Il preludio di Zen'itsu

di Pollack_Nicky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tuono e lampo ***
Capitolo 2: *** La selezione finale ***



Capitolo 1
*** Tuono e lampo ***


[Nota importante: Per collegare meglio i capitoli della storia, ce ne saranno alcuni (verranno riconosciuti dalla loro denominazione X.0) che conterranno momenti presi dalla storia prinicipale.]


Capitolo 0.0 - Un fulmine a ciel sereno

"Datti un contegno! Basta piangere, basta correre via! Facendo questo non andrai mai da nessuna parte, Zen'itsu! Scendi da lì e continuiamo l'allenamento!", gridò Jigoro, il maestro di Zen'itsu Agatsuma. Il suo allievo si era rifugiato su un albero mentre cercava di scappare, in preda ai sensi di colpa causati dalla sua incompetenza, dagli insegnamenti del maestro.

"No no! Sono più che sicuro che morirò se continuo con gli allenamenti! Ne sono più che sicuro!", rispose urlando Zen'itsu, mentre si teneva saldamente aggrappato all'albero.

"Non morirai! Non con questo livello di allenamento! Scendi subito da lì, idiota!" 

Non era la prima volta che il suo allievo faceva queste scenate, ed era più che sicuro non sarebbe stata l'ultima.

"Ma nonno...!"

"Chiamami maestro, deficente!"   

"Ma io ti voglio un sacco bene, nonno...!", disse continuando a gridare.

Jigoro arrossì dall'emozione, era la prima volta in tanto tempo che una persona ammetteva a lui di volergli bene. Ma nonostante ciò, doveva comunque convincerlo a scendere da quell'albero.

  "...Quando quella ragazza che amavo mi ha fatto raccogliere fondi, cosicché potesse correre via con un altro ragazzo, tu mi hai aiutato a risanare la montagna di debiti che avevo! Non lo so, forse hai fatto tutto questo perché volevi addestrare uno spadaccino, ma voglio comunque essere all'altezza delle tue aspettative! Mi fa sentire terribile il fatto di essere così...!"

Jigoro lo stava ascoltando curiosamente.

"...Voglio che tu sappia che mi alleno da solo di nascosto! Raramente riesco a dormire, ma comunque non ho niente da poter mostrare! Cosa significa tutto questo?! Cioè, cosa significa tutto questo?!"

"Calmati, Zen'itsu! Tu c'hai la possibilità di...", ma il suo discorso venne bruscamente interrotto dal suo allievo.

"Ne ho avuto abbastanza!"

Improvvisamente, un potente fulmine colpì in pieno Zen'itsu, facendolo cadere svenuto a terra. Le ultime parole che udì, furono quelle del suo maestro che gridava il suo nome.

Zen'itsu, distrutto e sconfitto, si risvegliò nella casa del suo insegnante,  Si odiava per i poveri risultati ottenuti dai continui allenamenti. Il suo impegno era un albero costantemente concimato e curato, ma che comunque non produceva alcun frutto.

Di fianco a lui stava Jigoro, il suo maestro, o come voleva chiamarlo Zen'itsu: "nonno". Aveva notato il suo risveglio, e voleva sfruttare l'occasione per aiutarlo ad essere più confidente in sé stesso, anche se sapeva che sarebbe stato difficile. Ma dopotutto, la sua vita non è mai stata facile.

"Sono morto?", disse debolmente Zen'itsu, nell'aprire gli occhi.

"Non sei morto, scemo. Sei ancora nei vivi. Per oggi riposati, domani continuiamo.", rispose Jigoro, col suo solito tono rassicurante, ma al contempo autoritario.

"Non voglio continuare, voglio andarmene. Non sono adatto per tutto questo.",  un paio di lacrime scesero sulle sue guance.

"Sei semplicemente demotivato dai costanti fallimenti. Ma il respiro del tuono è complicato, ci vuole costanza e determinazione. Sono più che sicuro che sotto di te hai le qualità per diventare un mio successore. Dopotutto, se avessi voluto partire dal facile, ti avrei fatto insegnare la respirazione dell'acqua da un mio vecchio amico." 

Zen'itsu saltò immediatamente dal letto. "Mi stai dicendo che la respirazione dell'acqua è più facile di quella che mi stai insegnando tu?! Perché mi fai iniziare dal difficile?! Mi vuoi uccidere, nonno?!!! Mi farai morire giovane così e io non voglio morire giovane!! Così non mi troverò mai una moglie, non mi sposerò mai!!" gridò, cambiando immediatamente di umore.

Jigoro, cercando di sopprimere l'irritazione che veniva causata dalle improvvise sclerate del suo allievo, lo prese di forza per l'haori, e lo rimise nel letto.

"Non c'entra questo! Io non ho mai imparato la respirazione dell'acqua, perchè mi sono specializzato in quello del tuono fin dall'inizio! Ora datti una calmata! Devi. Riposare. Sei stato appena colpito da un fulmine. Quindi, se non vuoi morire, stai fermo lì. Continuiamo domani, ok? Abbiamo ancora un sacco di tempo prima dell'esame. Ti porto da mangiare."

Una volta calmato, portò quindi la cena al suo allievo. Una semplice zuppa di miso, accompagnata da un paio di onigiri.

"Mangia, poi vai a dormire. Devi avere le energie necessarie per l'addestramento domani", disse Jigoro rassicurandolo, accarezzandogli i capelli.

"Nonno, posso farti una domanda?",  chiese Zen'itsu.

"Certo. Chiedimi pure."

"Perché mi hai scelto come tuo successore?"

Lo sguardo di Jigoro si fece pensieroso, mentre cercava una risposta alla domanda appena ricevuta.

"È una storia lunga. Non è il momento che te la racconti adesso, ok? Quando sarai pronto, ti racconterò tutto.", gli rispose sorridendo.

La porta della stanza si aprì, ed entrò un viso familiare.

Capelli spettinati neri, spesse sopracciglia del medesimo colore e grandi occhi azzurri. Era Kaigaku, preso sotto l'ala dello stesso maestro, sarebbe dovuto diventare suo successore insieme a Zen'itsu, ma questa idea non gli andava tanto a genio. Viveva da più tempo nella casa, e non vedeva di buon occhio il suo nuovo compagno, per via della sua codardia e inefficienza.

Kaigaku era tornato da un lungo allenamento solitario nella foresta. Essendo da più tempo in addestramento, era arrivato ad un punto in cui i costanti allenamenti giornalieri poteva farli in solitario, e il maestro era richiesto soltanto durante più duri e complicati allenamenti periodici. Non si sorprese nel vedere il suo compagno ferito e piangente, non era la prima volta, ed era sicuro che non sarebbe stata l'ultima.

Non gli importava più di tanto di Zen'itsu, sarebbe potuto morire il giorno dopo e lui si sarebbe scrollato il fatto di dosso come se fosse acqua, ma era irritato delle poche attenzioni che Jigoro gli dava, iniziava a ritenerlo più un peso che un aiuto. Inoltre, odiava come Zen'itsu si riferisse al maestro come "nonno", lo riteneva un'enorme mancanza di rispetto, dato che non erano legati in alcun modo. Kaigaku continuava a pensare a come poteva essere già in una posizione tale da poter essere considerato un degno erede, e si ritrovava invece a dover gestire quello che lui considerava una "debole sacca d'immondizia", ritrovandosi rallentato.

"Cosa è successo a quella feccia?", chiese a Jigoro nel vedere il suo compagno ferito nel letto.

Zen'itsu non aveva neanche la forza di controbattere, e cercando di rispondergli, emise soltanto un debole verso soffocato.

"È stato colpito in pieno da un fulmine. E non chiamare il tuo compagno feccia, o ti farò fare degli allenamenti il doppio più difficili domani!", sgridò il maestro.

"A me va anche bene, sensei! Se significa distanziarsi da lui in modo tale da essere così forte, da rendere la presenza di Zen'itsu nella mia stessa posizione una fonte di imbarazzo, faccia pure! Saranno gli altri a considerare me il vero erede e non lui!". rispose Kaigaku, come se stesse dichiarando una sfida.

"Entrambi sarete i miei eredi! Ed entrambi sarete forti uguali quando avrò finito con voi! Kaigaku, tu sei qua da molto più tempo di lui, è normale che tu sia più forte! Abbassa la cresta o te l'abbasso io!"

"Sì. Mi perdoni, sensei. Mi sono lasciato andare." rispose Kaigaku calmandosi, inchinandosi per porgere le proprie scuse, anche se stava iniziando ad odiare sempre di più il suo maestro. Allo stesso tempo però sapeva che era un ex pilastro del tuono, e quindi andava ammirato e rispettato, cosa che faceva e voleva continuare a fare. Cercò quindi di sopprimere questo odio verso i suoi confronti, pensando che era soltanto un'emozione passeggera, indotta dalle circostanze. 

Guardò meglio Zen'itsu per vedere in che condizione era: oltre ad essere ferito da svariate bruciature, in particolare sulla faccia, il colore dei capelli era completamente cambiato: dai capelli neri che aveva fino a quella mattina, ora il suo compagno possedeva dei chiari capelli biondi, che tendevano verso l'arancione sulle punte.

"È così insicuro di sé, che addirittura cambia il colore dei capelli? Il sensei sarà pure un uomo rispettabile e onorevole, ma è davvero così disperato nella ricerca di un erede?", disse a sé stesso Kaigaku, ma Zen'itsu in qualche modo lo sentì.

"Cosa?! Cosa mi hai fatto mentre dormivo, nonno?! Mi hai cambiato colore dei capelli?! Perché ora sono biondo?! Vuoi farmi diventare segretamente una prostituta?! Non mi ritieni abbastanza competente per diventare un ammazzademoni, e quindi vuoi sbarazzarti di me vedendomi ai quartieri a luci rosse?!! Ti ho detto mille volte che voglio andarmene, ma non pensavo volessi mandarmi via in questo modo!! Nonno io mi fidavo di te!!", gridò piangendo Zen'itsu.

"Piantala con 'ste storie assurde e smettila subito di piangere! Come ti vengono in testa queste idee? È stato il fulmine a cambiarti il colore dei capelli!" infuriò immediatamente Jigoro.

"Da quando i fulmini cambiano i colori dei capelli, nonno?!"

"Non ne ho idea, ok?? È successo così e basta!!"

Mentre Zen'itsu e Jigoro discutevano per l'ennesima volta, Kaigaku uscì dalla stanza, irritato. Le grida di Jigoro e Zen'itsu continuavano a sentirsi anche dopo aver chiuso la porta.

"...Magari è stato Kaigaku di nascosto!!"

"Ti pare una persona che tinge di nascosto i capelli della gente? Zen'itsu per favore finiscila!"

Fu una serata molto caotica, Zen'itsu non riusciva a smettere di piangere e Jigoro spese gran parte della serata nel cercare di gestirlo, mentre Kaigaku se ne stava disperatamente il più lontano possibile dal rumore, a volte coprendosi le orecchie.

Stava fuori dalla casa, seduto su una roccia lì vicino, sotto un pesco. Con il sole già sotto l'orizzonte, la luna ormai aveva sostituito il sole da qualche ora.

In solitudine sotto un cielo stellato, gli venne ancora in mente quella notte in cui in cambio della sua vita, sacrificò i suoi compagni orfani nel vecchio tempio in cui viveva ad un demone che lo stava cacciando, dopo che era stato buttato fuori dai suoi stessi compagni, quando fu scoperto a rubare soldi di proprietà del tempio. Fu dopo questo evento che incontrò Jigoro, che lo accudì e si prese cura di lui.

 Kaigaku riteneva giusta la sua scelta, metteva la sua vita al di sopra di qualsiasi cosa, e quella notte, se non avesse negoziato col demone, sarebbe stato senza ombra di dubbio mangiato. Sacrificare se stesso per qualcosa o qualcuno, non sarebbe mai stata un'opzione per lui. Non provava alcun rimorso per la sua decisione.

Dopo qualche ora spesa a passeggiare nei dintorni, Kaigaku rientrò in casa. Zen'itsu finalmente era a dormire, così come Jigoro. Decise quindi di dormire pure lui, il giorno dopo avrebbero fatto entrambi un duro addestramento nella foresta lì vicino, e voleva essere pronto.

Capitolo 0.1 - Tuono e lampo

Jigoro si piazzò vicino ad un albero e lo indicò. 

"Tratta questo albero come se fosse un demone! Non farti rallentare! Vai!"

"Seconda forma: Inadama", tre forti attacchi in rapidissima successione colpirono il tronco dell'albero, causandone il suo collasso.

"Subito, terza forma! Forza!!"

"Terza forma! Sciame di fulmini!", girò intorno ad un altro albero, ad una velocità tale da confondere Zen'itsu. Kaigaku distrusse completamente la base dell'albero colpendolo in ogni direzione, abbattendolo.

"Non deforestare tutto! Quarta, quinta e sesta sullo stesso albero!"

"Quarta forma!! Tuono distante!!", l'attacco fu così veloce, che lo sfortunato albero sembrò staccarsi prima ancora che Kaigaku si muovesse.

"Quinta forma!! Lampo di calore!! Sesta forma!! Rombo e lampo!!"

Si girò indietro per continuare l'attacco sul tronco dell'albero appena abbattuto. Usò la quinta forma per tagliarlo ulteriormente a metà con un unico potente colpo singolo, seguito immediatamente dopo dalla sesta, colpendolo con rapidi attacchi spaziati, inflitti mentre si allontanava dal tronco. Quest'ultimo era ormai diventato legna da ardere.

Kaigaku aveva finito.

Jigoro si avvicinò a lui, era fermo ansimante dalla fatica.

"Bene! Direi che è un buon inizio. È la prima volta che usi la respirazione con una katana vera e propria."

"Non è un buon inizio...!", sospirò insoddisfatto Kaigaku. "...Nella seconda forma ho soltanto inflitto tre attacchi, la quinta forma era poco precisa, ho quasi mancato l'albero, e la prima forma non mi viene ancora! Perchè, sensei?! È la più facile e ancora non riesco a farla!!"

Jigoro si avvicinò a lui, e lo consolò dandogli un importante consiglio.

"Ogni persona impara in modo differente la respirazione. Naturalmente le basi da seguire ci sono sempre, ma poi una volta imparate, sta all'utilizzatore stesso trovare il modo di padroneggiare e dominare le varie forme. La tua difficoltà nell'imparare la prima forma, nonostante la sua semplicità, è indotta dalla voglia che hai nel voler imparare tutte le forme il prima possibile. Quello che devi fare, per ora, è concentrarti sulle forme che sai già fare, invece che cercare di imparare quelle che non sai. L'approfondimento delle forme già di tua conoscenza, ti indurranno a farti imparare anche la prima, ne sono sicuro. Per ora, concentrati soltanto su quello che sai fare."

Il maestro accarezzò i capelli di Kaigaku, che sbuffò deluso.

Nonostante fosse cattivo e violento durante gli addestramenti, il suo lato buono si mostrava sempre quando doveva dare consigli ed aiuti. Li trattava come se fossero suoi figli. Riteneva che l'amore paterno che dimostrava, li avrebbero aiutati a padroneggiare al meglio la respirazione, oltre a stabilire un rapporto di aiuto e supporto reciproco. Purtroppo, gli dispiaceva non poco vedere quanto poco in sintonia stavano i suoi due allievi. Jigoro amava entrambi, e soffriva ogni volta che li vedeva litigare.

Nell'accarezzare Kaigaku, rivolse lo sguardo verso Zen'itsu: due grandi occhi gelati gli erano stampati in faccia. Non aveva ancora imparato una singola forma, e vedere quello che il suo compagno poteva fare l'aveva demoralizzato non poco. Kaigaku poteva finalmente addestrarsi con una katana vera e propria, mentre Zen'itsu si addestrava ancora con una spada di legno.

"Ora Zen'itsu, tocca a te. Devi ancora imparare la prima forma, ma sono sicuro che sei molto vicino dall'impararla." disse Jigoro cercando di motivarlo.

Prese dunque un cocomero che teneva vicino a lui, e lo piazzò sul ceppo di uno degli alberi abbattuti da Kaigaku.

"Provala contro questo frutto.", disse indicandolo.

Zen'itsu si sbloccò, ricordandosi che anche lui doveva imparare la respirazione del tuono. Si mise in posizione, e preparò la carica che antecede l'attacco, facendo attenzione a come respirava. Il suo respiro, controllato e deciso, dimostrava prontezza nel sferrare il colpo.

"Prima forma: tuono e lampo."

Zen'itsu fece un fulmineo scatto in avanti, dirigendosi a piena velocità verso il cocomero. Il frutto ormai era vicino. Preparò il braccio per sferrare il colpo, ma si dimenticò di guardare dove metteva i piedi. Inciampò e cadde violentemente in una buca ben nascosta, situata tra lui e il cocomero.

Un grido dolorante provenne del buco nel quale Zen'itsu era caduto.

"Nonno! Aiutami!! Mi sono slogato l'anca!!" gridò nell'aggrapparsi sul bordo della buca piangendo. Per quel giorno, Zen'itsu finì l'addestramento appena dopo il suo inizio.

Tre giorni dopo, era finalmente pronto a ricominciare ad allenarsi. Questa volta era soltanto lui e il suo maestro, con la stessa sfida: Cercare di tagliare il cocomero usando la prima forma.

"Ti sei allenato con la respirazione mentre eri a curarti?", gli chiese Jigoro mentre gli dava la spada di legno.

"Sì, nonn... volevo dire, sensei...", rispose Zen'itsu prendendo in mano la spada. Si era effettivamente allenato tutti i tre giorni di "pausa" nella respirazione, anche durante le notti. Queste le passò praticamente tutto il tempo nell'allenarsi, dormendo pochissimo.

"Allora, appena sei pronto prova ad attaccarlo come se fosse un demone.", disse dandogli un forte colpo sulla schiena con il bastone che usava per camminare, per motivarlo.

Zen'itsu si mise di nuovo in posizione, la sua respirazione appariva più concentrata e determinata di prima, le sue gambe erano rigide e pronte. Jigoro lo notò, e per la prima volta in tanto tempo, pensò che era finalmente riuscito a mettere correttamente in testa la prima forma all'allievo.

"Prima forma: tuono e lampo..."

Lo scatto iniziale era ottimo, il suo maestro era impressionato. Il cocomero si faceva sempre più vicino mentre Zen'itsu riuscì a preparare il braccio per sferrare il colpo che avrebbe inflitto al frutto. Evitò totalmente la buca, la spada era ora tratta e il colpo sembrava certo.

La spada colpì in pieno il cocomero, distruggendolo del tutto, ma non riuscì a controllare la fermata, e si scontrò di piena faccia contro un albero.

Jigoro si avvicinò a lui, la sua faccia era messa abbastanza male, ma nulla che non si sarebbe sistemato in qualche giorno.

"Almeno sei riuscito a colpire. Puoi continuare?", gli chiese nel guardare la sua faccia sconfitta.

"Sì, posso...", rispose debolmente, ma non riuscì neanche a finire di parlare che Jigoro lo prese di forza per un braccio.

"Allora muoviti!" gli ordinò alzandolo di prepotenza e spingendolo verso la posizione iniziale.

"...Se sei riuscito a colpire con la prima forma significa che puoi perfettamente impararla, e oggi la impari! Hai capito dove hai sbagliato?"

"Sì, nonno. Ho concentrato troppa forza sulla spada e mi sono sbilanciato."

Jigoro piazzò un altro cocomero sul ceppo, e si piazzò dietro a Zen'itsu per osservarlo.

"Attaccalo ancora, ma correggendo la posizione dopo l'attacco. E non chiamarmi nonno!"

"Ma nonno...!"

"Ah, fa niente. Ti deconcentra sta storia. Chiamami come ti pare, basta che colpisci bene!"

Un'altra volta, Zen'itsu si mise in posizione, aveva capito dove aveva sbagliato prima, ed era pronto ad affrontare il cocomero di nuovo, questa volta sperando di non ricevere alcun improvviso ritocco facciale da qualche albero.

Caricò di nuovo l'attacco, sperando fosse finalmente la volta buona.

"Prima forma: tuono e lampo..."

Zen'itsu caricò il bersaglio, e con un improvviso attacco fulmineo, tagliò perfettamente a metà il cocomero, fermandosi pochissimo dopo, con la spada già nella fodera. Sembrava non l'avesse mai tirata fuori da quanto fu rapido il colpo.

Jigoro era impressionato, finalmente era riuscito a far imparare al suo allievo più difficoltoso una forma, ed era quella che non riusciva ad imparare l'altro.

"Zen'itsu...", disse orgoglioso Jigoro.

"...L'attacco che hai appena fatto, era incredibilmente vicino alla perfezione."

Zen'itsu era felicissimo di sentire queste parole. Per la prima volta, i suoi addestramenti stavano dando qualche frutto, anche se piccolo, ma per il momento era abbastanza. Sorrise al suo insegnante, soddisfatto.

"Domani, vediamo di continuare con le altre forme, ok? Per oggi concentriamoci sulla prima!", gli disse Jigoro.

"Certo, nonno! Continuiamo, quindi!"

Zen'itsu nel tornare indietro, distratto dalla felicità indotta dal successo, si dimenticò della buca che stava in mezzo al percorso, piombandoci dentro ancora.

 

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"Nonno! Penso di essermi rotto il braccio! Morirò!"

"Ah ma sta zitto è profonda solo due metri quella buca!"

Zen'itsu non si era rotto il braccio.

Capitolo 0.2 - Un giorno in città

"Zen'itsu, Kaigaku, scendete giù in città per prendere un po' di scorte, ormai ne siamo a corto."

Jigoro spedì i suoi due allievi verso valle, non si sarebbe fatto alcun allenamento quel giorno, ma mandò giù entrambi sperando che avrebbero sfruttato l'occasione per conoscersi meglio, migliorando così il loro rapporto.

"Se ti avvicini a meno di un metro da me ti tiro un pugno in faccia così forte che ti ritornano i capelli neri.", ringhiò Kaigaku contro il suo compagno mentre si dirigevano verso la città. 

Durante la camminata Zen'itsu, a causa di un sasso nel terreno che non aveva visto, inciampò e cadde addosso a Kaigaku. Nell'alzarsi, ricevette senza alcun preavviso un violento pugno sullo stomaco, la forza del colpo lo fece cadere dolorante a terra, togliendogli per un po' la capacità di respirare.

"Ti ho detto di starmi lontano, merda!", disse disgustato Kaigaku, mentre Zen'itsu era ancora a terra che cercava di riprendere aria.

Si può dire che l'idea di Jigoro non è stata una delle migliori.

Un silenzio molto teso li accompagnò per tutto il viaggio verso valle, nessuno voleva interagire col proprio compagno.

Finalmente, dopo un viaggio di qualche ora, raggiunsero le vive strade della città. I due ragazzi si erano ormai abituati al contrasto tra campagna e centri cittadini, dove dalla tranquillità della natura, si passava alla frenesia delle vie principali durante l'ora di punta. Le strade, larghe e spaziose, erano accompagnate sui lati da grandi edifici in legno, i quali ospitavano residenze, negozi e attività commerciali. Il processo di meccanizzazione causato dalla rivoluzione industriale iniziava a farsi sentire, con la presenza di piccoli tram che seguivano binari posti in mezzo alla strada. L'influenza occidentale iniziava a prendere piede anche nel vestiario, oltre ai classici abbigliamenti tradizionali, come kimono, haori e hakama, capitava spesso di incrociare persone che indossavano una camicia, accompagnata ad una giacca e a volte anche una cravatta; spesso in testa tenevano anche un elegante cappello.

Il giro in città fu movimentato, capitava spesso di urtare qualcuno durante la camminata. A volte a Kaigaku capitava di perdere di vista Zen'itsu, che lo ritrovava a piangere mentre gridava il suo nome, facendo fare figure poco belle ad entrambi.

Quel giorno, però, mentre erano al mercato del pesce situato nel porto della città, un'inaspettata situazione coinvolse entrambi.

