Angelo Nascosto

di Flos Ignis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Per la mia famiglia ***
Capitolo 3: *** Anomalia ***
Capitolo 4: *** Lightwood ***
Capitolo 5: *** Istinto protettivo ***
Capitolo 6: *** Reale, impossibile miracolo ***
Capitolo 7: *** Il dono più grande ***
Capitolo 8: *** Qualunque cosa ci riserva il futuro ***
Capitolo 9: *** Preoccupazioni ***
Capitolo 10: *** Il mio bambino ***
Capitolo 11: *** Un adattamento difficile ***
Capitolo 12: *** Paure ***
Capitolo 13: *** Giuramento ***
Capitolo 14: *** La Maledizione di Medea ***
Capitolo 15: *** Non posso chiederlo a nessun altro ***
Capitolo 16: *** Depressione ***
Capitolo 17: *** Fiamme fredde ***
Capitolo 18: *** Combatti, sopravvivi ***
Capitolo 19: *** Il parto ***
Capitolo 20: *** Maledizione e Miracolo ***
Capitolo 21: *** Benedizione ***
Capitolo 22: *** A caccia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



Era una strana sensazione venire svegliati dai raggi del sole, considerando che per tutta la vita era stato abituato a essere buttato giù dal letto da un allarme demoniaco o dalle urla dei suoi fratelli che pretendevano attenzione. Tra le due possibilità, la prima era meno allarmante se si chiedeva ad Alexander Lightwood.

Alec era il maggiore di quattro fratelli ed era fermamente convinto che l'istinto di protezione che provava nei loro confronti prima o poi l'avrebbe portato a una morte prematura - o a una crisi di nervi, non ne era ancora del tutto certo -, ma non li avrebbe scambiati per nessuno al mondo.

Si portò una mano sul viso, scacciando gli ultimi residui di sonno per riattivare correttamente il cervello, registrando con stupore il fatto di essere solo tra quelle lenzuola di seta color borgogna. 

Con gli occhi ancora socchiusi per abituarli nuovamente alla luce del giorno, sormontati però da una piccola ruga di confusione e delusione - non che avrebbe mai ammesso ad alta voce che il suo primo desiderio, appena sveglio, fosse ricevere un bacio dal suo scintillante fidanzato stregone - mosse le mani dall'altro lato del letto, ma come aveva già capito Magnus non c'era. 

Forse, a ben pensarci, più che i raggi del sole era stata l'assenza del calore dell'altro uomo a destarlo. 

Alec sospirò, un po' sconsolato, ma non c'era nulla di cui potesse effettivamente lamentarsi senza diventare ipocrita: era capitato così tante volte che fosse lui a dover scappare di tutta fretta la mattina presto, a volte anche prima del sorgere del sole, lasciando il suo ragazzo ancora addormentato senza avere il tempo neppure di salutarlo come si deve, limitandosi a un semplice biglietto di scuse affrettate... Non era solito trovarsi dall'altra parte, ma era capitato un paio di volte che Magnus venisse contattato per qualche emergenza da Catarina, sua vecchissima amica e strega come lui, per un consulto magico. Non aveva motivo di preoccuparsi, sapeva che se si fosse trattato di qualcosa di pericoloso Magnus avrebbe trovato il modo di avvertirlo.

Una piccola fitta di ansia lo colpì comunque, nonostante tutti i suoi ragionamenti logici, per cui decise di alzarsi in fretta: rimanere in quel letto senza il suo uomo gli metteva sempre una buona dose di ansia spietata che gli mozzava il respiro, ma per qualche ragione quella mattina il senso di abbandono era più pungente e amaro del solito.

Dirigendosi in cucina, per cercare di scacciare il malessere che non voleva saperne di lasciarlo in pace decise di concedersi una colazione come si deve, una volta tanto, dato che aveva la mattinata libera. 

Preparò il caffè e se lo bevve come se fosse la sua prima e fondamentale fonte di vita, scottandosi persino la lingua per la fretta di svegliarsi del tutto. Poi, sentendosi un po' meglio, si dedicò a uova e bacon, decidendo anche di saltare in padella dei pancake che poi cosparse di miele e sciroppo d'acero.

La pace del loft di Brooklyn mise abbastanza buon umore al Cacciatore da farlo persino fischiettare mentre stava ai fornelli, riflettendo sul fatto che non era da lui mangiare di prima mattina, ma per una volta decise di fregarsene. E poi, il suo fidanzato era decisamente un gran goloso, per cui avrebbe apprezzato tutto quel cibo una volta tornato, specialmente se aveva fatto uso abbondante di magia.

Sentendosi soddisfatto per la sua opera, si mise seduto e prese la sua porzione di pancake, gustandosela per qualche minuto.

Non seppe di preciso cosa andò storto, ma doveva aver sbagliato qualcosa durante la preparazione, o non si spiegava il motivo per cui pochi secondi dopo si ritrovò piegato sul lavandino a rimettere tutto il contenuto del suo stomaco, sentendo dei tremendi conati che gli fecero girare la testa per svariati minuti.

Cosa diavolo gli stava succedendo? 

Non era un cuoco ai livelli di sua madre, ma decisamente non era neppure un caso disperato come sua sorella Izzy, famosa per la sua cucina disastrosa che avrebbe ammazzato persino un demone drago.

Decise di buttare via tutto, probabilmente gli ingredienti erano andati a male o qualcosa di simile.

La nausea decise di dargli tregua dopo un po', ma la testa non smise di girare neppure per un momento, aumentando il malessere con il quale si era svegliato.

Alec imprecò mentalmente contro tutti i principi dell'Inferno, quello aveva tutta l'aria di essere un principio di emicrania con i controfiocchi.

Cercò di prendere qualcosa da bere per scacciare il sapore di veleno che si sentiva in bocca, ma un capogiro più forte degli altri lo colse impreparato, facendogli urtare un bicchiere di succo d'arancia che cadde sul tappeto persiano che Magnus tanto adorava, spargendone il contenuto sul morbido pelo colorato che formava complicati mandala indiani.

Alec ci mise un attimo a realizzare di essere caduto sopra quei disegni che aveva osservato così stranito appena pochi giorni prima, quando Magnus aveva riarredato casa per l'ennesima volta, ma quando lo fece era già troppo tardi.

Aveva perso i sensi prima di accorgersi di qualsiasi altra cosa, persino dell'urlo spaventato che aveva lanciato qualcuno a pochi passi da lui, sulla soglia dell'appartamento.




 

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Capitolo 2
*** Per la mia famiglia ***


Per la mia famiglia




Quando Magnus le aveva chiesto di passare da casa sua per recuperare Alec, che per qualche motivo non rispondeva al telefono, Clary aveva acconsentito subito con un sorriso. Magnus, con i suoi vestiti stravaganti e la parlantina sciolta, si era fatto voler bene in fretta e Clary, con tutto quello che le era capitato ultimamente, era estremamente grata di poter contare su un amico simile.

Ma non era solo per fargli un favore che gli aveva dato l'okay: era un po' preoccupata anche per l'altro suo amico, quello più scorbutico e riservato, che di solito rispondeva dopo appena uno squillo nel timore perenne che ci fosse un problema e qualcuno si facesse male - solitamente, toccava a Jace il compito di far preoccupare a morte quel santo di Alec. Inoltre, Magnus non poteva muoversi e lei era l'unica ad avere la capacità di creare un portale e contemporaneamente fosse ammessa nella casa dello stregone senza che le barriere magiche impostate dallo stesso tentassero di friggerla viva.

Lo stregone era stato chiamato d'urgenza in ospedale dalla sua amica Catarina, poiché Luke, il patrigno di Clary, durante una ronda del suo turno alla centrale si era beccato una pallottola che gli aveva sfiorato un polmone.

Lei era stata subito avvertita, ovviamente, ed era corsa al suo capezzale dove aveva trovato i due stregoni intenti a operare la loro magia per salvargli la vita.
Non avrebbe sopportato di perdere anche lui.

Magnus però l'aveva rassicurata: -Lui è un alfa, biscottino, un lupo mannaro molto forte, se la caverà senza conseguenze. Abbi solo un po' di pazienza e fagli fare una buona dormita.-

Catarina era dovuta correre da altri pazienti, ma lo stregone non avrebbe potuto muoversi dal fianco di Luke ancora per un po', perciò le aveva chiesto il favore di andare ad avvertire il suo Alexander - probabilmente, anche per farla distrarre e farle prendere una boccata d'aria fuori dalla sala d'aspetto in cui era rimasta per ore in prega ad un'ansia tenace, che le si era aggrappata all'anima con degli artigli crudeli.

Da quando aveva perso sua madre, Luke era l'unico genitore che le era rimasto. Valentine era morto, ucciso dalle sue stesse mani e nonostante il fatto di non provare alcun rimorso un po' la spaventasse, nemmeno ci perdeva il sonno: quell'uomo non era suo padre più di quanto un donatore di seme non lo fosse dei bambini che nascevano con la tecnica dell'inseminazione artificiale. Era stato Luke a crescerla, ad amarla e proteggerla. Era Luke che aveva amato sua madre sopra ogni cosa.

Era Luke ad essere suo padre.

Nel giro di due mesi la sua vita era stata completamente stravolta, ma se qualcosa era rimasto lo stesso era proprio il suo rapporto con il poliziotto, solo che adesso il fatto che ogni tanto si ricoprisse di pelo non era più un segreto.

Avrebbe cercato un modo adeguato per ringraziare i due stregoni per averlo salvato - di nuovo. A parole non riusciva a esprimere la sua gratitudine quanto avrebbe voluto, ma in confronto a quello che avevano fatto per lei si sentiva terribilmente in difetto. Magari avrebbe fatto loro un regalo.

Senza nemmeno accorgersene, concentrata com'era nei suoi pensieri, era arrivata a destinazione.

Bussò piano alla porta, credendo che Alec fosse già sveglio e che con i suoi sensi sempre vigili la sentisse senza problemi, ma poi ci fu un tonfo sospetto dall'altro lato della porta e l'istinto la portò ad agire prima che il suo cervello elaborasse del tutto l'informazione.

Tirò un calcio al battente in legno, sfondandolo; brandì una lama angelica in una mano e tenne pronto lo stilo, ma quando entrò vide solo il suo amico a terra, sdraiato su un fianco e vestito con una leggerissima tuta nera, il volto teso in un'espressione sofferente. 

Lasciò cadere entrambe le sue armi per correre da lui.

-ALEC!-

Niente, non la sentiva. Però respirava, non aveva ferite visibili, non c'erano tracce di combattimento né residui demoniaci...

Lasciò i ragionamenti a più tardi, decidendo che la cosa più saggia da fare fosse portare anche lui in ospedale, dove c'era Catarina e, soprattutto, Magnus.

Oh per l'Angelo, Magnus sarebbe impazzito di dolore se fosse successo qualcosa di grave ad Alec proprio mentre lui non c'era. Clary aveva imparato a conoscerlo abbastanza da sapere che nonostante fosse bravo a celarlo, nessuno si preoccupava della salute e sicurezza delle persone care quanto lui.

Provò a sollevare Alec, ma lei era più bassa del moro di quasi venti centimetri e pesava la metà di lui, che era un fascio di muscoli da capo a piedi. Nonostante tutti i suoi allenamenti, di certo non riusciva ancora a sollevare un metro e ottantacinque di Cacciatore a peso morto...

Le salirono agli occhi lacrime di frustrazione, che cercò di ricacciare indietro con la pura ostinazione: perché doveva accadere sempre qualcosa? Avevano appena finito una guerra che aveva rischiato di annientare l'intero mondo Nascosto, avevano subito perdite indicibili, sarebbe dovuta esserci un po' di pace ormai, demoni di routine a parte.

Nello stesso giorno, invece, veniva avvertita che l'uomo che amava come un padre aveva rischiato grosso e assisteva in prima fila al misterioso malore di quello che aveva iniziato a considerare uno dei suoi migliori amici.

Perché sì, erano partiti decisamente con il piede sbagliato, Alec era stato distaccato, scorbutico e diffidente con lei, ma come poteva dargli torto? Una mondana qualunque si rivela in realtà una Shadowhunter dichiarando di esserne ignara, scopre di essere la figlia del più grande criminale dell'ultimo secolo della storia dei Cacciatori e l'unica ad aver la possibilità di recuperare la Coppa Mortale, praticamente il cimelio più importante dei Nephilim.

Vista nell'ottica del soldato con cui era stato cresciuto Alec, era stato anche fin troppo gentile con lei.

Jace e Isabelle le avevano spiegato la situazione dal punto di vista di Alec, un po' alla volta, quando avevano visto che la diffidenza del ragazzo rischiava di minare le dinamiche di gruppo, e lei si era ritrovata non solo a capirlo, ma persino a condividerne le opinioni - non tutte, ovviamente, e non che questo l'abbia mai fermata dall'agire sempre e comunque secondo la propria coscienza e il proprio cuore.

Però aveva iniziato a rispettarlo e ammirarlo perché, nonostante tutto, lui l'aveva aiutata, sempre. Aveva brontolato e protestato, ma non le aveva mai davvero negato il suo aiuto. Ed era facile aiutare un amico o una persona che ti piace, ma ci voleva un cuore davvero buono per aiutare una persona che odi. E Clary, non aveva dubbi in merito, era stata odiata davvero molto da Alec, in principio, soprattutto per via di Jace.

Con il tempo però, anche lui aveva iniziato a rispettarla. 

Clary si era quasi rassegnata ad accettare la sua muta approvazione come il massimo del rapporto che potesse avere con il maggiore dei Lightwood, ma sapeva di essersi affezionata molto a quel gigante che usava parole taglienti per nascondere un cuore forse troppo generoso.

Jace era fiducioso che in realtà il suo parabatai ormai fosse affezionato a lei come a una seconda sorella, ma Clary non voleva sperarci troppo nonostante le rassicurazioni del suo amato ragazzo.

Il suo Jace... quanto avrebbe voluto che fosse lì con lei, ma era stato mandato in missione con Izzy un paio di giorni prima e sarebbe tornato a New York solo l'indomani.

Facendosi forza con il pensiero del ragazzo che amava più di se stessa, si tracciò la runa della forza, sollevando, con ancora un pizzico di difficoltà, il corpo inerme del suo amico, lanciandosi poi dentro un portale che aveva aperto con tutte le energie che le erano rimaste in corpo.

Alec si occupava sempre di lei, di Jace, di Izzy e di tutto l'Istituto, teneva sotto controllo il Mondo Invisibile di tutta New York a soli diciotto anni... Clary lo rispettava per questo, ma la consapevolezza che anche lui avesse qualcuno - che avesse Magnus - a proteggerlo la feceva sentire indicibilmente sollevata.

Adesso ti porto da Magnus, non preoccuparti. Lui si prenderà buona cura di te come sempre, come fa con tutti noi, come ha fatto con te fin dal principio e come farà per sempre.

Mentre attraversava il portale, non potè impedirsi di riflettere sul fatto che quei due avessero lo stesso, identico istinto protettivo verso tutti loro.

E se era vero che Clary ormai aveva solo Luke come genitore, era vero anche che la sua famiglia era diventata molto più numerosa: il moro svenuto che stava cercando di portare dal suo compagno perché lo curasse ne faceva parte.

E non c'era niente che lei non avrebbe fatto per la sua famiglia.




 

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Capitolo 3
*** Anomalia ***


Anomalia




-MAGNUS! MAGNUS! VIENI QUI, ALEC STA MALE!-

Fortunatamente lo stregone aveva la magica capacità di percepire sempre e comunque quando qualcuno pronunciava il nome del suo fidanzato, per cui si mosse piuttosto in fretta, sul volto l'espressione più ansiosa e preoccupata che potesse fare. Solo il suo Alec riusciva a muovergli le corde dell'anima a tal punto da rendergli impossibilie celare i suoi pensieri all'esterno come di solito era in grado di fare.

Ma erano tante le cose uniche che gli provocava quel bellissimo Nephilim...

Seguendo la voce di Biscottino li raggiunse in fretta, incurante del resto del mondo.

Poi però vide il suo Alexander inerme tra le braccia sottili della ragazza, i boccoli rossi di lei unica nota di colore percepibile intorno a loro. Il suo cuore perse un battito a vedere quanto fosse pallido il ragazzo, tanto da renderlo simile a una fotografia in bianco e nero. Per un attimo paragonò inconsciamente quella scena alla fotografia di George che teneva nella sua scatola dei ricordi, ma scacciò in fretta quel pensiero: George era morto in guerra prima che il loro rapporto potesse davvero prendere forma, ma Alexander era vivo, era suo e lui era di Alec in un modo tutto nuovo, terrificante e meraviglioso, mai sperimentato prima con quell'intensità, quella spontaneità e quell'ineluttabilità.

Non poteva averlo perso, non ora che si erano appena trovati. Avevano ancora una vita intera da condividere.

Oh Lilith, ti prego, non ancora. Dammi più tempo, ho bisogno di più tempo...

Sollevò Clary da quel peso per lei eccessivo, prendendo il suo Alexander in braccio come un principe delle favole. Era un po' più basso e meno imponente del suo angelico fidanzato, ma era più forte di quanto la sua vita da edonista convinto potesse dare ad intendere, perciò non ebbe grosse difficoltà a tenere ancorato a sè quel corpo tanto amato, ora privo di coscienza.

Magnus cercò il suo viso senza smettere di camminare: come aveva già intuito era più pallido del solito e persino nell'oblio del sonno pareva leggermente sofferente.
La preoccupazione gli punse l'anima come un milione di aghi roventi.

-Cosa gli è successo?- il tono urgente tradiva la sua ansia, ma i suoi movimenti rimasero precisi e le sue braccia ben salde per non rischiare di fare più danni al suo ragazzo di quelli che già aveva, qualunque essi fossero.

-Non ne ho la minima idea, quando sono arrivata ho sentito un tonfo, sono entrata e l'ho trovato svenuto a terra, ma non è ferito e non c'erano demoni in casa.-

-Perchè l'hai portato qui, in un ospedale mondano? Forse ha bisogno di cure particolari e qui i Fratelli Silenti non verranno... Non sarebbe stato meglio portarlo in Istituto?-

-Ma qui ci sei tu ed è tutto quello di cui ha bisogno.- lei parve talmente sicura mentre lo diceva che lo stomaco dello stregone, rimasto stretto per l'ansia per interi minuti, allentò un po' la sua morsa. Appena un pochino.

Non servirono altre parole comunque.

Portarono il moro nella stanza di fronte a quella di Luke, che si sentiva già molto meglio assicurò Magnus alla rossa.

Lo stregone si concentrò ed evocò la sua magia, passando le sue fiamme azzurre con estrema delicatezza su tutto il corpo del suo Fiorellino cercando di capire cosa avesse il suo fidanzato che lo faceva star male, ma per il quarto d'ora successivo tutti i suoi tentativi furono vani, portandolo molto vicino ad una crisi di nervi.

-Sembra sia semplicemente svenuto, ma sono sicuro che c'è qualcosa di... anomalo. Non è ferito nè malato, ma qualcosa fuori dall'ordinario è all'opera in lui. Il suo fisico sembra sottoposto ad uno stress insolito.-

-Cosa pensi che sia?- Clary era preoccupata, a dir poco: era estremamente raro per gli Shadowhunters ammalarsi, per lo meno una volta ricevuta la prima runa, perchè il potere angelico preservava come effetto collaterale la loro salute. Se succedeva loro qualcosa, doveva probabilmente trattarsi di un male piuttosto grave.

-A questo punto ho solo due ipotesi: o ha qualcosa a che fare con il suo parabatai, o...- e qui Magnus strinse le labbra, non voleva continuare la frase, era troppo dolorosa da pronunciare... avrebbe significato che era una possibilità reale.

-Oppure...- lo incitò Clary, incerta se volesse davvero sapere o meno l'altra opzione, senza soffermarsi troppo a pensare che forse Alec stava male perchè il suo Jace stava male.

-Oppure ha qualcosa di cui non so nulla e per cui... non posso fare nulla. E se non posso fare nulla... non c'è modo di aiutare Alexander.-

L'impotenza nella sua voce, in quella voce calda e rassicurante di un uomo che aveva vissuto per secoli e assistito a fatti indicibili, spezzò il cuore di Clary.

Perchè nulla poteva essere più inesplicabile del dolore di perdere qualcuno tanto vicino al proprio cuore da essere il motore, la causa prima e la conseguenza stessa del suo battere.

-Chiamo Jace... voglio sapere come sta.-

-Ottima idea.-

Era l'unica cosa sensata da fare, giunti a quel punto.

Magnus si sedette accanto al suo amato, stringendogli dolcemente una mano, preparandosi ad aspettare tutto il tempo necessario al risveglio del suo innamorato.

Qualunque cosa, pur di immergersi in quei pozzi d'azzurro infinito che erano gli occhi del suo Fiorellino. Aveva a disposizione tutto il tempo del mondo e se avesse potuto avrebbe passato ogni istante che componeva la sua eternità a guardare le tempeste blu marino che Alexander aveva incastonate al posto degli occhi.

Ogni secondo speso semplicemente a guardarlo negli occhi, e non sarebbe esistito al mondo uomo più felice di Magnus.





Note:
Vorrei dire solo un paio di cose.
Primo: So che nella serie TV Alec non ha gli occhi azzurri, e ammetto che la cosa mi ha dato abbastanza fastidio, perciò ho pensato di rimediare riportando i suoi occhi al loro colore originario datogli nei libri. Unica cosa che cambierei di questa saga è, per l'appunto il fatto che non gli abbiano messo delle lenti a contatto... Ci voleva tanto, dico io? Va beh, sproloqui miei a parte per aver dissacrato l'azzurro degli occhi del mio personaggio preferito...
Secondo: LA SERIE TV è FINITA GENTE!!! Chi vuole piangere con me per la fine di questa opera d'arte, mi scriva, anche in privato, così porteremo insieme il lutto. Mi manca già e ho finito di vedere l'ultimo episodio mezz'ora fa, ma dettagli...
Per consolarmi e, spero, consolare almeno un pochino anche voi, ho deciso di postare il nuovo capitolo, dato che era già pronto.
Buona lettura!

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Capitolo 4
*** Lightwood ***


Lightwood



L'istituto di Parigi aveva affrontato un bruttissimo periodo: un gruppo di fate ribelli e agguerrite aveva dato la colpa ai Nephilim di aver ridotto il loro territorio, decidendo di infrangere gli Accordi nella maniera più brutale che conoscessero.

Essendo le fate a guardia dei portali dimensionali, pur non possedendo singolarmente potere sufficiente a richiamare demoni di potenza superiore, unendosi in un piccolo gruppo avevano creato diversi grattacapi ai Cacciatori locali, che avevano richiesto l'aiuto di squadre proveniente da altri Istituti.

Da New York erano andati in soccorso Jace e Izzy.

Il biondo conosceva bene il territorio essendo andato spesso in missione in quella città, era stato mandato spesso con Alec in varie città europee per affrontare la varietà demoniaca in un altro tipo di ambiente.

D'altra parte, Izzy era piuttosto famosa per la sua conoscenza approfondita dei seelie e, più in generale, del mondo Nascosto e dei suoi segreti. Se qualcuno osava ribattere sul come ne fosse venuta a conoscenza, poi, lei sarebbe stata più che lieta di rimandare le eventuali rimostranze a dopo una lotta contro di lei su un ring.

O le reindirizzava ai suoi iperprotettivi fratelli quando non aveva tempo, tanto loro erano sempre ben lieti di trucidare i malcapitati con frecce e lame angeliche.

Le conoscenze combinate di Jace e Izzy aveva dato un notevole contributo alla risoluzione del problema, e dopo il loro arrivo il caso era stato risolto relativamente in fretta.

Sì, erano stati evocati moltissimi demoni, ma tutti di bassa lega, la loro forza risiedeva tutta nel numero e una volta scovato il covo dei loro evocatori era stato semplice interrompere la marea di attacchi demoniaci che avevano tempestato la città dell'amore nelle ultime settimane.

-Clary sarà felice di vederti tornare in anticipo solo per farle una sorpresa.- Isabelle gli lanciò un bel sorriso, più che lieta lei stessa di tornarsene a casa sua. Adorava quella città e i suoi bei negozi - oltre agli splendori di uomini che ti parlavano in francese -, ma nulla sarebbe mai stato confortante come essere a casa propria per lei.

-Lo credo anch'io. Siamo stati più veloci del previsto a risolvere il problema di quelle fate ribelli, ci meritiamo un premio!-

Isabelle gli sorrise maliziosamente, scostandosi i fluenti capelli corvini su una spalla con un gesto aggraziato tipicamente suo, prima di ribattere con un tono grondante ironia: - Ovviamente il prode soldato vuole una ricompensa molto speciale dalla sua dama...-

Jace sogghignò, trovandosi sulla stessa lunghezza d'onda della sorella acquisita.

-Ehi, chi sarei io per impedirle di elogiare la mia bravura e il mio coraggio in battaglia?- senza accorgersene si passò la mano tra i capelli dorati, gesto inconscio che faceva sempre quando flirtava.

Izzy a quel punto scoppiò a ridere, vedendo l'eloquente alzarsi di sopracciglia di quell'adorabile sbruffone che aveva per fratello.

-Clary ti darebbe una bastonata in testa se pretendessi con questo atteggiamento arrogante una ricompensa.-

-Sì, ma poi la riceverei comunque, e in più mi beccherei anche il premio di consolazione per essermi lasciato colpire da quella piccola furia rossa. Vinco in ogni caso, non ti pare?-

Risero insieme, carichi di una complicità nata da tutti gli anni che avevano passato fianco a fianco e da un affetto puro, privo di secondi fini.

Era diverso dall'amore di sangue che legava Alec e Izzy, come anche del legame tra parabatai che univa le anime di Jace e Alec, ma non era da meno: erano cresciuti tutti e tre insieme e, anche se legalmente non era possibile fare una cosa simile, sia Alec che Jace consideravano anche Isabelle parte del loro legame parabatai.

Nessuno di loro era mai solo, ma non erano nemmeno mai davvero solo in due.

Erano tre.

Tre Lightwood.

E quando andavano in missione, erano tre Lightwood a entrare e tre a uscirne.*

E non importava che nel giro di poche settimane Jace avesse cambiato quattro cognomi.

Jace Wayland era stato un bambino solitario e vittima della violenza di un padre che aveva, nonostante tutto, pianto alla sua scomparsa...

Jonathan Christopher Morgenstern in realtà non era davvero lui, ma lo specchio opposto dell'esperimento di un pazzo che aveva giocato a fare Dio con il sangue di due bambini mentre erano ancora nel ventre materno, dove nulla avrebbe mai dovuto osare toccarli...

Jace Herondale era il ragazzo che era sempre stato senza saperlo, con una famiglia a cui ignorava di appartenere e di cui rimanevano pochissimi membri...

...nonostante tutto ciò, lui rimaneva Jace Lightwood.

Perchè la sua intera anima urlava quell'identità, la pretendeva persino, perchè Maryse era sua madre, austera e autoritaria ma affettuosa e Max era il suo fratellino furbo e pestifero.

Perchè Isabelle era sua sorella, praticamente la sua versione mora e femminile. Lo stesso sarcasmo, la stessa corazza, le stesse debolezze, gli stessi difetti, lo stesso amore per la battaglia, lo stesso coraggio... e avrebbe potuto continuare all'infinito con le loro similitudini.

Perchè Alec era suo fratello, il suo parabatai, la metà mancante della sua anima. Erano nati per completarsi a vicenda, come due metà di un puzzle, due parti complementari di un Uno nato dallo stesso nucleo e poi sviluppatosi separatamente in due corpi.

Ed ecco il punto fondamentale su cui lui e Isabelle si sarebbero sempre trovati d'accordo, in ogni circostanza, anche se fossero state persone completamente diverse. Se anche non si fossero somigliati così tanto caratterialmente, c'era qualcosa su cui avrebbero sempre concordato, in qualunque versione alternativa di loro stessi: il modo assoluto in cui amavano Alec, con cieca fiducia e totale lealtà.

Mettendo un pugnale nella sua sacca delle armi, finirono di raccogliere i loro bagagli per poi incamminarsi velocemente verso il luogo in cui si sarebbe riaperto il portale che li avrebbe ricondotti a casa.

Camminando con tranquillità, mentre parlavano della missione appena conclusa e di ciò che avrebbero fatto una volta arrivati a New York, Jace, istigato dal precedente filo conduttore dei suoi pensieri, tornò indietro nel tempo, ripercorrendo le sue vicissitudini con i Lightwood, con la sua famiglia, fino ad arrivare al nodo cruciale di tutta la storia.

C'era stato un periodo in cui Alec si era allontanato da lui e Jace ne aveva sofferto come non mai. C'era voluto l'arrivo di Clary per smuovere abbastanza il suo riservatissimo migliore amico abbastanza da fargli buttare fuori tutto quello che aveva incamerato nel corso degli anni. E nonostante il terremoto emotivo che li aveva allontanati in seguito a tutta una serie incredibile di eventi, c'era stata la tutt'altro che spiacevole conseguenza che erano tornati ancora più uniti di prima, più di quanto lo fossero mai stati.

E Jace non poteva che esserne felice.



Pensare al suo parabatai aveva sempre l'effetto di acutizzare i suoi sensi e fu per questo che ciò che sentì lo agitò moltissimo.

Non l'aveva notato subito, perso com'era stato nei suoi pensieri, ma era un po' che avvertiva un leggero malessere allo stomaco, come se avesse mangiato qualcosa andato a male. Aveva ormai imparato a distinguere quando certe sensazioni derivavano da se stesso o da Alec, perciò non fu affatto felice nel notare che era il suo amico a soffrire. Non era capitato spesso, anzi, Alec era insolitamente resistente alle influenze persino per uno shadowhunter, ma proprio per questo la cosa era ancora più preoccupante.

Qualche minuto dopo la vaga nausea passò, ma in compenso Jace aveva accelerato il passo per tornare più in fretta che poteva a casa, mettendo fretta a Izzy, che fu costretta a corrergli dietro con dei tacchi assai scomodi.

-Isabelle, sbrigati, dobbiamo tornare. Alec...-

Non riuscì a terminare quella frase, perchè un terribile capogiro lo fece crollare a terra come mai nella sua carriera di guerriero si era permesso di fare, ma era il suo parabatai a stare male, così tanto che persino lui ne stava risentendo a tal punto da perdere il controllo del suo intero corpo per qualche secondo.

Una cascata di capelli corvini gli coprirono la visuale, e se il suo primo pensiero fu decisamente inappropriato alla situazione - i capelli rossi di Clary erano il miglior riparo in cui rifugiarsi da qualunque tempesta, ma anche quelli di Izzy erano confortanti, perchè sapevano di casa-, poi tornò subito presente a se stesso.

-Alec è nei guai. Non so cosa abbia, ma dobbiamo fare presto. Andiamo a casa da nostro fratello. Adesso.-





*Frase pronunciata da Isabelle nella terza stagione, adattata alla situazione.



 

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Capitolo 5
*** Istinto protettivo ***


Istinto protettivo




Alec non riusciva bene a percepire il proprio corpo.

Gli sembrava di galleggiare in un infinito oceano di nero, denso come la pece. Si sentiva pesante, ancorato ad un pavimento inesistente, ma morbido. 

Però poi capì di essere sveglio, anche se i suoi occhi faticavano ad aprirsi; intorno a lui aleggiava il profumo di legno di sandalo che aveva imparato presto ad associare all'idea di casa, protezione e amore.

