New beginnings

di Moriko_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensiero ***
Capitolo 2: *** Scarpe ***
Capitolo 3: *** Lenzuola ***
Capitolo 4: *** Presente ***
Capitolo 5: *** Diventare genitore ***
Capitolo 6: *** Città ***
Capitolo 7: *** Taglio di capelli ***
Capitolo 8: *** Strada ***
Capitolo 9: *** Coinquilin* ***
Capitolo 10: *** Lingua ***
Capitolo 11: *** Lavoro ***
Capitolo 12: *** Bagnoschiuma ***
Capitolo 13: *** Piatto preferito ***
Capitolo 14: *** Vita ***
Capitolo 15: *** Scuola ***
Capitolo 16: *** Passato ***
Capitolo 17: *** Diventare adulto ***
Capitolo 18: *** Amicizia ***
Capitolo 19: *** Vestiti ***
Capitolo 20: *** Credo ***
Capitolo 21: *** Ruolo ***
Capitolo 22: *** Sentimento ***
Capitolo 23: *** Abitudine ***
Capitolo 24: *** Occhiali ***
Capitolo 25: *** Posto preferito ***
Capitolo 26: *** Famiglia ***
Capitolo 27: *** Sogni ***
Capitolo 28: *** Treno ***
Capitolo 29: *** Relazione ***
Capitolo 30: *** Casa ***
Capitolo 31: *** Futuro ***



Capitolo 1
*** Pensiero ***


Fanfiction

Sommario. 
La vita di ciascuno di noi è ricca di cambiamenti di ogni genere che possono avere un impatto maggiore o minore sui passi che percorriamo ogni giorno.

“Vivere è cambiare, è questa la lezione che ci insegnano le stagioni.” (Paulo Coelho)

[Un lungo percorso di brevi riflessioni e ricordi aventi come protagonista Kojiro Hyuga in uno scenario What if.]

 

Piccola nota iniziale: ciò che seguirà per tutto il mese di ottobre sarà un esperimento per il #Writober2020, per svariate ragioni. Per la prima volta racconto di personaggi sui quali non ho mai scritto; inoltre questo sarà il primo tentativo di creare brevi storie cercando di collegarle tra loro come se fossero parte di un unico flusso di pensieri riguardanti il tema del cambiamento (lo stesso proposto dai prompt di Fanwriter.it sul #Changectober) nel corso della vita di una persona.

Non so se alla fine di questo percorso potrò dire di essere riuscita nel mio intento; intanto lo prendo come un esercizio di scrittura!

Buona lettura :)

 

 

geydmMY

New beginnings.

(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

1 | Pensiero

 

 

Se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo e avere modo di confrontarsi con il se stesso bambino, era certo che l’altro sarebbe scoppiato a ridere quando egli avrebbe iniziato a parlare del suo futuro.

A distanza di anni Kojiro Hyuga si era ritrovato lì, seduto su un divano che non era quello della sua umile dimora d’origine, così diverso da quello un po' scomodo e logoro che i suoi genitori avevano comprato con i risparmi accumulati grazie ai sacrifici che avevano fatto per lui e i suoi fratelli. Quello sul quale egli si stava rilassando nel suo unico giorno libero della settimana era un divano decisamente più comodo e pulito, ma che aveva lo stesso sapore di casa, di affetti familiari. Quello non era l’unico elemento presente nella dimora dove ora risiedeva: qualsiasi altro oggetto aveva il medesimo valore di quel divano perché era il frutto della condivisione di valori, idee e pensieri sul futuro con un’altra persona, la stessa che in quel momento dormiva al suo fianco con la testa appoggiata sulle sue gambe, Maki Akamine.

Se avesse avuto la possibilità di rivelare al suo se stesso bambino che anni dopo sarebbe finito in una casa lontano da sua madre e i suoi adorati fratelli, e in più con una donna con la quale ogni giorno sperava di continuare a vivere fino alla fine dei suoi giorni, Kojiro sarebbe stato certo che l’altro avrebbe esclamato: «Non è vero: io resterò con la mia famiglia per sempre, perché loro hanno bisogno di me!» Spesso pensava a ciò che più che un’eventualità era una cosa impossibile da realizzarsi, incontrare il se stesso fanciullo con il quale aveva condiviso la stessa strada da percorrere e l’obiettivo che aveva per il suo futuro: diventare un ottimo calciatore.

Quando da bambino aveva iniziato a pensare al suo futuro con più consapevolezza, Kojiro si era immaginato con la sua famiglia... ma allo stesso tempo da solo. Non aveva mai ipotizzato la presenza di altre persone al suo fianco, che lo avrebbero accolto quando sarebbe tornato a casa con lo stesso caloroso sorriso che gli avrebbe ricordato quello di sua madre, le stesse persone che gli avrebbero fatto trovare a tavola un pasto caldo da quello medesimo sapore di quella casa dalla quale proveniva. Kojiro pensava solo a guadagnarsi qualcosa per vivere - anzi, per sopravvivere -, a mettere da parte un po’ di denaro che poi avrebbe spedito anche ai suoi cari familiari perché, nell’eventualità in cui un giorno non avrebbe più vissuto sotto il loro stesso tetto o sarebbe finito in un’altra città del Giappone, anche quello sarebbe stato un modo per sentirli vicino al cuore.

Ma lui, quel bambino dai capelli neri - un ragazzo cresciuto troppo presto - non poteva immaginare che il futuro che stava iniziando a costruire con le proprie mani lo avrebbe premiato per la sua tenacia con qualche elemento in più che avrebbe arricchito la sua vita: qualcosa di unico, di speciale, che gli avrebbe sempre ricordato le origini e quel calore che solo la sua famiglia gli aveva saputo dare.

 

Ripensandoci, quel futuro nel quale Kojiro stava vivendo non era così male. Un futuro nel quale stava continuando a lottare per una vita che non aveva più l’amaro gusto della sopravvivenza ma che era colma di soddisfazioni, dove la sua famiglia era finalmente riemersa dalle difficoltà economiche che aveva attraversato e dove lui non era da solo, nel vero senso della parola.

Un cambiamento del tutto inaspettato, per quel sé bambino che stava iniziando ad abituarsi all’idea di un futuro costruito con le sue stesse mani ma ancora così incerto e pieno di ostacoli, nel quale l'unica via d’uscita sarebbe stata una gloriosa carriera nel mondo dello sport.

Che cosa avrebbe pensato quel bambino di lui, ormai adulto, se Kojiro gli avesse portato una testimonianza con il quale sarebbe riuscito a convincerlo della veridicità delle sue parole? Avrebbe continuato a negare l'evidenza oppure sarebbe scoppiato a piangere, incredulo del fatto che man mano quel mondo in bianco e nero nel quale era stato improvvisamente catapultato si sarebbe tinto di nuovi colori sempre più vivaci e brillanti?

 

Se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo, Kojiro non avrebbe esitato ad approfittarne. A lui non importava se così avesse creato un paradosso: sarebbe andato incontro al se stesso fanciullo con un affettuoso sorriso, gli avrebbe asciugato le lacrime che scorrevano incessantemente sulle sue guance solo quando era lontano da tutti, e gli avrebbe sussurrato: 

«Continua a lottare. Non arrenderti mai, nemmeno quando sembra che il mondo intero ti crollerà addosso.»

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Dirvi che in questi giorni mi sono letteralmente ammattita per progettare questo ciclo di storie è davvero poco. Che poi, anche ora continuo a ripetermi: proprio quest'anno che avevo deciso di non partecipare al Writober mi doveva arrivare un'idea del genere, eh? XD

Era il lontano (ma non troppo, al momento di questa prima pubblicazione) 20 settembre. Una domenica che sembrava essere come tutte le altre: una giornata di quelle nelle quali ci si rilassa, in pratica. Ma è stato proprio nel rilassarsi che, leggendo il Kaigai Gekito Hen in Calcio perché in quel momento mi andava di leggere qualcosa su Shingo in Italia... avete presente una stella cadente nel cielo limpido di una notte di agosto? Ecco: l'illuminazione mi è passata davanti proprio in questo modo!

«Ho trovato! Per il Writober scriverò una Kojiro/Maki!» Perché quando hai di fronte il capitolo 22 con tanto del mezzo busto di Maki che occupa metà pagina nei pensieri di Kojiro rispetto a tutti gli altri personaggi, cosa vuoi fare: non vuoi seguire l'illuminazione che in quel momento illumina la tua mente come i raggi del sole? Certo che no! XDD

Scemenze a parte: è proprio così che è andata. Mentre leggevo quella serie ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa proprio su questi due personaggi, utilizzando il pretesto del Writober che mi avrebbe spronata con stesura del testo più relativa pubblicazione. Prima che mi fosse venuta in mente questa idea, avevo adocchiato la lista notturna che mi ispirava moltissimo, però non sapevo su chi e su quale fandom scrivere; quando è arrivata l'idea della Kojiro/Maki mi sono collegata di nuovo alla pagina Facebook di Fanwriter.it (per recuperare la lista)... e proprio quel giorno ho scoperto che gli admin ne avevano pubblicata un'altra sul #Changectober.

Cos'è il CHANGEctober? Lo scopo è quello di sottolineare il cambiamento e tutti i prompt hanno a che vedere con questo tema, dalle idee agli oggetti stessi. Così ho deciso di cambiare lista, e ho iniziato a mettermi al lavoro sulla progettazione delle storie che da oggi vi accompagneranno per tutto il mese di ottobre.

Alla fine, come potete aver intuito già da questa prima storia, ho cambiato leggermente il focus e così mi sono più concentrata sul personaggio di Kojiro, ma anche questo cambiamento (appunto) non è stato un caso: lui ha una storia di vita costellata da diversi cambiamenti - il primo dei quali è rappresentata dalla scomparsa del padre sulla quale io sto ancora piangendo - che da quel momento lo portano a maturare sempre più. È un personaggio che io ho sempre apprezzato proprio per un character development secondo me gestito alla perfezione... e vuoi non apprezzarlo soprattutto perché ha deciso fin da subito di occuparsi della famiglia che lo ha sempre amato, nonostante la madre insistesse sul fatto di non preoccuparsi di tutti loro? Su questo è un modello d'esempio per chiunque, decisamente. :')

Fatta questa lunga premessa, passiamo alla storia in sé. Come già anticipato nelle note iniziali, da oggi e per tutto il mese cercherò di scrivere e pubblicare non solo delle brevi storie scaturite dai prompt offerti per l'occasione del Writober, ma allo stesso tempo di collegarle tra loro come se fossero parte di un'unica storia. Questa che avete appena letto, infatti, rappresenta l'inizio di un cammino introspettivo che intraprende Kojiro in una giornata di relax trascorsa all'interno della casa nella quale vive insieme a Maki (e questo è il motivo del tag "What if", perché si tratta di un ipotetico futuro che non si è ancora realizzato nella serie canonica): entrambi si stanno rilassando sul divano, mentre Kojiro inizia a pensare e a ripensare a vari aspetti del suo passato, presente e un po' anche al futuro...

Il prompt di oggi è pensiero, e qui ho voluto interpretarlo come la dualità di pensiero differente che avrebbe potuto avere il calciatore: il pensiero del sé bambino, lo stesso che ha appena perso il padre e non sa ancora bene quale sarà il suo futuro ma già inizia a porsi come obiettivo il non lasciarsi più sconfiggere, e il pensiero del sé adulto, che sta vivendo proprio quel futuro e che ormai non ha più timore di tutto ciò che potrebbe ancora accadergli. Il cambiamento sta proprio in ciò che stava pensando il sé bambino, che era convinto di rimanere saldamente ancorato alle sue radici - la sua famiglia - anche dal punto di vista fisico, che non avrebbe ancora pensato di diventare il grande calciatore che oggi è arrivando a finire addirittura dall'altra parte del mondo (perché è pur sempre vero che Kojiro si era posto come obiettivo il diventare un invincibile calciatore, ma secondo me all'inizio non pensava di andare via dal Giappone per realizzare questo obiettivo); un cambiamento di pensiero che è avvenuto a poco a poco, anno dopo anno, partita dopo partita (il confronto con Tsubasa docet ;D) e che lo ha portato verso quel futuro quasi inaspettato che il se stesso adulto sta vivendo.

Un argomento che forse nel mio testo ha fatto il giro della ruota del criceto, ma sul quale ho pensato che sarebbe stato interessante da esporre. Se ciascuno di noi avesse la capacità di tornare indietro nel tempo per rivelare alla nostra versione bambina cosa riserverà il suo futuro, come reagirebbe il nostro se stesso più piccolo? I pensieri sono gli stessi dei nostri, oppure ne avevamo altri quando eravamo ancora dei piccoli frugoletti di soli pochi anni? Sicuramente qualcosa è cambiato: chi in maggior misura, chi in minor misura, ma nella vita di ciascuno di noi ci sono stati dei cambiamenti. ;)

Specifico che la presenza del tag OOC è per me che non penso di riuscire a centrare in pieno il personaggio di Kojiro nel corso della storia. Per me è il primo tentativo in assoluto di scrittura su di lui, per cui alzo già lo scudo in mia difesa avvertendovi che forse in alcune parti (se non in tutte) non corrisponderà alla sua versione canonica; da un lato spero che mi smentirete alla fine di questo viaggio di trentuno giorni, ma dall'altro è stato doveroso da parte mia fare questa precisazione.

Perdonatemi per eventuali errori presenti nel testo, ma chi come me partecipa a questa sfida già lo sa: lo scopo del Writober è quello di scrivere in un giorno... alla revisione ci penseremo in seguito, con più calma e lucidità. ;)

Come ultima cosa vi chiedo scusa fin da ora se nel corso di questo mese le risposte alle recensioni potrebbero arrivare con ritardo, però sappiate che mi fa sempre piacere leggere cosa ne pensate e che, per questo, cercherò di rispondervi quanto prima. E fin da ora ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a qui, che mi leggeranno silenziosamente o meno, e che decideranno di proseguire insieme a me questo lungo percorso che ci terrà compagnia per un mese intero.

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 2
*** Scarpe ***


Fanfiction

New beginnings.

(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

2 | Scarpe

 

 

Lo sguardo di Kojiro ricadde sul piccolo getabako che la coppia aveva montato all’ingresso della loro abitazione.

Quando si erano trasferiti in quella casa, Kojiro e Maki avevano fatto in modo di ricreare lo scenario al quale entrambi erano stati abituati da piccoli, in modo tale da mantenere il forte legame con le loro origini: dalla cucina, dove al centro era stato posizionato un kotatsu, alla stessa camera da letto dove vi erano due larghi tatami sui quali era stato adagiato un morbido futon.

Insieme al genkan dove si trovava, quel getabako non costituiva un’eccezione, anzi: era il primo elemento che lo accoglieva in quella casa come se fosse stato uno di famiglia, come se ogni volta il calciatore facesse l'ingresso nella sua vecchia dimora e non in una casa nel cuore dell’Europa...

 

Quando si era trasferito in Italia, la prima cosa che Kojiro aveva notato nelle case era la totale assenza del getabako. O, per meglio dire, scarpiere di qualsiasi genere e forma erano presenti in qualsiasi abitazione ma non nella posizione al quale era abituato: all’ingresso. Pochissime persone avevano avuto la premura di avere un armadietto proprio in quel punto, invitando silenziosamente gli ospiti a togliersi le scarpe - proprio come da tradizione in Giappone; ma nella maggior parte dei casi egli aveva visto elementi del genere solo nei ripostigli o addirittura nelle camere da letto, stanze che spesso si trovavano dalla parte opposta della casa. Inoltre, dalle prime esperienze che aveva avuto in Italia in materia di "ospite in dimore di altri", a Kojiro era sembrato che in certi casi non si invitasse nemmeno l’ospite a togliersi le scarpe all’ingresso e indossare almeno un paio di ciabatte: quasi sempre aveva visto gli inquilini delle rispettive abitazioni con le ciabatte, ma non si poteva dire lo stesso di coloro che erano entrati in quelle case per un pranzo o anche solo per una piacevole chiacchierata.

Tutti con le scarpe.

Così, la prima volta che una cosa del genere era capitata proprio a lui, Kojiro si era sentito sprofondare.

 

«Dai, Hyuga: puoi entrare!»

... con le scarpe? 

Questo era ciò che aveva pensato il calciatore giapponese, non appena aveva varcato la soglia d’ingresso della dimora di uno dei suoi compagni di squadra. In quella casa non vi era alcuna traccia di un getabako accanto alla porta, anzi: non sembrava nemmeno esistere quello spazio tradizionale per togliere e riporre le scarpe al quale egli era abituato nella sua terra natale.

In quel momento, Kojiro non sapeva bene cosa fare: poteva continuare a restare fermo come una statua di marmo, oppure chiedere con gentilezza se il suo compagno potesse prestargli un paio di ciabatte per la sua permanenza. Alla fine aveva optato per la seconda scelta, e la risposta non si era fatta attendere.

«Scusa... non è che avresti un paio di ciabat–»

«Ah... sì, che sbadato che sono! Certamente: seguimi, sono nel bagno!»

Devo camminare con le scarpe... fino al bagno?! 

Niente da fare: per quanto ci stesse provando, sembrava che le scarpe che il calciatore avesse avuto ai piedi - un paio di sneakers nere - sarebbero dovute rimanere incollate alla pianta del proprietario. Senza muovere le sue gambe di un solo passo, Kojiro aveva scosso la testa e si era passato una mano tra i capelli con velato imbarazzo.

«Per favore, non... non prendertela,» aveva chiesto al suo compagno di squadra, «non è che potresti... potresti portare qui le ciabatte? Non... non voglio arrivare fino al bagno con queste scarpe...»

L'altro lo aveva guardato con grande incredulità, e dopo qualche secondo era scoppiato in una fragorosa risata. Poi era tornato da lui, indicandogli le scarpe che portava ai piedi. «Hai paura di sporcare il pavimento? Non devi preoccuparti per questo: una lavata a terra, e si sistema tutto! Tranquillo, fai come se fossi a casa tua!»

 

Fare come se fossi a casa mia... che scemo! Anni dopo, guardando proprio il suo piccolo getabako dal divano dove si stava riposando, Kojiro cercò di trattenere le risate di fronte a quel ricordo che era apparso nella sua mente.

Quando era arrivato in Italia, il calciatore non poteva ancora immaginare che tra i cambiamenti che avrebbe dovuto affrontare ci sarebbe stato anche un paio di semplici scarpe. E con il passare del tempo quel getabako era diventato un forte memento del fatto che, ovunque sarebbe andato, non avrebbe mai rinunciato alle sue semplici abitudini di vita... così come i suoi attuali compagni di squadra non avrebbero mai rinunciato alle loro.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Ed eccoci al secondo prompt del CHANGEctober, scarpe.

Questa volta non ho granché da raccontare: tutti noi conosciamo le abitudini dei giapponesi, che si tolgono le scarpe prima di entrare nelle case o nelle scuole, nella tradizionale anticamera di ingresso dal nome genkan dove si trova il qui citato getabako, cioè la scarpiera.

Dal punto di vista delle nostre abitudini, conoscendo un po' quelle di alcune persone sono giunta alla conclusione che in fondo noi italiani non siamo stati molto "rigidi" come i giapponesi. In questi anni raramente ho visto le scarpiere in un angolo all'ingresso delle abitazioni, raramente il padrone di casa ti fornisce un paio di ciabatte non appena entri, e a volte le stesse si trovano in luoghi che non sono proprio a due passi dalla porta d'ingresso; noi possiamo essere abituati a vedere cose del genere, ma immaginate un giapponese come Kojiro (perché prima di essere un calciatore è un giapponese, prima di tutto) che arriva in Italia, lo invitano per la prima volta a casa di compagni di squadra... e scopre che già le abitudini sul modo di entrare in casa con le scarpe sono leggerissimamente diverse. Non sentirebbe un po' di disagio iniziale, secondo voi? :3

Nell'ottica del protagonista questo non è un cambiamento da poco, ragion per cui da quel giorno si rafforza il suo legame con un semplice oggetto, quel getabako all'ingresso della sua nuova casa che gli ricorda delle sue origini e che allo stesso tempo gli fa presente che "paese che vai, usanza che trovi". (E sicuramente, a poco a poco, sul nostro modo di "accogliere gli ospiti" Kojiro ci avrà fatto l'abitudine... sicuramente ;D)

Però, a tutto questo voglio aggiungere un dato importante. Nel particolare periodo storico nel quale ci troviamo, questa nostra "abitudine" si sta affievolendo: leggendo qualche articolo sul web ho scoperto che già prima della pandemia c'era stato un aumento delle persone che avevano scelto di togliersi le scarpe non appena entrati in casa; ora, proprio in seguito all'esplosione della pandemia, questo aumento è stato decisamente maggiore e così ho pensato che, forse, un giorno anche tutti noi che abitiamo in Italia avremo a che fare con questa abitudine di "togliersi le scarpe proprio all'ingresso dell'abitazione" (che di certo male non fa!)

Forse oggi ho raccontato una cosa un po' scema mettendo il povero Kojiro in mezzo, ma ci ho provato.

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 3
*** Lenzuola ***


Fanfiction

New beginnings.

(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

3 | Lenzuola

 

 

Sullo stesso divano dove Kojiro si stava riposando vi era un sottile lenzuolo di colore verde scuro. Si trovava al fianco del calciatore, ripiegato alla rinfusa e che spiccava tra i cuscinetti di colore verde militare che giacevano nell'angolo.

Ogni giorno, ogni volta che i suoi occhi si posavano su di esso, a Kojiro quel piccolo lenzuolo ricordava il letto dove aveva dormito fin da bambino, quando abitava ancora con i suoi fratelli. Da piccino si divertiva a rifugiarsi tra le lenzuola fino a coprirsi la testa, in attesa della madre che ogni sera gli dava la buonanotte con un delicato bacio sulla fronte; quelle lenzuola non erano molto pesanti e nella stagione invernale Kojiro percepiva di più il freddo, ma proprio quei larghi tessuti erano diventati il suo rifugio preferito dove poi, da ragazzo, spesso aveva fatto emergere i suoi pensieri sotto forma di borbottii o di semplici mormorii.

Da adulto Kojiro aveva cambiato casa, e quelle lenzuola della sua dimora natale non erano state più solite ospitarlo e accoglierlo dolcemente tra le loro braccia, avvolgendolo come un baco in un bozzolo di seta. 

Un bozzolo. Era proprio così che si sentiva Kojiro quando pensava al suo passato, e in particolare a quelle lenzuola. Le aveva lasciate in via definitiva quando era partito alla volta dell'Italia, intraprendendo quell'arduo percorso che lo aveva portato a diventare un grande calciatore: forse, non a caso, quelle lenzuola erano state davvero il suo bozzolo dal quale era poi diventato una crisalide e infine una splendida farfalla che era riuscita a volare fino all'altra parte del mondo. Quelle lenzuola che lo avevano accompagnato per tutta la sua infanzia e adolescenza non erano più parte della sua vita quotidiana, e altre lenzuola avevano iniziato ad avvolgerlo nel loro tepore - tra le quali le più importanti, quelle che ogni sera condivideva con Maki e che avevano un colore e un odore decisamente diverso da tutte le altre.

Ma quel piccolo lenzuolo del divano della sua nuova casa gli avrebbe sempre ricordato le sere della sua infanzia. Prima di trasferirsi con Maki, Kojiro aveva chiesto a sua madre di ricavare un piccolo pezzo dalle lenzuola del letto dove dormiva, in modo tale che sarebbe riuscito a portarle con sé ovunque sarebbe andato. Non si sarebbe mai sognato di dormire avvolto in quel lenzuolo, ma era certo che lo avrebbe custodito con la stessa cura di sempre.

