Il ritorno dei draghi

di DawnLady94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** EDDARD, I ***
Capitolo 2: *** Joan I ***
Capitolo 3: *** EGG I ***
Capitolo 4: *** EDDARD II ***
Capitolo 5: *** Art. I ***
Capitolo 6: *** Robb I ***
Capitolo 7: *** Joan II ***
Capitolo 8: *** Dany I ***
Capitolo 9: *** Egg II ***
Capitolo 10: *** Sansa I ***
Capitolo 11: *** Joan III ***
Capitolo 12: *** Daenerys II ***
Capitolo 13: *** Egg III ***
Capitolo 14: *** Joan IV ***
Capitolo 15: *** Oberyn I ***
Capitolo 16: *** Aegon IV ***
Capitolo 17: *** Cersei I ***
Capitolo 18: *** Samwell I ***
Capitolo 19: *** Eddard III ***
Capitolo 20: *** AGGIORNAMENTO! ***
Capitolo 21: *** Aegon V ***
Capitolo 22: *** Daenerys III ***
Capitolo 23: *** Joan V ***
Capitolo 24: *** Oberyn II ***
Capitolo 25: *** Cersei II ***
Capitolo 26: *** Sansa II ***
Capitolo 27: *** Daenerys V ***
Capitolo 28: *** Cersei III ***



Capitolo 1
*** EDDARD, I ***


Ciao a tutti! Dopo il finale di GoT, siamo sinceri, un po' tutti siamo rimasti male. Indipendentemente dal fatto che il nostro personaggio preferito o meno abbia avuto il finale che ci aspettavamo credo di poter dire con certezza che più o meno tutti siamo rimasti delusi da come si è arrivati a quegli istanti finali. Così ovviamente le teste troppo fantasiose (come la mia) cominciano a fantasticare su possibili finali alternativi e così da un finale alternativo particolarmente fantasioso e impossibile (considerando che ho completamente cambiato il genere ad un personaggio) mi è venuta in mente questa fanfiction in cui Aegon Targaryen (non ho letto tutti i libri quindi so che viene citato ma non so un granché del suo personaggio quindi perdonatemi se sarà OOC) figlio di Elia e Rhaegar Targaryen sopravvive e vuole riprendersi il suo trono in questa conquista aiutato da una sorella che non sapeva di avere (il nostro Jon Snow diventato una donna) e dalla zia.

Ora comprendo che l'idea sia parecchio poco fattibile, ma d'altronde scribacchio per passare il tempo e per divertirmi, quindi se vi va, date una lettura e fatemi sapere che ne pensate :) Sono aperta ad ogni tipo di critica purché sia costruttiva e mi aiuti a migliorare l'unica cosa che non vorrei vedere (se vi fosse possibile) sono commenti del tutto inadeguati e carichi d'odio nei confronti di talune tematiche affrontate o di come sono presentati i personaggi dal momento che sono una persona fermamente convinta che ciascuno ha il diritto di avere ed esprimere la propria opinione, ma lo deve fare nel modo più adeguato poiché da ogni azione scaturisce una reazione. Sappiamo tutti cosa ci piace e cosa no, quindi se determinate tematiche o personaggi o parte della trama non vi soddisfano e lo volete dire siete padroni e liberissimi di farlo, ma nei dovuti modi.

Ciò detto, scusatemi se vi ho annoiato, vi lascio alla lettura del primo capitolo e spero che mi facciate sapere che ne pensate. Un bacio, Giules.
 

1

Eddard I

Bussò delicatamente alla porta della stanza di sua figlia. Era presto, talmente presto che non avevano ancora neanche consumato la loro prima, frugale colazione, eppure il castello era vivo e sveglio ormai da ore.

 

Aveva abbandonato le proprie stanza dopo essersi svegliato avvolto nel caldo abbraccio della sua amata moglie, con i suoi lunghi capelli rossicci che ricadevano in morbide onde a coprire le sue nudità. A volte ancora si domandava come avesse potuto essere tanto fortunato. C'era stato un tempo in cui si era rassegnato ad una vita grama e priva di felicità vera. Subito dopo la guerra quando era tornato a casa con una figlia bastarda al seguito. Cat ne era stata sconvolta e l'offesa l'aveva ferita tanto nel profondo che aveva dubitato che avrebbe mai riacquistato la sua fiducia.

 

Non era stata tanto l'evenienza della figlia bastarda in sé, si erano sposati che erano a malapena degli sconosciuti e non c'era alcun tipo di affetto fra loro e pertanto non era stata la sua infedeltà a ferirla, non con la morte di Brandon così fresca, ma il fatto che avesse intenzione di crescere la prova evidente della sua infedeltà di fianco al suo figlio legittimo l'aveva ferita profondamente così come il fatto che si fosse rifiutato ostinatamente di dire chi fosse la madre della bambina.

 

Eppure, in qualche modo, la sua dolce Cat aveva trovato nella sua anima la forza di perdonarlo e col tempo avevano costruito un profondo affetto e un amore duratura che ancora oggi lo faceva sentire come un ragazzino innamorato. Dalla loro unione erano nati altri quattro meravigliosi figli ed Eddard non avrebbe potuto amarli di più, erano tutti un fantastico dono degli Dei ed Eddard ne era estremamente grato.

 

Tuttavia gli incubi continuavano a tormertarlo. Nella sua mente camminava, solo e spaurito, infreddolito e con Ghiaccio fra le mani lungo le tetre cripte che contenevano gli antichi re d'Inverno. La vedeva, di fronte a sé, con indosso la sua veste da notte ricoperta di sangue e in capo una corona di rose d'inverno appassite, lei lo perseguitava nei suoi sogni. Promettimelo, Ned! Lo supplicava e ogni volta lui prometteva, lui giurava e lei spariva, tutto ciò che restava di lei era il profumo acre delle rose appassite e del sangue e quel pianto che gli stringeva la bocca dello stomaco. Poi vedeva sua figlia, non c'era limite ai modi in cui l'aveva vista morire nei suoi incubi. Tutto perché non era stato capace di proteggerla.

 

Quella mattina si era svegliato ricoperto di sudore dopo averla vista morire per decapitazione, mentre tentava invano di raggiungerla e lei piangeva, supplicando, affermando che non aveva fatto nulla di male, che non aveva colpe. Era stato così sconvolgente come sogno che aveva ritrovato la pace solo pregando nel Parco degli Dei.

 

"Avanti." chiamò soffice, ovattata dalla porta lignea, la voce melodiosa di sua figlia, ed Eddard entrò. Lei gli dava le spalle con indosso solo una veste da notte e una vestaglia di lanella rosa antico, i lunghi capelli color ebano che ricadevano in morbidi ricci lungo la schiena e le spalle.

 

"Che ne dici, Arya, pensi che Septa Mordane ti lascerà uscire dalla lezione di cuci...to" osservò lo stupore sul suo viso quando sua figlia si voltò trovandosi di fronte non la sorella, come invece immaginava, ma il padre, avvampando di colpo e sorridendo mesta "Padre, perdonatemi, pensavo fosse Arya alla porta." si giustificò con un sorriso imbarazzato.

 

Eddard sorrise, portandosi le mani dietro la schiena "Devo suppore, dunque, che se Septa Mordane si lamentasse di una sparizione improvvisa di Arya dalla lezione di cucito la colpevole sia tu?" scherzò con un sorriso.

 

"Assolutamente no, padre. – replicò impettita – non distoglierei mai Arya dai suoi compiti e dai suoi doveri di orgogliosa figlia di Casa Stark. Non farei mai un tale dispetto alla vostra lady moglie."

 

Il sorriso gli morì sulle labbra e non per la prima volta da quando lei era venuta al mondo si domandò se avesse preso la decisione giusta. La vita di una bastarda non era facile, ma quantomeno avrebbe vissuto, in mezzo alla sua famiglia e amata, come sua madre avrebbe voluto. In quel momento però, nonostante l'evidente somiglianza con la madre, Eddard non poté non rimanere senza fiato nel vedere in lei le tracce del padre. Il modo in cui sollevava il mento, gli zigomi e il taglio degli occhi. Le labbra, i capelli e il colore degli occhi erano tutti sua madre, ma il resto... ogni giorno che passava assomigliava sempre più a suo padre soprattutto se si prendeva in considerazione la sua natura riflessiva e spesso silenziosa.

 

"Ad ogni modo – sopperì al pesante silenzio che era seguito la sua affermazione – non penso che la biasimerei nemmeno se Arya scappasse da quell'inferno di lezioni. Non fa altro che supplicarmi di concederle di abbandonare lo studio del cucito, odia quegli aghi." commentò con un sorriso.

 

Le labbra di sua figlia si tesero in un sorriso dolce "Se me lo concedete, Padre, pensavo di regalarle un ago che si confà maggiormente al suo carattere." ed Eddard ebbe la quantomeno peculiare impressione che sua figlia, in realtà, non gli stesse chiedendo il permesso, ma semplicemente mettendo al corrente di quanto aveva intenzione di fare.

 

Sorrise, comprendendo a grandi linee quale tipo di ago sua figlia volesse effettivamente regalare alla sorella.

 

"Purché sua madre non lo venga a sapere e lei non si faccia male – commentò con fare cospiratorio – sono certo che Arya sarà più che lieta di ricevere un dono simile."

 

Sua figlia si irrigidì nuovamente alla menzione di sua moglie e a discapito del fatto che fosse estremamente dispiaciuto della evidente freddezza e disprezzo che sua moglie aveva nei confronti di sua figlia non poteva che pensare che fosse un male accettabile nei confronti del destino che l'avrebbe potuta attendere altrimenti.

 

"Arya potrà anche essere impulsiva, Padre, ma il suo cuore è nel posto giusto. – replicò ignorando la menzione di sua moglie – mi assicurerò io stessa che si comporti con cautela nell'uso del suo nuovo ago."

 

Annuì "Bene, allora non vedo perché Arya non dovrebbe ricevere tale dono." concesse e provò la forte urgenza di stringere sua figlia fra le braccia, appariva tanto minuta e insicura in questi momenti che aveva il solo desiderio di avvolgerla in un lembo di lana e assicurarsi che nessuno le facesse mai del male.

 

Lei gli regalò un sorriso smagliante, così luminoso da farlo sentire immediatamente meglio prima che le chiedesse se per il regalo aveva necessità di un aiuto. Sebbene si fregiasse di essere un uomo equo di dare lo stesso amore e le stesse possibilità a tutti i suoi figli, Eddard sapeva bene che Joan non aveva quanto i suoi fratelli e sorelle considerato che non era un membro ufficiale di Casa Stark.

 

Lei scosse la testa con un sorriso "No, Padre. – replicò – ho delle pelli che mi sono già accordata per scambiare con Mikken. Vi ringrazio." poi fu come colpita da una folgorazione "Volevate dirmi qualcosa?" domandò ed Eddard semplicemente scosse la testa.

"Nulla di che, piccola. – la apostrofò – non può un padre semplicemente desiderare di vedere la propria figlia maggiore?"

 

Il sorriso che gli regalò illuminò l'intera stanza e in quel momento era così simile a sua madre che Eddard si sentì mancare il fiato mentre, piccola e minuta lo abbracciava in uno scatto di affetto che non avveniva da anni, almeno da quando era diventata abbastanza grande da capire che non era una figlia legittima e che questo le imponeva un comportamento diverso rispetto ai suoi fratelli e sorelle.

 

Eddard posò un bacio sul suo capo corvino, stringendosela al petto come aveva fatto innumerevoli volte dal momento in cui la bambina gli era stata messa in braccio appena nata di fianco al capezzale della madre. Quando era nata profumava di neonato, aveva scoperto, un odore che aveva potuto assaporare con tutti i suoi successivi figli e ancora adesso mentre la abbracciava poteva sentire come una nota di innocenza nel suo odore che sapeva di lavanda, probabilmente un regalo di Sansa che amava tanto gli oli profumati che non perdeva l'occasione di donarne alle sorelle, sebben Arya li trovasse assolutamente inutili.

 

Era così immensamente fiero di tutti i suoi figli per l'amore incodizionato che si dimostravano continuamente, perfino Sansa, la sua adorata principessa dai capelli rossi, che era l'immagine della madre e che aspirava a null'altro che renderla felice, era estremamente leale a Joan e, sebbene non la chiamasse mai sorella, ma solo mezza-sorella per non ferire la madre, non aveva mai mancato di dimostrare l'affetto sincero che provava nei confronti della ragazza più grande.

 

Posò un bacio sulla sua fronte e poi si congedò, lasciandola a prepararsi per la sua giornata e chiudendosi la porta della sua stanza alle spalle. Nel farlo notò che una guardia sostava vigile alla sua porta. I suoi capelli cominciavano a tingersi d'argento e i suoi occhi nella plumbea aria del nord sembravano quasi colore dell'acciaio, l'uomo si era lasciato crescere i capelli che ora ricadevano fino alla vita e servivano ancora meglio a mascherare la sua identità di fronte a chiunque potesse in alcun modo riconoscerlo.

 

"Buon giorno. – augurò all'uomo che ormai era giunto a considerare un confidente e un amico, sebbene la loro amicizia fosse nata su di un terreno molto instabile e fosse costantemente in pericolo di fronte alle diverse visioni che avevano della situazione – avete riposato bene, ser?" domandò, dopo essersi assicurato che nessuno stesse passando in quel corridoio al momento.

 

L'uomo annuì "Ho riposato. – la sua voce era roca e stanca e profonde occhiaie grigie circondavano i suoi occhi chiari – come sta la principessa?" reguardì l'uomo con uno sguardo rigido. Come ogni altra volta in cui l'uomo aveva chiamato sua figlia principessa Eddard si era paralizzato, terrorizzato che chi l'avrebbe voluta morta fosse potuto apparire da un momento all'altro a pretendere la sua testa. Le immagini del suo incubo ancora troppo vivide nella memoria per poter scacciare il timore.

 

"Mia figlia – enfantizzò – sta bene."

 

Se da un lato era grato della presenza dell'uomo nel castello e al fianco della figlia, dall'altro non riusciva proprio a togliersi dalla testa quanto la sua presenza potesse costituire un pericolo. In sedici anni nessuno l'aveva mai riconosciuto fortunatamente, ma costituiva comunque un pericolo per l'incolumità della ragazza, visto che chiunque sarebbe potuto arrivare, avrebbe potuto riconoscerlo e connettere i punti, rendendosi conto del segreto più ben celato di tutto il continente occidentale.

 

Eddard non poteva permetterlo. Eppure non aveva mai avuto il cuore di cacciare l'uomo, non che ci sarebbe mai riuscito, che nonostante proteggesse estenuantemente sua figlia si era affezzionato a tutti i suoi figli e saperlo al loro fianco lo faceva sentire tranquillo quando lui non era presente a proteggerli.

"Devi dirglielo." borbottò ostinatamente l'uomo con un profondo accento nordico dovuto ai lunghi anni passati con loro, non sarebbe mai potuto passare come un vero uomo del Nord alle orecchie di chi ci era nato e cresciuto nel suo dominio, ma per tutti gli altri non vi era differenza tra il suo modo di parlare e quello degli altri "Lei ha il diritto di sapere."

 

Avevano avuto quella discussione milioni di volte e il finale era sempre il medesimo, Eddard conveniva che aveva il diritto di saperlo, ma "Ha anche il diritto di vivere – gli ricordò acremente mentre i suoi occhi grigi saettavano ammonendo l'altro uomo – e se devo scegliere fra dirglielo e assicurarmi che lei viva, io so quale scelta prenderei ogni volta, e tu?"

 

"Non è vita quella di una persona che non sa chi è." replicò piccato l'altro i suoi occhi che lampeggiavano minacciosi "Non puoi continuare a rimandere in eterno, Eddard.".

 

Sospirò. "Lo so." ammise "Ma non ancora." e detto questo si voltò allontanandosi dall'uomo e dalle questioni che continuava a sollevare e che continuava a costringerlo ad affrontare.

*

Passò il panno sulla lama di Ghiaccio, sovrappensiero mentre, seduto ai piedi dell'Albero Cuore cercava di togliersi dalla testa quanto era appena accaduto. Era immerso nella pace del Parco degli Dei, seduto fra le poderose radici bianche dell'Albero Cuore, con le sue fronde color porpora che lo avvolgevano facendolo sentire improvvisamente leggero e parte di qualcosa di più grande.

 

Non era stato solo il fatto di aver dovuto prendere una vita. Chi passa la sentenza deve anche calare la spada era un dictat che cercava di rispettare dal momento stesso che era venuto al mondo, e che voleva trasmettere ai suoi figli affinché anche loro lo rispettassero. Quell'uomo, quel ragazzo era spaventato, ma non della morte, aveva accettato la sua pena nel momento stesso in cui aveva disertato i Guardiani della Notte, no. L'uomo aveva paura di ciò da cui era scappato. Eddard non credeva alle storie della vecchia Nan, storie di uomini di ghiaccio, che respiravano gelo e portavano tempesta, uomini che sollevavano i morti e portavano la Lunga Notte. Eddard non credeva agli Estranei, eppure quel ragazzo era sicuro di averli visti ed era una cosa che non poteva ignorare.

 

Bran, ancora piccolo e facilmente influenzabile dalle storie che gli venivano raccontate, era stato più disposto a credere all'uomo e non poteva ignorare la sua domanda, una domanda che tutti i suoi figli prima o poi gli avevano fatto può un uomo essere coraggioso se ha paura? Ed Eddard aveva una sola risposta per quella domanda ed essa non era mai cambiata nell'arco di tutta la sua vita. Un uomo può essere coraggioso solo quando ha paura. E poi, come se non bastasse avevano trovato la carcassa del cervo e poi quella della metalupa e i suoi cuccioli.

 

Eddard era stato certo che fosse più misericordioso per quelle creature la cui madre si era avventurata troppo a sud una morte veloce e indolore, ma sua figlia aveva intercesso replicando che il metalupo era il sigillo di Casa Stark e che c'erano cinque cuccioli, tre maschi e due femmine, proprio come i suoi figli e che quindi questo non era un presagio di morte, ma un segno. Gli Dei avevano voluto che gli Stark li avessero e Eddard non aveva potuto non notare come, per far tornare i conti, la ragazza si era esclusa dai suoi figli. E tu, le aveva chiesto, non desideri anche tu un metalupo?, lei si era scossa nelle spalle e con un sorriso mesto nella direzione del fratellino che aveva accanto aveva replicato io non sono una Stark e mai una frase era stata tanto forte da farlo sentire come se fosse stato appena colpito in pieno da un pugno nello stomaco, facendogli salire la bile alla bocca. Era certo che non avrebbe potuto amare sua figlia più che in quel momento in cui aveva usato la sua situazione, situazione che la faceva soffrire, per portare gioia ai propri fratelli.

 

E gli Dei l'avevano ricompensata, perché nella neve aveva trovato un sesto metalupo, una femmina, un albino. Lo scarto della cucciolata, aveva affermato il suo protetto, Greyjoy, ma lei aveva semplicemente stretto il cucciolo, bianco come la neve con gli occhi rossi come il sangue al petto e aveva risposto sicura e decisa No, Greyjoy, questa è mia. Ed Eddard non poteva essere più d'accordo perché la cucciola sembrava calma e attenta e osservava tutto con occhi aperti e in silenzio, proprio come Joan allo sguardo della quale non sfuggiva quasi mai nulla.

 

"Vivo qui da una vita, ormai, eppure mi sento sempre una straniera." la voce di sua moglie lo riscosse dai suoi pensieri, teneva fra le mani un rotolino di pergamena e i suoi lunghi capelli rosso scuro scivolavano lungo la sua schiena fino alla vita, in netto contrasto con il suo abito celeste che si intonava ai suoi occhi blu. La osservò. Piccole rughe si raccoglievano intorno ai suoi occhi e labbra, e sottili fili d'argento cominciavano ad apparire fra i suoi capelli, eppure non l'aveva mai trovata tanto bella. Nemmeno quando gli aveva donato il primo figlio nato dal loro amore, la loro adorata Sansa.

 

"Non dovresti. – sussurrò allungando una mano nella sua direzione e osservandola mentre si avvicinanva lentamente – hai messo alla luce cinque figli del Nord, non sei più una straniera."

 

"Suppongo spetti agli Dei, deciderlo." replicò dolcemente, sedendosi al suo fianco e rigirandosi il rotolo di pergame fra le mani incerta "Oh, amore mio. – sospirò dopo qualche momento – sono così dispiaciuta."

 

Ali oscure, oscure parole; ripeteva sempre ed Eddard aveva compreso dal momento stesso che era apparsa che non portava buone notizie, ma aveva atteso finché non fosse stata pronta a riferirle.

 

"Jon Arryn è morto." soffiò ed Eddard si sentì come se fosse stato colpito in pieno visto da un secchio di acqua ghiacciata. Jon Arryn era stato come un padre per lui, suo padre lord Rickard Stark lo aveva inviato a Nido dell'Aquila quando era solo un fanciullo e lì Eddard aveva conosciuto Robert, un uomo che amava come un fratello, e Jon Arryn che non aveva figli e li trattava come se lo fossero.

 

Quando, dopo gli avvenimenti di Approdo del Re, il Re Folle aveva preteso la sua testa e quella di Robert, Jon Arryn si era rifiutato, aveva chiamato a raccolta i vessili e si era unito a Robert nella ribellione che aveva insaguinato e spezzato il reame in due.

 

"Tua sorella? – domandò – e il ragazzo?" quando Eddard aveva sposato Cat, Jon Arryn aveva sposato sua sorella, Lysa e aveva avuto da lei un figlio, un bambino cagionevole di salute di cui Jon si preoccupava immensamente.

 

"Stanno entrambi bene, mia sorella è tornata a Nido d'Aquila." riportò Cat annuendo "Non è tutto, amore. – soffiò – Re Robert ha intenzione di venire a Grande Inverno, con tutta la corte. Dice che porta un dono da Essos."

 

E improvvisamente sentì come un macigno sulla propria anima all'idea di Robert sotto lo stesso tetto di sua figlia, la testa gli vorticava e avrebbe desiderato in quel momento qualsiasi cosa tranne rivedere il suo vecchio amico. Improvvisamente gli parve come se tutto il mondo stesse crollando attorno a lui, mattone dopo mattone e si sentì perso.

 


Eccoci qua, è finito il primo capitolo. Sarei molto felice se mi faceste sapere cosa ne pensate, intanto vi informo che se vi può interessare la prossima settimana caricherò il secondo capitolo (martedì credo). Ho già qualche capitolo pronto e concluso quindi prima di andare in vacanza (che non avrò internet da poter caricare) cercherò di pubblicare almeno fino al quinto/sesto capitolo il che significa che poi riprenderò a pubblicare, sempre che la storia vi interessi da dopo il 15 agosto. 


Fatemi sapere cosa ne pensate, se avete suggerimenti, se avete notato errori o simili. Un bacio, Giules.

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Capitolo 2
*** Joan I ***


Joan I 

Le nevicate estive erano una delle cose che Joan amava di più del Nord. Erano rigeneranti, ogni volta che si sentiva sopraffatta dai suoi pensieri o dalle sue emozioni lasciava che la neve cadesse e lavasse via tutti i suoi pensieri. Quel giorno non era una eccezione.  

 

Passeggiava con Rickon per i cortili di Grande Inverno, Sansa e Arya erano a lezione con Septa Mordane e Bran era con la madre. Il suo fratellino più piccolo l'aveva trovata seduta sul parapetto del castello mentre accarezzava il pelo candido di Spettro e l'aveva implorata di uscire dall'edificio.  

L'intero castello era in fermento e Joan comprendeva perfettamente la necessità di Rickon, piccolo e selvaggio, di uscire da quell'edificio così pieno di vita e di fermento per l'arrivo del Re e della sua Corte. 

 

Robb non parlava d'altro da quando loro padre aveva dato loro la notizia dell'arrivo del re. Re Robert era sempre stato un eroe delle storie che loro padre raccontava loro, un uomo gigantesco e un portento nel combattimento che si era sollevato in rivolta quando il principe Targaryen aveva rapito la sua amata e che aveva combattuto per liberarla, fallendo miseramente perché alla fine loro zia Lyanna era morta comunque e Robert era rimasto con in mano un regno, ma senza la sua sposa, anche se poi aveva sposato la regina, Cersei Lannister e aveva avuto tre figli, tra cui il principe Joffrey che per il dolore delle povere orecchie di Arya, Sansa aveva preso a chiamare il suo principe dorato. Brandon era estremamente eccitato all'idea di vedere i famosi cavalieri del sud e il grande combattente che aveva ucciso il principe Targaryen solo con un unico, possente colpo del suo martello da guerra facendo cadere i rubini dell'armatura del principe nelle acque del Tridente.  

 

Rickon dal canto suo era terribilmente di cattivo umore all'idea di doversi attenere alle buone maniere e di essere costretto a seguire l'etichetta. D'altronde era tanto selvaggio quanto il suo cane nero come la pece che aveva chiamato Cagnaccio, un nome quantomai appropriato dal momento che quella bestia insolente non faceva che digrignare i denti a chiunque gli capitasse a tiro e sembrava tacere solo quando a zittirlo erano i fratelli o le sorelle.  

 

Joan era indecisa tra il sentirsi eccitata all'idea di conoscere il loro re e l'intera corte e come diceva Arya soprattutto i fratelli della regina, il bellissimo Jaime Lannister che chiamavano lo Sterminatore di Re perché aveva ucciso Aerys  Targaryen e il Folletto, un nano si diceva con un occhio verde e uno azzurro e senza naso. D'altro però, si sentiva terribilmente sola e abbandonata e soprattutto non voluta. Lady Stark aveva preteso che Joan non sedesse alla Tavola Grande durante il banchetto in onore del re e della regina e soprattutto che si facesse vedere il meno possibile e suo padre, inerte, aveva acconsentito. Non era tanto la richiesta di lady Stark a farla stare male, se la donna avesse potuto l'avrebbe messa ai cancelli di Grande Inverno senza un ulteriore pensiero, era l'inerzia di suo padre che l'aveva profondamente ferita.  

 

Sapeva che lei rappresentava l'unica macchia sul suo onore e che era normale che la lady di un grande castello non volesse esporre la figlia bastarda del proprio marito all'intera corte per proteggere il proprio orgoglio e onore ferito, ma suo padre? Lo stesso uomo che aveva imposto al resto del mondo di accettare che lei crescesse assieme ai suoi figli legittimi amata tanto quanto loro?, il fatto che ignorasse quanto male le faceva essere nascosta come delle lenzuola sporche la faceva stare ancora più male.  

 

Sentì una lacrima scenderle lungo la guancia e fu grata della presenza di Cagnaccio e di Spettro perché i due metalupi stavano tenendo abbastanza impegnato il fratellino affinché non notasse la sua sofferenza. Si spostò una ciuffo di capelli scuri dal viso, cercando di imporsi di smettere di piangere che non ne aveva ragioni poiché era circondata da una famiglia che l'amava anche se non ne era un membro legittimo. Tuttavia lo sguardo vacuo di suo padre quando aveva acconsentito senza nemmeno proferire parola alla richiesta di lady Stark continuava a perseguitare i suoi pensieri. 

 

Una mano calda si posò sulla sua spalla, stringendola in una presa consolatoria, alzò gli occhi di scatto incontrando quelli color acciaio di Art Snow. 

  

"Tutto bene, principessa?" le domandò con la sua voce ruvida e profonda, con uno sguardo sinceramente preoccupato e Joan sorrise. 

Art Snow era sempre stato una presenza costante nella sua vita, c'era da quando Joan aveva memoria, una figura solitaria e silenziosa sempre ai margini della sua vita. Sapeva che Art Snow aveva combattuto durante la ribellione di Robert al fianco di suo padre e che era tornato con lui da Dorne dove lo aveva accompagnato a recuperare la sorella, solo per trovarla già morta.  

 

Non avrebbe saputo dire se lui e suo padre fossero amici, certamente c'era una certa confidenza fra loro, anche perché Art Snow aveva confidenza più o meno con tutti loro. Aveva l'insolita abitudine di chiamare lei principessa, Sansa piccola principessa e Arya piccola lupa mentre riservava a Robb i soprannomi più coloriti come piccolo lord e altri, avendo anche spesso messo in discussione la stretta amicizia di Robb con Theon Greyjoy il protetto del loro Lord padre. Cosa che la faceva sempre sbellicare dalle risate perché Robb se la prendeva sempre a morte.  

 

Era un uomo indubbiamente affascinante con la sua pelle qualche tono più scura del solito, gli occhi color acciaio screziati di indigo e i lunghi capelli castano chiaro che ora cominciavano ad essere brizzolati, Joan aveva dovuto ammettere di aver sentito più servitrici elogiare la sua bellezza, eppure in lui Joan non riusciva che a vedere un carissimo confidente e una specie di anima affine dal momento che anche lui era uno Snow e sembrava capirla sempre perfettamente.  

