Stargate Atlantis - Ritorno

di Lady_Whytwornian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Elbereth ***
Capitolo 3: *** Accordo non negoziabile ***
Capitolo 4: *** Nostalgia e realtà ***
Capitolo 5: *** Scambio ***
Capitolo 6: *** Confronti ***
Capitolo 7: *** Il laboratorio degli Antichi ***
Capitolo 8: *** Inganno ***
Capitolo 9: *** Priorità ***
Capitolo 10: *** Problemi per Atlantide ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il Super Alveare era stato distrutto. Gli abitanti della Terra non si erano nemmeno resi conto dell’enorme rischio corso; solo i pochi cui era consentito l’accesso alle informazioni del progetto Stargate avevano la piena consapevolezza del pericolo scampato.
Atlantide sonnecchiava nella baia di San Francisco. L’occultamento l’avrebbe protetta da sguardi indiscreti per un tempo sufficientemente lungo. Quello che non era chiaro a nessuno era cosa avesse mai voluto dire “tempo sufficientemente lungo”. “Lungo” per cosa? Il signor Woosley non aveva aggiunto altro al discorso che aveva tenuto il tardo pomeriggio nella sala stargate della città. Aveva fatto i complimenti a tutti per il coraggio dimostrato nella battaglia, ricordato i caduti, aveva portato i ringraziamenti del Presidente e poi si era rinchiuso nel suo ufficio. Teyla poteva vedere l’espressione del viso severa e cupa mentre le dita scorrevano veloci sulla tastiera del portatile. Immaginava che, sfruttando le sue capacità di mediazione, stesse cercando di usare tutte le sue conoscenze per evitare ciò che a molti pareva il destino finale di Atlantide: restare sulla Terra.
Sapeva che lei e Ronon sarebbero quasi certamente rientrati nella galassia di Pegaso appena le missioni fossero ripartite: per loro c’era già sicuramente un posto prenotato sulla Dedalus o sulla Apollo.
Ripensava con nostalgia agli anni passati con John e il resto della squadra. Probabilmente sarebbero rimasti solo i ricordi di tutte le missioni e i pericoli condivisi visitando i vari mondi della galassia di Pegaso ed entrando in contatto con le più svariate civiltà a volte amiche a volte no.
Sospirò.
Intanto nel complesso del monte Ceyenne stavano facendo tutte le verifiche necessarie per assicurarsi che non ci fossero strascichi degli eventi appena trascorsi.
Avevano verificato se ci fossero state delle trasmissioni dirette verso la galassia di Pegaso e pareva che nessun altro alveare fosse stato contattato.
- Probabilmente il comandante si è sentito superiore e pensava di riuscire a cavarsela da solo.
- Meglio così…
Ci fu un momento di imbarazzo: l’argomento successivo apriva un dibattito anche etico e nessuno sapeva come affrontarlo.
- Dovremo pensare anche al Wraith e decidere cosa farne…
Il signor Woosley era stupito e per il momento teneva i commenti per sé. Parlavano di cosa fare di un essere vivente come se fosse stato un oggetto inanimato. Anche se si trattava di un wraith riteneva inaccettabile un simile comportamento. - Politici – disse a mezza voce uscendo dalla stanza a fine riunione – Non vogliono prendersi nessuna responsabilità e nemmeno prendere una decisione
- Lo so… - rispose Sheppard.
Nel suo animo era indeciso: ucciderlo? Entrare nella sua cella e sparargli a sangue freddo. Non ne era sicuro che ne sarebbe stato capace.
Lasciarlo andare? Conosceva fin troppo bene l’ubicazione della Terra.
Tenerlo per sempre prigioniero? Bisognava prima o poi nutrirlo.
Utilizzarlo per essere studiato? Non voleva neanche pensarci. Metterlo in stasi. Poteva essere una soluzione che avrebbe risolto molti problemi.
- Potremmo anche provare ad usare il vaccino e trasformarlo in un essere umano – suggerì Rodney.
- No. – rispose Teyla. Lei aveva fin troppo presente cosa era successo a Michael e le devastanti conseguenze per tutti. - E non avrete dimenticato cosa è successo con il vaccino modificato da Beckett e poi portato avanti dalla dottoressa Keller. No. Troppo pericoloso
Rimasero a guardare il tramonto in silenzio.
Dovevano discutere di come e quando organizzare il rientro di Atlantide nella galassia di Pegaso; Teyla e Ronon non potevano rimanere per sempre sulla Terra, se questa fosse stata l’ultima ubicazione di Atlantide. Era stato offerto loro di imbarcarsi con una delle navi che sarebbero rientrate nella galassia di Pegaso per monitorare lo stato delle cose, adesso che la città non era più in difesa degli umani presenti. Il giorno dopo la Dedalus al comando del colonnello Carter era pronta a ripartire per la galassia di Pegasus. Teyla e Ronon salirono a bordo cercando di nascondere le ansie per il futuro. Avrebbero mai più rivisto gli umani della Terra che erano diventati per loro una seconda famiglia?
Durante i giorni successivi un susseguirsi di rapporti provenienti da Pegaso descriveva una situazione di dominio incontrastato dei Wraith anche se ancora in guerra civile tra di loro.
Pareva che nuove alleanze ben più forti fossero state strette tra alcune fazioni sotto la guida di un comandante ben voluto e rispettato che godeva di grande seguito tra gli altri comandanti. Le informazioni ricevute dall’intelligence riportavano che un numero imprecisato di alveari si era unito sotto un unico comando. Se così fosse e se questo avesse portato alla fine della guerra civile ci sarebbe stato da aspettarsi un dominio incontrastato e totale dei wraith e per gli umani della galassia questo avrebbe significato la fine.
Nessuno dei presenti era in grado di fare una proposta: molti, pur cercando di nasconderlo, pensavano che i costi da sostenere per rimandare Atlantide nella galassia di Pegaso non fossero giustificati. Dopotutto da millenni gli umani in quella parte dell’universo combattevano contro i wraith. Dovevano avere ragioni ben più convincenti per approvare il budget di spesa richiesto. Questo punto venne chiuso con un politico “vedremo quale sarà l’evolversi della situazione e poi valuteremo le azioni da mettere in campo”.
Passarono all’argomento successivo: la questione del wraith che era stato portato sulla Terra. Li aveva avvertiti del pericolo e li aveva aiutati.
- Non possiamo tenerlo qui per sempre. È un wraith. Un nemico… si nutre di esseri umani… - commentò Mr. Coolidge – dobbiamo… - si inumidì le labbra - renderlo inoffensivo. Potrebbe riuscire a mettersi in contatto con altri suoi simili e magari invece che un solo alveare arriverebbero a decine. Cosa faremo? Non è detto che saremo di nuovo fortunati. Questa volta abbiamo dovuto confrontarci con uno solo…se ne arrivassero molti di più? E se poi fossero vere le informazioni ricevute? Questo nuovo comandante wraith? Arriverebbero in massa.
Un brusio di approvazione di levò nella sala.
- Volete ucciderlo? Chi entrerà nella sua cella e gli sparerà a sangue freddo? O gli farete un’iniezione letale?
Tutti si voltarono sorpresi a guardare il signor Woosley.
- Perché mi guardate? Pensate di condannarlo a morte senza conseguenze? È un prigioniero di guerra e come tale la convenzione di Ginevra sancisce dei comportamenti da tenere nei suoi confronti.
Richard dopo quest’ultima affermazione si sistemò la cravatta con un’espressione risoluta e fiera.
- I wraith se ne fregano della convenzione di Ginevra! Quelli ci mangiano e basta! – replicò Mr. Coolidge con evidente irritazione.
Richard scosse la testa: - non approverò mai questa vostra risoluzione. Per una condanna a morte serve un voto unanime.
- Potremmo studiarlo. Le sue capacità rigenerative sono di grande interesse. Pensate a cosa si potrebbe riuscire a fare se riuscissimo a “ripararci” nello stesso modo che fanno i wraith – provò a suggerire Mrs. Shen Xiaoyi
Il signor Woosley li guardò inorridito: - Volete vivisezionarlo? Questo è troppo!
Si alzò dal tavolo ed uscì dalla stanza abbandonando la riunione.
Sheppard, che stava seguendo la riunione seduto in un angolo, lo seguì.
- Ci vuole coraggio, molto coraggio per fare ciò che ha fatto là dentro…
- John…non è questione di coraggio. Io sono e resto un avvocato. Non posso vedere calpestati i diritti di un prigioniero di guerra anche se è un wraith… Ci siamo sempre comportati così, o almeno ci abbiamo provato, anche quando sapevamo che fine facevano i nostri. E quando ci siamo spinti oltre i limiti accettabili abbiamo avuto sempre spiacevoli sorprese. Lui non è diverso…
- Cosa suggerisce?
- Alla fine, ci ha aiutati. Poteva non contattarci. Quando lo ha fatto sapeva che non lo avremmo mai lasciato andare, eppure ha scelto di informarci del super alveare.
- Questo è vero…ma lo ha fatto per il suo tornaconto…era stato tradito dai suoi… - commentò Sheppard aprendo le braccia come dire: “che possiamo farci?”
- Può essere…può essere che lo abbia fatto solo per se stesso. Ma sapeva che fine avrebbe fatto. Non lo credo così ingenuo.
- Non mi risulta che i wraith conoscano sentimenti di amicizia specie nei nostri confronti…noi siamo il loro cibo…
- Io credo che lui sia diverso…Lei no colonnello?
John non sapeva cosa rispondere. Aveva avuto modo di lavorare “insieme” a Todd in alcune situazioni. Non sapeva mai se fidarsi o meno, se mentiva o diceva il vero. Ogni volta era una sorpresa e sicuramente non gli diceva mai tutto.
Sospirò.
- Lo immaginavo – si limitò a commentare Richard.
La riunione era terminata e lentamente i vari delegati uscivano dalla sala.
- Signor Woosley – disse Mr. Coolidge – mi può raggiungere nel mio ufficio?
Richard inarcò le sopracciglia. Gli avrebbero dato il benservito? Non ne sarebbe stato sorpreso.
- Ci vediamo dopo – gli disse Sheppard.
- Lo spero – mormorò Woosley.
Rimase alquanto sorpreso di vedere che anche il generale O’Neill era presente.
- Prego, si accomodi…
- Il suo commento ha lasciato un amaro in bocca a molti dei presenti…
- Il mio codice etico mi impedisce di calpestare la legge…
- I wraith non rientrano…- iniziò il discorso Mr. Coolidge
- Non ne sono nemmeno esclusi… - ribatté prontamente Richard
- Touche… - disse O’Neill - comunque ho cose ben più allarmanti da discutere adesso. La Pegaso non dà più notizie da quando è tornata: non abbiamo più traccia. Sappiamo solo che ha ingaggiato battaglia con delle navi alveari. Ci stiamo preparando per organizzare una missione di ricerca. La Dedalus partirà per prima, appena saranno ultimate le riparazioni e credo che anche Atlantide dovrà fare rientro al più presto. I Wraith ora sono i padroni indiscussi di Pegaso…di nuovo…Dobbiamo monitorare la situazione direttamente sul posto. Non possiamo permetterci che la nostra galassia possa venire raggiunta di nuovo.
- E lei guiderà ancora la spedizione…
Woosley rivolse uno sguardo interrogativo al generale O’Neill
- Pensavo che dopo la mia esternazione…
- È proprio per la sua esternazione che la rimando indietro…
- Ah…

