A volte l'amore non basta

di AlexVause
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


A volte l’amore non basta.
 
Capitolo 1

«Dimmi» Jamie si schiarì la voce «Carolyn non aveva deciso di mollare?» la voce dell’uomo risuonò nell’auto, fin troppo piccola per la sua stazza e quella di Bear.
«A dir la verità sì» rispose Eve alzando gli occhi da una serie di fogli «ma questo, prima di trovare, nella sua cassetta della posta, una chiavetta usb».
I due si guardarono intorno. In sottofondo il masticare continuo di Bear. Il giovane giornalista si sentì gli occhi dei due, addosso «Che c’è!» sbottò masticando delle Haribo «quando sono nervoso mangio».
Eve tornò a guardare i fogli «allora lo sei sempre» borbottò.
«Ti ho sentito sai».
L’auto con i tre passeggeri si fermò al limitare di un bosco. Avevano dovuto attraversarlo tutto. Una stradina impervia, li aveva portati sino a quella che sembrò essere una discarica con al centro un’abitazione dall’aria dismessa.
«L’ultimo indirizzo visitato da Kenny è questo» Jamie ruppe il silenzio.
La luce del giorno seppur nuvoloso illuminava quel posto rendendolo ancor più squallido.
«Dovrebbe essere l’abitazione privata di un certo Pierce Nichols» continuò l’uomo.
«I soldi dati al panda, a Frank, non possono venire da qui» Bear sembrava stranito «insomma, erano un bel mucchio di soldi. Poteva permettersi molto più di questo orrore».
«Spesso sono coperture» dissero all’unisono Eve e Jamie.
In quel luogo sembrava non esserci nessuno da un bel po'.
Eve toccò la porta che si aprì lentamente. Era aperta e questo era davvero strano. Forse l’avevano abbandonato perché sapevano del loro arrivo.
Un odore di bruciato invase le loro narici. Un pc portatile sul tavolo risultò carbonizzato.
Chiunque fosse quel Pierce, sapeva di essere stato scoperto.
Qualcuno sparò contro quella piccola abitazione in legno, colpendo la finestra della stanza dov’erano loro. Il vetro andò in frantumi. I tre si abbassano velocemente per ripararsi dai colpi che continuavano a imperversare dall’esterno. Jamie estrasse una pistola.
Eve lo guardò sbalordita «La sai usare quella?»
Lui si voltò verso di lei contrariato «Certo che sì!»
Si udirono altri spari a cui Jamie rispose rimanendo comunque nascosto
«Pensavate di farla franca bastar…» uno sparo e l’uomo non finì la frase.
Tutto tacque. I tre si sporsero alla finestra con cautela. Videro un cinquantenne a terra.
Dopo una breve attesa i colleghi improvvisati uscirono lentamente.
Una persona vestita di nero, con indosso un casco da moto, andò verso di loro a passo deciso.
Una pistola tra le mani.
Jamie le sparò. La persona in nero girò il capo. Fu un gesto fulmineo. Lo sparo aveva colpito il casco di striscio rompendo la visiera, ma l’aggressore sembrò imperturbabile.
Inclinò lievemente il capo a guardare Eve e la sua squadra, e avanzò nuovamente.
Uno sparo alle loro spalle, fece sobbalzare i tre che si misero a correre cercando di dirigersi verso l’auto, ma solamente Bear ci riuscì.
Il tizio con il casco non li seguì. Sembrò invece cercare con lo sguardo, la provenienza di quegli spari che non accennarono a smettere. Uno di quelli arrivò vicinissimo al suo piede. Guardò a terra poi alzò il capo e corse via.
Eve si riparò a ridosso di una lavatrice arrugginita. Un uomo le si parò davanti tra lei e l’auto. Corporatura robusta, carnagione olivastra e tatuaggi, le aveva sorriso come se avesse visto la sua preda.
Jamie era a terra.
«Io e te, ci divertiremo un mondo» viscido persino nella voce.
Eve inspirò cercando di controllare la sua ansia, preparandosi così a difendersi. Uno sparo seguito da un grido di dolore si udì poco distante.
L’uomo balzò su Eve con le mani al collo. Il respiro iniziò a venirle meno. La persona in nero comparve dietro il suo aggressore. Si tolse il casco e lo usò per colpirlo alla testa.
L’uomo inveì lasciando andare Eve ma, appena si voltò verso il “motociclista”, venne colpito al volto con il casco. Cadde a terra privo di sensi.
Eve indietreggiò. Non sapeva se esserle grata o aspettarsi il peggio.
Quando il proiettile aveva rotto la visiera, aveva ferito al volto il “motociclista”.
Il passamontagna mostrava solo gli occhi e parte del viso insanguinato e, quegli occhi verdi, ora la stavano fissando. Una mitraglietta a tracolla. La pistola era riposta nella fondina legata alla coscia.
Eve lo guardò e, appena questo posò la mano sull’arma lei gli si scagliò contro, riuscendo ad assestarle un paio di colpi, prima che lui l’afferrasse spingendola con forza a ridosso del container di metallo.
La figura in abito scuro le afferrò i polsi bloccandoli con forza. Era troppo forte per Eve, e se ne rese presto conto, non riuscendo a liberarsi da quella presa.
Il viso del malvivente si avvicinò al suo. L’ex agente dell’MI6 si dimenò, cercando di dare almeno una testata ma quel profumo…quel profumo le fermò il cuore.
Le labbra del suo aggressore si insinuarono lentamente sul suo collo, calde e morbide, dal tocco troppo lieve per essere di un uomo.
La persona in nero le tirò le braccia sopra la testa. Il respiro affannoso.
Eve sentì la presa venir meno, così si liberò afferrando la persona davanti a sé dal gilet nero militare e spingendolo con forza contro il container opposto. Un gemito di dolore sfuggì dalle labbra di quella che si rivelò, in effetti, una donna.
L’aggressore misterioso la colpì allontanandola da sé per poi spingerla con violenza verso una nicchia un po' nascosta, chiudendole le labbra con le sue.
Fu un bacio pieno di desiderio represso.
«Villanelle» bisbigliò Eve.
La donna davanti a lei non rispose. Continuò a baciarla con trasporto crescente, spostando le mani di Eve sui suoi fianchi.
«Dovremo smetterla di incontrarci così» le sussurrò quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille.
Eve la strinse, paura che possa andarsene ancora.
Le mani di Villanelle le accarezzavano il viso mentre le labbra lentamente ricoprirono ogni centimetro del suo collo, dietro l’orecchio per poi tornare forti sulle sue labbra lasciando l’ex agente dell’MI6 senza fiato.
Eve le tolse il passamontagna rivelando il volto della bionda sorridente.
«Come sapevi che eravamo qui?» chiese poi.
Villanelle sorrise «Konstantin»
Eve improvvisamente si ricordò di Jamie, e s’incamminò verso il suo collega a terra. Fortunatamente era solo stordito.
Villanelle lo aiutò ad alzarsi e portarlo verso l’auto, accanto a dove Bear era rannicchiato.
La giovane dai capelli biondi guardò il ragazzo «Sei proprio esempio di coraggio» le disse con una smorfia buffa sulle labbra.
Mentre gli altri salirono in auto, un po' per riprendere fiato e un po' per calmarsi dopo quell’avventura al quale non erano abituati, Villanelle si fece da parte andando a recuperare il casco. Eve la seguì.
«Come stai? Sei ferita al volto»
«Solo tagli lievi, non ti preoccupare» la ragazza le sorrise «volevo vederti» le confessò in un sussurro, alzando lo sguardo sulla mora.
Le parole a Eve morirono in gola. Si leccò le labbra, pensando al bacio di poco prima, ma non riuscì a rispondere «Perché ti ha mandata Konstantin?» riuscì a dire.
«I 12 sono sulle vostre tracce» le rispose secca tornando verso l’auto. Si appoggiò alla portiera dal lato del guidatore «Carolyn vi aspetta a casa sua. Deve parlarvi».
Villanelle fece per allontanarsi ma Eve la fermò. Il cuore della bionda mancava sempre un battito quando la mora pronunciava il suo nome.
«Anch’io» le disse, guardandola desiderosa che si voltasse per poter vedere di nuovo il suo viso, ma Villanelle sorrise senza girarsi, lasciandosi i tre alle spalle.
 