 

"Sì – mentì – sto bene..." ma di fronte al suo sguardo non convinto sospirò "Vorrei che mio padre non volesse nascondermi come delle lenzuola sporche solo perché il re è in arrivo." mormorò afflitta, abbasando lo sguardo per la vergogna. A dirlo ad alta voce si rendeva conto di quanto sciocco fosse, suo padre si stava solo comportando in maniera adatta alla sua stazione sociale.  

 

Lo sentì imprecare qualcosa, ma Joan non comprese cosa "Principessa, vostro padre non vi vuole nascondere come delle lenzuola sporche, non si vergogna di voi. Vi ama troppo per vergognarsi di voi. – le assicurò – è solo che... voi ricordate molto la vostra defunta zia, lady Lyanna e re Robert era molto innamorato di lei, con la ferita della morte di Jon Arryn tanto fresca nella memoria vostro padre desidera solo evitare di riaprire vecchie ferite mai del tutto guarite." 

 

E questo... questo Joan poteva accettarlo, sapeva bene quanto somigliasse a sua zia Lyanna, non facevano che ripeterglielo tutti e tutti sapevano quanto Robert aveva amato Lyanna tanto da scatenare una guerra per riprendersela, che suo padre volesse evitare che re Robert si sentisse male nel vederla era comprensibile anche se Joan avrebbe preferito che suo padre glielo avesse detto invece che farle crede che provava vergogna di lei. 

 

Prese le mani guantate di Art Snow fra le proprie e gli sorrise "Grazie, amico mio. – proclamò – siete sempre così comprensivo con me a volte non saprei proprio cosa fare senza il vostro sostegno."  

 

E, come sempre quando Joan si prendeva libertà che non avrebbe dovuto, Art Snow si chiuse a riccio lanciandole un sorriso mesto e liberando delicatamente le mani dalle sue. Joan aveva smesso di sentirsi rifiutata dalla cosa anche se qualche anno prima lo aveva affrontato a riguardo e Art Snow aveva ammesso che si comportava in maniera tanto incresciosa (a detta sua) perché quando Joan si comportava così gli ricordava immensamente una persona cara che aveva perduto durante la ribellione di Robert, facendolo soffrire terribilmente.  

 

Senza imbarazzo alcuno si voltò alla ricerca del fratello solo per trovarlo mezzo appeso da un ramo che dondolava. 

"Oh signor scoiattolo! – chiamò – avete per caso visto mio fratello? È un bambino alto circa così e ha folti capelli rossicci e due grandi occhi blu." giocò e Rickon per poco non perse l'equilibrio facendole accapponare la pelle. 

 

Sia Rickon che Bran amavano terribilmente arrampicarsi ovunque e, sebbene Rickon sembrasse avere meno smania di raggiungere il cielo di Bran – che poteva vedersi spesso sui cornicioni o sopra i tetti – ogni volta che dondolava da qualche ramo o da qualche parapetto le faceva prendere sempre un colpo al cuore. 

 

"Ma Joan, sono io! – esclamò offeso – sono qua!" 

 

"Ma no, signor scoiattolo, solo una scimmia o uno scoiattolo potrebbe arrampicarsi lassù e mio fratello non è una scimmia." Cagnaccio abbaiò e Spettro si sedette elegantemente ai suoi piedi osservando la scena con i suoi profondi occhi rossi.  

 

Furono interrotti nel loro gioco da una quarta voce pomposa e dall'intercalare fintamente autoritario "Grazie mille, Art, da qui in poi ci penso io a riportare i miei fratelli all'interno per cena." affermò Robb, usando quella che loro chiamavano, ridendo, la sua voce da lord che usava quando voleva imitare il loro lord padre.  

 

Joan scambiò un'occhiata divertita con Art che si proferì in un profondo e alquanto scherzoso inchino "Come desiderate, piccolo lord." ammicandole prima di scompigliare i capelli rossicci di suo fratello e sparire mentre li lasciava da soli a finire la passaggiata e Joan tratteneva un risolino. 

 

"Oh sì?, e quindi tu lo troveresti terribilmente divertente, eh? – provocò Robb incrociando le braccia al petto – ma guarda tu che mancanza di rispetto debbo sopportare dalla mia sorellina minore." 

 

Joan roteò gli occhi al cielo, ampiamente divertita dal suo comportamento "Intanto chi ha mai detto che sei tu il maggiore..?" fece per chiedere solo per essere colpita da una palla di neve dritta in faccia. 

 

Era un gioco che amavano fare da bambini, una volta erano talmente presi dal gioco che aveva perfino colpito il loro lord padre mentre passava di lì. Theon e Jeyne se l'erano immediatamente data a gambe terrorizzati dall'essere ripresi dall'uomo dall'aspetto tanto severo, invece lei, Robb, Sansa e Arya erano scoppiati in una fragorosa risata che era stata presto raggiunta da quella del padre mentre si gettava nella neve a giocare con loro. 

Joan non avrebbe saputo dire quanto a lungo giocarono nella neve quel giorno, sapeva solo che erano senza fiato, fradici e con le guance rosse per il divertimento quando lady Stark li aveva trovati a rotolarsi nella neve e aveva posto fine al loro gioco con il piccolo Bran che osservava tutto da dove si trovava bilanciato sul fianco della madre.  

 

"Per gli Dei, Robb, quanto sei infantile." borbottò fintamente offesa, asciugandosi il viso prima che Rickon si lanciasse dal ramo come un fulmine urlando vendetta per la sua signora atterrando proprio in braccio a Robb e facendolo capitombolare nella neve. Cagnaccio si unì immediatamente a loro abbaiando divertito e Joan si scambiò un'occhiata con Spettro che la fissava con occhi intelligenti. 

 

"Che ne dici, ci uniamo a loro?" propose e dopo qualche istante le loro risate potevano sentirsi fino ad Approdo del re. 

 

Quando rientrarono erano fradici dalla punta dei capelli alla punta dei piedi e Robb portava in braccio Rickon dopo che lo aveva avvolto nel suo mantello per evitare che prendesse troppo freddo. 

 

"Joan domani possiamo giocare di nuovo a battaglia di neve?" domandò, innocentemente Rickon, Joan si sporse abbastanza da poter scompigliare i suoi capelli fradici, osservando l'incredibile somiglianza fra Robb e Rickon entrambi con i fiocchi di neve che si scioglievano nei capelli rossicci, due profondi occhi blu e sorrisi identici.  

 

"Temo di no, tesoro. Domani arriverà il re. E da domani dovremmo tutti essere molto attenti al nostro comportamento e comportarci secondo buona maniera. – spiegò – è molto importante che tu ti comporti bene per fare una buona impressione sul re. Quindi ti dovrai comportare come un piccolo lord." 

 

"Ma Joan, anche tu che non sei una lady dovrai comportarti bene?, non è che potrei nascondermi con te?" Joan sentì Robb irrigidirsi di fronte all'innocente considerazione e Joan sorrise facendogli capire che stava bene, che non ci era rimasta troppo male.  

 

Aggiustò il mantello attorno alle spalle del fratello mentre Robb lo metteva giù "Sì tesoro, anche io dovrò comportarmi bene. Ora corri su, va' da tua madre che sei tutto fradicio." Rickon non se le fece ripetere due volte mentre correva all'interno del castello. 

 

"Robb smettila di fissarmi a quel modo. – ordinò – sto bene." 

"Mi dispiace, Joan. Farò in modo che non faccia più commenti del genere" le promise e Joan fece un gesto per indicare che non ce ne era di bisogno.  

 

"Sono fortunata ad averti come mio campione, Robb – mormorò – ma non c'è bisogno che tu mi difenda da nostro fratello, non intenda offendermi e non mi sono comunque offesa. Dai, rientriamo." 

 

Robb le offrì il proprio braccio e ridendo Joan lo accettò lasciandosi scortare all'interno del castello dove poi si sarebbero nuovamente divisi prima di cena. 

* 

Il fatidico giorno era finalmente arrivato, Brandon aveva spiato il seguito reale arrivare da miglia di distanza mentre stava arrampicandosi come al solito ed ora tutta Grande Inverno attendeva l'arrivo del re disposta elegantemente con la famiglia Stark in prima fila, Joan e Theon dietro di loro abbastanza da poter comunque dimostrare la loro lealtà al re, ma non vicini abbastanza da offenderlo con la loro presenza, Greyjoy l'unico figlio maschio di Balon Greyjoy che aveva provato a ribellarsi anni prima e lei in quanto bastarda di Grande Inverno. Solo Arya mancava all'appello. 

 

Lady Stark, che Joan non aveva mai visto né tanto impettita né tanto preparata, si voltò verso Sansa sua immagine e somiglianza chiedendo dove fosse Arya, ma sua sorella si scosse meramente nelle spalle incerta e nonocurante. Poco dopo Arya apparve davanti a loro, probabilmente cercando di non dare nell'occhio, invano, perché il loro lord padre la afferrò per un gomito togliendole l'elmo troppo grande che aveva in testa e pretendendo che prendesse il proprio posto fra Sansa e Bran che si fece da parte quel tanto che bastava per farle spazio.  

 

Re Robert entrò a cavallo e loro tutti caddero in ginocchio, Joan sbirciò il grande uomo notando che non sopravviveva alle aspettative. Era tre volte più grasso che alto, la sua faccia sembrava pronta a scoppiare, i suoi capelli erano scuri e appicicattici sulla fronte e aveva piccoli occhi azzurri arrossati. Aveva un intercedere sicuro, questo glielo concesse, ma era una gran magra consolazione rispetto all'uomo che si erano aspettati e poté vedere nello sguardo di Robb che la pensava altrettanto.  

 

Re Robert fece segno a suo padre di alzarsi e lui obbedì così lo imitarono tutti "Grande Inverno è tua, Vostra Grazia." proclamò solenne loro padre, ma re Robert non parve curarsene perché lo fissò dritto negli occhi rispondendo con voce profonda e baritona. 

 

"Sei ingrassato." 

 

Joan seguì gli occhi grigi di suo padre mentre facevano mostra di osservare il re come a dire che il bue stava dando del cornuto all'asino e con sua enorme sorpresa il re scoppiò in una fragorosa risata abbracciando suo padre come un fratello a lungo creduto perduto, per procedere con il baciare le guance di una affrontata lady Stark e rivolgere una parola gentile a tutti i suoi fratelli, cosa di cui Joan fu immensamente grata. 

 

Nel frattempo anche il resto del seguito era giunto e da un carro di legno dorato abbellito da innumerevoli leoni scese la regina Cersei una donna bella come nelle canzoni con lunghi capelli dorati e grandi occhi verdi seguita dai due figli minori, la principessa Myrcella una ragazzina tutta ginocchia e gomiti che sembrava una versione in miniatura della madre solo leggermente più insipida e il principe Tommen un bambino grassoccio e biondo con i capelli più lunghi di quelli di Arya. Il principe Joffrey invece fissava il cortile di Grande Inverno con aria annoiata e lanciò un ghigno che non le piacque affatto a Sansa che sembrava piuttosto affascinata da lui, notò che anche Robb non pareva entusiasmato all'idea.  

 

"Ned! – esclamò baritono il re dopo che furono esauriti i convenevoli – conducimi alle cripte, voglio porgere i miei rispetti." ordinò. Suo padre fece immediatamente per muoversi quando la regina Cersei si interpose smielata, ma anche terribilmente fredda. 

 

"Abbiamo viaggiato a lungo, amore mio, forse sarebbe il caso di riposarci prima. I morti possono attendere."  

 

Ma il re non diede adito di averla udita perché si rivolse direttamente a suo padre con un "Ora, Ned!" e mentre suo padre si muoveva per obbedire e il seguito del re e la corte di Grande Inverno scioglievano le loro posizioni rigide Joan si voltò pronta a sparire nel nulla come le era stato imposto, quando evidentemente nello spiraglio lasciato libero da suo padre gli occhi del re si posarono su di lei. 

 

Il cortile cadde in un silenzio tale che se fosse caduto un fiocco di neve se ne sarebbe sentito il rumore. "Lyanna?" soffiò la voce del re colma di sorpresa e sofferenza. Joan si irrigidì sul posto proferendosi immediatamente in un inchino degno di una lady, con le gambe piegate nella misura corretta.  

 

"No, Vostra Grazia, lei è Joan la mia figlia naturale." intervenne immediatamente il suo lord padre, ma la sua voce non parve trattenere il re che con pesanti e decisi passi si avvicinò a lei, notò con la coda dell'occhio Robb pronto a frapporsi fra di loro e gli fece un cenno con la mano di stare indietro anche quando gli stivali del re entrarono nel suo campo visivo. 

 

"Guardami, ragazza." ordinò il re e Joan poté non fare nulla se non obbedire e alzare lo sguardo su quello del re che sembrava aver visto un fantasma. Un raggio di luce le colpì il viso costringendola a fare una smorfia e chiudere gli occhi e sembrò che l'incantesimo si fosse spezzato. 

 

"Sette inferi, Ned! Per un momento mi è parso di vedere un fantasma!" esclamò il re e il cortile trasse un collettivo respiro di sollievo mentre i suoi occhietti rossi si posavano nuovamente su di lei facendole accapponare la pelle e poteva sentire il puzzo di vino provenire da lui lontano un miglio. 

 

"Mia signora, vi hanno mai detto quanto somigliate a vostra zia?" domandò dunque rivolgendosi direttamente a lei, Joan non seppe bene cosa fare e si ridusse a dover rispondere sperando di non offenderlo. 

"Me lo hanno detto – ammise – lord Glover ha subìto un brutto spavento l'anno passato perché mi ha vista di notte e vestita di bianco, temeva fossi un fantasma tornato a perseguitare il castello." 

 

Parve essere la cosa giusta da dire perché il re scoppiò in una fragorosa risata voltandosi e dirigendosi verso suo padre seguendolo all'interno dello cripte e finalmente Joan si sentì come se poteva respirare. Con Robb immediatamente al suo fianco per offrirle il suo supporto. 

 

Lady Stark alzò le gonne raggiungendoli "Bada che tua sorella non sia mai lasciata da sola con il re, – ordinò sottovoce al figlio – nessuna fanciulla della sua età dovrebbe essere fissata a quella maniera da un uomo il doppio dei suoi anni. Ora andate!" ordinò, voltandosi con grazia e offrendosi di accompagnare la regina negli appartamenti che le aveva fatto preparare. 

 

"Grazie, lady Stark" chiamò, ma la donna la ignorò "è stato... intenso" commentò rivolgendosi a Robb che sembrava furioso. 

"Non gli permetterò di avvicinarsi, Joan – le promise – nostro padre non aveva mai detto che il re era un ciccione senza rintegno." commentò provando a tirarle su il morale e Joan sorrise. 

 

"Penso ne fosse piuttosto sorpreso anche lui" commentò notando solo allora che il Mastino con indosso la sua armatura grigia con l'elmo a testa di cane stava spintonando un giovane attraverso il cortile di Grande Inverno, presumibilmente verso il canile. Il giovane era legato e aveva corti capelli blu mare e un'occhio nero e quando i loro sguardi incrociarono Joan si rese conto che i suoi occhi non erano proprio blu, ma sembravano quasi viola.  

 

Il contatto visivo non durò che un secondo perché il ragazzo fu condotto lontano dalla sua vista, ma Joan ne fu così incuriosita che domandò al fratello "Chi pensi che sia?" 

 

"Non so, ma per essere prigioniero del re qualcosa deve pur aver fatto – commentò annoiato Robb – ad ogni modo prima mentre il sole ti batteva in faccia per un momenti i tuoi occhi mi sono sembrati quasi viola." le confidò. 

 

"Oh, deve essere stato uno scherzo della luce" mentre prendeva il suo braccio e si lasciava condurre verso l'interno del castello. Joan si voltò ad osservare ancora per un momento il luogo in cui il prigioniero era scomparso. Non aveva mai visto nessuno con quello sguardo così profondamente ferito e adirato in vita sua. 

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Capitolo 3
*** EGG I ***


3
EGG I

 

Per poco non capitombolò a terra mentre il Mastino continuava a spintonarlo mentre lo conduceva all'interno del canile del grande castello grigio.

Non era stata sua intenzione farsi trovare. In questo momento avrebbe dovuto trovarsi ad Essos, ma dopo la prematura morte dell'uomo che si era preso cura di lui da quando era appena un bambino a causa del morbo grigio non era stato in grado di resistere al potere magnetico che esercitava su di lui il continente occidentale, così si era imbarcato sulla prima nave disponibile e si era diretto dai suoi zii sperando che non lo cacciassero dopo anni in cui lo avevano creduto morto.

Certamente ora quegli stessi zii erano furiosi perché gli aveva consigliato di mantenere un basso profilo e soprattutto di non andare lì dove non avrebbero potuto proteggerlo, ma la curiosità aveva avuto la meglio sul buon senso e, sebbene sapesse di non essere minimamente pronto per vendicarsi, non aveva saputo resistere alla tentazione di, almeno, soddisfare la sua curiosità.

Era arrivato ad Approdo del re appena in tempo per la morte del Primo Cavaliere, Jon Arryn e ovviamente con i funerali di Stato non aveva potuto neanche avvicinarsi alla Fortezza Rossa, però poi aveva ricevuto la notizia che il re con tutto il suo seguito si sarebbe diretto a Nord ufficialmente per visitare il più vasto e primitivo dei suoi domini, ufficiosamente si diceva, per chiedere al Protettore del Nord, Eddard Stark di assumere la carica di Primo Cavaliere ed Egg si era scoperto curioso di scoprire come fosse il Cane dell'Usurpatore. Quel poco che aveva scoperto bighellonando e ascoltando le altrui conversazioni lo dipingeva come un integerrimo uomo d'onore che viveva una vita appartata e frugale con la sua numerosa progenie nella quale aveva accolto, unica macchia sul suo tanto decantato onore, anche la propria figlia bastarda che aveva cresciuto assieme ai propri figli legittimi.

Aveva deciso quindi di seguire il re nel suo viaggio verso nord, ma non aveva fatto i conti con il lunghissimo e più che noioso viaggio obbligato considerando che si trattava di un seguito di oltre duemila persone che si muoveva a passo d'uomo. Aveva tuttavia scoperto parecchie cose ascoltando le parole dei servitori che accompagnavano il re. Si diceva che il viaggio si era reso necessario perché dopo la ribellione di Greyjoy e fin da prima il rapporto fra l'Usurpatore e il suo fedele Cane erano piuttosto tesi e che la questione era dovuta al fatto che lord Eddard aveva preteso giustizia per gli assassinii di Elia Martell e dei suoi figli, giustizia che l'Usurpatore non aveva concesso anzi arrivando perfino a premiare si vociferava gli assassini della presa di Approdo del re.

Dopo settimane di viaggio però la sua pazienza era arrivata al termine e la curiosità aveva avuto la meglio e aveva deciso di provare a ficcanasare nella tenda dell'usurpatore nella speranza, quantomeno, di vedere il volto dell'uomo che aveva ucciso il pricipe dei Draghi con un solo mastodontico colpo del suo martello da combattimento strappandogli così il proprio regno. Quello che aveva scoperto però, l'aveva lasciato terribilmente sorpreso. L'usurpatore non corrispondeva alle canzoni che di lui si cantavano, non era un aitante uomo di imponente statura, possente e forte con capelli scuri e occhi chiari e che portava orgogliosamente lo stemma dei Baratheon sul petto. No, l'usurpatore era un ubriacone che pesava almeno il doppio di quanto avrebbe dovuto, con occhi piccoli e arrossati dal bere eccessivo e una parlata costante strascicata a causa del vino. L'uomo che aveva conquistato il trono di spade sedici anni prima altri non era che un grasso ubriacone che dava più importanza alle puttane che si portava a letto che alla sua gente e la cosa lo aveva fatto sentire nauseato. Com'era possibile che gli Dei avessero decretato che Rhaegar Targaryen fosse stato battuto in battaglia, ucciso e sostituito alla guida dei Sette Regni da quella pessima scusa di uomo?

Dopo averlo visto era stato abbastanza sicuro che avrebbe potuto uccidere quella mastodontica palla di lardo bendato e con le mani legate dietro la schiena, ma non aveva preso in considerazione le Cappe Bianche che lo avevano prima acciuffato e poi portato al cospetto dell'Usurpatore perché decidesse che farne di lui. L'usurpatore era perfino apparso di buon umore disposto a lasciarlo andare con un semplice ammonimento, ma la sua buona disposizione era evaporata nel momento stesso in cui aveva posato i suoi piccoli occhi acquosi su di lui.

Egg aveva quasi sperato che all'uomo prendesse un colpo, liberandosi così definitivamente di lui, ma purtroppo non fu soddisfatto il suo desiderio e non appena gli occhi di Robert Baratheon si furono posati su di lui fu chiaro che l'uomo sapeva chi aveva di fronte. Gli era stato detto numerose volte quanto assomigliasse a suo padre e nonostante la tintura blu che aveva applicato sui suoi capelli biondo—argentati che faceva apparire i suoi occhi quasi blu era evidente che l'usurpatore non si fosse lasciato ingannare completamente dal modo in cui nascondeva solitamente la sua identità.

Per un momento aveva avuto il folle pensiero di dichiarare apertamente che sì, lui era chi credevano che fosse, ma aveva mantenuto il suo silenzio e per come erano andate le cose non comprendeva come fosse possibile che la sua testa fosse ancora saldamente ancorata al suo collo. L'usurpatore lo aveva preso a pugni, come testimoniava il suo occhio nero, ma apparte ciò nulla gli era stato fatto.

Prima che Egg avesse effettivamente realizzato il pasticcio in cui si era cacciato avevano raggiunto Grande Inverno. Le temperature a Nord erano terribilmente ostili e raggelanti per chi, come lui, era abituato al caldo sole di Essos, il Nord era una distesa brulla di terra e fiumi gelati e per terra era ricoperto di neve poiché poteva solo essere neve quella strana sostanza umidiccia bianca e marroncina che ricopriva le strade e si appiccicava ai suoi vestiti e capelli bagnandoli. Grande Inverno sembrava un grande montagna che non poteva essere scossa o spostata, un enorme macigno che giaceva sul di una collina che osservava l'intero Nord.

Grande Inverno è tua, Vostra Grazia. Avrebbe voluto vomitare da quanto sottomessa e leale suonava la voce di Eddard Stark, mentre tutto il cortile cadeva in ginocchio di fronte al re palla di lardo, ma in presenza del suo vecchio amico l'usurpatore sembrava completamente un'altra persona, autoritario e deciso.

Le canzoni raccontavano di un'amicizia profonda come una fratellanza fra i due, dicevano che era stata quella fratellanza a tenere in piedi i Sette Regni. I due avevano combattuto assieme prima per detronizzare Aerys e poi per soffocare la rivolta delle Isole di Ferro. La cosa che lo faceva imbestialire tuttavia era che non erano andati in guerra per detronizzare un uomo pazzo e scellerato, no, erano andati in guerra per vendicare la sorella del Cane che dicevano fosse stata rapita dal principe Rhaegar.

Eppure, a Dorne e in gran parte delle Città Libere, così come a Sud del Tridente si raccontava una storia diversa. Si raccontava di come il principe dei draghi avesse cantato una canzone così triste da far piangere perfino la fanciulla lupo e di come l'avesse presa con sé e l'avesse sposata dando nuova vita all'antica tradizione delle due mogli.

Raccolse tutta la sua dignità e raddrizzò la schiena nonostante la stanchezza e il freddo per cui era terribilmente equipaggiato dal momento che la tunica e il mantello che indossava erano certamente troppo leggeri e osservò il cortile solo per sentire la parola che avrebbe stravolto il suo mondo.

"Lyanna?" era stato detto con una voce disperata e sorpresa, ma anche molto bassa, eppure il nome era stato appena soffiato e si sarebbe potuta sentire la neve cadere. Voltò la testa di scatto come gran parte dei presenti paralizzato da quell'unica parola.

La ragazza di per sé si sarebbe potuta definire bella, nonostante le pesanti pellicce che indossava e che sembravano avvolgerla come una seconda, ingombrante pelle. Aveva un viso a luna di pelle lattea con guance e labbra di un rosa invidiabile, i suoi occhi erano un color acciaio molto chiaro e lunghi capelli color dell'ebano che cadevano mollemente da un lato tirati indietro dal viso con due piccole trecce che percorrevano il suo capo congiugendosi in un unica molle treccia che ricadeva sulla sua spalla destra. Il vestito che indossava, per quel poco che si riusciva a vedere, era di uno smunto grigio topo, ma il particolare che sembrò attirarlo fu la spilla che indossava per tenere chiuso il mantello che indossava, una spilla certamente d'argento che rappresentava una rosa impreziosita con quelli che sembravano lapislazzuli.

La ragazza fece un'elegante riverenza i suoi occhi scuri fissi sul terreno del cortile ed Egg aveva notato che uno dei figli di lord Eddard si era irrigidito di colpo e sembrava pronto a frapporsi fra la ragazza e l'usurpatore certamente infastidito dal modo in cui l'uomo continuava a fissarla e si domandò se non fosse, per caso, la sua amata.

Eddard Stark intervenne immediatamente affermando in tono supplichevole "No, Vostra Grazia, lei è Joan Snow la mia figlia naturale." spiegò ed immediatamente i suoi occhi si fissarono nuovamente sulla ragazza che era rimasta con le gambe genuflesse e gli occhi fissi per terra, ma aveva fatto un cenno a quello che ora scopriva essere il fratellastro di stare al suo posto mentre l'usurpatore si avvicinava.

"Guardami, ragazza." ordinò il grasso re e, sebbene Egg non favorisse minimamente nessuno dei figli dei traditori Stark, perfino lui avrebbe voluto poter prendere a pugni l'usurpatore per come la stava fissando come se la volesse spogliare lì davanti a tutti. La ragazza aveva obbedito e se non fosse stato per un raggio di sole che l'aveva colpita in pieno forse non avrebbe fatto quella smorfia cercando di coprirsi gli occhi e rompendo finalmente quella specie di incantesimo che sembrava aver attanagliato l'usurpatore.

"Sette inferi, Ned! Per un momento mi è parso di vedere un fantasma!" l'esclamazione dell'usurpatore fece trarre un respiro di sollievo a tutti i presenti ed Egg non mancò di notare lo sguardo freddo e calcolatore della regina Cersei nei confronti della ragazza.

"Mia signora, vi hanno mai detto quanto somigliate a vostra zia?" il re grasso, tuttavia, invece che chiudere lì il disguido si rivolse direttamente alla fanciulla ed Egg si trovò ad ammettere che aveva tutto l'aspetto di uno sciocco innamorato mentre la guardava come se fosse un angelo disceso dal cielo.

"Me lo hanno detto – ammise la giovane– lord Glover ha subìto un brutto spavento l'anno passato perché mi ha vista di notte e vestita di bianco, temeva fossi un fantasma tornato a perseguitare il castello." il suo sorriso era dolce ed Egg si trovò a pensare che c'era qualcosa di assoluto in quella fanciulla, qualcosa che non riusciva ancora a definire, ma che lo faceva sentire strano.

L'usurpatore scoppiò in una risata fragorosa, dirigendosi poi, assieme al suo Cane da guardia lì dove i morti di casa Stark riposavano per porgere i suoi omaggi certamente alla donna che era convinto che il principe dei draghi gli avesse rubato.

Osservò la ragazza sospirare in sollievo quando l'uomo le voltò le spalle mentre si faceva supportare dal fratello mentre lady Stark si avvicinò ai due pretendendo qualcosa, rivolgendosi solo la figlio, che sembrò far sentire la fanciulla alquanto grata sebbene la donna non le rivolse nemmeno uno sguardo voltandosi e preoccupandosi di occuparsi della regina che sembrava terribilmente annoiata e infastidita da tutta la situazione. Si sentì come incapace di staccare gli occhi dai due mentre la ragazza diceva qualcosa al fratellastro con uno sguardo così pieno di amore e di affetto da farlo quasi sentire con la testa leggera. Sembravano quasi degli amanti segreti, ma Egg non ebbe il tempo di ponderare la sua impressione che il Mastino cominciò a trascinarselo dietro come se fosse stato solo un animale.

Oppose resistenza, come faceva costantemente e una delle guardie del re lo spintonò affinché seguisse le direttive del Mastino. Scostò gli occhi dalla ragazza solo per lanciare un'occhiata fulminea al suo carceriere. Quando finalmente decise di seguirlo senza opporre resistenza si sentì osservato e scattò con lo sguardo nella sua direzione incrociando i suoi occhi. Il sole la colpiva da dietro, mettendo in luce solo metà del suo viso e del suo lungo ed elegante collo. Le sue labbra carnose erano socchiuse per la sorpresa e i suoi occhi grigi celavano non poca sorpresa e per un folle momento ebbe come l'impressione che fossere screziati di ametista.