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Capitolo 2
*** Elbereth ***


La nave alveare uscì dall’iperspazio ai confini della galassia di Pegaso. Elbereth stava guardando attraverso la grande finestra che era sul ponte di comando il pianeta che si trovava sotto di loro. Sapeva che anche altri alveari erano arrivati: quello della regina sospirò e pensò – spero ancora per poco - e poi un altro che si era aggiunto alla raccolta. Non lo aveva ancora identificato ma poco male. Di certo non era di una fazione avversaria. Si sarebbe occupata della cosa in seguito. Adesso aveva affari più stringenti da portare avanti. - Fate uscire le navi. Non veniamo qui da un po’ di tempo, quindi credo che troveremo una rinnovata e ben nutrita fonte di cibo. Il primo ufficiale chinò il capo. Era come fosse cosa già fatta. Rimase ad osservare le navi da caccia che lasciavano i ponti di decollo e scendevano in picchiata verso la superficie del pianeta. Ripensava a quando era lei a pilotarle. Le piacevano: veloci, manovrabili. Nulla a che vedere con la nave alveare. Ma il suo nuovo incarico non prevedeva troppa partecipazione attiva, anche se lei appena poteva lasciava volentieri il comando al primo ufficiale e si univa ai soldati o agli altri ufficiali che scendevano sui pianeti. E lei doveva rispondere a questa regina del suo operato. Un ringhio sommesso le uscì dalla bocca. Tutto questo la indisponeva. La regina la indisponeva: immobile, perennemente seduta sul suo trono. Pontificava su questioni di cui non sapeva alcunché, voleva insegnarle come portare avanti le sue ricerche. Era solo una politica. Elbereth invece preferiva l’azione. Ricordava con nostalgia i tempi della guerra contro gli Antichi, quando il popolo Wraith era riuscito a scacciarli e a diventare il padrone incontrastato della galassia di Pegaso. Poi qualcuno aveva nuovamente preso possesso della città di Atlantide e aveva minato la loro stabilità. I Wraith erano stati risvegliati tutti e questo aveva creato molti problemi. Problemi che continuavano tutt’ora con una guerra civile in corso che stava decimando i Wraith tra di loro. Voleva fare chiarezza su questo e su molte altre cose ancora, come gli ultimi avvenimenti di cui non aveva ancora chiara la dinamica. Aveva saputo da uno dei suoi adoratori che era stata effettuata una comunicazione trasversale da un’altra realtà come pure del potenziamento di un alveare tramite uno ZPM di non chiara provenienza. E infine l’uccisione della Primaria da parte di una regina non ben specificata che aveva quindi preso il suo posto e poi era sparita come pure il comandante che lei aveva messo come portavoce in sua assenza – su questo si era fatta un’idea ben precisa, ma aveva preferito tenersela per sé. Pareva poi che Atlantide fosse sparita. Alcuni dicevano che fosse tornata sulla Terra. Altri che era stata spostata su un altro pianeta. Non era riuscita a sapere di più. Tutti però erano concordi nell’affermare che un wraith era tenuto prigioniero nella città Lantiana. - La Terra… - pensava a quel pianeta intensamente. Una fonte di cibo senza uguali. Avrebbe risolto molti problemi riuscire ad avere le coordinate per raggiungerla. Aveva saputo anche che alcune navi dei terrestri erano recentemente riapparse nella galassia di Pegaso. Una in particolare pareva avesse ingaggiato recentemente uno scontro con un paio di navi alveari ed aveva avuto la peggio. Non sapeva nulla della sorte dell’equipaggio umano. - Peccato… sarebbero stati un’utile fonte di informazioni…e di cibo – sorrise. Elbereth decise di scendere sulla superficie del pianeta. La raccolta era stata soddisfacente almeno per lei e voleva lasciare per un po’ di tempo la nave alveare per camminare di nuovo sulla terra ferma. Stava facendo un giro per le case del villaggio per dare un’occhiata quando la sua attenzione fu attratta da una voce che conosceva bene. Entrò in una delle case: - bene…bene.. guarda chi c’è qui. Alastair…Allora è tuo l’altro alveare. Mi ero giusto chiesta di chi fosse. Vedo che sei impegnato con un umano… - ghignò – lo porti sul tuo alveare oppure…? Piegò la testa per poterle dare un’occhiata. Incrociarono per un momento gli sguardi. Elbereth percepì una grande forza: - Uhm – pensò – interessante. Alzò le spalle con noncuranza e commentò a voce alta: - Finisco il giro e poi torno sul mio alveare. Non ho altro da fare qui. Stava uscendo che fu presa da un attimo di esitazione. Si fermò a riflettere come se avesse avuto un presentimento, la sua uniforme. Voltò appena la testa: - Fermo! – disse. Poi tornando sui suoi passi - Umano… come ti chiami? Fece una smorfia di stizza. Non le piaceva dover ripetere le domande. Si avvicinò senza mai togliere lo sguardo. Scosse la testa. - Non mi resistere, umano – parlava con voce calma - posso entrare nella tua mente come e quando voglio. Perché vuoi rendere le cose difficili? È peggio…per te, intendo… - piegò la testa da un lato con uno sguardo intenso e carico di sfida. - Carter… - disse sospirando. Si fermò ad osservare l’umana che era tenuta a terra da Alastair. Ora la sua espressione era totalmente cambiata. - Carter… Colonnello Samantha Carter? Sospirò profondamente annuendo. - Samantha Carter …ho molte domande da farti… Le accarezzò il viso con le sue lunghe dita. - E mi darai tutte le risposte che voglio … percepisco una gran forza…ma non puoi vincermi. Poi si rivolse all’altro wraith: - Ho bisogno di questo umano. Il Wraith si strinse nelle spalle e poi guardando la donna che teneva ferma rispose: - Cos’ha di diverso dagli altri? Hai già concluso la tua raccolta – ringhiò. - Avanti Alastair… - Va bene. Se proprio ci tieni…è tuo… Se ne andò senza aggiungere altro. Elbereth si voltò verso il colonnello Carter ed annuì. - Bene. Samantha Carter. Tu adesso verrai con me. Ascoltami bene, umana, non rendermi le cose difficili. Ne guadagneremo entrambe. Io ho i miei motivi per tenerti in vita, per cui dovrò fare in modo di convincere la regina facente funzioni della Primaria – sottolineò volutamente con un tono di disprezzo questo punto - della necessità di questo e tu mi devi aiutare, se vuoi continuare a vivere. Samantha non riusciva a capire i motivi che spingevano quel wraith a non usarla come il suo prossimo pasto ma non osò fare ulteriori domande. Al momento pareva che se lei la avesse assecondata non sarebbe stata uccisa e questa era già una notizia positiva. Elbereth le fece cenno di seguirla: - Andiamo all’aperto…Ti farò prelevare da una delle nostre navette. Riprenderemo la discussione sul mio alveare. Appena la navetta rientrò nella baia dove stavano rientrando tutti gli altri scaricò Samantha. Le lasciò solo il tempo di riprendersi dalla rimaterializzazione e fece un breve cenno a due guerrieri che si avvicinarono immediatamente. - Ti consiglio di andare con loro senza crearmi problemi... Guardò le due guardie mentre scortavano fuori dalla baia di approdo delle navette l’ufficiale terrestre. Nella sua mente una serie di pensieri prese forma: la soluzione che cercava forse le era stata servita senza particolari sforzi. Elbereth ora doveva parlare con la regina per metterla a parte della sua decisione, doveva dirle la verità, almeno parzialmente. Tornò immediatamente in sala comando e contattò l’alveare della Regina. Sapeva di rischiare molto: non si poteva disturbare la regina a piacimento. Avrebbe potuto incorrere nella sua ira. - Regina – disse chinando la testa e portando una mano al petto in segno di rispetto – perdona se ti disturbo, ma è per una questione che potrebbe essere di interesse per tutti noi. Se me lo consenti preferirei parlartene di persona. La Regina rimase a riflettere, poi acconsentì: se si fosse rivelata un perdita di tempo avrebbe avuto la scusa per eliminare quello scomodo comandante per sempre.

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Capitolo 3
*** Accordo non negoziabile ***


Elbereth discusse a lungo con la regina. Riteneva che fosse importante capire cosa fosse successo. Era chiaro che la nave Wraith che aveva ricevuto le coordinate della Terra non aveva voluto condividere le informazioni con gli altri. Questo, se fosse andato tutto secondo i piani di questo ambizioso comandante, gli avrebbe dato una posizione di predominanza. Avrebbe potuto accedere ad una fonte di cibo di notevole abbondanza. Avrebbe lasciato gli altri a sterminarsi a vicenda per guadagnarsi la minima sopravvivenza. Doveva fare entrare il germe del sospetto nella regina: se ci fossero altri alveari disposti ad agire in solitaria, questo avrebbe minato il suo potere. - Credo che la nave alveare che ha raggiunto la Terra sia anche la stessa che era riuscita ad incrementare notevolmente le sue capacità con uno ZPM. E il suo comandante potrebbe essere stato quello che ha tradito Guide. Disse l’ultima frase cercando di nascondere l’ansia che la stava assalendo: era dove voleva arrivare. Ora dipendeva tutto da come la Regina vrebbe reagito. La regina rimase ad ascoltare in silenzio come il suo solito. - Non capisco il tuo interesse in quel comandante. - Ho lavorato con lui molte volte. Le sue conoscenze tecnologiche sono notevoli. Gode di un certo seguito tra gli altri comandanti, e questo permetterebbe di allargare la nostra alleanza ed incrementare le navi fedeli a te. E come ultimo, e non lo ritengo così inutile, è in un certo qual modo, molto vicino agli umani. Potremmo ottenere molte informazioni aggiuntive sulle loro attività e potenzialità…e magari riuscire ad ottenere le coordinate della Terra. - Non gode di certo di un gran seguito se è stato tradito… E tutto qui? - Ecco – Elbereth cercava di nascondere la collera che si era impadronita di lei in quel commento - sono scesa sul pianeta dopo la raccolta e ho incontrato un umano. Pare facesse parte dell’equipaggio di una nave umana appena tornata dalla Terra che ha avuto uno scontro con uno dei nostri alveari ed è stata sconfitta. In effetti ne era il comandante. E so che precedentemente è stata anche a comando di Atlantide. Quindi conosce molte cose e voglio interrogarla. - E chiedi il mio permesso per interrogarla? La regina stava perdendo la pazienza: - Non è per questo che l’hai portata sul tuo alveare, non è vero Elbereth? La tua mente è forte, ma le tue parole ti tradiscono Elbereth ebbe un gesto di stizza ma riprese subito il controllo: doveva rimanere concentrata per evitare che i suoi pensieri fossero palesi alla regina. - Vorrei proporre uno scambio. - Elbereth…io ho molta stima di te. Ma a volte credo che tu metta a dura prova la mia pazienza. Si alzò e le andò incontro. Elbereth non indietreggiò. Non voleva mostrarle mancanza di rispetto, questo è certo, ma nemmeno voleva dare segni di debolezza. La regina le camminò attorno squadrandola in modo altezzoso. Solo per il fatto che era una grande scienziata oltre che una stratega di prim’ordine non l’aveva ancora uccisa. Era sempre un po’ fuori dalle righe ed aveva un personale concetto dell’obbedienza. Inoltre molti comandanti avevano per lei rispetto e ammirazione. E questo la irritava ancora di più. Ma aveva ancora bisogno di lei. - Elbereth…sei molto vicina a diventare il mio prossimo pasto…e in questo momento sono affamata… - Regina – doveva giocare tutte le sue carte e quindi pensava di mettere a conoscenza la regina del suo piano, o almeno di una parte di esso - ho un’idea per aumentare le capacità rigenerative dei nostri scafi. Ma ho bisogno di Guide. Mi serve la sua conoscenza di programmazione delle naniti. - Non sarebbe più facile procurarci degli ZPM? - Un ZPM per ogni alveare? Dove li troviamo? Io sto pensando a qualcosa di più generale…e definitivo Illustrò brevemente la sua idea alla regina: sfruttare le naniti e quella tecnologia a loro vantaggio. Avrebbe certamente comportato dei rischi ma se fossero riusciti a controllarle e a limitare la loro attività i benefici che avrebbero ottenuto valevano ogni azione. La regina aveva continuato a camminarle intorno. Quando Elbereth finì il discorso torno a sedersi sul trono. - Va bene. Mi hai convinta, come il tuo solito. Non fare errori. Non avrai l’occasione di rimediare. - Sì. Chiaro. Non te ne pentirai. Chinò il capo ed uscì. - Oh… se te ne pentirai… - disse tra sé. Ma questo sarebbe stato un passo successivo. Adesso doveva concentrarsi su quell’umana. Tornò soddisfatta sul suo alveare e si recò nella cella dove era tenuta Samantha Carter. Ora doveva trovare un argomento convincente. Sapeva benissimo che era un militare e che quindi minacciare la sua vita non sarebbe servito a nulla. - Ascoltami umana…se fosse per la regina tu saresti stata il suo prossimo pasto. Io ho altri piani per te. Samantha guardò sorpresa il Wraith che aveva di fronte. - Che cosa vuoi da me? Non riusciva a capire le dinamiche che stavano dietro quelle decisioni. - Ogni cosa a tempo debito. Cominciamo con la parte più importante: un mio comandante ha aiutato gli umani di Atlantide a far ritorno sulla Terra – non mi guardare con tanta sorpresa. So benissimo della sua esistenza - per combattere contro la minaccia portata da un alveare che aveva raggiunto il vostro pianeta. Per qualche motivo che non mi è chiaro è stato portato con loro. Io voglio trovare un modo per contattarli per proporre uno scambio - Non se ne parla… - Non sei nelle condizioni di trattare, umana… e credimi sono tutto ciò che ti divide dal restare viva e diventare il nostro prossimo pasto. Non ti conviene avermi contro. - Che cosa vuoi… - Farai in modo che arrivi il mio messaggio. - Non ti darò mai le coordinate della Terra. - Se avessi voluto te le avrei già prese. La tua vita in cambio di quella del wraith che è stato portato sulla Terra. Questo è l’accordo. E non è negoziabile. Spetterà a te farlo accettare. - Non accetteranno mai. Io sono un soldato e so benissimo che la mia vita non vale quella di tutta l’umanità. Se vuoi uccidermi, fallo subito.

