Un'intrusa - versione 1

di MissDemyWitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazioni ***
Capitolo 2: *** Il corso di ginnastica ***
Capitolo 3: *** Nuovi incontri (POV Letizia) ***



Capitolo 1
*** Presentazioni ***


Presentazioni

Letizia Solace è una "normalissima" adolescente italiana che vive a Firenze con il padre Henry, fratello maggiore di Naomi Solace (madre del ben più famoso Will).

Letizia sarebbe una ragazza come tante altre, se non fosse che ha una smisurata passione per il latino e per il greco antico e che non ha mai conosciuto sua madre.

In tutti i suoi 14 (e mezzo) anni di vita non ha fatto altro che chiedere al padre di poterla conoscere, o quantomeno vedere; ricevendo sempre in risposta la frase: "Purtroppo non posso, tesoro mio" accompagnata puntualmente da un sospiro innamorato.

Era successo anche in quella piovosa mattinata di aprile, e sentendo per l'ennesima volta quel sospiro sognante, Letizia si rinchiuse in camera sua a pensare cosa ci potesse essere di così importante da tenere separate due persone che si amavano, con una figlia, per di più!

Un tradimento, forse?

No, decise che non poteva essere vero e si disse di smetterla di stare a rimuginare su quelle cose.

Peccato che non potesse fare niente per aiutare suo padre, dopo tutto quello che lui aveva fatto per lei...
Letizia sapeva che suo padre aveva lasciato il Texas  -dove aveva un lavoro, una famiglia, dove aveva trovato l'amore-  per andare in Italia e ricominciare da capo; tutto per lei, un'adorabile bambina dai capelli neri e dagli occhi grigi come un cielo in tempesta.

A Letizia, però, mancava un'importante informazione: perché suo padre era dovuto andare via?

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Nel frattempo, al Campo Mezzosangue...

Nella baia di Long Island tutto procedeva per il meglio: il Triumvirato era stato sconfitto, Apollo era finalmente tornato alla sua forma divina, e semidei Greci e Romani andavano d'amore e d'accordo.

Già. Tutto era a posto. Ovviamente avevano subito molte perdite e la morte di cari amici, ma quello era passato.

Era tutto troppo tranquillo.

I semidei al campo erano occupati con le solite attività di addestramento, ma Chirone sospettava che quella situazione di calma fosse solo la quiete prima della tempesta.

Ovviamente non disse nulla ai ragazzi per non agitarli, rendendo le cose più difficili quando la tempesta arrivò.

 

 

N.d.A. (che vuol dire note dell'autore e non Nico di Angelo) 

Vi prego, siate clementi con me, è la prima cosa che scrivo in assoluto e ci tengo abbastanza. Perfavore, lasciatemi qualche recensione...

 

spero di riuscire a pubblicare presto il primo vero capitolo, detto questo non aspettatevi aggiornamenti regolari😜

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Capitolo 2
*** Il corso di ginnastica ***


Il corso di ginnastica

 

Letizia Solace si trovava bene nel liceo che frequentava, e al contrario dei suoi compagni di classe, andava benissimo in inglese, grazie al padre americano.

C'era solo una materia che le dava dei problemi: ginnastica (o più pomposamente "scienze motorie e sportive").

Arrivata quasi alla fine di quel primo anno scolastico da liceale, Letizia rischiava di essere rimandata in quella materia per la quale era negata.

In fondo, non era mica colpa sua se rispondeva perfettamente alla definizione di "nerd": passava interi pomeriggi immersa in romanzi fantasy o di fronte al PC, ma era comunque riuscita a trovare qualcuno che condivideva le sue stesse passioni e che anzi, l'aveva portata nel mondo dei manga e degli anime.

Letizia passava molto tempo con queste persone, sia dal vivo che dietro a uno schermo, e queste riuscivano sempre a metterla di buonumore.

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Era una sera come un'altra a casa Solace, verso la fine di quel piovoso aprile, quando Letizia diede voce ai pensieri che le giravano in testa da giorni:

―Ehi babbo― disse la ragazza da perfetta fiorentina

―se continuo a prendere insufficienze in ginnastica quello lì mi rimanda di sicuro, e sarebbe anche capace di farmi bocciare!―

"Quello lì" non era altro che il nomignolo dato all'odioso insegnante di educazione fisica, che aveva preso di mira Letizia perché lei preferiva usare il cervello al posto del corpo.

