Oltre il Silenzio

di Omegasr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quegli Occhi Vuoti ***
Capitolo 2: *** Qualcosa di Nuovo ***
Capitolo 3: *** Uno Scopo ***
Capitolo 4: *** Nightmare ***
Capitolo 5: *** Fallimento ***
Capitolo 6: *** Dream ***
Capitolo 7: *** Il Complesso di Dio ***
Capitolo 8: *** Dalla Parte dei Buoni ***
Capitolo 9: *** Bingo ***
Capitolo 10: *** Ore d’Orrore ***
Capitolo 11: *** Quattro Secondi ***
Capitolo 12: *** “Sì” ***
Capitolo 13: *** Routine ***
Capitolo 14: *** Rabbia ***
Capitolo 15: *** Rispetto ***
Capitolo 16: *** Contatto ***
Capitolo 17: *** Oltre il Silenzio ***



Capitolo 1
*** Quegli Occhi Vuoti ***


Siamo nati nell'anticamera del vuoto.

Creati per essere soli, dove la solitudine è un concetto privo di significato.

La monotonia come nemico silenzioso, sempre pronto a prendere il sopravvento.

È questo il nostro destino, è scritto.

Una vita eterna vissuta a combattere la stessa eternità: creazione e distruzione come semplice intrattenimento, un gioco il cui unico obiettivo è abbattere il silenzio.

Siamo un castello di carte da mantenere in equilibrio perfetto.

Siamo un riecheggiare eterno che sfida il silenzio... senza successo.

 

È difficile accettare il proprio scopo nel mondo, quando sei consapevole di non avere né uno scopo, né un mondo.

Alla fine di tutto la rabbia, il dolore, il profondo senso di ingiustizia e incomprensione, vengono sovrastati dal male più sottovalutato del multiverso:

La noia.

Oh, la noia porta a fare cose incomprensibili, cose che un'anima pura porterebbe pesanti sulle spalle; peccati per i quali non basterebbe una vita passata a scontare la giusta punizione.

Ma la noia soffoca ogni cosa, anche il senso di colpa.

Anzi, quei peccati, quelle azioni tanto orribili, se sconfiggono l'agonia del nulla, diventano fonte inesauribile di divertimento, arrivando a scatenare una sorta di... orgoglio.

Ma non sconfiggono il silenzio.

Il silenzio resta, alla fine di tutto.

Insaziabile, si dirama in ogni realtà, in ogni universo e qui, fra di noi, raggiunge il suo apice. Non puoi sconfiggere il silenzio. Per quanto tu possa provarci, alla fine di tutto, torna sempre.

Ma puoi cercare di ignorarlo.

Per questo io, distruttore di mondi, assassino spietato e demolitore di realtà intere, mi ritrovo a fare zapping fra gli stessi universi che forse un giorno incontreranno la scia di polvere che che mi lascio alle spalle.

Anche gli Dei hanno la loro quotidianità.

L'attività che meglio riusciva a distrarmi dall'apatico mostro sotto al mio letto, era osservare gli universi altrui.

Ve ne erano di qualsiasi forma e tipo:

Scossi da profonda agonia, pacifici, violenti e i miei preferiti, quelli ridicoli.

Il mio tempo nell'anti-void lo passavo quasi unicamente seduto sul mio divano, di un blu sgargiante in contrasto all'infinito bianco che mi circondava, con una finestra aperta su Undernovela, in assoluto il più ridicolo fra gli universi.

Lo odiavo, ovviamente, come odiavo ogni altra realtà, ma... quando ero su quel divano, a guardare le ridicole avventure di Asgoro e la sua compagnia, mi sentivo... meno male.

 

Da un po' di tempo Lui aveva iniziato a condividere quei momenti con me.

Non diceva molto; la prima volta aveva esordito con un semplice: "Ti dispiace se mi unisco a te?" e si era seduto, senza aspettare una risposta.

Erano successe tante cose da allora: c'era stata una guerra, il nostro patto era stato infranto e l'ira distruttiva di più d'un anima dannata si era abbattuta su molti innocenti.

Pensavo che tutto sarebbe cambiato.

Credevo che, senza quel patto, avremmo ricominciato a combatterci.

E così facemmo; ma la noia è più forte dell'odio.

Così, quando non ci scontravamo, capitava spesso che ci ritrovassimo in due su quel divano, senza dire una parola.

Era cambiato da quando gran parte degli universi da lui creati erano andati distrutti. Ne aveva creati altri, ovviamente, ed aveva affrontato la perdita con una calma ed una fermezza disarmanti.

Non provava più nulla e si rifiutava di provare ancora: sapeva quanto avrebbe sofferto se avesse riottenuto le sue emozioni. Così preferiva farne a meno.

 

Si sedette accanto a me, come faceva sempre, senza commentare.

Passò un po' di tempo, difficile dire quanto se ti trovi in un luogo in cui il tempo non è un concetto applicabile alla realtà.

Sentii dei rumori provenire dalla mia sinistra.

Mi girai: aveva in mano i suoi colori. Per molti questo potrebbe non significare nulla, ma io sapevo quanto fossero importanti. Pensavo li avesse buttati. Pensavo che il suo fosse un "no" definitivo ad ogni sentimento, ma non era così.

Non dissi niente: lo guardai per qualche secondo per poi rivolgere la mia attenzione, nuovamente, all'unica mia fonte d'intrattenimento.

Rimase in silenzio ancora qualche secondo.

<< Ci sto pensando, Error >>, disse semplicemente.

Non sapevo esattamente come commentare quell'affermazione.

Non ne avevamo mai parlato, non ne avevamo mai avuto bisogno.

Decisi di prendere la strada più semplice.

<< Pensando a cosa? >>, cercai di mantenere il distacco e la freddezza che mi accompagnano in ogni dialogo.

<< Lo sai >>.

Sì, lo sapevo.

Sapevo che quelle erano le sue emozioni.

Sapevo che smettere di essere una fredda macchina senz'anima, avrebbe comportato grandi cambiamenti. Grandi sofferenze.

Ci misi un po' per rispondere.

<< Non so Ink, a me piaci di più così >>.

Ghignai, aspettando una qualsiasi reazione.

Ma la reazione non arrivò.

Se ne stava semplicemente lì, a fissarmi, con quegli occhi bianchi che riflettevano il vuoto che aveva nell'anima.

Odio ammetterlo, ma mi faceva venire i brividi.

<< Perché dovresti farlo, comunque? >>, chiesi. << Perché tornare a soffrire se puoi evitarlo? >>.

Volse lo sguardo al portale.

Rimase in silenzio per ancora qualche secondo; poi, senza voltarsi, parlò.

<< Tu sei mai stato felice, Error? >>.

Trasalii a quella domanda.

<< C-come? >>, balbettai.

Mi guardò ancora, con quegli occhi vuoti.

<< Hai mai provato... gioia? >>.

Sospirai.

<< Sì. Una volta >>.

Mi aspettavo un "Quando?", o almeno un'espressione sorpresa.

Invece tornò a guardare il portale, senza esprimere nulla.

<< E ti ricordi cosa si prova? >>.

<< Che cazzo di domanda è?! >>.

Non rispose.

<< Sì... sì, lo ricordo >>.

Ci fu qualche altro istante di silenzio.

<< Io no >>.

Non sapevo cosa dire. Mi stava chiedendo di descriverglielo? O si stava giustificando?

<< È per questo che rivuoi le tue emozioni? Perché dubito che proveresti gioia >>, ghignai, pronunciando l'ultima frase.

<< Non all'inizio, no. Ma proverei qualcosa. E poi, col tempo... >>.

<< Stai per caso chiedendo il mio parere, Ink? >>.

<< Sì >>, rispose, senza esitare.

Perché voleva un consiglio? Da me, poi?

Ma non era questa la domanda a cui mi premeva dare una risposta.

Cosa avrei dovuto dirgli?

 

In un secondo, il mio cervello iniziò ad elaborare.

Non avevo mai avuto modo di conoscerlo realmente, quando era ancora in grado di provare emozioni.

Lo avevo combattuto, ma mai conosciuto.

Aveva iniziato ad unirsi a me poco dopo avervi rinunciato.

All'inizio sembrava normale, solo molto tranquillo, ma col tempo... si era svuotato completamente.

Ora, sentendolo parlare, si poteva percepire la profonda assenza con cui doveva convivere.

Mi girai per guardarlo negli occhi.

Quegli occhi vuoti... li odiavo.

Pensavo di odiare lo sguardo entusiasta che aveva ai tempi delle nostre battaglie, ma... quello sguardo...

Mi mancava.

Sì, mi mancava quell'entusiasmo.

 

Sapevo quanto avrebbe sofferto.

Sapevo che sarebbe stato meglio rinunciare a quelle emozioni.

Ma sono Error, l'egoista per eccellenza, l'abominio numero uno.

Quindi...

<< Dovresti farlo, se è ciò che senti >>.

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Capitolo 2
*** Qualcosa di Nuovo ***


Non avevo idea di cosa stessi dicendo.

Stavo sbagliando, da ogni punto di vista: morale, etico, emotivo... sapevo che me ne sarei pentito.

Perché lo avevo detto?

Perché non ero riuscito a fermarmi?

Ma soprattutto: perché stavo mettendo in dubbio la moralità del mio gesto?

Non mi era mai interessato il lato etico di... beh, di nulla.

Perché mi pentii di quelle parole, non appena le pronunciai?

<< Dovresti farlo, se è ciò che senti >>.

Ink, ancora una volta, non ebbe alcuna reazione.

Né un sussulto, né un'espressione di qualsivoglia tipo.

<< Non sento niente Error, è questo il punto >>.

Già, me ne stavo accorgendo.

<< Beh, non è certo una decisione che posso prendere io >>, dissi, cercando di chiudere al più presto la conversazione.

Tornò a guardare il portale glitchato davanti a noi, senza dire una parola.

Lo osservai attentamente: era seduto, a gambe incrociate, la schiena dritta e gli occhi fissi su ciò che aveva di fronte.

La sciarpa marrone avvolta intorno al suo collo era sbiadita, come se anche i suoi indumenti riflettessero ciò che stava accadendo alla sua anima.

Sembrava rilassato, ma teso allo stesso tempo; come se stesse sull'attenti, ma si sentisse a suo agio nell'esserlo.

Fra le mani teneva i suoi colori.

Li stringeva come se fossero quanto di più importante possedesse.

Il suo pennello, per cui un tempo avrebbe probabilmente dato la vita, era ora poggiato a terra, lontano, come se non significasse nulla per lui.

Dio, che gli era successo?

<< Che farai, quindi? >>.

Strinse con ancora più forza le fiale fra le mani.

<< Me ne andrò >>.

Sì alzò in piedi, a testa alta, voltandomi le spalle.

<< Intendevo riguardo i tuoi— >>.

Ma era già scomparso.

Rimasi per qualche istante a fissare il punto in cui un momento prima sedeva il mio nemico.

Il mio... "nemico".

Che concetto riduttivo.

Il nostro rapporto era... complicato... ma certamente meritava un termine più ampio.

I pensieri presero forma ed i ricordi iniziarono a correre veloci all'interno della mia mente; tutte quelle guerre, tutti quei combattimenti, quegli insulti, quelle provocazioni... così futili, eppure così... divertenti.

In un momento, mi accorsi di star pensando a quei momenti.

Ai "nostri" momenti.

Sobbalzai, come svegliatomi da un incubo, e volsi nuovamente lo sguardo al portale.

Non volevo pensarci.

Non volevo pensare a ciò che avevamo vissuto, non volevo... non volevo... perché gli avevo detto di farlo? Lui mi... mi mancava?

Pregai che qualcuno mi distraesse da quell'onda anomala di dubbi.

Per fortuna, qualcuno udì le mie preghiere.

Il portale iniziò a glitchare... beh, il portale glitchava sempre, era effettivamente un glitch, ma iniziò ad avere dei problemi.

Si interrompeva, come una televisione a cui va via il segnale.

Niente di strano, se ti trovi sul tuo divano.

Ma è un po' più strano se ti trovi in un luogo al di sopra di ogni universo conosciuto e ne stai guardando uno attraverso un portale che tu stesso hai creato.

Suoni incomprensibili iniziarono a sentirsi in lontananza, mentre una figura prendeva forma al centro della visuale che avevo su Undernovela.

<< E—or... M— —nti? >>.

Mi avvicinai per cercare di capire cosa o chi fosse.

<< Error... Er— riesc— a— >>.

Improvvisamente, l'ombra sfocata assunse un vero e proprio aspetto.

Uno scheletro, esattamente come me, dunque un Sans, con un mantello giallo ed una tiara a cingergli la testa, mi fissava ora dall'altra parte del portale.

<< Error mi senti?! >>, chiese lo scheletro.

Non ero abituato ad interferire con gli universi che guardavo, se non per distruggerli; dunque esitai nel rispondere.

<< Error?! >>.

<< S-sì? >>.

<< So che guardi spesso questo universo. Non riesco ad entrare nell'Anti-Void... credo... credo di essere stato buttato fuori... >>.

<< U-uhm... ok? >>.

Cosa voleva da me? Mi stava chiedendo aiuto? Perché avrebbero dovuto buttarlo fuori dall'Anti-Void?

<< Sono Dream, comunque! Molto piacere! >>.

Quell'entusiasmo... ancora una volta mi tornò in mente il vecchio Ink.

<< Ho bisogno del tuo aiuto, Error >>.

<< I-il... il mio aiuto? >>.

<< Sì. Ci possiamo incontrare? In un posto che ti piace... non l'Anti-Void però... >>.

Lo osservai per un momento, poi scoppiai in una fragorosa risata.

<< Un posto che mi piace, dici? Oh, non ti sei proprio informato prima di venire a cercarmi, non è vero? >>.

Sembrava perplesso.

Il che mi fece pensare che davvero non avesse idea di che tipo fossi.

<< Cosa cerchi da me? >>.

<< Te l'ho detto, mi serve aiuto >>.

<< Aiuto per cosa? >>.

Guardò in basso, come se si vergognasse delle parole che stava per pronunciare.

<< Per... per Ink >>.

Tornai immediatamente serio, quando pronunciò il suo nome.

<< Vediamoci dove ti pare, non mi interessa il luogo >>.

Alzò nuovamente lo sguardo, incontrando i miei occhi.

<< Quindi... quindi mi aiuterai?! >>.

<< Non ho mai detto questo. Ma voglio sapere di cosa si tratta >>.

<< Oh... beh, è un buon inizio! Vediamoci ad Underswap, so che conosci il posto... nessuno ci disturberà lì! >>.

Fra tutti i luoghi del Multiverso... perché proprio Underswap? Imprecai mentalmente.

<< D'accordo >>.

<< Bene! >>.

Si voltò, per poi girarsi nuovamente e guardarmi di nuovo negli occhi.

<< Oh, dimenticavo! Error... >>.

<< Cosa? >>.

<< Non... non parlarne ad Ink... per nessun motivo >>.

Dopo aver pronunciato quella frase, si allontanò ed il portale tornò lentamente a mostrare Undernovela.

Strano.

Era molto strano.

Non che avessi nulla di meglio da fare, in fondo... quella situazione era...

Era... nuova!

Era qualcosa di nuovo!

Sarei arrivato in fondo a quella storia.

Mi preparai per andare ad Underswap, aprendo un nuovo portale di fronte a me e chiudendo il precedente.

Stavo per entrarci, quando una voce familiare parlò alle mie spalle.

<< Dove vai? >>.

Mi voltai.

<< Ink! Pensavo fossi andato via... io... uhm, da nessuna parte. Cercavo qualcosa da fare, sai com'è... non fanno niente di divertente ad Undernovela, quindi... >>.

Si avvicinò a me, fissandomi con il solito sguardo inquietante che da tempo lo accompagnava.

<< Vai a distruggere qualche AU? >>.

Era la spiegazione più plausibile che avrei potuto dare.

<< Uhm... sì? >>, sperai di essere stato il più convincente possibile.

<< Oh. D'accordo allora. >>. Fece per andarsene.

<< Non... non hai intenzione di fermarmi? O di provarci, almeno? >>.

<< Scusami, sono stanco oggi. Magari la prossima volta, ok? >>.

Non si girò neanche mentre pronunciava quella frase.

Se avessi avuto del sangue, quella noncuranza e quella freddezza me lo avrebbero gelato.

 

In quel momento più che mai, ero determinato ad arrivare in fondo a quella storia.

 

Non mi sentivo determinato da molto, molto tempo.

Mi voltai nuovamente verso il portale aperto poco prima e, senza esitare, lo attraversai.

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Capitolo 3
*** Uno Scopo ***


Odiavo Underswap.

Lo odiavo profondamente.

Non come odiavo gli altri universi, no...

Underswap ricopriva una posizione d'onore sulla mia lista nera.

Quel posto non aveva senso: era esattamente come quello classico, ma le personalità dei suoi abitanti erano invertite.

Dio... era così... insulso.

Stupido.

Sbagliato.

Perché ero di nuovo lì?

Perché non lo avevo ancora distrutto?

<< ERROR! >>.

Oh, ecco perché.

Uno scheletro leggermente più basso di me, ma con il mio stesso aspetto, mi stava correndo incontro a braccia aperte.

Indietreggiai non appena si avvicinò abbastanza da invadere il mio "spazio personale"; frenò all'improvviso la sua corsa a pochi passi da me.

<< Oh, giusto! Sei l'unico amico che non posso abbracciare! >>, affermò, con un entusiasmo disarmante.

<< Dovresti davvero superare questa fobia, sai?! >>.

Non riuscii a non sorridere.

<< Ciao, Blue >>.

 

Camminammo a lungo per la foresta innevata.

Blue era un tipo... diciamo "particolare": amava parlare di sé stesso più di chiunque altro nell'intero Multiverso.

Era in grado di vomitarti addosso valanghe di racconti, aneddoti e lamentele prima ancora che potessi chiedergli qualsiasi cosa.

E così fece, mentre giocherellava allegro con l'inseparabile sciarpa azzurra che portava attorno al collo.

Parlò.

Parlò molto.

Parlò di suo fratello, che non smetteva di prenderlo in giro per la sua statura;

Parlò di Alphys e del fatto che ancora non si fosse decisa a farlo entrare nella Guardia Reale;

Parlò dell'umano che era sceso nel Sottosuolo qualche tempo prima, con il quale aveva stretto "amicizia", prima che lui tornasse in superficie.

Viveva in una timeline neutrale, grazie al cielo.

Parlò davvero, davvero molto.

Non sapevo perché, ma in qualche modo sentirlo parlare non mi infastidiva come invece succedeva con la maggior parte delle forme di vita; mi rilassava.

<< E tu? Come stai? Che hai fatto tutto questo tempo? >>.

Aveva finalmente smesso di parlare.

<< Uh... io... sai... niente di particolare. La solita vita >>.

Mise le mani sui fianchi e mi guardò con aria contrariata, ma sorridente.

<< Sei il solito chiacchierone! >>, scherzò.

<< Ehi, siamo arrivati in città! >>, esclamò, << Wowzers! Abbiamo camminato tantissimo! >>.

<< Già >>.

<< Oh Error, ho così tante cose da raccontarti! >>.

<< Ancora? Non... non me le hai appena raccontate? >>.

<< Ma no, stavo solo accennando... >>.

<< Oh >>.

<< Se vuoi possiamo andare da Muffet a prendere qualcosa da bere! Non che io beva, in generale... o possiamo mangiare qualcosa! Ma niente di zuccherato, lo zucchero ha uno strano effetto su di me... Oh, oppure possiamo andare a casa mia! Sarà come un appuntamento, uno fra amici, ovviamente! Anche se forse a Papy non farebbe piacere, non gli vai proprio a genio... >>, aveva ricominciato a parlare.

<< Oppure possiamo continuare a passeggiare! O potrei farti vedere i miei nuovi puzzle! Oh, dovresti vederli, sono GRANDIOSI! >>, all'interno dei suoi occhi si formarono due piccole stelle.

Quel dettaglio mi fece sorridere.

Pensai agli occhi di Ink.

Anche i suoi cambiavano forma e colore, una volta, prima di essere vuoti.

<< Error, mi stai ascoltando?! >>, mi ridestai.

<< Scusa, Blue, io... mi sono distratto >>.

<< Va tutto bene? >>, chiese; sembrava sinceramente preoccupato.

<< Sì, sto bene, solo... sai, io ero qui per vedere una persona >>.

<< Oh... >>, rispose, << E quella persona non sono... io? >>, abbassò lo sguardo.

Che cos'era quello?

Senso di colpa?

Odiavo i sentimenti; Dio, quanto invidiavo Ink in quel momento.

Pensai di mentirgli;

Pensai anche che facendolo mi sarei sentito ancora più in colpa.

Così rimasi soltanto in silenzio, sperando che qualcuno mi tirasse fuori da quella situazione sconveniente.

<< Ehi, Error! >>.

Due volte in un giorno, quel tipo mi aveva salvato dall'imbarazzo.

Avrei dovuto offrirgli da bere.

Lo scheletro vestito di giallo si avvicinò a noi, particolarmente sorridente.

Voglio dire: tutti i Sans sono sorridenti, non possiamo farne a meno; ma il sorriso sul volto di Dream sembrava essere... sincero. Molto sincero. Persino più sincero di quello di Blue.

<< Ehi Dream! >>, esclamò Blue.

<< Blue! Ci sei anche tu, bene! >>.

Messi insieme, quei due, sembravano persino più entusiasti della somma del loro entusiasmo.

Era fastidioso, e metteva di buon umore allo stesso tempo.

Tutti e tre decidemmo di rientrare nella foresta: Dream insistette molto sul fatto che nessuno dovesse sentirci e quello sembrava essere il posto perfetto.

Dopo esserci addentrati a sufficienza in quella distesa di neve ed alberi, ci fermammo.

<< Ok, qui dovrebbe bastare! >>, disse Dream.

<< Bastare per cosa? Perché sei così misterioso? >>, chiese Blue.

<< Oh, beh... si tratta di... >>, assunse una delle espressioni più strane che avessi mai visto. Non riusciva a pronunciare il nome di Ink, e sembrava come se stesse cercando in tutti i modi di essere triste, ma non ci riuscisse.

<< Si tratta di Ink >>, mi intromisi.

<< Giusto? >>.

<< Sì... >>.

<< Oh... Ink... >>, anche Blue si rattristò.

Restarono entrambi in silenzio per qualche momento.

<< Volete rendermi partecipe? >>, chiesi scocciato.

<< Oh, giusto.

Dunque, tu sai che Ink ha deciso di rinunciare ai suoi... ai suoi colori? >>.

<< Sì. Lo so. Viviamo nello stesso posto e non è che abbiamo qualcosa di meglio da fare che non sia osservare >>.

<< Bene, dunque... hai... hai visto che cosa gli sta succedendo? >>.

<< Beh, lui sta... uhm... non saprei come descriverlo. Sembra che stia... sbiadendo? Qualcosa del genere >>.