 

In quel momento, con un calmo sorriso, Kojiro afferrò quel piccolo lenzuolo e lo posò sulle spalle della sua compagna di viaggio. Il calciatore iniziò a riflettere sul fatto che proprio quella parte ricavata dalle sue vecchie lenzuola non avrebbe mai cessato di accompagnarlo lungo tutto il suo percorso di vita... con una piccola differenza: quel pezzo di stoffa avrebbe fatto compagnia non più ad una sola persona, bensì a due.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Un po' breve, ma questo è ciò che mi è venuto in mente quando ho letto il prompt lenzuola. Non volevo fare una cosa troppo scontata con le classiche lenzuola del letto matrimoniale, ma con un lenzuolo - simbolo dell'infanzia del protagonista - che ha cambiato funzione (e anche dimensioni) con il passare del tempo. Un lenzuolo, nel quale un tempo si rifugiava il Kojiro bambino, che alla fine diventa più piccolo di dimensioni ma che riesce ad accogliere nel suo leggero tepore due persone; un lenzuolo che in realtà non perde mai la sua funzione principale, cioè quella di poter riscaldare chi lo utilizza.

(E niente: anche a questo giro, Maki non si sveglia. Lasciamola dormire: per ora basta e avanza un personaggio per i miei deliri... ;P)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 4
*** Presente ***


Fanfiction

New beginnings.

(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

4 | Presente

 

 

Kojiro aveva sempre vissuto nel presente. Quando era bambino di rado pensava al suo futuro e, se qualcuno gli avesse chiesto cosa avrebbe fatto nel giro di una decina di anni, la sua risposta sarebbe stata sempre la stessa.

«Con la mia mamma e i miei fratelli, nella mia città.»

Da bambino non aveva mai pensato di trasferirsi altrove: anche solo il pensiero di cambiare quartiere non gli passava per la mente. Perché il suo presente era lì, accanto ai più grandi affetti familiari, tra le calde braccia della madre e circondato dalla vivacità dei suoi fratelli mentre calciava il suo pallone: nella sua immaginazione non c'era posto per un futuro alternativo, con lui lontano dalle persone che più amava al mondo.

 

Da bambino Kojiro non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero lentamente cambiate, e che proprio la sua passione per il calcio sarebbe stata l'artefice di tale cambiamento. Il suo adorato pallone, ormai usurato e quasi sgonfio, lo aveva portato verso un futuro quasi inaspettato, circondato da nuove amicizie e catapultato in inediti scenari. Ogniqualvolta che il suo sguardo volgeva al suo passato, Kojiro sorrideva, pensando che tutto ciò che aveva affrontato non era stato mai vano e anche le difficoltà, a poco a poco, lo avevano indirizzato verso quel piccolo futuro che tanto sognava con gli occhi innocenti di un bambino.

A pensarci bene, ora che ci era dentro Kojiro non riusciva più a definirlo futuro, non solo per una semplice questione temporale ma soprattutto perché quel futuro non era qualcosa di molto diverso dal presente che aveva sempre vissuto. La sua famiglia e i suoi amici erano lì, al suo fianco, anche se spesso non lo erano fisicamente a causa della grande distanza che li separava; tutti i suoi cari gli erano sempre accanto con i messaggi, le telefonate, le lettere che si scambiavano di tanto in tanto e che facevano un lungo viaggio che quasi abbracciava il mondo intero. Kojiro stava vivendo una nuova stagione del suo presente, ricca di emozioni sempre nuove e a volte quasi inattese ma che non cessavano di essere condivise con tutte le persone a lui care, colma di notevoli cambiamenti che nel giro di qualche anno avevano stravolto la sua vita e che avrebbero continuato a farlo, come quella persona che molti anni prima aveva incontrato per caso in un semplice campo di softball.

Il suo nuovo presente era lì, accanto a lui

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Un'altra breve storia/riflessione da parte del protagonista, che in realtà si ricollega al primo testo che aveva aperto questo percorso. Si tratta di un approfondimento sul concetto del "presente" per Kojiro, che a mio parere ha sempre vissuto con questa idea di restare per sempre accanto alla sua famiglia, anche se a volte potrebbe esserci stato il pensiero di allontanarsi da loro dal punto di vista fisico, ma penso che all'inizio - almeno da bambino - non lo pensava affatto.

Poi le cose iniziano a cambiare e alla fine Kojiro si trasferisce dall'altra parte del mondo. Questa non è (ancora) la sede per approfondire ciò che egli potrebbe aver pensato quando ha salutato la famiglia per partire verso l'Italia, però la sua partenza è un elemento importante che rappresenta il momento in cui la sua vita ha avuto una svolta decisiva per la definizione di quel "presente" al quale sembrava essersi abituato. Un presente che si trasforma in futuro, quel futuro che con occhi di bambino sembrava essere ancora lontano... ma allo stesso tempo anche quel futuro continua ad essere un presente, ora che ci è dentro: un presente simile a quello che ha sempre vissuto fin da bambino, ma con tutti quegli elementi in più che lo hanno ripagato per tutto ciò che ha attraversato - e nonostante la ripetizione di termini e concetti della quale vi chiedo scusa, per il resto è proprio così che sto interpretando il suo percorso di vita e di carriera calcistica. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 5
*** Diventare genitore ***


Fanfiction

New beginnings.

(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

5 | Diventare genitore

 

 

Proprio come molti dei suoi coetanei, da ragazzo Kojiro non aveva mai concretamente pensato a costruire una famiglia... la sua famiglia. Quando aveva iniziato a frequentare l'Accademia, in classe o nei corridoi aveva spesso sentito parlare dell'eventualità di creare una famiglia: spesso era in tono scherzoso, ma sui volti di tutti era ben visibile una sincera gioia e serenità ogni volta che quell'argomento era venuto a galla. A ciascuno di loro brillavano gli occhi quando pensavano alla possibilità di restare al fianco di un'altra persona alla quale avrebbero voluto bene per il resto della loro vita, in un vicino o lontano futuro.

A differenza di loro, tuttavia, Kojiro spesso tendeva a rifuggire l'argomento. Aveva molte ragazze interessate a lui, che ogni anno in occasione di San Valentino gli regalavano intere confezioni di cioccolata fatte a mano, ma lui non se ne importava. Anzi: spesso le divideva con i suoi compagni di squadra - o, per meglio dire, le regalava a loro, non capendo bene il valore di quei dolci doni che quelle ragazze si ostinavano a fargli. Era convinto che non ci fosse una spiegazione ben precisa per il suo modo di pensare: semplicemente non era interessato.

 

Era stato solo poco tempo dopo quel giorno in cui aveva incontrato Maki che Kojiro aveva iniziato a pensare ad un futuro in cui anche lui sarebbe diventato padre. In tutte le volte nelle quali riusciva a far ritorno in Giappone cercava sempre di recarsi presso la tomba di famiglia, ragionando tra sé e sé sul fatto di aver avuto una famiglia meravigliosa.

Il suo, di papà, aveva sempre voluto bene a lui e ai suoi fratelli, e aveva sempre cercato di non far mancare nulla a ciascuno di loro. Da bambino Kojiro sognava di diventare una persona come lui, nel vederlo sempre generoso e affettuoso non solo nei confronti della sua famiglia ma anche in quelli degli altri, in modo particolare con i più piccoli; ma quel ricordo così felice e spensierato sembrava essere stato cancellato da quella tragedia, nella quale suo padre era tragicamente scomparso, e che all’improvviso aveva infranto in mille pezzi tutte le sicurezze che tenevano in piedi la loro famiglia.

Da quel giorno, Kojiro si era lentamente sostituito al suo adorato papà. A poco a poco era diventato egli stesso una figura paterna, un solido punto di riferimento per sua madre e i suoi fratelli, rimasti smarriti - come lui - senza l’amato genitore. All’inizio non era stato affatto semplice, perché non era stato facile pensare di riuscire a portare sulle proprie spalle delle così grandi responsabilità, ma con il passare del tempo ci aveva fatto l’abitudine... e, per questo, a distanza di anni era arrivato a pensare che una grande notizia non l'avrebbe fatto smuovere più di tanto.

Diventare padre.

Kojiro pensava di essere pronto, che addirittura non avrebbe versato nemmeno una lacrima di fronte ad una notizia del genere. Pensava che nei confronti della donna che amava avrebbe rivolto un piccolo sorriso colmo di gioia - perché un lieto evento nelle loro vite era pur sempre un lieto evento - ma allo stesso tempo credeva che sarebbe riuscito a mantenere la stessa lucidità e la fermezza che mostrava ogni volta che scendeva in campo.

Invece, in quel momento non ce l'aveva fatta. Per lui diventare padre rappresentava un cambiamento epocale, qualcosa che lo riportava sempre lì, alle origini... che con forza maggiore gli avrebbe ricordato del suo caro padre che lo aveva lasciato troppo presto e ancor prima di vedere lui, suo figlio, nelle vesti di quel grande campione che era diventato. Diventare padre significava rinnovare la promessa che aveva fatto al suo papà, ogniqualvolta che si era recato presso la tomba di famiglia dove era sepolto: la promessa di essere proprio come lui, di donare a quel bambino che stava per arrivare l’amore e l’affetto che il genitore gli aveva trasmesso, di sostenerlo nelle passioni e nelle scelte di vita che avrebbe preso lungo il suo cammino, di cercare di proteggerlo dai pericoli finché avrebbe potuto. 

Quella lieta notizia aveva ricordato a Kojiro proprio il desiderio di essere come suo padre, desiderio che fino a quel momento credeva che ormai non esistesse più nella sua mente e che, invece, giaceva sopito nelle profondità dell’anima.

Diventare padre.

Il forte pianto di gioia che aveva versato quel giorno, mentre stringeva Maki contro il suo petto, aveva lasciato trasparire quel suo desiderio che da sempre portava dentro di sé.

Quel giorno Kojiro si era promesso che presto sarebbe tornato nuovamente da suo padre, ringraziandolo per tutto ciò che aveva fatto per lui e giurandogli che avrebbe fatto lo stesso anche per quel fagottino, che nel giro di pochi mesi sarebbe arrivato nella piccola famiglia che aveva appena creato.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

E con questa parte sanciamo definitivamente il tag "What if"! Per ora: almeno finché anche Kojiro non metterà su famiglia nella serie canonica... awww, sarebbe bello vederlo un giorno in giro con qualche pupetto **

In un certo senso la breve storia di oggi si riallaccia al finale di quella di ieri, dove era stata citata Maki (che in questo momento si trova ancora al fianco del protagonista) che è per Kojiro "il suo nuovo presente": in effetti lo è... e non solo semplicemente per l'essere al suo fianco. Ebbene, sì: in questa storia aspetta un figlio - anche se qui non siamo ancora totalmente usciti dal ricordo.

Avete presente quando seguite un personaggio che amate dall'inizio alla fine, e quando arriva la notizia del "lieto evento" vi commuovete anche voi? Ecco: anche se Kojiro non è il mio preferito in assoluto (però mi piace come personaggio) è stato proprio nel rivolgere lo sguardo indietro che, mentre stavo scrivendo questa parte, mi sono un po' commossa immaginando ciò che potrebbe accadergli. Ipotizzando che in futuro potremmo vederlo davvero con un bimbetto al suo fianco, forse di fronte ad una scena del genere mostreremo nei suoi confronti tanto orgoglio nel ricordo della strada che finora ha percorso, come se Kojiro fosse uno di famiglia: in fondo lo abbiamo visto crescere, diventare prima ragazzo e poi adulto, e siamo entrati non solo nel suo mondo ma anche nei suoi pensieri... proprio come se fosse stato qualcuno che abbiamo incontrato nella vita reale. (Qui mi riferisco a lui, ma si può dire lo stesso anche di altri personaggi in CT e non solo: più volte ci è capitato di vedere almeno un percorso di crescita in qualsiasi serie che abbiamo seguito, vero? :'))

Detto questo: riguardo il prompt di oggi, non ho voluto sottolineare solo il fatto che Kojiro presto diventerà padre, ma in modo particolare il come è cambiata la sua prospettiva verso le ragazze. Nel capitolo 53 del World Youth, Kojiro accetta volentieri il portafortuna che Maki gli ha preparato, e Takeshi - che come accade in questa serie si trova sempre in mezzo alle scene dove questi due interagiscono, LOL - si ricorda dei bei tempi dell'Accademia, quando in occasione della festa di San Valentino lui e i suoi compagni di squadra avevano ricevuto dei regali da parte delle loro ammiratrici. In quella scena è fantastico notare il dettaglio di Kojiro che è il giocatore più popolare del club di calcio ma che, allo stesso tempo, rifiuta la sua cioccolata e la regala a sua volta ai suoi compagni di squadra; Takeshi si ricorda di tale dettaglio perché, nel caso di Maki, è la prima volta che vede Kojiro accettare un dono da parte di una ragazza - simbolo del fatto che nel frattempo qualcosa è cambiato e che quella Maki potrebbe essere diventata per lui una persona speciale. (Il resto della scena strappa un sorriso perché alla fine Takeshi viene inseguito da Kojiro per il fatto che è trapelata la notizia nella squadra del Giappone - che in quel momento si trova a pochi passi da loro - quando invece Kojiro gli aveva espressamente raccomandato di non farne parola con nessuno... XDD)

Perciò, in questo testo ho cercato di sottolineare questo cambiamento, collegandolo anche alla riflessione sul diventare genitore. Io credo che Kojiro non aveva mai pensato a questa eventualità - almeno fino a quando non ha incontrato Maki; un po' perché era ancora un ragazzo, un po' perché il suo modo di pensare verso le ragazze era decisamente diverso. Questo è ciò che si intuisce da quel capitolo del WY, ma in realtà conoscendo un po' il personaggio non è difficile immaginare un cambiamento del genere... e di certo anche questo ha contribuito alla sua maturità nel passaggio tra adolescenza e età adulta. ;)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 6
*** Città ***


Fanfiction

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(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

6 | Città

 

 

A dispetto dei continui traslochi che aveva fatto da quando era diventato un calciatore affermato, in realtà Kojiro non aveva vissuto in molte città. Ne aveva viste tante, proprio per la sua carriera che lo aveva sempre portato in ogni angolo del mondo, ma il viverci era decisamente diverso; per questo motivo il calciatore riusciva a ricordare ogni singolo dettaglio di quei pochi luoghi dove aveva avuto la possibilità di restarci come residente e non come semplice osservatore o turista.

Il primo trasferimento in un’altra città lo aveva avuto da ragazzo, nello stesso territorio dove era nato e cresciuto. Saitama e Tokyo non erano molto lontane tra loro, sia come distanza geografica che come cultura, così Kojiro non aveva avuto grandi difficoltà ad ambientarsi nella capitale del Giappone. Spesso, nel silenzio della sua stanza situata nel dormitorio dell’Accademia, aveva la nostalgia della sua casa, la stessa che da sempre aveva condiviso con la madre e i suoi fratelli e che quasi era stato “costretto” a lasciare quando si era trasferito in quella scuola per inseguire il suo più grande sogno. A lui era dispiaciuto allontanarsi dalla sua amata famiglia, ma allo stesso tempo dentro di sé aveva avuto la piena consapevolezza del fatto che lo aveva fatto anche per garantire ai suoi cari un futuro migliore: se fosse diventato così bravo nel gioco del calcio al punto da farsi notare da qualcuno di importante - come era già successo per l’Accademia Toho - sarebbe riuscito a portare a casa qualche gruzzoletto in più che avrebbe aiutato la madre e i suoi fratelli ad avere una vita più serena.

Prima di partire, non appena aveva visto il volto di sua madre illuminato da un sincero sorriso - forse non a caso - Kojiro aveva avuto la conferma che stava per fare la cosa giusta anche per i suoi cari. Trasferirsi altrove, non solo per un desiderio egoistico che una madre come la sua avrebbe assecondato anche a costo di grandi sacrifici, ma per un desiderio più grande che avrebbe coinvolto anche la sua famiglia, e che la madre era riuscita a comprenderlo con un semplice gioco di sguardi. Nel silenzio della notte scesa sul dormitorio dell'Accademia, Kojiro aveva sempre rinnovato a se stesso la promessa di diventare un grande calciatore, così da far ritorno a casa con la testa alta e la garanzia di una vita migliore per tutti.

Però, da ragazzo egli non aveva mai immaginato che la sua passione lo avrebbe portato molto lontano dalla sua terra d’origine. Kojiro credeva che sarebbe rimasto fisicamente per sempre nello stesso territorio dove abitava anche la sua famiglia, che rivedeva con gioia in ogni weekend quando tornava a casa e dalla quale mai avrebbe pensato di separarsi per mesi interi.

Il secondo trasferimento, infatti, era stato quello che aveva portato nella sua vita un cambiamento significativo. Trasferirsi in una città di un altro continente, in una nazione dalle abitudini e dalla cultura così diverse dalla sua, era stato strano su certi aspetti: arrivare in Italia, un luogo dove le persone andavano in giro dicendo ogni cosa senza avere peli sulla lingua, o senza minimamente preoccuparsi di recare offesa a chi stava intorno a loro; un luogo dove le persone si abbracciavano e si baciavano in pubblico senza sentirsi a disagio... ma anche un luogo - proprio come il Giappone - dove le persone erano disposte a farsi in quattro per dare una mano a chi si trovava in difficoltà, a partire da una semplice richiesta di informazioni da parte di un turista fino ad arrivare ad ospitare in casa chi aveva bisogno di un tetto sotto il quale dormire per qualche notte. L’Italia era un luogo dove il bianco e il nero si mescolavano fino a fondersi: se Kojiro avesse dovuto rappresentarlo visivamente, per lui sarebbe stato impossibile utilizzare l’immagine del taijitu, perché in Italia vi era una strana caoticità che però aveva il grande dono di tenere i vari elementi - anche quelli apparentemente antitetici - in un perfetto equilibrio tra loro.

In quella che a primo impatto gli era sembrata essere una grande confusione al punto da lasciarlo spiazzato, Kojiro aveva trovato piccoli frammenti che gli avevano ricordato la sua terra natìa. A poco a poco si era abituato a vivere in quel mondo così geograficamente lontano dal suo, ma dove era riuscito a costruire un micromondo che gli ricordava sempre di quella umile casa, di quel piccolo quartiere e di quella grande città dove era nato e cresciuto.

In fondo - ma aveva capito ciò solo con il trascorrere dei mesi e degli anni - città come Reggio Emilia e Torino non erano così diverse da Saitama e Tokyo. Anche lì, in Italia, c’erano persone che lo avevano fatto subito sentire a casa.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Il taijitu è quel famosissimo concetto che unisce yin e yang; sicuramente vi sarà familiare quel simbolo circolare dove yin e yang si mescolano tra loro pur rimanendo ben distinti.

Detto questo, il concetto dell'Italia come una miscela di elementi che però sono perfettamente in equilibrio tra loro mi è venuto in mente solo mentre stavo scrivendo questa storia. Nelle prime righe non esisteva ancora; poi, mentre ho provato ad immedesimarmi in Kojiro riguardo la sua prima impressione dell'Italia, ho pensato all'immagine del taijitu... e così è nato quel paragone. Ogni nazione ha i suoi pregi e i suoi difetti (ce l'hanno sia il Giappone che l'Italia), però non ho trovato molto adatta l'immagine del taijitu per descrivere la nostra nazione; la trovo molto calzante per il Giappone ma per l'Italia ho immaginato qualcosa di diverso. Credo che in una nazione come la nostra - per quanto per un "non italiano" possa sembrare caotica - tutto ciò che abbiamo, per quanto possa essere antitetico con gli altri elementi, riesce a convivere con essi come accade nel taijitu... con una differenza: gli elementi si abbracciano e si mescolano tra loro, creando un oceano nel quale alla fine non domina più un caos assoluto.

Non so spiegarvelo in altre parole, ma è ciò che mi è venuto in mente pensando all'Italia. :)

Tornando al prompt, il tema della città è stato perfetto per descrivere i cambiamenti nella vita di Kojiro. Da bambino vive a Saitama, da adolescente vive a Tokyo - qui ho immaginato che l'Accademia Toho abbia un dormitorio, per permettere a Kojiro di fermarsi a Tokyo durante la settimana e tornare a casa nei giorni nei quali non ha lezione - poi parte per l'Italia e anche lì si ferma prima a Torino e poi a Reggio Emilia. Perciò, chi meglio di lui può dirci cosa significa cambiare città e cosa comporta nella vita di chi la vive? Perciò, questa volta non ho molto da aggiungere: chi ha vissuto il trasloco da una città ad un altra per famiglia o per studio (e già in Italia ci sono delle differenze, figuriamoci da nazione a nazione) può comprendere meglio ciò che ha provato Kojiro in quei momenti... anche sul fatto di trovare in quelle città delle persone che riescono a farti sentire a casa.

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 7
*** Taglio di capelli ***


Fanfiction

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(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

7 | Taglio di capelli

 

 

Mentre Kojiro si stava sfiorando la testa per rilassarsi ancora di più sul divano, all’improvviso si ricordò di quella volta in cui si era fatto tagliare i capelli da Maki.

Quella era stata la prima volta... e anche l'ultima.

 

«Con questi capelli ti scambieranno per il fratello gemello perduto di Wakashimazu!» si era sentito dire da Maki, mentre le dita affusolate di lei stavano affondando dolcemente nelle sue lunghe ciocche nere. «Anche così hai un certo fascino,» aveva esclamato la donna, «però ci vorrebbe un bel taglio. Dai, oggi ti farò da parrucchiere!»

«No.»

Kojiro era stato categorico con quel “no”. Difficilmente si faceva tagliare i capelli da qualcuno che non fosse sua madre o egli stesso, anche solo per eliminare le doppie punte che erano iniziate a crescere; Maki non costituiva un'eccezione, nonostante fosse entrata nella lista di quei pochi privilegiati che potevano sfiorare la sua amata chioma nera come le piume di un corvo.

Di fronte al broncio della compagna che stava mostrando tutto il suo disappunto, egli aveva ribadito la sua risposta. «No, grazie. Faccio da solo.»

«Posso farti una domanda?»

«Dimmi.»

«Ti piacciono i miei capelli?»

«Certo... perché?»

«Da quando stiamo insieme, ti ho mai detto che vado da un parrucchiere?»

Kojiro aveva spalancato gli occhi, intuendo dove Maki volesse andare a parare. Dal primo giorno che l'aveva vista, a lui aveva colpito il modo in cui i capelli castani di quella ragazza erano curati: un semplice taglio corto, che risaltava il suo viso fine e i suoi occhi grandi.

Di fronte a quel ricordo il calciatore aveva chiuso gli occhi, mentre sul suo volto si stava palesando un guizzo di felicità sotto forma di un tenue sorriso. «Non me l'hai mai detto... però ora sono curioso di conoscerlo,» aveva detto, prendendo una delle sedie della cucina e dirigendosi verso il bagno. «Che tu sappia, questo misterioso parrucchiere fa anche servizio a domicilio?»

Maki aveva sorriso di gusto, rimboccandosi le maniche della felpa che stava indossando e iniziando a seguirlo. «Solo servizio a domicilio… ma ti avviso che non ha molti clienti. Sai com'è: è molto, ma molto riservato



Contrariamente alle sue aspettative iniziali, a Kojiro quel taglio stava piacendo... tanto.

Maki aveva fatto un ottimo lavoro sulla sua testa che quotidianamente sembrava rispecchiare la sua personalità indomita: gli aveva accorciato il taglio al quale era abituato, anche se aveva lasciato che i ciuffi laterali continuassero a volteggiare nell'aria liberi da qualsiasi costrizione che un pettine avrebbe imposto.

Kojiro aveva iniziato a sorridere soddisfatto quando lei gli aveva passato lo specchio, e non aveva più smesso di farlo. È stata brava, aveva pensato, prima di alzarsi e riporre lo specchio sul mobile bianco che gli era accanto. Forse, potrei pensare di tenerlo per un bel po'...

