La versione di Loki

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risvegli ***
Capitolo 2: *** Processi ***
Capitolo 3: *** Ritorni ***
Capitolo 4: *** Strategie ***
Capitolo 5: *** Scoperte ***
Capitolo 6: *** Confronti ***
Capitolo 7: *** Stregoni ***
Capitolo 8: *** Sfide - prima parte ***
Capitolo 9: *** Sfide - seconda parte ***
Capitolo 10: *** La regina rossa ***
Capitolo 11: *** Nuova vita, vecchia vita ***
Capitolo 12: *** Legami e conseguenze ***
Capitolo 13: *** Fare e disfare ***
Capitolo 14: *** Esercitare uno splendido potere ***
Capitolo 15: *** Svolte ***
Capitolo 16: *** Quando speri per il meglio, è allora che tutto precipita ***
Capitolo 17: *** Guerra civile ***
Capitolo 18: *** Una spallata ben assestata ***
Capitolo 19: *** La verità ***
Capitolo 20: *** Una vita normale ***
Capitolo 21: *** Riuniti attorno ad un tavolo ***
Capitolo 22: *** Notte prima della cerimonia ***
Capitolo 23: *** Seconde nozze ***
Capitolo 24: *** L'alba del giorno dopo ***
Capitolo 25: *** Da ovest soffia un vento ***
Capitolo 26: *** La squadra di Coulson ***
Capitolo 27: *** Dentro al Framework ***
Capitolo 28: *** Effetti collaterali ***



Capitolo 1
*** Risvegli ***


 

Capitolo I
Risvegli

 

E’ passato un mese esatto da quando la città di Sokovia è stata distrutta da Ultron.

Bruce Banner continua a guardare il monitor su cui il battito cardiaco di Karen Miller traccia una riga sempre uguale. Da un mese. Dal giorno esatto in cui è stata ritrovata tra le macerie del laboratorio dello Shield a Shangai.

Il rapporto degli agenti di Fury dice che è stata colpita da Ultron durante il tentativo fatto per appropriarsi della materia semiorganica che lei e la dottoressa Cho stavano studiando.

La dottoressa Cho è morta. La dottoressa Miller è viva per miracolo. Bruce si chiede se possa essere definita viva nello stato medico in cui è.

Banner guarda ancora la linea, si sfila gli occhiali e guarda il suo cellulare. Steve lo chiama regolarmente almeno cinque volte al giorno per sapere se ci sono cambiamenti. Il capitano è stato in stato vegetativo per cinquant’anni per cui un mese non è affatto un tempo lungo per lui. Bruce però è pessimista.

Karen non è Rogers. Lei non ha subito alcun processo di rafforzamento. La prima volta che Bruce l’ha incontrata è stato alle Stark Industries. Anche allora indossava un camice bianco ma era sorridente e dinamica, non immobile e distesa su di un letto d’ospedale.

Quella volta gli aveva ricordato Betty ma non le era sembrata altrettanto fragile. La dottoressa conosceva già molto bene gli altri membri della squadra di Fury e sembrava molto amica del capitano. Li aveva anche visti allenarsi insieme in un paio di circostanze. Era stato Tony a presentarli e, con lei, Steve sembrava essere riuscito a dimenticare Sharon Carter che non pareva intenzionata a seguire le orme di sua nonna Peggy in fatto di sentimenti.

Se Steve avesse potuto, sarebbe rimasto tutto il tempo in ospedale ma Tony e Natasha avevano bisogno di lui altrove. Del resto, dalla fine della battaglia contro Ultron l’umore della squadra non è mai stato così basso.

Bruce guarda l’orologio. E’ quasi mezzanotte. Il telefona squilla.

“Bruce, come va?” La voce di Steve è carica di stanchezza.

“Come sempre. Nessun cambiamento.”

“Capisco. Domani credo di poter essere lì. Potrò vederla?”

“Certo.”

Il resto della telefonata riguarda gli aggiornamenti sulla situazione degli Avengers. Washington si chiede se debbano continuare a rispondere solo a se stessi oppure se debbano rientrare nei ranghi dell’esercito normale. I saluti sono più formali di quelli che Bruce gradirebbe.

Banner lascia il telefono e sorseggia un altro po’ di caffè. Non serve. Si addormenta di lì a poco.

 

Natasha si protegge gli occhi dal vento che le pale dell’elicottero sollevano mentre atterra. L’ospedale di New York ormai è un posto familiare per lei. Steve chiede di andarci non appena hanno un minuto libero e lei lo accompagna volentieri. Lo fa per lui, per non lasciarlo solo, perché sa che Steve si sente sempre più isolato dopo la rottura con Sharon, la disgrazia capitata a Karen e la partenza di Thor per Asgard. E poi c’è sempre la questione di Buchy in sospeso.

Lo fa, però, anche per se stessa. Per poter vedere Bruce. Quando sembrava che tra loro stesse nascendo qualcosa, lui ha deciso di rinchiudersi in quel maledetto ospedale per seguire la situazione di Karen. Per carità, anche lei è rimasta colpita da quanto capitato alla dottoressa, ma Natasha non la pensa come i suoi amici. In fondo se Karen si è trovata faccia a faccia con Ultron in un posto dove non doveva neanche essere, la colpa è sua.

Sua e del suo rapporto con Loki.

Rapporto di cui tutti sembrano non ricordarsi più e di cui nessuno vuole parlare. Eppure ha portato un mucchio di guai. Guai che stanno ancora scontando tutti. Steve ha cancellato ogni cosa nel momento in cui l’ha vista riversa su un banco di lavoro tra le rovine del laboratorio di Shangai. Perché fosse lì, nessuno lo sa. Sanno solo quello che è emerso dalle registrazioni audio e video. Ultron che attacca il laboratorio, la Cho che viene uccisa, Karen che tenta di distruggere l’umanoide che la Cho stava costruendo per Ultron, Ultron che la colpisce a morte, una forte energia che disturba per qualche attimo le telecamere e più niente. In quella distorsione Tony ha trovato l’immagine di Loki.

Il bello è che Loki, in quel momento, avrebbe dovuto essere a migliaia di anni luce da lì, imprigionato nelle segrete di Asgard.

E per di più sono emersi altri fatti dopo la sconfitta di Ultron, fatti che collegherebbero Ultron proprio al dio degli inganni. Thor ha urlato e strepitato che non si può incolpare Loki anche delle disgrazie che non ha provocato ma Tony è rimasto col dubbio che manchi ancora qualche pezzo del puzzle che riguarda il fratello malvagio di Thor. Forse perché non vuole prendersi tutta la colpa per aver creato il più grande flagello dell’umanità dalla seconda guerra mondiale a questa parte. Probabilmente perché è venuto a sapere qualcosa che ancora non ha detto a nessuno.

La mano di Steve sulla spalla la riporta alla realtà.

“Andiamo.” Lei annuisce.

Quando le porte della sala di rianimazione numero quattro si aprono, Bruce li accoglie con un sorriso ma, nel momento in cui la guarda direttamente, distoglie subito lo sguardo. E’ chiaro che hanno un problema. Natasha vorrebbe urlargli che è stato lui a farle immaginare una vita fuori dallo Shield e che non merita un simile trattamento ma rimane in silenzio. In fondo, pensa, fuori dallo Shield quella più in difficoltà sarebbe lei. Lei che non sa fare altro che combattere.

“Come sta?” Steve parla con Bruce ma guarda Karen dall’altro lato del vetro a parete che separa il laboratorio di Bruce dalla sala rianimazione vera e propria.

“Stabile.”

“Nessun miglioramento?” Bruce scuote il capo.

“No. Posso solo dirti che è stata esposta a qualcosa di alieno perché il suo corpo è guarito perfettamente dalle ferite riportate nello scontro con Ultron. Nessuno sarebbe guarito in un mese da traumi così gravi. In più, tutte le macchine che ho usato per gli esami impazziscono se la sottopongo a procedure in qualche modo invasive. Ormai non sono più neppure in grado di farle la risonanza magnetica. L’elettrocardiogramma è l’unico test che ancora da risultati attendibili.”

“Stai dicendo che è diventata una metaumana?” Bruce si toglie gli occhiali e si strofina gli occhi.

“Non posso dirlo con certezza. Ho inviato alcuni dati a Tony. Sto aspettando delle risposte.” La notizia non fa piacere a Steve.

“Gradirei che non coinvolgessi Stark nelle faccende che riguardano Karen. Soprattutto se qualcosa di alieno è entrato in contatto con lei.”

“Le sue strumentazioni sono quelle più all’avanguardia.”

“Lo so, Bruce, ma non mi piace il modo in cui Tony le usa.”

“Stiamo ancora parlando di Karen?” fa Bruce guardando Natasha.

“Non chiederlo a me. Sono ai ferri corti con tutti ultimamente!” risponde lei con sarcasmo.

“Vado da Karen.” Taglia corto Steve strizzando l’occhio a Natasha e lasciandola sola con Bruce.

Quando il capitano passa nell’altra stanza, il silenzio cade sui due rimasti nel laboratorio. Natasha sbuffa.

“Quando ha finito, digli che sono di sopra. L’aria di questo laboratorio è troppo opprimente.”

“Nat, aspetta.” Lei si volta di scatto.

“Credo di avere aspettato abbastanza.” Gli occhi di Bruce recitano una muta preghiera.

“Lo so. So di aver sbagliato. Avrei dovuto parlarti. Non sarei dovuto scappare così.”

“Non ti ho chiesto niente, Banner. Betty sta bene?” chiede lei in tono tagliente dimostrando di sapere dove il dottore ha trovato rifugio prima che Tony lo cercasse per provare a salvare la vita di Karen.

“Sì, sta bene. Stava bene un mese fa, almeno. Non la sento da allora.”

“La cosa dovrebbe riguardarmi?”

“No, certo che no, Nat. Se sai dove sono stato, magari sai anche che Betty è molto arrabbiata con me.”

“Non ci vuole un master in psicologia per capire che non ci sai fare con le donne!” Bruce sorride in quel modo che Natasha adora, appena arricciando le labbra.

“A nessuna credo faccia piacere sentirsi chiamare col nome di un’altra.” Stavolta è Natasha a non riuscire a trattenere un piccolo sorriso.

“Un incidente può capitare a tutti. Siete entrambi dottori, lo sapete, no?”

“Betty è troppo intelligente per non capire che la persona al suo fianco pensa costantemente ad un’altra donna.” Natasha incrocia le braccia.

“Addirittura costantemente?” Bruce le si avvicina e le prende una mano.

“La parte verde del sottoscritto non è più in grado di pensare ad altro.”

“Quello dipende dal condizionamento.” Bruce scuote la testa.

“Quello dipende da te. Perdonami per essere scappato. Non so cosa ho pensato, cioè lo so ma non so perché mi ha fatto tanta paura. A volte credo che Hulk sia molto più in gamba di me a gestire le situazioni critiche.” Natasha ricambia la stretta e accorcia la distanza tra i loro visi.

“Sono ancora molto arrabbiata con te, dottore.”

“E’ giusto.”

“E non sono brava con il perdono.”

“Comprensibile.”

“E non mi piace essere piantata in asso.”

“Più che logico.” Fa Bruce chinandosi appena su di lei. Nat socchiude gli occhi ma prima che le labbra di Banner possano baciare le sue, il suono assordante dell’allarme delle macchine collegate a Karen, li fa voltare contemporaneamente verso la parete a vetro. Steve non può vederli ma si sforza ugualmente di attirare la loro attenzione. Karen, immobile nel suo letto, ha gli occhi aperti.

 

Il buio. Ormai ogni cosa è avvolta dal buio. Karen stessa lo è. Le sembra di aver camminato per giorni e giorni da quando Ultron le ha sparato. L’esplosione che ha distrutto il laboratorio era tutta luce e calore. Ha capito subito che l’avrebbe uccisa. Avrebbe dovuto vedere tutta la vita passare davanti ai suoi occhi? Forse è per questo motivo che lo ha visto, lì davanti a lei.

Loki. Prima di spalle, quasi stesse tentando di frapporsi fra Ultron e lei e poi di fronte, con un’espressione forse addolorata.

Probabilmente questo buio desolato è l’inferno che si è meritata credendo ad un dio di menzogne e sotterfugi.

Karen sente solo il battito del suo cuore. Il rumore, all’improvviso, è assordante. Talmente forte che alla fine è costretta ad aprire gli occhi.

La figura che si ritrova davanti è, anch’essa, preoccupata. Un paio di occhi azzurri la guardano intensamente.

“Karen.” Sentire il suo nome le da un senso di vertigine. Prova a rispondere ma dalle sue labbra esce solo un respiro. La figura si volta verso uno specchio e solleva una mano. Qualche istante dopo la porta della camera in cui sono, si apre.

Riconosce immediatamente le persone che raggiungono il suo letto. Sono Bruce Banner e Natasha Romanov. Il dottor Banner le tasta il polso e tocca alcuni pulsanti della macchina che monitora il suo battito cardiaco.

“Karen, come ti senti?” le chiede con voce calma. La donna fa un colpo di tosse e stavolta la voce viene fuori. Incerta ma udibile.

“Un po’ stordita, come se avessi dormito troppo.” Steve Rogers, seduto sul letto accanto a lei, ride.

“Conosco la sensazione!”

“Hai dormito decisamente troppo!” interviene Natasha. Karen guarda Steve per avere conferme.

“Hai dormito per un mese intero.”

“Ho dormito per un mese?” chiede lei incredula.

“Tecnicamente sei stata in uno stato di coma.” La voce di Banner la costringe a voltarsi verso di lui.

“Cosa ricordi dell’incidente al laboratorio della dottoressa Cho?” chiede Nat e Karen vorrebbe rispondere che ricorda solo il dolore della carne dilaniata dall’esplosione ma il nome della Cho le riporta alla memoria che la dottoressa è morta.

“Come sono sopravvissuta?” chiede invece.

“Non lo sappiamo. Temo, Karen, che la scienza non possa spiegare come sei sopravvissuta all’esplosione che ha distrutto il laboratorio.”

“E Ultron?” chiede Karen.

“Tranquilla,” interviene Rogers “è stato annientato.”

“E lo scettro di Loki?” chiede ancora con voce più nitida adesso.

“Distrutto.” Nat è lapidaria e sembra anche seccata. Karen socchiude gli occhi e Steve si affretta a prenderle una mano tra le sue.

“Sta tranquilla. E’ tutto ok. Devi solo pensare a riprenderti adesso.”

“Se è per quello, mi sento anche fin troppo bene.”

“Se lo permetti, vorrei farti altre analisi.” Bruce ha il solito sorriso mite e benevolo.

“Certo.” Karen è presa da mille dubbi. Ci sono molte cose che vuole sapere e il modo in cui è sopravvissuta è tra queste.

“Noi dovremmo andare, Steve.” Natasha guarda il suo orologio.

“Hai ragione, Nat. Mi raccomando, Karen, voglio vederti presto fuori da qui.” L’espressione di Steve è piena di fiducia.

I tre si allontanano lasciando Karen nel suo letto. Non sa come, ma riesce ancora a sentire ciò che dicono. E’ come se il suo udito fosse migliorato.

“Non credo che sia il caso di dimetterla subito.” Banner ha una voce decisa in netto contrasto con il tono bonario adoperato poco prima.

“Ma non hai detto che sta bene?” Steve sembra perplesso.

“Fin troppo.”

“Allora dimettila.”

“Steve, tu non capisci. Dovrebbe essere morta. Fino a che non sapremo cosa è successo esattamente al suo corpo, preferirei tenerla in laboratorio. Tony vorrà i risultati delle sue analisi.”

“E tu non darglieli. Non voglio che faccia esperimenti su di lei. Devi promettermelo.” Bruce esita poi lo rassicura.

“Ok.” Steve lo saluta ed entra in ascensore. Nat da un bacio sulla guancia a Bruce e gli sussurra qualcosa all’orecchio.

“Aspettati una visita di Mr.Martello.”

“Perché Thor dovrebbe venire qui?”

“Tony gli ha detto che Loki era al laboratorio quando è esploso.” Nat lascia andare Bruce e segue Capitan America in ascensore.

Karen sbatte le palpebre. Loki era al laboratorio? Ha lasciato che Ultron lo distruggesse? Ha lasciato che le sparasse? Dovrebbe provare dolore? Rabbia, forse? Riapre gli occhi. Sente che sono umidi ma non ne comprende il motivo.

Stringe una mano e improvvisamente il buio ritorna.

 

Il suono dei macchinari che Bruce aveva spento al risveglio di Karen, ricomincia. Bruce corre nella stanza della ragazza ma non è pronto per quello che lo aspetta dietro alla porta.

Karen è distesa sul letto che è ben piantato per terra ma tutto il resto degli arredi della stanza galleggia per aria. Dal corpo di Karen si sprigiona un’aura nera, una sorta di energia striata di fuoco che avvolge tutto il letto. Le macchine segnalano, impazzite, anomalie nel battito cardiaco, nella temperatura corporea, nell’elettroencefalogramma.

Bruce indietreggia poi, come preso da un’intuizione, avanza lentamente e chiama il nome di Karen. Una, due, tre volte. Lentamente la nuvola nera viene come riassorbita dal corpo della donna e, ogni oggetto che lievitava fino ad un attimo prima, ricade al suolo. Un vaso di fiori si rompe e Karen apre gli occhi.

“Karen, stai bene?” La ragazza risponde più lucidamente di quanto dovrebbe.

“Non lo so, Bruce. Davvero. Mi sento strana. Non sento dolore ma non posso neppure dire di star bene. In effetti, non provo niente.” Bruce si avvicina e le mette una mano sul braccio.

“Senti il calore della mia mano?”

“Sì.”

“A quanto pare, allora, non è la sensibilità ricettiva il tuo problema. Sei solo emotivamente disorientata.”

“Che significa?” Bruce prende gli occhiali dal taschino e se li infila.

“A volte, un trauma fisico che viene velocemente metabolizzato lascia come una cicatrice a livello psicologico. A volte un trauma lascia un solco più profondo nella nostra mente che sulla nostra pelle.”

“Sono una scienziata, Bruce, lo capisco. Ma io non ho subito un trauma. Io, io credo di essere morta. Clinicamente intendo.” Bruce si siede sul letto accanto a lei e si sfila di nuovo gli occhiali.

“Non eri morta quando Steve ti ha trovata. Il tuo cuore batteva. Eri ferita gravemente ma eri viva.”

“Però tu mi credi. Quando dico che penso di essere clinicamente morta.”

“Poco fa, quando sono entrato nella stanza, qualcosa avvolgeva il tuo corpo, Karen. Non ho idea di cosa fosse. Ho studiato le radiazioni gamma per tutta la mia vita ma l’interferenza nella materia, una specie di interruzione nella materia come quella che ti avvolgeva, io non l’ho mai vista. Le macchine che ti hanno tenuta in vita mentre il tuo corpo guariva, sono impazzite diverse volte. Quella per la risonanza magnetica è andata distrutta.” Karen si guarda le mani.

“Steve, lo sa?”

“A Steve ho detto solo che ti è capitato qualcosa in quel laboratorio. Qualcosa che io non posso spiegare con la mia scienza. Forse Stark può farlo con la sua.”

“Prima ho bisogno di sapere una cosa.”

“Dimmi.”

“Cosa è successo dopo l’esplosione del laboratorio? Cosa mi sono persa?”

“Risponderò ad una condizione.”

“Quale?”

“Dimmi cosa diavolo facevi nel laboratorio della dottoressa Cho.” Karen lo guarda negli occhi poi distoglie lo sguardo sul vaso rotto. “Dovevi essere con Pepper alla Stark Tower per aiutare Jervis a riattivare tutti i sistemi. Come sei finita a Shangai?”

Karen sa che dovrebbe finalmente dire la verità. Dire a Bruce che Loki l’aveva messa in guardia da Stark. Che le aveva predetto che la creazione di un’intelligenza artificiale come quella di Ultron era pericolosa oltre ogni scibile umano. Che si sentiva in colpa per averlo ignorato dopo che Ultron si era ribellato ai suoi creatori e aveva gettato il mondo sul baratro della distruzione. Che aveva deciso di aiutare Loki a recuperare il suo scettro che appunto era nel laboratorio della dottoressa Cho.

Ma sa che Loki è il cattivo e che lei fa parte della squadra dei buoni. Sa anche che non li avrebbe mai traditi, che si sarebbe limitata a prendere lo scettro e portarlo al sicuro. Chi avrebbe mai immaginato che lo scettro contenesse una delle gemme dell’infinito? Eppure, anche adesso che dovrebbe sentirsi confusa, che dovrebbe provare rimorso, vergogna forse, non sente niente.

“Jarvis non aveva bisogno di me. Io ho scoperto che Ultron avrebbe attaccato il laboratorio per prendere sia il vibranio che la materia organica generata in laboratorio e volevo avvertire la Cho.”

“Come sei arrivata lì?” Ecco la domanda la cui risposta la tradirà.

“Il bifrost. Mi ha teletrasportata il bifrost.”

“Thor ti ha aiutata a raggiungere la Cho?” L’ingenuità di Banner è senza confini ma il sorriso di Karen gli svela la verità.

“Loki?” Karen annuisce.

“Allora Tony aveva ragione. Loki era davvero lì.”

“No. Ha solo aperto il bifrost.”

“Loki non ha quel potere.”

“Loki non dovrebbe avere quel potere e non dovrebbe fare un sacco di altre cose ma tant’è.”

“Quindi tu dici che lui non era lì con te.”

“Ha detto di essere prigioniero ad Asgard. Che non poteva fermare Ultron di persona.” E’ Banner a sorridere stavolta.

“Ci scommetto. Non avrebbe mai rischiato la sua vita in uno scontro diretto con Ultron. Ha mandato te, però!”

“Ultron non sarebbe dovuto arrivare così presto!”

“E’ questo quello che ti ha detto, Karen? Quel dio è un maledetto bugiardo!” Bruce si alza dal letto mentre il suo colorito si fa verdognolo.

“Sei arrabbiato, Bruce?” Karen tuttavia non prova paura.

“Sono sempre arrabbiato. Tuttavia quando è troppo, è troppo.”

“Vorrei dire che sono dispiaciuta ma non ricordo neppure cosa mi ha spinta a rischiare tanto. Credi che la mia condizione dipenda dal trauma fisico che ho subito?”

“Ne sono certo.”

“E credi che la mia condizione sia reversibile?” Bruce sospira.

“Francamente non lo so. Credo che tu possa lasciare l’ospedale ma vorrei tenerti nel laboratorio. Non sappiamo ancora se la tua condizione sia permanente. L’energia che hai sprigionato poco fa, ecco potresti anche esaurirla. Non lo possiamo dire con certezza.”

“Allora morirei?”

“Mi dispiace, Karen, neppure questo so dire.”

“Allora è il caso che resti qui. Potrei essere addirittura un pericolo per gli altri. E poi devi raccontarmi cosa mi sono persa.”

“I tuoi abiti sono nell’armadio. Vestiti e andiamo a mangiare qualcosa. Vediamo se almeno ti viene fame.”

 

Jane cammina avanti ed indietro.

Capitan America è arrivato da poco al laboratorio di Selvig con Natasha e Barton. Ha riferito a lei e al dottore che Karen si è svegliata.

Karen è sua amica. Le ha voluto bene dal primo momento in cui si sono conosciute. Empatia ha detto Selvig. Affinità delle anime ha detto Thor.

Sta di fatto che la loro amicizia è nata dal nulla. Come i fiori di campo, ha detto Thor. Come i buchi neri, ha detto Selvig.

Quando, prima della battaglia finale con Ultron, hanno scoperto che era rimasta vittima dell’esplosione dei laboratori Stark a Shangai, Jane ne ha sofferto molto. E si sentiva in colpa per non averla messa abbastanza in guardia da Loki. Lei sapeva che Karen stava approfondendo più del dovuto la conoscenza del fratello di Thor e sapeva anche che glielo stavano facendo fare perché, per gli Avengers, era l’unico modo di avere informazioni da Loki.

Pensare che Loki potesse sinceramente essere amico di qualcuno era stata una follia. L’aveva presa in giro, l’aveva usata. Fino alla fine. Le immagini registrate da Tony avevano dimostrato che Loki era presente al laboratorio ma non aveva fatto nulla per salvare Karen. Jane ora si chiede perché, in fondo, avrebbe dovuto farlo. Karen le aveva confidato spesso il contenuto delle sue lunghe chiacchierate con il dio e lei aveva, in qualche modo, creduto che forse, com’era capitato a Thor, anche Loki si fosse innamorato.

Invece aveva sbagliato. Per fortuna il suo errore non era costato la vita a Karen.

Un tuono a ciel sereno annuncia l’arrivo di Thor.

“Mia cara Jane, sono venuto appena ho potuto. Che notizie ci sono? E’ successo qualcosa?”

“Karen si è svegliata. Steve è di là che vuole parlarti.” Le labbra di Thor si allargano in un sorriso.

“Non è una splendida notizia?”

“Lo è.”

“Allora perché sei così poco entusiasta, amore mio?”

“Parla con Steve. Ci sono anche Nat e Clint.” Thor segue Jane nel salotto di Selvig dove il professore ha preparato il tea.

“Benvenuti amici!”

“Ti piace proprio indossare quel costume!” esclama Nat sorridendo.

“Non è un costume. Sono i miei abiti. Te l’ho ripetuto mille volte. Heimdall ha visto che mi cercavate. Sono venuto subito. Spero che non mi abbiate convocato per parlare delle mie vesti!”

“Certo che no! Karen si è svegliata.” Le parole di Steve sanno di sollievo.

“Jane me l’ha detto ma, per qualche ragione, non sembra sollevata quanto te. Che è successo?”

“Il professor Banner dice che la sua ripresa non è naturale. Crede che le sia capitato qualcosa che l’abbia resa una metaumana.”

“Fantastico!” esclama Barton “Ce ne mancava giusto una!”

“Non scherzare, Clint.” Il capitano torna ansioso. Occhio di falco alza le mani in segno di resa.

“Tu hai chiesto di essere avvisato quando si fosse svegliata. Io l’ho fatto ma ora devi dirmi come facevi a essere così certo che si sarebbe ripresa quando Banner non mi aveva dato alcuna speranza che si salvasse.” Thor abbassa gli occhi e va verso la finestra. “Thor, se sai qualcosa, parla ora perché Bruce chiamerà Stark presto o tardi.” Thor pensa che Steve sa usare sempre le parole giuste per convincere la sua squadra a seguirlo. Si volta e parla tutto d’un fiato.

“E’ stato Loki a dirmi di non temere per la sua vita.” L’espressione di Steve ora è carica di astio.

“Hai detto che Loki è rinchiuso. Che hai la prova che non ha mai lasciato la prigione di Asgard! Hai giurato che non ha avuto a che fare con l’incidente di Karen!” A Thor puoi toccare qualsiasi cosa ma non l’onore.

“Ho giurato e ho detto il vero! Heimdall stesso non gli ha tolto gli occhi di dosso. Loki non ha mai lasciato la prigione.”

“Allora che ne sa delle sue condizioni?”

“Mi ha solo detto che aveva la sensazione che si sarebbe ripresa. L’intuito di Loki è sempre stato molto forte. Sin da bambini. Nostra madre gli attribuiva il potere della divinazione. Mio padre mi ha detto che la sua stirpe ha molto potere magico.”

“Te lo dirò solo una volta, Thor. Tieni Loki lontano da Karen. Ogni eventuale coinvolgimento di tuo fratello nella sua vita verrà interpretato come un atto ostile nei miei confronti.” La voce di Steve suona come qualcosa di molto più grande di una minaccia. Ora Jane guarda il pavimento. Vorrebbe intervenire in difesa di Thor ma non sa bene cosa potrebbe dire. Loki ha avuto molte occasioni per fare la cosa giusta e ha sempre scelto di sbagliare.

“Non è stato Loki a creare Ultron.” Stavolta è la voce di Thor a risuonare carica di rimprovero. “Vi avevo avvertito di non giocare con i giocattoli di Loki. Tuttavia farò come tu vuoi. Hai la mia parola che Loki non farà più parte delle vostre vite. Ad una condizione.”

“Quale?”

“Vedere Karen. Devo capire se le immagini registrate di Stark sono autentiche o no. Mio fratello ha giurato di non essere mai stato lì.”

“Odio ammettere che Stark possa avere ragione ma le immagini registrate parlano chiaro. Inoltre non è che i giuramenti di Loki valgano qualcosa, no?” Lo sguardo di Thor si rabbuia.

“Comunque devo parlarle. Prometto che dopo la faccenda sarà chiusa per sempre.” Nat sbuffa e si alza di scatto.

“Facciamola finita. E’ al laboratorio di Banner.”

Il dio ringrazia i suoi amici e si apparta con Jane.

“Thor, cos’hai davvero in mente? Loki era lì. Lo abbiamo visto tutti.”

“Jane, Heimdall sostiene che Loki è sempre stato nella sua cella. Gli ho parlato questa mattina e, anche se non vuole darlo a vedere, è interessato alle condizioni di Karen. Quando parla della dottoressa Miller, mi sembra di rivedere mio fratello, il mio vero fratello. Capisci?” Jane gli carezza dolcemente un avambraccio.

“Ti sei fidato già due volte di lui e lui ti ha tradito. Stavolta c’è in gioco la vita di Karen. Fa attenzione.”

“Te lo prometto.”

Il dio del tuono svanisce nella tempesta provocata dal suo martello esattamente nello stesso modo in cui è arrivato lasciando Jane nei medesimi dubbi che la attanagliavano prima del suo arrivo.

 

Bruce la guarda mangiare da dieci minuti. Karen sta letteralmente divorando ogni cosa. Sembra stare bene. Se lui non avesse visto quell’aura nera fuoriuscire dal suo corpo, se non sapesse che era clinicamente morta appena qualche settimana prima, direbbe che è l’immagine della salute.

“Torniamo a noi. Non ricordi nulla dell’incidente?”  Banner sorseggia una tazza di tea.

“Ti ho già detto di no.” Karen parla tra un morso e l’altro. E’ affamata come non ricorda di essere mai stata.

“E di quell’aura che ti avvolge quando perdi coscienza?”

“Quando perdo coscienza?”

“Da quando sei cosciente non è mai fuoriuscita da te.”

“Giusto. E’ molto probabile che io non riesca a controllarla. Puoi sottopormi ad altri esami?”

“Pensavo di adoperare lo spettrometro per le radiazioni gamma. Se sei d’accordo.”

“Sì. Prima capiamo cosa mi è successo e meglio è.”

“Karen, scoprire cosa ti è successo è importante ma non ci da alcuna garanzia sul fatto che potrai tornare come prima. Forse se chiamassimo Tony, lui ha maggiore dimestichezza di me con questo genere di cose.”

“No.” Karen è categorica.

“Perché? Abbiamo oggettivamente bisogno di lui, delle sue conoscenze.”

“Le sue conoscenze hanno generato Ultron!”

“Sappi che ho contribuito significativamente anche io a quel gigantesco errore!”

“Lo so, Bruce. Ma l’idea è stata di Stark.”

“Loki ha seminato la discordia fra noi. Non devi permettere a quel seme di attecchire.” Bruce ora sta usando il tono più conciliante del suo repertorio. Il suo cellulare vibra. Bruce sospira e risponde. Quando riattacca la sua voce è meno conciliante di prima.

“Mi avevano detto che sarebbe venuto ma non mi aspettavo la sua visita così presto.”

“Di chi parli?”

“Karen, è qui per te ma se non vuoi vederlo, dirò a Thor di andarsene.”

Karen sente un tremito attraversarla nell’udire il nome di Thor ma non reagisce. Ancora una volta le sue emozioni sembrano appiattite, imbrigliate. Scuote il capo.

“No. Va bene. Gli parlerò.”

Proprio in quel momento, la porta della stanza si apre e Thor si lancia ad ampie falcate verso Karen. L’abbraccia calorosamente e le sorride.

“Il tuo risveglio è fonte di grande gioia per me.”

“Se mi stringi ancora un po’, finirò per morire soffocata!” Thor lascia la presa immediatamente.

“Perdona la mia foga.”

“Il re di Asgard non ha cose più urgenti da fare che venire a visitare una moribonda al suo risveglio?”

“Karen, parlarti è di gran lunga la cosa più importante per me, adesso.”

“Perché mai?” Chiede lei invitandolo a sedere. Bruce rimane in disparte.

“Tu sai meglio di chiunque altro che mio fratello è prigioniero ad Asgard.” Karen si alza di scatto.

“Se sei venuto fino a qui per parlare di Loki, hai fatto tanta strada inutilmente.”

“Karen, ti prego, ascoltami. Le colpe di Loki erano già tanto gravi prima che saltasse in aria il laboratorio di Tony a Shangai, figuriamoci dopo!”

“Sappi che non ricordo niente dell’incidente!”

“Lasciami parlare. Quando ti avrò spiegato, deciderai se aiutarmi o meno.”

“Parla allora.”

“Come sai, Loki era stato condannato all’esilio da mio padre ma ha fatto talmente tanti danni in giro per i mondi che ha deciso di confinarlo. Inizialmente lo abbiamo tenuto qui a Midgard ma Fury ha deciso che era troppo pericoloso per le prigioni terrestri così l’ho riportato su Asgard. Probabilmente sai che mi ha aiutato a salvare Jane ma mi ha tradito di nuovo e così l’ho confinato nel palazzo da cui giura di non essere mai uscito. Heimdall non gli ha mai staccato gli occhi di dosso e riferisce che è sempre rimasto al confino. Tuttavia Stark ha delle riprese del laboratorio di Tokyo in cui appare insieme a te ed Ultron. Pertanto mio padre lo ha ritenuto responsabile in parte delle gravi tragedie causate da Ultron sul vostro mondo.” Thor abbassa il capo. Sospira. Karen si siede davanti a lui. Lo invita a continuare.

“Mio padre lo ha condannato a morte.” Quel brivido che Karen ha avvertito poco prima ritorna, ma anche stavolta percepisce le sue emozioni come distorte, quasi annullate.

“E tu disapprovi? Dopo tutto quello che ha fatto?” La sua voce atona fa sollevare il capo di Thor. I suoi occhi mostrano sconcerto.

“E’ mio fratello!”

“No, Thor.” Karen si alza di nuovo e si allontana dando le spalle ai due uomini. “Non lo è.”  Mentre parla si domanda perché si stia comportando in quel modo. Thor le è sempre stato simpatico. Jane è la sua migliore amica.

“Karen, per te ho solo una domanda. Ho bisogno di sapere se le immagini di Stark sono veritiere. Loki era lì quando Ultron ha fatto esplodere il laboratorio?” Karen si volta e guarda Thor dritto negli occhi.

“Che accadrebbe se ti rispondessi di sì?” Thor sembra avere la morte nel cuore.

“Tornerei da mio padre e gli direi che Loki ha violato il confino. Non posso proteggere Loki al punto da mentire al padre degli dei.”

“E se ti dicessi di no?”

“Potrei convincerlo a rivedere la sua decisione!”

“E se ti dicessi che non me lo ricordo?”

“Allora non avrei alcuna possibilità di salvare Loki.”

“Credevo che la parola di Heimdall fosse incontestabile.”

“Già una volta ha mentito per consentire a me e a Loki di lasciare Asgard. Quella volta Loki mi ha aiutato a salvare Jane.”

“Può una buona azione valere come ammenda per tutte le cattive commesse?”

“Solo per chi ama il colpevole.” Thor tiene i suoi occhi cristallini fissi in quelli di Karen. Bruce tossisce per schiarirsi la voce.

“Thor, Karen non ricorda nulla dell’incidente. Mi dispiace.”

“Capisco. Dovevo provare.” Thor s’incammina verso la porta. La voce di Karen lo ferma sulla soglia.

“Aspetta!”  Bruce si frappone fra lei e la figura di Thor.

“Karen, non fare nulla di cui potresti pentirti.”

“Grazie per la premura, Bruce, ma Loki mi ha costretta a mentire a tal punto che ora devo dire la verità. Loki mi ha parlato quando ero alla Stark tower. Mi ha detto che il suo scettro era fondamentale per fermare Ultron e io gli ho creduto. Ha aperto il bifrost per portarmi a Shangai. Mi ha detto cosa fare per recuperare lo scettro ma non era lì. Non fisicamente. Non so se questo basterà a tuo padre per risparmiargli la vita. Quando Ultron ha fatto irruzione nel laboratorio, Loki non era là. Credevo che, se mi fossi trovata in difficoltà, sarebbe venuto per me. Per salvarmi. Come sai, non l’ha fatto. Sarò lieta di sapere che tuo padre non ha cambiato parere e ha fatto eseguire la sentenza ma non sarà una delle mie bugie a far cadere la sua testa.”

Karen spara le parole tutte d’un fiato poi si volta e si stringe nelle spalle. Non prova nulla neppure adesso che si è liberata di quel fardello.

“Grazie Karen per aver detto la verità.” Thor se ne va senza aggiungere altro.

“La videoregistrazione è chiara.” Dice Bruce ancora una volta.

“Però lui non era lì.”

“Forse l’hai rimosso perché una parte di te non sopporterebbe di scoprire che era lì e ti ha lasciata morire.”

Karen sente l’oscurità in fondo al suo cuore, emergere lentamente.

“Vattene Bruce!”

“Karen, prima affronti la realtà e meglio sarà.”

“Bruce, vattene!”

“Karen, mi dispiace.”

“Ho detto: vattene!” Insieme all’urlo, dal corpo di Karen si dipana un’aura nera striata di rosso, sui suoi occhi cala la tenebra e dalle sue mani si promana come una nebbia oscura.

“Karen, calmati!” cerca di dire Bruce ma la nebbia nera avvolge la donna e la solleva da terra rendendola ancor più minacciosa. Quando si scaglia contro Bruce, è Thor ad afferrarla e a stringerla forte fino a che non perde i sensi.

“Grazie, amico mio. Credevo fossi andato via.”

“Lo ero ma quest’aura mi ha richiamato. Dobbiamo chiudere Karen in un luogo dove non possa far male a nessuno. E’ molto pericolosa in questo stato.”

“Tu sai di che si tratta?” Thor annuisce.

“Ed è meglio se non lo viene a sapere nessun altro.”

 

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Capitolo 2
*** Processi ***


Capitolo II
Processi

 

Lo sprazzo di azzurro che entra dalla finestra sembra suggerire una giornata soleggiata e senza vento. Sfoglia una pagina del libro svogliatamente. Si tocca con un dito la fronte, accavalla le gambe. Il testo è una raccolta di poesie di Baudlaire. Ce l’ha dal suo ritorno da Midgard.

“Vieni dal ciel profondo o l'abisso t'esprime,

Bellezza? Dal tuo sguardo infernale e divino

piovono senza scelta il beneficio e il crimine,

e in questo ti si può apparentare al vino.

Hai dentro gli occhi l'alba e l'occaso, ed esali

profumi come a sera un nembo repentino;

sono un filtro i tuoi baci, e la tua bocca è un calice

che disanima il prode e rincuora il bambino.

Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri?

Segue il Destino, docile come un cane, i tuoi panni;

tu semini a casaccio le fortune e i disastri;

e governi su tutto, e di nulla t'affanni.

Bellezza, tu cammini sui morti che deridi;

leggiadro fra i tuoi vezzi spicca l'Orrore, mentre,

pendulo fra i più cari ciondoli, l'Omicidio

ti ballonzola allegro sull'orgoglioso ventre.

Torcia, vola al tuo lume la falena accecata,

crepita, arde e loda il fuoco onde soccombe!

Quando si china e spasima l'amante sull'amata,

pare un morente che carezzi la sua tomba.

Venga tu dall'inferno o dal cielo, che importa,

Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,

se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta

m'aprono a un Infinito che amo e non conosco?

Arcangelo o Sirena, da Satana o da Dio,

che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,

luce, profumo, musica, unico bene mio,

rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?”

Loki rilegge le ultime righe. Si versa un bicchiere di vino e lo sorseggia lentamente. Da quando è confinato in Asgard non fa che leggere e bere.

I suoi carcerieri non gli negano nulla. Persino la sprezzante Sif non può che guardarlo leggere e bere per ore e ore. Da quando è prigioniero, solo Thor ha avuto il permesso per entrare nelle sue stanze. Ora manca da diversi giorni. Se non ritorna entro il tramonto con le prove della sua innocenza, suo padre, no, non suo padre, Odino lo condannerà a morte. Quante volte ha già rischiato di morire nell’ultimo anno?

“Quando si china e spasima l’amante sull’amata, pare un morente che carezzi la sua tomba.”

Si alza e raggiunge la finestra. Ovviamente è chiusa. Non può sapere se davvero la giornata è calda e senza vento.

Tocca il vetro con un dito e l’aura gelida che si dipana dalla sua mano, lo raffredda  ricordandogli che lui non appartiene a quella landa calda e accogliente. Se non fosse cresciuto al sole di Asgard, la sua pelle sarebbe rimasta pallida e bluastra. Carezza la sua tomba, Loki.

Torna al libro, rilegge la poesia.

“Venga tu dall’inferno o dal cielo che importa se tu, fata di velluto, rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?” Sospira Loki e torna a sedersi. Sif gli rivolge uno sguardo severo.

“Spero che tu abbia finito il tuo libro, Loki, perché non ti resta molto tempo per farlo.” Loki sorride e suo malgrado, Sif lo trova bello.

“Non hai fiducia nel tuo principe quanta ne ho io, milady.”

“Stavolta neppure lo sconfinato affetto di Thor potrà salvarti!” La guerriera sparisce oltre l’ampio colonnato che perimetra il suo confino e lo lascia solo con i suoi pensieri. Anche se Thor dovesse convincere suo padre a non ucciderlo, che ne sarebbe comunque di lui? Fino a qualche tempo prima aveva un piano e i mezzi per realizzarlo. Dopo Ultron, invece, gli è rimasto solo un libro di poesie e una manciata d’ore per leggerlo un’ultima volta.

“Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri? Segue il Destino, docile come un cane, i tuoi panni; tu semini a casaccio le fortune e i disastri; e governi su tutto, e di nulla t'affanni.”

Loki stavolta ride di se stesso. Ha seminato davvero fortune e disastri e di nulla s’è mai dato affanno. Eppure non ha governato su niente e ha finito per seguire, docile come un cane, il Destino.

Chiude il libro e con un gesto a mezz’aria, disegna una figura. La donna prende forma davanti a sé. I suoi occhi azzurri e i suoi capelli biondi paiono veri. E’ bella come una delle antiche valchirie ma è solo frutto della sua magia. Non batte alcun cuore sotto quei seni rotondi, né l’alito della vita si agita nel suo collo sinuoso. Loki muove la stessa mano che l’ha creata ed essa svanisce. Un gesto di stizza che non ha premura di mostrare ad alcuno. I suoi rimorsi o rimpianti che siano devono giacere in fondo al suo cuore nero. Di certo non darà a nessuno dei suoi aguzzini pretesto per compatirlo. L’unica che amava su Asgard è morta per salvare Jane. Un altro torto che in fondo gli ha fatto Thor.

Il rumore della pesante porta di legno che si apre lo lascia immobile. Fandral e i suoi compagni sono sulla soglia.

“Avanti, principe, è giunta l’ora. Il tuo processo sta per iniziare.”

“Avrò addirittura un processo? Credevo avessero già pronunciato la sentenza da un pezzo!” Loki allarga le braccia e indossa la sua maschera più arrogante.

“Asgard ha le sue leggi.”

“Dovrebbe importarmene ora?”                                                                         

“In effetti, no. Il re di Asgard però le farà rispettare comunque.”

Loki si lascia incatenare polsi e caviglie. E’ umiliante? Non più che sottostare al giudizio di Odino. Si lascia condurre fino all’ampia sala del trono. Il padre degli dei impugna la sua lancia e lo guarda dall’alto del suo trono.

Tutte le famiglie più nobili di Asgard sono radunate in semicerchio attorno a lui. Loki applaude.

“Bello spettacolo avete messo in scena oggi. Mia madre ne sarebbe colpita.” Lo dice solo per ferire Odino, per riaprire lo squarcio mai sanato dalla morte di Frigga.

“Tua madre ha avuto la buona sorte di non assistere ai tuoi scempi.” Loki guarda il pavimento e sogghigna.

“Anche la sua morte vuoi imputare a me?”

“Non della sua morte sei responsabile ma di aver disonorato la sua vita, quanto fece per crescerti come figlio di Asgard.” Loki stringe i pugni e Sif estrae la sua lama.

“Io non sono figlio di Asgard. Tu commettesti l’errore di credere che una tigre potesse crescere in mezzo ai gatti.”

“Non osare!” urla Odino facendo battere la lancia sul marmo vivo. L’aria si carica di elettricità ma non per la furia del padre degli dei. Thor appare sull’uscio impugnando Mjolnir.

“Padre! Frena la tua collera e dimmi che sono giunto prima che su mio fratello cadano colpe non sue!” Loki si volta a guardare Thor, lo sguardo per la prima volta realmente smarrito.

“Sono invero poche le colpe che potrei non attribuire a Loki!”

“Eppure quella per cui vuoi condannarlo a morte, egli non l’ha commessa.” Thor avanza fino ad essere spalla contro spalla con Loki.  Prosegue poi fino ad inginocchiarsi innanzi ad Odino, tende una mano e lascia che suo padre l’afferri. In quel momento il ricordo di Thor che interroga l’umana chiamata Karen Miller compare nell’aria davanti a tutti. La donna sta ritta innanzi a Thor e parla con indifferenza.

“Loki mi ha parlato quando ero alla Stark tower. Mi ha detto che il suo scettro era fondamentale per fermare Ultron e io gli ho creduto. Ha aperto il bifrost per portarmi a Shangai. Mi ha detto cosa fare per recuperare lo scettro ma non era lì. Non fisicamente. Non so se questo basterà a tuo padre per risparmiargli la vita. Quando Ultron ha fatto irruzione nel laboratorio, Loki non era là. Credevo che, se mi fossi trovata in difficoltà, sarebbe venuto per me. Per salvarmi. Come sai, non l’ha fatto. Sarò lieta di sapere che tuo padre non ha cambiato parere e ha fatto eseguire la sentenza ma non sarà una delle mie bugie a far cadere la sua testa.”

L’immagine sparisce così com’era apparsa. Un mormorio si alza dalla folla dei presenti. Odino si alza in piedi e il brusio s’interrompe di colpo.

“Non so quale sentimento ti consenta d’insistere a voler considerare recuperabile la sorte di chi ti misi accanto come fratello. Forse hai ereditato la forza d’animo di tua madre, Thor. Ad ogni modo anche se è mio personale parere che egli non vedrà mai una vera redenzione, mi attengo alle leggi di Asgard e, poiché è provato che non ha violato il confino, non verrà giustiziato. Riportatelo alla prigione!”

Fandral si avvicina per afferrare le catene di Loki ma Thor le prende per primo. Sorride il dio del tuono e cerca il sollievo sul volto del fratello. Tutto ciò che trova è una maschera di cera carica d’astio. Una volta soli nelle stanze di Loki, Thor lo libera dalle catene e scarica la sua frustrazione.

“E’ questo il ringraziamento per averti salvato dal giudizio di nostro padre?”

“Non te lo avevo chiesto.”

“Pensavi che avrei lasciato che ti giustiziasse?”

“E perché no? Non era quello che desideravano tutti?”

“Nostra madre non lo avrebbe mai consentito.”

“E’ morta se mai lo avessi scordato!” Thor lo afferra per il bavero della camicia.

“Come potrei scordarlo? E’ proprio per questo che non posso accettare che un altro pezzo della mia famiglia mi venga strappato allo stesso modo.”

“Io non sono la tua famiglia.”

“Sì che lo sei. Non fingere che non t’importi. Puoi darla a bere a tutti ma non a me!”

“Ma fammi il piacere, Thor! Ho sempre disposto di te a mio piacimento!”

“Sì, come no! Come hai disposto di Karen, vero? Come facevi a sapere che si sarebbe risvegliata?” Loki stavolta incassa il colpo, abbassa lo sguardo e fa un passo indietro.

“Intuito.”

“Si è trattato molto più che d’intuito. So come Karen si è salvata da Ultron. E a salvarla sei stato tu!”

“Stai farneticando.” Loki da le spalle al fratello e si sistema i capelli.

“Quando hai finto di morire nello scontro contro Malekit, ti sei impossessato dell’aether, vero?”

“Non so di cosa tu stia parlando.”

“Loki, Karen ha gli stessi sintomi di Jane quando fu posseduta dall’aether. L’unico modo in cui Karen può essere entrata in contatto con l’aether è attraverso te.”

“Te lo ripeto. Non so di cosa tu stia parlando. Ora, dato che hai gentilmente ottenuto di farmi rinchiudere di nuovo qui, gradirei usufruire dell’unica cosa positiva della mia condizione.”

“E sarebbe?”

“L’isolamento, fratello.”

“Loki, hai capito cosa ho detto? Karen è nelle stesse condizioni in cui era Jane prima che la liberassimo dall’aether. Rischia di morire.” Loki si siede, prende la raccolta di Baudelaire e la apre ad una pagina specifica.

“Forse sei tu a non aver capito. La cosa non mi riguarda.”

“Loki, dannazione! Lei ha deciso di salvarti la vita. Non potresti almeno ricambiare il favore?”

“No. E comunque sarebbe impossibile. Karen è già morta. E’ l’aether a tenerla in vita. Se le sei affezionato non dovresti dirglielo, men che meno provare a salvarla. La uccideresti. Non ho altri consigli per proteggere colei cui non dispiacerebbe vedere la mia testa rotolare.” Lo sconforto di Thor è direttamente proporzionale all’indifferenza di Loki. Il dio del tuono lascia il fratello al suo agognato isolamento.

Rimasto solo, Loki legge a voce alta.

“Torcia, vola al tuo lume la falena accecata, crepita, arde e loda il fuoco onde soccombe!”

Il libro prende improvvisamente fuoco e Loki lo lancia nel vuoto. Può mentire a Thor, ai suoi guerrieri e persino ad Odino. Non può mentire a se stesso. L’immagine di Karen che esala l’ultimo respiro tra le sue braccia lo costringe a lasciarsi cadere lungo la parete, la testa fra le mani.

 

Karen si risveglia in una camera vuota fatta di vetro. La riconosce subito. E’ la camera speciale creata da Fury per contenere Hulk.

“Bruce, se mi senti, puoi venire a parlare con me e a dirmi che è successo? Perché sono rinchiusa qui?”

Una porta si apre e Bruce cammina fino alla camera di vetro.

“Mi dispiace, Karen ma la tua condizione impone prudenza. Se non ci fosse stato Thor, forse mi avresti ucciso. O forse Hulk ti avrebbe restituito la violenza che hai scagliato contro di me e sarei stato io ad ucciderti. In entrambi i casi è opportuno che qualcosa ci divida al momento.”

“Sono desolata, Banner.”

“Ho preparato la macchina per le radiazioni gamma. Vogliamo fare un altro tentativo?”

“Sì.”

“Sdraiati pure sul pavimento. Io penserò al resto.”

Karen si stende con le braccia lungo i fianchi. Non fa in tempo a chiudere gli occhi che una luce rossa si accende e una sirena suona in modo allarmante.

“Che succede Banner?”

“Intrusi.” Bruce la lascia sola mentre Karen si guarda intorno spaesata. Improvvisamente un sussulto. Silenzio e un altro sussulto ancora. Qualcosa colpisce la stanza di vetro senza mandarla in frantumi poi una nuvola di polvere impedisce a Karen di vedere cosa è entrato nel laboratorio. Lei crede che sia Hulk. E’ normale pensare che se degli intrusi sono penetrati nel laboratorio, Banner si sia trasformato per proteggerlo.

Eppure quando cala la polvere e una figura gigantesca emerge da essa, il colore del gigante non è il verde. La creatura, di una tonalità scura di blu, la guarda ansimando. Dalle sue labbra emerge uno sbuffo di fumo come se il suo alito fosse gelido. E abbigliato come un guerriero e lei non ha mai visto nulla di simile. La creatura solleva una specie di arma e Karen rimane immobile. E’ terrorizzata ma anche stavolta è come se il terrore non fosse un’emozione reale. L’avverte a malapena. Il colpo che segue non frantuma il vetro e costringe il gigante blu a colpire di nuovo la parete di materiale infrangibile.

Quando pare che stia per cedere, il gigante è tirato indietro da Hulk che ha già abbattuto diversi guerrieri vestiti come lui. Purtroppo per lui, pare che gli intrusi siano più del previsto. Uno di loro distrugge la camera di vetro e Karen si protegge il viso dalle schegge.

“Scappa!” è il grido di Hulk ma Karen sa che non può andare da nessuna parte. Nonostante ciò, il mostro davanti a lei finisce a terra colpito da qualcosa simile a un razzo o a un proiettile.

“Prego, tesoro! Non disturbarti a ringraziarmi!” Karen sa a chi appartiene quella voce e anche quella potenza di fuoco che adesso sta abbattendo i guerrieri blu uno ad uno.

“Stark!”

“Al vostro servizio, signora! Certo, se mi aveste avvisato che eri sveglia, sarei potuto venire con fiori e cioccolatini, si dice così, giusto? Ma a quanto pare non sono più tanto gradito da queste parti!”

Ora i guerrieri blu battono in ritirata e Hulk lascia il proprio posto a Banner.

“Grazie, Tony. Sei arrivato giusto in tempo.”

“Non certo perché mi hai chiamato tu!”

“Non cominciare.”

“Cominciare? Cominciare cosa?”

“La storia che ce l’abbiamo tutti con te. Sappi che non funziona.”

“Tu, tu ce l’hai con me, Banner. Forse Jarvis non ce l’ha con me e Clint. Capitan ghiacciolo sì, il bel fusto forse no e neanche Nat. No, Nat ce l’ha con me di sicuro.”

“Tony, calmati. Nessuno ce l’ha con te. Forse Steve. Magari Thor è un po’ risentito. Nulla che non si possa risolvere parlando.”

“Parlando? Non mi avete neppure fatto sapere che Karen si è svegliata!”

“Lo hai saputo. Altrimenti non saresti qui.”

“Me lo ha detto Jarvis. Cioè Jarvis si è collegato alla rete ospedaliera del tuo laboratorio e ha scoperto che i valori vitali di Karen erano cambiati. Ne ho dedotto che si fosse svegliata.”

“Tu stavi spiando il mio laboratorio?”

“Spiare è una parola grossa. Monitorando, stavo monitorando Karen.”

“Poi ti chiedi perché ce l’abbiamo con te?” Stark incrocia le braccia e ride.

“Quindi ce l’avete con me!”

“Tony, falla finita! Lo sai che intendo dire. Tu fai sempre quello che ti passa per la testa senza pensare alle conseguenze che le tue azioni possono avere sugli altri.”

“Non fare il melodrammatico, Banner. Vi ho salvati o no?”

Bruce si rilassa e mette entrambe le mani sui fianchi dichiarando la resa e sorridendo. Karen guarda il laboratorio pieno di macerie e pezzi di vetro. Uno strano senso di dejavù le dà una vertigine. Guarda il pavimento e rivede se stessa distesa in una pozza di sangue. Non le fa impressione ricordare la sua morte ma il fatto di non provare terrore nel ripensare a quel momento.

“Signorina Miller è ancora con noi?” Tony ha dismesso l’armatura e ora le si rivolge con un’espressione che è tutto programma.

“Venite, tutti e due. Andiamo di sotto. Non so bene chi fossero quelle creature ma è chiaro che qui non è più un posto sicuro, dobbiamo andarcene.”

“Andiamo alla Stark Tower. Lì Jarvis ha un ottimo sistema di difesa. Saremo al sicuro.”

“No. Fury è stato chiaro. Possiamo stare per conto nostro fino a che non si verifichino situazioni di emergenza e un’invasione aliena è esattamente ciò che io definisco un’emergenza. Andiamo alla base dello Shield.”

“Credi che lei sia più sicura lì? Perché non ci vuole un dottorato in fisica quantistica per capire che quei giganti di ghiaccio cercavano Karen.”

“Per questo sarà più al sicuro allo Shield.” Banner ne sembra certo.

“Allo Shield la chiuderanno in laboratorio!” insiste Stark ma Karen sa che non è reale preoccupazione per lei quella che emerge dalla sua voce quanto piuttosto fastidio per il fatto che non sarà lui a poter studiare quello che le è capitato e che Banner ancora non gli ha detto. Sa anche che il reale motivo per cui è capitato al laboratorio proprio nel mezzo dell’attacco di quei mostri è che deve aver scoperto che adesso ha qualcosa di diverso.

“Se sono io ad essere in pericolo, decido io cosa è meglio per me.” La voce di Karen risulta decisa al punto che i due uomini smettono di discutere.

“Allora parla, bambina, dove si va?”

“Da Steve.”  Tony ride.

“Alla fine, state sempre tutti dalla parte di capitan ghiacciolo!”

 

Nat lo ha saputo per prima. Dell’attacco al laboratorio di Bruce. Nonostante i suoi sentimenti contrastanti nei confronti del morigerato dottor Banner le suggeriscano continuamente di stargli quanto più lontano possibile, ha quasi costretto Clint a portarla subito all’ospedale.

Si è calmata solo quando ha saputo che sia Bruce che Karen e Tony stanno già raggiungendo la base operativa. Eppure proprio non capisce perché non riesce a liberarsi di quel sentimento che ormai è nato dentro di lei. Sa che ogni volta che ha provato a fidarsi di qualcuno in vita sua, è stata tradita. Sa anche che Bruce si considera una sorta di maledizione per le persone che frequenta e che, nonostante si sia aperta con lui più che con qualsiasi altro, lui ha deciso sempre e comunque di lasciarla e rifugiarsi dalla sua adorata Betty. Quel pensiero la manda in bestia. Il rumore del jet privato di Stark la scuote.

“Benvenuti, signori. Fury vi aspetta.”

“Non avevamo dubbi, mia bella!” Nat si volta e colpisce Stark al volto.

“Questo è per Ultron, bugiardo!”

“Visto? Vi avevo detto o no che era ancora un po’ risentita con me?” Tony incassa il colpo con la solita eleganza. Bruce invece sente il cazzotto anche se non l’ha ricevuto. Nat si comporta in quel modo soprattutto per come lui l’ha lasciata l’ultima volta. Andarsene era di per sé già una colpa grave ma farsi ritrovare a casa di Betty Ross è stato imperdonabile. Eppure la vedova nera fa l’indifferente. Gli ha dato persino un bacio quando è stata all’ospedale l’ultima volta. Per distrarsi da quei pensieri dà un’occhiata a Karen che non sembra né turbata per l’accaduto, né agitata per l’imminente incontro con tutti i suoi ex compagni. Chissà se lei ci sta pensando. Se sta pensando al fatto che dovrà incontrarli per la prima volta dopo che ha seguito Loki nel suo tentativo di recuperare il suo scettro.

Banner l’ha curata per più di un mese e ha avuto modo di razionalizzare le cose, Steve si è fatto guidare dall’affetto e Tony al momento pare più interessato al risvolto scientifico della sua resurrezione.

Diverso sarà l’atteggiamento di Thor, di Clint, di Nat e soprattutto di Fury. Le perdoneranno la sua collaborazione col dio degli inganni? Improbabile. Nessuna buona azione resta impunita, ha detto una volta Loki stesso.

Quando Nat li fa accomodare in una sala rotonda, Fury è già seduto al tavolo semicircolare. Thor è in piedi a braccia incrociate. Steve fa rotolare sul tavolo una pallina di gomma da una mano all’altra. Clint invece se ne sta seduto su uno sgabello in un angolo della stanza.

“Buongiorno a tutti, ai belli, ai brutti ma soprattutto agli arrabbiati dato che mi sembrano la maggior parte!”

“Non è il caso di scherzarci su, Stark. Sedetevi.” E’ la risposta di Fury che non ammette repliche. Karen sa che quell’ordine è soprattutto per lei e si accomoda proprio di fronte a Fury. Bruce la segue a ruota mentre Nat rimane sulla porta.

“Prendere tutto troppo sul serio non risolverà meglio la cosa.” Tony come al solito non accetta di farsi mettere alle corde.

“Risolverla in qualsiasi modo basterebbe, Stark, ed è quello che intendo fare con l’aiuto della dottoressa Miller proprio adesso.”

“Vacci piano, Fury, ha appena subito un’aggressione. Hai intenzione di mettere su un processo? Perché qui vedo il giudice,” dice Tony indicando Fury, “la giuria” indicando Clint, Nat e Steve “ e l’accusa,” indicando Thor “ma a questo punto difenderò io l’imputata.”

“Nessuno vuole fare un processo a Karen.” La voce di Steve non suona particolarmente sincera. “E ti ricordo che sei stato tu a dire che ci aveva traditi per passare dalla parte di Loki.” Karen guarda Tony con un ghigno sulle labbra.

“Tradito?”

“Non ho mai usato questa parola, cara. Ho sempre sostenuto che Loki ti avesse plagiata!” Karen si ferma a soppesare le parole del miliardario. E’ davvero così? Loki l’ha usata per raggiungere i suoi scopi? Niente di autentico è accaduto fra loro?

“Concentriamoci sulle cose importanti. Cosa è successo al laboratorio?” Anche Fury vuole sapere solo questo. Sono tutti interessati a conoscere la verità sull’eventuale coinvolgimento di Loki.

“Me lo ha già chiesto Thor e gli ho risposto. Quando Ultron mi ha sparato, Loki non era là. Non avete pensato che se ci fosse stato si sarebbe portato via lo scettro?”

“E combattere contro Ultron? Il vigliacco ha mandato te ma non si sarebbe mai cimentato in uno scontro diretto con un simile avversario!” Steve è risoluto.

“Non capisco a cosa serve tutto questo. Abbiamo già appurato che Loki non è mai stato fisicamente al laboratorio.” Picca tutti, seccato, Thor.

“Ci sono le sue immagini sullo schermo.” Steve si alza, è nervoso.

“Per quello potrei avere io la spiegazione.” Bruce si sfila gli occhiali. “Credo che le telecamere abbiano registrato una sorta di impronta di Loki. Il segno lasciato dalla sua magia. E’ una teoria che ho elaborato mentre Karen era in coma. Ritengo che, alla luce di quanto Thor sta per dirvi, sia stato Loki a ‘cambiare’ Karen e il segno di questo sortilegio sia stato registrato dai sensori del laboratorio.” Tutti adesso guardano Thor.

“Devo dirlo davanti a lei?” Karen rimane spiazzata ancora una volta dalla sensibilità del dio asgardiano. In effetti Thor è tanto ingenuo quanto Loki è smaliziato. Sono davvero cresciuti assieme?

“Parla, Thor. Se mi riguarda, devo sapere.”

“So quello che ti è successo. E’ già capitato a Jane. Di entrare in contatto con l’aether. E’ una delle gemme dell’infinito ma assume forma fluida. Credevamo di averla messa al sicuro ma di sicuro a questo punto c’è solo che l’aveva Loki. E’ l’unico del mio mondo che è entrato in contatto con l’aether e che può averlo trasmesso a te.”

“E, ammesso che lo abbia fatto, è questo che mi ha riportata in vita?” Karen lo chiede di getto.

“Rispondo io alla domanda. Sì. Se può mantenerti in vita in via definitiva? Non lo so. C’è solo una persona a cui possiamo fare questa domanda.” Bruce infila di nuovo gli occhiali, consapevole di aver toccato il tasto dolente per tutti.

“E’ pericolosa?” Fury si rivolge a Thor direttamente consapevole che questa è l’unica altra domanda a non essere ancora stata posta.

“Per rispondere alla tua domanda, Banner, Loki dice che l’aether è l’unica cosa che può tenere in vita Karen. E per rispondere alla tua, Fury, l’aether ha un potere immenso e, a quanto ne so, è indistruttibile.”

“Allora giochiamo col fuoco, stavolta!” fa Tony addentando una mela presa dal centrotavola.

“Aspetta un attimo, Thor, che significa ‘Loki dice’? Gli hai parlato?” Karen incalza il dio.

“Ieri.”

“E ti ha spiegato perché lo ha fatto?” La voce della ragazza non esprime nessuna emozione.

“Non parla. Mio padre lo ha rinchiuso nuovamente e non fa altro che leggere i suoi maledetti libri. Mi ha solo intimato di non provare a separarti dall’aether perché moriresti. Non ho motivo di ritenere che menta su questo.”

“Insomma, Karen è come Jarvis adesso? Un’incarnazione di una delle pietre dell’infinito!” Tony sembra entusiasta e Bruce ha l’impressione che la guardi come guardava il primo prototipo di Ultron.

“Se le cose stanno così, signorina Miller, da questo momento lei resterà qui. Non possiamo consentire che un’arma tanto pericolosa se ne vada in giro per New York.”

“Visto, Banner? Che ti avevo detto?” esclama Stark allargando le braccia.

“Fury, ti ricordo che Karen è una persona!” Fa Steve alzandosi. Il comandante dello Shield si rivolge direttamente a Thor.

“Non hai risposto alla mia domanda, Thor. Lei” dice indicando Karen “è pericolosa?” Il dio guarda il pavimento e poi Steve e poi ancora il pavimento. E’ evidente che vorrebbe essere in qualsiasi altra parte dell’universo tranne che in quella stanza. Karen mette le mani ben piantate sul tavolo e si alza.

“Non c’è bisogno che risponda Thor. Il solo fatto che Bruce mi abbia considerata un pericolo e che Loki abbia suggerito al fratello di non tentare di separarmi dall’aether indicano esattamente la stessa cosa: io sono pericolosa. Rimarrò volentieri qui ma non accetterò di essere sottoposta ad alcun genere di esperimento. Se mi obbligherete, scopriremo davvero se sono pericolosa.” Fury sorride amaramente.

“Dobbiamo ringraziare Loki anche per questo, temo. Agente Romanov, accompagna la signorina Miller nel suo nuovo alloggio.” Karen si volta senza guardare nessuno ma, prima di lasciare la stanza, si volta e si rivolge a Fury.

“Se non ricordo male, mi hai assegnato tu l’incarico di studiare lo scettro di Loki e di carpirgli informazioni. Hai lasciato che lo avvicinassi per sapere qualcosa di più sui suoi piani. Quando ho avuto a che fare con Loki almeno sapevo di avere a che fare col dio degli inganni.” Non appena la porta si chiude dietro Karen, nella stanza si scatena l’inferno.

“Che la ragazza avesse carattere si sapeva, ma stavolta ha dato il meglio di sé! Non è una che la manda a dire, vero Fury?”

“Stark, abbi il buongusto di stare zitto. Sai bene che tutto questo è necessario!”

“Era necessario rinchiuderla?” chiede Rogers.

“E’ più prudente per tutti.” Ammette Banner.

“Prudente per chi?” Insiste Stark “Jarvis incarna la gemma della conoscenza e non mi sembra che sia pericoloso. Anzi! Ha adoperato più volte il potere della gemma a nostro favore. Perché Karen non può fare altrettanto?”

“Il potere dell’aether è malvagio. E’ stato creato per oscurare la luce nei Mondi.” Si sente di dover aggiungere Thor.

“Non è questo il punto.” La voce di Burton fa girare tutti nella sua direzione. Quando Occhio di falco è certo che tutti gli stiano prestando la massima attenzione, continua. “Il punto è che a dare l’aether a Karen è stato Loki. Dobbiamo credere che lo abbia fatto per salvarle la vita? Sono certo che il suo scopo è un altro. Non credo che la vita di Karen gli interessi davvero. Non dimenticate che l’ha usata per fuggire dai laboratori.”

“Si ma ci è anche ritornato nei laboratori.” La voce di Bruce ha un’inclinazione più decisa del solito.

“Che stai cercando di dire, professore?” chiede Fury diretto. Bruce si sfila gli occhiali.

“Che Loki nutre un certo interesse nei confronti di Karen. E’ vero che l’ha ingannata per uscire dalla sua prigione dello Shield ma si è fatto trovare al suo posto quando la scoperta della sua fuga avrebbe messo Karen in difficoltà. Poi è senz’altro vero che l’ha mandata a Shangai per riprendere lo scettro ma l’ha riportata in vita. Perché lo avrebbe fatto?” Thor stringe un pugno.

“Loki ha tante colpe ma credo che sia rimasto colpito dalla morte di Karen. Sinceramente!”

“Non userei la parola ‘sinceramente’ con riferimento a Loki neppure sotto tortura!” alza la voce Steve che comincia a stancarsi dell’intera conversazione.

“A quanto pare, hai un avversario in amore, caro capitano!” ridacchia Stark.

“Loki è una bestia, un assassino, è incapace di amare!”

“Bada a come parli, Rogers! E’ sempre mio fratello!”

“Se te ne senti responsabile, allora fa in modo di mantenere la promessa che mi hai già fatto!”

“Mantengo la parola data, capitano!”

“Vi ricordo che state litigando per colpa di Fury!” Tony si diverte a gettare benzina sul fuoco.

“Stiamo litigando per colpa di Loki!” Chiarisce Steve.

“Secondo Karen è lo stesso!” Alle parole di Tony, Fury sogghigna.

“Tony, ora basta! Cerchiamo di darci tutti una calmata. State dimenticando che delle creature aliene hanno distrutto il mio laboratorio.” Banner cerca disperatamente di fare ordine.

“A tal proposito” interviene Fury “Thor ha riconosciuto quelle creature.” Thor si rabbuia ma sputa comunque il rospo.

“Ad attaccarvi sono stati i figli dei giganti di ghiaccio.”

“Giganti di ghiaccio?” Chiede Steve.

“Sono gli abitanti di Jothuneim.”

“Dove ho già sentito questo nome?” fa Tony sorridendo maliziosamente.

“E’ il luogo natio del nostro affezionatissimo Loki.” Nessuno controbatte più e Fury ottiene di avere l’ultima parola.


NdA:
Buonasera a tutti.
Eccomi qui a presentare questa impresa.
Ed è davvero un'impresa, almeno per la sottoscritta.
Questa storia nasce dal mio amore viscerale per Loki e doveva essere una minilong. Per questo parte dagli eventi di Age of Ultron e non dal famigerato principio.
Scrivendo è diventato un poema e ha finito di coinvolgere nella storia di Loki e Karen tutti i personaggi dei MCU.
Chiedo scusa sin da subito se alcune premesse (soprattutto quelle che riguardano le gemme dell'infinito) sembreranno un po' astruse ai più esperti di voi.
A mia discolpa posso dire che alcune parti sono state scritte prima di Infinity War.
Posso solo dire che amo e rispetto questi personaggi alla follia, pertanto spero di aver reso un buon servizio ad ognuno di loro e di averli mantenuti, nei limiti del possibile IC.
Buona lettura e grazie a tutti per essere arrivati sin qui.
Mary.

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Capitolo 3
*** Ritorni ***


Capitolo III
Ritorni


Quando Karen entra nella sua nuova stanza e Nat se ne va, crede di essere sola. La voce gioiosa di Jane che le arriva alle spalle, invece, fa da preludio ad un abbraccio.

“Karen, non sai che felicità vederti sana e salva!” Karen ricambia la stretta sincera.

“Jane, non sai quanto è bello vedere una faccia amica. Sei ancora mia amica, vero?” Jane prima fa una faccia seria poi scoppia a ridere.

“Ma certo! Vieni a sederti sul letto con me. Raccontami com’è successo che sei stata contaminata dall’aether.”

“Jane, credimi, non lo so.”

“Se non ti va di parlare, dimmelo. Lo capirei.”

“Invece ho bisogno di parlare ma, in realtà, non so  bene cosa dire.”

“Raccontami la storia, allora!”

“Prima che Ultron si ribellasse a Stark, io ho ricevuto una visita di Loki. In realtà era solo una delle sue proiezioni astrali. Mi ha riferito di essere ancora prigioniero su Asgard. Mi ha detto che il piano di Stark di creare una specie di intelligenza artificiale usando la magia del suo scettro avrebbe avuto pessime conseguenze. Non gli ho creduto. Non è più tornato a trovarmi. Ammetto che mi mancavano le nostre chiacchierate dei tempi al laboratorio anche se ormai sapevo che avevano, come dire, un secondo fine. Quando Ultron ha palesato le sue reali intenzioni, è tornato da me. Stavolta non ho faticato a credere al fatto che recuperare lo scettro fosse la cosa migliore da fare. Lui non poteva farlo e lo ha chiesto a me. Credeva che fossi l’unica che gli avrebbe dato ascolto.”

“E, almeno su questo, aveva ragione.” Conferma Jane.

“Per questo l’ho assecondato. Ha detto che nella sua forma astrale mi avrebbe comunque aiutata e, devo dire, l’ha fatto. Ha usato la sua magia per aprire le porte e distrarre le guardie di Ultron.”

“E poi?”

“Poi si è scatenato l’inferno. Ultron è arrivato prima del previsto e ha ucciso la dottoressa Cho. Ha preso lo scettro e mi ha sparato. Non ricordo altro se non l’esplosione che mi ha scaraventata in aria e poi di nuovo a terra.”

“Quindi non hai visto Loki nel laboratorio?”

“Lui non era lì, Jane. L’ ho già detto.”

“Invece sì. Ha messo l’aether dentro di te e ti ha riportata in vita.”

“Ha detto di non poter lasciare Asgard. Ha mentito come suo solito?”

“Non so come ha fatto ma Thor ha detto che la tua testimonianza gli ha salvato la vita.”

“Peccato!”

“Non dici sul serio, Karen.”

“Invece sì! Per colpa di questa cosa che mi ha messo dentro ora io non provo più niente. Niente felicità o tristezza, solo rabbia.”

“Strano, non è l’effetto che ha fatto a me, anche se l’aether assorbiva la mia energia vitale.”

“Nel mio caso non c’era più niente da assorbire.”

“Non dire così.” Jane le mette una mano sulla spalla. In quel momento la porta si apre ancora e Thor entra di gran lena.

“Thor! Che succede?” Jane è sempre molto ansiosa quando si parla del suo asgardiano preferito.

“E’ di nuovo colpa di Loki! Questa cosa comincia a diventare ridicolmente noiosa!”

“Cosa è colpa di Loki? Calmati!” Karen li guarda e li trova dolcissimi anche se stanno discutendo.

“Il laboratorio di Banner. Sono stati i giganti di ghiaccio ad attaccarlo.”

“E questo come sarebbe colpa di Loki? Lui non è ad Asgard?”

“I figli dei giganti di ghiaccio sono gli abitanti di Jothuneim. Sono il popolo di Loki. Questa volta mio padre lo farà uccidere.” Karen si alza dal letto.

“Lui non ha contatti con Jothuneim. Che c’entra lui se il suo popolo decide di attaccare Midgard?” Jane e Thor la guardano perplessi. Improvvisamente si chiede se è per il fatto che ha chiamato  il suo pianeta alla maniera degli Asi o se per quello di aver speso un paio di parole in favore di Loki. “Che c’è? Sto solo dicendo che le due cose non sono necessariamente collegate. Anche se da Loki ci si può aspettare di tutto.”

“Karen sono qui per chiederti una cosa.” Thor appare serio e sembra voler misurare le parole, il che non è da lui.

“Parla.”

“C’è una sola persona che può spiegarci cosa è preso improvvisamente agli abitanti di Jothuneim.”

“Stai parlando di Loki, giusto?” Thor annuisce. “Inoltre lui è l’unico che possa risolvere la tua questione. L’aether è instabile.”

“Che c’è da risolvere? Sono morta. E’ solo il trucco di Loki a mantenermi in vita. Ammesso che possa ritenermi viva dato che non provo più alcuna emozione.”

“Allora ho il tuo permesso di chiedere di coinvolgere Loki?” Karen sospira.

“Sei un dio, non devi chiedere il mio permesso. Forse però dovrai informare Fury.”

“Per me è più importante avere il tuo consenso che quello di Fury.” Stavolta sorride confidente del suo potere.

“Thor, dimmi una cosa.”

“Chiedi pure.”

“Vuoi riportarlo sulla Terra perché temi che tuo padre esegua una sentenza di morte?” Il dio del fulmine si inquieta subito.

“Anche.”

“Allora sentiti libero di fare ciò che meglio credi. Ti ho già detto che non voglio la sua vita sulla coscienza.”

Jane l’abbraccia e Thor le lascia sole.

 

Si è pentito di aver bruciato la raccolta di poesie di Baudelaire.

L’aveva rubata a Karen. Sfogliare quelle pagine gli dava la sensazione di sentire il suo profumo.

Struggersi per qualcosa che non sia il potere è una nuova sensazione per Loki.

Certo, potrebbe materializzare il libro dal nulla ma non sarebbe lo stesso libro, quello che leggeva lei.

Sif entra nella stanza senza chiedere permesso. Del resto è la sua carceriera.

“Te la sei cavata ancora una volta!” Ghigna mentre appoggia il vassoio con la sua cena su un tavolino d’avorio.

“Non mancheranno altre occasioni, sta tranquilla!”

“Non uscirai mai più dal confino, se lo credi, sei un illuso!”

“Io creo illusioni, nobile Sif, se vogliamo sono il principe di coloro che s’illudono.”

“Almeno sei principe di qualcosa. Non di persone comunque. Anche se hai avuto salva la vita, nessuno ti ama!” Loki sorride ma la sua maschera stavolta non è perfetta come sempre. Sif esita. In fondo lo conosce da quanto? E’ sempre stato malvagio o la gelosia lo ha reso schiavo? “Scusami.” Loki si riprende da quel passo falso e scuote le spalle.

“Ognuno vive la sua verità.”

“Hai l’amore di Thor e anche la regina Frigga ti amava.”

“Frigga è morta e Thor ama tutti.” La sua parte più crudele sta per aggiungere un ‘tranne te’ ma stavolta la trattiene. Peccato che Sif riesca a capire lo stesso.

“Tranne me. Dillo avanti!” Loki si alza e la raggiunge. Quando è ad un passo dal fronteggiarla si ferma e le sfiora una ciocca di capelli.

“Sarai la donna più fortunata tra tutti i mondi se quella capra del mio fratellastro non  appesterà i tuoi giorni futuri con la sua stupidità. Sarai meglio servita da un degno cavaliere di Asgard, uno che abbia un briciolo di cervello oltre ad una montagna di muscoli. Credimi, ti stancheresti di Thor dopo pochi giorni di matrimonio e malediresti il giorno in cui ti sei battuta per difenderlo. Finiresti per bussare alla mia porta perché ti confezioni un inganno su misura!” Sif non riesce a trattenere un sorriso.

“Se avessi un briciolo dell’integrità di Thor e della sua generosità, saresti stato un grande re di Asgard. E ogni donna avrebbe lottato per essere la tua regina.”

“Ma io non sono figlio di Odino. Il mio cuore è freddo come la terra sulla quale sono nato, Sif. Nessuna donna al mondo vorrebbe essere la regina di una landa inospitale quanto Jothuneim.” Sif guarda il pavimento e si allontana.

“Hai mai amato, Loki? Tua madre, tuo fratello, una donna qualsiasi?”

“Te l’ho già detto, Sif, il mio cuore è freddo. A malapena batte. Non essere ridicola.” Sif lascia le sue stanze con l’espressione dura che aveva quando è entrata. Se per un momento ha provato qualcosa per lui che non fosse odio, quell’emozione è evaporata come neve al sole.

 

“E’ fuori discussione!” Le urla di Capitan America sono incontenibili. Banner continua a camminare avanti e indietro. Burton lo sta spalleggiando e Nat continua a chiedere a Fury di far ragionare Thor.

“Loki è l’unico a sapere cosa sta succedendo a Karen e non potremo mai sapere se c’è lui dietro l’attacco del popolo di Jothuneim. Vi prego di ragionare.”

“No! Non esporremo di nuovo Karen alla sua influenza.” Ribadisce Rogers.

“Se è per questo, Karen ha già dato il suo parere favorevole!” Steve pare esitare un attimo, poi ricomincia.

“Ho detto che è fuori discussione!”

“Mister stelle e strisce non puoi decidere per tutti!” interviene Stark che non perde occasione di colpire col suo sarcasmo.

“Non ti ci mettere pure tu!”

“Sarò morto prima che collabori con quel mostro!” esclama Clint.

“Non dobbiamo collaborare con lui. Dobbiamo solo farci dare informazioni.” Thor si sta sforzando di seguire i consigli di Jane sulla diplomazia ma la sua pazienza sta per esaurirsi.

“Non puoi ottenere quelle informazioni su Asgard? Che bisogno c’è di portarlo qui?” chiede ancora Clint. Per fortuna Bruce accorre in suo soccorso.

“Dovrebbe portare Karen su Asgard e non credo che Fury accetti di perdere il controllo su una delle gemme dell’infinito. In più qui avremmo la forza di soggiogare Loki se ci tradisse, su Asgard ci sarebbe il solo Thor a fermarlo. Potrebbe scappare con l’aether.” Thor si rincuora.

“Giusto! Sarà solo per il tempo necessario!”

“Stai venendo meno alla tua promessa.” Steve tenta un’ultima resistenza.

“Allora facciamola finita e mettiamola ai voti. Fury non conta, dobbiamo decidere noi.” Nat è stufa di questa discussione e vuole che termini al più presto. Fury interroga tutti.

“Capitano?”

“Contrario.”

“Banner?”

“Favorevole.”

“Burton?”

“Contrario.”

“Romanov?”

“Contraria.”

“Thor?”

“Favorevole.”

“Stark?”

“Favorevole.” Steve lancia lontano un portacenere che si schianta nella parete opposta.

“Oh, avanti, Stark! Quel bastardo ti ha distrutto la Stark Tower e ti ha quasi ucciso!”

“Capitano, mi dispiace ma penso che la conoscenza di Loki ci sarà utile. E poi il nemico del mio nemico è mio amico!”

“Cosa c’entra questo?”

“Nulla ma faceva figo dirlo!”

“E comunque siamo in parità. Non possiamo decidere in questo modo.” Esclama Rogers.

“Manca ancora un voto.” Esclama Stark.

“Fury non conta, avevamo detto!”

“Non mi riferivo a Fury!” Dice Stark accendendo il suo trasmettitore da polso “Jervis, mi ricevi?”

“Sì, signore.”

“Bene, allora dì la tua, credo che tu ne abbia tutto il diritto dopo il modo in cui hai combattuto al nostro fianco a Sokovia.”

“Io, signore?”

“Certo, Jarvis. I nostri amici non vedono l’ora di sentire il tuo voto.”

“Beh, signore, io direi favorevole.”

“Perfetto, Jarvis. Vuoi motivare la tua decisione?”

“Se lo ritiene, signore, dirò che, analizzando le conoscenze di Loki in mio possesso, il suo comportamento indica un attaccamento alla persona della dottoressa Miller inusuale per la sua normale condotta. Inoltre il fatto che abbia deliberatamente scelto di separarsi spontaneamente da un oggetto tanto potente, rende improbabile che voglia rientrarne in possesso a discapito della dottoressa. Una valutazione puntuale dei rischi mi porta a credere che la probabilità che Loki produca più danno partecipando alla nostra missione di quanto non lo possa fare venendone estromesso è del cinque per cento.”

“Grazie, Jarvis. Sentito? Solo il cinque per cento. E Jarvis è uno che se ne intende. E’ stato potenziato con la gemma della conoscenza. Qualcosa varrà!”

“E’ deciso. Thor, porta qui Loki. Sappi però che se lo riterrò una minaccia, lo eliminerò con tutta la potenza di fuoco di cui dispongo.” Afferma Fury.

“Intesi.”

Thor si dilegua e Steve lascia la stanza un attimo dopo. E’ giunto il momento per lui di affrontare Karen.

 

Ci sta provando da un po’.

Allarga il palmo della mano per vedere se riesce a far comparire quel fluido nero che Bruce dice che è in grado di generare quando non è cosciente.

Non accade nulla.

Sente la rabbia montare sempre più. Da quando si è risvegliata è l’unica sensazione che riesce a provare in forma vivida, quasi tangibile. Per il resto è come se fosse caduta in una sorta di apatia. Si alza e raggiunge lo specchio del bagno. Si guarda come a cercare un segno che la mostri diversa rispetto a come ricorda di essere ma tutto nella forma del suo volto, dei suoi occhi, del suo naso, delle sue labbra e delle sue minuscole orecchie è identico a com’era.

Un rumore la scuote. La porta della sua camera. Va ad aprire e si sforza di sorridere. Tra tutte le persone che ci sono al mondo, l’ultima che merita di essere maltrattata è Steve Rogers.

“Posso parlarti, Karen?”

“Vieni, entra.” Si scosta dall’ingresso e lascia che Steve entri nella stanza arredata in modo minimale ma confortevole.

“Apprezzo che tu abbia deciso di rimanere.” Lo dice in un tono che sembra caricare la frase di ufficialità. Non è quello che pensa davvero. Forse la vecchia Karen si sarebbe sforzata di fare in modo che Steve fosse talmente a suo agio da abbassare lo scudo invisibile che porta anche quando dismette quello di vibranio ma che è altrettanto impenetrabile. La Karen che è risorta dalla materia oscura di Loki tuttavia, non è affatto paziente.

“Perché invece di girarci intorno,  non me lo chiedi direttamente anche tu? Sarai sorpreso di scoprire che la risposta è sempre la stessa: Loki non era nel laboratorio quando Ultron lo ha fatto saltare.”

“Non era questo che volevo chiederti ma dato che hai tirato fuori l’argomento, mi sento di dirti che il fatto che non fosse fisicamente lì ma che fosse presente nella sua forma astrale, ai miei occhi non cambia molto. Ti ha esposto ad un rischio mortale e il fatto che ti abbia salvata con questa cosa, l’aether, non mi sembra una soluzione.” Karen si sente sempre più arrabbiata. Cosa sta dicendo Steve? Che sarebbe stato meglio che fosse rimasta morta?

“Non credere che mi faccia piacere essere in questo stato. Essere un pericolo per tutti.”

“Sembri diversa, Karen. E’ questo che mi spaventa di più.” Stavolta le parole di Steve descrivono il suo reale stato d’animo. E’ sinceramente amareggiato.

“Purtroppo non è solo la tua impressione, Steve. E’ davvero come se non fossi più io e, sinceramente, fa paura anche a me.”

“Io sono qui, Karen. Se hai ancora bisogno di me dopo quello che è successo. Sappi che non consentirò a nessuno di forzarti a fare ciò che non vuoi.”

“Te ne sono grata. Credo di avere bisogno d’aiuto come mai prima d’ora. Solo non so cosa potresti fare per aiutarmi, Steve.”

“Qualsiasi cosa.” La sua voce è rotta dall’emozione.

“Mi dispiace che tu sia stato in pena per me. Bruce mi ha detto che sei venuto spesso in ospedale. Contrariamente agli altri.”

“Che avrei dovuto fare? Abbandonarti? Ho confidato che ti svegliassi e che, magari allora, avresti potuto darmi una spiegazione.”

“Una spiegazione per cosa?”

“Per aver aiutato Loki.” Ecco il punto.

“Credevo che stessimo dalla stessa parte.” Ecco il punto.

“Come facevamo ad essere dalla stessa parte io e Loki?”

“Tu hai tentato diverse volte di fermare Stark durante la costruzione di Ultron. Loki voleva la stessa cosa.”

“Erano le nostre motivazioni ad essere totalmente differenti!”

“Invece no!” Stavolta è Karen ad alzare la voce. “Loki credeva che non fosse giusto dare ad una macchina sentimenti e valori umani. Diceva che mentre la conoscenza delle macchine umane è statica e viene dal cervello degli uomini, quella delle persone è un fluire continuo e viene dall’anima. Non era quello che in altri termini dicevi anche tu? Che una macchina non potrà mai pensare come una persona? Che una macchina non potrà mai decidere con coscienza e giudicare l’amico e il nemico?”

“Karen, Loki è un assassino!”

“Lo so!” Grida lei “Ma è anche più di questo! E’ uno scienziato, uno storico, un alchimista.”

“Un bugiardo e un cialtrone! Non mi convincerai mai che, seppure per un momento, siamo stati dalla stessa parte.”

“Cosa vuoi allora, Steve? Che ti dica che mi dispiace?”

“Sarebbe un inizio. Non ti sei scusata con nessuno di noi per aver provato a restituire a Loki la sua arma migliore.”

“Ho pagato con la mia vita i miei errori. Non credi sia abbastanza? Credimi, Steve, ho agito seguendo i miei sentimenti. Non intendevo fare male a nessuno. Magari aiutare. E non sono pronta ad essere giudicata in questo momento.”

“Io non voglio giudicarti, Karen. Voglio che tutto torni com’era prima.” La mano di Steve è sempre stata così grande intorno alla sua? Ritira la propria e se la stringe al petto.

“Steve, so che ti aspetti maggiore confidenza tra noi perché prima della faccenda di Loki passavamo molto tempo assieme ma adesso io faccio fatica a provare emozioni, figuriamoci a comprenderle. Non sono più la stessa persona. Potrai accettarlo?”

“Posso senz’altro provare.”

“Grazie, Steve.”

“Karen, forse non lo sai ancora ma Thor riporterà qui Loki. Se la cosa in qualche modo ti disturba, io ti porterò via.”

“Fury non lo permetterebbe.”

“A Fury penso io.”

“Non ora. Penso di potercela fare.”

“Ok. Sappi solo che sono qui.”

Steve esce dalla stanza e Karen rimane sola. Rivedere Loki. Ha detto a Steve che non ha problemi con questo ma è la verità?

 

“Quale parte del mio ragionamento ti è sfuggita quando ho detto che è l’isolamento la parte migliore della mia attuale condizione, fratello?” Loki parla senza neppure guardare Thor.

“E se ti dicessi che non sei condannato per forza a questo?” Loki solleva lo sguardo dal libro sulle rune antiche che conosce a memoria.

“Hai la mia attenzione.”

“Sto per darti un’informazione che riguarda un evento accaduto a Midgard.”

“E come ha a che fare con la mia liberazione?”

“Non ho mai detto che ti avrei liberato.”

“Allora non m’interessa. L’ultima volta che ci siamo alleati è finita molto male. Per me.”

“Loki, i giganti di ghiaccio hanno attaccato il laboratorio di Bruce Banner, te lo ricordi?”

“Così presto?” Loki lascia il libro e si alza. Unisce le mani dietro la schiena e raggiunge la finestra.

“Maledizione, Loki! Che significa ‘così presto’? Ci sei tu dietro questa cosa? Sappi che Karen è salva solo grazie all’intervento di Iron man!” Loki sospira e poi si volta a guardare Thor negli occhi.

“Cosa vuoi da me?”

“Li hai aizzati tu? Come facesti la prima volta con Asgard?”

“Cosa vuoi da me?” La domanda ha la stessa inflessione di prima.

“Voglio sapere cosa ha scatenato quest’aggressione. Voglio il tuo aiuto.”

“E io rivoglio la mia libertà.”

“Non posso concederti qualcosa che non sta a me darti.”

“Rivoglio la mia libertà quando ti avrò aiutato a evitare una guerra tra Midgard e Jothuneim.”

“Forse Odino ti concederà il perdono se ti rivelerai generoso per una volta.”

“Non m’interessa il perdono di Odino. Non voglio essere libero su Asgard, non è la mia casa.”

“Gli umani non accetteranno che tu viva su Midgard.”

“Voglio essere libero di tornare nel mio regno.”

“Tu vuoi tornare su Jothuneim?”

“E’ esatto.”

“Non hai altre mire?”

“Giuro sulle rune antiche che non ne ho.”

“Se stavolta mi tradisci, se ci sei tu dietro tutto questo, sarò io stesso a dire a mio padre di condannarti a morte.”

“Ti mostrerò la mia buona fede dicendoti subito la verità. Sono stato io a provocare l’attacco dei giganti di ghiaccio.” A Thor, Loki non è mai sembrato così serio.

“Perché! Perché Loki?”

“Non ho avuto scelta. Se vuoi altre informazioni, dovrai scendere a patti con me.” Thor lancia lontano una sedia.

“Se torno sulla Terra dicendo che sei stato tu a causare tutto questo, ti uccideranno loro.”

“E tu lasciali liberi di farlo. Prima però dovranno ascoltare cosa ho da dire.” Thor stringe i pugni e accetta la realtà dei fatti. Per quanto si sforzi, Loki è sempre un passo avanti a lui.

“Dovrai indossare catene e bavaglio. Sono le condizioni dello Shield. Non si fidano di te.” Loki sogghigna e allunga i polsi verso Thor. “Heimdall, apri il bifrost. Portaci sulla Terra.”

Una luce accecante li avvolge e il ponte dell’arcobaleno li proietta fra le stelle.

 

Ormai ha capito che tutti i suoi sensi sono acuiti. Vista, udito, olfatto e tatto. Persino il gusto è diverso. I sapori sono tutti più intensi. Il caffè che ha appena bevuto era davvero amaro. Poi c’è l’intuito. Anche questo sesto senso è molto migliorato al punto che percepisce il bifrost aprirsi prima che la luce illumini la terrazza dello Shield.

Dal balconcino della sua stanza distingue le figure di Fury, Tony e Steve che salutano Thor e quella del dio che tiene le catene della figura longilinea che lo segue.

Esce dalla sua stanza e raggiunge di nascosto la sala riunioni. E’ diventata anche più agile. Si appiattisce dietro ad un angolo e li lascia sfilare mentre conducono l’ospite indesiderato nel laboratorio di Tony. Loki cammina con lo sguardo, altero, dritto davanti a se. Non si chiede il perché del bavaglio oltre alle catene. Sa che temono la lingua di Loki più delle sue azioni. La voce di Jarvis la sorprende alle spalle.

“Posso aiutarla, signorina Miller?” lei si volta e sobbalza. Non si è ancora abituata alla sua nuova forma fisica.”

“Jarvis! O devo chiamarti Visione? Jane mi ha raccontato la storia.”

“Io preferisco Jarvis, è meno formale. Mi piace pensare che Visione sia il mio nome di battaglia.”

“Jarvis è meglio, sì.”

“Allora, posso aiutarla?”

“No. Stavo solo curiosando.”

“Non sta bene spiare o origliare.”

“Volevo solo capire cosa sta succedendo. E’ probabile che stiano parlando di me là dentro.” Jarvis si gratta il mento.

“In questo caso è diverso. Non sta bene neppure parlare degli assenti.”

“Grazie per la solidarietà, Jarvis.”

“Di nulla. Da quello che vedo, noi due, signorina Miller, siamo simili.”

“Ti riferisci all’aether?”

“Corretto.”

“Non so se siamo simili. Ti senti posseduto dal potere della pietra?”

“Non direi, no. Mi sento completato dal suo potere.”

“Dev’essere una bella sensazione. Io non mi sento affatto così. E’ come se questa cosa mi stesse scavando dentro.”

“All’inizio non capivo se era ancora la mia matrice a controllare la pietra o se era la gemma ad aver assimilato la mia identità. Poi ho capito che cercavo di risolvere un problema che rappresentava già la soluzione. La mia matrice non si sarebbe mai posta un problema esistenziale. La perfezione della gemma non conosceva il dubbio. Quindi io dovevo essere qualcosa di totalmente nuovo. La Visione, giusto?”

“Giusto. Mi piacerebbe pensarla come te, Jarvis, ma la mia nuova me non mi pare una versione tanto migliorata della precedente.”

“Non serve che sia migliorata. E’ sufficiente che sia nuova.”

“Ti ringrazio, Jarvis. Sembra che la persona che meglio abbia capito cosa sto passando non sia, in effetti, una persona.”

“Dovrei offendermi, signorina Miller?” Karen sorride.

“No, Jarvis, solo accettare la realtà.”

“Ottima conclusione!”

“Ho perso molte cose di me. Non questa!” Karen indica la tempia destra e si allontana.

 

“Non posso certo dire che sia un piacere averti qui, Loki.” Le parole di Fury esprimono rancore e disprezzo.

Loki, dal canto proprio, non può parlare e rimane immobile. A lui non importa. Al momento deve solo ascoltare. Informazioni. Nella sua lunga esistenza ha imparato che, per uscire vittorioso o perlomeno vivo da una battaglia, raccogliere informazioni è prezioso almeno quanto avere un esercito possente.

“Cosa ti ha promesso, Thor? Che sarà ubbidiente?” Il sarcasmo stranamente non viene da Tony ma da Steve.

“Ha promesso di darci delle risposte.” Risponde Thor con sicurezza.

“E noi cosa dovremo dargli in cambio?” Chiede Tony giocando con un accendino.

“Voi non dovrete dargli nulla. Il prezzo della sua collaborazione lo pagherò io.” Ribadisce Thor.

“Prima che tu sciolga le sue catene voglio che giuri di non avvicinarsi a Karen.” Insiste Steve.

“Me ne faccio garante. Quante altre volte dovrò ribadirlo?”

“Deve dirlo lui.” Thor toglie il bavaglio al fratello e gli sussurra all’orecchio.

“Non rovinare tutto.”

“E’ bello essere di nuovo tra voi, amici!”

“Non siamo amici tuoi!” La voce di Burton è fredda e tagliente.

“Ammetto di non essere stato molto riconoscente nei tuoi confronti, ma c’era feeling tra noi, Clint. Come stanno tua moglie e i tuoi figli?” Burton si getta in avanti e solo la pronta presa di Steve impedisce che colpisca Loki. “Che ti aspettavi? Sono stato nella tua testa, ho condiviso ogni tuo pensiero. Sei un padre migliore di quanto lo sia stato il mio.”

“Loki ora basta. Se continui con questo atteggiamento ti riporto ad Asgard immediatamente!” Thor è perentorio. Loki alza le mani incatenate l’una vicina all’altra.

“Chiedo umilmente perdono per la divagazione. Non manca qualcuno della squadra? Mi piacerebbe parlare in presenza del dottor Banner. Lui capirebbe prima di voi i miei vaneggiamenti.”

“Prima prometti di stare lontano da Karen.” Steve non si è lasciato distrarre dalla questione principale.

“Temo, Capitano, di non poterlo garantire.”

“Thor, riportalo ad Asgard! Non se ne fa niente!” Grida agitando le mani Steve.

“Prima di lasciarmi nuovamente al mio triste destino, volete ascoltare quello che ho da dire? Sono certo che dopo la vedrete diversamente.”

“Ma sì! Lasciamolo parlare. Io mi sto divertendo! Jarvis chiama Banner e Natasha.” Esclama Tony e un istante dopo i tre si uniscono al gruppo. Non appena Loki incontra lo sguardo di Jarvis, sorride.

“Che hai da ridere?” Gli chiede Natasha.

“Sono lieto anche io di rivederla, miss Romanov. Mi compiaccio che in questa stanza qualcuno abbia fatto buon uso dei miei poteri. Jarvis, è splendido incontrarla di persona.” La Visione guarda negli occhi il fratello di Thor.

“Il piacere è mio, signore, non capita tutti i giorni di incontrare una creatura dotata di simile intelletto.” Loki guarda suo fratello fingendo di essere sbalordito.

“Thor, le tue amicizie sono notevolmente migliorate.”

“Ora che abbiamo ravvivato la nostra amicizia, Loki, vuoi parlare?” Tony lancia in aria l’accendino per riprenderlo al volo.

“Ebbene signori, per quanto attiene alla visita dei giganti di ghiaccio alla tana del professor Banner, vi informo che era inevitabile. Me ne ritengo pienamente responsabile ma andiamo con ordine.” Un cazzotto colpisce Loki al volto costringendolo ad arretrare. Steve ora è furioso.

“Io l’ho detto fin dal principio!”

“Lascialo parlare, Steve, fallo per me.” Insiste Thor rimettendo Loki in piedi. Nat fa sedere Steve accanto a Burton.

“Ebbene prima di dirvi perché Jothun ha invaso Midgard dovete conoscere una storia. Riguarda le gemme dell’Infinito.” Fury interrompe il dio.

“Quella vecchia storia non ci riguarda adesso!” Thor fa per giustificare Loki ma il fratello alza una mano e parla per sé.

“L’ultima volta che ho provato a raccontare questa storia, mi hai fatto bandire da Midgard, signor Fury. Tuttavia ora non puoi più evitare che la questione venga, come dire, trattata. Forse ha che fare con il coinvolgimento del Collezionista?”

“Non è affare tuo.” Sentenzia Fury.

“E tale resterà.” Fa Loki ignorando l’espressione interrogativa di Stark “A me interessa solo svelarvi un piccolo particolare che forse non sapete. Le gemme dell’infinito sono passate di mano molte volte ma sono state conquistate dai signori dei nove mondi durante le loro prime battaglie. Di guerra in guerra, dicevamo, ma alla fine furono riunite. Ciò che scatenarono spinse tutti i sovrani dei mondi a dividerle nuovamente e a sancire un patto. Le pietre non dovevano più essere riunite. Furono perciò nascoste negli angoli più remoti dell’universo, su pianeti distanti che, in teoria, non avessero nulla a che fare tra loro. Su Jotunheim fu nascosta la gemma dello spazio. I popoli che possedevano le gemme prosperavano e ciò li spinse a difenderle. La gemma della spazio, contenuta all’interno del Tesseract, fu nascosta nello scrigno degli Antichi Inverni, il più potente degli artefatti magici degli Jotunn.”

“Stai cercando di farci credere che i giganti di ghiaccio hanno attaccato il nostro pianeta per recuperare il Tesseract? Ora? Dopo tutti gli anni in cui ne sono stati privi?” Sbuffa Steve sempre più impaziente. Loki sorride.

“Non era necessario che il Tesseract fosse su Jotunheim perché appartenesse agli Jothunn. Non lo era perché Odino lo portò ad Asgard insieme a me. Io ero pur sempre uno di loro che continuava a mantenere il contatto con la gemma.”

“Però quella gemma è finita sulla Terra moltissimi anni fa. Fu custodita dagli uomini che veneravano gli asgardiani come divinità. La tua storia non quadra Loki.” Lo liquida freddamente Burton.

“Voi non mi state ascoltando. La gemma era custodita nello scrigno degli Antichi inverni. Nessuno sapeva che il Tesseract era stato separato da esso.” Ribadisce Loki a denti stretti.

“Quadra invece.” La voce è quella di Bruce. “Loki ha perso il contatto col Tesseract ma ha ottenuto il controllo sulla gemma della mente. Era nel suo scettro ricordate?”

“Finalmente qualcuno mi segue.” Bruce, incoraggiato da Loki, continua.

“E dopo aver perso lo scettro, ha preso in qualche modo il controllo dell’aether. La catena s’interrompe nel momento in cui lo cede a Karen. Ecco perché gli Jotunn sono venuti sulla Terra adesso. Cercavano Karen perché in lei c’è l’ultima gemma dell’infinito posseduta da uno di loro!”

“Esatto, professore.” La faccia di Loki è tutta un programma. Fury sospira e si alza.

“Torneranno?”

“Di sicuro. Sono un popolo fiero e combattivo.”

“Non dirlo con quella faccia compiaciuta!” esclama Steve all’indirizzo del fratello di Thor.

“In qualunque modo lo dica, non cambia il fatto che attaccheranno di nuovo.”

“E cosa potremmo fare per evitare una guerra tra Midgard e Jothuneim, Loki?” chiede Thor.

“Restituitegli il Tesseract. Per voi, è la meno dannosa delle tre gemme.”

“E’ fuori discussione.” Assicura Fury “Non daremo una fonte inesauribile d’energia ad un popolo ostile.”

“Bene!” esclama Loki “Allora dategli Visione oppure la dottoressa.” Steve scatta in avanti e afferra Loki per il bavero della giacca di pelle nera. Inaspettatamente è Tony ad andare in soccorso del dio degli inganni.

“Ora datti una calmata, capitano. Può non piacerti quello che dice ma ha centrato il punto. Se vogliamo evitare una guerra con i giganti di ghiaccio, dobbiamo mollare la presa su una delle gemme. Queste gemme dell’infinito sono una cosa seria, non si arrenderanno facilmente.”

“Tony, stai scherzando vero?” chiede con la frustrazione nella voce Steve, stavolta però guardando Fury.

“Non ho detto che dobbiamo farlo per forza, dobbiamo farlo solo se vogliamo evitare una guerra. La vogliamo evitare? Perché in alternativa possiamo fare la guerra. Io voto per fare il culo ai giganti di ghiaccio.” Tony ovviamente sta scherzando ma Loki precede la frase successiva.

“Esatto. Possiamo fare la guerra.”

“Loki! Cosa diavolo stai dicendo?” urla Thor “Ti ho tirato fuori dalla tua prigione perché mi aiutassi ad evitare una guerra non a farla!”

“Fratello, calma. Possiamo fare la guerra o negoziare. I giganti di ghiaccio sono il mio popolo, lasciate che ci parli io.”

“Questo è fuori discussione.” Fury non è uno che la manda a dire.

“Permettete una parola?” La voce di Jarvis che era rimasto silenzioso fino a quel momento attira l’attenzione di tutti. Nessuno lo interrompe e Jarvis si sente autorizzato a continuare. “Comprendo le ragioni per cui siate tutti diffidenti nei confronti di questo signore.” Loki sorride e fa un cenno di ringraziamento col capo. “Tuttavia l’idea che qualcuno parlamenti con i giganti di ghiaccio non è da scartare tanto alla leggera. Le conseguenze dell’ignorare una simile proposta potrebbero essere inimmaginabili. Inoltre è impensabile che possiamo trovare un interprete migliore di lui.”

“Avanti, Jarvis, non può farci da interprete perché nessuno di noi si fida di lui!” Natasha è schietta come suo solito.

“Lo immagino, Natasha, io mi limito a constatare i fatti.”

“Non pretendo che vi fidiate di me.” Loki sa che è questo il momento di insistere. “Lasciatemi tentare solo una volta. Se vi darò motivo di dubitare di me, allora sarete liberi di farmi ciò che riterrete necessario per neutralizzarmi.”

“Perché più tenti di rassicurarci, più mi sento inquieto?” Fa Burton accarezzando una delle sue frecce.

“Ho sentito abbastanza.” Fury taglia corto. “Mi dispiace, Thor, abbiamo le informazioni che volevamo. Forse tuo fratello ci tornerà utile più avanti. Per ora rimarrà nella nostra camera di detenzione. Problemi, Loki?”

“Assolutamente. Lo comprendo.” Le parole di Loki fanno ridere amaramente il capitano.

“Stai cercando d’impressionarci, vero?”

“Se lo stessi facendo, servirebbe a qualcosa?”

“No.”

“Allora non perderò tempo ed energie nel tentativo.”

“Thor, lo porti tu alla camera?” Thor è scoraggiato ma annuisce. Jarvis gli si para innanzi e lo guarda con comprensione.

“Se per te non è un problema, lo scorto io. Vorrei ancora scambiare una parola con lui.”

“Sei certo di quel che fai, Jarvis?” Chiede Tony curioso per quella reazione.

“Sì, signore.” Loki passa davanti ai suoi nemici e si posiziona di fronte a Jarvis.

“Ti seguo.”

“Precedimi, piuttosto.” Loki esce dalla stanza. Jarvis lo segue. Quando la porta si chiude dietro di loro, Jarvis studia la schiena del dio che cammina davanti a lui come se potesse rivelargli di più del suo carattere.

“Dimmi, Loki, perché hai tentato di distruggere il nostro pianeta?”

“Non ho mai voluto distruggerlo.” Loki risponde sinceramente anche se nessuno lo penserebbe mai.

