Rivivere il passato per affrontare il futuro

di Jenny80_big
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Era stato un caso difficile, un caso che gli aveva riportato alla mente eventi che aveva voluto dimenticare, ma sapeva, in cuor suo, che non avrebbe mai potuto cancellare, che in qualche modo lo accompagnavano ogni giorno della sua vita.

Ora era lì, solo, nella sala riunioni dell'FBI in attesa di sapere se i suoi calcoli erano esatti, se avrebbero aiutato suo fratello a fermare l'ennesimo "mostro". Con il timore, sempre presente, che avrebbero portato al ferimento di persone innocenti o magari agenti che cercavano di rendere il mondo un posto migliore. O, idea terrificante, al ferimento del suo stesso fratello: un’opzione che Charlie cercava di tenere fuori dalla sua mente, perché, il solo pensiero lo annientava.

Lui adorava Don e, come suo padre aveva già capito, per lui sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa.

Era pienamente consapevole di avergli rovinato l’infanzia già solo con la sua sola presenza.

All’inizio non ne era stato consapevole, prendeva tutte le attenzioni dei loro genitori senza rendersi conto che per Don non ne rimanevano abbastanza. Quando se ne rese conto, suo fratello si era già allontanato e, nonostante tutti i suoi sforzi per rimediare e accorciare la distanza creata, non era più riuscito a raggiungerlo.

Non incolpava Don, semplicemente cercava in tutti i modi di entrare a far parte del suo mondo.

Quando i loro genitori decisero che avrebbero frequentato la stessa scuola, Charlie era al settimo cielo: finalmente qualcosa in comune con il fratello. Ma, già dal primo giorno, fu chiaro che Don non condivideva il suo entusiasmo, anzi, si vedeva portare via una cosa sua, risucchiata da quel fratellino genio che gli aveva già rubato tanto.

Charlie iniziò allora a chiudersi di più in se stesso, non che fosse difficile: non aveva amici.

Frequentare il liceo a dieci anni non incentivava certo il contatto con i bambini della sua età e, nelle poche occasioni in cui poteva stare con loro, scopriva che non avevano molto in comune. Lo consideravano strano per le sue passioni e i suoi discorsi, quindi lo evitavano  e lo isolavano prendendolo in giro.

I suoi compagni di scuola, d’altro canto, si dividevano in tre gruppi: il primo era il gruppo che lo ignorava completamente; il secondo gruppo, costituito dalla maggioranza, solitamente lo ignorava, ma andava da lui per sfruttare le sue conoscenze. All’inizio aveva dato loro fiducia, sperando di trovare qualche amico, ma ben presto, si rese conto che in lui non vedevano un compagno, bensì un computer ambulante che forniva loro le risposte quando serviva. Capito i loro reali scopi, iniziò ad evitarli.

Infine c’era il gruppo peggiore, i bulli. Questi si sentivano in diritto di offenderlo e picchiarlo ogni volta che lo vedevano e, in più, pretendevano che facesse i loro compiti. Charlie però aveva già in sé un forte senso della giustizia e cercava di non cedere alle loro pressioni, quindi i pestaggi erano all’ordine del giorno. Ad aggravare la situazione c’era il fatto che i più pressanti erano proprio i migliori amici di Don, che si sentivano in diritto di tormentarlo, anche a causa delle confidenze del loro amico riguardo il suo fratellino rompiscatole e come gli rovinava la vita.

Avevano capito che Charlie agognava l’attenzione del fratello e la usavano come arma contro il giovane genio, in modo che non facesse la spia.

Charlie, dal canto suo, era consapevole di aver già rubato tanto a suo fratello, non poteva portargli via anche i suoi amici, quindi nascondeva i lividi e le umiliazioni a tutti e andava avanti, sperando ogni giorno, in qualche modo, di riuscire a meritarsi l’affetto di suo fratello, o quantomeno un po’ di attenzione.

I bulli avevano capito che tra i fratelli c’era questa distanza e, realizzarono presto, che Charlie non sarebbe andato a fare la spia al maggiore e che Don cercava di tenere le distanze dal più piccolo. Solamente quando Don li vedeva molestare Charlie o vedeva i lividi che qualche incauto lasciava in posti visibili, interveniva in difesa del suo fratellino, ma Charlie aveva sempre interpretato questo comportamento come senso del dovere, molto spiccato in Don, e non come amore verso di lui.

I pensieri di Charlie furono interrotti dall’apertura dell’ascensore, da dove uscirono Don e la sua squadra. Il loro entusiasmo e i loro sorrisi gli fecero capire che tutto era andato bene, non c’erano stati feriti e un altro criminale era stato assicurato alla giustizia.

Una piccola parte di lui sperava che Don sarebbe venuto da lui per metterlo a conoscenza del successo che aveva contribuito a raggiungere, ma non fu sorpreso di vedere che l’agente si dirigeva verso il suo ufficio; lo rendeva solo più consapevole della distanza, sempre presente, tra loro e il suo ennesimo fallimento nel raggiungere il fratello.

Il desiderio di sentirsi parte del suo mondo lo portò, come al solito, a fare il primo passo e dirigersi da Don. Bussò leggermente alla porta socchiusa e attese l’invito ad entrare da parte di suo fratello; non impose la sua presenza sedendosi su una delle sedie, ma chiese: “Com’è andata?”

Don alzò lo sguardo dai documenti che stava leggendo e rispose: “Bene, i tuoi calcoli erano corretti. Lo abbiamo colto completamente di sorpresa e non ha fatto nemmeno resistenza all’arresto. Aveva ancora gli attrezzi che ha usato per torturare le sue vittime. Di sicuro non potrà più nuocere a nessuno!”

Charlie, sollevato, disse: “Allora buone notizie! Che ne dici di andare a bere qualcosa, magari con la tua squadra, per festeggiare? O puoi passare dopo a casa così possiamo condividere le bistecche che oggi papà ha comprato!”

Don, colto di sorpresa, rispose: “Mi dispiace Charlie. Abbiamo sì preso questo criminale, ma ora restano tutte le scartoffie da compilare. Ne avrò per tutta la sera!”

Vide il lampo di delusione negli occhi del fratello, ma decise di ignorarlo.

Charlie, abituato ai rifiuti del fratello, ma ancora ferito da essi, decise di tornare a casa e si diresse verso la sala riunioni per prendere le sue cose.

Aveva appena finito di mettere via tutto, quando fu raggiunto da Megan, che non aveva visto lo scambio tra i fratelli.

“Ciao Charlie! I tuoi calcoli erano impeccabili come al solito! Grazie a te si riuscirà a dormire un po’ più tranquilli stanotte!”

“Grazie Megan, ma il vero lavoro è stato fatto da voi, io ho solo dato delle idee.”

Megan, ormai abituata alla modestia del giovane, in contrasto con il suo grande genio, continuò: “Noi ragazzi, finito il turno usciamo per festeggiare. Ti va di unirti a noi?”

“Mi piacerebbe molto, ma questa sera devo proprio correggere dei test che in questo periodo ho trascurato. Ci sarà anche Don?”

“Certo! E’ stato proprio lui a proporre l’idea!”

Megan notò la tristezza che, per un attimo, offuscò lo sguardo del matematico, ma fu veloce a nasconderlo, la salutò calorosamente e si allontanò a passi veloci verso gli ascensori, senza più guardare nessuno.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Don sentì il lieve bussare alla porta e si aspettava un ritorno di Charlie, magari per cercare di fargli cambiare idea sulla serata, ma fu sorpreso di vedere Megan.

Gli sembrava turbata, così le chiese cosa poteva fare per lei e, contrariamente alle sue aspettative, lei iniziò a parlare di Charlie: “Ma tuo fratello non si riposa mai? Gli ho chiesto di unirsi a noi per festeggiare il caso che abbiamo chiuso grazie al suo aiuto, ma ha declinato l’invito dicendo che ha del lavoro da fare, ma mi è sembrato molto turbato. Ne sai qualcosa?”

Don, alla menzione dell’invito rivolto a Charlie, sbiancò. Capì subito il motivo del disagio di suo fratello. Rassicurò Megan dicendole che suo fratello era in effetti sempre molto impegnato e di non preoccuparsi.

Appena la sua collega lasciò il suo ufficio iniziò a pensare a suo fratello. Gli era venuto spontaneo declinare il suo invito, non ci aveva pensato nemmeno un secondo. Il loro rapporto, da parte sua, era caratterizzato da una sorta di odio e amore. Voleva davvero bene al suo fratellino, ma si rendeva conto di incolparlo per le mancanze che aveva dovuto subire nella sua infanzia. Razionalmente, soprattutto nell’età adulta, sapeva che Charlie non aveva colpa delle sue sofferenze, ma era dura sopprimere quel senso di inadeguatezza che sempre avvertiva in presenza del genio matematico.

Questo malessere raggiunse il suo apice quando fu costretto a frequentare lo stesso liceo del fratellino. Era consapevole che Charlie cercava il suo appoggio ma era più forte di lui: doveva mantenere le distanze, almeno nell’unico luogo che sentiva suo. Nei momenti difficili, però, c’era. Quando i bulli gli davano il tormento interveniva per difenderlo e aveva messo ben in chiaro che chiunque avesse importunato suo fratello avrebbe dovuto fare i conti con lui. In questo aveva anche l’aiuto dei suoi tre grandi amici che difendevano suo fratello quando lui era impegnato.

Si era reso conto che l’entusiasmo iniziale del fratello rapidamente sfumò e divenne più taciturno e malinconico. Non si era mai soffermato a pensare al motivo di tale cambiamento, probabilmente era dovuto al fatto che le sue speranze di trovarsi insieme a suoi pari erano sfumate, lasciandolo solamente in compagnia di adolescenti che seguivano più i loro ormoni che quello che veniva spiegato in classe. Lui era semplicemente felice di non essere più bersagliato di domande da parte del matematico.

L’iscrizione all’università aveva finalmente portato la distanza di cui Don aveva un disperato bisogno, ma aveva anche aumentato il suo risentimento in quanto aveva comportato anche l’allontanamento della madre.

In quegli anni Charlie aveva cercato spesso di contattarlo ma lui si era negato il più delle volte  e quando si ritrovavano entrambi a casa lo evitava il più possibile. Quando parlavano assieme si sentiva uno stupido, non riuscendo a capire metà delle cose che diceva suo fratello, quindi preferiva limitare i contatti.

Nel periodo della malattia della loro madre il risentimento raggiunse livelli mai raggiunto prima a causa dell'isolamento autoimposto del fratello. Nonostante Margaret, che effettivamente era l'unica che riusciva a capire Charlie, cercasse di spiegargli perché suo fratello si comportasse in quel modo, lui preferiva non ascoltare, indirizzando la sua rabbia per tutta la situazione che stavano vivendo verso il capro espiatorio più semplice.

Dopo la morte della madre, il dolore enorme che vide negli occhi del fratello, lo fece rinsavire e riavvicinarsi un po' a lui ma non riuscì mai a colmare la distanza che si era creata. Era perfettamente consapevole degli sforzi che il fratello faceva per riavvicinarsi ma non riusciva ad accettarlo completamente nella sua vita.

Anche ora, che lo aiutava nel lavoro e gli aveva fatto raggiungere un livello di risoluzione dei casi invidiabile, non riusciva a non sentirsi minacciato. Aveva l'impressione che suo fratello lo stesso mettendo in ombra, sebbene era chiaro che Charlie non cercasse di fare nulla di tutto questo, cercava solamente un punto di contatto.

Erano questi sentimenti che avevano spinto a rifiutare l'invito di suo fratello e non proporgli di unirsi alla squadra per festeggiare un risultato che senza di lui non avrebbero raggiunto in così breve tempo aiutandoli a salvare vite.

Mentre prendeva la giacca per unirsi agli altri si rese conto che la voglia di festeggiare aveva lasciato il posto al senso di colpa per il comportamento tenuto con suo fratello. Gli passò per la mente di chiamarlo ma decise che sarebbe stato meglio vedersi faccia a faccia l'indomani. Poteva passare a casa la sera oppure, ancora meglio, avrebbe potuto offrirgli il il pranzo come gesto di scusa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Charlie decise che sarebbe andato a CalSci. Non se la sentiva proprio di affrontare la preoccupazione del padre: senza dubbio si sarebbe accorto che qualcosa turbava suo figlio minore, e avrebbe insistito per sapere cosa fosse. Era perfettamente conscio che Alan desiderava la sua serenità ma tutto quello di cui aveva bisogno ora era fare chiarezza nella sua mente e nel suo cuore.

Arrivò in ufficio e subito godette la tranquillità che luogo gli regalava sempre. Era l'unico posto in cui non si sentiva sbagliato, dove poteva essere completamente se stesso senza sentirsi inadeguato o sotto esame.

Da sempre si era sentito a disagio attorno alle persone. Fin da piccolo si era reso conto che viveva su un piano completamente diverso da tutti gli altri: non migliore o peggiore, semplicemente differente.

Solamente sua madre aveva capito questa cosa e si era avvicinata più di chiunque altro a comprenderlo, ma non ci era mai riuscita del tutto. Comunque lei non c'era più e sperava di non averla tradita con il suo comportamento negli ultimi mesi di vita. Sebbene Don e suo padre non ne erano a conoscenza, lui era entrato nella stanza di Margaret qualche volta, quando era sola, e lei lo aveva rassicurato sul fatto che comprendeva il suo bisogno di rifugiarsi nei numeri. Quello che lo lasciava nell'incertezza era la rabbia nello sguardo del fratello e la delusione in quello di suo padre. Possibile che sua madre volesse solamente consolarlo, mentre invece la stava deludendo profondamente, come sostenevano gli altri membri della famiglia?

D'altronde lui le persone non le capiva. L'ennesimo rifiuto ricevuto quella sera dal fratello, che era arrivato addirittura a mentirgli per tenerlo a distanza, avvalorava la sua teoria per cui doveva esserci qualcosa di sbagliato in lui se addirittura il fratello non voleva passare del tempo in sua compagnia.

Si disse che ormai avrebbe dovuto farsene una ragione, archiviare la cosa e mettersi il cuore in pace sul fatto che suo fratello non lo voleva intorno. Ma per quanto razionalmente continuasse a ripeterselo, non riusciva ad impedirsi di soffrirne. Non riusciva ad accontentarsi di un rapporto a senso unico, voleva essere amato per quello che era.

Aveva l'affetto del padre, ma con tutte le limitazioni di un rapporto tra genitore e figlio. Poi c'era Larry, ma anche il rapporto con lui aveva molte connotazioni di una relazione tra padre e figlio, probabilmente dovute alla grande differenza d'età e dal fatto che si erano conosciuti nella giovinezza di Charlie, in un periodo in cui, lontano dal padre, aveva comunque bisogno di una figura paterna.

Non c'erano altre persone che Charlie potesse considerare amiche, solo conoscenti. Solo con Amita aveva avuto un rapporto di amicizia vero, che stava sfociando in qualcosa di più profondo, ma lei decise di accettare un lavoro ad Harvard. Si sentivano spesso, ma la distanza aveva decisamente raffreddato i loro rapporti. La lontananza geografica aveva generato una lontananza emotiva non più sanabile.

Nel mondo accademico poi, c'era moltissima rivalità, i suoi colleghi aspettavano semplicemente che commettesse un passo falso. Un esempio era Marshall Penfield. Si erano conosciuti a Princeton. Anche lui era più giovane degli altri, anche se più grande di Charlie. Finalmente pensava di aver trovato un amico, qualcuno con cui condividere le esperienze, ma ben presto si rese conto che l'unico obiettivo di Marshall era quello di screditare le sue teorie e idee per poter essere colui che aveva trovato in fallo il geniale Charles Eppes. Questa delusione si tradusse in un continuo rancore verso il collega, che cercava di evitare più che poteva.

L'unica che non l'aveva mai deluso e abbandonato era la matematica. Tutto aveva senso ed era chiaro nei suoi numeri.

Decise quindi di abbandonare la strada di pensieri che la sua mente aveva intrapreso e iniziare finalmente ad andare avanti con il suo lavoro. Tirò fuori i test dei suoi studenti da valutare; finito questi avrebbe iniziato a programmare la settimana prima degli esami finali che era sempre molto intensa. C'erano alcuni allievi che avrebbe potuto aiutare con le teorie matematiche più complesse e lui sarebbe riuscito a tenere la sua mente lontana da pensieri dolorosi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Nonostante tutti i suoi buoni propositi Don non riuscì a vedere o sentire Charlie nel giorno dopo e nemmeno quelli seguenti, infatti era stato assegnato alla sua squadra in caso che non lasciava loro molto tempo libero. Il suo pensiero fu riportato al fratello verso la metà della settimana successiva da una telefonata da parte di suo padre.

Quando prese il telefono per rispondere e vide che lo stava chiamando Alan, subito si sentì un po' in colpa per aver evitato la famiglia per tutto quel tempo e soprattutto per l'ultima conversazione avuta con il fratello.

"Eppes"

"Ciao Donnie, come va? È un po' che non sento tue notizie!" Disse Alan con un po' di tristezza nella voce.

"Lo so papà, e mi dispiace! È che sto seguendo un caso che non mi sta lasciando molto tempo libero. Ti prometto però che, una di queste sere, mi fermerò da voi, così potremmo passare un po' di tempo insieme! Come sta Charlie?"

"Tuo fratello è uno dei motivi per cui ti ho chiamato. Sai cosa possa averlo turbato? È circa una settimana che mi preoccupa. Sta lavorando troppo… "

" Papà, lo sai com'è Charlie, poi ci sono anche gli esami finali…"

"Sì Donnie, conosco tuo fratello, ma questo periodo sta proprio esagerando: parte prima dell'alba e ritorna in tarda serata, chiudendosi nel garage. Se vado a parlargli non mi risponde, se non a monosillabi. Ha perso peso, non credo che stia mangiando abbastanza. Mi chiedevo se potessi parlarci tu... sai che a te non nega mai nulla, magari riesci a capire cosa lo stia turbando!"

"Ok papà! Questa sera vedrò di passare per cena così riusciremo a parlare!"

"Grazie Donnie! Ci vediamo stasera!"

Riattaccando il telefono Don pensò a suo fratello e temeva di sapere cosa lo aveva turbato, sperando però in cuor suo di sbagliarsi. Alla fine aveva solamente rifiutato un invito ad uscire insieme, anche se in effetti gli aveva mentito, era stato scoperto e non aveva fatto nulla per scusarsi.