Eve, Jamie e Bear arrivarono da Carolyn.
Konstantin aprì loro la porta di casa mentre l’ex capo di Eve chiese, in lontananza, se gradissero qualcosa da bere. Il rombo di una moto si udì subito dopo. Villanelle li aveva raggiunti su una Ninja nera.
«Adesso che ci siamo tutti vi posso aggiornare» disse Carolyn arrivando in salotto con un vassoio. Sopra c’era una teiera, delle tazze di tè e sul tavolino erano già presenti dei bicchieri e una bottiglia d’acqua.
«Servitevi pure, suppongo ne abbiate bisogno» disse loro vedendo Jamie con il naso sanguinante, Bear terrorizzato e Villanelle con dei tagli sul volto.
Konstantin portò un kit di pronto soccorso.
«Non sanguinate sul divano, è alcantara italiana ed è bianca» aggiunse la padrona di casa.
I quattro ospiti si guardarono. Conoscendo Carolyn era meglio optare per le sedie.
«Non la farò lunga. I 12 sono sulle nostre tracce. Un agente del KGB, un tale Kosoff Nicolaj, è riuscito a catturare qualcuno a loro molto vicino, un depositario, riuscendo a farsi dire che sono sulle tracce di un’agente dell’MI6, il suo ex agente e dei giornalisti che collaborano con loro. Sanno già dove abitiamo quindi dobbiamo sparire, stasera stessa» Carolyn fu a dir poco esaustiva.
Konstantin mise sul tavolo un contenitore «Telefoni puliti. La vostra destinazione è un punto d’incontro da raggiungere. L’ora e il luogo vi appariranno già nelle mappe» spiegò guardando Villanelle che, con l’aiuto di uno specchio, cercava di disinfettarsi le ferite.
«Altri ragguagli li avrete solo una volta arrivati al checkpoint» disse Carolyn guardando l’orologio.
Qualcuno suonò alla porta. La padrona di casa andò ad aprire. Stettero tutti in silenzio finché non tornò in salotto, assieme a Konstantin «E ora, il nostro pranzo».
 
Villanelle passò il pomeriggio a controllare tutte le telecamere poste sul perimetro dello chalet. Era davvero ben sorvegliato.
L’MI5 aveva messo a loro disposizione uno chalet in legno, situato nel cuore di una foresta. Per raggiungerlo ci vollero un po' di ore di viaggio, ma ne valse la pena.
La quiete era perfetta. Telecamere di sicurezza sorvegliavano, con sensori di movimento collegati ad allarmi e monitor, sia il perimetro esterno a quasi un km dallo chalet, sia quello più interno.
Con lo smartphone in mano stava finendo i suoi controlli tecnici, quando il viso di Eve balzò nei suoi pensieri. Chissà se avrebbe dormito con lei. In quel momento la fantasia galoppò in una sola direzione, senza accorgersi che qualcuno la stava osservando.
Konstantin le sbucò alle spalle, sapendo di coglierla alla sprovvista. La giovane sobbalzò contrariata per quel gesto.
«Sei distratta. Lo sei sempre da quando c’è lei»
Villanelle inspirò a fondo cercando di trattenersi «Lasciami finire il mio lavoro»
«Presto sarai fuori dai giochi. Non te ne rendi conto?» Konstantin e parlò con tono duro, ma Villanelle non sembrava stesse ascoltando.
Le afferrò il braccio voltandola verso sé «Presto sarai fuori» rimarcò.
La giovane killer alzò lo sguardo. Non l’aveva mai vista così seria.
«Sei tu che non ti rendi conto» sibilò «sono io che mi sto tirando fuori».
«Non te lo permetteranno»
Villanelle guardò colui che era al suo fianco ormai da anni. Avvicinò il viso vicinissimo al suo «vorrà dire che uscirò con il botto. Non pararti davanti alla mia strada Konstantin, né ora, né mai» finì la frase fissandolo in silenzio, prima di spintonarlo e ridere.
Lui, sembrò rilassarsi lievemente ma, s’irrigidì di nuovo quando lo sguardo di lei si legò al suo «non te lo dirò un'altra volta».
Konstantin a quelle parole abbassò gli occhi, notando che Villanelle aveva estratto dalla cinta un coltello da caccia, come a far capire le sue intenzioni. Coltello che ripose lentamente prima di riprendere i controlli sul perimetro.
 