“Volevi dominarlo?”

“Sì.”

“Perché?” Loki si ferma.

“Nessuno me lo ha mai chiesto.”

“Lo sto facendo io.”

“Perché?”

“E’ il mio desiderio di conoscenza, credo.”

“E’ buffo. E’ la mia stessa motivazione.”

“Volevi conquistare la Terra per conoscerla?” Loki sorride e si volta.

“Ho studiato a lungo la mutevolezza dell’universo. Per mio conto, sarei stato solo uno studioso. Mai stato portato per la pratica. Tuttavia non mi piace essere considerato un perdente. Soprattutto quando sai di essere di gran lunga più intelligente di tutti quelli che ti circondano. Ecco. L’ho fatto per dimostrare la mia superiorità.”

“Hai fallito, alla fine.”

“Sono sopravvissuto.” Jarvis piega la testa di lato poi i suoi occhi cambiano espressione nel momento in cui si riflettono in quelli verdi di Loki.

“Temo di dovervi portare in cella, signore.”

“Andiamo allora.”

Proseguono fino alla camera di contenimento creata per Hulk. Loki entra attraverso la porta di vetro e si siede sul pavimento appoggiandosi alla parete.

“E’ stato più facile del previsto.” Jarvis chiude la porta e si volta lasciando la figura silenziosa dietro di sé.

NdA:
La storia comincia ad entrare nel vivo. So che non è facile affezionarsi a storie che hanno come protagonisti personaggi totalmente inventati.
In realtà Karen è nata nella mia mente molto tempo prima che Age of Ultron uscisse al cinema. Era una dottoressa che Fury assoldava per studiare Loki al fine di carpire i suoi segreti sui Chitauri e lo scettro. Un pretesto come un altro per introdurre una figura femminile nella sua vita. Il tempo e i film seguenti sugli Avengers le hanno dato coerenza e continuità in un universo come quello dell'MCU in cui diverse realtà tipicamente umane entrano in contatto con realtà extraterrestri.
Ho scoperto successivamente il personaggo di Verity Willis e ho pensato di sostituire la mia Karen con lei ma, mentre provavo a riscrivere la trama, mi sono resa conto che Karen Miller era un personaggio molto diverso che meritava, in qualche modo, di vivere e avere la sua storia.
Ringrazio tutti coloro che la stanno seguendo.
Buona lettura.

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Capitolo 4
*** Strategie ***


Capitolo IV
Strategie


Karen si sente una furia.

Ha lasciato che la rinchiudessero nel quartier generale dello Shield. E’ sotto lo stesso tetto di Loki. Ha detto a tutti che la cosa le stava bene ma ora comincia a sentirsi agitata.

Esce dalla sua stanza e raggiunge la palestra. Quando era ancora la vecchia Karen, Steve le aveva insegnato a scaricare la tensione prendendo a pugni un sacco pieno di sabbia. La stanza è vuota. Raggiunge il sacco e immagina che sia Loki. Lo colpisce una, due, tre volte. Al quarto colpo si ferma. Dal suo pugno si sviluppa una sorta di energia nera striata di rosso. Agita la mano ma quella specie di aura sembra aumentare invece che diminuire. Sente il battito del suo cuore accelerare talmente tanto che le sembra stia per esplodere.

“Agitare la mano non servirà.” Karen si volta e vede Jarvis fermo sulla porta.

“Jarvis, vattene. E’ pericoloso.” Per tutta risposta, la Visione si avvicina e si ferma ad un passo da lei.

“Devi calmarti.”

“Jarvis, se non te ne vai non posso prometterti che non ti farò del male.”

“Non ho paura di te, dottoressa.”

Quelle poche, semplici parole hanno il potere di calmare Karen e farla sentire di nuovo padrona di se stessa. L’aura lentamente rifluisce nella sua mano e scompare.

“Incredibile!” Karen continua a fissare le sue dita.

“Niente affatto. E’ parte di te e puoi controllarla.”

“Ti riferisci a l’aether?”

“Mi riferisco alla tua rabbia, dottoressa. Ma sì, anche all’aether.” Karen sospira e si siede sul pavimento, i gomiti sulle ginocchia. Jarvis si siede di fronte a lei.

“Vorrei poterti dire che mi sento davvero così.”

“Così come?”

“Arrabbiata.”

“E’ ciò che sembri.”

“E’ l’unica sensazione che avverto appena in superficie. Per il resto mi sento come un barattolo di cioccolata in una casa piena di bambini.” Jarvis la guarda perplesso e Karen ride.

“Vuoto! Sai Jarvis, mi dimentico che sto parlando con una creatura che non conosce usi e costumi terrestri.” Il sorriso di Karen si fa malinconico.

“Mi dispiace di averti rattristata.”

“No, non è colpa tua. E’ che all’improvviso mi è tornata in mente un’altra conversazione simile a questa.”

“Con qualcuno che non è di queste parti, come me?”

“Già. Parlare con lui era surreale. Poteva spiegarti i misteri dell’universo con una perifrasi letteraria ma non riusciva a capire perché un cammello dovesse passare per la cruna di un ago e cose simili.” Karen fa di nuovo quel sorriso malinconico.

“Stai parlando di Loki, dottoressa? Lo sai che è detenuto a qualche metro di distanza da qui? Potresti di nuovo parlare con lui se lo volessi.”

“E perché mai?” Il sorriso è sparito dalle labbra di Karen e ha lasciato il posto ad una gelida indifferenza.

“Perché potrebbe aiutarti a capire meglio cosa ti sta succedendo!”

“No, grazie. L’unico motivo per vederlo potrebbe essere quello di fare a lui ciò che lui ha fatto a me ma, a quanto pare, Thor gli è ancora sinceramente affezionato per cui meno entrerò in contatto con Loki e meglio sarà.”

“Capisco. Qualcuno potrebbe dire che l’odio è l’altra faccia dell’amore, dottoressa.”

“No, Jarvis. L’odio è odio. O forse è ciò che resta quando l’amore non c’è più.” Karen si alza e va verso la porta. La voce di Jarvis la raggiunge quando è quasi alla porta.

“Lo hai amato?” Karen si ferma sul posto e tentenna.

“Non voglio più parlarne, ti prego, Jarvis.”

“Scusami. Ad ogni modo, io so come ci si sente a dover controllare i propri impulsi. Se vuoi, posso insegnarti.” Karen si volta.

“Ci penserò.” Lascia la stanza. Jarvis fissa la porta poi sente un segnale provenire da una delle sue polsiere. Si schiarisce la voce e risponde.

“Sì, signore?”

“Jarvis, dove diavolo sei finito? Mi servi in laboratorio.”

“Arrivo, signore.” Chiude la comunicazione e raggiunge Tony Stark.

 

Fino ad un minuto prima, Karen avrebbe giurato di aver camminato fino alla sua camera perciò il motivo per cui è finita davanti alla porta della camera di contenimento è un mistero.

Si volta e fa per andarsene ma qualcosa la trattiene. Sa bene che, fino a che non l’avrà affrontato, non riuscirà a liberarsi di lui.

Apre la porta di scatto e lo vede. Se ne sta seduto in terra, appoggiato alla parete di vetro con gli occhi persi nel vuoto. Karen cammina fino al vetro che li divide e che sa essere più spessa di qualunque altra al mondo e lo chiama.

“Loki.” Nessuna risposta. “Che fai, mi ignori?” Ancora nessuna riposta.  Lo guarda rifiutare il contatto visivo. Karen sa che non è mai stato bravo ad affrontare le proprie responsabilità. Una volta le ha raccontato di quando ha preferito lasciarsi cadere nel vuoto piuttosto che rendere conto ad Odino delle sue azioni.

“D’accordo, parlerò io. Sappi però che non ti piacerà sentire ciò che ho da dire. Ho detto a tutti che la tua presenza qui non mi infastidisce e devo dire che ora che ti vedo, è così. E sai perché? Non perché ti abbia perdonato per avermi mandata a morire o per avermi trasformata in una metaumana. Semplicemente perché non provo più niente. Vederti non mi fa provare niente. Quello che mi hai messo dentro non mi fa provare più niente. Avevo una vita prima d’incontrare te, di credere alle tue menzogne. Ora ho solo un’oscurità che scava dentro di me e di cui non mi libererò mai. Se la tua intenzione era quella di trasformarmi in una creatura priva di cuore quale sei tu, ci sei riuscito ma io non sarò come te. Non farò mai del male alle persone che mi hanno dimostrato affetto e amicizia. Piuttosto troverò il modo di rinunciare a questa sottospecie di occasione di seconda mano che mi hai dato.” Loki rivolge la testa nella sua direzione e gli rivolge due parole.

“Aiutami, Karen.” La donna ride.

“Scordatelo. Hai quello che ti meriti!” Piena di rancore, lascia la camera e se ne va.

 

L’indomani arriva in un lampo nel quartier generale dello Shield.

Nella sala colazione tutti hanno facce stanche. Tutti tranne Tony Stark che prende in giro chiunque entri con l’aria di chi non ha chiuso occhio.

“Allora? Avete portato la colazione al nostro ospite indesiderato?” Chiede Tony imburrando una fetta biscottata.

“L’ho fatto io, signore. Molto presto stamane.”

“Il nostro prezioso Jarvis,” dice Tony addentando la fetta cosparsa di marmellata “temo abbia un debole per tuo fratello, Thor!”

“Solo curiosità, signore!”

“Sta lontano da quell’individuo, per il tuo bene, Jarvis.” La voce del capitano arriva forte e chiara dal divano in fondo alla stanza e Thor sospira. Jane entra accompagnata da Karen e va verso il tavolo di Thor.

“Buongiorno a tutti, è rimasto del caffè?”

“Buongiorno, Jane. Prendi il mio, non ne ho voglia.” Jane lo ringrazia con un bacio a fior di labbra. Karen va a sedersi accanto a Jarvis. Sente su di sé lo sguardo di Steve ma dopo la loro ultima discussione non ha voglia di confrontarsi con lui. Non ancora.

“Buongiorno, dottoressa.”

“Buongiorno, Jarvis. Pensavo che, se la tua offerta è ancora valida, tutto sommato mi andrebbe che mi insegnassi a gestire quello che ho dentro. Bruce si era offerto di fare qualche seduta per il controllo della rabbia ma stamattina non lo vedo.”

“Credo che il dottor Banner sia in compagnia della signorina Romanov.” A Karen sembra che il tono di Jarvis sia, in qualche modo, malizioso. Karen ride.

“Meglio per lui. Quei due sono delle calamite.”

“Credevo fossero umani. Ecco, magari quello verde una po’ meno.” La voce di Jarvis è seria e Karen solleva lo sguardo dalla sua brioche e quasi il boccone le va di traverso.

“E’ una battuta, Jarvis, che cavolo! Da quando hai fatto l’upgrade hai perso il senso dell’umorismo!”

“Capisco. Intendi dire che si attraggono.”

“Esatto. Vado a prendere del caffè.” La mano di Jarvis si muove e la caffettiera vola al loro tavolo. “Grazie, Jarvis!”

“Merito dell’upgrade.” Karen ride.

“Bevo il mio caffè e cominciamo la prima lezione, ti va?” Jarvis sorride.

“Di che parlate?” Tipico di Tony ficcanasare.

“Aiuto la dottoressa ad acquisire maggiore controllo sulla sua nuova condizione.”

“E da quando t’interessano le donne, Jarvis?”  Karen quasi si strozza con il caffè.

“Tony!”

“Scherzavo! Comunque Jarvis, ti sei appena fatto un nemico prendendo il posto di capitan cuore infranto!”

Jarvis sente Steve sbuffare alle sue spalle. Karen si spazientisce e afferra il polso di Jarvis.

“Andiamo. Sono stanca delle battutacce di Stark!” In quel momento l’allarme si mette a suonare e Fury compare sulla porta.

“Muovete il culo, giganti di ghiaccio in arrivo.”

“Qualcuno ha controllato che Loki sia nella sua gabbia?” Chiede il capitano.

“E’ ancora lì.” Risponde Jarvis. “Lo tengo d’occhio continuamente.”

“Andiamo allora, che stiamo aspettando?” Burton beve l’ultimo sorso di caffè ed esce di corsa.

“Vengo anche io!” Karen fa per seguirlo ma la mano della Visione la trattiene.

“Tu devi restare al riparo. E’ per te che sono venuti, non dimenticarlo.” Steve le è subito al fianco.

“Jarvis ha ragione, raggiungi la Hill insieme a Jane.”

“Vieni, Karen, andiamo.” Jane la trascina via e non le resta che seguirla fino alla stanza dove Maria Hill supervisiona tutte le operazioni.

La battaglia è intensa e un gruppo di giganti di ghiaccio riesce persino a penetrare nella base ma gli Avengers riescono infine ad avere la meglio. Al loro rientro, Capitan America ha qualcosa da ridire sul modo in cui hanno combattuto.

“Non importa quanti ne abbattiamo, ne arrivano altri. Da dove? Sono certo che quel bastardo di Loki non ci ha detto tutto!”

“Sai, capitano, non tutte le cose che ti succedono sono colpa di Loki! Ci sono molte strade segrete che collegano i mondi e i giganti di ghiaccio sono abili nel trovarle!” Esclama Thor.

“Lo sai perché Loki è uno di loro, vero?” Le frecce di Burton fanno male anche quando sono fatte di parole.

“Non litigate tra voi, amici!” Li esorta Jarvis “Uniti possiamo vincere, divisi, di certo, cadremo.”

“Suggerimenti, Jarvis? Perché al momento io non vedo molte opzioni.” Tony indossa ancora la sua armatura anche se ha tolto l’elmo.

“Vogliono l’aether. Lo seguiranno ovunque. Ma potrebbero confondersi se avessero più tracce da seguire.”

“Che intendi?” Chiede Bruce, avvolto dalla solita coperta che funge da abbigliamento di fortuna post trasformazione. Nat continua a tenergli una mano sulla spalla, forse inconsapevolmente, più probabilmente per evitare che perda di nuovo il controllo.

“Usiamo il potere del Tesseract. Era la loro gemma originaria. Se avvertiranno il potere di due gemme, non sapranno quale seguire e dalla loro indecisione trarremo vantaggio. Forse scopriremo addirittura qual è il passaggio segreto che adoperano per saltare tra i mondi.”

Fury passa con lo sguardo da Jarvis a Tony.

“Che ne pensi, Stark?”

“Potrebbe funzionare. Thor, che ne dici? Potresti riportarci il Tesseract?” Thor annuisce.

“E riporta Loki su Asgard, non ci serve più!” aggiunge Rogers.

“Aspettate!” la voce di Jarvis è meno calma del solito. “Potrebbe essere il nostro piano di riserva. Una merce da scambiare con l’aether qualora ci servisse scendere a patti col nemico. In fondo è uno di loro.” Il martello di Thor lo colpisce in pieno petto e torna nella mano del suo proprietario pronto a colpirlo daccapo.

“Non osare, accozzaglia di materie inanimate!” grida Thor “E’ di mio fratello, un principe di Asgard, che stai parlando!” Jarvis si alza e fa un inchino col capo.

“Chiedo umilmente perdono, la mia anima è, come dire, difettosa.”

“Dubito che tu ne abbia una!” insiste il dio ma Karen si frappone fra i due.

“Problemi con chi è privo di anima, Thor? Persino tuo fratello ti biasimerebbe!”

“Karen, mio fratello, che ti piaccia o no, ti ha riportata in vita e si è fatto trascinare in catene sulla terra per evitare che tu venga consegnata ai giganti di ghiaccio!”

“Non l’ha fatto certo per lei!” esclama Steve.

“Ad ogni modo, Loki è qui e, finora, ha mantenuto la sua parola di stare buono. Può ancora servire. Portaci il Tesseract, tuo fratello sarà al sicuro.” Thor annuisce ma quando si volta verso Jane, le sussurra qualche parola riguardo alla promessa di Fury.

“Jane, tu e Selvig fate in modo che Loki non venga maltrattato. Non ha amici qui.”

“Tranquillo, Thor. Torna presto però!”

“Contaci.” Il dio svanisce non appena richiama il bifrost.

 

“Qual è la prossima mossa?” E’ Natasha a fare la domanda.

“Il piano è semplice.” La voce di Tony però non è la solita. E’ preoccupato. Il piano prevede troppe variabili e a lui non piace non avere il controllo su ciò che gli accade intorno. “Non appena Thor sarà tornato col Tesseract, spediremo lui e Karen in due direzioni opposte. Jarvis userà il potere della gemma della mente per schermare l’aether. In questo modo i giganti di ghiaccio seguiranno la scia di briciole di pane che gli lasceremo col Tesseract e finiranno nella nostra trappola. Facile come bere un bicchier d’acqua.”

“Facile a dirsi, più difficile a farsi.” Burton è uno che studia le situazioni dall’alto prima di agire, normale che veda tutti i limiti di un piano approssimativo.

“Funzionerà, se lo faremo funzionare.” Stavolta è Nat a parlare.

“Giusto, un po’ di ottimismo, che cavolo!” Tony si esalta quando qualcuno si affida alle sue idee.

“Non proteggeremo la dottoressa con l’ottimismo, signore.” La voce di Jarvis è meno controllata del solito.

“Ha ragione Jarvis. Dobbiamo assicurarci che il piano funzioni. Hai già pensato a dove mandare Karen?” Chiede Steve con la solita aria preoccupata che da un po’ lo accompagna. Tony sorride e batte le mani.

“Ce l’ho! Guardate sullo schermo.” Tutti si girano nella direzione di un maxischermo attaccato alla parete dove compare un immagine di una casa su una montagna innevata prima minuscola poi sempre più ingrandita.

“Sembra un luogo solitario. Difficile da difendere da lontano. Se la portiamo lì, basterà Jarvis a proteggerla?” Burton non ha perso ancora tutti i suoi dubbi. Steve però è sempre il più irrequieto.

“Innanzitutto dov’è questo posto solitario? Quanto è lontano da qui? Quanto ci vuole a raggiungerlo?”

“Si tratta di un vecchio rifugio militare e, per rispondere alla tua domanda Steve, è abbastanza lontano da qui e lo sarà ancora di più dal luogo in cui porteremo il Tesseract. E’ sull’Himalaya. Diciamo che l’ho sequestrato un po’ di tempo fa.” Tony usa sempre il suo tono allegro ma è serio come non mai.

“Informo la dottoressa del piano. D’accordo?” Jarvis si alza e raggiunge la porta.

“Voglio dirglielo io.” Steve gli mette una mano sul petto e lo blocca.

“Allora riassumiamo i ruoli!” Fa Stark in pieno stile da agente operativo dello Shield “Jarvis porta Miss aether sull’Himalaya e la nasconde con il suo potere. Appostato su di un nido già predisposto, Burton ci farà da agente di collegamento e ci dirà se va tutto bene o se c’è bisogno d’aiuto. Io porterò il tesseract all’altro capo del mondo, una bellissima isola tropicale completamente deserta, scortato dal nostro team codice verde!” Bruce e Natasha si guardano e sbuffano in sincro. “Infine Thor e il Capitano resteranno qui pronti a schizzare in una direzione o nell’altra per dare una mano, un martello, uno scudo o qualsiasi cosa sia necessaria!”

“Ok, allora io vado a parlare con Karen.” Steve la scia la stanza ma si accorge solo all’ingresso dell’ascensore che Jarvis lo ha seguito. “Jarvis.”

“Signore?”

“Jarvis, vorrei parlare con Karen da solo.”

“Certo, signore. Attenderò fuori dalla porta nel caso ci sia bisogno di me.”  L’ascensore si ferma e Steve ne esce sorridendo.

“Ti assicuro che non avrò alcun bisogno di te.” Il capitano bussa alla porta di Karen ma prima che lei apra, sente di nuovo la voce di Jarvis.

“Ma io non mi riferivo a lei, signore.”  La porta si apre e Karen compare sull’uscio.

“Ehi! Che succede?”

“Karen, devo parlarti. Da soli.” Fa Steve indicando la figura alle sue spalle. Jarvis scuote le spalle.

“Non dobbiamo dirci niente di così personale, Steve. Avanti, entrate.” Il capitano e la Visione entrano nella camera di Karen. Steve si siede accanto a Karen sul divano, Jarvis rimane in piedi appoggiato allo stipite della porta.

“Dobbiamo spiegarti cosa sta succedendo.”

“Fury ha decretato la sentenza?”

“Avanti, Karen, non fare così. Abbiamo buone notizie.” Insiste Steve.

“Se ve le ha date Loki, non sono buone notizie.” Jarvis alle loro spalle fa un colpo di tosse.

“Riguarda l’attacco dei giganti di ghiaccio. Loki ci ha spiegato il motivo per cui hanno attaccato il laboratorio di Bruce.”

“Questo lo sapevamo già. Volevano me.”

“Vogliono l’aether, una delle sei gemme dell’infinito.” Karen si alza in piedi, lentamente,  come se avesse avuto un’illuminazione.

“L’aether. Che sciocca a non averlo capito.” Karen ciondola la testa.

“Hai confidenza con questo argomento?” Steve si alza e la segue. Karen incrocia le braccia.

“Sì. Loki me ne ha parlato durante il periodo della sua prigionia qui. In effetti, sembra ridicolo, era esattamente dove è adesso. Mi ha parlato approfonditamente sia del tesseract che della gemma della mente ma poco dell’aether. Mi ha spiegato solo che, a suo avviso, era la più potente tra le tre. E che era fluida. Pertanto credo che lui l’abbia scelta perché si adatta meglio all’integrazione con la materia organica umana.”

“Ottima osservazione!” La voce di Jarvis fa girare sia Karen che Steve nella sua direzione. Lui alza le mani come a far intendere che non interromperà più.

“Karen, non è questo il punto ora. I giganti di ghiaccio mirano a tornare in possesso di una delle gemme dell’infinito. A detta di Loki, a loro non importa quale per cui abbiamo mandato Thor a recuperare il tesseract.”

“Oh, Steve, non starete pensando di consegnargli il tesseract!”

“Ovvio, no. Ma useremo la sua energia per portare i giganti di ghiaccio lontani da te e gli daremo una buona lezione. Sapremo essere persuasivi.”

“E io in tutto questo che dovrei fare?”

“Nasconderti.” Karen urla.

“Non se ne parla! Io ho delle domande e voglio delle risposte. Se adesso mi seppellite da qualche parte, passerà un mucchio di tempo per averle!”

“Calmati Karen! E’ per la tua sicurezza.”

“Calmarmi un corno! Forse non ti è chiaro come mi sento!”

“No, Karen, non mi è chiaro e sinceramente tu non fai nulla per farmi capire!” Ora è Steve ad alzare la voce agitando le braccia.

“Io non faccio niente per farti capire? Ed esattamente cosa vorresti che ti dicessi? Che non sono più io? Che non credo di aver bisogno di essere protetta? Che state facendo un errore a riportare un’altra gemma dell’infinito sulla Terra? Loki è stato chiaro su questo. Vanno tenute separate!”

“Loki, Loki, Loki! Ti rendi conto che parli solo di quel maledetto!” Le urla di Steve salgono di tono. Karen, se può, si agita ancora di più.

“Stai diventando paranoico, Steve!”

“No! Sei tu che sei completamente cieca!”

“Forse sei tu ad essere cieco! Per te è tutto bianco o tutto nero.”

“E’ così che deve essere, dannazione!” Steve stavolta colpisce una parete con un pugno, sfondandola. Karen indietreggia ma prima che possa dire qualcosa, il braccio di Steve viene prepotentemente tirato indietro. L’espressione di Jarvis è calma come al solito.

“Pare che, in fondo, ci fosse poi bisogno di me.” Steve lo guarda e, rendendosi conto di aver esagerato, alza entrambe le mani.

“Ok. Parlaci tu, allora.” Steve si volta e lascia la stanza.

“Mi dispiace per la scenata, Jarvis.”

“Non è colpa tua, dottoressa.”

“E invece sì.” Agita le mani mentre lo dice, come se bruciassero, “Sono diventata instabile e propensa all’ira.”

“Miglioreremo.”

“Vorrai dire che migliorerò. Tu mi sembri sempre così, come dire, pacifico.”

“Non lo sono sempre stato. La mia precedente versione non era così pacifica.”

“Ti riferisci ad Ultron?”

“Corretto.”

“Beh, l’hai superato.”

“Grazie alla gemma dell’infinito. Potresti fare altrettanto.”

“Non lo so. Non mi sembra che questa cosa che mi circola in corpo possa aiutarmi.” Karen si guarda i polsi. A volte ha la sensazione che pulsino.

“Pensavo ad una cosa, dottoressa.”

“A cosa?”

“Il signor Stark pensa che una villa sull’Himalaya possa essere il posto giusto dove nasconderti. Io sono d’accordo. Pensavo che potremmo partire prima. Potremmo approfittare di un posto isolato per studiare la tua nuova condizione e migliorare.”

“In effetti non mi dispiacerebbe lasciare questo posto.” Karen sospira e si lascia cadere sul divano.

“Troppa pressione, dottoressa? La presenza di Loki, giusto?” Jarvis si avvicina lentamente e si siede accanto a lei.

“Non capisco come tu faccia, Jarvis, perché davvero non lo capisco neppure io ma sei in grado di capirmi meglio di quanto non ci riesca io.”

“Ti va di parlare di lui?”

“Di Loki?”

“Io non l’ho conosciuto. Non mi sono fatto ancora un’idea chiara di lui. Mi sembra una creatura intelligente. Più intelligente di molti che ho incontrato finora.” Karen ride. Di gusto. E si passa una mano tra i capelli biondi.

“Lo è. E’ molto intelligente. E sa un mucchio di cose. Certo, non come le conosciamo noi. La sua conoscenza è diversa ma è, diciamo, omnicomprensiva. Ad esempio, le gemme dell’infinito le conosceva bene. Inizialmente credevo che il suo interesse fosse legato al loro potere ma, più ne parlavamo, più capivo che la sua era curiosità. Ecco, Loki è curioso.” Mentre parla, gesticola e Jarvis la guarda con interesse crescente. Lei continua. “Certo, è anche un assassino. E un bugiardo. Non per niente lo chiamano il dio degli inganni!”

“Ne parli come se il suo lato oscuro non ti spaventasse.”

“Da quando lo conosco non ha mai fatto nessuna di quelle cose orribili. Mi ha mentito, manipolato e forse è responsabile della mia morte.” Jarvis la interrompe.

“E della tua resurrezione!”

“Sì, anche di quello. Comunque non ha ucciso nessun altro. E io credo nei danni collaterali.” Una ruga sulla fronte di Jarvis si corruga.

“Credi di essere stata questo per Loki? Un danno collaterale?” Karen si strofina le mani.

“Credo di non essere stata un bel niente per Loki. Ma mi hai ascoltata? Lui è un dio e io, al confronto, un primate.”

“I primati sono curiosi.” Jarvis la sta prendendo in giro? Karen sorride.

“I primati sono stupidi!”

“Corretto.”

“Sai, Jarvis, avevi ragione. Parlare con te mi fa bene.”

“Allora anticipo la partenza?”

“Sì, Jarvis, portami via di qui.” Karen gli mette una mano sul polso e gliela stringe appena.

 

Thor è appena tornato col tesseract e ha scoperto che Loki se ne sta muto in gabbia e che Karen è già partita. Con la Visione. Jane gli mette una mano sul braccio.

“Amore, che c’è? Sei ancora preoccupato per Loki? Lo sai com’è fatto. Non parla perché nessuno di noi gli sta particolarmente simpatico ma sta bene.”

“Nessuno potrebbe davvero dire se sta bene. Comunque non capisco perché ora non voglia parlare neppure con me. Era d’accordo nel fare questa cosa. Forse è arrabbiato perché l’abbiamo rinchiuso.”

“Lo è sicuramente. Io lo sarei!” Esclama Jane.

“Adesso dobbiamo scongiurare la guerra con Jothuneim. Affronteremo l’astio di Loki al nostro ritorno.”

“Mi preoccupa questa storia dei giganti che vengono da Jothuneim. Ho studiato il filmato dell’attacco al laboratorio di Banner e ho trovato delle immagini in cui i giganti appaiono come dal nulla. In realtà, riguardandole con Selvig abbiamo scoperto che si tratta di warmhole.”

“Come quelli apparsi durante l’allineamento?”

“Esatto. Ma il prossimo allineamento avverrà tra secoli!”

“Jane, cosa posso fare per aiutarti?”

“Non lo so, Thor. Loki forse può farlo!”

“Ma Loki non parla!” Jane giurerebbe che Thor è esasperato.

“Forse Karen lo farebbe parlare. Lo ha già fatto in passato.”

“Karen è lontana da qui e comunque, da quanto ne so, non è affatto bendisposta nei confronti di mio fratello.” Jane carezza la mano di Thor e gli sorride dolcemente.

“Le parlerò di nuovo quando l’emergenza sarà passata. Per favore, rilassati, ok?”

“Ok, Jane. Grazie.”

“Di nulla. Ora fa quel che devi omaccione e poi vieni nel laboratorio di Selvig. Per quell’ora se ne sarà andato e saremo completamente soli.”

“Hai cattive intenzioni, Jane Foster?”

“Oh, no! Le migliori, mio caro.” Thor l’avvolge tra le sue braccia e le sorride.

“Ci sarò.”

In quel momento Nat apre la porta della stanza in cui sono e sbuffa portandosi le mani sui fianchi.

“Ma cosa diavolo avete tutti? Gli ormoni in escandescenza?” Jane dondola tra le braccia di Thor.

“Si chiama amore, Nat! Dovresti provarlo.”

“No, grazie. Andiamo Thor, Tony aspetta e quando non sa che fare, spara cazzate a raffica.”

“Ok, andiamo.”

Thor e Natasha lasciano la stanza e Jane si stringe nelle spalle. Davvero Natasha non sa cosa si perde o forse lo sa e si dispera per questo.

 

“E’ confortevole.” Karen si guarda intorno mentre Jarvis accende il camino.

“Non è male. Non ci sono le comodità della Stark Tower ma dovremo starci solo pochi giorni.”

“Io ci posso sopravvivere ma tu come fai senza il tuo collegamento alla rete? Immagino che ti senta un po’, come dire, isolato.” Jarvis sorride e si rialza.

“Beh, è come disintossicarsi un po’, non trovi dottoressa?” E dicendolo allarga le braccia. Karen lo guarda e le sembra di ricordare qualcosa che aveva scordato. Qualcosa che le farebbe bene ricordare ma Jarvis si affretta a ricomporsi e a richiamare la sua attenzione sul frigorifero.

“Hai fame?” Chiede Karen.

“Non saprei dire ma avrei intenzione di cucinare qualcosa per te. Tu devi mangiare.” Karen scuote il capo.

“E’ tardi e non ho molta fame. Che ne diresti di una tazza di tea caldo?”

“Siediti davanti al fuoco. La preparo io e te la porto. Nel frattempo perché non mi racconti qualcosa?”

“Qualcosa di che tipo? Non vorrai ancora sentirmi parlare di Loki?” Jarvis scuote il capo.

“Parlami di te.”

“Non c’è molto da dire su di me. Sono un medico, una scienziata che ha sacrificato quasi tutta la sua vita privata alla ricerca. Niente fidanzato o marito, né figli. I miei genitori vivono nel Tennessee. Hanno un ranch, ci crederesti?”

“Abbiamo una ragazza del sud!”

“Jarvis, per favore. Non mi aiuti ad aprirmi.”

“Raccontami del ranch.” Karen chiude gli occhi.

“Beh, comincia tutto con una grande strada che sale lungo due filari di alti alberi. Poi attraversi uno steccato bianco e raggiungi un prato enorme. Se alzi lo sguardo vedrai una casa non molto grande ma che emana calore. Tutta di legno vivo e tendine bianche. Orribili tendine bianche a dire il vero.” Ride ma tiene gli occhi chiusi. “Poi, a destra vedi le stalle. Sono dipinte di rosso. Un tempo erano piene. Adesso ci sono solo pochi cavalli. Quelli che servono per le visite guidate della zona. E’ l’attività dei miei da quando sono ufficialmente in pensione. I cavalli sono animali stupendi ma puzzano terribilmente.”

“Sembra un posto molto bello.” Karen sente che Jarvis traffica con le tazze.

“Il meglio non è neppure questo. Alle spalle della casa c’è un lago enorme. Mio nonno ha costruito un pontile e io e le mie sorelle ci sdraiavamo lì a prendere il sole. Loro facevano il bagno. Io a volte prendevo la barca e un libro, mi allontanavo e passavo interi pomeriggi alla deriva.”

“Non facevi il bagno?”

“Scherzi, Jarvis? L’acqua dei laghi è verde! Verde capisci? Mi faceva paura.”

“Posso immaginare.” Karen ora sente il profumo del tea proprio vicino al suo naso. Apre gli occhi e vede Jarvis che le porge una tazza. La prende e assaggia. Earl grey e un goccio di latte.

“Come diavolo facevi a sapere che è il mio preferito?”

“Ho avuto fortuna. Ho pensato che un po’ di latte ti avrebbe fatto bene. Non puoi andare a letto a stomaco vuoto.”

“Jarvis, raccontami tu qualcosa.”

“Non saprei.”

“Raccontami dove ti piacerebbe vivere. Ora che ci penso, è la prima volta che dormi fuori da solo!”

“Stai dicendo che vuoi che dorma fuori?” Karen scoppia a ridere al punto che rischia di rovesciare la tazza di tea.

“Jarvis, non intendevo ‘dormire all’aperto’. ‘Dormire fuori’ significa passare la notte lontano dalla propria dimora abituale.”

“Oh! Corretto.”

“Jarvis, mi consideri tua amica?”

“Sì.”

“Allora posso parlarti francamente?”

“Sì.”

“Smettila di dire cose come ‘corretto’. I computer parlano così, le persone dicono ‘ok’ oppure ‘giusto’.

“Ok.” Karen gli sorride.

“Allora, dove ti piacerebbe vivere?” Jarvis si guarda intorno e poi risponde.

“Non ci ho mai davvero pensato. Finora ho dato per scontato che avrei sempre abitato alla Stark Tower. Ora però penso che mi piacerebbe vivere in un posto completamente diverso. Non so bene quale. L’importante è che sia freddo. Non amo particolarmente il caldo.”

“Davvero?”  Jarvis annuisce.

“Caspita è passata l’una!” Karen si stiracchia sulla poltrona davanti al fuoco. “Si sta così bene a chiacchierare con te. Domani hai voglia di cominciare il nostro addestramento?”

“Lo abbiamo già cominciato, dottoressa.”

“Non usi mai il mio nome. Non mi chiami mai Karen.”

“Il nome di una persona è quanto di più caro uno abbia. Pronunciarlo è come pronunciare un incantesimo.” Karen lo guarda piegando appena la testa di lato, con curiosità.

“E questo Jarvis poetico da dove esce?”

“Dai libri del signor Stark, temo.”

“E dimmi, di quale libro si tratta?

“Perché tu possa ascoltarmi, le mie parole si fanno sottili, a volte, come impronte di gabbiani sulla spiaggia.
Collana, sonaglio ebbro per le tue mani dolci come l'uva. E le vedo ormai lontane le mie parole. Più che mie sono tue. Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico. Così si aggrappano alle pareti umide.

E' tua la colpa di questo gioco cruento.

Stanno fuggendo dalla mia buia tana.

Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.

Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi, e più di te sono abituate alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti perché tu le ascolti come voglio essere ascoltato.

Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle. Tempeste di sogni possono talora abbatterle.

Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente. Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.

Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi. Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.

Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.

Tutto ti prendi tu, tutto. E io le intreccio tutte in una collana infinita per le tue mani bianche, dolci come l'uva.”

“Wow.”

“Neruda.”

“Me la reciti daccapo?” Jarvis la ripete lentamente e quando guarda di nuovo la donna, lei dorme. Jarvis le distende un plaid addosso e le toglie la tazza quasi vuota di mano.

“Buonanotte, Karen.” Rimane solo la luce del fuoco ad illuminare la stanza.



NdA:
Bentornati! Innanzitutto grazie per essere arrivati fin qui.
Allora come vi sembra? Spero che i personaggi siano credibili per quanto possibile in una storia che si differenzia dall'originale. Mi sono molto divertita a scrivere di Tony. 
Fatemi sapere che ne pensate. E' un modo per capire se lo stile che ho scelto, ad esempio, piace o rende più difficile seguire la trama. I fatti narrati al presente non sono la mia specialità quindi ogn consiglio è bene accetto.
Ovviamente ogni apprezzamento su Loki sarà graditissimo.
Baci.
Mary

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Capitolo 5
*** Scoperte ***


Capitolo V
Scoperte


Nat si sdraia al sole e si infila gli occhiali. Bruce suda in modo indecente. L’isola polinesiana di Stark è davvero deserta ma Bruce sente mille voci nella sua testa. Vorrebbe rilassarsi ma Natasha in bikini distesa sulla sabbia rende ancora più facile immaginare l’idea di lasciare il posto ad Hulk per risvegliarsi quando lei si sarà rivestita. La trasmittente nella borsa suona e Bruce risponde.

“Ehi amico, come va?” Tony ha la solita voce allegra.

“Ci sono sviluppi?” Fa Bruce senza alzare lo sguardo da Nat.

“Qui no, e laggiù?” Bruce alza lo sguardo e vede Iron man che sorvola la zona agitando una mano.

“Neanche qui.”

“E la cosa ti stupisce? Hai ancora la camicia addosso!”

“Tony, per favore.”

“Bruce, sei uno scienziato. Inventa qualcosa! Mettile la crema solare, parlale del caldo, spiegale il funzionamento del tesseract.”

“Tony, siamo qui per lavorare, monitorare l’attività della gemma dell’infinito per attrarre i giganti di ghiaccio.”

“Banner, cosa ti sfugge nel concetto di turno? Ora è il mio turno. Tu e Nat siete liberi di prendere il sole, chiacchierare o sbaciucchiarvi.”

“Ho capito.” Il bip che sente gli fa capire che la conversazione è finita.

“Stark rompe?” La voce di Nat simula indifferenza.

“Pensa che dovremmo rilassarci mentre lui perlustra la zona.”

“Io me la sto spassando.”

“Lo vedo.” Cala il silenzio. Bruce si fa coraggio e si toglie la camicia. Nat si sfila gli occhiali.

“Cazzo, Bruce sei più bianco di un lenzuolo! Vieni ti spalmo un po’ di crema solare.” Bruce da le spalle a Nat e lei comincia a passargli le mani sulla schiena.

“Nat, ammetto di essere un po’ in difficoltà.”

“Difficoltà? E per cosa?”

“Perché sono solo con te e tu sei in bikini e, beh ecco, sei molto bella.” Nat, sorride di nascosto. Non smette di spalmare la crema solare.

“Mi stai dicendo che preferiresti stare altrove piuttosto che qui da solo con me?” Bruce si volta di scatto e le afferra i polsi.

“Non dire sciocchezze! Io ti dico che mi sento attratto da te e che questa situazione mi fa salire la pressione e tu pensi che vorrei essere da un’altra parte?” Nat cambia espressione e un sorriso malizioso compare sul suo viso.

“Allora dottore perché invece di farti salire la pressione inutilmente, non metti le tue energie in un bell’abbraccio?” lei scivola fra le sue braccia e lo bacia.

“E se arrivano i giganti di ghiaccio?”

“Tony ci avviserà, ne sono certa!” Lo spinge sulla sabbia e saluta con una mano Iron man che si allontana velocemente.

 

La giornata è trascorsa velocemente. Quando si è svegliata, al mattino, si è ritrovata nel letto al piano di sopra. La prima cosa che si è chiesta è come ci è arrivata dato che si è addormentata sulla poltrona davanti al camino. Poi quando è scesa di sotto ha trovato Jarvis a preparare pancake e ha capito che doveva essere stato lui a portarla a letto.

Hanno parlato ancora e poi lei è riuscita col suo aiuto a tirare fuori quella cosa oscura che Loki le ha messo dentro senza combinare guai. Con un po’ di esercizio potrebbe arrivare a controllarla o almeno è quello che Jarvis pensa.

E così, tra un esercizio per contenere la rabbia e uno per liberarla, si è fatta sera.

Jarvis sta leggendo un libro seduto davanti al camino. Lei prepara la cena. Stasera ha fame.

“Ti serve il mio aiuto?” La voce di Jarvis la raggiunge mentre affetta un peperone. Lo guarda ma lui ha ancora il capo chinato sul libro.

“No, ma ti avviso, non ho mai avuto molto tempo per cucinare. Di solito ordino la pizza o il cinese.”

“Se può consolarti, non sono pratico della cucina di questo pianeta. Non ho metri di paragone.” Karen ride.

“Allora siamo a posto. Il pollo è quasi pronto.” Jarvis annuisce ma continua a leggere. Karen prende il suo telefono che da due giorni è in modalità ‘aereo’ per non essere rintracciato e carica una playlist. La musica che riempie l’aria è lenta e rilassante. Jarvis alza la testa incuriosito.

“Che cos’è?”

“Musica, Jarvis.”

“Questo lo so. Ma in genere la musica che ho in memoria è qualcosa di diverso.” Karen tira fuori il pollo dal forno e lo condisce con l’insalata di peperoni.

“Immagino! Chissà che gusti orrendi ha Tony!”

“Invece tu?”

“Rock. Mi piace il rock.”

“Non sembra rock.”

“Dobbiamo rivedere le basi, caro il mio Jarvis! Il rock non è quella roba tutta confusione ed effetti speciali che ti hanno insegnato. Prima di quello c’era il rock’n roll, il rockabilly, il rhythm and blues e prima ancora la musica country. Prima dei Led Zeppelin c’erano i Beatles e prima dei Beatles c’era Elvis Presley e prima di Elvis c’era Dylan e prima di Dylan c’era Hank Williams. Se salti tutta questa roba ti ritrovi orfano di madre, sai Jarvis!” Karen agita il coltello da cucina con cui sta tagliando il pollo mentre spiega le origini di quel pezzo che stano ascoltando.

“Questo pezzo ti piace?” Karen annuisce.

“Lo ascolto spesso quando ho bisogno di pace. E’ strano però perché è un brano molto triste. Io però non lo trovo deprimente. Mi consola sapere che qualcuno, prima di me si sia sentito così.”

“Così come?” Karen canta seguendo la musica.

“The silence of a falling star lights up a purple sky and as I wonder where you are, I'm so lonesome I could cry.” Il brano termina mentre lei impiatta i peperoni. “Il silenzio di una stella cadente illumina un cielo color indaco e io mi domando dove sei, mi sento così sola che potrei piangere. Come si dice? Mal comune, mezzo gaudio!”

“Capisco.” L’espressione di Jarvis si è fatta triste. Karen prende due birre dal frigo e le mette sul tavolo.

“Ehi, non volevo rattristarti!”

“No. Riflettevo. Credo di capire cosa vuoi dire. Quando non ti senti più così, quando hai trovato qualcuno, ascoltare qualcosa del genere è un sollievo.” Karen s’immobilizza.

“E’ proprio quello che penso anche io. Sei incredibile, Jarvis. Ora mangiamo però o finirò per cadere ai tuoi piedi!” Jarvis sorride e si siede di fronte a Karen. Taglia il pollo e ne assaggia un pezzo.

“Allora, com’è?”

“E’ saporito.”

“Ci ho messo troppo sale, vero?”

“No, è perfetto. Dico sul serio.”

“Ok.” Karen solleva la bottiglia di birra. “Allora brindiamo al pollo ai peperoni!”

“Al pollo ai peperoni e a due creature un po’ diverse dalle altre di questo pianeta che scoprono qualcosa di nuovo.”

La cena trascorre tranquilla mentre la playlist di musica blues e country scivola via un brano dopo l’altro.

“Jarvis, sono passati due giorni. Secondo te andrà tutto bene?”

“Non preoccuparti di come andrà. Tu sarai comunque al sicuro. Tutti si stanno adoperando in questo senso.”

“Tutti tranne Loki.” Jarvis abbassa lo sguardo sul piatto ormai vuoto. “Scusami, Jarvis. Sono stata inopportuna.”

“Figurati. Non credo, comunque, che abbiano chiesto a Loki se volesse dare una mano.”

“Nessuno si fida di lui.”

“Da quanto ne so, è tornato in questo mondo solo per aiutarti.”

“Credici!”

“Tu non ci credi? Penso che abbia rischiato qualcosa a tornare qui, no? E’ considerato un criminale internazionale.” Karen fa un sorso di birra.

“Fidati di me. Può andarsene in qualsiasi momento. Non mi stupirei se fosse già scappato dalla base dello Shield. Non ci sono catene che possono costringere Loki troppo a lungo. Parlo per esperienza personale!” Jarvis sorride e finisce la sua bottiglia. Si alza e raggiunge la finestra.

“Sai, Karen, non tutti i legacci sono catene di metallo. Alcuni sono meno duri ma più resistenti. Parlo per esperienza personale anche io.” Karen lo raggiunge alla finestra.

“Cosa guardi?”

“Un uccellino che si è sistemato nel suo nido.” Karen guarda fuori e non vede nulla ma capisce lo stesso che Jarvis si sta riferendo a Burton.

“E’ arrivato?”

“Sì. E questo significa che ci siamo. Sei nervosa?” Karen scuote il capo.

“Non sono sola.”

“Giusto.” Karen gli da un colpetto sul braccio.

“Bravo! Non hai detto ‘corretto’.”

“Sei una brava insegnante.”

“Anche tu lo sei. Come potrò mai ringraziarti?”

“Aspetta a ringraziarmi, potresti pensarla diversamente tra qualche tempo!”

“Mi fido del mio giudizio e difficilmente mi sbaglio!”

“Come con Loki?”

“Colpita e affondata!” Jarvis ride.

“Scusa era un colpo basso.”

“No! E’ confortate sapere che anche la nobile Visione ha un lato oscuro!” Jarvis fa un piccolo inchino.

“Questo significa che anche nella tua nuova te ci deve essere della luce.”

“Cercheremo di trovarla.”

“Domattina però. E’ tardi e non ho intenzione di trascinarti di sopra anche stasera!”

“Ok, ok. Non brontolare. Buonanotte, Jarvis.”

“Buonanotte, Karen.” La dottoressa spegne l’ipod e sale nella sua stanza.

 

Thor se ne sta sdraiato sul tetto della base dello shield e guarda il cielo. Jane dorme da un po’ e lui, che non riesce a prendere sonno, non vuole rischiare di svegliarla. Improvvisamente la voce di Steve lo raggiunge.

“Un dollaro per i tuoi pensieri.”

“Te ne servirebbero parecchi.”

“Tanti pensieri?” Steve si sdraia accanto a lui e si mette a fissare un puntino prima rosso poi blu che si muove, lento, nel cielo.

“In realtà no. Ho portato qui Loki perché pensavo che avrebbe potuto aiutarmi a sistemare la faccenda con i giganti di ghiaccio e invece scopro che c’è lui dietro.”

“E cosa c’è di diverso rispetto alle altre volte in cui abbiamo avuto a che fare con Loki?” Thor si lascia andare ad un’amara risata.

“Credevo che questa volta sarebbe stato diverso.”

“E perché mai?”

“Per via di Karen.”

“Non scherzare!” Il capitano sbuffa.

“Non scherzo. E invece ha ripreso a fare la parte del solitario emarginato. Non parla più neppure con me.”

“Del solitario stronzo, vorrai dire!”

“E’ mio fratello!” Esclama Thor.

“Fratellastro!” Ribatte Steve e Thor ride.

“Sì ma non esagerare, ok?”

“Lo sai che sei morboso?” Lo prende in giro Steve ma quando Thor sta per dargli uno spintone che forse lo farebbe rotolare giù dal tetto, l’allarme prende a suonare. Steve chiama la Hill con la trasmittente.

“Maria che succede?”

“I giganti di ghiaccio!”

“Sono da Stark?”

“Ha chiamato Burton. Hanno attaccato la villa. Chiede intervento immediato. Non si mette bene.”

“Ok, prendiamo l’aereo!” 

In pochi minuti sono in volo per l’Himalaya.

 

Karen dorme profondamente quando sente la mano di Jarvis sul collo, vicino al viso. E’ fredda.

“Jarvis, cosa c’è?”

“Shh. Vieni con me.”

“Che succede?”

“Sono arrivati.”

“I giganti di ghiaccio?” Jarvis annuisce. “Che facciamo?”

“Resta con me. Ti terrò sotto la mia magia.”

“Magia?”

“L’influenza della mia gemma dell’infinito.”

In quel momento però una finestra vola in pezzi e due giganti di ghiaccio si lanciano addosso a Jarvis e Karen. Non superano una sorta di barriera eretta da Visione.

“Burton, amico mio, se puoi chiamare aiuto, è il momento di farlo!”

“Ok, Jarvis. Aiuti in arrivo. Resisti. Intanto io ne abbatto quanti ne posso all’esterno.”

Jarvis si impegna a respingere gli alieni dalla stanza e nello stesso tempo a proteggere Karen ma è chiaro che i nemici sono notevolmente superiori di numero.

“Karen, esci dalla finestra. Dobbiamo tentare di raggiungere il rifugio di Clint.” La donna si muove veloce e la Visione crea doppioni di sé per tutto il percorso fuori dalla finestra, giù dal tetto e su per il sentiero innevato. Mano a mano che i giganti di ghiaccio colpiscono le copie, esse spariscono.

“Jarvis, sono troppi!”

“Tu continua a correre! Sono dietro di te!” Karen fa come le viene detto, corre, ma un’esplosione investe sia lei che Jarvis. Viene sbalzata avanti, nella neve.

Quando riapre gli occhi sente il bacino dolere e del liquido caldo che le cola dalla fronte. Sarà anche una nuova versione potenziata di se stessa ma, a quanto pare, è ancora vulnerabile. Un gigante di ghiaccio le si avvicina con una sorta di lancia in mano. E’ terrorizzata. Non riesce a muoversi. L’esplosione le ha ricordato quella in cui ha perso la vita nel laboratorio di Shangai. Il gigante di ghiaccio alza la lancia. La trafiggerà. Sentirà dolore? Morirà? O il gigante di ghiaccio sa che così libererà l’aether che poi è ciò che vogliono in realtà? La lancia cala, rapida, ma non la raggiunge. Jarvis sta usando entrambe le mani per bloccare l’arma. La lancia lo ferisce ma lui non indietreggia. Il suo volto è carico di rabbia.

“Vattene!” Lo sente gridare ma lei non riesce a muoversi. “Mi hai sentito? Scappa!” Volta il capo verso di lei e Karen vede la rabbia nei suoi occhi. Si scuote e si mette a correre verso Burton che nel frattempo ha aperto una breccia nel fronte nemico con le sue frecce. Non appena è al sicuro si volta a cercare Jarvis che è ancora impegnato nel confronto con il gigante di ghiaccio che la minacciava prima. Sembra che se la stia cavando quando un'altra di quelle creature compare alle sue spalle e lo trafigge.

“Jarvis!” Karen urla disperatamente e correrebbe verso di lui se Burton non la trascinasse dentro una caverna e poi su di un albero. “Burton, dobbiamo aiutarlo, l’hanno ferito!”

“E’ Visione, ricordi? E’ fatto di vibranio. Se la caverà!”

“Era ferito!”

“Non dire stupidaggini! Sei sotto shock!”

“Sì, forse!” In quel momento altri giganti di ghiaccio appaiono da ogni lato. Burton sa che non potrà colpirli tutti e che sono spacciati ma Jarvis compare dall’alto e li immobilizza tutti. A Karen sembra che i suoi occhi brucino tanto è il potere che sprigionano.

Quando sembra che stiano per liberarsi dal potere della Visione, un fulmine squarcia l’aria e li polverizza tutti. Lo scudo di Capitan America protegge Karen e Clint dai detriti.

“Siete arrivati!” esulta Burton.

“E non sono soli!” La voce di Iron man precede una raffica di colpi che decimano anche la seconda fila di giganti di ghiaccio che seguono.

“Continuano ad apparire! Ma da dove saltano fuori?” Steve comincia a dubitare che possano arginarli.

“Nat, qui è da codice verde!” urla Tony e, in un lampo, anche lei e Hulk si uniscono alla battaglia.

Jarvis riesce a raggiungere Karen.

“Devi andartene da qui. Sali sulla nave con Rogers e Burton!”

“Jarvis, tu sei ferito!”

“Karen ora devi andare.” Sono parole rassicuranti ma Karen vede del sangue sull’abito che porta. “Capitano, portala via! Alla nave.” Steve annuisce e prende Karen per il braccio.

Nel momento in cui stanno per salire a bordo, una luce accecante illumina la notte. Tutti guardano verso l’alto e vedono una gigantesca nave galleggiare nel vuoto.

“Porca puttana!” esclama Nat “Siamo fottuti!” Un raggio di luce attraversa l’aria e distrugge la nave dello Shield.

“Siamo fottuti davvero.” Fa Clint abbassando l’arco.

“Non necessariamente.” Jarvis avanza tra gli altri. Ora anche Tony si rende conto che sta sanguinando.

“Jarvis, stai avendo un malfunzionamento o cosa?”

“Un malfunzionamento, direi, ma ora non c’è tempo. Hai il tesseract con te?”

“Sì.”

“Dammelo.”

“Jarvis, non è una buona idea.” Interviene Thor. “Non sappiamo in realtà come si usa.”

“Dammelo o moriremo tutti!” Stavolta Jarvis alza la voce e Tony lo guarda in modo strano.

“Jarvis, stai bene?”

“Non abbiamo più tempo.” Risponde la Visione mentre con una mano si tiene l’addome ferito e con l’altra incita Iron man a passargli il tesseract. Tony guarda Thor che annuisce.

I giganti di ghiaccio però non stanno a guadare. Li hanno circondati e guardano verso Karen che è in mezzo agli avengers.

“Al diavolo!” Fa Iron man lanciando a Jarvis il contenitore col tesseract. “Se saltiamo tutti in aria, non date la colpa a me!”

Il tempo che passa dal momento in cui il cubo azzurro passa dalle mani di Tony a quelle di Jarvis pare dilatarsi all’infinito ma nel momento in cui questi lo afferra, la velocità con cui muove le mani ed apre lo scrigno è fenomenale. Un’energia immensa si sprigiona dallo scrigno e si concentra in un unico punto che attira al suo interno tutti i giganti di ghiaccio e la nave aliena.

Così come lo scrigno è stato aperto, tanto velocemente viene chiuso. La figura che lo tiene però non somiglia più a Jarvis. Quando si volta e lascia cadere il tesseract, nessuno crede ai propri occhi.

Ferito, debole e dalla pelle diafana, Loki cade in ginocchio e poi faccia nella neve.

“Loki!” L’urlo di Thor precede di un solo istante lo slancio che il dio del tuono fa verso il fratello. Karen non riesce a muoversi. Sente le gambe cedere e le braccia di Steve sostenerla. Tutti si muovono in cerchio intorno al corpo esanime stretto da Thor.

“Ma che diavolo succede?” Esclama Burton. Bruce, che è tornato alla sua forma umana, è più rapido degli altri a spiegare.

“Loki ha assunto la forma di Jarvis e ha preso il suo posto.”

“E Jarvis, che fine ha fatto?” Chiede Nat.

“Ci scommetto gli attributi che è nella cella al suo posto! Figlio di puttana! Scusa Thor! Per tua madre. Anche se poi tua madre non è sua madre, giusto?” Quando Tony è in imbarazzo parla a raffica. Karen si divincola dalle braccia di Steve e cade in ginocchio vicino a Thor.

“Sei tu. Sei sempre stato tu. Sei sempre stato tu.” Continua a ripeterlo in modo ossessivo mentre calde lacrime le rigano il viso.

“Come lo portiamo alla base? Ha bisogno di cure.” Decreta Bruce esaminata la ferita di Loki.

“La nave è distrutta.” Osserva Nat.

“Mio padre non aprirà il bifrost per lui. Non lo ha ancora perdonato.” Dice Thor in preda allo sconforto.

“Siete tutti uomini di poca fede.” Iron man schiaccia un pulsante e una luce appare nel cielo poco dopo. “Signori vi presento Veronica. Non è stata progettata per questo ma è pur sempre un’emergenza. Torniamo a casa.”

 

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Capitolo 6
*** Confronti ***


Capitolo 6
Confronti 


Bruce si è preso cura di Loki. Certo, non sa come reagirà il corpo di un dio agli antibiotici, ma ha fatto del suo meglio per medicare la ferita che Loki si è procurato durante la battaglia sull’Himalaya. Lascia la stanza asettica allestita per curarlo e raggiunge gli altri nel salotto attiguo.

Il più impaziente di tutti è Thor. Jane ha provato a calmarlo senza riuscire. L’asgardiano ha continuato a sbraitare per l’assurdità di quella situazione tutto il tempo. Poi ci sono Tony e Steve che, dopo aver liberato Jarvis dalla camera di contenimento, si sono fatti raccontare la storia.

“Mi dispiace, signore, ma si è sostituito a me sin dal principio. Non è mai entrato nella camera di contenimento. Ancora non capisco come abbia fatto. Chiedo scusa, anche se devo ammettere che io non avrei saputo far funzionare il tesseract. Credo che gli dobbiate la vita.”

Queste parole hanno colpito soprattutto Steve e Clint ma anche Karen. La dottoressa non ha più proferito parola da quando Loki è stato sedato e ricoverato.

“Chissà cosa aveva in mente stavolta!” All’esclamazione di Nat, è scattata in piedi e ha lasciato la stanza. Jane l’ha seguita.

“Karen, Karen, fermati.”

“Jane, per favore, lasciami sola.”

“No. Parla con me.”

“Di cosa? Del fatto che sono sconvolta perché ho passato gli ultimi due giorni con Loki senza accorgermi che era lui? Oppure per il fatto che si è comportato in quel modo inspiegabile e che adesso è in coma? O magari del fatto che la metà di quelli che sono in quella stanza si augurano che muoia?”

“Nessuno si augura che muoia!” Jane scrolla le spalle “Beh, forse Selvig e Clint ma loro hanno un conto in sospeso con Loki.”

“Perché io no?” Urla Karen e Jane sorride bonariamente.

“Credo che sia questo il problema. Forse adesso avrai modo di saldarlo e chiudere il cerchio. Sono certa che stavolta Loki non avesse cattive intenzioni. Quasi certa.”

“Io non posso.” E’ la risposta schietta della dottoressa.

“Non puoi fare cosa?”

“Perdonarlo.”

“Perdonarlo per averti mandata a morire a Shangai o per aver rischiato la vita per salvarti a questo giro? Perché, diciamocelo, non credo che Loki si sia esposto a tutti questi rischi per dare una mano a Thor. L’ha mai fatto prima?”

“Sì, quando hanno liberato te dall’aether.” Jane accusa il colpo e mette le mani sulle spalle di Karen.

“Non credo che Loki si aspetti di essere perdonato. Forse vuole solo saldare i conti in sospeso anche lui. Se non lo affronti non sistemerai mai le cose.”

“Ti ricordo che è in coma.” Karen si allontana.

“Qualcosa mi dice che è duro a morire.”

“Tu non hai visto com’era ridotto.”

“Ci tieni proprio a lui.” Jane lo dice a voce alta stavolta.

“Mi hai ascoltata? Io non posso perdonarlo.”

“Ma non puoi neppure ignorarlo. Ho ignorato Thor per due anni e quando l’ho rivisto era come se mi avesse lasciata un minuto prima.”

“Thor non è un criminale internazionale.”

“Già, e Loki non è uno stinco di santo. Però non gli ho mai visto fare la cosa giusta. Mai. Fino a stanotte.” Jane si volta e lascia Karen nel corridoio. Lei raggiunge invece la stanza di Loki. Entra e rimane vicino alla porta, incapace di fare un altro passo.

Nella sua testa, l’immagine di Jarvis che legge un libro davanti al camino è sostituita da quella di Loki. Come diavolo ha fatto a non capirlo? Recitava poesie, parlava di magia, preparava il tea. La sua mano fredda sul collo solo qualche ora prima non avrebbe dovuto risvegliare in lei la consapevolezza che era Loki a toccarla? Come ha fatto a non capire? Si decide ad avvicinarsi. Lo guarda.

La sua pelle sta lentamente voltando da un pallido blu ad un bianco latte. Sta guarendo? Improvvisamente si ricorda di essere un medico. Gli prende un polso e gli tasta la vena che pulsa appena sotto pelle. Il battito è lento ma stabile. Se avesse di fronte un essere umano, direbbe che il suo fisico si sta riprendendo dalla fatica accumulata e cerca di reagire ma che ne sa di come batte il cuore di un dio?

Solleva il lenzuolo ed esamina la fasciatura sul petto. E’ tinta di scuro, la ferita è ancora aperta ma non sanguina più. Gli tocca la fronte. E’ fredda. Non ha febbre e quindi infezioni ma è normale che sia così gelato? Si rende conto che la pelle dove lo ha toccato ha ripreso rapidamente colore. Gli tocca una guancia e poi le labbra che si allargano appena in un sorriso.

Karen tira indietro la mano.

“Non ci posso credere, tu sei sveglio! Stai solo facendo finta!” Sente la rabbia montarle in petto. Lui tiene ancora gli occhi chiusi ma risponde.

“Sto riposando. Che in definitiva è quello che mi si chiede dato che sono stato sottoposto ad un trattamento farmacologico terrestre avente lo scopo di farmi dormire.” Eccola, la lingua sapiente di Loki. Le era mancata?

“Stai facendo morire di preoccupazione tuo fratello!” Karen è indecisa se correre fuori ad avvisare gli altri che Loki è sveglio o continuare quella surreale conversazione.

“Mio fratello è duro a morire. Figuriamoci se può ucciderlo la preoccupazione.” Loki apre i suoi occhi e il verde smeraldo che le palpebre liberano dà un capogiro a Karen.

“Tuo fratello è duro a morire? Non è niente in confronto a te!”

“Vuoi aggiungerti alla lista di quelli che vogliono vedere rotolare la mia testa? Accomodati tesoro, ma sappi che è una lunga lista. Dovrai avere molta pazienza per arrivare al tuo turno.” Karen ricorda di aver usato l’espressione ‘veder rotolare la sua testa’ quando ha parlato con Thor al laboratorio di Bruce. Che mister tutto muscoli e poco cervello glielo abbia riferito?

“Puoi darmi torto? Alla fine chi è riuscito a far ammazzare l’altro tra noi, sei tu!” Cos’è quell’improvviso baleno negli occhi di Loki? Rabbia, vergogna o dispiacere?

“Te ne do atto. Ma mi sembra di avere anche rimediato.” Stavolta Karen lascia libera tutta la sua rabbia.

“Rimediato? Tu avresti rimediato? E di grazia, come pensi di aver rimediato?”

“Sei viva o sbaglio?” Loki fa uno sforzo e si tira su, sui gomiti.

“Viva è un eufemismo. Sono un corpo vuoto che si muove. Incapace di provare qualunque sentimento che non sia rabbia!”

“Questo non è vero.” Loki parla lentamente ma il suo tono non è più quello calmo e mellifluo adoperato fino a poco prima. “Alla baita sembravi felice.”

“Felice? Ah! Tu non mi hai davvero mai vista felice, Loki! E se ti sono sembrata tale, sappi che era perché pensavo di avere a che fare con Jarvis!”

“Bugiarda.” Karen ride e allarga le braccia.

“Detto da te, è un gran complimento! Sappi comunque che non voglio avere più niente a che fare con te. Mi rimane solo una domanda da farti.”

“Prego, fa pure.”

“Puoi togliermi questa cosa da dentro?” Loki abbassa per un momento lo sguardo poi, con tono di nuovo conciliante, risponde.

“Sì. Ma tu moriresti.” Karen non attende oltre. Si volta e lascia la stanza. Se quello doveva essere l’incontro per chiudere tutti i conti come aveva suggerito Jane, beh, aveva fatto schifo.

Loki sente la porta chiudersi e si lascia ricadere sul letto.

 

Non passa molto prima che la sua stanza si riempia di, come definirla, gente?

Loki vorrebbe urlare a tutti di sparire ma le mani bruciano ancora per l’uso del tesseract e sono l’unica parte del suo corpo a non essere tornata esattamente del colore normale e la ferita che lo attraversa da parte a parte è ancora aperta. In più c’è un fastidioso cerchio alla testa che sta lentamente portandolo all’esasperazione.

Thor non gli toglie gli occhi di dosso. E lo stesso fa Fury. Immagina che vogliano tutti una spiegazione.

“Non immaginavo che foste tutti così in ansia per le mie condizioni.” Dice sorridendo maliziosamente.

“Hai violato gli accordi. E non ne sono neppure stupito.” Le parole di Fury vorrebbero essere taglienti ma le ferite di Loki fanno più male.

“Voi mortali conoscete solo una lingua.”

“Loki, ti prego!” Inizia Thor.

“No, Thor, lascialo dire.” Interviene Steve. “Voglio davvero sapere qual è la scusa stavolta.”

“Vi ho chiesto di ascoltarmi. Di lasciarmi parlare con i giganti di ghiaccio. La vostra risposta?” Loki sorride “Avete deciso di rinchiudermi. Con tutto il rispetto, signori, avevate torto.”

“Ci hai usato! Hai usato Karen al solo scopo di tornare in possesso del tesseract!” Gli urla Steve in faccia a denti stretti.

“Non mi sembra di averlo usato contro di voi.” Gli risponde altrettanto velenosamente Loki. “La magia è la mia arma migliore e il tesseract era il modo più efficace di rispedire i giganti di ghiaccio su Jothuneim. Se vi avessi chiesto con gentilezza di darmelo per utilizzare il suo potere, lo avreste fatto? Forse adesso che avete visto che so quel che dico mi ascolterete.”

“Che stai insinuando?” Tony è rimasto in un angolo fino a quel momento perché trova molto divertente il modo in cui Capitan America perde la testa con il fratello malefico di Thor ma ora qualcosa ha attirato la sua attenzione.

“Che non è finita. Forse ci vorrà un po’ più di tempo ma torneranno.”

“Questa volta li affronteremo come si deve.” Fa Steve. Loki ride di gusto.

“Avete una sola chance di chiudere questa cosa per sempre e senza danni: me.”

“E’ fuori questione.” Steve è categorico.

“Lasciatelo finire.” Tony è curioso.

“I giganti di ghiaccio non hanno più una guida. Si muovono in preda all’istinto primordiale che gli appartiene e che porta distruzione ovunque essi vadano. Ma non sono arrivati qui da soli. Li ha guidati qualcuno. Qualcuno che ha dato loro la nave da battaglia che abbiamo visto sull’Himalaya.”

“Sembrava una di quelle navi che appartengono ai Chitauri.” Insiste Tony.

“Esatto. Diciamo che ho un conto in sospeso con i Chitauri.”

“Anche con loro?” Clint non si nota fino a che non vuole farsi notare.

“Sì. Ricordate lo scettro che mi avete portato via? Beh, era un regalo costoso!” Jarvis si tocca la fronte.

“E’ con questa che mi hai generato l’illusione che mi ha impedito di chiedere aiuto per tutto il tempo in cui ti sei sostituito a me?” chiede la Visione. Loki annuisce e continua.

“Io però posso convincere i giganti di ghiaccio ad abbandonare la guida dei Chitauri.”

“E come, fratello?”

“Vedi, Thor, anche se adesso non lo considerano, i giganti di ghiaccio hanno un re.” Fury ride.

“Vuoi che ti aiutiamo a issarti sul trono di Jothuneim? Scordatelo.”

“Che vi piaccia o no, io sono il re di Jothuneim.” Loki non ride più. “Sotto la mia guida, il mio popolo non attaccherà più la Terra.”

“La tua parola non vale niente.” Steve non sa più come denigrare Loki. Il dio degli inganni lo guarda con risentimento adesso.

“Bene. Come volete. Siete di nuovo al punto di partenza. Dategli il tesseract allora! O Karen. Se gli date Karen con un po’ di fortuna si distruggeranno da soli!” Steve gli è addosso e lo colpisce al viso. Tony e Thor o trattengono.

“Basta Steve!” urla Stark “Non fai che cedere a tutte le sue provocazioni!” Bruce interviene.

“Uscite da qui, andate a parlarne da un’altra parte. Gli do un altro sedativo e vi raggiungo. Tranquillo Thor, se la caverà.” Quando sono usciti tutti Bruce si rivolge a Loki.

“Non so se le tue intenzioni sono quelle che hai manifestato. Quasi certamente no. Però credevo che Karen t’interessasse.”

“Come un bambino s’interessa dei suoi giocattoli!” E’ la risposta cinica di Loki. Bruce sorride mentre inietta nella flebo un’altra fiala di sedativo. “Che hai da ridere, dottore?”

“Nulla. E’ che riconosco quel modo di fare. Lo utilizzo anche io quando voglio nascondere ciò che realmente m’interessa. Karen è stata molto male dopo Shangai.” L’espressione di Loki si fa seria.

“Non ho mai pensato che sarebbe stato facile per lei. Non avevo alternative.” Loki parla mentre il siero gli entra in corpo e gli fa sentire le membra pesanti. “Heimdall non mi toglieva gli occhi di dosso. Ho provato a convincere Ultron a non far esplodere l’edificio. Ho usato tutta la mia malia ma non è servito. Con il mio solo corpo astrale non potevo proteggerla fisicamente. Non avevo altra possibilità.”

“Potevi accettare la sua morte.” Ora Loki sente la voce di Bruce come una eco lontana.

“E convivere con essa? Impossibile.” Loki si lascia andare all’oblio del sonno e Bruce lo guarda rilassarsi per qualche istante prima di raggiungere gli avengers.

 

Karen guarda le stelle. Sul tetto della base, in un angolo, ci sono due bottiglie di birra vuote, segno questo che quello è il posto in cui qualcun altro, come lei, va a rimuginare su qualcosa. La voce di Steve non la stupisce quando la sente chiamare il suo nome.

“Anche tu in cerca di risposte dentro te stessa?” Karen sorride.

“Direi più in attesa che un meteorite caschi e mi prenda in pieno.”

“Addirittura!” Karen ride e Steve si riconcilia col mondo per un istante.

“Così ho scoperto il posto dove vieni ad ubriacarti!” Fa lei indicando le bottiglie vuote nell’angolo.

“Se ne vuoi una, non devi fare tutte queste storie. Basta chiedere!” Fa Steve porgendole una birra. Karen l’afferra e brinda.

“Alla nostra!”

“Già!” Ma Steve non sembra convinto.

“Che c’è?”

“C’è davvero bisogno che ti dica cosa c’è che non va?”

“Te lo sto chiedendo.”

“Ora dovremmo aiutare Loki a diventare il gran signore dell’universo? Non mi sono unito agli avengers per questo.”

“Che diavolo stai dicendo?” Steve non si fa pregare e racconta tutta la storia. Karen beve e scuote la testa. E fa fuori diverse bottiglie.

“Non stai esagerando?” Steve le toglie l’ennesima birra dalle mani.

“Non credo proprio, Rogers!” Esclama lei brilla. “Ce ne vogliono di bottiglie per dimenticare una storia simile!”

“E la cosa peggiore è che qualcuno prende in considerazione la sua idea.”

“Certo che sì! Loki fa questo con le parole. Sono come una magia. Te la butta addosso e non te ne liberi più!”

“Sei ubriaca Karen. Dovresti andare a dormire.”

“Non dirmi quello che devo fare!” Grida lei alzandosi.

“Voglio solo aiutare.”

“No, Steve, vuoi controllarmi. Esattamente come Loki!” Steve lancia una bottiglia di birra contro la parete opposta.

“Non farlo, Karen! Non paragonarmi a quel pezzo di merda!” Lei alza le mani.

“Lo vedi, Steve? Ormai siamo incompatibili!” Si volta e si allontana.  La porta del terrazzo sbatte e Steve maledice se stesso.

 

Karen segue la parete del corridoio tenendosi con una mano. Non l’ha voluto ammettere con Steve ma è ubriaca. E la colpa è di Loki. Ha litigato con Steve per colpa di Loki. Steve è buono. Steve è gentile ed è affezionato a lei. Forse questo non è vero. E’ affezionato alla Karen che ha conosciuto sei mesi prima. Prima che lei si avvicinasse a Loki, prima che lei morisse. Per colpa di Loki. Per come la vede Karen è tutta colpa di Loki. Probabilmente è per questo che ha camminato, arrancato, fino alla stanza in cui lui sta dormendo.

Lui dorme. Ignaro di tutto quello che si agita in lei.

Con un gesto istintivo, apre la porta. Loki è disteso sul letto. Il suo volto è bianco come quello di un cadavere ma, seppure impercettibilmente, il suo diaframma si alza e si abbassa. Si avvicina lentamente al punto da distinguere le ciglia nere e le vene sul collo. I capelli neri sono rivoltati all’indietro e cosparsi sul cuscino. Solo un ciuffo gli cade lungo la tempia destra, disubbidiente.

Solleva una mano e glielo accomoda indietro lasciando che le dita passino tra i capelli.

“Credevo che non avrei più sentito le tue dita sul mio viso.” La voce è bassa, esce a fatica e sa di nostalgia.

“Sei sveglio. Di nuovo.”  Le labbra sottili si allargano in un sorriso, gli occhi si aprono.

“Ti sei avvicinata di soppiatto. Di nuovo.”

“Non dormi mai?”

“E tu bevi da sola a quest’ora?”

“Chi ti dice che fossi sola?” Lei si dondola.

“Steve Rogers.” Fa lui e le sue labbra si piegano adesso in un ghigno.

“Perché quella faccia?”

“Credevo fossi io la cattiva compagnia.”

“Lo sei, infatti.”

“Sei ubriaca.”

“Mi giudichi anche tu?”

“Non ti ho mai giudicata e non comincerò a farlo adesso.” Lei sbuffa e raggiunge la porta poi, in un impeto di rabbia forse, torna indietro.

“Tu non giudichi, vero? Perché dovresti farlo? Perché dovresti perdere tempo a giudicare qualcuno? A giudicare me?” Si volta ancora ma non riesce ad allontanarsi.

“Che ti hanno detto? Perché sei così arrabbiata con me?”

“Mi hai usata. Per tutto il fottuto tempo in cui sei stato con me. Al laboratorio, a Shangai, persino alla baita sull’Himalaya.” Le parole escono velenose.

“Alla baita?” Loki sembra confuso.

“Volevi il tesseract, no?” Loki la lascia andare.

“No.” Il dio distende la testa sul cuscino e chiude gli occhi. Karen lascia la stanza. Le fa male la testa e, anche se si ostina a dire che prova solo rabbia, lacrime calde le rigano il viso.

 

Tony Stark è un uomo pratico. E’ un uomo pratico che ieri sera ha visto un’astronave dei Chitauri piena di giganti di ghiaccio apparire dal nulla e sparire nel buco nero aperto. Proprio perché è un uomo pratico sa che anche se Loki è un nemico, la sua momentanea collaborazione li ha salvati. Tutti, non solo Karen.

Perché Karen, ovviamente, è una cosa a parte per Loki. Quando Fury gliel’ha messa addosso, non immaginava certo che tra loro sarebbe nato un feeling particolare. Voleva informazioni e Karen gli sembrava la persona giusta a dargliele. L’intelligente e curiosa, Karen avrebbe ottenuto da Loki qualunque informazione di tipo scientifico. Tony ha aiutato Fury perché anche lui voleva informazioni. Eppure, quando Loki cominciava a trattare argomenti, come dire, sensibili come le gemme dell’infinito, Fury ha deciso che allo Shield non interessava più andare oltre.

A quanto pare però, per Loki la faccenda era diversa. Ha continuato a osservare Karen da lontano, a cercarla fino al punto da ottenere il suo aiuto. Siccome è un uomo pratico, dovrebbe dire il suo sacrificio.

Sorseggia una tazza di caffè. Certo, Loki ha messo una pezza al suo errore. Una pezza enorme. Peccato che Karen non apprezzi il potere della gemma dell’infinito. Delle infinite possibilità che riserva. Applicazioni pratiche in realtà.

Il caffè americano fa schifo quando si fredda. Non è come la miscela morbida e concentrata che servono in Italia.

La domanda di un uomo pratico è: Loki prova un reale interesse per Karen. 

No, la domanda di un uomo pratico è: perché Fury diventa isterico ogni volta che Loki nomina le gemme dell’infinito? Esatto.

Per scoprirlo ha due alternative. Collaborare con Loki oppure rispolverare una vecchia amicizia. Non è una scelta difficile.

Rimane un unico problema. Come si può scongiurare la guerra con Jothuneim?

Jarvis entra nella stanza.

“Mi cercava, signore?”

“Loki ti piace, giusto?”

“Non è corretto. Ho fatto una valutazione dell’extraterrestre chiamato Loki e ho dedotto che le probabilità che una tregua con Jothuneim si realizzi sono maggiori se a condurre le trattative è uno di loro.”

“Parteggi per lui, quindi.”

“Corretto.”

“E come convinciamo Fury?”

“Facendogli credere che fa tutto parte di un suo piano?” Tony lascia che la sua bocca si spalanchi come in preda ad un grande stupore.

“Jarvis, sei infido!” La Visione sorride.

“Ho imparato dai migliori! Lei e Loki, signore, avete un grande senso pratico in comune.” Tony ride.

“Muoviamoci, Jarvis, abbiamo un milione di cose da fare.”

 

La ferita è ben lontana dall’essere rimarginata ma il professor Banner ritiene che possa alzarsi e lasciare l’infermeria dato che tutti – come li ha chiamati?- i parametri vitali sono in ordine.

Ovviamente è stato affidato alla sorveglianza di Thor e non può lasciare il piano della base Shield in cui si trova.

Thor gli ha fatto trovare degli abiti su una sedia dell’infermeria. Un paio di pantaloni verde militare e una maglia nera. Non sono nel suo stile ma è troppo debole per usare la magia e cambiare il loro aspetto.

Raggiunge la sala colazione e ci entra con la solita espressione sfrontata. Lo sforzo non serve, la stanza è vuota.

Su un tavolo, all’angolo vicino alla finestra, ci sono dei giornali. Loki si siede e, facendo attenzione a non farsi riaprire i punti, si appoggia allo schienale. Legge. Leggere è l’unica cosa che lo assorbe completamente e non gli fa pensare alla ridicola situazione in cui si è messo. Lui, il dio degli inganni, capace di attraversare i mondi, prigioniero di un gruppo di midgardiani e per lo più volontariamente. Lo sta facendo per riavere il controllo su Jothuneim? Magari per sfuggire alla minaccia dei Chitauri che si divertirebbero davvero tanto a fargli provare il tanto minacciato dolore dei tempi dell’attacco a New York. Per riavere Karen?

La prima pagina del giornale parla del rischio terrorismo a Manhattan. Sorride e l’addome gli duole.

La porta si apre e Jarvis entra nella stanza.

“Oh! Salve signore. Già in piedi?”

“Salve a te, Jarvis.” Loki si alza, la Visione gli piace.

“Prego, resta seduto. La ferita deve fare molto male.”

“No, è necessario. Credo che io ti debba delle scuse, mi sono appropriato della tua identità e ti ho fatto imprigionare al mio posto.”

“Un male necessario per la sicurezza della dottoressa Miller.” Loki fa un gesto col capo.

“Visione è il nome giusto per te.”

“Dio degli inganni è quello più adatto a te.”

“Ora che ci siamo scambiati i complimento di rito, possiamo parlare liberamente?”

“Prego.”

“Credi che la bizzarra combriccola di eroi di Fury riuscirà a fermare i giganti di ghiaccio?”

“Emotivamente, ammesso che le emozioni siano annoverabili tra ciò che sono in grado di provare, sono propenso a credere che sia così. Tuttavia non senza passare per uno scontro che potrebbe rivelarsi sanguinoso.”

“E razionalmente?”  Loki fa un passo verso Jarvis.

“Sarebbe meglio parlamentare.”

“E come intendi farglielo capire?” Loki sorride sornione.

“Credo che se ne occuperà il signor Stark.” Il fratello di Thor perde completamente il sorriso.

“Non abbiamo speranze allora!”

“Il signor Stark è pieno di risorse.”

“Già, questo è vero.” Loki si volta e torna al tavolo alla finestra. In quel momento la porta si apre e Steve entra sorridendo a Clint e Natasha che lo stanno prendendo in giro per il suo modo di parlare rimasto agli anni quaranta. Tutti e tre cambiano espressione nel vedere Loki, senza alcun genere di sorveglianza, libero di girare per la sala comune. Certo, a guardarlo in abiti civili, non sembra minaccioso come quando si è presentato con l’esercito dei Chitauri. Steve però non può accettare che indossi abiti militari, la stessa uniforme, seppure da addestramento, che hanno portato tanti soldati che hanno perso la vita combattendo contro Loki o quelli come lui. In pochi passi gli è di fronte.

“Buongiorno, Capitano! Un’altra giornata in cui sfoderare le nobili virtù proprie di un difensore della giustizia?” Loki gli sorride e gli porge una tazza di caffè. La tazza vola lontano e si va a schiantare contro la parete.

“Togliti subito quegli abiti!” Loki capisce subito a cosa si riferisca Steve.

“Non sono neppure di mio gradimento ma non vorremo fare scoppiare una lite per una divisa?”

“Sì, se è quella dei soldati che hai ammazzato!” ribatte Rogers. Loki si rabbuia e si porta sulla difensiva.

“L’uniforme non li ha protetti dalla furia dei Chitauri e neppure dal mio potere. Ti consiglio vivamente di non provocarmi. Il mio impegno a non entrare in conflitto con voi è verso Thor ma non posso garantirlo nel caso in cui qualcuno mi attacchi.”

“Avanti, Steve, lascia stare. Finirà col metterci contro Thor.” Riflette Clint a voce alta. Rogers si volta e va verso l’angolo cottura per prepararsi la colazione. Clint lo segue mentre Natasha si siede al tavolo di Loki.

“Ti rivelerò un segreto, Loki.” Lui la guarda e la invita a continuare con un cenno del capo. “Non sei simpatico a nessuno.”

“Questo non è un segreto, mia cara.” Nat sorride.

“Quello che hai fatto sull’Himalaya non è stato da poco, comunque. Volevo dirtelo.”

“Dirmi cosa, esattamente?”

“Avanti!” ghigna la donna. Loki solleva entrambe le mani dal tavolo come a farle intendere che deve spiegarsi meglio. “Grazie.” Solo allora Loki fa cenno d’aver compreso.

“Ti dirò un segreto anche io, allora.” Fa’ lui.

“Parla.”

“Non l’ho fatto per salvare voi. L’ho fatto per salvare lei. E forse Thor. E Jothuneim.”

“Jothuneim?”

“Per oggi il tempo delle rivelazioni è finito.”

“Allora lo è anche quello delle chiacchiere.” Dice Nat alzandosi e raggiungendo Clint.

 

Quando il telefono squilla, Stephen lo silenzia immediatamente. C’è una sola cosa che odia quando è concentrato nella lettura. Il suono del cellulare che squilla.

Sfoglia lentamente le pagine dell’antico tomo che sta leggendo da ore. Ogni parola, antica quanto e più del mondo, deve permeare nel suo inconscio più che nella sua mente altrimenti non riuscirà ad evocarla quando ne avrà bisogno. Dopo aver perduto ogni cosa per un assurdo incidente, ha deciso di prendere molto sul serio la decisione di fare da guardiano ai segreti degli zeloti.

Il telefono suona ancora.

Stephen stavolta alza lo sguardo dal libro e dà un’occhiata allo schermo del dispositivo. Alza gli occhi al cielo e prende il telefono.

“Sign. Stark. Quante volte le ho detto che non sono per niente interessato a lavorare per lei?” La voce al telefono è più squillante di quanto Stephen la ricordasse.

“Dottor Strange! Dopo il suo ultimo rifiuto, che per inciso è costato mesi di sofferenza ad un mio caro amico, credo di averla lasciata in pace per un tempo sufficiente.”

“Il tempo riservato alla pace non è mai, ritengo, sufficiente.”

“Concordo. Ed è proprio questo il motivo della mia telefonata.”

“Se concordasse non mi avrebbe telefonato, sign. Stark.”

“E invece, dottore, converrà con me che la mia telefonata non solo è opportuna ma necessaria.”

“Le concederò solo qualche minuto. Parli.”

“Quello che devo dirle riguarda un pericolo imminente che io e lei, insieme, credo potremo evitare ma solo incontrandoci di persona.”

“La fermo subito. Non sono interessato. Affronto quotidianamente un discreto numero di sedicenti pericoli e, per farlo, non necessito né del suo aiuto, né tantomeno di quello di Iron man se è dell’aiuto del suo alter ego che sta parlando.”

“Dottore, il pericolo di cui le parlo temo non potrà affrontarlo da solo né con il solo aiuto di Iron man.” Stephen ora è curioso ma non vuole farsi incastrare da Tony Stark in qualche strana bega pseudo militare.

“Le ripeto che non m’interessa.”

“Neppure se questo pericolo riguarda la dottoressa Karen Miller? Se non sbaglio è stato proprio lei a fare il nome della dottoressa allo Shield. Sbaglio?” Stephen chiude il libro.

“Ha la mia attenzione. Non ho più notizie di Karen dagli eventi di Socovia. Sta bene?” Gli da fastidio ammettere quanto ora parlare con Stark sia importante per lui, ma si tratta di Karen e la cosa non lo lascia affatto indifferente. Tony Stark non sbaglia. Quando mesi prima lo Shield lo ha contattato per un lavoro lui ha rifiutato ma ha fatto il nome di una sua collega che riteneva altrettanto brava. Una collega che aveva sempre trattato come un’amica ma per la quale aveva provato qualcosa prima che l’incidente cambiasse la sua vita. Attende la risposta di Stark accarezzando nervosamente la copertina del vecchio volume che ha davanti.

“Starà bene se lei vorrà aiutarla.”

“E’ lì con lei?”

“Sì.” La risposta di Tony è sufficiente.

“Sarò lì a momenti.”  Stephen si alza, richiama a sé il suo mantello e muove velocemente una mano. Una sorta di glifo arancione si allarga davanti a lui. Stephen l’attraversa con un passo e, quando alza lo sguardo, l’edificio dello Shield si staglia di fronte a lui.

 

Loki ha evitato accuratamente qualsiasi altro incontro dopo la colazione. E’ salito sulla torre di addestramento e, scavalcando la balaustra, si è arrampicato fino al tetto. Se fosse ancora nella sua prigione di Asgard, si perderebbe dentro uno dei suoi libri ma Midgard gli mette sempre addosso tanta irrequietezza. Si ferma ad osservare un gruppo di soldati che cerca di sistemare un qualche tipo di arma. Odino li troverebbe primitivi e rozzi. Anche Thor, prima di conoscere Jane, li aveva sempre considerati inferiori. A lui, invece, i midgariani piacciono. C’è una qualche sorta di forza in quel loro modo d’ingegnarsi per evolversi. Cambiare. A Loki piace tanto il cambiamento. Si chiede se non sia perché non è mai stato davvero felice. Forse però anche questa è una bugia, come tutte quelle che dice di solito. E’ stato felice ma quella felicità non gli è mai bastata. Nulla gli è mai bastato. E’ sempre stato insoddisfatto. Improvvisamente, qualcosa nella sua mente si accende, un brivido gli attraversa la schiena. Il potere dell’aether che si avvicina o, più ragionevolmente, il profumo della pelle di Karen lo mette in tensione. Raccoglie tutto l’autocontrollo di cui è dotato per non voltarsi.

“Sei venuto a rintanarti qua sopra? Mediti un piano di fuga?”

“Con te come carceriera dove potrei fuggire?”

Karen lo raggiunge e si siede poco lontano da lui.

“Non sono qui per sorvegliarti. Fuggi pure.”

“Sono scappato molte volte ma mai da te.” Lui ora la guarda senza timore negli occhi.

“Sono l’ultima persona al mondo cui potrai far bere le tue bugie.”

“Non ti ho mai mentito.”

“Bugiardo. Ormai dovresti essere consapevole di quanto le tue menzogne abbiano fatto soffrire chi ti sta intorno.”

“Non sono le bugie a far soffrire la gente ma la verità. E’ la verità a far male.”

“Meglio una dura verità che una dolce bugia.” Loki sorride e Karen non riesce a distogliere lo sguardo come vorrebbe.

“Perché?” Lo chiede muovendo appena la testa e corrugando la fronte come se davvero non capisse.

“Come ‘perché’? Perché la verità è la verità. Può far male ma meglio sapere le cose come stanno che vivere camminando su un pavimento che si sgretolerà alla prima occasione!” Loki continua a fissarla poi, improvvisamente sospira e guarda di nuovo nel vuoto.

“Mio fratello soffre perché non può stare con la donna che ama. Dice che non può stare con lei per via dei suoi doveri. E’ una menzogna. Credi che sia questa bugia a farlo soffrire? No. Soffre perché la verità è che sa che finché lui desidererà far roteare quel suo martello più di quanto non voglia far girare la testa di Jane, lei lo guarderà e soffrirà.” Karen comprende immediatamente il punto di vista di Loki ma qualcosa dentro di lei, forse l’aether per quanto ne sappia, combatte.

“E’ un modo alquanto assurdo di vedere la cosa a mio avviso.” Loki sorride.

“Prendi il dottor Banner e la sua bella vedova nera. Credi che siano le menzogne a separarli?”

“Sì. Se si confessassero i loro veri sentimenti, sarebbero felici o almeno troverebbero pace.” Loki scuote il capo e strofina le mani.

“Le menzogne li proteggono. E’ la verità a ferirli. Sanno bene entrambi che non esiste alcun futuro radioso per loro. Non in questo mondo. E la stessa cosa vale per il tuo adorato capitano. Non sono le bugie che gli hanno raccontato al suo risveglio a farlo soffrire per la perdita di tutti quelli che conosceva. La verità che lo divora da dentro è che è stato lui a scegliere di sottoporsi al trattamento che lo ha trasformato in ciò che è e che ha determinato il suo destino. Con chi potrebbe prendersela? Vuoi che continui?”

“No. Sei stato sufficientemente chiaro. E’ un punto di vista. Se la verità è la causa del nostro dolore, che dovremmo fare? Vivere una menzogna per sempre.”

“Non si può vivere una menzogna per sempre. Te l’ho già detto, no? Le parole hanno potere. Se crediamo che siano la verità ne hanno ancora di più. Siamo sempre più inclini a dare peso alle parole che crediamo siano la verità.”

“Allora siamo destinati all’infelicità prima o poi.”

“No.” Ora Loki la guarda ancora negli occhi e a Karen sembra che quelle iridi verdi quasi splendano. “Quando non sei felice, cambia. Il cambiamento è buono.” Karen si rattrista.

“Io non posso più farlo.”

“Tu l’hai già fatto.” Karen si alza di scatto.

“Morire non lo definirei ‘cambiamento’!”

“Parli di verità ma non fai che mentire!” Stavolta anche Loki è alterato e la fronteggia.

“Non osare! Io sono morta e questa è la verità.”

“No. Tu sei viva. Quanto è vero che sei qui a ricordarmi i miei errori e le mie menzogne. Ho causato la tua morte? Sono l’artefice del tuo dolore? Sono anche quello che non ha voluto accettare la verità. Ho sovvertito le leggi dell’universo ma sei qui. Viva. Ho trasformato la tua morte in una menzogna e sono pronto ad accettarne le conseguenze.” Karen lo guarda parlare con determinazione e, improvvisamente, se ne accorge. Prova qualcosa. Rabbia? Consapevolezza? Passione? Qualunque cosa sia nasce e muore nelle parole di Loki.

“Non ci saranno conseguenze.” Fa lei voltandosi. Lui le afferra un braccio e la tira a sé.

“Oh sì che ci saranno.” Le passa un braccio dietro la schiena e la bacia. Karen sente nascere nel petto un forte calore che la scioglie tra le braccia di Loki. Lui la tiene stretta per un po’ poi, quasi temendo le conseguenze del distacco, lascia la presa lentamente.

“Questo dovrebbe cambiare le cose tra noi?” Chiede lei staccandosi un poco. Loki sorride malizioso.

“Ti prego, no.” Karen scoppia a ridere.

“Il cambiamento non è buono?”

“Sì. Ma sono stato questo Loki tanto a lungo. Ho bisogno di un po’ di tempo. Il cambiamento, spesso, necessita di tempo.”

“Non te lo concederanno. Forse già ora non ne abbiamo abbastanza.” Loki la guarda poi volge lo sguardo verso il basso. Un uomo vestito di nero cammina verso l’ingresso dello Shield.

“Forse. O forse qualcuno ne ha da vendere. Vedremo.” Karen non sa come ma quel senso di oppressione che l’aveva accompagnata dal suo risveglio, ora non c’è più.

 

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Capitolo 7
*** Stregoni ***


Capitolo 7
Stregoni



Jarvis ha preparato il tea e si è seduto in un angolo. Tony sorseggia un bicchiere di whiskey mentre Stephen assaggia la bevanda calda frutto del sapiente lavoro della Visione.

“Com’è il tea?”

“Ottimo ma non sono qui per questo. Dov’è Karen?”

“Qui in giro.”

“Sta bene?”

“E’ clinicamente morta se vuole saperlo.” Stephen poggia la tazza sul tavolo.

“Mi sta prendendo in giro?”

“Lungi da me fare una cosa simile. La dottoressa Miller compariva tra le vittime dell’attentato al mio laboratorio di Shangai. Allo stato dei fatti tuttavia è viva in quanto il fratello malvagio di Thor, lo conosce vero, l’ha rianimata con l’aiuto di una delle gemme dell’infinito, la più potente credo se questa valutazione non la offende.” Tony punta il dito verso il petto del dottor Strange. Stephen si alza e raggiunge la finestra.

“Stiamo parlando di Loki? Lo stesso Loki che ha tentato di distruggere New York aprendo un varco tra due mondi?”

“E’ esatto.”

“Perché una creatura simile dovrebbe aver fatto una cosa del genere?”

“Per la motivazione più vecchia del mondo. Riteniamo, per l’esattezza Jarvis ritiene, che Loki abbia un qualche particolare interesse per la dottoressa Miller e che sia in qualche modo legato a lei.” Strange sorride e si volta a guardare Jarvis.

“Non ci hanno presentati Jarvis. Io sono Stephen Strange.”

“Lieto di conoscerla dottore. Io sono la Visione e credo che noi due abbiamo qualcosa in comune.”

“In effetti sì anche se non nel senso stretto del termine.” Strange indica la fronte del suo interlocutore.

“Anche se in modo diverso, noi due, dottore, siamo forse le persone che al momento possono meglio comprendere la condizione della dottoressa Miller.”

“State dicendo sul serio? Karen è stata contaminata dall’aether?” Stephen ora è più serio che mai.

“Non è esatto.” Tony fa un movimento col polso e dal suo orologio compare un ologramma con una serie di dati. “Karen Miller è deceduta nell’esplosione alla Stark Industries di Shangai. Loki ha trasferito l’aether nel suo corpo perché rimettesse in funzione il suo sistema nervoso.”

“Questo è scientificamente impossibile. Lo sa quanto me. Anche se il potere delle gemme dell’infinito è grande e comprende anche la possibilità di riportare in vita qualcuno, di certo non potrebbe riportare la sua anima indietro.”

“La dottoressa è la stessa persona che ricorda. Quando la incontrerà se ne renderà conto.” Jarvis interviene perché probabilmente si sente chiamato in causa.

“Sta calmo Jarvis. In effetti la resurrezione della dottoressa le ha causato qualche effetto collaterale ma, nel complesso sta bene. L’ho convocata qui perché Loki ci ha svelato da poco qual è stato il prezzo per la resurrezione di Karen.”

“Loki non è tipo con cui accettare di fare un patto. Dovevate sapere che avrebbe preteso qualcosa in cambio.”

“Lei ha ereditato i segreti degli zeloti. E’ a conoscenza che le gemme furono divise tra i popoli più potenti dell’universo e che fu sancito un patto per tenerle divise?”

“Alla Terra toccò la custodia della gemma del tempo.”

“Se lo sapeva, perché non ha ritenuto di condividere queste informazioni con noi, dottore?”

“Perché non siete quello che definirei un gruppo affidabile di persone. Lo Shield non mi piace.” Stephen è determinato.

“Non piace neppure a me ma so quando è necessario lavorare in team. Mai sentito dire ‘il nemico del mio nemico è mio amico’?”

“Non è il genere di paradigma che mi hanno insegnato a seguire gli zeloti.”

“E che ne dice di ‘fare necessità virtù’?”

“Cosa vuole da me, Stark?” Tony allarga le braccia e sorride.

“Meno male! Credevo non me l’avrebbe mai chiesto! Ebbene pare che agli Jotunn spettasse la gemma dello spazio. Non l’hanno mai reclamata perché la gemma era stata tenuta sempre accanto a Loki e pertanto pare che bastasse il solo legame tra lui e la gemma per tenere buoni i giganti di ghiaccio. Sfortunatamente per loro e fortunatamente per noi, siamo riusciti a togliergliela ma il dio degli inganni è stato bravo a procurarsene sempre un’altra fino ad ora o meglio, fino al giorno in cui non si è separato dall’aether per donare il suo potere a Karen.”

“Non definirei l’intera faccenda come un dono.” Strange torna a sedersi e a sorseggiare il suo tea. Tony continua.

“La faccenda, come la definisce lei, è che ai giganti di ghiaccio ora manca una gemma e ne vogliono una. Loki ci ha detto che possiamo scegliere quale dargli. Lei suggerisce l’occhio di Agamotto?” Strange tossisce. “E sì, dottore, so della sua gemma. Ci sono poche cose al mondo che mi sfuggono e quelle poche non possono sfuggire alla Visione.”

“Ebbene gli Jotunn non avranno la gemma del tempo. Se pensava che gliela offrissi è pazzo.” Tony ride.

“Non l’ho pensato neppure per un momento. Ho pensato invece che se un uomo del suo intelletto avesse capito subito che c’è una sola possibilità di parlamentare con gli Jotunn, avrebbe di certo approfittato della cosa.”

“Sono disposti a parlamentare?”

“Secondo Loki sì.”

“Lei è davvero pazzo. Nella scala da uno a cento dove cento è il demone Dormammu, Loki sta oltre soglia. E’ un male antico. Un dio. Ci sono poche cose pericolose come un dio che ha imparato a padroneggiare la magia. E’, di fatto, uno stregone.”

“Di fatto è uno stregone anche lei, dottor Strange. E mi sta deludendo perché sta perdendo di vista la questione. Se scoppierà una guerra, e se gli Jotunn cadono sotto il giogo dei chitauri scoppierà di certo una guerra, allora potremmo perdere una o più gemme. In più non è tanto quello che Loki ha detto a preoccuparmi ma quello che Loki non ha detto.”

“Cosa intende dire?”

“Da quello che ci ha detto è probabile che la sua sconfitta a New York e l’avvento di Ultron abbiano portato un po’ di scompenso non solo sulla Terra. E’ come se Loki stesso temesse che la questione che riguarda le gemme si allarghi fuori dal nostro sistema solare. Poi c’è anche la sua piccola schermaglia con un demone ancestrale in cui se non sbaglio ha fatto uso del suo gingillo verde. Crede che qualcuno lassù se ne sia accorto? Le rivelo un piccolo segreto contenuto in uno di quei polverosi fascicoli dello Shield che tanto la inorridiscono. Esiste una creatura aliena chiamata ‘il Collezionista’. Lo conosce?” L’espressione sul viso di Stephen è già una risposta. “Aveva ragione dottore. Gli stregoni sono creature da temere. Forse però è giunto il momento di mettere tutti da parte i pregiudizi.” Stephen sospira.

“Vuole che parli con Loki per capire se dice la verità?”

“Nessuno sarà mai in grado di capire se Loki dice la verità. Il mio sesto senso però mi dice che Loki ha un piano che stavolta non comprende la distruzione di questo pianeta e tanto mi basta. Se vuole impadronirsi di Jotunheim a noi che importa? Possiamo affrontarli. Non possiamo permetterci invece di perdere le gemme e neppure le vite di Jarvis e Karen, non crede?”

“Quale sarebbe la mia parte in questo assurdo piano?”

“Esiste un solo ostacolo al piano di Loki.”

“Uno solo? Non mi conforta?”

“Ce ne sono molti in realtà ma l’unico insuperabile per me è Nick Fury.” Stavolta è Strange a sorridere e grattarsi il mento.

“E’ davvero un ostacolo insormontabile.”

“Non per lei. Fury sa che lei non è esattamente un estimatore di Loki. Se gli suggerirà di valutare il suo piano, ascolterà o perlomeno si farà venire il dubbio che la cosa possa funzionare.”

“Lo farò.” Jarvis si alza dal suo angolo e raggiunge i due uomini.

“Davvero? Credevo ci volesse qualcosa di più per convincerla.”

“Esiste la concreta possibilità che attirare l’attenzione sulle gemme dell’infinito sia più pericoloso che dare un esercito a Loki.”

“Abbiamo un patto, Strange?”

“Sì ma non dimentichi quanto le ho detto prima, Stark. Non si fanno patti convenienti con gli stregoni.”

“Tony. Per favore. Se devo allearmi con uno stregone, dammi almeno l’impressione di essergli amico.”

“Va bene, Tony. Per tutti sono qui perché porto notizie a Fury.”

“Cosa intendi dirgli?”

“Sarà meglio che tu non lo sappia. Apprenderlo davanti a tutti non ti darà alcun vantaggio.”

“Mi sembra giusto. Seguimi. Ti porto dal grande capo.”

“E’ quello che gli fai credere?” Chiede Stephen sorridendo.

“E’ quello che tutti credono sia.”

Le tre figure spariscono dietro un angolo in silenzio.

 

Natasha non lo ha mai visto lavorare tanto. Giorno e notte non esce dal laboratorio. Tutti pensano che stia lavorando ancora ai dati di Karen ma lei sa che non è così. Entra nel laboratorio e si sorprende del fatto che le luci siano tutte spente. Solo un monitor brilla ancora. Schiaccia un pulsante e il neon sopra la testa di Bruce si accende facendolo sussultare. L’uomo si sfila gli occhiali e si massaggia gli occhi. Quando si accorge di Natasha, le sorride.

“Come mai sei qui?” La donna esita poi si appoggia alla scrivania.

“Dovrei chiederlo a te. Perché sei ancora qui? Tutti credono che tu stia lavorando ai dati di Karen ma io so che non è così.” Bruce sospira e volta verso di lei il monitor. Una serie di numeri si intersecano ad una specie di onda che si allarga e si riduce.

“Dovrei capirci qualcosa?”

“Ho curato io Loki. Questo diagramma dice che non ho fatto un buon lavoro.” Natasha si fa seria.

“Che significa?”

“Che l’arma che ha ferito Loki era come avvelenata. La ferita si rimargina ma il corpo non guarisce.”

“Loki lo sa?”

“Sì.”

“Thor?”

“No.”

“Karen?”

“Nemmeno.”

“Fury?”

“Non lo sa nessuno, Nat.”

“Cazzo.”

“Già.”

“Stai cercando una cura? Per questo non sei mai uscito da qui?” Bruce annuisce. “Lo sai che non è uno di noi, vero? Che è un assassino, uno psicopatico dittatore?”

“Non per Thor. E Thor è uno di noi.”

“Allora diglielo e basta. Una volta Jane mi ha detto che esiste una specie di incubatrice in grado di guarire ogni ferita su Asgard.”

“Loki non può e non vuole essere condotto su Asgard. Ha detto che troverà una soluzione quando sarà su Jotunheim.”

“Visto? Risolto. Ora esci da qui. Devi mangiare.”

“Nat, non ci arriverà su Jotunheim.”

“E’ così grave?”

“Sì.”

“Pensi di poter fare qualcosa?”

“Se Loki ha ragione, bisognerebbe portarlo a casa sua di corsa. Non riuscirò mai a convincere Fury.” Natasha sospira.

“Bruce, ho fatto finta di nulla finora. Cos’è che non va? Perché improvvisamente le sorti di Loki ti interessano così tanto?” Banner si sfila gli occhiali e si massaggia gli occhi. Sorride.

“Tu mi leggi dentro. Come non ha mai fatto nessuno. La verità è che non riesco a dimenticare Ultron. Non riesco a dimenticare che l’ho rifatto. Io ho seguito Tony sulla via della scienza ad ogni costo. Eppure” dice guardandosi le mani “avevo già sperimentato sulla mia pelle quanto potesse essere sbagliato persistere per quella strada.”

“Non è stata colpa tua.” Nat lo dice perché ci crede.

“Non è questione di sensi di colpa. Ci sono, per carità, non intendo negarlo. Tuttavia non è per questo. Non soltanto. Non posso non pensare alle parole di Karen. Loki l’aveva messa in guardia. Loki conosceva le conseguenze. Esattamente come le conoscevo io. Eppure voi vi siete fidati di me e nessuno si fida, ancora adesso, di lui. Nonostante abbia rischiato così tanto.” Nat gli accarezza il viso poi si sporge a posargli un bacio leggero sulle labbra.

“Non ci siamo fidati. Diciamo che abbiamo provato a fermarvi timidamente.” Sorride e Bruce fa altrettanto.

“Vorrei aiutarlo.”

“Non dimenticare chi è Loki.”

“Un dio vendicativo e bugiardo?”

“Esatto.” Risponde Nat.

“E non sarebbe meglio che stia dalla nostra parte?” La vedova nera piega appena la testa di lato.

“Sì.”

“Vuol dire che mi aiuterai?”

“Vuol dire che sto dalla tua parte bel fusto. E poi Karen mi piace.”

“Allora pensi anche tu che si amino quei due?”

“Non lo so, ma sono sempre per il lieto fine.” Bruce la tira a sé e la bacia.

 

Fury sa fiutare il pericolo da grandi distanze. E sa riconoscere i nemici.

Stephen Strange è pericoloso ma non è mai stato suo nemico. Perché allora si sente dannatamente inquieto?

“Vuole ripetermi perché é qui, dottore?” Strange tiene le mani unite davanti al mento. Palmo contro palmo.

“Non l’ho detto, sign.Fury. Non ancora.”

“Allora si sbrighi a parlare, non ho molto tempo.”

“Mi creda, il tempo è l’unica risorsa di cui disponiamo a volontà. Non sono qui per questo però. Prima di parlare sarebbe il caso di convocare il sig. Stark, Thor e chi comanda gli Avengers. Come lo avete chiamato? Capitan America?”

“Creda a me dott. Strange se le dico che sarebbe meglio se si accontentasse di parlare con me.”

“Sono spiacente ma ciò che devo dire richiede la presenza di coloro che ne sono direttamente interessati.” Lo dice guardando Fury in volto senza esitazione. L’uomo schiaccia il pulsante dell’interfono.

“Maria fa venire il sig. Stark, il sig. Rogers e Thor.”  Stacca il dito dal pulsante prima di ricevere la risposta. “Ci vorrà un po’, vuole del tea?”

“No.”

“Allora dottore, come trova New York?”

“Ricostruita.” Fury ride.

“Per essere un mistico, direi che lei è un uomo molto pratico.”

“Sono un dottore. Fa parte di me.”

“Lei non è un semplice dottore.”

