One day, one change di Mari Lace (/viewuser.php?uid=501353)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensiero (K) ***
Capitolo 2: *** Scarpe (L) ***
Capitolo 3: *** Lenzuola (A) ***
Capitolo 4: *** Presente (K) ***
Capitolo 5: *** Diventare genitore (L) ***
Capitolo 6: *** Città (P) ***
Capitolo 7: *** Taglio di capelli (A) ***
Capitolo 8: *** Strada (L) ***
Capitolo 9: *** Coinquilino (!) ***
Capitolo 10: *** Lingua ***
Capitolo 11: *** Lavoro (T) ***
Capitolo 12: *** Bagnoschiuma (T + L) ***
Capitolo 13: *** Piatto preferito (A) ***
Capitolo 14: *** Vita (!) ***
Capitolo 15: *** Scuola ***
Capitolo 16: *** Passato (T) ***
Capitolo 17: *** Diventare adulto (P) ***
Capitolo 18: *** Amicizia (!) ***
Capitolo 19: *** Vestiti (!) ***
Capitolo 20: *** Credo ***
Capitolo 21: *** Ruolo (L) ***
Capitolo 22: *** Sentimento (Pan) ***
Capitolo 23: *** Abitudine (S) ***
Capitolo 24: *** Occhiali (L) ***
Capitolo 25: *** Posto preferito (K) ***
Capitolo 26: *** Famiglia (T) ***
Capitolo 27: *** Sogni (!) ***
Capitolo 28: *** Treno (K) ***
Capitolo 29: *** Relazione (!) ***
Capitolo 30: *** Casa (A) ***
Capitolo 31: *** Futuro (!L) ***
Capitolo 1 *** Pensiero (K) ***
Pensiero
Pensiero.
Paura
– no.
È un
onore.
Draco se lo
ripete
continuamente: servire l’Oscuro Signore è un
onore, un dovere, qualcosa che dev’essere
contento di fare. Sotto
queste
considerazioni nasconde paura e pressione, rabbia e amarezza per la
sorte di
suo padre. Pensare diversamente sarebbe pericoloso.
È
cresciuto convinto che
chi ha un sangue meno puro del suo meriti il peggio: ciò che
fa è giusto,
non c’è bisogno di fermarsi a riflettere.
La sua sicurezza
scricchiola quando scopre che la collana non ha raggiunto il bersaglio
ma ha
ferito un’innocente.
Katie Bell
è una Grifondoro:
le loro interazioni non sono mai andate oltre qualche sguardo torvo sul
campo
di Quidditch, ma da quando ne ha quasi provocato la morte Draco non
riesce a
togliersela dalla testa. L’ha vista contorcersi sorretta dal
mezzogigante; smorfie
gli occupano la mente, urla di dolore rimbombano nelle sue orecchie.
Katie Bell
è anche una Nata Babbana, ma scoprirlo non allevia il senso
di colpa né fa
svanire i tormenti.
È convinto
di saper gestire i propri pensieri, la bravura in Occlumanzia ne
è una prova. Si concentra su ciò che deve
credere per andare avanti e sopravvivere, riducendo tutto il resto al
silenzio.
Ma non gli riesce più: le urla continuano, il disgusto per
il quasi
omicidio non solo resta ma cresce ogni giorno più forte.
Draco scopre i
suoi
limiti e non zittisce più i pensieri pericolosi,
nascondendoli a stento – ha
paura e non può più negarlo a sé
stesso.
Troppo vigliacco
per ribellarsi
sul serio, incapace di schierarsi davvero, Draco non sa far altro che
osservare
la morte del Signore Oscuro da lontano. Quando il corpo di chi alla
fine si rivela
soltanto un uomo cade a terra, svuotato, impiega un po’ a
riconoscere ciò che l’invade
per sollievo.
Non ha alcun
senso, non
dovrebbe reagire così – vuol dire negare tutto
ciò in cui ha sempre creduto.
Circondato dai suoi
genitori, non è su loro che tiene lo sguardo: l'attrae invece una ragazza ferita.
Katie Bell porta
in volto i segni della guerra, ma
è in piedi e il suo sguardo arde.
Draco
la fissa, non visto,
e comprende che da tempo ormai ha cambiato pensiero.
NdA
Questa raccolta
nasce
per il writober indetto da fanwriter.it, con
l’intento di svolgere la lista
“changectober”. Una storia al giorno (sono orientata sulle flash, ma in alcuni casi ho sforato, in altri mi sono limitata a drabble), ognuna
improntata sul cambiamento
e su un differente prompt (utilizzerò i prompt come titoli
dei capitoli). Al
centro della raccolta c’è Draco; al suo fianco si alternano varie figure (e contesti).
Le flash saranno
slegate l’una dall’altra (per eventuali legami basatevi sulle lettere tra parentesi).
Nell'indice troverete accanto a quasi tutti i titoli dei capitoli una lettera tra parentesi: è l'iniziale del personaggio con cui interagisce Draco. Vi lascio qui la legenda:
K = Katie Bell
L = Luna
A = Astoria (anche death!fic)
P = Penelope Light (accenno Drastoria nella #17)
T = Teddy Lupin (potrebbe esserci Andromeda/un accenno di Hinny)
! = what-if con Draco nell'Ordine della Fenice. (bromance con Neville, potrebbe esserci Luna)
Pan = Pansy Parkinson
Se non trovate nulla significa che Draco non interagisce con nessuno di rilevante (solo personaggi secondari o storie puramente introspettive).
Non mi resta che
augurarvi buona lettura!
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Capitolo 2 *** Scarpe (L) ***
Scarpe
Scarpe.
La luce del sole gli ferisce
gli occhi; li socchiude, chiedendosi come sia possibile che i raggi lo
raggiungano con tanta forza nel dormitorio di Serpeverde e perché la testa gli
faccia così male. Non ricorda neanche che il suo letto sia mai stato così
scomodo.
C’è molto, troppo verde
intorno a lui. E qualcosa di duro che decisamente non è il suo materasso
gli preme contro la schiena. Draco spalanca gli occhi di colpo, realizzando di
non trovarsi affatto nel dormitorio. È semisdraiato contro il tronco di un
albero; non molto lontano da lui scorge il sentiero che collega Hogwarts a
Hogsmeade.
Se solo la testa non
pulsasse così tanto… rivede mentalmente Zabini offrirgli, ghignando, un muffin.
Maledetto, l’ha avvelenato per scherzo?
«Oh, ti sei svegliato!»
Una voce squillante lo
riscuote bruscamente dal tentativo di fare mente locale.
«Sei quasi svenuto in mezzo
alla strada. Ti hanno attaccato i nargilli? Sospetto di sì» spiega rapida una Corvonero
vagamente familiare, piegandosi sulle ginocchia per guardarlo negli occhi.
Draco abbassa lo sguardo,
confermando un dettaglio colto di sfuggita. È ancora troppo stordito per
reagire come si converrebbe, ma riesce comunque ad assumere un tono indignato.
«Perché indossi le mie scarpe?»
Lei gli sorride. «Secondo
mio padre per capire una persona bisogna mettersi nelle sue scarpe» racconta,
convinta. «Volevo provare. Ho capito perché sei sempre così cupo e scontroso: le
tue sono troppo serie e scomode!»
Draco aggrotta la fronte, offeso
più dal fatto che la sconosciuta abbia definito scomode le sue pregiate
calzature in cuoio che non dal suo semplice indossarle.
«Le mie scarpe vanno
benissimo» protesta, guardandola torvo, «e io non sono affatto cupo».
«Oh, sì, ma non è solo colpa
tua o delle scarpe» replica lei, con voce sognante. «Piaci molto ai
gorgosprizzi, sai? Dovresti stare più attento».
«Sei tutta strana» sbotta
lui, meno acido di quanto vorrebbe. Non riesce a inquadrarla; se almeno
sapesse chi è.
«Non sei il primo a dirlo»,
commenta lei con un’alzata di spalle. «Mi chiamo Luna. Luna Lovegood» aggiunge
poi, squadrandolo con curiosità. «E tu sei Draco Malfoy».
«Non funzionano così le
presentazioni».
Luna sorride enigmatica.
«Hai bisogno di aiuto per tornare?»
«No» risponde rapido, senza
neanche provare prima ad alzarsi.
«Allora alla prossima, Draco
Malfoy».
Toglie le scarpe e si incammina,
scalza, lasciandolo a processare l’assurdo incontro appena avvenuto.
Sono passati mesi dalla
battaglia. Sua madre l’ha convinto a tornare a Hogwarts, a concludere gli
studi. A fingere di avere una vita normale.
Non pensa sia possibile. Sul
treno nessuno gli rivolge la parola, gli studenti evitano il suo scompartimento
– solo Zabini l’ha raggiunto; anche lui è tornato.
«Sei diverso» commenta
Blaise, squadrandolo. «Quelle scarpe… non sono da Malfoy».
Quasi si strozza – sperava non
si notasse. «Volevo un cambiamento» mormora, mantenendo un tono neutro.
Sono sulla carrozza quando
li raggiunge una ragazza – Draco quasi non crede ai suoi occhi.
Luna Lovegood sorride
sognante. «Mi piacciono le tue scarpe» afferma, sedendosi.
Draco ignora l’occhiata
dubbiosa di Blaise – forse l’anno non andrà così male.
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Capitolo 3 *** Lenzuola (A) ***
Lenzuola
Lenzuola.
Vorrebbe rannicchiarsi sotto
le coperte e restare lì, immobile in un letto decisamente troppo grande per lui
solo. Resta in piedi, invece, senza neanche sfiorare il lenzuolo.
Si sente così piccolo.
Torna con la mente agli anni
immediatamente successivi alla guerra, quando la morte di Tiger visitava i suoi incubi
e lui tremava al buio. Sotto le lenzuola solo gli abbracci di Astoria
riuscivano a calmarlo e confortarlo: lei l’ha aiutato a fare i conti con il
passato, lei ha aperto nuove vie per il loro presente. Lei ora non c’è più.
È troppo presto. Dovrebbe
lasciarla andare e proseguire da solo?
Non ne è in grado.
Non riesce nemmeno a
piangere – le lacrime sono come bloccate. È tutto così irreale, non si
stupirebbe se gli dicessero che il tempo ha smesso di scorrere.
D’un tratto il silenzio
viene spezzato. È un sussurro debole, Draco quasi non lo sente, ma c’è. Il
sussurro si ripete, un po’ più forte. Proviene dalla porta, alle sue spalle.
«Papà?»
Due semplici sillabe,
pronunciate da quella voce, bastano per spazzar via in un istante ogni altro
pensiero. Draco si volta verso suo figlio – il dono di Astoria.
«Papà» ripete Scorpius,
cercando il suo sguardo. Nonostante la semioscurità, Draco rintraccia facilmente
i segni del pianto sul volto del bambino. «Posso dormire con te, stanotte? Io…»
Si sente così stupido.
Perdere Astoria l’ha accecato al punto da fargli quasi scordare che non è
solo. Ora più che mai, dev’essere forte per Scorpius se anche non riesce
a esserlo per sé.
Non si fida della sua voce:
annuisce, invitando il bambino a raggiungerlo. Scorpius si fionda tra le sue
braccia, lo stringe con una forza che gli sembra troppo grande per un corpo così
piccolo. Restano così per qualche secondo, poi Draco lo solleva e lo porta a
letto. Il suo, che improvvisamente non sembra più così terribilmente grande
– ma vuoto sì.
Scosta il lenzuolo – nuovissimo
– e deposita il figlio dove per anni ha dormito Astoria. Le somiglia così tanto…
gli scosta una ciocca ribelle dagli occhi, carezzandolo.
Infine si sdraia accanto a
lui, per quanto sia ancora così strano.
La manina di Scorpius cerca
e trova la sua, sotto la coperta. Mormora qualcosa con voce tremante – qualcosa
che suona orribilmente vicino a “mi manca mamma”.
«Anche a me» sussurra Draco
in risposta, stringendo con forza la mano. «Anche a me».
E dopo quella confessione, mentre
Scorpius scivola nel sonno, le lacrime infine trovano la strada.
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Capitolo 4 *** Presente (K) ***
Presente
Presente.
«Sei silenzioso».
Draco sposta lo sguardo,
stupito, ma si irrigidisce nel riconoscere l’autrice del commento. Non replica,
optando piuttosto per fissarla muto.
Katie accenna una risata.
«Sul serio, Malfoy, ti ricordo ben più loquace di così».
«Non ho voglia di parlare» afferma
allora, tornando a fissare il muro che sta riparando. Ha scelto quell’ala di
Hogwarts proprio perché non c’era nessun altro, ma se avesse immaginato che tra
tutti l’avrebbe raggiunto proprio Katie Bell se ne sarebbe ben guardato.
Il mattone che sta
guidando tremola e cade sgraziatamente sugli altri – distraendosi ha interrotto
l’incantesimo di levitazione. Impreca a denti stretti.
«Chi l’avrebbe mai detto» commenta
Katie, aggiustando la posizione del mattone con un colpo di bacchetta. «La
guerra cambia proprio tutti».
Non capisce perché sia lì.
Vuole tormentarlo?
Per un po’ continuano a
lavorare, fianco a fianco, in silenzio. È già sera quando terminano il loro tratto.
Draco si lascia cadere a terra, stremato; chiude gli occhi un istante. Forse,
pensa, quando li riaprirà lei se ne sarà andata.
«Tornerai?»
Spalanca gli occhi. È ancora
lì – seduta accanto a lui.
La guarda confuso.
«A Hogwarts» spiega lei, fissandolo.
«Ripeterai l’anno?»
Draco deglutisce. Non sa la
risposta a quella domanda: sua madre ha passato un intero mese a dirgli che
dovrebbe tornare, ma lui non crede di averne la forza. La verità è che con il
processo di suo padre in corso e l’incertezza totale su ciò che attende la sua
famiglia il destino dei suoi studi è l’ultima delle sue preoccupazioni.
«Che importanza ha?» risponde,
ricambiando esitante lo sguardo. «Tu comunque hai finito».
L’espressione di Katie si fa
curiosa. «Che onore» mormora, ironica. «Draco Malfoy conosce la mia carriera
scolastica».
Lui distoglie lo sguardo, a
disagio. Rilascia uno sbuffo stanco.
«Mia madre non fa che ripetermi
che dovrei pensare al futuro, nonostante tutto» inizia, guardando fisso davanti
a sé. Non sa cosa lo spinga a parlare: forse approfitta della possibilità di
sfogarsi, forse vuole soltanto cambiare argomento. «Io non ho idea di come
sarà, il mio futuro, e forse non voglio neanche pensarci. Non posso cancellare
il passato tornando a scuola – non posso cancellare questo». Flette il
braccio con impresso il Marchio Nero e sussulta leggermente.
Katie non batte ciglio.
«Sei qui ora», dice. «Aiuti
con la ricostruzione per dimostrare di aver cambiato rotta, suppongo. È un
inizio».
Draco ride amaramente. «Non
penso che aggiustare qualche muro farà dimenticare a chiunque che sono stato io
a distruggerli» afferma, alzandosi in piedi. «Anche se Potter dice che Silente
aveva previsto tutto, non dimenticherò mai quella sera – quell’anno. E
non so perché ne sto parlando con te, o perché mi rivolgi la parola, io…»
«Tu pensi troppo al passato»
lo interrompe Katie, alzandosi a sua volta. «E troppo al futuro, anche. Non
chiederti come reagiranno gli altri – chiediti cosa puoi fare tu, ora,
cosa vuoi fare. Qualcosa che non includa regalare collane maledette,
possibilmente» aggiunge, con un pizzico di ironia che Draco non coglie.
«Non volevo ferirti»
sussurra, senza guardarla.
«So che non volevi ferire me».
Katie lo aggira, cercando i suoi occhi. «Negli anni ti ho visto ferire molte
persone, Malfoy, e non te ne sei mai pentito. Che con me non volessi farlo è
quasi un miglioramento».
Draco la fissa – finalmente
– scettico.
«Mi stai dicendo che va bene
se ti ho quasi uccisa, perché almeno non volevo?»
Katie scuote la testa, ricambiando
decisa lo sguardo. «Ti sto dicendo che è inutile pensarci e piangerci su» chiarisce.
«Io sto bene ora. Rimanere nel passato non ti porterà da nessuna parte. Puoi
solo accettarlo e andare avanti – concentrarti sulla vita che hai ora,
nel presente. Affrontarla passo dopo passo».
Lasciar andare il passato.
Nemmeno sua madre ha osato suggerirgli tanto.