Zen'itsu, mentre era ad osservare la merce in vendita, notò che ad una ragazza caddero dei soldi, che finirono nell'acqua sotto la banchina. S'inchinò immediatamente per recuperarli, per poterli poi restituire alla sua legittima proprietaria. Una volta recuperati, andò con un passo frettoloso verso la ragazza.

"Scusi! Le sono cadute in acqua dei soldi!" gli disse allungando un paio di banconote zuppe d'acqua. La ragazza si voltò, e Zen'itsu fu immediatamente catturato dal suo aspetto, due grandi occhi blu accompagnavano un volto delicato e fine, con lunghi capelli raccolti sul retro. Indossava un semplice kimono blu e nero.

"Ah, grazie mille! Molto gentile da parte di uno sconosciuto!" rispose la ragazza sorridendogli.

"Una domanda, giusto per sapere: come ti chiami?",  chiese Zen'itsu, chiaramente interessato a lei.

"Shiori.", rispose una inaspettata mascolina voce dietro di lui.

Il suo amore fu immediatamente rimpiazzato da paura, mentre si girò lentamente per capire chi fosse: era un grosso uomo, avrà avuto dieci anni in più di lui, totalmente calvo, ma la sua mancanza di capelli non toglieva il fatto che aveva l'aspetto di uno che avrebbe potuto strappare a metà una persona soltanto con le sue mani.

"Scusi, signore, sua figlia ha perso dei soldi. Volevo soltanto restituirglieli...", disse terrificato Zen'itsu.

"Figlia?! Lei è mia moglie! Per chi mi hai preso?!", gridò con una certa rabbia l'uomo.

"Ma non è possibile! Questo deve essere illegale! Tu hai un aspetto molto più maturo di lei!!" gridò Zen'itsu.

"Ho venticinque anni, deficiente! Lei ne ha ventuno! Stai alla larga!"

"Non ci credo neanche morto! Questa è pedofilia!! Stai mentendo sulla sua età!!! Sono più che sicuro che lei stia cercando un modo per scappare da te, ed oggi è il suo giorno fortunato!!", gridò Zen'itsu voltandosi verso la ragazza, ma non vide quello che si aspettava. Morì internamente nel vedere che la ragazza era spaventata da lui, lo stava guardando con due enormi occhi spalancati, facendo addirittura due passi indietro quando incrociò il suo sguardo.

"Ti sembra la faccia di una che chiede aiuto? L'hai spaventata, scemo! Ti spacco la faccia!"

Cercò di scappare, ma fu preso per il braccio dall'uomo, che lo sollevò e lo fece schiantare contro i cesti in vimini che tenevano i pesci in vendita, rilasciandone il loro contenuto. Il venditore intervenì immediatamente. "Che cazzo fate con la mia merce, idioti! Andate a litigare da un'altra parte!"

La coppia se ne andò, lasciando Zen'itsu solo, sconfitto, sdraiato sulla merce, con pesci sopra e sotto il suo corpo dolorante.

"Se non paghi per la merce danneggiata chiamo la polizia!", gli gridò il venditore.

Kaigaku, avendo visto tutta la scena standosene in disparte senza intervenire, si avvicinò allungando un paio di banconote al pescivendolo.

"Sono con lui. Prendiamo tutto quello che è stato danneggiato."

Zen'itsu si scrollò i pesci di dosso e si alzò in piedi tremando, mettendosi a riordinare il pasticcio fatto.

Una volta comprata la merce, e messo in ordine tutto, i due ragazzi se ne andarono dal mercato.

"Le banconote che hai usato per pagare, erano zuppe d'acqua. Le hai rubate dalla ragazza.", osservò Zen'itsu mentre camminavano lungo le strade della città.

"Volevi che pagassimo un casino creato da gente che neanche conosciamo, con i soldi del sensei? Sono stati loro a creare quel macello.", si giustificò Kaigaku.

"Sì, ma non costava neanche tanto quello che abbiamo preso. Ti ha dato una grossa quantità di resto, dovresti restituirla.",  rispose Zen'itsu.

Kaigaku s'infuriò, aveva rubato per gran parte della sua vita, e sicuramente l'opinione di un compagno che disprezzava non gli avrebbe fatto cambiare idea.

"Tu piuttosto dovresti evitare di provarci con qualsiasi ragazza ti incroci lo sguardo...", gli disse prendendolo per i capelli e forzando lo sguardo verso di lui.

"...Non solo sei una noia, un'inutilità ed una immensa palla al piede. Ma causi anche problemi della quale io non c'entro niente e devo intervenire comunque. Ancora non ho capito perché il sensei abbia scelto te, ma sono più che sicuro che se fosse più razionale con i suoi pensieri, ti avrebbe rigettato nei bassifondi nei quali ti ha trovato..."

"...E tu avresti le qualità di diventare un pilastro?! Guardati! Continui a provare ogni singola forma, ma ti viene soltanto la prima! Sono passati tre mesi da quando l'hai imparata! Tre! Io in quel periodo di tempo avevo imparato quattro forme! Nonostante sei addestrato da un ex pilastro continui a fallire! Sono meglio di te, e lo sarò sempre! Potevo benissimo non intervenire, e lasciarti in balìa della polizia! L'ho fatto solo per evitare di deludere il sensei! Fin dalla prima volta che ti ho visto ho sempre temuto che saresti diventato il suo allievo preferito, e guarda un po', ultimamente questa mia teoria si sta facendo sempre più veritiera! Immagina cosa sarebbe potuto succedere se avesse scoperto che non ti avevo aiutato in una situazione del genere!"

Zen'itsu non sapeva come controbattere, semplicemente abbassò la testa, e stette in silenzio per tutto il resto della giornata, con costanti occhi lucidi. A volte una singola lacrima gli scendeva sulla faccia, ma lui se la puliva velocemente, per non farsi notare.

"Voglio andare a casa. Sono stanco di stare con lui. Mi fa sentire di merda ogni volta che dobbiamo interagire. Sono un fallimento, su tutti i fronti." Queste frasi continuavano a girare nella sua testa. Voleva soltanto riposarsi da quell'orrenda situazione.

"Sono stanco di essere insultato da te! Pensi di essere sempre dalla parte del giusto e di aver sempre ragione. Pensi addirittura che il nonno stia giocando favoritismi nei miei confronti! Sarò stupido, sensibile e infantile, ma tu sei peggio! Hai visto quanti soldi ti ha dato il nonno? E tu, nonostante ciò, rubi comunque dei soldi ad una ragazza che non c'entra niente! Ok, sarò stato un cretino nel fare quella scenata con quella coppia, ma i danni causati nel negozio erano causa mia! Avrei dovuto pagare io! Sei un ladro, non hai alcun onore! Pensi di poter diventare un pilastro con questo tuo carattere?! Riflettici sopra!", questo era quello che Zen'itsu voleva dirgli, ma non trovava la forza per farlo. Semplicemente si teneva questo suo pensiero per sé, creandosi situazioni immaginarie nelle quali aveva la forza per controbattere.

Per tutto il resto della giornata i due allievi non si scambiarono neanche una parola. Tornarono a casa verso sera, senza dirsi niente per tutto il viaggio.

 

 

"Quindi come è andata oggi? La vita in città è davvero interessante, spero vi siate divertiti!", chiese speranzoso Jigoro.

"Oh, sì tutto bene, sensei! Abbiamo comprato qualche pesce di troppo, mi perdoni per questo.", disse Kaigaku con un forzato tono felice.

"Zen'itsu, non ti vedo tanto bene. È successo qualcosa giù in città?". Chiese preoccupato Jigoro.

Lui per un attimo non rispose, voleva dirgli quello che era successo, del furto di Kaigaku, ma aveva paura che il suo maestro avrebbe poi cacciato il suo compagno di conseguenza. Nonostante lo odiasse, dentro di sé lo ammirava per la sua bravura nella katana, e non voleva che fosse cacciato. Quello che voleva, era soltanto che cambiasse il suo carattere.

"No, niente, nonno... Soltanto...", Zen'itsu osservò Kaigaku, che lo fulminò con lo sguardo.

"...Sono solo un po' preoccupato per l'allenamento di domani, tutto qua!", disse sforzando un sorriso.

Capitolo 0.3 - “Lo spero…”

"Zen'itsu, analizza te stesso: quanto tempo è passato da quando hai imparato la prima forma?", gli chiese Jigoro.

"Sei mesi...", rispose mortificato.

"E quante altre forme hai imparato da quel periodo?"

"Nessuna." Zen'itsu si sentiva un fallito un'altra volta, si sentiva intrappolato in quel posto, e i costanti tentativi nel scappare venivano costantemente contrastati da Jigoro.

"Perché non posso andarmene? Perché insisti così tanto nel volermi fare diventare un tuo successore?", gli chiese mentre iniziò a lacrimare.

Jigoro ritornò nello stesso sguardo pensieroso che ebbe quella volta che gli fece la stessa domanda. Questa volta, però, Zen'itsu ricevette finalmente una risposta.

"Tu e Kaigaku, siete entrambi due ragazzi al quale darei la mia vita. Non ho mai avuto una moglie e dei figli. So che sembra molto ovvio quello che sto per dirti ma... semplicemente mi ricordate il mio giovane me: codardo e che pensava soltanto a sé stesso. Tutto qua."

"Ma io e lui siamo praticamente bianco e nero, come possiamo noi due, che abbiamo un carattere totalmente diverso, indurti a ricordare il tuo passato?", gli chiese Zen'itsu, ormai le sue lacrime si erano asciugate dato che era più interessato ad ascoltare il suo maestro che i propri pensieri autocommiserativi.

"Diciamo che voi due mi ricordate come ero quando avevo circa la vostra età. Avevo paura di tutto, e sfruttavo gli altri per cercare protezione. Poi un giorno... mentre io ed il mio compagno eravamo impegnati in rischiosi allenamenti notturni, ci ritrovammo davanti ad un demone."

"Non può una storia finire bene se inizia così." disse Zen'itsu.

"Ed hai ragione. Era la nostra prima volta davanti ad un demone, in una foresta lontana da qua. Come tu sai già, sono molto più forti degli umani..."

 

"Ichiro, ricordati le forme! Non farti prendere dal panico e mantieni una respirazione stabile!", gridò Jigoro.

"Lasciami concentrare! Già non mi piace il modo col quale questo coso si sta avvicinando a noi, non metterti in mezzo!"

Il demone era lento nei movimenti iniziali, si muoveva con le braccia e le gambe per terra, quasi strisciava nel muoversi verso di loro.

"Mi fa impazzire come si muove! Uccidiamolo subito e finiamola!", gridò Ichiro preoccupato mentre sudava freddo.

"Evita! Non sappiamo che attacchi può infliggere! Attacca solo se lo ritieni assolutamente necessario! Gli ammazzademoni arriveranno presto!", cercò di rassicurare Jigoro, ma anche lui temeva per la sua vita in quel momento.

"Noi siamo ammazzademoni! Se non riusciamo ad uccidere questo, non ne uccideremo nessun altro in futuro!", disse Ichiro facendo un passo avanti.

"Non puoi sapere quanto è effettivamente forte! Potrebbe essere una luna da quanto ne sappiamo!", Jigoro cercò di convincere il suo compagno a starsene indietro.

Il demone si avvicinava sempre di più ai due ragazzi, Ichiro, terrificato dal suo aspetto, indietreggiò al pari del suo compagno. Entrambe le katane erano puntate verso la creatura, ma questa non sembrava minimamente minacciata dalle lame.

Un leggero frascheggio provenne dalla chioma di un albero dietro di loro.

"Sono arrivati i rinforzi! Adesso calmati, Ichiro! Non siamo più soli!", gridò Jigoro al suo compagno cercando di calmarlo.

Ichiro fu improvvisamente colpito da un brutale pugno sulla schiena. Dal suo addome fuoriusciva il pugnale che aveva appena inflitto il colpo.

Il giovane Jigoro guardò terrificato la scena, il demone davanti a loro era soltanto un esca, mentre quello vero li aveva completamente aggirati.

Il pugno del demone aveva completamente distrutto la spina dorsale inferiore e gran parte dell'intestino di Ichiro. Inoltre, per ucciderlo più velocemente, ficcò violentemente nel collo della sua vittima un lungo kunai, un pugnale molto appuntito e poco affilato, per poi toglierlo, rendendo la ferita ancora più dannosa. Ichiro, ancora vivo, ma fortemente indebolito, cercò di attaccare il suo assalitore, muovendo la katana in modo disperato dietro di lui, senza usare alcun tipo di tecnica, in quel momento voleva solamente liberarsi dalla situazione nella quale si trovava.

Jigoro, cercando di riprendersi dall'improvviso attacco, si mise subito in posizione per contrattaccare usando la prima forma.

"Prima forma: Tuono e lampo"

Jigoro era poco concentrato, e il suo respiro era alterato per lo spavento. Lo scatto che dà inizio alla prima forma fu lento e prevedibile. Il demone riuscì a contrattaccare, strappando con violenza il braccio destro di Ichiro, e lanciandolo addosso a Jigoro mentre caricava. Esso venne completamente sbilanciato, facendolo cadere fragorosamente a terra.

Jigoro si alzò, notando che dalla sua faccia uscivano frequenti gocce di sangue. Strofinando rapidamente la sua guancia sinistra con una mano, notò che la perdita era causata da un profondo taglio, si era autoinflitto il colpo con la sua stessa spada durante la caduta.

Il demone lasciò Ichiro. Non era ancora morto, ma dalla letale ferita causata dai colpi subiti usciva sangue a dirotto. Non riusciva più a muovere le sue gambe ed era totalmente paralizzato dal bacino in giù. Jigoro puntò ancora la katana verso il demone, alternando lo sguardo da lui all'esca. Quest'ultima non si era ancora mossa da quando il vero attaccante si era messo in mostra. Ichiro era a terra, sotto di lui una pozza di sangue continuava ad espandersi, mentre dalla sua bocca uscivano soltanto versi soffocati. Jigoro guardò negli occhi il suo compagno: mentre questo cercava di liberarsi dal sangue che continuava a salirgli alla gola, i suoi occhi sembravano che volessero dirgli qualcosa.

Jigoro però non poteva farsi distrarre dal suo compagno, anche se quest'ultimo era in punto di morte. Continuò a tenere lo sguardo fisso verso il demone, aspettando un attacco. Ichiro continuava a sputare sangue, non perché gli bloccava il respiro, ma perché voleva informare Jigoro di una sua importante scoperta. Lentamente la morte lo stava raggiungendo, e non aveva tanto tempo, doveva trovare un modo per liberarsi dal sangue. Trovò una piccola opportunità. Si trattenne più sangue possibile in bocca, per poi sputarlo tutto in una sola volta. Ebbe così la gola libera per un attimo, ma questo bastò ad informare il giovane Jigoro. Tutto d'un fiato, senza preoccuparsi del dolore causato nel parlare, gridò al suo compagno:

"È una luna inferiore! È un suicidio affrontarlo! Va via da qua!"

Sentendo queste parole, sudando freddo, Jigoro lasciò immediatamente la katana, e corse via. Corse come mai aveva fatto prima. Nessun allenamento, nessuna situazione di pericolo nel quale si era trovato in precedenza lo motivò così tanto nel correre. Le chiome degli alberi dietro di lui continuavano a muoversi durante tutta la sua corsa, il demone lo stava inseguendo. La corsa continuava senza sosta. Dopo un po' iniziò a sentirsi debole nelle gambe, ma continuò a scappare. Sentiva che doveva vomitare dallo sgomento e dalla fatica, ma ciò non lo fermò. Le sue gambe erano mosse soltanto dal suo istinto di sopravvivenza, che lo teneva ancora in piedi. Tutte le persone hanno un limite però. Durante una corsa che sembrava interminabile, in una foresta che appariva infinita, le sue gambe iniziavano a cedere, la fatica iniziava a prendere piede. Visibilmente rallentato, il demone sfruttò l'opportunità per attaccarlo. Una katana sfiorò i capelli di Jigoro, e si infilò nel terreno davanti a lui, bloccandogli la strada. Jigoro inciampò su di essa, terminando la sua corsa.

Il demone sbalzò fuori dalla chioma di un albero lì vicino. Jigoro non si perse d'animo, però. Aveva ancora la forza per combattere, e aveva trovato un'opportunità.

Con un movimento fulmineo, prese la katana conficcata nel terreno dietro di lui, e girandosi rapidamente, grazie ad un attacco preciso, riuscì finalmente a tagliare la testa al demone. Il suo corpo cadde subito per terra, polverizzandosi insieme alla testa mozzata.

Jigoro era disperato, non sapeva dove fosse, e gli mancava l'aria. Si appoggiò all'albero più vicino a lui, cercando di riprendere fiato.

Dalla chioma dello stesso albero, di colpo, piombò su di lui lo stesso demone. Solo in quel momento si ricordò che possedeva un'esca, ed era quindi caduto pienamente nella sua trappola. Non aveva ancora lasciato di mano la katana però. Un potente attacco disperato colpì la spalla destra del demone, tagliandoli il braccio. Sfruttò questa occasione per togliersi dalle grinfie del demone, allontanandosi e continuando a scappare, lasciando la spada a terra per permettersi di correre più velocemente. Ormai però le sue gambe erano sull'orlo di cedere. Il giovane Jigoro cercava disperatamente di darsi forza, ma la sua corsa era ormai pesantemente rallentata. La stessa katana di prima l'attaccò ancora, questa volta si ficcò nella corteccia di un albero davanti a lui. Jigoro sapeva benissimo che era ormai questione di secondi prima che le sue gambe sarebbero cedute, prese quindi di nuovo la katana, e con un attacco cieco, senza usare alcun riferimento, si girò cercando di infliggere un attacco simile a quello precedente. La sua spada però, inaspettatamente, si scontrò contro quella di un altra persona, che gli bloccò il colpo. 

Osservò chi fosse il possessore di questa strana lama di colore azzurro: indossava la classica uniforme nera degli ammazzademoni, sopra di essa era presente un haori di colore azzurro, con motivi bianchi simili a delle nuvole lungo tutto il pezzo d'abbigliamento. La sua faccia era nascosta da una maschera kabuki di legno rossa, questa però non copriva i capelli, che erano corti e neri.

"Da qua in poi ci penso io. Tu vai via da qua!", gli gridò l'ammazzademoni prendendolo per il braccio e spingendolo indietro, per evitare di subire altri attacchi. La sua voce appariva giovane, Jigoro pensò che molto probabilmente questo inaspettato salvatore avrà avuto più o meno la sua età.

Il giovane Jigoro era stremato, però. Non riusciva più a correre. Si nascose dietro un albero, sperando che il ragazzo che lo aveva appena salvato avrebbe vinto.

Il demone era ora focalizzato sul ragazzo mascherato, era una minaccia più grande dell'altra persona che ha inseguito fino a quel momento.

"È strano che tu non parli! Di solito i demoni non sanno stare zitti! Sei fortunato, almeno ti ucciderò con un po' più di rispetto." gli disse puntando la katana verso di lui.

Il demone non parlò, ma attaccò con un assurdo attacco frontale il ragazzo. Questo, senza utilizzare alcun tipo di forma, gli tagliò con un colpo rapido e deciso la testa. Il corpo senza vita, insieme alla testa mozzata, si polverizzarono nell'aria.

Il giovane Jigoro uscì fuori dal suo nascondiglio, vedendo che finalmente il demone era stato sconfitto.

Il ragazzo mascherato vide il ragazzo uscire dal riparo, e gli gridò addosso.

"Cosa ci fai ancora qua? Perché non sei scappato? Vai via da qua ora!!".

Jigoro non si aspettava queste parole dall'ammazzademoni, ma prima che potesse anche solo elaborare quello che aveva appena sentito, da un cespuglio dietro di lui spuntò fuori lo stesso demone, che lo prese rapidamente in ostaggio.

Questo demone era leggermente diverso da quelli che aveva appena visto finora. Il suo aspetto era identico agli altri affrontati, ma i suoi occhi brillavano di un acceso colore blu scuro. Sulle pupilla dell'occhio sinistro era inciso il kanji che indicava la sesta luna inferiore: era il demone originale. Quest'ultimo parlò per la prima volta. Parlava con un tono minaccioso, ma allo stesso tempo si poteva percepire una leggera paura nella sua voce. 

"Senti, ammazzademoni, troviamo un accordo: io lascio andare il ragazzo, e tu mi lasci vivo.", gli disse puntando il suo kunai verso la gola di Jigoro.

"Non prendo accordi con nessun demone. L'unico accordo che accetterei avrebbe come risultato soltanto la tua morte." controbatté puntandogli la katana verso di lui, pronto ad attaccare.

"Sicuro di voler tenerti sull'anima il peso causato dalla tua negligenza? C'è un giovane coinvolto in mezzo a questo e te sembri ignorare totalmente la sua presenza!", gli rispose il demone convinto.

"Conto su di te ragazzo!" gridò l'ammazzdemoni a Jigoro.

"Prima forma: taglio della superficie dell'acqua."

Il ragazzo mascherato caricò il demone, questo non si aspettava un attacco così improvviso. Essendo un utilizzatore della respirazione dell'acqua, gli attacchi erano più lenti, ma molto più scorrevoli e fluidi. Il demone cercò immediatamente di uccidere il suo ostaggio, mirando il kunai alla gola, ma l'attacco fu rallentato da Jigoro, che non aveva ancora perso le sue forze. Con entrambe le sue braccia, iniziò a spingere con le poche energie che ancora aveva la mano che impugnava l'arma, sperando che l'ammazzademoni sarebbe riuscito a colpire prima che il kunai l'avrebbe trafitto. 

Jigoro continuava a spingere il braccio, ma poteva solo rallentarlo. Il pugnale si avvicinava sempre di più alla sua gola, ma non fece in tempo a tagliarla, che un potente e preciso attacco da dietro colpì il collo del demone. La lama quasi sfiorò il retro del collo di Jigoro, ma la precisione del taglio era tale da far sì che lo mancasse. L'ammazzademoni era riuscito a concentrare la forza del colpo sulla punta della lama, così facendo riuscì a tagliare completamente il collo del demone, senza alcun danno a Jigoro stesso.

La testa del demone cadde per terra, così come il suo corpo, lasciando la presa che teneva stretto il giovane Jigoro.

"Perché non sei scappato?", gli chiese il misterioso ammazzademoni inginocchiandosi verso di lui.

Il giovane Jigoro, preso dai sensi di colpa, ma anche dalla paura e dalla fatica, scoppiò a piangere. "Non ho fatto altro che correre tutto il tempo! Le mie gambe stavano cedendo! Non riuscivo più a correre!"

"Capisco...", rispose il ragazzo, accarezzandogli i capelli per tranquillizzarlo.

 

 

 

Zen'itsu era stato totalmente catturato dalla storia. Osservava con due occhi spalancati il suo maestro.

"...e questo è stato l'evento che mi ha motivato a diventare un pilastro. Dopo quel giorno, il mio carattere cambiò quasi del tutto. Ero diventato molto più propenso ad imparare. Fino a quel momento sapevo solo tre forme. E stavo studiando la respirazione del tuono da un anno circa. Nel giro di tre mesi, riuscì ad imparare le altre tre."

"Quindi, nonno, mi stai dicendo che se voglio imparare le altre cinque forme devo essere la vittima di un evento nel quale rischio di perderci la vita?", chiese Zen'itsu.

"No, ma che idee ti fai, scemo...!", rispose ridendo Jigoro. "...Questa storia te l'ho raccontata per farti capire chi ero. Un debole che non riusciva a fare altro che scappare. Sapevo a malapena combattere. E guarda chi sono ora! Quello che voglio dirti, è che non devi farti abbattere da alcun tipo di fallimento, non importa quanto grandi siano, perché comunque, fino a quando non muori, il tempo per imparare qualcosa c'è sempre. Devi soltanto volerlo."

"Ma questo ancora non spiega perché hai scelto noi due, in particolare me!"