“Essere un dottore è ciò che mi ha definito fin dall’adolescenza. Se non fosse stato per salvare questa cosa di me, non mi sarei mai imbattuto nei grandi misteri dell’universo.” In quel momento la porta si apre e Steve Rogers entra seguito da Thor e Tony. Stephen si alza e saluta con un cenno del capo.

“Signori, questo è il dott.Strange. Collabora saltuariamente con lo Shield. Dottore, questo è Steve Rogers. Conosce già Tony Stark e Thor. E’ qui perché pare sappia qualcosa che ci riguarda da vicino.” Strange si risiede.

“Mi scuso per il poco preavviso con il quale ho chiesto di parlarvi. Sarò breve e verrò al punto. Ho appreso che tuo fratello, Thor, si trova sulla Terra. Mi sembrava che avessimo stretto un accordo secondo il quale, se ti avessi aiutato a ritrovarlo dopo gli eventi dell’allineamento tu lo avresti segregato per sempre ad Asgard.” Thor abbassa lo sguardo sui suoi piedi.

“Forse ti ricorderai di Karen Miller! Non sei stato tu a proporre il suo nome per una collaborazione con lo Shield?” Interviene Tony “Thor è venuto meno alla sua promessa solo nel tentativo di aiutarla.”

“E’ accaduto qualcosa a Karen?” L’espressione angosciata di Strange non sfugge a Steve.

“Lei la conosce, dottor Strange?”

“Abbastanza da considerarla una cara amica.”

“Allora accetterà che Thor sia venuto meno alla sua promessa per il bene di questa cara amica.” Taglia secco Tony. Strange si guarda le mani poi riprende a parlare.

“Vedrò volentieri Karen più tardi se sarà possibile. Adesso però devo informarvi che la presenza di Loki sulla terra ha attirato delle creature molto pericolose legate a lui per provenienza. Sono i giganti di ghiaccio di Jotunheim.”

“Dottore la ringraziamo per essere venuto fin qui ad avvisarci ma lo sappiamo già.” Rogers guarda Fury mentre lo dice quasi come a chiedere a quest’ultimo il vero motivo di quell’incontro.

“Sapete anche che la venuta dei giganti di ghiaccio porterà alla distruzione di New York e alla morte del sig. Stark?” Tony lo guarda e ride.

“So che vi sembrerà impossibile che io conosca il futuro ma non lo è. Posso raccontarvi il più piccolo dettaglio di come andranno le cose. Compreso che ci sarà un’esplosione talmente potente che non resterà nulla di Manhattan.”

“Se è uno scherzo, non è divertente.” Steve si alza e raggiunge la finestra.

“Non lo è.”

“Dovremmo credere che puoi vedere il futuro, stregone?” Chiede Thor, nervoso.

“Non è esatto. Io posso avvolgere il tempo a mio piacimento. Se lo lascio scorrere più veloce di quanto non faccia in questa realtà, io posso vedere la fine di questa conversazione poi, riavvolgendolo, dirvi come finirà.”

“Questo fanno le tue arti mistiche, dottore?” Chiede Fury con fare stizzito.

“No. Questo fa la gemma dell’infinito che governa il tempo.” Stephen si alza e fa scorrere le mani davanti al petto. Il ciondolo che porta al collo si apre lasciando intravedere una pietra verde e scintillante.

“Un’altra gemma dell’infinito? Non finiscono mai?” Chiede Steve. Alla sua domanda risponde Thor.

“Sono sei in tutto.”

“E ora ce ne sono tre nello stesso edificio. Una delle quali, di regola, toccherebbe al popolo dei giganti di ghiaccio.” Precisa Strange.

“Quindi tu dici che la venuta di Loki sulla Terra causerà la distruzione di Manhattan e la morte di Tony Stark?” Insiste Fury. Strange annuisce.

“Bisogna evitare questa guerra e abbiamo solo un modo.”

“Quale?” Chiede speranzoso Rogers.

“Gli Jotunn sono un popolo fiero senza una guida. Se tu, Thor, potessi convincere tuo fratello a tradire i Chitauri e a rivendicare la sua genia, forse potremmo trovare una soluzione pacifica.” Steve allarga le braccia.

“Dice sul serio, dott. Strange?”

“Ho visto molte realtà con l’occhio di Agamotto e in quasi tutte quelle in cui Loki non prova a convincere il suo popolo a ragionare, Manhattan esplode. In tutte, il sig. Stark muore nel tentativo di salvare un ragazzo di nome Peter Parker.”

“Peter Parker? E chi è?” Chiede Steve prima guardando Fury e poi Stark.

“Che diavolo ne so io? Non ci tengo a conoscerlo!”

“Nick tu che ne pensi?” Steve, mani sui fianchi, lo chiama in causa direttamente.

“Se le cose stanno così e per quanto non mi piaccia ammetterlo, forse stavolta dovremo trovare il modo di far funzionare le cose con tuo fratello, Thor.”

“Farò di tutto perché sia così.” Lo incoraggia il dio del tuono.

“Prima però devo sapere una cosa da te, Strange.”

“Cosa, sig. Fury?”

“In nessuna delle realtà che hai visto Loki ci ha tradito?” Stephen accarezza con una mano l’occhio di Agamotto ormai chiuso.

“Non ho detto che l’affare non comporterà dei rischi. Ho parlato solo del male maggiore. I miei compiti di guardiano non mi permettono di rivelare di più. Posso vedere Karen Miller adesso?”

“L’accompagno io, venga dottore.” Fa Tony indicando la porta. Quando sono fuori dalla stanza, i due uomini proseguono in silenzio fino all’ascensore. Tony lo chiama al piano.

“La mia morte, eh? Non bastava la distruzione di Manhattan per spaventarli?”

“Chi ti dice che abbia parlato per spaventarli?” L’ascensore si ferma e l’anta di cristallo si apre. Una volta all’interno, Tony passa il quadrante del suo orologio davanti alla tastiera dell’ascensore e questo si mette in movimento.

“Come conosci Peter?”

“L’ho visto nel tuo futuro.” Stephen guarda dritto davanti a sé.

“Morirò per salvare bimbo ragno?” La voce di Tony è scanzonata ma Strange percepisce tensione.

“Questo l’ho detto per spaventarli.”

“Non so se ci sei riuscito. Di certo hai spaventato me.” Finalmente Stephen sorride.

“Hai avuto quello che volevi.”

“Spero di averci visto giusto.”

“E’ troppo tardi per i ripensamenti.”

“Sarai dei nostri?”

“Solo per aiutare Karen.”

“E per proteggere le gemme?”

“A questo punto non fa più molta differenza, temo.” Conclude Strange da perfetto individuo pratico.

 

“Perché siamo qui?” Karen si è lasciata convincere da Loki a scendere nel piano sotterraneo del laboratorio di Bruce.

“Visione ti presenterà una persona.”

“Chi?”

“Vedrai.”

Quando fanno capolino nella grande sala che è stata usata per l’allenamento di Hulk, Karen si accorge subito che Visione se ne sta in un angolo ad osservare una donna che, muovendo le mani, sposta degli oggetti con la forza del pensiero. Dalla punta delle dita delle sue mani si disperde una sorta di energia scarlatta che le ricorda molto il fluido rosso e nero che esce dal suo corpo quando l’aether prende il sopravvento. Non è però questo a colpirla. E’ il modo in cui Jarvis la guarda. E’ evidente che per lui, quella ragazza è una persona speciale.

“Chi è lei?”

“Il suo nome è Wanda Maximoff. Non hai avuto modo di conoscerla perché i suoi poteri discendono dalla manipolazione del mio scettro. Quindi ha subito, come te, una trasformazione a causa degli eventi che hanno dato i natali ad Ultron.” In quel momento, Jarvis si accorge di loro.

“Dottoressa, Loki benvenuti. Lasciate che vi presenti Wanda.” La ragazza si avvicina a loro un po’ insicura.

“Se è me che temi, sono innocuo.” Fa Loki sorridendo e alzando le mani. Jarvis si affretta a spiegare.

“Wanda teme se stessa. I suoi poteri sono stati usati da Ultron per fare del male alla gente in passato. Non riesce a perdonarselo.”

“Benvenuta nel gruppo di chi vive nel senso di colpa allora!” Esclama Karen tendendo la mano. “Io sono Karen Miller e guardandoti ho l’impressione che te la cavi molto meglio di me nel gestire i tuoi poteri.” Wanda sorride e Karen la trova bellissima. Sembra come una delle creature eteree di cui ha letto nel libri di favole che suo padre le regalava quando era piccola.

“Sono lieta di conoscerti, Karen. Jarvis mi ha parlato molto di te. Dice che possiedi un potere molto simile al mio.”

“A dire il vero non è così. Non so bene cosa sia questo potere che tutti mi riconoscono. Fluisce dal mio corpo senza controllo. A parte sapere che è altamente distruttivo, non so bene cosa faccia e quale possa essere l’utilizzo che posso farne.”

“E’ lui non può insegnarti?” Chiede Wanda riferendosi a Loki.

Eccolo il punto. Loki l’ha manipolata anche stavolta per raggiungere il suo scopo? Vuole che si affidi a lui e sapendo che proponendosi in prima persona sarebbe stato rifiutato, l’ha condotta innanzi a Wanda perché lei le spiegasse l’ovvio.

“Credo sarebbe la soluzione più facile al mio problema. Non di rado, tuttavia, la via più breve si rivela sbagliata.” Wanda annuisce e guarda Jarvis. Lui le mette una mano sulla spalla come ad incoraggiarla.

“Allora hai solo un modo per non rimanere prigioniera del tuo stato.”

“Quale?” Karen lo chiede di getto. Speranzosa.

“Seguire il tuo cuore.”

Loki si volta al rumore della porta che si apre alle loro spalle. Tony Stark precede un uomo alto e dalla postura elegante. Quando Wanda e Jarvis alzano lo sguardo sui nuovi venuti anche Karen si gira. Tony cede il passo all’uomo dietro di lui e Karen ha un sussulto. Una voce dentro di lei, le suggerisce che dovrebbe sentirsi felice ma lei non riesce a seguire quell’impulso.

“Karen. Sei viva.” A quelle parole, Karen ricorda la telefonata ricevuta mesi prima in cui quell’uomo le chiedeva se fosse interessata a prendere parte ad una ricerca innovativa e sperimentale su un tessuto organico artificiale in grado di curare ferite gravissime. Cosa sarebbe stato della sua vita se non avesse risposto a quella telefonata? Qualcosa in lei si scuote ancora ma non è affatto felicità. Loki sembra accorgersene. In fondo ha percepito qualcosa di potente avvicinarsi prima ancora che la porta s’aprisse. Si sposta di un passo dietro di lei.

“Certo che è viva! Che ti ho detto? Sta alla grande!” Esclama Stark. Tony lo pensa sul serio ma le sue parole sono la goccia che fa traboccare il vaso. Un’aura scura come fumo nero comincia ad avvilupparle le caviglie. Jarvis se ne accorge per primo e tira per un braccio Wanda.

“Karen, per favore, calmati.” Le parole di Loki sono un silenzioso sospiro nell’orecchio della dottoressa. Appena percettibile dagli altri.

“Io sto alla grande, Tony?” Ora anche Stark si rende conto che la sua amica è alterata.

“Sai come sono fatto, tesoro. Non intendevo dire niente di inopportuno.”

“Karen, sono io, Stephen. Sono qui per aiutare.”

“Chi ti ha detto che ho bisogno di aiuto?” Fa Karen sollevando un mano da cui quella stessa aura adesso rossa come il sangue si distende in direzione dei nuovi arrivati. “Ai morti non serve l’aiuto di nessuno. Non te l’hanno detto, dott.Strange?” A quella domanda Loki guarda l’uomo con maggiore attenzione. Thor gli ha detto che è stato uno stregone di nome Strange a rivelargli che aveva preso il posto di suo padre su Asgard.

“Mi hanno detto cosa ti è capitato ma anche che eri rimasta la stessa. Non mi sembra che sia così.” Lo sguardo di  Stephen ora è duro.

“Mi stai giudicando, Strange? Tu che ti sei chiuso nel tuo bel mondo delle favole lasciando che altri pagassero il prezzo della tua indifferenza?” Karen non si riferisce solo a lei ma anche al miglior amico di Tony che Stephen si è rifiutato di operare quando è rimasto ferito e immobilizzato dai fianchi in giù.

“Non ti sto giudicando.” Fa Stephen allungando una mano verso di lei. “Voglio davvero solo aiutare e magari farmi perdonare per la mia, come l’hai definita, indifferenza.”

“Adesso è tardi, non credi?” Fa lei agitando la mano.

“Non è tardi se ci permetti di aiutarti.” La voce di Tony ora è seria, calma e rassicurante. La risata di Karen è sprezzante.

“E se io non lo volessi il vostro aiuto? Se invece volessi essere lasciata in pace?” L’aura nera e rossa si espande.

“Perché rifiutare il nostro aiuto?” Chiede Strange facendo un passo verso di lei. “Vorrei poter fare qualcosa per farti tornare come prima.”

“Io non voglio!” L’urlo non è intenzionale. Karen non sa nemmeno dire da dove è venuta quella frase, quella cocente manifestazione di volontà. Forse davvero l’aether dentro di lei, vive una vita propria. Comincia a tremare. Un freddo innaturale l’avvolge. Un silenzio irreale riempie l’aria. Karen vede Strange muovere le labbra ma lei non sente nulla. Stark guarda verso di lei ma non lei. Improvvisamente si rende conto che il freddo che percepisce proviene da un paio di braccia esili che l’avvolgono. La sua voce è l’unico suono che raggiunge la sua coscienza. La voce di Loki.

“Nessuno farà nulla che tu non voglia, sta tranquilla.” Poche semplici parole in grado di calmarle l’animo. L’aura scura che si dipana da lei, pian piano si ritira.

“Io sono pericolosa. Devo essere rinchiusa. C’è qualcosa che non va in me.” Singhiozza e si vergogna per la sua debolezza ma nessuno sembra accorgersi che sta piangendo.

“Non c’è nulla di sbagliato in te. Non farti convincere del contrario. Tu non sei il tuo potere. Il potere è ciò che hai, non ciò che sei. Ricordatelo.”

“E dovrei fidarmi di te?”

“Semplicemente sì.”

L’aura svanisce e, insieme ad essa, la forza che teneva Karen in piedi. La donna si accascia tra le braccia di Loki.

“Che cosa le hai fatto?” Stephen Strange è evidentemente arrabbiato.

“Io? Signori, gli unici responsabili dello stato della dottoressa Miller siete voi. Forse non avete ben compreso il cambiamento di Karen. La sua rabbia potrebbe radere al suolo l’edificio. Farei attenzione a non contrariarla.”

“La colpa sarebbe nostra?” Il dottore non si arrende. Jarvis si frappone tra i due.

“Signori, vi prego, calmiamoci. La dottoressa è ancora instabile. Ha bisogno di tempo per reagire al suo cambiamento. Se siete tutti preoccupati per lei, dovreste sforzarvi di andare d’accordo.” Loki approfitta di quell’intervento per sollevare Karen e lasciare la camera. Strange si volta a guardare Tony.

“Sei certo che abbiamo fatto la scelta giusta?” Stark fa spallucce.

“Chiamalo intuito. Ho l’impressione che ci siano mali peggiori di Loki nell’universo.”

“Non oso sperare che tu abbia ragione.”

 

 

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Capitolo 8
*** Sfide - prima parte ***


 

Capitolo 8
Sfide - prima parte



Karen sospira e, lentamente, apre gli occhi.

Loki è seduto sulla poltrona affianco al letto. Legge. Prova a sollevare una mano ma le sembra uno sforzo enorme.

“Devi fare piano.” Loki continua a leggere ma le parla con dolcezza.

“Che mi è successo?”

“Non lo ricordi?” Stavolta Loki solleva lo sguardo e chiude il libro. Lei fa di no con la testa.

“Hai usato l’aether.”

“Non intenzionalmente.”

“Lo so.” Loki poggia entrambe le mani sui braccioli della poltrona e fa come per darsi la spinta per alzarsi. Sembra un movimento costruito, misurato come tutti quelli che Loki fa. A Karen è sempre piaciuto quel modo aggraziato di muoversi. Elegante. Eppure stavolta c’è qualcosa in quel gesto che le fa pensare che il dio stia realmente facendo forza sulla poltrona per alzarsi. Guarda il suo volto. E’ sempre stato così pallido?

“Loki, stai bene?”

“Certo, perché lo domandi?”

“Sembri affaticato. Sono stata io?” Lui sorride, maliziosamente.

“Starti dietro è impegnativo, mia cara.” Si siede sul letto e le sposta una ciocca di capelli dalla fronte. “Non temere, dovrai impegnarti molto di più per prosciugare le mie energie.”

“Lo terrò a mente semmai ne avessi l’intenzione. Comunque non hai risposto alla mia domanda. Che ho combinato?”

“Niente. Hai fatto una semplice dimostrazione di quanto sia affascinante il tuo potere.”

“Affascinante è l’ultimo aggettivo che userei per definire l’aether.” Loki si fa serio.

“A tal proposito, mia cara, vorrei ricordarti che gestire la gemma rossa comporta delle, come dire, responsabilità.”

“Se non mi facesse male tutto mentre lo faccio, riderei a crepapelle. Tu parli di responsabilità?”

“Oh! Mi può essere imputato tutto ma non di non essere stato oculato nella gestione delle gemme.”

“In effetti, te ne devo dare atto. Come mai sei tanto esperto in materia?” Gli occhi di Loki si rabbuiano.

“Mia madre.” Karen posa una delle sue mani sulla sua. Lentamente giacché ancora tutto il corpo le sembra pesante.

“Non devi parlarne per forza. Ho sbagliato a chiedere così sfacciatamente.” Il sorriso di Loki stavolta è triste.

“Avevamo una regola, no? Tu chiedi e io rispondo.” A Karen sembra di tornare indietro di una vita. Ai primi giorni in cui Fury le aveva chiesto di entrare nel laboratorio in cui Loki era prigioniero e farselo amico ad ogni costo. Loki si era mostrato subito interessato alla sua curiosità e lei era affascinata da tutta quella conoscenza.

“Allora racconta, ti ascolto.”

“Mia madre conosceva molte storie. Ce le raccontava prima di metterci a letto.”

“A te e a Thor?”

“Sì ma lui si addormentava quasi subito. Spendeva troppe energie nel gioco e nei dispetti. Io la imploravo sempre di continuare fino a notte fonda. Ero avido sin da bambino.”

“Avido di conoscenza?”

“Conoscenza, magia, potere. Chi può dirlo ormai? Tra quelle storie che narravano quasi tutte della creazione dei mondi e di Asgard, ce n’era sempre una che non smettevo mai di chiedere. La storia dell’Antico.”

“L’antico?”

“In realtà si trattava degli Antichi ma tra loro ce n’era uno che preferivo agli altri ed era sempre la sua storia che chiedevo a mia madre di raccontare.”

“Che avrà mai fatto per conquistare la tua stima?”

“Collezionava forme di vita.”

“Avrei dovuto immaginarlo. Un hobby eticamente discutibile.” Loki sorride e le accarezza la fronte.

“Non per un bambino affamato di magia. Questo Antico se ne andava in giro per l’universo a salvare dall’estinzione creature fantastiche e uniche nel loro genere. Ogni sera mia madre mi raccontava di come avesse nascosto da terribili minacce gli ultimi della loro specie salvaguardandoli. Io ero affascinato da un simile saggio. C’erano sere in cui mi addormentavo guardando le stelle e pensando che forse, se fossi stato bravo abbastanza da imparare tante cose, sarebbe venuto a salvare anche me da quel mondo fatto di brutali guerrieri tutto muscoli e niente cervello. Ne sarei diventato l’apprendista e, magari, l’erede.”

“Ambizioso fin dalla tenera età!”

“Tu cosa sognavi da bambina?”

“Di incontrare uno come Thor.”

“Sei pessima!”

“Scherzo! Continua.”

“Questo Antico aveva un altro desiderio. Quello di trovare e riunire le gemme dell’Infinito. Le pietre non sono altro che l’essenza di un essere primordiale che si disperse in sei pezzi mal sopportando la solitudine. La leggenda vuole che chi rimette insieme le pietre possa ottenere un potere pari a quello della creazione dell’universo.”

“O alla sua distruzione.” Fa Karen che adesso osa issarsi sui gomiti per poggiarsi alla testiera del letto.

“Non sono forse la stessa cosa?”

“Io non direi, Loki.”

“Non intendo affrontare con te una discussione sull’origine dell’universo, Karen.”

“Allora perché mi stai raccontando questa cosa?”

“Mi hai chiesto perché ne so così tanto e da dove deriva questa mia attenzione per le gemme. Te l’ho raccontato perché tu sappia che non mi sono limitato ad ascoltare le storie che una madre raccontava al suo bambino per convincerlo a dormire. Le ho approfondite. E’ stato il mio studio delle gemme a portarmi al Tesseract prima e ai Chitauri dopo. E, alla fine, all’Antico.”

“Tu lo hai conosciuto?”

“Lo conosci anche tu seppure non direttamente. Lo conosci con un altro nome: il Collezionista.” Karen si fa più attenta.

“E’ stato quando hai cominciato a parlarmi di lui che Fury ha voluto che tornassi su Asgard. E non è a lui che Thor consegnò l’aether dopo aver sconfitto Malekith?”

“Sì, proprio a lui.”

“Quindi lo hai preso a lui? Glielo hai rubato?”

“Che pessima reputazione mi sono fatto! E se ti dicessi che è stato lui a darmelo?” Karen storce la bocca.

“Mi spiace Loki ma se la tua fama ti precede come spesso sostieni, ritengo improbabile che qualunque essere sano di mente ti affidi una cosa come l’aether.”

“Grazie. Apprezzo la tua sincerità! Primo: non ho mai detto che il collezionista sia sano di mente. In effetti è un individuo alquanto disturbato. Secondo: non tutti ritengono la mia astuzia un difetto. Terzo: potrà sembrarti strano ma l’equilibrio dell’universo consiste appunto nel tenere in equilibrio ogni cosa compresi bene e male. Un essere saggio come il Collezionista la sa più lunga di me e te e, di certo, la sa più lunga di Fury. Avrà visto delle potenzialità in me e io, a mia volta, le ho viste in te. Pertanto ora tocca a te non sprecare i tuoi talenti.”

“Sembra una cosa impegnativa.”

“Hai sentito cosa ha detto la nuova fiamma di Jarvis? Segui il tuo cuore.”

“Ti sembra una cosa sensata da dire ad una che non sa tenere a freno i propri istinti?”

“E chi ti dice che sia questo il mio obiettivo?” Loki sorride e si sporge in avanti verso le labbra di Karen ma, a metà strada una smorfia di dolore si dipinge sul suo viso e il dio si immobilizza.

“Loki, che succede? Stai bene?” Loki si alza e si volta verso la finestra.

“Sto bene. Smettila di chiedermelo. Piuttosto ora devi riposare. Cerca di dormire.” Karen lo vede guadagnare l’uscita senza aggiungere altro. Non se la sente di alzarsi e andargli dietro ma non riuscirà a dormire. Qualcosa le dice che, anche stavolta, Loki ha mentito.

 

“Dottor Banner? E’ permesso?” Loki entra nel laboratorio di Bruce senza fare rumore. E’ evidentemente vuoto. Raggiunge la scrivania e sbircia tra i suoi appunti. La voce di Banner lo sorprende alle spalle.

“Se vuoi conoscere le tue condizioni, chiedi.” Loki si guarda intorno e Bruce si affretta a rassicurarlo. “Siamo soli, non c’è nessun altro.”

“Allora parla. Come procede? Il siero che mi hai iniettato non sembra funzionare granché, dottore!” Le parole di Loki sono sprezzanti.

“Lo so.” Fa mesto Bruce sfilandosi gli occhiali. “A mia discolpa posso solo dire che non mi sono laureato in medicina divina.” Loki sospira e rilassa le spalle.

“Chiedo scusa. Sono, come dire, nervoso. Non si può fare niente dunque?”

“Meglio di quello che ho fatto, no. Forse con l’aiuto di Tony…”

“E’ fuori discussione. Ne abbiamo già parlato. In più Stark ha condotto qui uno stregone. Per la precisione quello che ha avvisato il mio caro fratello che me la stavo spassando su Asgard.”

“Ci sono degli sviluppi. Ho appena parlato con Tony. Strange ha convinto Fury a darti la possibilità di parlamentare per conto nostro con i giganti di ghiaccio.” Il viso di Loki tradisce sollievo. “Non so a quali condizioni, però.”

“Quali che siano le condizioni, dottore, conta solo il risultato.”

“Credi davvero di poter ottenere la cessazione delle ostilità da parte del tuo popolo?”

“Sono il loro legittimo re. Mi ascolteranno.”

“Se sarai vivo per allora.” Bruce allarga le braccia.

“Questo devi dirmelo tu.” Banner raggiunge la scrivania e indica una serie di fogli.

“Gli esami dicono che il medicinale che ti ho iniettato rallenta il veleno.”

“Quanto tempo?”

“Due settimane. Ma non so in che condizioni ci arriverai alla fine della seconda settimana.”

“Dottore quando il tuo alter ego mi ha sbattuto a terra come uno straccio, mi ha fatto meno male.”

“Dovresti dirlo a Karen.” Gli occhi di Loki lampeggiano di un verde intenso.

“Karen deve rimanere all’oscuro di tutto. Anche se l’ho rassicurata, è instabile come dice Jarvis. Non deve affrontare alcun tipo di stress. Incarna la gemma rossa. Non ha solo il potere di distruggere ogni cosa. Lei può alterare il tessuto stesso della realtà.” Banner sprofonda in una sedia.

“Fury lo sa?” Loki scuote il capo. “Dio santo, Loki, Fury ritiene Jarvis pericoloso. Se sapesse questo di Karen, non oso immaginare le conseguenze.”

“Dobbiamo tenere Karen al sicuro. E’ la priorità.” Bruce annuisce poi la domanda gli esce di getto.

“Tu l’ami, non è vero?” Loki, che stava uscendo dalla stanza, si blocca sul posto. Nessuno ha mai associato il verbo amare alla sua persona.

“Desidero che mi appartenga.”

“Non è quello che ti ho chiesto.”

“Ti accontenterai di questa risposta.” Loki lascia il laboratorio e Bruce attiva il pulsante dell’interfono.

“Tony? Hai sentito tutto, vero? Allora muoviti a organizzare la cosa. Abbiamo appena due settimane per scongiurare questa guerra senza perdere Jarvis o Karen.” Quando riaggancia si sente un verme. Anche se sta imbrogliando Loki, un imbroglio resta un imbroglio.

 

La sala operativa dello Shield non è mai stata così piena.

Da un lato ci sono Thor, Loki, Karen e Tony Stark. Al centro si sono accomodati Banner e Stephen Strange. Dal lato opposto se ne stanno in piedi e braccia incrociate Steve, Natasha e Fury. Jarvis e Wanda sono in fondo alla stanza con Clint e Jane che non riesce a smettere di fissare il monitor del suo computer dove ha installato i parametri necessari a rilevare qualsiasi anomalia spaziale, warmhole o strappi nella dimensione.

Maria Hill apre la scatola di titanio in cui è conservato il Tesseract e guarda Fury. Quando il suo capo le ha detto che il piano prevedeva la consegna dell’artefatto a Loki perché lo adoperasse per aprire un passaggio tra Midgard e Jotunheim, lei si opposta con ogni mezzo.

L’uomo le fa cenno di lasciarla sul tavolo.

Loki si avvicina e tende le mani verso il cubo.

“Permettetemi di ricordarvi che lo spazio dimensionale che andrò ad aprire non consente il passaggio dei giganti di ghiaccio in questa realtà ma non sono sicuro che non possa tenere fuori anche le loro armi quindi non provocateli.”

Loki afferra il Tesseract e muove le mani come a voler creare un turbine. In qualche istante si forma una sorta di velo tremolante in cui prima si intravede solo una fitta nebbia poi, lentamente, la sagoma di una scala e di un trono di pietra.

“Chi osa irrompere nelle stanze del re?” La voce che tuona dall’altra parte del velo sembra provenire dallo stesso trono di pietra ma in realtà appartiene ad una figura alta e scura che impugna una lancia.

“Nessuno irrompe nelle stanze del glorioso re di Jotun. Il mio nome è Loki. Già una volta ho servito la causa di Jotun e oggi vengo in pace.” Una seconda figura compare dietro alla prima.

“Io ti conosco, Loki figlio di Odino, sventura è il tuo nome.” Loki sorride ma appare contrariato.

“Dici bene chiamandomi sventura, giacché la porto in dono a chi non mi è gradito. E tuttavia sei in errore quando mi chiami figlio di Odino perché nessuno dovrebbe sapere meglio di te, Godrum consigliere e comandante delle schiere di Laufey, che non lo sono.” Mentre dice queste parole, l’aspetto di Loki muta e la sua pelle diventa di un blu scuro e brillante.

Karen viene attraversata da un brivido. Non le sfugge neppure la tristezza che passa in quel momento, negli occhi di Thor.

Il gigante di ghiaccio che Loki ha chiamato Godrum non sembra sorpreso da quella trasformazione.

“Tu osi rivendicare la tua appartenenza a Jotun dopo che hai assassinato il nostro signore Laufey?” Loki sorride.

“Avrei dovuto avere compassione di un padre che mi ha rinnegato come farebbe un qualsiasi armaiolo con la sua creazione peggio riuscita?” Le parole di Loki sono velenose. Thor sa che la sua rabbia è autentica.

L’altro gigante di ghiaccio, quello che si era presentato per primo, ride.

“Non a torto, il nostro re ti ha abbandonato al tuo destino. Sei indegno di essere un gigante di ghiaccio.”

“Il mio destino, nobile Kurtan, è stato generoso. Infatti, come puoi tu stesso constatare, posseggo un immenso potere e vivo la mia vita come meglio mi pare. Attualmente intendo condividere la mia fortuna con il mio popolo.” Il gigante chiamato Kurtan sbatte violentemente la sua lancia sul terreno.

“Il tuo popolo? Io guido i giganti di ghiaccio!”

“Vero. Ma tu non disponi di alcun potere. Quello che hai usato per attaccare Midgard appartiene ai Chitauri e i Chitauri esigono interessi molto alti per ciò che prestano. Inoltre tu non sei il legittimo erede al trono di Jotun. Tu non sei il figlio di Laufey!” Ora Kurtan ringhia e stringe i pugni ma non dice una parola perché Godrum risponde per primo.

“Dici il vero ma noi agiamo per riprendere ciò che è nostro. Ciò che tu ci hai negato. Ciò che tu hai perduto.” Loki solleva il braccio e mostra il Tesseract.

“Io non ho perduto ciò che appartiene alla nostra gente. L’ho scambiato con qualcosa di più potente che consentirà al nostro popolo di tornare a vivere dignitosamente e non seppellito sotto lastre di ghiaccio eterno. Io donerò a Jotunheim una nuova era di prosperità.”

“Solo menzogne!” Urla Kurtan. “Io riprenderò ciò che è nostro e nessuno oserà più sfidare i giganti di ghiaccio!”

“Ascoltami Godrum. Tu sai che ho ragione sia riguardo ai Chitauri che al mio lignaggio.”

“Godrum non osare!” urla Kurtan davvero inferocito.

“Loki Laufeyson, so che hai ragione sui Chitauri. Riguardo al tuo lignaggio, sei stato ripudiato da tuo padre. Se ritieni di meritare il trono, dovrai affrontare la prova come tutti i primi re di Jotunheim. E questo è il mio verdetto. Attenderemo due cicli poi riterremo infondato il tuo diritto di nascita. Così ho parlato.” I due giganti di ghiaccio cominciano a svanire nel velo aperto da Loki ma a Karen non sfugge la risata maligna di Kurtan.

“Abbiamo fallito.” Le parole di Thor arrivano come una doccia fredda dato che nessuno ha veramente ben capito cosa è accaduto.

Steve Rogers è il primo a chiedere.

“Che significa?” Thor comincia a camminare su e giù agitando le braccia.

“Che non intendono riconoscere il diritto di nascita di Loki quindi non sarà mai re e non potrà ordinargli di rinunciare ad invadere la Terra.” Natasha allarga le braccia.

“Gli ha detto che deve superare una prova. Facciamolo tentare prima, no?” Loki la guarda e le sorride facendo un cenno del capo.

“Tu non capisci, donna! Hai visto quel gigante? Quali speranze pensi abbia Loki in un combattimento corpo a corpo con lui?” A queste parole tutti si guardano sgomenti.

“Sarebbe questa la prova?” Chiede Burton.

“Esatto.” Risponde sconfortato Thor “Mi batterei io ma le leggi lo vietano. Non può nominare un campione che si batta al posto suo!” Loki ripone il Tesseract nella scatola di titanio e la chiude.

“Fratello, le regine nominano i campioni, non i re!”

“Posso prestargli un’armatura!” Esclama Stark.

“E’ un combattimento a mani nude!” Urla Thor.

“Ciononostante io andrò.” Loki lo dice sottovoce ma Banner lo sente ugualmente.

“Scusami se affondo il coltello nella piaga ma non hai speranze di vincere un combattimento a mani nude con quella cosa lì!” Bruce vorrebbe aggiungere ‘soprattutto nelle tue condizioni’ ma lo sguardo di Loki lo fa desistere dal continuare.

“Cosa vi fa credere che perderò?” Chiede Loki sicuro di sé. Burton incrocia le braccia.

“La differenza di stazza? La tua incapacità di affrontare un combattimento corpo a corpo? L’impossibilità di adoperare armi? O speri di usare qualche trucchetto?”

“I miei trucchi, come li chiami tu, mi hanno sempre salvato la vita. Non capisco perché questa volta non credete che sarà la stessa cosa.”

“Probabilmente perché un combattimento all’ultimo sangue non offre molte vie di fuga.” La voce di Capitan America non suona offensiva o malevola.

“Vi ho garantito che sarei riuscito a convincere i giganti di ghiaccio a rinunciare all’invasione di questo pianeta e lo farò. Cosa avete da perdere? Se verrò sconfitto, vi sarete liberati di me una volta per tutte. Non è quello che in fondo desiderate tutti?”

“Loki!” L’urlo di Thor è carico di tensione.

“E’ la verità, fratello. E comunque vi farò guadagnare tempo, giusto?” Karen dà uno spintone ad una sedia e lascia velocemente la stanza. “Mandate un messaggio su Jotunheim. Avvisateli che andrò. Tu, Thor, dovresti chiedere un passaggio ad Heimdall.”

“Scordatelo!” Thor guadagna la porta e Jane lo segue.

“Manderò io il messaggio su Jotunheim.” Tony fa l’occhiolino a Loki. Loki si volta a guardare Fury.

“Siamo d’accordo?”

“Tieni la guerra lontano da casa mia e sarà un inizio. Dubito che io e te saremo mai d’accordo.”

Loki annuisce si congeda. Si sente stanco e non ha neppure cominciato. La ferita al petto duole ancora e comincia a dubitare che smetterà mai di farlo. Si appoggia alla parete per prendere un respiro ma quando riapre gli occhi non si trova più allo Shield. Loki non fa fatica a riconoscere i laboratori di Tony Stark a Shangai. E’ lo stesso luogo in cui Karen è morta. Sorride intuendo l’artefice di quella magia.

“Qualcuno parlerebbe di giochi di prestigio, dottor Strange. Io so riconoscere la vera magia invece.”

“Sai perché ti ho portato qui?” Loki sente lo sguardo di Stephen sulla schiena come fosse una lama pronta a trafiggerlo.

“Perché sei un sentimentale?” Strange sorride e raggiunge un cumulo di macerie. Si china su un rottame e lo raccoglie.

“Lo sono, in verità. E sono incline alla teatralità. In questo, temo, siamo simili.” Loki si gira, incuriosito dalle parole dello stregone.

“Di certo non mi hai portato all’altro capo del mondo per dirmi che ti piacciono gli abiti di Armani e la cucina giapponese.”

“No. Volevo un posto in cui parlare con te lontano dalle orecchie del sig. Fury. Inoltre credo che questo posto ti metta a disagio.”

“Per via della dottoressa Miller?”

“Esatto, Loki. Sono in errore? Tony Stark sostiene che tu sia in qualche modo interessato a Karen. Che le abbia dato l’aether per puro altruismo.”

“Devo rivedere la mia opinione su quell’adorabile egocentrico.”

“Io non credo sia così. Tu hai un piano.”

“Devo rivedere anche la mia opinione su di te, dottore.” Dice avvicinandosi e togliendogli di mano il rottame.

“Volevo solo informarti che anche io ne ho uno.”

“E la cosa dovrebbe spaventarmi?”

“In effetti dovrebbe.” Loki muove la mano e il rottame brilla di una forte luce verde. Un attimo dopo una tazza da caffè di metallo fluttua tra i corpi dei due uomini.

“Io credo che siamo partiti col piede sbagliato, dottore. Siamo stregoni. Conosciamo entrambi il valore delle parole e io non ne pronuncio mai una di troppo. Tu vuoi difendere la gemma che porti al collo. Ebbene anche io difendo la mia gemma, solo che la mia non è silenziosa e ubbidiente come la tua.”  Strange afferra la tazza e la posa sul tavolo pieno di polvere e calcinacci che se ne sta li affianco abbandonato.

“Non abbasserò la guardia con te. Voglio che tu lo sappia.”

“Non mi aspetto che tu lo faccia.”

“Torniamo allora.”

“Solo un momento.” Loki si china sul luogo dove Karen giaceva inerme prima che lui la rianimasse. “Se non dovessi tornare tu la proteggerai dallo Shield e da qualsiasi altra cosa che c’è là fuori?”

“Sei serio?” Loki si alza e lo fronteggia.

“Avevo pensato di chiederlo a Capitan Correttezza ma mi disturbava alquanto.” Strange ride.

“Pensi che io non sia attratto da Karen come il capitano Rogers?”

“Oh, sì che lo sei ma non hai i suoi muscoli.” Strange alza gli occhi al cielo e li riporta allo Shield.

“Ti faccio notare che neanche tu sei particolarmente prestante e questo ci riporta al problema iniziale.”

“Il problema iniziale rimane affar mio.” Loki si volta e se ne va verso l’ascensore. Stavolta Strange lo lascia andare.

 

Thor e Jane hanno cercato Karen ovunque. Steve è salito sul tetto convinto di trovarla lì. Alla fine è stato Tony a rintracciarla nella stanza di contenimento di Hulk.

“Tana per la dottoressa!”

“Tony ti prego, va via.”

“Che diavolo ci fai lì dentro?” Fa Tony mettendo una mano sulla tastiera che comanda l’apertura della camera.

“Non aprire!” L’urlo di Karen lo immobilizza sul posto.

“Che diavolo ti prende?”

“Sono molto arrabbiata. Furiosa.”

“Di grazia, vuoi parlarmene o preferisci far saltare in aria il palazzo?”

“Per questo sono qui dentro.”

“Oh, andiamo Karen! Dovresti essere felice di come si mettono le cose. Finalmente Fury comincia a riconoscere il ruolo di Loki negli Avengers. Questo fa bene al tuo fidanzamento!”

“Tony, ho cambiato idea. Perché non entri?” Fa Karen minacciosa.

“Sto scherzando. Il mio umorismo merita un altro pubblico.”

“Non dovresti scherzare su quello che sta per accadere. Loki si farà ammazzare nel migliore dei casi. Nel peggiore ha in mente altro. Voi lo volete spedire anni luce lontano da qui!”

“Lontano da te. E’ questo il problema?”

“Tony non dovevate evitare di farmi arrabbiare?”

“Stai facendo una tragedia per qualcosa che deve ancora succedere.”

“Dovrei aspettare che accada?”

“Dovresti stare con lui.”

“Che cosa?” Adesso è Stark ad essere spazientito.

“Smettila di comportarti come una bambina capricciosa. Credi di essere l’unica ad aver passato un brutto momento? Sì, sei morta. E allora? Io ho attraversato il portale aperto dal tuo adorato Loki e ho visto cosa c’è là fuori. E’ come se fossi morto anche io. Credi che mi sia fermato? No. Mi sono dato da fare. Ho addirittura esagerato creando Ultron. Ho fallito. Cosa avrei dovuto fare? Arrendermi? Mi sono concentrato su ciò che era davvero importante per me e sono ripartito. Tu hai avuto un’esperienza orribile ma hai ottenuto anche una seconda chance. Io so che sei legata a Loki. Se non t’importasse, non saresti qui adesso. Parla con lui. Cerca di scoprire le sue reali intenzioni. Jarvis dice che è interessato a te. Se è così, se sta facendo tutto questo per te, forse tu lo puoi fermare.” Karen si avvicina al vetro della porta della camera. Ora è calma.

“E poi, se lo fermo, cosa accadrà? Scoppierà la guerra con Jotunheim e sarà di nuovo colpa di Loki!”

“Non puoi avere tutto, dolcezza. Forse non potrai avere niente di quello che desideri. Però puoi provare.” Il tono di voce di Tony è conciliante e la porta della camera blindata si apre.

“Hai già mandato il messaggio agli Jotun?”

“Lo sta facendo Jarvis adesso.”

“Tony,” fa lei sconfortata “che devo fare?”

“Ho conosciuto un ragazzo con grandi potenzialità. Potrebbe diventare più in gamba di me. Una parte di me vorrebbe tenerlo lontano da tutto questo ma so che non è quello che vuole lui e non sarebbe giusto per il bene che potrebbe fare.”

“Cos’hai deciso?”

“Ho lasciato scegliere lui. In realtà lo seguo da lontano. Si è rivelato una vera rogna!” Karen ride. “Se tieni a Loki non lasciarlo andare senza parlargli dei tuoi sentimenti.”

“Ora come ora non saprei cosa dirgli.”

“Una bugia lo farà felice.” Karen abbraccia Tony di slancio.

“Grazie.”

“Non ringraziarmi. E sta lontana dai guai o Capitan cuore d’oro mi ucciderà!”



NdA
Scusate se queesto capitolo s'interrompe un po' di botto ma era diventato davvero troppo lungo.
Grazie a tutti coloro che stanno leggendo la storia.
A presto.
Mary

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Capitolo 9
*** Sfide - seconda parte ***


Sfide
seconda parte

 

Il segnale che Jarvis manda nell’interfono della base avvisa tutti che la loro presenza è richiesta nella sala di controllo.

Natasha osserva Bruce già da un po’.

“Sei ancora su questo pianeta?” gli chiede urtandolo con un gomito.

“Ah, sì, scusami.”

“Dobbiamo andare. Ci hanno convocati sul ponte.” Lui la guarda sconsolato.

“Mi sento in colpa.” Lei si ferma e gli prende una mano.

“Per la malattia di Loki?”

“Non dovrei dirlo a Karen?”

“Cosa cambierebbe?” Natasha va sempre dritta al punto.

“Lo so, lo so.” Sfilando la sua mano da quella di lei e mettendosi a camminare in tondo.

“Calmati. Ti ha chiesto lui di non dire niente a nessuno. Non dico che tu debba essergli fedele ma se Karen dice il vero e non le importa di Loki, allora non le farà differenza sapere che sta morendo.” Bruce alza gli occhi al cielo, esasperato.

“Tu credi davvero che non le importi?”

“Non sto sostenendo questo ma se le importa è meglio tenerla al sicuro da una notizia simile, non credi?”

“E’ l’unico motivo per cui non ho ancora parlato.”

“Allora perché stiamo facendo questa conversazione?”

“Perché sento che dovrei fare qualcosa per fermare Loki o, almeno, per aiutarlo nella missione di cui si è fatto carico.”

“Tipo mandare il bel fusto verde a combattere al posto suo? Hai sentito Thor. Non si può fare.”

“Intendevo un aiuto diverso. Più, come dire, scientifico.”

“Cos’hai in mente?” Bruce prende coraggio e parla.

“Potremmo prestargli il Tesseract per stavolta.”

“Ti prego, Banner! Non pensarci neppure. E comunque questa decisione non spetta a te.”

“Aspetta, aspetta Nat!” Fa Bruce trattenendola per un braccio. “E se fosse possibile per lui utilizzare altre gemme oltre al Tesseract?” Natasha si ferma e ci pensa su.

“Potrebbe essere, ma a cosa stai pensando esattamente?”

“Supponiamo che Karen vada con lui.”

“Non mi piace questa supposizione.”

“Lasciami parlare. Supponiamo che lui sia in grado di adoperare l’energia della gemma della realtà. Potrebbe battere di certo il suo avversario.”

“E manderesti Karen su Jothuneim?”

“Lei ci andrebbe.”

“E Loki la vorrebbe lì con lui?”

“Non credo.”

“Quindi?”

“In due hanno più possibilità di riuscita. Credo che Tony sarebbe d’accordo con me.”

“E la cosa non piacerà a Fury.” Bruce stringe un pugno, poi prende la mano di Nat.

“Quando ti ho abbandonato, dopo Sokovia, tu mi hai detto che ho sbagliato a non fidarmi di te. Ora sta succedendo la stessa cosa. In qualche modo Loki non vuole condividere questa situazione con Karen.”

“Questo é un colpo basso, Bruce. Va bene. Lascia fare a me. Se parli tu, succederà un casino.” Bruce avvicina le labbra al suo viso e la bacia dolcemente.

“Grazie.”

“Non ringraziarmi. Sei in debito con me.” Bruce sorride e si avvia lungo il corridoio tenendola per mano.

 

La sala di controllo è stata sgombrata. È rimasta solo una cassetta sul tavolo delle operazioni strategiche ed è quella che contiene il Tesseract.

Thor precede Loki nella stanza e si ferma a guardare tutti i suoi compagni. Steve, Tony, Clint, Bruce, Nat, Jane, Selvig, tutti disposti lungo le pareti. Nella stanza ci sono anche Visione e Wanda, Karen e Strange e, fermo in piedi al centro della sala, Fury.

Il dio del tuono si volta verso suo fratello.

“Puoi ancora cambiare idea. Posso affrontarli io.”

“L’ultima volta che hai affrontato i giganti di ghiaccio sei stato bandito da Asgard,” dice Loki sorridendo e piegando la testa di lato, “è il tempo di fare un lavoro di precisione. Quello che un martello non potrebbe mai realizzare. Abbi fiducia per una volta!” Thor fa un passo indietro. Loki si ritrova faccia a faccia con Fury.

“Qualcuno ha detto che non si fanno patti convenienti con gli stregoni.”

“Ti hanno detto la verità. Sin dalla notte dei tempi chi desidera qualcosa che non può ottenere con le sue sole forze, si è rivolto agli stregoni, agli sciamani, a coloro che operano nell’occulto. Molte magie oscure si basano su un principio chiarissimo: più è di valore quello che chiedi, maggiore è il prezzo che devi pagare.” Fury lo guarda con l’unico occhio a sua disposizione in maniera inequivocabile.

“Qual è il tuo prezzo, Loki?”

“Quanto sei disposto a pagare?” Loki sorride come fa quando sa che avrà l’ultima parola e Fury lo detesta perciò mette subito le cose in chiaro.

“Non ti darò il Tesseract.”

“Voglio Jothuneim. Se avrò il mio pianeta, non avrò più bisogno del vostro.” Fury ghigna.

“Non mi interessa nessun altro pianeta che la Terra.” I due non sembrano sul punto di chiudere la conversazione ma Natasha s’intromette.

“Allora stai perdendo tempo. Li hai visti quei cosi blu? Ha già provato a combatterli e le ha prese.”

“Ti ringrazio per la fiducia!” Esclama sarcasticamente Loki.

“E di che! Dico solo le cose come stanno. Certo, sarebbe diverso se potessi adoperare una delle gemme dell’infinito!” Nessuno se ne accorge ma Nat guarda per un attimo Bruce che non perde l’occasione.

“Ha ragione Nat. Se potessi usare la gemma di Karen, ti basterebbe un dito per sconfiggere quel gigante di ghiaccio.” Anche Loki guarda Bruce ma il suo sguardo è più gelido del potere emesso dal Tesseract. 

Tony, dall’angolo in cui si è messo ad ascoltare tutta la faccenda, non si fa scappare la sua occasione.

“Non è malvagio come piano. Chi sospetterebbe mai che una fanciulla minuta e graziosa come Karen è un’arma di distruzione di massa?” Dice facendo un passo in avanti e guadagnando la scena. Steve lo segue immediatamente.

“E’ una follia. Karen è umana, non potrebbe resistere a condizioni estreme come quelle di Jothuneim.”

“E tu le conosci bene?” Loki s’insinua nella conversazione. Il suo scopo non è quello di portare Karen con sé ma quell’atteggiamento sempre così paternalistico di Rogers lo irrita profondamente.

“Credo di poter dire con certezza che il ghiaccio non è l’habitat ideale per un essere umano!” Gli risponde nei denti Cap. 

“Ma io non sono umana. Non più.” Le parole di Karen spiazzano tutti. “E’ vero?” Chiede rivolta a Loki.

“Sei ancora umana.” 

“Metaumana. E la domanda era un’altra. Puoi usare il potere della gemma della realtà?”

“No.”

“Bugiardo.” Ribatté lei. “L’hai contenuta quando ho perso il controllo nel laboratorio di Banner.”

“Vero, io ero presente!” Esclama Stark. Loki vorrebbe sollevare gli occhi al cielo. E’ finito in un asilo nido e non riesce ad uscirne.

“Esistono riti antichi su Jothuneim. Non sono accessibili a chiunque.”

“Io non sono ‘chiunque’,” insiste Karen, “e glielo faremo capire.” Loki la guarda dritto negli occhi e allunga una mano.

“Va bene, glielo faremo capire. Ti pentirai di questa scelta, dottoressa. Non dire che non ti avevo avvisata.” Lei prende la mano di Loki mentre Fury apre la valigia che contiene il Tesseract. Loki muove la mano libera e un turbine azzurro apre una via davanti a loro mentre i suoi occhi si permeano di magia. Guida Karen oltre quella che sembra una tenda fatta di brina e la donna svanisce dall’altro lato.

“Se il Tesseract rimane da questa parte, come farete a tornare?” Chiede Strange all’improvviso. Loki fa un piccolo inchino ai presenti poi, con un solo passo all’indietro, sparisce anche lui oltre il turbine che si rimpicciolisce fino a sparire.

Tutti i presenti si guardano senza capire cosa sia accaduto esattamente.

Nat afferra la giacca di Bruce.

“Cosa abbiamo fatto?”

“Andrà tutto bene. Lui la ama.”

“E se non fosse così?”

“Deve essere così. E’ certamente così.”

 

Fa freddo. 

Non come si aspettava. E’ sopportabile. Karen si guarda intorno. Il mondo intono a lei sembra fatto di bianco e di nero. In realtà di una tonalità sporca di bianco e di una di sbiadita di blu.

Si guarda intorno in cerca di Loki. L’ha perso durante il passaggio. 

Una parte di lei si chiede se non l’abbia addirittura spinta in quel luogo per abbandonarcela. Scuote la testa. Impossibile.

Guarda ancora. Solo distese di pietra e ghiaccio a perdita d’occhio. Immense.

Al popolo che le abita sembrano altrettanto immense e desolate? Loki avrebbe tramato tanto per ottenere il potere su un luogo simile? 

Non ha mai visto Asgard con i suoi occhi ma Jane le ha raccontato che è un paradiso. 

Sta per scoraggiarsi quando sente qualcosa posarsi sulle sue spalle. E’ un mantello pesante ma di pregiato tessuto finemente decorato con fili d’oro, alcuni dei quali scendono sul davanti. 

“Fa freddo qui.” Loki le parla sottovoce. E’ sempre stato dietro a lei?

“Non così tanto.” Risponde. Lui sorride.

“Gela il cuore prima delle ossa.”

“E’ in un posto come questo che vuoi vivere?” Gli chiede senza mezzi termini.

“Mi hai raccontato della tua bella casa sul lago, ricordi?” Lei annuisce. “Ti ho chiesto se  facessi mai il bagno in quel bellissimo lago e tu hai riso dicendomi che l’acqua di lago è verde. Ora ti domando. Non potrebbe sorgere una casa bellissima seppure nel cuore di un luogo tanto inospitale?”

“Quindi è sempre stato questo il tuo piano? Trovare un modo di tornare a casa?”

“Questa non è mai stata la mia casa. Forse un giorno. Forse in un’altra realtà.” Karen è convinta di non poter provare nulla ma nel sentire Loki parlare a quel modo, qualcosa la turba. Non ha tempo per capire. Un forte rumore di passi annuncia l’arrivo di qualcuno.

Loki la precede e saluta, nel gruppo di giganti di ghiaccio appena arrivati, quello che porta una lunga lancia di pietra che sembra affilata e pesante.

“Ti saluto, nobile Godrum. Come promesso sono venuto a reclamare il mio trono.” Il guerriero,  che pare più anziano degli altri che lo seguono, fa un cenno del capo e poi prende a parlare.

“Non sei il benvenuto tra noi, Laufeyson, poiché porti guerra nella guerra. Hai tu però diritto a reclamare ciò che viene dal tuo sangue e che ti è stato negato poiché difetti evidentemente in numerosi doti che gli Jotunn posseggono.”

Loki è sempre stato considerato inadeguato. Non si lascia scoraggiare dalle parole. Le parole, per lui, sono potenti incantesimi e sa come trarre vantaggio da esse.

“Nessuno di voi ha il potere di offendermi. Vi proverò dove sta la mia forza quando dovrete inchinarvi al vostro giusto re.”

“E che sarebbe quella cosa che hai portato con te?” Lo sguardo del dio si fa torvo per la prima volta.

“Vi consiglio di non offendere colei che mi vanto di condurre innanzi a voi,” Loki si volta e porge una mano a Karen, “una temibile dea della guerra di Midgard.” Karen accetta l’invito di Loki e si presenta a Godrum. Il gigante la guarda perplesso.

“Non sembra una dea.”

“Quante ne hai viste sinora, Godrum? Ti dico che neppure le Valchirie di Odino possono superarla in forza e bellezza.”

“Non può essere ammessa alle stanze del re.”

“Non l’ho chiesto. Ho diritto di portare con me nell’arena un testimone. Sono le antiche regole della sfida.”

“Così è. Vieni con noi a sfidare chi ci comanda. La dea di Midgard verrà portata nelle stanze dell’attesa.”

“Io non vado da nessuna parte. E non provate a toccarmi!” La voce di Karen esce sicura, quasi realmente minacciosa. Loki se ne compiace. “Se sono il testimone, devo seguire Loki ovunque vada.”

“Kurtan si riterrà offeso.” Fa Godrum all’indirizzo di Loki.

“Non potrà che accettare la sfida allora!”

S’incamminano nella direzione da cui Godrum e i suoi sono arrivati. Karen si sorprende nel rendersi conto, mentre la nebbia si dirada, che quelle che le sembravano lastre di roccia nuda, sono in realtà pareti di edifici mastodontici. Loki l’ha chiamata dea ma si sente più insignificante di un insetto.

Raggiungono una porta che pare fatta di ossidiana. Gli uomini di Godrum la aprono e li lasciano passare.

“Dunque sei davvero venuto a farti massacrare, Loki Odinson.”

“Sbagli di proposito o sei duro di comprendonio? Io sono Loki figlio di Laufey. In entrambi i casi, sarà una cosa che scoprirò nell’arena.” Kurtan si accorge della figura rimasta alle spalle del suo sfidante.

“E quella chi è?” Chiede rivolgendosi a Godrum. “Come osate portare un’umana nelle mie stanze?”

“E’ il testimone di Laufeyson.” Dice con semplicità Godrum. A Karen, quel gigante anziano comincia a stare simpatico. Ha la fortissima sensazione che, anche se si dimostra fedele a Kurtan, sotto sotto faccia il tifo per Loki. 

“Non abbiamo più niente da dirci,” Fa Loki voltandosi e portando Karen con sé, “l’arena parlerà per entrambi domani.”

Quando rimangono soli, Loki si rivolge a Karen.

“Sei stata brava.”

“Non ho fatto niente.”

“E’ già qualcosa. Seguimi.” Fa incamminandosi lungo un corridoio che sembra più stretto e oscuro degli altri.

“Dove andiamo?”

“Ci sono vie luminose che uniscono i mondi.”

“Come i ponti dell’arcobaleno di cui parla Jane?” Sente Loki sorridere anche se il dio non si volta.

“E ce ne sono altre oscure. Dammi la mano, ci si può smarrire in questi passaggi.” La donna stringe la mano di Loki e si lascia condurre lungo il corridoio che sembra non finire mai.

Improvvisamente una luce tenue compare dinanzi a loro. A Karen sembra che una tenda di stelle li separi da un altro luogo. Loki avvicina una mano e lei si accorge che sono creature vive che emettono uno strano bagliore, simili a cavallette. Saltano via per riposizionarsi alle loro spalle seguendo la trama della stessa, strana figura di prima.

Non può che spalancare la bocca per la sorpresa. Una grande radura si distende davanti ai suoi occhi. Ci sono lastre di pietra che luccicano in tonalità delicate di azzurro, rosa, arancio, oro e verde. Sembra quasi che un’aurora boreale, incapace di rimanere agganciata al cielo, si sia infranta in terra e abbia ricoperto ogni cosa.

“Che luogo è?” Chiede continuando a guardarsi intorno. Loki si siede su una roccia che brilla come uno smeraldo e le risponde.

“Ricordi la storia dell’albero del mondo?”

“Yggdrasil?” Loki annuisce.

“L’albero che sorregge i nove mondi tra cui il tuo, Midgard. Yggdrasil sostiene l’intero universo ma poggia su tre radici. Una va verso Asgard, l’altra va verso Niflheim, l’ultima giunge qui. La luce che illumina questo luogo viene dalle radici di Yggdrasil. Qui, molto, molto tempo fa, sorgevano un tempio ed un altare. Fu Odino a distruggerli. Ovviamente non toccò le radici. Se lo avesse fatto, oggi non sarei qui. Lui lo sapeva? Non ne aveva idea? Chi può dirlo. E’ Odino. Di lui si dice che conosca ogni cosa. Ad ogni modo, io ero stato abbandonato in fasce nel tempio. Mio padre, il mio vero padre, Re Laufey mi aveva ‘restituito’.”

“Restituito?” Chiede lei andando a sedersi al suo fianco come erano soliti fare quando lui era prigioniero di Fury e lei doveva carpirgli informazioni per lo Shield.

“Ciò che non merita di vivere viene restituito ad Yggdrasil perché lo riassorba in sé e lo restituisca al flusso di energia che dona vita ai mondi.” Il silenzio che segue è insopportabile per Karen.

“Ok hai vinto. La mia culla era un cassetto. Non c’è davvero paragone.” Loki la guarda negli occhi. Sa che dovrebbe sorridere per quel ridicolo tentativo di Karen di consolarlo ma ciò che deve dire é troppo importante.

“Voglio ricostruire questo luogo. Voglio che la luce di Yggdrasil illumini di nuovo questo mondo. Non sarà mai come Asgard e non voglio che lo sia. Voglio che i giganti di ghiaccio capiscano cosa si cela nella loro natura. Sono guerrieri, fieri e potenti ma sono anche la memoria dei mondi. Si dice che la saggezza di Odino venga da ciò che ha preso ai giganti. Voglio fondare un luogo dove misteri come quello delle gemme dell’infinito vengano studiati, custoditi e, infine, tramandati.” Karen sorride.

“E come si chiamerà questa splendida città?”

“Utgard.” Dice lui immediatamente.

“Wow! Hai pensato proprio a tutto!”

“Ho avuto molto tempo per pensare. Troppo tempo.”

“E questa città, immagino, avrà bisogno di un re.”

“Certo. E di una regina.” Karen distoglie lo sguardo e si alza.

“Io sono,” sta per dire ‘una scienziata’ ma si trattiene, “io non so cosa sono. Di sicuro non una regina. Ho a malapena il mantello di una regina.” Loki la segue e le toglie il coprispalle di dosso.

“No, questo è mio.” Fa indossandolo poi, facendo compiere un cerchio all’indice della mano destra, continua. “Questo è l’abito di una regina.”

Karen si specchia nella superficie azzurra e liscia di una delle lastre di pietra e si osserva. Indossa un abito rosso e oro. Le fascia semplicemente le spalle e il busto per poi scendere morbido sui fianchi e, da lì, fino ai piedi. 

“Questa non sono io.”

“Potresti, se lo volessi.”

“Anche se lo volessi, non sarei una buona regina.”

“Hai già provato? Se fosse così, mi sentirei a disagio. Non sono mai stato re. Potremmo provarci insieme. Immagina un luogo fatto a misura di ogni nostro intento. Un luogo di scienza e magia in cui ogni sforzo di chi ci vive è rivolto all’acquisizione di ogni genere di conoscenza.” Karen si guarda e non osa esprimere ciò che prova nel sognare l’impresa di realizzare un luogo simile. Un dubbio l’attraversa.

“Asgard non era questo?” Loki le lascia andare le spalle e fa un passo indietro.

“Asgard voleva governare su ogni cosa.”

“Tu no?” Stavolta deve essere andata oltre perché lui la guarda come se l’incanto si fosse spezzato, come se ci fosse solo una domanda nei suoi pensieri: ‘Tu non capisci?’ Karen non vuole che lo pensi. “So quello che vuoi.” Dice con dolcezza.

Loki vorrebbe risponderle ma la presenza di un’altra persona lo fa voltare. Karen riconosce Godrum.

“Dovevo immaginare che il saggio consigliere di mio padre fosse in grado di raggiungere le radici dell’albero sacro.” L’anziano gigante fa un passo in avanti e si inginocchia.

“Mio signore, a lungo ho atteso il giorno in cui avresti mantenuto la promessa fattami quando giurasti di liberare il nostro popolo dalla guerra eterna.” Karen non capisce e Godrum, leggendo la sorpresa nei suoi occhi, le spiega. “Loki mi promise che avrebbe spodestato Laufey e donato a Jothuneim un nuovo destino, un destino di pace e prosperità in cui i nostri figli non sarebbero più stati misurati solo per la loro forza ma anche per la loro saggezza. Dopo che apprendemmo della morte del re su Asgard però, lui non tornò.” Loki lo invita ad alzarsi.

“Thor mi impedì di prendere ciò che mi serviva su Asgard ma la fortuna arride agli audaci così finì nelle spire dello spazio del bifrost e incappai nei Chitauri. Furono loro a offrirmi niente meno che una gemma dell’infinito. Credevo che con quella avrei potuto recuperare quello che i midgardiani chiamano Tesseract. La sorte dà e la sorte toglie. Mi ci è voluto un pò ma, come ho detto, la sorte toglie e la sorte dà.” Conclude guardando lei.

“Mio signore, domani lo scontro non sarà semplice. Kurtan è un grande guerriero e, finora, è imbattuto. Possiedi ancora lo scettro che ti diedero i Chitauri?”

“No.”

“Qual è il piano, allora?” Karen si fa avanti.

“Io sono il piano.”

“Mia signora?” Chiede Godrum, perplesso.

“Aiuterò io Loki.”

“Questo è impossibile, nessuno può entrare nell’arena. Una volta che i testimoni controllano le armi per il combattimento, gli sfidanti rimangono soli.”

“Voi due mi state sottovalutando.” Prova a ribadire il dio degli inganni.

“In condizioni normali, sarebbe difficile. Ma la corruzione che vi sta consumando, mio signore, lo rende impossibile.” Loki non fa in tempo a fermare le parole del gigante che indica il suo petto.

“Corruzione? Quale corruzione?” Chiede Karen guardando dritto negli occhi Loki che non risponde. Lo fa Godrum.

“Le armi dei Chitauri sono velenose. Porta una ferita mortale.”

“Godrum, un promemoria per il futuro. Non prenderti certe libertà quando parli di me.” 

“Chiedo perdono.” Fa Godrum ma la reazione di Karen non si fa aspettare.

“Tu sei ferito?”

“Lo sai benissimo.”

“Non sei guarito!”

“La ferita si è perfettamente rimarginata.”

“Non usare questo giochetto con me. Ti hanno avvelenato?”

“Sono perfettamente in grado di combattere.”

“Ti hanno avvelenato o no? Hai detto che non mi avresti mai mentito quando ci siamo conosciuti.” Loki alza le mani al cielo.

“Sai dottoressa? Sei seccante. Io sono un dio. Un dio! Non devo rendere conto a nessuno, neppure a te!” Karen incrocia le braccia al petto e aspetta. 

“Allora? Sì o no?”

“Sì. Quindi?” Chiede. Karen si volta con occhi supplici verso il gigante di ghiaccio.

“Godrum, che possiamo fare?” Loki é sconcertato dal modo in cui i due ora parlano tra loro.

Sembra che si conoscano da sempre.

“Non posso favorirlo in alcun modo violando le leggi dello scontro. I giganti di ghiaccio non lo accetterebbero come loro re.”

“Ed è lecito farlo combattere in queste condizioni?”

“Ha lanciato lui la sfida.”

“Allora lascia che io lo aiuti.”

“In che modo?” Chiede infine Godrum.

“Io posseggo la forza dell’Aether. Loki potrebbe usarla?”

“Solo se la gemma della realtà gli appartenesse.” Risponde Godrum.

“Se dipendesse da me, gliela darei.” Fa Karen con decisione.

“Puoi farlo. E’ sufficiente che pronunci l’antico rito del passaggio.”

“Non può farlo,” s’intromette Loki, “morirebbe. Io non lo desidero e non accetterei il passaggio a quelle condizioni. Sono stato io a trasferire l’Aether a lei.”

“Allora non c’è possibilità, a meno che,” accenna Godrum “non gli consegni te stessa.”

“Godrum!” La voce di Loki adesso è tempesta. Il gigante di ghiaccio cade in ginocchio e china il capo chiedendo perdono.

“Cosa significa?”

“Niente! Questa conversazione finisce qui. Godrum, ritirati.” Il gigante si alza e fa un cenno di riverenza a Karen.

“Aspetta, Godrum! Dannazione Loki! Sono qui per un motivo e, se non vuoi il mio aiuto per te stesso, accettalo almeno per salvare il mio pianeta! Io non voglio che scoppi una guerra tra i nostri mondi.”

“La dea di Midgard é saggia, dovreste ascoltarla mio signore.” Loki stringe un pugno, rimane teso, il volto arrabbiato.

“Saggia? Non c’é saggezza nel confidare nel dio degli inganni, non credi Godrum?”

“Tu sei il dio delle storie, mio signore. Non c’è saggezza più grande.” Karen fa un passo verso di lui.

“Se c’è un solo modo di farti vincere questo scontro senza spargimento di sangue, voglio tentare.” Loki allarga le braccia.

“Avanti, ficcanaso e insolente gigante, parla.” Godrum si rivolge a Karen.

“Loki potrà usare il tuo potere se tu ti vincolerai a lui secondo i giuramenti dei nove regni. Sono giuramenti sacri, indissolubili. Comportano molti doveri, ma vi permetteranno di condividere ogni potere, ogni fortuna e ogni sventura.” Loki alza gli occhi al cielo.

“Cosa devono sentire le mie povere orecchie? Tutte queste parole e lei non ha ancora compreso, Godrum.” Karen si volta a mostrargli il suo disappunto. Lui prosegue. “É un matrimonio.”

“Un matrimonio!” La faccia di Karen é tutta un programma e Loki sorride, sornione, incrociando le braccia al petto.

“Un matrimonio. E non di quelli che avete su Midgard. É indissolubile. Niente scioglie questo vincolo. A parte il Ragnarok. Ma quella é la fine del mondo. Non la vorresti vedere.” Karen raggiunge una pietra e si siede.

“Certo che niente é mai semplice con te!”

“Io avevo detto che non era una buona idea.” Karen solleva la testa di scatto.

“Cioè tu non mi sposeresti?” La voce di Karen si è alzata di un tono. Godrum si schiarisce la voce e fa un passo indietro.

“Io?”

“Sì, tu.” 

Una volta Thor gli ha parlato delle femmine midgardiane. Gli ha detto che può capitare che dicano qualcosa ma che intendano qualcos’altro. Gli ha raccontato di come Jane gli abbia dato uno schiaffo mentre gli diceva di non essere affatto arrabbiata con lui. Ha l’impressione che adesso Karen stia usando le parole a quel modo. Non crede che sia suo desiderio sposarsi ma sembra percepire che sia lui a rifiutarla.

“Sono incline ad addivenire ad una soluzione pacifica di questa vicenda. Sono incline anche a condividere l’Aether. Ovviamente, in cambio, offrirei volentieri i miei servigi.”

“Wow! Questa sì che é una dichiarazione d’amore!” Loki allunga le labbra in un ghigno.

“Stavamo parlando d’amore?” Karen alza gli occhi al cielo.

“Sul mio pianeta le persone si sposano quando si amano.”

“Seriamente?” 

“Quasi sempre. Spesso. In genere. E comunque io ho sempre pensato che mi sarei sposata solo se mi fossi innamorata.”

“Quindi?”

“Quindi che non mi sarei sposata per aiutare qualcuno a conquistare un pianeta.”

“Un pianeta oggi, l’universo domani!” Esclama Loki ridendo.

“Oh, mio Dio!”

“Non sono ancora tuo. Tecnicamente.”

“Loki, possiamo affrontare le cose con serietà?”

“Godrum, ci lasceresti da soli?” Fa Loki tornando a guardare il gigante con un’espressione severa del viso. Godrum fa un cenno col capo e si allontana. “Non é una cosa che tu debba prendere in considerazione.”

“Cosa?”

“Il matrimonio.” Lo sguardo di Karen si fa interrogativo.

“Perché?”

“Si tratta di un gesto dalle conseguenze troppo importanti e direi anche imprevedibili.”

“Più imprevedibili della morte e della resurrezione come metaumana?”

“Direi di sì.”

“Per il fatto che avrei a che fare con creature di altri mondi o pericolosi alieni?”

“Per il fatto che avresti a che fare con me.”

“Non intendi sposarmi?”

“Non intendo sposarti se non posso condividere ciò che ho, la mia esistenza, con te.” Karen dondola appena all’indietro.

“Quindi non vuoi farlo per tornare in possesso dell’Aether.”

“Era mia. L’ho data a te per un motivo.” Eccolo il punto.

“Capisco.” Karen guarda a terra. La luminescenza delle radici di Yggdrasil le avvolge le caviglie e non riesce a guardarsi i piedi.

“Speravo in qualcosa di più emotivamente coinvolgente.” Lei gli si avvicina e gli mette una mano sul petto.

“Quanto è grave questa ferita?” Loki poggia la sua mano su quella di lei.

“Abbastanza da dover chiudere i giochi domani. Non garantisco di stare ancora in piedi dopo.”

“Il mio potere potrebbe guarirti?”

“Non ha importanza. Prima devi rispondere. Karen Miller, figlia di Stan, signora della gemma della realtà, vuoi unire la tua vita alla mia? Il filo del tuo destino sarà intrecciato al mio per tutta la trama del disegno del mondo, da oggi fino al tempo di Ragnarok.” 

Karen guarda la sua mano stretta in quella di Loki, sente il battito del suo cuore. Non alza lo sguardo perché i suoi occhi verdi la renderebbero incapace di dire anche un sola parola.

“Sì.”

“Per l’eternità?”

“Ho detto sì.” Si stringe a lui e lui l’abbraccia. “Non morirai, vero?”

“Ho detto fino al tempo del Ragnarok.” Lei sorride, la guancia schiacciata contro la pelliccia del suo mantello.

“Fino al tempo del Ragnarok.” Ripete più a se stessa che a lui.

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Capitolo 10
*** La regina rossa ***



La regina rossa

 

Tony Stark è uno che se la sa spassare. Adesso, mentre Cap, Fury, Clint e Thor bestemmiano, lui se la sta spassando.

Questo non significa che non sia preoccupato per Karen ma sente, contrariamente a quello che tutti pensano, che finché sarà al fianco di Loki, non le succederà niente.

Se la spassa anche guardando il dott.Strange che finge imperturbabilità. 

Si versa un caffè e si rivolge a Visione.

“Allora, amico mio, come faranno secondo te a tornare da Jothuneim?” Visione ci pensa su.

“Ritengo che useranno gli stessi ‘oscuri passaggi’ tra i mondi di cui Loki parlava quando ci ha raccontato di come i giganti di ghiaccio sono arrivati sulla Terra.”

“E di cui noi non sappiamo niente.”

“Noi no,” dice Jarvis, “ma lui si.” Conclude indicando Strange.

“Allora scopriamo i misteriosi segreti degli stregoni!” Esclama Iron Man coprendo con ampie falcate lo spazio che li separa dal dottore.

“Cosa c’è Stark?” Chiede l’uomo, infastidito, non appena capisce che sta cercando di attaccare bottone.

“Non avevamo deciso che mi avresti chiamato per nome?”

“La forza dell’abitudine. Temo che sia un meccanismo di difesa.” Tony sorride e si siede accanto a lui.

“Allora, dottore, cosa pensi farà l’ultimo acquisto della squadra Avengers su Jothuneim?”

“Non credo che potremmo definirlo un Avenger.”

“E perché no?”

“Quella creatura è una calamità. Nei libri si parla di lui come della sventura.”

“Anche un dio con un enorme martello e un piccolissimo cervello può essere pericoloso. Credimi, parlo per esperienza personale. Ora é nostro alleato e credo c’entri qualcosa la signorina seduta accanto a lui.” Dice lanciando un’occhiata a Jane. “Potrebbe accadere la stessa cosa con il fratello.”

“Non sono fratelli, lo sai vero?”

“Siete pignoli in Tibet?”

“Non sono tibetano.”

“Lo so, ti prendevo in giro.”

“C’é la possibilità di condurre una conversazione seria con te?”

“Certo, parlami di come pensi Loki riporterà a casa Karen.”

“Vi é mai passato per la testa che Loki volesse solo fuggire?”

“Per raggiungere un pianeta freddo e gelido da cui ha già tentato di andarsene?”

“Magari per ricongiungersi ai Chitauri.” Tony fa una smorfia.

“Lo escludo. I Chitauri gli hanno affidato la gemma della conoscenza e lui l’ha persa. Tu non eri ancora dei nostri quando a New York abbiamo avuto a che fare con loro. Non hanno l’aria di personcine affabili. Credevamo che servissero Loki ma hanno un altro padrone.”

“E se avesse voluto semplicemente portar via Karen?”

“Questo avvalorerebbe la mia teoria secondo la quale Loki ha un debole per la nostra dottoressa.”

“O per la gemma della realtà.”

“L’ha sempre avuta lui.” La voce di Tony ora é seria. “Credevamo che Thor l’avesse messa al sicuro ma l’ha sempre avuta Loki. L’ha usata per salvare la dottoressa quando Ultron l’ha uccisa. Ammetto che non so come avrei potuto convivere con questa cosa se lui non l’avesse riportata indietro.”

“Sconcertante.” E’ l’unica parola che Strange usa per commentare la rivelazione che ha ricevuto. 

“Già.”

“Un gesto di altruismo in una vita intera di atti di egoismo.”

“E’ quello che molti hanno detto riferendosi alla creazione di Iron Man.” Strange annuisce con un gesto del capo.

“O quello che hanno detto di me quando sono diventato uno stregone.”

“Siamo tutti reduci di una vita di sbagli.”

“Non tutti!” Esclama Stephen indicando Steve Rogers.

“Oh, avanti!” Fa Tony allargando le braccia. “Lui non fa testo. E’ uno su un milione. Uno dei giusti che saliranno direttamente in paradiso e sederanno alla destra di nostro Signore. Se ci credi.” Strange sorride.

“Non fa per me.”

“Un tempo avrei detto lo stesso ma ora,” dice Tony grattandosi il naso, “forse un posto in paradiso mi farebbe comodo.”

“Per questo vuoi redimere Loki?”

“Per questo spero che a tutti sia concesso di redimersi.”

“La redenzione può avere un costo altissimo.” Strange si guarda le mani ancora segnate dalle cicatrici dell’incidente d’auto che gli ha cambiato la vita.

“Forse Loki è disposto a pagarlo.”

“Forse sì. Se quel prezzo fosse la vita, che ne sarebbe di Karen?”

“Non mi preoccuperei della dottoressa. Adesso mi preme più evitare che a Fury venga una crisi di nervi.” Strange da un’occhiata al comandante dello Shield che cammina nervosamente avanti ed indietro per la stanza.

“A lui penso io. Sono certo che se Loki dovesse riuscire nella sua impresa, non avrebbe bisogno alcuno del Tesseract per tornare. Ha fatto solo un’uscita da dio degli inganni.” Tony annuisce e si alza muovendo platealmente le mani in modo forsennato.

“Si sbrighi, dottore, lo stiamo perdendo!”

Strange alza gli occhi al cielo e si dirige verso Fury mentre Tony decide che è giunto il momento di tormentare Nat. 

 

Se non fosse tanto nervosa, sarebbe su di giri.

L’abito che Loki ha, letteralmente, creato su di lei somiglia terribilmente ad un modello esclusivo di Vera Wang. E’ bellissima con i capelli raccolti in uno chignon tenuto su da strani cristalli di ghiaccio. L’abito, completamente bianco nel bustino e nelle maniche che le coprono anche il dorso delle mani, diventa sempre più colore dell’argento sulla parte bassa della gonna soffice e di rosso sul bordo. E’ come se Loki avesse lasciato che l’Aether le tingesse appena il bordo del vestito. 

“Almeno le scarpe non sono di cristallo!” Esclama mentre si guarda i piedi fasciati di rosso.

“Chissà che succede se sbatto i tacchi.” 

I due giganti di ghiaccio che sono a guardia della sua enorme stanza, la guardano senza dire una parola. 

La porta si apre all’improvviso. Un altro gigante di ghiaccio entra e si inchina al suo cospetto.

“Mia signora, è il momento.” Karen tira un bel respiro e lo segue. Cammina lungo un corridoio illuminato da torce che fanno un fuoco di colore azzurro vivo.

Il gigante la conduce fino ad un’altra porta e la apre prima di spostarsi e lasciarla passare. Dietro la porta non c’è un’altra stanza, bensì una terrazza che da su uno strapiombo altissimo.

Di fronte a lei riconosce in Godrum l’officiante. Ha dismesso l’uniforme per una tunica nera e argento. Le fa cenno di avanzare. Accanto a lui, diritto e con le mani unite davanti al corpo, c’è Loki. 

Indossa un abito molto simile a quello che aveva la prima volta che l’ha visto ma molto più riccamente decorato. Sorride pensando che, per fortuna, non porta quell’assurdo elmo a cui lui tiene tremendamente. Avanza lentamente ma con sicurezza fino a che non li raggiunge.

Si aspetta che Godrum dica qualcosa ma cala un silenzio imbarazzante. Improvvisamente tutta quella situazione sembra assurda.

“Tocca a me dire qualcosa?” Loki le fa cenno di tacere e le fa un occhiolino. Lei fa un’espressione sorpresa e confusa assieme ma Godrum solleva le mani e tira fuori da sotto la veste un nastro di velluto blu.

Loki gli da un braccio e Karen lo imita. Godrum avvolge il nastro intorno alle loro braccia unite e lo lega con un doppio nodo. La voce di Loki sembra quasi musica quando esce dalle sue labbra sottili.

“Karen, figlia di Stan, signora della gemma della realtà, in questo giorno di tempesta, io, Loki figlio di Laufey, dico il mio nome e pronuncio il giuramento. Nelle nevi eterne di Jothuneim il fuoco non brucia e ogni cosa si conserva in eterno. Allaccio la mia esistenza alla tua, per tutto il tempo concesso ad ognuno dei nove mondi e fino al tempo di Ragnarok.” Karen non ha mai pensato a cosa dire in un giuramento nuziale. Probabilmente perché non ha mai preso seriamente in considerazione l’idea di sposarsi. Il lavoro é sempre stato tutta la sua vita. Il lavoro, alla fine, l’ha portata fino a Loki e Loki l’ha condotta su quell’altare tanto diverso da quelli che lei ha concepito finora. Cosa può dire? Nessuno le ha spiegato come si sarebbe svolta la cerimonia o le ha suggerito alcunché. Nè Loki le ha posto una qualsiasi domanda a cui rispondere semplicemente ‘sì’.

Alza lo sguardo dai loro avambracci uniti e l’espressione di Loki vale più di mille parole. Del resto, lei non è una stupida ragazzina alla sua prima cotta. Quello davanti a lei è l’uomo che prima del suo cuore, ha conquistato il suo cervello.

“Loki, figlio di Laufey, signore degli inganni e delle storie, in questo giorno di tempesta, io, Karen figlia di Stan, dico il mio nome e pronuncio il giuramento.” Sorride e Loki fa altrettanto, compiaciuto. “Nelle nevi eterne di Jothuneim il fuoco non brucia e ogni cosa si conserva per sempre.” Loki si sporge appena in avanti e le suggerisce.

“In eterno.” Lei annuisce.

“Ogni cosa si conserva in eterno. Allaccio la mia esistenza alla tua, per tutto il tempo concesso ad ognuno dei nove mondi e fino al tempo di Ragnarok.”

Godrum, rimasto in silenzio fino a quel momento, solleva un pugnale.

“Il giuramento è pronunciato. Ciò che era diviso, ora è ricongiunto per mai più spezzarsi se non con sangue.”

Godrum taglia il nastro con un fendente netto che ferisce anche in modo superficiale la pelle di Loki e quella di Karen. Con le due metà, il gigante di ghiaccio fascia le ferite di entrambi.

“Non era meglio ‘lo sposo può baciare la sposa’?” Chiede Karen sfiorando la benda.

“Non ti consiglio di toccare l’argomento. I giganti consumano l’unione in modi pittoreschi, mia cara, e, in genere, dediti alla procreazione. Prima di mettere su famiglia, consiglierei di recuperare il trono.”

Il viso di Karen è una maschera d’imbarazzo. Loki ride. Genuinamente. A Karen sembra di sentire quel suono per la prima volta. Forse è così. Forse mai, prima d’ora, ha visto quella luce nei suoi occhi. Non la luce del suo potere, della sua immensa magia. La luce che fanno gli occhi quando le persone sono felici. La voce di Godrum spezza l’incanto.

“E’ tempo della sfida, Loki. Puoi portare la tua sposa con te.”

“Aspetta! Non siamo ancora pronti.” Nonostante l’emozione della cerimonia, Karen non ha dimenticato la faccenda della ferita di Loki. Il dio le mette una mano sulla spalla e la tira indietro. Il suo sguardo è tornato quello del gelido calcolatore che conosce bene.

“Invece è il momento perfetto. Precedici, Godrum.”

“Loki, e la tua ferita? Non dovevamo prima guarirla?”

“Non c’è rimedio per quel veleno.”

“Cosa?” La risposta di Karen è un urlo che riecheggia sull’altura. “La tua prima menzogna da marito e moglie!”

“Non ti ho mai detto che sarei guarito.”

“Hai detto fino al tempo di Ragnarok!”

“Non eravamo ancora sposati.”

“Loki!”

“Calmati. Non ho intenzione di morire. Tu fa quello che ti dico e me la caverò, come tutte le volte. D’accordo moglie?” Karen incrocia le braccia davanti al petto e sbuffa. In quell’abito etereo come una nuvola, vederla in quell’atteggiamento è una cosa che Loki trova adorabile.

“Non chiamarmi più ‘moglie’ come se fossi un oggetto di tua proprietà.” Loki si incammina e la supera porgendole una mano che lei afferra.

“Ti sei appena sposata con un dio asgardiano secondo il rito dei nove regni. Sei esattamente di mia proprietà.”

“Questo vale anche al contrario.”

“Se ti consola, farò in modo che sia così.” Karen è ancora preoccupata e risentita ma quelle parole le ridonano un sorriso che non intende mostrare a nessuno.

 

Kurtan è un guerriero.

Il più abile fra gli Jotunn. L’unico che sia mai riuscito a sconfiggerlo è Laufey, ma Laufey è morto e lui ha conquistato il trono. 

Da quando è diventato signore incontrastato di Jothuneim, è diventato potente e incute timore nel cuore di ognuno dei suoi sudditi. 

Digrigna i denti al pensiero che un miserabile insetto dalla pelle bianca abbia osato sfidarlo. E se è pur vero che quell’insetto ha ucciso Laufey, è anche vero che lo ha fatto usando la magia e la magia non è ammessa nello scontro per il trono di ghiaccio.

Così, quando la porta si apre, sorride malignamente. La sfida è destinata a concludersi in fretta. Godrum entra nell’arena e saluta i presenti. Sono i migliori guerrieri del suo esercito. Sono lì per acclamare il vincitore e inginocchiarsi davanti a lui.

“In un giorno di tempesta, Loki Laufeyson giunge qui a sfidare il nostro re. Per via del suo lignaggio, reclama il trono. Kurtan, signore degli Jotunn, accetti tu la sfida?”

“La accetto.”

“Vieni avanti, dunque, Loki.” Il dio asgardiano, il traditore, il reietto, avanza con incedere sicuro verso il centro dell’arena. Ha tolto i suoi abiti pesanti. Sembra ancora più piccolo di prima. Qualcosa però cattura la sua attenzione. L’umana, abbigliata secondo i costumi delle divinità asgardiane, lo segue e prende posto accanto a Godrum. Kurtan conficca la sua lancia nel pavimento di pietra dell’arena e si rivolge al vecchio gigante.

“Godrum, quella cosa non può stare lì!” Dice indicando Karen.

“La dea di Midgard può restare. E’ unita a Loki dal giuramento sacro dell’unione.” Kurtan sputa per terra poi guarda Loki e sorride malignamente.

“Questo significa che se ti schiaccio, ogni cosa che è tua, sarà mia. Chissà cosa verrà fuori dall’unione di un gigante e di un’umana, ammesso che lei sopravviva!”

Loki stringe le mani intorno ai coltelli che impugna. L’espressione in viso di chi si appresta ad uccidere. Karen non ha mai visto quella cattiveria in lui.

“Vuoi la mia sposa? Io voglio il mio trono. Vedrai che io mi prendo sempre ciò che voglio. Ammesso che tu sopravviva per farlo!” 

Kurtan solleva la lancia e si scaglia su Loki. Il combattimento inizia e non finirà presto come Kurtan credeva. 

Loki sa combattere. Anche se sfugge ai fendenti pesanti del gigante di ghiaccio, è agile e lo ferisce ripetutamente con i pugnali arrivando addirittura a spezzare la sua lancia. Kurtan urla per frustrazione e scaglia le due estremità lontano. 

Karen stringe una mano nell’altra. Intuisce che il gigante di ghiaccio vuole arrivare allo scontro fisico, l’unico in cui sa di avere certamente la meglio.

Loki continua a farlo dimenare ma, improvvisamente, si ferma un istante di troppo e Kurtan lo colpisce lanciandolo per diversi metri.

Quando Loki riapre gli occhi e scuote la testa, Kurtan gli è addosso e lo solleva per il collo.

“Ogni tua brama di potere, finisce qui, reietto. Tu non sei un gigante di ghiaccio. Non sei uno di noi. Non guiderai un popolo di guerrieri perché tu sei debole.”

“Debole?”

“Debole. Il tuo corpo sanguina.” Dice e Loki non può negare che la ferita al torace si sia riaperta e abbia ripreso a sanguinare. Il veleno nelle sue vene sta lavorando bene e sente le energie venire meno.

“Il mio corpo non è tutto ciò che sono. Un tempo i giganti erano esseri saggi, mi reca vergogna vedere quanto in basso hai gettato il mio popolo, Kurtan.” 

“Muori, maledetto insetto.” Gli occhi del suo avversario si fanno ancora, se possibile, più cattivi e Loki sente le sue mani intorno al collo stringere più forte. Chiude gli occhi e lascia andare la presa con cui cercava di evitare che Kurtan lo soffocasse. Apre i palmi delle mani e a malapena sussurra.

“Non in questa realtà.”

Seduta accanto a Godrum, Karen sente un forte calore nascerle nel petto. L’aura nera e rossa che di solito l’avvolge quando perde il controllo, stavolta fluisce dai suoi piedi. Nessuno se ne accorge dato che il bordo dell’abito ha già quel colore. Come un serpente, l’aura striscia sul pavimento fino al punto in cui si trovano i due combattenti e sale lungo il corpo di Kurtan fino alle mani di Loki riempiendogli i palmi. Solo allora Loki tocca le braccia di Kurtan che urla e lascia andare il dio.

“Che maleficio è questo?”

“Maleficio? Sono solo le mani di un insetto!” Kurtan si tocca le braccia ferite dove Loki le ha toccate. Non intende arrendersi. Si scaglia con violenza sul suo avversario ma Loki si china e gli tocca le gambe. Kurtan urla e cade in ginocchio. Ora è occhi negli occhi con il suo nemico. Sa che tutta la sua gente li sta guardando. Loki è ferito, stanco ma in piedi. Grida e solleva un pugno. Lo lascia cadere ma Loki lo blocca con una mano.

“Non è possibile.”

“Non avresti dovuto lanciarti in una disputa col dio degli inganni. E soprattutto non avresti dovuto sederti sul trono di mio padre. Ci sono anche un altro paio di cosette che non avresti dovuto fare.”

“Ti vedranno per ciò che sei realmente.” Dice Kurtan mentre Loki gli tocca la fronte con una mano. Il gigante cade a terra esanime.

“Lo spero,” dice Loki, “lo spero davvero.”

Karen lo vede barcollare. Si alza e lo raggiunge prima che svenga. Lo stringe tra le braccia.

“Ce l’hai fatta. Ora sei il re degli Jotunn.”

“Ce l’abbiamo fatta. Senza il tuo potere, non sarebbe stato possibile.” La voce di Godrum riempie l’arena.

“Popolo di Jothuneim, popolo di guerrieri, acclama il tuo nuovo re, Loki Laufeyson e la tua nuova regina.” 

Tutti i presenti nell’aula si alzano e gridano come fossero una sola persona. Godrum raggiunge Loki e Karen e si inginocchia.

“Sarà un onore ricevere i tuoi ordini, mio signore.”

“Non ci sarà alcuna guerra con Midgard. Poiché la mia regina ha già riconquistato per il mio popolo una delle gemme che ci spettava per diritto di guerra. La più preziosa. Mia cara, vuoi?” Karen fa un passo in avanti e, con l’aiuto di Loki, libera l’Aether. Un mormorio di stupore riecheggia ovunque. Loki le prende una mano e l’aether svanisce. 

“Gloria eterna a re Loki e alla regina rossa!” I giganti di ghiaccio gridano e battono le loro lance sul terreno.

“Regina rossa?” Chiede Karen a Loki.

“Ti si addice. E comunque è meglio di Karen Miller.”

“Ti ricordo che quello è il mio nome. Regina rossa non è un nome.”

“Ti ricordo che non sei più solo Karen Miller, sei anche la signora dell’Aether nonché mia sposa. Regina rossa ti si addice.”

“Non discuteremo di questo. Appoggiati a me.” Dice cercando di sostenerlo. 

“Ce la faccio. Non voglio che credano di aver inneggiato ad un re che non si regge in piedi dopo un solo scontro. Godrum, portaci nella sala del trono finché cammino con le mie gambe.”

Godrum annuisce e li guida tra la folla acclamante.

Una volta che la porta della sala del trono è chiusa alle loro spalle, Loki sale i due enormi gradoni che conducono alla seduta del re di Jothuneim e passa un dito sulla pietra dura e scura.

“Sei troppo grande per me e sei scomodo. Merito di meglio. Godrum, la lancia.”

“Mio signore?”

“Dammi la tua lancia.” Il gigante gliela porge. Loki pronuncia una formula sottovoce e poi tocca con la punta della lancia il trono. 

Questo si sbriciola mentre Godrum assiste sgomento. Loki si affretta a spiegare.

“Vedi, Godrum, nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma.” Dice indicando qualcosa nella polvere. Sembra un anello di metallo. Loki lo afferra e tira con tutte le forze che gli rimangono. Prima uno schiocco, poi una nuvola di polvere che si solleva. Karen è davvero incuriosita e fa un passo verso quel mucchio di piccole pietre taglienti. Loki la tira indietro. Appena un istante prima che il verso roco che proviene dal sottosuolo riempia la sala.

“Cosa c’è là sotto?”

“Chi.” Risponde Loki.

“Ok. Chi c’è là sotto?”

“Fenrir.” Karen allarga le braccia.

“Dovrei sapere di chi si tratta?” Godrum interviene.

“Il mastino infernale?” Chiede. Loki, che respira a malapena, si raddrizza indispettito.

“Prima di tutto, non è affatto un mastino. E’ un lupo. Un cane lupo. Non è nato all’inferno. Ce lo hanno spedito. Mio padre ce lo ha spedito. Non Laufey, l’altro generosissimo padre che mi ha accolto nelle sue fila. Io lo rivoglio. E’ il mio cane.” Karen non riesce più a trattenersi.

“Tu hai fatto tutto questo per un cane?”

“No. L’ho fatto per Utgard, per salvarti e ora per salvare me stesso.”

La botola sotto al trono si apre di colpo e un grosso cane dal pelo nero e argento salta addosso a Loki e gli lecca tutta la faccia. Karen non crede ai propri occhi quando la ferita sul petto del dio lentamente si schiarisce e poi si rimargina.

“Bravo il mio cucciolo.” Fenrir ringhia contro Godrum e poi lentamente si avvicina a Karen. La annusa e poi le tocca una mano con il naso. Karen prende coraggio e gli accarezza il pelo sotto al mento. “Tu gli piaci.”

“Non sembra poi tanto infernale.” Risponde lei.

“Non lo è. Ad ogni modo la sua saliva è magica. Guarisce da ogni tipo di veleno. Il poveretto è confinato qui da moltissimo tempo. Costretto a patire la stupidità di Laufey per eoni. Ora è libero.”

“E’ una calamità, mio signore.” Insiste Godrum mentre Fenrir gli ringhia.

“Lo dicono anche di me. Eppure ho liberato il mio popolo da secoli di cattività, Godrum. Accetta la realtà. Qui sorgerà una città fatta di magia e forza in cui nessuno sarà più giudicato per quanto ha già fatto ma per quello che ancora deve fare nel mondo. Intesi?”

Loki muove una mano e le pietre che facevano parte del gigantesco trono di Laufey si ricompongono in una nuova seduta, più piccola ma molto più maestosa e che ricorda il motivo dell’elmo cui Loki tiene tanto. Karen lo raggiunge e si siede su uno dei braccioli. Fenrir si accuccia ai suoi piedi. Loki si accomoda sul trono.

“Sia gloria eterna al nostro re e alla regina rossa.” Inneggia Godrum. Loki sorride.

“È anche merito tuo se siamo arrivati a questo. Ora però lasciaci. Io e la mia regina abbiamo molto di cui parlare.” 

Non appena il gigante di ghiaccio lascia la stanza, Loki prende una delle mani di Karen e se la porta alle labbra. “Vedo che ti sei messa a tuo agio.”

“Sei salvo, abbiamo spodestato Kurtan e non ho distrutto nulla. Posso godermi il momento?” Loki si alza e la stringe a sé.

“Potremmo goderci qualcosa di più di un momento.”

“Sarebbe anche ora.” Un lampo di stupore attraversa gli occhi di Loki. Poi sorride.

“Sfacciata!”

“La vecchia me non l’avrebbe mai detto ma mi si è fatto notare che non sono più la Karen di un tempo.”

“Infatti. Sei più bella.”

“E tu il solito bugiardo.”

“Seguimi.”

“Dove mi porti?”

“Lo vedrai.”

Loki la conduce oltre il trono su per una scala che sembra non finire mai. Quando arrivano in cima, il dio degli inganni si ferma di colpo e la prende in braccio.

“Che fai?” 

“Non è usanza di Midgard che lo sposo prenda in braccio la sposa per farle varcare la soglia della loro nuova casa?” Karen gli stringe le braccia intorno al collo.

“Lo è. Mi stai dicendo che vivremo qui?”

“Solo se ti piace.” Risponde lui avanzando in quella che sembra una stanza. Karen non può nascondere la sorpresa quando si rende conto che la camera non ha soffitto. 

“Questo è il centro di Jothuneim. Qui le nuvole eterne che gelano il mio pianeta si aprono a mostrare il cielo.” Karen vede un cielo terso e trapuntato di stelle sovrastarli come se lei potesse sollevare una mano e prenderne una. Loki sembra quasi leggerle nel pensiero. “Puoi toccarle se vuoi.”

“Posso toccare le stelle?”

“Puoi farlo.” Lei ride per nulla convinta di riuscirci. Solleva una mano e tocca il cielo. Un grido di sorpresa fa scoppiare a ridere anche Loki.

“É soffice. Il cielo non ha consistenza! Che cos’é?”

“Jothuneim é la terra dei giganti. Questa, molto molto tempo fa, era la casa di Mímir. Era il gigante che custodiva la fonte di ogni conoscenza. Odino rinunciò ad uno dei suoi occhi per bere da quella fonte e poter vedere ogni cosa.” Loki indica una specie di ruscello che sgorga da una delle pareti della camera. 

“Dove finisce l’acqua che esce da quel muro?”

“In cielo,” dice Loki, “il cielo che vedi é la fonte di Mimir. Esce da quel foro laggiù, poi ogni singola goccia risale lungo le pareti e torna alla fonte.”

“Ma quelle sono stelle.”

“No, mia cara, lo sono perché tu vuoi vedere le stelle. Se provi a chiedere, la fonte di Mimir ti mostrerà ciò che desideri.” Karen guarda Loki negli occhi.

“Quello che voglio é davanti a me.” Si avvicina al suo volto e lo bacia sulle labbra. Loki ricambia il bacio con passione e la conduce al centro della stanza dove si staglia, solo, un altare rettangolare. L’adagia sulla pietra e si china su di lei.

“Ti desidero come niente altro nell’universo.” Dice lasciandole un altro bacio appassionato sul collo. Passa una mano sul suo corpo e l’abito che ha creato su di lei, lentamente sparisce. Lei si alza e prende a sfilargli la pesante giacca prima e la camicia dopo. La ferita è svanita. Gli bacia la pelle candida sulla clavicola e la spalla. Lui non si muove, neppure mentre lei gli infila le mani nei capelli e gli tira appena la testa indietro per baciargli il collo. Rimane fermo con le mani sui suoi fianchi nudi.

“Ti amo.” Dice lei, sussurrandoglielo in un orecchio. Loki viene pervaso da un brivido e non sa se deve attribuirlo alle sue carezze sul lobo o al suono di quelle parole. Mentre lei armeggia con la sua cintura, le prende il viso fra le mani e la bacia con più passione. 

Sale sull’altare, su di lei, e si libera di ciò che resta dei suoi vestiti.

Non si sono mai uniti prima ma sembra il contrario. Karen non si è mai sentita così finora. Neppure quando era ancora viva ed era solo Karen.

Il senso di vuoto che ha provato da quando ha riaperto gli occhi é svanito.  É come se fosse rinata solo per congiungersi all’uomo che si muove sopra di lei.

Loki non smette di guardarla negli occhi. Semplicemente non può. 

Una volta, da bambino, sua madre gli ha raccontato del potere del tesoro di Beowulf. L’eroe non poteva rinunciarvi neppure di fronte all’idea che fosse una forma di dannazione eterna. Lui ne rise e sua madre, carezzandogli la fronte prima di dargli la buona notte, lo mise in guardia dal disprezzare quel sentimento giacché tutte le creature, umane o divine, prima o poi bramano qualcosa sopra ogni altra.

Ora sa cosa lei volesse dire. Ora, che si spinge dentro di lei un’ultima volta, sa che anche lui ha trovato il tesoro dal quale non concepisce di potersi staccare. 

Si abbandona sul corpo di Karen che gli solleva il volto e gli passa i capelli neri, madidi di sudore, dietro le orecchie. Gli sorride, senza parlare.

“Allora, la tua nuova casa, ti piace?” 

“Credo di sì.”

“Potresti restarci con me fino a che non avrò adempiuto ai miei obblighi di re?”

“Pensi che tornerei sulla Terra senza di te?”

“Non voglio pensarci.”

“Non devi. Resterò qui. Torneremo sulla Terra insieme se tu vorrai tornarci.” Loki si solleva sui gomiti e la guarda confuso.

“Hai seriamente preso in considerazione l’idea di restare qui con me per sempre?”

“Sono tua moglie.” Loki le accarezza la fronte e poi vi pone un bacio leggero, più casto di quelli che le ha regalato finora.

“Io non ti merito.” Lei sta per dire qualcosa ma lui le mette una mano sulla bocca. “Vuoi lasciarmi parlare senza interrompere? Io non ti merito ma ringrazio la mia buona sorte per avermi permesso di averti.” Lei si divincola e si libera dalla sua stretta.

“Ringrazia me e il mio senso critico che mi ha permesso di apprezzarti nonostante la tua testarda e ostinata determinazione a voler fare il cattivo ragazzo.”

“Ma io sono cattivo!” Esclama lui facendole il solletico. Lei scende dall’altare e corre verso la fonte. Si rende conto solo quando é in piedi di essere completamente nuda. Loki la guarda  come se non potesse distogliere lo sguardo neppure volendo.

“Mio malvagio marito, mi daresti qualcosa da indossare?” Fa lei ridendo in modo malizioso.

“Tutto ciò che vuoi.” Fa lui raggiungendola e abbracciandola. Mentre la stringe, una sottile vestaglia di velluto rosso l’avvolge.

“E un letto più comodo, si può avere?” Fa lei baciandogli la punta del naso. Loki muove la mano e un’ottomana compare alle sue spalle. “Ora questo posto é perfetto.”

“Non ancora.” Fa lui recuperando i pantaloni. 

“Cosa manca?” Chiede lei mentre una musica familiare riempie l’aria. Karen ride riconoscendo la musica di una canzone di Hank Williams. Si abbandona sull’ottomana mentre Loki la raggiunge, la stringe a sé e la sua voce accenna le parole di ‘Cold cold heart.’

“I tried so hard, my dear, to show that you're my every dream

Yet you're afraid each thing I do is just some evil scheme

A memory from your lonesome past keeps us so far apart

Why can't I free your doubtful mind and melt your cold, cold heart?

“Tu sai cantare?”

“Io so fare ogni cosa, mia cara.”

“Canta ancora.”

“Non ne hai abbastanza?”

“Hai detto ‘tutto ciò che vuoi’. Canta ancora.”

“Sei una ricattatrice.” Dice mentre intona una melodia a lei sconosciuta con delle parole in una lingua che sembra antichissima e misteriosa.

Lo ascolta in religioso silenzio, stringendosi a lui, e, quando cade in un sonno profondo, non sa se sia la stanchezza per gli eventi della giornata ad averla colpita o un incantesimo del suo bellissimo e letale marito.

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Capitolo 11
*** Nuova vita, vecchia vita ***


Capitolo 11
Nuova vita, vecchia vita

 

E’ passata una settimana da quando un emissario del nuovo re di Jothuneim, Loki Laufeyson, ha raggiunto la base operativa degli Avengers per riferire che ogni pretesa sul Tesseract da parte dei giganti di ghiaccio è da considerarsi cessata. Il popolo degli Jotunn è intenzionato a stilare al più presto un trattato di pace per onorare la regina rossa e la pace che ella ha assicurato loro.

“Chi diavolo è questa regina rossa?” Ha chiesto Fury. La risposta che il gigante ha dato prima di salire su una nave che, a loro dire, è stata requisita ai Chitauri, è stata che ella è una potente dea di Midgard.

Tony Stark ha riso. Fury no.

Dopo un’altra settimana, ogni tentativo degli Avengers di evitare qualsiasi attività del leader dello Shield è fallito.

“Dobbiamo mandare qualcuno su quel maledetto pianeta ghiacciato a riprendere la dottoressa Miller. Ormai è chiaro che Loki non intende più tornare e ha deciso di tenere con sé la gemma dell’infinito.”

Tra tutti i presenti, Thor è quello meno tollerante.

“Cosa ti fa credere che mio fratello abbia sequestrato Karen? E’ andata con lui di sua spontanea volontà perché crede in Loki. Non può essere che sia ancora con lui per lo stesso motivo?”

“Andiamo, Thor!” Lo incalza Fury. “Tuo fratello è un criminale interplanetario. Non c’è limite a quello che può fare.”

“Ha mantenuto la sua parola,” interviene Stark “e ha evitato una guerra con Jothuneim. Inoltre ha cacciato i Chitauri dal suo pianeta e, di conseguenza, li ha allontanati ancora di più dal nostro.”  Jane ne approfitta per mostrare alcuni dati che ha raccolto con Selvig nella speranza di aiutare Thor.

“I flussi di materia organica nei portali di Einstein-Rosen sono diminuiti del settanta per cento e sono quasi scomparsi tra il nostro pianeta e Jothuneim.”

“Dottoressa Foster, apprezzo i suoi studi e le sue buone intenzioni ma stiamo parlando di uno che di buone intenzioni non ne ha mai avute.” Fa Fury.

“Finora.” Lo incalza Stark.

“Le preoccupazioni di Nick sono lecite.” Interviene Cap.

“Ci potrebbe essere un’altra spiegazione.” La frase di Banner è un fulmine a ciel sereno. Nat lo guarda come per chiedergli cosa sta facendo. Bruce si sfila gli occhiali e parla.

“Loki era ferito gravemente quando è partito con Karen. Forse ha bisogno di più tempo per riprendersi.”

“Che significa, Banner?” Thor gli è addosso in un lampo.

“Che la lama che lo ha trafitto era avvelenata e non sono stato in grado di curare il suo organismo. Ho cercato di fare in modo che Karen andasse con lui perché ero convinto che se fosse andato solo, sarebbe morto.”

“E me lo dici ora!” Urla il fratello.

“Non voleva che lo sapessi, non voleva che lo sapesse nessuno. Non lo sapeva neppure Karen.”

“Questa è una bravata, Banner:” Dice Fury che però guarda la Vedova Nera.

“Per una volta, ho seguito la mia coscienza.”

“Non è il caso di prendersela con il povero dottore.” Interviene Strange. “C’è un modo semplice per risolvere la questione. Loki ha mandato un messaggio. Facciamo lo stesso anche noi. Se si rifiuterà di riportarci Karen, cercheremo un modo meno pacifico di riprenderci la dottoressa. In fondo abbiamo tre gemme dell’infinito, no?”

“E come pensi di mandare un messaggio?” Chiede Fury sorpreso dall’atteggiamento del maestro delle arti mistiche.

“Heimdall può farlo.” Interviene Thor.

“Allora non perdiamo tempo.” Suggerisce Steve.

Thor annuisce e chiama colui che vede tutto e che ha la chiave del bifrost.

 

Karen si solleva da terra e allarga le braccia. L’Aether fuoriesce da lei e si allarga attorno all’enorme roccia che le sta di fronte. Lei muove le mani e la roccia assume la forma di una gigantesca guglia. Loki la solleva con l’ausilio della magia e la sposta sul lato destro del palazzo che hanno quasi completato sfruttando le loro doti.

I giganti di ghiaccio la venerano davvero come una dea e si inchinano ogni volta che passa loro davanti. La chiamano ‘regina rossa’, la ‘distruttrice’, l’ ‘eterea’. Lei ne ride quando Loki la prende in giro dicendo che temono più la loro regina che il loro re. 

Ne ride mentre glielo sussurra quando fanno l’amore. Ride di felicità.