-Magnus..-

La sua voce era debole come mai era stata, ma uscì chiara abbastanza da destare la persona cui rispondeva quel nome.

-Fiorellino, ti sei svegliato! Stai bene?-

Le braccia del suo stregone lo strinsero con forza, ma di certo Alec non se ne lamentò. Sentirsi ancorato da quella stretta lo aiutava sempre a focalizzare i pensieri, a calmarsi in qualsiasi situazione si trovasse perchè sapeva che anche se fosse caduto quelle braccia lo avrebbero sorretto.

In qualunque stato emotivo potesse trovarsi, non era mai capitato che un singolo contatto con il suo fidanzato non avesse calmato il tormento che agitava la sua anima.

Fu così anche in quel momento.

-Dove sono?-

-All'ospedale. Non rispondevi al telefono e ho mandato Clary a vedere cos'era successo... ci hai spaventati a morte! Ti ha trovato svenuto sul pavimento e ha deciso di portarti qui da me, sai, stavo curando Luke, per questo stamattina non sono rimasto con te...- forse stava leggermente straparlando, ma Magnus sentiva di averne tutto il diritto. Troppe emozioni per una mattinata sola.

Ma tutto questo non era ancora nulla, anche se ancora non lo sapeva, ben altro sarebbe giunto a mettere la sua intera esistenza sotto sopra prima della fine della giornata...

-ALEC!-

Due furie, una mora e una bionda, praticamente entrarono sfondando la porta, urlando all'unisono il nome del fratello, il quale si volse in un lampo scattando in piedi.

Istinto da cacciatore, il quale si ritorse contro di lui dato che quello scatto gli procurò un violento giramento di testa.

Magnus per fortuna notò subito il malore del compagno quindi si affrettò ad afferrarlo per i fianchi, impedendogli di cadere reggendolo con il proprio corpo.

-Jace! Per l'Angelo, te l'avevo detto che Alec stava riposando e che c'era Magnus con lui...- Clary aveva tentato di bloccare, invano, il suo ragazzo dall'entrare come un tornado a disturbare il riposo di Alec, ma se da solo, forse, avrebbe avuto una possibilità... contro Jace e Isabelle insieme non aveva alcuna speranza.

La testardaggine dei Lightwood, se congiunta, può essere davvero frustrante... 

Ma lo pensò con un sorriso affettuoso. In fondo, quella era anche la sua famiglia ormai.

-Jace, Izzy, cosa ci fate voi qui? Non eravate a Parigi in missione?- Alec era felice di rivedere i suoi fratelli, anche se si sentiva ancora terribilmente stanco.

-Abbiamo finito prima, del resto siamo i migliori. E poi, che diamine, davvero credi che sarei rimasto indifferente al dolore che ho percepito provenire dal mio parabatai?- dalla solita arroganza, il biondo era passato ad un tono sinceramente incredulo, come se gli risultasse impossibile nell'universo intero l'ipotesi assurda di abbandonare Alec sapendo che stava male.

E per lui, quell'ipotesi era davvero inconcepibile.

Izzy nel frattempo era accorsa a controllare da vicino le condizioni del fratello; da quando avevano rischiato di perdersi, con tutto quello che era capitato nelle ultime settimane, la sua iperprotettività da sorella si era estesa anche sul moro. Prima aveva paura che Max iniziasse l'addestramento sul campo, temeva per la pericolata sfrontatezza di Jace, ma era talmente abituata ad avere Alec a guardare le spalle a tutti loro che realizzare all'improvviso che anche lui era vulnerabile l'aveva destabilizzata. 

Lo aveva capito pienamente solo dopo averlo visto inerme, con parte della sua anima lontana dal corpo alla disperata ricerca di Jace, della metà della sua anima; quando si era quasi fatto sopraffarre dall'incantesimo di Iris che lo aveva indotto a saltare dalla terrazza di Magnus; quando aveva spinto il corpo ben oltre il limite massimo della prudenza in preda a terribili sensi di colpa per aver ucciso la madre di Clary sotto possessione demoniaca; quando lui e Magnus si erano lasciati e lui era quasi morto dentro per i sensi di colpa per avergli taciuto della Spada dell'Anima.

Aveva conosciuto per prima i dubbi del suo cuore, era stata l'unica per molto tempo a capirlo e a tenerlo ancorato a se stesso impedendogli di scoppiare, o almeno era questo che affermava lui.

Ma la pura e semplice verità era che lui si era sempre preoccupato di coprirle le spalle in qualunque cosa, persino il matrimonio con Lidya, fortunatamente mandato a monte all'ultimo minuto dallo stregone eccentrico che stringeva amorevolmente tra le braccia Alec, poteva considerarsi un modo per proteggerla da una vita infelice. Se non l'avesse fatto, i loro genitori probabilmente avrebbero fatto in modo che fosse lei quella a sposarsi per ristabilire il nome di famiglia.

Tutto era andato per il meglio alla fine e Izzy doveva ringraziare quello stregone pieno di glitter se ora il suo adorato fratellone era felice e libero di essere chi desiderava.

Fu per questo che si rivolse proprio a lui: -Cosa gli è successo, Magnus? Jace è crollato a terra persino dall'altra parte del mondo, cosa diavolo ha mio fratello?-

-Non sono proprio crollato...è stato un lieve sbandamento, più che altro!- a parte Clary, che gli strinse amorevolmente un braccio, tutti si limitarono a ignorare il borbottio offeso del cacciatore biondo.

In quel momento Alec, che fino a quel momento si era limitato a sorridere alla sorella e al parabatai cercando di rassicurarli che era stato solo qualcosa di passeggero, stette male nuovamente. Ebbe una fitta indicibile allo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore, ma non emise un suono. 

Erano già tutti fin troppo preoccupati, le sue urla non avrebbero aiutato nessuno, perciò si sforzò di arginare il dolore in un angolo remoto della sua mente per concentrarsi, come gli era stato insegnato a fare per ignorare il dolore in battaglia per non comprometterne l'esito. Respirò profondamente, tirando poi fuori tutta la voce che avesse per parlare.

-Cosa diavolo mi sta succedendo? Non può essere solo il cibo andato a male...non l'ha nemmeno cucinato Izzy- borbottò, cercando di sdrammatizzare.

Jace e Clary gli fecero un sorriso tirato ma divertito, mentre sua sorella gli diede un pizzicotto sul braccio, limitandosi a quello solo perchè era convalescente e lo minacciò scherzosamente di stare attento per la sua vendetta postuma a quando si fosse ripreso.

Fu Catarina a interrompere quel momento di breve ilarità, portando un clima di tensione. La sua faccia parlava chiaro: qualunque cosa avesse Alec, non era una semplice indigestione.

-Cat, cosa...?- Magnus fu l'unico ad avere il coraggio di domandare qualcosa, ma lei gli fece cenno di aspettare un minuto. Pareva confusa lei stessa, come se la risposta a quella domanda fosse impossibile, ma non per questo meno reale.

-Alexander, sono libera di parlare davanti a tutti? Si tratta di qualcosa di... incredibilmente delicato.-

L'altro parve rifletterci seriamente: in fondo, tutti avrebbero saputo quello che gli sarebbe stato riferito in un modo o nell'altro, ma c'era la possibilità concreta che si trattasse di qualcosa di tanto grave da necessitare una certa privacy.

Che fare?

-...parla pure, Catarina.- si risolse infine.

Lei annuì, prima di consigliargli di sedersi e cercare di restare comodo e tranquillo. Tutte quelle premure lo stavano solo innervosendo a dir la verità, ma le dita di Magnus intrecciate alle sue gli diedero abbastanza forza da rilassare i muscoli pieni di tensione.

-Prima di dirti quella che credo sia la tua... condizione... nelle ultime, diciamo... sei settimane sei entrato in contatto in qualsiasi modo con qualche pozione fatta da uno stregone?-

Sorpreso da tale domanda e dalle numerose pause della strega dalla pelle azzurra che, a suo parere, era una delle persone con meno peli sulla lingua che conoscesse -e lui conosceva Jace e Magnus-, rispose senza pensarci. 

-Sì, ma non vedo quale sia il problema... è successo più di un mese fa, mi pare un po' tardivo come effetto collaterale.-



La strega accusò il colpo chiudendo gli occhi, mostrando un'espressione di rassegnata consapevolezza che colpì il suo amico di vecchia data. Cosa diavolo aveva il suo Alexander? Sarebbe morto per l'ansia di quel passo... Un momento, aveva parlato di una pozione?

-E perchè io non ne so nulla, Fiorellino? Avresti dovuto parlarmi di una situazione del genere, avremmo potuto risolvere questa cosa prima che degenerasse!-

-Magnus, tranquillo, non c'era pericolo, quella pozione non poteva avere effetto su di me...-

-Quindi sai di cosa si trattava? E a maggior ragione hai lasciato correre?- lo stregone era sempre più scioccato, non pensava che il suo amato fosse tanto incosciente! Va bene che aveva poco riguardo per la sua salute, cosa sulla quale avrebbero dovuto lavorare al più presto, ma sottovalutare persino gli intrugli di certi suoi colleghi...

-Magnus, anche se Alexander te ne avesse parlato non ci sarebbe stato nulla da fare per fermare l'effetto di quella pozione. Aveva già agito sul suo organismo e ora il suo scopo è stato raggiunto.-

Alec non capiva, cosa stava dicendo Catarina? Com'era possibile che quella pozione avesse avuto effeto su di lui? La sua funzione era rendere gravide le donne shadowhunter che si univano a un demone, ma su di lui che effetto avrebbe potuto avere? Era un uomo, per l'Angelo!

Certo, Iris era una pazza da rinchiudere in un manicomio, più che alla Guardia di Idris, ma se anche avesse creato problemi di sorta con quella pozione i suoi effetti avrebbero già dovuto manifestarsi. Era passati tre mesi circa da quando un piccolo uragano dai capelli rossi aveva sconvolto le loro vite ed esattamente sei settimane da quando lui le aveva ucciso la madre mentre era posseduto da un demone, con conseguente conoscenza della strega francese che, a quanto pareva, aveva scatenato tutto quel pandemonio con le sue magiche pozioni...

Catarina lo fissò con sguardo eloquente, mantenendo i loro occhi incatenati finchè non vide quelle iridi blu spalancarsi in segno di comprensione e più che giustificabile shock.

Il cacciatore moro inspirò di colpo, sentendosi la testa leggera e l'anima pesante, confuso come mai, improvvisamente terrorizzato da tutto e niente insieme. 

Perchè, se non era ammattito di colpo e aveva capito dove l'infermiera stava andando a parare con tutti quei giri di parole, allora questo significava che... che lui... lui e Magnus...

Per l'Angelo...

Si portò le gambe al petto in un gesto difensivo che non era da lui, ma che gli venne istintivo, come se il suo corpo avesse saputo da un pezzo il modo esatto in cui era cambiato e come adattarcisi. Si chiuse a riccio e nascose la testa tra le ginocchia, le braccia a cingersi quasi a volersi mantenere tutto intero, avendo quasi paura di cadere a pezzi se avesse allentato la presa.

Le orecchie gli fischiavano, non sentiva più le voci preoccupate delle persone presenti nella stanza, non percepiva più nemmeno un atomo del mondo esterno, troppo concentrato ad ascoltare se stesso, a controllare ogni molecola che lo componeva per impedirsi di crollare in mille pezzi perchè quello non era proprio il momento di lasciarsi andare all'isteria e all'istinto che gli urlava di lanciarsi fuori dalla finestra e correre a recuperare arco e faretra per andare a caccia di demoni per sfogarsi.

Non poteva farlo. Non in quel momento e sicuramente non per un bel po' di tempo a venire.

Un'altra vita ora dipendeva da lui.

Non nel modo in cui accadeva con i suoi compagni shadowhunter quando andavano in missione, non come lo facevano i suoi fratelli che cercavano in lui un punto fermo e nemmeno in quello, assai più dolce, in cui lo stregone gli si affidava con tutto il cuore ogni giorno.

La piccola vita, non ancora tale, che dipendeva da lui lo faceva nello stesso modo in cui ogni essere umano, mondano, nascosto o cacciatore, dipende dalla propria madre prima di venire al mondo.

Alec pensò che probabilmente quel pensiero lo avrebbe fatto impazzire, ma in attesa di quel momento ritenne un'alternativa accettabile quella di sorridere lievemente tra le lacrime che non si era accorto di star versando per le troppe emozioni, come un povero pazzo. 

Emise un suono strozzato, una mezza risata isterica e soffocata, ma si rannicchiò ancora di più, per mantenere al sicuro il centro del proprio corpo. 

Le domande, i dubbi e le preoccupazioni le spinse in un angolo della sua mente, almeno per un po'. Le insicurezze, le domande, lo shock, persino le urla sarebbero arrivate molto in fretta, Alec lo sapeva, non appena l'incredulità avesse lasciato posto alla consapevolezza.

Ma prima voleva un secondo, un solo secondo per godersi l'esistenza di quel miracolo.

Ciao, piccolino. Non ti conosco ancora, ma ti amo già incondizionatamente.





Note:
Eeeeeeeee finalmente Alec ha scoperto il suo piccolo problemino... Da qui in poi ne vedremo delle belle, ve l'assicuro!
Se avete consigli, pareri o anche solo scleri da fare, passate da me quando volete, per parlare del mondo Shadowhunter e dei Malec in primis sono sempre disponibile!
Al prossimo capitolo con le reazioni degli altri!
Flos Ignis


 

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Capitolo 6
*** Reale, impossibile miracolo ***


Reale, impossibile miracolo




Clary arrivò a capire la situazione nello stesso modo in cui si capisce di aver ricevuto uno schiaffo: dopo l'incredulità, a sopraffarla venne lo sgomento e infine la fiammeggiante consapevolezza. 

Le parole di Catarina però non avrebbero acceso alcuna lampadina nella sua testa se non fosse stato per Alec, che aveva confermato di aver assunto una certa pozione poco più di un mese prima e poi era improvvisamente sbiancato - rendendo la sua pelle lattea ancora più chiara di quanto già non fosse ogni giorno, assumento una tonalità quasi trasparente - per poi rinchiudersi in se stesso, sordo ai richiami preoccupati di Izzy, Jace e soprattutto Magnus, che cercavano di capire ciò che stava loro sfuggendo.

Anche lei sarebbe entrata nel panico, se non avesse ricevuto l'illuminazione proprio quando gli occhi blu di Alec avevano guizzato involontariamente verso di lei, nominando la pozione, per poi allargarsi in un infinito mare di azzurro quando realizzò cosa ciò che avesse assunto aveva provocato in lui.

Clary stessa quasi si sentì svenire.

Sei settimane prima, sua madre era morta.

Sei settimane prima, Clary aveva convinto la strega Iris a riportarla in vita per lei.

Sei settimane prima, Alec l'aveva accompagnata. Se per senso di colpa, per proteggerla, per senso del dovere... ancora non le era ben chiaro.

Ma sei settimane prima, a lei e Alec era stato offerto del thè molto particolare...

Clary dovette sedersi, sopraffatta dalla piega inaspettata degli eventi.

Forse neppure la stessa ideatrice di quel portentoso intruglio aveva compreso fino in fondo quanto potesse risultare efficace.

Perchè non solo rendeva feconde le Cacciatrici che si accoppiavano con i demoni... ma anche i Cacciatori uomini che erano in intimità con degli stregoni, esseri umani con metà del loro sangue demoniaco.

Impossibile.

Ma reale. 

Era accaduto davvero...

Alec aspetta un figlio da Magnus!

-Clary, che hai?-

Jace si era accorto che anche lei era impallidita di colpo, scioccata per la rivelazione che l'aveva stordita con la stessa forza dei colpi che riceveva giornalmente in allenamento da Alec. 

Non ci andava mai leggero, con lei: voleva renderla forte, aveva detto, così che non fosse un peso.

Così che non si facesse ammazzare... questo aveva recepito Clary tra le righe, soprattutto grazie al modo attento con cui la guardava mentre le medicava le ferite che le procurava lui stesso, dandole consigli mirati alla semplice efficacia, piuttosto che allo stile di combattimento più elaborato che esibiva il suo parabatai.

Aveva un modo un po' schivo e un po' arrogante al tempo stesso di proteggere e preoccuparsi per le persone care, Alexander Lightwood. Silenzioso, ma efficace.
Clary per qualche ragione a quel pensiero scoppiò a ridere, piano, dolcemente.

Nessuno avrebbe saputo essere un padre migliore di Alec, ne era convinta.

-Clary?-

Lei fece un sorriso a Jace, uno dei migliori che aveva in repertorio, perchè il suo amato era già abbastanza preoccupato per il suo parabatai senza che lei dovesse aggiungere altri timori.

-Va tutto bene, Jace. Solo... credo di sapere cos'ha Alec. Credo che al momento abbia bisogno di stare un po' tranquillo e da solo, al massimo con Magnus...-

-Clary, se sai cosa gli sta succedendo devi dirmelo! Se ha bisogno di supporto restiamo anche noi!- e sembrava pronto a combattere anche contro di lei per mantenere quella posizione, per cui assunse il tono più dolce e conciliante che possedeva.

-Si tratta di qualcosa di davvero troppo delicato per affrontarci tutti quanti insieme. Non ti preoccupare, sono sicura che ce ne parlerà lui stesso non appena si sarà calmato.- gli diede un bacio a stampo che non convinse Jace per nulla, ma si fidava di lei e della sua incredibile empatia, perciò se Clary affermava che il suo parabatai aveva bisogno di tempo, tempo gli avrebbe concesso. Per un po', almeno... 

Trascinarono una Izzy tutt'altro che consenziente fuori dalla stanza e Catarina li seguì, ma Magnus non volle saperne minimamente di staccarsi dal suo giovane fidanzato.

Clary, onestamente, non aveva mai nemmeno sperato di staccarlo dal suo capezzale, ma andava bene così. Avevano necessità di stare un po' per i fatti loro, solo loro due...tre.




-Magnus... solo un minuto. Non posso... affrontarti ora. Dammi solo un attimo per ricompormi, ti prego.- Alec non si era mosso di un millimetro, ma almeno aveva parlato, dando prova di percepire di nuovo il mondo circostante.

-Fiorellino, io non ti abbandonerei mai. Qualunque cosa ti stia succedendo, ci sono io con te. Non c'è nulla che non possiamo affrontare noi due insieme.Ti prego, guardami.-

Magnus gli poggiò i palmi delle mani sulle guance, cercando di sollevare il volto pallido del suo fidanzato per poterlo guardare negli occhi. Aveva ancora le gambe piegate contro il petto, ma le spalle si erano visibilmente rilassate alla voce dello stregone. Vederlo in quello stato di prostrazione accresceva di secondo in secondo la sua ansia per lo stato del suo ragazzo, che non aveva mai visto tanto fragile.

Alec alzò timidamente gli occhi blu, mostrando il velo di lacrime che gli avevano annebbiato lo sguardo e l'improvviso luccichio che li animava. Tremava e respirava con un certo affanno, come se anche solo pensare alla situazione attuale gli richiedesse uno sforzo mentale tale da riperquotersi sul suo fisico già debilitato.

Magnus notò l'incredulità e lo sgomento su quel viso tanto amato, ma con sua immensa sorpresa anche una piccola nota di gioia, selvaggia e viva come ardente fiamma.

-Alec... parlami. Non tenermi fuori.- forse fu per il tono implorante nella sua voce, ma in qualche modo fece presa sul Cacciatore, che prese qualche respiro spezzato prima di parlare.

-Non sto per morire... o almeno credo. Non so come funziona questa cosa. Non che dovrei saperlo, non è mai successo in teoria. Ancora non riesco a credere che stia accadendo proprio a me...- Alec era confuso, non sapeva come affrontare l'argomento con Magnus, ma aveva bisogno di parlarne con lui.

C'erano dentro in due, in quell'assurda vicenda.

Si passò le mani sul viso, cercando di scacciare la debolezza latente che ancora lo lambiva, anche se con meno ferocia di quella mattina.

Per l'Angelo, era passato così poco tempo?

-La pozione che ho assunto, involontariamente, ci tengo a precisarlo questo... era destinata in realtà solo a Clary. La strega Iris aveva evocato un demone con cui ingravidava ignare mondane per poi togliere loro i ricordi e tenere con sè i bambini stregoni.-

-Sì, questo me l'hai già raccontato... ma cosa ti ha fatto assumere, Alexander?-

Se gli fosse accaduto qualcosa di grave, Magnus non garantiva per l'incolumità della strega... Gurdia di Idris o meno a sorveglianza di quella francese da strapazzo.

Alec era evidentemente in difficoltà, perciò lo stregone gli prese le mani e intrecciò le loro dita, sorridendogli nel modo più incoraggiante che possedeva. Sembrò bastargli, perchè il più giovane gli rivolse un sorriso storto, uno di quelli che gli aveva fatto perdere la testa alla velocità della luce non appena lo aveva conosciuto.

-Trovo difficile dirlo ad alta voce, Magnus... forse dovrebbe essere Catarina a spiegarti tutto, sicuramente ne sa più di me su come sia fisicamente potuta accadere una stranezza simile, ma...-

Chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e, infine, lo disse. Ad alta voce, il tono incredulo ma felice, gli occhi più azzurri che mai intrecciati a quelli del suo stregone, che per lo shock rilasciò il glamour per mostrare le sue iridi feline verdi-dorate.

-Aspetto un figlio da te, Magnus.-

Il blu e l'oro si erano fusi insieme, per dare vita a un nuovo, meraviglioso colore che avrebbe riempito le loro vite.






Note:
Mi rendo conto che è un capitolo leggermente di passaggio, ma avevo bisogno di spezzare ancora un po' gli avvenimenti per arrivare con calma all'occhio del ciclone, ad una delle chiavi di volta della storia... tra poco vedremo i nostri protagonisti parlare seriamente di questa situazione inaspettata, ma soprattutto tutto ciò che ne consegue, perciò abbiate ancora un po' di pazienza!

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Capitolo 7
*** Il dono più grande ***


Il dono più grande



C'era stato silenzio, dopo la confessione di Alec.

Un silenzio assordante in modo paradossale, perché nell'aria continuavano a riecheggiare le parole del Cacciatore, quelle parole che si erano conficcate nel cuore di Magnus con la precisione tipica con cui il fidanzato scagliava le sue frecce.

Aspetto un figlio da te, Magnus.

Era stato colpito al centro stesso del suo essere e ora quel colpo fantasma, che aveva lasciato integre carne e ossa, gli stava distruggendo il cuore per la sua intensità.

Incredulità dirompente, selvaggia gioia, terrore esplosivo, era troppo da provare tutto insieme per il suo vecchio cuore immortale. Gli stregoni, per loro stessa natura, hanno tutto il tempo che il tempo stesso concede loro e imparano a vivere di piccole cose, perchè nulla riesce più a stupire e coinvolgere chi ha già visto tutto quello che la vita può offrire.

Quello era uno dei motivi che lo avevano fatto innamorare di Alexander, la sua naturale capacità di ravvivargli l'anima e fargli battere più forte il cuore. Da quando lo aveva conosciuto era più concentrato, più attivo, più felice.

Ma quanto stava accadendo era ben oltre.

Non può essere vero...

Aveva camminato per secoli su quella terra, aveva amato, odiato e salvato così tante genti di tutte le razze, combattuto nemici di ogni sorta e contribuito a forgiare la realtà di quel tempo dall'ombra in cui vivevano i Nascosti come lui e aveva assistito a molti eventi ritenuti impossibili...

Ma mai, mai, avrebbe immaginato di vivere il giorno in cui uno stregone sarebbe diventato genitore. Un padre vero, che condivide con suo figlio lo stesso sangue infernale.

Quanto aveva sofferto quando aveva saputo che non avrebbe mai provato la gioia di diventare padre! Aveva lacerato la sua anima come solo la consapevolezza di vedersi negato un diritto imprescindibile poteva fare, ma dopo molti anni si era rassegnato. 

Non arreso, quello mai. 

Aveva preso sotto la sua protezione stregoni, vampiri neonati, persino un paio di fate reiette e qualche cucciolo di lupo mannaro solitario, e li aveva considerati tutti suoi figli, li aveva guidati nel Mondo delle Ombre come meglio aveva potuto, aveva gioito per le loro vite e pianto alle loro morti.

Li aveva amati in un modo unico e speciale, sperimentando quel tipo di sentimento che lega genitori e figli: la sua rassegnazione allora aveva dato tregua allo strazio che si portava dentro, trasformandosi con gli anni in una quieta pace, anche se fragile.

Ed erano bastate le poche parole di Alexander a infrangere quella sottile barriera che aveva messo tra sé e il suo desiderio di avere dei figli.

Parole dirette, persino spietate nella loro nuda sincerità, cariche di tutto l'uragano di emozioni che inevitabilmente si prova in certi momenti.

La situazione però era tutt'altro che normale.

Per quanto il suo desiderio di credere a quelle parole fosse forte, il suo timore nello scoprire che si era trattato di un errore o di un falso allarme lo era altrettanto.

Perciò guardò gli occhi del suo Cacciatore, cercando in essi la verità che vi aveva sempre scorto, in quel blu impossibile che rendeva possibile ogni cosa.

Nessuno avrebbe mai potuto scherzare su un argomento simile, il suo Alexander meno di tutti. Non il suo coraggioso Shadowhunter, che continuava a fissarlo, gli occhi lucidi pieni di un sentimento che riconobbe come un misto di preoccupazione, paura e orgogliosa testardaggine.

E amore.

C'era così tanto amore in quegli occhi, tanto più espressivi delle parole del Cacciatore da avergli dato accesso al suo cuore ben prima di avere il suo consenso verbale.

Così tanto amore...

Magnus ne aveva bisogno, aveva un disperato bisogno di quell'amore, perché Alexander aveva riaperto una ferita particolarmente pericolosa e solo lui avrebbe potuto salvarlo dall'affondare in essa. 

Cauterizzandola per sempre, rendendo possibile un antico sogno creduto infranto.



-Dici... sul serio?- Magnus non era sicuro che il suo tono fosse abbastanza alto da essere udito, ma quella possibilità che aleggiava nell'aria era tanto immensa da comprimergli i polmoni e quello appena usato era tutto il fiato di cui disponeva.

Alexander gli prese le mani tra le sue, quasi gelate, ma salde come sempre: -Non ti mentirei mai. Non so come sia fisicamente possibile, non esattamente, ma...è così. Avremo un figlio.-

Il lieve rossore che affiorò su quelle guance pallide diede a Magnus la conferma che non si trattava di un'illusione, perché percepiva il calore sanguigno che le aveva riscaldate attraverso il palmo della mano che gli aveva poggiato sul volto.

Sorrise della gioia più grande che si ricordasse di aver mai provato.

-Non smetti mai di sorprendermi, Alexander.-

Anche l'altro sorrise, memore di quelle parole che gli erano rimaste tanto impresse.

-Spero in senso positivo.-

-Sempre, Alexander. Ogni volta che credo di conoscerti, in te appare qualcosa di nuovo che mi porta ad amarti ogni giorno più di quello precedente. Ma questo è... Mi hai fatto un dono che per secoli ho pensato di non meritare.-

Avvicinò i loro visi per condividere un bacio lieve, che sapeva di futuro e famiglia e promesse, ma soprattutto di gratitudine e amore infiniti.

-Aku cinta kamu.-

-Cosa vuol dire?-

-Ti amo, in indonesiano.-

Rimasero in silenzio per un po', quando Magnus ebbe un'idea.

-Fiorellino, posso tentare un incantesimo?-

-Di che si tratta?-

-Lo vedrai.-

Alexander acconsentì, seguendo le silenziose direttive di Magnus per distendersi completamente. Si fidava ciecamente di lui, non gli interessava nemmeno sapere cosa volesse fare, era troppo sollevato dalla reazione di genuina sorpresa e gioia del suo fidanzato per preoccuparsi di qualunque altra cosa.

Lo stregone pronunciò poche parole in latino, poi una leggera foschia blu carezzò piano il più giovane, in modo impercettibile.

Quando l'ultima parola lasciò le labbra di Mangus, egli rivelò i suoi occhi felini pieni di emozione per ciò che stava per accadere, ma prima che il Cacciatore potesse chiedere spiegazioni un suono ritmico e veloce si espanse per la stanza, riempiendo il vuoto.

-Magnus, ma cosa...-

-Il suo cuore... è il battito del cuore di nostro figlio, Alexander.-

E chi avesse iniziato per primo a piangere per l'emozione, nessuno dei due lo capì mai.



Clary li trovò così.

Magnus sorrideva in modo accecante, i capelli mori con un singolo ciuffo blu non arrivavano a coprirgli gli occhi felini lucidi, sulle guance i segni delle lacrime erano ancora evidenti.

Si teneva per mano con Alec, seduto sul letto: lui stava ancora piangendo, ma sembrava non accorgersene.

Era troppo preso a sorridere.

Clary aveva sempre pensato che tutti i Lightwood avessero dei sorrisi speciali: il suo Jace era in grado di illuminare un'intera stanza quando ci entrava, quello di Izzy calamitava l'attenzione di chiunque fosse nei paraggi, persino quello monello del piccolo Max ispirava una naturale simpatia.

Fino a quel momento, aveva creduto che il sorriso storto di Alec facesse tenerezza, perchè sembrava che non avesse mai imparato a farlo davvero: il suo alzare solo un angolo delle labbra lo faceva assomigliare a un bambino piccolo, che imita le espressioni di chi gli sta intorno senza riuscirci per davvero.

Almeno, non finchè il bambino non cresce, imparando egli stesso cosa significhi la gioia.

Alec ora è cresciuto.

Ridacchiò per quel pensiero assurdo, perchè tutto si poteva dire di Alec tranne che fosse infantile o qualcosa di simile. Ma in quel momento il Cacciatore mostrava il sorriso più aperto e solare che Clary avesse mai visto.

Le dispiacque enormemente doverli interrompere, quello era il loro momento, ma non potevano più rimanere in ospedale.

-Alec, Magnus, mi dispiace molto interrompervi... Penso sia il caso di andare. Alec sta bene ora, Catarina ci ha detto solo che il suo corpo si sta adattando alla gravidanza grazie alla pozione; potrebbero capitare altri episodi simili, ma non è nulla di allarmante. L'importante è che si riposi e si rilasserebbe meglio a casa vostra.-

Clary sorrise vedendo le loro espressioni vagamente ebeti, come se si fossero appena svegliati da un sonno profondo. La guardavano come se non la riconoscessero e la rossa dovette ammettere che le loro espressioni erano piuttosto divertenti.

-Avete capito ragazzi? Potete tornare a casa. Alec, evita i portali magici, le rune... insomma, qualunque cosa. Tra un paio di giorni verrò da te, se non ti dispiace, così vediamo come risolverla. E poi, ci terrei a parlarti.-

Lo vide annuire, una lontana consapevolezza nello sguardo, come se intuisse cosa avrebbe voluto dirgli ma fosse troppo distratto da altro per dare forma a quei pensieri.

E mentre li guardava dirigersi verso casa loro, sfiorandosi con le spalle e i dorsi delle mani mentre camminavano fianco a fianco, il più vicini possibile Clary vide una runa prendere velocemente forma nella sua mente... ma prima che potesse capire cosa volesse, dire, essa scomparve, in attesa del tempo in cui sarebbe servita.