«Non devi farlo subito,
se non riesci» prosegue Katie dopo un po’. «Ma quando sarai pronto a riprendere
in mano la tua vita, chiediti chi eri prima e se vorresti tornare a esserlo».
Accenna un sorriso. «Spero che allora la risposta sarà no».
Katie si allontana e
recupera il mantello, senza aspettare che lui risponda. Probabilmente sa già
che non lo farà.
«Non ti ho mai detto che mi
dispiace» mormora Draco, quando lei gli dà le spalle.
Katie alza una mano in segno
di saluto, poi si smaterializza.
Draco resta solo, in mezzo alle
rovine da ricostruire, con l'ultimo scambio a echeggiargli in testa.
Si smaterializza pensando
che forse sua madre sorriderà, quella sera.
NdA
…raccolta di flash. Già.
Con questa non ce l’ho
proprio fatta a tenermi nei limiti. Non ho sforato di molto, naturalmente, ma
con 700 parole direi che è una mini OS.
Allora… come forse ormai si
sarà capito, mi intriga molto l’idea di una relazione tra Draco e Katie Bell.
Il prompt di oggi, oltre a mandarmi in crisi, mi ha dato l’occasione per
provare a immaginare un loro confronto. Se volete potete immaginare questa storia
come un proseguimento ideale della prima flash di questa raccolta, per me non
cambia molto: non è necessario ma “ci può stare”, anche cronologicamente.
Mi è piaciuto immaginare
Katie che, finendo per caso a lavorare con Draco alla ricostruzione di
Hogwarts, si ritrovi a provocarlo e persino a incoraggiarlo, con un po’ di sana
praticità da giocatrice di Quidditch (?). Non so quanto risulterà convincente,
per voi, sentitevi liberi di criticare >.<
Bene, mi sbrigo a chiudere
le note o rischio di sforare la mezzanotte.
Grazie per aver letto, a
presto!
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Capitolo 5 *** Diventare genitore (L) ***
Genitori
Per Maqry ❤
Diventare
genitore.
Luna inclina la
testa, puntando
gli occhi grigio-tempesta su di lui. «Sei pallido»
constata semplicemente. «Più del
solito» aggiunge, avvicinandosi.
Avvicina le
labbra alla sua
fronte e Draco non si ritrae. Sta ancora cercando di metabolizzare
l’ultima
frase pronunciata dalla ragazza – tranquillamente, con
spontaneità. Perché
però l’ha invaso il terrore?
«Non
hai la febbre» afferma
Luna, indietreggiando. «Cosa ti preoccupa, Draco?»
Lo domanda
poggiandogli una
mano sulla destra che ha serrato a pugno senza neanche accorgersene.
«Io
non…» si ferma. La guarda
negli occhi.
“Non
sarebbe stupendo avere
dei gemelli?”
«Non
credo… di poter essere un
buon padre».
Luna dapprima
non dice
nulla: il suo sguardo si addolcisce, alza l’altra mano a
sfiorargli una
guancia. «Puoi essere tutto ciò che vuoi,
Draco» sussurra infine, con tanta
convinzione che è tentato di credere anche lui a una frase
così impossibile.
«È
un maschio». Draco
registra a stento le parole del medimago, l’attenzione
catalizzata piuttosto
dalla creatura che piange e si agita tra le sue braccia. Stringe la
mano di
Luna, che – stremata – lo fissa felice.
Hanno fatto un
patto – un patto
strano, da Luna: lei sceglierà i nomi
quando avranno dei gemelli. Tocca
a lui, stavolta, e Draco omaggia la tradizione dei Black.
«Papà»
balbetta il piccolo
Scorpius, «papà».
Draco si ferma,
emozionato
come poche volte in vita sua, e lo raggiunge.
Luna, dalla
parte opposta
della stanza, sorride sognante.
«Fermati,
Lorcan, torna
qui!»
«Ahia!
Mamma, Scorpius mi ha
dato un pizzico!»
«Se
continui così mi
prenderai tra dieci anni, Lys!»
Le urla dei
bambini salgono
dal cortile fino allo studio di Draco, ma non gli dispiace. A volte gli
è difficile
conciliare la Villa dei suoi ricordi – così
austera e silenziosa, troppo grande
per un bambino – con il luogo pieno di vita e rumore degli
ultimi anni.
Osserva i figli
giocare
dalla finestra: tra pianti e dispetti sembrano felici – lo
sono – e lui
stenta a credere alla sua fortuna.
Avverte il vero
peso di un
genitore quando Scorpius, già quindicenne, si presenta
imbarazzato per
chiedergli consiglio in fatto di ragazze.
Lo porta a ripescare
– impacciato –
i ricordi delle uscite con Pansy. Alla fine, però,
l’unico suggerimento che
sente di dare è di essere
sé stesso – se
lei saprà apprezzarlo, bene,
altrimenti non ne vale la pena.
Un
vecchio istinto da Malfoy lo porta quasi a chiedere se la ragazza in
questione
sia una Purosangue, ma si trattiene pensando a Luna.
«Fammi
sapere» mormora a conversazione terminata, trovandosi poi a
pensare che crescono davvero
troppo in fretta, i
figli.
«Buon
viaggio, Lys».
Il
giovane li abbraccia; sorride raggiante, come ha fatto per tutta la
settimana.
«Vi scriverò!» promette, un attimo prima
che la Passaporta s’illumini e lo
porti via.
La
casa sembra vuota, senza tre voci acute a echeggiare per i corridoi.
«Soli»
mormora Draco, un po’ incredulo.
«Insieme»
rettifica Luna, prendendolo a braccetto. «È il
loro turno di volare».
Draco
annuisce. Lo sa: avere figli significa anche lasciarli
andare.
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Capitolo 6 *** Città (P) ***
Città
Città.
L’aria
fredda sul volto non lo disturba, anzi, gli dà sollievo.
Draco raggiunge la
balconata e lascia vagare lo sguardo sulla Senna – Parigi di
notte è un
incanto.
«Draco
Malfoy».
Sussulta,
colto di sorpresa. Sono mesi che non sente il suo nome pronunciato
all’inglese.
Si volta: ad averlo chiamato è una giovane donna, non molto
più grande di lui, che
sfoggia un abito argentato e degli eleganti orecchini blu scuro. Porta
i
capelli biondi raccolti in una treccia e ha un volto che è
certo di aver già
visto in passato, ma non ha idea di chi sia. Per qualche motivo si
sente a
disagio.
«Ci
conosciamo?» domanda cauto, dando definitivamente le spalle
al panorama. Non
apprezza – non
più –
l’attenzione, preferisce partecipare inosservato
a eventi come quello. Gli ricordano i vecchi tempi – ma non
troppo.
«Non
esattamente» risponde la donna, avvicinandosi. Si china per
sporgersi oltre la
balconata. «Sono stata Prefetto a Hogwarts durante i tuoi
primi anni».
La
parola “Prefetto” risveglia un ricordo. In un
attimo vede un volto molto simile
a quello della sconosciuta, adornato da lunghi capelli ricci
– di pietra. A quel tempo se
n’era rallegrato: secondo suo
padre quelli come lei non meritavano altro.
«…Night,
o qualcosa del genere?»
«Light»
corregge lei, sorridendo. «Penelope Light».
«Come
mai qui?» domanda Draco, spezzando il silenzio. Si ostina a
fissare la
porta-finestra, come se temesse qualche altra intrusione.
«Mi
sto preparando per diventare Guaritrice» spiega Penny.
«Sono qui per studiare l’Alchimia».
«Ah».
«Mi
ha stupita vederti. L’ultima volta che sono stata in
Inghilterra l’assenza
dell’erede dei Malfoy era sulla bocca
di tutti». Si volta per
fronteggiarlo. «Dove sei stato?»
«Che
importanza ha?» replica Draco, irritato. «O vuoi
uno scoop per la Gazzetta del
Profeta? Non mi sto esattamente nascondendo, comunque».
«No,
è vero. O non saresti venuto qui stasera, con il tuo vero
nome addirittura –
anche se pronunciato in modo buffo».
«I
miei antenati erano francesi. Magari si pronunciava
così, in
origine».
Penelope
lo scruta curiosa, ma non è certo la storia del suo cognome
a interessarla.
Draco
sbuffa. La sua serata è rovinata: forse dovrebbe
riconsiderare l’idea di
procurarsi un nome falso, ma in fondo non
vuole. È
attaccato al suo titolo e
alla sua famiglia, nonostante
tutto.
«Un
po’ ovunque» dice infine, rispondendo alla
precedente domanda. «Ho visitato l’Italia,
la Spagna, l’Arabia. La Francia, anche – non
è la prima volta che vengo qui».
«E?»
Draco
inarca un sopracciglio, ricambiando solo ora lo sguardo
dell’ex Prefetto.
«Cosa?»
«Hai
trovato ciò che cercavi? Ci sarà un motivo per
tutti questi viaggi».
«Volevo
solo cambiare aria» replica, piccato.
«Capisco».
Penelope si stacca dalla ringhiera e lancia un’ultima
occhiata alla città.
«Meglio, allora. Alcuni viaggiano per cambiare sé
stessi, ma non funziona
così».
Draco
scuote la testa. «Naturalmente no». Ricadono nel
silenzio – è sempre lui a
interromperlo. «Adieu, Penelope
Light».
«Adieu,
Draco Malfoy»
ricambia lei, imitando la pronuncia parigina.
Cambiare
sé stesso – per poterci pensare dovrebbe prima
capire chi
è.
È
questa, la risposta che non trova e nessun altro può dargli.
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Capitolo 7 *** Taglio di capelli (A) ***
Haircut
Taglio di capelli.
«Draco?»
Non
reagisce al richiamo di Astoria. Rimane davanti allo specchio, ancora, senza riuscire a staccarsene – ipnotizzato dal suo riflesso.
«Sei
un bell’uomo, ma non è una buona scusa per passare tutto il giorno a fissarti»
scherza lei, raggiungendolo. Lui sussulta leggermente al suo tocco, ma non
risponde subito. «Cosa c’è?» domanda allora Astoria, abbandonando il tono
leggero per uno venato di preoccupazione.
«Niente»
tenta lui, rapido, distogliendo finalmente lo sguardo per portarlo su di lei.
Gli basta un’occhiata per capire che non è il caso di mentire. «Solo una
sciocchezza».
«Draco»
insiste, prendendogli la mano. «Puoi dirmelo. Lo sai».
Lui
si scosta, le dà le spalle. «È solo…» mormora, esitante. «Per un attimo – un lungo attimo – mi è sembrato che ci fosse mio padre a guardarmi dallo
specchio. Gli somiglio, più di quanto pensi probabilmente».
Astoria
si avvicina, gli passa una mano tra i capelli. Li ha lasciati crescere “per cambiare un po’” – le piacciono, ma non se portano a questo.
«Siete
molto diversi» lo contraddice, continuando a districarli. «Ma forse è arrivato
il momento di tornare a uno stile più tuo».
«Come
fai a esserne così certa?» chiede, girandosi a fronteggiarla. Le afferra il
polso. «Non ti viene mai il dubbio di aver sposato un mostro?»
«No»
risponde, fissandolo dritto negli occhi. Non esita, né le trema la voce; Draco
si pente subito della domanda e la lascia andare. È fortunato ad averla al suo
fianco, lo sa – a volte non riesce a crederci.
«Ti
fidi di me?» chiede lei, restando ferma al suo posto.
Stupore
e confusione animano il volto di Draco, ma non ha dubbi nel rispondere «Sì».
«Voltati».
Draco
esegue l’ordine – mentre si gira la vede estrarre la bacchetta. Chiude gli occhi,
troppo poco lucido per anticipare quel che seguirà.
Ma
non ha mentito: si
fida di Astoria, con tutto sé stesso.
«Diffindo».
Quasi
non ha il tempo di comprendere. Si volta di scatto, trovando quel che immaginava:
ciuffi di capelli chiarissimi sparpagliati sul pavimento.
«Quanti
ricordi» afferma Astoria, rivolgendogli lo sguardo più naturale e innocente del
mondo. «Mi sembra quasi di vederti, pronto a inscenare l’ennesima caricatura di
Potter».
«Io
non…» inizia, ma poi lascia perdere scuotendo la testa. «Ti mancava così tanto
questo taglio?»
«Un
po’» ammette, studiandolo. «A te no? Puoi sempre farli ricrescere, in caso».
Valuta
quelle parole, tornando davanti allo specchio. Nota ancora qualche somiglianza
con suo padre, ma molto più pallida – fa
un effetto diverso, vedersi così.
«No»
mormora, assaporando il monosillabo. «Certo bisognerà aggiustarli, la
parrucchiera andava di fretta e non ha fatto un buon lavoro» aggiunge,
scuotendo la testa. Le lancia uno sguardo divertito.
Astoria
mette via la bacchetta e ride dolcemente. «Dovremmo proprio licenziarla»
suggerisce, avvicinandosi.
«Non
so se posso permettermelo» sussurra Draco, a un soffio dalla sua faccia.
Per
un attimo immagina una vita senza di lei. No,
non può permetterselo.
«Bene,»
bisbiglia Astoria di rimando, «neanche lei può».
Lo
abbraccia, presto ricambiata – un’altra ombra scacciata dal cuore.
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Capitolo 8 *** Strada (L) ***
Strada
Strada.
Una
strada stretta e buia, ecco dov’è Draco. Conosce la destinazione e la teme, ma
non può evitare di dirigercisi. Non riesce, però – la disperazione cresce di giorno
in giorno, lui continua cupo a percorrere l’unica strada.
«Non
posso… Non posso farlo…»
Non
è certo di come sia finito a piangersi addosso in un disabitato bagno delle
ragazze, ma al momento non riesce a dare importanza alla cosa.
«Oh».
Un’esclamazione dalla soglia lo spaventa. Alza lo sguardo, cercando allo
specchio il riflesso dell’intruso. «Pensavo fosse Mirtilla Malcontenta» dice
una ragazza, avvicinandosi. Draco si volta lentamente, senza sapere come
reagire.
«Ne
vuoi parlare?» domanda la sconosciuta. Draco la studia: ha i capelli in
disordine, indossa degli assurdi orecchini giganti e una strana collana di
tappi.
«Perché
dovrei?» ribatte, scettico e sulla difensiva. Sembra innocua – anzi, potrebbe
aver bisogno lei d’aiuto –, ma sa bene di non potersi fidare di nessuno. Anche se si è concesso di aprirsi, un
minimo, con un fantasma.
«Perché
no?» incalza lei, inclinando la testa. «Forse ti farà sentire meglio. Può
essere triste, a volte, stare da soli».
Draco
vorrebbe replicare, liquidarla con un commento acido, ma c’è qualcosa di vero in quel che ha detto la ragazza. È vero che vorrebbe disperatamente qualcuno con cui confidarsi – non può
farlo.
Come
non può compiere l’incarico che gli è stato assegnato, né tantomeno ritirarsi,
pena la morte.
Draco
serra i pugni: ci sono davvero troppi non
posso, nella sua vita attuale.
«Sei
una Corvonero» mormora, osservando i colori sulla sua uniforme. «Vi piacciono
gli indovinelli, vero?»
«Stimolano
il ragionamento» risponde lei sorridendo. «Vuoi sentirne qualcuno?»
«No»
si affretta a dire Draco, «no, ne ho io uno da porti».
«Perfetto»
commenta incoraggiante la ragazza. Si mette al suo fianco, poggiando la schiena
contro il muro a un passo da lui.
Draco
ha parlato istintivamente, seguendo il formarsi di un pensiero. «Sei su una
strada stretta» inizia, scandendo bene ogni parola. «È una strada che non ti piace,
ma non c’è modo di tornare indietro. Cosa fai?»
Parlando
si schiarisce effettivamente le idee: si dà dello stupido. Non è neanche un
indovinello, la risposta è fin troppo semplice: “vai avanti” è l’unica opzione possibile.
Sia per il viaggiatore sull’unica strada, sia per lui.
«Ne
scelgo un’altra» risponde invece la Corvonero, dopo alcuni secondi. «C’è sempre
un bivio: forse non è subito visibile, ma più avanti si incontrerà di certo».
Draco
la fissa stupito. Un bivio? Ride amaramente – certo, come no.
«Perché
ridi? C’è sempre una scelta» continua la ragazza, osservandolo con curiosità.