<< Esattamente. Non so da cosa dipenda, credo... credo che non provi emozioni da troppo tempo. Temo che possa perdere la capacità di farlo... per sempre >>.

Sobbalzai, ma cercai di non darlo a vedere.

Non poteva realmente perdere la capacità di provare qualsiasi cosa in maniera definitiva.

Non era possibile... giusto?

<< Come fai a dirlo? >>, chiesi.

<< Error... posso farti una domanda? >>, chiese lui in risposta.

<< Cosa? >>.

<< Quanti universi hai distrutto negli ultimi tempi? Intendo da quando Ink ha rinunciato ai colori >>.

Ci pensai un momento.

<< Uhm... non so, qualcuno... >>.

<< 426 >>.

<< Oh! Sono un bel po' di universi! Sei in forma! >>, si intromise Blue.

Per questo eravamo amici.

Non importava quanto orribili fossero le mie azioni, lui vedeva sempre il lato positivo delle cose.

<< Sai quanti ne ha ricreati Ink? >>, chiese ancora Dream.

<< Quanti? >>.

<< Nessuno >>.

Ci fu un momento di silenzio.

<< E questo... è un problema? >>.

<< Certo che lo è! >>, esclamò.

<< Il Multiverso si tiene in perfetto equilibrio proprio perché lui crea e tu distruggi. Se uno dei due smette di lavorare, tutto crolla >>.

<< D'accordo, ma... io cosa posso fare? Voglio dire, non posso certo mettermi a crearli... e se mi stai chiedendo di smettere di distruggere AU, sappi che non lo farò >>.

<< Non ti sto chiedendo questo >>, disse.

<< Allora cosa? >>.

<< Devi aiutarmi. Ink mi ha buttato fuori dalla Doodle Sphere quando ho iniziato ad esprimere preoccupazione. Non vuole sentire nessuno. Non parla con nessuno e non accetta aiuto da nessuno >>.

<< Quindi? >>.

<< Quindi devi aiutarlo, ovviamente! >>.

<< Hai appena detto che non accetta aiuto da nessuno! >>, esclamai frustrato.

<< È vero, ma non si aspetta aiuto da te...

Senti, è una situazione a dir poco... disperata. Lo sai, non mi rivolgerei a te se non ne avessi davvero bisogno. Ma di questo passo... tutto rischia di crollare. Ogni mondo, ogni universo... persino Underswap >>. Fece una piccola pausa. << Persino Undernovela >>.

Beh, non potevo rifiutare se quella era la posta in gioco.

<< Ti prego, Error... ho davvero bisogno di aiuto. Ink ha bisogno d'aiuto >>.

Lo guardai negli occhi, avvicinandomi, ma mantenendomi comunque a debita distanza.

<< D'accordo >>, dissi.

<< Davvero?! >>.

<< Sì >>.

<< Wow! Grazie! Non pensavo sarebbe stato così semplice! >>.

Ci fu di nuovo qualche attimo di silenzio.

<< Quindi... che... che dovrei fare di preciso? >>.

<< Oh, ti farò sapere! Per il momento, torna pure nell'Anti-Void e comportati come se niente di tutto ciò fosse successo! >>.

<< D'accordo >>.

<< Abbiamo un patto, allora? >>.

Ah, odiavo stringere patti, dopo l'ultima volta.

Mi porse la mano.

<< Vada per il patto, ma... uhm... non amo toccare le persone, quindi... passerei la stretta di mano >>.

<< Oh... >>, abbassò il braccio, << Ma certo! >>.

Dopo averli salutati, ed aver promesso a Blue che mi sarei fatto sentire più spesso, aprii nuovamente un portale per l'Anti-Void.

Quella situazione... quel viaggio era stato così... strano.

Avevano bisogno di aiuto.

Del MIO aiuto.

Per la prima volta nella mia intera esistenza, avevo uno scopo.

Odiavo ammetterlo, ma era esaltante.

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Capitolo 4
*** Nightmare ***


<< È stato divertente? >>, chiese una voce dietro di me.

Mi girai.

Ink era persino meno colorato dell'ultima volta che l'avevo visto.

Era davvero sorprendente la velocità con cui l'apatia era in grado di avanzare.

<< Divertente? >>, chiesi confuso.

<< Distruggere l'AU >>.

<< Oh! >>, mi tornò in mente la bugia raccontatagli poco prima.

<< Sì. Avresti dovuto vederli. Tutti ad urlare, a cercare di salvarsi... >>, stavo cercando di ottenere un qualche tipo di reazione.

<< Oh >>, commentò lui.

<< È stato divertente sentirli implorare. Ovviamente non ci sono stati superstiti. Sono bravo nel mio lavoro >>.

Inclinò leggermente la testa da un lato e continuò a fissarmi.

<< Deve essere stato entusiasmante >>, disse.

Era... disarmante.

Neanche un briciolo di compassione.

Neanche l'ombra.

Faceva un certo effetto.

<< Già >>.

Si voltò e fece per andarsene.

<< Sai, ne ho distrutti 426 negli ultimi tempi >>, non si fermò. << Tu come stai messo a creazioni? >>.

Accennò una risata, mentre camminava nella direzione opposta alla mia, dandomi le spalle.

<< Non ti facevo uno che tiene il conto! >>, esclamò.

Beh, almeno quella somigliava ad una reazione.

 

Undernovela procedeva tranquillamente.

Troppo tranquillamente.

Non era divertente osservare la monotonia delle azioni quotidiane.

Dov'erano i rapimenti? Gli omicidi? I tradimenti? Dov'era l'azione?

<< Ah... >>, sospirai mentre chiudevo il portale che mi faceva da televisore.

Mi lasciai cadere di schiena sul divano blu, mentre pensavo alla giornata appena trascorsa.

Che situazione... avevano davvero chiesto il mio aiuto? Non me l'ero sognato?

Che avrei dovuto fare ora?

I pensieri si intensificarono, facendo il loro corso fino ad affievolirsi dolcemente e lasciarmi scivolare nelle metaforiche braccia di Morfeo.

 

Non sognavo spesso.

Inizialmente, solo ed in quel luogo abbandonato da Dio, avevo incubi ogni volta che chiudevo gli occhi.

Ma con il tempo mi abituai: iniziai a controllarli.

Ormai sapevo distinguere il vero dal falso e raramente mi sentivo davvero spaventato o disturbato da un sogno.

Ma quella volta... era diverso.

Camminavo per le Waterfall, senza sapere esattamente in che universo mi trovassi; l'aria era immotivatamente tetra, come se qualcuno stesse accompagnandomi con una melodia dissonante in sottofondo.

Lontano, avvistai una figura avvolta nell'ombra muoversi furtiva fra i fili d'erba.

Mi avvicinai, consapevole e convinto di poter controllare il sogno che stavo vivendo.

Di fronte a me, un Ink completamente bianco e nero mi dava le spalle, accovacciato a terra ed intento ad armeggiare con qualcosa di indefinito.

<< Ink? >>, lo chiamai.

Lo scheletro non rispose; continuò a fare ciò che stava facendo.

<< Ink?! >>.

Niente.

Alzai il braccio, avvicinandolo a lui.

Non volevo toccarlo.

Non POTEVO toccarlo.

Iniziai a tremare.

Sapevo che non era reale, ma neanche nelle mie più remote fantasie avevo in coraggio di... toccare... qualcuno.

Pensai di lasciar perdere, ma la curiosità era troppo forte.

Chiusi gli occhi, sperando che si girasse prima di avere la possibilità di sfiorarlo.

<< Io non lo farei, se fossi in te >>, affermò una voce particolarmente profonda.

Mi voltai per cercare di capire da dove arrivasse, ma non c'era nessuno.

<< Chi sei?! >>, chiesi.

Ancora una volta, il silenzio.

Perché sembrava che nessuno volesse rispondermi?

<< Chi cazzo sei?! >>, urlai. La mia voce glitchava ancora di più, quando perdevo la pazienza.

A sentire quell'urlo, lo scheletro dapprima accovacciato si girò in uno scatto felino.

I suoi occhi erano completamente neri ed il suo sorriso invadeva prepotente il resto del suo viso, donandogli un aspetto decisamente macabro.

Indietreggiai di qualche passo, inciampando su un ramo dietro di me, come nei peggiori cliché dei peggiori film horror in circolazione.

Ink mi si avvicinò senza dire una parola, emettendo però quelli che sembravano i versi di una bestia famelica. Il mio sguardo si posò inesorabile su ciò che stringeva fra le mani: le sue fiale erano ora completamente rotte, vuote, mentre chiazze di inchiostro giacevano a terra mischiandosi con il fango.

<< Avevi ragione, Error >>, la sua voce era innaturalmente rauca. << Anch'io mi piaccio di più così >>.

Si avvicinava sempre di più.

Non sapevo esattamente cosa stessi provando, ma a mente lucida lo definirei come... terrore. Profondo terrore.

Certamente non un sentimento positivo.

Chiusi gli occhi, prima di avvertire un rumore provenire da dietro l'anima dannata che mi stava aggredendo.

Quando li riaprii, un tentacolo nero aveva trapassato Ink da parte a parte, rompendo le sue ossa e facendolo gemere di dolore.

<< NO! >>, urlai.

Mi fissava, i suoi occhi erano ancora completamente neri.

Quel nero si diffuse, espandendosi in tutto il resto del suo corpo e portandolo a diventare una sorta di melma nera che a poco a poco colò a terra, rivelando la figura dietro di lui.

Era un altro Sans.

Sembrava ricoperto della stessa melma in cui si era trasformato il mio aggressore poco prima e dei lunghi tentacoli ricoperti della stessa sostanza erano attaccati al suo corpo, muovendosi senza sosta.

<< Tranquillo, non era reale >>, disse.

<< Però, ti facevo più cazzuto di così, amico >>.

Era la stessa voce che avevo sentito poco prima.

<< Chi cazzo sei?! >>.

<< Nightmare. Il tuo peggior incubo. Piacere >>, fece un occhiolino.

<< Scusa per il casino, ma non avevo altro modo di parlarti, se fossi venuto nell'anti-void si sarebbe insospettito >>.

<< Ma di che cazzo stai parlando?! >>.

<< Uhm... di Ink? >>, disse lui, come se fosse ovvio.

<< Oh, giusto. Sono il fratello di Dream. Mi ha mandato a darti istruzioni >>.

Il... il fratello di Dream era un Sans? Strano.

<< Sì, lo so, siamo due Sans anziché un Sans ed un Papyrus >>.

Sembrava mi avesse letto nel pensiero.

<< No, non "sembra", lo sto facendo >>.

<< C-cosa?! T-tu... smettila! >>.

<< Non posso, sei nel mio incubo >>.

Mi porse una mano per aiutarmi.

<< Faccio da solo, grazie >>, dissi.

<< Già, mio fratello mi ha parlato del tuo problema nel toccare la gente >>.

Mi rialzai, rimanendo fermo di fronte a lui.

Era davvero inquietante... non riuscivo a credere che fosse il fratello del ragazzo che avevo conosciuto il giorno prima.

<< Guarda che ti sento >>, affermò.

Ah già, mi sentiva.

Imbarazzato, le mie guance si colorarono leggermente di giallo ed iniziai a glitchare più del consueto.

<< Tranquillo, non sono certo qui per farmi fare complimenti >>.

<< Perché sei qui allora? >>.

<< Per aiutare >>.

Gli girai attorno.

<< Davvero? >>, chiesi.

<< Davvero >>.

<< Non so... non sembri uno che "aiuta" >>.

Rise di gusto.

<< Non sono qui per aiutare nessuno che non sia me stesso >>.

Rimasi a fissarlo, confuso. Se avessi potuto farlo avrei alzato un sopracciglio.

<< Che vuol dire? >>.

<< Ok, ti spiego come funziona. Io e mio fratello ci nutriamo rispettivamente di sentimenti negativi e positivi e ci possiamo muovere nel Multiverso solo grazie ad essi. Capisci? >>.

<< Sì... >>.

<< In pratica, tu lavori per me. Ogni volta che vai a distruggere un AU io faccio grandi scorpacciate di dolore. Sono un grande fan, a proposito! >>.

<< Uhm... g-grazie... credo >>, dissi titubante, << Ma non capisco come aiutare Ink possa aiutare te >>.

<< È semplice: se tu continui a distruggere senza che lui crei, prima o poi ci sarà un disequilibrio troppo grande. Il Multiverso stesso rischia l'esistenza, me compreso. Senza creazione non ci può essere distruzione, senza distruzione non ci può essere dolore e senza dolore io perdo potere >>.

Semplice, chiaro, veloce.

Decisamente molto più funzionale delle spiegazioni intrise di preoccupazione del fratello. Mi piaceva quel tipo.

<< Heh, grazie >>.

Arrossii di nuovo.

<< Puoi almeno far finta di non sentire i miei pensieri? È frustrante... >>.

Scoppiò nuovamente in una fragorosa risata.

<< Certo, se la cosa ti aiuta >>, affermò ancora singhiozzante.

Poi si sedette su una roccia di fronte a me, dandomi le spalle e fissando l'orizzonte.

<< Uhm... >>, mormorai, indeciso sul da farsi.

<< Sediti pure! >>.

Mi fece cenno di sedermi accanto a lui, su un tronco a pochi centimetri alla sua destra.

<< Ah, no grazie, sto bene in piedi >>.

Girò leggermente la testa, in modo tale da far intravedere i due buchi neri che aveva al posto degli occhi e l'inquietante sorriso.

<< Siediti >>, ripeté abbassando il tono.

Era l'esatto opposto del fratello.

Stava cercando in tutti i modi di essere amichevole, ma il suo sguardo comunicava... rabbia, frustrazione, disagio. Sembrava...

Triste.

Mi sedetti.

<< Allora, cosa dovrei fare? >>, chiesi.

<< Mh? >>.

<< Con Ink. Cosa devo fare? >>.

<< Oh >>, rivolgeva lo sguardo al cielo stellato, << Giusto, Ink... niente di particolarmente difficile. Devi solo cercare di capire le sue intenzioni. Stagli vicino. Fa in modo che si fidi di te >>.

<< Non so se funzionerà. Ci siamo sempre combattuti, perché dovrebbe fidarsi? Pensa che lo odi >>.

<< Pensa? >>

<< Come? >>, chiesi confuso.

<< Hai detto "pensa". Lui "pensa" che tu lo odi. Significa che non lo odi >>.

Rimasi in silenzio, fissandolo imbarazzato mentre lui continuava a non rivolgermi lo sguardo.

<< Certo che lo odio, come odio tutti nel Multiverso. Certo non è la forma di vita che odio di più, ma neanche mi fa piacere la sua compagnia >>, mi giustificai.

<< Cazzate >>.

Si girò verso di me, guardandomi negli occhi.

<< Dici di odiare tutto ciò che fa parte del Multiverso, ma guarda questo posto >>.

<< Che c'entra? È solo un sogno. Il tuo sogno, fra l'altro >>.

<< Tu l'hai creato, io ci sono solo entrato. Tutto ciò che c'è qui dentro viene dai tuoi ricordi >>.

<< Quindi? >>.

Guardò nuovamente il cielo.

<< Sono le stelle più realistiche che abbia mai visto. Il sottosuolo non dovrebbe avere stelle reali, quindi sicuramente non appartengono alle Waterfall. Da dove vengono? Outertale? >>.

Rimasi in silenzio, immobile, senza riuscire ad emettere un fiato.

<< Non è vero che odi tutto il Multiverso. Ci sono cose che apprezzi, Error. Non molte, certo... ma qualcosa c'è. Dei luoghi, dei momenti passati, alcune compagnie. Ink fa parte di quelle compagnie >>.

Volsi anche io lo sguardo al cielo.

Era vero...

Non era odio quello che provavo guardando il cielo stellato di Outertale.

Non era odio quello che provavo ripensando ai momenti passati con Blue.

E forse non era odio quello che provavo per Ink.

Lo scheletro seduto accanto a me si alzò e mi rivolse nuovamente lo sguardo.

<< Non fare stronzate. I sentimenti sono la prima causa di fallimento in situazioni come questa. Mi farò risentire >>.

<< Oh... >>, mi alzai anch'io, << Come faccio a svegliarmi? >>.

Mi fece cenno di avvicinarmi e così feci.

Guardai in basso: uno strapiombo si estendeva per quelli che sembravano essere chilometri.

<< Con una spintarella >>, disse ghignando.

Rabbrividii ma cercai di non darlo a vedere.

<< Un'ultima cosa >>, aggiunse, << Non fidarti troppo di mio fratello. Lo so, sembra non avere niente di negativo. Ed è così. È questo il punto. Capisci? >>.

<< Uhm... no >>, risposi.

<< Ottimo >>.

Guardò in basso e mi rivolse uno dei sorrisi più inquietanti che avessi mai visto.

<< Pronto? >>.

<< D-devo... devo buttarmi? >>.

<< Nah, ci sono altri modi per svegliarsi in realtà >>.

<< E allora perché cazzo siamo qua?! >>.

<< Perché così è più divertente >>.

<< Cos— >>.

Non feci in tempo a replicare che venni spinto nel burrone.

La figura di Nightmare si allontanava sempre di più dalla mia vista e le mie urla risuonavano fra i fili d'erba, mentre cadevo inesorabile fra le braccia dell'oscurità.

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Capitolo 5
*** Fallimento ***


Quando mi svegliai non sapevo se credere a ciò che avevo vissuto o considerarlo un semplice incubo.

Ma se c'era una cosa che avevo imparato era che nel mio mondo, considerato tutto, in genere la spiegazione più assurda era in realtà quella più plausibile;

Quindi era vero.

Era successo veramente.

Rimasi per ore, sdraiato su quel divano, a ripensare alle sue parole.

"Non è vero che odi tutto il Multiverso. Ci sono cose che apprezzi, Error. Non molte, certo... ma qualcosa c'è. Dei luoghi, dei momenti passati, alcune compagnie.

Ink fa parte di quelle compagnie".

Ink fa parte di quelle compagnie.

Quella frase mi aveva colpito come un Gaster Blaster a tradimento alle spalle.

Era vero?

Non avevo mai considerato Ink un vero e proprio nemico.

Era più un rivale, uno con cui divertirmi a giocare quando cercava di impedirmi di distruggere AU.

Allora perché vederlo spento mi faceva sentire tanto... vuoto?

Perché avevo accettato di aiutarlo?

Mi tornò in mente quale fosse il vero punto della conversazione avuta poco prima.

Giusto, dovevo aiutare Ink. Dovevo guadagnare la sua fiducia.

Avevo un unico problema: non avevo idea di come fare.

Le mie abilità in ambito sociale si erano arrugginite negli ultimi secoli passati in completa solitudine, ed anche prima non è che fossero particolarmente sorprendenti...

Cosa avrei dovuto fare? Parlarci? Confidarmi? Solo il pensiero mi faceva rabbrividire.

Innanzitutto, forse, avrei dovuto trovarlo.

Mi alzai finalmente dal divano.

Non avevo idea di cosa facesse quando non era nell'Anti-Void con me, considerando che non stava creando nessun nuovo universo, ma una cosa era certa: il suo tempo lo passava nella Doodle Sphere.

Non avevo nessuna voglia di andarci;

Non che avessi scelta, comunque.

 

Quel posto era molto diverso da come lo ricordavo.

Se prima era colmo di universi, finiti o in lavorazione, e risplendeva di una propria luce, ora era quasi completamente vuoto e buio, mentre a terra giacevano gli scarti di quelle che sembravano creazioni mai completate.

Ink era seduto a terra ed osservava un foglio che teneva fra le mani, il suo pennello buttato a terra distante da lui.

Sbuffò, accartocciando il foglio e lanciandolo via: incontrò il pennello e cadde a terra, accanto ad un altro mucchio di carta stropicciata.

<< Io e Broomie non andiamo più molto d'accordo da quando ha smesso di collaborare >>.

Non mi aveva rivolto lo sguardo, eppure sapeva che ero lì.

<< B-Broomie? >>, chiesi.

<< Nome stupido, vero? Gliel'ho dato quando ero ancora un idiota >>, disse, volgendo lo sguardo al pennello.

Mi avvicinai.

<< È lui che ha smesso di collaborare, o sei tu che hai smesso di avere idee? >>.

Sorrise; non era un sorriso sincero, ma più quello di qualcuno che sa di essere stato scoperto.

<< Beccato >>.

Cominciai a camminare per quel luogo tetro osservandolo meglio: appesi ai fili che un tempo ospitavano centinaia di migliaia di universi, ora c'erano soltanto quelli principali, lontani, come se Ink non volesse averci niente a che fare.

Uno soltanto era vicino a lui.

Era un universo completamente bianco, spoglio, piatto.

Persino i suoi abitanti chiedevano di essere liberati da quel tormento.

<< Così... hai smesso di creare, eh? >>

<< Non certo di mia spontanea volontà. Dopo aver ricreato gli universi di cui ricordavo l'esistenza ho semplicemente esaurito le idee >>.

<< Cos'è questo? >>, chiesi, indicando quell'AU solitario.

<< Oh, l'ho chiamato Emptytale. Non c'è assolutamente nulla lì dentro: né una storia, né un'ambientazione, né una caratterizzazione vera e propria dei personaggi. Nulla. Ci si annoia e basta >>.

<< Triste >>.

Alzò le spalle.

<< È soltanto un altro abominio >>, affermò.

Quell'affermazione non gli somigliava.

Quell'affermazione somigliava più a me, ad essere onesti.

Era così che mi vedevano gli altri?

Era come guardare in un incredibilmente apatico specchio.

<< Allora >>, si alzò, << Cosa ti porta dalle mie parti? >>.

Già, cosa mi portava dalle sue parti?

Non potevo certo rivelargli le mie vere intenzioni.

<< La noia >>.

<< Oh, capisco... >>, abbassò lo sguardo, << Eccome se capisco... >>.

Quelle parole erano intrise di rammarico.

Prese un altro foglio e si mise all'opera, disegnando freneticamente con una semplice matita.

<< Che stai facendo? >>

<< Provo a creare >>.

<< Non ti servirebbero, che so... dei colori? >>.

Si arrestò improvvisamente, per poi riprendere, un paio di secondi dopo, a scarabocchiare.

<< Non sono necessari >>.

Aumentava la velocità ed imprimeva sempre più forza sullo strumento fra le sue mani.

<< Ne sei sicuro? >>, chiesi.

In quel momento Ink sbuffò, accartocciò nuovamente il foglio, e lo lanciò, facendolo diventare parte del mucchio degli scarti.

<< Ink... posso sedermi? >>.

Ghignò.

<< Non è da te chiedere il permesso >>.

Effettivamente non era da me.

Ma perché lo avevo chiesto?

Mi sedetti accanto a lui.

Restammo in silenzio, a guardare ognuno di fronte a sé, finché non mi decisi a parlare.

<< Ink, hai... hai preso una decisione? >>.