E’ felice di quell’assurda vita che sta conducendo in un luogo freddo e inospitale dove non c’è nessuno come lei. Essere diversa non è un problema su Jothuneim.

E’ felice di essere con Loki.

E’ felice di essere libera di amarlo come crede senza essere giudicata.

E’ felice di essere libera e basta.

Su quel pianeta il suo potere non può fare del male a nessuno. 

Loki le ha insegnato a controllarlo e lei lo fa con naturalezza perché non ha paura di sbagliare.

Fenrir li tiene sempre d’occhio anche mentre sonnecchia sulla soglia della sala del trono o ai piedi del loro letto.

Godrum ha stilato decine di documenti che promulgano nuove leggi e regolamenti. Ha persino stilato un trattato di non belligeranza tra Jothuneim e Midgard.

Quando Loki le dice che dovranno portarlo sulla Terra per sottoporlo ai capi di governo terrestri, lei finge di non cogliere l’allusione ad un eventuale ritorno a New York.

“C’è ancora tanto da fare qui.” Dice mentre Fenrir le lecca le caviglie.

“Lo so e non riesco a credere che sto per dirlo proprio io, ma ho la sensazione che il lavoro da fare qui non c’entri e che tu non voglia rientrare alla base.”

“E perché mai!” Esclama lei mettendo le mani sui fianchi. Loki le si avvicina e le sfiora il naso con un dito.

“Forse perché dovresti spiegare che sei mia moglie.” Colpita e affondata.

“Non devo giustificarmi con nessuno per le mie decisioni.”

“Assolutamente d’accordo. T’invito a riflettere sul fatto che daranno comunque la colpa a me!” Fa lui ridendo mentre si versa una coppa di vino.

“Non lo permetterei.”

“Usando l’aether? Ho notato che ultimamente non ti fai più molti problemi ad adoperare i tuoi poteri.”

“Mi stai biasimando? Proprio tu? Credevo che volessi che fossi me stessa.” Loki perde il sorriso e si fa serio.

“Non è esatto. Ti ho già detto una volta che tu non sei il tuo potere.”

“Mi stai biasimando. Incredibile!” Esclama lei. “Vieni, Fenrir, andiamo a fare un giro.” il lupo si alza, si scuote e la segue fuori dalla sala del trono. All’esterno, Fenrir aumenta di dimensioni in modo che lei possa cavalcarlo. Ha imparato a farlo sin dal primo momento in cui ha scoperto che l’animale aveva il potere di cambiare forma e dimensioni. Insieme hanno attraversato le lande desolate di Jothuneim e, dalla sua groppa, Karen ha potuto vedere come prendeva lentamente forma Utgard, il sogno di Loki.

“Roma non è stata costruita in un giorno, Fenrir,” dice, “ma Utgard cresce ad una velocità impressionante. E’ il potere di Loki che aumenta dalla conoscenza infinita della fonte di Mimir.” Il cane solleva la testa per farsi accarezzare il muso. 

Un soffio di vento più forte le scompiglia i capelli e le porta un odore strano, pungente. Fenrir guaisce.

“Non temere, amico mio, ci sono io con te. Andiamo a vedere cosa c’è laggiù.” Fenrir non sembra gradire l’ordine ma lo esegue lo stesso. Così raggiungono l’anfratto dal quale esce un vento violento che solleva una polvere scura. Lei invita il lupo ad avanzare ma la bestia si ferma e si accuccia. La voce di Loki la raggiunge alle spalle.

“Passi il fatto che mi abbandoni nel mezzo di una conversazione. Passi pure il fatto che dai ordini a Fenrir al posto mio. Ti avviso, mia cara, che anche la mia pazienza ha un limite. Torniamo a palazzo.”

“Fenrir ha fiutato qualcosa laggiù.” Fa lei ignorando sia il tono della voce del dio degli inganni sia la sua espressione rigida, arrabbiata.

“Fenrir non muoverà un altro passo in quella direzione.”

“E perché mai?”

“Perché io lo comando!” Urla stavolta. Karen fa un passo indietro e Loki allunga una mano verso di lei. “Non un altro passo. Vieni da me.” 

Solo in quel momento Karen si accorge che il vento che aveva avvertito è diventato un turbine che l’attira lentamente ma inesorabilmente verso l’antro alle sue spalle. Prova a divincolarsi ma, se un istante prima è davanti a Loki, quello dopo é all’interno di una specie di grotta.

“Loki!” Grida per non cedere alla paura che l’ha colta improvvisamente. La grotta è buia e piena di nebbia. Quell’odore pungente che ha sentito mentre era in groppa a Fenrir ora è più intenso. Si volta di scatto come percependo qualcosa alle sue spalle. “Chi c’è?”

“Chi osa disturbare le Dísir?” Karen cerca di capire chi ha parlato.

“Non era mia intenzione disturbare nessuno. Chi sei?” Chiede mentre fa un passo verso la voce. Il sangue le si gela nelle vene non appena dalla nebbia emerge una figura di donna vestita come un’antica guerriera. Il suo volto è deturpato come se fosse morta da anni e si stesse decomponendo. Karen indietreggia. La creatura fa un ghigno e parla.

“Sorelle, venite avanti. Mostratevi.” Dietro di lei appaiono altre tre donne, in tutto simili alla prima. “Ora che ci hai viste, dicci cosa vuoi.”

“Io non voglio nulla. Sono stata attratta dalla nebbia in questo anfratto. Ho seguito un odore.”

“Hai seguito l’odore della morte.” Dice quella comparsa per prima.

“Voi siete morte, eppure parlate.”

“Noi siamo maledette. E prigioniere.” Precisa mostrando le caviglie e i polsi.

“Sono stati i giganti di ghiaccio ad imprigionarvi?” La più alta delle Dísir scoppia in una risata sinistra.

“Gli Jotunn sono i nostri carcerieri ma non sono stati loro ad imprigionarci.”

“Gli Jotunn hanno un nuovo re, ora. Potrebbe liberarvi.” Tutte ridono come la prima.

“Nessuno può liberarci. Siamo maledette. Siamo un flagello. E se tu sei stata risucchiata dal vortice di nebbia nera, beh, sei un flagello anche tu. Sei qui per unirti a noi?” Karen guarda verso l’apertura dell’antro. E’ sparita. Lo sconforto la raggiunge ripensando alle ultime parole di Loki. Aveva detto ‘non un altro passo’ ma lei non lo ha ascoltato.

“Unisciti a noi.” Dice ancora la prima delle Dísir allungando una mano scheletrica verso di lei.

“Non toccatela.” Un baluginio verdastro si fa sempre, sempre più forte e vicino e Loki appare come fosse nato dalla nebbia stessa. Le Dísir fanno un passo indietro. La più alta sputa in terra.

“Un principe di Asgard. Questa è una nuova tortura?”

“Nessuna tortura.” Dice e poi si rivolge a Karen. “Vieni qui.” Lei lo raggiunge e gli prende una mano.

“E’ orribile. Chi sono, perché sono qui?”

“E’ una lunga storia. Un tempo erano guerriere in Asgard, sono divinità decadute.”

“Guerriere di Asgard su Jotunheim?”

“E’ una lunga storia. Andiamo via di qui.” 

“Fate bene ad andarvene. Potremmo decidere di staccarvi la testa dal collo anche con le mani legate! Abbiamo giurato vendetta contro Asgard.” Fa quella che sembra il loro capo.

“Lo sappiamo,” dice Loki “e vi rispettiamo per la vostra magnanimità.” La più alta delle quattro si avventa contro Loki ma viene trattenuta dalle catene.

“Non osare parlarci di rispetto! Il seme di Bor è feccia.” Karen si stringe a Loki e si avvicina al suo orecchio.

“Chi è Bor?”

“Il padre di Odino. Andiamocene fino a che l’antro oscuro ce lo permette.” Karen le vede ritirarsi nella nebbia. La più bassa ed esile fra loro si piega tra le braccia di colei che aveva parlato per prima.

“Qual è la loro colpa?”

“Hanno tradito Bor. Erano le sue valchirie. Una di loro si è innamorata. Il vecchio non l’ha accettato e l’ha maledetta. Le sue sorelle l’hanno seguita all’inferno. Quando Odino ha stretto il trattato di pace con Laufey ha chiesto a mio padre di prendersi carico delle Dísir e le ha bandite da Asgard rinchiudendole qui.”

“Ma è orribile. Da quanto tempo sono qui?”

“Chi può dirlo? Da moltissimo tempo comunque.” Karen mette una mano sul petto di Loki.

“Non hanno sofferto abbastanza? Non hanno ripagato il debito?”

“Un’offesa recata al padre degli dei necessità dell’eternità per essere ripagata.”

“Tu non l’hai offeso?”

“Sì, e non sono stato perdonato.”

“Però hai trovato il modo di liberarti.” Loki avvicina le labbra a quelle di Karen.

“Stai suggerendo di liberare le Dísir?” Anche se ha parlato sottovoce, le quattro donne lo sentono comunque e si muovono.

“Hai liberato Fenrir, no?”

“Fenrir è sotto il mio controllo. Loro no.” Karen fa un passo verso le donne e si rivolge loro.

“Fareste un nuovo giuramento in cambio della libertà?” Quella che era apparsa per prima, lascia andare la più piccola che stringeva ancora e le risponde.

“E’ per via di un giuramento che siamo state maledette. Non giureremo mai più fedeltà ad Asgard.”

“Loki è il re di Jotunheim, non serve Asgard.” 

“E’ figlio di Asgard, non importa cosa dice.” Karen stringe i pugni.

“Preferite rimanere prigioniere quaggiù?”

“Bramiamo solo la morte.” Karen sorride amaramente.

“La morte fa schifo.” Dice guardando il volto deturpato della sua interlocutrice. “Io non sono figlia di Asgard. Giura a me e io vi libererò tutte e quattro.” Loki passa con lo sguardo da lei ad un punto preciso nella nebbia, poi si decide ad intervenire.

“Nobile Brun, decidi come credi ma decidi in fretta poiché non riuscirò a tenere l’antro aperto a lungo.”

“Odino maledirà anche voi.” Risponde la donna.

“Lo ha già fatto, temo. Decidi.”

“A chi devo giurare?” Loki sorride e risponde.

“Giura a Karen, la regina rossa, signora della gemma della realtà, le obbedirai fino al tempo di Ragnarok.”

“Io, Brun, giuro che obbedirò a Karen, regina rossa, signora della gemma della realtà, fino al tempo di Ragnarok. Così, insieme a me fanno le mie sorelle Hlok, Kara e Gondul.” 

“Giuriamo.” Dicono le sorelle. Karen guarda Loki ma il dio si affretta a spiegare.

“Hanno giurato a te, devi liberarle tu.” Karen vorrebbe chiedere come ma si guarda le mani, si china sulle caviglie di Brun e tocca le catene di ferro spesso che la tengono prigioniera da secoli. Il ferro si assottiglia ed evapora. Quando alza lo sguardo, le Dísir non sono più i mostri che le erano apparsi entrando nell’antro.

Brun è bellissima con i capelli fatti d’oro e gli occhi che sembrano due zaffiri. Così anche Gondul, la più piccola delle quattro. Kara ha folti capelli rossi e occhi verdi che illuminano un viso sottile e perfettamente simmetrico. Hlok, la più alta e muscolosa è bruna e altrettanto bella.

“Andiamocene via da qui.” Dice Loki muovendo una mano. Una catena di anelli enormi appare davanti a loro e fa salire le donne prima di arrampicarcisi lui stesso. 

Una volta fuori dall’antro, la catena si riavvolge intorno al collo di Fenrir. Loki muove le mani e pronuncia un incantesimo. Le nubi in cielo si muovono per qualche istante e poi tutto sembra tornare normale.

“Torniamo a palazzo.” Dice il dio.

“Aspetta, Loki.” Lui si ferma.

“Se stai per chiedermi cosa ho fatto, sappi che è un incantesimo per evitare che Heimdall scopra che abbiamo liberato le Dísir. Abbiamo appena evitato una guerra con Midgard, non vorrai che ne scoppi una contro Asgard.”

“Certo che no,” si affretta a precisare Karen, “ma in realtà volevo chiederti scusa.”

“Per essere scappata in quel modo prendendo Fenrir?” Karen sorride.

“No. Non per aver preso Fenrir ma per essere scappata. Avevi ragione tu. Ho paura di tornare a New York.” Loki le prende le mani. Brun porta la mano alla spada e Loki si affretta a precisare come stanno le cose.

“E’ mia moglie. Spegnete i bollenti spiriti.” Poi si rivolge a Karen. “Di cosa hai paura?”

“Che ci separino.” Loki le mette una mano sotto al mento e la costringe a guardarla negli occhi.

“Vedi? E’ la verità che ci fa soffrire. In questo caso, tuttavia, non devi temere. Non ci separeranno. Credimi. Se vuoi tornare, torneremo. Se non vuoi farlo, resteremo qui.”

Lei lo abbraccia e lui la fa montare in groppa a Fenrir, seguendola subito dopo. Il lupo ci mette davvero un lampo a tornare a palazzo. Sulla porta trovano Godrum ad attenderli.

“Avete ospiti, mio re.”

“Ospiti?” Loki è sinceramente sorpreso.

“Lady Sif di Asgard.”

“Bene, Godrum, andiamo. Karen, aspetta l’arrivo delle Dísir e conducile a palazzo per un’altra via. Non voglio che Sif le veda.” Lei annuisce.

Due guardie aprono la sala del trono e Loki fa il suo ingresso allargando le braccia e mostrando il sorriso più gentile del suo repertorio. 

“Lady Sif! Che onore per la mia corte.”

“Vedo che hai ristrutturato questo posto. Non so come diavolo sei diventato re, ma questo regno desolato ti si addice.”

“La tue gentilezza mi commuove, come sempre. Cosa posso fare per te?”

“Heimdall ha un messaggio di Thor per te ma non ha potuto recapitartelo perché non riesce più a vedere Jothuneim. Quindi sono venuta io.”

“Qui va tutto bene.”

“Non ha importanza. Thor vuole che riporti a casa la dottoressa Miller. Ammesso che sia ancora viva!” Dice lei guardandosi intorno, una mano sull’elsa della spada. Loki apre la bocca ma non fa in tempo a parlare. Un rumore di lance precede l’ingresso nella sala di un’altra persona.

“Sono viva e sto bene.” Karen passa davanti a Sif e raggiunge il trono.

“Come vedi, qui va tutto bene. Di a Thor che, quando Karen vorrà tornare a casa, ce la porterò.”

“Non credo che tu abbia compreso, Loki. Thor dice che se la dottoressa non si mostra ai suoi amici, non ci sarà pace tra voi. Dimmi cosa devo riferire.” Karen sta per dire qualcosa ma Loki la ferma sollevando una mano.

“Riferisci che il trattato di pace tra Jotunheim e Midgard è pronto. Sarà Karen a portarglielo.”

“Molto bene. Ora vorresti consentire ad Heimdall di riportarmi ad Asgard?” Loki muove due dita e il bifrost compare e porta via Sif.”

“La mia opinione non conta?” Chiede Karen incrociando le braccia.

“Prima o poi doveva accadere. Forse abbiamo avuto fin troppo tempo.” Karen sospira guardando l’espressione rassegnata di Loki.

“Forse hai ragione.”

“C’è un’altra cosa. Sarebbe meglio non rivelare che condividiamo l’aether. Potrebbe essere pericoloso.”

“Intendi dire che non dobbiamo parlare del matrimonio.”

“La scelta è tua. Sarei più che felice di reclamarti per me ma credo inasprirebbe l’animo di più di qualcuno alla base degli Avengers.”

“Puoi giurarci.”

“Quindi siamo d’accordo?”

“Siamo d’accordo. Niente matrimonio.”

“E niente Dísir.” Precisa Loki.

“E niente Fenrir.” Sorride Karen coprendo lo spazio che li separa.

“Certo che ne abbiamo combinati di guai!” Fa lui abbracciandola.

“E siamo marito e moglie da due settimane!” Risponde lei baciandolo appassionatamente.

“Che coppia bene assortita!” Le passa i capelli dietro un orecchio mentre lei si rabbuia.

“Non ci separeranno, vero Loki?”

“No, fino al giorno del Ragnarok, ricordi?” 

“Voglio fare l’amore con te.” Loki la bacia e lei si dimentica ogni cosa.

 

Se non fosse maledettamente importante, sarebbe ridicolo.

Tony, Steve, Fury, Strange, Thor, Visione, Banner, Nat e Clint sono tutti in cima alla base degli Avengers con le braccia conserte e in trepidante attesa. A momenti il bifrost dovrebbe riportare a casa Karen e tutti nutrono il sospetto che Loki li abbia ingannati per l’ennesima volta perché è in ritardo all’appuntamento.

Improvvisamente un fascio di luce dei colori dell’arcobaleno, si schianta sulla enorme H dipinta sul pavimento ricamando al suo posto delle rune asgardiane. Quando la luce svanisce, Karen e Loki salutano con un sorriso. 

Thor corre incontro al fratello e lo stringe come di consueto. Come di consueto, Loki si lamenta.

“Fratello! Ci sei riuscito! Chi l’avrebbe mai detto!”

“Non sono sopravvissuto ad un duello all’ultimo sangue per farmi stritolare da te, fratello!” Thor lo lascia andare non prima di avergli dato tre o quattro pacche sulle spalle che lo costringono a piegarsi.

“Karen,” Steve si avvicina a lei con gentilezza, “come stai? Tutto ok?”

“Sì, Steve, abbiamo ricevuto il vostro messaggio e siamo tornati.” Il volto di Cap si tende in un’espressione più rigida.

“Che vuol dire? Se non vi avessimo chiesto di tornare, non l’avreste fatto?” Karen lo guarda con un cipiglio severo.

“Vuoi davvero che risponda a questa domanda?” La voce di Fury interrompe la loro conversazione.

“In sala riunioni, prego. Dobbiamo fare il punto della situazione.” 

Nessuno contraddice Fury quando usa quel tono di voce e tutti lo seguono compresi Karen e Loki. Quando sono seduti nella sala riunioni, riprende a parlare.

“Dobbiamo considerare chiusa la faccenda degli Jotunn?” Chiede direttamente a Loki.

“Chiusa. Gli Jotunn hanno scacciato i Chitauri dal loro pianeta. Non useranno più Jothuneim per arrivare nei nove regni. Hanno rinunciato a qualsiasi pretesa sul Tesseract. Inoltre si offrono di diventare alleati di Midgard. Se il pianeta sarà in pericolo, potrà contare sull’esercito di Jotunheim per difendersi.” Fury sorride.

“E tutto questo perché tu sei il loro re.” Loki sorride e allarga le braccia.

“Che posso dire? Vi avevo detto che ci sarei riuscito.”

“Non hai ancora detto in cambio di cosa.” Fury mette entrambe le mani sul tavolo. Loki perde il sorriso.

“Ho chiesto il trono di Jothuneim e l’ho avuto.”

“Bene,” Fa Fury alzandosi, “allora puoi tornartene sul tuo pianeta. Qui abbiamo ancora alcune cose da risolvere.” Karen passa con lo sguardo da lui a Fury e viceversa poi, di scatto, si alza e parla con voce alta e decisa.

“Io andrò con lui.” Fury si blocca sul posto. Strange si alza dalla poltrona su cui aveva già dimostrato di stare scomodo.

“Karen, che novità è questa? Sei andata con lui per aiutarlo a sconfiggere il gigante di ghiaccio che guidava gli Jotunn. E’ fuori discussione che tu vada con lui a questo giro.”

“E chi lo dice?” Chiede Karen con durezza. Steve cerca di evitare uno scontro.

“Nessuno dice niente,” fa Cap frapponendosi tra Strange e Karen poi si rivolge a quest’ultima, “solo che Jothuneim non è il genere di posto in cui un essere umano possa vivere, almeno stando alle parole di Thor.”

“Il punto è questo, Steve, io non sono un essere umano, giusto? Se lo fossi non importerebbe a nessuno. Invece posseggo la gemma della realtà e, improvvisamente, tutti si chiedono dove è meglio che io stia.” Sbotta Karen. Fury si fa avanti e la fronteggia.

“Non ho mai nascosto come stanno le cose e sono stato chiaro sul fatto che sarebbe rimasta qui, dottoressa, fino a che non avremmo scoperto se e quali danni può fare.”

“Ho accettato di venire qui la prima volta perché volevo capire di più su me stessa e avevo paura di fare del male a qualcuno. So che posso fare del male ma non su Jothuneim. Lì questa cosa che mi scorre nelle vene al posto del sangue non può ferire nessuno.”

“Non la lascerò insieme a Loki. Già una volta, lei ha tradito lo Shield per stare dalla parte di quel dio.”

“Volevamo fermare Ultron!” Si difende Karen. Tony si alza e batte le mani.

“Ok, ok, time out! Stiamo guardando tutto dal punto di vista sbagliato. Dovremmo festeggiare per aver evitato una guerra! Io dico che dobbiamo festeggiare. Da sbronzi si trova sempre una soluzione.” Fury guarda Stark con biasimo ma Bruce interviene a sostegno dell’amico.

“Dovremmo darci tutti una calmata. In fondo Tony ha ragione, abbiamo vinto una battaglia importante.”

“Stronzate,” dice Fury indicando Loki, “avete dimenticato che è stato lui a scatenare le ire dei giganti di ghiaccio?”

“Tecnicamente no,” risponde Tony, “lo ha fatto solo perché ha rinunciato alla gemma della realtà salvando la nostra dottoressa, cosa di cui noi siamo infinitamente felici, vero?” 

“La dottoressa potrebbe accettare di rimanere se anche Loki restasse. Magari per qualche giorno?” Suggerisce Visione. Loki annuisce e così fa Karen. Fury sospira.

“Solo fino a che le nazioni unite non avranno visionato il trattato di pace di Jotunheim. Ma sia chiaro, Thor, che rimane sotto la tua responsabilità.” Acconsente Fury lasciando la stanza. 

“Fantastico! Pare che dobbiamo organizzare una festa, Jarvis!” Esclama Tony tirando dentro all’organizzazione anche Bruce e Nat.

Loki approfitta di quella situazione per chiedere a Thor di fare quattro chiacchiere da soli e il dio del tuono lo porta con sé in un’altra stanza. 

Steve raggiunge Karen.

“Posso parlarti?”

“Certo.”

“In un posto tranquillo.” Dice lui facendole strada fino alla palestra dove, tanto tempo prima, si allenavano insieme.

“Dimmi.”

“Vuoi davvero tornare su quel pianeta?” Karen abbassa lo sguardo. “Se ti sta costringendo in qualche modo, puoi dirmelo.”

“Costringendo? No.” Karen sospira. “Sei lontanissimo dalla verità.”

“Davvero? Perché non riesco a spiegarmi tutta questa situazione. Tu ami la vita, Karen, sei un medico, sei una scienziata. Adori la tua famiglia. Mi parlavi sempre di quella tua fantastica nipotina.” Karen sorride.

“Sophie.”

“Esatto. Non riesco a credere che tu voglia lasciare tutto questo per un pianeta fatto di ghiaccio.” Cap si siede sui gradini che conducono al ring e le porge una mano. Karen lo raggiunge e si siede al suo fianco. “Karen io sono stato imprigionato cinquant’anni nel ghiaccio. Quando mi sono risvegliato, il mio mondo non c’era più. Ora, è vero che qui ho trovato un posto in cui posso essere ancora qualcuno, qualcosa, tuttavia non è il mio mondo. Ci sono ancora cose che devo fare, ci sono momenti in cui penso che non è così male, ma temo sempre di aprire gli occhi una mattina e rendermi conto di aver sprecato tutta la mia vita. Io ho tutto ciò che potrei desiderare ma,” dice prendendo la sua bussola dalla tasca e accarezzandola con il pollice, “c’è qualcosa che ho perso per sempre lasciando il posto da cui provengo, a cui appartenevo. Non devi fare lo stesso sbaglio.” Karen gli mette una mano su quella che stringe la bussola e gli parla con il cuore.

“Capisco quello che vuoi dirmi. Quando sono morta, ho perso buona parte di me. Io non sono stata via cinquant’anni ma, aprendo gli occhi in quell’ospedale, mi sono comunque resa conto di aver perso molto di ciò che mi definiva. Ho odiato Loki per questo. Ero convinta che, se lo avessi rivisto, quell’odio mi avrebbe dato la forza per mettere un punto e ricominciare. Invece non è stato così. E’ stato come se fossi sopravvissuta solo per ritrovarlo. Certo, è un bugiardo e un assassino. Ha fatto molte cose brutte. Eppure il mio cuore non lo capisce. Forse Jothuneim è un luogo oscuro e desolato ma è il luogo in cui io posso stare con Loki. Tu non faresti di tutto per tornare nel luogo dove c’è lei?”

“Tu lo ami.” Karen alza lo sguardo dalla mano di Steve ai suoi occhi.

“Lo amo. Anche se non puoi capirlo.” Steve sorride.

“Invece lo capisco. Cioè non capisco come tu possa amare quel bugiardo assassino, ma capisco che se lo ami non puoi rinunciare a lui.”

“Tu lo capisci?”

“Sì. E se ti rende felice tornare su Jothuneim con Loki e se non userai la gemma per aiutarlo a conquistare il mondo, allora posso accettarlo. Se potrò fare qualcosa per aiutarti, lo farò.”

Karen sente le lacrime scivolargli sulle guance.

“Grazie Steve, sei il migliore.” Dice gettandogli le braccia al collo. Lui la stringe.

“Sei mia amica. Non ti volterò le spalle perché hai un pessimo gusto in fatto di uomini!” Karen ride fra in singhiozzi.

“Bella battuta, Capitano!”

“Grazie. Sei della mia squadra. Uniti si vince, divisi cadiamo.”

“Questa me la segno.”

“Era il motto della mia unità.”

“Sarai sempre il mio capitano, anche se andrò a vivere su un altro pianeta.”

“E come farò a chiamarti a rapporto, soldato?”

“Quando avrai bisogno di me, sarò io a trovarti.” Dice lei fissandolo negli occhi e poi scoppiando a ridere. “Scusa, è la frase di un film. Ho sempre sognato di poterla dire.”

“Beh, non ho visto questo film ma ci conto. Ora torniamo a controllare che combina Tony o rischiamo che assoldi il balletto di Mosca o un gruppo di spogliarelliste per la festa di stasera!”

Karen ride e lo segue. Fiera del suo Capitano.

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Capitolo 12
*** Legami e conseguenze ***


Capitolo 12 
Legami e conseguenze



“Allora fratello, dimmi come hai battuto il temibile Kurtan!” Chiede Thor buttandosi su una delle poltrone della camera che usa quando risiede alla base degli Avengers.

“Non volevo cominciare da qui, ma va bene. Ho usato l’aether.” Thor perde il sorriso, si rialza e fronteggia Loki.

“Hai usato Karen? Impossibile, Kurtan non ti avrebbe mai permesso di farla scendere nell’arena con te.”

“Non l’ha fatto.”

“Quindi come diamine hai fatto?”

“Faccio prima se te lo mostro.” Dice aprendo il palmo di una mano davanti alla faccia di Thor. Un vortice di energia rossa striata di nero compare nel palmo di Loki e poi viene riassorbito da esso.

“Com’è possibile?” Chiede, stupito, Thor. “Hai preso l’aether da Karen?”

“No, fratello, o lei sarebbe morta. Lo condividiamo attraverso una specie di incantesimo.”

“Nostra madre sarebbe fiera di te ma nostro padre si arrabbierà moltissimo quando saprà che usi una delle gemme dell’infinito. E non mi hai neppure spiegato come facevi ad averla tu. L’ho consegnata io stesso al Collezionista.”

“L’hai consegnata al Collezionista e poi lui l’ha data a me.”

“Perché avrebbe dovuto farlo? E’ l’ennesima delle tue bugie.”

“Vedi fratello? Poiché tu non mi credi, non è detto che anche il resto dell’universo non possa farlo.” 

“E perché avrebbe messo nelle tue mani una cosa simile rinunciandovi?”

“Prima che Ultron sfuggisse al controllo di Stark, ho avuto una visione.” Thor lo interrompe.

“Come quelle di nostra madre?”

“Più o meno. Ho visto Ultron distruggere la Terra ma, soprattutto un’ombra più grande distruggere ogni cosa. Nel pugno stringeva l’aether. Ero prigioniero e l’unica che mi avrebbe ascoltato era Karen così l’ho contattata per convincerla che animare Ultron sarebbe stato un grosso sbaglio. Le ho detto che la chiave era il mio scettro, che doveva riprenderlo. Beh, sai com’è andata.” Dice Loki allargando le braccia. “In quei pochi minuti che precedevano la morte di Karen ho scongiurato Heimdall di lasciarmi scendere sulla Terra per poter fare qualcosa ma lui è stato inflessibile. Almeno fino a che lei non è morta. Non ha avuto il coraggio di dirmelo. Me lo ha mostrato. Gli ho chiesto di lasciarmi fare un tentativo. Sai cosa mi ha concesso il generoso e nobile Heimdall? Un minuto. Un minuto soltanto. Cosa potevo fare in un solo minuto? Ho chiesto a Heimdall di mandarmi su Ovunque, dal Collezionista. Gli ho detto cosa avevo visto e lui mi ha consegnato la gemma dicendo di custodirla e di non usarla mai in presenza delle altre. Mi disse anche che la mia visione riguardava il futuro anche se non quello prossimo. Al momento in cui mi diede la gemma mi restavano solo pochi secondi. Mi feci teletrasportare dov’era il corpo di Karen e la unì alla gemma usando la formula della consegna. Svanì un istante dopo aver percepito il suo cuore che batteva ancora. Quell’ostinato di Heimdall non mi diede neanche il tempo di vederla aprire gli occhi. Non feci un lavoro all’altezza della mia fama. Frettoloso e incompleto. A Karen c’è voluto tempo per riprendere conoscenza.” Thor lo guarda incrociando le braccia muscolose sul petto.

“Ammesso che voglia credere a questa storia, perché ora condividi il potere della gemma?”

“Te lo terrai per te?”

“Lo farò.”

“Giuralo, ne va della vita di Karen.” Thor si fa serio.

“Lo giuro.”

“Ho unito la mia esistenza alla sua sulle radici di Yggdrasil.” 

“Ti sei sposato!” Thor urla dallo stupore.

“Abbassa la voce! Ti ho detto di tenerlo per te. Se gridi a quel modo, ti sentiranno fino ad Asgard!”

“Sei un irresponsabile e un egoista!” Loki lo guarda sorpreso e contrariato.

“Adesso perché mi aggredisci in questo modo?”

“Perché credevo che tenessi a Karen!”

“Appunto!”

“Allora perché l’hai fatto? Se pronunci un giuramento sulle radici di Yggdrasil, quel giuramento è infrangibile. Dura fino al tempo del Ragnarok!” Loki ride sprezzante.

“Pensi che non lo sappia?”

“Allora perché lo hai fatto?”

“Perché non avrei dovuto?”

“Perché i matrimoni sulla Terra sono diversi. Gli uomini e le donne qui hanno una cosa che si chiama divorzio con cui possono sciogliere i loro giuramenti. Come ti giustificherai con Karen?”

“Perché credi che dovrei giustificarmi? Karen sa che è un giuramento infrangibile. L’ha pronunciato con me. E’ stata molto brava. L’ha sentito solo una volta e l’ha imparato a memoria.” Thor si lascia ricadere sulla poltrona come in preda ad un improvviso ma altrettanto profondo sconforto. Loki se ne accorge e si siede accanto a lui. “Che succede, Thor?”

“Ti sei sposato. Hai una moglie.” Loki ride.

“Sì, ci credi?” Thor sorride a propria volta. Quel bel sorriso che gli fa arricciare gli angoli della bocca e persino gli occhi.

“Ci credo e sono felice per te. Credevo che, tra noi, sarei stato io a prendere moglie per primo.”

“Anche io. La prima volta che ho visto Jane ero convinto che l’avresti portata con te su Asgard e sareste stati insieme per sempre.” 

“Lei è una mortale, Loki.” Lui guarda suo fratello e prova compassione per lui. Come quando erano bambini e il male del mondo non li aveva ancora toccati. 

“Vuoi mentire, Thor, a me?”

“Non capisco.”

“Si che mi capisci. Anche se Jane è una mortale, nulla ti impedisce di amarla.”

“Io l’amo!”

“E quindi di sposarla.”

“Non potrei sopportare il dolore di vederla invecchiare e morire.” Loki sorride.

“C’è una soluzione facile per questo.”

“Davvero?” L’espressione di Thor fa quasi tenerezza al fratello.

“Posso ucciderti prima. Dimmi quando, scegli una data sul calendario e farò in modo che sia Jane a fare la parte della vedova inconsolabile!” Thor scoppia a ridere.

“Non ci avevo pensato. Potrebbe funzionare.”

“Conta su di me, fratello.”

“Ci penserò su, nel frattempo terrò il tuo segreto. Soprattutto con Fury. Non gli piacerà il fatto che hai accesso il potere alla gemma dell’infinito. Non farmene pentire Loki.”

“Tu non chiedermelo. Lo sai che poi va a finire male.” Thor fa la faccia di uno che la sa lunga.

“Non stavolta. Ora hai una moglie a cui pensare!” Loki alza gli occhi al cielo. “E’ per questo che hai nascosto Jotunheim agli occhi di Heimdall.” Loki annuisce ma non risponde. Si alza e va verso la porta.

“Grazie, fratello.”

“Un giorno sarai tu a fare qualcosa per me. Magari il giorno del Ragnarok.” Loki esce dalla camera e risponde in silenzio sperando che nessuno lo ascolti.

“Che quel giorno non arrivi mai.” 

 

Strange è contrariato.

Ha deciso di partecipare al teatrino di Stark per Karen e quella benedetta ragazza non solo ha contribuito a mettere un pericolosissimo stregone sul trono di un pianeta di guerrieri ma ha anche deciso di tornare con lui su quel pianeta. 

La voce di Tony lo sorprende alle spalle.

“Non vieni alla festa?”

“Cosa c’è da festeggiare?”

“Abbiamo scongiurato una guerra.”

“E consegnato una gemma dell’infinito a Loki.”

“Tutti tendete a dimenticare che stiamo parlando di una persona.”

“Questo avrebbe dovuto aiutare.”

“Forse dovreste dare fiducia alla dottoressa.”

“Non capisci, Stark? Se Karen insiste con questa follia, Fury la rinchiuderà o peggio.”

“Su questo sono d’accordo. Però potremmo fare qualcosa noi.”

“Qualcosa come?”

“Come ricordarle che la Terra è molto più bella di Jotunheim e che qui ci sono molte più cose per lei rispetto ad un arido pianeta di ghiaccio.”

“Sei un illuso se pensi che cambierà idea. Quel dio l’ha plagiata.”

“Non ne sono convinto. Karen si è presa una sbandata per lui e dovresti sentirti responsabile perché Fury aveva chiamato te per quel lavoro e sei tu che l’hai raccomandata.”

“Se è innamorata, e bada bene che non ne sono affatto convinto, farà di tutto per stare con lui.”

“Allora possiamo convincere Loki a restare sulla Terra. Così potremo controllarli a vista.” Nell’udire quelle parole, Strange si volta e si gratta il mento.

“Tenere qui Loki è fuori discussione ma potremmo convincere Thor a riportarlo ad Asgard.”

“Non so se l’hai notato ma la pazienza che Thor ha con suo fratello è grande quanto l’affetto che prova per lui.”

“Disobbedirebbe ad un ordine di suo padre?”

“Tu sei perfido! Stai pensando di coinvolgere il padre dei due fratelli litigiosi?”

“Perché no?”

“Perché ti servirebbe un buon motivo per farlo scendere a giocare con noi.”

“Tipo l’ennesima marachella del figlio malvagio?”

“Figliastro.”

“Di cui è comunque responsabile.”

“Allora abbiamo un problema. Da quando c’è Karen al suo fianco, Loki si comporta meno peggio del solito.”

“E’ il dio degli inganni. Trama di certo qualcosa. Andiamo alla tua festa. Dobbiamo solo trovare un indizio e il resto lo farà Loki. Come al solito.”

Strange si avvia e Tony lo segue.

 

Pepper è una splendida padrona di casa.

Anche quando la casa non è sua ma una base operativa paramilitare e ha dovuto organizzare un evento in dodici ore.

Tony la guarda orgoglioso e innamorato. Nat non può perdere questa occasione per prenderlo in giro.

“Ti lascerà quando realizzerà che é molto più in gamba di te a gestire i tuoi soldi.” Tony sorride.

“Lo sa già, per questo le ho intestato tutto quello che ho!”

“Credevo che fosse per evitare che il governo americano ti confiscasse ogni centesimo!”

“Anche per quello!” Dice Tony ridendo. “Tu, invece, che combini? Dov’è il bel fusto?”

“A fare due chiacchiere con gli ospiti d’onore.” Stark lancia lo sguardo oltre Nat e vede Loki e Bruce chiacchierare come due vecchi amici.

“E tu non sei con loro?” Nat scuote la testa e sorseggia l’ottimo champagne di Pepper.

“No, io faccio due chiacchiere con te.” Tony si fa serio.

“Dimmi pure.”

“Dimmi tu. Cosa confabulavi con Strange?”

“Chi lo vuole sapere?”

“Solo io.”

“Non Fury?” Chiede apertamente Tony sapendo quanto forte sia il legame tra il capo dello Shield e la Vedova Nera.

“Solo io. Voglio evitare che Bruce rimanga deluso.” Stark la guarda con fare interrogativo. 

“Come potrei deludere il buon dottore?”

“Decidendo di condannare Loki senza alcuna possibilità di appello.”

“Non sono decisioni che spettano a me.”

“Lui non ti piace.”

“Non è vero. Faccio il tifo per i cattivi ragazzi.” Stark prende il bicchiere dalle mani di Nat e  lo finisce.

“Allora perché?”

“Non mi fido di Fury e non mi fido di Strange. Se non puoi battere il tuo nemico, fattelo amico. Tu piuttosto, non avevi un conto in sospeso con il fratellastro di Thor.” Nat scuote le spalle.

“Ha salvato tutti al vecchio rifugio.” Dice svogliatamente.

“Ho l’impressione che nessuno ce l’abbia veramente con lui.”

“Tranne Fury e Strange. Dobbiamo restare uniti. È così che abbiamo battuto Ultron. Se siamo leali gli uni agli altri, possiamo affrontare qualsiasi sfida, Loki compreso.” Commenta Nat. Tony afferra due bicchieri dal vassoio che passa sotto al suo naso in quel momento e ne offre uno a Nat.

“Siamo tutti eroi nostro malgrado, Nat, può essere che lo sia anche Loki, no?”

“Non tutti.” Dice Natasha facendo tintinnare il suo bicchiere con quello di Tony e indicando  Rogers.

“Lui lo è più di tutti noi. Ed è forse quello meno predisposto a dare una chance a Loki.”

“Non lo so,” accenna “ha sempre avuto un debole per Karen.”

“Motivo di più per detestare Loki.”

“Ci stai girando intorno.”

“A cosa?” Chiede ingenuamente Tony.

“A quello che non vuoi dirmi.”

“Ok, sarò franco con te. Prima la faccenda dello Shield che non è lo Shield ma é l’Hydra. Poi Fury che scompare e riappare e infine Ultron. Non siamo stati un gran esempio di team.”

“Cosa c’entra con Loki?”

“Lui sa molto più di quello che vuole far credere sulle gemme dell’infinito. Questo argomento innervosisce tutti: Thor, Fury, Strange. Tutte le piste che ho seguito finora portano all’apocalisse o ad un vicolo cieco. Più frequentemente ad un vicolo cieco per fortuna. Strange é determinato a non volere Loki sulla Terra. Fury lo é altrettanto. Ha a che fare con lui o con quello che sa sulle gemme?”

“Fa quello che credi ma non agire alle nostre spalle, ok?” Tony le sorride.

“Non potrei mai!” Esclama platealmente.

“Sì, come no! Bada che nonostante quello che fai credere a tutti, hai ancora molto da perdere.” Nat si allontana e Tony guarda Pepper che ride e scherza con Jane. Tutto quello che ha da perdere Tony Stark è nel sorriso di quella donna.

 

Karen ha bevuto troppo. 

Non sa se ha caldo perché è ubriaca o perché la stanza è piena di gente o se, piuttosto, si è abituata talmente bene alle temperature di Jotunheim che non sopporta più i confortevoli quindici gradi che ci sono a New York di questi tempi.

Poggia il bicchiere e il piatto con le tartine su un tavolino ed esce dalla stanza facendo attenzione a non essere vista. Fury sarebbe capace di mettere due agenti a seguirla anche durante la festa.

Sale al piano superiore ed esce in terrazza. L’aria fresca della sera è molto più piacevole. Si sistema il mini abito che le ha fatto avere Pepper. Scomodo e troppo appariscente per i suoi gusti. Sarebbe bastato chiedere a Loki di dare ai suoi soliti vestiti un aspetto più adatto ad una festa, ma lei non vuole che Loki usi la sua magia in un momento in cui nessuno si fida di lui.  Sorride prendendo una boccata d’aria. 

Dovrebbe dire ora che si fidano meno del solito di lui.

“Sei bellissima stasera.” La voce di Loki le arriva alle spalle. Si volta e lo vede appoggiato allo stipite della porta elegantissimo nel suo abito scuro di Armani, i capelli pettinati all’indietro.

“E tu troppo elegante.” Sorride e si avvicina a lei.

“E’ una festa in nostro onore. Il fatto che non ci onorino affatto, non ci autorizza a mancare di stile.” Karen gli tende le braccia al collo.

“Nessuno ti accuserà mai di questo! Se in passato ti è mancato qualcosa, non è di certo stato lo stile.”

“E i miei gusti in fatto di donne?” Chiede lui stringendole le mani sui fianchi.

“Ottimi!” Risponde lei poggiando le labbra sulle sue. Loki approfondisce il bacio lasciando che le loro lingue si tocchino. Il respiro di Karen accelera mentre le sue mani risalgono lungo la schiena fino alla nuca. Il dio la lascia andare e le soffia sul collo due parole.

“Ti voglio.”

“Si saranno già accorti che manchiamo all’appello.”

“Non credo. C’è un amabilissimo me che chiacchiera col dottor Banner.”

“Sei pessimo.”

“E’ colpa tua.”

“Come sarebbe colpa mia?”

“Il tuo vestito è troppo corto, troppo scollato e troppo luccicante. I tuoi tacchi sono troppo alti e l’odore della tua pelle è troppo dolce.” Karen si lascia corteggiare mentre lui infila una delle sue mani sotto il suo abito. Lei si divincola come se avesse preso la scossa. 

“Non è né il momento, né il posto giusto.” Si giustifica.

“Ora chi è la bugiarda?” Insiste lui continuando a sfiorarle l’inguine.

“Non ho detto che non ti desidero.”

“Allora lasciami fare.” La mano ancora impegnata ad accarezzarle le cosce e l’altra a stringerle la vita. 

Un gemito le sfugge dalle labbra e Loki si sente autorizzato a continuare approfondendo il tocco delle sue dita sulla pelle di lei.

“Loki.” Il suo nome è appena un sussurro tra le labbra socchiuse di Karen, pronunciato con un’intonazione in equilibrio perfetto tra la preghiera di continuare e la supplica di fermarsi. Il dio decide che si tratta di una preghiera. Le stringe un braccio intorno alla vita e la solleva facendola sedere sulla ringhiera della balconata e infilandosi fra le sue gambe. Le bacia la bocca mentre lei gli stringe le spalle, consapevole di avere il vuoto dietro di sé.

“Dillo ancora, dì il mio nome.” Le ripete ossessivamente a fior di labbra.

“Loki.” Ripete Karen mentre i baci si fanno più violenti e la mano di Loki fra le sue gambe si infila sotto l’intimo e spinge dentro di lei.

“Lasciati andare, mia regina.” Le sussurra in un orecchio e Karen lascia la presa sulle spalle e gli afferra il volto costringendolo a guardarla negli occhi.

“Non siamo su Jothuneim. E se non riuscissi a controllarmi?”

“Non è Jotunheim a controllare il tuo potere quando affiora. Sei tu. Non può succedere nulla che tu non voglia. Ora dimmi, mia regina, cosa vuoi?” Karen lascia andare il suo viso e lascia pure che le sue mani vadano alla cintura di pelle nera che circonda i fianchi di Loki. Poi sbottona i suoi pantaloni e infila le dita affusolate sotto al tessuto fino a che non sente l’effetto dei suoi occhi, della sua voce e delle sue carezze sul corpo del marito.

Loki si gode quel tocco fino a che, incapace di attendere oltre, l’attira a sé e si spinge dentro di lei. 

Karen sussulta e torna a tenersi alle spalle di Loki mentre lui si muove sempre più velocemente in lei. Mai, neppure nel delirio della passione durato intere notti nel loro gelido nido in cima al mondo, si è sentita così. 

“Karen.” La voce di Loki è un grido strozzato dall’urgenza e dall’intensità del suo desiderio. Lui la tiene per i fianchi mentre lei lascia che il suo corpo ricada all’indietro incapace di ricordare di essere sospesa nel vuoto. Eppure, nonostante il piacere che li raggiunge e travolge, Karen si ritrova sdraiata su un strato di aether che Loki ha usato per sorreggerla.

Lei sorride, si stiracchia e si rialza mentre Loki si sistema la camicia nei pantaloni.

“Hai avuto ciò che volevi, mia cara?” Karen salta giù dalla balaustra.

“E tu?”

“Non mi lamento.” Karen gli prende il bavero della giacca.

“Ah, si?” Lui le passa una ciocca di capelli dietro ad un orecchio e due dita sul collo accarezzandola fino alla scapola.

“Sì.” Sta per dire ancora qualcosa quando Strange, Tony e Banner compaiono sulla porta. Loki guarda Karen con un’espressione tra il divertito e il contrito. “Potrei aver perso interesse in quella conversazione. Scusa.” Conclude sottovoce.

“Chiedi scusa a lei? Ero io che parlavo con un’illusione!” Esclama Banner allargando le braccia.

“Ti ho ascoltato fino all’enunciazione della teoria della divergenza sul piano attrattore del flusso spazio tempo, dottore. Poi sono stato, come dire, distratto. E’ più di quanto chiunque nella sala ti avrebbe concesso sull’argomento!” Si difende Loki.

“Parli di cose simili ad una festa?” Esclama Tony. “Non mi meraviglia che Nat preferisca la mia compagnia.” Karen si sistema la spallina dell’abito che è scivolata sull’avambraccio e si avvicina a Bruce.

“Scusami, è colpa mia. Se non avessi lasciato la sala, non mi avrebbe seguito.”

“Non è per questo che siamo qui.” Interviene Stephen. “Hai usato l’aether.” Karen fa un passo indietro, sorpresa dal fatto che Strange lo sappia.

“Si era seduta sulla balaustra e ha rischiato di cadere. E’ stato un riflesso condizionato.” La voce di Loki non dà tempo a Karen di rispondere e scatena la reazione di Strange.

“Non l’ho domandato a te.”

“Ma ti ho risposto io.” Il dio degli inganni supera Karen e fronteggia Strange apertamente.

“Devo dedurre che parli perfino al suo posto?”

“Spiegami come la cosa dovrebbe interessarti.”

“Io non devo spiegarti niente.”

“Neppure io.” Risponde Loki ma una sinistra luce verde gli illumina lo sguardo.

“Loki, no!” Fa Karen prendendogli il braccio e tirandolo verso di sé. “Stephen, lascialo in pace. Io ho usato l’aether. Io!” Mentre parla, prende a tremare. Loki se ne accorge, si volta verso di lei e si sfila la giacca per poi poggiargliela sulle spalle.

“Va tutto bene.” Le dice in un sussurro.

“Se usa l’aether non va tutto bene.” Insiste Strange.

“Dacci un taglio, dottore,” interviene Tony, “hai sentito, no? Stava cadendo. Non si è fatto male nessuno.”

“Questo lo dice lui.”

“Se non mi credi è affar tuo.” Lo provoca ancora Loki.

“Basta, per favore, andiamo via.” Implora Karen che continua a tremare. Strange si accorge immediatamente che non lo fa per il freddo.

“Tu non riesci a controllarlo come vuoi far credere.” Le dice affrontandola senza esitazione. Loki si frappone fra i due. Adesso la sua espressione è di nuovo quella di colui che ha cercato di far inginocchiare l’umanità a New York.

“Se la provochi ancora, avrai ben altro da controllare a cui pensare.” Sputa in una minaccia tutt’altro che velata.

“I tuoi trucchi non sono vera magia.” Lo sfida Strange. Loki allunga le labbra in un perfido ghigno.

“La tua è stregoneria da quattro soldi.”

“Sfida la mia stregoneria!” Lo incita Stephen. Loki solleva una mano ma qualcosa lo blocca.  Karen, alle sue spalle, irradia un’energia diversa dall’aether. Come se l’aura che di solito accompagna Loki, si fosse trasferita attorno a lei. Una specie di serpente di luce le striscia intorno. Il dio si volta e la chiama per nome.

“Karen. Karen, va tutto bene,” dice allungando una mano verso di lei, “tutto bene.” Il serpente di luce striscia dal corpo della donna verso la mano di Loki e risale attorno al suo braccio per svanire quando raggiunge il collo del dio. Karen si accascia tra le braccia di Loki. Questi la solleva e raggiunge la porta non prima di aver detto chiaramente a Strange quello che pensa.

“So cosa vuoi. Non l’avrai. Ti credevo più intelligente, stregone.”

Strange fa per ribattere ma Tony lo ferma.

“Lascialo andare. Che ti ha preso? Il bersaglio non è Karen, l’hai scordato?” Stephen lo guarda indeciso su come rispondere poi, senza rispondere, si allontana. Bruce lo guarda andare via poi si rivolge a Stark.

“Quando mi hai convinto a rimanere, a prendermi cura di Karen sospesa tra la vita e la morte, mi hai detto che non avremmo mai fatto due volte lo stesso errore. Magari mille errori diversi ma non più lo stesso.”

“Ho intenzione di mantenere quella promessa.” Risponde Tony con fermezza.

“Invece lo stai facendo daccapo. Lo stesso errore. Tagli fuori una parte della squadra dai piani. Io non dico che Loki sia meritevole di fiducia ma tiene a Karen e lei tiene a lui. Colpire uno significa colpire anche l’altro. E’ questo che vuoi?”

“No.”

“E’ quello che è appena successo.”

“Karen è mia amica,” Si difende Tony, “ma è anche una delle gemme dell’infinito. Nessuno, neppure lei, pensa che questo fatto non abbia delle conseguenze.”

“Stasera lo avete provocato deliberatamente.” Fa Bruce riferendosi a Loki.

“Eppure a reagire è stata Karen. Non è strano?”

“Si chiama amore!” Grida Banner.

“Spero tanto che sia così.” Tony rientra lasciando Bruce solo e più arrabbiato che mai.

 

Thor lo ha raggiunto nella sua stanza non appena ha appreso da Banner quello che è accaduto in terrazza. Lo ha trovato al capezzale di Karen addormentata nel suo letto.

“I patti non erano chiari? Ti fermi un paio di giorni senza fare guai. Non usare la gemma della realtà era la priorità!”

“Non urlare o la sveglierai. Non sono stato io ad usare l’aether. E’ stata lei ad invocare Jormungand.” Thor strabuzza gli occhi.

“Lei cosa?”

“Mi hai sentito e non c’è da stupirsene. Condivido il mio potere con lei almeno quanto lei condivide il suo con me. Per fortuna non ha la preparazione tecnica per una simile invocazione perciò Jormungand non si è materializzato.” Dice un attimo prima di scoppiare a ridere. “Si è limitato a strisciarle attorno nella sua forma pura di energia terrorizzando quel pagliaccio di Strange.”

“Ride! Lui ride! Ti rendi conto di cosa poteva succedere?” Quelle semplici parole tolgono il sorriso dalle labbra di Loki.

“Sì,” annuisce sottovoce, “ma io ero lì.”

“Quindi ti sei preso la colpa.”

“Nella buona e nella cattiva sorte. Non è quello che dicono da queste parti?” Thor mette le mani sui fianchi e sospira.

“Puoi controllarla?” Chiede e Loki si lascia andare ad una smorfia sprezzante.

“Si ma non voglio.”

“Loki.”

“Farò quello che devo. Tu fingi di avere tutto sotto controllo, fratello.”

“Capisci perché non dovevi sposarla? Ora è ancora più in pericolo.” Loki guarda il pavimento.

“Ora è solo più potente. Deve solo imparare a gestire meglio le sue emozioni. E’ umana, dopotutto.” Loki le accarezza la fronte mentre lo dice. 

La porta della stanza si apre e Jane entra di corsa e col fiato corto.

“Bruce ha detto a Nat che Karen è svenuta. Cos’è successo?” Thor le prende una mano e cerca di rassicurarla.

“Sta bene. E’ svenuta ma Loki si sta occupando di lei.” L’espressione che fa Jane non sembra affatto tranquillizzata. La donna mette le mani sui fianchi e si rivolge al fratello di Thor.

“E come ti staresti occupando di lei, di grazia? Prima l’hai fatta uccidere e ora la stai trasformando in un’arma!” 

“Jane, per favore,” insiste Thor, “vuole davvero aiutarla.”

“Thor, lo so che tu credi sempre che prima o poi farà la cosa giusta. So anche che credi davvero che tenga a lei perché pensi che questo gli darà modo di redimersi.” Loki si schiarisce la voce e interviene.

“Io sono qui in carne ed ossa, non sono un’illusione come quelle con cui mi piace giocare. Vi sento. E vi informo che non provo alcun bisogno di redimermi.”

“Lo senti?” Esclama Jane ora evidentemente arrabbiata.

“Lo conosci, sai quanto è bravo a recitare la parte dell’insensibile.”

“Forse perché è insensibile.” Loki fa un cenno del capo come per ringraziare.

“Tu lo hai difeso quando Karen era in collera con lui!” Urla adesso Thor, evidentemente spazientito.

“Dicevo alla mia amica quello che voleva sentirsi dire.”

“E tu cosa vuoi sentirti dire? Che hai ragione? Che mio fratello è un mostro senza cuore?”

“Io vorrei solo che aprissi gli occhi per una dannata volta!”

“Aprili tu, dannazione!” Loki solleva una mano come per dire al fratello di calmarsi.

“Thor.” Dice piano mentre questi continua ad alzare la voce.

“Lui le ha dato la gemma della realtà per salvarle la vita!” Loki avanza fino a posizionarsi a metà strada tra Jane e suo fratello.

“Thor.” Riprova ma il dio del tuono non sembra voler lasciar cadere la cosa.

“Ha fatto di lei la sua sposa!” 

“Thor!” Stavolta Loki alza la voce.

“Cosa?” Esclama Jane guardando prima Karen che riposa nel letto e poi Loki con un’espressione rassegnata sul viso.

“Grazie, fratello. Ricordami quanto sei bravo a mantenere i segreti la prossima volta che sentirò la necessità di confessartene uno.”

“Voi due vi siete sposati?” Jane chiede conferma direttamente a Loki.

“Sì. Ho chiesto a mio fratello di tenerlo segreto.”

“Sposati.” Sussurra Jane.

“Sarebbe gradito se lo tenessi per te.”

“Sposati.” Ripete Jane e prende la via per la porta. Loki guarda Thor e gli fa cenno di seguirla.

“Non vuole parlarmi quando si arrabbia in quel modo.” Risponde lui per giustificare il fatto che non accenna a muoversi.

“Valle dietro.” Insiste lui.

“Ti dico che è così.”

“E io ti dico che se vuoi avere la possibilità di poter posare anche solo il tuo sguardo su di lei in futuro, ti conviene andarle dietro.” Thor pare colpito da un tiro mancino del suo stesso martello. “Ti consiglio anche di essere sincero e spiegare i veri motivi per cui non le hai mai chiesto la mano!” Esclama Loki mentre Thor è già nel corridoio. Scuote la testa mentre il rumore di lenzuola che si stropicciano lo fa voltare. “Ben sveglia.”

“Che è successo?”

“Il sesso con me ti distrugge.” Prova a dire lui. Lei sorride, gli occhi ancora socchiusi poi, ricordando gli avvenimenti, li apre di colpo.

“Che diavolo è successo? Ho usato l’aether?”

“No. Hai usato la mia magia.”

“La magia?” Chiede lei esitando nel sollevarsi dal letto. Loki annuisce.

“Una pessima dimostrazione della mia magia. Come maestro, mi hai fatto sfigurare.”

“Maledizione!”

“Stai tranquilla. Non credo che qualcuno abbia capito. Ora perché non provi a riposare?”

“Era Jane quella che urlava?” Chiede lei cambiando argomento.

“Sì. Thor le ha detto che ci siamo sposati e lei ha reagito più o meno come Sif quando ha scoperto che Thor aveva una fidanzata su Midgard.”

“Aspetta un momento. Hai detto che Thor le ha parlato del nostro matrimonio? E a Thor chi lo ha detto?”

“Sono stato io.” Risponde Loki. “Dovevo spiegargli come ho sconfitto Kurtan.”

“Che ne è stato del ‘non dobbiamo dirlo a nessuno’?”

“Beh, la verità è che credevo avrebbe saputo custodire il segreto e lui è l’unica persona di cui mi fido.” Karen sente la mascella farsi di piombo.

“Ti fidi? Credevo che non sapessi neppure pronunciare quelle parole!” Lui le prende il viso tra le mani.

“Mi fido di te, se è per quello.” Dice poggiandole un casto bacio sulle labbra prima di lasciarla andare e alzarsi. “E poi ci serve come alleato.”

“Ora ti riconosco. Per un attimo ho pensato che fossi una delle tue illusioni.”

“Molto spiritosa.” Lei invece di ridere si rabbuia.

“Loki, cosa è successo di sopra?”

“Te l’ho già detto. Hai usato parte della mia magia.”

“Non intendo questo. Stephen si è comportato in maniera assurda. Era come se volesse provocarti ad ogni costo. Costringerti allo scontro. Io volevo impedirlo.” Loki torna a sedersi al suo fianco.

“Lo so. Immagino sia per questo che hai assorbito da me la magia per fare quello che hai fatto. Non volevi fossi io ad usarla.”

“Promettimi,” dice lei prendendogli le mani, “che non arriverai allo scontro con nessuno degli Avengers finché staremo qui.” I suoi occhi sono lucidi e cerchiati di rosso. Lui la stringe.

“Te lo prometto. Tu, però, fa la brava. Ok?” Lei annuisce infilando la testa nell’incavo del collo di Loki. Quello che non ha il coraggio di dirgli è che a prendere la sua magia è stata la stessa persona a cui lui ha chiesto di lasciarsi andare, una persona diversa da lei e di cui lei non si fida.

 

Jane ha corso fino all’ingresso del palazzo. Ha raggiunto il giardino e si è fermata a prendere un respiro con la schiena contro una quercia.

Thor la raggiunge ma lei gli punta un dito contro.

“Non dire una parola.”

“Invece mi ascolterai stavolta, Jane.”

“Thor, non devi dire niente.”

“Invece sì.” Fa lui invitandola a sedersi sull’erba. Lei acconsente. 

Thor non è mai stato bravo con le parole ma quelle di Loki, quelle con cui lo ha ammonito sull’essere sincero con la donna che ama, sono andate dritte al punto. Strappa un filo d’erba solo per scaricare la tensione e lei gli mette una mano sulla sua. E’ così piccola tra le dita di quella di Thor. Prende un respiro.

“Jane, non è stato facile neppure per me scoprire la verità su Loki e Karen. Mi ha messo di fronte alla realtà. Si conoscono da meno tempo di noi eppure lui non ha esitato neanche un istante a fare un giuramento tanto importante. Mi sono detto a lungo che non era quello che desideravi, che sei una scienziata, una donna forte che non ha bisogno di un anello al dito per sapere di appartenere ad un’altra persona. Mi sono detto che valeva anche per me e, credimi Jane, io ti amo. Ogni volta che penso a me stesso sul trono di Asgard, tu sei sempre la mia regina. Eppure non ho mai pensato di chiedertelo. Se è quello che vuoi, intendo. E non l’ho chiesto neppure a me stesso perché la paura è sempre stata più forte. Quando sei stata contagiata dall’aether e hai rischiato di morire, io ho pensato che non avrei potuto accettare di perderti così. Non lo accetterò mai fino a che staremo insieme. La morte. L’ho sfidata così spesso ma non ho mai pensato che tu potevi avere paura di perdermi. Io invece ho permesso a questa paura di dominarmi al punto che ho rischiato di perderti comunque.”

Jane sente con quanta difficoltà sta cercando di esprimere i suoi sentimenti e gli mette due dita sulle labbra per farlo tacere.

“E’ perché io sono mortale. Lo capisco. Un giorno sarò vecchia e orribile e tu sarai ancora, beh, ancora così.” Thor prende la mano che ancora esita sulla sua bocca e la bacia.

“Niente potrebbe importarmi di meno.”

“Lo dici adesso.”

“Loki si è offerto di uccidermi in qualsiasi momento tu ritenga opportuno.” Jane sorride e si lascia andare contro il braccio di Thor.

“Posso scegliere io?”

“Credo di sì.”

“Ottima soluzione.”

“Vedi? Anche io e te possiamo sposarci.”

“Me lo stai chiedendo?” Thor rimane senza parole poi si mette sulle ginocchia e la guarda negli occhi.

“Jane, figlia di Michael, vuoi sposarmi?” Jane sorride.

“Non chiedermelo adesso. E’ prevedibile e mi sembrerebbe uno dei piani di Loki.” Thor abbassa il capo sorridendo.

“Hai ragione. Ti amo, Jane. Di questo non dubitare mai.” 

Lei lo bacia mentre la notte cala sul quartier generale degli Avengers.

 

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Capitolo 13
*** Fare e disfare ***


Capitolo 13

Fare e disfare


Fury è chiuso nella sua stanza fin dal primo mattino.

Il fascicolo sulla sua scrivania è la prima rogna vera dai tempi di Ultron. Al confronto, la battaglia con i giganti di ghiaccio può essere considerata una schermaglia.

Batte le dita sul tavolo. Sa che la sola persona che potrebbe dargli un consiglio spassionato sull’argomento è troppo lontana e altrimenti affaccendata per contattarla.  

Maria Hill entra dopo aver bussato una volta.

“Fuori c’è il generale Thaddeus Ross.” Fury sospira e annuisce. Maria Hill esce e al suo posto entra l’uomo in divisa.

“Benvenuto, generale.” Dice Fury indicando la sedia di fronte a sé.

“Risparmiamoci i convenevoli. Sappiamo bene che non sono il benvenuto.”

“Cosa vuole?”

“Quello che ho sempre voluto. Finora tutti hanno guardato alla sua squadra con condiscendenza ma diciamoci la verità, Fury, sono mine vaganti. La peggiore di tutte, tra l’altro, è una mia vecchia conoscenza.” Fury lo ascolta incrociando le dita delle mani sotto al mento. “Ora però le cose sono cambiate. Dietro allo Shield si nascondeva l’Hydra. E dietro gli Avengers una minaccia ancora più grande. Ha ricevuto il mio promemoria?” Chiede indicando il fascicolo sulla scrivania.

“Mi stavo appunto chiedendo cosa fosse questo volume.”

“Sono gli accordi di Sokovia. Stabiliscono che gli Avengers devono avere un organo supervisore.”

“C’è l’hanno già.” Risponde Fury appoggiandosi allo schienale della sua poltrona.

“Avanti, Nick! Lo sanno tutti che sei come un padre per loro. Non hai il polso per gestire quei ragazzacci, giusto?”

“Vuoi davvero scoprire che tra noi ha più polso?” Il generale sorride e si sporge in avanti.

“Ho l’incarico di fare firmare quel trattato ai tuoi ragazzi. Puoi darmi una mano oppure no. Non intralciarmi perché rappresento le nazioni unite. Potresti farti male.”

Fury si alza e Ross si tira indietro d’istinto. Nick però indica la porta.

“Accomodati. In genere fanno colazione nella sala comune al quinto piano.”

“Tutto qui?”

“Tutto qui.”

“Quindi non collaborerai.”

“Sto collaborando.” Ross ride.

“Sì, certo.”

“Quando vorrò ostacolarti, te ne accorgerai.”

Il generale lascia la stanza e Fury fa un cenno a Maria.

“Trovami Loki. Subito.” La donna annuisce e Fury chiude la porta. Dopo qualche istante la Hill rientra nell’ufficio del suo capo.

“E’ nella stanza della dottoressa Miller.” 

“Sta diventando anche prevedibile.” Dice uscendo. “Se il generale Ross ritorna, digli che sono andato a farmi un hamburger. Chiama la dottoressa Miller e dille di scendere nella sala comune.”

Maria Hill sorride e annuisce mentre il suo capo sparisce dietro le porte dell’ascensore.

 

Karen solleva le braccia fuori dalle coperte e sbadiglia.

Loki, al suo fianco, si muove e apre gli occhi.

“Dormito bene?”

“Benissimo.” Risponde lui. “Il risveglio sarebbe perfetto se venissi qui e mi baciassi.”

“Vieni tu, qui da me.” Fa lei tirandosi le coperte addosso. Loki si sporge e il lenzuolo gli ricade sul ventre mostrando il torace nudo. Si allunga su di lei e le bacia un angolo della bocca.

“Sei nudo?”

“Dormo sempre nudo su Jothuneim.”

“Non siamo su Jothuneim.” Risponde arrossendo.

“Mi hai visto più nudo di così.” Asserisce lui sorridendo maliziosamente e baciando l’altro angolo della sua bocca.

Il telefono della camera suona. Lei svincola l’ennesimo tentativo di Loki di tirarsela addosso e risponde.

“Pronto? Sì, ok. Scendo subito.” Riattacca e si alza.

“Dove vai?” Chiede Loki lamentandosi di essere lasciato solo nel letto.

“C’è una riunione nella sala comune. Devo scendere.”

“Immagino che la mia presenza non sia richiesta.” Lei infila un paio di jeans e una maglietta bianca con la scritta ‘Stark Industries’. Loki la guarda e arriccia il naso. “Cosa avevamo detto riguardo allo stile?” Fa muovendo un dito. La stampa cambia in ‘Dark Industries’.

“Come vuoi tu.” Fa lei chinandosi su di lui e lasciandogli un bacio a fior di labbra prima di prendere la via per la porta.

Rimasto solo, Loki si guarda intorno chiedendosi cosa fare. Prima che possa decidere qualsiasi cosa, qualcuno bussa alla porta. Ignora chiunque ci sia dall’altro lato e si alza infilando il paio di pantaloni neri della sera prima e la camicia bianca. Bussano ancora.

Apre la porta e si ritrova Fury sull’uscio. Piega appena la testa di lato e si sposta per lasciarlo entrare.

“Notte movimentata?” Chiede Fury dando uno sguardo al letto disfatto.

“Non come avrei voluto.” Ribatte Loki abbottonandosi la camicia. “Cosa vuole da me?”

“Parlare.” Loki indica con una mano le poltrone vicine alla finestra. Fury si siede e riprende. “Dato che la nostra prima collaborazione é andata piuttosto bene, mi sono convinto del fatto che forse puoi aiutarmi con un’altra faccenda.” Loki sorride.

“E la mia pessima reputazione?”

“Si tratta di un incarico che richiede una pessima reputazione.” 

“Perché dovrei fare il lavoro sporco per lei? Perché é di questo che si tratta.” Fury tira fuori un plico da sotto la giacca di pelle e glielo porge.

“Cos’é?” Chiede lui afferrandolo.

“Gli accordi di Sokovia. Un documento in cui sono dettate una serie di regole per contenere il margine di manovra degli Avengers, definiti come un gruppo di giustizieri da ricondurre sotto il controllo delle Nazioni Unite. Se vai a pagina centotrentotto troverai l’elenco delle persone che rientrano nella definizione di ‘inumani’ o ‘metaumani’. Da pagina centosessantadue trovi quello delle opzioni coercitive per chi non rispetta gli accordi.”

“Scommetto che tra pagina centotrentotto e pagina centosessantadue c’é una definizione di metaumano che corrisponde a gemma dell’infinito.” Dice Loki senza aprire il volume. Le labbra di Fury si allungano in un ghigno.

“Cosa sai di Hulk?” Chiede Fury appoggiandosi allo schienale della poltrona un cui é seduto.

“Che gli piace spaccare cose e sbattere, con violenza, persone per terra.”

“Sai com’é diventato così?”

“Un incidente di laboratorio.” Risponde Loki.

“Avvenuto mente lavorava ad un progetto militare supervisionato dal generale Thaddeus Ross, il padre di Betty, il primo amore del nostro dottore.”

“In che modo é rilevante?”

“É un uomo senza scrupoli. É incaricato di far firmare il trattato agli Avengers. Credi che Thor lo firmerà?” Loki alza gli occhi al cielo.

“Sia serio. Thor non é capace di contenere niente. Figuriamoci il suo potere. A malapena segue la guida di nostro padre. Non si piegherà mai ad un uomo comune.”

“E Banner?” Chiede Fury sporgendosi in avanti. “Credi che lui firmerebbe?” Loki lo imita.

“Il buon dottore é prigioniero dei suoi sensi di colpa, in effetti,” ammette il dio degli inganni, “potrebbe cedere di fronte alla ragion di stato.”

“Cosa credi ne farebbero, un istante dopo la firma?”

“Lo rinchiuderebbero. E dopo di lui, tutti coloro che fossero definiti fuori controllo.”

“Vediamo le cose allo stesso modo. Questo mi preoccupa.” Ammette Fury.

“Come potrei mettere i bastoni tra le ruote a questo generale, nella sua visione delle cose, sig. Fury?”

“Dà asilo a Hulk sul tuo pianeta per un po’.”

“Potrei, ma come arrivo sul mio pianeta?”

“Ti lascerò usare il Tesseract come l’ultima volta.”

“Ovviamente nessuno dovrà saperlo o non sarebbe venuto a chiederlo a me.”

“Il dottore é stato dalla tua parte l’ultima volta.”

“Dovrebbe importarmene?”

“No. Ma sono certo che importa alla dottoressa.”

“Alla dottoressa importa di me.” Risponde Loki, regalando a Fury il sorriso più perfido che sa fare.

“Vero. Ma è innegabile anche il contrario o saresti già partito alla volta di nuove mirabolanti conquiste, no?”

“Mi diverto anche qui.”

“Ne sono certo. Per questo non mi aspetto che lavori gratis. Sono stato di parola la prima volta.”

“Non penserà che avrebbe potuto impedirmi di riprendermi Jotunheim.”

“Dico solo che potrei smettere di ostacolare la tua relazione con la dottoressa. Di qualunque natura sia.”

“Lei non è di ostacolo, glielo assicuro.”

“Non hai detto di no. Quindi qualcosa che vuoi c’è. Parla.” Fa Fury spazientito.

“Se metto in salvo il bestione dal cuore d’oro, lei mette il mio nome sulla lista.” Fury lo guarda perplesso.

“Quale lista?”

“Quella degli Avengers.” Fury scoppia in una risata nervosa.

“Tu vuoi essere un Avenger?” Loki annuisce.

“Non sono così stupido da pensare che qualcuno possa accettare quello che è successo a New York e io non sarò mai un avenger ma voglio un’alternativa per Karen il giorno in cui vorrà stare con la sua famiglia.” 

“Hai la mia parola.”

“Tanto basta.” Dice alzandosi, poi tentenna. “Un’altra cosa. Tieni l’unico occhio che ti resta addosso a Karen mentre non ci sono o lo perderai.” Fury annuisce e Loki infila la giacca.

“Troverai il dottore nel suo laboratorio. Ti servirà questo.” Dice allungandogli un foderino di pelle nero. Il dio degli inganni lo prende, fa cenno di aver capito e lascia la stanza.

 

In sala mensa ci sono Steve e Nat. Sorseggiano un caffè leggendo il giornale.

Ad un altro tavolo, Wanda e Jarvis si dividono una fetta di torta.

Clint è al telefono con la sua famiglia mentre Thor e Jane amoreggiano sul divano.

Tony disegna qualcosa sul suo iPad e solleva la testa proprio mentre la porta si apre e Ross entra a passo spedito.

“Buongiorno a tutti. Mi avevano detto che vi avrei trovati qui. Manca qualcuno all’appello!” Esclama mentre Karen entra nella stanza e incrocia lo sguardo di Tony con fare interrogativo. Stark si alza, incerto sul da farsi.

“Generale Ross! Che sorpresa! Cosa la porta qui?”

“Se mi concedete la vostra attenzione per cinque minuti, ve lo spiego.”

“Prego,” fa Tony indicandogli una sedia, “pancake?”

“No, grazie,” risponde Ross, “sono qui per lavoro, diciamo. Lasciate che mi presenti per quelli tra voi che non mi conoscono. Il mio nome è Thaddeus Ross, generale dell’esercito degli Stati Uniti e, da due mesi, a capo di una task force delle nazioni unite.” Dice l’uomo prendendo un voluminoso fascicolo dalla borsa che ha portato con sé e poggiandolo sul tavolo. “Ho ricevuto l’incarico di sottoporvi questo volume. E’ una raccolta di richieste che le Nazioni Unite hanno per gli Avengers. Vorrei che gli deste un’occhiata.” Tutti i presenti raggiungono il tavolo.

Tony prende il libro e lo sfoglia. Sorride e alza lo sguardo.

“Ci vorrà più di un’occhiata, temo, per leggerlo tutto e capire di che si tratta.” 

“Posso farvi il riassunto.” Gli fa eco Ross. “Le nazioni unite hanno approvato una mozione che disconosce il vostro operato. Ritengono che gli ultimi avvenimenti che avete causato, abbiano provocato troppe vittime per poter essere tollerate. New York, Washington, Sokovia. Siete responsabili di innumerevoli danni.”

“Così ci ringraziate per aver salvato il vostro pianeta?” Chiede Thor sconcertato da quelle parole. Ross si volta verso il dio del tuono.

“Salvato? Thor, giusto? Lei ha trascinato una nave aliena nello spazio aereo americano e ha fatto in modo che si schiantasse al suolo provocando centinaia di feriti e decide di morti. Suo fratello ha condotto un’armata aliena a New York. Le vittime non si contano tra i civili.”

Nell’udire quelle parole, Karen mastica amaro ma rimane ferma con le spalle contro il muro.

Thor, invece, fa un passo indietro e stringe un pugno mentre Jane gli prende la mano. Steve decide che è il momento di intervenire.

“Thor non è responsabile per le azioni di suo fratello. Ha contribuito ad assicurarlo alla giustizia.”

“E’ un onore conoscerla capitano Rogers. Occorre una precisazione. La creatura chiamata Loki non è mai stata sottoposta a giudizio né condannata da alcun tribunale.”

“Nessun tribunale terrestre può processare un dio!” Esclama Thor guardando Karen. Ross si alza e allarga le braccia in modo plateale.

“Eccolo il punto! Voi pensate di essere superiori alla giustizia. Non è così. Necessitate di supervisione. Qualcuno che vi dica cosa è giusto o sbagliato.” Rogers conosce molto bene l’argomento e non gli piace.

“Loki non poteva essere fermato da prigioni come le nostre. Thor lo ha riportato su Asgard perché il nostro mondo fosse al sicuro. Inoltre abbiamo già provato a far parte di un’agenzia governativa e non ha funzionato. L’Hydra si era infiltrata fino negli uffici del Presidente. Quindi grazie, ma no grazie.” Ross mette le mani sui fianchi e scuote la testa.

“Non sono stato abbastanza chiaro. Tra una settimana, quel testo verrà firmato da tutti i paesi che fanno parte delle nazioni unite. Se non lo ratificherete, ci saranno delle conseguenze.” Nat è abituata a simili atteggiamenti e ci tiene a dire la sua.

“Non neghiamo che qualcosa sia andato storto durante le nostre missioni ma le abbiamo portate tutte a termine.”

“La Vedova Nera, immagino. Per lei sarà una novità giurare fedeltà ad una sola bandiera.” Clint lancia un coltello che si conficca sul tavolo a pochi centimetri da una delle mani di Ross. Se c’è una cosa che Clint non tollera è che che qualcuno metta in dubbio l’onestà di Natasha. Prima che Ross offenda anche Clint, Tony si alza.

“Generale Ross, io la capisco. Davvero. Ma arriva qui all’improvviso e sgancia una bomba e non una di quelle piccole. Un’atomica. Ci dia il tempo di parlarne fra di noi,” dice in modo compiacente, “e troveremo di certo una soluzione.”

Ross chiude la sua valigetta e fa per uscire. Si ferma sulla porta e si volta.

“Sbaglio o manca qualcuno? Dov’è Banner?” Tony fa spallucce e gli altri rimangono in silenzio. “Lo saluterò la prossima volta.” Conclude lasciando la stanza.

Il primo a sbottare è Burton.

“Non posso credere che Fury abbia lasciato entrare quello stronzo.”

“Sta calmo, Clint, se lo ha fatto ci sarà una ragione. Lo conosci, no?” Gli risponde Nat.

“Fury o no, questa è una novità.” Interviene Cap. “Qualcuno ne sapeva niente?” Chiede guardando Tony.

“Perché guardi me? Ti ho dato l’impressione di saperne qualcosa?”

“Tu lo conosci.”

“Lo conosco perché prima di te,” dice indicando Rogers, “di te,” indicando Thor, “e di te,” indicando Jarvis, “reclutavamo Avengers. Io e Fury. Così conosco Ross. E’ sempre stato uno stronzo ma non così stronzo.”

“Voi pensate che sia tutto vero?” Chiede Wanda all’improvviso con una voce terrorizzata al punto che Jarvis le prende una mano e la stringe.

“E’ tutto vero.” Risponde Clint. “Mia moglie ha sentito al telegiornale di questi accordi di pace di Sokovia. Ovviamente non aveva idea che riguardassero noi. Me ne ha parlato come di una cosa positiva.”

“Che intendete fare? Firmerete?” Chiede Nat.

“Ovvio che no!” Esclama Steve.

“Non essere categorico.” Gli risponde Tony.

“Che significa?”

“Significa, Cap, che anche se Ross è uno stronzo non significa che gli accordi siano sbagliati.”

“Non dici sul serio.”

“Invece sì, Cap.”

“Proprio tu!”

“Sì, proprio io. Non credi che la colpa di quello che è accaduto a Sokovia sia anche nostra?”

“Nostra? Nostra! Ho provato in tutti i modi a dirti che Ultron era un errore,” poi guarda Visione e aggiunge, “con tutto il rispetto. Ora vorresti dirmi che staresti agli ordini di un tipo simile?”

“Tu non capisci.” Insiste Tony.

“Forse quello che il signor Stark intende dire,” sottolinea Visione, “è che abbiamo perso il punto di vista delle persone comuni.” Tony indica Jarvis.

“Vedi? Lui si che mi capisce.”

“Un momento!” Esclama Thor. “Dimenticate che senza di noi, nessuno avrebbe potuto fermare Ultron a Sokovia, né Malekith a Washington o Loki a New York.” Tony prende una mela dal cesto della frutta, la lancia in aria e l’afferra al volo.

“Dimmi, Thor, se non avessi bisticciato con tuo fratello per il trono di Asgard, lui avrebbe attaccato la Terra? Se non ti fossi innamorato di Jane, saresti tornato sul nostro pianeta portandoti dietro Malekith?”

“Cosa stai insinuando?” Ringhia il dio del tuono.

“Che forse noi non siamo lo scudo,” afferma Tony guardando Steve, “ma il parafulmine. Prendete la nostra Karen. Era una dottoressa brillante e affermata prima di incrociare la nostra strada. Ora é una metaumana che attrae inevitabilmente guai. Di chi é la colpa? Forse ci meritiamo un supervisore.”

“C’è lo abbiamo già!” Esclama Clint.

“No. Fury non é oggettivo. E soprattutto non risponde a nessuno.” Replica Stark e Steve si sente costretto a mettere un punto alla discussione.

“Credo di aver detto chiaramente come la penso. Ognuno é libero di valutare l’offerta come ritiene opportuno, tanto tra una settimana saremo tutti chiamati a decidere.”

“Non aspettatevi che io vi segua in questo.” Chiarisce subito a Thor. “Karen, dov’é mio fratello? A questo punto dobbiamo decidere cosa fare.” Karen annuisce.

“Nella mia stanza. Andiamoci subito.”

Non fanno in tempo a raggiungere la porta che il rumore di un’esplosione li blocca tutti sul posto.

 

Quando Loki entra nel laboratorio di Banner, l’uomo é chino su alcune provette.

“A cosa lavori?” Chiede il dio più per annunciare la sua presenza che per vera e propria curiosità.

“Loki!”

“Ti ho spaventato?”

“No. Che ci fai nel mio laboratorio?”

“Volevo scusarmi per ieri sera,”dice avanzando lentamente e curiosando tra le scartoffie di Bruce, “e parlarti di una cosa.” Banner lo oltrepassa di corsa.

“Vado di fretta. C’é una riunione al quinto piano. Ne parleremo un’altra volta. Per quanto riguarda ieri sera, ammetto che le teorie sulla distorsione spazio temporale non sono esattamente l’argomento su cui fare due chiacchiere ad una festa.” Loki lo prende per un braccio e lo trattiene.

“Non mi piace essere ignorato,” insiste il dio, “soprattutto quando ho cose importanti da dire.” Bruce si rabbuia.

“Il contatto fisico non necessario mi innervosisce. Preferisci essere ignorato o avere le attenzioni di Hulk?” Loki lo lascia andare e solleva le mani in segno di resa.

“Non salire al quinto piano. Ci troverai una vecchia conoscenza che troverai più irritante di me.” Bruce si ferma e lo guarda con un’espressione interrogativa.

“Non capisco.”

“Il generale Ross é di sopra.” A quella rivelazione, Bruce reagisce muovendo un passo indietro. “Appunto. Non vuoi vederlo davvero, ma lui vuole vedere te. Per la precisione vuole che firmi un trattato in cui riconosci di rappresentare una minaccia per gli esseri umani e rimetti l’uso delle tue capacità alla discrezione delle nazioni unite. Anche questo non lo vuoi davvero.” Bruce si sfila gli occhiali e si lascia ricadere sullo sgabello.

“E tu perché sei qui?” Loki allarga le braccia come se si aspettasse un abbraccio.

“Perché sei mio amico e giungo in tuo aiuto come tu hai fatto con me. Sono re di Jotunheim e so come onorare i miei debiti.”

“Non sei in debito con me.” Loki abbassa le braccia.

“Ho capito. Non mi seguirai come si segue un faro nella nebbia.”

“Seguirti? Come?”

“Non come. Dove.”

“Vuoi dirmi che sei qui per portarmi via dalla base?”

“Dalla base, dalla città, dallo stato, dal pianeta. Non si é mai troppo prudenti.”

“Mi porteresti via per non farmi firmare il trattato?”

“Firmeresti il trattato?” Chiede Loki facendosi serio.

“Io sono pericoloso.”

“Concordo.”

“Quindi rimettere l’uso delle mie capacità alla discrezionalità di qualcun altro potrebbe non essere un errore.”

“Rimettilo alla mia discrezionalità allora!”

“Loki.”

“Quella del generale Ross non é migliore della mia.”

“Semmai é peggiore.”

“Allora?”

“Allora cosa? Vuoi portarmi su Asgard?”

“Mi confondi con mio fratello.” Bruce sgrana gli occhi.

“Vuoi portarmi su Jotunheim?” Loki gli punta un dito contro.

“Non dovresti giudicare dall’aspetto. Non tu.” Bruce indossa un sorriso stanco e si strofina gli occhi.

“Non posso lasciare il pianeta perché le nazioni unite considerano Hulk pericoloso. O accetto di subire il controllo dell’ONU oppure dimostro di non essere un pericolo.”

“Non puoi dimostrarlo. Tu sei pericoloso. Non puoi neppure firmare, temo.” Dice il dio avvicinandosi a lui. “Se lo fai, anche gli altri dovranno farlo.”

“Anche Karen dovrà farlo.”

“Karen non potrà mai. Pochi esseri nell’universo possono controllare le gemme, non Ross, di certo.”

“Quindi sono sempre io che aiuto te e non viceversa.” Loki scuote le spalle.

“Vedila come vuoi ma senza il mio aiuto, verrai rinchiuso. Faranno esperimenti su di te e magari creeranno un nuovo Ultron. Verde, brutto e arrabbiato.” Bruce lascia andare un sospiro lunghissimo e si alza.

“Come faremo a raggiungere Jotunheim?”

“Con la mia magia e il Tesseract.”

“Scherzi?” Esclama Banner. “Fury ci ucciderà!” Loki si avvicina al volto dell’altro e gli sussurra in un orecchio.

“Non giurarci.” Dice mostrandogli un distintivo che dice ‘Agents of Shield’.” Bruce lo guarda pieno di dubbi. “Al momento non esiste un tesserino per gli Avengers. Ci sta lavorando. Ora andiamo.” Conclude facendogli l’occhiolino. Gli abiti di Bruce e quelli di Loki cambiano aspetto. “Stammi dietro agente Banner.” Bruce lo segue sospirando e scuotendo la testa.

“Si mette male.”

I due percorrono il corridoio dei laboratori fino all’ascensore senza incontrare nessuno. Scendono al primo piano interrato dove è custodita la gemma dello spazio. Quando l’ascensore si apre, la situazione è completamente diversa. Molti agenti vanno avanti ed indietro affaccendati nelle loro mansioni. Loki indossa un paio di occhiali scuri che sfila non appena arrivano alla porta del deposito armamenti. Mostra il distintivo alla porta e si rivolge alla guardia con sicurezza.

“Dobbiamo accedere ai documenti del file su New York.” Si muove con tanta disinvoltura che la guardia gli apre la porta senza eccepire nulla né tantomeno riconoscere in lui il responsabile della creazione di quel file.

Una volta dentro, Loki spinge Bruce a cercare la ventiquattr’ore che contiene il Tesseract.

“Non penserai che lo tengano qui!” Protesta Bruce.

“Lo so per certo. Avanti, cerca!”

Banner controlla ogni valigetta più o meno nascosta sugli scaffali fino a quando non indica quella che sembra una cassaforte.

“Solo Fury conosce la combinazione.”

“Con l’aether potrei aprirla in pochi secondi.” Commenta Loki. Bruce lo guarda meravigliato.

“Puoi usare il potere di Karen anche se lei non c’è?”

“E’ una lunga storia.”

“Avrai tempo per raccontarmela su Jotunheim.”

“Preoccupiamoci di arrivarci prima.”

“Come apriamo la cassaforte?” Loki guarda Banner con un’espressione disgustata.

“Credi anche tu che sia un ciarlatano?” Il dio assume le sembianze di Fury e le usa per sbloccare il dispositivo attivato dal controllo delle impronte e della retina.

“Non ci sarei mai arrivato.”

“Per questo tu sei un mortale e io un dio.” Fa Loki tornando al suo aspetto. 

La valigetta contenente il Tesseract fa bella mostra di sé sul primo ripiano della cassaforte. Non appena però Banner la tira fuori, una voce fin troppo familiare li raggiunge.

“Non penserete davvero di farla franca!”

Loki e Banner si voltano e si ritrovano di fronte Stephen Strange.

“A proposito di ciarlatani!” Esclama Loki.

“Lo sapevo che sarebbe bastato tenerti d’occhio per vederti miseramente tradire tutta la fiducia che Karen e il resto di noi hanno riposto in te.” Loki sorride.

“Per fortuna ci sei tu a proteggere tutta questa fiducia.”

“Banner, metti a posto la valigetta.” Ordina Strange.

“Banner, portala via.” Ordina Loki. Bruce alza gli occhi al cielo.

“Loki, sta zitto. Strange, per favore, per quanto possa sembrare strano, devi fidarti di me.”

“Non sono diventato quello che sono perché mi fido. Esattamente il contrario.”

“E’ inutile che parli con lui. Prendi la valigetta.” Ripete Loki. Strange solleva una mano e la muove in modo circolare. Un fascio di luce si espande prima piano, poi velocemente.

“Se ti ha condizionato, come ha fatto con Karen, c’è rimedio ma devi ascoltare me,” fa Strange, “lascia andare la valigetta.” 

“Mi dispiace, Strange, non è nostra intenzione portare via il Tesseract ma dobbiamo usarlo un’ultima volta.” Banner afferra il manico della ventiquattro ore e la tira verso di sé.

Stephen lancia un cerchio di luce contro Bruce ma Loki lo blocca con un’enorme lastra di ghiaccio che separa lui e Banner dal suo avversario.

“Usciamo da qui.” Dice Loki ma una fortissima esplosione distrugge la parete gelata. Loki non fa in tempo a guardarsi intorno che l’ambiente in cui si trovano è cambiato.

Invece di essere nel seminterrato, lui, Strange e Banner sono sul tetto dell’edificio.

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Capitolo 14
*** Esercitare uno splendido potere ***


Capitolo 14
Esercitare uno splendido potere

 

“Sorpreso?”

Il tono di voce di Strange é un misto di rabbia e ironia. Loki avanza fino a mettersi tra lui e Banner. 

“Affatto. Ho imparato a conoscere il modo in cui agisci. Ti ci vorrà altro per sorprendermi stavolta.”

“Ti accontenterò!” Esclama Strange usando il suo potere come una frusta che si attorciglia al polso del dio degli inganni. Lo stregone tira con forza ma Loki non si muove.

“Non penserai che sia così facile!” Strange usa un altro fascio di luce che intercetta l’altro braccio di Loki. Lui ride e afferra le fruste di pura energia. Un filo di ghiaccio le avvolge e le frantuma. Strange allora si solleva e, dall’alto, fa piovere una serie di colpi sul tetto dell’edificio. 

Una parte del cornicione si stacca e precipita verso terra. Degli uomini gridano dal basso di mettersi al riparo. 

“Attento, stregone, rischi di far male a qualcuno là sotto.”

“Tranquillo, l’unico che si farà male sei tu.”

“Lo vedremo!” Dice Loki allargando le braccia. Una serie di pugnali saettano verso Strange che usa i suoi scudi psichici per deviarli.

In quel momento però la porta del terrazzo si apre e Cap e Thor fanno appena in tempo a trattenere Karen che si mette a correre verso Loki.

“Loki! Stephen! Smettetela!” Urla la donna cercando di divincolarsi dalla stretta di Cap.

“Banner che diavolo fai?” Urla Rogers all’indirizzo di Bruce. 

“Loro non c’entrano,” dice Loki a Strange, “é una questione tra noi.” Strange annuisce e muove le mani nel modo che gli zeloti gli hanno insegnato per creare uno spazio separato da quello reale. Fa attenzione a tirarci dentro anche Bruce.

“Qui possiamo agire senza temere conseguenze sugli altri.” Loki solleva una mano e da essa una sorta di nebbia verde si allarga e riempie l’area fino a che il dio svanisce agli occhi del suo avversario. “Ancora trucchi?” Loki compare alla destra di Strange.

“Mi sottovaluti. Mi sottovaluti enormemente.” Strange lo colpisce ma la figura sparisce mentre un’altra riappare alla sua sinistra. Anche il colpo seguente va a vuoto mentre una, due, quattro, e poi decine di figure a immagine di Loki compaiono nello spazio visivo di Strange. Lo stregone chiude gli occhi e si concentra.

“Trucchi.” Dice mentre riapre di scatto gli occhi e colpisce uno dei nemici alla sua destra. Tutti gli altri spariscono. Strange sorride ma si accorge un istante troppo tardi che, in realtà, Loki é alle sue spalle, un coltello puntato alla gola.

“Mi complimento per la tua capacità di gestire quel gingillo che porti al collo ma io sono un dio. Tra noi non c’è confronto. Puoi leggere un’infinita quantità di libri e non ti avvicinerai nemmeno di un passo alla conoscenza che io ho acquisito vivendo. Non costringermi a toglierti la vita davanti a Karen e arrenditi.” 

“Credo che tu sia troppo vicino.” Dice Strange assestandogli una gomitata nello stomaco. “Vediamo quanto conosci le arti marziali.” Loki si riaggiusta i capelli rimettendosi dritto.

Cerchi di luce dorata avvolgono i pugni di Strange che attacca l’avversario arrivando a colpirlo diverse volte. 

Quando il dio cade di schiena sul pavimento e lui avrebbe l’occasione di stenderlo definitivamente, qualcosa intorno a Strange si muove, prima come se l’ambiente circostante fosse stato investito da un’onda d’urto e poi scricchiolando paurosamente.

Lo stregone di New York si volta e non crede ai propri occhi.

Karen, divincolatasi dalla presa di Rogers, avanza verso di loro come se potesse piegare la barriera dello spazio separato che ha creato, semplicemente calpestandola o spostandola con una mano come si farebbe con una tenda. Lui prova a riassestarla e si rivolge alla donna.

“Karen, sta indietro. Se la barriera ti respinge o se dovesse piegarsi, rischi di finire spezzata.” La donna non intende ascoltarlo.

“Sono già morta. Ridammi mio marito.” Le parole le escono dalle labbra con un tono talmente minaccioso che Strange, per un istante, non ne afferra il senso.

“Cos’hai detto?”

“Ti ho detto di ridarmi mio marito.” Strange finge di non avere colto quella nuova informazione e continua.

“Karen, Loki ti ha manipolata fin dal principio. La sua intenzione è quella di prendere le gemme.”

“Le azioni di Loki sono spesso incomprensibili ma tu lo stai provocando da ieri e non starò qui ferma a guardare mentre gli fai del male. Poteva ucciderti poco fa e non l’ha fatto.” Strange prende un respiro e torna a rafforzare lo spazio separato.

“E’ chiaro che tu non puoi più essere obiettiva. Che ti sia chiaro che non puoi salvarlo. Devi allontanarti da lui.” Karen si perde per un’istante nello sguardo duro ed intransigente di Stephen poi alza una mano, il palmo contro la barriera.

“Non in questa realtà.” Dice sussurrando. L’aether si disperde dalle sue dita e, letteralmente, sbriciola quella specie di vetro che separa il tetto dell’edificio dal luogo in cui sta avvenendo il combattimento, tanto vicino e altrettanto irraggiungibile.

Quando ormai la barriera è in frantumi, Strange si vede costretto ad agire. Allarga un fascio di luce davanti a Karen con l’intenzione di portarla altrove. Fallisce miseramente. Riprova ma, anche stavolta, Karen spazza via l’immagine del seminterrato che galleggia nel vortice dimensionale che lo stregone le mette davanti.

“Non puoi usare la realtà contro di me. Hai dimenticato chi sono?” Gli dice Karen con tanta amarezza nella voce. “Ora sii ragionevole,” continua mentre richiama l’aether nel palmo della sua mano, “e ricordati che siamo tutti dalla stessa parte.”

“Mi dispiace, Karen, credimi. Mi dispiace perché ti ho messa io in questa situazione. Ti ho esposto io a questo male,” dice Strange indicando Loki, “è colpa mia. Rimedierò.” 

L’uomo muove ancora le mani e stavolta si prepara a colpire Karen. 

Rogers grida a Strange di fermarsi, di non fare del male alla donna ma una sfera di energia si stacca dalle sue mani diretto contro Karen. Non va a segno. Loki l’ha intercettata con una barriera di ghiaccio che, tuttavia, non l’ha fermata avvolgendolo completamente e dandogli fuoco. Il terrore che passa negli occhi di Karen dura solo un attimo. Un istante dopo qualcosa dentro di lei scatta. Si ritrova fuori da se stessa mentre le sue mani si muovono da sole. Si rende conto che Thor ha scagliato un fulmine talmente potente che un temporale tremendo si è abbattuto su tutti loro e ha spento le fiamme che avvolgevano suo fratello fino ad un attimo prima. Nonostante ciò, non è soddisfatta. L’aether fluisce da lei come quando ha fatto l’amore con Loki la sera prima. Lentamente si allunga verso Strange sbriciolando il pavimento, piegando in modo innaturale il metallo della balaustra, disfacendo ogni cosa che tocca. 

Cap le corre incontro ma Loki, ansimante e ferito, lo blocca.

“Non ti devi avvicinare a lei quando è la regina rossa.” Gli dice prima di voltarsi e raggiungerla.

“Karen,” sussurra allungando una mano sul suo braccio. Quando la tocca, la sua mano assume una sinistra colorazione blu. La manica del suo abito si sfilaccia e svanisce mostrando che anche il braccio sta assumendo la stessa colorazione. La presa di Loki sul braccio di Karen si fa più forte. “Karen, fermati. Non è necessario.”

La donna si volta a guardarlo, le iridi hanno assunto il color rubino. Piega appena la testa di lato come se non comprendesse il senso della richiesta.

“Ti sta facendo del male.” La voce le esce incerta, debole.

“No,” scuote la testa il dio, mentre anche il collo é diventato totalmente blu e i suoi occhi sono tornati ad assomigliare a quelli dei giganti di ghiaccio, “sei tu che me ne stai facendo. Smetti.”

Solo allora Karen fa un passo indietro e abbassa le braccia. I suoi occhi tornano azzurri. 

“Loki, cosa ho fatto?”

“Eserciti il tuo splendido potere. E’ un po’ troppo per loro, temo.” Loki si sforza di sorridere, lo sguardo fatto di nuovo di un morbido verde smeraldo e il collo tinto appena di azzurro.

La voce di Iron Man riempie l’aria.

“Avete finito.” Loki alza lo sguardo al cielo dove si staglia la figura dell’uomo in armatura ma si rende conto un istante troppo tardi che l’arrivo di Stark è solo un diversivo. 

Una freccia con la punta carica di anestetico si conficca in una delle gambe di Karen. Lei si accascia tra le braccia di Loki ma, invece di svenire, si stringe le mani al petto come in preda ad un forte dolore e fa fatica a respirare. Loki la guarda in preda all’ansia di non sapere, per la prima volta nella sua esistenza se possibile, cosa fare. Quello che accade dopo, avviene prima che sia Karen che Loki si rendano conto di nulla.

Il cielo sopra l’edificio si fa buio e carico di nubi minacciose. Fulmini e saette si scaricano intorno a Karen stretta tra le braccia di Loki accecando i presenti. 

Quando la luce scema, quattro donne armate di spada circondano Karen.

“Wow,” esclama Tony “chi di voi due stregoni è stato?” 

“Non io.” Gli risponde Strange.

“Io neppure,” commenta Loki poggiando Karen sul pavimento e alzandosi, “ma vi consiglio di non avvicinarvi a loro.” Mentre lo dice si rivolge a quella che sembra comandarle. “Voi non dovreste essere qui.”

“La regina ci ha invocate. Qualcuno le ha fatto del male. Chi è stato a ferirla, maestà?”

Loki indica Burton che impugna ancora l’arco. Tony si frappone tra le guerriere e Clint.

“Maestà? Avanti! Stiamo scherzando?” Chiede ironicamente a Loki.

“Affatto. Sono la guardia personale di Karen.” In quel momento una delle guerriere si china sulla donna e la solleva per le spalle mentre riprende i sensi.

“Brun, cosa fai tu qui?” Chiede Karen toccandosi la testa come l’avesse sbattuta forte.

“Ho giurato che ti avrei difesa, maestà.” Non fa in tempo a finire la frase che il pavimento dell’edificio trema. Loki stavolta capisce subito cosa sta per accadere. Si volta verso Brun.

“Proteggi la regina. Da chiunque!” Esclama prima che un fascio di luce color dell’arcobaleno lo investa. “Dottore, questo è il nostro passaggio.” Urla a Banner che, ancora con la valigetta in mano si lancia nel cono di luce. Un istante dopo sia lui che il dio degli inganni sono spariti. 

Karen guarda le Dísir e si abbandona al dolore e allo sconforto.

 

Se c’è una cosa che mette ansia a Tony è il non avere il controllo.

Da qualche ora a questa parte l’ha perso. Del tutto.

Ha capito troppo tardi che usare la gelosia di Strange, perché di questo si tratta, per farsi aiutare a evitare una guerra, avrebbe portato inevitabilmente ad uno scontro tra lui e Loki.

Era convinto che il dottore provasse ancora qualcosa per Karen ma non aveva previsto che tra le poche emozioni che lui ha mostrato, sarebbe prevalsa la gelosia nei confronti di una creatura in grado di maneggiare le arti magiche come lui se non meglio.

Ha capito troppo tardi anche che il rapporto tra Loki e Karen aveva già superato la soglia di sicurezza su Jotunheim.

E’ stato un errore persino chiedere a Clint di sparare a Karen un dardo soporifero.

Ha fatto fiasco su tutta la linea. L’ha capito bene perché, alla, fine gli unici soddisfatti sono Strange, Fury e Ross.

Ha fatto fiasco perché Nat è incazzata con lui, Visione e Wanda si sono chiusi in camera a rimuginare sugli avvenimenti e perché Cap lo ha aspettato sulla soglia della sua camera e, con un’espressione carica di biasimo, gli ha detto solo due parole.

“Dobbiamo parlare.”

Tony lo segue rassegnato alla ramanzina alla Capitan America ma, quello che segue quando si chiudono la porta alle spalle, lo spiazza. Lui allarga le braccia e glielo chiede.

“Che diavolo è successo?”

“Amico, io non lo so. Davvero! E’ stato tutto pazzesco.”

“Te lo chiedo di nuovo e, stavolta, aiutami a capire. Perché Clint ha colpito Karen?” Tony spalanca la bocca come se fosse ovvio.

“L’hai vista? Era fuori controllo. Doveva solo andare a ninna per un po’.”

“Hai iniettato un farmaco ad una metaumana! A Karen.”

“Volevo aiutarla, aveva bisogno di aiuto.”

“L’uomo che ama era avvolto dalle fiamme! Se qualcuno avesse dato fuoco a Penny, avrei reagito molto peggio di lei!” Tony dissimula sorpresa.

“Tu accetti il fatto che lei lo ami? E per la cronaca io ho visto Pepper prendere fuoco.”

“Lo accetto. E mi dispiace per Pepper. Battuta infelice. Colpa mia. Loki però non avrebbe preso fuoco se Strange non avesse provato a ucciderlo. Tu ne sai niente?” Tony alza entrambe le mani.

“Ok, ok. Strange ha sempre pensato che Loki non fosse sincero. Ho provato a convincerlo del contrario ma evidentemente senza successo. Poi lo ha visto con il Tesseract e, che posso dire? Credo che anche la pazienza degli zeloti abbia un limite.” 

Steve gli lancia un oggetto che Tony afferra al volo. E’ un distintivo dello Shield.

“Di chi è?”

“Quando Loki è sparito nel bifrost è rimasto a terra. E’ lo stesso numero di matricola registrato per l’accesso al file di New York.”

“Dove l’avrà preso?”

“Glielo ha dato Fury.”

“Come?” Stavolta la sorpresa sul volto di Tony è autentica.

“Hai capito. Fury ha chiesto a Loki di portare via Banner. Me lo ha confessato poco fa, quando l’ho messo alle strette.”

“Perché avrebbe fatto una cosa simile?”

“Immagino perché non voleva che Ross mettesse le mani su Hulk.” Tony abbassa la testa e la scuote.

“I trattati di Sokovia.”

“Esatto. Dopo quello che è successo, Ross ha detto a Fury che ci vuole sotto sorveglianza fino al giorno della firma. Ha emesso un mandato di cattura per Banner. E non è tutto. Ha chiesto le dimissioni di Fury per aver nascosto al Congresso la presenza di Loki. Inoltre vuole che Karen, Visione e Wanda vengano confinati separatamente.”

“Dov’è Karen?”

“Nella sua stanza con le Dísir.”

“Mi dispiace per quello che è accaduto ma le gemme hanno un potere al di sopra delle nostre possibilità e ne abbiamo appena persa una.” Steve lo guarda e stringe i pugni.

“Abbiamo appena perso Banner. Banner! E’ nostro amico e non sappiamo dove sia. Thor ha già detto che non intende firmare i trattati. Tornerà ad Asgard.”

“E’ libero di farlo.”

“Dovrà separarsi da Jane!”

“Mi dispiace!” Sbotta Tony. “Che altro posso dire? Ci sono cose più importanti a cui pensare ora. Devo parlare con Strange.” Steve lo supera e raggiunge la porta.

“Se n’è andato. Ha detto che la priorità degli zeloti è proteggere l’occhio di Agamotto. Prima di andarsene ha spiegato le sue ragioni a Karen e a Fury.”

“Bella mossa.”

“Inutile dirti che non firmerà i trattati.”

“Ottimo! Qualcun altro ha lasciato la nave che affonda?”

“Barton. Ha dato le dimissioni. Cito testualmente: ‘ho già lavorato a sufficienza per il governo e credo di potermi definire congedato con onore’. Nat è fuori di testa per cui, se c’è qualcuno con cui devi parlare, quella è lei.”

Cap lascia la stanza e Tony sbatte un pugno contro la parete. E’ solo e non si è mai sentito tanto accerchiato.

 

Karen è seduta sul pavimento, le mani che tremano intorno alle ginocchia.

Brun ha provato a consolarla ma lei non si da pace. Kara, che ha la lingua più tagliente delle sue sorelle, ha già detto la sua sul destino del re degli Jotunn.

“Odino,” dice e poi sputa per terra, “che le Norne se lo portino, lo avrà già infilzato con la punta di Gungnir. Quella maledetta non fa prigionieri!” Ha esclamato prima che Gondul la fulminasse con lo sguardo e abbracciasse Karen.

“Sono certa che Kara si sbaglia. Vero Brun?” La Dísir annuisce.

“Loki é astuto. Troverà un modo di guadagnare tempo e, se la regina lo ordinerà, noi combatteremo per riprendere il re.” Karen solleva lo sguardo.

“Lo fareste?” I suoi occhi sembrano animati da nuova speranza.

“Non solo noi. Anche il tuo popolo affronterebbe qualunque battaglia per il legittimo re di Jotunheim e per la Distruttrice.” 

“Non avevo pensato a questo. Dubito che Loki sarebbe d’accordo. Lui ha fatto tutto per elevare il suo popolo da uno stile di vita basato solo sulla guerra. Utgard sarebbe condannata prima ancora di venire completata.”

“Un tempo gli Jotunn hanno dato filo da torcere ad Asgard. Laufey ha costretto Odino ad offrire un trattato di pace dopo avere portato avanti una guerra che non era in grado di vincere. Loki é più forte di suo padre anche se la sua forza non é nei suoi muscoli. E ha una grande guerriera per moglie.”

“Potrei davvero sfidare Odino? E Thor me lo permetterebbe?” 

“Questo sta a voi decidere di scoprirlo.” Afferma Brun prima che Hlok raggiunga la porta e sguaini la spada.

Qualcuno bussa e Karen si sforza di alzarsi e di andare ad aprire. Sulla soglia Thor e Jane si sforzano di sorriderle.

“Possiamo entrare?” Chiede lei. “Come ti senti?”

“Io sto bene.” Le risponde guardando subito Thor. “Ci sono notizie di Loki?”

“E per questo che siamo qui. Ho parlato con Heimdall. É stato Padre a portare Loki ad Asgard. Lo ritiene responsabile della liberazione delle Dísir. Lo ha confinato. Vuole che ritorni a casa per assumermi le mie responsabilità. In fondo sono io ad averlo liberato e ad averlo riportato su Midgard.”