Oh,
Draco ha una scelta: può rifiutarsi di svolgere gli ordini del Signore Oscuro e
venire ucciso insieme alla sua famiglia. Esattamente quel che accadrà se dovesse
fallire. «D’accordo, diciamo che c’è un bivio» concede, mentre visualizza
mentalmente la strada biforcarsi. «Ma una delle due strade è ricoperta di neve
altissima che rende impossibile imboccarla».
Adesso
neanche questa strana ragazza potrà più negare l’evidenza. Draco vuole – non sa
perché ne avverta il bisogno – sentirlo da lei: “Allora non c’è scelta, devo
proseguire, anche se la strada non mi piace”.
«Ne
creerei una».
Eh?
La
ragazza annuisce tra sé, poi si volta verso di lui con espressione convinta. «Il
mondo non è una linea dritta: tra le due strade c’è qualcosa, di certo. Se la direzione
che voglio non esiste devo solo crearla». Gli sorride. «Vale anche per te.
Perché non lasci la strada dritta e ne cerchi una migliore? Immagino sia questo
a preoccuparti».
Draco
la guarda a occhi sbarrati. Non che fosse difficile collegare i punti, ma aveva
ingenuamente sperato non si capisse che il viaggiatore dell’unica strada è lui.
Si ricompone, però – raffredda lo sguardo e muove un passo indietro,
d'un tratto torna dubbioso. La ragazza non può essere qui per spiarlo, vero? Inizia a trovarla vagamente familiare. «Ti ha mandata Potter?»
domanda in un sibilo.
I
suoi occhi si velano di confusione. «Harry non sa che sono qui» afferma, senza negare di conoscerlo.
«Vattene»
mormora, tremante di rabbia. È stato talmente sciocco pensare di poter parlare
con una sconosciuta come se niente fosse, come se non avesse troppi segreti da
proteggere. Ha
abbassato la guardia.
La
ragazza non protesta. «Ti sbagli» afferma però, già sulla soglia. «Sbagli a
stare da solo e a ostinarti sulla strada sbagliata».
«Perché
dovrei dar retta a una sconosciuta?» replica lui con rabbia. Le sue parole fanno male, perché in
fondo sa che sono vere.
La
vede esitare. «Luna Lovegood» dice poi, dopo un attimo di riflessione. «Così
non siamo più due sconosciuti, Draco Malfoy».
«Vattene»
insiste ancora Draco, invaso da gelida ira.
Luna
non se lo fa ripetere ancora: gli volta le spalle.
«È
la mia pietà, non la tua, che conta adesso».
Draco
sente le parole del Preside e ricorda quelle rivoltegli da Luna Lovegood pochi
mesi prima. «Perché
non cerchi una strada migliore?»
Esita.
È arrivato così vicino, tuttavia è terrorizzato. Un colpo di bacchetta e porrebbe
fine alla vita di Silente – il pensiero
l’agghiaccia.
Una
strada migliore – la vorrebbe.
Ma
prima che possa abbassare la bacchetta e accettare l’offerta del preside, viene
raggiunto dai rinforzi.
Draco
reprime le lacrime. È troppo tardi per cambiare strada.
Rialza, tremando, la bacchetta.
NB: Qualcuno ha detto angst?
Volevo solo segnalare che le battute in corsivo sono tratte da Il principe mezzosangue (Draco che piange nel bagno, tagliata e senza Mirtilla, e naturalmente quella sulla pietà di Silente).
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Capitolo 9 *** Coinquilino (!) ***
Coinquilino
NB: what
if? in cui a fine
sesto anno Draco passa
effettivamente sotto la protezione dell’Ordine e da
lì gli eventi si svolgono
in modo diverso dall’ultimo libro.
Coinquilino.
La
sua realtà somiglia a uno scherzo di cattivo gusto ormai da
tempo: il fatto che
il coinquilino –
definirlo compagno sarebbe troppo –
assegnatogli dall’Ordine sia Neville Paciock è
solo l’ultima di una
serie infinita di assurdità diventate parte integrante delle sue giornate. In
cima alla lista c’è il fatto stesso di essere
sotto la protezione dell’Ordine
della Fenice.
«Malfoy»
saluta secco il nuovo arrivato, con un cenno. Poggia uno zainetto sulla
branda
libera.
«Paciock»
replica Draco, quando l’altro gli ha già dato le
spalle. Se non altro non ha
visto odio nel suo sguardo: solo indifferenza.
«Perché
non vieni in missione con noi?»
Draco
finge calma e finisce di inghiottire, prima di rispondere. Non sa come
lo
faccia sentire quella domanda: la sorpresa supera ogni
altra emozione.
«Penso
sia la prima volta che mi rivolgi la parola da quando sei
arrivato» commenta, riponendo
il cucchiaio. «Escludendo il mugugno di benvenuto».
Neville
continua a fissarlo, un sopracciglio inarcato. «Non
è una risposta».
Draco
prende un bel respiro – inizia a essere infastidito.
«Sei consapevole che l’Ordine
mi sta proteggendo, Paciock?»
L’altro
non risponde, limitandosi a un’eloquente occhiataccia.
«Se
venissi in missione non sarei protetto. Persino voi
Grifondoro dovreste capire un
concetto così semplice».
Neville
fa spallucce. «Preferisci aspettare che i tuoi ex-compagni
spazzino via l’Ordine
e invadano questo posto, quindi?»
Silenzio.
«Andiamo,
Malfoy, ti vedo: non fai niente tutto il giorno, sono quasi stupito che
tu non
abbia ancora chiesto agli elfi di insegnarti a cucinare».
Draco
vorrebbe protestare indignato, ma gli mancano le parole –
Paciock non è poi
molto lontano dalla realtà, purtroppo.
Si
alza, senza più appetito, e si ritira senza una parola.
«Stupeficium!»
Centra
il bersaglio – finalmente.
«Ti
ci sono voluti solo quindici colpi,
stavolta» commenta Neville, senza
nascondere un ghigno.
«Non
ci trovo niente di divertente» replica Draco, stanco,
«e saranno stati al massimo
dodici».
«Come
no». Neville si avvicina al manichino, l’osserva
per alcuni secondi. «Ehi,
Malfoy» chiama poi, «vediamo quanto ci metti con un
bersaglio mobile?»
«Se
ti stai offrendo volontario» dice lui piano, riprendendo
fiato, «accetto».
Le
missioni non sono come le immaginava. L’agitazione gli
attanaglia lo stomaco ed
è consapevole che un singolo errore potrebbe costargli
moltissimo – tutto –, ma
è da tempo che in realtà non ha molto da perdere.
Prova molta meno ansia di quella che l’ha
accompagnato per tutto il sesto anno, quando ha quasi ucciso Silente.
Moody – gli
dà i brividi vederlo, sebbene razionalmente
sappia che è una reazione sbagliata –
fa un cenno e lui e Paciock scattano per raggiungerlo.
Draco
sussulta nel riconoscere uno dei Mangiamorte dentro al locale: Tiger. Rammenta quando
lui e Goyle lo seguivano ovunque, a Hogwarts. È strano
trovarsi su schieramenti diversi, ora, ma tecnicamente è lui
ad aver tradito. Non che se ne
penta.
«Malfoy!»
Il
bisbiglio spazientito di Paciock basta per riportarlo alla
realtà. Deve
concentrarsi.
Più
tardi però, steso sul letto, non riesce più a scacciare i ricordi.
«Stai
bene, Malfoy?»
«Mh».
Lancia un’occhiata a Paciock: non lo ammetterà
mai, ma gli è grato. L’ha spinto
ad agire e riprendere il controllo sulla sua vita – qualcosa
che Tiger e Goyle
non avrebbero mai fatto. «Pensavo solo che non è
stata una cattiva idea… cambiare
coinquilini».
«Sarebbe
un complimento?» domanda Neville, ridendo.
Draco
in risposta gli lancia un cuscino.
Un
complimento? No; solo la cosa
più vicina a grazie
che ha
intenzione di pronunciare.
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Capitolo 10 *** Lingua ***
Lingua
Lingua.
«Wie
geht’s?»
Draco
sorride soddisfatto. Due mesi di lezioni hanno dato i suoi frutti! Ha capito
alla perfezione la domanda rivoltagli dal giovane al suo fianco. È biondo e leggermente
più alto di lui, ha un buon portamento: non sa chi sia, ma crede che suo padre
approverebbe. A Durmstrang vanno solo i migliori in fondo, e loro sono entrambi
lì per farsi confezionare la divisa su misura.
Risponde,
mettendo in fila le parole come gli hanno insegnato i precettori, tutto fiero.
La
reazione dello sconosciuto lo sorprende: ridacchia, prima di commentare il suo strano accento e chiedergli da dove viene.
Draco
ha un po’ di difficoltà a seguirlo, stavolta, ma riesce comunque a comprendere
tutto. Questo ragazzo parla rapidamente, ben più dei suoi insegnanti, e ha una
pronuncia non sempre chiarissima. «Aus England» mormora, ma inizia a infastidirsi.
Non
capisce bene il commento che segue sull’Inghilterra. Il ragazzo lo stordisce di
chiacchiere in tedesco, e Draco vorrebbe imporsi ma non ne è in grado.
Nonostante gli sforzi di due mesi.
«Auf
Wiedersehen» pronuncia finalmente Johan – in due ore gli ha svelato il nome,
anche se Draco non ha colto il cognome – e Draco è lieto di imitarlo, ripetendo
subito le due magiche parole: arrivederci. Spera di no, però; se prima era emozionato all’idea
di studiare nella prestigiosa scuola di magia tedesca e soddisfare le
aspettative del padre, adesso – la testa che pulsa per lo sforzo – desidera
soltanto convincere sua madre ad appoggiarlo perché vada a Hogwarts, dove non
dovrà faticare per imporsi e spiegarsi. Dove capirà tutto ciò che diranno i
compagni, e magari – perché no – potrà inventare divertenti giochi di parole.
Ha
passato l’estate a studiarlo, ma dopo una sola giornata in Germania ne è certo:
non gli piace il tedesco.
NdA
Si
è capito che a me il tedesco piace? Ahahah
A
dire la verità leggendo il prompt lingua inizialmente avevo pensato al francese, con Draco in Francia magari con premesse simili a
quelle della flash “Città”. Un mio amico mi ha invece suggerito il celtico o il
tedesco, ricordandomi che Lucius avrebbe voluto che Draco andasse a Durmstrang.
L’idea mi è piaciuta e ho voluto provare a svilupparla, quindi eccoci qui: non
è niente di che, però è stato divertente (vorrei dire che nessun Draco è stato
maltrattato nella stesura di questo capitolo, ma…).
“Wie
geht’s?” = abbreviazione di “Wie geht es (dir)”, ovvero: “come stai?”
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Capitolo 11 *** Lavoro (T) ***
Lavoro
Per Marti ♥
Lavoro.
«Quiiindi…»
Draco
porta lo sguardo sul bambino. È difficile restare concentrato, guardando
quella chioma…
«…perché
ci sei tu stasera e non zio Harry e zia Ginny?»
…che
muta continuamente, passando dall’arancio all’azzurro all’argento senza dargli
il tempo di abituarsi a nessuno di quei colori.
«Avevano
un impegno» spiega laconico, tornando a concentrarsi sul barattolo sul tavolo
nella speranza di evitare un mal di testa, «e immagino che così all’ultimo non
abbiano trovato nessun altro disponibile, visto che è la prima volta che
accettano di lasciarti a me».
Teddy
sembra rifletterci un po’ su: il silenzio cade abbastanza a lungo da
permettere a Draco di aprire il barattolo con la zuppa pronta e versarla nel
piatto. Lo pone davanti al bambino, ma Teddy l’ignora continuando ostinatamente
a fissare oltre – a fissare lui.
Non
sa bene come reagire, non è bravo con i bambini.
«Se
vuoi chiedermi qualcosa, fallo e basta» esorta, chiedendosi se dopotutto sia
stata una buona idea andare. Dopo aver ripreso in mano la sua vita ha cercato
di recuperare il rapporto con sua zia e, di conseguenza, il cuginetto che ha
scoperto di avere; prima di quella sera però l’ha visto sempre da lontano, visitando ogni tanto e comunque mai da solo. Il
gufo di Potter, poche ore prima, l’ha colto di sorpresa.
«Erano
tutti impegnati?» domanda il bambino, guardandolo curioso.
Draco
annuisce, facendo spallucce.
«Perché
tu no?»
Sbatte
le palpebre, preso in contropiede. «Scusami?»
«Gli
adulti sono sempre così impegnati» spiega Teddy, annuendo convinto. «Tu però
no. Vieni a trovarmi la mattina, potevi anche stasera. Hai tanto tempo libero,
vero?»
Draco
lo fissa stupito. È proprio figlio di due Auror: non crede che sia normale per
un bambino avere questa capacità d’osservazione.
«Sì»
ammette, «ho tanto tempo libero, in effetti».
«Che
lavoro fai?» domanda Teddy, chiaramente soddisfatto per il successo della sua
deduzione. «Dev’essere bellissimo avere un lavoro poco impegnativo!»
Tossicchia
imbarazzato. «Io… non lavoro» afferma, chiedendosi se dovrà sentirsi dare dello
scansafatiche da un bambino di otto anni.
Teddy
spalanca la bocca, meravigliato. «Non lavori??»
«Mangia
la zuppa» tenta Draco, pur sospettando che non basterà a sviare il discorso.
«Poi possiamo parlare».
Due
frettolose cucchiaiate più tardi, suo cugino gli chiede che
lavoro avrebbe voluto fare e perché non lo fa.
Draco
sospira. Un lavoro… non è che ci abbia mai pensato davvero. I Malfoy
non hanno bisogno di lavorare; l’oro custodito nella loro camera blindata alla
Gringott è abbastanza da garantirgli un’intera vita nel lusso senza che muova
un dito.
«Alla
tua età sarei voluto diventare un giocatore di Quidditch» racconta,
osservandolo. I suoi capelli si sono finalmente fissati in un groviglio di
ricci biondi e blu.
«Figooo»
commenta il bambino, gli occhi che brillano. Prende un’altra cucchiaiata. «Poi
cos’è successo?»
Di
tutto.
«Semplicemente,
non ero bravo abbastanza».
«Aaaaah».
Teddy non lo dice, ma è palesemente deluso. Rimesta pensosamente la zuppa,
senza dire niente per un po’.
«E
tu?» domanda Draco, decidendosi a spezzare lui il silenzio. «Sai già che cosa
vorresti fare da grande?»
Teddy
non esita un attimo: gli brillano di nuovo gli occhi. «Certo! Sarò un Auror
come mamma e papà» afferma convinto, «e zio Harry».
Draco
fa una smorfia. Pensa che se i suoi genitori fossero morti combattendo l’ultima
cosa che vorrebbe fare sarebbe seguirne le orme, ma sceglie di tacere.
«Tu
non vorresti essere un Auror?» lo incalza il bambino, dopo aver ingoiato
l’ultimo sorso di zuppa.
Gli
viene da ridere – solo un bambino potrebbe proporre quel
mestiere proprio a lui. «No» risponde, neutro, «non
credo che faccia per me».
«Perché?»
Incrocia
il suo sguardo; il blu ha conquistato quasi del tutto la chioma ribelle ora.
«Non
vorrei mettere in imbarazzo Pott— tuo zio Harry» asserisce, aprendosi in un
ghigno sarcastico. «Sai, sono molto più bravo di lui in queste cose».
Lo
sguardo di Teddy si fa ammirato e Draco avverte un accenno di senso di colpa – solo una punta, però.
«È
tardi» si affretta a dire, controllando l’orologio da parete – e in effetti lo
è davvero. «Devo metterti a letto».
«Ma
non abbiamo trovato il tuo lavoro ideale!» protesta energicamente il bambino.
Draco
si alza. Non si era reso conto che trovargli
un lavoro fosse diventato il tema di
quella serata. «Possiamo pensarci mentre ti prepari per dormire» decreta, guidandolo
di sopra. Teddy lo segue inaspettatamente docile, assorto in chissà quali
profondi pensieri. Draco è quasi curioso di scoprire quale improbabile mestiere
sceglierà di affibbiargli.
«Zio
Draco» lo chiama, una volta a letto. «Ti piacerebbe fare il cameriere?»
Se
glielo chiedesse chiunque altro, Draco si offenderebbe – a ragione, perché si tratterebbe
quasi certamente di una presa in giro.
Ma
a chiederglielo è stato un ingenuo bambino di otto anni nonché suo cugino, e
Draco ride. Ride come non fa da tempo, chiedendosi cosa possa aver suggerito un’idea simile al piccolo
Teddy.
«Certo»
risponde, ridendo ancora. «Cosa posso portarti la prossima volta, caro
cliente?»