"La prima volta che ho messo gli occhi su di te, eri a terra, disperato, mentre degli uomini ti stavano portando via la ragazza che tu stesso credevi ti amasse, quando in realtà ti stava solamente sfruttando. Soltanto da quello ho capito che tu sei una persona che ci tiene alle poche conoscenze che ha, e che farebbe di tutto pur di proteggerle. Questo istinto ce lo hanno in pochi, ma un occhio attento può sempre vedere quando succede. L'istinto di protezione è una delle qualità più importanti per un ammazzademoni. Ti dico, dal giorno dopo l'evento di cui ti ho raccontato, sono stato malissimo. Mi continuavo a dare la colpa per la morte di Ichiro, nonostante il destino stesso aveva detto che quel giorno sarebbe morto. Era come un fratello per me, nonostante ci conoscessimo soltanto da qualche mese."

"Ma tutto questo cosa c'entra riguardo a Kaigaku? Lui non ci tiene per niente alle poche conoscenze che ha!" gli gridò Zen'itsu.

"Kaigaku, sapevo già di lui prima di accudirlo. Lo presi sotto la mia ala dopo che il tempio nel quale abitava fu assalito da un singolo demone, che uccise gran parte degli orfani residenti nel luogo. Corse direttamente da me senza mai fermarsi, chiedendomi aiuto. Appariva disperato. Appena lo vidi capii quello che era successo. Vedi, molti pilastri, soprattutto i più forti, sono motivati da puro odio e rabbia verso i demoni, indotta dalla perdita di qualche stretto amico, o famigliare, causata appunto dai demoni stessi. Sapevo che non si sarebbe mai arreso lui, che avrebbe sempre puntato al massimo. Per questo l'ho accudito." Jigoro sorrise a Zen'itsu, accarezzandogli i capelli.

"Hai mai raccontato questa storia a Kaigaku?...", gli chiese preoccupato al suo maestro. "...lui dice sempre che favorisci me a lui!"

"Glielo racconterò appena tornerà dalla selezione finale. Sono più sicuro che lo passerà senza problemi. Non favorisco nessuno, alla fine di tutto, vi voglio vedere sullo stesso livello, nella cerchia dei pilastri. È normale che lui possa pensare così, ormai sa allenarsi da solo, quindi di conseguenza devo concentrarmi maggiormente su di te, perché sei più problematico!..." disse Jigoro ridendo.

"...Ma sono sicuro che un giorno lui capirà, e che quando sarete entrambi pilastri, riuscirete finalmente ad andare d'accordo!"

"Lo spero anch'io." Sospirò malinconicamente Zen'itsu.

"Lo spero davvero tanto."

 

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Capitolo 2
*** La selezione finale ***


Capitolo 1.0 - Una lama indistruttibile

Passò una settimana, Kaigaku tornò incolume dalla selezione finale, presentando soltanto piccoli graffi. Averlo superato, però, non comportava soste. Fu chiamato in missione quasi immediatamente. 

Zen'itsu non sapeva come sentirsi: se da una parte si sentiva felice di essersi temporaneamente liberato dalla pressione causata dal suo compagno, dall'altra si sentiva che non aveva più un qualcuno da cui prendere spunto, avrebbe, in quell'incerto periodo di tempo, dovuto addestrarsi da solo.

"Zen'itsu, mancano ancora svariati mesi dalla selezione finale. Devi concentrarti solamente sulla prima forma d'ora in poi, dato che le altre non le sai proprio fare.", gli disse Jigoro poco dopo la partenza di Kaigaku.

"Posso provarci! Come la storia che mi avevi raccontato tempo fa! Mi basta un evento che mi faccia sbloccare la capacità di imparare le altre forme!! Andiamo a caccia di qualche demone stanotte, nonno!!", gridò disperato Zen'itsu, si sentiva continuamente in colpa nella sua incapacità di imparare le altre forme, e avrebbe fatto di tutto pur di impararle.

"Ma sei impazzito?! Vuoi veramente scontrarti contro un vero demone col tuo livello di abilità?! Così si muore, Zen'itsu!!", rispose Jigoro infuriandosi.

"Non voglio morire!! Ma allo stesso momento non voglio combattere usando soltanto la prima forma!!"

Zen'itsu si mise ancora a piangere.

"Vuoi cercare di imparare le altre forme?! Va bene, andiamo." Jigoro assecondò alle sue lamentele sbuffando, ma sotto sapeva che comunque non ce l'avrebbe fatta.

 

 

"Ti ho messo cinque cocomeri lungo il percorso, distruggili usando una tecnica diversa per ciascuno. Non fermarti. Vai!"

Zen'itsu si mise in posizione.

"Seconda forma: Inadama..." Zen'itsu, convinto delle sue capacità, attaccò.

Lo scatto fu quasi perfetto, iniziò a girare intorno al cocomero per preparare gli attacchi consecutivi che componevano la seconda forma. Trasse la katana, mancando però il bersaglio. Questa si infilò nel ceppo d'albero nel quale sopra stava il frutto, facendo inciampare Zen'itsu sulla sua stessa spada. Lo sfortunato allievo cadde fragorosamente a terra, sfregando la faccia contro il terreno.

"Vai con la terza forma!", gli gridò Jigoro.

Ma la motivazione di Zen'itsu era molto fragile. Prese la katana dal ceppo, e la lanciò con rabbia, a mo' di giavellotto, contro un albero vicino.

"Zen'itsu! Cosa stai facendo?!". Jigoro vide il suo allievo scomparire tra i fitti alberi che componevano la foresta. La sua spada era ancora infilata nell'albero.

"Ti sento, Zen'itsu. Sarò vecchio, ma non sono scemo." gli disse nel sentire una pesca cadere dietro di lui. Girandosi, vide Zen'itsu che cercava di scappare, arrampicandosi su un pesco lì vicino.

"Non voglio continuare! Non voglio!!" gridò mentre cercava di nascondersi tra la chioma dell'albero.

"Scendi subito! O ti faccio scendere io!" Jigoro prese quindi un lungo cappio che teneva con sé. Sapeva che il suo allievo avrebbe fatto questa scenata, e si era preparato di conseguenza. Con un lancio deciso, riuscì ad aggrappare Zen'itsu al collo.

"Vieni giù, ti ho detto!", gli infuriò contro mentre cercava di tirarlo giù dall'albero, ma il suo allievo continuava a tenersi aggrappato al ramo al quale si abbracciava, senza lasciare la presa.

Dopo un paio di minuti spesi a cercare di tirare giù Zen'itsu dall'albero, finalmente lui mollò la presa, e si schiantò di schiena sul terreno.

"Visto? Non hai ancora una minima idea di come eseguire le altre forme! Negli ultimi giorni ti ho dato un katana vera per addestrarti meglio, ma vedendo queste cose sono tentato nel togliertela!", gli disse al suo allievo dolorante.

"Alzati...", gli ordinò.

Zen'itsu, nell'alzarsi, ricevette una violenta bastonata alla testa, che lo fece di nuovo cadere per terra.

"Devi smetterla di comportarti in questo modo. D'ora in poi, ogni volta che ti comporterai così, riceverai una bastonata in più rispetto alla volta precedente!"

Il dolorante Zen'itsu si alzò lentamente, prostrandosi davanti al suo maestro. Jigoro si calmò quasi immediatamente e cercò di motivarlo, accarezzandogli i capelli.

"Ok Zen'itsu, finora sei riuscito ad imparare una forma, ed è comunque qualcosa. È anche più di quello che mi sarei mai aspettato da te. Quello che voglio dirti è... se riesci a fare anche solo una forma, allora padroneggiala. La elabori il più possibile."

"Lo sai come si forgia una katana?", gli chiese. Imitando poi l'azione di uno spadaio che dà forma ad una spada durante l'azione di forgiatura, Jigoro iniziò a colpire Zen'itsu con piccoli colpi sulla sua testa usando il suo pugno.

"No. Non ne ho idea..." pensava mortificato Zen'itsu.

"...Se continui a colpirmi così rischio di mettermi a piangere però."

"Nel forgiare una katana, la colpisci ancora, ancora e ancora. Così da rimuoverci tutte le impurità e migliorare sempre di più la qualità del metallo. Così nasce una buona katana!..." Jigoro smise di picchiettare sulla testa zen'itsu, e gli mise una mano gentile sulla spalla.

"...Perfezionala, Zen'itsu! È normale piangere, è normale correre via e cercare di scappare. Ma non arrenderti mai! Devi credere che tutti questi giorni di allenamento infernale, un giorno ti ripagheranno. Purificati dalle tue impurità, e diventa una lama più forte di chiunque altra!"

Zen'itsu non sapeva cosa dire, un inaspettato silenzio seguì il discorso di Jigoro.

"Nonno..." gli disse Zen'itsu.

"...mi fa malissimo la testa."

"Ah domani sarà apposto non iniziare! D'ora in poi, ci concentreremo soltanto ed esclusivamente sulla prima forma. Userai quella per affrontare l'esame."

"Sicuro che sia la soluzione giusta?", gli chiese Zen'itsu.

"Ne sono più che certo." gli disse sorridendogli.

Capitolo 2.1 - Battute di caccia

"Cosa significa che bisogna affrontare demoni veri?!" gridò terrificato Zen'itsu.

"Significa che ti buttano in una foresta piena zeppa di demoni, dovrai sopravvivere sette notti nelle foreste del monte Fujikasane per passare la selezione! Il sensei te l'avrà spiegato un centinaio di volte e ancora non l'hai capito?!". Kaigaku era tornato da poco, il suo ritorno si faceva sentire.

"Ma pensavo fossero demoni finti! O perlomeno dei semplici manichini!"

Zen'itsu era disperato per via della sua recente scoperta. Non aveva ancora affrontato dei demoni veri e propri, e sapere che la selezione finale sarebbe consistita in una settimana di sopravvivenza contro dei demoni non lo aiutava.

"Non sei cambiato di una virgola da quando sono andato! Continui a fare schifo! Pensavo che saresti migliorato almeno un minimo dato che in questa settimana il sensei poteva dedicarsi pienamente a te!", gli gridò Kaigaku.

"Il sensei ha comunque i propri limiti...", disse Jigoro entrando nella stanza in cui stavano discutendo i suoi due allievi.

"...Zen'itsu, stasera, quando il sole è all'orizzonte, fatti ritrovare al pesco. Stanotte andiamo ad allenarci."

"Cosa? Vuoi veramente mettermi a rischio contro dei demoni veri? Cosa stai dicendo, nonno?? Vuoi farmi morire?! Lo sai che morirò così?! Morirò assolutamente!! Morirò, morirò, morirò, morirò, morirò, morirò, morirò..."

L'attacco di panico fu rapidamente placato da Kaigaku, che lo calmò con un forte pugno nella pancia, facendolo tacere. Zen'itsu cadde a terra, mentre ansimava fortemente per via della mancanza d'aria causata dal pugno.

"Riprenditi. Poi fatti vedere stasera, o quel pugno che hai appena ricevuto in confronto sembrerà una carezza." disse minacciosamente Jigoro nell'andarsene.

Il sole calò, accompagnando la giornata verso la fase serale, Zen'itsu si fece coraggio, e si diresse al pesco vicino alla casa del maestro. Jigoro lo stava aspettando sotto l'albero, con la katana sua e del suo allievo in mano.

"Conosco una foresta qua vicino, nella quale la notte sono presenti più demoni di qualsiasi altro luogo. Ci inoltreremo lì dentro stanotte, andiamo a caccia.", gli disse allungando un braccio verso Zen'itsu. In mano teneva la katana destinata al suo allievo.

"Nonno, non so come sentirmi a riguardo. Non rischiamo di morire?", chiese paurosamente mentre prese in mano la sua katana.

"Ovvio che sì. Ma un ammazzademoni deve mettere il suo spirito di sacrificio davanti a qualsiasi principio. Quando si va a cacciare un demone, bisogna sempre pensare che c'è sempre la probabilità che non si tornerà a casa quel giorno."

"Non è molto incoraggiante.", disse Zen'itsu tremando.

"Dovrebbe esserlo. Quando sarai disposto a sacrificarti per un bene maggiore, allora vedrai che ti piacerà questo lavoro. Dovrò solo cercare di metterti in testa questo ragionamento.", gli rispose mentre si dirigevano verso la foresta.

Ormai il sole era totalmente scomparso, lasciando spazio all'oscurità della notte. La foresta, buia e silenziosa, inquietava Zen'itsu, che stava sempre all'erta, cercando di sentire qualche demone. Il suo udito era più sviluppato del normale, questo lui lo sapeva, e sfruttava questo suo pregio ogni volta che poteva.

"Zen'itsu, senti qualcosa?". Gli chiese Jigoro mentre camminavano senza meta nella foresta.

"No, sento soltanto piccoli animali notturni, tutto qua."

Non passarono tanto tempo nella foresta, che il primo demone lì attacco senza alcun preavviso. Non sembrava potente, a prima vista sembrava addirittura un normale umano.

Attaccò da un buco nel terreno, ma fu rapidamente decapitato da Jigoro, che usò la prima forma contro di lui.

"Impara da me! Così è come si esegue la prima forma correttamente!", gli disse soddisfatto tenendo in mano la testa del demone come se fosse un trofeo.

"Ma quella che riesco a fare io non è così male!" gli rispose Zen'itsu lamentandosi.

"Lo so! Ma la mia è meglio!" esclamò compiaciuto, lasciandosi scappare una piccola risata.

"Combattere dà alla testa a quest'uomo..." pensò.

Continuarono a camminare, Jigoro nella speranza di trovare qualche demone, e Zen'itsu nella speranza di trovarne nessuno.

Fortunatamente per uno, e sfortunatamente per l'altro, un secondo demone apparve dall'oscurità della notte davanti a loro. Questo sembrava ignorarli, mentre era impegnato a mangiare una sfortunata persona che sembrava fosse morta da poco.

Entrambi si fermarono, il demone non li aveva ancora notati.

"Zen'itsu...", disse a bassa voce Jigoro, indicando l'oscura figura nel buio della notte.

"...quello lì è tuo. Usa la prima forma su di lui."

"Non ce la faccio nonno, è troppo brutto, mi fa schifo." gli rispose sempre a bassa voce Zen'itsu.

"Usa questa cosa a tuo vantaggio. È così brutto che renderesti la foresta più bella uccidendolo, no? Prova ad usare questo ragionamento!"

"Non posso, nonno! Mi terrifica quel mostro!". Zen'itsu preso dalla paura alzò la voce involontariamente, il demone lo sentii, e ringhiò minacciosamente verso di loro.

"Zen'itsu sei un idiota!", disse Jigoro mentre preparava la spada.

"Scusami, nonno! Mi sono fatto troppo prendere dal panico!"

"Hai ancora la possibilità di rimediare! Attaccalo!", gli gridò il maestro.

Il demone intanto aveva intuito la minaccia, aveva lasciato il corpo della sua vittima, e si stava lentamente avvicinando a loro. Sputando una costola dalla bocca, li provocò.

"Userò il tuo intestino per impiccare tuo nonno, ammazzademoni!"

Preso totalmente dal panico, Zen'itsu inizò a perdere la percezione del mondo circostante. Iniziò a non vederci più. Il panico ebbe la meglio su di lui, e svenne, cadendo fragorosamente a terra a faccia in giù.

"Zen'itsu! Zen'itsu! Questo non è il momento per farsi prendere dal panico! Svegliati!", gridò Jigoro. Ma il suo allievo non sembrava mostrare alcun segno di ripresa.

Jigoro si ritrovava da solo, ma per lui non era un problema. Essendo un ex-pilastro, lo svenimento del suo allievo era soltanto una piccola inconvenienza. Si mise in posizione per la prima forma, mentre il demone si avvicinava sempre di più, totalmente ignaro dell'attacco che lo stava per colpire.

Jigoro era in posizione, pronto a colpire. Dopo aver perso la gamba destra molti anni prima, quando era ancora un pilastro, faceva fatica ad usare la prima forma con la stessa potenza che riusciva a sprigionare precedentemente, dato che richiedeva un'alta concentrazione verso i muscoli delle gambe, ma lui ci riusciva comunque, non avendo mollato gli allenamenti anche dopo aver lasciato la sua posizione da pilastro.

"Prima forma: tuono e lampo."

 Jigoro era pronto a caricare il demone, ma venne inaspettatamente interrotto da Zen'itsu, che lo prese per il braccio col quale teneva il manico della katana.

"Da qua continuo io, nonno.", gli disse deciso. Aveva totalmente cambiato carattere. Fino al minuto prima era in panico, sull'orlo di piangere, mentre adesso sembrava avere il totale controllo della situazione. Jigoro lo osservò sorpreso: il suo allievo teneva gli occhi chiusi, come se fosse ancora svenuto. 

"Sicuro come il sole domani che questo suo stato è causato dal suo svenimento.", pensò Jigoro, anche se non aveva mai visto niente di simile prima d'ora. Lasciò quindi la katana, e fece fare a Zen'itsu quello che aveva in mente. Il suo sguardo poi andò verso il demone: questo si stava avvicinando sempre di più, ma con un fare lento e pigro, come se fosse troppo stanco per cacciare altri umani.

Zen'itsu si mise in posizione. Concentrando l'azione sui muscoli delle gambe e sui muscoli delle braccia per sfoderare la katana nel momento giusto, in quel momento era totalmente concentrato nell'eseguire la mossa.

"Prima forma: tuono e lampo".

In men che non si dica, Zen'itsu, con uno scatto fulmineo, attaccò il demone. In un secondo lo scontro era già finito. Mentre la testa del demone stava ancora cadendo, Zen'itsu aveva già finito la mossa. Era fermo, con la katana già nella fodera, a qualche metro dietro di lui.

Jigoro era impressionato da quello che aveva appena visto. Il suo allievo aveva appena ucciso un demone mentre era svenuto.

Zen'itsu perse l'equilibrio, e cadendo come una statua, impattò col terreno di testa.

La botta subìta fece sì che si svegliò subito, facendolo tornare allo stato di prima.

Alzandosi da terra, come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno, vide il suo maestro. In faccia teneva due occhi spalancati, come mai Zen'itsu aveva visto prima d'ora. 

"Perché mi guardi con quella faccia, nonno?! Sono solo svenuto per la paura! Non ti è mai successo in vita tua?!", gli gridò spaventato.

Jigoro pensava che lo stesse semplicemente prendendo in giro, quindi, prendendolo per un braccio, lo alzò di forza in piedi.

"Non so se hai visto, ma quello lo hai fatto te.", gli disse forzandogli lo sguardo verso il cadavere del demone.

"Non è vero! L'hai ucciso te mentre ero svenuto per farmi credere che ero stato io mentre ero incosciente! E poi mi fa male dappertutto, faccio fatica a camminare!", continuava a lamentarsi Zen'itsu.

"Sei una causa persa, ma al contempo sei un prodigio. Sei strano, Zen'itsu...", mormorò tra sé e sé.

"Se solo con la prima forma riesce ad essere così efficente, gli basterà quella per superare la selezione.", continuava a pensare.

Jigoro prese quindi in braccio Zen'itsu, e si diresse verso casa.

Passarono quindi mesi di costante ed estenuante allenamento. Durante le battute di caccia notturne, ogni singola volta che Zen'itsu incontrava un demone, sveniva, per poi risvegliarsi, e lo uccideva senza neanche esitare usando soltanto una sola forma. Jigoro non voleva mettersi in mezzo a questa sua "tecnica", dato che, nonostante fosse strana e stupida, funzionava.

Il tempo passò, Zen'itsu aveva perfezionato il possibile la prima forma, il giorno della selezione finale era finalmente arrivato.

Capitolo 2.2 - La selezione finale

"Nonno! Non sono ancora pronto! Devo per forza farlo?!", chiese piangendo Zen'itsu. Il giorno della selezione finale era finalmente arrivato, e nonostante ciò, si rifiutava di andare.

"Si che devi farlo! Sei pronto! Te lo dico io che sono il tuo maestro! Adesso prendi la katana, e vai verso il monte!". Jigoro gli diede in mano la spada e con un violento calcio sulla schiena, buttò il suo allievo fuori dalla porta, chiudendola alle sue spalle.

Zen'itsu cadde di faccia sul terreno fuori dalla casa. Dopo qualche secondo passato a pensare a cosa fare, tra scelte sagge e mature come andare a piangere dal maestro per convincerlo a farlo restare, e scappare definitivamente da casa, il suo buon senso ebbe la meglio per la prima volta in tanto tempo. Zen'itsu voleva bene come un famigliare a Jigoro, lo avrebbe distrutto pensare che l'unica persona che credeva in lui l'avrebbe ritenuto una delusione. Questo fu abbastanza per motivarlo a rialzarsi, e dirigersi verso il monte Fujikasane.

Dopo un lungo e solitario viaggio verso il monte, raggiunse finalmente i colorati campi di glicine, dove la selezione finale avrebbe preso luogo. Zen'itsu era troppo preoccupato a pensare a cosa avrebbe fatto durante quelle sette infernali notti, che non fece neanche caso al surreale viola acceso della quale brillavano i fiori di glicine, che circondavano l'intera zona nella quale stava.

Quando raggiunse il posto, la luna era ormai alta, ma il sole era tramontato da poco, la notte era, purtroppo per lui, ancora giovane.

Zen'itsu si guardò un po' intorno per vedere chi c'era oltre a lui: c'erano in totale una ventina di persone, tutte più o meno della stessa età. Nessuno sembrava interagire tra di loro. Sembrava che tutti i potenziali ammazzademoni presenti fossero immersi nei propri pensieri, i loro sguardi variavano dalla concentrazione alla paura.

L'ingresso alla foresta era segnato da un torii, un punto d'accesso solitamente utilizzata per segnare l'accesso in luoghi sacri o di culto. Sotto questo portale stavano due persone dall'inquietante aspetto. Sembravano due ragazze, erano gemelle, indossavano lo stesso identico vestiario: un kimono viola scuro con motivi floreali ricamati lungo tutto il capo d'abbigliamento. L'unica cosa che differenziava queste due persone erano i capelli, che, nonostante avessero lo stesso identico taglio, una aveva i capelli colorati di bianco, e l'altra di nero. Queste inoltre, tenevano ciascuna una lanterna.

Zen'itsu era inquietato alla vista di quelle due strane persone, sembravano una l'ombra dell'altra, da come si muovevano, e da come parlavano.

"Ascoltate tutti..." dissero all'unisono. 

"Vi ringraziamo per essere venuti qua stanotte. Alla selezione finale del corpo degli ammazzademoni."

"Perfetto, non solo mi ritrovo ad addentrarmi verso morte certa, ma se sopravvivo mi toccherà lavorare per dei pazzi.", pensò Zen'itsu.

Il discorso delle ragazze era strano. Era un discorso unico, nel quale una ragazza diceva una frase, e l'altra diceva quella successiva, alternandosi una frase ciascuno, creando una situazione altamente inquietante per lui.

"Ci sono demoni intrappolati qui, nel monte Fujikasane, catturati vivi dagli spadaccini degli ammazzademoni, e sono impossibilitati nell'uscire..."

"Questo perché il glicine, che i demoni odiano tanto, fioriscono tutto l'anno da valle fino a metà della montagna..."

"...Però, da questo punto in poi, non è presente alcuna pianta di glicine, e saranno presenti demoni in abbondanza..."

Lo scambio di parola continuava, Zen'itsu iniziava a sentirsi minacciato dagli sguardi vuoti e fissi di quelle due ragazze.

"...Dovrete sopravvivere qui per sette giorni per passare la selezione finale."

All'unisono poi, concludendo il discorso, dissero le due gemelle: "E ora, andate per la vostra strada."

La selezione finale era iniziata, mentre tutti i partecipanti si inoltrarono nella foresta, Zen'itsu si ritrovò da solo, ancora nei campi di glicine, mentre le due gemelle lo osservavano con uno sguardo fisso e privo di emozioni.

"Candidato, si sente bene?", gli chiesero entrambe, guardandolo dritto negli occhi. Nonostante la loro espressione impassibile e apatica, a Zen'itsu scese un brivido lungo la schiena, sentendosi minacciato soltanto dagli sguardi di queste due strane gemelle.

"No no, non è niente, davvero. Mi stavo solo concentrando su come avrei affrontato questa selezione." rispose Zen'itsu con una scusa inventata sul momento.