Il Mastino strattonò la corda cui era legato trascinandolo in direzione del canile dove trovò un posto adatto per lui. Lo spintonò all'interno di quella che sarebbe una cella, ma che era in realtà una gabbia a grandezza d'uomo. Avrebbe voluto ringhiare nella direzione del suo aguzzino, ma non lo fece anche perché nella distanza oscura del fondo del canile gli parve quasi di sentire il ringhio sommesso di una qualche creatura che suonava simile ad un cane eppure terribilmente diverso.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo dopo con sua enorme sorpresa una ragazzina apparve nel canile. Somigliava più ad un ragazzino nonostante i capelli lunghi fino alle spalle intrecciati in maniera semplice, ma efficace e aveva una faccia lunga e solenne avvolta in preziose pellicce perfino di migliore fattura di quella che indossava la ragazza Snow.

Sembrò sorpresa nel vederlo e i suoi occhi grigi si piantarono su di lui per un momento facendolo sorridere. Somigliava terribilmente alla ragazza che l'usurpatore aveva scambiato per Lyanna Stark sebbene mancasse della grazia ed eleganza che sembrava innate nella fanciulla, sembrava una versione meno rifinita della medesima persona. Dopo qualche minuto in cui si studiarono la ragazzina continuò la sua camminata verso il fondo del canile probabilmente liberando qualunque bestia Egg avesse sentito ringhiare poco prima.

Quando passò di nuovo accanto alla sua gabbia aveva la schiena dritta e uno sguardo fiero, come se volesse dare l'impressione di essere sicura di sé e imperturbata dalla sua presenza. La seguivano quelli che avevano tutta l'aria di essere sei cuccioli di lupo, cuccioli tuttavia decisamente mastodonci che raggiungevano già il suo ginocchio. L'ultimo dei lupi era una creatura che aveva un aspetto mitico, la sua pelliccia era bianca come la neve e aveva scuri occhi rosso sangue e si fermò appena davanti alla sua gabbia reguardendolo con uno sguardo incuriosito con la mastodontica testa inclinata di lato come un predatore che osserva la propria preda. Eppure non ebbe la benché minima paura mentre si trascinava il più vicino possibile alle sbarre della gabbia e allungava una mano lentamente offrendosi di accarezzarlo.

La creatura ricambiò il suo sguardo con occhi intelligenti e annusò la sua mano ed Egg era quasi sicuro che gli avrebbe permesso di accarezzarlo quando una voce, chiara e ricolma di autorità ordinò, cristallina "Spettro, qui!" la voce aveva un che di melodioso e certo e al suo commando la bestia obbedì immediatamente raggiungendo la propria padrona.

E lei era lì, in tutto l'aspetto di una antica, marmorea principessa d'inverno, avvolta nella sua pelliccia mentre grattava dietro un orecchio della bestia che si era accoccolata ai suoi piedi come un animaletto domestico e accomodante. "Va' con Arya" ordinò ancora e la bestia dopo aver annusato le sue gonne obbedì al comando seguendo la ragazzina fuori dal canile senza volgersi indietro nemmeno una volta.

Lei lo stava osservando in maniera molto simile a come aveva fatto il suo lupo pochi istanti prima, con la testa inclinata di lato i suoi occhi che brillavano come gioielli nella semioscurità dei canili, ma non si avvicinò.

Sentì l'urgente bisogno di dire quacosa prima che si voltasse e se ne andasse come era convinto che stesse per fare "Maestosa bestia – commentò – è un lupo?" domandò assicurandosi di essere seduto in maniera da sembrare il più innocuo possibile ai suoi occhi.

"Un meta—lupo – lo corresse – e lei si chiama Spettro."

"Un meta—lupo, ero convinto che non ce ne fossero a sud della Barriera da generazioni." ragionò a voce alta senza neanche guardarla.

"Infatti. I cuccioli sono i primi a sud della Barriera da generazioni – spiegò – li abbiamo trovati dopo che la loro madre era stata uccisa da un cervo."

"E siete stati tanto fortunati da trovarne sei, uno per ciascuno di voi?" provocò con un sorriso sulle labbra. Lei lo reguardì con un'occhiata, ma non parve scalfita dal suo tono.

"Precisamente. – assentì – l'abbiamo interpretato come un segno. Un cucciolo per ciascuno degli Stark." affermò in un tono che non ammetteva repliche, ma l'occasione era troppo ghiotta perché lui non commentasse.

"Ma voi non siete una Stark, o sbaglio lady Snow?" osservò come la sua faccia si distorse in una smorfia e comprese che la questione doveva ancora ferirla profondamente. Era cresciuto ad Essos e discapito del fatto che comprendesse l'atteggiamento che la gente del continente occidentale aveva nei confronti dei bastardi perpetuava in lui la convinzione che i figli non dovessero pagare per i crimini dei padri, crimini di cui non erano colpevoli.

"Le mie scuse. – si affrettò a dire – è stato insensibile da parte mia." si scusò incerto su che altro potesse dire. Lei lo studiò in silenzio per qualche istante prima di scrollarsi nelle spalle.

"Lo è stato." asserì "Ad ogni modo, chi siete? Per quale ragione siete un prigioniero? – domandò – mio fratello è convinto che siate un ladro" la menzione del di lei fratello lo fece irrigidire, aveva socchiuso di gli occhi e quando li riaprì si rese conto che lei era impossibilmente vicina e che i suoi passi non avevano fatto rumore sulla pietra proprio come se fosse stata uno spettro. Da vicino era ancora più graziosa che dalla distanza, sebbene come era vestita non sembrava complimentare le sue fattezze eleganti e aggraziate.

"E cosa ne pensate voi?" domandò ghignando "Sono un ladro?" lei sembrò sorpresa dalla sua domanda per un istante come se non riuscisse a comprendere il suo comportamento.

"Non lo so – replicò timidamente – ...io non credo che voi siate un ladro." si decise ad ammettere. Egg annuì quasi incapace di contenere il suo sorriso.

"Allora avreste ragione perché non sono un ladro." le disse e trovò che nonostante tutto si ritrovava a considerare quella conversazione una delle più piacevoli della sua vita e che la ragazza appariva come un essere empatico e gentile.

"Allora chi siete? Perché siete in catene?" domandò, chiaramente curiosa.

"Quante domande per qualcuno così giovane come voi, mia signora." commentò divertito, vedendola irrigidirsi di colpo alla menzione dell'onorifico.

"Non sono una lady, chiunque voi siate." gli disse a denti stretti.

"No, suppongo di no." concesse, lei si accucciò a terra di fronte alla gabbia in cui era imprigionato abbastanza vicina che gli sarebbe bastato allungare una mano per sfiorarla e poté vedere con maggiore chiarezza il suo viso latteo e i suoi occhi grigi.

"Da dove venite? Non ho mai veduto occhi come i vostri, sembrano quasi viola." ammise per poi avvampare evidentemente sconvolta lei per prima dalla propria schiettezza e la trovò adorabile.

Nonostante il freddo e le labbra screpolate si ritrovò a sorriderle, un sorriso genuino "Da dove pensate che venga?"

Lei si fece scappare un risolino prima di rispondere "Da qualche parte dove hanno un profondo amore per gli enigmi." rispose con la faccia più seria possibile cosa che lo fece scoppiare a ridere per la prima volta da quando aveva messo piede nel continente occidentale mentre i suoi occhi brillavano divertiti.

"Potreste non avere tutti i torti – commentò – vengo da ovunque sebbene non sia mai stato abbastanza tempo in unico posto per poterlo definire casa." ammise rendendosi conto di averle offerto la pura verità e lei sembrò rispettare la sua franchezza. Si tirò in piedi aggiustando le gonne e si ritrovò a scoprirsi dispiaciuto del fatto che la loro conversazione fosse giunta al termine.

"Devo andare, ora. – gli disse – suppongo che dovrò trovarvi un nome visto che sembra che non ne abbiate uno."

"Se vi piace, mia signora – acconsentì incrociando le braccia dietro la testa – devo ammettere di essere alquanto curioso di quale nome abbiate in serbo per me."

Il sorriso che graziò le sue labbra carnose lo illuminò come se fosse il più splendente dei soli non dissimile dal sorriso che aveva lanciato al proprio mezzo fratello e la cosa lo fece sentire molto soddisfatto. La seguì con lo sguardo mentre abbandonava il canile senza azzardarsi a guardare indietro, ma la cosa non lo sorprese particolarmente, la ragazza a malapena lo conosceva eppure mentre gli aveva parlato si era sentito come rigenerato per la prima volta senza paura che lei volesse qualcosa da lui, sembrava semplicemente interessata perché era se stesso.

Un'altra imponente figura apparve all'entrata del canile, si trattava senza dubbio di una guardia che aveva una mano posata sull'elsa della propria spada. "Va tutto bene, principessa? La piccola lupa mi è venuta a chiamare quando non vi ha vista rientrare al castello."

La voce dell'uomo lo fece raddrizzare improvvisamente attento, nonostante fosse chiaramente appesantita da un accento nordico c'era un che di famigliare nel modo in cui l'uomo trascinava le vocali che aveva l'impressione di avere già sentito, sebbene non riuscisse a ricordare dove. Chiunque quest'uomo fosse doveva essere qualcuno di familiare per la ragazza perché l'aveva chiamata principessa e la sorella piccola lupa in tono affettuoso.

"Sì, mi spiace averti fatto stare in pensiero, Art. – rispose lei – stavo giusto rientrando. Piuttosto dovrei chiederti un favore.." la sua voce divenne improvvisamente lontana fino ad essere indiscernibile.
*
Osservò la sbobba informe che il Mastino aveva dichiarato essere la sua cena come se fosse un oscuro scherzo per lui. Sicuramente qualsiasi cosa si trovasse su quel piatto doveva essere destinata a essere cibo per i cani il che lo portava ad un altra battuta.

Qualche tempo dopo la sua conversazione con la ragazza Snow un bambino di cinque, sei anni era entrato nel canile con fare afflitto mentre conduceva i cuccioli di meta—lupo nelle loro gabbie, tutti tranne uno, Spettro mancava all'appello.

"Chi sei?" aveva domando il bambino fissandolo con profondi occhi blu. Aveva notato già nel cortile che quasi tutti i figli di lord Stark sembravano aver ereditato l'aspetto della madre con i loro scuri capelli rossicci e gli occhi blu mentre solo la ragazzina che aveva incontrato precedentemente sembrava aver ereditato i tratti del padre.

Lo osservò per qualche momento prima di replicare "Sembra essere la domanda del secolo. Chi pensi che io sia, piccolo?"

"Non lo so. Robb pensa che tu sia un ladro. – gli rispose – Arya giura che arrivi da Braavos e a Bran non potrebbe interessare di meno a meno che tu non fossi un cavaliere delle sue canzoni preferite. Sansa pensa che chiunque tu sia devi comunque aver fatto qualcosa per essere prigioniero del re."
Per un momento Egg rimase sconcertato dalla proprietà di linguaggio del bambino, non gli sembrava di rammentare di sapersi esprimere altrettanto bene a cinque anni, ma sorvolò preferendo piuttosto domandare "Sansa è quella carina con i capelli rossi? – il bambino annuì – dovresti dirle di non credere a tutte le canzoni che sente cantare ai bardi." non gli parve che il bambino avesse capito, ma non si era potuto lasciare sfuggire l'occasione per dire qualcosa di intelligente.

"E l'altra tua sorella, quella con i capelli scuri? Cosa ne pensa lei?" indagò.

Il bambino si scrollò nelle spalle "Lei dice che devi avere infastidito il re a morte con i tuoi enigmi e che alla fine era snervato al punto da metterti in catene."

Sorrise divertito "Magari ha ragione."

"Rickon? Dove ti sei cacciato? – chiamò una voce – nostra madre ci sta cercando ovunque! Dobbiamo prepararci per il banchetto!" quella voce doveva appartenere all'altro ragazzino di Casa Stark, il bambino storse in naso in disgusto.

"Non voglio fare il bagno!" protestò ed Egg sorrise riscoprendo un po' di sé in quell'unica chiara manifestazione di ribellione.

"Adesso, Rickon. – ordinò l'altro bambino – non farmi chiamare Robb per venirti a prendere. Se non ci prepariamo nostra madre ci manderà a letto senza cena e non se ne parla proprio!" minacciò ed Egg per un momento desiderò che lo facesse per conoscere questo ragazzo che credeva che lui fosse un ladro.

Tristemente ciò non accadde, perché il bambino si arrese dirigendosi verso l'uscita del canile e lui rimase da solo per il resto della sera mentre sentiva il gran rumore e vociare provenire dall'interno del castello dove si stava tenendo il banchetto.

"Sembra che la principessa avesse ragione – la voce lo raggelò facendolo sobbalzare – non ti stanno dando abbastanza da mangiare."

Nel sobbalzo aveva fatto rovesciare il piatto con quella sbobba informe che si era riversata a terra, era la stessa voce della guardia che l'aveva incuriosito quel pomeriggio si rese conto e si domandò come avesse fatto ad avvicinarsi tanto senza farsi sentire.

"Le mie scuse, ora la tua cena è rovinata."

"Lo era fin dal principio." commentò asciutto. Si scrutarono nella penobra da lontano per qualche secondo.

"No, non suppongo che lo fosse. Ma sei anche un prigioniero del re non che al Lord abbia fatto particolarmente piacere scoprire della tua presenza." considerò l'altro senza avvicinarsi.

"Non ho fatto nulla per meritare questo trattamento – protestò – apparte ficcanasare qua e là. Ero solo curioso" aggiunse senza veramente preoccuparsi di giustificarsi visto che non gli interessava particolarmente e inoltre che gli importava se la sua presenza infastidiva Ned Stark? Era il migliore amico del re, non si sarebbe mai opposto alla sua giustizia.

"Non so perché ma lo trovo difficile da credere." mormorò la guardia incrociando le braccia al petto e sollevando il mento "Ma la principessa sembra convinta che non sei colpevole di nulla se non di avere infastidito a morte il re."
"Devi essere parecchio intimo con loro se li chiami con termini affettuosi. – commentò secco infastidito dalla questione per chissà quale ragione – è alquanto peculiare, non trovi?"

"Sono fanciulli spettacolari."

"Soprattutto la bastarda, nevvero? – commentò piccato e notò come gli occhi dell'uomo brillarono quasi violetti nell'oscurità – cosa? Ti ho visto con lei sembri proporti come il suo leale e affettuoso cavaliere."

"La tengo al sicuro da prima che nascesse – replicò l'altro in un tono di voce che gli ricordò stranamente suo zio e molto meno un uomo del nord – e continuerò a farlo finché non deciderà altrimenti." sembrò ricomporsi dopo un piccolo scatto d'ira.

"Questo ha tutta l'aria di essere il giuramento di una Spada Giurata."

"Sembri piuttosto informato sulle nostre usanze, ragazzo – pretese l'uomo avvicinandosi – mi domando come ciò sia possibile."

"Io, invece, mi domando perché mai dovrebbe la figlia bastarda di un lord avere una Spada giurata quando i suoi fratelli e sorelle legittime non godono dello stesso privilegio?" domandò e sapeva che stava giocando col fuoco eppure c'era qualcosa in tutta questa faccenda che gli puzzava e voleva arrivare al termine.

"Sei molto pieno di boria o sbaglio?" lo schernì l'uomo avvicinadosi e arrivando finalmente nella fetta di luce dipinta dalla luna all'interno del canile cosicché Egg potesse vederlo meglio. Aveva capelli castani molto chiari e la pelle decisamente qualche tono più scura di quanto non si aspettasse, il tutto corredato dal fatto che i suoi occhi non erano scuri come aveva pensato in precedenza ma sembravano quasi viola. Quando l'uomo posò lo sguardo su di lui sembrò come fulminato e traballò all'indietro con un'espressione incredula. Egg inarcò un sopracciglio stupito da quel suo improvviso ammutolimento.

"Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?" lo provocò, invano.

"Chi sei?" domandò invece l'altro incredulo, Egg si scrollò nelle spalle.

"Sono chi sono – rispose – chi sono sempre stato e chi sempre sarò. Immagino che questo possa qualificarsi come un enigma tutto sommato, temo però che la tua principessa non mi abbia ancora trovato un nome; per ora puoi chiamarmi Egg."

La sua risposta che voleva essere divertente lo fece invece balbettare "Egg?" questionò, lui si scrollò nelle spalle.

"Era il modo in cui mi chiamava qualcuno molto tempo fa." rispose guardando fuori dalla finestra da cui entrava un debole raggio lunare.

 

Ciao a tutti! Ho cominciato a pubblicare una versione inglese (semplificata)di questa fanfiction su archieve of our own e lì ho pubblicato sino al capitolo successivo a questo, se siete interessati lo trovate pubblicato col titolo Song of Dragons. Potrebbero esserci alcune discrepanze in questi primi capitoli dal momento che la traduzione italiana l'avevo fatta prima di editare la versione inglese. Ma dovrebbero essere cose di poco conto e non essere troppo fastidiose alla lettura.  

 

Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate! Spero di risentirci presto, alla prossima!

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Capitolo 4
*** EDDARD II ***


4

Eddard II

L'inverno sta arrivando.

Aveva appena lasciato Benjen con i nipoti. Era uno zio sorprendentemente affettuoso e caloroso nonostante i lunghi anni passati alla Barriera al freddo e al gelo come Primo Ranger dei Guardiani della Notte. Era stanco e spossato, gli avvenimenti di quel pomeriggio stavano finalmente avendo la meglio su di lui soprattutto se combinati con la preoccupazione crescente circa lo stato di Robert e la posizione di sua figlia in tutto questo.

Si passò una mano sul volto respirando l'aria rarefatta e fresca del cortile mentre la porta gli si chiudeva alle spalle e il vociare del banchetto che lo rendeva scontroso e nervoso veniva ovattato dalle pareti e dalla porta di legno. 

 

Lui usciva, invece, di gran carriera dal canile ed Eddard sospirò comprendendo che, volente o nolente, quella notte sarebbe stata ancora lunga ed estenuante. Dalla luce furibonda dei suoi occhi seppe che era giunto il momento e si rassegnò all'evenienza che dopo sedici lunghi anni di silenzio avrebbe dovuto affrontare la situazione e ammettere la verità, una verità che in tutti questi anni non aveva neanche avuto il coraggio di ammettere con se stesso.

 

Lo afferrò dal bavero torreggiando di quasi una spanna su di lui "Dovresti vederlo coi tuoi occhi!? – sputò piccato riferendosi alla conversazione che avevano avuto quel pomeriggio, subito dopo la loro visita alle cripte – Dimmi che non è vero!" pretese sbattendolo contro la parete di pietra con uno sguardo inferocito nelle iridi violette. 

 

Con quanta calma riuscì a raccogliere afferrò i suoi polsi con le mani e se lo levò di dosso affermando in tono sommesso "Non qui! In questo momento anche le orecchie hanno i muri." affermò voltandosi e prendendo a salire le scale che l'avrebbero condotto nuovamente all'interno, lungo i corridoi di pietra e fino al proprio solaio, lì sarebbero stati sicuri abbastanza da poter parlare senza che gli estranei potessero capire cosa stesse succedendo o a chi si stessero riferendo.

 

Avvertiva i suoi passi pieni di nervoso e rabbia e sapeva che quella notte avrebbero dovuto arrivare ad una soluzione se non voleva perdere sua figlia per sempre. Lo condusse attraverso il corridoio di pietra e gli fece cenno di entrare nel proprio solaio chiudendosi la porta poi alle spalle lo invitò a sedersi, ma preferì rimanere in piedi. Lui, invece, sentiva l'irrefrenabile bisogno di sedersi e magari di bere anche una birra, perché non aveva assolutamente il coraggio di affrontare quella discussione adesso. 

 

Era nervoso dal momento in cui lui e Robert avevano messo piede nelle cripte. Se non fosse bastato il modo del tutto inadeguato e preoccupante in cui il suo amico aveva fissato sua figlia, certamente ciò che avvenne successivamente lo aveva sconvolto emotivamente. 

Robert aveva porto i suoi omaggi alla tomba di Lyanna sfiorando il viso ritratto dalla statua. Le parole successive le aveva attese ed era stato pronto a rispondere. Nei miei sogni, Ned gli aveva detto, lo uccido tutte le notti

 

Ned aveva amato Lyanna profondamente e anche Robert l'aveva amata sebbene avesse sempre solo visto la sua bellezza e non il metallo che essa celava; l'aveva idealizzata rendendola la bellissima fanciulla che non era riuscito a salvare e che continuava ad amare. Era terribilmente tragico. 

 

Ma, come sempre la menzione dell'uomo che aveva causato quel caos lo aveva fatto irrigidire e abbassare lo sguardo, prima di mentire E' fatta, i Targaryen sono morti. Ma Robert aveva scosso la testa e si era voltato. La frase successiva era stata impietosa e crudele. Non tutti, Ned. E non avrò pace finché anche l'ultima maledetta progenie del drago non sarà debellata.

 

Convinto che l'amico si riferisse, come di solito faceva, a Viserys e Daenerys Targeryen due bambini in fuga da una guerra che li aveva colpiti duramente, in esilio ad Essos aveva risposto di conseguenza Viserys Targaryen è solo un ragazzo spaventato, Robert non un vero nemico.

 

Ma, avrebbe scoperto dopo, il suo amico non si riferiva a Viserys Targaryen né alla sorella Daenerys che era nata durante la peggiore tempesta a memoria d'uomo da Rhaella Targaryen a Roccia del Drago dove la regina di era rifugiata durante la guerra. Piuttosto il re gli aveva fatto una proposta che Eddard aveva rifiutato immediatamente. Voleva che fosse suo Primo Cavaliere e voleva unire la casate convinto che il suo Joffrey fosse l'equivalente di se stesso e la sua adorata Sansa l'equivalente di Lyanna e che in questo modo sarebbero stati finalmente famiglia come sarebbe dovuto essere.

 

Ma, il problema non era il fatto che avesse corredato la sua richiesta a fargli da Primo Cavaliere con quella proposta di matrimonio; no, quello Eddard se l'era aspettato visto che aveva viaggiato con tutto il seguito per un mese per raggiungere Grande Inverno. No, a sconvolgerlo erano state le parole circa il regalo da Essos che aveva portato.

 

Robert era convinto che il ragazzo, che Eddard pregava fosse un semplice lysene, che era stato scoperto mentre rovistava fra le sue cose fosse in realtà il figlio di Raeghar Targaryen ed era apparso perfino un po' paranoico affermando che avrebbe riconosciuto gli occhi ricolmi di odio e di sdegno di Raeghar ovunque. La cosa, tuttavia, che l'aveva profondamente messo a disagio era che Robert aveva risparmiato il ragazzo solo perché riteneva romantico servire la giustizia del re al figlio dell'uomo che aveva rapito la sua amata e l'aveva strupata e uccisa proprio nella casa della donna che aveva perduto. Come se fosse un segno romantico di giustizia divina.

 

Eddard aveva pregato che il ragazzo non fosse chi Robert credeva. Non era inimmaginabile che qualche lord o lady leale a casa Targaryen avesse scambiato il piccolo Aegon Targaryen con un neonato più o meno della stessa età per salvargli la vita e permettere che venisse tratto in salvo in pieno anonimato in Essos. Ciò che appariva strano era che il ragazzo fosse tornato nel continente occidentale senza armate e senza lord o lady che lo supportassero solo per cosa? Per una vendetta che non avrebbe mai potuto ottenere in maniera così sciocca? D'altronde tuttavia sua madre e sua sorella erano state uccise in maniera scellerata ed Eddard poteva solo immaginare quale rabbia ciò comportasse. 

 

Ancora convinto, quindi che Robert si fosse sbagliato, aveva fatto l'unica cosa possibile, suggerire al cavaliere di andare giù al canile e di vedere qualcosa che certamente avrebbe potuto interessargli per potersi assicurare meglio che il ragazzo fosse chi Robert credeva. Ora, a giudicare dalla reazione dell'uomo, non c'erano dubbi.

 

Si massaggiò le tempie e sospirò "Immagino che quanto tu abbia visto ti abbia sconvolto." considerò piantando i suoi occhi grigi in quelli violetti dell'uomo.

 

"Sconvolto? – esplose invece l'uomo – mi ha fatto venire i brividi il modo in cui l'uomo che chiami amico e fratello ha guardato la principessa ma mi sono fidato abbastanza di te da sapere che l'avresti tenuto sotto controllo. Quello che ho visto laggiù non mi ha sconvolto!, mi ha fatto a pezzi." mormorò apparendo improvvisamente terribilmente stanco "Dimmi che non è vero – lo supplicò – dimmi che non ho passato la vita nel tuo stramaledettissimo Nord proteggendo solo uno di loro quando avrei potuto, avrei dovuto proteggerli entrambi!" 

 

Eddard in quel momento ebbe pietà dell'uomo che aveva di fronte. Un uomo che aveva rinunciato a tutto solo per mantenere una promessa a una delle persone che amava di più al mondo. Scoprendo che in tutti quegli anni l'aveva mantenuta solo a metà. "Mi dispiace. – sussurrò – credevo davvero, come tutti che il ragazzo fosse morto con la madre e la sorella durante la presa di Approdo del re. Se avessi saputo che era sopravvissuto ti avrei mandato a recuperarlo e l'avrei accolto e cresciuto sotto la mia protezione." assicurò.

 

"Non è un ragazzo! – esclamò l'altro – ma il legittimo erede al trono di spade!"

 

"Questo è tradimento! Robert ha vinto quella detestabile sedia per diritto di conquista!" rimbrottò allora lui sfidandolo con lo sguardo a dire altrimenti. 

"Oh, ma Robert non ha davvero conquistato il reame se il re in carica respira ancora o sbaglio?"

 

Eddard roteò gli occhi al cielo "Era un bambino di appena un anno. – gli ricordò – se avesse saputo come farlo si sarebbe arreso."

 

"Era il re in carica, anche se ancora nella culla, Eddard. E tu lo sai."

 

"Certo, e come sappiamo che è veramente lui e non un impostore? Sai bene come me che alcuni schiavi lysenesi hanno capelli argentati e occhi indaco. Uno di loro potrebbe facilmente passare per un Targaryen creduto morto." 

 

"E' vero alcuni di loro lo sono. Ma il ragazzo è il figlio di Rhaegar. – rispose secco – indossa un medaglione che gli aveva regalato lo zio, il principe Oberyn, per il suo primo genetliaco e ha un neo, appena sotto il sopracciglio sinistro che ha un forma strana. Lo riconoscerei ovunque." l'uomo prese un respiro "riconoscerei il mio re ovunque, inoltre si fa chiamare Egg che era il modo in cui sua madre e sua sorella usavano chiamarlo."

 

"Non tradirò Robert."

 

"Non tradirai Robert?, ti devo ricordare che il tuo Robert ha premiato gli assassini di due bambini innocenti e uno strupatore seriale che ha prima stuprato e poi ucciso la principessa Elia Martell? Lo stesso uomo che, se avesse potuto, lo avrebbe fatto con le sue stesse mani? Uno sterminatore di bambini, è questo il re che scegli seguire?"

 

Davanti ai suoi occhi Art Snow si trasformò, da una timida e silenziosa guardia al servizio degli Stark dalla fine della Ribellione nell'uomo che era stato quasi una vita prima. Il cavaliere più leggendario dei Sette Regni, orgoglioso e forte, una forza che non si poteva contenere. Improvvisamente, fu come se quei sedici anni non fossero mai passati e mentre l'uomo poggiava una mano sull'elsa della spada e l'altra sul pugnale che portava sempre alla sua sinistra si sentì di nuovo come un ragazzino di fronte all'idolo della sua infanzia. 

 

"Non è tradimento quando i legittimi eredi al trono si trovano sotto il tuo stesso tetto, sotto la tua protezione mentre l'assassino del loro padre si gode tutto tronfio le puttane e il vino davanti ai loro occhi. Mentre il legittimo re si trova rinchiuso in una gabbia per cani mentre mangia cibo a malapena commestibile!"

 

"Cosa vuoi che faccia? Qualsiasi cosa io decida di fare metto a repentaglio la sicurezza di mia figlia, della principessa che ha giurato di difendere con la tua vita o te lo sei dimenticato?" sbottò e vide l'uomo impallidire per un momento.

 

"Ma lei non è tua figlia, non è vero? – domandò spietato – oh, i colori ereditati dalla madre l'hanno tenuta al sicuro fino ad adesso, ma ogni giorno sempre più sfaccettature di lui vengono a galla. La sua natura calma e riflessiva, la sua grazia e la sua eleganza sono tutte ereditate da Rhaegar, discendono tutte da Rhaella e quanto pensi che ci vorrà prima che sia perfettamente evidente quello che vuoi nascondere perfino a te stesso?, non puoi lasciare che suo fratello, il suo vero re, venga assassinato davanti ai suoi occhi."

 

Ed Eddard lo sapeva. Detestava ammetterlo, ma lo sapeva. Ora che era certo che il ragazzo era chi pensavano non poteva ignorare la sua presenza, non poteva fare finta di niente. Indipendentemente da cosa pensasse di tutta quella incresciosa faccenda, il ragazzo era parte della sua famiglia perché condivideva lo stesso sangue di sua figlia e non poteva ignorarlo.