Ripensandoci Charlie c'era sempre stato per lui. A partire dagli anni del liceo, mentre lui lo allontanava, il suo fratellino non aveva mai mancato ad un suo allenamento di baseball, facendo anche un gran tifo per lui fino a quando, in malo modo, gli aveva detto di smetterla perché lo metteva in imbarazzo. Charlie, come sempre, aveva incassato il colpo, lo aveva accontentato, ma non aveva mai smesso di andarlo a vedere, offrendogli un sostegno silenzioso.

Sì offriva sempre di aiutarlo con la matematica, aiuto che lui rifiutava puntualmente, ma non demordeva. Fino ad arrivare al presente: appena aveva bisogno per un caso, il suo fratellino mollava tutto e correva ad aiutarlo. E lui cosa gli dava in cambio? Risentimento per un passato di cui non aveva colpa e gelosia per un dono che non aveva chiesto, anzi era ben felice di condividere e mettere servizio degli altri.

Questi pensieri lo portarono ad aumentare il suo senso di colpa e si rese conto che Charlie aveva bisogno di lui e non poteva permettersi di aspettare ancora tempo per sistemare le cose con suo fratello.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Charlie si sentiva esausto, ma sereno.

Stava riuscendo nel suo intento di mantenere la  mente impegnata, in modo da non dover pensare alla sua vita privata. Per fortuna molti studenti avevano richiesto ore di ufficio extra e lui era più che felice di concederle. 

La sua giornata iniziava verso le 5 del mattino orario in cui fissava gli appuntamenti con gli studenti, poi c'erano le lezioni, una veloce pausa pranzo, poi ancora tutoraggio con studenti. Se gli appuntamenti extra finivano troppo presto, si chiudeva nel suo ufficio per pianificare i test finali e il programma per il prossimo semestre, o andava avanti con la sua teoria dell'emergenza cognitiva.

Si era imposto di tornare a casa alla sera per non preoccupare ulteriormente suo padre, che già era in ansia per lui. Non perdeva occasione per cercare di capire cosa turbasse il figlio perché si era accorto che qualcosa lo stava sconvolgendo. Charlie non era mai stato bravo a nascondere i suoi sentimenti, più volte era stato definito come un libro aperto nel quale anche un analfabeta sarebbe riuscito a leggere. 

Non voleva comunque affrontare l'argomento con suo padre, d'altronde cosa avrebbe potuto fare? Non poteva certo obbligare Don a voler bene a suo fratello! Gli avrebbe causato solo dispiacere, ed era una cosa che Charlie non avrebbe tollerato, non voleva essere la causa della sofferenza di nessuno! Men che meno ad una delle uniche due persone che lo amavano! Cercava quindi di evitare il più possibile qualsiasi contatto con il genitore e, quando non poteva proprio evitarlo, cercava di esporsi il meno possibile.

Quando quella sera tornò a casa, gli saltò il cuore in gola alla vista del SUV nero del fratello parcheggiato sul vialetto di casa. Il suo primo istinto fu quello di girare la bicicletta e allontanarsi il più in fretta possibile. Ma cosa sarebbe servito? Poi, probabilmente, suo fratello lo avrebbe ignorato come al solito, troppo preso da qualche partita di qualche sport in TV. 

Se invece aveva un caso sul quale aveva bisogno del suo aiuto, avrebbe avuto più cose per tenere la sua mente impegnata e avrebbe potuto limitare i contatti con i componenti della squadra di Don, così da non infastidire il fratello con la sua presenza.

Con il cuore pesante, come non lo era più da giorni, Charlie entrò in casa. Come aveva previsto, suo padre e suo fratello stavano guardando una partita di baseball ma, evidentemente lo stavano aspettando perché, appena entrò, l'attenzione di entrambi fu subito rivolta a lui.

Suo padre lo salutò e subito chiese se avesse già mangiato.

"Ciao papà, sì ho cenato al campus visto che, come al solito, non mi sono accorto del passare del tempo e ho fatto tardi!"

La verità era che, dal panino avuto a pranzo, non aveva mangiato nulla. Il suo stomaco, però, era così chiuso che non sarebbe riuscito a sforzarsi di mangiare nulla.

Suo fratello lo stava fissando, così disse "Ciao Don, è un po' che non ci si vede! Hai bisogno del mio aiuto su un caso?"

L'espressione di Don cambiò in un lampo e, un po' offeso, disse "Beh Charlie! Non vengo solo quando ho bisogno del tuo aiuto! Volevo solamente passare del tempo con la mia famiglia!"

Charlie si rattristò. Evidentemente quando Don parlava di famiglia, intendeva solo suo padre dato il suo comportamento della settimana precedente. "Si, ok! Visto però che non hai bisogno del mio aiuto, devo andare a finire la preparazione dei test finali. Ci vediamo dopo." E, detto questo, scappò nel garage.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Don e Alan stavano aspettando Charlie. 

Come aveva previsto suo padre, non si era fatto vedere a cena. 

Per ammazzare il tempo stavano guardando una partita di baseball, ma nessuno dei due la stava realmente seguendo. Alan si chiedeva cosa turbava suo figlio più piccolo e Don si chiedeva come scusarsi con Charlie.

Quel pomeriggio, in ufficio, quando aveva riattaccato il telefono dopo la conversazione con suo padre, si era avvicinata Megan, intuendo subito che qualcosa non andava.

Donne, senza sapere il perché, le raccontò tutto, partendo da come si era comportato con Charlie dopo la risoluzione del caso, fino a descriverle come era stata la sua vita con il genio e i sentimenti contrastanti che provava per il fratello.

Non aveva mai parlato con nessuno, in modo così chiaro, dei suoi pensieri più profondi o delle sue emozioni, nemmeno con Bradford, il suo analista.

Era stato liberatorio e, soprattutto, gli aveva dato la consapevolezza di come si sentisse verso suo fratello e di che rapporto voleva avere con lui. 

Esprimere a voce alta la sua gelosia e la paura di essere messo in ombra dal genio, gli fece capire quanto questi sentimenti fossero immotivati, infatti non era mai stata l'intenzione di Charlie mostrarsi superiore o evidenziare la sua intelligenza.

Gli divenne effettivamente chiaro che il matematico cercava un punto di contatto con lui ed, essendogli stati preclusi tutti a livello personale, gli era rimasta solamente la possibilità di avvicinarsi nell'ambito lavorativo.

Parlando con Megan si rese conto che, in fondo, era sempre stato orgoglioso di suo fratello e lo voleva nella sua vita. Voleva con lui un rapporto più stretto, conoscere la bella persona che era diventato.

Ora doveva iniziare ad impegnarsi per far capire al fratello che a lui ci teneva davvero.

Appena sentirono la porta aprirsi, l'attenzione di Don e suo padre fu catalizzata da Charlie. Mentre suo padre si preoccupò subito della salute del figlio minore chiedendogli della cena, Don comprese, e condivise, la preoccupazione di Alan: scure occhiaie si notavano sotto gli occhi stanchi, aveva certamente perso peso, ma era l'aria sconfortata a spiccare. Era abituato a vedere il fratello sprizzare energia da tutti i pori, non lo aveva mai visto così abbattuto è dimesso.

Fu colpito e ferito dal saluto di suo fratello, anche se parlava a volumi di come Charlie vedeva il loro rapporto, di come lo aveva trattato in quegli anni.

Prima di riuscire a dire al fratello che voleva parlare con lui, con una scusa si era rintanato in garage. Valutò se fosse il caso di andare a parlargli ma, conoscendo suo fratello, non avrebbe ottenuto nulla. Se non voleva ascoltarlo si sarebbe chiuso nel suo mondo matematico tagliando fuori tutto il resto. E probabilmente, dato il suo temperamento, sarebbero finiti a litigare, che era l'ultima cosa che Don voleva. Decise di aspettare la fine dei test finali, così poi ci sarebbero state le vacanze e suo fratello non avrebbe avuto scuse per evitarlo, sarebbe finalmente riuscito a scusarsi e avrebbe potuto iniziare un rapporto vero con Charlie.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Charlie temeva che suo fratello, spinto dal padre, l'avrebbe seguito nel garage, ma fu sollevato nel constatare che ciò non sarebbe avvenuto.

La presenza di Don a casa lo spinse, però, a guardarsi dentro e si disse che doveva finalmente fare chiarezza dentro di sé e cercare una soluzione. Non poteva passare la vita bloccato in questo stato. Ormai era un uomo adulto e doveva comportarsi come tale. Era giunto il momento di crescere.

Ripensò alla sua infanzia spensierata nella sua casa, con la sua famiglia. 

La gioia di iniziare l'asilo, finalmente, con la possibilità di avere nuovi amici. 

La consapevolezza, però, che gli altri bambini lo trovavamo strano, lo isolavano e lo prendevano in giro perché non lo capivano quando lui parlava della sua matematica. Ben presto fu chiaro che non avrebbe potuto frequentare la scuola con i suoi coetanei, in quanto era molto più avanti di loro.

Iniziarono così a susseguirsi dei tutor che seguivano la sua istruzione a casa. 

Le sue conoscenze aumentavano velocemente, ma la sua crescita emotiva era molto limitata, non avendo la possibilità di confrontarsi con i suoi coetanei. Non poteva condividere le emozioni che provava con qualcuno che stesse vivendo le stesse cose, che avesse i suoi stessi dubbi. Aveva provato a confrontarsi con i tutor, ma loro ignoravano le sue domande e parlavano solo di istruzione. Quando cercava di parlare con i suoi genitori, loro gli davano un punto di vista adulto, che lui quasi sempre non comprendeva. Don si era già allontanato da lui, quindi cercava di evitarlo e quando riusciva a parlargli lo liquidava con un "Smettila di rompere con queste sciocchezze!"

Il pensiero di suo fratello gli fece ricordare gli anni del liceo. 

I suoi genitori non potevano più permettersi i tutor, quindi, a 10 anni, dovette iscriversi al liceo di Don. All'inizio Charlie era felicissimo: avrebbe avuto qualcosa in comune con suo fratello! Ma ciò non avvenne, anzi, creò ancora più distanza tra i due. Però, nei momenti di vero bisogno, Don c'era e lo aiutava. Lui avrebbe voluto essere come suo fratello, era la persona migliore che conosceva. Era molto popolare e benvoluto da tutti. Non esitava ad aiutare chi vedeva in difficoltà. Era il suo eroe.

Ripensò agli atti di bullismo a cui era stato soggetto negli anni scolastici e si rese conto che fu una sua scelta non dirlo a suo fratello. Capì di non avergli detto che i suoi amici lo picchiavano per due motivi: il primo perché non voleva che Don perdesse i suoi migliori amici, il secondo perché, in fondo, aveva paura che avrebbe creduto a loro e non a lui. Loro glielo ripetevano in continuazione e aveva finito per crederci. Ora, non era più così sicuro.

Gli anni dopo il liceo furono caratterizzati da una progressiva lontananza, alimentata da entrambi. Si rese infatti conto che aveva preferito rintanarsi nella sua matematica anziché impegnarsi per instaurare un rapporto con il fratello.

Poi sua madre si ammalò e morì e lui non fu in grado di affrontare la situazione, chiudendosi nel suo mondo e Don era lì, anche se non lo comprendeva e provava una profonda rabbia nei suoi confronti, lo aveva sostenuto e aiutato a superare questo enorme dolore e riprendere la sua vita. Come una folgorazione, comprese che suo fratello lo amava e, nei momenti di vero bisogno, era lì per lui. Non era colpa di nessuno se erano tanto diversi e non avevano molte cose in comune. Ognuno aveva il suo modo di amare, lo aveva finalmente capito. Probabilmente il rapporto con suo fratello non avrebbe previsto uscite insieme o condivisione di sentimenti, ma, capire che lo aveva sempre sostenuto nei momenti di bisogno e che a suo modo gli voleva bene, gli fece apprezzare quello che avevano.

Era tardi quando rientrò in casa, Don era già andato via e suo padre era già a letto. Si diresse verso la sua stanza, sereno, come non gli capitava ormai da giorni, e si stese sul letto, piombando in un sonno profondo.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Lunedì mattina Don arrivò in ufficio sereno.

Mancava solo una settimana alla fine degli esami all'università, quindi avrebbe parlato con suo fratello. 

Nel weekend, poi, aveva ricevuto l'invito per la riunione dei 15 anni dalla fine delle superiori. Era fissata per venerdì sera e ci sarebbe andato molto volentieri. Avrebbe rivisto molti cari amici di cui aveva perso le tracce, soprattutto Jeff, Tom e Nick: erano inseparabili a scuola e in più di un'occasione lo avevano aiutato contro i bulli che tormentavano Charlie. Era grato di aver avuto amici così leali, che avevano accettato il genio, soprattutto grazie all'amicizia che li legava a lui. Non lo avevano visto solo come una calcolatrice con le gambe o un fenomeno da baraccone, come invece facevano gli altri.

All'inizio avevano mantenuto i contatti ma poi, come succede, ognuno preso preso dalla propria quotidianità, si persero completamente. Era proprio curioso di vedere come erano ora le loro vite.

Aveva chiamato suo padre per sentire come stava Charlie, indagare se anche il suo fratellino aveva ricevuto l'invito e se fosse intenzionato a partecipare all'evento. Alan lo rassicurò sulla salute del matematico, infatti l'aveva visto molto più sereno. Era ancora oberato di lavoro e stanco, ma d'altronde era il periodo più impegnativo all'università. Però non era più così sfuggente o tormentato. Avevano addirittura passato la domenica pomeriggio assieme al campo da golf. Anche Charlie aveva ricevuto l'invito a partecipare alla riunione, ma aveva rifiutato con la scusa che era troppo preso con il lavoro. Don non aveva avuto dubbi: quella sera sarebbero state presenti le persone che avevano fatto di quegli anni il periodo peggiore della vita di Charlie, che lo avevano segnato in modo indelebile.

Arrivato alla sua scrivania Don iniziò a guardare le note relative le telefonate ricevute durante la sua assenza, mentre si attivava il PC, quindi iniziò a leggere le varie email, finché arrivò ad una che gli fece gelare il sangue. 

Era una minaccia rivolta ai suoi cari. Qualcuno lo accusava di aver distrutto la sua famiglia e gli prometteva di fargli provare la stessa sofferenza. Erano allegate delle foto di suo padre e suo fratello prese di sicuro di nascosto, ciò indicava che sicuramente erano stati seguiti.
Stampò tutto e si diresse velocemente verso l'ufficio di Merrick: non era disposto a prendere nessun rischio.
La sua squadra si accorse del movimento improvviso del loro capo, non sfuggì loro la sua espressione preoccupata, e lo seguirono, chiedendogli cosa fosse successo. Lo disse loro lungo il tragitto per arrivare dal vicedirettore, il quale si ritrovò la sua migliore squadra alla scrivania che gli spiegava la situazione.
Le minacce agli agenti non venivano mai prese alla leggera, quindi fu deciso che la famiglia Eppes sarebbe stata sorvegliata, almeno per i prossimi giorni. Ora Don doveva solo convincere suo padre e suo fratello ad accettare la sorveglianza.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Lunedì mattina Charlie arrivò in ufficio sereno.

L'aver fatto chiarezza dentro di sé gli aveva consentito di passare un fine settimana molto rilassante. Era riuscito persino a passare la domenica pomeriggio con suo padre, godendosi appieno il tempo assieme, senza la paura, costante nell'ultimo periodo, di dover affrontare argomenti delicati.

Nemmeno l'invito alla rimpatriata delle superiori era riuscito a rovinargli l'umore. 

Per fortuna l'avevano organizzata in un periodo in cui lui era realmente occupato, comunque non avrebbe mai partecipato ad un evento del genere, a costo di dover inventare una qualsiasi scusa. 

Tra quelle persone non aveva amici, anzi erano coloro che avevano reso la sua adolescenza un incubo. Come poteva desiderare di rivederli? Era sicuro che Don sarebbe andato, era molto popolare. Si sarebbe divertito a rivivere i tempi che per lui erano stati felici.

Arrivato alla sua scrivania iniziò ad organizzare il suo lavoro. 

I test erano quasi finiti e lui ne aveva corretto la maggior parte. Li aveva già consegnati agli studenti cosicché, chi non era passato, poteva già pensare al da farsi. 

Aveva tenuto da parte i nomi di questi studenti per proporre loro dei corsi di recupero estivi individuali, con lui o con altri suoi colleghi, così da chiarire i concetti che non erano stati capiti. In questo modo, all'inizio del nuovo semestre, avrebbero potuto ripetere l'esame e recuperare non perdendo l'eventuale borsa di studio.

Giusto in quel momento qualcuno bussò alla porta del suo ufficio ed entrò Seth, uno degli studenti che non aveva passato l'esame. 

Charlie voleva giusto parlargli perché aveva notato un progressivo peggioramento del rendimento del ragazzo e stava mettendo a repentaglio la sua borsa di studio, nonostante fosse uno studente dotato. 

Era un giocatore della squadra di basket e temeva che l'impegno nello sport gli stesse facendo trascurare il resto, ma se voleva portare a termine il suo percorso universitario, non poteva permetterselo. Era un ragazzo arrogante e gli ricordava in modo quasi doloroso i bulli che lo avevano perseguitato per tutta la sua vita, ma non permetteva al suo giudizio personale di interferire con l'obiettività che doveva avere nel suo ruolo di professore. 

Aveva sempre amato il momento in cui uno studente riusciva a superare i propri limiti e ottenere successi nel creare le basi per il suo futuro. 

Seth, comunque, non era in una situazione grave. Con un po' di impegno estivo la situazione era recuperabile senza problemi.

"Buongiorno professore!" Esordì lo studente.

"Buongiorno Seth! Stavo giusto pensando di convocarti per discutere il tuo ultimo test"

"Sono qui proprio per parlarle di questo! L'ultimo esame è andato male, ma le prometto che non succederà più!"

"Seth, ho notato un progressivo peggioramento nei tuoi risultati, ma non devi preoccuparti, sto preparando un corso di recupero in modo che tu riesca a riportarti alla pari con il tuo percorso di studi, senza dover rinunciare alla tua borsa di studio. Possiamo programmare degli incontri quest'estate per chiarire i tuoi eventuali dubbi, così quando rifarai l'esame, lo passerai senza problemi. "

"Ma così il brutto voto rimarrà nel mio curriculum. Non c'è un altro modo? Se le prometto che dal prossimo semestre mi impegnerò a fondo, non può chiudere un occhio su questo?"

"Scusa, ma cosa mi stai proponendo? Di falsificare un risultato? Mi dispiace, ma non è possibile. Quello che posso fare è darti la mia disponibilità per aiutarti a studiare e ridare l'esame."