―Sta' tranquilla, tesoro― la rassicurò suo padre

―ho in mente una soluzione! Qualche giorno fa ho visto un volantino di un campo estivo sportivo in inglese, con insegnanti madrelingua.

Purtroppo non inizierà prima della fine di maggio perciò fino ad allora devi dare il massimo, ma la cosa positiva è che se anche ti rimandasse, a settembre recupereresti tutto, quindi non ci sono problemi...

Ah! E poi puoi anche migliorare il tuo inglese―

―Ma babbo!― protestò Letizia ―tue sei americano e mi parli in inglese da quando sono nata, perché dovrei aver bisogno di migliorare il mio inglese? Poi ti ricordo che abitiamo a Firenze, sono certa che sarebbe più utile conoscere il cinese...―

Henry la guardò in un modo strano, era un'occhiata con molti sentimenti dentro, era triste e malinconica, ma anche speranzosa.

Purtroppo la ragazza non colse il luccichio divertito che brillò negli occhi di lui, ed entrambi tornarono lentamente a intristirsi dopo quella breve battuta.

―Fidati, ti servirà― replicò lui laconico.

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Passò un altro mese, e quel giorno Letizia avrebbe finalmente incominciato il campo sportivo.

Inutile dire che si sentiva un po' in ansia, timorosa di ritrovarsi in mezzo a ragazzi sconosciuti bravi sia in inglese che nello sport.

Aveva paura di essere subito esclusa a causa del suo fisico poco allenato o per la sua personalità.

Letizia era una ragazza introversa agli occhi di tutti, tranne che per i suoi migliori (e unici) amici. Loro sapevano quanto lei avesse da dire, orgogliosa di sé stessa ma timida allo stesso tempo. Loro avevano provato la rabbia di quella ragazza e la conoscevano bene, ma erano i soli.

Letizia non veniva presa in giro apertamente, ma gli sguardi dicevano tutto. Lei se ne fregava beatamente e stava bene, per fortuna, e questo però non faceva che allungare la lista delle sue "stranezze".

In cima alla lista c'era il suo rifiuto per i vestiti alla moda e/o firmati, al secondo posto i grandi occhiali con la montatura fucsia, in terza posizione il suo essere orgogliosamente nerd e poi, per citarne una delle più strane, si era sparsa la voce che lei fosse lesbica (1_Non era vero; 2_E se anche lo fosse stato? Cosa ci sarebbe stato di strano? Assolutamente niente. Ma chi vuole deridere gli altri se le inventa di sottoterra...)

Nonostante tutto questo, la goccia che fece traboccare il vaso fu quando tutte le prime vennero a sapere che le sue materie preferite erano latino e greco.

Da quel giorno tutti, e dico tutti i ragazzi di prima si giravano a guardarla, e la sua leggera iperattività non aiutava se non si voleva stare al centro dell'attenzione (Letizia non riusciva a stare un secondo ferma ,anche quando leggeva cambiava costantemente posizione).

Per il bene della sua salute mentale, lei ignorava bellamente le occhiate stranite che le venivano rivolte dai compagni, anzi soprattutto dalle compagne, che l'avevano "relegata" nel gruppo delle sfigate.

Insomma, Letizia era a dir poco terrorizzata dalla nuova esperienza che le si prospettava davanti, tuttavia riuscì a non darlo troppo a vedere.

Si riprese dal suo flashback riflessivo e scese dalla macchina di suo padre, che l'aveva accompagnata alla polisportiva, sede del corso. Salutò Henry e si diresse verso l'entrata ripetendo dentro di sé: "Devi farlo o verrai rimandata, devi farlo o verrai rimandata..." come un mantra.

 

Ehi ciao, eccomi con un nuovo capitolo 

Spero che a qualcuno piaccia questa storiella che mi è passata per la testa, e mi piacerebbe veramente tanto che qualcuno lasciasse una recensione...