 

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Capitolo 8
*** Qualunque cosa ci riserva il futuro ***


Qualunque cosa ci riserva il futuro



Catarina si trovava in una situazione niente affatto semplice. Stava avendo a che fare con ben DUE Lightwood tutt'altro che tranquilli, in pensiero com'erano per il loro fratello maggiore e parabatai.

Già solo il fatto che fossero usciti dalla stanza era più di quanto ci si potesse aspettare, ma se anche avevano rispettato la necessità di Alexander di rimanere da solo con Magnus questo non implicava che avrebbero atteso pazientemente anche delle spiegazioni.

La donna dalla pelle blu non sapeva più dove sbattere la testa - o come cucire le labbra ai due agguerriti cacciatori davanti a lei - quando qualcuno intervenne in suo aiuto.

-Ragazzi, posso spiegarvi io.- i riccioli rossi della Fairchild circondavano il suo volto pallido ma dall'espressione decisa, come se avesse una missione da portare a termine, impressione accentuata dalla posa battagliera e lo sguardo fisso in quello degli altri due.

Il suo ragazzo e la moretta dalla frusta di elettro si voltarono di scatto verso di lei, praticamente aggredendola di domande, così che Catarina le rivolse un sorriso grato e se ne andò, tornando al normale caos dell'ospedale. 

Che è molto meno stancante che avere a che fare con i Lightwood. Magnus deve essere pazzo. Non che questa sia una novità, sono letteralmente secoli che sistemo i suoi danni... mi chiedo solo quanto saranno grandi e problematici quelli che verranno con questo bambino.




-Il mio fratellone è che cosa?-

-Il mio parabatai aspetta che cosa?-

Jace e Isabelle avevano stampate in volto le medesime espressioni sbigottite e incredule, avevano detto quasi le stesse parole con l'identico tono stridulo.

Se Clary non avesse saputo come stavano le cose, avrebbe giurato che i veri fratelli di sangue fossero Izzy e Jace.

-Alec ha bevuto una pozione destinata in realtà a me, ha voluto assaggiare per primo il thè che mi ha offerto Iris per assicurarsi che non fosse avvelenato... non sono riuscita a fermarlo. Non ci abbiamo più pensato in seguito, ne sono successe così tante! E come potevamo sapere che avrebbe avuto qualche effetto su di lui?- Clary sembrava estremamente dispiaciuta, ma il suo tono tradiva una certa fretta, mentre il suo sguardo verde continuava a saettare velocemente tra il suo ragazzo, la sua amica e la porta dietro la quale si sentivano le flebili voci di Alec e Magnus.

-Ma come dievolo è possibile? Alec è un uomo, per l'Angelo! E Magnus è uno stregone, loro sono sterili!-

-Lo so Izzy, nemmeno io riesco a crederci, ma Alec era là con me, ha bevuto la pozione, è stato male oggi e Catarina ha centinaia di anni di esperienza, non è possibile che si sbagli, nè che si sia inventata una storia tanto assurda se non ne è totalmente certa.-

La rossa aveva iniziato ad agitare le mani per il nervosismo, tutto il suo corpo era in costante tensione verso quella porta chiusa, cosa che persino Jace, nel torpore dato da quella scioccante notizia, notò.

-Clary, cos'hai?- le strinse le mani per tranquillizzarla, cosa che avvenne quasi all'istante.

-Un figlio è qualcosa di meraviglioso. Dovrebbe essere motivo di gioia e festa... ma sono con voi da abbastanza tempo da aver visto la reazione degli altri cacciatori davanti al diverso, e questo bambino sarà una novità assoluta in tutti i mondi, qualcosa di mai visto prima, qualcosa che non si sa cosa diventerà. Temo per Alec e Magnus e ho paura per il destino di loro figlio.-

Jace scorse la paura appena espressa della ragazza nei suoi occhi. Il verde meraviglioso di cui si era innamorato a prima vista era adombrato dalla preoccupazione, dall'angoscia che ghermisce il cuore quando viene minacciata una persona cara. Il biondo sapeva benissimo che la sua idomita, impavida ragazza rossa considerava tutti loro come una famiglia e lei stessa una volta disse che non c'era nulla che non avrebbe fatto per proteggerla.

Clary aveva visto il mondo shadowhunters scagliarsi contro Nascosti innocenti, contro altri cacciatori che la pensavano diversamente, contro chiunque rappresentasse una minaccia per l'ordine che mantenevano da secoli e per i metodi che utilizzavano per ottenerlo. Come spesso accade a chi ha troppo potere, anche i Nephilim, seppur spesso dotati davvero delle migliori intenzioni, non facevano altro che fomentare l'odio tra le razze e la diffidenza gli uni con gli altri.

Aveva compreso, alla fine, cosa suo fratello Jonathan era diventato con un po' di sangue demoniaco nelle vene, ma aveva visto il giudizio e la sentenza della loro razza per lui prima ancora che si sapesse chi era e com'era il suo carattere, se fosse possibile salvarlo.

E anche se la risposta non era stata quella sperata da Clary, anche se il sangue del suo sangue non aveva avuto speranza di redenzione, lei aveva avuto abbastanza intuito da capire che anche in caso contrario nel loro mondo non ci sarebbe mai stato spazio per lui.

Se non avesse conosciuto la passionale Isabelle, con le sue idee di equità e onore, con la forza di aiutare il prossimo indipendentemente dalla razza... 

Se non avesse incontrato il suo Jace, con tutti i suoi demoni e la forza con la quale ogni giorno cercava di impedire che altri sopportassero gli stessi suoi incubi ad occhi aperti...

Se non avesse compreso Alec, con il coraggio di fare la cosa giusta anche quando tutti gli altri ti dicevano il contrario...

...probabilmente avrebbe finito con l'abbandonare quel mondo come sua madre prima di lei, e avrebbe perso con esso la possibilità di quella vita che stavano vivendo in quel preciso istante, con un piccolo esserino che ancora non era nato e che già era divenuto il centro di tutti i loro pensieri.

Jace aveva la stessa paura di Clary e voltandosi verso Isabelle si rese conto di leggere gli stessi dubbi e timori di tutti loro anche in quegli occhi neri in cui il biondo aveva sempre trovato una fonte inesauribile di forza.

-Qualunque cosa ci riservi il futuro, la affronteremo insieme, come sempre.- Jace sorrise alle due ragazze che amava di più al mondo, seppur in modi diversi, sperando di trasmettere loro un po' della sua fiducia in quel futuro in cui credeva anche grazie a loro.

Si strinsero, mettendosi tutti vicini per farsi coraggio a vicenda. Sapevano che li aspettavano mesi, anzi anni difficili, ma li avrebbero affrontati insieme e avrebbero protetto quella piccola vita che, nel modo più strano che si fosse mai visto, presto sarebbe venuta al mondo.

-Il mio fratellone diventerà papà... o mamma. Secondo voi qual'è il termine più adatto?-

La battuta di Izzy riuscì a spezzare la tensione, anche se il tremore della sua voce tradiva parecchia della sua ansia, facendoli scoppiare a ridere tutti e tre.

-Se Alec sapesse che hai osato dargli della "mamma" ti riempirebbe la stanza di topi per ripicca!- Jace ridacchiò per le sue stesse parole, consapevole che sotto la sua scorza di moralità integerrima suo fratello non di sangue era capacissimo di tirare fuori un lato dispettoso e vendicativo all'occorrenza. Qualche volta. Quasi mai, in realtà...

La mora arricciò le labbra rosse in un piccolo ghignetto saputo, pensando al fratello nelle vesti di madre. Sorprendentemente, tutti loro ce lo vedevano piuttosto bene.

Forse era il fatto che fosse il maggiore di tre fratelli spericolati, la sua costante preoccupazione per la famiglia, il tono di paternalistico rimprovero che gli usciva naturale come respirare o la sua natura insospettabilmente autorevole... qualunque fosse la ragione, tutti loro non fecero per niente fatica a immaginarsi il maggiore dei Lightwood come un genitore. Nelle vesti di padre o madre.

-Saranno degli ottimi papà.-

-E noi dei fantastici zii!-

-Non vedo l'ora di dirlo anche a Max!-

-E ti immagini la faccia che faranno mamma e papà?-

Clary si sentì in dovere di bloccare quella cascata di eccitazione prima che degenerasse troppo in fretta, perciò prese in mano le redini della situazione.

Per l'Angelo, Alec deve avere la pazienza di un santo per aver sopportato questi due insieme per tutta la vita...

-Va bene, cerchiamo di restare calmi. Là dentro Alec sarà quantomeno terrorizzato e confuso, Magnus non ho idea di come reagirà, ma di sicuro nessuno dei due ha bisogno di una dose eccessiva di entusiasmo. Piuttosto, hanno bisogno del nostro sostegno e di essere tranquillizzati. Perciò ora voi fate i bravi zii e andate a prendere un regalino per il vostro futuro nipote, mentre io entro là dentro e vedo come tira l'aria.-

-Ma Clary...-

La rossa non diede retta a nessuno dei due, mostrandosi irremovibile nella sua decisione. Doveva parlare assolutamente con Alec prima che lo facesse chiunque altro, aveva delle scuse da fargli e dei ringraziamenti da porgli.

Oltre ad un'importante promessa per la quale era disposta a tutto, anche a giurare sull'angelo Raziel.





Note:
Sì, lo so, lo so... vi sto lasciando sulle spine, non vi ho ancora mostrato la reazione di Magnus, sono una eprsona molto cattiva...
*si nasconde dentro un bunker per paura di un assalto*
Coff coff... comunque, mi rendo conto che fin'ora ho distolto molto l'attenzione dalla coppia principale, ma l'ho fatto di proposito: molto presto arriveranno capitoli su capitoli interamente Malec, e dovevo prima dare un inquadramento generale di come TUTTI i personaggi prendono la notizia in modo da non intralciare in seguito la storia.
Si inizierà a fare sul serio in men che non si dica...
Detto questo, spero che la storia continui a piacervi se siete arrivati fin qua, fatemi sapere cosa ne pensate se volete, altrimenti buona lettura!
Flos Ignis


 

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Capitolo 9
*** Preoccupazioni ***


Preoccupazioni




Era stato un viaggio breve e silenzioso verso il loft del Sommo Stregone di Brooklyn, ormai più spesso additato come casa di Magnus e Alec.

Il Cacciatore faceva avanti e indietro dall'Istituto, ma ormai erano rarissime le notti che non dormivano insieme nell'appartamento dello Stregone, tanto che l'arciere aveva iniziato a considerarla casa molto più del luogo che per logica veniva considerata la casa di tutti gli Shadowhunter lontani da Idris.

Si tennero per mano per tutto il breve tragitto dall'uscita dell'ospedale, evitando come consigliato da Catarina di utilizzare un portale.

Non dissero nulla, troppo sconvolti dall'intensa mattinata, troppo emotivamente provati per trovare la forza di fare qualsiasi cosa.

Fu per questa ragione che Magnus, dopo essersi chiuso il portone alle spalle e aver rialzato le barriere che li tenevano al sicuro, trascinò il compagno nella loro camera da letto con una sola intenzione ben chiara in mente.

Alec lo guardava, i segni del mancamento di poche ore prima sbiaditi ma ancora presenti sul suo volto, gli occhi stanchi ed emozionati chiedevano cosa avesse in mente.

-Le parole e qualsiasi altra decisione le rimandiamo a domani, va bene Fiorellino? Adesso devi riposarti e riprendere forze e lucidità.-

Gli diede un bacio talmente lieve che Alec lo percepì come la pressione di una piuma sulle labbra, dolce e morbida. Avrebbe desiderato approfondire quel contatto, ma vedeva che anche Magnus aveva bisogno di riposo e di stare un po' solo con i suoi pensieri.

Lo capiva, lo capiva assolutamente... Tutte le certezze più logiche e basilari delle loro esistenze erano state ribaltate in poche ore e di lì a pochi mesi avrebbero dovuto affrontare una sfida enorme, la più grande delle loro vite: avere un figlio.

Perciò si lasciò spogliare della tenuta da caccia che indossava ogni mattina appena sveglio come buona abitudine, anche nei suoi rari giorni liberi, per poi rabbrividire quando lo stregone rimosse i suoi stessi abiti e portò entrambi sotto le lenzuola rosse del letto che condividevano.

Gli occhi felini che Alec tanto amava ricomparvero nel momento stesso in cui le dita inanellate si posarono sul suo ventre ancora piatto, troppo emozionato per contenere il glamour che nascondeva il suo marchio da stregone.

Sentendolo vicino come non mai nelle emozioni che condividevano, intrecciò le loro mani, stringendo la presa per aggrapparsi a lui e alla sua solida presenza al proprio fianco, azione che venne ricambiata dall'altro, che se lo tirò contro affinchè fossero più a contatto possibile, la pelle caramellata di Magnus che riscaldava quella più pallida e fredda di Alec.

Si rilassarono entrambi grazie a quel costante percepirsi, per poi lasciarsi andare ad un sonno ristoratore da cui si sarebbero svegliati solo l'indomani, a mente più fresca e pronti a progettare il loro futuro, nel bene e nel male.




Per la seconda volta in due giorni, a svegliare il Cacciatore fu l'assenza di calore al suo fianco durante il sonno.

Si stropicciò gli occhi, confuso, cercando di ricordarsi se Magnus lo avesse avvertito di qualche impegno per quella mattina, ma tutto ciò che gli veniva in mente, mentre abituava gli occhi chiari alle pur fievoli prime luci dell'alba, era il fatto che il giorno prima era crollato a letto insieme al fidanzato dopo che...

Si mise seduto di scatto, portandosi entrambe le mani alla pancia, un principio di panico a ghermirlo, un po' per il suo essere solo dopo una notizia tanto sconvolgente, un po' perchè ricordarsi di essere incinto quella mattina era stato quasi come scoprirlo per la prima volta.

Per l'Angelo!

Il giorno precedente era stato troppo occupato a essere felice e a gestire l'enormità di quanto gli stava accadendo, ma in quel momento fu investito da tutte le preoccupazioni che aveva relegato in un angolino silenzioso di se stesso per godersi quel piccolo miracolo.

Catarina non aveva spiegato più di tanto cosa gli fosse successo a causa della pozione che aveva assunto, ma solo il risultato finale, ovvero che aspettava un figlio.

Ma questo lo stava trasformando una donna? Cosa doveva aspettarsi? Il bambino stava bene? E come diavolo avrebbe fatto a spiegare la situazione ai suoi genitori? E il Conclave, avrebbe preso provvedimenti di qualche genere? Avrebbero tentato di analizzarlo, di portargli via il bambino appena nato?

NO!

Si rinchiuse ancora di più in se stesso, posizionandosi come il giorno prima con la testa nascosta tra le ginocchia piegate, con la sensazione di un attacco di panico imminente.

Non voleva questo per il suo bambino, non ora che aveva avuto una speranza di una famiglia con Magnus.

Per l'Angelo, dove sei Magnus?

Emise un urlo strozzato, a metà tra la frustrazione e il panico che gli premeva sempre di più sui polmoni rendendogli difficoltosa la respirazione.

Il suo bambino sarebbe nato in un mondo ostile, da una coppia ancora malvista dalla loro società e, come se tutto ciò non bastasse, sarebbe stato con ogni probabilità il primo e unico di una razza completamente nuova e diversa.

E lui sapeva bene come veniva trattato il diverso...

Un nuovo urlo, la disperazione che andava a mischiarsi con panico e frustrazione, l'ignoto che lo spaventava gli sembrava così imminente e difficoltoso...

-Alexander! Cosa succede?-

Fu la voce del suo stregone ad arginare il terrore che aveva preso a scorrergli nelle vene insieme al sangue, ma solo un po'.

-Il bambino...- fu solo un sussurro, ma l'altro lo sentì e anche la paura nella sua voce aumentò.

-Cosa intendi dire? Stai male? Ti fa male la pancia?-

Lui scosse la testa, incapace di parlare, ma alzò la testa per mostrare il puro panico che aveva preso dimora nella sua mente. Stese una mano per chiamarlo vicino a sè e quello non esitò nemmeno per un secondo, si sedette alle sue spalle per poi fargli poggiare la schiena al suo petto, tirandoselo tra le gambe cercando di sciogliere la sua rigida posizione difensiva.

Il profumo di sandalo del suo uomo e il calore della sua pelle riuscirono nell'impresa, Alec appoggiò all'indietro la testa sulla spalla sinistra di Magnus, intrecciando le loro mani dove sarebbe cresciuto il loro bambino nei prossimi mesi e stese le gambe, sentendosi finalmente al sicuro grazie alla sua vicinanza.

-Grazie...-

-Ti senti meglio ora, Alexander?-

-Sì, molto.-

-Cosa ti stava succedendo?-

-Ho iniziato a pensare...- il corvino era stato piuttosto vago, ma non sapeva bene da dove iniziare e non voleva rovinare il bel momento insieme che stavano vivendo.
-Quando la tua bella testolina si mette in moto, di solito un granello di sabbia diventa una montagna, tesoro.-

Alec si corrucciò: -Mi stai dicendo che sono stupido?-

-Non dire sciocchezze, non l'ho mai pensato nemmeno per un istante, Alexander! Intendevo dire che hai il cuore troppo grande per il tuo stesso bene: ti preoccupi immensamente per chi ti è vicino e per chiunque ritieni sotto la tua responsabilità, dunque inizi a rimuginare sui problemi, rendendoli nella tua testa sempre più gravi di quanto poi si dimostrano.-

-Mi piace essere preparato al peggio, è questo che ha tenuto in vita me e i miei fratelli in missione. Non vedo cosa ci sia di male.-

-Nulla, in missione. Ma di male qualcosa c'è, ovvero che non riesci a goderti e rapportarti normalmente con la vita al di fuori del tuo lavoro, mio prode soldato.-

Gli diede un bacio sulla tempia come rassicurazione, per non fargli pesare quella che non intendeva certo come una ramanzina, ma temeva che l'altro non l'avrebbe presa troppo bene.

Invece, come ogni giorno da quando si era innamorato di quello straordinario Nephilim, Magnus Bane, al mondo da più di quattrocento anni, si sorprese.

-Ecco perchè ci sei tu con me. Per insegnarmi a vivere la vita, e non avrei mai iniziato a farlo se non mi fossi innamorato di te. Ero destinato a trovarti, Magnus.-

Alec ricambiò la dolcezza del fidanzato dandogli un lieve bacio sul collo, sentendo così i suoi battiti accelerare e le labbra tendersi in un dolce e commosso sorriso, che decise di nascondere coinvolgendolo in un bacio mozzafiato, tutto lingua e denti e labbra fameliche, mentre lo stringeva sempre di più a sè, attento però a non premere sulla pancia del suo ragazzo, cosa che non mancò di notare.

-Giusto per sapere, hai intenzione di essere sempre così delicato da qui ai prossimi sette mesi e mezzo?-

-Finchè non avrò una certezza adamantina su cosa il tuo corpo può o non può sopportare, da oggi in poi sarà mia premura fare in modo che niente possa nuocere a nessuno di voi due.-

E nonostante Alec avesse capito che dietro quelle parole si nascondeva la possibilità di essere recluso in quella camera per i prossimi mesi, non riuscì a non sorridere davanti a tanta dolcezza.

"Voi due"... Suonava così strano, ma anche così giusto e meraviglioso che non riuscì a non commuoversi un po'.

-Allora sarà meglio chiamare Cat, potrà informarci di tutto, o almeno spero... è una situazione completamente nuova per... tutti.-

Alec tornò ad adombrarsi pronunciando quelle parole, ricordando le preoccupazioni da cui il suo compagno era riuscito a distrarlo, ma di nuovo venne interrotto dalle sue peggiori elucubrazioni da un gesto di Magnus, che spedì una scintilla di magia a recuperare un vassoio contenente un vasto assortimento di cibi e bevande che venne posato sulle gambe del minore.

-Ero andato a prepararvi la colazione, prima che gli ingranaggi del tuo cervello iniziassero ad elaborare scenari apocalittici. Non bisognerebbe mai preoccuparsi di nulla a stomaco vuoto, tesoro.-

Gli regalò un sorriso smagliante e un buffetto al naso, seguito subito dopo da una carezza impalpabile al suo stomaco che gli sciolse il cuore.

Decise di dargli retta, se non altro perchè sapeva che anche il suo compagno era preoccupatissimo, o non sarebbe mai riuscito a svegliarsi prima di lui, che apriva abitualmente gli occhi all'alba, dormiglione com'era.

Iniziò a mangiare, decretando che se davvero avrebbe dovuto comprendere i rischi e i problemi che li aspettavano nella loro reale gravità, tanto valeva farlo dopo l'abbondante colazione che gli aveva portato il suo amorevole fidanzato.

Aggrottò però le sopracciglia, perplesso, mentre addentava un cornetto al cioccolato.

-Magnus, hai scordato il caffè.-

-Niente caffè per te fino a nuovo ordine del medico, dolcezza.-

-Cosa?-

Alec sbuffò, certo che si sarebbe dovuto sorbire una valanga di accortezze da lì in avanti dal suo pluricentenario fidanzato, che fossero gradite o meno.

Sospirò, ma poi sorrise. Era bello avere qualcuno che si curasse così di lui. No, di loro.

Era il motivo per cui il suo preoccuparsi sempre per tutti gli altri gli era diventato meno gravoso, meno terrorizzante anche.

Perchè ora erano in due a condividere ogni cosa, anche le paure.



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Capitolo 10
*** Il mio bambino ***


Il mio bambino



Inspira, espira.


Le spalle si rilassarono leggermente.

Inspira, espira.

Aprì e chiuse i pugni, ma alla fine decise di rilasciare la tensione e mettere le mani nelle tasche dei jeans comodi che Magnus aveva tanto insistito per regalargli in una giornata di shopping di un paio di settimane prima.

Inspira, espira.

Prima che gli mancasse nuovamente il coraggio, indossò la sua maschera più impassibile ed entrò all'Istituto, salutando con brevi cenni tutti i suoi colleghi e ripassando mentalmente il discorso che avrebbe dovuto tenere da lì a qualche minuto. Più se lo ripeteva più si convinceva che era una pessima idea, che stava facendo la scelta sbagliata, che era troppo presto...

Ignorò la voce della sua razionalità e, dopo essersi assicurato che non ci fossero emergenze in corso, entrò velocemente nel suo ufficio, dove sapeva che lo attendeva una conversazione molto faticosa.

Come aveva previsto infatti, sua madre Maryse era proprio lì, seduta alla scrivania ad analizzare i rapporti delle missioni degli ultimi giorni. Fasciata in quell'abito rosso scuro e con i capelli neri stranamente sciolti sulle spalle, la somiglianza con Izzy era ancora più evidente ed ebbe il potere di calmare leggermente il suo battito accelerato per la tensione.

-Alec, bentornato!- la donna sorrise e gli venne incontro per abbracciarlo, gesto che lui ricambiò volentieri. Era cambiata molto da quando aveva ufficialmente posto fine al matrimonio con Robert, il suo ormai ex marito. Era ancora severa e ligia alle regole, ma con i figli era diventata più espansiva e aperta.

-Grazie, mamma. Tutto bene qui?-

-Nulla di cui preoccuparsi. Sei il capo dell'Istituto, ma se ti prendi due giorni di riposo ogni tanto il mondo non crollerà proprio in quel momento.- gli diede una carezza sulla guancia, che lui non se la sentì di rifiutare, anzi, la accompagnò ad occhi chiusi per un istante.

Quando puntò nuovamente i suoi occhi nelle iridi nere della madre, la vide improvvisamente con la fronte corrugata dalla preoccupazione.

-Avevi detto che va tutto bene, ma ora mi sembri turbata.-

-Dimmi tu se ne ho ragione.-

-Cosa vuoi dire?-

-Hai qualcosa di diverso, Alec. E ho sentito il tuo passo militare mentre ti avvicinavi, cammini in quel modo solo quando sei nervoso... l'hai sempre fatto, fin da bambino.

Alec si sorprese a quelle parole, ma poi ricordò per quale motivo fosse venuto fin lì.

-Hai ragione, devo parlarti di una cosa importante.-

-Devo preoccuparmi?-

-Non è chiaro.-

La invitò a sedersi sul divanetto davanti al camino per stare più comodi, poi cominciò a raccontarle: della pozione, del fatto che non ci avesse dato peso perchè non avrebbe mai immaginato che potesse avere una tale efficacia, della sua nausea di due giorni prima e degli esami di Catarina...

Le disse di essere "incinto"... che lui e Magnus sarebbero diventati genitori.

Non se la sentì di esprimerle i dubbi su suo figlio: sul suo sangue misto, su come sarebbe stato una volta nato, su come sarebbe effettivamente nato, sulla sua salute fisica... e mentale.

Il nome di Jonathan Morgenstern gli risuonò come un eco nel cervello, ma lo ricacciò indietro. Una preoccupazione alla volta.

-Per l'Angelo... Alec, tu... come stai? Cioè, deve essere stato uno shock, gli angeli solo sanno quanto lo è sempre una notizia del genere, ma nel tuo caso... nel vostro caso...-

Concordò silenziosamente, intrecciando le dita e portandole a sostenersi il mento, con i gomiti ben piantati sulle ginocchia. La mente piena di pensieri vorticosi, primo tra tutti il ricordo della sera prima, quando aveva cercato di pianificare con Magnus quello che avrebbero dovuto fare.



-Devi parlarne con tua madre, Fiorellino.-

-Perchè? Insomma...-

-Non avrai intenzione di rimanere sul campo spero!-

-Dovrei forse rimanere chiuso in casa per i prossimi mesi?-

-Non ti sto dicendo questo, ma non puoi neppure pensare di andare a caccia di demoni nelle tue condizioni!-

-E parlarne con mia madre sarebbe la soluzione perchè...-

-Perchè questo è il primo caso di una gravidanza di questo genere, è vero, ma Maryse Lightwood ha avuto tre figli e ne ha cresciuti quattro, se contiamo anche Jace, ed è una delle poche madri di cui possiamo fidarci a chiedere consigli.-

-Non penso che saprà dirci qualcosa di nuovo rispetto a Catarina dal punto di vista medico.-

-No, Alexander, è vero. Ma hai già avuto nausea e debolezza, Cat non è mai stata incinta, mentre tua madre sì. Potrà starti vicino e comprenderti come nessun'altra persona fidata potrebbe fare.-

-Vuoi forse dire che tu non mi sei vicino?-

-Non dire sciocchezze, tesoro. Ma di certo io ne capisco anche meno di te di neonati!-

-E di neonati con sangue sia angelico che demoniaco credi mia madre ne sappia di più?-

-Hai un'idea migliore?-




No, effettivamente a nessuno dei due era venuto in mente nulla di meglio, perciò Alec si era convinto a parlare con sua madre. Per lo meno, le avrebbe dovuto fornire una giustificazione sul perchè non avrebbe più partecipato a delle cacce per un bel pezzo. E avrebbe potuto aiutarlo a trovare un modo per tenere nascosto suo figlio al Clave il più a lungo possibile, aspetto da non sottovalutare.

-So che sarà dura mamma, davvero molto dura. Si tratta di un caso unico, non sappiamo esattamente come muoverci, ma non vogliamo che troppe persone lo scoprano. Più a lungo resta un segreto, meglio è. Dopo Jonathan, chissà cosa potrebbero fare a nostro figlio, potrebbe essere oggetto di odio e pregiudizi e non è quello che voglio per lui, perciò se c'è qualcosa che posso fare fin da ora per farlo nascere in un mondo più tollerante, qualunque cosa, la farò. So che da soli non ce la possiamo fare, Jace e Izzy si sono già fatti avanti per aiutarci e Catarina ha accettato di essere il mio medico. Clary sta cercando qualcosa tra le vecchie carte di sua madre, per vedere se avesse avuto problemi durante la gravidanza di suo fratello e...-

Non aveva quasi preso fiato essendo andato avanti a parlare senza sosta per minuti interi, tanto che gli era venuto persino un po' di affanno e non si era accorto di aver iniziato a torcersi le dita. Probabilmente, era il discorso più lungo che avesse mai fatto in tutta la sua vita.

Poi sua madre lo costrinse dolcemente a guardarla di nuovo negli occhi, e vi lesse preoccupazioni e timori che albergavano anche in lui, ma anche un lucentezza particolare che non riconobbe subito.

-Tu ami già questo bambino, non è vero Alec?-

Lui assentì senza nemmeno doverci riflettere, e quando si ritrovò tra le braccia di sua madre capì cos'era quell'emozione che gli era sfuggita in principio.

Era felice.

-Il mio bambino sta per avere un figlio...-

-Mamma!- sentì le guance scaldarsi per l'imbarazzo, ma in fondo non aveva poi molto con cui controbattere, perciò tacque.

Passato il momento, ritornò la donna stoica ma amorevole che aveva sempre conosciuto, e inconsciamente Alec si rilassò: se Maryse Lightwood assumeva quell'espressione decisa in volto, chiunque fosse dalla sua parte poteva dirsi perfettamente al sicuro... l'esatto contrario di chi si sarebbe ritrovato dall'altro lato della sua lama.

-Abbiamo molto di cui parlare e dovremo progettare un piano d'azione, capire come muoverci e come proteggervi tutti e tre da ora in poi.-

-Mamma, apprezzo davvero il tuo sostegno e le tue parole, ma nè io nè Magnus necessitiamo di protezione. Sappiamo difenderci da soli.-

-Tu al momento devi pensare a proteggere la piccola vita che porti con te. Forse ancora non te ne sei accorto, ma ogni singola goccia di sangue angelico che hai in corpo si sta dirigendo verso il bambino per aiutarlo a sopravvivere. Tutte le donne Shadowhunter vengono immediatamente destituite dall'incarico appena scoprono una gravidanza, ma non solo per la loro salute: si tratta di sicurezza, perchè i nostri poteri diminuiscono in quei mesi, perchè vengono tutti concentrati sulla difesa dell'utero e del nascituro. Non so esattamente come funzioni per il tuo corpo, ma Alec, devi capire che non avrai gli stessi riflessi o le stesse capacità, andranno diminuendo sempre di più. Li riacquisterai solo alla nascita di tuo figlio.-

Alec era terribilmente in imbarazzo, ma ammetteva di essere anche piuttosto incuriosito e affascinato da quel meccanismo prettamente naturale del corpo umano... le materie scientifiche erano sempre state di suo interesse.

-Non possiamo esserne certi, mamma... mio figlio ha pur sempre anche sangue demoniaco.-

-Vuoi forse correre il rischio?-

E a quello, non potè proprio ribattere.

Perchè già sapeva che non c'era forza, dei cieli o degli inferi, che non avrebbe smosso o combattuto per il suo bambino.






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Capitolo 11
*** Un adattamento difficile ***


Un adattamento difficile



Nascondere quella gravidanza stava diventando sempre più difficile per Alec.

Per cercare di ritardare il più possibile la notizia alle orecchie del Conclave, sua madre Maryse aveva deciso di affidare a lui l'incarico di Capo dell'Istituto, di modo che non destasse sospetti la sua assenza dalle missioni operative.

All'inizio, Alec le era stato grato. Era terrorizzato da quella novità che gli era capitata tra capo e collo all'improvviso, doverci aggiungere anche il pensiero di dover difendere quella piccola vita dai suoi simili sarebbe stato veramente troppo in quelle prime settimane. 