<< Mh? >>.

<< Sai, in merito alle tue... >>.

Non era necessario completare la frase.

<< Perché ti interessa? >>, chiese.

Se dovevo trovare un modo per aiutarlo volevo almeno assicurarmi che il problema non si stesse risolvendo da solo, prima. Ma non potevo dirglielo.

<< Sai, io e te viviamo praticamente insieme. Se il mio coinquilino diventasse un pazzo psicopatico, mi piacerebbe saperlo.  Almeno smetterei di sentirmi solo! >>.

Accennò una risata.

Mi sorprese: sembrava sincera.

Tornò quasi immediatamente serio.

<< Non voglio riprenderle, Error >>, disse, << Non voglio >>.

Allora il problema c'era...

Dannazione.

Dovevo provarci davvero, a guadagnare la sua fiducia.

<< D'accordo >>, dissi.

<< D'accordo? >>.

<< Sì. Te l'ho detto, mi piaci di più così >>.

<< T-tu... >>, stava esitando, << Tu sai cosa significa, vero? >>.

Lo guardai, confuso.

<< Guarda questo posto, Error. Non c'è quasi più niente qui dentro. Sai cosa comporta la mia rinuncia? >>.

Sorrisi appena.

<< Sì, lo so. Cosa vuoi che m'importi? Il Multiverso può cessare di esistere, per quanto mi riguarda, mi farebbe solo un favore. Non mi interessano gli AU. Non mi interessa la mia vita >>, distolsi lo sguardo. << E non mi interessa la tua >>.

Nel momento in cui pronunciai quella frase, mi resi conto di quanto fosse falsa;

Cercai di evitare quel pensiero.

Ancora silenzio, fra di noi.

Ink parlò di nuovo dopo qualche secondo.

<< Sai, Dream mi sta cercando. Penso abbia qualcosa in mente >>.

In un momento, ebbi come un lampo di genio.

Quello era il modo perfetto per far sì che si fidasse di me: offrirgli il mio aiuto contro Dream.

Perché non ci avevo pensato prima?

<< Posso tenerlo lontano, se vuoi >>.

Mi guardò perplesso.

I suoi occhi sarebbero diventati dei punti interrogativi, se non fossero stati vuoti.

<< Tu... vorresti aiutarmi? >>.

Non riuscivo a rispondergli con un semplice e diretto "Sì"; per cui mi limitai ad alzare le spalle.

<< Wow, Error! Quanto di più ti piaccio? >>, rise.

Il mio volto si colorò di giallo e cercai in tutti i modi di evitare il suo sguardo.

Non mi piaceva di più.

Soprattutto quando si comportava così.

<< Smettila >>, dissi.

<< Heh, d'accordo. Ma non mi convinci >>.

<< Senti, è solo che non voglio Dream fra i piedi, tutto qui. Quel tipo mi inquieta. È troppo... felice >>.

<< Tu quando l'hai conosciuto? Non te l'ho presentato >>.

Ero paralizzato.

Dio, quanto ero stato stupido...

Dovevo trovare una soluzione al più presto o avrei rischiato di tradirmi.

Dunque, feci quello che sapevo fare meglio: una battuta.

<< Ho una vita al di fuori di te, Ink >>.

Lui rise nuovamente.

Poi, senza smettere di ghignare, parlò di nuovo;

<< Non mi serve aiuto. E se mi servisse, lo chiederei a qualcuno di cui posso fidarmi >>.

Negherò sempre semmai dovessero chiedermelo, ma quelle parole mi ferirono.

Non tanto perché avevo appena fallito nel mio tentativo di farmelo amico; mi fecero male nel profondo, per qualche motivo.

<< Ora scusami, ho del lavoro da fare. O almeno, devo provare a farlo >>.

Mi stava congedando.

Ink... mi stava molto poco implicitamente chiedendo di sloggiare dalla Doodle Sphere.

Non me lo aspettavo.

Non mi aspettavo niente di tutto ciò.

Senza dire una parola, mi alzai ed aprii un portale per l'Anti-Void, rivolgendogli un'ultima occhiata che lui, ovviamente, non ricambiò; era già impegnato a scarabocchiare su un altro foglio.

 

Non avevo più mosse da fare, avevo esaurito ogni opzione.

Mi aveva tolto ogni speranza di poter riuscire nel mio intento.

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Capitolo 6
*** Dream ***


Quando tornai nell'Anti-Void ero paralizzato.

Non ero abituato a rimanere senza alcuna mossa: non per vantarmi, ma ero un grande stratega.

Devi esserlo quando te ne vai in giro a distruggere interi universi.

Eppure ero lì: immobile, senza sapere cosa fare, senza riuscire neanche a pensare.

Che mi stava succedendo?

Mi sedetti sul mio divano, in silenzio, osservando la stanza vuota.

Dovevo farmi venire in mente qualcosa.

Pensai e ripensai, per ore ed ore; la mia mente sembrava non voler collaborare.

Me ne diede prova quando, senza alcun preavviso, si svuotò completamente: i pensieri si intensificarono e cominciarono a sovrastarsi l'uno all'altro, la vista si annebbiò ed in un momento, senza che me accorgessi, caddi in un profondo sonno.

 

Non era come l'ultima volta;

Questa volta ero cosciente, consapevole di trovarmi in un sogno.

Mi trovavo in quella che sembrava essere una delle tante Snowdin: i fiocchi di neve cadevano candidi e leggeri, accompagnando qualche foglia solitaria che si staccava dai rami degli alberi.

L'atmosfera era decisamente invernale, eppure il sole splendeva e l'aria, benché fresca, non era fastidiosa, bensì piacevole.

Una folata di vento mi accarezzò le ossa ed insieme ad essa una sensazione di immotivata serenità divenne palpabile in tutta la città: gli abitanti sorridevano di un sincero benessere e tutto sembrava così dannatamente perfetto.

Persino io ero felice.

Era... fastidioso.

<< Error! >>.

Mi girai e cercai di mettere a fuoco la figura inondata dai raggi del sole che stava richiamando la mia attenzione.

<< Dream... >>.

Sorrise e, con il suo solito entusiasmo, mi fece cenno di avvicinarmi.

<< Vieni, facciamo un giro! >>.

Lo seguii.

<< Siamo... siamo ad Underswap? >>.

<< Così pare! >>.

<< Perché? >>, chiesi.

<< Ah, non lo so, sei tu che l'hai scelto! Io ho portato soltanto i sentimenti positivi. Pare che Underswap sia la tua definizione di "posto felice"! >>, mise le mani sui fianchi.

<< No, non lo è >>, affermai freddo.

<< Allora devi avere molti bei ricordi qui! Sì, dev'essere questo! >>.

Annuì come a volersi rispondere da solo.

<< Vieni, andiamo da Muffet! >>.

Lo seguii all'interno dell'edificio.

Rimasi piacevolmente sorpreso nel constatare che al suo interno non vi erano le solite decine di persone ubriache che mangiavano cibo spazzatura e parlavano dell'arrivo di qualche umano da catturare: i tavoli erano vuoti, se non uno in un angolo, in fondo alla sala, occupato da due scheletri.

Mi girai verso Dream.

<< Quelli sono... >>.

<< Blue ed Ink? Già! >>.

<< Che... che ci fanno qui? Sono... >>.

<< Sono solo parte del sogno, non preoccuparti! >>.

<< L'ultima volta che ho incontrato Ink in un sogno non è stato molto piacevole... >>.

Lui mi guardò confuso.

<< Vuoi dire che Ink era presente anche nel sogno di mio fratello? >>.

Annuii.

<< Buffo! >>, esclamò lui.

<< Che vuoi dire con "buffo"? >>.

<< Significa che Ink è sia nei tuoi sogni migliori che nei tuoi peggiori incubi... non avevo mai visto nulla del genere! >>.

Arrossii leggermente quando pronunciò quella frase.

<< Vieni, andiamo a sederci! >>.

Quando arrivai al tavolo Blue mi salutò con un incredibilmente entusiasta "Ciao, Error!!".

Sorrisi, ricambiando il saluto.

Poi volsi il mio sguardo agli occhi di Ink.

Non erano vuoti.

Il suo occhio destro era colorato di verde, mentre nel sinistro spiccava una stella gialla, che gli donava un aspetto decisamente più amichevole dello scheletro a cui mi ero dovuto abituare.

Lui non mi salutò; lo feci io.

<< Ciao, Ink >>.

Sorrise ed il suo occhio destro si colorò di rosa volgendomi lo sguardo.

<< Ciao, Error! >>.

Era così strano vederlo di nuovo in quel modo.

Durante tutta la conversazione seguente cercai di rivolgergli lo sguardo il meno possibile, ma era dannatamente difficile.

I suoi vestiti erano di nuovo colorati, il suo pennello in spalla, le sue fiale a portata di mano, i suoi occhi... così... pieni.

Per qualche secondo ci guardammo dritti negli occhi, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

<< Error... Error?! >>, mi ridestai.

<< Mh? >>.

<< Tutto bene? >>, chiese Dream.

<< Sì, è solo... >>.

Non sapevo esattamente come spiegare la situazione. Lo sguardo di Ink era... magnetico per me, in quel momento.

<< È soltanto un sogno, Error >>, disse lui.

Le figure di Blue ed Ink si immobilizzarono, come congelate nel tempo.

<< Non è reale >>.

<< Lo so... >>.

<< Ma potrebbe esserlo! >>.

Mi stavo giusto chiedendo quando avrebbe tirato fuori il discorso.

<< Io... non so che fare, Dream. Ink non vuole essere aiutato, lo sai. Ho provato a parlarci e mi ha praticamente buttato fuori dalla Doodle Sphere >>.

<< Oh... >>, guardò altrove per qualche secondo, per poi voltarsi nuovamente con una luce negli occhi persino più intensa di quella di pochi secondi prima.

<< Beh, non puoi arrenderti! NOI non possiamo arrenderci! Tu ce la farai! >>.

Non mi aspettavo quelle parole.

Rimasi lì a guardarlo, confuso.

Non avevo mai visto tanta sicurezza, tanta speranza... tanta... determinazione, in una persona.

<< I-io... >>, balbettai, << N-non so come fare >>, ripetei.

<< Beh, vediamo... uhm... che stava facendo l'ultima volta che l'hai visto? >>.

<< Lui stava... stava provando a creare un nuovo AU, ma senza successo >>.

<< Mmh... >>, mormorò. << Beh, potresti... potresti offrirti di aiutarlo! >>.

Trasalii.

<< C-cosa?! >>.

<< Ma sì, è perfetto! >>

<< Io dovrei... aiutarlo a... creare?! Non se ne parla, scordatelo. E comunque se non vuole neanche avermi fra i piedi, dubito che si farà aiutare >>.

<< No, invece! Ascolta: se tu vai nella Doodle Sphere, usando la noia come scusa puoi fingere di esserti semplicemente stufato di viaggiare da solo! Fai in modo che pensi di essere lui a fare un favore a te! Fai leva sul suo complesso di Dio, probabilmente è l'unica cosa intatta che gli è rimasta... in questo modo inizierete a viaggiare insieme e col tempo si fiderà di te. Fatto ciò, penseremo a come convincerlo a riprendersi le emozioni! >>.

Rimasi impietrito davanti a quel discorso.

<< Cristo, Dream... >>.

<< Cosa? >>.

<< Tu sei... un fottuto manipolatore >>.

Fece spallucce.

<< Non mi sentirò in colpa, sono fisicamente incapace di farlo! >>.

Ero decisamente scosso da tutta quella conversazione.

<< Allora, lo farai? >>, chiese.

Sospirai.

<< È proprio necessario? >>.

<< Penso sia l'unica opzione rimasta, sì... >>.

<< Allora lo farò >>.

All'interno degli occhi di Dream si formarono delle stelle gialle.

<< Perfetto! Ora non ci resta che svegliarti! >>.

Mi guardai intorno, preoccupato.

<< Non devo ricadere nel vuoto, vero? >>.

<< Nah, ci sono altri modi! >>.

<< Oh, per fortuna... >>, mi rassicurai.

<< Tipo qual— >>.

Non feci in tempo a formulare la domanda.

Quando mi girai avevo l'arco di Dream puntato addosso, la freccia pronta per essere scoccata.

Poi, il vuoto.

 

Mi svegliai di soprassalto.

Non me l'aspettavo da Dream.

Da Nightmare decisamente sì, ma da Dream...

Allora quei due ce l'avevano qualcosa in comune!

Ripensai alla sua richiesta.

Dovevo offrirmi di... aiutare Ink?

Dio, quanto odiavo quella situazione...

Avrei dovuto giocarmela incredibilmente bene, o avrei rischiato di perdere anche quella possibilità.

"Fare leva sul suo complesso di Dio"...

Che cosa voleva dire Dream?

Qualunque cosa fosse, ci avrei pensato il giorno dopo.

Se fossi tornato immediatamente nella Doodle Sphere si sarebbe insospettito.

E poi mi meritavo un sogno che non fosse disturbato da qualche fratello psicopatico.

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Capitolo 7
*** Il Complesso di Dio ***


<< Non lascerò che tu lo distrugga, Error! >>, disse Ink, armeggiando con il pennello fra le sue mani.

<< Heh, andiamo Inky, che ti importa... è un universo come tanti... puoi sempre ricrearlo! >>.

<< Ci sono delle persone qui! Persone REALI che vivono la loro vita. Non ti permetterò di ucciderle tutte! >>.

<< Oh, ma io non voglio ucciderle, non sono il tipo... >>, dissi, afferrandone un paio con i fili blu attorcigliati alle mie dita, << Voglio solo fare in modo che smettano di esistere >>.

Gli occhi dello scheletro di fronte a me si colorarono di rosso mentre, avvicinandosi, una chiazza d'inchiostro nero usciva dal suo pennello, dirigendosi verso di me a tutta velocità.

La schivai.

<< Heh, mancato! >>.

Cercai di afferrarlo con i miei fili, ma anche lui schivò il colpo.

<< Mancato anche tu! >>, esclamò.

Poi, senza neanche darmi il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, scomparve.

Mi guardai attorno.

<< Che c'è, ti arrendi già? >>, era dietro di me.

Mi girai di scatto.

Sparò nuovamente con il suo pennello e, questa volta, il colpo andò a segno: l'inchiostro mi colpì e caddi a terra.

Sorrisi e cercai nuovamente di afferrarlo;

Anche il mio colpo andò a segno.

I fili lo circondavano completamente, immobilizzandolo e stringendo sempre di più.

<< Uh... >>, mormorò lui, << Error... dovresti curare meglio i dettagli nei sogni che fai... >>.

Lo guardai confuso.

<< I tuoi fili... non mi fanno danno >>.

Così dicendo, si aggrappò con forza alle fibre strette attorno alla sua vita ed iniziò a tirarle.

Prima ancora che potessi fare qualsiasi cosa, mi ritrovai ad un passo da lui.

Il rosso nei suoi occhi si era addolcito ed era ora un rosa pallido.

<< I-Ink... l-lasciami >>, balbettai.

<< Oh, che c'è Glitchy, sei a disagio? Tranquillo, questo è il tuo sogno; io sono solo una parte della tua coscienza >>.

Alzò la mano che iniziò a dirigersi preoccupantemente verso il mio viso.

<< I-Ink... n-non... non farlo >>.

<< Non fare cosa? >>.

<< N-Non toccarmi >>.

<< Perché? Infondo è un po' come se ti toccasse te stesso, no? >>.

La sua mano si avvicinava sempre di più.

Non riuscivo a muovermi, ero completamente paralizzato.

<< Sai una cosa? Non posso farlo purtroppo >>, abbassò la mano.

<< Tu non hai idea di cosa si provi ad essere toccato, quindi... il tuo subconscio non può ricreare la sensazione >>.

Ringraziai il mio subconscio dal profondo del mio cuore inesistente.

<< Però il fatto che la tua coscienza abbia quasi trasformato in realtà la tua peggiore fobia dovrebbe farti pensare, Error. Soprattutto la forma che hai deciso di darmi per farlo >>, sorrise.

<< Vabbè, direi che è arrivato il momento di svegliarti >>.

<< Ma... non combattiamo più? >>.

<< Combattere per cosa? Non c'è nessun universo da salvare >>.

Mi guardai attorno; il posto era vuoto.

<< Un secondo fa c'era... >>.

<< Già. Anche quello era parte del sogno. Se non ci fosse stato un AU da proteggere, non avremmo potuto combattere. Incredibile, ti manca così tanto lottare con me che sei addirittura arrivato a CREARE pur di farlo! >>.

Rimasi in silenzio.

<< Niente male, fra l'altro... era un universo piuttosto realistico >>.

Mi sentivo... umiliato.

Scoperto.

Sconfitto.

<< Beh, ti lascio tornare dal "vero me" ora! >>, disse, voltandosi ed andandosene fischiettando.

<< No, Ink! Aspetta! INK! >>.

 

<< Ink... >>, sussurrai appena, riaprendo lentamente gli occhi e facendoli abituare nuovamente al bianco attorno a me.

Appena riuscii a mettere a fuoco la figura di fronte a me, mi resi conto che lo stesso protagonista del mio sogno precedente mi fissava, con i suoi occhi apatici e la testa china da un lato.

Spaventato, indietreggiai ed urlai leggermente quando lo vidi.

<< Cazzo, Ink! Mi stavi guardando dormire?! >>.

<< Stavi ripetendo il mio nome... >>.

<< Quante cazzo di volte ti ho detto di non farlo?! >>.

Normalmente, a quella mia reazione, avrebbe riso; ora niente di niente.

<< Che ci fai qui, comunque? >>, chiesi.

<< Stavo ripensando alla tua offerta >>.

Sussultai.

<< L-la mia offerta?! >>.

<< La tua offerta d'aiuto >>.

<< Oh... >>, continuava a fissarmi.

<< E? >>.

Ci alzammo contemporaneamente e lui iniziò a camminarmi intorno, fissando un punto indefinito.

<< È Dream che ti ha chiesto di farlo? >>.

<< Cosa?! >>.

Come diavolo faceva a saperlo?

Dovevo uscire da quella situazione.

<< Ma che cazzo dici... ti sembro il tipo che aiuterebbe uno come Dream? >>.

<< Potrebbe averti convinto... >>.

Risi, di quella che penso sia stata e resterà sempre la risata più falsa che sia mai uscita dalla mia bocca.

<< E come? Facendo leva sul mio grande attaccamento agli AU e sulla mia forte preoccupazione nei tuoi confronti? >>.

Semmai vi dovesse capitare di mentire, ricordate: dite tutta la verità, ma facendola suonare sarcastica.

Funziona, è garantito.

<< In effetti... >>.

Visto?

<< Allora perché ti sei offerto di aiutarmi?

Io davvero non capisco... >>, si fermò di fronte a me.

Ok, era arrivato il momento.

Ora o mai più, dovevo convincerlo a collaborare; ricordai le parole di Dream.

"Fai leva sul suo complesso di Dio".

Mh...

<< D'accordo, vuoi la verità? >>.

<< Sarebbe gradita, sì >>.

<< Ecco, io... io sto impazzendo, ok? >>.

Mi guardò confuso.

<< Io non ce la faccio più! Da quando hai smesso di creare AU e di proteggere quelli che tento di distruggere, non ho più niente da fare... è tutto così noioso, Ink... >>.

Sembrava ascoltarmi con interesse.

<< Insomma, tu... per quanto fastidioso... sei sempre stato un degno avversario! L'UNICO degno avversario >>.

Ora mi ascoltava con molto interesse.

<< E sai... trovo sia fantastico il fatto che neanche a te freghi niente degli AU, questo ti rende decisamente più... "cazzuto", ma... io non ho niente fare. Così, ho pensato che magari... potevo... trovare il modo per ricominciare a divertirmi... aiutandoti in giro per gli universi o... cose così >>.

Pronunciare quelle parole mi aveva fatto del male fisico.

<< Mh... >>, mormorò.

<< Così... io sarei il tuo UNICO degno avversario, eh? >>.

<< Già... l'unico >>.

Sorrise.

<< Ed hai bisogno di me, per passare il tempo? >>.

Sospirai.

<< Si, Ink, ho un... >>, dovetti trattenermi molto per non auto-eliminarmi dall'esistenza, << Ho un DISPERATO bisogno di te >>.

<< Mh... >>, ripeté, ricominciando a girarmi attorno.

<< Beh, come posso rifiutare se hai tanto bisogno della mia presenza! >>, disse.

<< Vieni nella Doodle Sphere appena puoi. Abbiamo un bel po' di lavoro arretrato da fare >>.

Mise in spalla il pennello e mi guardò negli occhi.

<< A presto! >>.

Svanì.

 

Non ci potevo credere, aveva...

Aveva funzionato.

Dream, per quanto odiassi ammetterlo, aveva ragione.

Il suo complesso di Dio... era davvero l'unica cosa che gli era rimasta.

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Capitolo 8
*** Dalla Parte dei Buoni ***


Ink aveva l'aria di qualcuno che aspetta da un'eternità.

<< Filamente! >>, esclamò non appena mi vide.

<< Che diavolo stavi facendo? Ti aspetto da un secolo! >>

<< Sono passati solo dieci minuti... >>.

Mi guardò, imbarazzato.

<< Comunque... >>, continuai io, << Dove andiamo? >>.

<< Oh, Error... oggi scoprirai quanto è difficile la vita di un guardiano >>.

Accennai una risata.

<< Pff... difficile? Quanto lavoro potrai mai avere... io sono qui! >>.

<< Oh! Così pensi di essere l'unico a crearmi problemi! Come sei ingenuo! >>.

<< I-ingenuo?! >>.

<< Già, ingenuo! Pensi di essere l'unico "cattivo ragazzo" che se na va in giro pensando di poter fare come gli pare? Oh, no... siete in tanti. Tantissimi! >>.

<< Ah, davvero?! >>.

<< Sì, davvero >>.

<< Ad esempio? >>.

<< Beh, ad esempio c'è Nightmare >>, iniziò a contare, << Killer, Dust, Blight, ogni tanto Fell, che però di solito preferisce creare problemi solo al suo universo... >>.

<< Oh... >>.

<< Poi c'è Horror, quello sì che è un pazzo psicopatico! >>.

<< Lui sarebbe un pazzo, eh... >>.

<< Già! Per non parlare delle varie Chara e persino di alcuni Gaster! >>

Continuò ad elencare persone finché non iniziai a rendermi conto di essere effettivamente soltanto uno fra i mille pericoli che minacciavano il Multiverso abitualmente.

Mi fece sentire... strano.

Come se fossi inutile.

<< Ok, ok, ho capito, basta! >>.

<< Mh? >>.

<< Ho capito, non sono l'unico che combatti... è chiaro >>.

<< Oh, Error... sei geloso? >>, rise.

<< Ma che ca— no! >>.

Rise ancora di più.

<< Comunque, un paio di loro ti starebbero anche simpatici... dovreste lavorare insieme! >>.