Erano le due del mattino quando Carolyn, Eve e gli altri due arrivarono allo chalet.
«Agenti di copertura non ce ne sono, onde evitare passaparola o talpe. Abbiamo cambiato tre auto per venire sino a qui. La persona che mi ha indicato questo chalet è l’unica che sa cosa sta accadendo» spiegò la donna dell’MI6.
«Sarà meglio riposare. Saranno giorni duri» disse Konstantin accompagnandoli in casa.
Villanelle si stava lavando le mani, quando vide Eve entrare in cucina. sorrisero entrambe.
Lo chalet aveva tre camere da letto e la possibilità di aprire un divano letto in salotto.
Villanelle aveva il compito di garantire la sicurezza del posto e dei suoi abitanti, così decise di restare in salotto, in modo da raggiungere velocemente le telecamere qualora avesse suonato uno degli allarmi.
Gli ospiti erano andati a dormire da un po'. Villanelle era in piedi davanti alla grande finestra del salotto. La stanza era immersa nel buio.
«Non dormi?» la voce di Eve la fece voltare. Le sorrise dolcemente. Avrebbe voluto dirle tante cose ma, alla fine, non le disse nulla.
«Posso restare qui?» chiese l’ex Agente sperando in una risposta positiva.
«Solo se non hai armi con te» sorrise la giovane, alludendo all’ultima sua avventura con Eve su un letto.
La donna rise sdraiandosi. Villanelle si tolse le scarpe e le si mise accanto.
«Come stai, Eve?»
«Io? Tu piuttosto» Eve le toccò delicatamente i tagli sul volto «Fanno male?»
«Ti ho già detto che non devi preoccuparti» Villanelle sorrise afferrandole il polso e tirandola verso sé. I loro visi vicinissimi. Stavolta fu Eve a fare la prima mossa, baciandola dolcemente.
Villanelle fece una smorfia tenendo gli occhi chiusi.
«Che ti prende?» le chiese preoccupata.
«Mi aspetto una testata» rise la bionda prendendola in giro.
Eve salì sopra Villanelle spiazzandola. Non staccò mai lo sguardo dal suo, mentre le afferrò i polsi fermandoli poi sopra la sua testa, sul cuscino.
Un sorriso malizioso spuntò sulle labbra della bionda.
Eve si morse il labbro inferiore ripensando al respiro di Villanelle, quella notte in cui indossava il microfono. Pensò al sesso fatto con Hugo, immaginando di stare con Villanelle e adesso…adesso che è proprio lì sotto di lei si sentì spiazzata.
La giovane ne approfittò per ribaltare la situazione. Ora era Villanelle a essere sopra Eve.
Avvicinò lentamente il viso a quello della donna sotto di sé per baciarla dolcemente, quasi con timore che la mora l’allontanasse, ma questo non avvenne.
Eve la strinse a sé lasciandosi trasportare da quelle emozioni che aveva trattenuto sin troppo a lungo.
Il respiro caldo e affannoso seguiva i movimenti dei loro corpi. Le mani di Eve s’insinuarono sotto la maglia di villanelle, toccandole la pelle calda per poi graffiarle la schiena.
La giovane bionda trattenne un gemito, mordendo il collo dell’ex agente.
L’eccitazione salì alle stelle quando Eve sentì la mano di Villanelle sulla coscia e il corpo di lei muoversi sopra il suo. La sua mano sfiorò il seno della giovane e il suo cuore minacciò di non reggere. Fu il cervello a darle una brusca frenata.
«Oksana, aspetta» la giovane si fermò. Eve l’aveva chiamata con il suo nome.
«Ho fatto qualcosa che non va?» chiese quasi timorosa.
«No, no, è che, siamo in un salotto e…»
Villanelle non riuscì a trattenere una lieve risata «hai paura che ci vedano Eve?»
Quella domanda non ebbe risposta, non serviva. Villanelle si sdraiò sulla schiena stiracchiandosi.
Ad Eve sembrò di essere un’adolescente alla sua prima cotta. Si scrollò di dosso ogni fantasia di sesso senza riuscirci e, quando sentì qualcuno uscire dal bagno, si alzò dal letto.
«Dove vai?» le chiese villanelle.
«Ho bisogno di una doccia fredda…molto fredda»
 
La prima missione del giorno era Londra.
Carolyn ed Eve si dovevano incontrare con Ariel Pratt, una delle donne importanti nella scala gerarchica dell’MI5.
Trafalgar Square. Villanelle osserva da lontano Eve, mentre attendeva il suo ex capo in cima alla scalinata. Il telefono squillò. Una “E” sullo schermo, chiamata alla quale rispose sorridendo.
«Aspetto Carolyn poi andiamo alla sede dell’MI5. Ci sentiamo appena stiamo per uscire» Eve l’avvisò brevemente. Sapeva che la giovane era all’occorrente di tutto, ma aveva bisogno di sentire la sua voce, anche solo per un istante.
Villanelle però, non desse nulla.
«Villanelle?» la spronò Eve. Ci fu qualche altro istante di silenzio, dove la mora poté percepire lievemente il respiro della ragazza.
«Mento a me stessa ogni giorno, Eve. Fingo di non amarti e non voglio. Sto cadendo a pezzi in questa vita che mi sta stretta. È così difficile dirti, che solo tu riesci a farmi sorridere. È così difficile dirti che, ciò che sento dentro mi destabilizza. Il cuore batte come mai prima d’ora. Forse, dovremo solo provare»
Il cuore di Eve si fermò. Restò in silenzio a guardare la giovane, così tanto lontana da lei.
Carolyn arrivò in quel momento e furono costrette a chiudere la chiamata.
Villanelle rimase immobile a guardare le due allontanarsi.
 
Durante il pranzo si fermarono in un hotel dove avevano una camera prenotata a nome di Carolyn. Utilizzando dei portatili e degli smartphone che avrebbero tenuto in quella stanza, la usavano per poter telefonare e contattare utenti esterni. Se li avessero cercati i loro dati avrebbero indicato come posizione l’hotel e lo chalet sarebbe stato sempre un riparo sicuro.
Eve stava scorrendo le foto nello smartphone, alla ricerca di uno screenshot fatto ad un documento qualche anno prima. Il cloud era una meraviglia. Nonostante cambiasse telefono ogni 2x3, tutto ciò che vi era salvato all’interno restava per anni.
Cercando tra tutte le cose salvate, trovò un album di foto di lei e Niko.
Si ricordò di un’e-mail mai letta, inviata da lui proprio in quei giorni.
“Ti scrivo un’email perché non rispondi mai al telefono. Non so se tu lo abbia ancora o te l’hanno sostituito come al solito. Dopo tutto questo tempo, ne avrai già cambiati tre.
Ho pensato per molto tempo a noi. Ho pensato alla nostra vita insieme. Siamo stati bene. Abbiamo riso e ci siamo amati. Non voglio buttare via tutto ciò che abbiamo costruito. Ho avuto modo di elaborare ogni cosa. Tutto ciò che è accaduto…voglio rivederti Eve”
Eve sospirò a fondo.
Konstantin si avvicinò al tavolo dove la mora stava lavorando e vi poggiò una foto.
L’ex agente guardò l’uomo davanti a sé che la invitò, con un gesto della mano, ad esaminarla.
Dopo aver notato il soggetto guardò Konstantin con un sopracciglio alzato.
«Me l’ha data il mio contatto. È un grande amico. Ha voluto avvisarmi»
Eve guardò nuovamente la foto per poi girarla. Una scritta sul retro in cirillico.
«Significa corrotto» spiegò Konstantin guardandola fisso negli occhi «Fai ciò che devi» le disse.
«Cosa ti fa credere che io lo farò?» Quella domanda da parte di Eve fu fatta con tono di disprezzo verso quell’uomo.
«Lo so» sorrise lui prima di uscire dalla stanza.
Eve strinse il telefono. Avrebbe voluto che quell’oggetto fosse la gola di Konstantin.
Chiuse gli occhi, inspirò e, poi, rispose alla mail inserendo un numero di telefono che usava all’hotel.
«Hai già fissato l’appuntamento con Jess?» chiese Carolyn entrando nella stanza con un bicchiere di whisky in mano.
«Sto per uscire ora» ammise prendendo la borsetta.
 
