Relazione Clandestina di FuoriTarget (/viewuser.php?uid=62449)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - prefazione ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** 1 - prefazione ***
a
-Relazione
Clandestina-
Prefazione
Il vento le accarezzava i capelli e li scompigliava un po'
sugli
occhi. Ma non le importava nulla.
Correva Alice sulla bici,
pedalava in fretta per le vie tortuose della
città.
Era primavera
ormai, mancavano pochi mesi agli esami, e il caldo cominciava a farsi
sentire.
Correva Alice,
veloce nel traffico superava la auto in coda con destrezza,
attraversò il
parco per evitare i semafori che avrebbero potuto rallentarla.
Correva ridendo
tra se per il motivo stupido della sua fretta.
Se avesse seguito il suo raziocinio non si sarebbe trovata a correre
tra le auto come una matta.
Solo dieci minuti
prima un sms l'aveva fatta scattare in piedi dal divano, attraversare
in giardino vestita così com'era e inforcare la sua
bicicletta nera
vecchia e scassata.
"Sarò
solo fino a sabato. Fai in fretta."
Si lanciò sul lungadige ad una velocità folle per
poi piegare svicolando il semaforo rosso e infilarsi in via Trezza col
fiatone.
Arrivò davanti
al grande palazzo in centro in dieci minuti il suo record
personale, fermò la bici davanti ai campanelli nel
cortile interno, poi suonò
due volte.
-Chi è?-
-Sono io- rispose guardandosi intorno con discrezione.
-Metti dentro la
bici.- continuò la voce di un ragazzo storpiata dal
citofono dopo lo scatto sordo della serratura del portone.
Passò
oltre con la bicicletta, l'appoggiò
in un angolo contro il muro dell'atrio e si avviò
all'ascensore. Adorava
quel
palazzo era sempre pulito profumato e il pavimento di marmo degli spazi
comuni
era sempre perfettamente lucido e pieno di
piante ben curate.
Settimo e ultimo piano.
Si
sistemò velocemente i capelli specchiandosi nella
pulsantiera dorata. Aggiustò
i vestiti e trasse un sospiro: maglietta,
minigonna rossa e Converse così com'era vestita in casa, non
si era nemmeno
preoccupata di cambiarsi, aveva infilato il primo paio di scarpe che le
era capitato sotto mano ed era uscita.
Le porte si
aprirono con uno scampanellio delicato e lei scattò
attraversando il pianerottolo a passo sicuro.
Il portone era
stato lasciato socchiuso per lei, lo chiuse dietro di se
attenta a non far troppo rumore e si
addentrò nella casa. Conosceva la strada: percorse tutto il
corridoio centrale fino al salotto dove raggiunse la scala bianca a
chiocciola nell'angolo.
Salì
alla svelta i gradini stretti che ormai le erano familiari.
Quando
alzò lo sguardo lui era lì, solo per i suoi
occhi.
Indossava i
soliti pantaloncini da basket e una maglietta grigia attillata
che metteva in bella mostra i pettorali scolpiti.
Se ne stava seduto a gambe incrociate
sulla
poltrona di pelle vicino al letto, leggeva un blocco di appunti
distrattamente nel chiaro tentativo di dar poca importanza al suo
arrivo. Lo conosceva come le sue tasche quel bastardo.
Alzò lo
sguardo su di lei solo quando raggiunse l'ultimo
gradino, subito le guardò le gambe scoperte.
Adorava le sue gambe da modella.
-Ciao. Ci hai messo
davvero poco- le chiese posando a terra i fogli.
Alice
arrivò all'ultimo gradino con il fiato ancora spezzato dalla
corsa e si guardò intorno inspirando dal naso.
Era chiaramente passata la cameriera perchè la stanza aveva
un'ordine innaturale per lui. Non c'erano magliette lasciate a terra in
un angolo,
ne fogli sparsi a caso sulla scrivania, il letto era rifatto
e sul comodino erano spariti i posacenere sporchi di mozziconi.
Senza che Alice se
ne accorgesse, troppo impegnata a regolarizzare il respiro, il ragazzo
si
avvicinò e le agguantò con due dita uno dei
passanti
della gonna tirandola
a se. Le poggiò una mano dietro al collo e la travolse con
un bacio mozzafiato senza chiedere il suo permesso ne aspettare
che lei prendesse fiato o si potesse ribellare.
Come solo a lui
era concesso.
Alice senza
esitazione si
abbandonò al suo tocco, ma il bacio
finì. Fin troppo
presto.
-Siamo soli
davvero?- gli chiese sorridendo a pochi centimetri dalla sua
bocca e ancora chiusa nel suo abbraccio.
-Già...- inarcò le labbra in
quell'accenno di sorriso
malizioso che le fermava il cuore, e lei sorrise
contenta della ritrovata privacy.
Quel sorriso la
illuminò, gli piaceva vederla sorridere, era così
radiosa
e pulita che rischiarava quella stanza vuota e intrisa di ricordi.
Alice gli afferrò il
bordo della maglietta, come aveva fatto con lei, e
trascinò entrambi sul letto senza smettere di baciarlo.
Passarono un paio d'ore prima che nella camera ritornasse il silenzio e
che i respiri dei
due ragazzi raggiungessero la regolarità del sonno. Fu il
suono
fastidioso
di un cellulare ad interrompere il riposo post-amplesso di Alice.
Scivolò fuori dal piumone all'istante per paura di
svegliarlo e cominciò a scuotere la borsa per rovesciarne a
terra il contenuto.
-Dove diavolo l'ho
messo?- mormorò piegata sui
vestiti sparsi ai piedi del
letto.
Improvvisamente l'i-phone cadde a terra sgusciando fuori da una tasca.
Lo raccolse imprecando
e si affrettò a rispondere: sapeva senza dover leggere il
display chi fosse, così non diede tempo
all'interlocutore di parlare.
-Si Cici lo so che sono in ritardo. Arrivo subito, ciao!- poi con un
gesto rabbioso chiuse la conversazione
sbuffando e coprendosi
il seno con un braccio prima di riprendere il suo posto nel letto.
-Devo andare...-
mormorò languida verso la schiena del ragazzo sdraiato
accanto a lei.
Non le rispose come era prevedibile.
Scivolò
fuori dal piumone e si rivestì velocemente senza prendersela
troppo per le poche attenzioni ricevute, poi raggiunse
l'altro lato del letto chinandosi sul suo orecchio.
-Stasera che fai?- sussurrò pianissimo per non
indispettirlo, pronta a ricevere solo un grugnito.
-Non ci sono.-
le rispose nascosto sotto al piumone.
Alice abbassò lo
sguardo abbattuta: -Ok,
allora ci sentiamo la prossima settimana-
concluse trattenendo per se una nota di amarezza.
La mano nodosa del
suo strano compagno di letto a pochi centimetri dalla bocca era davvero
una tentazione, avrebbe voluto baciargli il palmo e accarezzarlo tutto
fino alla spalla, ma
probabilmente lui non avrebbe gradito.
-Stanotte però sono libero.-
Con quelle parole brontolate contro la stoffa del cuscino,
la bloccò inginocchiata accanto al letto.
-Allora mandami un
messaggio quando ti liberi, se riesco ti raggiungo!-
Quelle parole le portano nuove speranze per la serata e
senza dire altro prese le scarpe in mano per andarsene.
Scese
velocemente dal sottotetto e uscì dall'appartamento cercando
di fare meno
rumore possibile. Era talmente
intimorita da quella casa e dai suoi silenzi che non si
fermava a metterle nemmeno nell'ingresso, ma aspettava sempre di essere in
ascensore.
Ritrovò
la sua bicicletta
nell'atrio esattamente dove l'aveva lasciata senza catena e
scattò di nuovo in sella verso il parco, controllando sempre
che nessuno
la vedesse uscire da quel palazzo.
Pochi minuti dopo raggiunse il luogo dove l'aspettavano da quasi
mezzora..
-Dove. Cavolo. Eri?- la voce la
spaventò mentre legava la bici ad una rastrelliera.
Non
era così strano che lei fosse in ritardo ma aveva il terrore
che le sue
amiche cominciassero a farsi domande sulle ragioni dei suoi ritardi.
-Scusa Cici mi
ero addormentata sul divano.- rispose congiungendo le mani in preghiera
con un sorriso a trentadue denti.
Sperava davvero di essere convincente, ma Chiara
sbuffò rimproverandola come sempre, mentre la guidava al
tavolo.
Frequentavano sempre lo stesso baretto vicino all'Università
per
l'aperitivo del venerdì, e Alice prese posto alla solita
poltrona sprofondando esausta.
-Cosa vuoi da
bere?- le chiesero mentre prendeva fiato.
-Spritz.-
Chiara si allontanò verso il bancone per aggiungere al loro
conto l'ordinazione, intanto la terza componente del gruppo le
rivolse un'occhiata indagatrice.
-Ci sei stasera?- le domandò squadrandola da capo a piedi.
Alice perplessa e ancora
un po' tachicardica alzò le spalle grattandosi un
orecchio: -Direi di si. Che si fa?-
-Pensavamo al BlueMoon.- la informò Laura annoiata giocando
con il ghiaccio nel suo bicchiere:
-..come sempre!- una nota di sarcasmo ne tradì l'apparente
disinvoltura.
Laura era una che si annoiava facilmente, mentre Cici era rassicurata
dalle sue abitudini.
-Forse c'è un concerto!-
annunciò Chiara ritornando al tavolo con il bicchiere di
Alice.
Alice pensò
alle
parole del ragazzo che aveva lasciato nudo nel letto pochi minuti
prima, e realizzò che probabilmente anche i suoi impegni
erano legati a quel concerto.
-Perfetto! A me va
bene il BM.-
Si finse indifferente sorseggiando l'aperitivo: il BlueMoon aveva nulla
di pericoloso, o almeno questo
doveva far credere a quelle due. Continuò a meditare
preoccupata, sperando che andasse tutto bene, doveva far in modo che
quei due stessero lontani, sopportare loro due nella stessa stanza
insieme ai suoi sensi di colpa sarebbe stato troppo per la sua povera
coscienza.
Rimandò
le preoccupazioni ad un altro momento, si immerse nella luce del
tramonto chiacchierando del
più e del meno con le altre due, mentre senza farsi notare
fissava un
palazzo bianco in lontananza.
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Capitolo 2 *** 2 ***
a
-2-
Le
dieci passate e ancora
non aveva deciso cosa mettersi per uscire.
Una malattia incurabile la
sua: troppi soldi in mano ad un'adolescente possono fare molti danni,
sopratutto se l'adolescente in questione è una ragazza con
un disturbo ossessivo compulsivo per gli abiti nuovi! La scelta era
troppa e ogni volta che doveva uscire si trovava a combattere con una
cabina armadio che non ne voleva sapere di collaborare. Seduta
sul copriletto a gambe incrociate rifletteva
fissando la moltitudine di vestiti stipati in quello spazio
angusto, col portatile accanto che trillava
nuove notifiche ogni due o tre secondi.
Quella serata sarebbe stata un disastro lo sentiva, in più
il
senso di colpa per il pasticcio in cui si era cacciata le stava facendo
odiare lo spezzatino di pollo che sua madre
aveva servito amorevolmente per cena. Si
sentiva un'idiota; aveva una vita perfetta perchè andare ad
incasinarsela per uno come lui.
Guardò attorno a sé e
nel caos che
regnava nella stanza
ritrovò il motivo di tutto ciò che era successo:
la sua
tendenza a ridurre qualsiasi cosa ad un caos totale.
Il copriletto azzurro a pois bianchi era tutto
arrotolato e cadeva a
terra per metà, sembrava che si fosse svolta
una battaglia corpo a corpo tra de lottatori di sumo, la
scrivania letteralmente invasa da libri, trucchi, cd, elastici per
capelli e le
buste degli ultimi acquisti di quel pomeriggio di fine marzo. L'armadio
nemmeno lo voleva vedere, un'esplosione aveva invaso
quell'ambiente, borse scarpe e
magliette dappertutto. Finiva sempre per perdere qualcosa tra quelle
mensole, l'anno prima aveva ricomprato due volte la stessa
maglietta da H&M convinta di averla persa, invece aveva
ritrovato il
primo esemplare mesi dopo dietro alla scrivania con ancora il
cartellino attaccato.
Doveva fare ordine, immediatamente e in tutti
gli ambiti della sua vita. Altrimenti sarebbe stato troppo tardi.
Accantonò quei pensieri come faceva
ormai fin
troppo spesso, per dedicarsi alla sua attività preferita:
prepararsi per uscire!
Scelse
delle calze nere velate da una pila di biancheria stirata che una
misteriosa
anima pia aveva lasciato ai piedi del letto, e sopra un vestitino
grigio corto e aderente come una seconda pelle a cui strappò
il cartellino con i denti. Scarpe
altissime,
come sempre, di camoscio rosso come la pochette di Marc Jacobs che le
avevano
regalato per Natale alcune amiche della mamma. Capelli stirati e trucco
scuro.
Si
guardò allo specchio un secondo prima di uscire: perfetta.
Perfetta
era davvero
l'aggettivo più indicato per descrivere la vita di Alice
Aroldi.
Studentessa eccelsa dell'istituto privato
più costoso della
città, curriculum scolastico immacolato, famiglia facoltosa
e
tenore di vita che non aveva nulla da invidiare ai personaggi di un
telefilm, ma
non solo; proprio come in un telefilm, chi
è fortunato alla nascita lo è fino in fondo!!
Alice era
invidiata da tutta la scuola, non c'era ragazza che non volesse essere lei, ne
ragazzo che non volesse stare
con
lei: bella era decisamente riduttivo, un metro e settanta di
perfezione tonica e longilinea. Avrebbe potuto concorrere
tranquillamente con una modella da sfilata: partendo dalle gambe lunghe
e secche, per finire sul viso dai lineamenti da bambola di porcellana,
solo il colorito pallido e i capelli rossi la turbavano. Quelli erano
la sua croce personale,
li aveva ereditati dalla nonna materna -che odiava per questo- insieme
alle lentiggini e alla pelle diafana; d'inverno adorava quel colore
ramato e lucente che la rendeva unica, ma d'estate la pelle
eccessivamente candida le creava non pochi problemi, per abbronzarsi ci
metteva sempre il doppio delle altre e molte compresse di carotene.
Non paga di questo, un fidanzato
più
simile a
un "Ken versione carne ed ossa" e il guardaroba più
straripante
del liceo, la rendevano oggetto di odio da parte di tutto il corpo
femminile del suo liceo.
Ma
l'apparenza inganna e in questo caso non è solo un modo per
sminuire la perfezione esteriore ma una realtà pura e
lampante.
Ognuno ha i suoi difetti
e chi aveva la fortuna di conoscere Alice Aroldi lo sapeva bene, a
dispetto delle apparenze lei ne aveva davvero tanti.
Uno tra tutti
l'assoluta mancanza di puntualità e infatti come ogni
sacrosanto venerdì sera, era in ritardo!
Imprecò per una decina di minuti
contro tutti quei maledetti
sensi unici che infestavano via Marconi e l'isolato in cui viveva
Laura, poi
finalmente adocchiò le due amiche.
-Sì Cici, lo so
che sono in ritardo. E' inutile che fai quella faccia, sali e
basta!- abbaiò affacciandosi dal finestrino dopo aver
fermato l'auto
con una manovra assurda.
Alice non era una semplice ritardataria aveva proprio
grossi problemi a gestire il tempo a sua disposizione, ma Chiara non si
decideva a rassegnarsi.
Le ragazze presero posto sulla Micra scura
e Alice, senza troppi
scrupoli accelerò scivolando nel traffico della sera.
Stava mentendo anche a loro, le sue
migliori amiche
da
anni. Si sentiva una traditrice, una falsa doppiogiochista, ma sapeva
cosa le avrebbero detto: che lui non era affidabile, che la stava solo
prendendo in giro e che non avrebbe dovuto illudersi. Tutte cose che
sapeva già da sé.
Guidava in silenzio verso la loro
meta e si mordeva l'interno della guancia, non aveva il coraggio di
guardarle in faccia mentre quei pensieri le assillavano la
mente.
Il
BlueMoon era un locale molto
di moda in quel periodo. Si trovava in una zona poco residenziale
vicina alla città in un ex edificio industriale della prima
metà del novecento, alto
e completamente vuoto all'interno, con i muri esterni di mattoni rossi.
Era stato ristrutturato da qualche anno e aveva cambiato gestione
più
volte: in quel periodo ospitava concerti nei giorni
feriali e serate con vari dj nel week-end.
La nuova gestione del
locale aveva rinnovato lo staff cercando dei pr giovani che facessero
pubblicità anche nelle scuole: uno di questi era Manuel,
amico
di
vecchia data di Jack, il ragazzo di Chiara. Grazie a lui avevano
preso a
frequentare assiduamente quel posto, quasi tutte le sera riservava un
tavolo per loro o trovava qualche lista per farli entrare gratis.
Tutte e tre evitarono la fila
con disinvoltura dopo aver infilato una bella
banconota nella tasca di Gerry, un uomo
simpatico
sulla cinquantina, che faceva il buttafuori
per mantenere al meglio moglie e due figli. Ad Alice stava davvero
simpatico, le ricordava tanto un suo zio, con la barba i capelli
grigi e la pancia enorme stretta nella giacca elegante. Aveva
aiutato spesso Laura a Chiara a caricarla in
macchina quando Alice beveva troppo, cosa che
avveniva ormai con inquietante regolarità.
-Grazie
Gerry- Alice gli sorrise agitando la borsetta, era davvero un
buon uomo e le faceva piacere
contribuire al suo stipendio pur di saltare la coda davanti
all'ingresso.
Appena
varcarono la grossa porta rossa che Gerry galantemente tenne loro
aperta, la musica
le
colpì stordendole insiema ad una ventata d'aria calda, il dj
era davvero
sordo!
Non si sentiva nulla sopra al fracasso infernale proveniente
dalle casse sparse per tutta la sala e furono costrette a comunicare a
gesti per decidere dove andare.
Alice
arrivò al bancone del bar e
vi poggiò la pochette per issarsi su uno sgabello libero,
accavallò le gambe come faceva
sempre per
abitudine
più che per seduzione, sotto lo
sguardo ammaliato di uno ragazzo di passaggio. Quel fracasso infernale
la irritava
parecchio e prese a far risuonare le unghie laccate sul
piano lucido.
-Smettila Ali, mi da sui nervi.- la ammonì subito Laura che
le bloccò la mano contro il bancone.
-Hai
visto chi
c'è?- chiese Chiara indicando con lo sguardo
un gruppetto di persone
sedute da uno dei tavolini sul soppalco d'acciaio.
Alice
scandagliò attentamente l'insieme di
ochette e sbarbatelli con i soldi che occupavano
i tavolini nell'angolo più alto del locale,
alcuni frequentavano il suo stesso liceo e anche lì si
atteggiavano a padroni del mondo. Catalogò ogni volto senza
interesse, li conosceva da
anni, sapeva i giri che frequentavano e tutta la coca che sniffavano
barricandosi dietro un'apparenza di disinvolta perfezione.
-Martini,
con
ghiaccio e limone.- ordinò sovrappensiero guardando il
barista senza vederlo davvero, poi si
rivolse all'amica:
-Cherubini
è un animale, se non lo infastidiamo ci lascerà
stare... lui e i suoi amichetti.-
Nonostante tutto sapeva
che era una predica inutile, Chiara non li sopportava dal giorno che
avevano cercato di vendere steroidi al suo ragazzo.
Alice
perlustrò il locale
ascoltando annoiata le lamentele di Laura per la loro
incapacità
di cambiare locali, sempre gli stessi da anni, poi improvvisamente
incontrò due occhi scuri come pozze di petrolio:
lui
era là.
Fu un fulmine che
l'attraversò da parte a parte.
Le si chiuse lo stomaco rivoltandosi con una
capriola dolorosa, la mano
che stringeva la pochette tremò pericolosamente e per un
buffo istinto
contrasse i muscoli delle gambe per stingersi più salda allo
sgabello come se avesse avuto paura di cadere. Quegli
occhi erano il primo e più grave dei suoi problemi,
la causa di ogni suo
malessere da qualche mese, il motivo scatenante del caos che
regnava nella sua vita e ciò che l'aveva portata a mentire
persino alle sue migliori amiche.
Lontano da
lei in piedi vicino al
mixer c'era lui, il ragazzo con cui aveva si era rotolata nel letto per
tutto il pomeriggio,
appoggiato con disinvoltura ad una cassa guardava una cartellina con
un altro tizio che aveva visto già un paio di volte.
In un
attimo come se si fosse accorto dei
suoi pensieri, alzò
lo sguardo verso di lei.
I loro occhi s'incontrarono solo per pochi istanti perchè
qualcosa oscurò
il loro contatto.
-Amore mio!-
Edoardo, il "Ken versione carne e ossa", le
comparì davanti impedendole la vista dell'oggetto dei
suoi desideri.
Era destino che Edo fosse sempre l'ostacolo
tra loro due?
Irritata fulminò il suo ragazzo sperando che capisse che non
era
la serata giusta per le sue moine.
-Ciao.-
gli rispose atona
ricevendo il suo bacio a stampo senza reagire minimamente: -Dov'eri
stamattina?- si ricordò che quella mattina aveva saltato il
compito di scienze senza dirle nulla. Girò il braccialetto
che
portava al polso
nervosamente, mantenere le apparenze era una delle cose che in quel
periodo le riusciva meglio.
-Ho
fatto fuga con il Vigna..- mormorò mortificato con le mani
nelle tasche dei Levi's.
-Complimenti
gran testa
di rapa!-
Il suo ragazzo era
un caso disperato di assenteismo scolastico acuto, erano più
i
giorni che si trascinava in giro per negozi di musica con qualche testa
vuota come lui, che quelli che passava a scuola a cercare di
concludere decentemente il liceo.
Il suo
drink
arrivò e lei l'agguantò come un naufrago in cerca
di un appiglio. Il suo unico pensiero coerente
era rivolto all'alcol che le avrebbe alleviato i sensi di colpa, mentre
il suo presunto
fidanzato strusciava le labbra sotto al suo orecchio.
-Senti
amore devo
raggiungere Andre e Manuel giù dal mixer- le
mormorò indicando proprio colui che avrebbe voluto al suo
posto.
-Non
chiamarmi amore.
Stasera
dobbiamo parlare davvero, non dileguarti come al solito!!- lo
minacciò Alice decisa bloccandogli il braccio che tentava di
abbracciarla.
-Sì sì va bene. Ora vado
eh...-
altro bacio che abilmente evitò ricevendolo sulla guancia.
Maledì lui e se stessa in tutte le lingue che conosceva
mentre
guardava la sua schiena allontanarsi tra la folla e tornava a
tracannare Martini.
Ci furono dieci secondi esatti di
silenzio.
-Alice
quando ti
deciderai a piantare quel cretino?- le disse Laura interrompendo
l'empasse, il suo sguardo
ammonitore non aveva nulla da invidiare a quello di sua madre.
-Appena
riesco a braccarlo maledetto bastardo. E' peggio di un'anguilla, ogni
volta che accenno ad un discorso serio lui se ne va con una scusa!-
Alice
sbattè il bicchiere vuoto sul piano nero del bar,
spaventando la
povera Chiara che sobbalzò sullo
sgabello.
Finalmente il dj abbandonò la
consolle annunciando
l'imminente
inizio del concerto degli AfterBlack, il gruppo in cui Edo suonava la
chitarra. Sfortunatamente per lei suonavano cover di gruppi punk rock
americani o roba anni 70 che Alice ignorava e
detestava, ma forse solo per trasmissione dell'odio che ormai provava
per il suo ragazzo, che come sfuggiva ai suoi tentativi di
lasciarlo.
Il
concerto fu
discreto per il resto della platea, le sue due amiche avevano ballato
come due forsennate nella
folla insieme a un centinaio di altri spettatori che stravedevano per
il gruppo. Lei era rimasta al bar, a
guardare dal suo sgabello.
E i Martini erano
diventati cinque.
Lo aveva
fissato
per tutto lo spettacolo, rapita e stregata da lui. Fregandosene
della
gente che poteva beccarla e del suo ragazzo che
strimpellava orgoglioso sul palco: nel caos non avrebbe potuto vederla.
Con lo sguardo vacuo lo spogliava con
gli occhi: conosceva ogni centimetro del suo corpo, i suoi pregi e le
sue debolezze. Conosceva il modo in cui ammiccava, o la nota roca della
sua voce quando a letto le sussurrava quanto era bella. E il suo nome
pronunciato da quella voce la faceva ancora arrossire.
Se ne stava appoggiato al
muro a molti metri da lei, illuminato solo da una luce blu
alle
sue spalle e si dondolava tra le dita una bottiglia di Beck's
vuota. Ormai era costretta ad ammettere
almeno con se stessa che intratteneva una relazione alle
spalle di Edoardo.
Pagò i tutto quello che aveva
bevuto e chiese
gentilmente al barista di riempirle solo un'altra volta il bicchiere
mentre le sue amiche
riemergevano dalla folla accaldate e
sorridenti.
-Sono stati davvero
bravi!- sospirò Chiara entusiasta prendendo fiato, anche
loro seguivano il gruppo da
tempo per l'amicizia che le legava ai tre ragazzi.
Ma dopo aver
assistito a più di tre concerti in un mese, diventavano
bravi
più per abitudine che per vero talento e Alice cominciava a
riconoscere il motivetto di qualcuna
di quelle canzoni rockettare che spesso la stordivano.
-Vero-
ammise
Alice sorridendo mentre sorseggiava l'ultimo Martini.
-Ma che
hai
stasera?- domandò Laura vedendola spenta : -Ti vedo un po'
sbattuta, è successo qualcosa?-
-Sono
solo
stanca, niente di grave-
Vide Laura studiare il liquido nel suo bicchiere, probabilmente si
stava chiedendo quanti ne avesse già bevuti.
-Eccoli là!- esclamò
Chiara sbracciando per farsi notare nel caos di quel postaccio, tutto
il
gruppo di amici le stava raggiungendo in massa al bancone del bar.
Alice
sospirò voltandosi dalla parte opposta prima di bere una
lunga sorsata dal suo bicchiere.
A pochi metri da loro Jack guidava il
gruppetto di ragazzi che le stava
puntando, per raggiungerle dovettero sgomitare contro la folla che
ballava gli Strokes.
Giovanni, per tutti era Jack da quando in seconda media aveva portato
per mesi una benda sull'occhio dopo un'operazione,
davanti agli altri si
sbracciava regalando
grandi sorrisi a Chiara la sua adorabile fidanzata. Accanto a lui suo
fratello di
due anni più grande Filippo, alias Filo avanzava adocchiando
divertito
qualche gonna corta o decoltèe in bella vista. Erano
identici
fisicamente quanto opposti caratterialmente: entrambi mori con gli
occhi scuri, robusti con i muscoli ben allenati, ma Jack era
molto estroverso, solare e a tratti ingenuo, mentre Filo,
pluriripetente
convinto, era l'esatto contrario: arrogante e rissaiolo non perdeva
occasione di prendere in giro chiunque non gli andasse a genio. Erano
finiti in classe insieme dopo l'ennesima bocciatura di Filo che stava
rifacendo la quinta.
-Ciao ragazze!- esordì Jack
sorridendo al
gruppetto come sempre, prima di
stampare un
bacio sulla guancia della sue ragazza stringendola tra le braccia, fu
il
primo a raggiungerle assieme al fratello che salutò
distrattamente, era troppo impegnato a flirtare con un
ghigno malizioso una biondina seduta a pochi metri da loro.
-'Sera- brontolò Alice.
-Allora
vi è piaciuto il concerto?- chiese Charlie comparendo
improvvisamente alle spalle di
Laura ridendo.
Charlie era l'allegro compagno di sventure di Jack, un po' come
Spongebob e Patrick o Starsky e Hutch. Al
suo fianco faceva quasi tenerezza: Jack alto, avvenente e muscoloso,
Charlie
invece bassetto, mingherlino con gli occhiali e il fascino
dell'incompreso, coppia
fissa da tempi lontani. Il suo vero
nome era Enzo
Carlini, era tradizione della
sua famiglia che tutti gli uomini si chiamassero Enzo o Pierpaolo, ma
lo odiava fin da piccolo e
così da anni tutti lo conoscevano come Charlie e la maggior
parte della gente ignorava il suo nome completo.
-Oh si,
secondo me sono
migliorati moltissimo!- rispose Laura traboccante di sarcasmo.
-Avete
sentito la
canzone nuova? L'ha scritta Edo!- indicò col pollice un
punto indefinito dietro di sé.
Alice si reggeva al
bancone per sopportare il momento di crisi, con le dita
strette al
bordo del piano di granito trattenendo l'aria nei polmoni
più a lungo possibile per godere di ogni molecola di
ossigeno: era stanca, ubriaca, soffocata ai sensi di colpa e voleva
andarsene da lì.
Edo
arrivò rumorosamente insieme agli
altri due componenti del gruppo il Vigna, il batterista, e Andre.
Quest'ultimo il Pasini, cantante e bassista del gruppo, era il
più carismatico della combriccola, faceva sospirare le
ragazzine con un fascino secondo Alice incomprensibile e per il suo
look da depravato pieno di tatuaggi; da anni era compagno di merende
e grande amico di Filo e Manuel Bressan, il loro vero pr al
locale
e new entry della compagnia ma era ancora assente all'appello.
"Ken versione carne e ossa", per gli amici
Edo, la raggiunse subito
abbracciandola alle spalle e baciandole il collo.
Alice chiuse
gli occhi come un condannato di fronte al suo patibolo. Le si era
rivoltato lo stomaco facendola pentire di aver bevuto tutti quei
cocktail. Lo sguardo della ragazza
intercettò l'ultimo componente del gruppetto arrivare e
seppe con certezza che avrebbe concluso la serata vomitando. Manuel
Bressan era
appena comparso nel piccolo cerchio proprio di fronte ad Alice con il
suo passo cadenzato e elegante.
Il maledetto fidanzato dietro e
l'imperturbabile amante da mille e una notte davanti.
In quel momento
Alice avrebbe preferito essere inghiottita dal pavimento o scomparire
in una nuvola di fumo, poi gridare, urlare e strapparsi
tutti i capelli pur di non essere lì.
Il ragazzo davanti
a lei la
ignorò concentrandosi sul barista che non lo aveva ancora
servito, nonostante lui l'avesse chiamato più volte.
-Una Beck's Marco.-
disse a voce alta attirando la sua attenzione con il suo solito
tono arrogante.
Alice
svicolò abilmente l'abbraccio di Edo e si
concentrò insistentemente sul ghiaccio nel suo bicchiere,
non le piacevano le
situazioni ambigue e imbarazzanti se non poteva controllarle a suo
piacimento, come in quel caso.
Voleva andarsene al più presto invece il
gruppo continuava a chiacchierare
vivacemente intorno a lei.
Con
Martina, la ragazza del Vigna, che li aveva appena raggiunti e Paolo un
altro amico di Jack e Charlie la compagnia
era al completo. Chiara ballava ridendo intorno a Jack, Laura arpionata
al collo dal bicipite di Filo ascoltava le prodezze amorose di Andre,
Charlie discuteva
animatamente con Paolo della nuova canzone di Edo che lui non era
riuscito a sentire.
Tutti allegri, tutti spensierati. Tutti al loro posto.
Si sentì tirare la manica del
vestito, e
fulminò per l'ennesima volta Edo che cercava di attirare la
sua
attenzione: -Amore non
dici niente? Non sono stato bravo?- chiese abbracciandola come
fosse un orsacchiotto da coccolare. Fu
il colpo di
grazia alla sua coscienza.
-Lo sai che non ci capisco niente.-
mormorò sorridendo a denti stretti e divincolandosi dalla
sua
presa.
Liquidò la conversazione per
spostarsi verso Martina, almeno con lei non avrebbe rischiato di
tradirsi.
Dopo
pochi minuti però non sentiva che suoni ovattati provenire
dalle bocche dei suoi amici:
i Martini erano arrivati tutti al cervello a effetto ritardato, non
capiva
più a chi appartenessero le voci intorno a lei, aveva solo
ricordi e altre
parole che si sovrapponevano a quelle delle persone nel locale e
dei flashback
che la assediavano distraendola dalla realtà.
-Grandi novità
ragazze!- Edo saltellava nell'aula della quinta B: -Manuel dice che forse riesce a
farci suonare al BlueMoon.-
-Finalmente
farete concerti in locali decenti.. - esclamò Alice tutta
entusiasta
-Chi
è questo Manuel?- Chiara sospettosa chiuse il
libro di scienze: -Non sarà Bressan, quello della D?-
-Sì
proprio lui,
Jack lo conosce dal primo anno, dice che è a posto e vuole
portarlo fuori con noi qualche volta..-
-Almeno
grazie a lui avrete più
visibilità!- Alice gli sorrise passandogli una mano tra i
capelli: -Sarà
fighissimo!- ridacchiò fantasticando.
-Alice ti va
di fare due salti con noi?- Laura le tirava una mano verso la pista, ma
Alice non capiva più nulla.
Si appese al braccio di qualcuno saltando giù
dallo sgabello, e quasi cadde in braccio a Filo.
-Ehi Rossa non è che hai bevuto troppo?-
-No... - si rimise dritta e ostentò una sicurezza
che non poteva vantare: -Devo solo uscire un momento.-
-Ali?-
-Alice?-
qualcuno la chiamò nel corridoio: -Volevo presentarti
Manuel!-
-Ah
ciao. Piacere Alice Aroldi..- rispose allungando la
mano
con il suo sorriso migliore verso quel ragazzo alto quasi quanto Jack.
-Piacere.-
rispose senza accogliere il suo gesto con aria superiore. Era moro con
dei lineamenti spettacolari.
-E'
lei l'amica di cui ti parlavo: è molto brava con i
computer,
magari può aiutarti.-
-Non
ce n'è bisogno- lo interruppe l'altro dileguandosi
-Ci vediamo
Alice Aroldi.- ghignò squadrandola da capo a piedi facendola
sentire nuda davanti a quegli occhi scuri.
-Non
si può dire che sia socievole il tuo amico?-
commentò Alice seguendone la schiena allontanarsi.
-Scusalo
è fatto così..-
-Quindi si va
da Manu?- domandò qualcuno alla sua sinistra, poteva essere
Jack o Paul. O chiunque altro.
-Evvai... ci facciamo un pockerino?-
-Ce l'hai della birra in casa?-
Tutti parlavano troppo forte e lei non ne riconosceva
più le voci. Dov'erano finite le ragazze?
-Vado
fuori a
fumarmi una
sigaretta. Aspettami qui.- disse a Edo tentando di svicolarsi dal
gruppetto.
I tacchi non la aiutavano affatto in quella
situazione ma aveva bisogno di
aria fresca. Non ricordava nemmeno più che strada prendere
per uscire. Doveva andare a destra o a sinistra?
-Alice
hai sentito di Manuel e Cecilia, quella del quarto anno?- Cici non era
una da pettegolezzi, mentre Laura masticava più quelli che
cibo
vero.
-Cosa?-
era concentrata un esercizio di fisica particolarmente
complicato e non aveva tempo per le cavolate.
-Pare
che stiano insieme.-
-Ah
davvero?- Alice non dava grandi soddisfazioni a Laura, non era mai
troppo interessata ai
pettegolezzi da liceo.
-Lei
l'ha praticamente detto a tutta la scuola!- le rispose
Chiara con evidente disprezzo.
-Non
credo che Bressan sia tipo da fidanzarsi. Ho sentito che ha fatto
lo stronzo con un sacco di ragazzine come Cecilia l'anno scorso...-
Laura amava questo genere di intrighi, lei invece la liquidò
con un gesto annoiato.
-Tutti
dicono che è a posto, ma l'anno scorso frequentava Cherubini
io non mi fido.- concluse Chiara.
La mente di Alice
oscillava tra i ricordi e la
realtà non sapeva più chi le stesse parlando ne
dove
stessero andando. Qualcuno la teneva per un gomito, e sentiva un
braccio attorno alla vita. Era Edo o Jack?
Magari era Manuel...
-Hai sentito che ho detto? Andiamo da Manu a
berci una birra perchè suo padre è ancora via.-
quello era Edo.
Lo sapeva che il padre di Manuel
Bressan era fuori
città, eccome se lo sapeva: aveva passato il pomeriggio a
rotolarsi
nel suo letto sospirando sotto il tocco delle sue labbra.
Non voleva tornare da lui, non in quella casa.
Era la casa
dei ricordi, del senso di colpa, non poteva sopportare di passarci la
serata insieme agli amici. Gemette
disperata ma probabilmente nessuno la sentì.
Provò a protestare ma contro Edo
non poteva
granché, le fece fumare una sigaretta poi la
caricò in
macchina senza porsi tanti problemi.
Stava andando a casa del suo amante ubriaca e col suo
ragazzo. Era semplicemente fottuta.
Spazio autrice:
Come avevo annunciato
ecco il primo capitolo rivisto e corretto!!!
Non è molto lungo lo so, però spero piaccia
ugualmente.
Ora vorrei indire un bel contest
per tutti quelli che mi seguono:
-Qual'è
secondo voi la città in cui è ambientata la
storia?-
Vediamo un po' se indovinate...
Il primo che azzeccherà la risposta avrà un bel
premio,
a sua scelta!
Potete usare il mezzo che volete per inviarmi le risposte
mail
msn (l'indirizzo è lo stesso della mail se mi volete
aggiungere)
recensioni
a voi la scelta!!
[La storia è piena di indizi, e i prossimi capitoli lo
saranno anche di più,
premetto però che io in questa città non ci
abito, la conosco un po'
per le varie visite che ho fatto, ma non così bene...
quindi se faccio alcuni errori perdonatemi!!]
Grazie a tutti per le recensioni,
vi ammmmo!!
1bacio. Vale
|
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Capitolo 3 *** 3 ***
a
3
Liceo
privato paritario:
sabato mattina, ora buca di latino nella classe 5°B, la gioia
dello
studente medio di ogni parte del mondo.
Era l'inizio di aprile e i famosi cento giorni alla maturità
erano già passati da qualche settimana, ma nessuno sentiva
ancora il fiato sul collo per gli esami, gli studenti dell'ultimo anno
anzi erano tranquilli a godersi l'assenza della professoressa
più temuta della scuola.
L'aula, con i muri
azzurri sbiaditi come tutte le altre, conteneva a fatica i quindici
banchi in disordine e le sedie accatastate in giro alla rinfusa: tutte
le ragazze si erano radunate
in un angolo e parlottavano tra loro delle tendenze sessuali di
qualche
malcapitato giovane professore.
Alice seduta su un
banco tra loro con l'i-pod nelle orecchie, le ignorava
sistemandosi accuratamente le pieghe della gonna bordeaux.
Non
sentì la porta scorrevole aprirsi aveva la musica
troppo
alta, ma
notando un movimento nel suo campo visivo alzò gli occhi per
trovarne la
spiegazione. Notò le due presenze estranee e
seguì con lo
sguardo i due ragazzi che
sfilano tra i banchi: erano del suo stesso anno ma venivano da un'altra
classe. Si conoscevano
tutti bene: in una scuola privata con meno di duecentocinquanta alunni,
non era poi così strano conoscere ogni volto. Li
salutò
con un cenno del capo e loro ricambiarono senza entusiasmo, li
seguì mentre si sedevano con
gli altri maschi della sua classe e intavolare un'animata discussione
di cui non poteva cogliere l'argomento.
Edoardo è
li tra loro. Ma non la guardava, ne lei non guardava lui; negli ultimi
mesi era diventato abbastanza normale.
Il suo sguardo si
posò sul nodo della cravatta della divisa di un altro
studente: basso e castano, il viso ovale e i lineamenti morbidi
insignificanti, con il colletto ben stretto e ordinato. Lo
guardava senza vederlo davvero, cullata nei ricordi dalle note dei
Coldplay: quante volte aveva
sfilato quel nodo a lui, al ragazzo con cui condivideva i pomeriggi, il
letto e una passione incontrollabile.
Peccato che non
fosse Edoardo.
Chiara le tirò una manica della camicia entrando
prepotentemente
nel flusso dei suoi ricordi, doveva essere suonata la campanella.
-Ali
andiamo a mensa!- la sentì
gridare togliendosi le cuffie, e con un balzo leggero lasciò
il
banco su cui era seduta per seguire la mandria di studenti che
abbandonavano le aule.
Ogni giorno la stessa routine, cinque ore la mattina, pausa pranzo e
altre due strazianti ore pomeridiane.
La
scuola privata condivideva con
quella pubblica gioie e dolori, ma a quest'ultimi andavano aggiunte
molte più ore e scomodissime divise obbligatorie mentre per
i
pregi potevano vantare gite scolastiche extralusso assicurate estate e
inverno.
Alice, come tutti gli studenti dell'ultimo anno era ormai nauseata dai
colori della scuola che era costretta ad indossare tutte le mattine da
cinque lunghi
anni. La gonna grigia e bordeaux e la camicetta bianca
ornata di stemma sul taschino non erano nulla paragonate al
cravattino, all'orrendo cardigan di lana e alle calze nere e pesanti;
tutti uguali come soldatini, obbedienti ad un preside altero e
conservatore legato ancora ad un'educazione strettamente cattolica.
Non
si poteva sgarrare alle Stimate, almeno per quelli che non potevano
permettersi di pagare perchè le teste giuste si girassero
dal lato giusto.
Guardandosi
attorno mentre tutti i ragazzi si immettevano nel
corridoio rumorosamente, si poteva notare come in genere le ragazze
avessero messo
un po' di personalità e colore all'omologazione: una
ragazzetta
bassa e un po' tarchiata del terzo anno che usciva dall'aula accanto
alla sua, aveva indossato delle buffe calze nere decorate con piccole
stelline rosse mentre un'altra portava un paio di spillette tonde
attaccate alla camicia accanto ai bottoni del colletto. Persino Laura,
che camminava algida e severa davanti a lei, sotto l'orlo della camicia
nascondeva una serie di risvolti per accorciare la gonna e mostrare
spavalda le sue gambe magre e atletiche forgiate da anni di danza
classica.
Con i Coldplay ancora nelle orecchie Alice studiò
attentamente le figure che stava seguendo in silenzio. Chiara e Laura.
Le sue migliori amiche da sempre. Stava nascondendo anche a loro un
segreto
indicibile ma che avrebbe tanto voluto condividere per togliersi quel
peso orrendo. Il senso di colpa le chiudeva lo stomaco ogni volta che
era
costretta a mentire per coprire le sue sparizioni, non capiva
perchè ma si sentiva molto più in colpa verso di
loro che
non verso Edoardo, il suo ragazzo.
Era certa che Chiara si sarebbe scandalizzata e l'avrebbe sgridata come
avrebbe fatto sua madre, però poi in lacrime sarebbe corsa
ad
abbracciarla scusandosi e provando di consolarla. Era la più
dolce, materna e moralista del gruppo, fidanzata più che
storica
di Jack, non vedeva nessun altro uomo al mondo che non fosse lui. La
sua camminata al contrario di quella di Laura, che diritta come un fuso
guardava tutti dall'alto in basso, diceva tutto di lei: si guardava
perennemente i piedi e sorrideva a tutti quelli che la salutavano con
un paio di libri stretti sul fianco destro e i capelli castani lisci
come
seta che ondeggiavano armonicamente sulla schiena.
Laura, Maria Laura all'anagrafe, con i suoi capelli biondi mossi da
un'onda di boccoli perfetti ad ogni ora della giornata, era il
prototipo
di Barbie Malibù, miscelato con due occhi nocciola, ciglia
lunghe e delle curve morbide che Alice invidiava dalla scuola media.
Lei ed Alice si erano odiate dal primo giorno delle elementari, due
caratteri troppo forti per non scornarsi dalla mattina alla sera, ma al
terzo giorno erano già migliori amiche e non si erano
più
separate. Chiara era quella costretta a calmare gli
animi del gruppo, Laura era l'opposto: acida e caustica, aveva sempre
qualcosa da dire su
tutto e tutti; lei e Charlie erano la coppia più improbabile
del
liceo. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro su quell'unione, invece da
due anni facevano coppia fissa, e nonostante le battutine di Filo sul
"Nano e la Spilungona" Charlie era il ragazzo indiscutibilmente
più invidiato della scuola.
Scesero insieme alla ressa fino al piano terra e raggiunsero la mensa e
assonnate come ogni sabato sedettero insieme in un tavolo vuoto non
lontano da dove sedevano abitualmente i ragazzi. Anche a mensa la
routine era consolidata, il gruppo dei ragazzi sedeva in un angolo
privilegiato assieme al resto dei loro compagni di basket e
troneggiavano sul resto degli alunni.
Nemmeno nei peggiori licei americani le gerarchie erano così
consolidate.
Alice e Chiara presero i vassoi mentre Laura occupava il tavolo, la
mensa non era male ma con tutto quello che aveva bevuto la sera prima
tra la pasta, il polpettone e le verdure cotte la scelta ricadeva
inappellabile sulla mela posata nell'angolo del vassoio.
Le
chiacchiere furono poche. Chiara stava ripassando filosofia per l'ora
successiva,
Alice sospirava in agonia pensando al pacchetto di sigarette che
l'aspettava nella tasca della gonna, mentre Laura sproloquiava da sola
illustrando alle altre
gli ultimi pettegolezzi sul divorzio della sua vicina di casa.
Improvvisamente il cellulare di Alice vibrò sul tavolo
attirando
l'attenzione di tutte e tre, Laura si allungò per tentare di
prenderglielo, ma Alice fu più veloce. La guardò
con aria
di sfida dopo averle fatto la linguaccia poi si concentrò
sull'sms appena arrivato.
"Chiudi quelle gambe altrimenti sarò costretto a saltarti
addosso
davanti a tutti."
Il numero non presente in rubrica finiva con 742 e tanto
bastò
per farle chiudere le gambe con uno scatto rumoroso sotto al tavolo.
Non aveva bisogno di andare a rileggersi il numero, solo un cretino
come lui poteva mandarle un messaggio del genere a mensa.
Alzò
lo sguardo lentamente cercando di rimanere calma: seduto due tavoli
più avanti, voltato arrogantemente nella sua direzione,
stava
appollaiato sullo schienale di una panca con i suoi amici e la scrutava
impertinente, ignorando il fatto che il ragazzo di Alice fosse seduto
al
suo stesso tavolo.
Dettagli insignificanti secondo Manuel Bressan.
Alice lesse di nuovo il messaggio sconcertata poi lo
cancellò
alla
svelta mentre Manuel continuava a fissarle le cosce con un sopracciglio
alzato.
-Chi è Ali?- non si voltò nemmeno a guardare la
altre
due, rispose abituata ad usare la scusa di sua madre ad ogni messaggio
inopportuno di Manuel.
-Mia madre che chiede delle stronzate.- ripose il telefono in tasca
mentre un
sorriso malizioso cominciava a farsi spazio sulle sue labbra.
Decise di stare al suo gioco.
Si sistemò sul bordo della panca, aprì le gambe
verso di
lui facendo scorrere più su con discrezione la gonna
già
corta.
Aveva impiegato l'intera estate tra la seconda e la terza per
convincere sua madre ma alla fine la sua tenacia aveva vinto e
segretamente era riuscita a far accorciare la parte inferiore della
divisa di cinque centimetri abbondanti, l'anno dopo madre natura
completò il lavoro concedendole il metro e settanta che ora
sfoggiava fieramente e le gambe lunghe ereditate grazie ai geni materni.
Continuò ad ascoltare con Laura, senza particolare
entusiasmo e cercando di nascondere il suo ghigno malefico dietro al
collo della bottiglietta d'acqua. Si voltò ancora con
discrezione fingendo di spostare il vassoio verso il tavolo dei ragazzi.
Edo e Charlie si stavano lanciando contro dei bicchieri di plastica e
gli altri cercavano di ripararsi con le braccia.
Manuel
invece guardava lei, sorpreso e vagamente malizioso,
fingeva di
deviare lo sguardo ma poi ricadeva comunque sotto al tavolo a cui
sedeva Alice. Dal modo tagliente con cui la guardò quando
incrociò il suo sguardo capì che non avrebbe
resistito
molto, e
lui era capacissimo di adempiere alla minaccia del messaggio
fregandosene di tutto e tutti.
Passarono
solo pochi
istanti e poi, soddisfatta della sua dimostrazione di potere, chiuse le
gambe accavallandole e precludendogli ogni progetto bellicoso.
Durante le lezioni
del pomeriggio Alice risentì molto dell'uscita della sera
prima, i Martini e l'orario di rientro più vicino all'alba
che
al tramonto, non le avevano giovato.
Il
pensiero di quella situazione inoltre le bloccò il
pranzo a metà digestione. Così, dolorante e
nauseata da se
stessa, ignorò del tutto la lezione di filosofia
concentrandosi solo sui ricordi della serata precedente.
Era
stata davvero una serata del cavolo...
All'una passata si era ritrovata sola sul divano immacolato nel grande
salotto di Manuel.
Jack
e
Chiara stavano pomiciando stretti su una
poltrona poco distante da lei.
Charlie,
Edo, Filo e Manuel stavano giocando a poker al
centro della stanza. Avevano
steso la tovaglia di panno verde sul tavolo rotondo e accumulavano
fiches su fiches, Alice aveva seguito la partita per un po', ma non la
facevano mai giocare perchè temevano il suo cervello svelto
nei
conti e nelle probabilità.
Alla
fine annoiata a morte si era lasciata sprofondare sul divano, come
sempre Manuel stava vincendo spillando una marea di soldi a Edo. Una
notte le aveva anche confessato che si
divertiva
particolarmente a spennare il suo ragazzo perchè era davvero
negato per il bluff e smascherarlo era cosa da poco.
Non
ricordava bene ogni particolare nonostante avesse smaltito in fretta
quasi tutto l'alcol, ma era certa
almeno della parte cruciale della nottata. Era stata una pessima,
pessima idea.
-Manu posso usare il bagno?- chiese al padrone di casa con
entrambe le mani sullo schienale dietro Edoardo e un sorriso innocente.
La
fissò con gli occhi d'ossidiana spalancati e immobili per
una frazione di secondo, poi tornò a guardare
le
carte e le buttò al centro del tavolo voltate: - Esco.-
brontolò alzandosi con entrambe le mani sul bordo
della
tovaglia.
-Vieni
ti faccio vedere dov'è.-
Le
si rivolse come se nemmeno la conoscesse ma con lo sguardo
soffocante che concedeva solo a lei.
Ovviamente
sapeva
benissimo da sola dove si trovasse il bagno: l'aveva usato decine di
volte, ci aveva fatto la doccia con lui, si era asciugata nel suo
accappatoio e usato il suo phon, aveva anche
lasciato lì il suo deodorante una volta e sfogliato le sue
riviste di moto.
Seguì
Manuel sulla
scala a chiocciola e quando furono soli nella sua stanza si
lasciò cadere sul letto con la testa tra le mani.
-Sto
malissimo-
-Hai
bevuto troppo?- ipotizzò Manuel in piedi di fronte a lei con
le
braccia incrociate sulla maglietta grigia e un sopracciglio
teatralmente alzato.
Era
nella stanza del suo amante mentre al piano di sotto il
suo ragazzo rideva ignaro di tutto. Perché Manuel non capiva
il
suo senso di colpa!? Perchè era così incapace di
empatizzare i sentimenti altrui?
-No.
Cioè anche, ma non è questo il punto. Questa
situazione mi sta facendo
impazzire, non so come fare.-
Si
alzò imboccando la porta del suo bagno
privato.
Nonostante
l'ora, l'alcol e le avances di Edo, l'immagine di se stessa allo
specchio era ancora perfetta, il
trucco era non si era sbavato e i capelli lisci
ricadevano come seta sulle spalle. Manuel dietro di lei ghignava.
-Sono
problemi tuoi lo sai.- era fermo sullo stipite della porta lo sguardo
fisso
sulla figura nello specchio.
-Come
sei comprensivo. Grazie tante.-
-Quante volte dovrò ripeterti che non me ne frega
niente di quello che
fai fuori di qui.-
Alice
lo odiava in quei momenti, la costringeva sempre a
scontrarsi con la realtà puramente carnale del loro
rapporto,
come se avesse bisogno di ricordarselo.
Alzò
le spalle facendo un misero passo
verso di lei.
-Credi
che sia facile? Anche lui pretende la sua parte, e io non ce la
faccio.-
Non
lo guardava più, e non riusciva nemmeno a guardare la
propria immagine riflessa nello specchio al ricordo di come Edo l'aveva
toccata e baciata in macchina prima di salire.
-E' il tuo fidanzato
no? E' ovvio che pretenda la sua parte.- calcava sempre quella parola
con ironia le rare volte che la pronunciava.
Rimaneva imperturbabile e incolore come sempre, aveva la
capacità di farle saltare i nervi come nessun altro. a
Manuel
non importava che lei stesse tradendo il suo ragazzo, era un problema
di Alice non suo.
La
sua filosofia con le donne era sempre stata quel che è mio
è mio e quel che è tuo anche.
-Bastardo.-
sibilò tra i denti mentre si voltava pronta a continuare ad
insultarlo.
Nemmeno
mezzo secondo e si era avventato sulla sua bocca, e
stupidamente era stata al gioco per l'ennesima volta. Non aveva
protestato mentre l'afferrava per metterla seduta accanto al lavandino,
ne mentre le mordeva il collo o le sfilava le calze.
Non
aveva mai protestato Alice con lui.
E
non faceva che rimproverarselo da quella maledetta sera di Gennaio. Ma
pentirsene no: quello non l'avrebbe fatto mai.
La
'maledetta sera' fu solo l'inizio di quel
guaio.
Nessuno
avrebbe potuto dire
con certezza se fosse stato l'alcol, la solitudine, un rapporto ormai
finito o il sentirsi attratto magneticamente dalla pelle dell'altro, ma
quella sera d'inverno aveva decretato l'inizio e la fine di molte cose.
Non
capitava spesso che
andassero in discoteca a ballare tutti insieme perchè
nessuno dei ragazzi
apprezzava l'ambiente. Ma il club di basket di Jack e Filo aveva
organizzato una festa, così tutti si erano convinti a
partecipare alla serata.
Charlie
e Laura, erano
scomparsi dalla circolazione subito dopo la mezzanotte, sicuramente
imbucati in
macchina in qualche parcheggio buio o in periferia. Chiara e Jack
invece
stavano
avvinghiati su un divanetto in disparte, Jack con i primi bottoni della
camicia saltati la ragazza invece col vestito arrotolato ben oltre le
ginocchia.
Alice
era rimasta sola, la sfortuna di uscire con due coppie.
Edo
era a casa con la febbre.
Presa
dalla compassione per i due sfilò le chiavi dell'auto
dalla borsetta e scese dal tavolino su cui stava ballando. Si
avvicinò agli amici impegnati in una complessa contorsione
che
vedeva Chiara seduta sulle ginocchia del ragazzo con le gambe
intrecciate alle sue. Attirò la loro attenzione
toccando la gamba a Jack e fece ciondolare le chiavi davanti alle loro
teste.
-Tieni.- sorrise ammiccando verso l'uscita. -Andate pure, basta che
domani me la riportiate.-
Filo
si era preso la 206
nera che condividevano i fratelli per "accompagnare a casa" una moretta
che
aveva conosciuto quella sera, costringendo il fratello minore ad
elemosinare un passaggio da Alice.
-Sicura?-
-Sì andate su.- rassicurò Chiara con una pacca
sul sedere.
-Grazie
ti adoro-
-Tu
come torni?- intervenne Jack preoccupato tenendo la sua
fidanzata per la vita.
-Torno con il Vigna o con Paul, o magari mi trovo qualcuno che mi
accompagni- gli fece l'occhiolino sogghignando.
Quando le
due chiome scure scomparvero dalla sua vista tra la folla dopo averla
salutata e ringraziata calorosamente, Alice si
avviò verso il bar. Sapeva
dall'inizio
che sarebbe finita così: loro avvinghiate saldamente al
braccio dei loro fidanzati e lei a
bere su uno sgabello da sola.
-Martini ghiaccio e limone, grazie.- disse al barista allungandogli la
tessera mezza consumata, quello annuì e in pochi secondi il
bicchiere comparve davanti a lei.
Finì
il drink in tre sorsi e decise di tornare a ballare per tentare di
scorgere qualcuno degli altri che potesse accompagnarla a casa.
La
folla la opprimeva e detestava doversi schiacciare contro corpi
sudati e appiccicosi per
ballare, cercò un tavolino libero e
salì
facendosi aiutare dal ragazzo carino con cui stava ballando
liquidandolo subito dopo. Rimase
lassù tranquilla a scrutare tra le luci la massa di persone
che
si muoveva tutta alla stesso ritmo e lasciò che la musica e
il Martini la
cullassero.
Dopo
una ventina di minuti i
piedi
cominciavano a dolerle
scese per prendersi qualcosa da bere e trovare un angolo per sedersi
per continuare a perlustrare il locale in cerca del Vigna o magari di
Pasini.
Stava
appoggiata al bancone con i gomiti in attesa dell'ennesimo cocktail
quando, vagando con
lo sguardo tra la gente, vide lui.
Non
lo riconobbe subito.
Stanca
e con la mente offuscata non riuscì ad
associare quel volto conosciuto a nessun nome.
Indossava
una felpa nera col
cappuccio e un giubbotto di pelle nero, doveva essere appena
arrivato perchè se ne
stava
con le spalle appoggiate al muro proprio accanto all'ingresso e
sorseggiava una birra squadrando scettico una ragazzina che agitava le
sue grazie davanti a
lui.
I
loro sguardi si incrociarono un attimo tra la folla che si muoveva
davanti al bar, ma bastò ad entrambi per
riconoscersi.
Alice lo scrutò a lungo
ignorando le comuni regole dell'educazione, studiando ogni dettaglio
che poteva cogliere a distanza: che fosse
alto ben più di lei già lo sapeva, non poteva
capire col giubbotto quanto
fosse muscoloso ma aveva le spalle larghe e i fianchi sottili come un
nuotatore, occhi scuri e capelli neri come la pece. I lineamenti
regolari e marcatamente maschili.
Quando
il suo drink arrivò ne bevve solo due
sorsi abbandonandolo poi sul primo tavolino basso.
Lui
alzò lo sguardo oltre la moretta che gli ballava davanti e
la
squadrò dall'alto in basso un paio di volte mentre gli si
avvicinava. Alice era
decisamente appariscente, con quel vestito
nero cortissimo e senza spalline e le scarpe col tacco rosso.
Non si poteva non guardarla a bocca aperta.
Era
certa di aver già visto da qualche
parte quel bel ragazzo, quel broncio da ragazzo ribelle e il fisico
asciutto, non ci
si scordava facilmente di uno così. Forse era uno delle
Stimate, ma non ne ricordava il nome.
Arrivò
da lui ancheggiando sui tacchi e catturò tutta la sua
attenzione.
-Ci
conosciamo vero?-
-Potrebbe
essere.- rispose allusivo senza smettere di guardarla.
Per
un momento, solo un
momento, Alice si perse a fissare quella mascella definita e scurita da
una punta di barba, i
capelli scompigliati e gli occhi scuri che la fissavano senza alcuna
inclinazione. Sembrava non vedesse solo i capelli rossi il trucco e le
lentiggini, come se le guardasse direttamente le viscere, era
asfissiante essere sotto quello sguardo. E da quello lo riconobbe.
-Ma sei Manuel? Lo stronzetto amico di Jack.- esclamò
improvvisamente
illuminata, pentendosi l'attimo dopo.
Aveva
sentito alcune storie su di
lui, sulle sue frequentazioni con quello schifoso di Cherubini e
ricordava che lui
e Jack qualche anno prima avevano giocato assieme.
-Brava indovinato.- rise della sua sfacciataggine e finì per
guardare la linea profonda nella sua scollatura.
Seguendo
il suo sguardo malizioso sorrise anche lei: non era certo uno che
perdeva tempo in stupidi giochi di chiacchiere e seduzione. Uno sguardo
e le aveva già detto tutto
ciò che avrebbe voluto sentirsi dire da un uomo.
Il
modo bramoso con cui la
guardava negli occhi era indefinibile, aveva le sopracciglia folte e
ogni loro movimento era una parola che lui non diceva. Nessuno l'aveva
mai guardata
così. Nemmeno Edo l'unico ragazzo che avesse mai amato.
Manuel
indovinò quanto fosse alticcia vedendola barcollare
leggermente e
tenersi in equilibrio con una mano contro al muro.
-Ti
va di ballare un po'?- chiese senza indugi passandogli un dito
sulla cucitura del giubbotto.
Finì la birra con una breve sorsata e si fece condurre in
pista.
Si
confusero tra la folla e si fermarono al centro del locale dove il
soffitto era più basso e coperto di specchi.
Alice
audacemente lo prese per mano per avvicinarlo a sé e gli
passò
le braccia attorno al collo; cominciò a dondolarsi contro di
lui
piegando un angolo della bocca verso l'alto. Più lo
guardava,
più i suoi occhi sembravano scurirsi, non distingueva iride
e
pupilla, era ammaliata da quello sguardo altero ma allo stesso
tempo caldo e avvolgente come il velluto più scuro, non
riusciva
a smettere di fissarlo.
All'inizio
lo sentì muoversi un po'
impacciato contro di lei, poi prese il ritmo e divenne più
disinvolto. Così bello e
sicuro di sè da non smettere di guardarla negli
occhi nemmeno
un
istante; non era paragonabile alla massa di ragazzi insipidi che
ciondolavano attorno a loro.
Il
piglio autoritario con cui la strinse
in vita quando un altro ragazzo le finì addosso la fece
sussultare. Finì contro il suo petto e l'avvolse un senso di
protezione che non aveva mai conosciuto; aveva
mani grandi che le avvolgevano quasi completamente la vita minuta e le
sentiva correre sul vestito e sulla schiena nuda senza paura.
Cominciò
ad avvicinarsi sempre più al suo volto, appoggiandosi prima
al
collo per proseguire poi fino alla guancia, sperando che lui cogliesse
lo spunto per baciarla.
Ma non lo fece.
Stordito
per la prima volta dalla sua vita da una ragazza:
era bellissima, bianca come la neve con due occhi grandi e puliti che
lo fissavano maliziosi. Sentiva il suo profumo
inebriarlo. I capelli, le labbra, la pelle, le spalle le
braccia sottili, tutto era
assurdamente perfetto
in lei.
Si
era avvicinata sempre più e aveva capito che
stava aspettando solo un suo bacio, ma non voleva accontentarla ancora
per divertirsi un po' a prenderla in giro e
tentare di scacciare quello strano stordimento. In fondo non poteva
essere diversa dalle altre.
-Che
fai Alice Aroldi,
ci provi con me?- le sussurrò in un
orecchio per sovrastare la musica altissima.
Quando
la guardò di nuovo si stava mordendo il labbro con gli
incisivi osservandolo dal basso. Era bella da mangiarsela.
-Anche se fosse?-
Manuel
non si aspettava certo una risposta così, pensava di
indispettirla non di provocarla.
Inclinò un angolo della bocca in un sorriso furbo
avvicinandosi di nuovo al suo orecchio: -Andiamo
via di qui.-
Lei
annuì e cercò la sua mano per essere
guidata.
Presero
la borsetta e il cappotto di Alice dal guardaroba. Risero insieme
quando svuotò
la
sua pochette sul tavolo dell'ingresso alla ricerca di spiccioli e alla
fine fu Manuel a pagare per lei. Non era
molto stabile sui quei
tacchi altissimi, e fuori dalla folla, dove non aveva altro appiglio
che lui, la sua instabilità si fece molto più
marcata.
Manuel
rideva vedendola inciampare nei sassi del parcheggio e
imprecare contro una pozzanghera mentre si sistemava i
capelli dietro alle orecchie. Notò un braccialetto argentato
al
suo polso ossuto, era quello di Tiffany che piaceva tanto alle ragazze
in quel periodo. Ne studiò l'abbigliamento attentamente,
dalle
scarpe
alte bordate di rosso al cappotto di panno nero coi bottoni dorati,
doveva essere tutto
firmato e probabilmente usato meno di due volte. Rientrava in pieno
nella categoria di ragazze che adorava prendere in giro, petulanti
ragazzine figlie di papà convinte
di
poter giocare alle brava ragazze di giorno e strafarsi la notte. Illuse
di poter avere tutti ai loro piedi grazie al potere della Visa che
tenevano nel portafoglio. Ne aveva viste tante, ed erano le sue
preferite.
Quando
lui si fermò davanti alla moto estraendo le chiavi dalla
tasca dei jeans, Alice si bloccò guardandolo storto.
-Mai
salita su una moto?- domandò divertito
mentre slacciava il suo casco dal lato sinistro della Honda nera e
argentata.
Alice
scosse il capo titubante strappandogli una risata derisoria.
-C'è
una prima volta per tutto. Metti
questo!-
le ordinò allungandole in casco di riserva
che allacciò con qualche difficoltà.
Manuel si piazzò in sella
e impacciata seguì le sue istruzioni per montare
dietro di
lui. Le sue gambe bianche e sottili facevano quasi luce sotto i fari
chiari del parcheggio, sarebbe dovuto andare piano altrimenti si
sarebbe congelata con quel fazzoletto di vestito.
-Hai fame?-
-Sì.-
brontolò lei tentando di abbassare il più
possibile il bordo del vestito.
-Attaccati
a me.- ordinò Manuel accendendo il
motore che ruggì sotto le gambe di Alice.
Guidò
per una decina di minuti con le dita sottili e fredde di Alice
attaccate alla felpa sotto al giubbotto. Ogni volta che si fermava ad
un semaforo o rallentava la
sentiva accarezzargli curiosa gli addominali. Non aveva mai
guidato così piano, a quell'ora di notte di solito poteva
scatenare tutti i cavalli della sua Honda, così
invece impiegò
molto più tempo per raggiungere il forno dove andava con
Filo a strafogarsi di pizza.
Scesero
insieme davanti all'unica
vetrina accesa del quartiere e Alice prese un cornetto alla crema
ciascuno mentre Manuel l'aspettava fuori fumandosi una sigaretta.
Lui mangiò in silenzio col culo appoggiato alla
moto, lei invece rideva, saltellava e parlava in continuazione.
Però
guardarla lo divertiva:
continuava a inciampare dappertutto borbottando tra se imprecazioni
incomprensibili contro
un certo Serio Rossi, gli raccontò di quanto la sua amica
Cici
amasse Jack e viceversa. Diceva che era così che doveva
essere,
ma Manuel non capiva di cosa parlasse.
Finito
il cornetto le offrì una sigaretta e la fissò col
solito sguardo insondabile: -Devo
riportarti a casa?- le chiese.
Alice
andò nel panico. Non voleva andare a casa, stava bene
con lui e non voleva che la serata finisse. Non voleva smettere di
sentirsi quegli occhi addosso.
-No.- colse una nota di ritrovata
coscienza nella voce: -Non voglio andare a casa.-
In
piedi davanti a lui con le dita strette sul bordo della giacca
e le
ginocchia tremanti per il freddo, lo guardava fisso con
un'espressione strana, sembrava quasi che lo stesse implorando di
tenerla con se per un motivo a lui sconosciuto. Una bambina che faceva
i capricci o una donna spaventata? Non riusciva a collocarla in nessuna
categoria.
Non
rispose, le
passò solo il casco con un mezzo sorriso, lo prese tra
le
mani ringraziandolo sottovoce.
Era
ancora pieno
inverno
e in moto faceva un freddo cane anche per Manuel, ma lei non
aprì bocca ne si
lamentò in alcun modo. Attese pazientemente rannicchiata
contro
la sua schiena con la pelle d'oca sulle cosce, finchè dopo
una
curva stretta Manuel non rallentò bruscamente per infilarsi
in
un cortile interno.
Alice
scese e
non fece domande. L'attese davanti al gradino del portone principale
mentre Manuel
parcheggiava con calma la moto vicino al muro del palazzo alto e
maestoso in San
Zeno.
In
ascensore evitò di fissarlo imbarazzata. Giocherellava con
le
chiavi della moto comodamente stravaccato nell'angolo
opposto alla
pulsantiera mentre Alice di fronte a lui si
teneva in equilibrio sui tacchi alti, non sapendo bene cosa l'avesse
condotta fino a quel punto.
Non
voleva ammettere a se
stessa che non vedeva l'ora di provarci lui, e che le piaceva quella
sensazione di novità, quelle farfalle nello stomaco. Non
voleva
pensare al fatto che stava salendo in casa di
uno degli amici del suo ragazzo con il chiaro intento di tradirlo e non
aveva nessun rimorso.
Manuel non capiva bene cosa lei
cercasse. Sapeva che lei stava con Edoardo e la cosa non gli importava
poi molto,
la scelta era di Alice, lui da uomo aveva degli istinti
che lei aveva risvegliato con un solo sguardo. Le
porte si aprirono con il classico scampanellio delicato,
sfilò la mano dalla tasca del
giubbotto e aprì la porta.
-Vivi
da solo?- chiese stupita dalla
tranquillità con cui entrò a notte inoltrata
accendendo
qualche luce e senza preoccuparsi di non fare rumore.
-Con mio padre, ma non c'è.-
Le
prese il casco di mano e li poggiò entrambi su un mobiletto
all'ingresso: -Vieni.-
La
guidò lungo un corridoio fino ad una scala a chiocciola,
salì dietro
di lui senza guardarsi attorno.
Arrivarono
in una stanza da letto, ma non si soffermò
nemmeno un
momento ad osservarla. Gettò borsetta e giacca su una
poltrona
imitandolo e si ritrovò in piedi nella
semioscurità
davanti a lui. Senza pensarci troppo annullò le distanze
portandogli le braccia attorno al collo cercando ancora i suoi occhi.
Anche
lui guardò
ancora un momento prima di avvicinarsi e tutto ciò che
avevano
trattenuto fino a quel momento esplose. Le labbra di Manuel finalmente
assaporarono quelle di lei,
cominciò
a baciarla lentamente e si sorprese per la velocità con cui
si
adattarono
subito l'una all'altro. Non ci fu timore ne imbarazzo come di solito
accadeva nei primi baci, fu automatico
e naturale come respirare, come se non avessero fatto altro tutta la
vita. Spinto da quell'intesa cominciò ad accarezzarle la
schiena e i fianchi sopra la stoffa cangiante del vestito.
-As..
Aspetta.- annaspò
senza fiato scossa dai
suoi baci sul collo.
Si
abbassò da un lato e tolse le scarpe che la stavano
torturando con un gemito di piacere. Quando si rialzò era
visibilmente più
bassa, e Manuel non potè che sorridere ritrovandosi tra le
braccia una ragazza che gli arrivava appena al naso. Poi si
abbassò
un po' su di
lei e riprese da dove l'aveva interrotto.
Quelle
carezze la infiammarono più di tutto l'alcol che le
scorreva nelle vene, le piaceva il modo in cui la esplorava e
cominciò anche lei a
sfilargli felpa e maglietta dai pantaloni. Quando si trovò
faccia
a
faccia
col suo torace scolpito le mancò l'ossigeno per un attimo,
annaspò e perse ogni freno inibitore. Era bello come un dio
greco.
Alice
si scostò ancora una volta quando lo sentì
cominciare
a lottare contro la zip del vestito sul suo fianco, guardandolo
maliziosa scivolò con le mani fino al bordo inferiore e lo
sfilò con facilità rimanendo in biancheria. Non
era mai
stata così audace con Edoardo, ma Manuel aveva un tocco
capace
d'incendiarla. Così senza aspettare si adoperò
per
slacciargli la cintura e i jeans scuri, aiutandolo poi a
liberarsi le gambe.
Manuel
si fece spogliare docilmente poi senza dire nulla la issò da
terra passandole le mani dietro alle cosce per poggiarla sul letto
sotto di loro. Poi
finalmente si guardarono di nuovo negli occhi.
Lì
la vide
di nuovo: quella bramosia nascosta tra le pieghe di velluto nero del
suo sguardo.
Pur
di aver quello sguardo su di se avrebbe anche potuto implorarlo di
guardarla.
Si
gettò di nuovo a lambire il collo con le labbra per poi
scendere e dedicarsi al resto del corpo.
In
quel momento, con i capelli di Manuel che le accarezzavano in ventre e
le sue labbra che percorrevano la linea del suo fianco, le vennero in
mente Edo, Matteo e Gianpaolo, gli unici tre ragazzi con cui
si era trovata nuda in un letto. Nessuno mai l'aveva trattata con
quella sicurezza, il sesso per lei era sempre stato un buffo scambio di
effusioni, contorto e imbarazzato.
Ricordò
Gianpaolo l'estate precedente, che
non
era nemmeno riuscito a slacciarle il costume da solo, e Matteo, altra
avventura estiva, che era stato così veloce a spogliarla e
ad
infilarsi tra le sue gambe che Alice non si era quasi accorta di nulla.
E poi Edoardo con la sua morbosa possessività, diversa da
quella
di Manuel, meno nascosta, e le proposte assurde a cui lei
non aveva mai acconsentito.
Manuel
era tutto un altro mondo. Con lui
non si
preoccupò della luce accesa o dei
vicini
che potevano sentirli, non si preoccupò di avere la
biancheria
giusta o di trattenere i suoi gemiti, non ebbe paura di mostrare le
lentiggini che le decoravano il corpo o le smagliature sui fianchi. Non
ebbe paura di guardarlo negli occhi o chiedergli di più.
Le
disse di gridare e lei lo fece, le impose di sciogliersi e lo fece, le
disse come muoversi e obbedì.
Dopo un numero infinito di gemiti
e sospiri umidi, Manuel allungò
una mano verso il cassetto del comodino e prese un preservativo da una
scatoletta azzurra. Si mise nudo in ginocchio tra le lenzuola alla
mercè dello sguardo imbarazzo della ragazza,
infilò il preservativo
lanciando via la confezione e si chinò a baciarla di nuovo
con un trasporto che le faceva girare la testa.
Ciò
che era accaduto dopo era un segreto che Alice custodiva gelosamente
nell'anima.
La
mattina dopo si era
svegliata poco dopo l'alba e si era rivestita in silenzio mentre Manuel
dormiva ancora.
Non
era mai stata
così bene con nessuno. Sebbene avesse con Edo una confidenza
ormai di anni, non riusciva a
scollarsi dalla mente i baci dell'altro e la fermezza con cui le
stringeva i fianchi. Gli aveva
lasciato solo un biglietto sul comodino.
"Grazie
mille per la serata. Ci vediamo a scuola. A."
La
tentazione di
lasciargli anche il suo numero era stata forte ma il senso di colpa
aveva vinto sui ricordi della nottata meravigliosa.
Il lunedì dopo a
scuola lo aveva evitato accuratamente per tutta la mattinata, poi a
mensa, quando si era resa conto che nulla era cambiato e che lui la
guardava con lo stesso sguardo incolore e altezzoso che
riservava al resto del mondo, tirò un sospirò di
sollievo
convinta di poter chiudere quella notte in uno dei cassetti segreti
più nascosti della sua memoria.
Passarono le settimane e Edo era guarito dall'influenza, ma
Alice non era ancora
riuscita a gettare la chiave di quel cassetto. Ad ogni bacio di Edo
rimpiangeva le labbra dell'altro, ad ogni sguardo sostituiva due
profonde perle nere agli occhi color cioccolato del suo ragazzo.
Ma se la follia di una
notte non poteva incasinarle troppo la vita, due
settimane
dopo iniziarono davvero i suoi guai.
Era il weekend di san
Valentino e per festeggiare il Vigna, nato il giorno di san Faustino,
il gruppo si era riunito a cena in una trattoria fuori
città;
dopo il dolce, il caffè e svariati bicchieri di grappa la
compagnia aveva deciso di separarsi.
Edo e il resto degli
Afterblack voleva raggiungere una festa in un paese poco lontano mentre
gli altri preferivano tornare in città. Come accadeva sempre
più spesso Alice ed il suo ragazzo litigarono animatamente
sotto
lo sguardo rassegnato degli amici: Alice rivendicava la sua
indipendenza da un Edoardo aggressivo che non voleva che lei uscisse
sola senza di lui.
Rispettando un copione
sempre più consumato, dopo qualche minuto cominciarono ad
insultarsi ed si allontanarono entrambi su corsie opposte della
statale.
Manuel come tutti aveva
assistito alla scena in silenzio seguendo con lo sguardo la figura di
Alice che saliva in auto con le lacrime agli occhi e spariva a tutta
velocità verso Bussolengo.
-Me ne vado.- aveva
annunciato agli amici pochi minuti dopo, mentre tutti decidevano che
fare e lui aveva il casco già in testa.
Prese la stessa direzione di Alice
rallentando davanti al luogo dove era certo di trovare la ragazza: al
primo distributore di sigarette. L'aveva trovata che guardava la
campagna con una sigaretta tra le dita e le guance rigate di nero.
Come da lì avessero
raggiunto una stradina di sterrata buia e desolata non lontano da San
Massimo, non lo ricordava bene nemmeno Alice.
Ma tra i ricordi nebulosi
di lacrime asciugate in un secondo, sorrisi maliziosi e finestrini
appannati, una frase
riecheggiava nei suoi ricordi dopo che una voce roca e eccitata l'aveva
sussurrata al suo orecchio.
-Impazzirò per colpa tua Alice Aroldi... -
Là era cominciato in gioco di fughe improvvise,
bugie campate in aria e
nascondini notturni.
Alice sapeva delle
serate del Manuel con qualche altra ragazzina. Aveva provato una volta
a
fare un po' la gelosa, ma era solo tempo sprecato con lui. Ogni volta
le diceva che non erano affari suoi, oppure la liquidava sbattendole in
faccia la verità e raccontandole pure i dettagli.
-Con chi sei uscito ieri sera?-
-Non sono affari tuoi.- era la sua risposta standard.
-Te la sei scopata?- sibilò fredda e
indignata. Per cosa non lo sapeva nemmeno lei, non aveva alcun diritto
di replicare.
La guardò dritta negli occhi prima di rispondere:
-Sì.-
-Pensavo
di bastarti io? Non sono più all'altezza?-
-Ma
che vuoi? Mi sembra che
tu debba solo tacere: non dirmi che non la dai più a quel
pirla di Edo!?-
Quella volta Alice non rispose più e non fece
più domande.
Da quella notte erano
passati quasi due mesi e molte altre l'avevano seguita. Alice si era
rintanata nella menzogna, nessuno sapeva, e nessuno avrebbe dovuto
sapere
che stava tradendo il suo fidanzato con il peggior stronzo della storia.
Spazio Autrice:
Non so se avete notato che oggi è mercoledì...
ho aggiornato in anticipo!!
contente??
Questa lieta novella è dovuta al mio stato di disperazione
compulsiva
per due avvenimenti atroci:
1- il mio hard disk esterno è caduto ed è morto..
solo che dentro aveva tutta la mia vita in pratica
musica...
foto...
slides delle lezioni..
e sopratutto...
tutto ciò che avevo scritto in tre anni
(silenzio in contemplazione del danno fisico e morale)
Non dico nulla perchè non ci sono parole per il mio stato
d'animo
almeno ho recuperato questa storia con un bel copia incolla da efp..
2- le mie vacanze stanno per finire, un tragico matrimonio a cui non
vorrei ma devo partecipare
incombe come una spada di Damocle sulla mia testa, e il mio splendido
fidanzato si è messo in testa
l'idea balzana di mettermi a dieta!!!
Disperazione in ogni cellula del mio corpo..
solo il mio immortale lettore mp3 mi consola!!!
Detto questo smetto di logorarvi con le mie vicende personali e torno
ad Alice e Manuel
che ne dite? vi piace la nuova versione mi pare,
no?
Lo so il capitolo è un papiro, ma era necessario per farvi
capire un po' di cose...
Non dirò nulla sulla competition sulla città
perchè solo una persona ha tentato la sorte
quindi aspetto le opinioni di altri per svelarvi il verdetto!!!
ahahahahaha
...crudele...
ora mi accingo a rispondere a tutte le recensioni in ordine...ehm
sparso!!!
Sbruby: seee prima che le cose si aggiustino ne passerà di
acqua
sotto i ponti!! quei due sono un caso disperato di orgoglio e
presunzione,
mi fa piacere che la fic ti piaccia, e grazie del complimento, sentirsi
dire che è ben scritta fa sempre un piacere immenso!!
Ozz: ora hai nuovi indizi lanciati nella geografia e spara un ipotesi,
ormai è facilissimo!!!
Amylee: ho letto Naoki, la prima cosa che vorrei consigliarti
è
di usare nvu come programma di scrittura perchè l'html
è
un po' incasinato,
secondo: aggiusta i verbi e cerca di ambientare un po' meglio la storia
ci sono cose un po' inverosimili per un paese come il giappone
per il
resto non saprei
cosa dirti a
parte il fatto che non ho mai veramente creduto alla sindrome di
Stoccolma ma che in generale la fic mi piace!!!
Crusade:
quale intendi per il capitolo in cui si dichiara? se mi dici
in numero in base all'altra storia vedrò che posso fare,
anche
se in generale
la
storia rimarrà la stessa
Lady
Jane: giuro che ho pianto quando ho letto la rece (..il che
considerando quante volte piango alla settimana potrebbe essere
sottovalutato...) ma la rece mi ha commossa davvero..
Sulla
città mantengo mi appello al quinto emendamento e non
dico
nulla, ma ti assicuro che non cambierò quel capitolo
perchè è una delle mie scene preferite, anzi
è
probabile che gli dia anche più spazio!!
Spero
di continuare a trovare le tue recensioni perchè mi
confortano un sacco, grazie di tutto. 1bacio.
RBAA:
olà carissima, ci si rivede!! attendi attendi che se
ne vedranno delle belle...
Morgana
92: se hai adorato la vecchia...questa l'amerai!!!
o almeno spero....
Anthy:
eh lo so lo so, è una faticaccia, ma in
realtà mi
fa piacere perchè ho la possibilità di
correggermi e
trovare nuovi spunti!!
Grazie
mille della rece! Si concordo Manuel spesso non merita nemmeno
il mio bene!!
Annalisa70:
solo una cosa: è solo grazie alla tua mail se mi
sono decisa a rimettermi al lavoro..
quindi
prenditi pure tutto il merito, ne hai il diritto!!
Grazie
a tutti i Preferiti-Seguite
E
mi raccomando:
recensite
recensite recensite!!
1bacio.
Vale
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Capitolo 4 *** 4 ***
4
-Relazione Clandestina-
4
Il problema più grosso dell'intera faccenda non era il
tradimento in se, ma ciò che era cominciato due settimane
dopo
il compleanno del Vigna.
La seconda volta era stata scomoda, imbarazzante e intrisa di
umidità sul sedile del passeggero della Micra di Alice,
perchè se la prima volta era stata incoraggiata dall'alcol e
subito dopo si era addormentata senza dover affrontare la
realtà
di ciò che era successo, in auto non era potuta scappare da
nessuna parte, sopratutto nuda e con Manuel comodamente spalmato sullo
stomaco; sfortunatamente però era stata anche meglio della
prima.
E così altri incontri, decisamente meno casuali avevano
seguito quella serata.
Sempre in macchina o a casa di Manuel, quando suo padre era fuori
città, gli bastava uno sguardo ormai per comunicare con lei
ed
in un attimo un mal di testa lancinante la costringeva a lasciare amici
e fidanzato per ritirarsi in casa/vedersi con il suo amante.
E ogni volta, quando -davvero- tornava a casa si tormentava per ore,
spesso fino all'alba, nel letto domandandosi quale cavolo di strana
vocazione al sadismo la convinceva a seguirlo fino alla sua stanza e
sprofondare con lui nel piumone. Ma non riusciva mai a trovare una
risposta. Mai.
La svolta cruciale avvenne appunto più di due settimane dopo
san
Valentino: Alice non aveva nessuna voglia di uscire quel
mercoledì sera, sua madre aveva accompagnato suo padre ad un
convegno a Milano e si sarebbero fermati là per la notte,
quindi
aveva la casa tutta per se ed era ben decisa a rilassarsi davanti ad un
bel film e recuperare tutte le ore di sonno che aveva perso per colpa
di Manuel.
Però a metà pomeriggio, grazie ad un messaggino
dal
solito numero estraneo alla rubrica, scoprì che anche il
padre
di Manuel era fuori città, a Treviso, e ci sarebbe rimasto
per
tutto il weekend, e il suo programma di relax e recupero del sonno
svanì misteriosamente; così si truccò
e si
preparò alla perfezione infilando nella borsa anche il kit
di
emergenza per serate come quella, ovvero quando non sapeva per certo
dove o con chi avrebbe dormito.
Il gruppo era riunito al Bluemoon, tanto per non perdere le vecchie
abitudini, e quando Alice li raggiunse alle dieci passate Manuel non
era ancora tra loro.
Le sue speranze di una serata tranquilla con lui senza l'incubo del
coprifuoco scemarono lentamente quando non lo vide arrivare nemmeno
assieme a Filo -il ritardatario per eccellenza assieme a lei-.
Dopo una serie infinita di chiacchiere inutili, l'analcolicissima acqua
tonica nel suo bicchiere sembrava guardarla con aria di scherno e Alice
la fissava inerme, tanto che persino il barista vedendola in quello
stato aggiunse due dita di gin nel bicchiere senza che lei aprisse
bocca.
-abbiamo perso il Bressan stasera?- provò a buttare
lì
scherzosamente in mezzo alla conversazione per cercare di carpire
qualche informazione dai suoi amici, ma lì per lì
nessuno
rispose, il che preoccupò alquanto Alice che già
si
figurava in mente scenari atroci di incidenti stradali mortali.
Solo
Jack dopo qualche secondo vedendola accigliata si degnò di
rispondere.
-dovrebbe arrivare tra poco, quel bastardo, è andato a
Palazzo e non ci ha detto niente!!-
Impiegò qualche minuto ad analizzare e tradurre la frase
in senso compiuto; perchè, certo Jack era gentile e
simpatico,
ma troglodita tanto quanto suo fratello!!
Evidentemente Manuel aveva trovato un biglietto per quella che doveva
essere una partita di basket interessante e non aveva detto nulla ai
suoi amici, provocando l'indignazione generale.
Ma la parte saliente della frase per lei era un'altra: 'dovrebbe
raggiungerci tra
poco' risuonò al suo orecchio come l'annuncio di una mega
svendita di Gucci, e si ritrovò a pensare che forse per quel
mercoledì sera c'era ancora qualche speranza di finire con
il
ragazzo giusto.
In effetti Manuel li raggiunse una mezzora più tardi, e
subito
venne investito da una catena di cori infamanti guidati da Filo, mentre
Edo e il Vigna sparivano alla svelta dalla circolazione dopo una
telefonata concitata del primo.
Alice distratta dall'arrivo di Manuel
che si era accomodato proprio di fronte a lei e al suo gin-tonic,
liquidò il fidanzato con un bacio a stampo e un rimprovero
frettoloso per il fatto che non l'avrebbe accompagnata a casa per
l'ennesima volta.
Chiara e sopratutto Laura la guardarono allibite, non era da Alice
lasciar correre una fuga così misteriosa si erano abituate a
litigate furibonde e scene di gelosia inverosimili in momenti come
quello, invece niente: ne un urlo ne un insulto; intanto
una serie di scimmiette in uniforme rossa e ora stava suonando
un'allegra fanfara
di vittoria nella sua mente.
Quella volta fu lei a prendere l'iniziativa e dopo quasi un'ora di
discorsi su tiri
liberi, falli, schiacciate e occhiatacce malinterpretate prese il
cellulare dalla borsa rabbiosamente e scrisse un messaggio
meno
esplicito possibile nel caso Jack avesse deciso di curiosare: "ci
defiliamo?"
Manuel lo lesse tenendo il cellulare sotto il tavolo e non si
curò nemmeno di risponderle, continuò
semplicemente a
parlare con Jack e gli altri della partita -che per quanto aveva capito
Alice, era stata meravigliosa- finchè, un attimo prima che
lei
se ne andasse incazzata, senza troppe cerimonie si alzò,
salutò in gruppo con il chiodo su una spalla e si
allontanò per salutare altri due ragazzi al banco del bar.
-credo che me ne andrò anch'io- mugugnò Alice
dopo averlo
visto uscire, simulando il miglior
tono afflitto che avesse mai prodotto.
-non stai bene?- le chiese Chiara perplessa seguendone i movimenti con
gli occhi
-nah, solo stanca e poi i miei non ci sono e se non vado a letto presto
non ho nessuno che mi svegli domattina!!-
Aveva già lasciato i soldi per la sua acqua tonica sul
tavolo e
agguantato la borsa alla ricerca delle chiavi della macchina quando
Laura rischiò di rovinarle la perfezione del momento e
sopratutto di farle saltare la copertura.
-perchè non vieni a dormire da me? mio fratello è
via hai
il suo letto tutto per te, poi domattina ti presto una mia divisa e
andiamo in macchina assieme!??-
I battiti cominciarono ad aumentarle quando Laura la
inchiodò
alla sedia con il suo sguardo inquisitore, le sudavano le mani e il
cervello non riusciva ad elaborare una risposta plausibile.
Stava andando nel panico perchè in effetti non aveva una
scusa plausibile per risponderle.
-lasciala stare! non vedi che occhiaie che ha?!? se viene a dormire da
te starete tutte la notte a parlare di creme e cerette...lascia che
vada a casa sua a riposarsi no?-
Charlie l'aveva salvata.
Certo con quell'intrusione aveva innescato un bel
battibecco con la sua ragazza ma Alice era corta che sarebbe riuscito a
cavarsela e poi la furia indispettita di Laura coprì alla
perfezione la sua fuga silenziosa.
Prima o poi l'avrebbe ringraziato.
Nel parcheggio Manuel le ordinò
di seguirlo con un semplice gesto del capo e in meno di un quarto d'ora
furono casa sua. Alice parcheggiò l'auto al posto del suv
del signor Bressan e stacchettando per tutto il cortile, raggiunse il
ragazzo che l'aspettava davanti al portone con l'ombra di un sorriso
sulle labbra. Gongolò tra se davanti all'ascensore mentre
attendevano in silenzio che le porte si aprissero.
