Second Chances

di lachicamuyseriosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovo Inizio ***
Capitolo 2: *** Guzman ***
Capitolo 3: *** Leopoldo ***



Capitolo 1
*** Nuovo Inizio ***


Carmela “Ela” Benavent Villada
Finisco di impiattare i pancakes proteici su due piatti e poi faccio un passo indietro per ammirarli, soddisfatta. “Questo sì che è talento” sussurro tra me e me, e batto le mani appena compare l’alta figura di Polo dalle scale. Noto subito che qualcosa non va, anche oggi. La sua espressione sconsolata e gli occhi rossi mi suggeriscono che ha appena finito di piangere, ancora una volta. “Vieni dai! Che ho fatto una colazione fantastica. Succo o tè?”.
“Non vengo a scuola oggi..” fa con voce tremante. Alzo lo sguardo ancora, e mi soffermo a notare che è ancora in pigiama. Mi avvicino cauta a lui, che intanto è sceso fino all’ultimo scalino.
“Polo..”
“No. Non ce la faccio. Voglio cambiare scuola.”
“Vieni qui” e apro le braccia per invitarlo in un abbraccio. Si lascia andare aggrappato a me. “Siamo insieme quest’anno Polo. Ci sarò io, nessuno si permetterà di farti soffrire ancora. Te lo assicuro” cerco di rassicurarlo io, accarezzandogli la schiena mentre lui si abbandona ad esili singhiozzi sulla mia spalla.
“Ora assaggi i miei pancakes e un po’ di succo che ti danno le forze. Poi andiamo a metterti la divisa e mano nella mano entreremo in quella scuola. Sono tornata per questo, e non mi toglierai questa gioia mio caro.”
Alza la testa dalla spalla e mi regala un debole sorriso. Il mio cuore cade a pezzi, non riesco a vedere mio fratello in queste condizioni. Ricambio il sorriso e lo tiro leggermente per la mano verso l’isola della cucina.
“Paulita non c’è?” chiede tagliando un pezzo di pancake, mentre io valuto se mi fanno veramente gola quelle sbobbe che ho messo in piatto. Capisco perché mi stia chiedendo se la domestica è nei paraggi. “Ehm.. no. Com’è..?”  voglio sapere, notando la naturalezza con cui mastica e manda giù il boccone.
“Buonissimi. Sei una cuoca fantastica. Devo correre a vestirmi” e scola il bicchiere di succo che gli avevo versato nel frattempo. Provo un pezzo di quei cosi finché lui scappa su per le scale e lo sputo subito in un tovagliolo. Amari come poche altre cose. Sospiro guardando le scale “..sarà andato a vomitare”.

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Capitolo 2
*** Guzman ***


Guzmán Nunier Osuna
 
“Guarda Ander che non devi riprendere subito. Puoi prenderti qualche altro mese di pausa, non esagerare”. Il mio amico d’infanzia è seduto di fianco a me, in macchina. Guarda fisso avanti.
“Lo devo fare”
“No, non devi cazzo! Smettila di fare così!”. Finalmente si gira a guardarmi. Ho passato tutta l’estate a cercare di tirarlo fuori dalla depressione in cui lo ha lasciato Omar e anche se gli hanno confermato il retrocedere della leucemia non l’ho visto davvero star meglio. Il suo silenzio è una coltellata al cuore.
“Ander..”
“Lo so. Ora accendi il motore e parti, cazzo.” E come se riuscissi a gestire tutto questo, accendo la macchina e parto. Vorrei tanto dirgli quanto siamo nella stessa situazione, quanto posso capire il suo cuore spezzato, e quanto posso capire che sia difficile uscirne. Ma lui non sa, non sa che anche io sto come lui. Che Nadia mi ha mollato per messaggio quella stessa estate, e che io ho continuato a presentarmi ogni pomeriggio a casa sua lo stesso con due birre in mano, facendo finta di niente, per lui. Per il mio amico.
 