Però, quel taglio aveva avuto una fugace durata: a convincere il calciatore a tornare a quello di prima era stata un'incredibile coincidenza che stava rischiando di complicare la sua vita. Tutto era iniziato dal giorno in cui aveva messo piede in Giappone, in occasione degli allenamenti della sua Nazionale. Quello doveva essere un periodo piuttosto tranquillo, lontano dai riflettori invasivi ai quali si era dovuto abituare in Europa; invece, non appena i suoi piedi avevano toccato il suolo della sua patria, aveva iniziato a sentirsi osservato. Decisamente osservato, al punto che quella sensazione stava iniziando a dargli fastidio.

Kojiro aveva scoperto il motivo di ciò che stava avvertendo solo quando era uscito dall'aeroporto: un centinaio di giornalisti e fotografi lo avevano subito circondato, urlando verso di lui un nome che apparentemente non conosceva e iniziando a tempestarlo di domande.

«Qual è il motivo della sua visita in Giappone?»

«Cosa vuole dire ai suoi fan che ti stavano aspettando con trepidazione?»

«Come è stato interpretare il ruolo del cattivo nell'ultimo film di un regista di fama internazionale?»

«Pensa di continuare la carriera nel mondo della musica, signor Hyō?»

Film? Musica?! Kojiro non riusciva a capire nulla di tutto ciò che quelle persone impertinenti gli stavano chiedendo con tanta veemenza. Sapeva solo che quell'atmosfera gli stava dando così tanto fastidio che era sul punto di esplodere.

Quando, ad un tratto, uno di quella folla aveva puntato il dito verso di lui e aveva esclamato «Ma quella... non è Akamine Maki?» il resto di quella fiumana di gente si era ammutolito di colpo. Ne era seguito un sommesso chiacchiericcio, durante il quale Kojiro aveva dato qualche colpo di tosse per richiamare l'attenzione di tutte quelle persone che lo avevano circondato; poi era stato proprio lui a prendere la parola.

«Adesso risponderò a tutte le vostre domande. Primo: come dovreste ben sapere, sono in Giappone per partecipare al ritiro della Nazionale. Secondo: ai miei fan voglio dire che nella prossima partita segnerò una tripletta con il mio nuovo tiro. Terzo - che è la cosa più importante: al momento non ho intenzione di diventare un attore né un cantante... e, credetemi: meglio per voi, perché non mi avete mai sentito cantare sotto la doccia. Lei può confermarlo.»

Con il pollice Kojiro aveva indicato Maki che era ancora alle sue spalle e che subito aveva risposto con un cenno affermativo.

Di fronte a quella reazione, nessuno nella folla che li stava circondando aveva più detto una parola. Il calciatore aveva preso per mano la sua compagna e, facendosi strada in quella fiumana di persone, con un sorriso aveva aggiunto: «E tutto per un taglio di capelli. Non riesco ancora a crederci: addirittura essere scambiato per un’altra persona!»

Qualche ora dopo, anche i suoi compagni di squadra avevano stentato a riconoscerlo con quei capelli corti e, nonostante gli iniziali complimenti che gli avevano rivolto, poi non avevano esitato a consigliargli di tornare presto al suo solito taglio.

E - aveva pensato Kojiro in quel momento - forse sarebbe stato il caso di ascoltare le loro parole.

 

«Hai mai visto una tigre dal pelo sottile? Ormai anche i tuoi capelli rispecchiano ciò che sei... sono come i peli folti della tigre: dovevi aspettarti che invece con questo taglio ti avrebbero scambiato per una pantera!»

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Un piccolo gioco di parole. 豹 (hyō) è il nome giapponese per "pantera"; l'attore per il quale scambiano Kojiro si chiama proprio Hyō; Kojiro invece viene sempre accostato all'immagine della tigre, per cui tutta la storia verte su questo doppio significato - che la frase finale mette ben in evidenza. ;D

Per il resto, il prompt di oggi non lascia spazio a fraintendimenti: taglio di capelli. Qui si poteva scrivere di tutto: di un Kojiro calvo, un Kojiro con un taglio stravagante, un Kojiro con un taglio sbagliato... invece io ho scelto la strada più semplice: li ha spuntati. Anzi... se li è fatti spuntare, il che - anche qui - ha aperto un mare di possibilità!

Anche questo è stato un piccolo cambiamento. Qui si racconta di un episodio nel quale Kojiro viene scambiato per un'altra persona solo perché ha cambiato taglio di capelli. Avete presente quelle persone delle quali si dice che "cambiano volto" solo in seguito ad un diverso taglio? Ecco: ho immaginato che Kojiro appartenga a questa categoria, così da giustificare il fraintendimento dei giornalisti che erano accorsi all'aeroporto non appena si era sparsa la (falsa) voce che un famoso attore aveva messo piede in Giappone dopo tanto tempo e un po' a sorpresa...

A proposito del fatto che a Kojiro non piaccia né incidere singoli musicali né recitare in qualche film: in realtà non è una cosa del tutto lontana dalla realtà. Nel capitolo 2 del Road to 2002 ci viene svelato che a Kojiro non va proprio a genio il comparire su giornali e pubblicità dei prodotti del suo sponsor (ma in quel momento lo ha fatto perché si tratta comunque di una fonte di guadagno per aiutare la sua famiglia, come svelato nel capitolo 7 del Road to 2002), per cui ho pensato che potesse essere lo stesso anche di fronte a più grandi proposte come fare l'attore o il cantante - come invece hanno fatto alcuni dei suoi colleghi. Però ammettiamolo che anche in quelle pubblicità Kojiro ha fatto un grande figurone: dopo aver visto la pagina 18 del capitolo, vi confesso che comprerei ben volentieri un prodotto con sopra il volto del calciatore... e voi? :3

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 8
*** Strada ***


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(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

8 | Strada

 

 

Kojiro ne aveva fatta tanta, di strada.

Fin da bambino era abituato a correre da un punto all’altro della città. Tutte le mattine si svegliava all’alba per via dei piccoli lavori che svolgeva per aiutare la sua famiglia, e i punti che abbracciava erano sempre gli stessi: casa, lavoro, scuola.

Diverse, però, erano le strade che percorreva per raggiungere quei luoghi a lui familiari. Kojiro quasi si divertiva nel prendere scorciatoie, superare gli ostacoli che trovava e che di volta in volta erano diversi a seconda delle vie che attraversava. Ovunque lui andasse c’era il pallone da calcio al suo fianco, come un amico d’infanzia: un oggetto apparentemente semplice e inanimato che, però, in quelle strade trafficate e caotiche della città diventava un piacevole compagno di viaggio che lo aiutava a diventare sempre più forte.

 

Nel corso degli anni, gli occhi di Kojiro avevano visto tante strade: quelle strette e dai colori vivaci del suo quartiere d’origine, quelle larghe e sempre colme di persone di ogni estrazione sociale e culturale del centro cittadino, quelle chiassose e allegre che portavano alle scuole elementari, quelle spigolose e quiete presso l’Accademia che Kojiro aveva frequentato da ragazzo, quelle taciturne e ricche di alberi del campo d’allenamento della Nazionale. Quando abitava ancora in Giappone, Kojiro aveva percorso tanti chilometri che più volte lo avevano portato anche fuori dalla sua città, chilometri forse troppi o ancora troppo pochi, ma che lo avevano portato a conoscere sempre più il mondo che lo circondava: si ricordava di ciascuna di quelle strade, non solo perché le aveva frequentate ogni giorno, ma soprattutto perché a ciascuna di esse aveva associato un evento o una persona in particolare.

Le strade del suo quartiere, la sua famiglia.

Le strade delle scuole elementari e dell’Accademia Toho, i suoi amici e compagni di squadra.

Le strade che portavano al campo della Nazionale, i suoi primi rivali nonché persone con le quali aveva un sogno condiviso.

E lo stesso valeva per tutte le altre. 

Tra di esse, in particolare, vi era una strada che Kojiro ricordava sempre con molto piacere e che, forse, era stata l’unica che aveva cambiato il suo significato con il passare degli anni: una strada molto grande, che fiancheggiava il parco che si affacciava sulla baia di Tokyo. Quello era un punto di ritrovo per amici e conoscenti, ma anche per singole persone che volevano godere del panorama della città che si poteva intravedere sulla linea dell’orizzonte; anche a lui, quando era ancora un ragazzo, qualche volta era capitato di arrivare in quel luogo dove poi era solito appoggiarsi con le braccia sul parapetto e chiudere gli occhi, godendo della dolce brezza che lì spirava.

Quella strada così piena di vita era per lui un punto nel quale riusciva ad estraniarsi da ciò che lo circondava, arrivando per qualche secondo a non pensare alle fatiche quotidiane. Nel giro di qualche anno, però, quella stessa strada aveva acquisito un diverso significato: proprio quel luogo dove lui era solito isolarsi e riflettere da solo era diventato un punto di condivisione con un’altra persona.

Da quel momento in poi quel luogo non era più solo il simbolo della sua intimità... anzi: era una nuova intimità, quella che Kojiro aveva iniziato a condividere con colei che aveva scelto come compagna di vita.

Quella larga strada, luogo del loro appuntamento, era diventata un piccolo giardino che stava iniziando a fiorire, e che non avrebbe mai smesso di farlo.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Chi ha letto il manga sa che il Kaigai Gekito Hen in Calcio si conclude con l'appuntamento tra Kojiro e Maki a Yokohama, presso il Yamashita Park che affaccia sulla baia di Tokyo. Non conosco bene la zona perché non sono mai stata in Giappone, però sia dall'ultima pagina del manga che dalle fotografie del luogo si capisce che si tratta di un parco costiero, fiancheggiato da questa larga strada dalla quale si apre il panorama del porto.

Yokohama si trova a circa una cinquantina di minuti/un'oretta dal centro di Tokyo con i mezzi pubblici, per cui ho immaginato che ogni tanto Kojiro si fosse recato in quella zona già dai tempi dell'Accademia; forse non tutti i giorni... però potrebbe essere fattibile pensare che quel parco sia stato un luogo dove il protagonista si rifugiava di tanto in tanto nei propri pensieri, isolandosi dal resto del mondo. Un luogo che da punto di riflessione solitaria diventa condiviso, cambiando così il significato che aveva in origine.

Questo è tutto ciò che volevo aggiungere per oggi. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 9
*** Coinquilin* ***


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9 | Coinquilin*

 

 

Nonostante la sua giovane età, Kojiro aveva avuto diversi coinquilini. 

In un certo senso i primi erano stati i suoi fratelli, con i quali aveva condiviso ogni cosa a cominciare dalla stessa stanza dove dormivano insieme: la loro casa non era molto grande, per cui fin da bambini erano stati abituati dai genitori a condividere anche quello che per molti bambini della loro età era un mondo a sé, dove poter rifugiarsi per qualche minuto lontani anche dagli stessi membri della famiglia.

Per i piccoli di casa Hyuga, invece, non era mai stato così. Il condividere tutto era la loro filosofia di vita, e la scomparsa del padre non aveva cambiato nulla su questo aspetto, anzi: i fratelli avevano continuato ancora di più a stare insieme il più possibile, sia nel momento nel gioco che in quello dello studio dove arrivavano ad aiutarsi a vicenda nella loro unica cameretta. Da sempre, nessuno di loro aveva mai provato gelosia o invidia: i giocattoli che i genitori avevano regalato anche solo ad uno di loro finiva subito per essere condiviso con gli altri, come nel caso di Kojiro con il suo pallone che spesso finiva anche tra i piedi dei suoi fratelli minori.

Crescendo, Kojiro aveva iniziato ad abituarsi ad ambienti di convivenza sempre più variegati e, a volte, complessi da gestire. Per sua fortuna nel dormitorio dell'Accademia Toho la sua stanza era sempre stata in comune con i suoi amici di sempre, Ken dal primo anno e Takeshi dal terzo, anche se mettere sotto un unico tetto tre teste con tre storie di vita differenti non era proprio la stessa cosa rispetto all’incontrarsi in classe o sul campo da calcio e trascorrere del tempo insieme, soprattutto per il fatto che Kojiro condivideva proprio con loro gli stessi orari e le stesse attività. Gestire i turni per le pulizie e l’utilizzo del bagno in comune non era sempre facile, ma per lui non era mai stato un peso perché aveva al suo fianco delle persone alle quali aveva sempre voluto bene, al pari di una seconda famiglia.

La svolta era arrivata quando Kojiro si era dovuto trasferire in Italia. In quel caso non era stato solo una questione di cambio di località e abitudini, ma anche di convivenza con persone che non conosceva per nulla: all’inizio non era stato affatto semplice gestire degli spazi in comune con coloro che nei primi giorni erano solo perfetti sconosciuti, dalle idee e ritmi di vita completamente diversi dai suoi. Poi, un passo alla volta, Kojiro era riuscito a ritagliarsi uno spazio all’interno dell’appartamento dove risiedeva con quelle persone appassionate di calcio come lui, ed era altresì riuscito a condividere con loro le aree in comune, arrivando a pranzare e cenare insieme: in quell’appartamento vi erano storie di vita solitarie, che con il suo arrivo erano riuscite a confluire in una sola.

Era stato in quel luogo che Kojiro aveva iniziato davvero ad imparare a convivere con persone che non avevano alcun legame di sangue né di affetti reciproci, capendo che non sarebbe mai stata la stessa cosa del farlo con i suoi fratelli o i suoi migliori amici che invece conoscevano bene le sue esigenze e i suoi difetti. Così, nel corso del tempo egli aveva imparato che non era così male entrare in nuovi spazi di convivenza, l’ultimo dei quali era simboleggiato dalla casa dove ora abitava.

Il vivere in una dimora con Maki era stato il passo più complicato del suo percorso di crescita, ma al contempo era stato il passo più bello... e che non avrebbe mai sostituito con nessun altro. Un passo travolgente, ricco di sorprese e cambiamenti che avevano inciso sulla sua quotidianità: dividere lo stesso letto con un’altra persona, averla al proprio fianco per quasi tutto il giorno quando entrambi si trovavano in quella casa, parlare e discutere con lei proprio come se l’avesse conosciuta fin dalla sua nascita, come se fosse stata sua sorella. Erano queste le cose che non aveva avvertito con gli altri coinquilini che aveva avuto l’opportunità di incontrare per tutta la sua vita: inedite sensazioni, che gli provocavano sempre un tuffo al cuore, anche nei litigi quotidiani che il più delle volte si risolvevano con un tenue bacio sulla guancia come segno di pace.

Forse era proprio per questo che Kojiro amava così tanto abitare nella sua casa con quella speciale coinquilina, perché in qualche modo gli ricordava della sua prima casa e di quei grandi affetti familiari che mai avrebbe dimenticato.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Il tema di oggi è uno di quelli fondamentali per questo gruppo di storie, perché al concetto del "coinquilino" è associato quello della "casa"... e dato che finora ho più volte sottolineato che per Kojiro il concetto di "casa" è stato importante, a maggior ragione lo è anche quello di chi ha vissuto all'interno di queste dimore - partendo proprio dalla sua famiglia per poi finire alla sua nuova famiglia, quella che sta costruendo con Maki.

Ogni casa nella quale ha vissuto Kojiro ha avuto i suoi conquilini e, se ci avete fatto caso, sono uno diverso dall'altro: la famiglia, gli amici, i compagni di squadra e infine Maki. Il protagonista è passato da ciò che per lui era un'abitudine ormai consolidata (i fratelli) fino all'imparare a convivere con persone delle quali all'inizio non conosceva nulla, e in questi casi si sa: potrebbe andare bene come potrebbe andare male. Infine, il passo più importante è stato quello con Maki... perché a mio parere è proprio lì, nel momento in cui si inizia a vivere sotto lo stesso tetto della persona che ami di più al mondo, che inizi davvero a mettere in gioco te stesso e le tue abitudini: è lì che il con-vivere arriva alla forma assoluta di con-dividere, con tutti i vantaggi e svantaggi del caso, le discussioni e i litigi che possono esserci (e sarebbe piuttosto strano l'opposto, cioè che la convivenza fili liscia come l'olio senza alcun intoppo...) ma che alla fine impari a risolvere insieme, abbattendo quel "muro" che spesso si frappone tra le tue idee e quelle della persona che ti sta di fronte.

Piccola curiosità: il pensiero su Maki come sorella è stato ripreso dal capitolo 27 del World Youth, dove lei confessa che le sarebbe piaciuto avere un fratello maggiore come Kojiro. Un momento che qui ho citato "al rovescio": in questo caso è Kojiro a pensare che lei è come una sorella, mentre nel manga avviene l'opposto. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 10
*** Lingua ***


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10 | Lingua

 

 

Una di quelle poche cose che Kojiro aveva sempre maledetto nella sua vita era la sua capacità di imparare nuove lingue: pressoché a zero.

Già durante le scuole elementari con l’inglese aveva fatto grande fatica ad articolare correttamente le frasi basilari e a diplomarsi con la sufficienza in questa materia, e anche alla Toho la situazione non era cambiata di molto. Aveva sempre imputato la colpa al fatto di non aver mai abitato a lungo tempo in una zona dove si parlasse l’inglese... e, infatti, spesso si era chiesto l'utilità di conoscere questa lingua in una nazione come il Giappone dove non sarebbe servito a molto. Inoltre Kojiro non aveva mai avuto parenti che risiedessero altrove, né amici dall’oltremare: per lui imparare l’inglese era sempre stata un’operazione inutile che - a dirla tutta - non aveva utilità nemmeno ai fini del sogno che voleva raggiungere.

Quando, però, si era trasferito in Italia, Kojiro aveva iniziato a pensare che forse si era sbagliato. Se da un lato aveva avuto la fortuna che la maggior parte degli italiani con i quali aveva a che fare ogni giorno non sapessero granché di lingua inglese proprio come lui, dall’altro la mancanza della conoscenza di una lingua che nel continente europeo era universale era risultato un problema fin da subito. Comunicare con i suoi compagni di appartamento quando la signorina Uchiumi era assente era piuttosto complicato: Kojiro aveva imparato qualche parola prima della sua partenza dal Giappone, come “ciao” e “per favore”, ma riuscire ad articolare un’intera frase sensata era sempre un’impresa titanica.

L’italiano, infatti, non era affatto una lingua semplice rispetto all’inglese.

A cosa serve il congiuntivo e il condizionale se alla fine nemmeno gli stessi italiani lo sanno usare?! si era chiesto il calciatore di fronte ai libri di grammatica, mentre aveva iniziato a pensare che, in fondo, la lingua madre dei suoi nuovi compagni di squadra stesse rispecchiando appieno la terra nella quale ora viveva: complicata e spesso difficile da capire, proprio come la sua lingua!

Trapassato prossimo... trapassato remoto... aaaah, non imparerò mai!

Spesso Kojiro si era chiesto come avessero fatto Aoi e Akai a riuscire a parlare in un italiano piuttosto perfetto. Era pur sempre vero che quei due giocatori si trovavano in Italia già molto tempo prima del suo arrivo e che - di conseguenza - lo avevano appreso parlando tutti i giorni con gli abitanti del luogo dove vivevano, però egli non riusciva ancora a capire come, invece, avesse fatto Maki ad impararlo correttamente nel giro di un anno. 

Lei era riuscita laddove lui aveva più volte fallito.

Forse è vero che esiste il “talento” anche nell’apprendere le lingue... aveva pensato Kojiro ogni volta che aveva visto la sua compagna chiacchierare con i vicini di casa. A parte l’accento, sul quale era del tutto normale che continuasse a sbagliare, per il resto l'italiano di Maki suonava così perfetto alle sue orecchie, al punto che Kojiro non riusciva a capacitarsene. Anche lui aveva fatto la stessa cosa di lei: ogni volta che aveva del tempo libero dagli allenamenti o dalle partite, aveva letto libri e visto film in lingua - con i sottotitoli, ovviamente -, cercava sempre di scambiare due parole con gli altri e di farsi aiutare da loro quando non sapeva una parola, cercando di recuperare le sue reminiscenze in inglese per chiedere la traduzione di un determinato termine dal giapponese all’italiano. Nonostante il suo impegno, niente da fare: era come se Maki fosse stata sempre ad una spanna al di sopra di lui.

E pensare che io sono in Italia da molto più tempo di lei!

Per questo motivo, Kojiro aveva accettato la proposta di Maki quando gli aveva chiesto di esercitarsi con l’italiano, iniziando a parlarlo anche nella loro casa. In un primo momento egli aveva pensato che quell'esercizio non sarebbe servito a molto, date le sue capacità di apprendimento, ma fin da subito aveva capito che quella che doveva essere una semplice esercitazione si stava lentamente trasformando in qualcosa di decisamente diverso: una vera e propria battaglia per la sopravvivenza. All'inizio anche con Maki era stato difficile parlare completamente in italiano, vista la loro abitudine a parlare in giapponese. Lei aveva deciso di non rispondergli quando le si rivolgeva nella loro lingua madre, e spesso ciò era capitato ogni volta che Kojiro le aveva chiesto di preparargli il suo piatto preferito: la sua compagna aveva fatto finta di non capire ciò che stesse dicendo e aveva cercato di trattenere le risate nel vederlo aprire il frigorifero di scatto e prendere gli ingredienti che gli servivano, finendo per imbrattare la cucina e anche loro stessi nei suoi mille tentativi di realizzare il piatto che tanto desiderava.

Poi, forse più per un miracolo che per esercitazione, giorno dopo giorno la capacità di Kojiro con l'italiano aveva finito per incrementare, e non solo: a volte il giovane calciatore era arrivato a rivolgersi a Maki in italiano ma quasi dimenticandosi di come si dicesse una determinata parola nella sua lingua, suscitando ilarità da parte della ragazza.

Di fronte a tutto questo, Kojiro non aveva mai fatto a meno di smettere di sorridere, perché nonostante le difficoltà grazie a lei stava riuscendo a superare quell'apparente ostacolo insormontabile basato sulla sua capacità di apprendimento.

Anche lì, qualcosa stava lentamente cambiando.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Oggi aggiornamento veloce, con tema molto semplice (più o meno): lingua.

La prima cosa che mi è venuta in mente in fase di progettazione è stata l'immagine di Maki che aveva rivolto una linguaccia a Kojiro - non chiedetemi il motivo perché non lo so ;D - ma in seguito ho pensato alla "lingua" come sistema di comunicazione. E chi meglio di Kojiro può testimoniare le grandi difficoltà di apprendimento di una lingua diversa dalla sua? :3

Sempre nel Kaigai Gekito Hen in Calcio, nel capitolo 17 c'è un flashback dell'incontro dei tre giapponesi che si sono trasferiti in Italia: Kojiro, Shingo (Aoi) e Tomeya. Mentre gli ultimi due ormai sembrano padroneggiare l'italiano in modo fluente, Kojiro ha ancora bisogno di un'interprete dal giapponese all'italiano, una certa Hiroko Uchiumi. (L'espressione che mette su Kojiro mentre pensa che ha ancora molto da fare in tal senso è abbastanza eloquente, ahahah!) Ovviamente - e anche gli altri di quel piccolo gruppo lo hanno confermato - nessuno di loro è partito con una conoscenza della lingua italiana corretta e fluida, ma sono riusciti ad apprenderla nel giro di qualche anno.

Riguardo Kojiro, ho ipotizzato che non fosse particolarmente bravo nell'imparare una nuova lingua... per cui è nata la storia che avete appena letto. Ad ogni modo, sono fortemente convinta che con tanto impegno chiunque possa riuscire ad apprendere una lingua diversa da quella della terra d'origine: certo, gli errori potranno sempre esserci, però arrivare ad un livello di fronte al quale chiunque possa comprendere ciò che si dice non è del tutto impossibile.