Manuel era di buon umore e questo metteva di buon umore anche lei.
-non sapevo che saresti andato a palazzo...-
Spezzò il silenzio Alice per prima all'altezza del terzo
piano,
ma lui smorzò subito il suo entusiasmo rifilandole un
occhiata
che non lasciava spazio ad interpretazioni: 'cosa ti fa pensare che
avresti dovuto saperlo?' le stavano dicendo quelle sopracciglia
aggrottate e lo sguardo severo.
-divertito?- chiese dopo qualche secondo sorridendogli allegramente
cercando di salvare il suo buonumore
Non rispose subito, sembrò pensarci per qualche minuto,
tanto
che Alice confusa cominciò a chiedersi se non avesse
sbagliato
domanda: non c'era poi molto da riflettere su una domanda
così,
generalmente una persona sa quando si diverte o no...
-abbastanza- mormorò infine senza guardarla pochi istanti
prima
che l'ascensore rallentasse e le porte si aprissero davanti a loro.
Alice si maledisse per come aveva cominciato la conversazione
perchè probabilmente aveva incrinato l'equilibrio
già
precario che si era instaurato quella sera e quindi dopo sarebbe
stato intrattabile.
Non sbuffò come avrebbe fatto con Edoardo davanti ad una
risposta del genere, ne si scompose trattenendo un barlume di speranza
dentro sé mentre lo seguiva nell'oscurità
dell'appartamento 7b
all'ultimo piano di via Uberti.
Manuel non accese le luci -cosa insolita- abbandonò il casco
all'ingresso e lasciò ad Alice il compito di chiudere il
portone, tutto ciò la incupì sempre
più e si
diresse spedita lungo il corridoio completamente buio che conduceva
alla scala.
Una mano forte sbucò improvvisa dall'oscurità
dopo i
primi due passi e afferrandole un polso la trascinò contro
il muro in
un bacio che aveva il sapore di una boccata dopo una lunga apnea.
E arrivare al letto baciandosi e togliendosi i vestiti non fu
affatto facile, sopratutto sulla scala a chiocciola, ma quella frenesia
aveva colto Alice talmente di sorpresa che aveva paura di spegnerla non
assecondandolo, per questo gli stivali la giacca e il vestito rimasero
al piano di sotto, insieme alle dunk e alla maglietta azzurra di Manuel.
Ma se il prima l'aveva lasciata sorpresa, ciò che avvenne
dopo
distrusse inevitabilmente tutte le sue certezze del suo piccolo mondo.
Manuel era in bagno, e solo la luce da quella porta aperta
illuminava la
stanza di un chiarore azzurrognolo mentre l'orologio
segnava le due e un quarto. Lei seguiva ogni suo movimento
avvolta nel piumone bianco: il letto era sfatto, un cuscino a terra e
l'altro sotto la pancia della ragazza, i vestiti sparsi da
lì
fino al piano inferiore e un paio di boxer giaceva inerme sul comodino.
-hai le sigarette?- le domandò Manuel di ritorno dal bagno,
nudo e vagamente meno imbronciato del solito.
Sfilò un braccio dal suo bozzolo di coperte indicandogli la
borsa cacciata a terra in un angolo e misteriosamente arrivata al piano
di sopra, Manuel l'afferrò con malgrazia posandola sulle
ginocchia di lei e con entrambe le mani si tuffò nella
ricerca.
-ma quanta cazzo di roba ti porti dietro?- brontolò stizzito
dalla ricerca infruttuosa guadagnandosi uno sbuffo annoiato di Alice
abituata a certe affermazioni da anni.
Finalmente le Winston Blu apparvero tra il portafoglio e una scatola di
Vigorsol, Manuel si sedette sul bordo del letto vicino a
lei e guardandosi attorno si infilò una sigaretta tra le
labbra
sottili. Alice vedendolo concentrato nella semioscurità
attorno
a loro intuì cosa stava cercando e afferrò
l'accendino
dal comodino opposto senza fare domande.
Se ne impossessò in silenzio Manuel, e non la
ringraziò nemmeno
quando con due dita recuperò i suoi boxer posandoglieli su
una
coscia.
La borsa di Marc Jacobs tornò a terra con un tonfo
sordo, fosse stato per lui poteva anche finire fuori dalla finestra, ma
Alice, prevedendo questa mossa, si occupò personalmente di
levarla dal letto mentre lui prendeva posto lì accanto dal
suo lato del letto.
Fumava spesso a letto, era la sua camera, suo padre non gli
diceva nulla e quindi faceva ciò che voleva indisturbato, ma
Alice non poteva sopportarlo e ogni volta afferrava il telecomando
della velux sul soffitto e l'apriva completamente sebbene fossero in
pieno inverno.
Quella volta però il telecomando era davvero
troppo lontano e lei davvero troppo stanca.
Manuel attese una sua mossa per un po' seduto con le spalle appoggiate
alla struttura del letto sbuffando il fumo lontano da lei.
-niente correnti artiche stasera?- le chiese incuriosito dalla sua
immobilità e dalla mancanza dei soliti sbuffi risentiti.
-è troppo lontano non mi va di alzarmi...-
Con la mano con cui teneva la sigaretta accese la lampada
accanto a sé e seguì divertito il percorso dei
suoi occhi per
scovare l'oggetto in questione. La cosa gli strappò un
risolino sprezzante
che Alice catalogò come la cosa più simile ad una
risata
sincera che gli avesse mai sentito fare, e senza aggiungere altro si
alzò con la sigaretta stretta tra le labbra e
recuperò il
telecomando che giaceva immobile sul bracciolo della poltrona.
-perchè poi ti da fastidio...anche tu fumi no?- le chiese
mentre
tornava a letto mantenendo quel tono divertito e rilassato con cui
aveva cominciato.
Alice annuì e sciolse il suo bozzolo per lasciare un po' di
piumone anche a Manuel che pazientemente aveva puntato il telecomando
verso l'alto.
-non a letto, perchè poi le lenzuola puzzano di fumo-
Ignorò la sua risposta sensata e finì di fumare
in
silenzio con un vago senso di colpa per la poveretta che gli cambiava
le
lenzuola ogni tre giorni, schiacciò mozzicone nel posacenere
con
forza cercando di imporsi un contegno e di non farsi influenzare dalle
sciocchezze di una
ragazzetta come Alice.
Passò qualche attimo di silenzio in cui entrambi
contemplarono
il vuoto buio che avvolgeva quel letto dalle lenzuola candide, poi
immancabilmente Alice interruppe lo stato di dolce
tranquillità.
-allora...chi ha vinto stasera?-
Non che le importasse poi molto, ma ricordava gli sprazzi di
conversazione in ascensore e decise di riprendere da lì,
Manuel
ascoltò il suono della voce della ragazza propagarsi lieve
nel
silenzio circostante e per un attimo scordò il senso della
domanda, solo per
un attimo.
-la Fortitudo- rispose calmo nascondendo abilmente la nota divertita
che affiorò nella sua gola
-o-oh..- mormorò Alice tremendamente impreparata.
Nemmeno sapeva cosa fosse 'la Fortitudo', per quel che ne sapeva lei
poteva essere anche una marca di detersivo.
-stai cercando di fare conversazione?-
-forse-
Questa volta non le sfuggì il tono divertito. E voltandosi
verso
di lui incontrò il suo sguardo scuro mimetizzato con
l'oscurità.
-se tu mi risponderai allora si!- sogghignò Alice, poi
accoccolandosi contro la sua spalla riprese il suo tentativo di
conversazione: -tuo padre quando torna?-
Domanda facile e senza rischi, quindi Manuel decise di rispondere: -non
so..-
-che fa a Treviso?-
"troppo curiosa Alice.." Manuel rimase qualche secondo in silenzio, la
situazione lo divertiva però temeva che quella piccola
impicciona diventasse troppo invadente.
-il preparatore atletico-
-oh non lo sapevo..- rispose assorta nel tentativo di rintracciare
nella sua mente il volto del padre di Manuel.
L'aveva visto un paio di volte alle partite di Jack insieme al figlio
ma non ne ricordava con precisione i lineamenti, di lui sapeva solo che
passava parecchio tempo lontano da casa in patria o all'estero e Manuel
viveva praticamente da solo da molto tempo.
-ci sono molte cose che non sai- sospirò osservando come i
capelli rossi di Alice ricadevano scompigliati sul suo petto.
-...ad esempio?-
-ad esempio che non mi piacciono la gente troppo curiosa!!-
-oh ma questa la sapevo...- rispose divertita rivoltandosi tra le
coperte fino a trovarsi completamente sdraiata su di lui con
le
sue braccia avvolte attorno alla vita. Gli posò
delicatamente la
labbra su uno zigomo e ridendo scese fino all'orecchio strofinandosi il
naso sui suoi capelli.
-e tua madre?-
Improvvisamente lo sentì irrigidirsi sotto di lei, smise di
baciargli il collo e si scostò per vederlo negli occhi, ma
fu un
errore madornale perchè lo sguardo di Manuel era perso sul
soffitto, come se lei fosse a chilometri di distanza.
Gli attimi di silenzio palpitavano quasi nell'aria, Manuel non reagiva,
anzi sembrava sprofondare sempre più nel suo silenzio; Alice
era
pronta a scusarsi e andarsene da quelle coperte in fretta e furia
quando finalmente lui aprì la bocca.
-è morta-
Il silenzio si ovattò e diventò stagnante per
pochi attimi, giusto il tempo che Alice metabolizzasse la notizia.
-oh scusami..io-io non lo sapevo! non volevo, non dovevo chiedertelo,
sono una maleducata...mi dispiace-
-non è vero- mormorò Manuel continuando a non
guardarla
-cosa?-
-che ti dispiace..-
Ci volle un po' ma alla fine Alice comprese cosa stava dicendo e si
drizzò sulle braccia, nuda e completamente esposta al suo
sguardo, era troppo sconvolta per badare a quel piccolo particolare.
-che cavolo dici? certo che mi dispiace! che discorso del cavolo, come
può non dispiacermi, non sarai il mio migliore amico ma so
che
un lutto del genere è una sofferenza per chiunque e..- ma
non
riuscì a terminare la frase perchè Manuel
intervenne
bloccandole le parole in gola
-come può dispiacerti la morte di una persona che nemmeno
conoscevi e di cui non te ne frega niente??-
Non si era mossa di un millimetro, e nemmeno lui; si fissarono senza
dir nulla in un altro di quei silenzi piatti che costellavano il loro
rapporto.
Poi Alice prese coraggio e reggendosi su una sola mano, gli
accarezzò il collo con dolcezza: -hai ragione non la
conoscevo,
ma sono sicura che a te manchi e che tu ci sia stato male, per questo
mi dispiace...-
Manuel non rispose, abbassò lo sguardo sul suo seno senza
guardarlo davvero, nella sua mente tentò di ricostruire il
volto
di sua madre ma per l'ennesima volta fallì; un moto di
stizza lo
pervase, avrebbe voluto scacciare Alice e il piumone dal un lato e
fumarsi un'altra sigaretta da solo in santa pace, ma quella mano
piccola e candida intervenne in suo soccorso. Gli accarezzò
la
guancia, scese lentamente al collo continuando fino alla spalla e al
pettorale con una dolcezza che non aveva nulla di malizioso ne di
erotico. Voleva solo portare sollievo.
-non mi parlerai mai di lei?-
-no-
-e non mi parlerai più?-
I cambiamenti di umore di Alice erano sempre stati un mistero per lui,
un attimo prima l'aveva attaccato indignata poi improvvisamente, come
se avesse dimenticato ciò che si erano detti, aveva
cominciato
ad accarezzarlo e gli parlava con una nota tenera e insicura nella voce
che avrebbe corrotto Satana in persona.
-tu invece continuerai a farlo per molto vero?-
Decisamente l'aveva irritato parecchio, ma almeno non l'aveva ancora
scacciata da casa sua con la solita arroganza e questo per Alice era un
traguardo interessante. Senza dire una parola scivolò di
nuovo a
suo fianco lontana dal raggio di luce della lampada e frugò
tra
le coperte alla ricerca della sua biancheria intima.
-a quanto tempo fa risale la tua ultima storia con una
ragazza...intendo seria, che sia durata, non so, almeno un mese!??-
Alice non poté vederlo poichè gli dava le spalle
ma Manuel si voltò accigliato e per attimo parve stupito.
-due anni circa.-
-e chi era?-
-non mi pare che siano cazzi tuoi-
E finalmente arrivò il momento della seconda sigaretta,
aveva
resistito per il bene dei suoi polmoni e perchè in fondo
fumare
in camera non era proprio salutare, ma quell'interrogatorio era davvero
troppo snervante e senza nicotina rischiava di mandarla a quel paese da
un momento all'altro. E stranamente quela sera non voleva che se ne
andasse.
-quanto sei scorbutico, per forza vai d'accordo con Filo..siete uguali!
immagino che conversazioni logorroiche tra voi!!!-scherzò
Alice
riprendendo posto contro il suo fianco.
Semplicemente non colse la provocazione continuando a fumare
indisturbato.
-in ogni caso non la conosci-
Manuel piccato nell'orgoglio decise di risponderle per non darle la
soddisfazione di dimostrarsi scorbutico, e quindi darle ragione.
Conscia di ciò Alice sogghignò nascondendo il
viso tra i
cuscini.
-ed era carina?-
-ovvio-
"presuntuoso" pensò seguendo il suo profilo che si stagliava
nell'ombra annebbiato dal fumo.
-bionda o mora?- domandò esitante
-mora- sbuffò Manuel soffiando il fumo fuori dalle labbra
con
più vigore, non fece nemmeno in tempo a ricacciarla in bocca
perchè Alice senza chiedergli il permesso,
l'afferrò e la
portò alla sua di bocca. Lui seguì divertito i
suoi
giochi di potere indugiando più volte sulle labbra piene
della
ragazza che si arricciavano leggermente ogni volta che espirava.
Solo un paio di tiri e poi la schiacciò nel posacenere
allungando il braccio oltre il suo petto.
E sempre senza dir nulla spense anche la luce.
Nel tempo si era adattata al suo silenzio, l'aveva compreso e accetto.
Perchè non era vero che Manuel non parlava con nessuno, ne
che
fosse poi così scorbutico, solo preferiva il silenzio e
spesso
la solitudine, perchè ci era abituato ed aveva imparato a
sopportare meglio il silenzio che la confusione. A volte Alice
apprezzava questa sua peculiarità, rimaneva distesa nel
letto
con lui a contemplare il buio per ore, senza dir nulla, e a volte si
addormentava con la fronte sulla sua spalla, altre volte l'aveva
mandata via anche brutalmente perchè voleva stare solo. O
perchè stava talmente bene con lei da non poterlo accettare.
-intendi dormire qui?-
Non ottenne risposta, provò a chiamarla piano ma di nuovo
nulla,
così si decise ad alzare il braccio per scorgere il suo
volto
immerso nel cuscino. Si era rannicchiata in posizione fetale vicino a
lui, una gamba intrecciata tra le sue e la spallina del reggiseno
scivolata giù. E dormiva.
-ah ecco, ti sei già addormentata-
Si sentiva ridicolo a parlare con una dormiente ma aveva voglia di
ricordare e raccontarlo a lei, l'unica che non l'avrebbe mai detto a
nessuno.
-si chiamava Licia, era completamente
diversa da te, molto più timida e anche molto meno bella.
Era poco
impicciona, per questo mi piaceva; è stato prima
dell'infortunio, l'ho mollata
appena uscito dall'ospedale non sopportavo il suo sguardo
compassionevole- fece un piccola pausa poi riprese: -dopo di lei non ho
mai avuto nessuna per più di due finesettimana di seguito-
Alice mugugnò nel sonno ridestandolo dai suoi ricordi.
-..a parte te-
Da quella sera erano cominciate quelle che Alice definiva le
"conversazioni silenziose col Bressan", nella realtà dei
fatti,
com'era prevedibile, non era Manuel a parlare ma lei che lo tampinava
di domande coinvolgendolo nella conversazione volente o nolente.
Col tempo entrambi avevano imparato molte cose dell'altro, sopratutto
lui, ed erano diventati amici più che amanti -certo, se non
si
considerava ciò che facevano prima e dopo le loro
chiacchierate-. Gli aveva raccontato praticamente tutto di se, con
naturalezza, cose che a Edoardo aveva nascosto per anni per paura della
sua reazione e che invece Manuel aveva ascoltato senza parlare
incamerando tutte quelle informazioni senza volerlo; al contrario lui
si era barricato in una gabbia di segretezza invalicabile, rispondeva
alle domande a monosillabi e spesso le aggirava abilmente.
Come quando gli aveva chiesto come mai avesse perso un anno a scuola:
-per lo stesso motivo per cui tu ieri hai perso l'autobus..- le aveva
risposta candidamente.
Perplessa sondò la sua espressione indifferente per qualche
attimo, quindi tentò di indovinare.
-perchè sei lento?-
Manuel la derise sogghignando e le posò due dita sotto il
mento
per alzarle il volto e sforare con le labbra la punta del suo naso:
-no, perchè avevo una valida alternativa...-
-e io che alternativa avevo all'autobus scusa??- la faccenda si faceva
sempre più ambigua a suo parere.
-un passaggio in moto- era tornata l'espressione candidamente stupita
di prima
-ma se mi hai lasciata a piedi!??!- sbottò risentita mentre
Manuel sdraiato a pancia in giù già la ignorava.
A scuola però tutta questa confidenza spariva sotto una
patina
di apparenza e preconcetti che non poteva essere intaccata.
Se
Alice Aroldi
agli occhi del mondo poteva apparire come l'emblema della perfezione,
la brava ragazza di buona famiglia fidanzata con un altrettanto bravo
ragazzo rigorosamente scelto nella cerchia di amici e approvato dalla
famiglia, allora Manuel Bressan era tutto l'opposto. Tutto
ciò
che lei non avrebbe neanche dovuto sognare. Un bastardo egoista sempre
pronto a divertirsi, con un passato oscuro e voci insistenti che lo
includevano in un grosso giro di droga.
Di
certo non il tipico ragazzo da presentare a mamma e papà.
Conoscenti.
Per
tutto il resto del mondo erano amici di amici che si salutavano nei
corridoi con un cenno del capo, magari una battutina in cortile con gli
altri del gruppo e poi via, ognuno per la sua strada, ovviamente
opposta a quella dell'altro.
Per
questo
motivo Alice non aveva alcuna intenzione di lasciare Edoardo. Lui era
la sua miglior copertura, il suo porto sicuro; aveva imparato a
conoscerlo così bene da saper gestire ogni litigata e ogni
riapacificazione senza batter ciglio.
E
poi in fondo
sapeva di star facendo un favore anche a lui: aveva chiuso non solo un
occhio per quasi due anni sulla tendenza del suo presunto fidanzato di
finire misteriosamente nei letti delle altre, lo aveva sempre perdonato
perchè con una scusa o con l'altra alla fine tornava sempre
da
lei a implorarla di non troncare la loro storia.
Ma
ora era arrivato il suo turno.
Non
che la
situazione le facesse piacere, però si sentiva in un certo
senso
legittimata: oltre alle volte che l'aveva beccato in flagrante, c'erano
stati spesso messaggini ambigui nel suo cellulare mail nel cestino che
aveva scordato di cancellare e le voci di corridoio che era giunte
persino alle sue orecchie.
Manuel
ci aveva
riso su quando lei gli aveva raccontato quante volte aveva scoperto Edo
con qualcun'altra, e se n'era fregato della sua teoria della
legittimazione liquidandola con la solita scusa che non erano fatti
suoi.
Perchè
era fatto così: un egoista bastardo e strafottente -con le
spalle larghe e gli addominali scolpiti, ma comunque un gran bastardo-.
E
nel tempo stava cominciando ad apprezzarlo.
Dopo
il
venerdì sera del poker, il signor Bressan era tornato
all'ovile
per restarci almeno una settimana. Alice l'aveva notato il
sabato
seguente nel suo sguardo quanto fosse indisposto alla presenza del
genitore e si era messa da parte in silenzio. Manuel amava la sua
autonomia, si era abituato alla solitudine e alla
possibilità di
gestirsi il suo tempo come preferiva, e ritrovarsi qualcuno a
scombinargli le giornate lo rendeva astioso e intrattabile.
Non
si era
fatto sentire per i quattro giorni successivi com'era prevedibile, allo
stesso modo a scuola aveva mantenuto le distanze, e quando Alice,
preoccupata, aveva tentato di contattarlo su messenger lui l'aveva
liquidata confermandole che andava tutto bene e in due secondi si era
disconnesso.
Ma
il giovedì successivo capitolò.
I
genitori di
Alice stavano guardando la tv nel salotto al pianterreno della loro
villetta monofamiliare e la figlia, annoiata dai compiti di latino,
aveva rinunciato all'impresa e poltriva sul suo letto davanti a un film
d'amore, quando il suo cellulare vibrò un paio di volte sul
comodino lo afferrò fiaccamente. Sullo schermo del suo pc un
meraviglioso Brad Pitt rideva felice su un materasso sbattuto a terra
con la sua Cate Blancett.
"lo so
che ti stai annoiando. usciamo"
Non
lo
controllò nemmeno il numero: chi poteva proporle di uscire
alle
undici di giovedì sera a due mesi dalla maturità?
Chi
poteva farlo senza nemmeno un punto interrogativo? Chi poteva essere
così sfacciato da ordinare ad una
ragazza di uscire invece che chiederlo gentilmente??
E
poi come lo sapeva lui se lei si stava annoiando o meno, non le era
affatto chiaro..
Come
ogni volta
suo malgrado, l'arrabbiatura durò appena due minuti,
subentrò prima l'indignazione per la sua insolenza ma anche
quella scemò velocemente verso un familiare senso di
eccitazione
che l'invadeva quando si preparava per incontrarlo.
Tentò
di
aspettare qualche minuto per rispondegli, giusto per non dargli la
soddisfazione di pensare che fosse in contemplazione del cellulare
-annoiata- in attesa di un suo segnale, anche lì
fallì.
Dopo i primi due minuti e mezzo aveva già composto il testo
dell'sms alla velocità della luce cone le dita che fremevano.
"passa a
prendermi tra mezz'ora, dove andiamo?"
Infilò
dei jeans stretti maglietta nera poco scollata, converse e
borsa a tracolla alla velocità della luce. Legò i
capelli rossi con un elastico e
pettinò la
frangetta con le mani di corsa davanti allo specchio. Mezz'ora e la
chiamata senza risposta comparve sul display del cellulare, di corsa
scese al piano di sotto.
Con
suo padre che già dormiva, convincere la mamma a farla
uscire fu un gioco da ragazzi: pochi secondi e il cancellino verde si
chiuse con un tonfo metallico dietro di lei. Manuel l'aspettava
lì
fuori, a cavallo della sua Honda nera vicino al marciapiede.
-sali- le disse
porgendole il casco.
-allora, dove si va?-
-lo vedrai...-
accese il motore e partì veloce.
Parcheggiò
senza chiederle nulla, e sempre in silenzio la guidò tra le
stradine strette vicino piazza Bra. S'infilò in un pub
carino
poco frequentato durante la settimana, per la prima volta l'aveva
portata fuori e sarebbero stati soli finalmente.
Scelsero
un tavolo in disparte da cui Alice riusciva a vedere tutto il locale.
Non era molto grande, arredato per la maggior parte da mobili di legno
con un soft-rock di sottofondo. Un cameriere sorridente sulla trentina
arrivò a prendere le ordinazioni: un martini liscio per lei,
una
coca per lui.
Appena rimasero nuovamente soli Manuel sorrise
divertito: -sei l'unica ragazza che conosco che beve questo genere di
cose-
-ognuno ha i suoi
vizi..- rispose muovendosi i capelli con aria vissuta.
-tu non bevi?-
Era
stupita, non ricordava che fosse astemio, anzi l'aveva visto spesso
bere insieme ai suoi amici
-devo guidare- risoluto abbandonò il capo sulle
nocche della mano
-come sei
responsabile...- canzonandolo gli puntò il dito sul
petto spingendolo all'indietro senza smuoverlo.
-allora...non ci vediamo da quando è tornato tuo padre, come
va con lui?-
-come con uno capace solo di scombinarmi la vita!- chiuse
così l'argomento.
Non lo credeva possibile però quella sera si rese conto che
pareva addirittura più imbronciato del solito. Era stato lui
a
cercarla e questo la inorgogliva, e con tutta quella carica di
autostima era tentata di giocare un po' alla femme fatale con lui per
non concedersi tanto facilmente, poi però incontrava quel
broncio e quel paio di occhi scuri e pensierosi e le veniva voglia di
abbracciarlo e coccolarlo tutta la notte.
Chiacchierarono
a lungo, Alice si fece raccontare qualcosa della sua famiglia a forza:
scoprì che aveva una zia nel bresciano che aveva due gemelle
di
quattro anni, come da copione lui non le sopportava, e pochissimi altri
parenti con cui si frequentava pochissimo.
Erano stati lontani
per troppo.
Entrambi
se ne resero conto quando entrambi i bicchieri rimasero vuoti, Manuel
afferrò il giubbotto dalla sedia libera e si alzò
diretto
alla cassa sotto lo sguardo piacevolmente stupito di Alice. Era sempre
così con lui, agiva, senza chiedere nulla farsi problemi o
ricoprirla di domande, ed era una delle mille cose che al suo occhio lo
rendevano diverso dagli altri, unico.
In
strada
non riuscirono a trattenersi fino alla moto: la città era
quasi
deserta i marciapiedi poco illuminati e le loro mani si sfioravano
tanto camminavano vicini, bastò un portone più
buio degli
altri e un passo inavvertitamente più lento e si ritrovarono
a
baciarsi ansimanti e frettolosi sui gradini di un palazzo medievale con
la luce della pulsantiera dei campanelli che illuminava d'oro i capelli
rossi di Alice.
Per
la
prima volta erano all'aria aperta, esposti alla vista dei passanti e il
cuore cominciò a batterle così forte che lo
sentiva
rimbombare nelle orecchie, e le farfalle nello stomaco che erano
scomparse qualche settimana prima ripresero a svolazzare allegramente
facendola pentire di aver preso quel martini.
Ancora
una notte la Honda nera rimase parcheggiata davanti alla villetta fino
a tardi. E ancora una notte la luna il cielo le stelle i campi e i
finestrini appannati della Micra furono gli unici testimoni di quello
strano modo di appartenersi.
Un
ultimo
bacio sigillò quell'incontro, calde e dolci come una
buonanotte
le labbra di Manuel incontrarono quelle di Alice.
Non
sapevano che presto tutto sarebbe cambiato.
Spazio Autrice:
Lo so...sono in ritardo..
perdonatemi...
Premetto
che non risponderò alle recensioni
perchè
è l'una e io mi devo alzare alle 5.30!!!
Ringrazio
tutti quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti/ seguite, siete
la
benzina che fa funzionare questa macchina...
Ringrazio
specialmente Sbruby Betty ozz RBAA e Crusade
che
hanno recensito lo scorso cap...
spero
di riuscire a rispondervi in settimana, se ce la fate,
passate
nei prossimi giorni a vedere se sono riuscita a rispondere!!
I
miei complimenti a Lady Jane, Betty e ozz
avete
indovinato, la città e proprio Verona.
Più
avanti vi spiegerò il perchè di questa scelta....
Ora,
come premio potete chiedermi ciò che volete:
anticipazioni
sulla storia
dettagli
sul bel Bressan
oppure
anche di inserire qualcosa nella storia.
ciò
che volete
[mi
sento molto magnanima]
Quindi
la mia mail l'avete, le recensioni sapete come inserirle,
non
vi resta che decidere come sfruttare questa opportunità,
ricordate però che la trama fondamentale non la
cambierò mai..
non
cè fretta potete usarla anche più avanti se
preferite, ma non oltre il cap.10!!
Ringrazio
ancora tutti i lettori.
...scappo
sotto le coperte...
Aggiornamento dello
spazio autrice:
Sono rientrata ora da un turno allucinante nel mio caro vecchi
policlinico
ho i piedi che somigliano a due petti di pollo e la schiena a pezzi,
ma sono felice.
Perchè in una mattina ho ricevuto 60 letture e una recensione
e mi sento...
non so
entusiastissimissima
So di aver postato in ritardo ma capitemi:
ho un pc poco collaborante
un matrimonio che incombe sulla mia testa
un tirocinio in cardiologia che mi massacra e
poca
pochissima
privacy per concentrarmi
...
sono una martire della famiglia!!
Ma parliamo del cap. che è meglio!!!
Mi sono concentrata questa volta sul rapporto tra i due porcellini,
volevo mostrare ciò che si è creato tra loro
perchè nella prima versione mi pareva che non fosse molto
chiaro.
Le conversazioni silenziose col Bressan sono una chicca dite la
verità
anche perchè lo so che vorreste sapere tutte qualcosa in
più su di lui...perverse!!!
Spero che sia servito a chiarirvi la situazione che si è
creata tra loro.
E ora rispondo alle recensioni da brava:
Sbruby: ah Manuel Manuel, quel ragazzo è un vero mistero lo
so, ma abbi pazienza e tutto verrà a galla..mi pare di aver
capito che non hai letto la prima versione della storia che ho postato
l'anno scorso: vedi di non farlo!!! sbirciare non vale...e poi non ti
conviene perchè cambieranno molte cose! ahahahaha sono un
mostro lo so (..e ne vado fiera!!) bacissimi tessora!!
Betty: ben ritrovata!!! so che mi hai odiata per mesi ma ora imploro il
tuo perdono, le tue mail sono state di grande aiuto e mi hanno fatto
ritrovare la fiducia in me stessa! grazie mille..
Il caro ragazzo di plastica (per gli amici Edo..) purtroppo per te
avrà un ruolo un pochino più intenso, non troppo
perchè lo odio anch'io ma vedrai che nel suo piccolo
sarà utile anche lui! No no il seguito c'è,
cartaceo ma c'è!
Come al solito manca il finale...MA ora voglio concentrarmi su questo,
poi si vedrà..
ozz: ok puoi buttare definitivamente il libro di geografia! complimenti
hai indovinato..ora ti tocca il premio, giocatelo bene!!!
Sono contenta che la storia ora ti piaccia di più, io ne
sono orgogliosissima e i complimenti mi mandano in brodo di giuggiole
*scodinzola*
Rbaa: c'hai provato...non tutti possono vincere, don't cry!! super
complimenti per le tue ultime tre storie sul fandom di Naruto, mi sono
piaciute un casino. Continua così ciccina che vai alla
grande.
[Sasusaku forever] ovviamente..
Crusade: ovvio!! come potrei modificare il cap 17, è il mio
capolavoro personale (modestia a parte, chiaro!?!?) adoro Alice in quel
cap, e non credo che lo cambierò di una virgola: contenta??
Al prossimo aggiornamento,
previsto all'incirca
forse dopo il prossimo weekend
1bacio.Vale.
|
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Capitolo 5 *** 5 ***
5
-Relazione Clandestina-
5
Da
settimana aveva
perso il
conto dei pomeriggi che aveva passato dall'estetista quella era la
scusa che rifilava a Edoardo, alle amiche e a sua madre
perchè
era certa che nessuno si sarebbe mai sognato di andare a cercarla
là.
Stava
in quella
stanza seduta sul letto con solo gli slip rosa addosso, si guadava
attorno annoiata.
La
stanza era
completamente bianca, tutti i mobili bianchi dall'armadio alla
scrivania, dal letto alla libreria, il tappeto
bianco, le lenzuola sempre bianche, persino la lampada sul comodino.
Aveva un che di vuoto e di impersonale, non sembrava nemmeno la camera
di un ragazzo di 19 anni: niente foto ne poster, molti libri e pochi
cd, un posacenere sempre pieno sul comodino e un cumulo di magliette da
lavare in un angolo.
L'unica nota di
colore era la poltrona nera di pelle, l'unica cosa
che aveva scelto lui, gliel'aveva raccontato una mattina, per caso
mentre le preparava un caffè in cucina, il resto l'aveva
fatto
un
arredatore. Come tutte le altre stanze della casa.
Tutt
quel bianco era noioso e
nulla riusciva a catturare la sua attenzione, Manuel se ne stava
davanti alla scrivania parlava al telefono e
intanto lavorava col portatile, una telefonata li aveva
interrotti, e Alice era rimasta lì seduta sul letto a
guardarlo.
Era incazzato con qualcuno al telefono ma lei non stava ascoltando, lo
capiva dal tono di voce. Portava solo i boxer addosso seduto
sulla sedia con le gambe incrociate e la schiena curva.
La telefonata
finì e lui chiuse il portatile piroettando gli occhi al
cielo per un istante
Sbuffò
poi abbandonò la sedia e si lasciò cadere sul
letto accanto
a lei
Lei, la donna con
cui condivideva il letto sempre più spesso: l'unica che
avesse mai richiamato, l'unica di cui
sapesse tutte le generalità oltre al numero di
telefono, l'unica con cui avesse parlato anche dopo
averci fatto sesso.
Alice.
Non la
chiamava quasi mai per nome perchè dire il suo nome ad alta
voce
era strano, gli sembrava di rendere reale qualcosa che voleva rimanesse
solo un'illusione, la chiamava "oh!" oppure "tu" sia in pubblico che in
privato, la trattava male senza alcuna remora,
ma tornava sempre da lei.
E aveva una voglia
matta di raccontarle tutti i suoi casini e le sue incazzature, lo
stress delle aspettative di suo padre, i problemi a scuola con la
matematica ma non ne capiva il motivo.
-è
tardi!- le si era sdraiato accanto con le mani dietro la nuca e gli
occhi fissi sul soffitto
-già
è vero..-
Guardava
la sua
schiena diritta e perfetta anche nella penombra con le scapole
pronunciate e le vertebre che si potevano contare, aveva quelle mutande
rosa col maiale disegnato davanti, era così buffa.
-vuoi rimanere a
cena qui?- domandò di punto in bianco spostando leggermente
lo sguardo su di lei.
Gli era uscita dal nulla quella proposta, senza rifletterci, era ora di
cena e gli era parso naturale anche se inaspettato chiederglielo.
Imbarazzatissima cominciò a torturarsi l'interno del labbro
con i denti,
avrebbe voluto rimanere lì con lui (per sempre), ma non
poteva,
tutta colpa di quell'altro cretino.
Quell'unica irripetibile volta che le aveva proposto di cenare insieme
era sfumata per colpa di Edo. Alice stava già calcolando una
scusa per rinunciare alla cena: il solito mal di testa martellante per
lui, un cinema con Laura per sua madre. Poteva anche andare, era
già pronta a pescare il cellulare dalla borsa e disdire
tutti i
suoi programmi pur di stare là, ma qualcosa la trattenne,
non
poteva continuare a scappare da Edoardo.
-ehm, stasera non
posso, ma se vuoi un'altra sera si, potremmo andare a mangiare fuori se
vuoi?-
-che
fai stasera?-
-vado
a cena con
Edo e dei suoi amici...- gli rispose guardandosi attorno alla ricerca
del reggiseno: -però
dopo faremo un salto al BM dagli altri credo, se sei li ci
vediamo-
Il
suo sorriso era qualcosa di inebriante risplendeva e lo inchiodava, non
riusciva più a dirle
di no. E non riuscì a far a meno di pensare che
Alice aveva il lato B più bello di tutta Verona.
-forse-
rispose
alzandosi dal letto diretto al bagno, camuffando i suoi pensieri dietro
la facciata di indifferenza.
-portati
il mio
casco così magari torno con te!- gli gridò mentre
si
infilava gli shorts che aveva riposto ordinatamente sulla poltrona, si
era già chiuso in bagno ma Alice sapeva che l'aveva sentita,
e
quel mio non era stato casuale.
"Il
suo casco"
pensò Manuel fermo di fronte allo specchio "una volta se
l'è
pure
portato a casa quella scema, ma questo non vuol dire che sia suo!"
-va
bene- le
rispose, forse troppo piano perchè potesse sentirlo.
Alice
finì di vestirsi e prese le sue cose, si specchiò
nell'anta dell'armadio e poi scese senza salutarlo in religioso
silenzio.
La
cena fu atroce.
Gli
amici della palestra di Edo
erano dei porci scalmanati che non sapevano comportarsi come delle
persone normali. Avrebbe voluto chiudersi in bagno per la vergogna
quando cominciarono a intonare le osterie in coro tutti un po' brilli,
si
aggrappò a tutta la sua pazienza per non andarsene, e
dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non scolarsi tutto
il vino.
Doveva
guidare lei e si maledisse per essersi offerta volontaria per quel
compito.
Ancora non lo sapeva, ma da quella sera il corso della sua vita sarebbe
cambiato drasticamente. La situazione era arrivata ad un punto di
svolta e di questo se n'era resa conto perfettamente
nonostante
ciò non riusciva a scegliere la via giusta. Avrebbe potuto
continuare a stare con Edoardo e troncare le sue
scappatelle con Manu, o avrebbe potuto fregarsene di tutti e due e
ricominciare da capo all'università alla fine dell'estate,
oppure ancora avrebbe potuto scegliere di continuare ad ingannare Edo
finchè
non si fosse stancata dell'altro: invece scelse di seguire il cuore.
La prima cosa da fare nella sua scaletta mentale era mettersi in pari
la
coscienza confessando tutto alle persone più importanti:
Laura e Chiara.
Dopo
cena Edoardo voleva
irretirla e appartarsi in macchina da soli, ma Alice si impose e prese
il controllo della situazione rubandogli le chiavi dell'auto dalla
tasca; nella ventina di minuti di viaggio che li separava dal BlueMoon
lui non fece altro che lamentarsi e romperle le scatole raccontandole
le sue ultime avventure con Vigna mentre lei cercava di concentrarsi
per trovare le parole giuste per parlare con le amiche.
Quando finalmente raggiunsero il BM Alice fu costretta a parcheggiare
lontano dall'ingresso perchè il piazzale era completamente
pieno, e tra uno sbuffo e l'altro si fece scortare a braccetto
dal suo ragazzo attraverso tutto lo spiazzo ghiaiato per non slogarsi
una caviglia.
-paga tu!- ordinò a Edo che si sfilò il
portafoglio dai
pantaloni fulminandola oltraggiato dal suo tono perentorio.
Jerry sghignazzava abituato a quella scena.
Era venerdì sera e al BM c'era sempre una gran ressa nel
weekend, quindi Alice si armò di pazienza e, preso per mano
Edoardo, se lo trascinò dietro in cerca degli amici.
Incrociarono Paolo davanti al bar che gli indicò il punto
dove
avrebbero trovato gli altri; così mentre Edo era rimasto a
chiacchierare con lui, Alice si diresse a passo di marcia verso la
direzione indicata. Individuò la chioma bionda di Laura dpo
pochi metri e aumentò ancora l'andatura spintonando senza
ritegno chiunque incrociasse la sua strada.
-Ali!!- urlò immediatamente Chiara quando la vide e tutto il
gruppo si voltò verso di lei.
Anche Manuel.
Erano tutti in piedi vicino ai tavolini, forse stavano aspettando che
se ne liberasse qualcuno, ma in quel momento non gliene fregava nulla,
salutò un gesto della mano tutti gli altri poi con un
falsissimo
sorriso agguantò il polso di Laura.
-devo dirvi una cosa!- annunciò ad entrambe sottovoce
-c'è
quanche nuovo pettegolezzo?- chiese Laura divertita vedendo Alice che
dispensava sorrisi e saluti a tutti
-no,
riguarda
me...andiamo fuori però!-
Le
ragazze la
seguirono guardandosi dubbiose e preoccupate per l'aria seria che aveva
assunto Alice. Non era da lei trascinarle fuori per un pettegolezzo,
quindi doveva essere sicuramente qualcosa di grosso, e in quel momento
a Laura vennero in mente tutti gli strani comportamenti che aveva
notato nell'amica negli ultimi mesi. Forse avrebbero finalmente
scoperto cosa nascondeva.
Arrivarono
nel
parcheggio del locale, Alice si guardò intorno con un'aria
strana, sembrava sospettosa, poi, con il polso di Laura ancora tra le
dita le condusse verso l'uscita secondaria del locale appartata e
lontana da orecchie indiscrete.
-ok..- mormorò dopo essersi fermata vicino ad un muretto, si
sedette e con tutta la dovuta calma si accese una sigaretta
-devo raccontarvi una cosa, ma
deve rimanere tra noi...- aspirò una lunga boccata poi
alzò lo sguardo su di loro: Laura teneva le braccia
incrociate
sotto al seno e la scrutava severamente, era certa che lei avesse
intuito qualcosa -neanche con Jack e
Charlie!-
Entrambe annuirono con le orecchie ben aperte.
-io
mi vedo con
Manuel Bressan!-
Alice trattenne il respiro in attesa della reazione, ma non
abbassò lo sguardo e fu costretta a tenere la sigaretta ben
stretta tra le dita tanto le tremavano le mani. Ci fu un silenzio
immobile, sbalordto che durò pochissimi secondi,
perchè
Chiara frastornata chiese subito spiegazioni convinta di aver capito
male.
-in che
senso scusa?- domandò ingenuamente, ma le altre due la
ignorarono concentrate sullo sguardo dell'altra.
Alice e Laura erano amiche da molto più tempo, avevano
entrambe
un carattere forte e spesso si erano scornate, però
nonostante
questo avevano affrontato un sacco di problemi assieme ed erano sempre
uscite a testa alta. Era il suo di giudizio che Alice temeva
più
di tutti, non che Chiara fosse meno importante, ma sapeva ce alla fine
le avrebbe perdonato qualsiasi cosa, Laura invece era molto
più
orgogliosa e severa nei suoi confronti ed era capace di non perdonarle
una cosa del genere.
-da
quanto?- chiese solamente senza batter ciglio
-non
ci sarai andata a letto
spero?- continuò Chiara imperterrita con lo sgomento nella
voce,
a quel punto Alice ritenne giusto raccontare ogni cosa.
-non è così semplice! è cominciato
tutto la sera
che siamo state al Berfi's e Edo aveva la febbre. Io avevo bevuto, voi
eravate andati via tutti e speravo di scroccare un passaggio da lui
all'inizio, poi però siamo finiti a casa sua non mi ricordo
nemmeno come, e siamo finiti a letto insieme! Non volevo assolutamente
che succedesse di nuovo, tutta la settimana dopo l'ho evitato mi
sentivo in imbarazzo: dopo la cena del compleanno del Vigna, vi
ricordate che io e Edo abbiamo litigato di nuovo e io me ne sono
andata. Ho incontrato Manu al distributore delle sigarette e siamo
andati a farci un giro in macchina, vi risparmio il resto...-
Dopo il racconto riprese a fumare con quel solito strano attaccamento
che aveva per le sigarette, senza guardarle questa volta, pronta alla
loro sentenza.
-quindi va avanti da quasi due mesi, settimana più settimana
meno...- constatò Laura dopo una rapida riflessione
-più o meno-
-perchè non hai lasciato Edo?- Alice non poteva saperlo
stava
guardando a terra la cenere che cadeva dal suo mozzicone, ma Laura
nonostante il tono austero, la stava guardando con le lacrime agli
occhi. Perchè lei aveva capito, lei sapeva che qualcosa non
andava nella sua amica ma non pensava, mai avrebbe creduto ad una cosa
del genere.
-non lo so, non c'è una vera ragione, forse solo
perchè
sono una codarda! Lui non c'è mai e io volevo solo qualcuno
che
mi coccolasse un po', che mi facesse stare bene; e poi
perchè
avrei dovuto lasciarlo, lui mi ha tradita così tante volte e
io
ho sempre girato la testa dall'altra parte per non vedere, ora tocca a
lui!!-
-cosa c'è quindi tra te e il Bressan?- Laura
deviò il
discorso perchè aveva colto qualcosa nel modo in cui l'amica
nominava Manuel che le aveva fatto nascere un sospetto
-niente,
siamo amici direi..- rispose dubbiosa
-voglio sperare che tu non vada a letto con tutti quelli che chiami
amici...- puntualizzò Laura sorridendo sarcastica
-ma
sei matta
Alice? che fai, stai con due alla volta? Non puoi non è
giusto
nei confronti di Edo è una questione di rispetto! avevamo
capito
che tra voi stav andando male, ma non puoi assolutamente trattarlo
così!!- chiese Chiara adirata
-Chiara
non
giudicarmi troppo male, non voglio umilare Edo, e poi
Manuel...è...è una cosa nata dal nulla senza
nessuna
possibilità, siamo incompatibili!-
-in che senso?- intervenne Laura interrompendola
-lui
non ne vuole sapere di storie serie, è abituato ad
avere delle amichette che vede ogni tanto e
non credo che se mollassi Edo le cose tra noi cambierebbero..-
-Alice
tu
sei
un'egoista, non puoi stare con Edo se non lo ami...e poi con Manuel
Bressan!?! come diamine ti è venuto in mente? eppure sai
quello
che si dice di lui, anche gli altri pensano che sia uno di cui non
fidarsi!- Laura la sgridò, era sbottata finalmente e lo
aveva
fatto senza mezzi termini.
La
sigaretta era finita e ora giaceva a terra vicino alle scarpe di
vernice di Alice, si stava consumando lentamente, come lei per colpa di
quel bastardo di Manuel e non voleva fare quella fine, gettata a terra,
dimenticata e ignorata.
-e
successo per caso ve l'ho detto, e poi non giudicate le apparenze, Manu
è molto diverso da come credevo, da come lo vedete voi!-
Chiara
la
guardava perplessa, il viso rotondo e pallido truccato come una bambola
di porcellana stonava in quell'angolo oscuro. Lei era pura, candida,
diversa da Alice e Laura, le teneva a bada, come una mamma e aveva la
capacità di risvegliare la loro umanità anche nei
momenti
peggiori: quella sera, fasciata in un vestito corto di voile viola
appariva ancor più angelica del solito e Alice quando le
pose
quella domanda non potè che essere sincera.
-ti
sei presa una cotta per lui, vero?-
La
frase
rimase sospesa nell'aere, la potevano quasi vedere: le parole di
inchiostro rosso che volteggiavano tra loro in attesa di essere
assorbite.
-il
problema è questo...con lui è..diverso! Nessuno
mi aveva
mai trattata come fa Manuel, con lui posso parlare di tutto, non mi
sento giudicata, mi ascolta e basta. E non ero mai stata
così
bene con un ragazzo; vi sembrerà assurdo ma è
così!!-
Nessuna
le
rispose,
si guardarono tra loro sbalordite e spaventate. Questo cambiava tutto.
Le carte in tavola erano state rimescolate improvvisamente,
perchè non era più un semplice tradimento in
cerca di
coccole a gratis, Alice si stava innamorando dell'uomo sbagliato.
-è
uno stronzo. Lo so, ma non riesco a togliermelo dalla testa....-
-perchè
non ce l'hai detto prima?-
Non
sapeva cosa rispondere: per paura del loro giudizio, per vergogna, per
mancanza di coraggio, no...niente di tutto questo.
-perchè
se ve l'avessi detto sarebbe diventato reale! avrei dovuto ammettere
quello che stavo facendo, a voce alta, sarebbe finito il mio angolo di
serenità con lui...dicendolo a voi ho deciso di affrontare
la
situazione!- ammise guardando Chiara negli occhi.
-Alice
tu sai cosa
devi fare, non c'è bisogno che te lo dica
io- Laura,
cercando di essere comprensiva, le sorrise e le sistemò il
frangetta rossa
-lo
so,
dovrei
mollare Edo, però lui c'è sempre stato, ci
conosciamo da
una vita, non voglio umiliarlo e non voglio che sappia di Manuel-
-non
diglielo e basta!-
Alice
annuì convinta: era quello che doveva fare, ne era convinta
e
intanto mentalmente cancellava il primo punto della sua scaletta. Ora
toccava al secondo "mollare Edoardo"
-mi
raccomando: nessuno
deve sapere di me e di Manu!- precisò mentre si sistemava i
jeans e la camicetta con il dito puntato verso la bionda e la mora che
l'aspettavano.
-ok-
risposero
entrambe.
-vi
voglio bene-
Chiara le scombinò i capelli e poi le disse:
-adesso
rientriamo che devi sistemarti il trucco!!-
Attraversarono
il
locale senza fermarsi, Chiara teneva Alice per mano e Laura la scortava
dall'altro lato, non si fermarono a salutare i fidanzati ne a ballare
con Martina che si sbracciava tra i tavolini, andarono dritte fino al
bagno dove Alice sciolse le lacrime che aveva trattenuto fino a quel
momento. Con un'occhiataccia Laura spedì fuori tutte le
altre
occupanti dei bagni che la guardavano incuriosite: perchè
beccare Alice Aroldi a piangere nel bagno del BM, sapeva tanto di scoop
fresco fresco!!
Manuel
le
vide passare ma non diede troppo peso ad Alice e alla sua scorta, era
abituato a vederla sparire in bagno per ore intere, e poi in fondo non
era certo un problema suo.
Solo
dopo
una ventina di minuti Alice risorse dal bagno con il trucco un po'
colato e le guance arrossate, Manuel non era più in
sala, ma lei non ci fece caso. Era il momento: aveva preso il coraggio
a due mani, si era -metaforicamente- arrotolata le maniche della
camicetta di Paul Smith da 150 euro e il martini che la aveva portato
Laura era stata una bella iniezione di autostima.
-in
bocca
al lupo!- le sussurrò Laura nell'orecchio quando raggiunsero
insieme il tavolo a cui sedevano i ragazzi, scoccandole un bacio sulla
guancia.
Alice
stranamente instabile sui tacchi si avvicinò alla sedia di
Edo e si chinò sul suo orecchio sussurrando: -puoi uscire un
secondo? devo parlarti...- lui annuì e dopo aver
rassicurato gli altri uscirono mano nella mano.
Manuel
ritornò al tavolo proprio in quel momento, giusto in tempo
per vedere Alice allontanarsi con l'altro.
"che
fa
adesso la
ragazzetta se ne va mano nella mano con l'amichetto..."
guardò
la birra che aveva in mano, era ancora mezza piena. Così
decise
di fermarsi a chiacchierare con Jack e Paolo prima di andare a
prendersene un'altra, e magari, già che era là,
avrebbe
indagato su quei due.
Jerry
la
guardò stranito vedendola uscire di nuovo, era stata
più
fuori che dentro quella sera, e sembrava sempre seria, sul punto di
piangere. Era strana
quella sera, non rideva, non allietava il mondo col suo sorriso
radioso, non barcollava ubriaca contro le auto parcheggiate, era triste.
Raggiunsero
in silenzio il muretto di prima, quello dove andavano tutte le
coppiette, Edoardo sentiva che qualcosa non andava, e lo sentiva da un
po'.
Stava
con Edo da quasi due anni, le dispiaceva sinceramente averlo
tradito, ma lui non era l'uomo per lei, lo aveva capito solo dopo aver
incontrato Manuel, era orribile però era la
realtà.
-Alice
cosa
c'è?- le chiese appena si fermarono sotto il lampione.
Non
rispose subito, sfilò il solito fedele pacchetto dalla tasca
di
jeans e accese la sigaretta come se lui non fosse stato lì,
come
se non avesse parlato nessuno. Soffiò fuori tutto il fumo
poi
cominciò: -Edo ascoltami
stavolta perchè è importante...io non ti amo
più! ti voglio bene e lo sai, ma non ti amo e non posso
stare
con
te se non ti amo. Non voglio continuare così...-
L'aveva
spiazzato, poteva leggergli in faccia la sorpresa. La guardava come se
avesse appena annunciato la sua morte imminente, spaventato
più
che arrabbiato e per un secondo -solo uno- pensò di aver
sbagliato tutto, che forse era quello che aveva davanti l'uomo giusto
per lei; quello che l'avrebbe accudita e protetta per sempre. Poi
Edoardo cambiò faccia, e ogni dubbio svanì.
-ma
che
cazzo dici sei impazzita? perchè te ne esci così
dal
nulla con
queste cazzate?- si era alterato, come ogni volta che cercava di far
valere le sue ragioni, lui urlava lei piangeva, litigavano e non si
parlavano per una settimana.
-non
esco dal
nulla! non stò più bene ci ho pensato e ho capito
di non
amarti più..-
Lo
guardò elaborare la sua risposta, sembrava essersi calmato
per
qualche istante, poi la furia esplose più iraconda di prima:
-te la fai con
qualcun altro?-
-no-
mentì, ma non voleva assolutamente umiliarlo ne che lui
scoprisse chi era
l'altro
Cercò
di
sostenere il suo sguardo per non fargli capire che stava mentendo
-sei
una
stronza! dimmi la verità dimmelo che te la fai con
qualcun'altro...non mentirmi perchè se scopro che stai con
qualcuno ti ammazzo! chiaro?-
-ma
che
cavolo dici? non provare a minacciarmi ti ho detto che non ti amo
più, non puoi accettarlo? potremmo essere amici, potresti
trovare un'altra no?!-
-amici?
no Alice non esiste, non ti lascerò andare tanto facilmente-
Si
voltò
e se ne andò verso l'entrata del locale.
Alice
rimase li
sola. Si sentiva una stronza, e perdipiù ora aveva anche
paura
di cosa avrebbe potuto fare Edoardo se avesse scoperto tutto. Si accese
l'ennesima sigaretta con le mani che tremavano e si sedette sul bordo
del
marciapiede le ginocchia strette al petto e degli strani brividi sulle
braccia..
Piangeva
non sapeva
per chi o per cosa ma piangeva.
E
il terzo punto della lista " parlare con Manuel", quella sera non aveva
proprio voglia di cancellarlo.
Spazio autrice:
ta-tan!!!
ecco a voi il quinto capitolo!!
E' più corto degli altri lo so,
ma ci sono molte rivelazioni e poi la notte della verità non
è ancora finita...
Finalmente sono riuscita ad aggiornare.
Ho passato un periodo atroce,
tra matrimoni
feste paesane
amiche discotecare
e sopratutto la fine del tirocinio!!!!
Non dovrei raccontarvi queste cazzate lo so, dovrei parlare del nuovo
capitolo
però mi devo inevitabilmente sfogare altrimenti impazzisco..
Veniamo a due potenziali innamorati:
Alice è una cagasotto, e ormai è chiaro a tutti
direi!! Manuel qui è poco presente, ma tornerà
e vedrete come tornerà
Edoardo invece mi sta davvero sul cavolo invece come avrete notato ho
smesso di chiamarlo
ken in carne ed ossa
perchè non lo è più, io odio le
presone violente o che alzano la voce
per questo gli ho affibbiato questo ruolo -perchè lo odio-
Invece il bel Bressan si sta pian piano rendendo conto del legame che
ha costruito con la piccola Alice
e questo non gli farà molto piacere.
Nonostante tutto non disdegna il lato B della nostra Alicetta....
porco!!!
*in realtà la porca sono io, ma non diciamolo che
è meglio*
ed ora....recensioni!!!!
(anzi recensione)
Cara...carissima Bambolotta (o alessandra che dir si voglia), l'unica
che mi ha recensito e che mi ha pure mandato una mail...
lo so quella frase è stato un vero colpo da
maestra...
mi è venuta tipo 5 minuti prima di postare la fic, le cose
migliori sono sempre quelle scritte di getto alla fine, che ci vuoi
fare!!!
Grazie cmq per tutti i complimenti !
per tutto il resto scrivimi pure tutte le mail che vuoi,
ricordati che non mi disturbi mai e non sarai mai invadente!!! XO
Grazie anche a xsempre noi per la mail...però basta con gli
spoiler ora!! XO
Grazie ai 21 che hanno aggiunto la storia tra i preferiti e
ai 15 che l'hanno messa tra le seguite!!
vi adoro, spero di vedere questi due numeri aumentare!!
1bacio.
Vale
|
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Capitolo 6 *** 6 ***
6
-Relazione
Clandestina-
6
Quanto era
stata banale quella conversazione?
Quanto era
stato facile lasciarlo?
Si sentiva
come un personaggio di uno di quegli stupidi telefilm
sentimentali per adolescenti, come la piccola Joey Potter o la Marissa
Cooper del triveneto, una povera pirla abituata a vivere sotto una
campana di vetro che piange alla prima scottatura, al primo vero
scontro con
i suoi simili.
E non
voleva essere così.
Aveva
diciottanni ormai, frequentava l'ultimo anno di liceo e in meno
di tre mesi si sarebbe diplomata, era tempo che anche lei imparasse a
reagire e affrontare i suoi problemi. Fino ad allora la vita aveva
avuto un ritmo lento
cadenzato, senza infamia e senza lode, mai abbastanza lento
però
per fermarsi a
pensare quello, lei e Edo; il suo maggior problema era stato copiare la
versione di
latino in tempo per la terza ora del lunedì e costruirsi una
scusa plausibile per saltare le ore di ginnastica, o trovare qualcuno
che la facesse entrare gratis al Berfi's il sabato sera.
Grandi
quesiti esistenziali insomma...
E in tutto
questo Edoardo dov'era finito?
C'era si,
ma col tempo era diventato poco più di un
bell'accompagnatore, erano il trofeo l'uno dell'altra da mostrare al
pubblico.
Le
farfalle nello stomaco erano sparite da troppo.
Si sentiva
vuota, perchè almeno Marissa aveva lasciato il suo
fidanzato perchè si faceva segretamente sua madre,
lei
invece non aveva nemmeno un'accusa plausibile da imputargli (anzi
l'idea di quella coppia le faceva accapponare la pelle); era solo
caduta improvvisamente dalle nuvole in una realtà malsana e
complicata che aveva costruito lei stessa.
Stupida,
stupida e ingenua Alice.
Quando
Edoardo tornò al tavolo tutti lo guardavano in attesa,
aspettavano una rivelazione o un segnale per capire cos'era successo,
ma lui non disse nulla, li squadrò dall'alto in basso tutti,
nessuno escluso, poi prese la giacca
dalla
sedia con irruenza e senza salutare si diresse di nuovo verso l'uscita
principale.
-secondo
me tira una brutta
aria tra quei due!!-
Charlie fu
il primo a rompere il silenzio interpretando il pensiero
comune, erano ancora tutti sbalorditi dalla dipartita teatrale di Edo,
imbambolati verso la porta.
-credo che
lei
l'abbia mollato...- Chiara sospirò convinta dopo aver
incrociato
per un istante lo sguardo di Laura, era tempo che tutti sapessero.
Il
silenzio si allargò: Jack Charlie Paolo, il Vigna che stava
pomiciando con Martina fino ad un attimo prima, Manuel e Filo, che
parevano totalmente estranei alla faccenda, si voltarono verso di lei,
una cosa del genere non poteva esser detta così a cuor
leggero.
Quella separazione avrebbe fatto il giro del locale in tre minuti e non
era cosa da poco, era come dire che avrebbero tolto latino da tutti i
licei del Paese: una rivelazione epica.
-cosa?-
domandò Jack incredulo.
Avrebbe
voluto vedere la faccia di Manuel in quel momento, ma non
poteva voltarsi sarebbe stato troppo eloquente. Credeva di essere
l'unico a sapere, invece ignorava il fatto che altre persone fossero al
corrente del segreto della piccola Alice. Si limitò a
guardare
negli occhi la sua ragazza, con Lady Gaga che faceva da colonna sonora
a
quella condizione di stasi.
-non so
dirvi altro..saranno
affari loro no?- brontolò con un alzata di spalle
lei, il
bicchiere di coca che le copriva un sorrisetto compiaciuto.
Subito
partì un chiacchiericcio corale: tutti volevano sapere,
ipotizzare, dire la loro sulla coppia di amici, mentre Manuel in
silenzio guardava la porta dietro cui Alice era sparita.
Nel
parcheggio erano
comparse le prime auto vicino all'ingresso, genitori diligenti
che
andavano a prendere i figli che uscivano dal locale, e due ragazzi
innamorati l'avevano raggiunta e si erano seduti l'una in braccio
all'altro a pochi passi da Alice.
Se ne
stavano abbracciati nella penombra incuranti del resto del mondo,
sentiva i sospiri e le risatine della ragazza giungere fino a lei, ed
era quasi decisa a rientrare per non disturbarli quando lo vide uscire
di nuovo più incazzato di prima.
Le si
avvicinò dapprima incerto poi sempre più veloce,
prese il
coraggio a due mani e con l'indice alzato sussurrò a denti
stretti vicino al suo volto:
-non credere che possa finire così, non ci credo che di
punto in
bianco tu abbia preso questa decisione! scoprirò cosa
c'è
sotto vedrai!!-
Non
le diede nemmeno il
tempo di replicare perchè se ne andò adirato
verso il parcheggio senza dire altro.
Non ci
poteva credere, era davvero ostinato, e lei si era sentita perfino in
colpa per averlo lasciato...
E tra le
risatine e i baci rumorosi della coppietta felice, prese fuori
il pacchetto di sigarette. Per l'ennesima volta.
Manuel
si
alzò dal tavolo con la birra ancora in mano. Era inquieto,
continuava a ripetersi che la storia tra Edo e Alice non era affar suo,
ma qualcosa non gli tornava; erano usciti mano nella mano, poi era
rientrato solo lui, adirato, mentre lei era sparita da mezzora.
Aveva
provato a non pensarci: si era fatto un giro con la ragazza che
il Pasini gli aveva presentato facendogli l'occhiolino, ma si era
rivelata una vera chiavica, voleva trascinarselo a spasso come un
bambolotto e presentarlo a tutte le sue amiche. Come un trofeo.
Non era
decisamente serata per sopportare una tizia del genere, e poi
era rossa pure lei. E a
lui non erano mai piaciute le rosse.
-dove vai
Manu?- chiese Filo vedendolo alzarsi dal tavolo all'improvviso
-a farmi
un giro!- gli
rispose senza voltarsi.
Chiara e
Laura si
guardarono complici, la bionda accavallò le gambe sotto lo
sguardo preoccupato del suo fidanzato. Quando faceva quel sorrisetto
compiaciuto con una della altre due del mistico trio, doveva cominciare
da preoccuparsi.
Era
passata un'oretta e Alice non
si era vista, così
Manuel decise di andare fuori, con la scusa di una sigaretta, per
vedere se
era ancora nei paraggi: si fermò al bar prima di uscire
-Alice
aveva ragione- in certi casi, un martini era proprio quel che
ci
voleva.
Mentre
aspettava il dj dalla consolle sorrise e alzò un braccio
richiamando il Vigna che scherzava là sotto con Filo, aveva
messo per lui Pump it dei Black Eyed Peas. Il martini arrivò
e
Manuel se lo portò alle labbra osservando i suoi amici che
ballavano attorno a una tipa con un vestito rosso microscopico.
Uscire per
lui fu impresa facile, la maggior parte della gente
là dentro sapeva chi fosse Manuel Bressan e non aveva certo
voglia di attaccar briga per una gomitata accidentale. Quando raggiunse
la tettoia esterna Fergie stava contando la sua strofa (e gli ricordava
tremendamente la voce di Alice, dolce e diabolica al tempo stesso) ma
ogni suono, per sua fortuna, venne attutito dalla porta rossa che si
chiuse con un tonfo
sordo alle sue spalle.
Attese di
aver acceso la sigaretta prima di guardarsi attorno, ma la
notò subito: seduta sul
marciapiede con le ginocchia contro il petto e i capelli che le
oscuravano il viso.
La
osservò per qualche minuto con la sigaretta in una mano e il
bicchiere nell'altra. Le tremava la mano con cui sorreggeva la
sigaretta e stava certamente piangendo a giudicare dai singhiozzi che
le scuotevano tutto il corpo. Aveva addosso quei jeans attillati che le
fasciavano le gambe e le facevano sembrare ancora più magre,
che
a lui piacevano tanto, li aveva notati appena era entrata al BM, e poi
quei
sandali blu con il tacco alto che le distruggevano le caviglie.
-portale
questo e non dirle altro!- mormorò a Jerry poco prima
di rientrare lanciandole un occhiata. Quello gli rivolse uno sguardo
interrogativo ma obbedì senza fare domande.
Porse al
buttafuori il
bicchiere e si dileguò prima che Alice potesse guardarsi
intorno, la sua sigaretta a metà lanciata nell'aiuola ancora
accesa.
Manuel
non riusciva a spiegarselo, perchè mollarlo se poi se ne
stava a piangere da sola su un marciapiedi? Magari non era stata lei,
magari l'aveva mollata lui perchè gli aveva confessato di
averlo
tradito, o magari lei l'aveva mollato e poi se n'era pentita...
Indovinare
era impossibile, e chiederlo ancora più improbabile.
Bastarono
due sorsi per finire quel martini, era esattamente quello che le ci
voleva per ritemprarsi e smettere di piangersi addosso.
Lanciò
il mozzicone lontano, verso la ghiaia del parcheggio, prese un respiro
profondo riempendo tutti i polmoni fino a farsi male. Aveva deciso
razionalmente di smettere di piangere per Edo, che non ne valeva la
pena e che da quella sera avrebbe cominciato una nuova epoca, che si
sarebbe
abituata -volente o nolente- alla sua assenza.
Jerry le
sorrise bonario mentre le teneva galantemente aperta la porta,
Alice ricambiò titubante, e si fece avvolgere volentieri
dalla
ressa del venerdì sera al BM.
-love..sex...american
express...- inneggiava la canzone
Pareva
proprio la descrizione della sua vita, peccato che la sua fosse una
Visa e che ci fosse molto più sex che love.
-tutto ok
Ali?- chiese Charlie appena la vide riapparire nel gruppo
-si..si
tutto
bene!- rispose sorridendo al meglio delle sue qualità di
attrice, il trucco ormai inesistente e la frangia un
po' scomposta. Manuel non potè che guardare scettico quel
sorriso tirato: che aveva pianto come una fontana era chiaro a tutti ma
la sua testardaggine nel cercare di nasconderlo era sorprendente.
Dopo
l'una gli
amici cominciarono a sparire gradualmente, Alice era rimasta a
chiacchierare al tavolo con Laura e Martina, molti erano andati a
dormire, altri erano ancora mischiati alla folla danzante. Voleva
andarsene a dormire, ma era obbligata a rispettare le esigenze di
Martina, era quella che abitava più vicina a lei e quindi
l'avrebbero riaccompagnata lei e il Vigna. Rassegnata ormai ad andare a
dormire all'alba -perchè secondo le abitudini del Vigna, il
sabato era facoltativo andare a scuola- afferrò la borsa
dalla
sedia accanto per cercare il cellulare e avvisare sua mamma del ritardo.
Ma
inaspettatamente qualcuno era già corso in suo aiuto.
"vado via
adesso,
se vuoi un passaggio esci"
Lesse
il messaggio
e si fermò a riflettere, non era difficile indovinare chi
l'avesse mandato, il solito numero non salvato in rubrica che finiva
con 724; sfortunatamente per lui Alice non aveva nessuna intenzione di
lasciarsi sedurre dai suoi baci quella sera, fortunatamente per lei,
Manuel sembrava volerle offrire solo un passaggio.
Rispose al
volo: "aspettami
fuori"
-ragazze
io vado a
letto sono un po' stanca, ci vediamo domani a scuola?-
raccattò
tutta la sua roba velocemente infilando tutto nella borsa a casaccio
per raggiungerlo il più velocemente possibile.
-con chi
torni?-
Non aveva
pensato a questo particolare, quindi buttò lì a
Martina la prima scusa che le venne in mente. A Laura avrebbe spiegato
tutto il giorno dopo.
-è
venuta mia madre, le avevo mandato
un messaggio prima..- si, era l'ennesima balla colossale, ma sommata a
tutte
le altre non era che un dettaglio insignificante.
-ok ci
vediamo domattina.-
Laura la salutò ondeggiando la mano a ritmo di musica con un
ghigno inequivocabile stampato in volto: aveva capito tutto..
Prese la
borsa e uscì consapevole che il giorno dopo avrebbe subito
il suo terzo grado.
Raggiunse
Manuel nel punto dove l'aspettava sempre, un vicolo un po'
nascosto e lontano dal parcheggio e da altri spettatori: l'attendeva
già a cavallo della moto, con il casco in testa e il motore
acceso. Slacciò il suo
casco appeso ad una delle maniglie laterali e infilò la
giacchetta nera di raso.
-come mai
vai via
così presto?- chiese sistemandosi sul sedile posteriore
-sono
stanco-
"e allora
come mai mi hai
cercata?" non poté che porsi questa domanda, senza
però
trovare il coraggio di parlare.
Se
era stanco come si proclamava, perchè l'aveva
aspettata, le sembrava assurdo che volesse solo offrirle un passaggio,
la galanteria non era certo una delle sue prerogative. Non
osò
chiedergli nulla. Si strinse con le braccia attorno alla sua vita con i
met sferzati dal vento e la borsa a tracolla sulla schiena, appena in
tempo prima che partisse sgommando.
Dopo poche
curve
Alice riconobbe Ponte Vittoria davanti a loro, erano fermi al semaforo,
avrebbero dovuto proseguire diritto e costeggiare il fiume per arrivare
a casa sua. Invece Manuel partì sgasando, e subito
piegò
a destra sul ponte; apparve viale della Repubblica, lo
imboccarono velocemente sfilando nel viale alberato, se avessero
proseguito fino alla fine potevano ancora arrivare facilmente a casa
sua, ma
come aveva ipotizzato la moto svoltò a destra all'ultimo
incrocio verso via Ederle. A quel punto sapeva benissimo dove erano
diretti, eppure non capiva
cosa volesse fare.
Arrivarono
sotto il palazzo,
Manuel rallentò e entrò nel cortile interno,
parcheggiò la sua moto nelle solita
posizione vicino al portone. Aspettò che scendesse anche lei
per
mettere il cavalletto, poi si
avvicinò all'ingresso con il casco infilato in braccio e le
chiavi in mano, senza farle domande ne premurarsi di darle alcuna
spiegazione.
Alice lo
imitò sgusciando nell'atrio appena in tempo prima che la
porta si chiudesse.
-mi vuoi
dire che ci facciamo qui!?- sibilò mentre aspettavano
l'ascensore
-stanotte
dormi
qui-
Non era
una proposta o una preghiera,
era un ordine.
Aveva
deciso tutto lui, senza interpellarla. Lo odiava quando la
trattava in quel modo, con quel tono di comando che non dava diritto di
replica, la faceva incazzare da morire: poteva chiederglielo o magari
solo avvertirla, invece no! Lui aveva deciso tutto da solo senza
nemmeno darle il tempo di avvisare a casa.
Rimase in
silenzio nell'ascensore, mentre Manuel fissava la pulsantiera assorto.
Non
sembrava interessato a lei.
Frugò
nella borsa ed
estrasse il cellulare,
sua madre l'avrebbe ammazzata di sicuro, ma almeno se l'avesse
avvertita che avrebbe dormito fuori
non le sarebbe venuto un
infarto,
così compose in
fretta un messaggio per rassicurarla dicendole che avrebbe
dormito
da Chiara e che sarebbe andata direttamente a scuola. Le disse anche
che lei e Edo si erano lasciati, giusto per trovare una scusa per
essere rimasta da un'amica.
Manuel aprì il portone e accese tutte le luci.
Alice
lo seguiva
per la casa come un'ombra. Improvvisamente la consapevolezza di
ciò che
Manuel voleva da lei la bloccò sulla porta della cucina. Se
l'aveva portata là non
era solo per dormire, non aveva mai dormito-e-basta con lui: lo
osservò inquieta vagare per la cucina, aveva lanciato il
giubbotto
sull'isola al centro della stanza e stava trafugando qualcosa nel
frigorifero.
La
cucina era immacolata, tutta in ordine senza nemmeno uno
strofinaccio fuori posto, come se nessuno l'avesse mai usata.
Probabilmente Manuel non aveva mai nemmeno acceso i fornelli, l'unica
cosa che gli aveva visto fare era usare la macchina del
caffè,
non che si dovesse sforzare molto a mettere una capsula nello
sportellino, però lì dentro sembrava davvero
fuori posto.
Il
pensiero di fare l'amore con lui in quel momento la disgustava.
Nel
silenzio vennero a galla tutte le cose che erano successe quella
sera: le parole di Laura e quelle di Edoardo, lo sguardo strano che le
aveva lanciato Manuel quando era rientrata, così carico di
dubbi, e vuoto allo stesso tempo. E sopratutto la certezza che di
lì a poco Manuel avrebbe preteso la sua parte in quello
strano baratto sessuale.
Come
si fa poi a dire ad un uomo al quale ci si è già
concesse -più di una volta e ben volentieri-, che ti ha
portata
a casa sua solo ed esclusivamente per quel
motivo, e che è sempre così teatralmente sexy,
che non te
la senti di rotolarti tra le lenzuola con lui. E' un'impresa galattica.
E
Manuel le passò accanto con la sua migliore espressione
vacua
proprio in quel momento: sulla porta poteva esserci lei, uno
scoiattolo, il fantasma della sua defunta madre, un qualsiasi altro
essere vivente, e lui avrebbe avuto lo stesso sguardo e la stessa
attenzione per esso -o magari davanti al fantasma di sua madre si
sarebbe scomposto un attimo, ma poi avrebbe ripreso la sua strada senza
troppi problemi-.
Lo
seguì fino in camera sconsolata senza aspettare un ordine
preciso, poggiò la borsa sulla sedia e
rimase
in piedi incapace di reagire alla situazione. Cosa avrebbe potuto
dirgli? Manuel intanto
aprì
l'armadio dandole le spalle, prese una maglietta grigia dei Rancid, la
prima della pila, e la
lanciò sul letto.
-puoi
usare questa
per dormire.-
Era
calmo, stranamente calmo. Sembrava solo tranquillo,
non aveva il solito tono incazzato e arrogante, si era rivolto a lei
con naturalezza e serenità.
A
quel punto qualcosa non le tornava: le aveva dato una maglietta per
"dormire"? Cos'era un messaggio in codice? Oppure con "stasera dormi
qui" intendeva davvero dormi
qui?!??
-posso usare il
bagno vero?-
Lui
annuì mentre le dava le spalle piegato sul pc alla
scrivania.
Velocemente
imboccò la porta del bagno accanto all'armadio e se
la chiuse alle spalle. Non sapeva se essere incazzata perchè
Manuel continuava ad ignorarla, piangere per la fine della storia con
Edo, sentirsi sollevata perchè lui non aveva manifestato
intenzioni bellicose o odiare se stessa per averlo seguito in
quell'appartamento.
Sospirò,
scivolando con le spalle contro la porta con la maglietta dei Rancid in
una mano e la borsa nell'altra.
Lo
specchio sulla parete di fronte rifletteva un'immagine di se stessa
mai vista: struccata, con due occhiaie da paura, la camicetta
stropicciata e macchiata sul colletto di mascara e gli occhi gonfi, i
capelli normalmente lisci come seta, arruffati con le punte tutte
arricciate. Era tempo di darsi una ripulita.
Sentì
il cellulare di Manuel suonare dietro alla porta senza
però distinguere la sua voce, probabilmente era un
messaggio,
mollò la borsa e la maglia sul bordo del lavandino per
tuffarsi
alla ricerca degli asciugamani puliti.
Il
bagno era decisamente maschile, diverso dalla camera,
perlomeno quello sembrava abitato. Le mattonelle azzurre e i faretti
attorno allo specchio davano al tutto un atmosfera da hotel di lusso
sebbene fosse poco più che uno sgabuzzino, lei aveva usato
quel
bagno decine di volte ma non si era mai soffermata a guardarlo come "il
bagno di Manu". Tutto lì dentro parlava di lui.
L'accappatoio
blu appeso dietro la porta, gli asciugamani anch'essi blu
impilati ordinatamente su una mensola, spazzolino e dentifricio
appoggiati davanti al lavandino, un disordine organizzato. Rasoio e
schiuma relegati in un angolo
del primo ripiano del mobile la fecero sorridere, Manuel odiava farsi
la barba. Accanto al bidet una pila di riviste seminascosta;
così ad occhio e croce non ne conosceva nessuna, era tutta
roba
di moto, basket e musica. Decisamente il bagno di un uomo, lei in bagno
teneva Glamour, Vogue e Elle!!!
Uscì
una decina di minuti dopo ripulita, con i vestiti tra le braccia e
addosso quella maglietta che le copriva a malapena il sedere.
Intanto
Manuel aveva spento le
luci, solo quella sul comodino di destra
rischiarava la stanza, e se ne stava stravaccato contro la testata del
letto con una
mano dietro la nuca e il portatile sulle gambe. In boxer.
Quando
la vide uscire dal bagno
spense il pc e lo poggiò a terra. E per la prima volta da
quando
era salita in moto con lui si guardarono negli occhi. Era
imbarazzatissima, normalmente a quel punto gli era già
saltata
addosso, anzi probabilmente sarebbe stata già nuda.
Aveva dormito da
lui solo un paio di volte ma mai intenzionalmente, una volta si era
addormentata lì perchè non aveva nessuna
intenzione di guidare,
l'altra era troppo ubriaca per scendere le scale da sola e
Manuel...dormiva. Poggiò i
vestiti sulla sedia della scrivania e si incamminò verso il
letto.
La
domanda era là, sulla punta della lingua: "perchè
sono
qui?" nonostante questo, non riusciva ad uscire, troppo codarda o
troppo stanca non riuscì a fargliela e senza dir nulla si
accoccolò sotto al piumone.
Il silenzio
calò sulla tutta casa.
Nessuno
dei due
dormiva ovviamente, erano sdraiati nello stesso letto schiena
contro schiena come fratello e sorella, senza toccarsi. La luce spenta
nessun rumore, non lo sentiva nemmeno respirare, e il cuore che batteva
nel petto come una grancassa. Cominciò a chiedersi se anche
lui
potesse sentirlo tanto rimbombava nel suo petto, e si sentiva un'idiota
perchè aveva fatto sesso con lui tante di quelle volte e
ancora
le si chiudeva lo stomaco e le veniva la tachicardia solo
perchè
dormivano nello stesso letto. Anzi perchè dormiva nel suo
letto.
E
i pensieri cominciarono a vagare leggeri nel buio. Manuel in effetti
non le
aveva chiesto nulla, l'aveva solo accolta lì senza chiederle
niente: e perchè allora non le era saltato addosso? Forse
non
voleva che restasse sola dopo quello che era successo. Dopo la sfuriata
di Edo. Si stava preoccupando per lei? Se ne stava prendendo cura, come
avrebbe fatto Jack? Aveva paura, paura di illudersi che il suo fosse
solo un gioco, per cosa poi...prenderla in giro? L'aveva già
fatto mille volte in fondo...Ma lo conosceva, sapeva che se l'avesse
voluta in altri sensi, avrebbe già preso possesso del suo
giocattolo.
Quindi
davvero era diventata il suo giocattolo?
I
discorsi di Laura le piombarono di nuovo addosso, proprio sul petto,
dove faceva più male.
"voglio
sperare ce tu non vada a letto con tutti quelli che chiami
amici..." e lui era davvero solo un amico? "che diamine ti è
venuto in mente? sai quello che si dice di lui.." si purtroppo lo
sapeva... "ti sei presa una cotta per lui?"
Si.
Passarono
i minuti
e pian piano capì che si era addormentato
perchè il respiro era diventato più lento e
profondo. Anche lei era stanca ma
non riusciva a prendere sonno. Troppi pensieri.
"dimmelo
che te la fai con qualcun'altro.." non voleva che lo
sapesse, avrebbe solo provocato un putiferio. Lui e Manuel avrebbero
litigato, gli amici e le amiche si sarebbero schierati e alla fine, in
qualunque modo, qualcuno avrebbe sofferto. Probabilmente lei e Manuel
si
sarebbero ritrovati tutti contro e non era assolutamente quello che
voleva.
"...sei
una stronza!!"
Avrebbe
voluto
girarsi e abbracciarlo in quel preciso istante, e magari farsi dire
qualcosa di carino per tirarsi su, ma aveva paura di essere
scacciata -anzi la certezza- quindi si addormentò
tra pensieri infausti sulla famosa maledetta
sera e ricordi nebulosi della prima volta che aveva
dormito con Edo.
Potevano
essere passati pochi minuti o anche sei ore, quando un movimento
accanto a lei la destò, Manuel aveva mosso una gamba sotto
la coperta, probabilmente nel sonno.
Alice si ritrovò sveglia in quella stanza conosciuta accanto
ad
un uomo conosciuto, eppure si sentiva un'estranea completa in quel
letto;
rannicchiata nell'estremità più lontana da lui
sul bordo
del materasso le braccia strette al cuscino. Aspettò
qualche momento, il tempo di esser certa che lui fosse almeno
un
po' addormentato e poi si decise, si
voltò veloce e leggera e appoggiò la fronte tra
le sue
scapole sulla schiena nuda
avvolgendolo
con le braccia.
L'illusione
durò pochi secondi, la pelle fresca contro la sua
fronte era il lenitivo migliore per la sua mente ingarbugliata in
strani pensieri, sembrava che Manuel non si fosse nemmeno accorto della
sua vicinanza, respirava piano e il suo cuore batteva regolare sotto la
mano di Alice.
-che fai?-
Lo
credeva addormentato invece dalla voce sembrava perfettamente
sveglio e inequivocabilmente scocciato. Cosa poteva rispondergli?
-ti abbraccio..- la verità pura e semplice.
-devi
proprio?- le rispose senza
muovere un muscolo, a quella domanda Alice si staccò
all'istante e
tornò dal suo lato del letto silenziosa.
Non
voleva assolutamente, non
doveva, non poteva: invece eccole là, le lacrime arrivarono
impetuose, salivano salivano e lei non riusciva a trattenerle. Si fece
piccola piccola, sempre più lontana da Manuel, e pianse. In
silenzio pianse, stringendo i denti per non singhiozzare e inspirando
con la bocca perchè i fazzoletti per soffiarsi il naso erano
troppo distanti.
Rimasero
così ancora per molto. Ognuno dal suo lato. La sentiva,
eccome
se la sentiva piangere, ma l'orgoglio aveva catene pesanti da spezzare,
se voleva sfogarsi e piangere, a lui non doveva importare. E allora
cominciò a chiedersi
perchè l'avesse portata lì con se?
Pian
piano il pianto si calmò e Alice era decisa ad abbandonarsi
definitivamente al sonno. Aveva pensato di alzarsi e andarsene, di
voltasi e schiaffeggiarlo o in alternativa urlargli contro tutto l'odio
che provava per lui in quel momento, però una voce dentro se
le
ricordò di chi stava parlando. Manuel Bressan non era un
ragazzo
carino -bello si, ma non carino- non trattava bene nessuno, men che
meno lei, e non era quello giusto da cui andare a frasi consolare e non
doveva aspettarsi nulla di diverso da lui. La colpa era
soltanto della sua ingenuità.
Poi
fu lui a muoversi, proprio il lui
che stava maledicendo mentalmente: si voltò prima verso di
lei, e ne sentiva il respiro dietro al collo ancora distante, poi dopo
qualche attimo di esitazione, con
cautela l'avvolse tra le sue
braccia, così rannicchiata com'era, tirandola indietro verso
se la strinse contro il suo petto.
Alice
non
reagì, non disse nulla e nemmeno smise di piangere.
-perchè
stai piangendo?-
Un
sussurro, roco e tremendamente sensuale, che arrivò al suo
orecchio come da un'altra dimensione, estraneo a quella stanza, a quel
letto, a Manuel. Il cuore perse un battito per la sorpresa e Alice
stretta in quel goffo abbraccio trasalì. Veramente si stava
prendendo cura di lei?
Singhiozzò,
si passò la mano sulle guance per asciugare le
lacrime.
-non
lo so..-
Silenzio.
Il
suono strano che le giunse all'orecchio era proprio ciò che
le serviva; non aveva riso e non aveva sbuffato, aveva fatto entrambe
le cose producendo un buffo mix che rimbombò contro la sua
nuca.
Le scappò un risatina: perchè dopo tutto
ciò che
aveva combinato le pareva incredibile concludere la serata con una
risata, eppure Manuel c'era riuscito.
Involontariamente
certo, ma aveva rischiarato anche quella serata.
E
lui invece era immobile, il silenzio era calato Alice aveva smesso di
piangere. Solo allora osò inspirare a fondo con il volto tra
i
suoi capelli, e si rese conto di ciò che aveva accanto: la
cosa
più profumata e
fragile che avesse mai stretto tra le braccia, la avvolgeva
completamente col corpo e con le
gambe, che ancora tremava un po'.
Inspirò
di nuovo, a suo rischio e pericolo, Alice già
dormiva tranquilla con le mani posate sulle sue. Sistemò
meglio
la testa sul cuscino perchè sapeva che lei non lo avrebbe
lasciato andare facilmente ora che l'aveva abbracciata. E in fondo non
gli dispiaceva più di tanto.
La strinse
impercettibilmente contro di sè.
E
dormirono
così, tutta la notte.
Alle
7 la sveglia
del cellulare di Alice suonò come ogni mattina.
Aprì
gli occhi di soprassalto e allungò la mano verso il
comodino,
prese il Nokia ultimo modello che le aveva regalato suo padre a Natale
e disattivò il suono
fastidioso.
Ritornò subito tra le sua
braccia, immobile per non guastare quel momento perfetto, si
rannicchiò di nuovo nella stessa posizione e gli strinse le
mani
tra le sue.
A
quel contatto Manuel
reagì mugugnando e allentando la presa delle braccia,
brontolò qualcosa di incomprensibile disorientato, gli
sembrava
di aver dormito dieci minuti scarsi, invece era già ora di
andare a scuola. Si scostò di lei dopo essersi accorto di
aver
dormito tutta la notte con il viso affondato sul suo collo e
con
una mano massaggiò un braccio intorpidito.
-non
mi va di andare a scuola- impastata dal sonno Alice
tirò il piumino fin sopra la
testa mentre Manuel apriva finalmente gli occhi. -voglio dormire!-
continuò da sotto le coperte.
-vuoi
fare fuga?-
le chiese allibito. Nell'immaginario collettivo Alice era
l'incarnazione dell'alunna modello: brava, rispettosa e diligente. Non
l'aveva mai vista fare fuga, e non si aspettava un proposta del genere
proprio nel giorno in cui tutti avrebbe scoperto della sua rottura con
Edoardo. Decisamente non era una buona idea, sarebbe apparsa come una
dimostrazione di debolezza.
Lei
annuì vigorosamente in modo che lui la vedesse anche sotto
alle coperte.
-sicura?-
A
quel punto Alice riemerse con il viso dal piumone, lo
osservò
un po' indignata: forse non la credeva capace di marinare le lezioni?
Manuel stava sdraiato a pancia insù con gli occhi chiusi e
il
torace scoperto.
-certo!-
Di
nuovo Manuel borbottò qualcosa di incomprensibile e si
riacoccolò sul fianco voltato verso di lei -senza
abbracciarla-.
Alice
continuò a
guardarlo per qualche secondo, la mandibola rilassata e le rughe sulla
fronte distese, decise di non
forzarlo, di non stargli troppo addosso, l'aveva tenuta tra le braccia
tutta la notte, doveva accontentarsi!! Rimasero quindi così
ognuno dal suo lato, questa volta faccia a faccia.
Alle
10 passate Alice
sentì dei rumori al
piano di sotto, si spaventò e si avvicinò alla
sua spalla
scrollandolo leggermente.
-Manuel?-
-che
c'è?- non sembrava affatto entusiasta di esser stato
svegliato.
-c'è
qualcuno di sotto!- gli sussurrò all'orecchio
-sarà
Sonia-
Sapeva
che avevano
una sorta di aiuto domestico, faceva tutto lei:
puliva, cucinava, lavava e faceva la spesa. Si occupava di tutta la
roba di
Manuel, la stirava e la metteva nell'armadio. Suo padre stava
all'estero
per settimane e lui non sapeva provvedere a se stesso da solo.
Al
piano di sotto un rumore sordo e metallico annunciò l'uscita
della donna dalla casa.
-ecco,
se
n'è andata...- commentò innervosito.
Si
voltarono l'uno
verso l'altra, casualmente. E in
silenzio incrociarono lo sguardo.
Dopo
tutto quello che era successo quegli occhi scuri che la scrutavano
senza timore la mettevano in imbarazzo.
Manuel sondò con gli
occhi ogni cellula del suo viso perfetto, le
labbra piene di un rosa delicato, il naso piccolo e in
perfetta
armonia con i lineamenti dolci del viso, e poi gli
occhi, di un azzurro disarmante ridevano allegri, sarebbe potuto stare
ora a guardarla. Così piccola e fragile, così
buffa nei
suoi
lineamenti di porcellana, i capelli di un brillante color del rame,
le lentiggini sul naso e sulle guance, la fronte alta e le sopracciglia
sottili. Incantata da quello sguardo scuro, lasciò il
piumone che teneva stretto tra le dita, gli
portò una mano sulla sua testa e passò le
dita tra i
capelli sorridendogli dolcemente.
Quel
sorriso leggero e gentile lo spiazzò.
D'istinto
le prese il
viso
tra le mani e nascosto sotto il piumone la baciò, dolce e
lieve, sfiorandola soltanto. Alice non si scostò ne
tentò
di approfondire il contatto, accolse il suo gesto con il cuore che
aveva ripreso a martellare nel petto.
Lo
aveva fatto così senza pensare Manuel, stregato dalla suo
dolcezza;
non la strinse per paura di romperla, così piccola e
fragile, facile da rovinare.
-grazie per avermi tenuto qui stanotte-
Non
rispose, alzò
semplicemente le spalle e le lasciò il viso.
Alice
rimase immobile ancora
un momento per imprimere nella memoria quel momento così
dolce e
inaspettato.
Poi
-sorridendo sotto i baffi- lo seguì al piano di sotto.
Si
sedette sul
tavolo della cucina dietro di lui che stava armeggiando con la macchina
del caffè. Alice ancora in maglietta e mutande seduta sul
marmo
freddo, Manuel solo in boxer, le mostrava in tutta la sua bellezza il
suo sedere da statua di marmo.