Jess sorrise quando vide Eve arrivare. L’appuntamento era in una gelateria artigianale.
«Ti trovo davvero bene!» le disse la ragazza abbracciandola.
«Anche tu, sei magnifica» ed era vero. Eve la vide solare e bella «Com’è essere mamma a tempo pieno?»
Jess sorrise «Ti fa rimpiangere il lavoro» rise poi.
Villanelle entrò in gelateria. Jess la vide e s’irrigidì. Poi si rilassò vedendo Eve tranquilla. Allora era vero, stavano collaborando sul serio?
La giovane bionda ordinò un caffè prima di sedersi ad alcuni tavoli di distanza. Chiuse gli occhi, sospirò scostandosi i capelli di lato e si guardò intorno prima di affondare lo sguardo su un giornale. Con la mano estrasse il telefono dalla giacca.
Un sms arrivò sullo smartphone di Eve "🚗👂🤐".
Vedendo i simboli ad Eve scappò una risatina.
Jess spostò lo sguardo su Villanelle, notando solo ora quanto fosse bella. Un pensiero che si tenne per sé. Di lei aveva visto solo foto segnaletiche, ma dal vivo era tutt’altra cosa.
Non parlarono mai di lavoro. Sapevano della possibilità di essere ascoltate e l’sms di Villanelle lo confermò, così improntarono la conversazione su futili chiacchiere da amiche che non si vedono da tempo.
Parlarono di Niko, di come stava e di ciò che era successo.
Eve si alzò andando al bancone per poi tornare al proprio tavolo.
Jess le sorrise consegnando una scatolina chiusa con nastro di raso.
«Abbiamo battezzato nostro figlio, e ho pensato di portarti questo» i suoi occhi sinceri fecero sorridere ancora di più Eve che scartò il pensiero. Un piccolo cofanetto in ceramica con sopra un orsetto con biberon.
«Ma è bellissimo» e ne fu realmente sorpresa.
La cameriera portò una coppetta di gelato a Villanelle, sussurrandole una cosa all’orecchio che la fece sorridere. Poco dopo arrivò un sms ad Eve "😘" inutile dire che quando lo lesse un po' arrossì, non riuscendo comunque a trattenere il sorriso, che quando vedeva Villanelle, nasceva sempre spontaneo sulle sue labbra.
«È Niko?» chiese incuriosita Jess notando Eve arrossire, ma la mora accennò un no con il capo, poggiando lo smartphone sul tavolo.
Spostò lo sguardo su Villanelle che guardava il telefono sorridendo e, in quel momento capì.
«Ti vedo molto coinvolta Eve» il suo non voleva essere un rimprovero, ma solo una considerazione.
«Cosa?» rispose Eve distratta, senza smettere di sorridere.
La sua collega indicò con lo sguardo Villanelle ed Eve si pietrificò «No, no no, ti sbagli. Te l’ho detto che domani sera io e Niko usciamo a cena?»
La sua collega prese una penna e un tovagliolino di carta, scrivendo una cosa che poi passò a Eve.
“spesso, per non affrontare la realtà, le persone si raccontano delle buone bugie, a cui finiscono per credere
La ragazza si alzò «Spero non sia il tuo caso. Mi dispiacerebbe» le disse sorridendo
Eve si alzò abbracciandola per salutarla «A volte l’amore non basta» le sussurrò per poi andarsene. Aveva bisogno di restare sola, solo un attimo. Stava annegando letteralmente nei suoi pensieri.
 
Tornarono allo chalet prima di cena.
Eve mostrò la bomboniera a Carolyn che aprendola vi trovò una pennetta usb. Lo sapeva perché era il vero motivo per cui le due si erano incontrate.
Dopo aver cenato Villanelle si mise davanti alle telecamere, controllando i vari collegamenti.
Si sistemò bene davanti allo schermo quando vide Bear entrare nel bagno.
Un sorriso sulle sue labbra.
Attese che si mettesse a fare pipì. Il ragazzo dava le spalle alla telecamera ma, per ciò che Villanelle aveva intenzione di fare era sufficiente. Aprì una finestra nera sullo schermo del pc. Inserì un codice e premette invio. L‘allarme del bagno suonò così forte e all’improvviso che Bear sobbalzò dallo spavento, andando addosso al lavandino e sedendosi nel bidet. La giovane si mise a ridere e Konstantin, vedendo la scena, le diede uno scappellotto alla nuca rimproverandola. Lei fece una smorfia mimando un “noioso” con le labbra.
Eve non poté fare a meno di ridere, ma fu una risata che durò poco.
Konstantin uscì per fumare una sigaretta e la mora si accorse di essere sola con Villanelle.
Il petto le faceva male. Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco, e la fatidica domanda non tardò ad arrivare.
«Non mi hai più risposto» le chiese Villanelle avvicinandosi a lei.
Eve notò Konstantin che le osservava dal giardino. La giovane si abbassò per darle un bacio e lei scostò il volto evitandola.
«A cosa?» chiese poi la mora fingendo di non ricordare. Serrò la mascella. Il cuore le martellava nel petto. Si sentiva soffocare.
Villanelle la guardò un po' risentita «Riguardo a ciò che ti ho detto…».
In quel momento il cuore di Eve si ruppe in frantumi. Sapeva che avrebbe fatto del male alla giovane bionda. Non avrebbe mai voluto, ma fece del suo meglio per risultare credibile.
«Sono ancora dell’idea che non sia vero nulla» tagliò corto riordinando le sue cose in una borsa porta documenti «avanti Villanelle, sembriamo due adolescenti. Finita la curiosità iniziale non ci resta nulla».
Villanelle stette in silenzio, ferma in piedi davanti ad Eve che riprese a scrivere su dei fogli come se tutto fosse normale.
La giovane si poggiò una mano sul petto, indietreggiò di un passo accennando un lieve “sì” con il capo, e poi si voltò. Stava per andarsene ma si fermò «perché lo stai facendo…» fece una breve pausa prima di voltarsi e incatenare lo sguardo a quello di Eve che, in quel momento, la stava guardando «…ferirmi».
Il vuoto. La mora non sapeva come rispondere. Non riusciva a dire niente. Si sentì morire ma non rispose.
Villanelle accusò il colpo, si voltò e se ne andò.
Eve non avrebbe mai pensato che vedere quell’espressione sul suo volto le avrebbe fatto così male. Mise una mano in tasca accarezzando con i polpastrelli una cosa che portava sempre con sé. “Perdonami” pensò.
Bear aveva assistito alla scena e appena Eve si voltò verso di lui le disse «Lo sai vero che adesso ti ucciderà?».
Eve non lo guardò nemmeno, si limitò ad alzarsi dal divano e passargli accanto a testa bassa borbottando «Tranquillo, lo sto già facendo da sola».
 