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Capitolo 4
*** Nostalgia e realtà ***


Le riparazioni ad Atlantide si erano rivelate ben più lunghe di quanto si aspettassero e il suo rientro nella galassia di Pegaso era stato ancora ritardato. Ogni giorno la Dedalus faceva rapporto aggiornando il comando della situazione nella lontana galassia. Purtroppo, da qualche giorno non faceva avere sue notizie e questo non faceva altro che alimentare le voci del precipitare della situazione e della necessità di rientrare a supporto degli umani presenti. Erano già stati decimati dai Replicanti ed ora i Wraith, non avendo alcun rivale, potevano agire incontrastati. Le deboli resistenze poste dall’unica razza che poteva tener loro testa, i Genii, non erano nemmeno sufficienti a difendere il loro stesso pianeta. John trascorreva il suo tempo a rimuginare sul passato. La nuova vita che aveva iniziato in una lontana galassia gli aveva dato emozioni che faceva fatica a lasciare andare. Nuovi sogni, nuove ambizioni che ora sembravano svanire nel nulla. Non sapeva come sarebbe riuscito ad accettare un ritorno alla vita “normale e noiosa”. Sorrise. Trovava ironico che avesse definito normale la vita sul suo pianeta. Si recò nella cella di detenzione. Lo faceva spesso soprattutto per cercare di fuggire da una realtà che non era ancora riuscito a digerire. Questo lo rendeva di pessimo umore: i sentimenti contrastanti che provava ogni volta gli creavano dubbi che lo tormentavano costantemente. Guide lo aveva percepito fin dall’inizio e ogni volta ignorava la sua presenza voltandogli le spalle. Questa volta però volle rispondergli. Inclinò la testa di lato sollevando uno sguardo ormai vuoto. Sospirò: - Perché vieni qui, John Sheppard, se questo ti crea un così grande fastidio? - Todd, ammetto che in fondo in fondo speravo che tu morissi durante la battaglia. Avrebbe risolto molti problemi. - Ah…colonnello…ti ho quindi deluso. Me ne farò una ragione Ghignò, ma era chiara la rassegnazione che si era ormai impadronita di lui e con cui conviveva da tempo sapendo che la sua sorte era segnata. - Cosa sei venuto a chiedermi? Cosa volete ancora da me? Prima o poi la fame inizierà a consumarmi. Un fuoco che mi brucerà da dentro…È questo che volete vedere? Volete vedere la mia sofferenza? Aprì il palmo della mano che usava per nutrirsi e rimase a guardarlo. Smise di parlare. Il dolore che aveva iniziato a provare da qualche giorno era già così da solo insopportabile senza doverlo anche descrivere. Poi si riprese: - Credi che non sappia che stanno decidendo cosa fare della mia vita? Si fermò un attimo a riflettere. Voleva chiedergli di ucciderlo. Ma c’era ancora tempo per questa decisione da cui non sarebbe potuto tornare indietro. John si avvicinò alla parete di vetro che lo divideva dal wraith. Evitò di dirgli che la prima decisione presa in considerazione era in effetti quella di studiarlo: le capacità rigenerative dei wraith e praticamente la vita eterna erano qualità ambite da molti. - Abbiamo deciso in metterti in stasi finché non troveremo una soluzione. È solo temporaneamente. Le riparazioni ad Atlantide sono più dispendiose del previsto e richiedono un tempo maggiore. Onestamente non sappiamo come comportarci con te e, almeno questo pensa una parte di noi, riteniamo che non sia corretto farti soffrire per la mancanza di cibo. Poi aggiunse per cercare di indorare la pillola: - Stiamo facendo il possibile perché ti sia accordata la libertà quando torneremo nella galassia di Pegaso. Il wraith ghignò: - Certo…Anche se adesso conosco le coordinate del vostro pianeta? - Troveremo un’alternativa - Oh, sì. Non ne dubito… - Il tuo senso dell’umorismo mi ha sempre divertito… Guide scosse la testa. Sapeva perfettamente che conoscendo l’ubicazione della Terra non avrebbero mai permesso che tornasse vivo tra i wraith. Sapeva pure che la sua sorte era segnata anche tra la sua gente. Non sarebbe potuto tornare e restare impunito per quanto aveva fatto. Era già riuscito a fuggire una volta dalla morte ed ora si trovava in una situazione da cui non riusciva a vedere una via di uscita: non poteva tornare tra i wraith e non poteva restare con gli umani. - Non giudicherò le vostre scelte viste le opzioni tra cui c’è da scegliere. Comunque, apprezzo lo sforzo. Chissà se avremo ancora occasioni di incontrarci. La vostra vita, dopo tutto, è ben più corta della mia… John lo guardò con aria di sfida. Sapeva benissimo che stava bleffando. Ormai lo conosceva bene. - Può darsi. Ma non credo che sarai accolto a braccia aperte tra i “tuoi”. Tutto sommato per il momento qui puoi ancora continuare a vivere Il wraith abbassò lo sguardo: non aveva nessuna regina a proteggerlo. Nessuno che avrebbe potuto aiutarlo a tornare al prestigio di cui godeva. - Sì. Se questo tu lo chiami vivere. Guide venne scortato fino al laboratorio della base e fatto entrare nella capsula di ibernazione. Si guardò intorno annuendo, poi chiuse gli occhi accettando passivamente il suo destino. I giorni trascorrevano veloci. Tutte le squadre erano impegnate in varie attività soprattutto legate ai back up di tutti i sistemi e delle informazioni contenute negli innumerevoli data base della città. Ogni operazione era legata allo scopo finale di smantellare la città pezzo per pezzo per poterla studiare. Ogni giorno Sheppard passava a vedere dove Guide è ibernato. - Sai…devo dire che mi manchi. Mi manca un po’ tutto… Il dottor Beckett un giorno passava per caso e rimase ad ascoltarlo. Quando John si accorse della sua presenza, facendo finta di niente, uscì dalla sala. - Voglio solo essere sicuro che non si sia risvegliato e fuggito – disse come scusa cercando di minimizzare. Carson gli rispose con un accondiscendente sorriso - Certo. Eppure ho sempre pensato che lo avresti voluto vedere morto… - All’inizio sì, lo ammetto. È esattamente quello che gli ho detto. Adesso, non lo so. E’ tutto così diverso Il suo tono era triste. Capì che non era il caso di insistere. - I tuoi amici sono sempre qui John, nel caso ne volessi parlare. Sheppard abbassò la testa e annuendo se ne andò. Il giorno dopo il tecnico addetto alle comunicazioni chiamò in sala comando con urgenza Sheppard e il signor Woosley. - Abbiamo una comunicazione. Non vi piacerà…proviene dalla galassia di Pegaso. Non abbiamo la conferma della provenienza. Solo il codice di identificazione del colonnello Carter. Ascoltarono in silenzio il messaggio che, con loro enorme sorpresa, non era di Samantha, bensì di un Wraith: - Mi chiamo Elbereth. Voi avete qualcuno che mi appartiene: un mio comandante e scienziato. Ed io lo rivoglio… So che il vostro pianeta è stato raggiunto da una nave alveare, ma che non ha avuto successo. Per vostra fortuna non hanno condiviso le informazioni…So anche che siete stati aiutati dal mio ufficiale che a quanto pare mostra dell’interesse per voi. E voi lo avete trattenuto. Mi troverete in orbita al pianeta in cui era situata Atlantide prima che la spostaste definitivamente. Non ho tempo da perdere. Se verrete avrò la risposta, se non verrete la avrò comunque e le mie azioni saranno conseguenti alla vostra non risposta. Come avete potuto capire il colonnello Samantha Carter è … trattenuta sul mio alveare. Fece una pausa e poi aggiunse: - Come ospite, per il momento Poi continuò: - Questa è la mia proposta: posso farmi dare le coordinate della Terra dal vostro ufficiale. Dopo di che mi presento alle vostre porte con 30 navi alveari, mi riprendo il mio comandante e, dato che ci sono, faccio provviste. Oppure arriviamo ad un accordo: voi venite nella galassia di Pegaso, facciamo uno scambio e ognuno poi per la sua strada. Non fatemi aspettare troppo. Chiuse la comunicazione. - Cosa facciamo? Può fare quello che ha detto? - Non lo so. 30 navi alveari al comando di un solo wraith. Non ha detto di essere una regina. E anche fosse sono tante per essere fedeli ad una sola regina. Per me sta bleffando. - E se invece fosse vero? Se fosse lei il comandante di cui parlano? Potrebbe ottenere piuttosto facilmente le coordinate della Terra. Hanno molti modi di essere persuasivi. - Lasciare libero Todd? Conosce fin troppe cose della Terra. Cosa gli impedirà di comunicarle agli altri? - Cosa impedisce invece a questo comandante di prendere le coordinate della Terra dal colonnello Carter? Erano molto sorpresi dello strano comportamento di questo comandante wraith. Pareva tenesse alla vita di Todd e per questo invece di estorcere le informazioni al colonnello Carter era disposta ad una trattativa. E poi non aveta detto nulla degli altri imbarcati sulla Dedalus. Qual’era stata la loro sorte?