-vuoi
mangiare?- le
chiese di spalle
-no
solo
caffè!- trillò allegra agitando le gambe
penzolanti
-guarda
che se
continui a bere fumare e farti di caffè così
campi poco!- le lanciò un'occhiata sbieca ghignando come un
ragazzino
-...e
va bene che
merendine hai?-
Manuel
allungò una braccio e aprì un
anta bassa della cucina accanto alla sua gamba destra: -queste-
La
dispensa era completamente stipata di confezioni colorate: fagottini
girelle flauti tegolini, sembrava che avessero riversato là
dentro un'intera scansia del supermercato, Alice
balzò giù dal tavolo con uno scatto e
l'espressione
più sconvolta che le avesse mai visto.
-wow,
ma
è un sogno, questo è...è il paradiso
delle
merendine!- si chinò sulle ginocchia scoprendosi tutte le
cosce
magroline per cominciare a frugare come una forsennata. Nonostante le
apparenze quella ragazza sapeva stupirlo: mangiava dolci e cioccolata
in quantità industriali eppure non aveva un filo di ciccia.
-ma
quanta roba
c'è qui dentro Manu?-
-io
non le mangio, è Sonia continua a comprarmele..- rispose
guardandola scomparire nella dispensa con entrambe le braccia e tutta
la testa.
Ne
studiò i movimenti, inconsapevolmente aggraziati, mentre
fissava indecisa le scatole per scegliere qual'era quella con il giusto
equilibrio di cioccolato pan di spagna e farcitura: bere il
caffè con lui accomodata sul piano della cucina e sporcarsi
gli angoli della bocca con la Kinder Delice, ovviamente aveva scelto la
merendina più cioccolatosa della dispensa. Finita la
colazione Alice tornò in camera per lavarsi e vestirsi
mentre Manuel si piazzò sul divano a vedere la tv.
-la
mia camicia è sporca, posso prendere qualcosa di tuo?- gli
urlò con la testa che sbucava dalla cima della scala.
-si-
brontolò con un livello di voce che usava raramente.
Quando
Alice scese in salotto
vestita, la squadrò
interrogativo: -come ti sei
conciata?-
Aveva
i suo pantaloni e
una camicia azzurra di Manuel stretta in vita dalla cintura di cuoi che
la sera prima portava infilata nei jeans, i sandali blu di Zara in una
mano e la borsa nell'altra. E sorrideva sorniona.
-è
tua! hai detto che potevo prendere qualcosa da te no?!- gli disse
facendo una mezza piroetta mentre sistemava il collo
della camicia che su di lei si sformava.
-lo
so quel che ho detto.-
La
stava troppo larga e dallo spazio tra un bottone e l'altro si vedeva
chiaramente il reggiseno nero, nonostante tutto Manuel non
potè che convenire con lei che lui non l'aveva mai messa e
che certamente la portava con molta più disinvoltura lei, di
quanto non avrebbe mai potuto fare lui.
-oh
non fare quella faccia...tanto non l'hai
mai messa...- continuò sbuffando davanti alla sua
espressione contrariata.
La
ignorò e dopo un'alzata di spalle tornò a
concentrarsi sulla tizia in jeans e reggiseno che ballava su Mtv. Alice
mollò a terra le scarpe e la borsa e saltellò
fino al divano accanto a lui e si lanciò letteralmente in
ginocchio sui cuscini guadagnandosi lo sguardo più truce del
suo repertorio.
-cosa
facciamo
stamattina?-
Manuel
scrollò le spalle mentre cambiava canale passando alla
paytv, non sembrava granchè intenzionato a muoversi dal
divano in realtà.
-che
fai di solito il sabato scusa?- tentò di smuoverlo
piazzandosi quasi in braccio a lui.
-vado
al campetto.-
Si
rese conto immediatamente che lo sapeva benissimo, Manuel non era
particolarmente assenteista, mai quanto Edoardo comunque, e non lo
vedeva a scuola solo quando mancavano anche il Vigna Filo o addirittura
Jack e Paolo. Il perchè lo sapevano tutti, anche i
prof ormai: si trovavano a giocare al campetto tutti insieme. Il sabato
pomeriggio poi era un appuntamento fisso. Alice c'era stata parecchie
volte con le ragazze, o a trovare gli amici dopo lo shopping del sabato
-ma in quelle occasioni Manuel era sempre troppo occupato a correre
dietro al canestro per curarsi di lei-, definirlo "campo da basket" era
alquanto azzardato, si trattava semplicemente una lastra di cemento in
mezzo al parco con due canestri arrugginiti ai lati. Però
era gratuito e abbastanza isolato da permettergli di fare tutto il
casino che volevano.
-oh
giusto...e allora che si fa?- brontolò scostandosi da lui
per incrociare le braccia. Manuel sorrise della sua espressione
imbronciata.
-andiamo
al lago-
le propose atono. E Alice si illuminò come una bambina
felice.
Spazio Autrice
Ehilà..
*si copre il volto con le braccia per paura di essere colpita da
qualcosa di pesante*
lo so...ennesimo ritardo!!
però questo capitolo è davvero lungo e molto
puccioso, quindi spero che mi perdonerete
XD
Passiamo ad argomenti seri:
visto come si è piagato il piccolo e puccioso Bressan
davanti alle lacrime di Alice??!!??
eheheh
ma non poggiatevi sugli allori!!
il caro vecchio stronzo bastardo fottuto egoista tornerà
alla carica molto presto!!
Spero che la storia stia piacendo anche a coloro che la leggevano una
volta,
sono cambiate delle cose, però per
adesso la trama è rimasta pressochè
invariata..
(da notare il corsivo+grassetto+sottolineato su: per adesso)
Finale in sospeso...
sadicamente, lo so
Ho notato che chi recensiva all'inizio ora non lo fa più...
...perchè???
*si strugge in lacrime in un angolo della sua stanza*
mi auguro che non mi abbiate abbandonata ragazze..
spero di ritrovare qualche rece,
giusto per la mia autostima e per capire se la storia fa
così schifo da aver fatto fuggire tutte le lettrici!
Ora rispondo alla rece:
annalisa70: la dieta è fallita, come sempre, ma gli impegni
sono tanti e purtroppo a volte non ho tempo di scrivere anche se ci
penso tutto il giorno, ho trovato comunque una valida soluzione, mi
stampo le bozze dei capitoli e le porto sempre con me, così
ogni volta che mi viene in mente qualcosa mi ci butto a capofitto...mi
è capitato di scrivere pure mentre stavo in fila in macchina
in tangenziale, esperienza pessima!!
Per il finale dovrai aspettare un po', anche se in realtà ho
fuso molti capitoli e cancellato anche intere parti, quindi potrebbe
volerci meno del previsto..
Ukyu93: grazie 1000 della rece, continua a seguire mi raccomando e
grazie anche per avermi inserita nelle seguite ^^
Bellatrix_indomita: ho provato a cercare la tua rece, ma non l'ho
trovata...magari EFP ha fatto qualche casino oppure tu hai pensato di
recensire, poi non l'hai fatto (a me capita spessissimo...don't
worry)!! Sto scrivendo una cosa unica..davvero?? che bello mi emoziona
trovare certe rece e poi mi sprona un sacco a scrivere (e aggiornare in
tempo), quindi spero di trovarne altre!! hihihi
Bambolotta: Aleeeeeee!!! PERDONAMI please...che ti amo te l'ho
già detto che mi salvi te l'ho già detto...che mi
resta...Vuoi sposarmi???
spero che il cap sia di tuo gradimento..anche se l'anteprima l'avevi
già letta! il finale è un po' in sospeso, ma
ciò che succederà al lago lo scoprirai la
prossima volta..felice che tu abbia riavuto il pc MA giuro che smetto
di aggiornare se tu non la smetti di non dormire!!! EDo è
viscidissimo si, ma con questo cap ce ne siamo liberate per un po',
contenta??
Prometto
solennemente di impegnarmi per pubblicare il cap 7 entro il 20/10/2009
1bacio.
Vale
|
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Capitolo 7 *** 7 ***
7
-Relazione
Clandestina-
Il
22 di aprile era un bel sabato mattina, uno di quelli freschi e
soleggiati che facevano venir voglia a tutti di fare fuga.
Quel
sabato mattina alle Stimate l'assenza di Manuel Bressan
passò inosservata a molti, l'unica che veramente la
notò
fu la prof di Latino che aveva ben pensato di interrogarlo dopo la
disastrosa versione della settimana prima, costretta quindi a virare su
qualcun altro.
L'assenza
di Alice Aroldi invece venne accolta da quasi
tutto il corpo studenti come una mancanza di coraggio: la notizia della
rottura della coppia d'oro infatti aveva fatto il giro del cortile
addirittura prima della campanella d'ingresso, quando nessuno vide la
sua chioma rossa in sella alla bici arrivare all'ultimo momento, tutti
pensarono che la poverina non se la fosse sentita di andare a scuola
dopo
il fattaccio.
L'assenza
di Alice Aroldi e Manuel
Bressan venne notata invece solo da
pochissimi. Laura fu l'unica ad indovinare l'esatto motivo dell'assenza
di entrambi, e con dovizia di particolari informò anche
Chiara
sulla situazione nei primi dieci minuti della prima ora. Jack, in
un'altra quinta, aveva notato si l'assenza di entrambi ma si era
autoconvinto che fosse solo una mera coincidenza. Il resto degli
studenti che aveva notato la strana casualità, non poteva
sapere
e si accontentò di classificare la cosa come, appunto, una
casualità.
Nessuno
poteva sapere che in quel momento Manuel e Alice correvano sulla
statale abbracciati l'una all'altro sulla moto.
Dopo
la notte passata l'uno accanto all'altra le cose non cambiarono poi di
molto.
Si
erano visti solo una volta perchè le cose non erano esattamente
tornate alla normalità: Alice aveva passato il pomeriggio a
casa
di Laura a spettegolare e fingere di studiare fisica, le aveva
confessato tutto nei minimi dettagli (comprese tutte le fughe, le
balle, i mal di testa fasulli e l'intesa sessuale assurda che avevano
trovato), poi quando era uscita poco prima di cena aveva trova l'sms di
Manuel che le annunciava l'imminente ritorno di suo padre. Quindi non
aveva perso tempo, l'aveva raggiunto sotto casa con la bici era salita
di corsa e si era lasciata spogliare senza dir nulla.
Da
quando si era sparsa la voce della sua rottura con Edo, Alice si era
ritrovata assediata dalle domande e dagli sguardi di molti, e sfuggire
alle occhiatacce di Edoardo stava diventando complicato. Mentre Manuel,
l'unico da cui sperava di ricevere attenzioni, non la trattava
diversamente da solito.
E
lei si era accorta che neanche lui riusciva più a
trattenersi
per troppo, era diventato molto più audace e aperto nei suoi
confronti, ma sempre e solo quando erano soli. Se stavano lontani
per troppo anche lui non riusciva a trattenere la sua voglia di vederla
e
l'assediava anche a scuola e nelle ore buche.
Gli
esami però si stavano avvicinando e Alice non riusciva
più a
passare tutto il pomeriggio con lui. Passava intere mezze giornate alla
scrivania o al tavolo del salotto concentrata sempre solo su un'unica
riga del libro di storia con il cellulare davanti sempre pronta a
scappare da lui, era ormai iniziato maggio e comunque prima degli esami
avrebbe avuto parecchio altre occasioni per vedersi, sopratutto ora che
si era finalmente liberata di Edoardo: i suoi infatti avevano
programmato ormai da
sei mesi due settimane di crociera per festeggiare la loro seconda luna
di miele, al compleanno di Laura mancavano ormai meno di due settimane
e la festa che Charlie stava preparando sarebbe stata fantastica,
e in ultimo non poteva dimenticare la festa per i diplomandi, storica
occasione per far baldoria.
Stava
riflettendo su tutti questi programmi per il futuro nel giardino della
scuola seduta sui gradini del cortile interno con Chiara e Laura, come
sempre stavano fuggendo dalla prof di ginnastica.
-ragazze
che si fa questo weekend?- chiese la bionda con il palmare in mano
-non
so io dovrei studiare.. sono indietro in fisica!- Chiara era
sempre indietro in qualcosa, aveva sempre esercizi supplementari da
fare o libri interessanti da studiare. Era molto più
secchiona
di loro due, e tremendamente più ligia allo studio.
-tu
Ali che pensi di fare?- continuò la bionda ammiccante
-non
so, sono a casa da sola-
-esci
con il tuo piccolo nano maledetto?-
Che
senso avesse non le era mai stato chiaro, ma Laura amava dare
nomignoli ambigui a tutto, questo era quello che aveva scelto per
parlare di Manuel in pubblico. Non aveva alcun senso logico, anche
perchè Manuel nel suo metro e ottanta abbondante non era per
niente nano, anche se maledetto era abbastanza appropriato.
-ovviamente
no!-
-come
vanno le cose?-
-come
sempre: ci siamo visto l'altra sera, ma fuori da casa sua
nemmeno una parola! E poi è tornato suo padre quindi per
ora...nulla-
-e
tu che pensi di fare per questo?- le chiese Laura assottigliando lo
sguardo; aveva mollato il palmare sul gradino e si era voltata
completamente verso di lei, bruttissimo segno!! Ora Alice aveva tutta
la sua attenzione.
-che
dovrei fare scusa?- scrollò le spalle, non aveva voglia di
affrontare Manuel. Voleva solo rifugiarsi tra le sue braccia al momento
del bisogno, divertirsi e farsi coccolare.
-Alice
non dirmi che ti va bene così, perchè tanto non
ci
credo...tu non sei mai stata così, dov'è finito
il tuo orgoglio?-
-ma
cosa dovrei dirgli "se mi vuoi ancora ti devi mettere con me", dargli
un ultimatum?-
-eh
esatto potrebbe essere un'idea!- dal suo tono credeva che fosse la
soluzione più ovvia. Ma Alice sbuffò trattenendo
un
sorriso, già se la immaginava la faccia di Manu davanti ad
una
domanda del genere: le avrebbe riso in faccia, e se lei avesse
insistito semplicemente l'avrebbe scaricata. Come faceva con tutte.
-ahahah
si vede che non lo conosci...mi riderebbe in faccia-
-quindi
preferisci che ti tratti come una qualsiasi delle sue amichette?-
-non
sono una qualsiasi..-
-a
no?- insinuò Laura spazientita, non capiva come la sua amica
potesse essere così cieca. La conosceva da anni, non era mai
stata una stupida, nemmeno quando si era presa la cotta per Edo, non
era mai fatta mettere i piedi in testa, eppure ora sembrava aver perso
tutta la sua razionalità: -e che ha fatto per dimostrartelo?-
"nulla..."
non trovò il coraggio di ammetterlo ad alte voce, ma
con se stessa non poteva negarlo. Manuel la stava usando come il suo
giocattolo, e lei si era piegata ad ogni suo ordine ad ogni sua
chiamata, come una delle tante.
Il
silenzio calò tra le tre amiche. Alice guardava a terra, non
sapeva che fare, sapeva che Laura aveva ragione loro ma non voleva
ammetterlo, aveva paura di perderlo per sempre costringendolo a
scegliere: o lei, o la sua libertà.
"io
non voglio essere la sua scopamica!!"
-ho
bisogno di un po' di sano shopping..- cominciò Alice
Un
tranquillo pomeriggio di compere era proprio quello di cui sentiva
la necessità, certo Laura aveva passato metà
pomeriggio a
cercare di convincerla a mettere le cose in chiaro con Manuel, l'altra
metà a scegliere con lei le parole giuste, mentre Chiara
continuava a sostenere che non era il caso di intromettersi in quella
situazione, che era già abbastanza complicata senza
l'intervento
della bionda "ripara-coppie".
Si
comprò due borse, una quantità industriale di
magliette, dei jeans, due paia di ballerine e degli sandali per
l'estate.
Si
presentò a casa di Manuel quasi all'ora di cena, non era
sicura di trovarlo da solo, invece la invitò a salire con il
solito distacco.
Quando
entrò in casa lo trovò sdraiato sul divano a
guardare il basket sulla pay-tv. Si piazzò davanti a lui
decisa.
Aveva provato il discorso decine di volte in macchina, scelto le parole
più adatte, quelle che non avrebbero urtato il suo senso di
libertà da ogni legame.
Dopo
mille ripensamenti si era convinta ad andare da lui, non con il
discorso che Laura avrebbe sperato, però era lì.
Non
voleva rovinare tutto imponemdogli qualcosa, quindi l'idea era di
parlargli tranquillamente e cercare di scoprire cosa provasse per lei.
-dobbiamo
parlare!-
-non
adesso, aspetta!- sembrava che non l'avesse nemmeno vista entrare in
salotto.
-come
non adesso? io devo parlarti, ora!!-
Lo
credeva diverso,
-sto
guardando l'NBA, levati che è quasi finita..dopo puoi
parlare quanto vuoi- stava cominciando ad irritarsi e questo non poteva
che sfavorirla, doveva correre ai ripari, per questo provò
di
addolcire il tono di voce e avvicinarsi al divano.
-no
Manuel ascoltami: io non posso continuare così sono mesi
che ci vediamo di nascosto, io non posso più andare avanti
in
questo modo!- aveva paura, si, ma prima o poi bisogna affrontare tutte
le paure.
-bene-
-come
bene?-
Le
tremava la voce, la conversazione stava prendendo la piega sbagliata.
-se
non ti va più bene..vattene!-
Per
un momento l'aria scomparve dall'atmosfera, il cuore corse ad una
velocità mai raggiunta e un vuoto, enorme gigantesco si
aprì nei suoi visceri. Era proprio quella la frase che
temeva,
quella che l'avrebbe scacciata, come
una qualsiasi..
Le aveva
parlato tranquillo senza nemmeno guardarla in faccia,
anzi cercava di scorgere i giocatori sullo schermo dietro di lei.
Credeva di conoscerlo -almeno un po'- invece no, si rese conto che non
aveva capito nulla. Si era illusa che la sua fosse solo una maschera,
che oltre il bastardo stronzo senza scrupoli che mostrava al mondo ci
fosse qualcos'altro. Invece era solo quello: un bastardo stronzo senza
scrupoli.
-sei
solo uno stronzo!-
La
rabbia cominciò a crescere e non smetteva più.
Non
tanto per quello che aveva detto, ma per l'ignobile codarda aria con
cui non la guardava.
Era
stata a letto con lei, cazzo!! Alice non riusciva a crederci, come
poteva dopo tutto ciò che avevano..fatto, ignorarla
così?
L'aveva baciata -con parecchio trasporto-, l'aveva spogliata e vista
nuda, le aveva accarezzato la pelle e sedotto la mente.
Si
avvicinò come una furia alla presa sul muro e
staccò
tutti i fili che c'erano sul pavimento. La tv si spense immediatamente
con uno zot inquietante.
-ma
sei scema? che cazzo fai?- sbraitò Manuel alzandosi in piedi
e incrociando finalmente il suo sguardo.
Sapeva
che quel giorno sarebbe arrivato prima o poi, l'idillio non
poteva durare per sempre. L'aveva fatto apposta a non ascoltarla, non
voleva sentirle dire quello che gli avevano già detto mille
altre labbra, avrebbe distrutto l'immagine che si era costruito di lei;
Alice col passare del tempo si era fatta largo nelle pieghe della sua
personalità e aveva raggiunto i limiti che lui stesso si era
preposto, oltre quelli nessuno era mia arrivato, eppure non sembrava
patirne, sempre perfetta, dolce disponibile ad ascoltarlo, avrebbe
voluta tenerla lì sul divano con lui tutta la vita. Se solo
non
avesse chiesto di più...
-ora
sei pregato di ascoltarmi!- le mani piazzate sui fianchi,
indignata.
Ignara
che ciò che tanto desiderava, fosse già suo.
-io
non ascolto un bel niente! non ti va più bene
così?
bene...allora FINE! addio, io per la mia strada tu per la tua!-
allontanarla era l'unica soluzione possibile per Manuel
-non
possiamo parlare da persone civili? non volevo arrivare a questo!-
le chiavi della macchina tanto strette nella mano da far male.
-non
c'è niente da dire! non me ne frega dei tuoi scazzi o delle
tue pretese! tu
sei
una bella scopata e basta
per me, chiaro?-
Perchè?
Da dove arrivava la nausea che gli stava risalendo lo
stomaco con dolorosi spasmi? Doveva forse interpretarlo come un segnale
del suo corpo che non voleva perdere ciò che tanto bramava?
Ignorò
i segni e la sua coscienza, essere spietato forse sarebbe
stata la salvezza di Alice: -..ora vattene e scordati di me!-
-ti
odio!- gli sibilò contro a denti stretti. Andandosene dopo
aver raccolto i cocci della sua dignità.
Passarono
quattro giorni dalla discussione, non parlarono ne si videro.
Non
ci poteva credere che gli mancasse davvero. Non era umano ne
possibile, eppure lui era diventato un bisogno fisico, una
necessità; le mancava il suo odore i suoi capelli nerissimi,
il
modo in cui la guardava prima di spegnere la luce.
Emozioni
così forti non le appartenevano; cominciava a
spaventarsi. Avrebbe voluto confrontarsi con Laura e Chiara o magari
anche con Martina -il Vigna era più simile a Manuel rispetto
agli altri due- per sapere se anche loro avevano provato emozioni
simili, quella necessità di sentirlo vicino o anche solo
vederlo, ma si vergognava troppo, aveva paura della risposta.
E
se le
avessero detto che a loro non era mai capitato, che quella
morbosità non era normale, che avrebbe fatto?
Cominciò
a convincersi che non doveva pensarci, che pian piano avrebbe smesso di
sentire il bisogno dei suoi abbracci.
Nonostante
tutto, quando lo incontrava a scuola nei corridoi o in
mensa, tutta quella foga spariva. Rimaneva soltanto il rancore e la
rabbia, e
tutte le parole che le aveva riversato addosso la settimana prima.
Aveva
provato a distrarsi, con la scuola, i compiti, lo shopping -non
aveva mai speso tanto in un pomeriggio- ma erano solo rimedi
temporanei, blandi palliativi ad una mancanza più viscerale.
Non
aveva trovato il coraggio di raccontare nulla a sua madre; avevano
parlato solo di Edoardo e quando si era ritrovata ad essere accusata di
non aver avuto abbastanza pazienza con lui, quel briciolo di voglia di
confessarle com'erano andate realmente le cose, scomparve, dissolto
come lo zucchero nel suo tè. Sua madre non era mai stata
brava a
capirla; era una buona compagna per lo shopping, sua alleata nelle
battaglie contro suo padre per uscire la sera, eppure non si erano mai
parlate davvero. Due universi paralleli senza contatti, questo erano.
-Aliii
vuoi il roastbeef o il tacchino?-
Nulla,
non voleva nulla!!
Laura
aveva il potere di risvegliarla sempre nei momenti più dei
suoi pensieri, come se le leggesse nella mente.
-non
ho fame, prendimi solo una mela per favore, io vado a tenere il
tavolo- si dileguò sorridendo, con i libri e l'acqua in mano.
La
mensa non era ancora così piena, la maggior parte degli
studenti ciondolava ancora in fila con i vassoi in mano, per cui
riuscì
ad accaparrarsi un tavolo da quattro vicino al muro. Almeno non
sarebbero state al centro, esposte agli sguardi inquisitori di tutti.
Si
rese conto solo allora seduta da sola a guardare la città
viva fuori dalla finestra, che per la prima volta nella sua vita stava
scappando dal mondo. Mai si era sottratta alla vista degli altri, per
natura aveva sempre amato stare al centro dell'attenzione, sentirsi
osservata, ammirata. Ora invece ne sentiva il peso sulla nuca: tutti
volevano sapere, tutti cercavano la tracce del dolore, del pianto o
volevano
scoprire le prove di un tradimento, di una lite violenta o di un nuovo
amore.
Adolescenti
avvoltoi senza alcuna morale.
E
poi, a volte incappava in momenti tragici, come quello che stava
arrivando: Manuel era
appena entrato in mensa, le mani in tasca e una smorfia annoiata sul
volto.
Di
una bellezza incomprensibile.
Scortato
come sempre da Filo, si accodò al gruppo seguito dalle
occhiate maliziose di buona parte del corpo studentesco femminile. Una
parte di quelle del quinto e alcune del quarto potevano vantare un
passato
-un finesettimana, due al massimo se erano particolarmente disinibite-
al suo
fianco. E Alice poteva riconoscerle solo con un occhiata: erano quelle
che lo guardavano con celata bramosia, non lo spogliavano con gli occhi
lucidi di emozione, lo scrutavano con finto disinteresse, mordendosi
l'interno delle guance con cattiveria perchè conoscevano il
valore di ciò che avevano perso.
Ed
erano esattamente come lei.
-controllati!!
ci manca solo che sbavi....-
Laura
e Chiara l'aveano raggiunta insieme ad altre tre compagne di classe.
Alice
si riscosse in un attimo, senza mostrare alcunchè al resto
del pubblico, deviò l'attenzione su una ragazza del quarto
anno
della stessa sezione di Manuel che saltellava allegra in mezzo al
salone; lei e le sue amichette avevano in mano dei foglietti azzurri,
con molta probabilità avevano trovato l'invito per qualche
festa
di universitari.
-ieri
pomeriggio ho visto Paolo che andava via con una di seconda!
è una bionda...carina...dev'essere la figlia di
quell'avvocato,
quello che insegna anche a Giurisprudenza...non mi ricordo come si
chiama però!?!- brontolò Laura, sempre
troppo in vena di
pettegolezzi. Squadrò le altre in cerca di un appoggio, ma
nessuna le diede ascolto.
-wow
oggi sprizziamo allegria è ragazze!! quanto siete noiose,
non sarà mica per il compito d'inglese??-
-si-
-no-
Risposte
prevedibili: ad Alice non fregava nulla d'inglese, aveva fatto
il compito nella metà del tempo a disposizione per correre
fuori
a fumare, mentre Chiara era convintissima di aver sbagliato tutta
l'analisi del testo.
Edoardo
intanto in quei quattro miseri giorni era tornato all'attacco,
Alice rifiutava cortesemente tutti
i suoi inviti con scuse sempre più maleducate. Non poteva
rassegnarsi a guardarla con astio come tutto il resto della scuola?
I
ragazzi della compagnia non avevano preso posizioni: Jack aveva
passato un intero pomeriggio a casa sua a fingere di non sapere nulla
di lei e Manuel ascoltando tutte le sue (false) motivazioni per cui
aveva mollato Edoardo, Charlie la faceva ridere come una bambina sotto
precise indicazioni di Laura, gli altri, fingevano che nulla fosse
cambiato, che Edo non avesse improvvisamente smesso di farsi vedere in
giro quando c'era anche lei.
Le
ragazze prevedibilmente le erano sempre accanto.
Il
weekend però incombeva davanti alle fughe continue di Alice
(da Manuel da Edoardo dalla realtà), sabato
sarebbe stato il compleanno di Laura, e Charlie e Chiara avevano
organizzato una festa a sorpresa al BM, una nuova tortura per
Alice.
La
ricerca del regalo era stata abbastanza banale, sia lei che Chiara
sapevano perfettamente che Laura voleva il nuovo orologio bianco di
Furla, non aveva fatto altro che parlarne per un mese. Tuttaltra cosa
fu la scelta del vestito.
Dopo
una settimana di sofferenza, pura e semplice, l'animo combattivo
di Alice tornò a bussare alla porta. Aveva razionalmente
deciso
di riprenderselo! L'illuminazione era arrivata venerdì
mattina
mentre pedalava tranquilla con l'i-pod nell'orecchie, proprio mentre
imboccava via Montanari vide due ragazze della scuola scendere dai
motorini dei loro accompagnatori in divisa. La prima più
bassetta non era nulla di chè, ordinaria ma carina con le
sue
ballerine rosse salutò il suo ragazzo con un bacio a fior di
labbra quando lui la trattenne per un braccio, l'altra decisamente
più appariscente, la gonna arrotolata in vita per scoprire
le
cosce e un reggiseno di pizzo nero che dava bella mostra di
sè sotto
la camicia bianca, sgambettò fino al suo lui ancheggiando
per
poi salutarlo con un buffetto sul casco dopo averlo illuso con le sue
movenze sensuali.
Lì
le venne l'idea geniale. L'avrebbe fatto morire, doveva
capire cosa si era lasciato scappare, guardarla con la stessa bramosia
con cui lei aveva guardato lui per tutta la settimana.
Non
voleva essere sconfitta senza combattere, e le sue armi erano
tutt'altro che convenzionali.
La
scelta dell'abito per sabato fu l'argomento di tutto il pranzo del
venerdì: Laura aveva fatto fuga con Charlie per "festeggiare
degnamente" lasciando così Alice e Chiara ben lontane dal
tavolo
dei ragazzi a parlottare di gonne top e vestitini succinti.
La
sua amica era in parte concorde col piano, temeva seriamente per le
idee malsane di seduzione di Alice, ma tutto sommato più che
la
versione silenziosa e depressa che avevano visto tutta la settimana,
questa vendicativa era decisamente meglio!
Alle
7e45 di sabato mattina Alice inforcò la sua bici nera per
recarsi a scuola.
Ignara
di tutto quello che sarebbe capitato in quel sabato di maggio.
Durante
tutto il tragitto il suo pensiero fisso fu solo la vendetta:
"dovrà rimpiangermi..dovrà volermi tanto da non
riuscire
a
resistere...allora cadrà!! e io avrò vinto..."
non
riusciva a non essere euforica, messe a tacere tutte le voci nella sua
testa che le ricordavano ciò che si erano urlati durante la
litigata della settimana prima, il suo umore non poteva che essere alle
stelle.
Con
la bella stagione aveva tolto le calze grosse sotto la divisa,
pedalava veloce nel traffico mattutino con le gambe nude e la camicia
scalzata dalla gonna, sfilava tra le macchine con il vento che le
accarezzava la pelle e le scompigliava i capelli. Maggio era il suo
mese preferito, caldo abbastanza ma senza l'afa di luglio a soffocarle
il respiro. E le veniva voglia di cantare ferma al semaforo
all'incrocio con corso Porta Nuova, perchè Robbie
Williams
la faceva sentire la più bella di tutte le ragazze del
liceo, di
Verona, del mondo, e perchè forse qualche speranza con
Manuel ce
l'aveva ancora.
Arrivò
a scuola in anticipo, lasciò la bici nelle
rastelliere davanti all'ingresso bloccandola con il grosso catenaccio
rosso che si portava sempre dietro. Chiara l'aspettava con la
festeggiata al bar in piazza della Cittadella, a due passi dalla
scuola. Ripercorse il vicolo con l'i-pod in una mano e la borsa
nell'altra e si apprestò ad attraversare la
strada, senza troppa attenzione, ma tanto da lì non passava
quasi mai nessuno.
Quando
fu a metà delle strisce pedonali una moto nera la
evitò per un pelo, e schizzò veloce nel vicolo
della scuola.
Senza
volerlo sfiatò uno strillo strozzato, le aveva fatto
prendere un colpo, non aveva visto nulla, solo una macchia nera in
avvicinamento e una fortissima scarica di adrenalina che le
bloccò le gambe. Parecchia gente dall'altro lato della
strada si
fermò a guardare la scena. Alice adirata e con il cuore che
rimbombava nelle orecchie e le lacrime agli occhi, si voltò
di
scatto verso la direzione in cui la moto era scomparsa: e lui era
là, Manuel si tolse il casco lei non riuscì a
fiatare estasiata dalla sua visione.
Giubbotto
leggero maglietta blu jeans e converse, un ghigno sulle
labbra da svenimento e un fuoco negli occhi color del carbone che le
tolse ogni raziocinio.
Perchè
era così bello?
-vuoi
farti ammazzare Aroldi?- urlò ad Alice ancora ferma in
mezzo alla carreggiata beffardo, vedendola imbambolata non
potè
che ampliare il suo sorrisetto malefico.
-certo
che no!!- rispose risvegliatasi dal torpore. Tornò
sul marciapiedi in tre passi con le gambe che tremavano ancora.
-guarda
che se vuoi morire ci sono metodi molto più efficaci...-
era ormai sui gradini dell'ingresso, lei invece non si era ancora
ripresa del tutto dallo spavento.
Rimase
là, con le cuffie in mano, a guardarlo con odio con la
sottile speranza che scivolasse sulle scale. E ad ammirare il suo
sedere perfetto stretto nei jeans a vita bassa.
Poi
due voci la raggiunsero preoccupate.
-Alice
stai bene?- chiese Chiara col fiatone
-eravamo
ferme all'angolo e abbiamo visto tutto, quello è
pazzo!! come cazzo si permette poteva farti male!?!- intervenne la
bionda
-no
sto bene, non preoccupatevi...- rispose camminando come un automa
guidata sotto braccio da Laura verso il bar dove avevano appuntamento
-è
completamente scemo!!!- continuò a inveire Chiara
intanto dall'altro lato Laura blaterava qualcosa a proposito di
denunce, querele e genitori avvocati.
Le
due ragazze continuarono ad insularlo, ma Alice non le
sentiva più, aveva la mente offuscata da pensieri
contrastanti:
sapeva che Manuel l'aveva fatto apposta, la strada era vuota, poteva
rallentare o evitarla senza problemi, e sapeva anche di non aver
rischiato nulla perchè gli aveva visto fare cose ben
peggiori in
moto. Voleva spaventarla, chiaro, probabilmente aveva anche accelerato
quando l'aveva vista attraversare.
Ma
perchè spaventarla? che cavolo voleva ancora da lei?
La
rabbia salì a livelli estremi durante la colazione, per poi
alimentare il rancore per tutta la mattina. Quella sera l'avrebbe
distrutto.
Il
sabato mattina passò velocemente, decise di anticipare il
piano per la serata a mensa nonostante la completa disapprovazione
della altre due, lei si era intestardita per fargliela pagare.
Andarono
a sedersi con i ragazzi, tra cui Manuel, per puro caso a causa
del maltempo non mancava nessuno, e Alice fu ben felice così
tutti avrebbero assistito al suo siparietto; altro colpo di fortuna, il
posto di fronte a Manuel era libero accanto a Filo -che aveva sempre
avuto un debole per lei-, ne approfittò assottigliando gli
occhi
nella sua direzione la vendetta stava per avere inizio.
Chiara
e Laura dall'altra parte del tavolo seguirono la scena senza
dire una parola, erano entrambe convinte che si stesse cacciando in
grossi guai. Conoscevano le reazioni furiose di
Alice, ma non quelle di Manuel e il suo piano poteva diventare un arma
a doppio taglio.
Mangiò
il suo pranzo in silenzio: insalata e yogurt. Per la
linea, tutta la cioccolata con cui si era ingozzata durante la
settimana l'aveva gonfiata come un pallone.
Lo
guardava a malapena, ascoltava divertita i discorsi di Filo, rideva
a
tutte le sue battute idiote e continuava a toccargli la gamba
distrattamente se Manuel
li guardava. Fu gentilissima con Filo, fare la smorfiosa era uno dei
suoi ruoli preferiti e meglio riusciti. Manuel l'aveva vista all'opera
un paio
di volte e capì subito che quelle moine erano un messaggio
per
lui e non si scompose, non poteva negare -almeno a se stesso- di
esserne geloso ma non le avrebbe certo dato la soddisfazione di
saperlo. Seguì tutta la scena in silenzio con le mani
intrecciate davanti al volto: Alice sorrideva scherzava chiacchierava
con tutti disinvolta, di rado incrociava il suo sguardo, nemmeno quando
venne il suo turno di prendere in giro l'allenatore di Jack lo
guardò, fissava ostentatamente Filo e il Vigna a turno.
Cominciava a dargli sui nervi.
Il
colpo di grazia arrivò quando stese le gambe su quelle di
Filo appoggiando la schiena contro la spalla di Jack dall'altro lato.
Le
sue gambe lunghe sottili -sexy- che a Manuel piacevano tanto, su
Filo
che le accarezzava distrattamente dal ginocchio in giù
mentre
continuava a chiacchierare con Jack.
Guardò Manuel solo un attimo, ma le bastò: stava
deglutendo
vistosamente fissando con odio bruciante la mano del suo amico che
scivolava lenta sulle sue gambe, per un secondo credette che sarebbe
esploso e avrebbe strappato il braccio dal corpo a Filo. Alice sapeva
che quella mossa l'avrebbe certamente fatto innervosire.
La
serata sarebbe stata sicuramente interessante
-quindi? come va il tuo piano??-
il
pc trillò un paio di volte prima che Alice notasse la nuova
finestra di conversazione
-prima
fase completata!-
-cioè?-
-estetista,
parrucchiere e manicure-
-ahaha..e cosa comprende la
seconda fase?-
-la
più difficile: abito scarpe e trucco!!!-
Si
stava divertendo un casino a chiacchierare con Laura , in attesa
della sua risposta sbirciò gli altri contatti in linea nella
pagina di msn, aveva circa un centinaio di contatti, solo una trentina
connessi. Tra questi incredibilmente anche Manuel.
Era
uno dei pochi che non aveva stupide icone o giochi di simboli nel
nome, solo manu, in nero corsivo, aveva conversato con lui solo un paio
di volte e lui era stato telegrafico ed evasivo. Lo trovava connesso
solo ad orari assurdi di solito, si stupì notevolmente a
vederlo
là con il suo omino verde accanto impostato su
'in linea'.
Laura
le rispose con una faccina ammiccante.
-è
in linea..-
Voleva
un consiglio: parlarci o no? e se si, cosa avrebbe dovuto dirgli?
-è vero, non l'avevo
visto...non parlarci!!!! guai a te..-
Aveva
ragione lei, perchè avrebbe dovuto parlargli? avrebbe
rovinato il suo piano di vendetta! No, sarebbe riuscita a resistere,
non doveva cedere come una dilettante: Alice Aroldi era forte e
gliel'avrebbe dimostrato.
Salutò
Laura per concentrarsi, era tempo di cominciare a fase due.
Trovò
un trucco pesante ma adatto alla festa su you tube: prese
tutto il portatile e lo trasportò in bagno, alzò
il
volume delle casse e fece partire il filmato con le istruzioni per
truccarsi. Dopo una decina di minuti ammirò il suo lavoro
soddisfatta, l'eyeliner e l'ombretto scuro attorno all'occhio mettevano
in risalto il blu acceso delle sue iridi creando un contrasto
strepitoso con i capelli rossi, lisci e perfettamente stirati della
frangia.
Sistemato
il trucco tornò in camera per occuparsi del'abito. Si
sedette sul letto davanti all'armadio aperto in contemplazione,
stava aspettando l'idea geniale, sapeva che sarebbe arrivata da un
momento all'altro. Faceva sempre così, si sedeva in
contemplazione sul letto passando in rassegna tutto ciò che
possedeva, poi improvvisamente trovava l'abbinamento prefetto, si
alzò dopo cinque minuti di silenzio per provare l'abitino
blu
che aveva comprato pochi giorni
prima.
La
slanciava parecchio, però quell'abito era troppo serio,
scopriva troppo il seno e troppo poco le gambe.
Snervata
lo rilanciò nella catasta di roba, colpì tutte
le stampelle appese in alto, alcune caddero, altre scivolarono sulle
mensole, una finì a terra ai suoi piedi.
Lì
arrivò l'illuminazione.
-come
ti sei conciata?- il tono sprezzante di Manuel le
tornò in mente insieme al suo sorrisetto malizioso.
Aveva indosso i jeans e quella
camicia azzurra stretta in vita dalla cintura di cuoio che la sera
prima portava infilata nei passanti dei jeans, i sandali blu di Zara in
una mano.
-è
tua! hai detto che potevo prendere qualcosa da te no?!!- gli disse
facendo una mezza piroetta mentre sistemava il collo
della camicia che su di lei si sformava.
-lo so quel che ho detto-
-oh non fare quella faccia...tanto non l'hai
mai messa...- continuò sbuffando davanti alla sua
espressione contrariata.
Sembrava
passato un secolo dal ricordo di quella notte...
Raccolse da terra la camicia guardandola bene, si era
sempre scordata
di ridargliela in quel momento le suonò come un segno, un
taglio
serioso ma sfilato in vita, della Lacoste con quel piccolo coccodrillo
ricamato sul taschino, azzurra con piccoli bottoni bianchi.
Studiò
la camicia ancora una volta, quella l'avrebbe fatto morire...
Frugò
a lungo in un cassetto per trovare una cintura adatta,
ne scelse una alta elastica sulla schiena e di vernice nera davanti che
aveva preso l'anno prima da Gucci. La lanciò sul letto
insieme
alla camicia. Più guardava quella camicia più si
convinceva che Manuel si sarebbe incavolato nero, esattamente
ciò che voleva lei. Provò tre paia di shorts di
jeans,
neri con un taglio maschile e altri bianchi e alcune gonne
corte,
ma non trovava quella che
aveva in mente, affondò le mani nel fondo dell'armadio. Era
certa di avere una minigonna nera con le tasche come quelle dei jeans,
non la usava da parecchio perchè era diventata
eccessivamente
corta. Eppure quella sera sembrava calzare perfettamente al suo scopo.
Scavò tra le mensole un paio di minuti per poi urlare
esaltata
con capo in mano: -eccola!!-
La
provò senza la camicia: scandalosamente corta, le copriva a
malapena gli slip, l'abbassò il più possibile
sulle anche
per renderla accettabile. L'aveva
comprata
anni prima di nascosto da sua mamma per andare ad una festa con tizio
che col senno di poi le sembrava orrendo, ma quella
sera avrebbe distrutto Manuel Bressan, a costo di far vedere
le mutande a tutti.
Infilò
la camicia azzurra che le stava
eccessivamente
lunga e copriva quasi tutta la minigonna, la strinse in vita con
cintura
nera. Le mozzava il fiato tanto la stringeva, cercò
di
sistemarla un po' meglio in modo che non le piegasse le costole e
riuscisse
almeno a respirare, poi aprì un paio di
bottoni sopra della cintura per scoprire un po' il decoltèe,
il
reggiseno di raso non si vedeva nemmeno scomparso tra le pieghe del
tessuto largo.
La
scelta delle scarpe fu relativamente facile, con le
decoltèe
di vernice nera di Louboutin avrebbe potuto sedurre anche un
ghiacciolo. Erano state il regalo per i suoi diciotto anni di sua
madre, i cinquecento euro spesi meglio della sua breve vita.
Alla
fine della preparazione sospirò, infilò un
cerchietto lucido tra i capelli e si posizionò davanti allo
specchio. Rimase folgorata.
La
camicia era stato un colpo di genio, le conferiva un aria
più
matura, le gambe lunghe sbucavano dal tessuto azzurro -la mini non si
vedeva neppure- come due sottili stuzzicadenti diritti tonici e
prefetti, i capelli lisci come spaghetti incorniciavano il viso
intonandosi armoniosi alle lentiggini.
Se
sua madre fosse stata a casa probabilmente non l'avrebbe fatta uscire
così svestita.
Fortunatamente quella sera era sopraggiunta una cena di lavoro di suo
padre a cui non potevano assolutamente mancare, le aveva fatto tirare
un sospiro di sollievo, anche se nulla l'avrebbe fermata, era disposta
persino a cambiarsi in macchina, ma doveva sbrigarsi ad uscire prima
che
loro rientrassero. Non poteva assolutamente rischiare.
Prese
la pochette nera di Gucci
dall'attaccapanni, una falso praticamente perfetto, la
riempì
con pochi beni di prima necessità e si avviò al
piano di
sotto.
Venti
minuti dopo scese dalla sua Micra e nel parcheggio
del BM, ci aveva messo molto più tempo del previsto ad
arrivare,
ma guidare con quei tacchi non era stata affatto impresa facile.
Barcollò
un po' sulla ghiaia finchè con un sospiro di
sollievo non raggiunse l'entrata. Sfilò l'invito per il
privè che le avrebbe fatto saltare la fila dalla borsetta e
finalmente raggiunse Gerry.
-wow
Alicetta sei splendida stasera! chi devi conquistare?- le disse
l'uomo accompagnando la battuta con una risata bonaria.
Gli
sorrise melliflua facendogli l'occhiolino.
Dalla
fila disordinata dall'altro lato della pensilina arrivarono fischi e
complimenti urlati al vento.
Alice
compiaciuta allungò la mano al ragazzo che timbrava
l'ingresso, lui sorrise adocchiando per un secondo le gambe scoperte.
Senza badargli troppo attraversò la porta di sicurezza da
cui
proveniva la musica assordante. Superato l'ingresso si fermò
a
contemplare la situazione: il BM era già pieno di gente, il
privè sopraelevato dall'altro lato della stanza anche,
lanciò un occhiata verso la consolle dove riconobbe subito
il
Vigna che chiacchierava vicino al dj. Sembrava a disagio con la camicia
e la cravatta strette attorno al collo, probabilmente l'aveva costretto
Martina a mettersi in ordine eppure gli donava molto.Si diresse subito
al bar dove avrebbe chiesto della festa. Attraversò la sala
sgomitando un po', passò da un corridoio scuro che si
snodava
attorno alla pista fino al bar, una luce azzurrina rincorreva tutto il
bancone, Alice la seguì attentamente prima di avvicinarsi,
voleva controllare che Manuel non fosse lì. Il piano
prevedeva
che non si trovassero mai soli.
Si
appoggiò con i polsi al bancone facendo tintinnare la
chiusura della borsetta.
Il barista la salutò con un sorriso cordiale, era uno che
non aveva mai visto, e le chiese cosa volesse bere.
-una
birra grazie, quelli della festa nel privè sono
già arrivati??-
-si,
credo manchi la festeggiata- le disse indicando con un cenno del mento
il soppalco.
Prese
la birra e lo ringraziò passandogli alcune
monete, per quel sabato Cherubini non avrebbe avuto il suo solito
tavolo privileggiato, Charlie e Jack avevano affittato tutti e quattro
i tavoli lassù per la festa di Laura.
Dondolandosi
la Beck's tra due dita osservò la fauna radunata in
pista, tutta gente molto normale, nulla di preoccupante. Poi si decise
a raggiungere gli altri. Dieci gradini e un cordone di plastica rosso
della consistenza di una cintura di sicurezza dividevano la zona
privata dal resto, un ragazzo moro e nerboruto sorvegliava l'accesso.
Gli mostrò il timbro e quello senza neppure cambiare
espressione
la fece passare.
-wow!
Alice sei una strafiga stasera!-
Accolse
i fischi e i gridolini sarcastici di approvazione con una
piroetta veloce sulle scale. Edo la guardava scuro in volto seduto su
un divanetto in disparte, mentre gli altri, Jack Paolo il Vigna Andre e
un paio di altri giocatori del Verona basket le applaudivano sornioni.
-stasera?-
gongolò fingendosi offesa alla battuta del Vigna
-tu
sei sempre fantastica...colombella- la canzonò lanciandosi
in un improbabile baciamano
Tutti
risero, Martina compresa. Il Vigna era un personaggio impareggiabile.
Chiara
l'affiancò subito illustrandole il programma nel
dettaglio. Il concerto degli AfterBlack era stato annullato, ma il dj
era un ex compagno di scuola di Jack e aveva promesso di far qualcosa
al loro segnale. Non sapeva se sentirsi sollevata o imprecare per il
cambio di programma. Se Edo avesse suonato, almeno se lo sarebbe tolto
dalle scatole per un'oretta.
Evitò
di sedersi terrorizzata all'idea che tutta la pista
potesse vederle le mutande e quindi rimase in piedi, birra alla mano e
equilibrio minato dai tacchi.
Ma
qualcun altro l'aveva notata dall'altra parte del locale.
Manuel
l'aveva intravista al bar, stava cercando di schiodarsi da
Clarissa e dalla sua amichetta mora quando una chioma rossa,
perfettamente stirata e brillante, catturò la sua attenzione
vicino all'uscita del corridoio. Si sganciò velocemente per
raggiungerla e confermare le sue ipotesi, ma la perse nella folla.
Certo
che prima o poi avrebbe raggiunto i tavoli prenotati si diresse
anche lui da quella parte. Ma a pochi metri dalla scala si
bloccò tra la folla.
Solo
un momento e il sangue gli ribollì nelle
vene.
Non
era umanamente possibile sopportare una cosa del genere. Quella
ragazza, diabolica e bastarda, l'avrebbe portato alla follia: si poteva
morire di eccitazione?
La
seguì con lo sguardo mentre saliva nel privè,
ancheggiava leggermente. Un movimento involontario dovuto ai tacchi e
quasi impercettibile ad occhio inesperto, e lui poteva vantare
un'assidua osservazione del soggetto: quella maledetta camicia
scivolava delicata sotto la cintura modellandone la vita e i fianchi
fino ad accarezzare le cosce e lambire l'orlo della minigonna.
La
odiava.
Come
poteva stordirlo così, da lontano? Non era certo normale
quell'effetto, nemmeno il calendario di Megan Fox di Filo
aveva
quel potere su di lui.
Finì
il drink alla svelta improvvisamente interessato agli sviluppi
organizzativi del compleanno della bionda.
Quando
arrivò alla base degli scalini uno strano turbinio lo
assalì, le gambe di Alice nude a pochi passi da lui
riportarono alla mente spiacevoli ricordi. Primo fra tutti la sua
risata dolce, sincera, gli mancava e non se n'era nemmeno reso conto,
il resto arrivò come un macigno sullo stomaco: i baci, le
carezze le risate sotto il piumone, i suoi reggiseni di pizzo, le ore
passate in macchina in qualche campo a cercare un paio di boxer finiti
chissà dove. Tutte quelle dannate volte che l'aveva avvisata
di essere solo con un messaggio, quando erano andati a bere in centro
soli e non aveva resistito baciandola all'ombra di un palazzo, il
sabato al lago.
Quello
fu l'ultimo devastante colpo. Perchè era stato bene al lago
con lei. Troppo.
Erano
stati in spiaggia, faceva ancora troppo freddo per fare il bagno o
prendere il sole quindi erano rimasti là a passeggiare in
riva al lago, poi avevano mangiato fuori in una trattoria dove facevano
dei tortelli divini. Nel pomeriggio erano tornati alla spiaggia e
immancabilmente nella villetta della famiglia di Manuel a fare l'amore.
Prima
di salire ne privè la osservò ancora una volta,
da quel'angolazione la gonna non si vedeva neppure, e come un
tredicenne in piena crisi ormonale senti qualcosa risvegliarsi nei
pantaloni: se le cose fossero state diverse, se lei non fosse stata
Alice Aroldi e lui Manuel Bressan, l'avrebbe già afferrata
per i fianchi e portata via con se. Se fosse stato certo di quel che
sarebbe successo dopo, delle conseguenze, l'avrebbe addirittura baciata
lì, in mezzo a tutti.
Invece
-codardo- continuava ad adorarla da lontano, senza nemmeno un valido
motivo per averla scacciata.
Rideva
con Jack e Filo e sembrava serena.
Aveva
forse dimenticato ciò che era successo dal giorno di san
Valentino? tutto ciò che avevano combinato e si erano detti?
Il
colpo finale furono le scarpe. Alte nere con la suola rossa,
roteò disinvolta proprio in quel momento mostrandogli la
linea perfetta che saliva dal tacco percorrendo il retro del ginocchio
e la coscia, avrebbe voluto baciarla proprio lì, dietro al
ginocchio. Quelle scarpe erano
veramente provocanti.
Si
avvicinò lentamente, ogni gradino verso quel corpo era una
tortura per i suoi istinti.
Arrivò
accanto a Filo e cercò di non guardarla,
ma
l'impresa pareva molto più ardua del previsto, il suo
cervello sembrava essersi
trasferito pericolosamente un metro più in basso e palpitava
accaldato.
Come
era arrivato a quel punto?
Ne
seguì i movimenti da lontano. Il lento erotico e asfissiante
movimento delle sue labbra sul collo della bottiglia di birra, le dita
piccole e affusolate arrotolate alla catenina di Chanel, le caviglie
sottili incrociate in equilibrio precario, le risate, quell'angolo
sotto l'orecchio (dove la sua pelle era così morbida..)
lasciato scoperto dal cerchietto che gli faceva venir voglia di
morderla. I polsi esili e bianchi. Il reggiseno di raso, che era certo
di non esse stato l'unico a notare, apparì quando la ragazza
si chinò ad appoggiare la bottiglia. Una tortura.
Alice
si ravvivò i capelli, un gesto semplice e natura;
troppo aggraziato e sensuale agli occhi di Manuel che si costrinse a
fissare una vena pulsante sul collo del suo interlocutore.
Tutto.
Tutto. Tutto era erotico a livelli esponenziali in lei.
-ehi
ciao Manuel!- la manata sulla sua spalla trovò un colpevole.
Lo
salutò con un cenno, troppo impegnato -nell'ordine- a
ignorare Alice, trincerarsi nelle sue false fattezze di essere
superiore e fingere di ascoltare Filo.
I
due fratelli cominciarono a battibeccare su uno stupido bicchiere di
gintonic finchè Filippo non decise di lasciar perdere e
Manuel si ritrovò improvvisamente catapultato nel genere di
conversazione che aveva cercato di evitare da giorni.
-allora?
non è la tua quella camicia azzurra?-
-se-
Jack
rise sotto i baffi, o meglio dietro al bicchiere, ritrovandosi faccia a
faccia con un Manuel stizzito come un bambino.
-bhè
è innegabilmente figa...ricordami un momento
perchè non te la fai più?- domanda puramente
retorica. -aaah già scusa! perchè sei un coglione
cagasotto che ha paura dei rapporti seri, e pure un po' finocchio a dir
la verità!-
La
reazione non tardò che qualche secondo.
Se
gli sguardi potessero uccidere, Jack in quel momento non sarebbe solo
morto, ma seppellito tre metri sottoterra con tanto di lapide e mazzo
di fiori. Manuel era furioso, odiava esser preso in giro e odiava ancor
di più non poter avere ciò che voleva.
-finiscila-
sibilò solo voltando la schiena in direzione della ragazza.
-se
lo dicessi a mio fratello morirebbe...dice di amarla alla follia da
anni..-
-tuo
fratello è un porco! e non poi non ti crederebbe..-
-questo
è sicuro!-
Entrambi
riportarono alla luce la scena: Manuel nella doccia e Jack che lo
aspettava in camera per andare a farsi un giro al campetto. Il
cellulare che trillava tra le coperte. Tentò di avvertire il
suo amico ma quello non sentì e nel maldestro tentativo di
vedere di chi fosse il messaggio Jack si ritrovò davanti le
parole di Alice: "se tuo padre torna lunedì dobbiamo
approfittarne! stasera dico a mia madre che dormo da un amica,
sarò sotto casa tua per l'una ok?"
Più
esplicito di così..
Manuel
non si scompose alla sua richiesta di spiegazioni, si sorbì
le sue accuse e l'indignazione per Edo e lo costrinse a tenere la bocca
chiusa.
Da
quel momento a Jack tornarono molte cose.
Alle
10 in punto arrivò Laura e appena fu dentro il dj
cominciò a sbraitare finchè tutto il locare non
intonò la canzoncina di buon compleanno per lei sulle note
della versione di Marilin Monroe quando cantò per JFKennedy.
La bionda
rimase sbalordita, baciò Charlie che le stava accanto e si
guardarono negli occhi per pochi silenziosi secondi.
Alice
proprio non riusciva a capire tutte quelle voci maligne sulla coppia.
Per lei erano perfetti, l'opposto l'uno dell'altra, ma come i pezzi dei
lego si incastravano a meraviglia, Laura lo strinse forte e si
lasciò abbracciare a sua volta. Immensamente innamorata.
Li
raggiunsero alla fine della canzone, e lì brindarono
cantarono ballarono e festeggiarono tutta la notte.
Il
piano di Alice sarebbe iniziato dopo mezzanotte.
Spazio Autrice:
Ritardo di soli due giorni...
accettabile no??
Bien
che dire del capitolo..
Ebbene è successo
l'idillio è finito
Non credevate spero che sarebbe durato per sempre, i giocattoli
stancano prima o poi
e Manuel ne è un esempio più che lampante.
Non vi dirò ne come ne quando, ma sì l'AliManu
tornerà a splendere sul grigio sole di Verona!!!
Sicuramente ci
saranno degli errori di battitura e anche di grammatica,
ma sono le 2
sono stanca e domani ahimè dovrò alzarmi presto,
quindi chiedo scusa fin d'ora.
Ora io sono certa, completamente, che tutte
e dico tutte
le ragazze del mondo abbiano passato una
settimana così!
non mentite!
Io mo sono basata sulla mia esperienza, su quella delle amiche e degli
amici
spero di esser stata abbastanza realista
Alice non è una da piangersi addosso per troppo, e ha valide
argomentazioni da sottoporre a Manuel
e lui, bhè lui, resisterà ad una camicetta
svolazzante e ad un paio di gambe come quelle??
questi
link sono un piccolo regalo:
Alice
Manuel
ho scoperto questo sito ( e ci ho perso u bel po' di tempo che ho
rubato alla scrittura)
grazie a un'autrice del fandom di Twilight che mi sento di consigliarvi
caldamente. Il nick è Stupid Lamb, la storia:
Vicini.
l'ho letta in una notte perchè non riuscivo a staccarmi
(giuro!)
Se vi piace posso farlo tutte le volte!
Lo scoprirete presto!
Ho notato che darmi una scadenza mi facilita il compito, mi sento con
l'acqua alla gola e lavoro meglio
(si, sono pazza)
quindi anche stavolta mi impegnerò per postare entro il 4 Novembre!
Bien
grazie a tutti
chi legge
chi recensisce
chi aggiunge ai preferiti/seguiti
che semplicemente passa..
Recensioni:
Betty: e chi non vorrebbe un Manuel tutto per se? però hai
visto cosa succede con i Manuel, sono orgogliosi, pesanti e spesso
rompono le palle e finisce che ti stanchi! Donna avvisata mezza
salvata!! un accenno di ciò che è successo al
lago l'ho messo, ma ci sono ancora particolari da chiarire, che prima o
poi, verranno alla luce! sono crudele...si, ma non troppo suvvia, hai
visto i miei link? fammi sapere che ne pensi..
ozz: ooo mitica! le tue recensioni mi piacciono sempre un sacco! lo so
il morbo di
non-so-che-scrivere-nella-rece-e-sono-troppo-stanca-per-pensarci
colpisce spesso anche me...è brutto, ma sappiamo tutti che
è vero! spesso il capitolo ci piace, ma non abbiamo nulla da
dire se non: woow bello, dai continua così aggiorna
presto...quindi finiamo per non scrivere nulla! ti capisco ma non ti
assolvo...perchè io vengo tutti i giorni -ehm..circa- a
vedere se qualcuno ha recensito e mi struggo se non trovo nessun
aggiornamento! Per questa volta ti perdono, ma solo se recensisci anche
questo! ehehehe *si stringe la mano da sola* sono
diabolica...
bambolotta: ma dove sei finita?? maledette connessioni fallite.. che
palle capita anche a me..scrivi una roba bellissima ispiratissima, poi
puff scompare e ti scordi tutto quello che avevi scritto, a me di
solito saltano i nervi e mollo tutto!!! per favore non cavarti gli
occhi con il palmare, so che se stai leggendo vuol dire che lo stai
già facendo..però poi basta, altrimenti ti vanno
a fuoco le retine!
xsemprenoi: ohi insomma, più o meno, oggi è il
22...ormai 23 vista l'ora...però almeno sono riuscita entro
la settimana: non sei felice??
il lieto fine...ah che concetto evanescente. Il lieto fine della prima
parte, quello si. Ma poi i personaggi crescono, gli anni passano e le
persone scappano chissà cosa accadrà in relazione
clandestina 2 (titolo provvisorio)...
ehehe sono troppo troppo cattiva!
Vi saluto..
1bacio.
Vale
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
9
-Relazione
Clandestina-
8
Non sempre
i nostri piani si realizzano, lavoriamo, lavoriamo per
attuarli, ci spremiamo le meningi per calcolare tutti i possibili
contrattempi..ma il Fato è così labile! Una sola
decisione
diversa, un passo, un respiro una parola, e tutto può
cambiare e
i piani di noi poveri piccoli umani saltano inevitabilmente.
Alice
aveva cercato di prevedere ogni particolare e c'era quasi riuscita,
aveva solo sottovalutato il soggetto.
Fino alla
mezzanotte la serata era andata come previsto, il BM si era
riempito e il dj si stava sbizzarrendo con i sound più in
voga,
Manuel aveva bevuto un paio di drink con Filo e poi si erano
allontanati dalla folla per chiacchierare.
Se ne
stava sui divanetti da una decina di minuti da solo. Una ragazza
fin troppo piccola per la minigonna che indossava si era portata via
Filo e lui era rimasto solo ad annoiarsi. Non aveva voglia di ballare
ne di sballarsi, l'unica cosa che là dentro poteva accendere
il
suo interesse l'aveva persa tra la folla.
In quel
momento il piano di Alice cominciò.
Ma quando
Manuel capì cosa stesse succedendo il bicchiere
rischiò di esplodere tra le sue dita.
Alice
ballava, non faceva nulla di chè, a volte agitava i
fianchi a ritmo, o si spostava solo da un piede all'altro mentre
muoveva le braccia in aria leggere come ali di libellula.
Ma ballava
con Carlo, idiota che pretendeva di giocare come guardia nel ruolo che
era stato suo.
E prima di
lui aveva ballato con: Filo, il Vigna, Andre, Paolo, Charlie,
un cameriere, un tizio biondo con piercing al labbro, un mezzo emo che
pareva capitato là per caso, un amico di Cheru che Manuel
aveva
fulminato immediatamente e che se l'era svignata alla svelta e
poi persino con Laura.
E l'aveva
guardato.
Incatenato
al divanetto dai suoi brillanti occhioni azzurri, costretto
a guardarla muoversi tra le braccia d'altri. Non l'aveva mollato un
secondo, ogni volta che aveva alzato lo sguardo dal suo cavaliere era
finito su di
lui. Senza sorridere o ammiccare, senza una vera espressione ma con
un'intensità che lo aveva incollato al suo posto per tutta
la
sera.
Manuel la
odiò profondamente per qualche istante. Ne seguì
il profilo dal
braccio che ondeggiava sulla testa, poi i capelli sciolti sulle spalle
che saltavano come lingue di fuoco illuminate a tratti, il collo bianco
e gli occhi, quei
maledetti occhi color del cielo d'estate che non si decidevano a
lasciarlo in pace.
Scattò
in piedi senza nemmeno pensarci quando vide un cameriere
passare vicino al suo tavolo. Il suo corpo reclamava una pausa, aveva
le gambe indolenzite a forza di star seduto mentre qualcos'altro era
fin troppo sveglio. E la
vodka fu un valido richiamo.
Lò
bloccò ordinandogli due vodka-lemon (meglio abbondare per
non rischiare di rimanere senza), poi si voltò per tornare
al suo posto e incontrò di nuovo
quelle due pozze azzurre che seguivano i suoi movimenti. Non capiva che
cavolo volesse dirgli con quello sguardo totalizzante.
Attorno a
loro intanto la situazione era precipitata all'inverosimile.
Andre
giaceva semisvenuto su un divano, le ragazze intorno a Filo erano
triplicate e dalla sua espressione era sul punto di svenire anche lui,
Jack avvinghiato a Chiara e persino il Vigna si era lascito irretire da
Martina e giaceva tra le sue gambe inerme soggiogato dai baci impetuosi
della
ragazza. Tutti troppo impegnati o troppo poco coscienti per aiutarlo a
distrarsi. Gli era rimasta solo la vodka.
Tornò
al fidato giaciglio nell'angolo più nascosto del
privè schivando le richieste di unirsi alle danze con un
paio di
grugniti malevoli, raggiunto dopo pochi secondi dal cameriere con i
suoi due bicchieri li afferrò entrambi con una foga che
normalmente non gli
apparteneva.
La gente
ballava attorno a lui, i vetri della balaustra brillavano
iridescenti sotto le luci strobo e il resto del mondo pareva in quel
momento una massa unica di individui inutili.
Alice
intanto era spartita dal suo campo visivo.
Esattamente
75 minuti dopo la mezzanotte avvenne la catastrofe.
Manuel non
aveva mosso il culo dal divanetto -se non per rifornire il
bicchiere- per tutta la sera, da lì aveva spiato i movimenti
della sua rossa tortura in pista sempre inchiodato dal suo sguardo.
Quando
riapparve alle spalle di Laura un po' scompigliata e con la
camicia sbottonata fino al reggiseno un moto di gelosia lo
attraversò fino al centro del petto, ma lei sembrava
tranquillissima: aveva abbandonato l'ennesimo
cavaliere e se la rideva con la sua amica. Probabilmente alticcia
quanto
lui. A quel punto il primo vodka-lemon era già finito tutto
nel suo stomaco.
Nell'attimo
esatto in cui entrambi riconobbero le prime note di quella canzone
librarsi nell'aria, successe qualcosa: Alice si voltò di
scatto nella sua direzione subito dopo il primo giro di basso poi si
mosse troppo svelta e Manuel la perse di vista confuso dalla gente che
aveva invaso il privè.
Poi
improvvisamente apparve sopra tutti. Sola in piedi su un tavolino
esattamente di fronte a lui. Era la canzone giusta, il momento giusto
nessun testimone pericoloso (..ovvero cosciente) in
vista e una massa di altri intrusi a coprirla. Il
basso dei Muse rimbombò come un tuono in tutta la sala.
I
think I'm drowning
asphyxiating...
Asfissiando.
Si,
quella era la sensazione corretta. Quello stava provando Manuel.
Guardò
le braccia di Alice muoversi sensuali. Per lui. E intanto asfissiava.
Guardò
le gambe piegarsi e risalire lente e morbide. E asfissiava.
Le
dita percorrere delicate le cosce scoperte e risalire fino alla vita
prima di affondare nei capelli. E l'aria sfuggiva sempre più
veloce dai polmoni.
you're
something beautiful
a contradiction
Oh si, lei
lo era eccome, una bellissima contraddizione.
Incostante e impalpabile. Ne seguì i movimenti a tempo di
musica,
conscio che ogni mossa era solo per lui. Maledicendosi per tutto
ciò che aveva
perso: era stato lui a mandarla via, l'aveva presa in giro, allontanata
a forza.
you
will be
the
death of me
Ne era
certo, al 100% che lei sarebbe stata la sua morte.
L'aveva
capito subito, dalla prima volta che era andato a letto con
lei. Era un po' brillo si, ma ricordava bene cosa aveva provato quando
l'aveva vista nuda nella penombra, quando l'aveva sentita ridere,
gemere e sussurrare il suo nome. E quei ricordi parevano vivissimi in
quel momento.
Our
time is running out..
Davvero
voleva questo, davvero voleva che il loro tempo finisse? che tutto
ciò che era successo..svanisse?
Forse
non l'avrebbe mai dimenticata, ma sentiva di non potersi legare a
lei. Erano troppo forti le sensazioni che gli faceva provare, gli
facevano paura. Si ricordò cosa l'aveva spinto ad
allontanarsi, a
non chiamarla più, il perchè aveva litigato con
Jack due giorni prima e
perchè quella sera non aveva nessuna voglia di schiodarsi
dal divano.
Intanto
Alice ballava. Morbida davanti a lui.
E
lo fissava.
Muoveva
i fianchi ondeggiando, scivolava con le dita sulle braccia
sulle cosce sui fianchi, esattamente dove avrebbe voluto sfiorarla lui.
I
wanted freedom
but
I'm restricted
I
tried to give you up
but
I'm addicted
No, non
poteva essere. Però la canzone aveva ragione: era
dipendenza. Nessuna parola sarebbe stata più calzante per
descrivere quella sensazione; la voleva assolutamente, era
lì a
portata di mano, innegabile che anche lei lo volesse, prenderla per
mano e condurla fino a casa sua sarebbe stato facile.
Eppure..
Continuava
a guardarlo e colpire l'aria con i fianchi ad ogni accento
della musica. Alzò le mani nella sua direzione portandosele
poi
al collo, come per chiamarlo a lei. Un brivido caldo e pulsante
attraversò lo stomaco a Manuel, mentre si ostinava a
ripetersi
nella mente un mantra che inneggiava alla sua libertà.
La
mano pallida e piccola di lei scese dal collo scivolando nel solco in
mezzo al seno fino ad appoggiarsi sull'anca, e stringere la stoffa
della camicia tra le dita.
how
did it come to this..
Già...come?
La
musica cambiò e in quello stesso momento Alice si
bloccò. Immobile con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo
fisso su Manuel.
In
quell'istante successero troppe cose che lei non aveva previsto, e
che andarono ad intaccare irrimediabilmente i suoi piani. Laura la
raggiunse saltellando per evitare le persone che le giravano attorno,
con il volto distorto dalla preoccupazione: il Vigna non riusciva
più a trovare Martina e l'ultima volta che l'avevano vista
era
ubriaca fradicia, inevitabilmente il legame visivo con Manuel si
interruppe. Quando Alice rialzò lo sguardo verso
in divano
dopo aver rassicurato la sua migliore amica e spedita a controllare i
bagni, lui non c'era più.
Il
dolore la investì. Dov'era finito? Si guardò
attorno
ancora in piedi sul tavolino e quello che vide purtroppo non la
incoraggiò. Il BM era pieno, pieno davvero, la pista si
muoveva
come un unico blocco di gelatina tante erano le persone stipate in
mezzo, e di ragazzi mori alti e con le spalle larghe ce n'erano a
bizzeffe.
Ci
volle tutta la sua forza per attraversare la folla.
Spintonò
e sgomitò senza cortesia, normalmente odiava
farlo. Anzi finiva sempre per incagliarsi e rimanere bloccata tra la
gente finchè Jack o Edo non andavano a ripescarla; questa
volta
invece non si fece scrupoli. Usò le braccia, sottili e poco
muscolose per farsi spazio, sfruttando la sua figura esile
sgusciò tra i ragazzi e le ragazze che ballavano a gruppetti.
Alzò
la testa e per un attimo sprofondò nel panico: fino
ad un secondo prima stava seguendo un potenziale Manuel in mezzo alla
pista ma ora l'aveva perso, e là in mezzo nel suo misero
metro e
settanta (con i tacchi) attorniata da ragazzi mori e carini nella semi
oscurità delle luci strobo temette davvero non poterlo
più ritrovare.
-Manuel!-
puntò un ragazzo, indossava un gilet nero come lui e
camminava senza guardare in faccia nessuno. Bracollò alla
cieca
tra quei corpi sudaticci, continuò a chiamare il suo nome
senza
ottenere risposta, attorno a lei nessuno pareva darle ascolto.
Era
sull'orlo delle lacrime.
Manuel
doveva sapere. Non poteva lasciarlo andare senza giustificare
ciò che era successo: i suoi tentativi di farlo ingelosire
con
tutti quei ragazzi, il bisogno che sentiva ogni volta che lo incontrava
di fiondarsi tra le sue braccia, farsi abbracciare e rimanere con lui
tutta la notte e quella stupida idea che le era venuta sentendo la
canzone dei Muse. Voleva dirgli che in nessun modo sarebbe riuscita a
dimenticarlo. Che avrebbe pensato di lei se non fosse riuscita a
raggiungerlo? Dopo quella penosa esibizione sul tavolino avrebbe avuto
ancora il coraggio di guardarlo in faccia?
Il
panico, puro e incontrollato, si fece largo nella sua mente.
E
prese quasi a correre.
Spintonava
corpi di lato, si faceva spazio piantando i gomiti ossuti
nelle costole di poveri malcapitati. Non chiese scusa ne permesso, non
tenette la testa bassa ne urlò il suo nome in preda alle
lacrime, incredibilmente nel panico rimase lucida.
Attraversò
mezza pista fino a trovarsi quasi al centro, e cominciò a
guardarsi attorno in ogni direzione, poteva essere ovunque. A farsi un
drink al bar. Al bagno degli uomini. A fumarsi una sigaretta.
Quest'ultima ipotesi risvegliò la sensazione che aveva
provato
quando si era voltata trovando il divano vuoto: inconsciamente sapeva
già che se ne sarebbe andato.
Si
girò di scatto verso l'uscita, c'era una gran ressa anche
lì e da quella distanza non riusciva nemmeno a distinguere i
mori dai biondi.
Poi
improvvisamente lo vide.
Non
era ancora all'uscita ma solo ad una decina di metri da lei, come
gli altri avanzava a fatica e si toccava continuamente i capelli,
indice che fosse davvero spazientito.
-levatevi!!-
brontolò contro tre ragazze che ballavano in
cerchio sulla sua traiettoria, non aveva un minuto da perdere, le
scansò e riprese a farsi largo con tutta la forza (poca) che
aveva. Gli occhi ben puntati sull'obiettivo.
Era
lì. A cinque metri.
Superò
due coppiette e un gruppo di sgallettate che ridevano con
un paio di cretini messi peggio di loro, il tanfo d'alcool che
emanavano le fece rivoltare lo stomaco. Ma non aveva tempo neppure per
stare male.
E
i metri divennero tre.
Separò
a forza due amiche che ballavano tenendosi per mano,
senza scusarsi. Scivolò con una gamba seguita poi dal resto
del
corpo tra altri individui imprecando contro tutti tra i denti.
E
i metri divennero due.
A
quel punto potè scorgere le spalle larghe il gilet nero e la
maglietta grigia con lo stemma della Burton su una manica. Era proprio
lui. Decisamente non sembrava di buon umore, si faceva largo senza
bisogno di sgomitare, era abbastanza imponente da non averne bisogno.
Un
passo e dimezzò la distanza.
Ora
gli era dietro, eppure stava già scomparendo di nuovo dietro
un altro turbine di persone. Non poteva permettersi di perderlo di
nuovo, l'uscita non era poi così lontana e fuori avrebbero
dato
nell'occhio, la in mezzo invece nessuno li avrebbe notati. Vide la
figura scivolare tra due ragazzi alti almeno quanto lui e senza
pensarci gli afferrò il polso prima che svanisse.
Manuel
si voltò di scatto preso alla sprovvista. Mai si sarebbe
aspettato di ritrovarsi davanti quel volto pallido decorato da piccole
lentiggini e quegli occhi azzurro cielo che l'avevano seguito per tutta
la sera.
Il
mondo continuò a girare, la gente ballava saltava urlava
intorno a loro, il sound di Laurent Wolf rimbombava in tutta
la
sala dagli amplificatori. No
stress.
Istintivamente
abbassò lo sguardo sulle dita di Alice che,
ghiacciate come sempre, stringevano il suo polso e non parevano
intenzionate a mollarlo. Si divertì a pensare che forse
quella
era la sua massima forza.
-Manu-
fu un sussurro, non sentì nemmeno il suono colse solo il
suo nome dal movimento delle labbra, e forse senza volerlo davvero, si
concentrò su di lei.
Ci
fu un istante di silenzio in cui davvero credette di cedere. Di
mandare a farsi fottere tutto e tutti baciandola lì in quel
punto esatto del BM. Invece no. Non lo fece, si limitò a
ricambiare il suo sguardo in attesa.
Alice
prese fiato, poi radunò il coraggio in un unico punto al
centro del petto e allungò una gamba. Solo mezzo passo e si
spinse sulla punta per alzarsi un po' fino alla sua spalla. Ignara di
ciò che la mente di Manuel stava elaborando: temeva che
l'avrebbe baciato, ma contemporaneamente stava già valutando
come fare a tornare a prendere la moto se fossero fuggiti con la Micra
di Alice come facevano una volta.
Raggiunse
la guancia poi l'orecchio con un unico movimento, senza esitazioni.
-non
ci riesco a dimenticarti...-
Nonostante
la folla fosse esplosa al suono di un nuovo successo dei
Black Eyed Peas, quella parole non si dispersero. Arrivarono
là
esattamente dove Alice avrebbe voluto. Miliardi di endorfine si
liberarono nel sangue di Manuel, da ogni punto del suo corpo le cellule
urlavano all'unisono: "coglione baciala!! è lei che vuoi!
è Alice...è la donna per te"
Il
suono di quella voce squillante nella sua mente si confuse con
quella soave di Alice. Non credeva che avrebbe più sentito
quel
suono. L'ultima volta che si erano parlati l'aveva quasi investita e
derisa in mezzo alla strada, dopo non si erano più salutati,
ne
erano rimasti soli.
In
effetti non sentiva nemmeno quelle dita fredde da quasi due
settimane, eppure lì sul suo polso sembravano stare
così
bene.
Gli
lasciò un bacio, morbido e umido, sotto l'orecchio dove lui
adorava morderla.
E
fu un attimo riconoscere l'odore dei suoi capelli, il tocco delle sue
labbra, il colore delle lentiggini, la sua presenza così
vicina.
Troppo per un istante solo, si ritrovò perso.
Perchè era
successo tutto? Come mai da due settimane il suo letto era
così
vuoto?
Cos'era
successo per ridurli così? Lei che lo teneva per il
polso e gli sussurrava che non riusciva a dimenticarlo, e lui che
combatteva contro se stesso per non trascinarla a casa sua.
Perchè si stavano inseguendo come due ragazzini alla prima
cotta?
Finì
tutto in un secondo. Alice non vedendo risposta
abbassò lo sguardo dai suoi occhi alla cucitura della spalla
della maglietta e si ritrasse allentando la presa sul polso.
In
fondo aveva fatto ciò che si era prefissata di fare,
gliel'aveva detto, si era esposta e ora lui sapeva che lei era ancora
lì. A non riuscire a dimenticare. Tutto era durato si e no
un
minuto, eppure persa in quegli occhi scuri le era parso di esser
là da ore.
Di
nuovo in quel momento il Fato si intromise a cambiare il corso degli
eventi.
Un
ragazzo, un certo Francesco Rizzi, passò dietro Alice. Non
conosceva ne Manuel Bressan ne Alice Aroldi, non frequentava le
Stimate, anzi le snobbava apertamente e non era nemmeno mai stato al BM
prima di quella sera. Non era un granchè come ragazzo, gli
piacevano i computer la birra e le ragazze bionde, nessuna particolare
aspirazione nessun segno di distinzione. Un individuo anonimo come
tanti, uno di quelli che non ti volti a guardare in autobus o accanto a
cui non ti sederesti mai a lezione. Però quella notte
cambiò la vita a due perfetti sconosciuti.
Superò
Alice senza notare nulla e inavvertitamente, nel
tentativo di salvare il suo bicchiere dai colpi di una ragazzina
particolarmente esagitata, colpì un omone grassoccio che
stava
ballando proprio accanto alla coppia.
Fu
un domino assurdo: la ragazzina, Francesco, l'omone grassoccio e poi
Alice.
Troppo
concentrata sull'assoluto mutismo di Manuel e su quello sguardo
che ardeva come nero carbone non si accorse della montagna che le si
abbatté contro. Sentì solo un colpo sulla parte
destra i
tacchi ondeggiare e l'equilibrio scivolare via.
Manuel
invece si accorse di tutto, e agì d'istinto: quando la
vide barcollare era certo che sarebbe caduta, per questo le
afferrò la vita tirandola su contro il suo petto, e si
ritrovarono abbracciati per caso l'una schiacciata contro l'altro.
Il
bacio fu inevitabile.
Come
se improvvisamente il vetro che li separava fosse sparito al solo
contatto dei loro corpi, anche le labbra si unirono senza controllo.
Alice completamente sostenuta da Manuel con le mani strette alla
maglietta a cui si era aggrappata e la razionalità relegata
in
un angolo buio del cervello. Frastornati risposero entrambi subito al
contatto approfondendolo.
Sei
secondi. E tutto finì.
Come
se la bolla d'aria in cui erano finita fosse scoppiata con un gran
botto, Manuel si staccò boccheggiando mentre le lasciava
delicatamente la vita e Alice riprese possesso della sua
stabilità sui tacchi abbassando lo sguardo sul pavimento.
Non
era previsto, quel bacio aveva sconvolto tutti i piani: le cellule del
corpo di Manuel gridavano tutte insieme che volevano di più
mentre un altra voce nella sua testa tentava di portare avanti altre
argomentazioni. La libertà, la sua
libertà..quella che
prima il basket poi l'infortunio gli avevano tolto, quella che gli
aveva riempito la rubrica del Blackberry di numeri di ragazze di cui
non ricordava nulla, quella che si era guadagnato a causa e grazie a
suo padre.
Cercò
quegli occhi blu, quelli che lo inseguivano e gli facevano
male. Quelli che sorridevano a dispetto di tutto, quelli che gli
ricordavano tanto il cielo d'estate.
-Alice..-
pronunciare quel nome non fu affatto piacevole -..lasciami stare-
E
senza guardarla o darle il tempo di replicare si dileguò
nella
folla il più velocemente possibile. In una mano le
sigarette, le
chiavi della moto nell'altra.
Alice
rimase immobile, incerta se essere felice o disperarsi.
Quella
sera avrebbe dovuto chiarire la situazione, nei suoi piani
Manuel avrebbe dovuto scoprire che lei ancora teneva a lui, stramazzare
davanti alla sua minigonna e fiondarsi tra le sue braccia. Eppure
qualcosa non era andata come avrebbe dovuto.
Restò
lì a fissare il punto in cui era scomparso
finchè Laura e Martina non la trovarono, in evidente stato
confusionale.
La
sua controparte invece non si era fatto scrupoli a lasciarla
là in balia di se stessa, se n'era andato perchè
non ce
la faceva più. Come uomo non avrebbe resistito molto alla
gambe
nude e alla sguardo languido di Alice, come Manuel aveva già
mandato a farsi benedire le sue resistenze da parecchio.
Quando
si trovò fuori dal BM con l'accendino già davanti
alla bocca si rese improvvisamente conto che non erano più
tutte
le sue cellule a gridare la sua voglia di lei, ma alcune in
particolare, localizzate in un punto ben preciso alla fine dell'addome.
Non si era nemmeno accorto dei jeans che tiravano mentre Alice ballava
sul tavolo, troppo concentrato a scacciare l'idea di quello che avrebbe
voluto fare su quel tavolo...
-ma
non avevi smesso?-
La
voce di Filo lo fece quasi saltare sul posto, si trattenne solo
grazie alla gente che aveva intorno, non poteva fare la figura del
cretino.
-fatti
i cazzi tuoi..- brontolò in risposta soffiando fuori la
prima magica boccata di fumo.
Gli
arrivò accanto con la sua Lucky Strike tra le labbra, gli
avevano detto mille volte di cambiare sigarette, che quelle erano le
più puzzolenti e piene di nicotina, ma lui era fissato, gli
piacevano solo quelle, e certe abitudini sono dure a morire.
-aah
hai ragione..ognuno ha i suoi vizi, che vuoi farci! senti è
confermato il poker da te mercoledì?-
Non
lo sentì nemmeno. Alcune delle sue parole avevano portato
alla luce una serata particolare. Ognuno
ha i suoi vizi...gliel'aveva
detto Alice la sera che erano andati a bere in centro e lui non era
riuscito a trattenersi e l'aveva baciata sul marciapiedi. Ricordava
bene quella sera, Alice gli aveva fatto guidare la sua Micra verso
Chievo, fin su per i colli, aveva sempre avuto il terrore dei maniaci e
quindi finivano sempre per imbucarsi in posti assurdi.
-alle
10 e di a Edo che deve portarmi i soldi. Io me ne vado-
gettò la sigaretta appena accesa mollando lì il
suo amico
senza parole.
Filo
era abituato a quella scontrosità, alle sue rispostacce e
alle frasi smozzicate, non a vederlo buttare una sigaretta e andare a
casa così presto.
-ehi
dove cavolo vai?- ma l'altro era già lontano.
Ognuno nel proprio letto, a decine e decine di metri di distanza,
entrambi non riuscirono a prendere sonno.
Manuel
solo, in quel grande
appartamento, nel letto bianco e stranamente
vuoto, pensava a lei. Aveva cercato di scacciarla, ma i suoi pensieri
vorticavano involontariamente attorno a lei; gli tornavano alla mente
troppe cose. Frasi, discorsi, oggetti, momenti, sensazioni. Tutti
troppo reali.
Quella volta che ruppe le calze nel pedale della moto e lo maledisse
per tutta la sera.
Sorrise
tra sè contro il cuscino ripensando alla sua faccia
indispettita e a come sbuffando si era sfilata i collant da sotto alla
gonna e li aveva lasciati nel primo bidone.
Una
borsetta verde dimenticata
sul suo divano, rimasta lì dopo la nottata movimentata in
cui
avevano testato il tavolo della cucina.
O
quando lei la prima volta, imbarazzata, gli disse che non aveva mai
fatto "certe cose". E Manuel non era riuscito a non sorridere.
O quando gli chiedeva di spegnere la luce perchè si
vergognava di farsi vedere nuda da lui. Lui che
l'aveva spogliata decine di volte.
Ripensò
a cos'era successo al BM: quella canzone dei Muse non l'avrebbe
più dimenticata.
Nonostante
tutto si costrinse a riconoscere che in realtà non sapeva
poi molto di lei, avevano sempre parlato di cose più o meno
serie insieme e così si era perso le banalità. Il
suo colore preferito. Il numero di scarpe. La sua canzone preferita.
Non era nemmeno certo della data del suo compleanno. Cavolate che in
quel momento avrebbe tanto voluto sapere...
A
poco più di un chilometro nemmeno Alice riusciva a dormire.
Per
quasi mezzora era rimasta con gli occhi semichiusi davanti allo schermo
del cellulare indecisa se mandargli un messaggio o no. Aveva scritto e
cancellato decine di volte, mille tipi di scuse altrettante accuse. La
verità era che non sapeva cosa dirgli. In un momento di
follia aveva provato a scrivergli semplicemente 'mi manchi', poi
codarda aveva cancellato in fretta, prima che la tentazione di premere
il tasto invia fosse troppo forte.
Alla
fine si rassegnò a non scrivergli nulla, spense addirittura
il cellulare -cosa che non faceva mai- per allontanare la tentazione il
più possibile. Tanto sapeva che lui non l'avrebbe mai
cercata e di chiunque altro in quel momento non poteva importargliene
meno.
Nella notte, nel buio della propria stanza, ognuno dei due pensava
all'altro,
entrambi si voltarono dal lato vuoto del letto cercando qualcosa che
non c'era, qualcosa che avrebbero voluto accanto a sè,
qualcuno
che credevano perduto ma che dopo quel bacio sembrava un po'
più
vicino.
Entrambi
si sentirono persi.
Spazio Autrice:
et voilà!!
siamo finalmente giunti al capitolo 8!!
Spero che dopo questo capitolo abbiate capito un po' di più
il povero Bressan
Intrappolato in bilico tra i suoi istinti le sue paure, e
chissà forse anche l'amore.
un paio di link utili per la lettura:
Muse -
Time is running out (nel caso non conosceste la canzone)
il
testo tradotto (in italiano per fare un po' di chiarezza)
Spero di aver reso un po' l'idea della parte maschile,
ammetto che scriverla è stato difficilissimo!!
Chiaramente non sono un uomo e fatico a pensare come tale quindi mi ci
è voluto un bel po' di impegno
ho tentato di mettermi nei 'loro' panni, di aggiungere una buona
componente fisica ai suoi pensieri
semplicemente immaginando e interpretando i comportamenti di amici e
moroso.
Mi auguro che mi facciate sapere se vi è piaciuto!!
So di aver tardato la pubblicazione
ma ci sono stati GRAVI E INCOMBENTI motivazioni
1- taglio+ 3 punti+ fasciatura ad una mano
2- mamy ricoverata per operazioncina
3- grave
depressione dovuta alla scarsità di recensioni!!!!
Ora mi congedo
spero di non avervi annoiati!
1bacio. Vale
|
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Capitolo 9 *** 9 ***
10
-Relazione Clandestina-
9
La testa
poggiata
sul banco verde.
Guardava
la punta della matita
scorrere sul quaderno tracciando dei segni casuali,
seguiva con gli occhi quella scia nera assorta in un flusso ambiguo di
pensieri.
Il
caldo era arrivato tutto in
pochi giorni, l'estate aveva spintonato via la primavera con violenza e
da una settimana l'afa invadeva le aule e stringeva la gola degli
studenti impegnati sui banchi.
Nonostante tutto -la fine del liceo, gli ottimi voti, la lode
annunciata, la prospettiva della liberazione dai genitori entro breve-
Alice non riusciva a mettersi il cuore in pace su una particolare
faccenda. Tutta colpa di Manuel!!!
-che
stai facendo?-
quella voce la risvegliò dal suo letargo meditativo.
Alzò
solo lo sguardo verso l'interlocutrice che le sedeva accanto, senza
muovere un muscolo.
Chiara si era autoproclamata sua tutor nella riabilitazione dal
bastardo: la chiamava per assicurarsi che studiasse, le controllava i
compiti e la spronava a mantenersi in pari e non perdere il ritmo in
vista dell'esame. Non che le facesse piacere, ma Alice fu costretta ad
ammettere che grazie a lei i suoi voti erano tornati quelli di una
volta e anche in latino c'erano stati dei miglioramenti.
-mi annoio.-
rispose bofonchiando con la bocca schiacciata contro il dorso della
mano.
Chiara
prese un
libro e glielo sbattè vicino alla faccia senza ottenere la
minima reazione.
-studia...che
manca
poco all'esame!!-
Esame. Esame. Esame. Non si parlava d'altro anche i progetti per le
vacanze erano stati momentaneamente accantonati per concentrarsi su
libri tesine e mappe concettuali. A scuola la corsa agli armamenti era
stata invisibile ma massiva: giravano appunti su appunti, cartucciere
per bigliettini fai-da-te e il toto-tema dava ormai per certo che
uscisse Pascoli.
-non mi va...ho
studiato tutto ieri...- continuò a bofonchiare senza alzare
la testa.
-smettila
di poltrire!!
reagisci..- chiuse il quaderno che aveva davanti nonostante la prof non
avesse ancora finito di correggere gli esercizi, mancavano pochi
secondi alla campanella.
-non
si
è ancora fatto sentire?- una voce conosciuta
intervenì alle sue spalle.