 

"Non ho nessuna intenzione di ignorare il ragazzo. – concesse – ho già preteso e ottenuto da Robert che non venisse giustiziato nel Nord. Aveva l'impressione che giustiziarlo nel castello dove Lyanna era venuta al mondo le avrebbe reso giustizia."

Vide l'espressione di disagio sul viso dell'uomo che aveva di fronte così come doveva averla vista Robert sul suo viso.

 

“Questo ci fa solo guadagnare tempo, non risolve il problema.”

 

“Il piano, per adesso, è tenerli il più lontano possibile l'uno dall'altra, non voglio che Robert cominci a notare somiglianze scomode e faccia partire una caccia ai draghi nella mia stessa casa. Troveremo una soluzione.”

 

“Tenerli lontani sarà più difficile di quanto credi. – lo informò l'altro – hanno già conversato e la principessa, anima nobile che non è altro, ha preso a cuore la sua situazione. Credo abbia intenzione di assicurarsi che sia liberato.”

 

Ned si pizzicò il naso sentendo già il mal di testa avvicinarsi e sapendo che quella notte, nuovamente, non avrebbe chiuso occhio. 

 

“E sulla base di quale motivazione mia figlia ha deciso che è innocente e va liberato?”

 

“Pare che la conversazione sia stata piuttosto illuminante, inoltre quasi tutti i tuoi figli sembrano aver sviluppato una sorta di strano interesse nei suoi confronti.”

 

“Sette Inferi... – imprecò Ned – dobbiamo assicurarci che non parlino più. È assolutamente imperativo che quei due siano separati, per ora.” concesse osservando gli occhi viola dell'uomo brillare minacciosi. 

 

“Dubito sarà facile come credi, è come coi lupi, Ned. Anche i draghi riconoscono i propri e li difendono. Un drago da solo è qualcosa di terribile.” mormorò in risposta “ma farò del mio meglio affinché rimangano separati, almeno per adesso.” sussurrò “ma tu glielo devi dire. Ha il diritto di sapere la verità.”

 

Eddard annuì, ormai conscio che non poteva più attendere. Qualcuno bussò alla sua porta facendoli sobbalzare e quando chiamò per sapere di chi si trattasse ad entrare fu sua moglie che, presumibilmente, si era ritirata per riposare e non lo aveva trovato a letto e vista la luce delle candele nel suo solaio doveva essere venuta a prenderlo per portarlo a letto.

 

“Perdonatemi, sto interrompendo qualcosa di importante?” domandò i suoi lunghi capelli ramati che cadevano sull'abito celeste che si intonava in maniera tanto meravigliosa con i suoi occhi.

 

“Affatto, mia signora – rispose il cavaliere tirandosi in piedi – stavo chiedendo consiglio al mio signore per un affare privato, ma visto che qui abbiamo finito...” fece un inchino ad entrambi “mio signore, mia signora.” 

 

Si voltò e fece per andarsene, ma Cat, che lo aveva raggiunto lo richiamò “Ci conosciamo, ser?” domandò sua moglie facendolo irrigidire e poté vedere la tensione anche nelle spalle dell'uomo.

 

“Sono solo una guardia, mia signora. – le disse dolcemente – ma sì, temo che possiate avermi riconosciuto. Ero con vostro marito quando passando per Delta delle Acque dopo la ribellione siamo tornati a Grande Inverno.” 

 

“No, intendevo da prima della ribellione. Avete un aspetto familiare. Qual è il vostro nome?, temo di non rammentarlo”

 

Ned studiò sua moglie attentamente, domandandosi a cosa si riferisse, sì sapeva che una o due volte Cat doveva averlo visto quando indossava ancora la Cappa bianca delle guardie del re, ma trovava strano che se ne fosse accorta solo adesso anche se mai prima d'ora l'uomo aveva fatto cadere la maschera, neanche davanti a lui.

 

“Art Snow, mia signora. – disse facendo un inchino – e temo che mi confondiate con qualchedunaltro” e se ne andò prima che sua moglie potesse protestare o dire altro. La osservò scuotere la testa prima di sedersi sulle sue ginocchia persa nei suoi pensieri.

 

“Qualcosa non va, mia signora?” le sussurrò in un orecchio e lei si scrollò nelle spalle, portandosi un ciuffo di capelli ramati dietro un orecchio.

 

“E' solo che... Art Snow mi ha ricordato moltissimo qualcuno che devo aver conosciuto anni fa, ma non saprei dire chi... – si voltò verso di lui – … ma deve essere stato un'illusione causata dalla luce, mi è quasi sembrato che i suoi occhi fossero viola.” 

 

Avrebbe detto forse qualcos'altro, ma lei lo zittì con un bacio ed Eddard strinse di più le braccia attorno al suo maestoso e meraviglioso corpo che gli aveva donato così tanto. 

 

Più tardi mentre giacevano fra le pellicce del loro letto, nudi e abbracciati Eddard per l'ennesima volta si stupì della profondità dell'amore che provava per sua moglie, un pensiero ricorrente mentre lei disegnava cerchi immaginari sul suo petto. 

 

“Robert vuole che diventi suo Primo Cavaliere” le confidò giocando con una ciocca del suo capelli, arrotolandosela fra le dita. Lei si irrigidì di colpo, la sua mano smise di disegnare sul suo petto per poi riprendere dopo qualche istante.

 

“Significherebbe andare a sud. – soffiò lei – gli uomini della tua famiglia soffrono un terribile destino a sud e ti porterà via da me.” sussurrò, rammentando l'evento che aveva davvero scatenato la guerra. Suo padre, lord Rickard era andato ad Approdo del Re con il suo primogenito, Brandon per pretendere che Lyanna fosse riconsegnata dopo che il principe Rhaegar l'aveva rapita.

 

“E' il re – la bugia non era mai stata tanto velenosa sulla sua lingua – se vuole può farlo.”

“Affatto. – replicò piccata lei in un sussurro – glielo dirò, andrò da lui e gli dirò ascoltami bene brutta palla di lardo non porterai via mio marito da me.” sillabò, puntando più volte un dito contro il suo petto mentre lo osservava da sotto le sue folte ciglia scure.

 

Lo fece sorridere e posò un bacio sulla sua fronte “Come ha fatto a ingrassare tanto, io non lo comprendo.” scherzò e lei si scrollò nelle spalle. Era una donna tanto minuta, ma tanto feroce che il modo in cui aveva parlato gli fece pensare che sarebbe stata anche capace di dire una cosa del genere a Robert e Robert buontempone che era avrebbe accolto la sua battuta con una risata fragorosa invece che offendersi.

 

Passò una mano prigramente fra i suoi capelli quando qualcuno bussò alla loro porta. E si domandò se avrebbe mai conosciuto un attimo di pace quel giorno “Chi è?” chiamò infastidito, tirandosi a sedere e indossando un paio di brache.

 

“Maestro Luwin, mio signore. Ho urgenti notizie!” replicò ovattata la voce dell'aziano Maestro, Ned scambiò uno sguardo con sua moglie mentre sospirava osservando il soffitto. Era decentemente coperta dalle pellicce, così chiamò al vecchio Maestro di entrare e quello lo fece intercedendo all'interno scusandosi dell'ora tarda. Aveva in mano una pergamena e la sventolava con fare insistente.

“Arriva da Nido dell'Aquila. – spiegò – è per la mia signora, ma... non ha alcun senso.” prese la pergamena che Maestro Luwin gli stava porgendo rendendosi conto che, effettivamente, le parole erano sconnesse e inventate e sembravano non avere alcun senso.

 

Un fruscìo di pellicce attrasse la sua attenzione e si voltò strabuzzando gli occhi “Cat!” protestò, la sua presa sulla pergamena resa molle dalla sorpresa. Sua moglie si avvicinò nuda come il giorno in cui era nata e afferrò il messaggio inarcando un sopracciglio di fronte alla sua espressione sconvolta.

 

“Maestro Luwin mi ha aiutata a portare al mondo tutti e cinque i nostri figli, Ned. – lo rimproverò – non c'è alcun bisogno di alcun finto pudore.”

 

Eppure non si sentiva a suo agio con sua moglie nuda con un altro uomo nella stanza e, sebbene l'uomo l'avesse effettivamente aiutata a mettere al mondo i loro figli, Ned non apprezzava il fatto che potesse vedere le nudità di sua moglie in una situazione certamente diversa da quella di un parto, così afferrò il mantello che aveva abbandonato su una sedia e lo avvolse intorno alla moglie, incurante del suo sguardo annoiato. 

 

Sua moglie riprese a leggere e, quando ebbe finito si voltò e buttò il messaggio nel camino, voltandosi verso di loro e spostandosi un ciuffo di capelli dal viso.

 

“Era un linguaggio segreto che ci dilettavamo ad usare da bambine. – spiegò – mi ha chiesto di bruciare il messaggio non appena lo avessi letto” si portò una mano alle labbra.

 

Prese un respiro e Ned attese “Dice... – i suoi occhi blu come il mare si posarono su di lui – amore mio, lei dice che Jon Arryn non è morto di cause naturali. Dice che i Lannister lo hanno assassinato”

 

Ed ecco che l'ultima effige di normalità abbandonava la sua vita. La vita che aveva dedicato alla sua famiglia e alla sua gente improvvisamente ribaltata da un giorno all'altro. Sospirò afflitto e rassegnato. Ora, pensò, non aveva molta scelta.


Eccoci col nuovo capitolo! Adesso dovrei, enfasi sul condizionale, essere in grado di postare almeno una volta a settimana anche se dal momento che sono ricominciate le lezioni all'uni non saprei ancora dirvi il giorno della settimana preciso. Come al solito, fatemi sapere cosa ne pensate! E ci sentiamo alla prossima! Bye, bye!

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Capitolo 5
*** Art. I ***


5

Art I

Osservò in silenzio la scena dalla sua postazione nella penombra del canile. 

Aveva tutte le intenzioni di impedire alla principessa di parlare nuovamente con il prigioniero, eppure quando l'aveva vista dirigersi nelle prime ore del mattino con la treccia sfatta e indosso un vecchio abito che non le vedeva indosso da anni e una borsa piena di strani botticini e stracci non aveva avuto il cuore di fermarla.

 

Si era accovacciata di fronte alla gabbia che Aegon occupava e poiché il ragazzo ancora dormiva protese una mano attraverso le sbarre cercando di risvegliandolo scuotendolo. Una pessima idea davvero, perché gli occhi del re si erano spalancati improvvisamente vigili, ma ancora annebbiati dal sonno e il ragazzo aveva afferrato il suo polso e l'aveva usato per farla roteare e sbattere con la schiena contro le sbarre della gabbia, un braccio avvolto attorno al collo di lei. Sarebbe intervenuto se non fosse stato che la presa del ragazzo era piuttosto molle e sembrò rendersi immediatamente conto di chi fosse la ragazza che aveva di fronte.

 

La lasciò indare immediatamente scusandosi profusamente mentre lei si massaggiava il polso che lui aveva afferrato. 

 

“Le mie scuse, mia signora. – la sua voce era roca e ancora impastata dal sonno – non avevo realizzato foste voi.”

“Avrei forse dovuto svegliarvi chiamandovi – concesse lei recuperando la sacca che era scivolata dalla sua presa e estraendone dei botticini – ma non conosco ancora il vostro nome.” 

 

Aegon la stava osservando attentamente mentre seguiva i suoi movimenti lenti con gli occhi “Mi sembrava di aver capito che mi avreste trovato voi un nome, mia signora” le fece notare con un sorriso sornione ed Art non poté fare a meno di notare come in quel momento quella scena gli fosse così terribilmente familiare. 

 

“Temo di non averne ancora trovato uno che sia adatto – commentò lei, aprendo un botticino e lasciando le fraganza del composto ne fuoriuscisse – questo è della mia scorta personale. Nessuno noterà la sua diminuzione o assenza.” 

 

Art osservò attentamente come lei allungò una mano timidamente sfiorando delicatamente l'occhio violaceo ed Aegon fece una smorfia. Lei ritrasse immediatamente la mano come scottata “Mi dispiace, so che deve fare parecchio male. Ma se non lo curiamo rischi di perdere un occhio, chiunque ti abbia dato quel pugno deve avere un gancio destro che è la fine del mondo.” commentò immergendo due dita nella boccetta e cominciando a massaggiare il composto sul livido stando ben attenta a non fare entrare il medicamento nell'occhio.

 

Aegon la stava osservando con uno sguardo che gli fece molta tenerezza perché sembrava stranamente estraneo a qualunque tocco gentile e sembrava tanto meravigliato quanto ammirato da lei che sembrava completamente ignara del suo sguardo.

 

“Perché mi guardate così?” domandò, invece lei, dimostrando di essere perfettamente cosciente del modo in cui lui la stava guardando. Aegon sembrò non sapere cosa dire per un momento, prima di allungare una mano e rigirarsi fra le dita un riccio corvino dei capelli della principessa.

 

“I tuoi capelli sono peculiari.” le disse per la prima volta da quando avevano cominciato a parlare senza darle del voi in un'evidente ammissione di intimità fra i due. La principessa sorrise senza staccare gli occhi dal livido che stava ancora massaggiando.

 

“Hai altri lividi?” domandò e Art osservò il ragazzo arrossire prima di schiarirsi la gola.

 

“Ne dovrei avere uno sulla schiena – ammise – ma non fa particolarmente male.” osservò mentre la principessa alzava gli occhi al cielo.

 

“Non c'è nessun bisogno di essere pudici – commentò – aiuto il Maestro Luwin con i feriti del castello e di città d'Inverno quasi tutti i giorni. Non mi spaventa la schiena di un uomo.” 

 

Ed era perfettamente vero, Art si sarebbe opposto al fatto che la principessa fosse messa così spesso in situazioni tanto sconvenienti, ma come gli aveva fatto notare Eddard, era di imperativa importanza che lei sapesse come medicarsi e curarsi così come curare gli altri nel caso il suo segreto si fosse mai scoperto e ne avesse avuto bisogno.

 

“E' comunque sconveniente.” ribatté Aegon “Non vorrei rovinare la tua reputazione.”

 

“Sono la figlia naturale di un lord, non ho una reputazione. – commentò asciutta – adesso voltati e togliti la tunica prima che faccia notte, magari, non possono trovarmi qui.” di fronte ad un ordine tanto diretto e certamente sofferente a causa della schiena dolorante Aegon obbedì voltandosi e sollevando la tunica quel tanto che bastava affinché venisse scoperto il livido bluastro e rossastro che aveva sulla bassa schiena. 

“Non ha un bell'aspetto. – commentò – cosa ti è successo?”

“Ho avuto un incontro piuttosto ravvicinanto con il re. – fu tutta la sua risposta – e un palo di legno della sua tenda.” 

 

Osservò la principessa scuotere la testa mentre applicava il medicamento e cominciava a massaggiarlo solo per ritrarre la mano di colpo quando lui trattenne il respiro.

 

“Hai le mani fredde.” chiosò a mo' di scusa Aegon osservandola da sopra la spalla mentre riprendeva a lavorare con movimenti lenti, circolari e sembrava dolorosi dal momento che Aegon tratteneva a stento le smorfie di sofferenza. 

 

“Tu invece hai la pelle molto calda. – commentò lei – forse sarebbe stato il caso di darti del latte di papavero, ma purtroppo non ne ho e il Maestro Luwin certamente vorrebbe sapere a cosa mi serve se glielo andassi a chiedere.”

 

“Ho il sangue caldo. – fu la sua risposta – sopravviverò anche senza il latte di papavero.”  

 

“Mi dispiace” Aegon non rispose, non per mancanza di gratitudine, era abbastanza chiaro ad Art che il ragazzo non sapesse minimamente come comportarsi. 

 

“Va bene. – comunicò dopo qualche minuto di silenzio la principessa – puoi lasciare andare la tunica, mi spiace non potere fare più di così.” Art notò che la principessa doveva essere parecchio a disagio perché continuava a sfiorarsi sovrappensiero una spalla, anche Aegon sembrò notarlo perché nel voltarsi parve rendersi conto di qualcosa che prima non aveva notato ed allungo una mano sollevando appena un lembo del vestito della principessa gli occhi fissi sulla sua clavicola.

 

“Cosa ti sei fatta?” domandò dolcemente senza staccare gli occhi da qualunque cosa avesse visto appena nascosta dal vestito.

 

“Oh, nulla di che. Io e Arya ci stavamo addestrando... nulla di particolarmente pericoloso solo con spade di legno, ma Arya è ancora un po' goffa sui suoi passi e... come dicevo non è nulla di che, fra qualche giorno sarà completamente sparito.” 

 

Ed ecco svelato l'arcano della sveglia mattutina all'alba, del vestito sgualcito e dei capelli disfatti, la principessa aveva avuto una sessione segreta di addestramento con la sorella. Art scosse la testa, avvolto nella penombra e invisibile ai loro occhi.

 

“Dai qua” ordinò Aegon facendole cenno con una mano di passargli la boccetta, la principessa corrugò le sopracciglia, ma obbedì. Lui aprì la boccetta “Vieni più vicina” per poi allungare una mano e cominciare a massaggiare lì dove era certo che si stesse formando un bel livido. 

 

“Dovresti stare più attenta. Rischiate davvero di farvi parecchio male anche se usate solo il legno”

 

“Anche le donne hanno il diritto di combattere per difendere coloro che amano e la propria casa!” protestò la principessa. 

 

“Non lo metto in dubbio, la maggiorparte delle mie cugine femmine sa combattere meglio di gran parte degli uomini che abbia mai conosciuto. Solo... tu sembri più delicata e non vorrei ti facessi più male di quello che dovresti.”

 

“Le tue cugine non sono creature delicate?” Art voleva ridere. Le serpi delle sabbie creature delicate? Se qualcuno avesse osato chiamarle a qualle maniera conoscendo Oberyn le sue figlie gli avrebbero fatto capire esattamente cosa significava essere creature delicate.

“Sono più... dure, in molti aspetti della loro vita si comportano come maschi” commentò il ragazzo e su di loro cadde un breve silenzio.

 

Aegon lavorava in silenzio e la principessa evitava di guardarlo e, dal momento che sembrava cercare argomenti di discussione domandò “In che senso i miei capelli sono peculiari? Sono solo ricci.”

 

Aegon sollevò per un momento lo sguardo per riportarlo poi sul livido “Sembrano i ricci tipici dei Ryonhar – sussurrò – ne ho già visti di simili, solo a Dorne però.” Art sollevò gli occhi al cielo, era vero, la principessa aveva ereditato dalla nonna paterna gli invidiabili ricci che avevano tanto distinto casa Targaryen e i Ryonhar e, sebbene non ci avesse mai fatto caso prima di allora era effettivamente una caratteristica peculiare lì al nord dove i capelli erano o completamente lisci oppure in ricci talmente piccoli e chiusi da apparire quasi spinosi, le morbide onde dei capelli della principessa dovevano essere apparsi a tutti così stranieri eppure Art non lo aveva mai notato. 

 

“Potrebbe anche darsi. Sono nata a sud, non mi stupirebbe se li avessi ereditati da mia madre.” replicò lei scrollandosi nelle spalle.

 

Lui la osservò per qualche istante poi aggiustò nuovamente il vestito sulla sua spalla e le porse il botticino che lei richiuse e ripose nella sacca con attenzione in silenzio.

 

“Ora devo proprio andare. – disse – non ho dubbi che sia già quasi ora della colazione.” si tirò in piedi e si sprimacciò le gonne come in cerca di scuse per restare o chiacchierare ancora.

 

“I miei ringraziamenti, mia signora. – chiosò Aegon – la vostra gentilezza è un sollievo in questi giorni tetri.” commentò e Art sollevò gli occhi al cielo riconoscendo nel figlio molti dei comportamenti del padre.

 

“Dovresti smetterla di chiamarmi mia signora. Non sono una lady” sbuffò divertita la principessa aggiustandosi la treccia al di sopra della spalla. 

 

“E come dovrei chiamarti, principessa come quella tua guardia?” il tono velenoso che usò fece irrigidire la principessa che improvvisamente parve fatta di ghiaccio. Art scosse la testa semi divertito da quella situazione e pensando che il ragazzo fosse senza speranza. 

 

“Non credo mi piaccia cosa stai implicando.” se il suo tono non era raggelante abbastanza Art era certo che lo fosse il suo sguardo, ma Aegon non fu saggio abbastanza da scusarsi e non provocarla oltre.

 

“E cos'è che starei implicando, mia signora? – la provocò invece lui – forse sei tu che hai qualcosa da nascondere.”

 

“Io non ho nulla da nascondere soprattutto con riguardo ad un uomo che mi ha vista nascere.” questa volta Aegon si rese conto che la principessa era furibonda “Vi sarei grata se non parlaste mai più in una maniera tanto disgustosa di Art Snow in mia presenza.” il ringhio sommesso di Spettro dal fondo del canile infuse una certa atmosfera di presagio alla frase, prima che la principessa si voltasse andandosene “Vi auguro buona fortuna nelle guerre a venire.” 

 

E Art quasi fece una smorfia lui stesso riconoscendo quel tono. Il tono di una donna ferita e arrabbiata, anche Aegon parve improvvisamente essere rinsavito perché dopo qualche istante le chiamò dietro, incerto su cosa dire “Il mio nome è Egg.” 

 

La principessa si fermò, ma non si voltò limitandosi a rispondere “Ti auguro la migliore fortuna nei tuoi affari futuri, Egg.” fu la sua fredda risposta mentre se ne andava senza voltarsi indietro. 

 

Aegon sospirò sbattendo una pugno contro il pavimento di pietra della sua cella prima di inclinare la testa indietro contro il muro.

 

“Da quanto tempo stai lì che spii?” i suoi occhi viola erano fissi su di lui ed Art decise di uscire finalmente allo scoperto.

 

“Dall'inizio, anche se non intendevo origliare. – ammise – pare tu abbia fatto un bel pasticcio con la principessa, hm?” commentò guardando lì dove sapeva che era sparita. 

 

“E' molto più feroce di quello che sembra, non è vero?” chiosò l'altro senza guardarlo, lo sguardo fisso sull'entrata del canile come se lo sguardo da solo fosse sufficiente a farla tornare indietro. 

 

“Avere quattro fratellini minori da difendere tende a renderti molto protettiva.” replicò con un sorriso, Aegon sembrava perso dietro mille pensieri. 

 

“Suppongo di sì, non saprei dire. – ammise – sono un valonqar, ma non serbo ricordi di mia sorella. Chi l'ha conosciuta racconta che fosse una bambina deliziosa e allegra, ma io non la riesco a ricordare.” commentò afflitto.

 

Art ricordava bene la principessa Rhaenys. Era la gioia di Approdo del Re, lei e quel suo dannatissimo gatto spelacchiato nero cui correva sempre dietro e a cui faceva correre sempre dietro le cappe dorate. Era l'orgoglio e la felicità dei genitori e un suo sorriso illuminava anche le peggiori giornate. Aveva pianto lacrime amare quando aveva scoperto il suo destino crudele. Era stata una bambina così vivace e assurdamente divertente che tutti la amavano profondamente ed era così simile alla principessa Elia che ogni volta che storceva il naso davanti al fango o di fronte a una qualche verdura che non voleva mangiare gli pareva di tornare indietro di vent'anni a quando aveva passato lunghe giornate con la principessa Elia e il principe Oberyn a Lancia del Sole. 

 

“Sembrava piuttosto caparbia nel difendere il tuo onore – commentò Aegon riportando il suo sguardo su di lui – devi essere piuttosto compiaciuto nel vederla tanto pronta a difenderti.”

 

“Sono io che proteggo lei. – chiosò asciutto – ma sì, la sua lealtà mi riempe di orgoglio e di felicità”

 

Aegon si limitò ad annuire così lui continuò “Anche tu sembri aver ispirato la sua fiducia e la sua lealtà – gli occhi viola del re scattarono su di lui attenti, studiandolo – si è presa un bel rischio venendo ad aiutarti.” spiegò “Anche se, forse dovresti riconsiderare la sua posizione in tutto ciò.”

 

“Cosa intendi?”

 

“Lei non sa chi sei, no? Per quanto ne sa lei potrebbe rischiare solo una bella strigliata aiutando un prigioniero della sua età – articolò – ma sappiamo entrambi che il re diventa cieco di fronte a qualsiasi cosa abbia a che fare con la tua famiglia.”

 

“E' la figlia del suo migliore amico – protestò lui – l'usurpatore non oserebbe mai farle del male.” 

 

“Stiamo parlando dello stesso uomo che ha premiato gli uccisori di bambini e donne indifesi con l'unica scusa che si trattava della progenie del drago. – rispose – lei non merita di condividere il medesimo fato di tua sorella.” 

 

Aegon sembrò pensarci su, increspando le labbra in un modo che era così semplicemente identico ad Elia da fargli mancare il fiato.

 

“La proteggerai? – domandò – anche se l'usurpatore pretende la sua testa?”

 

“Per toccare anche solo un capello sul suo capo dovrebbe passare sul mio cadavere e se anche solo osasse pensare di pretendere la sua testa l'intero Nord si alzerebbe in rivolta, sono terribilmente leali e sebbene lei sia solo la figlia bastarda del loro signore provocherebbero l'inferno in terra per difenderla. La amano molto.”

 

Aegon annuì e Art si congedò con un debole cenno della testa voltandosi e abbandonando il canile, ma prima che fosse troppo lontano lui lo richiamò “Ser Arthur.”

 

Era la prima volta in oltre sedici anni che sentiva quel nome e lo fece irrigidire prima di voltarsi ed incontrare lo sguardo soddisfatto e intelligente negli occhi viola del figlio del suo migliore amico.

 

“Proteggila, anche a costo della vita. È l'ordine del tuo re.” comandò con aria autoritaria e Art non poté fare altro che annuire, fare un inchino e voltarsi uscendo dal canile. Come il ragazzo avesse capito la sua identità restava un mistero poiché certamente non poteva rammentarsi il suo viso. 

 

Fuori nel cortile innevato notò che la principessa stava avendo un altro diverbio con il giovane Robb Stark che la teneva per un braccio e sembrava furioso “Non mi importa cosa pensi che abbia fatto o meno, Jo. – le stava dicendo in tono duro – si tratta comunque di un prigioniero del re e che ne sai che non abbia ucciso qualcuno?, devi stargli lontana.”

 

“Robb. Lasciami andare. Adesso.” sibilò la principessa in un tono tanto autoritario da farlo obbedire immediatamente al comando come se fosse scottato, la principessa si aggiustò la manica del vestito reguardendolo “Apprezzo il fatto che tu voglia proteggermi, Robb. Ma smettila di cercare di nascondere il tuo aperto disappunto nel prigioniero con finto buonsenso che non ti si addice. Se fosse stato davvero un assassino pensi che il re l'avrebbe semplicemente messo in catene? O se fosse un traditore? No, qualsiasi cosa abbia fatto non meritava di perdere un occhio.”

 

Senza aggiungere altro si voltò andandosene di gran carriera mentre il giovane Robb Stark si passava una mano fra i capelli “E' così dannatamente testarda, peggio di un asino. – borbottò fra sé prima di rivolgersi a lui – rischierà di perdere la testa un giorno di questi per la sua cocciutaggine, ma sarò dannato se lascerò che accada. Assicurati che non abbia più niente a che fare con il prigioniero.” ordinò in tono quanto più autoritario gli riuscisse, Art si limitò ad annuire prima che il giovane lord si dirigesse lontano con il proprio metalupo che gli stava alle costole evidentemente agitato dal pessimo umore del proprio padrone. 

 

Seguì la principessa all'interno solo per trovare Ned davanti alla sua porta che l'attendeva.

“Dove sei stata?” perfino lui fece una smorfia a quel tono, ma era evidente dalle occhiaie profonde sotto i suoi occhi grigi che non aveva dormito bene.

 

“Sono stata nel Parco degli Dei. – replicò asciutta – avevo bisogno di schiarirmi le idee.” di fronte allo sguardo poco convinto del padre tuttavia lei fu costretta ad ammettere “mi stavo addestrando con Arya. Sapete che avevo intenzione di farle dono di una spada tutta sua.., ma non servirebbe a nulla che non conoscesse almeno le basi...”

 

“E quindi vi siete allenate prima della colazione?” il viso di suo padre si addolcì “Cerca di fare sì che non si faccia male e che sua madre non lo scopra o non le permetterà mai più di lasciare la sua vista.” la principessa annuì indicando che voleva entrare per cambiarsi ed Eddard le disse che l'avrebbe attesa per scortarla a colazione. 

 

Quando lei fu entrata nella stanza, solo allora Ned si voltò verso di lui, domandando “Dove è stata, in verità?”

 

“Si è allenata con Arya — ammise — quella parte è vera, ma è anche stata al canile, voleva prendere Spettro con sé e ha trattato i lividi del ragazzo.”