<< Pff... non sono uno che lavora in compagnia, grazie... e comunque... non sarebbe controproducente per te? >>.

<< Riuscirei comunque a gestirvi >>, strizzò un occhio.

Dannato complesso di Dio.

<< Quindi... che facciamo? >>, chiesi.

<< Andiamo a fermarne un paio! >>.

Così dicendo, aprì un portale d'inchiostro e mi fece cenno di attraversarlo.

<< Io non ci entrò lì >>.

<< Andiamo, non fare il prezioso! >>.

<< Non sto... non sto facendo il prezioso, solo... dimmi dove dobbiamo andare e faccio a modo mio >>.

<< Ah... d'accordo >>, sospirò.

<< Andiamo ad Underlust >>.

Sobbalzai, glitchando leggermente.

<< P-perché ad Underlust?! >>.

Rise.

<< Abituati, è uno degli universi più presi di mira in assoluto! Almeno tre volte a settimana qualcuno ha la brillante idea di distruggerlo! >>.

<< E tu lasciaglielo fare! Quel posto è orribile... >>.

<< Non sta a te giudicarlo! Mi vuoi aiutare o no? >>.

Sospirai.

No, non volevo.

Ma dovevo.

<< D'accordo >>.

Aprii un portale, uno dei MIEI portali, e lo attraversai.

 

Quando uscii dal passaggio Ink era già sul posto; si guardava attorno, cercando il colpevole della distruzione attorno a noi.

Davanti a me, una visione tutt'altro che piacevole si estendeva per chilometri.

Morte, distruzione, caos.

Quelli che prima erano edifici non erano quasi riconoscibili ormai;

I cadaveri giacevano al suolo trasformandosi lentamente in polvere e le urla degli abitanti riempivano l'aria già di per sé tetra.

<< Cazzo >>, sussurrai.

Ink sorrise.

<< Che c'è? Pensavo fossi abituato alla distruzione >>.

Lo ero, infatti, ma non ero abituato al caos.

Nonostante la mia reputazione, io ero sempre stato un tipo piuttosto lineare, ordinato.

Arrivavo, distruggevo, fine.

Non c'era caos, non c'era disordine... il mio male, per quanto fosse comunque sbagliato, aveva un che di elegante.

Quello intorno a me, invece, era... grossolano. Sembrava un'enorme esplosione di rabbia incontrollata.

<< È stato Dust >>, disse Ink.

<< Come fai a dirlo? >>.

<< Oh, è semplice: gli unici due tanto dispersivi da fare una cosa di queste proporzioni sono Horror e Dust. E se fosse stato Horror non ci sarebbero tanti corpi, lui è... beh, è uno che le vittime le... mangia >>.

Deglutii e cercai di trattenere un'espressione spaventata.

<< Le... mangia? >>.

<< Già! >>.

Mi chiesi come facesse a sentirsi tanto a suo agio in una situazione simile.

I miei pensieri vennero interrotti da una presenza dietro di noi, che si avvicinò ad Ink e gli mise un braccio attorno al collo.

<< Ehi, dolcezza! Sei tornato a salvare le mie strepitose chiappe? >>.

Lo guardai, a metà fra il sorpreso ed il disgustato.

Indossava una felpa, se così si può definire, senza maniche, viola e con una pelliccia color ciano sul cappuccio.

La maglietta nera gli copriva a malapena le costole e due cuori magenta spiccavano all'interno dei suoi occhi.

<< Ciao, Lust >>, lo salutò Ink.

<< Ehi, Inky... hai portato un amico stavolta? Interessante~ >>, disse, iniziando ad avvicinare il braccio alla mia persona.

<< Amico, fallo e ti finisco >>.

<< Uh, è uno a cui piace violento, eh? >>.

<< Lust, piantala >>, disse Ink, fermo.

Lo guardò.

<< Ah, e va bene. Guastafeste... >>.

<< Che è successo qui? >>.

<< La solita storia, un pazzo è arrivato ed ha cominciato ad ammazzare tutti. La maggior parte di loro erano impegnati in qualche orgia. Voglio dire, quanto puoi essere scortese? Poteva almeno lasciarli finire... >>.

Cercai di trattenere una risata.

Ink invece sembrò non voler neanche provare a trattenersi; scoppiò a ridere.

<< Wow, Inky, di solito non hai questo senso dell'umorismo! >>.

<< Sarà... sarà meglio andare a cercarlo! >>, affermò il guardiano degli AU, con le lacrime agli occhi.

 

Così dicendo ci incamminammo, in quel posto colmo di devastazione, per andare ad affrontare quello che sarebbe stato il mio primo combattimento con Ink.

E non intendo "contro" Ink, avevo combattuto centinaia di volte "contro" di lui.

Ma piuttosto al fianco di Ink.

Quel pensiero mi balenò in mente e per un momento il caos ed il disordine che dapprima mi facevano sentire a disagio, vennero sovrastati da quella che definirei come... eccitazione.

Non avevo mai combattuto dalla parte "dei buoni", sempre ammesso che ci fossero dei buoni in quella situazione.

Era tutto nuovo.

Ed era tutto estremamente eccitante.

<< Allora, che fine ha fatto il piccoletto innocente? >>, mi chiese lo scheletro vestito di viola.

<< Mh? >>.

<< Il tipo vestito di giallo che di solito aiuta Inky, quello col sorriso sexy >>.

<< Oh, vuoi dire Dream? >>.

<< L'hai riconosciuto quando ho detto "sorriso sexy"? >>, rise.

Arrossii, cercando di guardarlo nella maniera più minacciosa possibile.

Non funzionò: rise ancora più di gusto.

<< Siamo arrivati >>, Ink si fermò.

<< È vicino >>.

<< Sei sicuro? >>, chiesi.

<< Abbastanza, direi. Un po' meno di "totalmente" ed un po' più di "un po'" >>.

Io e Lust restammo a guardarlo con aria interrogativa.

<< Tu hai capito cos'ha detto? >>, mi chiese.

<< No, tu? >>.

<< Nope >>.

<< In ogni caso non mi sembra un granché prometten— >>.

Non feci in tempo a finire la frase, che il rumore di un Gaster Blaster risuonò per il posto spoglio, rimbombando e facendomi sobbalzare.

Ci girammo di scatto: una figura incappucciata e con un occhio illuminato di viola, ci fissava con aria inquietante, pronto ad attaccarci.

<< Ciao ragazzi >>, disse, con tono calmo e controllato.

Così dicendo, il Gaster Blaster sferrò il suo colpo; tutti e tre lo schivammo, da bravi Sanses quali eravamo.

Il combattimento era iniziato.

 

Durante la lotta, mentre schivavo ossa e colpi di Blaster, mi resi conto che il mostro di fronte a me aveva un LV decisamente più elevato rispetto a quanto dovrebbe averne comunemente un Sans.

Mi chiesi perché.

<< Perché lo stai facendo, Dust? >>, chiese Ink.

<< Perché? >>, ripeté lui, << Deve esserci per forza una ragione? Magari mi sto solo divertendo >>.

<< Nah, conosco chi lo fa per divertimento >>, affermò, guardandomi.

<< Tu non sei così. C'è un motivo per tutto questo, vero? >>.

Dust ghignò, caricando un altro attacco e scagliandolo verso Ink che, prontamente, lo schivò.

Lust cercò di sorprenderlo evocando un Gaster Blaster dietro di lui; Dust schivò il colpo senza girarsi e colpì Lust con un attacco base.

Questo cadde a terra; i suoi HP erano vicini allo 0.

<< Non provarci con me, ragazzino. Sei solo un Sans base. Uno di quelli disgustosi. Non sai cosa ho passato io. Non hai idea delle cose che ho visto. Delle cose... che ho fatto >>.

Inclinò leggermente la testa, fissando Lust e lasciando intravedere il suo sguardo inquietante da sotto il cappuccio blu.

<< Non sai niente >>.

Gli si avvicinò, pronto per sferrare quello che sarebbe stato un colpo mortale.

Lust era paralizzato e ad Ink sembrava importare poco della sua imminente dipartita.

Così, senza pensare, afferrai Dust con i miei fili prima che potesse mandare qualcun altro all'altro mondo.

Lo sollevai, scaraventandolo a terra con tutta la forza che avevo e facendo arrivare anche i suoi HP vicini allo zero.

Io ed Ink ci avvicinammo: era a terra, ferito, singhiozzante dal dolore.

<< Mi piace questo tipo, Ink. Non ha paura di fare del male. L'altro era un po' troppo... "buono", per i miei gusti >>, disse con voce fioca, indicandomi con lo sguardo.

<< Dust... non voglio ucciderti. Sei un Sans, dopotutto. Ma lo farò se non mi darai altra scelta >>.

Lo scheletro a terra scoppiò in una fragorosa risata, mettendosi seduto ed ansimando dal dolore.

<< No, non lo farai >>, affermò. << Non l'hai mai fatto e non lo farai ora. Sei troppo poco disinteressato per lasciarmi morire >>.

Dust lo guardò negli occhi, notando la sua espressione apatica e la sua evidente mancanza di empatia.

<< Ah... o forse no. Sei cambiato, non è vero? Lo faresti? Mi uccideresti? >>.

<< Non voglio farlo >>.

<< Ma non vuoi neanche NON farlo, giusto? >>, sorrise.

<< Cristo, Ink... cosa ti è successo? >>.

Ink ghignò.

<< Hai appena quasi distrutto un intero AU. E chiedi a me cosa è successo? >>.

<< Io sono pazzo, ma ne sono consapevole. Ed ho le mie buone ragioni. Qual è la tua? >>.

Ink rimase in silenzio, incapace di rispondere a quella domanda.

Così dicendo, Dust fece un enorme sorriso, che gli donò un'aria persino più inquietante e folle di quella che aveva avuto fino a quel momento.

Poi, in un istante, scomparve, teletrasportandosi chissà dove.

Rimasi a guardare Ink, incapace di dire qualsiasi cosa.

<< Ink... >>.

<< Non dire niente >>, disse.

Si teletrasportò da Lust, ricucendogli i vestiti e facendogli riacquistare HP con una pennellata.

<< Quanto tempo ti ci vorrà per ricostruire Underlust? >>, chiese lui, tirandosi su.

<< Un paio di giorni. Forse meno. Vai a cercare tuo fratello e raduna i superstiti >>.

<< Non saranno in molti >>.

<< Non sarà un problema, considerando la velocità con cui vi riproducete qui >>, affermò il creatore.

Poi, senza voltarsi, aprì un portale con il suo pennello e lo attraversò.

<< Ma che cazzo gli prende?! >>, mi chiese Lust.

Mi voltai, dandogli le spalle ed aprendo anch'io un portale.

<< Niente che tu possa capire. Goditi il tuo Papyrus, finché ne hai uno. Non siamo tutti così fortunati >>.

Attraversai il portale.

 

Ink era seduto in un angolo della Doodle Sphere, il pennello nuovamente buttato a terra lontano da lui.

<< Ink >>.

<< Cosa dovrei fare, Error? >>.

Mi sedetti accanto a lui.

<< Riguardo a cosa? >>.

<< Io dovrei essere uno dei buoni. Dovrei essere quello che combatte per la giustizia, per il bene. Eppure... >>, fece una piccola pausa.

<< Eppure non sento... niente. E quel poco che sento non è di certo positivo. Lo so che è colpa mia. So che dovrei riprenderle... >>, guardò i colori che si trovavano a debita distanza da lui.

<< Ma non voglio. Anzi... non posso. Non posso soffrire di nuovo. Mi rendono vulnerabile, debole. Mentre così sono soltanto apatico... e... arrabbiato. Dovrei essere uno dei buoni... dovrei... >>.

<< Ink >>.

Mi guardò.

<< Smettila. Non devi certo prendere decisioni in base a ciò che credi di dover fare. Guardati. Anzi, guardaci. Noi creiamo e distruggiamo come fosse fare colazione. Siamo al di sopra di ogni cosa, Ink. NOI facciamo le regole. E non è certo compito di chi non è neanche in grado di rispettarle giudicarti. Vuoi proteggere gli AU? Bene. Lo hai fatto. Non importa come lo fai, o le parole che pronunci mentre lo fai. E soprattutto non importano le opinioni di chi ti combatte. Importa solo il risultato. Ed il risultato è questo: tu hai vinto, lui ha perso. Tu sei qui, al di sopra di ogni universo conosciuto, e lui probabilmente è tornato nel buco dal quale era uscito >>.

Avevo fatto l'intero discorso senza rivolgergli lo sguardo.

Quando mi resi conto di non star ricevendo alcuna risposta, lo guardai.

Stava... sorridendo?

Di un sorriso che sembrava... sincero.

<< Che c'è? >>, domandai.

<< Niente... >>, disse lui.

<< Ti ci stai proprio immedesimando in questa cosa eh? >>.

<< Quale cosa? >>.

<< Questo stare "dalla parte dei buoni" >>.

<< Ah, sta zitto >>.

<< No, davvero, sei stato molto convincente, Error >>.

<< Ink... >>.

<< Un discorso toccante! >>.

<< Ink, te lo giuro, un'altra parola e finisco quello che ha iniziato Dust! >>.

<< Va bene, va bene, scusa! >>, disse ridendo.

 

E così si concluse la mia prima esperienza "dalla parte dei buoni".

Tirando le somme, direi che fu... divertente.

Interessante.

Forse... ero quasi impaziente di vivere la successiva.

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Capitolo 9
*** Bingo ***


Mi assicurai che Ink fosse impegnato nella ricostruzione di Underlust e che non facesse domande, prima di andare ad indagare: avevo un sospetto che non potevo assolutamente ignorare.

Tornai nell'Anti-Void ed aprii un portale, attraversandolo e richiudendomelo alle spalle.

Ero stato lì poco tempo prima.

L'aria era rimasta la stessa e la vita era andata avanti tranquillamente.

Mi incamminai verso la mia meta senza esitazioni; una volta arrivato a destinazione, bussai alla porta.

Uno scheletro alto, con una felpa arancio ed una sigaretta in bocca aprì la porta, squadrandomi dalla testa ai piedi con un'espressione contrariata.

<< Mi sembrava di averti detto di non farti più vedere nei dintorni >>.

<< Non si usa più salutare? >>, chiesi.

Lui mi guardò con aria altezzosa.

<< Ciao. Mi sembrava di averti detto di non farti più vedere nei dintorni >>, ripeté.

Sbuffai.

<< Ho bisogno di parlare con Blue >>.

<< Blue non è in casa. E se ci fosse non vorrebbe parlare con te >>.

Scoppiai a ridere a quell'affermazione.

<< Non è vero, e lo sai bene >>.

Mi guardò con aria ancora più contrariata rispetto all'occhiata precedente e fece per chiudere la porta; prontamente, bloccai la sua chiusura con un piede.

<< Vattene >>, disse lui, con un tono che lasciava intendere che quella fosse più una minaccia, che una richiesta.

<< Non sono qui per creare problemi, Stretch. Sono qui perché sono preoccupato, come te >>.

Lo scheletro mi fissò per qualche momento, poi iniziò a ridere come se avesse sentito la più divertente delle battute.

<< Buona questa! Saresti preoccupato? E per chi, per Blue? >>.

<< Anche per Blue >>, affermai, serio.

<< E perché mai dovresti preoccuparti per lui? >>.

<< Hai sentito parlare di un certo Dust? >>.

<< Uhm... sì, me ne ha parlato qualche volta. È un Sans, giusto? Credo che siano amici. Blue dice che è una persona tranquill— >>.

<< Ha appena quasi distrutto un AU >>, lo interruppi.

Pochi minuti dopo eravamo seduti a tavola, mentre Stretch telefonava ripetutamente al fratello per dirgli di tornare immediatamente a casa.

 

<< Papy? Sono a casa! >>, comunicava entusiasta Blue, chiudendosi la porta alle spalle.

<< Siamo in cucina >>.

Il fratello minore si diresse verso di noi.

<< Sapessi che giornata ho avuto, Alphys non ha fatto altro che parlare di Undyne! Da quando stanno insieme quelle due, Alphys non riesce a rimanere concentrata su un allenamento per più di cinque minuti! È dolce, ma insomma— >>.

Smise di parlare non appena mi vide.

<< Error! Che piacere vederti, sei venuto a trovarmi alla fine! Oh, Papy, sono così contento che voi due siate riusciti a mettere da parte le incomprensioni! Ero sicuro che prima o poi sareste andati d'accordo! >>.

Lo fissammo per qualche secondo, senza proferire parola.

<< V-voi... andate d'accordo, ora... vero? >>.

Il fratello sbuffò e si accese una sigaretta, lanciandomi un'occhiata colma di disprezzo.

Io, dal canto mio, risposi a quell'occhiata con uno sguardo se possibile ancora più colmo d'odio.

Poi guardai Blue: all'interno dei suoi occhi brillavano delle piccole stelle, segno del fatto che era più che entusiasta all'idea che io e suo fratello fossimo finalmente diventati "amici".

<< Ma certo, ci adoriamo. Non è vero, Carrot? >>.

Stretch aveva notato l'entusiasmo del fratello e sapevo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderlo felice.

<< Ma certo >>, rispose, come previsto.

<< Ma sai che non amo quel soprannome, non è vero Glitch? >>.

Dovetti trattenere il mio disagio nel sentirmi chiamare in quel modo.

"Bella mossa", pensai.

<< OH, SONO COSÌ FELICE! Ora potrai venirmi a trovare più spesso, Error! Non hai più scuse! GRAZIE, GRAZIE FRATELLONE! >>, esclamò Blue, abbracciando il fratello.

<< A dire il vero, Blue... >>, il fratello minore guardò Stretch con aria confusa, << Error è qui perché ti voleva parlare di una cosa >>.

<< Oh, capisco... riguarda di nuovo Ink? >>.

Il maggiore si era più volte preso gioco di me e del mio presunto "ambiguo" rapporto con il guardiano degli AU.

Come c'era da aspettarsi, sorrise beffardo al sentir pronunciare il nome di Ink.

<< Ink, eh? E dimmi, Error, che tipo di problemi avete tu ed Ink? >>.

Lo guardai minaccioso, ma la smorfia goliardica sembrava non voler abbandonare il suo scheletrico viso.

<< Nessun problema con Ink, ma grazie per l'interesse >>, cercai di ignorare la sua battuta.

<< No Blue, sono qui per parlarti di qualcun altro >>.

<< Davvero? E chi? >>, chiese sorpreso.

<< Tu... conosci un certo Dust? >>.

<< Oh, ma certo! >>, i suoi occhi si illuminarono nuovamente, << Adoro Dust, è un mio carissimo amico! È venuto ad Underswap qualche tempo fa, con l'intenzione di distruggerla. Volevo combatterlo, ma ci siamo messi a chiacchierare ed alla fine siamo diventati buoni amici! Un po' come è successo con te, Error! >>.

<< Capisco... >>.

Ma perché diavolo nessuno riesce a distruggere questo posto, dopo aver incontrato Blue? Dio, quell'espressione innocente...

Non potevo dirgli che Dust è in realtà un pazzo distruttore di universi. Non potevo. Perché avrei dovuto, comunque? Anch'io sono un pazzo distruttore di universi. Ma non farei mai del male a Blue. Ed in ogni caso non sarebbe stato compito mio informarlo.

Non potevo vedere quell'entusiasmo abbandonare i suoi occhi.

Io ero lì per confermare una teoria, niente di più.

E questo avrei fatto.

<< Ascolta, Blue... hai per caso parlato di questa tua amicizia con qualcuno? >>.

<< Uhm... ora che mi ci fai pensare... sì, io e Dream abbiamo parlato di Dust quando te ne sei andato, l'ultima volta! >>.

Bingo.

<< E cosa gli hai detto, esattamente? >>.

<< Solo che era un mio caro amico! >>.

<< Mh... >>.

<< Poi lui mi ha chiesto dove potesse trovarlo... >>

Lo ascoltai con estrema attenzione.

<< Mi è sembrato un po' strano, ma... infondo Dream è un guardiano, no? Probabilmente voleva soltanto andare a dargli una mano, o... a controllare la situazione! Giusto? >>.

Mi guardò, speranzoso.

<< Ma certo >>, risposi io, cercando di apparire il più pacato possibile.

Cercai addirittura di sorridere.

Fu un tentativo vano.

Mi alzai e lo stesso fecero i due fratelli.

<< Ascoltami, Blue... se dovesse ricapitare da queste parti, potresti farmelo sapere? Avrei bisogno di parlargli. Niente di serio, devo soltanto chiedergli un paio di cose >>.

<< Oh, ma certo! Sarà divertente passare un po' di tempo insieme, soprattutto adesso che tu e mio fratello andate d'accordo! >>.

Mi ricordai della bugia raccontatagli poco prima.

<< A proposito della nostra amicizia... Ti accompagno alla porta, Error? >>, chiese Stretch.

<< Ma certo >>, risposi.

Sicuramente voleva chiedermi perché non avessi rivelato a suo fratello la vera identità di Dust.

<< Ma come, te ne vai già? >>, chiese Blue.

<< Mi dispiace, ma sai... ho un lavoro adesso >>.

<< Ah, già! Quasi me ne dimenticavo, stai aiutando Ink! Come sta andando? >>.

<< Uhm... non mi lamento >>.

<< Strano >>, sussurrò appena Stretch, facendo finta di tossire.

<< D'accordo allora, torna presto a trovarci! >>, esclamò.

<< Lo farò senz'altro >>.

Il fratello maggiore aspettò di essere certo che Blue non potesse più sentirci.

<< Che cazzo fai?! >>.

<< Woah, stai tranquillo, amico. Prenditela con quelli della tua stazza >>.

<< Non fare il coglione. C'è qualcosa sotto a tutta questa storia. Dust, Dream, tu che lavori con Ink... questa storia mi puzza, e non poco >>.

Lo guardai storto.

<< Hai ancora il senso dell'olfatto, con tutto il fumo che ti entra nelle narici ogni giorno? >>.

<< Cazzo, Error, io— >>.

Così dicendo, fece per darmi un pugno.

Prontamente afferrai la sua mano con i miei fili e la abbassai fino a far accasciare lui stesso a terra.

Si lamentò appena, attento a non far arrivare nessun tipo di suono a suo fratello.

<< T-te lo giuro, Error... s-se capita qualcosa a Blue, qualsiasi cosa, io... io... io ti ammazzo >>, disse in un filo di voce.

Feci per andarmene, dandogli le spalle ed aprendo un portale.

<< Se dovesse accadere qualcosa a tuo fratello, Carrot... ti assicuro che il colpevole non morirebbe mai. Non glielo lascerei fare. Soffrirebbe per il resto dell'eternità >>.

Assunse un'espressione stupefatta.

Per la prima volta, Stretch si stava rendendo conto che non mentivo riguardo alla mia amicizia con suo fratello.

Anzi, che forse, per quanto odiassi ammetterlo... ci ero affezionato.