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Capitolo 5
*** Scambio ***


Woosley decise di parlare con il Presidente. Ora la questione non era più se Atlantide potesse o no tornare nella galassia di Pegaso o se il Wraith potesse o no essere studiato. Riteneva reale il rischio di un’invasione. Non credeva che stesse bleffando.
- Richard – gli disse al termine della riunione dopo che tutti gli altri uscirono – mi dai l’opinione di un amico?
- Credo che stia dicendo la verità – rispose dopo un attimo di silenzio – ci contatterà a breve per avere una risposta. Magari possiamo prendere dell’altro tempo. Continuo a pensare che il comportamento di questo Wraith è…strano…decisamente diverso.
Il Presidente annuì: - Fa quello che ritieni più giusto.
Elbereth non si fece attendere: - Avete avuto tutto il tempo per pensare. Noi Wraith siamo molto pazienti – fece una pausa per sottolineare quanto avesse concesso loro - Ma fino ad un certo punto.
- Chi ci dice che non verrete lo stesso? – chiese Woosley
- Mi ascolti bene – cambiò il tono di voce - il comandante che trattenete è fedele a me. Non farà nulla al di fuori dei miei ordini. Entrambi sappiamo cosa rischiamo se la regina venisse a sapere quali informazioni le stiamo nascondendo.
- Accettiamo. Dateci il tempo per organizzare.
Elbereth chiuse la comunicazione. Avrebbe usato il tempo per mettere a punto i dettagli del suo piano.
Sulla Terra le attività vennero svolte con la massima priorità e portate a compimento nel giro di una settimana.
- Dobbiamo andare con la Orione. Le riparazioni della nave sono terminate, mentre non sono ancora finiti i lavori su Atlantide.
L’ultima cosa da fare prima di lasciare l’orbita era di imbarcare il Wraith. Collegarono la teca dove Todd era tenuto in ibernazione – Meglio lasciarlo così. Ci darà molti meno pensieri – commentò Rodney.
- E soprattutto non dovremo preoccuparci di dargli da mangiare – aggiunse Sheppard.
Sorrisero. Ma non riuscirono a celare la preoccupazione che albergava nei loro animi.
La nave uscì dall’iperspazio e trovò la nave alveare ad attenderli.
- Cosa facciamo adesso? – chiese McKay
- Aspettiamo. – rispose Sheppard
- Riceviamo una comunicazione: viene dalla nave alveare
- Aprite un canale
Il viso ormai a loro noto del comandante Wraith apparve sullo schermo.
- Bene. Vi stavo aspettando
- Cosa stanno facendo? – chiese con apprensione il colonnello Caldwell.
- Assolutamente nulla. Nessuna attività da segnalare e le armi sono scariche. Non pare abbiano intenzione di attaccarci.
Elbereth riprese: - Avete sicuramente già verificato che non abbiamo caricato le armi. Suggerisco un territorio neutrale. Scenderò sul pianeta e avrò solo la mia scorta personale disarmata; spero che voi facciate altrettanto. Non mi è mai piaciuto discutere in questo modo. Vorrei potervi avere di fronte. Voglio vedere negli occhi le persone con cui parlo. Inutile dirvi cosa potrebbe succedere se non rispetterete i termini.
Nuovamente la comunicazione venne interrotta senza tanti preamboli; si scambiarono sguardi e commenti pieni di indecisione. Non era certo un wraith di molte parole.
- Lo sapete vero che sarà quasi sicuramente una trappola…
- Però al momento non ha mostrato intenzioni ostili
Teyla ascoltava i commenti poi con naturalezza chiese:
- Dato che ha fatto tutta questa fatica per avere Todd di ritorno, potremmo chiedere a lui chi potrebbe essere. Che dite?
Si guardarono l’uno l’altro con un certo imbarazzo. Era sempre stata la cosa più ovvia da fare e si resero conto che nessuno aveva mai pensato a questo.
- Beh…Effettivamente è un’alternativa… - disse alla fine Rodney
Sheppard rivolse a McKay uno sguardo interrogativo. Cosa sarebbe successo se, una volta invertito il processo, avessero scoperto che non erano più in grado di risvegliare il wraith?
Rodney colse al volo l’attimo di terrore che attraversò la mente di John: - non ti preoccupare. Sono certo che è reversibile.
- Certo quanto?
- Ne sono certo – gli rispose con una certa stizza – quasi…
- Quasi? – Sheppard era al limite della pazienza.
La squadra scientifica si trovò nella stanza dove era stata collegata la teca con Todd. I parametri erano stabili. Rodney guardò John.
- Bene. Facciamolo
McKay iniziò a regolare i valori vitali per portarli ai livelli di veglia. Lentamente il wraith si stava risvegliando dall’ibernazione. Aprì gli occhi.
- Colonnello Sheppard…allora non mi avete dimenticato…
Si guardò attorno.
- Non siamo più sulla Terra…cosa è successo? Dove sono?
- Sei a bordo della Orione e siamo tornati nella galassia di Pegaso.
Li guardò attonito.
- Perché mi avete riportato qui? Non credo che abbiate pensato di restituirmi al mio mondo solo per la vostra compassione…
Parlava con molta fatica e a stento si reggeva in piedi. Ma il solo fatto di non essere più sulla Terra e di essere tornato nella sua galassia gli stava dando speranza e questo bastava a fargli attingere alle ultime forze che gli erano rimaste.
- No. Hai ragione. È qualcosa di più…qualcuno ti rivuole a tutti i costi…vivo…
Guide lo guardò alquanto sorpreso.
- Un comandante wraith. Si è identificata come…
Annuì.: - Identificata...Ah. Sì. Capisco…Alquanto inaspettato e non considerato
La sorpresa di Guide era genuina.
- Prima che rispondiamo al…tuo comandante…potresti illuminarci?
- Conosco solo un Wraith disposto ad arrivare a patti…per me…
- E tu cosa faresti per lei?
- Morirei…
- Bene…perché è quello che succederà se è una trappola.
Elbereth era scesa con il suo incrociatore sulla superficie del pianeta. Aveva dato ordine al suo secondo di fare rientro alla nave alveare; avrebbe attivato il suo trasmettitore al momento opportuno e di comunicare agli umani le coordinate del luogo dell’appuntamento dove li avrebbe aspettati - ma non a lungo – aveva aggiunto. Più tempo passava e più alte erano le probabilità che l’incontro si tramutasse in una trappola.
Guardò Samantha: - spero che tengano a te almeno tanto quanto io tengo al mio ufficiale.
Sulla Orione i dubbi e la preoccupazione erano argomento continuo di discussione: avrebbero rilasciato il wraith che conosceva le coordinate della Terra.
- Chi ci assicura che non le darai a lei?
Guide rimase per un momento a pensare: le sue risposte avrebbero decretato la sua sorte.
- Comprendo i vostri timori. Se avesse voluto le avrebbe potute estorcere tranquillamente al vostro colonnello.
Guide aveva ripreso il suo tono sicuro. Iniziava a vedere la fine della sua pena. Continuò: - Non so se questo possa in qualche modo rassicurarvi: se non lo ha fatto aveva sicuramente le sue buone ragioni. Io rispetterò questa decisione. Lei rischia la sua vita se la regina venisse a sapere che questa informazione le è stata tenuta nascosta. Abbiamo tutti interesse a…dimenticare.
Nessuno gli aveva detto i termini dell’accordo, ma sapeva benissimo che per aver ottenuto una simile concessione Elbereth doveva aver fatto una proposta che non poteva essere rifiutata. La vita di un ufficiale non poteva essere sufficiente per convincerli a rilasciarlo.
- Da quando rispondi a qualcuno? – chiese John - Sapevo che avevi nascosto agli altri wraith che non avevi più la regina sul tuo alveare
Guide cercò di nascondere l’imbarazzo minimizzando la situazione in cui si era trovato. Il suo orgoglio era messo a dura prova.
- Ho stretto un accordo. Dopo quello che era successo mi trovavo in una posizione debole. La proposta che mi ha fatto Elbereth è stata molto convincente e sicuramente molto favorevole per me.
Sheppard guardò il wraith: - Al minimo segno di tradimento…
- Lo so. Morirò. Ormai la conosco a memoria
- Andiamo.
In quel momento la scia di un teletrasporto illuminò la zona circostante dove Elbereth li stava attendendo.
- Bene. Prepariamoci ad accoglierli…- si voltò verso Samantha - preparate la nostra ospite. Saranno felici di rivederla…
Sheppard si materializzò con una squadra di marines che tenevano ancora le loro armi puntate contro il wraith. Todd aveva fatto alcune rimostranze riguardo al suo stato e abbigliamento: si trovava in catene e con l’uniforme della prigione ma i suoi commenti erano stati accolti con un sorriso sarcastico da John.
Elbereth diede un’occhiata al Wraith: - Bel vestito…
Guide chinò il capo e chiuse gli occhi. Annuì. Dietro quel commento c’erano molte parole non dette.
Poi continuò guardandosi attorno: - Bene. Che affollamento oggi…Allora, umano… non ho ben afferrato il tuo nome…
- Sheppard, colonnello John Sheppard
- Ah bene… allora Sheppard, colonnello John Sheppard…gentilmente, richiama i tuoi uomini e dì loro di tornare alla vostra nave…abbiamo molto da dirci e non c’è tempo per i formalismi.
- Colonnello Carter – esclamò John
- La sua nave si è spinta un po’ troppo dentro il mio territorio…Ora, fa rientrare i tuoi soldati. E poi inizieremo a discutere.
- Samantha. Stai bene? Ti hanno fatto del male?
- No…sto bene John…
- Non le abbiamo fatto nulla. Allora?
Sheppard chiamò la Orione e chiese che venissero fatti risalire tutti gli uomini che erano scesi con loro. Sarebbero rimasti solo lui, Teyla e Ronon.
Guardò i due guerrieri rimasti: - Loro?
- Loro non faranno nulla.
Si voltò verso i due guerrieri che le si avvicinarono consegnandole Samantha. Poi si misero ad adeguata distanza.
Sheppard prese per un braccio Guide: - cammina e non fare scherzi. Al solo movimento sbagliato…
- Sono morto
Anche Elbereth fece cenno al colonnello Carter: - prego, dopo di te
- Colonnello Sheppard. Vedo che il trattamento riservato al mio ufficiale è un po’ diverso da quello che ho usato per il vostro. Non ve l’ho restituito in catene e affamato alla morte
- Noi abbiamo altri usi e costumi.
- Evidentemente... Bene. Riprendetevi il vostro colonnello. Ci incontreremo ancora John Sheppard. La galassia non è così grande come sembra.
Guide raggiunse Elbereth. Teneva la testa bassa. Lei seguì i suoi passi con uno sguardo molto eloquente: - Con te farò i conti dopo… - sibilò tra le labbra Elbereth.
Guide annuì: - Sì. Certo – sussurrò con un filo di voce.
Tre navette arrivarono dal nulla per prelevarli e riportarli sulla nave alveare.

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Capitolo 6
*** Confronti ***