 

“Immaginavo qualcosa del genere, non mi guarda mai dritta negli occhi quando mente o omette parte della verità — si passò una mano sul viso sospirando —pensavo fossimo in accordo riguardo al fatto che non dovevano più conversare.”

 

“Lo so. — ammise — ma ad essere sinceri dubito che la principessa gli concederà più il suo tempo. Hanno avuto un diverbio.”

 

“Riguardo a cosa?”

 

“Il ragazzo è stato insensibile riguardo a qualcosa che le sta molto a cuore — replicò enigmaticamente — in più gli ho fatto notare che lei sta ampiamente rischiando la propria vita nell’aiutarlo e lui sembra aver capito, magari ci aiuterà a tenerla lontano e quindi fuori dai pasticci.”

 

Ned annuì, prima di aggiungere, con aria sconfitta “Oggi andrò a caccia con il re. Mi ha chiesto di essere il suo primo Cavaliere.”

 

“Hai rifiutato, spero.”

 

“L’ho fatto — annuì il lord di Grande Inverno con espressione scura in viso — non che tratterrà molto a lungo Robert. È fermamente convinto che suo figlio, Joffrey, è il Robert per la sua Lyanna, la mia Sansa.”

 

“Quell’uomo non capisce proprio il significato della parola no, eh?” commentò disturbato al pensiero della dolce lady con quel ragazzino che sembrava essere più problemi di quanto ne valesse la pena averci a che fare.

 

“Proprio no. — commentò Ned — Io… penso che accetterò la posizione.” confessò.

 

“Cosa? E questo come configura nei nostri piani?” domandò, sconvolto di fronte alla confessione dell’uomo che, nonostante il loro inizio quantomeno impervio, aveva negli anni cominciato a considerare un amico e confidente.

 

“Non lo so ancora — ammise — ma ieri notte la sorella di mia moglie le ha inviato una lettera scritta in un codice cifrato che usavano da bambine — lo afferrò per un braccio conducendolo in un angolo appartato del corridoio, lontano da orecchie indiscrete — dice che suo marito, il defunto Primo Cavaliere Jon Arryn, non è morto di cause naturali, ma ucciso dalla famiglia della regina.”

 

Questo lo avrebbe sorpreso se non fosse che il principe lo aveva scoperto in meno di una notte, semplicemente mettendo insieme i pezzi della sua identità che fino a quel momento erano passati altrimenti inosservati.

 

“E quindi?”

 

“Se è vero — spiegò Ned — devo scoprire chi è il colpevole e assicurarlo alla giustizia del re.”

 

“E tutto questo cosa significa per la sicurezza di tua figlia, mio signore?” tuonò ricolmo di disappunto per la decisione dell’uomo. Poteva comprendere il suo desiderio di vendicare la morte dell’uomo che amava come un padre e che aveva scatenato una guerra quando il re aveva chiesto la sua testa su un piatto d’argento, ma non alle spese della sicurezza della ragazza che amava come una figlia. 

 

“Joan resterà al sicuro a Grande Inverno, qui sarà protetta anche se io sarò a Sud.” chiosò serio in viso.

 

“Certo, perché la tua lady moglie è terribilmente gentile con lei, nevvero? — protestò — ricordati le mie parole, Ned Stark. Tua moglie pretenderà che lei se ne vada perché non ha alcun amore per tua figlia.”

 

“Anche se lo facesse, Joan avrà sempre un posto a Grande Inverno finché i suoi fratelli e le sue sorelle respirano. — ribatté l’uomo — mi sono assicurato personalmente di ciò.” il suo tono imperioso sarebbe stato abbastanza da zittire qualunque altro uomo, ma lui non era un uomo comune e le vite dei figli del suo migliore amico erano a rischio. Non avrebbe abbassato la testa.

 

“Lei è la principessa dei Sette regni! Sorella dell’unico, vero re del Continente Occidentale e tu ti ostini a tenerla nascosta sotto la neve?” ringhiò afferrandolo per il bavero scuotendolo, senza paura di dover usare la forza perché il suo messaggio fosse compreso.

 

“Padre? Va tutto bene?”  la sua voce dolce nascondeva una minaccia chiara e cristallina, si voltò incrociando il suo sguardo, sguardo determinato che, senza indugio, pretendeva che lui facesse un passo indietro.

 

Lei sollevò il mento con aria di sfida, i lunghi capelli d’ebano ricadevano in morbide onde sulle sue spalle e sull’abito grigio scuro che aveva composto lei stessa, i suoi occhi brillarono quasi violetti e minacciosi mentre stringeva i pugni e il suo lupo mostrava le zanne silenziosamente.

 

Lasciò andare l’uomo e fece un passo indietro e Joan diede un buffetto al suo metalupo facendogli cenno di interporsi fra suo padre e Art. La guardò negli occhi e quello che vi lesse lo intristì,aveva perso il suo rispetto e la sua fiducia e dubitava che sarebbe mai riuscito a recuperarli.

 

“Ora, temo che sia troppo tardi per parlare di quanto sia appena successo — ordinò in tono autoritario — ma non illudetevi, ne parleremo. Ora, ho proprio una fame da lupi, vorrei fare colazione, andiamo, Padre?” Ned Stark annuì offrendole il proprio braccio e conducendola lentamente lungo il corridoio lasciando il meta-lupo lì fermo a ringhiargli silenziosamente contro.

 

Dopo qualche passo la principessa richiamò l’attenzione di Spettro che silenziosamente si voltò e la seguì lasciandolo lì a guardarla mentre gli voltava le spalle probabilmente senza poter mai avere la possibilità di recuperare la sua fiducia. 

 


Allora, con questo sono pari a quanto pubblicato in inglese :) Quindi il prossimo capitolo, che per chi è interessato yay, pubblicherò adesso sia in inglese che in italiano sarà l'ultima pubblicazione di questa settimana.

 

Dalla prossima pubblicherò solo (salvo casi eccezionali di mercoledì, sia in inglese che in italiano)

 

Come al solito fatemi sapere che ne pensate, lasciate un commento se vi va! Spero di sentire presto le vostre opinioni o se avete suggerimenti o critiche perché sono sempre aperta a tutto.

 

Un saluto, alla prossima. 

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Capitolo 6
*** Robb I ***


6

Robb I

Sbatté i piedi a nel manto nevoso che ricopriva il cortile dopo la sua discussione con la sorella, Vento Grigio che seguiva il suo scalpitìo con passo altrettanto deciso passando, perfettamente sincronizzato, in mezzo alle sue gambe muovendosi velocemente mentre rifletteva verso l’esterno l’umore del suo padrone.

 

Sapeva essere così dannatamente testarda che, certe volte, pensava che per riuscire ad aprire quella sua testaccia dura per inculcarle un po’ di senno sarebbe stato necessario usare un martello di vetro di drago, nientemeno.

 

Era gentile e materna per natura, pur avendo praticamente la stessa età, si prendeva cura di lui quanto se non di più dei loro fratelli e sorelle minori. Rickon la seguiva ovunque come se fosse una madre surrogata; se Bran avesse mai avuto bisogno di niente sarebbe corso direttamente da lei e altrettanto Sansa sebbene sua sorella era sempre attenta a non scatenare l’ira e la sofferenza che la presenza di Joan provocava alla loro madre; per non parlare di Arya che avrebbe smosso cieli e terra per assicurasi che la sorellastra stesse bene.

 

Robb la amava con ferocia, profondamente. Sin da quando erano bambini era stata più di una sorella, era la sua quasi gemella, quasi come una parte di sé. Non poteva neanche pensare di immaginare una vita in cui lei non fosse presente al suo fianco, costante compagna delle sue avventure. Una volta aveva preso a pugni Theon quando aveva espresso un po’ troppo coloritamente un apprezzamento nei confronti di Joan; sapeva essere un tale idiota, ma Robb sapeva che se qualcosa gli fosse mai successo Theon si sarebbe preso cura di tutti i suoi fratelli.

 

Quello che non riusciva a capire era il perché aveva sviluppato un tale interesse nei confronti del prigioniero, o meglio, lo comprendeva fin troppo bene. Era un’anima ferita e imprigionata e la situazione in cui si trovava faceva appello alla natura protettiva e di difensore dei deboli e degli innocenti di Joan. Il ragazzo semplicemente stava cercando di manipolare la natura ingenua e genuina di Joan per il proprio tornaconto. Aveva incantato e affascinato tutti i suoi fratelli tranne Bran che gli sembrava del tutto indifferente, Arya avrebbe seguito Joan ciecamente ovunque l’avesse condotta e Sansa, sebbene considerasse che per essere prigioniero qualcosa doveva pur aver fatto, si fidava del giudizio della sorella maggiore e aveva qualche romantica nozione che lui non fosse un criminale; Rickon, per i Sette inferi, lo trovava divertente.

 

Sarebbe stato dannato se quel criminale sarebbe riuscito a dilaniare la sua famiglia a metà solo perché Joan era troppo testarda per dare retta al buon senso. Quella mattina, prima della colazione lo aveva raggiunto nel canile per trattare le sue ferite, qualcosa che se si fosse venuto a sapere avrebbe causato parecchio scompiglio soprattutto dal momento che Joan era la figlia naturale del lord del castello.

 

“Posso aiutarti in qualche modo, ragazzo?” la sua voce sprizzava letteralmente arroganza così profonda che Robb avrebbe voluto colpirlo in quel preciso istante. I suoi piedi l’avevano portato inconsciamente attraverso il canile e fino alla gabbia dove avevano rinchiuso il prigioniero.

 

Il fatto stesso che l’avesse chiamato ragazzo fu come uno schiaffo, facendolo ribollire di rabbia a malapena contenuta. “Tu! — esclamò — devi stare lontano da mia sorella.” gli stava puntando contro un dito in una dimostrazione di infantilismo di cui non si curò.

 

“Non posso propriamente muovermi da qui, ragazzo. — gli fece notare il prigioniero sollevando un sopracciglio — piuttosto dovresti preoccuparti di tenere tua sorella lontano da me, visto che è lei quella che viene qui.”

 

“Tu la stai assecondando però — gli disse severamente — la sfrutti per il tuo tornaconto. Non ho idea di cosa tu possa sperare di ottenere da lei, ma te lo dico una sola volta, non funzionerà, mia sorella non è tua da muovere come un burattino a piacimento.”

 

“Lei è piuttosto graziosa, non trovi? — il prigioniero aveva un’espressione fin troppo sbruffona per i suoi gusti, ma Robb non poteva attaccarlo senza dover dare delle spiegazioni e nel farlo avrebbe dovuto fare la spia su Joan — non mi dire che non hai notato il modo in cui il re la guarda. Io sarei più preoccupato di quello rispetto a un povero ladro detenuto come prigioniero senza una ragione.”

 

E, su questo Robb era costretto a dargli ragione, il modo in cui re Robert fissava Joan era qualcosa che lo metteva profondamente a disagio, se avesse trovato un modo per impedire che re Robert la guardasse, nemmeno più una volta, non sarebbe stato comunque abbastanza per togliergli di dosso il disgusto.

 

“Sta solo lontano da mia sorella e non avremo problemi.” borbottò, prima di ordinare a Vento Grigio di restare nella sua gabbia voltandosi per raggiungere gli altri nella Grande Sala del castello per consumare anche lui la sua frugale colazione. Probabilmente aveva un aspetto contrariato mentre marciava a pugni stretti attraverso il cortile, come un bambino cui era stato negato l’ultimo pezzo di dolce, ma se qualcuno lo notò non ne fece parola.

 

Il re e la regina erano già seduti alla Tavola alta sebbene fossero seduti il più lontano possibile l’uno dall’altra; la regina sedeva circondata dai suoi figli, eccetto il maggiore, quello che aveva tanto affascinato Sansa per il suo disappunto; di fianco ai suoi figli erano seduti il fratelli della regina, Jaime Lannister lo Sterminatore di re e il Folletto. Il re, invece, era seduto di fianco a sua madre mentre, da brava padrona di casa, tentava di mantenere la conversazione con lui prima che si allontanasse dal castello per la caccia. Bran sedeva accanto a Rickon che aveva un aspetto ammusonito e omicida nei confronti di Sansa che, invece di lasciarlo in pace, si stava destreggiando in quanto mai appiccicose cure materne mentre Arya sghignazzava divertita di fronte alla scena.

 

Baciò sua madre su una guancia in segno di saluto, procedendo poi a baciare Sansa sulla fronte e a scompigliare i capelli di Arya e Bran prima di prendere il suo posto a tavola accanto a Rickon che gli si lanciò, per lo scontento di Sansa, immediatamente in grembo pregandolo di salvarlo da quella tediosa colazione. 

 

In quel preciso momento suo padre fece il suo ingresso nella Sala Grande mentre scortava Joan al suo posto a sedere, lontano dalla tavola alta, in uno tavoli riservati ai servi e alle persone comuni, ma prima che si potesse sedere la voce del re rimbombò per la sala zittendo il chiacchiericcio e attirando l’attenzione di tutti “Oh Ned!, non essere una femminuccia, lascia che la ragazza sieda con la sua famiglia.”

 

Notò immediatamente come sua sorella impallidì, aggrappandosi per supporto al braccio del padre mentre la conduceva con aria afflitta alla tavola alta facendola accomodare nel posto di Bran che scalò di un posto alla propria destra, facendo sedere di fianco a Robb. Joan, prima di sedersi, fece un inchino rivolgendosi sia al re che alla regina — che, dopo aver fatto una smorfia quasi impercettibile di sdegno si limitò ad ignorarla, cosa che non fece il Folletto che la salutò calorosamente — prima di rivolgersi a sua madre con un cupo “Lady Stark.”

 

“Snow” fu la replica ancora più tetra della donna, fredda anche nei confronti del marito porgendogli solo la guancia quando si abbassò per posarle un bacio sulle labbra in saluto prima di sedersi sconfitto di fianco al proprio amico.

 

Cominciarono immediatamente a discutere delle questioni della caccia prima che il re si voltasse verso sua sorella domandando, con il tono più educato possibile “E voi, lady Joan, cavalcate?” 

 

Avvertì sua sorella irrigidirsi prima di abbassare gli occhi dal suo piatto replicando “Non spesso, Vostra Grazia.” prima di riprendere a mangiare il proprio pesce.

 

“Questo è semplicemente inaccettabile, Ned!” tuonò il re voltandosi verso suo padre.

 

“Sì, Vostra Grazia?” la replica di suo padre mancava del caloroso affetto che l’aveva contraddistinta al loro arrivo, ma era chiaro che il re aveva la sua piena attenzione.

 

“Come hai potuto permettere che la ragazza che è l’immagine di Lyanna non cavalchi spesso? Sarebbe un insulto a sua zia!” tuonò offeso il re e suo padre impallidì prima che Joan potesse intervenire.

 

“Mi sono spiegata male, Vostra Grazia, amo molto cavalcare, ma non lo faccio spesso considerato che non sono una buona cavallerizza.” 

 

Quella era una bugia vera e propria, Robb non aveva mai conosciuto nessuno capace di cavalcare come Joan che sembrava nata per stare in sella ad un cavallo, ma comprendeva appieno il desiderio di Joan di evitare qualsiasi spunto per il re di invitarla ad unirsi alla loro caccia.

 

Rickon, però, ingenuo nella sua età innocentemente si inserì nel discorso, dichiarando “Joan è una fantastica cavallerizza!, qualche volta mi porta con sé.”

 

Il re ridusse gli occhi a due fessure, ma Sansa, fortunatamente, con il proprio intervento riuscì a dissipare la tensione affermando “Mia sorella è una persona estremamente umile, Vostra Maestà. — commentò — lei è un’ottima cavallerizza.”

 

Il re rise sguaiatamente prima di esclamare “Bella e modesta!, Ned devi aver prodotto il migliore partito per tutti i lord del regno!” quindi si voltò nuovamente verso sua sorella “Dovete unirvi a noi, mia signora. Sono convinto che la vostra presenza allieterebbe il nostro seguito per la caccia.”

 

“Vostra Grazia, sono onorata, ma..” balbettò sua sorella non convinta.

 

“Allora è deciso!, Ned cerca di muoverti vecchio stivale, abbiamo delle prede da cacciare. — annunciò alzandosi e girando intorno al tavolo per abbandonare la sala — a tra poco, dunque, mia signora.”

 

Robb scambiò uno sguardo con la sorella, incredulo, era pallida, troppo pallida perfino per la sua pelle d’avorio mentre gli occhi color smeraldo della regina la fissavano malignamente da dove stava seduta apparentemente indifferente all’intero scambio. 

 

Sorprendentemente sua madre balzò in piedi “Maestà! — chiamò quasi senza fiato, il re si voltò osservandola con uno sguardo interrogativo — sono terribilmente dispiaciuta, Maestà, ma Joan deve rimanere nel castello, oggi, temo che avessi già da tempo organizzato una lezione di cucito per tutte le figlie di Casa Stark, legittime o meno. Ovviamente — aggiunse, voltandosi verso la regina — Vostra Grazia, sia voi che la vostra adorabile principessa Myrcella siete le benvenute… quindi temo che la ragazza non possa unirsi a voi.”

 

Robb sorrise eternamente grato alla madre del terribile sforzo che stava facendo per assicurare la sicurezza di una figlia non sua e di cui a malapena tollerava la presenza all’interno del proprio castello.

 

Suo padre si tirò in piedi dalla sedia, baciò le mani di sua moglie con deferenza, salutando tutti loro con un sorriso “Andiamo, Robert — chiamò — lasciamo le donne al loro cucito.”

 

Sembrò la cosa giusta da dire perché il re, sebbene contrariato, non protestò limitandosi ad annuire, voltarsi e andarsene. Osservò il colore tornare lentamente alle guance di sua sorella mentre sua madre sospirava e si sedeva. 

 

“Grazie, lady Stark… vi sono infinitamente grata..” Joan cominciò con le lacrime agli occhi.

 

“Silenzio, bambina. — le disse con tono duro e occhi freddi, ma non così freddi come lo erano di solito — mi aspetto di vederti perfettamente in orario per la lezione di cucito.”

 

Joan annuì evidentemente sbalordita dalla gentilezza di sua madre, ma comunque grata.

 

 


 

Si offrì di scortare le ragazze a lezione così con Sansa appesa al suo braccio destro, Arya aggrappata al suo sinistro e Joan al suo fianco fece loro strada attraverso il castello.

 

Sansa quasi saltellava dalla felicità, promettendo di assicurarsi di aiutare Joan se avesse avuto bisogno di aiuto col cucito cui Arya rimbrottò che le lezioni di cucito erano terribilmente noiose, affermazione cui Sansa replicò duramente affermando che se solo Arya si impegnasse magari sarebbero meno noiose.

 

“Ragazze! — avvisò — non litigate.”

 

Joan era nervosa, era evidente, ma qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che unirsi alla caccia col re che la fissava a quel modo. Il fatto che persino sua madre fosse messa a disagio dalla situazione abbastanza da accorrere in soccorso della figlia naturale del marito due volte in due giorni la diceva lunga sul tipo di uomo che era davvero il re.

 

Prese la sua mano, stringendola nella sua “Sarai brillante — promise — sii solo te stessa.” lei sorrise, uno di quei suoi sorrisi tanto belli che raggiungevano i suoi magnetici occhi grigi che, di nuovo, apparivano come screziati di piccole ametiste. Forse, pensò, c’era del vero nei pettegolezzi che volevano Joan figlia di Ashara Dayne visto che dicevano che fosse incredibilmente bella e avesse occhi violetti.

 

Entrò nella stanza per trovarvi già sua madre e la septa, nessuna delle due alzò lo sguardo dal loro cucito, ma sua madre ordinò imperiosamente alle figlie di accomodarsi assicurandosi che Joan fosse seduta il più lontano possibile dalla regina e dalla principessa Myrcella.

 

Condusse le sorelle ai propri posti e si abbassò a salutare sua madre con un bacio sulla guancia assicurandosi di sussurrarle “Grazie, madre.”

 

Sua madre si limitò a sorridergli calorosamente prima che la regina con la principessa al seguito entrasse nella stanza, si alzarono tutti, facendo un inchino alle due donne reali risiedendosi solo quando la regina diede loro il permesso.

 

“Lord Robb” lo salutò la principessa Myrcella con un sorriso dolce mentre i suoi occhi smeraldini brillavano. Si assicurò di fare un inchino particolarmente profondo replicando “Principessa.” prima di congedarsi e di lasciarle al loro cucito.

 

Catturò il sorriso indulgente di Joan mentre si voltava per andarsene e dopo la loro discussione quella mattina si sentì decisamente meglio pronto ad affrontare la nuova giornata. Poco sapeva di quanto peggiore la giornata si sarebbe dimostrata.


Eccoci con l'ultimo capitolo della settimana, d'ora in poi le pubblicazioni saranno una volta a settimana di mercoledì e dovrei essere molto più costante visto che ho già il calendario organizzato.

 

Come se,pre fatemi sapere cosa ne pensate, spero di sentirvi presto, alla settimana prossima! Bye, bye! 

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Capitolo 7
*** Joan II ***


Buongiorno! So che avevo detto che avrei postato di mercoledì, ma siccome domani avrò un seminario che mi occuperà tutta la giornata all'uni non sarei stata in grado di pubblicare così ho deciso di farlo oggi, sperando che vi interessi continuare a leggere questa storia considerato che nessuno di voi mi ha più fatto sapere cosa ne pensate. Ad ogni modo, così come ho postato in inglese posto anche qui il nuovo capitolo che è nuovamente dal punto di vista di Joan.

7

Joan II

La principessa Myrcella era una creatura dolce e gentile che a discapito del fatto che fosse una figlia naturale di un lord e lasciata da un lato, il più lontano possibile dalle donne reali, tentò di fare conversazione anche con lei.

 

“Avete i capelli molto belli, lady Joan — le disse in tono dolce — sembrano molto spessi e ricci, usate i ferri roventi? So che alcune donne ad Approdo del re lo fanno per avere capelli come i vostri.”

 

“Siete troppo gentile, principessa — sorrise educatamente — temo di non sapere esattamente cosa voi intendiate con usare i ferri roventi, temo che siano naturali. Piuttosto trovo i vostri ricci dorati davvero risplendenti.”

 

“Siete troppo gentile, lady Joan — le sorrise, voltandosi verso la madre, come in cerca di approvazione, ma la regina sembrava disinteressata, il suo cucito le giaceva in grembo, abbandonato — non credete anche voi, madre?”

 

La regina osservò la figlia silenziosamente per qualche istante stendendo le labbra in una smorfia prima di rispondere “Così sembrerebbe, mio piccolo amore, ma devi stare attenta a ricordare che lei non è una lady, ma solo la figlia illegittima del Protettore del Nord — le ricordò dolcemente prima di voltarsi verso lady Stark — a tal proposito, mia signora, devo dirti che trovo davvero sbalorditivo e degno di nota il modo in cui vi siete battuta per la figlia naturale di vostro marito. — la sua voce era melensa — conosco molte nobili lady che non avrebbero dimostrato altrettanta nobiltà d’animo poste di fronte alla medesima situazione.”

 

“Siete troppo gentile, Vostra Grazia — replicò lady Stark — Joan è un membro di Casa Stark anche se non legittimo. Mio marito la ama profondamente, come tutti i miei figli. È solo mio dovere in quanto lady di Casa Stark di occuparmi di tutti i suoi membri.”

 

“Davvero rimarchevole — commentò la regina con un tono quasi infantile — sono sicura che vostro marito trovi particolarmente eccezionale questa vostra nobiltà d’animo. Myrcella, tesoro mio, non ti sentiresti a disagio se mi raccogliessi in preghiera per qualche tempo, sai quanto mi lasci inquieta l’assenza di tuo padre.”

 

“Certamente, madre. Vi prego, pregate anche per le mie dita, temo di essere ancora troppo maldestra nella fine arte del cucito.”

 

“Sciocchezze, mio tesoro — la regina mormorò abbassandosi a posare un bacio sul capo dorato della figlia — ma, pregherò anche per le tue dita.”

 

A Joan la regina non piaceva particolarmente, ma era chiaro che amasse i suoi figli profondamente e si poteva leggere sul suo viso meraviglioso se non troppo freddo e distaccato. 

 

Si alzarono tutti in piedi insieme alla regina per salutarla appropriatamente prima che risedersi dopo la sua dipartita e ricominciare a chiacchierare del più e del meno. Joan si punse il dito innumerevoli volte e altrettanto fece Arya mentre, invece, la principessa Myrcella sembrava particolarmente interessata a Joan.

 

“Ditemi, lady Joan — disse — è vero che usate una crema che fate arrivare appositamente da Meereen per la vostra pelle chiara? Anche io ho sempre necessità di usare creme molto protettive per difendermi dal Sole di Approdo del re.” 

 

Improvvisamente però la testa di Joan scattò di lato e altrettanto fecero quella di Arya e Sansa prima che un feroce e disperato ululato rompesse la loro calma e quiete, seguito da un altro e un altro e un altro ancora finché tutti e sei i metalupi non si unirono in una tristissima e disperata cantilena. 

 

Un paggio arrivò tutto trafelato nella stanza ed entrò senza neanche bussare esclamando “Lady Stark!”

“Dylar fa tacere i metalupi, gentilmente, stanno spaventando la principessa Myrcella.”

 

“No, lady Stark, è lord Bran… stava scalando… è caduto, mia signora.” 

 

Joan non aveva mai visto lady Stark muoversi tanto velocemente o poco elegantemente mentre scattava in piedi, raccoglieva le gonne fra le mani e cominciava a correre a perdifiato senza neanche preoccuparsi di congedarsi dalla principessa.

 

Improvvisamente la mano di Sansa si avvolse intorno alla sua “Oh Dei, Joan, cosa faremo?” singhiozzò i suoi occhi blu pieni di lacrime, anche Arya era appesa al suo braccio e si mordicchiava un unghia come solitamente faceva quando era molto nervosa. Sembrava sul punto di esplodere. Joan poteva vedere quanto fosse impallidita anche la principessa, ma con lei c’era la septa, potevano anche allontanarsi. Bran aveva bisogno di loro.

 

“Vostra altezza, potete scusarci?” Myrcella si tirò in piedi annuendo mutamente e tutte e tre si lanciarono di corsa fuori dalla stanza ignorando i richiami di septa Mordane.

 


 

Non potevano vedere il suo corpo sfigurato, mentre lo trasportarono all’interno del castello, ma quel poco che avevano visto era stato più che sufficiente. Lady Stark seguì suo figlio all’interno singhiozzando e piangendo mentre i lupi continuavano a ululare disperatamente.

 

Gran parte della corte era presente mentre loro fratello venne ricondotto all’interno e poi fino alle stanze del Maestro. Sansa piangeva silenziosamente con il viso nascosto contro il suo fianco mentre Joan la stringeva con un braccio; Arya era un’altra storia era esplosa nella sua rabbia incontenibile e urlava e piangeva e scalciava contro l’aria le sue grida tanto disperate quanto quelle dei lupi.

 

Robb arrivò correndo con la neve che si scioglieva fra i suoi capelli rosso scuro, le sue guance rosse per la corsa e per il freddo, la sua spada da allenamento, legno, ancora saldamente in pugno mentre il principe Joffrey — con cui probabilmente si stava allenando — se ne stava in disparte quasi con un’espressione annoiata sul viso.

 

“Che è successo?” pretese di sapere, abbandonando la spada nella neve e correndo a contenere Arya abbracciandola stretta al petto mentre le ci batteva sopra i suoi piccoli pugni cercando di liberarsi dalla sua presa ferrea.

 

“Bran… — mormorò con voce strozzata mentre Sansa tremava al suo fianco — stava scalando… è caduto.”

 

La semplice nozione che il loro fratellino, sempre appeso a qualche cornicione, sempre lassù che esplorava tetti e bastioni senza mai cadere fosse effettivamente caduto era per loro completamente aliena sebbene avessero sempre saputo quanto pericoloso fosse.

 

Osservò mentre Arya divenne improvvisamente molle nell’abbraccio del fratello e come i suoi occhi da Tully, così blu, si riempirono di lacrime mentre se la stringeva forte addosso. Senza dire nulla Robb le offrì il suo braccio libero e senza neanche dover pensare lei e Sansa si fiondarono nel suo abbraccio come frecce da un arco, abbracciandolo stretto.

 

Dopo qualche tempo mentre le ragazze ancora tremavano la voce di Rickon li riscosse dall’abbraccio, la sua tenera voce era ingenua e domandava dove fosse Bran e cosa fosse successo. Joan guardò negli occhi del più piccolo dei suoi fratelli facendogli cenno di avvicinarsi e abbracciandolo stretto mentre gli spiegava sommessamente che Bran era caduto dalla Torre Spezzata. 

 

L’esplosione di rabbia e paura di Rickon fu in tutto e per tutto simile a quella di Arya, Joan scambiò uno sguardo con Robb mentre Arya seduta a terra abbracciata a Sansa piangeva silenziosamente. Entrambi circondarono Rickon abbracciandolo stretto finché non perse le forze e la voglia di combattere, lasciandosi semplicemente cullare.