Ritirai i fili e lui si alzò, sistemandosi la felpa arancio e tirando fuori un'altra sigaretta.

Poi, con fare altezzoso, anche lui mi diede le spalle, aprendo la porta di casa e sussurrando un "Sarà meglio che tu lo faccia", prima di richiudersela alle spalle.

 

Una volta attraversato il portale mi ritrovai nella Doodle Sphere, ad osservare un Ink seduto sul pavimento, che con aria annoiata ricostruiva ciò che era andato distrutto di Underlust.

<< Dove sei stato? >>, mi chiese non appena arrivai.

<< Perché ti interessa? >>.

<< Non mi interessa, era per fare conversazione >>.

Mi avvicinai a lui, girandogli intorno.

<< Sai, l'altra volta, quando mi hai detto che mi ci stavo "immedesimando" in questa cosa di stare dalla parte dei buoni, un po' mi hai colpito >>.

Mi guardò.

<< Ah sì? >>.

<< Già. Infatti, ho pensato che essendo io il distruttore di universi, non posso certo permettermi di rinunciare a questo titolo andando in giro con te a salvare mondi come se niente fosse. Dovevo ribilanciare il multiverso >>.

Tornò a ricostruire, come se avesse improvvisamente perso interesse.

<< Hai distrutto un AU? >>.

<< Sì >>.

<< Capisco >>.

Speravo di scatenare una reazione, ma non certo questa.

Ink sembrava... deluso.

Il suo tono di voce sembrava dire... "mi sarei aspettato qualcosa di meglio da te".

Era la prima volta che mi veniva rivolto un pensiero simile.

Mi fece sentire... tremendamente inadeguato.

Io, colui che è al di sopra di chiunque altro.

Colui che decide chi vive e chi muore.

Colui che distrugge universi in un battito di ciglia.

Io.

Inadeguato.

Cercai di togliermi di dosso quella sensazione, scacciando i pensieri.

<< Error? >>, mi chiamò.

<< Sì, Ink? >>.

<< Puoi andare. Non c'è nulla da fare qui. Ti chiamo io >>.

Senza riuscire a dire nulla, aprii di nuovo un portale, pronto a tornare nell'Anti-Void, buttato fuori da quel posto per la seconda volta.

<< Ah, un'ultima cosa >>.

Mi voltai.

Alzò la testa quel tanto che basta per farmi intravedere un sorriso forzato ed appena accennato.

<< Grazie >>.

Sgranai gli occhi, stupefatto.

Avrei potuto chiedergli "di cosa?", ma avrei rischiato di rovinare la bella sensazione che quel "grazie" mi aveva appena regalato.

Decisi quindi di rimanere impassibile, voltarmi e sussurrare un "prego", mentre attraversavo il portale e cercavo di trattenere una smorfia compiaciuta.

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Capitolo 10
*** Ore d’Orrore ***


A costo di sembrare ripetitivo, voglio ribadirlo: non sono un grande amante del sonno, nonostante la nomea di molti Sans.

In effetti lo sono stato.

Ma il tempo aveva cambiato tutto.

Il silenzio aveva cambiato tutto.

E se il sonno rappresentava un tempo una via di fuga per me, il tempo ed il silenzio lo avevano trasformato in un semplice capriccio di chi non ha nulla da fare, un'insensata perdita di tempo.

Non che io non avessi tempo da perdere...

In ogni caso, prendere sonno per me era stato un problema negli ultimi secoli, o giù di lì.

Dormire serenamente poi era un'utopia persino prima che diventassi un essere senza tempo, senza dimora e senza appartenenza alcuna.

Per questo cercai di rimandare il problema il più a lungo possibile...

Ma dopo gli ultimi avvenimenti, il problema non poteva più essere rimandato.

Dovevo sapere.

E quello era l'unico modo.

 

Dopo il disastro ad Underlust, io ed Ink ci adoperammo altre due volte per salvare ciò che era rimasto del Multiverso:

Andammo a Dancetale, in quel momento minacciato da uno dei più vecchi amici di Ink, ovvero Cross.

Il suo attacco fu piuttosto limitato, le vittime furono poche ed il guardiano degli AU poté ricostruire tutto in poco tempo.

La seconda missione fu invece ad Horrortale, un luogo tetro, inquietante e pieno di morte. Mi piacque moltissimo.

Questo attacco in particolare fu decisamente inconsueto.

Non vi fu una vera e propria battaglia;

gli abitanti del luogo, con un concetto di sanità mentale già di per sé grottesco, iniziarono a svegliarsi ed a distruggere tutto ciò che li circondava, mietendo più vittime possibili.

Ad Horrortale situazioni come questa sono all'ordine del giorno, ma iniziarono a manifestarsi sempre più situazioni ingestibili, fino al punto in cui l'intervento di Ink fu indispensabile.

Così, io ed il creatore, andammo a far visita a quell'universo tutt'altro che pacifico.

Parlammo con i suoi abitanti che, per quanto molto lontani dal concetto di "persone per bene", sembravano coscienti delle loro azioni, mentre invece ignoravano o ricordavano a stento la distruzione che avevano seminato durante i periodi di delirio.

Le vittime continuarono e le risposte sembravano non voler arrivare, finché non venne colpito il Sans del luogo, molto poco fantasiosamente soprannominato "Horror Sans".

Lo scheletro sembrava ricondurre il suo comportamento ad un incubo fatto la notte prima della sua esplosione di violenza incontrollata, incubo che diceva di ricordare perfettamente.

Ci incamminammo così verso la catapecchia che condivideva con il fratello: il posto cadeva a pezzi, i segni del tempo erano tangibili e nessuno sembrava intenzionato ad impedire alla povera casetta di crollare da un momento all'altro.

Entrammo in casa loro e la prima cosa che ci saltò agli occhi fu il divano: dismesso, ammaccato, bucato e con qualche macchia di sangue qua e là.

La televisione aveva un'accetta conficcata nell'estremità superiore, cosa che rendeva, ovviamente, impossibile utilizzare l'oggetto.

<< Prego, venite! Venite pure avanti! >>, ci invitò il fratello minore, facendoci cenno di entrare.

Era uno scheletro alto, molto più alto di qualsiasi Papyrus mi fosse capitato di vedere fino ad allora.

Il suo sguardo sembrava svuotato di ogni qualsivoglia sentimento; tuttavia era molto diverso da quello di Ink.

Sembrava fosse ipnotizzato, libero da ogni preoccupazione o paura.

Dei lunghi denti scheggiati e macchiati di rosso gli impedivano la totale chiusura della bocca, mentre la sciarpa rossa, anch'essa macchiata ed impolverata, aveva ormai perso la brillantezza tipica degli indumenti di un classico Papyrus.

Ci invitò in cucina: suo fratello era seduto su una sedia e giocherellava con un coltello come fosse l'unica cosa a cui valesse la pena prestare attenzione.

Quando entrammo non ci rivolse lo sguardo, ma pronunciò un quieto "Accomodatevi pure", indicandoci due sedie di fronte a lui.

Horror Sans era più grosso dei suoi simili, probabilmente a causa della sua rinomata ossessione verso ogni tipo di cibo.

Indossava una felpa azzurra, un'anonima maglietta bianca, un paio di pantaloncini neri con due strisce bianche e delle pantofole rosa.

Il tipico abbigliamento di un Sans, se non fosse che i vestiti in questione erano ricoperti di sangue.

Uno dei suoi occhi era completamente nero, mentre l'altro brillava di un rosso accesso. Sopra di esso, un enorme foro nel cranio distoglieva l'attenzione da tutti gli altri macabri dettagli.

<< Sans! Offri subito qualcosa da mangiare ai nostri ospiti! >>, gli intimò il fratello.

<< Non sono ospiti, Papyrus. Sono qui per interrogarmi >>, rispose lui con tono spento.

<< Non importa! Dove sono le tue buone maniere?! >>.

Papyrus si voltò verso di noi.

<< Posso offrirvi un piatto di spaghetti, altri Sans? >>.

A poco servirono i nostri rifiuti: sembrò ignorarli completamente per poi iniziare qualcosa di più simile ad un rito satanico, piuttosto che alla preparazione di un piatto.

<< Dovete scusarlo, ha preso troppe botte in testa da piccolo >>, commentò l'interrogato.

<< E tu, di botte in testa, sembri intendertene >>, dissi io, riferendomi all'evidente spaccatura sul suo cranio.

Lo scheletro mi fissò per qualche istante, per poi scoppiare a ridere.

<< Buona questa! >>, esclamò fra una risata e l'altra. << Tu chi saresti, comunque? >>.

<< Lui è Error e non è qui per fare battute >>, si intromise Ink, prima che potessi rispondere alla domanda.

<< Oh, Inky... che ti è successo? Eri così simpatico una volta, adoravo combattere contro di te. Era divertente sentirti blaterare di bene e di pace, per poi vederti scoppiare a ridere al primo accenno di black humor >>.

Sorrisi al ricordo di quel suo comportamento.

<< Lo faceva anche con te? >>, chiesi.

<< Oh, sì >>.

Ridemmo entrambi di gusto.

<< Smettetela subito. Tutti e due >>, disse fermo il guardiano.

<< Siamo qui per parlare del tuo incubo, non certo per chiacchierare di vecchi ricordi >>.

Horror mi guardò.

Non so se captò qualcosa nel mio sguardo, o se semplicemente dedusse tutto dal contesto, ma credo che capì quanto quella situazione fosse delicata.

Mi fece un sorriso inquietante ed un cenno con la testa, per poi rivolgere lo sguardo nuovamente ad Ink.

<< Parliamone, allora >>.

La sua voce era così profonda e così inquietantemente calma... metteva i brividi, ma era stranamente piacevole a sentirsi.

<< Dicci che cosa hai sognato >>, gli ordinò Ink.

<< Oh beh... è stato un incubo terrificante >>, iniziò lui.

<< Mi trovavo proprio qui, su questo tavolo. Mi risvegliavo da un pisolino pomeridiano per poi rendermi conto che chiunque, nel Sottosuolo, era sparito. È stato tragico per me vivere una situazione del genere >>.

<< E perché mai? >>, chiesi. Horror non mi sembrava affatto un tipo bisognoso di compagnia.

Mi guardò fisso negli occhi, prima di pronunciare la frase successiva.

<< Non c'è cibo, se non c'è gente >>.

In quel preciso istante, suo fratello ci sbatté davanti due piatti traboccanti di spaghetti e si sedette accanto ad Horror per continuare a fissarci.

Il pomodoro sembrava diverso da quello classico... la consistenza era... strana.

 

Finalmente, una lampadina si accese all'interno all'interno del mio teschio, ed iniziai ad elaborare le informazioni che avevo riguardo a quell'individuo.

La sua rinomata ossessione verso ogni tipo di cibo.

I suoi abiti sporchi di sangue.

La consistenza ed il colore del "pomodoro".

Al ché, mi tornò in mente la frase di Ink di qualche tempo prima:

"Lui è uno che le sue vittime le... mangia".

 

Decisi quindi di lasciar stare il piatto di pasta di fronte a me e di concentrarmi unicamente sull'interrogatorio.

Ink non sembrava affatto scosso dall'istigazione al cannibalismo dei due fratelli, anzi: si era messo a giocherellare con la forchetta all'interno del piatto.

<< Che... che succedeva dopo? >>, balbettai.

<< Dopo cosa? >>, mi chiese Horror.

<< Nel sogno. Cosa facevi dopo? >>.

<< Oh, niente di che, mi disperavo. Andavo alla ricerca di cibo, distruggendo tutto ciò che incontravo lungo il mio cammino, nella speranza di trovare qualcosa di appetitoso >>.

Sottolineò la parola "qualcosa", come se volesse farci intendere che in realtà, il termine giusto da usare, sarebbe dovuto essere "qualcuno".

<< Poi mi sono risvegliato sul mio divano, con la mia accetta infilzata nel televisore ed un fratello iperprotettivo che mi diceva che le cose che credevo di aver fatto in sogno, le avevo fatte davvero >>.

<< Mh... >>, mormorò Ink. << Tutto qui? >>.

<< Tutto qui >>.

<< Beh, è ben poco su cui lavorare. Considerando che ci troviamo ad Horrortale direi che possiamo considerarli dei semplici casi di delirio di massa. È più che plausibile che qualcuno di voi sia andato fuori di testa senza motivo, soprattutto considerando che ora gli episodi si sono interrotti >>.

Detto questo, il creatore si alzò e si girò di spalle, dirigendosi verso la porta.

<< Quindi è questa la brillante conclusione a cui sei arrivato? Che siamo tutti matti?! >>, per la prima volta, Horror alzò il tono della voce.

<< Avrei torto, se fosse così? >>, chiese Ink.

Il Sans locale assunse un'espressione che non lasciava presagire nulla di buono.

Strinse i pugni e chiuse gli occhi, per poi sospirare e tranquillizzarsi un secondo dopo, riassumendo la pacatezza nel tono di voce e nel modo di fare.

<< Sai, forse è meglio che tu vada, Ink. Sei sempre stato un degno rivale, ma negli ultimi tempi sei... insipido >>.

Il suo occhio si accese di un rosso ancora più brillante di quanto non lo fosse prima.

<< Non c'è posto per gli insipidi in questa casa >>.

Senza voltarsi, Ink attraversò la porta, il salotto e si ritrovò fuori dalla fatiscente dimora.

 

Lo seguii per tutto il tragitto, senza dire una parola.

Avevo troppi pensieri per la testa.

 

Non c'erano più dubbi su chi fosse il responsabile dei recenti attacchi;

Prima Dust, grande amico di Blue, suo alleato a guardia degli AU.

Poi Cross, ex amico di Ink, che si era schierato dalla sua parte dopo il loro litigio.

E questo caso di incubi assassini ad Horrortale?

Non poteva che essere opera di Nightmare, suo fratello.

Dietro a tutto questo doveva esserci Dream.

Sì, non c'era altra spiegazione.

Dovevo solo capire il perché.

Dovevo affrontarlo.

E c'era soltanto un modo per farlo, un modo che fino ad allora avevo cercato di evitare con tutte le mie forze:

Dovevo sognare.

Dovevo addormentarmi.

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Capitolo 11
*** Quattro Secondi ***


Avete mai provato ad addormentarvi in un momento in cui il vostro cervello sembra non avere alcuna intenzione di smettere di elaborare informazioni?

Siete fermi, a fissare il soffitto, nel buio più totale. Provate a chiudere gli occhi, ma questi si riaprono senza che voi possiate controllarli. E continuate a provare e riprovare, finché la vostra vista non si abitua a quel buio e riuscite a scorgere le sagome di oggetti a voi familiari: la vostra scrivania, il vostro comodino, il vostro armadio. Pian piano tutto diventa nitido e, se siete tanto fortunati da trovarvi in un posto che vi faccia sentire a casa, la consapevolezza di trovarvi al sicuro vi accompagna fino al momento della resa incondizionata della vostra mente.

Immaginate di farlo nel vuoto.

Non c'è luce, perché non c'è ombra.

Non c'è silenzio, ma neanche rumore.

Non c'è nulla a cui possiate aggrapparvi, niente da fissare in attesa che gli occhi si chiudano.

Solo un insistente, ingombrante, asfissiante vuoto.

Addormentarsi era impossibile.

Avevo provato qualsiasi posizione, qualsiasi metodo, ma niente sembrava avere successo.

 

Quattro giorni, nove ore, ventiquattro minuti e diciassette secondi.

Questo fu il tempo che ci misi ad arrendermi.

Mi alzai in preda ad una crisi di rabbia ed isteria che mi fecero ricordare perché amassi così tanto guardare dall'alto un universo che crolla pezzo dopo pezzo ed i suoi abitanti soffrire e dimenarsi per scappare da un'inevitabile dipartita.

Odiavo quel posto come non avevo mai odiato nulla.

Odiavo non appartenere ad un luogo ed odiavo che altre creature del Multiverso avessero una casa in cui tornare.

Dovevo andarmene, prima di fare fuori un altro dei pochi universi rimasti.

Sarei potuto andare da Blue e distrarmi con una delle sue lunghissime chiacchierate a senso unico.

Sarei potuto andare da qualche parte e stare da solo, per cercare di riprendermi.

Avrei potuto fare letteralmente qualsiasi altra cosa; ma il mio corpo si mosse da solo e prima che potessi rendermene conto, stavo cercando Ink in mezzo ad una considerevole, seppur non sufficiente, quantità di universi appesi a fili.

Mi guardai intorno, ma Ink sembrava non essere da nessuna parte.

Mi destreggiai fra quei tanti fogli di carta che contenevano in realtà mondi interi.

Chiamai il suo nome, prima piano, poi più insistentemente, ma non ricevetti risposta.

Stavo per rinunciare, quando voltandomi notai una macchia d'inchiostro accanto ad una matita ed un foglio stropicciato.

Doveva essere dall'altra parte della pozza.

Non potevo attraversarla.

O meglio, avrei potuto, ma... non volevo farlo.

Ho sempre trovato che il suo fosse un modo disgustoso per muoversi fra gli universi.

Non riuscivo a stringere la mano ad un altra persona, figuriamoci se potevo riuscire ad immergermi letteralmente nel liquido di qualcuno.

Anche solo il concetto mi faceva ribrezzo.

Così decisi di sedermi accanto alla macchia, ad aspettare che il guardiano riemergesse.

 

Due minuti e trentanove secondi.

Questo fu il tempo che ci misi a decidere di chiudere gli occhi, trattenere il respiro, e buttarmi.

Fu una sensazione... strana.

L'inchiostro non era fastidioso al tatto, in realtà non sembrava neanche toccarmi. Era soltanto un forte ed asciutto calore, come se mi trovassi fra due stufe elettriche, la cui aria mi cullava dolcemente verso il basso.

Era... piacevole?

Aprii gli occhi e cercai di guardare verso la fine di quel tunnel di colore.

In lontananza scorsi un Ink seduto su una roccia, di spalle, intento a guardare qualcosa di non ben definito.

Fu in quel momento che mi resi conto di cosa stavo facendo.

Che avrei fatto una volta arrivato giù? Che scusa avrei usato? Che cosa gli avrei detto?

Non feci in tempo a formulare quel pensiero che la fine del tunnel arrivò ed io mi ritrovai a cadere di peso a terra mentre un tonfo secco annunciava il mio arrivo.

Ink si girò di scatto e, non appena mi vide, assunse un'espressione terrorizzata.

Era shockato come mai l'avevo visto prima.

Beh, certo non una delle migliori, ma era pur sempre un'emozione.

<< Che diavolo ci fai qui?! >>, mi chiese urlando, raggiungendo note che non pensavo fossero fisicamente possibili da raggiungere.

<< Calmati >>, risposi alzandomi e ridacchiando, << Sembri una ragazzina quando ti spaventi >>.

Chi conosce Ink, o meglio chi lo ha conosciuto prima che diventasse una fredda macchina senza cuore, sa che dalle sue emozioni dipendono i suoi colori e viceversa.

Per questo avendo rinunciato ai colori, stava perdendo anche i sentimenti.

Ormai non c'era rimasto quasi niente, se non un leggero accenno di sfumatura quando provava delle emozioni tanto forti da attivare le scarne riserve che gli erano rimaste.

Le guance del mio interlocutore, dapprima colorate appena di azzurro, che sta ad indicare paura o shock, iniziarono a diventare di un rosso acceso.

In quegli anni avevo imparato, mio malgrado, che rosso non vuol dire niente di buono.

<< Uhm... Ink... >>, mormorai.

<< Non. Dire. Una. Parola. >>.

Decisi di fare come diceva.

<< Che diavolo ci fai qui >>.

Era una domanda, ma suonava più come un'affermazione, o meglio... una minaccia.

Era una brutta situazione, davvero orribile.

E stavo sinceramente cominciando a temere per la mia incolumità.

Avevo già visto Ink arrabbiato, ma Ink che non è in grado di provare niente a parte la rabbia, beh... forse sarebbe stato meglio risparmiarselo.

<< Rispondimi >>.

<< Io... io... ecco... mi sentivo solo >>.

 

Cosa cazzo mi aveva detto il cervello?

"Mi sentivo solo"? Davvero? Questa era stata la balla più convincente che ero riuscito ad inventare?

La... verità?

Che razza di idiota.

 

Il creatore mi guardò, inclinò poco la testa e socchiuse appena gli occhi.

Il rosso sulle sue guance svanì, ma sono piuttosto certo di aver visto una leggerissima sfumatura di blu scuro ed una appena accennata di rosa, prima che il colore svanisse del tutto.

<< Ti sentivi... solo? >>.

<< S-sì >>.

<< Oh... beh, non è molto da te >>.

Già, infatti.

<< Comunque non avresti dovuto infilarti in un mio portale senza dirmi niente. E poi scusa, non ti faceva schifo? >>.

Mi guardò. 

Cercai di balbettare qualcosa.

<< Va bene, non importa. Ormai sei qui >>.

Si sedette nuovamente come prima che arrivassi, dandomi le spalle.

<< Dov'è che siamo, esattamente? >>.

<< Dovresti riconoscerlo >>, disse fermo.

Mi avvicinai a lui e notai che stava fissando il cielo.

Alzai la testa e feci lo stesso.

<< Outertale... >>, sussurrai.

<< Già >>.

Mi sedetti accanto a lui e restammo in silenzio, a fissare il cielo finché non ci rendemmo conto di quanto quel momento fosse imbarazzante.

<< C-comunque... che facevi qui? >>.

<< Gli affari miei, Error >>.

<< Uh... ouch. Da quando sei così riservato? >>.

Mi guardò per un millesimo di secondo, per poi voltare la testa e sussurrare << Lo sai da quando >>.

Mi voltai anch'io, intenzionato a non incrociare il suo sguardo per nessuna ragione.

<< D'accordo >>, dissi.

Passammo pochi secondi in silenzio.

<< Vengo... vengo qui quando mi sento vuoto >>, disse Ink timidamente.

<< Mh? >>.

<< Questo è il punto in cui il cielo di Outertale di vede meglio in assoluto. È talmente pieno e caotico... mi fa sentire un po' meno vuoto. Per questo sono qui >>.

Improvvisamente, capii una cosa che fino a quel momento non mi era mai balenata in testa e che ancora oggi negherei se mi venisse chiesta: io ed Ink eravamo estremamente simili.

Molto più di quanto potessi immaginare.

<< Anche io >>.

Mi guardò con aria interrogativa.

<< Anche io vengo spesso qui. O meglio, ci venivo. Ogni volta che mi sentivo depresso, arrabbiato oppure... vuoto, per qualche motivo, io venivo qui. Ho finito per associarlo solo a cose negative, ed alla fine anche venire qui mi deprimeva. Così ho smesso >>.

<< Oh... >>.

<< In ogni caso... amo questo posto >>.

Si girò d'un tratto verso di me.

<< Non pensavo ne fossi in grado >>, disse guardandomi negli occhi.

<< Di fare cosa? >>.