(Una piccola nota finale: il fatto che noi italiani spesso sbagliamo congiuntivo e condizionale è vero. Non lo facciamo tutti, ma succede... giusto per farvi un esempio, ammetto che qualche volta anche a me è capitato di cadere in questo erroraccio - e quando me ne accorgo è un grande facepalm. Sigh. ^^")

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 11
*** Lavoro ***


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(#Writober2020 | CHANGEctober)

 

 

11 | Lavoro

 

 

Il lavoro era sempre stato una parte fondamentale della vita di Kojiro. Era solo un bambino come tutti quando aveva deciso di sostenere la sua famiglia dopo la morte del padre, e per lui andava bene qualunque cosa: consegnare i giornali, aiutare il gestore del negozio di alimentari a scaricare la merce, e così via. Kojiro non si era mai lamentato di iniziare a lavorare fin da subito, perché in fondo gli aveva sempre fatto piacere dare una mano a chi ne aveva bisogno e ricevere da loro quel piccolo ringraziamento sotto forma di soldi o di cibo che subito portava a casa.

Spesso, mentre correva tra le strade del suo quartiere per svolgere le commissioni che gli erano state affidate, Kojiro aveva sentito pianti o sbuffi provenire dalle abitazioni che lo circondavano. Nel fare capolino da qualche finestra per curiosità, cercando di non farsi scoprire dagli inquilini, aveva visto bambini più piccoli di lui o suoi coetanei seduti sul divano a guardare la televisione, mentre la loro mamma li stava rimproverando per il fatto che aveva bisogno di una mano e loro non le stavano dando nemmeno un cenno di considerazione.

Di fronte a quelle scene Kojiro aveva sorriso, riprendendo a correre. Non sapeva se nel caso di quei bambini sarebbe stato corretto parlare di fortuna o semplice sfida alla sorte: sapeva che lui stava facendo la cosa giusta rispetto a loro, anche se spesso era proprio sua madre ad esortarlo di fermarsi perché lui era solo un bambino, e in quanto tale doveva occuparsi più dei suoi sogni che dei suoi doveri. 

Ma a Kojiro non aveva mai pesato il darle una mano, quando poteva: era conscio della grave situazione nella quale era capitata la sua famiglia, e sapeva che sua madre non ce l’avrebbe mai fatta da sola con il lavoro che riusciva a svolgere. In quanto suo figlio, e in quanto maggiore dei suoi fratelli, Kojiro aveva sentito fin da subito di avere il compito di sostenerla come poteva, trovando sempre un modo per non arrivare a rinunciare a quel sogno che tanto desiderava raggiungere, in un futuro che sperava essere non molto lontano.

 

Dopo tanti sacrifici e impegno, alla fine ce l’aveva fatta.

Kojiro era riuscito a realizzare il suo sogno... e, allo stesso tempo, a trasformarlo in un’occasione di lavoro. Tra le mille faccende che da bambino aveva svolto, non aveva mai smesso di pensare alla sua passione per il mondo dello sport e alla sua grande volontà di diventare un grande calciatore: quando era piccolo e gli era capitato di palleggiare all'ingresso della sua dimora, qualche volta aveva chiuso gli occhi e aveva immaginato di trovarsi in un immenso stadio, circondato dai suoi compagni e dai mille tifosi che lo acclamavano dagli spalti; Kojiro aveva sempre sognato di vivere di ciò che più amava al mondo, di vivere solo di calcio e nel calcio, continuando a guadagnare quel qualcosa in più che avrebbe permesso a lui e alla sua famiglia di uscire dalla disastrosa situazione economica nella quale erano capitati all’improvviso.

Anno dopo anno Kojiro aveva sentito parlare di storie di calciatori che prima di diventare famosi in tutto il mondo avevano vissuto nella povertà assoluta, senza la sicurezza di avere qualcosa da mangiare a portata di mano, senza un tetto sicuro sotto il quale poter riposare e, a volte, senza nemmeno una famiglia da poter abbracciare quando avevano paura: lui sentiva di essere stato più fortunato di loro, perché aveva ancora una casa e una famiglia verso la quale poter tornare, e anche un pezzo di pane che riusciva a condividere con sua madre e i suoi fratelli, ma al contempo riusciva a comprendere molto bene i sentimenti che quei grandi calciatori avevano avuto prima di approdare nel mondo dei club dei professionisti. Anche loro, come lui, non avevano mai perso di vista il loro amato pallone, fatto di stracci o rubato in qualche negozio: con loro Kojiro aveva avuto in comune lo stesso obiettivo, e per questo ben presto erano diventati dei validi modelli da poter seguire senza vergogna.

Alla fine anche lui ce l’aveva fatta: era riuscito a fare del calcio una ragione di vita così grande, al punto da diventare il suo unico lavoro. Per tutta la sua vita non si era mai vergognato dei tanti lavori che aveva svolto, anche quelli più umili e difficili; tuttavia il dedicarsi a qualcosa che aveva amato da sempre era decisamente un’altra cosa. Nulla di tutto ciò che aveva fatto per realizzare il suo sogno era stato vano: iniziare dai primi passi, per poi giungere a vivere per il calcio e nel calcio, non solo per una passione innata ma anche per permettere a tutta la sua famiglia di stare meglio...

Decisamente, quello del calcio era il miglior lavoro che Kojiro stava svolgendo con un grande orgoglio mai emerso negli altri che aveva esercitato, e che mai avrebbe abbandonato.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Chi conosce bene il personaggio di Kojiro sa già che ciò che ho descritto oggi in questa parte non è argomento nuovo. Kojiro ha lavorato fin da bambino, proprio per sostenere la sua famiglia... e, per fortuna, da adulto riuscirà a guadagnarsi da vivere anche e soprattutto con il calcio. (Delle pubblicità ne abbiamo già parlato qualche giorno fa, per cui almeno oggi possiamo sorvolare l'argomento XD)

Il suo sogno è proprio quello di diventare un grande calciatore, e questo fin da bambino; allo stesso tempo Kojiro è ancorato alle radici e alla realtà nella quale vive ogni giorno, per cui nel frattempo inizia a guadagnarsi da vivere svolgendo altri lavori - ma senza mai smettere di allenarsi proprio per raggiungere il suo obiettivo. Alla fine ci riesce... e niente: è davvero un grande personaggio anche sul fatto di voler inseguire i propri sogni ma restando con i piedi per terra e continuando ad aiutare i suoi cari. :')

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 12
*** Bagnoschiuma ***


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12 | Bagnoschiuma

 

 

Per Kojiro che era abituato a condividere ogni cosa con i suoi familiari, la convinzione che il vivere sotto lo stesso tetto di un'altra persona non avrebbe comportato problemi di importanza non indifferente era stato sempre presente. Il concetto di condivisione non pesava a Kojiro, tutt'altro: spesso il calciatore tendeva ad utilizzare oggetti che anche a Maki tornavano utili, un po' perché gli piaceva l'idea, un po' anche per capire meglio perché lei preferisse una determinata cosa al posto di un'altra. 

Questo pensiero, però, non aveva comportato che i due condividessero davvero ogni cosa... e ciò riguardava soprattutto la sfera dell'intimo. Nella zona bagno la coppia aveva preso il monopolio degli scompartimenti che fiancheggiavano lo specchio: sulla sinistra la zona di Kojiro, sulla destra quella di Maki, e la differenza si vedeva soprattutto nella scelta dei profumi e degli oggetti che utilizzavano per la cura del proprio corpo. 

Una delle cose che i due avevano in comune in quella stanza era il bagnoschiuma. Fin da subito, Kojiro e Maki si erano trovati d'accordo sulla scelta di un prodotto che avrebbero potuto utilizzare entrambi, e lo avevano sempre fatto con il loro primo bagnoschiuma; questo finché, un giorno, il calciatore aveva visto la sua compagna tornare dal supermercato con una bottiglia diversa da quella alla quale ormai erano abituati.

«Mi dispiace...» aveva detto Maki, con un sorriso mortificato, «pare che non venderanno più il nostro bagnoschiuma, per cui oggi ne ho preso un altro: vediamo se ci piace, sembra avere un ottimo profumo!»

Quando Kojiro aveva preso in mano quella bottiglia, inizialmente non aveva notato nulla di strano. Quello che stava osservando sembrava essere un comune bagnoschiuma come tutti gli altri, senza nulla di speciale che lo avesse contraddistinto tra la massa di prodotti per la cura e l'igiene personale... 

I due avevano così deciso di fare un tentativo. Si erano recati nel bagno a turno: prima Maki, poi Kojiro; dopo circa un quarto d'ora la giovane era uscita fuori con un sorriso colmo di soddisfazione. «Dai, non è affatto male! Certo: rispetto all'altro bagnoschiuma non è nulla di così speciale, ma non posso lamentarmi. Ora tocca a te!»

Al turno di Kojiro era accaduto qualcosa che egli mai si sarebbe aspettato: si era diretto verso la doccia e, una volta entrato, aveva iniziato a spalmare il contenuto di quella bottiglia lungo tutto il suo corpo. All'inizio non ci aveva fatto caso, ma dopo qualche minuto le sue narici avevano iniziato a percepire un odore a lui inusuale e sempre più forte: quello della vaniglia.

Vaniglia.

Sapore che il calciatore amava nei dolci, ma che non sopportava nei profumi o nei bagnoschiuma. Kojiro si era sciacquato in men che non si dica e, recuperata la bottiglia, aveva letto il contenuto scritto sul retro, quello che pochi minuti prima lui non si era curato di vedere perché gli era bastato leggere solo il fronte: se invece lo avesse fatto, di certo si sarebbe subito accorto che tra gli ingredienti avrebbe trovato anche la vaniglia, anche se indicata in quantità minore rispetto al cocco...

... e dire che qui dice chiaro e tondo: "latte di cocco"! Nel titolo dovevano aggiungerci "e con tanta vaniglia": almeno sì che avrebbero detto la verità!

In effetti, del cocco Kojiro era riuscito solo a sentire un odore molto più tenue rispetto alla famigerata vaniglia! 

 

Poco tempo dopo, memore di ciò che gli era capitato quel giorno, il calciatore aveva deciso di contattare l'azienda che aveva deciso di arrestare la produzione di quel bagnoschiuma che tanto piaceva a lui e a Maki. Non appena dall'altra parte aveva sentito il rumore della cornetta che si alzava, il discorso che egli aveva iniziato a fare era stato chiaro e conciso.

«Sono Hyuga Kojiro. Se vi promuovo il vostro bagnoschiuma, sareste disposti a rimetterlo sul mercato? Sono pronto a qualunque cosa, ma vi prego: è un ottimo bagnoschiuma, sarebbe un vero peccato interrompere la sua produzione!»

Per sua fortuna, la proposta era stata accettata di buon grado da quell'azienda, e poco tempo dopo i bagnoschiuma sponsorizzati da lui avevano subito un'impennata nelle vendite come mai era capitato prima. D'altro canto, alla fine anche Kojiro aveva avuto la sua piccola vittoria: una fornitura a vita del bagnoschiuma a lui molto caro, grazie al grande successo che stava avendo con la sua immagine stampata su di esso.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Per la serie "Abbiamo fatto trenta... facciamo trentuno": qui Kojiro è alle prese con la sponsorizzazione di un altro prodotto! L'ennesimo, se contiamo tutti quelli che sono stati disegnati nel manga in quel capitolo del Road to 2002 del quale avevo fatto accenno qualche giorno fa... però questa volta lo ha fatto non più per una questione di guadagno, ma più per riprendersi quel bagnoschiuma che lui ha sempre amato. (E anche questo è un "cambiamento", in un certo senso! ;D)

Oggi il tema è molto semplice: un cambio di prodotto. Tutti noi abbiamo affrontato questo genere di "cambiamento", e almeno una volta nella vita ci siamo trovati di fronte ad un prodotto che non abbiamo apprezzato rispetto a quello precedente che siamo stati costretti ad abbandonare perché l'azienda aveva smesso di produrlo (come in questo caso) oppure perché era diventato difficile da trovare. Nel suo caso - e per sua fortuna - Kojiro è riuscito a trovare un compromesso: convincere l'azienda a rimettere sul mercato quel bagnoschiuma, a patto che lui ci avesse messo la faccia... letteralmente! (La Matsumoto sarebbe fiera di lui, e possiamo immaginare che lo avrà aiutato molto anche su questo. XD)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 13
*** Piatto preferito ***


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13 | Piatto preferito

 

 

Kojiro si alzò dal divano. Era quasi ora di cena e tutti quei pensieri, sebbene non c'entrassero nulla con il cibo, gli avevano suscitato un certo appetito. Si diresse verso la cucina, situata a pochi passi dal soggiorno: aprì il frigorifero, e in uno degli scompartimenti notò la presenza di una piccola scodella, sul coperchio della quale vi era un biglietto dal motivo di fiori rosa. Il calciatore la prese e sorrise, poi chiuse il frigorifero e posò l'oggetto che aveva in mano sul piano della cucina.

Bene... proviamoci di nuovo! 

 

Quello che Kojiro aveva intenzione di cucinare era il suo piatto preferito, lo stesso che la sua mamma gli aveva preparato fin da quando era bambino. Da quando aveva cambiato casa per l'ultima volta, egli era riuscito a trovare un modo per gustare quel piatto che tanto amava, facendosi aiutare proprio da Maki che si occupava soprattutto della scelta degli ingredienti base.

«Non preoccuparti: tua mamma mi ha detto tutto. La "ricetta Hyuga" è o non è un segreto che si tramanda solo in questa famiglia? E dato che ora anch'io ne faccio parte... sempre meglio darti una mano anche in cucina, no?»

Kojiro ormai si fidava completamente della sua compagna: quando lei aveva provato a preparare quel piatto, seguendo le indicazioni di sua madre, quel primo tentativo non era andato in malora. Anzi: il risultato era stato ottimo!

In quel momento, Kojiro stava sentendo di dover ricambiare il favore. In tutto questo c'era solo un piccolo problema: lui non aveva preso dalla madre riguardo l'abilità in cucina, perché non era mai riuscito a preparare anche solo un singolo piatto che lo avesse soddisfatto; complice anche il fatto che al suo arrivo in Italia aveva iniziato ad ordinare cibo a domicilio oppure in seguito a recarsi al ristorante di Gozza, non si era mai impegnato fino in fondo a cucinare. O, per meglio dire, Kojiro aveva anche provato a farlo, ma tra cibo esploso sulle pareti e schizzi d'olio sul pavimento aveva subito capito che la cucina non era nelle sue corde; così si era abituato all'idea di non dover essere lui a preparare il pranzo o la cena, perché ci sarebbero stati altri a farlo per lui... almeno fino al giorno del suo definitivo trasferimento.

Quando, infatti, aveva cambiato casa per l'ultima volta - e la sua nuova dimora era lontana sia dal ristorante di Gozza che dalla sua famiglia - la prima cosa che Kojiro aveva compreso era quella di dover fare altri tentativi. Se doveva dirla tutta, quello sarebbe dovuto essere per lui uno strano pensiero dato che Maki si era fin da subito offerta di preparare dei gustosi manicaretti anche per lui - anzi, per lei non sembrava nemmeno essere un grande peso il fatto che egli non fosse bravo ai fornelli - però da quando entrambi avevano messo piede in quella casa Kojiro aveva iniziato a sentire la testa indolenzita.

Non mi va che sia solo lei a cucinare... non posso sempre dipendere da lei! Devo provarci finché non ci riesco, anche a costo di distruggere la casa!

Dal primo giorno di convivenza, il calciatore si era messo in testa di preparare proprio il suo piatto preferito, al punto che inizialmente Maki non riusciva a capire il motivo di tanta testardaggine.

La prima volta, Kojiro aveva rotto inutilmente dodici uova.

La seconda, si era dimenticato di mettere il coperchio mentre la carne stava friggendo nella padella, rischiando di bruciarsi con l’olio che scoppiettava verso l’alto.

La terza, era riuscito a decorare le pareti della cucina con ciò che aveva provato a frullare che al posto di restare nel contenitore per alimenti era finito sparso per la stanza.

«Non sarebbe meglio se cucinassi qualcosa di meno complicato? Potresti occuparti della cottura del riso, ad esempio: è una passeggiata in confronto a questo!» gli aveva sempre detto Maki, incredula del fatto che egli stesse insistendo nell'essere dietro ai fornelli. Ma, non appena Maki aveva scoperto il motivo, non appena erano tornati in Giappone per un breve periodo di vacanza era stata proprio lei a chiedere alla madre della ricetta di quel piatto, cosicché sarebbe stata lei a prepararlo anche per il suo compagno.

Nonostante ciò, al ritorno in Italia Kojiro aveva continuato imperterrito nella sua ostinazione - e allo stesso tempo negli sbagli. Anche se di Maki aveva apprezzato il primo tentativo del suo piatto preferito, per una volta voleva essere lui a prepararlo per lei.

Eppure non deve essere così difficile... si vede che sono un calciatore: ho sempre allenato i piedi, non le mani!

Chissà se quel giorno ci sarebbe finalmente riuscito...



Kojiro sorrise soddisfatto, dopo aver assaggiato il risultato dei suoi sforzi dalla padella sopra il fornello ormai spento. Certo: non appena lei vedrà cosa ho combinato mi ammazzerà, ma sono certo che questa volta resterà stupita con questo piatto!

Egli mise il coperchio sopra la padella e iniziò a ripulire la zona della cucina sul quale vi erano macchie sparse ovunque: nel lavandino, sul forno - anche se non l’aveva acceso per nulla - sul piano cottura e sulla cappa aspirante che si trovava sopra la sua testa. Anche su di lui vi erano diverse macchie: sul volto e sui vestiti che stava indossando, medaglie al valore che finalmente era riuscito a conquistare con la fatica e con il sudore in un campo di battaglia che era ancora fresco dell’ultima ardua lotta tra lui e i fornelli. Intorno al calciatore, infatti, anche le pareti erano ricche di grandi macchie, e chissà se la coppia sarebbe riuscita a rimuoverle senza dare il bianco per l’ennesima volta.

Kojiro ne era certo: Maki sarebbe andata in escandescenze nel vedere quello spettacolo, ma il fatto che lui fosse riuscito per la prima volta a cucinare quel suo piatto preferito sarebbe stato un buon punto di inizio per prendere il controllo anche di quel regno dove gustosi manicaretti erano gli assoluti protagonisti.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Attenzione: nessun Kojiro è stato maltrattato nel corso della stesura di questa storia. Anche se in realtà dovrei dire "più la cucina", dato che alla fine a farne le spese è stata proprio quella povera stanza, LOL!

Finalmente sono riuscita a trovare un pretesto per far alzare Kojiro dal divano. Ok: a dire il vero anche il prompt del bagnoschiuma sarebbe stato un pretesto perfetto per farlo muovere dal soggiorno... però ho deciso di cominciare da qui. Posso già anticiparvi che Kojiro si sposterà ancora una volta, ma non ora: per il momento si fermerà per un po' in cucina - causa prompt, a dire il vero. ;D

Il prompt di oggi è piatto preferito. Come svelato dal manga, a Kojiro piace la cucina di due persone in particolare: la mamma (e qui non c'è bisogno di spiegazioni: penso che in generale chiunque adora la cucina di qualcuno della famiglia) e Gozza, il suo compagno di squadra nella Reggiana. In realtà, il fatto che Kojiro non sia così in gamba in cucina non è confermato, ma l'ho dedotto io perché mi piace associargli l'idea che con il pallone riesca a cavarsela mentre ai fornelli non più di tanto; così è nata questa storia, dove lui ha cercato più volte di preparare il suo piatto preferito, quello che sua madre gli preparava fin da bambino.

In tutto questo, dov'è il cambiamento? Il cambiamento consiste proprio nel fatto che lui riesca finalmente a prepararlo come si deve, anche a costo di aver imbrattato ogni angolo della sua cucina: probabilmente non se ne sarà accorto, ma sono stati proprio i mille tentativi - e l'osservare per mille volte il come Maki ha sempre preparato quel piatto - ad avvicinarlo sempre di più al giorno in cui anche lui ci sarebbe riuscito. Per restare a tema, è proprio come osservare una tecnica di calcio e provare ad imitarla: per quanto si possa fallire, prima o poi si riesce a raggiungere l'obiettivo. :3

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 14
*** Vita ***


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14 | Vita

 

 

Nel ripulire la cucina come poteva, gli occhi di Kojiro si erano inavvertitamente posati su una cornice che si trovava sulla mensola vicino alla piccola televisione. Era un'immagine con i colori sbiaditi dal tempo, ma i soggetti erano ancora nitidi: la famiglia Hyuga al completo, quando Kojiro era ancora un bambino. 

In essa era stato fermato un istante di felicità, l'ultimo che i membri della famiglia avevano avuto prima della scomparsa di chi, fino a quel momento, era il centro del loro mondo. Dopo la morte del padre, Kojiro aveva sempre conservato gelosamente quell'immagine in un cassetto, senza pensare di esporla da qualche parte: il dolore era ancora troppo grande per fare in modo che i suoi occhi affrontassero quel barlume di felicità ma soprattutto di vita

Di quel tragico momento, Kojiro aveva sentito tutto tranne vita. La vita aveva il sapore della felicità, di quelle piccole cose brillanti che la figura dei genitori e dei fratelli rappresentavano, ma al contempo le stesse che sembravano essere state portate via in un baleno. Kojiro credeva che tutto ciò sarebbe durato per sempre, per poi scoprire che poteva finire in un attimo e senza preavviso. Da quel giorno lui aveva sempre cercato di essere felice e di trasmettere felicità a sua volta verso le persone che amava; tuttavia nel profondo del suo cuore sentiva che gli mancava qualcosa, quel qualcosa che sapeva di quella vita che stava facendo fatica a lasciarsi alle spalle. 

Kojiro era riuscito ad andare avanti, ma avrebbe potuto definire vita la nuova e inaspettata strada che aveva intrapreso?

Inizialmente non ci aveva pensato. Per lui vita era sinonimo di gioia, di allegria, di risate che tutti i membri della sua famiglia condividevano senza pensare al futuro; di quella serenità che nei primi tempi sembrava non esistere più... ed era proprio per questo che aveva riposto quella fotografia nel cassetto senza più riprenderla, perché quell'immagine era il simbolo di una vita che non sarebbe mai più tornata.

 

Kojiro aveva ritrovato quella fotografia quasi per caso, durante un viaggio in Giappone che aveva intrapreso anni dopo con Maki: in quell'occasione le aveva mostrato la nuova casa dove da poco si era trasferita la sua famiglia, la stessa che grazie ai suoi sforzi era riuscito ad acquistare per assicurare un più sicuro tetto sotto il quale sua madre e i suoi fratelli avrebbero potuto vivere senza difficoltà. 

Era stata proprio sua madre ad accogliere la coppia, mostrando poi una stanza dove aveva lasciato tutti gli oggetti appartenuti a lui. «Se tu avessi abitato qui, questa sarebbe stata la tua stanza,» gli aveva detto. La nuova dimora degli Hyuga era più grande e più bella di quella dove Kojiro aveva vissuto durante l'infanzia: ora ciascuno di loro aveva una stanza, per cui i più piccoli di casa non dormivano più insieme da tempo; la donna aveva avuto l'idea di creare uno spazio anche per il suo primogenito perché, anche se non abitava più con loro da un bel po', si era divertita ad arredarla immaginandola proprio come "la sua cameretta". Sulle pareti vi erano appese fotografie ufficiali, articoli tratti da giornali sportivi; sul letto vi era una coperta che lei aveva cucito secondo i gusti di suo figlio che ben conosceva, mentre sul comodino al fianco vi era un piccolo peluche con il quale Kojiro dormiva quando aveva solo pochi anni di vita. 