"Andiamo professore... Ci deve essere un altro modo, non posso sprecare la mia estate sui libri. Poi se porto un'insufficienza ai miei genitori saranno troppo delusi, dovrei rinunciare al basket... Quanto vuole? Mi dica la cifra e la pagherò subito! "

"Cosa?!? "

Charlie era indignato. Oltre a cercare la via più semplice, questo ragazzo stava mettendo in dubbio la sua moralità.

"Io non accetto bustarelle. L'unico modo che hai per superare il mio corso è quello di studiare e impegnarti! Hai tutte le capacità per potercela fare, non sminuirti con queste scorciatoie! Confermo la mia disponibilità a darti una mano a studiare!"

"Lei non capisce! Ci prova gusto a rovinare la vita dei suoi studenti? È geloso di chi ha una vita sociale? Lei deve modificare quel voto o finirà per pentirsene amaramente!"

"Non so cosa vuoi dire e anzi, farò finta di non aver sentito quello che hai detto. Ora esci da qui. Nonostante tutto, la mia offerta rimane valida, ma capirò se deciderai di farti seguire da qualcun altro. Fammi sapere entro venerdì cosa deciderai. Per chiarezza ribadisco che il voto che ti ho dato era quello che meritavi e non sarà cambiato!"

Il ragazzo, furioso, si voltò e uscì in fretta dal suo ufficio, scontrandosi con Larry, che era stato attirato dalle loro voci alterate. Vedendo l'espressione stravolta di Charlie, Larry chiese

"Tutto bene?"

"Sì Larry, Tutto ok. Solo una divergenza di opinioni su un voto."

"Molto accesa, a giudicare dal tono delle voci"

"Non preoccuparti, ho ben chiarito come stanno le cose!"

"Dall'espressione di quel giovanotto deduco che non condivide il tuo punto di vista! "

"Tranquillo, se ne farà una ragione. "

Così dicendo si alzò pronto ad andare nella sua classe ed iniziare l'ultima settimana di esami.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

Durante la pausa pranzo, Don si diresse verso CalSci, sperando di riuscire a parlare con suo fratello. Aveva provato più volte a chiamarlo al cellulare, ma tutte le chiamate venivano inoltrate alla segreteria telefonica, mentre era riuscito a parlare con suo padre senza problemi. Arrivato all'ufficio di suo fratello vide che stava parlando con una studentessa. 

Gli ritornò in mente Amita, la ragazza a cui suo fratello aveva fatto da relatore. Pensava davvero che Charlie avesse trovato la ragazza giusta, lui ne era molto innamorato e fu sbalordito quando seppe che lei aveva accettato un'offerta di lavoro ad Harvard e Charlie non l'avrebbe seguita. 

Aveva provato a suggerirgli di chiedere un trasferimento, d'altronde, con il suo genio, ogni università del paese sarebbe stata più che felice di averlo alle proprie dipendenze, ma lui aveva liquidato in fretta il discorso. Chiaramente non voleva affrontare l'argomento e lui non insistette. Riflettendoci ora, aveva perso un'ulteriore occasione di avvicinarsi a suo fratello, di creare un rapporto migliore e di dargli sostegno.

Fu riportato al presente dalla studentessa che usciva dall'ufficio, così lui bussò alla porta per annunciare la sua presenza. Charlie alzò lo sguardo per vedere chi fosse e Don notò l'espressione felice sul suo volto quando lo riconobbe e ne fu compiaciuto, anche se gli dispiaceva portare brutte notizie.

"Ciao Charlie. Mi chiedevo se potevamo pranzare assieme. Devo assolutamente parlarti di una cosa!"

Suo fratello gli lanciò uno sguardo incuriosito

"Certo, se ti va bene pranzare qui alla caffetteria, perché ho solo mezz'ora, poi continuano gli incontri con gli studenti. Ti serve aiuto con un caso?"

Chiese vedendo l'espressione preoccupata di Don.

"La caffetteria va benissimo e non è proprio un caso di cui ti devo parlare."

Disse Don dirigendosi fuori dell'ufficio.

Charlie, incuriosito, lo seguì, ma fino alla caffetteria suo fratello non parlo più. Ordinarono un paio di panini e trovarono un posto per sedersi.

Don vedeva che Charlie stava morendo dalla curiosità così iniziò a spiegare la situazione senza giri di parole "Oggi ho ricevuto un'email con delle minacce."

Charlie lo interruppe "Ti serve che ti aiuti ad individuare chi l'ha mandata? Ho un paio di algoritmi che potrebbero aiutarti in modo efficace…"

"No Charlie, non è questo!" Lo interruppe Don, non sorpreso dalla mente di suo fratello che viaggiava velocissima

"Se ne stanno già occupando i nostri tecnici. Il problema è che le minacce erano sì rivolte a me, ma gli obiettivi siete tu e papà"

"Oh, mio Dio! Papà sta bene, gli è successo qualcosa?" 

"Tranquillo, è già stato avvisato. Un agente lo sta già tenendo d'occhio. Sono venuto ad avvisarti che oggi avrai anche tu un agente che ti sorveglierà, poi stasera verrò a cena così potrò spiegarvi come si svolgerà la sorveglianza."

"Ma Don, non è necessario! E se fosse solo un espediente per distrarti è il vero obiettivo fossi tu?" 

"Charlie, non c'è da discutere! Tu e papà sarete protetti, punto! Io sono un agente dell'FBI e sono armato, non devi preoccuparti. Poi c'è la mia squadra che mi tiene d'occhio!"

Vedendo che Charlie non era convinto, aggiunse

"Senti, ora devo andare! Tu stai attento e guarda se vedi qualcosa fuori dall'ordinario. Qualsiasi cosa, dillo all'agente che ti sarà assegnato. Stasera ne parleremo con calma, ok?"

Charlie lo guardò con un cipiglio, ma acconsentì. Lo accompagnò al suo ufficio, ognuno perso nei propri pensieri. Don fu rassicurato dal fatto che suo fratello non aveva fatto troppe storie.  

Di sicuro ci sarebbero state lamentele e proteste la sera, ma ci avrebbe pensato al momento opportuno.

Arrivati alla porta dell'ufficio del matematico vide che, l'agente incaricato a proteggere Charlie era già arrivato, così lo presentò a suo fratello, che gli strinse la mano. Si rintanò nel suo ufficio, non prima di aver lanciato un'occhiataccia a suo fratello che non riuscì a reprimere un sorriso per la sua reazione.

Arrivato all'FBI, chiese alla sua squadra se ci fossero novità su chi avesse mandato le minacce ma ricevette risposte negative, così si concentrò sul suo lavoro, un po' più tranquillo sapendo che almeno i suoi familiari  erano protetti.

L'ora di cena arrivò in fretta e andò a casa di Charlie. Appena arrivato si diresse in cucina a salutare il padre, che stava preparando la cena, e gli disse che il matematico sarebbe arrivato un po' in ritardo.

Colse l'occasione per chiedere ad Alan se le cose con il  fratello andassero meglio. Alan subito lo rassicurò:

"Sì, un cambiamento incredibile! Non so cosa turbasse tuo fratello, ma questo weekend ha smesso di evitarmi e non ha più quell'aria turbata. Ho provato a chiedergli cosa lo preoccupasse tanto ma, lo conosci, ha cambiato subito argomento. Non ho voluto insistere, mi basta vederlo tranquillo. Lavora ancora troppo, a mio parere, ma non è più ossessivo come prima. Sabato è venuto a casa per cena e ieri pomeriggio lo abbiamo passato insieme. "

Don fu felice di sentire che suo fratello stava bene, anche se era curioso di sapere cosa lo avesse turbato in quel modo. Se la sua ipotesi iniziale era corretta, e il disagio di Charlie era stato causato dal suo comportamento, cosa aveva risolto la situazione? Non si erano ancora confrontati su quello che era successo dopo il caso e il comportamento di Don. Poteva esserci qualcos'altro che turbava il matematico di cui lui non era a conoscenza? Si rese conto che non ne aveva idea, non conosceva la vita di Charlie. Non sapeva se, oltre Larry, avesse altri amici, cosa faceva nel suo tempo libero o quali fossero i suoi hobby.

Gli fu dolorosamente chiaro, nuovamente, quanto lontani fossero. 

Effettivamente, se Charlie avesse avuto un problema personale, difficilmente sarebbe andato da lui per un aiuto o per un consiglio: questo l'ha reso triste.

Fu distolto dalle sue riflessioni, dall'arrivo dell'oggetto di tali pensieri. Don notò subito il cambiamento visto da suo padre, Charlie era davvero più rilassato , anche se appariva ancora stanco. Vedeva però nei suoi occhi espressivi il desiderio di terminare il discorso iniziato a pranzo ed essendo consapevole di quanto esplosiva potesse diventare questa  discussione, decise di accantonare nuovamente i conflitti derivati dalla loro relazione (o mancanza di questa) e concentrarsi sui problemi più immediati, relativi alle minacce ricevute e la conseguente protezione imposta. Ma suo padre decise che, per prima cosa, avrebbero cenato, evitando qualsiasi polemica per ora.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Il pomeriggio di Charlie era volato. Tra le classi e alcuni studenti che richiedevano consulenza nel suo ufficio, era stato appena consapevole della presenza dell'agente. Ora che doveva tornare a casa invece, divenne pienamente consapevole del "baby-sitter" che lo seguiva. Non diresse la sua frustrazione verso l'agente che, dopo tutto, stava solamente facendo il suo lavoro e capiva il desiderio di suo fratello di saperlo al sicuro. Arrivato a casa fu felice di vedere il SUV di Don sul vialetto: avrebbe potuto subito chiarire la situazione. Appena entrato in casa, però, prima che potesse anche solo salutare, suo padre lo condusse subito verso il tavolo già apparecchiato, facendogli capire che qualsiasi discussione avrebbe avuto luogo dopo cena.

"Finalmente sei qui Charlie, così possiamo cenare! È tanto che non passiamo del tempo insieme, finalmente una cena di famiglia!"

Don si unì a loro, con un po' di senso di colpa per la consapevolezza che la causa per cui non passavano molto tempo insieme era principalmente lui.

La cena si svolse in modo sereno, soprattutto perché la conversazione era gestita principalmente da Alan. Finito di mangiare il più anziano si alzò:

"Bene. Ora che siamo riusciti ad avere una cena tranquilla, potete pure discutere di tutto quello che volete."

Detto questo prese i piatti e si diresse in cucina per rassettare.

Charlie colse subito l'occasione

"Allora Don, cosa esattamente è successo oggi?"

Don fece un respiro profondo e raccontò a Charlie dell'email ricevuta e del successivo incontro con Merrick. 

Il vicedirettore non era disposto a correre rischi e le minacce non potevano essere presa alla leggera, soprattutto quando venivano rivolte a qualcuno con il livello di sicurezza di Charlie. Alla menzione di questo fatto, Charlie si senti un po' deluso: ancora una volta veniva prima la sua utilità rispetto a lui come persona, ma, fedele a quello che si era ripromesso solo pochi giorni prima, ignorò questo sentimento e decise di non contrastare Don, accettare di buon grado quello che suo fratello era disposto a dargli.

Quando l'agente iniziò a parlargli delle decisioni prese in merito al dettaglio di sicurezza e alla sorveglianza, Charlie poteva vedere che suo fratello si aspettava un suo rifiuto ed era pronto ad un'accesa discussione. 

Avrebbe voluto con tutto se stesso avere una macchina fotografica per immortalare l'espressione di Don quando gli disse che era completamente d'accordo con le decisioni prese e che avrebbe collaborato senza problemi. 

Poteva vedere la totale sorpresa di Don e lo stupore sul viso di suo padre che, nel frattempo, si era unito alla conversazione, pronto a dar manforte a suo figlio maggiore per convincere Charlie ad accettare le decisioni già prese per la sua sicurezza. Aiuto che infine non era servito. 

Il matematico aveva deciso che non si sarebbe più comportato come un bambino capriccioso. Se avere un baby-sitter che lo seguiva ovunque avrebbe fatto stare più tranquilla la sua famiglia, era disposto ad accettare, senza problemi. Finita questa discussione si accorse che si era fatto tardi, e la stanchezza accumulata nella giornata iniziò a farsi sentire, così decise di andare a  letto, salutando suo padre e suo fratello.

Si diresse in camera sua riflettendo sulla giornata trascorsa. Non era particolarmente preoccupato per le minacce ricevute da Don, era totalmente fiducioso che suo fratello e la sua squadra avrebbero sistemato le cose. Per una volta aveva la sensazione di essere in sintonia con suo fratello. Gli aveva dimostrato che non era più un bambino viziato. Certamente gli pesava rinunciare alla sua privacy e la sua indipendenza, ma ne era valsa la pena, per vedere l'espressione di Don. Finalmente era sparito il cipiglio che gli sembrava di vedere sempre quando suo fratello si rivolgeva a lui. Quando si stese a letto era felice e il sonno lo raggiunse in un lampo.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Don era sbalordito. Faticava ancora a capire cos'era successo. Si aspettava di dover affrontare una discussione estenuante, di dover trovare mille giustificazioni per far ragionare il fratello, di passare ore per convincerlo ad accettare cos'era meglio per lui. E invece era stato subito d'accordo, non  necessariamente felice degli sviluppi, ma non aveva sollevato nemmeno una piccola questione o una debole protesta. Aveva accettato tutto quello che era stato deciso, senza nemmeno suggerire un'analisi matematica per verificare che non ci fossero soluzioni migliori al problema.

Scambiò uno sguardo sbalordito con suo padre e notò che anche Alan era totalmente sconvolto. Di tutte le reazioni che potevano aspettarsi, quello che era successo li aveva completamente spiazzati. Don ruppe il silenzio:

"Cos'è appena successo? Siamo sicuri che fosse realmente Charlie?"

Alan si sedette sulla sedia lasciata libera dal figlio minore

"Dovrei essere felice che Charlie abbia dimostrato finalmente un po' di assennatezza, ma non posso negare di essere completamente sbalordito! Non è da lui una resa così totale."

Don si chiese se il comportamento del fratello potesse essere riconducibile a quello che era successo tra loro ultimamente e, prima di rendersene conto, stava raccontando a suo padre dell'ultimo caso e il suo comportamento. 

Aveva bisogno dell'opinione di qualcuno che conoscesse bene suo fratello per aiutarlo a capire. Non gli sfuggì lo sguardo deluso di suo padre quando gli raccontò come aveva trattato il fratello minore, ma riuscì comunque a finire il discorso, dire ad Alan le conclusioni a cui era giunto sui sentimenti verso Charlie e la sua intenzione di cambiare le cose per migliorare il loro rapporto, o meglio, iniziare ad averne uno.

Suo padre rimase in silenzio alcuni minuti, chiaramente riordinando le idee, poi guardò il figlio maggiore

"Don, sono felice di sentire che finalmente stai iniziando a vedere Charlie al di là della sua matematica. Mentirei se ti dicessi che il comportamento verso tuo fratello non mi abbia deluso, ma devo ammettere che, purtroppo, deriva dagli errori commessi da me e tua madre.

Quando il genio di tuo fratello è emerso, eravamo più che spiazzati. Ci rendevamo conto dell'enorme dono che aveva ma, nello stesso tempo, non sapevamo assolutamente come gestirlo. 

Abbiamo provveduto ad alimentare il suo bisogno di apprendere e, con enormi sacrifici da parte di tutta la famiglia, gli abbiamo fornito tutor e insegnanti. Con il tempo ci siamo però resi conto che questo lo stava allontanando da tutti, soprattutto da te.

Quando non era con gli insegnanti, era da solo. Abbiamo allora pensato di inserirlo con altri ragazzi, ma la sua mente non gli ha permesso di stare con i suoi coetanei, così abbiamo optato per il tuo liceo, almeno non sarebbe stato da solo e avrebbe avuto un punto di riferimento per poter stare con gli altri. Però il suo isolamento diventava via via maggiore.

Avremmo dovuto capire il suo disagio: Charlie  non ha mai avuto qualcuno con cui condividere esperienze o potersi confidare. Dagli insegnanti era visto solo per i suoi risultati accademici, dai suoi coetanei era  visto come "quello strano" e i suoi compagni lo trattavano come  un mostro. Lui non si è mai lamentato, penso avesse paura di deluderci.

Anch'io ho sempre avuto difficoltà a capirlo, ero intimidito dalla sua intelligenza. Solo tua madre riusciva a rapportarsi veramente con lui, ma nemmeno con lei si è totalmente confidato.

Ci rendevamo conto del suo disagio ma non sapevamo come porvi rimedio. Vedevamo la distanza che stava crescendo tra di voi ma, quando tua madre gli chiedeva se c'erano problemi, lui ha sempre negato dicendo che eri il migliore fratello che potesse avere.

Ti avevamo già privato di tanto per seguire il genio di Charlie e non volevamo caricarti di ulteriori preoccupazioni.

Pensavamo che quando avesse iniziato l'università le cose per Charlie sarebbero andate meglio, invece la distanza e la divisione della famiglia hanno portato nuovi problemi, anche se la scelta di tua madre, di seguire tuo fratello, è stata corretta, forse la più giusta tra tutte le decisioni prese. 

A Princeton Charlie ha trovato molti stimoli intellettuali, ma a livello personale era, se possibile, ancora più solo. C'era una competizione folle e lo scopo di molti fu quello di smontare la "fama" che precedeva tuo fratello.

Per  fortuna ha trovato Larry, che è riuscito a vedere oltre il suo genio. Lo ha finalmente visto per quello che era come persona: un ragazzino spaventato, lanciato in un mondo di adulti, vivendo un sacco di emozioni contrastanti senza nessuno con cui condividerle. È stato il suo primo e unico amico per molto tempo. Quando è andato a Londra io e tua madre eravamo spaventati, ma ci ha sorpresi. Quando ci disse di Susan eravamo felicissimi, finalmente era riuscito ad aprire il suo cuore. Le cose però non hanno funzionato, Charlie non ci ha mai raccontato cosa è successo. Tornato a casa, si è chiuso in garage con la sua matematica e poi, dopo alcune settimane, è tornato il solito Charlie.

Con la morte di tua madre  ha perso l'unica persona da cui si sentiva capito e che riusciva a confortarlo. Quando ha incontrato Amita l'ho visto affrontare tutte le sue incertezze e le sue paure e stava iniziando a  superarle, ma lei se n'è andata.

Ho cercato di parlare con lui, di convincerlo a vedere qualcuno che potesse aiutarlo, magari un terapeuta, ma conosci tuo fratello, ha scartato l'idea ancora prima che terminassi la frase.