Sua sorella e i suoi amici stavano facendo del loro meglio per coprirlo e aiutarlo in ogni modo possibile, rendendo la sua vita il più semplice che potevano, svolgendo i lavori più pesanti per lui e fingendo che fosse insieme a loro in quelle rare missioni di ricognizioni che era tenuto a compiere e che invece disertava.

Magnus stava facendo anche l'impossibile per cercare il modo migliore in cui avrebbero affrontato tutte le fasi di quei mesi, o per lo meno per capire cosa avrebbe potuto succedergli essendo il loro un caso più unico che raro.

Aveva coinvolto amici fidati del Mondo delle Ombre: stregoni amici vecchi di secoli come Tessa Gray e Catarina Loss, qualche vampiro particolarmente fidato, come Raphael Santiago, il suo pupillo. E oltre a questo, non lo perdeva mai di vista e si occupava di lui come il più apprensivo dei padri e dei compagni.

Nonostante la giornata di Alec fosse relativamente sicura in quel periodo, Magnus non riusciva proprio a rilassarsi del tutto. Ogni mattina controllava che non prendesse del caffè di nascosto - coinvolgendo anche Izzy, Clary e Jace in quella sua opera di controllo/spionaggio - e che mangiasse sano, facendogli apparire sulla scrivania pasti salutari a intervalli regolari durante la giornata. A volte si presentava di persona, interrompendo le ricerche e chiedendogli come stesse e se avesse bisogno di qualunque cosa.

La sera gli preparava un bagno non troppo caldo con olii ed essenze rilassanti che, così affermava lui, erano fondamentali per allontanare stress ed emozioni negative che potevano influire sullo sviluppo del bambino. Dopo cena lo abbracciava, mentre erano distesi nel loro letto, con una delicatezza e una reverenza in parte familiari, in parte completamente sconosciuti.

Alla fine del terzo mese di gravidanza, Alec stava ufficialmente per uscire di testa.




Erano cominciate le nausee, insieme a dei capogiri mai sperimentati nemmeno nei peggiori casi di avvelenamento demoniaco che aveva sperimentato nel corso degli anni.

Gran parte delle sue mattinate cominciavano così, con un suo fulmineo scatto verso il bagno e la porta di esso sbattuta con tanta forza da destare anche il suo compagno.

All'inizio Magnus si era preoccupato a morte, seguendolo e cercando di stargli vicino anche in quei momenti, ma dopo giorni di scatti d'ira e persino un paio di fughe improvvisate giù dalle scale antincendio da parte del suo adorabilmente lunatico Cacciatore, lo stregone si era rassegnato a lasciargli vivere da solo la sua mezz'ora abbondante di agonia mattutina.

Quando lo vedeva riemergere dal bagno, ancora più pallido del solito e più stanco di quando si era steso a letto la sera precedente, Magnus soffriva con e per lui: vederlo così demoralizzato non poteva certo lasciarlo indifferente, ma più cercava di stargli vicino e più quello sembrava innervosirsi.

Ma i suoi occhi felini non potevano in alcun modo allontanarsi dalla statuaria figura del suo compagno, ora più che mai sentiva il bisogno quasi fisico di stargli accanto e il più a contatto possibile.

-Non devi preoccupartene, è una reazione del tutto legittima: stai per diventare padre, nonostante le circostanze assolutamente contrarie a questa possibilità ti è capitato una specie di miracolo tra le mani e ora quasi non riesci a crederci. Mi stupirei di un comportamento diverso, amico mio.-

La sua carissima Cat aveva sempre parole di conforto per lui, ma evidentemente scordava fin troppo spesso che anche lui aveva studiato qualcosa nel Labirinto a Spirale... era anche il richiamo del suo stesso sangue a imporgli una vicinanza tanto costante, aveva letto che era così che i loro padri demoniaci si assicuravano che le donne che ingravidavano non facessero nulla che potesse nuocere ai loro "cuccioli".

Il pensiero che si stesse comportando come uno di loro lo nauseava nel profondo, ma sapeva anche che non poteva essere di certo solo quello il motivo: il suo meraviglioso Alexander splendeva di una luce irresistibile da quando avevano scoperto del loro bambino, non poteva certo sbagliarsi.

Molti dei suoi marchi erano sbiaditi, secondo suggerimento di sua madre aveva smesso quasi del tutto di farsene, ad eccezione di alcuni fondamentali per celare il suo odore quando doveva per forza di cose incontrare i capi del Mondo Nascosto e per controllare lo stato di salute di suo figlio. Questi ultimi se li faceva fare sempre da sua madre o da Izzy, non avendoli mai presi in considerazione prima per ovvie ragioni, e ogni volta che loro sorridevano e confermavano la buona salute di entrambi, Magnus sentiva il cuore allargarsi di almeno un paio di taglie per il sollievo e l'emozione.

Il vero problema era che quelli erano gli unici momenti, insieme alle ore di riposo, in cui ormai Alexander sembrava veramente desiderare la sua presenza.

Era diventato insofferente, scattava per nulla e spesso perdeva il controllo della propria forza - con grande compiacimento di Magnus, che aveva potuto dar sfogo alla sua vena artistica rimodernando il loro loft con un nuovo tavolino, un set di sedie orientali di canapa intrecciata, vetri smerigliati direttamente dall'affascinante isola di Murano per le porte-finestre che davano sulla balconata, e un non indifferente numero di suppellettili vari come vasi e decorazioni in ceramica o porcellana.

Magnus si esaltava quasi quando capitava, ma poi si ricordava del pianto infinito che aveva fatto il suo amato la prima volta che era successo, mentre continuava a scusarsi e a cercare di scappare via per nascondersi chissà dove, e allora gli si avvicinava con un sorriso tranquillo e una carezza, per tranquillizzarlo, e una battuta leggera ma non esagerata già pronta sulla punta della lngua, per farlo sorridere di nuovo.

Era stato avvertito che sarebbe successo.

Era estremamente difficile in situazioni normali gestire gli sbalzi d'umore e i disagi inevitabili per la loro situazione, ma per un uomo, assolutamente NON abituato alle scariche di ormoni che riceveva a causa del bambino, quelle sensazioni dovevano essere simili a una tortura.

Se poi consideravano che il piccolo stava crescendo sano e forte un po' più in fretta della media - almeno a quanto gli era stato detto da Izzy, che si era occupata delle sue analisi del sangue e dei controlli insieme a Catarina, ma sinceramente Magnus dei loro termini tecnici non aveva capito molto - tutto era amplificato in un modo che nè lo stregone nè i loro amici potevano comprendere, ma lui lo vedeva nelle smorfie sofferenti di Alexander, nei suoi silenzi e nel suo sguardo perso.

A volte avrebbe solo voluto il dono di leggergli nel pensiero, ma sapeva che il suo riservatissimo fidanzato non avrebbe gradito.

Lo vedeva sempre più teso e lui doveva assolutamente fare qualcosa: non gli piaceva per niente la tensione dei suoi lineamenti, nè il modo in cui ancora, alle volte, si accoccolava su se stesso per proteggersi, o nascondersi, ancora non gli era chiaro. Ma non andava bene per niente.




Alec era appena stato a trovare sua sorella, chiedendole i referti degli ultimi cadaveri demoniaci che aveva esaminato. Nulla di allarmante, per fortuna, per cui la mezz'ora che aveva preventivato per stare a sentire eventuali problemi era passata per lo più parlando del suo bambino.

Lui era quasi saltato in aria dal nervosismo, ricordandole che all'Istituto non dovevano assolutamente parlarne dato che non era sicuro, ma lei l'aveva tranquillizzato: non c'erano telecamere in obitorio e lei al momento era l'unica autorizzata a stare in quel luogo.

Si era dato una leggera calmata, ma non era riuscito a sciogliere i muscoli tesi delle spalle, lasciando le mani serrate a pugno nelle tasche dei pantaloni comodi che aveva indossato quella mattina.

Lei l'aveva notato e aveva passato quasi un quarto d'ora ripetendogli che le tensioni non facevano bene al bambino, che avrebbe dovuto rilassarsi e parlare di ciò che gli dava problemi, o a risentirne sarebbe stato suo figlio.

Alec aveva abbassato gli occhi, mortificato, ma poi era tornato a fissare le perle nere che Isabelle aveva al posto degli occhi e le aveva regalato un mezzo sorriso, ringraziandola senza parole per la sua vicinanza e il supporto incondizionato che gli forniva.

-Lo vedo che non stai bene Alec, e mi dispiace davvero. So che non è la soluzione ideale, ma devi ricordarti che ogni battaglia ha bisogno di più di un soldato per essere vinta.-

Era quasi triste che persino una nascita poteva essere paragonata a una guerra per i Nephilim come loro, ma erano addestrati alla guerra fin da piccoli e non c'era nulla che capissero meglio. Perciò, Alec capì, e accettò, quella realtà.

-...Devo parlare con Magnus.-

-Direi che era anche ora! Sono settimane che lo lasci nel dubbio su come tu stia realmente, a parte i primi giorni in cui eri troppo sconvolto per curartene poi sei tornato dietro quel maledetto muro dove ti nascondevi prima di conoscere quel santo del tuo fidanzato!-

-Izzy, posso essere d'accordo sul fatto di essere piuttosto riservato, ma Magnus è tutto tranne che un santo! Non mi lascia un secondo da solo, a momenti diventerebbe la mia ombra...-

Lei riflettè per un minuto, ma poi le sfuggì la risata sguaiata che le premeva il torace da quando aveva visto suo fratello fare quelle smorfie incredibilmente tenere nel parlare del suo stregone.

-Alec, chiunque riesca a sopportare il tuo musone per quanto mi riguarda è un santo. E poi scusa, cosa credevi avrebbe fatto quando avete scoperto del mio nipotino? Sarei sorpresa del contrario, non del fatto che ti stia appiccicato.-

Il fratello sapeva che aveva ragione lei, perciò non ribattè, ma la guardò in modo eloquente.

Infatti, come sempre, lei lo comprese.

-Senti, non so come ti senti, nessuno di noi può davvero arricare a capirlo, ma se non parli non possiamo nemmeno provarci e ci rendi difficile aiutarti. Aiutarvi. Se sei così cocciuto da non voler parlare con il tuo ragazzo per te stesso, spero almeno non lo sarai altrettanto per vostro figlio.-

Colpito in pieno.

E dallo sguardo che gli lanciò Izzy, ricominciando a lavorare con le sue cartelle, anche lei seppe di aver centrato il bersaglio.

Doveva parlare con Magnus. Quella sera stessa.






 

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Capitolo 12
*** Paure ***


Paure



Alec non perse tempo, dopo aver salutato in modo frettoloso sua sorella corse di sopra, indossò il cappotto autunnale sopra la semplice felpa nera che indossava per mascherare le nuove forme che il suo corpo stava pian piano assumendo, controllò di avere ancora entrambe le sue spade angeliche agganciate alla cintura e mise in spalla gli immancabili arco e faretra prima di precipitarsi fuori dall'Istituto.

Non ci mise molto a tornare a casa, ma quei minuti da solo lo aiutarono a schiarirsi i pensieri e a confermare tra sè la decisione che aveva appena preso: esporsi, aprirsi col suo compagno. Credeva di aver imparato ormai da tempo quella semplice lezione, ma la grandezza del guaio in cui si erano cacciati senza volerlo lo aveva fatto regredire ai vecchi sistemi di difesa, quelli che da ragazzino lo avevano tenuto lontano da qualsivoglia forma di legame umano in tutte le sue forme. Izzy e Jace erano solo le eccezioni che confermavano la regola.

A quei tempi era un illuso che credeva che la solitudine fosse l'unica soluzione possibile per proteggersi dalle ferite e dai dispiaceri inevitabili provocati dalle persone, dalle loro azioni sconsiderate e dalle parole crudeli; ci era voluto Magnus con tutto il suo travolgente amore, l'irresistibile carisma e l'infinita pazienza perchè Alec si decidesse a lasciarsi andare, a essere veramente se stesso alla luce del sole.

Non si trattava più solo di lui però, non più, e nemmeno di lui e Magnus come semplice coppia.

Era arrivato al portone di casa, perciò si concesse un minuto per calmare il respiro alterato leggermente dall'ansia inevitabile che lo ghermiva ogni volta che decideva di fare un salto nel vuoto e lasciar cadere un altro dei suoi muri, cosciente che Magnus avrebbe avuto accesso a un altro lato di lui, l'ennesima sfumatura del suo più intimo essere che gli mostrava.

Ogni singola volta aveva avuto una paura infinita che quella sarebbe stata l'ultima, perchè poi lo stregone non ne avrebbe più potuto di sopportare un ventenne pieno di paranoie e complessi con uno dei caratteri più scontrosi al mondo.

Ogni cosa che provava ultimamente inoltre era sempre più amplificata dai cambiamenti più intimi e profondi del suo corpo, che avvenivano tanto in fretta che la sua mente non riusciva a starci dietro. L'inevitabile risultato era che Alec si trovava preda di emozioni assolutamente incontrollabili e le sue reazioni erano amplificate di dieci volte. 

Un semplice dispiacere diventava causa di un pianto irrefrenabile, una leggera irritazione si trasformava in un violento scatto d'ira che inevitabilmente sfogava addosso a mobilio e sacchi da boxe, nonostante questi ultimi teoricamente gli erano preclusi fino alla nascita del bambino.

Rilasciò il respiro che aveva trattenuto, poi si decise a girare la chiave e fare un passo avanti nel'ingresso di quell'appartamento che sapeva di casa per il semplice motivo che, non appena aguzzava i sensi, era capace di percepire il profumo di Magnus in ogni angolo, lo zucchero bruciato prodotto dalla sua magia misto al sandalo che usavano come sapone... e, ultimamente, ogni giorno più del precedente, emergeva una nuova nota di calore e menta, che Magnus gli aveva detto di amare particolarmente quando lo respirava direttamente dalla sua pelle.

E siccome i suoi sensi iniziavano a risentire della mancanza di rune, non si accorse immediatamente della presenza del suo fidanzato, non fino a quando gli apparve davanti agli occhi, con un sorriso innamorato in volto e due bicchieri in mano.

-Ti ho percepito arrivare. Bentornato a casa, Alexander.-




Magnus sapeva di essere leggermente di parte, ma non potè trattenersi dal pensare che il suo ragazzo fosse divinamente magnifico, specialmente con le guance appena arrossate dalla frizzantina aria ottobrina di New York.

-Sei bellissimo, Alexander.-

E vedere quel rossore aumentare a causa dell'imbarazzo era fonte di estremo piacere per lo stregone.

Proprio come accadde in quel momento.

Trattenne a malapena un moto di dispiacere quando si vide privato del magnifico azzurro dei suoi occhi, distolti per l'istintiva timidezza che di tanto in tanto tornava fuori in modo prepotente e prendeva il controllo delle azioni del suo splendido uomo - in modo del tutto incomprensibile, tra l'altro, perchè era assolutamente innegabile che il fisico del cacciatore fosse statuario ed elegante in un modo che francamente Magnus riteneva illegale.

Stava perdendosi a contemplare i suoi lineamenti mascolini e i suoi movimenti impacciati ma inspiegabilmente affascinanti, e fu per questo che si perse gran parte delle parole di suddetto adone.

-...nus? Magnus, mi stai ascoltando?-

-Fiorellino, perdonami, ma la tua fiorente bellezza mi ha leggermente distratto. Potresti ripetere?-

-Sediamoci, devo parlarti.-

Ahi, guai in vista.

Dopo quattrocento anni su quella terra, Magnus aveva iniziato seriamente a detestare quella precisa scelta di parole.

Non portavano mai niente di buono, non secondo la sua esperienza.

-Stai male, tesoro? Qualcosa non va con il bambino?- il cuore aveva preso a battergli velocissimo a causa dell'ansia, e se fosse stato un altro uomo, uno con meno cinismo nelle vene, probabilmente avrebbe iniziato a pregare per qualche miracolo in quel momento. Uno qualunque, purchè gli venisse assicurato che tutto fosse a posto, che non stesse per accadere qualcosa di terribilmente irrimediabile.

-Va tutto bene, stiamo bene tutti e due. Respira, per l'Angelo!-

Alexander lo aveva preso per mano e si era seduto insieme a lui sull'ampio e confortevole divano color oro che troneggiava quella settimana nel loro salotto.

-Non si tratta di un problema di salute, il piccolo cresce senza problemi, Izzy me l'ha confermato non più di due ore fa e io mi sento bene. Non c'è niente di pericoloso a minacciarci, non più del solito almeno, qualche baruffa tra vampiri e mannari assolutamente contenibile e i soliti demoni in giro per la città.-

A ogni parola chiaramente sincera detta dal suo fidanzato lo stregone si rilassò, rilasciando di colpo l'aria che aveva incamerato da chissà quanto senza più rilasciarla per la tensione. Si sentì girare la testa per il sollievo, ma poi tornò a immergere gli occhi felini in quelli tanto amati, aspettandosi un "ma", chiaramente percepibile. Non avrebbe usato un tono tanto serio per chiedergli di parlare, in caso non fosse stato qualcosa di estremamente importante.

-Penso di aver avuto quasi un infarto. So che la mia immortalità può essere difficile da affrontare, ma cercare di farmi morire di infarto non è una soluzione molto gentile da parte tua, Fiorellino.-

Se aveva cercato di sdrammatizzare la situazione, si rese conto immediatamente di non esserci riuscito. Quando lasciava parlare il suo nervosismo finiva per dire un sacco di stupidaggini una dietro l'altra, e purtroppo ancora non era riuscito a sistemare quel suo difetto.

Alexander lo guardò davvero male, infastidito da quel commento inopportuno in così tanti modi che neppure c'era bisogno di elencarli tutti per trasmettere il suo disappunto. Aprì bocca per protestare sentitamente, ma Magnus lo bloccò mettendogli un dito davanti alla bocca, poggiandolo in modo leggero come una piuma il polpastrello alle sue labbra calde e rabbrividendo quando sentì il suo fiato così vicino a lui.

-Sono stato fuori luogo, mi dispiace molto. Possiamo fare finta che io non abbia detto qualcosa di tanto disdicevole e passare al motivo per cui sei così evidentemente preoccupato? Per favore? Dopo che avremo risolto qualunque cosa ti angusti tanto, potrai sfogarti insultando la mia mancanza di tatto quanto vorrai.-

Magnus vide i suoi occhi emozionarsi per le sue parole, velandosi leggermente, ma il moretto fece di tutto per nasconderlo. Era estremamente emotivo nell'ultimo periodo e lo stregone capiva che per una persona orgogliosa e indipendente come lui fosse un fattore difficile da gestire, per cui gli lasciò credere di non aver notato l'aria commossa e grata che lo permeava e giungeva fino a lui, rasserenandolo sul fatto che in qualche modo avesse posto rimedio alla tremenda gaffe appena compiuta.

-Va bene.-

Alexander ora era tornato a guardarlo fisso negli occhi, probabilmente cercando le parole giuste per comunicargli qualunque cosa fosse ciò che lo tormentava.

Parve non trovarle, perchè fece una smorfia adorabile che quasi fece perdere a Magnus cognizione di tempo e luogo, e per un pelo non si perse anche ciò che gli venne detto dal ragazzo al suo fianco.

-Puoi ripetere? Non sono sicuro di aver capito correttamente...-

-Hai sentito benissimo Magnus. Diventerò una donna.-




Note:
Vi chiedo solo una cosa: non uccidetemi. Non prima del prossimo capitolo almeno... giuro che spiegherò tutto per bene, ma se mi tirate il collo prima che finisca di scriverlo non avrete le vostre risposte. Quindi... spero di essere salva dalla ghigliottina - per ora.
Beh... spero che vi sia piaciuto e che continuerete a leggere!
Flos Ignis


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Capitolo 13
*** Giuramento ***


Giuramento



-Alexander, se è uno scherzo, non lo trovo molto divertente.-

-Ti sembra che potrei mai scherzare su qualcosa di simile?-

No, neanche un po'... era proprio quello il problema, per Magnus. Il fatto che evidentemente non si trattasse di una burla, ma di una dichiarazione di intenti o al più di un evento imprescindibile dalle loro volontà.

-Magnus, so che forse avrei dovuto dirtelo con più tatto, ma sai che non sono bravo a fare giri di parole...-

-Tesoro, anche me lo avessi detto con un panegirico non sarebbe cambiata la sostanza, ti pare? Solo... parlami. So che sei nervoso, e frustrato, e preoccupato e Lilith solo sa cos'altro, ma se non mi parli, se non ti confidi con me non posso fare nulla per aiutarti. E stasera vieni a dirmi che... insomma, hai capito. Spiegami tutto per bene, dall'inizio. Ricordi? Ci siamo dentro insieme, perciò non allontanarmi.-

Alec stavolta non riuscì a trattenere le lacrime di commozione, appoggiandosi di peso sul fidanzato, che lo accolse prontamente tra le braccia, stringendoselo al petto e stendendo entrambi sul divano in modo che fossero comodi.

Aveva la sensazione che sarebbe stata una lunga e difficile conversazione.

Il suo Fiorellino si abbandonò completamente su di lui, cercando la sua vicinanza con un silenzioso bisogno che sciolse qualcosa di caldo e dolce dentro Magnus per la tenerezza e l'amore, ma poi sentì il sospiro del suo ragazzo e si dispose all'ascolto.


 


 

Come promesso, Clary era venuta a trovarlo al loft qualche giorno dopo la grande scoperta. Magnus era andato da Catarina per farsi spiegare per bene tutto quello che Alec poteva fare o mangiare senza problemi, per cui avevano tutto il tempo di parlare in privato.

Il Cacciatore aveva la sensazione che la rossa avesse bisogno proprio di un po' di privacy, che quello di cui voleva parlargli fosse piuttosto delicato, perciò non fece storie quando se la trovò in casa mentre faceva colazione da solo.

-Ti aspettavo.-

-Ho delle cose di cui parlare con te... Hai un po' di tempo da dedicarmi?-

-Considerando che di solito a quest'ora ti sbatto sul tappetino dopo averti disarmata... direi che non devi preoccuparti, è l'ora del tuo addestramento in fondo e in quanto tuo responsabile è mio dovere occuparmi di te.-

Inaspettatamente, Clary scoppiò a ridere. Non voleva essere divertente, le aveva solo esposto i fatti, perciò proprio non capiva il motivo di tanta ilarità.

-Sei incredibile, Alexander Lightwood. Il modo in cui ti preoccupi sempre per tutti quanti, meno che di te stesso, ti renderà un ottimo padre per questo bambino!- si rabbuiò subito nominandolo, perciò Alec temette in qualche cattiva notizia.

-Ci sono problemi? Qualcuno ha scoperto di mio figlio?-

-No, no, non temere... sono venuta a parlarti per un altro motivo.-

Le fece allora cenno di sedersi e spiegarsi, perchè ormai la curiosità, appena oscurata da un po' d'ansia, lo aveva completamente catturato.

-Per prima cosa volevo chiederti scusa. Non fraintendere, un bambino è sempre motivo di festa e gioia, ma è indubbio che questo caso in particolare complicherà la tua vita per sempre ed è colpa mia se un invece per te sarà più che altro fonte di stress e preoccupazione... Al tempo stesso però, volevo ringraziarti di non avermi lasciata da sola, da Iris, perchè se non fosse stato per te sarei in una situazione molto simile ora.-

-Non voglio le tue scuse. E non perchè ce l'ho con te, ma perchè non hai motivo di porgermele... non questa volta. Sono stato io imprudente a bere quel thè, ma se dovessimo scegliere, direi che la colpa potremmo attribuirla a quella strega, che ne dici? E non voglio neppure i tuoi ringraziamenti. Mi sentivo responsabile per le tue azioni perchè erano diretta conseguenza dei miei sbagli, e sì, so che non pensi sia colpa mia... ma è difficile scordare il sangue sulle mie mani. Perchè era di tua madre, e tu sei mia amica. Perciò che ne dici se chiudiamo l'argomento, senza parlarne mai più?-

Clary lo abbracciò, venendo rigidamente ricambiata, ma non le importò. Quel ragazzone praticamente la faceva sparire tra le sue braccia e l'ampio petto, ma era teso come se fosse lei quella con il potere di spezzarlo in due. La rossa ricordò improvvisamente che l'altro non era particolarmente avvezzo agli slanci di affetto, probabilmente in vita sua era stato abbracciato solo da sua sorella. E ora da Magnus, ovviamente.

Lei sorrise felice, ma poi ridivenne seria di colpo, allontanandosi un po' per rimettersi a gambe incrociate sul divano, cercando le parole migliori per affrontare l'argomento più spinoso che aveva lasciato per ultimo.

L'altro parve accorgersene, perchè la incitò a parlare con tono autorevole, ma gentile. Perciò, semplicemente, buttò fuori ciò che le si arrovellava in testa da giorni.

-Non permetterò mai che a tuo figlio capiti ciò che è successo a mio fratello. Te lo giuro, Alec... userò tutto il potere delle mie rune, ne creerò alcune abbastanza forti da poterlo proteggere, anche da se stesso se fosse necessario, ma non cederà alla follia... non accadrà di nuovo, non finchè sarò in vita io. Farò in modo che non succeda nulla di male a te o alla tua famiglia... Starete tutti bene. Me ne assicurerò io, è un giuramento Nephilim.-

-Clary, ma cosa... un giuramento Nephilim è...-

-...vincolante. Ne sono consapevole. Non mi importa, Alec. Tu e la tua famiglia avete fatto così tanto per me che non mi basterebbe un'intera vita per ripagarvi, perciò lascia almeno che anch'io mi occupi di voi come voi vi occupate di me.-

Alec la guardò, profondamente, scrutandole l'anima. Vide il suo orgoglio, la sua testardaggine, la sua forza di volontà, il suo coraggio e, ultimo ma non per importanza, il suo immenso cuore. Fu per questo che acconsentì.

-Non a costo di te stessa, però. Perchè anche tu fai parte della famiglia ormai, e nel tuo giuramento hai detto che avresti protetto tutti noi. Beh, in quel noi ci sei dentro anche tu, perciò vedi di non farti ammazzare, ragazzina.-

Scoppiarono a ridere insieme, poi per quel giorno si salutarono.


 


 

-Non mi hai mai raccontato di questa conversazione. Anche tu condividi i timori di Biscottino? Temi che nostro figlio... che lui possa diventare...-

-Sinceramente? All'inizio non te ne ho parlato proprio perchè un po' ho davvero considerato questa possibilità. Prima di sentire la tua opinione volevo capire come avrei reagito io se, una volta nato nostro figlio, mi fossi accorto di qualche suo problema.-

-Cosa hai concluso quindi?-

-All'inizio è stato tremendo, quel dubbio continuava a tormentarmi senza tregua. L'idea di vederlo con gli occhi improvvisamente neri, o mentre perde il controllo di se stesso perchè non sa controllare le due parti del suo sangue... Ero spaventato.-

-Lo so, tesoro mio, lo so. Non posso assicurarti che andrà tutto benissimo Alexander, nessuno di noi può saperlo, ma farò tutto il possibile per proteggerlo. Da chiunque, anche da se stesso e dal sangue infernale che gli ho trasmesso.-

-Lo so, Magnus, l'ho sempre saputo che avresti risposto in modo simile, e ti amo per questo. Ma è anche la ragione per cui cercavo di starti lontano il più possibile. Avevo davvero bisogno di pensare, ma poi quando visualizzavo quel tipo di immagini sentivo l'improvviso bisogno di sentirti vicino a me. So che in queste settimane ti devo essere sembrato un povero pazzo lunatico, ma ogni dubbio mi stordiva e non riuscivo a concentrarmi a sufficienza per fare chiarezza.-

-Promettimi che non mi terrai più nascosto nulla, Fiorellino. Non ti fa bene rimanere da solo con i tuoi pensieri... che strano, ho la sensazione che abbiamo già affrontato questa discussione.-

Alec sbuffò, ma non poteva dar torto al compagno.

-Sì, anche a me sembrano parole familiari... non sono molto abituato a fare affidamento su qualcun altro, lo sai, ma ci sto provando. Solo che con questo bambino è stato troppo, tutto insieme, e all'improvviso tu eri ovunque! Mi sono sentito in trappola e quindi ho cercato di esercitare controllo sulle sole cose su cui ancora ne avevo... i miei pensieri, le mie paure e la mia libertà di decidere se condividerli o meno.-

-Non è facile per te esserti ritrovato non più padrone del tuo corpo, posso comprendere la tua frustrazione. Ma anch'io mi sono tenuto dentro le tue stese preoccupazioni, unite al terrore e alla colpa se dovesse nascere con qualche problema a causa del suo... del mio sangue demoniaco.-

-Ehi, guardami.-

L'oro nell'oceano, di nuovo, finalmente.

-Non sarà mai colpa tua. Gli stregoni come te vivono per sempre con del sangue demoniaco nelle vene senza impazzire. Lo stesso vale per gli Shadowhunters come me, che vivono non così a lungo, ma il sangue angelico ci rende più forti e resistendi di un mondano. Jonathan Morgenstern è stato un esperimento fallito, in lui questa combinazione è risultata fatale. Però, Magnus...-

Alec strinse quel volto tanto amato tra i palmi delle mani, asciugando con il pollice la singola lacrima che lo stregone si era fatto sfuggire, probabilmente a causa dell'ansia che quella paura aveva provocato in entrambi.

-Ci ho rimuginato sopra molto a lungo, Magnus, ma alla fine sono giunto a una conclusione. C'è una differenza fondamentale tra questo bambino e il fratello di Clary, una differenza che io spero lo preservi da almeno questo guaio. Ho scelto di crederci, o rischio di impazzire.-

-E quale sarebbe?-

-Noi. Noi siamo i suoi genitori. Stregone e Shadohunter.-

-Sì Alexander, direi che questo, per quanto sia un caso assolutamente unico, è anche un fatto indiscutibile...-

-Esatto.-

-...Temo di aver perso il filo del discorso, Fiorellino. Di cosa stai parlando esattamente?-

-Del fatto che questo bambino ha già entrambi i nostri tipi di sangue nelle vene, fin dal principio. Non avrà sangue demoniaco per qualche crudele iniezione, sarà unico al mondo perchè già dal suo concepimento lo è stato. Non è l'esperimento di un pazzo, è... la perfetta dimostrazione che il nostro amore è reale e può oltrepassare i pregiudizi che vogliono le razze del Mondo Nascosto divise le une dalle altre.-

Magnus lo guardò, commosso.

-Ogni volta che credo diaverti compreso del tutto, Alexander, una volta di più mi mostri quanto tu sia già oltre ogni aspettativa, superando te stesso o mostrandomi qualcosa di nuovo. Sei sicuro di essere reale?-

-Reale quanto il fatto che sono qui con te, e sto per baciarti perchè mi sei terribilmente mancato.-

Non si accorsero del tempo che passava, per loro era importante solo l'uomo che avevano tra le braccia e il tempo da recuperare insieme, perchè tra le paure di uno e le preoccupazione dell'altro, a rimetterci era stata proprio la loro vicinanza.

All'improvviso, Magnus si staccò, colto da un dubbio.

-Non mi hai ancora spiegato la faccenda del diventare una donna!-

Alec sbuffò, nascondendo il volto arrossato nel collo del compagno, per poi mugugnare insoddisfatto.

