi poteva far smettere Hélène di parlare e, non appena la riunione finì, la giovane si dileguò.
A passo svelto entrò nella sua camera d’albergo. Il cuore le correva veloce nel petto. Ansia, odio. Doveva sfogare quelle emozioni al più presto.
Il respiro veloce e affannoso di chi aveva il peso del mondo sulle spalle.
Il respiro veloce e affannoso di chi aveva paura di cedere sotto tutto quel peso. Non poteva, non doveva.
Si mise le mani fra i capelli per poi aprire l’anta del suo armadio. Una foto era appesa dietro ad essa.
Villanelle, si mise a cercare qualcosa nella stanza, una cosa che subito trovò. Un coltello da caccia era lì fra i suoi vestiti. Lo prese e con precisione minuziosa lo lanciò, conficcandolo in mezzo agli occhi della persona nella foto: Carolyn.
Scelse con cura cosa indossare, per poi vestirsi velocemente e andare da Eve. Raccolse il suo coraggio, sentendosi un’adolescente al primo amore.
La casa dell’agente dell’MI6 profumava di lei. Eve non si era accorta che sbattendo la porta, quest’ultima rimbalzò restando aperta. Serratura difettosa.
Fu facile entrare nel suo nido. La salutò con tutto l’affetto che provava per lei.
Lo si sentì nel tono, lo si sentì nella voce.
Lo si vide nei gesti, lo si vide dagli sguardi.
E fu proprio accanto ad Eve che Villanelle imparò cos’era la paura. La debolezza, la paura di amare ed essere amata e la paura di perdere chi si ama davvero. Quella, quella paura la provò quando vide lo sguardo di Hélène attraverso lo specchio, e la provò ancor più forte, più vivida ed intensa, quando lo scagnozzo in nero tentò di uccidere Eve.
Fu in quel breve istante che Villanelle capì cosa fare.
Fu in quel breve istante che Oksana capì quanto aveva da offrire.
 
Villanelle si svegliò dolorante in un letto matrimoniale con lenzuola bianche. La camera in cui si trovava era minimale e fredda ma, allo stesso tempo elegante.
«Ti sei svegliata» la voce di Eve le scaldò quello che poteva essere il suo cuore. Strano come sentirlo battere per la mora, fece comprendere ad Oksana di averne uno.
Villanelle tentò di alzarsi, ma il dolore al fianco era lancinante. L’Agente dell’MI6 le mise una mano sul petto per tenerla sdraiata.
«Non alzarti, hanno dovuto darti dei punti di sutura. Ti abbiamo portata a casa di Carolyn. Dice che hai informazioni che le possono servire» Eve era seduta accanto a lei. Quei suoi occhi profondi s’incatenarono a quelli chiari di lei.
“Non resisteremo per molto, ci consumeremo prima d’invecchiare” quelle parole le tornarono alla mente, attanagliandole il respiro, più del dolore della ferita.
«E se mi volessi consumare?» fu un sussurro, così lieve ed impercettibile che Eve faticò a comprendere.
«Cosa?»
«Non importa» disse Villanelle voltando il viso. Dei passi si stavano avvicinando alla camera.
«Devo parlarle» Carolyn entrò nella stanza, impassibile come sempre. Eve si alzò dal letto e la informò che avrebbe atteso in salotto.
«Che cos’è successo?» le chiese poi chiudendo la porta.
«Hélène. Lei sa ogni cosa» disse la killer con voce ferma.
«Lo so».
Quella risposta stranì Villanelle, anche se ciò durò un istante «Certo, siamo carne da macello» disse schifata.
Carolyn si sedette sul letto accanto alla giovane le si avvicinò con il viso, in modo che sentisse bene ciò che stava per dire «Ho bisogno di informazioni. Non mi interessa come, e ora che sei stata scoperta lasciamogli intendere che loro ci hanno in pugno».
Villanelle sorrise maliziosa «Sapevi già come sarebbe andata».