Una volta ti ho detto che stava cercando ancora la tua approvazione, ma non a livello intellettuale, lui cerca la tua approvazione come persona, in quanto Charlie, non il genio o il brillante matematico.

Sicuramente quello che è successo stasera è collegato ai recenti avvenimenti tra di voi, anche se non riesco a capire in che modo: la mente di tuo fratello, e come ragiona, rimangono un mistero per me!"

Don era rimasto in silenzio, ascoltando attentamente la vita di suo fratello raccontata da un altro punto di vista. Non aveva mai notato la solitudine di Charlie, credeva da sempre che fosse una sua scelta preferire la matematica alle persone.

Ora si rese conto che, effettivamente, non aveva nessuno e lui, anziché aiutarlo, aveva fatto come tutti gli altri: aveva preso le distanze, arrabbiato per le sue privazioni, non vedendo quelle che doveva subire Charlie.

Era convinto di essere sempre stato un buon fratello maggiore, per averlo protetto dai bulli, ma ora, constatò, che lo aveva deluso nel modo peggiore e non era riuscito ad essere lì per lui quando e come contava di più; a peggiorare il tutto, in un certo senso, c'era la devozione incrollabile che suo fratello aveva ancora verso di lui, nonostante tutto.

Suo padre vide il dolore nell'espressione di Don

"Figliolo, non ti ho detto tutto questo per farti soffrire, ho pensato semplicemente che fosse giusto rimediare agli errori fatti da me e tua madre. 

Anche tu eri un ragazzo Don, Non è stata colpa tua. Eravamo noi i genitori e dovevamo essere in grado di proteggervi e guidarvi, ma abbiamo fallito. Abbiamo cercato di fare del nostro meglio, ma non è stato sufficiente."

"No papà, non è colpa vostra. Di sicuro voi avete agito per il nostro bene."

"Infatti, ma questo discorso vale anche per te. Non devi lasciarti prendere dal senso di colpa, che non è utile a nessuno. Usa questa consapevolezza per capire meglio tuo fratello e creare un nuovo rapporto con lui. "

Don rifletté sulle parole di suo padre, consapevole della totale verità che esprimevano. Questa nuova visione della vita di suo fratello gli stava sì creando un forte senso di colpa, ma ben presto fu superato dalla determinazione di essere finalmente il fratello che Charlie meritava. Finita questa storia della sorveglianza era determinato a parlare col matematico. Vista l'ora tarda, suo padre gli disse di fermarsi nella sua vecchia stanza per la notte. Accettò volentieri e quando si distese nel letto, sicuro che avrebbe faticato ad addormentarsi a causa di tutti i pensieri che gli ronzavano in testa, si addormentò immediatamente, stanco della giornata estenuante.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Charlie partì presto quella mattina. 

Vedendo che suo fratello si era fermato per la notte, avrebbe desiderato aspettare che si svegliasse e fare colazione assieme, ma aveva studenti che si erano affidati a lui e non poteva deluderli. Prese la sua bicicletta e si diresse al lavoro.

Passarono un paio di giorni tranquilli finché, giovedì mattina, sentì bussare alla sua porta. Non c'erano stati progressi significativi con le minacce ricevute da Don, quindi l'agente di scorta era ancora al di fuori dell'ufficio di Charlie per garantire la sua sicurezza.

Gli esami erano praticamente terminati e lui doveva correggere tutti i test entro l'indomani.

Disse alla persona che aveva bussato di entrare e quando la sua porta si aprì, vide Seth entrare.

Rimase un attimo sorpreso perché, non avendo più sentito sue notizie da lunedì, dopo la loro accesa discussione, non credeva lo avrebbe rivisto: era convinto che avesse deciso di cambiare corso.

Era felice che si fosse presentato perché significava che voleva migliorare, accettare il suo aiuto e lavorare sodo per recuperare e sfruttare le sue potenzialità.

"Ciao Seth, sono felice di vederti!"

Rimase però sconvolto quando il ragazzo disse :

"Buongiorno professore! Ha riflettuto sulla nostra ultima conversazione?"

Charlie, scioccato, rispose:

"Non avevo nulla di cui riflettere, mi sembrava di essere stato molto chiaro. 

Hai due opzioni: la prima è di rischiare di perdere la tua borsa di studio, mentre la seconda, che ti consiglio vivamente, è quella di frequentare un tutoraggio estivo, con me o con un altro docente, in modo da recuperare le lacune e ridare l'esame all'inizio del semestre. 

La mia offerta di sostegno è ancora valida. Possiamo già fissare un calendario per le lezioni, oppure, se preferisci cambiare insegnante, posso organizzarti un incontro con un altro docente!"

Durante il discorso, l'espressione di Seth divenne furiosa e tutta la sua rabbia trasparì dalla risposta: "Allora lei non ha capito contro chi si è messo, professore! Non posso permettermi di prendere un'insufficienza! Mio padre renderà la mia vita un inferno! Deve assolutamente cambiare quel voto!" 

Vedendo l'espressione di Charlie, moderó un po' il tono: "Le garantisco che dal prossimo semestre mi rimetteró in carreggiata, mi sono lasciato distrarre, ma non succederà più!"

"Mi dispiace Seth, ma non è imbrogliando che le cose si sistemano. Le lacune che hai accumulato ti renderanno la prosecuzione del corso molto problematica. L'unica soluzione è recuperarle subito. Ho verificato la tua situazione e non sarà necessario perdere tutta l'estate. Con un paio di settimane di impegno riusciremo a recuperare. Non puoi però chiedermi di falsificare il voto di un test. "

Charlie cercava di calmare e far ragionare il giovane ma questo, sempre più arrabbiato, disse:" Lei continua a non capire! Non conosce mio padre! Non sarà accettabile per lui! L'unica soluzione è che lei cambi quel voto! Se non lo fa, la farò pentire amaramente!"

Allertato dai toni accesi provenienti dall'ufficio, l'agente Bane aprì la porta: "Tutto bene signore? C'è qualche problema?"

Seth guardó l'agente, poi si rivolse a Charlie con scherno: "Ha anche una guardia del corpo professore? Allora sa di dover avere paura!"

Charlie si rivolse all'agente, ignorando il commento del suo studente: "Tutto a posto Michael, grazie! Seth se ne stava giusto andando!"

Poi si rivolse al giovane porgendogli un foglio.

"Questo è l'elenco dei docenti che possono aiutarti. Credo sia meglio che tu ti rivolga ad uno di loro per fissare un piano di studi!"

"Le cose stanno così, allora?" chiese Seth "Sappia però che la faccenda non finisce qui, professore! Si pentirà della sua decisione! Non importa di quante guardie del corpo si circonderà, gliela farò pagare cara!!"

Charlie era completamente sconvolto dal comportamento del giovane che si allontanò velocemente dall'ufficio.

L'agente si avvicinò e chiese al matematico se si sentisse bene. Charlie si riscosse e rispose affermativamente. Bane lo guardò attentamente, poi si voltò per uscire, quando fu richiamato dal professore : "Ah! Michael! Non dire niente a Don di questa storia! La segnalerò alla sorveglianza del campus e al rettore. Mio fratello è già abbastanza preoccupato per tutta la questione delle minacce, non ha bisogno di altri pensieri!"

"Ne è sicuro signore?"

"Certo! Non è il primo studente scontento che affronto! Appena avrà sbollito la rabbia si calmerà! È una situazione che può essere risolta nel campus! E comunque sono Charlie!" finì con un sorriso il matematico, per allentare la tensione.

"D'accordo, ma se le cose dovessero peggiorare o se mi capiterà di rivedere quel ragazzo nei paraggi, avviserò subito l’agente Eppes!"

All'ora di pranzo Charlie si incontrò con Larry alla caffetteria. Negli ultimi tempi, vista la frenesia del periodo, non erano riusciti a passare molto tempo insieme. Si erano solo scambiati saluti frettolosi nei corridoi tra una lezione e l'altra e al matematico mancava il tempo passato con il suo amico.

Dopo essersi seduti al tavolo, il fisico osservò attentamente il giovane, valutando il suo stato d'animo.

"Ciao Charles, ti vedo più tranquillo rispetto l'ultimo periodo! Però dimmi, cosa c'è che ti turba?"

Charlie non fu sorpreso della capacità del suo amico di leggergli dentro, d'altronde Larry era la persona che, dopo sua madre, lo conosceva meglio.

"Ho avuto un altro diverbio con Seth Walter, il ragazzo in cui ti sei imbattuto lunedì!"

"Mi era sembrato infatti che non lo avessi propriamente convinto con le tue argomentazioni!" disse Larry con un sorriso "questa volta hai avuto più fortuna?"

"Non lo so… Visto i toni accesi e la piega che ha preso la discussione gli ho suggerito di cambiare corso e gli ho dato la lista degli altri docenti di matematica applicata a cui può rivolgersi."

"La discussione deve essere degenerata parecchio se si arrivato a tanto!"

"Voleva che falsificassi il suo voto. Gli ho proposto di fare delle lezioni di recupero quest'estate e ridare l'esame ad inizio semestre, in fondo la sua situazione non è grave, ma non ha voluto sentire ragioni. È arrivato addirittura a minacciarmi, anche Michael, sentiti i toni, è intervenuto!"

"Pensi che arriverà a farti del male? Quando Don lo saprà diventerà furioso!"

"Ho convinto l'agente a non dire niente a mio fratello: non ha bisogno di altre preoccupazioni. Non credo che Seth arrivi ad attuare le sue minacce. Infine è solo un voto, arriverà a capirlo!"

All'espressione contrariata dell'amico, Charlie si affretto ad aggiungere: "Comunque lo segnalerò a Mildred e alla sicurezza!  Poi, con il baby-sitter che mi ritrovo sempre intorno, non penso tenterà nulla: non ne avrà l'occasione!"

"A proposito, ci sono novità su quel versante?" 

"Don e la sua squadra stanno ancora investigando Sono sicuro che a breve riusciranno a trovare il mittente di queste minacce! Devo solo pazientare ancora un po' e sopportare l'assenza di privacy!"

"Ho parlato con tuo padre della cosa e mi ha detto che è rimasto molto stupito del fatto che non hai sollevato nemmeno una protesta. Mi ha addirittura chiesto se ci fossero state tempeste magnetiche abbastanza forti o fossero stati registrati altri stravolgimenti delle leggi della fisica per spiegare una tale anomalia!"

Con un sorriso, Charlie rispose "Niente di così eccezionale o eclatante, semplicemente è ora di crescere. A proposito, devo andare in ufficio, alcuni studenti mi aspettano. Per fortuna domani termina il semestre e potremo tornare a ritmi più accettabili. Buona giornata Larry!"

Il fisico guardò il suo amico allontanarsi. Dietro al sorriso del giovane aveva scorto una malinconia. Era curioso di sapere cosa girasse per la testa del matematico... Appena finita questa settimana infernale avrebbe avuto una conversazione col giovane per capire cosa lo turbasse davvero.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

I giorni per Don stavano volando. Era completamente preso dalla risoluzione del caso relativo alle minacce alla sua famiglia. Finalmente avevano una pista, i tecnici erano riusciti a risalire al luogo da dove era stata inviata l'email, un Internet Cafè vicino agli uffici dell' FBI. 

Ora stavano analizzando i video del locale per vedere se riuscivano a riconoscere qualche potenziale sospetto, facendo un controllo incrociato con i loro casi chiusi. Ad un certo punto, il giovedì pomeriggio, arrivò alla sua scrivania Colby, con un'espressione raggiante sul suo volto "trovato!"

Don dedicò subito tutta la sua attenzione al giovane agente. 

"Abbiamo un riscontro! Il sospetto si chiama Kevin Jordan. Alcuni anni fa lui e suo fratello Jason sono stati arrestati per una rapina in un negozio. Suo fratello è stato trovato ucciso in cella pochi mesi dopo l'arresto e, a seguito di questo, la loro madre non ha retto al dolore e si è tolta la vita. È uscito un paio di mesi fa. Tu eri a capo della squadra che ha effettuato l'arresto. Durante la sua permanenza in carcere ha consultato molti siti che parlavano di te e la tua famiglia, così ha ottenuto le informazioni per mandarti le minacce. Abbiamo anche un indirizzo!"

"Cosa stiamo aspettando?" Chiese Don alzandosi e dirigendosi velocemente verso gli ascensori.

Si incontrarono con il resto della squadra nel garage e presero i SUV, dirigendosi velocemente verso la casa del sospettato ma senza l'ausilio delle sirene, per non metterlo in allarme. 

David e Colby si diressero sul retro della casa per togliere un eventuale via di fuga al sospettato, mentre Don e Megan andarono alla porta principale per suonare il campanello.

Ad aprire la porta fu proprio Kevin che, vedendosi davanti Don, fece un'espressione di totale stupore e non pensò nemmeno a scappare. Semplicemente stava lì, occhi spalancati, mormorando "Non può essere, non puoi avermi trovato. "

Megan si affrettò ad ammanettarlo e Don gli lesse i suoi diritti, senza nemmeno avvicinarsi: non voleva che ci fosse neanche la minima possibilità che un avvocato potesse contestare la correttezza dell'arresto. 

Don e Megan furono raggiunti da David e Colby che decisero di rimanere nella casa del sospetto per raccogliere prove finché i loro colleghi portavano Kevin agli uffici dell'FBI per interrogarlo.

Trovarono molte foto di Don e la sua famiglia e molti appunti relativi agli orari e le abitudini dei tre uomini Eppes. Ciò che li preoccupò fu trovare appunti su come costruire un ordigno attivato a distanza e varie armi nella casa.

Comunicarono telefonicamente a Don quello che avevano scoperto e gli dissero che le prove ottenute confermavano che l'uomo fermato era lo stalker. Don e Megan entrarono nella stanza degli interrogatori, si sedettero di fronte a Kevin che fissava Don con evidente ostilità.

"Ciao Kevin. Da quello che abbiamo trovato a casa tua si direbbe che tu abbia qualche ostilità verso il mio collega..." esordì Megan. Lo stalker non le prestò la minima attenzione continuando a fissare Don.

Megan continuò "Con le prove raccolte non c'è davvero bisogno di una confessione, ma mi incuriosisce molto il perché tu voglia rovinarti la vita. Sei consapevole che minacciare un agente dell'FBI e la sua famiglia è un reato?  Con i tuoi precedenti, niente può evitarti il carcere. La vendetta non porterà indietro Jason!" 

Alla menzione del fratello, il suo sguardo pieno di odio si rivolse alla donna "io ho pagato per i miei errori, ma Jason ha perso la vita ed è tutta colpa tua! "disse indicando Don "Ora devi sapere cosa vuol dire perdere la propria famiglia! " 

Don intervenne "Stavo facendo il mio dovere.  La mia famiglia non c'entra nulla. Ora, comunque, non puoi più nuocere... passerei molto tempo dietro le sbarre!"

"Se pensi che arrestando me, le tue preoccupazioni siano finite, sei un illuso!"

"Cosa vuol dire?" Chiese Don

"Ho finito di parlare con voi, voglio un avvocato! "

Provarono a capire cosa volesse dire, ma lo stalker si chiuse in un totale silenzio finché arrivò il suo avvocato e gli agenti dovettero lasciare la stanza.

Don prese subito il telefono e chiamò David, che era ancora nella casa di Kevin.

"Sinclair"

"Ciao David, per caso ci sono indizi sul fatto che Kevin Jordan avesse complici?"

"Qui non ci sono prove che indichino un complice. I tecnici stanno verificando i tabulati telefonici. Ha fatto qualche nome?"

"No, ha solamente detto che, anche se è stato arrestato, le minacce non sono finite... ".

"Le prove non indicano che fosse in contatto con qualcuno, comunque, appena finito di controllare, ti facciamo sapere. Probabilmente te l'ha detto solamente per provocarti, ora che il suo piano è andato in fumo. "

"Probabilmente hai ragione. Fammi sapere se ci sono novità. Se non emergono indizi che ci sia un complice possiamo finalmente chiudere questo caso. Charlie sarà entusiasta di non avere più un agente che lo  sorveglia continuamente! "

"Posso immaginarlo. Quando glielo dici, salutamelo! È un po' che non passa per l'ufficio. Anzi, visto che questa storia è finita, possiamo organizzare un'uscita insieme per festeggiare. Anche Granger ha voglia di vedere come se la passa il nostro genietto preferito! "

"Certo. Sono sicuro che ne sarà felice. Ci vediamo dopo in ufficio "

Appena riattaccato con David, Don ripensò alla conversazione avuta con l'agente. Tutti quelli che venivano in contatto con suo fratello, escludendo i matematici competitivi, si affezionavano subito a lui. Si rese conto che la sua squadra lo considerava un membro del team, era diventato il "fratellino minore" di tutti loro. Sentì un moto di orgoglio per suo fratello, aumentando il desiderio di sistemare le cose tra loro. 

Lui e Megan si diressero alle loro scrivanie per iniziare il lavoro burocratico relativo all'arresto, ansiosi di mettersi tutta quella storia alle spalle.

Dopo un po', ricevette la chiamata di Colby che gli confermava che non erano emerse prove che Kevin avesse dei complici. Don sentì che un peso enorme gli veniva tolto e si affrettò a chiamare suo padre e suo fratello per dare loro la buona notizia.

Suo padre, sentendo le ottime notizie, sull'onda dell'entusiasmo, invitò Don e la squadra a pranzo la domenica, per poter festeggiare insieme. L'agente accettò subito con entusiasmo, ricordando cosa gli aveva detto David, sicuro che non avrebbero mai rifiutato un pranzo a casa Eppes: suo padre era un cuoco eccezionale! Alan era sicuro che anche Charlie ne sarebbe stato felice... era molto tempo che non passavano del tempo assieme senza malumori o preoccupazioni.

Si salutarono e Don chiamò subito il fratello. Temeva di trovare la segreteria telefonica, visto il periodo impegnato del giovane professore, ma fu piacevolmente sorpreso di sentire la voce del matematico che rispondeva dopo pochi squilli.

"Ciao Don, come va? C'è per caso qualche problema? "

"Ciao Charlie, non c'è nessun problema. Anzi, per una volta, porto buone notizie.

"Avete trovato lo stalker?" Chiese con voce carica di speranza.

"Sì Infatti, lo abbiamo arrestato nel pomeriggio e non sono emerse prove che avesse un complice, quindi il caso è ufficialmente chiuso e, con le prove raccolte, non ci sono problemi nemmeno per il processo: verrà sicuramente condannato!"