Eve entrò nello chalet dopo aver passato qualche ora fuori a pensare.
Nel salotto Villanelle non aveva nemmeno aperto il letto. Era sdraiata sul divano dando le spalle alla porta.
Eve le si avvicinò lentamente, guardandola. Avrebbe voluto abbracciarla, avrebbe voluto baciarla e scusarsi, dirle che era tutta una menzogna, ma non poteva.
Si chinò quasi a volerle dare un lieve bacio, ma di certo si sarebbe svegliata, così si limitò ad annusare il suo profumo.
«A volte l’amore non basta…» sussurrò con un filo di voce «…non basta» si alzò andandosene.
Villanelle, occhi aperti a fissare lo schienale del divano, sentì tutto. Chiuse gli occhi. Una lacrima le scivolò timida sulla guancia.
 
Quando Eve scese le scale, il mattino seguente, Villanelle non c’era.
«Ha un altro incarico da svolgere» le disse Konstantin che sembrò intercettare i suoi pensieri.
«Oggi avete giornata libera. Stiamo analizzando tutte le informazioni in nostro possesso. Appena ho qualcosa di concreto ti fornirò tutto» Carolyn informò Eve «vai a rilassarti, trovati con gli amici, esci, fa ciò che vuoi ma non ti eclissare qui. Per ora sei al sicuro. Organizzeremo qualcosa di interessante fra qualche settimana» le disse poi invitandola ad uscire per svagarsi.
La sera scese in fretta, nonostante tutto. Eve aveva passato la giornata in hotel a farsi un bagno caldo e soprattutto a pensare. Si preparò per la serata ed uscì.
Niko la passò a prendere. In un completo elegante aveva sempre fatto una bella figura. Si era pure rasato i suoi baffi storici. Le dava l’idea di un nuovo inizio.
«Ci siamo conosciuti in una serata come questa» bisbigliò. L’operazione riuscì a salvare le corde vocali, ma i danni subìti l’avevano ridotto a parlare sotto voce.
«Ti venni a prendere davanti ad un hotel ed uscimmo a cena» continuò.
Eve sorrise «Come stai?» lo guardò dolcemente accarezzandogli un braccio, si sentiva in colpa per tutto ciò che gli era accaduto.
Arrivano in un bel ristorante, rivivendo ricordi del passato e passando davvero una bella serata, anche se dentro Eve sentiva un vuoto che non riusciva a colmare.
Buon cibo, buon vino, bel luogo e forse per qualche istante nessun pensiero.
Niko l’accompagnò davanti all’hotel. Forse si aspettò l’invito a salire, ma ciò non accadde. La baciò teneramente sulle labbra mentre le teneva le mani nelle sue, chiedendole di vedersi ancora. Una lieve supplica, un dolce desiderio espresso in un sussurro.
Eve gli sorrise accennando un sì silenzioso con il capo.
Restò ferma in piedi mentre lui se ne andò.
«Niko» udire la sua voce pronunciare quel nome le fermò il cuore.
«Villanelle…» iniziò Eve, ma la ragazza la interruppe.
«No. Non andare oltre. Non voglio ascoltare»
«Villanelle…» Eve riprovò ma lei la interruppe nuovamente.
La giovane si morse il labbro inferiore, sorrise stizzita e disse «Per domani, Konstantin vuole vederti alle 10 al Palace. Volevo solo dirti questo» inspirò a fondo «non avrei mai immaginato che mi mandasse a vegliare su di te, mentre fai una cenetta romantica con il tuo ex» il labbro inferiore parve tremare ma ecco che sul viso di Oksana tornò quella maschera, quella di Villanelle.
«Villanelle, lui non c’entra nulla. Lascialo fuori da tutto questo» Eve provò ad afferrarle un braccio, ma la ragazza si scostò.
«Non toccarmi!» Sibilò. Fece un passo indietro «Vorrei non aver mai imparato a volare» un flebile sussurro il suo, la voce incrinata «D’ora in avanti sarai sola» l’avvertì. Si mise le mani in tasca e se ne andò.
Sola. Quella parola fu come una coltellata. Sola.
Eve salì in camera, aprì la porta e Konstantin sbucò dalla stanza accanto «Hai fatto ciò che era meglio per lei. È diventata un bersaglio a causa tua».
«Esci di qui Konstantin» il suo fu quasi un ruggito.
L’uomo la guardò compiaciuto «In fin dei conti lei non può darti nulla».
«Esci!» gli gridò tenendo la porta aperta.
Konstantin alzò le mani in segno di resa e se ne andò.
Eve chiuse la porta alle sue spalle, si sedette a terra e pianse. Mentre le lacrime bagnavano il suo viso, tirò fuori dalla tasca una cosa che portava sempre con sé: un cuore. Lo premette e la voce registrata di Villanelle si udì dire “Ammettilo Eve, vorresti che io fossi lì”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
Passarono due settimane. Villanelle non era più tornata allo chalet, anche se Carolyn continuava a dire che la bionda lo stava controllando.
Quella sera Carolyn concesse loro di uscire per qualche ora. Sembrava strano ma i tre non si fecero molte domande, visto che le due settimane trascorse passarono in completa clausura senza contatti con l’esterno.
Non passò giorno senza che Eve guardasse dalla finestra verso il giardino o passeggiasse nel bosco alla ricerca di Villanelle. Voleva parlarle, voleva spiegarle. Aveva provato a chiamarla ma il telefono risultava sempre non raggiungibile.
Eve e Jamie uscirono da un locale indicato a loro da Carolyn “si mangia bene quello che chiamano fingerfood. Prendete la birra, è ottima” a Eve parve ancora di sentire quelle parole con l’accento inglese perfetto del suo ex datore di lavoro dell’MI6.
Partirono in auto, per tornare allo chalet, quando notarono di essere seguiti.
L’auto dietro di loro, fari alti, li tamponò svariate volte fino a che Jamie non perdette il controllo sbattendo contro un albero.
Era una trappola.
Eve e Jamie si svegliarono legati a bordo strada. L’erba umida a solleticare il viso. Appena svegli, si misero a sedere.
«Sapete troppe cose» disse la donna armata davanti a loro.
«Dovevate farvi gli affari vostri, ora tocca a noi farlo sembrare un incidente» quello che sembrò essere il suo compagno era un bestione muscoloso.
«Non rimarrà niente di voi» ribadì la donna, e a vedere lui Eve ci credette pure.
«Possiamo parlarne» cercò di mediare Jamie.
«Parlare non serve» tagliò corto la donna con la coda.
Mentre l’uomo stava per attaccare Jamie qualcosa di silenzioso colpì a morte la donna che cadde a terra con un rantolo.
L’uomo si voltò «Villanelle!» gridò.
«Andrej» la ragazza dai capelli biondi lo chiamò per nome dicendo qualcosa in russo. Si avvicinò all’uomo un passo alla volta, uscendo così dall’oscurità del vicolo.
Il tono di risposta dell’uomo con passamontagna fu gelido e aggressivo.
Un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra di Villanelle «Vedo ancora che sei una pecora in mezzo ai lupi» lo sminuì.
«Smettila!» gridò lui.
Villanelle gli parlò nuovamente in russo.
«Smettila!»
«Se ti dicono di saltare tu salti sempre» ora la giovane era poco distante dal gigante muscoloso.
«Non è ciò che fai anche tu?» chiese.
Villanelle gli mostrò una foto dove c’erano Eve e il giornalista insieme «Su di loro c’è una taglia. Considerevole».
«Non lascerò che tu mi rubi il lavoro. Sarà mia la ricompensa» ringhiò.
Villanelle rise «Carina la tua ragazza» indicò la donna morta «Mi deve restituire il coltello, è un pezzo unico»
«Prima muore la poliziotta, poi morirai tu» mosse un passo verso di lei.
Villanelle piegò lievemente il capo «Meglio che prima tu uccida me».
L’uomo si scagliò sulla bionda che cercò d’immobilizzarlo ma, con una mossa veloce la sbatté a terra con la schiena. Un gemito di dolore si levò dalla ragazza che cercò di alzarsi, ma venne colpita da un calcio al ventre. Si parò il volto con l’avambraccio ma non fu sufficiente per attutire il calcio alla faccia che ne seguì. Lui rise vedendo Villanelle mettersi le mani al volto sanguinante e lamentarsi.
«Se perdi il tuo bel fascino, perdi tutto ciò che di te è interessante» l’uomo la canzonò.
Villanelle gli diede un calcio allo stinco. Andrej s’inginocchiò e le afferrò i polsi coricandosi a terra con lei. La giovane si dimenava cercando di liberarsi sotto le risate di lui. Le si sedette sul bacino tenendo ferme le gambe con le sue e iniziando a prenderla a pugni.
Parando i colpi, quasi rannicchiata, allungò una mano verso la sua cinta e, qualche istante dopo l’uomo era inerme su di lei.
Su quella strada buia, rischiarata solo dai fari dell’auto dei due killer, calò il silenzio.
Lentamente Villanelle scostò il suo aggressore di dosso.
A fatica si alzò. Una mano al ventre dolorante. Il viso sanguinava copiosamente. Era sfinita.
Andò dalla donna a terra. Estrasse il coltello dal corpo pulendone la lama sui vestiti di lei.
Si avvicinò a Jamie ed Eve che erano quasi riusciti a liberarsi usando un rottame della loro auto. Si chinò, tagliando la corda che legava loro le mani.
«Mi manda Konstantin. Dovevo ucciderlo, ma penso che ci servirà» disse loro indicando l’uomo a terra «mettetelo nel baule» ordinò ai due indicando l’auto nera parcheggiata in una stradina nel bosco «immobilizzatelo con questo» aggiunse lanciandogli dello scotch grigio isolante robusto.
Villanelle prese il telefono parlò con qualcuno indicando quella strada. Probabilmente era un incaricato per fare pulizia.
La giovane si accomodò, semisdraiata, sui sedili posteriori dell’auto nera con cui era venuta, disse a Jamie di muoversi a mettersi alla guida e partire.
Quella sera era andata proprio male.
«Carolyn vi ha usati come esche. Abbiamo saputo che c’è una taglia su di voi» la voce della giovane lasciava trasparire quanto stava soffrendo «presto ce ne saranno altri. Se non agiamo in fretta, non riuscirò più ad aiutarvi» continuò soffocando un gemito di dolore.
 