Guide venne condotto direttamente nella sala comando al cospetto di Elbereth ancora con le catene e gli abiti della prigionia.
- Non avrai fatto tutto questo solo per il gusto di uccidermi tu stessa.
Cercava di mantenere tutta la calma di cui era capace. Solo un leggero tremolio nella voce lo aveva tradito. Alzò gli occhi incrociando quelli di Elbereth che gli si stava avvicinando: - La tentazione è forte.
Guide cercava di sostenere il suo sguardo.
- In ginocchio – ordinò Elbereth con voce calma
Non provò nemmeno a resistere; la volontà del console era molto forte e la sua mente totalmente impenetrabile anche ad un esperto comandante come era lui.
- Ti ho trascinato fuori dal tuo incubo peggiore. Ti ci posso anche rispedire.
Allungò la mano e lo prosciugò portandolo ad un passo dalla morte.
Rimase a fissarlo per alcuni momenti come se fosse indecisa.
- Non mi finisci? – chiese con un filo di voce
Elbereth spostò lo sguardo sul suo palmo. Poi, con la stessa naturalezza gli restituì ogni attimo della sua vita.
Si rivolse alle guardie presenti: - Portatelo in uno degli alloggi – disse ripulendosi la mano - e dategli degli abiti più consoni. Poi fatelo nutrire. Non ho ancora finito con lui.
Si recò sul ponte di comando e diede nuove istruzioni al secondo in comando. Le rapide dita settarono la nuova rotta. La nave alveare saltò nell’iperspazio per un’altra destinazione: la nave alveare della Regina.
Si recò poi nel suo alloggio: era sempre di pessimo umore quando doveva incontrare la Regina.
- Mia regina – disse con il tono più rispettoso di cui era capace – inizieremo al più presto i lavori per sviluppare un nuovo programma. Il comandante wraith di cui ti dicevo è già al lavoro. Volevo rassicurarti di persona che le azioni fatte fin’ora sono giustificate dallo scopo cui tendono.
La regina era rimasta seduta sul trono con gli occhi chiusi. Sentiva che le cose stavano cambiando. Sapeva che la fedeltà del console Elbereth era discutibile. Avrebbe potuto essere una regina se gli Antichi non l’avessero modificata. Il suo stato genetico le aveva precluso il trono e, di questo ne era certa, non si era mai rassegnata. Eppure, si era sempre dimostrata saggia e le aveva sempre dato consigli che si erano dimostrati utili.
Ma le voci che stava radunando navi alveari erano sempre più insistenti. Forse era solo un abbaglio. Ma d’altro canto non voleva rischiare. Avrebbe tenuto in considerazione per dell’altro tempo Elbereth, in attesa di avere prove di un suo possibile tradimento.
- Va bene, Elbereth. Torna pure alla tua nave alveare. Fammi avere al più presto i dettagli.
Elbereth chinò la testa ed uscì.
Tornò all’alveare con la sua navetta e diede l’ordine di saltare nell’iperspazio.
Voleva allontanarsi il più possibile dalla regina e soprattutto voleva iniziare a raccogliere informazioni su quanto era successo all’alveare che aveva raggiunto la Terra e contattare gli altri alveari per iniziare una riorganizzazione. Aveva bisogno di molti alleati per portare a termine il suo piano e per questo motivo era importante contattare quelli rimasti senza regina. Sarebbe stato più facile convincerli a seguirla.
Avrebbe iniziato parlando con Guide.
Su Atlantide stanno ultimando le ultime riparazioni.
La Orione era rientrata: erano tutti ansiosi di ascoltare il rapporto del colonnello Sheppard e soprattutto la testimonianza del colonnello Carter.
Il colonnello Sheppard fu molto rapido nella descrizione dei fatti: avevano raggiunto il pianeta, effettuato lo scambio e nessuno si era fatto male.
Samantha invece si dilungò su quanto aveva compreso di Elbereth. Non le era sembrata un Wraith comune. Le è parsa molto, molto diversa.
- Non ero esattamente sua prigioniera o comunque non mi ha mai trattato come tale, per lo meno come sappiamo che i wratih considerano i loro prigionieri. Mi aveva fatto mettere in un alloggio. Poi mi raggiunse e mi chiese se avessi fame.
Onestamente ne avevo e tanta. Non sapevo quando sarebbe stata la prossima volta che avrei mangiato, se mai ci fosse stata una prossima volta. Accettai.
Mi vennero a prendere due guardie e mi scortarono fino ad una sala dove c’era una tavola imbandita con cibo “normale” – disse disegnando nell’aria con le dita delle virgolette.
Samantha sorrise al ricordo
- Non sapevo cosa dire e buttai lì una frase tipo che non ero proprio vestita per l’occasione, insomma per una cena con un console o una regina. Ciò che mi lasciò sorpresa fu il fatto che sorrise e mi rispose: neanch’io lo sono. Come può immaginare di solito mangio da sola. E mi fece vedere la mano.
Mi fece cenno di accomodarmi e di servirmi. Lo stesso fece lei.
Aveva visto il mio sguardo sorpreso e mi spiegò che i wraith non disdegnano il cibo umano. Purtroppo non riescono ad assimilarlo ottenendo i nutrienti di cui hanno bisogno.
Mi disse anche che il cibo era stato portato appositamente per me dai suoi adoratori di un pianeta vicino.
Raccontò molte cose della vita dei wraith e di come il fatto che si siano risvegliati tutti contemporaneamente fosse un problema ben più grave di quello che pensavamo noi umani, sia per loro che per noi.
È stata una cena … piacevole. Sì, piacevole. Davvero
La guardarono con grande sorpresa. - Anche se comunque resta un Wraith, ovviamente. Credo. Poi non mi è chiaro che rapporto ci sia con il nostro Todd. Ho visto l’occhiataccia che gli ha dato. Credo che abbia passato un gran brutto quarto d’ora con il console. - Beh.. – disse Ronon – pazienza…
Sorrisero. Ma tutti stavano pensando a quello che era accaduto e speravano che nessun’altro wraith avesse ricevuto le coordinate della Terra. Restava anche il dubbio: avrebbe mantenuto la sua parola? Era chiaro che Elbereth era qualcosa di diverso dagli altri wraith. Era strano, non era una regina, o almeno non si era presentata come tale, e in genere è quello il ruolo che spettava alle femmine. Però Todd aveva detto che rispondeva a lei. Non poteva essere solo un comandante. Avrebbero voluto sapere di più dei motivi che l’avevano spinta a cercare di recuperarlo. Per quel che ne sapevano non esistevano legami tra i wraith, se non qualche breve alleanza che in genere si concludeva con la morte di uno dei due.
Lei invece era venuta a cercarlo e si era data molto da fare per raggiungere il suo scopo.
- Quello che più mi ha comunque sorpresa è che non ha mai cercato di avere le coordinate della Terra. Mai. Le avrebbe potute ottenere senza fatica, eppure mai un accenno. Ha dei piani ben diversi ne sono certa. E riavere indietro il suo ufficiale fa parte di questi. Ricordo anche che mi disse: spero che i tuoi tengano a te almeno quanto io al mio comandante. Era realmente preoccupata per lui. Per lei è importante.
Atlantide doveva tornare a breve nella galassia di Pegaso, e quelle domande esigevano una risposta.
Le riparazioni erano terminate e tutto era pronto per tornare. Lentamente tutti gli abitanti erano rientrati e stavano sistemando i rispettivi alloggi.
Il signor Woosley era stato confermato a capo della spedizione e questo lo aveva reso molto felice; sarebbe però stato affiancato dal colonnello Carter. La sua presenza venne ritenuta necessaria dopo quanto era successo. Chiaramente ora si doveva trattare in modo diplomatico con i wraith. Almeno con una parte di essi.
Si era affezionato sia alla squadra, sia ad una vita molto più avventurosa di quella che avrebbe potuto avere sulla Terra e che aveva avuto fin’ora.
Non rimpiangeva per nulla le attività passate; aveva iniziato ad apprezzare la vita movimentata che aveva su Atlantide.
Teyla e Ronon erano impazienti di tornare; soprattutto Teyla che voleva riprendere la ricerca del suo popolo.
Anche Sheppard aveva iniziato ad annoiarsi e non vedeva l’ora di tornare nella galassia di Pegaso.
Soprattutto i recenti avvenimenti lo rendevano impaziente. La squadra si riunì per discuterne.
- Che ne pensate?  - chiese il signor Woosley – vedete una nuova minaccia per la Terra?
- Non lo so – rispose John – da quanto ha detto altri wraith non sono in possesso delle coordinate della Terra. Pare che siamo stati fortunati e solo l’alveare che ci aveva raggiunto le aveva captate. Ora l’unico che le conosce è Todd.
- Credi alle sue parole?
Si volsero verso Samantha: - Forse hai potuto conoscerla meglio di noi. Che ci puoi dire?
- Era molto interessata a Todd. Era chiaro che lo rivoleva a tutti i costi. Non so se esistano legami personali tra i Wraith, ma le informazioni che mi ha chiesto sono state sempre incentrate su di lui. E se le avesse detto le coordinate della Terra… credo che sarebbero già arrivati in massa…sono convinta che abbia piani ben diversi.
- Vi ricordo però che Todd è stato portato sulla Terra, quindi magari indirettamente può ricavare queste informazioni. Lei o un altro
- Il trasmettitore gli era stato tolto.
- Non è uno sciocco… - disse Sheppard – sa cosa sta rischiando se una regina venisse a sapere che nascondono queste informazioni. Entrambi stanno rischiando la loro vita.
No. Nessuno pensava che fosse uno sciocco, ma tutti convenivano che a quest’ora sarebbero già arrivati.
- A cos’altro può servirle Todd? Quali sono le sue competenze?
- Beh, vediamo – disse Rodney – ha il senso dell’umorismo, per essere un wraith intendo, ma non credo che questo possa
interessare molto…È sicuramente uno scienziato esperto … e, devo ammetterlo, un grande conoscitore della tecnologia delle naniti…
Tutti si voltarono a guardare Rodney.
- Beh, non che io non lo sia, anzi. Mi ricordo di quando…
Sguardi eloquenti lo fecero smettere di parlare. Poi aggiunse: - aspettate…non penserete che…no…i wraith aborriscono quel tipo di…non è possibile…
- Sarebbe in grado di programmarle di nuovo a loro vantaggio?
- Beh… sì…certo che sì. L’hanno già fatto una volta.
- A cosa potrebbero servire ai wraith? Se nutriti a sufficienza non hanno bisogno di nulla. E le naniti non possono creare corpi di cui possono nutrirsi.
- Eppure qualcosa mi dice che…avanti pensiamo, quali sono le loro debolezze?
- Beh, sicuramente il bisogno di nutrirsi – rispose Ronon
- No. Abbiamo già detto che non si possono nutrire dei corpi dei replicanti…avanti, cos’altro li limita…
- Le loro navi alveare… - disse Teyla – non riescono a sopportare lunghi viaggi nell’iperspazio. Devono regolarmente uscire per…
- Per permettere ai loro scafi di rigenerarsi…ecco!
- Pensi che l’idea di quel wraith sia di…
- Di usare le naniti per permettere agli scafi di ripararsi senza dover uscire dall’iperspazio. Una volta in viaggio non avranno più bisogno di fermarsi.
- Certo che se le intenzioni sono di prevalere rispetto alle altre fazioni questo le darebbe sicuramente un grande vantaggio. Ha detto che ha 30 navi alveari sotto il suo comando. Se poi aggiungiamo anche il fatto che gli scafi potrebbero diventare autorigeneranti con la facilità con cui si ripara un replicante…
- E se le sue intenzioni comprendessero anche la Terra? Non li potrebbe fermare più nessuno.
Questa affermazione unita alle informazioni che avevano di un’alleanza guidata da un comandante che godeva di gran seguito tra i wraith li fece preoccupare:
- Può essere un problema per noi…e non solo. Per tutta la galassia di Pegaso. Sempreché poi non arrivino qui sulla Terra.
- Di cosa hanno bisogno?
Samantha ebbe un sussulto. Si ricordò di una volta in cui il console stava entrando nella sua mente.
- Come vi ho già detto non ha mai cercato informazioni riguardo la Terra. Ha però cercato notizie di Elizabeth…
- Ma come potrebbero trovarla? È dispersa nello spazio. Anche se recuperassero le coordinate dove avevamo lasciato lei e gli altri, saranno fluttuati via chissà dove.
È praticamente impossibile. Non la troveremo mai…e nemmeno loro…Insomma…dovrebbero avere una fortuna incredibile.
- Sanno qualcosa che noi non sappiamo?
- Non credo proprio. Non è una loro tecnologia. E non è possibile scandagliare l’intera galassia. E poi cosa cerchi? Sono congelati…
- Ammettiamo invece che per qualche motivo riescano a trovarli. Cosa potrebbero fare? Che so…riuscirebbero a riaccenderli?
- Non lo so…onestamente non lo so. Se vi ricordate quando Niam si era riscaldato aveva ripreso le sue funzionalità. Nello spazio in pratica restano ibernati fino a quando non vengono riportati alla temperatura di funzionamento. Ma non credo che i wraith vorrebbero avere un replicante a spasso su una loro nave alveare
- Dobbiamo tornare al più presto.

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Capitolo 7
*** Il laboratorio degli Antichi ***