"Quindi non devo più stare sotto sorveglianza?"

"No, l'agente verrà richiamato a breve"

"Finalmente! Hai avvisato papà?"

"Sì, l'ho appena chiamato. Era felice anche lui, tanto che, per festeggiare, vuole che ci troviamo domenica a pranzo con tutta la squadra. Come ti suona l'idea?"

Don aveva paura che suo fratello trovasse una scusa per non essere presente, ma fu nuovamente sorpreso quando, invece, accettò e di buon grado.

"Sarebbe fantastico! Certo che mi va bene! Chiamerò anche Larry, sarà felice di rivedere la squadra, soprattutto una certa agente! "

Don poteva sentire il sorriso nella voce di Charlie. Finalmente avrebbero avuto l'occasione di passare del tempo assieme, senza interferenze di lavoro e suo fratello sembrava entusiasta quanto lui.

"Anche la "certa agente" sarà felice per la sua presenza. Ci vediamo domenica. "

" Sì, a domenica! E grazie Don, per tutto! "

Prima che l'agente potesse dire qualcosa, suo fratello aveva già riattaccato.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

Charlie fissò per un momento il telefono, felice delle notizie appena sentite.

Finalmente non sarebbe più seguito tutto il giorno da un baby-sitter.

Ma la cosa che gli aveva dato più gioia era l'invito di suo padre. Era felice del l'occasione di poter passare del tempo con suo fratello, lontano dall'ufficio. Finalmente poteva godere della compagnia di Don senza il dolore che derivava dal suo non sentirsi amato dal fratello. 

Da quando aveva fatto chiarezza dentro di sé non era riuscito a passare del tempo con l'agente e, dal tono usato dal fratello, gli era sembrato che anche lui avesse voglia di stare con lui. Vero era che non sarebbero stati solo loro due, ci sarebbe stata tutta la squadra. Decise di non dare rilievo a questi pensieri per rovinarsi l'umore: avrebbero trovato altri momenti per parlare del loro rapporto.

Avrebbe potuto passare del tempo con il fratello anche andando alla rimpatriata di classe, che si teneva l'indomani, Ma lì c'erano troppe persone che avrebbe voluto dimenticare e che invece gli ricordavano il periodo peggiore della sua vita: quello che aveva segnato l'allontanamento da suo fratello. La sua nuova consapevolezza ancora troppo recente per poter superare una tale prova.

Temeva che, rivivendo le insicurezze nate in quel periodo, avrebbe nuovamente perso fiducia in suo fratello e sull'affetto che provava per lui.

Quindi, nonostante i suoi impegni gli avrebbero permesso di partecipare, in quanto gli ultimi voti sarebbero esposti alla mattina e i colloqui con gli ultimi studenti sarebbero terminati nel primo pomeriggio, decise comunque di non andare. 

Avrebbe terminato il programma per il nuovo semestre e finito di organizzare i corsi di recupero estivi. Non aveva più avuto notizie da Seth e, dopo aver avvisato Milly delle minacce subite, gli era stato detto che il ragazzo aveva lasciato la squadra di basket e anche il suo corso, prendendo quello di un suo collega. Charlie era felice della scelta dello studente perché, dopo le minacce subite, sarebbe stato decisamente imbarazzante averlo ancora come allievo. Se la scelta del giovane fosse stata quella di continuare il suo corso, non si sarebbe tirato indietro, Anzi, ci avrebbe messo più impegno, ma sarebbe stato complicato.

Decise che era ora di tornare a casa e sentì bussare alla porta: era l'agente Bane che veniva a salutarlo. Si offrì di accompagnarlo a casa, vedendo che stava lasciando l'ufficio, ma declinò l'offerta, impaziente di riavere la sua privacy. L'ufficiale si raccomandò di stare attento e prendersi cura di sé e Charlie apprezzò la premura dell'uomo, nonostante non gli avesse concesso molta confidenza. 

Arrivato a casa andò in cucina da suo padre che fu felice di vederlo rientrare ad un'ora decente, per una volta. Gli chiese se avesse sentito le novità da Don e se fosse a conoscenza del pranzo di domenica. Charlie rispose affermativamente

"Si papà, Don mi ha detto che finalmente hanno preso l'uomo che l'ha minacciato. Sono felice di non avere più una seconda ombra. L'idea, per domenica, è perfetta, possiamo finalmente passare un po' di tempo assieme senza preoccupazioni. Domani è anche l'ultimo giorno prima della pausa estiva, quindi domenica sarà proprio senza pensieri! "

"Visto che è l'ultimo giorno domani, potresti finire presto e andare con Don al ritrovo della vostra classe. Potreste passare anche lì del tempo insieme e finalmente seppellire le vecchie ferite. "

Alan voleva davvero che suo figlio più giovane si mettesse finalmente alle spalle quel brutto periodo. Il fatto che non riuscisse ad affrontarlo gli diceva che invece lo faceva stare ancora male. Avrebbe voluto anche che suo figlio condividesse con lui le sue sofferenze, in modo da poter aiutare, ma Charlie non era del suo stesso parere, infatti si irrigidì e disse

"Proprio perché è l'ultimo giorno non posso, deve essere tutto sistemato. Anche se volessi non riuscirei ad andare. Poi sono convinto che Don si divertirà di più senza la mia presenza."

Detto questo uscì dalla cucina e si diresse verso il garage.

Alan si rimproverò per aver cancellato il buon umore del matematico, ma aveva dovuto provare. 

Charlie si chiuse la porta alle spalle, turbato. Si chiedeva perché eventi del passato lo sconvolgessero ancora così tanto. Era andato avanti, era diventato un matematico di fama mondiale, consultava per quasi tutte le agenzie governative, dava del tu alle persone che ricoprivano le più importanti cariche esistenti, ma si nascondeva terrorizzato solo al pensiero di trovarsi con i suoi compagni del liceo. Razionalmente non aveva senso, eppure non riusciva a superare questo blocco e perciò si sentiva un debole. A tanti anni di distanza continuavano a distruggere la sua autostima.

Decise di fermare questo treno di pensieri che lo faceva sentire solo e triste e iniziò a lavorare alla sua teoria sull' emergenza cognitiva e, in breve, si ritrovò perso nella sua amata matematica, logica e razionale.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Quel venerdì sera Don scese dal SUV, pronto a rituffarsi nella sua adolescenza. 

Era curioso di vedere come se la passavano i suoi vecchi amici, come erano cambiati. 

Un po' gli dispiaceva che Charlie non sarebbe stato presente, avrebbe avuto una rivincita non da poco con chi lo aveva trattato male. Far vedere gli obiettivi raggiunti e soprattutto la bella persona che era diventato. E ora lui gli avrebbe dato il suo appoggio, non lasciato solo ad affrontare tutto.

Si scrollò questi pensieri dalla testa, dopo tutto suo fratello aveva deciso di non andare, e si preparò a godersi una bella serata.

Appena entrato, fu accolto dal comitato di benvenuto che gli diede la targhetta con il suo nome e gli descrisse in breve come si sarebbe svolta la serata, tra filmini del liceo, annuari e chiacchiere sul tempo trascorso.

Si diresse verso la sala e iniziò a cercare i suoi vecchi amici. Fu piacevolmente sorpreso nel notare che molti lo riconoscevano. Ma constatò anche che pochissimi gli chiedevano di Charlie. Ad un tratto notò Jeff e Nick che stavano parlando e velocemente si avvicinò. Appena lo videro gli andarono incontro con grandi sorrisi e lo abbracciarono.

Iniziarono subito a parlare del tempo passato e di cosa avevano fatto in quegli anni. Poco dopo si unì a loro anche Tom, Il quartetto era nuovamente insieme. Tra una chiacchiera e l'altra ad un certo punto, Tom chiese di Charlie e di come se la passava. Don notò un'ombra passare sul viso dei suoi amici ma non diede peso alla cosa e rispose

"Se la passa bene. è un insegnante a CalSci e da un po' consulta anche per l'FBI. Dopo il liceo ci siamo persi di vista, ma, finalmente, ora ci stiamo riavvicinando. Questa sera non è venuto perché non affronta bene i ricordi del liceo. Per fortuna c'eravate voi che mi aiutavate a tenerlo fuori dai guai, anche se non siamo riusciti a farlo passare indenne! "

Vide che Tom, a questa sua affermazione, impallidì,  ma prima che potesse chiedere chiarimenti, Shelly, la ex reginetta del ballo, prese il microfono e invitò tutti nella sala adiacente per vedere alcuni filmati per potersi tuffare nei vecchi tempi.

Appena Accomodati si spensero le luci e, su una parete, iniziarono ad essere proiettate immagini dell'annuario intervallate da spezzoni di partite o di altre manifestazioni. Fu bello e divertente vedere la spensieratezza di quel periodo, lo faceva ridere vedere l'abbigliamento o le acconciature tanto in voga in quegli anni, sentendo anche un vago senso di imbarazzo.

Ma fu quando vide alcune riprese di suo fratello che rimase completamente spiazzato. Ce n'erano in varie situazioni, duravano pochi secondi, ma caratterizzate tutte da due punti in comune che colpirono profondamente Don: era sempre solo e  aveva uno sguardo colmo di tristezza .

La mente di Don si affollò di domande: quella sofferenza c'era sempre stata nello sguardo di suo fratello in quel periodo? e soprattutto, come aveva fatto a non vederla? Un conto era quando suo padre gli aveva spiegato un diverso punto di vista sulla vita di suo fratello, un altro era averlo davanti agli occhi e, per di più, la dolorosa consapevolezza di averlo sempre ignorato.

Appena si riaccesero le luci la voglia di festeggiare era passata e decise di aver bisogno di un po' d'aria, quindi si diresse verso una delle terrazze. Non si era accorto di essere seguito da Tom, che lo raggiunse rapidamente.

Quando notò la presenza dell'amico sobbalzò leggermente, ma vide subito l'espressione tesa dell'uomo di fronte a lui e stava per chiedere cosa lo turbasse, quando iniziò a parlare:

"Sai Don, avrei proprio voluto che questa sera ci fosse stato anche tuo fratello, gli devo delle scuse da più di 15 anni e speravo proprio di riuscire a fargliele di persona"

"Di cosa stai parlando? per cosa dovresti scusarti? "

"I tuoi discorsi di prima e la tua reazione ora, mi fanno capire che Charlie non ti ha mai detto nulla: è più forte di quanto immaginassi, di quanto immaginassimo tutti! "

"Di che diavolo stai parlando Tom?"

"Ecco, non è semplice... né io, né Jeff e nemmeno Nick meritiamo la tua riconoscenza per gli anni del liceo, anzi, sarebbe più giusto che tu ci odiassi.  Eravamo giovani e incoscienti, ma eravamo  consapevoli del male che stavamo facendo."

"Non capisco di cosa tu stia parlando, non mi avete fatto del male: eravate i miei migliori amici"

"Non ti abbiamo fatto del male direttamente, ma proprio perché eravamo i tuoi migliori amici avremmo dovuto essere migliori."

Don iniziò a sospettare cosa stesse cercando di dirgli il suo amico, ma non voleva crederci, quindi chiese:

"Tom, cosa stai cercando di dirmi? Riguarda Charlie? "

L'espressione dell'uomo si fece, se possibile, ancora più colpevole “Sì Don! Noi tre, quando tu non c'eri, non difendevamo tuo fratello, ma cercavamo di sfruttarlo a nostro vantaggio, volevamo costringerlo a fare i nostri compiti o ci divertivamo semplicemente a tormentarlo! Mi vergogno tanto del nostro comportamento, ma era giusto che tu lo sapessi. "

Don rimase completamente sconvolto, non sapeva cosa dire e fece la prima domanda che gli passò per la testa "Come avete potuto? Perché Charlie non mi ha mai detto nulla? Quando gli dicevo di venire con voi non ha mai protestato. "

"Questa è la parte peggiore... gli dicevamo che anche se ti avesse detto quello che succedeva, non gli avresti mai creduto, avresti dato retta a noi. Visto quanto ti lamentavi di lui, ci sentivamo autorizzati a trattarlo male. Lui ti rendeva la vita complicata e noi gliela facevamo pagare. Con il tempo ho capito quanto fosse sbagliato il nostro comportamento. Penso non ti abbia mai detto nulla perché non voleva che, a causa sua, tu perdessi i tuoi amici. Ha cercato di proteggerti dalla nostra stupidità!"

Don faceva fatica a respirare... quanto poco conosceva suo fratello? Lo aveva sempre considerato un debole, che aveva bisogno di protezione e invece, ora scopriva che era lui a proteggerlo mentre chi doveva difenderlo, lo mandava dai suoi peggiori aguzzini. Tutto quello che voleva in quel momento era sentire la voce di suo fratello, scusarsi e possibilmente stringerlo in un mega abbraccio.

Si rese appena conto di Tom che gli chiedeva se andava tutto bene e lo liquidò con un "Sì, tutto ok". 

La verità era che se fosse rimasto ancora con Tom o si fosse imbattuto in Jeff o Nick, credeva di non riuscire a trattenersi e la serata sarebbe finita con una rissa. Si diresse velocemente verso l'uscita prendendo il telefono per chiamare Charlie. Guardò l'ora e vide che non era troppo tardi, circa le 10 di sera.

Vide un paio di chiamate perse da suo fratello e una notifica di un messaggio in segreteria. C'erano anche altre cinque chiamate di suo padre. Con la confusione che c'era stata non aveva sentito il telefono. Preoccupato provò a chiamare suo fratello, ma partiva subito la segreteria. Provò a telefonare a casa ma non rispose nessuno. Con l'ansia ormai a livelli altissimi provò il cellulare di suo padre e finalmente qualcuno rispose, ma prima che potesse dire qualcosa, suo padre disse "Grazie a Dio, Don! Ho provato a chiamarti... devi correre all'ospedale, Charlie ha avuto un incidente!"