"Se non vuole partecipare, allora si allontani da questo posto. Ma si ricordi, non potrà più partecipare alla selezione finale." Dissero all'unisolo senza cambiare tonalità di voce.

Zen'itsu si terrificò nel sentire queste parole. Non voleva neanche immaginarsi la pura delusione che avrebbe provato il suo maestro se avesse saputo che non sarebbe neanche riuscito ad entrare nel corpo degli ammazzademoni.

"No no no! Tranquille! Vado subito!", disse balbettando. Si incamminò quindi nella direzione in cui si erano diretti tutti gli altri candidati. Zen'itsu aveva ufficialmente iniziato la selezione finale.

Passarono cinque notti, Zen'itsu era ancora vivo, grazie all'applicazione di una strategia infallibile: scavare a mani nude ogni sera una profonda buca, e nascondersi dentro. Coprendo poi l'entrata con masso o con foglie, e aspettare fino all'alba. Il giorno lo sfruttava per cacciare animali e raccogliere frutti, per trovare qualcosa da mangiare, e poi dormiva fino al tramonto. Mentre il sole scendeva, Zen'itsu si scavava un'altra buca, e prima che la notte lo raggiungesse, era già al sicuro in una nuovo rifugio. Non voleva affrontare i demoni, nonostante Jigoro gli avesse detto più volte che possedeva un talento unico nell'affrontarli, pensava che fosse solo una scusa creata dal maestro stesso per convincerlo a continuare ad allenarsi.

Durante la terza notte, Zen'itsu fu preso da un brutto attacco di panico, e iniziò a buttarsi addosso ad ogni demone che trovava nella speranza di poter morire per farla definitivamente finita. Ma ogni singola volta gli capitava di perdere i sensi, e di svegliarsi con il cadavere del demone affianco.

Mentre il sole tramontava, verso la fine della penultima giornata, Zen'itsu si stava preparando per rintanarsi nella sua buca, ma per poco non svenne dalla paura, quando scoprì che il rifugio costruito da lui stesso era stato occupato da un'altra partecipante, mentre lui era via a raccogliere frutta.

"E tu chi sei? Vattene da qua! Scavati una tua buca!" gridò spaventato.

Inizialmente, pensava che il misterioso invasore di proprietà fosse un uomo: indossava abiti maschili, i suoi capelli erano lunghi fino alle spalle e sciolti, di un colore blu chiaro, tendente al giallo sulle punte. I suoi capelli erano inoltre spettinati e sporchi, ma dopotutto, chi aveva la priorità di curarsi del proprio aspetto durante una situazione come quella?

"Questo è il mio rifugio, adesso. Lasciami da sola!",  gridò la ragazza. Solo in quel momento Zen'itsu capì il sesso dell'invasore.

"Non mi farò dare ordini da una femmina! Perlopiù del mio stesso livello! Esci di lì!", gli ordinò prendendola per le spalle e cercando di tirarla fuori. Ma i suoi tentativi di sbarazzarsi dell'invasore furono vani, quando Zen'itsu ricevette un violento gancio sul mento da parte della ragazza, che lo costrinse a lasciarla.

"Questo è il mio buco! Ce ne sono tanti come questi, ma ora questo è mio! Lasciami in pace!"  disse nel chiudere il rifugio spostando una grossa pietra sopra l'entrata della buca, chiudendola.

Zen'itsu a questo punto aveva accettato la situazione, e iniziò a scavarne un'altra lì vicino. Una volta finita, il sole era ormai all'orizzonte, pronto a dare inizio alla sesta notte. Prima di rifugiarsi nella sua nuova casa, Zen'itsu andò verso la buca la quale gli era stata sfrattata, e bussò sulla pietra che faceva da protezione. 

"Non so se stai già dormendo, ma se hai bisogno di aiuto, o di cibo, cerca la mia buca. È vicino alla tua! Sarà segnata da un grosso mucchio di foglie!", disse alla roccia, sperando che la ragazza lo sentisse. Dal rifugio però, non ricevette alcuna risposta. Zen'itsu prese quindi un mucchio di foglie, entrò nella sua buca, e le posò tutte intorno e sopra di esso, creando una piccola collinetta di foglie al di sopra di esso.

Durante la notte, Zen'itsu stava sveglio per evitare di essere attaccato senza che se ne accorgesse. Quella notte percepì, grazie al suo elaborato udito, qualcosa uscire dalla buca vicino a lui. Sentiva che si dirigeva verso la sua, con un passo che sembrava frettoloso. Zen'itsu strinse la mano destra sul manico della katana, pronto ad attaccare nel caso non fosse la ragazza che aveva incontrato poco prima. Le foglie sopra al suo rifugio iniziarono a muoversi, fino a quando non si formò un'apertura all'entrata della sua buca. Una faccia spuntò, guardando Zen'itsu dritto negli occhi. Era la ragazza di prima. Due grandi occhi di colore verde acqua lo fissavano, sembrava spaventata da qualcosa. Le allungò un braccio per aiutarlo ad uscire.

"Non è sicuro qua. Dobbiamo andarcene subito!"

Capitolo 2.3 - La ragazza della tempesta

Zen'itsu prese la mano della ragazza, ed uscì dalla buca.

"Seguimi! E non guardare indietro!" disse mentre iniziarono a correre.

Zen'itsu guardò indietro. 

Un gruppo di quattro demoni erano spuntati fuori dal terreno come delle talpe, nella stessa zona in cui erano localizzate le due buche, e li stavano inseguendo.

"Dovremmo affrontarli, invece che scappare! Dove stiamo andando?", gridò Zen'itsu, cercando di nascondere il suo lato codardo.

"Molto probabilmente ce ne sono altri! Aspettiamo che escano fuori tutti prima di ucciderli!", rispose la ragazza mentre correvano. Zen'itsu nel correre notò che l'equipaggiamento di questa era assai insolito: oltre alla katana, il cui fodero era legata alla gamba sinistra, teneva sulla schiena, all'altezza dei fianchi, un fodero contenente un tanto: un tipo di lama corta e maneggevole, usata per scontri a corta distanza.

Un altro demone spuntò fuori dal terreno davanti a loro, bloccandogli lo stretto passaggio in una già fitta foresta.

"Dobbiamo affrontarli adesso o siamo morti!" Gridò terrificato Zen'itsu.

La ragazza non rispose, ma teneva la mano sinistra stretta sul manico del tanto, e la mano destra sul manico della katana pronta ad agire.

"Respiro della tempesta, prima forma: lampo e tuono"

Con una rapida mossa lanciò il tanto verso il bersaglio davanti a lei, colpendolo in pieno petto. Il demone, stordito e indebolito, cercò di togliersi la spada di dosso per potersi curare, ma la distrazione causata era abbastanza per dare tempo alla ragazza di avvicinarsi a lui. Con la mano destra, sfoderò la katana, e senza alcuna fatica, tagliò la testa al demone durante l'azione stessa dello sfodero.

Dopo che la ragazza ripose la katana, e staccato il tanto dal petto della vittima, la corsa continuò. Zen'itsu era sorpreso da quanto era simile la sua respirazione da quella della ragazza, il nome della prima forma era quasi identico alla sua, e lo stile usato pareva non tanto diverso.

"Respirazione della tempesta? Dove l'hai imparata?", chiese affannando Zen'itsu mentre la corsa procedeva senza sosta.

"Ti spiego dopo! Per adesso pensiamo a sopravvivere!", rispose la ragazza.

La loro corsa fu però bruscamente interrotta dalla montagna stessa. La salita divenne sempre più ripida, entrambi non riuscivano più ad andare avanti. Potevano soltanto scendere, ma sotto di loro la via era bloccata dagli stessi quattro demoni che li stavano seguendo dall'inizio.

"Ora dobbiamo affrontarli veramente! O siamo morti per davvero!", disse Zen'itsu cercando di fingere un tono convinto, quando gli si poteva perfettamente percepire il terrore che cercava di nascondere.

"Hai qualche asso nella manica, coso giallo?"

"Coso giallo?" Rispose Zen'itsu confuso.

"Lascia perdere, ti ho salvato perché mi serve una mano per sopravvivere, quindi vedi di essere d'aiuto!" Disse fulminandolo con lo sguardo.

Sfoderò quindi entrambe le spade che teneva e lentamente, sfregando una lama sull'altra, diede un segno di avvertimento ai demoni.

"Se pensate di averci bloccato in un vicolo cieco, vi sbagliate! Vi sbagliate tanto!", le gridò minacciosamente. I demoni, però, non sembravano mossi minimamente dalle minacce ricevute. 

"Vi do tre secondi per andarvene!", avvertì lei.

"Dacci il ragazzo e ti lasciamo andare!", gridò uno dei demoni.

"Cosa? Perché solo io e non lei?! Pensavo fossero le ragazze gli umani preferiti dai demoni! E da quando questi mostri negoziano?!", gridò Zen'itsu.

"Ci mangerebbero entrambi comunque, stanno bluffando.", le disse sottovoce la ragazza.

Il duo ammazzademoni era in piedi su una roccia. Sotto di loro stava una ripida discesa, che i demoni stavano completamente bloccando.

La ragazza iniziò il conto.

"Uno...!"

Zen'itsu sentiva la tensione salire, mentre i demoni apparivano più nervosi, ed avevano aumentato la velocità con la quale stavano salendo.

"...Due...!"

Subito dopo, un demone balzò verso Zen'itsu con un surreale scatto, come se avesse sprigionato tutta l'energia che teneva sulle sue gambe in un colpo solo. Zen'itsu, nel vedere la creatura avvicinarsi così velocemente a lui, si fece totalmente assalire dalla paura, e perse i sensi di conseguenza.

Zen'itsu, nello svenire, schivò l'attacco per pura fortuna, ma precipitò nella foresta sottostante, poco più indietro dei demoni.

"Ma che soggetto mi sono trovato? Sono da sola, ancora!", disse a sé stessa irritata.

Davanti a lei stava il demone che aveva appena attaccato Zen'itsu, sembrava confuso da come il ragazzo gli fosse sfuggito.

Con le due spade in mano, la ragazza si ritrovò ad affrontare quattro demoni da sola.

"...Tre!"

"Respirazione della tempesta, seconda forma: pioggia battente"

In una sola veloce mossa, la ragazza mirò con tutte e due le spade alle spalle del demone. Un violento e fulmineo colpo attaccò entrambe le spalle nello stesso momento. Quest'ultimo, senza neanche accorgersene, aveva perso entrambe le braccia.

Il demone provò ad attaccarla, ma solo in quel momento si accorse che aveva perso totalmente il controllo degli arti. Senza neanche il tempo di farle ricrescere, la ragazza, usando le spade a mo' di forbice, tagliò la sua testa.

Mancavano tre demoni, questi ancora stavano scalando la ripida salita.

"Un attacco dall'alto verso il basso, perfetto per le mie forme...", pensava mentre analizzava rapidamente la situazione.

"Quinta forma: Pioggia dirompente!"

La ragazza teneva ancora entrambe le spade in mano. Decise quindi di attaccare, correndo verso il gruppo di demoni inseguitori. Sfruttando la velocità data nel correre lungo la ripida discesa, in un attimo si trovava già ad una distanza tale da poter attaccare almeno due di loro. Con il tanto in mano, la ragazza pugnalò nel petto lo sfortunato demone che stava alla sua sinistra, trascinandolo con sé, mentre con un taglio preciso e potente, tagliò la testa al demone più vicino alla sua destra.

La ragazza continuò a correre fino a quando la discesa si fece meno ripida, dandole la possibilità di fermarsi. Il demone che aveva pugnalato con il tanto era ancora vivo, e cercava disperatamente di togliersi la spada dal petto, ma lei continuava a spingere, e a tenerla dentro. Lo sdraiò poi di forza a terra e, come una ghigliottina, affondò la katana nel collo del demone, uccidendolo.

Ne mancava soltanto uno. Questo però, si fece rapidamente sentire, attaccando la ragazza sfruttando la distrazione causata nell'uccidere il suo compagno. La disarmò rapidamente. L'attacco a sorpresa aveva fatto in modo che lei lasciasse involontariamente la katana, il demone la prese e la lanciò via, in modo tale da essere irraggiungibile. Il mostro era sopra la ragazza, mentre lei, tenendo il tanto con entrambe le mani, contrattaccava cercando di spingere la lama nel suo collo. Era uno scontro alla pari, la spada, puntata verso il demone, non si muoveva. Entrambi sembravano sprigionare la stessa forza dalle braccia. Lo scontro però, fu rapidamente interrotto da Zen'itsu, che con un attacco fulmineo, tagliò la testa all'ultimo demone rimasto usando la prima forma.

Mentre la ragazza cercava di spostare la carcassa del demone da sopra il suo corpo, Zen'itsu si riprese. Svegliandosi, vide soltanto foresta davanti a lui, pensando di essersi perso, si mise a gridare. 

"Ehi! Ragazza strana! Ti ho perso, dove sei?!"

"Sono dietro di te, scemo, basta che ti volti! E non provare a gridare mai più in quel modo, oppure ti darò io una ragione per gridare!", gli urlò contro la ragazza.

"Ma stai urlando anche te!"

"Chiudi quella cazzo di bocca e aiutami qua, piuttosto! Questo demone pesa non poco!", rispose la ragazza evidentemente irritata mentre continuava a cercare di togliere il cadavere da sopra di lei. Il combattimento l'aveva indebolita molto.

Zen'itsu la aiutò, liberandola finalmente dalle grinfie della carcassa. Senza neanche riposarsi un attimo, però, la ragazza fece un cenno con la testa in direzione della foresta subito dopo essersi alzata.

"Andiamo.", disse. 

"Eh? Subito? Non ci riposiamo un attimo?" chiese Zen'itsu mentre ansimava per la fatica e per il poco fiato.

"No! Conosco un posto! Qua vicino, c'è una grotta. Non ci sono demoni ed è ben nascosta. Ci riposiamo lì una volta arrivati!",  rispose mentre iniziò ad incamminarsi.

"Aspetta!", esclamò Zen'itsu, fermandola un attimo prendendola per un braccio.

"Niente pause, ho detto! Non fino a quando siamo arrivati!", rispose innervosita, allontanando la mano di Zen'itsu da lei.

"No, non volevo chiederti una pausa..." disse prendendola di nuovo per un braccio.

"...volevo chiederti, come fai a conoscere così bene questo posto?" domandò incuriosito Zen'itsu.

"Siamo cinque giorni bloccati qua, pensi che in cinque giorni non abbia avuto la possibilità di studiarmi il posto?", le rispose mentre ritornò ad incamminarsi, togliendosi ancora di dosso la mano di Zen'itsu.

"Sì ma, perché prima hai rubato la mia buca invece che rifugiarti là?", gli domandò.

"Ormai la notte era troppo vicina, dovevo trovarmi un riparo, e la grotta era comunque molto lontana. Ho dovuto trovare una soluzione temporanea."

"Capisco..." disse Zen'itsu.

"Un'altra cosa..." gli domandò durante la camminata.

"Basta farmi domande e basta parlare! Così attireremo altri demoni!", disse stizzita interrompendolo.

"...non è niente, davvero. Volevo soltanto sapere il tuo nome.", gli chiese arrossendo un po'.

"Ah...", la ragazza assunse uno sguardo malinconico, come se Zen'itsu avesse toccato una nota dolente.

"Ayaka...", le rispose. "...Mi chiamo Ayaka Hisakawa."

"Io mi chiamo Zen'itsu! Zen'itsu Agatsuma! Se sopravviviamo questo inferno ci sposiamo?", gli domandò senza pensare tanto a quello che diceva.

La ragazza rispose soltanto con un violento pugno in pancia.

Mentre Zen'itsu era a terra, un'altra volta, cercando di riprendere aria, la ragazza continuò a camminare ignorando i suoi lamenti.

Raggiunsero finalmente la grotta, ma non senza essersi incappati in un altro paio di demoni solitari durante la camminata, che Zen'itsu uccise praticamente subito senza neanche l'intervento di Ayaka, causandole però imbarazzo durante i suoi costanti attacchi di panico antecedenti agli attacchi, seguiti dagli inevitabili svenimenti.

La grotta era ben nascosta da fitte piante rampicanti, che coprivano l'entrata come una specie di tenda.

"Qua è dove mi sono rifugiata durante queste notti.", disse entrando.

La grotta non era tanto grossa. Le sue dimensioni avrebbero permesso soltanto a massimo due persone di starci. La grotta, però, era completamente vuota, non era presente neanche un letto. Ayaka semplicemente dormiva sulla dura e fredda roccia.

"Qua è dove ti rifugi?! Ma perché non affronti i demoni come fanno tutti, invece di nasconderti?" disse Zen'itsu, cercando di nascondere il fatto che lui aveva fatto la stessa identica cosa nelle scorse cinque notti.

Un'altra volta, le sue parole non andarono proprio a genio ad Ayaka, che ancora una volta sembrava spazientirsi per il suo scarso buon senso.

"Affronto demoni tutto l'anno, sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro. Preferisco prendermi una pausa in questi giorni quando non ho occhi controllori addosso." disse sedendosi con la schiena verso l'umida e fredda parete rocciosa, posando la katana e il tanto di fronte a sé.

"Mi sembra giusto.", rispose Zen'itsu sedendosi di fianco a lei, e posando la sua spada di fianco a lui.

"Quindi... mi vuoi raccontare della tua respirazione? Quella della tempesta, dico." chiese Zen'itsu incuriosito. Non aveva mai sentito una forma simile, e voleva capire come funzionava.

"Ah sì, giusto. La respirazione della tempesta. Sono forme la cui conoscenza è limitata soltanto a me e membri della mia famiglia. Hai mai sentito parlare dei Takemoto?", le domandò.

"Il nome mi è familiare. Mio nonno ne ha parlato un paio di volte. Diceva che possedevano una respirazione rara, derivata da quella dell'acqua. Ed era una strana combinazione tra quest'ultima, e quella del tuono, che uso io.", gli rispose.

"Mio zio mi ha insegnato questa forma. Ma comunque non è complicata. Si basa molto su tecniche di stordimento o di incapacitazione, seguite poi subito dopo dall'uccisione. Possiede solo cinque forme, ed entrambe richiedono l'uso di due spade, a scelta dell'utilizzatore. Io ho scelto una katana accompagnato da un tanto, per via della loro diversità, e posso usarle in diverse situazioni. Mio cugino, ad esempio, usava due lame tanto. Le sue forme uscivano veloci e scattanti, ma richiedevano una distanza dal nemico molto vicina per colpire in modo efficace, e spesso si ritrovava nei guai.", disse con uno sguardo pensieroso, lasciandosi sfuggire una piccola risata.

"Comunque, non ho ancora capito perché indossi abiti maschili..." domandò Zen'itsu indicando il suo abbigliamento. Ayaka indossava un kimono azzurro, accompagnato da un haori di colore blu marino, con ricami celeste che ricordavano delle onde. Indossava anche un hakama nero, che le copriva le gambe fino ai piedi.

Ayaka non appariva tanto infastidita da questa domanda, ma nonostante ciò, Zen'itsu era già pronto mentalmente a subire un pugno in piena faccia.

"Semplicemente sono più comodi e mi danno più libertà degli abiti femminili. Inoltre non so se hai mai visto, ma i membri femminili del corpo ammazzademoni indossano anche loro un haori." rispose con una inaspettata calma.

"Sì ma, le uniformi del corpo ammazzademoni non seguono gli standard tradizionali. Tu indossi abiti che comunque non andrebbero indossati su una femmina.", gli disse con un fare pignolo.

"Ti da qualche problema questa cosa?", Zen'itsu aveva rotto l'inaspettata calma e tranquillità di Ayaka, e ritornò a parlargli col suo fare acido.

"No no, assolutamente! Soltanto che fa uno strano effetto. Tutto qua!" rispose cercando di disinnescare la situazione.

"Sarà meglio! Tieni d'occhio l'entrata, piuttosto. E fai silenzio, se non vuoi che i demoni ci trovino il nascondiglio!", le disse irritata.

Zen'itsu sbirciò lentamente fuori dall'entrata della grotta, e notò che il sole stava già iniziando a trasmettere i primi timidi raggi, dando quindi fine alla sesta notte.

"Il sole! È finita la sesta notte! Ne manca solo una poi possiamo uscire di qua!", esultò Zen'itsu.

Ayaka tirò un sospiro di sollievo, il suo umore migliorò improvvisamente. "Già. Speriamo per il meglio, no, Zen'itsu?", gli disse con un tono incoraggiante.

"E prepariamoci per il peggio.", gli rispose.

Zen'itsu quindi prese in mano la sua katana, e se la legò sul fianco sinistro. Spostò quindi le pianti rampicanti che facevano da tenda, pronto ad uscire per godersi un giorno senza demoni.

"Dobbiamo stare pronti. Ho come l'impressione che la prossima notte ci riserverà un bel po' di brutte sorprese.", disse, preparandosi ad uscire.

Capitolo 2.4 - Un tuono improvviso

Con l'inizio dell'alba, Zen'itsu e Ayaka potevano finalmente riposarsi.

"Vado a cercare un po' di frutti, o comunque cerco qualche animale. Vieni con me?", chiese Zen'itsu.

"No, grazie. Io sto qua, a riposarmi. Anche se buona fortuna a trovare degli animali in questo posto. I demoni probabilmente se li sono mangiati tutti da un bel po'.", disse Ayaka sdraiandosi per prepararsi a dormire.

"Due giorni fa ho trovato uno scoiattolo, direi che c'è ancora vita in questo posto oltre a quelle cose...", rispose Zen'itsu ridendo.

"Hai controllato almeno che non fosse un demone?", le chiese guardandolo con uno sguardo sospettoso. A Zen'itsu venne un colpo, non sapeva che anche gli animali potessero anche loro trasformarsi.

"Da quando gli animali possono diventare demoni!?", chiese terrificato.

"Da sempre, scemo. Lasciami un po' in pace adesso." Ayaka era seccata, voleva dormire, e voleva che Zen'itsu se ne andasse per poterla lasciare un po' in tranquillità, almeno il tempo di farla riposare senza disturbi.

Zen'itsu uscì dalla grotta, in cerca di cibo. La sua ricerca proseguì per gran parte delle ore mattutine, che si inoltrarono verso le ore pomeridiane. La ricerca però non ebbe alcun successo. Frutta secca e animali, oltre a casi rarissimi, sembravano non esistere in quella foresta.

Era ormai pieno pomeriggio, e Zen'itsu decise di tornare indietro.

Durante la stanca camminata di ritorno verso la caverna voleva soltanto dormire. Tornò a mani vuote, deluso e stremato, Ayaka era seduta, con la schiena appoggiata sulla parte rocciosa. Sembrava sveglia e riposata, stava giocando col suo tanto facendolo girare e ruotandolo sulle mani.

"Bentornato." le disse senza neanche guardarlo, "Hai trovato qualcosa?", chiese a lui.

"No, niente. Voglio soltanto dormire." rispose distrutto.

"Ce la fai a sopravvivere un'altra notte, almeno?", le chiese volgendole lo sguardo. Zen'itsu non si aspettava questa domanda. Da come era intonata la domanda, per un attimo ebbe l'impressione che Ayaka ci tenesse un minimo a lui.

"Sì, la fame e la sete non sono solitamente un problema per me.", gli rispose.

Zen'itsu si sedette di nuovo vicino a lei, appoggiando la sua testa sulla spalla di Ayaka per riposarsi. Lei, gentilmente, spinse la testa in modo tale da fargliela appoggiare sulla parte opposta, sul freddo e duro pavimento roccioso.

Per Zen'itsu quella azione era una piccola sconfitta personale.

"Ehi, Ayaka-chan...", chiese mentre era sdraiato per terra, cercando di creare una piccola conversazione per conoscerla meglio. "...Come vivi te? Fuori da qua, intendo.", gli chiese. Ayaka smise all'improvviso di giocare con il tanto. Lo posò nel suo fodero, e sospirò.

Un'altra volta, Zen'itsu aveva l'impressione di aver toccato un'altra nota dolente.