-Non possiamo continuare a baciarci e dopo riprendere a parlare?-

-Alexander! Mi meraviglio di te!-

-Heh, vorrei vedere te come affronteresti tutti questi dannati sbalzi d'umore... Per l'Angelo, ma come fanno le donne a conviverci?-

-Questione di abitudine e genetica, sono predisposte naturalmente e in più anche loro diventano lunatiche quando sono in dolce attesa, solo che a differenza tua hanno tutta la vita per prepararsi psicologicamente, quindi almeno sanno a cosa vanno incontro.-

Alec grugnì, improvvisamente irritato per quella constatazione più che veritiera, sedendosi di nuovo in modo composto sul divano.

Improvvisamente Magnus sentì freddo, ma si ricordò che la sua amica Catarina gli aveva raccomandato di aspettare almeno fino alla fine del terzo mese di gestazione prima di riprendere con certe attività, perciò camò i bollenti spiriti, per quanto possibile.

-Quindi?-

-Non mollerai facilmente, vero?-

-Ormai mi conosci così bene, Fiorellino!-

-Va bene, va bene. Tutto sommato penso si tratti solo di una possibilità per ora, per quanto agghiacciante.-

-Da dove salta fuori comunque questa teoria?-

-Catarina, Izzy e Clary hanno messo insieme tutte le loro conoscenze per cercare di capire come andrà avanti la gravidanza, per quanto unica sia deve pur seguire certi standard. Secondo loro, non durerà più di otto mesi, forse pochi giorni in più, ma comunque meno di una consueta. Però tutto procede nella norma, perciò respira e stai tranquillo. Sta crescendo un po' più velocemente è vero, ma senza nessuna complicazione. Il problema sarà farlo nascere...-

-Oh. Si tratta di...?-

-Sì.-

-Ma sarà qualcosa che avviene naturalmente? O devo iniziare a cercare un incantesimo per farti cambiare temporaneamente sesso? Per Lilith, sarà difficile operarlo solo su di te, senza andare a toccare nostro figlio...-

-Nessun incantesimo, per ora. Catarina ha trovato effettivamente qualcosa di strano nelle mie analisi... essendo la mia una situazione unica fa molti più controlli del necessario, ma se così non fosse stato non si sarebbe accorta che parte del mio DNA sta mutando.-

-Vuoi dire che la pozione di Iris su di te ha questo effetto aggiuntivo? Non solo ti ha fatto rimanere incinto, ma...?-

-Non sappiamo perchè mi sta succedendo, Catarina mi ha detto tutto questo solo stamattina, ma sembra la causa sia una combinazione di fattori: la pozione, ma anche la gravidanza, in aggiunta al fatto che tutte queste cose erano pensate per agire su una donna inseminata da un demone, ma noi non siamo nè l'una nè l'altra cosa. L'ipotesi migliore che ha sviluppato è che la pozione sia stata modificata all'interno del mio corpo grazie al tuo... beh, hai capito, no? E a sua volta ha fatto in modo che il tuo... liquido...non fosse più sterile; come in uno scambio equivalente. Comunque ora il mio corpo sta cercando di adattarsi. A questo ritmo, Catarina ha detto che per la nascita del bambino sarò diventato una donna a tutti gli effetti...-

-...Ma non possiamo esserne sicuri, perchè si tratta di modificazione genetica e al tempo stesso magia di stregone applicata a qualcuno che possiede sangue angelico.-

-Esattamente. Ha detto quasi le stesse cose. E ci sarebbe dell'altro... Se davvero diventassi donna, c'è la concreta possibilità che non torni più nel mio corpo maschile, perchè ormai, una volta nato il bambino, tutte le modifiche si saranno stabilizzate. Non è qualcosa di certo, ma è un cinquanta e cinquanta di probabilità. Se invece le modifiche si limitassero a parti interne di me, limitatamente alla presenza del bambino, sorgerebbe il problema di come farlo nascere. Izzy e Clary hanno suggerito un cesareo, ma in quel caso la salute mia o del bambino potrebbero essere compromesse, non essendo qualcosa di spontaneo il mio corpo potrebbe registrarla come un'aggressione e il piccolo risentirne.-

-Ma com'è possibile? Il cesareo è molto sicuro...-

-Non per chi porta un figlio con sangue demoniaco nelle vene, ma Catarina non mi ha spiegato tutti i dettagli... suppongo voglia parlarne prima con te.-

Magnus sospirò, sentendo ognuno dei suoi secoli pesargli sulle spalle, ma poi cercò in sè la forza di sorridere di nuovo. Il suo Alexander aveva fatto uno sforzo titanico per aprirsi con lui, sapeva quanto orgoglio gli era costato e non l'avrebbe ripagato con il mutismo o il pessimismo.

-Sapevamo già che non sarebbe stato semplice. Adesso che abbiamo scoperto quali potrebbero essere i problemi, non ci resta che cercare le soluzioni.-

-Mi sembri molto sicuro di te. Se io diventassi... beh... una donna, tu come...?-

-Sono sicuro di noi, perchè se qualcosa ci hanno insegnato questi mesi è che siamo piuttosto bravi a trovare soluzioni pensate impossibili. E poi, Alexander, io sono il tipo d'uomo che si innamora prima dell'anima e poi di tutto il resto. Tu, ai miei occhi, rimarrai sempre il mio bellissimo, coraggioso, generoso Fiorellino... anche se dovessero spuntarti un paio di tet-

-MAGNUS!-



 

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Capitolo 14
*** La Maledizione di Medea ***



La Maledizione di Medea


 

Magnus adorava quelle mattine in cui si svegliava prima del suo ragazzo: erano esponenzialmente aumentate da quando Alec aspettava loro figlio e non poteva negare quanto questo gli facesse piacere. Poter ammirare il suo Alexander abbandonato tra le lenzuola del loro letto era uno spettacolo che lo portava in uno stato di grazia ed estasi al tempo stesso.

Di giorno il cacciatore era sempre teso, con i sensi in massima allerta come il capo e il soldato che era stato addestrato a essere.

Ma di notte, tra le sue braccia, aveva finalmente imparato a lasciarsi andare e a rilassarsi, sentendosi più al sicuro dietro le barriere del suo magico fidanzato che tra le mura dell'Istituto.

Magnus si sentiva giusto un po' orgoglioso per questo. Un po' tanto.

Alzò il capo appoggiandolo sulla mano sinistra, passando la destra inanellata sul volto del suo amato. Di solito quel lieve sfioramento era sufficiente a destare Alec, ma doveva essere veramente esausto dopo la lunga chiacchierata che avevano fatto la sera prima visto che non reagì in alcun modo. Molte questioni erano state affrontate, il più giovane si era aperto esponendosi come cercava solitamente di evitare e Magnus si era sentito incredibilmente orgoglioso del suo fidanzato, oltre che felice.

Gli lasciò una carezza sul volto, sentendo una fitta di preoccupazione tingere la pace di quella mattina.

Il cesareo è molto sicuro... Non per chi porta un figlio con sangue demoniaco nelle vene... suppongo voglia parlarne prima con te...

Sospirò, decidendo di alzarsi: non voleva che la sua aura negativa influenzasse il sonno per una volta profondo del suo fidanzato.

Guardò dall'alto il volto angelico che lo aveva fatto innamorare, non riuscendo a reprimere una piccola fitta di dispiacere per non poter ammirare quelle magnetiche iridi blu che l'avevano conquistato prima di ogni altra cosa. Non voleva svegliarlo, ma aveva urgenza di parlare con Catarina perciò sarebbe partito subito, recuperandola alla fine del suo turno di notte al pronto soccorso per offrirle la colazione.

E nel frattempo sperava di fugare i dubbi che gli erano saliti dopo la sera prima, perchè aveva paura di sapere cosa avesse da dirgli la sua vecchia amica.

Con uno schiocco di dita si vestì e fece per uscire, ma non riuscì a resistere a due piccole tentazioni.

Diede un lieve bacio al suo bel cacciatore ancora addormentato, poi infilò una mano sotto le coperte e la poggiò dove il loro bambino stava crescendo. Percepiva al tatto la prima rotondità del ventre, i fianchi che si ingentilivano e le linee decise dei muscoli addominali che venivano soppiantate dalla sporgenza del loro bambino che cresceva.

L'emozione percepita quando aveva fatto in modo di sentire il suo battito era incalcolabile, ma anche sentire sotto le sue dita quel corpicino crescere e modificare quel corpo che tanto amava era così emozionante da fargli salire le lacrime agli occhi.

Il corpo del suo Alec si stava adattando per loro figlio, ma fino a che punto? Stava davvero diventando una donna? Quanto erano gravi i rischi che correva?

Doveva scoprirlo. Doveva andare da Cat.


 



La aspettò all'accettazione, vicino all'uscita, con i cornetti della colazione in una mano e due caffè nell'altra. Era arrivato alle sei in punto, ben sapendo che la sua amica sarebbe avrebbe staccato nel giro di pochi minuti. Il suo essere un ritardatario cronico era stato battuto dal suo essere un paranoico seriale: quando vivi tanto a lungo impari per forza di cose a essere prudente, e nei periodi di forte stress emotivo il passo dalla sana circospezione all'ansia patologica era estremamente sottile.

E Magnus si sentiva nelle sue vecchie ossa di stare per oltrepassare quella linea.

Catarina entrò nel suo raggio visivo proprio un attimo prima che decidesse di buttare il caffè e passare tutta la mattina a sfogare il suo nervosismo cambiando colore di capelli a tutti i passanti che gli capitavano sotto tiro. Qualcuno doveva pur prodigarsi a innalzare il livello medio delle stile del newyorkese medio!

-Magnus, cosa ci fai qui?-

-Caffè espresso molto zuccherato per la mia stanca amica, e giusto perchè sono una persona favolosa ti ho portato anche un cornetto alle more per addolcirti la giornata.-

-...Alec ti ha parlato, e tu sei venuto da me per saperne di più sui dettagli che ho taciuto al tuo ragazzo.-

-Una cosa non esclude l'altra, mia cara.-

-Sono troppo stanca persino per rimetterti al tuo posto, in questo momento. Dammi la mia meritata dose di zuccheri e caffeina, poi parleremo.-


 

-Ti prego Cat, sto per impazzire: Alexander mi ha accennato a dei rischi, ma so che tu hai evitato di dargli tutti i dettagli... è per il motivo che penso?-

L'infermiera lo guardò senza alcuna apparente espressione in volto, cercando evidentemente le parole giuste da dire per rendere chiaro un concetto piuttosto delicato senza sconvolgere troppo il suo più vecchio amico. Sapeva che però tergiversare non era da lei, e questo stava rendendo lo stregone solo più nervoso, perciò decise che la trasparenza più totale, anche se dolorosa, era necessaria.

-Non leggo ancora nel pensiero, ma credo sia esattamente quello che credi. Si tratta della Maledizione di Medea.-

Magnus serrò gli occhi per non mostrare il suo marchio da stregone a Catarina, troppo preda delle sue emozioni per controllarsi del tutto. Non che lei non lo avesse mai visto, ma mostrarlo durante una chiacchierata tutt'altro che piacevole su un simile Anatema del mondo stregonesco lo avrebbe fatto sentire tanto fragile quanto non si sentiva da tempo.

-Era quello che temevo. Alec però non solo non farebbe mai qualcosa di tanto terribile, è anche uno shadowhunter! Credi ci sia la possibilità che per lui le cose potrebbero essere diverse?-

-Ci sono senza dubbio delle possibilità, specialmente perchè tutta questa situazione è unica al mondo, ma Magnus, guardiamo in facci la realtà: vorresti davvero rischiare la vita del tuo ragazzo e di vostro figlio solo perchè speri che si tratti di un'eccezione alla Maledizione?-

No, mai.

Se c'era qualcosa di sacro al mondo per Magnus era l'amore, e quello per il suo Fiorellino era il più puro e intoccabile di tutti. Non poteva rischiare di perderlo, per nulla al mondo.

Di certo non per una sua leggerezza.

-Va bene, niente cesareo in questo caso. Non possiamo rischiare di scatenare la Maledizione: se non riusciremo ad accertarci al mille per cento che il mio Alexander non ne è afflitto, allora eviteremo a tutti i costi di far nascere nostro figlio in questo modo.-

-Però, se Alec diventasse solo parzialmente donna non avremmo altra scelta se non questa.-

-Cercherò degli incantesimi, se necessario li creerò da zero, non lascerò nulla di intentato.-

-Lo so, Magnus, lo so... ma dovresti essere pronto a qualsiasi evenienza. Se anche diventasse completamente donna, e in quel caso il parto sarebbe un caso risolto, ci sono forti probabilità che resti in un corpo femminile... per non parlare delle ulteriori conseguenze plausibili che tutto questo potrebbe provocargli: te lo ripeto, è un caso unico, stiamo procedendo alla cieca cercando di prevedere quanto di peggio potrebbe capitare.-

-Molto bene, Cat: tu prevedi il peggio di ogni peggior possibilità possibile, e io troverò un modo per evitarlo. Nessuno farà del male alla mia famiglia, li proteggerò io.-

E questa volta, non fece proprio nulla per nascondere il lampo di feroce e selvaggia protezione negli occhi nuovamente dorati e con la pupilla felina.


 



-Ehi, Magnus, dove sei stato? Non c'eri quando mi sono svegliato.- e il sorriso storto del suo ragazzo riuscì a migliorargli all'istante l'umore, nonostante la chiacchierata poco piacevole appena terminata.

-Scusami, Alexander, speravo di tornare prima che ti svegliassi per portarti la colazione a letto.-

-Beh, ormai sono sveglio, ma se vuoi portarmi la colazione sul divano non mi lamento di certo.-

Magnus ridacchiò con dolcezza, apprezzando il fatto che per una volta il suo ragazzo avesse voglia di essere un po' coccolato: non gli permetteva di farlo spesso, ma era piacevole che sentisse il bisogno di averlo vicino. Allo stregone si stringeva il cuore ogni volta che lo vedeva abbandonarsi tra le sue braccia, o perdersi grazie a un suo bacio, o ricercare il calore e la protezione del suo corpo mentre dormiva, proprio nello stato in cui era più vulnerabile. E a ognuno di questi eventi e in mille altri momenti, Magnus si innamorava sempre un po' di più di quel meraviglioso uomo che aveva messo sottosopra la sua intera esistenza.

-Il tempo di una scintilla e sono da te.-

E lo intendeva in senso letterale.

Schioccò le dita, facendo apparire una colazione degna di un re tra le sue mani, che poi posò con delicatezza sulle gambe distese del suo ragazzo, che si stava rilassando per traverso sul divano con la testa appoggiata all'alto bracciolo.

Magnus non resistette al sorriso ancora un po' assonnato e ai capelli arruffati del suo bel cacciatore, perciò si sporse per il suo agognato bacio del buongiorno.

-Hey, splendore.-

-Hey a te, uomo del mistero. Dove sei andato così presto?-

-Non vorresti prima mangiare?-

Alec in quel momento si irrigidì un po', scrutandolo da sotto in su dalla sua posizione svantaggiata, riuscendo comunque a farlo sentire sotto esame. Poi lo vide sospirare, improvvisamente stanco nonostante la giornata dovesse ancora praticamente cominciare.

-Sei stato da Catarina, e quello che ti ha detto non ti è piaciuto.-

Magnus aveva smesso da tempo di tenergli nascoste le cose, ma sperava di potergli dare quella notizia un po' più in là, magari quando avesse accertato l'effettiva esistenza del problema e magari cercato una possibile soluzione...

-Non possiamo parlarne dopo che avrai mangiato?-

-Perchè rimandare?-

-Perchè per prima cosa è importante che ti alimenti in modo corretto, o nostro figlio nascerà con un terzo occhio!-

-Potrebbe anche essere sai? Magari sarà quello il suo marchio di stregone, anche se ne dubito.- e detto quello ammiccò, leggermente divertito dallo sbuffo esasperato del suo ragazzo.

-Tu e il tuo impertinente sarcasmo potete rimandare di dieci minuti questa conversazione? Sul serio, vorrei evitare che ti venisse un collasso per mancanza di zuccheri come quando abbiamo scoperto dell'esistenza del nostro bambino...- e nonostante l'ironia, il più anziano intendeva evitare con tutte le sue forze che il suo ragazzo soffrisse quella gravidanza più dell'inevitabile. Già era una tortura saperlo sofferente a causa delle nausee e delle forze che gli sottraeva l'avere un piccolo essere vivente in lui, almeno nelle piccole cose voleva essere utile.

Si fissarono per un minuto, prima che il più piccolo si arrendesse. Era diventato un po' più ragionevole da quando aveva scoperto del piccolo, meno spericolato – nei limiti di un cacciatore di neanche vent'anni -, ma Magnus non poteva pretendere troppo. In fondo, si era innamorato di lui nel momento stesso in cui lo aveva visto combattere.

Questo comunque non gli impediva di approfittare dei momenti di tranquillità e sicurezza che riusciva a strappare insieme a lui.

Aspettò perciò che finisse di mangiare i suoi pancake alla marmellata, buttandoli giù con una tazza di thè caldo al miele, prima di aprire bocca per parlargli del problema. Quando poi lui lo guardò in attesa con quei suoi occhi indagatori, non riuscì più a tenersi nulla per sé.

-In realtà avevo un sospetto su ciò che mi avrebbe detto Catarina, ma non ti ho riferito nulla perché, in fondo, non sono un medico né un esperto del settore perciò volevo evitare di preoccuparti inutilmente.-

-Ora invece ho motivo di preoccuparmi?-

-Non ne siamo ancora sicuri, in verità. Senti, si tratta di un segreto molto ben custodito da noi stregoni, perché ciò che sto per dirti ha il potere di ferirci fino a distruggerci. Non ne parliamo mai, evitiamo persino di pensarci se possibile, ma fa parte di noi fin da prima che veniamo al mondo, ma ora in te c'è un bambino con sangue demoniaco nelle vene... e tutto questo pasticcio riguarda anche te.-

Il giovane cacciatore non stava capendo molto di quel discorso, se non che il suo ragazzo era terribilmente agitato, perciò lo chiamò a sé per averlo vicino: aveva la sensazione che tra pochi istanti entrambi avrebbero avuto bisogno di conforto ed entrambi non conoscevano una beatitudine maggiore di quella data dal contatto con l'altro.

Magnus parve pensarla come lui, perché prima di ricominciare a parlare, si assicurò di stendersi accanto ad Alec in modo da potergli cingere il collo con un braccio e il fianco con l'altro, fino ad appoggiare la mano sul suo ventre. Era istintivamente portato a proteggere i suoi tesori, che lo sapessero o meno.

-La chiamiamo la Maledizione di Medea. Tutte le storie sono vere, no? Voi Cacciatori lo dite sempre... Anche la mitologia ha storie vere. Tra cui quella di questa donna umana, Medea, che uccise i suoi stessi figli per darli in pasto al loro padre per vendetta. Ma non perché l'avesse lasciata, come dice la leggenda... bensì perché aveva scoperto di aver sposato un demone. Era un demone superiore, perciò poteva cambiare forma e aveva preso le sembianze di un nobile rispettabile. Non si accorse di nulla per alcuni anni, ma poi i loro figli, quando crebbero, mostrarono i primi segni di magia e lei impazzì al pensiero di aver dato alla luce i figli del demonio.-

Prese un respiro profondo prima di continuare la narrazione, cercando di rigettare in fondo al cuore la sensazione di orrore che provava ogni qual volta gli capitasse di pensare a come era nato quel regime del terrore per gli stregoni come lui.

-Li uccise, fece quanto di più dissacrante un genitore possa fare a un figlio, dopodiché li fece mangiare al demone spacciandoli per una normalissima cena e poi si tolse la vita. Questo fatto portò per la prima volta nella storia a un accordo tra tutti i Principi dell'Inferno, che crearono questa Maledizione che avrebbe colpito ogni singola donna incinta di un demone: qualsiasi tentativo di far del male al proprio figlio in grembo sarebbe stato ripagato con la dannazione eterna. Lo scopo di questa minaccia era proteggere i bambini mezzosangue almeno fino alla nascita, ma nonostante questo fatto molte gravidanze si sono concluse con una madre divenuta assassina e quindi condannata e un piccolo stregone mai nato. In molte, accorgendosi di non star svolgendo una gravidanza normale, tentarono di porvi fine... un pugnale nel ventre, del veleno, buttarsi da una grande altezza... ho visto molte cose tristi e crudeli quando si trattava di piccoli esseri innocenti.-

Alexander emise quasi un gemito sofferente sentendo quelle parole, ritrovandosi a piangere senza nemmeno accorgersene come spesso gli capitava in quel periodo, anche senza ragione. Ma in quel momento il cacciatore si sentiva in pieno di diritto di essere emotivo, data la storia dell'orrore che gli stava venendo narrata... una storia dell'orrore, sì, ma spaventosamente vera. Come poteva una madre, dopo aver percepito la vita crescere in sé, pensare a compiere qualcosa di tanto... quale parola usare? Terribile? Abominevole? Sconsiderato? Forse, “folle” poteva essere il termine più corretto... perché nessuno sano di mente potrebbe pensare davvero a far del male a un innocente che non ha neppure avuto occasione di aprire gli occhi sul mondo, di piangere, ridere, innamorarsi e meravigliarsi, o anche di sperimentare la paura e la tristezza... perché ogni cosa vissuta rendeva vivi e privare anche la possibilità a un bambino di sperimentare tutto questo era molto più che folle: era solo crudele.

A quel pensiero si aggrappò forte al braccio del suo compagno, tanto forte che forse gli avrebbe piantato le unghie nella carne, ma aveva un disperato bisogno di percepirne la presenza in quel momento, mentre l'altra mano la portò a coprire quella di Magnus che ancora era posata sul ventre, come per aumentare la protezione per quell'esserino ignaro dei pericoli che già lo aspettavano.

-Ma il punto a cui voglio arrivare è questo, Alexander: non possiamo rischiare di fare un cesareo, perché la Maledizione, sempre che affligga anche te, lo leggerebbe come un tentativo di liberarti di nostro figlio. Forse lui si salverebbe, ma tu no di sicuro, moriresti poco dopo averlo fatto nascere e la tua anima soffrirebbe in eterno, dilaniata dai demoni. E io questo non lo permetterò mai, sarai per sempre tu la mia priorità: ti proteggerò, e proteggerò questo bambino, ti giuro su Lilith che troverò una soluzione a qualunque cosa accadrà.-

Anche se per farlo, forse dovrò scegliere tra te e questo bambino.

Ma a questo Magnus non voleva pensare, non in quel momento, perché li amava entrambi tanto da far male, tanto da uccidere, tanto da morire... tanto che il pensiero che avrebbe potuto essere costretto a scegliere chi salvare tra i due gli attanagliava il cuore e l'anima in una morsa di terrore atavico indomabile e insopportabile.

Ma no... in quel momento, doveva solo pensare allo splendido ragazzo che aveva tra le braccia, a consolare la sua tristezza e la sua paura. Per dissolvere le proprie ci sarebbe stato tempo.

O almeno così si trovò a sperare, mentre trascorreva il resto della mattinata ad abbracciarsi su quel divano con il suo ragazzo, protetti da un silenzio pieno di paure e amore, in un groviglio inestricabile che li portò prima a stringersi per la tensione e poi ad addormentarsi per la stanchezza data dalla preoccupazione, le mani ancora strette sul ventre di Alexander.


 


 

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Capitolo 15
*** Non posso chiederlo a nessun altro ***



Un colpo di spada fu l'ultima cosa che servì per annientare il demone Shax che aveva aggredito un gruppetto di mondane appena uscite dalla discoteca dietro l'angolo.

Jace storse il naso nel vedere quanto fossero giovani quelle ragazzine: non c'era da stupirsi fossero state prese di mira, quel tipo di demone adorava la carne fresca.

Isabelle era parimenti disgustata, con il suo nasino fine arricciato e le labbra stirate in una linea sottile sembrava più una bella bambola che la letale guerriera che in realtà era; spostando lo sguardo dalla sorella, Jace incrociò gli occhi verdi della sua ragazza, che si era svelata per controllare che quelle ragazze stessero effettivamente bene e salissero su un paio di taxi sane e salve.

Quando se ne fu assicurata tornò da loro, la nuvola infuocata dei suoi capelli le dava un aspetto quasi spettrale alla luce delle loro lame angeliche.

Jace la trovò ancora più bella, se possibile.

-Abbiamo finito per stanotte?-

-Sì, questo era l'ultimo. Possiamo tornare in Istituto, fare rapporto e dormire fino alla settimana prossima?-

-Mi spiace Izzy, ma per stavolta lascerò a voi ragazze il rapporto.-

-Dove sarebbe la novità?-

-Spiritosa. Devo andare da Alec, mi ha chiesto di passare da lui appena possibile e approfitteremo della vostra assenza per una volta per darci a sani passatempi virili.-

Clary lo guardò con un mezzo ghigno sul volto, prima di avvicinarsi alla mora, per abbracciarla con calore. L'altra sembrava più che felice di quel gesto affettuoso, ma la sorpresa iniziale lasciò il posto a un ghigno identico che non presagiva nulla di buono.

-Tu vai pure da Alec, io e Izzy abbiamo una serata tra ragazze in sospeso. Sai, le solite cose... parliamo di trucchi, di ragazzi, della migliore biancheria per sedurre voi uomini virili...-

-...e non dimenticarti delle coccole che ci concediamo, visto che ci sentiremo molto sole senza voi maschietti in giro.-

Jace le guardò con la bocca spalancata dallo stupore, anche se solo per un attimo: fu sufficiente a far scoppiare le due ragazze a ridere come delle matte, tanto che a un certo punto si tennero la pancia e si asciugarono le lacrime dovute a tanta ilarità.

-Sì sì, prendetemi pure in giro... troverò il modo di farvela pagare!- Jace fece una smorfia, ma vedere le due donne della sua vita ridere così di gusto per uno scherzo così arguto compensò il fatto di esserne stato vittima.

-Non vedo l'ora, Jace.-

-Io cedo volentieri la mia punizione a Clary, sono convinta che apprezzerai di più farle pagare anche lo scotto del mio divertimento!- Izzy fece un occhiolino a entrambi con la sua migliore espressione maliziosa, evidentemente divertita.

-IZZY!-

-Che c'è? Volete negarlo?-

Il silenzio della coppia fu abbastanza eloquente, per cui si ritenne soddisfatta e, prendendo a braccetto la sua amica, si accomiatò dal fratello velocemente, non vedendo l'ora di infilarsi sotto le coperte per riposare.

-Salutami Alec e digli che verremo a fargli visita non appena avremo recuperato un po' di forze.-




Alec si sentiva abbastanza bene quella mattina. Le nausee erano praticamente scomparse e, anche se per compenso il suo appetito era raddoppiato, non poteva certo lamentarsi di riuscire ad avere finalmente dei risvegli meno bruschi.

Magnus lo trattava ancora con i guanti bianchi, ma perlomeno cercava di non essere troppo soffocante da quando si era sfogato con lui sul fatto che si stava sentendo praticamente in trappola. Tutto sommato, la situazione in casa era gestibile, amava Magnus ogni giorno di più, era entrato nel quarto mese di gravidanza e Catarina, nonostante le preoccupazioni riguardanti il parto, gli aveva assicurato che per ora sia lui che suo figlio stavano benissimo, e che la sua lenta metamorfosi stava procedendo senza conseguenze dannose per la sua salute.

Il moro aveva davvero bisogno di piccoli motivi per essere felice, perchè le sue preoccupazioni aumentavano di pari passo con la sua pancia.

Se prima si trattava solo di abituarsi a cavarsela con meno marchi e a vedersi con lineamenti più morbidi, ora era innegabile la rotondità crescente del suo ventre.
Catarina gli aveva spiegato che ormai il bambino si era del tutto formato, aveva dieci dita dei piedi e delle mani, due orecchie e un piccolo nasino, mentre i suoi organi interno dovevano ancora svilupparsi a dovere. Era normale che pretendesse il suo spazio nel suo corpo e Alec era immensamente felice di averlo in sè, nonostante l'incredulità ancora facesse capolino di tanto in tanto nella sua mente.

Ormai non poteva più uscire di casa senza camuffarsi in qualche modo, che fosse con un marchio o un incantesimo del suo fidanzato, non poteva permettersi leggerezze: fin'ora nessuno aveva saputo nulla, ma non poteva continuare così. Se il suo aspetto poteva essere camuffato in qualche modo, tutto il resto, come gli sbalzi d'umore, la dimensione effettiva della sua pancia e i conseguenti rallentamenti dei movimenti, la diminuzione dei suoi marchi... no, quelle non erano cose che potevano essere nascoste ancora a lungo.

Anche la sua trasformazione, se si fosse compiuta completamente, sarebbe stata impossibile da nascondere.

E quando il suo bambino fosse venuto al mondo? Confidava in Magnus con tutto se stesso, sapeva che avrebbe trovato una soluzione per farlo nascere in sicurezza, ma una volta che fosse nato come l'avrebbero cresciuto? Di certo, non potevano tenerlo nascosto al mondo intero. Non per sempre.

Si mise le mani sulla pancia, proteggendo anche da fuori quella vita che amava già così tanto, e fu in quel momento che lo sentì per la prima volta.

Fu un piccolo colpo, appena percettibile in realtà, ma lo percepì benissimo: un calcetto, proprio contro il palmo della sua mano gli disse che suo figlio lo stava salutando. Era come se gli avesse appena detto: "ehi, so che stai pensando a me, sono qui, sono reale!"

Alec dovette asciugarsi una lacrima mentre ridacchiava dolcemente, con il cuore praticamente sciolto a causa della dolcezza.

Aveva sentito il suo cuore negli ultimi mesi, ma erano stati loro a cercarlo; questa volta, per la prima volta, suo figlio si era fatto sentire di sua iniziativa, annunciandosi per la prima volta in un momento di sconforto del suo papà.

E l'amore che provava già per suo figlio diventò sconfinato, e Alec finalmente seppe cosa avrebbe dovuto fare come prossima mossa.




Jace aveva davvero un pessimo presentimento.

Il messaggio di Alec in realtà era stato sintetico e diretto come sempre, ma quella richiesta improvvisa non poteva voler dire solo che suo fratello avesse avuto improvvisamente voglia di vederlo.

Certo, lui era magnifico, ma Alec non era esattamente il tipo da chiedergli di andare a trovarlo a casa solo perchè era lo shadowhunter più sexy della loro generazione. 

Non si disturbò nemmeno a bussare, sapeva che Alec stava percependo il suo arrivo e che gli avrebbe fatto trovare la porta aperta. 

E come volevasi dimostrare...

Si introdusse senza nemmeno dover usare una runa dell'apertura nell'edificio, e quanto arrivò davanti alla porta la aprì, essendo già appena socchiusa.

Il suo parabatai lo stava già guardando con quei suoi impossibili occhi blu, il suo sorriso storto inimitabile già sul volto e una tazza di caffè in mano.

-La tua metà più scintillante non ti aveva proibito il caffè fino alla nascita del piccoletto?-

Una pacca sulla spalla e le armi gettate in un angolo del salotto annunciarono in grande stile il suo arrivo, ma Jace non se ne curò, troppo abituato al suo essere caotico, ma stranamente nemmeno Alec ci badò nonostante la sua propensione al controllo e all'ordine.

Altro punto a favore della sua cattiva sensazione.

-Infatti questo è per te, io mi preparo una tisana. Vieni di là con me, dobbiamo parlare.-

-Non mi sono mai piaciute da queste parole, fin da quando Maryse ce lo disse da piccoli quando ci sgridò per aver portato Max nella sala delle armi.-

-Non scherzare, si tratta di una cosa seria.-

Ed ecco la dimostrazione che ho sempre ragione. Per l'Angelo, a volte essere perfetto è uno svantaggio...