L'altra addetta alla riabilitazione intervenne senza che nessuno
l'avesse chiamata in causa: Chiara si occupava della scuola, Laura
della sua vita sociale. In maniera altrettanto accanita. Ovviamente
anche in quell'occasione aveva capito qual'era la causa di tanta
afflizione senza dir nulla, non che fosse difficile indovinarlo...da
una settimana Alice si trascinava a scuola sempre più
svogliata
e quasi tutta la classe (Edo compreso) aveva colto quel malessere senza
però conoscerne la ragione.
-no...- rispose
alla bionda sprofondando con la testa tra le braccia nascondendo
il volto, dopo aver abbandonato la matita e i suoi disegni senza senso.
-oh
no! ancora con quello stronzo? potresti avere chiunque in questa scuola
o nel resto della città, e
tu vai a intestardirti sull'unico idiota che non ti si fila?? anzi non
è che non ti vuole, quello ti vuole eccome! ma pretende solo
quello che pare a lui...Alice
fidati di me..dimenticalo! trovati un altro per un po' poi vedrai che
non penserai più a lui...chiodo scaccia chiodo funziona
SEMPRE!!-
-non
credo sia
così semplice la situazione..- intervenne l'altra prima che
Alice potesse rispondere.
Nessuna delle due si era schierata apertamente, non potevano negare che
Manuel fosse il bonazzo più figo della scuola,
però la
sua reputazione lo precedeva di parecchio e aveva trattato male la loro
amica, quindi era diventato comunque un nemico.
Nonostante questo Laura si era mantenuta molto più
diplomatica
nei suoi confronti, al contrario dell'altra che lo disapprovava
apertamente. Le aveva confessato di capirla, che anche lei si era presa
una cotta per lui al biennio...poi aveva conosciuto Charlie.
Però aveva ascoltato pazientemente i pianti di Alice e i
racconti delle notti che aveva passato con Manuel, di come l'aveva
sempre trattata bene e di come si era sentita per la prima volta una
donna tra le sue braccia. E si era pure adoperata parecchio per
strappare informazioni a Charlie o al Vigna, col quale aveva parecchia
confidenza dalle medie.
-credo che sia
proprio cotta...non studia, è afflitta, non esce
al pomeriggio, a scuola non sculetta più come prima e non si
fila nessuno...la situazione sta degenerando!- disse la bionda Laura
sarcastica poggiando una mano sulla spalla di Alice.
-sei
cattiva..-
bofonchiò la vittima delle sue ironie ancora nascosta con la
testa
tra le braccia.
La
campanella le
impedì ogni replica.
Dopo cinque ore di lezione, di cui due di italiano una d'inglese e due
di fisica, la pausa pranzo appariva come una visione mitologica
nonostante comportasse l'incontro/scontro con Manuel.
Si
alzò insieme alle amiche, prese il cellulare da sotto
al banco e lo infilò nella tasca della gonna della divisa.
Edoardo le passò accanto senza degnarla di uno sguardo, cosa
che
nelle ultime settimane aveva gradito parecchio; avevano rotto da quasi
un mese e lui pian piano si era allontanato facendo crescere le
speranze di Alice che avesse trovato finalmente qualcun'altra da
torturare. Attraversò
l'aula di malavoglia e trascinando i piedi, seguì le amiche
e con loro si unì alla folla nel corridoio
diretta in mensa.
-oh
no...è
venerdì ci sarà il pesce...che schifo!!-
mugugnò arrancando alle spalle di un gruppo di primine
-dai
su che fa
bene, combatte i radicali liberi e non ti fa
venire le rughe..e poi mi sa tanto che con questa storia che sei triste
e hai bisogno di cioccolata hai messo su qualche chiletto- le rispose
Laura spingendola avanti verso la mensa con una risata leggera.
Quando
raggiunsero la 5°D il corridoio era ormai quasi vuoto, Jack e
Charlie (e ovviamente anche Manuel) avevano il compito d'inglese
all'ultima ora e la porta chiusa era un chiaro segnale che non fosse
ancora finito. Laura e Chiara si scambiarono un sguardo molto esplicito
che non sfuggì ad Alice.
-sisi va bene li aspettiamo!!-
Le conosceva troppo bene, erano tutte e due in pensiero per i due
poverini intrappolati tra le grinfie della Pasquali. Non aspettarono
che pochi secondi perchè la porta si aprì subito
dopo lo
sbuffo di Alice.
Uscirono per prime due ragazze che salutarono allegramente il trio
dirigendosi in mensa, seguirono un altro paio di gruppetti poi
finalmente Jack e Charlie fecero la loro mesta comparsa. Dalle facce il
compito non doveva esser andato bene.
-non credo di aver preso la sufficienza stavolta...- mormorò
Charlie alla sua ragazza che provvedette subito a rifilargli uno
scappellotto e una ramanzina su quanto poco mancasse agli esami e
sull'importanza di una buona media. La scena si ripetè
dall'altro lato in toni un po' meno vivaci, Jack era più
ottimista ma aver scritto che Virginia Wolf era una "lesbica
rivoluzionaria" non
giocava certo a suo vantaggio. Alice seguì il siparietto in
silenzio con una spalla appoggiata alla porta dell'aula, e proprio non
si era accorta che qualcuno doveva ancora lasciare la classe.
Di nuovo la sfortuna/fortuna giocò con le coincidenze: il
gruppo
s'incamminò ciarlando verso il refettorio, Charlie
riparandosi
dalle sberle di Laura mentre Jack, dopo aver notato suo fratello e il
Vigna alla fine del corridoio, si bracciò urlando per farsi
tenere il posto a tavola. Non potè che scrollare il capo
davanti
alla loro spensierata allegria e decidersi a seguirli.
Ancora concentrata sulle figure davanti a lei ignorò la
persona
contro cui andò a sbattere: Manuel! Uscì in
quell'istante
finendo contro la schiena di Alice, entrambi si bloccarono pronti ad
insultare l'altro finché non si accorsero chi fosse davvero
l'altro.
Ci fu solo uno scambio di sguardi, inceneritori si, ma nessuno scontro
verbale. Fu Manuel ad arretrare per primo mentre il resto del gruppo si
era fermato a guardare la scena: si stampò in faccia il suo
peggior ghigno derisorio e con un gesto ampio e signorile le cedette il
passo.
-Aroldi..- sussurrò chinando il capo con falsa galanteria,
simulando un saluto.
Per un istante soppesò l'idea di prenderlo a calci su quel
bel
didietro scolpito, poi le venne in mentre che probabilmente si sarebbe
fatta più male lei o forse non sarebbe nemmeno riuscita a
colpirlo. Così, adirata offesa e indignata,
accettò la
sfida e gli sfilò davanti con tutta la grazia che possedeva:
il
sedere diritto, petto il fuori, collo allungato e sguardo
disinteressato. Mascherando l'odio e l'imbarazzo.
-vado
a fumare!- sussurrò
a Chiara, quando le passò accanto, un attimo dopo
svoltò
a destra su un altro corridoio che portava al cortile
-Alice
aspetta!! dai
ci andiamo dopo pranzo...-
La voce la raggiunse quando ormai le lacrime traballavano sul bordo
delle ciglia. Si era lasciata alle spalle tutti: gli amici confusi, le
amiche dispiaciute e sopratutto un Manuel odioso che l'aveva presa in
giro e le aveva ghignato in faccia come fosse una qualunque ragazzina
del liceo.
-che succede a
Alice??- chiese Jack dopo aver assistito alla scena. Si era illuso che
Alice riuscisse a superare la cosa.
-niente..problemi
di cuore..-
-davvero?
per
chi? non starà mica tornando con Edo?-
continuò
cingendo la vita alla sua ragazza conscio che Manuel li avesse
raggiunti e potesse sentire la conversazione.
-OH
NO!! Dio ce ne scampi!!-
sospirò Laura alzando gli occhi al cielo con aria
melodrammatica, fulminata all'istante dall'altra: -stavo
solo scherzando...ha detto che non aveva fame! Spero solo che stia
bene, stamattina alla terza ha avuto un capogiro..- tentativo di
salvataggio in extremis che convinse tutti, e stuzzicò
l'unico a
cui era velatamente diretto.
Alice
sola sui
gradini della scuola si gustò a pieno la calma che le
infondeva
quella sigaretta.
Pensava
a lui
ovviamente.
A
quanto fosse bello.
A quanto lo odiasse per la sua stupida faccia di
bronzo. A quanto si sentisse stupida ogni volta che lui la ignorava
come se non si conoscessero affatto, come se non fossero mai stati a
letto insieme. Ogni volta che si incontravano era un dramma, non
avrebbe mai smesso di piacerle -assolutamente impossibile- ne avrebbe
mai smesso di irritarla a morte per come l'aveva trattata, sopratutto
dopo il bacio al BM -altrettanto assolutamente impossibile-!! Eppure
negli ultimi giorni era arrivata una sensazione nuova e terrificante;
tutto era iniziato per caso a pranzo con una battutina di Laura.
-ha!! se ci penso che ti scopavi quel bonazzo...mi vengono le
vampate!!- aveva esclamato a bassa voce alle altre due.
Alice era arrossita come un peperone e all'improvviso le erano venute
in mente tutte le serate e i pomeriggi passati a casa di Manuel e tutte
le cose
che aveva fatto con
lui: si rese conto che guardandolo poteva benissimo immaginarselo nudo
senza dover fantasticare. E la stessa cosa valeva per lui.
Da quel momento aveva evitato accuratamente di incontrarne lo sguardo,
più di quanto non facesse già prima, imbarazzata
più che mai al pensiero che lui potesse "vedere" senza
sforzo
attraverso gonna e camicetta. Si odiava a morte per quella stupida
vergogna.
Non avrebbe voluto piangere
ancora ma le lacrime sembravano volerle uscire per forza.
Si
rannicchiò abbracciandosi le gambe con un braccio e
continuando a sorreggere la sigaretta con l'altra mano. Più
ci
pensava più finiva per sentirsi un imbecille completa e le
tremavano le mani. Era sempre stato così, da due anni aveva
iniziato a fumare, le piaceva e riusciva a calmarla in maniera
sorprendente; conosceva i rischi e i danni come tutti eppure non
riusciva a separarsi dalle sue sigarette sottili.
Tutti dicevano che vederla fumare aveva un che di inquietante, per come
teneva la sigaretta tra le dita come se fosse fatta di piombo e per la
grazia delle sue mani lunghe e sottili. Jack sosteneva che fosse
innaturale vederla fumare.
Passarono una
decina di minuti nel silenzio più completo e aveva appena
cominciato a calmarsi quando la porta dietro di lei si aprì,
non ci fece caso più di tanto, non gliene poteva fregare di
niente e di nessuno in quel
momento.
Si
materializzarono
due scarpe da basket bianche e nere sul gradino
accanto a lei. Conosceva quelle scarpe, al contrario delle femmine
erano pochi i maschi che portavano le scarpe da ginnastica sotto la
divisa, ma non voleva vederle proprio
in quel momento. Il ragazzo con le Nike si chinò
sedendosi a pochi centimetri da lei,
sfilò dalla tasca un pacchetto di Winston blu e ne fece
scivolare una tra le labbra mentre le loro ginocchia quasi si
sfioravano.
Guadava
dritto
davanti a se e lo stesso fece lei, non lo
voleva lì in quel momento, voleva stare sola a piangere in
pace, non
voleva sentirsi stupida o imbarazzata voleva solo starsene da sola.
Concentrò
l'attenzione sulla strada oltre il cancello,
sulle auto parcheggiate, i passanti, mentre ascoltava il
ragazzo
agitarsi
accanto a lei frugandosi le tasche.
-hai
da accendere?- chiese calmo e senza guardarla.
Non
rispose
girò soltanto la mano con cui si avvolgeva le gambe e
aprì
il palmo porgendogli l'accendino rosso. Manuel sfruttò il
momento per guardarla un po' da vicino, non aveva più la
possibilità di farlo tanto spesso. Era talmente magra che le
gambe rannicchiate le aderivano al petto schiacciandole il seno. Il
collo bianco allungato per appoggiare il mento sulle ginocchia e le
braccia sottili ad abbracciare il tutto. Ordinata ma tutto
fuorché ordinaria.
Era così buffa. Così diversa da lui che sedeva
scomposto a gambe aperte.
Lo prese si
accese la sigaretta in silenzio e poi lo ripose sulla mano che era
rimasta aperta in attesa.
-grazie-
sussurrò soffiando fuori dai polmoni il fumo grigio.
Alice
snervata si accese
un'altra sigaretta con pochi movimenti veloci e silenziosi. Rimasero
l'uno
accanto all'altra in silenzio a fumare.
Non riuscì
a trattenere le lacrime, si odiò a morte per la sua
scarsissima
resistenza a quell'essere seduto accanto a lei, e così si
lasciò solcare
il viso
da poche gocce salate e sconsolate. Qualche momento e si ricompose
passandosi la mano,
che teneva ancora la sigaretta, frettolosamente sul viso.
Aspirò
ancora quel delicato veleno e poi si decise a importunarlo.
Non
si
voltò verso di lui, non voleva vederlo, non voleva che i
suoi occhi lambissero i suoi.
-cosa
vuoi Bressan?-
gli disse cercando di mantenersi calma
Lui
non le rispose subito,
guardava lontano oltre il cancello, oltre gli alberi sul marciapiede,
oltre le nuvole lontane.
-da quando per te sono Bressan e non Manuel?- Il volto era serio, ma
stonava completamente con il tono derisorio che aveva assunto.
Le venne voglia di mandarlo a quel paese e andarsene a mensa con tutti
gli altri. Eppure rimase vigliaccamente al suo posto, troppo dipendente
da quella vicinanza.
-da quando io sono Aroldi e non più solo Alice..- acida
sibilò la risposta di getto.
Piccola pausa, il tempo di un tiro alla sigaretta poi fu lui a
riprendere la conversazione: -perchè non sei a mangiare?-
-non mi andava..-
Per un istante si ritrovò a godere di quella conversazione,
per
una volta non doveva essere lei a tirargli fuori le parole con le
pinze, i ruoli erano invertiti e Manuel sembrava diventato
improvvisamente logorroico. Nel momento sbagliato.
-perchè devi essere
così testarda..devi dimenticarmi! Io non posso stare con te,
non
è il momento...quindi fai un favore a tutti e due: lasciami
perdere!-
Lo
disse con calma quasi per
farle capire l'entità delle sue parole:
non voleva assolutamente ferirla, voleva proteggerla da se stesso,
ciononostante fu una
coltellata in pieno stomaco. Non ne vedeva il motivo e non avrebbe mai
potuto se Manuel avesse continuato a tenerle nascosta quella parte di
se: come poteva la piccola e ingenua Alice Aroldi indovinare le
terribili frustate che aveva subito in passato quel ragazzo cupo e
silenzioso seduto lì accanto. Per lei era solo Manuel, lo
stronzo bellissimo che la faceva tribolare, di certo pieno di problemi
ma non così insormontabili.
Aspirò
ancora un'ultima tirata, poi gettò il mozzicone ancora
acceso lontano nello spiazzo.
-non
voglio più ripetertelo,
dimenticami!!-
il tono calmo e risoluto, era un ordine puro e semplice, detto da lui
sembrava così facile da eseguire:
voleva essere chiaro con lei, non voleva che pensasse che provasse
qualcosa. Doveva credergli.
Si alzò
in piedi deciso più che mai ad andarsene, si
fermò solo un
momento prima di voltarsi e rientrare, guardandola dall'alto:
non
piangeva più, ma sicuramente era più scossa di
quanto
volesse mostrare.
Esattamente tanto quanto lui era interessato a lei più di
quanto volesse mostrare.
Risalì i
gradini di marmo lentamente. Quattro banalissimi gradini che parevano
la scalata dell'Everest senza ossigeno.
-non
capisco più se menti solo a me...o anche a te stesso-
soffiò fuori
dalle labbra il fumo, non si voltò nemmeno per dirglielo,
continuò a guardare il cancello imperterrita.
E
lui si
bloccò su momento sull'ultimo gradino -cento metri dalla
vetta del monte, come vedere la meta e non poterla toccare...-
"sei
proprio una cretina...vuoi
farti del male?" ma dirglielo in quel momento gli sembrò
solo un
inutile spreco di fiato, Alice era sempre stata troppo testarda,
discutere con lei significava perdere. Continuò a
camminare infischiandosene di ciò che aveva detto lei,
scomparendo dietro alla porta a vetri.
Pian piano gli studenti cominciarono ad affluire all'esterno mentre lei
rimaneva là, paralizzata.
Le passavano accanto incuranti del suo cuore spezzato, e per la prima
volta si sentì sola in mezzo a tanta gente. Aveva letto e
sentito di quella sensazione, Laura le aveva detto di averla provata
spesso quando ancora ballava, l'aveva definito 'panico da
palcoscenico'...eppure lì di palcoscenici non ce n'era
traccia.
Era un vuoto talmente concreto che avrebbe potuto tracciarne i confini
attorno a se, arrivava appena oltre i piedi girandole attorno come un
cerchio e l'avvolgeva fino alle mani e su tutto il resto del corpo. Le
conversazioni, le voci le risate, arrivavano solo in parte
all'orecchio, perse nella loro inutilità.
Non sapeva bene come o perchè, lo
sentiva nella sua voce, nel modo di agire, Manuel non era stato
sincero, si stupì anche delle sue
stesse sensazioni ma ne era certa in maniera viscerale. Semplicemente
lo percepiva, lo sapeva, stava mentendo
in qualcosa, magari pensava davvero quello che le aveva detto
però non
completamente. Ci si stava aggrappando con tutta se stessa a quella
insensata consapevolezza, solo per
sentirsi un po' meno disperata, un po' meno sola.
E
il cuore
batteva lento, non si era scompensato. Qualcosa le si era fermato in
gola -non il cuore-, e non si decideva a scendere.
Guardò
distrattamente i ragazzi della scuola riversarsi nello spiazzo
antistante l'ingresso, li osservò ridere spensierati,
parlottare a
gruppetti, scherzare tra loro.
Mai aveva visto lui in quegli
atteggiamenti spensierati, forse non ne era nemmeno capace. Aveva mai
riso davvero? Con la pancia che fa male e gli occhi che lacrimano?
E la domanda insorse nei suoi pensieri sottile e inesorabile come la
nebbia: era mai stato felice davvero?
In tutto quel trambusto di domande irrisolte e sentimenti e contrasti
verbali senza valore, non si accorse nemmeno di aver ricominciato a
piangere. Ci pensarono le sue amiche, quando la trovarono in quello
stato catatonico mentre si guardava intorno con la sigaretta consumata
tra le dita e le gambe ancora avvolta da un braccio immobile, la
alzarono di peso sotto lo sguardo impotente di Jack trascinandola nel
bagno delle ragazze.
Alice non si accorse di nulla: le voci concitate, il panico di Chiara
che voleva chiamare l'ambulanza e l'altra voce che la spronava a
respirare col naso, una delle due le passo un fazzoletto bagnato sulla
fronte, qualcun altro faceva vento.
Era in trance, si
sentiva persa, senza un appiglio, come se stesse affogando nell'aria.
Non aveva più la forza di fare nulla, ne studiare ne parlare
ne
alzarsi e andare a casa, sarebbe rimasta volentieri là
seduta su
quel gabinetto chiuso in attesa che il dolore passasse e che la
volontà ritornasse. E non importava quanto ci avrebbe
impiegato:
un'ora, un giorno una settimana un mese, lei avrebbe aspettavo
pazientemente che l'aria tornasse da sola dentro i polmoni senza far
male.
-qualunque
cosa sia..tu sei più forte!-
Chi disse quella frase? Laura? Chiara, o forse Martina che era arrivata
per ultima?
Non era importante.
Perché fu l'unica ad arrivarle alla mente?
-non vorrai farti vedere così da lui?-
Di nuovo nel vociare sommesso delle tre quella fu l'unica frase che
arrivò davvero alla sua mente.
Magari era stata la sua stessa coscienza a parlare?
All'improvviso, come se un elastico avesse ceduto ad una tensione
troppo forte, tutto tornò. I volti delle sue amiche e le
loro
voci familiari, poi quelle delle altre curiose che si erano infilate in
bagno di soppiatto, la tensione di Chiara che parlava a raffica e
Martina
che si mangiava le pellicine con le sopracciglia contratte.
L'aria tornò al suo posto nei polmoni, e tutto si mosse a
velocità normale.
Le ragioni di quel crollo erano ben in vista nella bacheca della sua
memoria, l'avevano portata al punto di rottura.
Manuel le aveva chiesto
troppo, dimenticarlo era impossibile tanto quanto respirare sott'acqua:
si può resistere per un po', ma alla fine si ritorna sempre
a
galla.
La vita riprese come se quell'attimo fosse sparito. Alice
tornò
in aula quel pomeriggio senza dire una parola e con l'espressione di
una che avesse passato una tranquilla pausa pranzo a rinfrescarsi in
giardino, e tutto venne obliato.
I giorni passarono come le nuvole
bianche nel cielo: lenti e silenziosi, senza temporali. La situazione
si stabilizzò pian piano, Alice fingeva di non vedere.
Ogni giorno andava a scuola curando nei minimi dettagli la scultura
perfetta che aveva creato di sé, veleggiava armoniosa nei
corridoi con lo sguardo alto, sopra i volti di quelli che incontrava
per ridurre al minimo il rischio di spiacevoli incontri. Nel week end
sopportava, come ogni donna sa fare, stringeva i denti i pugni le
ginocchia e qualunque cosa abbastanza dura da sopportare la torsione,
intanto sorrideva e scherzava con tutti, evitava Manuel come la peste
con la disinvoltura di una donna d'altri tempi. Si sentiva sempre
più una protagonista di quei telefilm anni '60, quelle che
sorridevano spensierate anche in mezzo all'apocalisse.
E chi sapeva non poteva fare a meno di chiedersi dove trovasse tutta
quella forza.
Senza che se ne accorgesse passò la metà di
maggio,
finirono le verifiche e le interrogazioni e arrivò il tempo
della paura, dell'ansia dei patimenti.
-è venerdì...non esci?-
Non era poi così strana come scena.
Sua madre seduta sul bordo del letto con la gambe accavallate sotto la
vestaglia azzurrina in perfetto pendant con il copriletto blu notte e
le ciabatte celesti, in modalità chioccia preoccupata pronta
al
terzo grado. E Alice non era per nulla in vena di confessioni.
-non credo, ho da studiare e poi scusa tu non dovresti stare dall'altro
lato? Pensavo che cercare di trattenermi in casa facesse parte dei tuoi
doveri!?!-
Fare la finta tonta sarcastica le veniva bene solo con due persone: sua
mamma e un ragazzo moro di cui stava cercando di cancellare il ricordo.
-guarda signorina che io sono tua madre, con me non attaccano i tuoi
trucchetti: io so che mi stai nascondendo qualcosa!!- era completamente
calata nel ruolo tanto che alzò addirittura il dito in
direzione
della porta del bagno dal quale la figlia le stava rispondendo, conscia
che non avrebbe potuto vederla.
Uno sbuffo fu l'unica risposta che ottenne.
La signora Aroldi sapeva di aver sbagliato parecchio nell'educazione di
Alice, l'aveva lasciata sola troppe volte e sin da quando era piccola
si era sempre dimostrata più indipendente del necessario,
guadagnandosi la fiducia dei suoi. Col senno di poi, da mamma, avrebbe
dovuto sapere che questo l'avrebbe allontanata da lei, Alice non si era
mai confidata con lei senza però mentirle, aveva giocato
bene le
sua carte dosando in maniera molto saggia le informazioni che poteva
darle. Sottovalutandone a volte l'occhio clinico di madre.
-se non hai voglia di raccontarmelo non importa, vorrei solo essere
sicura che tu sia tranquilla! so che suona strano detto da me, ma se
tua avessi bisogno di un consiglio sai sempre su chi poter contare
vero??-
-mamma smettila con tutta questa mammite!!
E' ovvio che verrei da te se avessi un problema..- brontolò
tornando in camera con i capelli fradici che gocciolavano sulla canotta
del pigiama: -è l'esame che mi stressa!-
Le rifilò la causale perfetta sperando di sedare la sua
voglia di gossip.
-almeno dimmi come si chiama...-
-chi???- l'acuto esagerato sulla vocale finale tradì
clamorosamente la finta noncuranza con cui continuò a
riporre i
vestiti stirati.
-quello per cui hai lasciato Edoardo e per cui ti sei presa una cotta!-
esclamò sorniona con un sorriso 32 denti: -guarda che non
sono
ancora così
decrepita!!-
Per un istante, breve e ingenuo, rimase spiazzata, poi la
consapevolezza che quella fosse la sua mamma la travolse. Come poteva
non averlo capito? Lei era carne della sua carne, sangue del suo
sangue, donna come lei con metà dei suoi geni, come poteva
non
averlo sentito? Se ciò che aveva provato con Manuel era
così grande, così difficile da capire e da
contenere in
se stessa, era effettivamente impossibile che la persona che le aveva
dato la vita non l'avesse avvertito!
I minuti le ore le notti che aveva passato con lui, erano qualcosa di
vivo, e chiaro nella sua mente, qualcosa di talmente forte che tentare
di non pensarci era un sforzo al di là delle sue
capacità. Era amore? possesso? bramosia? Non avrebbe saputo
definirlo. Eppure sua madre l'aveva visto chiaramente, senza indugi
aveva capito che aveva lasciato Edoardo per Manuel. Che lui era
qualcosa da nascondere, qualcosa di proibito.
-Manuel...-
Il punto di non ritorno era stato varcato. Nel preciso momento in cui
aveva sussurrato quel nome, capì di aver firmato una
sentenza di
morte; non per la reazione che avrebbe potuto aver sua madre o per il
fatto che sicuramente avrebbe indagato per scoprire chi fosse, ma per
la portata dell'evento. Confessare un amore alla mamma è
sempre
(sempre!) fonte di guai.
-Alice!!!!
che.cavolo.ci.fai.ancora.in.pigiama!!- l'urlo cavernicolo di Laura
rimbombò per tutta la villetta facendo tremare di paura la
povera inquilina
-per
favore non cominciare! non
è
che ho molta voglia di uscire, sto facendo uno sforzo immenso!-
provò a tenerle testa minacciandola con l'arricciacapelli
puntato come un'arma. Ma la vincitrice del contrasto era già
annunciata!
-si
certo certo...invece che perdere tempo a lamentarti comincia a vestirti
che altrimenti non troviamo più parcheggio-
Sfavillante nei suoi shorts di jeans e camicetta si accomodò
senza tanti preamboli sulla tazza del wc con le gambe accavallate e le
braccia strette in una morsa: -Ali ora ti farò il predicozzo
e
tu mi ascolterai in silenzio, annuendo e dandomi ragione! siamo
d'accordo?- Alice non capì se davvero stesse aspettando una
risposta quindi si limitò a sorriderle e continuare a
truccarsi.
-stasera ci sarà anche Manuel! e sarà bello e
stronzo come sempre, e tu già lo sai...ma io non
intendo assistere di nuovo alla scena di mercoledì
scorso!! Niente lacrime, respiri rantolati o sguardi persi nel
nulla! per
poco non mi hai fatto venire un infarto la settimana scorsa, quindi se
non vuoi farlo per te stessa o per lui, vedi di farlo per me. Non
voglio mai più trascinarti in giro più morta che
viva:
ora annuisci!!-
E si ritrovò ad annuire sotto suo preciso ordine.
Dopo la predica i preparativi furono abbastanza svelti. In meno di un
quarto d'ora Laura riuscì a trascinarla in macchina vestita
e
truccata, aveva scelto di corsa un vestito bianco corto fin sopra al
ginocchio, dei sandali bassi e la Balenciaga di pelle invecchiata.
Volente o nolente si ritrovò a guidare la macchina
dell'amica,
raggiungere le Colombare non era una passeggiata, bisognava
attraversare la città e superare tre tornanti: troppo per la
precaria sicurezza al volante della bionda che l'aveva costretta a
prendere il suo posto.
Arrivarono dopo una ventina di minuti, i bordi della carreggiata lungo
tutte le ultime curve erano già occupati, ma Jack aveva
tenuto
loro il posto così parcheggiò senza problemi
sotto gli
sguardi incarogniti di chi era risalito a piedi.
Il parco delle colombare era uno dei posti più belli di
Verona,
un punto strategico sopra San Zeno da cui si poteva ammirare la
città dall'alto, lontani dal caos dell'autostrada e dal
traffico
delle vie principali. Ogni anno alla metà di maggio gli
universitari organizzavano una grande festa lassù per
salutare
l'arrivo dell'estate, ed ogni anno puntualmente qualche liceale
coraggioso riusciva ad imbucarsi!
Ci vollero pochi secondi ad individuare il luogo del raduno
nell'oscurità: la musica rimbombava tutt'attorno e un alone
di
luce bianca avvolgeva lo spiazzo e i suoni di David Guetta vibravano
nell'aria. Alice inspirò profondamente, pronta ad affrontare
qualunque cosa sarebbe successa.
Laura la prese per mano e la guidò tra la folla fino al
limitare
della radura, qualcuno aveva arrangiato una postazione da dj su un lato
mentre dalla parte opposta vide i loro amici già piazzati ad
un
tavolo tutti armati di bicchierone di birra.
C'era anche lui.
Seduto tra Jack e Filo sorseggiava fiero la sua birra con un gomito
poggiato sul tavolo e la testa voltata verso Andre.
Lo
vide bere e accennare un sorriso mentre gli altri
ridevano di gusto e prendevano in giro il Vigna che era rimasto in
piedi.
Si ritrovò a meno di cinque metri da loro, con le mani
libere e un improvvisa voglia di spaccargli la faccia, non
sapeva se sarebbe riuscita ad ignorarlo, aveva bisogno di qualcosa che
le impegnasse le mani. Fermò Laura
toccandole un braccio e la guardò sorridente: -prima di
sederci accompagnami a prendere da bere, altrimenti poi ci
sarà una gran fila!!-
-ok-
le rispose alzando le spalle, era evidente che non l'aveva interpretato
come un modo per ritardare l'incontro.
Dopo
la fila si ritrovò con una media chiara in mano e nessun
altra
scusa per scampare il macello, l'incontro era inevitabile e
così
si
avvicinò al tavolo rassegnata trascinando i piedi nell'erba
umida.
-ciao
a tutti- esordì Laura trillando come un uccellino
e
attirando così su di se l'attenzione di tutto il tavolo.
Alice cercò di mimetizzarsi col buio alle sue spalle, con
scarsi
risultati considerando il candore quasi cangiante del vestito e della
sua pelle, e non potè fare a meno di scivolare con lo
sguardo
fino allo spazio tra Jack e Filo, ma lui stava ostentatamente ammirando
la birra nel suo bicchiere.
Il
resto del gruppo salutò affettuosamente le due ragazze e
fece loro spazio sulle panche.
Laura
e Alice presero posto davanti a Chiara intavolando con lei una fitta
conversazione.
Pian piano lo spiazzo erboso si riempì di ragazzi e ragazze,
erano quasi tutti in piedi accalcati a ballare al centro della radura,
i fusti di birra vuoti cominciarono ad accumularsi e anche Alice giunta
alla
terza birra cominciava ad essere parecchio allegra. Rideva con tutti e
per tutto, scivolava sulla panca come un anguilla senza trovare pace e
si toccava i capelli in continuazione, segno che fosse parecchio
agitata.
Chiara e Laura la guardavano indecise se
ridere o disperarsi. Ma in confronto alle condizioni degli altri, lei
era persino consolante!
La
festa entrò nel vivo e tutto procedette come nella norma. Le
ragazze ballavano allegre in mezzo alla ressa mentre i ragazzi
preferirono restare nelle retrovie seduti su un paio di panchine
continuando a scolarsi bicchieri di birra. Ad Alice piaceva
un
mondo andare alle feste universitarie, la faceva sentire importante,
sopratutto per come la guardavano quei ragazzi più grandi:
se ai
liceali faceva vibrare tutti gli ormoni, a loro si presentava come un
ottima occasione per divertirsi e allungare le mani. Non aveva problemi
a gestirli, quando cominciavano a farsi troppo pretenziosi, li
scacciava o se ne andava con le amiche, ma vederli così
eccitati
in balia solo di un suo gesto era una sensazione impagabile.
Se Manuel non fosse stato a pochi metri da lei probabilmente sarebbe
stata una serata perfetta.
A diciotto anni, quasi diciannove, il futuro è solo una
parola,
un concetto evanescente e labile: vuoto, come quelle parole che hai
ripetuto talmente tante volte che hanno perso significato e che
si perdono nella lista delle cose da fare scivolando sera dopo sera
sempre più in basso.
E proprio non ci stava pensando al futuro Alice mentre lanciava in
mezzo al prato l'ennesimo bicchiere vuoto, e ballava spalla a spalla
con Laura e Martina; era passata da un paio d'ore la mezzanotte e la
festa era ancora nel vivo nonostante lei fosse già ridotta
uno
straccio. Come lei anche gli altri del gruppo avevano alzato
parecchio il gomito quella sera:
Filo sdraiato nell'erba non riusciva più ad alzarsi
e
guardava le stelle senza vederle davvero, mentre Jack e Charlie
ridevano
di lui e del bicchiere che teneva in bilico sullo stomaco, anche se
loro non erano in condizioni migliori, Edo invece era ancora
in pista e ballava
con una bionda, poco distante da
Alice. Filo Andre e Manuel erano spariti come sempre.
Poco distante dal nucleo pulsante del parco sul limitare del bosco un
ragazzo, seduto alla base di un albero guardava la scena da un angolo,
e seguiva con particolare attenzione i movimenti di Alice. La vide
apparire tra la folla, che rideva bella come sempre, non ballava
più, semplicemente si
muoveva
scoordinata e fuori tempo, reggeva a fatica il bicchiere che teneva
nella mano destra e la borsa abbandonata a terra.
Si
agitava con gli
occhi chiusi appoggiandosi di tanto in tanto a un amica.
Sorrise
tra sè nel
vederla così disinibita ma dolce nelle movenze.
Non che non l'avesse mai vista ubriaca o dolce, in effetti poteva dire
di aver visto parecchie sfacettature della sua personalità,
eppure quella sembrava la sua versione più sincera. La
più vera. Non aveva maschere ne finzioni, era abbastanza
ubriaca
per infischiarsene delle buone maniere e di divertirsi senza pensare a
nulla.
Perse l'equilibrio
ancora una volta inciampando in un filo d'erba e finì tra le
braccia di
Chiara, incespicando le due amiche la portarono fino ad una delle
panchine sostenendola dalle ascelle.
-non
beveva
così da un bel po'...- ridacchiò una delle due
guardandosi attorno per cercare un angolo vuoto.
-eh
già,
mettiamola là seduta vicino agli altri- le rispose
Laura
indicando il gruppetto di amici con il mento, faticosamente la
trascinarono fuori dalla folla e la fecero sedere tra
Jack e Charlie che ridevano tirando dei sassolini in testa al fratello
di Jack.
-ho sete..- mormorò con la testa poggiata su una spalla.
-ok andiamo a
prenderti da bere, tu stai buona qui con gli altri- Alice
annuì felice ribaltando la testa sulla spalla di Jack con
gli occhi semichiusi e un sorriso placido sul volto.
Tornarono
poco dopo
con un bicchiere d'acqua e glielo misero in mano, Alice lo
guardò stranita e brontolò a bassa voce:
-acqua?!? io volevo
un'altra birra!!-
Nonostante
tutto ne bevve un bel sorso sotto l'occhio vigile di
Chiara, poi allungò una mano verso la birra
che Filo cercava di tenere in mano e la sostituì con il
suo
bicchiere d'acqua senza che il ragazzo sdraiato a terra reagisse.
-ecco
fatto!-
esordì soddisfatta
Chiara
cercò di prenderle il nuovo bicchiere ma lei la
schivò: -torna pure a
ballare io sto bene, vi aspetto qui..- le disse Alice ad occhi chiusi
indicando non si sa bene perchè Charlie.
-sicura?- chiese
Laura con le mani piantate sui fianchi
-ceeeeerto!!-
In quello stato non poteva creare grossi danni e i due ragazzi
l'avrebbero tenuta d'occhio, per cui Laura a Chiara decisero di darle
ascolto e così Alice rimase sola
tra i ragazzi che ridevano sguaiati e si prendevano in giro a vicenda.
Lontana
dalla sorveglianza dei suoi cani da guardia, continuò
a bere ancora, decisa ad ignorare Manuel: a dimenticare
le sue parole, a dimenticare la sua freddezza, a dimenticare lui!
Almeno per una notte...
Alle 3 non riusciva
più a stare seduta, sentiva tutto girare intorno
a lei, le voci completamente distorte e il corpo pareva fatto di gomma.
Era ufficialmente sbronza.
La nausea arrivò alla quinta mezza pinta, i suoi cinquanta
chili
scarsi erano saturi di alcol e non poteva essere altrimenti, quindi
barcollando e trascinandosi un po' raggiunse il primo albero che aveva
a tiro.
Manuel,
l'unico ancora orientato
del gruppo, la vide allontanarsi ondeggiando pericolosamente,
accasciarsi e rialzarsi pochi metri dopo.
Preoccupato dal suo stato si alzò per seguirla. La
trovò in ginocchio sull'erba.
Le faceva male la mano, la corteccia era dura e inconsciamente la stava
stringendo con troppa forza, poteva sentire le schegge di legno
infilarsi sotto la pelle, ma tutto era sovrastato dalle dolorose
contrazioni del suo stomaco...e dal puzzo tremendo di vomito.
Quando arrivò una
mano fresca a posarsi sulla sua fronte e tenerle diritta la testa,
tutto migliorò drasticamente: gli spasmi erano meno violenti
e
tutto il resto del corpo riusciva a rimanere in equilibrio senza che
fosse lei a tenersi. Senza nessuna valida ragione era consapevole che
quella mano appartenesse a Manuel ma tutto era troppo sfuocato per
reagire.
Manuel
aveva allungato il passo per raggiungerla prima che vomitasse dentro la
sua stessa borsa: le afferrò la fronte tirandola verso di se
e
con l'altra mano raccolse i capelli rossi che fluivano in avanti con
uno strattone davvero poco delicato. Passò qualche minuto
prima
che si calmasse e smettesse di sussultare, dopodichè
scivolò seduta sui talloni con la schiena poggiata alle
gambe di
Manuel.
Si
pulì la bocca con un fazzoletto che era apparso dal nulla
nella sua mano, sputò varie volte per lavare via
il sapore acido.
Odiava vomitare.
Erano passate le 3
e la festa per fortuna stava cominciando a scemare, Manuel, dopo uno
sguardo veloce al resto del gruppo, si
chinò su di lei e agguantandola per le braccia la
sollevò
di peso per spostarla da quella pozza maleodorante, le
scostò i
capelli dal viso e mormorandole nell'orecchio chiese: -sei viva?-
Alice
annuì lievemente senza parlare e con gli occhi chiusi e la
testa ribaltata su una spalla.
Cercò il suo braccio e si mosse per cercare di alzarsi, ma
non
appena si mise in posizione eretta scivolò nuovamente a
terra a
vomitare.
"pessima
idea..." pensò Manuel puntando gli occhi al
cielo per poi guardarla esasperato. Si voltò di nuovo verso
il
gruppetto
di amici che sembrava essersi lievemente calmato mentre Alice in
ginocchio si teneva aggrappata ai suoi pantaloni.
Dopo
parecchi
minuti e molti conati di vomito, le amiche della ragazza li raggiunsero
trafelate.
-oddio
per fortuna
è qui, l'abbiamo cercata ovunque, ci stavamo preoccupando!!
ma ha vomitato?- chiese
Chiara guardando l'amica riversa a terra.
-si..3
volte- le
rispose Manuel lanciando uno sguardo alla zona contaminata.
Le due si scambiarono uno sguardo che Manuel non riuscì a
decifrare, parevano quasi contente della cosa.
Un mugugno sommesso si alzò alle loro spalle.
-come la
portiamo a casa? nessuno degli altri è in condizioni di
guidare quindi abbiamo solo 5 posti e dobbiamo
caricare anche Charlie Jack e Filo, altrimenti quelli a casa non ci
arrivano...- proseguì Laura grattandosi la nuca.
-vogl..
...dar casa!- provò a bofonchiare
Alice nel mero tentativo di alzarsi.
Ricadde
però subito seduta contro un albero abbracciata alla sua
stessa borsa piagnucolando parole incomprensibili.
Fu allora che a una delle due venne l'idea geniale, se avessero
provocato Manuel forse si sarebbe offerto lui stesso di portarla a
casa.
-potremmo chiedere
a Edo se la porta a casa?- propose Chiara con le mani sui fianchi e
l'espressione più genuina del mondo.
Manuel
risorse
dall'ombra in cui era sprofondato: -ci penso io- intervenne serio a
bassa voce.
-non credo sia il caso che venga in moto con te.. Edo ha la macchina e
poi conosce casa sua, le darà una mano ad andare a letto...-
Laura dopo aver intuito perfettamente la strategia di Chiara
rincarò la dose: -hai ragione, poi conosce anche i suoi nel
caso
si svegliassero...sua madre stravede per lui!-
Quella fu la stoccata giusta all'orgoglio di Manuel.
-a lei penso io, dite a sua madre che dorme fuori!- e questa volta il
tono non ammetteva repliche.
La mora e la bionda
lo guardarono fintamente perplesse poi si decisero ad accettare.
-va bene, mando io un messaggio a sua madre per dirle che dorme da me,
dille di chiamarmi domattina appena si sveglia! E stai attento a quel
che fai!- disse Laura con gli occhi castani piantati in quelli scuri di
lui, mentre con una mano sfilava il cellulare dalla tasca degli shorts.
Non che Manuel potesse definirsi esattamente una persona generosa,
però a volte capitava anche a lui di fare qualcosa per gli
altri, e ultimamente questo "altri" coincideva spesso con la persona di
Alice Aroldi. Quella sera fu una di quelle fortunate volte.
Inspiegabilmente sotto lo sguardo divertito delle due ragazze, si fece
avanti con l'andatura degna di un prode cavaliere che si accinge alla
battaglia più gloriosa della sua vita; afferrò
Alice per
un braccio senza alcun garbo portandola di nuovo eretta e la sostenne
finchè non smise di barcollare. Poi mormorò
qualcosa a
denti stretti con le labbra che le sfioravano i capelli, in modo che
solo lei potesse sentire: -andiamo?-
Manuel non rispose al ghigno
divertito di Laura ne alle sue minacce, passò un braccio
sotto
le spalle della ragazza afferrandola con forza sulle costole.
-merda
Alice! quante volte
ancora dovrò vederti così...- brontolò
scocciato
sollevandola con un colpo di reni.
Da
parte sua Alice non aveva più alcuna percezione
dell'esterno,
sapeva di essere tornata in piedi senza sapere esattamente come fosse
successo. Qualcosa di forte che premeva sul fianco sinistro la
manteneva in quella posizione, eppure non avrebbe potuto dire se fosse
un muro, una persona o un auto; tutto era storpiato dalle luci alle
persone, persino il terreno...il mondo si muoveva ad una
velocità strana, a volte troppo accelerata, a volte troppo
lenta.
Poi anche lei cominciò a muoversi, un piede dopo l'altro e
le
sembrò di essere un'astronauta sulla Luna tanto si sentiva
leggera. Cominciò a credere di star sognando tutto.
Dall'esterno la scena apparve confusa e surreale come nella mente di
Alice.
Di tutti quelli che vi assistettero, pochi l'avrebbero ricordata il
giorno dopo, e di quell'esigua minoranza coloro che avrebbero potuto
dare una spiegazione al comportamento di Manuel si potevano contare
sulle dita di una mano. Senza dire nemmeno una parola al resto del
gruppo, il ragazzo scomparve tra i cespugli seguendo il sentiero che li
avrebbe riportati al parcheggio, Chiara si affrettò a
raggiungerlo con la borsa di Alice e un giubbotto di pelle nera in mano.
Laura tornò dai ragazzi, dei pochi che avevano seguito la
scena,
Charlie il suo ragazzo, finse di non aver visto ne intuito nulla,
perchè per il bene di tutti certe cose era opportuno che
rimanessero nascoste, mentre Jack accanto a lui seguiva con lo sguardo
la figura della fidanzata sparire dietro alla "strana coppia".
Solo Andre si mostrò contrariato, conosceva abbastanza
Manuel
per sapere che non era tipo da aiutare qualsiasi ragazza ubriaca in cui
si imbatteva, ma nonostante questo evitò d'inseguirlo e
chiedergli spiegazioni, avrebbe ottenuto solo un occhiataccia....o al
massimo qualche insulto.
A fatica Alice riuscì a trascinarsi fino al parcheggio, dove
si
accasciò guidata dalle mani di Manuel sul bordo di un
marciapiedi.
Da lì tutto divenne estremamente buio....
Non si accorse di finire sul sedile del passeggero di una BMW scura, ne
del giubbotto caldo che le coprì le gambe. Cadde in uno
stato
soporoso, più simile al coma che al sonno che mantenne fino
alla
fine del viaggio.
La radio spenta, i finestrini chiusi nonostante il caldo, la guida
più leggera del solito e la mente piena di dubbi: per quale
motivo dopo averla insultata, scacciata e averle intimato di
dimenticarlo per ben due volte, ora si ritrovava di nuovo in auto
accanto a lei??
Eppure credeva di essere stato chiaro con se stesso...Alice era un
argomento taboo! Non andava pensata, ne immaginata, non bisognava
guardarla, ne parlarle, starle lontano era l'obbiettivo primario!
Eppure l'aveva soccorsa subito, le aveva tenuto la testa mentre
vomitava tutto quell'alcol, l'aveva aiutata a rimettersi in piedi e le
stava offrendo la possibilità di non dover dare spiegazioni
a
nessuno e rintanarsi in casa sua....fortuna che l'obbiettivo era starle
lontano!!!
Arrivato in fondo alla discesa prese velocità lungo il
rettilineo di via Nevio per poi fermarsi al semaforo rosso all'incrocio
con Porta Trento, giusto il tempo di lanciare un occhiata veloce al
sedile accanto. Alice era là con la testa schiacciata contro
il
finestrino e l'espressione beata di chi non sa dove si trova ma non
gliene importa nulla, i piedi sul sedile e le ginocchia strette al
petto le davano un'aria da bambina spersa.
Ne seguì la linea del viso dall'orecchio al mento e il
profilo
dolce del naso e delle labbra, le braccia ossute e il vestito bianco
arrotolato fino all'inguine. E purtroppo era bellissima.
Quando raggiunsero il cortile del palazzo di Manuel, trasportarla fino
al portone e poi su con l'ascensore fino al sesto piano fu una vera
passeggiata rispetto a quello che dovette affrontare dopo: per un
istante davanti alla sconfortante visione della minuscola scala a
chiocciola, fu davvero tentato di lasciala a dormire sul divano
così com'era, ma le condizioni del vestito e la
possibilità che vomitasse sul tappeto del suo salotto lo
fecero
desistere. E poi se Sonia l'avesse trovata lì abbandonata
l'avrebbe ucciso. Quindi a suon di spinte e strattoni e con davvero
poca delicatezza la trascinò al piano superiore, affrontando
da
solo 20 ripidissimi scalini con una bambola a dimensioni reali sulla
schiena; non che lei avesse opposto resistenza però di certo
non
gli aveva facilitato le operazioni.
Prevedibilmente Alice si accasciò a terra accanto al letto
non appena la lasciò per andare ad accendere la luce.
Di nuovo -sbuffando- la caricò di peso per metterla seduta
sul
letto, ma qualcosa lo bloccò appena prima di lasciarla
andare.
-pipì- aveva mormorato al suo orecchio quella palla al piede
di Alice Aroldi.
Non era mai stato incline alle bestemmie, nonostante di difetti ne
avesse parecchi, era una delle poche cose che gli aveva lasciato sua
madre, eppure in quel momento alcune sante paroline affiorarono sulle
sue labbra...si trattenne a fatica e solo perchè era
assolutamente certo che la colpa di tutto ciò che era
successo
quella notte non era da imputare ad una qualsiasi divinità,
ma
solo ed esclusivamente a lei!
La portò fino al gabinetto quasi di corsa mentre continuava
a
ripetergli nell'orecchio quelle due stupide sillabe: e ringrazio
mentalmente l'università di Manchester e tutti i suoi
dirigenti
per le trasferte e i convegni che impegnavano suo padre all'estero
quasi tutto l'anno, perchè se fosse stato a casa e l'avesse
visto aiutarla ad abbassarsi le mutande e sedersi sul gabinetto, carta
igienica alla mano, sarebbe di sicuro morto di vergogna..
In qualche modo riuscì a trascinarla di nuovo fino al letto
-dopo averla aiutata anche a rivestirsi e averle pulito le mani e le
ginocchia sporche di erba- ma perlomeno aveva ripreso un po' di
lucidità, non abbastanza comunque da collaborare.
-grazie
Manu..- bofonchiò in un momento di assurda
lucidità strappandogli un sorriso divertito.
Le
sfilò
i sandali e il vestito sporco di erba e terra lasciandoli in un angolo,
e quando si ritrovò davanti ad un completino color cipria,
trasparente, ornato da piccole margherite bianche e gialle gli
mancò quasi il fiato. Aveva quasi scordato quanto fosse
perfetta.
Improvvisamente, mentre Alice cominciava a tremare, si
ritrovò a
chiedersi per quale assurdo motivo avesse deciso di troncare quella
relazione.
E non trovò la risposta.
Trovò da sola il bordo delle coperte e senza fare domande ci
si infilò sotto, raggomitolandosi su se stessa.
La
osservò un momento, sedendosi accanto a lei, sdraiata sul
suo letto in biancheria
intima. Ed era bellissima.
Ubriaca,
incosciente ma bellissima.
Qualunque altro ragazzo della sua età avrebbe detto la
stessa
cosa, e probabilmente l'avrebbe pure preso in giro per non aver
approfittato di un'occasione del genere. Si ritrovò a
chiedersi
cosa sarebbe successo se le avesse dimostrato altre intenzioni, e non
sforzò nemmeno la fantasia, riportò solo alla
mente
l'ultima notte che avevano passato lassù insieme certo che
sarebbero finiti ancora una volta a fare sesso.
-no Manu stai
qui, non andartene..- protestò Alice nel momento in cui
provò di alzarsi.
-torno
dopo- le rispose liberandosi dalla presa delle sue dita esili e
malferme
posate sulla gamba.
Tornò
dopo pochi minuti con un secchio e un asciugamano in mano, non voleva
rischiare di dover anche pulire il suo vomito...
Alice
si era
rannicchiata dal suo lato in posizione fetale sotto il lenzuolo bianco,
abbracciava
il cuscino alla sua sinistra e dormiva profondamente.
Dopo
essersi liberato di jeans e maglietta si
sdraiò nel letto accanto a lei con la schiena contro la
spalliera del letto, e lei non si fece scrupoli ad accomodarsi con la
testa sul suo grembo, lo
abbracciò con una mossa felina e lui, impreparato a reagire,
rimase fermo a subire l'invasione.
-non
approfittare
di me..eh!?- cercò di apparire
seria, come se fosse una raccomandazione come un'altra.
-proverò
di resisterti..- rispose sorridendo alla sua espressione
goffa, mentre intrecciava le gambe con le sue.
Non
tentò nemmeno di liberarsi, allungò una mano sul
comodino
per spegnere
il cellulare, spense la luce e le passò una mano sulla
chioma rossa
per scoprirle il volto. Rimase immobile ad accarezzarle i capelli,
stregato da quel senso di necessità che provava nei suoi
confronti e dal quale stava cercando di scappare disperatamente
chiedendosi per l'ennesima volta come sarebbe stato se le cose fossero
andate diversamente: se avesse accettato le sue condizioni, se fosse
diventata la sua ragazza, se avesse acconsentito a legarsi a lei.
E come se avesse parlato a voce alta, la risposta di Alice
arrivò.
-saremmo stati bene, ti avrei reso felice se tu non mi avessi mandata
via...- aveva gli occhi chiusi e
l'espressione concentrata, sapeva perfettamente ciò che
stava dicendo. Forse.
-..perchè
siamo innamorati l'uno dell'altra.. ci apparteniamo..-
No. Ora decisamente non poteva essere lucida, non gli avrebbe mai detto
davvero una cosa del genere.
-...e tu lo sai!-
Manuel rimase
immobile, interdetto, non capiva quanto lei fosse cosciente di
ciò che aveva detto, non sapeva se dar credito alle sue
parole,
sembrava seria, ma non poteva esserlo davvero..
-dormi
ora- le
disse indeciso su come affrontare la cosa accarezzandole i capelli al
buio.
"Alice
Aroldi
dovresti proprio smettere di bere..." pensò prima chiudere
gli occhio guardandola
addormentarsi contro il suo petto nudo, dolce e serena nella sua
incoscienza.
Spazio
Autrice:
Siete ufficialmente liberi di odiarmi!!
me lo merito
Quasi due mesi di ritardo non sono giustificabili nemmeno si mi
avessero assunta alla NASA!!
Quindi odiatemi liberamente!!
Detto questo non mi prolungherò in scuse inutili, ne a
raccontarvi per quali assurde ragioni non ho mai avuto tempo di
scrivere,
vi dico solo che ora..
sono felice di potervi regalare questo nuovo capitolo!!!
Ora colgo l'occasione per
farvi i più sinceri auguri di buone feste, a voi lettori e
alle vostre famiglie!!
-in ritardo, proprio nel mio stile!-
Regalinooo:
parte 1 - @
school
parte 2 - the
party
Dedico questo capitolo alla mia adorata Ale-chan
la mia nuova beta
la mia consigliera
un'amica
e sopratutto una persona specialissima!!
Vai con le recensioni:
Sophief88: eh per sapere come andrà a finire ci
vorrà
ancora un po' e non illuderti per questa fine sdolcinosa, ci saranno
ancora molte peripezie da affrontare per i due della "strana coppia"!!
scusa per la risposta frettolosa che ti ho mandato via mail...ero stra
impegnata! spero di averti fatta contenta!
xsemprenoi: wow...mi piace far piangere le persone perchè io
piango solo con le storie che mi prendono di più...quindi
è una cosa che mi rende orgogliosissima!!! Manu ha un sacco
di
problemi -sopratutto mentali- e di ragioni per star lontano da lei, ma
verranno fuori più avanti..tutti insieme!!
RBAA: carissimaaaaaaaa!!! ben ritrovata! colgo l'occasione per
congratularmi con te per la bellissima conclusione alla tua storia nel
fandom di Naruto perchè non mi ricordo se ho recensito!
...strabiliante...davvero! Anch'io voglio un Manuel...gonfiabile
però! E senza il dono della parola, perchè con
quello fa
solo danni! Hai i capelli rossi??? Davvero?? allora sei la mia piccola
Alice!
Grazie per i complimenti..in questa versione mi sono ridimensionata un
po' con le descrizioni perchè il mio moroso sosteneva che
fossero troppo porno!! Per il fatto della routine quotidiana..ti
ringrazio tanto, perchè il mio impegno è tutto
lì
a rendere il più possibili vicino a voi questa storia!!!
LaylaFly: io invece ODIO alla follia Manuel Bressan perchè
mi
sta portando sulla via della psichiatria!! Per colpa sua
impazzirò...
Un saluto speciale alla mia amica Chiara, che spero leggerà
questo nuovo capitolo,
perchè è l'unica persona del mio 'mondo' a far
parte anche di questo...1bacio.
Piccola nota finale:
Vorrei specificare che tutti i comportamenti che assumono i personaggio
di questa storia non fittizzi, e non vanno emulati!
Bere troppo fa male!
Fumare fa male!
Assumere droghe -di ogni genere- fa malissimo!!
Mentire è sbagliato!
Tradire è sbagliato!
Mi sentivo in dovere di dirvelo per questioni...deontologiche.
a presto
1bacio. Vale
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Capitolo 10 *** 10 ***
10
10
Il risveglio arrivò troppo presto.
La nausea era ancora lì dietro la gola, bussava alla porta
della
bocca con moderata insistenza e non sembrava intenzionata a lasciarla
in pace. La nottata non era stata affatto piacevole: tra il vomito, gli
incubi e il dolore lancinante dietro la fronte non aveva praticamente
chiuso occhio fino all'alba.
La
prima cosa che percepì dopo aver ripreso coscienza fu la
sensazione di scardinamento di tutti gli arti, si sentiva come se
l'avessero centrifugata dentro una lavatrice al massimo dei giri. La
schiena il collo e tutte le articolazioni dolevano e al solo pensiero
di muoverle un senso d'oppressione si fece spazio tra la nausea e la
sonnolenza.
Oltre tutto questo non
ricordava affatto come e quando Manuel l'avesse condotta a casa sua.
Se n'era accorta durante una delle numerose tribolazioni che aveva
patito la notte, per sbaglio rivoltandosi per trovare una posizione
comoda era finita addosso al corpo caldo e muscoloso dell'ultima
persona che avrebbe voluto trovarsi accanto, che -per inciso- non aveva
mosso un dito per aiutarla se un grugnito scocciato. Ci aveva
pensato parecchio ma non era riuscita a venire a capo del dilemma prima
di addormentarsi di nuovo, e al risveglio la domanda era tornata
lì a tormentarla. Come cavolo era finita dal parcheggio
delle
Colombare al letto di Manuel in reggiseno e mutande?
Pian
piano aprì gli occhi e riconobbe le sue cose abbandonate
sulla
sedia
della scrivania, il vestito e la borsa cacciati là da mani
disattente.
"perchè
evo sempre cacciarmi in questi casini?" pensò riprendendo
coscienza di
se e osservando perplessa il secchio e l'asciugamano posati a
terra accanto al comodino. Si guardò attorno spaesata,
Manuel
chiaramente non c'era, e lei non aveva la più pallida idea
ne di
che ore fossero e ne dove lui potesse essersi cacciato.
Provò
a scandagliare i rumori della casa, ma sembrava vuota, e si ripromise
di
fargli il culo quando si fosse fatto vivo: non poteva lasciarla in casa
sua da sola e senza vestiti!!!
Cercarlo era evidentemente inutile, arrabbiarsi uno spreco di energie e
un incentivo al mal di testa, per cui riaccoccolarsi sotto le coperte
era in assoluto la scelta migliore che potesse fare.
Passarono
pochi secondi o forse anche un'ora o una settimana, non si
accorse quanto ancora aveva dormito quando la voce di Manuel
riempì la stanza.
-il tuo cellulare sta suonando da due ore.-
Non poteva essere vero, non si era nemmeno voltato, come poteva averla
sentita?? Aveva parlato proprio pochi secondi dopo che lei aveva aperto
gli occhi, non era normale, cos'era diventato anche
veggente?
Si riscosse in fretta da quei pensieri idioti per concentrarsi su
ciò che le era stato detto.
-a si?- esordì con le voce impastata.
Le sembrava di aver dormito troppo e troppo poco allo stesso tempo. Si
stirò i muscoli delle gambe sotto le coperte e poi,
nell'attesa
di una risposta che non sarebbe mai arrivata, venne il turno delle
braccia e della schiena. Infine si rassegnò ad aprire del
tutto
gli occhi e ispezionare l'ambiente. Era domenica, e come tutte le
domeniche in quella camera il caos regnava sovrano perchè
Sonia
aveva il weekend libero. Le magliette i jeans di un paio di giorni
prima giacevano a penzoloni sulla poltrona, le dunk abbandonate accanto
all'ultimo gradino della scala con dentro ancora dei calzini grigi,
probabilmente sporchi; a destra invece correva il lungo tavolo da
lavoro di Manuel sovrastato da quattro mensole di libri.
Là c'era lui, seduto davanti al portatile e assorto in
chissà quali misteriosi affari. Sulla scrivania un collage
di
quaderni libri appunti e post-it davano finalmente alla stanza l'aria
di adolescenza che le mancava.
Alice lo osservò senza muoversi, doveva essere andato a
correre
a giudicare dai pantaloncini e dalla maglia sbracciata segnata da
grossi aloni di sudore. In una mano stringeva li-pod ancora acceso e le
cuffie penzolavano sul petto.
-perchè sono in mutande e reggiseno?- si azzardò
finalmente a chiedere
Lui nemmeno in quel caso si mosse: -il tuo vestito puzzava di vomito e
birra.-
In effetti fino alle svariate birre, ai salti sull'erba con le altre
due la memoria ancora non la tradiva, era da là in poi che
si
offuscava, mentre dal momento in cui si era inginocchiata di fronte ad
un albero il vuoto era quasi totale.
-ha!- si limitò a questo prima di ricordarsi del cellulare:
-dov'è finita la mia borsa?- era decisamente il momento di
spostare l'attenzione su altro.
Solo a quel punto lo vide voltarsi, cercarla tra le lenzuola con la
coda dell'occhio e per poi indicarle il fondo del letto con la mano.
Stretta nel lenzuolo ALice raggiunse la sua meta e incredibilmente le
bastò allungare un braccio per ripescare il cellulare dalla
borsa.
Sei chiamate perse e due messaggi.
Tre di casa e tutte le altre di Laura, i messaggi invece erano tutti
suoi.
"tua madre ti ha cercata un casino di volte. chiamami appena leggi
questo mess" L'urgenza e il tono di Laura non presagivano niente di
buono, il secondo era ancora peggio: "l'ho fatta parlare con mia madre
e mi devi un bel po' di favori, ma tu CHIAMAMI!!!"
Senza esitare andò a ripescare il numero dell'amica dalle
ultima
chiamate, ma nel momento esatto in cui premette il tasto verde lo
schermo lampeggioò un paio di volte e poi si spense
lasciandola
a bocca aperta: -cazzo! batteria scarica....- esclamò
lasciandolo cadere sull'altro lato del letto. Quando si dice la sfiga..
-tieni- brontolò un voce sopra di lei, non si era nemmeno
accorta che si fosse alzato vide solo il Blackberry nero atterrare tra
le sue gambe con tonfo leggero. Alice lo guardò un attimo
interdetta, un dubbio affiorò subito nel mare della
confusione
della sua mente, ma non ebbe nemmeno il tempo di elaborarla che la
risposta arrivò inaspettata.
-è inutile che ti arrovelli il cervello, la tua amica sa
già che hai dormito qui...- e detto questo sparì
dentro
al bagno.
A quel punto non si prese nemmeno lo scrupolo di chiedere spiegazioni,
compose il numero alla svelta con gli occhi puntati sulla porta del
bagno. Manuel era in piedi davanti allo specchio a torno nudo e la
guardava attraverso il riflesso davanti a lui.
Al secondo squillo la voce trillante di Laura le trapanò il
timpano: -finalmente!!! ti ho chiamata un sacco di volte..-
-mmmh non urlarmi nelle orecchie: ho mal di testa e ho dormito poco, le
ho viste le chiamate e anche i messaggi.- e una porta venne chiusa
proprio quando Alice aprì bocca.
-tua madre ha chiamato un'ora fa, ieri le ho detto che avresti dormito
da me, ma stamattina non sembrava molto convinta quindi l'ho fatta
parlare con Luisa. E questo merita un favore bello grosso!- fece una
piccola pausa, troppo corta però perchè Alice
potesse
intervenire: -mia madre ti ha coperta ma ti conviene spicciarti ad
andare a casa. Prima però raccontami tutto!!!!-
-tutto cosa? non mi ricordo nulla..-
-ci credo con la sbronza che hai preso! mi meraviglio che tu sia
così arzilla...perchè mi chiami col suo numero?-
-il mio è scarico- brontolò grattandosi i
capelli, il solito interrogatorio..
-puoi parlare?-
Alice non amava affatto il tono cospiratorio che usava Laura contro
Manuel, però tese l'orecchio comunque per controllare: dal
bagno
arrivava lo scrosciare ritmico della doccia e nient'altro.
-si, è sotto la doccia-
-è andato tutto bene? non ti ha molestata vero? quello
sarebbe capace di qualsiasi cosa...-
-no, cioè si, è andato tutto bene. e' stato
gentile, direi, o almeno credo.-
-mmmh, chiamami se vuoi che ti venga a prendere o per qualsiasi altra
cosa! ma prima chiama tua madre, credo abbia detto qualcosa a proposito
di un pranzo e di tua nonna..sembrava incazzata.-
In quel momento le nubi si diradarono tutte in un colpo e Alice
scattò in ginocchio sul letto: l'anniversario dei suoi
genitori!
-cazzo il pranzo, mi ero dimenticata...devo correre, ti mando un
messaggio se ho bisogno! grazie mille Laura!- e chiuse di scatto la
telefonata.
Doveva correre e doveva farlo davvero, una schiera di parenti
infiocchettati e impomatati l'aspettava per pranzo, i suoi
festeggiavano venticinque anni di matrimonio e con ogni
probabilità sua madre l'avrebbe uccisa se non si fosse
presentata a casa in perfetto ordine per quell'occasione.
Recuperò di corsa tutta la sua roba e constatò
l'entità dei danni, il vestito era lurido, puzzava e aveva
persino un piccolo strappo sull'orlo, decisamente se sua nonna l'avesse
vista con una cosa del genere addosso l'avrebbe diseredata, ci voleva
una soluzione e alla svelta.
-carini i capelli..-
La voce di Manuel la sorprese, era talmente concentrata sui suoi
disastri che aveva scordato la doccia e il suo ospitante. Invece lui
era là, in boxer con i capelli e il corpo tutto bagnato e la
guardava divertito dalla porta del bagno. Alice si alzò per
specchiarsi e l'immagine che si trovò davanti era davvero
orrenda, urgevano manovre diversive.
-oddio!! è un casino e io devo correre!-
Certo se l'obiettivo era evitare di finire di nuovo insieme, le
tattiche di Manuel non erano esattamente appropriate; non poteva, non
era
affatto corretto da parte sua uscire dal bagno in quelle condizioni,
con quei cavolo di addominali scolpiti in bella mostra. No, lui la
correttezza non sapeva nemmeno cosa fosse.
Quando entrambi si resero conto di essere mezzi nudi l'imbarazzo
piombò nel silenzio: era talmente evidente che sembrava
quasi
che si fosse materializzato come una terza persona nella stanza. Alice
si morse l'interno di una guancia per frenare l'istinto primordiale di
saltargli al collo e baciarlo che l'era salito dallo stomaco, mentre
Manuel per togliersi dalla mente l'immagine dell'ultima volta che le
aveva tolto uno dei suoi stupidi completini, afferrò i primi
vestiti che trovò nell'armadio e li indossò alla
svelta.
Non riusciva nemmeno a guardarlo, i ricordi la tormentavano portando a
galla la rabbia che l'aveva scossa le prime settimane. Stare nella
stessa stanza con quel ragazzo le chiudeva lo stomaco. Quante
volte ancora sarebbe dovuta finire così? Lui l'aveva sentita
gridare, piangere e gemere tra le sue braccia, l'aveva vista spogliarsi
per lui, giocare a fare la femme fatale, le aveva insegnato a fargli
perdere la testa...come poteva ancora guardarlo negli occhi senza voler
sprofondare??
Manuel intanto aveva ripreso a farsi i fatti suoi, seduto davanti al
computer con una sigaretta tra le labbra.
-che ore sono?- fu Alice ad interrompere il silenzio
-appena passato mezzogiorno-
-cazzo! oggi ho un pranzo con i parenti, perchè
martedì i
miei partono. Se non corro a casa mia madre mi disintegra..- tuffandosi
alla disperata ricerca di un elastico per i capelli nel casino della
sua borsa.
La cosa più importante da affrontare era la questione
vestiti, per questo lo chiamò con tono dolce e misurato.
-che
vuoi?- chiese senza voltarsi
-avrei bisogno di...un
prestito!-
-vuoi
dei soldi?- la cosa lo lasciò perplesso, per quanto ne
sapeva la
famiglia di Alice non se passava affatto male, per questo si
voltò a studiarla.
-nooo che hai
capito!?...volevo
dei vestiti in prestito, non posso presentarmi a casa in mutande o con
questo coso puzzolente, te li restituisco domani!-
La
guardò più imbarazzato che stupito, era
una
richiesta legittima in
quelle condizioni, ma l'immagine di lei con i suoi vestiti addosso
rievocò la sera della festa al BleuMoon.
Ricordò la
sua camicia azzurra troppo larga per lei che ne copriva le forme e
scopriva generosamente le gambe sottili, la canzone dei Muse quelle
dita che lo chiamavano e infine il bacio caldo che gli aveva dato in
mezzo alla pista. Un brivido lo
percorse lungo la schiena.
-prendi
quello che ti serve..- le disse con un cenno verso
l'armadio sull'altro lato della stanza
-grazie!-
Aprì
le ante del grosso armadio alla sua destra, non sarebbe
stato facile trovare qualcosa che le andasse bene in quell'oceano di
vestiti. C'erano un mucchio di scatole ammassate nelle mensole in alto,
mentre sulle stampelle troneggiavano giacche e giubbotti e una sacca
per abiti nera in un angolo, nell'altro lato trovò altre
stampelle piene di jeans e le divise appese ordinatamente dietro un
divisorio.
"è
sorprendentemente attento all'abbigliamento per essere un
ragazzo, ha quasi più vestiti di me.." pensò
guardando le
pile ordinate di magliette, i pantaloni appesi accanto alle camicie, i
felpe le giacche e infine le cravatte appese all'anta.
-quante cravatte, ma le
usi?- chiese lei innocente
-solo
a scuola...le altre sono regali.- le rispose distrattamente. Alice non
potè fare a meno di storgere il naso, chi mai avrebbe potuto
regalare una cravatta a Manuel, di certo qualcuno che non lo conosceva
davvero.
Prese
una maglietta bianca a maniche corte da una pila di cianfrusaglie da
basket e la infilò, era ovviamente troppo larga e lunga ma
non
ci fece caso, la cosa importante era coprirsi
decentemente, avrebbe pensato a casa a sistemarsi, e
proseguì alla ricerca di un paio di pantaloni.
Dopo
qualche minuto non aveva ancora trovato nulla, erano tutti troppo
larghi, Manuel l'aveva guardata per tutto il tempo in silenzio ma alla
fine spazientito si
alzò
e attraversò la stanza raggiungendo l'armadio.
Aprì
un cassetto al disotto delle ante e ne estrasse un paio
di vecchi pantaloncini rossi sintetici.
-questi mi vanno corti
da anni, a te dovrebbero stare!- le
disse sprezzante lanciandoglieli quasi in faccia.
Li
guardò e li infilò titubante, ma si accorse che
aveva
ragione, certo non erano il genere
di capo che poteva avere lei nell'armadio, ma erano pantaloncini larghi
che le arrivavano al ginocchio con una fascia elastica alta in vita. Ci
infilò dentro la maglietta e si voltò
speranzosa
verso di lui con le braccia aperte.
La
squadrò seduto sul letto e gli uscì un
sorrisetto arrogante.
-non
è che sei un po' cleptomane...non fai altro che rubarmi
i vestiti, ci provi gusto?-
-ahahah-
rispose lei sarcastica -è solo per
necessità!-
Raccattò in fretta il cellulare, e il vestito,
riempì la
borsa e afferrò i sandali: -mi fai mandare un messaggio?
devo
dire a Laura che mi venga a prendere.-
Manuel si alzò dal letto e schiacciò la sigaretta
in un
posacenere sulla scrivania, chiuse lo schermo del portatile dopo
un'ultima occhiata e infine si decise a risponderle.
-non c'è bisogno: ti porto io.-
Così si ritrovarono insieme in ascensore, entrambi che
evitavano
insistentemente di guardare l'altro e con la consapevolezza che
avrebbero voluto trovarsi in tutt'altra situazione.
Poi un dubbio assalì la mente di Alice; lei non ricordava
nulla
della sera prima, di come avesse fatto il suo vestito a puzzare di
birra e vomito o come si fosse strappato e sporcato d'erba, ne in che
circostanze si fosse spogliata. Divenne sempre più nervosa,
studiava Manuel con la coda dell'occhio con l'assurda speranza di
leggergli nella mente qualche ricordo della sera prima. E se presa
dalla frenesia dell'alcol ci avesse provato con lui un'altra volta?
Era indecisa se sprofondare nella vergogna o incazzarsi per il mutismo
del ragazzo.
-senti, io..ieri sera, cioè noi, non mi ricordo molto e..-
-no! non abbiamo scopato-
L'aveva interrotta prima ancora che finisse ma perlomeno si era tolta
il dubbio e si concesse un lieve sospiro di sollievo che probabilmente
Manuel non notò.
-ah ecco! b-bene direi..- si concesse un altro secondo per pensare ma
già che erano in argomento, tanto valeva andare fino in
fondo:
-e perchè sono finita a casa tua?- e questa volta si
azzardò ad alzare lo sguardo su di lui.
Senza tacchi faticava a guardarlo negli occhi.
-le tue amiche avevano la macchina piena e portarti a casa non mi
sembrava una buona idea visto che non stavi in piedi- giocava col bordo
della chiave e non si era nemmeno posto il problema di guardarla in
faccia.
-allora bhè: grazie!-
-no potevo certo lasciarti là- le rispose con un'alzata di
spalle, ma Alice non se ne curò, con lui più che
con
chiunque un gesto valeva più di mille parole.
Raggiunsero il box della famiglia Bressan e Alice non si
stupì
affatto davanti alla BMW lucida e imperlata che trovò dietro
al
portone automatico, era decisamente l'auto adatta a lui. Non l'aveva
mai vista di persona -o almeno non in condizioni che ricordasse- ma le
voci invidiose correvano a scuola, Jack ne tesseva le lodi ogni volta
che vedeva Manuel sulla moto, mentre suo fratello sperava continuamente
di convincerlo a prestargliela. La sua micra al confronto pareva la
macchina dei Flinstones.
Passò i polpastrelli delicatamente sul cofano, attenta a non
sfiorarlo con le unghie mentre Manuel prendeva possesso del posto di
giuda senza tanti complimenti. Di sicuro avrebbe preferito la Honda
parcheggiata in un angolo che lo chiamava come una sirena.
-perchè non la usi mai? è una bella macchina in
fondo...-
provò di buttare lì con noncuranza subito prima
che il
rombo del motore sovrastasse la sua voce.
Non le rispose, ingranò la prima e scivolò senza
sforzo
fuori dai garage sotto lo sguardo attonito di Alice, la quale non
potè fare a meno di pensare che a lei sarebbero servite
almeno
due manovre solo per uscire dal box.
-preferisco la moto...- fu la laconica risposta che arrivò
solo dopo un paio di curve.
Non che lei ne capisse molto, ma quella non doveva essere certo una
semplice utilitaria e non si avvicinava nemmeno ad un banale regalo per
i diciott'anni, di certo doveva costare parecchio: con i sedili in
pelle, i finestrini posteriori oscurati e un impianto stereo da paura.
Eppure suo padre aveva un suv scuro della Volvo, ne era certa
perchè aveva accompagnato personalmente Manuel a riprenderlo
nel
parcheggio dell'aeroporto. E in famiglia c'erano solo loro.
-mah io preferisco questa, d'inverno in moto si gela!- e in quel
preciso istante capì a chi doveva essere appartenuta
quell'auto e il
motivo per cui Manuel preferiva la moto sempre e comunque.
Per il resto del viaggio nessuno parlò, raggiunsero casa di
Alice in una decina di minuti, giusto in tempo prima che lo implorasse
di cambiare cd. Quella roba non faceva per lei.
L'auto
si fermò sul retro davanti alla porta del garage su precisa
indicazione della ragazza. Il tragitto era stato silenzioso e
imbarazzante rotto solo dal suono dei Queens of the stone age, non
sapeva bene
perchè ma Alice sentiva che in lui qualcosa non
andava,
non
riusciva a interpretare la sua espressione, sembrava scocciato e a
disagio allo stesso tempo, non capiva cosa potesse aver fatto per
meritare quel silenzio
pressante.
La
loro ultima conversazione sensata che ricordava era stata qualche
giorno
prima sui gradini d'entrata della scuola, non era stata una vera e
propria conversazione, più che altro lui le aveva detto di
lasciarlo in pace.
Si
sentiva in imbarazzo anche lei pensando alla sue parole e al
fatto che ora lui la stava riportando a casa dopo che avevano dormito
insieme per l'ennesima volta. Lontani ma nello stesso letto.
Manuel invece non sapeva che fare, stava cominciando ad odiarla,
più cercava di sfuggire da lei, più se la
ritrovava tra le braccia in un modo
o nell'altro..ti avrei
reso felice..quelle
parole risuonavano cupe nella sua mente...ci
apparteniamo!
-senti...grazie
per avermi aiutata, non mi ricordo molto, ma ti devo un favore, quindi
sarò pronta a ricambiare quando avrai bisogno!-
cerava di essere ironica, ma voleva davvero ringraziarlo. Manuel
nonostante tutto le era stato vicino in tanti momenti.
Giocava
con un gancio della borsa tenendo gli occhi bassi, troppo codarda per
incrociare il suo sguardo.
-non mi piace non
sapere cos'ho combinato...-
Continuavano
a non guardarsi.
-vedi
di non ridurti più in quelle condizioni, non ho intenzione
di tenerti ancora la testa mentre vomiti!- fu il suo laconico commento.
Non si voltò nemmeno lui, ostinato a guardare lo specchietto.
-ciao-
mormorò quindi impercettibilmente Alice aprendo la portiera.
Girò
attorno all'auto con circospezione poi chiavi alla mano si
avvicinò alla porta accanto al garage e scomparve senza
voltarsi.
Ora doveva correre
sotto la doccia prima che qualcuno potesse vederla.
Neanche a dirlo
lunedì a scuola non si presentò proprio.
Si era alzato presto
come
sempre ma all'improvviso l'idea di rivedere Alice non lo allettava
affatto. Dopo averla scaricata davanti a casa domenica mattina, aveva
cercato di tenersi occupato con gli amici per tutto il pomeriggio,
mentre la sera, conscio che si sarebbero adunati tutti al BM
era
rimasto rintanato in casa a vedersi Trecento su Sky.
Quindi essere poi
costretto ad
incrociala a mensa non era esattamente nei suoi piani. Per questo
arraffò qualche libro, l'i-pod, e le chiavi della moto prima
di
andarsi a rintanare da qualche pare. Da solo.
Si ritrovò
senza neanche
pensarci troppo davanti ad una delle sale studio
dell'università, dove era ceto non avrebbe incontrato
nessuno dei
suoi amici. Il cellulare trillò un paio di volte all'arrivo
dei
messaggi di Jack e Sonia -che evidentemente aveva scoperto la sua fuga-
ed elaborò velocemente una scusa per entrambi: al primo
disse
solo di essersi alzato tardi mentre alla seconda spiegò che
aveva bisogno di libri per finire la tesina d'esame. Per tutta la
mattina rimase chiuso là dentro, autoconvincendosi che era
davvero là per finire la tesina, ma la sua testa era
continuamente piena di pensieri che con avevano nulla a che fare con la
"Critica alla ragion pura" di Kant. Alice Aroldi era il suo unico
cruccio.
Le sue parole
sull'amore e
sull'appartenersi l'avevano toccato più di quanto non
volesse
ammettere, e si sarebbe fatto fustigare più che confessare
che
aveva passato le ultime due ore sulla stessa pagina del libro.
Per pranzo
tornò a casa
dove trovò un messaggio di Sonia sul frigo che lo minacciava
di
morte per aver trovato più di trenta mozziconi di sigaretta
sparsi in tutta la casa. Era sempre stata fin troppo affezionata a lui:
era lei a sgridarlo per il fumo e le nottate passate fuori, per i
calzini sporchi lasciati in bagno e il disordine in camera. Lei che gli
raccomandava di studiare di più matematica, lei che gli
preparava le cotolette per cena quando prendeva un bel voto. Suo padre
da un paio d'anni s'era fatto di nebbia, tornava a casa solo ogni due
settimane per il weekend o addirittura per qualche giorno in
più: in quelle rare occasioni s'informava solo del suo
rendimento scolastico e del numero di assenze, a volte lo portava fuori
a cena con qualche personalità del basket ma nulla di
più.
E Manuel si era
adattato a quella nuova versione della casa.
Raccattò
qualcosa per
pranzo e finì per mangiare sul divano davanti ai Simpson
come
faceva alle medie. Quando c'era ancora sua madre.
Poco dopo le tre Filo
lo svegliò dalla pennichella con un messaggio: "hai preso 8
in fisica...il solito rottoinculo!!!"
E già
pregustava il sapore della sua cotoletta alla milanese.
Martedì
mattina
purtroppo fu costretto da Sonia, che era entrata in camera
già
sul piede di guerra, ad andare a scuola alla seconda ora.
Arrivò
in classe giusto in tempo per sentire la penosa interrogazione
d'inglese di Charlie passando inosservato alla prof.
Per le quattro ore
successive
non fece altro che ignorare i fratelli Zonin che cercavano il pelo
nell'uovo nel racconto della sua fuga del giorno prima. Era Filo quello
più dubbioso, sembrava convinto che avesse qualcosa da
nascondere, mentre Jack che invece aveva colto nel segno lo scrutava
senza dir nulla seguendone ogni respiro. Fu quasi un sollievo quando la
prof di storia lo chiamò alla cattedra per interrogarlo sul
processo di Norimberga.
Solo pochi minuti prima
della
campana Filo riuscì a stupirlo, se n'era stato zitto per
quasi
tutta la durata dell'esercitazione di fisica dell'ultima ora, glissando
pure sul suo 8 in storia, poi all'improvviso l'aveva guardato di
sottecchi e aveva mormorato nascosto dietro alle spalle di suo
fratello: -non avrai mica ricominciato a vedere quel pirla di
Cherubini???-
Manuel
s'irrigidì all'istante, non ci voleva credere che il suo
amico avesse avuto davvero il coraggio di pronunciare quella domanda!
Gli salì una
rabbia
violenta e bollente dallo stomaco che fece parecchia fatica a
controllare, non rispose nemmeno perchè se avesse aperto
bocca
avrebbe finito col prenderlo a pugni, preferì fulminarlo
solo
con lo sguardo sperando che capisse che quel tasto non andava toccato.
-sta calmo!- si
affrettò
ad aggiungere l'altro: -è solo che ti ho visto strano e mi
sono
preoccupato...non guardarmi con quella faccia di pitbull incazzato!!-
A mensa la situazione
si
quietò, nessuno fece più domande inopportune
sulla fuga e
tutti ripresero i consueti ruoli: Filo sfotteva Charlie, il Vigna e Edo
parlottavano a bassa voce di chitarre e concerti e il resto della
scuola che tirava avanti nella mediocrità più
assoluta.
Poi arrivò il suo momento di tortura personale...Alice
entrò in mensa con la bionda al suo fianco, si mise in fila
parlottando a bassa voce con l'amica presero un vassoio e l'una accanto
all'altra attraversarono lo stanzone dirette ad un tavolo a pochi metri
dal loro. E nemmeno per un misero istante lo guardò.
Manuel ne seguì ogni movimento, dalla camminata marziale e
altezzosa che sfoderava quando si trovava al centro dell'attenzione, al
gesto leggero con cui sistemò la gonna sotto le cosce. Ed
era
una maledetta bastarda, perchè lo faceva sentire bene.
La conosceva già da un paio d'anni quando all'inizio della
quinta Jack gliela presentò ufficialmente. Era l'unica rossa
della scuola, ma sebbene fosse discretamente carina, a lui le rosse non
erano mai piaciute troppo. Eppure quel giorno qualcosa andò
diversamente, quegli occhi blu così allegri e limpidi gli
strapparono un sorriso e da quella volta divennero il suo cruccio.
Cominciò a
guardarla
ogni tanto a mensa giusto per distrarsi un po', all'epoca era ancora
immischiato in giri troppo torbidi e non aveva nessuna voglia di uscire
con Filo e i suoi amici. All'inizio era stato solo curioso di capire
come una come lei potesse
stare con un essere insignificante come Edoardo; Alice era bella
intelligente, lo sapevano tutti e non c'era da stupirsi se in quel
periodo anche Edo sfoggiasse una media ben superiore alle sue
possibilità.
Non c'era malizia -in principio- poi col passare del tempo l'aveva
trovata inconsciamente sensuale. Ma non nel modo in cui si sarebbe
aspettato.
Dopo erano subentrati
altri pensieri: pian piano si era accorto di quanto fosse carina con i
capelli raccolti e di quanto le sue maschere da gran donna adulta
fossero false. Camminava sempre con la schiena tesa, la pancia
contratta e le spalle dritte come un colonnello dell'esercito, ma non
aveva capito nulla. Era molto, molto meglio quand'era se stessa, quando
ciondolava in giardino con la sigaretta tra le labbra, stretta in quel
suo
cappottino blu che la faceva ancora più magra. O quando si
spostava una
ciocca di capelli indietro. O quando imbarazzata finiva sempre per
grattarsi l'interno del gomito sinistro.
Poi, per caso, ci era finito a letto e le cose erano cambiate tutto a
un tratto in una sera.
Aveva scoperto che senza vestiti era ancora più bella e che
quando rideva vicino al suo orecchio gli faceva venire i brividi dietro
al collo.
In un primo momento si era pure illuso di poterla gestire, sopratutto
quando si era finalmente liberata di Edoardo. Invece tutto era
precipitato. Grazie a lui.
A volte passava interi minuti a guardarla da lontano, a mensa o in
palestra, ripetendosi i motivi per cui era meglio che le cose
rimanessero com'erano, una sorta di rito punitivo che si autoimponeva
per scacciare i rimpianti.
La sua libertà era sempre il primo a venirgli in mente, ma
anche
il più labile perchè ci avrebbe rinunciato
volentieri pur
di riaverla almeno una volta.
Il secondo erano valanghe di complicazioni che Alice avrebbe portato
con se: li aveva visti bene negli anni prima Jack e poi il Vigna,
segregati e schiavizzati dall'amore...telefonate interminabili, serate
sprecate in cenette romantiche e un continuo di compromessi e rinunce
che facevano seriamente a pugni col suo carattere tremendo. Ricordava
bene quella sera che aveva provato a giocare con Alice al fidanzato
perbene, l'aveva portata a bere in un pub del centro e non era stato
affatto male. Era alquanto evidente che lei fosse diversa e che non lo
avrebbe mai costretto a fare una qualunque di quelle stronzate da fiori
e cioccolatini. Purtroppo per lui era ben lungi dall'essere una noiosa
palla-al-piede facendo cadere così una delle sue
argomentazioni.
Infine c'era il motivo più importante, quello che ancora lo
teneva aggrappato al suo rimpianto: il passato.
Stare con lei avrebbe significato inevitabilmente darle tutte le
risposte che aveva sempre cercato di strappargli. E Manuel non ne aveva
alcuna intenzione, avrebbe dovuto mettersi a nudo ed esporsi al suo
giudizio. Conosceva bene Alice e sapeva che con molte
probabilità non gli avrebbe mai perdonato certe scelte. E
questo
significava perderla.
Non poteva, proprio non poteva.
Ripensò ancora una volta alle sue parole mentre la guardava
lasciare il tavolo con la sigaretta già in mano: "ti avrei
reso
felice..." perchè era certo che lei l'avrebbe fatto se solo
lui
gliene avesse data la possibilità.
Ma c'erano cose nel secondo cassetto del suo armadio che non era ancora
pronto ad affrontare.
-ohi Manu?!!!- Filo lo scosse con una spallata riportandolo alla cruda
realtà....quella senza Alice.
-a chi stavi guardando il culo maledetto porco?- lo canzonò
seguendo la scia del suo sguardo.
A quel punto reagì d'istinto, lo prese per la collottola
riportandolo al suo posto con uno spintone: -non sono affari tuoi
coglione!-
-e non t'incazzare! senti piuttosto: stasera? pockerino da te?-
Manuel si voltò di nuovo fingendo di non aver sentito Filo,
ma Alice era già scomparsa tra la ressa.
-no! non posso...-
Seguirono una serie di lamentele più o meno serie ma nessuna
arrivò al suo orecchio, era troppo occupato a convincersi
che
non valesse la pena rischiare solo per una rossa.
A metà della penultima settimana prima della fine dell'anno
le
Stimate si riempirono di volantini neri e argento, due grossi poster
davano bella mostra sulle macchinette, mentre altri comparvero nelle
aule e sui tavoli della mensa. Laura sapeva di cosa si trattasse ancora
prima di averli tra le mani.
La prima ora del mercoledì ne strappò uno dalla
porta del
bagno delle ragazze e se lo portò in classe tutta
gongolante,
non vedeva l'ora di farlo vedere alle altre due. Per sua sfortuna le
trovò entrambe impegnate alla cattedra al suo rientro, si
era
scordata che le avrebbero interrogate in arte proprio quel giorno.
Così si ritrovò a studiare da sola il volantino.
Da un paio d'anni il BM organizzava subito dopo la fine della scuola la
"festa dei diplomandi" in attesa dell'esame, e quel banale foglietto ne
era l'annuncio: esattamente il venerdì prima dell'ultimo
giorno,
le prevendite costavano 10 euro e la brillante scritta argentata
nell'angolo avrebbe fatto impazzire Alice, lei adorava il free drink!!
Attese febbrilmente la fine dell'ora e il responso delle prof
sull'interrogazione, e quando vide la rossa e la mora tornare al banco
raggianti seppe che la media era salda ancora una volta!
-otto e mezzo tutte e due!!- trillò Chiara coinvolgendola in
un
abbraccio al limite dello stritolamento mentre Alice riponeva con cura
i libri e sorrideva tra se.
-bene, ora ho io una bella notizia per voi...- esclamò
appena fu
libera dalle braccia dell'altra: -tadan! sono uscite le prevendite per
la festa di fine anno, ma sono in edizione limitata e noi dobbiamo
subito accaparracene tre!-
Alice le strappò subito di mano il volantino e scorse
febbrilmente tutte le parole fino ad arrivare alla parte che le
interessava, per poi affondare sconsolata nella sedia: -non
è
possibile...-
-che c'è?-
-guarda chi vende le prevendite- brontolò passando il foglio
alle due che la guardavano allibite
In fondo nell'angolo un numero di cellulare e un nome erano scritti in
stampatello, ed il nome era inequivocabile: MANUEL.