"Là fuori c'ho un marito ed un figlio. Io sono l'unica ammazzademoni. Mio marito, Kenzo, lavora nei campi agricoli della famiglia mentre mio figlio, Minoru, ha solo tre anni. Io ho lo scopo di proteggerli, dato che ho una maggiore esperienza nel combattimento. Prima vivevo con mio zio, che mi ha insegnato la respirazione della tempesta. Poi mi sono fatta una famiglia, ed ero preoccupata da quanto fossimo esposti in zone ricche di demoni in piena campagna, ed eccomi qua, a 24 anni ancora ad affrontare esami.", le rispose.

"Quindi, cosa fai normalmente? Come vivi la giornata di solito?", chiese Zen'itsu.

"Mi sveglio, e mi metto al lavoro quasi subito. A volte do' un'occhiata al campo, altre volte mi prendo cura del bestiame. Periodicamente però devo rimanere allenata, quindi torno da mio zio ad allenarmi per evitare che la mia respirazione arrugginisca."

Zen'itsu si aspettava una storia più emozionante.

"Che noia lavorare nei campi. Come fate a vivere in modo così monotono?", gli chiese stancamente.

Ayaka prese il fodero del tanto, con la spada ancora dentro, e lo lanciò dritto sulla testa di Zen'itsu. L'estremità del manico lo colpì dritto sulla tempia.

"Altre domande?", chiese mentre cercava di mantenere la calma, ignorando ancora i suoi rumorosi lamenti.

"Preferisco dormire..." rispose sofferente.

Zen'itsu, una volta passato il dolore, si mise a dormire profondamente per tutto il pomeriggio, la settima ed ultima notte per lui arrivò in un attimo, e fu svegliato all'improvviso da Ayaka, che lo strattonò e lo prese per il braccio, alzandolo di forza.

"Svegliati, Zen'itsu. Dobbiamo andare ai campi di glicine. Bisogna essere là prima dell'alba.", le disse a bassa voce, cercando di essere più silenziosa possibile.

"Ma avevano detto di presentarsi lì durante le prime luci dell'alba, non prima!", rispose esitando.

"Prima siamo là, prima siamo al sicuro dai demoni, forza!"

Uscirono dalla grotta, la notte ormai era profonda; era una notte senza luna, dato che uno fitto strato di nuvole coprivano il cielo. Iniziarono ad andare verso valle, seguendo la discesa del monte. In qualche ora di camminata sarebbero stati al sicuro, e avrebbero passato la selezione.

Incontrarono qualche demone lungo il cammino, ma vennero rapidamente uccisi da entrambi senza tante fatiche.

Durante una camminata che pareva interminabile, l'olfatto di entrambi percepì un odore inconfondibile.

"Senti anche te? È glicine!", esultò Zen'itsu. I campi erano ormai vicini, e stavano già travolgendo i due ammazzademoni con il loro caratteristico odore.

"Andiamo, Ayaka-chan!" gli disse felicemente mentre iniziava ad allungare il passo.

Ayaka, per la prima volta da quando l'aveva incontrata, sembrava felice, sulla faccia teneva un sorriso sincero, soddisfatto. Era finalmente finita.

Mentre correvano verso la salvezza, Ayaka improvvisamente si fermò, fermando di forza anche Zen'itsu, prendendolo per un braccio. Lui inciampò, cadendo di faccia sul terreno.

"Perché ti sei fermata, Ayaka-chan?", chiese confuso mentre si rialzava. Osservò Ayaka: stava lacrimando, costanti lacrime continuavano a scendere dagli occhi, che si erano improvvisamente arrossati.

"Ayaka-chan, stai bene?", continuò a chiedere preoccupato. Non sembrava un pianto dovuto ad una forte emozione, ma sembrava indotto da quella che sembrava una grave reazione allergica.

"Dobbiamo tornare indietro.", le disse, mentre cercava rapidamente di asciugarsi le lacrime.

"Dobbiamo tornare indietro.", ripeté.

"Ma cosa stai dicendo! Siamo praticamente alla fine!", gli gridò.

Ayaka lo prese per il kimono che indossava. Zen'itsu la guardò negli occhi: sembravano mostrare una profonda tristezza, il pianto allergico era diventato un pianto vero. Il suo insolito sbalzo emotivo spaventò Zen'itsu, che cercava di calmare la situazione.

"Abbiamo quasi finito, Ayaka-chan! Per favore, riprenditi! O almeno spiegami cosa ti sta succedendo!", disse mentre cercava di capire.

"Dobbiamo tornare indietro!", gridò Ayaka.

Alzò Zen'itsu da terra, e con una surreale ed inaspettata forza, lo lanciò indietro per una decina di metri, facendolo schiantare per terra. Ayaka si avvicinò rapidamente a lui, e senza dargli tempo di reagire, lo prese per il collo, e lo lanciò ancora indietro, il più lontano possibile dal glicine. Zen'itsu soffriva per i colpi col terreno subiti; era sdraiato a terra, ferito.

Ayaka sfoderò il tanto, puntandolo al collo di Zen'itsu. Lui cercò di alzarsi, ma mentre era in ginocchio, un violento calcio sulla testa lo costrinse a sdraiarsi ancora. Ayaka era sopra di lui. Con il tanto in mano, cercò di pugnalarlo sul collo. Il suo attacco fu però parato dalle braccia di Zen'itsu, che bloccarono per un po' le sue mani nell'attacco. Ayaka spinse la spada, aumentando la potenza sprigionata dalle braccia. Zen'itsu percepiva una forza impareggiabile da un umano provenire da essa, mentre questa si avvicinava sempre di più a lui. Trovò però un'opportunità: Ayaka era così concentrata sulle braccia, che si era dimenticata di bloccargli le gambe. Lui quindi, contrattaccando con un forte calcio sul mento, riuscì a togliersi Ayaka di dosso per un attimo, dandogli finalmente l'opportunità di rialzarsi. Sfoderò la sua katana, mentre osservava sconvolto Ayaka, che aveva ancora il tanto in mano. Sembrava pronta ad attaccarlo.

"Ayaka torna in te! Che cosa ti sta succedendo?!" gli gridò allibito.

"Devo passare quei campi di glicine! E non posso farlo senza il tuo sangue!", le urlò contro.

Zen'itsu quindi ebbe una realizzazione. Questa sua scoperta lo sconvolse così tanto che si sentì mancare. Guardò attentamente i suoi occhi di nuovo. Quasi brillavano nel buio da quanto il colore era diventato intenso. Le pupille, inoltre, si erano ristrette ed assottigliate, avevano assunto una forma simile a quella che assume la pupilla di un gatto quando gli viene puntata una luce contro.

Ayaka era un demone.

Zen'itsu riuscì a riprendersi, perdendo però per un attimo l'equilibrio.

"Non svieni per poi attaccare come fai di solito? Strano! Spero che tu sappia combattere bene come quando perdi i sensi!", gridò compiaciuta.

"Non so neanche cosa succede quando svengo! E comunque perché non mi hai ucciso prima?! Perché non hai sfruttato i momenti in cui dormivo per mangiarmi?!" gli domandò.

"Pensavo fossi finalmente forte abbastanza da poter passare quei maledetti campi di glicine! Ma a quanto pare non era così! Tu per me eri soltanto una sacca di sangue di riserva, che mi sono tenuta nel caso fosse successa una cosa simile!", le rispose in modo ostile, sfoderando anche la katana.

Sfregò quindi le lame delle sue due spade per minacciarlo, la forza causata dalla frizione delle due lame ora era così forte che provocava scintille.

"Vedi di morire in fretta! L'alba ormai è vicina!" disse Ayaka sorridendo.

"Perché, Ayaka?! Perché sei così? Io provavo fiducia in te! Saremmo dovuti uscire insieme!" Disse Zen'itsu sofferentemente. Si sentiva tradito, la sua fiducia verso di lei era stata distrutta in un attimo. Voleva quella ragazza morta, e avrebbe fatto di tutto per ucciderla. Era sicuro che non era la prima volta che faceva così con un umano.

Scappare non era un'opzione per lui, se l'avesse lasciata viva, Ayaka avrebbe fatto la stessa cosa che ha subìto lui con altre future vittime, e questo non l'avrebbe permesso.

Posò quindi la katana nella fodera, e si mise in posizione.

"Prima forma: tuono e lampo"

Capitolo 2.5 - Fulmine e tempesta

"Seconda forma: pioggia battente."

Ayaka preparò l'attacco, aveva già visto come Zen'itsu utilizzava la prima forma. Si chiedeva costantemente se sapeva usare altre forme, ma per ora, si era creata una tecnica per schivare e contrattaccare il suo attacco principale. 

Caricò le gambe, assumendo una posizione simile a quella che assume Zen'itsu mentre si prepara ad utilizzare la prima forma.

Con il solito scatto fulmineo, Zen'itsu la caricò. Con la mano destra sul manico della katana, era pronto a colpire nel momento giusto.

"Quinta forma: pioggia dirompente, protezioni laterali."

Ayaka scattò nello stesso momento di Zen'itsu. Con un rapido scatto verso sinistra, allargò le braccia, tenendo entrambe le spade in mano. Si creò così una specie di protezione su entrambi i lati. Se Zen'itsu fosse andato totalmente dritto, il suo collo sarebbe finito sulla affilata lama della katana del suo nemico. Non si aspettava una reazione immediata al suo attacco. Zen'itsu quindi sfoderò la spada, questa volta puntando alla katana di Ayaka, e non al suo collo. La mossa fu rapidissima, Zen'itsu riuscì a colpire la spada nel momento giusto, riuscendo a spostarla per evitare di essere decapitato da essa.

Non c'era tregua, però. Mentre Zen'itsu si riprendeva dall'attacco, guardò per un attimo il suo nemico, per analizzare rapidamente la situazione. Quello che vide non gli piacque per niente: aveva a malapena alzato lo sguardo, e notò che Ayaka teneva già il tanto in una posizione di lancio. Se non avesse reagito, l'impeccabile precisione del suo avversario avrebbe fatto sì di prenderlo in pieno petto, ponendo subito fine allo scontro, e alla sua vita.

"Terza forma: tempesta furibonda."

Non poteva fare altro, Zen'itsu sapeva la velocità e la forza con la quale Ayaka sapeva lanciare quella spada, non c'era tempo di reagire schivando totalmente l'attacco, avrebbe dovuto contrattaccare cercando di deviare il corso del tanto. La katana di Zen'itsu era ancora nel fodero, per via della prima forma, che richiede di rinfoderare l'arma subito dopo l'esecuzione di essa, il tempo a disposizione era poco, e lei stava per colpire.

Con una forza sovrumana, Ayaka lanciò il tanto verso di lui. La sua mira ancora una volta risultava impeccabile. Zen'itsu vide la spada: la punta era diretta sul suo petto, l'avrebbe colpito nei polmoni, e senza un buon controllo della respirazione, per lui sarebbe stato tutto finito. Decise quindi di contrattaccare nell'unico modo che poteva: sfoderò la katana, puntando la parte tagliente della lama verso quella del tanto, e curvandola in modo tale da poterla deviare una volta colpito. Anche la precisione e la velocità di Zen'itsu non era da meno, tutto questo avvenne nel giro di un paio di secondi.

Le due lame si scontrarono, e il tanto fu deviato, ma non abbastanza. La lama colpì il tessuto del kimono sulla spalla destra, e si infilò in un albero immediatamente dietro di lui. Zen'itsu era bloccato, e non riusciva a muoversi. Guardò ancora Ayaka per capire cosa stesse facendo. Lei lo stava già caricando, aveva messo nel fodero la katana, ed era pronta ad estrarla nel momento in cui sarebbe stata vicina abbastanza da poterle tagliare il collo. Zen'itsu ancora una volta era costretto a difendersi, non c'era scelta.

Poteva reagire soltanto con la sua katana. In un attimo, Ayaka era già davanti a lui, pronta ad estrarre la sua arma. Zen'itsu quindi posizionò la spada in modo tale da proteggergli il collo. In meno di un secondo, Ayaka estrasse la katana, e colpì. La strategia di Zen'itsu risultò comunque efficace, dato che il colpo fu temporaneamente bloccato. Ebbe pochi secondi per reagire, però. Poteva percepire la forza sovrumana di Ayaka e la sua spada che piano piano cedeva. Sfruttò il momento per estrarre con la mano sinistra il tanto che lo teneva bloccato, e con un rapido attacco durante l'estrazione, riuscì a togliere di mano ad Ayaka la katana, liberandosi, e dandogli tempo per reagire.

Zen'itsu aveva in mano il tanto, senza di quello, Ayaka non poteva eseguire correttamente le sue forme. La sua katana era infilata nel terreno a qualche metro da loro, lei era senza armi, ora era lui che teneva il coltello dalla parte del manico.

Sfruttando l'occasione, Zen'itsu puntò ad una strategia simile alle forme utilizzate da Ayaka: la pugnalò nel ventre col tanto, e subito dopo, sperando che la distrazione causata dal dolore avrebbe funzionato, puntò al collo del demone con la sua katana. Lei però non si arrese. In una disperata mossa improvvisata, utilizzò le sue braccia per parare il colpo. I muscoli e le ossa di un demone sono molto più resistenti di un umano. Se un demone è forte abbastanza, può parare un colpo netto di una spada usando soltanto le mani. La katana fece pressione nelle braccia di Ayaka, nonostante scendesse sangue a dirotto per via del profondo taglio, lei resisteva. Non sembrava soffrire dai tagli, era totalmente concentrata sul togliersi la lama di dosso.

Zen'itsu concentrò tutta la forza sulle braccia di Ayaka, cercando di tagliarle, ma i suoi sforzi sembravano totalmente vani. Mentre cercava di incapacitarla, lei trovò un modo per uscire dalla situazione di svantaggio nella quale si trovava. Prendendo ispirazione da un colpo che aveva subìto da Zen'itsu precedentemente, Ayaka riuscì ad allontanare il suo avversario tirandogli una ginocchiata nello stomaco, e facendogli perdere l'equilibrio. 

Zen'itsu era ancora a terra.

Sfruttò quindi l'occasione per prendere la katana caduta, posandola nel suo fodero. C'era ancora un altro problema che Ayaka doveva affrontare però: il tanto conficcato nel suo ventre. Per toglierlo, avrebbe dovuto fare forza sulla spada, lasciando così a Zen'itsu un'opportunità per attaccare. 

Decise comunque di prendere questo rischio, perché non sarebbe riuscita a combattere con la stessa efficacia con quella spada dentro di lei. La lama però era penetrata profondamente, così tanto che l'estremità le usciva dalla schiena, avrebbe dovuto usare molta forza per estrarla. 

Prese quindi con entrambe le mani il manico, ed iniziò a tirare. Il dolore che percepiva era bruciante e tagliente, si sentiva come se il ventre gli stesse andando a fuoco. Cercava di ignorare il dolore, non aveva mai subìto una ferita così profonda. I forti muscoli dell'addome contrastavano con quelli delle braccia. Riusciva a togliersi la spada, ma era un'azione lenta, e stava perdendo tempo prezioso nel farlo. 

Dopo qualche doloroso e faticoso secondo, riuscì finalmente ad estrarla. La ferita iniziò subito a guarire, ma più lentamente del solito, per via dello speciale metallo del quale era composta la spada, che rallentava la rigenerazione cellulare dei demoni. Il rosso intenso del suo sangue contrastava sulla lucida lama argentata. 

Volse poi lo sguardo verso Zen'itsu: lui era già in posizione, stava per attaccarla ancora usando la prima forma, e sarebbe stata questione di qualche secondo prima che lui avesse colpito. Ayaka sapeva quanto era veloce il suo attacco, decise quindi di attuare una strategia simile alla prima, questa volta nella direzione opposta.

"Prima forma: tuono e lampo, sei colpi..."

Zen'itsu scattò, questa volta però, non verso di lei, ma verso l'albero immediatamente alle sue spalle. Raggiunto l'albero, scattò ancora, ancora e ancora, sempre su alberi diversi. Ayaka non si aspettava questa variante della prima forma, ma sapeva che quello che Zen'itsu stava facendo era soltanto un trucco per confonderla. 

Prese quindi in mano entrambe le spade, e tenendole incrociate davanti a lei, si creò una specie di barriera che avrebbe respinto qualsiasi attacco frontale. In questo modo, Ayaka poteva preoccuparsi di una direzione in meno, ma doveva comunque tenere d'occhio i lati e le spalle. Mentre lui continuava a scattare da una direzione all'altra, Ayaka continuava a creare previsioni per capire da che direzione avrebbe attaccato. Ebbe una realizzazione quando, nel momento in cui Zen'itsu poggiò i piedi sul sesto albero, il suo sguardo puntò dritto verso di lei. Era quello il momento in cui l'avrebbe attaccata. Ayaka quindi si mise in posizione difensiva, davanti a Zen'itsu. Il suo collo era protetto, e non si aspettava che lui fosse coraggioso abbastanza da attaccarla direttamente. Ma si sbagliava.

La caricò frontalmente. La sua lama era puntata al collo della ragazza, lei era protetta da entrambe le spade, ma aveva comunque un piano.

"...velocità divina."

Zen'itsu scattò con una velocità che lei non aveva mai visto prima d'ora, non poteva contrattaccare in alcun modo, poteva soltanto difendersi, e sperare per il meglio.

La katana di Zen'itsu colpì quella di Ayaka. Quest'ultima si spezzò, metà lama venne completamente staccata. La spada venne tagliata come se fosse burro, ma nell'essere colpita, deviò il corso di quella di Zen'itsu. La lama colpì Ayaka sull'occhio destro, facendole perdere la vista da esso.

Zen'itsu era ora dietro di lei, mentre si riprendeva dall'attacco appena effettuato. Nel rialzarsi, però, si sentì debole sulle gambe. Era la prima volta che usava questa tecnica in battaglia. La velocità divina dava a Zen'itsu una velocità d'attacco impareggiabile, ma allo stesso tempo richiedeva uno sforzo immenso sulle gambe.

Ayaka osservò rapidamente le sue armi. Il tanto era sporco del suo stesso sangue, e la katana era tagliata a metà. Ora sembrava avesse in mano due tanto.

Una volta osservato le armi, si girò per confrontare Zen'itsu.

"Cosa hai da perdere te?! Non hai nessuno!!", le gridò contro Ayaka, mentre si asciugava l'occhio insanguinato.

Zen'itsu puntò la katana contro di lei, in segno di sfida.

"A casa ho un maestro che ci tiene a me più di qualsiasi altra persona al mondo. Non morirò stanotte per mano di un demone!", gli rispose ansimando mentre cercava di riprendere fiato.

"Ti aspetta soltanto un vecchio decrepito che morirà nel giro di qualche anno! Io ho una famiglia e una casa da proteggere! Tu non sei nessuno, la mia vita vale molto più della tua! Cerca di capire, e fatti ammazzare!", disse furiosamente Ayaka. Il suo occhio smise di sanguinare, e le tornò la vista da esso.

"Pensi davvero che svalutarmi sia abbastanza per convincermi a sacrificare la mia vita per te?! Chi credi che sia?!", rispose Zen'itsu aggressivamente.

"Non hai nulla da perdere in confronto a me! Non pensare che una spada rotta mi convinca a ritirarmi! Io tornerò da loro, e tu sarai morto!!" le disse girando le spade sulle sue mani.

"Sei sicura che accetterebbero un demone nella loro casa? E da quanto sei qua? Ne sei così certa che siano ancora vivi??", chiese Zen'itsu senza abbassare la guardia. Ayaka avrebbe potuto attaccare in qualsiasi momento.

"Nulla di questo ti riguarda! Muori e basta, mi faresti soltanto un piacere!", le rispose puntando le spade verso di lui.

Ma mentre i due ammazzademoni si affrontavano, Zen'itsu udì uno strano rumore, sembrava quello di più persone muoversi verso di loro.

"Un aiuto, forse?", pensò mentre teneva lo sguardo fisso verso Ayaka, per tenerla d'occhio. 

Non erano rinforzi: un gruppo di sei demoni spuntò dall'oscurità, interrompendo lo scontro.

Questi demoni però, non sembravano quelli che trovava di solito su quel monte, ma sembravano organizzati, e sembrava fossero venuti lì con uno scopo specifico, e non col semplice scopo di mangiare Zen'itsu.

Quello che pareva il capogruppo dei demoni ordinò ai suoi compagni di fermarsi con un rapido cenno col braccio.

"Ayaka! Dacci il ragazzo, e ti prometto io stesso che troveremo un modo per passare i campi di glicine!", disse puntando verso Zen'itsu.

"Juro, maledetto figlio di puttana! Sta lontano e fatti i cazzi tuoi! Il sangue di questo ragazzo è mio! E poi sappiamo entrambi che non sarà così! Continuerai a tenermi in quella cazzo di gabbia!", le gridò ostilmente.

"Ti dobbiamo mettere nella gabbia perché hai costanti attacchi di rabbia e finisci per uccidere sempre i nostri simili! Dobbiamo aiutarci a vicenda, non ucciderci tra di noi!", gridò Juro cercando di convincerla.

"Tu vuoi uscire da quei campi soltanto per conquistare le terre fuori dal monte! I tuoi sogni, Juro, sono solo fantasie dei tuoi sogni di conquista!", gridò Ayaka.

"Se riuscirai a passare quei campi, significa che il tuo sangue sarà forte! Potremmo usarlo per poter potenziare gli altri demoni in modo da dargli finalmente la possibilità di uscire da qua!", rispose Juro, avvicinandosi lentamente a lei. Ayaka puntò quindi una spada verso di lui.

"Non avvicinarti, o giuro sulla mia stessa vita che l'unica cosa che rimarrà di te sarà soltanto il tuo ricordo! La mia famiglia è ancora umana, e non li metterò allo stesso livello di voi cani rabbiosi! Fino a quando io e loro saremmo vivi, tu non potrai uscire di qua!", le gridò minacciosamente.

"La tua famiglia verrà risparmiata, hai la mia parola!", disse Juro avvicinandosi ulteriormente a lei.

Ayaka alzò la guardia. "Non farò vivere la mia famiglia in un mondo dominato da voi! Solo gli umani possono essere razionali abbastanza da creare una società stabile! Tu creeresti solo caos e morte! Non rinascerà niente dalle ceneri create delle tue azioni!!", Ayaka era ormai sul punto di attaccare.

"Se non vuoi collaborare, allora, dovremmo disarmarti, e uccidere quell'umano...", Juro quindi indicò un demone del suo gruppo, puntando poi a Zen'itsu. Il demone, con uno scatto improvviso, lo attaccò. Lui era pronto a colpire, l'attacco del demone era lento e prevedibile, l'avrebbe ucciso in un attimo.

"Prima forma: lampo e tuono..."

Prima ancora che Zen'itsu potesse attaccare, il tanto di Ayaka colpì il demone sulla schiena. Lui si girò per rispondere al colpo, ma prima che potesse reagire, la sua testa fu tagliata dalla katana spezzata di Ayaka. 

I due ammazzademoni erano ora faccia a faccia.

Zen'itsu quindi provò un attacco a sorpresa, sfoderando la katana e mirandola al collo. Il colpo, però, fu parato da Ayaka, che aveva previsto l'attacco.

"A te ci penso dopo, scemo! Vedi di stare pronto, una volta che avrò finito con loro, sarà il tuo turno!", le disse aggressivamente, mentre estraeva il tanto dalla schiena della sua vittima.

Ayaka si girò. Gli altri cinque demoni che componevano il gruppo si stavano avvicinando, era il momento di agire.

Il gruppo la stava attaccando da più direzioni: due erano dietro di lei, mentre altri due la stavano attaccando dai lati. Juro era davanti a lei, voleva affrontarla testa a testa. Il loro obiettivo era di disarmarla, non di ucciderla, un demone può morire soltanto se il suo collo viene tagliato con una lama nichirin, oppure se viene esposto al sole.

"Terza forma, tempesta furibonda..."

Un'altra volta, fece girare le spade sulle sue mani.