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

La giornata di Charlie era volata.
Aveva finalmente e ufficialmente concluso il semestre. I test erano tutti conclusi e classificati, i colloqui con gli studenti erano finiti e i corsi estivi erano organizzati e, comunque, sarebbero iniziati tra un mese. 
Erano le 15 e, seduto alla sua scrivania, si stava godendo un po' di tempo completamente per se stesso senza scadenze o impegni.
Ad un tratto sentì bussare alla sua porta e Larry fece capolino  "Ciao Charles, posso disturbarti?"
Charlie fece accomodare il suo amico accogliendolo con un sorriso "Vieni pure Larry. Mi stavo godendo la sensazione di essere libero. Non capita spesso non avere il fiato sul collo!"
Larry fissò attentamente il suo amico e vide che, effettivamente, era più rilassato e felice di quanto l'avesse visto nell'ultimo periodo e se ne rallegrò. 
"A proposito di tempo libero" continuò il matematico "hai impegni domenica? Mio padre ha organizzato un pranzo per festeggiare la risoluzione del caso riguardo le minacce a Don. Ci sarà anche tutta la squadra. Ti va di unirti a noi? "
"Certo Charles, mi fa davvero piacere. È un po' che non vedo tuo padre. "
Charlie fece un sorriso "E non c'entra anche una certa gente?"
Larry arrossì un po' e sorrise di rimando "Mi hai scoperto! Si nota così tanto?"
"Solo perché ti conosco bene!"
Charlie decise poi di cambiare argomento per togliere l'amico dall'imbarazzo "Che progetti hai per queste vacanze?"
Il fisico, grato per il cambio di argomento, rispose "Ho in programma un paio di settimane di meditazione al monastero, poi, se ti va, potremmo andare un weekend in campeggio. Harold, il docente di chimica, mi ha consigliato un posto dove è andato l'anno scorso e, dalle foto che mi ha mostrato, è molto bello."
"Mi sembra una grande idea! Io non ho ancora fatto progetti. Volevo sfruttare un po' del tempo per alcuni studi che mi ha sottoposto la NSA, ma vengo più che volentieri in campeggio: lo adoro. Informati sul posto che poi, domenica, definiamo il tutto! "
"Perfetto! Sto andando a casa ora. Hai bisogno di un passaggio?"
Anche Charlie aveva terminato, ma dopo la conversazione con suo padre della sera precedente, decise di rimanere ancora un po' in ufficio, quindi declinò l'invito.
"No Grazie, preparo un po' di documenti sulla mia teoria, così se ho qualche ispirazione, posso lavorarci a casa"
"D'accordo allora, ci vediamo domenica."
"Certo, a domenica." Charlie stette seduto ancora un po' di tempo a godersi la tranquillità poi si alzò e iniziò a lavorare sull'emergenza cognitiva.
Ad un tratto si rese conto che, come al solito, quando lavorava, avevo perso la cognizione del tempo ed erano già le 19 passate. Decise di tornare a casa e mise nella sua borsa i documenti su cui stava lavorando, per poterli vedere più tardi.
Gli passò per la mente che il raduno della sua ex classe era già sicuramente iniziato. Si augurò che suo fratello passasse una bella serata anche se, dal canto suo, non rimpiangeva minimamente non esserci andato. Aveva raggiunto la sua bicicletta e mentre si dirigeva verso casa gli venne voglia di ordinare cinese, avrebbe chiesto suo padre se ne voleva anche lui.
Ad un tratto si sentì sbalzare dalla sua bicicletta. Non si era accorto della macchina che gli veniva addosso da dietro a grande velocità. Cadde pesantemente sul cemento, rotolando varie volte. Nell'urto, perse il caschetto e la sua testa sbatté violentemente sul marciapiede. Era completamente intontito e a malapena sentì il fischio dei freni della vettura che si fermava. Si accorse vagamente di qualcuno che si avvicinava
"Ti prego aiutami, chiama un'ambulanza" sussurrò, a malapena riuscendo a respirare. Aveva dolori dappertutto, non era in grado di muoversi e in breve cadde nell'oblio.
Quando riprese conoscenza, la prima cosa che sentì fu il dolore paralizzante dappertutto... la seconda fu il freddo, era scosso da brividi incontrollati. Capì che chiunque lo avesse colpito non aveva chiamato i soccorsi. Non poteva dire chiaramente per quanto tempo era rimasto privo di conoscenza, ma era passato un po' visto il cambiamento di luce... si accorse di avere ancora con sé la sua borsa e iniziò a frugare lentamente al suo interno, con la speranza di trovare il suo cellulare ancora funzionante. Le sue dita lo raggiunsero, lo afferrò e, con suo sollievo, era integro. Senza pensarci fece il primo numero che gli venne in mente e chiamò suo fratello. Il telefono iniziò a squillare e pregava per una risposta in fretta: non sapeva per quanto tempo sarebbe riuscito a rimanere cosciente.
Dopo alcuni squilli partì la segreteria "Ciao Don, sono Charlie" sussurrò il matematico "ho avuto un piccolo incidente, ma non so dove mi trovo. Ti prego aiutami" Terminò la chiamata e, con quel poco di energia rimasto, decise di chiamare il 911, maledicendosi per non averci pensato prima.
"911 Qual è la sua emergenza?"
"Sono stato coinvolto in un incidente, non so dove sono, ho bisogno di aiuto" sussurrò "aiutatemi"
"Signore, qual è il suo nome? È ancora lì? " Charlie non riusciva a rispondere, il telefono gli scivolò dalle mani e cadde nuovamente nell'incoscienza.
La prossima cosa di cui era consapevole erano mani su di lui, che cercavano di spostarlo, e voci che gli facevamo domande che, però, non riusciva a comprendere.
Iniziò a combattere debolmente contro le mani che, ad ogni contatto, gli procuravano nuove ondate di dolore, ma erano più forti di lui.
"Signore, stiamo cercando di aiutarla. Mi sente? Sa dirmi come si chiama?" Provò a rispondere ma le ondate di dolore lo trascinarono nuovamente nell'oblio.
"La pressione sta precipitando, dobbiamo stabilizzarlo e portarlo velocemente all'ospedale!"
Uno dei paramedici trovò il telefono di Charlie e controllò le ultime chiamate. Provò a contattare l'ultimo numero chiamato ma, dopo alcuni squilli, partì la segreteria telefonica e decise di riattaccare: quelle non erano notizie da apprendere da un messaggio registrato.
Sfogliando la rubrica trovò un contatto contrassegnato "papà" e decise di provare. Al secondo squillo rispose un uomo "Charlie, stai ancora lavorando? È tardi, spero tu sia diretto a casa"
"Signore, mi scusi, mi chiamo Sam. Il proprietario di questo telefono ha avuto un incidente e lo stiamo portando ad Huntington Hospital. Riesce a raggiungerci lì?"
"Oh mio Dio, come sta mio figlio? È grave?"
"Signore, lo abbiamo stabilizzato, ora lo portiamo all'ospedale. Se mi dà il suo indirizzo posso mandare una pattuglia per accompagnarla, nel caso non se la senta di guidare! "
"Non sarà necessario, parto immediatamente!"
Alan riagganciò il telefono in una sorta di trance. Prese le chiavi e corse alla macchina prendendo con sé il cellulare e il portafoglio. Non rispettò i limiti di velocità e, per fortuna, nessuna pattuglia lo fermò: non era in grado di dire come avrebbe reagito, l'unico suo pensiero era di correre da suo figlio, che aveva bisogno di lui.
Appena giunto all'accettazione del Pronto Soccorso, chiese all'infermiera notizie su Charlie. Lei gli lanciò un'occhiata carica di compassione, vedendo l'aspetto disperato dell'uomo e cercò le informazioni sul computer.
"Charles Edward Eppes... In questo momento è in chirurgia... Può andare ad attendere al quinto piano. Appena l'intervento sarà terminato il medico verrà a riferire le informazioni sulle sue condizioni. Non posso darle altre informazioni in questo momento "
"La ringrazio. Ci vado subito!" Alan si voltò e si diresse verso la sala di attesa indicata dall'infermiera. Era troppo agitato per sedersi, quindi iniziò a camminare su e giù per allentare un poco la tensione.
Odiava gli ospedali, soprattutto dopo la malattia di Margaret. Si ricordò quante volte era stato in una sala d'attesa come questa, ad aspettare che sua moglie terminasse le terapie, con Charlie e Don... accidenti! Doveva avvisare suo figlio maggiore di quello che stava succedendo.
Prese il cellulare e fece velocemente il numero di Don. Dopo alcuni squilli sentì la voce di suo figlio e, stava per dirgli cosa era successo, quando si rese conto che era partita la segreteria. Fece mente locale e si ricordò che quella sera c'era il ritrovo della classe e, probabilmente, suo figlio non sentiva il telefono. Decise di provare a richiamarlo più tardi.
Pensò allora di avvisare Larry, che arrivò in breve tempo. Non aveva ancora notizie da dargli ma, almeno, ora aveva qualcuno con cui condividere l'attesa. Provò a chiamare Don altre quattro volte, sempre con lo stesso risultato. Dopo un po' che erano lì il suo cellulare iniziò a squillare e quasi lo fece cadere per lo spavento. Appena vide chi lo stava chiamando, disse subito "Grazie a Dio Don! ho provato a chiamarti... devi correre in ospedale! Charlie ha avuto un incidente!" 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Il sangue di Don si raggelò nelle vene.
In un primo momento non riuscì nemmeno a comprendere il significato di quello che suo padre gli aveva detto.
Aveva sentito ogni parola, ma il cervello si rifiutava di elaborarne il significato.
"Don, sei ancora lì?" La voce preoccupata di suo padre servì a svegliarlo dallo shock e l'agente che era in lui prese il sopravvento.
"In quale ospedale siete? Come sta Charlie? Cosa è successo?"
Pose queste domande salendo in macchina, pronto a partire.
"Siamo al Huntington Hospital, non so bene cosa sia successo. So solo che ora sta subendo un intervento chirurgico. Il medico mi aggiornerà non appena l'operazione sarà terminata. Sono spaventato Don, l'operatore che mi ha chiamato mi ha lasciato intendere che le sue condizioni erano gravi... Questa attesa mi sta uccidendo. "
"Papà, sto arrivando. Sei solo?"
"No, Larry è con me"
"Bene, sarò lì presto, non saltare a conclusioni affrettate, aspettiamo di sentire il dottore. Sono già per strada"
"Ok Don, ma non correre troppo, non vorrei avere un altro figlio coinvolto in un incidente automobilistico! Siamo al quinto piano ".
"Certo papà, non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene "
Don concluse la telefonata e si concentrò sulla guida. Suo padre non aveva certo bisogno di un altro figlio di cui preoccuparsi.
Fece la strada in modo automatico e per fortuna non trovò molto traffico... non sarebbe riuscito a gestire i rallentamenti che l'avrebbero tenuto lontano dall'ospedale: aveva bisogno di essere vicino a suo fratello.
Dopo poco arrivò a destinazione, anche se a Don parvero ore, e corse agli ascensori. Premette il tasto di chiamata ma, quando le porte non si aprono subito, corse verso le scale e iniziò a salire due gradini alla volta.
Appena vide suo padre nella sala d'attesa, gli corse incontro e lo strinse in un forte abbraccio. Non sapeva se per trasmettere forza o perché era lui ad avere bisogno del sostegno del genitore. Suo padre gli disse che non c'erano ancora novità. Si sedettero nella sala d'attesa e Don chiese a suo padre di spiegargli cosa era successo.
Quando Alan terminò il suo racconto, si ricordò delle due telefonate perse di Charlie e la notifica del messaggio in segreteria. La prima chiamata era stata fatta verso le 20 e corrispondeva con il messaggio in segreteria, la seconda era stata fatta circa mezz'ora dopo.
Decise di ascoltare il messaggio in segreteria per sapere cosa suo fratello doveva dirgli.
Ascoltando il messaggio, rimase pietrificato nel sentire Charlie, con una voce debole, piena di sofferenza, che gli chiedeva di aiutarlo: "Ciao Don, sono Charlie! Ho avuto un piccolo incidente, ma non so dove mi trovo. Ti prego aiutami!"
I suoi occhi si riempirono di lacrime quando si rese conto che, per l'ennesima volta, quando suo fratello aveva bisogno, non era lì per lui.
Suo padre vide le lacrime di Don e subito ne fu profondamente turbato: l'ultima volta che lo aveva visto piangere era per la morte di Margaret.
"Cosa c'è che non va, Don?"
E lui, sommerso dal dolore del suo fallimento, confidò tutto a suo padre. Le scoperte che aveva fatto quella stessa sera su suo fratello, di come i suoi amici, a cui lui stesso lo aveva affidato, erano i suoi peggiori persecutori e Charlie, per non deluderlo, era sempre rimasto zitto. Alla tristezza che aveva visto in lui nei video e di cui non si era mai reso conto e, infine, il messaggio lasciato da suo fratello.
Suo padre lo strinse forte in un abbraccio, rassicurandolo che sarebbe andato tutto bene e che avrebbe avuto tutto il tempo per chiarire le cose con il fratello, sperando, in cuor suo, di avere ragione.
Larry rimase in disparte, non volendo disturbare quel momento tra padre e figlio. Quando vide che erano più tranquilli si avvicinò per dare il suo sostegno silenzioso.
Quando si fu un po' calmato, Don prese il telefono e decise di chiamare David perché contattasse il distretto di polizia. Il caso, dato che coinvolgeva un consulente dell'FBI, era di loro competenza. Non avrebbe lasciato che il bastardo che aveva colpito Charlie e poi lasciato ferito in mezzo ad una strada, la passasse liscia.
Gli erano poi tornate in mente le parole di Kevin Jordan: e se ci fosse stato lui dietro a questo incidente? David rispose velocemente al telefono e, dopo aver ascoltato il racconto di Don, lo rassicurò sul fatto che lui e Colby sarebbero subito andati a seguire il caso. Riattaccò dopo aver promesso di informare gli agenti sulle condizioni di Charlie appena avesse avuto novità, dopotutto era diventato il fratellino dell'intera squadra.
Don decise di non condividere i suoi sospetti con Alan e Larry, per non aggiungere ulteriori preoccupazioni.
Dopo un po' un medico dall'aria stanca si avvicinò: " Qualcuno per Charles Eppes? "
I tre si alzarono immediatamente, desiderosi di avere notizie "Siamo la sua famiglia!" Il medico disse loro di sedersi, dato che non c'erano altre persone nella sala d'attesa decise di dare le informazioni lì, senza far aspettare gli uomini, visibilmente scossi
"Buonasera, sono il dottor Smith. Ho appena terminato l'intervento su Charles. Aveva varie contusioni e una gamba fratturata che non presentano particolari problemi. Aveva poi subito la frattura di alcune costole e, purtroppo, una ha leggermente perforato un polmone, ma per fortuna siamo riusciti a sistemarla. Avrà bisogno dell'ossigeno per un po' ma non credo ci saranno complicazioni. Ha avuto la milza danneggiata, ma siamo riusciti a ripararla senza doverla asportare. L'unica cosa che desta preoccupazione sono i traumi che ha subito in testa, nell'impatto ha perso il caschetto. Dalla TAC è emerso un ematoma subdurale che stiamo monitorando. Se nelle prossime ore il rigonfiamento non diminuirà, dovremmo intervenire chirurgicamente per asportarlo."
Don, Alan e Larry stavano ancora assimilando tutte le informazioni. Don spezzò il silenzio e chiese: "Ma starà bene?"
"Come ho detto, le prossime ore sono fondamentali. Comunque è stato fortunato, dato che il guidatore che l'ha investito è fuggito. Se non avesse chiamato i soccorsi quando l'ha fatto, la prognosi sarebbe stata molto diversa."
Don, alla menzione del delinquente che aveva fatto del male a suo fratello, strinse i pugni per contenere la sua rabbia e chiese al dottore "possiamo vederlo?"
"Certo. vi avviso però che non ha ancora ripreso conoscenza, ma, sentire che gli siete vicino, può dargli forza. Vi accompagno nella sua stanza" e detto questo si incamminò.
I tre lo seguirono in silenzio, ansiosi di vedere il giovane matematico.
Appena entrato nella stanza per Don fu uno shock: Charlie era circondato da macchinari di cui ignorava l'utilità. Era pallidissimo, a parte l'ecchimosi su metà volto. La testa era avvolta in una benda e le sue mani erano piene di escoriazioni. Aveva un gesso sulla gamba destra.
La cosa che colpì maggiormente Don, però, era l'immobilità del fratello. Era abituato a vedere il genio sempre in movimento e, anche durante il sonno, era solitamente agitato, quasi che il corpo volesse tenere il passo con la sua mente frenetica.
Fu interrotto nella sua contemplazione dalla voce di suo padre "Ciao Charlie, siamo qui. Non preoccuparti, andrà tutto bene!"
Si avvicinò anche lui al letto e prese delicatamente la mano del suo fratellino per comunicargli tutto il suo sostegno.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