«Lo speravo. Io amo giocare d’azzardo. Puntare sulla vostra debolezza è stata la mia mossa» Carolyn sorrise alzandosi dal letto.
«Il gioco non è finito» disse duramente Villanelle «il gioco è appena cominciato».
«Ora tocca a loro» Carolyn chiuse la porta alle sue spalle lasciando la giovane nei propri pensieri.
Non avrebbero tardato a fare la loro mossa e lei doveva essere pronta.
Si alzò malamente per poi rivestirsi.
Eve entrò in quel momento «dove credi di andare?» la ammonì.
«Non posso restarmene sdraiata in un letto…» si fermò un attimo soffocando un gemito di dolore. Mettersi la camicia fu più complicato del previsto «…mentre loro ci tendono una trappola».
Eve le si avvicinò per aiutarla. Iniziò ad abbottonarle la camicia in seta nera, lentamente, come ad assaporarsi quel momento e farlo durare il più possibile.
«Hanno trovato il covo di Siegfried. si nasconde in una fabbrica abbandonata a una trentina di km da qui» disse poi cercando di infilarle delicatamente la giacca del completo.
«Trappola» sussurrò Villanelle.
«Lo sappiamo e andremo preparati» spiegò la mora abbottonando il blazer. Sostò su quell’unico bottone più del previsto senza alzare lo sguardo ad incontrare i suoi occhi.
Le parole lasciarono spazio al silenzio. Si udivano solo i respiri delle due, entrambe più veloci del solito.
Il cuore di Oksana sembrò scoppiarle nel petto, mentre fissava i capelli di Eve che non accennava ad alzare il capo. La sua mente era così vuota. Nonostante la morte pendesse sulle loro teste la sua mente era sgombra da ogni pensiero.
La giovane killer mise l’indice sotto il mento della mora, alzandone lentamente il capo.
Ciò che successe le parve irreale.
Ciò che successe non l’aveva mai provato con nessuno.
Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Eve, riuscì a sentire una forza che le fece saltare il cuore di un battito.
Non esisteva più nulla attorno a loro, non c’erano suoni, né rumori, non c’erano mobili né lo scorrere del tempo. Solo loro, solamente loro.
In quell’istante le loro labbra si sfiorarono. Erano calde quelle di Eve, pronte a scaldare quelle fredde di Oksana. Quel lieve tocco divenne un dolce bacio, dal trasporto così sentito e da entrambe così desiderato.
Oksana le accarezzò il viso con una mano mentre Eve, lievemente le sfiorò la ferita. Le aveva salvato la vita e questo le permise di abbandonarsi a lei, nonostante tutto, nonostante Niko, nonostante Villanelle. Entrambe sapevano che, nella giovane, era in atto una frattura netta che stava lasciando emergere Oksana ed oscurando Villanelle ma, se Villanelle esce di scena cosa resta?
 
Per Eve e Villanelle quello non era un giorno come un altro.
Per Eve e Villanelle era arrivata la fine dei giochi. Le ultime mosse da parte di entrambe i fronti ma, di chi sarebbe stata la vincita?
Carolyn non aveva piani, all’apparenza, ma solo un unico obiettivo: uccidere chi minacciava suo figlio. Fermare i 12 era lo scopo principale dei suoi superiori.
Un obiettivo per lo più rischioso, faticoso e semi impossibile ma che, con le persone giuste, si poteva raggiungere e lei lo sapeva, loro stessi lo sapevano.
Siegfried ed Hélène erano in piedi davanti a Carolyn ed Eve. Sulle loro labbra il ghigno di chi sa di aver vinto. Solo quelle di Eve erano tirate dall’ansia di chi era in possesso di un destino incerto.
La fabbrica non era piena di scagnozzi, forse avevano sottovalutato la tenacia di una madre.
Una ventina di uomini in nero con passamontagna, pattugliavano la zona.
Villanelle doveva starne fuori, ma non sarebbe mai riuscita a lasciare sola Eve. Carolyn lo sapeva.
L’abilità di Villanelle era conosciuta e, lei stessa, sapeva di essere una dei migliori.