-eh qual'è il problema? ci parlo io no!?! tu devi solo
sganciare 10 euro al resto penserà la sottoscritta!-
Detta così sembrava alquanto tranquillizzante ma Alice non
credeva più in nulla se non nella sua cattiva sorte, sapeva
che
quel nome avrebbe potato a qualcosa di strano.
Alla ricreazione la fila alle macchinette era interminabile e tutta la
scuola brulicava di eccitazione per quei volantini, non si parlava
d'altro e sopratutto le ragazze sprizzavano euforia per aver ottenuto
il numero di Manuel Bressan così facilmente.
-prendiamo
questo caffè e andiamo a fumare prima che mi venga un
esaurimento nervoso!!- brontolò Alice stordita dall'ennesimo
gridolino eccitato da parte di una ragazzina tutta emo e piena di
piercing al passaggio di Manuel dall'altro lato del corridoio.
In
cortile occuparono il solito angolo sulle scale che veniva
inconsapevolmente riservato per loro, i ragazzi chiacchieravano a
qualche metro ma lui non era nel gruppo.
-ancora
quattro giorni e saluteremo questo posto...- commentò Laura
spaparanzata al sole per risucchiare ogni raggio disponibile.
-per
fortuna!- le rispose Alice sensualmente accomodata sulle scale con le
gambe stese in bella vista. Farsi ammirare era ancora uno dei suoi
passatempi preferiti in fondo.
Scrollò la cenere a terra con un gesto meccanico delle dita
e
sbuffò fuori tutto il veleno che le invadeva i polmoni.
Dolce maledetta nicotina.
Uno sguardo veloce al cortile e si rese conto che in cinque anni poco
era cambiato: Cherubini spadroneggiava ancora come fosse l'unico
spacciatore della zona e si attorniava ancora di belle e stupide
ragazzine e figli di papà altolocati senza nulla da perdere.
Era così da un paio d'anni, tutti sapevano che Cheru
spacciasse
coca, pasticche e robaccia varia dentro e fuori dalla scuola. Ma
l'omertà è il peccato preferito dagli adolescenti
(e non
solo), la filosofia del non vedo-non sento-non parlo andava molto di
moda alle Stimate e portava con se parecchie conseguenze.
Cherubini Andrea era figlio di un noto avvocato del foro milanese e per
questo intoccabile, e le voci che giravano su di lui erano tutte
indiscutibilmente vere, l'anno prima Manuel si era fatto vedere spesso
con quella compagnia di gente e la maggior parte della scuola aveva
cominciato a parlare del bello e drogato Bressan sempre peggio.
Alice non ci aveva mai visto chiaro in quella faccenda, sapeva solo che
lui e Cheru non si parlavano praticamente più al di fuori
del BM.
Per questo quando vide il trio mal assortito spuntare dall'entrata
principale e appartarsi in un angolo si drizzò tutta attenta.
Manuel si guardava intorno con il volto tirato e la fronte corrugata,
mentre Cherubini camminava tutto tronfio del suo metro e sessanta
scarso come se fosse un imperatore romano nell'arena. L'unica donna del
gruppo li seguiva pedissequamente sculettando a più non
posso,
Alice la odiava per inerzia ormai. Clarissa non era mai stata una mente
brillante, aveva un anno meno di loro e si era atteggiata da regina
della scuola fin dal biennio. I quarta quando Alice cominciò
a
spopolare tra i ragazzi si tinse anche lei i capelli di un rosso fuoco
tutto fuorchè naturale.
La sfida a distanza tra le due si combatteva a colpi di manicure
perfette e scarpe all'ultima moda. Clarissa era sempre stata accanto a
Cherubini fin da quando Alice riuscisse a ricordare sebbene non fosse
ben chiaro se fossero una coppia o solo un mini-bulletto con la sua
gallinella.
Osservò la scena strizzando gli occhi per metter bene a
fuoco
l'altro lato del cortile, la ragazza si avvicinò a Manuel
schioccandogli un bacio sulla guancia senza che lui facesse un passo.
In realtà lo scambio non durò che qualche minuto,
Cheru
fu l'unico a parlare, l'altro annuiva e basta poi improvvisamente
sfilò dalla tasca dei pantaloni una o più (Alice
era
troppo lontana per capirlo) banconote da cinquanta euro e le
passò nella mano già allungata dell'altro.
Si guardò intorno sbalordita, nessuno aveva notato nulla,
nemmeno gli amici di Manu che sedevano sulle scale vicini al lei
parevano aver visto la scena. Ritornò attenta a quell'angolo
di
cortile giusto in tempo per vedere Clarissa strusciarsi un po' contro
il fianco dell'oggetto della sua attenzione, e lui allontanarla con
disinvoltura, salutare Cheru e allontanarsi.
E guardare Manuel attraversare il giardino era davvero uno spettacolo
che meritava tutta la sua attenzione: con la sua solita aria trasandata
e sexy, senza giacca con le maniche arrotolate e la cravatta lenta fece
sobbalzare non pochi cuori innocenti. Inconsapevole -forse-
dell'effetto che aveva sul mondo femminile della scuola si
passò
una mano tra i capelli tirandoli tutti indietro, aveva un'espressione
sollevata che strappò un sorriso ad Alice.
Un paio di ragazze si lasciarono scappare un gridolino compiaciuto
quando si accorsero di lui. In fondo era semplicemente perfetto.
Come se seguisse un copione prestabilito le passò accanto
ignorandola, si fermò in piedi accanto a Filo che lo
aspettava
sorridente: -fatto?- gli chiese
Lui annuì come se niente fosse e fece scivolare in bocca la
sigaretta che il Vigna gli allungò. Alice non vedeva l'ora
di
vederci chiaro in tutta quella faccenda.
L'ultima settimana di maggio volò via e Alice nemmeno se se
accorse, i suoi erano partiti e aveva la casa tutta per se, passava le
giornate a studiare perchè quel cento lo voleva davvero, e
ogni
sera andava a letto sempre più tardi impegnata com'era sui
libri.
E fu proprio a causa dello studio che il sabato prima del ponte della
festa della Repubblica arrivò troppo tardi per la prima ora.
La bicicletta non l'aveva presa quella mattina, troppa fatica pedalare
dopo una notte quasi insonne
Arrivò
alla porta a vetri dell'ingresso della scuola con venti minuti di
ritardo consapevole che non l'avrebbero fatta entrare. Provò
ad
implorare la bidella ma alla fine si arrese ad aspettare la prima
campanella seduta sullo scalone di marmo.
L'esame
la stava angosciando ogni minuto di più, non riusciva a far
altro che studiare e così si era ritrovata sveglia nel cuore
della notte a ripassare l'avvento del nazionalsocialismo in Germania
-decisamente non il suo argomento preferito-. Si accasciò
sui
gradini freddi senza forze: aveva bisogno di un caffè ma
nemmeno
una moneta. Appoggiò la schiena al muro e chiuse gli occhi
sconsolata, forse sarebbe riuscita a schiacciare almeno un pisolino di
mezz'ora prima di entrare in classe.
Poi una
voce. Profonda e sexy.
L'unica che non avrebbe
mai voluto sentire.
-non
ci credo Aroldi..tu
che arrivi
in ritardo!-
Aprì
leggermente gli occhi e
l'inconfondibile figura di Manuel Bressan si stagliò al suo
orizzonte. Bello e maledetto se ne stava appoggiato con un gomito al
corrimano e le guardava le gambe senza pudore. Perchè non si
era
messa le calze, stupida cretina??
-sssh...cosa
urli? non vedi che sto dormendo in piedi!! lasciami un po' in pace!!-
non aveva davvero voglia di mettersi a discutere con lui, non a
quell'ora e con così poca caffeina in corpo.
Incredibilmente lui non rispose, si staccò solo dello
scalone diretto all'altro lato del corridoio.
Sentì
i suoi passi muoversi sul marmo avanti e indietro, la porta aprirsi e
richiudersi
ancora una volta, poi più nulla, solo il silenzio di un
corridoio vuoto. E la
stanchezza la vinse. Chiuse gli occhi sperando di dormire per quei
miseri minuti che le erano rimasti.
Nel torpore un
colpo sulla spalla la svegliò bruscamente, aprì
gli occhi
di scatto spaesata per rendersi poi conto di essere sui gradini della
scuola.
-sveglia bella addormentata!-
Quel tono
ritornò ad
importunarla per l'ennesima e Alice si ritrovò a fulminare
il
ragazzo chinato davanti a lei con la solita aria strafottente cucita
sul volto.
-prendi.-
le intimò perentorio allungando un braccio per dondolarle
davanti un bicchierino bianco fumante.
Quell'odore mutò del tutto la sua reazione.
-gr..grazie..-
Cominciò
a mescolare la bevanda calda con il bastoncino trasparente tenendo gli
occhi fissi sul liquido scuro, e lo ingurgitò in due sorsi,
avida di caffeina. Manuel la guardava ancora chinato.
-cos'hai
fatto stanotte per ridurti così?-
-studiato- rispose semplicemente con gli occhi bassi strappandogli un
ghigno di compatimento.
E lui perchè
era arrivato in ritardo? Ci pensò varie volte ma non
trovò il coraggio di chiederglielo.
-oh ho qualcosa per
te!!-
esclamò improvvisamente Alice posando il bicchiere sul
gradino
per agguantare la borsa. Ci volle un po' ma riuscì a sfilare
il
sacchetto di carta dalla tracolla dell'Eastpack e passarlo al ragazzo
che la guardava stranito: -i tuoi vestiti..- mormorò come
spiegazione.
Manuel spiò
il contenuto del sacchetto poi si alzò e lo ficcò
nella sua borsa senza alcun riguardo.
-li hai lavati almeno?-
-certo! per chi mi hai
preso scusa? li ho pure stirati.- brontolò offesa
incrociando le braccia
La scrutò un
secondo poi con un sopracciglio alzato la interrogò
divertito: -tu?-
-ma guarda tu se mi
devo mettere a
discutere con te delle mie capacità di casalinga!?! parli tu
poi
che non sai nemmeno dove sia la lavatrice in casa tua..- lo
canzonò ridendo Alice, contagiandolo con la sua allegria.
-ti devo ricordare
cos'hai fatto con me su quella lavatrice...Alice Aroldi?-
E solo il tono con cui
pronunciò il suo tono la fece arrossire fino alla punta dei
capelli mentre Manuel si sedeva accanto a lei sulla scala, giusto per
continuare a darle un po' fastidio.
Non ci poteva credere
Alice che
erano ancora capaci di chiacchierare semplicemente come due amici, come
facevano una volta -tra una scopata e l'altra-. Fu così
strano
al suono della campana vederlo alzarsi e allungarle una mano per
aiutarla, che quando si separarono senza nemmeno un saluto ci rimase
quasi male. Proprio ora che si era abituata a non averlo più
tra
i piedi.
Passò l'intero pomeriggio in biblioteca a studiare e poi
dall'estetista -questa volta sul
serio-, cercò di non pensare a Manuel e alle sue
stranezze, un giorno la insultava e la ignorava il giorno dopo le
portava il caffè e chiacchieravano tranquilli sulle scale
della scuola. Stava cominciando a pensare di aver perso
qualche
dettaglio significativo per completare il puzzle della sua mente.
Sulla strada verso casa
si
ritrovò a pensare che forse tutti quei segreti fossero
dovuti ad
una personalità bipolare che le aveva nascosto!!!
Aveva
ancora la divisa addosso mentre saliva sull'autobus che l'avrebbe
scaricata e pochi metri da casa sua, stava seduta guardando fuori dal
finestrino quando il cellulare vibrò sulla sua coscia nella
tasca della gonna.
-un
messaggio?- mormorò con un filo di voce assorta nella
solitudine tra lei e l'ipod.
"Edo ha
chiamato Jack oggi pomeriggio e gli ha fatto una sacco di
domande sue te e M. perchè dice di avervi visti parlare
stamattina! ma non avevate smesso di vedervi? cmq sta attenta..sembrava
parecchio incaz! baci"
-oh
cazzo!- urlò a mezzo autobus, molti passeggeri si voltarono
verso di lei che imbarazzata sorrise e arrossì.
Ringraziò
il cielo che Jack fosse così ingenuo e Chiara
così leale:
Edo era una belva quando ci si metteva e quella sembrava proprio la
situazione che l'avrebbe fatto incazzare parecchio.
Si passò una
mano sulla frangia spettinandola tutta. Era davvero un bel casino!
Spazio Autrice:
non ci sono scuse per il ritardo
perdono
perdono perdono
Ringraziate la mia beta 'bambolotta',
senza di lei non sareste lì davanti allo schermo a leggere
questo capitolo.
E' la pazienza fatta donna!!
(mi ha pure impedito di cambiare il titolo
che io ormai odio)
Risposte alle recensioni:
Annalisa70:
come vedi il ritardo è ormai una costante della mia vita!!!
non è che mi scordo di voi. anzi siete il mio incubo...in
senso buono...è che ho troppo TROPPI impegni!
Amo90:
presto...che parola strana, può voler dire molte cose!
Per sempre noi:
carissime! benritrovate! ammetto che ho passato un periodo d'inferno,
tra la sessione d'esami (che però è andata
benissimo) la settimana bianca col mio moroso e gli esami extra
sessione mi sono davvero impiccata con le mie
mani...cercherò di rimediare: i promise! Manuel qui
è la contraddizione fatta a persona, come tutti gli uomini
del resto, ma in fondo che lo dice che bisogna essere per forza
coerenti sempre??
Pink princess:
certo che la continuo! eccomi qui infatti! solo che con me ci vuole
pazienza..abbi pietà, però è sempre
bello avere nuove lettrici!!!
Sophief88:
no ti prego continua con le mail...tartassami tutte le volte vuoi!! ti
autorizzo ufficialmente a disturbarmi ad ogni ora del giorno e della
notte, ho bisogno di qualcuno che mi sproni altrimenti non combino
nulla! Spero che questo cap ti piaccia come quello precedente!! baciiiii
Bambolotta:
ti devo pure rispondere??
Ho rinunciato a dire a presto: facciamo così
..se tutto va bene ci vediamo prima del 26 aprile..
1000 baci. Vale.
|
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Capitolo 11 *** 11 ***
12
11
Lunedì. L'inizio della settimana, da
lì cominciava la discesa verso il weekend.
Solita mattinata boriosa in classe, Alice odiava le ore di filosofia
tanto quanto quelle di storia o letteratura, erano inutili e
incomprensibili per lei. Era sempre stata una mente matematica,
razionale e calcolatrice, un computer capace di sviluppare calcoli
complicatissimi senza sforzo e brillanti idee ingegneristiche.
Seppur supportata da notevoli doti innate Alice
era particolarmente
refrattaria alle lezioni, si sentiva claustrofobica in quelle aule
insulse, per lei l'intervallo era sempre troppo breve.
La ricreazione era il suo personalissimo momento
di disconnessione con le
materie e i libri da studiare, non voleva mai sentirne
parlare
neanche a mensa. Nessuno poteva ostacolare il suo rituale perfetto:
1) fuga veloce dall'aula, 2) caffè lungo alla macchinetta,
3) corsa
in
cortile per la sigaretta delle 11 e infine 4) salutare
spettegolezzamento con
le compagne.
Adorava la sua routine.
Stava fumando la sua Marlboro con pacato
divertimento davanti al
rocambolesco racconto della giornata di shopping di Charlie,
quando Edo le si
parò davanti con un'espressione seria e rabbiosa.
Era stato suo compagno di classe fin dalle
scuole medie e la
loro amicizia era sfociata in una cotta colossale in terza superiore,
prima da parte di lei poi da parte di lui, quindi conosceva a memoria
tutte le sue espressioni facciali.
Da quando lei l'aveva lasciato non avevano
più parlato. Edo aveva
cambiato banco allontanandosi il più possibile da lei, in
gruppo
si faceva vedere sempre meno, e quelle poche volte si ignoravano l'un
l'altra.
All'inizio non credeva che sarebbe stata capace
di stare senza di lui.
Dopo tutto il tempo che avevano passato assieme tornare a casa da sola
le faceva strano ma da molti mesi ormai faceva
fatica a sopportare persino la sua presenza., lo considerava vuoto,
inutile. Era
rimasto il ragazzino ridanciano che era alle medie, mentre lei no.
-Hai una storia con Manu?-
Se ne uscì così. Davanti
alle sue amiche e a qualche ignaro ascoltatore.
Il colpo fu talmente improvviso che nessuna
delle tre riuscì a
trattenere la smorfia spaesata e scandalizzata che era apparsa sui
loro volti. Ma Alice sapeva che quella era una prova cruciale e che se
non
avesse mantenuto la calma si sarebbe fottuta da sola.
-Mpf!-sbottò soffiando fuori il fumo
per mascherare la tensione.
Trasformare il suo sbigottimento in una sorpresa divertita era la
miglior strategia per
salvare le apparenze: -Ti sembra lontanamente plausibile? devi essere
rincretinito...- lo incalzò ridendo.
-Vi ho visti parlare sabato mattina!!!-
Edo era chiaramente sul punto di perdere la
pazienza.
-Si siamo arrivati tutti e due in ritardo e ci
siamo beccati
nell'atrio...è un crimine?-
Paolo e Jack si avvicinarono incuriositi e anche
Manuel e il suo
gruppetto vennero attirati dai toni eccessivi di
Edo. Nonostante tutto Alice si mantenne calma, Edo stava dando
spettacolo e se si fosse lasciata irretire dai suoi giochini tutta la
scuola avrebbe saputo.
-Hai parlato con lui e ti ha offerto un
caffè! VI HO
VISTI!- imprecò sempre più forte
-E' vero, mi sono fatta offrire il
caffè perchè non avevo monete...Edo scusa, ma che
fai? mi spii?-
Fu la stoccata giusta: partì qualche
risatina e il silenzio che
si era creato venne spezzato da un brusio divertito. Edo perse il
controllo.
-Rispondi! Non mi hai ancora risposto...hai o no
una storia col
Bressan!?- continuò ignorando le risatine alle sue
spalle
con l'indice accusatore puntato verso di lei.
Lo sguardo di tutti era puntato su di lei,
persino Manuel attendeva
fremente la risposta a quella domanda, per la prima volta il cortile
era completamente immerso nel silenzio. E così la sua voce
risuonò forte e chiara nelle orecchie di tutti.
-No.-
Subito Edo si lanciò in un'assurda
replica ma le sue parole
vennero stroncate sul nascere da una terza voce estranea alla disputa.
-Che problema hai Edo?-
Di nuovo piombò il silenzio.
Manuel non mosse un muscolo, ne si fece avanti,
rimase seduto
esattamente dov'era prima con le dita incrociate sotto al mento. La sua
teatrale entrata in scena stupì persino Alice. Tutti a
scuola lo
conoscevano, e con lui la sua fama di rissaiolo. Più di una
volta l'anno prima si era fatto vedere con un labbro spaccato o qualche
livido in faccia. E faceva paura. Con quel suo carattere schivo e
affatto socievole, sempre circondato da amici alti almeno un metro e
ottanta e con bicipiti grossi come lattine di birra.
-Ti ho visto con lei! Nell'atrio l'altra
mattina...te la fai con Alice per
caso?- sbraitò Edo faccia a faccia con l'avversario che
nemmeno
sapeva di avere. Era stato strafottente apposta per provocarlo e fargli
ammettere la
verità colpendolo sull'orgoglio.
Ma la reazione non fu proprio quella sperata.
Un sorrisetto di scherzo si fece spazio pian
piano sulle labbra di
Manuel, Filo a pochi passi da loro scoppiò proprio a ridere
nel
silenzio e subito alcuni lo seguirono.
Alice quasi si offese: facevano così
ridere come coppia?
-..Non credo che sia affar tuo con chi me la
faccio io!- quella era una
minaccia bella buona nonostante Manuel avesse ancora un sorrisetto
stampato sulle labbra lo sguardo che lanciò a Edo fu
assolutamente inequivocabile. Ma forse solo in pochi se ne accorsero.
-..E poi...nella casa al lago non ho il pollaio,
non saprei che farmene dell'Aroldi!-
Alice che aveva seguito la scena con finto
disinteresse, si
alzò
in piedi di scatto gettando lontana la sigaretta ancora a
metà.
-Che. cazzo. hai. detto?- scandì bene
le parole del suo urlo
cavernoso.
Il conflitto stava cambiando ancora i
protagonisti, intanto buona parte
dei presenti rideva compiaciuta e Edo se n'era andato con la coda tra
le gambe.
-Ripeti se hai il coraggio..razza di bastardo!-
urlò a un metro dalla sua faccia.
Il trillo della campana rimbombò tra
le mura del cortile. Salvato per un pelo.
Come se niente fosse successo Manuel
ritirò il sorriso e senza
degnarla di uno sguardo si alzò pronto a tornare in aula.
Tutta
la scuola si mosse all'unisono e la lite si disperse tra la folla
così come le parole gridate al vento di Alice.
-Come osi...vai a divertirti con le tue
amichette dodicenni e non
scocciare me! Brutto figlio di....- l'insulto le morì in
gola.
Come aveva potuto essere così idiota?
Dov'era finito il suo buon
senso e quel filtro che doveva stare tra il cervello e le corde vocali?
Lui era là.
Fermo sull'ultimo gradino con un piede sospeso
nel vuoto.
Aveva sentito.
Si voltò piano, come un personaggio
dei film di Hitcock, e i suoi occhi non avevano colore.
Cazzo Cazzo Cazzo..
Non riusciva a pensare ad altro.
Non poteva dimenticare il rancore che aveva
visto in lui.
Né il senso di colpa che era arrivato
dopo.
Aveva fatto una cazzata davvero
grossa. Presa dalla rabbia non aveva pensato affatto alle conseguenze
di ciò che avrebbe detto, ed ora lui aveva tutte le ragioni
per odiarla.
Se c'era una cosa che era sicura di
aver capito di Manuel era il dolore che ancora lo accompagnava per la
perdita della madre. Quella donna doveva averlo amato
moltissimo per lasciare dietro se una scia di quella portata; un po' la
invidiava, nonostante non potesse più goderne, il cuore di
Manuel le apparteneva. Tentò e ritentò di trovare
il modo
per scusarsi.
Si sentì così in colpa
solo per aver pensato quell'insulto che non era nemmeno uscito del
tutto dalla sua bocca che lo stomaco si chiuse al punto di farla venire
la nausea!
A mensa evitò il suo sguardo
nonostante le altre avessero insistito per sedersi con i ragazzi, si
mise in un angolo a consumare il suo piatto in silenzio mesta mesta. Se
fosse stata a conoscenza di un modo certo per scomparire di sicuro in
quel momento l'avrebbe usato. Tenne le orecchie ben aperte per tutto in
pranzo per cogliere anche il più sottile accenno di rancore
nella voce, nemmeno lui sembrava in vena di parlare: intervenne nelle
conversazioni solo quando altri lo interpellarono, non si scompose
davanti al putiferio che scatenò il Vigna ribaltando la coca
su
tutto il tavolo ne si affrettò ad aiutare ad asciugare.
Pareva
inerme, soggiogato da pensieri troppo pesanti per prestare attenzione a
ciò che avveniva fuori dalla sua testa.
-Oh venerdì tenetevi tutti liberi: i
nostri non ci sono e possiamo vederci la finale di scudetto tutti
insieme!- l'annuncio di Filo scatenò un coro d'approvazione
da
parte dei ragazzi, mentre Laura e Chiara si scambiarono uno sguardo
sofferente.
Alice si perse il resto delle conversazioni
troppo presa da una soltanto.
-Manu vedi di non tirare il pacco! Tuo padre
è a casa questo weekend?-
-Si ha già i biglietti ma ci
va con un suo amico, poi resta fino a
martedì...sarà un
ponte di merda!- brontolò Manuel a bassa voce in modo che
solo
Filo sentisse
-Bhè se te la vedi brutta puoi stare
a dormire da noi, sabato ci sei alla cena?-
Alice tese ancora di più l'orecchio
mentre la sua mente si riempiva di una sola domanda: quale cena?
-Penso di si, dopo devo vedermi con
Cheru...-
Alice sbiancò: cosa doveva fare
ancora con Cherubini?
Filo sembrò molto sollevato
dalla cosa e si sbilanciò indietro con le braccia aperte e
la
schiena distesa: -Aaah quindi finalmente è arrivato quel
maledetto bonifico! ancora un po' e facevamo prima ad andarceli a
prendere di persona quei soldi: con questi hai finito no?-
Manuel annuì.
Le parole di Filo aprirono altri
milioni di punti interrogativi irrisolti nella sua mente, perlomeno ora
era certa di una cosa: i sospetti che aveva ipotizzato pochi giorni
prima quando l'aveva visto in cortile erano fondati, c'era qualcosa tra
Manuel e Andrea Cherubini che le aveva nascosto e che doveva
assolutamente scoprire!!
Pioveva quando suonò l'ultima
campanella di quel lunedì da leoni, pioveva davvero a
dirotto.
E Alice chiaramente non aveva con se l'ombrello.
Salutò gli amici e le amiche con un
sorriso tanto tirato quanto falso e
rifiutò cortesemente tutte le offerte di passaggi in auto
che le avevano proposto. Maltempo o no, voleva starsene sola e anche
gli altri se ne
accorsero.
Gli ultimi a salutarla furono Charlie e Laura
che stretti sotto l'ombrello della ragazza si
diressero al parcheggio correndo.
Lasciò la bicicletta nelle
rastrelliere del cortile e si
diresse verso la fermata dell'autobus, con la musica sparata al massimo
nelle orecchie. Il viaggio fu relativamente breve, aveva solo poche
fermate da
superare, ma sull'autobus la guardavano tutti, bagnata com'era i suoi
vestiti già particolarmente striminziti lasciavano poco
all'immaginazione. E questo non contribuì affatto a
migliorare
il suo umore.
Sul marciapiede attese un momento prima di
proseguire il percorso verso
casa.
Alzò lo sguardo e incrociò
la sua immagine
riflessa nella vetrina di un negozio di scarpe poco distante da casa.
Era orribile.
I capelli e i vestiti fradici, la borsa a
tracolla le schiacciava la
camicia bagnata sul corpo appiccicandola alla pelle, i piedi nelle
ballerine erano anch'essi allagati e ad ogni passo producevano un
rumore
di sciacquettio fastidioso. La faccia stanca e avvilita era esattamente
lo specchio della giornata che aveva affrontato.
In quelle condizioni spaventose si
avviò verso casa desiderosa solo di un bel bagno caldo e una
bella dormita, alle indagini su Manuel avrebbe pensato il giorno dopo.
-Non ho intenzione di discutere con te della cosa....quindi
gira a largo!-
Il tentativo sarebbe stato buono se almeno ci
avesse messo un po' di convinzione in quella assai poco velata minaccia.
-Ma finiscila!- fu infatti l'annoiata risposta
che ricevette.
Manuel non aveva nemmeno fatto in tempo a
chiudersi la porta di casa alle
spalle dopo essere rientrato da scuola che subito il trillo del
campanello aveva interrotto la
sua quiete. Era Jack. Ed il motivo per cui era là non era
nemmeno da chiedere.
L'ospite si gettò a peso morto sul
letto ignorando le proteste e
le occhiatacce del padrone di casa: -Su su racconta a papino: cos'avete
combinato
stavolta?!-
-Non sono affari tuoi!- ringhiò
l'altro chiudendo l'anta dell'armadio con eccessiva convinzione.
In effetti lo spettacolino a cui aveva assistito
la mattina a
ricreazione non era affar suo, ne gliene sarebbe importato nulla se i
diretti interessati non fossero stati il suo migliore amico e la sua
migliore amica (segretamente amanti da quasi quattro mesi) e l'ex
fidanzato di lei, ingenuamente geloso di una relazione di cui aveva
scorto per caso solo la punta dell'iceberg!!
Manuel sbuffò brontolò e
masticò pure un paio di insulti verso Jack. Ma alla fine
cedette.
-NIENTE! Non è successo
assolutamente niente! E' solo che
è sempre tra i piedi e non fa che provocarmi..poi se ne esce
con
certe cazzate che mi fanno venir voglia di urlarle addosso che non ha
capito un cazzo di nulla nella sua cazzutissima vita!- sfogò
la
sua ira sullo stipite della porta del bagno, che, innocente,
incassò il calcio senza poter replicare: -Mi
ha detto 'figlio di puttana'!! Lei capisci? Proprio lei che sa che
è morta!-
Forse era scemo. Forse ingenuo. Ma secondo lui i
problemi erano ben altri per quei due.
-Se ci tieni diglielo, e magari
affrontala una buona volta! Le dici tutto e basta.- il gesto stizzito
di Manuel gli
fece capire però che non ne aveva alcuna intenzione:
-Perchè no? Così magari la finite di rincorrervi
e di
insultarvi
l'un l'altra... se fossi in te più che rimanere a
rodermi e a pensare a come sarebbero potute andare le cose, preferirei
rischiare e vedere che succede..-
E fu silenzio.
Magari Jack aveva ragione. O magari no.
In effetti la scelta era tutta lì:
continuare a non fare nulla e
lasciare le cose così com'erano, o rischiare e in un modo o
nell'altro passare oltre.
-Non è così semplice...-
Eh si..c'era sempre quella roba che nascondeva
nel cassetto dell'armadio da considerare. Il passato e la
verità.
-Sei tu che complichi le cose solo
perchè sei un cagasotto!-
-'Fanculo!-
L'insulto non sortì l'effetto sperato
perchè strappò a Jack solo una risatina.
Afferrò un paio di pantaloncini
sintetici lunghi fino al
ginocchio lì studiò un attimo poi rabbiosamente
ci
infilò una gamba per volta rischiando di stracciarli.
-Cagasotto...- mormorò di
nuovo l'ospite ancora sdraiato sul letto. Giocare a fare la voce della
coscienza di Manuel era davvero uno spasso per lui!
Prese le dunk da sotto al letto e
infilò anche quelle allo stesso modo.
Ancora a torso nudo decise che lui
era Jack, il suo migliore amico, quello che gli aveva praticamente
salvato la vita, e che era lì per
aiutarlo -la scusa di fare due tiri a canestro era ormai scontata-,
quindi prima di
infilare la scarpa destra si drizzò e gli riversò
addosso
tutta la sua rabbia.
Un bel respiro e prese il coraggio a due mani:
-Sai l'altra sera, dopo la festa alle Colombare? Ha dormito qui...nel
mio letto!! E sai che mi ha detto? Era un po' brilla, non so quanto
ricordi, però mi si è attaccata addosso e ha
detto: "io
ti
avrei reso felice!", non ci volevo credere! Dopo tutto quello che
è successo? Dopo che l'ho usata, poi piantata e presa in
giro,
era ancora disposta a rendermi felice. Eppure è
così, io
sono certo che con lei
starei bene. Ma non posso! Tu lo sai. Cosa credi che direbbe se le
dicessi di
Cheru e di tutto quello che ho combinato? Bhè te lo dico io:
le
farei schifo!-
L'aveva detto davvero?
Ed eccola lì tutta la sua
verità spiattellata su un piatto d'argento.
Jack non mollò un minuto il suo
sguardo e finì per
incazzarsi più di Manuel: stava insultando l'intelligenza di
Alice, non era così stupida e superficiale da giudicare ogni
suo
errore.
-Io mi chiedo che cazzo sto qui a fare?! Non lo
vedi? Forse per la
prima volta nella tua vita ti stai chiedendo cosa penserebbe
qualcun'altro di te, non credi che questo significhi qualcosa?-
Manuel non rispose, rimase lì a
guardarlo senza niente da dire.
Questo lato della situazione non l'aveva mai
preso in considerazione.
-Che direbbe secondo te Filo se sapesse di tutta
questa storia?-
Sghignazzarono entrambi immaginando la faccia di
Filo davanti alla
notizia, forse un giorno Manuel gli avrebbe detto tutto pur di vedere
quella faccia!
-Primo che sono un coglione perchè
è la donna più
figa del mondo e io me la lascio scappare, secondo che sono uno sfigato
cagasotto perchè non le ho detto niente e terzo che sono un
finocchio perchè Alice è Alice..e ha il culo
più
bello di tutta Verona!- bofonchiò un po' in imbarazzo mentre
infilava l'altra scarpa e la maglietta.
-E
tu ancora ci devi pensare?-
La mensa le faceva schifo come ogni altro
santissimo giorno,
così si
concesse solo un piatto di verdure, le altre pietanze avevano un
aspetto raccapricciante. Dal giorno prima aveva evitato l'argomento
Manuel con tutti e persino con se stessa. Aveva passato la serata a
guardare scarpe on-line e a fingere di ripassare filosofia. I suoi
sarebbero tornati solo dopo il ponte e cominciava a sentirsi un po'
sola a casa.
Tutti i tavoli piccoli erano occupati quindi si
accontentarono di occupare un angolo di uno di quelli più
lunghi,
ognuna sedette con un libro aperto accanto al vassoio e ripassavano in
religioso silenzio.
Vennero raggiunte quasi subito da un gruppetto
di quattro ragazze del
secondo anno che chiesero gentilmente se potevano sedersi. Erano
così eccitate non gli sembrava vero di sedersi con tre delle
ragazze più conosciute della scuola.
Nessuna delle tre prestò particolare
attenzione ai discorsi provenienti
dall'altro lato del tavolo finchè un nome conosciuto non
giunse
alle orecchie di Alice.
-Oooh Emily...eccolo eccolo! E' arrivato adesso,
là all'inizio della fila c'è Bressan con uno dei
due Zonin!!-
Alice alzò gli occhi dal libro e
seguì gli sguardi
adoranti delle altre quattro fino ad incrociare la figura di Manuel
intento a prendere un trancio di pizza dall'inserviente della mensa.
Dal giorno prima non si era fatto vedere
più di tanto in giro,
la mattina era entrato senza aspettare nessuno barricandosi in aula e
non si era fatto vedere nemmeno a ricreazione concedendo
così a
lei di fumarsi una sigaretta in santa pace. Era certa che a mensa
avrebbe dovuto fingere di non vederlo e le ragazze sostennero la sua
scelta decidendo di sedersi lontano dagli altri.
-Che figo da paura...- mormorò
sognate una delle quattro riportando anche Alice coi piedi per terra.
Figo o no non aveva alcuna intenzione di
imbattersi nel suo sguardo sprezzante.
-Stamattina l'ho visto arrivare in moto, quanto
pagherei per poterci
salire con lui...- e tutte seguirono quella rivelazione con un coro di
gemiti sospirati.
Con la coda dell'occhio lo seguì fino
alla scansia dei dolci che
sapeva avrebbe evitato come la lebbra! Anche lei come quelle ragazzine
avrebbe pagato volentieri pur di tornare ancora una volta sulla moto
dietro di lui...
-Sapete che in giro si dice che è
stato con quella tipa con i
capelli rossi...- mormorò in tono cospiratorio la
più carina del gruppo
Il cuore di Alice fece una capriola nel petto.
-...si dai...quella che sta sempre con Cheru!!!-
si affrettò ad aggiungere la ragazza
-Chi Clarissa? Ma insieme insieme? Non ci credo
neanche un po'..-
-Si dice anche che sia stato con tutte quelle di
terza F se è
per questo!- ci fu qualche commento acido sulle ragazze in questione e
sull'attitudine di Manuel a non legarsi troppo ad un sola ragazza, poi
ripreso a parlare solo di lui: -Un sacco di tipe sono andate con
Manu..ma non le richiama
mai! E poi ho sentito che una volta giocava a basket in serie C ma poi
si
è
rotto un ginocchio e ha dovuto smettere, Uno in classe con me dice che
era un fenomeno!-
Alice non si stupì di quanto fossero
informate sul suo conto,
anche lei aveva fatto lo stesso con il ragazzo per cui aveva una cotta
al biennio.
-E adesso chissà con chi se
la fa?-
Anche Laura alzò lo sguardo dal suo
libro per incrociare quello di Alice ammonendola per il suo origliare
spudorato.
-Non lo so, Melissa ha detto che ieri
ha discusso uno nel
cortile perchè insinuava che si stava facendo la sua
tipa...anch'io vorrei uno come lui a difendermi-
-Chi era la ragazza??-
Laura alzò di nuovo lo sguardo
intercettando quello
dell'amica. Entrambe ridevano sotto i baffi.
-Eccolo! Eccolo! Sta andando a sedersi...-
esclamò a bassa voce
una delle quattro e in quel momento la bionda le lanciò
un'occhiata complice: -Manuuu?-
Alzò un braccio per farsi notare dal
ragazzo che si guardava
attorno alla ricerca di chi l'avesse chiamato, appena le vide tutte e
due sorridenti
passò a Filo il suo vassoio e gli fece cenno di proseguire
senza di lui. Si voltò e con pochi passi le raggiunse.
-Oh cazzo!- mormorò una delle ragazze
al loro tavolo resasi conto della situazione.
Manuel si fermò in piedi accanto alla
rossa senza incrociare lo sguardo con lei, le mani in
tasca come sempre e l'aria scocciata.
-Che volete?- chiese brusco
-Quanto sei acido...- mormorò Alice
in modo che solo lui potesse sentire
-Ci servono i biglietti per sabato prossimo?-
trillò Laura con
il suo miglior volto angelico, scura arrancata all'ultimo momento
però era l'occasione giusta per chiedere informazioni sulla
festa.
La guardò perplesso forse aveva
capito che c'era qualcosa di strano in quella richiesta improvvisa:
-Tavolo o lista?-
-Quello che vuoi, basta che ci faccia saltare la
fila!- di nuovo fu Laura a parlare Alice la osservava ammirata.
-Vi faccio avere tre pass domani- si
limitò a dire
-Grazie mille, stasera ti faccio portare i soldi
da Charlie, quant'è per tutte e tre?-
Ci pensò un attimo poi rispose
vagando con gli occhi per la
sala: -Venti- dopodichè se ne andò senza dire
altro.
Laura richiamò l'attenzione di Chiara
che stava studiando con le
cuffie per riferirle dell'acquisto mentre Alice si voltò
maligna
a guardare le reazioni che avevano scatenato nel
resto del tavolo.
Le quattro più piccole le osservavano
in estasi senza
respirare. Si lasciò scappare una risatina per poi
distoglierle dalla trance con un movimento della mano.
-Vi piace davvero così tanto?- chiese
Laura divertita: -Se lo
conosceste dubito che la pensereste allo stesso modo- aggiunse a bassa
voce
-Perchè a voi non piace?- rispose
scorbutica una moretta
-Bhè..- le due più grandi
si scambiarono un occhiata
dubbiosa, Alice abbassò per prima lo sguardo e chiuse il
libro al suo fianco, le era passata tutta la voglia di ripassare: -Ci
siamo già passate, ecco!-
-Siete di 5°B vero?-
Alice annuì.
-Quindi frequentate i fratelli Zonin e gli amici
di Manuel Bressan?-
Chiara all'udire il cognome del suo ragazzo si drizzò
piccata.
-Esattamente quel gruppo di zotici seduti
là- commentò la
bionda indicando il solito tavolo dei ragazzi da cui venivano risate
forti e sguaiate. Quel giorno erano radunati proprio tutti
là:
Filo e Manu al centro di una panca con attorno a se il Vigna e Charlie
dall'altro lato sedevano nell'ordine Jack Paolo e Edoardo nell'angolo.
-Sarà anche zotico ma Manuel
è davvero figo! Fortuna che
almeno è single!- brontolò una infossando la
faccia in
una mano mentre le alte annuivano concordi.
-...ancora per molto!- si lasciò
sfuggire Alice osservando
le pieghe della sua gonna corta con inaudito interesse.
-Perchè ancora per molto?-
scattò subito la moretta scorbutica di prima.
Non sapeva che rispondere a quelle quattro paia
di occhi che pendevano dalle sue labbra.
-Diciamo che è un po' troppo votato
alla poligamia..- commentò Chiara intervenendo per la prima
volta
nella conversazione.
-Comunque se volete trovare una scusa per
parlarci dovreste venire alla
festa di sabato prossimo, è lui che vende i biglietti
così avrete una scusa per avvicinarlo! Se siete fortunate vi
da anche il suo numero!- proseguì
Alice
magnanima, già immaginava la faccia seccata che avrebbe
fatto
Manuel a trovarsi davanti quelle quattro bambinette.
-Bhè comunque non ce n'è
uno in quel tavolo che non mi
farei..- esordì una bionda bassettina che non si rese conto
di
aver firmato la sua condanna.
Chiara alzò definitivamente la testa
dal libro e lo chiuse con uno scatto,
fissò la ragazzina negli occhi e alzò un
sopracciglio, come avrebbe fatto Manuel, la fulminò
riducendola in cenere.
-Ah ehm scusa! Ovviamente se fossero liberi...-
si affrettò ad aggiungere abbassando lo sguardo.
La mora non le rispose, afferrò il
libro e lasciò il
tavolo con la schiena dritta come un pavone che mostra la coda.
-Lasciatela perdere..è solo un po'
scorbutica! Abbaia ma non
morde-
commentò Alice agitando una mano in aria con noncuranza, le
quattro ospiti del loro tavolo seguirono la chioma scura di Chiara
finchè non sparì oltre l'uscita e tirarono un
breve
sospiro di sollievo.
Ci fu una pausa di silenzio poi una delle
ragazze che aveva parlato
meno in precedenza alzò lo sguardo su tutte e disse
piano: -comunque non è vero che Bressan adesso non si fa
nessuna!-
Le altre la guardarono attonite
-E con chi sta?- chiese Laura scettica
incrociando per un secondo l'espressione concentrata dell'amica.
-Non credo ci stia assieme, ma sono sicura che
sabato sera
è stato con quella bionda di 2°A. Si chiama
Juliette, e sta
sempre insieme a Clarissa e alle altre ochette solo perchè
ha
una
sorella più grande, me lo ha detto lei fa ginnastica con
me..ha
detto pure che
è
stata a casa sua!!-
-Veramente? E cosa ha detto? Dai dai racconta!!-
chiesero avide le amiche
mentre Laura guardava Alice sbiancare e tendere l'orecchio verso
l'altro
lato del tavolo.
-Ha detto che ha una bella casa nella zona
dietro all'Arsenale, vicino all'ospedale e che forse vive da
solo...e poi ha una stanza fighissima all'ultimo piano! Non so
però cos'abbiano fatto...Lei ha pure il ragazzo!-
La descrizione coincideva perfettamente con
l'appartamento di Manuel quindi probabilmente quella Juliette non
mentiva.
-ah però ha detto che sul comodino
c'erano un paio di orecchini
a forma di margherita e quando gli ha chiesto di chi erano lui li ha
presi e li ha messi via dicendo che li doveva ridare a una persona
importante...magari lui in realtà sta con quella degli
orecchini?-
continuò il suo pettegolezzo mentre Alice
incastrava tutti
i pezzi del collage nella sua testa.
Importante.
Quella parola rimbombava tra le pareti del suo
corpo.
-A forma di margherita? Chissà di chi
sono?-
Istintivamente si portò una mano al
lobo dell'orecchio.
Spazio
Autrice:
Ebbene si:
eccomi qui con un solo giorno di ritardo su quanto avevo promesso!!
vi ho stupiti vero??
Questo
capitolo è stato per me un'immensa sofferenza
innanzitutto perchè non mi piace
e poi perchè ci ho pensato e ripensato ma non ho trovato
altre soluzioni
la storia è così punto e basta.
Anche se fa schifo persino a me!
Comunque ho una nuova storia in cantiere che spero di poter pubblicare
preso...il ritorno alla chirurgia fa bene alla mia fantasia!!
Calorosi e infiniti baci alla mia beta
che stavolta mi ha strigliata per le feste!
hai visto però come sono ubbidiente??
Per finire vorrei lamentarmi un po' per le recensioni: SOLO 2!?!?!?
(quella dell'ale non conta!)
nuuuo! perchè?
che ho fatto per meritare questo (ritardi clamorosi a parte)??
Vi prego ricominciate a recensire...altrimenti la mia autostima
crollerà in picchiata!!!
risposte:
Angyr88:
quando ho letto la rece mi sono piegata in due dalle risate!
'quagliato' è un termine buffissimo ed ho cominciato ad
usarlo anch'io hihihi
RBAA: anche tu
mi manchi!! la tua sosia in capelli è sempre più
incasinata e Manu ha davvero combinato qualcosa di losco...a te
scoprirlo! Ho iniziato a leggere Roxanne (faccio volentieri
pubblicità ad una brava come te!) ma non ho tempo per
scrivere...figurati leggere!! quando mi sarò messa un po'
avanti coi capitoli recensirò anche: per ora mi piace tanto!
Un
saluto a Chiara la mia lettrice invisibile
1bacio. Vale.
Prossima uscita: intorno al 2 giugno!
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Capitolo 12 *** 12 ***
1
Relazione Clandestina
-12-
La
consapevolezza era arrivata
all'improvviso. Tra gli spaghetti alla carbonara collosi della mensa
e un secondo di tacchino e verdure cotte -il che la rendeva un po'
squallida, ma insomma bisogna poi accontentarsi...- nel
giovedì più
nevrotico dell'anno.
Era
appena finita la simulazione della
prima prova per tutte le quinte, e in mensa si respirava l'aria tesa
che accompagna l'uscita dagli esami, quando a tutti sembra di aver
fatto un buon compito e la frenesia di sapere il risultato chiude lo
stomaco.
Chiara
ancora sfogliava con studiata
meticolosità la divina commedia, per controllare se le
citazioni che
aveva infilato nell'analisi testuale fossero giusto mentre l'allegra
compagna di disavventure fulminava chiunque osasse avvicinarsi al
loro tavolo.
E
poi eccolo lì il tassello che mise
tutto al posto giusto.
Ripassò
con la mente ogni notte
passata insieme, ogni parola detta o sospirata sulla pelle
dell'altro, ogni cenno ogni sguardo. Il “ti odio”
che gli aveva
urlato mesi prima quando l'aveva buttata fuori dalla sua vita e le
tensioni che erano arrivate dopo: le frecciatine, gli insulti morti
in gola, le contraddizioni, i baci rubati in mezzo dalla folla.
Per
giorni aveva speso ore dietro ai
suoi misteri, dietro a quel segreto che lo frenava, che gli impediva
di essere spontaneo, senza capire perché le interessasse
così
tanto.
Sì
il solco che aveva lasciato sulla
sua pelle era ancora visibile, e le sua mani cariche di passione e
gentilezza ancora le tormentavano il sonno, però l'aveva
catalogata
come una cotta da manuale e nulla di più. Ma quel tormento
non aveva
nulla di familiare, mai si era sentita così in colpa per
aver ferito
qualcuno, ne aveva desiderato così ardentemente un banale
contatto
con la pelle di una ragazzo al punto da sperare di sfiorarla
casualmente nel corridoio. Nessuno -nemmeno Edoardo- le aveva mai
provocato tutte quelle farfalle e quei sorrisi e quei pianti.
Alzando
gli occhi lo trovò là, due
tavoli più a destra, meno di cinque metri in linea d'aria.
Poteva
sentirne la risata bassa piena di scherno mentre combatteva con Filo
e il Vigna a suon di palline di mollica di pane. Nulla di diverso da
quando l'aveva visto chinarsi la mattina alla macchinetta del
caffè
o fumare a ricreazione sdraiato sulle scale con il viso rivolto al
sole. Forse solo la luce accesa della risata nei suoi occhi.
Ed
era là a portata di mano. Con i
suoi misteri e la sua alterigia. La risata bassa e roca e i capelli
più spettinati del solito. Un orgoglio che faceva sorridere
e un
paio di bicipiti da paura.
E
tutto prese un nome, quello con la A,
che a diciott'anni si ha paura a pronunciare persino col pensiero.
Finalmente
non c'era più nulla da
capire: Alice era innamorata cotta di Manuel (e in qualche modo poco
ortodosso lui la ricambiava).
Fu
relativamente facile a quel punto
capire cosa fare.
Innanzitutto
prese il cellulare dalla
tasca per attivare la prima fase, quella dell'indagine,
mandò un sms
a Jack dicendo che aveva bisogno di parlargli da sola e se poteva
aspettarla all'uscita.
Attese
la reazione con le dita
incrociate sotto il mento, quando finalmente alzò gli occhi
e la
guardò pieno di domande, lei sorrise discreta e Jack, da
grande
diplomatico quale era, annuì mascherando il movimento nella
confusione del tavolo più agitato della sala.
Ancora
una volta l'avevano fatta sotto
il naso a Manuel.
Dopodiché
illustrò la situazione e il
piano alle amiche a bassa voce con estrema disinvoltura. Due grossi
sorrisi si aprirono sui volti attorno ad Alice strappandole un
immenso sospiro di sollievo.
Laura
si spinse avanti sul tavolo
l'espressione diabolica che Alice adorava e temeva al tempo stesso
dipinta sul viso.
-Io
amo i tuoi piani. Finalmente
abbiamo qualcosa da fare, non ne potevo più di studiare!-
ondeggiò
la chioma bionda e boccolosa a beneficio della fauna maschile che la
guardava estasiata, poi con tono leggermente più alto
continuò:
-Bene direi che è giunto il momento della tua sigaretta
post-pranzo
perché stavolta te la sei meritata. No Chi?-
Con
i libri e i pensieri del compito
accantonati, anche Chiara la guardava felice come non lo era mai
stata davanti ad una confessione dell'amica rossa-combinaguai:
-Giusto se l'è meritata. Quindi se oggi pomeriggio cercherai
di
estorcere qualche informazione a Gio, io e lei potremmo portare
avanti la missione con una spedizione esplorativa di shopping per
quando l'avrai conquistato? Che preferisce intimo bianco virginale o
nero pizzi e merletti?-
Improvvisamente
lei e le sue sorelle
erano tornate quelle di una volta. Diaboliche e vendicatrici, unite
come un fronte compatto per proteggere la famiglia, e pronte ad
accettare tutto per la felicità di una delle tre.
-Non
che abbia mai espresso una
preferenza, di solito toglieva tutto alla svelta non si fermava
finché non arrivava alla pelle. Però credo che
sia più il tipo da
vedo-non-vedo..- si fermò a lanciargli uno sguardo attento
mentre
Manuel, ignaro delle trame che stavano tessendo alle sue spalle,
chiacchierava pacatamente con Paolo annuendo di tanto in tanto
attento alle sue parole.
-Nero
sì, decisamente nero!- mormorò
infine Alice dopo un'attenta analisi.
-Non
dovrei essere io a raccontarti
questa storia..- sospirò con il peso della colpa che
già gli
piegava le spalle
Alice
aveva atteso febbrilmente quel
momento per tre ore.
Si
era torta le mani per tutto il
pomeriggio, aveva fatto la punta a tutte le matite del suo astuccio e
anche a quelle delle sue compagne di banco. Non aveva seguito una
parola della lezione di storia dell'arte ne d'inglese. Nella mente
contava i minuti.
-Lui
non me lo direbbe mai ed io ho bisogno di
sapere! Sai di poterti fidare di me, non andrò certo a
spifferargli
le mie fonti!- cercò di dissuaderlo con una spallata
amichevole che
sui 90 kg di muscoli non sortirono un gran effetto. Arrivata a quel
punto non si sarebbe arresa davanti alle remore di coscienza
dell'altro.
Jack
la guardò negli occhi, ed oltre gli occhi
contemporaneamente. Avrebbe regalato tutto il suo guardaroba pur di
conoscere i suoi pensieri
-E
va bene..ma bada di non giudicarlo
troppo male!- sospirò arreso sistemandosi con le gambe stese
oltre i
gradini e le braccia a sostenersi il corpo all'indietro
-Più
o
meno lo conosco dalle elementari, ed è sempre stato lo
scorbutico
asociale che conosci tu, forse un po' meno stronzo, ma sicuramente a
causa dell'età innocente! Eravamo alle fine delle medie
quando sua
madre morì, un tumore che la consumò in meno di
due mesi. Da quel
momento si chiuse ancora di più in se stesso come era
prevedibile:
parlava pochissimo e stava quasi sempre con Andre. All'inizio delle
superiori ci perdemmo di vista, io alle Stimate, lui invece
era
riuscito ad iscriversi al classico contro la volontà di suo
padre.
Quell'anno cominciammo anche a giocare nella stessa squadra, prima io
ero nella categoria più bassa della sua, e scoprii che in
campo era
molto diverso da fuori. Dava tutto se stesso per vincere e per far
felice suo padre. Prima di vederlo con i miei occhi avevo sentito
voci sulla sua scorrettezza e sulla mancanza di abilità
tattiche, ma
erano solo il frutto dell'invidia che provocava negli altri. In
seconda mi bocciarono lui invece si trasferì alle Stimate
perché
con tutti gli allenamenti che faceva non riusciva a star dietro allo
studio e suo padre pensò di agevolarlo mandandolo al
privato-
-Tsk..allora
ha decisamente sbagliato scuola per il suo
pargoletto!!-
Jack
rise, una risata seria, controllata poi la
riprese: -Si vede che non conosci suo padre, per lui non esiste
accontentarsi! Bisogna sempre arrivare al massimo! Non che sia
sbagliata come filosofia però la applica indistintamente a
tutto
sopratutto nei confronti di suo figlio. Non è una cattiva
persona
solo pretende molto da chi gli sta attorno!-
Di
punto in bianco
Alice si ritrovò a pensare alle poche volte che Manuel aveva
nominato suo padre e a come l'avesse fatto con irritazione e una
punta di disprezzo ben mascherata.
-Beh
comunque il meglio deve
ancora arrivare: dalla terza in avanti migliorammo i nostri rapporti,
gli unici con cui usciva eravamo io mio fratello e Andre, gli altri
della squadra lo rispettavano ma lo temevano troppo per legare,
nonostante fosse il capitano. Poi in quarta, cioè io ero
ancora in
terza in realtà, successe il finimondo!-
Quello
era il momento
giusto per la prima sigaretta.
-Sai
no dell'infortunio?- si fermò
a guardarla per la prima volta dall'inizio del racconto, non voleva
vedere le sue reazioni mentre parlava di una vita non sua.
-Mmh
non tutta la storia-
-Non
che ci sia molto da dire su quello in
particolare. All'inizio del campionato in Novembre, al terzo quarto
un idiota gli infilò il piede sotto il suo mentre atterrava
da
canestro e lui ci finì sopra con tutto il peso. Risultato:
frattura
scomposta di tibia e perone, tutti i legamenti esterni del ginocchio
strappati e menisco andato. Non ti dico gli urli e le bestemmie che
tirava mentre aspettavamo l'ambulanza, mia madre se lo ricorda ancora
e ogni tanto quando lo vede si fa il segno della croce!!!- Jack
sbotto in una risata acuta che stonava con discorso ma ebbe il plauso
di stemperare un po' la tensione che aveva accumulato sulle
spalle.
-Andò
ad operarsi a Bologna prima di Natale ma subito gli
dissero che non avrebbe potuto più giocare ad alti livelli.
Al
rientro dalle vacanze combinò un gran casino: non andava mai
a fare
riabilitazione ne portava le stampelle, a scuola si faceva vedere si
e no due volte a settimana e con una faccia da cadavere allucinante.
Scoprimmo grazie al Vigna che Cherubini gli vendeva della roba in
cambio delle serate da PR-
Alice
chiuse gli occhi, la verità era
sempre stata lì come un tarlo sopito nella sua mente, solo
non aveva
voluto vederla. Il semplice fatto che fosse così in
confidenza con
Cherubini e Clarissa era un grave campanello d'allarme e poi la
bocciatura nonostante gli ottimi voti che aveva sempre avuto, le
conoscenza torbide che aveva sempre dimostrato all'interno del
BlueMoon.
-Poi
all'inizio della primavera il fratello di Laura e
alcuni suoi amici ci chiamarono dicendo che lo avevano trovato su
una panchina vicino al BM. Strafatto-
Lì
Jack si fermò e non sembrò
intenzionato a riprendere.
E
poi? Voleva sapere, cos'era successo
dopo, com'era tornato quello di prima? Se veramente era tornato come
prima...
Rivolse
all'amico uno sguardo smarrito mentre lui si
ostinava a guardare i sassolini sull'asfalto.
-Perché?-
Fu
l'unica domanda sensata che trovò la forza di porgli.
-Questo
lo
devi chiedere a lui, penso che solo Manuel possa risponderti. Io ho
provato a mettermi nei suoi panni tante volte: aveva una famiglia un
futuro una vita serena, poi in pochi anni si è ritrovato
solo e
senza nessuna meta. Senza punti di riferimento.-
-Suo
padre?- era
inutile non riusciva a costruire una frase completa.
-Dopo
la
storia del ginocchio accettò un incarico a Manchester oltre
a quello
con la Benetton e lo mollò da solo proprio quando aveva
bisogno di
controllo; ormai saranno tre anni che lo vede solo un weekend si uno
no. C'è rimasta solo quella santa di Sonia che lo bacchetta
ogni
tanto e adesso lo tiene in riga. Non lasciarti ingannare da quel che
dice, lui la adora!-
Quante
volta l'aveva sentito imprecare contro
di lei per una maglietta che non trovava più, i cd rimessi a
posto
nell'ordine sbagliato, il telecomando che non si trovava mai...
Ma
quella domanda era ancora lì a premere dietro la fronte:
-Sai se si
fa ancora?-
Jack
sospirò come se la fatica di
tutte le parole che aveva detto fosse ancora sul suo petto.
-Ali
devi chiederle a lui queste cose, io mi sono limitato a raccontarti
ciò che so, che sappiamo tutti. Manu ha passato un anno di
merda
prima di diventare quel che è ora gli ho promesso che non ti
avrei
detto nulla e credo davvero che
spetti a lui- la guardò con
quegli occhi buoni e scuri così simili e allo stesso tempo
diversi
dai suoi. Se gliel'avesse chiesto, lui non le avrebbe mai risposto.
-Chiediglielo, se si fida di te allora te lo dirà!-
Sconvolta
molto più di quanto fosse possibile vedere dalle sole
espressioni
del viso Alice annuì con poca convinzione. Si fidava di lei?
Sei
uno stronzo
I
think i'm drowing...Io non posso
dimenticarti...Asfixiating
Da
quando per te non sono più
Alice ma Aroldi
Perchè
devi essere così testarda
devi dimenticarmi! Io non posso stare con te..non è il
momento,
quindi fai un favore a tutti e due: lasciami perdere!
Come
osi...vai a divertirti con le
tue amiche dodicenni e non scocciare me! Brutto figlio di...
Quanto
sei acido..
Quasi
le vennero le lacrime agli occhi
al pensiero di quante cattiverie gli aveva urlato, quando l'unica
cosa che voleva davvero era potergli sussurrare ancora all'orecchio
tutta la voglia che aveva di lui e del suo abbraccio.
Su
quel gradino davanti a scuola con il
suo migliore amico di fianco a svelarle cose che mai avrebbe
immaginato da sola si sentì per la seconda volta nella sua
breve
vita, una gigantesca merda maleodorante.
Ed
entrambe le volte era coinvolto
Manuel.
Coma
aveva potuto in tutti quei mesi
insultarlo giudicarlo con tanta leggerezza, se solo avesse
saputo...forse gli sarebbe stata lontana!
Quel
ragazzo a soli 19 anni ne aveva
passate più di quante ne potesse sopportare; e mentre lei
negli anni
precedenti scopriva se stessa, il potere inebriante del Martini e
quello seduttivo di un bel paio di gambe, lui sopportava il peso di
vedersi strappare un sogno a forza e delle aspettative di un padre.
Avrebbe dovuto capirlo quando gli aveva chiesto della sua famiglia e
lui aveva candidamente risposto che ciò che ne rimaneva
passava più
tempo con le hostess dell'British Airways che con lui.
Oppure
quando lo aveva visto con lo
sguardo perso nel vuoto mentre lei si lamentava delle interminabili
discussioni con sua madre.
O
quando andava a prenderla dopo essere
stato a vedere una partita e la spogliava in fretta senza vederla
davvero, con i denti le correva sul corpo, pieno di brama e di rabbia
e non diceva nulla fino all'orgasmo.
Si
maledisse una, due cento volte per
la sua inutile ingenua cecità. E Jack lo intuì
subito quando la
vide conficcarsi le unghie nei palmi e l'espressione mutarsi in una
maschera d'odio.
-Ali
non fartene una colpa, non potevi
saperlo. Lui non ne parla nemmeno con me e tu hai fatto il possibile,
ti sei avvicinata come nessuna prima di te aveva osato fare. Di
solito le faceva scappare prima che potessero anche solo pensare di
chiedergli di rivederlo..- le passò un braccio sulle spalle
e con le
labbra si avvicinò alla tempia: -ci vuole pazienza e
costanza con
Manu!-
Le
lacrime a quel punto strariparono,
aveva retto anche troppo a lungo senza piangere, perchè
sentiva che
quelle parole c'erano già dentro di lei. Sapeva dall'inizio
che ci
sarebbe voluta molta pazienza, e c'aveva provato con tutti i mezzi.
Ma era tardi. Troppo tardi.
Aveva
deciso senza interpellarla.
Proprio
ora che era certa di essersene
innamorata.
-troppo
tardi..- brontolò
tra i
singhiozzi contro la spalla dell'amico
-Ehi
non ci crederei troppo se fossi in
te!- sghignazzò dei suoi stessi pensieri: -Ieri ha passato
tutto il
pranzo a guardarti cercando di non farsi beccare da noi e ha preso
cinque in latino dopo la scenetta in giardino, persino la Gracci si
è
stupita. Non voleva crederci, era l'unico della classe con la
sufficienza piena-
Trattenne
un sorriso a stento
ricordando che quello era uno dei loro battibecchi più
comuni: il
suo pessimo rapporto col latino.
Quel
discorso riportò alla luce il
bacio che le aveva dato la mattina che erano andati al lago, il
giorno dopo che lei aveva mollato Edo. Il tepore del piumone, le sue
mani a circondarle il viso e le labbra delicate in un tocco casto che
voleva solo dirle buongiorno.
No.
Non poteva arrendersi.
Non
dopo tutta la fatica che aveva
fatto prima di ammettere a se stessa che era lui che voleva.
Poteva
essere arrogante, scorbutico,
asociale, persino drogato, non gliene fregava nulla, li avrebbe
raddrizzati lei i pilastri che si erano piegati sotto di lui. A costo
di impiegarci anni non avrebbe rinunciato. Gli avrebbe dato qualcosa
di nuovo per cui sperare, qualcosa che avrebbe scacciato tutte le sue
ombre.
Perché
non ne avesse mai parlato con
lei non importava, l'avrebbe costretto con la forza o con metodi meno
ortodossi se si fosse reso necessario, a tutti i costi. Fino a che
lui non le avesse detto esplicitamente che non provava nulla per lei.
Doveva portare a termine il piano.
Non
importava che fosse amore - anche
perché conoscendolo se si fosse innamorato non avrebbe
nemmeno
saputo dare un nome a ciò che sentiva - si sarebbe
accontentata di
qualsiasi barlume di sentimento. Pur di essere almeno un po' nei suoi
pensieri.
Rimase
a farsi coccolare un po' da
Jack. Pianse ancora qualche lacrima giusto per sfogare tutta quella
rabbia mentre le mani grandi del suo migliore amico le stropicciavano
la frangia con carezze rudi e smaliziate. E si fece portare a casa,
troppo stanca per affrontare Manuel la sera stessa.
Venerdì
a una settimana esatta dalla
fine della scuola e a meno di 24 ore da uno dei ponti più
attesi
dell'anno, il sole splendeva arrogante su Verona, quasi come per
prepararsi al weekend. I programmi erano fatti, tutti erano pronti
bisognava solo aspettare la fine delle lezioni e poi via al grande
anticipo di vacanze.
E
come ogni mattina dell'anno scolastico il
Blackberry di Manuel trillò venti minuti dopo le
sette.
Provò
a ignorarlo per qualche secondo, ma sapeva di dover andare,
così
straziato dal dolore lanciò il lenzuolo da un lato con
irruenza e si
issò a sedere sul bordo del letto.
La
prima cosa di cui si accorse era
assolutamente fuori posto: il suo piede destro era finito su qualcosa
di angolato liscio e plasticoso che non somigliava affatto al parquet
in rovere della sua stanza. Abbassò gli occhi e lui era
là,
trionfante.
Fisica
Tre, edizioni Zanichelli.
Quella
era la prova lampante della sua tragica serata, non era uscito per
studiare una materia che riteneva inutile e incomprensibile e per la
quale oltretutto era pure negato. Raccolse il libro e lo
scaraventò
sulla scrivania con stizza rovesciando una pila di cd.
Decisamente
aveva bisogno di una doccia fredda per svegliarsi.
Uscito
dal
bagno dove aveva perso tempo a farsi la barba, era in clamoroso
ritardo quindi si infilò camicia pantaloni della divisa,
poggiò la
cravatta sulla spalla e raccattò velocemente i libri di cui
aveva
bisogno. Quello di fisica per primo.
Infilate
le dunk si
scapicollò per le scale fino all'ascensore. La vicina lo
guardò
malissimo mentre aspettavano insieme -l'aveva sempre sostenuto, lei,
che quel ragazzo dalla morte della madre era diventato un
delinquente- di certo le condizioni di Manuel non aiutarono: le
chiavi della moto in bocca i pantaloni a metà sedere e la
camicia
fuori, la tracolla stretta tra le ginocchia mentre tentava invano di
fare un nodo almeno per una volte decente alla cravatta, i capelli
bagnati nemmeno lontanamente pettinati.
Non
poteva che essere un
delinquente.
Arrivato
in garage afferrò il casco e si sistemò
alla svelta sulla Honda per poi scattare fuori dal cancello per
riversarsi sui viali trafficatissimi a quell'ora del mattino.
Scivolò
come sempre agile e tra le auto in coda, e non riuscì a non
pensare
a come avrebbe fatto senza il suo gioiellino.
In
fondo ognuno ha i suoi
vizi...glielo
aveva detto lei in uno slancio di sincerità
reciproca quella volta che erano andati in centro ed erano finiti a
baciarsi contro un portone.
Scacciò
l'immagine con violenza
dalla sua mente -non aveva nessuna voglia di flagellarsi pensando ad
Alice- per di più a quell'ora del mattino con l'alzabandiera
e un
motore vibrante tra le cosce.
In
effetti si, forse la moto era il
suo unico vizio residuo, nemmeno le sigarette avevano lo stesso potente
legame fisico col suo corpo. A scuola nei momenti peggiori,
quando cominciava a vederci doppio i sentiva i muri giallo sporco
stringersi sul suo corpo e strappargli via l'aria dai polmoni, la
mente volava libera tra i colli euganei con 250 cavalli tra le gambe
e il vento a ghiacciargli la faccia. L'asfalto a pochi centimetri ad
ogni piega e l'adrenalina che corre veloce nelle vene.
Niente
car
wash con ragazze in abiti succinti, ne professoresse giovani e
seducenti pronte a bacchettarlo, come nei pensieri della maggior
parte dei suoi coetanei, solo una signora nera e cromata, sexy e
molto disponibile.
Arrivò
a scuola persino in anticipo con la
foga che aveva di correre, nel parcheggio non c'era nessuna delle
macchine degli amici, per questo si concesse una sigaretta in tutta
calma e un bel cornetto al bar.
Quando
finalmente arrivò in classe
Filo stava ripassando fisica con i capelli lunghi più
incasinati del
solito e suo fratello cercava febbrilmente un luogo adatto per
nascondere i bigliettini. Quei due avevano il potere di agitarlo
più
di quanto non fosse già di suo.
Si
accomodò al suo posto, con gli
appunti già al loro posto in un calzino e la certezza che se
non
avesse passato quel compito decentemente avrebbe dovuto dire addio ad
un paio di crediti.
Poi
arrivò lei: l'angelo della
salvezza.
Visione
celestiale -per una lunga serie
di motivi- avvolta di luce e preceduta dall'annuncio delle trombe del
paradiso, Alice fece il suo ingresso nell'aula della quinta D. Mai
donna fu più desiderata.
Si
avvicinò sgusciando tra banchi in
disordine e compagni esagitati, seguita ad un passo da Charlie che
fissava tutti circospetto. Così Manuel ebbe l'occasione di
studiarla
accuratamente: dai capelli lunghi e lisci disposti ordinatamente
sulle spalle alle pieghe ondeggianti della gonna, passando per la
camicetta sbottonata ad arte per finire sulle gambe candide.
Deglutì
e si passò la lingua sul
labbro inferiore prima di avventurarsi ad incrociarne lo sguardo,
quegli occhi blu potevano fare brutti scherzi, meglio premunirsi.
-Se
le tracce sono quelle che mi ha
mandato Charlie ieri sera, queste sono le soluzioni-
Ecco
il completamento della visione
perfetta: la splendida Alice di prima mattina che portava con se i
risultati del compito!!
Aveva
parlato a voce bassa direttamente
chinata sul banco di Filo, in una posizione che gli faceva temere che
l'amico non avesse sentito una parola, poi riprese dopo aver buttato
un'occhiata generale all'aula: -Sono tre copie, una ciascuno. Nel
caso voleste qualcos'altro mi faccio trovare nel bagno dei maschi
alle 8.30 precise ok?-
Manuel
stava per dire che si, voleva
dell'altro e che l'avrebbe raggiunta di sicuro nel bagno ma non certo
per il compito di fisica, e pure lo sguardo vacuo di Filo gli disse
che lui stava pensando esattamente la stessa cosa. Forse solo Jack
mantenne una parvenza di lucidità.
-Ali
ti adoro!! Se riesco a copiare
giuro che domani sera la tua pizza la pago io!!- Jack si
allungò
oltre il banco per abbracciarla in uno slancio di gratitudine.
-Io
invece ti sposo!- strillò Filo
senza nessun senso logico, e una buona dose di femminilità
nella
voce.
A
quel punto tutti si aspettavano che
anche Manuel, il terzo componente del trio, esordisse con una
proposta per Alice. I loro sguardi si incrociarono mentre lei era
ancora stretta tra le braccia di Jack -e quelle di Filo che si era
unito all'altro e non perdeva occasione per toccarla- ma nessuno
disse nulla. Alice troppo persa ad annegare in due occhi scuri come
la notte, Manuel troppo orgoglioso per ringraziare in qualsiasi modo.
Da
quell'istante tutto si mosse molto
velocemente.
Prima
la campanella che riportò
l'ordine in classe e costrinse la ragazza alla fuga veloce dall'aula,
poi arrivò la professoressa con un plico di fogli in mano.
-Avete
cinquanta minuti da adesso-
Gli
esercizi erano esattamente quelli
del compito che aveva fatto l'altra classe, quindi gli stessi che la
loro salvatrice aveva portato pochi minuti prima. Copiarli non fu
impresa facile, ma i meccanismi di distrazione di Filo -dall'alto del
suo settimo anno di liceo dirigeva la classe egregiamente- erano
sempre validi e non ci volle molto perché la professoressa
si
arrendesse all'evidenza della loro innocenza.
Al
suono della campana della seconda
ora tutti avevano già consegnato e all'uscita della
Spigarelli, Filo
si lanciò in corridoio dichiarando a squarciagola a tutta la
scuola
di amare Alice Aroldi.
A
ricreazione anche Manuel si vide
costretto a ringraziare la ragazza con un dignitoso assenso del capo
alle, già eccessive, proposte per sdebitarsi degli altri
due. Lei si
limitò a sorridere divertita declinando gentilmente
l'ennesima
proposta di matrimonio del maggiore dei fratelli Zonin.
-Non
posso accettare la tua proposta
solo per il pagamento di un debito..Non potrei mai privare il mondo
femminile di un buon partito come te per ragioni così
infime!!-
-Oh
Ali quanto sei buona! L'ho sempre
detto io, beato chi ti si piglia!!-
Buona
parte del gruppo scoppiò in una
sonora risata, solo Jack lanciò un'occhiata in tralice a
Manuel che
nascondeva un sorrisino malizioso dietro una mano. Da troppo non lo
vedeva ridere così.
Nulla
di speciale quel venerdì alle Stimate. La mattinata, dopo
l'episodio
del maggiore dei fratelli Zonin che urlava nel corridoio le sue
proposte di matrimonio per la Aroldi, si trascinò lenta fino
dopo
pranzo.
I
soli che a mensa urlavano entusiasti
erano un ristretto gruppo di studenti di seconda: le voci non erano
state confermate, ma si diceva in giro che un paio di loro avesse
spiato la tanto bramata Alice Aroldi a fumare nel bagno dei maschi
del terzo piano e che lei li avesse intrattenuti mostrando loro le
sue grazie. Già si favoleggiava di completini leopardati e
rocambolesche acrobazie sessuali.
In
realtà le cose erano andate in modo
ben diverso. Alice si era sì rinchiusa nel bagno dei maschi
armata
di libro di Fisica, calcolatrice, ed aveva riempito di fumo tutta la
stanza, in attesa che suonasse la campanella, ma i due ragazzini che
l'avevano beccata seduta a gambe incrociate sul piano del lavandini
erano stati cacciati fuori prima ancora che avessero il tempo di
sbavare sul pavimento. E si erano pure presi una bella strigliata dal
Bressan (con tanto di minacce e insulti coloriti alle loro madri)
quando li aveva beccati a raccontare in giro la storia rivista e
corretta del loro incontro.
Questo
però era un particolare che
nessuna delle due parti era interessata a divulgare..
Il
pomeriggio toccò vette di
sonnolenza mai raggiunte per gli alunni di quinta. Persino Chiara,
sempre attenta e diligente, affondò le testa tra le braccia
incrociate sul banco in un momento di totale sconforto.
Solo
la bella rossa della sezione B
fremeva con le mani schiacciate sulla sedia sotto le cosce fresche.
Unica in tutta la classe che parve vagamente attenta alla correzione
dell'ultima versione assegnata per casa, non staccava gli occhi
dall'orologio e la sua mentre viaggiava già verso il settimo
piano
di un palazzo bello e signorile nel centro di Verona.
Con
uno scatto del pedale superò lo
spartitraffico e attraversò il cortile interno diretta al
portone di
legno scuro e i campanelli. Trasse un respiro profondo e con il dito
tremante pigiò il bottoncino argentato accanto al cognome di
Manuel.
Contrariamente
a tutti i suoi piani si ritrovò a pregare
che nessuno rispondesse, tutto il coraggio era scomparso
all'improvviso, i nervi tesi dietro al collo e una sensazione
inspiegabile nello stomaco le diceva di andarsene, che salire sarebbe
stato un errore enorme.
Passarono
una decina di secondi e stava
già per girare la bicicletta e andarsene quando la sua voce
falsata
dal citofono risuonò nell'aria.
-Chi
è?-
-Sono
Alice-
Silenzio
dalla parte del ragazzo.
Enorme
e madornale errore. Ogni istante
le diceva che non avrebbe mai dovuto suonare quel campanello. Eppure
da quella decisione dipendevano troppe cose -compresa la sua
felicità- e forse anche il suo futuro.
-Mi
fai salire un attimo,
devo chiederti una cosa?-
-Vieni-
rispose subito facendo scattare
il meccanismo del portone.
-Metto
dentro la bici?-
-Si-
La
solita conversazione telegrafica non la scalfì, ci era
abituata.
Attraversò
il portone e lasciò la bicicletta nel
solito angolo appoggiata al muro. Sempre lì, lo stesso punto
in cui
la lasciava sempre fino a qualche mese prima.
Quando
non andava da lui per parlare, e
la mattina impiegava dieci minuti solo per scegliere la
biancheria.
Si
avviò all'ascensore sistemando la divisa della
scuola e la borsa a tracolla che le stringeva il seno provando senza
risultati di scacciare ogni pensiero che non fosse il suo obiettivo.
Settimo
piano.
Guadagnò
il pianerottolo in quattro falcate e
si addentrò decisa nell'appartamento. Pensava di trovarlo in
camera
al computer oppure sdraiato sul letto ad ascoltare musica come
sempre, quindi si avviò spedita alle scale a chiocciola che
portavano alla sua stanza.
-Ehi!
Sono qui.- l'urlo arrivò dalla
cucina, luogo che lei aveva semplicemente ignorato.
Voltandosi
indietro lo trovò seduto su uno sgabello davanti ad un paio
di libri
che si affrettò a chiudere.
-Che
vuoi?-
Ed
era bello anche così, in maglietta
e vecchi pantaloncini. Coi capelli appiattiti su un lato,
probabilmente dove prima teneva appoggiata una mano, gli avambracci
muscoli su cui sporgeva un intricato disegno di vene pulsanti.
-Avevo
un paio di cose da
chiederti-
Sbuffò
e si alzo in piedi. La maglietta larga dei
Celtics talmente lisa da essere quasi trasparente non nascondeva
affatto le linee dure delle spalle. Si avviò al frigorifero
dove si
tuffò con tutta la testa.
-Parla
no!?!-
Quell'invito
nemmeno troppo scortese la
distrasse definitivamente da quel corpo tentatore.
L'obiettivo,
doveva pensare solo
all'obiettivo.
-Prima
di tutto: per caso hai trovato
un mio paio di orecchini?- decise di partire da lontano, si
liberò
della borsa lasciandola accanto al tavolo e si sedette sullo sgabello
dove era seduto lui in precedenza: -Sono a forma di margherita, li ho
persi la sera della festa alle Colombare, se non sono qui..-
Manuel
interruppe il suo sproloquio:
-Sì, erano sparsi nel letto, te li avrei restituiti io-
Glacialmente
parlando, la risposta di
Manuel fu come una corrente artica nel pieno di Verona il 15 di
luglio: da brivido.
-Ok
beh...- esitò un attimo sull'altra
domanda, improvvisamente tutta la carica che aveva prima di uscire
era sparita.
-Perché
non mi hai mai detto che hai
fatto due anni al classico?-
-Perché
non sono affari tuoi- le
rispose acido ma calmo emergendo dal frigo con in mano una serie di
buste.
Alice
si concesse uno sbuffo, appoggiò il gomito sul piano
e il mento sulla mano.
-Pensavo
ti fidassi di me? Io mi sono
fidata e ti ho raccontato un sacco di cose di me, tu invece
nulla...non è corretto!!-
-Non
fare la bambina...-
Era
serio e
la guardava stando in piedi dall'altra parte del piano. Per un attimo
incatenò lo sguardo con suo, e in quegli specchi d'ossidiana
bollente Alice vide l'ammonimento che in realtà celavano. Le
stava
chiedendo di non andare oltre con lo domande.
-Hai
fame?-
tergiversare era un gioco in cui Manuel non aveva rivali.
-No-
Ancora
una pausa più breve della
precedente in cui lo vide prendere un grosso respiro.
-Non
sei
venuta qui per chiedermi le cose di me che non ti ho detto, ne di
stupidi orecchini ...quindi ora parla: che vuoi?- il tono era
perentorio e non ammetteva repliche.
Sfiorò
il piano freddo con
il palmo della mano libera, la testa ancora abbandonata sull'altra,
poi tamburellò con le dita sul marmo, indecisa se fosse o no
il
momento di scoprire tutte le carte.
-Cosa
ti è successo l'anno
scorso?- sputò tutto d'un fiato.
Alzando
gli occhi per scorgere la sua
reazione si ritrovò davanti solo un paio di spalle larghe.
Non
le
rispose.
-Senti
Manu sei incoerente! Io non ti capisco...prima mi
tratti male e mi dici di andarmene via...-
La
interruppe senza
voltarsi: -Sei tu che mi
hai staccato la tv e mi hai dato
dello stronzo!- la corresse senza particolare intonazione mentre
armeggiava con pane e prosciutto.
Ma
Alice continuò
imperterrita.
-..poi
mi hai baciata al BleuMoon-
-No
tu
mi hai baciato!!- continuò a correggerla sempre
più
irritato
-...poi
a scuola mi dici che devo dimenticarti e che non
è il momento giusto-
Nella
mente di entrambi vorticava il ricordo
doloroso di quella conversazione, quando Manuel le l'aveva seguita
per dirle di dimenticarlo pensava davvero di fare la cosa giusta per
tutti, invece non aveva fatto altro che peggiorare la
situazione.
-Mmmh...smettila
di interrompermi!!!- sbraitò Alice
anticipando la sua replica: -Comunque poi mi hai aiutata sabato
scorso, anche se non mi spiego il perché visto che nella tua
testa
vuota mi avevi chiesto di starti lontana!- berciò sempre
più
irritata sbattendo le mani sul tavolo e dando sfogo a tutta la sua
impazienza.
Finalmente
Manuel si voltò tra la mani
un piatto su cui aveva disposto due metà di una panino bello
farcito.
-E
allora?- domandò con rinnovata calma.
-Come
allora? Ieri mattina mi hai difesa e poi insultata davanti a tutti,
mi hai umiliata capisci, cosa dovrei pensare io? Eh?-
La
guardò
un istante negli occhi per decidere cosa risponderle.
Erano
dunque alla resa dei conti,
sapeva che prima o poi Alice sarebbe arrivata a chiedergli
spiegazioni, non poteva continuare a illudersi di poterle stare
vicino senza però “avvicinarsi troppo”.
Allo stesso tempo aveva
la certezza che se le avesse detto che non si sentiva di darle quello
che lei desiderava, si sarebbe infuriata e non gli avrebbe
più dato
tregua.
-Se
sei venuta per sentirti dire che ti amo e che voglio
stare con te, che ti sarò fedele finché morte non
ci separi, puoi
anche tornare da dove sei venuta! Sai che non è
così te l'ho detto
che non provo per te quello che tu provi per me! E poi io non sono
come il tuo ex..-
Non
comprese il riferimento a Edoardo, però il
senso di ciò che le aveva detto era fin troppo chiaro.
-Non
sono
venuta per questo...- amareggiata gli rispose e abbassò lo
sguardo.
Forse
si era illusa di avere qualche
possibilità quando invece lui non era affatto interessato.
-Per
cosa allora?-
Giusto.
Bella domanda: per cosa era
lì?
-Per
sapere con chi sono andata a letto per più di tre mesi,
per avere delle risposte. Perché io sono tua amica e non mi
accontento delle voci, voglio la verità. E poi per scoprire
se ti
fidi di me-
-Non
è necessario-
-Si
che lo è!- inveì con fin
troppa enfasi costringendolo ad alzare gli occhi su di lei e a
fissarla con un sopracciglio alzato: -Lo è per me- concluse
sussurrando.
In
un istante qualcosa si accese nello
sguardo di Manuel tramutandolo in una belva.
-SMETTILA!
Tu non sai
niente di me, e non te ne frega nulla altrimenti non mi avresti dato
del figlio di puttana l'altra mattina. Te l'ho detto smettila di
starmi tra i piedi e dimenticami è meglio per tutti e due!-
Non
l'aveva mai visto in quello stato. Manuel si era sporto verso lei al
di là del piano della cucina, stingeva forte i bordi di
marmo come
se volesse sbriciolarli, le aveva urlato in faccia quelle parole in
preda all'ira convulsa.
I
tendini svettavano sul dorso delle
mani e sugli avambracci come corde tese di un violino e anche i
bicipiti si erano gonfiati sotto le maniche della maglietta. Sul
collo pulsava una vena di grosso calibro al ritmo del suo cuore
impazzito.
Eppure
non le faceva paura.
Sapeva
che con i suoi muscoli avrebbe potuto farle davvero male, ma non si
mosse, sapeva che non l'avrebbe sfiorata nemmeno con un dito. Mai,
nemmeno nei momenti di passione più brutale, le aveva fatto
del
male: ogni volta che magari le stringeva un polso o una coscia troppo
forte e Alice stringeva i denti per non farglielo capire, lui invece
mollava la presa con una carezza quasi gentile.
Urlando
le aveva
lanciato contro parole dure che riconosceva di meritarsi.
-Ti
sbagli..- continuò senza mollare il suo sguardo e sfoderando
tutta
la dolcezza di cui era capace: -..io continuerò a starti
intorno
finché ne avrò forza; e non sottovalutarmi, so
molte cose di te,
più di quanto immagini!-
Allentò
leggermente la presa sul marmo
e rise sarcastico per quell'affermazione.
-Sai
bene che è vero!-
ribadì Alice un po' offesa per la sua risata.
-Dimostralo...-
la
sfidò. Per tutta risposta si alzò dallo sgabello
e cominciò a
girare attorno all'isola al centro della cucina per raggiungerlo
dall'altro lato. Lentamente misurando ogni passo e senza mai lasciare
il nero dei suoi occhi.
-Vuoi
le prove? Pensavo che mi conoscessi
abbastanza da sapere che io non parlo mai per nulla-
Manuel
non
accennò a cambiare la sua posizione e Alice
continuò il suo
percorso verso di lui.
-So
che sei preoccupato dell'esame più di
quanto tu voglia far credere, soprattutto per Fisica perché
avere la
Spigarelli in commissione ti terrorizza...ma non ne hai motivo. Per
quanto ti faccia schifo sei abbastanza intelligente per passare
egregiamente anche la terza prova- era praticamente al suo fianco e
lo scrutava in cerca di un cambiamento nei suoi lineamenti rigidi.
Alzò
una mano col preciso intento di
sistemargli una ciocca di capelli però si fermò
qualche centimetro
del contatto. La sua possibile reazione la spaventava, poteva
compromettere tutto il suo lavoro.
-So
che hai avuto a che fare
con Cherubini, Dave, Marco e il resto della sua cricca e pure con
Clarissa, e la cosa non posso negarlo mi spaventa. Vorrei che ti
fidassi di me al punto da raccontarmi cosa ci sta dietro ma non posso
importelo-
-E
poi odi i compromessi, o tutto o niente...me lo hai
detto una volta...- abbassò per un po' gli occhi e sapeva
che era
per l'imbarazzo di quel ricordo.
Manuel
non avrebbe scordato
facilmente l'occasione che lei aveva citato: era l'inizio di aprile,
ed erano ancora in quella fase in cui il resto del mondo sembrava
solo una cartonato di scenografia alla loro vita. Si vedevano quasi
tutti i giorni, a scuola starle lontano era una tortura, desiderava
morderla e baciarla in ogni momento, non tollerava il pensiero che
Edo potesse averla quando non era con lui, ed ad ogni amplesso era
come morire tra quei capelli ramati.
Tutto
o niente Alice Aroldi...ti
credevo meno pudica....
Poi
non le aveva detto più nulla,
aveva atteso un suo cenno dopodiché aveva alzato l'orlo del
vestito
trascinandola a sedere su di lui. I piedi puntellati alla porta e le
dita affondate nei fianchi di Alice, abbracciati nel bagno del
BlueMoon.
La
Aroldi scivolò davanti a lui
proprio in quel momento, passando sotto al suo braccio con una mossa
felina. Ora si guardavano negli occhi a pochi centimetri l'uno
dall'altra, come quella notte tra denti stretti per non urlare parole
di troppo.
L'idea
di spostare le mani dal marmo
freddo al calore delle sue cosce lo fece tremare, fremeva al pensiero
di prenderla di peso e scaraventarla sul tavolo per dimostrarle
quanto gli fosse mancata.
-So
che ti convinci di stare bene così,
ma ti manca la tua famiglia-
Il
respiro gli si fermò rumorosamente.
Gli occhi sbarrati puntati su di lei.
Alice
2 Manuel 0. Palla al
centro.
-So
che non mi hai trattata come tratti tutte le altre...E
che ti piaccio più di quanto tu abbia il coraggio di
ammettere-
parlò gentile e carezzevole, come se volesse davvero
ringraziarlo
per questo.
Non
c'era malizia, ne accusa, ne
rivendicazione.
Manuel
spostò lo sguardo verso il basso, non
voleva guardare più quei maledetti occhi azzurri. Non voleva
arrossire, ne darle l'impressione di avere ragione.
Non
doveva sapere Alice di essere stata
il suo sole e la sua luna, il giorno e la notte, l'acqua e l'aria,
l'amore e l'odio, la vita e la morte. Per tre banalissimi
mesi.
Eppure
lei ci era preparata, scivolò con una mano sotto il
mento decisa e lo riportò incatenato al suo sguardo con un
gesto
dolce che non era un'imposizione.
-Ali..-
Tutto
quello che avrebbe dovuto dirle
rimase intrappolato in gola.
Mentre
lei lo guardava negli occhi
con dolcezza, splendida, quel sorriso solo accennato sulla bocca,
più
di tutto gli occhi sorridevano soddisfatti per aver catturato la sua
attenzione.
Cercò
di ritrovare la sua dignità posando lo sguardo
intorno a se.
Quando
i loro occhi persero il contatto seppe che
probabilmente era tutto perduto, che lui non voleva arrendersi, che
non le avrebbe mai aperto il cuore.
Si
appoggiò con tutto il peso
contro al tavolo e con una mano incrociò uno dei libri che
lui aveva
lasciato sul tavolo, gli lanciò uno sguardo distratto;
quando lesse
il titolo, gli concesse l'attenzione che meritava: "Storia del
design moderno".
Il
portatile acceso sul tavolo della
cucina, quel libro, e una alta pila di quaderni. L'astuccio blu scuro
decorato dal bianchetto con ghirigori geometrici e alcune matite
sparse sul marmo.
Quando
incrociò di nuovo la sua
maglietta che si allontanava di un poco da lei Manuel non le era mai
apparso così stanco.
-Stai
finendo la tesina?- chiese
interrompendo il discorso che l'aveva portata lì immobile
tra le sue
braccia, appoggiati entrambi allo stesso tavolo. Colpì il
libro con
due dita.
-Stai
cercando di cambiare argomento?- le fece il verso
aprendosi in un sorrisetto scettico.
Purtroppo
aveva imparato a conoscerla
fin troppo bene, per lui era trasparente come un bicchiere di
cristallo.
-Sì
perché a questo punto credo che non otterrò
più
le risposte che cercavo- gli sorrise per spronarlo a parlare. Ultimo
stremato tentativo.
-Sei
una rottura!- rispose allontanandosi
definitivamente da quella posizione così intima.