Il calciatore si era commosso, perché anche quella era una grande manifestazione d'affetto che sua madre aveva sempre provato verso di lui, e così non aveva perso nemmeno un secondo per ringraziarla.

Quando Maki e Kojiro erano rimasti da soli, quest'ultimo aveva iniziato ad ammirare le sue fotografie che si trovavano sulle pareti. La sua compagna aveva aperto il cassetto del comodino e, a quel rumore, Kojiro si era voltato e aveva scosso la testa. «È inutile che cerchi... lì non troverai niente. Ho portato con me ciò che non vedi qui...»

Però, non appena aveva visto Maki prendere un piccolo foglio, il calciatore le si era avvicinato piuttosto curioso: non appena aveva visto il contenuto, sulle sue labbra era affiorato un sorriso gentile. Credeva di aver lasciato quella fotografia nella vecchia casa, anzi: col passare degli anni aveva rimosso la sua stessa esistenza. 

«È tuo padre... vero? Gli assomigli molto...» aveva sussurrato la sua compagna, sorridendo anche lei con dolcezza. «Se ti va... ho un'idea. Penso che ti piacerà molto...»

 

Vita

Quell'immagine che aveva portato con sé nella dimora dove ora abitava aveva ancora quel significato di vita nonostante il trascorrere degli anni.

Ora Kojiro riusciva a non distogliere più lo sguardo, ma non solo: al fianco di essa vi era un'altra cornice, all'interno della quale era racchiusa una fotografia più recente, frutto di quell'idea che Maki aveva avuto. Un'altra fotografia della famiglia Hyuga, simbolo della nuova vita nella quale si trovavano. Una vita fatta di gioie e di sorprese, di nuovi e inaspettati arrivi e di lieti eventi, rappresentata da una famiglia che era sempre rimasta unita e solidale: Kojiro con i suoi fratelli ormai cresciuti come lui, sua madre e Maki.

Quelle due immagini, poste l'una di fianco all'altra, rappresentavano le due vite che il calciatore aveva vissuto. Due vite ben distinte, ma unite da un invisibile filo che non sarebbe mai stato reciso. 

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

La facilità con la quale sto passando da una storia comica e sciocca ad una molto seria è al pari del cambio di indumenti. E no, non sto scherzando: oggi, ad esempio, il prompt vita mi ha riportato - ancora una volta - a raccontare del passato di Kojiro e della sua famiglia, in modo particolare di suo padre.

Penso che ad un certo punto della sua vita, Kojiro abbia raccontato (o fatto accenno) a Maki della tragica scomparsa del suo amato genitore. Trattandosi di un momento che ha cambiato profondamente la sua vita, è facile immaginare che in quel momento il significato della parola "vita" sembra non esistere più, contrariamente a quell'immagine della famiglia ritratta prima di quella tragedia, così piena di vita. Però, se è vero che "ad una nuova fine corrisponde un nuovo inizio", anche nel caso di Kojiro è così: quel concetto di "vita" che aveva quando era bambino riaffiora a poco a poco, culminando in quel momento immortalato dalla seconda fotografia con la sua famiglia nuovamente felice. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 15
*** Scuola ***


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15 | Scuola

 

 

Tra le tante fotografie sparse per tutta la casa, Kojiro era affezionato anche a quelle che in particolare gli rievocavano i giorni in cui era andato a scuola. Lui non aveva avuto voti molto alti in tutte le materie, però aveva sempre eccelso nel club di calcio del quale aveva fatto parte: era un ottimo giocatore che chiunque aveva sempre ammirato e rispettato, nonostante il suo iniziale carattere presuntuoso che era emerso nel corso delle prime partite che aveva disputato.

Kojiro aveva sempre amato i giorni di scuola, perché erano quelli nei quali, al di là della sua passione per il calcio, aveva instaurato amicizie che erano durate per molto tempo e che stavano continuando a seguirlo anche ora che si trovava in un altro continente. Prima Ken e Takeshi, poi i suoi compagni di squadra delle elementari e dell'Accademia Toho: tutte persone sulle quali Kojiro aveva sempre riposto la massima fiducia, trovando in loro una spalla forte sulla quale poter contare in qualsiasi situazione.

Per Kojiro i giorni di scuola erano belli, perché bella era quella sensazione di essere il perno principale del gruppo, quell'emozione che scaturiva in lui quando vedeva gli occhi dei suoi compagni brillare di felicità ogni volta che realizzava un gol nella rete avversaria. Quei giorni, però, erano diventati ancora più belli quando Kojiro aveva iniziato a capire che non poteva permettersi di pensare di voler andare avanti da solo, senza l'aiuto dei suoi amici che avevano così tanta fiducia in lui e nelle sue capacità: la forza della loro squadra, la loro determinazione - che si trattasse delle scuole elementari Meiwa o la prestigiosa Accademia Toho - dipendeva non solo dal singolo capitano ma dall'unione e la solidarietà di tutto il gruppo, nel quale ciascuno di loro poteva contare sull'altro che gli era a fianco.

 

L'unica cosa che a Kojiro dispiaceva di non aver scelto di frequentare l'università era proprio il poter continuare quel percorso scolastico insieme a tutti coloro che per lui erano diventati anche amici oltre che semplici compagni di squadra. Kojiro aveva deciso di lasciare indietro ciascuno di loro, per spiccare il volo verso terre lontane e così diventare un giocatore professionista: per l'università in sé era contento di non esserci andato - d'altronde lo studio era proprio ciò di cui non avrebbe mai sentito la mancanza - ma ogni tanto gli era venuto da pensare che, da una parte, il sacrificio dell'intraprendere un nuovo, nonché l'ultimo percorso accademico non sarebbe stato vano proprio per il club di calcio di cui aveva fatto parte alle medie inferiori e superiori. 

Ogni volta che aveva l'occasione di poter ritornare in Giappone, Kojiro ne approfittava per recarsi all'Accademia Toho e salutare alcuni dei suoi veterani compagni di scuola che avevano deciso di proseguire con l'università: mentre camminava nei lunghi corridoi per dirigersi verso il campo d'allenamento della squadra, si soffermava sui prestigiosi trofei che i vari club di calcio avevano vinto e che erano esposti con orgoglio in un'ampia vetrinetta. Tra questi, vi era anche il V1 delle scuole medie del quale lui e i suoi amici erano stati fautori: isolato da tutti gli altri in una piccola teca, per l'Accademia era il memento di quella prima vittoria comune che la scuola aveva ottenuto in tutti i club, dalle medie all'università. 

Per Kojiro, però, quel piccolo trofeo era anche il simbolo di quei giorni felici di scuola, tra intensi allenamenti e momenti di spensieratezza che, almeno nella sua vita, non avevano più cessato di esistere. Aveva cambiato compagni di squadra, ma il forte legame con quelli storici era intrappolato per sempre in quel memento del V1 esposto nel corridoio della più prestigiosa scuola di tutto il Giappone. 

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Oggi un piccolo approfondimento sul rapporto che Kojiro ha avuto con amici e storici compagni di squadra, secondi solo alla sua famiglia. Qui il cambiamento è accennato ma è uno dei più significativi che il calciatore ha avuto nel corso della sua vita: il modo di vedere il calcio, luogo dove non solo poter esprimere se stesso e primeggiare sugli altri, ma soprattutto uno sport dove la fiducia e l'impegno comune sono al centro. Tutto questo nella cornice della scuola, grazie alla quale - voti a parte - Kojiro ha imparato e iniziato a far suo proprio il concetto della fiducia reciproca e dello spirito di squadra, un altro aspetto sul quale ha avuto una grande maturazione. :)

(Ammetto che questa volta sono un po' uscita dallo spirito del prompt, dato che il cambiamento non riguarda proprio la scuola in sé ma il modo di vedere il calcio...)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 16
*** Passato ***


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16 | Passato

 

 

A pensarci bene, il V1 delle scuole medie rientrava nei ricordi felici del passato di Kojiro, che il calciatore mai avrebbe cancellato. Mille erano i motivi per i quali non poteva - anzi, non doveva farlo: il V1 era stato il caposaldo di una lunga carriera costellata di vittorie, il consolidamento di amicizie storiche che lui si augurava che sarebbero durate anche per il resto della sua vita, la conferma di certezze sul suo pensiero sul calcio che aveva iniziato a costruire proprio in quegli anni di scuola. 

Di quel V1 Kojiro andava estremamente fiero perché era il risultato di quel stare sempre insieme e fidarsi l'uno dell'altro, una coppia di valori sui quali aveva iniziato a credere man mano che cresceva. Il poter contare su altre persone che non fossero suoi consanguinei lo aveva aiutato a maturare non solo nella forza ma anche nell'intelletto, e gli aveva portato a credere che il calcio fosse un divertente gioco di squadra nel quale tutti potevano fidarsi di tutti, senza distinzione di colore della pelle o estrazione sociale. 

Il calcio era parte integrante del passato di Kojiro, nei momenti belli e in quelli funesti della sua vita, accanto ai suoi cari familiari e ai suoi compagni di squadra, che fosse in una piccola scuola elementare, in una prestigiosa Accademia o nella stessa Nazionale. Kojiro poteva dire di essere nato con il pallone al suo fianco, perché fin dal giorno in cui aveva mosso i primi passi era rimasto affascinato da coloro che si sfidavano rubandosi a vicenda quella che in apparenza era solo una semplice palla bianca, ma carica di quel grande significato che Kojiro avrebbe imparato solo molti anni dopo. 

Per questo, nonostante le difficoltà che aveva attraversato dopo la scomparsa di suo padre, Kojiro non si era mai vergognato del suo passato: come tutti aveva commesso alcuni errori che aveva capito solo qualche tempo dopo, ma era stato proprio il suo passato a renderlo ciò che sarebbe diventato una volta raggiunta la maggiore età. Un passato fatto di dolori, di sofferenze, ma anche di impegno, coraggio e grande audacia; un passato trascorso al fianco della sua famiglia ma anche dei suoi amici e compagni di squadra; un passato che aveva gettato le basi di quel grande campione che alla fine era riuscito a diventare. 

Se non fosse stato per il suo passato, Kojiro non avrebbe mai vissuto in quel magnifico presente nel quale si trovava, fatto di successi e straordinari eventi che viveva giorno dopo giorno.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Una breve riflessione che si ricollega a quella precedente... e, dato che il prompt di oggi è passato, in un certo senso è anche il riassunto di tutto ciò che finora è emerso da questo gruppo di storie su Kojiro. Anche oggi abbiamo fatto accenno al passato di Kojiro, ma questa volta focalizzato sul club di calcio e sulle amicizie che ha intessuto, sullo sfondo di ciò che gli è accaduto ma non per questo da cancellare. Credo che Kojiro sia uno di quei personaggi che non potrà (e né vorrà) mai dimenticare tutti gli eventi della sua vita, anche quelli più bui, proprio perché sono stati determinanti per il suo percorso e per la persona che è diventata. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 17
*** Diventare adulto ***


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17 | Diventare adulto

 

 

Era proprio guardando al passato che Kojiro pensava al fatto di essere diventato adulto troppo presto.

Cosa succede quando si perde un genitore che era la colonna portante dell'intera famiglia, e all'improvviso sentirsi come se gravasse sulle spalle una gigantesca responsabilità, la stessa che anche lui aveva? 

Kojiro avrebbe potuto rispondere portando come esempio la sua vita. Era proprio a causa di quel maledetto incidente che il tempo della sua infanzia aveva già avuto termine, a differenza dei suoi coetanei che avevano continuato a vivere nella spensieratezza del loro essere bambini.Diventare adulto era un concetto che Kojiro aveva fatto suo fin dall'infanzia, affiancandolo a quello della responsabilità: lavorare, farsi in quattro per portare a casa qualche soldo in più che avrebbe garantito ai suoi cari almeno il pane da mettere sotto i denti... ma senza mai dimenticare i propri sogni e la promessa che aveva fatto al suo papà di diventare un bravo calciatore. 

Anche se agli occhi di tutti Kojiro sembrava un piccolo uomo cresciuto troppo presto, in realtà una parte di sé era rimasta ancora "bambina", che emergeva solo quando era certo di essere completamente isolato dal resto del mondo. In quei momenti, nella solitudine che lo circondava, Kojiro allentava la diga che teneva a freno le sue lacrime, mostrando a se stesso quel lato fragile che mai avrebbe fatto emergere in presenza di altre persone.

Gli adulti - quelli forti come suo padre - di rado piangevano in pubblico... e lui, che a poco a poco si stava sostituendo al genitore scomparso, si era ostinato a non farlo nemmeno di fronte a sua madre e ai suoi fratelli. L'ultima volta che lo aveva fatto era stato in occasione del funerale di suo padre, e quella doveva rimanere tale. Se lo era promesso: era del tutto normale che i bambini piangessero per qualsiasi cosa, ma con il passare delle settimane e dei mesi ormai lui non si sentiva più un bambino, e per questo motivo aveva deciso di donare ai suoi cari non più tristezza, ma un caloroso sorriso colmo di fiducia nel futuro.

 

Il suo diventare adulto così in fretta, come un meteorite che cade sul suolo terrestre, lo aveva portato ad affrontare le situazioni più difficili. Crescendo, Kojiro aveva imparato ad osservare il mondo che lo circondava con un occhio colmo di furbizia, ad essere attento a non cadere in inganni o trappole da parte di persone che conosceva da poco, ad avere sempre i riflessi pronti in caso di pericoli improvvisi. Tutto ciò aveva contribuito ad affilare le zanne di quella tigre che in lui stava emergendo sempre più, dimostrandosi scaltra e forte di volta in volta che la situazione lo permetteva.

Tuttavia Kojiro non sapeva ancora che, in realtà, il diventare adulto non significava cancellare completamente le sue fragilità. Credeva di essere riuscito a non versare più una lacrima al cospetto dei suoi cari, di essere diventato così forte al punto di sopprimere ciò che realmente provava di fronte a loro; invece non era stato affatto così, e lui lo aveva scoperto quasi al termine della sua adolescenza. Era stato quando aveva capito che i sogni fossero più importanti di qualsiasi ricchezza presente sulla terra: in quel momento il calciatore aveva compreso che non era più solo a portare quel fardello che stava gravando sulle sue spalle, che poteva contare sull'aiuto dei suoi fratelli - che nel frattempo erano cresciuti e anche loro avevano imparato il senso della responsabilità - e dei suoi amici che gli erano sempre stati accanto e che non avevano esitato a dimostrargli il grande affetto che provavano nei suoi confronti.

Solo allora, Kojiro non aveva più pensato di trattenere le lacrime di fronte a loro. Nonostante ormai fosse diventato adulto, per lui piangere non era più un sinonimo di debolezza, di quell'essere bambino che ormai aveva rigettato da sé. Le lacrime che aveva versato da quel momento in poi erano diventate la fonte della sua forza, e per questo non si era più vergognato di mostrarle.

Egli avrebbe continuato a camminare a testa alta, senza lamentarsi né urlare di disperazione, ma facendo brillare sulle sue guance quelle piccole gocce d'acqua che erano il simbolo tangibile delle sue emozioni.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Nel pensare all'ultima parte della storia, avevo ben in mente l'episodio della sostituzione di Kojiro durante la partita di Serie A contro il Parma tratto dai capitoli 27 e 28 del Road to 2002. Una scena a mio parere molto ad effetto, che mette ben in luce il discorso sulle lacrime che ho provato a raccontare in questa breve storia.

Contrariamente a quanto si possa pensare, alcune volte abbiamo visto Kojiro in lacrime. Un altro episodio che mi ha colpito molto è stato quello della madre, che viene narrato a partire dal capitolo 35 del World Youth e che finisce nel capitolo 38 con un Kojiro in lacrime di gioia; cito questo perché anche oggi sono partita dalla storia di Kojiro che è "diventato adulto troppo presto" per aiutare la sua famiglia e, d'altro canto, quella di sua madre che lo ha sempre incoraggiato ad inseguire i propri sogni senza curarsi di un guadagno materiale.

Qui il cambiamento è suddiviso in due parti: quello del prompt, cioè il diventare adulto; quello del versare lacrime da parte di Kojiro che, come potete ben immaginare, passa dal celare la sua tristezza a mostrarla a testa alta, senza vergognarsi o lamentarsi. Un doppio cambiamento che di certo ha contribuito alla maturità di questo personaggio... e a proposito delle lacrime, vi ricordate la scena dell'incontro tra Kojiro e Maki nelle battute finali del capitolo 28 del World Youth? Ecco, non ha bisogno di ulteriori commenti. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 18
*** Amicizia ***


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18 | Amicizia

 

 

Non a caso, infatti, Kojiro aveva mostrato le prime lacrime di fronte ai suoi amici.

Quelle che aveva fatto scorrere lungo il suo volto erano lacrime di gioia, sentimento che non era affatto inedito agli occhi degli altri ma che non si era mai manifestato in quell'insolita forma, ed egli lo aveva fatto proprio di fronte ai suoi amici: quelli che aveva da sempre, affiancati da coloro che aveva incontrato lungo tutta la sua carriera calcistica.

Da bambino Kojiro non aveva molti amici. Quasi poteva contarli sulla punta delle dita, perché ne erano proprio due: Ken e Takeshi. Questo perché Kojiro non aveva un concetto di amicizia che comprendesse un ampio raggio di conoscenze: per lui gli amici erano quelli di cui poter fidarsi sempre, in qualsiasi circostanza, e con i quali poter condividere qualsiasi pezzo della sua vita, anche quelli più dolorosi.

Era proprio in virtù di quell'ultimo elemento che il Kojiro bambino considerava amici solo Ken e Takeshi. Loro non erano semplici conoscenti, persone con le quali aveva solo in comune una grande passione per il calcio e per questo aveva sempre piacere di trascorrere del tempo insieme: quei due bambini erano qualcosa di speciale agli occhi di Kojiro, come se fossero stati suoi fratelli di sangue. Con loro sentiva di poter condividere tutto, di poter dire tutto: loro due erano gli unici con i quali aveva parlato senza barriere della scomparsa del padre, rivelando quanto lo facesse stare ancora male nonostante avesse cercato di non darlo a vedere; inoltre Kojiro non disdegnava di dare una mano quando i suoi amici erano in difficoltà, e quando era lui ad esserlo trovava in loro un valido appoggio sul quale poter fare affidamento.

Ne era certo: Ken e Takeshi sarebbero stati i suoi amici per sempre, qualunque strada avrebbe intrapreso nella vita.

 

Da ragazzo, però, Kojiro aveva iniziato ad imparare che il suo concetto di amicizia, così stretto ed esclusivo, poteva allargarsi anche ad altre persone. La fiducia, il poter parlare liberamente dei propri sentimenti, il poter condividere con altri le sue passioni: queste erano cose che, a poco a poco, Kojiro aveva trovato anche in altri giocatori come lui. A cominciare dai suoi compagni di squadra: soprattutto nell'ambito dell'Accademia, il calciatore aveva trovato altre persone con le quali riusciva ad essere se stesso senza aver timore di essere considerato diverso da loro.

Ma non solo. La sua grande passione per il calcio lo aveva portato fin da subito ad incontrare persone da tutto il Giappone che, in fondo, non erano così diverse da lui: acerrimi rivali, che però gli avevano insegnato i profondi valori dell'amicizia e della solidarietà che Kojiro pensava di aver trovato solo in quei due cari amici della sua infanzia, e lo stesso era accaduto anche dopo il suo trasferimento in Italia. Da due, pian piano le sue amicizie iniziavano ad essere tre, quattro, otto, dieci... quasi fino a perdere il conto. Ormai Kojiro non poteva più pensare di contarle sulle dita, perché sarebbe stato più semplice riportarle su un foglio di carta per conservarlo con cura come un prestigioso trofeo: ciascuna di quelle amicizie aveva un suo perché, un suo significato grazie al quale Kojiro era maturato, e ogni giorno verso ciascuno di esse il calciatore sentiva di dovere solo un sincero e profondo ringraziamento.

L'ultima di quella rete di amicizie - ma non per importanza - era quella che aveva instaurato con Maki: un'amicizia solidale, quasi diversa da tutte le altre su molti aspetti, ma che lo aveva portato in un mondo dal quale difficilmente sarebbe uscito da solo. Il legame che aveva con lei era diventato al pari di quello con Ken e Takeshi: così sicuro, così forte, così colmo di certezze e fiducia reciproca, sempre capace di portargli serenità nel suo animo, ma allo stesso tempo era del tutto particolare perché lei era stata la prima - e forse sarebbe stata anche l'unica - amicizia che Kojiro aveva instaurato con una donna. 

Lui, che aveva sempre rifiutato i doni delle sue ammiratrici perché gli era sempre sembrato strano, a distanza di anni era riuscito ad accettare un piccolo portafortuna creato da un'altra ragazza. Lo aveva fatto senza troppi pensieri, perché sapeva che Maki non era solo una sua ammiratrice: in un certo senso non la considerava nemmeno tale, perché lei era quel qualcosa di più che non aveva mai visto in nessun'altra donna.

Con lei, Kojiro sentiva di poter avere la stessa complicità e fiducia che aveva riposto nelle sue amicizie storiche, e per fortuna non si era sbagliato. Se Maki era riuscita a rimanere al suo fianco e lui aveva fatto altrettanto, entrambi lo dovevano a quel profondo e unico legame di amicizia che condividevano ogni giorno, e che difficilmente si sarebbe spezzato.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Oggi prompt molto semplice e che non lascia spazio a dubbi: amicizia.

Inutile dirvi che uno dei valori che la serie di CT mette in evidenza è proprio quello dell'amicizia. Qualsiasi personaggio, fin da subito o lungo la sua vita, ha degli amici sui quali poter sempre contare, quindi anche Kojiro. Nel suo caso, l'evoluzione consiste nel numero di amici e nel modo in cui il suo significato cambia nel corso del tempo: dai due storici (quali Ken Wakashimazu e Takeshi Sawada) a poco a poco inizia a costruire una serie di legami con gli altri della sua squadra e con quelli che un tempo erano solo "rivali", fino ad arrivare ad un'amicizia che fino a quel momento non avrebbe mai pensato di poter instaurare, quello con una donna (Maki). Che, poi, in quest'ultimo caso si passa da amicizia a qualcosa di più profondo... ma su questo punto ci torneremo. ;)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 19
*** Vestiti ***


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19 | Vestiti

 

 

Una volta terminato di sistemare come poteva la zona della cucina, cercando di eliminare quante più macchie possibili, Kojiro si diresse verso la camera da letto. Aprì le porte dell’armadio che si trovava di fronte al letto matrimoniale e scelse il cambio che indossò subito dopo aver messo in un piccolo sacchetto di stoffa i vestiti ormai da lavare.

Caspita, sono proprio sporchi... bene: ora li metto subito nella lavatrice, così da essere pronti per domani!

Si portò il sacchetto sulle spalle e, non appena si voltò nuovamente verso le porte dell’armadio ancora aperto, i suoi occhi vennero catturati dalla presenza di un elegante abito di colore blu appeso insieme agli altri. Kojiro fece fatica a trattenere le risate, ricordandosi di quell’unico giorno nel quale lo aveva indossato.

Era stato circa un anno prima, in occasione del matrimonio di Gozza. Per quel giorno speciale Kojiro aveva deciso di indossare il solito abito che aveva riservato per tutti gli eventi importanti ai quali aveva partecipato, a cominciare dal matrimonio di Tsubasa: per questo motivo l’aveva messo da parte, conservato accuratamente per evitare i cosiddetti incidenti dell’ultimo minuto; non poteva permettersi di perderlo di vista, perché vi era affezionato e non ne aveva altri con i quali sostituirlo.