Due guerrieri scortarono Guide nell’alloggio di Elbereth.
Con uno sguardo li fece uscire.
- Non hai ancora finito? È per questo che hai permesso che mi nutrissi? Sentivi che non sarei stato più in grado di sopportarlo?
Elbereth era seduta sul tappeto a terra. Era solita meditare quando era arrabbiata. E lo era parecchio. Non si era nemmeno voltata quando Guide era entrato nel suo alloggio.
Tenendo sempre gli occhi chiusi si limitò a dire: - Perché? Non ti è bastato?
Guide non rispose. Solo provò sollievo pensando che non sarebbe stato punito ulteriormente.
Elbereth sospirò. La mente di Guide era forte, ma non abbastanza. Poteva percepire tutti i dubbi che la stavano affollando. La prigionia lo aveva indebolito ma non sapeva fino a che punto.
- Perché non mi hai cercato? Ti avrei aiutato. E lo sai!
- Ma la regina…
- La regina è debole – gli disse alzandosi e camminando verso di lui.
- Cosa vuoi fare?
- Al momento non ti deve interessare… - rispose dopo aver a lungo fissato Guide negli occhi.
Poi andò verso le candele e rimase per un momento ad ammirare la loro fiamma. Le piaceva la loro luce.
- Adesso ascoltami attentamente. Ho bisogno di te. Mi serve la tua profonda conoscenza delle naniti e della loro programmazione. Ho già individuato un posto tranquillo dove poter lavorare in pace e fuori dagli occhi indiscreti. Prendi il mio incrociatore. Il primo ufficiale è già informato di tutto e farà in modo che tu abbia il supporto necessario. C’è un laboratorio che abbiamo recentemente trovato e che è chiaramente abbandonato da molto tempo. Sarà perfetto. Io ti raggiungerò più tardi: devo prima chiudere alcune faccende con la regina. Non commettere errori e non fare nulla di testa tua. Non sarò più così indulgente.
Era chiaro che la conversazione era finita. Guide portò una mano al petto e chinò la testa. In quel momento i guerrieri che lo avevano portato lì erano venuti a prelevarlo per condurlo nell’hangar dove una navetta era pronta a partire per poter raggiungere la nave da guerra dove lo stavano aspettando.
L’incrociatore saltò nell’iperspazio non appena fu a bordo.
Elebereth aveva raggiunto il ponte di comando dell’alveare. Vide il lampo della finestra che si apriva inghiottendo la nave wraith. Annuì. Poi diede l’ordine di partire. Avrebbe raggiunto Guide più tardi.
Il vecchio laboratorio degli Antichi era stato rimesso in funzione. L’energia era al minimo indispensabile sufficiente per mantenere i principali sistemi attivi: non volevano sorprese. Serviva solo un posto sicuro non individuabile facilmente.
Guide si guardò a lungo attorno. Non riusciva a credere a quanto stava vedendo: un laboratorio degli Antichi a disposizione dei Wraith.
Passò i giorni seguenti a collegare alcune interfacce per poter utilizzare gli strumenti diagnostici. Poi avrebbe dovuto attivare gli schermi e adattare i vari dispositivi che gli sarebbero serviti per procedere.
Non aveva ricevuto molte informazioni da Elbereth. Sapeva solo che doveva rendere attiva la piattaforma della programmazione. E poi avrebbe dovuto solo aspettare.
- Guide. Non pensare che io ti abbia riportato qui solo perché non volevo che tu restassi nelle mani degli umani.
- Mai avuti dubbi in proposito, Elbereth…
- La tua insolenza è grande quanto la tua conoscenza. Un giorno ne dovrai rendere conto. Spera solo che sia a me.
Guide annuì: - Sì. Mia signora – e poi sottovoce – spero davvero sia così.
- Perché un laboratorio degli Antichi?
Elbereth sorrise: - secondo te verrebbero mai a cercare dei wraith in un laboratorio come questo? E poi qui ci sono tecnologie che purtroppo noi non abbiamo alle quali posso solo parzialmente accedere.
Guide annuì. Conosceva molto bene le origini di Elbereth.
Poi riprese: - Cosa vuoi fare? È pericoloso mettere mano a quelle … cose…Lo sai. Hanno una direttiva che le obbliga ad attaccarci e distruggerci. È stata riattivata e non siamo riusciti a bypassarla.
- Ho un’idea. Ma mi serve il tuo aiuto
Guide la guardò e scosse la testa. Qualunque cosa avesse in mente era sicuramente folle.
- Ascoltami. Mi ricordo benissimo quello che è successo e so della tua alleanza con gli umani per combattere i replicanti. Da quanto ho capito ne hai approfittato per impadronirti di più di uno ZPM. E questo ha anche segnato il tuo destino, se posso dire così.
Il wraith abbassò la testa. Gli tornavano alla mente quello che era successo: il tradimento del suo secondo, la cattura da parte di una regina e il rischio di diventare cibo per lei. Poi la fuga e di nuovo, l’alveare che aveva incrementato le sue capacità, la comunicazione da un mondo parallelo delle coordinate della Terra. Ancora una fuga. E poi di nuovo prigioniero questa volta degli umani di Atlantide fino ad arrivare alla Terra dove era stato ibernato.
- Non serve che mi ricordi tutto questo, Elbereth – sospirò – è già abbastanza quello che mi porto dentro.
Elbereth guardò Guide piegando leggermente la testa. Le era chiaro che soffriva ancora per quello che era successo.
- Avresti potuto rimanere prigioniero per sempre sulla Terra. Avrebbero potuto… Lo sai questo vero?
- …sì… - abbassò la testa stringendo i pugni. Per quanto tempo ancora avrebbe dovuto pagare questo suo gesto?
- Ora ascoltami attentamente. Voglio usare quella tecnologia per incrementare la capacità rigenerativa degli scafi dei nostri alveari. Procederemo innanzitutto con delle simulazioni. Se dovessero avere esito positivo poi daremo seguito allo sviluppo. Questo ci permetterebbe di viaggiare nell’iperspazio senza doverci fermare.
- È una tecnologia pericolosa Elbereth. Però devo ammettere che la tua idea potrebbe anche funzionare…
- È per questo che mi servi tu. Ho bisogno di uno scienziato che sappia guardare oltre e che abbia anche un buon livello di immaginazione associata alla conoscenza. E soprattutto una fedeltà indiscutibile. Tutte cose non semplici da trovare…
Guide chinò la testa. Per la prima volta da quando era tornato nella galassia di Pegaso sentiva che dopotutto qualcuno aveva ancora fiducia in lui e credeva nella sua lealtà.
- Come vuoi procedere?
- Prima di tutto dobbiamo trovare del materiale su cui lavorare. Il buon colonnello Carter mi ha dato alcune notizie interessanti. Hai avuto modo di incontrare una certa dottoressa Elizabeth Weir?
- No. So che era al comando di Atlantide. È rimasta gravemente ferita durante un attacco dei Replicanti. Dovrebbe … essere morta a quanto mi risulta.
- Cosa potrebbe avere a che fare con le naniti?
- Credo che sia stata infettata dalle naniti dagli stessi umani per poterla salvare. Se le mie fonti sono corrette so che era stata fatta prigioniera dai replicanti stessi.
- Sì. È quello che ho recuperato dalla mente dell’umana. Chi può sapere se è stata uccisa durante lo scontro con i replicanti o se si è salvata?
- Gli umani di Atlantide credo che potrebbero rispondere a questa domanda, ma non credo che contattarli per avere questa risposta sia una delle possibilità che hai preso in considerazione.
- No. Non al momento almeno. Ma devo trovare il modo di avere quelle informazioni. Intanto voglio che tu ti metta al lavoro ed inizi con le prime simulazioni per capire le nostre necessità e gli effetti possibili. Ho già fatto riattivare il laboratorio per quello che era possibile e ho messo delle postazioni a completa tua disposizione. Se ti dovesse servire altro, chiedi – sottolineò con enfasi l’ultima parola - E non prendere decisioni avventate.
Guide chinò la testa – come vuoi.
- Mia signora, se posso permettermi, perché non sei interessata alle coordinate della Terra? Potevi prenderle dal colonnello senza problemi.
Elbereth annuì e si voltò ad osservare lo spazio profondo. La Terra. Miliardi di esseri umani. Un pascolo infinitamente più grande di quanto potesse mai immaginare di avere a disposizione.
- E tu perché non me le dai spontaneamente?
Guide abbassò la testa. Avevano tutti più o meno consapevolmente stretto un patto che li avrebbe legati per sempre.
Elbereth rientrò sulla nave alveare. Sapeva benissimo che Guide era bravo, ma era anche da solo Aveva bisogno di aiuto e soprattutto le serviva qualcuno con il gene degli Antichi.
Aveva percepito nella mente del colonnello Carter che gli umani erano riusciti a progredire nella conoscenza della programmazione delle naniti. Non si era soffermata troppo per non insospettire l’umana, ma quello che aveva saputo era sufficiente.
- Adesso dobbiamo trovare il modo di incontrare nuovamente gli umani di Atlantide…Mi serve qualcuno che possa utilizzare in pieno la strumentazione del laboratorio. Ragionava a voce alta sperando che questo le facesse venire un’idea.
Il tempo passava. Elbereth aveva avuto conferma che Atlantide era tornata nella galassia di Pegaso. Le avevano riferito che i Genii infatti avevano avuto nuovi contatti e non solo loro. Atlantide stava ricucendo tutte le alleanze fatte durante la sua precedente permanenza.
Inoltre aveva saputo che erano in particolare alla ricerca del popolo degli Athosiani – o almeno a quanto era rimasto di loro.
Elbereth tornò nel laboratorio dove Guide stava provando le prime simulazioni.
- Un po’ presto per avere delle risposte – disse sarcasticamente.
- Sì, Guide. Lo so. Volevo chiederti delle altre informazioni sugli umani che tu conosci così bene – aggiunse con una punta di ironia - Devo trovare il modo di incontrarli e di recuperare le informazioni che mi servono. Devo sapere tutto di questa dottoressa Weir. Devo ritrovarla, viva o morta… Inoltre, tu hai bisogno di aiuto. Non dubito delle tue capacità, ma non abbiamo molto tempo.
Guide smise di lavorare e si alzò e si mise a camminare lungo il laboratorio.
- Forse… - disse fermandosi – uno dei loro membri è un’Athosiana. Il suo popolo è disperso e lei lo sta cercando disperatamente. So che parte di loro è stata vittima del wraith modificato dagli umani – lo avevano chiamato Michael.
- Sì – disse Elbereth – abbiamo ancora anche questo punto aperto.
Le erano tornati alla mente gli esperimenti che quel wraith aveva compiuto sia sugli umani che sugli stessi wraith. Era un peccato pensava che sia stato rifiutato dalla sua regina. Se solo si fosse rivolto a lei, lo avrebbe ben accolto tra i suoi anche così trasformato. Invece una scelta scellerata lo aveva fatto diventare un loro nemico, un loro pericoloso nemico.
- Potremmo – continuò Guide - fare in modo che giungano informazioni su un possibile pianeta dove si sono rifugiati gli ultimi superstiti. Manderebbero sicuramente i loro uomini a verificare. Non escludo la presenza del dottor McKay o comunque di qualcuno che è stato sottoposto alla loro terapia genica.
- Va bene Guide. Potrebbe essere un’idea. Vedo di contattare uno dei miei adoratori e faccio in modo che arrivi una notizia di un possibile avvistamento di Athosiani in qualche pianeta che sia comodo a noi e ai nostri scopi. Non deve essere un pianeta sotto il nostro controllo, dato che non si sarebbero mai rifugiati in un posto simile. Cercherò un pianeta disabitato o comunque adatto a dei profughi umani, a portata e che sia abbastanza lontano dalla nostra sfera di influenza.
Elbereth sorrise. Il piano stava prendendo forma nella sua testa.

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Capitolo 8
*** Inganno ***


Elbereth aveva a lungo cercato informazioni il più dettagliate possibili riguardo ai fatti che avevano portato alla disattivazione della direttiva che erano riusciti ad inserire nel programma dei Replicanti. Aveva saputo che era stata modificata da un certo dottor McKay. Quindi poteva essere lui l’aiuto di cui aveva bisogno.
Lasciò Guide e il laboratorio e tornò sul ponte di comando della sua nave. Fece comparire sullo schermo una mappa della galassia ed iniziò a restringere il campo di ricerca. Un pianeta abitabile, fuori dalle zone più frequenti di raccolta e ovviamente con uno stargate accessibile.
Si fermò a guardare un puntino luminoso sullo schermo annuendo. Aveva trovato quello che stava cercando. Ora doveva mettere in piedi la sua rete di informatori per poter fare arrivare ad Atlantide il messaggio senza destare sospetti. Non sottovalutava questi nuovi umani giunti da un’altra lontana galassia, la Via Lattea. La loro tecnologia era impressionante e soprattutto potevano facilmente accedere anche a quella degli Antichi.
Doveva essere rapida: sicuramente si erano chiesti per quale motivo avesse cercato di ottenere indietro Guide, o come lo chiamavano loro, chissà perché poi si disse, Todd. E avrebbero tratto le loro conclusioni. Quindi doveva trovare il modo di isolare questo dottor McKay e di portarlo via. Poi si sarebbero dileguati: non voleva arrivare ad uno scontro diretto se era evitabile.
Si concentrò nuovamente sul pianeta scelto: aveva uno stargate, quindi era facilmente raggiungibile. Era anche più facilmente spiegabile che fosse stato scelto dagli Athosiani. Lo ricordava come un pianeta che gli esseri umani definirebbero confortevole. Per molto tempo non era stato oggetto delle attenzioni Wraith quindi la popolazione avrebbe dovuto essere aumentata.
- Questo me lo ricorderò per il prossimo futuro – disse tra sé.
Ora doveva fare arrivare il messaggio. Voleva occuparsene personalmente per evitare pericolosi fraintendimenti. Non voleva nemmeno attirare troppo l’attenzione muovendosi con la nave alveare, quindi chiese all’ufficiale pilota di tracciare la rotta per il primo stargate in orbita vicino ad un pianeta che spesso utilizzava per nascondere l’alveare agli occhi indiscreti.
- Vi raggiungerò là – si limitò a dire prima di lasciare il comando al suo secondo.
Prese poi una navetta nell’hangar e uscì. Tornò sulla superficie e attivò lo stargate per recarsi sul pianeta su cui si trovava l’umano che voleva incontrare che sapeva poi sarebbe riuscito a fare arrivare il messaggio voluto ad Atlantide.
Atterrò poco distante dal villaggio. Non voleva farsi vedere e soprattutto non voleva che il suo adoratore venisse individuato. Le sarebbe dispiaciuto se avesse dovuto rimpiazzarlo. Era molto utile ed efficiente.
Raggiunse il luogo concordato e lo trovò già lì che la stava aspettando.
Si chinò rispettosamente davanti al wraith che rimase ad osservarlo per qualche secondo. L’umano sollevò lo sguardo per cercare di capire le intenzioni della sua padrona. Era certo di non aver fatto nulla che l’avesse potuta indispettire, quindi rimase ad aspettare di ricevere i suoi ordini che non tardarono ad arrivare: - Devi fare arrivare un messaggio ad Atlantide. Sono stati visti alcuni Athosiani a commerciare nel tuo villaggio. Cerca di essere convincente e di farla passare per una notizia non chiara. Un’informazione ricevuta da viaggiatori o mercanti. Chiaro? In questa borsa ci sono manufatti che appartengono a loro. Usali bene.
- Sì, mia signora.
L’incontro era finito. Sapeva benissimo che non erano necessari molti discorsi e che i wraith non dovevano alcuna spiegazione per le loro azioni.
Chinò nuovamente il capo e aspettò che il wraith si voltasse e se ne andasse per poter tornare al villaggio.
Elbereth decise che prima di tornare al suo alveare si sarebbe recata da Guide sia per avere nuovi dettagli sugli umani, sia per avere informazioni sull’attività che stava portando avanti.
Aprì l’iride e la sua navetta sparì inghiottita dallo stargate.
Quando attraversò nuovamente lo stargate rivide il paesaggio a lei noto con le dolci colline e i boschi che circondavano la radura dove aveva trovato quel prezioso edificio.
Aprì lo scudo organico che chiudeva l’abitacolo ed agilmente ne uscì.
Si recò direttamente nel laboratorio dove aveva lasciato Guide a lavorare alcuni giorni prima.
Il vecchio comandante aveva percepito la sua presenza ben prima che si affacciasse sull’uscio.
Non la lasciò nemmeno parlare: - Le simulazioni iniziali stanno terminando – esordì senza nemmeno voltarsi - È solamente il primo approccio per valutare la fattibilità del progetto.
Elbereth raggiunse la postazione di lavoro. Lo guardò.
- Intanto può bastare per sapere se e come proseguire. Devo renderne conto alla regina: non voglio darle troppe informazioni.
Guide rimase in silenzio. Avrebbe voluto chiedere quali erano i suoi piani reali. Il livello di confidenza tra i due era evidente da come interagivano. L’atteggiamento di Guide sarebbe stato trovato irritante da un altro superiore che non fosse lei. Ma si conoscevano molto bene e da molto tempo. Ma molti dubbi e molte domande affollavano la sua mente.
Elbereth lo guardò intuendo i suoi pensieri: - Ti farò sapere tutto ciò che ti serve quando sarà il momento – gli disse stizzita.
Abbassò lo sguardo annuendo. Sapeva che stava mettendo a dura prova la pazienza di Elbereth.
- Ti farò avere i dati richiesti appena saranno pronti. Non ci vorrà ancora molto.
Elbereth sorrise: avrebbe aspettato.
Voleva chiudere il discorso con la regina il prima possibile. La indispettiva. Voleva chiudere definitivamente con la regina e questa era la strada.
Guide la raggiunse nella sala centrale dell’edificio. Trovò Elbereth che stava lavorando su una postazione di controllo: cercava di bypassare alcune sicurezze per poter accedere al database del laboratorio. Spostò lo sguardo dallo schermo e seguì con gli occhi il wraith mentre le si stava avvicinando. Il suo passo sicuro e lo sguardo soddisfatto le anticipavano quello che le avrebbe detto.
- Pare che possa funzionare. Si potrebbe gestire in maniera autonoma la rigenerazione degli scafi mentre siamo nell’iperspazio. Dovremo fare attenzione agli effetti su di noi quando ci iberniamo. Dovremo fare in modo di deviare il flusso delle naniti per evitare che invada i nostri corpi.
Elbereth spostò una sedia e gli fece cenno di sedersi.
- Si può fare?
- Non è facile – continuò Guide - Si devono escludere le teche di ibernazione. Si devono quindi fare delle modifiche alle nostre navi per creare due circuiti distinti che non comunicano: uno esterno che gestisce la rigenerazione dello scafo, ma solo sulla superficie e quello più interno collegato a noi.
Restava il dubbio su quello che sarebbe successo quando la nave viaggiava con i motori sub luce o quando era parcheggiata in orbita. Le naniti dovevano poter essere disattivate per evitare la loro propagazione nel caso che non fosse necessaria la loro opera. Questo era un rischio che non potevano correre ed era il problema più complesso da affrontare.
Elbereth guardò Guide: sentiva che, nonostante tutto, il dubbio lo tormentava e cresceva dentro di lui.
- Cos’hai? - sbuffò
- Mia signora – rispose con riluttanza –non ti fidi più? In passato avevi condiviso con me ogni informazione. Ogni dettaglio.
Elbereth sorrise e scosse la testa: - No Guide. Non temere. Devo solo avere prima ben chiaro come procedere.
Finalmente era giunta ad Atlantide la voce di questo pianeta dove pareva si fossero rifugiati gli Athosiani o almeno una parte di essi.
Teyla ne era entusiasta. Li aveva cercati a lungo e forse era arrivata ad una svolta.
Il signor Woosley radunò la squadra nella sala riunioni. C’erano Sheppard, Ronon, McKay e ovviamente Teyla.
I suoi occhi le brillavano.
- Capite? Finalmente avrò delle risposte!
- Che dite della notizia? È vera?
- Pare di sì – rispose Sheppard – abbiamo incontrato un mercante che portava dei manufatti in vendita e Teyla li ha riconosciuti subito come del suo popolo. Ha chiesto maggiori dettagli al venditore e le ha detto di questo pianeta in cui era stato dove aveva incontrato della gente. Gli avevano detto che erano dovuti fuggire e che si erano rifugiati dai wraith. Insomma…sapeva cose abbastanza precise...
- C’è uno stargate su quel pianeta, sarà semplice arrivarci.
- Va bene. Andate a vedere. Fate attenzione.
Guide stava lavorando all’interno del laboratorio degli Antichi e mentre modificava la direttiva originale trovò un pezzo di codice che lo atterrì.
- No. No. No! Non può essere.