Quando arrivarono allo chalet Konstantin era fuori ad attenderli. Non vedendo Villanelle alla guida si preoccupò.
«Villanelle?» chiese.
Eve aprì la portiera e la giovane uscì lentamente.
«Chi?» domandò l’uomo serio.
«Andrej» rispose Villanelle.
Eve si avvicinò ad aiutarla ma la giovane la scostò bruscamente. La mora si voltò verso Carolyn «la prossima volta che dobbiamo fare da esca, avvisaci» ringhiò allontanandosi all’interno dell’abitazione, ma il capo dell’MI6 non sembrò comprendere.
Inutile dire che era sorpresa di vedere uno degli assalitori narcotizzato in baule.
Villanelle era sdraiata sul divano. Il giaccio sul volto e uno straccio insanguinato in mano.
Eve attese che Konstantin e Carolyn andassero nel sotterraneo dove avevano messo Andrej, per avvicinarsi alla giovane.
«Come sta?» chiese a Jamie che stava lasciando ora la stanza.
«K.O» rispose sincero «dovrebbe vedere un dottore».
Eve la raggiunse lentamente. Prese un panno pulito, lo bagnò con acqua fresca e cercò di pulirle le ferite.
Villanelle le fermò la mano «Non ho bisogno di te intorno, Eve».
La mora serrò la mascella. Avrebbe voluto dirle tante cose, ma ancora tacque, ingoiando un boccone assai amaro.
Appena la bionda si addormentò, Eve tornò nel salotto per starle accanto.
Konstantin la guardò contrariata «Ti avevo detto di lasciarla perdere»
L’ex agente dell’MI6 si alzò fronteggiandolo «Fanculo» sibilò prima di tornare a sedersi accanto alla bionda.
 