Qualche giorno prima di quell’ultimo grande evento, Kojiro aveva preso in mano quell’abito. Erano trascorsi un paio d’anni dal suo utilizzo, per cui oltre a lui Maki era stata la prima ad accorgersi che ci sarebbe stato bisogno di lavarlo e stirarlo per fare in modo che apparisse come nuovo. Le cose, però, non erano andate come previsto dalla coppia: nonostante tutte le premure del caso - lavarlo separatamente in un modo delicato da non fare danni - non appena Kojiro aveva provato ad indossarlo aveva fatto un’inaspettata scoperta.

 

«Non prendertela... ma penso che sia normale. In fondo sono trascorsi due anni: sei cresciuto! Sei diventato più alto e muscoloso...»

 

Le parole di Maki non erano bastate a rassicurarlo. Quell’abito, del quale il calciatore andava tanto fiero, non gli andava più: il pantalone sembrava essere più corto del solito e così anche la giacca, della quale non solo le maniche non erano più abbastanza lunghe per arrivare a coprire i polsi, ma soprattutto gli stava sembrando talmente stretta addosso al punto da non riuscire nemmeno a introdurre i bottoni nelle asole.

Più che un giocatore di calcio - o, comunque, una persona vestita per partecipare ad un matrimonio in modo impeccabile - in quel momento Kojiro aveva avuto l’impressione di essere un pescatore.

In fondo al suo cuore egli aveva iniziato a percepire quella fastidiosa sensazione di essere entrato in uno stato di panico tale che, se non ci fosse stata Maki, probabilmente l’avrebbe esorcizzato urlando a squarciagola. Con indosso ancora quell’abito, Kojiro aveva iniziato a camminare per la stanza senza più fermarsi, con lo sguardo perso nel vuoto: i suoi occhi insolitamente vacui stavano facendo trapelare il suo disappunto misto a disperazione, perché quell’abito, quel suo adorato abito, non gli andava più. E Maki aveva ragione: non era colpa di un lavaggio sbagliato che aveva rimpicciolito quell’abito... ma era lui ad essere cresciuto ancora di più.

L’ultima cosa che si ricordava di quel momento, prima di aver trovato una soluzione a quello che per lui era un grosso problema, era stata la mano della sua compagna che, appoggiandosi alla sua spalla, aveva cercato di tranquillizzarlo.

«Mi è venuta in mente un’idea. Fortuna che il matrimonio non è domani ma tra meno di una settimana... però devi essere paziente, va bene?»

 

Tra le poche cose che Kojiro non si aspettava da Maki era il fatto che fosse brava anche nel cucito. Era un lato di lei che non aveva mai visto, impegnata com’era nel softball: certo, ogni donna giapponese se la cavava con ago e filo, ma che Maki fosse addirittura in grado di cucire un abito da uomo... ecco, quello era qualcosa che a primo impatto lo aveva fatto addirittura sorridere, perché per lui era un’assoluta novità.

«Non facciamo prima a comprare un abito nuovo?» le aveva chiesto, piuttosto dubbioso sul fatto che da quella idea ne sarebbe stato fuori qualcosa di buono. «E poi... sei sicura di fare in tempo per il matrimonio?»

«Sicura, tranquillo! Sei molto fortunato perché questa settimana siamo in vacanza, per cui tra qualche giorno sarà tutto pronto; tu intanto stai fermo e fatti prendere le misure!»

Alla fine, quell’imprevisto non era stato negativo come sembrava. Maki si era messa molto d’impegno al punto da lavorare fino a tarda sera a quell’abito che stava realizzando, e quando lui tornava a casa lei era sempre pronta a fargli misurare i vari pezzi che aveva già progettato. Alla vigilia del matrimonio lei gli aveva mostrato l’abito ormai finito con un raggiante sorriso: non appena Kojiro lo aveva indossato e si era visto allo specchio, gli era piaciuto così tanto al punto di non voler più toglierselo.

Inutile aggiungere che quell’abito era stato un successo nel lieto evento del giorno dopo. 

 

Amico mio... mi hai salvato la vita.

Quell’abito blu aveva avuto un posto d’onore nell’armadio di Kojiro: accanto al suo vecchio abito - che il calciatore aveva conservato nonostante ormai non avrebbe avuto più possibilità di indossarlo - e conservato proprio come un tesoro prezioso, in un luogo nel quale nessun altro, eccetto lui e Maki, poteva metterci mano. Anche se a volte c'era stata la tentazione di indossarlo anche solo per una cena romantica tra lui e la sua compagna perché lo amava molto, Kojiro aveva deciso che il suo posto sarebbe stato proprio in quell’armadio: era pur sempre vero che, data la ormai comprovata abilità di Maki nel cucito, lei avrebbe potuto realizzarne un altro, ma lui non ci teneva ad impegnarla fino allo stremo solo per un abito; il calciatore l’aveva vista lavorare per giorni interi, impegnandosi molto e arrivando così a quel grande risultato che aveva conquistato tutti.

Proprio per questo, la cosa giusta per Kojiro verso quell’abito sarebbe stata quella di preservarlo il più possibile dalla sua fine, in modo tale che non avrebbe fatto stancare Maki più di tanto... anche se, compatibilmente con i suoi impegni, sapeva già che lei sarebbe stata disposta a realizzarne un altro, nonostante il tempo perduto e i grandi sacrifici che avrebbe fatto volentieri per lui.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Per il prompt vestiti: cambio d'abito in tempo reale per il nostro protagonista... e allo stesso tempo un cambio d'abito nel passato!

Oggi ho voluto raccontare di un oggetto al quale Kojiro in un certo senso si è "affezionato", un abito da cerimonia che egli ha sempre indossato per le occasioni speciali. Purtroppo, una cosa del genere è capitata a tutti: l'essere costretti a mettere da parte un abito o un vestito che ci è sempre piaciuto perché ormai inizia a stare stretto su di noi; in casi del genere la soluzione è una sola, cioè comprarne un altro...

... oppure farselo cucire su misura, come accade nella storia di oggi. :)

Piccola nota finale: nel manga di CT abbiamo visto il matrimonio di Tsubasa (nel capitolo finale del World Youth) ma quello di Gozza, compagno di Kojiro nella Reggiana, non esiste - almeno al momento di questa pubblicazione - così come il fatto che Maki abbia una passione per il cucito al punto di arrivare a creare interi abiti. Questo ciclo di storie è un "What if?" anche per questi elementi, in fondo... ;D

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 20
*** Credo ***


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20 | Credo

 

 

L’armadio della camera da letto di Kojiro e Maki era suddiviso in vari spazi, a seconda del tipo di abbigliamento da conservare: i cassetti del piano inferiore erano riservati all’intimo, il largo vano centrale alle camicie e agli abiti, mentre i lunghi cassetti superiori a maglie e magliette. Il loro era un armadio molto semplice, senza alcuna decorazione esterna, i cui interni erano lo specchio delle loro vite. Percorsi differenti, scelte e decisioni diverse tra loro e a volte antitetiche, che poi si erano affiancate per andare verso un’unica direzione, e un unico credo.

Anche da ragazzi, nessuno dei due aveva mai immaginato di arrivare al punto in cui si sarebbero trovati al fianco di un’altra persona quasi ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, per dodici mesi all’anno. Quando andavano a scuola, entrambi avevano sempre creduto di trascorrere il resto della loro vita in una casa per fatti loro, con i loro spazi e senza condividere le loro esigenze con nessun altro; invece, il destino aveva avuto in serbo per loro un futuro ben diverso, facendoli incontrare per caso e facendo in modo che iniziassero a provare un profondo sentimento l’uno per l’altra.

Ogni volta che ci pensavano, nei primi tempi Kojiro e Maki non riuscivano a credere a ciò che stesse accadendo nelle loro vite. Tutti i giorni, mentre aprivano lentamente gli occhi ancora assonnati nei loro rispettivi letti, nel pensare l’uno all’altra finivano per scuotere la testa o darsi un forte pizzicotto sulla guancia.

“Non ci credo” era il loro costante pensiero, perché mai e poi mai avrebbero creduto che sarebbero arrivati a quel punto: svegliarsi già con l’immagine dell’altro ben nitida nella loro mente, un chiodo fisso che non accennava a sparire nemmeno quando si dedicavano appieno alle loro attività - piuttosto quell’immagine si attenuava, ma non era mai totalmente cancellata dalla loro mente. Era davvero incredibile ciò che era successo a loro, perché il pensiero dell’altro non sembrava essere una fonte di distrazione o di debolezza, ma quasi una fonte di energia che li ricaricava ogni volta che si sentivano deboli o scoraggiati: quell’immagine era anche una fonte di fiducia in sé, che ricordava ad entrambi che le battaglie quotidiane che stavano affrontando avevano bisogno non solo del supporto di altre persone, ma prima di tutto di quello che proveniva dai loro cuori.

Il loro legame si poteva riassumere in un’unica frase: supportarsi a vicenda, per riuscire a credere in se stessi. Kojiro e Maki lo avevano sempre fatto, avevano sempre creduto in loro stessi anche prima di incontrarsi; tuttavia non avevano mai pensato che per auto-supportarsi ci sarebbe stato bisogno di un’altra persona che ricordasse loro di credere nelle proprie capacità, anche quando sembrava non esserci più speranza.

Quel motto di vita che avevano iniziato a condividere era diventato il loro credo e il loro grido di battaglia, al punto da scrivere una frase - per entrambi importante - sulla copertina di alcuni album di fotografie che conservavano con cura in un angolo di quell’armadio.

 

«Colui che crede in se stesso vive coi piedi fortemente poggiati sulle nuvole.»

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

L'ultima frase è una citazione di Ennio Flaiano... e l'ho riportata perché devo ammettere che il prompt di oggi è stato quello più difficile sul quale ho lavorato. Fino all'ultimo non sapevo cosa scrivere, perché a mio parere il credo (se lo intendiamo nel suo significato letterale) di Kojiro non ha mai subito cambiamenti; così alla fine ho deciso di cercare qualche frase sul web per trovare la giusta ispirazione. Diciamo che alla fine l'ho trovata, sebbene con qualche difficoltà: mi sono spostata dal credo al concetto di credere, e da lì sono arrivata al credere in se stessi grazie proprio a quella citazione di Ennio Flaiano.

Ho ipotizzato che il credere di Kojiro e Maki si sia sempre basato su una convinzione: la forza del credere in te stesso arriva anche dagli altri... e questo è un pensiero comune a tutti. Però, spesso non pensiamo che per credere in noi stessi dobbiamo essere prima noi fortemente convinti: la combinazione vincente è essere noi convinti, e al contempo ricevere il supporto dagli altri.

So che con questo discorso vi ho confuso le idee - forse è più chiaro nella storia, non so ^^" - perciò chiudo subito qui.

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 21
*** Ruolo ***


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21 | Ruolo

 

 

Tra quegli album di fotografie, per la maggior parte spessi e colmi di immagini che sembravano fuoriuscire dai bordi, ne spiccava uno proprio per il suo essere estremamente sottile e piccolo. Quell’album, che faceva capolino in uno degli angoli dello spazio dove si trovava, era un piccolo ricordo di un ruolo speciale che Kojiro aveva ricoperto per poco tempo.

Egli aveva sempre creduto che avrebbe svolto il ruolo di calciatore che aveva sempre amato, e anche quando aveva messo piede sul suolo italiano aveva continuato a pensare la stessa cosa. 

Sono nato calciatore, e morirò calciatore!

Anche quando c'era stato quel piccolo “disguido” all'aeroporto di Tokyo dove lo avevano scambiato per un attore, Kojiro non aveva cambiato idea, pensando di poter svolgere qualcosa di diverso dal calcio. L'idea di recitare in qualche film o di incidere una canzone come avevano fatto alcuni dei suoi colleghi non lo aveva mai fatto impazzire: lui era felice sul campo da gioco, ed era lì che voleva trascorrere tutta la sua giornata. 

Almeno fino a quel giorno. Kaori Matsumoto, che da anni agiva in Italia come suo agente, si era presentata sull'uscio di casa con un'insolita richiesta da parte di un noto produttore televisivo. «C'è stato un imprevisto con lo storico presentatore di questo programma, e stanno cercando un sostituto che non sia proprio uno sconosciuto agli occhi degli italiani. Quando me l'hanno riferito, ho pensato subito a te perché hai una bella presenza e sai rispondere a tono: non devi parlare molto, per cui vedrai che ti troverai a tuo agio!»

Kojiro era entrato in allarme non appena aveva saputo di quale programma si trattasse. Se fosse stato qualcosa inerente al mondo dello sport egli si sarebbe trovato a suo agio; invece quel programma non c'entrava assolutamente niente con lo sport... o, per meglio dire, da ciò che in ogni settimana ne saltava fuori avrebbero potuto nominarlo come “lo sport delle cose più strambe dell'universo”, del quale qualcuno sicuramente avrebbe ricevuto il primo premio.

Alla fine il calciatore aveva accettato, e aveva iniziato a convincersi man mano che aveva letto sul web le reazioni alle prime indiscrezioni riguardo il conduttore provvisorio: molte persone, infatti, avevano pensato proprio a lui come valido sostituto.

 

[Speriamo che sia Hyuga, è così carino!]

[Hyuga potrebbe mettere a tacere tutti in quello studio! Una parola, ed è finita!] 

[Con Hyuga alla conduzione, farete il 50% di share ogni serata!]

[Presenza, bellezza ed eleganza: con Hyuga non sbaglierete un colpo!]

[Ma ve lo immaginate Hyuga che si infuria con tanto di corsa verso il concorrente scemo? Secondo me gli sbatterà la cartellina in testa!] 

 

Il calciatore aveva deglutito nel leggere quelle reazioni, ma allo stesso tempo non voleva deludere i suoi fan. Tranne l'ultimo di quella lista di commenti: avrebbe fatto di tutto pur di non perdere la poca pazienza che di solito aveva. 

 

 

 

Nel corso della prima serata del programma che stava avvenendo in diretta nazionale, Kojiro avrebbe voluto sprofondare se avesse potuto farlo. Davanti a lui, il corpo di ballo - molto bravo nel suo mestiere - era fin troppo svestito per i suoi gusti: uomini a torso nudo e donne dai top e pantaloncini corti danzavano come se fossero stati parte di uno strano rituale che il calciatore stentava a capire. Seriamente... agli italiani piace questa roba? Ma come fanno a non vergognarsi: davanti a tutti, poi!

Subito dopo, era arrivato il suo turno. Dopo aver visto il segnale che gli avevano fatto dalle quinte, Kojiro aveva deglutito rumorosamente e iniziato a camminare verso il centro dello studio come se fosse stato un soldato mandato in una trincea circondata da mine pronte ad esplodere ad ogni passo falso: di corsa, cercando di non inciampare o cadere. Nonostante la sua rigidità fisica, la sua presentazione era andata talmente bene al punto da iniziare a pensare che il resto del programma sarebbe stato sopportabile, e che lui si sarebbe sciolto di più

Poi era arrivato il turno dei concorrenti. Divisi in due squadre, il gioco consisteva in tre gare che prevedevano agilità, astuzia e prontezza di riflessi, per poi concludersi nell'ultima che consisteva in una prova a tempo tra i due rappresentanti delle squadre che si trovavano sulle rispettive botole: il primo di loro che avrebbe dato la risposta errata sarebbe finito improvvisamente giù, atterrando su un morbido sistema di materassi. Ed era stata proprio nel corso di quell'ultima gara che Kojiro aveva fatto la sua prima figuraccia del programma: senza volerlo, ma nel leggere le successive reazioni aveva capito di averne fatta una bella grossa. 

L'ultima sfida tra i due rappresentanti stava procedendo senza esclusioni di colpi: entrambi erano ben preparati, e Kojiro stava girando intorno a loro rispondendo “Giusto!” ogni volta che dava un'occhiata alla cartellina che aveva in mano. Sembrava che quella sfida non avrebbe mai avuto termine, e d'altro canto il calciatore si stava divertendo al punto da sperare che non finisse mai; invece, ad un tratto, uno di loro aveva dato la risposta errata, decretando la fine di quel pacifico scontro e, di conseguenza, la conclusione del programma. 

«Ed è... sbagliata!» aveva esclamato Kojiro, appoggiando con fermezza - ma senza volerlo - il piede sulla botola che stava per aprirsi. Il perché lo avesse fatto, era rimasto un mistero insolvibile: fatto sta che oltre al concorrente anche Kojiro era finito giù nella botola, suscitando l'ilarità di tutti i presenti nello studio. Dopo un iniziale momento di rabbia per l'imprevisto accaduto, stranamente il calciatore si era calmato e aveva iniziato a sorridere nel rivolgere lo sguardo verso l'apertura della botola ancora aperta, mentre le sue orecchie stavano continuando a sentire il suono delle risate fragorose del pubblico in studio.

Con il suo gesto involontario, Kojiro era riuscito a portare felicità negli occhi di chi stava guardando il programma. 

 

[Hyuga, ti prego: già che ci sei, conduci il resto dell'edizione!]

[Sei stato grande! Come prima volta ci hai fatto ridere un sacco, soprattutto alla fine: bravo!]

[Nella prossima puntata fai anche qualche palleggio? Il corpo di ballo è diventato noioso!]

[Vedrai che il tuo video finirà su “Paperissima”! Ma noi ti vogliamo bene, è stato un grande successo!]

[Ieri sera è stato un record di ascolti: erano tutti incollati alla TV, dall'inizio alla fine!] 

Nel leggere quei commenti insieme a Maki, e nel rivedere il video incriminato del finale che aveva fatto il giro di tutta Italia, Kojiro stava pensando di aver dato un bel contributo a quel programma che all'inizio non gli sembrava degno di interesse. Però, non appena iniziarono ad arrivargli alcuni messaggi sul suo cellulare da parte degli amici di sempre, egli aveva subito capito che quel video non aveva fatto solo il giro dell'Italia... ma anche del mondo intero.

 

[Hyuga-san, mi hai sorpreso! Non mi aspettavo che fossi un comico nato!]

[No comment. Ho visto il video... e ti chiedo scusa se sono scoppiato a ridere, ma è la verità: sei stato grandioso, capitano!] 

[Da calciatore a conduttore televisivo: stai già pensando di cambiare lavoro?] 

 

No: Kojiro non aveva mai pensato di lasciare il mondo del calcio.

Non lo stava pensando nemmeno nel momento in cui, qualche tempo dopo, aveva rimesso al suo posto quel piccolo album di fotografie che gli aveva ricordato di quella breve esperienza trascorsa in uno studio televisivo.

Tutto sommato - pensò, chiudendo le porte dell'armadio con un forte scatto, - quando smetterò di essere un calciatore so già a cosa potrei dedicarmi. Un presentatore che cercherà di rivoluzionare in modo sincero e genuino il mondo della televisione... sperando di non fare altre figuracce: non ci tengo ad essere ricordato da mezza Italia come uno scemo!

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Oggi, per il prompt ruolo ho pensato al cambio di lavoro da parte di Kojiro: da calciatore... a presentatore/conduttore televisivo. E qui, trovandosi lui in Italia, secondo voi a quale programma potevo inviarlo? In famose trasmissioni di calcio come "Quelli che il calcio" o "90º minuto"? No, in una... leggermente diversa. (Perché dovevo fare la scema da qualche parte di questa raccolta, no? XD)

In questa storia mi sono inventata una trasmissione che non esiste ma che richiama qualcosa che di certo vi sarà venuto in mente: ad esempio il corpo di ballo "fin troppo svestito" è un chiaro riferimento a quello presente in "Ciao Darwin", mentre il gioco finale delle botole richiama quello di "Caduta libera". Insomma, ho fatto un mix di varie cose per rendere il programma qui raccontato uno di quelli divertenti e allo stesso tempo assurdi. ;D

Tornando alla storia, l'esperienza del presentatore è stata per Kojiro gratificante... beh, a parte l'incidente della botola. Su quella possiamo immaginare quanto nervoso avrà avuto il calciatore prima di calmarsi e sorridere. (Rispetto al mio, il Kojiro canonico avrebbe urlato al pubblico di smettere subito di ridere, però XDD)

Comunque, seriamente parlando, penso che quando Kojiro smetterà di essere un calciatore continuerà a svolgere una professione che lo tenga legato al suo mondo, come l'allenatore: per questo motivo, se dovesse davvero decidere di fare il presentatore, lo vedo molto nella conduzione di programmi di intrattenimento a tema sportivo, dato che in questa storia prende la decisione di rendere felici i suoi fan anche utilizzando la televisione, spesso veicolo di messaggi negativi, come strumento divertente e cristallino. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 22
*** Sentimento ***


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22 | Sentimento

 

 

Kojiro voltò le spalle all'armadio e si diresse verso il letto che era di fronte, sedendosi sul lato dove di solito dormiva. Quel letto era diventato il simbolo di un sentimento che era cresciuto nel corso degli anni, e che si era evoluto a poco a poco.

... nato da un colpo di fulmine?

Kojiro non aveva mai creduto ai colpi di fulmine. A cominciare dalle medie, quando aveva iniziato ad interagire con le manager della squadra di calcio dell'Accademia oppure a confrontarsi con le atlete delle altre discipline nelle quali la Toho eccelleva, Kojiro non aveva mai trovato una persona verso la quale provare sentimenti diversi da quelli che aveva nei confronti dei suoi più cari amici. Anzi, nessuna di quelle ragazze che aveva conosciuto in tre anni di medie inferiori e altrettanti di superiori lo aveva colpito al punto da dire a se stesso: «Ok, con questa voglio stare il più tempo possibile, anche a costo di dedicare meno tempo al calcio!»

Non gli era mai passato per la mente un pensiero del genere; per di più, quando in occasione di San Valentino aveva ricevuto cioccolata e altri dolci da parte delle sue ammiratrici, aveva sempre preferito donarli ai suoi compagni di squadra piuttosto che tenerli per sé. «Se li volete, prendeteli: a me non interessa,» aveva detto ogni volta con fare seccato, abbandonando le scatole che erano state confezionate con molta cura sul tavolino posto nella sala dove si riunivano i membri del club di calcio.

Apparentemente, nel suo cuore il posto più importante era occupato solo dalla sua famiglia e dal grande affetto che provava per il calcio; non c’era posto per un’altra persona che potesse distogliere la sua attenzione da ciò che amava di più al mondo, perché i suoi sentimenti erano tutti rivolti a quel pallone con il quale si esercitava ogni giorno e che lo aveva portato ad incontrare compagni meravigliosi con i quali condividere un grande sogno, difficile ma non impossibile da realizzare.

 

Con una sola frase, Maki era riuscita a smontare tutte le sue certezze in materia di sentimenti.

Era stato un colpo di fulmine? Kojiro era certo di no: per quella ragazza con la passione per il softball all’inizio aveva provato un profondo e sincero affetto, ma non poteva ancora sapere se fosse stato amore o meno; sapeva che, però, la presenza di quella ragazza era l’unica che lo facesse sentire più sollevato nei momenti di difficoltà e fonte di aiuto in quelli nei quali non riusciva a risolvere un problema.

Caso strano, dato che si trattava di una donna e il rapporto con una persona estranea alla sua famiglia non era una delle priorità che Kojiro aveva messo in conto quando aveva pensato di diventare un giocatore professionista. Intorno a lui vedeva calciatori felicemente fidanzati o sposati, o che erano stati al centro di diversi scandali per via della loro condotta libertina - come se in entrambi i casi l’avere al proprio fianco una compagna fosse stata per loro un’altra priorità accanto a quella del calcio; invece a lui non importava. D’altronde, nel gruppo del quale faceva parte, Kojiro non era l’unico ad essere senza una fidanzata, quindi per lui era normale non iniziare a guardarsi intorno con la necessità di trovare qualcuno che restasse al suo fianco e che lo sostenesse nel bene e nel male.