 

“Cos’è successo?” si voltò all’udire la voce solo per vedere Art Snow avvicinarsi, un uomo che fino a quel mattino aveva considerato quasi come una figura paterna, che la fissava con aria preoccupata.

Quello che aveva visto quella mattina, però, era ancora chiaro e fresco nella sua memoria. Aveva udito parole mal dette e malintese, e certamente non riferite a lei, eppure continuava a non riuscire a fidarsi dell’uomo che aveva avuto il fegato di minacciare suo padre del suo stesso castello.

 

“Non sono affari tuoi, Snow. — disse gelida e piatta — si tratta di qualcosa che riguarda me e i miei fratelli.” le lacrime cadevano lungo le sue guance eppure non riusciva a non fidarsi dell’uomo che le stava di fronte e che aveva tutto l’aspetto di un padre preoccupato.

 

Lui la osservò come se si stesse assicurando che non fosse ferita, poi annuì e si voltò allontanandosi senza voltarsi indietro. 

 

Mentre stavano rientrando nel castello coi fratelli Robb fermò un paggio ordinandogli che prendesse il cavallo più veloce e portasse la notizia di quanto accaduto a suo padre.

 


 

Rickon e le ragazze si erano finalmente addormentati tutti insieme, abbracciati sotto le pellicce del letto di Robb, cosa che avveniva non di rado dal momento che tutti si rifugiavano nella stanza del fratello maggiore quando avevano gli incubi. Le lacrime si erano asciugate sui loro visi e Joan era certa che all’indomani i loro occhi sarebbero stati arrossati e gonfi dal pianto.

 

Era seduta di fronte al camino, i suoi capelli ancora bagnati dalla neve la sua faccia ancora più pallida del solito mentre fissava le fiamme danzare, una pelliccia avvolta mollemente attorno alle sue spalle per tenerla calda.

 

Robb era andato da sua madre, che non abbandonava il capezzale di Bran, per avere notizie sulle condizioni del loro fratellino e lei era rimasta indietro non volendo tentare l’ira di lady Stark. Qualsiasi tregua si fosse fragilmente impostata fra loro, era certa, era andata in frantumi quando Bran era caduto da quella torre.

 

Ricordava il giorno della nascita di tutti i suoi fratelli, tolto Robb. Ricordava di avere a malapena quattro anni o poco più mentre sgattaiolava silenziosa nella stanza dei bambini per sbirciare nella culla dove dormiva la sua nuova sorellina solo per vedere quella massa di capelli rosso acceso sulla testolina tonda di Sansa e quei suoi grandi occhi blu che la fissavano. 

 

Rammentava meglio Arya visto che era più grande, e ricordava l’orgoglio sul viso di Robb quando il loro lord padre gli aveva messo fra le braccia la neonata permettendogli di cullarla mentre Joan gli sedeva affianco. Arya aveva cominciato a piangere e urlare il momento stesso che era venuta al mondo e Joan era certa che non se ne sarebbe andata se non come era arrivata sporca di sangue combattendo.

 

Bran… di Bran ricorda il silenzio, dopo Arya era stato sorprendente vedere un bambino tanto silenzioso, quando finalmente avevano loro concesso di entrare nella camera dei bambini e di guardare nella culla avevano trovato Bran, i suoi occhi blu aperti curiosamente sul mondo che li osservava tutti attentamente. Bran era fra tutti quello che ricordava meglio perché le era stato permesso di avvicinarsi molto di più che con gli altri fratelli considerato che aveva Sansa bilanciata su un fianco cosicché lo potesse vedere bene; quando le aveva viste Bran aveva sorriso e aveva allungato una delle sue manine chiusa a pugnetto intorno al dito che Joan gli aveva offerto.

 

Rickon, invece, il piccolo selvaggio Rickon aveva pianto e urlato tanto quanto Arya ma era stato zittito immediatamente quando Arya si era sporta sopra la culla per fargli delle strane smorfie divertendolo e facendo cessare il suo pianto. 

 

Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire nuovamente da suoi occhi trattenendo un respiro quando, finalmente, la porta si aprì mostrando Robb. Aveva la testa bassa, gli occhi fissi sul pavimento e stava piangendo. Si alzò immediatamente raggiungendolo e abbracciando il suo corpo più alto stretto al suo, mentre Robb nascondeva il suo viso contro l’incavo della sua spalla.

 

“Maestro Luwin dice che se sopravvive alla notte ci sono buone speranze… — disse con voce strozzata — ma anche se mai si svegliasse Bran non camminerà mai più, le sue gambe sono troppo spezzate per permetterglielo.” 

 

Joan singhiozzò mentre al di fuori potevano sentire un unico lupo continuare ad ululare disperato. 

“Perché uno dei metalupi continua a ululare?” 

 

“È quello di Bran — le spiegò Robb — è fuori dalla finestra di Bran e continua a ululare. Mia madre non vuole farlo entrare e penso che lui voglia stare con Bran. Non credo di Vento Grigio sarebbe in migliori condizioni fossi io quello ferito.”

 

Joan non lo disse, ma aveva l’impressione che se lei fosse stata in quello stato Spettro avrebbe dilaniato chiunque si fosse trovato sulla sua strada per assicurarsi di stare al suo fianco e avrebbe fatto la guardia proprio come stava facendo il metalupo di Bran, non l’avrebbe mai abbandonata.

 

Si liberò dalla sua presa fissandola con occhi arrossati e gonfi, prima di posarle un bacio sulla fronte e di sussurrare “Andrà tutto bene. Te lo prometto.”

 

“Come può andare tutto bene, Robb? — pretese di sapere con voce strozzata in un sussurro — le gambe di Bran sono spezzate, anche se si risvegliasse non camminerà mai più! Voleva diventare un cavaliere, per gli Dèi!” 

 

Le mani di Robb si avvolsero attorno al suo viso mentre la fissava dritta negli occhi “Sarà vivo. — le disse con convinzione — sarebbe già un miracolo sufficiente.”

 

Lo fissò in quei suoi occhi cristallini, blu, e annuì “Sarà vivo, ma sarà uno storpio con nessuna speranza per il futuro.”

 

“Sei troppo negativa, Joan — le disse severamente, voltandosi e sedendosi al bordo del proprio letto, attento a non svegliare i loro fratelli — Aye, sarà uno storpio, ma sarà vivo e potrà sperare per qualsiasi futuro desideri, magari non diventerà mai un cavaliere ma potrà essere qualsiasi altra cosa desideri. Essere vivo sarà abbastanza.”

 

Qualcuno bussò alla porta facendoli sobbalzare entrambi mentre Robb correva all’uscio sperando che si trattasse di notizie sulla ripresa di Bran. 

 

“Padre.” lo sentì esalare. 

 

“Joan… lei è qui?” la voce di loro padre era strozzata, spezzata e Joan si avvicinò alla porta mentre suo fratello la spalancava per mostrare l’interezza degli Stark nella sua stanza, alcuni addormentati altri svegli. Gli occhi del loro lord padre si fissarono sui suoi figli, anch’essi arrossati e gonfi di pianto e lui era pallido oltre ogni immaginazione.

 

Il momento in cui i loro occhi si incontrarono Joan scattò all’azione, nascondendo il proprio viso contro il petto del padre mentre lui la stringeva stretta posando un bacio sul suo capo fradicio.

 

“Notizie su Bran?” domandò allontanandosi dal padre che si limitò a scuotere la testa.

 

“Ti devo parlare, in privato.” specificò piuttosto silenziosamente, lei annuì voltandosi verso Robb che annuì prima di voltarsi e raggiungere il letto dove dormivano i loro fratelli, si avvicinò a Sansa che ne occupava un’estremità sdraiandosi al suo fianco e abbracciandoli con la sua mano che accarezzava la testa di Arya.

 

Chiuse la porta silenziosamente alle sue spalle e quando si trovò nel corridoio realizzò che suo padre non era solo come aveva immaginato, ma accanto a lui c’era Art Snow. 

 

“Padre — cominciò — non ritengo che sia opportuno adesso discorrere di quanto sia successo questa matti-” suo padre alzò una mano zittendola prima di dirle con aria stanca e afflitta:

 

“Non ho alcun desiderio di parlare di quanto è accaduto questa mattina, Joan. Voglio solo che tu sappia che, indipendentemente da quanto credi, Art Snow aveva tutte le buone ragioni per sbattermi contro il muro dal momento che mi stavo fossilizzando in maniera poco corretta su alcuni aspetti particolarmente importanti di cui non ho intenzione di discorrere adesso.”

 

Incrociò le braccia al petto “E dovrei semplicemente credere che ci sia una buona ragione perché una guardia attacchi il suo lord nel suo stesso castello?” mormorò incredula.

 

“Esattamente e una volta che tutto questo sarà finito te le spiegherò nel dettaglio.” promise accarezzando il suo viso con un palmo della mano.

 

“Glielo devi spiegare adesso, Ned. O sarà troppo tardi.” protestò Art Snow in un tono che tradiva un rango ben superiore ad una semplice guardia di basso profilo “Ha bisogno di sapere.”

 

“Cosa devo sapere? — domandò guardando gli occhi di suo padre — qualsiasi cosa sia, Padre, posso sopportarlo, non devi portare questo peso da solo.”

 

Suo padre le baciò la fronte dolcemente e lei chiuse gli occhi impaurita che non avrebbe mai saputo, quando si allontanò c’erano lacrime nei suoi occhi “Ho solo timore che non mi guarderai mai più allo stesso modo, quando saprai.” ammise. C’era una tale sofferenza nei suoi occhi che per un momento Joan si sentì profondamente scossa quasi abbastanza da non notare Art Snow avvicinarsi e posare una mano sulla spalla di suo padre in una presa confortante.

 

“Sarai sempre il suo amato padre, Ned. — gli promise — hai fatto così tanto per lei, non lo dimenticherà.”

 

“Non c’è niente che possa farvi amare di meno, da me, Padre! — professò appassionatamente — mi hai dato una casa, una famiglia, una vita che non avrei mai avuto se non mi avessi accolta e cresciuta a Grande Inverno.”  prese la sua mano fra le sue, e suo padre le sorrise debolmente.

“Vieni con me, piccola, — le disse prendendole una mano — è tempo che ti racconti una storia.”

 

Si lasciò condurre fino all’ufficio di suo padre, lui la condusse attraverso la porta e le fece cenno di sedersi, mentre Art Snow si chiuse la porta alle spalle assicurandosi che fosse sbarrata prima di rimanere in piedi come di guardia dietro alla sedia su cui si era accomodata, le mani congiunte dietro la schiena.

 

“Mi hai spesso chiesto di tua madre, e lascia che ti dica, piccola mia, non c’è giorno che passi senza che tu me la ricordi. — le disse facendola sorridere — hai ereditato i suoi colori sai?, e il suo mento e il suo naso.” 

 

Sorrise posando la propria mano sopra la sua sul tavolo che li divideva, ma lui sospirò “Tuttavia, c’è molto anche di tuo padre in te.” a questo corrugò le sopracciglia.

 

“Hai le sue labbra e i suoi occhi a discapito del fatto che siano qualche tonalità più scura, abbastanza scuri da poter essere scambiati per grigi. — le disse — hai i suoi zigomi e lo stesso colore della pelle e hai così tanto del suo atteggiamento, così riflessivo e silenzioso.” 

 

“Padre, non credo di capire..”

 

“Un giorno, dopo la fine della ribellione di Robert, cavalcai verso Dorne dove sapevamo che la fanciulla lupo era tenuta prigioniera.” Joan conosceva bene quella storia, la raccontava continuamente visto che era la preferita di Bran dal momento che raccontava di come loro padre avesse sconfitto in combattimento e ucciso la Spada dell’Alba, il famigerato Arthur Dayne.

 

“Lì c’erano di guardia due guardie del re, una delle quali perse la vita nel nostro duello mentre l’altra, ser Arthur Dayne, la Spada dell’Alba era sul punto di battermi e uccidermi quando un urlo quasi disumano si fece sentire dalla Torre che stavano proteggendo — c’erano punti di differenza rispetto alla storia che conosceva — un viso, il viso di mia sorella, apparse alla finestra e lei pretese che smettessimo di combattere, ser Arthur immediatamente rinfoderò la spada inginocchiandosi a terra per la mia sorpresa. Lyanna sembrava spaventata e sofferente e quando ordinò a ser Arthur di scortarmi da lei nonostante fosse piuttosto determinato a non fidarsi di me obbedì.” 

 

Era tutto nuovo alle sue orecchie, ma le pareva chiaro che fosse la verità, da qualche parte nel profondo della sua pancia sapeva che era la verità. Suo padre continuò mentre le si riempivano gli occhi di lacrime “Quello che vidi… non lo dimenticherò mai. Lyanna era incinta ed era in travaglio,  i suoi capelli scuri erano cresciuti incredibilmente e indossava solo una sottoveste bianca, il suo vestito abbandonato di lato di colori nero e rosso. Mi strinse la mano, ammettendo di essere terrorizzata, terrorizzata dalla morte. Le dissi che era la persona più coraggiosa che conoscevo poi un’altra doglia la colpì e lei si strozzò quasi con le parole, ma le ricordo chiaramente questo, questo è l’ultimo erede di Casa Targaryen, Ned. Lo devi tenere al sicuro se non sopravvivo, mi disse prima che le levatrici mi allontanassero dalla stanza per aiutarla col parto.”

 

Joan si sentì come se fosse stata colpita ritirando di scatto la mano la guardò con sofferenza negli occhi, ma continuò a raccontare “Allora ser Arthur mi ha raccontato una storia, la storia di come il principe d’argento e la fanciulla lupo erano scappati insieme e si erano sposati sotto la luce dei Sette  — sospirò — mi disse di come Rhaegar aveva riesumato l’antica tradizione della doppia moglie per sposare mia sorella. Compresi come la ribellione di Robert fosse stata costruita su una menzogna perché né mio padre né mio fratello sarebbero accorsi ad Approdo del re per pretendere che Lyanna fosse riconsegnata loro se avessero saputo che era stata sposata dal principe.”

 

“Era ormai mezzogiorno quando abbiamo sentito un vagito fendere l’aria. Ci fecero entrare e Lyanna era sdraiata lì, esausta, felice e ricoperta di sudore, ma pallida come mai l’avevo vista prima, mentre il sangue ricopriva il suo ventre e le sue gambe, petali di rose d’inverno appassiti attorno a lei — era impallidito mentre richiamava alla memoria qualcosa di tanto doloroso — tra le braccia cullava un bambino, il suo bambino e il legittimo erede al trono di spade. Me lo offrì per farmelo cullare, era una femmina con profondi occhi grigi screziati di ametista e mi disse il suo nome è Visenya Targaryen. Se Robert scopre di lei la ucciderà, sai che lo farà. Le promisi che l’avrei tenuta al sicuro con il resto della mia famiglia e anche ser Arthur fece un giuramento quel giorno.”

 

I suoi occhi si fissarono dietro di lei e lei si voltò trovandosi faccia a faccia con Art Snow che sembrava impossibilmente più alto e sicuro di sé una mano sulla propria spada, l’altra sull’elsa del pugnale che portava sempre sulla sinistra e i suoi occhi brillavano quasi viola mentre le diceva “ti guarderò le spalle e terrò il tuo consiglio, darò la mia vita per la tua se necessario, lo giuro sui Nuovi e gli Vecchi Dèi.” ripeté, il giuramento delle spade giurate dei sette regni.

 

Si voltò nuovamente verso suo padre “Padre, non capisco cosa stai cercando di dirmi.. non sono tua figlia?” piangeva e non riusciva a capacitarsi di quanto l’uomo le avesse appena raccontato. Nei suoi sogni sua madre era bella e di nobili origini e l’amava, a quanto pareva sua madre era stata tutto questo e anche di più.

 

“Oh, piccola mia — mormorò alzandosi e raggiungendola — posso non averti generato io, non avrai il mio nome ma hai il mio sangue.” le promise “ti ho cresciuta come fossi mia e ti amo come se fossi mia figlia, ma non sei mia figlia, ma la mia preziosa nipote.”

 

Le baciò la testa mentre lei piangeva “Perché, perché adesso?” domandò “Come può sapere che sono l’ultima della mia famiglia migliorare la mia situazione? Non rischio ora di condividere lo stesso destino dei miei… mezzi-fratelli?” singhiozzò pensando al destino di Rhaenys Targaryen uccisa dalla Montagna dopo essersi nascosta sotto il letto mentre le urla di sua madre le riempivano le orecchie, o il fato di Aegon a malapena più grande di lei, il suo cranio schiacciato contro il muro delle sue stanze.

 

“Principessa — la voce di Art le fece scattare lo sguardo su di lui — non condividerai mai il destino di tua sorella. Te lo prometto. Ho fatto un giuramento il giorno che sei nata, ho promesso di dare la mia vita per proteggere la tua e morirò prima di permettere che ti sia fatto del male. Ma era necessario che lo sapessi.”

 

“Sei sempre stato presente ovunque fossi — mormorò mentre i pezzi finalmente cadevano ciascuno al proprio posto, improvvisamente sensati — continuavi a chiamarmi principessa e non hai mai permesso mi succedesse qualcosa..”

 

“Sono la tua spada giurata, principessa. — le ricordò dolcemente — non lascerei mai che ti capitasse qualcosa.”

 

Annuì “Sono l’ultima Targaryen..”  mormorò mentre calde lacrime scendevano lungo le sue guance.

 

“A dire il vero principessa — la interruppe ser Arthur — tuo fratello Aegon sembra essere sopravvissuto agli avvenimenti di Approdo del re.”

 

“Come si sopravvive a un cranio fracassato contro un muro?”

 

“Normalmente non si sopravvive. Ma sembra che il bambino sia stato scambiato e sgattaiolato lontano da Approdo mentre un altro bambino soffriva il suo destino. E hai uno zio e una zia oltre il Mare Stretto” le disse suo padre… suo zio “È per questo che te l’abbiamo detto, piccola, ti devo chiedere di essere discreta e cauta con Robert qui. Il fatto che hai ereditato i colori di tua madre ti ha protetto fino ad ora, ma non si è mai troppo prudenti.”


Eccoci con la grande rivelazione! Ho sempre pensato che siccome Aegon si trovava a Grande Inverno così presto era anche necessario che Joan scoprisse la verità sulle sue origini fin dall'inizio altrimenti non avrei potuto costruire il conflitto interno che proverà mano a mano che la loro relazione si evolverà dal momento che se l'avessi lasciata evolvere molto oltre i prossimi capitoli sarebbe stato fin troppo facile cedere, invece così posso esplorare meglio il conflitto interiore che vivrebbe in quelle circostanze un personaggio plausibile.

Il prossimo capitolo, mercoledì prossimo, sarà uno dei miei preferiti fra questi primi il DANY I, spero di riuscire a caratterizzare Daenerys come voglio e in una maniera che vi piaccia e che le faccia giustizia perché è un personaggio importantissimo non solo della storia reale, ma anche della mia e voglio caratterizzarlo al meglio. 

Spero decidiate di lasciare un commentino per sapere cosa ne pensate della storia, se vi interessa continuare a leggerla, cosa pensate di come si sta muovendo la storia (troppo veloce?, troppo lenta?) e se ci sono cose che secondo voi mancano e che dovrei aggiungere. Spero quindi di sentirvi presto, nel frattempo vi auguro una buona settimana e ci sentiamo la settimana prossima col prossimo capitolo. Un bacio. Bye bye!

 

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Capitolo 8
*** Dany I ***


CIAO A TUTTI! Questo è un capitolo di svolta perché le cose cominciano a muoversi, si tratta — in questo primo gruppo di capitoli — del mio preferito ed è il Daenerys I. È un capitolo che io considero un po' come la prova del nove, perché gli altri capitoli, oltre quelli descritti dal punto di vista di Ned Stark erano tutti capitoli di personaggi più o meno personali; una versione femminile di Joan e come immaginavo un Aegon e un Arthur nuovi... voglio invece rendere giustizia a Daenerys che — nonostante quanto sia successo nello show e quanto possa ancora succedere nei libri — rimane comunque uno dei miei personaggi preferiti. 

Dunque fatemi sapere ciò che ne pensate!, ci tengo davvero molto a sentire le vostre opinioni!. Vi lascio al capitolo, buona (spero) lettura.

8

Daenerys I

Essere Khaleesi non era stato così difficile come aveva anticipato. Era stata terrorizzata tutta la sua vita. Suo fratello non era mai stato una compagnia facile. L’aveva protetta sin dalla culla, lo sapeva, dopo che era nata durante la peggiore tempesta a memoria d’uomo, Viserys aveva abbandonato Roccia del Drago e si era nascosto con lei ad Essos, al sicuro. In esilio.

 

Non era certa che l’avesse mai davvero perdonata per non essere nata prima come se lei avesse potere decisionale sul quando nascere, ripeteva spesso che se solo fosse nata prima loro fratello non si sarebbe mai rivolto alla puttana Stark, non l’avrebbe rapita perché avrebbe avuto al suo fianco la perfetta sposa pura Targaryen. 

 

Ricordava un tempo in cui suo fratello era stato buono con lei, perché quando la guardava non vedeva in lei tutto ciò che gli era stato strappato. Non l’avrebbe mai definito come spensierato e allegro come qualsiasi bambino avrebbe dovuto essere. Non ricordava di essere mai stata lei stessa spensierata e allegra non con gli assassini dell’Usurpatore che li rincorrevano per tutto il continente orientale.

 

Viserys era stato costretto a mendicare per assicurarsi che mangiassero abbastanza da sopravvivere. Il re mendicante lo chiamavano nelle Città Libere. Dany era immensamente grata di quanto avesse fatto per lei. Era solo una femmina, neanche tanto importante, ma Viserys l’aveva protetta comunque.

 

Quel poco di luce che rimasto anche dopo la guerra negli occhi di suo fratello scomparve definitivamente quando fu costretto a vendere i gioielli che restavano della corona di loro madre per un po’ di pollo freddo e del pane duro. 

 

Nei suoi primi anni Dany era sicura che avrebbero ripreso il trono di loro padre, avrebbero preso quello che era loro e si sarebbero sposati come i Targaryen facevano da generazioni. Sarebbe stata la sua sposa d’argento, perfetta e cortese e gli avrebbe dato figli Targaryen perfetti con ciocche argentate e occhi d’ametista. Sarebbero stati principi e principesse dei sette regni e si sarebbero ripresi la loro vendetta. Fuoco e sangue.

 

Poi, il sogno si era infranto. Era stata la prima volta che l’aveva colpita, affermando che aveva risvegliato il drago, o quella dopo? Non avrebbe saputo dirlo, sapeva solo che desiderava ardentemente tornata alla grande casa con la porta rossa e l’albero di limoni che non si era preoccupata di granché finché suo fratello non l’aveva promessa come se fosse stata una giumenta a un signore della guerra Dothraki. I Dothraki non erano conosciuti per la loro delicatezza. Non c’è una parola in Dothraki per grazie Khaleesi. Le aveva insegnato ser Jorah Mormont il giorno del suo matrimonio.

 

Era passato del tempo da allora. Suo marito non era cattivo, non la colpiva né le mancava di rispetto, ma non era neanche delicato. Non si riuscivano neanche a comprendere, ma il suo dothraki stava migliorando come le aveva assicurato la sua ancella Irri. Parlavano, anche se molto poco, non era cattivo, ma questo non lo rendeva neanche gentile.

Supponeva che ci potesse essere di peggio. “Sembri persa nei tuoi pensieri, Khaleesi.” la voce la fece voltare e fissò i suoi occhi violetti sul suo accompagnatore, l’andalo che viaggiava con loro.

 

Non era bello, ma aveva un suo fascino che le rendeva facile fidarsi di lui. C’era della gentilezza in lui che le piaceva. I suoi occhi chiari e i radi capelli bianchi lo facevano sembrare più avanti con gli anni di quanto non fosse ma sembrava un brav’uomo. Non abbandonava mai il suo fianco, salvo per assicurarsi che Viserys non facesse nulla di sciocco.

 

Aveva smesso di idolatrare suo fratello anni prima. Era uno sciocco. Uno sciocco credulone che credeva ciecamente a qualsiasi miele gli venisse bisbigliato all’orecchio ed era arrogante e si credeva di diritto il padrone del mondo. Era fermamente convinto che il Continente occidentale fosse il suo diritto di nascita a discapito del fatto che l’Usurpatore lo aveva vinto per diritto di conquista ed era costretto a riconquistarlo per assicurarsi di potersi sedere sul suo trono.

 

Aveva uno sguardo strano, pazzoide, quando parlava di quel trono di cui era tanto ossessionato, ne raccontava la costruzione di come fosse stata creata dal fuoco del drago di Aegon il Conquistatore con le migliaia di spade dei suoi nemici sconfitti. Non le piaceva affatto.

 

“Lo sono, suppongo.” rispose “pensavo al Continente occidentale, a dire il vero. È come lo racconta mio fratello? Bello e pieno di vita, ricolmo di fedeli sudditi che cuciono il vessillo del drago e brindano alla nostra salute?” domandò fissando l’uomo con uno sguardo eloquente.

 

Sembrò studiarla attentamente per un po’ prima di replicare “È questo ciò che hanno detto a tuo fratello, Khaleesi?” questionò, le loro cavalcature che trottavano particolarmente vicine.

 

“È ciò che ci hanno sempre detto, fin da quando siamo piccoli.” 

 

“E tu non ci credi?” sembrava curioso di sentire i suoi pensieri, prima di esporre i propri. Era una prova, non sapeva bene per cosa, ma la stava mettendo alla prova comunque. Lei non aveva mai avuto bisogno di mettere alla prova Viserys. Amava suo fratello, ma le era chiaro adesso che aveva visto il vero comando, che Viserys non fosse un buon comandante, non ancora per lo meno.

 

“Solo uno sciocco crederebbe a quelle cose che suonano troppo belle per essere vere.” replicò “Addolciscono le orecchie di mio fratello da quando ho memoria, facendo appello ad adulazioni e finti complimenti, non hanno mai pensato che io potessi prestare attenzione. Dopotutto sono solo un mezzo aggraziato e delicato per conquistare un armata.” 

 

“Sei saggia oltre i tuoi anni, Khaleesi” commentò, non le suonò come un’adulazione, le parve nascondere sincera ammirazione così si limitò ad annuire.

 

“Sono quello che sono. — replicò asciutta — una Khaleesi, la moglie del grande Khal.” 

 

Poco dopo udirono il rumore di un cavallo avvicinarsi velocemente, ad una velocità che non combaciava con la processione del khaleesar, e si voltarono giusto in tempo per vedere uno dei giovani cavalieri di sangue di suo marito avvicinarsi cavalcando veloce come il vento.

 

“Khaleesi” la salutò in dothraki prima di lanciarsi in una spiegazione nella sua lingua madre di quanto sembrava averlo preoccupato, parlava troppo veloce perché riuscisse a comprendere, così si voltò verso Irri che le camminava di fianco in attesa della traduzione, ma ser Jorah la batté sul tempo, traducendo.

 

“Dice che c’è un uomo, — spiegò — un uomo che viene dal continente occidentale, dice che ha una bandiera strana e che sta parlando con tuo fratello. Dice che al khaleesar non piace, che la gente è a disagio.”

 

“Se è un uomo del continente occidentale dovrebbe parlare con mio fratello.” disse, senza comprendere cosa mettesse a disagio i dothraki. Non le era chiaro perché questo cavaliere di sangue avesse portato la questione direttamente a lei.

 

“Sei tu il capo, Khaleesi — le spiegò pazientemente ser Jorah — con tuo marito a caccia con la vanguardia sei tu il capo del khaleesar non tuo fratello, qualunque questione va deferita a te.”

 

E per una volta le piacque essere lei la persona importante perché anche di fianco a suo fratello lei era la persona più importante con suo marito distante. 

 

“Dunque andiamo a parlare con questo ospite per la pace del khaleesar. — decise, si voltò verso il dotharki ordinandogli nel suo dothraki più fluente  — portami da loro.”

 

Sapeva meglio che offendere suo fratello ulteriormente pretendendo che fossero loro a venire al suo cospetto, anche se sarebbe stato il giusto protocollo. Ad ogni modo suo fratello era il suo vero re, re di niente per ora, ma anche lei credeva il trono suo nonostante i suoi difetti.

 

Sentì gli occhi di ser Jorah su di lei mentre il cavaliere li conduceva a ritroso attraverso il khaleesar fino a dove i due uomini stavano conversando. Dopo qualche secondo lo sentì di nuovo al suo fianco anche se non questionò la sua presenza, pur essendone grata. Avevano discorso molto durante il loro viaggio verso Vaes Dothrak sebbene non riuscisse ancora a determinare a chi andasse la sua lealtà, se era leale all’Usurpatore oppure no.