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Capitolo 9
*** Priorità ***


Aveva analizzato a fondo il codice e rivisto più volte le singole procedure. Non c’erano dubbi: era stato inserito un programma silente che una volta lanciato avrebbe riattivato delle naniti ad Atlantide trasformando così tutti gli umani presenti in replicanti.
Contattò immediatamente Elbereth.
- Mia signora. Ho trovato qualcosa che non ti farà piacere.
- Capisco – disse dopo aver ascoltato attentamente ogni parola. Sospirò: - Cambio di programma – disse – adesso la priorità è diventata un’altra.
Elbereth scosse la testa preoccupata: se questo fosse successo e Atlantide fosse stata conquistata dai Replicanti i problemi per i wraith sarebbero aumentati. Avrebbero ripreso a moltiplicarsi e nella città Lantiana c’era tutto quello di cui avevano bisogno per farlo. In poco tempo la galassia di Pegaso sarebbe stata invasa dal loro peggior nemico.
Lo scopo per cui avrebbe attirato gli umani di Atlantide su quel pianeta era, per il momento, cambiato.
- Quale potrebbe essere la composizione della squadra inviata? – chiese a Guide – questo McKay potrebbe farne parte?
Guide alzò le spalle: - immagino che oltre a Teyla – è così che si chiama l’Athosiana – ci possano essere sicuramente gli umani che hai già avuto modo di incontrare: il colonnello Sheppard e il runner. Il dottor McKay non lo so, forse. Non è un soldato, ma è spesso con loro. È sicuramente abbastanza esperto della tecnologia delle naniti. Sì, potrebbe anche essermi d’aiuto…Credo abbia il gene degli Antichi. Sicuramente il colonnello Sheppard ne è dotato.
Elbereth lo guardò pensierosa: non conosceva questo dr. McKay, ma di sicuro non voleva Sheppard tra i piedi.
- Va bene. Procediamo secondo i piani. Poi decideremo il da farsi.
Il signor Woosley diede l’ordine di digitare le coordinate ricevute e l’iride si aprì. Teyla lo attraversò quasi di corsa, tanto era impaziente di verificare che le sue speranze di ritrovare la sua gente non erano vane.
Si ritrovarono in una radura al centro di una folta boscaglia. In lontananza si potevano vedere delle montagne.
- Vedete qualcosa? – chiese Ronon
Teyla si guardò attorno desolata.
- Non lo so. Forse verso il villaggio…
L’istinto di John urlava nella sua mente: - non mi piace. È l’ideale per un’imboscata – disse tenendo il P90 spianato davanti a sé.
Non fecero nemmeno tempo a realizzare cosa stava succedendo che lo stargate si attivò nuovamente e ne uscirono due dardi.
Prelevarono Sheppard e i suoi senza che si rendessero conto di cosa stesse succedendo
Con la stessa velocità con cui erano arrivati sparirono e lo stargate si richiuse.
Rodney si risvegliò con un gran mal di testa. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso. Iniziò a guardarsi intorno e si rese conto di essere in una cella di una nave wraith. Soprattutto si rese conto di essere solo.
- E adesso che mi faranno? Mi mangeranno subito o aspetteranno? E gli altri dove sono? Hanno preso solo me?
Camminava avanti e indietro contorcendosi le mani. Dei passi attirarono la sua attenzione. Si appoggiò alle sbarre organiche della cella cercando di trovare un modo per aprirle o per raggiungere il canale dove si trovavano i comandi di accesso. Ma, come aveva già constatato in passato, la struttura era molto resistente.
- Sono venuti a prendermi…mi mangeranno…
Vide due soldati e un ufficiale che li seguiva. Sul suo viso apparve un’espressione tra il sollevato e il sorpreso: - … Todd?
- Dottor McKay.
- Dovrei essere preoccupato perché sono prigioniero dei Wraith, ma adesso mi sento sollevato perchè ci sei tu; a proposito: faccio bene ad esserlo?
Guide ignorò i discorsi di Rodney e ordinò ai soldati di scortarlo nella sala comando della nave alveare che era ripartita immediatamente dopo il rientro delle navette.
- Benvenuto sulla mia nave. Il dottor McKay? Corretto?
Rodney continuava a guardarsi attorno contorcendosi le mani. Al suono di quella voce che pronunciava il suo nome ebbe un sussulto: - Ehm…sì. – Poi mettendosi dritto: - Sì. Sono io
- Ho pensato che se avessi visto un viso conosciuto sarebbe stato più facile.
- Dove sono gli altri? Perché mi avete portato qui?
Elbereth rimase in silenzio: Rodney ammutolì.
- Stanno tornando ad Atlantide.
Il fatto che lo avesse rassicurato sullo stato di Sheppard e gli altri lo fece riflettere. Cosa volevano allora i wraith da lui?
Poi Elbereth continuò: - Ci servi…
- Immagino che con “ci servi” intendiate: ci servi vivo…Vero?
Rodney la seguiva con lo sguardo mentre camminava sul ponte della nave alveare.
- Se farai quello che ti dico – si voltò verso di lui - …sì. Intendo esattamente questo.
- Beh…in questo caso sono tutto orecchi…
- Ascolta bene, umano. Mi hanno riferito – e rivolse lo sguardo verso Guide - che sei abbastanza bravo nella programmazione delle naniti. E che hai una discreta conoscenza di tale tecnologia.
Anche Rodney si voltò verso il wraith con cui aveva lavorato tempo prima sia per salvare sua sorella sia per fermare i Replicanti.
- Insomma…ecco…
- È vero sì o no? Il tempo non è esattamente dalla tua parte…
Si avvicinò a Rodney sventolandogli davanti agli occhi il palmo della mano aperto.
- Sì. Sì è vero.
Il sudore stava iniziando ad imperlare la fronte di Rodney e un brivido freddo gli percorse l’intera schiena.
- Vedi? Serve solo un incoraggiamento…
Elbereth sorrise e poi riprese: - So che hai già lavorato con Guide per riprogrammare le naniti, quindi non è un lavoro nuovo per te…
- Con chi? – la sua sorpresa era genuina
- Ah. Giusto. Voi lo chiamate Todd, giusto?
- Ah… ecco… sì. Abbiamo lavorato insieme ad Atlantide. Ma cosa…?
Non fece tempo a finire la frase: - Bene, dottor McKay. Riprenderai il lavoro con … Todd se ti è più facile. Prima però mi servono delle informazioni.
Rodney deglutì rumorosamente; sapeva che quando ad un wraith servivano informazioni non usava mezze misure per ottenerle.
- Se posso…
- Dottoressa Elizabeth Weir…cosa mi sai dire…
Ora a Rodney era chiaro il motivo per cui era stato portato sulla nave alveare e perché avessero voluto indietro Guide. I dubbi che erano stati sollevati nella riunione ad Atlantide si erano rivelati esatti. I wraith stavano cercando di implementare la tecnologia delle naniti per i loro scopi. Gli sembrava impossibile che se ne volessero servire. Forse avevano trovato un modo per renderle inattive quando non servivano più. La sua mente era affollata da molti pensieri. Se effettivamente sapevano come gestire quella tecnologia sarebbe stato di grande interesse anche per lui. Sempreché poi lo avessero lasciato andare.
- Allora? – chiese impaziente Elbereth.
- Io…è morta. Sì. È morta…
- Dottor McKay. Come ti ho già detto, non ho molto tempo. Riprova con una versione più convincente…
- Ti dico che è morta. Almeno, la Elizabeth che conoscevo…
- E quell’altra, allora?
Rodney si rese conto che probabilmente sapevano dei replicanti e di quello che era successo. Sospirò. Cosa poteva dire?
- Ti devo persuadere?
Elbereth gli si avvicinò fissandolo negli occhi.
- No. No! Non serve! Non serve…Va bene.
Iniziò a raccontare a Elbereth quanto era successo.
Non aveva altra scelta - si disse come fosse in cerca di una giustificazione – se non glielo avesse detto di sua volontà lo avrebbe fatto parlare comunque.
- Delle coordinate nello spazio?
- Sì. Ha chiesto che venissero digitate delle coordinate che portassero non ad un altro pianeta, ma che li facessero andare direttamente nello spazio. Non voleva essere un pericolo per Atlantide e si è sacrificata per il bene di tutti.
- Commovente…Sapresti recuperare le coordinate?
Rodney rifletté prima di rispondere: i wraith conoscevano molto bene la tecnologia degli stargate, di questo ne era certo. Quella domanda poteva essere un modo per saggiare la sua collaborazione. Ed eventualmente valutare se potesse o no essere a loro utile. Era certo che se avessero ritenuto che non poteva aiutarli in alcun modo sarebbe divenuto il prossimo pranzo. Doveva cercare di guadagnare tempo. Se gli altri erano stati lasciati andare, come gli aveva detto, avrebbero sicuramente cercato di soccorrerlo.
- Io…Non saprei minimamente da che parte cominciare. Forse nella sala comandi di Atlantide si può tentare di recuperare lo storico…ma da qui…come faccio a farlo?
Elbereth rimase a pensare. Poteva combinare le due cose insieme: andare su Atlantide, aiutarli a trovare e disattivare la direttiva inserita nei loro programmi, recuperare quelle coordinate. Annuì.
Un tremore improvviso e un cambio di velocità annunciò l’uscita dall’iperspazio.
- Bene. Dicevo…ora scendiamo sulla superficie del pianeta e tu verrai con noi.
Rodney abbassò la testa. Quanto sarebbe durato ancora? E poi cosa gli avrebbero fatto?
- Ehm… ma certo…
Si recarono sul ponte di lancio. Elbereth e Guide presero una navetta mentre Rodney era rimasto fermo in piedi tra due guerrieri.
Poi il lampo del raggio smaterializzatore: non ebbe nemmeno il tempo di chiudere gli occhi. I due dardi poi lasciarono l’alveare con il loro carico.
McKay si ritrovò vicino ad una costruzione di nuovo tra i due guerrieri. Elbereth e Guide li raggiunsero dopo poco.
- Vogliamo entrare? E fece cenno con la mano a proseguire.
- Dove siamo? – chiese Rodney.
- Non l’hai ancora capito? Guardati bene attorno e poi rifletti…
Si guardò attorno e osservò la stanza. Era nella penombra e solo i wraith potevano vedere chiaramente.
- Io non vedo quasi nulla…
- Non ti preoccupare. Adesso alziamo le luci
In quel momento capì. Si trovavano in un laboratorio degli antichi. I wraith erano riusciti a trovarne uno intatto e se ne erano impossessati.
- Un laboratorio degli Antichi…Come avete fatto a trovarlo? Sembra intatto.
- Bravo…
- E ci sono ZPM? – chiese senza pensare.
Elbereth lo guardò con disappunto.
- Può darsi.
- E come avete potuto accedere alla loro tecnologia? Non avete il gene…O sì?
- Questo non ti riguarda. Adesso abbiamo un problema più grave ed urgente. Un problema comune. Guide ti spiegherà.
Stava per uscire dalla stanza quando Rodney chiese, senza rendersi effettivamente conto di quello che stava dicendo: - io…ho fame…si può avere qualcosa da mangiare? Lavoro meglio a stomaco pieno…
Poi si guardò attorno un po’ imbarazzato.
Elbereth si mise a ridere: - Ah…ti farò avere del cibo per umani, qualcosa da mangiare di adatto ai tuoi gusti. So che i nostri non sono proprio i tuoi preferiti…
Uscì dalla stanza e si fermò un attimo sulla porta e senza voltarsi gli disse: - Guide ti dirà cosa fare. Ti consiglio di essere collaborativo…
- Uh…grazie – poi dopo aver riflettuto per un secondo – aspetta…e se qualcun altro qui avesse improvvisamente fame? – disse guardando prima Guide e poi gli altri wraith nella sala – io sono l’unico umano qui dentro…
- Ah. Giusto…Allora cerca di finire prima che ci venga fame…
- Non è divertente
- Ho mai detto che lo fosse?