«Una
scopa!» esclama subito il bambino. «La mia è vecchissima, ma voglio diventare
davvero bravo a volare».
«Non
penso che un cameriere possa accontentarti» replica Draco, incuriosito dalla
risposta. «Zio Draco forse sì, ma solo se ora fai il bravo e dormi».
«Non
voglio» borbotta Teddy, ma vedendo il sopracciglio inarcato del più grande si
zittisce; spera davvero di ottenere un manico di scopa, probabilmente. E in
realtà Draco ha una mezza idea di accontentarlo; a che servono tutti i suoi
soldi, se non può neanche viziare l’unico – al
momento – bambino presente nella sua
vita?
«Ora
vado di là» spiega, accennando al salone. «Se hai bisogno svegliami, d’accordo?»
Teddy
annuisce con uno sbadiglio. Inizia a essere stanco.
Draco,
che si era chinato accanto al letto, si rialza. Sulla soglia della stanza si
gira un’ultima volta verso di lui; «Buonanotte, Teddy».
«Zio
Draco, zio Draco!»
«Teddy,
lascialo dormire! Sembra stanchissimo».
Draco
socchiude gli occhi. La voce femminile che ha appena sentito dev’essere… la
Weasley? Sono tornati.
Ha
dormito sul divano per rimanere a disposizione di Teddy tutta la notte, ma
inizia a pentirsi della scelta; ha faticato a chiudere occhio e ora gli fa male
la schiena.
«Ma
zia, l’ho trovato!»
La
voce squillante di Teddy contribuisce a svegliarlo del tutto.
«Che
cosa, tesoro?»
«Un
lavoro per zio Draco!»
Spalanca
gli occhi e si rialza, più preoccupato che curioso per quel che potrebbe dire
il bambino. Non sono più soli.
«Suona
interessante, Teddy» arriva stavolta una voce maschile fin troppo familiare.
Draco
si volta. Teddy e Ginevra Weasley sono in mezzo alla stanza, Potter li osserva
dalla soglia.
«Zio
Draco!» esclama Teddy rivolgendosi a lui: l’ha visto. «Saresti perfetto come babysitter!»
La
parola rimbomba nel soggiorno, pietrificandolo dov’è.
A
rompere il silenzio che consegue è la rumorosa risata di Potter.
«Sei
sistemato, Malfoy».
Quasi
quasi preferiva il cameriere.
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Capitolo 12 *** Bagnoschiuma (T + L) ***
Bagnoschiuma
Bagnoschiuma.
«Zio!».
Draco
aspetta un po’ a reagire. Conta fino a dieci, ma al termine Teddy è ancora
avvinghiato a lui. «…Teddy» inizia, cercando di mantenere un tono neutro. «Cosa
stai facendo?»
Il
bambino strofina la faccia sul suo maglione, poi finalmente si stacca. «Hai un
buon odore» dice soltanto, esibendo un sorriso sdentato.
Draco
lo fissa stupito per un po’, prima di ricordare che quella mattina ha sperimentato
il bagnoschiuma regalatogli da Luna. Avvampa, sentendosi colto in flagrante –
illogicamente.
«Rimani
per cena, Draco?» domanda Andromeda dal soggiorno, salvandolo.
«Non
posso» risponde, voltandosi verso di lei. «Ho un impegno più tardi, ma ci
tenevo a passare per lasciare questo». Tende un pacchetto al bambino, che lo
scarta immediatamente.
«Non—
avresti dovuto aspettare», protesta debolmente.
Ma,
in ogni caso, si attendeva una reazione diversa. Teddy osserva il “manuale
illustrato per giovani maghi” e sembra… scettico.
Draco
è perplesso. Il commesso del Ghirigoro gli ha assicurato che quel libro piace tantissimo ai bambini. «Cosa
c’è che non va?»
Teddy
lo fissa mettendo su il broncio. «È per bambini» scandisce, con l’aria di chi sottolinea qualcosa
di ovvio. «Io sono grande! Voglio cose da adulti!»
Andromeda
ride e si ritira nell’altra stanza scuotendo la testa.
Draco
resta, incredulo e solo, a sostenere lo sguardo del cugino.
«Sono
grande, zio Draco» ripete il bambino, continuando a guardarlo ostinato.
«Certo»
concede alla fine, con malcelato scetticismo che però, sul momento, Teddy non
nota. «Ti porterò un regalo da
adulto la prossima volta, allora».
Gli
occhi – verdi, per il momento – di Teddy brillano, e Draco si chiede se esista
un manuale su come
gestire i bambini.
«Sei
venuto, zio Draco! E c’è anche zia Luna!»
Teddy
corre incontro ai due adulti che si sono appena materializzati nel giardino
decorato a festa. Ci sono vari tavoli pieni di cibo, e qualche altro bambino,
ma l’attenzione del festeggiato si dirotta verso ogni ultimo arrivato – e ciò che porta.
«Ciao,
Teddy» saluta Luna, passandogli una mano tra i capelli arruffati.
Il
bambino la lascia fare, ma il suo sguardo carico d’aspettativa si orienta verso
l’uomo al suo fianco.
Draco
gli sorride. «Tanti auguri, ometto» dice, porgendogli un pacco regalo.
Teddy
lo prende, emozionatissimo. Il pacco ha una forma insolita; non è un libro, di sicuro. I suoi capelli iniziano a mutare,
mentre cerca di indovinarne il contenuto prima ancora di aprirlo.
Quando
finalmente ci riesce, però, si trova a osservarlo interdetto.
«Ti
piace, Teddy?» domanda Luna, chinandosi accanto a lui. «Draco mi ha detto che l’hai
apprezzato. Lo preparo io, sai? Tra le varie cose dovrebbe tenere lontani i
gorgosprizzi».
Teddy
passa lo sguardo da lei al flacone, senza dire nulla.
Luna
gli sorride e si rialza, distratta da Ginny che si è avvicinata per salutarla.
Draco
si avvicina con fare cospiratorio. «Ti piace questo regalo da adulti?» chiede, divertito. «Forse dovresti sapere che
gli adulti sono un po’ noiosi, Teddy. Ma almeno» afferma, indicando il
bagnoschiuma, «di questo ti piaceva l’odore».
Gli
scompiglia i capelli a sua volta, prima di venire coinvolto in una
conversazione con altri invitati.
Teddy
studia il regalo. L’odore è buono, ma… se
diventare adulti significa questo, preferisce restare bambino ancora per un po’.
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Capitolo 13 *** Piatto preferito (A) ***
Eton Mess
Piatto
preferito.
Non
ha mai avuto un piatto preferito, prima.
Né
ha mai visto sua madre cucinare: a Villa Malfoy la preparazione dei
pasti è
sempre spettata agli elfi domestici, anche nei momenti più
bui.
Quando
Astoria gli ha detto di volerci pensare lei stessa e gli ha chiesto
cosa
preferisse mangiare, quindi, non è stato in grado di formare
un pensiero
coerente ma ha potuto soltanto aprire la bocca in confusione.
«Mia
madre cucinava, ogni tanto» gli spiega lei, sorridendo
comprensiva. «Lo trovava
rilassante. Mi ha insegnato qualche trucco».
Riesce
finalmente a chiudere la bocca. «Ah, capisco»
mormora, anche se non è del tutto
vero. Una donna Purosangue che si prepara da sé il cibo
è un’immagine difficile
da visualizzare, estranea.
«Quindi
non hai un piatto preferito?» chiede Astoria, un lampo di
curiosità negli occhi.
«Dovremo trovarlo insieme, allora!»
Da
quel momento Astoria gli ha preparato qualcosa di diverso ogni giorno:
alcuni
piatti le riescono bene, altri non del tutto, ma Draco si scopre ad
amarli ogni
volta. Non ce n’è, però, nessuno che
spicchi davvero – non finché un giorno
d’estate Astoria
non rientra con delle fragole fresche di raccolto e si dirige subito in
cucina,
rivolgendo solo un saluto veloce a Scorpius.
«Hai
fatto arrabbiare mamma, papà?»
«Come
ti viene in mente?» Draco è sorpreso dalla domanda
improvvisa, ma non
preoccupato: ha riconosciuto il lampo creativo negli occhi della
moglie.
«Piuttosto» dice, sporgendosi sul tavolo per
osservare i disegni del figlio,
«ti va di fare merenda?»
Scorpius
ci pensa un po’, prima di accettare la proposta e mettere via gli strumenti
da disegno.
Vengono
presto raggiunti da una sorridente Astoria: tre
coppe di
cristallo levitano davanti a lei. Le fa scendere sul tavolino, una per
ognuno.
All’interno
delle coppe Draco riconosce le fragole, immerse in qualcosa di bianco.
«Eton
Mess» dichiara Astoria, evidentemente soddisfatta.
«È un dolce inglese abbastanza
semplice, ma elegante – buonissimo»
aggiunge, strizzando l’occhio a Scorpius. Poi
passa loro i cucchiaini, e inaugura per prima il dolce.
Lui
e Scorpius sono seduti al tavolo, in silenzio. Davanti a loro due Eton
Mess,
con le meringhe intatte e le fragole tagliate in modo grossolano.
«Mamma
mischiava le meringhe nella panna» riflette Scorpius, quasi
distrattamente, assaggiando.
Già.
Come ha potuto dimenticarlo? Ha rinunciato a
mangiarlo così a lungo… quasi
non ne ricorda più il sapore,
tuttavia non riesce a far altro che fissare la coppa immacolata.
«Però
è davvero buono, papà» continua il
ragazzo, «dovresti provarlo».
Draco
tentenna. Incrocia lo sguardo del figlio, che accenna un sorriso
incoraggiante,
e scuote la testa. Esitare oltre sarebbe veramente sciocco. Impugna il
cucchiaino e l’affonda, finalmente, nella panna.
Lo
porta alla bocca una, due, tre volte – finché non
è vuota.
Gli
era mancato. Scorpius non ha ancora finito, ma Draco gli spia sul volto
un’espressione
che, suppone, somiglia molto alla sua.
Non
è tristezza, non più – il dolore si
è addolcito in nostalgia.
«Dovremmo
farlo più spesso» mormora dopo un po’.
«Lei ne sarebbe contenta. Era il nostro
piatto preferito, in fondo».
NdA
“Sto
scrivendo troppo fluff/comico, domani si torna
all’angst!”
Ecco,
questo non è nemmeno vero e proprio angst {malinconico,
direi?}, ma scrivendo
la conclusione quasi quasi piangevo da sola quindi direi che
può anche bastare.
Passando
alle cose importanti: ringrazio sentitamente Amethyst Sapphyre,
alias la mia consulente
culinaria,
che alla mia richiesta di un “cibo semplice ma
raffinato, possibilmente inglese” mi ha raccontato
dell’Eton Mess che, beh, si è dimostrato perfetto per quel che avevo in mente.
È
veramente semplice, anche da preparare: consiste di panna montata,
fragole e
meringhe. Ho cercato la ricetta e in uno dei siti suggerivano di
sbriciolare la
meringa per mischiarla alla panna, magari in tocchi abbastanza grandi
perché si
sentissero comunque; in molte foto invece delle piccole meringhe erano
chiaramente
visibili in superficie.
Alla
fine non l’ho specificato, perché temo per
l’IC di Draco (?), ma nella mia idea
è proprio lui
a preparare il dolce per sé e Scorpius alla fine!
In memoria di Astoria. {Anche per questo le fragole sono tagliate grossolanamente}.
Se però non ce lo vedete per qualsiasi motivo
potete tranquillamente immaginare che l'abbia commissionato a qualche
abile
mago pasticciere o qualcosa del genere, è abbastanza
indifferente.
Spero
che, in ogni caso, abbiate apprezzato la flash.
Grazie
per aver letto!
Mari
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Capitolo 14 *** Vita (!) ***
Vita
Vita.
«Combatti
con noi».
Lui,
combattere con qualcuno?
Ha sempre combattuto dietro (compagni più grossi) o per (Lord Voldemort), mai con. Alla pari.
Gli
viene da ridere, ma non lo fa.
Quasi
si aspetta che da un momento all’altro sia Paciock a prorompere in una risata (amara, crudele) e dire che, com’è ovvio, scherzava – non avviene.
«È
una presa in giro?» domanda, rigido.
Non
lo è, lo capisce dal fuoco freddo negli occhi dell’altro; Paciock non
risponde.
«Mi
stai chiedendo di cambiare
vita, Paciock!» sbotta la terza sera che si vede
reiterare l’invito. Non può semplicemente lasciarlo in pace? Si sente già
abbastanza patetico da sé, senza che glielo facciano pesare. «Non è così
semplice» aggiunge, scosso, fuggendone lo sguardo.
«L’abbiamo
fatto tutti». Neville assume il tono di chi afferma l’ovvio. «O pensi che noi
Grifondoro affrontassimo una guerra così, tra una lezione e l’altra?»
Se ne va, lasciandolo a riflettere, contento di quell'ultima provocazione.
Entra
nella stanza a testa bassa, facendo del suo meglio per evitare Potter e Weasley
(Granger non è lì). Stranamente Paciock è seduto sul lato opposto al loro,
così Draco si affretta a raggiungerlo e si siede al suo fianco ignorando ogni
sguardo.
Dopo
pochi attimi di silenzio, la discussione riprende.
«Sei
venuto» bisbiglia Neville, fin troppo soddisfatto.
Che
dovrebbe dirgli, che se la sua vita deve cambiare in ogni caso allora per una volta preferisce assumerne il controllo senza mettersi
alla cieca in mano ad altri?
Non
ha dimenticato lo shock di vedersi voltare le spalle da Tiger, il panico per una certezza che crolla. Non accadrà più, non deve accadere.
«Mi
annoiavo» mormora, scrollando le spalle.
«Non
è un gioco, Malfoy».
Draco
ghigna amaro. «Lo so».
NdA
In
pratica Draco ha “cambiato vita” in quasi ogni flash di questa raccolta, ma
credo che questa what
if? sia comunque quella che vede, per forza di cose, il
cambiamento maggiore. L’ho quindi recuperata, cogliendo al balzo l’occasione di
approfondire la situazione presentata in “Coinquilino” – spero che non vi sia
parsa un’inutile ripetizione.
Ah,
una cosa: nonostante sia una what if?, non ho voluto rinunciare a
quello che immagino come un vero e proprio shock per Draco: quando a
fine settimo Tiger (e Goyle? passivamente?) sfuggono al suo controllo.
Naturalmente in quest'universo quella scena non può
esserci stata, ma ho immaginato che ce ne fosse una simile (qualcosa
come Tiger che gli urla che lui e suo padre non valgono più
niente e si rifiuta di fare la guardia sotto Polisucco verso la fine
del sesto, magari, o che gli volta le spalle quando lo vede scappare
alla fine).
Grazie
per aver letto, un bacio!
Mari
|
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Capitolo 15 *** Scuola ***
Scuola
Scuola.
Hogwarts.
Osservare
il castello adesso è strano, o meglio, straniante.
Gli
appare incredibilmente diverso da com’era quando lo frequentava.
Ricorda
le corse per arrivare in orario a lezione, ricorda gli scherzi, i giochi –
ricorda Pansy, Blaise, Tiger e Goyle… persino Potter, Granger e Weasley.
I
muri del ricordo, tuttavia, non coincidono con quelli reali.
Draco
sa che è un’impressione, che non sono i muri a essere
cambiati – alcuni lo sono, dopo
la guerra, ma non è certo in grado di dirlo – né i corridoi a essere diversi.
Ha
frequentato quei luoghi da bambino, li ha traditi da ragazzo – c’è tornato da
adulto.
Non
è Hogwarts a essere cambiata, è
lui.
NdA
Sorprendendo
prima di tutto me stessa, pubblico sullo scadere del tempo questa drabble. Sono
110 parole precise, riesco a dilungarmi anche nella brevità :”)
Quando
ho letto per la prima volta il prompt Scuola ho subito pensato a Durmstrang, ma
ho già sfruttato questo tema in un’altra flash (Lingua) e non ho voluto
ripetermi.
Ho
scritto una flash in Detective Conan sempre su questo prompt, ma mi dispiaceva
saltare un giorno in questa raccolta e dunque eccoci qui.
Spero
che il risultato sia decente!
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Capitolo 16 *** Passato (T) ***
Passato
Passato.
Sente
un tonfo, un gridolino soffocato, poi nulla.
«Teddy?»
Draco
attraversa due stanze e si affaccia nel corridoio, trovando finalmente il
bambino. È a terra, gli dà le spalle. Si avvicina. «Stai bene?» domanda,
preoccupato.