La giornata passò molto lentamente. Villanelle dormì per quasi tutto il tempo.
Eve stette nei sotterranei con Carolyn, prendendo appunti sulle informazioni che riuscivano ad estrapolare ad Andrej.
Si seppe che c’era una taglia sulla testa di Carolyn e Eve. Jamie risultò essere trascurabile in quanto, senza le due, risultava essere innocuo. Qualcosa però non riuscì a sentire Eve, perché era stata mandata fuori da Carolyn. Andrej aveva detto qualcosa in russo su Villanelle e Konstantin. Cosa stavano nascondendo?
Alle 18 Jamie, Bear, Konstantin e Carolyn dovettero uscire per delle commissioni in luoghi differenti, lasciando sole Eve e Villanelle a fare la guardia ad Andrej.
Jamie e Bear dovevano fare delle verifiche su nomi e luoghi nominati dal killer segregato nei sotterranei, quindi andarono a dormire in hotel. Gli altri due invece rimasero misteriosi come al solito. Konstantin fece storie sull’allontanarsi dallo chalet, ma Carolyn insistette menzionando una cosa che lo fece zittire. Quanti segreti avevano quei due? Poteva essere pericoloso tutto ciò?
Eve e villanelle si trovarono da sole nell’abitazione dell’MI6.
Passò almeno un’ora prima che Villanelle si svegliasse, accorgendosi di essere sola con Eve.
Il silenzio era interrotto solo dal loro respiro.
Eve si fece coraggio «Come stai?» tentò di intavolare un discorso.
Dalla sera della cena con Niko non avevano più parlato.
Villanelle prese un libro, poggiato sul tavolino accanto al divano e glielo tirò addosso.
Eve lo schivò stranita.
La killer si guardò attorno, si alzò in piedi seppur a fatica e le tirò una rivista.
La mora le si avvicinò, schivando qualche altro piccolo oggetto, finché non la raggiunse cercando di afferrarla. Villanelle le assestò un sonoro ceffone. Eve non rispose ma s’impegnò ad afferrarle i polsi e tenerli saldamente.
La giovane cedette, fermandosi. Non aveva né la forza né il fiato per ribellarsi in quel momento “Dimmelo Eve, dimmi che non era niente, che non era vero” le sussurrò.
L’ex agente dell’MI6 non riuscì a parlare.
«Se non parli tu, troverò qualcosa o qualcuno che lo farà per te!» sibilò. Villanelle si liberò con uno strattone, dirigendosi nella camera dove dormiva Eve.
Il respiro veloce di chi stava per esplodere. La mora la seguì.
«Ogni volta che siamo in una stanza insieme, guardi Konstantin. È stato lui?» le chiese guardandola.
Eve voltò il capo senza dire nulla, rimanendo sulla soglia della porta.
In quel momento tutto ciò che Villanelle stava tenendo dentro, scoppiò come una bomba.
Non ne poteva più. Non ce la faceva più a uccidere, a obbedire, a essere una pedina, a non stare con chi amava e, soprattutto, non ce la faceva più ad ascoltare solo menzogne.
Con un urlo per esternare tutto il dolore e la rabbia che provava, mise a soqquadro l’intera stanza. Si fermò solamente quando una foto, quella foto che Konstantin diede a Eve, toccò il pavimento.
Eve si sentì spiazzata davanti a ciò che vide. Sapeva di essere parte di quel suo malessere.
Villanelle prese la foto «Corrotto» bisbigliò.
In quel momento sentirono chiudersi la porta al piano di sotto. La voce di Carolyn in salotto. Villanelle scostò Eve precipitandosi al piano inferiore come una furia.
«Villanelle, stai meglio?» domandò Konstantin vedendola sulle scale, senza nemmeno rendersi conto di cosa stava accadendo. Gli bastò guardare i suoi occhi per capirlo, ma quando li vide fu tardi.
Il coltello da caccia era già puntato sotto la sua gola.
«L’ho fatto per te» disse con un mezzo sorriso a coprire la paura.
«No» ringhiò
«L’ho fatto per te» ripeté l’uomo a ridosso della parete.
Villanelle con un gesto piantò a terra il coltello mettendogli le mani al collo.
«Ti avevo detto di non metterti sulla mia strada, mai!» gridò la giovane.
La situazione degenerò presto.
«Villanelle!» la richiamò Carolyn puntandole contro una pistola.
Villanelle si voltò afferrando la canna e poggiandosela alla fronte «Fallo, ma se lo fai, devi assicurarti di farlo bene» la sfidò.
«Sei sempre stata una mina vagante. Ho puntato molto sulla tua intelligenza. Non tradirmi proprio ora, Villanelle» disse Carolyn.
Konstantin afferrò la pistola scostandola. Villanelle si abbassò a prendere il coltello.
«No!» disse l’uomo mettendo una mano tesa davanti a sé, come a tener lontano Villanelle.
«E va bene, l’ho fatto per me» ammise «sono io il bersaglio, sono io fuori dai giochi. Ho fallito come supervisore e ora mi vogliono morto» Konstantin fece una pausa.
«Avanti, digli tutto» lo incalzò Carolyn continuando a tenere sotto tiro Villanelle. Aveva bisogno di quell’uomo e sapeva quanto la killer fosse veloce ad uccidere.
«No» disse lui piagnucolando. La bionda mosse un passo verso di lui e, in risposta, Konstantin mise davanti a sé anche l’altra mano, per proteggersi «a meno che non consegnassi lei».
«Eve?» chiese Villanelle. Lui accennò un assenso con il capo.
«Ho mandato io Andrej ed Alina. Sapevo che lui ti avrebbe messa KO. Non doveva ucciderti, solo ferirti».
Villanelle scattò in avanti, pronta ad uccidere il suo supervisore, ma Eve l’afferrò tirandola a sé con forza e cadendo a terra con lei.
«Non c’è nessuna taglia su Jamie. L’abbiamo mandato via di proposito. Su me, beh, so che c’è da un po' e su te si sapeva, ma nulla di irrimediabile» Carolyn parlò con la sua solita calma «ti ho mandata fuori perché Andrej ci ha detto ogni cosa ma, prima che lo venissi a sapere, dovevo vedere alcune cose con i miei occhi» con la pistola indicò la porta «portala fuori. Falle prendere aria. Poi parliamo».
Eve continuava a trattenere Villanelle. La guardò. La giovane fece cadere a terra il coltello e la mora lasciò la presa.
 