Ayaka, dopo una rapida analisi della situazione, puntò al demone più vicino possibile ad un albero, era quello alla sua sinistra. Lanciò quindi il tanto verso di lui, e con la sua solita impeccabile precisione, la spada lo colpì in pieno petto. Il demone si sbilanciò, ma rimase in piedi. Provò a togliersi la spada di dosso, ma Ayaka era già troppo vicina. Con un forte calcio, spinse ulteriormente il tanto dentro di lui. La forza del colpo, inoltre, fece sì che la spada gli uscisse dalla schiena, infilandosi nell'albero immediatamente dietro di lui, bloccandolo totalmente da qualsiasi movimento. Non poteva reagire in alcun modo, poteva solamente guardare la lama della katana avvicinarsi sempre di più a lui. Ayaka tagliò il collo anche al secondo demone, ne mancavano quattro. La spada era ben infilata nell'albero, sfruttò l'occasione usandola come supporto per scavalcare l'albero, estraendo poi la spada dal corpo della seconda vittima una volta aggrappata con le gambe sul ramo più basso.

Ayaka quindi si nascose nella chioma dell'albero, pronta ad attaccare quando era il momento. I quattro demoni rimasti accerchiarono l'albero, convinti che fosse lì sopra.

"Scendi da lì, e consegnaci le tue armi! Non vogliamo farti male!", gridò verso la chioma Juro.

Dall'albero, però non proveniva alcun rumore.

"Si è spostata! Attenti alle chiome, guardate in alto!", ordinò.

I demoni iniziarono a disperdersi, ma subito dopo, la chioma dall'albero emanò un leggero fruscìo.

"Quarta forma: lampo accecante e diluvio."

La testa di un demone fu tagliata senza alcun preavviso, Ayaka era ora davanti ai tre nemici restanti, ma la quarta forma non era ancora conclusa. Caricò le gambe, e con un rapido scatto, Ayaka attaccò frontalmente, puntando la katana verso il demone più vicino a lei. Una volta avvicinata abbastanza, prese il demone in scivolata, tagliandogli le gambe con la katana. Con un'azione immediata, Ayaka posò la parte tagliente del tanto sotto il collo dello sfortunato demone, che venne tagliato nel cadere sulla lama.

Mancavano due demoni, Juro era evidentemente preoccupato, quattro dei suoi cinque compagni erano morti in un attimo. Sapeva la forza di quella ragazza, e avrebbe fatto di tutto pur di metterla dalla sua parte.

"Questa sarebbe la squadra che avrebbe dovuto conquistare il mondo esterno? Ma se non riuscite neanche a ferirmi! La tua stupida impresa verrebbe immediatamente fermata al primo pilastro che incontrate!", le disse balzando in piedi e sfregando ancora le due lame tra di loro.

"Ho soltanto bisogno di te! Sei la chiave che ci serve per attuare il mio progetto!", gli disse cercando di farle abbassare le armi.

"Peccato che i tuoi interessi vanno contro i miei princìpi! Trovati un altro!", le ringhiò contro Ayaka.

"Mi servi! Non importa se lo vuoi o no! Tu vieni con me!", gli gridò contro Juro.

"Verrò con te il giorno in cui tirerai la testa fuori dalla sabbia, e capirai che non hai speranze contro il mondo là fuori!", le rispose, preparandosi a colpire.

"Mi dispiace, Ayaka! Ma devi capire che gli umani non ti tratteranno mai bene se scoprono la tua vera identità, ti rifiuteranno e ti maltratteranno! Possiamo cambiare le cose se ti unisci a me!", Juno era preoccupato come mai prima d'ora. Guardando gli occhi di Ayaka, poteva percepire solo odio e rabbia verso di lui, solo in quel momento capì che convincerla ad unirsi a lui sarebbe stato impossibile.

"Mi dispiace, Juro. Ma mi rifiuto."  La sua voce era diventata calma, ma tremante. Juro capì di aver toccato una nota dolente del suo carattere, e stava per pagarne le conseguenze.

"Prima forma potenziata, lampo e tuono notturni..."

Ayaka lanciò entrambe le spade verso i due demoni. Entrambi furono colpiti in pieno petto dalle spade.

Scattò poi verso di loro, Juro stava a destra, mentre l'altro demone era a sinistra. Ayaka puntò ad uccidere il suo compagno per primo. Prese il tanto dal petto del demone, e ci fece leva, forzandolo ad inginocchiarsi. Lasciò poi di mano il tanto, e prese la katana spezzata dal petto di Juro con la mano destra, estraendola. Con una rapida mossa, facendo girare la spada per darle più forza possibile, tagliò senza fatica il collo del suo compagno. Durante l'azione del taglio, usò la mano sinistra per estrarre il tanto dalla sua vittima. Puntò poi subito verso Juro, che guardava Ayaka con uno sguardo sconfitto, sapeva che la sua morte era inevitabile.

Ayaka lanciò il tanto verso la bocca di Juro, che centrò pienamente. Prese quindi la spada appena lanciata con la mano sinistra, e con la katana nella mano destra, staccò la sua testa con un taglio netto.

Juro aveva perso, la sua testa stava sulla spada, mentre il suo corpo senza vita cadde per terra. Ayaka alzò il tanto, come segno di vittoria, guardando negli occhi la testa morente di Juro.

"Tu volevi conquistare il mondo esterno, ma non hai mai pensato a chi ti avrebbe opposto, ed ora ti ritrovi così.", disse con un sorriso compiaciuto, mentre si godeva la vista della testa del suo rivale polverizzarsi all'aria.

"Ricordati che non sei più un umano. Ci vediamo all'inferno, Ayaka.", disse con un tono soffocato Juro mentre si disintegrava lentamente.

Una volta che la testa fu totalmente polverizzata, Ayaka si girò verso Zen'itsu. Lui aveva visto tutto, ma stranamente, non provava paura. Aveva visto come combatteva, e aveva in testa tutte le strategie che poteva attuare in quella foresta. Zen'itsu era più pronto che mai.

"Mi ero quasi dimenticata di te...", le disse mostrando un sorriso minaccioso.

"...Mi avrai anche spezzato la katana, ma non pensare che sia uno svantaggio per me!", continuò ridendo di gusto. L'uccisione di Juro l'aveva resa euforica per via dell'adrenalina indotta dalla recente vittoria.

Zen'itsu prese fortemente il manico della katana, e senza dire una parola, si mise in posizione.

"Quando avrò finito con te, potrò finalmente uscire di qua!", disse compiaciuta.

Quella piccola parte di foresta era diventata un'arena. Le ceneri dei demoni sconfitti volteggiavano intorno a loro. L'orizzonte iniziava a mostrare i primi segni di un'alba imminente. Ayaka avrebbe dovuto agire in fretta, oppure non sarebbe riuscita a sconfiggere Zen'itsu.

 

Capitolo 2.6 - Diluvio universale

Un tuono improvviso rimbombò lungo il campo di battaglia, mentre le prime gocce che anticipavano un'intensa pioggia iniziarono a farsi sentire.

"È davvero un brutto momento per la pioggia, non credi, Zen'itsu?", disse Ayaka compiaciuta. Ma da lui non ricevette alcuna risposta.

"Caricami ancora con la prima forma, dato che è l'unica che sai usare!", continuò, preparando già il contrattacco.

"Prima forma: tuono e lampo."

Zen'itsu attaccò frontalmente, ma ancora una volta, non sembrava mirare direttamente ad Ayaka. Lei poteva solo osservare, mentre vedeva il suo avversario caricare al di sopra della sua testa, tagliando con un colpo netto un grosso ramo dall'albero più vicino a lei. Ayaka non si aspettava una mossa del genere, vedeva Zen'itsu come una persona che attaccava direttamente, non uno che sfrutta l'ambiente a suo vantaggio. Un'altra volta, aveva sbagliato a prevedere i suoi attacchi. Era strano per lei: Zen'itsu sembrava saper usare soltanto una forma, ma questa era accompagnata da strane varianti e strategie. Solo in quel momento capì che gli sbagli commessi in precedenza, come essere pugnalata sul ventre e la katana rotta, erano stati il frutto di una grave sottovalutazione da parte sua.

Ayaka provò a fuggire dal ramo che gli stava piombando in testa, ma non fu veloce abbastanza. Il ramo le bloccò completamente le gambe, lasciandola immobile ed intrappolata. Aveva poco tempo per agire: Zen'itsu stava di nuovo balzando da albero ad albero, cercando l'angolazione giusta per decapitarla.

Prese quindi la katana, si strinse fortemente i denti, e con un colpo deciso, si tagliò una gamba. Il dolore era lancinante, ma non aveva altra scelta se non voleva morire. Si tagliò poi anche l'altra; nel farlo però, notò che la forza sprigionata dal braccio era più debole del solito, dovette tirare due colpi prima di staccare la seconda.

Con questa scelta azzardata, riuscì finalmente a liberarsi dal ramo. Dando una rapida occhiata al suo avversario, notò che era ormai sopra di lei, doveva agire subito. Non poteva fare tanto, però. Le gambe le stavano ricrescendo a rilento: la lama nichirin non stava giocando a suo favore, e in quel momento poteva fare affidamento soltanto sulle braccia per muoversi. In quegli istanti, si sentiva come Juro dopo l'uccisione del suo ultimo compagno: senza volerlo, si sentiva sconfitta e senza alcuna via d'uscita.

"La sconfitta significa morte in queste situazioni. Ti capiterà inevitabilmente almeno una volta nella vita di sentirti come se non ci fosse alcuna via d'uscita, come se ormai la vittoria fosse assicurata. Tieni in testa questo, Ayaka: la vittoria non sarà mai assicurata al nemico, se tu sarai ancora viva. Fino a quando il tuo cuore non smetterà di battere, sarai in grado di agire."

Le parole dello zio rimbombavano nella sua testa. Non si sarebbe arresa, e non avrebbe mai dichiarato sconfitta. Solo la sua morte avrebbe messo fine allo scontro. In quel momento, era addirittura disposta ad esporsi al sole se significava ottenere il sangue di Zen'itsu.

Ayaka prese entrambe le spade, poteva soltanto deviare il suo attacco, schivarlo era impossibile. Si mise il tanto davanti al collo con il braccio sinistro, come protezione, e puntò la katana con il destro dritto verso il petto di Zen'itsu. 

"È solo un umano, una ferita profonda sugli organi principali basterà per metterlo fuori gioco.", pensò mentre preparava la difesa.

In un attimo, Zen'itsu era già verso di lei, la sua mano salda sul manico, così come le sue. Non avrebbe fatto in modo di disarmarla, le sue armi erano l'unica cosa che la tenevano ancora in vita. Zen'itsu sfoderò la katana, muovendola contro Ayaka, ignorando totalmente la katana spezzata che gli era puntata sul petto. 

La spada colpì, non sul collo, ma sul braccio che teneva la katana, tagliandolo totalmente via dal corpo di Ayaka. Le sue gambe avevano appena iniziato a ricrescere, e aveva appena perso un braccio, la sensazione di sconfitta si faceva sempre più presente, ma lei continuava a combattere. Fino a quando la sua testa non si sarebbe staccata dal suo corpo, avrebbe fatto il possibile per sconfiggerlo. Zen'itsu adesso stava puntando al suo collo, sarebbe stato il colpo che avrebbe definitivamente staccato la sua testa. Ayaka aveva ancora un tanto che la proteggeva, con quello ancora in mano, riuscì a parare la lama della katana.

Zen'itsu si ritrovava sopra ad Ayaka, ancora una volta a faccia a faccia. Lui continuava a fare pressione sulla spada, nonostante sapesse che lei poteva sprigionare una potenza maggiore alla sua, ma senza il supporto delle gambe e di un braccio, però, aveva una possibilità di sovrastare la sua forza.

Ayaka non stava ancora mollando, continuava a sostituire l'invadente sensazione di sconfitta che continuava a percepire, con gli insegnamenti di suo zio: suo maestro e mentore.

"Sei forte, Ayaka, ma non sei la migliore. Se vedi quello che affrontano i pilastri, capiresti il divario che c'è tra te e loro. Un bravo avversario cercherà di privarti di almeno una spada, perché penserà che con una sola arma tu sarai più debole. Per questo ti ho fatto imparare la sesta forma, da usare solo in casi di estrema necessità. La userai soltanto se ti ritroverai sopraffatta da un avversario che è indubbiamente più forte di te, e riuscirà a toglierti il controllo di un'arma."

"Sesta forma: tempesta improvvisa."

Con l'unico braccio che aveva, Ayaka lasciò il tanto, e prese con la mano la lama della katana di Zen'itsu. Era una mossa disperata, ma necessaria.

"La sesta forma non consiste nell'attaccare con l'ultima arma rimasta, ma consiste nell'appropriarsi di quella del nemico, così da poter tornare efficienti come prima, e mettere subito in una situazione di svantaggio il proprio avversario."

La sesta forma era dolorosa da imparare e da eseguire, ma è risultata sempre efficace, essendo una mossa che un avversario non si aspetta. La tecnica originale richiedeva all'utilizzatore di prendere la lama dalla parte non tagliente, ma questo ad Ayaka importava poco, e stringeva la mano intorno ad entrambi i lati della lama, dandole la possibilità di sprigionare più forza possibile. In un attimo, senza che Zen'itsu ebbe tempo per reagire, Ayaka strappò dalla mano la sua katana, e sfruttando la durezza del manico, diede un colpo in piena faccia con l'estremità di esso. Zen'itsu ancora una volta cadde per terra.

Sfruttando l'attimo di libertà che si era guadagnata, strisciò rapidamente verso il proprio braccio destro, lo prese in mano e lo appoggiò vicino alla sua spalla. In un attimo, il braccio era già attaccato e funzionante. I costanti tagli causati dalle lame nichirin stavano però iniziando a giocare a suo favore: il suo corpo stava piano piano sviluppando un'immunità verso di esse, e ora le ferite si curavano ancora più velocemente di prima.

"Avevi detto che la tua respirazione possedeva solo sei forme!", gridò Zen'itsu, prendendo in mano il tanto di Ayaka che aveva lasciato per terra.

"Un bravo combattente tiene sempre un asso nella manica, Zen'itsu! Dovresti saperlo!", le disse compiaciuta. Anche se soffriva, non faticava nel mostrare un sorriso, forzato o meno, che dimostrava volontà di combattere.

"Si vede che stai soffrendo, Ayaka! La tua faccia esprime tenacia, ma il tuo sguardo mostra tutt'altro!", gli disse.

"Sinceramente, sì, sto soffrendo. Ma stai tranquillo che la mia sofferenza verrà totalmente ripagata dalla tua morte!", gridò mettendosi in ginocchio. Le gambe le erano finalmente cresciute e poteva tornare a combattere. Questa volta teneva due katane in mano: la sua e quella di Zen'itsu.

Ayaka aveva poco tempo per attaccare, l'orizzonte, nonostante fosse coperto da uno spesso strato di nuvole, avevano iniziato ad assumere un colore chiaro, indicando l'imminente arrivo dell'alba.

"Devo agire ora o non riuscirò mai a finirlo.", pensava Ayaka. Aveva la potenza di due katane in mano, nonostante fossero poco maneggevoli, a lei non importava. L'attacco che stava per eseguire non richiedeva maneggevolezza, ma potenza e forza.

La pioggia batteva forte e Ayaka era riuscita a mettersi in una situazione di vantaggio nonostante quello che aveva subìto. Era totalmente zuppa d'acqua, con il braccio destro e le gambe totalmente scoperte, anche parte della pancia e della schiena era scoperta per via della pugnalata sul ventre ricevuta in precedenza.

Ayaka prese le due katane e le fece girare sulle mani, Zen'itsu non stava attaccando, era fermo, pronto a difendersi da un eventuale attacco.

"Sei un codardo, Zen'itsu! Non mi attacchi perché sai benissimo che il sole spunterà tra poco, e stai cercando di farmi sprecare tempo! Affrontami col coraggio che un vero ammazzademoni dovrebbe avere!", le disse lasciando una risata isterica.

"Combattere usando il sole dalla mia parte non è codardia, Ayaka. Posso benissimo dire lo stesso di te, che tieni due spade invece che una sola!", rispose Zen'itsu senza abbassare la guardia. Sapeva che prima o poi Ayaka avrebbe attaccato, era solo questione di secondi.

"Se solo tu avessi una minima idea di quanto è difficile combattere con due spade! Fatti ammazzare e facciamola finita!", disse Ayaka mettendosi in posizione.

Zen'itsu percepiva qualcosa di strano provenire da lei. Era come se si stesse preparando a qualcosa di grosso.

Ayaka concentrò totalmente tutta la sua forza sulle gambe, mentre si preparava a colpire. Zen'itsu fece lo stesso.

Incrociò poi le due katane davanti a lei, creando ancora la protezione necessaria per evitare di farsi tagliare il collo.

"Lo sai, Zen'itsu? Questa forma l'avevo creata dopo essere diventata quella che sono. L'avrei usata nel caso avessi mai dovuto affrontare un pilastro. Ma a quanto pare te non sei da meno! Sarai un'ottima cavia! Non l'ho mai testata su un umano!", disse compiaciuta. Era pronta a colpire. Se Zen'itsu avesse provato un attacco direttamente al collo, questo sarebbe stato parato dalle spade, e avrebbe risposto tagliando il suo collo con un potente colpo a forbice. Nel caso avesse ancora perso un'altra parte del corpo, l'avrebbe fatta ricrescere in un attimo.

"Respirazione della tempesta, settima forma: diluvio universale."

Con uno scatto fulmineo, Ayaka attaccò frontalmente, convinta dell'imminente vittoria.

Zen'itsu caricò nello stesso momento, appoggiando le gambe su un albero dietro di lui per darsi la carica giusta.

Ayaka era pronta: ora sapeva la velocità che sprigionava durante la prima forma e quella che invece sprigionava durante la variante "velocità divina". In entrambi gli attacchi, Ayaka sarebbe riuscita a rispondere tagliando il collo a Zen'itsu. Ma la velocità con la quale andava questa volta pareva diversa, in qualche modo, lui aveva trovato un modo per andare ancora più veloce di prima.

Ayaka ebbe poco tempo per agire, doveva adattare l'attacco alla inaspettata situazione nella quale si trovava ora. In un attimo, Zen'itsu era vicino abbastanza da poter colpire. Usando le katane a mo' di forbice, Ayaka colpì. Ma quando le due spade si ritrovarono nella posizione finale, davanti a lei non c'era nessun corpo.

Subito dopo l'attacco, sentì improvvisamente un acuto dolore provenire dal retro del suo collo, provò quindi a voltare la testa per guardare dietro di lei, ma aveva perso il controllo di esso. Solo in quel momento capì che era stata decapitata, e che per lei era finita. Vide poi Zen'itsu dietro di sé: era riuscito a schivare l'attacco capovolgendosi al di sopra della sua testa nello stesso momento in cui lei attaccò, trovando immediatamente dopo l'opportunità per decapitarla. In qualche modo, era riuscito a controllare i suoi movimenti durante l'attacco principale.

"Respirazione del tuono, settima forma: Dio del tuono infuocato."

La testa e il corpo di Ayaka caddero nel fango per terra, in balia di una pioggia che appariva incessante.

Zen'itsu si riprese, aveva le gambe distrutte, e riusciva a malapena a camminare. Con un passo zoppicante, si avvicinò al corpo di Ayaka, lasciando il tanto per terra, e riprendendo la sua katana, posandola nel suo fodero.

Si avvicinò poi alla sua testa, posata un paio di metri di distanza rispetto al suo corpo, stava già iniziando a disintegrarsi.

"È davvero un brutto momento per la pioggia, non credi, Ayaka?", disse Zen'itsu compiaciuto, ma senza nascondere la fatica e il dolore che provava in tutto il corpo.

"Figlio di puttana, lo sapevo che avevi un asso nella manica!", rispose furiosamente Ayaka.

"Questa forma l'avevo creata soltanto per mettermi alla pari col mio rivale. Non avrei mai pensato di usarla durante la selezione."

"Fammi un piacere, prima che mi disintegri del tutto. È sotto il mio kimono, ma non ho più controllo del mio corpo, prendila e portamela qua!" disse Ayaka, cambiando improvvisamente tono di voce,  ora era più calma.

"Perché dovrei assecondare le esigenze di un demone?!", gridò Zen'itsu incredulo.

"Vuoi veramente mancare di rispetto all'ultimo desiderio di una persona morente?! Portamela qua, per favore!". La sua voce era cambiata, sembrava stesse trattenendo un pianto, la sua aggressività e vanità era scomparsa del tutto.

"Ancora non ci credo che sto parlando con una testa mozzata.", pensò tra sé e sé Zen'itsu mentre si avvicinava al corpo per cercare quello che gli era stato richiesto.

"È lì sotto, dietro la cintura! Prendila e portamela qui.", disse Ayaka.

Zen'itsu tirò fuori da sotto la cintura quella che pareva un foglio di carta piegato. Aprendolo, notò che era una foto: Ayaka stava in piedi, i suoi capelli erano ordinati e raggruppati in una coda sul retro della testa. Seduto alla sua destra c'era un uomo, in braccio a lui c'era un bambino, appariva un neonato. Era la sua famiglia, in quella foto Ayaka era ancora umana.

Zen'itsu si avvicinò a lei, e le mostrò la foto. I suoi occhi si riempirono di lacrime, anche se la pioggia le nascondeva, era più che evidente che in quel momento era totalmente sopraffatta dalla tristezza.

"Dovevo proteggerli, dovevo uscire di qua il prima possibile..." disse singhiozzando.

"...Non avevo altra scelta, sarei rimasta qua in eternità, mentre loro avrebbero proseguito con le loro vite. Ma è un mondo difficile là fuori, sarebbero potuti morire senza alcun preavviso da un demone, da una malattia o da una persona malintenzionata... o di vecchiaia. Ho voluto agire il prima possibile, dovevo trovare un modo per passare quei campi maledetti...", disse Ayaka a Zen'itsu piangendo.

Lui non sapeva come rispondere, cercava di comprendere la situazione di Ayaka, ma se ne stava in silenzio. Non aveva idea di cosa fare o dire. L'unica cosa che poteva fare era tenere la foto in mano. Avrebbe aspettato fino a quando la sua testa si sarebbe totalmente disintegrata prima di andarsene.

"Tu sai cosa significa perdere tutto quello che hai creato in una sola notte, Zen'itsu...?"

Capitolo 2.7 - La calma prima della tempesta

È strano come la vita possa essere così monotona, ma allo stesso tempo così imprevedibile. Ayaka Hisakawa questo lo capì molto presto, quando all'età di undici anni, un improvviso infarto colpì sua madre nel pieno di una notte estiva. Nei giorni antecedenti la sua morte, non mostrava alcun segno di malattia, o qualche segnale che potesse prevedere il destino incontrato in quella notte. Semplicemente, nel passare da un giorno all'altro, lei smise di esistere. Ayaka quel giorno capì quanto poteva essere ingiusto il mondo circostante: l'aveva vista lavorare tutta la vita nei campi della famiglia, faceva da mangiare e si prendeva cura di lei, ogni singolo giorno. Mentre osservava allibita il corpo senza vita di sua madre, mentre continuava a scuoterla, con in testa la costante illusione che fosse semplicemente immersa in un profondo sonno, lei pensava: 

"E ora...?"

Nessuno prende in considerazione nei propri piani la morte di una persona a sé cara, perché prendiamo per scontato che il giorno dopo, quella persona sia ancora sveglia, in piedi, pronta per affrontare un altro giorno.

Con l'improvvisa scomparsa della madre, il padre non aveva più una ragione per tenerla a casa sua. Per tutto il giorno seguente, la casa era totalmente silenziosa, nessuno parlava con nessuno, era un silenzio surreale. La notte successiva, suo padre prese Ayaka in braccio, e la accompagnò fino alla casa di suo cognato, abbandonandola davanti all'entrata, con una nota attaccata a sé: 

"Kazuko è morta senza darmi eredi maschi, prendi in adozione mia figlia, e non venirmi a cercare. Cambio casa, e cambio vita."