<< Di amare >>.

Sobbalzai e sperai che non si notasse il rossore sulle mie scheletriche guance.

Prima di riuscire a giustificarmi, lui parlò di nuovo.

<< Che cosa si prova? >>.

<< Intendi... intendi ad amare? >>.

<< Sì >>.

<< Non te lo ricordi? >>.

<< No, è che... non l'ho mai fatto. Neanche prima di... >>.

Non finì la frase, non era necessario.

Tornò a guardare il cielo ed io feci lo stesso.

<< Neanche io >>, mormorai, con un'imprevista nota di indecisione nella voce.

<< Ehi, Error >>.

<< Mh? >>.

<< Già che siamo qui e che questa sembra una di quelle scene di Undernovela in cui due personaggi fanno un discorso profondo, posso farti una domanda? >>.

Ridacchiai appena.

<< Spara >>.

<< Dopo essere tornati da Underlust, tu mi hai fatto un discorso >>.

<< Oh Dio, non di nuovo... ti giuro che se mi dici di nuovo che è stato toccante io— >>.

<< No no, niente del genere >>, disse ridacchiando. << Stavo solo ripensando a ciò che hai detto >>.

<< Cosa ho detto? >>.

<< Hai detto che non dovremmo tenere conto di nessuno, perché siamo noi che creiamo e distruggiamo. Siamo al di sopra di tutti e siamo noi a fare le regole >>.

<< Sì, questa frase mi somiglia >>.

<< Non penso sia così >>.

Lo guardai incuriosito.

<< Vedi quella stella lì? >>, chiese indicando il cielo.

Il suo dito puntava ad una stella che emanava una luce rossastra e che creava un alone violaceo intorno a sé >>.

<< Che cos'ha? >>.

<< Sta morendo >>.

<< Mh... beh, è comunque un bellissimo spettacolo >>.

<< Già. Ma io non l'ho creata, Error >>.

<< Che... che vuoi dire con questo? >>.

<< Voglio dire che io non ho pensato in maniera specifica di creare quella stella. Avrei potuto, sì, ma non l'ho fatto. Io ho creato soltanto l'idea di questo universo, le basi. Ma tutta questa bellezza... stelle che muoiono e che nascono, cieli che cambiano in continuazione, vita e morte, paesaggi incredibili come questo... io non sarei mai stato in grado di immaginarli, neanche allora. Però li ho creati. Questo mi fa sentire così... piccolo. Ed inutile >>.

<< Inutile? >>.

<< Tutta questa vita era già qui, Error. Se non l'avessi creta io, un modo per venire fuori l'avrebbe trovato. Non siamo noi che facciamo le regole, affatto. C'è qualcosa di molto più grande >>.

Rimasi stupito da quel discorso, tanto da dovermi voltare per nascondere la sorpresa.

<< Non so... ciò che hai detto potrebbe anche essere vero, ma alla fine dei conti sei tu che decidi chi esiste, ed io che decido chi smette di esistere. Questi sono i fatti >>.

<< Sì, ma qual è il senso di tutto questo? Perché continuiamo a farlo? >>.

<< Non c'è un senso, Ink, non c'è mai stato. Perché mai dovrebbe esserci? >>.

Sospirò, come fosse deluso dalla mia risposta.

<< Ascoltami... hai detto che secondo te la vita è sempre stata qui, ma che si è in qualche modo... servita di te per essere creata, giusto? >>.

<< Più o meno... >>.

<< Allora è questo il senso. Se è sempre esistita, il senso di tutto ciò è che tu fossi lì in quel momento per tirarla fuori. Ed è il senso di tutte le altre vite che già esistono e stanno aspettando di essere create >>.

Smise di guardare il cielo ed abbassò lo sguardo.

<< Ma io non posso più farlo... >>.

<< No, non puoi più >>.

Ci fu altro silenzio, durante il quale mi fermai a guardarlo forse un po' più a lungo di quanto avrei dovuto.

Era come se stesse tirando fuori tutte le riserve che gli erano rimaste.

Quello non era il freddo, scostante Ink privo di emozioni.

Quello era il vecchio Ink.

E non mi sarei mai aspettato un discorso tanto pregno di significato, né dal nuovo, né tantomeno dal vecchio guardiano.

Stavo scoprendo un lato del mio rivale che non conoscevo affatto. Che andava oltre la sua esuberanza di un tempo, oltre la sua indifferenza attuale. Qualcosa che perdurava nonostante stesse prendendo tutto.

Provai qualcosa, guardandolo.

Non sapevo cosa, ma fu una delle emozioni più uniche ed intense della mia vita.

Emozione che, ovviamente, cercai di reprimere il più possibile, come ero solito fare con ogni tipo di sentimento.

 

<< Comunque, basta con questi discorsi >>, interruppe i miei pensieri. 

<< Non portano da nessuna parte e sarebbero dovuti rimanere nella mia testa. Tu, piuttosto >>, mi indicò.

<< Io cosa? >>.

<< Che ci fai qui? E non rispondere "mi sentivo solo". Ci sono cascato una volta e non ho intenzione di rifarlo >>.

Abbassai lo sguardo, imbarazzato.

<< Non riesco a dormire >>.

<< Perché, tu dormi? >>.

<< No. È questo il problema >>.

<< Voglio dire, hai bisogno di farlo? >>.

<< Io... sì, direi che ne ho bisogno >>.

<< Ah... beh, qual è il problema, potevi dirlo subito >>.

Prese il suo pennello e me lo puntò contro.

<< Whoa... che diavolo stai facendo? >>.

<< Ti faccio addormentare! >>.

<< C-come? >>

<< Non sono più in grado di creare universi, ok, ma sono ancora in grado di creare sensazioni banali come il sonno! >>.

<< T-tu puoi creare sensazioni? >>.

<< Certo che posso, per chi mi hai preso? >>, si pavoneggiò.

Avvicinò pericolosamente il pennello al mio volto.

<< No, no, fermo, fermo! >>, esclamai gesticolando.

<< Che c'è? >>.

<< V-vorresti farmi addormentare... qui?! >>.

<< Qual è il problema? Non penso di andarmene presto >>.

<< Quindi staresti qui a guardarmi dormire? Non se ne parla >>.

<< Come se non lo avessi mai fatto prima! >>, ridacchiò.

<< Se preferisci tornare nell'Anti-Void e provarci lì... >>.

<< No! No... assolutamente no >>.

Mi guardò con aria compiaciuta.

<< E va bene... fallo e basta >>.

Chiusi gli occhi, preparandomi al peggio.

Il pennello sfiorò delicatamente il mio viso, entrandoci appena in contatto.

Non fu poi fastidioso quanto mi aspettavo.

Non provai alcun tipo di disagio o frustrazione quando la punta del pennello mi toccò.

Ciononostante, per qualche ragione, uno strano calore mi pervase e, se soltanto avessi avuto un cuore, credo che avrei perso un battito.

Cercai di riaprire gli occhi, a contatto avvenuto, ma non ci riuscii.

Caddi a terra, privo forze, impotente di fronte alla forza della stanchezza, mentre una risatina di Ink si faceva sempre più lontana, come provenisse dalla superficie di un pozzo nel quale stavo cadendo.

 

Quattro secondi.

Fu il tempo che ci misi ad addormentarmi, grazie ad un singolo gesto di Ink.

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Capitolo 12
*** “Sì” ***


'Coraggio, ce la puoi fare', mi dissi.

Preso dal riuscire ad addormentarmi, non avevo pensato all'ostacolo più grande al mio piano tutt'altro che perfetto; Dream era attratto dalle emozioni positive.

Ed io... beh, io ero Error.

Chiusi gli occhi, per cercare di costringermi a pensare a qualcosa di anche lontanamente piacevole.

A quanto tempo prima risalviamo i miei ultimi bei ricordi?

Ma soprattutto, io avevo dei bei ricordi?

Provai a pensare alla mia vita prima di diventare un glitch costretto a vivere al di fuori di ogni realtà.

Ma mi accorsi che anche allora la mia vita era tutt'altro che gradevole.

Immediatamente, tornarono a tormentarmi demoni che avrei voluto rimanessero nell'ombra, in un angolino del mio cervello, per sempre.

Ricordai quel sorriso... quel coltello...

No.

Dovevo smetterla.

Aprii gli occhi e l'oscurità più soffocante ed avvolgente in cui mi sia mai trovato mi avvolse.

'Avanti, a qualcosa di bello. Pensa a qualcosa di bello'.

Non chiusi gli occhi, non ce ne era bisogno; il buio mi accecava.

'Qualcosa di bello... ti prego'.

E due piccole stelle azzurro chiaro presero forma nell'oscurità, seguite da un fiocco dello stesso colore e da una ridicola calzamaglia.

<< Error! Sono secoli che non mi vieni a trovare! >>, iniziò a sgridarmi.

Ghignai.

Blue era certo una delle cose migliori della mia vita, anche se non lo avrei mai ammesso ad alta voce.

Restai ad ascoltare le sue lamentele per almeno dieci minuti prima di rendermi conto del fatto che quella era un'emozione positiva, sì, ma certo non abbastanza da attirare Dream.

Mentre prendevo consapevolezza di ciò, il ghigno compiaciuto sul mio volto svanì com'era comparso, e così anche Blue.

L'oscurità tornò ad avvolgermi.

'Pensa, Error. Pensa'.

E poi ricordai quella sensazione di calore.

Quel battito di un cuore inesistente perso per lo sfiorare di un pennello.

Pensai che era ancora lì, fuori da quell'oscurità, ad aspettare che mi svegliassi, sotto una coperta di stelle, a pensare a chissà cosa.

Ed apparve, di fronte a me, senza dirmi una parola.

I suoi occhi erano riempiti di un rosso pallido, era rincuorante.

I suoi vestiti erano eccentrici e bizzarri come una volta.

Il suo pennello stretto in spalla come fosse la cosa più importante che possedeva, ma il suo sguardo fisso su di me.

Lo ricambiai.

Non parlò.

Ma sorrise.

Un calore cento volte più forte di quello che l'aveva portato di fronte a me mi riempì il petto.

Istintivamente, senza pensare, sorrisi anch'io.

Quanto tempo era che non sorridevo? Avevo mai sorriso prima?

Avrei voluto non smettesse mai di guardarmi in quel modo.

<< Vedo che ci stai prendendo la mano! >>, disse una voce eccitata ed eccessivamente acuta alle mie spalle.

<< C-cosa? >>.

Mio malgrado, fui costretto a distogliere lo sguardo.

Mi voltai ed il mio sorriso svanì immediatamente.

Di fronte a me, avvolto in un ridicolo mantello giallo, con una tiara sulla testa e le lettere 'DS' incise su un bottone al centro del suo petto, c'era Dream.

Avevo quasi dimenticato quale fosse il mio obiettivo principale.

<< Sei riuscito ad attirarmi, bravo! Non credevo ci saresti riuscito! Era un'emozione intensa! A che cosa la devo? >>.

Mi rigirai in una frazione di secondo per controllare che Ink se ne fosse andato.

Una parte di me, quella più irrazionale e stupida che credevo di aver perso diverso tempo prima, sperò ci fosse ancora.

Ma la parte intelligente fu lieta di constatare che Dream non avrebbe mai scoperto a cosa era dovuta quell'"emozione intensa".

<< Devo parlarti, Dream >>, dissi freddo, tornato alla realtà.

<< Come posso esserti utile? >>.

Dream sorrideva, non smetteva mai di farlo. Il suo sorriso era tremendamente vero e tremendamente inquietante avvolto quel nero intenso.

<< Devo parlarti di un paio di persone che ho incontrato negli ultimi giorni >>.

<< Ah sì? >>.

<< Già >>.

<< Ad esempio? >>.

<< Beh... Dust, tanto per cominciare >>.

Se ne stava lì, col suo sorriso pieno di gioia, ad ascoltarmi parlare in tono decisamente accusatorio come se gli stessi raccontando una bella storia.

<< Sai che Dust è un grande amico di Blue? >>.

<< L'ho sentito dire, sì! Strano, vero? Non pensavo fossero due tipi compatibili! Anche se, c'è da dirlo: a Blue sono sempre piaciuti i tipi un po' inquietanti! >>, continuava a fissarmi.

<< Ho fatto un salto da Blue, recentemente >>.

<< Oh! Come sta? >>.

<< Bene >>.

<< Beh, sono contento! È sempre bello sapere che c'è qualcuno che tiene alto il livello di allegria nell'Universo! >>.

<< Sì... non è questo il punto! >>.

<< Il punto? Credevo stessimo solo facendo conversazione! >>.

Lo guardai serio, cercando di comunicare col pensiero un freddo 'vedi-di-non-cambiare-discorso'.

<< Ho anche fatto un salto a Horrortale >>.

<< Oh, brutto posto quello, brutto posto davvero. Nessuno mi attira lì da una vita! >>.

<< E prima a Dancetale >>.

<< Wow! Tu ed Ink vi state proprio dando da fare! Sono contento! Ora, se non ti spiace, anche io ho un sacco di lavoro; mi stanno arrivando forti emozioni positive da Undertale, credo sia in corso una Pacifist Run, quindi— >>.

Due fili blu elettrico uscirono dalle mie mani e lo immobilizzarono.

<< Non. Credo. Proprio >>.

<< Error! >>, Dream rise, di una risata che se fossimo stati in qualsiasi altra situazione avrei trovato rassicurante. << Sai bene che sono molto più forte di te! >>.

Ed in una frazione di secondo si era liberato dalle stringhe ed era di nuovo di fronte a me, sorridente come sempre.

<< Tu... lo so che stai facendo! >>.

<< Ah sì? >>.

<< Sì! Tu stai mandando in giro più gente possibile a fare casino! Pensavi che non me ne sarei accorto? >>.

Rimase lì, immobile, con la stessa espressione.

Metteva terribilmente a disagio.

<< Prima Dust, amico di Blueberry, con cui so che hai parlato. Poi Cross, e tutti nel Multiverso sanno che c'è qualcosa fra di voi >>.

Per un momento sembrò svanire la sua consueta luce raggiante negli occhi, ma tornò quasi istantaneamente.

<< E sono certo che fosse tuo fratello ad attaccare Horrortale. Non conosco nessun altro in grado di fare cose del genere >>.

Rimase un altro paio di secondi a fissarmi; poi parlò.

La sua voce era meno acuta e molto più pacata del solito.

<< Beh, cosa ti aspettavi, che mi fidassi di te? >>.

Le sue parole furono tanto dirette e tanto sincere che non seppi come controbattere.

<< Io... tu... c-cosa? >>.

<< Sul serio, Error, sii onesto con te stesso! Tu ti fideresti ad affidarti una missione? >>.

Non risposi a quella domanda: non avrebbe aiutato alla mia causa.

<< Quindi tu stai... tu stai mandando in giro Sans di altri universi per... tenermi d'occhio? >>.

<< Puoi giurarci! >>, non smise di sorridere, allegro come non mai, neanche in quella situazione.

<< Perché non... non ti fidi di me? >>.

<< Esatto! >>.

<< Cosa hai paura che faccia esattamente? >>.

<< Oh, beh, per esempio che tu ti metta a distruggere universi anziché aiutare Ink! Oppure che tu distrugga Ink! >>.

<< D-distruggere Ink? >>.

Quelle parole fecero male ad una remota, celata parte dell'anima che credevo di non possedere.

<< Devi ammettere di averci provato più di una volta, Error! >>.

Lo fissai.

La sua espressione era rimasta quella di un bambino a cui vengono consegnati i regali di Natale.

<< Beh, tu... dovresti lasciarci in pace. Non è facile lavorare se ci sguinzagli i tuoi schiavetti una volta ogni due giorni >>.

Non si mosse, né disse niente.

<< Puoi... puoi fidarti di me >>.

A quel punto Dream si avvicinò pericolosamente al mio viso, cosa mi fece indietreggiare impulsivamente e che mi mise a disagio come mai mi ero sentito nella vita.

La sua faccia era inquietantemente simile ad una maschera carnevalesca incapace di assumere un'espressione seria, ed ora era anche pericolosamente vicina alla mia.

I suoi occhi erano colmi di una luce estremamente diversa da quella che esibiva di solito; una luce viva ed accecante, ma incredibilmente minacciosa e spaventosa, contornata da tutta quell'oscurità.

<< No, Error >>, sussurrò, << Non credo di potere >>.

Mi guardò per qualche altro secondo, poi schioccò le dita e svanì nel nulla.

Quella fu la prima e l'ultima volta che decisi di incontrare Dream volontariamente.

 

Mi svegliai accanto ad un Ink intento a fissare il cielo, proprio come mi ero aspettato di trovarlo.

Era rincuorante vedere finalmente una faccia amica.

Rimuginai per qualche secondo sul fatto che inconsciamente considerassi Ink una faccia amica, per poi essere riportato al mondo reale quando lo scheletro di fronte a me parlò, senza smettere di guardare le stelle.

<< Credevo avresti dormito un po' di più >>.

La sua voce era fredda ed apatica, ma dopo il breve colloquio con Dream preferivo certamente quell'aria asettica ad una esuberante.

<< Sembravi lamentarti nel sonno >>, disse, voltandosi e guardandomi negli occhi. << Incubi? >>.

Sperai con tutto me stesso di trovare nel suo sguardo lo stesso che avevo visto nel mio sogno, ma così non fu. Due minuscole pupille grigio-biancastre erano al centro dei suoi occhi spenti, morti, privi d'emozione.

<< Direi di sì >>, mi alzai. << Credo che non ci proverò mai più >>.

<< Beh, fai bene >>, tornò a fissare il cielo, << Dormire è solo una gran perdita di tempo >>.

<< Se solo ti sentisse Classic... >>, dissi ghignando, e per un momento credetti di vedere un'espressione divertita sul volto di Ink, che ghignò a sua volta.

<< Già >>, confermò pensieroso.

<< A proposito di Sans scansafatiche: volevo andare a dare un'occhiata ad Horrortale per vedere se ci sono stati altri episodi simili dopo che ce ne siamo andati. Non si sa mai >>.

<< Oh, Ink, io non credo che— >>.

<< Potresti andarci tu? >>.

Quelle parole mi colpirono più di una pennellata in pieno volto.

<< A-andarci io? >>.

<< Sì, andarci tu. Io volevo andare a dare una controllata ad Underlust e Dancetale. Ti dispiace? Così facciamo prima >>.

<< Tu... tu ti... fidi? >>.

<< Mh? >>.

<< Ti fidi a mandarmi da solo? Ti... ti fidi di me? >>.

A quel punto analizzai la situazione. Fra le varie possibili risposte che mi si palesarono in mente c'erano, in ordine di probabilità, un 'in effetti no, forse è meglio andare insieme'; un 'no, ma sinceramente chi se ne frega se distruggi Horrortale'; ed un 'voglio darti questa possibilità di dimostrarmelo', anche se quest'ultima mi sembrò quasi impossibile una volta formulato il pensiero.

Ma mai, mai nella vita mi sarei aspettato una risposta come quella che mi venne data.

Ink si alzò, rimase a debita distanza, mi guardò negli occhi, abbozzò un sorriso storto e pronunciò la sillaba più spiazzante che mi sia mai stata rivolta: << Sì >>.

Dopodiché svanì in una pennellata d'inchiostro nero.

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Capitolo 13
*** Routine ***


Per secoli non mi ero accorto dello scorrere del tempo.

Avevo smesso di farci caso passati i primi anni.

Il tempo, in quel luogo, non aveva alcun significato; mi limitavo a fare ciò che volevo e quando volevo.

Avevo fame? Mangiavo.

Avevo sonno? Dormivo.

Avevo voglia di guardare un universo bruciare, noncurante, godendomi il dolce suono della folla che tenta di salvarsi la pelle? Beh...

 

Ma lo scorrere del tempo, da quando viaggiavo insieme ad Ink, tornò per la prima volta dopo tanto ad avere un senso.

La mattina era tornata ad essere mattina, la notte aveva riacquistato la sua atmosfera ricca di possibilità; persino sedersi a tavola e mangiare un boccone aveva riottenuto qualche significato.

Non che avessi voglia di stabilire degli orari e concedermi tre pasti al giorno, ma ogni tanto, fra il controllo di un universo ed un altro, io ed Ink ci fermavamo in uno dei tanti Grillby's, e la cosa, per quanto fosse difficile ammetterlo, mi piaceva.

Mi piaceva starmene lì, con un Hamburger nel piatto, mentre Ink scrutava i dintorni con fare minaccioso e parlava del più e del meno come se non esistesse un problema nell'intero Multiverso.

<< Potresti prendere qualcosa anche tu, per una volta >>, avevo commentato osservando il suo piatto vuoto.

<< Non ho bisogno di mangiare >>.

<< Neanche io >>.

<< Allora perché mangi? >>.

<< Per fare qualcosa >>.

Il Creatore mi guardò con aria confusa, come se non riuscisse a comprendere le mie parole.

Risi a quell'espressione, cosa che mi fece guadagnare un'occhiataccia da parte del mio interlocutore.

<< Sai, una volta le parti erano invertite >>.

<< Che vuoi dire? >>.

<< Ricordo i pomeriggi che passavi a prendere il tè con i tuoi amichetti, mentre io mi chiedevo perché diavolo ti divertissi tanto a fare qualcosa di così inutile >>.

Ink mi guardò dritto negli occhi, i suoi bianchi, vuoti occhi.

<< Ero un idiota >>, disse, ma il suo tono pareva essere più che titubante.

<< Sì, lo eri >>.

Seguì un silenzio che durò qualche secolo, o qualche secondo, durante il quale non potei fare a meno di osservarlo.

Ink era regalmente seduto sulla sua sedia: vi era appoggiato con tanta delicatezza che questa sembrava non subire il peso del suo corpo. 

Si guardava attorno facendo scorrere gli occhi su tutto ciò che lo circondava con una lentezza ed una grazia da togliere il fiato.

Indugiava sugli assi di legno che tenevano in piedi quel posto, sui piatti colmi di cibo che venivano serviti ai clienti, sulle spruzzate di neve che entravano dalla porta d'ingresso di tanto in tanto.

Mi chiesi perché rivolgesse tanta minuziosa attenzione a qualcosa che non fosse me, colui con il quale stava intrattenendo una conversazione.

Poi mi resi conto di quanto volessi sentire quello sguardo indagatore ed aggraziato sulla mia persona.

Cosa me ne importava?

Ink fece un movimento quasi impercettibile e spostò i suoi occhi bianchi sui miei.

In quel momento, capii che io gli stavo rivolgendo la stessa minuziosa attenzione che lui rivolgeva all'ambiente circostante.

Mi catapultai a fissare il contenuto del mio piatto, improvvisamente interessante.

Ero imbarazzato.

Da quando riuscivo a provare sensazioni del genere? Io, imbarazzato?

Se me l'avessero detto qualche settimana prima, non ci avrei decisamente creduto.