Non so assolutamente quanti capitoli avrà, né come finirà, ma scrivo "a sentimento"

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Capitolo 3
*** Nuovi incontri (POV Letizia) ***


Nuovi incontri (POV Letizia)

Camminavo lenta verso la porta quando un ragazzo entrò nel mio campo visivo.
Non era molto alto rispetto ai miei compagni di classe, e il ciuffo -pieno di gel- che esibiva sulla fronte mi fece sbuffare. Ero indecisa su quale etichetta affibbiargli: quello che si crede figo o l’egocentrico che fa battute squallide ?
Sì, ogni volta che vedo una persona nuova cerco di capire che tipo sia giudicando dall’aspetto, dall’atteggiamento e dalle mie precedenti esperienze e sì, so che sono pregiudizi belli e buoni.
Unica stonatura su quella faccia da schiaffi? Gli occhi. Cavolo, che occhi belli!
Il mio cervello paragonò immediatamente quel ragazzo ad un pinguino: il portamento di un pinguino imperatore, con quel ridicolo ciuffo ossigenato in una zazzera di capelli biondo miele, e quei bellissimi occhi azzurri come un iceberg in mezzo al mare.
Quegli occhi che, divertiti,  stavano guardando... Proprio me!
Oh cavolo, mi sa che lo stavo fissando! No, no, no, no, ora sicuramente si farà delle strane idee e... Perché viene verso di me?
Quando si era accorto che lo stavo guardando, il ragazzo-pinguino aveva cambiato direzione, e ora non puntava più la porta, ma la sottoscritta.
 Si avvicinò a passo svelto e io pensai di essere fortunata, dal momento che mio padre era già andato via. Mi arrivò davanti e mi disse: ―Ciao, io sono Luca, anche tu sei qui per il corso sportivo in inglese?―
Io pensai che aveva una voce bellissima, calda e piacevole, poi mi resi conto di ciò che aveva detto e lo rivalutai: forse era qualcosa di più di un egocentrico che si credeva figo. Dopodiché realizzai che mi aveva fatto una domanda e che probabilmente si aspettava una risposta.
Così dissi: ―Ehm, sì, anche io sono qui per il corso, e mi chiamo Letizia―
―Uh, vuol dire felicità, giusto?― commentò Luca il Pinguino.
Io rimasi piacevolmente stupita, perché non tutti i ragazzi della mia età sanno cosa vuol dire, e poi la gente di solito non è che va a dire alle persone appena conosciute “Ah il tuo nome significa questo, questo e quest’altro”.
Stavo cominciando a distrarmi troppo.
―Sì, hai ragione, significa proprio gioia o felicità. Mi spiace ma non so cosa significhi Luca― mi scusai.
―Ma no, non ti dispiacere― mi rassicurò lui ―adesso non me lo ricordo nemmeno io!― E rise.
Ridacchiai anch’io, e mi sorpresi a pensare che la sua compagnia non mi dispiaceva affatto.
Seguendo i cartelli appesi alle pareti, arrivammo agli spogliatoi. Prima di dividerci, trovai chissà dove una botta di coraggio e iniziai una conversazione:
―Io ho quattordici anni e mezzo, e tu?― ―Tra un mese ne farò diciassette― fu l’allegra risposta del ragazzo. ―A dopo― disse. ―A dopo― ripetei.
Una volta negli spogliatoi mi cambiai con vestiti più comodi per fare ginnastica e mi venne in mente la mia migliore amica. A quel punto pensai che se avesse visto cosa avevo fatto negli ultimi dieci minuti avrebbe incominciato a saltellare shippandomi con Luca, mentre io avrei negato che lui mi piacesse (e infatti non mi piace e non mi piaceva. Beh forse un pochino sì, mi piaceva...)
Uscii dagli spogliatoi, e sempre seguendo i cartelli, andai alla sala allestita per il campo estivo.
Una bella ragazza mi venne incontro -sul momento mi sembrò sulla trentina- e mi salutò:
Hello! I’m Sarah and you’re...―  ―Letizia, my name is Letizia― esclamai.
Lei andò nel mezzo della stanza, al centro di un cerchio di ragazzi tra i quali riconobbi Luca. Io la seguii, e mi posizionai accanto a una ragazza dai lunghi capelli color caramello lisci come spaghetti, perché aveva una faccia simpatica.
Alla sua sinistra una ragazza con un caschetto biondo stava a petto infuori e con la schiena inarcata, suscitando le attenzioni dei ragazzi. Accanto, un ragazzo pallido, che con i suoi capelli biondo platino e gli occhi verdi sembrava quasi albino. Ancora a sinistra c’era un ragazzo ben piazzato, il viso abbronzato incorniciato da ricci castano scuro.