Ayaka non seppe mai che fine fece suo padre, ma poteva benissimo dedurre che sia andato a cercare fortuna, probabilmente in città, probabilmente in un altro paese.

Suo padre ignorava totalmente l'esistenza di sua figlia, Ayaka rispondeva ignorando a sua volta le poche volte che le rivolgeva la parola. Kazuko era l'anello più forte della catena: riusciva da sola a mantenere la famiglia salda e unita, riusciva a tener di buon umore Ayaka quando soffriva per la negligenza del padre, e riusciva a convincere suo marito a considerare sua figlia come tale. La sua morte aveva rotto l'anello più forte, causando una reazione a catena che portava soltanto verso il disastro.

Il cognato del padre: Tarou, era un membro del corpo ammazzademoni. Tarou era privo di un braccio, e non poteva più combattere, spendeva quindi il tempo a crescere suo figlio: Takara. Lui era poco più giovane di Ayaka, aveva quattro anni in meno. Subito si formò una relazione di fratellanza tra loro due.

Ayaka aveva finalmente qualcuno con cui divertirsi, e una famiglia che  teneva a lei. La moglie di Tarou era gentile e disponibile, molto simile a sua madre. Nonostante ciò, Ayaka non riuscì mai a colmare la mancanza di Kazuko, ma non le importava più di tanto, perché finalmente viveva con quella che poteva definire finalmente una famiglia unita.

Gli anni passarono, e la negligenza del padre era diventato soltanto un brutto ricordo. A volte le capitava di chiamare accidentalmente Tarou "papà", lui rispondeva soltanto con un sorriso quando lo faceva. Considerava Takara come un fratello, giocavano e studiavano spesso insieme.

Quando Ayaka raggiunse il sedicesimo anno di età, suo zio le regalò una katana.

"Là fuori è comunque un mondo pericoloso, dovrai imparare a proteggere te, e le persone a te care." le disse mentre le porgeva la spada.

Da quel giorno lì, Ayaka iniziò ad imparare la respirazione della tempesta, quella usata da Tarou.

"La respirazione della tempesta è unica nella mia famiglia: i Takemoto. Sono forme che si basano sul combattimento a due spade, tu inizierai prima dalle basi con una singola katana, quando sarai pronta, riceverai anche la seconda."

Ayaka non guardava spesso al proprio futuro, era una ragazza che guardava più che altro il presente: aveva capito l'imprevedibilità della vita, e aveva imparato ad apprezzare i momenti che passava insieme alla sua famiglia, perché sapeva che prima o poi ci sarebbe stata un'ultima volta in cui avrebbe abbracciato sua zia, o suo cugino, oppure un'ultima volta in cui avrebbe messo piede in quella casa... ci sarebbe stata un'ultima volta in tante cose che lei apprezzava e amava fare, e per questo si godeva al massimo qualsiasi momento felice le veniva incontro.

"Avere una famiglia è bello, ma aver la possibilità di proteggerla da qualsiasi avversità è fondamentale per un futuro sicuro, per questo entrerai nel corpo ammazzademoni. Unendoti a loro avrai anche una decente paga che ti servirà a gestire una vita stabile. Naturalmente, non ci dedicare troppo la vita, o finirai per perdere te stessa."

Ad Ayaka sembrava contraddittoria questa sua affermazione, dato che gli addestramenti che faceva erano brutali ed estenuanti. Ogni sera tornava distrutta dall'addestramento, vedeva molto poco suo cugino rispetto a prima, e la vita era diventata improvvisamente più difficile.

"I demoni sono creature brutali e senza pietà, per questo ti sto addestrando nello stesso modo! Non avranno problemi a strapparti il cuore mentre sei ancora viva! E adesso alzati, o stasera la cena te la scordi!"

Ayaka aveva sentito parlare dei demoni, ma non ne aveva mai visto uno dal vivo, voleva soltanto acquisire le capacità adatte per affrontarli nel caso fosse stato necessario in un eventuale futuro. La durezza dell'addestramento cambiò quasi totalmente il ritmo della giornata di Ayaka, era molto più stanca e interagiva di meno con la sua famiglia, ma alla fine sia sua zia che suo cugino comprendevano la situazione nella quale si trovava, e i rapporti non peggiorarono.

Al raggiungimento del diciottesimo anno di età, Ayaka ricevette la seconda spada: un tanto. Era un'arma perfetta per lei: la lama era corta e maneggevole, leggera abbastanza da poterla lanciare con forza e precisione. Da quel momento in poi, iniziò ad allenarsi con due spade, perfezionando ulteriormente la respirazione della tempesta.

Gli anni passarono, Ayaka era ormai abituata ai costanti addestramenti, Takara aveva finalmente iniziato anche lui ad allenarsi, ma soffriva molto di più rispetto a sua cugina. Spesso capitava che si ferisse, e spesso usciva piangente dagli allenamenti. Ayaka non poteva fare altro che confortarlo, e dargli consigli per cercare di farlo migliorare.

Una notte, però, Takara scappò di casa. Tarou gli aveva negato la cena perché continuava a rifiutare di allenarsi, decise quindi di cercare cibo da solo, scappando nella foresta vicino a casa loro.

Tarou ordinò preoccupato ad Ayaka di cercarlo, perché era l'unica in grado di combattere nel caso si fosse incappato in un demone, cosa che, ovviamente, successe.

Per la prima volta dalla morte della madre, si ritrovava di nuovo ad affrontare l'imprevedibilità della vita.

La ricerca durò pochi ma interminabili minuti per Ayaka. Trovò suo cugino seduto su dei rami, mentre si rifugiava da un demone. Questo stava lentamente scavalcando il tronco, faticava, ma lentamente lo stava raggiungendo.

"Prima forma della tempesta: lampo e tuono."

Quella notte Ayaka affrontò il suo primo demone, con un lancio confuso e indeciso, tirò il tanto contro la creatura. La spada colpì una gamba, riuscendo così a bloccarlo temporaneamente. Senza esitare, dopo essersi avvicinata la distanza giusta, sfoderò la katana, e gli tagliò le gambe, facendolo cadere dall'albero. La spada era ora conficcata nel tronco, e non riusciva a toglierla, nonostante usasse tutta la sua forza per cercare di staccarla. Il demone ora puntava verso di lei, strisciando per terra muovendosi solo con le braccia. Ayaka quindi, con un fare disgustato, provò a togliere il tanto dal tronco, mentre questo teneva ancora attaccato all'albero una gamba del demone. Il tanto si rilevò più collaborativo, e si staccò molto più facilmente della katana. Puntandolo verso il demone, con un colpo a ghigliottina, gli tagliò finalmente la testa. Ayaka face poi forza sulla katana usando il tanto come leva, staccandola dall'albero.

"Scendi da lì, scemo!!", gridò Ayaka con le lacrime agli occhi, stava per perdere un altro membro della sua famiglia quella notte, e il cuore le stava ancora battendo a mille.

"Ayaka, non è colpa mia! Papà non mi avrebbe dato da mangiare ancora! Io ho fame, Ayaka!", rispose Takara disperato.

"Ti do' da mangiare una buona dose di schiaffi se non scendi subito! Scendi da lì, e andiamo subito a casa!", le continuò a gridare, mentre cercava di nascondere la preoccupazione che provava per lui.

Takara scese dall'albero, abbracciando fortemente sua cugina, lei ricambiò.

"Non fare mai più così, mai più. O giuro sulla mia stessa vita che farai la stessa fine di quel demone!", le disse scherzosamente, mentre si asciugava di nascosto le lacrime che le stavano scendendo. Fortunatamente per lei, Takara non notò questo suo stato d'animo, non voleva apparire troppo attaccata ai suoi famigliari. Quella notte, ricevette una cena cucinata da Ayaka, Tarou era ancora furioso verso di lui, e si rifiutava comunque di dargli da mangiare.

"Perché è così cattivo durante gli addestramenti papà? Non era per niente così prima di tutta questa storia degli ammazzademoni!", si lamentò piangendo Takara, mentre osservava il suo pasto. La sua tristezza gli aveva privato della fame, e faticava a mangiare, nonostante l'insistenza di Ayaka.

"Questo mondo è cattivo e brutale, per questo ti tratta nello stesso modo durante gli addestramenti, cerca di farti abituare all'imprevedibilità della vita. Tarou ci tiene a te, e a me. Non ti vuole male, davvero.", le rispose mentre cercava di convincerlo a mangiare.

"Se non mangi domani starai ancora più male, avanti...", disse con un tono confortevole allungando un piatto verso di lui.

Takara col passare del tempo si abituò alla pesantezza dell'addestramento, aveva capito quanto poteva essere cattivo il mondo verso di lui grazie alla saggezza del padre, e dei consigli di sua cugina.

L'imprevedibilità della vita colpì ancora Ayaka, questa volta per il verso giusto.

All'età di vent'anni incontrò Kenzo Fujimura, un ragazzo della sua stessa età, era un amico di Takara. Kenzo aiutava la sua famiglia a gestire un ristorante in città, e a volte spendeva il tempo libero ad insegnare Takara a cucinare il cibo che di solito preparava nel suo lavoro. Ayaka provò simpatia per quel ragazzo i primi giorni dopo averlo conosciuto. Lui non aveva una vita particolare, stava cercando di accumulare un po' di soldi per potersi permettere di aprire un ristorante interamente gestito da lui in un'altra città, in modo da far conoscere il nome della sua famiglia a più persone possibile. 

Ayaka iniziò a frequentare sempre di più quel posto, sempre accompagnando Takara, ma dopo appena qualche settimana, iniziò a frequentarlo anche da sola. La casa di Ayaka non era tanto lontana dalla città: partiva a piedi la mattina inoltrata per pranzare, e tornava solitamente poco dopo l'ora più calda della giornata. 

La relazione tra loro due rimase una semplice amicizia per un paio di mesi, iniziarono poi a frequentarsi al di fuori del ristorante. Kenzo a volte cercava una scusa per finire il lavoro prima per potersi permettere di stare con lei il più possibile. Ayaka, non avendo mai provato attrazione verso qualcuno prima d'ora, e non essendo neanche una ragazza tanto socievole, ancora non capiva, ma apprezzava. Fin'ora non c'era mai stata una persona che non fosse un famigliare, che sembrava tenere così tanto a lei. Un giorno Kenzo addirittura rinunciò totalmente a lavorare pur di uscire con lei. Si beccò una sgridata dai suoi genitori così rumorosa, che un paio di poliziotti che si ritrovavano per caso lì vicino pensavano ci fosse una rapina.

Fu in quel momento che Ayaka iniziò a provare il desiderio di voler stare con quella persona, se arrivava a così tanto pur di stare con lei, qualcosa dietro c'era sicuramente. Lei ricambiava, le piaceva la sua personalità e il suo atteggiamento, anche se spesso agiva in modo testardo e faceva scelte stupide, ma erano difetti che lei riusciva a trascurare. 

Quel giorno stesso, Kenzo dichiarò i suoi sentimenti verso di lei, Ayaka non sapeva come reagire. Teneva i suoi sentimenti sotto stretto controllo, e non si aspettava ancora una dichiarazione da parte sua. Dopo un attimo di esitazione, decise di allentare la strettezza con la quale teneva rinchiuse le sue emozioni, e si lasciò andare per la prima volta nella sua vita, accettando la sua dichiarazione.

Passarono un anno insieme, e decisero di trasferirsi da soli in una casa in campagna. Ayaka era perplessa dalla scelta, pensava che si sarebbe trasferita insieme a lui nella città in cui Kenzo progettava di andare, ma cambiò idea all'ultimo minuto perché voleva staccarsi dal ritmo cittadino, e dedicare un periodo della sua vita a vivere con calma e tranquillità con Ayaka. Sarebbe tornato prima o poi a gestire un ristorante, ma preferiva aspettare.

Ayaka continuava a sentirsi spesso con i suoi zii e suo cugino anche dopo il trasferimento, e continuava a mantenersi allenata con la respirazione della tempesta. Aveva provato addirittura ad allenare Kenzo nel tentativo di fargli imparare qualcosina, ma capì in fretta che era meglio se continuava ad allenarsi a cucinare che a usare una katana.

A ventidue anni avrebbe dovuto partecipare alla selezione finale, entrando ufficialmente nel corpo ammazzademoni, ma si accorse che aspettava un figlio, e dovette rimandare. Qualche settimana prima del suo ventitreesimo compleanno, nacque Haru Fujimura. 

Quel momento cambiò la vita ad Ayaka, finalmente aveva trovato uno scopo per cui vivere e per cui combattere. Mantenere e crescere suo figlio era diventato il suo sogno.

Negli ultimi anni, Ayaka aveva imparato ad essere meno rigida verso gli altri, specialmente verso Kenzo. Pochi mesi dopo la nascita di Haru, Ayaka e Kenzo si sposarono. Decisero che avrebbero abitato la casa in campagna per i prossimi dieci anni, si sarebbero poi spostati verso la città, per seguire il sogno di Kenzo.

Nonostante l'anno aggiuntivo di attesa, era il momento di Ayaka di affrontare la selezione finale. Tarou era diventato insistente, voleva che sua nipote diventasse un ammazzademoni il prima possibile, dato che era ormai un uomo vecchio, e prossimo alla morte. Dovette salutare Kenzo e Haru prima di dirigersi verso la sua vecchia casa per salutare anche la sua famiglia. Tarou come augurio di buona fortuna le regalò un haori che teneva da anni, cucito per lei dalla zia per l'occasione. Era un haori blu acqua, con ricamati sopra motivi di colore azzurro che ricordavano i movimenti delle onde durante una tempesta. Dopo un caloroso saluto verso i suoi zii e suo cugino, si diresse verso i campi di glicine del monte Fujikasane.

C'è un'ultima volta in tutto, questo Ayaka lo sapeva bene, ma ancora non sapeva che quando si voltò per seguire la strada verso la selezione finale, sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto la sua famiglia, l'ultima volta che abbracciò suo marito... l'ultima volta in tante cose che lei pensava sarebbero durate ancora per anni.

La selezione finale era dura, ma fattibile per lei. Aveva un'età più avanzata di gran parte dei potenziali ammazzademoni che partecipavano solitamente, e questo le dava un vantaggio, dato che aveva più esperienza alle spalle. Quattro notti passarono, in ogni notte Ayaka riusciva a sconfiggere qualsiasi demone provasse ad affrontarla.

Arrivò poi la quinta notte…

Capitolo 2.8 - Quando la tempesta sarà finita

Presa totalmente impreparata, Ayaka si ritrovò imboscata da un gruppo di sei demoni. Fece il possibile per ucciderli, ma si accorse troppo tardi che erano troppo forti per lei. Decise quindi di ritirarsi, in un disperato tentativo di prendersi il tempo necessario per pensare ad una strategia per poterli affrontare, ma erano troppo veloci. Fece il possibile per toglierseli di dosso, riuscì a decapitare i primi due demoni che l'attaccarono, ma il terzo le tolse entrambe le spade, e torcendo le armi di Ayaka contro lei stessa, le tagliò entrambe le mani. Ora Ayaka rischiava di dissanguarsi, e non poteva più attaccare in alcun modo. Non voleva arrendersi, ma allo stesso tempo non voleva morire.

Solo in quel momento si avvicinò a lei quello che appariva il capogruppo. Altri due demoni del gruppo la bloccarono per le braccia, tenendola ferma e impedendole di muoversi. Il capogruppo si avvicinò a lei, e iniziò a parlarle con un tono deciso e sicuro.

"Ho chiesto ai miei servi di non ucciderti, è già tanto il loro sforzo, dato che stai sanguinando gravemente da entrambe le mani..."

Ayaka guardò i due demoni che la stavano bloccando, stavano osservando con occhi affamati i suoi polsi sanguinanti. Entrambi stavano sbavando eccessivamente, come se si stessero trattenendo da un impulso che era quasi più forte di loro.

"...Sono Juro, e sto cercando di ottenere abbastanza sangue da umani per diventare immune ai campi di glicine. Naturalmente una volta che potrò uscire avrò bisogno di una mano. Non riuscirei mai ad affrontare i pilastri da solo...", Juro quindi prese il tanto di Ayaka, e con un taglio veloce, si fece un profondo taglio sul braccio. Ayaka intuì subito le sue intenzioni. Disperata e temendo per la sua vita, iniziò a muoversi violentemente cercando di far mollare la presa ai due demoni, ma più lei si muoveva, più loro stringevano.

"...Di solito prendo il sangue agli umani, ma con te farò un'eccezione: ti darò il mio. Ti ho osservato negli ultimi due giorni, ed hai uno stile di combattimento unico, efficace sia da breve che da lunghe distanze, ti muovi come un mare in tempesta. Per questo ti unirai a me, sarai utile nelle mie schiere.", gli disse avvicinandosi.

"Apritele la bocca.", ordinò. I demoni che la tenevano ferma quindi forzarono la sua bocca prendendola dal mento. Ayaka si sforzava come mai aveva fatto prima nel cercare di chiuderla, ma i suoi sforzi risultavano totalmente vani.

Juro la forzò ad ingoiare il suo sangue.

Mentre Ayaka si sentiva la testa esplodere, i suoi muscoli che si rafforzavano, e vedeva le sue mani ricrescere, sapeva che non c'era ritorno da quello che le stava succedendo. Mentre cercava inutilmente di andare contro a questo destino, sentiva la sua umanità svanire sempre di più.

"E ora?", continuava a pensare.

 

"E ora?"

 

Le salì in mente il giorno in cui sua madre morì. In quel momento, provava le stesse sensazioni che provò mentre guardava il corpo senza vita di sua madre. Si sentiva persa, desolata, senza via d'uscita... come se fosse arrivata ad un punto di non ritorno.

L'umanità di Ayaka poteva anche essere svanita, ma la sua rabbia verso i demoni ora era diventata una cieca rabbia irrazionale. Juro non fece neanche in tempo a curarsi il taglio, che Ayaka aveva strappato di mano le armi di sua proprietà dalle mani del demone che le teneva custodite, e aveva tagliato la testa a lui e ad entrambi i suoi compagni. Mentre Juro osservava i suoi servi venir decapitati da Ayaka, notò che ora lei non usava nessuna forma nel combattere. Usava attacchi diretti e pesanti verso il collo dei suoi nemici. A volte le capitava che un colpo non tagliasse del tutto la testa della sua vittima, lei quindi continuava a colpire e a colpire, come un taglialegna mentre abbatte un albero. Non c'era alcuna tecnica nei suoi attacchi, i colpi che effettuava erano alimentati soltanto da pura rabbia cieca. Mentre continuava ad uccidere demoni, neanche lei sapeva trovare una motivazione, la trasformazione le aveva tolto l'umanità, ma non le emozioni provate nel momento in cui ingoiò il sangue.

Juro era comunque ancora più potente di lei, e dopo aver osservato incuriosito il massacro dei suoi servi, fermò Ayaka, disarmandola e bloccandola per terra.

"Adesso tu vieni con me, oppure ti espongo al sole.", gli disse mentre cercava di tenerla ferma. Lei rispose soltanto con dei rabbiosi versi incomprensibili.

Juro portò Ayaka in una galleria sotterranea nascosta sotto la foresta, dentro ad una gabbia preparata da lui stesso.

"Adesso, starai qua fino a quando non ti sarai calmata, poi quando sarai pronta ad unirti a me, ti farò uscire."

Passarono mesi, Ayaka non era ancora uscita dalla gabbia. Veniva tenuta sotto stretta osservazione da Juro stesso e dai suoi servi. Spesso capitava che Ayaka subisse violenti attacchi di rabbia casuali, riuscendo quasi a distuggere la prigione nella quale era intrappolata, ma veniva sempre placata prima che potesse creare danni seri.

Un giorno, mentre era ancora intrappolata, Juro si avvicinò di nuovo a lei.

"Allora, ancora non sei convinta?", gli disse appoggiando una mano sulla gabbia. 

Per la prima volta da quasi un anno, Ayaka parlò.

"Prima o poi sarai impegnato a combattere gli umani in superficie. Ricordati di guardarti le spalle mentre lo fai. Continuerò a cacciarti fino a quando non avrò la tua testa.", le disse aggressivamente.

Juro non si aspettava una parola da lei, solitamente le sue proposte venivano risposte soltanto da ringhiate e versi rabbiosi.

"Vedo che abbiamo imparato a parlare qua. Allora, ti faccio una proposta: io qua ho una bella foto tua, immagino che tu abbia avuto una famiglia prima di venire qua, è molto probabile che siano ancora vivi. Quindi ti propongo: ti unisci a me, e io ti prometto che risparmierò la tua famiglia quando saremo fuori di qui."

Questo fu un errore che Juro non si perdonò mai. Ayaka nel diventare demone aveva perso la sua umanità, e il ricordo della sua famiglia era sepolto nel suo inconscio. Ma bastava soltanto una piccola spinta, per far ritornare il ricordo in lei.

Juro le mostrò la foto.

Nell'attimo in cui Ayaka vide la guardò, la sua memoria fu invasa dai ricordi della sua famiglia. In un'improvvisa fitta di rabbia, Ayaka prese il braccio di Juro, e lo strappò usando soltanto la sua forza, prese poi dalla mano la foto, e la osservò.

Juro si fece ricrescere il braccio, e solo in quel momento capì l'errore che aveva fatto. Ayaka aveva trovato il motivo della sua costante rabbia irrazionale, e si era ricordata per che cosa combatteva.

"Non uscirai mai di qui. Se vuoi provare anche solo a toccare il mondo in cui vive mio figlio e mio marito, dovrai prima uccidermi.", le disse Ayaka minacciandolo.

Juro capì lo sbaglio che aveva fatto, e si allontanò da lei, voleva riflettere su come agire di conseguenza.

Passò un anno, Ayaka non aveva ancora messo piede fuori dalla gabbia da quando era stata intrappolata. Ma trovò un'occasione, quando improvvisamente una notte i demoni che prima la tenevano d'occhio erano spariti all'improvviso, compreso Juro.

Era l'occasione giusta per scappare. La gabbia era fatta di un bambù duro, che non si rompeva usando semplicemente la forza. Iniziò quindi a scavare sotto terra. Il terreno sottostante era freddo e duro, ma soltanto il fatto che si rompeva, era necessario per motivare Ayaka abbastanza da scavare fino alla fine. Le dita le sanguinavano e si sentiva le braccia collassare, ma continuò.  Scavò fino a quando non creò un buco sotto la gabbia grande abbastanza da poter passare.

Appena uscita dalla gabbia, cercò le sue due spade. Le trovò in quella che sembrava il rifugio di Juro, piazzate ancora nel fodero da quando era ancora umana.

L'esterno non era cambiato da quando lei entrò nella galleria, la foresta era sempre la stessa. Andò quindi a caccia di Juro, ma il suo obiettivo cambiò rapidamente. 

Dopo qualche minuto di ricerca, comparve una figura umana davanti a lei. Avvicinandosi ulteriormente, notò che era un normale umano. Questo teneva una katana, aveva un aspetto giovane e pareva spaventato, Ayaka si avvicinò a lui. Il ragazzo la vide, sembrò tirare un sospiro di sollievo nel vederla.

"Finalmente! Un altro ammazzademoni! In due abbiamo più probabilità di sopravvivere!", disse sollevato il ragazzo.

Ayaka sapeva che il suo corpo avrebbe reagito ai campi di glicine, e voleva raggiungere la stessa forza di Juro, sperando che prima o poi sarebbe riuscita a diventare forte abbastanza da poter passare i campi. Un demone, però, per diventare più forte, ha bisogno di sangue umano. Ayaka quindi approfittò dell'opportunità.

Prese in mano il tanto, e, sperando di ricordare ancora l'utilizzo della respirazione della tempesta, controllò il suo respiro, pronta per attaccare.

"Respirazione della tempesta: prima forma: Lampo e tuono"

Il ragazzo stava correndo verso di lei, ma non per attaccarla. Voleva un aiuto per passare la selezione.