Arriviamo in aula e non posso fare a meno di nascondere l’espressione schifata che mi sale da dentro.
Ripetente.
Guardo i miei nuovi compagni di classe in cerca di volti familiari, e poi li trovo. Samuel e Rebeka, impegnati a limonarsi seduti sull’ultima fila di banchi accanto alla finestra.
“Quanta voglia di fare, di prima mattina. Un’estate non vi è bastata per placare i focosi spiriti?” li stuzzico avvicinandomi, e scambio una stretta di mano con Samuel. Ander, dopo un debole cenno con la mano, si siede nella fila centrale, con la solita espressione cupa. Mi esce un sospiro.
“Ancora non si è ripreso, eh?” chiede Rebeka, facendo un cenno verso Ander.
“No.. ancora no” ammetto.
“Ma che cazzo! Porca puttana.”
Guardo sorpreso Samuel, che non riesce a contenere la rabbia fissando un punto dietro di me. Mi giro verso la porta, ed eccoli là.
Polo, il mio amico Polo. L’amico che ha ucciso mia sorella. L’amico che mi ha tradito. L’amico che di amico ha avuto ben poco. Sapevo che l’avrebbe passata liscia, che non avrebbe mai pagato per l’omicidio di mia sorella Marina, e avevo cercato di farmene una ragione durante l’estate. Pensavo almeno che avrebbe avuto la decenza di cambiare scuola, e invece no. Eccolo qui, anche lui a ripetere l’ultimo anno. Come se non fosse successo niente.
Varca la soglia della classe mano nella mano con una ragazza leggermente più bassa, castana, il tipico fare da nobile, e con un inconfondibile sguardo fiero e cattivo allo stesso tempo. Mi ricorda improvvisamente Lu.
“Polo!” urla Samuel, dietro di me. “Che cazzo ci fai qui figlio di puttana!” e nel mentre scende dal banco, con il chiaro intento di avventarsi su di lui. Il ragazzo fa un passo indietro, chiaramente impaurito, mentre ci guarda tutti. Fermo il mio compagno con un gesto, notando sorpreso che la ragazza viene verso di noi.
“Come prego?” chiede, puntando uno sguardo eloquente su Samuel.

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Capitolo 3
*** Leopoldo ***


Leopoldo "Polo" Benavent Villada
 
“E tu chi sei?” vedo Guzman avvicinarsi minacciosamente a Ela
“Sì, non abbiamo avuto occasione di presentarci.. io sono Ela, sua sorella. Giusto per la cronaca: non mi piace tutta la cattiveria che annuso, tenete a bada il vostro chihuahua” e sorride a Samuel, che continua invece a fissarmi negli occhi. Rebeka, accanto a lui, si lascia sfuggire un ghigno.
“Non voglio problemi con nessuno, e a voi non consiglio di avere problemi con me. Lasciate in pace Polo, fate finta che non esista se proprio volete, ma lasciatelo in pace.”
“Ela… basta” cerco di allontanarla.
“Facciamo finta che non esista come Marina?” risponde Guzman, alzando la voce “Oh beh allora bastava dirlo subito.. agli ordini! Senti qua, ho un’idea migliore: facciamo finta sia morto! Ah aspetta.. vero. Purtroppo non siamo stati così fortunati.”
Sento il panico e il dolore crescermi dentro.
Guzman, il mio migliore amico sin dall’infanzia, preferirebbe fossi morto.
Sento di essere sul punto di esplodere, ma mi trattengo. Ancora.
Mi giro e attraverso l’aula, butto lo zaino sul banco più distante che trovo e mi impongo di controllare il respiro. La testa comincia a girare e devo sforzarmi per non sentire mia sorella pronunciare le parole che sarebbero sicuramente diventate la nostra condanna a morte: “D’accordo. Lo hai voluto tu.”
Poco dopo il suo tocco sulla mia schiena mi annuncia che è qui, con me, anche stavolta. Ha passato l’estate a consolarmi con dolci carezze sulla schiena, o cercando di farmi sorridere, ma so quanto tutto questo le costi. Quella maledetta carezza sulla schiena.
Le nostre madri l’hanno costretta ad abbandonare la scuola di moda che frequentava a Valencia per finire il liceo qui. Perché? Perché pensano che io sia depresso, che io sia solo. E ora ho rovinato il futuro non solo mio, ma anche di mia sorella, impedendole di seguire il suo sogno. E questo per cosa? Non cambia nulla mammine.. resto solo, e resto depresso.
Riemergo dai pensieri con un respiro più normale, e sento Ela frugare in cerca di qualcosa nel mio zaino. Il familiare tintinnio della boccetta contenente i miei ansiolitici mi riporta alla cruda realtà: sono solo un fallito depresso del cazzo. E ho bisogno della badante che ricordi a tutti quanto sono debole e instabile.
“Polo, tesoro. Prendi, apri la mano.”
Apro istintivamente la mano e senza alzare lo sguardo, porto le due minuscole pastiglie alla bocca. Sono pronto a perdermi nuovamente nei deliziosi meandri della mia mente da fallito.

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