 

“Perché siete ancora al di qua del Mare Stretto, ser Jorah? — domandò per fare conversazione nel modo più innocente possibile osservandolo con i suoi occhi viola — non sentite la mancanza di casa?”

 

“Non sentite voi la mancanza di casa, Khaleesi?” replicò invece lui in risposta osservandola con i suoi profondi occhi blu come se le stesse leggendo l’anima. Si scrollò nelle spalle seguendo il cavaliere attraverso il khaleesar, fin dove suo fratello doveva trovarsi a piedi. I Dothraki erano stati inamovibili riguardo al fatto che dovesse andare a piedi visto che non aveva mostrato rispetto nei confronti della loro Khaleesi. Era preoccupata per lui, magari vederlo l’avrebbe tranquillizzata, magari stare insieme a così tante persone l’avrebbe reso più umile, abbastanza da fargli capire come si comportava un vero capo. Non conosceva molto dei capi, lei stessa non lo era, ma suo marito, Khal Drogo, osservandolo aveva imparato molto su come ci si comporta con la propria gente. Non sempre con gentilezza, ma erano Dothraki, davano valore alla forza sopra ogni cosa. Il loro era un mondo di sangue.

 

“La sento — disse — ma non per la casa che ci è stata strappata. Nemmeno ricordo il continente occidentale, so che i miei antenati sedevano nelle sale di Roccia del Drago e Approdo del re. Ma per me casa è una porta rossa e un albero di limoni. Ora la mia casa è con i Dothraki.”

 

Sapeva che ser Jorah era stato esiliato dall’Usurpatore per aver venduto alcuni ladri come schiavi. Il Protettore del Nord, Ned Stark il Cane dell’Usurpatore, aveva reclamato la sua testa per il crimine che a detta di Dany era anche parecchio grave. Suo fratello aveva riso affermando che nessuno sotto il suo regno sarebbe stato considerata una sciocchezza o quasi un decente atto di umanità, ma Dany non ne era poi così certa.

 

“Sento la mancanza della mia casa — le disse — Isola dell’Orso. Non vi metterò mai più piede.”

 

“Perché? — domandò — Intendo dire, se mio fratello prenderà il trono ti perdonerà. Potrai finalmente tornare a casa.”

 

Si voltò a guardarla e per un momento Dany si sentì persa nei suoi occhi azzurri mentre lui mantenne il suo sguardo d’ametista con uno così pieno di auto-commiserazione e odio da farle mancare il respiro.

 

“Non è una questione di perdono reale, Khaleesi — le spiegò — ho spezzato il cuore del mio povero padre quando ho venduto quelle persone come schiavi. La mia reputazione è per sempre perduta per la mia famiglia, per la mia gente. Isola dell’Orso sarà sempre la mia casa, ma una casa perduta per sempre.”

 

“Potresti restare con noi — gli disse sorprendendolo — quello che hai fatto è stato alquanto orribile, ma io credo fermamente che tu possa fare ammenda per i tuoi peccati. Nel farlo anche la tua reputazione sarà migliorata se non negli occhi della tua famiglia potrai essere parte della mia famiglia.” gli disse empatica.

 

Le fece un debole inchino da in sella al suo cavallo proprio mentre arrivarono a destinazione. L’uomo indossava strani abiti d’arancio, la sua pelle aveva un aspetto ruvido, baciato dal sole e i suoi capelli e occhi erano di un profondo castano. Si muoveva con la sicurezza di un uomo certo di sé e aveva una lancia assicurata alla propria schiena. La sua insegna era strana, Dany non riusciva a rammentare a chi appartenesse, era di un profondo arancio con un sole rosso infilzato da una lancia gialla. Dany non aveva avuto un’educazione formale e aveva pressanti lacune in molti aspetti, perciò fu grata della presenza dell’Andalo al suo fianco.

 

Appena fermarono i loro cavalli gli occhi dell’uomo si puntarono su di lei togliendole il respiro per la loro intensità e ser Jorah al suo fianco mormorò “Non smontare, Khaleesi. Sei la principessa di Roccia del Drago, sorella del re e Khaleesi del Grande khaleesar, sei tu il capo qui.”

 

Annuì grata del suo supporto sussurrando di rimando “Di chi è vassallo?” fissò l’uomo con uno sguardo chiaro e determinato, Viserys si voltò a osservarla e sembrava particolarmente sconvolto e i suoi occhi viola sembravano vacui. Non sembrava felice, per niente.

 

“Di nessuno, Khaleesi. — disse si voltò a guardarlo sorpresa — quell’uomo è il principe Oberyn di Casa Martell. È principe di Dorne, fratello del principe regnante Doran e della principessa Elia Martell, la moglie di tuo fratello Rhaegar. Lo chiamano la Vipera Rossa.”

 

L’uomo si avvicinò osservando attentamente il suo cavallo, la sua Argento, allungò una mano accarezzandone il muso delicatamente sussurrandole con una voce suadente e calda. Quando finalmente riportò il suo sguardo di mogano su Dany lei non si sentì rigida come quando le era successo di incontrare altri uomini, sentì caldi brividi percorrerle la schiena. Si sentì come una vera Khaleesi, vera moglie del grande Khal.

 

“Siete il benvenuto, principe Oberyn. — l’uomo sorrise mostrando i denti perfetti da sotto i baffi — quali notizie porti da Dorne?”

 

L’uomo sembrò piuttosto soddisfatto, fece un passo indietro e si profilò in un inchino aggraziato, anche se non troppo profondo dal momento che in quanto principe di Dorne manteneva il diritto ad una coroncina e a non inchinarsi profusamente al cospetto dei monarchi Targaryen. Dany notò il khaleesar rilassarsi quando videro l’evidente rispetto nei confronti della loro Khaleesi. Fece un cenno del capo il risposta.

 

“Principessa Daenerys.” la salutò mettendo a disagio gran parte del khaleesar non certi su come sentirsi visto il modo in cui le si era rivolto.

 

Raddrizzò la schiena “Non sono una principessa, principe Oberyn — lo corresse — sono una Khaleesi.”

 

Sembrò sorpreso, ma si limitò ad annuire “Le mie scuse, Khaleesi. — disse in un tono di voce abbastanza alto che tutti lo sentissero —  giungo direttamente da Lancia del Sole dove vostro e mio nipote Aegon ha cercato rifugio durante il suo esilio.”

 

La parola nipote per poco non la fece sbilanciare dalla sella dalla sorpresa, osservò suo fratello che pareva diventare sempre più tetro. Ser Jorah intervenne al suo posto “Il principe Aegon e la principessa Rhaenys erano morti con la madre ad Approdo del re alle mani degli scagnozzi di Tywin Lannister o sbaglio?”

 

Il principe lo reguardì con uno sguardo scuro “E chi siete voi, ser, per rivolgere una simile domanda a un principe?”

 

Dany riportò il suo sguardo sul principe “Lui è ser Jorah Mormont di Isola dell’Orso — disse in un tono che non ammetteva repliche — consigliere ed interprete. È un amico di casa Targaryen e Martell. Rispondete alla sua domanda. Conosco il terribile destino dei miei nipoti. Come posso credere che sia la verità?”

 

“Aegon non era che un neonato quando Approdo del re è stata presa e saccheggiata, Varys lo scambiò con un altro bambino e si assicurò che sopravvivesse al sacco trasportandolo al sicuro e nell’anonimato a Essos, è cresciuto in esilio come voi, ma grazie al fatto che lo si credeva morto nessuno ha provato ad assassinarlo.” spiegò “recentemente ha perso l’uomo che lo ha cresciuto Jon Connington a causa del morbo grigio, e ha deciso di salpare per Dorne. Si è assunto un gravoso rischio perché non sapeva come sarebbe stato accolto. So che è il vero Aegon perché indossava un amuleto che avevo donato ad Elia per la sua nascita e ha un neo appena sotto un sopracciglio che ha una forma particolare fin dalla nascita. Riconoscerei mio nipote ovunque, anche fra mille impostori, principe Viserys.” replicò seriamente fissando suo fratello.

 

E improvvisamente le fu tutto chiaro. Se suo nipote era vivo allora era l’unico erede in vita di loro fratello Rhaegar, legittimo erede al trono di spade. Tutta questa ossessione di Viserys per quel trono da riconquistare dopo che gli era stato strappato le parve sciocca visto che il vero erede al trono di spade non era neanche lui, ma questo sconosciuto nipote.

 

“Vostro nipote non ha avuto un’educazione formale durante l’esilio, Jon Connington lo credeva più al sicuro lontano da voi considerando che eravate ancora nel mirino di Robert Baratheon così lo tenne all’oscuro del fatto che foste sopravvissuti agli eventi della ribellione e ha scoperto solo recentemente della vostra esistenza. Ci ha pregato di ritrovarvi di modo che poteste finalmente essere riuniti per prendere il vostro legittimo posto e ricostruire insieme Casa Targaryen dalle ceneri della ribellione.”

 

“Il suo posto legittimo, intendi, principe Oberyn.” suo fratello fece notare con fare contrariato, i suoi occhi color ametista che brillavano di una luce folle fissati sul loro ospite mentre una mano si andava a posare al suo fianco sull’elsa della spada che non aveva mai usato in tutta la sua vita. 

Il principe Oberyn non movve un muscolo osservando la sua mano con avversione, ma tutto nel suo atteggiamento le gridava che era pericoloso. Se mai suo fratello e l’uomo si fossero sfidati a duello, Dany era sicura che suo fratello sarebbe morto prima che lei fosse riuscita a dire No.

 

“Ovviamente, fratello, se nostro nipote è sopravvissuto agli eventi di Approdo del re questo significa che sebbene Robert Baratheon abbia vinto il trono per diritto di conquista è lui il legittimo erede al trono di spade. — disse dolcemente sperando di riuscire a distendere l’atmosfera — questa è un’occasione gioiosa!, scoprire che non siamo gli ultimi della nostra famiglia.” aggiunse voltandosi dunque verso il cavaliere di sangue di suo marito e ordinandogli con la voce più imperiosa che riuscì di raggiungere la vanguardia per potare la notizia dell’arrivo del principe Oberyn e che quella sera si sarebbe festeggiato la scoperta di un altro parente della Khaleesi.

 

Il cavaliere fece un inchino e si lanciò a rotta di collo in una corsa verso la vanguardia dove suo marito era occupato a cacciare; si voltò nuovamente verso suo fratello che sembrava essere acquietato, e sembrava solo ammusonito mentre invece l’uomo sembrava più rilassato.

 

“principe Oberyn, vi prego, scegliete un destriero di vostro gusto, non ci fermeremo per accamparci ancora per un po’, ma questa sera celebreremo per questa gioiosa notizia di cui siete portatore. Sono certa che mio marito sarà molto lieto di scoprire che il suo ospite è un famigerato guerriero, magari vorrà perfino sfidarvi a duello lui stesso.” Enfatizzò sperando che l’uomo fosse abbastanza conoscente dei costumi dothraki per sapere che i duelli erano fino alla morte di modo che capisse che, indipendentemente da chi l’avesse inviato, e chiunque fosse non aveva alcun diritto di minacciare suo fratello sotto i suoi occhi.

 

L’uomo accettò il destriero che gli fu offerto e certamente non mancò di notare come suo fratello fosse a piedi, Dany dovette rimediare così ordinò che venisse data una cavalcatura anche a suo fratello direttamente a Jorah “Date a mio fratello il suo cavallo.” confidando che si occupasse di tenere a bada il temperamento focoso del fratello e il disdegno del resto del khaleesar nei confronti del fratello.

 

Jorah annuì e si attardò a eseguire il suo ordine mentre lei ordinava al khaleesar di riprendere la propria marcia. Ignorò il principe che la seguì silenziosamente senza staccarle gli occhi di dosso, sembrava piuttosto ammirato, ma Dany non poteva esserne certa sebbene il suo sguardo tanto intenso le facesse correre strani brividi lungo la spina dorsale.

 

“Impressionante, Khaleesi — Jorah la risvegliò dai suoi pensieri, ora nuovamente al suo fianco — cominciate a comportarvi come una regina.”

 

“Te l’ho già detto ser Jorah, sono una Khaleesi, non una regina.” le disse con tono di finalità mentre Irri appariva nuovamente al suo fianco.

 

“Solo Jorah se non ti dispiace, Khaleesi. — la corresse il cavaliere — Potrei ancora fare ammenda per i miei crimini, ma non l’ho ancora fatto. Se non vi sentite a vostro agio chiamandomi solo col mio nome vi chiedo di non rivolgervi a me con un onorifico che non merito.”

 

“Come desideri, Jorah l’Andalo. — annuì — sono preoccupata. Mio fratello sembra contrariato. Cosa ne pensi?” lui parve sorpreso dal fatto che avesse chiesto la sua opinione, ma rispose comunque.

 

“È normale che sia sorpreso, Khaleesi. Ha creduto per metà della sua vita di essere il legittimo erede al trono di spade, e ora che si è finalmente mosso per prendere il trono…”

 

“Intendi ora che mi ha venduta per un’armata?, disposto a farmi fottere dal Khal, dal suo intero khaleesar e dai suoi cavalli se necessario.” lo corresse, sentì i suoi occhi stupefatti su di lei, ma mantenne un’espressione stoica rifiutando di fargli vedere alcuna debolezza “donne di nobili natali hanno un unico scopo, essere date in sposa per acquisire maggior potere. E ho dato parecchio potere a mio fratello, se fosse capace di usarlo.”

 

“Non pensi dovrebbe?” 

 

“È crudele, ma mi ha tenuta al sicuro per tutta la mia vita. Penso che sarebbe un terribile spreco, se gli ultimi Targaryen dovessero uccidersi per una sedia di ferro.” commentò asciutta. “Ma temo che mio fratello non la pensi allo stesso modo.  Non voglio che sfoci in guerra, ma se devo combatterò per mio fratello? Dovrei considerando che mi protegge da quando sono nata.”

 

“Non pensi di dover combattere per lui?”

 

“Non so cosa penso. — ammise — So solo che quell’uomo è pericoloso e non permetterà a nessuno di mettere in pericolo suo nipote, tutto ciò che gli resta di sua sorella specialmente non per un principe che non rispetta e che ha vissuto tutta la sua vita in esilio e che non gioisce del figlio di suo fratello tornato dal mondo dei morti.”

 

“E hai paura di lui, khaleesi?”

 

“Sono una khaleesi. Non provo paura. — schioccò la lingua contro il palato contrariata — ma mi preoccupo per mio fratello. So che nulla capiterà a meno, non nel mio khaleesar. Ma mi preoccupa cosa potrebbe capitare a lui. È l’unica famiglia che conosco.”

 


 

 

Quella notte le celebrazioni furono psichedeliche e grandiose per dare il benvenuto al principe Oberyn e per festeggiare il ritorno di suo nipote. Suo fratello non vi prese parte e la sua assenza fu notata. 

 

Suo marito le aveva già chiesto due volte dove fosse suo fratello e Dany si era inventata l’unica scusa plausibile dopo lunghi giorni di marcia era stanco e non si sentiva bene. Suo marito aveva riso e Dany si era ritrovata a ridere assieme a lui anche se alle spese del fratello. Sì era suo fratello e l’aveva tenuta al sicuro tutta la sua vita, ma era anche crudele e sciocco e adesso era una khaleesi e poteva anche ridere se qualcuno le sembrava buffo.

 

Jorah Mormont era seduto alla sua sinistra, un posto d’onore come consigliere della Khaleesi, Dany aveva chiesto il permesso a suo marito ovviamente prima di nominarlo, ma aveva reso chiaro che lei rispettava l’uomo profondamente e che le avrebbe dato grande piacere averlo come consigliere dal momento che l’avrebbe aiutata a navigare al meglio il khaleesar essendo fluente sia in dothraki che in westeron. Suo marito aveva ceduto, allora, nominando ufficialmente l’uomo e dicendogli che sarebbe stato anche responsabile della sua sicurezza.

 

Il principe Oberyn sedeva alla destra di suo marito, come ospite d’onore, e aveva letteralmente divorato quando gli era stato offerto. Dany aveva indossato l’abito che aveva indossato per le sue nozze, e le sue ancelle avevano raccolto i capelli in modo che ricadessero comunque fino a metà schiena, ma non le dessero fastidio agli occhi. Il principe aveva complimentato la sua bellezza, arrivando anche a dire che somigliava a sua madre, la regina Rhaella.

 

“Sembra che vi siate adattata molto bene alla vita da khaleesi, ne sono meravigliato.” considerò osservandola da sopra la coppa di vino che stava consumando. Dany poteva bere se desiderava ora indipendentemente da quello che dicesse suo fratello, era una khaleesi così bevve un altro sorso di vino prima di replicare.

 

“La cosa vi stupisce tanto, principe Oberyn?” senza staccare gli occhi dai dothraki che stavano danzando e combattendo e accoppiando poco più in basso del loro tavolo rialzato. Suo marito si tirò in piedi in quel preciso istante, e dopo averle baciato teneramente una tempia, discese per combattere con un uomo che l’aveva insultato portando i colori di un altro khaleesar.

 

Solo quando suo marito fu disceso completamente staccò lo sguardo da lui, fissando l’uomo dritto in quei suoi occhi scuri e caldi.

 

“Non ho detto ciò. Ho detto che mi meraviglia — la corresse — è chiaro a chiunque con un paio di occhi che possiedi nelle vene lo stesso fuoco di drago dei tuoi antenati. Ad ogni modo un khaleesar non è un buon posto per una ragazza.”

 

“Il mondo non è un bel posto per una ragazza, principe Oberyn. — gli fece notare quasi severamente — qui ho l’occasione di guadagnarmi il rispetto che pretendo.Posso non essere arrivata di mia spontanea volontà, ma questa è la mia casa adesso, questa è la mia gente e farò ciò che è giusto per loro.”

 

“Anche se significasse tradire tuo fratello?” domandò senza guardarla “non sembra un brav’uomo.”

 

“Non lo è” assicurò bevendo l’ultimo sorso di vino “ma è stato un fratello decente, assicurandosi che fossi viva e al sicuro in tutti questi anni in esilio. Non lo abbandonerò.”

 

“Comprendo che il sangue è più importante dell’acqua meglio di molti altri, ma anche Aegon è sangue del tuo sangue o sbaglio?”

 

“Lo è. E sono lieta che sia vivo e ritornato dalla terra dei morti. — gli disse — perché, intendi forse suggerire che mio fratello non la pensi allo stesso modo?”

 

“Per favore, principessa — le disse in tono quasi paterno che la fece irrigidire — non insultare la mia intelligenza, io non l’ho fatto.”

 

Ed era vero, il principe Oberyn era il primo uomo della sua vita apparte ser Jorah che non sembrava lasciarsi abbagliare solo dalla sua bellezza e la trattava da eguale, qualcosa cui non era abituata.

 

“Non è mia intenzione insultare, principe Oberyn — lo rassicurò — ma mio fratello non farà del male a nostro nipote. Devi comprendere quanto travolgente sia tutto questo per noi. Credevamo di essere gli ultimi Targaryen invece uno dei nostri ritorna dal mondo dei morti in maniera alquanto discutibile, dovrai ammettere.”

 

“Comprendo possa essere uno shock, eppure tu pari esserti ripresa molto più velocemente di tuo fratello.”

 

“Voi uomini siete creature d’orgoglio. — gli disse con un sorriso serafico — noi donne siamo più pratiche. Non ho alcuna intenzione di vedere sangue di drago sprecato inutilmente. Confido che tu sia dello stesso avviso.” disse tirandosi in piedi.

 

“Certo, principessa.” assecondò il principe tirandosi in piedi come Jorah fuor di rispetto mentre lei scendeva.

 

“Allora sono certa che nemmeno una goccia sarà sprecata. Terrò mio fratello sotto controllo, non farà del male a nostro nipote.” gli disse congedandosi. Suo marito avendola vista arrivare, la baciò sulle labbra lasciando che si ritirasse nella propria tenda.

 

Irri era a terra, piangeva e suo fratello torreggiava su di lei, la spada puntata verso la sua ancella, e Dany riusciva a vedere chiaramente la sacca ricolma al suo fianco. Si guardò intorno notando come il baule meraviglioso di cui le aveva fatto dono il Magistro Illyrio fosse vuoto, le sue uova di drago evidentemente assenti. 

 

“Viserys cosa stai facendo?” pretese di sapere, la sua voce più forte che mai mentre suo fratello fermava la sua spada voltandosi con uno sguardo folle nei suoi occhi d’ametista che quasi la fece gridare dallo spavento. Osservò Irri, piangeva e la manica della sua tunica era strappata.

 

“Ecco dov’eri! — esclamò Viserys — ce ne andiamo, adesso.” le disse afferrandola per un gomito e provando a trascinarsela dietro.

 

“Cosa, no! Viserys cosa dici? — pretese di sapere, liberandosi dalla sua presa, i suoi occhi che brillavano minacciosi — questa è la mia gente adesso. Dove vuoi andare?”

 

“La tua gente sta attendendo il nostro ritorno nel continente occidentale. Brindano alla nostra salute e ci aspettano a braccia aperte — le disse suonando più folle di quanto mai prima — con queste — estrasse un uovo dalla sacca, quello giallo e crema — possiamo comprarci un esercito magari due e tornare a casa.”

 

“E poi cosa? — sbottò  — prenderemo il trono di spade e uccideremo il nostro stesso nipote per una dannata sedia?”

 

“È mia di diritto!” urlò e Dany fu grata del fatto che la musica all’esterno fosse abbastanza alta da camuffare le sue grida. Non sarebbe stata in grado di salvarlo se i dothraki l’avessero sentito. Già non lo rispettavano e se avevano anche solo l’impressione che potesse essere folle l’avrebbero ucciso seduta stante.” 

 

“Per diritto di sangue appartiene a nostro nipote! Il figlio di Rhaegar! Mi hai raccontato storie su di lui,  su quanto lo amavi! Perché vorresti fare del male a suo figlio?” gli domandò prendendo il suo viso fra le mani e cercando di calmarlo.

 

“Non lo merita. Io sì! Ho fatto tutto quello che avrei dovuto. Sono stato educato ad Approdo del re. Ho protetto te e la nostra dinastia e adesso dovrei farmi da parte e lasciare che quel… foruncolo dorniano prenda il mio trono? Assolutamente no.”

 

“Verrai ucciso! Quel foruncolo dorniano ha Dorne al suo fianco, e chissà chi altro che lo supporta e dimmi che sceglierebbe il figlio di Rhaegar o quello di Aerys?”  disse “Nostro fratello è morto onorevolmente, non a causa di una pugnalata alle spalle e una gola tagliata. Sceglierebbero lui! E tu finirai col farti ammazzare.”

 

“Tu non capisci! — urlò spintonandola e facendola cadere a terra la sua spada ora puntata contro di lei — mi tradisci, dopo tutto quello che ho fatto per te...”

 

Conosceva il detto secondo cui ogni volta che un Targaryen nasce gli Dèi lanciavano in aria una moneta e il regno tratteneva il respiro per vedere se fosse caduta dal lato della follia o da quello della grandezza. Non dubitava di dove quella di suo fratello fosse caduta.

 

Il grido di suo marito dall’entrata della tenda la fece irrigidire, mentre lui estraeva il suo arhak dalla cintola e cominciava a girare intorno a suo fratello. Il suo povero, folle fratello che l’aveva protetta dal giorno che era nata. Sapeva che se Drogo decideva di combattere con Viserys sarebbe stato lui a vincere. Si era affezionata all’uomo, ma Viserys era suo fratello, il suo sangue e vederlo malmenato e ferito… era più di quanto potesse sopportare.

 

Il sangue è più spesso dell’acqua, aveva detto il principe Oberyn. E così la sua scelta fu fatta. Non sapeva se sarebbe sopravvissuta per vedere il risultato della sua scelta, pensò guardando le fiamme delle lanterne. Il fuoco non uccide un drago.

 


 

Quando riprese i sensi c’era cenere tutta intorno a lei. Non aveva freddo però, nonostante il vento che sbatteva contro la sua schiena e la sua gola. Rabbrividì comunque mentre qualcosa, qualcosa di caldo, si arrampicava lungo la sua spalla fino al suo collo, avvolgendolo con quella che pareva una coda. Sapeva cos’era, lo sentiva.

 

Era nuda come il giorno che era venuta al mondo. Non sentiva nemmeno i capelli sbattere contro la sua schiena mentre il vento li faceva danzare, ma poteva vederli bianchi come la neve in netto contrasto con il mondo cinereo che la circondava. Alzò gli occhi verso il cielo da dove era accucciata e fra le stesse potè vederla chiara come un sole nel cielo notturno: una cometa. Una cometa rossa.

 

Riabbassò lo sguardo e osservò come il khaleesar di suo marito la osservava attonito e meravigliato, e lo alzò per incontrare gli occhi di ser Jorah che si avvicinava con il principe Oberyn muto dallo stupore. Si guardò intorno cercando suo marito, cercando suo fratello, ma c’era solo cenere.

 

Ser Jorah si inginocchiò di fronte a lei “Khaleesi devi alzarti. — le disse — È finita.” 

 

Non riusciva a richiamare alla memoria quanto fosse successo, ricordava suo marito accorso in suo soccorso, suo fratello che le puntava una spada contro quando non aveva supportato la sua folle ossessione al trono.

 

Non offrì la sua mano. I Dothraki seguono la forza, Khaleesi. Le aveva detto. Doveva apparire forte, se voleva che la seguissero. Ricordava suo fratello, pestato al punto di essere sul punto di morte, in ginocchio col sangue che sgorgava dal suo petto mentre suo marito aveva a malapena fatto uno sforzo.

 

Il sangue è più spesso dell’acqua soprattutto quello di un drago pensò gentilmente tirandosi in piedi da dove era seduta. Ricordava le urla, le suppliche che tutto finisse, ricordava di aver pregato suo marito perché lo risparmiasse, ma Drogo non aveva ceduto. Ricordava lucidamente di aver pensato che il fuoco non poteva uccidere il drago prima di dare fuoco alla tenda urlando. Lei e suo fratello era sangue del drago, erano figli del drago. Sarebbero sopravvissuti.

 

Sembrava che suo fratello non fosse un drago dopotutto, era bruciato così come suo marito. L’uomo che aveva assassinato per proteggere suo fratello, entrambi morti e lei ancora viva. Sentì qualcosa muoversi e non ebbe bisogno di guardare in basso per sapere cosa stava cullando.

 

Le uova si erano schiuse, dove prima era pietra ora erano tre piccoli, ma feroci draghi. Si tirò in piedi, sfidando con lo sguardo chiunque a sfidarla, osservò uno a uno i cavalieri di sangue di suo marito, sfidandoli a provare a farle del male. Nessuno di loro lo fece, l’aveva vista uscire viva e vegeta, illibata dalle fiamme dopo aver dato la vita a tre draghi creduti estinti per secoli. Li osservò cadere in ginocchio.

 

Sangue del mio sangue. Proclamarono in ginocchio. Solo a quel punto ser Jorah la avvolse nel suo mantello per nascondere le sue nudità guardò il principe Oberyn stupito e impallidito e lo sfidò con lo sguardo violetto “Pare che non avremmo più il problema, principe Oberyn.” commentò “Mio nipote avrà la mia lealtà e quella dei miei figli.” assicurò a voce bassa indicando i suoi draghi avvolti intorno a lei.

 

“Siamo il sangue del drago, io e lui. — proclamò — non lo abbandonerò, ma non sottovalutatemi. Non sono una principessa piangente in una torre. Sarò un cavaliere dei draghi anch’io proprio come Rhaenys e Visenya”

 

L’uomo poté solo annuire guardandola voltargli le spalle.
 


Eccoci dunque arrivati a fine capitolo. Spero di aver reso giustizia a Daenerys in questo primo capitolo dal suo punto di vista e di avere ben posto le basi per ciò che (spero) evolverà in una storia che vi possa intrigare e interessare. Come sempre, se vi va! (non siate timidi, non mordo nessuno), fatemi sapere che ne pensate! Un bacio, ci vediamo la prossima settimana con il prossimo capitolo che si svolgerà nuovamente a Grande Inverno e che sarà dal punto di vista di Aegon di nuovo!  Alla prossima!

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Capitolo 9
*** Egg II ***


Ciao a tutti! Eccoci col nuovo capitolo, spero che questa storia vi stia davvero cominciando a incuriosire e intricate e che vi piaccia almeno quanto mi diverto io a scriverla. In questo capitolo Aegon origlia qualcosa e ragiona, mentre incominciano ad andare al loro posto i tasselli per la sua riconquista del trono.

9

Egg II

La ragazza era ritornata, nel pieno della notte. Egg aveva serrato gli occhi e non si era mosso per dare l’impressione di essere profondamente addormentato, ma lei l’aveva ignorato procedendo fino al fondo del canile dove la sua bestia risiedeva. 