Ayaka lanciò il tanto, e senza che il ragazzo ebbe il tempo di reagire, venne colpito in pieno petto dalla spada. Ayaka scattò verso di lui per procedere alla decapitazione, ma si ricordò solo in quel momento che stava affrontando un umano, e non un demone. Il ragazzo morì quasi immediatamente. Il suo sguardo, che prima mostrava speranza, si spense quasi subito, dopo aver mostrato per un attimo un'improvvisa fitta di dolore. Ayaka non sfoderò neanche la katana, il corpo senza vita del ragazzo continuò ad andare avanti un paio di metri, per poi cadere a terra, senza neanche un lamento.

Si accorse solo in quel momento che diventando un demone, aveva mantenuto le sue tecniche, e addirittura migliorato la precisione dei suoi attacchi.

Il sangue del ragazzo la fece sentire più potente. Decise quindi di provare a scappare, ma una volta raggiunti i campi di glicine, il suo corpo reagì con una grave reazione allergica, costringendola a tornare indietro.

Ayaka continuò ad uccidere umani ogni singola notte per tutte e sette le notti. Ogni persona che vedeva era un'occasione in più per diventare più potente. Mentre uccideva giovani ragazzi e ragazze senza mostrare neanche un minimo di rimorso, si sentiva diventare sempre più forte. Le sue tecniche apparivano sempre più precise e al contempo brutali. Spesso decapitava umani anche se erano già morti, pensando che il sangue che scorreva nel collo era più "puro" del sangue che scorreva nel resto del corpo. Sette notti passarono, e gli umani sparirono. La selezione era finita, e i sopravvissuti erano usciti dal monte.

Ayaka si ritrovò l'ottava notte circondata dal gruppo di Juro. Era molto più ampio dalla prima volta che lo affrontò. Provò a reagire con un attacco mirato verso di lui, ma fu rapidamente bloccata e ingabbiata.

Iniziò quindi un circolo vizioso. Ayaka rimaneva rinchiusa nella gabbia per un periodo di tempo che non riusciva neanche più a percepire, e quando si ritrovava la galleria vuota, ne approfittava per uscire, e tornava ad uccidere umani. Ogni volta, all'ottava, oppure alla nona notte, Juro riusciva sempre a bloccarla e ad intrappolarla.

Passarono quelli che sembravano anni, Ayaka non sapeva più neanche l'anno nel quale viveva. Semplicemente si addormentava per un lungo sonno che durava mesi, per poi risvegliarsi quando sentiva il costante rumore causato dai demoni svanire. Sapeva solo in quel momento che era il periodo di selezione. Juro provava a contrastare questo suo risveglio incatenando ogni volta un paio di demoni vicino alla sua gabbia, ma erano difese deboli, che venivano neutralizzate da lei senza fatica.

Le armi erano la parte più difficile da ritrovare, dato che ogni volta erano nascoste in punti sempre diversi della grotta, oppure erano in mano ad un demone fuori in superficie, che voleva provare nuove strategie. Nonostante ciò, Ayaka riusciva a riprendere le sue armi sempre durante le prima notte.

Una notte, però, Ayaka si ritrovò davanti ad una situazione nella quale non avrebbe mai voluto trovarsi.

Era nascosta sopra il ramo di un albero, attendendo che un ignaro umano che aveva sentito nelle vicinanze passasse lì sotto. Dopo qualche minuto di attesa, l'umano si ritrovava in una posizione perfetta. Ayaka quindi sfruttò l'occasione, facendosi cadere dall'albero con la katana puntata verso il collo del ragazzo.

Questo però, sembrò avvertire l'attacco di Ayaka, e riuscì a schivarlo.

Il ragazzo poi si voltò per vedere chi fosse il misterioso attaccante, e Ayaka lo vide in faccia.

Ancora non si era dimenticata della sua famiglia, poteva riconoscere i suoi membri soltanto guardandoli negli occhi. 

Davanti a lui stava Takara, suo cugino.

Takara guardò incredulo gli occhi di sua cugina. L'imprevidibilità della vita aveva ancora una volta colto di sorpresa Ayaka.

"Ayaka! Che cosa ti è successo?! Sono passati anni, perché non sei tornata a casa?!", disse tenendo le spade in mano. Takara usava due spade di tipo tanto per usare la respirazione della tempesta, le trovava più maneggevoli e veloci.

"Siamo ancora nel periodo Meiji?", chiese Ayaka cercando di nascondere il suo istinto omicida. Voleva ucciderlo, ma l'amore verso la sua famiglia le impediva di poter attaccare un suo famigliare.

"L'imperatore è morto qualche anno fa! Adesso siamo nel periodo Taishō!", disse preoccupato Takara.

"Come sta Tarou?", le chiese mentre continuava a cercare di controllare l'impulso.

"Papà? È morto di vecchiaia, Ayaka! Voleva vedere almeno uno di noi diventare ammazzademoni! Ma non sei mai tornata...!", rispose mortificato suo cugino.

"...Perché hai scelto di rimanere qua, Ayaka?! Papà voleva vederti con l'uniforme addosso, voleva vedere almeno un suo erede, era il suo ultimo desiderio, e non siamo neanche riusciti a compierlo!", gridò verso Ayaka trattenendo il pianto.

"Non ho scelto! Mi hanno costretta! Non sai quanto vorrei poter uscire di qua, quanto vorrei poter rivedere Kenzo e riabbracciare Haru! Ma non posso, Takara! Non posso! Non importa quanto ci provo, uscire da qua mi è impossibile!", gridò sofferente Ayaka.

"Chi ti ha costretto?! Dovevi uscire da questo monte l'alba dell'ottavo giorno! Il corpo degli ammazzademoni non costringerebbe mai un umano a restare qui!", disse disperato Takara.

"Appunto, Takara! Un umano!", le rispose Ayaka devastata.

Takara strinse fortemente le mani sulle sue spade. Solo in quel momento capì che sua cugina non era più la persona di prima.

"Ayaka, stai scherzando vero?!", esclamò incredulo mentre preparava di nascosto l'attacco.

"Pensi che abbandonerei la famiglia che ho speso anni a creare? Pensi che mi piaccia stare qua? Ad aver a che fare con cani rabbiosi ogni singolo giorno? Takara, vai via da qua, è già tanto che riesco a trattenermi dall'ucciderti!", disse distrutta Ayaka. L'amore per la sua famiglia prevaleva sull'istinto di uccidere Takara, ma bastava soltanto un piccolo stimolo per dimenticarsi totalmente chi aveva davanti a lui.

"Mi dispiace, Ayaka! Ma non posso sopportare di vederti in questo stato. Non posso continuare a vivere pensando a quello che hai fatto, a cosa sei diventata! A quanti umani ucciderai, e quanti ne hai già ucciso!", rispose disperato Takara, mettendosi in posizione.

"Che ne sai so ho mai ucciso qualcuno, Takara?! Solo perché sono quello che sono non significa che uccido umani! Vai via da qua ora!", gridò Ayaka mentendo. Dentro soffriva, perché era sul punto di uccidere suo cugino, una persona che ha trattato come un fratello per anni, e ora era lì, davanti a lei, faccia a faccia pronto a combattere fino a quando uno dei due sarebbe morto.

"Quante persone hai ucciso, Ayaka?! Ammettilo! Non pensare che io sia così stupido da pensare che un demone possa sopravvivere così a lungo senza mangiare umani! Quante persone hai ucciso?!", gridò Takara.

Lei non seppe rispondere. Raramente mentiva a Takara, e lui avrebbe comunque visto oltre la bugia.

"Quante persone hai ucciso...?!", gridò un'altra volta.

"...So cosa piace a voi demoni! Non ho problemi a farlo! Il mio sangue è diverso!"

 Dicendo questo, Takara si fece un leggero taglio sulla spalla, facendo scendere il sangue dalla ferita.

Ayaka percepì l'odore. Era senza dubbio sangue raro, l'avrebbe resa più potente di un normale umano con sangue comune. 

In quel momento lei perse totalmente la ragione, lo stimolo causato dal sangue raro era molto più potente dell'amore che provava per la sua famiglia.

Con una carica fulminea, attaccò Takara. 

 

"Terza forma: tempesta furibonda"

Takara in quel momento capì quanto una persona potesse diventare forte quando diventa un demone. Si era addestrato per parare le forme della respirazione della tempesta nel caso di necessità, ma nessuna tecnica di difesa funzionò. Ayaka in un attimo era già davanti a lui, non poteva neanche reagire. Takara percepì all'improvviso un intenso e tagliente dolore sullo stomaco. Si guardò in basso, e vide il tanto conficcato dentro il suo ventre. Provò debolmente a muoversi, ma la spada le era uscita dalla schiena, infilandosi nella corteccia di un albero dietro di lui. Era totalmente bloccato. 

Ayaka si avvicinò a lui sfoderando la katana. Takara era già pronto ad accettare il suo destino, ma la spada lo mancò, e si conficcò nella corteccia sopra la sua testa.

"Ormai il colpo letale l'hai inflitto, vai avanti! Ti ricordo che sono un umano! Non posso curarmi da queste ferite!", disse sofferente tenendo le mani aggrappate al manico del tanto dentro di lui.

"Ti ricordi quella volta che ti addentrai nella foresta da solo? Avevo promesso sulla mia stessa vita che se tu l'avessi fatto ancora, saresti finito come il demone che uccisi quella notte.", le disse sua cugina non provando più alcuna emozione verso di lui.

"Questa situazione è diversa, Ayaka... Non potevo lasciarti andare. E anche se te ne andrai, almeno non sarò vivo per vedere la scia di sangue che ti lascerai dietro. Mi dispiace, ma questo era quello che volevo.", disse guardandola con uno sguardo perso e sconfitto.

"Sei sempre stato un gran testardo, Takara. Ora ho capito perché eri un amico stretto di Kenzo."

Subito dopo aver detto questo, Ayaka staccò dall'albero la katana, e con un colpo secco, lo decapitò.

Mentre la sua testa cadeva verso terra, passò i suoi ultimi secondi cosciente a pensare a quello che aveva fatto insieme ad Ayaka, alla ragazza che ci teneva a lui, a quella che lo aiutava durante gli allenamenti, e a quella che lo teneva su di morale durante i momenti di difficoltà. Mentre il suo sguardo si spegneva, e la sua vita rapidamente raggiungeva il suo termine, pensò alla vera Ayaka, a quella che nel suo subconscio molto probabilmente era sepolta sotto spessi strati di odio e rabbia. L'Ayaka che conosceva era morta il giorno in cui si era trasformata, Takara ne era convinto. 

Morì mettendosi l'anima in pace, sapendo che non l'avrebbe rivista nell'aldilà.

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Zen'itsu teneva ancora la foto in mano, mentre la testa di Ayaka lentamente si disintegrava, le sue ceneri si mischiavano con la pioggia e il fango.

"Da quanto sei qua? Quanti umani hai ucciso?", chiese tranquillamente Zen'itsu.

"Sono qua da un decennio, molto probabilmente. Non ne ho idea. So solo che uccisi una persona molto importante per me molto tempo fa... Riguardo agli umani uccisi, ho perso il conto, ma non mi è mai importato il numero.", rispose Ayaka mentre continuava a piangere.

"Spero che nell'aldilà tu possa trovar pace.", disse Zen'itsu, abbassando la foto. Ormai la testa era quasi totalmente disintegrata.

"Anche se c'è un aldilà, Zen'itsu, non mi accoglierà a braccia aperte.", le rispose, mentre le sue ultime ceneri si mischiarono con il fango per terra.

Capitolo 2.9 - Calma piatta

Ayaka aprì gli occhi. Si ritrovava sdraiata in quello che pareva un prato. La prima cosa che videro i suoi occhi erano un cielo notturno, sereno e privo di pioggia.

"Quindi...", pensava, "...è questo l'aldilà?"

Provò quindi a muoversi, e a sua sorpresa, il suo corpo si era completamente rigenerato sotto il collo, poteva quindi tornare a muoversi. Si alzò di scatto in piedi, non prestando neanche attenzione alle sue circostanze. Guardandosi il corpo per capire se quello che stava vedendo in quel momento fosse reale, scoprì che le sue vesti erano pulite e intatte, come se lo scontro con Zen'itsu non fosse mai avvenuto.

Alzò poi lo sguardo, guardandosi intorno: la foresta era totalmente scomparsa. Si ritrovava in una prateria la cui estensione pareva infinita. Persa e confusa, Ayaka non sapeva cosa fare.  In ogni direzione nella quale guardava, era soltanto presente un prato infinito, la quale erba era per qualche motivo corta e curata, come se ci fosse qualcuno che avesse il tempo e la voglia di curare quel posto assurdo.

Guardò poi dove erano posti i foderi delle sue spade, ed erano ancora al loro posto. Sfoderò quindi la katana per vedere il suo stato: la lama sembrava nuova, come se fosse stata appena forgiata, e non avesse mai visto alcun combattimento o allenamento prima d'ora.

Ayaka decise quindi di camminare verso una direzione casuale, sperando per il meglio, anche se ovunque guardasse non era presente nulla all'orizzonte, se non uno scuro cielo stellato.

La notte non sembrava passare mai, Ayaka continuò a camminare, ancora e ancora. L'unica cosa che sapeva in quel momento, è che era ancora un demone. Non provava fatica nel camminare distanze interminabili per lunghi periodi di tempo. Camminò per un tempo che ad Ayaka parevano giorni, poi settimane, ma faceva fatica a tenere traccia del tempo, dato che quel surreale posto in cui si trovava pareva fosse condannato ad una notte eterna. Continuava a camminare senza sosta, senza provare alcuna fatica. Sperava nel trovare qualcosa prima o poi, ma il paesaggio era tutto uguale. Durante il viaggio infinito, Ayaka a volte spendeva ore ad osservare il cielo mentre camminava, guardando le stelle e creando costellazioni.

Ayaka non capiva più che giorno era, sempre se ci fosse stato anche solo il concetto di giorno in quel mondo. Stava viaggiando senza sosta da mesi ormai, ma questo lei non lo sapeva.

Ormai aveva perso totalmente la percezione del tempo e dello spazio, ma continuava a camminare. Teneva sempre la testa alta, la sua unica fonte di intrattenimento erano le stelle, che non cambiavano mai. Erano le sue uniche compagne di viaggio. Ayaka diede pure dei nomi alle sue stelle preferite, a volte ci parlava come se fossero persone, creandosi finte risposte e finte personalità a ciascuna di loro. Perse totalmente la ragione, ma non perse mai il motivo per cui il suo viaggio continuava ininterrotto: voleva cercare la sua famiglia. In qualche modo, sapeva che erano lì da qualche parte, seppur non sapeva neanche se si trovava sul suo pianeta d'origine o meno, lei sapeva che se avesse cercato fino in fondo, avrebbe trovato qualcuno.

La camminata proseguiva senza alcuna sosta, ma per la prima volta in un tempo che Ayaka ormai non sapeva più definire, provò fatica. Le gambe iniziavano a cedere, aveva difficoltà a mantenere un passo costante, ma lei continuava ad andare avanti. Non avrebbe permesso al suo corpo di fermarla, si sarebbe tagliata le gambe e ne avrebbe fatto ricrescere delle altre pur di continuare. Ma la volontà di una persona ha comunque dei limiti, molto spesso la realtà va contro i sogni di qualcuno. Ayaka collassò per terra, quasi immobile. Provò a prendere la katana per tagliarsi le gambe, ma anche le braccia si erano fortemente indebolite: non riusciva più a muoversi. L'affaticamento l'aveva travolta tutta in un attimo, come se fosse stata conservata dal suo corpo per tutto quel tempo. Gli argini che tenevano questa fatica dentro di lei si erano rotti, inondandola di conseguenza.

Provava costantemente a rialzarsi, ma nulla. Era paralizzata, intrappolata nel suo corpo in una prateria infinita che sembrava bloccata in una notte eterna. Ayaka pensò che quella era la sua fine, che in quel momento il suo corpo aveva finalmente deciso di morire, e chiuse gli occhi, sperando di trovarsi in un posto migliore una volta aperti.

 

"...per venire qui bastava dormire una volta, perché ci ha messo così tanto?"

"Lei è sempre stata fin troppo decisa sui suoi obiettivi. Nessuno è mai riuscito a farle cambiare idea quando prendeva una decisione."

Ayaka percepì due voci molto familiari, ma aveva ancora gli occhi chiusi, e faticava ad aprirli.

Con la poca forza che aveva, si girò sul lato dal quale provenivano le voci, e aprì leggermente gli occhi. Notò un ambiente molto più illuminato, la notte sembrava passata in quel surreale posto, la luce però non colpiva lei, sembrava che la parte illuminata fosse poco più avanti, al di fuori della sua portata.

Facendosi forza, si alzò da terra, e aprì completamente gli occhi. 

Davanti a lei era presente un campo di glicine, questo sembrava essere illuminato da un sole che illuminava soltanto la piantagione, e la zona all'interno di esso.

Le piante sembravano stabilire il confine per qualcosa dietro di loro, ma ancora non capiva cosa. Iniziò quindi ad avvicinarsi lentamente. Ancora aveva paura di quella pianta, ma avvicinandosi, non notò i soliti effetti che la pianta le dava in precedenza.

Sotto le piante di glicine erano presenti un paio di sagome, due persone sembravano osservarla. Ayaka quindi allungò il passo, moriva dalla curiosità di sapere chi fossero quelle due persone.

Le sagome si fecero sempre più chiare ed evidenti. I dettagli del loro corpo e del loro viso iniziavano a farsi sempre più chiari, sempre più definiti.

Ayaka si fermò di colpo quando riconobbe le due persone che la stavano osservando: Kenzo era davanti a lei, teneva in braccio Haru, il loro figlio. Ayaka in quel momento fu travolta da un'infinità di emozioni che non sapeva neanche definire. Era gioia? Soddisfazione? Oppure rabbia, tristezza? Era reale tutto quello? Non riusciva a capire perché in quell'assurdo posto sembravano esserci soltanto loro due. Non capiva perché il sole illuminava soltanto un'area limitata da piante di glicine. Sapeva solo che davanti a lei erano presenti le due persone che più amava al mondo.

Corse quindi verso di loro, con un sorriso stampato in faccia. Ma la sua felicità non durò tanto. Avvicinandosi ulteriormente al glicine, il suo corpo reagì ancora. Gli occhi si irritarono, arrossandosi, lacrime forzate continuavano a scenderle costantemente lungo il viso. I suoi muscoli opponevano i suoi movimenti, e la pelle reagiva creando degli sfoghi che rilasciavano sangue.

Si fece forza per avvicinarsi il più possibile, si ritrovava ad un paio di metri di distanza da suo marito, ma più di così non poteva andare avanti.

"Cos'è questo posto? Perché siete qua?", chiese Ayaka sofferente, mentre cercava di resistere al glicine.

"È l'eterno riposo, Ayaka. Mi sei mancata...", rispose Kenzo sorridendogli.

"Kenzo! Non hai idea di quello che ho passato, di quello che ho fatto pur di rivedervi. Volevo proteggervi! Volevo soltanto stare con voi! Non volevo nulla di quello che ho fatto!", disse gridando Ayaka sfogandosi. Continuava a farsi forza per cercare di attraversare i campi, ma il suo corpo contrastava costantemente la sua volontà.

"Pensi che non lo sappia? Ti conosco!" disse ridendo.

"Perché la mamma sta così male?", chiese Haru. Ayaka trovava quella situazione ancora più strana della prateria infinita. Era confusa, aveva paura. Nonostante in quel momento si ritrovava davanti a quello che stava cercando da almeno un decennio, il contesto che circondava questa situazione le impediva totalmente di provare un minimo di felicità.

"È semplicemente allergica a quelle piante, non preoccuparti, starà bene." rispose Kenzo tranquillamente a suo figlio.

"Cosa sta succedendo, Kenzo? Perché hai chiamato questo posto l'eterno riposo? Perché ti stai rivolgendo a me come se non fosse passato neanche un giorno da quando ci siamo visti?", chiese Ayaka mentre sentiva il suo corpo raggiungere sempre di più il collasso.

"Circa qualche mese dopo la tua scomparsa, siamo stati attaccati. Ho provato ad applicare qualche tuo insegnamento. Ma ti ricordi quanto facevo schifo? Era una spada pesante, e non riuscivo a muoverla bene. Hanno preso prima Haru, poi hanno puntato verso di me. Almeno Haru non ha sofferto...", disse allentando leggermente il sorriso.

Ayaka capì solo in quel momento che le uniche persone che aveva giurato di proteggere, erano in quel momento davanti a lei, morte.

"Posso redimermi! Fatemi entrare qua! Posso comunque continuare a proteggervi, ho ancora le mie armi! Tagliate queste piante!", gridò disperata, mentre indietreggiò leggermente per darsi più tempo.

"Non hai ancora capito, Ayaka? Questo muro non l'abbiamo costruito per proteggerci dagli altri, ma l'abbiamo costruito per proteggerci da te.", disse malinconicamente Kenzo, facendo scomparire totalmente il sorriso dalla sua faccia.

"Che cosa significa? Kenzo, non prendermi in giro! Questo è il momento peggiore per scherzare!", ormai Ayaka era sul punto di cedere, sia emotivamente, che fisicamente.

"Vorrei tanto poterti riabbracciare, poter star insieme a te per sempre, in questo posto. Ma abbiamo visto quello che hai fatto, agli umani che sono finite nelle tue grinfie, a Takara... Gli dei non ci permetterebbero di farti stare qua. Se solo ti facciamo passare il confine, ci attenderebbe la dannazione eterna."

"Tutto quello che ho fatto, tutte le persone che ho ucciso, che ho mangiato... L'ho fatto solo per voi! Lasciatemi entrare, bastardi!", gridò Ayaka.

"Non sta a noi decidere, Ayaka. Non posso farci niente. Ti ho osservato per tutto questo tempo, e non sei mai cambiata. Sei sempre stata l'Ayaka che ho sempre amato.", disse Kenzo, mentre i suoi occhi diventavano sempre più lucidi.

Un terremoto improvviso scosse l'intera zona. Kenzo non appariva alterato da questo evento, neanche Haru sembrava percepire qualcosa. Il terreno collassò appena dietro di lei, fuoco e fiamme uscivano dall'apertura che aveva appena causato il terremoto.

"È questo quello che mi merito, Kenzo? La dannazione eterna? Dopo tutto quello che ho fatto! Dopo tutto quello che ho passato!", gridò furiosamente Ayaka.

"Mi dispiace, Ayaka. Non hai idea quanto." disse Kenzo, mentre si tratteneva dal piangere.

Ayaka guardò indietro, l'inferno la stava aspettando. Si allontanò quindi dal glicine, per dare la possibilità al suo corpo di riprendersi.

La tristezza di Ayaka scomparve totalmente, trasformandosi in rabbia. Con un passo lento ma deciso, si diresse verso il bordo del cratere. "Non preoccuparti. Non importa chi dovrò affrontare laggiù, ma sono sicura che ci sarà un modo per raggiungervi. Anche se dovrò uccidere un dio, che si faccia avanti. Io l'affronterò.", dicendo questo, Ayaka sfoderò entrambe le spade, dirigendosi verso le fiamme.

"Dove va la mamma?", chiese preoccupato Haru mentre la osservava.

"Va in missione. Tua madre è finalmente un ammazzademoni, Haru.", disse cercando di tenere calmo suo figlio.

Ayaka quindi si girò verso suo marito. Lei non sapeva se sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe visto, ma soltanto il fatto di aver finalmente visto la sua famiglia, l'aveva motivata abbastanza da affrontare qualsiasi cosa l'avrebbe attesa là sotto. 

"Tornerò, un giorno. Ve lo prometto. Intanto, laggiù, ho ancora dei conti in sospeso."

Ayaka quindi si voltò. Mentre teneva le sue armi in mano, guardò dentro il cratere che si era formato, ma non riusciva ad intravedere nulla oltre le costanti e potenti fiamme che sprigionava quel posto. Prendendo una rapida rincorsa, si gettò a spada tratta dentro l'inferno che l'attendeva, pronta ad affrontare qualsiasi cosa quel posto le avrebbe offerto.

"Respirazione della tempesta: ottava forma... tempesta ammazzademoni"


 

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