Poi Luca, alias il ragazzo-pinguino, e infine un ragazzo per il quale provai subito empatia: sicuramente non era qui per divertirsi. Mingherlino, emaciato, e con una specie di frangetta a coprirgli gli occhi; l’espressione da “mi-hanno-costretto” gli si leggeva in faccia lontano un miglio.
Pensavo di essere l’ultima arrivata, ma in quel momento arrivò tutta trafelata una ragazza lentigginosa con i capelli rosso fuoco legati in una coda. Mi feci velocemente una cipolla mentre Sarah andava a presentarsi.
La nuova arrivata si mise nell’ultimo posto rimasto libero, tra me e il ragazzo emaciato.
Io le sorrisi, incoraggiante, e lei ricambiò.
In quell’istante Sarah iniziò a parlare un inglese così veloce e colloquiale che iniziai a preoccuparmi, perché non ci stavo capendo assolutamente niente. Fortunatamente vide le nostre facce smarrite e rallentò un po’, ridacchiando. Io ero abituata alle parole “larghe” dell’inglese americano, ma avrei dovuto fare l’orecchio anche alle “strettezze” britanniche.
Hello everyone! I’m Sarah― si presentò. ―Hello Sarah― rispondemmo tutti insieme.
“Ciao Bruto” fece una vocina nella mia testa.
Fine, I will be your English teacher for all the entire duration of the camp. Now, everyone introduce themselves. I’ll start. Hello, I’m Sarah, I’m 34, and I’ve got three dogs
Prese la parola la biondina che si metteva in mostra: ―Hello, I’m Matilde, I’m thirteen, and I haven’t a boyfriend.― L’ultima frase la disse guardando l’abbronzatissimo.
Poi parlò il ragazzo albino: ―Hello, I’m Mattia, I’m fourteen, and I play football.― Bene, quindi aveva la mia stessa età...
Hello, I’m Christian, I’m seventeen, and I play rugby. Ah, and I haven’t a girlfriend― aggiunse il ricciolo guardando Matilde.
Stava a Luca. ―Hello, I’m Luca, I’m sixteen and I play swimming. Neither I have a girlfriend...―
Ah, andiamo bene! La mia simpatia nei suoi confronti scese di colpo.
Poi doveva parlare il ragazzo emaciato, e lo fece con una voglia di vivere sicuramente sotto lo zero: ―Hello, I’m Andrea, I’m fifteen and I’m depressed―
―Hello, I’m Alice, I’m fifteen, and I love playing volleyball― esordì allegramente la rossa alla mia destra.
Oh-oh, toccava a me... ―Hello, I’m Letizia, I’m fourteen, and I really love reading.― Finita la frase, mi guardai intorno per vedere se anche qui la mia principale occupazione era considerata strana, ma con grande stupore non trovai nessuno che mi fissava, fatta eccezione per Sarah, che però mi stava guardando con quella che mi sembrò ammirazione.
In quel momento gli occhi di tutti erano puntati sulla ragazza dai capelli-spaghetto alla mia sinistra, che era rimasta l’ultima a doversi presentare. ―Hello, I’m Giulia, I’m sixteen, and I’m pretty good at drawing.― Wow, avrei potuto chiederle di farmi un po’ di fanart!
OK, so we are Matilde, Mattia, Christian, Luca, Andrea, Alice, Letizia and Giulia. Now I want to introduce you your P.E. teacher: he is American and he prefers to be called a coach, here he is, coach Hedge!― Sarah ci presentò l’insegnante di educazione fisica come se fosse l’ospite di un talk show.
Mi sentii sollevata al pensiero di sentire qualcuno con la parlata americana.
A sentire le parole “coach Hedge” qualcosa scattò nella mia testa, ma io non gli diedi peso, perché era appena entrato un uomo grassottello e basso, davvero basso. Aveva un cappellino da baseball in testa e un fischietto appeso al collo.
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Nel frattempo, al campo Mezzosangue...
Chirone uscì dalla Casa Grande con una faccia stanca e andò a chiamare tutti i capo-cabina.
Aveva appena parlato con Gleeson Hedge con un messaggio-Iride, e voleva aggiornare i campisti della situazione. Il satiro attualmente era in Italia a insegnare ginnastica nell’ennesima scuola mortale per cercare nuovi semidei, e da Firenze, dove era andato, proveniva un forte odore di Mezzosangue...
 

eccomi qua con un nuovo capitolo spero che vi piaccia... so che ci ho messo tanto ma per farmi perdonare l'ho fatto lunghissimo😎

purtroppo devo ancora scrivere il capitolo 4 quindi ci sarà parecchio da aspettare, ma non vi preoccupate, ho già in mente tante belle idee👏👏

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