<< Come va con il tuo lavoro? >>, la sua voce mi ridestò. Era così pacata, quasi un sussurro, ma decisa. L'avrei definita "regale".

<< Dimmelo tu >>, iniziai, ricorrendo a tutto il mio autocontrollo per non balbettare,

<< È con te che sto lavorando >>.

<< Non mi riferivo a quello >>.

<< A cosa ti riferivi, allora? >>.

<< Al tuo lavoro, Error. Distruggere universi. Come sta andando? >>.

Quelle parole mi colpirono quanto un attacco di Chara verso la fine di una Genocide Run.

Sarei stato lieto di sapere che si interessasse al mio lavoro, se non fosse stato per il fatto che, come solo allora stavo realizzando, io non stavo distruggendo universi.

Da molto, molto tempo.

L'ultima volta era successo prima che tutta quella storia iniziasse.

Perché non ne sentivo la mancanza?

Cercai di convincermi che fosse per la mancanza di nuovi universi: se Ink non creava, io non potevo aver bisogno di distruggere, l'equilibrio si manteneva da solo.

Ma allora perché mi disturbava così tanto ammettere di fronte a lui che non stavo combinando niente?

<< Sì, bene. Sta andando bene >>, borbottai sperando di sembrare convincente.

<< Il tuo, invece? >>.

<< Oh, male, come sempre >>.

Avrei voluto ricambiare quell'onestà, ma non ci riuscii.

<< Desolato di sentirlo >>, commentai.

Al che, Ink fece qualcosa che mi risultò essere assolutamente incredibile.

Sorrise.

Era un sorriso canzonatorio, uno sbuffo astuto carico di furbizia saccente, ma era... bellissimo.

<< "Desolato di sentirlo"? Davvero? Tu? >>, scherzò.

Volente o no, mi trovai a sghignazzare anch'io.

<< Scommetto che è in corso una gran festa dentro quel maledetto cervello >>, commentò.

Ed in effetti aveva ragione.

Era in corso una festa come mai ce ne erano state prima d'allora.

Ma il motivo di tanti festeggiamenti non era affatto la sua perduta capacità di creare universi.

Era anzi il modo in cui aveva appena scherzato con me, come fosse mio complice.

Sentii la stessa orribilmente piacevole sensazione che mi aveva invaso sotto il cielo stellato di Outertale.

Cercai di cacciarla via, di respingerla, con tutte le forze che avevo, ma il suo calore mi pervase e mi si aggrappò addosso, come se non potesse appartenere a nessun altro, come se mi fosse sempre appartenuto.

<< Posso portarvi altro? >>, si avvicinò Grillby, l'unico dentro quel posto che sembrava non essere intimorito dalla nostra presenza.

Mi ridestai.

<< No, grazie >>, gli porsi il piatto.

<< In realtà sì >>.

Il cameriere rimase fermo in attesa che lo scheletro di fronte a me parlasse.

<< Vorrei un tè >>, continuò, senza degnarmi di uno sguardo.

<< Arriva subito >>.

Repressi un sorriso che cercava prepotente di sostituire la mia classica espressione torva.

<< Ti è venuta sete? >>.

<< Può darsi che sia così >>, disse fermo.

Una lievissima, quasi impercettibile sfumatura di azzurro cielo colorò le sue guance, mutò in un fucsia appena accennato e svanì com'era comparsa.

 

Rimanemmo lì seduti per quella che parve essere un'eternità, ma una di quelle piacevoli.

Lo scorrere del tempo, che aveva tanto inaspettatamente assunto di nuovo un significato, sembrava comportarsi da ubriaco quando ci ritrovavamo seduti uno di fronte all'altro, a chiacchierare del più e del meno.

I minuti diventavano ore e le ore sarebbero potute diventare giorni, se non fosse cambiato il colore del cielo, avvertendoci dell'ora tarda.

E mentre guardavo Ink sorseggiare l'ultima goccia di tè, posare delicatamente la tazzina sul piattino e guardarsi intorno con aria superiore, mi ritrovai a sperare che nel mio immediato futuro potessero esserci tante altre tazze di tè.

Ci alzammo e ci guardammo negli occhi, di nuovo.

I suoi sembravano essere rosa pallido, un cambiamento quasi impercettibile, ma enorme, rispetto alla consueta assenza di colore.

Indugiai un po' troppo a lungo su quello sguardo e non riuscii a controllare il flusso di pensieri che stavo cercando con tanta forza di respingere.

Io provavo qualcosa.

Provavo qualcosa di forte.

Provavo qualcosa per Ink.

 

Altre settimane passarono e lentamente mutarono in mesi.

Come avevo sperato in quel pomeriggio innevato, molte altre tazze di tè furono protagoniste dei nostri pomeriggi; la nostra vita era diventata piuttosto prevedibile, in effetti.

Andavamo, controllavamo, salvavamo se c'era da salvare, e passavamo il resto del tempo seduti ad un tavolo di un Grillby's diverso ogni sera, fino a notte.

Quella routine era entrata a far parte delle nostre vite in maniera così squisitamente naturale che ero certo non sarei mai riuscito a privarmene.

Mi capitò più di una volta di notare qualche sfumatura di colore nei suoi occhi, o sulle sue guance.

Come quella volta in cui andammo al Grillby's di Underfell e Fell Sans, amichevolmente soprannominato 'Red', mi si avvicinò ed iniziò a chiacchierare goffamente, interrompendo quello che era diventato quasi un sacro rituale nella nostra routine.

In quell'occasione lo vidi colorarsi più intensamente di quanto avesse mai fatto, di un verde acido brillante.

Qualunque fosse il motivo e qualunque fosse il colore, avere sotto gli occhi la prova che fosse ancora in grado di sentire qualcosa, mi faceva stare bene.

Come se ci fosse la remota possibilità che lui riuscisse a sentirsi come mi sentivo io quando lo guardavo.

<< Beh, si è fatto tardi >>, disse lui come ogni sera, gli occhi sfumati di un chiarissimo giallo canarino.

<< Tocca a me pagare >>, mi affrettai ad andare in cassa per non indugiare troppo sul suo sguardo.

Mentre mi avvicinavo al bancone ero tanto impegnato a fissare il pavimento ed a cercare di non arrossire, da non rendermi conto che la voce di chi mi stava comunicando l'importo da pagare non era quella del proprietario del posto.

Me ne accorsi subito dopo, quando feci per porgergli ciò che mi aveva chiesto.

<< Tu... >>, sussurrai, con un tale disprezzo nella voce che si gelarono le mie stesse ossa.

<< Ciao, Error! >>.

Mi girai di soppiatto, sperando vivamente che Ink non avesse assistito alla mia reazione, né che avesse visto chi c'era di fronte a me.

Fortunatamente, il Creatore sembrava impegnato a scrutare torvo una ragazza dalle sembianze equine, decisamente ubriaca, intenta ad esibirsi in una danza poco aggraziata.

<< Che diavolo ci fai qui?! >>, gli chiesi in un sussurro, sperando che nessuno mi sentisse.

<< Ti cercavo! >>.

<< E perché mi cercavi? >>.

<< Ho bisogno di parlare con te >>.

Guardai di nuovo Ink: ora era fuori dalla porta d'ingresso, fermo ad attendermi, mente candidi fiocchi di neve si posavano sui suoi abiti già fin troppo bianchi.

<< Non ora >>, ringhiai irritato.

Se lui avesse scoperto che tutta quella storia, tutte quelle sere, tutta quella vita, era cominciata perché Dream mi aveva chiesto di farlo, ero certo che sarei morto.

Non solo per mano di Ink, anche interiormente.

<< Sono d'accordo, non ora! Sarebbe terribilmente imbarazzante... ma ho bisogno di una ricognizione per parlare dei progressi che stai ottenendo. Ormai lavori con lui da mesi! >>.

<< E allora? >>.

<< E allora vorrei essere aggiornato, cosa che non posso ottenere da solo, dal momento che hai scoperto come facevo ad informarmi prima >>.

<< Che importa che io lo abbia scoperto? Mi sembrava non t'importasse di cosa ne penso della questione >>.

<< Infatti, non m'importa! Ma non posso sperare di avere un resoconto dettagliato se non vi vedo agire con naturalezza e certo non agiresti con naturalezza se ti rendessi conto che ti sto spiando, no? >>.

La freddezza con cui Dream era in grado di calcolare ogni possibile mossa e poi parlarne come fosse chiacchierare del meteo locale continuava a farmi rabbrividire.

<< Devo andare >>, dissi cercando di mantenere la fermezza.

<< Ci vediamo fra due giorni, ad Underswap. Ad Ink dì pure che vai a trovare Blue. Non mi interessa. Ma vieni >>.

Il tono con cui aveva pronunciato quella frase fu tanto inquietante che la fece suonare come una minaccia, anziché una richiesta.  Anche se, ovviamente, Dream non aveva perso il sorriso che gli attraversava il volto.

Annuii appena, mi girai e raggiunsi Ink il più in fretta possibile.

Lo guardai un momento, prima che ci incamminassimo, ed una nuova consapevolezza mi afflisse.

Ero terrorizzato dall'idea che tutto potesse finire.

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Capitolo 14
*** Rabbia ***


La coperta di neve di Underswap Snowdin giaceva candida e silente come ogni giorno.

Gli alberi erano soltanto i soliti vecchi, imponenti alberi.

Gli abitanti erano i soliti mostri, con la loro solita vita.

Tutto era sorprendentemente comune, in quel pomeriggio soleggiato, ma quell’aria di consuetudine non si addiceva affatto alla baraonda in atto nella mia mente.

Non volevo vedere Dream.

Per la prima volta dopo un’eternità di disinteressata audacia, io avevo paura.

Avevo paura di poter essere scoperto, che Ink potesse venire a sapere che tutto era iniziato come un elaborato piano per costringerlo a riprendere le sue emozioni.

Avevo paura di dover dire addio ad una ritrovata routine.

Avevo paura di dover dire addio ad Ink.

Ma certamente ignorando il problema avrei peggiorato la già svantaggiosa situazione: Dream non si sarebbe mai arreso. Mi avrebbe cercato e mi avrebbe trovato.

Così, me ne stavo lì, immobile, osservando il paesaggio innevato dietro il tronco di un grosso pino, nella speranza che nessuno si accorgesse della mia presenza, né della mia inquietudine.

<< Error! >>, esclamò all’improvviso una vocetta acuta alle mie spalle.

Mi voltai bruscamente.

<< Dream >>.

<< Vogliamo fare due passi? >>, m’invitò.

<< Sto bene così, grazie >>.

Dream fece un cenno col capo e prese a camminare avanti e indietro, col suo incessante sorriso.

<< Allora, vuoi aggiornarmi? >>, mi chiese, non rivolgendomi alcuno sguardo, come se non fosse davvero interessato nel ricevere una risposta.

<< Le cose procedono. Io ed Ink salviamo e ricostruiamo >>.

<< Bene! E le sue... >>, fece roteare la mano, invitandomi a rispondere senza dovergli far concludere la domanda.

<< Non le ha riprese >>.

<< Come hai intenzione di procedere, dunque? >>.

Lo guardai con aria confusa.

<< Procedere? >>.

<< Se ben ricordo, il piano era di far recuperare ad Ink i suoi colori >>.

<< Cosa vuoi che faccia, che lo immobilizzi e glieli cacci in gola? >>, borbottai, e Dream sembrò divertito da quell’immagine.

<< Non vuole prenderli, Dream. Non è un malato di mente che rifiuta le medicine, la sua è una decisione razionale. E per quanto questo possa mettere in pericolo il Multiverso, andrebbe rispettata >>.

Il sorriso di Dream si allargò ulteriormente.

<< Molto maturo da parte tua >>, prese a girarmi intorno. << Sai, forse non sei pessimo come tutti credono! >>.

Aprii bocca, ma non feci in tempo ad emettere alcun suono, perché qualcun altro, poco distante, mi precedette.

<< Io non ne sarei così sicuro >>.

Rimasi paralizzato.

Conoscevo bene quella voce, ma il mio corpo si rifiutava di girarsi per avere la prova  di chi fosse il suo proprietario.

Sentii dei passi, dei passi che avevo imparato a riconoscere ed apprezzare, leggeri ma decisi, dirigersi verso di me ed interrompersi poco distanti.

Alzai lo sguardo, atterrito.

Ink era completamente bianco.

I suoi vestiti, la lunga sciarpa, la felpa legata alla sua vita, si confondevano con la foresta coperta di neve.

Soltanto un colore risaltava in mezzo a tanto candore: un rosso acceso, scuro ed affatto rassicurante colorava il suo sguardo adirato.

<< Tu... >>, iniziò, ma smise immediatamente di parlare, come se non riuscisse a trovare degli epiteti sufficientemente oltraggiosi per descrivermi.

<< I-Ink... io... >>.

<< Non. Provare. Ad aprire bocca >>.

La sua voce era rauca, graffiante, carica d’odio e di risentimento.

Si rivolse a Dream, con un’espressione disgustata in volto.

<< Da te me l’aspettavo. Manipolatrice, viscida, insulsa creatura. Hai sempre pensato di poter decidere per la vita altrui. Mi chiedo come abbia fatto a lavorare con te per tanto tempo >>.

Dream non perse il sorriso, né accennò a dimostrare alcun imbarazzo o pentimento.

Si comportava come se tutto stesse andando secondo i suoi piani.

<< Ma tu... >>, Ink si girò nuovamente verso di me, gli occhi carichi di rabbia cremisi.

<< Come pensavi di convincermi? Come mi avresti portato a riprendermi le emozioni? Qual era il tuo brillante piano? >>.

Cercai di recuperare una sorta di contegno.

<< Se hai ascoltato bene la conversazione, non pensavo di farlo >>.

<< SILENZIO >>, esclamò, deciso e furente.

<< Non voglio sentire una parola da te, mai più. Non voglio vedere il tuo volto. Non voglio neanche sentir pronunciare il tuo nome >>.

<< Ink... >>, provai a parlare, ma lui mi rivolse lo sguardo peggiore che mi fosse mai stato rivolto.

Delusione, sdegno, collera. Odio nella sua forma più grezza.

Quello sguardo mi svuotò completamente.

Rimasi lì, immobile, a prendermi i metaforici schiaffi in faccia che sapevo di meritare.

Guardai Ink voltarsi ed allontanarsi a passo deciso senza voltarsi indietro.

 

Dream era rimasto fermo, in silenzio, sorridente.

<< Perché cazzo te ne stai fermo lì? Dobbiamo fare qualcosa! >>, urlai, con tutta la frustrazione che avevo in corpo in quel momento.

Dream mi rivolse uno sguardo allegro e spensierato.

<< IO non devo fare nulla. Tu lo seguirai! >>.

<< Cosa? >>.

<< Non lo lascerai andare via, Error. Tu lo seguirai e cercherai di risolvere la questione, costi quel che costi! >>.

Borbottai qualcosa di indefinibile, aspettandomi delle spiegazioni che tardavano ad arrivare.

Dream riprese a camminare avanti e indietro.

<< Error... sai quanti AU hai distrutto da quando hai iniziato a frequentare Ink? >>.

Rimasi in silenzio. Conoscevo la risposta, ma non avevo voglia di dargliela.

<< Nessuno >>, continuò lui. << Vuoi che ti spieghi il perché, oppure lo sai già? >>.

Improvvisamente, mi fu tutto chiaro.

<< Tu... >>, mi rivolsi a lui con un’aria molto simile a quella con cui Ink si era rivolto a me.

<< Tu non volevi il mio aiuto, non è così? Non volevi che io “convincessi” Ink... tu sapevi che io... che io... >>.

<< Che avresti iniziato a provare qualcosa per lui? Sì, sì lo sapevo. Come so che adesso gli correrai incontro e che farai ricorso a QUALUNQUE risorsa, pur di sistemare le cose >>.

<< Tu volevi solo che tornasse l’equilibrio. TU mi hai portato a smettere di distruggere AU. TU hai detto ad Ink di venire qui. TU mi hai fatto inna— >>, non riuscii a terminare la frase.

<< Ho fatto molte di queste cose, ma certo non ho creato alcun sentimento. I sentimenti che provi sono reali. Io sapevo semplicemente che ti saresti accorto di provarli! >>.

<< Tu... tu... >>, cercavo una modo per ferirlo che potesse funzionare con la persona più felice del Multiverso.

<< Tu sei decisamente il fratello peggiore fra i due >>, sentenziai.

Il sorriso di Dream tremò per un momento e lasciò spazio ad un’appena accennata espressione di dolore.

<< Questo non mi tocca >>, rispose, e ritrovò immediatamente il sorriso.

<< Allora... gli corri dietro? >>, mi chiese, ed iniziò ad allontanarsi.

Lo guardai un paio di volte, spostando gli occhi dalla direzione in cui era scappato Ink, alla figura di Dream che si allontanava lasciando orme sulla neve bianca.

Alla fine, presi la mia decisione.

<< Ti odio >>, gli urlai.

<< Oh, mi odiavi anche prima, Error. Almeno ora hai un motivo! >>, esclamò con una risatina.

Arrabbiato, ferito, impaurito.

Tutti aggettivi che non pensavo avrei mai utilizzato per descrivere me stesso.

Eppure, con tutti quegli aggettivi a rappresentare il mio stato d’animo, mi addentrai correndo per la foresta innevata, alla ricerca del Creatore degli universi.

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Capitolo 15
*** Rispetto ***


Maledissi ogni roccia, ogni ramo, ogni chiazza di neve che rallentò la mia ricerca.

Non sono mai stato uno che corre; sono più uno che si teletrasporta.

Ma quel giorno corsi.

Corsi come non avevo mai corso in vita mia.

Ed ogni istante piacevole trascorso con lui, ogni sorriso, ogni momento di intimità, gesto di complicità, ogni risata ed ogni momento di apatico silenzio, si fecero più vividi nella mia mente.

Mi passarono davanti agli occhi come un moribondo vede passarvi tutta la sua vita.

Ero perso.

Perso fra i miei pensieri, com'ero perso fra gli alberi innevati.

Mi fermai per riprendere fiato, guardandomi nervosamente intorno; di lui nessuna traccia.

Ero perso, perché avevo perso Ink.

Ero vuoto.

<< Ti avevo detto di non fidarti di lui >>.

Una voce alle mie spalle attirò la mia attenzione.

<< Non ora, Nightmare >>.

<< Scusa amico, non puoi evitarmi >>.

Gli lanciai lo sguardo più adirato di cui fossi capace e parlai in tono minaccioso.

<< Scommettiamo? >>.

Lui ridacchiò.

Fu una risata lenta, bassa, gutturale.

Non aveva una sola parvenza di effettivo divertimento, ma neanche di malignità.

Era una risata triste.

<< Sono Nightmare. Il tuo peggior incubo, ricordi? È questo, lo stai vivendo. Non puoi liberarti di me >>.

Mi dedicò un sorriso spento che mi fece venire una gran voglia di distogliere lo sguardo.

Ripresi a camminare a passo svelto; Nightmare mi stava dietro senza alcuna fatica. Sembrava fluttuare.

Un'indesiderata presenza scura che mi accompagnava in quel candido bosco.

<< Allora, mio fratello te l'ha detto? >>.

<< Mi ha detto cosa? >>.

<< Del suo piano >>.

Mi arrestai.

<< Tu... tu lo sapevi?! >>.

<< Nah >>.

<< Allora come— >>.

<< Lui ha SEMPRE un piano. Un piano più grande, un piano volto al bene >>.

Sbuffai un sarcastico accenno di risata.

<< Questo ha fatto più male che bene >>.

<< Fa sempre più male che bene >>.

<< Allora in che cazzo di modo tutto questo dovrebbe essere volto al bene?! >>.

Glielo chiesi urlando, esasperato, ma lui non perse la calma.

<< Vedi, mio fratello, lui... lui è felice >>.

Repressi l'impulso di dargli un pugno in faccia.

<< Sono molto felice per lui >>, dissi sarcastico.

Gli diedi le spalle e ripresi a camminare.

<< Lui non può farne a meno >>, continuò, fluttuandomi attorno.

<< Non è in grado di provare altro. Non è in grado di percepire l'orrore e la disperazione che causa. Questo lo rende... un tantino psicopatico >>.

<< Un tantino >>, borbottai.

<< Ma è sempre per il bene. Error >>.

Tentò di bloccarmi posando una mano sulla mia spalla, che riuscii prontamente ad evitare, arrestandomi bruscamente.

<< Il suo fine ultimo è sempre il bene >>.

La furia nel mio sguardo non si alleviò.

<< Quindi la tua teoria è che lui faccia del male... per fare del bene? In quale universo avrebbe senso? >>.

<< In tutti quelli che conosco. Beh, forse a parte HeavenTale >>.

Mi rivolse lo sguardo di un vecchio saggio che dissemina lezioni di vita ai più giovani.

<< Fa sempre male, raggiungere il bene >>.

Lo guardai confuso.

<< Tu stai... stai cercando di giustificare le azioni di tuo fratello? >>.

<< No >>, rispose, ma con gli occhi di chi è appena stato colto in flagrante.

<< Perché cazzo sei qui, allora? >>.

Sorrise appena.

<< Soffri. Io vado dove c'è sofferenza >>, lo disse col candore di chi ammette di essere uscito per prendere un po' d'aria, o per fare una passeggiata.

<< E soffrirai anche di più, non appena riuscirai a trovare ciò che stai cercando >>.

Ripresi a camminare a passo spedito.

<< Per questo trovo che non sia affatto controproducente per me dirti che Ink si trova da quella parte >>.

Mi voltai verso Nightmare, che indicava un sentiero scosceso poco distante da lui.

Mi avvicinai cautamente a quella losca figura, squadrandola dalla testa alla punta dei viscidi tentacoli sospesi ad un metro dal suolo.

<< Mi stai... aiutando? >>, mormorai appena.

<< Se ti piace pensarla così >>.

Mi avvicinai al sentiero con il passo lento e tremolante di chi ha paura della sua meta.

Mi voltai a guardarlo, prima di imboccare quella strada.

<< Sai, tu non sei... >>, mi resi conto che qualsiasi cosa avessi detto, sarebbe stata interpretata come qualcosa di positivo.

Il che l'avrebbe ferito.

<< Grazie >>, dissi soltanto.

Lui mi rivolse un sorriso macabro ed inclinò il capo come a fare un inchino.

Guardai di fronte a me.

Ink era alla fine di quel sentiero.

Un brivido gelò le mie ossa, una volta mosso il primo passo verso di lui.

 

Terrore.

Questo era.

Lo stesso puro, incontrollabile terrore che avevo provato durante il mio incubo, ma cento volte più forte.

Stavolta era vero.

Quella figura bianca e nera era veramente accovacciata a terra di fronte a me.

Mi avvicinai cautamente, cercando di non fare rumore.

Mi fermai poco distante da lui.

Ci misi qualche secondo per trovare il coraggio di emettere un fiato.

<< Ink— >>.