Una pistola con silenziatore l’accompagnò in quella missione.
Un passo alla volta, silenziosamente, sparò ad una guardia che pattugliava una zona isolata. Ne prese i vestiti e la mitraglietta nera che imbracciò e si mimetizzò furtiva.
«Mi sono resa conto, che nessuno può sconfiggere i dodici» la voce di Carolyn si udì distintamente provenire dall’interno della fabbrica. Villanelle fece un percorso a zig zag, strano da “vedersi”, prima di raggiungere la postazione, a detta sua perfetta, poco distante da loro, nascondendosi dietro delle casse in legno.
«Ciò non toglie che io sia contro la vendetta personale» continuò il capo di Eve.
La giovane bionda premette un pulsante e un ordigno piazzato all’esterno esplose, distraendo i quattro scagnozzi nella fabbrica.
Con un gesto veloce Carolyn estrasse una pistola e sparò a Siegfried.
Villanelle fece esplodere altre cariche piazzate nel suo percorso a zig zag. Aveva pensato a tutto.
Hélène si voltò per scappare, finendo proprio tra le braccia della sua beniamina dai capelli dorati.
La donna si scostò. Un’espressione smarrita sul viso, toccandosi il ventre sanguinante.
«Non riusciresti mai ad uccidermi prima che io uccida te» le sussurrò mentre Hélène si lasciò scivolare a terra agonizzante.
Carolyn aveva organizzato tutto assieme a Villanelle. Aveva lasciato degli agenti pronti a sparare non appena fosse esplosa la prima carica, avevano programmato tutto, o quasi.
Gli scagnozzi rimanenti si accanirono contro le tre donne, mentre fuori infuriava la guerriglia. Spari ovunque. Carolyn colpì uno degli uomini in nero. Villanelle voleva aiutare Eve ma fu colta alla sprovvista.
L’energumeno che l’aveva ferita poche ore prima l’afferrò da dietro le spalle. Il dolore lancinante al fianco si fece sentire ma, con una testata all’indietro, riuscì comunque a rompergli il naso. L’uomo inveì contro la bionda che lo uccise con la pistola silenziata. Bastò una sola pallottola.
Villanelle si voltò, anche Eve era riuscita ad avere la meglio sull’energumeno che l’aveva attaccata. Gli spari all’esterno erano cessati e alcuni degli agenti dell’MI6 le avevano raggiunte. Qualcosa, però, attirò l’attenzione di Villanelle, ultima ad avviarsi verso l’uscita. Un puntino luminescente si vide sulla giacca di Carolyn. Un urlo di dolore seguito da un tonfo fece voltare gli agenti. Villanelle aveva sparato a una guardia rimasta in vita.
Se Villanelle esce di scena cosa resta?
Mentre Eve si allontanò verso l’auto di Carolyn, Oksana si fermò sulla soglia della fabbrica.
La mora sembrò accorgersi che qualcosa non andava. Si congedò dal suo capo e raggiunse la giovane dai capelli biondi.
«Ti fa male?» chiese con tono dolce Eve, vedendo la ragazza con una mano sul fianco.
«Non la ferita» Oksana rispose con tono malinconico. Si voltò guardando Eve negli occhi «Se Villanelle esce di scena cosa resta?».
L’Agente dell’MI6 rimase spiazzata a questa domanda. Le sorrise in modo gentile, sfiorandole le dita della mano «Resti tu».
«E questo ti basterebbe?» Qualcosa dentro Oksana si era visibilmente spezzato.
«Morirei se non ti vedessi più» ora fu Eve a sussurrare, ricordando le parole della bionda dette quel mattino. Un nodo alla gola, il respiro mozzato e quel passo in avanti che non si era accorta di aver fatto.
Carolyn salì in auto e, mentre stava per chiudere lo sportello, vide Eve dare un bacio lieve sulle labbra di Villanelle.
Sorrise maliziosa pensando che, finalmente, anche Oksana avrebbe avuto qualcosa da offrire.
 
 
©AlexVause
 

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