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Capitolo 10
*** Problemi per Atlantide ***


Sheppard e gli altri vennero di nuovo materializzati davanti allo stargate. Si guardarono attorno increduli.
- Cosa è successo? Perché ci hanno lasciati andare?
- Hanno catturato Rodney – disse Teyla – Non è con noi.
A John ci volle un momento per realizzare che aveva ragione: mancava McKay.
Teyla continuò: - Volevano lui.
Sheppard annuì. Si diresse verso il DHD per digitare le coordinate di Atlantide: - Non possiamo fare altro al momento.
Al loro rientro, Richard venne prontamente informato di quanto accaduto: - Sono apparsi due dardi e preso solo McKay. Noi siamo stati rilasciati subito dopo. Era una trappola…Ci stavano aspettando.
Annuirono: avevano tutti la stessa idea. Era chiaro che Rodney era stato scelto non a caso. Sapevano chi era e qualcuno lo aveva identificato.
- Todd… – sibilò Sheppard.
- Cosa facciamo adesso? – chiese il signor Woosley - Cosa sa McKay di così importante per loro e che cosa possono recuperare da lui?
- Beh… - intervenne Carson - nella programmazione delle naniti è bravo e purtroppo anche nella loro generazione. Se riescono a mettere le mani su qualche artefatto degli antichi che è stato progettato per la realizzazione delle naniti avranno quello che cercano.
- Pure Todd lo è – disse Sheppard – stanno architettando qualcosa e, per qualche motivo, hanno bisogno di aiuto.
Teyla alzò le sopracciglia e poi commentò - Almeno per il momento lo lasceranno vivo…
Ronon scosse la testa: - Dobbiamo salvarlo…Quando non servirà più ai loro scopi non ci penseranno due volte a mangiarselo.
- E dove li cerchiamo? – John si era alzato in piedi e aveva iniziato a camminare nervosamente nell’ufficio di Richard - La loro nave è saltata nell’iperspazio subito dopo e non c’è modo di rintracciarla. Non la troveremo mai.
Teyla osservò lo stargate: - saranno loro a cercarci
Tutti si voltarono verso di lei. Come poteva affermare questo?
Nemmeno lei sapeva cosa la aveva spinta a dire quelle parole. Però era chiaro che non stavano cercando umani per cibarsene altrimenti avrebbero preso tutti. Quindi avevano altri progetti e probabilmente Atlantide rientrava nei loro piani.
Guide e Rodney avevano ripreso a lavorare.
In McKay la preoccupazione di dov’era era stata soppiantata dalla preoccupazione per gli effetti che l’attivazione del programma ad Atlantide avrebbe avuto sui suoi abitanti.
- Diventeranno tutti dei Replicanti. È orribile – sospirò.
- E tutto quello fatto finora sarà stato tutto inutile – disse freddamente Guide.
Rodney studiò a lungo quei file. Non riusciva ancora a capire cosa avrebbe reso attiva la loro esecuzione. Non c’era nessun riferimento a qualsiasi azione. Non all’attivazione dello Stargate, alla digitazione di un indirizzo, lo scudo, gli stardrive. Nulla.
- Non c’è alcuna ragione per cui diventi esecutivo. Ci deve essere un riferimento, qualcosa.
Continuava a passare le righe di codice e a testare le singole subroutine.
- Aspetta. Aspetta. Potrebbe…No. Questo no. Eppure…e se fosse?
Guide guardò McKay: - sei capace di lavorare senza parlare?
- Sì. Ehm…no…Ascolta. Devi vedere questo. Tempo fa c’è stato un incidente in un laboratorio che avevamo trovato dopo una perlustrazione. C’è stato un uragano e parte dei locali avevano subito degli allagamenti e purtroppo dei danni. Una delle stanze che era stata danneggiata era un laboratorio dove studiavano le naniti. Tra l’altro i presenti, tra cui io, erano stati “contagiati” dalle naniti. Un’esperienza terribile.
Guide lo guardò spazientito: - Arriva al dunque!
- Eh? Sì. Giusto. Questo laboratorio: alcuni strumenti erano a noi sconosciuti. Ma credo che qualcosa abbia attivato quel giorno la direttiva dei Replicanti. In questi file si fa riferimento esattamente a quel luogo. Dobbiamo tornare ad Atlantide. E devo entrare di nuovo in quel laboratorio per capire cosa si è acceso quel giorno.
Il wraith annuì. Sapeva benissimo che sarebbero dovuti andare ad Atlantide. Era lo scopo finale. Sapeva anche che questo però avrebbe risvegliato ferite che non erano ancora guarite.
Avevano raggiunto l’obiettivo e McKay aveva fornito loro la possibilità di entrare ad Atlantide su un piatto d’argento. Elbereth ordinò di calcolare la rotta per un pianeta vicino dove avrebbe facilmente potuto nascondersi ad occhi indiscreti.
McKay alzò timidamente la mano: - perché non usiamo lo stargate? Sarebbe più facile.
Elbereth sorrise: - voglio avere la mia nave a copertura. Se usassimo lo stargate e voi non foste esattamente collaborativi, noi non avremmo alcuna difesa. Saremmo alla vostra completa e totale mercé. E la cosa non mi piace.
Rodney avrebbe voluto replicare che al momento si trovava esattamente in quella situazione, ma si rese conto che non avrebbe avuto alcuna risposta.
Ad Atlantide stavano seguendo con preoccupazione un segnale apparso da poco sullo schermo radar: una nave alveare si stava dirigendo dritta da loro.
- Quando sarà qui? – chiese il signor Woolsey
- Tra due giorni, escludendo la pausa che farà per rigenerare lo scafo. Uscirà qui, se i miei calcoli sono esatti – rispose Zelenka indicando un pianeta non troppo lontano.
- E da dove è apparsa? Perché non ce ne siamo accorti prima? – chiese sorpreso Richard.
- Abbiamo avuto dei problemi con i sensori a lungo raggio. Purtroppo, sono stati riattivati solo oggi.
Le riparazioni fatte sulla Terra non avevano infatti risolto alcuni danni e molti erano stati rilevati solo quando erano rientrati.
- È sola?
- Sì. – Radek sistemò gli occhiali - Una nave soltanto
- Un bel déjà-vu – commentò Sheppard
Due guerrieri andarono a prelevare McKay dall’alloggio dove era stato confinato e lo portarono sul ponte comando.
- Ma non abbiamo ancora finito…non mi vorrete mangiare…
Guide li seguì: - Non credo che siano queste le intenzioni. Siamo usciti dall’iperspazio e ci siamo stabilizzati in un’orbita di parcheggio…credo che siamo quasi arrivati alla meta.
- Non mi vuole come pranzo? Sei sicuro?
- Abbastanza – ghignò.
- Come “abbastanza” …cosa vuol dire?...non è abbastanza!
Elbereth fece un profondo respiro e aprì gli occhi. La nave alveare era ferma ed ora tutta l’energia veniva convogliata allo scafo. Si spostò dalla postazione di comando e andò loro incontro. McKay la guardava cercando di sembrare coraggioso e senza paura.
- Umano…
- Sì…agli ordini…
- Ho fatto aprire un canale di comunicazione con Atlantide. Il tuo codice di identificazione faciliterà le cose – si guardò il palmo destro con noncuranza.
Nella sala stargate erano tutti perplessi: era il codice di Rodney.
- Cosa facciamo? – chiese Zelenka - Sanno benissimo dove ci troviamo. Non si presentano in massa, ma con una sola nave contattandoci.
Il signor Woosley annuì - Aprite il collegamento
- È un piacere parlare nuovamente con voi. Ve lo avevo detto che ci saremmo rivisti anche se non pensavo così presto. Per prima cosa vi voglio informare che il vostro uomo sta bene. Dr McKay vorrei che illustrasse ai suoi amici quanto abbiamo trovato studiando il file originario della programmazione delle naniti, velocemente, per cortesia, dato che non sappiamo quanto tempo è rimasto.
Ascoltarono fino alla fine senza fiatare.
Elbereth riprese a parlare: - Non abbiamo molto tempo per cui vi chiedo di pensare in fretta. Non sappiamo cosa attiverà il programma. Il dottor McKay è convinto che la risposta si trovi ad Atlantide e onestamente concordo con lui.
Poi continuò: – il pericolo è per entrambi. Non ho alcun interesse a prendermi gioco di voi. Il ritorno dei Replicanti sarebbe una sventura per il mio popolo. E non credo che voi vogliate trasformarvi in uno di loro.
John volse lo sguardo verso il dottor Woosley poi rivolgendosi ad Elbereth: - perché dovete venire qui anche voi? Non è sufficiente che diate al dottor McKay tutte le informazioni? Potrebbe andare avanti con il lavoro fatto senza dover per forza…beh, avete capito benissimo cosa intendo.
Elbereth sorrise: si aspettava questa obiezione.
- Certo. Ma purtroppo non è così semplice. Buona parte della codifica è ancora criptata, ma da quello che abbiamo potuto vedere si attiverà fra poco. Non abbiamo tempo! E sicuramente in tre lavoreremo più velocemente.
- Rodney? – chiese Sheppard
Timidamente McKay si spostò e si avvicinò allo schermo wraith - Sì John. È vero. E, mi spiace ammetterlo, abbiamo davvero bisogno di loro. Per qualche motivo i Replicanti hanno inserito parte del codice in lingua Wraith. Forse pensavano che un’alleanza tra i nostri due popoli sarebbe stata impossibile e in questo modo anche se avessimo trovato il programma non saremmo riusciti a decifrarlo interamente. Per quanto mi costi affermare questo, non me la sento di rischiare. La mia conoscenza del wraith non è sufficiente. Non in questo caso.
Il dottor Woosley guardò il dottor Zelenka – mi dispiace signor Woosley, ma McKay ha ragione. Nessuno qui ha competenze profonde nella lingua wraith.
Poi guardò Sheppard che annuì
- Allora è deciso. Va bene. Speriamo di non doverne pentircene. Un’altra volta…
Nessuno aveva dimenticato quello che era successo tempo prima con il wraith che avevano chiamato Michael e la sua regina.
La nave alveare avrebbe attirato troppo l’attenzione e questa era l’ultima cosa Elbereth che voleva. Sarebbe rimasta in ombra nell’orbita del pianeta che avevano raggiunto appena usciti dall’iperspazio e in caso di necessità avrebbe potuto raggiungere velocemente Altantide. Lo scafo si sarebbe rigenerato mentre loro sarebbero scesi sulla superficie dove c’era uno stargate. Il pianeta non era abitato a causa delle radiazioni emanate dal terreno.
- Un momento – disse Rodeny – a voi non faranno niente tanto potete curarvi da soli. Ma io? Potrei subire danni irreversibili al mio DNA. Magari subirò mutazioni genetiche
- Falla finita dottore. Staremo sul pianeta il tempo di digitare l’indirizzo.
Si recarono nella baia d’approdo e un dardo si sollevò in volo appena li vide arrivare. Li smaterializzò e subito dopo fece rotta verso il pianeta.
Diedero a Rodney il tempo di riprendersi: - sono io vero? Il mio corpo non è posseduto da un wraith? L’ultima volta sapete mi è successo che nella mia testa c’era anche un’altra persona. È stato terribile. Stavo per morire e…
Elbereth si girò appena: -Se insisti ti posso far morire. Adesso.
- No. Ecco. No. Ho capito. Sto zitto
Lo stargate era davanti a loro: - Bene. Digita l’indirizzo di Atlantide. Non vorrei farli attendere.

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