Solo
allora nota i cocci sul pavimento.
Teddy
si volta verso di lui, gli occhi arrossati da lacrime che si sforza di
trattenere.
«Ho
rotto il vaso preferito di nonna» singhiozza. «Mi è caduto in testa».
Questo
spiega il bernoccolo sulla fronte, ma non i graffi sulle mani.
«Hai…
provato ad aggiustarlo?» ipotizza, osservandoli critico. Il bambino annuisce. Senza
un’altra parola lo solleva, prendendolo in braccio, e lo porta in cucina per
medicarlo.
Teddy
non trattiene uno strillo, quando Draco gli passa il disinfettante – appellato rapidamente
insieme ai cerotti – sulle ferite.
«Puoi
piangere, se vuoi».
Teddy
scuote con forza la testa. «No» dice, «voglio essere forte».
Draco
incontra il suo sguardo. «Non c’è niente di male nel pianto» mormora, serio. «A
volte è uno sfogo necessario – l’unico
possibile».
Si
rende conto di quel che ha detto vedendo gli occhi spalancati del più piccolo.
Forza un sorriso e gli scompiglia i capelli; ha finito di medicarlo.
«Piangere
non ti renderà debole, ometto» aggiunge in fretta. «Piuttosto, stai bene ora?»
Teddy
annuisce in silenzio, tenendo gli occhi bassi. «Nonna amava tanto quel vaso»
afferma. «Si arrabbierà molto. Non avrei dovuto giocare
qui».
«Non
avresti dovuto, no» incalza Draco, ripensando al colpo che gli è venuto trovandolo
a terra. «Ma non è la fine del mondo» conclude, cercando di suonare incoraggiante. Vedere Teddy così
triste e scoraggiato è strano; non gli piace per niente.
«Vorrei
non averlo fatto» mormora Teddy. Poi, di scatto, alza la testa e punta gli
occhi in quelli dell’uomo. «Vorrei poter cambiare il passato! Tu hai mai fatto
un errore, zio Draco? Hai mai desiderato tornare indietro per mettere a posto le
cose?»
Se
ha mai…?
Draco
sbarra gli occhi, colto del tutto alla sprovvista. «Ho fatto molti errori, Teddy» risponde, lentamente. La mano scatta a stringere il
braccio sinistro.
Teddy
emette un’esclamazione comprensiva. «Non devi vergognarti del tuo strano tatuaggio, zio»
dichiara convinto. «Non l’ho mai visto bene ma sì, sembrava un po’ brutto, però
non fa niente, non è importante».
Se
possibile queste parole lo spiazzano ancora di più. È sempre molto attento a
non scoprire il Marchio, ma evidentemente non lo è stato abbastanza. Sa che il bambino non parlerebbe in questo modo se sapesse cosa significa
veramente, ma sentirglielo dire è comunque bello. Com’è passato da consolatore
a consolato? Sorride, stavolta con più sincerità. Teddy
a volte gli ricorda Luna; anche con
lei ha parlato di cambiare
il passato.
«Hai
ragione, è molto brutto. Vorrei non averlo mai fatto» afferma. «Però no, non cambierei il passato se potessi. È più difficile, ma gli errori
vanno affrontati, non cancellati; non si può fare».
Teddy
ascolta attento, ma si intristisce sentendo la fine.
«Dai,
vieni. Andiamo ad affrontare il tuo errore» lo incoraggia Draco.
Raggiungono
insieme il corridoio.
«Devo
scusarmi con nonna Andromeda» dice Teddy, amareggiato, osservando le conseguenze
del suo misfatto.
«Ci
sono errori più gravi di altri» sentenzia Draco, puntando la bacchetta sui pezzi
del vaso. «Reparo».
Teddy
sembra non credere ai suoi occhi quando il vaso di Andromeda riappare, intatto,
di fronte a loro.
«Su,
rimettilo a posto» lo esorta Draco, soddisfatto. «Per stavolta non dirò
niente».
Il
bambino lo guarda confuso. «Ma… gli errori da affrontare…»
Draco
gli strizza l’occhio. «Puoi affrontarlo imparando da questa esperienza»,
decreta. «Sai, Teddy, tuo zio è Serpeverde: sa
tenere un segreto».
Teddy
ride e l’abbraccia di slancio – lacrima di nuovo, ma di sollievo.
«Ti
voglio bene, zio Draco».
NdA
…here we go again! Stavolta un po’ più angst, ma tutto è bene quel che
finisce bene (?). I riferimenti impliciti al sesto libro si sprecano, qui.
Avrei
potuto scrivere “direttamente” la conversazione tra Draco e Luna su come non si
possa cambiare il passato, ma mi è piaciuto di più ritirare fuori Teddy ❤
C’è
poco da fare, Draco ormai è proprio un bravo babysitter.
Mi
dileguo!
Grazie
per aver letto!
|
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Capitolo 17 *** Diventare adulto (P) ***
Diventare adulto
Diventare
adulto.
Draco
ghigna malizioso. «Ti si vede spesso nei sotterranei ultimamente, Prefetto».
La
ragazza gli rivolge uno sguardo seccato. «Non ti riguarda» commenta soltanto.
«No,
certo» replica lui, divertito. «Riguarda solo te e quel Weasley… Peter o come
si chiama… anche lui viene sempre qui sotto, per qualche ragione».
La
Corvonero arrossisce di colpo nel sentire quel nome; non riesce a trattenere un
“Percy” borbottato. Si ricompone in fretta, però, e lo supera. «Cresci un po’,
Malfoy».
Gli
gira la testa.
«È
stato a dir poco ridicolo». Penelope Light scandisce bene l’ultima parola.
Draco
sbuffa irritato e rivolge uno sguardo torvo al Prefetto. «Ti ho vista
stamattina, tutta eccitata per quella stupida scopa» sibila freddo. «Cosa
volevi fare, sabotarla?»
La
Corvonero scuote la testa. «La Firebolt è una scopa magnifica» dichiara, «ma
avremmo potuto vincere lealmente, forse, se tu e i tuoi amici non aveste distratto il
nostro Cercatore nel momento più critico!»
Lo
sguardo spiazzato del Serpeverde le suggerisce di essersi scaldata un po’
troppo. Tossicchia imbarazzata. «Insomma, Malfoy» riprende con tono severo.
«Spero proprio che la punizione ti insegni qualcosa. Quando ti deciderai a
crescere?»
Penelope
Light è noiosa, pensa Draco
seccato – come se non ci avesse pensato più che a sufficienza la McGranitt, a
fargli la predica. Tutti
a difendere il povero, piccolo Potter.
Tiger
è morto. Il giorno prima non ha davvero avuto il tempo di metabolizzare gli
avvenimenti, ma adesso è solo in mezzo alla Sala Grande in rovina mentre i suoi
genitori vengono interrogati dagli Auror. Non riesce a star fermo: cammina
nervoso cercando di non guardare nessuno, perché ovunque gli sembra di
riconoscere volti – non amici e non nemici, ma comunque troppo pallidi.
Infine si
ritrova fuori, in un punto meno affollato. L’aria mattutina gli
punge il viso; finalmente respira.
Inspira
ed espira in rapida successione, come se la sua vita dipendesse da quello.
Vorrebbe solo che tutto finisse, che il dolore sparisse dal petto – è troppo.
Avverte
dei passi. Si volta; non la riconosce subito. I ricci biondi raccolti in una
coda e la bacchetta in mano, Penelope Light si ferma poco distante da lui. «Sei
ferito?» domanda, ma Draco scuote subito la testa: non
è importante.
«È
questo che significa crescere?» chiede invece, fissandola quasi con rabbia. Non è certo del perché, ma ricorda bene le
continue esortazioni che l’ex Prefetto era solita rivolgergli.
«”Questo”?»
ripete Penelope, ricambiando scettica lo sguardo.
«Se
significa soffrire così tanto» riprende Draco, senza spiegarsi, «preferivo non farlo».
Lei
scuote la testa. «No» replica con tono fermo. «Non sei ancora cresciuto».
«Non
mi aspettavo di trovarti qui, Malfoy».
Astoria
dà un’occhiata alla donna davanti a loro, poi si volge curiosa verso Draco.
Lui
esibisce un sorriso teso. «Cosa posso dire, Prefetto» inizia. «Forse sono finalmente cresciuto».
Penelope
osserva i fiori che porta e sorride.
«Sembra
di sì» afferma semplicemente, prima di salutarli.
«Chi
era?» chiede subito Astoria, con interesse.
Draco
non risponde: sono arrivati.
Poggiano
il loro mazzo – asfodeli
e dalie – in silenzio sul monumento ai
Caduti di Hogwarts. Astoria gli prende la mano e la stringe.
«Sei
stato coraggioso a venire» dice, mentre si allontanano.
Draco
scuote la testa. Non si sente coraggioso – soltanto adulto.
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Capitolo 18 *** Amicizia (!) ***
Amicizia
Amicizia.
«Impedimenta!»
L’incantesimo
di Neville colpisce in pieno il suo avversario; Draco torna in grado di muoversi.
«Attento, Malfoy».
«Expelliarmus!»
Sul
momento non gli è venuto di meglio, ma basta a disarmare il Mangiamorte alle
spalle di Paciock. Neville ne afferra al volo la bacchetta, prima di
schiantarlo.
«Attento,
Paciock» replica ironico.
Hannah
Abbott non l’ha mai guardato negli occhi prima, pur curandolo al rientro dalle
missioni, ma quel giorno lo fissa.
«Applica
questa sulla spalla, due volte al giorno finché non migliora» prescrive,
consegnandogli un flacone.
Draco
lo prende, ma lei non distoglie lo sguardo. «C’è altro?» domanda, spazientito.
Hannah
sembra presa in contropiede, ma si riprende dopo pochi secondi.
«Hai
salvato Neville» mormora alla fine. «È solo… grazie».
Draco
si acciglia. «Dovere» afferma, quasi brusco. Se ne va.
Quel
che è appena successo gli dà fastidio: è stato ringraziato, certo, ma lo stupore che ha scorto negli occhi della Abbott l’ha
ferito. Collabora con l’Ordine da mesi e ha voltato le spalle a Voldemort da
ben più a lungo: quando smetteranno di percepirlo estraneo?
Una
parte di lui suggerisce che merita quel trattamento, ma questo non lo rende più
facile da accettare.
Raggiunge
la stanza del rifugio riservata agli allenamenti e si sfoga prendendo a pugni
un sacco da boxe.
«Non
mi aspettavo di trovarti qui».
Draco
non si volta.
«Che
ti prende? Non sei mai così attivo dopo una missione» incalza Neville,
avvicinandosi.
Assesta
un ultimo pugno, poi si lascia cadere, stanco, contro il muro. Resta in silenzio
per un po’, osservato da Paciock, prima di decidersi a fronteggiarlo.
«Sono
sempre in missione con te» dice.
Neville
alza un sopracciglio. «L’hai notato adesso, Malfoy?» s’informa con una risata. Forse nota l’espressione
estremamente seria di Draco, però, perché si affretta ad aggiungere: «Ammetto
che non lavoriamo male insieme, per strano che sia».
«Generoso»
replica Draco ironico, «considerando che ti ho salvato da Dolohov solo poche
ore fa».
«E
io ti ho liberato da Rowle» ribatte pronto l’altro. «Funziona così in squadra,
di solito. Si può sapere che ti prende?»
Già,
che gli prende? Draco sospira pesantemente. «È una sciocchezza» ammette, deviando
lo sguardo a terra. «Solo…» Esita. «Facciamo squadra fissa perché nessun altro
si fida di me?»
«Ti
stupirebbe?»
Si
rende conto di quel che ha appena detto e si dà mentalmente dell’idiota. Rifila
un’occhiata torva al partner. «Non dovresti consolarmi, Paciock?» chiede con uno
sbuffo ironico. «Sei tragico come collega, lasciamelo dire».
«Hai
sempre avuto una vena teatrale» commenta Neville, divertito. «Facciamo squadra
fissa perché funzioniamo» riprende poi, con più serietà. «Tutto qui».
«Sono
dotato, sì. A scuola facevo imitazioni stupende, ridevano sempre tutti».
«Ora
non montarti la testa, non era un complimento».
«Se
lo dici tu». Draco si rialza. Si sente un po’ più leggero, anche se sa che le
occhiate scettiche continueranno a esserci – non
da Paciock, però.
«Non
è difficile far ridere chi ti sta intorno, se hai Tiger e Goyle come amici».
«Questo
è un colpo basso» afferma, fingendo un’espressione ferita. «Ero davvero divertente».
«No,
affatto» insiste Paciock, esibendo un sorriso irritante. «Dei veri amici te l’avrebbero fatto notare».
Draco
non risponde, stavolta, non subito. Neville inizia a chiedersi se non ha esagerato
giusto un po’, scherzando su un argomento ancora scottante,
quando il silenzio svanisce di nuovo.
«Tu
me lo stai facendo notare» sottolinea Draco, curvando le labbra in un
sorrisetto ironico. «Siamo veri
amici, allora?»
«Non
ti allargare, Malfoy – non ti facevo così sentimentale» replica pronto Neville, ghignando a sua volta. «Piuttosto, basta perdere tempo. Pronto per un breve incontro?»
«Te
la prendi con un uomo stanco, Paciock. Ma certo, sono sempre pronto» concede, mettendosi
in posizione.
«Stupeficium!»,
«Flipendo!»
Draco
e Neville si ritrovano a combattere schiena contro schiena, difendendosi dagli
attacchi incrociati di tre avversari.
Nessuno
dei due manca un colpo, perché entrambi sono certi di avere le spalle protette.
Draco
non è abituato a questo tipo di fiducia, a un rapporto che non si basa sul
timore del suo cognome. Non definirebbe Neville Paciock un amico, ma se dovesse affrontare cento nemici – e fuggire fosse impossibile –
sceglierebbe lui.
Sa
che verrebbe.
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Capitolo 19 *** Vestiti (!) ***
Vestiti
Vestiti.
«Continuo
a pensare che sia un’usanza semplicemente ridicola».
Luna
non batte ciglio, continuando ad armeggiare con la stoffa. «Io lo trovo molto
divertente».
«Pensa
ciò che vuoi, ma ci torna utile» afferma Neville, inserendosi. «Grazie a questi
costumi potremo avvicinarci agli obiettivi senza che ne abbiano il minimo
sospetto!»
«Oppure
potrebbero ucciderci» nota Draco, freddo, «dato che ci fingeremo Babbani e,
sai, i Mangiamorte li odiano».
«Evitare
che la parata di Carnevale si trasformi in una strage è esattamente il nostro obiettivo, Malfoy» replica Neville, niente affatto scoraggiato, «e
travestirci ci aiuterà a farlo senza dare nell’occhio».
Draco
sbuffa, esasperato, ma non ribatte.
«I
vostri sono pronti» comunica Luna, porgendo loro gli abiti. «Qualche ultimo
ritocco e ci sono anch’io. Intanto potete cambiarvi».
Quando
Draco riceve il suo e domanda se sia uno scherzo, l’unica risposta che ottiene
è la risata di Paciock.
Si
sente strano. È dovuto al costume, ma non nel senso che aveva immaginato.
L’abito
che indossa, per quanto semplicemente assurdo e del tutto inadatto all’erede dei Malfoy – se
esserlo contasse ancora qualcosa –, lo fa sentire più libero di quanto non sia
mai stato negli ultimi tre anni. Con quello addosso e solo due persone a sapere
chi c’è sotto la maschera scopre di sentirsi leggero, privato dei pesi che si porta addosso ogni giorno
senza neanche più realizzarlo.
Hannah
Abbott gli offre un biscotto, quando scende nell’atrio – gli altri membri
stanziati lì gli rivolgono occhiate normali, alcuni sorridono per il costume.
Non si è mai sentito così ordinario, per paradossale che sia; improvvisamente
partecipare a un’azione su larga scala, lui che non è abituato a collaborare
con chiunque, diventa una prospettiva auspicabile e non solo da
accettare.
Intorno
a lui varie persone in maschera chiacchierano senza fargli caso e per una volta
non si sente fuori posto in una stanza piena di membri della Resistenza.
Se
avesse saputo che sarebbe bastato cambiare vestito per integrarsi… non l’avrebbe mai fatto, ma l’idea lo fa sorridere comunque.
«Spero
che tu non stia ancora brontolando sul costume che ti è toccato» dice una voce
alle sue spalle. Non scoppiare a ridere è difficile, intuendo chi è.