-Sono qui per te, fratello.-

Allora Alec iniziò a parlare e non si fermò per diversi minuti, passandosi più volte le mani sullo stomaco in maniera protettiva, carezzando suo figlio attraverso il ventre rotondo. La sua voce era rimasta calma, lucidamente spietata e crudelmente ragionevole come solo uno shadowhunter, un leader, potrebbe fare e Jace quasi si spaventò.

-Ti chiedo di giurare sull'Angelo, Jace. Giurami di farlo, ma soprattutto di non dire a nessuno quello che ti ho appena chiesto di fare. Devi giurarlo su Raziel, sul nostro legame parabatai.-

-Mi stai chiedendo troppo, Alec... davvero troppo. Non potrei mai... non ce la posso fare. Sai che per te farei qualsiasi cosa, morirei per te, ucciderei... ma questo è completamente diverso.-

-Non posso affidarmi a nessun altro per questo.-

-Perchè nessuno oserebbe anche solo pensare...-

-Ti prego. Si tratta della vita di mio figlio.-

-E della tua che mi dici?-

-Alla mia posso badare da solo. Non c'è nulla che nessuno possa fare, non più di quanto si stia già facendo in questo momento. Le ricerche che Magnus, Izzy e Catarina stanno svolgendo sono tutto quello che possono fare per me. Questo invece è quello che io posso fare per assicurarmi che mio figlio sia al sicuro...-

-Sacrificando la tua vita?-

-Jace, ti prego...-

-No. Tu sei mio fratello, il mio parabatai. Se tu muori, metà del mio spirito morirà con te e io non ho intenzione di sopravvivere per condurre un'esistenza a metà. E hai pensato al resto della nostra famiglia? Al tuo fidanzato? Come la prenderanno?-

Il volto di Alec si contrasse per il dolore nelle parole di suo fratello, per ciò che gli stava chiedendo e per tutto quello che avrebbe comportato la sua egoistica richiesta.

Ma il suo bambino rischiava così tanto...

-Ti prego. Potrebbe essere la mia ultima richiesta. Ti prego, Jace.-

E Jace sentì la paura e la determinazione di Alec, la sua risolutezza adamantina e il terrore profondo, quei due sentimenti estremi che lo strattonavano nella stessa direzione pur essendo tanto diversi. Il suo bambino era il centro di tutto, era diventato il cuore stesso di Alec e non c'era niente, niente, che suo fratello non avrebbe fatto per le persone che amava. Ed ecco perchè gli aveva chiesto anche di mantenere il segreto: nessuno gli avrebbe permesso di sacrificarsi e sapeva che, se avesse potuto, non avrebbe confessato le sue intenzioni nemmeno a lui.

-Jace, non c'è altro modo in cui preferirei andarmene se non per proteggere una persona che amo. Se potessi farei tutto da solo, ma non sarò nelle condizioni. Non può farlo nessun altro se non tu. Se me ne andrò per mano di mio fratello, potrò riposare in pace.-

Jace versò una lacrima, una sola. Aveva versato poche lacrime in tutta la sua vita, ma quel tributo era dovuto per il coraggioso Alec, con gli occhi blu fissi su di lui, determinati e imploranti.

Arrivati a quel punto, aveva davvero solo una scelta.

-Hai vinto. Ti giuro su Raziel e sul nostro legame di parabatai che quando nascerà tuo figlio, se si dovesse compiere una scelta, salverò il tuo bambino anche a discapito della tua vita e nonostante le proteste di chiunque. Veglierò su di lui per la vita, con la mia vita e lo proteggerò.-




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Capitolo 16
*** Depressione ***



Depressione



Alec piegò la testa di lato, come per scrutarsi meglio allo specchio.

Così facendo i suoi capelli, decisamente più lunghi di quanto gli piacesse, arrivarono a sfiorargli le spalle, la cui ampiezza si era parzialmente ridotta di settimana in settimana.

Passò le dita sul collo e sulla mandibola, sentendosi strano nel non percepire alcuna traccia di peli da radere come accadeva ogni mattina da qualche anno a quella parte. Non che si stesse esattamente lamentando, farsi la barba ogni mattina era uno spreco di tempo, ma era troppo fastidiosa da tenere incolta perciò si era rassegnato e sprecava quindici preziosi minuti ogni mattina che avrebbe potuto dedicare ad altro. Ma ora non più.

Abbassò ancora di più la mano, tastando con una cautela venata da un brivido di orrore la morbidezza insolita del suo petto. Izzy quella mattina l'aveva scrutato, durante una delle sue solite visite a domicilio, ed era scoppiata a ridere all'improvviso, assolutamente deliziata di ciò che aveva davanti agli occhi.

-Sei la sorella più carina che potessi sognare, Alec!-

Ovviamente lui a quel punto l'aveva fulminata con una delle sue occhiate più velenose, lanciandole per buona misura anche un cuscino in faccia con la sua solita mira infallibile.

Lei però aveva continuato a ridacchiare gironzolandogli intorno, toccandogli i capelli che crescevano più di quanto li tagliasse e coccolando il suo nipotino parlandogli come se potesse sentirla.

Ma Alec a quello non aveva protestato. Anche lui parlava sempre con suo figlio e quando era Magnus a farlo il suo cuore scoppiava di gioia.

Nonostante tutto, vedere il suo corpo così trasformato lo faceva sentire fuori posto come non era più successo da quando la sua sessualità era venuta allo scoperto. Il suo corpo si stava lentamente trasformando in quello di una donna, giorno dopo giorno, e arrivato al sesto mese di gravidanza si era ormai rassegnato a restare chiuso in casa.

Sua madre si era fermamente imposta come capo dell'Istituto fino al suo ritorno, adducendo come motivazione una trattativa con il popolo fatato per fermare il traffico di droghe messo in moto da alcune di loro. E lo sanno tutti che il tempo, nel regno delle fate, passava in modo diverso: chi poteva sapere quando avrebbe fatto ritorno?

Non poteva uscire di casa da sette lunghissimi giorni, ma visto la forma che il suo corpo stava assumendo non ne sentiva nemmeno la voglia. Izzy era occupatissima a fare ricerche per aiutarlo dal punto di vista medico in collaborazione con Catarina, perciò le sue visite erano rare, mentre Jace si era fatto vedere poche volte da quando lo aveva indotto a quel giuramento crudele.

Se poteva, Alec evitava di pensarci: era stata una decisione difficile, per quanto giusta e non se ne pentiva, ma ogni volta che ragionava sui motivi che lo avevano indotto a richiederlo pensava alla vita che avrebbe vissuto il suo bambino, a come sarebbe cresciuto, alle difficoltà che avrebbe affrontato.

E al fatto che lui, probabilmente, non ci sarebbe stato per supportarlo.

Si sarebbe sentito abbandonato? Avrebbe capito che tutto quello che stava facendo e che avrebbe fatto fino alla morte sarebbe stato per lui?

E Magnus... per l'Angelo, come avrebbe reagito? Aveva passato tutta la vita a perdere le persone che amava, e ora lo avrebbe abbandonato anche lui con un figlio da crescere nell'incognita di come farlo.

Gli vennero le lacrime agli occhi quando pensò al futuro.

Riuscì a vedere il suo ragazzo, sempre uguale nel tempo anche tra molti anni, mentre faceva apparire la cena per lui e il loro figlioletto. Era cresciuto, ora era un adolescente dai capelli neri scompigliati e... gli occhi da gatto di Magnus? Li avrebbe ereditati? Sperava davvero di sì. 

Una serata normale, poteva vedere l'amore della sua vita che accarezzava i capelli ribelli di loro figlio, il sorriso sui volti di entrambi. Sembravano felici insieme, anche da soli e questo lo sollevava un po'.

Riaprì gli occhi che non si era accorto di aver chiuso, ritrovandosi affannato e con le guance bagnate di lacrime.

Ma in fondo il suo corpo non gli apparteneva più, le sue emozioni erano in preda a processi ormonali che non conosceva e non capiva, la sua stessa vita ora dipendeva da suo figlio.

Scoppiare in un pianto liberatorio, dopotutto, non gli sembrava una così cattiva idea.



Magnus era preoccupato a morte.

Il termine della gravidanza si avvicinava e non aveva nulla di concreto in mano che gli assicurasse la sopravvivenza dei suoi tesori più preziosi. Le ore di studio, ricerche ed esperimenti non avevano portato a nulla fino a quel momento, ma non poteva perdere le speranze.

Non anche lui.

Alexander pensava che non se ne fosse accorto, ma lui non era cieco. Vedeva i segni delle lacrime nei suoi occhi lucidi, della tristezza nelle rughe sulla sua fronte... della depressione nelle spalle pericolosamente cadenti in avanti.

Era un uomo forte il suo shadowhunter, lo era sempre stato. Un uomo con le spalle larghe e il piglio da leader, pronto a sostenere il peso del mondo intero e guidarlo per il meglio.

Per i primi mesi nonostante l'insofferenza, le preoccupazioni e i dubbi lui aveva resistito, si era aggrappato all'amore per il loro bambino per contrastare tutte le parti negative di quell'evento miracoloso, ma da qualche settimana si era come... spento.

Come se avesse finito la forza, o i motivi per trovarla. 

Era preoccupante vederlo così rassegnato, così passivo.

Magnus aveva aspettato per un po', sperando che venisse a confidarsi con lui: il suo orgoglio a volte era difficile da trattare, quindi spesso Magnus gli lasciava tempo e spazio per combatterlo da solo.

Sembrava che in questo caso avesse commesso un errore di valutazione.

Aprì la porta di casa, pregando qualcosa in cui neppure sprecava energia a credere, affinchè il suo compagno stesse un po' meglio del solito quella sera.

Non fu fortunato, e si ricordò del perchè non pregava. Perchè non funzionava mai.

Alexander era in cucina, piluccando del gelato direttamente dalla scatola quando lo sentì entrare in casa e allora gli sorrise. Gli occhi blu però rimasero tristi e lucidi e la sua posa ingobbita, quasi sconfitta.

Fece male al cuore di Magnus vedere il suo fiorellino ridotto in quel modo, e lui non ce la fece più.

-Alexander... parla con me.-

-In che senso?-

-Non stai bene. Io lo so, me ne accorgo. Permettimi di aiutarti.-

-Magnus, non c'è bisogno, davvero.-

Allora lo stregone lo baciò. Voleva dare conforto al suo ragazzo, almeno un po', e da come gli si aggrappò all'improvviso era proprio ciò di cui aveva bisogno.

Lo sollevò come se non pesasse nulla nonostante la sua pancia ormai ben visibile, portandolo nella loro camera da letto.

-Magnus...-

-Shh. Devi riposare, questi ultimi due mesi saranno molto stancanti per te.-

-Non sono stanco. Voglio sentirti vicino. Ti prego, ne ho bisogno.-

Allora Magnus intrecciò le loro lingue, sdraiandosi accanto al suo ragazzo cercando di portargli conforto e fargli percepire tutto il suo amore e il suo calore a circondarlo in un intimo abbraccio che li tenne uniti per le successive ore di splendido oblio.



Fu solo molto più tardi, quando il corpo finalmente rilassato di Alexander aveva perso la sua rigida tristezza accasciandosi sul compagno, che Magnus si decise a riaprire la conversazione.

-Alexander, amore... devi parlare con me.- Appoggiò la mano sul ventre del compagno, contenendo a malapena uno squittio felice al calcetto di suo figlio. Non era decisamente il momento adatto per fare le moine al figlio mentre il padre era in quello stato di desolante tristezza.

Lui rispose con un verso scontento. Erano finalmente stati di nuovo in intimità dopo mesi di toccatine fugaci per la sua sicurezza, si sentiva bene dopo settimane in cui la sua testa era stata piena di orribili pensieri, non aveva proprio voglia di ritirarli fuori adesso che era riuscito a rinchiuderli in un cassetto.

-Non puoi continuare a tenerti tutto dentro. Parla con me tesoro... mi si spezza il cuore a vederti così.-

Alzò di colpo la testa, una chiara espressione di colpa stampata in volto.

-Non era mia intenzione... mi dispiace, Magnus.-

-Ti prego, non dispiacerti. Voglio solo aiutarti. So che i cambiamenti del tuo corpo ti stanno destabilizzando, ma se ne parlassi con me potrei aiutarti.-

Esitò solo un secondo, prima di cominciare a parlare.

-Non ti fa schifo vedermi così... a metà? Sono un uomo, ma inizio a somigliare molto anche a una donna. Non so come sentirmi, dovrei essere diverso? Lo sono, ma dentro mi sento ancora io... almeno finchè non arriva una stupida scarica di ormoni a farmi reagire come un bambino. Non lo sopporto. Non ho il minimo controllo su me stesso e per me è... difficile, da sopportare.-

-Mi pare di averti appena finito di dimostrare che ti trovo bellissimo e desiderabile come sempre. Non potresti mai farmi schifo, mai! Sei una meraviglia, Alexander, una meraviglia che sta portando in grembo nostro figlio grazie a un'incredibile e strana serie di eventi. Tutti questi cambiamenti avrebbero spezzato una persona meno forte di te, ma tu sei stato stoico tutto questo tempo. Sei incredibile, amore.-

Alec era arrossito, nascondendo il volto nel collo del compagno. Parte dei suoi timori stavano facendo un timido passo indietro, lasciandolo almeno un po' più leggero.

-Che fai, ora arrossisci? Abbiamo appena fatto l'amore e ti imbarazzi quando ti dico che sei bellissimo?-

-Non ridere!-

-Scusa, scusa. Allora, non mi dirai cosa ti ha davvero turbato tanto?-

Alexander lo guardò sorpreso per un momento, prima di chiudere di nuovo la sua espressione. Se quello non era un "no" a caratteri cubitali...

Nonostante quella sua intuizione, fu proprio il più giovane a parlare per primo.

-Ho paura di cosa accadrà dopo il parto. Temo per nostro figlio, per come lo presenteremo al mondo, per come il mondo lo tratterà, per come io e te affronteremo tutto questo, e se io...-

Si bloccò all'improvviso, ma a Magnus si era gelato il sangue di colpo.

Aveva finalmente capito qual'era il nocciolo del problema.

-Tu credi che non ci sarai per tutto questo? Che non...sopravviverai?-

Alexander chiuse gli occhi, abbandonandosi nell'abbraccio del compagno. Era inutile ormai nascondere quel suo pensiero, tanto valeva confermare per evitare che scoprisse il suo ultimo segreto, quello che avrebbe condiviso solo con Jace. No, quello non avrebbe dovuto mai saperlo... non fino a quando aveva facoltà per decidere il contrario.

-Guardiamo in faccia i fatti. Non ci sono molte possibilità per me di conoscere nostro figlio. Non ci sono ancora risultati nonostante tutte le vostre ricerche, non sappiamo cosa possiamo fare per salvaguardare sia me che lui. Farò di tutto per farlo nascere e restare al vostro fianco per la tempesta che si scatenerà dopo... ma se devo essere sincero, non posso decidere se restare o andarmene. Capiterà. E se succederà, voglio essere pronto.-

Agghiacciato da capo a piedi dalla prospettiva di rimanere senza il suo compagno, lo stregone iniziò a scuotere violentemente la testa.

-Sciocco cacciatore, credi che ti lascerò morire così? Senza neppure provare a salvarti? Tutta qui la fiducia che hai in me Alexander? Non puoi esserti già rassegnato, abbiamo un bambino da crescere e una famiglia che conta su di te, non è da te deluderli e so che non lo farai neppure stavolta.-

-Potrei non avere scelta!-

-Si ha sempre una scelta!-

-Sì, e la mia l'ho già presa!-

Si guardarono negli occhi, l'azzurro nel verde, per cercare di capirsi a vicenda, calmando i loro respiri affannati.

-...che cosa vuoi dire?-

-Niente. Non volevo dire niente.-

-Alexan-

-Niente, Magnus. Ho solo deciso che voglio vivere al massimo questi due mesi che ci sono rimasti prima del suo arrivo, perchè poi dubito avremo tempo per noi.- cercò di buttarla sul ridere per troncare quella conversazione, e Magnus parve abboccare per il momento, anche se non era del tutto convinto si decise a rimandare la conversazione all'indomani, dopo del buon sonno ristoratore. Ne avevano un gran bisogno entrambi.

Raziel, ti prego: dammi ancora un po' di tempo con Magnus per fargli capire quanto lo amo, e con mio figlio per poterlo vedere e amare anche solo per un po', prima di reclamarmi per la Città di Ossa...






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Capitolo 17
*** Fiamme fredde ***



Fiamme fredde



Un nuovo giorno all'Istituto, un nuovo giorno di domande a cui non avrebbe risposto e di risposte che non avrebbe trovato.

Isabelle stava iniziando a perdere la pazienza. 

La routine non era mai stata adatta alla sua personalità fiera e dall'intelligenza vivace, eppure da qualche mese a quella parte sembrava non ci fosse altro da fare per lei se non sbattere la testa contro un immaginario muro di adamantio dietro il quale si trovavano tutte le soluzioni ai loro problemi.

Dietro il quale si nascondeva il segreto per la sopravvivenza di suo fratello e suo nipote.

Izzy emise un grugnito di frustrazione, gettando a terra l'ennesima ricerca finita in un nulla di fatto. Il tempo iniziava a stringere e lei non aveva praticamente nulla in mano.

-Ancora niente?-

Jace stava appoggiato con la spalla allo stipite della porta, le braccia dai muscoli tesi incrociate al petto e la stessa espressione tormentata che da settimane portava in volto.

-Se avessi trovato qualcosa avrei questa faccia secondo te?-

-Lo prendo per un "no".- fece per andarsene velocemente come era arrivato, ma Izzy era stanca di non sapere, perciò con più di un pizzico di stizza in corpo estrasse la frusta che portava sempre con sè e chiuse la porta in faccia al fratello.

-Non così in fretta. Cosa non mi stai dicendo?-

-Riguardo a...? Demoni Shax quasi scomparsi, fate che vendono droghe ai mondani, lupi mannari di altre città che si uniscono al branco di Luke, una piccola fazione ribelle di vampire femministe trovate in un'orgia tutta al femminile... So tante cose di tanti argomenti.-

-Un'orgia di vamp... Aspetta, non cercare di distrarmi. Sai di cosa parlo.-

-So di essere perfetto e che questo può indurre a pensare che sono anche onnipotente, ma la telepatia ancora non la so praticare, Izzy.-

-Spiritoso. Sto parlando di nostro fratello.-

-Max sta a Los Angeles con papà al momento o sbaglio? Deve venire in visita?-

-L'altro fratello. Il tuo parabatai incinto di uno stregone, hai presente?-

-Se volevi parlare di Alec perchè non l'hai detto subito?-

Isabelle lanciò un coltello in direzione della testa di Jace, facendolo incastrare sul muro a un millimetro dal suo orecchio, mentre quello ghignò tranquillamente, non muovendosi nemmeno un po'.

-Siamo nervosette sorellina? Siamo già a quel periodo del mese? O gli ormoni di uomo incinto di Alec ti hanno influenzata?-

-Sei impossibile! Non vedo l'ora che Alec torni, con lui presente non dovrò occuparmi solo io della tua idiozia.-

Jace si oscurò completamente per un attimo, per poi ripristinare la solita aria da ridanciano bad boy che credeva lo rendesse sexy e invece faceva solo ridere Isabelle che ricordava il bambinetto ossuto che era stato nel periodo della crescita.

Venne folgorata da un pensiero.

-Tu sai qualcosa di Alec che io non so. Ed è per questo che sei stato tanto insopportabile con tutti nelle ultime settimane!-

-I fumi del laboratorio iniziano a farti delirare Izzy, dovresti prenderti una pausa.-

-Ti conosco, e conosco Alec. Ti ha confidato qualcosa...?-

-Scusa, resterei volentieri a chiacchierare con te, ma ho una missione che mi aspetta. Rimandiamo la discussione delirante a dopo, eh?-

E sparì con la velocità di un lampo, facendo irritare tanto la moretta che pestò un tacco per terra talmente forte da romperlo.

Una mattinata piena di successi, proprio.




Sapeva che si sarebbe rivelata una pessima idea.

Uscire di casa quando era incinto di quasi sette mesi? Mentre nessuno ne era a conoscenza? Col rischio di mandare tutto il piano di segretezza assoluta a quel paese?

-Bravo Alec, sei stato davvero furbo... Se Magnus lo scopre metterà un incantesimo per trattenere me all'interno, oltre che gli altri all'esterno... e sto iniziando a parlare da solo. Meraviglioso. Ma tu mi capisci, vero piccolino?-

Accarezzò l'addome prominente, ignorando il solito disagio nel vedere le sue mani più affusolate del solito per concentrarsi sulla gioia del calcio di cuo figlio proprio sul suo palmo. Era decisamente più forte della prima volta che si era fatto sentire, ora si percepiva anche dall'esterno il movimento e iniziava a essere pesante camminare con il peso del bambino in aumento.

Sua madre e Catarina lo avevano rassicurato dicendogli che a quello stadio era normale che sentisse caviglie e schiena molto più sotto sforzo del solito, che si sarebbe sentito assonnato, dolorante e bisognoso di contatto con il suo compagno, ma era difficile vedere realizzate tutte quelle previsioni con un'accuratezza spaventosa.
Il vero problema si era rivelato proprio Magnus.

Da quella difficile conversazione di quasi un mese prima il suo ragazzo si era preso un "permesso paternità", come l'aveva chiamato davanti ad Alec, creato da lui stesso per delegare tutti i compiti come capo degli stregoni di Brooklyn adducendo motivazioni inventate per stare perennemente incollato al suo fianco.

E se avevano goduto e approfittato di quella stretta vicinanza nessuno poteva biasimarli, ma Alec aveva iniziato a sentirsi nuovamente soffocato come mesi addietro e alla prima occasione utile, ovvero Magnus che andava nel labirinto a spirale per consultare alcuni volumi speciali che pensava potessero essere utili a far nascere il bambino in sicurezza, il cacciatore era uscito di casa per fare una passeggiata.

Si era portato dietro arco e faretra naturalmente, ma per come si sentiva stanco poteva dire che la loro funzione sarebbe stata puramente intimidatoria: la schiena non avrebbe sopportato di lanciare nemmeno una freccia, figurarsi reggere qualunque tipo di scontro.

Sapeva si sarebbe rivelata una cattiva idea, ma gli era sembrato di soffocare rimanendo in casa, aspettando il ritorno di Magnus, che avrebbe sfoggiato un'espressione coraggiosa a suo beneficio nascondendo il fallimento, la frustrazione e la paura per la loro salute solo per non turbarlo. Alec aveva fatto del suo meglio per non far più pensare al suo ragazzo le parole che gli erano incautamente sfuggite di bocca quella notte, ma temeva di non esserci riuscito del tutto.

Perciò era uscito, sperando di calmare il battito frenetico del suo cuore e il suo respiro ansioso prima di dover tornare e affrontare di nuovo quelle furtive occhiate meditative e terrorizzate che di tanto in tanto beccava il suo ragazzo a lanciargli.

Come se non bastasse, il suo corpo aveva rallentato drasticamente la trasformazione, tanto che ormai si poteva dire conclusa. Si era conclusa una trasformazione a metà, e ciò voleva dire che le sue possibilità di sopravvivenza al parto erano drasticamente calate, dato che sarebbe stato necessario un cesareo.

Certo, fosse sopravvissuto sarebbe lentamente tornato completamente uomo, ma Alec dubitava ne avrebbe avuto la possibilità. 

Suo figlio sarebbe nato solo tramite cesareo dato che ormai era bloccato in quel limbo a metà dove non era un genere nè l'altro, ma per chi porta in grembo un figlio con sangue demoniaco un cesareo poteva essere fatale... lui stesso poi aveva fatto giurare a Jace di dare la priorità alla vita di suo figlio nel caso si presentasse necessità di una scelta.

Non avrebbe mai lasciato a Magnus il peso di quella sua scelta e aveva paura di cosa avrebbe potuto fare se avesse comunicato a lui questa sua volontà... Jace, il suo parabatai, era stato davvero la sua unica scelta possibile, nonostante si fosse sentito orribile nel doverglielo imporre.

Forse è il caso di rientrare...

Ritornò sui suoi passi, stringendosi nel suo cappotto imbevuto di incantesimi di mascheramento, sperando durassero ancora un po', giusto il tempo di rientrare a casa. Magnus gli aveva confessato tempo addietro che avevano un tempo limitato essendo completamente schermanti a qualsiasi tipo di creatura esistente in qualunque piano d'esistenza, angelico, mondano, nascosto o demoniaco.

Era stato sciocco a uscire, ma se fosse rimasto avrebbe avuto un attacco d'asma, ne era certo. Alla fine uscire gli aveva fatto bene, si sentiva più rilassato e sereno. Aveva scritto delle lettere per tutti i suoi cari, lasciato istruzioni a Jace per il parto e varato una legge sotto banco, che aveva fatto portare in gran segreto fino a Jia Penhallow affinchè facesse in modo che venisse approvata prima possibile. In quanto capo ufficiale dell'Istituto di New York aveva il potere di proporre piccoli cambiamenti a delle leggi affinchè si adattassero ai tempi, anche se poi sarebbe toccato al Consiglio del Clave approvarlo. Ma lui si fidava che Jia, sua zia, trovasse il modo di farlo funzionare.

Si sentiva il cuore in pace, aveva fatto tutto il possibile.

Lasciando vagare la mente, quasi venne colpito da un artiglio intriso di veleno apparso da un'ombra sul muro alle sue spalle.

Lo salvarono solo i suoi riflessi entrati automaticamente in azione e la protezione del cappotto, che resse il colpo meglio della sua divisa da caccia.

Non sarebbe potuto capitare una seconda volta però.

Alec affinò i sensi per percepire il prossimo attacco e capire con quale tipo di demone aveva a che fare. 

Sentì un fendente nell'aria alla sua destra, perciò fece un salto per evitarlo, ma dimenticò per un attimo che il suo sangue angelico al momento era debilitato a causa della gravidanza e finì per rotolare a terra.

Riuscì a proteggere la pancia in qualche modo, ma appena alzò il viso si sentì paralizzato: era un Demone Ombra, si muoveva al buio e il suo corpo era impalpabile, doveva colpire con precisione il suo cuore con una lama angelica per eliminarlo ma le sue frecce erano ora sparpagliate per terra.

Non c'era nessuno che potesse aiutarlo e suo figlio sarebbe morto insieme a lui in quel modo ridicolo perchè suo padre era stato uno stupido orgoglioso non chiedendo a nessuno di accompagnarlo, o almeno avvisando su dove stesse andando.

No.

Lui aveva bisogno di rivedere Magnus ancora una volta e baciarlo, fare l'amore con lui e dirgli che lo amava, doveva abbracciare Izzy e Max, chiedere nuovamente perdono a Jace e far promettere a Clary che si sarebbe presa cura di lui.

Doveva almeno conoscere suo figlio, voleva vedere il suo visino almeno una volta prima che il suo corpo fungesse da protezione alla Città di Ossa.

Era troppo presto, non poteva ancora morire, doveva portare a termine l'ultima missione della sua vita, doveva far nascere il suo bambino e sapere che c'era speranza per lui di essere al sicuro, almeno dai suoi stessi simili.

Un artiglio velenoso si era avvicinato a lui, pronto a ghermirlo e uccidere lui e la vita che portava in grembo.

Alec non fece in tempo nè a chiudere gli occhi nè a pregare l'Angelo di risparmiare suo figlio in qualche modo.

Riuscì solo a vedere la morte avvicinarsi...

...solo per venire disintegrata in ogni sua più piccola cellula da una luce accecante come il sole che inondò l'intero vicolo, appena appena tiepida a contatto con la pelle del cacciatore, ma bruciante di celeste fuoco con il Demone Ombra, che scomparve senza quasi nemmeno un gemito.

E quando quel luminoso fuoco scomparve, Alec potè solo guardare il suo ventre, da cui quelle fiamme celestine si erano espanse e in cui ora si stavano ritirando senza recargli il minimo danno.



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Capitolo 18
*** Combatti, sopravvivi ***


Combatti, sopravvivi




I ricordi di quanto era accaduto dopo che delle fiamme sconosciute gli avevano salvato la vita erano confusi: ricordava solo le braccia di Magnus che lo avevano sollevato da dove era rimasto accasciato, in volto un'espressione completamente neutra per mascherare la confusione dei suoi pensieri.

Possibile che quel che aveva visto fosse proprio ciò che credeva?

Non aveva mai sentito parlare di nulla del genere, mai neanche nelle sue ipotesi più sfrenate aveva osato immaginare che il suo bambino non ancora nato fosse in grado di scatenare un simile potere.

Aveva percepito il pericolo in cui si trovavano lui e suo padre? Era già in grado di percepire la paura della morte?

Fece male al cuore sapere che ancora prima di vivere suo figlio avesse rischiato di morire. Era stata la sua imprudenza, la sua arroganza a metterlo in pericolo e non credeva se lo sarebbe mai perdonato: aveva giurato che suo figlio sarebbe stato al sicuro, si era preparato mentalmente a ciò che avrebbe dovuto fare, a quello che avrebbe dovuto sacrificare per potergli garantire un futuro... eppure lui per primo lo metteva a rischio uscendo da solo e senza protezione.

Era stato stupido e superficiale in modo imperdonabile.

Non si sarebbe stupito se Magnus gli avesse urlato contro, se lo sarebbe meritato: avrebbe dovuto dire addio agli ultimi giorni d'amore che avrebbe voluto passare in pace e armonia con il suo amato stregone.

Era così preso dal proprio circolo di autoafflizione che a malapena aveva registrato il fatto di non essere più per strada, ma steso delicatamente sul letto del loro appartamento, con Magnus che gli accarezzava i capelli e cercava eventuali ferite con la sua magia, mormorandogli dolci parole per rassicurarlo che stava bene ed erano al sicuro tutti e due.

Non riuscì nemmeno a percepire l'arrivo dei suoi fratelli, avvisati dallo stregone e preoccupati per la salute di Alec e il piccolo che sarebbe presto dovuto nascere.

Avevano iniziato a parlare tra di loro, i toni delle voci tradivano preoccupazione e afflizione, ma Alec registrò questo fatto solo in modo superficiale. Tutto quello che gli importava era il suo bambino, che aveva rischiato di morire per colpa sua, ma la fortuna era stata dalla sua parte: il bambino che aveva concepito con Magnus era un piccolo stregone con tanto potere che aveva incenerito un demone da dentro il grembo paterno.

Non l'aveva nemmeno ferito: il suo bambino aveva attaccato solo il demone che aveva attaccato loro due, ma alla pelle di Alec erano risultate come fresche carezze impalpabili, innocenti come la vita che portava in sè.

Era stato come un abbraccio e Alec, nel bel mezzo della paura, aveva provato stupore e gioia.

Puoi sentirmi, piccolo mio? Mi dispiace tanto... 

Ti chiedo scusa e ti prometto che ti proteggerò da adesso in poi, non ti metterò più in pericolo... è compito mio salvarti, non dovrai più preoccuparti di me... è compito di un padre badare al figlio, non il contrario.

Mi dispiace, e ti ringrazio...






Ci vollero molte ore prima che il suo Alexander iniziasse a uscire dal suo stato di depressione. 