Se ci pensava bene, Kojiro avrebbe potuto iniziare a credere che Maki fosse entrata nella sua mente quasi in modo subdolo. Lui, che era sempre circondato da ammiratrici ovunque egli andasse, quasi dal poter ammettere di fare concorrenza con Jun Misugi... proprio lui di certo non si aspettava che una ragazza avesse iniziato ad interagire con lui in modo del tutto normale, come se più che innamorati fossero stati amici di vecchia data. All’inizio, persino sull’eventualità di un appuntamento tra loro, Maki ne aveva parlato come se stesse scherzando, come se il loro nascente rapporto fosse stato più un gioco che una cosa seria.

«Se vinco, uscirai con me!»

Altrettante volte lei era arrivata addirittura ad assomigliare a sua madre, specialmente quando gli diceva: «Non devi esagerare! La cola non è una bevanda per sportivi, contiene troppi zuccheri e caffeina!» per poi rubargli di mano la sua bibita preferita e berne qualche sorso, piuttosto che rovesciare il contenuto per terra come aveva fatto la prima volta che si erano incontrati.

Fin dall’inizio, quella ragazza gli aveva riservato tante sorprese... e aveva iniziato a stargli simpatica. Spesso, per come si comportava, era come se Kojiro stesse parlando a se stesso, o alla sua coscienza a seconda dei casi: fatto sta che con il trascorrere del tempo aveva iniziato a capire che con lei stava iniziando a nascere qualcosa di più di una semplice amicizia.

Amore?

Kojiro ne aveva avuto la certezza solo qualche anno dopo, ma il fatto di aver iniziato ad approcciarsi con una ragazza come se fosse stata suo pari - quasi come una sorella - era qualcosa che aveva iniziato a portare nella sua vita un profondo cambiamento. Qualcosa che, da quel loro primo incontro in poi, aveva suscitato in lui qualcosa di diverso e che aveva rivoluzionato il suo modo di vedere il futuro che lo attendeva.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

E con questa storia torniamo agli argomenti più seri. Il prompt di oggi è sentimento, e quale momento migliore per approfondire l'argomento se non questo, dove Kojiro pensa a ciò che prova per Maki?

Come avete letto, anche in questo caso c'è stato un fondamentale cambiamento: oltre alla già citata - in qualche testo fa - considerazione che Kojiro aveva verso le ragazze, qui il focus è sull'evoluzione dei sentimenti verso una ragazza che ha incontrato per caso, ma che fin da subito è stata in grado di entrare dentro il suo cuore. E sul resto non è storia nuova, perciò mi fermo qui. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 23
*** Abitudine ***


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23 | Abitudine

 

 

Con Maki al suo fianco, erano cambiate anche alcune abitudini di Kojiro. Sebbene in passato si fosse già abituato a condividere una stanza o anche un’intera casa con alcuni dei suoi compagni di squadra, il farlo con una persona con la quale arrivare davvero a condividere tutto - come era accaduto per la sua famiglia - era un’altra cosa. Non si trattava più solo di cenare insieme o di dividersi per i turni del bagno o per le pulizie: era proprio l’essere pronti a stare insieme in qualsiasi occasione, a cominciare dall’alba fino al tramonto e anche per tutta la notte. Soprattutto quest'ultimo punto, considerando che per Kojiro la condivisione del letto era una cosa del tutto nuova.

Dormire nello stesso letto di un’altra persona, infatti, aveva portato una grande rivoluzione nella vita del calciatore. Non era il fatto che non gli piacesse l’idea di stare al fianco della persona amata anche di notte, anzi: era qualcosa che gli ricordava di quando era bambino e spesso finiva per addormentarsi con la madre seduta al suo fianco che gli stringeva la mano nei momenti nei quali si era spaventato per via di un brutto sogno. Il dormire insieme ad una persona alla quale voleva molto bene era qualcosa che a Kojiro ricordava del grande affetto che aveva avuto da parte dei suoi genitori, e anche per questo gli dava calma e sicurezza... e viceversa, dato che spesso era proprio lui che riusciva a dare alla sua compagna quel senso di serenità e di fiducia delle quali entrambi avevano sempre bisogno.

La novità, invece, consisteva nel dividere fisicamente quel largo letto a due piazze: una cosa alla quale Kojiro non era proprio abituato. Fin da bambino, nell’unica stanza che aveva condiviso con i suoi fratelli i letti erano ben distinti e separati, ed era lo stesso anche quando egli si era trasferito nel dormitorio dell’Accademia Toho. Per non parlare di quando era arrivato in Italia: in qualunque appartamento si fosse trovato, Kojiro aveva avuto sempre il suo posto per dormire, anche se a volte aveva finito per condividere la stessa stanza.

Con Maki la situazione era decisamente cambiata. La prima notte sembrava procedere in modo tranquillo; tuttavia il giorno dopo il calciatore aveva fatto una strana scoperta nel momento in cui, sceso dal letto, aveva trovato la sua compagna appisolata sul divano con tanto di coperta che l’avvolgeva per non sentire freddo.

Non capendo il perché Maki si fosse trovata lì e non al suo fianco, le aveva subito chiesto il motivo.

 

«Possibile che non ti ricordi?»

«... no. Dopo che ci siamo addormentati non ricordo: è successo altro mentre dormivo?»

«Va bene, allora ti rinfresco subito la memoria. Hai rischiato di buttarmi giù dal letto con un calcio: fortuna che me ne sono accorta in tempo e non mi sono fatta male, altrimenti a quest’ora non mi avresti trovato qui...»

«Scu... scusami. Non sapevo che... insomma: non sono abituato a dormire da solo, da questa notte cercherò di stare attento...»

«Stai tranquillo: è normale se non hai mai dormito nello stesso letto di un’altra persona. Vedrai: ti abituerai in fretta!»

 

Kojiro non aveva mai pensato di muoversi molto durante il sonno, e per la notte successiva aveva deciso di fare come aveva detto a Maki: stare attento a qualsiasi movimento. Tuttavia si era spinto a tal punto di non chiudere occhio per tutta la notte, e il mattino seguente i risultati erano ben visibili: gli occhi gonfi per il sonno mancato e lui che stava per addormentarsi già nel bel mezzo della colazione.

Dalla terza notte la situazione aveva iniziato a cambiare e così, a poco a poco, a stabilizzarsi. Ogni volta che pensava al come fosse accaduta una cosa del genere Kojiro non riusciva mai a spiegarsi il perché, ma l’abituarsi a dormire al fianco di Maki lo aveva aiutato a non compiere più quei bruschi e improvvisi movimenti che erano stati la causa di quel “piccolo incidente” con la sua compagna. Conscio del suo problema, nei primi tempi spesso si riposava a debita distanza da lei, ma poi la ritrovava tra le sue braccia quando si svegliava: la prima volta che era successo il calciatore era rimasto piuttosto sorpreso perché non si era ricordato di averla stretta a sé prima di addormentarsi.

A poco a poco Kojiro era riuscito ad abituarsi a quella nuova normalità che non aveva sperimentato prima e che aveva iniziato a piacergli, senza mai più abbandonarla.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Prompt abitudine. Con questo ciclo di storie, pensieri e riflessioni ho già fatto accenno a qualche abitudine del nostro Kojiro... ma oggi volevo raccontarvi qualcosa di diverso: il condividere un letto con la persona amata. Quante volte qualcuno di voi si è trovato con una mano in faccia, completamente scoperto o ben altro, solo perché chi dorme al tuo fianco non si è accorto di ciò che ha fatto? Penso che sia successo a tutti: è difficile trovare qualcuno completamente immobile come una statua a letto! (E qui ho risparmiato a Kojiro un grande classico, il russare... ;D)

Tornando al tema principale del Writober, oggi il cambiamento consiste nel condividere un intero letto. Ognuno di noi ha sempre dormito in un letto da solo, anche se ha condiviso la stanza con altri inquilini, e per questo il passaggio da un letto singolo a quello matrimoniale può risultare in una forma di cambiamento d'abitudini: nel nostro letto possiamo fare quello che ci pare e non accorgercene, ma cosa accade se facessimo le stesse cose in un letto condiviso con la persona amata? Nel caso di Kojiro, il nostro protagonista ha rischiato di scaraventare giù dal letto la povera Maki con un calcio (che, per quanto forse possa essere irrealistico nel mondo reale, in quello di CT possiamo immaginare che il nostro calciatore fosse stato nel bel mezzo di un sogno a tema calcistico... perciò, immaginate anche solo per un istante la potenza di quel calcio. Non lo auguro a nessuno :3)

Per fortuna la storia finisce bene: dopo qualche notte - e altri movimenti che a questo giro vi ho risparmiato - Kojiro finisce per abituarsi alla presenza di Maki senza più rischiare di farle del male. Così, entrambi dormono felici e abbracciati, senza più staccarsi l'uno dall'altra. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 24
*** Occhiali ***


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24 | Occhiali

 

 

Kojiro aprì il cassetto del comodino che si trovava di fianco a lui, e da esso prese una custodia che conteneva un paio di occhiali da vista. Nell’aprirla, il calciatore si ricordò di quell’unica volta in cui aveva dovuto indossare quell’oggetto che poi aveva riposto in quel cassetto come se fosse stato un tesoro inviolabile, lontano da sguardi indiscreti.

Qualche anno prima, durante una visita di controllo gli era stato riscontrato un leggero peggioramento della vista, così il medico gli aveva consigliato di indossare un paio di occhiali per tutta la giornata, e di utilizzare le lenti a contatto solo quando era sul campo. Non essendo abituato all'idea di avere i propri occhi protetti da un paio di vetri lucidi, la prima volta che si era recato dall'ottico, per trovare il genere di occhiali che gli stessero meglio, Kojiro si era visto strano di fronte allo specchio che gli era stato dato. Qualsiasi paio indossava, era come se di fronte a lui quel Kojiro calciatore fosse svanito nel nulla, lasciando spazio ad un Kojiro avvocato, ingegnere... perfino professore

In effetti, quale calciatore porta gli occhiali sul campo da calcio?

L’indossare una montatura con lenti da vista era stato per lui un cambiamento non indifferente. Anche se alla fine era riuscito a trovare un paio di occhiali che lo facessero sentire meno a disagio e che ricordavano quelli da sole che portava sempre con sé, ogni volta che li indossava quella sensazione di stranezza che aveva percepito dall’ottico riemergeva con la stessa forza di un uragano; per fortuna che il medico gli aveva detto che la sua sarebbe stata una situazione momentanea, e che la sua vista sarebbe potuta tornare quella di un tempo solo se avesse seguito i suoi consigli.

Per questo motivo, Kojiro aveva fin da subito lottato contro il se stesso interiore cercando di non permettergli che imponesse le proprie idee impulsive su di lui, che comprendevano l’abbandonare sul comodino quel paio di occhiali anche quando era in casa o in giro con gli amici e compagni di squadra. Non era mai stata un’impresa facile... ma ogni volta il calciatore era riuscito a spuntarla sulla sua stessa testardaggine.

 

«Cosa c'è?»

La prima volta che Kojiro era entrato in casa con quel paio di occhiali fermi sul suo naso, Maki aveva cercato di trattenere le risate, le stesse che si stavano palesando sotto forma di una piccola smorfia divertita sulle labbra.

«Non mi stai trovando ridicolo... spero,» aveva aggiunto il calciatore, paonazzo in volto. Sapeva molto bene che anche per la sua compagna quella degli occhiali era una novità, che nel suo caso sembrava divertirla molto. 

La risposta che Maki gli aveva dato era stata cristallina. «Certo che no! Però è strano...»

«Come “è strano”?»

«Quegli occhiali... non so spiegartelo bene, ma ti danno un'aria più... più da “uomo vissuto”. Sei sempre tu... ma sembri diverso

L'impressione di Maki era stata corretta: con quegli occhiali c’era qualcosa di diverso in lui. Nel guardarla dritto negli occhi, Kojiro aveva iniziato a pensare che quegli occhiali lo stessero trasformando anche nell’anima: sembrava essere diventato più sereno. Non che non lo fosse in presenza della sua compagna, ma aveva sentito che intorno a loro l’atmosfera fosse diventata più tranquilla e silenziosa, come se fossero stati nel cuore di una biblioteca e non in una dimora residenziale.

«Che sciocca, sono sempre io...» aveva detto, prendendole la mano con dolcezza. «Comunque è una situazione temporanea: non illuderti, perché non durerà per sempre!»



Il calciatore afferrò gli occhiali dalla custodia che subito ripose nel cassetto, sorridendo di gusto nel ricordarsi dell’ultima volta che li aveva indossati. Ritornare al Kojiro di sempre, quello senza occhiali, in un primo momento gli era sembrato un cambiamento altrettanto strano: si era abituato a tal punto che, quando il medico gli aveva comunicato che il problema della sua vista si era risolto, lui aveva stentato a crederci.

Lo stesso aveva fatto anche Maki, che in un primo momento aveva reagito con divertimento ma con una punta di tristezza. «Di già? Che peccato, stava iniziando a piacermi l’idea di avere al fianco un Kojiro con gli occhiali... in fondo non stavi male, anzi!»

Così Kojiro aveva preso una decisione. Con una delicatezza insolita aveva rimosso le lenti per riporle in un sacchetto a parte che aveva conservato nel cassetto al fianco della custodia, mentre aveva lasciato quel paio di occhiali - memento di un felice periodo della sua vita che aveva messo più in luce quella parte di sé stoica, come se fosse stato non una tigre ma un leone che si stava riposando - in quel cassetto dove conservava tutto ciò che per lui era importante, per indossarlo di tanto in tanto quando gli andava di farlo.

Come stava per accadere in quel momento, anni dopo.

Kojiro si sistemò sul naso gli occhiali che aveva preso. Richiuse il cassetto, si alzò dal letto dopo aver afferrato il sacchetto di stoffa che avrebbe lasciato nel bagno, si guardò allo specchio che gli era dinanzi con un sorriso raggiante, e si diresse verso il soggiorno.

Verso il suo posto preferito.

 

Chissà cosa dirà questa volta quando si sveglierà...

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Il prompt di oggi non lascia spazio a dubbi: occhiali.

Kojiro non ha mai portato un paio di occhiali, tranne quelli da sole; dunque per questa parte ho pensato ad un piccolo "cambiamento" con quelli da vista. Nulla di speciale, a dire il vero: voi riuscite ad immaginare un Kojiro con un paio di occhiali dalle lenti trasparenti? Secondo me starebbe bene, anche se devo dargli ragione nell'affermare che non si è mai visto un calciatore con gli occhiali da vista sul campo - beh: tranne quei pochi che abbiamo visto in CT, primo tra tutti Manabu Okawa della Nankatsu... :3

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 25
*** Posto preferito ***


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25 | Posto preferito

 

 

Per buona parte della sua vita, Kojiro non aveva avuto un luogo fisico che considerava come preferito in assoluto. Da bambino il suo posto preferito era il retro della sua casa: là, da solo, si divertiva a calciare il pallone, esercitandosi senza che qualcuno lo avesse mai rimproverato per il suo modo di fare. Per Kojiro il calcio era sempre stato grande forza e predominio sull'avversario, e lui aspirava ad essere sempre più forte, in quel piccolo mondo lontano da tutti dove allo stesso tempo era vicino alla sua amata famiglia.

Crescendo, ovunque egli andasse, sentiva che il suo posto preferito era accanto a tutte quelle persone con le quali condivideva un rapporto di profondo affetto e stima: era la sua piccola e semplice dimora, luogo dell’infanzia dove giocava con i suoi fratelli e correva verso la madre per darle un abbraccio di conforto; era la scuola, luogo dell'inizio del suo cammino nel mondo del calcio con gli amici più intimi e compagni fidati; erano tutti i campi da calcio che i suoi occhi avevano visto, luoghi di continui confronti con persone che da sconosciuti sono diventati rivali e poi amici.

Man mano che muoveva i passi in quel mondo sterminato, Kojiro aveva iniziato a capire che lo stesso concetto di “posto preferito” non indicava più un luogo fisico. Il calciatore aveva iniziato ad allontanarsi dai suoi esistenti posti preferiti, per scoprire che il vero posto preferito poteva avere carattere di mobilità, poteva arrivare a viaggiare con lui e seguirlo ovunque; così, i suoi posti preferiti erano diventati la famiglia, gli amici, i compagni di squadra e la sua ragazza, persone che erano diventate i luoghi dove poter rifugiarsi nei momenti di bisogno e dove poter sentirsi sempre “a casa”, dove stare bene e vivere un profondo momento di serenità prima di gettarsi a capofitto nella vita quotidiana fatta di intensi allenamenti e difficili partite.

Ora eccolo lì, il suo posto preferito in assoluto, che placidamente stava riposando davanti ai suoi occhi. Un luogo che racchiudeva in sé aspirazioni e speranze, coraggio e forza, confidenza e tranquillità: elementi che Kojiro aveva trovato in tutte quelle persone alle quali si era legato e aveva riposto fiducia, a cominciare dalla sua famiglia per arrivare all'ultima - ma non per importanza - che era proprio il simbolo di quel luogo. Una donna, una giovane come lui, con la quale Kojiro era arrivato a condividere ogni cosa, e accanto la quale voleva restare sempre, ogni giorno, anche quando non gli andava di farlo. Una semplice donna, che per lui era diventata così importante al punto di non riuscire più a fare a meno della sua presenza, in qualsiasi momento della sua vita; una persona che nel giro di poco tempo aveva creato con lui un'altra famiglia, che stava iniziando a ricordargli quella che aveva lasciato in Giappone ma che, in realtà, non aveva mai smesso di seguirlo.

Kojiro sorrise e raggiunse il suo posto preferito, sedendosi nuovamente accanto a Maki. Nell’accarezzarle con dolcezza i capelli, il calciatore pensò che non sarebbe stato male godere ancora per un po' di quel momento di pace prima del risveglio della sua compagna.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Anche oggi poche spiegazioni. Il concetto di "posto preferito" non è solo un luogo fisico ma può essere anche rappresentato da una persona, come avviene per il concetto di "famiglia" e di "casa"; per questo motivo anche la persona che amiamo di più al mondo può essere per noi "posto preferito", perché è una persona con la quale noi stiamo bene a prescindere dal luogo fisico nel quale ci troviamo.

Inutile dire (dato che dopo ben venticinque giorni sembra essere ormai chiaro XD) che ora per Kojiro il suo "posto preferito" è Maki, anche se da bambino ha avuto un luogo fisico che amava più di tutti, cioè quel piccolo angolo della sua casa dove si divertiva a giocare con il suo pallone. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 26
*** Famiglia ***


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26 | Famiglia

 

 

Per Kojiro, la famiglia era sempre stata essenziale: fin dalla nascita gli era stata al suo fianco, accompagnandolo per tutta la sua vita negli eventi più importanti, che fossero stati gioiosi o dolorosi. La famiglia era sempre stata presente in qualunque momento, lo aveva sempre sostenuto nelle sue scelte e consigliato nei momenti di difficoltà: anche quando era lontano da loro, Kojiro aveva sempre sentito accanto a sé la presenza della madre e dei fratelli, che continuavano a seguirlo anche se fisicamente non erano presenti. La sua famiglia era al centro del suo mondo, facendosi sentire come essenziale per lui, qualcosa della quale non avrebbe mai potuto fare a meno nemmeno in quei momenti nei quali preferiva stare da solo.

Per anni il calciatore aveva pensato che il concetto di famiglia ruotasse solo intorno ai suoi cari, a sua madre e ai suoi fratelli, e che nessun altro sarebbe rientrato in tale significato. Tuttavia aveva iniziato a ricredersi a partire dalle medie superiori, quando il concetto di condivisione e senso di responsabilità erano diventati troppo grandi per essere circoscritti solo a quattro persone con le quali condivideva un legame di sangue e un profondo affetto: in quei tre anni di scuola la famiglia di Kojiro si era allargata ad altre persone, fondamentali per il suo intero esistere e sulle quali poter sempre contare. Ken, Takeshi, Kazuki e gli altri del club di calcio della Toho, ma non solo: man mano che proseguiva il suo cammino della vita, la sua famiglia era diventata l'intera Nazionale che egli era orgoglioso di rappresentare e, una volta giunto in Italia, i nuovi compagni delle due squadre delle quali aveva fatto parte con il rispettivo staff. Mazzantini, Gozza, così come tanti altri: persone che erano entrate nella sua vita per breve o lungo tempo, ma che erano rimaste impresse nel suo cuore per un motivo o un altro; persone che, come lui, amavano il calcio e avrebbero fatto qualunque cosa verso questo sport. 

In tutto questo, Kojiro non sapeva ancora che presto anche il concetto stesso di famiglia avrebbe cambiato forma e significato. Non aveva mai immaginato che un giorno egli stesso sarebbe stato in grado di generare una nuova famiglia, con una persona simile a lui ma allo stesso tempo diversa, nello spirito dei primordi della vita sulla Terra: Kojiro e Maki erano stati i creatori di un nuovo universo, contenitore di ciò che avevano fatto tesoro nel corso delle loro esperienze di vita e dal quale tutto poteva avere di nuovo inizio.

Per Kojiro la famiglia era diventata una nuova dimensione della sua esistenza, dove poter manifestare il suo credo per raggiungere i sogni, restando sempre al fianco di quella persona che amava più di ogni altra cosa al mondo. Per lui, la famiglia era stata il principio della sua vita e sarebbe stata la fine della stessa: un luogo dove il passato, il presente e il futuro si mescolavano tra loro fino a fondersi, ma senza mai cessare di esistere. 

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Oggi un altro tema sul quale siamo tornati più volte nel corso di questa raccolta, quello della famiglia. E, dato che ne ho già parlato in più occasioni nel corso di questi ventisei giorni di Writober, qui mi sono limitata a sottolineare il cambiamento del concetto di famiglia per Kojiro.

Chi mi segue da tempo sa già come la penso su questo concetto. In fanfiction come Casa (giusto per restare in questo fandom) o Qami (ho preso due storie a caso, ma la lista è molto lunga XD) ho sottolineato oppure fatto accenno al tema della famiglia che può essere non solo quella di sangue ma anche costituita da quelle persone che ti fanno sentire come "a casa", cioè come se fossero da sempre parte di una famiglia vera e propria perché legate a te da un profondo sentimento affettivo. Il cambiamento per Kojiro, dunque, sta nel passare dal considerare "famiglia" il proprio nucleo familiare - genitori e fratelli - fino ad allargarsi ad amici e conoscenti, viaggiando di pari passo con il concetto di "amicizia"; il culmine di tale cambiamento sarà nella "nuova famiglia" che Kojiro istituirà con Maki, famiglia nella quale tutto ha di nuovo inizio e che in tal senso ricorda le origini del protagonista...

Penso che quello della "famiglia" visto in questo modo sia un concetto meraviglioso. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 27
*** Sogni ***


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27 | Sogni

 

 

La famiglia era sempre stata il punto di partenza dal quale Kojiro aveva iniziato a camminare verso il raggiungimento dei propri sogni.

Fin da quando era bambino, l’unico sogno di Kojiro era quello di diventare un calciatore forte e invincibile che niente e nessuno avrebbe ostacolato: come una tigre che si avventava sulla preda e la lacerava con le sue affilate zanne, così si muoveva tra gli avversari utilizzando il pallone come un’arma per abbattere gli ostacoli che gli si paravano davanti. A poco a poco Kojiro aveva conosciuto e fatto suo un significato diverso del giocare a calcio, visto non più solo come una sfida di forza tra lui e gli altri giocatori ma come espressione di quel lavoro di squadra dove lui continuava ad essere l'elemento essenziale sul quale il gruppo poteva contare per una sicura vittoria; non solo, in questo nuovo significato Kojiro aveva imparato a contare sull’aiuto degli altri, comprendendo che sarebbe riuscito a raggiungere i suoi obiettivi solo con l’unione di tutti, solo se si fosse fidato ciecamente di chi gli stava accanto. 