«Un
serpente, Paciock? Non sei credibile».
Sente
lo sbuffo del compagno, nonostante la pesante maschera che indossa. «Senti chi
parla».
«Hai
sbagliato festa, carina».
Draco
aggrotta la fronte sentendo Goyle commentare in modo identico a dieci Babbani
prima di lui. Non che gli si possa dar torto: il vestito da zucca sfoggiato da
Luna rimanda decisamente a Halloween, più che a Carnevale – per
quanto le stia bene.
Luna
sorride al Mangiamorte. «Oh, no, sono proprio nel posto giusto» afferma, mentre
Neville scivola alle sue spalle e gli punta la bacchetta alla schiena.
Non
segue il resto, prosegue in cerca del prossimo obiettivo. Realizza con un
brivido che Tiger è probabilmente nei paraggi.
L’operazione
è finita – non hanno preso nessuno di davvero importante, come previsto i festeggiamenti
di Notting Hill hanno attirato solo pesci piccoli desiderosi di divertirsi. Ha
solo intravisto Tiger, prima che scappasse.
«Bel
lavoro oggi».
Non
ha notato Luna arrivargli alle spalle, ma ormai è abituato – non sobbalza più.
«Hai
scelto la zucca per distrarre meglio?» chiede, curioso.
Lei
gli sorride. «No, perché mi piace» risponde. «Non mi sta bene?»
Non
c’è malizia nella domanda, altra cosa a cui Draco ha iniziato ad abituarsi solo
di recente. «Ti dona, l’arancione».
«Di
che parlate?» s’intromette Neville, affiancandoli. Si è già cambiato; Draco non
si stupirebbe scoprendo che ha bruciato l’abito da serpente.
«A
Draco piace il mio costume» annuncia allegramente Luna.
Neville
ghigna. «Gli piace anche il suo, visto che continua a indossarlo».
Assume
un’espressione oltraggiata. «Non l’avrei mai indossato di mia volontà» sottolinea.
«Ma non è poi così male, suppongo» aggiunge, sbirciando verso Luna con la coda
dell’occhio. Non sembra essersi offesa.
«Ti
piace proprio, allora».
Draco
lancia un ultimo sguardo all’abito decorato a squame e accenna un sorriso. «Torno
al verde-argento» dichiara, più a sé stesso che agli altri due, avviandosi.
Conserverà
un bel ricordo, però, dell’unica giornata in cui è stato un drago.
NdA
La
mia prima idea prevedeva sempre quest’ambientazione, ma era ben diversa – Luna che
creava delle uniformi uguali per tutti e Draco così si sentiva più “integrato”,
che poi è un po’ quel che succede qui ma declinato con il tema della maschera.
La
seconda idea invece coinvolgeva Teddy (e Luna) e sempre una festa in maschera.
Tremendamente
indecisa sulle due, alla fine sono piombata qui.
Luna
si è ufficialmente unita a quest’ambientazione! 💙
Una
nota tecnica: ho cercato notizie sui festeggiamenti inglesi del Carnevale e
stando a quanto ho trovato l’unico luogo in cui viene celebrato è Londra, nel
quartiere di Notting Hill, con un evento con maschere, musica e danza. Un
raduno di Babbani che qui viene preso di mira da alcuni Mangiamorte di minor
importanza.
Spero
si sia capito, ma per quanto il prompt fosse sul cambiare
vestiti, qui a essere importante non
è il “vestito” in sé. Ho scelto il costume di un drago perché mi divertiva l’idea,
ma avrebbe potuto essere più o meno qualsiasi altra cosa, perché qui il punto è
come lo fa sentire allontanarsi dai soliti
abiti, materiali e non solo –
perché insieme agli abiti eleganti porta anche il peso di chi è, peso che può
momentaneamente accantonare grazie a una maschera.
Amo
la bromance di Neville e Draco, ma immaginare una squadra con loro e Luna è oltre. Io mi sto divertendo tantissimo con questa what-if che pian piano si
espande, spero che risulti piacevole anche da leggere.
Mi
dileguo! Grazie per essere giunti fino a qui!
Mari
|
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Capitolo 20 *** Credo ***
Credo
Credo
Suo padre schiocca la lingua, chiaramente infastidito.
Draco non gli ha mai visto mostrare quell’espressione in pubblico: è un lusso
che si concede solo con la famiglia. Volta una pagina del
giornale.
«Il Ministro è un buffone» commenta tra i denti. «Queste
politiche a favore dei Babbani non lo porteranno da nessuna parte».
Draco annuisce. Ha cinque anni e non sa nulla della politica
di cui parla sempre suo padre, ma sa – Lucius gli ha insegnato poco altro – che
i Babbani sono disgustosi.
Non chiede il motivo: suo padre lo crede, dev’essere vero.
Omicidio è
una bella parola: facile, lontana.
Ha visto una donna
morire davanti ai suoi occhi per la sola colpa di non essere disgustata dai
Babbani. L’ha vista pregare inutilmente.
Ha visto il suo corpo
privo di vita cadere sul tavolo e non è riuscito a credere che lo meritasse.
È nella sua stanza e
trema, rannicchiato sul letto. Pensa che gli occhi spenti di Charity Burbage lo
tormenteranno a lungo; vorrebbe che non fosse così.
Vorrebbe essere
ancora il bambino che può credere al padre senza porsi domande, ma è un adulto
ormai.
Omicidio è
una realtà in cui non crede più.
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Capitolo 21 *** Ruolo (L) ***
Ruolo
Ruolo.
«Draco?»
Draco è seduto alla
scrivania con un libro davanti. Luna sorride, scorgendone il titolo.
«È stato così traumatico?»
domanda con voce dolce, accovacciandosi al suo fianco.
Quando finalmente si volta
verso di lei appare stupito. «Cosa?»
Lo sguardo di Luna si fa
curioso. «Hai portato Teddy e Scorpius al cinema oggi. Ma non è a questo che
stai pensando, vero?»
Draco sembra riprendersi un
po’. Scuote la testa. «No, quel… fim o come si chiama dimostra che può uscire
qualcosa di positivo anche dai Babbani» dichiara.
Luna si limita a fissarlo,
invitandolo a proseguire.
«È solo…» abbassa lo
sguardo, portandolo nuovamente sul libro. «Mi ha coinvolto più del previsto»
mormora.
Luna annuisce. «Ai ragazzi è
piaciuta?»
«Moltissimo». Non smette di
fissare la copertina su cui è inciso il titolo a grandi lettere argentate.
«Hanno amato gli eroi. Sono usciti cantando una delle canzoni».
«Oh, Teddy dev’essersi
commosso guardando Enjolras e Marius».
Draco si volta di scatto.
«Conosci la storia?»
Luna assente con un sorriso.
«Sì, certo. Ho sempre amato Les Miserables, era uno dei romanzi
preferiti di mia madre».
Dopo
quella rivelazione Draco rimane in silenzio.
«Loro hanno amato gli eroi»
dice Luna, riprendendo le sue parole. «E tu?»
Si fissano negli occhi per un
po’.
«Mi è dispiaciuto per Javert»
ammette infine, a bassa voce. «I ribelli hanno scelto la propria sorte, in un
certo senso. Lui è cresciuto con idee precise e molto forti, e… non ha saputo
abbandonarle. È andato dritto per la sua strada, da solo, l’unica che
vedesse» spiega, senza notare il progressivo alzarsi della voce. Infine, gli
occhi ancora puntati in quelli di Luna, la riabbassa di colpo. «Mi ci
sono rivisto» sussurra.
«Oh, Draco».
«Scorpius è stato contento
quando è morto, sai?» riprende Draco, forzando un sorriso. «Una fine degna del cattivo».
Luna sorride comprensiva.
«Scorpius ha sei anni» sottolinea, prendendogli una mano. «È normale che veda i
personaggi in bianco e nero. Oh, è questo a tormentarti?» chiede, sapendo
già la risposta. Gli sfiora una guancia con l’altra mano, impedendogli di
deviare lo sguardo. «Io non credo che Javert sia cattivo. Chiuso di mente, sì.
Ma pensaci: se al posto di Valjean ci fosse qualcuno di veramente pericoloso,
Javert sarebbe l’eroe».
Draco ride. «Forse non siamo
così simili, allora. Io di certo non sono un eroe».
Il sorriso di Luna non
vacilla. «No, non penso che tu sia come Javert in effetti» afferma,
sorprendendolo. Gli lascia la mano e si allontana di qualche passo, lasciando
vagare lo sguardo sugli scaffali della biblioteca.
«No?» domanda, a metà tra
scetticismo e curiosità. «Che ruolo mi daresti? Forse Marius, che sopravvive ai
suoi amici e si lascia consolare da Cosette?»
Luna scuote la testa,
divertita. «Oh, no, non Marius» risponde. «Restando su questi personaggi, direi
che mi ricordi Jean Valjean. Il criminale che va avanti e si redime».
Guarda di nuovo verso di
lui, ora.
«Ah». Draco riflette un po’,
poi ride piano. «Sei l’unica disposta ad assegnarmi il protagonista, sospetto».
Luna si riavvicina. «Non ti
basta?» domanda, quasi sfidandolo.
«Non potrei essere più
fortunato» afferma, sfiorandole le labbra – un bacio leggero, grato,
perché quando il passato torna a far sentire il suo peso lei è sempre lì ad
alleggerirlo. «Un po’ come Marius» aggiunge, scherzando.
Luna ride. «Se non sei
convinto del tuo ruolo» inizia, trascinandolo al centro della stanza,
«possiamo sempre trovarne un altro. O potremmo scriverlo».
È una proposta che non
sembra così folle, in quel momento – i mille libri intorno a loro non c’entrano.
«D’accordo» accetta,
guardandola negli occhi. «E poi troveremo il tuo. Insieme».
«Insieme» acconsente Luna, con
semplicità.
L’hanno già fatto, in
fondo – lo sanno.
NdA
che cosa ho appena scritto
Salve a tutti!
All’inizio avevo avuto un’idea
molto diversa per questo prompt, una sorta di riflessione generica su Draco e
sui ruoli di protagonista/antagonista. Non mi convinceva molto e un certo
qualcuno (coffLadyPalmacoff) mi ha convinta a spostarmi su
Les Miserables (anche se con premesse un po’ diverse).
Sono molto affezionata a
questo musical (e ho da poco iniziato il romanzo) e proprio con LadyPalma
stiamo lavorando a una storia comica a quattro mani che prevede la messa in
scena del musical a Hogwarts. Marius (“spoiler”) è lì interpretato proprio da
Draco. Les Wizardables
C’è, quindi, questa sorta di
Easter Egg.
Il film del musical è uscito
nel 2012, quindi se i miei calcoli sono esatti Scorpius ha effettivamente sei
anni mentre Teddy dovrebbe stare sui quindici. (fun fact: ho attribuito sei
anni a Scorpius prima di verificare le date, ancora stento a crederci).
Che dire, spero che abbiate
potuto apprezzare la storia.
A domani con un nuovo
prompt!
Mari
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Capitolo 22 *** Sentimento (Pan) ***
Sentimento
Sentimento.
Pansy Parkinson ride alle
sue battute, lo cerca; si fa trovare.
Pansy Parkinson è una Purosangue
che vede il mondo nel modo giusto.
Pansy Parkinson c’è, quando
lui la vuole – non pretende molto, le basta potersi mostrare al suo fianco.
Draco non sa cosa sia l’amore,
ma è soddisfatto per le attenzioni della ragazza.
Pansy Parkinson è appiccicosa
e non lo capisce più.
Pansy Parkinson si crede importante,
ma non ha idea di cosa significhi ricevere un incarico da lui.
Pansy Parkinson c’è, quando
lui non la vuole – lamenta che è cambiato e dovrebbe darle più retta.
Draco non sa cosa sia l’odio,
ma è annoiato dall’ignoranza della ragazza.
NdA
Okay, Pansy non era prevista ma eccoci qui (?).
All’inizio volevo paragonare
Pansy a qualcun altro (Katie), o un’altra idea proprio, ma mancano 15 minuti a
mezzanotte e non mi è venuto niente di meglio. Il paragone con Katie mi sarebbe
venuto un po’ troppo ripetitivo rispetto ad altre cose che ho scritto, o troppo
simile all’unica altra fanfiction in cui ho trovato questo pairing, quindi ho
preferito evitare.
Ah, una cosa importante: io non penso che Draco sappia cosa significhi odiare veramente. Può disprezzare i Mezzosangue perché gliel'hanno insegnato, può avercela con Harry, ma l'odio? Secondo me no.
Un bacio
Mari
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Capitolo 23 *** Abitudine (S) ***
Abitudine
Abitudine.
È già arrivato il momento. (Passano
davvero così in fretta, undici anni?)
Scorpius ha gli occhi che
brillano d’eccitazione; Draco vorrebbe condividerne l’entusiasmo, ma non può
fare a meno di chiedersi che tipo di accoglienza potrà ricevere suo figlio a
Hogwarts. (Non sopporterebbe saperlo infelice.)
Lo raggiunge e lo stringe a
sé. (È un abbraccio goffo, ma sentito; Scorpius presto ricambia.)
Terza partenza, terzo
abbraccio. («Dai, papà, andiamo! Albus sarà già lì».)
«Non sono più un bambino,
papà» protesta Scorpius, imbarazzato. (Ai suoi occhi sì, in fondo.)
Draco sorride, abbracciando
il ragazzo. «Il tempo cambia molte abitudini, ma non tutte». (Mi mancherai,
figliolo.)
NdA
Stavo già partendo in quarta
con le lineette, ma alla fine ho deciso di sperimentare con le parentesi. Un po’
di fluff per Draco, ci sono ricascata ♥ e Scorpius adolescente ribelle,
povero ahah. Non so come sia gestito il prompt, ci ho provato pur tenendomi
stavolta in un non-cambiamento.
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Capitolo 24 *** Occhiali (L) ***
Occhiali
Occhiali.
È un’idea assurda.
Draco deglutisce.
È solo nella stanza – un tentativo
non può far male, no?
Li prende, li indossa… non
succede nulla.
Non esattamente nulla, in
effetti. Il mondo è più colorato ora, ma lui non si sente diverso. Si
guarda intorno: mobili blu, quadri violetti… è tutto così strano.
«Draco, sei qui?»
Sobbalza, voltandosi d’istinto
verso Luna; appare rossa ai suoi occhi. Mentre l’espressione della
ragazza si tinge di sorpresa, ricorda cosa ha indosso e si affretta a rimuovere
gli Spettrocoli presi in prestito. Tossicchia imbarazzato.
«Va tutto bene?» domanda
Luna, curiosa, avvicinandosi.
«Sì» dichiara, cercando di dimostrarsi
convinto. «Volevo solo… vedere se funzionano».
Luna annuisce. «Hai trovato
qualche Gorgosprizzo?»
Ah, giusto, è a quello che
servono.
«No, non credo».
«Oh, è positivo se non ce ne
sono qui» afferma Luna, sorridendo. «Rolf mi ha invitata a una spedizione di
ricerca su di loro, la settimana prossima. Vuoi venire anche tu?»
«Sì» risponde, prima di comprendere
del tutto la proposta.
Vado per rafforzare la mia storia,
si
dice.
Vado perché non voglio
lasciarla sola con Rolf, suggerisce un pensiero fastidioso che si
affretta a scacciare.
«Non credevo ti interessasse
la magizoologia, Malfoy».
Draco sostiene lo sguardo scettico
del ricercatore. «Ne sono appassionato» dichiara, calcando l’ultima
parola. «Quando ho saputo di questa occasione proprio non ho potuto evitare di
unirmi».
Rolf non tenta di celare il
fastidio. «Immagino» borbotta, dandogli le spalle.
Quando l’altro si è allontanato
abbastanza, Draco si concede un sospiro. Che sta facendo?
Si è trovato a desiderare di
poter osservare il mondo come lo vede Luna e per questo ha indossato i suoi
strani occhiali, ma non si aspettava di finire coinvolto in uno dei suoi viaggi
di ricerca con quello. Rolf Scamander non si è macchiato di nessun torto
particolare nei suoi confronti, tolti il ronzare un po’ troppo attorno a Luna e
le dimostrazioni di palese antipatia ogni volta che si unisce a loro; comunque,
gli basta per non sopportarlo.
«Draco!» esclama Luna,
appena arrivata. «Andiamo? Ho una sorpresa per te, ma te la farò vedere più
tardi».
Draco la guarda stupito e un
po’ confuso, ma annuisce in silenzio e si avvia con lei nella direzione presa
da Rolf.