La paura che Magnus aveva provato quando aveva sentito svanire la magia che aveva posto sul cappotto che indossava il suo compagno non era misurabile, il suo vecchio cuore aveva quasi smesso di battere per la preoccupazione.

Era corso tramite portale al luogo in cui percepiva la presenza del suo cacciatore, solo per trovarvi i resti di un demone bruciato fino al midollo e il suo compagno in stato praticamente catatonico: non la migliore delle situazioni, ma finchè c'è vita nulla è perduto, perciò si era fatto forza e aveva riportato il compagno a casa, certo che dopo un po' di riposo si sarebbe ristabilito.

Aveva aggiornato anche Isabelle, Clary e Jace, sicuro che Alec non avrebbe voluto metterli al corrente per non farli preoccupare, ma altrettanto sicuro ne avessero il diritto.

Erano rimasti nel loft fino a tardo pomeriggio, quando avrebbero dovuto dare il cambio alla ronda cittadina, ma avevano promesso che sarebbero tornati al più tardi entro l'ora di pranzo per ricevere notizie.

Magnus non sapeva in che stato avrebbero trovato Alec, ma aveva il sospetto che Jace e Clary stessero nascondendo qualcosa. Il biondo aveva due borse scure sotto gli occhi e un'espressione tormentata che si sarebbero viste anche da Edom, e se questo poteva anche essere dovuto allo stato del suo parabatai, Magnus credeva ci fosse di più dietro. 

Ma se non aveva tempo di indagare sul pessimo umore del biondo, le parole della sua piccola rossa preferita potevano nascondere qualcosa.

-Io non so come riuscirete a uscirne, ma so che lo farete: se c'è qualcuno che può riuscirci siete voi due. E se servisse una mano, so come mantenere la promessa che ho fatto ad Alec. Fidati di me.- poi lo aveva abbracciato e se ne era andata, un segreto nascosto dietro i furbi occhi verdi e un piccolo sorriso sicuro in volto per rassicurare lo stregone che l'aveva protetta negli anni della sua crescita.

E se da un lato Clary poteva non sapere sempre quello che stava facendo, dall'altro aveva imparato che trovava sempre il modo per proteggere la sua famiglia.

Con un po' di speranza in più nel cuore si era seduto accanto al letto, aspettando in silenzio che il suo compagno desse segno di aver percepito la sua presenza, continuando di tanto in tanto a mormorare semplici incantesimi diagnostici che gli aveva insegnato Catarina per rassicurarsi sulla salute dei suoi due tesori.

Si era appisolato senza nemmeno accorgersene, perchè poco prima dell'alba si svegliò di soprassalto grazie a una stretta di mano, segno che anche il suo Alexander si era finalmente scrollato di dosso la sua apatia.

Gli occhi da gatto di Magnus vennero rivelati a causa della stanchezza, lo stregone era troppo preoccupato per il suo compagno per preoccuparsi di rimettere a posto l'incantesimo di fascino che teneva celato il suo marchio demoniaco.

-Come ti senti, tesoro?-

-Come se avessi corso tutta la notte e poi fossi stato investito da un demone gigante.-

-Meglio di quanto pensassi allora: molte donne al tuo stadio di gravidanza si lamentano di dolori atroci a gambe e schiena, invece tu vai a passeggio per mezza giornata e sconfiggi un demone. Questo è il mio ragazzo!-

Magnus aveva deciso di introdurre l'argomento in modo leggero per non turbare il compagno, ma la smorfia di agonia che piegò quelle belle labbra che amava baciare gli fece intuire di aver detto qualcosa di sbagliato.

-Non sono stato io a uccidere il demone. Magnus, mi dispiace davvero molto... sono stato imprudente, e arrogante, e nostro figlio poteva pagarne le conseguenze. Sono davvero, davvero dispiaciuto.-

-Non devi scusarti con me, cintaku*. So che questi mesi ti hanno fatto stressare come nessuno potrebbe capire, è normale che tu desideri del tempo per te. Non temere, so che nostro figlio è ben protetto insieme a te.-

Poi Magnus si fermò per un secondo, riflettendo bene sulle parole del fidanzato.

-Se non sei stato tu, chi ha ucciso quel demone? Vorrei ringraziarlo per avervi salvato la vita. Non che tu non sia in grado di farcela benissimo da solo, ma...-

-È stato nostro figlio.-

Magnus era certo che la sua bocca fosse oscenamente spalancata, e di solito si sarebbe preoccupato di apparire poco attraente, ma in quel momento lo shock era troppo per lasciare spazio alla sua vena vanitosa.

-Potresti ripetere, Fiorellino? Non sono certo di aver sentito bene. Sai, alla mia età capita.-

-Hai sentito benissimo. Stavamo per essere attaccati e lui ha... come emesso delle fiamme blu che hanno incenerito il demone, senza però farmi alcun male. Dopo sono rientrate dentro di me, dove sta crescendo. Non sono diventato pazzo e sono certo di non sbagliarmi, ti prego di credermi: nostro figlio mi ha salvato la vita. L'ha salvata a tutti e due.-

Magnus allora sorrise in modo quasi maniacale, allargando la bocca e mostrando tutti i denti, cosa che rese difficoltoso il bacio entusiasta che diede ad uno stupito Alexander, perciò si staccò dopo pochi secondi per avvicinare il viso al ventre sempre più tondo del suo compagno.

-Ehi tu, là dentro, sei un piccolo stregone allora! Sappi che è un po' presto per metterti a combattere i demoni, ma se proprio vorrai ti insegnerò tutto ciò che c'è da sapere. Prima però aspetta almeno di nascere! A questo mondo non mancano le battaglie da combattere, ma per ora stai buono e tranquillo e pensa solo a crescere e diventare grande abbastanza da venire alla luce. Oggi sei stato bravo a proteggere il tuo papà, ma d'ora in poi mi occuperò io di entrambi, non ti preoccupare!-

Alexander si commosse a sentir parlare così il suo compagno, perciò stavolta fu lui a tirare su l'altro per un bacio profondo e amorevole, in cui riversò tutto il marasma di emozioni che lo avevano pressato tutto il giorno affollandogli mente e cuore, sentendosi finalmente più leggero.

-Allora mi perdoni? Non sei arrabbiato con me?-

-Certo che non lo sono, mio tesoro: ero solo in pensiero, ma so che tornerai da me, qualunque cosa accada.-

Alec lo guardò un po' di traverso, come se un pensiero improvviso avesse rotto la pace che si era creata da qualche istante tra loro.

-Dovremo parlarne, sai Magnus?-

-Di cosa?-

-Del fatto che sono in parte donna.-

-Mi era sembrato di averti mostrato esattamente quanto tu continui a piacermi e attrarmi, qualunque corpo tu abbia. Ma se vuoi, non mi tiro certo indietro a mostrartelo di nuovo...-

Fece per scivolare sopra di lui con un movimento sensuale, ma il suo compagno sgranò gli occhi azzurri mentre arrossiva deliziosamente, come se non avessero mai fatto nulla prima... eppure avevano concepito!

-MAGNUS!-

-Non è un po' presto per urlare il mio nome? Non ho ancora fatto nulla...-

-MAGNUS!-

-Va bene trottolino, ti ascolto.-

-"Trottolino" non si può sentire, dimenticatelo immediatamente. Comunque, stavo pensando al parto. La mia trasformazione in donna è stata solo parziale, ho smesso di cambiare ultimamente, perciò sarà necessario un cesario per far nascere nostro figlio.-

-Suppongo di sì. Qual'è il problema?-

-Sai qual'è. La Maledizione di Medea.-

-Non è detto che tu ne sia afflitto. Sei un cacciatore, non una donna umana, e il potere di nostro figlio ti ha già protetto oggi senza neppure lasciarti una piccola bruciatura, è improbabile che questo si ritorca contro di te.-

-Non è impossibile però. Dobbiamo prepararci al fatto che potrei non sopravvivere.-

-Tu vivrai, e vedrai crescere il nostro bambino.-

-Magnus, non possiamo saperlo, dobbiamo...-

-Alexander!-

-Non possiamo evitare di parlarne per sempre, tra un mese nascerà il bambino!-

-Nell'improbabile caso in cui tu soffrissi di questa maledizione, ho ancora un mese per trovare un modo per aggirare il problema o trovare un incantesimo o un modo per salvarti, ci stiamo lavorando e so che manca poco. Ti prego, fidati di me: tu vivrai, tu e il bambino starete bene perchè è in mio potere fare in modo che sia così.-

-Ma se...-

-No. Abbi fede. Noi troviamo sempre un modo per tornare l'uno dall'altro, supereremo anche questo ostacolo.-

Il suo ragazzo lo guardò, amore ed esasperazione che agitavano il mare dei suoi occhi, poi si limitò a cercare il suo abbraccio, arrendendosi all'impenetrabile ottimismo del suo compagno: aveva capito che Magnus aveva paura della sua morte, con la sua storia personale sarebbe stato strano il contrario, ma se da un lato la sue cieca fede lo confortava dall'altra lo intimoriva.

Se fosse davvero morto come credeva sarebbe accaduto, il suo amato stregone sarebbe stato colto quasi impreparato all'evento, e non avrebbe potuto fare come per secoli aveva agito alla perdita delle persone che amava: non avrebbe potuto scappare, nè annegarsi nell'alcool, nè perdersi tra le braccia di confortanti sconosciuti di cui mai avrebbe saputo qualcosa.

Avrebbe avuto un figlio a cui badare, che sarebbe cresciuto giorno dopo giorno sotto i suoi occhi ricordandogli la sua perdita. Sapeva che sarebbe stato il peggior dono e la miglior maledizione possibili insieme e lui non voleva questo per la sua famiglia.

Cosa avrebbe dovuto fare?

Il suo bambino gli diede un forte calcio, seguito da un altro, ed era stato un pugno quello?

Scoppiò a ridere istericamente, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo a causa delle emozioni.

-Ti è tornato il buonumore, tesoro mio?-

-Come potrei rimanere triste? Nostro figlio mi ha appena detto di combattere.-

E risero insieme, perchè il loro piccolo stregone prepotente li aveva appena sgridati dal ventre paterno per intimare loro di farsi forza e tornare a lottare per ottenere la felicità, per rimanere vivi, tutti quanti.






*cintaku: "amore mio", in indonesiano. se non è corretto prendetevela con google traduttore! XD



 

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Capitolo 19
*** Il parto ***


 

Il parto



 

Il tempo scorreva in modo bizzarro quando vivevi all’Istituto: le pattuglie di routine e le missioni per stanare e uccidere i demoni sembravano susseguirsi alla velocità della luce, la concentrazione sul proprio compito e sulle eventuali battaglie lasciavano gli shadowhunter esausti e feriti, ma avevano imparato fin da piccoli a rimandare quelle sensazioni per il post-combattimento.

Per Clary era più difficile: avendo iniziato il suo addestramento tanto in ritardo, per lei i combattimenti erano più duri che per gli altri.

Senza contare che faceva parte di una delle squadre più spericolate di tutto il Mondo delle Ombre. Amava Jace con tutto il cuore, il corpo e l’anima, e da qualche settimana a quella parte stava iniziando a considerare l’idea di chiedere a Izzy di diventare la sua parabatai, ma per l’angelo, era difficile stare dietro a quei due pazzi scatenati! Ammetteva che ora rispettava dieci volte di più Alec e la sua pazienza infinita da quando era rimasta solo lei con una briciola di spirito di conservazione nella squadra. Il che era tutto dire...

-Jace, non pensi che potremmo considerare conclusa la pattuglia?-

-Sei stanca Clary? Se vuoi puoi tornare all’Istituto, io e Isabelle volevamo passare da Alec.-

-Ma questa non è la strada per il loft.-

-Beh… Volevamo anche ripulire le stradine dai demoni fino a casa sua.-

-Ci metterete una vita, sono almeno dieci isolati!-

Izzy si strinse nelle spalle, mostrando solo un sorrisetto da Monna Lisa che poteva significare tutto o niente; tutto regolare, quindi, voleva solo andare a trovare il suo fratellone molto incinto e prossimo al parto. Jace invece distolse lo sguardo, riaccendendo la scintilla di preoccupazione che di tanto in tanto si faceva viva dentro di lei da qualche settimana: il suo ragazzo si stava comportando in modo strano ultimamente. Credeva di avere intuito la natura del problema, anche se non ne conosceva i dettagli avrebbe giurato su ogni cosa che il nocciolo della questione riguardasse Alec.

Clary perciò, come faceva sempre in quelle situazioni, capì e stette in silenzio, sfiorando le dita del suo ragazzo con delicatezza per fargli percepire la sua presenza. E ignorando il picco di panico che rischiava di stringerle la gola, sorrise e ignorò il problema, affidandosi alla volontà e alla benedizione dell’Angelo, confidando che la sua nuova Runa potesse essere davvero la chiave di volta per risolvere la situazione più spinosa mai vista. Perciò rivolse a Jace il suo sorriso più bello, pregando con forza che il suo ragazzo e la loro splendida famiglia non avesse altro da soffrire.

-Non sono mai troppo stanca per andare a trovare i miei cognati e mio nipote. Andiamo, su!-

-Cognati? Non vedo nessun anello sul tuo dito Clary… Jace, non dirmi che le hai fatto una proposta senza anello! Ti potrei disconoscere per un tale affronto!-

-Non dire sciocchezze Izzy, mi conosci! Farei una proposta così in grande stile che lo saprebbe tutta New York, non potrei mai dimenticarmi di darle un anello!-

Clary ora riuscì a sorridere sinceramente, facendo un’espressione furbetta: -Non temere Izzy, IO non mi dimenticherò di dargliene uno quando mi proporrò!-

Izzy scoppiò a ridere e Jace sembrò assai indignato per questo tradimento da parte della sorella.

E il tempo rallentò, pochi secondi sembrarono ore nella mente di Clary, mentre vide il suo ragazzo impallidire di colpo, portarsi le mani alla runa parabatai sul fianco come per aggrapparcisi, prima di crollare a terra svenuto.


 


 

A dieci isolati di distanza, Magnus Bane venne svegliato da un urlo atroce da parte del suo fidanzato. Il suo sonno era diventato molto leggero da quando avevano scoperto del loro bambino in arrivo, ma in ogni caso pensava che quell’urlo avrebbe potuto destare anche i morti.

Se non fossi immortale, sarei morto di infarto.

Il suo Alexander aveva ancora gli occhi chiusi, ma da come li strizzava e si teneva il ventre rotondo di otto mesi era ovvio che fosse sveglio. Il dolore l’aveva strappato violentemente dalle maglie del sonno che ultimamente aveva tardato a far visita al suo amore. I continui movimenti del loro piccolo stregoncino avevano tenuto il suo fidanzato sveglio per la maggior parte della notte, concedendogli non più di due ore di sonno alla volta.

Magnus fece del suo meglio per attutire il dolore del suo compagno, parlandogli dolcemente all’orecchio e massaggiando piano spalle e schiena: Catarina gli aveva fortemente sconsigliato di usare la magia nei dintorni del suo shadowhunter incinto, a meno che si trattasse di qualche emergenza. La maledizione di Medea poteva attivarsi in qualsiasi momento così vicino alla data del parto, specialmente ora che avevano stabilito per certo che loro figlio possedesse la magia.

Alec dopo un minuto di affannosa agonia sembrò tranquillizzarsi un po’, voltandosi per guardarlo con i suoi meravigliosi occhi azzurri, appannati da un velo di lacrime di dolore.

-Mio caro Alexander, cosa è successo?-

-Penso che tuo figlio abbia ereditato la tua teatralità: quello era il suo modo di dirci che ha tutte le intenzioni di venire a conoscerci molto presto. Stanotte.-

Stanotte. Stanotte avrebbero conosciuto loro figlio. Sarebbero diventati genitori.

Stanotte, Magnus sarebbe diventato papà.

Era un buon momento per farsi prendere dal panico?

Per Lilith, non c’era momento migliore per essere terrorizzato, ma Alexander aveva negli occhi una paura sconosciuta e uno di loro terrorizzato era più che sufficiente.

Ma da solo non ce l’avrebbe mai fatta…

-Niente panico, Fiorellino. Ora chiamo Catarina e la tua famiglia, li facciamo venire qui e vedrai che andrà tutto per il meglio.-

Gli diede un bacio sulla fronte, pregando che il suo ragazzo fosse abbastanza forte da superare anche questa, poi andò a mandare i messaggi di fuoco necessari. Tornò il prima possibile dal suo fidanzato, perché anche se aveva fatto di tutto in quei mesi per evitare di pensarci, sapeva che Alexander aveva la certezza che non avrebbe superato la notte e una piccola parte di lui aveva nutrito lo stesso incubo.

Se quelli erano gli ultimi istanti che avrebbe passato con lui, gli sarebbe stato accanto il più possibile.

Ma farò ogni cosa in mio potere per farlo restare da me. Farò salire gli inferi in terra e cadere gli angeli dal cielo, se sarà necessario, ma il mio Alexander sarà qui a crescere nostro figlio insieme a me.

Lo tenne stretto per quelle che gli parvero ore prima che Catarina potesse liberarsi dal suo turno in ospedale e la famiglia del suo amato arrivasse, affermando che Jace era stato così male che avevano saputo del problema ben prima del suo messaggio di fuoco.

Alexander era entrato e uscito dal dolore più volte, e i tempi tra le fitte che avvertiva erano sempre più ravvicinati. Catarina aveva confermato la teoria di Alec: il loro bambino aveva improvvisamente deciso di essere impaziente e di venire fuori a conoscerli.

Erano iniziate le contrazioni, ed erano già abbastanza ravvicinate da credere che se la sarebbero cavata in poche ore se fosse stato un parto naturale.

Sfortunatamente, come spiegò Catarina, Alec era diventato una donna solo parzialmente. Avrebbero dovuto procedere il prima possibile con un cesareo, con tutti i rischi del caso.

Nonostante tutti in quella stanza lo sapessero, nessuno era entusiasta del piano, perciò Alec, approfittando della momentanea mancanza di dolore, prese in mano la situazione. Era stato sempre un leader, e si vedeva nei momenti più impensati.

-Sentite, so che siete preoccupati per me e lo apprezzo, ma sono forte e me la caverò. Voglio conoscere mio figlio il prima possibile, perciò ora uscite ragazzi, così Catarina potrà fare il suo lavoro. Magnus, tu resti con me?-

-Non me ne andrei nemmeno se mi volessi cacciare via, tesoro mio.-

Sua sorella lo strinse forte, preoccupata per lui ma decisa a non mostrarlo.

-Sarò proprio qui fuori, tu fai del tuo meglio che sono impaziente di conoscere mio nipote, capito? Per domani ti voglio in piedi e in forma, senza discussioni.-

Per l’Angelo, quanto amava la testarda sicurezza di sua sorella! Riusciva a far credere persino a lui, la persona più scettica sulla faccia della terra, che tutto era possibile.

Persino che lui vedesse il domani.

Per quanto avesse riacquistato buona parte della sua determinazione qualche tempo prima, quando aveva avvertito suo figlio tirargli calci per far sentire la sua presenza, parte di lui era ancora rassegnata al destino che credeva lo stesse attendendo dietro l’angolo.

Poi fu la volta di Clary. Gli strinse la mano che non era saldamente ancorata a quella di Magnus, stringendola con una forza insospettabile in quella piccola ragazza. Si chinò su di lui per dargli un bacio sulla guancia, sussurrando in modo che solo loro sentissero cosa aveva da dire.

-Ricordi cosa ti ho promesso? Io sì. E mantengo sempre le mie promesse, specialmente quando si tratta di proteggere la famiglia. Non hai nulla di cui preoccuparti.-

Izzy e Clary uscirono, ma Jace si rifiutò di andarsene.

-Dove andrai tu andrò anch’io. Non potete dire o fare niente per farmi uscire di qui. Io resto con il mio parabatai, potrei esservi utile.-

Il suo cipiglio era così duro e profondo che nessuno potè ribattere, specialmente perché aveva ragione: Alec avrebbe avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile, e l’energia del suo parabatai poteva rivelarsi molto utile.

Alec si girò verso Magnus, cercando l’ultimo sostegno prima di iniziare l’operazione. Sarebbe stato cosciente, ma completamente anestetizzato dal collo in giù, perciò voleva approfittarne e sentire la stretta del suo compagno finché poteva.

Lo stregone gli sorrise, cercando di infondergli tutto il coraggio che era in grado di tirare fuori mentre puro terrore e sublime estasi si alternavano vorticosamente dentro di lui.

-Stiamo per conoscere nostro figlio, Alexander. Compi questo miracolo, ti starò accanto tutto il tempo e se dovesse verificarsi il peggio, ci penserò io a salvare sia te che il bambino. Abbi fiducia, tra poco sarà tutto finito e potremo essere una famiglia.-

Alec prese un ultimo respiro profondo, avvertendo una nuova fitta attanagliargli il ventre.

Con l’altra mano si aggrappò a Jace, avvertendo subito un leggero sollievo dovuto alla forza che gli stava trasmettendo suo fratello.

Era pronto.

-Catarina… sono pronto a conoscere mio figlio.-


 

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Capitolo 20
*** Maledizione e Miracolo ***



Maledizione e Miracolo


 

-Come ti senti tesoro?-

Per Alec era difficile rispondere a quella domanda.

Catarina aveva efficacemente reso insensibile tutto il suo corpo dal collo in giù, ma parte del suo cervello si sentiva comunque annebbiato, come se avesse preso una leggera sbornia. Poteva solo essere grato di questo, dato che comunque poteva ancora vedere la strega dalla pelle azzurra che armeggiava con un bisturi sottile e affilato dalle parti del suo ventre.

Per quanto si fidasse di lei con la sua vita, lì dentro c’era il suo bambino.

Non vedeva l’ora che tutto finisse per poterlo stringere tra le braccia, ma al tempo stesso temeva quel momento. Non aveva mai avuto paura di niente e nessuno, ma poi aveva conosciuto Magnus e la sua vita era stata messa sotto sopra, aveva provato emozioni sconosciute che avevano colorato la sua vita che prima era solo in bianco e nero.

Non si pentiva di nulla, qualunque sarebbe stato il finale di quella giornata.

Era pronto a morire da quando aveva iniziato il suo addestramento da shadowhunter, dalla sua prima missione sul campo, perciò non era quello il vero problema. Certo, non si sarebbe aspettato neppure in un milione di anni che la morte avrebbe assunto quelle sembianze, ma Raziel agiva in modi misteriosi e lui si sarebbe adattato.

Quello che temeva di più era lasciare Magnus da solo.

Anche i suoi fratelli lo preoccupavano, ma avevano l’un l’altro e si sarebbero sostenuti in ogni circostanza; se la sarebbero cavata, in qualche modo… sperando che non facessero una brutta fine in missione senza di lui a parar loro le spalle.

Ma il suo stregone sarebbe rimasto solo con il loro bambino: lui gli aveva promesso che avrebbe lottato per restare in vita e crescere il piccolo insieme, ma ora non era più sicuro di poter tenere fede alla sua parola.

Percepì, più che sentire, Magnus stringergli di più la mano e si ricordò di non avere ancora dato una risposta al suo compagno.

-Come se tutta la mia vita si concentrasse in questo istante.-

Ottenne in questo modo un bacio amorevole sulla fronte, che tranquillizzò in parte la sua mente surriscaldata dai pensieri.

Il suo ragazzo sapeva sempre ciò di cui aveva bisogno…

-Ouch, Alec, pensavo che dentro fossi una bella persona, ma ora che ti vedo davvero dentro… mi fai un po’ senso, se devo essere sincero.-

...e il suo parabatai era il migliore a stemperare la tensione, tanto che sia lui che Magnus emisero una risatina scioccata e al tempo stesso indignata.

-Il mio angelo non è altro che perfetto, dentro e fuori. Se nessun altro ha potuto apprezzarlo, tanto meglio per me!-

Alec stava per far notare ai due uomini che non era proprio il momento più adatto per parlare di quell’argomento, anzi, fosse stato per lui avrebbe seppellito tale conversazione nelle profondità di Edom, ma ci pensò la sua infermiera personale a farli tacere con un’occhiataccia. Cat sapeva essere davvero inquietante se ci si metteva d’impegno.

-Va bene ragazzone, è ora di partorire. Non sappiamo se la maledizione si attiverà, ma non possiamo più rimandare e io ho finito con tutti i preparativi e i controlli possibili. Jace, dai forza ad Alec, si sta indebolendo. Magnus, quando nascerà il bambino io dovrò occuparmi di lui, perciò tu tieniti pronto a fermare l’emorraggia e inizia a ricucire lentamente la pelle dell’addome. Io alla fine di ciò farò ulteriori esami per assicurarci che padre e figlio siano in salute. Tutto chiaro?-

Annuirono tutti. Che altro potevano fare? Alec pregò che tutto andasse bene, ma se così non fosse stato…

-Jace, ricordati la promessa che mi hai fatto…- prenditi cura del mio bambino, salvalo.

-Va bene… sarò il miglior padrino del mondo, proprio come ti ho promesso.- lo farò, hai la mia parola.

Alec sentì la timorosa perplessità di Magnus, perciò voltò in fretta lo sguardo per incrociare gli occhi felini del suo innamorato, felice e commosso al pensiero che quello sarebbe stato probabilmente uno dei suoi ultimi ricordi.

-Ti amo. Sei pronto a diventare padre insieme a me?-

Un bacio sul dorso della mano, uno sugli occhi e uno sulle labbra, tutti leggeri come piume.

Devozione, protezione, amore.

-Insieme a te, Alexander, sono pronto a qualunque cosa.-

Un ultimo respiro, e via.

-Siamo pronti, Cat.-

E il tempo prese a scorrere al tempo dei battiti del cuore, a volte lento e dolce come il sonno, subito dopo veloce e forte come le emozioni, e poi ancora balbettante come le brusche svolte che capitano nella vita.

Catarina immerse le mani nel suo ventre e quando le ritrasse, oh, la pura meraviglia riempì il cuore di Alec.

Non notò il taglio del cordone ombelicale concesso all’altro padre, né l’afflusso di energia che il suo parabatai gli aveva inviato per la sua improvvisa debolezza.

Era troppo occupato a riempirsi gli occhi della vista di suo figlio.

Era davvero piccolo, ma si vedevano già ciuffi disordinati di capelli neri sulla sua piccola testolina; avrebbe potuto reggerla nel palmo della mano…

Anche se era ancora coperto di sangue, la sua pelle era caramellata come quella di Magnus, Alec ne era più che certo. Aveva passato troppo tempo ad ammirarla da vicino per non riconoscerne il tono a prima vista.

Gli occhi erano ancora chiusi, perciò avrebbe dovuto aspettare per scoprirne il colore, ma intanto la sola vista di quel corpicino era sufficiente per accendere in lui una devozione, un amore e un istinto di protezione tali che temette che il suo corpo non avrebbe potuto reggere. Troppe emozioni, ardenti come mille soli, tutte insieme: come avrebbe mai potuto un corpo mortale come il suo contenerle?

E poi, come una fredda lama di ghiaccio, subentrò anche la paura.

Perchè il suo bambino non stava piangendo?

Aveva letto e studiato molto in quei mesi, sapeva che era necessario, vitale per i neonati piangere.

-Perchè non piange? Cat, perché mio figlio non sta respirando?-

Non si accorse nemmeno che le stesse domande, con il medesimo tono di terrore e panico, erano state fatte anche da Magnus, né che stava stritolando le mani dei due uomini accanto a lui, né che il suo corpo stava lottando per alzarsi in piedi.

Poi udì il suono più bello di sempre, migliore di qualsiasi altro.

Il suo bambino aveva tirato il primo, balbettante respiro, prima di cacciare un urlo piangente tale da spaccare i timpani.

Non avrebbe potuto importargliene di meno.

Suo figlio stava respirando, stava bene. Non contava altro.

-Vostra figlia è sana come un pesce, e potete stare certi che ha dei polmoni davvero forti!-

Figlia.

Una femmina… avevano avuto una bambina.

Una bambina.

Una piccola creatura da amare, proteggere e curare con tutto ciò che avevano.

Baciò la mano di Magnus intrecciata alla sua, sapendo che la stessa meraviglia, la stessa dirompente e pura gioia aveva colpito entrambi.

E il momento in cui si rilassò, tutto iniziò nuovamente a precipitare.



 

Magnus aveva fissato come in trance Catarina prendere in braccio suo figlio e premere delicatamente le dita sul suo petto. Non aveva capito cosa stesse facendo fino a quando sentì il suo bambino emettere il primo vagito.

E quel piagnucolio conquistò il suo cuore nel tempo della prima lacrima del suo piccolo miracolo. Che a quanto pare era una bambina, la loro piccola benedizione.

-Alexander… amore mio, guarda nostra figlia. Sei stato bravissimo!-

Si voltò con entusiasmo per celebrare quel momento con quello che nella sua testa sarebbe dovuto essere il bacio più memorabile della loro storia, ma fu scagliato indietro prima di riuscirci da un’esplosione di magia di un malsano viola scuro.

E al centro di quel vortice di magia c’era il suo Alexander. Assolutamente inaccettabile.

Il suo potere prese vita prima ancora di un esplicito comando, come se persino la sua natura demoniaca fosse diventata protettiva verso il suo compagno.

Lungi da lui lamentarsene, la spinse con tutta la sua forza di volontà verso la magia che aveva preso in ostaggio lo shadowhunter sbagliato.

Come reazione allo scontro di potere, il fumo viola prese la forma di due grossi serpenti fatti di magia solida, serpenti che si erano strettamente avvolti intorno al suo compagno.

La Maledizione di Medea si era attivata, non c’era alcun dubbio.

Vide Jace cercare di attivare una lama di serafino, ma non poteva permettere che facesse qualcosa di stupido con in gioco la vita di Alexander.

-NO! Proteggi Catarina e mio figlio, ad Alec ci penso io! Magia contro magia!-

Fortunatamente, a eccezione della sua espressione contrariata, non ci furono proteste.

Se fosse stato nelle condizioni mentali per ragionare avrebbe capito che il biondo si stava comportando in modo strano, ma era troppo concentrato a cercare di salvare il suo compagno in quel momento per dedicarsi a qualunque altra cosa.

Alexander sembrava per metà cosciente e per metà dolorante, ma stava stringendo i denti con forza per resistere. Era pallido e la maledizione stava cercando di prendere la sua vita, ma la magia di Magnus la stava trattenendo con la forza dell’inferno che abitava il suo sangue.

Era un perfetto stallo, ma le energie di Magnus non erano infinite.

Possibile che non potesse fare nient’altro per salvare l’amore della sua vita?

Ci mise ancora più forza, tutta la determinazione, la fermezza, il coraggio e l’amore che aveva dentro di lui, tanto che per un attimo gli sembrò di riuscire a sopraffarre la maledizione.

Ma essa era troppo potente, creata dagli Angeli Caduti che si erano trasformati in Demoni Superiori. Era semplicemente troppo per lui.

Non che questo l’avrebbe fermato.

Si avvicinò, un passo dopo l’altro, mantenendo attiva la magia che aveva posto a protezione della vita di Alec.

-Tieni duro, sto arrivando da te!-

Alec scosse la testa, sfinito ma ancora ostinato. Sarebbe morto prima di cedere su qualcosa.