Non riuscii a dire nulla.

Ink si voltò scattante e mosse il suo pennello verso di me, come fosse una frusta.

Fui ammutolito e sbalzato via; caddi e mi resi conto di non potermi muovere.

Lui prese a camminare verso di me con la testa china da un lato ed il passo deciso di chi sa di essere in vantaggio.

I suoi occhi erano... più vivi di quanto non li avessi mai visti.

Brillavano di un rosso quasi accecante.

Neanche ai tempi d'oro avevo mai visto un'intensità del genere nel suo sguardo.

<< Sai, è sempre stato difficile con te >>.

La sua voce era calma, ma tradiva una furia che non sarebbe stato in grado di controllare a lungo.

<< Combattere, intendo. Sei sempre stato una sfida, Error. Un mistero. Con tutti i tuoi problemi, tutte le tue regole... ne hai parecchie, per uno che dice di voler portare il caos. E la prima, la più importante >>, arrivò di fronte a me e si fermò, fisso nei miei occhi.

<< Tu non vuoi essere toccato. In tutto questo tempo, secoli, millenni... io non ho mai capito il perché. Ma l'ho rispettato. Anche quando mi combattevi, anche quando ti dichiaravi il mio più grande nemico. Persino quando sono stato incapace di provare alcunché, io ti ho rispettato >>.

Chinò ulteriormente la testa ed i suoi occhi brillarono ancora più intensamente.

<< Perché tu non l'hai fatto, Error? >>.

Provai a parlargli.

A spiegargli che avrei voluto rispettarlo.

Che ero andato ad affrontare Dream proprio per potergli portare rispetto.

Gli avrei detto che lo rispettavo, anzi, gli avrei detto che ciò che provavo andava ben oltre il rispetto; gli avrei detto qualunque cosa, pur di sistemare tutto.

Ma non potevo.

Provai ad urlare con tutte le forze che avevo, ma non uscì alcun suono.

<< È terribile, vero? Provare ad esprimersi con tanta veemenza, quando chi dovrebbe ascoltarti manca di interesse. Sì, perché ora non mi interessa più ciò che hai da dire. Non ho più alcun rispetto per te >>.

Indietreggiò di qualche passo.

<< Tu sei un errore. Sei il Sans che ha evitato tutti gli attacchi che gli sono stati rivolti. Ne hai evitati talmente tanti che il tuo stesso universo si è arreso a non poterti colpire. È questo che sei, Error. Non sei arrivato dove sei per i tuoi meriti, per la tua forza o per la tua intelligenza. Tu sei quello che sei perché hai schivato tutto ciò che ti veniva lanciato contro. Per un'eternità >>.

Sorrise freddamente.

<< Spero che tu non abbia perso il tuo smalto >>, disse, e così facendo mi liberò dalle catene invisibili che mi ancoravano al suolo.

<< Perché questa volta non avrò alcun rispetto >>.

Mi rialzai, mente lo osservavo sguainare il suo pennello verso di me.

Riconobbi lo sguardo sul suo volto;

Stavamo per combattere.

 

Combattere con Ink non fu soltanto complicato.

Fu, in qualche modo, una disillusione.

Le nostre lotte avevano sempre avuto la loro dinamica, il loro ritmo.

Ci incontravamo, ci scambiavamo qualche insulto, o meglio, io provavo ad insultarlo e lui rispondeva con un sorriso ed un complimento sincero, e poi combattevamo.

Non vi era mai stato un vero e proprio vincitore; io schivavo i suoi attacchi tanto quanto lui schivava i miei.

Finivamo in stallo, sempre, rimandando la resa dei conti al combattimento successivo, entrambi certi che avremmo presto avuto modo di prendervi parte.

La resa dei conti era arrivata.

Quel giorno imparai due cose:

La prima, che fu più una conferma che una rivelazione, è che il rosso acceso negli occhi di Ink indica una profonda ed incontrollabile rabbia dalla quale è meglio tenersi a debita distanza.

La seconda, la più sconvolgente, fu prendere consapevolezza del fatto che ogni dinamica delle nostre lotte precedenti, i loro ritmi, l'apparente parità fra di noi, non erano stati altro che una cortesia.

Ink era, senza ombra di dubbio, molto più forte di me.

Non c'erano turni, poiché non ebbi mai la possibilità di rispondere ai suoi attacchi.

Se mi fossi distratto, fosse stato anche solo per un secondo, lui mi avrebbe colpito.

Ogni molecola del mio corpo era concentrata a schivare le pennellate d'inchiostro che scagliava su di me.

Una chiazza rosso sangue mi mancò di pochissimo, prendendo di striscio la manica della mia felpa e lasciandomi senza fiato.

Ink sorrise.

<< Sembri sorpreso >>.

E lo ero, lo ero davvero.

<< Ma com— >>, feci in tempo a sussurrare, prima di dover schivare un'altra chiazza di colore, ed un'altra ancora.

I suoi attacchi si fecero più veloci, la rabbia nei suoi occhi si intensificò, ed un sorriso inquietante si allargò sul suo viso.

<< Ink— >>, provai a chiamarlo, ma dovetti schivare altri cinque, dieci attacchi.

<< Ink >>, dissi con più fermezza. Venti macchie d'inchiostro vennero scagliate nella mia direzione.

Caddi a terra, stremato e col fiato corto, mentre lui agitava il pennello preparandosi al prossimo attacco.

<< INK! >>, urlai, la mia voce disturbata da un glitch che tradiva il terrore e la disperazione dei quali ero vittima.

Lui si fermò.

Mi osservò e si avvicinò cautamente a me, senza perdere la smorfia agghiacciante.

Alzò una mano e fece per avvicinarla al mio volto.

Iniziai a tremare, mentre parti intere del mio corpo comparivano e scomparivano con più frenesia del consueto.

<< I-Ink... t-ti prego >>, dissi.

Il rosso nei suoi occhi sembrò attenuarsi per un istante, ma ritrovò subito il suo vigore; la sua mano sempre più determinata ad incontrare il mio viso.

Chiusi gli occhi, preparandomi al peggio.

Se mi avesse ucciso con una pennellata, disintegrato con uno schiocco di dita, se avesse fatto in modo che la mia esistenza svanisse dal presente e dal passato, in quel momento, mi avrebbe fatto meno male.

Ma lui voleva toccarmi.

Doveva toccarmi, sarebbe stata la mancanza di rispetto definitiva.

Ed io non potevo fare nulla per fermarlo.

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Capitolo 16
*** Contatto ***


Un tonfo poco distante da me mi fece aprire gli occhi.

Ink non mi aveva neanche sfiorato, quando una figura scura e viscida gli si era catapultata contro, mettendolo al tappeto.

<< Nightmare >>, sussurrai.

Lui alzò lo sguardo e sorrise furbo, mentre Ink riprendeva il controllo e ribaltava le loro posizioni, urlando e dimenandosi con furia eccessiva.

Nightmare non sembrava voler combattere, anzi; rimaneva a terra, sorridente, subendo i colpi del suo avversario.

Provai a scagliare contro Ink i miei fili, ma lui li schivò senza troppa difficoltà, continuando a colpire il noncurante rivale.

<< Ehi, Ink! >>, esclamò una terza voce non poco distante.

Era Dream, fiero e con la sua solita espressione allegra.

Ink si alzò immediatamente, allontanandosi da Nightmare e scagliando numerosi attacchi contro il suo ex collega.

<< Mancato! >>, esclamò dopo averli schivati, e si mise alla mia destra.

Anche Nightmare si rialzò, ponendosi con fermezza alla mia sinistra.

Si guardarono ed ebbi la netta sensazione di essere invisibile.

<< Che ne dici, fratellino? >>, chiese Nightmare, per la prima volta potei notare un briciolo di passione nel suo tono di voce.

<< Come ai vecchi tempi! >>, rispose l’altro, ed insieme si scagliarono contro l’avversario.

Una terza, inaspettata consapevolezza prese forma nella mia mente: per quanto Ink fosse forte, Nightmare e Dream dovevano esserlo anche di più.

Riuscii a malapena a seguire il combattimento, troppo veloce e dinamico perché i miei occhi potessero coglierne i dettagli, ma Ink era decisamente in svantaggio.

Capii però che i due fratelli avevano una tattica:

Nightmare prendeva i colpi, apparentemente senza subire alcun danno, e Dream contrattaccava.

Il tutto proseguì per una manciata di minuti, prima che il Sans in giallo riuscisse a colpire il rivale facendolo schiantare al suolo.

Istintivamente, mossi un passo in avanti in suo aiuto.

Qualcosa cadde da una tasca della felpa che teneva legata in vita e la sua sola visione paralizzò il suo proprietario.

Erano i suoi colori, luccicanti ed imbottigliati in piccole capsule di vetro.

Ink rimase a fissarli senza muovere un osso, mentre il rosso nei suoi occhi andava via via svanendo.

In quel momento, capì di essere stato sconfitto.

Si mise in ginocchio, chinando il capo e sfiorando con uno scheletrico dito le fiale di fronte a lui.

<< Vuoi uccidermi? >>, sussurrò.

Alzò la testa e guardò Dream negli occhi.

Un intenso viola opaco gli colorò lo sguardo e le guance.

<< Avanti, fallo >>.

Dream lo guardava dall’alto, trionfante.

<< Io non voglio ucciderti, Ink. Ma dovrò farlo, se ti rifiuti di riprenderle >>, disse, ed indicò i colori con lo sguardo.

Ink sfiorò nuovamente le fiale con le dita.

<< Allora dovrai uccidermi, Dream >>.

Lui perse per un momento il sorriso.

Sospirò e guardò Ink con l’aria di chi prova un’immensa pena.

<< Bene >>, disse, e si preparò a sferrare un colpo.

Io, da paralizzato che ero, mi alzai di getto e corsi verso di loro.

<< NO! >>, urlai.

Dream si fermò.

<< Non puoi... non puoi farlo... tu— >>.

<< Devo >>, disse lui freddo.

Il mio sguardo vagò da lui, a Nightmare, alla figura di Ink inginocchiata al suolo.

<< Tu non lo farai >>, dissi con una ritrovata audacia.

Dream mi guardò con aria sorpresa.

<< Lasciateci >>.

Fece per ribattere, ma non gliene diedi la possibilità.

<< Lasciateci >>, ripetei con più fermezza di prima.

Nightmare obbedì immediatamente, facendo cenno al fratello che, anche se poco convinto, si lasciò convincere e lo seguì mormorando “hai due minuti, Error”.

 

Ink aveva ancora il capo chino e fissava quei colori con la miseria negli occhi.

Mi inginocchiai di fronte a lui.

<< Ink— >>.

<< Non posso, Error >>, mi interruppe. 

<< Non posso riprenderle >>.

<< A costo di perdere la vita?! >>, chiesi, con il tono di chi implora, più che chiedere.

Lui non rispose, ma annuì debolmente.

<< Perché, Ink? >>.

<< Tu lo sai il perché! >>, mi guardò, mentre l’ultima scia violacea lasciava i suoi occhi bianchi, vuoti.

<< Quello che ho fatto— >>.

<< Quello che hai fatto?! Che cosa hai fatto, Ink? Hai seminato un po’ distruzione, una singola volta in un’eternità passata a creare universi! Come fa un errore a valere più della tua stessa vita?! >>.

Avevo urlato, utilizzando tutto il fiato che mi era rimasto.

<< Vale di più, Error. È il destino dei buoni. Un singolo gesto malvagio è in grado di cancellare ogni azione positiva. Io non posso... non posso riprenderle. Non chiedermelo. Non condannarmi ad un’eternità di dolore >>.

Lo guardai confuso, sbalordito da un discorso che mi risultava genuinamente incomprensibile.

<< Un’eternità di dolore? È questo che ti aspetti? >>.

Annuì nuovamente.

<< La mia vita tornerebbe quella di prima, ma dovrei convivere con il dolore. È meglio l’apatia >>.

<< E che mi dici di tutte le emozioni positive? Tutto ciò che di buono potresti riottenere? Il divertimento, il piacere... la... gioia? >>.

Alzò lo sguardo, colpito dalle mie parole.

Sembrava non riuscisse a credere che proprio io fra tutti stessi facendo quel discorso e, in effetti, risultava difficile crederlo anche per me.

Le parole lasciavano la mia bocca senza che le controllassi.

<< Gioia? >>, sussurrò, con il sorriso più triste che qualcuno mi abbia mai rivolto.

<< Non c’è più gioia per me, Error. Non ce ne sarà mai più. Potrei cercare per una vita intera e non troverei niente di positivo per me nell’intero Multiverso >>.

Chinò di nuovo la testa.

 

Io ho distrutto molti mondi, molti universi. Ho combattuto guerre ed affrontato ogni sorta di nemici, ma quel giorno, con quel nemico... con il mio più grande nemico... io fui in grado di compiere il più grande atto di coraggio della mia esistenza intera.

Perché quel giorno, in quel momento, io osservai un nemico che di nemico non aveva più nulla; osservai la sua mano sfiorare ancora una volta quanto di più prezioso possedesse, mi ci avvicinai cautamente, tremante e terrorizzato.

<< Ci sarebbe qualcosa di positivo, Ink >>.

Posai la mia mano sulla sua.

A quel contatto, il primo contatto che io avessi mai avuto in un’esistenza intera, immediatamente alzò lo sguardo e lo incastrò nel mio.

<< Io sono... Io ti— >>.

Non mi diede la possibilità di finire la frase.

Sfiorò il mio volto e mi sorrise dolcemente.

Un rosso caldo, intenso e brillante, molto diverso da quello di poco prima, gli colorò gli occhi.

 

Senza interrompere il contatto fra le nostre mani, mi alzai in piedi, aiutandolo a tirarsi su.

<< So che non provi lo stesso. Non provi niente. Ma potresti, Ink >>.

Mi osservava a bocca aperta, con un’espressione carica di sorpresa e di una ritrovata emozione.

<< Potresti... noi potremmo... essere felici. Forse. Non so esattamente cosa significhi. Ma la tua vita, la nostra vita, potrebbe essere migliore. Ti aiuterei a ricostruire ciò che è andato distrutto, potrei anche aiutarti a... a creare, per un po’, fino a quando— >>.

Ink mi abbracciò.

Quello fu il primo abbraccio che ricevetti in assoluto.

Per i primi secondi rimasi paralizzato, senza sapere esattamente come rispondere a quell’attenzione.

Lui mi stringeva come se fossi tutto ciò che aveva. Ed era... era bellissimo.

Risposi all’abbraccio.

<< Lo farai, per me? Ricomincerai a soffrire, a sentire, ad... amare? >>.

Lui si allontanò leggermente, senza mai smettere di tenere la mia mano.

Un intenso bordeaux riempiva del tutto i suoi occhi e calde lacrime gli rigavano il volto.

<< L’ho già fatto >>, rispose con voce tremante, e mi sorrise.

Un sorriso al quale sarebbe stato impossibile non rispondere.

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Capitolo 17
*** Oltre il Silenzio ***


<< Nessuno dovrà saperlo >>.

Lui non mi ascoltava.

Mi dava le spalle, carezzando con dolcezza ogni indumento dal ritrovato colore acceso.

Legò la felpa azzurra alla sua vita con affezionata cura;

Sistemò i colori, pronti per essere utilizzati in battaglia, sulla sua cinta, sospirando lieto.

Avvolse la lunga sciarpa attorno al suo collo, assaporando ogni centimetro di stoffa che si adagiava sulle sue ossa candide.

Infine, raggiunse il suo pennello.

“Broomie”, sussurrò, e lo afferrò come lo stesse abbracciando.

<< Ink >>, richiamai la sua attenzione.

<< Mh? >>.

<< Nessuno dovrà sapere cosa è successo qui >>.

Si voltò verso di me, sorridente.

Un quadrato fra il rosso ed il fucsia al centro di un occhio ed una piccola stella gialla nell’altro gli donavano un aspetto radioso.

<< Pensi che io voglia farlo sapere? >>, si avvicinò e posò un braccio sulla mia spalla.

<< Ho una reputazione da difendere! >>.

Lo disse ridendo, con l’aria di chi sprizza gioia da tutti i pori.

La sua mano scivolò sulla mia spalla e raggiunse la mia.

<< Sai, solo perché ora hai il permesso di toccarmi, non significa che tu debba farlo ogni volta che ne hai l’occasione >>.

Arrossì appena e mi rivolse uno sguardo furbo.

<< Ho ascoltato ciò che hai detto e ne terrò assolutamente conto >>, disse, ma non smise affatto di tenermi la mano.

Alzai gli occhi al cielo, fingendomi esasperato.

<< Andiamo prima che Dream venga a cercare di ucciderti >>.

 

Risalimmo il sentiero ghiaioso e raggiungemmo la foresta.

Lì, Nightmare se ne stava in disparte, in silenzio, mentre Dream chiacchierava allegramente con una terza figura dalla voce squillante.

<< Blue? >>, dissi una volta messa a fuoco quella presenza. << Che ci fai qui? >>.

<< Ero preoccupato per voi! >>.

I suoi occhi indugiarono sulla figura di Ink, nuovamente carica di eccentriche sfumature di colore.

Due piccole stelle azzurre invasero il suo sguardo, mentre correva verso Ink e lo abbracciava energicamente.

<< Oh, sono così felice che tu sia di nuovo tu! Mi sei mancato COSÌ TANTO! >>.

Il guardiano lo strinse con affetto.

<< Anche tu mi sei mancato, Blue >>.

Dunque era così che si risponde ad un abbraccio.

Lo annottai mentalmente.

Una volta sciolto quel contatto, Ink si avvicinò a passi cauti alla figura di Dream.

Si fermò di fronte a lui e lo guardò con aria severa per qualche secondo.

Infine, gli rivolse un enorme sorriso e posò una mano sulla sua spalla.

<< Ben fatto! >>, esclamò.

<< Cos— “ben fatto”? >>, mi intromisi.

<< Un attimo fa era una “viscida, insulsa creatura”, un “manipolatore”, ed ora gli dici “ben fatto”?! >>.

Lui si strinse nelle spalle.

<< Ha fatto la scelta giusta. Ha salvato il Multiverso! >>.

<< Ci ha mentito! Ha mentito a me, a te, a tutti quanti! >>.

<< Mai sentita l’espressione “il fine giustifica i mezzi?” >>.

Lo osservai genuinamente confuso.

<< Non cercare di capirli, credimi, non ci riusciresti >>, parlò Nightmare alle mie spalle.

<< Dunque... che mi sono perso? >>, chiese Ink.

Dream, con un ritrovato rispetto nei confronti della figura del creatore, gli parlò come si parla ad un vecchio socio in affari.

<< Ecco, io e Blue pensavamo... tenendo conto dei recenti avvenimenti... che forse sarebbe il caso di formare un’alleanza >>.

<< Un’alleanza? >>.

<< Un’alleanza! >>, si intromise Blue.

<< Così che se qualcuno di noi dovesse perdere la via, per qualunque motivo, gli altri due sarebbero uniti nel difendere gli universi e nel salvare chi si è perso! >>.

Ink lo guardò lieto. L’idea sembrava piacergli.

<< Oh! >>.

<< Potremmo chiamarci gli “Star Sanses”! Che ne pensi? >>, chiese Dream.

<< Mi piace! >>.

 

<< Sto per vomitare >>, commentai, mentre il Sans accanto a me scoppiava in una fragorosa risata.

<< Sai, tu mi piaci, Error >>.

Lo guardai confuso. Quelle non erano certo parole che mi venivano rivolte spesso.

<< Da me non hai saputo niente, ma se dovesse interessarti... c’è una piccola comunità, beh, più un gruppo, direi... si chiama “MOB”. Se ti va puoi fare un salto. Si fa un po’ di casino, si uccide qualche innocente... pensaci. Ci incontriamo da Blight, di solito >>.

Così dicendo mi strizzò un occhio e scomparve nel nulla.

Rimasi immobile, attonito per un momento.

IO ero stato invitato a far parte di qualcosa?

C’è una prima volta per tutto, mi dissi.

Ma la quantità di prime volte che stavo vivendo quel giorno era quasi incredibile.

 

Mi avvicinai ai tre scheletri che da quel momento in poi sarebbero stati noti come “Star Sanses”.

<< Io e Blue stavamo pensando di andare a prendere una tazza di tè, ti unisci a noi? >>.

Mi fermai accanto ad Ink, che mi guardò negli occhi e sorrise, prima di rivolgere la sua attenzione a Dream.

<< No, io... io temo di avere troppo da fare. Sai, universi da creare... eccetera >>.

Dream spostò ripetutamente il suo sguardo da Ink a me, per poi sorridere furbamente.

<< Oh, ma certo. Sarete sommersi di lavoro! Posso solo immaginare. Vieni Blue, andiamo noi a prendere il tè >>.

<< Error, tu non vuoi venire con noi? >>, chiese Blue.

<< Oooh, ecco, io— >>.

<< No, non vuole Blue >>.

<< Ma non mi ha risposto! >>.

Dream afferrò Blue per un braccio e fece per trascinarselo dietro.

<< Fatemi un favore, cercate di non farvi vedere da Blue. Ne sarebbe terribilmente scioccato >>, sussurrò.

<< Scioccato da cosa? Dream, Ink, voi mi state nascondendo qualcosa! Error, vuoi spiegarmi— >>.

In quel momento, Dream ci dedicò un occhiolino complice e svanì portando con Blue con sé.

 

Io ed Ink ci guardammo.

Ritrovai un paio di occhi che per tanto tempo avevo detestato e che avevano lasciato un vuoto incolmabile quando li avevo perduti.

Nessuno dei due disse una parola per dei lunghi secondi.

Io non avevo idea di cosa sarebbe stato giusto dire o fare, in quel momento, e penso che Ink lo sapesse bene.

Mi sorrise dolcemente e prese di nuovo la mia mano, avanzando di qualche passo e tirandomi verso di lui.

<< Andiamo? >>, disse soltanto.

<< E dove? >>.

Mi guardò nuovamente ed i suoi occhi si colorarono di un azzurro chiaro.

<< A casa >>.

 

E così facemmo.

L’Anti-Void ed un’eternità intera ci aspettavano.

Avevamo molto lavoro da fare, ma il tempo non ci sarebbe mancato.

Le lunghe giornate vuote passate in un angolo della Doodle Sphere sarebbero diventate un lontano ricordo per Ink.

Non avrei mai più dovuto guardare Undernovela senza avere qualcuno con cui commentare i ridicoli avvenimenti di quel buffo mondo.

Non avremmo mai smesso di combattere, per puro diletto, ma alla fine della giornata ci saremmo sempre potuti trovare lì, a ridere su quel divano blu come se nient’altro esistesse.

Oltre il dovere, oltre la creazione e la distruzione.

Oltre la noia è la solitudine.

Io ed Ink, in quell’anticamera del vuoto, lì dov’eravamo nati e destinati a rimanere, saremmo stati per sempre Oltre il Silenzio.

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