Attraversò
la
cucina a passo di marcia e si fermò sotto l'arco della porta
dandole
le spalle: -Se vuoi le tue risposte vieni e sta zitta!-
Spaesata
ci impiegò qualche secondo
per realizzare quanto le stava dicendo, ma si affrettò a
seguirlo
lungo il corridoio mantenendo fede all'invito al silenzio.
La
portò in camera sua. Con un gesto automatico le
indicò la poltrona
perché si sedesse e aspettò che si accomodasse
sulla pelle nera con
le gambe a cavallo di un bracciolo.
Non
sorrideva eppure nella sua
espressione non poté che leggere ansia e una punta di
curiosità.
Spazio
Autrice:
Dopo mesi di latitanza eccomi qui!
Che lavativa...direte voi!
E in effetti è così!!
Ma gioite ora sono tornata e ho preparato già anche il
prossimo capitolo
quindi fine delle attese millenarie!
[odiatemi pure per avervi lascito con un finale così...^^]
Jack è troppo buono, Manuel un cazzone cretino e Alice una
pazza egocentrica..
ma la vita è bella perchè è varia!!
Come al solito vi amo e vi adoro per le splendide recensioni
a cui mi accingo a rispondere:
Ilary92:
cara vorrei postare più spesso, come vorrei fare un
viaggio in india, avere tre mesi di ferie, un attico a Parigi e due
gatti...insomma ci siamo capite no?
RBAA:
Tesora!! come vanno i tuoi studi?? io sono prossima alla laurea
sai? Eh si ci avevi preso Droga è la parola chiave del
mistero
di Manu... vedrai che avremo anche altri particolare, nel prossimo
capitolo HIHIHI Condivido l'iniquità della razza maschile
(perchè di razza si parla!!) ma non possiamo farci
più
nulla, è un destino crudele il nostro!! Non ho avuto tanto
tempo per leggere molto ultimamente spero di recuperare presto con le
tue storie!! baciii
Angyr88:
Eheheh lasciare le cose in sospeso è il mio gioco
preferito...sono contenta che la storia ti sia piaciuta! io sono sempre
alla ricerca di gratificazioni perchè (come saprai)
è snervante non sapere quello che i lettori pensano..spero
di trovare una tua recensione, sono sempre molto gradite!! baci
Annalisa70:
anch'io voglio pubblicare il continuoooooo uffa! devo impegnarmi ma
sono sempre troppo incasinata!
Ozz:
finalmente! da tanto non vedevo una tua rece!! Manuel e umano nella
stessa frase un po' stonano, lui esula dalla razza per varie
ragioni...sono felice che la storia ti piaccia! Spero anche questi
ultimi cambiamenti!! ^^ baci
Betty:
ehi ciao!! come al solito non ho mantenuto la promessa!! Londra??
piaciuta? io sinceramente l'ho odiata! Devo smentirti: le lettrici
invisibili (ora sono due) non sei tu, ma le mie compagne di corso che
ho (ahimè) coinvolto in questa avventura e leggono sempre
tutti i capitoli! in ogni caso fai bene a tormentarmi con le mail, e
anche su fb! Ci vuole qualcuno che mi sproni. Anche se la mia beta
già ci mette un gran impegno!! Aspetto con ansia le
impressioni sul nuovo capitolo!! baci
bimbic:
benvenuta nel club dei
quelle-che-leggono-un-mucchio-ma-non-recensiscono-un-tubo! Mi sa che
siamo in parecchi comunque! Non ti preoccupare l'importante
è che leggi (e magari fai girare la voce sulla mia Splendida
creatura)!! Siamo concittadine?? wow! Bolognese anche tu...hihihi forse
allora sarai l'unica a notare i tanti punti che mi da la nostra amabile
città! baci
Rodney:
chiedo venia ma davvero sono stata incasinatissima, tra matrimoni
università lauree esamini ed esamoni, mi sono ridotta a
scrivere tutto di notte...vorrei avere più tempo, ma giuro
GIURO che la storia le finisco!! baci
Un
saluto alle lettrici invisibili che sono diventate DUE!!
Baci a tutte
direi che ci rivediamo i primi di settembre!!
Vale
|
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Capitolo 13 *** 13 ***
cap13
So che
non mi vedete
da un pezzo ma forse sono tornata a pieno ritmo..vorrei averne la
certezza. Ma in fondo ci sono un sacco di cose che vorremmo e che non
si avverano.
Vi adoro solo per il fatto che state leggendo queste righe.
Consiglio: andate a rileggervi l'ultima parte del cap
12..così
per rinfrescare la memoria prima di questo (sconvolgente) nuovo
aggiornamento...
-13-
"Non avevo niente da
offrire a nessuno
eccetto la mia stessa confusione"
(J. Kerouac)
-Chi ti ha detto cosa?-
Alice alzò le spalle sfoderando le sue doti sceniche
migliori:
-Non sono tenuta a dirtelo, e poi che importa il chi? Per il cosa
invece è facile, sono stata messa al corrente della versione
ufficiale, quella che sanno tutti.-
Aggrottò le sopracciglia di fronte a quella risposta
così vaga.
-E allora non hai bisogno di sapere nient'altro..- replicò
abbandonandosi con le spalle al muro e la braccia incrociate.
Era diventata talmente brava a leggerlo che intuì subito
dalla
posizione che non le avrebbe più detto nulla se fosse dipeso
da
lui.
-Bisogno non senso più comune del termine forse no, ma lo
voglio sapere! E sopratutto lo voglio sapere da te!-
Aveva fatto un grosso azzardo ad alzare il tono, e le conseguenze si
videro subito: -Non c'è un cazzo da sapere Alice, chiaro!?!
Sono
fatti miei! Tu non centri nulla e stanne fuori finché puoi!!-
-Perché? Dammi delle risposte porca vacca!-
-No!-
Nell'impeto della conversazione entrambi si erano alzati, ed erano
finiti a fronteggiarsi faccia a faccia a meno di un metro l'uno
dall'altra.
-Non mi interessa quello che vuoi tu! Io devo sapere, non voglio essere
lasciata fuori da nulla che ti riguardi!- Alice si era fatta
leggermente indietro nel momento in cui aveva percepito la sua
vicinanza effettiva, e perdipiù aveva pure smorzato la voce
nel
tentativo di prenderlo con le buone.
-Perché?- fu la più che lecita replica di Manuel
che la guardava fremendo.
Era davvero curioso di sapere cosa avrebbe risposto. Si sarebbe
scoperta? Avrebbe messo tutte le carte in tavola?
-Perché ti interessa? Non stiamo più insieme,
anzi se è per questo non siamo mai stati assieme.-
Non era la prima volta che le diceva una cosa del genere eppure le fece
sempre e comunque lo stesso effetto: le lacrime vacillarono sul punto
di esondare, ma le bloccò con un respiro profondo
concentrandosi
sulla risposta che avrebbe voluto dargli.
-Io ci tengo a te. Per qualche motivo assurdo, ti voglio bene. Anche se
ambigua, senza ragioni e più incasinata che altro, io e te
abbiamo avuto una relazione se così si può dire,
e questo
non puoi negarlo. Ecco perché voglio la verità!-
Manuel trasecolò facendo uno sforzo inumano per nasconderle
la
sua reazione, mai si sarebbe aspettato una risposta così
sincera
e diretta.
Relazione. Quel termine non era mai venuto fuori prima, anzi evitavano
accuratamente di dare nomi e definizioni al loro rapporto. Nessuno si
era azzardato ad affibbiare all'altro termini di possessione, per lui
Alice era solo Alice.
Ne la sua ragazza, ne la sua migliore amica, ma nemmeno solo un amante,
Era tutto e molto di più allo stesso tempo. Senza nome,
senza
definizione.
Forse era arrivato il momento di metterla alla prova.
-Bene!-
Si voltò ad aprire l'armadio un passo dietro di lui,
chinandosi
poi al secondo cassetto. Alice lo studiò con attenzione
tornado
seduta sul bordo del letto. Accavallò le gambe in tensione,
un
groppo d'ansia le impediva quasi di respirare regolarmente.
L'ora della verità era arrivata: niente più
segreti,
fughe o malintesi. Il momento in cui avrebbero raggiunto un
punto
di equilibrio, insieme o lontani che fosse almeno le cose sarebbero
state chiare.
Seguì con attenzione il frusciare dei vestiti che spostava
evidentemente alla ricerca di qualcosa, poi d'un tratto senza preavviso
le lanciò qualcosa. Non ebbe nemmeno il tempo di muoversi
per
afferrare l'oggetto che quello si depositò leggero sul
lenzuolo
proprio accanto alla sua mano.
In un primo momento non lo riconobbe per la mimetizzazione perfetta col
candore del letto, ma bastò un attimo per associare quel
piccolo
quadrato di plastica al racconto di Jack.
-E' ciò che penso che sia?- mormorò con un filo
di voce dopo un attimo di evidente smarrimento.
Manuel le si era avvicinato di un passo e se ne stava ritto davanti a
lei, non alzò le sguardo per parlargli ne per ricevere la
sua
risposta, la sua attenzione era tutta per l'oggetto posato accanto alla
sua mano.
-E' coca.- Due sillabe di puro orrore. -Una dose per due piste.-
La verità era lì. Ad pochi centimetri dalle sue
dita.
E Manuel non era più il ragazzo che aveva sempre
creduto.
La sua storia disastrata perse ogni valore davanti a quella bustina
piena di polvere bianca. Le testa le si riempì di domande
una
più assurda dell'altra. Dove avesse trovato i soldi per
quella
roba, come faceva ad assumerla, quali fossero gli effetti, oppure se
l'avesse mai visto fatto senza accorgersene. In bilico tra la voglia di
scappare o di urlargli contro, finì col rimanere
vigliaccamente
in silenzio.
-Tu mi hai chiesto la verità! Ora lo sai, se sei soddisfatta
per
quanto mi riguarda puoi anche andartene. Oppure c'è altro
che il
tuo cervellino svelto vuole sapere?-
Non urlò, se mosse un muscolo per avvicinarsi o riprendersi
la bustina.
Di tutto quello che aveva voglia di chiedergli (se avesse smesso
innanzitutto...) nulla sembrava importarle o tentare di raggiungere le
corde vocali per dare voce alle sue domande.
Qualsiasi particolare sarebbe stato fuori luogo, nulla aveva
importanza. Jack le aveva detto di ricordarsi chi era Manuel, com'era
stare con lui al di la di qualsiasi cosa avesse potuto dirgli. E fu
questo che cercò di tenere a mente mentre si sforzava di
produrre una reazione.
Cosa doveva fare? Avrebbe voluto avere un giorno una settimana per
poterci pensare e poi dirgli qualcosa. Ma quel lusso non poteva
permetterselo. Lui pretendeva una reazione. Se se ne fosse andata senza
dir nulla l'avrebbe perso davvero per sempre.
-Manuel..- sussurrò faticando a sentire la sua stessa voce.
Non si mosse, così fu Alice ad alzare lo sguardo e alzarsi
in piedi faticosamente.
La guardava e non la vedeva. Sentiva il cuore martellargli nei timpani
in attesa di qualsiasi cosa sarebbe uscito da quelle labbra morbide e
perfette. Non abbassò lo sguardo e incastonò gli
occhi
nei suoi in attesa.
-Cosa sono io per te?-
Avrebbe potuto chiedergli come avesse iniziato, perché o se
avesse smesso. Ma Alice valutò che se avesse voluto
dirglielo lo
avrebbe fatto da se per questo gli aveva fatto l'unica domanda che
sopra a tutte avesse un senso.
-Non lo so- rispose Manuel con una nota evidente di frustrazione nella
voce. Forse se fosse stato meno stoico si sarebbe passato le mani sul
volto vista la sua espressione.
-Bene, allora muoviti a scoprirlo perché è
l'unica cosa
importante e io non ho intenzione di aspettarti per sempre.-
Detto questo lo aggirò senza aspettare di vedere quale
reazione
le sue parole avessero provocato, con le spalle curve per il peso di
quella mezz'ora in quella casa prese la via delle scale.
-Quindi e' tutta qui la tua curiosità? La tua fame di gossip
è stata soddisfatta? Non vuoi sapere altro, per esempio se
ho
smesso o no? Sei venuta qui a pretendere una verità di cui
non
te ne frega niente, oppure la cosa ti disgusta al punto da andartene
così? Sei così egoista e presuntuosa da
interessarti a me
solo in riflesso a quello che provo io per te?-
Aveva ascoltato tutto di spalle sapendo bene che lui non vedeva l'ora
di sfogarsi così con lei, di rispondere a tutte le domande
solo
dopo che gli aveva mostrato la sua indifferenza alla cosa. Proprio per
questo si voltò e gli sorrise.
-Ho sbagliato a costringerti a parlarmene. Quindi aspetterò
che
sia tu a volermelo dire. Per questo ti ho chiesto cosa sono io per te,
quando l'avrai capito saprai anche se avrai abbastanza fiducia in me
per dirmi tutta la verità.- quelle parole lo lasciarono
talmente
basito che sgranò gli occhi e non rispose nulla.
-A stasera.- lo salutò con una breve carezza su una spalla e
gli voltò le spalle definitivamente.
"Tu
a difendermi e farmi male
Sezionare la notte e il cuore
Per sentirmi vivo
In tutti i miei sbagli"
(Subsonica)
Il ponte del 2 giugno era ufficialmente iniziato e prevedeva un
programma inflessibile per il trio.
Dopo la discussione a casa di Manuel, Alice era rientrata in casa
piangendo. La tensione che aveva accumulato l'aveva sfogata in un
pianto senza freni sotto la doccia, non le piaceva piangere in quel
modo così violento da scuoterla fin nello stomaco per questo
si
era rifugiata sotto il getto dell'acqua, in un certo senso era un
compromesso con se stessa. Le lacrime si mischiavano con l'acqua e come
si dice occhio non vede cuore non duole.
Finito di ricomporre il suo aspetto impeccabile, cominciò il
rituale tour di preparazione a serate importanti: estetista manicure e
parrucchiere.
La sera prima avevano sovvertito le abitudini del venerdì
sera
di baldoria: i ragazzi si erano rintanati tutti a casa Zonin con il
condizionatore puntato su 17° e una cassa di birra nel frigo
per
vedere la finale di scudetto, mentre le ragazze a casa Aroldi avevano
optato per un sushi d'asporto e una commedia romantica con Luca
Argentero (il loro idolo erotico per antonomasia).
Verso mezzanotte i due gruppi si erano ricongiunti, ma Alice era
fuggita a gambe levate dalla prospettiva di vedere Manuel in previsione
della conversazione che si era rivelata ben peggiore di quel che
immaginava.
In effetti quando l'aveva lasciato con la certezza che l'avrebbe
rivisto alla cena che avevano organizzato Paolo e Charlie, non aveva
minimamente pensato alla faccia di bronzo che avrebbe dovuto sfoderare
e mantenere per tutta la serata.
Laura la raggiunse a metà pomeriggio e si fece raccontare
tutto
mentre Alice tentava di metter ordine nel caos primordiale del suo
armadio in previsione del rientro dei suoi dalla crociera. Se sua madre
avesse trovato quel guazzabuglio di magliette jeans e vestiti l'avrebbe
appesa per il collo al lampadario.
-Quindi non avete risolto un bel niente in definitiva? Oltre al fatto
che gli hai velatamente detto di decidersi alla svelta, non hai cavato
un ragno dal buco?-
Le aveva rifilato quella che aveva deciso che sarebbe stata la versione
ufficiale dell'incontro. Non poteva certo andare a raccontare in giro
della dose di coca dopo avergli chiesto di darle fiducia?!
-Più o meno è andata così..- e l'altra
non le fece più altre domande
Fu un lavoraccio catalogare tutto il suo guardaroba, Laura
l'aiutò parecchio e come ringraziamento se ne
andò a casa
con un paio di magliette nuove di Alice.
-In tutto questo casino che hai riordinato hai trovato qualcosa da
metterti per domani sera?-
Il giorno dopo ci sarebbe stata La festa. Quella dei diplomanti al
BlueMoon. La loro ultima festa da liceali al BM, una manifestazione di
potere in piena regola, un modo come un altro per lasciare un'impronta
indelebile del loro passaggio alle Stimate.
-In parte si, avevo già deciso di mettere quel tubino di
voile nero di Pepejeans, devo pensare alle scarpe e gli
accessori ma direi che sono più o meno decisa.-
-E per stasera invece?-
-Bah per andare a mangiare la pizza con i ragazzi un paio di jeans
andranno benissimo, no?-
-E se Manu avesse deciso di aver trovato la risposta alla tua domanda?-
la bionda le lanciò uno sguardo malizioso che Alice
conosceva da
anni.
-Anche in quel caso i Jeans andranno benissimo..-
-Mamma mia quanto sei noiosa, dopo cena che abbiamo i programma? Tu ne
sai qualcosa, anche Chichi non ne sa niente...- scrollò la
chioma bionda oltre al bordo del letto su cui stava stravaccata ad
occhi chiusi.
-Smettila di chiamarla così se ti sentisse
s'infurierebbe...-la ammonì Alice con una sguardo birichino.
-Sisi, piuttosto chi c'è in linea su msn che magari
chiediamo informazioni?-
Alice si sporse oltre la pila di magliette che stava selezionando per
afferrare il portatile, un paio di colpi sulla tastiera e rimase a
bocca aperta nel vedere il contatto di Manuel impostato su "in linea".
-Guarda un po' Mister Non-So-Cosa-Provo-Per-Te è in linea e
ha
pure cambiato il messaggio iniziale, dice: "Nothing left to lose"...
Niente da perdere...-
-E' una canzone, non mi ricordo di chi però?- intervenne
Laura
senza muoversi dal suo giaciglio, era sempre stata molto più
competente delle altre dal punto di vista musicale: -Credi che sia
riferito a te?-
Nothing left to lose...
-Conoscendo lo probabilmente no, è già un
miracolo che sia collegato a messenger...-
All'appuntamento delle 8 a casa Zonin, non troppo distante da quella di
Manuel, Alice era arrivata trafelata con un quarto d'ora di ritardo
-scatenando le ire di Chiara, l'occhiata sbieca di Mister
Non-So-Cosa-Provo-Per-Te che pareva non essersi nemmeno accorto del suo
arrivo e quella ironica di Laura- nonostante avesse avuto tutto il
tempo
per prepararsi. Quella sera c'era qualcosa di strano nella sua immagine
allo specchio, non era mai perfetta.
-Solo un paio di Jeans eh?-
In effetti i jeans li aveva messi, all'inizio, poi erano finiti di
nuovo nell'armadio lasciando il posto ad un paio di shorts neri e ad
una camicetta di voile di seta color avorio bordata di nero.
Incredibilmente senza tacchi e con i capelli raccolti sulla nuca in uno
chignon improvvisato all'ultimo minuto.
L'aveva liquidata con la scusa del caldo che la bionda non si era
affatto bevuta, ma aveva fatto spallucce fasciata in un abitino di
cotone blu notte senza spalline che le metteva in bella vista la quarta
di reggiseno che Alice invidiava.
-Quindi dove si va?- aveva chiesto al gruppo pur di dirottare la
conversazione su altro che non fosse il suo abbigliamento.
-Surprise...- intervenne Charlie zittendo Paolo che stava per
rispondere: -Deve arrivare qualcun altro?- continuò
-No Edo non viene perchè aveva un altro impegno. Direi che
ci siamo tutti ora che sono arrivati Filo e la rossa...-
Ormai non se la prendeva nemmeno più per quel nomignolo
cretino
che le avevano appiccicato addosso gli amici di Manu e Jack.
Si risolsero a prendere tre macchine dopo che Manuel li aveva preceduti
dicendo che andava da solo in moto.
La pizzeria era carina. Abbastanza vicina al centro e con un soppalco
centrale sul quale stavano solo tavolini da due per lasciare un po' di
tranquillità alle coppiette, visto che la maggior parte dei
tavoli era pieno di comitive di ragazzi rumorosi quanto loro.
-Chi era?-
-Cheru-
Il silenzio avvolse quella dichiarazione che forse nemmeno Manuel si
aspettava avessero sentito tutti.
Senza volerlo si era trovata incastrata in un gran pasticcio.Al momento
di sedersi a tavola le coppie si erano sedute ad un capo del tavolo
Martina e il Vigna da un lato Laura Chiara con Jack e Charlie
dall'altro, così Alice era finita senza volerlo nell'angolo
dei
single trascinata da Filo e Andre che la strinsero in un quartetto di
ragazzoni dai bicipiti gonfi. Non avrebbe potuto rifiutare nemmeno
volendo, la fecero sedere a forza di fronte ad Andre.
Manuel riprese posto accanto a maggiore degli Zonin con estrema
noncuranza, senza quasi
vederla mentre tentava di svicolarsi dalle battutine di Andre e Paolo.
Qualcuno l'aveva chiamato al cellulare allontanandolo per qualche
minuto dal tavolo. Quel qualcuno rispondeva al nome di Andrea Cherubini.
-Che vuole da te quel delinquente?- Laura la ragazza seduta
più
vicino a loro, intervenne nello scambio spostando lo sguardo da l'uno
all'altro
-Questo tuo continuo ficcanasare ti porterà alla tomba..- la
ammonì laconica Alice due posti più lontana
dall'amica.
Filo incrociò uno sguardo perplesso con Manuel, il quale non
rispose.
-Oh Ali finiscila! Ero solo preoccupata per Manu, è meglio
stare
lontani da quel nano tronfio! Sapete che l'anno scorso per non farsi
beccare dai cani della polizia ha messo la sua roba nello zaino di una
di seconda, l'ha fatta sospendere ma tutti sapevano benissimo che non
poteva essere sua..-
-L'omertà è un difetto genetico
dell'adolescenza..- si
lamentò Paolo in sottofondo, guadagnandosi un'occhiata
ammirata
di Chiara.
-Guarda bello che dalla loro espressione Filo Jack e il Vigna non sanno
nemmeno cosa
voglia dire omertà!- esordì Charlie con un tono
roco che
usava raramente. Quasi tutti risero, persino gli interessati.
-Chissene frega di Cherubini. E' un coglione non vedo nemmeno
perchè dovremmo perdere tempo a parlare di lui. Sopratutto
non
vedo come potremmo parlane noi.- Alice tornò a rivolgersi
all'amica mentre in sottofondo si affievolivano le risatine degli altri.
-Che intendi dire?-
-Com'è che si dice? Chi è senza peccato scagli la
prima
pietra? Beh avanti chi di noi è senza peccato. Guardaci: tu
ieri
hai comprato un paio di stivali da 300 euro -brutti peraltro-
sfoderando la Visa senza batter ciglio, Filo tra qualche anno
avrà bisogno dell'ossigeno per salire le scale se continua
così, mezza scuola pensa Manuel che sia un rissaiolo
delinquente, Chichi si fa
venire una crisi di panico ad ogni interrogazione, io sono sulla via
dell'alcolismo e Edo è uno stalker..Ognuno ha i suoi vizi e
i
suoi problemi. Cheru ha scelto la sua strada, e per quanto sia
discutibile non possiamo demonizzare una persona solo perchè
ha
vizi meno distruttivi dei nostri!-
Per qualche momento calò il silenzio e tutti la guardavano
con i
bocconi a mezz'aria, ma non si fece intimorire continuò la
sua
pizza senza batter ciglio.
-Lo difendi?-
-Affatto! Anzi tutt'altro, io non lo ritengo neanche degno di entrare
nelle nostre conversazioni, volevo solo farvi notare che non
è
l'unico ad avere dei difetti. Non giustifico assolutamente il suo modo
di agire.-
Manuel posò le posate un istante dopo che Alice
finì di
parlare la quale però non ebbe il coraggio di incontrare il
suo
sguardo.
-Sono d'accordo con lei.- esordì il ragazzo stupendo tutti.
Jack
per primo, che temendo un battibecco tra i due si era messo
silenziosamente all'erta, suo fratello invece che conosceva bene la
situazione e quanto Manuel fosse suscettibile sul discorso Cherubini,
smise di masticare e piantò gli occhi sul profilo del suo
compagno.
-Cherubini non è un idiota, sa quel che fa e ne ha accettato
i
rischi anche se moralmente discutibili.- fece una piccola pausa per
afferrare il bicchiere, poi riprese ben attento a piantare gli occhi in
quelli di Alice: -Forse per lui il gioco vale la candela-
Quella frase aprì una valanga di cassetti che stava cercando
di tenere ossessivamente chiusi nella sua mente.
E per lei il gioco valeva la candela?
Manuel valeva aver messo in gioco tutto il suo orgoglio?
Valeva la pena aver messo in gioco i suoi sentimenti per qualcosa che
poteva benissimo ridursi a qualche pomeriggio di sesso?
Schivò subito lo sguardo di Manuel ben conscia che quella
conversazione fatta lì in mezzo a tutti aveva in
realtà
ben altri significati. Se fossero stati soli che le avrebbe detto?
Lo vide riprendere a tagliare la sua pizza con la coda dell'occhio,
mentre gli altri intervenivano finalmente nel discorso.
-Per me non vale la pena di rovinarsi per qualche attimo di benessere?
Provate a immaginare se davvero si perdesse la vista a forza di
masturbarsi, vi sareste fatti tutte quelle seghe sotto le coperte se
foste stati consci del rischio?-
Senza nemmeno alzare lo sguardo, anche se l'avesse vista solo scritta,
Alice sapeva benissimo che solo Laura avrebbe potuto tirar fuori una
frase del genere in una tavolata di quasi solo uomini.
Subito tutti scoppiarono in risa o versi disgustati mentre Charlie
tentava di convincerla che lui non aveva mai fatto nulla del genere in
vita sua con un'espressione da diavoletto redento da manuale.
La tensione venne stemperata ulteriormente da Filo che oltre a chiedere
altra coca-cola alla cameriera le chiedeva anche di uscire.
-Alice non ti offendere amore mio... Tu rimani sempre la più
bella di tutte: ma quella ha un davanzale da paura!!- le aveva
candidamente sussurrato il troglodita seduto a fianco a lei, ben
attento a farsi sentire da tutto il tavolo: -Anche perché il
tuo
rimane in assoluto il più bel culo di Verona!-
L'uscita di Filo le aveva finalmente ridato il sorriso dopo i discorsi
subdoli che avevano messo in piedi lei e Manuel diradando anche i
pensieri cupi dell'amico, che ora lo guardava con gratitudine.
-Suppongo di dovermi sentire lusingata e per questo ti
cederò
ben due fette della mia pizza! Anche se in realtà dubito che
tu
abbia visto tutti i culi di Verona!-
-Ohohoh si che li ha visti tutti: uomini e donne! Non è vero
Zonin? Sopratutto quello di Toffoli quello lo conosce benissimo, a
proposito come va la vostra splendida storia d'amore? Quando farete
outing?-
Ecco. Alice poté rilassarsi e godersi la sua birra, tanto
mettere in dubbio l'orientamento sessuale degli altri per i diciottenni
di genere maschile era in assoluto una delle attività
più
divertenti, almeno per un po' non avrebbero badato a lei incastrata tra
Filo e Andre.
Sfoderarono insulti sempre nuovi, degni di neologismi danteschi al
punto che Laura intervenne per far abbassare loro la voce che aveva
attirato l'attenzione di altri clienti della pizzeria.
Manuel non partecipava così attivamente alla conversazione
si
limitava a sghignazzare o rispondere con un dito medio alle
insinuazioni di Andre, l'unico ad avere il coraggio di insultarlo
apertamente davanti a tutti. Si guardava intorno studiando con
attenzione i processi relazionali che legavano i singoli membri del
gruppo.
Le ragazze ad esempio erano un soggetto di studio interessante:
già da lontano si notava quanto quelle tre fossero legate e
che
Martina fosse la new entry anche se facevano di tutto per farla sentire
accettata. Jack invece era guardingo, spesso incrociava la sua
traiettoria visiva per ammonirlo di qualcosa di incomprensibile, anche
se la maggior parte del tempo rideva con Charlie e la sua ragazza. Loro
erano la parte lustra e pulita del gruppo.
Poi c'erano gli altri.
Filo il pluriripetente che adulava Alice senza guardarla davvero,
Manuel lo sapeva, lo faceva solo per farla ridere e farla sentire un
po' meno distante. Insieme a lui c'era Andre col tatuaggio che sbucava
dal collo della maglietta a renderlo ancora più minaccioso
dei
suoi sguardi altezzosi. Era il meno simile agli altri eppure teneva
unita quella parte un po' sgangherata del gruppo. E c'erano Paolo e il
Vigna, il primo taciturno e galantuomo sempre pronto a tendere una mano
ad un amico che aveva scostato la sedia di Alice per farla sedere,
l'altro pazzo e viziato che si era ridimensionato grazie all'amore per
quella creatura minuta e dispotica che gli sedeva accanto.
In quella compagnia così eterogenea Manuel non vedeva la sua
collocazione, era l'ultimo arrivato, il più problematico e
distante dagli altri.
Alice nonostante tutto aveva le sue migliori amiche. E anche
lì
in mezzo a soli ragazzi aveva trovato una sua dimensione. Rideva alle
battuta sconce di Andre e dell'indignazione di Paolo che tentava di
difendere il suo -falso- candore. Era amalgamata con resto. Stava bene
lì. Non stonava.
E lui?
Stonava il suo passato da drogato in una compagnia di giocatori di
basket ammirati e invidiati?
-Manuel, tu invece?- fu Andre a riportarlo tra gli altri mentre
-Io cosa?-
-La tua bella? Quand'è che ce la porti?-
Manuel si guardò attorno e per la prima volta Alice lo vide
in imbarazzo.
-Finitela..- brontolò senza intonazioni di sorta.
Nessuno osò rispondere ma ghignarono tutti e quattro sotto i
baffi, Alice schiacciata in quel quadretto idilliaco non
poté
che abbassare gli occhi sulla pizza che stava centellinando. Era enorme
troppo per lei, così pensò di fargli un doppio
favore
togliendolo dall'imbarazzo.
-Manu io non la finirò mai, le vuoi un paio di fette?- lui
annuì cogliendo al volo l'occasione di svicolare da quel
discorso e scambiandosi con Alice uno sguardo che valeva ogni sforzo.
C'era complicità, passione e un pizzico di ammonimento in
quegli occhi neri.
-Rossa, il mio gatto mangia più di te lo sai?!- Andre le
riprese
per lo stesso motivo per cui Alice aveva scorto l'ammonimento negli
occhi di Manuel. Ma lei rispose con un gesto incurante della mano.
-Se due fette le hai date a Filo, una a me e due a Manu, tu che hai
mangiato scusa??- intervenne Paolo spalleggiato da Laura che non le
staccava gli occhi di dosso. Alice rispose di nuovo con quel gesto
incurante e addentò l'ultima fetta rimasta nel piatto sotto
gli
occhi di tutti. -Ti avverto che se mi dici che sei a dieta ti prendo a
calci!- continuò Paolo puntandole addosso la forchetta.
-Ma volete lasciarmi in pace? Che avete stasera? Mangio, poco ma
mangio, peso cinquanta
chili e non ho mica lo stomaco grosso come il vostro io?-
brontolò sentendosi punta sul vivo: -Mi sta pure venendo la
cellulite nelle cosce...-
-Oddio..La cellulite??-
fu Manuel a riprenderla intervenendo con un tono allibito e pieno di
scherno.
-Si la cellulite? Cos'è vuoi controllare?-
-Non ce n'è bisogno...-sibilò il ragazzo
lasciandola di
sasso. Voleva svergognarla lì davanti a tutti? Oppure
semplicemente non
aveva pensato prima di parlare? -I tuoi pantaloncini non celano nulla!-
Si salvò all'ultimo minuto giusto in tempo per vedere le
sopracciglia di Andre tornare a posto e l'espressione di Filo
ricomporsi. Manuel le aveva tolto dieci anni di vita con quell'uscita.
-Cafone- si limitò a rispondergli senza nemmeno guardarlo.
Laura scrollò la coda con un cenno d'assenso e le fece un
discreto occhiolino, mentre tutti continuavano a mangiare e ridere di
quel piccolo siparietto.
-Guarda che non ho certo detto che non mi piacciono..-
Stava...flirtando??
Era impazzito, ovvio.
Alice schizzò con il capo nella sua direzione, le labbra
spalancate in una piccola smorfia e gli occhi che ridevano compiaciuti.
In contemporanea Andre sbattè una mano sul tavolo per
sorreggersi dalla risata, Paolo si affogò con mezzo
bicchiere di
coca-cola, gli altri ridevano stentati per nascondere lo stupore e Jack
dall'altra parte del tavolo si complimentava con se stesso per l'ottimo
lavoro svolto su Manuel.
Al dolce ci arrivarono così, tra un battibecco e l'altro.
Gli unici ad essersi chiusi in un mutismo forzato erano Manuel e Alice,
controllati a vista da Laura che non voleva perdersi nemmeno un fiato
di quella serata così interessante. Si erano scrutati a
lungo
dopo l'ultima dichiarazione del ragazzo, entrambi, magari nascosti dal
bicchiere o da una sistemata ai capelli, eppure nessuno dei due
sembrava stancarsi di quel giochetto malizioso che avevano messo in
piedi. Alice sorrideva guardandolo con la coda dell'occhio, invece
Manuel alzava solo un angolo della bocca bruciandola con quegli occhi
di arenaria.
La adorava letteralmente.
Charlie chiese il conto e prima della fuga generale si fece lasciare i
soldi anche dai più reticenti.
Tornati alle macchine l'atmosfera goliardica scemò e
decisero di separarsi.
Charlie e Jack volevano fermarsi al BlueMoon -con grande sconforto di
Laura che ormai ci si sentiva fin troppo di casa-, il Vigna e Martina
da come si tenevano abbracciati occhi negli occhi avevano programmi che
non prevedevano compagnia, il resto dei ragazzi oscillava tra una
partita a biliardo e un giro al campetto da basket ora che avevano
ripristinato l'illuminazione notturna.
Alice propose di concludere la serata a casa sua visto che i suoi
sarebbero rientrati il giorno dopo, il fatto di non avere birra fredda
in casa però fece scartare subito l'ipotesi. Finirono
così tutti a fare -o guardare- una partita a biliardo in un
pub
con giardino estivo che offriva alle ragazze la possibilità
di
appartarsi a spettegolare.
Tutti, tranne Manuel.
Fu l'unico ad andarsene per conto suo, nonostante l'insistenza di Andre
e gli sguardi apprensivi di Filo, casco alla mano era già
pronto
a filare via dopo aver pagato il conto, e adducendo scuse poco
credibili se la filò da solo in sella alla sua Honda. Quando
Jack si avvicinò a suo fratello per chiedere spiegazioni le
uniche parole che gli uscirono dalla bocca furono glaciali: -Va a
estinguere il suo debito-
Spazio Autrice:
Ritardo inqualificabile...
questioni di vita o di morte...
baci a tutti
chi legge e chi recensisce
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Capitolo 14 *** 14 ***
Relazione Clandestina
-14-
"la tua bellezza sale
fino in fondo all'anima,
solo ad immaginare la tua mano cosa fa"
Quando il cellulare trillò nel buio della stanza quasi
saltò sul letto.
Lo afferrò con il cuore in gola, spaventata dalle ipotesi
apocalittiche che le affollavano la mente. Era un messaggio. Di Manuel.
Il pollice vibrò leggermente per la frenesia mentre premeva
il
tasto rotondo al centro della tastiera, il testo apparve subito
confortandola un po'.
"Sei
a casa?"
Compose il testo e lo inviò ancora prima di avere la
consapevolezza di averlo fatto.
"Si"
Che cosa voleva? Si accorse che era l'una passata solo dopo essere
tornata alla schermata principale del cellulare, l'una e trentasette.
La consapevolezza di cosa potesse volere da lei a quell'ora indecente
si sviluppò piano piano. Manuel sapeva che Alice era sola a
casa, ne avevano parlato fuori dalla pizzeria, e a cena era stata fin
troppo accomodante con lui visto quello che le aveva rivelato nel
pomeriggio. Avrebbe dovuto ignorarlo? O peggio starne alla larga?
Eppure non riusciva a vedere qualcosa di pericoloso in lui nonostante
tutto...
Una seconda vibrazione interruppe i suoi castelli in aria
prima che prendessero una forma concreta.
"Sono
davanti al tuo cancello. Aprimi"
Eccolo il solito messaggio. Manuel non faceva domande...ordinava, da
chi cavolo aveva imparato quei metodi barbari di comunicazione??
Contro ogni pronostico si scapicollò fuori dalle lenzuola
per
correre alla porta in pigiama. Tutte le ipotesi malevole di prima
scomparirono per far posto ad altre molto più drammatiche
condite di sangue e ossa rotte.
E oltre la porta lo spettacolo non era poi troppo distante dalle sue
immagini mentali.
Manuel era scuro in volto, la maglietta bagnata dall'acqua che colava
dai capelli e macchiata di rosso attorno al collo e su una manica, un
sopracciglio incrostato di sangue circondato da altri piccoli sfregi e
un graffio più grosso sulla guancia dallo
stesso lato. Non fece nemmeno in tempo a spaventarsi e urlare che
incrociò i suoi occhi che la costrinsero al silenzio.
-Entra- mormorò solo spostandosi di lato.
Conosceva vagamente casa di Alice l'aveva vista solo una volta di
sfuggita. Era molto diversa dalla sua: una villetta bifamiliare con un
bel salotto con divani a ferro di cavallo e un tavolo da pranzo in
vetro. C'era calore in quella casa, foto sulle pareti, quadri e tinte
calde, vasi di fiori e candele, tutte cose che in casa Bressan erano
sparite con la morte di sua madre e la dipartita di suo padre. L'unica
stanza di quella casa ad avere una parvenza di vita era la stanza di
Manuel.
Dopo aver posato il casco a terra aspettò che fosse lei a
fargli strada.
-Cosa ti è successo?- gli chiese subito dopo averlo fatto
accomodare in cucina.
Evitò di risponderle tanto sapeva che sarebbe tornata alla
carica più tardi. Ne seguì i movimenti tra la
cucina e il
ripostiglio alla ricerca di cotone e disinfettante e mentre bagnava un
canovaccio sotto al rubinetto. Pragmatica e decisa, dopo un primo
momento di confusione, non aveva perso la calma neanche davanti al
sangue.
-Mio padre è a casa con degli amici, non potevo presentarmi
così..- strinse i denti mentre Alice provava a pulirgli la
faccia -Jack e Filo avrebbero fatto troppe
domande. Andre invece non so dove sia-
-Quindi speri che io non te le faccia??-
-Mi devi ancora un favore, e non sei pericolosa quanto loro.
Me ne
avrebbero date il doppio solo per non averli portati con me..-
Stava seduto nella grande cucina in cotto con i gomiti poggiati al
tavolo e le palpebre che gli si
chiudevano dal sonno sotto il tocco discreto di quelle manine bianche.
Lo stava medicando delicatamente, in piedi di fianco a lui, e non
appena
lo toccò con il batuffolo imbevuto di disinfettante
Manuel
scattò indietro colpito dal bruciore della sostanza a
contatto
con la ferita. Strizzò gli occhi cercando di trattenere un
ringhio molto
irritato.
-Su su dai, non farà più male di quando te
l'hanno
fatto, no?-
La guardò torvo e ritornò al suo posto gli occhi
concentrati sui piedi nudi della ragazza.
Aveva le unghie dipinte di un
verde brillante che saltava subito all'occhio.
L'operazione
continuò ma si trattenne da scappare al contatto
con il
disinfettante, digrignò solo un po' i denti. Essere davanti
lì in quelle condizioni era già abbastanza
umiliante, non
poteva
fare pure la figura del bambino piagnone. Alice sbuffò un
paio
di volte ma sembrava più che altro divertita dalla sua
rigidità e dal fatto che quel taglio fosse tutto fumo e
niente
arrosto.
Quando la tortura si interruppe tornò di nuovo tranquillo.
La guardava a pochi centimetri da lui mentre studiava pensierosa la
ferita..
-Hai detto che sei da sola, giusto?- chinò il capo da un
lato
guardandosi attorno senza un velo di malizia, forse più per
assicurarsi di non
rischiare incontri spiacevoli.
All'improvviso quella camicia da notte le sembrò troppo
corta,
lisa e slavata per stare di fronte a lui senza arrossire, avrebbe
dovuto quantomeno infilarsi un paio di pantaloncini prima di aprirgli.
Annuì dignitosa.
-Che hai fatto per meritarti questo?- gli chiese indicando il lato
destro del suo volto con
gli occhi.
-Ho fatto incazzare gli amichetti di Cheru-
Cercò di focalizzare le facce dei tipi di cui parlava con
scarso
successo, Cheru era una figura indimenticabile tutto tronfio nella sua
misera altezza, i suoi comilitoni erano due, uno smilzo ma perecchio
più alto, l'altro invece per quanto ricordava somigliava in
tutto e per tutto a un cinghiale.
-Wow! Che magnifica idea..- riprese a medicarlo con
l'acqua ossigenata con più vigore: -Filo ha detto che dovevi
saldare un debito, suppongo che questa sia la liquidazione!?! Tieni
qui.-
La sua mano si sostituì a quella sottile e delicata di Alice
sul batuffolo mentre gli cercava un cerotto nella scatola.
-Ehi guarda che non le ho solo prese! Vedrai Dave che bell'occhio nero
che sfoggerà..-
Gli sorrise con un misto di divertimento e ammonimento che riusciva a
sfoderare solo lei per poi attaccargli un cerotto grosso e bianco senza
troppa premura sul sopraciglio.
Passarono qualche minuto in silenzio mentre la ragazza smaltiva carte e
batuffoli sporchi di sangue e Manuel finiva di pulirsi il collo dal
sangue con l'asciugamano, incrociarono gli sguardi un paio di volte
senza dirsi nulla in particolare. Solo allora notò
davvero l'abbigliamento di Alice.
Una canottiera bianca la copriva appena sotto al sedere, lasciando le
gambe altrettanto pallide completamente esposte alla sua vista. I
capelli slegati avevano preso l'onda della crocchia in cui li aveva
stretti a cena, stavano scompigliati su una spalla, alcuni ciuffi della
franghia spettinata voltati all'insù.
-Dormivi già?-
Alice annuì chinandosi sulle ginocchia per prendere una
bottiglia d'acqua dal mobile, il vestito scivolò in avanti
senza
che lei se ne accorgesse e Manuel ebbe l'esatta percezione di tutto
ciò che non
indossava sotto la camicia da notte.
Gli offrì un bicchier d'acqua che ignorò, troppo
impegnato a cercare una scappatoia dalla visione della ragazza a meno
di un metro da lui.
Di nuovo piombarono nel silenzio imbarazzante di prima, e pur non
concentrarsi troppo su di lei cominciò a vagare con lo
sguardo
per la cucina. L'unica cosa che gli saltò all'occhi fu un
foglio
bianco appeso al frigo con due calamite, era una lista dei cose da
fare, una sorta di promemoria, vergato con la calligrafia regolare e
asciutta di Alice. Alcuni punti erano stati sottilineati, altri
cancellati: quelli ancora da fare erano riordinare la stanza, passare
al lavasecco e chiamare il tecnico del modem. Non era abituata quanto
lui a stare sola, lui aveva smesso di farsi quelle liste da quasi un
anno.
Perso nella sua osservazione si accorse tardi dell'espressione stranita
e del risolino di Alice in sottofondo.
-Che c'è?- le chiese irritato dalla curiosità con
cui lo scrutava.
-Non ti avevo mai visto sbadigliare...quindi sei umano!?-
-Simpatica!!- si beò del suo stesso sarcasmo
perchè la
sua semplicità
lo irritava più di quanto non fosse di suo: -Sono stanco
stamattina mi sono alzato presto e ho passato il pomeriggio al campetto
con Jack-
Non sapeva nemmeno perchè le stesse dando spiegazioni.
-Puoi dormire qui se vuoi-
Manuel la guardò stupito alzando il sopraciclio sano,
cos'era una
dichiarazione di guerra? Si era forse accorta della brama con cui la
guardava? Probabilmente no visto il sorriso gentile che aveva sfoderato.
A che gioco stava giocando?
-Perchè?-
-Mi piace dormire con te..- mugugnò facendo spallucce: -E
poi mi
parva di aver capito che non fosse il caso che tu tornassi a casa in
queste
condizioni..-
Eccola. Quella era Alice. La piccola addescatrice maliziosa dagli occhi
blu che l'aveva irretito quella sera d'inverno.
-Va bene-
Era stato solo una volta in camera di Alice, il giorno in cui erano
stati insieme al lago l'aveva accompagnata a casa a cambiarsi ed era
rimasto seduto sul suo letto tutto il tempo seguendola con gli occhi
entrare e uscire dal bagno.
Quella stanza era come l'aveva sempre immaginata, incasinata e
colorata.
Aveva una grande scrivania con sopra un caos spropositato, un'armadio a
tre ante che straripava di vestiti che l'altra volta non erano
così in ordine, il letto a una piazza e mezzo con le
lenzuola azzurre con stampate delle nuvolette gialle e rosa. Il
pavimento non era più disseminato di scarpe spaiate, c'era
solo un paio di ballerine, le stesse probabilmente che aveva indossato
a cena.
Niente era esattamente al suo posto ma lei sembrava starci bene in quel
disordine.
Sul comodino un i-pod su
un
amplificatore dal design iperfemminile diffondeva deboli note di un
concerto di pianoforte -Chopin conoscendo i gusti di Alice-, il
portatile ai
piedi del letto, sulla scrivania un altro computer fisso da cui si
diramava una ragnatela di cavi che lo collegavano a
vari pezzi sparsi sopra o sotto il tavolo. Su una mensola sotto la
finestra pile disorganizzate di giornali di moda e libri.
-Scusa il disordine, ma quando non c'è mia madre mi lascio
un
po' prendere la mano..- gli disse appena lo vide entrare spaesato in
camera.
Non le rispose.
Al bordo inferiore del letto era appeso un reggiseno che Manuel
riconobbe e non potè che sorridere davanti al pizzo cosparso
di
piccole margherite binahce gialle.
-Posso usare il bagno?- le chiese mentre Alice si muoveva per dare una
parvenza d'ordine, raccolse alcuni
libri da terra e li posò in bilico su una pila di fogli
sulla
scrivania,
chiuse le ante dell' armadio gettandovi dentro alla rinfusa
tutto ciò che stava sul fondo del letto, poi raccolse
una scatola aperta da terra che conteneva una serie
di
attrezzi da disegno, squadre righelli e goniometri di ogni dimensione e
la nascose sotto il letto.
-Certo certo- brontolò.
Manuel si chiuse la porta del piccolo bagno privato alle spalle con un
sorriso sulle labbra.
Quando uscì sembrava vagamente più orientato, e
notò subito quanto la camera sembrasse più
ordinata. Dal
bagno l'aveva sentita armeggiare per tutto il tempo, ed ora non c'era
più nulla appeso al letto, ne oggetti a terra. In compenso
in
bagno aveva trovato di tutto: rossetti e mascara sparsi ovunque,
vestiti accumulati in un angolo, un post-it sullo specchio con
disegnata una grossa P rossa e un punto esclamativo e accessori per
capelli che straripavano dal cassetto. Il concetto di ordine e
razionalizzazione le era completamente estraneo.
La trovò seduta contro la testata del letto con le mani in
grembo, ed era chiaro che lo stesse aspettando da come lo fissava.
Manuel si sfilò la maglietta e la lasciò cadere a
terra ai piedi del letto,
poi
passò alla chiusura dei jeans continuando a guardarla negli
occhi. Stordita dalla visione ci mise un po' per organizzare pensieri
coerenti e spostare lo sguardo, doveva per forza spogliarsi in quel
modo?
Non ci fu bisogno di dirsi nulla, era come era sempre stato a casa
di lui: Alice a destra Manuel a sinistra. Venne naturale ad entrambi
disporsi così, non ci fu bisogno di parlarsi.
Manuel le voltò le spalle, nonostante lei sapesse benissimo
che dormiva quasi sempre a pancia insù: -Buonanotte-
-'Notte- rispose in un brontolio assonnato lui.
Non rimasero a lungo schiena contro schiena in quella posizione
ridicola e poco riposante, ognuno accucciato sul bordo esterno del
letto e presto si ritrovarono sdraiati quasi l'uno contro l'altra in
posizioni molto più gradevoli. Al solito il ragazzo
infilò un braccio sotto al cuscino, l'altro, quello con cui
di
solito l'abbracciava, abbandonato sul petto.
Alice invece non riusciva a rilassarsi, e allo stesso tempo temeva di
disturbarlo nel tentare di trovare una posizione comoda. Era rigida e
immobile con le braccia innauralmente abbandonate ai lati dei fianchi,
incapace di reagire.
I minuti passavano nel silenzio più totale della casa, i
soliti
scricchiolii provenienti dall'armadio, il respiro ritmico di lui, tutto
nella norma. Eppure non la straniva averlo lì.
-Dormi?- chiese sussurrando dopo interminabili minuti di insonnia e
pensieri che si rincorrevano senza ne capo ne coda.
Dovette attendere un po' ma alla fne la risposta arrivò: -Ci
stavo quasi riuscendo-
-Domani pensi di andare al lago con gli altri?-
-Forse-
Alice si voltò verso il comodino e con una semplice
pressione su
un tasto riempì la stanza con una canzone lieve dal ritmo
lento
e irregolare, il volume era bassissimo, ma la note riempivano
dolcemente il
silenzio.
Lui voltò la testa guardandola per chiede spiegazioni a quel
gesto.
-Ogni tanto dormo con la musica, mi concilia il sonno. Ti da fastidio?-
Non le rispose tornò solo a fissare il soffitto e poi chiuse
le palpebre rapito da quel suono.
-Uhn..già la tua insonnia...- commentò ricordando
il suo problema
-Ti capita ancora?-
-Spesso. In questo periodo poi, con gli esami e tutto il resto..- non
si guardavano fissavano entrambi il soffitto.
Decise di ginorare quel "tutto il resto" che immaginava riguardasse
anche lui, non gli piaceva l'idea di crearle problemi.
Ascoltò
meglio la sinfonia, riconoscendola vagamente per
l'irregolarità
dell'andatura.
-Chopin immagino?-
-Bravo! Questo me l'ha consigliato Andre Pasini sai, dice che a lui
rilassa..-
Manuel rimase in silenzio ad occhi chiusi, e lasciò che
mente e
corpo si perdessero in quella melodia, era rapito, rilassato e
abbandonato ai sensi.
Troppo abbandonato ai senti.
Affondò completamente nel cuscino e inspirò a
fondo: quel
cuscino, quelle lenzuola, quella stanza, quel mondo intero odorava di
lei. Era snervante e inebriante.
La sensazione che l'aveva sconvolto tante volte in sua presenza lo
vinse
ancora: il mondo era scomparso.
Non c'erano più i suoi problemi con la fisica, ne la tesina
da finire.
Non c'era sua padre ad assillarlo per l'università
dall'altra parte dell'Europa.
Non c'era quel ginocchio maledetto, ne il fisioterapista con le sue
ramanzine.
Non c'era il carburatore della moto da riparare, ne tutte le sue
maschere d'orgoglio da mantenere.
C'era solo quella stanza dal disordine nascosto nei cassetti, quel
cuscino che profumava di lei. Solo loro, in quel letto, soli.
Le parole arrivarono al suo orecchio distorte, come se
fossero lontane o solo pensate e un tripudio di emozioni esplose nel
suo corpo
ottenendone solo la completa pietrificazione.
Calore. Paura. Stupore. Gioia. Dubbio.
E ancora farfalle. Milioni di farfalle, dentro e fuori di
lei.
-Basta hai vinto tu, mi arrendo-
Cosa voleva dire?
Non impiegò molto a capirlo, nel momento stesso in cui
sentì le lenzuola spostarsi al tocco di una mano che non era
la sua, capì che
quelle erano le parole che aspettava da mesi.
Lenta la mano di Manuel la raggiunse, insinuò due dita
nel suo palmo per accarezzarlo, senza fretta.
Le stava rannicchiato accanto eppure i loro corpi non si
sfioravano, l’unico contatto era quello con le dita di
Manuel.
Risalì con le dita fino al polso, scivolando sul tendine
contratto, forse nella speranza di rilassarla lo massaggiò
leggermente senza
grandi risultati. Alice era immobile, una statua di cera supina sul
letto con
gli occhi chiusi.
Aprirli significava scontrarsi con la realtà e magari
scoprire
che quelle parole, quel tocco erano solo frutto della sua fantasia, che
Manuel
non aveva ceduto, non era accanto a lei ad accarezzarle la pelle.
Intanto quelle dita invece salivano. Salivano, salivano.
Erano arrivate all’interno del gomito, ne saggiavano la
consistenza morbida della pelle ed esile e ossuta al di sotto. Lo
sentì
soffermarsi su una vena, un piccolo canale rigido ed elastico
sottopelle,
inseguì il suo corso fino al bicipite per poi sentirlo
sparire dietro al
sottile strato di muscolo, giunse alla fine del braccio e si
fermò. Esitazione.
Alice non si era mossa di una virgola, ne un cenno ne un
tremito, occhi ostinatamente serrati. Era il caso di insistere?
Si.
Sulla spalla incontrò la sporgenza della clavicola e
l’ostacolo leggero della canottiera che agirò
infastidito da tutto ciò che non
fosse la sua pelle, separarsene in quel momento era qualcosa di
estremamente
fastidioso. Scese fino all’attaccatura del collo fino al
centro della gola.
E lì fu il dilemma.
Salire ad accarezzarle il viso, o azzardasi a scendere al
resto del corpo?
Lei non accennò a muoversi.
Si convinse che forse poteva aggirare i punti più ostici.
Non voleva ancora incontrare i suoi occhi.
Cominciò a camminare con le dita lungo lo sterno,
contando le costole e saggiandone lo spessore la rigidità e
quanto poco tessuto
lo separasse dall’osso. Constatò con amarezza
quanto fosse fragile rispetto a
lui, quanto poteva pesare Alice? Mangiava abbastanza? Forse avrebbe
dovuto
controllarla meglio. Inevitabilmente a metà del torace
incontrò il sottile
strato di tessuto che la copriva.
Maledetta camicia da notte.
Camminò sul profilo inferiore del seno senza
avvicinarcisi troppo, lì la pelle prendeva una consistenza
differente, più
tenera, le costole s’inabissavano nel corpo lasciando spazio
alla curva debole
di cui l’aveva sentita lamentarsi tante volte.
Ridiscese verso il centro del ventre, lo sentiva
abbassarsi al ritmo del respiro molto più che il torace,
morbido a differenza
del resto anche se intrappolato del tessuto del pigiama.
Trovò l’ombelico in un
piccolo avvallamento di forma perfettamente circolare, niente piercing,
diceva
di essere troppo cagasotto per sottoporsi volontariamente al dolore.
Sapeva che
lì sotto al cotone avrebbe trovato un piccolo neo proprio
alla destra dell’ombelico.
Scese ancora percependo con chiarezza l’elastico delle
mutande e gli ostacoli tra le sue dita e la pelle di Alice aumentare.
Per un
attimo l’idea di seguire l’istinto lo
accarezzò, avrebbe voluto toglierle tutta
quella roba, trascinarla nuda sotto di se e stringerla fino a fondersi
con lei.
Rincorse le ossa del bacino fino al fianco sinistro,
artigliandolo con tutto il palmo -quante volte le aveva artigliato
così i
fianchi incastrandosi con lei alla perfezione- e finalmente ne
avvertì la reazione.
Un gemito. Non di dolore. Non di piacere. Solo una reazione di stupore,
probabilmente per il cambio di tono con lui l’aveva stretta.
In alcuni punti era fin troppo spigolosa Alice.
Andò da un’anca all’altra con il palmo
aperto, con forza,
portandola un po’ di più verso di se.
Poi tornò a sfiorarla solo con i polpastrelli.
Scivolò sull’esterno della coscia fino ad
incontrare di
nuovo quella pelle pallida sporcata di lentiggini, arrivò al
ginocchio
chinandosi per solleticarne il retro attendendo la reazione che
sperava.
Alice si rilassò in modo appena percettibile sotto al suo
tocco, rilasciò il ventre e pure i muscoli delle gambe
finalmente liberò un
respiro più profondo degli altri in cui Manuel
ascoltò il suo nome insinuarsi
tra quelle labbra e scappare fuori.
Era tempo di prendere coraggio.
In quel momento qualsiasi –qualsiasi- cosa le avesse chiesto
non avrebbe mai rifiutato, era
sua, in ogni atomo in ogni organo in ogni respiro. Le avesse chiesto
del sangue
si sarebbe tagliata pur di farglielo bere direttamente dalle sue vene.
Nemmeno si accorse che si era mosso quando se lo ritrovò
addosso.
Per quante volte l’avesse visto sopra di lei a torso nudo
pronto a spogliarla, non sarebbe mai stata pronta a quel momento: in
equilibrio
con le mani ben piantate sul materasso appena sopra le sue spalle e le
ginocchia ai lati dei fianchi, Manuel quasi non la toccava.
-Apri gli occhi ti prego-
Mai mai mai avrebbe creduto di sentirlo pregare con quel
tono così dimesso e sofferente.
Perché? Li aveva forse chiusi? Allora perché lo
vedeva
comunque?
Quando li aprì si scontrò con
l’oscurità della stanza,
faticò a distinguere i contorni della figura di Manuel
sebbene fosse a pochi
centimetri da lei. Per abituarsi al buio ci volle un po’, la
prima cosa che
distinse furono le spalle, larghe e massicce, dalle quali
risalì al volto e poi
agli occhi. Neri abbastanza per non essere distinti dal resto, eppure
era certa
che fossero lì, piantati su di lei. Frementi.
Forse era il consenso che aspettava perché pian piano
Manuel si sedette sui talloni facendo scivolare il lenzuolo in basso
scoprendo
entrambi.
Fu con studiata lentezza che le portò di nuovo le mani ai
fianchi insinuandole sotto la camicia da notte. E non furono
più solo i
polpastrelli a godere del contatto con la sua pelle, ma tutti i palmi,
tutte le
dita perfino i polsi. E ogni terminazione nervosa trovò il
suo posto. Il suo
attimo di gloria.
Alice non sapeva dove guardare, chi pregare, a chi
chiedere sollievo, si sentiva andare a fuoco dal desiderio e allo
stesso tempo
divorata dall’ansia.
Non faceva l’amore con lui da mesi.
Eppure lui era seduto sulle sue cosce e la guardava pieno
di brama, e anche le sue parole erano lì.
Si era arreso. E il suo tocco non era mai stato così
incerto, la cortese fermezza che l’aveva sempre distinto
dagli altri
momentaneamente accantonata.
Le farfalle che l’avevano tormentata fino a quel momento
divennero veri e propri crampi quando, dopo aver atteso a lungo uno
stop, iniziò
a far scorrere la canottiera verso l’alto.
Saliva saliva saliva.
Si bloccò con le mani sotto al seno senza scoprirlo.
Concentrò le sue attenzioni sul ventre, accarezzandolo con
tutte e dieci le
dita, prima verso l’alto poi verso il basso, fino al bordo
delle mutande. Alice
ora lo guardava, ne seguiva ogni mossa con circospezione mentre si
abbassava a
lambirle con le labbra la carne molle del fianco, e dopo mentre con la
lingua e
i denti le marchiava il perimetro dell’ombelico. Era il
figlio di Satana. Le
mani presero la via della schiena sollevandola un po’
e correndo fin sulle natiche, da lì
ricominciò
dalle mani, i polsi, gli avambracci, i gomiti. E ancora le spalle, le
clavicole,
la gola. La toccava dappertutto, e non sembrava averne mai a basta,
baciava
ogni sporgenza ogni osso o venuzza in rilievo, stampandosene il
percorso nella
mente.
Finalmente si ritrovò le mani grandi di Manuel ad
avvolgerle la mandibola, con le dita insinuate tra i suoi capelli era
di nuovo
immobile, preso solo a guardarla. Mosse le mani tra la massa di capelli
rossi
sparsa sul cuscino, a tracciarne i bordi dell’attaccatura e
massaggiarle le
tempie.
Era lì a un palmo dalle sue labbra con gli occhi
sbarrati. A portata di bacio.
Per un attimo le fece quasi paura per la forza che
imprimeva alla stretta sul suo volto e per la tensione delle labbra
serrate per
uno sforzo incomprensibile. Prima non l’aveva capito.
Aveva preso la sua esitazione per brama, invece era lui
stesso ad avere paura, aspettava lei, la sua partecipazione, il suo
permesso.
In effetti oltre ad aver aperto gli occhi, non si era più
mossa, era lì inerme alla mercè delle sue mani
con l’improvvisa sensazione di
dover dire qualcosa.
Le mani le formicolavano per l’immobilità forzata,
ne
volevano collaborare, ma le costrinse ad alzarsi fino agli addominali
di Manuel
e correre fino allo stomaco, al petto su per le spalle fino alla gola,
in
fretta ignorando la sensazione di calore sotto le dita e la tentazione
di
fermarsi ad esplorarne i muscoli definiti. Raggiunse il viso e lo
accarezzò
piano prima di spingere sui reni ed alzarsi a baciarlo.
E fu fuoco.
E fu aria.
Un bacio semplice in cui era stata Alice a lanciarsi su
di lui, ed ora stava appesa alle sue spalle con la schiena sollevata.
Le
artigliò la vita e una coscia per portarla seduta con se sul
materasso e
dedicarsi a quel bacio che aspettava da giorni.
"perso non più
contatto più niente, se tutto
cambia in un istante
in guardia e
costantemente, fuori controllo
perso non più
certezze più niente, il vuoto accorcia le distanze
in fuga e costantemente,
pronto allo scontro.
Subsonica"
Inutile e abusivo
spazio autrice:
Ecco a voi l'ennesimo capitolo scritto e pubblicato di getto!
Ringraziate tutti e inchinatevi alla mia Alessandra, la mia beta una e trina.
Ora,
no comment sul capitolo che finisce e non finisce...
Già so che riceverò recensioni con violente
ripercussioni verso la mia persona e visto che qualcuna di voi
è di bologna
vi prego non venite a cercarmi per flagellarmi!
Il seguito è quasi pronto, diciamo che il più
è fatto.
Come alcune di voi già sanno: la mia velocità
negli aggiornamenti è direttamente proporzionale alla mia
depressione,
il che significa che in questo periodo va tutto maledettamente male.
Ma voi gioite, significa che aggiornerò in un lampo!!!
Due piccoli regalini:
capitolo
13
capitolo
14
Le canzoni citate sono: L'amor carnale - The bastard sons of dioniso,
L'errore - Subsonica.
Adoro il nuovo sistema per rispondere alle recensioni e adoro voi che
mi seguite.
(come al solito) 1bacio. Vale.
|
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Capitolo 15 *** 15 ***
15
Relazione Clandestina
-15-
Perché
negarsi quei baci,
quell’odore, quel sapore?
Perché era rimasto lontano da Alice?
Non lo so.
Chissenefrega.
Nulla aveva più
significato al di fuori di quella stanza, di quel letto. Nulla che
non fosse Alice.
Prese i bordi della sua camicia da notte finiti
di nuovo sui fianchi e la liberò da quell’inutile
pezzo di stoffa
sfoderando una gran fretta. Doveva vederla, toccarla, stringerla, per
convincersi di essere lì davvero.
Quando finalmente aveva finito di spogliarla, lei si
era sentita nuda in troppi sensi. Troppo inestinguibile era la voglia
di lui, troppo il desiderio di essere stretta di nuovo tra quelle
braccia forti. Era troppo e basta. Come tutto quello che riguardava
lui.
Fu istintivo portarsi le braccia al petto per coprirsi ed
evidentemente Manuel non capì.
Lo lasciò perplesso.
L’aveva vista nuda un sacco di volte,
conosceva ogni pregio e difetto, ogni virgola della sua pelle chiara
e ogni segno sulle ginocchia. Aveva forse cambiato idea?
Le prese
un polso senza scostarlo, solo per attirarne l’attenzione in
modo
che almeno lo guardasse negli occhi.
-E’ passato tanto tempo.
Magari tu non..-
Non poteva essere imbarazzo quello che le
spezzava la voce, non con Alice Aroldi.
Quella Alice che si era
inginocchiata ai suoi piedi nei bagni del BM, quella Alice a cui
aveva rotto infinite paia di calze, quella Alice che portava la
cicatrice di un suo morso su una coscia.
La zittì prima che
potesse finire la frase andando a mettere più forza nella
presa sul
suo braccio.
Non furono parole ma solo un sibilo roco a farle
capire che non aveva da temere, che nulla era cambiato. Cedette. Si
lasciò scostare entrambe le braccia e baciare la fronte, le
palpebre, gli zigomi, il naso e le labbra.
Subito il ritmo nei
movimenti del ragazzo cambiò, non quello frenetico e
scostante a cui
l’aveva abituata, ma uno più impaziente incatenato
con la brama
che aveva letto prima nei suoi occhi.
Manuel si buttò a
capofitto sulla sua pelle, facendosi scorrere la punta del seno nelle
intercapedini tra le dita ed era talmente preso da non accorgersi
della forza con cui la mordeva o dell’impeto con cui
stringeva le
costole, si faceva guidare solo dai suoi gemiti, ad ogni fiato
aumentava o calava la presa, assolutamente incapace di ragionare.
Sentì la punta fresca del suo naso scorrere dalla gola al
centro
dello sterno lasciandole un piccolo bacio sulla sinistra, la dove
batteva sordo il cuore.
E tornò a rallentare in maniera
irritante, scendeva al centro della pancia, la barba le raschiava la
pelle laddove subito dopo era certa avrebbe sentito le sue labbra
addolcirne l’irritazione. Le dita scivolarono tra i capelli
neri
senza che Alice ne avesse previsto i movimenti, e strinse,
accarezzò
e tirò eppure non lo smosse dal suo percorso.
Qualcosa le diceva
di lasciarlo fare, di lasciare che la esplorasse per scoprirla di
nuovo come fosse la prima volta; al tempo stesso lo desiderava, non
aveva più alcun dubbio, voleva la sua irruenza, la sua
passionalità,
sentire i baci, i morsi su tutto il corpo ormai non bastava
più.
Trattenne il fiato quando la mano del ragazzo raggiunse le
mutande nella speranza che le afferrasse e le togliesse con foga
com’era sua abitudine anche a costo di romperle.
Restò delusa
perché le dita di Manuel scivolarono di nuovo sulle natiche
afferrandole più saldamente per correre sul retro delle
cosce fino
alle ginocchia. La trovò più magra di quanto
ricordasse, con quei
muscoli inesistenti che parevano attaccati alle ossa per una forza
misteriosa, mai flaccida, nonostante la magrezza disarmante gli aveva
sempre fornito agganci e carne su cui artigliarsi. Tonica e nervosa.
Piacevole da toccare, da stringere.
-Dio Ali, cazzo..cazzo!-
Alice sapeva di fresco e di pulito, come i suoi occhi che lo
seguivano in ogni mossa, limpidi e puliti anche al buio. Ogni suo
gemito sospirato scatenava in lui gli istinti umani più
bassi e
nascosti.
Dalle gambe risalì verso il ventre arrampicandosi con
le labbra su ogni centimetro, pian piano tornò fino alla
piega
dell’inguine nella quale affondò col volto per
morderla.
Finalmente le arpionò le mutande sfilandole in un unico
gesto, senza
esitazioni, la aiutò a liberarsi dell’intimo che
finì lanciato
fuori dal letto.
Era strano come si sentisse imbarazzata e al
tempo stesso con la voglia di aggrapparsi a lui per tutta la notte e
oltre. Nemmeno la prima volta erano stati così cauti, ne
ricordava
la frenesia, la voglia di essere di nuovo guardata da quegli occhi
neri di lussuria e i vestiti che volavano. Intanto Manuel riprese la
posizione di prima, con le ginocchia accanto ai suoi fianchi e per un
lunghissimo minuto rimase immobile a scrutarla in viso accarezzandole
i capelli.
Fu lei a spingerlo al passo successivo. Gli afferrò
la spalla per avvicinarlo e baciarlo su una guancia lasciva,
dopodiché dedicò tutta la sua attenzione ai boxer
blu che ancora
indossava, senza indugi li abbassò facendogli capire le sue
intenzioni, Manuel cambiò posizione per facilitarle le
operazioni ma
non mosse un dito nemmeno quando Alice gli prese la mano riportandola
al suo petto per fargli sentire il battito del suo cuore sordo e
veloce sotto le ossa.
Di nuovo il ritmo dei movimenti ebbe
un’impennata di frenesia.
Le dita di Manuel corsero fino alla
fine del ventre scivolando in basso immerse nei mormorii sconnessi di
lei. Ondate cicliche di calore si espandevano per il suo corpo in
armonia con i movimenti della mano di lui affondata tra le cosce. La
conosceva al punto da poterla spingere sempre sull’orlo del
baratro
e riportarla indietro beandosi delle suppliche senza senso che gli
mormorava sulla pelle della spalla. E la baciava ogni volta che
sfiorava l’orgasmo.
Mai avrebbe
scordato i baci di Manuel,
sempre uguali sempre pieni di parole non dette: con
quell’inizio
lento e profondo che l’accarezzava prima di leccarle il
labbro
inferiore e catturarlo tra le labbra.
Il corpo le pulsava,
cercava di vezzeggiare anche il suo ma i movimenti non trovavano
coerenza in quel tripudio di piacere e scintille.
-Dio quanto sei
bella, Ali-
Quel tono di preghiera la fece sorridere e di nuovo
ritrovò la lucidità per agire. Gli
scostò a forza la mano
costringendolo a guardarla negli occhi mentre alzava le gambe per
allacciarle ai fianchi del ragazzo e avvicinarlo al suo bacino. Fu un
segnale inequivocabile.
-Aspetta aspetta, devo metterlo- mormorò
quasi in imbarazzo per essere costretto a interrompere quel silenzio
che sapeva di sacro.
Di nuovo strinse la presa delle gambe e lo
tirò a se: -Non c’è bisogno, prendo la
pillola da aprile-
Si
trovò spaesato, ancora più eccitato di prima.
Se era stato
lento ed accorto fino a
quel momento non era stato solo per lei, ma in parte era lui ad
averne bisogno, voleva godersela, voleva respirare Alice fino
all’ultimo quella notte. Non voleva perdere un centimetro ne
un
soffio di lei. Aveva atteso e cercato di dimenticare al tempo stesso,
decidere di separarsene volontariamente era stato un dolore che non
avrebbe potuto immaginare, ed ora poteva averla di nuovo, ed era un
sogno.
Ora la voleva. Tutta.
Le passò un braccio sotto la
schiena e uno dietro la nuca e la strinse a se in un abbraccio di
forza, incurante di schiacciarla o farle male. Alice non
respirava.
Di nuovo lei fu il suo sole e la sua luna, il giorno e
la notte, l'acqua e l'aria, l'amore e l'odio, la vita e la morte.
La
strinse fino a perdere il confine con il proprio corpo, millimetro
dopo millimetro la imprimeva nella memoria per non dimenticare mai
più il modo in cui con solo un abbraccio gli placava
l’animo e
disperdeva ogni sua nebulosa preoccupazione.
La trovò calda e
accogliente e gli parve d’immergersi in un mare di lava
morbida,
quelle sensazioni nuove e devastanti minarono il suo autocontrollo
tanto quanto i gemiti e le parole sconnesse di Alice. Come se fosse
tornato alla prima volta, l’emozione era troppa per essere
contenuta in un solo corpo, tutta lì nei polmoni.
L’odore dei suoi
capelli era ovunque, insieme al calore del suo corpo che pian piano
risaliva dal ventre fino alla gola e al cervello.
Perso, si
muoveva con l’inerzia dei
suoi ormoni impazziti e del sangue che pulsava nelle tempie.
Forse
le confessò segreti impronunciabili o parole dolci che in
altri
momenti non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle, il giorno dopo
non avrebbe saputo dirlo; era perso, assolutamente fuori di senno,
perché Alice era Alice per lui e quando la baciava e lei lo
guardava
negli occhi quasi gli veniva voglia di piangere.
Non lo fermò
mai, anche se all’inizio fu costretta a stringere i denti
finché
il bruciore lentamente non si trasformò in una sensazione
appagante
che ad ogni spinta diventava uno spasmo di piacere vero e proprio.
Non lo fermò mai perché era perfetto e modellata
al suo corpo gli
andava incontro senza sapere bene dove sarebbero finiti.
Sentiva
caldo, e poi freddo, poi di nuovo caldo.
E la mano di Manuel si
insinuò lì dove i loro corpi sembravano perdere
un confine.
La
incalzava sorreggendole la nuca per tenera più vicina a
sé, fin
quando non arrivò al limite fisico della sua resistenza.
-Cazzo…Cazzo!- ansimò con la bocca premuta contro
il suo
sterno: -Ali per favore non ce la faccio..- strinse le palpebre e la
mano con cui le avvolgeva la spalla al punto da farle male.
Non
gli rispose. O forse si ma senza rendersene conto; perché
era lì,
sul bordo del precipizio. Ancora una spinta, e cadde a occhi chiusi.
Mille
scintille bianche esplosero
silenziose nel vuoto e le sembrò come di essere inglobata
dal
materasso con lui in qualcosa di morbido e bollente.
Di nuovo non
seppe cosa uscì dalla sua bocca, se grida sussurri parole o
gemiti.
Riaprì gli occhi mentre Manuel ancora ansimava muto nascosto
tra
i suoi capelli, strinse le gambe e le braccia per avvolgerlo tutto. E
sentì il suo cuore rimbalzare come un forsennato tra loro
due.
Per
un lungo minuto nessuno dei due si mosse, stretti l’uno
contro
l’altra nessuno trovò la forza di reagire.
Era davvero tardi
quando si accorse che il suo cuore era rientrato nel petto e
finalmente poteva respirare, si mosse sfiorandole l’orecchio
con la
punta del naso, inspirò ancora il suo odore andando incontro
alla
resa dei conti.
Alice gli impedì di cambiare posizione, sempre
ancorata a lui che la premeva sul materasso, quindi capì che
quello
era il momento per dirle tutto. Avrebbe voluto guardarla negli occhi,
eppure non aveva abbastanza coraggio.
-Non sai quanto mi sei
mancata…- tirò dentro aria desiderando una
sigaretta con tutto il
cuore. Alice tremò.
-Tu sei qualcosa di… strano e.. caldo, che
mi fa sentire vivo, e bene-
Che stava dicendo? Si sentì un
pirla, non poteva costruire una frase di senso compiuto, con parole
che sembrassero almeno di un adulto? No, quella cosa che gli era
uscita era arrivata dal nulla.
-Ho provato a starti lontano, a
ignorarti, a sostituirti. Avevo paura perché io questa cosa
non
posso controllarla e di nuovo sono scappato.-
Tentò di scostarlo
per vederlo in faccia, ma si trovò a lottare con un fascio
di
muscoli che non poteva contrastare.
-Aspetta, io devo..-
Per
un momento titubò incapace di aprir bocca, poi lo
abbracciò sempre
più forte con braccia e gambe e la stretta venne ricambiata
con
altrettanta forza.
Immobili, in
silenzio. Entrambi.
Fu
un sussurro che la strappò dal torpore in cui stava
precipitando
dolcemente, dapprima pensò di averlo sognato,
spalancò gli occhi
ascoltando il silenzio della stanza, poi si accorse di essere l'unica
a star respirando. Per questo richiuse gli occhi accoccolandosi in
quell’abbraccio prima di lasciarsi andare e rispondergli
piano:
-Si, anch’io-
“I
lean against the wind, pretend
that i am weightless and in
this
moment i am happy.”
Incubus
Dopo
mille baci, infinite carezze e altrettanti sospiri c'era stata altra
passione e le lenzuola erano finite tutte sul pavimento. Poi erano
rimasti abbracciati, nudi con l'alba che scacciava lentamente
l'oscurità dalla stanza e dai loro cuori.
C'erano ancora tante
tantissime cose da mettere a posto e Alice lo sapeva bene. Ma le sue
braccia erano esattamente dove avrebbero dovuto essere e il suo
respiro regolare la cullava nel limbo del dormiveglia. Lo sentiva
tranquillo, sperava che avrebbero potuto rimandare tutto a tempo
indeterminato, o che magari quella notte bastasse a mettere in chiaro
ogni cosa: sopra ogni dubbio aveva risposto all'unica domanda che gli
aveva fatto il giorno prima, davanti a un paio di grammi di cocaina.
Eppure era bello stare lì senza pensare a nulla, senza porsi
il
problema di ciò che sarebbe successo di lì a
breve, o di cosa
avrebbero fatto usciti da quella stanza.
Alle dieci avevano
appuntamento con il resto del gruppo per andare al lago, mancavano si
e no cinque ore e l'unica cosa che sembrava impegnare Manuel in quel
momento era cercare di prendere sonno.
Non si sarebbe certo
aspettata di sentire la sua voce così presto. E
così chiara, non
arrochita dal sonno o dall'inutilizzo prolungato, parlò con
poche
pause senza darle la possibilità di fermarlo e tenendola
stretta
contro il suo fianco delicatamente. Dopo non ci fu quasi più
nulla
da mettere a posto.
-E’ cominciato tutto per scherzo.
Dopo
l’infortunio mi sentivo uno straccio e gli antidolorifici
sedavano
il male solo per sforzi minimi. Correre, saltare mi mozzava il fiato
in gola dal dolore, quindi mi fu chiaro da subito che non sarei
tornato in campo tanto presto. Però c’era il
campionato e volevo
assolutamente vincere e farmi vedere in forma in modo che qualcuno
della serie B mi notasse, avrei fatto di tutto pur di riuscire a fare
il salto di qualità. Mio padre non desiderava altro che un
figlio
professionista da seguire, ed io in quel periodo non desideravo altro
che la sua attenzione.
Incontrai Cheru al BM, ovviamente lo
conoscevo, a scuola era già un personaggio noto a tutti e
sappiamo
entrambi perché; quella sera la gamba mi martoriava, quasi
non
riuscivo a stare in piedi nemmeno con la stampella, fu lui ad
avvicinarmi vedendomi seduto ai divanetti in disparte. Sapeva tutto
dell'infortunio, mi chiese delle terapie e dell'operazione poi mi
chiese cosa prendessi per il dolore. Io mi lamentai dicendo che mi
davano roba di merda e che all'ospedale stavo molto meglio, la gamba
pulsava e il ginocchio era gonfio come un melone. Lì mi
propose le
anfetamine.
L’idea non mi entusiasmava granché ma ero disposto
a tutto per tornare a giocare e feci il tentativo.
Mi informai
su internet sulle dosi e
sulla tossicità, pensavo che la dipendenza potesse essere
tenuta a
bada con la volontà, in fondo non mi ero mai piegato al fumo
perché
avrei dovuto fallire con quelle.
I giorni successivi pensavo di
aver risolto tutti i miei problemi. Le anfetamine mi davano
una
gran carica, non sentivo la fatica e il dolore, potevo correre per
una partita intera senza problemi. A quel punto mi convinsi di non
aver più bisogno del fisioterapista e convinsi l'allenatore
a farmi
rientrare in squadra.
Ero instancabile, facevo allenamenti su
allenamenti e miglioravo giorno dopo giorno, mi sentivo un Dio.
L’effetto calmante sul dolore durava poco, lo bruciavo in
fretta in
campo, quindi aumentai le dosi gradatamente, pensavo di potermi
controllare tenendo d’occhio in maniera precisa le pasticche.
Andai
avanti qualche mese, mio padre era felicissimo anche se
l’ortopedico
continuava a non spiegarsi la mia ripresa, eppure io correvo
più di
prima e avrei anche potuto partecipare ai provini della Benetton.
Il
mio problema si presentò dopo qualche mese perche
l’effetto delle
anfetamine pian piano non mi durava più per una partita
intera,
quindi chiesi a Cheru qualcosa che avesse effetto più lungo,
e
tentammo la coca. Ci sentivamo due scienziati durante un test:
sperimentavamo le dosi e la durata dell'effetto per diminuirle o
aumentarle o mischiarle con altro. E lui era un genio della
chimica.
Ho cominciato con un quarto di dose solo per giocare le
partite, ma alla fine della scuola mi facevo quasi tutti i weekend e
anche per gli allenamenti infrasettimanali. Ero sempre più
invincibile, il ginocchio quasi non lo sentivo e non portavo
più
nemmeno il tutore per far bella figura ai provini.
Pian piano ho
cominciato a usarla per tenermi sveglio per studiare, per uscire la
sera a volte anche per scopare, e sempre in dosi maggiori.
Pagare quella
era molto più
complicato, mi finivano i soldi della settimana senza che me ne
accorgessi, quindi Cheru mi propose di ripagarlo vendendo qualcosina
a scuola e allo Zefirus.
A quel punto il basket era passato in
secondo piano, fallii il provino alla Benetton e non arrivammo
nemmeno ai playoff in campionato. Senza farmi in campo non duravo
cinque minuti e fatto invece ero fin troppo euforico per concentrarmi
sono sulla partita, mi innervosivo e finivo sempre fuori. Quando il
coach cominciò a lasciarmi in panca mollai tutto.
Mio padre
pensava che tutti i soldi che chiedevo fossero per le riparazioni
della moto, le feste, il poker, computer e altre cazzate, perdevo
peso molto velocemente, spesso mi scordavo addirittura di mangiare,
mi bocciarono per le troppe assenze e ovviamente mio padre smise di
parlarmi.
L’anno
dopo finii in classe con quei
deficienti degli Zonin che erano già stati segati
l’anno prima e
Charlie, tempo un mese e non li sopportavo più.
Fortunatamente anche
loro mi stavano più o meno alla larga perché
sapevano che
frequentavo Cherubini e Dave; l’unico che mi parlava e
tentava
sempre di trascinarmi fuori con loro era Jack.
Scoprirono come
stavano esattamente le cose perché Lori, Lorenzo il fratello
della tua amica pazza bionda, mi trovò fuori dal BM
strafatto e le avevo pure prese
da uno a cui Cheru mi aveva mandato a chiedere soldi, e mi
portò al
pronto soccorso.
Io conoscevo
Lori perché giocavamo
insieme un paio d'anni prima, e fu lui a chiedere a sua sorella di
avvisare qualcuno perché sapeva che anch’io
frequentavo le Stimate
e pensava ci conoscessimo. E lei ebbe la brillante idea di chiamare
Filo e Jack.
Quei due mi trascinarono a casa senza chiamare mio
padre e in camera trovarono tutta la roba che dovevo dar via per
Cheru, e per confermare ulteriormente la loro idiozia, buttarono
tutto nel cesso lasciandomi quasi seicento euro da ripagare.
Da
lì ho smesso.
Vedere le facce con cui mi guardavano mi fece
imbestialire, ritrovai l’orgoglio e la volontà
perché mi facevo
schifo. Non potevo tollerare che Filo mi guardasse come un povero
mentecatto incapace di tenersi in piedi.
Confessai tutto a Sonia
implorandola di fare da intermediario con mio padre giurando a
entrambi che avrei smesso, la mia fortuna fu che il corpo ancora non
aveva sviluppato una vera e propria dipendenza, il cervello invece
si. Promisi che mi sarei fatto aiutare e avrei ripagato da solo i
debiti, non persi l’anno solo perché al centro per
tossicodipendenti mi permettevano di andare a scuola la mattina e
stare là il resto della giornata.
Ci passai
quattro mesi, da Natale a
fine aprile, gran posto di merda. Fu atroce, all'inizio nemmeno me ne
rendevo conto: stavo bene, pensavo che sarebbe passata velocemente,
invece se non avessi avuto quei due pirla degli Zonin a riportarmi
sempre là sarei scappato dopo il primo mese!
Quando tornai a casa
Filo mi aiutò a smontare tutto il vendibile dalla moto, e
vendemmo
un sacco di roba, diventammo due imprenditori di e-Bay. I pezzi con
più valore li vendevamo per comprarne altri più
scarsi da mettere a
posto per salvare la moto perché io non ho mai voluto usare
la
vecchia auto di mia madre.
Vendevamo e
compravamo di tutto pur di
far soldi perché Cheru, per tenere la bocca chiusa col
Preside, mi
chiese altri soldi. Se a scuola si fosse saputo mi avrebbero buttato
fuori, conosci la loro politica per queste cose, e se mi fossi fatto
bocciare di nuovo mio padre mi avrebbe spedito a lavorare.
Stasera
comunque ho finalmente estinto tutto, e mi sono pure preso un pugno.-
Fece una
pausa per sistemarsi meglio il
cuscino, la prima dall'inizio del racconto.
-L’unica nota
positiva è che ho imparato a giocare benissimo a poker pur
di
spillare più soldi possibile…- emise una risata
bassa contro la
spalla di Alice senza una vera nota di divertimento.
-Perché non
hai chiesto i soldi a tuo padre, avresti potuto chiudere prima la
faccenda!- gli domandò a bruciapelo.
-E’ stata Sonia ad
impormelo! Quella donna è una negriera: disse che avevo
bisogno
d'imparare dai miei errori e a riparare le cose con le mie mani. Ed
aveva ragione, come sempre.
Credo che sarebbe stata un’ottima
madre.-
Sospirò
passandole la mano tra i
capelli alla base del collo. -Ti ho lasciata andare quando mi hai
chiesto di più perché temevo la tua reazione
davanti a questa
storia. Ora so di aver commesso l’ennesimo errore per colpa
della
mia inettitudine; mi ero illuso che tu potessi capire e stare meglio
senza di me, che ti avrei portato solo dentro i miei casini e non lo
meritavi.
Ai miei occhi
sei sempre stata così
pulita e perfetta non volevo intaccare il tuo candore.-
-Non sono
così delicata ne senza macchia come mi vedi tu…-
-Infatti ora
sei qui, non sei scappata. Ed io sono qui- le baciò la pelle
morbida
dietro l’orecchio: -Nudo, per la prima volta nel tuo letto-
di
nuovo rise senza divertimento e le soffiò contro parole che
non si
sarebbe aspettata.
-Non c’è pietà, ne compassione ne
disprezzo
nel modo in cui mi guardi, quindi per favore, ti prego, dimmi quello
che stai pensando prima che impazzisca a scervellarmici sopra-
Alice
prese fiato e si voltò verso la finestra per cercare di
capire che
ora fosse dalla luce.
-Non
ti ho detto perchè ho cominciato a prendere la pillola
qualche mese
fa.- non era una domanda, ma il preludio per una rivelazione.
-Da
più di un anno sono sottopeso. Non è che non
mangi per una
questione d'immagine, o che voglia dimagrire, solo che il cibo non
vuole saperne di entrare, se mangio troppo mi sento scoppiare e sto
male, per questo ho ridotto le razioni.
Questo
ha portato a una progressiva perdita di peso, di tono muscolare dello
stomaco e inoltre avevano smesso di venirmi le mestruazioni. Si
chiama amennorea e in pratica vuol dire che il mio corpo mi stava
dicendo che devo rimettermi in sesto perchè lui da solo non
ce la
fa. Così mi sono sforzata di mangiare almeno un piatto di
pasta a
pranzo e proteine la sera il tutto accompagnato da un bel po di
condimenti per la gioia di mia madre e ho preso subito un paio di
chili. A febbraio mi sono tornate e Edo prese malissimo la cosa
perchè la associava al fatto che fossi ingrassata, e poi ho
incontrato te.
La
ginecologa mesi fa mi ha proposto la pillola per mantenere un ciclo
regolare e ho subito accettato visto come si stavano mettendo le cose
tra noi.
Quando ho incontrato te cercavo la
salvezza, qualcuno che mi facesse sentire viva e bella pur con tutti
i miei difetti. Ma ho trovato tutto tranne il principe
azzurro…-
-Che vorresti dire??-
-Che tu non
fingi. Sei te stesso e
va bene così. Mi sono rotta di avere intorno gente che non
è quella
che credo. Qualsiasi cosa succeda tra noi non mi porterai mai fuori
per farti perdonare ne mi scriverai messaggini mielosi la sera prima
del compito in classe. Se starai con me sarà solo
perché lo vuoi
davvero, non perché ti servo. Mi hai aiutata quando non ero
in grado
di badare a me stessa e ti sei preso cura di me. Non fingi, non sei
un leccaculo, se vuoi qualcosa te la prendi, ma mi guardi negli occhi
e pretendi il mio consenso. Non mi scoperai mai in una vasca da bagno
in casa d’altri per placarti le voglie senza il mio consenso
e per
poi lasciami lì mezza svenuta.-
-Ti ho già detto che mi sono
arreso.-
-E questo mi basta-
Manuel si
allungò meglio nel letto,
come se finalmente qualcosa si fosse sciolto nelle sue articolazioni.
In quel letto in ferro battuto bianco con lenzuola azzurre a
nuvolette rosa, tra le braccia dell'unica persona che gli avesse
fatto dimenticare se stesso per risalire al primo posto tra le sue
priorità, finalmente, dopo tanto tempo sentì di
essere a casa. Nel
posto giusto e fatto apposta per lui.
Passarono
istanti di stallo in cui
entrambi gongolavano nel limbo della ritrovata serenità.
Avevano
combattuto per quel momento, si erano insultati e umiliati, erano
fuggiti per poi ritornare, si erano persi in loro stessi ma alla fine
eccoli lì, molto più lontano della notte
molto più in alto
del giorno, nell'abbagliante splendore del loro
primo amore.
-Quindi non
vuoi… che so…
definire i termini di questo accordo??-
Alice sbuffò, più
divertita che altro, e gli rifilò un pizzicotto nel costato:
-Non è
un contratto Manu-
-No, ma non sei la prima donna con cui ho a
che fare, quindi so per esperienza che con voi prevenire è
meglio
che curare.-
Sarebbe stata dura con lui, Alice già lo sapeva,
non era affatto certa di farcela ma era sicura di volerci provare
fino in fondo.
-L’unica cosa che pretendo è la
fedeltà, per
il resto te l’ho detto, sei tu e ti accetto per quel che
offri.-
Mai una ragazza l’aveva fatto sentire così. In
orbita.