Non “ricercano” molto, quel
pomeriggio. Si limitano a sistemare il campo, approntare strane attrezzature di
cui Draco ignora gli scopi e discutere il programma dei due giorni seguenti.
Dopo cena – consumata
insieme nella tenda principale – Rolf è il primo ad alzarsi. «Domani dovremo
alzarci presto, sarà una giornata faticosa. Andate a letto il prima possibile».
Vuole essere un suggerimento, forse, ma alle orecchie di Draco suona
fastidiosamente simile a un ordine. Ha una mezza idea di restar sveglio – facendo
cosa, non lo sa – al solo scopo di contraddirlo, ma si rende conto di quanto
sia infantile un atteggiamento del genere e riflette che il giorno dopo avrà
bisogno di più energie possibili, probabilmente.
Si è rassegnato all’idea
quando nota che Luna, ferma all’entrata della tenda, lo fissa.
La segue all’esterno,
lontano dalla tenda, nel più totale silenzio. Avverte il fruscio del vento tra le
foglie e lo trova stranamente piacevole: gli trasmette un senso di pace.
Luna si ferma nella radura
dietro al campo che hanno già visto durante il giorno. Ora, rischiarata dalla
sola luce della luna, gli appare del tutto diversa, più… magica.
Vede Luna sedersi a gambe
incrociate sull’erba e la imita.
«Non trovi che sia
bellissimo?» domanda finalmente la ragazza, in un sussurro che si confonde nel
frusciare del vento. Non guarda lui: ha il volto alzato verso il cielo.
Solleva a sua volta lo
sguardo e spalanca la bocca, meravigliato. Non ha mai visto nulla di simile. Nel
blu quasi nero del cielo splendono mille puntini, ognuno di una propria –
diversa – luminosità. Sono stelle, niente di cui meravigliarsi; ha
sempre saputo della loro esistenza, ma non avrebbe detto che fossero così tante.
Se ci pensa, non ricorda di
essersi mai fermato davvero a guardare il cielo di notte. Era lì, ogni singola
notte, ma lui l’ha dato per scontato fino a quel momento.
«Draco?»
Riporta gli occhi su Luna,
ma impiega qualche secondo a staccarli dalla volta stellata.
«Tieni» mormora lei,
porgendogli un pacchetto argentato. Lui lo prende, sorpreso – il suo
compleanno è già passato – e lo apre, rivelando un paio di… occhiali.
«Ti ho fatto un paio di
Spettrocoli speciali» spiega Luna, sorridendo in risposta al suo sguardo
interrogativo. «Sembrano molto ordinari, in effetti, ma ho pensato che
fossero più nel tuo stile. Anche se gli altri ti stavano bene» aggiunge,
sognante.
Draco non trattiene il
sorriso. «Grazie» mormora, ma pensa che non gli servano più.
Luna gli ha già mostrato
come guardare il mondo, senza bisogno di occhiali speciali: basta non darlo
per scontato.
«Grazie» ripete, tornando a
osservare ciò che si era illuso di conoscere.
NdA
Praticamente prima ancora di
pensare davvero al prompt, Maqry e poi anche LadyPalma l’hanno
collegato agli “occhiali di Luna”. Inutile dire che ho colto volentieri il suggerimento!
Mi sono concentrata più sul modo
di vedere che non sugli occhiali, ma personalmente mi piace il risultato
(una volta tantoXD).
Qui Luna e Draco li ho immaginati
ancora in fase d’amicizia {l’ambientazione della prima scena è a libera interpretazione,
personalmente mi limito a immaginare Draco in visita da Luna che si assenta un
attimo per preparare tè, infuso di plimpi o quant’altro}.
E… c’è Rolf. A me Rolf sta
simpatico, anzi mi dispiace che esca da questa OS un po’ in negativo (?), ma trattandosi
del punto di vista di Draco è anche un po’ inevitabile. Non penso che veda bene
il rapporto di Malfoy con Luna, è geloso (e nelle mie storie ha ragione di
esserlo, ooops).
Ammetto che ho una mezza
idea da mesi per una storia in cui Draco si imbuca effettivamente in una
spedizione con Rolf e Luna, ma non so se vedrà mai la luce e la ripropongo qui
più in piccolo.
Spero che abbiate apprezzato
l’OS, alla prossima (domani)!
Mari
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Capitolo 25 *** Posto preferito (K) ***
Posto preferito (Non c'è tempo)
(Posto
preferito.)
Tempo
Rubato
«Perché
tanta
agitazione?»
Draco ama
volare: lo fa
sentire libero.
Alcune mattine
raggiunge il
Campo di Quidditch prima di colazione e si gode lo spazio tutto per lui.
Scopre presto
che qualcun
altro ha avuto la sua idea e incontra lei.
Si guardano
torvi, all’inizio,
e non si rivolgono la parola – non subito.
Zabini alza lo
sguardo, impassibile. «Niente di che. Una ragazza
ferita».
«Non
male, quella
picchiata». Dovrebbe essere un complimento, ma Draco
riconosce il sarcasmo.
«Harry non ha impiegato cinque tentativi per realizzarla,
però». Appunto.
«Fortuna
che ci pensa Potter
a salvare la vostra squadra di incapaci» rimarca.
La ragazza fa
spallucce,
evoca la scopa e parte.
Il cuore salta
un
battito, il pensiero corre a quello.
«Come?» domanda, forzando un tono
neutro.
«Sei
migliorato, Malfoy».
Non riesce a capire se scherzi o meno. «Non
basterà, naturalmente».
«Credi
che mi interessi cosa
pensi tu?» replica, provocatorio.
Lei gli lancia
un’occhiata divertita.
«Abbastanza da rispondere, direi».
«Una
collana
maledetta. Solo una Grifondoro poteva essere così stupida da
cascare in un
simile trucco» commenta Pansy, rimirandosi le unghie.
«Se i
tuoi compagni avessero
un cervello riuscireste anche a vincere, forse».
Draco non
ribatte acidamente
come farebbe con chiunque altro: un po’ perché in
fondo è vero, un po’
perché la provocazione viene da lei. Hanno costruito uno
strano rapporto negli
anni, qualcosa che inizia e finisce in quei voli mattutini.
Altrove fingono
il nulla, ma
non riesce più a vederla né estranea
né nemica. Non sono amici, non
potrebbero – sono soltanto loro. E anche
se non se lo confessa, sono quegli
incontri e non più il volo a rendere il Campo il suo posto
preferito.
Una
Grifondoro. Sussulta
impercettibilmente. Ha fallito –
ovvio. Ci ha mai creduto davvero? Le parole di Pansy gli
rimbombano in
testa, però, e una figura gli invade la mente: una
Grifondoro.
«Non
ti capisco proprio».
È
più fredda del solito, ma
non se ne cura. Sorride beffardo. «Non tormentarti: pochi
possono comprendere i
geni».
Lo sguardo con
cui lo trafigge,
tuttavia, fa più male di quanto sia disposto ad ammettere.
«A volte mi illudo
che tu sia migliore di quel che sembri. Poi
atterriamo e torni a vomitare
meschinerie».
Non sa se
arrabbiarsi o
ridere dell’ingenuità pronunciata dalla
più grande.
«Forse
dovrei ringraziarti
per il promemoria» conclude lei, voltando la scopa verso
terra.
«Chi?»
domanda,
aggressivo. È invaso da rabbia e terrore insieme.
«Torni
sempre».
Lei non
commenta; lo guarda
fisso.
«Ti
diverte insultarmi o non
sei in grado di rinunciare a me, dopotutto?»
La Grifondoro
scuote la
testa. «Ti preferisco quando taci, Malfoy». Si alza
in volo e lui la segue,
soddisfatto.
Non sa definire
il loro
legame, ma ne è certo: lo sentono entrambi.
«Che
importanza ha?»
«Rispondi
e basta»
sibila gelido.
Tronca tutto:
non servono
parole. Solo due sguardi feriti.
«Katie
Bell».
Quel che rimane
del
mondo di Draco si spezza.
«Non
voli più, Malfoy?»
I
suoi occhi bruciano più del Marchio.
«Non
è tempo per noi, Bell».
Non
lo è mai stato.
NdA
…sì,
il prompt del writober
non è proprio presentissimo.
Mi sono lasciata
trascinare
dal prompt “Non è tempo per noi”
dell’iniziativa “A scatola chiusa”
indetta sul
gruppo facebook Caffè e calderotti. {prompt fornito da
Rosmary}.
È una
Draco/Katie diversa da
come la intendo di solito (avvicinamento DOPO l’incidente con
la collana), devo
dire che mi è piaciuto cimentarmi con questo what
if? che spero non risulti
troppo poco credibile.
Le ultime scene
prima del
troncamento le immagino ambientate al quinto anno (Draco insulta
pesantemente
Harry e i Weasley, oltre a coalizzarsi con la Umbridge), quelle
allineate a
destra sono ovviamente
ambientate al
sesto (Draco è in punizione con la McGranitt quando Katie
tocca la collana, ho
immaginato il suo ritorno al dormitorio e il momento in cui viene a
sapere ciò
che è successo).
Inutile dire che
il motivo
per cui “tronca tutto” al sesto è la
missione affidatagli da Voldemort e in
generale il fatto che ha ormai ben altre priorità (tipo
restare vivo).
Questa storia partecipa al contest "Hold my Angst (Flash contest - Edite ed inedite) - Seconda edizione" indetto da BessieB sul forum di EFP.
Ho parlato
abbastanza – grazie
per aver letto!
Un abbraccio.
Mari
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Capitolo 26 *** Famiglia (T) ***
Famiglia
Famiglia.
La
porta si apre. Draco trasalisce nel vedere la donna sulla soglia, non riesce a
impedirselo – le somiglia così tanto.
«Tu
devi essere Draco» afferma, scrutandolo. «Non credevo davvero che saresti venuto».
Draco
si limita ad annuire – può capirlo.
Il silenzio
si protrae finché lei non si scosta per invitarlo a entrare.
«Ne
sei convinto, Draco?»
«Tua
madre sa che sei qui?»
«Non
sono d’accordo».
«Sì»
risponde, dopo una pausa. «Credeva che non sarei stato il benvenuto».
L’ammissione
è seguita da una risata stanca. «Non provo rancore verso un ragazzino che non
ho mai visto. Curiosità, piuttosto. E credo che Cissy lo sappia, in fondo».
«Mi
ha abbandonata, Draco – tradita. È un’estranea, nient’altro».
Curiosità. È
ciò che l’ha spinto a scrivere la lettera, ciò che l’ha guidato fin lì
nonostante la disapprovazione di Narcissa.
La
donna che ha davanti è cresciuta nel suo mondo, ma ha scelto di lasciarlo.
Draco
non comprende cosa l’abbia spinta tra le braccia di un Nato Babbano, ma non gli
interessa: a sembrargli incredibile è che sia stata in grado di scegliere
in una vita dove tutto sembra già deciso, pianificato – nient’altro.
Draco
non sa cosa vuole, non sa se può scegliere, ma la donna dall’altra parte del
tavolo molti anni prima ha trovato il coraggio per farlo.
Ha
una domanda che preme per uscire. Deglutisce, la guarda negli occhi e osa
porla.
«Ti
sei mai pentita?»
Sorprendentemente,
l’espressione altera di Andromeda Black si addolcisce. Somiglia meno a
Bellatrix, ora.
«No»
scandisce, fiera. «Mai».
La
donna che non ha mai imparato a chiamare “zia” si alza. «Resta per cena, vuoi?»
Annuisce
muto, considerando la risposta.
Andromeda
Black ha sposato un Nato Babbano e ne ha avuto una figlia, ma ha perso entrambi.
Draco immaginava una donna sola, forse triste, ma nel rispondere alla sua
domanda lei non ha esitato un istante.
Andromeda
Black non è pentita della sua scelta, affatto.
«Cos’è
che vuoi sapere da lei? Posso risponderti io».
Ma
sua madre non può rispondergli, perché ha fatto scelte del tutto diverse.
«’onna?»
Lo
sguardo gli corre alle scale. Era convinto che fossero soli in casa, ma se lui
è in salotto e sua zia in cucina a chi appartiene la voce che ha appena
sentito?
«Nonna?»
Alla
base delle scale si materializza un bambino. È piccolo, Draco non gli darebbe
più di quattro o cinque anni, e spalanca gli occhi vedendo lo sconosciuto sul
divano.
«Tu
non sei nonna» decide, indicandolo.
Draco
è preso alla sprovvista. Non si aspettava di trovare qualcun altro, tantomeno
un bambino. «No» conferma, incerto.
«E
tu, Draco? Farai da babysitter ai cuccioli?»
Gli
si gela il sangue, ricordando una conversazione sepolta a fatica. Forse
Andromeda non è sola come pensava – forse sua cugina ha lasciato una traccia di
sé, prima di morire.
I
capelli del bambino mutano davanti ai suoi occhi, imitando i suoi. Anche gli
occhi passano dal verde acceso al grigio cupo. Un Metamorfomagus.
«Sei
un ladro?»
«No»
risponde, rapido. Forse dovrebbe alzarsi e portare il bambino dalla nonna.
«Chi
sei?»
«Io…»
Draco si blocca. Come dovrebbe rispondere? Se ha ragione, quel bambino è suo
cugino. Ma ha senso definirsi così? Lo sguardo del più piccolo lo incalza. «Siamo cugini» dichiara infine,
accantonando i dubbi. «Io e
te».
Gli
occhi grigi del bambino si accendono letteralmente, schiarendosi. «Ho un cugino
grande!» esclama, contento. Corre da lui e gli si siede accanto.
«Guarda»
dice, mostrandogli un ciondolo che Draco non aveva notato. Lo apre, rivelando
una foto. «Mamma e papà» spiega, indicandoli, ma Draco aveva già capito.
Avverte un groppo in gola: tutto questo è sbagliato.
Il
bambino poi torna a puntare gli occhi, ora azzurri, sul cugino. «Conoscevi la
mia mamma?» domanda.
«No»
risponde lento, lo sguardo calamitato dalla cugina che non ha mai conosciuto.
In
quel momento Andromeda entra nella stanza.
«Ti
sei svegliato, Teddy» nota, accennando un sorriso verso di loro. «E vedo che vi
siete conosciuti. Ti piace zio Draco?» chiede avvicinandosi.
Teddy
annuisce. «È simpatico. Ma perché parla poco?»
Draco
arrossisce, imbarazzato da un bambino, e Andromeda ride.
Andromeda
e Teddy sono una famiglia piccola, ma allegra.
Lei
ha perso molto, ma non tutto; nel nipote rivede sua figlia,
probabilmente. Dora – gliene parla un po’, a tavola. Teddy ascolta con
lui e annuisce contento: gli piace sentire racconti sui suoi genitori, anche se
sono sempre gli stessi.
Si
sente un intruso in mezzo a loro.
Lucius
e Narcissa gli vogliono bene, l’ha sempre saputo. Se da piccolo in qualche occasione
ha temuto di deludere suo padre e perdere il suo affetto, ora sa bene quanto
una simile preoccupazione fosse sciocca. Tuttavia non ha mai avuto con i suoi
genitori un rapporto simile a quello a cui assiste ora tra nonna e nipote: i
pasti erano formali, si parlava poco e si stava attenti all’etichetta. Il
piccolo Teddy ride con la bocca piena, ma nessuno lo sgrida per questo, né Draco
avverte il bisogno di farlo.
Andromeda
gli chiede di portare Teddy in salotto mentre lei sistema.
«Non
ho conosciuto tua madre, Teddy» mormora Draco, chinandosi accanto al bambino. «Ma
vorrei averlo fatto».
Non
sa come avrebbe reagito se avesse davvero incontrato Dora Tonks ai tempi di
Hogwarts: forse – probabilmente – male, ma non intende accusarsi di possibili
errori mai realizzati. Ora vorrebbe averlo fatto, aver avuto un assaggio
di una famiglia diversa; è questo a contare.
Teddy
non dice niente, lo guarda pensoso. Dopo un po’ sbadiglia, stanco.
D’istinto,
Draco gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoli. Sono rosa acceso.
«Hai
trovato le risposte che cercavi?» domanda Andromeda, sulla porta.
Draco
ricambia lo sguardo. «Io…» Non aveva un’idea chiara, ma quel pomeriggio è
comunque andato in maniera molto diversa dal previsto. «Credo di sì».
Andromeda
gli sorride. «Torna a trovarci».
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Capitolo 27 *** Sogni (!) ***
Sogni
Sogni.