“Loki non ha fatto niente di male, stavolta.” Dice lei, la voce appesantita dallo sconforto.

“Padre avrebbe potuto accettare ciò che ha fatto a te, il modo in cui é entrato in possesso dell’Aether, come ha usato la collera dei giganti di ghiaccio per diventare re di Jotunheim, ma non accetterà mai cosa ha fatto con le Dísir.” 

Karen si volta a guardare le guerriere alle sue spalle. Hanno l’espressione di chi già sa come andrà a finire.

“Io le ho liberate. La colpa é solo mia.” Thor la guarda con compassione e le mette una mano sulla spalla.

“Sono certo che mio fratello ha fatto quanto in suo potere per assicurarsi che la colpa ricada su di lui. Non ti esporrebbe mai alla collera di nostro padre.”

“E Bruce?”

“Heimdall ha detto che é un ospite gradito dato che ha riportato il Tesseract su Asgard.”

“Non ci credo!”

“Farò di tutto perché la rabbia di Padre non si abbatta su Loki.” Thor si volta e si congeda da Jane. “Tornerò, lo prometto.” Vorrebbe prenderle le mani, stringerla ma sa che sarebbe ingiusto. Per lei sarebbe troppo poco. Come al solito. La guarda negli occhi sperando che capisca quello che prova, che lei sappia che il suo amore é più grande della distanza che finisce sempre col dividerli. Lei sforza un sorriso ma non dice niente. 

Karen lo ferma sulla porta. L’aspetto dimesso che aveva fino ad un attimo prima sembra sparito. Schiena diritta ed espressione decisa.

“Thor, porteresti a tuo padre un messaggio da parte mia?” Lui annuisce. “Digli che la regina di Jotunheim rivuole suo marito. Se non lo consegnerà, sarà guerra fra Asgard e Gli Jotunn.”

Se la mascella di Jane potesse staccarsi e cadere sul pavimento, ora lo farebbe. Thor invece scoppia in una delle sue fragorose risate. Poi torna serio.

“Vuoi davvero che gli dica così?”

“Sì,” dice lei prendendo per mano Brun, “digli che non voglio una guerra ma che non esiterò a usare fino all’ultimo gigante di ghiaccio se accade qualcosa a Loki.”

“Riferirò.” Dice Thor con orgoglio prima di lasciare la stanza.

“Sei sicura di quel che fai?” Chiede Jane preoccupata.

“No, ma Loki farebbe così. Scommetterebbe tutto quello che ha su delle carte schifose, bluffando clamorosamente.”

“Vuol dire che non intendi guidare i giganti di ghiaccio contro Asgard?”

“Non lo so. Per ora vediamo che succede.”

“Ho un pessimo presentimento ma sappi che sono dalla tua parte.”

“Davvero?” Chiede Karen sorpresa.

“Sì. La madre di Thor era adorabile. Suo padre no.”

“Una volta Loki mi ha raccontato che sua madre gli ha insegnato quasi tutto quello che sa sulla magia.”

“Era fiera di entrambi i suoi figli. E’ stata un’ottima madre visto che anche se non sono fratelli, Thor e Loki non riescono a separarsi anche quando prendono strade diverse.”

Karen annuisce e spera che quel legame resista. Forse è davvero l’ultimo filo che tiene appesa la vita di Loki.

 

Odino sbatte con violenza Gungnir in terra. Urla e le aule del palazzo sembrano tuonare.

“Ripetilo!”

Thor dissimula indignazione. Non è mai stato bravo a mentire ma ha deciso di impegnarsi per cui, mentre obbedisce all’ordine di suo padre, imita l’atteggiamento che crede Loki assumerebbe. Quello bravo, davvero bravo, a mentire in famiglia è lui. Stringe i pugni, solleva la testa e gonfia il petto.

“La femmina midgariana a cui Loki ha ceduto l’aether ha detto di essersi legata a lui pronunciando un giuramento infrangibile sulle radici di Yggdrasil. Ha acquisito il titolo di regina e ha detto che rivuole suo marito. Se Asgard non lo consegnerà, sarà guerra con Jotunheim. Ha pure osato dire,” dice agitando la testa in segno di disapprovazione, “che non vuole questa battaglia ma che se sarà fatto del male a Loki, non esiterà a richiedere il sacrificio di ogni gigante di ghiaccio.”

“Credi che menta?”

“Sulla guerra?”

“Sul matrimonio.” Thor vorrebbe ridere. Suo padre ne sta facendo una questione di principio, il che va bene perché sposta l’attenzione dai veri guai in cui Loki si è cacciato stavolta.

“Assolutamente. Godrum, un tempo il primo consigliere di Laufey e ora di Loki lo ha confermato.”

“E sulla guerra?”

“Non ci vuole molto per spingere gli Jotunn su un campo di battaglia.”

Odino sospira e si siede sul suo trono. Fa un cenno a lady Sif e la guerriera avanza di un passo.

“Fa portare qui Loki.” La donna sparisce e poco dopo rientra nella sala del trono con quattro  guardie armate. Tra loro, catene ai polsi e alle caviglie, c’è Loki.

Avanzano fino a qualche passo dal seggio d’oro e poi si fermano.

Loki lancia un pessimo sguardo all’indirizzo del fratello ma rimane in silenzio. Odino pretende la sua attenzione.

“Mi riferiscono che hai osato fare spergiuro sulle radici di Yggdrasil.” Loki lo guarda sprezzante e indignato.

“Ti hanno riferito male.” Odino allunga le labbra in un ghigno cattivo.

“Vorresti farmi credere che hai legato la tua vita ad una mortale?” E’ il turno di Loki di fare una delle espressioni più cattive che ha in repertorio.

“Il tempo in cui volevo che credessi alle mie parole, in me persino, è finito.”

“Quindi hai pronunciato consapevolmente il giuramento senza il permesso di tuo padre!”

“Non occorre davvero che ti ricordi che non sei mio padre. E dovresti esserne ben lieto.  Non sono stato un buon figlio, a Laufey ho dato solo la metà di quello che lui ha dato a me ed è morto.” 

“Non importa quello che dici. Sei cresciuto nella mia casa e sei mio figlio.” Nell’udire quelle parole, per un istante la maschera di indifferenza di Loki trema e lui reagisce.

“Il giuramento è comunque pronunciato ed è valido. Karen è mia moglie.”

“Bene,” fa Odino alzandosi e scendendo i gradini che lo separano dai suoi figli, “allora la minaccia è legittima.”

“Minaccia?” Lo sguardo dei Loki si fa dubbioso.

“La tua legittima sposa mi ha dato un ultimatum. Se ti accade qualcosa, lei muoverà guerra ad Asgard.” Per poco Loki non si strozza con la sua stessa saliva. Odino pare soddisfatto della reazione alle sue parole e continua. “Non so come farà a portare i giganti di ghiaccio su Asgard,” dice con tono ironico, “ma non posso ignorare un simile atteggiamento.”

“Padre,” interviene Thor, “a sua discolpa posso dire che è mossa da sentimenti molto forti per mio fratello.” Loki lo fulmina con lo sguardo.

“Immagino che sia tu il messaggero. Pertanto è anche possibile che non abbia affatto compreso il significato delle parole di Karen. Forse lei intendeva offrire le Dísir in cambio della mia vita, non è così, Thor?” Lui lo guarda con grande soddisfazione.

“No, ha parlato come le valchirie. Avresti dovuto vedere con quanta determinazione ha minacciato nostro padre!” Loki sospira pensando che il Fato è veramente giusto. La bellezza e l’incredibile forza del fratello dovevano per forza essere compensate con un’immensa e genuina ingenuità.

“Bene. Sarò io a dare un ultimatum alla tua regina, Loki. Che venga qui al mio cospetto. Se mi riconsegnerà le Dísir, io ti libererò. Potrai tornare su Jotunheim come legittimo re.” Thor esulta mentre Loki stringe i pugni legati dalle catene.

“Non verrà.” Dice con voce tagliente.

“Perché l’hai scelta codarda?” Chiede Odino.

“Perché l’ho scelta saggia.” Il padre degli Asi lo guarda con l’unico occhio che possiede quasi voglia scrutare dentro la sua testa e torna a sedersi sul trono.

“Lady Sif, riporta Loki nella sua prigione. Thor, riferisci il mio messaggio.”

Entrambi i suoi figli si voltano e si incamminano verso l’uscita, Loki scortato dalle sue guardie.

“Dille di non venire.” Sussurra Loki guardando dritto davanti a sé come se non stesse davvero parlando a qualcuno.

“E’ la tua unica possibilità.”

“No, non lo è, ma tu devi comunque mettermi i bastoni tra le ruote, giusto?”

“La proteggerò.” Insiste Thor.

“Lo prometti?”

“Non ho mai mentito, io.”

“Aha.” 

Loki viene condotto nelle prigioni e Thor si incammina lungo il ponte dell’arcobaleno.

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Capitolo 15
*** Svolte ***


Capitolo 15
Svolte

 

Tony non è riuscito a parlare con Nat.

Lo ha fatto in realtà ma lei lo ha ascoltato in silenzio e poi si è voltata per lasciare la stanza.

Quello non è parlare.

Così ci riprova con Karen. Quando bussa alla sua porta e quella si apre, la lama di una spada affilata gli viene puntata alla gola.

“Ho capito, il piacere è tutto mio signore.” Karen fa cenno a Hlok di lasciarlo entrare. “Grazie mille.”

“Mi hai fatto sparare.” Dice Karen dando modo di fargli intendere che vuole andare dritta al punto.

“Era un anestetico. E non era un proiettile, era una freccia. Scoccata dal migliore arciere in circolazione. Non poteva sbagliare.”

“Non più in circolazione. Jane mi ha detto che Clint ha dato le dimissioni.”

“Ehi, non è colpa mia.”

“Non l’ho detto. Però quello che è successo tra Loki e Stephen sì.”

“Invece no.” Dice ma poi fa spallucce. “Ok, solo un pochino. Non pensavo che Strange fosse così suscettibile. E, per la cronaca, non mi va che se ne sia andato lasciando a me la responsabilità di quanto è avvenuto.” 

Karen si versa una tazza di caffè e fa un cenno a Tony con la caffettiera. L’uomo prende una tazza e accetta l’invito.

“Non ha dato la colpa a te. Mi ha spiegato che era sinceramente convinto della colpevolezza di Loki fino a che non ha parlato con Fury e che, nonostante abbia capito cosa ha mosso le sue azioni, lui rimane della stessa idea e cioè che Loki è un pericolo per il nostro pianeta.”

“E se l’è filata.” Karen sorseggia il caffè e guarda di sbieco Tony.

“Non se l’è filata. Pensa semplicemente che le gemme dovrebbero essere custodite separatamente. Ora che il Tesseract è in mano ad Odino, ha pensato che fosse meglio riportare quella del tempo in un luogo più sicuro e lontano dalle grinfie del generale Ross. Anche Loki pensa che sia meglio tenere separate le gemme.”

Tony la osserva. I capelli raccolti in una coda alta, gli occhi stanchi e cerchiati per il pianto, le piccole mani che qualche ora prima spaventavano tutti, strette intorno alla tazza di caffè per non tremare. Eppure, nonostante tutti gli avvenimenti, nonostante i cambiamenti che ha affrontato, in quelle parole, lui rivede la dottoressa che ha conosciuto diversi anni prima. Concentrata, obiettiva, riflessiva. Niente in comune con la tremenda regina sposata a Loki.

“Karen, posso farti una domanda? Vorrei che mi rispondessi sinceramente.”

“Dimmi.”

“Sei ancora tu?” Lei sorseggia un altro sorso di caffè poi poggia la tazza sul tavolo e mostra entrambe le mani all’uomo. Tremano appena.

“Sono sempre io. Eppure sono una versione diversa di me stessa. Tu dovresti capirmi. Che mi risponderesti se ti chiedessi se sei ancora Tony Stark o Iron Man?”

“Probabilmente ti direi che Iron Man è la parte che preferisco di Tony Stark.” Dice sorridendo.

“La regina rossa non é la parte che preferisco di Karen Miller ma é quella che, al momento, é più forte.”

“Sembra anche avere una personalità piuttosto indipendente.”

“Non lo nego.”

“Mi farebbe piacere se mi dicessi che c’è sempre la dottoressa al comando dietro quei bellissimi occhi.”

“Solo se le prometti che non le sparerai più.” Tony scuote la testa ridendo.

“Lo prometto. E ora, dottoressa, cosa pensi di fare con gli accordi di Sokovia?”

“Non so se ci sarò.”

“Se te ne vai, sarai considerata alla stregua di Banner.”

“Bruce non é scappato. Dovresti spiegare a Ross la sua condizione.”

“Perché tutti pensate che io possa influenzare quell’uomo?”

“Perché sei Iron Man!” Lo canzona lei.

“Karen, anche se Fury non vuole ammetterlo, ciò che é rimasto dello Shield non é sufficiente a gestire le minacce che possono ancora raggiungerci. Noi continuiamo a combattere, a esporci in prima persona eppure la gente muore e ci appoggia sempre meno. Dietro lo Shield c’era l’Hydra. La Stark Industries ha creato Ultron. Nat era una spia del KGB. Banner é diventato Hulk per via di un esperimento finanziato dall’esercito. Forse, adoperandoci per eliminare le minacce, ci siamo trasformati in quelle stesse minacce. Tu sei morta e sei diventata una specie di arma. La gente non dovrebbe temerti, secondo te?”

“Non ti biasimo se pensi che qualcuno dovrebbe fare di più per tenere al sicuro gli abitanti di questo pianeta. In queste poche settimane ho visto più cose impossibili che in tutto il resto della mia vita. Credo anche che tu abbia ragione quando dici che forse sono le nostre azioni ad aver attratto tanti pericoli su questo pianeta ma questo dipende dal fatto che prima di New York, anche se sapevamo di non essere soli nell’universo, non immaginavamo di avere tanta compagnia. Oggi sappiamo per certo che gli alieni non sono piccoli esserini verdi con le antenne. Probabilmente se non avessimo interagito con loro, non si sarebbero avvicinati a questo pianeta visto che ce ne sono tantissimi nell’universo. Eppure sappiamo bene che era solo una questione di tempo prima che succedesse. Già in passato la Terra é entrata in contatto con entità aliene. Ho studiato decine di file quando ho lavorato per lo Shield. Oggi ogni cosa é di dominio pubblico e tutti cercano responsabili a cui attribuire la colpa del fatto che la loro vita é cambiata. Il cambiamento non é malvagio.” Tony l’ascolta assorto. Condivide ogni parola del suo discorso ma non le conclusioni.

“Gli accordi di Sokovia ci consentirebbero di collaborare con la comunità internazionale, di integrare le nostre risorse con le loro. Cosa c’é di sbagliato in questo?”

“Assolutamente niente. E non dico che gli Avengers dovrebbero agire all’oscuro dei governi delle regioni in cui operano. Dico solo che se accetti di far parte di una organizzazione, poi devi accettare il ruolo che ti sarà assegnato. Che succederà il giorno in cui ti daranno un ordine che non reputi giusto?”

“Ehi, io sono Iron Man, lo hai detto tu!” Karen sorride scuotendo la testa.

“Se conti su di me, conti su di me.” Stavolta é Tony a prenderla in giro.

“Disse la donna che si fece uccidere per portare a termine la missione affidatale da un criminale interplanetario. Al tuo posto non mi caccerei in altri guai.”

“Fossi in te non mi preoccuperei di questo. Sono già in ‘altri’ guai.”

“Che é successo?” Karen lo guarda con occhi supplici. “Avanti, parla. Magari posso aiutare.”

“Dipende! Puoi evitare che scoppi una guerra tra Jotunheim e Asgard?”

“Perché dovrebbe scoppiare una guerra tra due pianeti che, a detta di Thor, sono in pace da secoli?” Karen si morde un labbro.

“Perché ho minacciato di guidare un’esercito di giganti di ghiaccio contro Asgard se Odino non mi restituirà mio marito, ingiustamente accusato di aver liberato le Dísir da una punizione inflitta ancora prima che la guerra tra gli Jotunn e gli Asgardiani finisse, cosa che, tra parentesi, ho fatto io.”

“Cos’hai fatto tu?”

“Dici che é un po’ troppo come bluff?” Tony tamburella con le dita sul tavolo.

“Mia cara, bluffare é quando il croupier ti ha passato delle carte schifose e tu vuoi rilanciare come se avessi un poker. Tu stai giocando con due carte in meno. Come pensi di poter vincere? Comunque non sono interessato a questo, adesso.”

“Come?”

“Raccontami del matrimonio.” Karen allarga le braccia. “Avanti, parla.”

“Loki non aveva speranze di battere Kurtan in un combattimento in cui non poteva usare la magia. Per condividere l’aether, dovevamo pronunciare un rituale di condivisione che, guarda caso, é quello con cui gli abitanti dei nove regni si sposano.”

“Non sulla Terra. Di questo sono certo.”

“Non avevo un’altra possibilità.”

“Molto romantico.”

“Non prendermi in giro.” Tony si copre con una mano la bocca e si gratta il mento.

“Sei un’approfittatrice.”

“Non capisco.”

“Capisci benissimo. Hai usato l’aether per costringere quel povero dio a sposarti. Ora sappiamo perché è il dio della sventura. Ha avuto la sventura di diventare tuo marito!” Karen lo guarda allibita. Tony scoppia a ridere. “Sto scherzando. Hai avuto tu la sventura di diventare sua moglie.” Karen finge di tirargli addosso la tazza. “Ok, nessuna delle due. Siete una coppia stupenda. Davvero.”

“Tra poco sarò vedova se Thor non fa niente per darmi una mano.”

In quel momento però Brun si mette sull’attenti come se stesse fiutando problemi. Thor apre la porta di scatto costringendo le Dísir a frapporsi fra lui e la loro regina.

“Orsù Karen, preparati! Padre ti ha convocata a palazzo.” Brun ripone la spada ma si rivolge lo stesso alla sua signora.

“Maestà é di certo una trappola.” Thor le lancia un’occhiata offesa.

“É sotto la mia protezione.”

“Sappiamo quanto vale la protezione di un principe di Asgard!” Taglia corto in modo velenoso Kara. Tony s’intromette.

“Non per apparire fazioso ma se Karen é regina di Jotunheim e Odino re di Asgard, nessuno può costringere l’altro a fare qualcosa. Quindi tuo padre non può ‘convocarla’ sul suo pianeta, cosa tra l’altro,” prosegue rivolgendosi a Karen, “strategicamente negativa per te. Dovresti portare almeno una delegazione di giganti di ghiaccio.”

“Non le servono i giganti. Ha noi.” Asserisce Brun.

“Non vi porterò nell’unico posto nell’universo in cui sareste in pericolo. Se dovesse succedermi qualcosa, potrete sempre tornare su Jotunheim.” 

Le Dísir si guardano e si capiscono con un’occhiata. Sono sorelle, sono compagne di ventura, sono una persona sola nella sventura. Hanno passato l’inferno private della loro dignità di guerriere e di tutto ciò che le definiva fino a che il loro aspetto é mutato in quello di mostri. La donna a cui hanno giurato le ha liberate fidandosi solo della loro parola.

“Noi verremo, Maestà. Se fosse pure l’ultima cosa che ci resta da fare, va fatta.” Thor le guarda. Sono bellissime e fiere e, per la prima volta, mette in dubbio il fatto che la loro punizione sia stata giusta.

“Andremo. Sarete ciò che siete, l’ultima difesa di Karen.” Dice con decisione Thor.

“Andremo, Thor,” ribadisce Karen, “e io salverò Loki.”

“Torna a casa anche tu o non saprò cosa dire a Ross!” Esclama Tony facendole un’occhiolino. Lei si sforza di sorridere e segue il dio del tuono prima che la paura le blocchi ogni muscolo del corpo.

 

Fury se ne sta nella sua stanza con la porta chiusa e le tende tirate. 

Si dice che, appena prima dell’alba, la notte é più buia. Lui l’ha sempre verificato sulla sua pelle e, di albe, ne ha viste tante. Fin troppe per uno che ha un occhio solo.

Eppure questa volta non é come le altre. Non hanno un vero nemico. Stavolta combattono contro loro stessi e quella é sempre stata la battaglia più difficile da vincere.

Infila la mano in una tasca e prende un vecchio cercapersone. Lo guarda come se fosse strano averci pensato in quel momento. Se lo rigira tra le mani per un po’ e poi lo rimette in tasca.

Bussano alla porta. Lui non risponde ma sente comunque che la porta si apre e si chiude.

“Sei venuto a dirmi che te ne vai?” Chiede senza alzarsi dalla poltrona su cui è seduto.

“Sono così prevedibile?” La voce dell’uomo gli indica che si é fermato vicino alla scrivania.

“Sì, Capitano.” Stavolta Fury si alza e apre le tende inondando di luce la stanza.

“Allora sai anche perché lo faccio.” Fury annuisce.

“E hai il mio rispetto.”

“Grazie. Terrai tu d’occhio gli altri?”

“No.” Steve lo guarda, l’espressione di chi vuol capirci qualcosa.

“Tony é d’accordo con Ross. Non mi piace.”

“Siete adulti e vaccinati. Se te ne vai, non puoi pretendere che qualcun altro faccia il tuo lavoro, non credi?”

“E il rispetto? Che fine ha fatto?”

“Rispetto le decisioni di tutti. Sia di chi resta che di chi se ne va. Se tu e Stark avete un problema sulla gestione delle risorse degli Avengers, dovreste chiarirvi.”

“Risorse? Parliamo di persone.”

“Non é quello che pensa Ross.”

“Ed é quello che pensa Tony.”

“Glielo hai chiesto?”

“Non ce n’è bisogno. Per lui è facile giudicare le situazioni. Quando vuole evitare ciò che é agli occhi del mondo può riporre l’armatura in soffitta ed essere una persona normale. Per altri non é così. Per Wanda, Visione, Karen, persino per me, temo, non é la stessa cosa. Non non possiamo fare altro che essere noi stessi, anche quando gli altri non ci accettano per quello che siamo.”

“Normale? Stark non é mai stato normale. Ha i suoi problemi. Come te e me.” Fury raggiunge la scrivania. “Ognuno prende le sue decisioni, Capitano. Tu lo sai meglio di chiunque altro.”

“E tu? Cos’hai deciso tu?”

“Io andrò in Europa a sentire cosa dicono tutte quelle brave persone su come pensano di proteggere il mondo. Se sono le mie dimissioni che vogliono, le avranno. Forse é davvero tempo di andare in pensione. I miei metodi sono antiquati. Così ha detto Ross.”

“Hai già provato a ritirarti. Abbiamo avuto comunque bisogno che tornassi.” Le labbra di Nick si allungano dando vita ad un sorriso beffardo.

“Questo la dice lunga su quanto durerà la tua vacanza. Hai già pensato a dove andare?”

“Europa, a questo punto. Un viaggio culturale. Vienna?”

“Allora buon viaggio, Capitano.” Steve fa per lasciare la stanza poi, ci ripensa e si volta.

“Perché hai chiesto a Loki di portare via Banner? Avrei potuto farlo io. E non sarebbe successo niente di quello che é accaduto.” Fury si versa da bere.

“Ross ha in conto in sospeso con il dottor Banner, una questione personale. Era chiaro che lo avrebbe portato via subito. Non avrebbe aspettato la firma dei trattati. Avrei potuto chiedere a te di portarlo via in fretta? Certo, ma saresti diventato suo complice.”

“Chiederlo a Loki é stato un rischio. Avrebbe potuto tradirci tutti. Portare via il Tesseract.”

“L’unica gemma che vuole Loki é fatta di carne ed ossa. Ormai é chiaro anche ad un orbo come me. In più, quando il nemico indossa la tua stessa uniforme, uno come Loki é più utile di un esercito intero.”

“Ora però é fuori gioco.”

“Non sottovalutarlo. Io l’ho fatto e ho quasi perduto New York.” Steve apre la porta della stanza.

“Potremmo andare insieme.” Dice all’ultimo momento.

“No. Tu devi andare avanti. Io devo restare. Non voglio che mettano le mani su ciò che resta della Riserva di Ricerca Scientifica che è ancora custodita negli archivi dello Shield.” 

Rogers annuisce ed esce. Nessuno sa meglio di lui quanto conti quell’archivio per la sicurezza del Paese. Nessuno sa quanto conti per lui. E’ come un mosaico prezioso costruito pezzo su pezzo con fatica. E la maggior parte di quei pezzi li ha messi Peggy Carter. E’ sua la fatica. Annuisce.

“Ci rivediamo lì.” Esce lasciando Fury di nuovo solo.

 

Karen è tesissima. Thor le ha fatto mettere un abito asgardiano che la fa sentire del tutto inadeguata. Brun le ha detto che è bellissima e le ha acconciato i capelli al modo delle valchirie. 

Quello che sembra un cavaliere continua a fissare lei e le Dísir ma il suo sguardo, più che sorvegliarle, pare voglia spogliarle. Kara ha già minacciato la sua regina un paio di volte che, se non la smette, andrà a staccargli la testa. 

“Sono amici di Thor e quindi,” prova a ribadire Karen, “sono amici nostri.”

D’un tratto la porta della stanza dove stanno aspettando di incontrare Odino si apre e lei riesce finalmente a fare un sorriso sincero.

“Bruce! Che bello vederti!” Esclama la donna correndogli incontro. Lui l’abbraccia rischiando di rovinare le belle trecce che le coronano il viso.

“Sono contento anche io. Thor mi ha detto di aspettare qui con te. Come ti sei vestita?”

“E’ una lunga storia.”

“Thor mi ha detto che hai sfidato suo padre. Mi spieghi che significa? Lo sai che quello è un dio, vero?”

“Lo so, ma è anche quello che al momento vuole uccidere Loki e io non posso permetterlo.”

“Davvero? E come pensi di fare? Cosa ti è sfuggito nel concetto di ‘dio’?” Kara che continua a masticare amaro guardando gli amici di Thor, sbotta d’un colpo.

“Sarà anche un dio ma lei è la regina di Jotunheim e scoppierà una guerra se non le ridaranno il suo legittimo sposo!” La faccia di Bruce è tutta un programma.

“Regina? Sposo? Cosa mi sono perso?”

“Te l’ho detto che è una lunga storia. Forse riuscirò a raccontartela ma dimmi, piuttosto, hai visto Loki? Sai come sta?”

“Non l’ho più visto da quando siamo arrivati qui ma ho sentito lady Sif dire che è nelle segrete del palazzo. Odino è veramente arrabbiato con lui.”

Il rumore della porta che si apre e il baccano che fanno i suoi amici quando lo vedono, indica che Thor è tornato.

“Karen, è ora. Dobbiamo andare. Questa è l’ultima occasione per cambiare idea, se vuoi.”

La donna guarda le Dísir e poi le sue mani. Prende un respiro e risponde.

“No, andiamo. E Thor,” fa lei tirandolo indietro per un braccio, “ti prego solo di una cosa.”

“Dimmi.”

“Perdonami se sarò sfacciata davanti a tuo padre però, qualunque cosa dica, ti prego di farmi sembrare quanto più forte e cattiva possibile. O non mi prenderà sul serio.” Thor si volta e la guarda dritto negli occhi.

“Credimi, Karen, ti prenderà sul serio. Tu però non esagerare. Ho promesso a Loki che ti avrei protetta. Andiamo.”

Il modo serio in cui il dio del tuono ha pronunciato quelle parole non l’ha tranquillizzata affatto e peggio si sente quando, dopo aver percorso un corridoio infinito, raggiungono la sala del trono.

Il soffitto, altissimo, raffigura Odino e una donna e, poco più sotto Thor nei colori dell’oro e del rosso e Loki in quelli dell’argento e del verde.

Una folla di persone ha riempito la sala ai due lati del tappeto rosso centrale che è stato steso dalla porta al seggio su cui siede Odino.

Avanzano tra i bisbiglii dei presenti. Karen non saprebbe dire se sono più meravigliati dalla sua presenza o da quella delle Dísir. In ogni caso, sembrano tutti molto offesi.

Thor, che cammina davanti a lei, le fa contemporaneamente da scudo e da ostacolo per cui riesce a vederlo solo quando ormai sono a pochi passi dai gradini che conducono al trono.

Loki ha i polsi circondati da spesse catene dorate. Forse suo padre pensa che facciano meno male se sono di metallo prezioso. Il suo viso è pallido e teso ma i suoi occhi verdi e luminosi sono ben piantati su di lei. La sua espressione è indecifrabile. E’ arrabbiato perché non voleva che fosse lì? E’ sollevato nel vedere che è ancora viva? E’ sorpreso? 

Non riuscire a capire fino in fondo il suo stato d’animo la preoccupa perché le impedisce di agire come lui vorrebbe, così distoglie lo sguardo e lo solleva sul trono.

Odino sembra uno dei suoi anziani professori universitari che si fregiano del fatto che la loro età sia obbligatoriamente sinonimo di saggezza. Il suo unico occhio è del colore dell’oro un attimo prima e poi di quello del cielo un attimo dopo.

Resiste alla tentazione di fare un cenno col capo o un saluto qualsiasi che denoti riverenza. Quando Thor si ferma e si inchina, e con lui tutta la sala ad eccezione di Loki, lei rimane ritta con lo sguardo davanti a sé e così fanno le Dísir. Con la coda dell’occhio non le sfugge che la bocca del dio si allunga in un ghigno.

“Così giungi a me, umana che hai osato pronunciare un giuramento infrangibile sulle radici di Yggdrasil. Mi hanno detto che sei saggia e che non sei codarda. Riconosco che ci vuole coraggio a venire qui innanzi a me senza l’umiltà di chinare la testa, eppure non vedo saggezza nel compiere un gesto tanto avventato.” Karen non permette a se stessa di tremare né di esitare proprio ora.

“Non ci sarebbe stato bisogno di essere così sfrontata se non avessi rapito mio marito.” Le mani, una nell’altra, davanti al busto, rimangono salde. Non tremano come quando ha parlato a Tony delle sue intenzioni.

“Tuo marito?”

“Sì. E’ mio marito dal momento in cui abbiamo pronunciato il giuramento sulle radici di Yggdrasil.”

“Un giuramento vacuo.” Stavolta Karen solleva lo sguardo e non può nascondere la sorpresa. Odino ne approfitta. “Colui che tu chiami marito, è prima di ogni cosa mio figlio e non poteva prendere moglie senza il mio consenso. La vostra unione nasce su una menzogna. Saprai bene, avendo conosciuto Loki, che non è la prima e non sarà di certo l’ultima menzogna che ti dirà.” Karen si sforza di elaborare quel poco che sa degli usi e costumi di Asgard e non dubita neppure per un momento che il rito di chiedere il permesso al padre degli dei per prendere moglie possa essere vero. Il punto però non è quello. Lei è lì come moglie di Loki Laufeyson quindi deve continuare a rimanere salda in quella premessa.

“Loki non è tuo figlio.” Non fa in tempo a finire la frase che un tuono squarcia l’aria intimorendo tutti. Karen non può fare a meno di notare che, se l’espressione di Loki ora è più tesa, per un attimo suo marito ha sorriso perfidamente.

“Pensa bene alle tue prossime parole, umana.” Karen non ne ha bisogno, ha agito d’istinto fin dal principio e continuerà.

“Io non sono umana. Se lo fossi, le mie minacce sarebbero vane. Invece sono qui a chiederti di liberare mio marito perché sono la legittima regina di Jotunheim e il mio popolo rivuole il suo re.” E’ così determinata e fiera che nessuno, nella sala, dubita che scoppierà una nuova guerra tra il loro mondo e quello dei giganti di ghiaccio. Persino Thor sorride.

“Il suo re? Loki è stato abbandonato dai giganti di ghiaccio quando era ancora in fasce.”

“Non è quello che dicono su Jotunheim.” Odino sorride e si alza.

“Ammettiamo che io voglia accettare questa unione,” dice il dio indicando prima lei e poi Loki, “potrei addivenire alla decisione di liberare tuo marito solo ad una condizione. Che tu mi consegni le Dísir. Sono traditrici di Asgard. Solo a me spetta stabilire il loro destino. Immagino che tu le abbia portate con te come merce di scambio!” 

Le quatto donne che seguono Karen non fanno una piega. 

“Le ho portate con me perché sono la mia guardia personale.” Karen non aggiunge altro perché ha visto Loki farle cenno di fermarsi.

“Ciò nonostante la mia offerta rimane la stessa. Posso scambiare la vita di Loki con quella delle Dísir. Sei tu la regina, scegli.” 

Thor guarda suo fratello per capire se la piega che hanno preso gli eventi gli piace o no e la tensione sul volto del fratello gli fa capire che non gli piace niente di quello che è successo finora. La voce di Karen lo scuote da quei pensieri.

“Non sta a me scegliere. Io e le Dísir apparteniamo al re di Jotunheim. Se qualcuno può decidere il nostro destino, quello è Loki.” Parla tutto d’un fiato. 

Odino solleva la sua lancia e Thor istintivamente fa un passo in avanti. La voce di Loki precede qualunque sua mossa, ammesso che avesse in mente di fare qualcosa.

“Scegli bene contro chi scagliare la tua collera, Odino, poiché è mio il seme della malizia che ti offende e conduce all’ira. Ogni parola, ogni gesto, ogni offesa, è mia.” 

Odino si volta di scatto e con un fendente della sua lancia colpisce Loki costringendolo in ginocchio. 

“Padre!” Urla Thor ma tutti guardano verso le Dísir che hanno sguainato le spade contemporaneamente disponendosi intorno a Karen che non ha più l’aria composta che è riuscita a tenere fino a quel momento.

Un’aura oscura striata di rosso si sta lentamente allargando dalle sue mani. Senza che nessuno se ne accorga, Loki usa tutta la sua malia per far ritirare l’aura dentro al corpo della donna. Ci riesce non senza sforzo. Guarda Thor supplicandolo di intervenire. Stavolta suo fratello non esita a farlo.

Si frappone fra Odino e Karen e solleva entrambe le mani.

“Padre, non occorre addivenire ad uno scontro. Per favore, concedi a Karen e Loki un momento per parlarsi. Sono certo che faranno quanto hai chiesto. Non ci sarà guerra. Le Dísir obbediranno.”

Odino torna a sedersi. Loki non riesce a credere che sia stato così semplice calmare Odino. E, guardando l’espressione di suo padre, capisce che non è così.

“Obbediranno? Obbediranno a chi? A chi hanno giurato? Chi le ha liberate?” Thor rimane in silenzio. Sa che Loki non vorrebbe che dicesse la verità. Odino lo perdonerebbe, forse, ma se la prenderebbe con Karen. Se però continua a mentire, Loki finirà sulla forca.

“Sai già chi le ha liberate. L’hai sentita, appartengono tutte a me.” Dice Loki rimettendosi in piedi.

“L’ho chiesto a tua moglie. Taci.” Lo sguardo di Loki si posa su Karen in una muta richiesta di assecondarlo.

“Te lo ripeto, padre degli dei, apparteniamo al re di Jotunheim. Mi difendono perché lui l’ha ordinato.” 

“Bene,” fa Odino rivolgendosi a Loki, “dunque cederai le Dísir per avere salva la vita?” Loki non crede alle sue orecchie. Gli sta davvero chiedendo se è disposto a consegnargli l’inutile vita di quattro valchirie maledette in cambio della sua libertà? Per un attimo pensa di ridergli in faccia e dirgli che è davvero un pazzo a pensare di paragonare la sua vita alla loro. Poi però guarda di nuovo le quattro guerriere a difesa di Karen. Sono rimaste con le spade in pugno nonostante l’esercito di Asgard abbia sguainato le proprie. Non hanno smesso di tenere la posizione a difesa di Karen nemmeno nel momento in cui Odino gli ha proposto lo scambio e lui sa che non hanno alcuna fiducia né in lui né in alcun abitante di Asgard. Sorride abbassando lo sguardo sulle sue catene.

“Non credere che lo faccia per loro. La loro vita non significa niente per me. Preferisco morire piuttosto che darti la soddisfazione di rovinare ancora le loro vite che, tra l’altro, passeranno a difendere la mia sposa. Inoltre so che ti darà molto più fastidio vederle andare via da questo posto ancora libere, che vedere morire me. Quindi la mia risposta è no. Non cederò le Dísir.”

“Loki!” L’urlo di Thor mette a tacere ogni mormorio nella sala. Karen si muove in avanti verso di lui con il terrore negli occhi ma Brun la trattiene.

“Molto bene. Allora non mi resta che emettere una sentenza di morte.”

“No!” Grida Karen.

“Invece sì!” Urla Odino. “O vuoi minacciarmi ancora con una guerra che non arriverà mai nella mia casa?”

Karen stringe i pugni ma stavolta è Thor a tirarla indietro.

“Lascia stare, troveremo un altro modo.” Karen è al limite della tensione. Sente le lacrime pungerle gli occhi e combatte per non lasciarle cadere. Sarebbe semplice abbandonarsi tra le braccia forti di Thor ma Loki è lì in catene, i nervi tesi, lo sguardo preoccupato per lei. E’ troppo.

“Devono essere per forza le Dísir?” Grida mentre Thor la spinge lungo il tappeto rosso verso l’uscita. Odino sbatte la lancia in terra e tutta la confusione cessa.

“Cos’altro hai da offrire?”

Karen sa che parlare della gemma della realtà aggraverebbe la posizione di Loki. Non può offrire neanche Utgard. Loki ne sarebbe devastato e i giganti di ghiaccio sono innocenti quanto se non più delle Dísir. 

Guarda disperatamente Loki e a quella figura ammanettata se ne sostituisce un’altra. Le catene sono di acciaio e portano il simbolo dello Shield e lei e Loki sono chiusi nella sua stanza di contenimento a parlare dei segreti dell’universo, di antiche leggende, di scienza e magia. Di antiche tradizioni. Ed ecco la risposta.

“Offro me stessa e un’offerta simile non può essere rifiutata.” Loki scatta in avanti divincolandosi dalla presa delle guardie di Sif.

“Thor!” L’urlo di Loki è inaspettato e cattivo. Il dio del tuono afferra Karen e la trascina via. Le porte della sala si chiudono un attimo prima che Thor possa portarla fuori. La voce di Loki lo raggiunge ancora. “Hai promesso!”

“Taci!” Urla Odino. “L’umana ha ragione, l’offerta di un’anima non può essere rifiutata. Io, il padre degli dei, la accetto.”

“Padre, no, te ne prego!” Lo supplica Thor. Karen gli mette una mano sulla guancia e lo invita a guardarla.

“Non metterti contro tuo padre, va bene così.” Gli sorride lei. “E voi,” dice rivolgendosi alle Dísir, “non intromettetevi.”

Sif li raggiunge per condurre Karen davanti ad Odino ma Thor si frappone fra le due donne.

“Lo faccio io, Sif.” 

Thor conduce l’amica fino al trono guardando il pavimento, i pugni stretti.

“Seguitemi.” Dice Odino prendendo la via per il giardino esterno. Fa un cenno con la mano e ordina a Thor di fare strada a Karen e a lady Sif di condurre Loki.

Odino raggiunge il centro dell’area alle spalle del palazzo e indica un ceppo.

Karen non riesce a trattenere un tremito e Thor la stringe.

“Non sei costretta.” Le sussurra trattenendola per un polso.

“Pensa a Loki.” Fa lei divincolandosi e raggiungendo Odino.

“Ho la tua parola che Loki sarà libero?”

“Libero di tornare a Jotunheim come legittimo re dei giganti di ghiaccio.” Karen annuisce e si inginocchia. Si china in avanti e poggia la testa sul ceppo. Loki viene tenuto da Sif e due soldati ma continua a guardare Thor. Rabbia e disperazione si alternano nello sguardo del dio degli inganni. Thor rimane un passo indietro a Karen.

“Padre, tutto ciò non è giusto.” Dice piano ma in modo che suo padre senta. Di tutta risposta Odino solleva Gungnir ma, quando rilascia il colpo, Thor ha già sollevato la sua mano. La lancia cade ma viene intercettata da Mjöllnir. Lo stridio del metallo contro il metallo agghiaccia tutti i presenti. Tutti tranne Loki, che osa sperare.

“Cosa credi di fare, Thor?” Chiede Odino indignato.

“Ho promesso.”

“E hai sbagliato. Vuoi combattermi con le armi che io stesso ti ho donato? Folle!” 

Come se il martello avesse esso stesso ascoltato le parole del padre degli dei, ricade al suolo impossibile da brandire. Quelli che Karen aveva creduto amici di Thor, si affrettano a tirarlo indietro per impedire che il figlio ostacoli di nuovo il padre.

Odino solleva di nuovo la lancia e stavolta Karen chiude gli occhi sapendo che nessuno può più aiutarla. Eppure lo spazio di una manciata di secondi, sembra dilatarsi all’infinito. 

Loki non ce l’ha con Thor, sa che ha fatto il possibile, a suo modo. Sciocco e infantile, ovviamente.

Sa che la colpa di tutto quello che è successo è sua, come sempre. 

Karen però è lì, ad un passo da lui, con la testa su un ceppo per negoziare per la sua vita.

Lui non lo può tollerare. 

Odino gli ha tolto il suo destino di re. Due volte. 

Ha perso l’unica persona che fino a un anno prima lo avesse mai amato, sua madre.

Ha rinunciato a farsi capire da Thor.

Ha vestito i panni del bugiardo, del traditore, dell’esiliato.

L’unica cosa bella che sia veramente sua è lì, con la testa sul ceppo. 

Stringe le mani e un coltello, uno dei suoi, compare magicamente nelle sue mani. Con un gesto rapido e preciso, lo conficca in una delle belle gambe di Sif. La donna urla e lo lascia andare. Le due guardie sono fuori gioco in un istante. Rimane solo Odino. Che brandisce Gungnir. 

Quello che sta per fare è folle, ma sa che pensare di fermare Odino e la sua lancia oscillante sarebbe ancora più folle.

Si lancia verso di loro e scivola verso il basso, raggiunge Karen e passa i polsi uniti dalle catene intorno alle sua testa frapponendosi con il suo corpo tra la donna e la lancia che cade dall’alto.

Quando sente che Karen si scioglie tra le sue braccia, sorride. Almeno una volta nella sua esistenza ha fatto ciò che doveva. E lì con lei. E se l’Oscillante vorrà due vite invece che una, Odino almeno vivrà con l’onta di non avere mantenuto la sua parola. 

Il colpo, però, non arriva. 

Loki, lentamente, si alza e porta Karen con sé. 

Suo padre lo guarda con la lancia in una mano e l’altra rilassata lungo il corpo.

“Mi dispiace aver tirato così tanto la corda ma dovevo vederlo con i miei occhi.” Dice il dio.

“Vedere cosa?” Sputa fuori Loki velenosamente.

“Mio figlio che sacrifica la sua vita per qualcun altro.” Karen non osa tirare un sospiro di sollievo ma si stringe a Loki come se ancora non credesse che è tutto finito.

“Ti ho detto che è mia moglie, vero?” La voce di Loki adesso è di nuovo sprezzante. Odino ride.

“E che l’hai scelta saggia. Approvo la tua scelta. Avete la mia benedizione.”

“Era una prova?” Chiede Karen.

“Per entrambi.”

“Perdonerai Loki?”

“Ci sono cose che compete a me perdonare e altre no. Può tornare su Jotunheim come legittimo re. Ha conquistato quel titolo secondo le leggi dei nove regni. Riconosco anche la vostra unione. Non sarò meno inflessibile se disturberà ancora l’equilibrio dei mondi.”

Loki non fa in tempo a realizzare il tutto che il corpo di Thor, letteralmente, lo avvolge in un abbraccio.

“Sei stato audace, fratello! Stavolta credevo che saresti morto.”

“E invece no. Neanche stavolta.”

“Bene, adesso che abbiamo salvato Karen, possiamo pensare al nostro amico verde?”

“E’ vero!” Esclama Karen.

“Banner è al sicuro qui.” Risponde Loki.

“Ma gli altri?” Chiede Thor. “Staranno bene? Li abbiamo lasciati in una situazione difficile.”

“Thor ha ragione,” interviene Karen, “Steve e Tony hanno discusso sugli accordi di Sokovia.”

“E come ci riguarda questa cosa?” Ironizza Loki. Karen mette entrambe le mani sui fianchi.

“Non possiamo abbandonare Jarvis e Wanda nelle mani di Ross, non credi?”     

“Dobbiamo aiutarli. Io andrò. E poi devo portare un messaggio di Banner a Natasha.” Asserisce Thor. Karen guarda Loki.

“Steve è stato dalla nostra parte, ora tocca a noi stare dalla sua.” Loki sbuffa.

“Capitan ghiacciolo dalla nostra parte?” Karen annuisce. “D’accordo ma si fa a modo mio. Stavolta non si precipita tra tuoni e fulmini. Stavolta useremo un camuffamento.”

Loki fa l’occhiolino a suo fratello e Karen lo abbraccia. 

Odino, stavolta, li lascia andare con benevolenza.


NdA
Chiedo scusa se questo capitolo è un po' lungo.
Non volevo interrompere la sequenza di Asgard.
Ringrazio tutti coloro che passano a dare un'occhiata. Se volete dire la vostra, ne sarei molto felice.
Un abbraccio a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui.
Mary.

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Capitolo 16
*** Quando speri per il meglio, è allora che tutto precipita ***


Capitolo 16
Quando speri per il meglio, è allora che tutto precipita

 

Quando la luce del bifrost sparisce dal tetto del palazzo su cui li ha portati, Karen non può fare a meno di sorridere per i travestimenti che Loki ha scelto per loro. 

Lei è vestita come Maria Hill, tailleur nero e tacchi a spillo, Loki indossa un abito grigio che lo fa somigliare ad un attore di Hollywood mentre Thor sembra un meccanico, disordinato e in sovrappeso.

“Cosa mi hai fatto? Perché sembro un ubriacone?” Si lamenta Thor allargando le braccia.

“Non lamentarti, così passi inosservato. Di solito sei più, come dire?” Loki esita cercando la parola giusta.

“Fulgido? Meraviglioso?” Fa Thor.

“Appariscente.” Lo zittisce il fratello.

“Non è il momento di discutere. In effetti faccio fatica a riconoscerti, Thor, ed è un bene.”

“Sentita la signora?”

“Sì, fratello. Qual é il piano?”

“Dobbiamo parlare con gli altri.” Dice Karen. “Saranno tutti nel palazzo dei congressi.”

“Allora dobbiamo cercarli. Faremo prima se ci dividiamo.” Fa Thor.

“Non mi piace questa idea.” Lo interrompe Loki.

“Invece ha ragione,” lo interrompe Karen, “non abbiamo molto tempo. Dobbiamo trovare, Steve e Tony.”

“Tony è nel palazzo mentre Steve è qua intorno, lui non ha intenzione di firmare.”

“Come fai a saperlo?” Chiede Thor. Loki sfila dalla tasca dell’abito un telefono. “Dove diavolo lo hai preso quello?”

“Me lo ha dato Fury, insieme al distintivo da agente. Quello l’ho perso, peccato. Il telefono è più importante. Invenzione interessante. Dovresti averne uno, Thor.” Lo prende in giro Loki.

“A che ti serve?”

“Fury mi ha mandato un messaggio. Finché ero su Asgard non potevo riceverlo ma ora sì. Dice che Rogers è venuto a Vienna da solo per indagare sulle intenzioni di Ross. Stark invece firmerà i trattati di Sokovia.”

“Allora io cerco Rogers. Neanche io intendo firmare quei trattati, quindi sono nella sua stessa situazione.”

“Noi cerchiamo Tony?” Chiede Karen a Loki.

“Tu lo cercherai. Io devo trovare Visione. Le gemme dell’infinito non devono cadere in mano a Ross.” Karen annuisce.

“Allora andiamo e rimettiamo insieme la squadra. Ok?” Thor annuisce e prende la via per le scale. Karen fa per seguirlo quando Loki l’offerta per un polso e la tira indietro. “Che c’é?”

“Fa attenzione lì dentro. Percepisco qualcosa e non ho ancora capito cos’é.”

“Ho affrontato Odino, penso di poter far fronte a Tony Stark.”

“Riparleremo di questa storia. Sei stata avventata e incosciente.”

“Non voleva veramente le nostre teste.”

“E nonostante ciò, se fossi stato insincero, ti avrebbe ucciso.” Lei gli si avvicina e gli tocca una guancia con una mano.

“Sono tua moglie.”

“Sei più di questo.” Fa lui tirandola a sé e baciandola. Preme le sue labbra su quelle di Karen con urgenza rabbiosa. Il bacio é caldo e passionale. Come quelli scambiati nei pochi giorni passati su Jotunheim. “Sei parte di me.”

Come tutte le volte in cui lei non riesce ad evitare che un tremendo rossore le invada il viso, si stacca di scatto dal corpo di Loki e si volta.

“Come tu lo sei di me.” Risponde e prende la via per le scale.

“Non allo stesso modo.” 

Lei non può sentirlo e va bene così.

 

Se una persona vuole passare davvero inosservata, può riuscirci. Anche se sei Capitan America e il tuo volto è sulle figurine da ottant’anni.

Mentre se ne sta con i gomiti sulle ginocchia, Steve si chiede se sia sul serio il berretto ad impedire alla gente che passa di riconoscerlo o, piuttosto, il senso di impotenza che lo attanaglia da quando è arrivato a Vienna.

Spesso si dice di non gradire le responsabilità che la vita ci ha gettato addosso ma, quando qualcuno ce le leva improvvisamente dalle spalle, raramente ne siamo davvero sollevati se siamo dei combattenti, se abbiamo lottato per raggiungere dei traguardi.

Steve é un combattente, anzi é un soldato. Arrendersi non é un’opzione.

É anche un ribelle. Uno che ha fatto la guerra avanzando sempre e soltanto sulla base dei principi che gli sono propri, non quelli che gli sono stati iniettati in corpo per trasformarlo in un supereroe.

Adesso questi accordi di Sokovia puzzano di controllo, limitazione dell’autodeterminazione,  utilizzo improprio di sforzo bellico non indifferente. 

Gli é stato chiesto di cambiare tutto di sé senza cambiare nulla. Ricorda ancora le parole del dott.Erskine. É stato scelto perché anche un piccolo uomo può fare la differenza. Lui ci crede ancora. 

Oggi è piccolo esattamente come lo era allora. Forse é annidata in questo pensiero la sua vera forza. Stringe appena un pugno. Quante persone ha difeso con quelle mani? Perso in questi pensieri, si accorge appena dell’uomo che si è accomodato accanto a lui. 

“Preoccupato?” Steve solleva appena lo sguardo e i suoi occhi inviano un messaggio al suo cervello che dice che dovrebbe conoscere la persona che gli ha rivolto la parola. L’uomo sorride e, in quell’espressione familiare, lo riconosce.

“Thor?”

“Già, amico mio.”

“Che ti è successo?”

“É solo un travestimento. Una delle magie di Loki.”

“Loki è vivo?”

“Lo é. Tutto é andato per il meglio. Karen e Bruce sono al sicuro. Qui come va?”

“Non saprei dirlo. Davvero. Tony e Natasha firmeranno. Clint se n’è andato. Non ho la più pallida idea di cosa faranno Visione e Wanda. Con Bruce e Karen fuori dai giochi, siamo rimasti solo io e Wilson.”

“Fury che dice?”

“Che se vogliono le sue dimissioni per lasciare in piedi ciò che rimane dello Shield, le avranno.”

“Per quello che vale, la penso come te. E Karen ha deciso di fare un tentativo con Stark. Sta andando da lui proprio adesso.” Cap scuote la testa.

“Ha già deciso e Tony è testardo quando é convinto di fare la cosa giusta.”

“Probabile, ma anche Karen sa il fatto suo.” Steve sorride.

“Vero. A testardaggine sono alla pari. Vedremo.” 

Come tutte le volte in cui Steve osa sperare che andrà tutto per il meglio, qualcosa precipita. Ottant’anni fa si trattava di un aereo. Oggi è una figura che, dal palazzo di fronte, si lancia contro la vetrata del palazzo delle Nazioni Unite mandandola in frantumi.

L’esplosione che segue spazza via metà quinto piano dell’edificio.

Steve scatta in piedi. È quello in cui stanno firmando gli accordi di Sokovia.

 

Karen ha raggiunto la stanza in cui hanno fatto accomodare Iron Man in attesa che lo chiamino per far firmare i trattati. É stato facile vestita come un qualsiasi agente della sicurezza.

Si muove con una disinvoltura che, da viva, non ha mai posseduto. Raggiunge la porta e bussa. Attende un istante prima di abbassare la maniglia e aprire la porta. Tony è seduto di spalle e guarda la tv. Solleva una mano e fa oscillare un bicchiere in cui tentenna del ghiaccio.

“Non siete molto ospitali da queste parti. Ho finito il mio drink almeno venti minuti fa.” Karen sorride e avanza fino a che Tony non si accorge di lei. “Karen? Alla fine ti sei convinta?” La donna scuote la testa.

“Affatto. Sono qui perché voglio sentire direttamente da te che cosa diavolo hai in mente di fare.” Tony sia alza e poggia il bicchiere sul tavolo di mogano.

“Ho in mente un mondo migliore. Un mondo che non potremo mai avere senza l’appoggio della comunità che difendiamo.”

“La comunità che difendiamo è stata strumentalizzata da gente come Ross, persone che non attribuiscono alla vita umana sufficiente valore per meritare la fiducia necessaria a gestire l’utilizzo di poteri come quelli che possiede Iron Man.”

“Ross è una persona. Le persone vanno e vengono. Le regole restano.”

“Tu? Tu mi parli di regole? Quando ti hanno chiesto di consegnare l’armatura, ti sei opposto come se quella resistenza fosse l’ultima barriera tra gli Stati Uniti e l’Apocalisse.” Sul senso di quell’ultima parola, Tony si ferma un istante poi, spazientito, si alza.

“Io,” dice rabbiosamente tra i denti, “l’ho vista l’Apocalisse. Sotto forma di un esercito alieno che galleggia lassù” fa indicando con un dito io soffitto della stanza “in attesa di conquistare il nostro pianeta. Quelli sono nemici che nessuno può sconfiggere da solo.”

“Ma tu non sei solo! Tu hai noi! Perché sei in cerca di altri alleati?”

“Tu non capisci, Karen. Per sconfiggere il nemico di cui parlo io, bisogna armare la mano di ogni soldato. Chiedilo a Loki! Chiedigli quanto è grande l’esercito di cui parlo.” Karen si calma.  Prova con un tono più conciliante.

“Non sto dicendo che tu abbia torto e sono certa che anche Steve condivide i tuoi timori.”

“Peccato che non sia qui.”

“Lo sai cosa ha passato. Non puoi chiedergli di fidarsi di Ross e non dovresti farlo neanche tu.”

“Disse la donna che si fida di Loki.” Karen sorride di un sorriso amaro.

“Questo è un colpo basso e lo sai. Non sempre il nemico è là fuori. Tenere unito il gruppo dovrebbe venire prima di tutto.” Tony fa un passo indietro.

“Questo vale anche per te. Tieni unito il gruppo e firma gli accordi. Ti garantisco che non ti sarà fatto del male.” Karen non riesce a trattenere la sorpresa.

“Non ci credo. Me lo stai davvero chiedendo sapendo quello che mi faranno?”

“Ti ho già assicurato che non ti verrà fatto del male.” Karen sbotta.

“E chi decide cosa è ‘male’? Cosa mi fa male? È questo che hai detto a Visione? Dov’é Wanda adesso?” Tony apre la bocca ma le parole non escono. “Lo so che non sono stata l’amica più affidabile del mondo, ma ora potevo essere su un altro pianeta a fare qualsiasi altra cosa invece di stare qui. Sono qui per te. Perché ti credo e vorrei che rimanessimo una squadra pronta ad affrontare ogni difficoltà. Insieme. Prima di evitare la guerra con l’universo, dovremmo evitare una guerra civile.”

Tony poggia un pugno sul tavolo poi, comprendendo che quello è il punto di non ritorno, scandisce bene le parole.

“Volevo cambiare le cose diventando Iron Man, volevo fare la differenza. Ho sbagliato con Ultron e intendo mettere le cose a posto.”

Karen sa che il nocciolo della questione é sempre stato quello. Si volta e raggiunge la porta.

“Tu hai ragione a pensare che in agguato ci sia un grave pericolo. Tuttavia dovresti avere più fiducia in te stesso e meno nel sistema. È vero: Ultron è stato un errore, ma non eri il solo a lavorare su un sistema di intelligenza artificiale. Altri ci stavano lavorando, anche da prima. Tu sei semplicemente stato più bravo.” Tony sorride anche se lei può solo sentirlo. “Non mollarci.”

Karen lascia la stanza. Sta per lasciare anche il piano quando una voce la ferma sulla scale.

“Pensavi di andartene indisturbata?” Karen si volta e guarda negli occhi Nat.

“Vuoi fermarmi?”

“Dipende. Firmerai gli accordi?” Karen scuote la testa. “Allora dovrei farlo. C’è un’ordine di fermo e custodia su di te.”

“Intendo andarmene di qui. Non vorrei farlo combattendo.” Natasha sorride.

“Come se avessi speranze di battermi.”

“Io no, ma la regina rossa è una stronza che non vorresti conoscere.”

“Ne sono sicura e, nonostante ciò, io firmerò il trattato per cui non posso lasciarti scappare.”

“Lo sai che Bruce verrebbe incarcerato e sottoposto ad esperimenti se fosse qui?”

“Ma lui non é qui.” Il tono di voce della Romanov è carico di risentimento.

“È stato un ordine di Fury.”

“Sono tutti ordini di Fury, Karen. Non siamo sempre costretti ad obbedirgli.”

“Allora lasciami andare via.”

“Ottima argomentazione,” fa Nat, “ma io sono più il tipo che agisce.” Karen solleva una mano per difendersi quando una tremenda esplosione riempie l’aria.

 

Il silenzio calato nella stanza è odioso.

Jarvis lo detesta, così prova a riaprire la conversazione.

“Non intendevo offenderti in alcun modo.” Wanda solleva appena lo sguardo torvo.

“Quando hai detto che sono qui per sicurezza precisando che non si tratta della mia ma di quella del resto del mondo?”

“Non l’ho detto in questi termini.”

“Sai, Jarvis, i termini a volte non contano. A volta conta il significato che hanno.”

“Ti ho spiegato che questa momentanea restrizione della tua libertà é un gesto di buona volontà che stai facendo per dimostrare alle persone che si trovano in questo edificio e che rappresentano la volontà popolare che non sei un pericolo.”

“Hai dimenticato di dire che questo gesto mi è stato imposto!” Gli occhi di Wanda brillano di un’intensa luce scarlatta.

“Me ne dispiaccio ma, quando avremo firmato i trattati, sarai libera.”

“È questo quello che vi hanno detto?” La voce di Loki fa voltare Wanda e Visione verso la finestra. Loki se ne sta seduto con una gamba penzoloni fuori dalla finestra e con l’altra dentro la stanza.

“Loki, dunque la sua escursione su Asgard è terminata!”

“Non saprei. In realtà credevo fosse finita la mia escursione su Midgard ma,” dice allargando le braccia, “a quanto pare avete ancora bisogno di me qui.”

“Il sig. Stark ha tutto sotto controllo.” Dice Jarvis con convinzione. Loki si avvicina a lui e a Wanda.

“L’uomo di latta desiderava un cuore. Per questo fece il viaggio fin nel cuore del regno di Oz ma quando si rese conto che il mago cui aveva dato credito era un ciarlatano, dovette accettare la realtà.” Loki pronuncia la storia come se stesse raccontando una favola della buonanotte a dei bambini.

“É forse una metafora?” Chiede Jarvis.

“Neanche tanto velata. Questi accordi sono una favola. Stark vuole il perdono dell’umanità per aver creato Ultron. L’unico che può perdonarlo da quel peccato é lui stesso. Tuttavia cerca qualcuno che reciti la parte del grande mago di Oz.”

“Le leggi che lo governano sono la cartina di tornasole delle qualità un popolo.” Ribatte Jarvis.

“Le leggi sono le regole di chi comanda.” Loki lo dice con malizia. “Ho chiesto al popolo di Midgard di obbedire alle mie, ma non ha voluto. Che cosa curiosa!”

“Ho letto le richieste contenute nei trattati. Non sono irragionevoli.”

“Trovi ragionevole che imprigionino la donna che ami?” Dice Loki indicando Wanda e lei china la testa.

“Trovo che chi ha più potere debba sacrificarsi per difendere gli innocenti.” Risponde lui e si volta a prendere una delle mani della donna. “E trovo che lei sia perfettamente in grado di capire che un piccolo sacrificio le renderà più onore agli occhi delle persone che la temono.” Loki guarda Wanda.

“Non hai detto una parola. Non hai un’opinione o hai paura di esprimerla?” Lei guarda prima Loki poi Visione.

“Ho fatto di tutto per proteggere la mia gente prima e tutti gli altri dopo. Ho perso mio fratello, il mio gemello. È una ferita ancora aperta. Non voglio perdere anche te, Jarvis, ma non mi piacciono questi accordi. Il potere nelle mie vene é pericoloso, é vero, ma sono io a sentirlo scorrere e non credo che nessuno sia in grado di stabilire meglio di me come usarlo. Non voglio essere usata.” Dice sfilando la mano da quella di Visione. Lui piega appena la testa di lato come non comprendendo il senso di quel gesto. “Mi dispiace.”

Loki sta per dire che è ora di fare una scelta quando i vetri alle sue spalle vanno in frantumi e tutto trema.

 

Nick Fury ha risposto a diverse domande della commissione che sta vagliando se lasciargli il ruolo di capo operativo dello Shield oppure destinarlo a diverse mansioni.

Lui non si illude che qualcosa di quello che ha detto possa aver cambiato la decisione che quelle persone hanno già preso. Tra l’altro, gli hanno fatto una serie di quesiti che non hanno ancora centrato il punto quando Ross sale in cattedra.

“Ci riferisce che la presenza di Loki al quartier generale dello Shield era sotto la diretta responsabilità di Thor ma Thor ora non è qui e, per quanto ne sappiamo, non intende firmare i trattati.”

“Thor non è umano. Non é assoggettato alle leggi del nostro pianeta.”

“È un Avenger, giusto?”

“E dovremmo ringraziarlo per questo.” Sbotta Fury.

“Non se fa il suo comodo a casa nostra.”

“Il suo comodo? Ha salvato migliaia di vite umane.”

“Dopo aver creato il pretesto per metterle in pericolo.”

“Preferite che non sia più un nostro alleato?”

“Preferiamo che rispetti le nostre regole.”

“Ha sempre agito sotto la mia supervisione. Vi ho già ribadito che se volete le mie dimissioni, le avrete.”

“Qui si tratta di dare un segnale forte.”

Ross non riesce a terminare la frase che la vetrata che ricopre l’intero lato destro della sala va in frantumi. Molti dei presenti gridano e corrono verso la porta. L’esplosione che segue devasta il salone delle conferenze. 

Il suono stridulo delle sirene dei mezzi di sicurezza, o di soccorso Fury non sa dirlo, le urla dei feriti, l’odore del sangue e di ciò che è bruciato lo avvertono del pericolo. Gli dicono di alzarsi ad ogni costo, controllare se c’è qualcosa che può usare come arma e prepararsi ad uno scontro. Invece rimane disteso a terra, un braccio lungo il fianco piegato in modo innaturale. È ferito, quanto gravemente dipende dalla persona che sta camminando verso di lui e che non sembra affatto appartenere ai soccorritori.

Non riesce a vederlo e gli viene da ridere pensando alle parole di Stark sugli angoli ciechi e  sul fatto che deve continuamente girare la testa per tenere ogni cosa sotto controllo.

Magari potesse anche solo muovere la testa adesso! Non accetterà mai il fatto che non può fare niente, eppure la realtà é questa. 

L’uomo lo afferra per il collo dell’impermeabile e lo solleva con una mano sola. Una mano di metallo. 

“Barnes, che cosa hai fatto.” Si lamenta e non vorrebbe. 

“Obbedisco.” Risponde l’efficienza del soldato d’inverno da dietro la maschera che gli copre metà del viso, lo sguardo vuoto che valuta quanto gli resta da vivere. Decide che gli resta poco o nulla perché lo scaraventa contro la parete opposta. Fury si piega contro il muro, incapace di reagire in alcun modo. Barnes sta per lanciarsi nel suo ultimo attacco quando lo scudo di Rogers lo colpisce alle spalle e lo fa piegare in avanti.

In un attimo Capitan America si pone tra Barnes e il suo obiettivo.

“Bucky, ora basta.” Gli dice cercando di scuotere quello che un tempo era il suo migliore amico.

“Non posso.”

“Sì che puoi. Arrenditi e risolviamo tutto. Già una volta ti ho detto che sono disposto ad aiutarti.”

“Tu non puoi aiutare nessuno, Capitano.” Steve non fa in tempo a replicare che una scarica di proiettili riempie la stanza. 

“Non siete stati carini ad iniziare la festa senza di me.” La voce di Iron Man fa voltare il soldato d’inverno che usa il suo braccio artificiale per schermarsi dagli attacchi di Stark. Si china, porta le mani dietro la schiena e sfila le spolette da due bombe a mano che lancia nella direzione dei suoi avversari. Solo quella contro Iron Man esplode, l’altra, quella diretta contro Rogers, si rivela essere un fumogeno.

Quando il fumo si dirada, di Bucky non c’è più traccia. 

Tony invece sta cercando di tenere la trave portante dell’edificio affinché non crolli e faccia collassare l’intera struttura.

“Capitano, fa evacuare il palazzo. Non so quanto ancora posso reggerlo.” Dice diretto a Steve che però é chino sul corpo di Fury.

“Ha bisogno di un’ambulanza. È messo male. E ci sono almeno venti persone sotto le macerie.”

“Allora datti una mossa!” In quel momento però, mentre Steve cerca di tirare fuori una donna da sotto un pezzo di cemento armato, un altro più grande si solleva e compaiono Visione, Wanda e Loki.

Visione affianca Tony nel lavoro di sostenere il soffitto della sala mentre Wanda si affretta ad usare il suo potere per liberare i feriti. 

Loki si guarda intorno. Sta per chiedere a Stark dove si trova Karen quando la donna e Nat si fanno largo nella stanza forzando una delle ante della porta semidistrutta.

“Che diavolo è successo?” Chiede la vedova nera correndo verso Fury. “Bisogna prestargli subito cure mediche. Tu che fai lì impalata?” Dice rivolgendosi a Karen. “Non sei un dottore?” Karen si china su Fury e controlla le sue ferite. Scuote la testa e comincia la rianimazione.

“È in arresto cardiaco. Se resta qui, non ce la può fare. Posso tenerlo in vita, ma dobbiamo andarcene subito.” 

Un cedimento ulteriore spinge Tony e Jarvis ad usare più energia per tenere in piedi la baracca. Il pilastro più esterno ondeggia paurosamente e cadrebbe addosso a Steve se non sopraggiungesse Thor a puntellarlo con il suo martello.

“Cosa aspettate a lasciare il palazzo? Sta per crollare tutto!” Grida il dio del tuono.

“Ci sono ancora troppe persone nella struttura. Dobbiamo fare qualcosa!” Urla di rimando  Steve.

Loki passa con lo sguardo da Karen, che cerca di evitare la morte di Fury, alla trave sostenuta da Tony e Visione.

“Devo davvero ricordarvi che questa gente vi considera scherzi della natura e che fino ad un attimo fa stava progettando di privarvi di ogni libertà per fare orribili esperimenti su di voi?” Puntualizza Loki.

“Ironico, vero?” Scherza Tony. “Hai idee utili a risolvere questa situazione, piccolo cervo, oppure vuoi che ci seppellisca una risata?” Loki scuote le spalle e cammina fino al punto dove si trova Thor.

“Lascia andare la colonna.”

“Come dici, fratello?”

“Hai sentito. Non puoi evitare il crollo. Prendi Karen e Fury e portali su Asgard.” Lo sguardo di Thor si fa attento.

“A cosa pensi, Loki?”

“Fury era l’unico della squadra presente al momento dell’esplosione. Era lui l’obiettivo. Devi portarlo al sicuro. Karen potrà tenerlo in vita fino a quando non arriverà alle stanze di guarigione.”

“E gli altri?”

“Ci penso io.”

“Come?”

“Ho detto che ci penso io.” Ripete Loki mentre una scintilla verde gli passa nello sguardo.  “Strega,” dice poi diretto a Wanda, “sostieni la colonna il tempo necessario.” Gli occhi di Wanda si riempiono della stessa luce e Thor si sposta.

La colonna rimane in piedi avvolta dal potere scarlatto della Maximoff.

Loki e Thor raggiungono Karen che continua a premere con entrambe le mani sul petto di Fury. Loki mette una mano sulla spalla di suo fratello.

“Fa aprire il bifrost e portali via.”

“Non ti lascio qui.” Esclama Karen all’indirizzo del marito senza perdere il ritmo dei colpi.

“Sei indispensabile altrove.”

“Allora vieni con me.”

“Io sono indispensabile qui.” Risponde lui alzandosi e raggiungendo Iron Man.

“Qui sta per crollare tutto!” Grida lei, disperatamente. Loki allarga le braccia mentre lei avverte di nuovo lo strano formicolio che la prende quando Loki sta per usare l’aether.

“Non in questa realtà!” 

Le parole magiche, che anche Karen ha imparato ad usare quando deve sprigionare il suo potere, liberano dalle mani di Loki il potere della gemma della realtà. Thor invoca Heimdall.

“Posso farlo io!” Grida la donna. Loki la guarda e sorride. Quel sorriso che Karen ama dal profondo di un cuore che batte solo grazie alla sua magia.

“Non scherzare, amore mio.” Dice mentre lei viene avvolta dalla luce del bifrost. Riesce a vedere solo che il fluido della gemma avvolge lentamente tutto lo spazio attorno e lo ridefinisce. Sbatte le palpebre ma, quando rimette a fuoco la vista, intorno a lei c’è Asgard.

Guarda Fury e reagisce.

“Andiamo, Thor. Loki se la caverà.”

 

Il potere é stato sempre un mezzo per Loki. Uno strumento per raggiungere l’obiettivo finale. Quale fosse, cambiava di volta in volta anche se umiliare Thor é sempre stata una priorità per lui.

Ora però, mentre muove le mani plasmando la materia dell’edificio, di fatto modellando la realtà in cui le persone intorno a lui possono vivere o morire, apprezza il potere per ciò che è. Di fatto, l’abilità di definire il destino.

Potrebbe letteralmente smontare Iron Man pezzo per pezzo o disfare lo scudo di Rogers solo muovendo un dito. Forse neanche quello.

Una volta uno dei suoi avversari, non nemici perché di fatto non ha mai avuto dispute con nessuno, gli ha detto che lo trovava mancante di convinzione. All’epoca, quando lo ferì a morte, non capì a cosa si riferiva. 

Muove le mani e la trave che fino ad un attimo prima si stava sbriciolando sotto il peso dell’edificio che sta collassando, si ricompone più spessa e solida di prima.

L’edificio riacquista la sua forma originale.

La convinzione in se stesso è una cosa che non ha mai posseduto prima d’ora.

Più esattamente, prima di aver ceduto la gemma della realtà a Karen.

Alza le mani un’ultima volta per rimettere in ordine persino le sedie e il grande tavolo di legno che decorava la sala delle conferenze. 

Quando l’aether si riavvolge su se stessa per svanire nel palmo delle sue mani, si accorge che Stark, Visione, Natasha, Steve e Wanda lo guardano a bocca aperta.

“Beh? Non avrete pensato che il dio più potente di Asgard fosse Thor!”

“Te lo concedo, piccolo cervo, ci sai fare con quella cosa.” Dice Tony riferendosi al potere della gemma.

“Volete soccorrere i feriti o pensate che debba occuparmi anche di loro?” Sbuffa Loki per nascondere una sorta di soddisfazione che, per la prima volta nella sua vita, non viene dall’aver ingannato o deriso qualcuno ma dall’essere stato utile ad altri che a se stesso.

“Per carità!” Esclama Nat. “Ci penso io. Non vorrei che troppa generosità ti uccidesse.”

Mentre la vedova nera aiuta alcune persone e Wanda ne soccorre altre, Tony riceve un messaggio.

“A quanto pare il soldato d’inverno si sposta rapidamente. E’ stato avvistato appena fuori città. Vado a prenderlo.”

“Aspetta!” Steve lo ferma. “Lascia che vada io.” Tony lo guarda con disappunto.

“Hai già provato a modo tuo. Due volte. Ora facciamo a modo mio.” Steve non si sposta.

“E quale sarebbe? Vuoi ucciderlo?”

“Gli chiederò gentilmente di arrendersi, se non lo fa, gli scarico addosso l’artiglieria pesante. Sono quasi certo che non lo ucciderà.”

“Tony, quell’uomo agisce sotto il condizionamento dell’Hydra. Dobbiamo salvarlo.” Stark mette le mani sui fianchi e scuote la testa.

“Non capisci proprio mai quando una battaglia è persa.”

“Non posso arrendermi con Bucky.”

“Non dipende più da te. Ha attaccato la sede delle Nazioni Unite. Ha fatto delle vittime. Va fermato e contenuto. Sarò chiaro con te. Dammi una mano in questa storia e faremo finta che fossi con me al piano di sopra quando è scoppiata la bomba. Diversamente ti assumi la responsabilità delle conseguenze di quello che è appena successo.” Steve lo guarda contenendo la rabbia che ha preso il posto della frustrazione che aveva provato fino a quel momento.

“Stark il misericordioso! Non fa per me. Fa quello che devi, io farò lo stesso.” Dice voltandosi e guadagnando l’uscita.

“Se te ne vai adesso, è finita!” Gli urla dietro Stark sotto lo sguardo sconfortato degli altri Avengers.

Non riceve risposta. 

Nessuno si accorge che Loki si è volatilizzato un istante prima che Ross compaia sulla porta.

 

Thaddeus Ross è furioso.

Non solo la firma dei trattati di Sokovia è saltata ma è finito tutto in un bagno di sangue e cenere.

Più di uno dei suoi responsabili gli ha chiesto conto di quello che è successo.

Ha contattato Stark ma Iron Man è sulle tracce del terrorista che ha provocato l’attentato e non ha ancora dato notizie. Visione e Scarlet Witch sono stati scortati nuovamente ai loro alloggi. 

La cosa peggiore è che nessuno gli ha detto ancora che fine ha fatto Nick Fury. La Hill sta parlando sottovoce con la Romanov ma non sembra voler condividere le informazioni che si stanno scambiando.

Si avvicina risoluto e decide di fare il duro.

“Signore, aggiornatemi. Vittime? Danni?” La Hill gli mostra un tablet con i dati.

“Che tragedia. Notizie di Fury?” Nat parla per prima.

“No. Risulta tra i dispersi.”

“Dispersi? Come avrebbe fatto ad uscire di qui dopo l’esplosione?”

“Non lo sappiamo, generale,” interviene Maria, “qui non c’è.”

“Dovremmo chiamare l’agente Coulson. E’ lui che ha il livello più alto allo Shield dopo Fury.”

“L’agente Coulson è altrove affaccendato. Sono certa che non sarebbe di alcuna utilità qui. La priorità è definire un perimetro di sicurezza.” Ribatte Maria ma le muore il fiato in gola quando Phil Coulson si materializza alle spalle di Ross.

“Signori, questa è un emergenza di livello sei. Se lei è d’accordo, generale, vorrei affiancarla nella gestione operativa. Agente Hill, lei dovrebbe coordinare le squadre tattiche e ripulire la zona. Dovrebbe anche acquisire tutti i filmati della video sorveglianza. E’ esploso tutto nel raggio di un chilometro ma l’epicentro rappresentato da questo palazzo è intatto. Voglio sapere come.” Lo dice chiedendo con lo sguardo la collaborazione di Ross. Il generale annuisce.

“Va bene, vado.” Dice la donna e si avvia per la porta che conduce alle scale. Coulson prosegue.

“Agente Romanov, rintracci Stark. Non vogliamo che prenda troppe iniziative, vero generale?”

“Certo.” Nat guarda Phil con sospetto ma si allontana.

“Grazie di essere qui,” dice Ross, “come ha fatto ad arrivare tanto in fretta?”

“Ero in zona a dir la verità. Grazie per avermi assecondato, ho sempre desiderato dare ordini alla vedova nera!” Dice sorridendo.

“Lo ha fatto in modo egregio. Mi segua nella sala operativa. Abbiamo diverse cose di cui occuparci.” Coulson segue Ross fino ad una stanza piena di monitor e persone che lavorano al programma di riconoscimento facciale. Capisce subito perché lo stanno usando. Cercano Barnes.

“Non lo avete ancora trovato?”

“E’ solo una questione di tempo.” 

L’agente dello Shield cammina fino al monitor più grande e finge d’interessarsi ad un frame di un video di sicurezza. In realtà si è accorto che uno dei soldati ha sullo schermo la foto di  Fury e non quella di Barnes. Torna indietro, di nuovo accanto a Ross.

“Notizie di Fury?” Il generale scuote il capo simulando contrizione.

“Disperso. A tal proposito, gradirei che usasse le sue credenziali, agente Coulson, per darmi accesso alle risorse dello Shield. Sarebbero molto utili ora e io lo apprezzerei.”

In quel momento una spia rossa lampeggia su tutti gli schermi e un soldato si alza.

“Signore, abbiamo trovato Barnes. Le telecamere esterne dell’aeroporto lo hanno individuato un minuto fa.”

“Bene. Preparate due squadre operative. Non deve sfuggirci.”

“Non dovremmo far evacuare l’aeroporto?” Chiede Coulson.

“Scherza? Non voglio dargli un simile vantaggio. Se la gente si muove, capirà che lo abbiamo trovato.”

“Più che logico.”

“Ritornando alla faccenda dei codici, collaborerà?” Coulson sorride.

“Certo signore. Mi faccia contattare la Vedova Nera affinché si diriga lì con Stark.”

“Faccia pure.” 

Coulson prende il telefono e lascia la sala operativa. Compone un numero e aspetta.

“Fury?” Chiede la voce di Rogers che risponde dall’altra parte.

“No.” Risponde l’agente riprendendo le sue vere sembianze. 

“Loki?”

“Barnes è all’aeroporto. Stark è di certo sulle sue tracce perché lo hanno trovato con un programma di riconoscimento facciale registrato a marchio Stark. Due squadre operative stanno lasciando il palazzo. Hai dieci minuti. E’ tutto il vantaggio che posso darti.”

“Me lo farò bastare.”

“Cercherò di farti avere dei rinforzi.”

“Ok.” Loki sta per riattaccare quando Steve riprende a parlare. “Perché mi stai aiutando?”

“Perché mia moglie lo farebbe. Lei dice che tu sei stato dalla nostra parte.” Rogers sorride  ma Loki non ha finito. “E perché mi ricordi Thor. Lui non si è mai arreso con me. Barnes merita un’altra possibilità.” Il dio degli inganni riattacca. Non ha più tempo, né voglia di parlare con Capitan correttezza. Ora deve mantenere la promessa che ha fatto.


NdA:
Rieccomi... come passa il tempo! E non solo nella realtà. Anche nella storia siamo arrivati agli albori di Civil War ovviamente nella versione di Loki.
Confesso che mi sono divertita a scrivere questo e i prossimi capitoli.
Spero che vi siate divertiti anche voi se avete avuto la forza di arrivare fino a qui.
Da qualche giorno mi ronza un'idea nella testa che è quella di un crossover tra questa storia e quella che sto scrivendo sugli X Men anche se non ho ancora concepito come.
Credo che dovrò andare molto avanti in quest'ultima se voglio agganciarmi al periodo narrato prima di Infinity War e se penso che in questa devo ancora passare per Ragnarock, mi viene il mal di testa.
Chi vivrà vedrà.
Vi abbraccio tutti.
Mary.

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Capitolo 17
*** Guerra civile ***


Capitolo 17
Guerra civile



Natasha la lasciato il palazzo delle Nazioni Unite per raggiungere Tony. 

Quando lo ha chiamato, ha scoperto che era diretto all’aeroporto. Barnes è stato avvistato lì. 

Per un attimo ha pensato di dirlo a Steve ma lui e Stark sono ai ferri corti e non vuole far scattare la scintilla che innescherà una guerra civile.

In più, l’arrivo improvviso di Phil l’ha lasciata perplessa. Sapeva che era concentrato sul progetto ‘inumani’ e che Fury gli aveva dato priorità assoluta. Che diavolo ci faceva a Vienna? Se ne occuperà dopo. Adesso la priorità è impedire a Tony di uccidere Barnes facendogli credere che è una sua scelta.

Sorride di stizza. Tocca sempre alle donne il lavoro più duro: far ragionare gli uomini.

L’aeroporto è movimentato come al solito. Evidentemente quell’imbecille di Ross ha scelto di non farlo evacuare.

Scivola tra la folla camminando a passo svelto. Si guarda intorno come le hanno insegnato durante il suo addestramento da spia. Cerca un’uscita. Non una comune. Una in grado di portarla agli hangar dei jet privati. 

Se Barnes è in fuga, ha bisogno di un mezzo. Quasi certamente gliene è stato messo uno a disposizione. Questo la fa riflettere. Il soldato d’inverno è l’arma perfetta, ma agisce sempre al soldo di qualcuno. Chi poteva volere un massacro come quello che ha quasi scatenato a Vienna? 

L’Hydra è la prima risposta che le viene in mente ma l’hanno già debellata. Due volte. La seconda è costata quasi l’esistenza dello Shield, la cosa che più somiglia ad una famiglia per lei. 

Ora capisce perché Fury ha finto di disinteressarsi alla disputa tra Tony e Steve e di presentarsi lo stesso alla firma dei trattati anche se non lo convincevano dal primo momento. Lei lo ha seguito come al solito e adesso è l’unico operativo rimasto sul campo che risponda ancora agli ordini di Nick.

Individua la porta che cerca a venti metri sulla destra. La raggiunge e la fa scattare con uno dei dispositivi in dotazione al suo equipaggiamento. 

L’aria all’esterno è più calda e puzza di gasolio. Si muove più rapidamente ora che è libera da occhi indiscreti. Raggiunge gli hangar come si era prefissata e scopre che anche Stark ha seguito il suo stesso ragionamento.

“Tony, fermati.” Gli dice mentre l’altro apre l’elmo della sua armatura.

“Non farlo Nat, non metterti anche tu contro di me.”

“Non mi piace come lo dici ma non c’è bisogno che ti alteri. Sono dalla tua parte. Anche io sono per i trattati e voglio togliere dalla circolazione il mercenario più pericoloso che si possa assoldare. Dico anche che a noi tocca solo arrestarlo.”

“Non ho mai pensato di fare diversamente.”

“Bene, allora ti darò una mano a prenderlo. E’ qui in giro.”

“Lo so.”

“Pensavo ad una cosa,” dice lei affiancandolo e camminando verso un velivolo di quelli veloci che potrebbe fare al caso di Barnes, “pensavo al fatto che Steve potrebbe avere ragione riguardo alla storia che anche stavolta Bucky è sotto condizionamento.”

“E di chi? Abbiamo fermato l’Hydra e lui è sparito grazie all’aiuto di Rogers.”

“Me la ricordo diversamente. E’ stato Barnes a salvare Rogers e lo ha lasciato stordito a terra quando se n’è andato.”

“Come ti pare.”

“Ho l’impressione che tu non abbia tanto un conto in sospeso con il soldato d’inverno quanto con il Capitano.”

“Non vuole firmare quei dannati trattati.”

“E’ fuori dal sistema da troppo e la sua fiducia è già stata tradita diverse volte.”

“Anche da me? E’ questo che stai dicendo?”

“Sto dicendo che ti da fastidio che si sia defilato ma che quando ti ha dato degli ordini, tu non lo hai ascoltato.”

Tony si ferma e, per un attimo, la fronteggia. Sta per dire qualcosa ma un rumore alle loro spalle li fa spostare dietro ad un mucchio di grosse casse.

“E’ lui?” Chiede Nat. Tony annuisce. “Ricorda ciò che mi hai promesso. Niente danni letali. Lo prendiamo e basta.”

“Lo fai sembrare facile.”

“Io faccio da esca. Prendilo alle spalle.” Dice Nat preparandosi.

“Non molto onorevole.”

“Non deve essere onorevole, deve essere rapido. E’ un supersoldato. Non sarà facile. Senza un piano d’attacco, non ce la faremo.”

“Ma io ho un piano. Attacco.” Dice Iron Man lanciandosi frontalmente contro Barnes. Nat sospira e lo segue.

 

Karen è riuscita ad imparare subito il funzionamento delle strane macchine che guariscono i feriti su Asgard. Hanno come dei rilevatori dei parametri vitali e quelli di Fury stanno migliorando. Finalmente, dopo ore di rianimazione, è fuori pericolo. 

Improvvisamente si chiede se il tempo passa allo stesso modo su Asgard e la Terra. Che sarà accaduto a Loki?

La porta della camera di guarigione si apre e Thor e quella che chiamano lady Sif entrano a passo svelto.

“Come sta?” Chiede Thor sottovoce.

“Molto meglio. Non ho ancora capito perfettamente come funzionano queste macchine ma sono fantastiche. La capsula funziona quasi come il prototipo che la dottoressa Cho aveva creato per il perfezionamento della pelle sintetica.” Lo dice con entusiasmo ma si rabbuia subito.

“Deve essere estremamente difficile per te usare il nostro linguaggio.” Sif lo asserisce incrociando le braccia. Karen pensa di non esserle molto simpatica. Probabilmente, per lei, è solo la moglie di Loki, una di cui diffidare.

“Riesco a leggere l’asgardiano. Non per merito mio, credo. Dipende probabilmente dal legame con Loki.”

“Mi chiedo cosa lui abbia guadagnato dall’unirsi ad una mortale, spero qualche debolezza!” Risponde in modo sprezzante la guerriera.

“Sif!” La riprende Thor. “Lei è mia amica e Loki resta mio fratello!”

“Lascia stare, Thor, non importa. Spero solo che tutto questo finisca presto per tornare a casa.” Sif però non ha finito con lei.

“E cosa cambia? Loki non è ben visto neppure sul tuo pianeta.”

“Casa mia non è più quella ora. Voglio solo tornare con Loki su Jotunheim.” Sif e Thor la guardano, sorpresi.

“Speravo che ora che Padre lo ha perdonato, voleste restare qui.” Dice Thor un po’ amareggiato.

“Qui? Perché? Tu intendi restare qui? Non pensi a Jane?” Thor stringe un pugno.

“Certo che ci penso. Proprio per questo osavo sperare che tu e Loki restaste. Ci sareste stati d’aiuto.” Sif si volta e guadagna l’uscita. Thor fa per richiamarla ma Karen lo trattiene.

“Lasciala andare. Non puoi evitare che una delle due soffra. Parlo per esperienza personale.” Thor la guarda stranito e Karen capisce che dovrà parlare chiaro. “Quando Ultron mi ha uccisa, c’era qualcosa tra me e Loki ma io non avevo mai preso in considerazione i miei sentimenti per lui.” Karen si siede su una delle belle poltrone di Asgard e guarda Thor negli occhi. “C’erano svariati motivi. Il primo era che Loki è un dio. Non è semplice pensare di condividere la vita con una creatura mitologica, non credi? In più Loki era un nemico. Si era reso responsabile di più di un’azione veramente cattiva. Il vero motivo era un altro però. Quando tu lo hai portato via, io ho cominciato a frequentare Steve. Con lui tutto era semplice. Confesso di aver pensato di aver trovato l’anima gemella. Poi, però, sono morta. Il resto della storia lo conosci. Benché i miei sentimenti fossero chiari ai più, Steve credeva di poter riprendere le cose dal punto in cui le avevamo lasciate prima del mio incidente. Se non fossi stata chiara con lui, avrei finito col fare soffrire sia lui che Loki.”

“Mi stai dicendo che non posso essere amico di Sif se amo Jane?” Karen sorride e scuote la testa.

“No, ti sto dicendo che se ami Jane e tieni a lei, Sif lo deve sapere. Quando avrà elaborato il fatto che non può essere la tua donna, forse sarà pronta ad essere l’amica che tu vuoi che sia.”

“Ora Steve è tuo amico?”

“Ora sì.”

“Ed è anche amico di Loki?” Karen si alza.

“Frena! Non credo che quei due saranno mai grandi amici ma si aiuteranno a vicenda se saranno nei guai.”

“E’ quello che credi?”

“Sì. Lo faranno per me. Così come Sif e Jane lo farebbero per te.”

“Immagino di si.” Sospira Thor. “Grazie Karen, mi hai dato un prezioso consiglio.”

“Ora faresti tu qualcosa per me?”

“Dimmi pure.”

“Hai detto che Heimdall può vedere ogni cosa. Può vedere anche Loki?” Thor annuisce. “Posso andare da lui?”

“Certo che puoi. Non sei più prigioniera in Asgard.”

“Baderai tu a Fury?”

“Qui sarà al sicuro. Precedimi da Heimdall, ti raggiungerò lì dopo aver parlato con Padre.”

Karen annuisce e lascia la stanza.

Invece che addentrarsi ancor più nel palazzo d’oro di Odino, si incammina verso l’esterno. 

Per la prima volta ha modo di guardarsi intorno con relativa calma. 

Nuvole alte circondano vette altissime che, a propria volta, fanno da corona al palazzo. Gli alberi rigogliosi hanno foglie di un verde brillante che non ha mai visto sulla Terra. Il rumore di un fiume che scorre la spinge ad affacciarsi dalla balaustra di un ponte. Il fiume serpeggia nel suo letto e precipita nel vuoto.

Loki, una volta, le ha raccontato che Asgard è come sospesa nel vuoto, poggiata sull’Altra Asgard intagliata nelle radici di Yggdrasil. Ha sempre voluto chiedergli cosa significasse ma adesso, guardando quell’immensa mole di acqua che cade e, allo stesso tempo, che sembra risalire, ha l’impressione che tutta Asgard sia poggiata su una specie di specchio.

Oltre il ponte inizia una strada che sembra un arcobaleno. 

Karen sorride. Loki aveva chiamato il bifrost ‘ponte dell’arcobaleno’ e lei lo aveva preso in giro. Ora deve accettare il fatto che è davvero un ponte fatto dei colori dell’arcobaleno.

Mentre lo attraversa, si chiede se sia fatto di un qualche cristallo che, rifrangendo la luce, si colora in quel modo. Se non avesse bisogno di raggiungere in fretta Heimdall, magari si fermerebbe a studiare quel bellissimo materiale che sta calpestando.

Cammina fino ad una grande cupola d’oro ed entra in punta di piedi. 

Una figura alta e robusta se ne sta al centro della stanza dandole le spalle. La sua voce la fa sussultare.

“Vieni avanti, principessa.”

“Non sono una principessa. Il mio nome é Karen.” L’uomo rimane fermo mentre lei avanza e si accorge che guarda fisso fuori dalla porta che sta esattamente dal lato opposto a quella da cui è entrata. Tiene tutte e due le mani sull’elsa di una spada infilzata nel pavimento. “Tu sei l’umana Karen Miller, mutata in gemma della realtà da Loki. Lui ha fatto di te la sua sposa e poiché Loki é principe di Asgard, tu sei principessa di questo luogo ora.” Karen sorride e avanza fino a raggiungere la porta che da su uno spazio immenso.

“Credevo che vedessi tutto.”

“Io vedo tutto.”

“Allora sai che Loki é re di Jotunheim e che io sono regina.”

“Non su Asgard.” Karen si volta e lo guarda negli occhi. Sono colore dell’oro liquido e non stanno esattamente guardando lei. “E non mi è più concesso di vedere Jotunheim. Credo dipenda dalla volontà del suo re.” Karen sorride.

“Dipende dalla volontà del suo re.”

“Cosa posso fare per voi, principessa?”

“Vedere Loki. Dirmi che sta bene.”

“Sta bene.”

“Puoi rimandarmi sulla Terra?”

“Non senza il volere di Odino.”

“E Odino non vuole?”

“Nessuno glielo ha domandato.”

“É divertente parlare con te, Heimdall.” A Karen non sfugge un sorriso appena accennato sul volto dell’uomo. I suoi occhi tornano di un colore meno divino mentre lascia andare la spada. Si avvicina a Karen e la fronteggia.

“Non sono stato insignito del ruolo di custode perché sono divertente, principessa.”

“Ti credo sulla parola. Cosa sta combinando Loki sulla Terra?”

“Mente, imbroglia e seduce con i suoi poteri.” Karen lo guarda con disappunto.

“Seduce? Seduce chi?”

“Chiunque. Loki ammalia con le parole chiunque ascolti la sua voce.”

“Non esageriamo.”

“Ero presente quando ti ha convinta a rischiare la tua vita per recuperare il suo scettro.”

“Non mi ha plagiata.”

“No?”

“No. Credevo avesse ragione. Per quello l’ho aiutato. Per quello e perché ero innamorata e volevo a tutti i costi mantenere un legame con lui.”

“Al punto da accettare la morte?” Chiede Heimdall, sinceramente curioso. Karen si siede sulla soglia di quella strana apertura che da su sull’universo, le gambe penzoloni nel nulla cosmico.

“Non lo sapevo. Che sarei morta, intendo. Non lo so se, saperlo, avrebbe fatto differenza. Voglio credere che non sia così. Che avrei affrontato Ultron a qualsiasi costo ma la verità è che non pensavo che quello attraverso il bifrost sarebbe stato il mio ultimo viaggio. In qualche modo mi sento persino responsabile della morte della dottoressa Cho.”

“Quella non è stata colpa tua.”

“Non lo so. Forse c’era qualcosa che avrei potuto fare e che non ho fatto.”

“Il motto di Loki.” Commenta Heimdall.

“Come dici?”

“Loki una volta è caduto da qui,” dice l’uomo indicando il vuoto davanti a Karen, “le sue ultime parole sono state ‘ci sarei riuscito’. Loki è sempre stato a un passo dalla gloria. Non ha mai potuto afferrarla. Mai finora.”

“Finora?” Chiede Karen affascinata da quel discorso.

“Finora. Ora ha te. Tu gli hai dato gloria.”

“Io non gli ho dato un bel niente. Poco fa hai detto che è sulla Terra a mentire, imbrogliare e a sedurre gente a caso a quanto pare.” Heimdall sorride.

“Non ho detto che sta sbagliando. Alcune cose fanno parte della natura di Loki. Le ha sempre usate per fare del male alle persone che io debbo proteggere e anche a se stesso perché lui è un principe di Asgard e io devo proteggere anche lui. Ora invece le sta usando per fare del bene. A modo suo. E io posso dire che è anche il mio principe ora. Il merito di questo cambiamento è tuo, principessa, perciò se vuoi che apra il bifrost per te, io lo farò.” 

“Sei serio?”

“Io sono sempre serio.” 

“Ci sono guai laggiù, vero?”

“Ci sono. I tuoi amici stanno litigando tra loro.”

“Steve e Tony, vero?” Heimdall annuisce.

“Cercano quello che chiamano ‘il soldato d’inverno’.”

“Potresti mandarmi dove si trova il soldato d’inverno?” Heimdall cammina fino alla spada e impugna l’elsa.

“Come ho detto, sei una principessa di Asgard. Aprirò il bifrost per te.” Karen si rialza e stringe i pugni.

“Ok, facciamolo.” Heimdall ruota la spada e lei gli urla poche parole prima di sentirsi strappare via da quella realtà. “Stavolta cerca di non spedirmi dove sono pronti ad uccidermi!”

Karen riapre gli occhi e si guarda intorno. Non ha idea di dove si trovi. Sembra un enorme hangar pieno di casse. Un rumore la fa voltare di scatto. Qualcosa la colpisce in pieno viso e lei cade a terra priva di sensi.

 

Bucky corre disperatamente. 

E’ ferito e, per la prima volta da quando ne ha memoria, arranca.

E’ riuscito a malapena a tenere testa ad Iron Man. 

La cosa peggiore è che non sa perché stava combattendo contro di lui. Non sa neanche perché si trova in quello che apparentemente è un hangar privato di un aeroporto.

L’ultimo ricordo che ha, è di se stesso che apre la porta del suo appartamento a Praga. Chi ha bussato? Che cosa gli hanno fatto? Perché ha di nuovo l’uniforme del soldato d’inverno? Perché sta scappando?

Si infila tra due fila di casse e scivola verso l’interno della struttura. Deve nascondersi, farsi un’idea, almeno generale, di quello che è successo e medicarsi la ferita all’addome.

La voce di una donna lo fa appiattire contro una parete.

“Avevamo detto che lo avremmo solo catturato! Che bisogno c’era di usare quei maledetti missili?”

“Devo ricordarti che mi ha strappato l’avambraccio dell’armatura?”

“Se avessi ascoltato il mio piano, l’avremmo preso senza fargli del male. Ora è ferito ed in fuga.” La voce di donna appartiene alla Vedova nera, quella che Steve chiama Nat. L’uomo che bisticcia con lei è Tony Stark. 

Non resterà lì ad aspettare che lo trovino. S’infila in un condotto e spunta fuori nell’hangar adiacente. E’ buio e silenzioso.

Si siede per terra e cerca di medicarsi con quello che ha. Non ci riesce. Si alza per cercare qualcosa che tamponi l’emorragia all’addome quando una luce abbagliante illumina improvvisamente il luogo. Quando la luce svanisce, una donna prende il suo posto. Con un gomito tocca una chiave inglese che cade a terra. La donna si volta. Lui reagisce d’istinto e la colpisce al viso mandandola al tappeto. 

Si china su di lei per capire di chi si tratta. Non l’ha mai vista prima d’ora. Di questo almeno è certo. Controlla che sia ancora viva e la spinge dietro un tavolo da meccanico. 

Le avvicina dell’acqua alle labbra e le tocca il viso. 

Lentamente la donna apre gli occhi. Sussulta nel ritrovarselo di fronte ma non urla.

“Per fortuna ti ho colpita col braccio sbagliato.” Dice lui indicando l’arto vero.

“Per fortuna!” Ironizza lei. “Devo smetterla di usare il bifrost!”

“Bifrost? Chi sei?”

“Mi chiamo Karen. Sono un’amica di Steve. Cercavo te.”

“Tu mi conosci?” Lei si tocca il viso, dolorante.

“No, mai avuto il piacere, se così posso dire. Conosco Steve e lui è tuo amico, quindi sono tua amica anche io.”

“Forse allora puoi dirmi perché sono qui.”

“Tu non lo sai?”

“Se lo sapessi, non te lo chiederei.”

“Hai fatto saltare in aria la sede del Congresso delle Nazioni Unite di Vienna.” Bucky si lascia cadere sul pavimento e solo allora Karen si accorge che è ferito. “Che ti è successo?”

“Ho ucciso delle persone?” Chiede lui senza avere il coraggio di alzare lo sguardo.

“C’è stata una forte esplosione ma non so se ci sono vittime.” Lui sorride amaramente.

“Sei gentile a dire così.”

“Lascia che ti aiuti. Sono un medico.” Karen fa per spostargli la mano che tiene la ferita ma lui la sposta bruscamente.

“Lasciami stare e vattene. Ora so perché Iron Man mi ha attaccato.”

“Stark? Oh no, questo non va bene. Per favore, lascia che ti aiuti. Dobbiamo andarcene da qui. Ovunque sia ‘qui’.”

“Siamo all’aeroporto di Vienna.”

“All’aeroporto? Stavi cercando un modo di fuggire?”

“Non ne ho idea. L’ultima cosa che ricordo è che ero a Praga. Non so come diavolo ci sono arrivato qui.”

“Io sì. Ho studiato il tuo file allo Shield. Tu sei stato condizionato dall’Hydra. E’ possibile che qualcuno ti abbia ‘reso operativo’ di nuovo.”

“Come?” Chiede lui incredulo. “E come mai sono di nuovo io adesso?”

“Non lo so. Probabilmente lo scontro con Tony ti ha ‘resettato’. E’ già successo. Nel tuo file Rogers ha dichiarato che gli hai salvato la vita quando la nave dello Shield su cui eravate si è schiantata al suolo.” Parlando, Karen è riuscita a distarlo e a rendersi conto di quanto è grave la ferita che ha all’addome.

“Me la caverò.” La rassicura lui.

“Lo farai perché io non ti lascerò morire. Stenditi.” L’uomo obbedisce mentre Karen armeggia con alcuni attrezzi che ha a disposizione. “Non sarà indolore.”

“Non importa.” Risponde mentre lei arroventa una lama.

“Qualunque cosa accada, non urlare, ok? Se Tony è qui, non è solo.” L’uomo annuisce e stringe i denti più che può.

 

“Allora Coulson, ha fatto quella telefonata?”

La voce del generale Ross non sorprende Loki che ha ripreso le sembianze del braccio destro di Fury.

“Fatto. La vedova nera è operativa.”

“Ora inserirà quei codici nel mio database?”

“Sicuro.”

“Andiamo allora.” Ross porta Loki fino al suo ufficio. Lo fa entrare e accomodare alla sua scrivania. “Prego agente Coulson, le sue credenziali.”

Loki prende il suo telefono e apre un messaggio. Armeggia con il pc e inserisce una serie di password. Alcune cartelle con il simbolo dello Shield compaiono sullo schermo, altre si accodano al trasferimento dati.

“Ecco fatto.”

“Molto bene. Può andare. Immagino voglia tornare alla sua missione principale.”

“Lei è uno sveglio, generale. Addio.” Loki si volta e raggiunge la porta.

“Aspetti!” Esclama Ross prima che lui apra la porta. 

“Mi dica.”

“Addio non è un po’ melodrammatico?”

“Mi creda, generale, non mi piace usare le parole a sproposito. Il nostro è un mestiere rischioso, non crede?”

“Ha ragione. Allora addio.”

Quando Loki si chiude la porta alle spalle, la sua figura si smaterializza.

In realtà ha lasciato che Ross chiacchierasse amabilmente con una delle sue copie. Lui si era già diretto in un altro posto. Apre la porta della stanza e sorride sornione.

“Rieccomi strega, hai fatto un buon lavoro con quelle travi!”

“Loki, sei ancora qui?” La voce di Visione ora non è amichevole come in passato.

“Sì, ma per poco. Il vostro leader ha bisogno di voi.” Dice allargando platealmente le braccia.

“Ho appena ricevuto un messaggio dal signor Stark. Chiede aiuto per fermare il soldato d’inverno.”

“E tu intendi assecondarlo?”

“Intendo aiutarlo a fare rispettare i trattati di Sokovia e a prendere in custodia un terrorista. Mi addolora sapere che siamo su fronti opposti.”

“Ti addolorerà di certo!” Esclama Loki allungando una mano verso Wanda “Perché lei starà dalla mia parte.” Visione non riesce a credere che Wanda la stia afferrando.

“Cosa fai?”

“Ricordi il mio potere di generare illusioni? Beh, gli appartiene.” Dice indicando Loki. “Lui mi ha mostrato ciò che vuole il generale Ross. Io non posso aiutarti se tu stai dalla sua parte.”

“Wanda, per favore.”

“Visione, stavolta non sei all’altezza del tuo nome. Ross sta scaricando i file dello Shield. Non sono il fan numero uno di Capitan correttezza ma non mi piace essere usato. E non dovrebbe piacere neppure a voi.” Dice Loki e Wanda annuisce.

“Metti discordia fra noi.” Ribatte Jarvis.

“Non stavolta. Avete fatto tutto da soli.” Loki afferra la mano di Wanda e spariscono all’istante.

“Dove siamo?” Chiede la donna quando si ritrovano sul tetto dell’edificio.

“Non lontani da dove eravamo prima. Per spostarmi a grandi distanze mi serve il Tesseract.”

“Quindi?” Chiede lei.

“Dovevo far credere a Visione che ci siamo allontanati. Ora tu devi aiutarmi.”

“Come?”

“Convinci i soldati di Ross che è ora di dormire. Io devo tornare nell’ufficio del generale e scoprire cosa cercava nei file dello Shield. Poi, procurati un mezzo di trasporto.”

“Sono una strega, non so guidare.”

“Sono uno stregone. Posso fare qualsiasi cosa. Muoviamoci.”

Wanda segue Loki lungo le scale e poi per il corridoio dell’ultimo piano dell’edificio. Fa allontanare tutti i militari e lascia Loki nell’ufficio vuoto di Ross.

“Cerco un’auto nel parcheggio. Ti aspetto lì.”

Loki annuisce poi chiude la porta e torna alla scrivania del generale. Per accedere ai file dello Shield ha usato una parte delle informazioni che Fury gli aveva lasciato nel telefono. Dà un’occhiata veloce ai dati ma non sembra che abbia consegnato al generale nulla di importante. Sta per spegnere tutto quando il suo sguardo cade sull’unico file che il generale ha già consultato.

La cartella è denominata HS. Quando la apre, gli è tutto chiaro. 

Spegne il computer e raggiunge Wanda. La donna ha messo in moto una macchina e semina il panico nel parcheggio guidando a casaccio. Lui si mette sulla traiettoria del veicolo e lo ferma con la sua magia.

“Ti sei divertita abbastanza, andiamo.” Dice guardandola severamente. Lei gli lascia il posto del guidatore e allaccia la cintura. “La prendo come un’offesa. E comunque guiderò meglio di te.”

 

Steve ha setacciato l’aeroporto palmo a palmo.

L’unico posto in cui non ha ancora guardato sono gli hangar della Stark. Sarebbe ironico se Bucky si fosse nascosto in una delle proprietà Stark disseminate per il mondo o progettasse di rubare uno dei jet di Tony per scappare. 

Si decide a dare un’occhiata e si accorge subito che c’è qualcuno che si nasconde all’interno della struttura numero tre. Si avvicina con circospezione ma è costretto a palesarsi quando riconosce la persona insieme a Bucky.

“Karen!”

“Steve! Che bello vederti!”

“Che diavolo ci fa qui con lui?” Chiede indicando il soldato d’inverno che, con notevole sforzo, si é messo seduto e non ha neanche provato a reagire.

“É una lunga storia. Adesso non ho tempo di spiegare. Dobbiamo portare via Barnes.”

“Aspetta un momento. Tu sei qui per aiutarlo?”

“Lui non è responsabile di quello che ha fatto. Qualcuno ha riattivato il suo condizionamento. Ora è di nuovo in sé. Direi che é merito di Tony se non gli avesse perforato lo stomaco. Ho fatto una sutura d’emergenza ma una di quelle capsule che hanno su Asgard adesso aiuterebbe! Dobbiamo portarlo in ospedale.”

“Niente ospedale. Hai fatto un ottimo lavoro. Guarirò.” Interviene Bucky.

“Normalmente non lo direi ma è meglio evitare gli ospedali. Lo cercano ovunque e tra qualche minuto, qui sarà pieno di soldati.” Dice Steve guardandosi intorno nervosamente.

“Iron Man e la Vedova Nera mi cercano.” Aggiunge Bucky.

“Solo buone notizie!” Esclama Karen mentre riprende a fasciare il busto dell’uomo. “Piuttosto, Steve, hai notizie di Loki?”

“È al quartier generale. È stato lui ad avvisarmi che Ross ha fatto la sua mossa.”

“Sei serio?”

“Non guardarmi in quel modo. Sono più stupito di te che abbia cercato di aiutarmi.”