Charlie si sentiva intorpidito.
Non capiva dove fosse, era tutto nebuloso.
Si ricordava di aver lasciato l'università e di aver pensato di prendere del cinese... poi buio.
​Gli sembrava di galleggiare, si sentiva leggero.
Ad un tratto sentì delle voci in lontananza, anche se non riusciva a capire a chi appartenessero. Le sentiva avvicinarsi e, man mano che si rafforzavano, iniziava ad avvertire più consapevolezza del suo corpo. Cominciò a sentirsi dolorante in ogni parte, in particolare un forte e fastidioso martellare nella sua testa.
Sentì che qualcuno gli si stava stringendo le mani e provò conforto nel sentire la voce che gli parlava, gli dava sicurezza. Determinato a capire chi fosse con lui si sforzò di aprire gli occhi, anche per sapere dove si trovava e cosa gli fosse successo.
Dapprima non ottenere risultati, ma non si arrese e si impegnò maggiormente. Nello sforzo emise bassi gemiti e sentì la stretta alla sua mano aumentare. La voce che lo stava chiamando gli sembrava sempre più familiare e, realizzò, che apparteneva a suo padre, così aumentò gli sforzi per riuscire finalmente a svegliarsi.
I suoi occhi si aprirono, ma dovette subito richiuderli per l'eccessiva luminosità della stanza. Li sbatté un paio di volte, fino ad abituarsi alla luce e si rese conto di essere in ospedale.
Vide suo padre e Don vicino a lui, con uno sguardo pieno sia di speranza che di preoccupazione. Provò a chiedere loro cosa fosse successo, ma riuscì solo ad emettere un suono rauco, che si trasformò presto in un eccesso di tosse, a causa della sua gola arida.
Don avvicinò un bicchiere con una cannuccia alla sua bocca, esortandolo a bere lentamente. L'acqua che scendeva giù per la gola era la cosa più buona che Charlie avesse mai bevuto. Quando si sentì meglio, riprovò a chiedere cosa fosse successo. Faceva fatica a respirare e, con sua meraviglia, la sua voce uscì in un sussurro
"Cosa è successo? Perché sono in ospedale?"
Fu suo fratello a rispondere
"Hai avuto un incidente. Sembra che tu sia stato investito da un pirata della strada. Cosa ti ricordi?"
Charlie ci pensò un momento, poi rispose
"Mi ricordo che ero in ufficio, sono uscito e ho preso la bicicletta per tornare a casa, poi, solo buio"
La sua voce si affievoliva sempre più, man mano che la stanchezza prendeva il sopravvento, e suo padre gli disse
"Riposa ora figliolo. Non preoccuparti di nulla."
Charlie si abbandonò all'incoscienza.
La prossima volta che si svegliò, vide un'infermiera che controllava la sua flebo e si accorse che era sveglio
"Bentornato Charlie! Tuo padre è qui fuori, l'avviso che sei tornato tra noi e vado a chiamare il medico."
Lasciò in fretta la stanza e fu subito raggiunto da Alan, la cui espressione preoccupata si trasformò immediatamente in un sorriso
"Ciao Charlie, come ti senti? "
"Stanco e confuso. Da quanto sono qui?"
Prima che suo padre potesse aggiungere altro, entrò il medico.
"Ciao Charles, come andiamo? "
"Come dicevo a mio padre, stanco e confuso".
"Con le tue ferite è comprensibile. Ora ti farò alcune domande" e iniziò a chiedere i suoi dati e informazioni generali, come chi fosse il presidente attuale e altre cose banali per testare la sua memoria e la sua coerenza.
Finito con le domande, soddisfatto della reattività del paziente, disse
"Ho delle buone notizie. L'ultima TAC ha evidenziato una significativa riduzione delle ematoma, quindi non sarà necessario un intervento chirurgico. Non ci saranno danni permanenti, anche se ti terremo monitorato nelle prossime ore, non prevedo complicazioni. Anche il polmone sta guarendo bene, potremmo essere in grado di togliere l'ossigeno prima di pranzo."
"Quando posso tornare a casa?" Chiese Charlie, guadagnandosi una un'occhiataccia da suo padre.
"Un passo alla volta. Intanto pensiamo a togliere l'ossigeno e monitorare l'infortunio alla tua testa perché è stato comunque un brutto trauma cranico. In più ti stiamo somministrando una copertura di antibiotici per prevenire qualsiasi infezione. Per almeno un paio di giorni godrai della nostra ospitalità, poi vedremo come vanno le cose."
Charlie fece un sospiro rassegnato e ringraziò il medico che si congedò per continuare il suo giro.
Si guardò intorno e chiese "Dov'è Don?"
Alan si avvicinò a lui "É andato in ufficio, la sua squadra sta indagando sul tuo incidente: è determinato a trovare chi ti ha fatto questo!"
A Charlie vennero subito in mente le minacce che Don aveva ricevuto: forse non avevano preso la persona giusta? Immaginò il senso di colpa che sicuramente suo fratello stava già provando. Chiese a suo padre se avessero già dei sospettati.
"Non che io sappia. Non si può lasciare impunita una persona che, dopo averti quasi ucciso, scappi, senza nemmeno chiamare i soccorsi: è un comportamento criminale! Spero solamente che quando lo troveranno non lascino tuo fratello avvicinarsi perché, dallo sguardo che aveva, non credo che lo farebbe arrivare in prigione incolume... a ben pensarci, spero proprio di non trovarmelo mai di fronte, non credo riuscirei a trattenermi!"
A Charlie sembrava che le precedenti minacce non c'entrassero, nonostante non credesse che, se i sospetti di Don fossero andati in quella direzione, l'avrebbe condiviso con suo padre per non preoccuparlo. Il fatto però che non ci fosse una guardia fuori dalla sua stanza era incoraggiante.
Fu turbato dal resto del discorso di suo padre "Papà, è stato un incidente. Probabilmente l'autista è stato preso dal panico, non voleva farmi del male, ma il terrore l'ha fatto fuggire... statisticamente..."
Suo padre non lo lasciò terminare la frase e disse "Eh no Charlie! Non puoi difenderlo! Deve solo sperare di non trovarsi alla mia portata! Sei quasi morto Charlie, te ne rendi conto? Il dottore ha detto che è stato un miracolo che tu ne sia uscito così bene! Se avessi tardato un po' di più a chiamare i soccorsi, i danni sarebbero stati ben diversi e le conseguenze inimmaginabili! Te ne rendi conto?!"
Alan lasciò andare lo stress accumulato in quelle ultime ore. Non voleva rimproverare il figlio, ma dopo averlo sentito difendere quel mostro che lo aveva quasi ucciso, senza nemmeno voltarsi indietro o quantomeno chiamare i soccorsi, non seppe trattenersi e fece uscire tutta la sua rabbia.
Vide lo sguardo mortificato sul viso di suo figlio, che sussurrò "Scusa, non volevo difenderlo, semplicemente volevo dire che la vendetta non è una buona cosa, che merita di pagare per gli sbagli che ha commesso, ma secondo la legge…"
Alan prese la mano di suo figlio e la strinse "Lo so Charlie, e mi dispiace di aver alzato la voce: non lo meriti, ma sono state ore difficili. Non parliamone più, sono discorsi e pensieri che non portano a nulla di buono. Ringraziamo Dio che si sta risolvendo tutto senza conseguenze!"
Charlie annuì il suo assenso, travolto da un'ondata di stanchezza che lo portò nell'oblio. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Don riagganciò il telefono. Suo padre lo aveva chiamato per aggiornarlo sulle condizioni di Charlie.
Provò un sollievo enorme nel sentire quello che aveva detto il medico: suo fratello sarebbe guarito completamente.
Alan riferì anche la conversazione avuta con Charlie relativamente al bastardo che lo aveva ferito.
L'agente sentiva un ribollire di emozioni dentro di lui.
Innanzitutto bisognava appurare se quello che era successo fosse stato effettivamente un incidente, o se Charlie era un bersaglio. Se la seconda ipotesi si fosse rivelata corretta, significava che suo fratello era in ospedale a causa sua, perché, in qualche modo, Jordan doveva essere riuscito ad organizzare un piano per arrivare a Charlie, nonostante le precedenti indagini non avessero fatto emergere nulla.
Chi altri poteva avercela con suo fratello? Era un professore stimato e un matematico apprezzato. Sapeva che l'ambiente accademico era molto competitivo, ma non riusciva a credere che qualcuno potesse arrivare addirittura a provare ad uccidere Charlie.
Anche l'ipotesi dell'incidente, tuttavia, era terrificante: qualcuno aveva deliberatamente lasciato Charlie a morire, solo per paura ed egoismo.
Megan bussò alla sua porta e lo distolse dai suoi pensieri. 
"Hey Don! Abbiamo controllato le registrazioni delle telecamere nei dintorni del luogo dell'incidente di Charlie, ma nessuna di esse puntava sulla strada dov'era avvenuto lo scontro. Visionando i vari filmati, però, abbiamo individuato una decina di automobili che potrebbero essere state coinvolte nell'incidente. Purtroppo, non si vedono le targhe di tutte e stiamo valutando marca e modello per un riscontro. "
"Bene, almeno abbiamo qualcosa su cui lavorare. David e Colby sono tornati dalla prigione? Se Jordan c'entra con questa storia sarà ansioso di farmelo sapere! "
"Non ancora, ma non credo ci vorrà molto. Visto che ormai è ora di pranzo, che ne dici di andare a mangiare un boccone? "
"Non ho fame e poi voglio controllare nuovamente il fascicolo di Jordan. Magari ci è sfuggito qualcosa"
"Ero sicura avresti rifiutato, così ho detto a Larry di portare qualcosa da mettere sotto i denti. Novità su Charlie? Mi sembri più rilassato di questa mattina"
"Mi stai profilando?" Chiese Don con mezzo sorriso "Comunque sì, Charlie sta meglio. Sia la commozione cerebrale che il polmone stanno guarendo bene e non avrà conseguenze permanenti. Dovrà passare almeno un mese con il gesso alla gamba, ma, in fondo, poteva veramente andare peggio. Appena si sveglia, mio padre mi avviserà così andrò a trovarlo!"
"Pensi che le sue condizioni gli consentano la visita di un gruppo? Ho tanta voglia di vedere con i miei occhi che sta bene e so che anche a David e Colby farebbe piacere andarlo a trovare."
"Non credo ci siano problemi, anzi, penso che gli farebbe davvero molto piacere."
"Bene, allora!"
In quel momento arrivò Larry con dei sandwich per tutti e cominciarono a mangiare. Dopo un po', vedendo gli sguardi che si lanciavano il fisico e la profiler, Don decise di dare loro un po' di intimità e si diresse verso il suo ufficio, giusto quando si aprirono le porte dell'ascensore facendo uscire i due agenti tanto attesi da Don e si diresse subito verso di loro.
Appena lo videro, gli riferirono il colloquio avuto con Jordan.
Lo stalker non confermava ne' smentiva il suo coinvolgimento nell'incidente di Charlie. Continuava a dire che era quello che Don si meritava, così finalmente avrebbe capito cosa si provava quando il proprio fratello veniva portato via da te. Però non aveva fornito nessun dettaglio su come aveva organizzato la cosa o su chi potesse essere coinvolto. Dai registri della prigione risultava che l'unica visita ricevuta era quella del suo avvocato e non aveva fatto telefonate o mandato email. Se fosse coinvolto con quanto successo a Charlie, doveva aver organizzato il tutto prima di finire in prigione e, dalle indagini precedenti, non risultava la presenza di un complice. Sembrava un vicolo cieco.
Nel frattempo si era avvicinato al gruppetto l'agente Bane, incuriosito dai discorsi del suo superiore e chiese se fosse successo qualcosa al matematico. Don spiegò brevemente l'accaduto della sera precedente e le conclusioni a cui erano giunti. Si accorse dell'espressione turbata del sottoposto e chiese se ci fosse qualcosa che voleva condividere con loro.
L'agente, a disagio, descrisse l'alterco a cui aveva assistito tra Charlie e il suo studente.
Allo sguardo furioso di Don, l'agente iniziò a giustificarsi, dicendo che era stato Charlie a dirgli di non riferire nulla nel rapporto, che era una questione di cui si sarebbe preoccupata la sicurezza dell'università e non sembrava preoccupato, solo un po' turbato.
Don cercò di trattenere la sua rabbia verso l'agente: effettivamente era impensabile indagare su ogni minaccia fatta dagli studenti verso i professori. Innanzitutto la quasi totalità erano minacce a vuoto, espresse nella rabbia del momento, e poi non ci sarebbe la possibilità materiale di seguirle tutte.
Però si stava parlando del suo fratellino e non poteva smettere di pensare a tutti gli incarichi più umili che poteva assegnare all'agente, o tutti i posti peggiori dove poteva essere trasferito.
David, capendo cosa stava passando per la testa di Don, intervenne prima che il suo capo dicesse qualcosa di cui di cui poi si sarebbe pentito, per lasciargli sbollire la rabbia, evidente nella sua espressione.
"Sai come si chiama questo studente?"
L'agente Bane ci pensò su un attimo, ma scosse la testa. Prima che Don esplodesse, si affrettò ad aggiungere "Ho sentito però che ne parlava con il professor Fleinhardt, lui sicuramente conosce questo studente".
A queste parole, Don si diresse verso la sala relax, dove si trovavano ancora le Larry e Megan.
Appena si avvicinò al fisico, gli chiese
"Larry, scusa, sai come si chiama lo studente che ha avuto una discussione con Charlie, durante gli esami finali? " Il fisico ci pensò un attimo, poi il suo sguardo si illuminò:
"Si, era Seth Walters. Voleva che Charlie gli annullasse un'insufficienza per consentirgli di passare il semestre. È arrivato persino ad offrirgli del denaro. Ma tu conosci tuo fratello. Ha categoricamente rifiutato e gli ha offerto tutoraggio e aiuti durante l'estate per recuperare. Però, da quel che ho capito, Il ragazzo ha rifiutato. So che Charlie ha segnalato il tutto alla sicurezza del campus e a Millie, anche se il ragazzo non aveva dato segni di voler perseguire le sue minacce. Si è tolto dal corso di Charlie e non si è più fatto vedere. Pensi che sia lui il responsabile dell'incidente di tuo fratello?"
"Non lo so Larry, ma sicuramente è meglio controllare. Vado subito all'università per avere le generalità di questo ragazzo. "
"Vengo con te" Disse Megan "ti serve un passaggio Larry?"
Il fisico rispose affermativamente, aveva bisogno di sistemare le ultime cose in ufficio prima della pausa estiva.
I tre si avviarono velocemente verso l'auto di Don.
Durante il viaggio, ognuno era perso nei propri pensieri e nessuno proferì parola.
Don e Megan andarono direttamente nell'ufficio di Millie, che si sorprese di vedere i due agenti. Chiese subito delle condizioni di Charlie, tirando un sospiro di sollievo non appena seppe che si sarebbe ripreso completamente.
All'inizio anche lei era rimasta accecata dalla fama del giovane genio ma, conoscendolo, aveva iniziato ad apprezzarlo anche come persona: il cuore del matematico era anche più grande del suo cervello.
Don le spiegò il motivo della loro visita, chiedendo informazioni su Seth. Millie si oscurò subito in volto alla menzione dello studente e disse agli agenti che, non appena Charlie aveva segnalato l'accaduto, aveva subito convocato il ragazzo: non potevano essere tollerati comportamenti simili. Dapprima aveva negato le minacce fatte al suo professore, ma poi, preso alle strette, aveva a malincuore confermato.
Non le era piaciuto lo sguardo del giovane, ma avevano trovato un accordo: avrebbe lasciato il corso di Charlie e non sarebbero stati presi ulteriori provvedimenti disciplinari. Non l'aveva convinta del tutto, ma non si era più fatto vedere nel campus. Pensavano che potesse essere coinvolto?
Megan le disse che stavano valutando tutte le piste e, date le minacce rivolte a Charlie dal ragazzo, volevano verificare che fosse effettivamente estraneo ai fatti.
Le chiese poi l'indirizzo di Seth, in modo da potergli parlare e si affrettò a comunicarglielo.
Una volta usciti dall'ufficio, Megan guardò Don e, notando lo sguardo cupo sul suo viso, gli disse "Forse dovremmo mandare David e Colby a parlare con questo tizio"
Don la fissò con uno sguardo interrogativo e stava per chiedere informazioni, quando il suo telefono squillò.
Rispose immediatamente vedendo che era suo padre che lo stava chiamando
"Ciao papà, ci sono problemi? "
"Ciao Don, nessun problema. Charlie ora è sveglio, sta terminando il suo pranzo... mi hai detto di avvisarti quando poteva ricevere visite"
"Certo papà, hai fatto bene. Io e Megan veniamo subito. Come sta? "
"È ancora molto dolorante, ma sta decisamente meglio."
"Arriviamo. Ci vediamo tra poco."
E con queste parole riattaccò e guardò la sua collega
"Hai ragione, meglio mandare David e Colby. Non so se riuscirei a mantenere la calma con questo ragazzo"
Riprese il telefono e chiamò gli agenti, riferendo loro l'indirizzo del ragazzo e dando disposizioni perché chiarissero se poteva essere coinvolto nell'incidente di Charlie.
Chiusa la chiamata e si diressero insieme verso l'ospedale. 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Charlie si svegliò nuovamente e, nonostante la continua presenza di dolori ovunque, si sentiva meglio dell'ultima volta, più concentrato.
Suo padre era seduto vicino al letto e lo guardava con una leggera apprensione sul viso.
Appena si accorse che era nuovamente sveglio, gli chiese come stava e se avevo bisogno di qualcosa.
Charlie lo rassicurò dicendogli che stava molto meglio. 
Si avvicinò al letto con il vassoio del pranzo
"Non so se ne hai voglia, ma il medico suggeriva di iniziare a mangiare qualcosa: c'è un po' di zuppa e la gelatina."
Lo stomaco di Charlie sobbalzò alla menzione del cibo, ma decise di provare comunque.
Si sistemò meglio, lasciandosi sfuggire qualche gemito nel processo: il suo torace stava decisamente protestando per la nuova posizione.
Prese il cucchiaio che suo padre gli stava porgendo e iniziò lentamente a mangiare. Il sapore non aiutava certo l'appetito, ma si impegnò a finire la zuppa.
Se voleva tornare a casa presto doveva recuperare le forze.
Suo padre gli disse che avrebbe chiamato Don perché voleva essere avvisato appena Charlie si fosse svegliato. Gli fece cenno di aver capito e continuò a sforzarsi con il suo pranzo.
La telefonata richiese pochi minuti, poi suo padre fu di nuovo vicino a lui. Mangiò la maggior parte del suo pranzo, quindi chiese ad Alan se ci fossero novità da parte di Don
"Al telefono non mi ha detto nulla, comunque sta per arrivare e ne puoi parlare direttamente. Mentre riposavi è passato il medico e mi ha detto che, se non ti sale la febbre entro sera e non mostri peggioramenti per la commozione cerebrale, verrai dimesso domani. Per fortuna tutto si sta risolvendo bene. Se penso a cosa poteva essere successo! Invece te la sei cavata solamente con una gamba ingessata "
Charlie guardò più attentamente suo padre e vide che, in questi due giorni, sembrava invecchiato. I suoi occhi mostravano stanchezza e aveva occhiaie scure sotto di essi, tutta la sua postura esprimeva affaticamento, quindi, gli disse:
"Papa', dovresti tornare a casa e riposarti un po'.  Qui non c'è niente da fare, io sono bloccato a letto e non sono di certo la compagnia migliore visto che per lo più dormo. Ti chiamo domani quando mi dimettono così mi vieni a prendere."
Alan stava per rispondere, quando Don e Megan entrarono nella stanza.
"Ciao fratellino, come stai? Ti vedo meglio "
"Ciao Don, Ciao Megan, stavo cercando di convincere papà a tornare a casa per riposare un po'. Sto molto meglio e il medico ha detto che domani potrò tornare a casa "
L'agente vide lo sguardo preoccupato del fratello e il cipiglio testardo sul viso del padre e decise di dare manforte al genio
"Ha ragione papà, dovresti riposare. Non ti sei ancora allontanato da ieri sera, posso stare qui io con lui per qualche ora. Colby e David stanno seguendo una pista e volevo discutere con Charlie la questione. Tu intanto vai a riposare."
Il cipiglio sul volto di suo padre si attenuò, così Don aggiunse:
"Visto che domani l'ammalato tornerà a casa, puoi prepararla al meglio per accoglierlo."
L'espressione di suo padre si distese completamente e acconsentì alle richieste dei figli. Salutò tutti e uscì dalla stanza.
Charlie fu sollevato
"Grazie per avermi aiutato a convincerlo: era esausto, non è più un giovanotto."
Don si meravigliò di suo fratello: nonostante fosse quello su un letto d'ospedale, continuava a preoccuparsi delle persone intorno a lui. Fu distratto dai suoi pensieri dal matematico che chiese
"Di quale pista volevi parlarmi?"
Megan lo precedette, forse temendo che il discorso avrebbe portato il suo collega a scoppi di collera.
"L'agente Bane ci ha riferito della discussione che hai avuto con un tuo studente, Seth Walters. Ci ha detto che i toni erano accesi e ti ha rivolto delle minacce. Secondo te, potrebbe aver dato seguito alle sue parole ed essere responsabile di quello che ti è successo?"
Charlie la guardò sbalordito, non si aspettava che la conversazione avrebbe preso questa piega.
"Pensi sia stato Seth? Non credo uno studente possa arrivare a tanto. Era alterato quando abbiamo parlato e si è lasciato prendere dalla rabbia, ma la sua situazione non era così compromessa. Millie mi ha detto che ha preso un corso con un altro professore. È un ragazzo brillante, si è solo perso un po'. Non credo arriverebbe ad un gesto così estremo solo per un brutto voto."
Don pensò all'ingenuità di Charlie e disse
"Non sottovalutare cosa può fare la gente in preda alla rabbia, comunque David e Colby stanno andando da lui in questo momento, per verificare la sua estraneità ai fatti"
Charlie divenne pensieroso, riflettendo su quanto appena detto dagli agenti.
Voleva chiedere se ci fosse la possibilità che il suo incidente fosse stato causato dalla persona che aveva minacciato Don, ma non voleva spingere il fratello in pensieri negativi. Sicuramente stavano vagliando tutte le ipotesi.
Megan, vedendolo pensieroso, gli disse
"Abbiamo parlato anche con il responsabile delle minacce verso la tua famiglia, ma non sembra coinvolto. Non abbiamo prove che lo colleghino a quanto ti è successo e, visto il profilo, ci saremmo aspettati che, se fosse responsabile, non esisterebbe a farcelo sapere. Comunque non stiamo escludendo nessuna pista."
Charlie la guardò, chiedendosi brevemente se avesse la capacità di leggergli nella testa, poi sorrise al suo stesso pensiero: era solamente molto brava nel suo lavoro di profiling.
Queste emozioni e gli antidolorifici lo fecero sentire assonnato e stanco.
Voleva chiedere a suo fratello come si sentiva e rassicurarlo sul fatto che tutto sarebbe andato bene, che non era preoccupato.
Ma sentiva le palpebre pesanti ed iniziò a far fatica a tenere gli occhi aperti.
Suo fratello doveva essersene accorto perché si avvicinò e gli posò una mano sulla guancia, sussurrando
"Dormi pure ora, fratellino, avremo tempo quando starai meglio."
Rassicurato dalle parole e dalla vicinanza del fratello, Charlie si lasciò andare ad un sonno tranquillo.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Don guardò il fratello addormentarsi con una dolcezza nello sguardo che Megan non aveva mai visto nel suo capo unità.
Era consapevole del forte legame che univa i fratelli, nonostante loro stessi non si rendessero conto della profondità del loro affetto reciproco. Sospettava che l'agente più anziano avesse iniziato a rendersene conto in questo ultimo periodo e ciò non poteva che fare bene al rapporto con il fratello.
Negli anni aveva visto come il giovane matematico cercasse un punto di contatto con Don, il quale sembrava non accorgersi degli sforzi del fratello.
Charlie aveva bisogno di conferme: non era bravo a interpretare le più semplici interazioni sociali.
L'agente, invece, dava molte cose per scontate e non riuscivano a trovare un punto di comunicazione comune.
Chissà, che con la consapevolezza del maggiore dei fratelli, riuscissero finalmente a capirsi.
Fu interrotta dai suoi pensieri dall'arrivo di Larry, che era venuto a far visita al suo amico.
Vedendo il matematico addormentato, con un sorriso sul suo viso, le sussurrò
"Sembra che oggi siamo destinati a condividere lo stesso spazio!"
Megan ricambiò il sorriso, mentre Don sussultò leggermente: concentrato ad osservare il suo fratello non si era accorto dell'arrivo del fisico.
Larry chiese "Come sta il nostro genio preferito?"
"Molto meglio. In effetti, il medico ha detto che potrà essere dimesso già domani, se non insorgono complicazioni, che però non ritiene probabili."
Il fisico allargò ancora di più il suo sorriso
"Bene, Charles odia gli ospedali, se lo trattengono più a lungo non finirà più di lamentarsi!"
Don stava per ribattere quando il suo telefono squillò: era David. Probabilmente volevo informarlo sugli sviluppi relativi allo studente.
"Ciao David, che novità ci sono?"
"Ciao Don, ti chiamo per dirti che abbiamo in custodia Seth Walters e lo stiamo portando all'FBI per interrogarlo. Appena ci ha visto ha dato un pugno a Colby e ha provato a scappare."
"Gli avete letto i suoi diritti? Non voglio che abbia nessuno appiglio legale per invalidare l'arresto"
"Sì, Don. Stiamo seguendo il protocollo alla lettera"
"Io e Megan siamo in ospedale, ma vi raggiungiamo subito in ufficio. Voglio assistere all'interrogatorio!"
Detto questo riattaccò il telefono.
Megan lo stava osservando con uno sguardo interrogativo, così Don le spiegò la situazione.
Salutarono velocemente Larry, che li assicurò che sarebbe rimasto con Charlie, e si diressero verso il SUV.
Appena arrivati in ufficio, andarono nella sala degli interrogatori.
David era vicino alla porta che li stava aspettando, guardando Don con apprensione mentre si avvicinava: temeva che il capo unità volesse parlare con il ragazzo, ed era sicuro che non fosse una buona idea. Per sua fortuna se ne rendeva conto anche Don, che gli disse:
"Andate tu e Colby a parlare con lui. Se me lo trovo davanti non posso garantire che riesca ad arrivare in prigione in un unico pezzo".
David emise un sospiro di sollievo ed entrò con il suo collega, mentre Don e Megan si diressero nella sala di osservazione.
"Allora Seth" disse Colby al ragazzo, visibilmente terrorizzato "Dicci cosa è successo ieri sera"
Il ragazzo non riusciva a guardare gli agenti in faccia ma, alla domanda, alzò lo sguardo e li guardò stupito
"Di cosa state parlando?"
Gli agenti si scambiarono un'occhiata, poi David prese la parola: 
"Ieri sera il tuo professore di matematica applicata, Charles Eppes, è stato coinvolto in un incidente d'auto. Un pirata della strada lo ha travolto mentre tornava a casa in bicicletta. Tu ne sai qualcosa?"
Se possibile, il ragazzo impallidì maggiormente.
"Non so di cosa stiate parlando. Io ieri sera ero a casa mia con la mia famiglia."
David, allora, chiese "Se è vero che tu non c'entri nulla, perché, appena ci hai visto, hai attaccato il mio collega e hai provato a scappare? "
"Pensavo che vi avesse mandati il professor Eppes per la nostra piccola discussione. Non so nulla di incidenti stradali. Chiedete ai miei genitori, sono rimasto con loro tutta la sera! Da quando ho dovuto cambiare corso, mio padre non mi lascia uscire. Non ho fatto nulla al professore, anche se sono felice che qualcuno gliel'abbia fatta pagare!"
Al sentire queste parole, le mani di Don si chiusero a pugno, al punto che le nocche divennero bianche.
Megan temeva che sarebbe entrato nella stanza degli interrogatori e avrebbe iniziato a picchiare il ragazzo. L'agente riuscì, però, a trattenersi e continuò ad ascoltare cosa veniva detto nella stanza a fianco.
Colby allora disse: "Per cosa doveva pagare? Per il fatto che tu hai fallito un esame?"
A queste parole, il ragazzo iniziò ad arrabbiarsi: "Ho sempre avuto ottimi voti! Gli avevo garantito che avrei recuperato il test. Bastava solo che lui chiudesse un occhio, per una volta. Gli avrei dimostrato che sono perfettamente in grado di seguire il suo corso. Però non ha voluto sentire ragioni. A causa di questo mio padre mi sta rovinando la vita. Non è giusto."
Colby lo guardò allibito.
"Non puoi aspettarti che un professore di falsifichi un voto!"
Vedendo però che il giovane non sentiva ragioni, decisero di alzarsi e verificare il suo alibi.
Uscirono dalla stanza e incontrarono Don, il quale disse loro:
"Chiamate subito i genitori del ragazzo e verificate se quello che ha detto è vero. Comunque lo tratteniamo per resistenza a pubblico ufficiale"
La rabbia di Don era palese. Quel ragazzo meritava una lezione.
Poco dopo Colby entrò nell'ufficio di Don per riferirgli che l'alibi del ragazzo era confermato: era rimasto con i genitori tutta la sera.
Questo significava che non avevano altre piste da seguire.
Don fu preso dallo sconforto, non sapeva cosa fare per poter trovare il responsabile di ciò che era successo a suo fratello. Sapeva che Charlie aveva la massima fiducia in lui e lo stava ancora deludendo.
Ad un tratto il suo telefono squillò. Era Gary Walker, il sergente del Distretto di polizia.
"Parlo con l'agente Eppes? "
"Si Gary. Cosa posso fare per te?"
"Ciao Don, chiamo riguardo all'incidente automobilistico di ieri sera che ha coinvolto tuo fratello. Sarai felice di sapere che, non più di mezz'ora fa, è venuto un ragazzo a costituirsi per aver causato l'incidente. È un giovane che ha preso la patente da poco e si è fatto prendere dal panico. Volevo assicurarti, comunque, che pagherà per quello che ha fatto a tuo fratello, me ne assicurerò personalmente. A proposito, come sta il nostro genio?"
Don non poteva credere alle sue orecchie. Il responsabile per quello che era capitato al suo fratellino era stato finalmente preso. Un grosso peso era stato tolto dalle sue spalle: avrebbe potuto dire a Charlie che, chi gli aveva fatto del male, avrebbe pagato.
"Grazie mille Gary, non potevi darmi notizia migliore. Charlie sta meglio anche se ancora dolorante. Dovrebbe essere dimesso domani dall'ospedale."
"Sono felice di sentirlo. Portagli i miei saluti. Ci si vede Don! "
"Grazie mille ancora Gary."
Appena messo giù il ricevitore gli ci vollero alcuni minuti per riordinare i suoi pensieri e il tumulto di emozioni che sentiva.
Si diresse allora verso la sala relax, dove c'era il resto della sua squadra, che stava discutendo sul caso di Charlie. Erano visibilmente molto coinvolti dalla faccenda, così si affrettò a dire loro quello che il sergente Walker gli aveva comunicato.
L'atmosfera divenne subito molto più rilassata e le espressioni degli agenti riflettevano il loro entusiasmo per la notizia.
Vista l'ora tarda, decisero di ritornare alle loro case. L'orario di visita dell'ospedale era sicuramente passato da un po', quindi Don decise di dare la notizia di persona a suo fratello l'indomani.
Si diresse verso il suo appartamento perché aveva bisogno di riposo e gestire tutte le emozioni degli ultimi due giorni.
Il bastardo che aveva ferito suo fratello era stato preso e avrebbe sicuramente pagato per quello che aveva fatto.
Ora era tempo di concentrarsi sul giovane matematico per aiutarlo a guarire completamente.
Il giorno dopo si era preso un permesso, quindi avrebbe aiutato suo padre con Charlie.
Finalmente sarebbero riusciti a passare del tempo insieme e avrebbe dato loro la bella notizia.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