Si prese
qualche altro secondo prima di
risponderle per godersi l'effetto di quella frase.
-E tu cosa
vorresti?- riprese Alice prendendolo in contropiede.
Tentennò un
attimo, poi si rivoltò a pancia ingiù con le
lenzuola a coprirlo
fino al bacino, e lei lo seguì con lo sguardo mentre
appoggiava le
braccia e il mento sulla sua pancia.
-Ora come ora vorrei poter
tornare indietro a qualche mese fa e non cedere quella sera alle tue
grazie.- le rispose con la mente altrove intenta a creare mille
possibili scenari, diversi da quello, in cui si sarebbero potuti
trovare.
-Adesso col
senno di poi, avrei voluto
il tempo per fare come tutti: corteggiarti, riempirti di sms,
portarti fuori. O non confondere il primo bacio con la prima volta
che ti ho vista nuda o la prima volta che ti ho accarezzata.
Scoprirti piano e godere del piacere della conquista. Detta
così
magari può sembrare una cosa sadica ma per certe cose ci
vuole calma
e pazienza.-
-E magari mi avresti voluta pure vergine?-
Fortunatamente l'ironia di Alice stemperò un po' l'atmosfera
carica di rimpianti che albergava in entrambi riportandoli a ridere
l'uno sulla pancia dell'altra.
-A dire il
vero si, però saremmo
dovuti tornare indietro al giurassico, non mi sembra pratico!- la
prese in giro ghignando al pugno che ricevette su un braccio e alla
smorfia risentita sul volto spruzzato di lentiggini.
-Ci sono un
sacco di cose che cambierei se potessi tornare indietro, immagino che
tu capisca.. Prima di tutto spaccherei la faccia a Edo in maniera
preventiva così da evitare ogni tua tentazione, e magari
eviterei di
riempirmi di merda per un fottuto ginocchio.-
-Non disprezzare il
passato, in fondo ti ha portato da me- Alice si alzò in
ginocchio
sul letto pronta a scavalcarlo per scendere: -Se Edo non mi avesse
trattata male non ti avrei nemmeno dato l’attenzione che
quella
sera meritavi!-
-Troppi se e ma in questa conversazione…
torniamo con i piedi per terra!- la prese per la vita per trascinarla
su di se e riprendere da dove si erano interrotti.
“forgetting
all the hurt inside
you've
learned to hide so well,
pretending
someone else can come
and
save me from myself,
i
can't be who you are”
Linkin
Park
Abusivo spazio autrice:
Allora?
Ci ho messo un po' lo so ma mi sono successe alcune cose belle che mi
hanno distratta
Ora:
che dite di questo capitolo?
So che lo aspettavate tutte con ansia, ora VOGLIO sapere che ne pensate
assolutamente!!
L'ultima volta abbiamo battuto ogni record con 10 recensioni!
Rimaniamo su queste lunghezze dai ragazze!!!
Ho inserito una citazione da una poesia di Prevert che nel periodo
della mia vita in cui si trovano ora Manuel e Alice, era per me molto
importante.
Le canzoni citate sono: Incubus - Wish you were here, Linkin
Park - Leave out all the rest
Un ringraziamento particolare come al solito alla beta
perchè stavolta davvero senza di lei non sarei riuscita a
combinare nulla!
Grazie mille
a chi legge e recensisce
a chi legge e si emozione
e a chi legge e basta,
a chi spera di vedere un mio aggiornamento nelle seguite
alle mie concittadine bolognesi
e a tutte le mie adorate lettrici!
1bacio. Vale
|
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Capitolo 16 *** 16 ***
16+
-16-
Manuel fu il primo a svegliarsi.
Rimase immobile in silenzio ad
osservare le dita di Alice posate sul suo petto e il ritmo lento del
respiro che le muoveva le membra. Era pieno giorno ormai, la luce del
sole filtrava dalla finestra facendo riprendere vita ai colori della
stanza; tutta la casa giaceva immobile in un silenzio ovattato, quasi
irreale, solo il respiro di Alice e il sibilo del condizionatore
accompagnavano la sua veglia.
Poi un ronzio conosciuto a intervalli
regolari attirò la sua attenzione, cominciò a
scandagliare le zone
limitrofi al letto alla ricerca di quella fonte di disturbo.
Individuò i suoi jeans abbandonati a terra e con cautela si
sfilò
dall'abbraccio della ragazza accompagnandole il capo su un cuscino.
Si mosse piano agguantando i jeans dal
letto, e vide il nome dello scocciatore lampeggiare sul display.
Un moto d'ira lo invase ma premette
comunque il tasto di risposta dopo aver valutato vari modi per
uccidere Giovanni Zonin.
-Giuro che prima o poi ti ammazzo! Che
vuoi imbecille??-
-Ohi Manu! Perché parli piano? Dove
sei finito, ti avrò chiamato già dieci volte e
nemmeno tuo padre ha
saputo dirmi niente...-
-Non urlare cazzo!- si voltò a
controllare se Alice si fosse svegliata e di nuovo si rivolse
all'amico sottovoce: -Mio padre? Perché hai chiamato mio
padre?-
-Sono venuto a casa tua a cercarti ma
tuo padre era un po' girato perché ha detto che hai dormito
fuori
senza nemmeno avvertire. Ma sei a casa di una?-
Jack continuava imperterrito ad urlare.
-Zitto! Non urlare o giuro che appena
ti becco ti riempio di botte se la svegli!-
E arrivò la domanda cruciale: -Chi è,
la conosco?-
Per un attimo fu tentato di dirglielo,
infondo lui era Jack, il loro primo sostenitore, sapeva tutto quello
che era successo e parteggiava clamorosamente per Alice. Poi si
ricordo di quanto era successo poche ore prima e concluse che non era
più tempo di fare certe scelte da solo.
-No e non sono cazzi tuoi...Perché mi
cercavi?-
-Volevo dirti che alla fine noi non
siamo andati al lago perché nessuno ha la macchina oggi,
quindi
siamo al campetto del parco a fare due tiri e abbiamo portato un po'
di roba da magiare. Se dopo vuoi raggiungerci ti aspettiamo.-
Si voltò a cercare il corpo di Alice
abbandonato al sonno con le lenzuola aggrovigliate tra le gambe e un
sorriso gli sorse sulle labbra senza premeditazione.
-Non so cosa decideremo di fare..-
Jack esplose letteralmente in un
ululato dall'altro lato della cornetta costringendolo a tapparla con
la mano: -Uhuhuh parli già al plurale!?!? Allora
è una cosa seria,
dai sbottonati: dimmi chi è?-
Quel plurale gli era davvero scappato,
non ci aveva riflettuto era uscito così...spontaneo.
-Scordatelo imbecille.- borbottò
Manuel.
Ci fu una piccola pausa al di là della
cornetta, capì che erano già al parco dai rumori
di sottofondo.
-Non è che...- probabilmente Jack si
stava allontanando dagli altri a giudicare dal respiro alterato e dai
rumori in lontananza: -Se per caso adesso decidessi di passare sotto
casa di Alice, vedrei la tua moto parcheggiata lì davanti
vero!?-
Attimi di panico per Manuel Bressan.
Si voltò istintivamente verso il muro
per attutire il suono degli insulti che era sul punto di tirargli:
-Jack non fare il coglione per favore. Abbassa la voce, anzi: sta
zitto che è meglio!- l'altro gli rispose con una risata
fragorosa.
Chiuse la conversazione violentemente
lanciando il cellulare sul pouf peloso vicino all'armadio. Si
voltò
di nuovo verso il letto deciso a tornarci, sul suo percorso
incontrò
i suoi boxer e li infilò distrattamente.
Pian piano scivolò accanto alla
ragazza con cui aveva passato la notte appoggiando la testa sul
cuscino e rimanendo a guardarla dormire.
Lei, sveglia, aveva sentito tutta la
conversazione e si voltò verso di lui per abbracciarlo,
accoccolò
il volto sul suo petto così com'erano prima che lui si
alzasse per
rispondere.
-Buongiorno..- borbottò contro la sua
pelle.
-'Giorno- le rispose sogghignando sotto
i baffi alla sua voce impastata.
-Che voleva Jack?- continuò con gli
occhi di nuovo chiusi.
-Allora eri sveglia, perfida vipera?-
le passò una mano sui capelli afferrandone una ciocca: -Mi
ha detto
che non sono andati al lago perché non avevano abbastanza
posti in
auto, così hanno optato per rimanere al campetto, si sono
portati da
mangiare là e volevano sapere se ho intenzione di
raggiungerli.-
-Vuoi andarci?-
Non sapeva che rispondere, quindi
temporeggiò.
-Tu che fai?-
-Oggi tornano i miei: alle due devo
andare all'aeroporto a prenderli, prima però sarebbe meglio
che
tentassi di rendere decente questa casa, altrimenti mia madre mi
trucida.-brontolò sbuffando più rivolta a se
stessa che a lui.
-Io invece ho mio padre a casa, il che
rende questo weekend fin troppo lungo e insopportabile, non vedo
l'ora che sia martedì per tornare a scuola tanto sono
disperato!
Penso che mi unirò agli altri per pranzo pur di non vederlo-
trattenne il fiato al pensiero di dover tornare a casa a cambiarsi,
poi arrivò il momento delle questioni irrisolte: -Vuoi
venire con
me?-
Quella domanda ne sottintendeva molte
altre.
Alice lo sapeva. E anche Manuel.
Era rimasta sin troppo in bilico la
questione, si erano detti fin troppe cose per una notte sola. Ma era
giunta l'alba e con lei la luce di un nuovo giorno che avrebbe aperto
un nuovo corso, c'era bisogno di chiarezza e di certezze, solide
fondamenta su cui costruire scintillanti palazzi di vetro.
Nei pochi secondi in cui attese la
risposta di Alice mille possibilità invasero la sua mente.
Avrebbe dovuto essere più diretto? O
chiarirle prima la sua posizione? Come si sarebbero dovuti comportare
al di fuori di quelle mura, alla luce del sole? Come avrebbero
reagito tutti gli altri? Suo padre, Sonia, gli amici? Come avrebbero
giustificato questa improvvisa unione? E poi in definitiva cos'erano
ora loro due? Una coppia, un esperimento, un tentativo di
ricostruirsi un'immagine? Gli avrebbe chiesto di trasformarsi in un
fidanzato amorevole e premuroso?
Alice si tirò a sedere sul letto e
voltandosi verso di lui si portò dietro tutto il lenzuolo.
Lo guardò
con attenzione prima di parlare, con un misto di preoccupazione ed
orgoglio negli occhi: -Ci ho pensato anch'io, prima mentre parlavi al
telefono con Jack e stanotte mentre dormivi. Ci ho pensato bene e ho
valutato molte variabili e, nonostante tutto, vorrei tenere la cosa
per noi, almeno per un po'. So che avresti scommesso il contrario, ma
è che ora che ho la possibilità di stare con te,
vorrei godermela
un po' senza intrusioni. Sai bene cosa succederebbe se lo dicessimo
subito agli altri: diventeremmo l'attrazione principale della scuola
e non avremmo più un attimo di pace. Saremmo costretti a
rispondere
a domande per le quali ancora non abbiamo risposte e ci
costringerebbero ad essere qualcosa che non siamo. In più io
ho
appena chiuso una relazione fin troppo sbandierata, non voglio cadere
di nuovo negli stessi errori.-
All'inizio non disse nulla, si portò
entrambe le mani dietro la nuca e la guardò con scherno.
-E così proponi di continuare ad agire
nell'ombra e a vederci di nascosto??-
-Lo fai sembrare un crimine con quel
tono??- Alice si offese e strinse meglio il lenzuolo contro al seno
incrociandovi le braccia contro.
Manuel scoppiò a ridere davanti alla
sua smorfia risentita e l'abbandonò sola nel letto,
afferrò i jeans
da terra e si avviò al bagno bloccandosi però
sulla soglia a
contemplarla.
-Per una volta sono d'accordo con te:
prima di coinvolgere il resto del mondo dovremmo assestarci meglio e
trovare un equilibrio tra noi. Non ci sarà bisogno di
nasconderci o
mentire basterà solo un po' di discrezione.- la vide
rilassare
spalle e braccia alla sua risposta e afferrò la maniglia per
chiudersi in bagno, quindi lanciò la stoccata finale: -In
fondo
potremmo anche scoprire di essere un fallimento totale come coppia
no??-
Un attimo dopo stava ridendo a
crepapelle dietro la porta, avendo appena evitato per un soffio una
scarpa volata verso il bagno.
Fecero a turno per la doccia, e quando
venne quello di Alice, Manuel ne approfittò per studiare un
po'
meglio quella stanza.
Di frugare per scovare i segreti più
torbidi della ragazza non sarebbe stato corretto, quindi si
limitò a
studiare attentamente ogni particolare.
Era tutto perfettamente aderente
all'immagine di sé che Alice aveva creato per gli altri. Le
alte
pile di scatole di scarpe allineate sul fondo dell'armadio, i
cassetti strabordanti di abiti pressati all'inverosimile pur di
farceli entrare, le riviste di moda in bella mostra sotto la
finestra, il poster di un bel chirurgo da telefilm sulla porta del
bagno.
Proprio sopra alla testata del letto
una bacheca di sughero attirò la sua attenzione, non l'aveva
guardata bene la sera prima, per cui si inginocchiò sul
letto per
avvicinarsi. Era piena di foto: Alice, Chiara e Laura erano i
soggetti principali, c'erano anche foto del gruppo o con i compagni
di scuola, in qualcuna appariva anche lui. In una di queste Alice
doveva aver avuto sui dieci anni ed era seduta con i suoi davanti
alla Tour Eiffel, per la prima volta vide sua madre dalla quale aveva
inequivocabilmente preso i lineamenti aggraziati e la bellezza
morbida che la distinguevano dalle altre, e suo padre che le aveva
donato gli occhi azzurri e limpidi, e lo sguardo attento. C'erano un
paio di buchi dove probabilmente erano state tolte alcune foto di lei
e Edoardo.
Una lo colpì più di tutte. Doveva
essere stata scattata poco tempo prima al campetto, Alice indossava
una sciarpa leggera su una maglietta bianca, aveva i capelli legati
in disordine e nemmeno un filo di trucco, era seduta in braccio a
Jack ma nessuno dei due guardava l'obiettivo, stavano ridendo con
qualcun'altro che non era stato inquadrato. C'era qualcosa in quella
foto di puro: Jack le cingeva la vita con un braccio ma non riusciva
ad essere geloso di quel gesto, e Alice aveva una mano tra i suoi
capelli neri, non c'era malizia ne una velata attrazione nonostante
la posizione fosse ambigua. Chiunque l'avesse scattata aveva colto
l'essenza stessa di quel legame.
Guardandosi di nuovo attorno notò che
nulla stonava in quella stanza al di fuori della scrivania.
Quella -e si vedeva bene- era il vero
mondo di Alice: di quell'Alice sveglia e intelligente che aveva nove
in fisica e prima di dormire leggeva libri sulla meccanica razionale,
di quell'Alice un po' sfigata che usava uno spazzolino da denti per
pulire le componenti del suo pc, quella che gli aveva detto che
tentare di comunicare con lui era come cercare di dividere per zero,
o quella che tentava di convincerlo a farle smontare la sua moto per
vederne i componenti.
Alice era tutto questo e molto di più,
con i suoi libri di fisica applicata e i quaderni pieni di grafici.
In quel momento la ragazza riemerse dal
bagno coperta da un asciugamano azzurro, si voltò verso il
letto ma
lui non c'era, scorse velocemente il resto della stanza e lo
trovò
seduto alla scrivania con suo iPod in mano.
-Che fai?- gli chiese afferrando un
paio di mutande a caso dal cassetto.
Non rispose, si limitò a squadrarla
con occhio critico e sbuffare contrariato, Alice non comprendendo
quel gesto lo insultò mentalmente per la solita
loquacità che
dimostrava ad ogni buona occasione, allacciandosi il reggiseno
lontano dal suo sguardo malizioso.
Quando almeno le parti importanti erano
coperte lanciò l'asciugamano sul letto e si diresse verso
l'armadio,
seguita a vista da Manuel.
-Vediamo un po'- mormorò affondando
con due mani tra le grucce.
Dopo qualche secondo e vari brontolii
sommessi di cui lui non aveva capito nulla, scelse un paio di shorts
di jeans e una maglietta a righe orizzontali decisamente oversize.
-Qui urge un intervento correttivo
immediato!- insorse improvvisamente Manuel alle sue spalle: -Hai
della musica orrenda...ascolti davvero le PussycatDolls??-
Sembrava realmente sconvolto.
-Beh alcune canzoni sono carine e mi
danno la carica di mattina!- si giustificò non capendone a
pieno il
motivo.
-Decisamente non ci siamo, dobbiamo
rivedere interamente la tua cultura musicale. Gli Stones danno la
carica, i Metallica, oppure i Linkin Park se preferisci il new metal:
ma NON le PussycatDolls!- continuò a scorrere la lista dei
brani con
uno sguardo sempre più preoccupato: -Oddio pure Masini?
Siamo quasi
ad un livello irrecuperabile!- interpretando perfettamente il
pricipino del melodramma.
-Smettila di fare il cretino..ci sono
anche canzoni vecchie che non ascolto da una vita!- tentò di
recuperare il suo lettore, ma lottare contro Manuel era davvero
un'impresa senza speranza.
-Lo spero per te! Avverti subito se hai
anche Gigi d'Alessio perché me ne vado immediatamente e ti
risparmio
il mio sguardo profondamente deluso.-
-Sempre spiritoso eh?? Piuttosto pensi
di uscire a torso nudo o con la tua maglietta stile Pulp Fiction?-
Parve un attimo spaesato come se non
avesse pensato minimamente all'eventualità di lasciare
quella
stanza, si riscosse dopo un attimo facendole spallucce.
Alice lo ignorò prima di perdere la
pazienza e si mise a pensare a come risolvere il problema.
-Ho un'idea..perché non ti metti la
mia camicia? Quella azzurra?-
-Intendi la mia camicia, che tu hai
rubato e hai deliberatamente indossato per provocarmi?!?-
Fece finta di non capire di cosa stesse
parlando scrollando i capelli ancora bagnati e sorridendogli
angelica, dopodiché si tuffò di nuovo con
entrambe le braccia
nell'armadio alla ricerca del capo in questione. Sfilò la
camicia
dalla stampella dopo un paio di minuti di ricerca e gliela
lanciò,
Manuel la studiò un secondo poi la infilò
arrotolando le maniche
fino ai gomiti e aprì le braccia mostrandole il risultato
finito.
Graffi e tagli sul sopracciglio a
parte, era prefetto, la camicia gli cadeva sulle spalle come un
guanto e gli avvolgeva i fianchi nella giusta misura, ne troppo
stretta ne troppo larga, esaltandone il fisico magro e longilineo.
Gli avambracci abbronzati lasciati scoperti preannunciavano un corpo
tonico e muscoloso che la camicia celava rendendolo fascinoso ed
elegante.
In poche parole: un sogno erotico su
due gambe.
Alla fine decisero di separarsi.
Manuel avrebbe raggiunto gli amici al
campo, mentre Alice sarebbe rimasta a casa per riordinare e andare a
prendere i suoi. Si offrì di accompagnarla all'aeroporto con
un po'
di titubanza, giusto per una questione di gentilezza, ma lei
rifiutò
al volo dicendo che spiegare la sua presenza sarebbe stato troppo per
un giorno solo. In quel momento la amò profondamente.
Quando si presentò a casa per
cambiarsi, suo padre gli rifilò una sorta di ramanzina sul
fatto che
avrebbe quantomeno dovuto avvertire prima di decidere di dormire
fuori.
-Non era in programma-
-Quindi dove hai dormito??-
-Da..- titubò un attimo indeciso se
dire qualcosa al padre, forse in fondo gli avrebbe fatto piacere: -Da
Alice-
-Alice chi?-
-Alice Aroldi, è un'amica della
ragazza di Jack-
Suo padre lo studiò mentre Manuel si
aggirava irrequieto per la stanza senza fare nulla di concreto,
spostando oggetti e aprendo cassetti senza prendere
alcunché:
-Capisco... E com'è questa ragazza?-
Manuel si bloccò improvvisamente
colpito da tutta quella partecipazione. Quella conversazione
padre-figlio stava diventando piuttosto curiosa, erano mesi, forse
anni, che non si parlavano in quel modo.
-In che senso?-
-Non lo so, ma suppongo che sia
interessante visto quanto ti turba parlarne.- e suo padre
sfoderò un
sorriso ambiguo e furbo che non gli vedeva dai tempi delle medie, in
cui si divertivano a fare scherzi alla mamma.
-E'...- cercò di trovare una parola
sola per descriverla, fallendo: -E' bella, molto bella.-
Si fermò davanti alla poltrona e
dandogli le spalle cominciò a spogliarsi per infilare
vestiti più
consoni per una partita al campetto: -E' molto sveglia, anche se
completamente diversa da me, ha la testa sulle spalle insomma. E' un
po' troppo magra e ha i capelli rossi-
-E' passato parecchio tempo dall'ultima
volta che hai avuto una ragazza fissa, devo dedurre che o ti sei
divertito abbastanza, oppure questa Alice ti ha fatto perdere la
testa..- il signor Bressan seduto in poltrona nella stanza di suo
figlio, per la prima volta dopo molto tempo lo vide felice, e tanto
gli bastò per adorare questa ragazza: -E dalla tua faccia
opterei
decisamente per la seconda!-
Quando Manuel arrivò nelle vicinanze
del campetto capì che quello sarebbe stato un momento che
non
avrebbe mai dimenticato.
Casco alla mano, la faccia piena di
graffi e un sopracciglio tagliato, attraversò il prato a
testa alta
ignorando tutte le altre persone che affollavano il parco in
quell'assolata giornata d'inizio giugno, dirigendosi direttamente
verso le panchine a bordo campo.
I fratelli Zonin, Paolo e Andre stavano
giocando due contro due sotto un unico canestro e si fermarono non
appena lo videro scavalcare le transenne: lì davanti ai loro
sguardi
interrogativi capì che non si poteva più tornare
indietro su quanto
era successo.
Più di tutte fu la faccia di Jack a
stupirlo, non era sorpreso come gli altri tre, anzi sembrava che
fosse perfettamente preparato a vederselo arrivare conciato in quella
maniera, tanto che gli fece sorgere il dubbio che non avesse
già
chiamato Alice per farsi spifferare tutto.
Ma fu suo fratello a rompere lo stallo
di silenzio.
-Cos'hai fatto alla faccia?-
Filippo già sapeva. Glielo leggeva in
faccia.
Si conoscevano da troppi anni perché
gli bastasse un'occhiata per capire che nel bene o nel male qualcosa
era cambiato radicalmente nel suo amico dalla sera prima. Dal canto
suo Bressan era pronto a quel tipo d'inquisizione e insieme ad Alice
avevano preparato un copione da esibire a tutti.
-Sono caduto in moto ieri sera-
Filo non disse nulla, annuì e distolse
lo sguardo incrociandolo per un attimo con quello del fratello.
Se c'era una cosa in cui Manuel era
sempre stato ligio alle regole era l'uso del casco, per questo quelle
escoriazioni erano incompatibili con una caduta in moto, ed entrambi
lo sapevano perfettamente.
-Giochi?- domandò Andre perplesso
quanto gli altri dalla strana espressione di Manuel.
Annuì dondolando il casco con la mano
destra: -Prima mi metto il tutore però, sennò
finisce che stasera
non cammino e non posso certo abbandonarvi senza di me al BM.-
Quella battuta sulla festa e sullo
stato del suo ginocchio tolsero definitivamente ogni dubbio ai
quattro che gli stavano davanti; non era da lui scherzare sul suo
stato di salute, era stato un argomento taboo fin dalla dimissione
dall'ospedale, ne sulla sua partecipazione alle feste sulla quale
lasciava sempre un velo d'incertezza. Invece lo videro accennare una
risata e avviarsi alle panchine dove stavano Charlie, il Vigna e le
ragazze.
-'Giorno- brontolò il Vigna
vedendoselo davanti, gli rispose con un cenno, mentre alle ragazze
fece un mezzo inchino omaggiandole con un sommesso: -Signore, i miei
omaggi-
Lo accolsero con tutti gli onori dopo
quell'uscita, facendolo accomodare tra loro e offrendogli acqua e un
panino che rifiutò. Dopo un iniziale tentennamento tutti
ripresero
le loro occupazioni: le donne spettegolavano prendendo il sole, il
Vigna dormiva con la testa sulle gambe della sua ragazza e Charlie si
lamentava della costanza con la quale i suoi amici cercassero di
farsi venire un colpo correndo sotto il sole.
Manuel mollò tutti i suoi averi alle
cure di Chiara, l'unica lì in mezzo che sembrasse avere un
minimo di
attenzione, e si dedicò al posizionamento del maledetto
tutore.
Colse solo frammenti di conversazione, dei quali nemmeno capiva il
soggetto, ma fu un nome a fargli rizzare le antenne tenendosi sulla
difensiva.
-Chichi alla fine Ali ti ha risposto al
messaggio?- fu Laura a introdurre la questione. Impossibile capire se
sapesse già qualcosa.
-Si, mi ha mandato un sms dieci minuti
fa, diceva che ha dormito troppo e non ha sentito le nostre chiamate.
Comunque non viene nemmeno dopo pranzo perché deve andare a
prendere
i suoi all'aeroporto verso le due.-
-Quella il cellulare non lo sente mai!-
fu la replica inviperita dell'altra.
-A te non ha risposto?-
-Non ci ho nemmeno provato a mandarle
un sms, tanto se non sente le chiamate, figurarsi un messaggio!-
-Allora c'è qualcosa che non torna!
Come faceva a sapere che siamo venuti qui invece che andare al
lago!?! Io non le avevo ancora detto nulla!-
In quel momento un brivido ghiacciato
bloccò i movimenti di Manuel. Si erano traditi da soli, come
avevano
fatto ad essere tanto idioti?
Il primo istinto fu quello di afferrare
il cellulare per mandarle un messaggio pieno di insulti per la sua
imbecillità, poi in pochi secondi mille scenari gli
vorticarono in
mente: che avrebbe dovuto fare se avessero manifestato qualche
sospetto? Avrebbe dovuto difenderla e dare spiegazioni? Oppure
fingere vigliaccamente di non saperne nulla?
Erano decisamente ancora impreparati ad
affrontare la comunità alla luce del sole, ma allo stesso
tempo per
giocare agli amanti avrebbero dovuto affinare le tecniche.
Erano?
Da quanto pensava al plurale?
Fu l'urlo cavernoso di Jack a salvarlo
dall'impiccio richiamandolo al campo insieme a Charlie.
Le squadre al campetto erano sempre le
stesse. Non era come giocare in squadra, o a scuola con tutti che ti
guardano in attesa di una grande azione, l'allenatore che urla
indicazioni assurde e gli avversari sempre pronti a saltarti con un
ginocchio sulla schiena pur di metterti ko. Al campetto era puro
gioco, il basket per il gusto del divertimento, senza agonismo o
scorrettezze infami.
Jack Manu e Charlie contro gli altri
tre.
L'inesperienza di Charlie era
bilanciata dalle capacità e dall'affiatamento di Manu con
Jack che
avevano giocato per anni in squadra insieme, mentre dall'altro lato
l'anello debole era Andre che era molto più votato alla
chitarra che
al canestro, compensato da Filo e Paolo che conoscevano pregi e
difetti degli avversari.
Marcare Manuel era un onere che nessuno
voleva mai prendersi, era agile e veloce, sapeva fingere bene ed era
pericoloso sia fuori che dentro l'area.
Dopo dieci minuti di gioco la sua
squadra dominava già gli avversari superandoli di dodici
punti,
quindi Andre tentò la carta della pressione psicologica.
-Che hai oggi Bressan?- gli chiese dopo
l'ennesimo tiro andato a canestro.
Manuel tirava, saltava e correva
lasciandosi dietro gli amici a bocca aperta e prendendosi tutti gli
applausi e i complimenti delle ragazze. Era bagnato di sudore come se
avesse fatto una doccia eppure non si sentiva affatto stanco, nemmeno
la cocaina l'aveva mai caricato in quel modo.
-Nulla!- rispose chinato a sistemarsi
gli strappi del tutore: -solo avevo una gran voglia di giocare e mi
sento carico come una molla!-
Andre si cacciò a ridere mentre invece
Filo cercava lo sguardo di suo fratello che al contrario sembrava
altrettanto contento.
-Oddio con chi sei stato stanotte per
ridurti in questo modo? Non avrai deciso di sperimentare nuove
frontiere, devo preoccuparmi?-
Fu allora che ogni dubbio dei fratelli
Zonin venne sfatato, Manuel si alzò in piedi e si
stirò le braccia
verso l'alto aprendo tutto il torace e mostrando a tutti un
succhiotto violaceo vicino all'ombelico scatenando le risate
collettive.
-No coglioni, niente di nuovo...-
Dopo un'intensa attività di restauro,
Alice Aroldi poteva dirsi davvero soddisfatta.
Aveva passato quasi due ore in bagno
tra trucco, capelli da stirare al limite della perfezione e manicure
rossa e lucida come la carrozzeria di un'auto nuova.
La scelta dell'abito era stata il
nucleo centrale della preparazione, ci si era concentrata
maniacalmente al punto da stimolare i sospetti di sua madre che
l'aveva trovata davanti all'armadio in preda ad una crisi isterica
della serie 'ho-un-armadio-pieno-di-cose-inutili'.
Alla fine in collaborazione con la
mamma, che non aveva chiara la ragione di tutta quell'agitazione per
una semplice festa, aveva deciso per un abito nero, stretto come un
guanto ma rigoroso nel taglio a tubino con uno scollo sia davanti
che dietro molto più castigato dei suoi standard. La calze
furono un
prestito direttamente dall'armadio di Mamma Aroldi che
resuscitò da
una vecchia scatola una paio di calze di seta con tanto di cucitura
posteriore anni '30.
Quando si era presentata a cena già
vestita pure suo padre si stupì di vederla già
vestita e
agghindata, e la riempì di domande sul destinatario di tutte
quelle
attenzioni.
Davanti alle scatole di scarpe
nell'armadio, ovviamente le tornarono in mente le preferenze del suo
neo-ragazzo per le Louboutin. E la scelta era stata facile.
All'arrivo di Laura sotto casa sua, era
già davanti al cancello con la cluntch in mano e l'ansia ad
attanagliarle le viscere.
Doveva essere perfetta in ogni singolo
capello per la sua prima uscita pubblica come ragazza di Manuel
Bressan.
A metà pomeriggio gli aveva mandato un
sms chiedendogli se avesse intenzione di andare alla festa al BM, non
le aveva risposto subito (eppure contrariamente alle sue abitudini,
non aveva dato in escandescenze) ma l'aveva chiamata una volta
arrivato a casa che era quasi sera.
Era la prima volta che vedeva comparire
il suo numero sul cellulare con la scritta lampeggiante incoming
call.
Le aveva raccontato del pomeriggio e
l'aveva pure sgridata per il messaggio che aveva mandato alla sua
amica, si erano scambiati una serie di convenevoli, tra cui la
notizia che il signor Bressan non sarebbe ripartito per Manchester
fino a venerdì, dopodiché Manuel aveva sollevato
la questione
festa.
-Che facciamo per stasera? Vuoi andare
insieme?-
-Andare insieme significherebbe buttare
alle ortiche i discorsi di stamattina no?-
-Giusto-
Ci fu una piccola pausa, in cui Alice si mordicchiò il
labbro e Manuel si grattò il lobe dell'orecchio.
-Che ne dici di vederci là? Anche
Laura mi ha chiesto di andare insieme, se le dicessi che vado con
qualcun altro si insospettirebbe e comincerebbe a farmi un sacco di
domande.-
Dall'altra parte della cornetta Manuel
non disse nulla se non uno sbuffo nemmeno troppo percettibile.
-Che ne dici eh? Poi ti faccio uno
squillo quando entro così mi dici dove sei e ti raggiungo.-
-Va bene.- Non sembrava particolarmente
entusiasta: -Però dopo andiamo a berci qualcosa da soli!-
Già immaginava il ghigno perverso che
aveva Manuel stampato in faccia nel dire quella frase, e venne da
ridere pure a lei.
-Allora a dopo-
-A dopo. Ciao.-
In auto Laura la riempì di
chiacchiere, tanto da riuscire a distrarla dalla sua tensione
all'idea di rivedere Manuel dopo tutto quello che si erano detti
quella notte, le pareva quasi di aver fatto un lungo sogno come se
avesse passato un'intera giornata in dormiveglia.
Quando arrivarono nel piazzale ghiaiato
e parcheggiarono la vecchia twingo di Laura, non ci fu nemmeno
bisogno di fingere di fare la fila o chiamare Manuel per farle
entrare dall'ingresso privilegiato perché non appena le vide
attraversare la strada, Gerry si sbracciò con discrezione
verso di
loro e il cordone rosso si aprì senza indugi davanti ai loro
occhi
trasognati.
-Alice, questo è per te.- e un
cartoncino bianco piegato in due entro nel suo campo visivo nella
manona del buttafuori.
Lo afferrò al volo nascondendolo dalla
vista a raggi x di Laura che già la guardava con un
sopracciglio
eloquentemente alzato e si avviò con lei oltre il portone
rosso e la
coda di gente accalcata per entrare.
Riconobbe immediatamente la calligrafia
disorganizzata e calcata ancor prima delle parole, e già
sapeva che
sarebbero stati guai.
"Dobbiamo parlare, vieni nel
backstage. Ti aspetto lì."
Spazio Autrice:
Ebbene rieccomi qui con il consueto ritardo, ormai non credo di poterci
più fare nulla, è qualcosa di cronico...
Comunque alla fine ho pubblicato dai.
La capitolo fa sostanzialmente schifo, è un capitolo di
transizione senza infamia e senza lode
secondo me,
ma come al solito l'ultima parola spetta a voi.
Fatemi sapere che ne pensate,
sarò ben felice di rispondere a tutte le vostre domande!
1bacio.
Vale.
|
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Capitolo 17 *** 17 ***
17
-17-
-Edo!-
Appena imboccato il corridoio dietro il palco, cominciò a
urlare
il suo nome. Non aveva alcuna in tenzione di perdere tempo con lui,
dall'altro lato di quella porta antipanico c'era Manuel ad aspettarla
ed in quel momento era l'unica cosa di cui le importasse.
Gli aveva mandato un messaggio subito dopo aver riconosciuto la
calligrafia del biglietto promettendogli di fare in fretta anche se i
toni di Edoardo non erano esattamente amichevoli.
Laura l'aveva guardata con una buona dose di scetticismo quando le
aveva annunciato di aver bisogno di qualche minuto per sistemare la
faccenda con il suo ex. Si era proposta di accompagnarla conoscendo Edo
e i suoi sbalzi di umore. Ma Alice aveva rifiutato con gentilezza
rassicurandola che li avrebbe raggiunti a breve.
Manuel non aveva risposto al messaggio invece.
-Edo dove sei?-
Dal fondo del corridoio sbucò la faccia perplessa del Vigna
dall'ultima porta.
-Ehi Rossa! Edo è qui, vieni!!-
Quando raggiunse la stanza si diede mentalmente dell'idiota, era il
deposito degli strumenti, il luogo dove tutti i gruppi si riunivano per
prepararsi a salire sul palco. Edo non poteva che essere lì
prima del concerto!
Salutò entrambi con un sorriso tirato.
-Che diamine vuoi?-
-Potresti anche essere più gentile!-
Il Vigna comprese al volo l'aria che tirava tra quei due e colse la
palla al balzo nel momento in cui vide Alice squadrare in cagnesco il
suo ex pronta ad azzannarlo alla giugulare e guardarlo morire
dissanguato.
-Beh io me ne vado, vi lascio litigare..-
-No!- per un attimo credette che avrebbe azzannato lui alla giugulare,
poi ammorbidì un po' il tono: -Rimani-
Lo fissò dritto negli occhi e lui vi lesse esattamente
quello
che non avrebbe dovuto vedere. Quella ragazza aveva paura, lo stava
letteralmente implorando di rimanere, e nonostante tra loro non ci
fosse mai stato un rapporto idilliaco non se la sentì di
voltarle le spalle, non dopo le scenate di Edo degli ultimi tempi.
-Dovrei essere gentile!?! Tu non lo sei stato quando mi hai fatto
quella piazzata a ricreazione
davanti a tutta la scuola, quindi perché dovrei esserlo
io!?- Alice era agguerrita ma non aveva alzato la voce.
-Io ne ho tutto il diritto, sei tu che mi hai mollato.-
Quell'ostinazione infantile di trincerarsi dietro muri di cartapesta
era tipica del suo compagno di band.
-Questo ti darebbe il diritto di insultarmi e gridarmi false accuse?-
Alice
scrollò le spalle come per liberarsi dal peso dell'idiozia
di quella
conversazione: -Ti stai mostrando come l'idiota che ho sempre
sospettato fossi...-
Sentendosi preso in giro dalla noncuranza con cui lo trattava la
ragazza, Edo cambiò improvvisamente tono.
-Avresti dovuto pensarci due anni fa!-
-Edo finiscila!- di nuovo lo attraversò con il suo sguardo
più meschino: -Mi hai fatta venire qui solo per discutere?-
si
accomodò su un amplificatore proprio di fronte a lui
accavallando le gambe.
E in quel momento il Vigna si rese conto di star esattamente nel posto
sbagliato al momento sbagliato.
Lei lo stava deliberatamente provocando, ma come biasimarla da come
l'aveva sempre trattata Edo, ne aveva tutti i diritti.
-Ti ho fatta venire qui per capire cosa stai combinando! Ti stai
già facendo qualcun altro scommetto. Hai voglia solo di
divertirti? Bene, fallo! Ma sai benissimo che oltre a me non
hai altre speranze di trovare qualcuno che sopporti il tuo egocentrismo
e le tue moine. Sai che tornerai da me.-
-Come immaginavo non abbiamo nulla di cui discutere, non ho
intenzione di assecondare le tue follie.-
La ragazza fece per alzarsi ma Edo le si avvicinò a larghi
passi fino ad urlarle in faccia e arpionarle un braccio:
-Non ti ho detto che puoi andartene!-
-Mi fai male Edo!-
Gli ci vollero appena tre secondi per reagire.
Non che fosse sua abitudine impicciarsi negli affari degli altri, ma
Edo aveva passato abbondantemente il limite.
Appena un anno prima se gli avessero raccontato che si sarebbe
frapposto tra il suo migliore amico e la sua ragazza avrebbe riso il
faccia al veggente senza batter ciglio, eppure da Natale le cose nel
gruppo avevano preso una piega strana. Sopratutto tra Alice e Edoardo,
come se ci fosse un particolare sfuggito a tutti.
Quando cominciò a frequentare il gruppo di Jack Charlie ed
Edo
all'inizio della terza, conosceva solo loro tre e Laura con la quale
aveva passato i tre anni delle scuole medie. Con Chiara e gli altri
ragazzi si trovò subito sopratutto grazie alla sua verve
comica,
Alice fu l'unica a rimanere in disparte. Non che lo ignorasse o lo
trattasse male, ma con lui come con tutti gli altri uomini che non
fossero Jack manteneva un'aura di distacco mitigata solo dal sorriso
luminoso che regalava al mondo.
Poco dopo le cose tra lei ed Edo cominciarono ad ingranare fino a
stabilizzarsi, e conobbe l'Alice sotto la patina dorata di cui si
ricopriva.
L'Alice con la media del nove in pagella e all'alcol test, l'Alice
festaiola e divertente. L'Alice che ciondolava indolente la coda ramata
ogni volta che prendendola in giro le urlava 'Rossa tutta gambe' in
mezzo al corridoio.
Eppure da qualche tempo era diversa.
Più fragile e ancora più magra, sorrideva meno e
spariva di continuo, aveva
l'espressione perennemente tirata che nascondeva dietro a bicchieri
stracolmi.
E poco prima quando l'aveva bloccato prima che uscisse, le aveva letto
qualcosa di ancestrale negli occhi. Per quanto poco la conoscesse
rispetto alle altre due, non se l'era sentita di ignorare quella muta
richiesta d'aiuto. E davanti al gesto di Edoardo ne comprese le ragioni.
-Basta.-
Una parola.
Bastò una parola per allontanarlo da lei.
Cosa sarebbe successo se non avesse bloccato il Vigna prima che uscisse
per non rimanere sola? Quella furia che Edo le stava riversando addosso
a parole avrebbe trovato sfogo anche nei muscoli e nelle mani?
L'avrebbe picchiata? Umiliata?
Non riuscì a guardarlo negli occhi, ne a voltarsi verso il
suo
protettore che le stava alle spalle. Chiusa tra i toraci massicci
dei due ragazzi non ebbe il coraggio di muoversi.
-Lasciala Edo e vattene. Cerca Andre che tra poco iniziamo.-
Gli obbedì senza fiatare e imboccò la porta prima
che Alice avesse il tempo di dir nulla.
Rimasero in silenzio per pochi istanti. Lui odiava il silenzio, e allo
stesso tempo non avrebbe saputo che dirle per darle conforto, per
questo riprese fuori la chitarra fingendo di dover controllare le
corde. Una buona scusa per allontanarsi e lasciarle il tempo di
metabolizzare l'accaduto.
Il BM era strapieno.
Che fosse per il concerto degli Afterblack o per il ponte scolastico,
ad Alice poco interessava ma ben sapeva che la situazione avrebbe
potuto rivelarsi un'arma a doppio taglio avrebbe
potuto sfruttare la cosa a suo favore per nascondersi con Manuel, ma
allo stesso tempo la inquietava tanto quanto la mensa della scuola, si
sentiva braccata e con mille sguardi addosso, proprio quando non
desiderava altro che affondare il volto nel suo petto.
Dopo la sfuriata con Edo ci aveva messo qualche minuto a riprendersi,
risistemare il vestito, controllare il trucco e che le calze non si
fossero smagliate, il tutto sotto lo sgurdo alibito del Vigna che la
vide risorgere dalle sue ceneri stampandosi in faccia un sorriso
luminoso che di falso non aveva nulla.
-Voi donne siete incredibili...- mormorò seguendola tra la
folla sinceramente colpito.
Nemmeno si spercò a rispondergli, gli lanciò solo
un'occhiata furbetta da sopra la spalla.
Solo quando furono ad una decina di metri dal tavolo dei loro amici lo
bloccò tra la folla, in modo che si confondessero e nessuno
facesse caso alla loro conversazione.
Lo fissò dritto negli occhi senza vacillare neanche un
istante:
-Non una parola su quello che è successo con Edo. Mai! A
nessuno.- era un ordine bello e buono al quale non se la
sentì
di replicare.
Di nuovò le tornò il sorriso smagliate, bello e
luminoso
col quale credeva di riparare a tutto, anche se dietro il suo cervello
lavorava a ritmi forsennati per cercare valide scuse.
Nessuno si accorse di nulla. Alice arrivò e
salutò tutti:
riempì Filo -che si era tagliato finalmente i capelli- di
complimenti, mostrò apprezzamenti a Chiara e Martina per la
scelta dell'abito e si perse in due parole con Jack. Al tavolo
comparvero anche Andre e Manu con un paio di birre e lei sorrise a loro
come aveva fatto con tutti, agitando la manina dalla perfetta manicure
rossa, Andre passandole dietro le strappò un bacio sulla
guancia
mentre Manuel si limitò a lanciarle uno sguardo stranamente
perplesso e prendere posto tra gli altri.
Il Vigna continuava a guardarla e a non capacitarsi di come facesse ad
essere così mutevole. L'aveva vista vacillare sull'orlo
della
lacrime, sconvolta dalla paura di una persona di cui evidentemente si
fidava, eppure ora la ragazza che aveva davanti pareva in tutto e per
tutto la stessa di sempre.
O era un ottima attrice, oppure dietro quel sorriso nascondeva l'animo
più spietato e calcolatore che avesse mai visto.
Tra tutti solo Laura e Manuel sapevano del biglietto di Edo e, se la
prima aveva fatto finta di nulla davanti alla spensieratezza di Alice
archiviando il resoconto ad un altro momento, il secondo nel saluto
svagato della sua ragazza aveva letto a ragione un presagio di pessime
notizie.
Senza nemmeno accorgersene in tutti quei mesi aveva imparato a
leggere attraverso le sue maschere e vedere oltre tutte le impalcature
di menzogne che si costruiva attorno, e conosceva bene quegli occhi
cerulei o quel modo stupido di agitare la mano quando salutava. Era
certo che qualcosa nell'incontro con Edo era andato storto, e l'assenza
dell'altro non faceva che confermare le sue ipotesi.
Un paio di volte tentò di incrociare il suo sguardo, ma era
impegnata in una fitta conversazione con Chiara sugli esercizi di
fisica che la prof aveva assegnato per esercitarsi in vista della Terza
Prova. Passò qualche minuto e ancora Chiara la teneva
impegnata,
nonostante la fisica fosse uno dei suoi argomenti preferiti pareva
sempre meno interessata alle parole dell'altra e sempre più
attratta dal pacchetto di sigarette col quale stava giocherellando da
un po'.
Manuel sfruttò per una volta i metodi Aroldi, deciso a
scoprire
cosa fosse successo: finì l'ultimo goccio di birra rimasto
nel
bicchiere poi si alzò in piedi.
-Chi mi offre una sigaretta?- annunciò con un tono che
decisamente non si adattava ai suoi soliti modi. Si premurò
di
passare un rapido sguardo su tutto il tavolo per poi finire di lei e
sul pacchetto che stava torturando.
Non le ci volle molto per capire il messaggio da brava maestra
d'inganni qual'era, sfoderò un sorriso innocente e prima che
qualcun'altro s'intromettesse rispose mantenendo in piedi la maschera
svagata e luminosa che aveva indossato: -Te la offro io, ma non ti
dispace vero se mi unisco anch'io?-
Lui alzò le spalle ed si era già voltato quando
tre parole raggiunsero il tavolo: -Come ti pare-
Is our secret safe tonight
and are we out of sight
or will our world come
tumbling down?
Will they find our
hiding place
is this our last embrace
or will the walls start
caving in?
-Che è successo?-
Quando l'aveva seguito nel corridoio buio prima dell'uscita ancora non
ci aveva pensato, era troppo impegnata a crogiolarsi nella perfezione
del siparietto che avevano messo su per fregare gli altri e nel fatto
che sicuramente nessuno aveva sospettato nulla, per fermarsi a pensare
a che spiegazioni gli avrebbe dato nel momento in cui sarebbero stati
soli.
Ora però quel momento era arrivato.
Che fare a quel punto? Dire la verità e coinvolgerlo in un
vortice di urla
bugie e rivendicazioni, oppure tenerlo all'oscuro, risolvere la cosa
sottobanco rischiando però di partire col piede sbagliato e
costruire le fondamenta del loro rapporto sul fango?
Una piccola bugia per evitare altri problemi, altro dolore e altri
drammi?
Già una volta aveva tentato di scappare dalla
realtà, una
realtà di maschere per coprire lividi ancora bluastri.
Era stata
la notte di febbraio, la prima tra le braccia di Manuel, la prima in
cui aveva abbassato la maschera e si era mostrata senza timore. E non
se n'era pentita.
Edo le faceva paura, inutile negarlo, però non voleva
dargliela
vinta e intendeva dimostrargli quanto fosse cresciuta, e quanto avesse
imparato dai propri errori.
Eppure dall'altro lato c'era Manuel, con le sue braccia forti e la
pelle calda, Manuel e i suoi occhi scuri, che non aveva filtri e non
sapeva trattenersi. Manuel che aveva già un passato
abbastanza
scuro sul quale non aveva il coraggio di gettare altre ombre.
La scelta era tra salvare Edoardo da Manuel o Manuel da Edoardo.
Decise in due secondi, poco prima che Manuel si fermasse nello spazio
tra due macchina parcheggiate,
lontano da chi non avrebbe capito,
che non avrebbe permesso a nessuno dei due di rovinare la sua
felicità. Avrebbe raccontato a Manuel che era stata
dall'altro
per parlare, che
non era successo nulla di grave ma che al contrario avevano chiarito la
loro separazione.
Poi alzò gli occhi.
Manuel aveva le mani in tasca come ogni volta che si sentiva a disagio,
il sopracciglio tagliato ora coperto da un piccolo cerotto e
l'altro ovviamente alzato, la mascella serrata con forza e le
guance incavate dal disappunto.
E quegli occhi scuri. Così pieni da non aver bisogno di
parole, così intensi da svuotarla da ogni dubbio.
Non era un ragazzo di molte parole, e Alice sapeva sarebbe diventato un
uomo ancor più silenzioso e schivo. Eppure non vedeva l'ora
di
cominciare la sua vita con lui. Non poteva permettersi di mettere in
gioco una posta così alta e per la quale aveva lottato
così tanto.
If we live a life of fear
i'll wait a thousand
years
just to see you smile
again
E le parole uscirono come lava.
-Edo mi ha lasciato il biglietto all'entrata chiedendomi di vederci
perchè voleva parlarmi,
l'ho raggiunto nel deposito subito prima della porta di servizio.
Quando sono entrata c'era anche il Vigna, se ne stava andando ma io
l'ho
praticamente implorato di restare. Poi Edo ha cominciato ad accusarmi
di non essere gentile con lui e i toni si sono subito scaldati
perché gli ho dato dell'idiota, lui mi ha accusata di nuovo
di
avere già un'altra storia e infine ha fatto la sua sparata
geniale dicendo che posso divertirmi finché mi pare ma che
tanto non avrei mai trovato nessun altro oltre a lui in
grado di sopportarmi.-
Si fermò per prendere aria e tentennando di nuovo sulla
parte saliente della vicenda.
Lui se ne accorse e la incalzò subito, senza lasciarle
spazio per cambiare versione.
-Poi..-
-Nemmeno ho riposto. Gli ho detto che non avevamo più nulla
da dirci e ho fatto per andarmene ma lui mi ha trattenuta: mi ha
afferrato un braccio e ha cominciato a stringermi poi si è
messo a urlarmi un faccia.- quasi
trattenne il fiato in attesa dell'esplosione di Manuel, invece vide
solo i nervi sui suoi avambracci tendersi sotto pelle, segno che
probabilmente stava stringendosi i pugni nelle tasche. Le fece un cenno
incomprensibile col capo.
-A quel punto è intervenuto il Vigna, gli ha detto di
smetterla
e di andarsene. E lui l'ha fatto senza dire una parola- non aveva
nemmeno il coraggio di guardalo in faccia in quel momento, come se la
colpa fosse sua che era andata da Edo incurante delle conseguenze.
Senza preavviso le afferrò i polsi veloce e gentile, se li
portò davanti e osservò bene come se
si aspettasse di vedervi inciso il tocco dell'altro. Quando non
trovò tracce evidentemente si rilassò e la
tirò leggermente, annullando quel passo che li manteneva a
distanza di sicurezza per sguardi indiscreti, la strinse
contro se
stesso, conscio improvvisamente di quanto fosse scarsa e inadeguata la
sua presenza accanto a lei.
Non le avrebbe mai più permesso di finire in guai come
quelli.
Al diavolo l'idea di aspettare e tutti i bei discorsi che avevano fatto
sul prendersi del tempo o sul rodarsi un po' prima di rendere tutto di
dominio pubblico. Se Edo avesse voluto la guerra con lui avrebbe di
certo trovato pane per i suoi denti.
-Ti prego, so cosa stai pensando, ma non farlo. Niente rappresaglie, ne
vendette. Se gli dessimo credito questa storia finirebbe per rovinarci,
io non voglio diventare il pretesto per sfogare la sua voglia di menar
le mani, ne voglio che tu ora che hai chiuso con Cheru finisca per
inguaiarti di nuovo. Gli starò lontana, non gli
darò modo
di infastidici.-
La preghiera di Alice venne sussurrata direttamente nel suo orecchio,
fu quel fiato fresco a lenirgli la rabbia e riportare ordine nei suoi
pensieri. Come avrebbe potuto ignorarla e tradire la sua richiesta?
Proprio ora che lo stava rendendo così felice, proprio ora
che
stava cominciando ad abituarsi alla leggerezza che provava standole
accanto.
-Ti supplico, lascia perdere... -
Si alzò un alito di vento, caldo e pieno, che le
sollevò qualche ciocca di capelli le disperse nell'aria
scura.
Alice alzò la testa, separandosi un poco da lui.
Nonostante i tacchi per guardarlo negli occhi era comunque costretta a
piegare il collo, quando lì incontrò la stava
fissando
attentamente e vi lesse le stesse cose di quella stessa mattina, quando
si erano separati sulla porta di casa.
All'improvviso sospirò e chinò la testa
scrollandola come per svuotarla: -Va bene.-
-Davvero?-
-Davvero-
Non si trattenne oltre e lo abbracciò forte per la vita,
tuffandosi completamente nel calore che le regalava.
Manuel rispose quasi con condiscendenza davanti a quell'entusiasmo,
accorgendosi per l'ennesima volta di quanto fosse facile avvolgerla
tutta con un solo braccio, e senza pensarci le posò le
labbra
sulla fronte.
Alice si smorzò appena e ritornò a parlare
sottovoce: -Ero terrorizzata all'idea di vederti-
-Perché?-
-Non lo so... Temevo di aver sognato la notte scorsa, e quindi
incontrandoti avrei scoperto che era stato tutto un sogno e
probabilmente mi sarei sentita davvero idiota. E' stata una fortuna
affrontare Edo prima di vederti, mi ha distratta dalla tremarella.-
Manuel nemmeno si impegnò per trattenere le risate.
-Ma cosa ridi? Sei un insensibile.- protestò vivacemente ma
fu
del tutto inutile davanti al sorriso sincero su quel volto.
-E scommetto che ti sarai cambiata dieci volte e sarai stata due ore a
truccarti...-
-Mi correggo: sei un cafone insensibile!-
Iniziò a ribellarsi per scappare dalle sue braccia,
tentativi
senza alcuna speranza di riuscita, neppure i pizzicotti lo smossero.
Provò di morderlo sulla mandibola ma si dileguò
agilmente.
-Quindi questo vestito l'hai messo per me?- continuò a
canzonarla col sorriso sulle labbra, senza degnare di uno sguardo
l'opera per la quale lei aveva speso mezzo pomeriggio, e ovviamente in
risposta ottenne solo l'ennesimo pizzicotto: -Smettila di torturarmi,
non ho detto che non mi piace!-
-Non hai nemmeno detto che ti piace però!-
-Cosa me ne frega del vestito quando so benissimo che mi piace di
più quello che c'è sotto, scusa?-
Dal tono e la faccia con cui gliel'aveva detto, evidentemente era serio
e credeva pure di averle fatto un complimento.
Alice, indecisa se ridere o piangere, nel dubbio lo baciò.
Quando rientrarono il gruppo era già sul palco e al tavolo
non era rimasto nessuno.
Insieme si buttarono nella mischia alla ricerca del resto del gruppo su
specifica richiesta di Alice che non voleva suscitare sospetti,
nonostante le invitanti proposte del suo ragazzo di fuggire da tutti e
rifugiarsi in qualche localino del centro.
Appena li videro si riunirono al gruppo con naturalezza, e solo Laura
la fissò più a lungo degli altri con un misto di
sospetto
e malizia davvero inquietante.
Il rock la scaldò subito. Non era mai stata ad un concerto
che
non fosse uno di quelli degli Afterblack, e delle loro canzoni non
sapeva quasi nulla, ne riconosceva a malapena qualche motivetto, eppure
la voce di Andre, roca e disperata, le scatenava qualcosa di caldo e
avvolgente nel petto e nella gola.
Aveva scoperto questa vocazione pian piano, ascoltando dapprima solo la
chitarra di Edo, poi prestando sempre più attenzione alla
musica
e alle parole. La prima volta che aveva visto Andre aggrapparsi al
microfono cantando i Nirvana, l'aveva catalogato come un invasato, la
seconda l'aveva guardato meglio e aveva cercato di capire se era solo
una coreografia studiata o se invece seguisse il suo istinto, dopo la
terza aveva cercato la canzone su you tube, e aveva capito.
Manuel invece adorava quella musica. Lo vedeva da come rilassava
l'espressione e si dondolava la bottiglia di birra tra le dita, stavano
a pochi passi di distanza ed avevano scambiato solo un paio di occhiate
sbieche da quando erano tornati nel mondo reale, eppure come era
già accaduto in passato lo sentiva vicino, una presenza
onnipresente alle spalle, un paio d'occhi sempre su di lei. Prima
d'allora avere Edo sempre intorno l'aveva spesso maldisposta, odiava
l'idea di essere sempre controllata, ma Manuel era molto diverso: il
suo orgoglio testosteronico gli impediva di dimostrarle apertamente
quanto tenesse a lei, e mai -mai!!- si sarebbe fatto beccare a
guardarla in un modo che fosse, anche solo di poco, diverso da quello
di un leone davanti alla giugulare di una gazzella.
Quello stato le suscitava una profonda eccitazione, non in termini
propriamente sessuali ma più verso l'adrenalina pura, era
l'idea
di averlo sempre vicino e non sentirlo a stordirla, come una sciarpa
leggera sulle spalle.
Si voltò a guardarlo all'improvviso, fingendo di seguire la
voce
di Chiara, certa di coglierlo in flagrante. E rimase delusa per
l'ennesima volta.
Lui stava là, a portata di mano, ma irraggiungibile per sua
stessa volontà, canticchiando le parole del ritornello sopra
un
sorriso furbo. Si era accorto di lei e non aveva voluto darle la
soddisfazione di beccarlo.
Filo si chinò versò di lui e parlò
brevemente
accennando al palco con il mento, Manuel scosse il capo probabilmente
non condivideva le idee dell'altro, prese un sorso poi fu lui a
parlare. Alice cercò di carpire le parole dal movimento
delle
labbra, ma fallì.
Ancora una volta lui sapeva di essere osservato.
-Che guardi?-
Laura e il suo maledetto occhio vigile, l'avrebbe strangolata
volentieri in quel momento.
-Nulla-
-I tuoi stanno bene? Com'è andato il volo?-
-Sono tornati tutti interi. Stanno bene, anzi benissimo, mio padre
è ingrassato sei chili in crociera, non vede l'ora di
tornarci-
Laura non rispose, le sorrise, si guardò attorno
inspiegabilmente attenta e tornò a farsi i fatti suoi mano
nella
mano con Charlie. Sempre più perplessa nei confronti di chi
aveva attorno Alice decise che sarebbe stato meglio mantenere un
profilo inattaccabile fino alla fine della serata.
All'alba dell'una il concerto era terminato, e con lui anche il fulcro
della serata.
Alice e Manuel non erano più riusciti a "fumare una
sigaretta"
da soli, prima si era unito a lei Filo, la seconda volta Andre e il
Vigna, la terza addirittura Laura che da salutista convinta quale era
non avrebbe mai toccato una sigaretta nemmeno con un dito e le faceva
sempre la ramanzina sul fumo passivo. Dopo l'ennesimo fallimento nei
loro tentativi di ritagliarsi un angolo di privacy, al suo rientro
Alice venne raggiunta da un occhiataccia scura e pregna di frustrazione.
Manuel si era mantenuto calmo e distaccato fin dopo la mezzanotte forse
grazie alla misteriosa scomparsa di Edo, solo con l'arrivo di Cheru e
della sua cloaca di scimmioni raggiunse il limite della crisi di nervi
facendosi sfiorare dall'idea di implorarla di mollare tutti
lì
per chiudersi in un bagno, vedendolo in quelle condizioni
cominciò ad attivare i suoi sensi da stratega.
L'occasione venne con Cheru al cui braccio stava attaccata una
biondina che faticava a raggiungere l'età da liceo, che
apparve
al loro tavolo senza invito.
-Ma guarda un po'... L'elitè delle Stimate al completo.-
Qualcuno s'irrigidì sulla sedia altri lo ignorarono con
un'alzata di spalle, Alice si trattenne dal voltarsi a vedere la
reazione del suo ragazzo non solo per mantenere le apparenze ma
sopratutto per non perdere di vista il nuovo arrivato.
-Cherubini leva le tende, non sei gradito!- Filo era
decisamente l'unico così sfrontato da rispondergli .
-Zonin nemmeno tu sei gradito, purtroppo però siamo
obbligarti a
vederti. In ogni caso volevo solo salutare il tuo amico Bressan, so che
ieri ha avuto un incidente...-
L'atmosfera cambiò radicalmente in pochi secondi. Tutti i
ragazzi del tavolo alzarono gli occhi su di lui, tesi e pronti a
scattare ad un qualsiasi segnale, mentre Manuel a malapena si mosse per
guardarlo in faccia, gli amici di Cheru erano una decina di metri
dietro di lui, se qualcuno avesse alzato la voce sarebbero accorsi in
pochi secondi, lo conosceva bene quindi sapeva che non si sarebbe mai
esposto senza il suo gruppo pronto a spalleggiarlo.
-In giro si dice che tu le abbia prese.-
-Beh si dice anche che il tuo amico Dave sia accidentalmente andato a
sbattere contro il pungo di qualcuno-
-Bressan...- Manuel carico di rabbia e sarcasmo non lo fece nemmeno
parlare.
-Si dice anche che tu sia un succhia-cazzi.-
Il silenzio che avvolse le parole di Manuel durò solo
qualche secondo, rotto immediatamente dalle risatine di tutti.
-Come vedi in giro se ne dicono parecchie di cose.-
-Bressan faresti meglio...-
-Cheru vattene-
Quel tono non ammetteva repliche, tanto che il suo avversario rimase di
stucco per qualche secondo prima di mandarlo teatralmente a quel paese,
voltarsi e andare via.
Nessuno osò parlare mentre Manuel si passava una mano sul
volto
con l'espressione più frustrata che gli avessero mai visto.
-Bene!- Alice si annunciò al mondo alzandosi in piedi
fasciata
come un'anguilla nel suo vestitino nero: -Dopo questo teatrino
edificante, per me è tempo di prendere aria, il puzzo di
carogna
di Cheru mi ha nauseata abbastanza! Me ne vado a nanna e offro una
sigaretta a chi mi da un passaggio a casa.-
L'unico a sghignazzare fu Manuel, rischiando per l'ennesima volta di
buttare tutti i loro sforzi per mantenersi una copertura, gli altri la
guardarono basiti afferrare la borsetta e la sigarette dal tavolo e
attendere la loro reazione.
-Rossa, per una volta sono d'accordo con te-
Senza guardare in faccia nessuno anche lui si alzò con
indolenza, pronto a tenere in piedi la loro commedia.
-Come pensi di portarmi a casa? In moto Bressan?-
-Se non ti sta bene prendi un taxi.-
Da un lato all'altro del tavolo nessuno continuava a fiatare, intenti
da assistere alla seconda commedia della serata.
-Ce l'hai almeno il casco?-
-E tu le hai le sigarette?-
Alice alzò gli occhi al cielo sventolandogli davanti un
pacchetto di Winston Blu come se fosse un povero scemo: -Per chi mi hai
presa?-
-Che pazienza. Rossa muoviti prima che cambi idea.-
Entrambi salutarono il gruppo con l'aria di chi sta per andare al
patibolo, per poi dileguarsi verso l'uscita in tutta fretta.
Attese un attimo dopodichè Jack si stiracchiò con
un sorriso a trentadue denti e l'espressione beata.
-Ma secondo voi sono ancora convinti di fregarci?- domandò
Charlie seguendo la chioma rossa di Alice sparire vicino al bar.
-Credo proprio di si- Filo se la rideva ormai apertamente dopo essersi
trattenuto in presenza dell'amico, mentre i suoi tre compari, Andre il
Vigna e Paolo lo seguivano a ruota.
E se le due migliori amiche di Alice a quelle parole strabuzzarono gli
occhi, il resto del tavolo invece annuì colmo di
serietà.
Spazio Autrice:
Che dire...solito ritardo
spero almeno che il capitolo vi piaccia
l'ho riscritto qualcosa tipo 10000 volte come al solito, poi stamattina
in treno ho avuto la folgorazione
mi sono rotta e l'ho ricominciato ex novo!
E ora ho deciso di pubblicarlo e vedere che succede...
Qualcuno sicuramente rimarrà deluso, e qualcun'altro mi
manderà sonori accidenti, so che vorreste un po'
più "Ali-Manu"
e magari più scene hot...
ma ahimè vi ho lasciate un po' a bocca asciutta con una
misera Alice capricciosa!! HIHI
La canzone in corsivo è Resistance - Muse
l'ultimo non è secondo me il loro album migliore ma se non
l'avete ancora sentito o se non li conoscete (dubito!!) correte su you
tube!!
L'ho scelta innanzitutto perchè la stavo ascoltando in
treno, in secondo luogo perchè parla di atmosfere di
sospetto e tenacia
nel proteggere un amore,
mi sembrava calzante.
A voi l'ardua sentenza.
Come sempre risponderò a tutte le recensioni (magari ci
metto un po' ma alla fine rispondo)
e tutte le domande.
à bientot!
1bacio.
Vale.
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Capitolo 18 *** 18 ***
18
-18-
...
Il
BM era molto affollato e la ragazze credette di sognare inizialmente,
invece tutti parevano convinti.
-Come
diamine fate a saperlo?- Laura fulminò il suo ragazzo e poi
nell'ordine Jack e tutti gli altri.
Andre
si fece portavoce di tutti e illustrò l'evidenza dei fatti
con un sorriso malefico che aveva ben poco di rassicurante:
-Non siamo mica idioti: Manu è cotto come un bistecca alla
griglia. Sono mesi che
quando a lei viene mal di testa, lui se ne va senza dare spiegazioni e
riappare
solo il giorno dopo, e guarda un po', ogni volta che lui non
c'è
lei non esce oppure ha sonno. Sono due attori da
strapazzo.-
Filo
tentò di placare le risate solo per dare il suo
contributo al discorso: -O quando lui fa fuga, magicamente Alice Aroldi
la
studentessa perfetta non c'è.-
-E
alla tua festa il mese scorso?- il Vigna indicò la bionda
mentre la sua
ragazza annuiva complice: -Quando è arrivata ha cominciato a
dare di matto, Manu non stava più nella pelle quando
è
salita sul tavolo a ballare, pensavo che gli sarebbe
esplosa la testa!- tutti i ragazzi risero annuendo in accordo con lui.
-Per
non parlare di ieri sera a cena, stavo per affogarmi per non
ridere quando le ha fatto quella battutina! Manu non fa altro che
guardarle il culo da mesi, a mensa, in cortile, in palestra. Ogni volta
che è sovrappensiero lo becco che le guarda il culo e pensa
pure
che non ce ne accorgiamo?!- Filo parve quasi offeso all'idea che Manuel
lo ritenesse così cieco.
Jack
davanti alla loro incredulità tentò di dare
qualche
spiegazione: -Nessuno gli ha mai detto niente perchè
sappiamo
com'è fatto... ci avrebbe mandati al diavolo all'istante!-
-Non
parla con nessuna ragazza da mesi eppure si presenta sempre con
qualche succhiotto- rincarò la dose Andre aprendo
teatralmente
le braccia di fronte e tutte quelle prove: -Il massimo è
stato stamattina al campetto. Fino a ieri lui
sembrava un'anima in pena, oggi invece arriva tutto felice con la
faccia tumefatta e un succhiotto sulla pancia.... e guarda caso ieri
sera dopo la cena gli unici due che se la sono filata chi erano? Manuel
e Alice-
-Ma
voi davvero non ne
sapevate nulla?- intervenne Paolo dubbioso.
-Ce
lo ha detto lei...- Chiara tentennò un secondo sperando che
fosse l'altra a concludere la frase: -La sera che ha lasciato Edo ma
non sappiamo tutti i dettagli.-
Quella
rivelazione parve destabilizzarli un po' forse non avevano
capito che tutto era iniziato molto prima che cominciasse la crisi tra
Alice
e il suo ex, molto prima di quanto credessero.
Fu
Laura a decidere di fare chiarezza.
-Edo
ha creato un sacco di problemi ad Alice, ma sono fatti solo suoi.
Credo che una sera si siano incontrati per caso ed erano entrambi un
po' brilli...-
-Una
sera che avevano bevuto entrambi? Quando è stata l'ultima
sbronza di Manu?- domandò Filo ad Andre che parve
rifletterci
attentamente.
-Forse
alla festa alle Colombare?- suppose l'altro.
-No
no, è iniziato tutto molto prima... Quella sera Alice ha
bevuto perchè avevano litigato di brutto!-
-Allora
quando?- si interrogò di nuovo Filo.
-Vi
ricordate al mio compleanno: Alice e Edo hanno litigato e lei se
n'è andata in macchina, poi dopo neanche dieci minuti anche
Manuel se ne andò.- il Vigna aveva lanciato l'ennesima
supposizione alla quale i ragazzi risposero contando i mesi sulle dita.
Laura
e Chiara si guardarono un secondo, ma tanto ormai tutte le carte erano
state scoperte, tanto valeva essere chiari.
-Credo
fosse successo qualcosa già prima. Ve la ricordate la
serata al Berfi's?- quasi tutti annuirono: -Ali ci ha parlato di una
sera in discoteca, ha detto che aveva bevuto e che lui le diede un
passaggio a casa, e quella sera Edo aveva la febbre. Credo che tutto
sia iniziato quella sera.-
Filo
parve illuminarsi e si battè un colpo sulla fronte: -Ma si
anche Manu aveva bevuto, e il giorno dopo mi ha detto che era stato con
una delle Stimate senza dirmi chi fosse!-
Tutti
si guardarono a bocca aperta.
-Era...
Gennaio?- domandò Charlie ridendo: -Sei mesi e non hanno mai
detto nulla!?-
Per
Manuel era stata una settimana d'inferno.
Passare
dal paradiso all'inferno in poche ore l'aveva leggermente indisposto.
Dopo
il ponte erano iniziati i drammi: con suo padre a casa in pausa prima
degli
imminenti campionati Europei, tutta la scuola ad osservarli e l'esame
ad incombere come una ghigliottina sulle loro teste, il clima terso e
svagato che aveva caratterizzato i loro primi giorni insieme se n'era
andato.
In
compenso Manuel non aveva mai scritto tanti sms nella sua vita come in
quel periodo.
Il
momento peggiore erano le ore di scuola. Essendo l'ultima settimana
oramai anche i professori avevano allentato la corda e solo pochi
disperati erano ancora impegnati in compiti e interrogazioni. Tutti
tranne ovviamente quelli dell'ultimo anno, i quali correvano da un'aula
all'altra in cerca di approvazione per gli argomenti scelti per
l'elaborato o delucidazioni sul programma, persino Manuel era stato
costretto ad inseguire l'adorata prof di Arte durante un cambio d'ora
per mostrarle gli ultimi sviluppi delle sue ricerche.
Filo
che per la prima volta nella sua vita era stato ammesso all'esame
di maturità viaggiava tra picchi di assoluta
felicità e
stati di cosmica depressione e perdita di sicurezza nelle sue
capacità. Erano perlopiù Chiara ed Alice a
scuoterlo e
rimproverarlo per il suo atteggiamento provando a dargli sostegno,
mentre gli altri continuavano a ridere del suo nichilismo.
Le
ricreazioni erano per Manuel gioia e dolori nel vero senso della parola.
Finalmente
poteva vedere la sua nuova ragazza dopo ore passate ad
annoiarsi in aula a fingere di studiare, eppure, per uno stupido
masochismo che aveva contribuito a mettere in piedi, non poteva
baciarla, abbracciarla o toccarla in qualsiasi maniera. Si erano
costretti a sorrisi vaghi e sfuggenti o gesti distaccati e innaturali.
Vederla
lì seduta con gli amici a concedersi la meritata
sigaretta, le gambe nude accavallate e ormai libere dalle calze scure,
la camicetta leggera della divisa che lasciava intravedere la
biancheria ricercata di pizzi e merletti che Alice amava tanto, il
sorriso ad ammorbidirle le labbra e il sole ad illuminare la massa
rossa dei capelli sciolti, gli girava la testa al punto che un paio di
volte si era dovuto allontanare a fingere di salutare qualcuno per
evitare di saltarle al collo per infilarle le mani nel capelli e
scaldarsi il cuore con l'odore della sua pelle.
Lei
aveva un routine meticolosa che odiava fosse scombinata. Ogni
mattina faceva colazione al bar, con l'una o l'altra amica, arrivava a
scuola all'ultimo minuto e ciondolava fino all'aula ancora con un piede
nel letto, a ricreazione scendeva al piano terra e fingeva di mettersi
in fila per il caffè che tanto le avrebbe offerto il primo
disperato in cerca di attenzioni, che avrebbe liquidato con un sorriso
mellifluo e un paio di ancheggiamenti. Dopodichè che ci
fossero
tre o trenta gradi usciva sul giardino interno e prendeva posto
nell'angolo destro della scalinata, lì dove avrebbe trovato
Filo
e Paul ad aspettarla mentre Charlie e Jack andavano incontro alle loro
rispettive ragazze.
Guai
a chi avesse osato rovinarle il giro o occuparle il posto.
Era
successo in paio d'occasioni e si era rivelata una belva per il resto
della giornata.
Manuel
sapeva e si limitava ad osservarla in tutti i suoi spostamenti,
non si premurava di prenderle il caffè come aveva fatto Edo
per
mesi, ne le offriva le sue sigarette o una mano per rialzarsi al suono
della campanella.
Ora
da qualche giorno la sua routine non era visibilmente cambiata,
aveva solo rivolto la gravità verso qualcun'altro. Manuel.
La
mattina Manuel andava in
moto sotto casa sua, giustificandosi con la scusa di evitarle di fare
altri ritardi, facevano colazione insieme in un piccolo bar ad un paio
di isolati da scuola, lontano dagli sguardi degli studenti che
affollavano il bar davanti alle Stimate, e arrivati a scuola Alice
scendeva prima dell'ultimo semaforo e legava il casco alla sella
posteriore in modo da arrivare separati al portone. Ma
straordinariamente in orario.
Anche
la ricreazione aveva subito piccoli discreti cambiamenti.
Il
caffè se lo faceva sempre offrire dal primo ragazzo della
fila, ma non si premurava nemmeno di ringraziarlo con un sorriso, si
dileguava in fretta senza attendere nemmeno la fedele Chiara.
Dopodiché usciva in cortile e prendeva posto al solito
gradino:
ad aspettarla come sempre c'erano Paul e Filo, a quali Manuel si era
aggiunto ormai come presenza fissa. Ogni giorno aspettava che arrivasse
lei per tirare fuori le Winston Blu dalla tasca che, con sorprendente
tempismo, scordava sempre più spesso le sigarette in classe.
Era
giovedì, ancora due giorni e cinque -ehm, sei- anni di
tortura sarebbero finiti.
-Hai
finito con gli appunti di Shopenauer che ti ho passato
lunedì?- vide Paul rivolgersi alla sua ragazza e prendere
posto
accanto a lei entrambi con la sigaretta in una mano e il
caffè
nell'altra.
-Si
li ho nella borsa, te li porto dopo in mensa. Se mi scordo
ricordameli tu all'uscita. Erano talmente perfetti che guardando i miei
mi sono vergognata, sono irrimediabilmente una pasticciona;
però
mi sono stati molto utili.- Alice gli regalò un sorriso
luminoso
e continuò a ciarlare con lui: -A proposito... la Paccari a
voi
ha portato il programma d'esame?-
-Non
ancora. Ma l'abbiamo all'ultima ora, stavolta spero si sia ricordata.-
Manuel
intervenne con aria disinteressata in una conversazione che non
avrebbe dovuto nemmeno sentire: -Si se l'è ricordato, l'ho
vista
prima che ne fotocopiava una cinquantina.-
-Finalmente-
sospirò Paul prima di dare un altro tiro.
Alice
scivolò con lo sguardo sul suo ragazzo e se lo
mangiò con gli occhi prima di infierire sulla sua entrata in
scena.
-Com'è
che tu sei sempre così informato su tutto quello
che avviene nei corridoi, anche se non parli mai con nessuno?- Manuel
le scroccò uno sguardo ostile, che in un attimo
virò in
uno decisamente divertito alla vista dell'aria maliziosa del sorriso
lentigginoso della ragazza.
-Evidentemente
parlo con le persone giuste... Rossa.-
Sapeva
che più tardi avrebbe pagato caro quel nomignolo,
nell'intimità del cubicolo di un bagno o contro il muro
dietro
la palestra, ma ne valeva la pena pur di vedere la smorfia risentita
della
ragazza. Quando la indispettiva serrava le labbra fino a farle
sbiancare e riempiva le guance d'aria come un pesce palla, tutto
accompagnato da uno sguardo al vetriolo degno di Crudelia Demon.
Se
non fossero stati nel cortile della scuola sarebbe scoppiato a
ridere, dopodichè le sarebbe saltato addosso caricandosela
in
spalla, così irritata e carina com'era, per trascinarla in
un
letto/divano/tavolo/vasca da bagno o qualunque altra superficie
orizzontale e affogarla di baci. Lì invece purtroppo si
limitò a sorridere e svicolare
la sua rabbia.
Poi
un peso gli crollò sulle spalle e contemporaneamente la voce
roca di Filo gli sfondò un timpano.
-Fratello!-
si sforzò di non sbranarlo, limitandosi a scrollarserlo
dalle spalle: -Ti vedo palliduccio?!-
-Fatti
gli affari tuoi Zonin.-
-Sempre
delicato come un fiore.- brontolò Alice in sottofondo
allo sproloquio di Filo che ciarlava di partite al campetto, appunti da
fotocopiare e tipe con tette enormi.
-...
e poi il Vigna dice che è successo qualcosa a Edo, che
è strano, Rossa tu ne sai qualcosa?-
Colse
solo due parole (Edo e Rossa) che nella stessa frase non gli
piacevano per niente. Quindi rizzò la schiena e si
concentrò solo sulla risposta che Filo avrebbe
ricevuto.
Alice
era impallidita e aveva stretto la mascella sulla sigaretta, ma
erano particolari troppo sottili perchè qualcuno degli altri
due
li notasse, ma la risposta arrivò troppo in fretta, e
chiunque
avrebbe capito che stava tentando di sfuggire a quella conversazione.
-Che
dovrei saperne io? Non ci parlo da quando ci siamo lasciati.-
-Ma
che ne so! Il Vigna non ha detto altro, e Edo non si fa vedere a scuola
dalla settimana scorsa.-
L'aiuto
inaspettato arrivò quando sia Alice che Manuel stavano per
intervenire ognuno con improperi diversi.
Charlie
e Jack stavano scendendo in quel momento seguiti dagli altri
due vertici del triangolo di ragazze, ed evidentemente avevano sentito
le
ultime battute della conversazione.
-Lascialo
perdere Filo. Se Edo è incazzato per qualcosa non si
farà vedere finchè non avrà sbollito
la rabbia...-
Charlie conosceva Edo dalle scuole medie ed
era l'unico oltre al Vigna con il quale parlasse davvero: -E'
orgoglioso e se la prende facilmente.-
Sebbene
avessero quietato Filo e le sue preoccupazioni, quelle parole
turbarono Alice che si passò assorta una mano sul polso
destro e
finì per grattarsi il gomito come ogni volta che era nervosa.
Manuel
invece strinse il pugno che teneva in tasca.
Avrebbe
voluto raschiare la faccia di Edo contro il muro fino a
renderlo irriconoscibile, spaccargli il naso e tutte le dita sotto le
suole delle scarpe, caricare il destro e sfogarlo contro la sua testa
per staccarla direttamente dal collo. E poi ricominciare
finchè
non l'avesse pregato di smettere, di avere pietà e non
avesse
giurato sulla sua stessa madre e sul suo Dio che avrebbe dimenticato
anche solo l'esistenza sulla Terra di Alice Aroldi.
Ma
se l'avesse fatto lei non l'avrebbe mai perdonato. Quindi nascose la
rabbia in un anfratto profondo del suo stomaco, limitandosi a lasciare
tutto e tutti con la scusa di una pisciata veloce prima di rientrare in
classe.
Le
ora successive scivolarono via veloci, Manuel aveva la testa da
un'altra parte e i suoi compagni di classe sapevano che quand'era
così cupo e scostante, era bene non disturbarlo e lasciarlo
solo
nella sua inavvicinabilità. Alice lo contattò
prima di
pranzo ma gli mancò la forza di dirle la verità,
le disse
che si sarebbero visti a pranzo nonostante lei gli avesse proposto un
tète a tète nei bagni del terzo piano.
Anche
la pausa pranzo fu banale e noiosa, l'argomento Edo non venne
più fuori per sua fortuna e col caldo che faceva in mensa
quasi
tutti mangiarono alla svelta per poi correre in cortile per una
partitella. I primi anni dentro le Stimate quel canestro arrugginito
era stata la sua unica valvola di sfogo: là sotto aveva
imparato
a conoscere davvero Jack e Filo, e aveva scoperto che fuori dallo
spogliatoio erano ancora poi idioti, poi era arrivato Charlie molto
più abile con le parole che con la palla e con lui Paolo che
Manu aveva sottovalutato per anni, e per ultimi il Vigna ed Edo.
Quel
pomeriggio lui e Alice sarebbero riusciti finalmente a stare un
po' insieme. Suo padre sarebbe rientrato solo per cena, e Sonia era
passata quella mattina, quindi casa sua era tornata libera, e fu
l'unico appiglio per non bigiare le lezioni del pomeriggio. All'ultima
ora le mandò un messaggio: si sarebbero incontrati al solito
semaforo, e le promise un pomeriggio di fuoco.
Come
da copione all'uscita si ignorarono, lei inforcò gli
occhiali da sole e salutò tutti con la sigaretta in bocca
rifiutando tutti i passaggi con la scusa di dover fare una lampada,
invece Manuel rimase a chiacchierare qualche altro minuto con Filo
giusto il tempo che avrebbe impiegato lei ad arrivare al luogo
dell'appuntamento.
Quando
arrivarono a casa sua Alice aveva i capelli spettinati dal casco
e si stupì della naturalezza con cui ora scendeva dalla moto
senza lamentarsi. Gli rubò un piccolo bacio a fior di labbra
prima di entrare nell'atrio e poi saltellò fino
all'ascensore;
era allegra come non mai e vederla così sorridente gli
metteva
addosso una gran frenesia di mangiarsela a suon di baci.
Se
la caricò in spalla subito dopo aver chiuso il portone e non
arrivarono nemmeno in camera perchè la prima stanza che
incontrò fu il salotto e la scaraventò sul divano
mentre
lei rideva come una matta.
Subito
invertì le posizioni mettendosi seduta su di lui e
spogliandosi solo per i suoi occhi con disarmante lentezza. Quando i
vestiti furono sparsi per tutta la sala e lui potè
finalmente
baciare la sua pelle lattea, la giornata prese una nuova piega e
ritrovò il posto che aveva scoperto di amare più
di tutti
tra le braccia di Alice. Finirono sdraiati sul tappeto, Manuel non
avrebbe saputo dire come, e aveva ancora i pantaloni arrotolati sulle
caviglie quando Alice ricadde sul suo petto ansimante.
Rimasero
sdraiati l'una sull'altro per parecchi minuti ad ascoltare i
propri respiri, Manuel le raccontò quello che gli aveva
detto la
prof di Arte della tesina e lei alcuni pettegolezzi che aveva sentito
da Laura. Poi Alice scappò dal suo abbraccio per andare in
bagno
e lo lasciò a raccogliere tutti i loro vestiti e seguirla al
piano superiore.
-Hai
le sigarette?- gli domandò quando fu il turno di Manuel di
usare il bagno.
-Nel
cassetto del comodino.-
Alice
si allacciò il reggiseno con le margherite che piaceva
tanto a lui e si allungò sul letto fino al comodino. Quello
era
il cassetto dei preservativi, delle sigarette, delle penne, dei dadi,
del vecchio orologio e degli occhiali che Manu avrebbe dovuto usare per
leggere ma che si rifiutava di usare. Trovò due pacchetti di
Winston Blu iniziati e tirò fuori due sigarette.
-L'accendino?-
-Bah
fruga un po'- le rispose aprendo la porta.
Trovò
l'accendino, e sotto di esso un passaporto. Non le aveva
mai parlato di viaggi fuori dall'Europa, però forse aveva
raggiunto suo padre da qualche parte.
-Quando
hai fatto il passaporto?- chiese sventolandolo verso la porta
del bagno il documento. Manuel si voltò perplesso, come se
avesse dimenticato di averlo, poi qualcosa distese i suoi lineamenti.
-Oh
già... non è mio.- Alice accese entrambe le
sigarette e lo raggiunse in bagno tenendolo in mano.
Saltò
sul piano del lavandino in reggiseno e mutande e gli
passò una sigaretta, mentre lui si lavava le mani.
Aprì
il passaporto curiosa come una gazza, e studiò attentamente
la
foto. Dove aveva già visto quella donna?
-Chi
è Elena Tatsuchi?-
Manuel
le sorrise soffiando poi il fumo in alto: -Mia madre.-
-Tua
madre? Questa è tua madre?- di nuovo sorrise e
annuì.
La
ragazza studiò più attentamente la foto e
riconobbe i
lineamenti delle altre foto che aveva visto per casa, anche se
lì erano molto più giovani. Era mora come suo
figlio, con
vaghi lineamenti orientali nel naso schiacciato alla base e gli occhi
leggermente allungati, ma se non avesse letto il cognome non ne avrebbe
indovinato la provenienza. In più era davvero una gran bella
donna.
Si
portò un ginocchio sotto al mento e studiò
l'immagine
confrontandola con il viso di Manuel. Non trovò grandi
somiglianze escluso il colore di occhi e capelli, era sputato suo padre.
-Era
giapponese?- indagò mentre sfogliava i timbri nelle pagine
successive: aveva viaggiato molto.
Manuel
uscì dal bagno in boxer e si buttò sul letto
seguito a ruota dalla ragazza che gli si sedette sulla pancia.
-Non
proprio, mio nonno materno lo era per metà.-
-I
nonni di Venezia?- lui si limitò ad annuire e schiacciare il
mozzicone nel posacenere.
-Racconta
per bene.- farsi dire qualcosa era sempre una lotta con lui.
-E'
una storia lunga...- sbuffò affatto dell'umore di parlare
della famiglia di sua madre.
-Ho
tempo.-
Di
nuovo sbuffò e Alice dovette combattere un po' e usare tutto
il suo charme per farlo capitolare.
-Mio
nonno era giapponese solo di padre, sua madre era un'insegnante
d'inglese. Durante la guerra venne costretto a seguire una delegazione
governativa in Italia come interprete, dopo l'arrivo degli alleati
conobbe mia nonna e rimase qui per sposarla. Fine della storia.-
-Quindi
hai un ottavo di sangue giapponese?-
-In
pratica si-
Alice
lo guardò pensierosa annuendo continuamente, sapeva che la
sua morbosa curiosità non era stata soddisfatta.
-E
che faceva tuo nonno?-
-Non
lo so credo abbia continuato a fare l'interprete.- Manuel cominciava ad
irritarsi con tutte quelle domande.
-E
tu lo parli?-
-No.-
Troppo veloce, stava mentendo. -Solo qualche parola.-
Ecco,
ci aveva preso.
-Cosa?-
-Bah
non mi ricordo, mi aveva insegnato qualcosa mia madre da
piccolo... tipo a salutare mio nonno.- faceva il reticente ma prima o
poi l'avrebbe convinto.
-Che
faceva tua madre invece?-
-Lavorava
in una galleria d'arte.-
Quella
conversazione spiegò ad Alice molte cose, innanzitutto
l'interesse di Manu per l'arte e poi le due stampe giapponesi appese
nel corridoio, e i suoi occhi così neri, non erano
così
comuni in Italia. Rimase sovrappensiero abbastanza da non accorgersi
che le toglieva dalle mani quel passaporto per poi ribaltarla sul letto
e proseguire il discorso iniziato in salotto.
-Sono
Bressan, puoi scendere?-
-Ehm...si
aspetta.-
Quando
lo raggiunse Manuel aveva appena acceso la seconda sigaretta,
quella situazione lo metteva davvero a disagio. Si sentiva un merda, e
anche molto poco virile. Camminava su una lama sottile, se fosse caduto
da un lato avrebbe fatto la figura del bulletto senza cervello che se
ne andava in giro a minacciare i propri rivali in amore per consolidare
l'onore della sua bella, dall'altro la nomea di novello principe
azzurro in calzamaglia che a colpi di spada difende la damigella dai
maligni non gli piaceva per nulla.
Nonostante
questo non era andato là senza aver prima
riflettuto attentamente, ci aveva pensato tutta la mattina in classe.
Edo aveva già varcato il limite una
volta secondo i canoni di Manuel, e lui non era tipo da rimanere a
guardare; aveva inforcato la moto senza dir nulla ad Alice recuperando
l'indirizzo da Jack, lei non avrebbe approvato. Stava infrangendo la
promessa fatta la settimana prima, ma con le migliori intenzioni!!
-Bressan.-
non aveva sentito la porta aprirsi, e sentirsi chiamato alle
spalle lo colse in pieno ripasso del discorso che aveva preparato: -Che
vuoi?-
I
toni non erano certo amichevoli, ma non si era aspettato nulla di
diverso.
-Com'è
che non ti fai vedere a scuola da martedì?-
-Che
ti frega?-
-Mi
vedo con Alice.- sganciò la bomba a bruciapelo e non gli
diede altre spiegazioni, non riteneva fossero affari suoi. Si sarebbe
fatto
bastare quella dichiarazione. -Lei non sa che sono qui, ne io sono
qui per litigare, però volevo che lo sapessi da me.-
Il
suo avversario tentennò solo pochi secondi.