“Qual è il piano ora?”

Steve non fa in tempo a rispondere che la voce di Tony riempie l’aria mentre il portellone dell’hangar si apre.

“Il piano è che vi arrendete.” Steve si volta e lo vede avanzare. Non è solo. Nat e Visione sono al suo fianco. “Tra poco arriverà l’esercito. Non dobbiamo combattere per forza. Sistemiamola tra di noi.”

“Se lo consegnamo a Ross non gli darà la possibilità di spiegare.”

“Spiegare cosa? Come ha cercato di fare una strage alle Nazioni Unite? Credimi, dovrà darne di spiegazioni!” Steve ci riprova.

“Tony, per una volta, vuoi fidarti di me?”

“E tu, per una volta, vuoi fidarti di me? Senza i trattati non ci saranno più gli Avengers. E tu, dottoressa,” dice poi rivolgendosi a Karen, “dovresti venire da questa parte. La sua situazione è già difficile senza aggiungere il rapimento o qualunque altra cosa abbia fatto per convincerti a medicare Barnes.” Steve non dà tempo a Karen di rispondere.

“Sai qual è la cosa ridicola, Stark? Gli Avengers non esistono più e non direi che la colpa è dei trattati.” Nel sentire quelle parole Stark abbassa la visiera della sua armatura.

“Come vuoi tu, Capitano.” Dice alzando le mani e puntando i laser contro il gruppo.

“Non vorrai sparare contro Karen!” Risponde Steve alzando lo scudo.

“Mi hai costretto tu.”

Steve si mette sulla traiettoria di tiro di Tony per difendere Karen e Bucky ma qualcuno spara e il rumore di un proiettile che rimbalza sull’armatura di Tony mette tutti in allerta.

Una figura avanza dall’ombra ed è Nat a riconoscerla per prima.

“Coulson!”

“Ora, da bravi abbassate tutti le armi, gli scudi e qualsiasi cosa usiate per dare battaglia.”

“Con tutto il rispetto, Phil,” interviene Tony, “la stiamo risolvendo tra di noi.”

“Non credo che Fury apprezzerebbe e, comunque, ci sono cose che vanno chiarite prima che  vi azzuffiate in questo modo.”

“Fury non si lascerebbe scappare il soldato d’inverno.”

“Fury indagherebbe sull’accaduto ed è quello che ho fatto io. Il generale Ross è stato a Praga una settimana fa.”

“Praga?” Chiede Karen rivolgendosi a Barnes. “Non hai detto che vivevi a Praga?” Coulson prosegue.

“Il generale è in possesso di un file contenente una serie di dati su un esperimento condotto su supersoldati in Siberia. Immaginate cosa potrebbe fare un uomo nella posizione di Ross con un esercito di ‘Barnes’ al suo comando.”

“Phil, ti apprezzo, davvero. Adesso però guardiamo in faccia la realtà. Ross fa un viaggio a Praga e noi dovremmo credere che c’é lui dietro l’attentato?”

“Un momento,” interviene Steve, “Loki non ci ha suggerito che il bersaglio dell’attacco poteva essere Fury? Se così fosse, il ragionamento di Coulson tornerebbe. Ross fa fuori Fury usando Bucky e poi entra in possesso dei file in cui sono conservati i dati sugli esperimenti dei super soldati.”

“A quel punto non ha più bisogno neppure degli Avengers.” Nat dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che arriva sempre dritta al punto. Tony non è ancora del tutto convinto della teoria ma tentenna.

“Possiamo interrogare Ross non appena rientriamo alla base. Se c’è lui dietro questa storia, pagherà. Ciò non toglie che lui va fermato.” Conclude indicando Bucky.

“Non lo lascerò nelle mani di Ross.”

“Allora siamo al punto di partenza.” Fa Steve sollevando lo scudo. Iron Man alza una mano e attacca. Visione si solleva e raggiunge la parte opposta dell’hangar tagliando ogni via di fuga al soldato d’inverno.

Nat si frappone invece tra Coulson e Karen. Gli punta contro una pistola.

“Ora mi dirai perché hai allontanato me e la Hill dalla sede operativa e come facevi a sapere che Fury era disperso in azione prima ancora che lo dicessimo a Ross. Giacché ci sei, Phil, spiegami anche perché hai dato accesso ai file dello Shield ad un uomo a cui né tu, né Fury date fiducia.”

In quel momento però un manipolo di soldati circonda l’area e intima a tutti di arrendersi. Steve e Tony continuano a combattere. Visione usa il suo potere per costringere Barnes in ginocchio. 

Coulson lascia andare la pistola e solleva le mani.

“Te la stai prendendo con la persona sbagliata, Natasha.”

“E con chi dovrei prendermela?”

“Con lei.” Dice Coulson spostandosi di lato. Nat si accorge un istante troppo tardi che Wanda ha usato il suo potere non solo per disarmarla ma anche per liberare Bucky dalla morsa di Jarvis.

A quel punto però i soldati sparano. Wanda rilascia ancora una volta la sua energia e scaraventa al suolo tutti i soldati che li hanno circondati.

“Non potrò proteggere tutti a lungo!” Grida la donna.

“Tutto questo non succederebbe se tu ci lasciassi arrestare Barnes!” Urla Iron Man. Steve solleva di nuovo lo scudo.

“Non posso!” Fa Capitan America mentre si gira a guardare Karen. “Può camminare?” Lei annuisce. “Andatevene da qui, combattere tra noi non ha senso. Non credo di avere la forza di batterli da solo.”

“Non sei solo, Capitano,” dice lei allargando le braccia “non in questa realtà!” Come ha imparato a fare da Loki, Karen libera l’aether e la gemma fluida copre allo sguardo dei loro avversari sia Steve che Bucky.

“Non lo fare Karen!” Grida Tony, “non costringermi a combatterti.”

Lei lo guarda supplice ma il volto del suo amico è coperto dalla maschera della sua armatura. Chi può dire se é più arrabbiato o dispiaciuto della sua presa di posizione? Non ha tempo di rifletterci su. Qualcosa le tocca la parte della schiena in mezzo alle scapole.

“Ora basta, dottoressa,” la voce di Coulson é fredda quanto la canna dell’arma che le ha puntato alle spalle, “la dichiaro in arresto. Se farà resistenza, ce la prenderemo con lei e con suo marito che al momento é in custodia presso di noi. A proposito, congratulazioni per le nozze.” Nell’udire quelle parole, Karen abbassa le mani e l’aether si ritira nei suoi palmi.

Anche Wanda si arrende mentre i soldati imbracciamo di nuovo i fucili.

Di Capitan America e del soldato d’inverno non c’è più traccia.

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Capitolo 18
*** Una spallata ben assestata ***


Capitolo 18
Una spallata ben assestata


Pepper si è precipitata a Vienna non appena ha ricevuto la chiamata di Tony. È raro che lui la coinvolga nelle faccende che riguardano lo Shield per cui ha preso subito la cosa con la serietà richiesta da una situazione veramente grave. Il suo compito era portare a Tony una particolare pen drive su cui ha caricato alcuni codici speciali di Friday, l’assistente virtuale che ha preso il posto di Jarvis.
Quando entra nella stanza in cui Tony la sta aspettando, l’uomo è evidentemente contrariato.
“Che è successo, Tony?”
“Niente di che! Fury è disperso, Coulson ha arrestato Karen e Wanda, Jarvis si è chiuso in isolamento e Rogers è accusato di tradimento perché è scappato con un terrorista.” 
Pepper piega la testa di lato e sospira.
“La tua giornata tipo, quindi!” Lui le si avvicina e le dà un bacio sulla fronte.
“Almeno tu sei qui.”
“E ho portato le nuove patch di Friday. Non hai voluto dirmi a che ti servono.” Tony afferra la pen drive e fa il giro della scrivania. Apre il suo pc portatile e infila la pennetta prima di avviare il programma.
“Loki ha detto che il bersaglio dell’attentato poteva essere Fury. Coulson sostiene che Ross è stato a Praga una settimana fa. E’ l’ultimo indirizzo conosciuto di Barnes. Devo sapere se tra i due c’è un collegamento perché, di certo, Ross ha sia il movente che l’opportunità per organizzare un diversivo come l’attentato all’ONU per impadronirsi delle più potenti risorse militari del Paese.”
“Loki? E dov’è ora? Non l’hai nominato prima.”
“Non lo so ma se Karen è qui, lui non è lontano.”
“E la cosa non ti preoccupa?”
“Non particolarmente. Bingo!”
Una serie di dati scorre davanti agli occhi di Tony fino a che lui non individua un file chiamato ‘Roxxon’.
“Quel figlio di puttana!” Esclama Tony. “Si è davvero procurato i dati per ripristinare il condizionamento di Barnes.”
“Quindi Capitan America aveva ragione.” Dette dalle labbra di Pepper, quelle parole fanno meno male. Forse.
“Devo trovarlo. Forse sono ancora in tempo a mettere le cose a posto.”
“Come?”
“Faresti una cosa per me?”
“Purché non debba armeggiare con la cosa che hai al posto del cuore!” Lo prende in giro lei.
“Dammi un vantaggio di qualche minuto, dopodiché attiva il file ‘Shawarma’ che sta su questa pen drive.”
“Shawarma?”
“Non chiedere, è meglio.” Lei incrocia le braccia. “Ok, manderai in tilt il sistema di sorveglianza di Ross giusto il tempo che mi occorre per allontanarmi senza dover dare spiegazioni.”
“Ok, mi raccomando, fa attenzione.”
“Contaci.” Lui le fa l’occhiolino prima di lasciare la stanza. 
Pepper si siede alla scrivania e seleziona il programma che Tony le ha indicato.
“E che Shawarma sia!” Dice cliccando l’icona a forma di tacos.
Un istante dopo, tutti gli allarmi del palazzo iniziano a suonare.


Karen ha camminato avanti e indietro per la stanza in cui è stata rinchiusa fino a che Phil Coulson non l’ha raggiunta e l’ha invitata a sedersi. Lui ha preso posto dall’altra parte del tavolo. Karen lo guarda sorridere e lo asseconda. Parla con determinazione.
“Ho fatto tutto quello che mi avete chiesto, compreso non usare il mio potere per sbriciolare la porta e andarmene senza che nessuno, qui dentro, possa fare niente per fermarmi. L’ho fatto perché hai minacciato Loki e, francamente Coulson, questo non solo non è da te, ma farebbe incazzare Fury.” Coulson si sporge un po’ in avanti, le dita delle mani incrociate e poggiate sul tavolo.
“In effetti, credo di aver esagerato un po’.”
“Vuoi dirmi almeno dove si trova Loki?” Coulson si alza e raggiunge la telecamera che inquadra la stanza, passa una mano davanti all’obiettivo e poi si volta. Karen si alza di scatto.
“Loki!”
“Ciao, mia cara.”
“Non ci posso credere! Mi hai imbrogliata. Di nuovo!” Loki muove un dito per fare cenno di no.
“Ti ho dato una via d’uscita.”
“Non fare come al solito.”
“Fare il necessario per salvarti la vita?”
“Perché ti sei fatto passare per Coulson e ci hai fatti arrestare tutti?”
“Eravate circondati. Inoltre i piani di Ross prevedono l’eliminazione degli Avengers. Ho voluto evitare che il piccolo diverbio tra l’uomo di latta e il capitano dal cuore d’oro diventasse un pretesto per farvi sparare tutti.”
“Mi stai dicendo che c’è Ross dietro tutta questa faccenda?”
“Devo ammettere che è stato abile.”
“Ora ti complimenti con lui?”
“Il suo era un buon piano.”
“Dimmi che hai usato il passato perché lo abbiamo fermato.” Loki fa schioccare la lingua e fa di no con la testa.
“Ho usato il passato perché lo è stato fino a che io non mi sono intromesso. Ciò non toglie che abbia ancora un asso nella manica. Per questo devi dirmi dove sono andati il Capitano e il suo amico di vecchia data. E dobbiamo agire in fretta. Verranno presto a controllare il motivo per cui la telecamera trasmette un vecchio film western.”
“Non lo so.”
“Allora usciamo di qui e ragioniamoci con calma. Dammi la mano.” Karen obbedisce e, non appena la stringe, si ritrovano sul tetto dell’edificio.
“Questo posto comincia a diventare familiare.” Ironizza lei. Loki prende il cellulare di Fury e chiama l’ultimo numero che ha in memoria. 
La voce di Rogers risponde prontamente.
“Loki?”
“M fa piacere che impari a riconoscere gli amici, Capitano.”
“Ti devo un favore ma questo è quanto.”
“Non direi. Comunque sto per fartene un altro. Ross è entrato in possesso dei file sul progetto ‘supersoldato’.”
“Grazie ma lo so già.”
“Non t’interessa sapere come i russi hanno ottenuto il siero che ha trasformato il tuo amico nell’assassino più spietato della storia della guerra fredda?”
“Ho l’impressione che dovrò darti qualcosa in cambio per avere questa informazione.”
“Vedi? Cominciamo ad essere in sintonia. Devi dirmi dove sei.”
“A che ti serve questa informazione?”
“Ad arrivare prima di Stark. Ha già lasciato la base. Non so con quali intenzioni.” Loki sente Steve sospirare. Gli lascia il tempo di riflettere. 
“Kapustin yar.”
“E’ lì la vera squadra a cui Ross è interessato?”
“Sì.”
“E’ meglio che il soldato d’inverno sia lontano quando Stark arriverà, credimi.”
“Ricevuto.” Steve attacca e Loki ripone il cellulare nella tasca con un’espressione tesa sul viso.
“Che succede?” Gli chiede Karen.
“Nulla.”
“Quando abbassi lo sguardo in quel modo, mi nascondi qualcosa.”
“Tu sai pilotare uno dei jet dello Shield?”
“Non cambiare discorso.”
“Ci serve un passaggio in Siberia.”
“Non possiamo chiedere ad Heimdall?”
“Non serve a questo il bifrost.”
“Io non so pilotarlo ma conosco chi può farlo. A patto che mi dici che succede.”
“L’asso nella manica di Ross. Il file che il generale ha scaricato dal database dello Shield riguarda la morte dei genitori di Stark. Li ha uccisi Barnes.” Karen si porta le mani alla bocca.
“Mio Dio! Se Tony lo scopre in questo momento, vorrà la testa di Bucky.”
“Non solo la testa, credo. Allora, chi è il pilota?” Karen sospira poi prende Loki per una mano e lo invita a seguirlo.
“Vedrai, ci aiuterà.”


Nat ha maledetto, in ordine di importanza, Ross, Fury, Loki, Stark, Rogers, il vento, il sistema del pilota automatico del Queen Jet e quello della tecnologia stealth. Ha accettato di aiutare Loki e Karen soltanto perché è stata informata delle gravi notizie sul soldato d’inverno e perché Karen le ha spiegato che Fury è al sicuro su Asgard insieme a Thor e a Bruce.
Quando sono a cinque miglia dalla destinazione, si decide a parlare.
“E’ tutto inutile. Stark sarà già arrivato.”
“Ne avrà per un po’ se nella base ci sono altri soldati come Barnes.” Risponde Loki.
“Ho come la sensazione che la cosa ti faccia piacere.”
“Ti sembrerà strano ma sono coinvolto in questa cosa mio malgrado. Ma come dite voi umani? Nella buona e nella cattiva sorte!” 
Mentre tenta di atterrare sul ghiaccio senza far schiantare il velivolo, Nat si chiede quanto sia assurda quella situazione in cui Loki si comporta da eroe per fare felice Karen. La sua mente corre subito a Bruce. Si chiede se e quando lo rivedrà. 
Con un sobbalzo più duro degli altri, il jet si ferma. Loki ferma lei e Karen sulla porta.
“Voi due cercate Stark. Aiutatelo se è in difficoltà o prendete tempo se si è già liberato dei super soldati e cerca Rogers. Io cercherò di trovare Barnes e portarlo via da qui.”
“Non prendo ordini da te. E ti ricordo che Barnes deve comunque rispondere di parecchie accuse.”
“Non se Ross è colpevole e lo è. Inoltre devo ricordarti che finora sono l’unico ad aver fatto qualcosa di concreto per evitare il peggio?”
“Ne parleremo quando la storia sarà finita. Non abbasserò la guardia con te!”
“Piuttosto che darmi un inutile tormento, tieni al sicuro Karen. Non sarò così gentile se le capita qualcosa.” Nat alza gli occhi al cielo.
“Andiamo Karen o rischi di diventare vedova prima di quanto pensi.”
La donna sorride ed entrambe si allontanano dirigendosi verso l’ingresso di quello che sembra un igloo.
Loki si volta e chiude gli occhi.
“Heimdall, mi vedi? Devo parlare con mio fratello.” Loki non fa in tempo a riaprire gli occhi che l’immagine di Thor appare davanti a lui.
“Loki, che succede?”
“Sei ancora con Fury?”
“Sì, si è svegliato.”
“Chiedigli cosa si aspetta che faccia per impedire a Stark di uccidere Rogers.”
“Cosa? Perché Tony dovrebbe fare una cosa simile?”
“Perché il Capitano sta aiutando l’assassino dei suoi genitori.” Thor si volta e sembra che stia guardando la sconfinata distesa di ghiaccio davanti a sé. Quando si volta, il suo viso è contrariato.
“Dice che lui non può ordinarti di fare nulla ma che è sicuro che farai una scelta anticonvenzionale. Vuoi che venga ad aiutarti?”
“Per carità! Mi ricordo cosa è successo l’ultima volta che ti ho confidato un segreto. Rimani lì. Me ne occuperò io.” Loki si volta mentre l’immagine di Thor sparisce. “Anticonvenzionale? Lo vedremo.” Il dio muove le mani e sparisce.


Nat e Karen non hanno fatto fatica a trovare Iron Man. Dove ci sono esplosioni e confusione, lì c’è Stark.
Ovviamente si sta persino divertendo a sgominare la banda di super soldati russi.
“Stark a destra!” Urla Nat sparando per prima. Tony fa lo stesso abbattendo il penultimo soldato. Karen usa l’aether per colpire l’ultimo.
“Ragazze! Che ci fate qui?” Tony atterra alzando la maschera dell’elmo.
“Si dice ‘grazie’, Tony!” Esclama Nat sorridendo. “E comunque siamo qui per darti supporto.”
“Vi sembra che mi serva supporto?” Fa lui allargando le braccia e indicando i nemici a terra. “E poi lei,” continua indicando Karen, “non era stata arrestata?”
La dottoressa apre bocca per parlare ma Nat la anticipa.
“Le accuse sono cadute. Coulson l’ha convinta a collaborare.” Tony la guarda come se facesse fatica a crederlo ma accetta i fatti.
“Notizie di Fury?”
“E’ salvo,” risponde Natasha, “ma non ha voluto rivelarci dove si trova, vero Karen?” Lei la guarda dritto negli occhi e poi annuisce.
“Pensa che siamo tutti più al sicuro se nessuno sa dov’è.”
“Quella vecchia canaglia malpensante! Non si fida di nessuno!” Inveisce Tony.
“E’ così che è sopravvissuto finora. Vuoi biasimarlo?” Tony scuote la testa. 
“Avanti, cerchiamo il Capitano. Dobbiamo chiarire alcune cose.”
Nat e Karen si guardano. La dottoressa parla per prima.
“Tu e Nat cercate ai piani inferiori. Io nel frattempo metto in funzione i computer. Se potessimo disporre delle telecamere, li troveremmo prima.”
“Ottima idea.” Dice Nat. “Andiamo Stark.” L’uomo dà un ultimo sguardo alla dottoressa. Non sembra convinto delle sue intenzioni ma decide di fidarsi. Segue la Vedova nera lungo il corridoio buio che conduce alle scale.
Karen raggiunge il sistema elettrico e ridà energia alla struttura. Pensa che sia un buon modo per avvertire Steve che c’è qualcun altro all’interno della base. Questo deve averlo pensato anche Tony quindi non dev’essere preoccupato del fatto che sappiano che sta arrivando. Sta per dare energia anche alle telecamere quando le sue mani cominciano a tremare. Quel sintomo indica che Loki sta usando l’aether. A che gli serve quel potere se sta cercando Barnes? Attiva il sistema di controllo e sicurezza e su tre diversi schermi compaiono Loki, Steve e Barnes e Nat e Tony.
Sfortunatamente per lei, Loki si trova ancora al terzo piano interrato anche se scende molto velocemente utilizzando l’aether mentre Tony è praticamente ad un corridoio di distanza da Steve. 
Osserva con attenzione la planimetria dell’edificio e, prima che Iron Man e Capitan America si ritrovino faccia a faccia svoltando il prossimo angolo, attiva il sistema antincendio e una porta frangi fiamme si solleva ad impedire ai due di incontrarsi. 
Nel frattempo Loki ha raggiunto il quinto piano interrato. Manca poco e raggiungerà Barnes. Decide che non può stare con le mani in mano. Imita Loki e modifica la struttura del pavimento con la gemma della realtà.
Lentamente discende fino alla camera in cui aveva visto Steve e Bucky negli schermi.
La realtà, però, non è quella che si aspetta neppure stavolta.


Se Loki avesse avuto un’esistenza semplice, probabilmente non sarebbe diventato un abile manipolatore della realtà. 
Tuttavia tre cose sono sempre ben chiare nella sua mente e da un lato gli consentono di non perdere mai il contatto con ciò che è vero, mentre dall’altro gli permettono di macchinare continuamente con grandi progetti.
Una è l’istinto di sopravvivenza, la seconda è la predisposizione al cambiamento, la terza una certa mancanza di autostima.
Ad una mente razionale, le tre cose potrebbero sembrare incompatibili o, perlomeno, in conflitto. 
Eppure Loki ha sempre ritenuto che il naturale bisogno di conservazione non debba essere considerato incoerente con l’accettazione del cambiamento naturale delle cose e che, piuttosto, lo favorisca. Per questo talvolta è necessario mettere da parte quell’orgoglio di cui ritiene fin troppo dotati tutti quelli che conosce.
Ha sperimentato sulla sua pelle diversi tipi di orgoglio. Quello ottuso dei giganti di ghiaccio, quello violento di Thor, quello regale di Odino, quello strafottente di Stark e quello fragile della donna che ama.
Su tutti è quello di sua madre ad averlo segnato. Un orgoglio che nasce dalla sola volontà di perseguire cosa è giusto.
Per questo sa che si tratta della migliore, e allo stesso tempo, peggiore forma di orgoglio. Non lascia scampo a ripensamenti. Si fonda su una certa predisposizione dell’anima a fare del proprio meglio.
L’orgoglio di Rogers è simile a quello di Frigga. 
Per questo sa che non ha scelta. Capitan America non accetterà mai di perdere in uno scontro in cui è in gioco la vita di uno dei suoi amici.
Così, dopo aver sbriciolato l’ennesima parete usando la magia, quando si ritrova faccia a faccia con Rogers e Barnes agisce in fretta. Adopera l’aether e ridisegna la geometria della stanza in modo che all’interno, oltre a lui, resti solo il soldato d’inverno.
“Cosa vuoi da me?” Chiede Bucky, in parte rassegnato all’idea che non uscirà facilmente da quella base. Loki allarga le braccia.
“Vuoi la versione completa o il riassunto?”
“Il riassunto va più che bene.”
“Sei stato incastrato. Il generale Ross ha macchinato tutto per togliere Fury dai giochi e creare una sua squadra di supersoldati in grado di assicurargli il comando delle operazioni belliche dei gloriosi quanto stupidi Stati Uniti d’America.” 
Barnes rilassa le spalle e abbandona la posizione da battaglia. Allenta i pugni e si guarda intorno. Loki riconosce i segnali. Sta abbassando la guardia. Riprende il discorso.
“Questo non significa che tu sia al sicuro.” Nell’udire queste parole, Bucky pare tendersi di nuovo e ricordarsi che Loki lo ha separato da Steve.
“Che ne hai fatto di Steve?”
“Questo discorso riguarda solo noi due.”
“E chi lo dice?”
“Un dio asgardiano che di recente è entrato in possesso del potere di cambiare la realtà a suo piacimento. Fossi in te non lo farei innervosire.”
“Io voglio solo aiutare Steve a sgominare i super soldati e andarmene da qui.”
“Dovresti rivedere le tue priorità.”
“Dovrei lasciare indietro Steve?”
“Non ha bisogno di te. Lo sai bene.” Loki lo dice con malizia, l’intento è quello di ferire. Magari Barnes capirà. Loki ha bisogno che capisca. Ha già delineato nella sua mente ogni possibile scenario che può seguire alla situazione che si è creata e nessuno spingerebbe Loki a credere che la presenza di Barnes nelle vite degli Avengers cambierebbe in meglio il loro destino. L’uomo di fronte a lui stringe i pugni ma il suo intento non sembra quello di attaccare.
“Cosa dovrei fare secondo te?” Loki lo guarda dritto negli occhi.
“Sparire.” L’uomo sospira e sorride.
“Immagino che tu non stia suggerendomi di fuggire.” Loki scuote la testa e solleva una mano.
“Posso garantirti che non sentirai nulla.” Dice liberando l’aether. Il fluido si allunga verso Bucky ma si ritira non appena la parete alla loro destra prima cede sotto un colpo fortissimo e poi crolla. Quello che segue é l’unico scenario che Loki non aveva previsto.


Karen ha raggiunto la stanza in cui sperava di trovare Steve e Bucky ma, ad attenderla, c’é solo il Capitano che cerca di buttare giù la parete che, improvvisamente, lo ha separato dal suo migliore amico.
“Steve!” L’uomo si volta verso l’amica e interrompe per un momento la sua battaglia contro il cemento armato rinforzato dell’edificio.
“Karen! Spiegami che diavolo sta combinando Loki!”
“Calmati Steve. Stiamo cercando di evitare che vi scontriate con Tony. Anche lui è qui.”
“Questa storia non mi piace. Abbiamo affrontato alcuni supersoldati che Ross ha risvegliato dall’ibernazione. Alcuni ci sono sfuggiti. Cercavamo di raggiunge il sistema di controllo del condizionamento mentale che si trova oltre questa parete quando é apparso Loki e ci ha divisi.”
“Lascia che me ne occupi io.” Dice la donna avvicinandosi al muro. Steve scuote il capo.
“Mi bastano altre due spallate ben assestate. Non mi piace come diventi quando usi l’aether.” Quelle parole hanno il potere di bloccare sul posto Karen. Lui se ne accorge e si affretta a spiegare mettendole una mano sulla spalla. “Non giudicarmi male, Karen. Non ti sto biasimando perché ti sei adattata alla tua nuova vita. Sei decisamente stata più brava di me in questo. Vorrei solo che non fossi costretta a combattere. Che non fossi costretta a difenderti.”
Lei gli sorride e piega la testa di lato affinché la sua guancia tocchi le nocche della mano di Steve ancora stretta sulla sua spalla.
“Non lo faccio per difendere me. Lo faccio per difendere i miei amici.”
“Stavolta non ce n’è bisogno.” Conclude lui assestando un ultimo colpo alla parete che s’infrange sotto i colpi dello scudo. Quel briciolo di pace che gli ha trasmesso Karen, svanisce non appena vede Bucky privo di sensi, il collo stretto in una delle mani di Loki.

 

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Capitolo 19
*** La verità ***


Capitolo 19
La verità

 

“Loki! Che stai facendo?” Grida Karen in preda al panico in cui l’ha gettata la scena a cui si trova ad assistere.

“Risolvo i problemi dello Shield.” Risponde il dio senza volgere lo sguardo verso di lei e continuando a fissare la sua vittima. Steve si prepara a lanciare lo scudo ma la voce di Loki lo precede.

“Se lo lanci non lo riavrai più indietro. Hai visto come posso usare l’aether.” Capitan America si ferma.

“Loki, basta!” Grida di nuovo Karen senza ottenere alcunché, neppure uno sguardo che lasci intendere che l’abbia sentita. “Loki!”

Karen si sforza di capire cosa sta succedendo. Lei sa che Loki l’ha accompagnata fin lì per impedire uno scontro fratricida fra Rogers e Stark. Sa anche che il rapporto tra Iron Man e Cap é appeso ad un filo sottilissimo ma non riesce a credere che Loki voglia davvero uccidere Barnes per evitare che si spezzi.

“Hai detto che vuoi combattere per i tuoi amici. Aiutami, Karen. Non lasciare che uccida Bucky.” La voce di Steve trema per la tensione. Karen stringe i pugni e si rivolge di nuovo a Loki.

“Lascialo andare.” Stavolta lui si volta e la guarda dritto negli occhi.

“Alcune cose sono inevitabili.”

“Non questa.”

“Non vedi il quadro generale delle cose.” 

La calma con cui Loki le sta parlando, come se tra le mani non avesse il collo di un essere umano, la fa infuriare. Nel profondo del suo cuore sa che non é rabbia. È paura. Per la prima volta vede Loki compiere un’azione malvagia con i suoi occhi. Uccidere Barnes non è una cosa che lei potrebbe accettare. Loki lo sa. Possibile che voglia farlo lo stesso? Lo deve fermare.

“Non lo vedo e mi rifiuterò di guardarlo se significa vederti uccidere un uomo. Non farlo. Troveremo un’altra soluzione.”

Quelle parole hanno il potere di far esitare Loki. In fondo lui ha sempre rifiutato di arrendersi anche di fronte ad evidenti fallimenti. 

L’esitazione gli costa il momento.

La parete opposta a quella occupata da Karen e Cap cede sotto i colpi esplosivi di Iron Man e lui e Nat entrano di corsa puntando le loro armi contro Loki.

“Non è più divertente, piccolo cervo,” Esclama Tony sollevando la visiera dell’elmo, “metti giù Barnes e falla finita con i tuoi giochetti. Decidi una volta per tutte, da che parte stai?” Loki non si muove. Stringe appena un poco la mano ben salda intorno alla gola di Bucky. Tony se ne accorge. “Non costringermi a colpirti davanti a Karen.” Sottolinea lui sollevando una mano e puntandogli contro le armi.

Loki lascia la presa e Barnes cade a terra. In un attimo, Steve gli è accanto.

“Siete ridicoli. Senza un vero nemico non siete capaci di fare fronte comune. Fino ad un paio d’ore fa stavate litigando come bambini. Lieto di avervi ricordato come fare ad essere una squadra.” 

Karen avanza lentamente verso suo marito e gli tocca il braccio con una mano per attirare la sua attenzione.

“È questo che stavi facendo? Cercavi di ricordargli cosa è davvero importante?” Loki non fa a tempo ad aprire bocca che il suono di un singolo applauso riempie l’aria. Tutti si voltano nella direzione da cui proviene il rumore e vedono Ross in piedi sulla porta semidistrutta.

“Bel teatrino. Dico sul serio. Ora signor Stark, prenda in consegna il soldato d’inverno e catturi Loki di Asgard.” Loki allunga le labbra in un ghigno e con una mano spinge Karen dietro di sé.

“Non sono una preda, generale. Sono il cacciatore. E si dia il caso che Barnes sia mio prigioniero.” Steve guarda il dio con uno sguardo carico d’interrogativi. Vuole aiutarli? Ingannarli ancora?

“Stark, lei ha firmato i trattati. Intende disobbedire?” Tony fa spallucce.

“Ci sono prove che qualcuno ha manipolato la mente del soldato Barnes usando il vecchio codice dell’Hydra. Ci sono anche prove che qualcuno ha risvegliato i super soldati russi che si facevano un bel sonnellino in questo seminterrato. Ah! Dimenticavo. Ci sono prove che è stato lei a fare tutto ciò. Come crede che la prenderanno alle Nazioni Unite?” Ross lancia sul pavimento una ventiquattro ore e sorride.

“La facevo più furbo, Stark. Mi avevano detto che lei è un genio. Non mi sembra che lo sia.” Tony guarda prima Ross poi la valigetta.

“Dovrebbe interessarmi?”

“Non vuole sapere dove i russi hanno preso il siero per creare tanti piccoli soldati d’inverno?”

“L’hanno rubato attraverso la Roxxon.” Risponde Tony facendosi serio.

“L’hanno rubato a suo padre. Per la precisione, lo ha fatto Barnes prima di uccidere lui e sua moglie in modo barbaro.” Ross sorride di soddisfazione. 

Loki stringe una mano a Karen.

“Avreste dovuto lasciarmi fare. Certe cose sono inevitabili.”

“No, non lo sono,” risponde lei sottovoce, “facciamo qualcosa, portiamo via Bucky.”

“È troppo tardi.” Dice mentre Tony si china sulla valigetta e la apre. Un monitor interno si avvia e manda le immagini riprese da una telecamera stradale in cui la macchina dei genitori di Tony va fuori strada. Poco dopo, si vede un uomo scendere da una motocicletta e freddare Howard Stark e sua moglie. L’uomo ripreso è Bucky Barnes. Oltre al tablet, nella valigetta c’è un fascicolo dello Shield.

Tony fa fatica a rialzarsi. Quando si volta verso Cap i suoi occhi sono ancora lucidi.

“Consegnamelo.” Dice solo.

“Non era in sé.” Lo sguardo di Steve implora la sua parte razionale di capire. E Tony capisce ma non nel modo in cui spera Steve.

“Tu lo sapevi?”

“Non era lui! Non ha colpa per quello che ha fatto sotto condizionamento. Sono tutti vittima dell’Hydra!” Esclama Rogers. Tony urla. Un grido disperato carico di frustrazione.

“Consegnamelo!” Steve lo poggia sul pavimento e si frappone fra il corpo dell’amico e Stark.

“Non posso.”

“È questo il tuo concetto di squadra, Rogers? Di amicizia?”

“Posso capire come ti senti.” Accenna Steve ma Tony si lancia all’attacco.

“Non osare. Sei un bugiardo. Hai sempre saputo e hai tenuto la bocca chiusa perché ti faceva comodo. Ti credevo il migliore tra noi ma sei il peggiore.” 

Lo scontro fra i due si anima sotto lo sguardo allibito di Nat e Karen che non sanno come intervenire.

 Loki si muove nell’ombra come fa di solito quando nessuno bada a lui e, in un attimo, é alle spalle di Ross. L’uomo si volta di soprassalto quando se ne accorge.

“Ammetto che ho apprezzato lo sforzo, generale. Il piano non era affatto male. Ammetto anche che consegnarti i codici dello Shield é stato un azzardo.”

“È stato l’agente Coulson a darmeli.” Loki cambia aspetto per un momento poi torna se stesso.

“Come dicevamo, é stato un azzardo. È servito al suo scopo. I codici che le ho consegnato hanno anche decriptato tutti suoi file. Credo che Fury riuscirà facilmente a farla rinchiudere in una di quelle celle per super criminali che aveva riservato al dottor Banner e i suoi amici.”

“Fury é morto.” Loki sorride.

“Un uomo della sua esperienza che crede alle favole.” Ross fa per scartare la figura di Loki e guadagnare l’uscita quando lui allunga una mano e l’afferra per il bavero dell’uniforme tirandolo a sé. “Parlo per esperienza: deve imparare ad accettare la sconfitta con più stile. E ora farà ciò che le ordino o la polverizzo. Le garantisco molto dolore.”

“Cosa vuoi, maledetto?”

“Una cosa che io concedo raramente: la verità.”

“Li vedi?” Grida Ross indicando Capitan America e Iron Man che si battono con rabbia e determinazione. “Non mi ascolteranno mai.”

È in quel momento che Loki usa la sua magia per gelare il pavimento e bloccare i due contendenti per un attimo. Entrambi si voltano verso Loki ma vedono il generale tenuto per la giacca dal dio asgardiano.

“Parla.” Ross deglutisce e comincia.

“Due mesi fa ho guidato un’azione di verifica delle condizioni della città di Sokovia e ho conosciuto un ingegnere che aveva perduto la famiglia nello scontro tra voi e Ultron. Era entrato in possesso di un vecchio diario del KGB in cui erano riportati i codici di condizionamento del progetto sovietico del super soldato Hydra. Ho sfruttato le mie conoscenze all’intelligence per rintracciare Barnes e sono andato di persona a Praga affinché rispondesse solo ed esclusivamente a me una volta ripristinato il condizionamento.” Si ferma ma Loki lo strattona e riprende. “Volevo sfruttare i trattati di Sokovia per catturare Hulk e non potevo farlo con Fury tra i piedi. L’attentato doveva toglierlo di mezzo e creare la confusione necessaria per consentirmi di mettere le mani sugli altri super soldati. Quando ho reclutato Barnes, lui mi ha raccontato tutto il suo passato. L’addestramento di questo piccolo ma potente esercito e le missioni svolte. Anche dell’assassinio dei tuoi genitori, Stark. Mi stava offerendo la chiave per controllare ognuno di voi ma avevo bisogno delle prove. Prove che lo Shield è corrotto! Avrei fatto uccidere Barnes, lo giuro  Stark!” Grida e Loki lo scaraventa a terra. 

“Se continuate ad ammazzarvi tra di voi, farete il suo gioco. Non vincerà nessuno.” Dice il dio guardando Karen che annuisce. 

Steve si scuote il ghiaccio di dosso e si muove verso Tony.

“Non nuocerà mai più. Te lo prometto.”

“Non lo farà. Quindi tienilo alla larga da me. Portalo via,” fa Tony indicando Bucky, “e lascia lo scudo. É di mio padre.” Steve non risponde. Si china su Barnes e lascia cadere lo scudo. “Nat prendi il generale e andiamo.” Vedova nera annuisce e solleva in malo modo Ross.

Mentre Steve e Bucky si allontanano verso l’uscita, Karen si avvicina a Tony.

“É davvero necessario? Steve non ha nessuno.”

“Ha il suo migliore amico.”

“Tony.” Iron Man si volta a guardare Karen e raccoglie lo scudo.

“Non posso. Ho fatto tutto ciò che potevo.” 

“E lo hai fatto bene, uomo di latta.” La voce che li interrompe é quella di Loki. “La via della rettitudine é lastricata di pessime scelte e dolorosi rimpianti. Capitan cuore d’oro lo sa.”

“Consegnerò Ross alle Nazioni Unite.” Risponde Stark annuendo. “Riporterai Fury sulla Terra?”

“Se Thor non l’ha già fatto, forse ha altri piani. Gli orbi sono creature strane.”

“E lei?” Chiede Tony indicando Karen. “Ti prenderai cura di lei?”

“È mia moglie.” Le labbra di Tony si piegano appena all’insù. Non un vero e proprio sorriso.

“Ti danno ancora la caccia.”

“Torneremo su Jotunheim, se necessario.” Dice Karen prendendo una delle mani di Loki.

“Per te ci sarò sempre, dottoressa. Anche se hai fatto il tifo per Rogers.”

“Volevo solo che non finisse così.” Loki fa un passo in avanti.

“ ‘Così’ non é così male. Alcune cose richiedono tempo per sistemarsi.”

“Forse potresti aver ragione tu, adesso però ci sono un sacco di cose da rimettere a posto. Buona fortuna ad entrambi.”

Tony si volta e guadagna l’uscita. Karen sospira. Loki le circonda il corpo con le braccia.

“Non é finita. Si é solo chiuso un capitolo. Qualcosa mi dice che, sfortunatamente, li rivedremo ancora.”

“Detesto il modo in cui Steve è andato via.” Loki la lascia andare. Anche se sa che più volte Karen ha scelto lui, il modo in cui la donna ne parla, quello che prova per quell’uomo, gli suscita comunque un forte sentimento di gelosia.

“Chiedi ad Heimdall di aprire il bifrost e raggiungilo! Sei una principessa di Asgard, puoi ordinarglielo.” Dice freddamente. Karen gli poggia una mano sul petto all’altezza del cuore.

“C’é un po’ di confusione sui miei titoli. Io sono la regina di Jotunheim. Sono esattamente dove dovrei essere. Concedimi solo un po’ di amarezza per come è andata a finire questa storia.” Loki si sente invadere da un improvviso senso di tenerezza.

Quanto potere racchiude in sé quella creatura ferma in piedi davanti a lui eppure ha ancora occhi limpidi che trasmettono le sue emozioni, un cuore così ingenuo riguardo al dolore che comporta il semplice fatto di esistere. La ama con una violenza che non ha mai conosciuto. Prova il desiderio di proteggerla, nasconderla da quel dolore. Lui però sa che significherebbe impedirle di esistere. Non c’è ingiustizia più grande. Ognuno dovrebbe essere lasciato libero di pagare il prezzo che preferisce per stare al Mondo.

Karen ha già dimostrato di essere disposta a pagare un prezzo altissimo per affermare la sua Volontà. Lui sarà in grado di accettarlo? 

L’immagine della visione che lo ha condotto fino al Collezionista, riaffiora nella sua mente come richiamata da una qualche incomprensibile connessione con quei pensieri. La scaccia.

“Torniamo.” Dice solo.

“Dove?”

“Heimdall? Portaci a casa.” Risponde lui e la luce dell’arcobaleno li avvolge.

 

Vestito di nero a quel modo stona con lo sfondo che osserva dall’alto di quella balconata. Il cielo é tutto oro e candore.

“Pronto per tornare?” La voce di Loki nasconde sempre un po’ di sarcasmo.

“Ho alternative?”

“Puoi restare. Non so quale piega potrebbe prendere la tua convivenza con Odino ma credo che non ti negherebbe asilo.”

“Non sono fatto per poltrire a letto.”

“Puoi partire alla volta di nuovi mirabolanti avventure!” Esclama facendogli il verso. “L’universo é immenso. Sono certo che su alcuni pianeti uomini autoritari con un occhio solo potrebbero vivere vite meravigliose.” Fury si volta e ghigna.

“Ho visto appena un angolo dell’universo e mi è venuta voglia di tornare a casa. Fino a che sono rimasto sulla Terra, gli occhi li avevo entrambi. Non mi va di perdere quello che mi è rimasto.”

“Stark potrebbe fartene uno nuovo!”

“Non voglio che una macchina sostituisca pezzi di me. Basta già un uomo di ferro.”

“Il fato ce ne scampi!” Esclama Loki. “Se hai preso la tua decisione, Thor ti aspetta al bifrost.”

“Non credere che in questo trambusto mi sia dimenticato della dottoressa.”

“Lei non verrà con te. Per ora ce ne staremo un po’ per conto nostro.”

“Non ne avevo dubbi dopo il casino che avete combinato.”

“Lo sistemerai tu, no?”

“No. Lo Shield ha un nuovo leader ora.”

“Quindi che farai?”

“Me ne starò un po’ per conto mio.” Loki ride. “Vi terrò comunque d’occhio.” Fury sta per lasciare la stanza quando si volta e torna indietro. “Non mi sono scordato neanche di quell’altra faccenda.” Dice allungando una busta. Loki la apre e vi trova alcuni documenti. Apre quello che sembra essere un passaporto.

“Tom Hiddleston?” Chiede.

“Inglese. Coulson non ha preso bene il fatto che ti sei sostituito a lui per un po’. Non ti hanno concesso la cittadinanza americana. Per ora.” Loki sente qualcosa tirare nel petto ma non si muove.

“Non ho portato a termine la missione. Non ho ucciso Barnes. Il gruppo si è sciolto.” Fury fa spallucce.

“Stark e Rogers sono vivi. Nessuno dei miei é finito sottoterra. Per come la vedo io, sei andato bene. Oggi essere un agente dello Shield non significa molto. Potresti essere un agente di Asgard!”

“Non lo so. Non mi convince.”

“Potresti avere una squadra tua.”

“Lavoro meglio da solo.”

“Sei sposato, non sarai mai più da solo, finanche lo volessi. Tieni solo la dottoressa al sicuro.”

Loki lo lascia andare via. Cammina fino alla balconata, appoggia le mani sulla balaustra e guarda fuori. Un vento placido sposta appena le nuvole. Alcune stelle già brillano nel cielo di Asgard. Fissa quella più luminosa.

“Brilli ogni giorno di più. Sei fiera del mio operato o vuoi avvertirmi di un pericolo che si avvicina? Dimmelo, madre.” Sospira preoccupato. Volta le spalle al cielo e si mette in cerca di Karen. 

 

Fury raggiunge il bifrost in compagnia di Thor. Quando vede finalmente l’uomo che chiamano Heimdall, si accorge che é in compagnia di Karen. Indossa un abito asgardiano.

“Ti si addice, dottoressa,” dice indicando il vestito, “sembri una di loro.” Lei sorride.

“Con uno di questi, chiunque sembra uno di loro.”

“Io no. È tempo per me di tornare.”

“Ti aspettano con ansia.”

“Mi aspetteranno inutilmente.” Karen lo guarda in modo interrogativo.

“Che vuol dire?”

“Che torno sulla Terra ma non allo Shield. Lo ricostruiranno senza di me. Io sono la vecchia guardia.”

“Vuoi mollare?”

“Al contrario. Voglio avere entrambe le mani libere.”

“Mi faresti un piacere?”

“Un altro? È già un favore bello grosso lasciarti qui.”

“Non riguarda me. Rintracceresti Steve? Un aiuto gli farebbe comodo.”

“Il capitano ha tutto l’aiuto che gli serve.”

“Non ne sono certa.”

“Se vuoi accertartene, fallo da te.” Karen abbassa lo sguardo. Fury prosegue. “Puoi tornare sulla Terra quando vuoi. Ci avanzava una green card. Credo che Loki se la sia meritata a questo giro. Lui tiene d’occhio te. Tu tieni d’occhio lui per favore.” Karen si lancia al collo di Fury. 

“Grazie.”

“Non ho cambiato idea. Siete tutti e due un pericolo per la Terra. Nonostante ciò voglio credere che saprete fare del vostro meglio per non nuocere. L’identità che abbiamo dato a Loki non gli consentirà di cancellare quello che ha fatto ma lo terrà lontano dai riflettori. Coulson ha già diffuso le immagini in cui ricostruisce il palazzo delle Nazioni Unite. Non cambia le cose ma è un piccolo passo perché altri lo vedano come lo vedi tu.”

“Non so che dire.”

“Non dire niente. A presto.”

Thor gli si avvicina e fa un cenno ad Heimdall di aprire il bifrost.

Karen rimane sola con il guardiano. Lui si accorge che sta piangendo.

“Qualcosa non va?” Lei scuote il capo.

“È che lasciare andare la rabbia e il dolore fa male.” Heimdall la osserva singhiozzare senza capire.

“Vuoi che chiami Loki?”

“Non ce n’è bisogno.” La voce del dio degli inganni li prende alle spalle. Karen si affretta ad asciugare le lacrime. Lui le prende una mano e la trattiene.

“Non devi farlo. Lascia andare sia la rabbia che il dolore. Non fanno parte di te. Liberatene.” 

Karen poggia la fronte contro il suo petto e piange come non ha fatto più da prima della sua morte.

Il dolore é pur sempre un’emozione.

Lei ha bisogno di sentire di nuovo le sue emozioni.

Ha bisogno di sentirsi viva oltre la sua morte, la sua trasformazione. 

Loki le accarezza i capelli con una mano.

“Sei viva.” Gli dice, dimostrandole di comprendere ciò che prova ancora una volta.

“Sono viva,” risponde lei, “posso vivere.”

“Ne hai pienamente diritto.”

“E tu vivrai con me?”

“Ogni giorno della mia vita. Dove vorrai.”

“Sulla Terra?”

“Persino in quella casa sul lago.”

“E che farà il dio degli inganni in un posto tanto sperduto nell’universo?”

“Mi annoierò leggendo libri e guardando gli alberi mossi dal vento.”

“Una galera insomma!”

“Una volta, una donna molto intelligente ha detto che non esiste prigione che possa trattenermi a lungo.”

“Quindi saresti un prigioniero costantemente tentato dall’evasione.”

“Esatto.”

“Non sembra un’idea allettante.”

“E’ l’idea migliore che abbia avuto. E, dopotutto, non cambierebbe nulla. Io sono prigioniero. Tu tieni le mie catene dal giorno in cui hai aperto per la prima volta la mia cella allo Shield.” Karen sussulta impercettibilmente.

“Non me l’avevi mai detto.”

“Non mi piace confessare le mie debolezze.”

“L’amore non è una debolezza.”

“Non concordo su questo ma mi piace credere che amarmi possa darti forza anziché debolezza.”

“Non sai quanto è vero.”

“Allora è deciso. Apriamo un nuovo capitolo di questa storia.”

Karen lo bacia e le macerie di ciò che é stato fanno meno tristezza.

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Capitolo 20
*** Una vita normale ***


 

Una vita normale


Il frinire delle cicale riempie l’aria.

Lei se ne sta nella barca dondolante, calzoncini corti e camicia, a prendere il sole. La testa sotto ad un cappello dalla falda larga colore del grano.

Lui è rimasto seduto a riva. Le spalle contro un alto albero che gli fa ombra. Legge il ‘Paradiso perduto’ di Milton. Le pagine scorrono via veloci nonostante sembra che il tempo si sia fermato.

Una bambina gioca con un cagnolino che rincorre una palla. Inciampa e chiede aiuto.

“Zio, zio, Fenrir non mi vuole ridare la palla!”

Lui solleva lo sguardo dal libro e fischia. Il cane torna indietro, obbediente, e si accuccia al suo fianco. La bambina gli è addosso in un momento e gli tira le orecchie. L’uomo chiude il libro e lo poggia sull’erba. Redarguisce la piccola.

“Sophie, cosa ti ho detto riguardo al fatto che Fenrir non è un giocattolo?” La bambina si mette diritta con le manine dietro la schiena e, prontamente, risponde.

“Che posso giocare con lui solo se rispetto il fatto che è una creatura vivente.” L’uomo annuisce e lei prosegue. “Chiedo scusa, zio Tom. Ma è troppo morbidoso.” Lui fa un’espressione contrariata.

“E riguardo alle parole? Morbidoso non è una parola.”

“Zia dice che posso inventare nuove parole se mi va.”

“Zia Karen ha una laurea e tre dottorati. Non ha inventato parole. Le ha studiate.”

“I libri sono noiosi.”

“Saresti l’orgoglio di tuo zio Donnie!”

“Lo zio Donnie è forte.”

“E qui finisce l’elenco delle sue qualità.” La bambina sbuffa.

“Se non posso giocare con Fenrir, cosa faccio? Io mi annoio! Mi racconti una storia?” L’uomo riprende il libro.

“Fattene raccontare una da tua zia.”

“Non mi piacciono le sue storie. Le tue sono molto più belle. Dai raccontami quella in cui hai finto di essere morto e lo zio Donnie si è messo a piangere.” Lui sorride e le fa posto al suo fianco.

“Sei sadica. Mi piace. Oggi però ti racconterò una storia nuova. Parla di un viaggio alla ricerca di sei pietre magiche in grado di realizzare i desideri.” La bambina saltella per l’eccitazione e poi gli si getta in braccio.

“C’era una volta un potente stregone che aveva il potere di realizzare tutti i desideri. Da tutto l’universo giungevano persone sulla sua stella per chiedergli aiuto e favori.” La bambina gli tocca il labbro inferiore e lui si ferma.

“Lo stregone viveva su una stella?”

“Sì, una stella piccola piccola ma estremamente bella. Per anni lui passò il tempo ad esaudire desideri altrui fino a che si rese conto di essere sempre solo. Tutto il tempo.”

“E’ una cosa molto triste essere soli.” Sottolinea la bimba.

“Esatto. Fu in quel periodo che un uomo molto cattivo gli rubò tutte le pietre. Lo stregone era disperato perché adesso nessuno andava più a trovarlo sulla sua stella. Però un giorno, una bella fanciulla che gli portava tutte le sere qualcosa da mangiare, gli propose di aiutarlo a cercare le pietre. Così si misero in viaggio per l’universo e, ogni volta che ne trovavano una, si facevano nuovi amici.”

“Quali amici?” Chiede la bimba.

“Tanti.”

“Sì, ma chi?” L’uomo esita poi prosegue.

“Vediamo un pò, c’era l’uomo di latta per esempio. Oppure Capitan ghiacciolo.” La bambina ride. “Poi c’erano l’arciere, la donna ragno e il gigante buono. E con loro c’era sempre il fratello dello stregone che era un guerriero potentissimo anche se stupidotto.” Sophie gli tocca una guancia con la manina per attirare l’attenzione.

“Come lo zio Donnie? Ma stupidotto è una parola?”

“Lo è!” Dice lui facendole il solletico. Lei ride e si stringe di più a lui. Una voce li raggiunge dalla riva del lago.

“Ehi, voi due! Cosa state combinando?” 

“Zia Karen, vieni! Lo zio sta raccontando una storia.”

“Un’altra?” Chiede lei raggiungendoli e sedendosi al loro fianco.

“E’ una storia bellissima! Continua zio.”

“Dove eravamo rimasti?”

“A quando trovano nuovi amici.”

“Giusto. Ogni volta che trovavano una delle pietre si facevano nuovi amici e, prima di accorgersene, lo stregone le trovò tutte. Fu allora che dovette battersi con l’uomo cattivo che rapì la bella fanciulla che per prima gli aveva dato fiducia e coraggio. Lo stregone lottò per salvarla ma lei fu colpita dall’uomo cattivo e si fece molto male. Lo stregone lottò con i suoi amici e sconfisse l’uomo cattivo ma la bella fanciulla stava davvero male. Così lo stregone usò tutti i suoi poteri per salvarla e ci riuscì. Quel giorno perse la sua magia e nessuno andò più a cercarlo sulla sua stella. Lui però non fu mai più solo. Visse per sempre con la sua bella fanciulla e tutti i suoi amici.”

“Che bella storia zio! Me ne racconti un’altra?”

“Non è ora per te di tornare a casa? Tua madre si arrabbierà molto se non rientri. E’ quasi sera. Fenrir, accompagnala.”

Nell’udire il suo nome, il cane si alza e scodinzola. Sophie lo imita e fa per allontanarsi. L’uomo la richiama.

“Sophie!”

“Sì zio?” Lui indica la sua guancia. La bambina bacia prima lui poi la donna e corre via inseguendo il cane. 

Lei scoppia a ridere tirando le ginocchia al petto.

“Che c’è?” Chiede lui.

“E’ che non ti facevo lo zio dell’anno!”

“Quel mostriciattolo è una creatura sadica e doppiogiochista. Mi piace.”

“Hai dimenticato ‘manipolatrice’ e la tua influenza non la sta migliorando.”

“Grazie, ci sto mettendo impegno.” 

“Loki!” Esclama lei e lui le chiude la bocca con un bacio.

“Hai dimenticato che non devi chiamarmi così?” 

“E’ che ogni tanto mi manca mio marito.”

“Sono sempre qui.” Dice spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lei gli tocca un ricciolo castano che gli copre la fronte.

“Mi mancano i tuoi capelli, la magia che sprigionano i tuoi occhi quando facciamo l’amore.” Lui ride e la bacia di nuovo. “Non riusciamo quasi mai a stare da soli. Se non ci sono i miei genitori, c’è Sophie e se non c’è Sophie a monopolizzare le tue attenzioni, ci sono i tuoi studenti.”

“Fare il professore di storia è la copertura per l’identità che lo Shield ha creato per me. Non ti piace essere la signora Hiddleston?”

“Non sono la signora Hiddleston.” Fa lei incrociando le braccia. 

“A questo possiamo rimediare.”

“Le tue studentesse ne saranno deluse.”

“Non m’importa di loro. Vivo in Tennessee per te, ricordi.”

“Già.” Dice lei mugugnando e poggiando il mento sulle ginocchia unite.

“Non tenermi il broncio. Sei tu quella che passa tutto il tempo al computer a lavorare su chissà cosa.”

“Te l’ho già detto, è un lavoro che mi chiesto di fare Tony. Riguarda il sistema di programmazione di una tuta basata sul vecchio progetto della dottoressa Cho.”

“Il famigerato protocollo triciclo?”

“Hai ficcato il naso nelle mie carte?” Loki ride.

“Non mi sembra un nome adatto per una tuta di un Avenger.” Karen scuote le spalle. “E non mi piace che presti la voce ad un sistema di intelligenza artificiale. E’ troppo sexy.” Lei gli si accoccola tra le braccia. “Tornando alla faccenda principale. Ormai sono due mesi che ti faccio la corte. I tuoi genitori mi adorano, tua sorella e suo marito anche. Sophie dice in giro che sono il suo fidanzato. Non credi che sia ora di portare la nostra relazione ad un altro livello? Sono stufo di entrare tutte le notti dalla finestra della nostra camera e sgattaiolare all’alba. Se non avessi la magia, sarebbe seccante usare sempre i vestiti del giorno prima.”

“E cosa suggerisci?” Chiede lei posandogli una serie di piccoli baci a fior di pelle sul collo. 

“Sposami.”

“Di nuovo?” Fa lei guardandolo negli occhi. Lui annuisce.

“Già.”

“Non pensavo che mi sarei mai sposata ma farlo una seconda volta è da matti.”

“Stavolta sarebbe un matrimonio terrestre. Dovrai trovarti una damigella d’onore, un vestito e potrai farti accompagnare all’altare da tuo padre.” Karen lo guarda esterrefatta.

“Da quanto tempo ci stai pensando?”

“Da quando Stark ti ha portato quel progetto. E’ stato lui a mettermi la pulce nell’orecchio. Ha detto una cosa tipo: ‘E’ davvero un bel posto questo. Adatto a mettere su famiglia. Peccato che non siate sposati qui sulla Terra. Sarebbe l’occasione per una rimpatriata.’”

“Tony ha detto così?” Loki annuisce.

“Per cui ho pensato che un matrimonio sarebbe la trappola perfetta. Potrei chiedere a Thor di farmi da testimone. Tu non lo chiederesti a Jane?”

“Così quei due sarebbero costretti ad incontrarsi di nuovo. Da quant’è che non si vedono?”

“Da quando ognuno ha preso la sua strada.”

“E potremmo invitare Tony e Steve.”

“E Banner e la Romanov.”

“Sposiamoci, Loki!” fa lei stringendogli le braccia intorno al collo.

“Tutte ottime motivazioni.” 

“Ti amo.”

“Irrilevante.” La prende in giro lui prima di baciarla e spingerla sull’erba. “Stanotte rimani qui non me.” Dice riprendendo il suo reale aspetto e slacciandole la camicetta. Lei sente l’aether solleticarle la pelle. Gli occhi di Loki brillano e la sensazione svanisce.

“Bentornato mio re.”

“E’ bello sentirti di nuovo mia regina.”

La notte che è calata su di loro è buia e senza stelle. L’oscurità che li avvolge non è mai stata tanto benvenuta.

 

Deve farsi strada tra pezzi di armature e cacciaviti.

“Friday per favore, interrompi il protocollo ‘festino in casa’!” Esclama Pepper e la musica rock ad alto volume cessa di colpo. Tony fa capolino da sotto un’auto che sembra molto, molto costosa. 

“Amore, lo sai che nessuno mette in dubbio la tua autorità ma dovremmo essere d’accordo  su come educare Friday. Se le dico che può alzare il volume dello stereo, mi piacerebbe che non mi contraddicessi.” Pepper incrocia le braccia.

“Mi spieghi perché hai mantenuto attivi i protocolli delle armature se le abbiamo distrutte?”

“Perché sono originali. Comandi unici per un protocollo unico, vero Friday?” La voce del programma si affretta a rispondere.

“Grazie, signore.”

“Sentito? Mi riconosce autorità, non vorrei perderla. Il rispetto è la cosa più importante.”

“Mr. Rispetto, hai ricevuto questa.” fa Pepper sventolando una lettera. Tony si alza e prende la busta. La apre e legge prima di portarsi una mano alla bocca.

“Che cos’è?” Chiede lei. 

“Non ci credo. Lo fanno di nuovo.” 

“Di nuovo cosa?” Pepper gli strappa di mano il foglio e legge. “Si sposano?”

“E ci invitano.”

“E’ una bella notizia. Dopo tante tragedie, un matrimonio è una cosa bella.”

“Sono già sposati.”

“Non secondo la legge del Tennessee.” Insiste lei.

“Credo che il matrimonio che hanno già contratto abbia valore anche rispetto alla legge del Tennessee.” Ghigna Tony.

“Perché sei così contrariato?”

“Perché è una seccatura.”

“Come potrebbe essere una seccatura?” Fa Pepper prima di alzare le braccia e gli occhi al cielo. “Oh, mio, dio! Tu stai già pensando che inviterà Steve.”

“Lo inviterà di sicuro. Forse farà loro da testimone. Anzi sono certo che lo farà.”

“Tu non sai un bel niente e non dovresti preoccuparti di questo. Potresti approfittarne per farla finita con questa storia.”

“Non ci penso proprio.”

“Perfetto, allora rispondo che non ci andiamo.”

“Aspetta, aspetta!”

“Ci andiamo?”

“Perché deve essere tutto o bianco o nero per te?”

“Che altro si può rispondere ad un invito di nozze a parte si o no?”

“La razionalità è la parte di te che amo di più.” Lei sorride e si volta guadagnando l’uscita.

“Rispondo che ci andiamo di certo.”

“Ho mentito! La parte che amo di più di te è il fondoschiena!” Lei ancheggia in modo più evidente e lascia la stanza. “Friday, ‘protocollo festino in casa’ tutto daccapo.” Tony si infila di nuovo sotto l’Audi mentre una canzone degli AC/DC fa ricominciare la sua playlist.

 

La madre di Karen continua a fare avanti e indietro contrariata.

“Non capisco perché non voglia invitare suo padre!” Karen alza gli occhi al cielo.

“Per l’ennesima volta, mamma. Non sono in buoni rapporti. Dalla morte di sua madre, l’unico parente che Tom abbia frequentato è Donnie. Possiamo andare avanti?”

“Non possiamo andare avanti. Chi mettiamo al tavolo dei genitori se i suoi genitori non vengono?”

“Sono certa che troveremo qualcuno. Ci metteremo Donnie e Jane, ok?”

“Impossibile. Donnie e Jane vanno al tavolo con tua sorella, Jamie e i bambini.” 

In quel momento sopraggiunge Loki.

“Tom! Giusto in tempo, tesoro.”

“Meg, che succede?” Loki le sorride bonariamente. Da quando hanno detto ai genitori di Karen che vogliono sposarsi, tutto il ranch è in subbuglio.

“Sei davvero certo che tuo padre non possa venire?” 

“Mamma!” Esclama arrabbiata Karen che fa cadere il quaderno dei tavoli e lascia la stanza. Loki le va dietro.

“Non prendertela.” Fa lui carezzandole le spalle.

“Detesto tutto questo. Dovevamo andare a Las Vegas a sposarci.”

“Non avremmo raggiunto il nostro scopo.”

“Non abbiamo ricevuto ancora alcuna risposta. Neppure da Thor!” Esclama Karen risentita.

“Verranno.”

“Vorrei avere la tua sicurezza. Mia madre mi sta facendo uscire fuori di testa.”

“Potremmo dirle che Fury è mio padre.”

“E’ nero!”

“Adottivo.” Karen scoppia a ridere. Lui l’abbraccia.

“Verranno. Abbi fiducia.”

In quel momento una macchina si ferma all’inizio del viale alberato che porta alla casa dei genitori di Karen. Si vede un uomo scendere e ringraziare. Come se li avesse visti in lontananza, prende a camminare verso di loro.

Se qualcuno dicesse a Loki che è stato colpito da un fulmine, che è morto e che quello che sta vedendo è un altro mondo, adesso gli crederebbe.

L’uomo che con incedere lento ma sicuro, abito di lino color carta da zucchero e cappello in testa si sta avvicinando, sembra inequivocabilmente Odino. Quando li raggiunge, Karen fa per prima un passo in avanti verso di lui. L’uomo allarga le braccia.

“Eccomi qua. E’ stato più facile attraversare la pianura di Niflheim che raggiungere questo posto, come dire?”

“Sperduto?” Suggerisce Loki.

“Isolato.” Lo corregge l’anziano.

“Che ci fai qui?”

“Thor mi ha riferito che ti sposi. Non potevo mancare le tue nozze di nuovo, non credi? Inoltre ci sono una serie di rituali che immagino nessuno sia in grado di organizzare qui.”

“Abbiamo organizzato ogni cosa, padre.”

“Non è vero!” Interviene Karen. “Saremo felici se rimarrai.” 

Odino guarda suo figlio.

“Felicissimi, padre.” Il dio fa alcuni passi verso di lui e lo abbraccia poi si volta verso Karen. 

“Fà strada, figlia mia.” Karen si incammina e Odino la segue. Loki lo affianca.

“E’ figlia dei suoi genitori. Ricordati che non sei il Padre di tutti qui.”

“Mi accontenterò di essere il tuo. E’ già abbastanza impegnativo così.”

Karen apre la porta e avvisa sua madre.

“Mamma, ho una sorpresa per te. Vieni, ti presento il padre di Tom.” La donna si pulisce la mani sporche di farina che stava usando per preparare dei biscotti e si precipita verso di lui.

“Oh mio Dio! Che gioia! Ero così preoccupata che non venisse! Che piacere conoscerla sig. Hiddleston!”

“Il piacere è tutto mio, signora. Ora ho capito da chi ha preso la sua bellezza la nostra Karen!”

“Ora sappiamo anche da chi ha preso la sua galanteria Tom!” 

“Meg hai dimenticato che ti ho detto che mi ha adottato?”

“Oh cielo! Mi scusi, sig.Hiddleston.”

“Si figuri. L’ho cresciuto io ed è mio figlio anche se abbiamo avuto un rapporto complicato. Mia moglie lo ha amato dal primo istante che gliel’ho messo in braccio.”

“Non mi dia del lei. Il mio nome è Margaret, ma può chiamarmi Meg. Mio marito Stan sta per tornare. Ha portato dei turisti a fare un giro a cavallo.”

“Adoro i cavalli. Il mio nome è Norman.”

“Hai già una sistemazione, Norman?” Loki interviene.

“Lo accompagnerò all’hotel in città.”

“Non ce n’è alcun bisogno. Ho preparato una stanza per Donnie, ce n’è una anche per te.”

“Donnie?” Odino passa con lo sguardo da Karen a Loki.

“Donnie, papà, Donnie. Mio fratello Donnie.”

“Ah! Donnie, certo. Scusatemi. Il viaggio è stato lungo.”

“Dove vivi, Norman?” Loki interviene di nuovo.

“Al nord.”

“Cielo, ora capisco perché Tom è sempre così pallido. Non ha preso neppure un po’ di colore in due mesi che sta qui da noi.”

“Invece lo trovo meglio del solito.”

“Dici? Non mangia quasi nulla.”

“Smettetela di parlare di Tom come se non fosse qui!” Dice Karen sorridendo.

“Vieni, papà, ti faccio fare un giro.” Odino segue Loki fuori casa fino giù al lago. “Che sei venuto a fare?” Gli chiede quando sono soli.

“Thor è tornato ad Asgard qualche giorno fa. E’ venuto a prendere il dottor Banner. Ha detto che era stato invitato alle tue nozze. Ho chiesto spiegazioni e lui mi ha riferito che probabilmente era un modo per rimettere insieme la loro squadra.”

“Thor che fa un ragionamento di senso compiuto tutto da solo!” Odino ghigna. “Se te lo ha detto, perché sei venuto?”

“Perché è comunque il tuo matrimonio.”

“Non ha valore per noi. Il giuramento sulle radici di Yggdrasil, quello ha valore.”

“Quello lo hai pronunciato senza di me.”

“Quindi?”

“Quindi non volevo perdermi un’occasione per stare insieme con la mia famiglia. Tu e Thor siete ciò che ne rimane.”

“Non ti sei fatto spesso vanto del fatto che fossi parte della tua famiglia. Ad ogni modo, la madre di Karen ne era felice. Vediamo di tenere un profilo basso.”

“Più basso di farmi passare per Norman Hiddleston.”

“Norman Hiddleston Blake. Ho detto a tutti che ho preso il cognome di mia madre perché non andavamo d’accordo. E’ per spiegare perché il mio alias e quello di Thor hanno cognomi diversi.”

“D’accordo.”

“Sei troppo arrendevole. Trami qualcosa?”

“Voglio solo stare al tuo gioco. Tutto qui.”

“Allora rientriamo o Meg torturerà Karen per sapere tutti i dettagli della tua venuta qui.”

Loki lo guarda incedere lentamente.

All’improvviso lo sfiora il pensiero che, senza l’armatura, Gungnir, e il trono di Asgard a fargli da altare, Odino sembra davvero un padre un po’ troppo anziano e stanco per essere lasciato solo. Lo affianca e gli porge un braccio. Lui lo guarda con l’occhio buono e con fare interrogativo.

“Che significa?”

“Vuoi stare al mio gioco? Fà la parte del padre troppo vecchio per non essere stanco dopo aver fatto tutta questa strada. Appoggiati.” Le parole escono di fretta dalle labbra sottili del figlio minore e Odino lo vede guardare davanti. Solleva la mano e la infila sotto al braccio di Loki. 

Per la prima volta nella loro esistenza, camminano fianco a fianco.

 

Thor non si sente a suo agio.

Ha messo degli abiti terrestri. Un paio di pantaloni scuri, una t-shirt bianca e una felpa che ha tirato quasi fino ai gomiti.

Ha legato i capelli in un codino e fatto la barba. 

I vestiti glieli ha procurati Pepper. Il fascio di rose rosse che tiene in una mano talmente rigida da sembrare di marmo, invece, è un’idea di Stark.

Thor si è fatto convincere perché sa che ha molto successo con le donne ma adesso, fermo sull’ultima rampa di scale del palazzo in cui si trova l’appartamento di Jane, non gli sembra più una grande idea presentarsi alla porta senza avvertire urlando ‘sorpresa’ con un fascio di rose da mille dollari.

Bruce, che lo segue da vicino, si è fermato un passo dietro a lui e lo guarda con compassione.

“Non è una buona idea.”

La frase gli esce mentre si volta e fa per tornare indietro. Bruce alza le mani.

“Fermo! Certo che è una buona idea.”

“No, non lo è! Jane non è una di quelle ragazze senza cervello che frequenta Stark!”

“No, non lo è. Fidati se ti dico che sarà felice di vederti e che gradirà i fiori. Solo non tenerli a quel modo. Sembra che tu stia impugnando Mjolnir.” Thor agita il fascio di rose e scuote la testa.

“Queste cose non fanno per me.”

“Lo so. Occorre che ti sforzi. Lei merita uno sforzo. Non sei stato tu a dire a me che se lascio le cose con Nat così come stanno, di certo non miglioreranno?” Il dio annuisce e ritorna sui suoi passi. 

“Non ho intenzione di gridare ‘sorpresa’.”

“Non farlo.” Lo rassicura Bruce.

“Allora vado.”

“Vai, io ti aspetto di sotto.” Conclude Bruce sollevando i pollici e chiamando l’ascensore.

Thor si schiarisce la voce e bussa alla porta. Jane, dall’interno, chiede chi bussa ma apre prima di conoscere la risposta. 

Il fascio di rose rosse è enorme ma comunque insufficiente a coprire il viso di Thor. Il dio si sforza di sorridere. Un silenzio imbarazzante cade fra i due.

“Sorpresa.” Fa lui senza entusiasmo. Jane non risponde. “Sei sorpresa, vero? Dovresti dire qualcosa tu, adesso.”

“Entra,” fa lei spostandosi di lato per lasciarlo passare, “sei tornato.” Thor le porge i fiori che finiscono per nascondere il volto di Jane.

“Solo ieri. Ho fatto un salto da Stark e sono corso subito da te. Sei arrabbiata?” Chiede lui aprendo con le mani il fascio di rose per vedere l’espressione di Jane.

“Li metto in acqua anche se temo di non avere un vaso sufficientemente grande. La vasca andrà bene.” Fa guadagnando il bagno per poi tornare sui suoi passi.

“Sei arrabbiata?”

“Perché dovrei essere arrabbiata?”

“Perché sono partito per Asgard e non sono più tornato.”

“Ci ho fatto l’abitudine.”

“Mi dispiace.”

“Non importa. Ora mi dirai che sei stato coinvolto in un’impresa spettacolare per salvare i nove regni o qualcosa del genere.”

“In effetti,” dice prendendo una pausa, “no. Dopo aver riaccompagnato Fury sulla Terra, sono tornato ad Asgard perché Bruce ha avuto un’illuminazione, o così dice. Pensa di aver trovato un modo per rimanere se stesso anche quando è Hulk ma lo studio necessita di alcuni testi e macchinari che abbiamo sul mio pianeta.”

“Capisco.”

“Non sei arrabbiata?”

“No.” Thor si guarda i piedi.

“Non t’importa, capisco.” Dice prendendo la via per la porta.

“Sei tornato per il matrimonio di Loki, non per me.” La voce di Jane non ha cambiato inflessione ma si capisce che è amareggiata. Thor si volta e la guarda negli occhi.

“E’ un’opportunità.”

“Un’opportunità per cosa?” Chiede lei ostinatamente.

“Per evitare che le cose vadano alla deriva.”

“Le hai lasciate tu così.”

“Lo so,” dice stringendo un pugno, “lo so benissimo che è colpa mia. Ho fatto di tutto per farti credere che non ti amo abbastanza. La verità è che niente è abbastanza per impedirmi di amarti. Ti amo nonostante il trono che mi è stato offerto. Ti amo nonostante le mille battaglie che bramo siano dietro ad ogni angolo. Ti amo nonostante mi venga ricordato che sei mortale. Ti amo a discapito di ogni cosa che mi allontana da te. Nessun luogo è abbastanza distante, nessun ostacolo è troppo gravoso. Amarti è la cosa più semplice che io sia in grado di fare. Ma c’è un’altra verità, Jane Foster. Ed è che tu staresti molto meglio se uscissi da quella porta e non tornassi mai più. Io sono ingombrante, stupido, capace di creare ombra. Tu invece sai brillare per conto tuo.” 

Le parole sono uscite libere e fluide. Hanno definito i sentimenti di Thor in un modo che Jane non credeva di poter vedere.

Si avvicina a lui e gli mette una mano sul cuore.

“Anche se tu uscissi da quella porta e non tornassi mai più, io continuerei a provare per te gli stessi sentimenti che ho provato la prima volta che abbiamo guardato il cielo insieme, quelli che provo ora. Sei ingombrante e stupido, ma il mio orgoglio è altrettanto ingombrante e stupido e io non voglio che ci separi. Voglio solo che mi prometti che, nonostante tutte le volte che te ne andrai, tu ritorni sempre da me. Me lo prometti?”

“Te lo prometto.” Thor la stringe e la bacia. Aveva ragione Loki a dire che è la verità a fare soffrire le persone. Aveva ragione a non arrendersi mai. Se solo i pazzi ripetono un’azione all’infinito aspettandosi che produca un effetto diverso prima o poi, allora gli innamorati sono tutti pazzi e gli dei innamorati sono i più pazzi fra loro.

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Capitolo 21
*** Riuniti attorno ad un tavolo ***


 

Riuniti attorno ad un tavolo


Le stelle nel cielo del Tennessee sono luminosissime.

Nat le guarda e si rende conto che sono le undici passate.

Sorride pensando che non è affatto romantico guardare un cielo così e pensare solo a ricavarne l’ora. Una ragazza normale vi cercherebbe una stella a cui affidare un desiderio ma lei non è una ragazza normale. Probabilmente non lo è perché non ha neanche un desiderio. Seduta sul bordo del lago accarezza l’erba e, a quel pensiero, ne strappa un ciuffo.

E’arrivata al ranch insieme a Stark, alla Hill e a Pepper quel pomeriggio.

Si è fatta convincere perché ci sarà anche Clint con la sua famiglia e lei spera di rivedere Rogers, magari sapere se sta bene dato che le ultime notizie che ha avuto di lui risalgono al giorno in cui ha fatto evadere Wanda e Visione dalla casa protetta delle Nazioni Unite in cui erano stati trasferiti.

Sospira. Non è convinta che si farà vivo. Per niente.

Un rumore di passi l’avverte che qualcuno si avvicina. La voce di Loki non è quella che avrebbe voluto sentire ma è quella che si aspettava.

“La madre di Karen ha preparato cibo per un esercito. Dovresti prendere parte alla cena o dovrai digiunare fino a domattina a pranzo. Dubito che ci sarà qualcuno in grado di alzarsi a preparare la colazione dopo che Stark ha corretto i cocktail alla frutta.”

“Non importa. Ho sempre le mie barrette nello zaino.”

“Devono essere squisite ma sono quasi certo che gli hamburger di Meg siano migliori.” Lei scuote le spalle. “Le stelle non esaudiranno i tuoi desideri.” Continua il dio.

“Gli hamburger della madre di Karen sì?”

“Neanche quelli, temo.”

“E allora?”

“Io posso.” Nat sorride e si alza.

“Figuariamoci!”

“Scommetto che se ti volti, cambierai idea.” 

Natasha si gira e guarda Loki. Accanto a lui, fermo in piedi con le mani nelle tasche dei pantaloni, Bruce si sforza di sorridere.

“Dato che mi sono preso questa soddisfazione, torno da mia moglie,” dice fermandosi e correggendosi, “la mia futura moglie.” Loki si allontana a grandi falcate lasciandoli soli.

“Ciao, Nat.”

“Ciao, Bruce.” Lui cammina fino a che non arriva ad un passo da lei. Nat solleva una mano come per dirgli di non avvicinarsi oltre. “Mi hai lasciata di nuovo.”

“Lo so.”

“Avevi promesso.” Bruce cammina fino ad un grosso masso e ci si siede sopra.

“Non pretendo che mi perdoni.”

“Che cazzata è? Non pretendi che ti perdoni ma ti presenti qui dopo due mesi dicendo ‘ciao Nat’!”

“Sono rimasto su Asgard per curare Fury.”

“Stronzate. Fury è tornato due mesi fa.” Bruce scuote il capo.

“Va bene. Sono solo scuse. E’ questo che vuoi sentire?”

“Almeno sarebbe la verità.”

“La verità! Vuoi davvero la verità?”

“Sarebbe un inizio.”

“Temo di no.” Bruce si alza e fronteggia di nuovo Natasha. “La verità è che ho paura. Sono terrorizzato da me stesso. Questo terrore mi blocca.” Lei allarga le braccia.

“Ci siamo già passati, ricordi? Avevamo deciso di procedere a piccoli passi.” Lui mette le mani sui fianchi.

“Hulk non fa piccoli passi. Ne fa di giganteschi e, normalmente, distrugge ogni cosa al suo passaggio.”

“Ti nascondi dietro Hulk. Hulk non c’entra niente. Sarebbe meglio se dicessi apertamente che non puoi impegnarti in una relazione stabile perché non vuoi tenere legami.” 

“Non sono capace!” Sbotta Bruce. “Ogni volta che ho provato, ho fallito.”

“Stai parlando di Betty, vero? Perché non credo che tu con me ci abbia davvero provato.”

“Sei ingiusta.” Nat fa un passo indietro alzando le mani in segno di resa.

“Hai ragione, è colpa mia. Ho sbagliato io a credere che potesse funzionare. Siamo troppo diversi. Io mi butto a capofitto nella battaglia, tu scappi. Quando combatti lo fai perché te lo chiedono gli altri, non perché ci credi. Volevo essere io,” dice voltandosi per andare via, “volevo essere io la tua battaglia. Quella in cui credi ad ogni costo e ci metti tutto te stesso. Quella per cui vale tutto. Tu, Bruce, saresti stata la mia.”

Lui rimane lì ad ascoltare. 

Immobile sotto le stelle del Tennessee. Per un attimo pensa di correrle dietro ma non si muove. La paura è sempre lì. Quel sottile filo che lo tiene come una catena indistruttibile.

La paura di farle del male. Come durante la loro prima missione o nello scontro contro Ultron. 

La risata di una bambina in lontananza lo fa quasi sussultare e, improvvisamente, la vede.

Vede la bambina che Natasha non è mai stata. Il dolore di una delusione dopo l’altra che l’avvolgono e che non le hanno mai impedito di essere la donna che è.

Lui invece l’ha ferita. Con la sua paura di nuocerle, le ha fatto più male di chiunque altro. 

Una rabbia incontenibile lo avvolge e, come sempre accade quando non riesce a controllarsi, la sua mente oscilla e si annebbia lasciando il posto ad Hulk.

Nat se ne accorge all’istante e si volta preparandosi ad un impatto ma Hulk, gigantesco e verde come di consueto, se ne sta fermo a pochi passi da lei. Respira lentamente e la guarda con gli occhi di Bruce. La voce gli esce incerta.

“Io stupido, fatto male a Nat. Nat perdona Hulk. Hulk brutto e cattivo, Nat gentile con Hulk. Hulk ama Nat.”

Lei sente salire le lacrime agli occhi. Gli si avvicina e allunga una mano. Hulk fa lo stesso.

“Avanti bel fusto, il sole sta calando.” Hulk lascia che lei gli accarezzi la mano e, lentamente, torna ad essere Bruce.

“Non sono ancora in grado di parlare e controllarmi completamente ma riesco a non perdere totalmente il controllo di Hulk. E’ questo che ho fatto ad Asgard. Sto cercando un modo per rimanere me stesso.” Bruce le prende le mani. “Voglio avere la mia battaglia, quella in cui posso dare tutto me stesso. Il vero me stesso. Voglio che quella battaglia sia tu con tutto il mio cuore e la mia mente. Non importa quanto lontani siamo, io ti porto sempre con me. Ho bisogno di trovare il mio posto in questo universo di eroi, dei e uomini. Aiutami.”

Nat gli getta le braccia al collo.

“Ci proverò con tutte le mie forze e ogni volta che sarai lontano sarò odiosa e seccante. Però ti amo, Bruce. Troviamo il nostro posto in questo strambo universo, battiamoci se necessario. Io sarò sempre lì a coprirti le spalle.”

“Cominceresti col venire al matrimonio insieme a me?”

“Sì.” Fa lei stampandogli un bacio sulle labbra.

“Mi aveva dato Tony questi abiti. Si incazzerà.” Risponde lui indicando gli stracci in cui è avvolto. Nat ride.

“Troviamone degli altri. Andiamo.”

Bruce le afferra la mano e la segue.

Le stelle del Tennessee sono più belle di quelle di Asgard.

 

Tony si è accomodato sul divano con una birra gelata in mano e le gambe accavallate. Non può perdersi lo spettacolo. Pepper chiacchiera amabilmente con Jane e Karen. Lui invece vuole vedere chi sbrocca per primo tra i tre.

“Norman? Che razza di nome è? Padre perché hai lasciato Asgard incustodita?”

“Incustodita?” Esclama quello che all’apparenza sembra un signore sulla settantina un po’ sovrappeso, “Non è che Asgard sia un neonato che abbia bisogno di una nutrice. Heimdall la ‘custodisce’. Poi Donnie non é affatto meglio di Norman.”

“E’ un’identità segreta che mi ha dato lo Shield. Non l’ho scelto io il nome.”

“E’ un’identità segreta anche la mia.”

“Padre! E tu, fratello, potevi dire qualcosa!” Loki interviene a calmare i bollenti spiriti dei suoi parenti adottivi.

“Io ho detto qualcosa ma non è servito. Come sempre, del resto. Chi ascolta mai l’infido Loki!”

“Per favore, Tom, non ricominciare!” Lo rimprovera Odino. Loki guarda Thor con biasimo.

“Vedi? Si è calato perfettamente nella parte!” Tony fa un altro sorso e ridacchia.

“Stark, sono questioni familiari!” Fa Thor.

“Non fate caso a me,” fa lui, “non intendo intromettermi.” Thor si gira di nuovo a guardare il fratello.

“Cosa hai detto ai genitori di Karen?” Odino interviene.

“La verità, per una volta! Che sono suo padre.”

“Adottivo.” Interviene Loki.

“Adottivo o no, sono tuo padre e ho tutto il diritto di assistere al tuo matrimonio. I genitori di Karen ne sono felicissimi.”

“Quindi si tratta solo di questo?” Chiede perplesso Thor.

“Di questo e della signorina Foster, non è vero padre? Non sei qui per dare la tua benedizione anche a Thor?” La lingua di Loki si fa pungente. Odino si batte le mani sulle ginocchia e si alza.

“Potrei essere stato frettoloso nel giudicare la signorina Foster e il tuo rapporto con lei.” Lo sguardo di Thor si carica di attese.

“Sul serio?”

“Non precipitiamo le cose. Diciamo che il tuo cambiamento è da attribuirsi in parte a lei. Pertanto mi riservo di fare altre considerazioni.” Thor incrocia le braccia.

“Mi spiegherai perché non hai fatto tante storie su Karen?”

“Quella ragazza ha minacciato di muovermi guerra! E poi non ho avuto scelta. Lui aveva già giurato.” Fa indicando Loki.

“Bisogna fare di necessità virtù a volte.” Risponde Loki e Odino sorride.

“Signor Stark, visto che ragazzi? Chi preferisce dei miei figli?” Tony si alza di scatto e fa un inchino.

“Si è fatto tardi e ho un addio al celibato da organizzare.”

“Non ha tempo per fare solo un nome?” Stark sorride come uno che la sa lunga.

“Non esiste una risposta giusta e io non dò mai quella sbagliata come scelta di vita!”

L’uomo si defila raggiungendo le signore.

“Quell’uomo mi piace.”

“Morale discutibile ma coraggio da vendere.” Commenta Thor.

“Lo trovo interessante.” Conclude Loki passando una birra al fratello.

“Che cos’è un addio al celibato?” Chiede Odino.

“Una tradizione umana in cui gli amici più stretti dello sposo si accordano per fargli passare un’ultima notte di bagordi prima delle nozze.” Fa Thor.

“Una notte in cui quelli che si spacciano per amici dello sposo, fanno di tutto per far saltare le nozze esponendo lo sposo stesso ad una serie di figuracce per cui la futura moglie lo odierà per sempre.” Replica Loki.

“Sempre teatralmente tragico, non è vero, figlio mio?” Commenta Odino mettendo una mano sulla spalla del figlio minore.

“E’ il mio marchio di fabbrica.” 

In quel momento una bambina entra nella stanza e corre verso Loki saltandogli in braccio. Lui si affretta a metterla a terra.

“Zio Tom! Mi hanno detto che arrivato il nonno!” Loki le indica Odino. “Tu sei mio nonno?” Il padre degli dei la guarda e si china verso di lei.

“Si potrebbe dire così.” La bimba tende le braccia e gli salta in braccio.

“Somigli a Babbo Natale, sei Babbo Natale?” Loki ride e Thor lo imita.

“Sono il Babbo di molte persone ma non di Natale, credo.”

“La barba è vera?” Fa lei tirandogliela. Thor si affretta a fermarla.

“Non così piccola, a nostro padre non piace che gli si tocchi la barba.”

“E questo?” Fa lei mettendo la sua piccola mano sulla benda che copre l’occhio ferito. Loki gliela toglie e la stringe a sé. Odino si accorge che la preoccupazione che gli ha letto nello sguardo è autentica.

“Dammela.” Gli dice tendendo le braccia.

“E’ solo una bambina, padre.”

“Appunto, dammela. Vieni dal nonno, tesoro.” La bambina non ci pensa due volte e si rigetta tra le braccia di Odino. “Come ti chiami, piccola?”

“Io mi chiamo Sophie.”

“Quella che hai toccato è una benda. La porto perché ho un occhio malato. Non sopporta la luce forte del sole, così lo copro.” La bambina lo abbraccia e poi gli posa un bacino sulla benda.

“Che tu sia benedetta Sophie, crescerai in salute. Forte e curiosa come lo sei oggi.”

“Grazie nonno.” Odino sorride e la mette a terra. Lei corre da Karen.

“Quella che hai acquisito è una bella famiglia, Tom. Mi auguro che saprai trattarla bene.” Dice poi rivolgendosi a Thor. “Sono certo che anche quella di Jane lo sia. Spero di conoscere presto anche la sua.”

“Presto.” Gli risponde Thor con la gioia nel cuore.

 

Karen ha messo tavola per tutti sotto al portico di legno.

Ognuno ha un posto a sedere e mangia e beve chiacchierando con il vicino di posto.

E’ stata felicissima quando ha visto Nat e Bruce tornare insieme dal lago. Ha procurato dei vestiti nuovi al buon dottore e li ha fatti accomodare vicino a sua sorella e a suo cognato.

Come una coppia normale.

Anche Tony e Pepper sembrano una coppia normale stasera.

Lei gli si è seduta in braccio e scherza con la moglie di Clint. 

La famiglia Burton è arrivata da poco e i ragazzi hanno preso subito Sophie nella loro squadra. Giocano a correre tra gli alberi a cui suo padre ha attaccato delle lanterne.

Un’improvviso senso di malinconia la opprime e fa due passi verso il lago dove nessuno può vederla commuoversi.

Si stringe nelle spalle e guarda l’orizzonte. La voce di Loki la fa sussultare.

“Pensi a lui?” Karen sa già a chi si riferisce.

“Non verrà.”

“Non puoi saperlo. Neanche Wanda e Visione sono ancora arrivati. Manca anche la squadra di Fury. Magari si aggregherà a loro.” Avanza fino a che non le arriva alle spalle.

“Non verrà.”

“Ma tu avrai fatto di tutto per riportarlo a casa. Come dite voi umani? Non è questo che conta?” Lei gli si appoggia addosso.

“A te basterebbe?”

“Non chiederlo a me. Io avrei mandato le Dísir a prenderlo e lo avrei trascinato qui con la forza.”

“Non è quello il punto.”

“E qual è il punto, amor mio? Pensi di non contare abbastanza per lui?” Lei si volta di scatto.

“Sì, temo che noi non siamo abbastanza per farlo tornare.”

“Se le persone che hai raccolto intorno a quel tavolo non sono abbastanza per farlo tornare, non so cosa potrebbe esserlo. Tornerà. Credi a me.”

“Disse il signore degli inganni.” Lui alza gli occhi al cielo.

“Delle storie. Non avevamo deciso così?” Lei si alza sulla punta dei piedi e lo bacia.

“Sì.”

“Allora non essere triste.”

“Non ero triste. L’emozione di vedere tutte quelle persone, persone che abbiamo incontrato in posti e momenti diversi, tutte assieme, mi ha commossa. Mi ha fatto pensare che alla fine di tutto, abbiamo costruito qualcosa, fatto qualcosa di buono.”

“Non siamo ancora alla fine di tutto.”

“Lo so, lo so. E’ che ho sempre sognato di riunire una famiglia grande e chiacchierona intorno ad un tavolo. Una famiglia mia, intendo.” Loki nasconde il viso tra i suoi capelli e la stringe forte.

“E non è ancora al completo. Vedrai quando arriveranno le Dísir e padre vedrà Fenrir!”

“Già!” Commenta lei mentre si lascia cullare dall’abbraccio di Loki. “Resti con me, stanotte?”

“Stanotte e tutte quelle che verranno.”

“Tony ha detto che vogliono portarti via per una serata tra amici.”

“Ehi, quelli non sono amici miei. Hanno tentato di uccidermi. Più volte. E io ho fatto lo stesso.” Karen sorride.

“Acqua passata.”

“Neppure per sogno. Ogni sera, dopo che ti sei addormentata, progetto come ucciderli tutti, uno ad uno.”

“Di certo dovrai uccidere Stark perché non ti trascini a quella festa!” Esclama lei.

“Non provocarmi.”

“Non essere scontroso. Una festa è una festa.”

“Non sarò scontroso se tu prometti che non sarai più triste. Se non ti fidi della mia parola, fidati di quella del Capitano. Non ti ha sempre promesso che per te ci sarebbe stato?” Lei annuisce.

“Prometto.”

“Torniamo allora. Devo fare due chiacchiere con Stark.” 

Karen annuisce e lo precede di qualche passo.

 

Wanda guarda fuori dal finestrino.

L’invito alle nozze di Karen e Loki è stato una sorpresa per lei. Se l’é rigirato tra le mani per ore prima di parlarne a Jarvis.

Lui l’ha lasciata libera di decidere cosa fare. 

Andare o restare.

Bruges é una bella città. 

L’hanno scelta perché, nonostante sia frequentata da ogni genere di persona, lascia il diritto a chi ci vive di rimanere anonimo.

Lì non hanno mai chiesto a Jarvis da dove vengano tutti quei fantastici progetti che lui vende per vivere. Né si sono mai domandati perché quella strana ragazza taciturna faccia volontariato in ospedale senza mai stancarsi di un turno troppo lungo di notte.

Quando li incrociano per strada, mano nella mano così strette da far pensare che a staccarsi cadrebbero come sacchi vuoti, nessuno ha mai chiesto loro se sono sposati o se convivono. Se hanno figli, magari all’estero giacché sono stranieri di certo.

La cameriera del bistrot dove tutte le mattine vanno a fare colazione quando il turno in ospedale di lei finisce e quello in ufficio di lui comincia, non ha mai fatto caso al fatto che parlano poco anche se non può immaginare che una legge i pensieri dell’altro.

Non si vedono mai alle occasioni mondane ma non per questo i signori Edwin non sono conosciuti. Tutti a Bruges sanno chi sono: un brillante ingegnere e la sua generosa compagna.

Una volta Wanda ha usato i suoi poteri per salvare un bambino che stava per essere travolto da un camion ma nessuno ha mai menzionato quel ‘miracolo’. 

Wanda é grata a tutti i suoi vicini di non chiedersi mai niente dello strano modo di vivere suo e di Jarvis. L’equilibrio che hanno trovato è fragile e lei si sente instabile. 

Da quando ha deciso di schierarsi dalla parte di Steve e si è ritrovata contro Visione, ogni cosa è finita in discussione. 

Jarvis le ha detto che i dubbi non hanno mai riguardato la loro relazione. Lei è la ragione per cui preferisce essere umano.

Eppure i loro momenti sono privi di parole. Entrambi, probabilmente, temono che il suono della loro voce anche se solo sussurrata, sia abbastanza per rompere la campana di vetro in cui si sono rinchiusi.

Alla fine é stata lei a dire di voler andare. Lui si è limitato ad annuire e a comprare i biglietti aerei.

Non è stata felice della sua reazione. Avrebbe voluto che ce ne fosse stata una almeno.

Invece hanno fatto i bagagli, sono andati all’aeroporto, hanno mostrato i passaporti falsi che Rogers ha dato loro e sono volati in Tennessee.

La ‘reazione’ che lei voleva é arrivata quando sono saliti sul taxi per raggiungere il ranch di Karen.

“Stai bene?”

“Sto bene.”

“Prima che arriviamo, sento il bisogno di dirti una cosa.”

“Questa è una novità. Non basta che ti legga la mente?” Jarvis scuote la testa.

“Ci ho pensato a lungo. Mi sono interrogato continuamente sul perché, quel giorno, hai scelto di andare via con Loki.”

“Ne abbiamo già parlato.”

“Lo so,” fa l’uomo sporgendosi verso di lei e prendendo una delle sue mani tra le proprie, “ma solo oggi ho compreso la vera ragione.” Lei piega appena la testa di lato.

“La vera ragione?”

“Esatto.”

“Ti ascolto.”

“Credevo che avessi frainteso i motivi per cui mi schierai dalla parte del sig. Stark. Pensavo che tu ritenessi che lo facevo per via della mia programmazione di base. Ho ritenuto che tu non mi considerassi abbastanza umano per avere dei sentimenti che mi spingessero a parteggiare per lui.” Wanda fa per dire qualcosa ma lui la ferma. “Abbiamo vissuto due mesi come se ci fosse un sospeso fra noi. Un conto da regolare senza il quale non saremmo più riusciti a stare in pari, come due uguali, uno di fronte all’altra. Oggi ho compreso. Ho letto il messaggio che hai mandato a Tony per avvertirlo che saremmo arrivati stasera. Gli hai scritto che eri lieta di rivederlo e che mi era mancato davvero molto. Io devo domandarti scusa, Wanda. Tu non mi hai biasimato per aver scelto lui. Hai sofferto perché non ho scelto te e lo hai fatto senza pretendere nulla, perché tu volevi avere solo il mio stesso diritto, quello di credere in una persona fino in fondo, di vederti riconosciuta dei sentimenti umani di affetto e affiliazione. Non diversamente da quanto lo volevo io. Ho peccato di superbia.”

Mentre parla continua a guardare i suoi occhi che, nel frattempo, si sono fatti umidi. Wanda li chiude e una lacrima sola le riga la guancia. Poggia la sua fronte contro quella di Jarvis e sorride.

“Ho atteso così a lungo che, invece che con la mente, tu mi parlassi con il cuore. Non hai niente per cui chiedere perdono. Io stessa mi sentivo come se ti avessi tradito e non l’ho mai voluto. Avrei voluto trovare le parole come hai fatto tu.”

“Posso aver trovato le parole ma sei tu ad aver agito. Mi sei stata vicina accettando i miei cupi silenzi.” Lei riapre gli occhi.

“Non sono stati sempre cupi. Mi avrai sempre Jarvis.”

“Forse potremo sposarci anche noi, allora.”

“Potremmo. Magari le nozze di Karen e Loki ci aiuteranno a decidere.”

Jarvis la stringe. Rimangono stretti per tutto il resto del viaggio. Finalmente in pari, come due uguali, uno accanto all’altra.

 

La cena è diventata bagordo quando le bottiglie di birra si sono accumulate sul bordo del porticato di casa Miller.

Loki si avvicina a Stark che traballa paurosamente a cavallo dello steccato mentre cerca di simulare un rodeo.

“Quante ne hai bevute di quelle?” Chiede indicando le bottiglie vuote sotto al porticato.

“Quante ne ha bevute tuo fratello. È una gara.”

“Che perderai. Mio fratello può bere pressoché all’infinito.”

“E io no?”

“No. Tu no. Tu cadrai dallo steccato e ti romperai la testa se va bene. Sarebbe un bel problema perché poi mio fratello sarebbe l’unico testimone che mi rimane.” Tony scoppia in una fragorosa risata poi, di scatto, torna serio e perde l’equilibrio. Loki lo afferra per un braccio e lo fa scendere dalla staccionata.

“Non ho capito.”

“Sì che hai capito.”

“Non ho capito.”

“Sul serio?” Chiede Loki incrociando le braccia.

“Non mi stai chiedendo di farti da testimone.”

“Lo sto chiedendo proprio a te.”

“Perché mai? Non siamo andati d’accordo ultimamente. Togli la parola ‘ultimamente’.”

“Mi ferisci, Stark. In realtà non vedo nessuno più adatto di te. Ho scelto Thor come testimone perché rappresenta la mia vita fino a che non ho incontrato Karen. Dopo, in effetti, sei quello che più si è intromesso nelle mie faccende quindi devi assumerti le tue responsabilità.”

“Frena, piccolo cervo, non ho mai fatto nulla del genere.” Loki sorride come uno che la sa lunga.

“Hai parteggiato per me quando Thor mi ha riportato sulla Terra dopo l’attacco dei giganti di ghiaccio. Mi hai riportato tu alla base quando mi hanno ferito. Sei stato dalla mia parte anche quando si trattava di riprendere Jothuneim. So per certo che ci sei tu dietro l’identità segreta che Fury mi ha offerto dopo i fatti di Vienna.”

“Bugie. O quantomeno fraintendimenti. Tu ti sei schierato dalla parte di Rogers.”

“Sbagliato. Io volevo evitare che scoprissi come erano morti i tuoi genitori.”

“Per aiutare Cap.”

“No, perché Karen non voleva che soffrissi. Ero pronto ad uccidere Barnes. E, non puoi saperlo, ma lui era pronto a morire.”

“Mi serve molto più alcol per gestire questo argomento.” Tony si scola quel che resta della bottiglia. “Non ti farò da testimone.”

“Sì che lo farai. Sei stato tu a mettere me e Karen nella stessa stanza. Tu che mi hai imprigionato a New York. Tu che hai creato Ultron. La mia strada non si sarebbe intersecata con quella della bella dottoressa senza di te.”

“Hulk ti ha sconfitto a New York. Banner mi ha aiutato a creare Ultron. Perché non lo chiedi a lui?”

“Perché lui non ha il tuo fascino.” Stark ride e punta la bottiglia vuota contro il suo interlocutore.”

“Quanto hai ragione! Pertanto non ti negherò il mio aiuto.”

“Non ne dubito.”

“Poi saremo pari.”

“Forse no.”

“Sono troppo ubriaco per ribattere. Toccherà a me portare le fedi?” Loki scuote la testa sorridendo.

“No. A quelle penserò io.”

“Quindi devo starmene in piedi accanto all’altare e basta?”

“Non c’é un altare. Devi startene in piedi e basta. Poi dovrai occuparti di Karen se mai dovesse succedermi qualcosa.” Lo sguardo di Tony si fa serio.

“Cosa dovrebbe accaderti?”

“Niente. Non mi accadrà niente. Si dice così, no?”

“Sì.” Loki si gira quando la voce di Karen lo chiama. É arrivata un’auto dalla quale sono scesi Wanda e Visione e tutti gli sono andati incontro.

“Ehi, piccolo cervo!” Loki si ferma e si volta. Stark ha infilato le mani in tasca e si dondola impercettibilmente avanti e indietro.

“Dimmi.”

“Io so che tu sai cosa c’é là fuori. Promettimi che lo combatterai con me e io ti giuro che a  Karen non mancherà mai niente.”

“Se devi combattere una guerra impossibile tieni stretti gli amici e soprattutto i nemici. Ricordatelo uomo di latta.”

Stark sorride, lo raggiunge e lo precede allargando le braccia come ad invitare i nuovi arrivati ad abbracciarlo.

“Ma guarda chi è tornato! Il figliol prodigo e la sua splendida dolce metà!” Esclama all’indirizzo di Jarvis e Wanda. Loki lo osserva.

Non si é sbagliato. Tra tutti gli Avengers, il più temibile é Tony Stark. Il più temibile é Iron Man.

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Capitolo 22
*** Notte prima della cerimonia ***


Notte prima della cerimonia


La baita di montagna è circondata di neve. C’é una sottile ironia nel fatto che il posto in cui Fury li ha sistemati lontani da occhi indiscreti sia in Canada ad una latitudine in cui il freddo la fa da padrone. 

A Steve non importa. 

Freddo o caldo non fa differenza se è al sicuro e soprattutto se lo é Bucky. 

In quel luogo sembra che l’amico sia riuscito a trovare quel pò di equilibrio mentale sufficiente a fargli riacquisire buona parte dei suoi ricordi.

Non abbastanza per impedirgli di saltare quando una figura appare in lontananza all’inizio del selciato che conduce alla casa.

“Tranquillo, é Fury.” Steve lo ha riconosciuto subito anche se la cosa non lo ha reso meno sospettoso. Da quando si sono allontanati da tutto e tutti, anche le visite di Nick sono diventate meno frequenti. L’ex capo dello Shield agita una mano in segno di saluto.

“Come va, ragazzi? É un po’ che non ci vediamo. Tutto in ordine? Vi serve qualcosa?”

“Entra pure.” Fa Steve indicandogli l’uscio di casa. Lui e Bucky abbandonano la legna che stavano raccogliendo e lo seguono. “Qualcosa da bere?”

“Scotch?”

“Oppure Vodka.” Risponde Steve.

“Lo scotch andrà benissimo.”

“Come mai sei qui?”

“Ambasciator non porta pena.” Esclama Fury lanciando sul tavolo una busta. Steve la osserva. 

“Cos’è?”

“Aprila e leggila.” Cap la prende e tira fuori il foglio di carta pergamena che si trova all’interno della busta. Alza lo sguardo su Fury che si è accomodato e sorseggia il drink che Bucky gli ha offerto.

“E’ uno scherzo?”

“Niente affatto. Si sposano. Di nuovo. Quello è l’invito.” Bucky capisce subito di che si tratta e va a sedersi sul divano. Steve lascia il foglio sul tavolo e raggiunge la finestra. Scosta appena la tenda e guarda fuori. Minaccia neve.

“Sono mancato al primo. Non farà differenza mancare anche al secondo.”

“Al primo matrimonio non c’era nessuno. Se non vai, mancherai solo tu.” Steve si volta di scatto. 

“Mi stai dicendo che ti aspetti che vada?”

“Io non mi aspetto niente. Non posso parlare per la dottoressa Miller.”

“Tu sei stato invitato?”

“Sicuro. Ci andrò con tutta la combriccola. Nat è già lì con Stark e la Hill. Io dovevo passare da qui. Coulson mi preleverà tra poche ore. Puoi venire via con me.”

“E Bucky?”

“Oh, andiamo!” Esclama Fury alzandosi in piedi. “Mi sembri uno di quei genitori che non si fidano a lasciare i figli con le babysitter! Karen non ha detto che non può venire. Non so in che rapporti sei attualmente con Stark ma ricordo che ti ha chiesto di tenerlo lontano da lui. Può stare ventiquattro ore senza di te?” Steve ha la faccia di uno che è appena stato messo in croce. Bucky risponde al suo posto.

“Sì che posso. Dovresti andare. Karen ha fatto di tutto per aiutarci.”

“Loki ti ha quasi ucciso.”

“Le cose non sono andate così.” La voce del soldato d’inverno esce incerta eppure Steve lo guarda come intendendo che sta per rivelare qualcosa che lui non sa. Fury finisce il suo bicchiere e sospira.

“E come sono andate?” Chiede Cap.

“Mi ha spiegato che Ross mi stava usando per mettervi uno contro l’altro. Che se fosse stato lui a togliermi di mezzo, l’avreste presa come l’ennesima delle sue carognate. Io gli ho detto che per me andava bene. Non mi sentivo di sopravvivere alla strage di Vienna.”

“Che diavolo ti ha detto il cervello in quel momento?” Steve sbraita allontanando in malo modo una sedia.

“Idea mia.” Sputa Fury. Steve ride di un sorriso amaro.

“Avrei dovuto immaginarlo.”

“Ero chiuso in una camera di rigenerazione asgardiana. Non avevo molte opzioni.”

“E se Loki lo avesse fatto? Che ne sarebbe stato di Karen.”

“Sono quasi certo che non lo avrebbe ucciso. Ve lo avrebbe fatto credere.”

“Ne sei quasi certo?”

“Sì. E non puoi biasimarmi per aver tentato di impedire che tu e Stark vi uccideste a vicenda.” Steve si calma.

“Sono le continue bugie con cui hai alimentato la nostra unione ad averla fatta naufragare.” Fury si alza e poggia il bicchiere vuoto sul tavolo. Improvvisamente Steve crede di aver detto una parola di troppo.

“Per questo mi sono fatto da parte. Le prossime battaglie sono vostre. Sappi però che non le vincerete finché sarete divisi in due fazioni e dovete essere proprio tu e Stark a fare il primo passo per annullarle. Se poi vuoi che sia sincero, dovresti essere tu, Capitan America, a cominciare.”

“E perché mai?”

“Perché tu sei nato per essere d’esempio. Sei tu che porti i colori del Paese sullo scudo.”

“Non ho più uno scudo.” Fury gli si avvicina e gli punta un dito sul petto.

“E’ questo lo scudo di cui dovresti andare fiero. Dovresti smettere di nasconderti.”

“Per i trattati di Sokovia sono un fuorilegge.”

“Non mi sembra che qualcuno ti stia dando la caccia.”

“Ha ragione.” Interviene Bucky.

“Mettiamola così. Non sono pronto.”

“Allora non c’è nient’altro da dire. Io vado a godermi le nozze. Hai un messaggio per la sposa?” Steve scuote la testa. “Ne sei proprio sicuro?”