Col passare degli anni, il suo più grande sogno si stava colorando di brillanti dettagli che lo rendevano più interessante e appetibile ai suoi occhi: il confronto con altri giocatori, con altre realtà; il restare insieme ai suoi compagni di squadra e arrivare ad affidare ogni cosa nelle loro mani; l'incontrare persone che avevano molta esperienza e saggezza per poter consigliargli il meglio per la sua carriera calcistica. Tutto ciò aveva contribuito alla maturità di Kojiro, sia fisica che intellettuale: lo avevano reso più forte, più consapevole delle sue capacità, più umile e più sereno, anche se in lui erano ancora ben forti quei tratti di tenacia e aggressività che lo caratterizzavano.

Il continuare ad inseguire il suo sogno aveva affilato le zanne della tigre che egli rappresentava, senza fargli perdere la fiducia in se stesso e quella che man mano stava riponendo negli altri.

 

Col passare del tempo, Kojiro aveva iniziato ad affiancare altri sogni a quello di diventare un ottimo calciatore: il sogno di vedere la madre con i fratelli vivere in una casa di loro proprietà e di poter ricostruire la tomba di famiglia; il sogno di condividere con gli altri l’obiettivo di portare la squadra di calcio del Giappone sulla vetta del mondo; il sogno di poter trascorrere una vita totalmente dedicata al calcio, senza più pensieri o preoccupazioni per il futuro.

A tutto questo, presto si era aggiunto un altro sogno: era piuttosto piccolo e modesto, senza alcune pretese o ostacoli per quel futuro che Kojiro stava costruendo con le proprie mani; un sogno che aveva finito per arricchire la vita del calciatore e che, come tutti i suoi sogni, era riuscito a trasformare in realtà. Quel sogno di poter stare per sempre con la persona amata era quasi allo stesso livello di importanza di quello dell’essere un bravo calciatore, ed egli era felice di averlo realizzato.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Sogni.

Sappiamo tutti che il più grande sogno di Kojiro è quello di diventare un grande calciatore (pensiero, tra l'altro, che ho ripreso più volte nel corso di questa raccolta), ma di certo il nostro protagonista avrà altri sogni da realizzare. Lo stesso sogno di diventare calciatore cambia nel corso del tempo, grazie alle persone che Kojiro incontra lungo il suo cammino e che gli fanno capire tutti quei concetti dei quali abbiamo già parlato; al fianco di tale sogno ho pensato che se ne possano aggiungere altri direttamente intrecciati ad esso, e altrettanti indirettamente collegati come nel caso della dimora della famiglia o - l'ultimo, ma non per importanza - quello di poter restare con la persona amata per il resto delle loro vite.

Tutti sogni piccoli o grandi, facili o difficili da realizzare, ma accomunati da un unico personaggio mosso da una grande volontà e determinazione. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 28
*** Treno ***


Fanfiction

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28 | Treno

 

 

Realizzare quel sogno non era stato molto semplice, complice la distanza che separava Kojiro da Maki.

All’inizio era una distanza piuttosto ragionevole, perché si trovavano entrambi in Giappone: bastava un aereo, un luogo dove incontrarsi e che non pesasse molto sull’altro, e tutto sarebbe andato bene. In quel progetto, il treno era il mezzo ideale: grazie ad esso si poteva raggiungere ogni angolo del Giappone, in pochi minuti nel caso di viaggi più brevi e riuscendo a rilassarsi in quelli più lunghi. Nessun ritardo e molta serenità: anche se il vagone fosse stato affollato, si riusciva sempre a viaggiare tranquilli e senza alcun problema.

Quando Kojiro si era trasferito in Italia, la distanza con Maki era decisamente aumentata. Il treno non bastava più, e l’aereo era diventato l’unico mezzo con il quale spostarsi da un continente ad un altro; il viaggio durava circa un giorno e la differenza di fuso orario gravava ad ogni arrivo, ma Kojiro iniziava a sentire sempre meno la stanchezza una volta che aveva preso l’abitudine a spostarsi dall’Italia in Giappone, e viceversa.

La distanza tra i due giovani iniziò a ridursi con l’arrivo di Maki in Italia. Entrambi per incontrarsi non avevano più bisogno di un volo intercontinentale - decisamente più costoso - ma sarebbe bastato un semplice treno, come quello che i due avevano sempre visto e utilizzato nella loro terra natia.

Abituato com’era al sistema dei trasporti in Giappone, Kojiro in particolare non aveva mai pensato che il treno italiano fosse diverso da quello giapponese: anche se aveva raccolto informazioni - capendo così che in Italia un ritardo di quel mezzo pubblico era una cosa del tutto ordinaria, impensabile invece nel lontano Giappone - i collegamenti tra una regione e un’altra non sembravano essere estremamente complessi. La prima volta che aveva preso un treno, sulla linea Torino-Milano, il viaggio era stato un successo: partito con puntualità, arrivato con qualche minuto di ritardo, e il percorrere quel tragitto in prima classe era stata nel complesso un’esperienza molto tranquilla.

Kojiro aveva iniziato a ricredersi quando aveva iniziato a frequentare tratte che si sviluppavano a livello regionale e locale: lì aveva toccato con le proprie mani la prima esperienza dei treni italiani che Maki aveva fatto, quando aveva provato a raggiungerlo a Reggio Emilia da Milano ma era arrivata in ritardo a causa di un incidente. Nel caso del calciatore era andata anche peggio: tre ore di ritardo la prima volta per un guasto tecnico del treno, due ore la seconda per il viaggiare su un unico binario non adatto a treni ad alta velocità; senza contare una volta che si era seduto di fronte ad un tizio che aveva il raffreddore e continuava a soffiarsi il naso con grande rumore e utilizzando un solo fazzoletto di stoffa, mentre la volta successiva era stato costretto a scendere dal treno per un cambio forzato dovuto ad un ennesimo guasto di linea.

Tutto questo insieme di esperienze avevano convinto il calciatore a utilizzare il meno possibile il treno per incontrare Maki, e colse subito al volo l’occasione di acquistare una piccola automobile, riuscendo a prendere la patente per guidarla con l’assoluta libertà di movimento e senza più problemi di ritardo. E, per sua fortuna, la distanza con Maki si era accorciata ancora di più fino ad azzerarsi dal giorno in cui entrambi avevano deciso di vivere in un’unica casa, complice il fatto che si erano ritrovati nella stessa città per via della loro professione sportiva.

Da quel momento, il treno non era stato più il mezzo ordinario attraverso il quale riuscivano ad incontrarsi ma un mezzo speciale che i due utilizzavano solo in particolari occasioni della loro vita, dove né il ritardo né qualsiasi guasto avrebbero compromesso il tempo che avrebbero dovuto trascorrere insieme.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Qualche noticina tecnica prima di proseguire: un volo diretto Italia-Giappone dura circa dodici ore (perciò in realtà metà giornata) però per il cambio di fuso orario la notte arriva in fretta; può subentrare poi il cosiddetto jet lag, che si manifesta facilmente quando si affrontano viaggi intercontinentali come nel nostro caso - per cui la stanchezza accennata qui.

Tutti quanti conosciamo il sistema dei trasporti ferroviari in Giappone. In generale i treni giapponesi sono rinomati per l'alta velocità, il fatto che ci si possa rilassare senza timore di furti e la loro estrema puntualità... un po' l'opposto di ciò che avviene qui (purtroppo per noi): ciascuno di noi sarà salito su un treno che almeno una volta avrà fatto ritardo per via di qualunque problema, per esempio. Inoltre, in questa storia ho fatto accenno a quella che per un giapponese come Kojiro risulta una pessima abitudine: soffiarsi più volte il naso con lo stesso fazzoletto. Potete immaginare come si sia sentito a disagio il povero Kojiro... ^^"

Tornando alle questioni più serie, nel capitolo 147 del Road to 2002 Maki si trova in Italia e decide di salire su un treno per raggiungere Kojiro che nel frattempo sta disputando una partita. Il treno si ferma a causa di un incidente e possiamo immaginare che il ritardo sia stato molto, considerato il fatto che la povera ragazza arriverà allo stadio solo quando ormai la partita si è conclusa da un bel pezzo... ad ogni modo, mi riferisco proprio a questo episodio quando ho scritto che Kojiro si era ricordato della prima esperienza di Maki con i treni - e, giusto per non far mancare nulla in questa raccolta, a Kojiro gliene faccio vivere anche di peggio. Povero personaggio: mi sto prendendo così tanta confidenza con lui al punto di trattarlo un po' male, LOL!

Il "cambiamento", dunque, non è solo fisico ma soprattutto di diverse esperienze che si sperimentano tra una nazione e un'altra: anche i mezzi pubblici variano in ogni angolo del mondo... ;D

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 29
*** Relazione ***


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29 | Relazione

 

 

Dal giorno in cui si erano trasferiti in quella casa, Kojiro e Maki avevano iniziato un’inedita fase della loro relazione nata qualche anno prima. Un percorso intrapreso per caso, quasi come gioco e senza molti pensieri per il futuro che avrebbe atteso loro, che a poco a poco si era rafforzato fino a non riuscire a farne a meno. Quella casa era stata il culmine della loro relazione, il punto più alto della vetta che la coppia aveva scalato; una relazione che, da quel momento in poi, si sarebbe trasformata in un altro inizio, un nuovo punto di partenza dal quale intraprendere un cammino che avrebbe rafforzato il loro stare insieme.

Per Kojiro, il legame con Maki era subito rientrato nella mappa delle relazioni che non avrebbe mai concluso per niente al mondo: era una relazione che gli portava benessere e serenità, che lo risollevava nei momenti di sconforto e lo aiutava in quelli di difficoltà. Fin dall’inizio quella relazione era diversa dalle altre che il calciatore aveva in atto, avendo quel carattere speciale che nei primi tempi Kojiro non riusciva a capire: sembrava essere diverso dall’amicizia, che lo legava a quel piccolo gruppo di persone sulle quali aveva riposto la massima fiducia e reciprocità; sembrava altrettanto essere diverso dalla famiglia, che lo aveva allevato e cresciuto con molto affetto e riusciva a comprendere i suoi sentimenti ancor prima che li manifestasse.

Kojiro aveva subito capito che nella relazione con Maki c’era qualcosa che la contraddistingueva da tutte le altre. Era qualcosa che mescolava il tratto della famiglia con quello dell’amicizia, che lo accoglieva in un luogo dove lui si sentiva protetto e amato, dove lui poteva sfogarsi e sentirsi compreso; era come se stesse interagendo con se stesso, di fronte ad uno specchio che rifletteva la sua immagine. Ecco, specchio era il termine adatto per descrivere il modo in cui ogni volta Kojiro si approcciava a Maki: un’immagine riflessa specularmente, in grado di scavare nelle profondità della sua anima per poi restituire davanti ai suoi occhi ciò che aveva trovato. Desideri e incertezze, esperienze e emozioni: tutto questo si trovava sempre lì, di fronte a lui, in una sorta di riflesso speculare che non restituiva a lui un’immagine fedele del suo essere ma, attraverso la presenza di quella donna, attraverso lei, gli faceva comprendere ciò che egli era nel profondo.

Né con la sua famiglia, né con i suoi amici Kojiro aveva provato una sensazione del genere e spesso si chiedeva come era possibile tutto questo. Eppure ciò non gli aveva mai recato fastidio, tutt’altro: era qualcosa che era entrato nella sua vita in punta di piedi, e che a poco a poco aveva iniziato a viaggiare al suo fianco senza intralciare il suo percorso. Una relazione che gli aveva fatto dono di qualcosa di straordinario, dai tratti positivi e rigeneranti che presto avevano trasformato la sua vita, arricchendola di altra gioia e serenità che sapevano di casa, di quella famiglia e di quella rete di amicizie che il calciatore aveva imparato a creare.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Arrivati quasi al traguardo di questo Writober, stiamo per tirare le somme di questo viaggio introspettivo. Oggi il prompt ci riporta, ancora una volta, a riflettere sul rapporto che Kojiro ha con Maki - del quale ho già parlato più volte nel corso di questo mese, in modo particolare nella parte "Sentimento".

La relazione che il calciatore ha con questa ragazza è davvero particolare e speciale per lui, unica nel suo genere: non si tratta né di un legame d'amicizia, né di affetti familiari; è una miscela tra queste due forme e allo stesso tempo qualcosa che Kojiro sperimenta per la prima volta. Qualcosa di cui nemmeno lui sa ben spiegarsi, perché è una relazione del tutto nuova.

Detto questo... beh, non so più cosa aggiungere perché rischierei di ripetermi ancora una volta, per cui termino subito qui. A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 30
*** Casa ***


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30 | Casa

 

 

Se un giorno avessero raccontato a Kojiro della dimora dove risiedeva ora, non ci avrebbe mai creduto. La sua filosofia di vita aveva influenzato anche il modo di vivere che si era portato fin da bambino, semplice e senza alcuna pretesa, per cui non immaginava che un giorno sarebbe arrivato a risiedere in un’intera casa tutta per sé. Essendo abituato a condividere ogni cosa con i suoi fratelli - e in seguito con i suoi compagni di stanza - per Kojiro era piuttosto singolare l’idea di avere una dimora solo per lui, con un bagno nel quale solo lui si recava, con una cucina dove solo lui pranzava e cenava, con un soggiorno nel quale solo lui si rilassava e con una camera da letto abbastanza grande da poter ospitare altre persone per la notte - ma che alla fine solo lui utilizzava.

La prima volta che era successa una cosa del genere era stata in occasione del suo trasferimento a Reggio Emilia. In quella città gli era stata offerta la possibilità di alloggiare insieme agli altri giocatori nel cuore della città, dove si sarebbe trovato nella movida del centro e avrebbe avuto occasione per incontrare e conoscere altre persone: pranzare e cenare insieme a loro in locali sempre affollati, uscire per una passeggiata tra i giovani come lui e - perché no? - andare in una di quelle discoteche delle quali aveva sentito parlare al suo arrivo in Italia. Ma il calciatore non aveva mai preferito essere nel cuore del divertimento locale: a lui bastava un pallone e un campo da calcio, per poi correre per le vie del luogo dove viveva e infine riposarsi su una panchina ammirando il panorama circostante; non era questione di isolarsi e non voler fare amicizia ma, anzi, di avere una vita il più possibile tranquilla e priva di problemi. Le occasioni per incontrarsi con gli altri non erano mai mancate, e di tanto in tanto anche il calciatore giapponese si era riservato uno strappo alla regola, recandosi in centro per godere di una insolita ma piacevole serata insieme a loro.

Il dormitorio dei giocatori della Reggiana gli era piaciuto fin da subito. A Kojiro non era importato se ormai fosse abbandonato: era a due passi dal campo sportivo, in un quartiere dove la serenità regnava incontrastata e allo stesso tempo lontana da quella movida verso la quale lui aveva sempre provato indifferenza. Essendo da solo, Kojiro aveva iniziato ad arredare quella grande dimora come più gli piaceva: il piano terra, dove vi era una larga sala che era stata utilizzata come luogo di ritrovo e inizialmente arredata con pochi mobili quali un piccolo tavolo e un paio di divani, era diventato il luogo dove poter rafforzare e migliorare il suo corpo; nella grande e vasta cucina non aveva aggiunto nulla di particolare, ma l’angolo che più preferiva - i fornelli - era letteralmente invaso da pentole e scodelle di qualsiasi grandezza e dimensione, ma questo fino a quando aveva iniziato a mangiare al ristorante di Gozza e da lì aveva preso l’abitudine di portare a casa ciò che avanzava; come camera da letto aveva preferito una delle piccole stanze del dormitorio del piano superiore, mentre un’altra era stata sistemata come semplice soggiorno dove riposarsi dopo gli allenamenti. 

Quella grande dimora era stata per Kojiro una palestra non solo letterale, data la presenza della sua training room al piano terra, ma anche metaforica per ciò che era seguito qualche tempo dopo, quando aveva deciso di abitare insieme a Maki. Un luogo condiviso in due, in tutto e per tutto, dove Kojiro aveva riscoperto quel concetto di “casa” delle sue origini, dove ciascun punto era principio di un dialogo tra più persone legate tra loro, contenitore di scontri e di risate che si propagavano nell’aria.

Nella sua nuova casa, sebbene l’avesse sempre percepita come più piccola rispetto ai dormitori della Reggiana - e non solo per le dimensioni fisiche - il calciatore aveva iniziato di nuovo ad apprezzare quella piacevole sensazione di vivere sotto lo stesso tetto con qualcun altro, che lo riportava con la mente a quella remota memoria del passato di quando lui era bambino e si recava in ogni angolo di quella dimora con i fratelli e la madre.

Anche se fosse stato fisicamente da solo in una delle stanze della sua attuale casa, Kojiro non avrebbe mai pensato di sentirsi da solo, mai.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Vi ricordate del dormitorio (abbandonato) dei giovani giocatori della Reggiana comparso nel capitolo 78 del Road to 2002? Possiamo dire che Kojiro se ne sia innamorato a prima vista, giacché è un edificio che si trova a due passi dal campo d'allenamento della squadra... ad ogni modo, ho ipotizzato che si tratta della prima e vera "casa" nella quale Kojiro si ritrova da solo: non si tratta di un appartamento diviso tra più persone, né di una singola stanza come accade nel classico dormitorio, ma proprio un'intera abitazione da arredare e gestire completamente da solo. Nel capitolo 145 vediamo anche come il calciatore ha sistemato alcune delle stanze: il piano terra interamente adibito a palestra dove allenarsi, e la cucina che diventa... cucina, appunto (XD); per il resto possiamo ipotizzare che in uno dei piani superiori egli abbia scelto una stanza dove riposarsi, arredandola in modo semplice e senza alcuna pretesa. Quel che è certo è che la cucina avrà avuto breve durata d'utilizzo dato che in seguito Kojiro scopre il Ristorante 21 e così diventerà un cliente fisso dello chef Gozza - e qui non possiamo dargli torto dato che, oltre ad essere un bravo calciatore, il suo compagno di squadra sa cucinare molto bene! ;)

Comunque, la storia di questo dormitorio mi è servita per raccontare del "passo in avanti" che Kojiro farà con Maki, dato che anche in quel caso si tratta di una casa indipendente, ma che tornerà ad essere condivisa con un'altra persona...

A presto!

--- Moriko

 

 

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Capitolo 31
*** Futuro ***


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31 | Futuro

 

 

Kojiro guardò l’orologio che si trovava di fronte a lui: la lancetta dei secondi si muoveva da un punto all’altro del quadrante, senza mai fermarsi e con un moto che sembrava essere quasi ipnotico se fissato per molto tempo.

In quel momento il calciatore pensò di poter paragonare tutta la sua vita ad un orologio. Quel moto circolare partiva da un punto ben preciso sul quale tornava dopo aver fatto un giro lungo e che attraversava numeri sempre diversi, dall’uno al dodici, per poi ricominciare la sua corsa con quel continuo tic-tac che la accompagnava. Anche Kojiro aveva fatto lo stesso: partire dal primo secondo per poi arrivare al sessantesimo, che solo alla fine si scopriva essere solo un’altra veste del primo. La sua vita era proprio come un orologio: cominciare il suo viaggio da una famiglia, da quel primo secondo già colmo di affetti rappresentato dai genitori, attraversare traguardi sempre più grandi - i numeri dal due all’undici- per poi giungere in un punto dove era stato lui a creare una famiglia, quello zero mascherato da dodici dal quale il calciatore avrebbe ripreso il suo cammino della vita.

Quando era ragazzo, Kojiro pensava che il futuro sarebbe stato qualcosa di diverso. Lo immaginava eccezionale e imprevedibile: aggettivi che si erano scoperti essere veritieri, ma ciò che egli non si aspettava di trovare in quel futuro era quel tratto che, solo qualche anno dopo, aveva lasciato nella sua famiglia ma che lo aveva accompagnato lungo tutti i suoi passi, quel grande amore che lo aveva sempre unito con i suoi genitori e i suoi fratelli in un vincolo indissolubile. Quello stesso profondo amore lo aveva poi unito ad un’altra persona, con la quale non aveva mai avuto a che fare fino al giorno del loro primo incontro, ma con la quale sentiva di poter condividere tutto già dal primo scambio di sguardi.

E da lì, quel futuro non sembrava più essere una cosa molto distante dal resto della sua vita. Era come se la lancetta della sua vita avesse raggiunto nuovamente il numero dodici, facendolo tornare alle sue origini, ad una nuova famiglia che aveva lo stesso calore e la stessa intensità di sentimenti di quella dalla quale proveniva; solo che, questa volta, sarebbero stati lui e Maki a ricoprire gli stessi ruoli dei loro genitori, caricandosi di nuove responsabilità che avrebbero affrontato insieme.

A distanza di anni Kojiro e Maki si erano ritrovati lì, su quel divano della casa che avevano costruito insieme: alle porte di quel futuro nel quale sarebbero entrati mano nella mano, senza più staccarsi l’uno dall’altra. Entrambi erano giunti ad un nuovo traguardo, dove tutto avrebbe avuto fine... per ricominciare daccapo.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

Con quest'ultima parte siamo giunti alla fine del Writober e di questo lungo percorso di riflessioni che hanno riguardato da vicino il personaggio di Kojiro. In tutto questo, all'inizio vi avevo scritto che Maki si sarebbe svegliata... e invece no! Alla fine sta ancora dormendo, ahahah X'D Dai, il suo risveglio potrebbe essere un'idea per un eventuale seguito... o forse no, così lascio ampio spazio alla vostra immaginazione: avete tutti gli elementi a disposizione per immaginare come potrebbe proseguire questa storia, per cui possiamo chiudere qui questa parentesi. ;)

Passando al resto, riguardo questa parte finale vi sarete accorti che ho ripreso quella iniziale ("Pensiero") con qualche citazione estrapolata dal testo e rielaborata per questa conclusione, creando una sorta di cerchio dove tutto ha fine e principio allo stesso tempo... un po' come la storia di Kojiro narrata qui. Infatti anche il prompt di oggi, "futuro", si riallaccia a ciò del quale ho trattato più volte nel corso di questa storia, del forte legame tra passato, presente e futuro, che ritornano come una costante nella vita del protagonista insieme ai concetti di famiglia e amicizia; durante questi trentuno giorni sono emersi diversi aspetti dell'esistenza del calciatore, che alla fine ritornano sempre a quelli che per lui sono elementi fondamentali della sua vita. Mentre stavo scrivendo questo che doveva essere un lungo percorso di riflessioni attraverso un unico filo temporale che li legava tra loro (non so se alla fine ci sono riuscita oppure no) mi sono resa conto ancora di più delle varie sfaccettature di Kojiro, cercando di immergermi nel suo mondo e raccontando diversi aspetti della sua storia immaginando di volta in volta cosa ha pensato di ciascuno di essi e come li ha pensati nel corso della sua vita.

Non so complessivamente cosa ne è uscito come risultato, però sono felice di aver intrapreso questo percorso su un personaggio che per me aveva ancora molto da scoprire. Non è mai facile scrivere su un determinato personaggio, nemmeno se si tratta del tuo preferito in assoluto... però se con questa storia (togliendo le sciocchezze) sono riuscita a trasmettere il modo in cui vedo il personaggio di Kojiro e del perché mi piace come tale, questo per me è già un piccolo traguardo significativo. :)

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questo percorso, chi ha lasciato un commento ma anche chi ha letto silenziosamente fino alla fine - e spero che Kojiro possa perdonarmi se da qualche parte gli ho fatto fare la figura dello scemo o non l'ho reso degno del grande personaggio che è. :)

A presto!

--- Moriko

 

 

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