-Deduco
i miei sospetti fossero fondati.-
-Non
sono affari tuoi.- Edo non era mai stato fulminato in quel modo da
qualcuno, Bressan era serio, troppo serio, non che avesse smesso la
maschera di indifferenza che ostentava ogni giorno, solo nei suoi
occhi, nel modo in cui non lo perdeva di vista e nella freddezza con
cui l'aveva messo a tacere c'era qualcosa di inquietante e spaventoso
-Ma
si, lo erano.-
Edo
non aveva mai intessuto grandi rapporti con lui: saluti e
chiacchiere di circostanza, oltre al poker del mercoledì e
lo
spogliatoio di ginnastica difficilmente si erano trovati a stretto
contatto, l'aveva conosciuto più che altro tramite Andre e
poi
Filo e Jack. Onestamente gli aveva sempre fatto paura: sia prima di
conoscerlo, quando era l'Oscuro Signore delle Stimate e braccio destro
del Cherubini, e anche dopo il suo improvviso cambiamento; per questo
quando lo vide buttare a terra la sigaretta e schiacciarla col tallone
con estrema calma, per poi alzare su di lui un'occhiataccia raggelante,
si
cagò davvero sotto.
-Non
so cosa sia andato male tra voi, se l'abbia lasciata tu o lei, o
se ancora ci stai dietro, ne lo voglio sapere. Però
purtroppo
lei ti rispetta ancora abbastanza per
non dirti che le fai schifo, quindi lo farò io: sei un
animale
solo
per aver pensato di alzare le mani contro una ragazza e dovresti
vergognartene al punto da non farti più vedere in giro.
Purtroppo però da solo non lo capisci.
Quindi
arriviamo al
secondo punto: stalle molto lontano, non avvicinarti a lei, non
parlarle, non
pensarla nemmeno, hai già fatto a sufficienza. Sei
abbastanza sveglio da capire cosa questo significhi. Se sarò
costretto ad intervenire, ti assicuro che non risponderò di
me e
che ti farai male. -
Manuel
si maledì mentalmente perchè gli era uscito
proprio il discorso da principe azzurro in calzamaglia che aveva
cercato di evitare, e se l'avesse sentito Jack avrebbe riso per un
decennio (e probabilmente anche Alice).
D'altra
parte se avesse ben
interpretato la smorfia di Edo avrebbe capito di aver centrato
esattamente
l'obiettivo.
Il
suo interlocutore infatti era impietrito: Bressan metteva davvero
paura, ma si sarebbe fatto venire una paresi pur di non farglielo
capire. Erano soli sul marciapiedi davanti al suo portone, non era
saggio provocarlo lì perchè in uno scontro
diretto era
sicuramente svantaggiato. Edo non aveva mai fatto a botte e non era
intenzionato ad farsi battezzare da uno come Manuel.
-Da
quanto?-
-Meno
di quanto credi, ma ti ho detto che non sono affari tuoi.-
-Mi
aveva giurato che non aveva nessun altro...- continuò
sussurrando a denti stretti con astio.
-Non
ti ha lasciato per me, se è questo che vuoi sapere.-
Edo
avrebbe voluto urlare tanto da asfissiare. Aveva visto giusto fin
dall'inizio. Chissà da quanto Alice se la faceva con lui
alle
sue spalle, chissà quante volte se l'era già
scopata,
magari pure a scuola o al BM sotto il suo naso. L'ira crebbe come un
magma nel suo stomaco ma sapeva di non poter reagire, non lì
con
quello svantaggio, e in fondo sapeva anche di non volersela prendere
con lui.
Non
fosse stato per la differenza di stazza, il comportamento di Manuel
sarebbe stato anche corretto
Era
lei, solo lei, la puttana traditrice. Era lei che doveva pagare
quell'insulto, lei a dover subire la sua ira.
Si
limitò ad annuire e voltare le spalle al suo avversario
meditando vendetta.
Alice
non era tranquilla quella mattina.
Lui
lo sentiva, era qualcosa di lento e viscido che gli correva sotto
pelle e una sensazione orribile allo stomaco, come di un serpente che
sinuoso ti si attorciglia addosso fino a strangolarti.
In
più non sapeva dove fosse finita.
Erano
arrivati insieme quella mattina di festa e si erano mescolati
alla ressa in giardino con discrezione fino a raggiungere a pochi
istanti di distanza il gruppo dei loro amici. L'appello non era stato
fatto e nessuno era rimasto in aula a lungo. La giornata prevedeva un
tedioso discorso del preside, la premiazione degli alunni
più
meritevoli sia in campo accademico che sportivo, o che avessero
partecipato a competizioni interscolastiche dopodichè musica
buffet e tradizionale finale del torneo di calcetto.
Quasi
tutte le quinte avevano monopolizzato l'unico lato del cortile
all'ombra nonchè unico fornito di scalini, già
dalle prime
ore del mattino, e lì risiedevano senza alcuna intenzione di
muoversi. Manuel si era accasciato su un muretto laterale con la
schiena contro
il muro e una gamba a penzoloni nel vuoto, per la gioia degli occhi
delle sue molteplici ammiratrici aveva smesso la divisa della scuola
indossando banalissimi jeans e maglietta, inpensierito dalla scomparsa
di Alice.
Jack
seduto di fronte a lui lo sfotteva apertamente guardandosi attorno.
-Guarda
quella tipa con la coda, ti sta mangiando con gli occhi...-
Manuel tentava di ignorarle mentre Filo non faceva altro che
distribuire falsi numeri di telefono di Manu: -Se non stai attento
finisce che qualcuna prima o poi ti violenta!-
Filo
in piedi a pochi passi da loro latrò come un cane la sua
risata rauca: -Ti prego Dio, fa che io possa assistere alla scena-
implorò al cielo con sincero trasporto.
Tutti
risero, Manuel si limitò a grugnire uno strano verso, Paul
gli rifilò una pacca sulla gamba mentre il Vigna si
premurava di
spiegare con ampi gesti a Laura e Martina come una donna potesse
violentare un uomo.
-Il
tuo successo con le donne ha dell'incredibile. Con che coraggio si
avvicinano a te, ancora non l'ho capito, e poi che tu le convinca a
dartela senza nemmeno parlarci è assurdo. Non è
che le
ipnotizzi?- Jack era l'unico ad avere con lui la confidenza necessaria
per questo tipo di battute.
-Nemmeno
ti rispondo- dichiarò Manuel fulminando Filo che rideva
a crepapelle imitando una ragazza zombie che lo inseguiva.
L'ilarità
generale scemò con l'apparizione del preside sul palco
armato di microfono.
-Buongiorno
a tutti. Siamo finalmente giunti alla fine dell'anno e
prima di salutarvi per l'estate come consuetudine, premieremo gli
alunni più meritevoli e che si sono distinti sia fuori che
dentro le mura della scuola. Ora la signorina Draghetti, la vostra
rappresentante, leggerà i nomi, quando e se sentirete il
vostro
vi prego di raggiungere il palco. Cominceremo dai primi anni a salire.-
La
Draghetti lo raggiunse sgambettando con addosso la divisa linda e
perfetta, era una dei pochi ad essersi presentata abbigliata come un
qualsiasi giorno di scuola, con la sua coda di cavallo tirata al
millimetro, la gonna al ginocchio e la cravatta stretta come un cappio.
Manuel non la sopportava.
Era
una gattamorta tutta sorrisini e moine che davanti si atteggiava a
Madre Teresa degli studenti, mentre nei bagni sniffava di nascosto da
tutti e non aveva scrupoli ad inginocchiarsi davanti al belloccio di
turno. Quando ancora spacciava, lei era stata una delle sue maggiori
clienti alle Stimate, e ricordava benissimo di averla beccata parecchie
volte in atteggiamenti "discutibili" a casa di Cherubini.
La
sua voce acuta e fastidiosa si diffuse nel cortile interno come il
verso di un Nazgul, rivoltandogli lo stomaco.
-Dio,
quella non la tollero- lo scatto di un accendino e una piccola
nube di fumo, annunciarono la ricomparsa di Alice al suo fianco.
Manuel
non scostò lo sguardo dalla Draghetti che in sottofondo
si ostinava a torturare la platea con la sua nenia, si
limitò a
ghignare e dondolare la testa in cenno di assenso, sospirando di
sollievo nella sua mente. Dalla storia di Edo non tollerava di vederla
sparire dal suo campo visivo.
Chiamarono
innumerevoli nomi e altrettanti individui salirono sul
palco, alcuni sicuri e spavaldi, altri più timidi con lo
sguardo
piantato a terra, un paio di soggetti di quarta vennero acclamati tra
urli e fischi derisori, uno di questi inciampò finendo
diretto
sulle tette della Draghetti, scatenando così un boato nel
cortile. Persino Alice, ormai alla quarta sigaretta, tossì
fuori
il fumo dalla bocca in un conato misto di ilarità e stupore.
Era
rimasta per tutto il tempo contro il muro accanto a lui, ad un passo di
distanza da tutti gli altri.
-Cominciamo
ora con le quinte!- annunciò la loro odiosa rappresentante
eccitata come una cheerleader invasata.
Tra
i primi ad essere chiamati ci fu anche Jack per meriti sportivi:
era capitano della squadra che aveva rappresentato la scuola al torneo
di basket interscolastico. Manuel aveva assistito a tutte le partite
dal pubblico ed era stato quasi noioso vedere alcuni dei suoi migliori
amici stracciare quasi tutti gli avversari quasi senza sudare, tanto
che alla fine aveva smesso di andare a vederli. Chiara era in lizza per
il premio per la media più alta dell'anno, ma era stata
battuta
da una compagna di classe di Manuel e Filo particolarmente acida e
inavvicinabile.
-Quando
tocca te?- chiese quando l'elenco cominciò ad
assottigliarsi, rivolto ad Alice.
Quella
si voltò di scatto con le sopraciglia aggrottate e
un'espressione per nulla rassicurante, Manuel alzò il mento
per
incrociare il sguardo sfoderando la sua aria angelica e innocente.
-Come
fai a saperlo?- ma si corresse in fretta sfuggendo ai suoi occhi:
-Farei meglio a chiederti a chi hai estorto le tue informazioni...-
Il
sorriso pieno e malefico di Manuel aumentò all'istante,
donandogli un'aria oscura e pericolosa davvero sexy.
Rassegnata
all'evidenza della sua bellezza, se lo mangiò con gli
occhi concedendosi solo un leggero pizzicotto sulla spalla per punirlo.
-Posso
ancora sperare che si siano scordati di me!- brontolò
estraendo di nuovo l'accendino dalla tasca dei pantaloncini, con
l'ennesima
sigaretta già tra le labbra.
Fumava
troppo più del solito, era nervosa, e Manuel lo
notò.
-Io
non ci spererei troppo.-
E
dopo un attimo, a conferma della sua tesi, la Draghetti dal palco
trillò il nome di Alice: -Alice Aroldi, sezione B, fiore
all'occhiello del quinto anno, classificatasi prima ai Giochi della
Matematica regionali, settima a livello nazionale.-
Alice
pietrificata dal tempismo di Manuel, lo fulminò mentre lui
se la rideva sotto i baffi.
-Dove
sei Aroldi?- insistette la Draghetti costringendo Alice a
staccarsi dal muro e a sbracciarsi tra la folla per farsi vedere.
Raggiunse
il palco con una complicata gimkana tra corpi seduti
sull'asfalto rovente, e gettò la sigaretta solo dopo aver
messo
il piede sul primo gradino. Il preside la omaggiò di uno
sguardo
raggelante prima di porgerle una piccola scatola blu e un fazzoletto
ripiegato, Alice mortalmente imbarazzata ma impeccabile come solito,
gli sorrise e scrollò spalle e chioma concedendosi per
qualche
secondo allo sguardo avido del pubblico per sanare il suo innato
narcisismo.
La
raggiunsero fischi compiaciuti e applausi, qualcuno nelle retrovie
(e quel qualcuno l'avrebbe pagata cara) gridò: -Vai Rossa!-
subito seguito ad un altro coro di apprezzamenti che fecero drizzare i
peli della nuca a Manuel. Lui che da lontano la guardava orgoglioso e
sorrideva.
Alice
si affrettò a tornare nei ranghi degli ultimi anni mentre
dopo di lei vennero premiati altri studenti che avevano partecipato a
competizioni di chimica e progetti di scienze.
-Che
ti hanno dato?- le chiese subito Laura rubandole di mano il premio.
Era
una piccola spilla rotonda con inciso il nome e lo stemma della
scuola, il suo nome e l'anno scolastico, e un foulard di tessuto
impalpabile dello stesso odiato colore delle divise, grigio e bordeaux,
anche quello ornato con lo stemma della scuola.
-Carini..-
brontolò la bionda con un sopracciglio alzato, in
precisa assonanza con il mugugno sarcastico di Manuel alle sue spalle.
Molte
volte Alice aveva colto inquietanti somiglianze tra la sua
migliore amica e il suo ragazzo, ma non era davvero il caso di render
note a nessuno queste piccolezze.
Non
potè però soffermarsi a lungo su questi
particolari
perchè Filo e il Vigna avevano sottratto il suo e il foulard
di
qualcun'altro e li avevano legati sul capo in modo molto piratesco, e
in piedi sul muretto proclamarono le loro intenzioni di sfidarsi a
duello con due penne. Infantili al punto che nemmeno i professori
presenti nel cortile trovarono la forza di rimproverarli, forse per
pena.
Charlie
fotografava col cellulare e se la rideva con Jack e Paolo,
Laura sbuffava coprendosi il volto con le mani e Martina cercava
inutilmente di tirar via il suo ragazzo dall'accanita sfida. Manuel
saltato giù dal suo giaciglio appena in tempo prima di esser
travolto, se la rideva apertamente e incitava il Vigna a "fare il culo
a strisce" a Filo.
Per
quanto inopportuno il siparietto tra i due andò avanti fino
alla fine della premiazione e dei saluti. Solo il richiamo della
batteria riuscì a placare il Vigna.
Fu
Edo arrivato in ritardo di oltre due ore -con Andre che non
frequentava le Stimate- a richiamarlo all'ordine, anche il loro gruppo
avrebbe suonato alla festa successiva alla premiazione, per la gioia
del folto numero di fangirl che affollavano il biennio.
Con
l'arrivo di Edo l'inquietudine che Manuel aveva notato nella sua
ragazza, crebbe rapida contagiando anche lui. Edoardo era freddo e
distaccato, non aveva guardato nemmeno una volta in direzione di Alice
e aveva quasi ignorato tutti gli altri.
La
giornata proseguì come prestabilito: finite le premiazioni
iniziò la festa, un gruppo avrebbe suonato prima degli
Afterblack però la vera attrazione sarebbero stati loro,
mentre
tutti si rimpinzavano al buffet, gli Zonin ovviamente in pole position.
Poi visto che Manuel era sempre stato negato per il
calcio, lui e
Alice avrebbero approfittato dell'attenzione di tutti rivolta alla
finale di calcetto per svignarsela clandestinamente.
Durante
il concerto l'aveva vista ballare e saltare con le amiche in
mezzo a tutte le altre stupide fangirl di Andre. Lei non apprezzava
fino in fondo quel genere di musica, ma quando partirono con Song 2 dei
Blur, si voltò verso di lui che rispose con un sorrisetto;
gliel'aveva fatta sentire un paio di giorni prima in macchina e si era
stupito nel sentirla affermare candidamente 'Mi piace questa roba'.
Alla
fine dell'esibizione c'era stata un po' di diaspora e Jack l'aveva
coinvolto in una sfida a canestro con due ragazzi di quarta un po'
troppo montati, Alice invece se n'era andata in giro con le sue amiche
a salutare qualche professore: la secchiona leccaculo.
Contro
i due pivelli avevano vinto a mani basse, ma poi erano arrivati
Andre e Filo e si era innescata la solita partitella, passato
mezzogiorno le ragazze erano tornate con tutti gli altri. Tutte tranne
Alice. Erano pari, quindi Manuel non ci fece troppo caso fino alla sua
vittoria con un canestro da tre punti. Lui e Jack raggiunsero gli altri
e si accorse della sua assenza: si guardò attorno ma lei non
c'era, prese il cellulare dalla tasca e provò a chiamarla ma
dopo quattro squilli non rispose, tentò di ascoltare i
discorsi
degli altri ma nessuno parlava di lei o di dove fosse finita. Quindi
senza pensarci due volte guardò Jack e a bassa voce gli
chiese
se avesse visto Alice, di lui poteva fidarsi non avrebbe fatto troppe
domande, non davanti agli altri almeno...
La
sua risposta però fu un'alzata di spalle che
gettò
Manuel nel panico, si guardò attorno di nuovo ed Edo non era
insieme al Vigna ne a Charlie e Paolo.
-La
rossa dov'è?- fu Jack a domandarlo risparmiandogli la pena
di farlo da se.
-Perchè?
Ce ne stiamo andando?-
-No
no, solo che non la vedevo.-
A
quel punto Laura invece che rispondere a Jack, guardò Manuel
in uno strano modo.
-E'
andata su in classe a prendere la borsa.-
Se
Manuel non si fosse fidato ciecamente di Alice, avrebbe giurato che
Laura sapesse tutto.
-Sì
e Edo le è andato dietro al volo. Dice che deve parlarle!-
sghignazzò Charlie facendole eco.
Ma
Manuel vide rosso.
Edo
l'aveva seguita in classe, al terzo piano, dove probabilmente non
c'era nessuno.. E lui era andato da Edo solo il giorno prima a dirgli
che lui e Alice stavano insieme. Era stato un idiota, un coglione,
avrebbe dovuto spaventarlo di più, promettergli le pene
dell'inferno, avrebbe dovuto dargli un avvertimento per fargli capire
che faceva sul serio. Alice era sola con lui, lui che già
l'aveva minacciata.
-Merda.-
non fu Manuel a parlare ma il Vigna, che prese a correre verso la
scuola subito dietro di lui.
-Edo
che ci fai qui?-
-Cercavo
te.- le rispose senza alcuna intonazione.
Quella
frase fece risuonare un campanello d'allarme nella testa di
Alice: erano soli in un corridoio vuoto, di sotto la gente schiamazzava
e si divertiva. Si fece più attenta nel momento stesso in
cui lo
sentì avvicinarsi.
-Perchè
mi cercavi?-
-Ho
sentito delle voci, e i miei sospetti erano fondati. Ora che ci
penso in effetti tu non hai mai negato...- le si avvicinò
abbastanza da contarle le lentiggini, e lei poté toccare con
mano l'ira che lo animava. Non respirava eppure il cuore le correva
all'impazzata.
-Qu..
Quali voci?-
Edo
sorrise e le afferrò la coda di capelli strattonandola
indietro, le fece un male cane: -Dicono che sei la nuova puttana di
quel drogato di Bressan.-
-Non
è un drogato.- Edo tirò di nuovo -Smettila mi fai
male stronzo.-
Non
avrebbe dovuto insultarlo, lo sapeva che poi si sarebbe incazzato
ancora di più, infatti le tirò i capelli
costringendola
ad inginocchiarsi davanti a lui. Per un attimo Alice credette che si
sarebbe aperto i pantaloni costringendola a fare quello che si era
sempre rifiutata con lui, quindi quando la mandò a sbattere
contro il muro con un calcio la prese abbastanza di sorpresa da
impedirle di proteggersi il capo.
In
testa le rimbombò il rumore delle sue ossa contro la parete
e
un dolore acuto le inibì qualsiasi altra percezione.
Quando
tornò abbastanza in se da sentire i rumori, Edo stava
sproloquiando da solo: -.. forse tu non te lo ricordi, oppure all'epoca
eri talmente impegnata a startene con tuo nasino all'insù
che
nemmeno l'avresti notato, qualcuno dovrà pure rinfrescarti
la
memoria no?-
Le
afferrò di nuovo i capelli facendola gridare di dolore per
la
prima volta, tentò di colpirlo in faccia ma lui si teneva
prudentemente fuori dalla portata delle sue mani e le serrò
l'altra mano sul collo, abbastanza da impaurirla senza impedirle di
respirare.
-Te
lo dico io come si riduceva il tuo Bressan un paio d'anni fa. Non
c'era giorno che non fosse fatto, in classe dormiva e all'intervallo
pippava nei bagni invece di mangiare. Era magro da far schifo il tuo
merdoso Emo, a momenti non si reggeva in piedi. Tutti alla Stimate
sapevano che lui spacciava qualsiasi cosa.- le sibilava all'orecchio di
non urlare ad ogni frase, strattonandole i capelli al punto che Alice
immagino che sarebbe rimasta senza.
Di
nuovo la spinse contro il muro, stavolta fu abbastanza furba da
chinare la testa in avanti, in modo che fosse la schiena ad impattare
per prima.
-Lasciami
andare brutto idiota- riuscì a gridargli mentre gli
graffiava il braccio per tentare di allentarne la presa. Edo non le
aveva mai fatto tanta paura.
-Sta
ferma troia! Non ti piace che ti si dica la verità eh?
Tutti alle Stimate lo sapevano, tutti tranne la perfetta Alice Aroldi,
troppo intoccabile per occuparsi della spazzatura come Bressan?
Com'è che all'improvviso ti interessa certa gente. Il tuo
amichetto una volta ha spezzato due dita a uno perchè non
voleva
pagare, te l'ha detto questo?-
No,
non gliel'aveva detto e non le importava. Quello era il passato.
-Smettila
Edo, per quanto tu possa insultarlo non cambierà nulla.-
-Quindi
ti va bene fare la puttana di un drogato?-
-Finiscila,
non si fa più ora.-
-Cos'è
ti sei messa a spacciare con lui al BM?-
Alice
si ritrovò a piangere senza volerlo e comprese che non
l'avrebbe ascoltata qualsiasi cosa le avesse
detto su Manuel o sul loro rapporto. Come aveva fatto a saperlo poi??
Quindi
tentò con una nuova strategia.
-Credi
di potermi fare la predica?- scivolò di nuovo in
ginocchio trascinata da lui: -Mi stai facendo male, lasciami o mi metto
a urlare!!-
-Urla
quanto ti pare. Bressan qui non ti sentirà.-
Alice
urlò con tutto il fiato che riuscì a racimolare e
sarebbe stato un gran urlo se Edo non l'avesse calciata di nuovo a
terra. Finì contro un banco che si ribaltò
insieme ad una
sedia provocando comunque un gran rumore. Lo vide agitarsi e guardare
in direzione della porta, la speranza migliore di Alice era che
arrivasse qualcuno perchè dubitava che sarebbe riuscita a
scappare da sola.
-Non
volevo farti male.- esordì Edo tirandola in piedi per i
polsi e lasciandola per la falsità di quelle parole, la
tentazione di schiaffeggiarlo fu davvero forte.
-Invece
è proprio quello che hai fatto.-
-Ascoltami
cazzo!- di nuovo usò la forza per farla tacere
stringendole i polsi: -Non puoi fidarti di lui, è un
drogato. Ti
sta usando, non ti ama e sicuramente prima o poi ti tradirà
e ti
farà soffrire.-
Nonostante
i denti stretti, il tono rabbioso e le forza che imprimeva
alla sua stretta, quel discorso le parve quasi accorato, quasi come una
preghiera. Le ricordò un Edoardo molto diverso, quello dei
primi
tempi che la portava al parco a studiare e a San Valentino le mandava
mazzi di fiori a casa.
In
lacrime lo implorò ancora una volta di lasciarla andare
strattonando le braccia e maledicendosi per non essersi mai iscritta in
palestra.
-Anche
tu mi amavi, mi hai tradita e ora mi stai facendo male. In cosa credi
di essere migliore di lui?-
Evidentemente
fu quell'accusa a scoperchiare il vaso di Pandora
dell'ira di Edoardo. Credette di aver fatto leva sul punto giusto
quando le lasciò i polsi, era talmente accecata dalle sue
stesse
lacrime però da non riuscire a vedere la mano di Edo
caricare
verso destra e schiantasi sulla sua mascella.
Alice
sentì solo un gran colpo e il dolore bruciante, perse
l'equilibrio e finì contro qualcosa di duro con il lato
destro
del corpo prima di rovinare a terra.
Poi
fu tutto nero.
Aveva
paura. Una paura fottuta.
E
rabbia. Tanta da non sapere se sarebbe riuscito a trattenerla.
E
l'adrenalina pompata nei muscoli non gli faceva avvertire la corsa.
Salì
tutte le rampe tre gradini alla volta.
L'aula
di Alice era al terzo piano, la seconda a sinistra. Esattamente sopra
alla sua.
Al
secondo piano gli parve di sentire un urlo ma non poteva esserne
certo con le voci degli altri alle spalle e il casino che proveniva dal
giardino. Nel dubbio aumentò la velocità.
Una
rampa e qualche metro.
Quattro
salti sulla scala ed fu all'ultimo piano, cinque metri e
guadagnò la porta di corsa. Qualcuno stava piangendo.
Spalancò
la porta ed entrò come un toro inferocito pronto
ad attaccare qualsiasi cosa si muovesse. Subito dietro di lui sentiva
il Vigna Jack e Filo, gli altri erano più indietro.
Poi
li vide nell'angolo accanto alla cattedra.
E
vide la mano di Edo schiantarsi contro la testa di Alice, i suoi
capelli vorticare in aria e finire contro un banco e scivolare a terra.
A
posteriori si pentì molto di ciò che aveva fatto:
avrebbe dovuto correre da lei e assicurarsi che stesse bene, baciarla e
asciugarle via tutte le lacrime, tenerla vicina e impedirle di
allontanarsi per il resto dei suoi giorni. Invece si
abbandonò
all'istinto facendosi guidare da qualcosa che nessun uomo dovrebbe mai
conoscere.
Attraversò
l'aula scaraventando via ogni ostacolo e si avventò su Edo
spedendolo subito a terra con un pugno.
Non
sentì le voci che gli dicevano di fermarsi, non
sentì
l'urlo soffocato di Chiara, ne Laura invocare il nome di Alice. C'era
solo quello schifoso e la rabbia da scaricargli addosso, c'erano solo
colpe da lavare col sangue.
Edo
era a terra contro il muro a prendersi i calci e gli insulti di
Manuel, lo prese per la maglietta tirandolo in ginocchio mentre quello
implorava il perdono di tutti, spergiurando che non voleva farle del
male che si era arrabbiato e aveva perso il controllo. Manuel lo
sbattè in ginocchio e caricò di nuovo il pugno
destro che
ormai gli doleva.
Jack tentò di fermarlo posandogli una mano sulla spalla, mentre suo fratello
si aggrappava al braccio pronto a scaricarsi.
Le
faceva male la testa, e la parte sinistra del volto bruciava. Le
ginocchia dolevano come se ci fosse caduta sopra e anche il braccio
destro. Tutto ronzava.
Era
a terra perchè sotto di se vide le orribili mattonelle beige
della scuola. Era a terra e non ricordava come ci fosse finita.
Chichi
e Martina erano chinate su di lei e muovevano la bocca come se
parlassero, per lei però era solo ronzio.
Il
pavimento era fresco, non aveva voglia di lasciarlo, la loro aula
era sempre stata troppo calda. Perchè era in classe? Avrebbe
dovuto raggiungere gli altri e andar via con Manu...
Poi
ricordò la borsa lasciata in classe, Edo che entrava, la
discussione, i capelli, il muro, i calci...
Sentì
il cuoio capelluto bruciare e lo stomaco rivoltarsi, la
gola raschiava e un sapore orribile le invase la bocca, le faceva male
dappertutto ora e doveva vomitare.
Edo
l'aveva colpita.
Edo
e la sua rabbia, le sua accuse, la paura che le facesse davvero
male, il rancore nelle sue parole, la forza del suo braccio contro la
gola.
-Sei
uno schifoso figlio di puttana!-
Alice
conosceva quella voce. Era Manuel. Manuel. Manuel era arrivato a
salvarla.
Le
grida la riscossero dal suo torpore, i suoi tornarono al loro posto
e anche le voci delle amiche le riempirono le orecchie. Alzò
gli
occhi dal pavimento mentre le ragazze non facevano che domandarle cosa
fosse successo e come stesse, e ciò che vide le
svuotò il
sangue dal cuore.
Le
dava le spalle quindi non poteva vederlo in faccia, quella voce roca
piena di rancore l'avrebbe riconosciuta tra mille ma forse la sua
espressione l'avrebbe spaventata. Impiegò quasi un minuto ad
identificare le altre persone nella stanza e ad inquadrare la
situazione e Chiara con la sua opprimente preoccupazione non
l'aiutò affatto.
Subito
oltre Chiara e Martina c'era il Vigna, anche lui come quasi
tutti di spalle, che apriva e chiudeva i pugni in continuazione e si
muoveva nervoso su una linea precisa tra la sua ragazza e Laura. Lei
era l'unica ragazza in piedi, era appoggiata alla cattedra con un
fianco, le braccia conserte e l'espressione dura, lanciava continue
occhiate alla porta dov'era piantato Charlie.
Più
avanti c'erano Filo Jack e Paolo, tutti e tre estremamente vicini a
Manuel al centro della tensione.
Edo
era l'unico insieme a lei ad essere a terra, schiacciato contro il
muro immobile e con un labbro insanguinato, Manuel lo teneva
schiacciato a terra con un ginocchio.
-Che
cazzo ti è venuto in mente?? Ti avevo avvertito che ti avrei
spaccato la faccia se l'avessi toccata di nuovo no?-
-Edo
che cavolo le hai fatto?- si unì anche Jack vagamente
più calmo.
La
voce di Manuel riempiva l'aula con prepotenza, gli altri sembravano in
apnea tanto erano immobili.
-Non
volevo..- Edo fece appena in tempo a chiudere gli occhi che Manuel
lo rispedì a terra con un calcio tra le costole. Alice
trattenne
il fiato.
Se
li avessero beccati in quel momento sarebbe stato un vero casino,
rischiavano tutti di non essere ammessi all'esame, Manuel
più di
tutti che non vantava una condotta impeccabile. Non poteva permettergli
di essere espulso.
-Manu,
calmati!- riconobbe la voce di Jack poi lo vide muoversi verso
l'altro: -Sta
buono, non menarlo o finiremo noi dalla parte del torto!-
-Non
vale la pena perderci del tempo!-
Jack
cercò di scrollarlo dal muro contro il quale aveva sbattuto
Edoardo, ma Manuel non si mosse ne perse il fuoco che gli ardeva nelle
vene.
alice
tentò di parlare e le uscì solo un gemito roco.
La gola
bruciava e la nausea era in agguato, Chiara tentò di
calmarla,
le disse di non sforzarsi, lei però voleva fermarlo.
Allungò una mano per spostare le due ragazze, voleva che il
Vigna la vedesse e le chiamasse Manuel, invece fu Laura a vederla.
I
suoi boccolosi capelli biondi risplendevano alla luce di Giugno che
entrava dalle finestre e creavano un contrasto tremendo con il suo viso
da Barbie indurito dall'espressione severa, fu lei a capire cosa
volesse. Sopratutto chi volesse.
Si
mosse appena dalla cattedra per raggiungere Manuel, lo
chiamò
piano facendolo ruggire come un animale, eppure non
indietreggiò
di un passo affatto spaventata: -Smettila di martoriare questo idiota,
lei ha bisogno di te.- e con un cenno
del capo indicò Alice ancora in ginocchio sul pavimento.
Manuel
si bloccò e la guardò negli occhi come avrebbe
dovuto fare dall'inizio.
Aveva
pianto e il mascara l'era colato sulle guance, i capelli erano
scomposti e arruffati e negli occhi vi lesse solo smarrimento.
Immediatamente lasciò perdere la sua rabbia e la raggiunse
spintonando via Filo che tentava di trattenerlo contro Edo e
il
Vigna che faceva scudo alle ragazze. Tre passi ed era chinato su di
lei, le mise le mani sotto le ascelle e la tirò in piedi per
controllare l'entità dei danni, lei lo lasciò
fare come una bambola nelle sue mani. Niente sangue, niente danno.
Non
le disse nulla, si guardarono solo pochi istanti prima che Alice
tra le sue braccia scoppiasse in un pianto isterico che sapeva tanto di
sfogo.
Quando
la strinse riportandola in piedi, ogni altro individuo in
quella stanza si sentì di troppo.
Manuel
sentiva tutti gli sguardi addosso, eppure non riusciva a
guardare nulla che non fossero quei capelli rossi. Singhiozzava contro
la sua spalla tremando tutta, e lui non sapeva che dire o che fare.
Quali erano le parole giuste? Come avrebbe potuto scacciare la paura?
Le
accarezzò la testa e la schiena affondando col naso nel suo
collo, non sapeva che dirle e tutti erano in silenzio in attesa solo
che lui parlasse.
-Stai
bene?- si pentì subito della sua scelta, che domanda
idiota: come poteva star bene? Il suo ex l'aveva appena aggredita e lui
le chiedeva se stesse bene... ma che gli era saltato in mente?
Invece
Alice annuì sfregando la fronte contro la sua
maglietta, senza allontanarsi da lui: -Scusa.-
Non
resistette e la scostò un po' per baciarle la fronte conscio
di star dando spettacolo davanti a tutti, lei singhiozzò
ancora
un po' dopodiché di scostò e muta posò
le labbra
sulle sue. Manuel d'istinto approfondì il contatto
stringendole
la vita.
Attorno
a loro tutti si mossero a disagio: Filo tirò in piedi
Edo per un braccio intanto Jack e Paolo decidevano quale fosse il modo
migliore per far passare tutto sottobanco. Laura esortava le altre
ragazze ad alzarsi e recuperare le cose di Alice, e fu l'unica ad
avvicinarsi ai due ragazzi abbracciati scostando con un sorriso il
braccio di Manuel per raggiungere l'orecchio dell'amica. Nemmeno lui
sentì cosa le disse, la vide annuire e un attimo dopo si
riprese
abbastanza da scostarsi da lui e passarsi una mano sul volto per
ripulirlo.
-Ci
penso io al mentecatto.- brontolò Filo agli altri due
strattonando di nuovo Edo verso la porta. Allungò uno
sguardo al
suo migliore amico che bastò all'altro per capire che l'ex
di
Alice non sarebbe tornato alla carica tanto presto.
Usciti
Filo ed Edo la situazione si distese e tutti si trasferirono nel bagno
del piano su suggerimento di Charlie.
Alice
dopo essersi calmata si rinchiuse in un cubicolo con Laura e la
sentirono vomitare un paio di volte, mentre fuori Jack aggiornava Andre
dell'accaduto e Manuel si lava la faccia e passava le nocche della mano
sotto l'acqua fredda. Erano viola e pulsanti di sangue, e sommate al
sopracciglio non ancora guarito era indizi inequivocabili di una rissa.
Se qualche professore l'avesse beccato in quello stato, Edo sarebbe
diventato l'ultimo dei suoi problemi.
-Che
cavolo gli è preso a Edo?- mormorò Charlie quasi
sovrappensiero.
Fu
il Vigna a raccontare quanto successo in precedenza risparmiandolo
ad Alice: -Da quando l'aveva mollato, era perseguitato dall'idea che si
vedesse con qualcun'altro. Lo scorso weekend avevano già
litigato, c'ero anch'io e già l'aveva aggredita a parole. Lo
sapevi?- si rivolse a Manuel che annuì massaggiandosi la
mano.
-Ieri
sono stato da lui. L'ho avvertito che se l'avesse toccata di nuovo
gliel'avrei fatta pagare, credo sia stata la botta finale.-
Alice
da dentro al gabinetto lo ammonì davanti a tutti: -Ti avevo
detto di non farlo. Sei testardo come un mulo!-
Jack
rise sotto i baffi e pure il Vigna, Chiara li rimproverò
con un'occhiataccia e pure Manuel tentò di farli tacere.
Quando
uscì dal bagno Alice sembrava tornata la sicura e
impertinente Alice Aroldi che solcava i corridoi delle Stimate
elargendo sorrisi e frecciatine. Sbattè l'intera borsa sul
piano
dei lavandini e cominciò a pulirsi e ritruccarsi
meticolosamente
inveendo contro il mondo. Si pettinò i capelli con le dita
massaggiandosi il cuoi capelluto per un po', poi li legò di
nuovo perfettamente tirati nella coda.
-Niente
musi lunghi, non è morto nessuno!- li minacciò
guardandoli uno per uno.
Dopo
si passò vari strati di
fondotinta sul viso, poi matita e mascara e perfino un rossetto di un
delicato rosa pastello. Manuel le era sempre a non più di un
passo, gettava nel cestino
tutto ciò che lei gli passava con naturale coordinazione e
le teneva un gomito, tanto
che Andre guardandoli alzò le sopracciglia perplesso.
-Sentite
voi due, non è che dovreste aggiornarci su qualcosa?!-
Alice
si bloccò con il pennello del phard in mano e
incrociò lo sguardo di Laura nello specchio. Erano tutti in
attesa di spiegazioni.
I
bagni delle Stimate erano stati spesso testimoni di quel tipo di
rivelazioni, magari non ad un gruppo così nutrito di persone
al
massimo un piccolo gruppetto di amiche, eppure quella situazione
sarebbe parsa ridicola a chiunque. Erano in dieci là dentro,
e
sebbene fossero sicuramente bagni più spaziosi e puliti di
quelli di una scuola pubblica, rimaneva comunque il cesso di un liceo!
-Non
mi pare.- brontolò il suo ragazzo sulla difensiva.
Quasi
le venne da ridere al pensiero che se non fosse stato Manuel Bressan
probabilmente in quel momento sarebbe arrossito.
Paolo
tanto per divertirsi rincarò la dose ridendo: -Non crederete
di continuare a farci fessi vero??-
Entrambi
rimasero di sasso: da mesi?? Quindi tutti sapevano??
-Bhè..
diciamo che...- Alice provò di spiegarsi ma non
trovò le argomentazioni per una balla colossale. Manuel in
compenso rimase zitto e muto lasciandole la patata bollente tra le
mani, limitandosi a scrollare le spalle. -In realtà
è solo da una settimana.- tentò di
rifilare a tutti la versione ufficiale che avevano concordato.
-Non
dir balle!- la redarguì Charlie ridendo: -Sarà
almeno da Pasqua!-
-Sei
stato tu?- chiese improvvisamente Manu a Jack assottigliando gli
occhi, facendo capire a tutti che Charlie ci aveva preso in pieno.
-No
giuro!- si arrese l'altro alzando le mani.
Manuel
si passò una mano sugli occhi sempre più in
difficoltà, lui non avrebbe scucito una parola. Sapevano che
stava con Alice e per lui tanto bastava, l'importante era stato reso
noto, il resto erano fatti suoi e quelli potevano rimanere a macerare
nelle loro congetture ancora un po'. Temeva però che lei
avrebbe
finito per cedere e raccontare tutto, almeno a beneficio delle sue
amiche, ma non voleva assolutamente assistere alla scena, quindi decise
di svignarsela come avevano già programmato.
-Che
branco di fetenti.- brontolò Manuel imboccando la porta e
portandosi dietro Alice tra le risate generali.
Se
la tirò dietro fino al piano terra dove le lasciò
la
mano guidandola solo attraverso porte e corridoi fino al cortile. Non
disse nulla e nemmeno lei aprì bocca, sorrideva e tanto gli
bastava dopo ciò che era successo con Edo.
In
cortile c'erano ancora un sacco di studenti sopratutto degli ultimi
anni, solo un paio di ragazze si girarono vedendoli uscire assieme e
una di loro era in classe con lui. Non si fermarono a salutare nessuno,
Alice però non si nascondeva anzi camminava fiera al suo
fianco.
Quando
la folla si diradò un po' verso il parcheggio Manuel
intravide la moto, ma prima che potesse sfilare le chiavi dalla tasca
lei gli prese il braccio e se lo passò sulle spalle
intrecciando
le dita con le sue in silenzio.
Si
guardò attorno elargendo sorrisi e prima di uscire dal
cortile si spinse un po' su per depositargli un bacio sulla guancia,
davanti a mezza scuola.
Spazio
Autrice:
Still
Alive....
in
questi mesi sono passata da studentessa a laureata disoccupata,
da
figlia a carico a novella regina di una nuova casa,
dalla
mia Bologna ad una mega metropoli che mi fa sentire tanto sola...
ma
sopratutto dall'adsl ad una stronzissima chiavetta che non prende
mai!!!
Con
questo siamo a meno due capitoli,
spero
abbiate apprezzato questo ENORME aggiornamento!!
1bacio.
Vale.
|
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Capitolo 19 *** 19 ***
18 o successivi
-19-
Manuel l'aspettava in macchina, il telefono aveva già
squillato due volte palesando la sua impazienza.
Eppure non riusciva a scollarsi dallo specchio.
Quella sarebbe stata la loro ultima festa insieme. Da lì a
due giorni entrambi si sarebbero trasferiti definitivamente, e
avrebbero
iniziato le lezioni in università. Le valige erano pronte.
Si era preparata in cinque minuti perchè aveva completamente
perso la cognizione del tempo guardando Megacostruzioni su Sky. I primi
jeans sulla sedia, la maglietta di Manu dei Motorhead slavata e
strappata infilati di corsa, aveva legato i capelli alla meglio e
preso la
tracolla di Chanel dall'armadio. All'ultimo si era ricordata di dover
prendere la pillola ed era tornata in bagno scontrandosi con la figura
riflessa nello specchio. E da lì non si era ancora mossa.
Era davvero lei quella ragazza?
Struccata con i capelli arruffati sulle tempie e addosso i primi due
capi trovati
nel caos della stanza. Niente tacchi ma banalissime converse nere,
nessun gioiello ne accessori appariscenti, niente mascara ne gloss e
nemmeno una goccia di correttore a coprire la piantagione di lentiggini
che in estate le aveva infestato il volto perfetto.
Quando era diventata quella ragazza riflessa nello specchio?
Dopo la fine della scuola, e le infauste vicende tra lei ed Edo, la
situazione era andata migliorando solo sotto alcuni punti di vista.
I loro amici avevano accettato di buon grado la loro unione, le prese
in giro erano scemate dopo appena una settimana, ma non tutti
condividevano quella benevolenza.
La prima sera che si erano presentati al BM insieme, anche la musica
sembrava si fosse fermata in modo che l'attenzione di tutti si
concentrasse solo su di
loro. Era una tranquilla sera della settimana ed erano entrati dalla
porta principale uno dietro l'altra, ma trovandosi tutti gli sguardi
puntati addosso per un attimo Alice tentennò. Con la borsa
stretta
tra le mani si bloccò dopo un paio di passi. Solo la mano di
Manuel sulla schiena le diede la spinta per alzare la testa e camminare
al suo fianco fino al bancone.
-Lascia che si godano lo spettacolo- le aveva sussurrato all'orecchio e
il sorriso era tornato sulle sue labbra.
Erano sopratutto i loro compagni di classe a scrutarli come fossero
bestie rare.
Durante le settimane precedenti all'esame la scuola aveva tenuto aperta
la biblioteca per permettere ai maturandi di studiare in un luogo
tranquillo, ogni giorno il loro gruppo di studi si trovava
là
per condividere informazioni e lacune. All'inizio Manuel aveva
preferito prepararsi da solo, blindando casa sua come un rifugio
antiatomico, poi si era scontrato con la realtà delle sue
carenze in fisica che solo lei avrebbe potuto colmare. Quando
però una mattina si era presentato da lei per andare in
biblioteca
insieme, era nervoso e il perchè Alice l'aveva scoperto solo
una
volta arrivati a scuola. Tutti, nessuno escluso, si erano voltati
neanche
fossero entrati Kate Moss e Pete Doerthy. E stavolta era stato il suo
turno di prenderlo per mano e andare a testa alta a cercare un tavolo
libero.
Nei giorni delle prove scritte la situazione si era stabilizzata,
perchè nessuno aveva più tempo di badare a loro.
Alcuni
professori l'avevano
guardata con tanto d'occhi quando si era seduta vicino a lui, il nome
Bressan per loro non era che una spina nel fianco di arroganza e
insolenza.
Solo la professoressa di arte si
avvicinò durante la prima prova per chiacchierare fitto
fitto
con Manuel, con cui aveva un rapporto elitario.
Al momento dell'orale la tensione tra loro divenne un'arma a doppio
taglio: da un lato si appoggiavano l'una all'altro per sostenersi,
dall'altro al minimo accenno alla questione Alice scattava come una
mantide religiosa inferocita, e Manuel si chiudeva nel suo guscio di
indifferenza. Finalmente in una torrida mattina di metà
luglio
arrivò il turno di Alice, sua madre aveva insistito per
accompagnarla almeno al cancello e non si era risparmiata una risatina
alla vista del suo ragazzo, tutto tirato a lucido e rigido come uno
stoccafisso davanti alla porta. Per grazia divina la signora Aroldi non
aveva fatto battutine, si era limitata ad un occhiolino malizioso e
tremendamente imbarazzante.
Avevano passato ore a fare avanti e indietro nel corridoio. Manuel
l'aveva pazientemente ascoltata mentre ripeteva la sua presentazione
almeno dieci volte, poi aveva fumato almeno mezzo pacchetto prima che
lui le strappasse definitivamente la sigaretta dalle dita. L'aveva
presa in giro per la camicetta d'organza che aveva indossato e per la
treccia ordinata da brava ragazza, e alla fine era arrivato il suo
turno.
Ovviamente non gliel'avrebbe mai confessato, però era stato
in
piedi accanto alla porta per tutto il tempo dissimulando indifferenza
con chiunque passasse nel corridoio. L'aveva ascoltata esporre la sua
tesina con sicurezza, teneva la commissione in pugno con il suo tono
deciso e cortese, pretendeva la loro attenzione calcando sulle parole
giuste e alla fine dell'esposizione ricevette molti complimenti e poche
domande. Gli scritti erano andati molto bene ad entrambi quindi anche a
lei fecero poche
domande all'orale, solo la parte esterna della commissione l'aveva
tartassata con tona da malefica inquisizione.
Dopo appena un paio di giorni uscirono i risultati. Di nuovo arrivarono
insieme attirando gli sguardi e i commenti di mezza scuola: Manuel
faceva il superiore, ma era più teso per la mano stretta
nella
sua, che per il verdetto che stava per ricevere. Era certo di essere
passato, e tanto bastava per renderlo soddisfatto della performance;
eppure dopo essere scivolata fuori dalla folla pigiata contro i
cartelloni, Alice l'aveva trovato con la sigaretta stretta tra i denti
e gli occhi strizzati per la tensione.
-Allora?-
Lui odiava aspettare e odiava essere in balia di qualcuno, ma Alice
sorrideva per cui non poteva essere andata tanto male.
-Novantacinque-
-Cosa? Perchè non ti hanno dato cento? Non avevi
già novantasette con i crediti?-
Il sorriso le arrivò agli occhi: -Infatti. Io cento, tu
novantacinque-
La sigaretta gli cadde sulla mano facendolo scattare come un aspide. Ma
dopo l'aveva guardata con tanto d'occhi e l'espressione più
assurda che gli avesse mai visto in viso. Lei scoppiò a
ridere
mentre Manuel bestemmiava contro la pelle bruciata.
Pure gli altri scoppiarono a ridere quando li raggiunsero e la videro
soffiare sul cerchietto di pelle arrossata. Lui le imprecava contro
agitando la mano sana per impedirle di spiegare la situazione, e lei
rideva e soffiava. Tutti erano passati, persino Filo aveva strappato un
sessantacinque e attaccato al telefono stava spergiurando a sua madre
che non era uno scherzo.
Ne erano usciti illesi e soddisfatti, chiudendo così
definitivamente la fase più semplice del loro rapporto.
Manuel non credeva sarebbe stato possibile. Non così
velocemente, non
alla sua età. Sopratutto conoscendo il proprio carattere, i
propri modi e i mille difetti. Non era un soggetto facile, e lo sapeva,
nonostante non facesse
nulla per migliorare la propria attitudine all'antisocialità.
Eppure lei l'aveva scalfito. Come l'acqua, infiltrante, implacabile e
costante, insistente goccia dopo goccia, aveva oltrepassato le sue
molteplici corazze. All'inizio era spaventato da questa prospettiva,
poi col passare del tempo la sua vicinanza era diventata sempre
più indispensabile, e com'era prevedibile si era in parte
modellato su di lei.
Ciò a cui proprio non riusciva a credere invece era la
perfetta simbiosi che avevano raggiunto.
Alice era cresciuta parecchio in un lasso di tempo molto breve,
imparando a limitare i picchi del suo narcisismo e la sua costante
necessità di avere l'approvazione degli altri. Non faceva
nemmeno più i capricci! Stare a contatto con lui l'aveva
portata
alla consapevolezza della propria influenza sugli altri e delle
responsabilità che ne derivavano. Il fatto che il suo
ragazzo fosse un
ex-tossicodipendente l'aveva cambiata per sempre, insegnandole a vedere
molte cose che aveva sempre ignorato.
L'Alice che era diventata gli piaceva anche di più di quella
di
cui si era innamorato. L'Alice in cui si era trasformata era quella che
lui aveva già scorto dietro la maschera di splendore e
sorrisi
che indossava quando stava con Edo, era quella che aveva vinto una
borsa di studio della
facoltà di Ingegneria e rimaneva per ore incantata a
guardare le
scale mobili per capire come funzionassero. Se gliel'avessero detto
prima della fine del liceo
avrebbe riso in faccia a chiunque, ma dietro i sorrisi e le moine di
Alice Aroldi si nascondevano un forza d'animo ed una risolutezza senza
pari.
Alla fine degli esami davanti a loro si aprirono due mesi di
libertà talmente sconfinata da soffocarli. La proposta
iniziale
fu
quella di seguire il gruppo per una lunga vacanza al lago, la famiglia
di Laura aveva grande casa direttamente affacciata sul Lago di Garda
con molo e giardino privato. Alice era esaltatissima all'idea, poter
stare con le sue amiche e con Manu tutto il giorno, godersi il sole e
un mese di vacanza era proprio ciò che desiderava.
Invece Manuel si era scontrato con la sua totale assenza di prospettive
per il futuro e il mondo gli era crollato addosso.
Era stata ovviamente lei ad accorgersi prima di tutti (forse anche
prima di lui..) di quell'improvviso vuoto nella sua vita. Saperlo a
casa da solo con suo padre, a farsi tormentare e
tormentarsi per i suoi stessi rimpianti, era qualcosa di
inspiegabilmente intollerabile. Gli aveva detto che non poteva
più voltarsi dall'altra parte, e lui non aveva capito.
Così una notte gli aveva proposto di andarsene, solo loro
due,
ovunque avesse voluto; erano in un prato sdraiati sotto le stelle al
buio, ma Manuel ricordava di non averla mai sentita così
vicina,
così tenace e pulita, e sua. L'aveva costretto a scegliere
una
meta e una data di partenza quella stessa sera, gli aveva lasciato
scegliere tutto quanto senza obiezioni ne condizioni.
Certo all'inizio non era stato facile convincerla che in moto non si
sarebbe potuta portare trolley e beauty case, ne le sei paia di scarpe
che aveva preparato, però con pazienza aveva acconsentito a
ridurre il suo bagaglio in modo drastico. Era stata talmente
accondiscendente da fargli temere future
ripercussioni o ricatti meschini, che invece non arrivarono mai. E fu
davvero una sorpresa, la settimana dopo, trovarla davanti al
cancello di casa alle tre del mattino, in jeans, converse e zaino in
spalla. Pronta per ovunque avesse voluto portarla.
Partirono il 23 luglio: una moto, due zaini e la carta di credito di
Alice.
Ad Ancona Alice comprese la loro meta solo quando imboccarono l'imbarco
dei traghetti per la Grecia, e capì che sarebbe stato un
duro
viaggio.
Per Manuel furono le due settimane più entusiasmati di tutta
la
sua vita,
con lei che era perfetta ad ogni ora del giorno e della notte: dalla
mattina quando si aggirava arruffata e assonnata in mutande e maglietta
dei Metallica nella luce pallida del mattino o di giorno dispersa
tra templi e rovine sotto il sole cocente dell'acropoli, alla sera
quando crollava sfinita contro la sua schiena costringendolo ad andare
a passo d'uomo per non farla cadere dalla moto. Non si era mai mai mai
lamentata, nè del caldo, nè della
moto o dei posti al limite della decenza dove avevano mangiato. Un paio
di volte si era bruciacchiata le spalle, ostinata com'era ad
abbronzarsi non voleva mettersi la crema, ma la sua pelle era talmente
bianca che i primi giorni sotto il sole pareva brillare. Avevano riso
come matti quando la vecchia dell'albergo aveva fatto tanto d'occhi
davanti alla loro richiesta di un secchiello di ghiaccio, e Alice si
era strusciata su di lui con la perizia di un'attrice consumata quando
la padrona era tornata con una ciotola piena di cubetti. Manuel era quasi arrossito in
quell'occasione.
Le aveva raccontato la storia di ogni singola pietra, ogni
bassorilievo, ogni colonna tediandola a morte. Credeva che avrebbe
finito per odiarlo, invece quando non era lui a spiegare, era lei a
chiedere di questo o quell'altro tempio o a incuriosirsi davanti a
qualche statua o qualche strano mito dell'antichità.
Fu così che quell'estate scoprì che oltre a
tacchi e
vestitini frivoli, Alice riusciva a mantenere la sua innata grazia
anche arrampicandosi scalza tra le rocce di una scogliera, e la sua
cocciuta testardaggine anche con i contadini greci che non capivano una
parola del suo inglese.
Erano stati a Delfi, Olimpia, Micene, Corinto e infine ad Atene. Poi
erano risaliti verso l'interno continentale per vedere le Meteore.
Avevano visitato templi, musei e anfiteatri, spiagge deserte e
bianchissime, montagne e dirupi che non sembravano avere fine. Quando i
soldi nel portafoglio di Manuel finirono e il ritorno a Verona divenne
inevitabile. Erano sopravvissuti dodici giorni a stretto contatto,
litigando ogni quattro parole e facendo l'amore ogni cinque, eppure
Alice non avrebbe mai dimenticato quei dodici giorni insieme.
A casa rimasero giusto il tempo di disfare le valige e lavare i
vestiti, per poi ripartire e raggiungere la casa al lago di Laura dove
li aspettavano altre due settimane di relax prima dell'inizio dei test
d'ingresso.
Verso la metà agosto Manuel era ancora infognato
nell'assenza di prospettive future.
Aveva passato così tanto tempo a disperarsi per non poter
più realizzare i suoi sogni, o addirittura a convincersi di
non
averne, che dopo il liceo si era ritrovato alla deriva.
Una notte in Grecia aveva raccontato ad Alice di non sapere cosa fare a
settembre, di non sapere cosa fare di se. Suo padre spingeva
perchè studiasse scienze motorie e seguisse le sue orme come
preparatore atletico, seguiva molte squadre sia in Italia che in Europa
e il lavoro certo non gli sarebbe mancato. Forse gli sarebbe anche
piaciuto ritornare a respirare l'aria di una palestra, il parquet, il
sudore, la tensione del tempo che sta per scadere; ma lo sentiva come
un ripiego, temeva che avrebbe sofferto per sempre stando fermo sulla
linea del campo senza poterci mai entrare. Dall'infortunio era tornato
pochissime volte a vedere la sua squadra, e solo in occasioni speciali,
perchè preferiva tenersene lontano che stare a guardare
dagli
spalti.
Sonia premeva perchè facesse l'università, a lei
andava
bene una facoltà qualsiasi, gli bastava che prendesse la
laurea
che lei non era riuscita ad avere. Ma Manuel nonostante il buon esito
della maturità non aveva mai avuto una gran voglia di stare
chino sui libri, al liceo gli bastava poco per stare al passo quindi
faceva il minimo indispensabile nelle materie di base e si interessava
solo alle sue preferite. Non fremeva all'idea di ricominciare a
studiare, sopratutto se doveva fare qualcosa di cui non gliene fregava
nulla, solo per parcheggiarsi altri tre anni in casa a spese di suo
padre. Piuttosto, le aveva detto, si sarebbe trovato un lavoro.
Al lago con gli amici ne avevano parlato di nuovo a lungo. Alice aveva
provato a convincerlo a guardare alcuni opuscoli delle
università del Veneto, e lui l'aveva fatto solo per farla
contenta; dopodichè aveva provato a farlo parlare con Paolo,
che
studiava da Natale entrare a Medicina, e con Charlie che puntava su
Lingue. Il resto dei ragazzi erano degli zucconi senza speranze: Andre
già lavorava, Jack aveva un contratto già pronto
con una
squadra di professionisti, Filo mirava al barbonaggio, gli altri
speravano tutti in qualche corso professionale o nell'illuminazione
dell'ultimo minuto, per loro Martina e Chiara stampavano tutti i giorni
annunci di lavoro e volantini. Alice invece non voleva arrendersi,
sopratutto perchè conosceva la passione che Manuel aveva
mostrato a pochi altri, e sapeva che quella sarebbe stata la carta
vincente.
Dopo alcuni tentativi l'aveva lasciato riflettere per conto suo e aveva
accantonato l'argomento per poter lavorare sottobanco. Si era informata
in internet, stando per mattinate intere davanti al portatile di Laura,
aveva scaricato tutte le informazioni possibili, piani di
studio,
insegnamenti, test d'ingresso e tasse. Poi aveva fatto un bel
fascicolo, evidenziato e colorato, con tanto di note personali, e aveva
fatto in modo che Manuel se lo ritrovasse sul cuscino prima di andare a
letto. Quando era uscita dal bagno e l'aveva raggiunto, lo stava
sfogliando, pure il giorno dopo prima di pranzo era seduto in veranda a
leggerlo, e il giorno successivo lo trovò sul suo telo,
tutto
spiegazzato e pieno di segnalibri agli angoli delle pagine.
Poco prima della fine della vacanza Filo e Manuel decisero di fare una
grigliata e trascinarono Alice al supermercato con loro per evitare che
si ustionasse al sole come tutti i pomeriggi. Fu lì, tra
braciole, salsicce e patatine fritte, davanti al banco frigo dei
surgelati, che le disse di aver preso una decisione e le chiese di
accompagnarlo in un posto il giorno dopo.
Ovviamente la tenne all'oscuro di tutto fino all'ultimo momento, la
mattina dopo le disse solo di mettersi i pantaloni lunghi e di prendere
lo zaino. Salutarono il gruppo dicendo che sarebbero tornati per cena,
poi sfrecciarono in moto fino all'autostrada. Vide passare i cartelli
per Brescia, dove avrebbe studiato lei negli anni successivi, e
Bergamo, prima che imboccassero la tangenziale est di Milano, e si
chiese se Manuel sapesse con certezza dove stava andando.
Ci volle almeno un'altra mezzora di viaggio: si aggirarono un po' nella
periferia sud della città, un paio di volte ebbe
l'impressione
che si fosse perso ma non disse nulla. Poi rallentò e
parcheggiarono lentamente davanti ad un lungo muro di cinta,
lì
vide la targa d'ottone e comprese. Missione compiuta.
Con la fine dell'estate arrivò anche il momento di fare i
conti
con la famiglia. Era già stato difficile farli con se
stesso, ed
era arrivato ad un equilibrio solo grazie alla nuova presenza nella sua
vita, quindi l'idea di scontrarsi anche con suo padre non lo rendeva
affatto sereno.
Parlò prima con Sonia, dalla quale ottenne appoggio
incondizionato come aveva previsto, e insieme decisero per una bella
cenetta in famiglia con molto molto vino, durante la quale Manuel
avrebbe sganciato la bomba al momento del dolce.
Per dire a suo padre che sarebbe andato a studiare a Milano, Sonia lo
costrinse a tirare fuori il servizio buono.
Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto dirgli anche che sarebbe
andato alla IULM, che aveva tasse cinque volte più alte di
quelle delle università pubbliche, quindi tirò
fuori
anche la tovaglia di lino ricamata da sua nonna e i candelabri
d'argento.
Infine si ricordò del particolare peggiore, cioè
che
sarebbe andato a Milano per studiare Comunicazione nei mercati
dell'arte e beni culturali, e si decise a chiamare Alice per aiutarlo a
preparare tutti i piatti preferiti di suo padre. Un po' di captatio
benevolentiae non poteva che aiutarlo!
Dopo una giornata ai fornelli aveva prodotto praticamente un pranzo di
Natale, con tanto di doppia portata di primi, bollito, salse e colpo di
scena finale la zuppa inglese con la ricetta della mamma di Alice.
Tutta quella fatica però non andò sprecata,
perchè
quando Manuel annunciò l'imminente trasferimento a suo padre
non
cadde il cucchiaino ne sputò tutto il vino nel piatto.
Stagnarono un po' nel più sacro dei silenzi, poi
arrivò
la frase che Manuel non aveva nemmeno mai sperato di sentire.
-Se è quello che vuoi, vedremo di organizzarci-.
Sia Alice che Sonia trattennero un urlo di gioia, lui invece rimase di
sasso per almeno un paio di minuti prima di capire che la sua vita
sarebbe cambiata completamente.
Tutto sembrava un sogno. A partire da lei, che per qualche arcana
ragione lo amava, ed era stata testarda abbastanza per tutti e
due
fino a convincerlo a cedere; passando per le sue nuove prospettive sul
futuro, dove ovviamente lei aveva avuto un ruolo fondamentale; per
finire con l'università, dove finalmente studiava qualcosa
che
lo appassionava davvero, e suo padre che dopo tanti anni finalmente
aveva smesso di tentare di plasmarlo ma lo accettava solo per quello
che era.
Il primo semestre volò in un attimo, accompagnato da quella
piacevole sensazione d'irrealtà. La casa era microscopica,
due
stanze matrimoniali, un bagno grande la metà della cabina
armadio della sua ragazza e una sala con angolo cottura in cui a stento
entrava un tavolo da 4; in compenso l'affitto era onesto, c'erano
lavatrice e lavastoviglie nuove di zecca e l'adsl inclusa nelle spese
condominiali. Il suo coinquilino era un tipo strano forte, un geek del
computer di
prima categoria, studiava e viveva di notte per alzarsi quasi sempre a
metà pomeriggio. Però erano in sintonia: poche
intrusioni
nella vita
dell'altro, poche domande e molte birre condivise sul divano davanti
alla tv. Gli chiese se era un problema ospitare la sua ragazza qualche
volta nei weekend e lui acconsentì con un'alzata di spalle,
ma
quando vide Alice per la prima volta quasi svenne, dopodichè
si
rinchiuse in camera sua finchè lei non lo convinse ad uscire
parlando di processori, schede video e ram. Ovviamente, com'era
successo anche con suo padre e molti altri, Kurtis si
invaghì di
lei e divennero ottimi amici.
Era così diversa da lui, Alice faceva amicizia con tutti,
con
Kurtis (superato il terrore per il suo corpo perfetto e il sorriso
dolce) instaurò un rapporto malefico: in pratica non
facevano
altro che divertirsi alle spalle di Manu con giochetti da nerd malati
quali erano. Ogni weekend lei e Manuel cercavano di vedersi, a turno
lei andava a Milano oppure lui passava a prenderla a Brescia e
tornavano a casa a Verona dalle famiglie, alla fine del primo anno
avevano accumulato qualcosa tipo 500 km di spostamenti però
Manuel era in pari con gli esami e il mondo sembrava girare ancora per
il verso giusto.
Una settimana prima dell'inizio dei corsi del secondo anno, prima di
vedersi con gli amici Manuel aveva dato appuntamento ad Alice. Si era
preparata con poca cura, visto che era solo un
bevuta tra amici, e jeans e maglietta erano tra le poche cose ancora
fuori dalla valigia.
Manuel come al solito non le aveva svelato il perchè di
quell'uscita, quand'era arrivato era stato rapito da sua madre per
farsi riempire di raccomandazioni per il nuovo anno, mentre lei finiva
di passarsi il mascara.
Era andato a prenderla in macchina, cosa strana perchè anche
a
Milano di rado si separava dalla sua Honda, ma non così
inusuale
da darle qualche indizio. Avevano imboccato la statale per Legnago poco
dopo il tramonto, e a buio inoltrato ancora non si decideva a fermarsi
o spiegarle dove fossero diretti. Alice ci aveva fatto l'abitudine,
all'inizio lo torturava fino all'esaurimento senza risultati, poi pian
piano la fiducia era cresciuta al punto da smettere di farsi domande.
Ovviamente c'erano state volte in cui si era pentita di tutta quella
fiducia e l'aveva odiato a morte, come quando l'aveva portata
all'Heineken Jammin Festival a sentire i Metallica (un'esperienza
traumatizzante), o quando una domenica l'aveva fatta alzare all'alba
per andare alla Pinacoteca di Brera (altra esperienza traumatizzante
solo perchè lui stava venti minuti a raccontarle la
storia
di ogni
quadro).
Quella notte invece lasciarono la superstrada per imbucarsi in mezzo a
cumuli di case sperduti nella pianura padana. Attraversarono un piccolo
comune e mille microscopiche frazioni, fino ad infilare una strada
sterrata affiancata da un doppio filare di alberi. Era talmente buio
che stentava a riconoscere il panorama fuori dal fascio di luce dei
fari dell'auto, erano in pianura secondo i suoi calcoli, ma l'assenza
della luna rendeva l'esterno un'unica massa di nero informe.
Procedettero in silenzio per un centinaio di metri, mentre alla fine
della strada cominciava a stagliarsi una grossa costruzione in mattoni.
Alice identificò una grossa casa di campagna, c'erano due
auto
parcheggiate a fianco quindi doveva essere abitata, un giardino curato
e pieno di costruzioni per bambini, aiuole piene di fiori e piante.
Manuel spense i fari e fermò la macchina ad una discreta
distanza dal giardino, forse per non essere visto dalla casa.
Non capiva che senso avesse quella trasferta notturna. Da una vita non
si rifugiavano in macchina per fare l'amore, non c'era più
bisogno di nascondersi e spesso passavano la notte l'uno a casa
dell'altra. Aveva voglia di qualcosa di diverso? Il brivido del rischio
di essere scoperti? A Manuel non era mai fregato nulla di queste cose.
E allora perchè fare trenta chilometri per quella casa?
-Di chi è questa casa?-
-Non lo so-
Si voltò verso di lui e lo trovò completamente
assorto
nella contemplazione del giardino. Di nuovo i dubbi l'assalirono, anche
se era abituata alle fughe e alle stranezze del suo ragazzo, quella
notte pareva davvero strano.
-Che diavolo ci facciamo qui scusa?- Alice portò le
ginocchia al petto e si rannicchiò sul sedile.
Quell'atteggiamento la faceva preoccupare, Manuel era stato sereno per
tutta l'estate, aveva affrontato la sessione d'esami estiva con una
gran carica e ne era uscito molto meglio di lei. Aveva una media
impressionante e non sembrava sentire il peso dello studio quanto lei
che aveva passato luglio a dare esami e agosto a studiare per gli esami
di settembre, e comunque si era ritrovata indietro di due esami:
analisi le faceva sputare sangue per ore e per quanto le piacessero
fisica e meccanica erano una sfida molto ostica. Così mentre
Manuel si dilettava girando musei e gallerie a Milano lei era rimasta
quasi tutta l'estate a studiare. Erano fuggiti solo per qualche giorno
al lago e Alice non era riuscita nemmeno a prendere un colorito decente.
Improvvisamente il fumo delle Winston Blu invase l'abitacolo
accompagnato dalla sua voce roca e strascicata: -Tra vent'anni voglio
una casa così...-
Non le diede il tempo di commentare perchè riprese
perso in un sogno che lei non poteva vedere.
-Vorrei un bel casolare in
campagna, con un po' di terra, un grande giardino e magari un orto. E
un cane,
l'ho sempre voluto un cane- fece un piccola pausa e soffiò
tutto il fumo che aveva nei polmoni contro il vetro.
-Voglio dei figli: due, tre o tutti quelli che arriveranno. Essere
figli unici è una gran palla, non voglio che si annoino come
ho
fatto io da piccolo, potrei costruire un canestro, un'altalena e magari
anche una
piscina così potrebbero chiamare anche i loro amici. Non
voglio
vivere tutta la vita in città rinchiuso in un cubo di
cemento,
ne voglio che lo facciano i miei figli. Così ci sarebbe
posto
anche per mio padre, per quando andrà in pensione, potrebbe
stare con i suoi nipoti e divertirsi a tenere dietro al giardino; anche
lui e mia madre volevano trasferirsi in campagna prima che lei si
ammalasse.-
Sospirò come se un masso gli fosse caduto all'improvviso in
grembo, e Alice era troppo pietrificata per intervenire.
-Vorrei una grande famiglia, solida e unita. Non voglio fare figli per
poi lasciarli soli, nessuno dovrebbe fare figli e poi lasciarli soli-
altra pausa, più breve. Le sembrava quasi che stesse
cercando di
trattenere i cattivi pensieri per mostrarle solo il suo futuro
paradisiaco.
-E tutto questo ancora non sono pronto ad averlo adesso.-
Perchè le stava dicendo quelle cose? Da dove erano uscite?
Avevano parlato pochissimo del futuro e più ne parlavano
più Alice sentiva di star costruendo una bolla di speranza
troppo fragile per aggrapparvisi.
In quel momento, consapevole di quanto tutto quello che le stava
dicendo fosse irrealizzabile, le venne voglia di piangere.
-Non so cosa
sarà di noi tra dieci anni, non so nemmeno cosa
sarà di
noi tra un mese a dir la verità..- fece l'ennesimo sospiro e
si
voltò a
guardarla direttamente per la prima volta da quando era iniziata quella
conversazione surreale: -Ma per come stanno ora le cose, questo futuro
voglio realizzarlo con te. Solo con te.-
Manuel lo sapeva che era solo grazie a lei, che era stato tutto grazie
a lei.
Non si sarebbe mai iscritto all'università grazie a lei, non
avrebbe neanche finito il liceo forse se non ci fosse stata lei. Forse
alla fine della scuola senza di lei sarebbe caduto di nuovo in un
baratro di domande senza risposta, e (lui lo sapeva) sarebbe caduto di
nuovo tra gli artigli della coca. Forse senza di lei avrebbe finito per
cedere alla manipolazione di suo padre, avrebbe fatto scienze motorie e
sarebbe diventato un personal trainer o un allenatore di terza
categoria. Senza Alice non avrebbe preso novantacinque, e non avrebbe
mai visto la soddisfazione sul volto della sua adorata prof di arte.
Senza lei non avrebbe mai visto dal vivo una tavola del Tintoretto, ne
la Cappella Sistina, avrebbe continuato ad ammirarli sui libri senza
trovare il coraggio di rincorrere la sua passione. Senza Alice non
avrebbe conosciuto Kurtis e quei pazzi in facoltà con lui,
senza
Alice non avrebbe mai visto il sorriso sul volto di Sonia, ne la
riconciliazione con suo padre. Senza Alice non avrebbe mai trovato il
coraggio di essere se stesso.
Pianse a lungo, mentre la baciava, mentre la spogliava, mentre le
diceva tutto quello che andava mormorato solo e soltanto all'orecchio.
Mentre lei piangeva a dirotto con le guance rigate di nero e il naso
gocciolante, lui non l'aveva mai trovata così bella,
così
vera, così se stessa.
E pianse tanto Alice quando, tra i sospiri e i vestiti volati sotto al
sedile, percepì il gelo del metallo attorno al suo anulare e
il
sorrisetto furbo di Manuel sulla pelle.
*
Erano
passati oltre due anni da quella notte, e poco era cambiato.
Come quella notte le valige erano pronte, e quell'anello non aveva mai
lasciato il dito a cui era destinato, ne quell'amore aveva mai lasciato
le anime in cui era radicato.
Eppure tutto,
ad occhi disattenti, pareva diverso.
Solo qualche mese prima quella situazione sarebbe stata inconcepibile,
ora invece pareva l'unica possibile.
Inconcepibile, era stato il pensiero di doverla lasciare per inseguire
i suoi sogni.
Inconcepibile, era stata la consapevolezza di stare facendo la cosa
giusta.
Inconcepibile, era l'assenza di dolore fisico nonostante il suo cuore e
tutto il suo corpo sembrasse sanguinare.
Inconcepibile, era l'idea di non potersi più prendere cura
di lei come avrebbe voluto.
Inconcepibile,
era stato abbandonarla senza prima aver baciato i suoi occhi, i suoi
capelli, la sua
pelle centimetro per centimetro, per tutta la notte. Tutte le notti.
Inconcepibile, era stato permetterle di lasciare il suo letto.
Inconcepibile, erano i giorni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, erano i suoi sogni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, era il futuro senza di lei.
Eppure tutto ora gli stava scorrendo via dalle dita per una ragione ben
precisa. Concepibile. Razionale. Giusta.
Inconcepibile era solo la sua assenza.
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Capitolo 20 *** Epilogo ***
Epilogo RC
EPILOGO
Quando
rientrò
dall’ufficio per pranzo, la casa era immersa in un silenzio
irreale, sebbene si aspettasse di trovarvi Kate, visto che il suo turno
iniziava solo alle 5.
Lasciò giacca, scarpe e tracolla all’ingresso e
s'infilò in cucina per controllare se gli avesse lasciato
qualcosa di pronto. Aveva una fame indescrivibile. Accanto ai fornelli
trovò quattro confezioni ancora sigillate del take away
vegetariano, nessun biglietto, né la tavola apparecchiata.
Doveva essere uscita di fretta per qualche commissione.
Stava lasciando la cucina diretto in bagno, quando un rumore alla fine
del corridoio lo bloccò sulla porta. Forse non
l’aveva
sentito entrare, ma che ci faceva in camera sua? Sperò con
tutto
il cuore che non fosse entrata di nuovo in psicosi da pulizia,
l’ultima volta l’aveva costretto a imbiancare tutta
la casa.
- Katie? -
Al suono della sua voce seguì un piccolo trambusto, doveva
averla spaventata.
In due passi raggiunse la porta e si affacciò nella stanza.
Kate
era seduta a terra davanti all’armadio, attorniata da pile di
vestiti e lo guardava con un'espressione ambigua. Sembrava imbarazzata
e terrorizzata, come se avesse fatto qualcosa di particolarmente
disdicevole.
- Welcome back clean-psyco! -
- Oh I’m not... I won't mess anything up. I was
looking for your jerkin... the black leather one, for the 80s party... -
Di nuovo sembrava fin troppo colpevole: non era certo una
novità che frugasse tra i suoi vestiti.
- That box fell down, I didn’t know it was here! -
Finalmente l’attenzione di Manuel cadde
sull’oggetto incriminato, gelandogli il sangue nelle vene.
Era da tempo che non vedeva quella scatola, l’aveva nascosta
bene
sotto strati di roba vecchia, ma Kate riusciva sempre a trovarla, e
ogni tanto la tirava fuori per esplorarne il contenuto con perizia. Era
sempre stata troppo sentimentale Kate, non capiva però che
quello non era un romanzo d’amore da rileggere per
commuoversi,
quella era vita reale, e faceva male ogni volta di più.
- You need to stop this, torturing me like that - si
lasciò
cadere sul letto subito dietro le spalle di lei, cercando di ignorare
gli oggetti sparsi attorno a loro.
Ogni volta che vedeva quella scatola era un supplizio, una ferita
infetta riaperta, che brucia e pulsa e sanguina. Ogni volta Kate
guardava quella roba con devozione, neanche fossero state le reliquie
di un santo. C’erano pacchetti di sigarette bianche e
sottili,
una tazza blu con il manico, uno slip di pizzo rosa, delle forcine per
capelli, una spazzola, un paio di collant di lycra nera, dei libri,
degli occhiali da sole e un vasetto di crema della Collistar. Tutti
oggetti banali, d’uso comune, senza nessun nome, nessun
valore.
Manuel si era sdraiato dietro di lei, un braccio sugli occhi e
l’espressione afflitta.
- Do you like to rack my brain? Put it back please -
Kate sapeva tutto, aveva sempre saputo tutto. Era stata
l’unica
persona della sua vita con cui era stato sempre sincero
dall’inizio alla fine. Forse perché
l’aveva raccolto
quand’era disperato e solo in un angolo oscuro del suo cuore.
Non gli rispose, non ce n'era bisogno. Tra loro da anni si era
instaurata una sorta di comunicazione fatti di silenzi invece che di
parole. In realtà la gran parte delle parole appartenevano a
lei. Non era mai stato bravo a parlare, ma lei pareva l'unica persona
che avesse mai incontrato capace di leggere i suoi silenzi.
No.
Non
l'unica.
La parte preferita di Kate era la busta gialla con le foto, invece
Manuel non era proprio in vena di rimpianti. Era stanco morto, aveva
due transizioni con dei clienti importanti da concludere e sperava di
riuscire a ritagliarsi un'oretta per andare a correre. Gli era pure
passata la fame.
Quella scatola avrebbe mai smesso di tormentarlo?
Pranzarono in silenzio e, sempre in silenzio, tornò al
lavoro.
Non aveva più la Honda, ora aveva una Kawasaki. Costosa,
rossa e
cromata e per cambiare il carburatore non doveva più
elemosinare
da suo padre, non aveva nemmeno più due caschi: era il suo
giocattolo privato. Quella stessa sera andò a correre, ma
rimase
fuori ben più della sua oretta canonica. Corse fino a
perdere il
fiato, senza trattenersi, finchè non sentì il
cuore
esplodere nel petto. A casa trovò un vaso di gerbere rosse
sul
tavolo, un biglietto pieno di scuse e cuoricini e la cena coperta da un
piatto. Cotoletta e zucchine fritte. Fece un doccia eterna,
caricò la lavatrice e cenò in camera davanti al
pc, aveva
almeno una decina di mail a cui rispondere e nient’altro
d’interessante da fare.
Finì per non dormire affatto, Kate non aveva nascosto
abbastanza
bene la scatola, quindi non fu difficile ritrovarla sulla mensola
più alta dell’armadio.
La svuotò sul letto con poca premura e si sedette tra tutta
quella roba. Era quasi un rito, ogni volta che ne apriva il coperchio
doveva toccarne ogni oggetto, rigirarselo tra le mani, e ricordarlo tra
le mani di lei.
I suoi gesti, le sue mani.
Si passò i palmi sulla faccia, frustrato da tutta quella
roba
che avrebbe voluto aver il coraggio di distruggere, e invece continuava
a venerare.
Dio.
Non se n’era mai andata. Mai.
L’ultimo ricordo di lei che aveva era legato ad un vestito
blu di
cotone. Una mattina di maggio, faceva caldo, erano seduti a far
colazione in un bar. Il vento, l’odore del sole sulla pelle,
lei
che sfogliava quell’agenda che ora lui teneva stretta tra le
mani, parlava di un regalo che avrebbero dovuto comprare non ricordava
per chi. Ricordava chiaramente soprattutto quel vestito che si gonfiava
ad ogni folata di vento, mostrava a tratti i bordi della sua biancheria
e si divertiva a farla arrabbiare.
A volte quel vestito lo tormentava ancora la notte.
Era consapevole di essere colpevole, colpevole con
l’aggravante della premeditazione.
Non per questo, però, aveva perso il diritto di crogiolarsi
nel ricordo.
Era stato lui a lasciarla, ad abbandonarla da un momento
all’altro senza darle il tempo di replicare. Aveva deciso per
tutti e due, perché sapeva di dover essere lui a prendere il
coraggio a due mani e scappare da una situazione che li avrebbe
incastrati tutti e due in un rapporto senza futuro. Si amavano, ma
l’amore non bastava più. La gelosia era un virus che
lavorava nell'ombra e li divorava dall'interno. C'era sempre un velo di
vigliaccheria che impediva ad entrambi di dar voce ai loro dubbi.
Manuel non aveva mai neanche pensato di tradirla, eppure lei pareva
certa che prima o poi sarebbe accaduto, sebbene non ne avesse mai avuto
alcun sentore. Era la lontananza che li stava logorando. Col passare
del tempo stavano annegando nei loro stessi silenzi. Ci fu una pazzesca
litigata poco prima di Capodanno: lo accusò di non amarla
abbastanza, di non saper comunicare, che non sarebbe mai stato pronto
per costruire una vita insieme. Come ogni volta risolsero tutto sotto
le coperte. Eppure l'aveva capito proprio lì che qualcosa si
era
incrinato, fare l’amore era diventato lo specchio del modo in
cui
comunicavano. Era una sorta di scontro violento tra due sconosciuti,
più di una volta aveva sperato e temuto di farle del male.
Passarono i mesi e nulla sembrava più lo stesso: il sospetto
di
lei aveva insinuato il tarlo della
gelosia in lui, e ne fu divorato. Viveva di fantasie e supposizioni
tutte sue, non riusciva più a guardarla nello stesso modo.
Anche
se continuava ad amarla con tutto se stesso, sentiva il loro rapporto
naufragare in un bicchier d’acqua. Non parlavano
più, se
non per rinfacciarsi qualcosa. Sapeva che in quel modo non sarebbero
andati da nessuna parte, aveva provato dei palliativi ma non riusciva
mai ad arrivare alla radice del problema. Ci aveva messo mesi prima di
trovare la forza per reagire, perché la sola idea
dell’abbandono gli era inconcepibile. Così,
all’inizio dell’estate, Manuel decise di scomparire
senza
dirle nulla. Senza dir nulla a nessuno che non fosse Sonia. Fece di
tutto per eclissarsi. Nuova scheda nel cellulare, nuovo indirizzo
e-mail, cancellò tutti gli account dai social network. Non
tornò più a Verona, se non per prendere le ultime
cose,
ma sempre senza farsi vedere da altri che non fossero la sua famiglia.
Si chiuse nella sua stanza a studiare e scrivere la tesi, tanto che
persino Kurtis usciva più di lui. Gli unici con cui mantenne
qualche rapporto furono i fratelli Zonin. Ovviamente per loro stessa
imposizione. Si presentarono a Milano un mese dopo la sua fuga. Subito
pensò che li avesse mandati lei, invece scoprì
che era
stata tutta una loro iniziativa. Lei non ne sapeva nulla, non voleva
più sentir nessuno parlare di lui. Nemmeno lui voleva
più
sentir parlare di lei.
Filo andò a trovarlo parecchie volte, mentre Jack lo sentiva
quasi solo via mail. A settembre arrivò la laurea, qualche
mese
prima di quella di lei. Gli unici a presenziare furono suo padre, Sonia
(che pianse dall'inizio alla fine) accompagnata da suo marito, infine
Jack e Filo che gli portarono un nuovo portatile, regalo di tutti, e un
biglietto di due righe chiuso in una piccola busta color crema
accuratamente sigillata.
Diceva solo: "Congratulazioni, ho sempre saputo che ce
l’avresti
fatta."
Nessuna firma, ma il mittente era chiaro come un'insegna
luminosa rossa e intermittente. Quella notte fece una doccia lunga
più di un'ora per non far vedere a suo padre le lacrime e il
dolore. Non ebbe il coraggio di buttarlo, come tutto il resto delle
cose che lei aveva lasciato nella sua casa milanese finì
tutto
in uno dei quindici scatoloni che spedì a Londra prima di
Natale.
Inizialmente quella di suo padre gli era parsa un'idea assurda;
da quando anche lui aveva abbandonato Verona, suo padre aveva scelto un
incarico permanente a Manchester, ma lasciare la sua casa natale
definitivamente non fu una scelta facile. A quella casa erano legati i
soli ricordi che ancora possedeva di sua madre, e allo stesso tempo
ogni volta che vi tornava due occhi azzurri e una massa di capelli
rossi gli toglievano il sonno per giorni. Alla fine si convinse che un
cambiamento radicale l'avrebbe aiutato, oltremanica c'era molto
più lavoro per lui, sopratutto a Londra, in fondo il suo
inglese
era molto buono e la sua laurea valida in tutta Europa. Non ebbe il
coraggio di dirlo personalmente agli Zonin, non dopo la scenata che
aveva fatto Sonia quando le aveva detto della sua partenza.
Così
mandò loro una lunga mail in cui spiegava le ragioni di quel
trasferimento. Era stato talmente sincero che si rifiutò
persino
di rileggerla prima d'inviarla perchè si sarebbe vergognato.
Dal
suo primo Capodanno a Londra non mise più piede a Verona per
molto tempo. Là trovò nuovi stimoli e intraprese
strade
di cui non si sarebbe mai creduto capace. All’inizio era
stato
davvero difficile, non passava giorno che non rimpiangesse
ciò
che si era lasciato alle spalle, che non rimpiangesse lei. Spronato da
suo padre, si iscrisse all’Università di
Manchester per
prendere la specializzazione e riuscì ad accedere ad un
master
del Sotheby’s Institute of Art. Aveva lavorato un
po’ in
giro, da commesso in un libreria a barista in un pub dove lo chiamavano
the Italian toy e
infine in un
galleria del centro; per puro caso era pure finito ad insegnare storia
dell’arte nelle middle-school e non gli era nemmeno
dispiaciuto.
Poi era arrivata la chiamata di Sotheby’s e il sogno aveva
preso
corpo dietro una porta con su scritto il suo nome.
Infine, dopo cinque
anni a Londra, aveva una casa, aveva quell’incarico per cui
aveva
sputato il sangue, e aveva Kate.
Sua confidente, coinquilina, personal shopper, produttrice di cibo
spazzatura, e soprattutto amica; Katie l’aveva ripescato
mentre
stava annegando nel suo dolore qualche mese dopo l’arrivo a
Londra, l’aveva rimesso in piedi a suon di vodka e schiaffi e
riportato alla vita con i suoi modi da scaricatrice di porto.
E finalmente ora era appagato.
Non aveva motivi per avere rimpianti, stava bene; per quanto in certi
momenti ancora cercasse gli occhi di lei in altre donne, dopo anni di
ripensamenti stava bene. Era certo che lei fosse felice, che fosse
riuscita a realizzarsi e a diventare uno splendido e geniale ingegnere.
Non aveva mai davvero voluto sapere nulla, anche se volte gli era
salita l’idea di indagare, l’aveva abbandonata
prima che
prendesse corpo. Altre volte aveva provato a fantasticare su come
avrebbe potuto essere la loro vita se fosse rimasto in Italia con lei:
al tempo progettavano di andare a vivere insieme dopo la specialistica,
lui voleva dei figli e forse a quel punto ne avrebbero già
avuti, o magari quel labrador che sognava. Non aveva nessuna voglia di
rivederla, per confermare ciò che già sapeva, che
era
ancora in grado di fargli ribollire il sangue con i ricordi. Aveva
provato ad immaginare come potesse essere diventata, di sicuro era
rimasta meravigliosa; sperava che con la maturità avesse
messo
su anche qualche chilo su quei fianchi tutti pelle e ossa, o che avesse
perso l’abitudine di mangiarsi o grattarsi il gomito quando
era
nervosa. E in cuor suo era certo che avesse trovato qualcun altro da
amare, qualcuno che sapesse darle tutto ciò di cui aveva
bisogno, che sapesse darle certezze e stabilità, che sapesse
prendersi cura di lei, e sapesse farla ridere e renderla serena. Tutto
ciò che non aveva saputo darle lui. Ci sperava davvero,
perchè lei meritava davvero di essere amata.
FINE
Traduzione
del dialogo in inglese:
M: Ti è tornata la
psicosi della pulizia?
K: No io.. cioè non
volevo far casino. Cercavo il tuo giubbotto..
quello di pelle nero, per la festa anni ’80..
Mi è caduta questa
scatola addosso. Non credevo l’avessi ancora.
M: Devi smetterla
di torturarmi così.
Ci godi a fracassarmi il cervello? Metti via tutto per favore.
Spazio Autrice:
Siamo
giunti alla
fine e so che questa fine non vi soddisferà.
Purtroppo
non posso
fare altrimenti, il finale è sempre stato questo.
Io sono fatta così, mi piace
scrivere storie vere, non ficcine che siano solo piacevoli: la vita
è anche
questo e a volte l’amore non basta davvero.
Sapevo
che sarebbe
stato difficile separarmi da questa storia e da questi personaggi che
mi hanno
accompagnata per un sacco di anni, non sto piangendo.. ma quasi.
Ed
è anche per questo
che vi prometto un seguito.
Quando
ho iniziato
questa storia ero appena uscita dal liceo quindi potevo immedesimarmi
in questo
mondo molto facilmente. Ora invece mi riesce davvero difficile scrivere
qualcosa che riguardi un diciottenne, non che io sia molto
più vecchia, però la
mia vita è cambiata talmente tanto che scrivere questi
ultimi importanti
capitoli è stato molto ostico.
Con i
miei soliti
tempi, perchè oltre che perfida sono anche conscia dei miei
limiti, ma voglio
davvero scrivere il seguito. Non posso lasciare Manuel naufragare nella
nostalgia, ne posso lasciarvi senza farvi sapere cosa è
successo alla nostra
cara Alicetta. Quindi ufficializzo le mie intenzioni di scrivere
qualcos'altro che li riguardi.
Non aspettatevi però altri 20 capitoli perchè non
posso
farcela, avevo pensato più ad una cosa da una decina di
capitoli.
Se avete domande sull'epilogo
scrivetemi una mail o in una recensione e vedrò se posso
accontentarvi!
Passiamo a ringraziamenti:
Innanzitutto devo ringraziare Sandra che mi ha dato le conferme di cui
avevo bisogno riguardo all'epilogo.
Devo ringraziare anche Ale che mi ha accompagnato per buona parte di
questo viaggio.
Anche se non leggeranno mai, ringrazio C. e S. che con le loro
sconclusionate e melodrammatiche vicende amorose hanno ispirato questa
storia.
Ringrazio i Muse, i Metallica, i Linkin Park, i Blur, un po' anche
Ligabue, Mina e Battisti sopratutto, Lenny Kraviz, Adele (<3) e
de
Andrè.
Ringrazio il mio 'Fida' che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo,
perchè c'è lui dietro a quel pizzico di
stronzaggine di
Manuel (e lui lo sa).
Ma sopratutto ringrazio voi lettrici, che mi avete sempre seguita e tormentata...
ehm spronata ad aggiornare, senza di voi tutto questo non esisterebbe,
non avrei concluso la storia forse,
ne avrei mai ricevuto oltre 100 recensioni
(cosa che non mi sarei mai aspettata..). Ci tengo molto a voi e spero
di non avervi mai deluse.
Con tutto l'affetto del mondo vi saluto.
A presto.
1bacio. Vale.
PS:
nel caso la vostra ira necessiti di sfogo verbale, su FB mi trovate
come FuoriTarget Efp.
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