Villanelle, una volta in giardino, si voltò verso Eve «Tu le credi?» chiese con un filo di voce.
La mora sorrise indicandole di seguirla. Si allontanarono un bel po' dallo chalet. Prese la borsa e ne tirò fuori lo smartphone.
«Quando ero con loro, l’ho nascosto tra gli scaffali in modalità Rec. Sono tornata a prenderlo prima mentre dormivi» Eve andò fra le registrazioni e avviò ciò che il telefono aveva registrato.
Stavano parlando in russo. Eve non ci capiva nulla ma Villanelle sì. «Cosa dicono?» chiese la mora.
«Andrej dice: Ha ucciso la mia fidanzata. Mi ha mandato ad ucciderli. Voleva salvarsi il culo. Carolyn chiede se è vero. Intima a Konstantin di parlare. Lui dice che i 12 gli avrebbero dato soldi sufficienti per far uscire la figlia Irina dalla psichiatria e per rifarsi una vita, assieme a lei, da qualche parte. Doveva solo restituire i soldi rubati e togliere di mezzo Carolyn e te. Le due donne, quindi voi, devono essere fermate in un modo o nell’altro. Andrej interviene dicendo che era stato ingaggiato per mettermi ko mentre ti uccideva. Konstantin ribadisce che me la sarei fatta passare e, senza pensieri sarei tornata a far da supervisore liberando lui dall’impegno verso i 12» si sentì Carolyn dire “seguimi” e dei passi uscire dalla stanza. Una porta si chiuse.
Eve e Villanelle rimasero in silenzio. La giovane si sedette a terra.
«Per una volta, vorrei che mi si dicesse la verità» borbottò poi, senza nemmeno guardare la donna al suo fianco.
Eve le si sedette accanto «Ricordi la domanda che mi hai fatto sul Tower Bridge?» le chiese cercando di tirar fuori tutto il suo coraggio nell’affrontare quel discorso.
«Io ti ho rovinato la vita?» Villanelle ripeté quella domanda più dolorosa di tutte le sue ferite.
Eve sospirò «La risposta è sì. Sì, Villanelle, mi hai rovinato la vita» fece una pausa prima di parlare nuovamente «Avevo tutto e posso ancora avere tutto ma, io…io non ci riesco».
Il silenzio calò fra le due.
«E sai perché?» quella domanda fu un sussurro lieve «A causa tua» rimarcò la mora voltandosi a guardare la giovane sedutale accanto «Per tutto questo tempo sono fuggita. Ho cercato di scappare dal tuo viso, dalle tue labbra, dal tuo tocco, ma più fuggivo e più lo volevo. Non riesco a non pensarti. Mi hai preso tutto, la carriera, il matrimonio…l’anima e la mente».
Villanelle non riuscì a dire una parola. Gli occhi lucidi a guardare le luci dello chalet lontano da loro.
«Ti odio» quello di Eve fu un sussurro. La voce rotta dal pianto «Eppure ti amo così tanto».
Villanelle si voltò a guardarla. Le accarezzò la mano, intrecciando le dita con le sue.
«Io…» le lacrime scendevano feroci, a bagnare le guance dell’agente dell’MI6 «…io ho bisogno di te».
Villanelle la strinse a sé in un abbraccio «Io sono qui, lo sono sempre stata».
 
Una volta tornate allo chalet, Carolyn affrontò subito il discorso.
«Inutile aspettare. Volevi smetterla con tutto questo. È ancora così Villanelle?»
La giovane confermò alla donna la sua decisione «Ma a modo mio» aggiunse.
 
Eve stava cenando assieme a Carolyn in un ristorante come tanti. Degli spari colpirono una vetrata infrangendola. Due malviventi vestiti di nero con passamontagna e casco entrarono. Uno dei due catturò una ragazza che piangeva disperata. Eve, mani alzate in segno di resa, cercò di mediare proponendo di sostituire la ragazza con lei. Uno dei due, con una voce calda e profonda chiese se fosse Eve Polastri. La mora guardò Carolyn per poi voltarsi verso i malviventi e rispondere in modo affermativo. L’altro tirò fuori una pistola e le sparò tre colpi facendola cadere a terra senza vita.
I due scapparono velocemente mentre si potevano udire le sirene della polizia in lontananza.
Carolyn fu subito sopra Eve, cercando di tamponare le ferite «Resta con me Eve, ti prego» le disse supplichevole, ma oramai, la donna non respirava più.
Un medico donna dai capelli corti e grigi, corporatura robusta, scese dall’ambulanza.
Cercò di allontanare Carolyn ringraziandola di aver fatto tutto il possibile ma che non c’era più niente da fare.
La caricarono nell’ambulanza mentre la donna prese lo smartphone di Eve cercando tra i suoi contatti chi chiamare per avvisare. Il nome Niko lo trovò subito.
Fu proprio Carolyn poche ore dopo, ad accompagnarlo all’obitorio per riconoscere il corpo della moglie.
La dottoressa che prima era in ambulanza sollevò il lenzuolo, mostrando il cadavere.
La paura più grande di Niko si era avverata.
«Grazie Julia» disse Carolyn alla dottoressa gentile.
Un furgone grigio parcheggiò alle celle mortuarie.
Un’incaricata delle celle mortuarie, vestita di nero con un cappello con visiera abbassata sul viso, bussò alla porta esterna dell’obitorio.
«Vuole firmare le carte per l’autopsia?» chiese la dottoressa a Niko.
«No. Ne ha già passate tante. Voglio solo seppellire mia moglie» disse poi. La voce spezzata dal pianto.
L’incaricata salì sul furgone ancora parcheggiato.
Quando Niko se ne andò, accompagnato da Carolyn, la ragazza scese nuovamente.
Una borsa in una mano, che poggiò su di un tavolo.
«C’è un cadavere lì sotto?» sembrò ironizzare la giovane donna, per poi alzare un lembo del lenzuolo e sbirciare sotto «Ti ho già detto che hai un bel corpo?» disse poi ridendo.
Il cadavere si alzò trattenendo il lenzuolo «Villanelle, a volte sei proprio un’idiota» sbottò Eve.
La dottoressa le allungò i vestiti contenuti nella borsa «Immagino quanto possa essere stata dura, ma, così facendo, hai salvato anche lui» le disse rincuorandola.
Eve ringraziò Julia, l’amica di Carolyn e salì sul furgone con Villanelle.
«Hai ancora voglia di hamburgher?» chiese la dottoressa sorridendo.
«Cavoli sì!» rise Eve salutandola.
 
Erano ormai le nove di sera. Il buio della notte rendeva Las Vegas ancor più illuminata che di giorno. Eve stava ammirando lo spettacolo musicale delle fontane del famoso hotel Bellagio. Il telefono che Carolyn le aveva dato, prima che partissero, squillò.
«Com’è stato il mio funerale» chiese Eve senza neanche salutare la sua interlocutrice.
«Sentito» disse Carolyn con la sua solita nonchalance «forse gli stuzzichini di carne un po' secchi, ma per il resto è andato tutto bene».
«Niko?» domandò la mora.
«Qualche lacrima, cortese con i partecipanti, ma in collera nei miei confronti» fece una pausa «starà bene. La tua guardia del corpo?»
Villanelle tolse il telefono di mano ad Eve «Fa bene il suo lavoro» sorrise maliziosa.
«Non è stata una brillante idea uccidere Andrej» sbottò Carolyn.
«Sapeva troppo» rispose Villanelle chiudendo la chiamata e gettando lo smartphone nella fontana.
«Vieni, abbiamo un tavolo prenotato al Venetian» sorrise ad Eve che la guardò allibita.
«Hai gettato il telefono nella fontana?» lo chiese perché stentava a credere ai suoi occhi.
«Sanno sempre come trovarti, non temere» la giovane la guardò.
«Villanelle!»
La ragazza rise divertita allontanandosi a passo svelto. Eve le corse dietro scrollando il capo. Avrebbe dovuto gettare quel telefono tanto tempo prima.


©AlexVause
 

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