Sogna
d’afferrare il Boccino tra gli applausi di tutti – suo padre sorride fiero.
Nella
realtà tutti tifano Grifondoro, a partire dal commentatore.
Sogna
mille sfumature di verde e morte – occhi rossi che lo scherniscono irati.
Nella
realtà s’impegna disperato per non precipitare nell’incubo.
Sogna
la Torre di Astronomia, le grida – la sua bacchetta abbassata.
Alcune
notti, invece, non sogna affatto: ricordi inglobati dal nero.
Nella
realtà agisce meno che in sogno, in un rifugio ostile dove nessuno gli parla.
Sogna
il giorno in cui gli scontri finiranno e Voldemort cadrà – bacchette abbassate per
stanchezza, non vigliaccheria.
Nella
realtà si batte perché il sogno si realizzi: non è solo, non più.
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Capitolo 28 *** Treno (K) ***
Treno
Generi: Commedia, Comico, established!relationship
Personaggi: Draco Malfoy, Katie
Bell, Felicity Bell (OC)
Treno.
Il
treno arriva, finalmente, in stazione. Draco, stordito dalle chiacchiere della
donna davanti a lui, non pensa ad altro che a scendere da lì, raggiungere –
dopo un viaggio in quell’altro aggeggio infernale, la macchina – la casa
dei genitori di Katie e chiudersi in camera. Si alza subito, recupera la
valigia della signora Bell ed esce dallo scompartimento; passa qualche secondo
prima che venga seguito.
Non
gli sfugge il sospiro di sollievo di Katie nel vederli scendere dal treno.
«Malfidata»
le sussurra, salutandola divertito.
Lei
gli rivolge uno scambio eloquente. «Ciao, zia» dice poi, superandolo. «Com’è
andato il viaggio?»
«Bene,
bene, cara». Felicity Bell sorride in direzione di Draco. «Hai un fidanzato
davvero in gamba, tesoro. A un certo punto ero certa che avessimo perso il
treno, invece l’abbiamo preso… Cioè, eravamo dentro… Che bravo ragazzo».
Il
sorriso di Draco si incrina leggermente. Forza una risata. «Davvero simpatica
tua zia, tesoro».
Katie
gli scocca un’occhiata che lascia pochi dubbi sul suo lavoro: è un’ottima
Auror, o – come racconta ai suoi parenti – una perspicace poliziotta.
Torna
a parlare con sua zia, mentre si avviano alla macchina, ma mentre sale sull’aggeggio
infernale gli sussurra: «Non me la racconti giusta».
Katie
gliel’ha spiegato almeno dieci volte, ma è inutile: Draco non riesce proprio a
decifrare quel maledetto tabellone elettrico o come si chiama, per
Salazar!
L’anziana
dietro di lui non sembra affatto in grado di aiutarlo, né se per questo di compiere
qualsiasi azione diversa dallo sventagliarsi e chiedergli gentilmente di
portarle il bagaglio dato che è un ragazzo così giovane e forte, anche se,
certo, un po’ pallido…
Scuote
la testa. Con il primo treno è andato tutto bene, ma adesso devono cambiarlo e
né il biglietto affidatogli da Katie né i numeri luminosi sul tabellone sembrano
avere la minima intenzione di indicargli la vettura giusta.
Non
c’è altra scelta; gli toccherà proprio… non vuole pensarci… chiedere a
un qualche Babbano. L’idea lo punge nell’orgoglio, ma l’alternativa è deludere
Katie (e sentirsi domandare come sia possibile che le sue spiegazioni gli entrino
da un orecchio e subito escano dall’altro).
«Scusi»
si rivolge a una ragazza che, come lui, studia il tabellone. «Non…» ingoia l’orgoglio,
«…riesco a individuare il mio treno».
La
ragazza, che a osservarla meglio ora pare più giovane di quanto credesse, gli
lancia uno sguardo insolente. «Ma da che epoca vieni?» commenta scettica. Dopo,
però, lancia un’occhiata al suo biglietto e – senza attendere risposta – punta il
dito verso uno dei binari. «Il tuo treno è quello. Sta partendo».
«Avete
perso il treno?»
Draco
ruota lo sguardo e sbuffa teatrale. «Come ti viene in mente? Siamo arrivati in
perfetto orario».
«Draco…»
«Hai
sentito tua zia. Avrà sognato a occhi aperti; eravamo sul treno».
«Mi auguro sia vero». Katie
sospira. «D’altra parte, non avresti fatto nulla di incosciente…
suppongo».
Le scocca un sorriso
malizioso. «Io? Mai. Mi conosci».
Katie scuote la testa.
Fissa
il suo treno allontanarsi per cinque lunghi attimi di panico.
Inspira
a fondo sul binario ormai vuoto. Salazar – non c’è tempo. Ha già deciso,
in fondo.
Estrae
la bacchetta, afferra Felicity per un braccio.
Crack.
Il
movimento improvviso del treno gli fa perdere l’equilibrio, ma riesce comunque
a scagliare un Confundus.
«Caro,
ma che…»
«Abbiamo
preso il treno» afferma Draco, mascherando una smorfia in un sorriso
soddisfatto. Draco Malfoy, perdere un banalissimo treno? Semplicemente
impossibile.
NdA
Non so cosa ho scritto ma va
bene.
Spero si sia compreso il
contesto, in ogni caso: Draco e Katie hanno una relazione e, dovendo andare in
visita dai parenti Babbani di lei, Draco compie il grande sacrificio di
accettare di andare a prendere (e viaggiare con) una zia di Katie, la da me
inventata Felicity. La zia non sa dei poteri di Katie e non deve saperlo,
quindi è necessario viaggiare con mezzi normalissimi.
Ah, naturalmente "tabellone elettrico" e non "elettronico" è volutamente errato.
E niente, scusate il delirio
ma un po’ di leggerezza ci vuole ogni tanto e il prompt “cambiare treno” con
Draco fa già ridere così.
Un abbraccio!
Mari
|
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Capitolo 29 *** Relazione (!) ***
Relazione
Relazione.
Draco
è abituato a relazioni impari, con lui al centro.
Tiger
e Goyle non solo gli danno retta: dipendono da lui. Pansy Parkinson è più
autonoma, ma comunque lo cerca e lo trova – lo adora.
In
fondo sa, senza rifletterci, che i suoi compagni non lo vedono davvero:
ammirano il suo cognome e ciò che comporta – Malfoy.
La
resistenza è fatta di relazioni paritarie e lui non si distingue.
Neville
Paciock lo ascolta e lo sprona, ricambiato gli guarda le spalle. Luna Lovegood
non lo cerca, ma a volte lo trova – lo spiazza.
Sa bene
che vedono lui, nonostante il cognome e ciò che per altri comporta – Mangiamorte.
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Capitolo 30 *** Casa (A) ***
Casa
(Casa.)
(Non solo)
vivere
Trova
Daphne, le rivolge un sorriso di convenienza e si dilegua all’esterno senza
attendere una reazione – l’ha visto, tanto basta. Non voleva andare a quell’inutile
festa, ma ha vinto lo sguardo preoccupato di sua madre: ha dovuto assentire e lasciare
Villa Malfoy dopo mesi di reclusione voluta.
Nella
sala allo stesso tempo familiare ed estranea si è sentito mancare il respiro.
Troppe persone, troppo rumore – troppo.
I
giardini, invece, sono silenziosi. Decide che sono il posto perfetto per
passare un’ora o due – quanto resisterà? – prima di tornare.
«Ciao».
Sussulta
riconoscendo la voce; l’ha seguito? Si volta e si blocca – si è sbagliato.
«Greengrass» mormora con un cenno di saluto. La ragazza davanti a lui non è
Daphne, come credeva, ma sua sorella minore: Astoria.
«Non
ti piace?» gli domanda, accennando alla festa in pieno svolgimento all’interno.
«Non
ho voglia di ballare» risponde, secco.
Astoria
lo scruta curiosa. «Un tempo amavi ballare» dice, avvicinandosi. «Ricordi le
nostre lezioni insieme? Ballavi con Daphne; io avevo Blaise. Era divertente».
È
vero: gli piaceva eseguire con precisione i passi, guidare. Era divertente,
ma ora non l’attrae per nulla.
«Le
persone cambiano». Quando ha parlato così con Astoria Greengrass? Mai,
forse.
«Cosa
ti piace, adesso?»
La
guarda interrogativo. Lei sorride.
«Le
persone cambiano, è vero: tuttavia dev’esserci qualcosa che ti piace, se non il
ballo».
Spiazzato,
non sa bene come rispondere. Qualcosa che gli piace…
«Non
lo sai?» Astoria lo scruta, ancora. Cosa vuole da lui?
«Che
importanza ha?» mormora, sulla difensiva.
«Le
passioni sono vitali» afferma Astoria, convinta. «Non credi?»
«No»
replica, indispettito. «Si vive anche senza. Una casa e del cibo, sì, sono vitali».
Astoria
scuote la testa. «Vitto e alloggio servono a sopravvivere, nient’altro».
Draco
non tenta di celare lo scetticismo, ma lei non si scoraggia.
«Non
bisogna tenere in massimo conto il vivere come tale» dichiara, fissandolo
serissima, «bensì il vivere bene».
«Sono
vivo e sono libero». Stavolta muove lui un passo in avanti. «È più di quanto
meriti».
«Ti
senti in colpa. Per questo non vuoi vivere» sentenzia Astoria, annuendo.
«Assurdo, io—»
«Vivere
davvero, intendo».
Vorrebbe
ribattere, urlarle che si sbaglia – non può, non riesce.
A
che servirebbe negare l’evidenza?
Si
scopre a tremare. Astoria ora si limita a osservarlo. Solo musica ovattata turba
il silenzio, finché Draco non inizia – piano – a parlare. Non la guarda.
«Non
riesco» sussurra. «Non… è troppo. Delle persone sono morte, se
chiudo gli occhi mi sembra di vederle – sentirle. Non posso fingere che non sia
successo e ballare». Soffia l’ultima parola, gesticolando verso la sala.
Lei
si avvicina e gli afferra la mano – Draco non protesta.
«È
vero, è terribile» mormora. «Piangere per sempre, però, significherebbe
morire».
«Forse
sarebbe giusto». La stretta si fa più forte.
«No!
Non rinunciare alla vita, tantomeno per i morti».
Facile.
«Non
è facile. Ma forse…» Per la prima volta quella sera, Astoria esita. Draco la guarda. «Potrei
aiutarti».
Non risponde
subito; è una promessa dolce, forse troppo.
A
fine serata i giardini sono teatro di un tacito ballo.
NdA
Ho
inteso il prompt del writober, Casa, in modo molto “temporaneo” stavolta e, mi
rendo conto, decisamente non protagonista.
Draco
cambia casa per una sera, cosa che dopo mesi di reclusione equivale di
fatto a cambiare aria, ma soprattutto compagnia. Personalmente trovo che
questa flash si incastri molto bene con la #17, riprendendo la tematica del “troppo”
e mostrando il primo
avvicinamento con Astoria.
Comunque,
perdonatemi per il prompt sullo sfondo.
Ha
preso decisamente più spazio invece quello del contest:
“Non
bisogna tenere in massimo conto il vivere come tale bensì il vivere bene”.
[Questa storia si è classificata seconda al contest "Prompts letterari per un contest lampo" indetto da matiscrivo sul forum di EFP]
Le “persone
morte” a cui pensa Draco sono, nella mia testa, Charity Burbage (morta davanti
ai suoi occhi) e Vincent Tiger, che oltre a morire davanti a lui era anche una
parte importante della sua vita, nonostante tutto.
Spero
che il contesto sia chiaro, chiudo qui.
Grazie
per aver letto!
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Capitolo 31 *** Futuro (!L) ***
Futuro
Futuro.
Fissa
torvo la porta chiusa in fondo al corridoio. In momenti come questo si sente del
tutto inutile.
Non
importa quanto combatta, non potrà mai cambiare il passato – lo sguardo che
Potter gli ha rivolto quando l’ha visto con Neville ferito ne è promemoria
eloquente.
Fissa
la porta dell’infermeria perché oltre c’è Paciock, ferito gravemente; ci sono la
Abbott, che cerca di salvarlo, e Potter, sbucato da chissà dove per stargli
accanto.
Lui
invece è fuori, frustrato, a riflettere su un mondo che dopo mesi gli appare
più alieno che mai.
«Non
sei scomodo?»
Sbatte
le palpebre, riscuotendosi; stava quasi per cedere e assopirsi. Pessimo.
«Una
volta ho dormito in una posizione simile. Neanche l’estratto di Radigorda ha
potuto nulla per i miei muscoli, dopo».
Si
volge verso Luna, ma non sorride. «Non importa» dice, tornando a fissare la
porta tuttora chiusa. «Non andrò a letto mentre Paciock sta lì dentro a—» si
zittisce, prima di pronunciare un verbo troppo definitivo – morire.
«Neville
non morirà» dichiara Luna, un tono profondamente convinto e meno sognante del
solito. «Ho già visto Hannah curare ferite simili. Forse nell’agitazione ti è
sembrato più grave di quel che è, ma io ne sono certa: guarirà».
La
voce di Luna è calda, rassicurante – allontana in parte le preoccupazioni. È
difficile non crederle.
Draco
sospira, sollevato e frustrato al contempo. Luna si siede al suo fianco, lo
cinge con un braccio e poggia la testa sulla sua spalla. Non starà scomoda così?
Dimentica presto la domanda e chiude gli occhi, cedendo al conforto di quel
contatto.
«Finalmente.
Iniziavo a pensare che non saresti mai venuto».
Il
tono strafottente di Paciock stavolta non lo indispettisce, anzi. Si
chiude la porta alle spalle.
«Stai
bene» constata, avvicinandosi. Paciock è seduto contro lo schienale del letto;
la pesante fasciatura al petto si nota nonostante la camicia leggera. Sembra un
po’ più pallido del solito, forse per il sangue perso – forse è solo un’impressione.
«Certo
che sto bene. Eri preoccupato, Malfoy?»
Sì. Draco
forza un ghigno. «Scherzi? Già pregustavo la stanza tutta per me».
Neville
ride. «Ti toccherà sopportarmi ancora» replica, sistemandosi meglio sul
cuscino. «Non me ne vado tanto facilmente».
Draco
si siede accanto al letto, cercando di non fissarsi sulle bende.
«Raccontami
che mi sono perso in questi giorni, dai».
La
porta si apre e qualcuno entra – non Paciock, come ha pensato d’istinto,
ma Luna.
«Sei
turbato, Draco». L’ha
annunciato nel solito tono sognante, sedendosi accanto a lui sulla branda, con
normalità. «Neville
è guarito, tornerà presto in azione, ma qualcosa ti preoccupa. Vuoi parlarne?»
Dovrebbe
stupirsi, forse, ma non succede. Non si aspettava che qualcuno lo notasse, ma
che l’unica a farlo sia Luna non lo sorprende davvero.
E
sì, vuole parlare – lasciar uscire ciò che lo tormenta da giorni.
«A
che serve?» domanda, senza guardarla. Chiude i pugni. «Volevo aiutare, rendermi
utile… ma serve davvero ciò che facciamo? Anche quando vinciamo è solo per
poco, nel complesso non cambia nulla. La guerra continua e anzi, siamo sempre
più schiacciati. Il presente lì fuori non cambia mai: ha senso continuare a
provare?» Riapre i palmi, per poi tornare subito a serrarli. «A volte credo di
no».
Luna
gli afferra una mano ancora contratta. «Forse non possiamo cambiare il
presente» afferma, lavorando per aprirgli il pugno. Il suo tocco è calmante in
modi che Draco non sempre si spiega. «Ma il futuro sì. È per questo che
lottiamo» spiega, con semplicità. Poggia la sua mano sul palmo ora disteso,
facendoli coincidere. «Non credi che sia un motivo sufficiente?»
Draco
non risponde, ma tra sé torna a credere di sì.
«Depulso!»
«Bel
colpo, Malfoy».
Recuperano
in fretta il manufatto e si Smaterializzano.
«Sei
diverso» decreta Neville quella sera, dopo averlo fissato per un po’. «Sembri
più… motivato. È successo qualcosa di speciale, mentre non c’ero?»
Draco
scuote la testa, sdraiato sul letto dove ha parlato con Luna solo pochi giorni
prima. «Qualcuno mi ha ricordato…» mormora, assorto, senza concludere.
Non
ascolta le pretese di spiegazioni di Paciock; gli dà le spalle e sorride.
Passato,
presente, futuro – almeno una delle tre può controllarla.
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