Charlie aveva passato una serata tranquilla.
Al suo risveglio aveva trovato Larry immerso in qualche teoria a cui stava lavorando. Quando si accorse che era sveglio, lo aiutò con la cena e gli disse che Don era tornato in ufficio per novità sul suo caso, ma non si sbilanciò nel dare informazioni.
Dopo un po', su insistenza dello stesso Charlie, tornò a casa e il matematico fu lasciato solo con i suoi pensieri.
Pensò alla conversazione avuta nel pomeriggio con gli agenti e non riusciva a credere che potesse essere stato Seth ad investirlo. Certamente non avrebbe buttato la sua vita per una sciocchezza del genere. Doveva solo recuperare un esame: come poteva giustificare un atto così grave? Più ci pensava, più trovava assurda questa ipotesi.
Rimaneva la fatalità.
Qualcuno per errore lo aveva investito e, preso dal panico, era fuggito. Si sentivano storie del genere ogni giorno, purtroppo.
Per passare il tempo iniziò a calcolare le probabilità per i vari scenari. Il compito risultava più difficile del solito a causa degli antidolorifici, ma fu abbastanza per tenerlo occupato.
L'indomani, invece, fu una tortura. Il medico era passato dopo pranzo e, dopo averlo visitato, gli confermò che, in giornata, sarebbe stato dimesso.
Chiamò suo padre per dargli la buona notizia e iniziò l'attesa. Non era mai stato bravo ad aspettare: il tempo non passava mai e non riusciva a trovare un modo per distrarsi.
Finalmente arrivò suo padre, con sua grande sorpresa, accompagnato da Don, che appariva decisamente più rilassato del giorno precedente.
Non appena lo vide gli fece un grande sorriso e disse
"Ho un'ottima notizia! Abbiamo preso il delinquente che ti ha fatto del male. Ora verrà assicurato alla giustizia. È stato un ragazzo che ti ha investito per errore e poi è scappato senza nemmeno chiamare i soccorsi. Il sergente Walker mi ha garantito che pagherà per quello che ha fatto."
Vedendo lo sguardo sbalordito di suo fratello, l'agente si affrettò ad aggiungere
"Non ti ha visto e ti ha urtato. Ha avuto paura delle conseguenze ed è scappato".
Charlie era sconvolto, fissava Don con occhi sgranati. Suo padre intervenne
"Spero che gli diano una pena esemplare, avrebbe potuto ucciderti, anzi, ci è andato molto vicino!"
Charlie si girò verso suo padre e disse in un sussurro
"Ma avrà una vita rovinata! Una cosa del genere lo segnerà per sempre."
Vedendo quanto fosse sconvolto il fratello, Don si affrettò a cambiare discorso, chiedendo quando sarebbe potuto tornare a casa e, proprio mentre Charlie stava per rispondere, entrò l'infermiera con la lettera di dimissione e le prescrizioni degli antidolorifici.
Il gesso sarebbe stato rimosso il mese successivo. Per i primi tempi avrebbe usato la sedia a rotelle per non gravare sulle costole rotte. Quando se la sarebbe sentita, avrebbe potuto iniziare ad usare le stampelle.
Impaziente di tornare a casa, si diresse verso la porta e Don, sorridendo della fretta del fratello, lo aiutò a spingere la sedia a rotelle.
Il tragitto verso casa fu, perlopiù, silenzioso perché tutti e tre gli uomini erano persi nei propri pensieri.
Arrivati a casa, Don aiutò Charlie a sistemarsi sul divano letto nel soggiorno, che Alan aveva precedentemente preparato per il figlio.
Finché le costole non fossero guarite, l'ammalato non sarebbe stato in grado di affrontare le scale per andare nella sua stanza.
Suo padre si diresse subito verso la cucina per preparare qualcosa da mangiare, dato che l'ora di cena si stava avvicinando.
Quando il matematico si sistemò chiese subito il suo portatile: erano passati solo un paio di giorni, ma gli sembrava una vita da quando aveva preso in mano il suo lavoro.
Don si raccomandò di non sforzarsi troppo, ma il tragitto dall'auto fino al divano lo aveva stancato parecchio e non credeva di riuscire a fare molto, aveva solo bisogno di riappropriarsi delle sue cose.
Alan arrivò dopo poco con la zuppa che Margaret era solita preparare per i loro figli quando erano ammalati. Era un modo per farli sentire coccolati.
Mangiarono in fretta, poi iniziarono a guardare una partita di baseball, condividendo le opinioni sulle strategie di gioco.
A Charlie erano mancate molto queste serate passate in famiglia serenamente, era veramente molto tempo che non succedeva.
Ripensò alla giornata trascorsa, a come suo fratello si fosse preso cura di lui.
Si era sentito amato e aveva la certezza che anche Don avesse goduto del tempo assieme.
Si chiese se fosse dipeso dal suo incidente ma decise che non era importante.
Forse, per la prima volta nella sua vita, si era sentito accettato da suo fratello, non più da solo, a lottare per sentirsi parte della famiglia.
Guardò suo padre e Don che discutevano su un'azione della partita e, ad un certo punto, suo fratello lo fissò e gli fece un sorriso che lui prontamente ricambiò.
Si sentiva felice. Rivolse la sua attenzione alla partita e non ci volle molto prima che la stanchezza della giornata lo sopraffacesse e scivolò in un sonno tranquillo. 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

Don vide che suo fratello si era addormentato, così si alzò per sistemargli le coperte.
Ripensò alla giornata appena trascorsa, rendendosi conto che, per la prima volta, aveva passato del tempo con Charlie senza che fosse coinvolto il lavoro e aveva davvero goduto della sua compagnia.
Averlo quasi perso, gli fece capire che era ora di smetterla di tergiversare, se voleva creare un rapporto con suo fratello doveva darsi da fare e, come aveva dimostrato il tempo passato insieme, la cosa non richiedeva nemmeno uno sforzo.
Era però necessario parlare con suo fratello delle cose di cui era venuto a conoscenza riguardo il loro passato e alle conclusioni a cui era giunto. Non doveva però aspettare troppo a lungo, aveva già perso fin troppo tempo.
Decise così di prendersi un'altra giornata libera l'indomani, come avevano suggerito sia Megan che il vicedirettore. Avvisò l'ufficio e disse a suo padre che sarebbe rimasto per la notte, dormendo nella sua vecchia camera. Per suo padre era sempre una gioia avere entrambi i figli sotto lo stesso tetto.
La mattina dopo si alzò di buon'ora e sentì provenire dalla cucina un ottimo profumo di pancake e caffè: suo padre aveva deciso di viziarli.
Scese rapidamente le scale, trovando suo fratello sveglio e pronto per la colazione sulla sedia a rotelle
"Ciao Don, ben svegliato! Scommetto che è stato questo delizioso profumino a tirarti giù dal letto! Devi sbrigarti o farai tardi in ufficio!"
"No Charlie, oggi mi sono preso una giornata libera da passare in famiglia."
Fu ricompensato da uno sguardo di pura felicità di suo fratello e seppe di aver fatto la cosa giusta.
Si sedettero tutti a tavola e consumarono la loro colazione tra chiacchiere e risate. Chiese come si sentiva Charlie che disse
"Solo per il fatto di essere a casa va decisamente meglio! Le costole mi danno un po' di noia, ma niente che non riesca a gestire."
Quando ebbero terminato la colazione Alan, capendo che i suoi figli avevano bisogno di parlare, li lasciò da soli uscendo per fare alcune commissioni.
Don chiese a suo fratello se volesse uscire un po' vista la bella giornata, magari stare vicino al laghetto dei koi, che da sempre era il suo posto preferito. Charlie era entusiasta dell'idea e Don approfittò del tempo necessario ad aiutare suo fratello ad uscire per mettere in ordine i suoi pensieri.
Arrivati sul laghetto, il matematico si guardò intorno, godendosi la calma e la serenità che quel luogo gli aveva sempre dato, fin da quando era bambino. Don ruppe il silenzio
"Charlie, sono andato al raduno della nostra classe l'altra sera... c'erano quasi tutti".
La postura di Charlie si irrigidì, ma il suo tono rimase cortese.
"Davvero? Ti sarai divertito a rivivere i bei vecchi tempi."
"In realtà mi ha fatto riflettere molto. È da un po' che sto rivalutando la mia vita e mi sono reso conto che non sono stato per niente un buon fratello maggiore.".
Charlie, con uno sguardo sconvolto, lo interruppe
"Ma cosa stai dicendo! Sei la persona migliore che io conosca! È vero, la nostra adolescenza non è stato semplice. Non era certo facile dover convivere con uno come me"
"Hai ragione, non è stato semplice per me, ma per te è stato molto più difficile e me ne sono reso conto solamente da poco. Avrei dovuto esserti più vicino e aiutarti di più."
"No Don, mi hai sempre difeso dai bulli a scuola ed eri lì per me quando serviva."
"Non da tutti... ho parlato con Tom alla riunione e mi ha raccontato tutta la verità, come ti trattavano. Gesù Charlie, mi dispiace tantissimo di non essermi reso conto di nulla! Non posso credere di essere stato proprio io ad averti affidato a persone così subdole!"
Le lacrime riempirono gli occhi di Don, sentendosi oppresso dal senso di colpa. 
Charlie, dal canto suo, guardava stupito il fratello ed era dispiaciuto dalla colpa che emergeva dalle sue parole e dal suo sguardo.
"Non devi sentirti in colpa, avrei dovuto dirti quello che stava succedendo…"
Don lo interruppe "è questo il punto! Il modo in cui ti trattavo ti ha fatto credere di non poter chiedere il mio aiuto. E la parte peggiore, quella che davvero mi fa soffrire, è che, se tu mi avessi detto quello che succedeva, non sono sicuro che ti avrei creduto!"
"Don, ascolta. Eravamo ragazzini e abbiamo affrontato quello che ci capitava nel miglior modo possibile. Abbiamo fatto entrambi errori, ma comunque è nel passato. È inutile rivangare queste vecchie questioni. Ultimamente anche io ho riflettuto molto sulla mia vita e sulla nostra famiglia. Mi sono reso conto che davvero, nel momento del vero bisogno, tu eri lì per me e mi hai aiutato e sostenuto. A me non piace molto stare con le persone, non le capisco e preferisco rintanarmi nella mia matematica. Questo è molto egoistico da parte mia e ho capito che devo sforzarmi di più per costruire rapporti con chi mi sta intorno. Voglio davvero iniziare a far parte della tua vita, se ti va bene, e ad avere un vero rapporto tra fratelli."
Sorpreso di quanto fosse effettivamente maturato suo fratello, Don si commosse per le parole di Charlie.
Aveva iniziato questo discorso pensando di doversi impegnare per ottenere il perdono di suo fratello.
Charlie però lo aveva già perdonato e non solo, si sentiva in parte responsabile.
Non era sicuro di meritarsi un'assoluzione così veloce, però, in quel momento, decise di seguire il suggerimento di suo fratello: lasciare il passato alle spalle e imparare dagli errori fatti per iniziare a migliorare le cose tra loro.
Guardò suo fratello per alcuni istanti, poi si alzò deciso, e abbracciò suo fratello, con la consapevolezza che sarebbe stato il primo di molti

FINE.

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