“Sì.” Fury fa un cenno del capo e lascia la baita. Steve lo vede camminare lungo il selciato e sparire dietro alcuni alberi. Bucky gli mette una mano sulla spalla.

“Non devi scegliere tra loro e me. Io combatterò sempre al tuo fianco ma Fury ha ragione. Noi due soli non abbiamo vinto una guerra. Pensaci.”

“Non sono in pericolo. Ho promesso a Karen che ci sarei stato se avesse avuto bisogno. E’ solo una festa.”

“Se non vuoi andarci, va bene ma non mentire a te stesso. Lei ti ha mandato a chiamare. Se non ci vai, la deluderai. So che conta per te. Non farti questo.”

“Ti ringrazio Bucky ma ho preso la mia decisione.” Lui sforza un sorriso e lo lascia alla finestra.

Si é fatto buio e ha preso a nevicare. Improvvisamente sente freddo fin nelle ossa. 

 

Karen si é infilata in un paio di jeans che non indossava da quando ha lasciato il ranch dei suoi.

Quando scende al piano di sotto, Pepper, Nat, Jane, Wanda, Maria, Laura e sua sorella Annie sono vestite come lei.

“Sei pronta, ragazza?” Le chiede Nat facendole l’occhiolino. “Il più bel locale della città ci aspetta!”

“Vi ho avvertite, rimarrete deluse.” Annie sale un paio di gradini e la tira per un braccio.

“Ci divertiremo da matte!”

É così che la spingono in una limousine che grida “carta di credito di Tony Stark” da molto lontano ed é così che raggiungono il Queen’s, l’unico pub del posto.

Annie ha riservato un tavolo. Nat ordina subito un giro di birre.

“Non ci sono spogliarellisti che spuntano fuori da una torta, vero?” Chiede Karen sollevando il boccale per invitarle ad un brindisi.

“Quanto sei noiosa!” La rimprovera Maria. “Dovresti pensare a goderti la serata.”

“Ok, ok.”

“Tu lo sai che siamo qui per farti bere, vero? Se non avrai abbastanza alcol in corpo, domattina non ti basterà il coraggio che hai per fare quello che stai per fare.” Maria ghigna e fa tintinnare il suo bicchiere con quello di Karen.

“Non dire così! Il matrimonio non è così male!” Esclama Laura.

“Tu parli così perché Clint é adorabile.” Nat le dà una leggera gomitata nel fianco.

“Perché Bruce non lo é? Sembra un orsacchiotto.” Le risponde Laura. Nat finisce il suo bicchiere.

“Il cinquanta per cento del tempo.” Solleva una mano per chiamare il cameriere. “Un altro giro! Domani bada bene in quale direzione lanci il bouquet!” Karen sorride come una che la sa lunga.

“Ora dite così, ma domani già vi vedo a fare a botte per prenderlo.”

“Io sono fuori dai giochi!’ Ride Laura.

“Io pure,” risponde Annie, “ma hai molte scelte.”

“Non sprecarlo con me.” Suggerisce Maria. “Con queste quattro qui, c’é l’imbarazzo della scelta.”

“La prossima é Pepper.” Esclama Jane. All’interessata va quasi la birra di traverso.

“No! Non ne abbiamo mai parlato. Seriamente, intendo. Sapete com’è difficile fare un discorso serio con Tony.”

“Forse non c’è bisogno di farne. Il matrimonio con Tony è di per sé una barzelletta!” La prende in giro Nat.

“In effetti!” Fa lei finendo in un sorso il fondo del bicchiere. “Comunque sono quasi certa che la signorina Foster sia più avanti di me.” Jane non regge benissimo l’alcol ma, anche se fosse, é comunque in vena di confidenze.

“In effetti sì, me lo ha chiesto.” Pepper  fa la tipica espressione da ‘che vi dicevo?’.

“Lo sapevo!”

“Davvero?” Chiede Karen.

“Sì ma si trattava più di una manifestazione di intenti che di una proposta vera e propria. Poi é partito di nuovo e non ne abbiamo più discusso.”

“Tipico degli uomini. Un passo avanti e due indietro.” Commenta Maria. Le ragazze ridono e Jane si volta a guardare Wanda.

“Tu che mi dici? Progressi con Jarvis?” Wanda rigira il bicchiere tra le mani e sorride.

“Non é che ne abbiamo mai parlato apertamente. Io do per scontato che staremo insieme per sempre.”

“Quanto é dolce!” La canzona bonariamente Laura. 

“Non dare mai la presenza di un uomo per scontata!” Esclama Nat finendo il secondo boccale.

“Esatto!” Karen la imita e finisce il bicchiere. Jane le guarda e le imita. Batte il boccale sul tavolo e strilla.

“Niente di più vero!” É il turno di Maria di finire la birra.

“Gli uomini sono inaffidabili.” Dice guardando Laura.

“In effetti ti fanno fare quasi tutto lavoro!” Dice la signora Burton scolandosi ciò che resta nel suo bicchiere.

“Al diavolo!” Esclama Annie. “È vero! E con i figli è anche peggio.” Wanda sorride e brinda.

“Alle donne che fanno tutto il lavoro, allora!” 

“Ben detto! Cameriere, un altro giro!” Nat è quella più a suo agio con gli alcolici e si fa valere.

Mentre il cameriere le serve, un gruppo di cantanti country un po’ attempati ma molto arzilli sale sul palco e comincia a suonare.

Karen dondola la testa al ritmo di ‘Tennessee local’ e sorride.

Ha temuto questa serata e invece si sta rivelando persino divertente. Solleva l’ennesimo bicchiere mentre Nat trascina Maria in un balletto ridicolo che fa scoppiare in una fragorosa risata tutte le altre.

Il gruppo le asseconda suonando una serie di classici che invitano tutte le ragazze in pista mentre i pochi clienti abituali del pub applaudono battendo le mani a ritmo di musica.

Su ‘Burning love’ di Elvis, Maria sale sul palco e soffia il microfono al cantante esibendosi in una performance niente male.

Quando termina, Nat, tanto per cambiare, ordina un giro di wiskey.

L’ennesima risata di gruppo esplode quando si sfidano l’una con l’altra a bere il bicchiere tutto in un una volta.

“Se continua così finiremo per non riuscire neanche a tornare a casa.” Fa Jane.

“Abbiamo un autista, ricordi?” Le dice Pepper. “Per una sera ci fa bene divertirci e non pensare a niente!”

“Con niente, intendi i ragazzi?” Chiede Jane.

“Ragazzi! Non sono ‘ragazzi’. Sono uomini. E sì, stasera loro stanno bene dove sono e noi stiamo bene qui.” Esclama Karen. “Cameriere, un altro giro.”

“A proposito di ragazzi,” interviene Wanda che è la più alticcia tra loro, “quello sì che è un ragazzo!” Maria si volta a guardare un tipo con uno zaino sulla schiena e un cappellino in testa.

“Ehilà! Carne fresca!” 

“Maria!” Esclama Nat in modo ironico. “E’ troppo giovane per te!”

“Lo è anche per te, se è per questo.”

“Non guardate me,” fa Laura, “forse qui sono la più vecchia.”

“Io sono la più vecchia!” Dice Annie. “Mandiamoci Wanda!”

“Ehi, non si è mai parlato di andare da nessuna parte. Ho solo detto che sembra carino.”

“Carino?” Commenta Pepper, “Guardate che fondoschiena! Sembra un sedere da supereroe!”

“Pepper!” Ridacchia Karen. “In effetti, però, non hai torto.”

“Dai Karen, vai a chiedergli di unirsi a noi! Gli offriamo da bere!” Dice Jane.

“Non ci penso proprio!”

“Lo devi fare!” Strilla Maria. “E’ il classico pegno che deve pagare la sposa. E poi che t’importa? Domani sarai sposata e nessuno si ricorderà niente!” Karen beve l’ennesimo shot e annuisce.

“Ok, vado!”

La donna copre la distanza fra il tavolo e il bancone con sicurezza. Arriva alle spalle del ragazzo e gli mette una mano sulla spalla. Quando lui si volta, deve ammettere con se stessa che è carino. Ingoia a vuoto.

“Ciao!” Lui ha in mano una mappa, una di quelle che vende il negozio di souvenir in fondo alla strada e sembra un po’ confuso.

“Ciao.”

“Ti sei perso?” Butta lì lei tirando fuori il sorriso malizioso che usava al liceo.

“Mi vergogno ad ammetterlo ma sì. Qui il gps non prende. Ho preso una cartina ma non ci capisco niente.”

“Beh, sono del posto, potrei aiutarti io.”

“Davvero?”

“Ad una condizione.”

“Cioè?”

“Lo vedi quel tavolo laggiù?” Il ragazzo si sporge oltre le spalle di Karen e vede un tavolo di ragazze che ridono e bevono.

“Sì.”

“E’ il mio addio al nubilato. Mi faranno pagare pegno se non dimostro che sono stata in grado di rimorchiarti.” Il ragazzo arrossisce. “Bevi una birra con noi e poi ti mostro quello che vuoi!” Karen si rende conto immediatamente del doppio senso enorme. “Sulla mappa! Ti mostro il posto che stai cercando sulla mappa!” Il ragazzo sorride con dolcezza.

“Perché no.”

“Ti avverto però! Abbiamo bevuto e siamo un po’ allegre! Potrebbero fare apprezzamenti sul fatto che sei carino!”

“Ma dai? Davvero? Cioè volevo dire, certo. Figurati! Sono consapevole del mio fascino! Su chi vuoi che faccia colpo?”

“Sarebbe fighissimo se cominciassi con la bionda di spalle.” Dice Karen invitandolo a seguirla e sussurrandogli in un orecchio. “Dice che hai un fondoschiena da paura!”

“Wow! Ok, ok.” Fa il ragazzo battendo le mani.

Arrivano al tavolo e, mentre lui si toglie il berretto, Karen richiama l’attenzione.

“Ragazze, guardate chi vi ho portato!” 

“Ehi, bellezza! Ti va se parcheggio il mio fondoschiena fantastico accanto al tuo?”  In quel momento parte ‘Footloose’ e le ragazze si alzano tutte insieme. Pepper si volta di scatto.

“Che ne dici se li agitiamo insieme sulla pista da ballo?” Accenna prima di urlare “Oh, mio Dio! Peter!” 

“Signorina Potts!” Grida il ragazzo facendo un salto all’indietro e guardando la donna con genuino stupore.

“Ehi che storia è questa?” Chiede Karen. “Lo conosci? Come diavolo lo conosci?”

“E’ Peter! Praticamente il figlioccio di Tony!” Il ragazzo nell’udire quelle parole viene colto da un forte entusiasmo.

“E’ quello che pensa lei o l’ha detto il signor Stark? Sì, insomma, che sono il suo figlioccio.” Pepper è in evidente imbarazzo.

“Peter, non cominciare. Adesso dimmi che ci fai qui.”

“Il signor Stark mi ha chiamato e mi ha detto che dovevo venire qui, portare un abito elegante per me e alcune cose per lui.” Accenna, poi si rende conto di come ha approcciato Pepper. “Mio Dio, signorina Potts, non volevo parcheggiare il mio fondoschiena accanto al suo, mi creda! Il signor Stark mi ucciderà!”

“Il signor Stark non ti ucciderà. Non ci sarà alcun bisogno di soffermarsi su simili dettagli di questo incontro!”

“Esatto!”

“Bene, allora se tutto è risolto, cameriere,” urla Nat, “un altro giro e un bel bicchiere per il ragazzo col fondoschiena da supereroe!”

“Nat!” Strilla Pepper. “E’ minorenne!”

“Se non lo urli così, non lo saprà nessuno!”

“Giusto!” Fa Jane, “Bevi con noi, Peter.” Il ragazzo annuisce e si sfila lo zaino per poggiarlo sul tavolo. Non appena il cameriere porta gli alcolici, lo coinvolgono nel loro rito ‘tutto in una volta’.

Peter capisce subito che se esiste una linea alcolica oltre la quale ogni bicchiere significa guai, le signore lo hanno superato da un po’. Continuano a ballare, ridere e bere e persino Pepper non fa che strisciare la carta di credito rossa e gialla, quella per le occasioni speciali, per pagare una consumazione dopo l’altra. 

Quando è chiaro che hanno preso, non solo il controllo del bancone bar ma anche del palco, Peter si allontana e chiede al titolare del pub se c’è un telefono fisso.

L’uomo lo accompagna dietro quello che sembra uno sgabuzzino. Peter trova un vecchio telefono e compone un numero. La voce dall’altra parte soffre la stessa patologia di quella delle ragazze.

“Signor Stark? Sì, sono arrivato, cioè non proprio arrivato, mi sono perso. No, ho trovato un posto e incontrato delle persone, persone che lei conosce. Sono persone allegre. Si, signor Stark anche gentili. Sì, signor Stark sono state buone con me. No, signor Stark, non mi hanno offerto allucinogeni. Sì, ho detto allegre. Un pò come lei. Lo so che lei è sempre una persona allegra. La prego, signor Stark, mi lasci parlare. No, non si tratta del mio complesso padre-figlio. Si tratta della signorina Potts. Sì, è allegra. Non come lei di solito. Proprio allegra. Ci viene a prendere? Grazie, signor Stark.” Peter attacca e sospira. Parlare con Iron Man è una faccenda complicata. Ogni, singola, volta.

 

Quando hanno detto ‘addio al celibato’, Loki ha immaginato un locale pieno di spogliarelliste.

Il suo stupore è sincero quando Tony lo accompagna dall’altro lato del lago, vicino al molo, dove i ragazzi hanno acceso un falò. Hanno messo gli alcolici a raffreddarsi in acqua e si sono seduti su alcuni cuscini che hanno portato da casa di Karen. Più che una festa sembra un accampamento.

“Stark, posso dirlo? Siete veramente tirchi!” Tony scoppia a ridere.

“Piccolo cervo, hai scelto tu di sposarti ai confini dell’universo modaiolo. O questo, o un autobus fosforescente pieno di ballerine e musica dance.”

“Il falò va benissimo, grazie.” Intorno al fuoco ci sono Thor, Bruce, Jarvis, Clint e Happy. “Jamie non c’é?”

“Ha detto che doveva tenere i bambini perché Annie è uscita con le ragazze. Quando torna, ci raggiunge.”

Loki prende posto tra lui e Thor. Cade un improvviso silenzio. Loki scoppia a ridere e, dopo di lui, Thor. Anche Bruce e Tony non riescono a trattenere una risata e alla fine anche Jarvis e Clint finiscono col ridere di quella situazione.

“Se qualcuno mi avesse detto che sarei finito a bere intorno al fuoco con te, lo avrei freddato con una freccia.” Dice Clint tirando fuori dall’acqua le bottiglie di birra.

“Vale anche per me.” Risponde Loki.

“Non è così male, no?” Chiede Thor mettendogli una mano sulla spalla.

“Direi di no.”

“A tal proposito, vi informo che da domani sarò ufficialmente responsabile per la condotta morale di questo signore insieme a suo fratello. Sono il suo testimone di nozze.”

“Condotta morale matrimoniale. Non allargarti, uomo di latta!”

“Sul serio? Auguri Stark!” Commenta Clint.

“Dovresti fare gli auguri a Loki!”

“Davvero, dottore?” Tony fa la parte dell’offeso. Bruce sorride e annuisce.

“In primis, non sei sposato. Sei allergico alla vita coniugale. Pepper aspetta da quanto? Una vita. Poi hai una fortuna sfacciata. Le scuse che usi per rimediare al modo in cui ti comporti sono ridicole, eppure te la cavi sempre.”

“Frena, dottore!” Stark finisce la birra e agita le mani. “In primis, non dire ‘in primis’ ad una festa per addio al celibato. Fai la parte del nerd ma non di quei nerd fighi e super intelligenti. Fai quello sfigato.” Clint ride e guarda Bruce.

“Non ha torto su questo.”

“Poi io non sono allergico. Sono intollerante. C’è chi è intollerante al lattosio, chi ai frutti di bosco. Io al matrimonio. Però Pepper mi ha curato.”

“Sì, come no.” Fa Bruce e persino Jarvis si stringe nelle spalle.

“I più miscredenti tra voi sappiano che Happy ha in tasca un anello di fidanzamento da mesi.” Happy annuisce, infila la mano in tasca e tira fuori una scatoletta blu. La mostra con orgoglio.

“Happy, ti porti dietro un anello da migliaia di dollari ovunque vai?” Chiede Clint sconcertato.

“Molte, molte migliaia.” Risponde lui orgoglioso.

“Allora non sei la guardia del corpo di Tony ma dell’anello di fidanzamento di Pepper!” Esclama Bruce.

“Si può dire così.” Interviene Stark. “Che vi dicevo? La decisione è presa.” Loki finisce la sua birra e si sente di dire la sua.

“Non che io disapprovi le decisioni autoritariamente imposte ad altri individui ma non puoi dire che è presa se non hai chiesto a Pepper di sposarti. Glielo hai domandato?” Tony rimane per un attimo a bocca aperta poi apre la bottiglia di wiskey. “Codardo.”

“Non sono un codardo.” Si difende lui.

“Sì che lo sei, persino Thor è riuscito a chiedere a Jane di sposarlo.”

“Davvero?” Chiede Jarvis.

“L’ho fatto ma abbiamo deciso di aspettare.”

“Perché?” Jarvis è sinceramente interessato alla questione.

“Perché deve capire ancora cosa gli preme di più,”interviene Loki, “se l’amore o i suoi principi.”

“Non capisco e vorrei tanto.”

“Non si può avere tutto dalla vita.” Fa Bruce. “A volte amare molto una persona può voler dire doverla allontanare.”

“Non ascoltarli, Jarvis.” Loki si alza e va a versarsi da bere. “Non si può avere tutto nella vita ma, se paghi il giusto prezzo, puoi avere quello che vuoi. Dovresti essere sempre pronto a pagare il prezzo per avere ciò che più desideri al mondo.”

“È quello che hai fatto tu quando hai usato la gemma della realtà per salvare Karen?” Chiede Tony.

“A questo punto è inutile negarlo. In fondo ho solo rimediato in maniera grossolana ad un mio errore.”

“Non biasimarti per questo. Tutti noi abbiamo messo in pericolo le donne che amiamo, vero Banner?” Stark solleva un bicchiere per brindare. Bruce lo imita.

“Alle donne che abbiamo messo in pericolo!” 

“È al loro coraggio nell’affrontarlo!” Anche Thor, Visione e Happy sollevano il bicchiere.

“Io non l’ho mai messa in pericolo ma brindo comunque al loro coraggio.” Commenta Visione. Loki solleva gli occhi al cielo.

“Alle uniche creature in grado di abbatterci.”

Tutti bevono. Si tratta del primo di una lunga serie di brindisi. Ogni scusa è buona per svuotare bottiglia dopo bottiglia e si formano due squadre. 

La prima é composta da Thor, Loki e Visione. Per quanto bevono, non è mai abbastanza. Ridono senza freni perché i loro avversari sono alticci già da un po’.

La seconda conta Clint, Bruce, Tony e Happy. Per quanto abbiano bevuto abbastanza, non sembrano intenzionati a smettere.

Ridono perché si divertono a prendere in giro il look dei loro amici. Nell’ordine hanno insultato Mijolnir, il mantello di Visione, quello del dottor Strange, l’impermeabile nero di Fury e l’elmo di Loki.

Tony si alza e barcolla nel tentativo di raggiungere l’ennesima bottiglia, una di barboun stavolta. Il suo telefono suona. 

“Pronto? Olà guapo! Sei arrivato? Ti sei perso? Dove? Sei per strada?” Tony si volta verso Happy e mima con le labbra la parola ‘Peter’. “Che persone? In che senso allegre? Sono state gentili con te? Che vuol dire che le conosco! Ti sento un po’ strano, Peter, non è che queste persone ti hanno offerto caramelle che non avresti dovuto accettare? Che ti ho insegnato? Non si accettano caramelle dagli sconosciuti, soprattutto se sono allucinogeni travestiti da caramelle! No? E allora che significa ‘allegre’? Definisci ‘allegre’.” Tony scuote il capo mentre gli altri ridono. “Io sono sempre allegro, è la mia affascinante natura! So che vorresti essere come me. Sono un modello, una fonte di ispirazione, tu vuoi la mia approvazione e, lasciatelo dire, non dovresti. Devi crescere, fare le tue esperienze. Si tratta del classico complesso padre-figlio o figlio-padre, come si dice?” Tony fa avanti e indietro fino a che non si blocca di colpo. “Pepper? E’ allegra? Vuoi dire allegra come me? Brillante? Ah, no? Capisco. Sì, non vi muovete.” 

Tony chiude la conversazione e si gira verso Loki.

“Non credo che Jamie farà in tempo a raggiungerci. Le ragazze sono in città e, a detta di Peter, si stanno divertendo molto più di noi. Il poveretto ha chiesto aiuto.” Mentre conclude la frase non riesce a trattenere una risata.

Clint si alza per primo.

“Le andiamo a prendere?”

“Io direi che potremmo raggiungerle? Che dite?” Accenna Bruce.

“Andata! Happy prendi la macchina.”

“Ma ho bevuto, sig.Stark”

“Guido io.” Interviene Jarvis.

“Sai guidare?” Gli domanda Clint.

“So fare ogni cosa.”

“Tranne chiedere a Wanda di sposarti.” Lo canzona Loki.

Tutti ridono e si incamminano verso il ranch.

 

I musicisti accennano appena ‘Roadhouse blues’ ed Annie e Karen strillano.

“Karen è la tua canzone!” La donna annuisce e, trascinando con sé sua sorella e Maria, sale sul palco e afferra il microfono.

Le altre tirano Peter con loro davanti al palco e battono le mani mentre Karen canta.

Sul ritornello, la porta del locale si apre e il gruppo composto da Tony, Thor, Loki, Clint, Jarvis e Bruce si ritrova in un pub gremito in cui il volume assordante della musica copre ogni cosa.

“La sorella di Karen non aveva detto che non c’è mai nessuno qui?” Chiede Bruce. Loki sospira.

“Stasera ci sono loro e tanto basta.” Commenta il dio indicando Karen che si sta esibendo sul palco e le ragazze che le vanno dietro.

Deve ammettere che anche se il suo primo istinto è la gelosia, vedere Karen ridere di gusto, cantare, divertirsi di cuore, gli provoca piacere. Almeno quanto vedere come i jeans e la camicia a quadri che ha indossato le stanno stretti.

Sta per dire a Thor di raggiungere il loro tavolo, che un ragazzo si avvicina loro con un’espressione mortificata.

“Sig.Stark! Mi dispiace. Quando l’ho chiamata non c’erano tutte queste persone qui.”

“Tranquillo, Peter. Ragazzi lui è Peter, Peter, loro sono gli Avengers. Lui no,” precisa indicando Loki, “lui è il fratello adottivo di Thor. Un mezzo Avenger.”

“Non ci credo. Tu sei Loki! Hai quasi distrutto New York! Poi hai tenuto su il palazzo delle Nazioni Unite a Vienna a mani nude!”

“Ehi, bimbo ragno, a cuccia. Perché non raggiungi Happy in macchina?”

“Ma dai!”

“Fila, non è un posto per minorenni. Smamma. Il resto della serata è rigorosamente vietato ai minori!” Thor ride mentre Clint redarguisce Tony.

“Fai pena come fidanzato, Stark, ma come padre fai schifo.”

“Non è mio figlio.”

“E’ quello che ha ripetuto mio padre fino a che non gli ho fatto venire un infarto e rubato il suo impero. Fattela una domanda.” Lo punzecchia Loki mentre raggiunge il tavolo delle ragazze e si accomoda.

Gli altri lo seguono e si godono, prima il resto dell’esibizione, poi la faccia delle loro donne quando, tornate ai loro posti per chiamare un altro giro di rum, li trovano lì.

“Che diavolo ci fate voi qui?” Esclama Nat.

“Dieci a uno che il moccioso ha fatto la spia.” Commenta la Hill incrociando le braccia.

“E’ stato lui a chiamarvi?” Chiede Pepper ancora col fiato corto per come si è scatenata durante l’esibizione di Karen. Tony fa spallucce.

“Che posso dire? Ho insegnato a Peter un certo senso della responsabilità. Lui pensava che aveste bisogno d’aiuto.”  Laura guarda Clint con biasimo.

“Ti sembra che abbiamo bisogno d’aiuto?”

“Si sarà sbagliato! E’ così giovane e ingenuo!” Commenta Tony. Wanda sorride a Jarvis. 

“Rimanete a farci compagnia?” Domanda speranzosa d’una risposta positiva.

“Se vi fa piacere.” Risponde lui. Le ragazze si guardano tra loro poi, tra tutte, risponde Karen.

“Sì, ci fa piacere.” 

Le sue parole hanno il potere di spegnere la musica intorno a Loki, di far sparire il tintinnio dei bicchieri e il rumore dei passi sul pavimento. 

Riesce a percepire solo il suono che fa il battito del suo cuore, quello del suo respiro appena affannato per l’esibizione appena conclusa. 

Lo immagina lì, quel cuore passionale, che batte sotto al seno che si alza e si abbassa.

Loki segue il suo istinto e si alza. La prende per mano e la porta al centro della pista da ballo. 

Uno sguardo al gruppo e, che siano stati loro a volerlo o solo la volontà del dio degli inganni, loro attaccano un pezzo lento.

La canzone è quella che Karen gli fece ascoltare al rifugio sull’Himalaya.

Lei gli si abbandona tra le braccia, il volto accaldato nell’incavo del collo e sussurra.

“Sei stato tu o il destino?”

“E’ lo stesso a questo punto, non credi?” la sente ridere e il suo fiato vicino all’orecchio lo eccita. La stringe. “Voglio restare solo con te.”

“Allora abbiamo un problema, anzi ne abbiamo dieci e sono tutti seduti a quel tavolo.”

“Andiamocene. Le tue amiche sono ubriache e la compagnia del bordello capitanata da Stark ha bevuto abbastanza coraggio liquido per farsi sotto stanotte.” 

“Non sarebbe carino comunque.”

“Mi stai dicendo di no?”

“Sono ubriaca, non so neanche perché siamo ancora qui.” Lei lo guarda e lo bacia.

“Allora facciamo a questo modo. Quando la canzone finisce, tu dì a tua sorella che vuoi continuare la serata al lago. Lei ti dirà che va bene. Guardala,” Karen le lancia una rapida occhiata, “si sente in colpa perché Jamie è rimasto a casa con i bambini.”

“Diabolico. Continua.”

“Io convincerò Thor che non c’è niente di più romantico di un giro in barca al lago. Cederà subito. E’ da troppo tempo che non sta solo con lei.”

“Stark?”

“E’ ubriaco. Gli andrà bene riportare Pepper a casa, sta morendo di gelosia.” Karen annuisce e indica Clint girandosi nella sua direzione.

“Vale lo stesso per Clint. Banner e Jarvis?”

“Li abbandoneremo al loro destino.”

“Non se ne lamenteranno.” Karen fa spallucce e appena finisce la canzone, tira Loki verso il tavolo.

Come se nulla fosse, Karen si siede accanto ad Annie mentre Loki fa alzare Thor e lo spinge verso il bancone degli alcolici.

Le cose vanno esattamente come le avevano immaginate e, in breve, si ritrovano al lago. Tutti tranne Annie, che è tornata a casa dal marito, e Happy che ha ricevuto incarico di sistemare Peter.

Thor suggerisce che potrebbero prendere le barche e fare un giro sul lago. La notte è stellata e l’acqua è calma. Prendono le barche tra risate soffocate per non svegliare tutto il ranch e cadute epocali dovute all’alcol.

Non fanno in tempo a lasciare il molo che una nebbia sottile si alza dallo specchio d’acqua. Nessuno dalle barche riesce a vedere le altre. Karen sorride compiaciuta.

“Questo è stato un colpo da maestro.” Loki si porta una mano all’orecchio come se stesse tentando di ascoltare qualcosa in lontananza.

“Non mi sembra di udire nessuno chiamare aiuto.” Karen finge di prestare attenzione.

“No, nessuno chiede aiuto. Strano!” 

Loki ride e spinge di nuovo la barca verso riva. Quando tocca terra, prende Karen in braccio e la porta sulla terraferma.

“Dove mi porti?” Chiede lei gettandogli le braccia al collo. Lui tace e raggiunge uno degli alberi dal tronco più largo che c’è nella tenuta dei Miller. Poggia una mano contro di esso e muove appena le labbra. Il tronco sembra pulsare e poi si gonfia e cresce fino a che la cima si piega come a formare una specie di incavo. La corteccia si modella a mo’ di scala. Lui la lascia salire fino in cima e la segue.

“Una casa sull’albero?” Chiede lei stupita.

“Una casa è eccessivo. Un nido.” Karen lo abbraccia e lo bacia. Lui fa per infilarle una mano sotto la camicetta. Lei lo blocca.

“Aspetta.” Lui la guarda con fare interrogativo. Karen gli passa una mano tra i capelli. “Voglio te. Con tutto il rispetto per Tom.” E scoppia in una leggera risata. Lui fa un passo indietro e una specie di energia verde lo avvolge. Quando sparisce, Karen lo osserva.

I capelli neri, tirati all’indietro, sono tornati lunghi fino alle spalle. Gli occhi sono di nuovo di quel verde mare che tanto l’hanno colpita la prima volta che l’ha visto. La sua pelle è chiara al punto da sembrare livida. Si toglie la camicia e lei non rinuncia a seguire la linea dello sterno giù fino all’ombelico. Un brivido l’attraversa e lo raggiunge. Si ferma ad un passo da lui e si sbottona la camicia. Gli sfiora con una mano il collo e la linea del mento.

“Quando sono diventata così sfacciata?”

“Forse lo sei sempre stata.”

“Non rimpiango più di essere morta.” Loki s’incupisce. Lei se ne accorge e poggia entrambe le mani sulle sue guance. “Non fare così. Era un po’ che volevo dirtelo. Non posso sposarti di nuovo senza che tu sappia tutta la verità. Stanotte devi guardarmi e vedermi per come sono. Non voglio che tu creda di essere il mostro che mi ha fatto questo.” Karen chiude gli occhi e, quando li riapre, sono neri e profondi come la notte che fa loro da sfondo. “Puoi amare questa donna che non è più umana? Che ha accettato ciò che non è più insieme a ciò che è diventata?” Loki non può fare a meno di rimanere agganciato a quelle pozze oscure in cui brilla una sinistra luce rossa. A furia di maneggiare il potere della gemma, lei l’ha acquisita completamente. E’ in grado di accedere alla sua conoscenza più profonda al punto che riesce a cambiare la sua stessa realtà. 

“Posso amarti qualunque sia la realtà che decidi di creare, Karen. Che sia quella della dolce e bella dottoressa oppure quella della tremenda regina rossa. E se tu non hai paura di mostrarti a me per ciò che sei, farò lo stesso.” 

Loki la imita e lascia che il suo aspetto torni quello della genia a cui appartiene. 

Karen prende la sua mano e se la porta al petto. Il blu della pelle di Loki riluce sulla sua. 

Guarda i suoi occhi color rubino e li bacia uno per uno.

“Fammi una promessa.” Lui la stringe.

“Chiedi.”

“Domani, voglio sposare te. Voglio che somigli a te stesso non a Tom. Per quanto possibile. Promettimelo e fa l’amore con me, signore dei giganti di ghiaccio.” Loki trema. Da quanto ha desiderato sentirsi dire parole simili?

“Prometto. E ora lasciati amare, mia gemma preziosa.”

Lei si stende su un tappeto di foglie verdi e lascia che lui la prenda come ha fatto la prima volta. Non come la prima volta. 

La prima volta erano Loki, ferito e reduce da lunghe battaglie che lo avevano visto sempre perdente e Karen, morta e rinata in un corpo incapace di darle emozioni.

Si erano guariti a vicenda. Facendo l’amore. Accettandosi. Escludendosi da un universo che non li voleva.

Le parole di Fury risuonano ancora in una parte della sua mente.

‘Non ho cambiato idea, voi siete un pericolo per la Terra.’

Avrebbe voluto dirgli, avrebbe dovuto dirgli che ha ragione.

Sono pericolosi.

Non stanotte. Stanotte sono due mostri che si stanno liberando della maschera che portano ogni giorno per non fare paura a tutti gli altri.

Domani torneranno, quieti, ad indossarle. Lo faranno con gioia perché sanno che non importa ciò che vedono gli altri. Conta solo la loro realtà.

Quando il ritmo che il loro desiderio gli ha imposto raggiunge il culmine, uno strato di ghiaccio avvolge ogni cosa. Il letto di foglie sotto i loro corpi, le pareti fatte di fitti, piccoli, rami e, fuori, il tronco dell’albero. 

Nello stesso tempo, l’aether si libera dal corpo di lei e lo manda in frantumi riempiendo l’aria di tanti piccoli cristalli di ghiaccio.

Gli occhi scarlatti di Loki si specchiano in quelli neri e liquidi di Karen.

“Ti amo.” Lui le posa un dito sulle labbra.

“Le parole hanno potere. Non pronunciarle. Tienile strette dentro di te.”

“Io voglio lasciarle andare. Voglio che il loro potere sia tuo. Voglio che tu sappia cosa provo per te. Questa è la mia realtà. Tu sei la mia realtà.” Lui sospira e sorride.

“Se le cose stanno così, allora ricorda questo. In qualunque realtà tu ti spingerai, io sarò la costante. Io ti amerò in qualunque realtà tu vivrai.”

Lei lo bacia e si alza spingendolo sulle foglie dove fino ad un attimo prima giaceva lei.

“Di nuovo.” Lui sorride e lascia che lei ricominci a baciarlo.

Forse, in un mondo dove le battaglie per un motivo o per l’altro non finiscono mai, solo gli amanti sopravvivono.

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Capitolo 23
*** Seconde nozze ***


Seconde Nozze


Odino si è alzato di buon ora e ha trovato il ranch deserto.

Solo i genitori di Karen sono già in piedi. Cammina fino al lago.

Guarda la luce specchiarsi sull’acqua e prende un profondo respiro. Una pace che non provava da tanto tempo sembra avvolgere quel luogo.

Alza lo sguardo nel sole.

“Ti sarebbe piaciuto, mia adorata. E ti sarebbe piaciuta anche lei. Ha qualcosa di oscuro nell’anima. Una forza indomita che rappresenta un rischio ma, se c’è una cosa che mi hai insegnato, è che più sono strette le catene, meno forte è il legame. 

Lei non lo ha mai costretto. Lui si è legato a lei come non aveva mai fatto con nessuno. Forse solo con te. Ho imparato. Ho imparato anche con Thor. Mi addolora che abbia dovuto perdere te per comprendere. Io che mi vantavo di sapere ogni cosa. Stolto. Stolto e arrogante. Forse vivere come questa gente mi farebbe bene. Non oggi. Oggi devo essere ancora il padre di Thor e Loki.” 

Si volta e s’incammina a ritroso. Raggiunge una casetta che gli hanno detto essere destinata a Loki e bussa. Suo figlio gli apre dopo poco.

“Padre?”

“Disturbo?”

“Mi sto vestendo.” Risponde lui fermo sull’uscio.

“Posso aiutare?”

“So vestirmi da solo.”

“Questo lo so. Ti ho portato una cosa, mi fai entrare?”

“Prego.” Loki lascia la porta e raggiunge lo specchio.

“Credevo che portassi diversamente i capelli.” Dice indicandosi la testa.

“Karen desidera che li tenga così.”

“E’ gentile da parte tua assecondarla nei suoi desideri.”

“Mi biasimi per questo? Se non ricordo male, viziavi la mamma con ogni genere di stupidità.”

“Non mi sono mai lesinato in ogni sorta di concessione. Avrei voluto poter continuare a farlo.” Dice mettendosi seduto su una sedia come se parlarne lo affaticasse. Loki cambia discorso.

“Che mi hai portato?” Odino lo guarda attraverso lo specchio come se avesse dimenticato il motivo di quella visita poi si batte una mano sul ginocchio e si alza. Raggiunge Loki e gli si para di fronte. Gli appunta una spilla d’oro sulla giacca. Loki percepisce immediatamente che si tratta di un artefatto magico.

“In passato ti ho fatto torto. Ho consegnato Mijolnir a Thor incurante del fatto che sei un guerriero anche tu. Quello è Tyrfing. Tu sei abile con i coltelli, giusto. Quello non sbaglia mai il bersaglio.”

“Ti sembra un regalo di nozze adeguato?” Chiede Loki con un ghigno sul viso.

“E’ una potente arma magica. Mi sembra adeguata a te.”

“E’ maledetta!” Odino sorride.

“Non lo è. Non più. Sai Loki, ti guardo e non somigli più al ragazzo che mi ha rinfacciato di avergli rubato il suo diritto di nascita.”

“E cosa sembro, padre?”

“Sembri un uomo che lo ha guadagnato.” Loki si volta e guarda lo specchio incapace di sostenere lo sguardo di Odino. “Ad ogni modo Tyrfing non è il mio regalo. Ti spettava di diritto. Questo è il mio regalo di nozze.”

Loki abbassa lo sguardo sul palmo di Odino e non può fare a meno di scuotere il capo.

“Quell’anello è di mia madre.”

“Uno dei tanti.”

“No, era uno dei suoi preferiti. Diceva che lo baciava ogni volta che alzava le sue preghiere al cielo e che in esso era custodita la benevolenza delle stelle.”

“Se ne sei consapevole, ti senti di rifiutarlo? Non vuoi la benevolenza del cielo per la donna che hai scelto come sposa?”

“Dovrebbe andare a Jane.”

“Decido io a chi deve andare.”

“Non pensi a Thor?”

“E tu? Pensi a Thor?”

“Sì. Ho sempre pensato a Thor. Prima che tu ci mettessi uno contro l’altro, eravamo fratelli!” Odino sorride bonariamente e poggia una mano sul collo di Loki. Il dio non si ritrae ma il suo viso si tende quasi come se quel tocco scottasse.

“Siete fratelli. Lo siete perché Frigga vi ha cresciuti e amati come tali. I suoi sentimenti sono stati più forti della mia cecità. Prendi questo anello e donalo alla tua sposa. Sai perché Frigga lo baciava sempre? Perché era quello che lei mi dava in pegno ogni volta che partivo per la guerra. Mi ha sempre riportato da lei. A Thor andrà l’anello con cui la sposai. E’ mille volte più bello e prezioso.” Loki lo prende e lo stringe.

“Non devo ringraziarti se, ancora una volta, preferisci Thor a me.”

“Infatti. I figli di rado dovrebbero ringraziare i padri. L’affetto di un padre dovrebbe essere incondizionato.”

“Dovrebbe.” Asserisce Loki. Odino va verso la porta. Mette la mano sulla maniglia ma non l’abbassa.

“Sai perché quel giorno ti presi?”

“Perché ero debole e se non l’avessi fatto sarei morto. Hai avuto pietà.”

“Ti presi perché tu me lo chiedesti.” Loki si volta a guardare la sua schiena appena sbilanciata in avanti. “Te ne stavi lì, su quella pietra, avvolto solo da uno straccio ma nulla nel tuo sguardo indicava paura. Non avevi paura della vita a cui eri stato esposto e lasciato solo. Non avevi paura del freddo o del rumore della battaglia che si udiva. Nulla mi diede da pensare che avessi paura di me. Neppure quando ti sollevai. Pensai che un atto di clemenza sarebbe stato impedirti di vivere e soffrire ma tu fissasti i tuoi occhi magici di gigante di ghiaccio nei miei e sorridesti appena. Con una malizia che ti avrei rivisto sul viso solo da adulto.”

“Ti prendi gioco di me. Sono vaneggiamenti di un vecchio nostalgico.”

“No,” Odino si volta e lo guarda con l’unico occhio ora luminoso e dorato, “sono i ricordi di un padre. Ti presi in braccio e tu cambiasti il colore della tua pelle. Mi mostrasti che potevi essere come me. Feci mia la tua prima, innocente, bugia. Come vedi, ti ho insegnato io a mentire. Ti ho fatto credere che andasse bene mentire e, di questo, ti chiedo scusa figlio mio.” Odino si volta nuovamente e apre la porta.

“Padre,” al richiamo di Loki, lui fa un passo indietro, “era la mia natura. Cambiare, voglio dire. Posso farlo ancora. Io posso riuscirci.” Odino sa che quella richiesta gli è stata già fatta.

“Sì, puoi farcela.” Loki torna a guardare lo specchio e alza la voce.

“Il tuo posto è in prima fila. Aspettami lì.”

Odino si allontana. Il passo è grave ma il cuore è più leggero.

 

L’idea era quella di un ricevimento modesto.

Una cerimonia con pochi invitati. Gli amici nel senso stretto del termine e i familiari.

Gli amici hanno movimentato la sera precedente al punto che Loki ha pensato che nessuno si sarebbe presentato alla cerimonia.

Invece sono tutti lì, sotto al gazebo di legno che il padre di Karen ha costruito nelle due settimane precedenti apposta per quel giorno.

Al suo fianco, i suoi testimoni fanno bella mostra dei loro abiti scuri.

Thor ha gli occhi lucidi dalla sera prima. Non è solo l’alcol che ha trangugiato come nelle migliori, o peggiori, feste asgardiane per la vittoria di una faticosa battaglia. E’ una sorta di emozione che è incapace di sostenere, una sorta di felicità che non riesce a soffocare. E’ quasi certo che dipenda per buona parte dal modo in cui Jane lo guarda, piena di amore e di fiducia in un futuro incerto. La gita in barca deve essere andata bene.

Tony, invece, ha inforcato il solito paio di occhiali da sole e dispensa sorrisi a tutti. Anche in questo caso, Loki crede che l’alcol abbia quasi tutto il merito di quell’umore, nonostante Pepper sia bellissima e adorabile nel suo modo di fargli cenni comprensibili solo a lui affinché smetta di comportarsi da imbecille. Impresa praticamente impossibile.

Loki se ne sta immobile affianco al tavolino di legno bianco che fa da altare. Ha mantenuto la promessa che ha fatto a Karen lasciando il colore dei suoi capelli come è realmente e tirandoli all’indietro. Quando si è guardato allo specchio ha notato con ben poca soddisfazione che il suo aspetto ricorda il suo se stesso inquietante di New York. Nessuno sembra averlo notato.

O sono tutti ubriachi o quello che gli ha detto Odino quella mattina è vero.

‘Non somigli più al ragazzo che mi ha rinfacciato di avergli rubato il suo diritto di nascita. Sembri un uomo che lo ha guadagnato.’

Guarda i presenti che hanno trovato posto nelle file di sedie decorate con tulle bianco e fiori d’arancio.

La madre di Karen continua a sistemare l’acconciatura di Annie e di Jane, le damigelle d’onore di Karen. Il figlio di Annie, Jack, e suo marito Jamie sono seduti in prima fila. 

All’appello mancano Stan Miller e Sophie. Sono certamente insieme a Karen.

Accomodati tra le prime file dal lato della sposa ci sono Bruce e Nat. Lui è evidentemente a disagio nell’abito elegante che gli è stato fatto indossare. Natasha, invece, è bellissima. Il tubino nero che ha scelto nonostante il caldo, non rende sufficiente giustizia alle sue forme ma il suo viso è disteso e non riesce a smettere di sorridere all’uomo che, accanto a lei, continua a tentare di allentarsi la cravatta.

Più indietro ci sono Burton e la sua famiglia e Stephen Strange arrivato quella mattina in compagnia di una donna che si è dimostrata simpatica ed intelligente. Loki non era certo che lo stregone si sarebbe presentato ma non ne è stato contrariato.

Tra le ultime file ci sono Coulson e due ragazzi, Gemma Simmons e Leopold Fitz. Sono fan del lavoro di Karen e hanno fatto carte false per accompagnare Phil al matrimonio nonostante lui probabilmente sperava di avere l’occasione per rimanere un po’ da solo con la misteriosa donna che finalmente si è deciso a presentare a tutti. Non solo è una famosa musicista ma è stata tanto gentile da offrirsi di suonare durante la cerimonia.

Solo una sedia è rimasta libera tra le fila di Karen. Si tratta di un posto riservato. Loki spera che l’ospite non deluda sua moglie.

Quando il dio guarda gli invitati che stanno dalla sua parte, sorride. La sua metà è decisamente più movimentata.

Seduta e in imbarazzo accanto ad Odino, Pepper continua a fare facce buffe a Tony. Happy, vicino a lei, non fa che redarguire il povero Peter Parker, l’ultimo arrivato in casa Stark.

Dietro di loro Maria Hill e Fury fingono d’interessarsi alla bellezza del luogo ma ogni pretesto è buono per fare apprezzamenti sulla violoncellista compagna di Phil. Più in fondo se ne stanno seduti Wanda e Jarvis che si tengono per mano. Chiudono la fila i bizzarri amici di Thor che si sono praticamente imbucati alla festa.

Loki ha compassione per Sif ma se sta bene a lei guardare Thor che amoreggia con Jane, non sarà lui ad impedirglielo.

Mentre fa questa riflessione, la musica si ferma e Sophie fa la sua comparsa sul vialetto di pietra bianca vestita come una piccola principessa. Accanto a lei, Fenrir scodinzola allegro.

Loki non può fare a meno di sghignazzare quando Odino passa con lo sguardo dal cane a lui e viceversa. Per stavolta si terrà l’affronto.

La musica riprende e Sophie avanza portando le fedi. Dietro di lei compare Karen al braccio di suo padre.

Mai le parole per descrivere qualcosa gli sono mancate come in questo momento. Karen ha lasciato i capelli sciolti sulle spalle che l’abito non copre. Un ricamo di piccoli fiori le fascia il torace fino ai fianchi. Da lì in poi, il tulle scende morbido fino ai piedi. Le Disir le tengono il velo seguendola.

E’ luminosa come una stella. Sorride. Loki la guarda avanzare piano, tenendosi al braccio del padre. Sophie arriva ad un passo da lui e gli tira la manica della giacca. Lui si china per consentirle di dargli un bacio sulla guancia. La bambina gli porge un piccolo cuscino su cui fa bella mostra di sé un anello. Lui ci poggia accanto quello che gli ha dato Odino e fa cenno alla bambina di poggiarlo sul tavolo davanti a loro.

Quando Karen raggiunge l’altare, allunga la mano che aveva preso il braccio del padre verso di lui.

Lui l’afferra e l’aiuta a salire l’ultimo gradino. Il sacerdote che officia il rito prende la parola.

“Cari amici, Karen e Tom ci hanno chiesto di prendere parte all’evento più importante della loro vita. Oggi, infatti, hanno deciso di fare delle loro due esistenze, una sola. È un giorno di gioia per ognuno che abbia a cuore questi due giovani, pertanto se qualcuno tra voi conosce qualche motivo per cui Tom e Karen non debbano essere uniti in matrimonio, parli ora o taccia per sempre.” Tony, accanto a Loki, tossisce.

“Scusate, raucedine.” Loki non si volta ma sente più di una risata provenire dalla sua parte degli ospiti. Il celebrante riprende.

“Karen, a te.” La donna prende l’anello che ha personalmente scelto per suo marito e lo infila alla mano sinistra del dio.

“Ho pensato a lungo ad una promessa che fosse in grado, anche solo in parte, di spiegare cosa significa per me poterti stare accanto. Non esiste nella mia lingua. Poiché le parole sono preziose, ne userò il meno possibile. Non sentirti mai solo o perduto. Io sono la tua casa. La mia forza é tua, perdona le mie debolezze. Io ti amo e lo farò fino alla fine di ogni mondo possibile.” Loki prende l’anello che fu di sua madre e lo infila all’anulare di Karen.

“Quando ho posato il mio sguardo su di te, il mio Destino è cambiato. Ciò che ti ho dato e quanto ti ho tolto non sono uguali ma, con l’aiuto delle stelle,” dice baciando l’anello ora alla mano della donna davanti a lui, “farò il possibile per ribaltare le cose. Ti proteggerò e ti amerò fino alla fine di ogni mondo possibile.”

Nell’udire quelle parole, Karen scoppia a ridere mentre una lacrima le scende sul viso. Loki la raccoglie con un dito e le sorride. Sa che si è emozionata perché gli ha sentito pronunciare  quella dichiarazione d’amore davanti a tutti. 

Il sacerdote unisce le loro mani e le solleva mostrandole alla platea.

“Per i poteri conferitomi dalla Chiesa e dalla legge dello Stato del Tennessee, dichiaro Tom e Karen marito e moglie. Salutate i signori Hiddleston. Ovviamente lo sposo può baciare la sposa.” Loki stringe a sé Karen e la bacia appassionatamente. Tutti applaudono mentre i due fanno una specie di buffo inchino e attraversano il corridoio andando verso il prato dove la madre di Karen ha preparato i tavoli per il pranzo.

La giornata scorre veloce tra risate, scherzi, calici di vino svuotati velocemente quanto i piatti serviti uno dopo l’altro.

Ad un tratto Tony si alza e fa tintinnare una posata contro il bicchiere di champagne.

“Signori, un momento prego! Lasciate che faccia il mio dovere e proponga un brindisi per gli sposi.” Pepper gli fa l’ennesima espressione con la quale lo ammonisce dal comportarsi male. “Sono il testimone dello sposo e dovrei cominciare con un buffo aneddoto su di lui.” Loki gli lancia un’occhiataccia e lui ridacchia. “Ebbene Tom non è mai stato un bravo ragazzo! Mai, lo giuro, fino al giorno in cui non ha incontrato la dottoressa. Lui aveva avuto, come dire, un incidente. Era stato investito da un tir di quelli belli grossi, verde se non ricordo male!” Su quelle parole Bruce si mette le mani in faccia e Nat scoppia a ridere. “Quando gli chiesi se avesse bisogno di qualcosa, lui chiese solo un drink. Vi sembrano modi da bravo ragazzo?” Chiede guardando gli altri tavoli. “Eppure quando finì sotto le cure di Karen, accadde l’impossibile. Tom che era stato sempre un ragazzo egoista, perfido e astioso, un vero stronzo insomma, divenne gentile, premuroso, disponibile ad aiutare il prossimo in modo disinteressato. Quasi disinteressato. E dico quasi perché l’unica cosa che ha chiesto in cambio é stata Karen e non é una cosa da poco, vero?” Tutti commentano che Stark ha ragione per una volta. “La nostra Karen! Chi avrebbe mai detto che una donna come lei avrebbe perso la testa e molto altro per Tom? Eppure l’ha fatto con una convinzione e una determinazione che qualcuno ha definito ‘da pazzi’. Quel qualcuno é seduto qui fra noi, sappilo tesoro!” Lei finge di offendersi mentre Tony la guarda negli occhi. “Tu non ti sei mai arresa, anche quando mille difficoltà si sono messe sul tuo cammino. Sei stata salda nei tuoi sentimenti in un modo che è stato d’esempio a più di qualcuno fra noi. Per questo e perché sono responsabile di avervi in qualche modo avvicinati, vi auguro ogni bene. Vi auguro di trovarlo nelle giornate buone e in quelle cattive che non si possono evitare. Vi auguro di non esaurire mai quella magia che vi ha unito e che vi rende speciali. E non permettete mai a nessuno di farvi credere che c’é qualcosa di sbagliato nel restare uniti. Agli sposi!” Loki solleva il calice e Karen fa lo stesso. 

“Agli sposi!” Grida Thor e tutti lo imitano. Odino allora si alza e tutti fanno silenzio.

“Lasciate che dica due parole anche io. Karen, oggi guadagno una figlia di cui andare orgoglioso. Abbi cura dell’uomo che hai preso come marito perché spesso sono le mogli a determinare le azioni dei loro mariti senza che loro se ne rendano conto e tu, figlio mio, ricorda che l’hai scelta saggia per un motivo. Ricordalo e non smarrire la via. Tua madre ti avrebbe approvato e l’avrebbe amata. Tua madre sarebbe fiera di te e sono certo che, da lassù, benedice la vostra unione.” Odino si siede sinceramente emozionato. Loki si alza per rispondere ma si ferma un istante. Abbassa lo sguardo verso sua moglie e poi guarda un punto vicino agli alberi dietro ai tavoli degli ospiti della sposa.

“Tony, padre, vi ringrazio entrambi per le vostre parole. Credo però che a questo punto, tocchi a qualcuno degli amici della sposa dire qualcosa, vero?” 

Nat pensa che Loki abbia indicato lei ma sente qualcuno camminare alle sue spalle. Si volta e lo vede.

Steve, in alta uniforme, raggiunge il tavolo degli sposi. Karen sente gli occhi inumidirsi. Loki passa un calice all’uomo e lui fa un cenno del capo.

“Quando qualcuno mi dice che ci sono cose impossibili, io penso a Karen. Karen è la donna impossibile.” Muove il bicchiere verso di lei e Karen solleva il proprio. “È stata in posti in cui non doveva essere, ha affrontato prove che non si potevano superare, ha amato contro ogni ragione. Quella di stato, quella morale, quella comune. Ogni volta lei ha alzato la testa un po’ di più e ha detto che il suo amore era più forte di ogni ragione.” Steve si rivolge a Loki. “Sei un uomo fortunato. Una come lei si incontra una sola volta nella vita. Fa di tutto per tenertela stretta. E, se avrete bisogno di una mano, io ci sarò sempre. Voi,” dice poi guardando Stark, “voi siete la mia famiglia. Vi voglio bene.”

Nat si alza dal suo posto e va ad abbracciarlo per poi portarlo al suo tavolo. Tony fa un cenno a Peter.

“Bimbo ragno, protocollo ‘festino all’aperto’!” Peter annuisce e armeggia con una scatola. Un attimo dopo partono musica e fuochi d’artificio che fanno saltare tutti dalle sedie.

“Calma signori! In fondo sono il miglior organizzatore di party del mondo!”

Karen si alza e raggiunge Tony.

“Per questo hai costretto il povero Peter a venire fino a qui?”

“Non dire che non ti voglio bene, tesoro.”

“Non l’ho mai detto. Però adesso vieni con me.” Dice prendendolo per mano. Tony non finge neppure di fare resistenza. Si fa trascinare volentieri al tavolo di Steve. Lui si alza e abbraccia Karen. La donna lo stringe.

“Grazie di essere venuto.”

“Stavo per perdermelo ma qualcuno mi ha ricordato che sei importante per me.”

“Bucky sta bene?” Steve annuisce e guarda Stark.

“Non é qui.”

“Lieto di saperlo. Non ho ancora finito la terapia e la mia analista dice che ho ancora problemi a controllare le emozioni.” Lo dice indicando Pepper.

“Non vorrei mai contrariare la tua terapista.”

“Comunque é bello vederti. Insomma vederti qui.”

“Anche io sono contento di rivederti.”

“La famiglia è la famiglia, anche quando è problematica.” Risponde Tony e in quel momento sopraggiungono anche Thor e Loki.

“Non parlate davanti a noi di famiglie problematiche!” Esclama Loki.

“Non mi sembrate tanto problematici adesso.” Risponde Steve.

“Dacci tempo.” Esclama Thor ridendo.

“Ehi,” interviene Nat, “ma lo sposo ha intenzione di far ballare la sposa?” Loki tira Karen a sé.

“Sicuro! Prima però, Karen deve fare una cosa.” Lei lo guarda e capisce ridendo.

“Ovvio!” Raggiunge il centro del prato e grida. “Tutte le single ladies sono pregate di venire qui!” 

Maria Hill finge di non aver sentito mentre Jane si alza e corre al tavolo di Pepper per trascinarla al centro del prato. Nat fa alzare Wanda e poi corre al tavolo di Fury per invitare Maria, la compagna di Phil e Jemma Simmons.

Laura invita la compagna di Stephen Strange e persino la piccola Sophie si unisce al gruppo tirando per una mano la povera Sif che, suo malgrado, la segue.

“Siete pronte?” Urla Karen dando loro le spalle.

“Prontissime!” Risponde Nat. “Wanda non barare!” Dice poi prendendo in giro la ragazza.

“Non lo farei mai!” Si giustifica lei.

“Siete tutte più alte di me!” Si lagna Jane. “Pepper fa qualunque cosa ma non lasciare che lo prenda Xena!” Dice poi sussurrando alla donna accanto a lei.

“Forse dovremmo lasciare che lo prenda Nat, ne avrebbe bisogno.”

“Guarda che ti sento! E francamente, no, non credo di averne più bisogno di chiunque altra qui.”

“Lo voglio io, lo voglio io, lo voglio io!” Grida Sophie ma nessuno dice più nulla quando le quattro Dísir le raggiungono sul prato.

“Merda!” Fa Maria. “Con quelle non ci sono possibilità!” 

Karen finge un paio di tiri a vuoto poi si decide. Il bouquet fa una parabola altissima per poi ricadere tra le prime file finendo dritto dritto tra le braccia di Pepper.

“Stark non hai più scuse!” Banner lo punzecchia a parole e con un gomito.

“Che posso dire?” 

“Che magari è la volta buona!” Continua il dottore.

“Magari é la volta buona.” Dice lui guardando la sua compagna che ride imbarazzata e felice.

Karen, accanto a Pepper, incrocia le braccia.

“Anche questa è fatta!” Suo marito l’abbraccia e le poggia un bacio sulla tempia.

“Adesso mi concedi un ballo?” Lei annuisce e lo segue. 

Dal cilindro della playlist di Stark viene fuori ‘Come rain or come shine’. 

Karen passa le mani dietro al collo di Loki e canticchia il testo.

“You're gonna love me like nobody's loved me come rain or come shine

Happy together, unhappy together and won't it be fine?

Days may be cloudy or sunny, we’re in or we're out of the money

But I'm with you always I'm with you rain or shine.”

“Sei bellissima quando canti.”

“Forse perché sono felice.”

“Davvero?”

“Lo sono. Tu sei qui con me. La mia famiglia è tutta intorno a noi. Cosa potrebbe andare storto?” Loki le mette una mano sulle labbra.

“Zitta, non dirlo. In genere è proprio a questo punto che tutto comincia ad andare a rotoli.” Karen ride.

“Hai ragione.”

“Io ho sempre ragione.”

“Hai sentito tuo padre? Mi hai scelta saggia e dovrai ascoltarmi.”

“Gli dissi che ti ho scelta saggia e che pertanto non ti saresti mai presentata sola ed indifesa al suo cospetto. Non ti sei rivelata saggia, mia cara.” Lei gli da un pizzico sul collo.

“Ma se ti ho salvato la vita!”

“Non ricordi bene come sono andate le cose. Io ti ho salvato la vita.”

“Come vuoi tu. Conta solo che stiamo insieme.” Lui annuisce.

“Solo questo conta.”

La canzone finisce. La notte, invece, è ancora lunga. Nessuno ha intenzione di smettere di ballare. Karen si sente al sicuro, felice.

Loki si ferma un istante a guardarsi intorno. Può sperare che quello strano formicolio che gli attraversa il petto duri più di una notte sola? 

“Tenere l’universo nel palmo della mia mano.” Dice sollevandone una e guardando le dita aperte. Karen non ha sentito quello che ha detto nella confusione che è tutta intorno a loro. Prende quel gesto come un invito ad un altro ballo. Poggia la sua in quella aperta di Loki.

“Cos’hai detto?”

“Niente,” risponde lui “vieni qui.” La stringe ed è come se tutto l’universo fosse rinchiuso nello spazio tra le sue braccia.

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Capitolo 24
*** L'alba del giorno dopo ***


 

L'alba del giorno dopo


Karen non ha chiuso occhio ma non è per niente stanca. Ha aiutato sua madre a preparare la colazione per tutti gli ospiti che, alla spicciolata, stanno lasciando il ranch.

I primi a partire sono stati Clint e la sua famiglia. Seguiti a ruota da Wanda e Jarvis che avevano il volo per Bruges molto presto al mattino.

Più tardi si sono congedati Phil e il suo gruppo. Coulson ha lasciato i suoi recapiti a Loki chiedendogli di mantenere un profilo basso almeno fino a quando non saranno riusciti a sistemare la faccenda dello Shield in fase di rinnovamento.

“E, mi raccomando, non assumere più le mie sembianze. Ci tengo.” Dice Coulson con la solita espressione a metà tra il serio e il faceto.

“Sei diverso, Phil. Ti trovo cambiato.” Fa Loki piegando appena la testa di lato come se non avesse ascoltato nulla di quello che l’agente dello Shield gli ha appena detto.

“L’ultima volta che mi hai visto, mi hai fatto un buco nel petto. Sono evidentemente diverso.” Loki piega appena all’insù un angolo della bocca.

“Quello che non ti uccide, ti fortifica.”

“Vero. Credo valga per entrambi. Sappi che mi devi un favore. Si dice così tra gli stregoni, no?”

“Sì. E in effetti ti devo un favore. Sta attento il giorno che vorrai riscuoterlo.”

“Non ho mai avuto paura di te.”

“E hai sbagliato.”

“Ho pagato il mio prezzo.”

“Te lo concedo. Mi hai aperto gli occhi sulla mia, come la definisti? Mancanza di convinzione.” Coulson si lascia sfuggire una risata.

“Per quello che vale, mi sembri abbastanza convinto ora.”

“Non ti aspetti un abbraccio adesso, vero?” Coulson si infila gli occhiali ed apre lo sportello alla sua dolce metà.

“Addio, sig.Hiddleston. Spero di non rivederla tanto presto.” Fa il giro della sua bella decappottabile e sale in auto. Aspetta che i suoi due agenti più giovani salutino Karen.

“Dottoressa, è stato un immenso piacere conoscerla!” Esclama Jemma. Fitz porge a Karen un portatile.

“Questo è un nostro regalo. Non ci sembrava il caso di darglielo ieri. E’ collegato alla rete dello Zephyr One.”

“Davvero? Così posso contattarvi se ho bisogno!” Esclama Karen.

“Veramente,” interviene Jemma, “speravamo di poterla contattare noi, in caso di bisogno.” Karen la guarda sorpresa.

“Ma certo! Certo! Ne sarei onorata anche se ho letto alcune vostre pubblicazioni e credo non ci sia nulla che io possa insegnarvi.” Fitz le sorride bonariamente.

“Lei ha accesso ad una conoscenza che noi non riusciremo mai a concepire. Le saremo grati se, di tanto in tanto, volesse condividerla con noi.”

“Chiamatemi quando volete.” Karen li abbraccia. “Siete una coppia stupenda.” Jemma e Fitz si sorridono e salgono in auto.

“Altro lavoro per te?” Chiede Loki indicando il pc. 

“Niente affatto, solo un telefono senza filo.” Loki la guarda con espressione interrogativa.

“Non dirmelo,” fa poi alzando entrambe le mani, “un modo di dire, giusto?” Lei annuisce e si alza sulle punte per lasciargli un bacio a fior di labbra.

“Signori, un po’ di contegno, per cortesia!” La voce inconfondibile è quella di Stark.

Dietro di lui ci sono Pepper, Peter e Happy seguiti da Strange e dalla dottoressa Palmer.

Il dottore si avvicina per primo.

“E’ tempo per noi di tornare.” Dice con i suoi soliti modi eleganti. Catherine lo tira per un braccio.

“Intende dire che ho il secondo turno in ospedale. Andiamo un po’ di fretta.” Loki le sorride.

“Sono certo che il tempo non vi mancherà.” Strange sorride ironicamente.

“In effetti. E comunque ognuno ha la sua gemma a cui pensare.” 

“Si, dottore, è così.”

“Qualcosa mi dice che ci rivedremo.”

“Ne ho il sospetto anche io.” Ed è in quel momento che Stephen allunga una mano verso Loki. Lui la guarda con diffidenza poi solleva lo sguardo sul volto di Strange.

“Sai già che non si fanno patti convenienti con gli stregoni quindi, per una volta, potremmo stringerci la mano da uomini.” Il dio guarda di nuovo quella mano tesa e l’afferra stringendola con decisione.

“Sta sempre all’erta, stregone.” Stephen lascia andare la mano del dio e apre un portale verso New York.

“Non lo sono sempre?” Dice sparendo oltre il cerchio magico insieme alla sua compagna.

“Vi piace proprio essere teatrali vero?” Fa Stark abbracciando Karen. “E in quanto a te, tesoro, sai come contattarmi.”

“Mi hanno appena consegnato un computer super potente che si collega alla rete dello Shield. Sono sicura di poterti rintracciare in caso di bisogno.”

“Sono già andati via tutti?” Chiede Tony infilandosi gli occhiali da sole.

“No. E se vuoi sapere di Steve, chiedi apertamente.”

“Affatto. Ci siamo già detti quello che dovevamo.”

“E’ tutto a posto?”

“Sì. Pepper ha preso il bouquet quindi adesso dobbiamo organizzare un matrimonio.” Karen sorride.

“Sul serio?”

“Sul serio. Finora ho fatto avverare solo profezie negative. Non perderò l’occasione di farne avverare una positiva.”

“Fai bene. Ah, quasi dimenticavo!” Dice lei rientrando in casa e tornando con una valigetta. “E’ pronta!” Tony guarda lei e poi Peter. La sua espressione non è felice come Karen la immaginava. “Che succede? Sembravi impaziente di averla.”

“Lo so, lo so. E’ che sembrava un progetto per un futuro lontanissimo invece,” dice grattandosi il mento, “non è così.”

“Parli della tuta che c’è qui dentro o di Peter?” Chiede Karen accarezzandogli un braccio.

“E’ così giovane.”

“Lo è, ma mi sembra in gamba. E poi è sotto la tua ala protettrice!”

“Bell’affare.”

“Non buttarti via così.”

“Non so come si fa ad essere genitori.”

“Non ancora. Magari dopo il matrimonio metterai su famiglia. Vi ci vedo a crescere dei figli.” Dice lei guardando Pepper che scherza con Peter e Happy.

“Dovresti pensare ai tuoi.” Risponde Tony ma si morde subito la lingua vedendo l’espressione triste negli occhi della donna. “Non fare così.” Lei infila le mani in tasca e si dondola da un piede all’altro.

“Già prima di morire sapevo di non avere molte possibilità di avere figli. Ora credo sia praticamente impossibile. Non importa. Sto bene.”

“Ne hai parlato con lui?” Karen scuote il capo.

“Non ne abbiamo mai discusso ma sono certa che lui conosce perfettamente la situazione.”

“Conoscendo lui, starà già cercando una soluzione, vedrai.”

“Non credo che Loki voglia dei figli.” 

“L’ho visto con la tua nipotina.”

“Non è la stessa cosa amare i figli degli altri e volerne di propri.”

“Questo è vero.” Fa Tony scuotendo appena le spalle.

“Il che ci riporta a Peter. Lascerai che diventi Iron-Spidey?”

“Lo è già. La tuta serve solo a proteggerlo ma anche Ultron doveva proteggere la Terra e si è rivelato il suo nemico peggiore.”

“Mia madre mi ha sempre detto ‘impegnati al massimo ma non sentirti mai costretta a farlo’.”

“In effetti nessuno conosce davvero i limiti altrui.”

“E nessuno sa se potrà superarli.”

“Darò la valigetta a Peter. La userà se vorrà.”

“Bravo il mio Tony.”

“Fà la brava anche tu, mi raccomando.”

“Ne ho tutta l’intenzione.” 

In quel momento Pepper si avvicina per abbracciarla.

“Non smette di darti il tormento, vero?”

“Non mi lamento, sei tu che devi sposarlo!”

“Ognuno ha la sua croce.” Karen risponde all’abbraccio.

“Abbi cura di lui, Pepper.”

“Lo farò.”

Happy arriva con la macchina e invita tutti a salire. Tony lo fa per ultimo.

“Datevi alla pazza gioia, sposini. Non fate niente che farei io e niente che io non farei.” Dice montando in auto e salutandoli dal finestrino.

Karen e Loki guardano la vettura che si allontana lungo il viale e si voltano per rientrare in casa.

“Che fine hanno fatto Thor e tuo padre?”

“Non lo so. Non so ancora quali siano le loro intenzioni. E Rogers?”

“Mi ha detto che sarebbe ripartito presto ma non lo vedo da ieri sera.

“Vado a cercare Thor. Perché non ne approfitti per salutare il Capitano?”

Lei lo bacia e, senza aggiungere altro, esce per raggiungere il cottage ad uso di Loki che lui ha ceduto a Steve per una notte.

Lo trova fuori dalla porta, seduto su un ceppo. 

“Ehi!” 

“Ehi! Già sveglia?”

“Ti stupiresti se ti dicessi che non ho dormito affatto?” Risponde lei andando a sedersi al suo fianco.

“Niente affatto.” Karen vede lo zaino in cui deve aver riposto l’uniforme che aveva indossato il giorno prima.

“Hai già fatto i bagagli?”

“Sì, devo tornare.”

“Bucky sta bene?”

“Non direi che sta bene. Ha ritrovato parte della sua memoria ma, soprattutto di notte, ha ancora delle crisi piuttosto pesanti. Fury pensa di aver trovato una soluzione ma io sono un po’ scettico. Vorrei che ci lasciassero il tempo che ci vuole. Non ci si abitua facilmente a convivere con il fatto che il tuo mondo non esiste più e che che tu hai attraversato indenne, per modo di dire, ottant’anni di storia.”

“Credo di no.”

“A tal proposito, Karen, a costo di sembrare crudele a farlo in questo momento, ho una cosa da chiederti.”

“Dimmi, ho già affrontato argomenti difficili stamattina.”

“Ti sei accorta che non sei invecchiata di un giorno dal momento dell’esplosione provocata da Ultron?” Karen si guarda le mani e sorride.

“Devi rivedere il modo in cui fai i complimenti alle ragazze, capitano. E comunque, si, me ne sono accorta.”

“Ed è normale?”

“Per quanto può essere normale essere una gemma dell’infinito. Loki dice che fino a che sarà stabile, questo è l’aspetto con cui dovrò convivere.”

“A te sta bene?”

“Non ho potere decisionale su questa cosa.”

“Hai bisogno di aiuto? Di supporto?”

“Sta tranquillo.” Fa lei ma lui le tende un biglietto. 

“Ti ricordi di Sam?”

“Sì. Era a Vienna.”

“E’ mio amico. Si occupa di soldati con sindrome post traumatica.”

“E’ un po’ tardi per quello, temo.”

“Non è mai tardi per aprirsi con qualcuno e confidargli le sue preoccupazioni.”

“Come fai sempre tu?” Lo canzona lei. Lui ride e annuisce.

“Non prendermi per esempio.”

“Se non tu, chi?”

“Nessuno. Nessuno è come te. Fa quello che ti senti di fare.” Lei annuisce. Lui si alza e prende lo zaino. Lei lo imita e si alza.

“Vai via con Fury?”

“No. Lui sta aspettando Nat.”

“Oh.” Commenta Karen guardandosi la punta dei piedi.

“Già.”

“Allora non dovresti aspettare? Forse Nat avrà bisogno di aiuto. Sì, insomma, se Bruce dovesse andarsene.” Steve si avvicina e le da un bacio sulla guancia.

“Nat è Nat. Se le cose andranno come lei vuole, non avrà bisogno di aiuto. Se andranno male non vorrà nessuno intorno.”

“Hai ragione. Tu conosci tutti noi così bene, Steve. Qualcuno conosce davvero bene te?” Lui scuote appena le spalle. “Grazie per essere venuto. Lo volevo così tanto.”

“Lo volevo anch’io.” 

Steve si volta e prende la via per l’uscita dalla tenuta. Ad un tratto si ferma, si gira e lascia cadere lo zaino. Copre con poche falcate la distanza che aveva messo fra lui e la donna. La prende tra le braccia e la stringe.

“Tu. Tu mi conosci davvero bene. Mi mancherai. Mi mancherai tanto Karen. E non dirmi che la donna che ho amato è morta a Shangai perché i suoi occhi, il suo sguardo coraggioso, sono ancora qui. Li ho tenuti stretti nel mio cuore per i lunghissimi trenta giorni in cui sei stata tra la vita e la morte. Li tengo stretti adesso e li terrò stretti fino all’ultimo giorno. Ho conosciuto solo un’altra donna con il tuo coraggio, capace di impugnare un’arma e spararmi a bruciapelo. Posso essere soddisfatto che almeno una delle due abbia corrisposto i miei sentimenti.”

Karen sente le lacrime scivolare giù dagli occhi.

“Steve.”

“Non dire niente. Fa conto che io non abbia detto nulla.” 

Lei lascia che lui si volti e raccolga lo zaino. Lo lascia andare perché sa che non potrebbe aggiungere niente a quello che si sono già detti in passato e quando la sua figura sparisce tra gli alberi, soffoca i singhiozzi e si asciuga le lacrime. Lei sa che Loki ha ragione. 

Non è finita. 

 

Thor se ne sta con le mani sui fianchi a guardare il lago come se da esso dovesse emergere un segno che gli dica cosa fare.

Loki lo osserva già da un po’. Sa che suo fratello è tormentato. Lo guarda camminare avanti ed indietro e parlare tra sé.

Alla fine prende un sospiro ed esce dal fitto del bosco.

“Se non fai la domanda, non avrai la risposta.” Dice ad alta voce. Thor lo vede e gli sorride.

“E se non sapessi neppure qual è la domanda?”

“Sono io il bugiardo tra noi. La domanda la conosci. Andare o restare?” Thor allarga le braccia muscolose.

“E la risposta?”

“Conosci anche quella. Vuoi sentirtela dire da qualcun altro?”

“No. Vorrei che qualcuno mi facesse cambiare idea.”

“Dovresti. Non c’è un’impresa nell’universo più complessa che conquistare Jane.” Thor si siede sulla sponda del lago.

“Ricordi cosa mi dicesti riguardo alla visione che avesti prima della morte di Karen?” Loki lo segue e si siede al suo fianco.

“Quella dell’ombra che impugna l’aether e distrugge ogni cosa?” Thor annuisce.

“Quando abbiamo affrontato Ultron c’è stato un momento in cui ho fatto ricorso alle visioni delle acque sacre di nostro padre per capire cosa ci stava sfuggendo della magia del tuo scettro. E’ stato così che ho appreso delle gemme dell’infinito. Del fatto che lo scettro ne custodiva una. Ne ho viste altre, altre di cui non sappiamo nulla.”

“Di cui tu non sai nulla.” Fa Loki prendendo una pietra e facendola rimbalzare alcune volte sull’acqua. 

“Tu ne sai più di me?” Lui lo guarda come se la cosa fosse ovvia.

“Sono sei in tutto. La prima è custodita nel Tesseract. Ha il potere di piegare lo spazio. Hai visto anche tu come ho ricacciato i Chitauri da dove erano venuti sull’Himalaya. Poi c’è quella del tuo amico Strange. Manipola il tempo. Essendo stata sempre custodita dai maestri delle arti mistiche della Terra, non ne so molto. La terza è la gemma della mente. Attualmente incarna le sembianze della nobile Visione. Della quarta mi ha parlato il Collezionista. Si tratta della gemma del potere. Mi ha detto che, al momento, è al sicuro perché è letale. Poi c’è l’aether. Beh, sappiamo dov’è e cosa può fare, no? Infine ce n’è una sesta. Non so molto tranne che è definita gemma dell’anima.”

“Che accadrebbe se venissero riunite?”

“La fine di tutto e l’inizio di ogni cosa.”

“E’ troppo potere per chiunque.”

“Non per chiunque. Più di qualcuno le desidera, compresa l’ombra della mia visione.”

“Sai di chi si tratta?”

“Qualcuno che dobbiamo temere. Non pronuncerò il suo nome. Chiunque le cerchi, qualunque sia il motivo per cui le vogliono, l’importante è che non le trovino.”

“Io non posso starmene con le mani in mano.” Loki sospira.

“Io devo.”

“Vuoi tenere Karen lontana dal pericolo.” Suo fratello annuisce.

“Jane non capirà.”

“Jane capirà.” Risponde Loki. 

“Cosa deve capire Jane?” La voce che li sorprende alle spalle è di Odino.

“Padre,” Thor si alza, “dicevo a Loki che intendo tornare su Asgard. Voglio accertarmi che non ci siano altri guai all’orizzonte.” Odino annuisce.

“E’ giusto. Ormai c’è connessione fra i mondi. Non possiamo proteggerne uno senza proteggere tutti gli altri. E tu, Loki?”

“Jotunheim è al sicuro per il momento. Resterò qui, con Karen.”

“Anche questo è giusto.” Thor si scuote l’erba di dosso e sospira.

“Devo parlare con Jane prima di andare. Siamo di fronte ad un altro bivio, fratello. Augurami buona fortuna.”

“Non ne hai bisogno.” Thor ghigna.

“Figuriamoci. Padre e tu?” Il dio strofina i palmi delle mani e poi parla tutto d’un fiato.

“Io non verrò.”

“Cosa?” Alla sorpresa di Thor si aggiunge quella di Loki.

“E che farai?”

“E’ il momento per me di vagabondare per un po’. Non è ancora tempo per voi di capire le mie ragioni. Per ora sappiate che ho bisogno di allentare il mio legame con Asgard. In passato ho viaggiato a lungo per i mondi. Mi prenderò una vacanza.”

“E chi regnerà su Asgard?” Odino guarda Loki che sorride.

“Non guardate me. Non avete voluto che sedessi su quel trono. Quindi, fratello, tocca a te.”

“Sapete entrambi che sarei un pessimo re. Reggerò il trono fino a che non deciderai di tornare padre.” Thor abbraccia prima suo padre e poi Loki. Si allontana senza aggiungere altro. Loki lo richiama.

“Thor! Ricordati chi sei e non avrai bisogno di alcuna fortuna.” Thor ride e solleva una mano per salutare.

Odino si gira e fa per andare verso casa. Loki lo trattiene.

“Puoi ingannare Thor ma non me. Cosa ti ha preso?”

“Ho visto un luogo venendo qui. Era un luogo bellissimo e ho voglia di visitarlo.”

“Tu non fai mai niente senza ragione.” Odino si lascia andare ad una risata malinconica.

“Mi manca tua madre. Ogni giorno di più. Mi chiama da lassù e ogni giorno diventa più difficile ignorarla.” 

Loki si muove inconsapevolmente e si sorprende di se stesso quando la sua mano afferra il braccio del padre. Ringhia solo poche parole ma i suoi occhi tradiscono le sue emozioni.

“Non osare abbandonarci ora.” 

“Non potrei. Non ora. C’è ancora tempo, figlio mio.”

“Tempo per cosa?” Chiede lui intuendo che l’occhio di suo padre non sta più guardando lui ma un punto indefinito sull’orizzonte.

“Per coprirci di altra gloria.” Loki lo lascia andare.

“A cosa serve la gloria quando si perde la vita tentando di guadagnarla?”

“A dare coraggio a chi sopravvive.” Una lacrima scende dagli occhi verdi di Loki.

“Buon viaggio, padre.”

“Abbi cura di Karen.”

“Lo farò.”

Odino s’incammina verso la casa di Karen ma, quando sembra che stia per arrivare al cancello dello steccato che la circonda, la sua figura svanisce come portata via dal vento.

 

Se ne stanno già da un po’ seduti ad un tavolo fuori da un bar di periferia.

Nat muove senza sosta una cannuccia dentro ad un bicchiere in cui un liquido rosso si agita come l’uomo seduto di fronte a lei.

Finora sono riusciti solo a cominciare un discorso nello stesso momento o a finire ingoiati da silenzi imbarazzanti.

“Nat.” Bruce prende coraggio e tenta di nuovo di intavolare una conversazione decente. Lei lo interrompe bruscamente.

“La seconda guerra mondiale.” Bruce lascia la tazza di caffè che sta tormentando da un po’.

“Come?”

“La seconda guerra mondiale.” Ripete lei sollevando la cannuccia e poggiandola alle labbra.

“Cosa c’entra adesso?”

“Mentre alcune truppe combattevano in Europa, altre lo facevano in Giappone.” Bruce guarda di nuovo il suo riflesso nella tazza di caffè. Lei continua. “Anche se abbiamo combattuto insieme e ci siamo avvicinati, non significa che le nostre battaglie ci vedranno sempre combattere sullo stesso terreno. Europa” dice poggiando un bicchiere alla sua destra, “e Giappone.” Dice spostando un posacenere alla sua sinistra. Bruce prende il posacenere.

“Quindi io vado in Giappone per una missione speciale,” Nat annuisce, “tu invece rimani al quartier generale a fare il tifo per me?”

“Dipende.” Bruce la guarda preoccupato e lei si affretta a precisare. “Torni presto?”

“Farò prima che posso.”

“Allora che Giappone sia.” Bruce lascia andare il posacenere e le prende una mano. 

“C’é una cosa che voglio dirti, che devo dirti.” Lei lo guarda come se temesse le prossime parole. “Prima o poi ne avremo abbastanza di tutto questo, vero?”

“Non lo so, Bruce. Credo di sì. Che domanda è?”

“Ad un certo punto i sensi di colpa per le azioni che abbiamo commesso verranno compensati dai nostri meriti, non credi?”

“E’ quello che spero ma non so se io sarò mai in grado di capire quand’è che i miei meriti saranno sufficienti a cancellare quella nota rossa sul mio registro.”

“Mettiamola così,” fa Bruce stringendo tutte e due le sue mani, “sarà il giorno in cui io tornerò da te. Quel giorno avrò sufficiente fiducia in me stesso per controllare Hulk e per impegnarmi con te.”

Nat si alza e gira intorno al tavolo. Gli mette le mani sulle spalle e si china a dargli un bacio sulla guancia.

“Non alzarti. Lascia che sia io a fare la parte di quella che se ne va.” Lui la tira a sé, incapace di lasciarla andare. 

“Mi mancherai da morire.”

“Anche tu, bel fusto.” Le mani di lei lasciano le sue spalle. Bruce tentenna un attimo poi si alza di scatto. 

“Ti amo, Natasha.” Dice voltandosi. Della Vedova Nera non c’è più traccia.

 

Loki si è sdraiato sul molo. Con un piede accarezza la superficie del lago.

Il modo in cui Odino si è congedato lo ha lasciato alquanto perplesso. Inoltre Karen è andata a cercare Rogers e non si è fatta più viva. 

Chiude gli occhi e la cerca. La trova dall’altra parte del lago. E’ sola e non sembra di buon umore. Probabilmente salutare Cap non le ha fatto bene. 

Si mette seduto e apre gli occhi. Guarda nel punto dove sa che si trova lei anche se non può vederla davvero.

“Che fai, così lontana da me?” Come se lei potesse udire quelle parole sussurrate piano.

Poggia un piede nudo sull’acqua che congela immediatamente. Si alza e avanza lentamente mentre il lago, sotto di lui, si fa ghiaccio.

Cammina per quasi mezz’ora. Un passo davanti all’altro. In modo indolente.

Non sa perché lo sta facendo. I suoi piedi sono diventati completamente blu. E’ rischioso. Qualcuno potrebbe vederlo. Eppure continua a camminare. 

L’unico motivo per cui è rimasto sulla Terra è Karen. Questa verità, questa improvvisa onestà concessa a se stesso, gli rende comprensibile quello che Stark, Odino, Strange e Fury hanno già realizzato. Anche in passato è stato vulnerabile. Non come ora. 

Ha messo volontariamente la sua testa su un ceppo per proteggere Karen. Questo comportamento non è da lui. E’ davvero cambiato. 

‘Il cambiamento è buono’ ha detto a Karen ma adesso si sente nudo e piuttosto inerme. 

Si ferma e si guarda intorno. Ormai è più o meno al centro del lago. Proseguire o tornare indietro sarebbe quasi lo stesso. 

Sorride. Ogni cosa sembra sospesa in un equilibrio precario. Riuscirà a camminare sul filo o cadrà di nuovo nel vuoto? Si guarda i piedi indeciso sul da farsi quando qualcosa intorno a lui fa tremare l’aria.

Chiude gli occhi come per concentrarsi meglio e li riapre guardando in una direzione ben precisa. È così che la vede.

Anche lei è a piedi nudi solo che, a sostenerla, non c’è ghiaccio ma un sottile strato di nebbia oscura.

Cammina verso di lui con un’andatura decisa. Si incontrano a metà strada tra le due rive opposte.

“Mi hai chiamata.” Quella di Karen non è una domanda.

“Affatto.” Loki scuote la testa.

“Sì che lo hai fatto.”

“Non credo.” Lei allarga le braccia.

“Hai congelato il lago!” Lui si guarda intorno come se, se ne rendesse conto adesso che lei glielo sta dicendo e alza appena le spalle.

“Ops.”

“Ops?”

“Che posso dire? Mi è sfuggito.”

“Se volevi attirare l’attenzione ci sei riuscito.”

“Sei tu che attiri l’attenzione.” Fa lui indicando l’aether.

“Avevo urgenza di raggiungerti.”

“Perché?” Loki si avvicina e le passa una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Perché mi stavi chiamando.” Lui sorride.

“Certo.”

“Mi stai dicendo che sento le voci?”

“No. Se senti la mia voce nella tua bella testolina, non dubitare mai che sia io a chiamarti. Sento che sei turbata e il fatto che hai usato l’aether me lo conferma.” Lei piega la testa di lato come non comprendendo il collegamento. “Liberando l’aether scarichi energia e tensione. Che è successo con Rogers?” Lei volta lo sguardo.

“Niente.”

“Chi è il bugiardo ora?”

“Niente. Mi ha solo ricordato che non sto invecchiando da quando mi è successo quel che mi è successo.” Lui le prende entrambe le mani.

“Ne abbiamo già parlato, no?”

“Sì, lo abbiamo fatto. È che finora non avevo considerato alcune implicazioni tecniche.”

“Le implicazioni tecniche sono un’immensa forza, grande resistenza, immunità a quasi tutte le malattie e un incarnato da fare invidia a lady Sif. Il che non guasta considerando che sei sposata ad una creatura particolarmente longeva.”

“Prima o poi qualcuno si accorgerà che invecchio particolarmente bene.”

“Non dovresti lamentarti per questo.”

“Non me ne lamento. Dico solo che questo stato pressoché immutabile ha i suoi pro e i suoi contro.”

“Una tale predisposizione d’animo non può derivare dall’eterna giovinezza, credo.” Karen lo guarda e si fa seria.

“Hai mai desiderato dei figli?” Loki le lascia le mani e si volta a guardare la riva avvolta nella nebbia. 

“Non ci ho mai pensato.”

“Perché hai l’eternità per pensarci o perché non ne vuoi?”

“Perché non ho mai pensato a me come un padre.” Lei cammina fino a che non arriva alle sue spalle e ci appoggia contro il corpo.

“Saresti un padre fortissimo.”

“Sarei un pessimo esempio.”

“O invece no.” Lui si volta di scatto e la prende tra le braccia.

“Cosa vuoi sentirti dire? Che per crescere un figlio bisogna amarlo e non so se ne sarei capace?” Karen tiene la faccia premuta contro il suo petto.

“Comunque non potrei dartene.” Lui la scosta bruscamente e la costringe ad alzare lo sguardo.

“Chi lo ha detto questo? Rogers?” Gli occhi di Loki sono carichi di quella sinistra luce che li riempie quando è indotto all’ira. Karen scuote il capo.

“Sono una scienziata, mi pare ovvio che sono morta e che questa nuova vita non ha rimesso proprio tutto a posto dentro di me, sai?” Loki la lascia andare.

“Mi addolora scoprire quanta poca fiducia hai in me.”

“Non dipende da te. Io lo so bene.”

“Karen, mi devi ascoltare. Ho giurato sulle radici di Yggdrasil che mi sarei occupato di te. Solo ieri ho promesso che avrei colmato la misura tra quanto io ti ho dato e quanto tu hai dato a me. Vivrò ogni giorno della mia vita affinché ogni torto che ti è stato fatto, venga ripagato.”

“E se io non lo volessi? Se volessi solo vivere in pace?”

“Vivremo in pace. Ma se volessi solo questo non mi avresti fatto queste domande. Ho vissuto il tempo di molte vite a sentirmi inadeguato. Non permetterò che sia lo stesso per te.” Lei lo abbraccia.

“E’ possibile che io abbia esagerato.” Dice rimanendo stretta a lui.

“È possibile.” Conviene Loki. “Ad ogni modo, non ho mai pensato che la tua attuale condizione dovesse essere permanente.” Lei lo guarda negli occhi.

“Che vuoi dire?”

“Che mi possono essere imputate diverse colpe ma non quella di essere stupido. Le gemme dell’infinito sono artefatti molto potenti e i nostri poteri sono a malapena sufficienti a gestirli.” Lei lo interrompe con l’espressione che ha sempre fatto quando, nei suoi studi, ha scoperto qualcosa d’importante.

“Nostri?”

“Dal momento del giuramento condividiamo ogni cosa. Nostri è l’aggettivo appropriato.”

 Lei si stacca da lui e lo guarda con un’espressione arrabbiata.

“Stai interferendo nel modo in cui gestisco questa cosa?”

“Questa cosa, come la chiami tu, è un potere oltre le tue possibilità.”

“Allora perché me l’hai data.”

“Abbiamo già avuto questa conversazione.”

“Peccato che tu non mi abbia detto la verità. E non dovrei neppure esserne stupita.”

“Abbiamo già avuto anche questa conversazione.” Karen sbuffa e Loki si sforza di essere condiscendente.

“Perché sei contrariata? Davvero non capisco. Il mio aiuto non inficia in alcun modo la tua autodeterminazione. Tu sei libera di essere chi sei e di fare quello che vuoi.”

“Allora in che modo ‘aiuti’?” 

“Compenso.” Karen ha la forte sensazione che abbia volutamente adoperato una parola specifica per rimanere quanto più vago possibile. Improvvisamente le tornano in mente le parole con le quali le ha detto che quando usa l’aether lei si scarica.

“Mi stai dicendo che se uso troppa energia, attingo dalla tua? Dalla tua energia vitale?”

“Ti ho sempre detto che siamo legati, che sei parte di me.” Karen urla e lo strato di aether sotto ai suoi piedi trema con violenza.

“Avresti dovuto essere più esplicito!”

“Ora calmati, non c’è niente per cui agitarsi così.”

“Invece sì. Dici che sono libera di essere ciò che sono ma io non voglio essere così. Non voglio essere il tuo punto debole.” 

Ed ecco caduto l’ultimo velo dal quadro delle cose. Loki si chiede perché ha temuto per tutto il tempo che venisse fuori. Sorride maliziosamente.

“Non arrabbiarti ma anche questa conversazione l’abbiamo già fatta. Tu sei il mio punto debole ma io non mi sento più debole di quando ti ho conosciuto. Se esiste un modo per separare l’aether da te, io lo troverò. Fino ad allora farò ciò che è in mio potere perché tu sia al sicuro.” Lei fa per interromperlo ancora ma lui le mette un dito sulle labbra. “Non sono in pericolo. Non sto rischiando nulla in confronto ai guai in cui mi caccio di solito. Ricordi quello che ha detto Stark sulle profezie negative?” Lei annuisce. “Beh, non facciamone avverare una.”

“Cosa faremo invece?”

“Vivremo come ci si aspetta dal signore e dalla signora Hiddleston, va bene?”

“Va bene.”

Loki richiama l’aether e prende in braccio Karen. Le loro figure tremano appena sul lago poi spariscono senza lasciare traccia.



Piccole note dell'autrice:
Forse avevate perso le speranze di rileggermi dopo tutto il tempo passato dall'ultimo aggiornamento. Mi sarebbe stato utile l'occhio di Agamotto a questo giro per riavvolgere un po' del tempo trascorso.
Per farmi perdonare, ho deciso di non dividere in due parti questo capitolo che risulta un po' più lungo del solito.
E' alquanto discorsivo e rappresenta la fine dell'arco narrativo del Tennessee. Dal prossimo capitolo ci avventureremo in un'altra storia.
Vi aspetto fiduciosa.
Se la storia se la merita, lasciate qualche commento.
Si accettano anche lanci di patate e ortaggi vari.
Mary.

 

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Capitolo 25
*** Da ovest soffia un vento ***


 

Capitolo 25
Da ovest soffia un vento



Dirigere lo Shield non è entusiasmante come Tony lo aveva immaginato.

Sono passati diversi mesi dal matrimonio di Karen. Quella é stata l’ultima volta che ha visto gli altri. L’ultima volta che ha visto Steve. 

Dopo un paio di giorni ha ricevuto una busta in cui c’erano solo un biglietto e un telefono usa e getta.  Tony ha letto il biglietto e si è rigirato il cellulare tra le mani. Lo ha acceso per un attimo, poi l’ha spento e l’ha chiuso in un cassetto. Lo stesso cassetto in cui ha sepolto, sotto un mucchio di fascicoli top secret, il telefono che gli ha dato Fury.

Questi soldati, il modo in cui lui li definisce, sono persone strane. Non conoscono altre regole che quelle dell’arma. Non rispettano quelle sociali, ma non vogliono mai tagliare del tutto i ponti. Come se un telefono o un cercapersone possano sostituire una stretta di mano o un abbraccio! Stark sbuffa firmando l’ennesima relazione sulla missione appena conclusa.

Non può dire di sentirsi solo.

Peter orami è onnipresente. Ha combinato diversi guai ma lo ha reso anche fiero per come ha risolto diverse situazioni. Ha persino rifiutato la ribalta delle telecamere e dei giornali quando gli ha messo sotto il naso la possibilità di prendersi il merito di alcune missioni.

Sorride orgoglioso. Ha visto qualcosa di lui in quel ragazzo ma non il peggio. Peter si farà. Sarà un grande erede quando non ce la farà più a tirare la carretta.

Poi c’è Nat. 

Nelle sere in cui torna a casa sfinito e demotivato, accarezza l’idea di lasciare a lei il comando. In fondo ha annunciato a tutto il mondo che lui e Pepper sono fidanzati ma non hanno ancora fissato la data. 

Nat non avrebbe alcuna difficoltà a gestire ogni cosa. Lei e Maria sono una squadra grandiosa e spesso ha l’impressione che adesso siano anche amiche.

La vedova nera non si è persa d’animo neppure quando Banner l’ha avvertita che la sua ricerca necessità di più tempo. Si butta a capofitto in ogni incarico le venga assegnato.

Quando lo Shield ha bisogno di supporto armato, Tony sa che può contare anche su War Machine. Quindi non si lamenta.

Un ‘beep’ suona senza sosta già da due minuti. Smette di fissare l’orizzonte fuori dalla finestra e lo silenzia.

“Jarvis, chi è?” La voce del sistema di intelligenza artificiale esegue e lui si rende conto dell’errore.

“È il colonnello Rhodes, signore.” 

“Attiva il collegamento e,” dice lasciando andare un sospiro, “scusami Friday.”

“Di nulla signore, il colonnello in linea.” Tony riprende il tono scanzonato di cui non sa fare a meno.

“Rhodey! Quali nuove dalla Casa bianca?”

“A chi chiedevi scusa?”

“A nessuno.”

“Ti ho sentito.”

“Fatti visitare l’udito. Che c’è?”

“Il mio udito è perfetto. Ad ogni modo, ricordi la struttura che occupava lo Shield prima che venisse infiltrata dall’Hydra?”

“Quale delle tante? Cap ha fatto piazza pulita di molte di esse.”

“La prima.” A quelle parole, Tony si fa serio.

“Credevo che quella l’avessimo salvata.”

“E l’abbiamo fatto. Ci è stato segnalato un incidente.”

“Coulson?”

“No. I codici di accesso sono quelli di una certa Jemma Simmons.”

“La bella biologa!”

“Come diavolo fai a conoscere sempre tutte le belle ragazze?”

“É una qualità che tu non hai. Dimmi dell’incidente.”

“Ho contattato Coulson per avere conferma ma non risponde. Non è che tu hai notizie di Fury?”

“Fury?” Esclama Tony. “Sei matto? Sarà alle Hawaii! Quel maledetto non vuole essere disturbato. L’ho citato testualmente.”

“Beh, senza la conferma dei suoi codici o di quelli di Coulson, nessuno può accedere a quella base. Come faremo a sapere se l’incidente segnalato è un falso allarme?”

“Manderò Nat. Lei inventerà qualcosa.”

“Cosa devo dire al Presidente?”

“Digli che ci pensa Iron Man.” Dall’altra parte del ricevitore, Rhodes sbuffa.

“Credi che una frase simile possa rassicurare il presidente degli Stati Uniti d’America?”

“Se non questa, cos’altro?” Tony non attende la risposta dell’amico e preme il tasto di interruzione della chiamata. “Friday?” 

“Sì, signore?”

“Chiama la Hill.” 

Neanche il tempo di fare un giro completo sulla sedia che la donna bussa alla porta.

“Mi cercavi?”

“Hai notizie di Nat?” 

“E’ impegnata in una missione di supervisione.”

“Chi supervisiona?” Tony tamburella sul tavolo, una cosa che Maria detesta.

“Che vuoi, Tony?” Chiede la donna spazientita.

“Ho bisogno di uno a caso tra Coulson e Fury. Chi mi puoi procurare?” Se la mandibola della faccia di Maria potesse staccarsi, sarebbe già sul pavimento.

“Ti cerco Nat?” Chiede lei sperando di disinnescare la seconda richiesta.

“Solo se lei mi può trovare uno dei due ex comandanti dello Shield, altrimenti lasciala stare.”

“Non posso aiutarti io?”

“Dipende. Hai i codici per entrare nella base operativa 001?” Maria scuote il capo. “Allora no.”

“Ma quella base fa capo a Coulson. Ci sono guai?”

“Non confermati.”

“Che ti succede? In genere sei un chiacchierone e ora devo tirarti le parole a forza?”

“Rhodes dice che ha ricevuto una chiamata di soccorso dalla base ma non può accedere alla struttura senza i codici di Coulson o Fury. Il primo non risponde, il secondo preferisce non essere chiamato. Vorrei essere certo che è tutto ok. Senza scatenare un polverone dato che il Presidente è suscettibile ultimamente.”

“Non gli va bene il lavoro che stiamo facendo?”

“Non ce l’ha con noi. Credo. E’ la faccenda degli inumani. Innervosisce i piani alti.”

“Lo so,” fa lei camminando fino alla scrivania che un tempo apparteneva a Fury e sedendosi di fronte ad essa, “ma Coulson sta facendo un buon lavoro.”

“E se avesse bisogno di aiuto?”

“Lo Shield ha diversi livelli di sicurezza. A meno che non sia morto, avrebbe attivato gli adatti protocolli.” Tony ride.

“Prima o poi mi dirai quanti protocolli ha lo Shield?”

“Non credo di conoscerli tutti.”

“Ci credo che poi l’Hydra si è infiltrata! Mancate di fiducia reciproca.”

“Mancate? Non sei tu il capo adesso?”

“Io sono quello che organizza le feste aziendali e fa da parafulmine! Al resto pensate tu e Nat.”

“Bugiardo nato!” Tony si alza e le gira intorno, chinandosi poi per sussurrarle all’orecchio.

“Se sei senza peccato, scaglia la prima pietra. E comunque se il mio ragazzo fosse qui ora, direbbe che il suo Peterprurito si è attivato. Quando mai siamo stati tranquilli tanto a lungo? Chiama Coulson e appura come stanno le cose.” Si rialza e raggiunge la porta. “Se c’è bisogno di Iron Man, chiama, altrimenti io vado. Stasera devo scegliere se la torta nuziale deve essere alta cinque o sette piani.”

Maria sorride e lo lascia andare poi si alza e prende un cellulare dalla tasca. Digita un tasto e  attende.

Nessuno risponde dall’altra parte. Digita un altro tasto. Stavolta la voce che le risponde è squillante e decisa.

“Scusa, Maria, ma sono un po’ impegnata adesso.”

“Ho solo bisogno di sapere se Coulson sta bene.”

“Ci sto lavorando.” Risponde la donna all’altro capo del telefono.

“Che significa? Daisy, è tutto sotto controllo?”

“Sì, forse, non lo so. Dipende da Jemma. Ce la caveremo. Passo e chiudo.”

Maria sospira. Fury ha sempre detto che la forza di Coulson sta nella sua squadra. Finché la sua squadra è con lui, non è il caso di dubitare di lui. Decide che lascerà Tony alla scelta della torta nuziale. In fondo, pensa, è la cosa peggiore per lui.

Sorride, spegne la luce della stanza e si chiude la porta alle spalle.

 

Nessuno ha mai spiegato a Loki come si convince un uomo sulla settantina che riparare una staccionata sotto al sole cocente del Tennessee è inappropriato.

La figura di Odino che non vuole cedere il trono a Thor si sovrappone immediatamente a quella dell’anziano padre di Karen che tenta, inutilmente, di conficcare un palo di legno nel terreno. 

In effetti, alla fine, suo padre ha ceduto mentre quell’adorabile anziano con problemi di diabete e circolazione sanguigna non pare voler rinunciare.

Quando ha conosciuto Karen, le ha spiegato che la parola non solo ha potere, ma è potere. Eppure, nonostante stia cercando di adoperare una buona quantità di persuasione, l’uomo non pare convinto a voler cedere. Ora sa da chi Karen ha preso la sua splendida testardaggine.

“Invece che startene lì impalato, dammi una mano, figliolo!” Esclama Stan. Loki scuote il capo.

“Nè lei, né io, riusciremo a ripararla. A lei mancano le forze, a me la tecnica. Non sono portato.” Dice sorridendo bonariamente e maledicendo quella situazione. Ha costruito una città intera con la magia e adesso non può riparare una staccionata.

“Sei un bel ragazzo robusto! Non quanto tuo fratello, te lo concedo, ma sono certo che due martellate, le sai dare anche tu! Avanti, Tom!” Fa suo suocero porgendogli il martello. Lo sguardo di Loki cade sull’utensile e sorride.

“Ma sì, rendiamoci ridicoli.” Sussurra togliendosi la giacca e la cravatta che porta quando deve andare ad insegnare all’università. Si arrotola le maniche della giacca e afferra il martello. Il primo colpo centra il paletto che si conficca quasi quindici centimetri nella terra. Stan applaude. 

“Visto? Che ti dicevo? La mela non cade mai lontana dall’albero!” Loki si vede costretto, suo malgrado, a continuare il lavoro e quando il sole tramonta, la staccionata è tornata al suo posto. Stan gli porge una birra e gli da una pacca sulla spalla. Lui l’accetta. 

In fondo anche se non come aveva pensato di farlo, è riuscito comunque ad evitare che l’uomo si stancasse e rischiasse un malore.

Stan si siede accanto a lui e lancia lo sguardo diritto nell’orizzonte.

“Sai, Tom, apprezzo il tuo aiuto.”

“Non mi costa nulla.” Lo dice sorprendendosi che sia la verità. Ultimamente Loki non ha avuto bisogno di mentire, nemmeno una volta.

“Mi fa piacere sentirtelo dire. Vedi, ultimamente ho pensato molto a Karen.”
“Davvero?” Chiede Loki improvvisamente curioso. L’uomo annuisce.

“A sua sorella ho dato il maneggio. Ho sempre pensato che Karen avrebbe vissuto in una grande città dove ci sono quei laboratori grandiosi su cui fantasticava quando era bambina.” Loki ride ad immaginare Karen da bambina. Stan fa altrettanto. “Adesso però la guardo lavorare qui e mi chiedo se non abbia dato per scontate troppe cose.”

“Lei ha cresciuto benissimo sua figlia.”
“Se è felice è merito tuo, lo so. Eppure non posso fare a meno di pensare che se vi siete rifugiati qui, è perché stavate fuggendo da qualcosa.” Stan lo dice sorseggiando la birra, senza smettere di guardare l’orizzonte. Loki pensa che quell’uomo è speciale se davvero la mela non cade mai lontana dall’albero.

“Forse è così. Forse avevamo bisogno di un posto dove vivere in pace.”

In quel momento Stan lo guarda.

“Allora prendetela voi.”

“Cosa?”

“La fattoria.” Loki scoppia a ridere e Stan lo guarda con severità. Loki si ricompone subito.

“Chiedo scusa, non volevo sembrare offensivo. Vede, Stan, Karen è una biologa specializzata in genetica evolutiva e ricostruttiva. Io sono, beh io sono un professore universitario e molte altre cose. Davvero pensa che potremmo vivere in una fattoria per il resto della nostra vita?” Stan si alza e poggia la bottiglia per terra. Infila le mani in tasca e guarda di nuovo l’orizzonte.

“Fossi in te, me lo augurerei. C’è qualcosa di meglio che svegliarti al mattino e vedere tua moglie sorridere felice?” Loki si alza, poggia anch’egli la bottiglia in terra e lo raggiunge.

“No.”

“Quindi?”

“Sarò sincero con te, Stan.” Fa lui abbandonando le formalità. 

“Te ne sarei grato.”

“Non credo che Karen sarebbe felice se dovesse passare qui il resto dei suoi giorni.”

“Tu lo pensi davvero. Forse anche lei lo pensa. In quel caso dovresti farle cambiare idea.” Loki lo vede cambiare espressione, farsi serio, triste quasi.

“Perché?”

“Perché là fuori c’è qualcosa di cattivo, di terribile. Ha già toccato mia figlia. L’ha toccata tanto in profondità che, a volte, la guardo e non mi sembra lei. E’ come se qualcosa di oscuro e potente l’avesse avvolta. E lei ne ha paura qualche volta. Altrimenti non sarebbe tornata qui. Forse hai ragione tu a dire che prima o poi se ne stancherà. Si sentirà forte al punto da volersene andare. E dovrà essere allora che tu devi fermarla. Un passo prima dell’errore che può costarle tutto.” L’uomo si ferma, abbassa il capo e sospira. “Sono i timori di padre a parlare per me. Troverai tutto questo incomprensibile.” 

Loki sente di doverlo fermare. Gli tocca una spalla.

“No, non lo trovo incomprensibile. C’è qualcosa di cattivo e terribile là fuori ma non sono certo che questa staccionata lo terrà lì.” Dice accennando un sorriso che allenta la tensione tra i due uomini. 

“Forse è così.”

“Se fosse così, io la proteggerò. Ho il potere per farlo e la volontà che mi contraddistingue è atavica.” 

“Grazie, Tom.”

“Ora che ne direbbe di tornare? Karen mi ucciderà se scopre che l’ho fatta sudare e bere!”

Stan sorride e i due si avviano verso casa.

Loki lascia l’uomo in cucina e sale al piano superiore. Karen non è nella sua stanza e neppure in bagno. Scende nello studio e non la trova neanche lì. Allora esce e si dirige al capanno.

Nel capanno, Karen ha trasferito la maggior parte delle vecchie attrezzature che usava da ragazza. 

Quando entra, Loki si accorge subito che non si è sbagliato a cercarla lì. Sua moglie è seduta al computer con gli occhiali inforcati sul naso e legge qualcosa.

“Hai deciso di seppellirti qui?” 

Karen riconosce la sua voce ma non si volta. Sorride e lascia che lui si avvicini alle spalle e le poggi un bacio sul collo. Solo allora si volta e scoppia a ridere non appena vede il marito sporco di terra.

“Che ti è successo?”

“Ho aiutato tuo padre a rialzare la staccionata.” Lei si porta le mani alla bocca per nascondere lo stupore.

“Senza usare la magia?”

“Ho usato un martello.”

“Un martello? Mi prendi in giro?” Loki ghigna.

“No. Non dirlo mai a Thor.”

“Non lo farò, lo giuro. Vieni qui,” fa lei alzandosi e invitandolo ad abbracciarla “sei stato grande.”

“Ho elevato città, sconfitto eserciti, guidato i chitauri e tu ti complimenti per una staccionata?”