-Non… venire! Prendi la bambina… vai via!-

-Non senza di te. Non senza che tu sia al sicuro.-

-Stregone… testardo!-

-Devo pur competere con la testa dura di un certo cacciatore d’ombra.-

Alec fece un cenno che non capì, non finché non vide Jace tirarlo bruscamente dietro di lui, facendogli quasi perdere il controllo sul suo potere.

-Che stai facendo? Lasciami andare!-

-Ho giurato ad Alec di proteggere la sua famiglia. Sto eseguendo l’ultima volontà del mio parabatai.-

-Non possiamo lasciarlo morire!-

-Se continui a usare tutto quel potere ti esaurirai!-

-Sono disposto a qualunque cosa per salvare Alxander, perché non lo capisci?-

-E tu perché non capisci che Alec mi ha fatto giurare che sua figlia avrebbe avuto con sé almeno uno dei suoi genitori? È il suo ultimo desiderio e per quanto mi si stia spezzando il cuore, farò ciò che il mio parabatai vuole che faccia: tenere te e la piccola al sicuro.-

Magnus urlò di rabbia, diviso a metà tra i suoi impulsi primordiali: proteggere il suo compagno o la sua bambina.

Era una persona egoista… ha sempre desiderato ogni cosa.

Non sarebbe cambiato proprio ora.

Si levò di torno Jace, balzando verso Alec. Sentì Jace e Catarina urlare, ma fu lo sguardo di puro orrore del suo compango a perforargli il cervello.

Pensava sul serio che avrebbe accettato senza protestare la sua stupida decisione di lasciarsi stupidamente morire?

Abbracciò strettissimo l’esausto cacciatore d’ombre, decidendo di cambiare tattica.

Nel corso degli studi che aveva effettuato in tutti quei mesi, aveva scoperto che spesso il punto debole delle maledizioni è la sua stessa sorgente.

Affidandosi alla sua ultima possibilità, spinse tutta la magia che gli era rimasta direttamente dentro il corpo abbracciato al suo, vedendo scomparire almeno uno dei due serpenti che componevano la maledizione in una fiammata blu brillante.

Non mi è rimasta abbastanza magia.

Magnus si sentì privo di forze, aveva eliminato parte della minaccia ma ora non restava altro che potesse fare.

-Ti amo, Alexander. Perdonami per non averti salvato.-

-Ti amo anch’io Magnus. Non c’è niente da perdonare. Mi dispiace lasciarti solo… dovrai amare nostra figlia anche per me.-

Non trovava altre parole da dire, troppe lacrime gliele bloccavano in gola senza che potesse liberarle. Tutto quello che gli uscì, fu una domanda tremolante.

-Come la chiamiamo?-

-Non lo so… non abbiamo deciso. Non l’ho ancora nemmeno tenuta in braccio...-

Magnus stava per rimediare a tale ingiustizia, quando il serpente viola riprese forma dopo essersi scomposto quando la maledizione aveva perso potenza.

Strinse a sé Alexander.

Non esisteva niente al mondo che lo avrebbe fatto allontanare dal suo compagno, specialmente perché quelli avrebbero potuto essere i loro ultimi momenti insieme.

Entrambi però furono colpiti al tempo stesso dal forte urlo che proveniva dalla figlia, ancora in braccio a una protettiva e prudente Catarina – cosa per cui l’avrebbero ringraziata in eterno.

Girarono istintivamente gli sguardi per cercarla, allungando le mani come per prenderla con loro.

Sorprendentemente anche la piccola, ora tutta pulita e avvolta in una copertina bianca di lana, allungò una piccola manina paffuta verso di loro, aprendo per la prima volta gli occhi sul mondo.

I neonati dovrebbero avere le iridi di un colore indefinito per molto tempo, ma probabilmente la loro bimba non aveva ricevuto il promemoria.

Erano di un azzurro cielo splendido, ma la cosa che più li sorprese fu che in un secondo le sue pupille passarono da rotonde a verticali come quelle da gatto di Magnus.

Notarono il cambiamento nei suoi occhi grandi nonostante la distanza, ma non riuscirono a interrogarsi perché da quegli occhi che erano il perfetto mix di entrambi partì una magia di un tenue celeste che investì i due neogenitori.

Bruciando fino alle fondamenta la maledizione.

Il serpente svanì e con esso il pericolo, la paura e la tensione che avevano attanagliato i loro cuori nel corso degli ultimi nove mesi.

Andava di nuovo tutto bene.


 

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Capitolo 21
*** Benedizione ***



Benedizione

 

La sua piccola strega era una forza della natura.

La magia che aveva emanato era di una purezza insolita per qualcuno con sangue demoniaco. Anzi, non solo insolita: Magnus aveva sempre creduto che una tale limpidezza fosse impossibile.

Ma a caval donato non si guarda in bocca, giusto? Tutta la sua famiglia era lì, e stavano tutti bene.

Alexander pareva esausto, ma non c’era nulla di strano in questo: aveva appena partorito ed era sopravvissuto a una maledizione potenzialmente mortale, per Lilith!

Era pallido, con i capelli scarmigliati e aveva urgentemente bisogno di una buona dormita, ma con quel sorriso mozzafiato e gli occhi splendenti non era mai stato più bello di così. Se poi alla visione si aggiungeva la loro bambina tra le sue forti braccia, Magnus credeva che avrebbe potuto morire felice anche in quell’istante, con la loro immagine impressa negli occhi e nel cuore.

Ma vivere insieme a loro sarebbe stato anche meglio.

Perchè ora era possibile.

-Come la chiamiamo?-

Gli occhi azzurri del suo compagno lo fissavano interrogativi, mentre non smetteva di accarezzare delicatamente la testolina della figlia.

Fu invaso da un’ondata d’amore profondo nel vedere le due persone più importanti della sua vita e perciò non provò nemmeno a resistere all’impulso di avvicinarsi.

Una volta che furono stretti in un tenero abbraccio al cui centro risiedeva la loro piccola streghetta, Magnus ritrovò parola.

-Vuoi darle un nome della tradizione shadowhunter?-

-Ci ho pensato molto, e credo che mi piacerebbe avesse un nome da cacciatrice… ma non come primo nome. Avrà una vita molto dura, sarà unica nel suo genere. Il minimo che possiamo fare per lei è darle la libertà di decidere chi essere. Perciò il suo primo nome, quello con cui sarà conosciuta, vorrei che glielo dessi tu Magnus: tu che hai scelto il tuo stesso nome e così hai dato forma alla tua vita, vorrei che dessi a nostra figlia la stessa possibilità.-

Magnus fu commosso dalle parole del suo caro Alexander, e acconsentì con un bacio alla dolce richiesta del suo Fiorellino.

-Penso di avere il nome perfetto per lei. Tesoro, che ne pensi di Grace Isabelle Lightwood-Bane?-

-Non avrei potuto trovare un nome migliore. Benvenuta al mondo, mia adorata Grace.-

Ci furono attimi dedicati solo a loro tre, il mondo intero ridotto al battito di tre cuori, stretti vicini traendo forza l’uno dall’altro.


 

E poi la loro famiglia li interruppe, la gioia di conoscere il piccolo uragano che aveva sconvolto le loro vite che non permetteva loro di attendere un solo istante in più.

Passò tra le braccia di tutti, ricevette benvenuti e baci, coccole e sorrisi sotto lo sguardo vigile dei due neo papà. Grace sonnecchiava, emettendo ogni tanto un piagnucolio mentre agitava le piccole manine.

Nel giro di cinque minuti teneva tra quelle minuscole dita i cuori di tutta la famiglia.

Alec non poteva essere più felice di così, circondato dai suoi cari, dal suo compagno e sua figlia. La paura era stata sorpassata dalla gioia più pura che avesse mai provato, la sua anima era in pace e mesi di dubbi erano stati rilegati nell’ombra dalla luce splendente che la sua bambina emanava semplicemente esistendo.

Si appoggiò pesantemente su Magnus, sospirando per la stanchezza. Ci sarebbe voluto così poco per addormentarsi, la stanchezza stava per reclamare la sua mente per trascinarla nell’abisso del sonno, ma qualcosa lo tratteneva.

La piccola Grace in quel momento era in braccio a Clary, che le stava facendo delle smorfie per cercare di farla ridere. Si fidava di lei per la felicità di Jace e aveva imparato lui stesso ad amarla quasi come un’altra sorella, ma…

Rivoleva sua figlia vicino a lui. In quel preciso istante.

Era troppo ansioso per riposare davvero, non sarebbe stato in grado di chiudere gli occhi se sua figlia non fosse stata tra le sue braccia.

Magnus parve percepire il suo disagio mentre gli carezzava il collo, perché poi lo guardò con una luce preoccupata negli occhi.

-Tesoro, cosa c’è? Ti senti male?-

Alec aprì la bocca per rispondere, ma qualcosa gli bloccò la gola. L’aria faticava ad arrivare ai suoi polmoni, e lui iniziò ad ansimare.

Cosa stava succedendo, ancora?

Non era minimamente paragonabile al dolore e al pericolo che aveva percepito quando la maledizione si era attivata, ma si trattava comunque di un disagio, una situazione di vaga minaccia dentro di lui che non riusciva bene a identificare.

Magnus iniziava di nuovo ad agitarsi, ma Clary si distrasse dalla piccola Grace per guardare cosa stesse succedendo, e parve illuminarsi di una comprensione sconosciuta ai più.

Jace soffriva, accarezzandosi la runa parabatai, ma non sapeva perché. Che altro stava per succedere?

Isabelle stava per piangere dalla tensione. Suo fratello aveva appena partorito, e dopo mesi di tensione aveva passato un terribile momento per colpa della Maledizione. Non credeva che avrebbe sopportato altro.

Clary però sapeva cosa stava succedendo, e invece di cedere al panico come gli altri capì che era arrivato il momento di mantenere la sua promessa.

Siccome a volte essere piccole e veloci era un vantaggio, si mosse per avvicinarsi ad Alec per posargli sua figlia tra le braccia.

Grace emise un gorgoglio felice e l’ansia di Alec pareva essere retrocessa, almeno un po’.

Clary tirò fuori lo stilo, facendo un respiro profondo.

-Lasciate fare a me, ho un dono da fare alla nostra prima nipotina.-

E prima che chiunque altro potesse fare una sola domanda infilzò la carne di Alec all’altezza del ventre ancora scoperto e appena guarito, osservando mentre una nuova runa prendeva forma sotto gli occhi della sua famiglia. Assomigliava al simbolo dell’infinito punteggiato di piccoli riccioli delicati, ma era incompleto.

Clary allora completò la sua opera, ignorando gli sguardi spaventati dei due genitori quando compose la nuova runa anche sulla pelle del braccio della piccola Grace.

-Cosa stai facendo?-

-Non sappiamo se mia figlia può sopportare le rune!-

-Clary, per l’Angelo, fermati!-

Ma non ascoltò nessuno e quando la tirarono via fisicamente aveva ormai completato la sua opera.

Lei sapeva cosa sarebbe accaduto, ma non aveva potuto dirlo a nessuno o si sarebbero solo preoccupati inutilmente per mesi. Forse le avrebbero impedito di usare la sua nuova runa e non poteva rischiare in quel modo la vita di Alec o quella di Grace.

Ecco perché aveva tracciato la runa del collegamento tra padre e figlia.

Tutti stavano fissando la bambina con preoccupazione, ma lei non si era accorta di nulla, anzi, fissava ridacchiando la luce dorata della sua runa e di quella di suo padre, che avevano preso a brillare contemporaneamente.

Se Magnus non era morto in quel momento allora non sarebbe morto più.

Il suo povero cuore non avrebbe retto altre emozioni per quel giorno, e neppure il suo Alexander a giudicare dal suo colorito pallido e dal modo ossessivo in cui controllava il respiro di sua figlia.

Allora lasciò uscire il panico insieme alle domande e alle accuse.

-Per Lilith, cosa cazzo hai fatto Clary?-

E il semplice fatto che non l’avesse chiamata “biscottino” la diceva lunga…

Sapeva di dover loro delle spiegazioni, perciò non perse tempo. Prima parlava prima l’avrebbero perdonata per non averne parlato con nessuno.

-L’angelo mi ha donato la visione di una runa mesi fa, quando abbiamo saputo dell’esistenza di Grace. Non ero certa di cosa fosse, sapevo solo che avrebbe salvato la vita di Alec, o quella della bambina, non ne ero certa all’inizio. Quando ci avete parlato della Maledizione di Medea però ho capito tutto. Alec ha dentro di sé una componente demoniaca ora, potrà avere altri figli tuoi, Magnus. È diventata parte di lui. Il suo corpo però a lungo andare non lo avrebbe sopportato, perché avrebbe percepito la cosa come un veleno da rigettare e questo avrebbe messo in pericolo la sua vita. Allo stesso tempo, Grace ha sangue per metà angelico e per metà demoniaco: essendo nata già mista, può praticare la magia come abbiamo già visto e può anche portare le rune, ma entrambi i tipi di sangue sono predominanti. Questo l’avrebbe messa in pericolo non appena nata, una volta al di fuori della protezione offerta dal corpo di Alec. Lui aveva bisogno di un collegamento a un essere demoniaco per fare in modo che il suo corpo non subisca un rigetto, mentre lei ha bisogno di un collegamento per entrambe le parti di sé per “stabilizzare” il suo corpo. Senza queste due ancore, non avrebbe potuto usare nè l’uno né l’altro senza essere in pericolo. La runa che ho messo loro è permanente e li terrà in equilibrio.-

-Ecco perché mi hai seguita passo passo mentre facevo ricerche per stabilire la salute di Grace e Alec!- Isabelle aveva l’aria di aver capito molte cose, ma almeno l’aria di tensione si era dissipata in buona parte grazie a quella spiegazione sensata.

Magnus aveva ancora un bel po’ di domande, ma Alec si riprese per primo.

-Izzy, quindi tu sapevi che mia figlia poteva avere dei problemi per il suo sangue misto?-

Lei assunse un’aria imbarazzata, ma poi annuì: -Io e Catarina avevamo supposto che usare i doni derivati da uno genitore o l’altro avrebbe sovrastato l’altra metà del suo corredo genetico, ma questo problema era secondario, se capisci cosa intendo. Non sarebbe dovuto porsi fino a quando non fosse cresciuta abbastanza da poter effettivamente fare magie o usare le rune.-

-E invece lei è così precoce che ha già usato la magia...-

-Esatto. Clary mi ha seguita per mesi nelle mie ricerche, ma non aveva detto di avere già una soluzione...- la guardò male, ma Clary si strinse le spalle, impotente.

-Se l’avessi detto a te l’avrebbero saputo tutti e Magnus e Alec avrebbero solo aggiunto una preoccupazione in più, cosa che non è consigliata a ridosso del parto. Ho cercato di tenere tutti il più calmi possibile. Sinceramente, chiunque di voi avrebbe lasciato che io mettessi una runa permanente su una neonata se l’aveste saputo?-

Tutti scossero la testa in automatico, e capirono il suo punto di vista. Come tutti, aveva agito nel migliore interesse della famiglia.

Se via la tensione, abbracciando sua figlia. Era tutto finito, sarebbero stati bene entrambi.

Magnus era ancora preoccupato però.

-Quindi ora entrambi staranno bene? Nessuna ulteriore sorpresa? Non penso che potrei sopportare altro.-

Clary gli sorrise, rassicurante.

-Ora Alec sarà l’ancora del sangue nephilim di Grace e Grace sarà il collegamento demoniaco di Alec. Staranno bene entrambi.-

Poi, come un lampo, un’altra paura si impennò nella sua mente e gli uscì di bocca senza controllo.

-Grace però non ha un collegamento per il suo sangue di demone, e ha usato moltissima magia prima! Cosa posso fare?-

Fu Isabelle stavolta a sorridere, mettendo una mano sul braccio del quasi cognato.

-Non devi preoccuparti per questo. Tra le varie ricerche che abbiamo fatto, Catarina a questo aveva trovato una possibile soluzione. Era più preoccupante l’ancora per il suo sangue nephilim, ma a questo Clary ha posto rimedio… Comunque, Cat ha ipotizzato che se tua figlia avesse avuto i tuoi occhi, il tuo stesso marchio da stregone, sarebbe stata un’ancora perfetta. Stava cercando soluzioni alternative nel caso in cui fosse nata con un marchio diverso, ma a questo punto il problema non si pone. I suoi occhi sono apparsi prima quando ma scacciato la maledizione, vero? Questa ne è la prova: i vostri occhi stabilizzano il sangue demoniaco. Non hai niente da temere, la tua famiglia è sana e salva… e russa piuttosto forte, direi.-

Izzy finì il suo discorso con una risata leggera e divertita, con gli occhi fissi sul letto dove suo fratello e sua nipote dormivano, la bambina protetta dalle braccia scoperte del padre, amorevolmente circondata dal suo abbraccio. Da loro arrivava un leggero russare che fece sorridere di tenerezza tutta la famiglia, ma in Magnus provocò un torrente d’amore tale che rischiò di farlo uscire dagli occhi sotto forma di lacrime.

Si avvicinò alla sua famiglia al completo, ignorando l’uscita di scena silenziosa di tutti gli altri, coricandosi di fronte al suo compagno per tenere la loro bambina, la loro benedizione, in mezzo a loro.

Protetta, al sicuro e amata. Sana e salva insieme ai suoi due padri.

Si addormentò anche lui, e finalmente riposò in serenità, le sue preoccupazioni evaporate e i problemi risolti grazie all’aiuto di tutti.


 


 

 

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Capitolo 22
*** A caccia ***


A caccia


 

Servì quasi un’ora di persuasione, ma finalmente Magnus riuscì a convincere la sua strana, eterogenea famiglia a lasciare il loft, promettendo loro di chiamare per qualunque necessità o anche un semplice piagnucolio della piccola Grace.

Lo stregone amava ognuno di loro ed era infinitamente grato per tutto il sostegno, la dedizione e le energie che avevano investito per proteggere e guarire il suo compagno e sua figlia, ma non riuscì a sentirsi in colpa per il suo desiderio di restare da solo con le due persone che preferiva al mondo.

Anche se suddette persone al momento erano completamente addormentate ed emettevano un delizioso russare che lo faceva intenerire. Erano praticamente sincronizzati e questo piccolo dettaglio gli stava allargando il cuore di almeno due taglie.

Rimase a fissarli a lungo, troppo stanco per alzarsi dal letto e sistemare il casino causato dal parto più difficile della storia ma troppo pieno di adrenalina per addormentarsi insieme ai suoi amori.

Non sapeva quanto tempo fosse passato quando Grace si svegliò, agitando i piccoli pugnetti per attirare l’attenzione di uno dei suoi padri. Non solo Mangus concentrò su di lei tutta la sua attenzione, ma Alexander spalancò i suoi occhi azzurri al primo cenno di movimento, pronto a scattare per qualsiasi emergenza.

Grace però non scoppiò in lacrime, si limitò a emettere dei dolci versi per comunicare, facendo vagare gli occhietti acquosi che ancora non vedevano bene.

Alec, come in trance, se la portò al petto per farla attaccare al piccolo seno che gli era cresciuto durante la gravidanza, guardandola mentre smetteva di muoversi per succhiare con fame.

Magnus si avvicinò, altrettanto incantato.

-La nostra bambina è bellissima.-

Annuì, baciando la tempia del suo Fiorellino con cautela per non disturbare il primo pasto della loro figlia.

-Dici che sarà sempre così? Proveremo sempre questo senso di... incredula devozione?-

Nessuno dei due dubitava che l’altro provasse le stesse cose, perciò quella domanda era più che legittima. Ed entrambi ne conoscevano la risposta.

-Sì. Sarà per sempre il nostro miracolo.-

-Cat e Isabelle hanno detto che potrebbero essercene altri...- lo stregone era esitante a introdurre l’argomento, non era certo che l’altro fosse ancora sveglio mentre veniva sganciata questa bomba, o che se ne ricordasse visto quanto fosse stato spossato.

Il suo compagno però lo sorprendeva sempre, e nel migliore dei modi.

-Avevo pensato a questa possibilità. Sarei felice di avere altri figli con te Magnus, voglio che Grace conosca la gioia di avere dei fratelli o delle sorelle. Lei sarà sempre speciale, perché è per lei che tutto è cambiato, ma non voglio che rimanga unica. Sarebbe chiederle troppo, non pensi?-

-Penso che tu sia l’amore della mia vita, e che voglio sposarti.-

Magnus chiuse la bocca di scatto, perché non era così che aveva in mente di fare la proposta al suo ragazzo, ma gli occhi luminosi di Alec che lo avevano inchiodato all’improvviso gli impedirono di scappare a gambe levate o di riavvolgere gli ultimi dieci secondi di tempo per cancellarli dalla memoria.

-Tu vuoi… spo-sposarmi?-

Balbettò appena e arrossì nel modo delizioso che aveva fatto quasi giornalmente all’inizio del loro rapporto, quando la timidezza era ancora padrona dei suoi istinti e Magnus ne approfittava vergognosamente pur di ammirare quelle adorabili guanciotte rosse.

Forse fu perché ricordò quanta strada avessero fatto insieme in così poco tempo e quante battaglie avessero vinto fianco a fianco, ma grazie a quella visione tanto cara trovò in sé il coraggio di non negare il desiderio che aveva espresso senza rendersene conto.

-Alexander, il tempo che abbiamo passato insieme è stato davvero breve, per un immortale come me è paragonabile a un battito di ciglia. Ma mai, in tutta la mia lunga vita, ho mai provato ciò che tu mi dai con un solo sorriso. Tra cento, duecento o mille anni ancora ricorderò l’azzurro dei tuoi occhi, il modo in cui assumi in automatico la posa militare quando sei a disagio o la tua completa e inspiegabile mancanza di grazia quando provi a ballare. Non c’è niente di te che potrei mai dimenticare o ritenere poco importante, perché tu hai assunto il controllo della mia vita, della mia mente e del mio cuore. Mi hai fatto il dono più grande di tutti, mi hai donato il tuo cuore e poi hai realizzato il desiderio inesprimibile di ogni stregone, hai reso reale un miracolo che ora riposa tra le tue braccia. Non credo potrei desiderare nulla di più, ma spero che non mi riterrai egoista nel chiederti di legarti a me ancora una volta, nel più sacro dei legami: vorrei che tu fossi mio marito. Il mio primo e unico marito.-

-Magnus…. Mio Magnus...-

-No, tesoro. Non rispondermi ora. Oggi è stata una giornata lunga e piena di emozioni, non è adatta a prendere decisioni tanto importanti quest’ora così tarda. Domani ci aspetta molto da affrontare per tenere al sicuro la nostra Grace, in questo mondo a malapena in pace. Accetterò la tua risposta, qualunque essa sia, solo dopo… dopo tutto questo. Che si tratti di un sì o un no, io resterò comunque per sempre tuo, perciò non avere fretta di rispondermi solo per timore. Non andrò mai più da nessuna parte senza di te.-

Alec allungò il braccio che non reggeva la loro bambina per tirare più vicino il suo ragazzo, in modo che tra di loro passasse a malapena un filo d’aria. Con la mano tra i capelli corvini del suo stregone e le fronti che si toccavano, Alec riprese il fiato che aveva perso. Aveva abbassato le palpebre un momento per scacciare le lacrime in modo che il suo ragazzo non fraintendesse, ma sentiva la necessità dirompente di dare la sua risposta, perché non c’era possibilità al mondo che un essere umano potesse contenere tanta gioia senza scoppiare.

-Se vuoi che ti risponda quando non ci sarà più pericolo per la nostra bambina, rispetterò la tua decisione. Ti darò la mia risposta ancora e ancora, senza esitare, ogni giorno finché avrò fiato in corpo.-

Magnus inspirò, tremante. Una piccola parte del motivo per cui non voleva subito una risposta, era che la temeva. Ma ora… aveva davvero capito bene ciò che il suo ragazzo gli stava comunicando?

-Quindi è un sì, per ora?-

-Per te Magnus, sarà sempre sì.-


 


 

Le successive due settimane passarono in modo strano.

A volte, Magnus e Alec erano così impegnati che la sera giungeva prima che se ne potessero accorgere, come se i minuti si fossero tramutati in sabbia tra le loro mani.

Altre volte invece i bisogni di Grace li sopraffacevano, nessuno dei due veramente pronto per gestire una neonata, per quanto relativamente tranquilla; e quei giorni parevano infiniti.

Ma si aiutavano l’un l’altro, e insieme si prendevano cura della loro bambina.

A volte la loro famiglia veniva in soccorso per farli dormire un paio d’ore in tranquillità, ma la maggior parte del tempo sentivano il bisogno di essere solo loro tre nel loft; voelvano avere spazio e modo per creare un legame con la piccola, da soli.

Quella bolla beatamente familaire però non poteva durare per sempre purtroppo.

Grace era nata da due settimane quando le loro responsabilità vennero a bussare alla loro porta, nella bizzarra forma di nonna Lightwood, al secolo conosciuta come Maryse.

Fu Magnus ad aprire la porta. Non era abituato a farsi vedere in pubblico con una camicia sporca di rigurgito e i pantaloni della tuta di Alec, ma essere padre riprogrammava inevitabilmente le priorità di chiunque.

-Maryse, che sorpresa! Sei finalmente venuta a conoscere tua nipote?-

-Sarei venuta prima lo sai, ma il Clave mi è stato addosso per avere gli aggiornamenti sulla “missione con le fate” di Alec. Come state? Isabelle mi tiene aggiornata, ma mi è dispiaciuto non poter vedere mia nipote di persona.-

-Sei arrivata al momento giusto, Grace starà per svegliarsi ormai, mentre Alec sta facendo il bucato dei suoi vestitini. Vado a chiamartelo...-

-Non serve. Sono qui.-

Alec era una visione anche con le borse sotto gli occhi, ma mentre sorrideva e abbracciava la madre era tenero in modi in cui un ventenne non dovrebbe.

Il suo corpo era parzialmente quello di una donna, ma era ancora abbastanza alto da doversi abbassare sulla minuta Maryse.

-Alec, come ti senti? Ti sei ripreso dal parto? Isabelle e Jace mi hanno detto quanto sia stato difficile...-

-Sto bene mamma, Magnus mi ha salvato.-

Alec gli lanciò un’occhiata innamorata e complice, alla quale rispose con tutto il cuore: erano entrambi d’accordo nel tenere segreta l’abilità di Grace con cui aveva spezzato la maledizione di Medea. Si fidavano di Maryse, ma il suo stretto controllo da parte del Clave avrebbe potuto mettere in pericolo sia lei che la bambina. La donna stessa sarebbe d’accordo con il loro piano del silenzio, se avesse saputo.

-Sta diventando un’abitudine essere in pericolo, Alec… abbi pietà per il cuore di una madre!-

-Stai tranquilla, ho Magnus e Grace da cui tornare, non c’è inferno che possa tenermi legato a sé e impedirmi di tornare a casa mia.-

Magnus si girò per nascondere le lacrime di commozione, non che si illudesse che Alec non sapesse cosa provava, ma non era ancora a suo agio nel mostrarsi così nudo davanti alla donna che per lei era stata causa di tanti tormenti un paio di decenni prima.

Ne avevano fatta di strada dall’epoca, ma comunque…

-Alec, perché sei ancora una donna? Dopo il parto non dovevi tornare normale? Ci sono stati problemi?-

-Metà donna, mamma. E no, non ci sono problemi, ma il mio corpo ci ha messo mesi per cambiare, e Cat e Izzy hanno detto che ce ne vorranno altrettanti per tornare com’ero. Dalle analisi Izzy ha supposto almeno venti settimane di processo, ma è solo un’ipotesi.-

-Questo potrebbe rendere le cose complicate...-

-Perchè?-

-Sedetevi entrambi, meglio che vi parli subito del problema di cui sono venuta a parlarvi.-

Quelle parole non preannunciavano mai nulla di buono. Proprio no.

Ma Grace si mise a piangere, perciò Magnus decise di andare a prendere la figlia per lasciare ai due Lightwood la possibilità di stare tranquilli un paio di minuti.

Prese in braccio la sua piccola streghetta, cullandola per tranquillizzarla. Sembrava avesse avuto solo un incubo, dato che aveva smesso subito di piagnucolare appena le aveva dedicato qualche attenzione.

Guardava quegli occhi così simili a quelli del suo amore, sapendo che lei e il suo forse futuro marito condividevano anche più del sangue… avevano una runa per preservare le loro stesse anime, le loro vite. Guardava quelle iridi azzurre, quelle piccole dita e le guanciotte paffute, e si inanmorava ogni volta di più di lei.

La guardava e pensava che i suoi occhi di gatto, che per tanto tempo aveva profondamente disprezzato in se stesso, ora che sua figlia li aveva ereditati erano un simbolo di speranza.

La proteggevano e le consentivano di usare la magia, erano possibilità di redenzione per il sangue dannato che avevano nelle vene e un simbolo di fede, per ricordare al mondo intero che tutto era possibile.

Ma per ora, Grace era solo una neonata che aveva bisogno dei suoi papà.

Rimase abbracciato a lei per qualche minuto, il tempo di calmarsi, ma poi dovette tornare in salotto. Non poteva certo nascondersi dal mondo intero con sua figlia in quella stanza, per quanto fosse allettante.

Quando però vide la linea dura delle labbra del suo Alexander e la luce battagliera nei suoi occhi, quasi si ricredette. Probabilmente nascondersi in un luogo sperduto con il suo fiorellino e la sua streghetta non era poi un’idea tanto terribile.

Maryse però appena vide sua nipote esplose nel più accecante dei sorrisi e si appropriò della bambina con una naturalezza tale che Magnus quasi non si accorse del passaggio finché non sentì la mancanza di quel dolce calore rta le sue braccia.

-Ma che…?-

-Mamma, resti tu con Grace? Io e Magnus dobbiamo andare.-

-Ah sì? Alexander, non ricordavo di aver preso alcun impegno. Non sono nemmeno vestito per uscire!-

Alec allora gli diede un bacio pieno di passione, stringendolo con forza a sé e togliendogli il respiro.

-...verrò con te ovunque vorrai se mi baci sempre così. Dove stiamo andando comunque?-

Il suo cacciatore allora gli fece un ghigno da lupo che di solito riservava alla camera da letto, perché sapeva benissimo che effetto gli faceva.

-Andiamo a caccia.-

E se anche Magnus non capì subito, quando lo vide farsi un cenno con sua madre afferrò la situazione in cui si stavano andando a cacciare.

Poteva comportarsi solo in un modo a quel punto.

Con uno schiocco di dita il suo cacciatore aveva indossato la tenuta e le sue armi erano apparse sulla sedia accanto.

Un secondo schiocco, e Magnus stesso indossò la sua tenuta da battaglia: capelli glitterati, trucco scuro che gli allungava gli occhi, e uno dei suoi completi più eccentrici, blu e oro. Come schiaffo in faccia ai membri del Clave, i colori degli stregoni e degli shadowhunter insieme.

Alec intanto aveva legato i capelli lunghi in una treccia simile a quella che era solita farsi la sorella, aveva baciato la figlia sulla fronte e aveva preso in mano arco e faretra.

-Sei pronto Magnus?-

-A prendere a calci qualche angelico culo che trama contro nostra figlia? Sempre.-

-Allora andiamo. Se vogliono nostra figlia, dovranno prima passare sul mio cadavere.-

-E se vogliono passare su di te, prima devono oltrepassare me.-

Alec allora gli prese la mano, seguendolo oltre il portale per Idris che aveva creato.


 


 


 

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