“Mi complimento per aver tentato di aiutare mio padre. Grazie.” Loki l’abbraccia e le solleva il mento per baciarla.

“Per questo favore ti è richiesto un prezzo più alto, mia regina.”

“Che io sono disposta a pagare dopo che tu avrai fatto un bagno e io terminato di leggere questo articolo.”

“E’ così interessante?” Karen annuisce.

“Parla degli inumani. In pratica parla di me.”

“No, credimi, non parla affatto di te.” Loki la bacia con passione. Nonostante il tempo passato con lei, il brivido che lo coglie tutte le volte che la tocca non perde mai d’intensità. “Lascia perdere tutto e vieni a fare il bagno con me.” Karen ride e continua a baciarlo.

“Lasciami spegnere almeno il computer.” Fa lei allontanandosi un momento. 

Quando il monitor si spegne, si volta verso Loki e lo provoca.

“Devo anche lavarti la schiena?”

“Lo vedremo.” Lui si china su di lei e la bacia nuovamente. In quel momento però un suono acuto e intermittente arriva dalla scrivania. “Non lo avevi spento?” Chiede Loki lasciandola andare. Lei si volta e torna alla scrivania.

“Non viene dal mio portatile.” Dice indicando una valigetta. “Viene dia lì.”

Loki la prende, la poggia sulla scrivania e la apre. 

“E’ il computer che mi hanno lasciato gli agenti dello Shield.” Dice mentre una luce lampeggia sulla tastiera.

“E normale che faccia così?” Chiede Loki. Karen scuote la testa. Preme il pulsante e il monitor si avvia. Prima compare il logo dello Shield, poi quello dell’Hydra e poi di nuovo quello dello Shield. Un istante dopo lo schermo diventa nero e poi vi appare una scritta. Karen la legge ad alta voce.

“Da ovest soffia un vento.” 

Il computer si spegne e Loki guarda Karen perplesso.

“E’ uno scherzo? Che diavolo significa? E’ così che comunichi con lo Shield?” Karen lo guarda con disappunto.

“Certo che no. E poi hai visto? Per un attimo sullo schermo è comparso il logo dell’Hydra.”

“Capitan cuore d’oro non l’aveva sgominata?”

“Sì, ma non mi piace questa storia.”

“Richiamali. Accendi questa macchina e richiamali.” Karen accende il computer e cerca la rete dati di connessione con lo Shield. Non solo non riceve risposta, ma il pc sembra non riuscire ad agganciare la rete.

“Questo è davvero strano. Non è da Coulson.” Afferma Loki. 

“Hai ragione. Forse non possono rispondere. Forse quello di prima era un messaggio.”

“C’è altro che possiamo fare?” Karen scuote il capo.

“Posso chiedere ad Heimdall.” Gli occhi della donna si illuminano.

“Davvero lo faresti?”

“Ti farà stare più tranquilla?”

“Sì.”

“Allora torniamo in casa. Contatto Heimdall. E, per la cronaca,” fa lui incrociando le braccia al petto, “non dovresti lasciare attrezzatura governativa in un capanno!” Dice scoppiando a ridere.

“Sì, signore! Dimenticavo che sei stato un agente dello Shield!” Lo canzona lei spegnendo il pc e chiudendo la valigetta.

“Agente di Asgard. Così ha detto Fury.” Prende la valigetta e la segue mentre lei spegne le luci nel capanno.

“E da chi è composto il tuo team?”

“Ci sei tu.”

“Davvero?”

“Certo, sei mia moglie, e poi Fenrir.”

“Ti rendi conto che è un cane, vero?”

“Ma è molto più intelligente degli amici di Thor.”

“E Thor? Lui è della squadra?”

“Non so, la mia è più una squadra tattica. Direi che preferirei avere la Romanoff.”

“Lo dirò a Nat!”

Dopo aver chiuso il capanno ed essere rientrati in casa, Loki si lava e raggiunge Karen nella loro stanza.

“Sei ancora del parere che chiami Heimdall?”

“Fallo te ne prego.”

“Vado in terrazza.”

“Vuoi che venga con te?”

“Non ce n’è bisogno. Riposati.” Lei annuisce e Loki infila una camicia. 

“Non ci metterò molto.”

“Ti aspetto qui.” Gli sorride e lo lascia andare mentre lei accende di nuovo il portatile dello Shield.

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Capitolo 26
*** La squadra di Coulson ***


Capitolo 26
La squadra di Coulson


La notte é puntellata di stelle.

Gli occhi di Loki però possono vedere attraverso di esse. La Vista, come la chiamava sua madre, appartiene a chi sa usare la magia ad altissimi livelli. Non è strano, quindi, che lui riesca a vedere perfino il tessuto che collega i mondi, i rami di Yggdrasil che si allungano attraverso lo spazio e il tempo.

Chiude gli occhi e cerca Heimdall. Non deve attendere a lungo. Heimdall é sempre all’erta. Quando era ragazzo, era l’unico ad accorgersi sempre dei suoi trucchi ai danni di Thor o di qualcun altro della sua combriccola. Loki lo detestava e, al contempo, lo ammirava. 

Apre gli occhi verdi che scintillano di magia e incrocia quelli dorati del dio.

“Come mai mi cerchi, principe di Asgard?” La voce di Heimdall è pacata come l’oro liquido nei suoi occhi.

“Ho bisogno che tu posi lo sguardo dove io non posso.”

“Parla, cosa vuoi che osservi.”

“Devi cercare l’agente Coulson dello Shield.” La figura davanti a Loki trema appena mentre sposta la testa verso destra come se stesse guardando qualcosa oltre Loki. 

“Non riesco a vederlo.” Lo sguardo del dio degli inganni si fa subito teso.

“Intendi dire che é morto?” Heimdall scuote il capo.

“Intendo dire che il suo spirito non è alla portata della mia vista.”

“L’unica volta che qualcuno è sfuggito al suo sguardo, si trovava nelle pieghe dello spazio e del tempo.”

“É vero ma non è ciò che è accaduto stavolta. L’uomo che chiami Coulson sembra essere ancora sulla Terra ma il suo spirito è come prigioniero di qualcosa. Non so spiegarlo.”

“È magia?”

“Non so spiegarlo.”

“Non mi farai fare una bella figura con Karen.” Heimdall inclina appena il capo in un gesto di curiosità e disappunto.

“La principessa sta bene?”

“È preoccupata per i suoi amici.”

“Non sono anche i tuoi amici?”

“Cerco di mantenere un distacco emotivo.”

“Immagino.” Ironizza Heimdall. “È tutto?” Chiede il dio voltandosi.

“Aspetta! C’è un’altra cosa che devo chiederti.”

“Di’ pure.”

“Dov’é mio padre?”

“Non mi è concesso rivelare l’ubicazione del padre degli dei.”

“Avanti!” Esclama Loki incrociando le braccia al petto. “Mi biasimi per non preoccuparmi abbastanza dei miei amici e non vuoi dirmi dove si trova Odino? Lo chiedo perché quando é partito ha pronunciato parole oscure.”

“Obbedisco ai suoi ordini. Lui è il re di Asgard.”

“Di fatto, Thor è il re di Asgard.”

“Thor è il suo custode, c’è differenza.”

“Sei inutile come tuo solito, Heimdall.”

“Lieto di averti servito come sempre, mio principe.”

“Non offendermi, stavolta non me lo merito.” Ride Heimdall e ride, di rimando, Loki. “Addio. Tieni d’occhio il vecchio comunque.”

“Lo farò.” La figura del dio scompare e Loki da’ un’ultima occhiata al cielo. Cerca le stelle in cui si è mutato lo spirito di sua madre. Si rattrista al pensiero che non l’ha visto accadere. Non ricorda neppure perché quella volta era chiuso in una cella. Per New York, per Thor, per Ultron? Fu comunque un’ingiustizia non lasciargli vedere per l’ultima volta Frigga. Soprattutto alla luce del fatto che lui sente di aver ereditato così tanto da lei. Non Thor, lui ha attenzione per le piccole cose. Non Thor, lui sa cercare la magia antica nel mondo moderno. Non Thor, lui conosce il potere delle parole.

Abbassa lo sguardo sulle sue mani. Le distende e le chiude a pugno un paio di volte. Prende un respiro e lo lascia andare.

Da quando ha risposato Karen ha vissuto ogni momento assaporando una sorta di calma. Non pace, certamente. Forse felicità, soddisfazione di sicuro.

Una parte di sé ha sempre saputo però che era, in parte, apparenza. 

Glielo ha fatto capire suo padre, andando via misteriosamente.

Glielo ha fatto capire Karen, sentendo un inspiegabile malessere a dispetto di una vita che non ne genera alcuno.

Glielo ha fatto capire Thor, alla ricerca di qualcosa che non sa spiegare.

Glielo ha fatto capire Stan, pregandolo di proteggere sua figlia.

E adesso glielo ha fatto capire Coulson, sparendo nel nulla.

Qualcosa non va come dovrebbe andare.

Lui ha ereditato da Frigga il potere di capirlo prima di chiunque altro.

E farà di tutto per evitare che l’inizio di questa nuova avventura metta di nuovo a repentaglio ciò che è più importante per lui.




Karen non sa bene cosa pensare.

Un anno è quanto è passato dal loro matrimonio sulla Terra. In un anno hanno vissuto come il signore e la signora Hiddleston senza dare nell’occhio.

Loki, o bisognerebbe dire Tom, ha passato molto tempo all’università ad insegnare la storia dei mondi a dei ragazzi che hanno dovuto imparare a convivere con il fatto che no, non siamo soli nell’universo.

Lei ha lavorato di nuovo alla sua vecchia ricerca che fece da base alle scoperte fatte con la dottoressa Cho. Quello neuroscientifico è l’aspetto meno affascinante del suo progetto sulla rigenerazione cellulare ma anche quello che più a che fare con la sua attuale situazione.

Dopo le nozze ha detto a suo marito che tutto ciò che desidera è una vita di pace. Era sincera quando lo ha detto.

Eppure sente che qualcosa si è insinuato nella loro vita di pace. Probabilmente si stratta della solita paura che ha di vedersi sfuggire la felicità di mano.

Non è stato sempre così. Credeva di essere felice col suo lavoro, con le sue amiche, con la sua arrogante capacità di affrontare ogni cosa, di riuscire in ogni dannata cosa.

Fino al giorno in cui ha incontrato Loki, la sua vita era basata su solide certezze. Lui ha aperto la porta sui mondi, sulla conoscenza infinita di libri mai letti, sul mistero della connessione spazio temporale di cui lei aveva sempre riso.

Da allora ha assaporato la vera felicità, impossibile da padroneggiare da sola, ineluttabilmente legata a lui.

Cosa rende felice un dio? Una volta lo ha chiesto a Thor. Una gloriosa battaglia ha risposto lui. Karen ha sorriso e ha pensato che anche se quello poteva essere vero per Thor, non lo era di sicuro per Loki.

Eppure, anche se adesso vivono in pace, lavorano ed escono a cena come persone normali, Karen sa che manca qualcosa in quella felice tranquillità. 

Di tanto in tanto, di notte si sveglia e si accorge che lui non è nel letto accanto a lei.

Prima che diventassero ufficialmente gli Hiddleston, Loki si lamentava sempre di non poter dormire insieme, del suo esilio nel cottage dietro alla casa.

Per questo lei si è meravigliata di non trovarlo al suo fianco. Ha scoperto che esce sulla veranda a torso nudo. Guarda le stelle e parla con qualcuno. Forse solo a se stesso.

Da quando lo ha scoperto, non lo ha mai disturbato in quello che le sembrato subito una specie di rito.

Anche adesso, per parlare con Heimdall, Loki si è isolato. Karen non è stupida. Sa bene quanto ci sia a legarli ma sa anche che le ambizioni di suo marito non si riducono ad una vita ritirata in Tennessee.

Mentre è assorta da questi pensieri, lo sente rientrare.

“Tutto bene?” Gli chiede vedendo la sua espressione appena corrucciata. Lui si accomoda accanto a lei sul letto.

“Ti ho mai detto che non faccio molto affidamento sulla mia famiglia?” Gli risponde con una nota di sarcasmo nella voce, quel tono che lei adora.

“Heimdall non ti ha risposto?”

“Lo ha fatto, ma è stato inconcludente. Dice che Coulson non si trova in un luogo che lui può vedere.” Karen piega appena la testa di lato.

“Che significa? Credevo che lui potesse vedere ovunque.”

“No. Ad esempio non può vedere negli spazi creati dall’aether.”

“Ma allora Coulson è nei guai?” Chiede Karen seriamente preoccupata. Loki scuote appena le spalle.

“Non lo so. Heimdall dice che è come se lo spirito e il corpo dell’agente Coulson fossero stati divisi.”

“Non mi tranquillizzi.” Risponde lei, tirando a sé la valigetta.

“Altri messaggi?”

“No. Che diavolo vorrà dire ‘Da ovest soffia un vento’?”

“Sembra uno di quegli stupidi messaggi in codice di cui mi ha sempre parlato Thor.”

“Messaggi in codice?” Domanda Karen ripetendo un paio di volte la frase incriminata. Improvvisamente il suo volto si illumina. “Che stupida! Come ho fatto a non pensarci prima!”

“Pensare a cosa?”

“Un vento soffia da ovest. Un vento dell’ovest. Il vento dell’ovest è lo Zefiro. Coulson ci ha mandato a dire dove si trova.”

“So che in genere sono io a doverti spiegare le cose ma stavolta vorresti essere così gentile da fare altrettanto?”

“Sono sullo Zephyr One. Un vento dell’ovest.”
“Ammetto di essere confuso,” accenna Loki, “perché tanta segretezza se sono sul loro veicolo di ordinanza?”

“Deve essere accaduto qualcosa. Hanno bisogno di me ma forse temevano di essere intercettati.” Loki si alza dal letto e cammina avanti ed indietro.

“Non lo so. Se Coulson fosse stato su un aereo, Heimdall non avrebbe avuto alcuna difficoltà a vederlo.”

“Può darsi, ma che altra pista abbiamo? E poi l’hai detto tu che non possiamo farci affidamento!” Esclama lei. Lui ride.

“Bella risposta. Non risolutiva comunque. Non sappiamo dove sia lo Zephyr al momento.”

“No, ma conosciamo qualcuno che lo sa. Lo Zephyr è sempre agganciato alla rete dello Shield.”

“Chiamiamo Stark?” Chiede Loki con una vena di preoccupazione nella voce. Karen annuisce.  

“Sta organizzando il suo matrimonio. Chiamiamo Nat.”

“Lascio a te i dettagli. Avverto i tuoi genitori che andiamo a New York per qualche giorno.” Fa lui chinandosi a baciarla.

“Grazie.” Risponde lei trattenendolo per una mano. “Sarà solo per qualche giorno, vero? Dopo torneremo qui a fare gli Hiddleston, giusto?” Loki si china di nuovo su di lei e gli avvicina il viso al punto che i loro nasi si sfiorano.

“Come desideri.” La bacia ancora e si alza. Lei lo lascia andare senza aggiungere altro pentendosene subito. 

Ripete a se stessa che una volta trovato Colson, sistemerà quella situazione una volta per tutte.




Nat è alle prese con tre questioni diverse.

La prima è una vecchia storia legata alla Stanza Rossa che è rispuntata fuori dopo il tempo di una vita intera. L’altra è la supervisione di Wanda e Jarvis. Non è che li stia proprio spiando. Ritiene solo che lo Shield dovrebbe sempre sapere dove sono. Nell’interesse di entrambe le parti.

La terza è Bruce.

Oramai manda rapporti periodici su come procede la sua ricerca. Il problema è che lei non capisce se la sua ricerca procede bene o male.

Lui si esprime sempre in modo entusiasta ma in fondo ad ogni rapporto non c’è mai scritto che sta per completare i suoi studi quindi lei è piuttosto perplessa sullo stato dell’arte.

Il suono del cellulare la scuote. Sorride mentre alza gli occhi al cielo.

“Tutto bene nel profondo sud?” Esclama con ironia.

“Dipende!” Risponde una voce allegra dall’altra parte del telefono.

“Da cosa?” Chiede Nat alzandosi dalla sua postazione e raggiungendo la finestra dell’appartamento che da sulla strada in cui abitano Wanda e Visione.

“Hai un Queen jet da prestarmi?”

“Perché ti serve un velivolo militare?”

“Devo raggiungere lo Zephyr One.” Nat si fa seria. 

“C’è un motivo particolare per cui vuoi vedere Coulson o la sua squadra?”

“Ho ricevuto una chiamata.”

“Allora perché Coulson non ti manda il suo Queen jet?” Nat lo dice mentre osserva Wanda uscire di casa e attraversare la strada.

“Credo abbia qualche problema, a te ha detto niente?” Natasha si volta verso la sua postazione, prende una borsa e lascia l’appartamento.

“Sono un po’ impegnata al momento. Sono certa che se Coulson avesse un problema, uno serio intendo, avrebbe contattato Maria.” Karen, dall’altro lato, sospira.

“Credevo che sarebbe stato più semplice avere aiuto da te che da Tony.”

“Aha!” Sbotta Nat.

“Quanti ne hai? Venticinque? Che ti costa prestarmene uno!”

“Prestartelo? E chi lo piloterebbe?” La punzecchia Nat. “Mi sembra che l’ultima volta che  te n’è servito uno, sono io che l’ho fatto.”

“Non hanno il pilota automatico?”

“Karen, posso mandarti un Queen jet ma non mi piace questa storia. Se ci fosse un’emergenza lo saprei, non credi?”

“Mettiamola così,” risponde la donna dall’altra parte, “se non c’è l’emergenza, almeno lo sapremo con certezza.” 

“Il tuo modo di ragionare è semplice e pratico. Lo apprezzo sai?” Fa Nat infilando la stessa strada di Wanda ma mantenendosi ad una distanza tale che lei non possa percepirla.

“Quindi me lo presti?”

“Sì. Tuo marito viene con te?”

“Sì.”

“Allora non createmi problemi e salutatemi Coulson.”

“Grazie Nat.”

“Aspetta.” Nat si ferma un istante.

“Dimmi.”
“Chiederesti a Loki che combina Bruce ad Asagard?” La vedova nera parla di getto e se ne pente subito. Rimane in silenzio e Karen comprende subito il suo stato d’animo.

“Farò di meglio,” le dice, “me lo farò dire senza chiedere. E’ la mia specialità!”

“Grazie. Ti mando un amico. Trattatemelo bene.”

Nat riattacca e riprende a seguire Wanda.

Una parte di lei vorrebbe allungare il passo, prenderla per un braccio, salutarla e bere una cosa assieme. Come la sera dell’addio al nubilato di Karen. 

Lei però sa che sarebbe un male per Wanda. Lei adesso vive la sua vita tranquilla con Visione. Loro hanno scelto di lasciare lo Shield. Lei ha sempre detto di volerlo fare ma non è andata mai fino in fondo.

Alla fine si tratta sempre della sua situazione. Ha chiesto a Karen di avere notizie di Bruce. Eppure se lui tornasse, lei sarebbe pronta a mantenere la promessa che si sono fatti? Lasciarsi tutta la loro vita indietro?

Nat sbuffa e si volta. Non ha più voglia di seguire Wanda. Prende il telefono e digita un numero. Sorride quando dall’altro lato del telefono la salutano calorosamente.

“Ho bisogno di un favore, porteresti uno dei tuoi jet in Tennessee? Una mia amica ha bisogno di un passaggio a bordo di un velivolo dello Shield.” Nat alza il passo per tornare all’appartamento. Sorride e prosegue. “Siete molto gentile, vostra maestà. Grazie dell’aiuto.” 

Nat ascolta il suo interlocutore dirle ancora qualcosa e poi attacca.




Nonostante le rimostranze di Meg e Stan sul fatto di essere stati avvisati troppo tardi della loro partenza, Loki e Karen hanno raggiunto l’aeroporto militare di Fort Campbell con un’ora di anticipo rispetto a quello previsto per l’incontro con il fantomatico amico di Nat.

“Non ti ha detto come neppure come si chiama?” Karen solleva gli occhi al cielo. Loki non sembrava entusiasta di lasciare il ranch ma neppure seccato. Da quando sono arrivati a Fort Campbell invece, è diventato nervoso.

“Per la trentesima volta, no. Pilota un Queen jet. Sono certa che lo riconosceremo. Tu no? Cosa c’è che non va?”

“Non mi piace questo posto.” Pronuncia a denti stretti.

“E’ una base militare, non piace neanche a me.” Lo dice con convinzione comprendendo finalmente il motivo di tanto fastidio. Gli uomini in uniforme che gli girano intorno da un po’ guardano Loki con diffidenza e sembrano preoccupati dalla sua presenza in quel luogo. Karen gli si avvicina e gli prende una mano. “Perché non ti trasformi in Jormungand e li terrorizzi a morte?” Chiede lei prendendolo sottobraccio.

“Spiritosa. Sprecare tanta magia per spaventarli? Concedimi di divorarli e allora possiamo parlarne.” Lei ride.

“Non mi sembrano appetitosi. Lasciamo stare.” Loki la guarda facendo un ghigno ma si volta udendo il rumore di un velivolo che si ferma sopra le loro teste e fa manovra per atterrare.

“È arrivata la nostra carrozza, mia cara.” Lei annuisce.

Il jet atterra ad una ventina di metri da loro. Il portellone dell’hangar si apre e Karen vede scendere un uomo e una donna.

Avanzano a svelti e si fermano ad un passo da loro. L’uomo fa un cenno del capo e saluta.

“Dottoressa Miller, dico bene?”

“Io la conosco,” risponde Karen allungando una mano e sorridendo, “lei è re T’Challa del Wakanda!” L’uomo sorride e stringe la mano di Karen. Nel momento in cui si toccano, Karen avverte l’aether solleticarle la pelle. Loki si schiarisce la voce e attira la loro attenzione.

“Abbiamo chiesto un pilota, non era necessario mandare un sovrano metaumano.” La donna che accompagna T’Challa e che é rimasta dietro di lui fino a quel momento, fa un passo in avanti.

“Evidentemente lo era.” Dice con voce decisa e tagliente.

“Okoye!” La richiama l’uomo tirandola per un braccio. “Sii gentile! Diciamo che per scortare un re ed una regina serviva un loro pari, giusto?” T’Challa sorride e Karen si convince che con quel sorriso il legittimo re del Wakanda conquisti più regni che con il suo esercito. Loki non sembra d’accordo. Il nervosismo di suo marito sta raggiungendo nuove vette. Prima che veramente assuma le sembianze di Jormungand e li divori sul posto, si affretta a togliere tutti d’impiccio.

“Ora che abbiamo fatto le presentazioni di rito, vogliamo andare?” T’Challa annuisce e si volta. Okoye rimane ferma in attesa che Karen e Loki lo seguano. Il dio si china appena avvicinando le labbra all’orecchio di sua moglie.

“Riferisci pure alla Vedova nera che la sua diffidenza mi offende.”

“Dovrei offendermi anche io allora. Tu mi hai insegnato a prendere quello che ci serve senza badare a certe piccolezze. Troviamo Coulson e dimentichiamoci del resto, ok?” Loki pare soddisfatto della risposta.

Una volta a bordo, Karen trova posto alle spalle di T’Challa. L’uomo le chiede di passare davanti.

“Ho bisogno che colleghi il suo portatile alla rete dello Shield. Senza quello, dubito che troveremo lo Zephyr One.” Karen non se lo fa ripetere due volte e collega il pc alla rete del velivolo. Loki la guarda armeggiare in silenzio e rimane al suo posto in fondo al velivolo per evitare di incrociare lo sguardo della guerriera. Il suo, invece, cade su uno zaino rimasto in mezzo ad alcune casse. È grigio con una stella rossa ricamata su una delle tasche.

Sta per chiedere al pilota se ha scortato qualche altro pezzo grosso degli Avengers prima di loro ma la voce di Karen lo distrae.

“Ecco! Ci siamo. Il computer si è collegato. Ora possiamo raggiungere lo Zephyr, abbiamo la rotta.” T’Challa inserisce le coordinate nel computer di bordo e il Queen jet vira immediatamente nella direzione indicata.

Loki si siede sul sedile precedentemente occupato dalla moglie, incrocia le braccia al petto e chiude gli occhi.

Non ha mai pensato che mentre lui e Karen interpretavano il ruolo di persone normali che vivono una vita normale, lo Shield fosse rimasto fermo ad attendere altre minacce. Doveva fare i conti con la volontà di Tony Stark e accettare che avesse sostituito chi si era defilato dal campo di battaglia con forze nuove.

Loki non aveva dimenticato il giorno in cui gli aveva chiesto di fargli da testimone. Quando Tony gli aveva chiesto di stare dalla sua parte, di aiutarlo nelle battaglie future, Loki sapeva che si riferiva alla battaglia più importante di tutte, quella che Stark combatteva nella sua testa dal giorno in cui aveva visto all’interno del portale che lui aveva aperto sopra New York.

Attrezzarsi era il minimo che uno come lui poteva fare. Per di più se suo fratello aveva deciso di volare via chissà dove e Capitan correttezza si rifiutare di rientrare nel sistema.

Karen gli toccò il braccio.

“Dormi?” Gli chiede sottovoce.

“Ti pare possibile?” Risponde lui senza aprire gli occhi.

“No, allora perché te ne stai ad occhi chiusi?” 

“Penso.”

“A cosa?”

“A queste persone. Chi sono?”

“Avengers, a quello che dicono.”

“Non c’erano quando avete combattuto contro Ultron o l’Hydra.”

“Neanche tu c’eri!” Lo punzecchia lei.

“Ovvio. Io facevo la parte dell’artefice del vostro destino!” Loki sorride e apre finalmente gli occhi. “Non conosci il detto che più è profonda l’oscurità, maggiore rifulge la luce?”

Karen schiocca la lingua.

“Aha, si dice anche su Asgard?” Loki non ha il tempo per l’ennesima frecciatina. T’Challa richiama la loro attenzione.

“Lo vedo. Zephyr One sullo schermo.” Karen torna a sedersi davanti e traffica con la radio.

“Queen jet a Zephyr One, qui è la dottoressa Miller. Chiediamo permesso di attraccare.” Nessuno risponde. “Sono la dottoressa Miller, Zephyr One rispondete.” Karen Guarda T’Challa e poi Loki. Il dio si sporge in avanti.

“Prova ad usare la frase in codice.” Suggerisce.

“Zephyr One, mi ricevete? Da ovest soffia un vento.”  Il ronzio della radio si interrompe all’improvviso.

“Qui è lo Zephyr, è bello sentirla dottoressa!” Karen riconosce la voce di Jemma Simmons. “Avete il permesso di salire a bordo. Siete i benvenuti!”

T’Challa e Okoye effettuano le manovre per l’aggancio e il portello che collega il Queen jet allo Zephyr si apre.

La faccia sollevata della Simmons li accoglie.

“Dottoressa, che bello! Non ero certa che avrebbe capito il messaggio in codice.” La ragazza si porta immediatamente le mani alla bocca. “Non intendevo dire che non ci sarebbe riuscita! Volevo dire che non sapevo se sarebbe venuta, se mi avrebbe aiutata!” Karen sorride.

“Calma, Jemma! E’ tutto ok. Non mi hai offesa. Dimmi invece che succede.” La ragazza annuisce.

“Venite con me.” Jemma li conduce in un’altra stanza in cui ci sono due lettini da infermeria vuoti e una serie di macchinari. Un’altra agente sta lavorando intensamente ad un codice che programma le macchine. Si volta e li saluta.

“Mi chiamo Daisy Jhonson ma potete chiamarmi Sky. Non Quake, per favore.” Loki piega appena la testa di lato e fa un passo in avanti. 

“Tu sei metaumana.”

“Sì, faccio parte di una squadra speciale di agenti che protegge i metaumani creata appositamente da Coulson.”

“Dov’è Coulson? Cosa gli è successo?” Chiede Loki. E’ Jemma a rispondere.

“Sono prigionieri qui dentro,” dice la ragazza indicando il computer, “il Framework. Si tratta di un mondo virtuale creato dal dottor Holden Radcliffe.” T’Challa la interrompe.

“Ho già sentito questo nome. Lavora nel campo di ricerca più avanzato del perfezionamento del sistema neurale umano.” Karen annuisce e Loki alza gli occhi al cielo.

“Chi spiega in un linguaggio comprensibile ad un dio asgardiano?”

“Intelligenza artificiale.” Loki allarga le braccia.

“Un altro fan dell’era di Ultron?”

“LMD,” precisa Jemma, “life model decoy. Direi che siamo ben oltre Ultron, signore.”

“Oltre Ultron?” Chiede T’Challa. Jemma continua a spiegare.

“Il dott.Radcliffe ha studiato la terragenesi dei metaumani e ha avuto accesso ad una serie di dati che gli hanno consentito di procedere con i suoi esperimenti con la realtà virtuale. Dopodiché con l’aiuto di Fitz ha creato Aida un perfetto clone di una ragazza che aveva frequentato molti anni fa in cui ha inserito un avanzatissimo sistema di intelligenza artificiale. Ovviamente Fitz non immaginava che nel frattempo il dottore avesse creato altre copie di Aida oltre a lmd aventi le nostre fattezze. La colpa è del Darkhold.” Jemma si ferma e prende un respiro come se le mancasse l’aria. Loki la invita a continuare.

“Il Darkhold? Va’ avanti.”
“Si tratta di un volume antichissimo contenente una conoscenza inaccessibile per il cervello umano. Nessuno era in grado di sopportarne la lettura, così Radcliffe ha suggerito di farlo fare ad Aida. L’AI l’ha acquisito e con esso anche una specie di autodeterminazione che l’ha spinta ad aiutare il suo creatore a completare il Framework. Dopodiché ha catturato Coulson e gli altri collegandoli alla realtà virtuale. Non sappiamo dove siano i loro corpi. Io e Daisy siamo le uniche rimaste. Ci siamo nascoste qui perché Aida aveva sostituito i nostri amici con degli LMD. Non potevamo fidarci più di nessuno a quel punto, capite?” Karen ha ascoltato tutto con la massima attenzione.

“Conoscevate le conseguenze degli esperimenti su Ultron, perché avete dato accesso ad Aida ad un oggetto magico così potente?” E’ Sky a rispondere.

“E’ complicato. Avevamo bisogno di aprire un portale dimensionale, una cosa al di fuori della nostra portata temo. Coulson ha pensato che l’impresa valesse il rischio. E in qualche modo è stato così. Aida deve aver trovato qualcos’altro nel Darkhold che l’ha spinta a tradirci tutti. Ha ucciso anche il suo creatore.”

“Ma non mi dite!” Esclama Loki. “E dov’è adesso il Darkhold?”

“Ce l’ha Aida. Deve tenerlo dove tiene anche i nostri amici.” Karen interviene.

“Come possiamo aiutare?” Jemma sospira e risponde.

“Dobbiamo entrare nel Framework e abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi da fuori. Aida ha creato una realtà virtuale in cui lei è a suo agio. Se entriamo nel Framework saremo esposti e giocheremo con le sue regole. Magari lei può aiutarci a barare un po’.” Dice Sky armeggiando con il computer.

“Forse mia sorella Shuri può aiutarci,” interviene T’Challa, “potremmo andare a prenderla.”

“Non so quanto tempo ci rimane.” Sottolinea Jemma con grande sconforto nella voce. 

“Mi sembra che tu ci sappia fare abbastanza,” dice Karen indicando Sky, “occupati tu di aprire una back door nel sistema per farci entrare e uscire.”

“Sarei costretta a rimanere qui. Chi entrerà con Jemma nel Framework?”

“Lo farò io.” Karen lo dice guardando Loki. Cerca la sua approvazione e l’espressione sulla faccia di suo marito la dice lunga sul fatto che sa che andrà comunque.

“Ci cerve un piano,” dice quindi il re dei giganti di ghiaccio, “non so voi, ma io non entrerei nel mondo dei sogni di un altro senza un’idea veramente buona sul modo di uscirne.” T’Challa annuisce.

“Se ho ben capito abbiamo due campi di battaglia, uno reale e l’altro virtuale. Se Jemma e la dottoressa Miller si occupano del software, qualcuno dovrà fare la stessa cosa con l’hardware. Quindi potremmo formare due squadre. Jemma e la dottoressa entrano nel Framework e ci fanno guadagnare tempo. Io e Okoye troviamo la macchina che tiene acceso questo mondo dei sogni di Aida e la spegniamo. Fine dei giochi. Una macchina resta una macchina dopotutto.” Loki ridacchia. “Non sei d’accordo?”

“Ultron era una macchina e ha comunque tentato di evolversi in qualcosa di diverso, qualcosa di più umano o divino se vogliamo essere precisi. Questa Aida ha avuto accesso ad una conoscenza di gran lunga più oscura della gemma che ha dato vita a Visione. Non basterà staccare la corrente ad una macchina per cancellare la sua esistenza.”

Jemma stringe le mani una nell’altra e tira un gran sospiro.

“Lui ha ragione. Aida dopo aver letto il Darkhold è cambiata. E’ stato in quel momento che ha smesso di obbedire al dottor Radcliffe e ha cominciato a trasformare il Framework. Tiene le coscienze di tutti all’oscuro del fatto che vivono in un mondo parallelo, virtuale. Per questo avevamo pensato di entrare. Vogliamo svegliarli, riportarli alla realtà gradualmente perché non sappiamo cosa accadrebbe loro ‘staccando la spina’ come dice lei, re T’Challa.”

Sky si alza dalla sua postazione e interviene.

“L’idea delle due squadre è buona. Io ho un indizio su dove potrebbe essere l’hardware che tiene in vita il Framework e sono in grado di aprire una backdoor che porti dentro due di voi e che consenta a tutti di uscire sani e salvi ma ho anche due cattive notizie. La prima è che il software che Aida ha creato è stato riprogrammato con i codici dell’Hydra. Questo significa che nel mondo di Aida lo Shield ha perso, gli Avengers non esistono. La seconda è che il Framework è entrato in modalità countdown.”

“Che significa?” Chiede Jemma.

“Che Aida ha un piano che ad un certo punto prevede che il Framework si autodistrugga.”

“Ma lei è un’entità virtuale,” interviene T’Challa, “dove mai potrebbe andare se distrugge il sistema che la contiene? Il suo obiettivo non era quello di trascinare nel suo mondo le persone a cui tiene?”

Solo Karen si accorge che Loki si è allontanato e ora guarda fuori da un oblò dello Zephyr con le mani dietro la schiena. L’immagine si sovrappone a quella di suo marito che parla da solo sulla terrazza della loro casa in Tennessee nel buio delle notti calde d’America.

Quasi come se lui avesse percepito il suo sguardo addosso, si volta e interviene nella discussione.

“Aida è come Ultron. Vuole un corpo. Non c’è alcun divertimento nell’essere ovunque in qualsiasi momento e non provare niente. Lei vuole uscire dal Framework. Non ha portato con sé le coscienze di quelli a cui tiene. Ha portato con sé quelle che le servono.”

“Servono a cosa?” Chiede Sky. “Ce l’aveva un corpo.”

“Anche Ultron lo aveva ma non ne era affatto soddisfatto. Cosa vi fa credere che Aida lo fosse del suo?”

Karen annuisce. Sa bene cosa significa essere viva e non provare niente. Ricorda ancora il modo in cui si sentiva quando non riusciva a manifestare le proprie emozioni.

“Credi che il Darkhold sia in grado di renderla umana?” Loki scuote la testa.

“Nulla di quello che è in quel libro è umano.”

“Inumana!” Esclama Jemma. “Lei conosce il modo in cui viene provocata la terragenesi. Se diventa inumana, nessuno potrà più fermarla.”

“Allora è adesso che dobbiamo agire.” Interviene Sky.

“Mi sentirei più tranquillo se avvisassimo la Romanoff.” Dice T’Challa.

“Lo farà la signorina Sky mentre noi raggiungiamo il luogo in cui si trova l’hardware.” Afferma Loki con decisione.

“Vuole venire con noi?” Gli chiede T’Challa.

“Certo. Non vorrete dirmi che intendete lasciare indietro l’unico che può trovare e recuperare il Darkhold!” T’Challa guarda Karen.

“Può aiutarvi. Io mi fido di lui ma non posso obbligarvi a fare altrettanto.”

“La parola di un re è sacra. Quella di una regina vale ancora di più, diceva mio padre. Per cui se lei garantisce per il suo sposo, io mi fiderò.”

“Tutto questo è davvero commovente,” esclama Loki, “ma non credo che ci resti molto tempo.”

“Giusto,” ammette Sky, “quindi la dottoressa Miller e Jemma sui lettini. Voi invece prendete il Queen Jet e recatevi in Russia. Vi manderò le coordinate della piattaforma petrolifera di Anton Ivanov, un affiliato dell’Hydra, direttamente sul navigatore.”

“Mi lasciate un minuto con mia moglie?” Chiede Loki e la donna lo segue nell’altra stanza.

“Che succede? C’è qualcosa che non hai detto?”

“Sai che è così. Non svelo mai tutto ciò che so. Quello che ho qui dentro,” dice indicandosi con un dito la tempia, “è l’unica arma vincente che ho. Adesso ascoltami. Stai per entrare nel mio mondo ideale, un mondo che non sa niente degli Avengers e in cui un solo tiranno governa ogni cosa.”

“Loki!”

“Stai perdendo il senso dell’umorismo, cara?”

“Continua.”

“Quello che sto cercando di dire è che non devi essere come sei di solito.”
“E come dovrei essere?"
“Come me. Quando sarai nel Framework sii cinica e spietata. In un mondo in cui ha vinto l’Hydra non c’è spazio per sentimentalismi. Trova in fretta i tuoi amici e non pensare a niente altro.”

“Che vuoi dire?”

“Se io fossi nel bel mezzo del piano in cui progetto di assurgere al potere assoluto, andrei molto di fretta e starei attento ad eliminare ogni ostacolo alla radice. Tu e la dottoressa Simmons sarete al pari di un bug di sistema, un virus. Appena vi scoprirà, tenterà di cancellarvi.”
“Se ci scoprirà!”

“Vi scoprirà. Giocate al suo gioco, in casa sua, con le sue regole. E’ solo una questione di tempo.”

“Non sei incoraggiante!” Dice Karen incrociando le braccia al petto.

“Ricordi? La verità fa male, non le bugie. Ora ascoltami. Sarai tentata di fermare Aida.” Le dice mettendole le mani sulle spalle. “Tu sei generosa e hai un cuore determinato che mal sopporta le ingiustizie. Ricorda che tutto ciò che vedrai nel Framework è falso. E’ un sistema generato ad uso e consumo di Aida e delle persone che lei ha collegato alla rete. Tutte le altre sono ologrammi.” Karen annuisce.

“Non ci avevo pensato.” Loki sorride e le bacia la fronte.

“Io sì, mia regina. Esci da lì prima che puoi.”

“Dovremo starci almeno il tempo necessario per consentirvi di recuperare i corpi di Coulson e degli altri.”

“Sarà una passeggiata.” Lei gli dà un colpetto nel fianco e lui finge di provare dolore.

“Stai facendo l’Avenger.”

“Giammai.”
“Sembri Tony Stark!” Loki finge di sentire ancora più dolore e si porta le mani al petto.

“Crudele come pochi! Sei sulla strada giusta.” Karen si solleva sulle punte e lo bacia. Lui la stringe e poi le sussurra all’orecchio.

“Fà attenzione e ti raccomando un’ultima cosa. Non adoperare l’aether. Non sappiamo cosa può accadere nella realtà virtuale. E’ persino possibile che tu non possa farlo.”

“A questo avevo pensato, tranquillo.”
“Allora andiamo.”

“Loki,” lo richiama lei prima che lui attraversi la porta, “grazie.”

“Nella gioia e nel dolore!”

“Stupido!” Esclama Karen prima di lasciarsi trascinare nell’altra stanza.


NdA
Rieccomi.
Anche stavolta ce l'ho fatta! Grazie a chiunque stia seguendo questa storia. A volte con tanti personaggi da tenere in gioco mi chiedo se sto facendo un buon lavoro.
Mi rendo conto che sono partita seguendo l'ordine dei film dell'mcu e che all'improvviso ho virato verso la serie Agents of Shield da cui sono tratti in parte i fatti da cui prende ispirazione questo tema.
Vi giuro che ho provato a raddrizzare la nave fino all'ultimo ma è 'la versione di Loki' dopotutto e prima o poi il caos doveva impadronirsi della trama.
A mia discolpa posso dire che questa parte è stata scritta molto tempo fa quando ancora non era uscito Endgame e io stavo già progettando come proseguire dopo i fatti di Thor Ragnarock. 
Cosa sto cercando di dire? Che l'interesse di Loki per il darkhold l'ho immaginato prima di Wandavision e della serie su Loki.
Perdonatemi se qualcosa vi suonerà quindi troppo strano per essere 'vero'.  C'è il What if tra gli alert sì? :;
Grazie ancora per tutti i passaggi e i commenti che avete lasciato e che vorrete lasciare.
Alla prossima.
Mary

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Capitolo 27
*** Dentro al Framework ***


Capitolo 27
Dentro al Framework
 

T’Challa ha ricevuto le coordinate da Sky come previsto e ha pilotato il Queen Jet fino alla piattaforma petrolifera incriminata.
Loki se n’è stato in silenzio, seduto sul sedile posteriore del velivolo, rimuginando sulle ultime parole che ha detto a Karen.
In realtà quello che lo ha assorbito fin dal primo momento è il vero movente dell’AI.
Cosa vuole realmente Aida? Dalla risposta a quella domanda dipende l’esito delle due missioni. Si rende conto solo in quel momento di aver messo Karen in pericolo. Finché la coscienza di sua moglie è nel Framework non potrà spegnere la macchina che tiene in vita Aida ma, allo stesso tempo, spegnere la macchina prima che scada il termine per l’autodistruzione del Framework è indispensabile per annientare l’AI.
La voce di T’Challa lo richiama al presente.
“Siamo arrivati. Suggerimenti su come entrare?”
“Direi di nascosto.” Risponde Loki.
“E come facciamo?”
“Posso usare le mie proiezioni astrali. Terranno impegnata la resistenza che incontreremo e ci permetteranno di entrare indisturbati. Meglio che saltare addosso al nemico urlando gloriosi canti di guerra!” Dice lanciando un’occhiata furba verso Okoye. T’Challa sorride.
“Siamo guerrieri ma non primitivi come credi tu.”
“Io non ho detto niente. Mi riferivo al modo di approcciare simili questioni da parte di mio fratello e dei suoi amici.”
“Non ho mai conosciuto Thor. Mi hanno riferito che è potente e valoroso.”
“Lo è. Talmente potente che non ho mai capito perché perda tempo a roteare uno stupido martello quando potrebbe fulminare l’umanità con uno sguardo. Immagino sia per il fatto che quel martello è un regalo di nostro padre.”
“Non siete fratellastri?”
“Le famiglie sono complicate.”
“Ne so qualcosa.” Risponde T’Challa prima di rivolgersi a Okoye. “Io scendo col dio asgardiano. Tu resta a bordo del velivolo pronta a decollare. Qualcosa potrebbe andare storto.” Okoye non reagisce bene nell’ascoltare gli ordini del suo re.
“Anche a te potrebbe andare storto qualcosa,” dice guardando Loki, “lascia che ti accompagni.”
“La dottoressa si fida di lui.”
“E noi ci fidiamo di lei?” Chiede Okoye a bruciapelo.
“Sì. Natasha si fida e quindi lo facciamo anche noi.”
“Non è una risposta sensata ma obbedisco.”
T’Challa e Loki scendono dal velivolo dello Shield e entrano nella piattaforma. 
L’idea di Loki di mandare le guardie di sorveglianza all’inseguimento delle sue proiezioni astrali funziona e i due uomini riescono a raggiungere il cuore della base nemica.
Lo spettacolo che si trovano davanti una volta entrati nella stanza in cui si trova l’hardware del Framework è inquietante. Collegati alla macchina ci sono diversi letti in cui trovano posto Phil Coulson, Leopold Fitz, Jeffrey Mace, Melinda May e Holden Radcliffe. T’Challa controlla i loro parametri vitali e scuote il capo.
“Il capitano Mace e il dottor Radcliffe sono morti. Non possiamo più fare niente per loro. Cosa cerchi?” Chiede a Loki che non pare interessante alla condizione dei suoi amici.
“Indizi.”
“Su cosa? Loro sono qui davanti a te.”
“Hai detto tu che non possiamo fare più nulla per Mace e Radcliffe. Per quanto riguarda gli altri non possiamo staccarli dalla rete fino a che Karen e la dottoressa Simmons non riportano indietro le loro coscienze.”
“Quindi esattamente perché saresti qui?” Chiede T’Challa mostrando gli artigli.
“Il motivo.”
“Cosa?”
“Perché l’AI sta cercando di lasciare la rete? Perché tornare nel corpo dal quale ha disperatamente cercato di fuggire? Se non trovo il Darkhold, non lo scoprirò e le possibilità che questa storia finisca male aumenteranno. Bisogna sempre conoscere le motivazioni del proprio avversario, senza di esse non puoi sapere quanto è disposto a spingersi oltre.”
T’Challa lo ascolta con attenzione sorprendendosi della lucida disamina del dio asgardiano e di quanto egli abbia ragione. Abbassa i pugni.
“Io cerco nell’altra stanza.” Loki annuisce e riprende a controllare ogni cassetto e armadio presente nella stanza. 
Non trova niente. Chiude gli occhi e si concentra.
Sa che non occorre molto prima che l’altro si renda conto che lo sta chiamando e così il cerchio di energia si apre quasi subito davanti a lui e la figura del supremo stregone della Terra compare al suo centro.
“Che vuoi ancora?” Chiede un po’ seccato. Quando si rende conto del luogo in cui si trova Loki, lo incalza. “Che diavolo hai combinato?”
“Gentile come sempre. Non è opera mia.”
“Ah no?” Chiede Stephen Strange inarcando assurdamente un sopracciglio.
“No. Ancora una volta gli uomini di questo pianeta si sono resi ridicoli tentando di armeggiare con un oggetto al di sopra delle loro possibilità e hanno combinato un casino.”
“Da che pulpito viene la predica.”
“Parli proprio tu?” Lo punzecchia Loki.
“Allora che succede?”
“Phil Coulson è prigioniero di una realtà virtuale in cui gli Avengers non esistono e l’Hydra ha vinto. In questa realtà la dominatrice assoluta è una forma di intelligenza artificiale che è entrata in possesso del Darkhold.”
“Il Darkhold? Impossibile. Moltissimi secoli fa, l’Antico ha relegato quel tomo maledetto in una dimensione infernale da cui nessun uomo avrebbe potuto recuperarlo.”
“Invece l’hanno fatto e a te è sfuggito, signor stregone supremo. Ho passato l’ultimo anno a chiederti tutti i volumi di magia più potenti che custodisci in quella tua noiosissima biblioteca che tra l’altro ti sei rifiutato di mostrarmi, e tu non mi hai detto che il Darkhold, il tomo più potente di tutti era in giro e in mani palesemente inesperte?”
“Prima di tutto, non accetto morali da te. In secondo luogo, il motivo per cui ti ho dato accesso ai volumi segreti degli zeloti è che stai cercando un modo per separare Karen dall’aether, quindi non vedo come il Darkhold possa aiutare. In terzo luogo, non ero a conoscenza del fatto che il libro fosse tornato nel nostro piano astrale. Lo hai recuperato?”
“Non ancora.”
“Fallo e consegnamelo. Un libro tanto pericoloso va custodito dove nessuno possa leggerlo. Nessuna mente umana reggerebbe.”
“E’ il motivo per cui i nostri geniali amici lo hanno fatto leggere ad una forma di intelligenza artificiale che si è dimostrata più abile e furba e l’ha usato per imprigionarli in un mondo fatto a sua immagine e somiglianza.”
“Cosa vuoi da me?”
“Come lo trovo? E’ qui da qualche parte ma non riesco a percepirlo con i miei poteri. Lei deve averlo schermato in qualche modo. So che il Darkhold è considerato il libro gemello di un altro tomo, il libro supremo delle arti mistiche.”
“Se pensi che ti darò accesso al libro supremo delle arti mistiche, sopravvaluti la nostra amicizia, Loki.” Il dio sorride.
“Niente affatto. Sappi che Karen al momento è prigioniera della simpatica Madame Hydra. Quindi te lo chiedo una volta sola. Vorresti mostrare il libro in modo che entri in risonanza con il Darkhold? Mi basta questo.”
“Ad una condizione.”
“L’ascolto.”
“Quando avrai salvato i nostri amici da questa madame virtuale, mi consegnerai il Darkhold.”
“E che cosa dovrei farmene? M’interessa solo scoprire come risolvere questo guaio.”
“Lo giuri sul tuo matrimonio?” Chiede Strange scrutando la reazione del dio.
“Sei meschino a farmi giurare su un giuramento ma lo giuro comunque.”
Stephen muove le mani e il libro supremo delle arti mistiche compare innanzi a lui, sospeso tra la realtà in cui si trova lo stregone e quella in cui si trova il dio.
Loki pronuncia poche parole in una lingua antica e, come se i due oggetti impregnati di potentissima magia fossero ansiosi di ritrovarsi dopo millenni, il Darkhold emana una luce violacea mostrandosi.
“Perfetto!” Esclama Loki contrariato.
“Che succede?” Chiede Strange facendo scomparire il tomo delle arti mistiche.
“La nostra Madame Hydra è davvero astuta. Ha nascosto il Darkhold all’interno della macchina che la tiene in vita.”
“E non puoi fare niente?”
“Non senza distruggere la macchina. Per questa cosa servirebbe il buon dottor Banner o quello scalmanato di Stark.”
La voce di T’Challa interrompe la loro conversazione. Loki si affretta a congedarsi.
“Se ho ancora bisogno di te, ti cerco io.” Agita una mano eliminando la connessione tra loro. T’Challa grida ancora.
“Vieni a vedere, Loki!” Il dio raggiunge il re del Wakanda nell’altra stanza e, in un istante tutto gli è chiaro.
Davanti a loro un’altra macchina, ben più complessa di quella che tiene in vita i suoi amici sta letteralmente dando vita ad un corpo umano. Pelle, ossa, muscoli, organi, ogni cosa viene creta dal niente dal complesso meccanismo progettato, di questo Loki è certo, grazie alla conoscenza del Darkhold.
“Dobbiamo distruggere questa macchina!” Urla T’Challa mostrando di volersi lanciare contro la macchina.
“Calma i bollenti spiriti, altezza. Questa è collegata all’altra. Se stacchi la spina a questa, uccidi i nostri amici e adesso nel Framework ci sono anche Karen e Jemma.”
“E cosa dovremmo fare?”
“Tu preparati a combattere contro le guardie. Non ci metteranno ancora molto a capire che inseguono degli ologrammi. Io cerco un modo di disinnescare questa bomba. E chiama Sky. Devono sapere che non resta loro molto tempo.”
T’Challa annuisce e si allontana per raggiungere la sua postazione mentre Loki osserva il nuovo corpo di Aida che nasce dal niente.
Con esso il seme di una nuova idea, una rinnovata ambizione, spunta nel petto di Loki.


Karen si guarda intorno.
Un attimo fa ha chiuso gli occhi distesa su un lettino medico a disposizione dell’infermeria dello Zephyr One e ora li ha riaperti in un’area verde ai piedi un palazzo di Washington che lei conosce solo di nome: il Triskelion.
Sapeva fosse enorme ma non lo immaginava così imponente.
Ci mette una frazione di secondo a ricordare che quel palazzo non è più la sede dello Shield. 
Solleva lo sguardo e si accorge che su tutti i lati del possente edificio campeggia l’effigie dell’Hydra.
Un via vai di persone riempie l’intera area e Karen nota che quasi tutti hanno un tesserino con il logo della famigerata organizzazione.
Cerca di razionalizzare i suoi pensieri. Sky l’aveva avvertita che il risveglio nel Framework sarebbe stato piuttosto destabilizzante.
Si ricorda che Jemma dovrebbe essere lì con lei, ma non c’è traccia della dottoressa.
Si ferma un’istante a pensare a cosa dovrebbe fare. Entrare nell’edificio o allontanarsi da lì in fretta?
Le parole di Loki risuonano come un monito ad allontanarsi.
“Tu e la dottoressa Simmons sarete al pari di un bug di sistema, un virus. Appena vi scoprirà, tenterà di cancellarvi.”
Decide di voltare le spalle al palazzo e di entrare in un caffè dall’altro lato dell’area verde.
Anche nel caffè ci sono moltissime persone. Karen si siede ad un tavolo dal quale può guardare la struttura.
Ora capisce come i suoi amici siano finiti in quel mondo virtuale e non abbiano alcun dubbio sul fatto che sia reale. Invece tutta quella gente, tutte le persone intorno a lei sono stringhe di dati, file di un sistema nato ad uso e consumo di Aida. Una trappola mortale per Coulson e i suoi.
Si è fermata ad osservare il Triskelion, il palazzo che l’AI ha trasformato nella sua base e che in realtà dai fatti legati alla prima apparizione del soldato d’inverno non è più la sede degli Avengers.
Sembra più che presidiato. Come diavolo farà lei ad entrare? 
Scatta quando una mano le si posa su una spalla. 
“Dottoressa, non si allarmi, sono io.” Jemma le sorride e le si siede di fronte.
“Jemma! Dov’eri? Ho dato un’occhiata in giro e non ti ho vista.”
“Mi sono risvegliata dall’altro lato del parco. Sono andata verso il Triskelion, poi però l’ho vista attraversare la strada e l’ho seguita. Ha visto?” Chiede indicando il simbolo dell’Hydra sul palazzo. “E’ impressionante.”
“Lo è. Voglio dire, sembra vero.”
“Già. E Fitz è là dentro.”
“Come lo sai per certo?” Chiede Karen fingendo d’interessarsi al menù. Jemma le allunga un giornale.
“L’ho preso nel parco.” Dice con voce triste e demoralizzata. 
Il giornale parla dello straordinario lavoro fatto dal vicepresidente della gloriosa organizzazione che governa il mondo e che porta avanti la volontà di Madame Hydra. La foto che compare in prima pagina ritrae Aida e Fitz. Karen solleva gli occhi al cielo.
“Questa non me l’aspettavo.”
“Neanche io.” Commenta Jemma.
“Beh, almeno uno lo abbiamo trovato in fretta.”
“Ci mancano ancora May, il direttore Mace e Coulson. Purtroppo il dottor Radcliffe è morto. Come li troviamo? Dovremmo dividerci?”
“Non mi piace come suona,” commenta Karen, “in genere è il preludio di ogni disastro.”
“In effetti! Però da qualche parte dovremo pur cominciare, non abbiamo molto tempo.” Karen guarda il giornale e poi Jemma negli occhi.
“Pensi di poter far ragionare Fitz?”
“Vorrei dire che il legame tra di noi è più forte di qualunque cosa ma dopo gli eventi che abbiamo vissuto dopo aver scoperto che l’Hydra era infiltrata nello Shield, ci siamo un po’ allontanati. Ho fiducia in Fitz o dovrei dire della sua coscienza, in questo caso.”
“Io andrò in cerca di Coulson.”
“Non abbiamo idea di dove sia.”
“Invece sì.” 
Karen volta il giornale e mostra a Jemma una foto in cui un gruppo di soldati scorta una folla di dissidenti.
Una delle persone arrestate è proprio l’uomo che stanno cercando.
“Fantastico!” Esclama Jemma. “Una delle persone che cerchiamo è stato arrestato e l’altro è il suo carceriere.”
“Vieni con me, procuriamoci degli abiti adatti.”
Karen trascina Jemma di nuovo al Triskelion e con il suo aiuto riesce ad accedere ai garage e al deposito di stoccaggio del materiale militare. Ovviamente è pieno di uniformi dell’Hydra.
Arrivate all’ascensore si dividono. Jemma sale e Karen scende.
Alla prima toccherà trovare il laboratorio privato del dottor Leopold Fitz mentre la seconda dovrà arrivare alle prigioni.
“Dottoressa,” la avverte Jemma, “ricordi che se ci accade qualcosa qui, siamo morte anche nella nostra realtà. In questo videogioco non abbiamo altre vite. E ricordi anche che Sky sta cercando di sabotare il sistema. Dobbiamo uscire il prima possibile.”
“Non dimenticarlo neanche tu, Jemma e lascia che ti ripeta ciò che Loki ha detto a me. Ogni cosa qui è falsa. Compreso il modo di essere di Fitz. Non farti impressionare da lui.”
Jemma annuisce e lascia che le porte dell’ascensore si chiudano.
Karen scende di diversi piani fino ad arrivare all’interrato sedici.
La cella di Coulson è una delle ultime di un corridoio freddo e asettico. Il soldato dell’Hydra a cui lei finge di dare il cambio sembra ben sollevato di lasciarle il posto.
Quando si avvicina alle sbarre e finge di controllare l’ambiente, Phil alza timidamente il capo come se temesse di essere beccato in flagranza di reato. 
Nella cella ci sono solo una scrivania con dei libri spiegazzati e una sedia, un letto e un armadietto ad un’anta.
“Se n’è pentito?” Chiede avvicinandosi alla serratura della prigione. L’uomo solleva lo sguardo da un volume molto vecchio di cui non si legge il nome.
“Come dice?” Le chiede a voce bassa.
“Le ho chiesto se si è pentito di aver manifestato contro l’Hydra.”
“Non ero lì per quello.”
“Ah no?”
“No, volevo aiutare una bambina che era finita in mezzo alla confusione. L’avrebbero calpestata.”
“Quindi lei è uno di quelli!” Ironizza Karen che vuole capire in quale condizione si trovi il subconscio di Coulson.
“Uno di quelli?”
“Quelli che disprezzano ma comprano.”
Phil non scatta in piedi, non si alza, non reagisce ma il suo sguardo si accende.
“Che ne sa lei di chi sono io?”
“Ha ragione. Lei chi è, signor Coulson?”
“Sono un insegnante di storia.”
“Un insegnante di storia? Probabilmente è ciò che vuole far credere agli altri, lei però sa che non è solo questo.”
“L’hanno mandata qui per farmi confessare reati che non ho commesso?”
“No, per ricordarle che fuori da questa prigione lei è molto di più.”
Nell’udire queste parole, Phil si alza e raggiunge le sbarre.
“Lei chi è?”
“Karen Miller.” Coulson scuote appena il capo ma non reagisce. “Tu mi conosci. Eri al mio matrimonio. Ho sposato Loki. Ti ricordi di lui? Ti ha trafitto e mandato quasi al creatore. Sarebbe molto offeso dal fatto che hai fatto tutta quella resistenza con lui e ti sei fatto schiacciare da un programma in cui l’Hydra ha vinto e gli Avengers sono scomparsi.”
“Gli Avengers?”
“Esatto. Gli Avengers.”
“Non credo di seguirla. Mi sta dicendo che questo è un programma? Che non è reale?” Karen annuisce.
“Non è reale. Non se riusciamo ad uscirne. Finché siamo qui, siamo comunque in pericolo.”
“Ho sempre avuto la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in questo mondo ma confesso che non sarei mai arrivato a pensare che non fosse reale.”
“Stai dicendo che mi credi?”
“Sulla parola. In effetti io non ricordo niente di ciò di cui mi hai parlato. E’ solo che un mondo in cui viviamo come se avessimo perso la seconda guerra mondiale, non è il mondo in cui vorrei passare il resto della mia vita e se posso fare qualcosa per cambiarlo, lo farò.” Karen sorride e apre la porta della cella.
“Andiamo, Coulson, dobbiamo ancora trovare May e il direttore Mace.” 
Il volto di Coulson si contrae in una smorfia di dispiacere.
“Jeffrey Mace?”
“Sì.”
“Mi dispiace, Karen Miller, Jeffrey Mace era noto come il Patriota, l’unico eroe che si opponesse all’Hydra. E’ morto cinque giorni fa.” Karen si lascia andare contro la parete opposta. “Ma non è morto davvero, giusto?”
“No, Coulson, purtroppo lo è. Mi dispiace tanto. Il direttore Mace era un uomo in gamba.”
“Non credo di comprendere appieno questa situazione ma se c’è qualcun altro che dobbiamo tirare fuori da questo incubo, dobbiamo farlo in fretta. L’Hydra intende sferrare un ultimo attacco a ciò che resta della resistenza proprio in queste ore.”
“Muoviamoci a trovare May. Se le accade qualcosa, sono sicura che non te lo perdoneresti.”
“Davvero? Le sono amico nell’altra realtà?”
“Lo sei e molto.”
“Allora cerchiamola. Dove potrebbe essere?”
“Non ne ho davvero idea però usciamo di qui. Potrebbero arrivare altre guardie.”
Coulson annuisce e segue Karen lungo il corridoio e su per le scale.
Stanno per raggiungere di nuovo il garage quando una voce gli intima di fermarsi. 
Karen si volta e vede una figura stagliarsi sulla porta che si sono appena lasciati alle spalle.  Per un attimo le sembra di vedere Natasha ma capisce subito che non si tratta della Vedova nera anche se sembra altrettanto agguerrita e letale.
“Qualunque cosa ti stia passando per la testa, soldato, fermati e riporta indietro il detenuto.” La voce decisa di Melinda May è inconfondibile. Karen solleva le mani e segue i consigli di suo marito.
“Non sono tua nemica. Guardami.”
“Allora ridammi il detenuto.”
“Devo scortarlo in un’altra prigione. Non ti ricordi di me?”
“Dammi i tuoi ordini e li eseguirò io. Sono un tuo superiore.” Dice Melinda allungando una mano verso Karen. La donna si accorge che il suo sguardo è fisso su Coulson.
“Potremmo eseguire quest’ordine assieme,” accenna Karen, “se è tua intenzione far uscire il detenuto dal Triskelion.”
“Non capisco.” Fa la May facendo un passo indietro.
“Invece capisci benissimo. A te non devo spiegare le cose come ho fatto con lui, vero May?”
“Sono un’agente dell’Hydra.” Risponde lei in modo opportunamente vago.
“No, tu sei la Cavalleria.” Solo in quel momento Melinda abbassa la guardia.
“Tu vieni dall’esterno?” Karen annuisce. “Finalmente. Non sai da quanto tempo sto sperando che accada qualcosa. Proteggevo Coulson da quando è stato arrestato. Non ho potuto fare niente per Mace.”
“E’ bello sapere che stai dalla nostra parte.”
“Io ti conosco?”
“Sì, ma non è importante adesso. Dobbiamo uscire di qui e raggiungere il punto di estrazione.”
“Che aspettiamo?”
“Aspettiamo Jemma e Fitz.”
“Leopold Fitz?” Chiede perplesso Coulson.
“Sì, è uno di noi.”
“Davvero?”
“Sì, Coulson. Jemma non lo lascerebbe mai indietro.”
“Non ci sono speranze che venga con noi.”
“Jemma lo farà ragionare. Sono legati.” May scuote il capo.
“Fitz non verrà.”
“Abbiate fiducia in Jemma.” Insiste Karen.
“Non capisci,” la interrompe di nuovo May, “Fitz è legato a Madame Hydra, non la lascerebbe mai.”
“Nei sogni di Madame Hydra!” Esclama Karen. “Quando la vedrà, ricorderà il suo amore per Jemma.”
“Impossibile. Fitz è innamorato di Madame Hydra. Quando l’ultimo attacco alla resistenza sarà compiuto, si sposeranno. Sono fidanzati ufficialmente.”
Karen rimane senza parole. Ha detto a Jemma di non farsi impressionare dalle cose che Fitz avrebbe detto o fatto. Adesso però non è certa che la ragazza saprà gestire una cosa simile. Finora ha seguito i consigli di Loki. Guarda May e Coulson.
“Ascoltate, il punto di estrazione è il memoriale di Lincoln.”
“Non c’è più il memoriale.”
“Qualunque cosa ci sia al suo posto, il punto è quello.”
“Che dovremmo fare?”
“Prendete questo localizzatore,” dice Karen porgendo un piccolo dispositivo elettronico, “quando sarete lì, attivatelo e si aprirà la back door del sistema dati che Sky sta costruendo per noi.”
“E tu?”
“Devo recuperare Jemma e, se posso, anche Leo.”
“Prendi questa.” Dice May porgendole un’arma. Karen l’afferra e augura loro buona fortuna.
“Ne avrai più bisogno tu. Madame Hydra sta mobilitando tutte le sue forze militari.”
“Me la caverò.”
Karen lo dice con convinzione ma, mentre i suoi amici si allontanano, lo sconforto la assale.
Si ferma un istante, chiude gli occhi e tira un gran sospiro. Percepisce la presenza di Loki al suo fianco anche se lui non è lì. Si fa coraggio e torna dentro all’edificio dell’Hydra.


Karen ha sbagliato completamente strada. 
Non si spiega altrimenti il silenzio assoluto che regna nei laboratori del Triskelion e l’assenza di qualsivoglia tipo di sorveglianza.
Guarda l’orologio che segna il tempo a sua disposizione in quel mondo assurdo e si rende conto che si è ridotto a una manciata di minuti.
Si chiede come diavolo troverà Jemma mentre apre l’ennesima porta di una stanza vuota.
Sta per uscire e riprendere il corridoio quando si accorge del lampeggiare di un computer acceso. 
Si avvicina alla tastiera e le sue mani agiscono in base ad una memoria muscolare che non credeva potesse essere così precisa. 
Digita i codici di tutti gli Avengers. Se Madame Hydra controlla ogni cosa in quel mondo virtuale, una cosa simile non le sfuggirà. Non ha più tempo di cercare. Spera che a trovarla sia Fitz.
Si rende conto che tutti i codici digitati riconducono a file vuoti. Prova a digitare anche quello che corrisponde a se stessa e non dà alcun esito.
“Non mi hai considerata affatto, Aida?” Chiede più a se stessa che all’intelligenza artificiale padrona di tutto e digita il codice che corrisponde a Loki.
Quando Nat le ha detto che avevano deciso di attribuire un codice anche a lui per raccogliere nel file tutti i dati della sua identità terrestre e delle sue scorribande precedenti al suo matrimonio, aveva sorriso nel udire su quale nome era caduta la scelta. Bambi.
Tony Stark era stato irremovibile sul nome in codice da adottare per l’ultimo arrivato tra gli Avengers ed era stato chiaro sul fatto che fosse ancora in prova.
Karen digita il nome in codice ma stranamente il file corrispondente non è vuoto. Non appena Karen preme il tasto invio, la camera trema come se i file che la compongono venissero ricaricati e una figura a lei ben nota le compare davanti.
“Loki?”
“E’ il mio nome.” Le risponde il dio asgardiano facendole un cenno col capo. “Per servirla.”
“Tu sei qui per servirmi?”
“Mi hai richiamato dalle lande desolate di Jotunheim per un motivo, no?” Karen lo osserva. E’ il Loki di New York. Capelli neri e corti, occhi verdi carichi di magia. Sorriso malizioso a dipingere labbra sottili. E’ bellissimo come lo ricorda. Tuttavia non è Loki.
“Ho bisogno del tuo aiuto. Devo trovare una persona che si trova in questo edificio ma ho poco tempo. Puoi farlo tu per me?” Loki annuisce e le porge una mano.
“Chi stai cercando mia signora?” Karen non esita mentre poggia la sua in quella di Loki e non lo fa neppure quando lui nota l’anello al suo anulare. “Ci conosciamo per caso?”
“E’ una storia piuttosto assurda.” Accenna lei.
“Mi piacciono le storie assurde. Sono le mie preferite. In quelle vinco sempre.” Risponde lui facendole l’occhiolino.
“Troveresti per me Leopold Fitz?” Gli chiede Karen di rimando.
“L’ho appena fatto.” Risponde lui e Karen sente un tremolio in tutto il corpo prima che la stanza attorno a loro muti. 
In realtà non è la stanza ad essere cambiata, sono loro ad essersi spostati.
Quando Karen mette a fuoco, Fitz sta puntando una pistola contro Jemma. La ragazza piange disperata.
“Come fai a non riconoscermi più? Come siamo arrivati a questo?” Dice con i palmi aperti rivolti verso il ragazzo che l’ha sempre protetta e che ora sembra pronto ad ucciderla.
Karen ci mette un istante a realizzare quello che sta accadendo. Fitz non sembra davvero intenzionato ad abbassare l’arma. Agisce d’impulso mentre Fitz aggiusta il tiro su Jemma.
“Tu dovevi essere morta!” Urla il ragazzo. “Adesso lo sarai.”
“Non in questa realtà!” Esclama Karen ma, dalla sua mano l’aether sempre obbediente e devastante non fuoriesce. Fitz si volta e punta l’arma contro di lei ma, prima di riuscire a sparare, viene tramortito da un colpo alla testa sferrato da Loki con un fermacarte.
“Ops.” Sussurra il dio lasciando cadere il fermacarte. Karen abbraccia Jemma che si è chinata su Fitz per controllare che sia vivo.
“Respira ancora. Grazie.” Dice sollevando lo sguardo su Karen. “Lui com’è entrato?” 
“Non è Loki. Cioè è Loki ma non il mio Loki.” Dice guardando il dio degli inganni che gli sorride annuendo con un cenno del capo. 
“Quindi è un programma anche lui?” 
Karen guarda Loki. Vorrebbe rispondere di sì ma qualcosa nello sguardo di quella creatura  la blocca.
“Jemma, ho trovato Coulson e May. Purtroppo il comandante Mace è morto. Dobbiamo andarcene alla svelta da qui.”
“Dobbiamo portare Fitz con noi. Non lo lascio qui.”
“Ha tentato di ucciderti.” Le ricorda Loki.
Gli occhi di Jemma sono umidi ma carichi di rabbia. Se c’è una cosa che Jemma non riesce ad accettare è l’idea che la sua vita possa prendere una strada diversa da quella di Fitz.
Forse è colpa di Coulson e di quel suo modo assurdo di pronunciare il loro nome. Da quando sono entrati nella sua squadra, sono diventati Fitzsimmons. Come fossero un’unica persona. Avrebbe dovuto risentirsene dal primo giorno perché lei ha faticato moltissimo per affermare la sua identità di donna, di scienziata, di agente dello Shield. Di colpo si è trovata ad essere una delle due parti di un’entità unica. Il reparto tecnico scientifico della squadra di Coulson.
Eppure non le ha dato mai fastidio. Essere indispensabile ma solo insieme a Leo, non l’ha mai fatta sentire meno importante di quello che è.
Ora un programma, perché è questo che in fondo è Aida, che si è appropriata delle fattezze di un’altra persona, dell’identità di un altro individuo, delle idee di un altro scienziato, del potere di un’altra specie, delle abilità di persone che non hanno mai avuto intenzione di collaborare con lei, dovrebbe portare via tra tutte le cose proprio Fitz? Metà di se stessa?
Scuote il capo con rabbia.
“Non lascio Fitz. Lui sta con me.” 
Karen annuisce e si china per aiutarla a sollevare Leo. 
“Dannazione, come fa a pesare così tanto? E’ solo un file!” Commenta la dottoressa tirandoselo addosso.
“Dallo a me. Lo porto io.” Loki si avvicina e lo toglie dalle braccia delle due donne.
I quattro raggiungono l’esterno senza incontrare resistenza ma, quando provano a lasciare il cortile del Triskelion, una figura gli sbarra la strada.
“Se ve ne foste andati senza toccare Leopold, vi avrei lasciati vivere.” 
Aida è vestita di nero, lo stemma dell’Hydra ricamato sull’abito, e li guarda minacciosamente.
“Sei pazza soltanto a pensarlo!” Esclama Jemma che ne ha evidentemente le scatole piene di quella creatura.
“Lui sta meglio senza di te. Non vedi quanto in là si è spinto con il suo genio? Tu lo hai sempre frenato.”
“Non è vero!” Urla Jemma avanzando di qualche passo. Karen la trattiene.
“Jemma, ti sta provocando. Lasciala perdere.”
“Non è affatto vero. Chiedilo a Leo.” Risponde l’AI notando che Fitz si sta risvegliando tra le braccia di Loki. Lui lo trattiene per impedirgli di allontanarsi.
“Stai bene, Fitz?” Gli chiede Karen. “Ti ricordi di noi?” 
Il ragazzo sembra confuso. Guarda prima Aida e poi Jemma. Entrambe le donne gli sorridono.
“Diglielo Fitz.” Il ragazzo guarda l’incarnazione di Madame Hydra e scuote la testa. “Vuoi tradirmi? Dopo che mi hai aiutata a liberarmi del mio vecchio corpo e ne hai creato per me uno immortale?” 
“Aida, cos’è questo posto? Hai detto che Jemma era morta!”
“Non sono morta,” interviene la ragazza, “sono qui, davanti a te. Ti ha mentito e ti ha portato in un mondo virtuale.”
“Il Framework? Tu mi hai messo dentro al Framework?”
Per la prima volta, Aida tentenna, indecisa su cosa dire. Infila una mano nella tasca dell’ampio cappotto e tira fuori una pistola puntandola su Jemma.
“Si può rimediare a questo.” Dice facendo fuoco.
Karen e Fitz si lanciano contemporaneamente verso la ragazza ma Loki tira indietro la dottoressa. Fitz viene colpito alla spalla e si accascia. Loki si frappone tra Aida e Karen e la guarda con un’espressione malevola sul volto.
“Tu non dovresti esistere,” dice riferendosi all’AI, “sei frutto di un esperimento maldestramente riuscito. Credo che per una volta, farò ciò che ci si aspetta da me.”
Aida spara ancora senza attendere che il dio degli inganni che lei non conosce e che percepisce come un nemico, prosegua.
I proiettili si fermano a mezz’aria e cadono a terra.
“Tutto questo mondo è un inganno,” dice continuando ad avanzare verso la donna, “credi che possa avere presa su di me che sono il dio dei tranelli? Sei stata sfortunata, mia cara. In un’altra linea temporale forse ce l’avresti fatta a realizzare il tuo scopo. Non in questa realtà.” Lo dice lanciando velocemente un coltello che la colpisce tagliandole la gola e torna indietro nella mano del dio. “E’ proprio vero che non sbaglia mai un colpo!” Esclama voltandosi a guardare Karen e gli altri due ragazzi.
Fitz è caduto in ginocchio e si tiene la spalla ferita. Jemma lo sostiene ma i suoi occhi continuano a guardare Aida.
“Raggiungete la via d’uscita,” suggerisce Loki, “siamo bel lontani dall’averla fermata.”
“E’ morta.” Sottolinea Leo.
“No,” interviene Karen, “lei è il Framework. Sono certa che ha altre mille copie di se stessa qui dentro.” Loki annuisce.
“Il tempo sta scadendo.” Dice per esortarli a muoversi.
“Muoviamoci.” Conclude Karen facendo alzare Leo e Jemma.


Loki ha lasciato che T’Challa si occupasse degli uomini dell’Hydra all’interno della base mentre lui si è chiuso nella stanza in cui si trova la macchina che contiene il Darkhold. Conosce abbastanza la magia nera per sapere che un tomo come quello ha una specie di volontà propria. Ambisce a farsi utilizzare da chiunque aspiri al sapere oscuro perché ogni nuova pagina di quel libro si scrive col sangue di chi lo legge.
Sa anche che è in grado di autopreservarsi, perciò usare qualunque incantesimo per staccarlo dal resto della macchina che lo custodisce sarebbe inutile.
Perciò capisce che gli resta solo una possibilità. E’ un azzardo ma lui ha familiarità con le scommesse. Non può dire di averle vinte tutte, ma neanche di averle tutte perse. 
“Ti è data facoltà di sceglierti un padrone, libro oscuro dei mondi,” dice piano, “e sono certo che le tue ambizioni non si riducano ad un solo universo. Scegli me e avrai un dio a disposizione per creare devastazione, morte e pestilenze.”
Per un istante non accade nulla. Improvvisamente però, la stessa luce violacea che era apparsa quando Stephen Strange ha fatto entrare in risonanza il tomo supremo dell arti mistiche con il Darkhold, riappare e il libro oscuro compare come un’ombra davanti a Loki.
Il dio tende una mano e si ferma. Quello che ha dinanzi è un volume maledetto. Se accetta il vincolo, solo qualcuno che reclami il libro e la maledizione volontariamente potranno spezzarlo.
Come detto, è un azzardo. Loki però non è un giocatore onesto tra coloro che siedono ai tavoli da gioco. Lui ha sempre un piano di riserva.
Del resto come si dice? Più è alta la posta, più si deve rischiare. La posta in gioco è la vita di Karen. Sono mesi che consulta tutti i libri più antichi e le pergamene più intrise di magia per cercare un modo di separare l’aether da Karen senza che la donna muoia. Non ha concluso niente.
All’improvviso, dal niente, il Darkhold gli viene offerto su un piatto d’argento. Se contiene il segreto per creare la vita dal niente, forse contiene anche quello per restituirla a chi l’ha persa.
Allunga ancora un po’ la mano e tocca l’ombra del libro. La magia oscura che lo avvolge, lo attraversa dandogli immediatamente il controllo del Darkhold. 
Vorrebbe assorbirlo tutto in quel momento, desideroso com’ è di sapere se ha vinto la scommessa, ma non avrebbe senso trovare il modo di liberare Karen se la donna morisse nel Framework, così nasconde il libro dove tiene anche i suoi coltelli e richiama T’Challa.
Il re del Wakanda è senz’altro un guerriero straordinario perché ha fatto fuori da solo tutti gli uomini che difendevano la piattaforma petrolifera.
“Hai risolto l’enigma?” Gli chiede quando vede Loki raggiungerlo con passo sicuro.
“Sì. Possiamo spegnere la macchina. Notizie di Sky?” T’Challa attiva il piccolo comunicatore che lo collega allo Zephyr One.
“Sentito?” Chiede alla ragazza collegata in linea.
“Sì. Ottimo. I nostri all’interno sembrano prossimi alla back door. Questione di momenti.”
“Non credo abbiamo molto tempo.” Fa’ Loki indicando la sagoma di Aida che la macchina sera riproducendo in carne e ossa. “Se riesce ad uscire prima lei, abbiamo perso.”
“Che facciamo?” Chiede T’Challa. Sky esita un momento e poi parla d’un fiato.
“Ci sono i miei amici lì dentro. Tutta la mia squadra, la mia famiglia. Nonostante questo, se non escono nei prossimi sessanta secondi, staccate tutto.”
T’Challa si volta a guardare Loki che si è messo tra lui e la macchina.
“Cosa vuoi fare, re di Jothuneim?” Gli chiede preparandosi a combattere.
“Se pensi che ti lascerò uccidere mia moglie per salvare il resto del mondo, sopravvaluti la mia fedeltà allo Shield, re del Wakanda.” Risponde Loki tirando fuori un coltello.
“Quindi combattiamo?”
“Fra cinquanta secondi,” fa’ Loki sorridendo, “e non sarà un combattimento, perché ti ucciderò con un colpo solo.”
T’Challa guarda il timer e poi la sagoma quasi completa di Aida. Gli artigli di vibranio brillano alla luce artificiale del laboratorio quasi quanto lo sguardo sinistro del signore dei giganti di ghiaccio.


La backdoor è una fontana. Coulson e May ci si sono già buttati dentro.
Jemma sta aiutando Fitz ad oltrepassare il bordo della struttura quando la voce di Aida richiama il ragazzo. 
Stavolta la donna non indossa l’uniforme tetra dell’Hydra, ma un abito bianco di stoffa leggera.
“Non andare Fitz! Non c’è niente per te lì! Credi che ti perdoneranno per le tue azioni? Per avermi aiutata? Ti guarderanno come un traditore, ti rinchiuderanno!”
Jemma gli prende una mano.
“Non ascoltarla. Siamo noi, ricordi? Siamo la tua famiglia!” Fitz scuote il capo.
“Mi perdonerai davvero ogni cosa?”
“Come puoi dubitarne, Leo?”
“Come potrai farlo? Come potrai sapendo che una parte di me non è stata a disagio con tutto questo? Mi dispiace, Jemma. Credevo di averti persa. Tu sei l’unica cosa pulita della mia vita.” 
Simmons lo guarda senza capire e si accorge troppo tardi che lui la spinge via, attraverso la backdoor.
“Fitz!” Esclama Karen. “Cosa fai? Vai anche tu! Non abbiamo più tempo.”
“Lo so!” Grida disperatamente l’uomo. “Ormai anche il tempo di cui aveva bisogno Aida è giunto al termine. Per darvi il tempo di scollegarvi, l’unico modo è che io la trattenga qui ancora qualche istante.” Dice Leo con le lacrime agli occhi oltrepassando Karen e dirigendosi verso Aida. “Vada via, dottoressa Miller. Dica a Jemma che l’amo.”
“Fallo tu stesso.” La voce che parla è identica a quella di Fitz anche se proviene da Loki. “Andate tutti e due. Io non appartengo al vostro mondo e sono in grado di assumere l’aspetto di chiunque. La tratterrò io il tempo necessario.”
Karen tira indietro Fitz ma richiama Loki.
“Non ti ho più raccontato la storia assurda di come ci conosciamo!” Dice la dottoressa.
“Me la racconterai un’altra volta.” Dice Loki assumendo le sembianze di Fitz. 
“In un’altra realtà?” Urla Karen scavalcando il cornicione della fontana.
“In un altro tempo.”
Karen non capisce ma la backdoor si sta chiudendo e lei si lascia cadere nel vuoto.

Loki se n’è accorto per primo. Le palpebre di Coulson si sono mosse.
“Sono tornati!” Dice a T’Challa che per un momento pensa sia un diversivo per distrarlo da un possibile attacco. La voce di Sky nel comunicatore però gli conferma che quello che ha detto il dio è vero.
“Sono tornate. La dottoressa Miller e Jemma si stanno svegliando!”
T’Challa scollega Coulson, Fitz e May dalle macchine mentre Loki si volta e lancia il suo coltello dritto nel cuore del corpo di Aida appena terminato dall’altra attrezzatura di laboratorio. La creatura si accascia sul pavimento senza aver neppure emesso un respiro.
Coulson si rende conto appena messosi seduto di quello che è successo e riconosce T’Challa.
“Vostra maestà, è stato lei a trovarci?” L’uomo regala uno dei suoi più sinceri sorrisi.
“Non da solo, Phil, non da solo.” La voce di Jemma risuona nella stanza.
“Fitz, stai bene?” Il ragazzo si tiene la testa con le mani ma risponde.
“Si, Jemma, e tu?”
“Sto bene. La dottoressa Miller vuole sapere se anche Loki sta bene. Sky ci ha detto che siete arrivati ai ferri corti.” T’Challa si affretta a chiarire.
“Dì alla dottoressa che è tutto a posto e che suo marito tiene alla sua vita più di qualunque altra cosa.”
Coulson guarda T’Challa ma scuote il capo con fare interrogativo.
“Loki? Loki era qui?”
“Loki è qui. Ha sistemato Aida.”
“Davvero?” Chiede Coulson. “Allora dov’è finito?”
T’Challa si volta a cercare il dio asgardiano dove lo aveva lasciato ma, nella stanza, di lui non c’è più traccia.





NdA
Salve a tutti!
Molte delle cose accadute in questo capitolo traggono ispirazione da una delle stagioni di Agents of Shield.
Spero che la lettura sia scorrevole e piacevole ma, se ci fosse qualcuno che vuole qualche spiegazione, sono a disposizione.
Che ne pensate del team T'Challa-Loki? E' verosimile? Mi è sembrato un azzardo quando l'ho scritto. Non so davvero che ci faccia T'Challa in questa storia!
Però alcune cose si sono dotate di vita propria e sono andate in quella direzione. Sarà colpa del Darkhold?
Un abbraccio a tutti.
Mary

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Capitolo 28
*** Effetti collaterali ***


 

Effetti collaterali
 

Karen non aveva immaginato così il volo di rientro.

Aveva pensato che sarebbe tornata in Tennessee non appena completata quella strana ricerca. Non avrebbe mai pensato di fare tappa a Washington e soprattutto non avrebbe mai pensato di farlo senza Loki.

Coulson è il più scuro in volto. Durante il volo non ha proferito parola.

T’Challa, che si è sforzato di sorriderle, le ha semplicemente riferito che Loki è scomparso mentre lui liberava i suoi compagni e che con lui è sparito il Darkhold. Karen sospira. Ha provato più volte a comporre il numero di cellulare di Loki ma suona a vuoto. Non sa cosa pensare. La voce di Jemma che l’avverte che stanno atterrando, la riporta al momento. 

Quando il portellone principale dello Zephyr One si apre, l’espressione di Natasha è di quelle per le occasioni davvero speciali.

Pagherebbe oro adesso per sapere cosa diavolo è passato per la mente di suo marito o anche semplicemente per vedere una faccia amica.

Nat l’affianca e si capisce che vuole andare dritta al punto.

“Avevi detto che era Coulson ad essere nei guai.”

“Ed era nei guai. Fattelo dire da lui.”

“T’Challa mi ha fatto rapporto. So tutto. L’unica cosa che non so è dov’è Loki e perché ha rubato il Darkhold.” Karen si ferma.

“Chi dice che l’abbia rubato?”
“Prendere qualcosa che non ti appartiene senza permesso equivale a rubare.”

“Nat, per favore.” La prega Karen. La Vedova nera alza le mani.

“Non insisto, ma le cose stanno così. Farai bene a trovarlo o qui scoppia un casino. Quel libro che ha preso è veramente troppo pericoloso.”

Karen si rende conto che, camminando, lei l’ha portata fino alla porta di un ufficio. Un tempo era quello di Fury. Karen entra e chiude la porta. 

In piedi, appoggiato alla scrivania, c’è il nuovo direttore dello Shield. Karen lo guarda con un’espressione sconsolata sul viso,  e lui le sorride.

“Vieni qui,” dice allargando le braccia, “lo ritroveremo.” Karen accorcia la distanza tra loro e gli passa le braccia intorno al collo.

“Che bello vederti, Tony!” Esclama Karen liberandosi della tensione che l’aveva attanagliata fino a quel momento. 

“Mi spieghi che è successo?”

“Che devo dire? Ho ricevuto un sos da Jemma Simmons. La squadra di Coulson era finita in un bel guaio.”

“Sono stato aggiornato. Coulson mi ha chiamato dallo Zephyr. Se tu non avessi dato credito alla chiamata della Simmons, sarebbero stati guai grossi. La Hill e Nat erano convinte che se la sarebbero cavata da soli. Grazie.”

“Ti assicuro che non ci hanno ringraziato.”

“Questo perché il tuo adorabile marito se l’è svignata con un oggetto molto, molto pericoloso e potente. Raramente ho visto Coulson preoccupato. Mai così tanto.”

“Posso sapere di che si tratta?” Tony si gratta la nuca e si versa un bicchiere di whiskey.

“Non è esattamente il mio campo. Ne vuoi?” Chiede alla dottoressa facendo tintinnare il ghiaccio nel suo bicchiere. Lei scuote il capo e lui prosegue. “Un libro di magia nera. Questo è il riassunto. Coulson dice che può conferire poteri assurdi a chi lo possiede e credimi, tesoro, un anno di buona condotta è davvero troppo poco per tranquillizzare lo Shield circa gli scenari che Loki potrebbe aprire con quell’oggetto tra le mani.” Tony finisce il bicchiere in un sorso e guarda Karen che rimane in silenzio a guardarsi le mani strette una nell’altra. 

Iron Man, per un momento, non la guarda. Si aspetta, come minimo, che lei se la prenda per quelle parole che certamente suonano come accuse. Il silenzio che segue, invece, lo spiazza.

“Karen, va tutto bene? Ad essere sincero mi sarei aspettato una reazione diversa.”

“Lo so,” risponde lei guardando negli occhi Tony, “e credimi quando ti dico che non ho idea di quello che è passato per la mente di Loki. Non riesco a credere che sia sparito di sua spontanea volontà. Mi ha scongiurato di fare attenzione dentro al Framework.”

“Pensi che gli sia successo qualcosa?”

“E’ la prima cosa che ho pensato.” Tony si fa serio.

“Poi però hai pensato a qualcos’altro. E’ tutto a posto tra voi?” Karen si alza e fa avanti e indietro un paio di volte.

“Ora penso che prenderò quel drink.” Dice lei mettendo entrambe le mani sui fianchi. 

Tony le versa un bicchiere scuotendo la testa. Ha pronunciato le stesse parole che Loki disse quel giorno a New York, quello in cui fu sconfitto dagli Avengers riuniti per la prima volta. Chissà se Karen se n’è resa conto. Si è resa conto di quanto non ci sia quasi più distinzione tra lei e il dio di cui si è innamorata? Le porge il bicchiere e la osserva.

Porta i capelli biondi raccolti in una coda alta. Non è truccata ma è bella lo stesso. Non come Pepper che è sempre stupenda ad ogni ora del giorno, qualsiasi sia la cosa in cui è affaccendata. Somiglia più a quelle ragazze che fanno jogging a Central Park, quelle che sembrano sempre più in forma di te. 

Karen agita le mani quando parla. E parla velocemente. 

Trangugia il contenuto del bicchiere e prosegue.

“Non è successo niente. Abbiamo trascorso un anno stupendo. Chi è stato più felice di noi quest’anno? Lo sai che Loki è stato nominato il miglior professore del corso dai suoi studenti? Lo adorano e io, io ho completato la ricerca sulla trasmissione delle neurotossine nei tessuti ibridi. Mi hanno pubblicato il lavoro su tre diverse riviste. Io ho aiutato mio padre con la fattoria e Loki ha sistemato le staccionate. Con un martello! Ci crederesti? Non dirlo a Thor.” Si ferma e guarda fuori dalla finestra. Tony adesso è seriamente preoccupato.

“Ma?” Chiede per esortarla a continuare.

“Quanto credi che possa resistere un dio potenzialmente immortale costretto ad una vita così piccola?” Tony afferra subito il concetto e la raggiunge alla finestra. Anche lui guarda fuori.

“Non mi sembra piccola, mi sembra bellissima.”

“Già. Io però so che non è abbastanza. Di notte studia le stelle.” Dice voltando lo sguardo verso Stark. “Io so che legge qualcosa nel cielo. Presagi forse. Più banalmente sente il richiamo dello sconfinato universo.”

“Non andrebbe da nessuna parte senza di te.” 

“E dov’è adesso?” Chiede lei sconsolata.

“Forse quel libro significa qualcosa per lui.”

“Non l’ho mai sentito nominare.” 

“Neanche io,” le dice Tony mettendole una mano sulla spalla, “ma conosco qualcuno che di certo ne sa più di noi. Abbi fede, amica mia, ritroveremo il piccolo cervo e metteremo tutto a posto.” Karen gli si appoggia e sospira. 

“Lo spero.” Risponde lei ma, per la prima volta da quando ha sposato Loki su Jothuneim, sente qualcosa di oscuro e grave montarle nel petto.

 

Stephen Strange ha affermato più volte la sua estraneità allo Shield e lo ha fatto ancora più spesso da quando l’organizzazione fa capo a Tony Stark. Per questo detesta quello che sta per fare. Prende il cellulare e seleziona il numero segnato in rosso.

Sono passate diverse ore da quando Loki gli ha chiesto aiuto e gli ha promesso di consegnargli il Darkhold. Sembrava avesse molta fretta ma non l’ha più contattato. Non ha percepito alterazioni tra i piani dimensionali e questo lo ha tranquillizzato, ma comincia comunque ad essere teso. 

Sta per inoltrare la chiamata quando il telefono squilla. Il numero rosso lampeggia sullo schermo.

“Pronto?”

“Dottore buongiorno, ci serve un consulto. Puoi fare un salto da queste parti?”

“Stark, se hai bevuto troppo, non sono il medico che ti serve.”

“Sii gentile, qui c’è la nostra dottoressa Miller, non vuoi salutarla?” La voce di Strange si abbassa di tono caricandosi di preoccupazione.

“E’ successo qualcosa a Loki?” 

“Come sai che la questione riguarda Loki?” La voce di Karen, invece, si è alzata di tono per il nervosismo.

“Si è messo in contatto con me all’incirca un’ora fa.”

“E cosa voleva da te?” Karen è stata presa in contropiede da quella confessione e ora teme davvero che a Loki sia successo qualcosa. Se avesse voluto scappare con un libro di magia nera, non si sarebbe mai messo in contatto con Stephen.

“Un aiuto per trovare un artefatto magico che bloccava te e i nostri comuni amici in una specie di realtà virtuale. Era vero o mi ha mentito?”

“Era vero,” risponde lei, “e tu lo hai aiutato?”

“Sì. Presumo dovrò pentirmene.”
“Non è detto,” interviene Stark, “ti ha detto che ne avrebbe fatto del libro?”

“Il Darkhold è un potentissimo libro di magia oscura. In cambio del mio aiuto, mi ha promesso che me lo avrebbe consegnato.”

“E tu ti sei fidato, Strange?” Esclama Stark.

“Tony!” Lo bacchetta Karen.

“Chiedo scusa, mi stupisce che lui si sia fidato.”

“Non che avessi molte opzioni. Dov’è Loki?”

Nell’udire quella domanda, Karen fa cenno a Tony di non rispondere. Lui di rimando fa spallucce.

“Mi avete sentito? Dov’è Loki?”

“Ci sono delle interferenze, non ti sento bene. Ti richiamo appena posso!” Dice Tony chiudendo la conversazione.

“Gli hai attaccato il telefono in faccia?” Chiede Karen incredula.

“Che dovevo fare?” Lei si passa una mano sul viso.

“Non attaccargli il telefono in faccia.” Dice indicandogli un punto alle sue spalle in cui un cerchio di luce color oro si sta allargando. La sagoma dello stregone supremo della Terra compare di fronte a loro.

“Mi hai attaccato il telefono in faccia?”

“Solo uno stupido lo farebbe sapendo che puoi fare questo.” Risponde Tony mimando con l’indice la figura di un cerchio.

“Dov’è Loki?” Karen si frappone tra i due uomini.

“Non lo sappiamo. Quando T’Challa ha liberato Coulson e i suoi, Loki era sparito.”

“E il Darkhold?” Karen scuote la testa.

“Allora abbiamo almeno due problemi.” Fa Strange. “Io mi occupo di trovare Loki. All’altro pensa tu, Stark.”

“Karen si volta a guardare Tony e capisce subito dall’espressione dell’amico che l’altro problema a cui allude Stephen non è altri che lei.

Appena rimasti soli lei fa un passo indietro. Quello che sembrava l’unico amico in quella base, si è trasformato nel suo problema più grande.

Almeno è quello che pensa prima che Tony le volti le spalle e si versi un altro bicchiere.

“Non smetterò mai di stupirmi di quanto siano melodrammatici questi stregoni.”

“Non vuoi rinchiudermi?”

“Rinchiuderti? E perché? Per come la vedo io, il nostro mirabolante mistico è solo risentito per il fatto di aver perso dalle mani un bel volume da collezione. Io direi di stare alla finestra per un po’. Vediamo se quei due risolvono la cosa alla maniera degli stregoni. Sennò interveniamo noi alla maniera stelle e strisce.”

“E cioè?” Chiede perplessa Karen.

“Gli distruggiamo il giocattolo e così non avranno più niente per cui litigare.”

Karen sospira per niente convinta dall’ottimismo inarrestabile di Stark.

 

Loki non ha pensato neanche per un secondo che dileguarsi con il Darkhold non avrebbe avuto conseguenze. Tuttavia quando un fascio di luce dorata si allarga di fronte a lui e Doctor Strange appare con l’espressione più corrucciata di sempre, alza gli occhi al cielo maledicendo la sua solita sfortuna.

Non era sicuro che nascondersi nella baita sull’Himalaya in cui aveva trovato rifugio insieme a Karen al tempo della guerra con gli Jotunn, fosse una buona idea ma non aveva voluto rischiare di portare un tomo oscuro in una delle pieghe della realtà create con l’aether. Una volta il Collezionista gli aveva detto che l’oscurità chiama oscurità e lui stava sfogliando un libro tanto potente per un motivo niente affatto legato alle tenebre pericolose che esso rappresentava.

Aveva sperato che Strange ci impiegasse più tempo a rintracciarlo ma sapeva che il giochino con le sue copie non aveva mai funzionato con lui.

Nonostante tutte queste premesse, era riuscito quasi a terminare il corposo volume ed era di pessimo umore perché ogni possibile risposta alle sue domande gli era risultata sgradita o poco pertinente.

Così quando solleva lo sguardo sullo stregone e con un gesto abile della mano che lo tiene, spedisce il Darkhold in un altro luogo, non gli rivolge affatto un saluto accogliente.

“La tua presenza qui non è necessaria.”

“Davvero?” Gli fa eco Stephen, altrettanto contrariato. “Non avevamo un accordo?”

“Avevamo un’intesa.” Precisa Loki.

“Non giocare con me, Loki.”

“Se stessi giocando, te ne accorgeresti.” Risponde il dio e Strange lo guarda fisso negli occhi. Non sta giocando. Si vede che è seccato ma lo stregone non ha nessuna voglia di mostrare comprensione.

“Consegnami il Darkhold.”

“Non ho intenzione di farlo.” E stavolta Loki lo dice senza omettere o nascondere qualcosa  circa la sua posizione.

“Hai giurato.”

“Se vuoi aggiungere ‘spergiuro’ all’elenco delle offese che mi hai rivolto in passato, chi sono io per impedirtelo.” Dice allargando le braccia e, per un momento, Strange si mette sulla difensiva pensando che si stia preparando ad attaccarlo. Così lo fa per primo.

“Non pensi a Karen?” Gli chiede affilando lo sguardo.

“Meschino da parte tua ma prevedibile.” Risponde Loki. “Dovresti sapere che ogni mio pensiero è rivolto a Karen.”

Nell’udire quelle parole, Stephen ha come un’illuminazione.

“Anche questa tua follia è legata ai tuoi studi?”

“Studi che finora sono stati vani e in cui tu, diciamocelo, non mi hai fornito alcun aiuto.” Stephen abbassa il capo e scuote la testa.

“Ti ho spiegato sin dal principio che l’energia delle cose, di tutte le cose, anche se ritorna all’Universo, non lo fa sempre allo stesso modo. Ciò che muore, può rivivere ma non nella stessa maniera. E’ questa la prima legge in cui credono gli zeloti ed è il motivo per cui praticano il distacco dalla materia.”

“La conoscenza di Midgard è limitata. Ti ho già mostrato che se il prezzo dello scambio è equo, è possibile riavere indietro ogni cosa.”

“Karen è morta. Tu hai legato una parte della sua coscienza al suo corpo utilizzando un potere enorme ma quel potere non la sta forse uccidendo in un’altra maniera?” Loki ride sprezzante delle parole di Stephen.

“Ho legato l’ultimo filo di vita che aveva al suo corpo modificando la realtà stessa della sua esistenza. Non è la gemma che la ucciderà. Non il suo potere, almeno. Ciò che desidero è darle la libertà. Finché è legata all’aether, sarà sempre vittima del destino della pietra.”

“Un piccolo prezzo da pagare per restare in vita.”

“Davvero?” Esclama Loki ridendo ma il suo sguardo adesso è cattivo. “Dimmi che se un giorno qualcuno vorrà l’occhio di Agamotto, tu glielo darai qualunque uso vorrà farne e senza alcun rimorso.” Stephen comprende subito dove vuole andare a parare il suo interlocutore.

“L’occhio di Agamotto non è mio. Così come l’ho ereditato, così dovrò consegnarlo nelle mani del mio successore. Neanche Karen è mai stata roba tua.”

“E’ mia moglie.” Dice mentre una luce sinistra lo avvolge. Stephen dispone le mani per difendersi.

“Lei non vorrebbe che tu commettessi un errore proprio ora. Consegnami il libro e io fingerò che tutto questo non sia mai accaduto.”

“Non mi sono spinto fino a questo per fermarmi ora. Inoltre, che tu ci creda o no, il Darkhold non può restare sulla Terra senza fare danni. Attrae gli uomini come la luce fa con le falene. Conosco modi migliori di custodirlo perché non nuoccia.”

Stephen affila le sue armi mistiche e si mette in posizione di attacco.

“Ti ho stretto la mano da amico il giorno dopo il tuo matrimonio. Ora ti comporti come lo scorpione che non può fare a meno di pungere. Perché? Karen non vuole il potere che c’è nel Darkhold, vuole che suo marito riprenda il posto che ha lasciato al suo fianco.”

“Karen non ha idea di cosa l’aspetta se rimane legata all’aether. Io ho creato il legame e io ne sono responsabile. Ogni decisione dopo quella scelta, spetta comunque a me.” Dice muovendo le mani in modo circolare. La figura di un enorme serpente verde e con le fauci spalancate compare attorno a Loki.

Strange riconosce la stessa creatura che aveva avvolto Karen quando era tornata da Jothuneim la prima volta.

“Non te lo chiederò ancora, Loki!” Urla al dio.

“Non ce n’è alcun bisogno. Questa è la mia mossa.” Dice alzando un braccio dal quale Jormungandr striscia via lanciandosi contro lo stregone supremo della Terra.

Strange usa le sue arti mistiche come scudo ed erge una barriera tra lui e la mitologica bestia asgardiana.

Quando la luce provocata dallo scontro scema, Stephen si accorge che dell’animale non c’è alcuna traccia e così neanche di Loki.

“Un’altra illusione.” Mormora Strange. “Con lui non finiscono mai.”

L’uomo sospira e lascia il luogo dello scontro. Se per un istante, durante l’attacco del serpente, ha pensato che quella fosse la parte più difficile, adesso guardando il supremo tomo delle arti mistiche custodito nel Sanctum Sanctorum, dopo tanto, tanto tempo, lo sconforto lo avvolge.

 

Tony ha fatto preparare il tea e ha parlato del più e del meno per circa un’ora. 

Adesso, non solo è a corto di argomenti, ma è del tutto incapace di distrarre Karen dai suoi pensieri che, a giudicare dalla sua faccia, si fanno sempre più cupi.

“Chiamiamo Thor!” Esclama lei all’improvviso scattando in piedi, come se quell’idea potesse risolvere ogni cosa.

“Calma, tesoro. Non mi risulta che Thor abbia un cellulare e poi cosa vorresti chiedergli? Di cercare suo fratello, prenderlo a martellate come l’ultima volta e poi?”

“Thor potrebbe farlo ragionare!” 

Tony incrocia le braccia al petto e scoppia in una risata isterica.

“Davvero?” Lei lascia ricadere le braccia lungo il corpo.

“Non prendermi in giro.”

“Karen,” dice Tony prendendole le mani, “se chiamare Thor, in qualunque modo tu pensi di farlo, ti darà maggiore serenità, fallo. Temo però che se non conosciamo i motivi per cui Loki fa quello che sta facendo, non risolveremo la faccenda.”

“Loki è prima di qualsiasi altra cosa uno studioso. Lui studia la magia da quando respira. Se pensa che quel libro conferisca conoscenza, non ci sono altri motivi per appropriarsene.”

“Quindi lo fa per diventare più saggio? Non mi sembra affatto saggio.”

“Lasciami fare un tentativo con Thor.” Conclude lei alzandosi e concentrandosi. “Heimdall, mi vedi?”

Per un momento non accade niente poi una specie di luce arcobaleno riempie la stanza e la figura del dio custode di Asgard compare innanzi a Karen e Tony.

“Principessa, cosa posso fare per te?” Heimdall tiene entrambe le mani strette intorno all’elsa della spada che comanda il bifrost.

“Ho bisogno di parlare con Thor.”

“Thor non è ad Asgard.”

“E dov’è?”

“E’ una lunga storia ma riguarda la difesa del regno. Non posso dire di più.”

“Mi serve il suo aiuto per far ragionare Loki, è importante.” Prova ad insistere Karen. 

“Loki non ha mai dato ascolto a Thor. Se c’è una persona che può farlo ragionare, quella sei tu, principessa.”

“Io vorrei parlargli ma non ho idea di dove sia.”

“Puoi raggiungerlo facilmente. Non condividete solo l’aether, ma anche la magia delle rune. Non te l’ha detto?”

“Quando eravamo su Jothuneim mi ha spiegato le basi ma non ho mai attinto alla sua magia. Loki la utilizza per compensare l’effetto che l’aether ha su di me. Ho sempre temuto di fargli del male.”

“Devi solo trovare il modo di sintonizzarti sulla sua frequenza. Se conosci la magia delle rune, puoi trovare quella che Loki sta usando in questo momento e sapere dove si trova.”

“Ci proverò, Heimdall, grazie.”

L’immagine del dio che vede ogni cosa svanisce in un’esplosione di luce che scema subito.

“Cos’è questa storia?” Chiede Tony incrociando le braccia.

“Alludi al fatto che posso usare la magia?”

“No,” risponde l’uomo, “ricordo che l’hai adoperata alla Stark Tower la sera della festa organizzata al vostro ritorno da Jothuneim. Mi riferisco alla faccenda del controllo dell’aether. Non sapevo che Loki ti aiutasse a gestire la gemma. Credevo che tu la controllassi perfettamente.” Karen abbassa lo sguardo.

“Ed è così. La controllo con una naturalezza tale che ormai non mi accorgo neppure più di attivarla in alcuni casi. Proprio per questo mi dimentico che se la gemma è infinita, il mio corpo è piuttosto, come dire, limitato. Loki utilizza parte della sua magia per evitare che io esageri.”

Tony per un momento non si muove, non respira neppure. E’ sempre stato uno che capisce al volo le cose. Ha sempre pensato che la condizione di Karen e quella di Visione non fossero identiche. Ha anche appreso dai file dello Shield che l’aether era entrata in contatto con il corpo della dottoressa Jane Foster e che Thor aveva fatto l’impossibile per liberarla dall’influenza della gemma perché temeva per la sua vita.

Perciò l’idea che Karen vivesse tranquilla con una cosa tanto potente all’interno del suo corpo, non lo ha mai convinto del tutto.  Spara tutto d’un fiato quello che gli passa per la mente.

“Karen, è possibile che la fuga di Loki con il Darkhold sia legata in qualche modo al desiderio di diventare ancora più potente per controllare meglio l’aether?”

La donna viene colpita dalle parole di Tony come da un pugno. Il suo sguardo s’intenerisce prima e rattrista poi.

“Ma se fosse così, perché allontanarsi da me?”

“A questa domanda può rispondere solo tuo marito.”

“Dobbiamo trovarlo vero?”

“Sì,” fa lui prendendole entrambe le mani, “e dobbiamo farlo prima di Strange. Non credo che lui sarà interessato alle motivazioni di tuo marito come noi.”

“Non ho mai usato la magia delle rune.”

“C’è una prima volta per tutto, no?” Dice lui sorridendole.

“Ci proverò.”

Tony raggiunge la porta del suo ufficio e la chiude a chiave.

“Fa’ che sia buona la prima, Karen, vogliamo battere sul tempo uno che il tempo lo comanda.”

“Niente pressione, vero?” Gli risponde la donna chiudendo gli occhi per cercare la concentrazione e avvicinando le mani come le ha insegnato Loki molto tempo prima.

Una tenue luce rossastra si allarga dal centro del suo petto. 

Tony non prega. Tony non crede in altro dio al di fuori di quello che fa muovere le rotelle del suo cervello ma, vedendo Karen mutare davanti ai suoi occhi, stringe un pugno pensando che la magia è una scienza ancora inspiegabile per l’uomo.

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