 

Attese con il respiro sospeso mentre lei si accovacciò accanto alla bestia liberata dalla sua gabbia, le sua braccia avvolte attorno al suo collo candido, il suo viso nascosto contro la pelliccia color della neve. Aveva sentito il gran fracasso e la commozione che era seguita, ma nessuno gli aveva detto niente, qualsiasi cosa fosse successa l’aveva spinta a cercare il conforto della sua bestia.

 

“Oh Spettro — domandò in un sussurro strozzato — cosa faremo, adesso? Con la caduta di Bran e la rivelazione di mio… padre, cosa farò?” 

 

Una seconda persona entrò nel canile ignorandolo seguendo la traccia lasciata dalla ragazza fino al fondo del canile. Era ser Arthur, avrebbe riconosciuto la sua voce così manifestamente nordica, ma caricata di una qualità così spiccatamente dorniana nonostante ben celata.

 

“Principessa, vi prenderete un raffreddore a camminare solo nella vostra veste da notte per il cortile del castello al freddo — le disse sciogliendo il nodo che assicurava il suo mantello al proprio collo avvolgendolo intorno alle sue spalle — so che vi sentite frastornata, ma dovete comprendere che vostro zio l’ha fatto solo per la vostra protezione.”

 

“Non sono arrabbiato con mio zio, Art. — gli rispose calma — aye, avrebbe potuto confidarlo almeno a sua moglie, la mia vita sarebbe stata meno… difficile forse. Io.. mi sento vuota. Con quello che è successo a Bran.., solo per scoprire che non sono chi pensavo di essere.. e scoprire che l’uomo che ha assassinato mio padre si trova sotto il mio stesso tetto e mi guarda come se fossi mia madre tornata dal mondo dei morti quando la sua cecità ha causato la perdita di quella che avrebbe potuto essere la mia vita ed è costata a mia sorella la propria..”

 

Ascoltò attentamente cercando di carpire quanto più possibile dalla loro conversazione sebbene entrambi bisbigliassero. C’era qualcosa che sembrava cercare la sua attenzione dall’inizio della conversazione, qualcosa che non riusciva a identificare. Riusciva a sentire la sofferenza nella sua voce come se fosse la propria, come se lo stesso dilaniando pezzo, pezzo. Non osò muovere neanche un muscolo spaventato che potesse attirare la loro attenzione. Avrebbe ragionato dopo su quanto aveva scoperto.

 

“Sono infantile perché piango una vita mai avuta? — domandò la sua voce velata di dolore — è sciocco da parte mia piangere quanto avrei potuto avere e mi è stato strappato?”

 

Avrebbe desiderato strappare le sbarre della sua cella e raggiungerla, assicurarle che non c’era niente di sciocco in come si sentiva, nel piangere qualcosa che sarebbe potuto essere suo e le era stato strappato dalle mani. Gli Dèi sapevano solo quanto aveva fantasticato su come sarebbero state diverse le cose se suo padre avesse vinto e non fosse morto quel giorno al Tridente.

 

“Non c’è nulla di sciocco nel piangere qualcosa che non sapevi di poter desiderare e che avresti avuto soprattutto quando l’uomo che ti ha derubata di quella possibilità è ospite nel tuo stesso castello mentre si avviceda da una puttana all’altra come se nulla davvero gli importasse — ser Arthur le disse dolcemente — tuo padre è stato l’uomo migliore che abbia mai conosciuto, principessa, lo rispettavo e amavo profondamente. È stato per suo ordine che sia io che un’altra guardia reale siamo rimasti indietro a proteggere voi e vostra madre. E mi fece giurare che avrei trovato un modo per assicurarmi che voi sopravviveste alla ribellione anche se lui non fosse sopravvissuto.”

 

“Era il migliore amico che continuavo a ricordarti ogni volta che ti intristivi.” sussurrò lei sbalordita come se si trattasse di una rivelazione.

 

Ser Arthur non replicò ma poteva tranquillamente immaginare che stesse annuendo. “Sì. — ammise — amava cantare e scrivere poesie, la gente di Approdo adorava sentirlo cantare.” le disse lentamente “amava le antiche storie di valore e ha amato tua madre fino all’ultimo. Dicono che sia morto con il suo nome sulle labbra.”

 

La sentì trattenere un singhiozzo e si domandò distrattamente perché questa conversazione e tutte queste informazioni su quest’uomo gli fossero stranamente familiari, ma confuso dalla mancanza di sonno e dal digiuno non riuscì a comprenderlo.

 

“Potresti parlarmi di lui, dopo che il re sia andato via? — domandò lei speranzosa — mi piacerebbe sapere di più su di lui.” sembrava così vulnerabile, così fragile che non desiderava altro che abbracciarla e assicurarle che sarebbe andato tutto bene.

 

Non sapeva per quale ragione si sentisse così proteso nell’istinto di proteggerla, consigliarla e farla sorridere. Non sapeva cos’era, forse la sua gentilezza e la sua natura aperta o magari la delicatezza del suo tocco e la sua bellezza. 

 

“Sarebbe per me un onore, principessa.” il modo in cui pronunciò il soprannome lo fece irrigidire, c’era qualcosa, nel tono che aveva adottato che lo lasciava ancora più insospettito così come il fatto che non era ancora chiaro per quale ragione un uomo della guardia reale fedele al suo migliore amico, suo padre, proteggesse fin da prima della sua nascita la figlia naturale e di non nobili natali di un lord.

 

“Sarebbe meglio rientrare, domani sarà una giornata lunga e più travolgente di questa, qualche ora di riposo vi farà bene.”

 

“Grazie, Arthur. — disse lei usando il suo nome per intero quasi come se fosse alieno sulle sue labbra — per tutto.”

 

“È per me un onore e un piacere, vostra altezza.”

 

Avvertì i loro passi avvicinarsi così richiuse gli occhi costringendosi immobile come se stesse ancora dormendo. Li sentì fermarsi vicino alla sua gabbia e dovette trattenersi dall’aprire gli occhi e interrogarli in quel preciso istante.

 

“Credi che potremmo trovare un modo per aiutarlo?” 

 

“Perché desideri così ardentemente aiutarlo, principessa? Non lo conosci nemmeno.” Egg voleva sbuffare. Ser Arthur Dayne uno dei migliori amici di suo padre se ne andava in giro questionando le persone sul perché volessero aiutare l’unico figlio rimasto in vita del suo migliore amico. Gli metteva lo stomaco sottosopra dalla rabbia.

 

Avvertì il suo fiato muoversi quando lei esalò, sentiva il suo odore avvolgersi attorno a sé solo meno forte di quanto lo era stato quella mattina quando era venuta a medicare il suo occhio gonfio e nero. Profumava di rose selvatiche, di pulito e di neve, ma in quel momento profumava anche di fumo e sale e non riusciva a spiegarsene il motivo. Sentì una delle sue mani sulla sua guancia, fresca e delicata mentre lo accarezzava e scostava un ciuffo di capelli bluastri dal suo viso. 

 

“Pare imbronciato perfino nel sonno — mormorò tirandosi in piedi — non so perché per me sia così vitale aiutarlo, magari è perché siamo spiriti affini, magari è per via dei suoi occhi.”

 

“I suoi occhi, principessa?”

 

“Sembrano così tristi… così incredibilmente tristi e non lo so, ingenui e perfino un po’ innocenti come se non sapesse come ci si sente quando qualcuno si prende cura di noi e… sono una sorella maggiore, fa parte della mia natura prendermi cura degli altri.”

 

“A dire il vero, principessa, siete una sorella minore. La più piccola dei tuoi fratelli.” ser Arthur le ricordò dolcemente ed Egg dovette trattenersi dal divenire rigido sentendolo avvicinarsi. 

 

“Lo so, ma sono cresciuta con quattro fratelli minori per tutta la vita. — replicò dura — ad ogni modo, un giorno mi piacerebbe cercare e ricongiungermi con quel che resta della mia famiglia; ai miei zii e al mio fratello mancante.”

 

Si era finalmente risolto il mistero che avvolgeva la figura della madre della figlia bastarda di Ned Stark? Si domandò mentre loro si allontanavano attraverso il canile. 

 

Solo quando i loro passi scomparvero aprì gli occhi sospirando e trovandosi sorprendentemente faccia a faccia con l’imponente bestia bianca della ragazza che sembrava annusarlo. Si immobilizzò non osando muoversi nemmeno di un millimetro.

Per ingannare il tempo ripercorse mentalmente la conversazione che aveva appena origliato e improvvisamente fu come se qualcosa fosse scattato nella sua mente e tutto divenne impossibilmente chiaro. Joan Snow era l’immagine di Lyanna Stark in tutto tranne che nei suoi occhi, aveva visto da sé come fossero screziati d’ametista. Assomigliava così tanto alla sua supposta zia morta che a nessuno era venuto in mente di osservare più in profondità. Le sue labbra erano più carnose di quelle tipiche degli Stark, come quelle che aveva ereditato l’altra ragazzina quella che maggiormente somigliava a Joan, il suo intero portamento faceva a cazzotti con quello che usavano le donne del Nord, era aggraziata ed elegante, qualcosa di profondamente bello come una fanciulla del sud, e si muoveva con una dignità ed eleganza che avrebbe fatto impallidire anche le più nobili della lady. 

 

Era buona e gentile e la sua gente l’amava profondamente a discapito del fatto che fosse solo la figlia naturale di bassi natali del loro lord protettore, ser Arthur era stato chiaro al riguardo. La gente di Approdo amava il loro principe e adorava sentirlo cantare, era una cosa che gli ripeteva continuamente Jon Connington. 

 

Lei si era riferita a Ned Stark chiamandolo zio nella loro conversazione e ser Arthur la chiamava principessa da sempre, non poteva essere un semplice soprannome, non quando era stato facilmente sostituito da un vostra altezza. Era stato la sua ombra proteggendola fin da prima della nascita su ordine del suo migliore amico, come aveva lui stesso confermato. Lo stesso uomo che era morto al Tridente contro l’uomo che entrambi avevano definito l’assassino del di lei  padre adesso sotto il suo stesso tetto.

 

Tutto combaciava.

 

La realizzazione che Joan Snow potesse essere, in realtà, con ogni probabilità la figlia della donna il cui amore aveva spinto suo padre a mettere da parte sua madre lo riempì di rabbia e sofferenza. Le assomigliava perfino. E se aveva interpretato correttamente la loro conversazione, cosa di cui era abbastanza sicuro, questo significava che lei era nata dallo stesso seme che aveva generato lui, la sua mezza-sorella, legittima dal momento che sapeva fin troppo bene che suo padre aveva riesumato l’antica tradizione della doppia moglie per sposare anche Lyanna Stark. Dicono che sia morto con il suo nome sulle labbra

 

Era stato per proteggere lei e la donna che l’aveva messa al mondo che suo padre aveva lasciato ben due delle guardie reali, lasciando lui, il suo erede, con solo Varys e nessuno a difesa di sua madre e di sua sorella. Non merita di subire lo stesso fato di tua sorella, aveva detto ser Arthur e magari la ragazza non lo meritava, non aveva alcuna colpa anche se era nata dall’unione che aveva dilaniato il reame in due, non aveva colpe della morte di migliaia che l’amore fra i suoi genitori aveva causato dal momento che erano fuggiti insieme per sposarsi in segreto. Perché suo padre non avesse semplicemente chiesto in sposa la donna al di lei padre ufficialmente invece che fuggire insieme a lei di nascosto era da sempre un mistero per lui, non era inusuale per un Targaryen avere due mogli, Rickard Stark non avrebbe rifiutato la possibilità che sua figlia diventasse regina consorte dei sette regni al fianco di sua madre.

 

Sembrano così incredibilmente tristi… e ingenui e perfino un po’ innocenti… come se non sapesse come ci si sente quando qualcuno si prende davvero cura di noi. La ragazza aveva professato quando le era stato domando perché aiutarlo, il suo stesso fratello non che lei lo sapesse, chiaramente. E no, non aveva mai conosciuto in tutta la sua vita un tocco gentile e premuroso, magari lo avrebbe conosciuto se suo padre non fosse fuggito con una ragazzina abbandonando sua madre invece che fare le cose per bene. Eppure non riusciva a costringersi a provare rancore o risentimento nei confronti della ragazza, non riusciva a costringersi a voler distruggere lei e il tradimento che rappresentava, non era colpevole della follia di loro padre né della sconsideratezza di sua madre. Lei era lì e si stava prendendo cura di lei come sua madre avrebbe voluto, per gli Dèi, come Rhaenys avrebbe fatto.

 

Inspiegabilmente comprese perché il suo profumo che la mattina prima l’aveva avvolto quando lei aveva tentato di svegliarlo scuotendolo l’avesse incantato tanto. L’aveva saputo, istintivamente, proprio come lei, che lei era sua, una dei suoi, da proteggere e di cui prendersi cura.

Pensò a lei, la sua schiena dritta, il suo mento sollevato e i suoi occhi che danzavano con divertimento sul suo viso e si ripromise che non avrebbe lasciato questo posto senza di lei, il suo posto era con la sua famiglia, con lui. Avrebbero cercato e si sarebbero ricongiunti con i loro zii, i suoi altri zii gli avevano confidato che le loro tracce riconducevano ad Essos troppo lontani, forse, ma avrebbero potuto viaggiare loro due soli come Aegon e le sue sorelle mentre si preparavano a riprendersi il trono che apparteneva loro di diritto come monarchi dei sette regni. Fuoco e sangue gli era stato insegnato, fuoco perché il fuoco non può uccidere un drago e sangue perché non v’è nulla al mondo che per un drago abbia più valore che il sangue. Lei era il suo sangue e se si fossero uniti, insieme avrebbero potuto conquistare i sette regni insieme come Aegon e Visenya rinati, la loro Rhaenys morta prima del tempo, sarebbe stata vendicata e loro avrebbero seduto sul loro trono anche per lei. Si domandò quale nome suo padre avesse scelto per lei, dopo aver chiamato lui e sua sorella Aegon e Rhaenys probabilmente aveva chiamato lei Visenya o chissà come la di lei madre l’aveva chiamata.

 

 


 

Con le prime luci, per sua sorpresa, non solo c’era il Mastino davanti alla sua gabbia, ma anche il finto principe. Era un ragazzo che detestava fortemente. Era alto, quel tanto doveva concederglielo, con una faccia lunga perpetuamente distorta in una smorfia di disgusto o in un ghigno beffardo che gli faceva venire voglia di cancellarlo dal suo viso. Aveva lunghi capelli d’oro come quelli della madre, ondulati che raggiungevano la base del collo avvolto nel suo farsetto porpora e oro. A discapito che fosse un figlio di Casa Baratheon dava estrema importanza anche alla famiglia materna gli infidi, traditori leoni della Roccia. I suoi piccoli, troppo invero, occhi smeraldini gli conferivano l’aspetto di quei principi delle vecchie canzoni luminoso, alto e coraggioso.. peccato che il ragazzo era evidentemente una femminuccia e si poteva vedere lontano un miglio.

 

Non gli aveva mai parlato, ma aveva assistito a molti dei suoi episodi fastidiosi e crisi di capricci per tutta la strada del re e fino a Grande Inverno. Gli dava la nausea. Fece del suo meglio per ignorarlo, pensando che a discapito del fatto che fosse passata oltre una settimana non aveva più veduto né la ragazza né ser Arthur da quella notte, era sempre la ragazzina ad avvicendarsi nel canile per liberare i metalupi, alle volte era la ragazzina dai capelli rossi, ma se la prima si limitava a lanciargli un’occhiata la seconda procedeva con incedere certo, il mento sollevato, senza degnarlo di uno sguardo. 

 

“Quando potremo impartirgli la giustizia del re, cane?” domandò il ragazzo suonando come un bambino cui fosse stato negato il nuovo, scintillante gioco che pretendeva di avere per sé “Non vedo l’ora!”

 

“Avete sentito vostro padre, mio principe. Il Protettore del Nord non vuole sangue versato nel suo dominio. Dovremmo lasciare il Nord e probabilmente attendere fino ad Approdo del re, pare che tuo padre voglia rendere il ragazzo un esempio.”

 

Quindi Ned Stark aveva, in qualche modo, esteso la sua protezione sicuramente per il bene della ragazza. Il cane dell’Usurpatore aveva nascosto una degli eredi legittimi al trono di spade sotto il suo stesso tetto per diciassette anni e adesso proteggeva anche l’altro. Ironia. Pura e intoccabile ironia. No, si disse, mi sta solo guadagnando del tempo.  Il potere di Ned Stark non si estendeva sud dell’Incollatura. Non poteva evitargli l’esecuzione fuori dalle sue terre più che poteva dichiargli la sua lealtà davanti all’Usurpatore senza mettere a repentaglio la vita della sua famiglia.

 

Eppure aveva protetto sua sorella a grande rischio per sé e per la sua famiglia, e adesso gli stava guadagnando tempo per permettergli di uscire da questa situazione, magari lo avrebbe anche aiutato. 

Sentì lo schiaffo prima ancora che potesse abbattersi su di lui e avvolse la propria mano intorno al polso del ragazzo in una presa ferrea abbastanza da fargli emettere un gemito strozzato. Fissò il suo sguardo violetto e tagliente sul viso del falso principe e vide paura e dolore distorcere la sua espressione e aumentò la sua stretta. La mano del Mastino schizzò fra le sbarre afferrandolo per i capelli facendo sbattere incresciosamente il suo viso contro le sbarre di metallo della gabbia assicurandosi che lasciasse andare il polso del falso principe.

 

Il ragazzo barcollò all’indietro mentre calde gocce di sangue scuro, il suo, caddero dal suo naso, dal suo labbro fino a terra sul pavimento di pietra del canile, il sangue del drago che imbrattava le stanze dei lupi come quasi due decadi prima il sangue del lupo aveva macchiato la corte del drago. 

 

“Uccidilo!, uccidilo dove si trova, cane! — ordinò il ragazzo come un bambino capriccioso — ha osato toccare il principe dei sette regni!”

 

Una terza voce interruppe, pretendendo in tono che non ammetteva repliche: “Che cosa, per i Sette inferi, sta succedendo qui?” la piccola e distorta figura del Folletto si avvicinò a loro attraverso il canile arrivando fino al Mastino e al ragazzo con i suoi occhi fissi sul nipote osservando con occhi attenti come si teneva il polso, Egg passò una lunga sul proprio labbro soddisfatto, nonostante il sapore metallico, di aver terrorizzato il falso principe fino a quel punto e di averlo fatto nel suo stato indebolito. Gli occhi di colori diversi del Folletto si fissarono intelligentemente sul suo viso ricoperto di sangue. 

 

“Il prigioniero ha attaccato il principe.”  spiegò il Mastino monotono guardandolo perfino annoiato dalla sua domanda.

 

“E cosa ha fatto il principe per provocare il prigioniero ad attaccarlo?” domandò, ma suonava più come un’affermazione, come se il Folletto sapesse che suo nipote doveva averlo provocato per scatenare in lui quella reazione. 

 

“Nulla che non avrei dovuto fare!” squittì come una femminuccia il ragazzo, cementando la convinzione di Egg che fosse un effemminato come aveva pensato dalla prima volta che gli aveva posato gli occhi addosso, lui che godeva della sua posizione del suo titolo, una triste scusa di principe. 

 

“Ha provato a schiaffeggiarmi. — rispose dunque lui — mi sono solo difeso. E ho pagato il prezzo del sangue per averlo fatto.” mormorò indicando il sangue sul terreno. Il Folletto parve equilibrare la situazione nella propria mente prima di scrollarsi nelle spalle.

 

“Bene. Suppongo che il prigioniero abbia ottenuto la sua punizione per essersi difeso dal nostro grande principe e certamente un polso illividito non è nulla che il nostro coraggioso principe dei sette regni non possa sopportare.” 

 

Si forzò dal non ghignare tutto denti e sangue mentre il falso principe non poteva fare altro che osservare sbalordito il Folletto incredulo e riluttante dal dimostrarsi meno coraggioso o grandioso di quanto non si ritenesse. 

 

“Ora che questa è risolta. — il Folletto continuò — andrai da lady e lord Stark e li supplicherai di perdonarti per non aver offerto il tuo supporto come sarebbe stato tuo dovere dopo la terribile disgrazia che ha colpito la loro famiglia con la caduta del loro amato figlio.” 

 

“Perché dovrei farlo? — pretese arrogantemente il ragazzo suonando come un bambino posando il gomito sopra l’elsa della spada che portava al fianco, spada che ne era certo non sapeva neanche usare — Lo Straniero dovrebbe prenderselo!, per quel che me ne importa.”


Lo schiaffo lo fece sentire ancora più soddisfatto di come il ragazzo si era impaurito di fronte a lui, mentre il Folletto spiegava lentamente come se stesse parlando con uno stolto “La tua assenza è stata notata, ed è tuo dovere come principe del reame offrire le tue scuse per non aver offerto il tuo supporto al tuo fedele vassallo prima d’ora.” 

 

“Mi hai dato uno schiaffo? Non puoi farlo! Lo dirò a mia madre!” squittì il ragazzo. Il Folletto lo schiaffeggiò di nuovo. 

 

“Va a riferirlo a tua madre! — lo sfidò — poi va e fa il tuo fottuto dovere e va da lord e lady Stark a porgere le tue scuse.” il falso principe essenzialmente si voltò e con la coda tra le gambe scomparve dal canile.

 

“Non se lo dimenticherà” sospirò il Mastino guardando l’uomo tanto più piccolo. Suonò come una profezia mentre si voltava e abbandonava il canile.

 

“Non dovrebbe dimenticarselo. A questo serve l’educazione” borbottò fra sé il Folletto prima di fissare il suo sguardo su di lui con aperto interesse nei suoi occhi diversi l’uno dall’altro. Suppose che poteva provare a fare qualche domanda, magari il Folletto non avrebbe risposto, ma magari tanto per divertirsi lo avrebbe fatto. Non avrebbe saputo dire, ma tentare non poteva certo nuocere. 

 

“Che intendi dire quando dici che il ragazzo è caduto?” 

 

Il Folletto lo regaurdì in silenzio per qualche secondo prima di replicare. “Il giovane lord Bran era un avido scalatore, mi hanno detto che era solito arrampicarsi in tutto il castello, sempre sui tetti o sui cornicioni come uno scoiattolo e che le guardie spesso avevano dovuto corrergli dietro mentre saltellava e si arrampicava qua e là. — gli spiegò — pare si sia arrampicato troppo in alto e che sia scivolato giù dalla Torre Spezzata.”

 

“È sopravvissuto?” domandò comprendendo la motivazione per cui non aveva rivisto né sua sorella né ser Arthur dal momento che doveva essere certamente distrutta dal lutto e dal dolore.

 

“Sta ancora dormendo. — replicò il Folletto prima di offrirgli un panno — ma anche se si risvegliasse non potrà mai più camminare. Dovresti stare più attento, mio nipote è tanto irascibile quanto sua madre e potrebbe tranquillamente richiedere la tua testa su una picca appena abbandonato il Nord.”

 

“Il re già pianifica di uccidermi prima di arrivare ad Approdo. — rimbrottò — tanto vale fare qualcosa per meritarmelo.” accettando il panno per quello che era, non un’offerta di pace, ma comunque un aiuto e un consiglio.

 

“Sette inferi! — esclamò una voce femminile che li distrasse dalla loro piccola contesa di sguardi per incontrare lo sguardo contrariato di Arya Stark che camminava attraverso il corridoio del canile, ebbe una mezza idea di rimbrottarla per il linguaggio, ma decise di lasciare perdere. — che è successo alla tua faccia?”

 

“Lady Arya! — esclamò giovale il Folletto — che cosa vi porta qui questa fredda mattina?” domandò cordialmente, ma la ragazzina non sembrava convinta dalle sue parole.

“Ho anch’io un metalupo, lord Tyrion. — gli disse — so che mia sorella è troppo gentile per scagliarvi addosso il proprio anche dopo la vostra conversazione sulla sua nascita, ma vi assicuro che io non mi farò problemi a scagliare Nymeria contro di voi se non la piantate con i vostri stupidi giochetti.”  e come se studiato a tavolino il ringhio sommesso di uno dei lupi si poté sentire dal fondo del canile.

 

La ragazzina lo fissò con uno sguardo audace che fece sorridere il Folletto “Lady Stark — esclamò — voi Stark continuate a sorprendermi. Vi assicuro, mia signora, che non stavo giocando.”

 

Aye, andatelo a dire a qualcuno che vi creda — replicò abrasiva la ragazzina — e vorrei una risposta alla mia domanda.” aggiunse rivolgendosi a lui.

 

“Ho avuto un incontro piuttosto difficile con un cane e un gatto spelacchiato e spaventato.” le disse “Nulla di cui tu debba preoccuparti, sembra peggio di quello che è.” le assicurò passandosi il panno sul viso per ripulirlo dal sangue.

 

Sembrò soddisfatta dalla risposta abbastanza da limitarsi a chiamare “Nymeria!” e quando il suo metalupo la raggiunse tutto ringhi e occhi minacciosi si limitò a voltarsi e andarsene.

 

“Pare tu ti sia trovato un piccolo campione. — lo schernì il Folletto divertito — molto toccante.”

 

“Non mi chiamo Joffrey Baratheon, Folletto. — gli disse calmo — non ho bisogno di un campione, ma se uno si offre volontariamente direi che la dice lunga sul tipo di persona che sono.”

 

“O della persona che lei ritenga che tu sia. — replicò il Folletto prima di sospirare — oggi partiremo spero tu sia pronto per qualsiasi cosa possa avvenire sulla strada per Approdo.”

 

Annuì senza sapere che altro fare reclinando la pesante testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

 

 


 

Il suo profumo lo colpì prima ancora che fosse completamente sveglio. “Sette Inferi com’è che mi ritrovo sempre a curare le tue stramaledette ferite?” mormorò il suo fiato che batteva contro il suo viso. Aprì lentamente gli occhi mentre l’odore di mentolo dell’unguento gli pervase le narici.

 

Sembrava più pallida di prima, pesanti occhiaie sotto i suoi occhi spenti. Dava l’idea di non aver riposato, i suoi occhi erano rossi così come il suo labbro inferiore che era gonfio come se lo avesse catturato con troppo vigore fra i denti. Lei indossava un abito da cavalcata e una mantello con della pelliccia lo stesso che aveva indossato quindici giorni prima all’arrivo del re. Non aveva intrecciato i suoi capelli quel giorno, aveva solo raccolto due ciocche di capelli all’altezza delle tempie dietro la nuca intrecciandole e arrotolandole su se stesse mentre il resto dei suoi capelli d’ebano ricadevano in dolci onde in uno stili tipicamente nordico. I segni delle lacrime sul suo viso e la sua espressione ferita lo preoccuparono.

 

“Questo volta non ho colpe.”  commentò sinceramente mentre lei tastava il suo naso.

 

“Grazie agli Dèi non è rotto. — esalò — mi è stato detto che hai avuto un incontro piuttosto difficile con un cane e un gatto spelacchiato e spaventato.” ragionò ad alta voce “Cos’è successo?” domandò mentre massaggiava l’unguento sopra il suo naso gonfio.

 

“Il gatto ha provato a graffiarmi, nulla di che ho solo trattenuto la bestiaccia — spiegò mantenendo il loro piccolo gioco consapevole che lei lo comprendesse — così il cane è accorso in aiuto e mi ha fatto sbattere la faccia contro le sbarre della gabbia.” 

 

“Per un ladro non hai alcun senso di sopravvivenza, vero?” mormorò mentre continuava a tastare il suo naso gonfio, ma senza guardarlo negli occhi.

 

“Ah quindi adesso sono un ladro?”

 

“Be’ mi hai derubata di gran parte della mia scorta di unguento, sai? — gli disse — giuro che il botticino era praticamente pieno prima che ti conoscessi.”

 

Era una battuta anche abbastanza divertente a dire il vero, ma non suonava come tale. Gli sembrava strana, fredda eppure dannatamente premurosa ma così triste da spezzare il suo cuore in due. Prima che potesse anche solo pensarci aveva proteso una mano attraverso le sbarre posandola sulla sua spalla e stringendola in una presa confortante, i suoi occhi scattarono sul suo viso ed erano arrossati, gonfi e umidi come se avesse ancora lacrime pungenti fra le ciglia scure.

 

“Sono costernato. Ho sentito di quanto è accaduto a tuo fratello — la parola quasi aliena sulle sue labbra adesso che sapeva chi lei fosse per lui e lui per lei — se è stato forte abbastanza da sopravvivere alla caduta si risveglierà.” 

 

“Sognava di diventare cavaliere, lo sai? Uno di quei galanti cavalieri del sud, uno di quelli che gareggia ai tornei per il favore di una fanciulla, pronto a difendere gli innocenti e gli indifesi — gli raccontò a un passo dal pianto — Adesso… anche in caso sopravvivesse non camminerà mai più figurarsi cavalcare. Non sarà mai un cavaliere..”

 

“Essere cavaliere significa di più che cavalcare durante i tornei per il favore di una fanciulla e sfidare i malvagi con la spada. Puoi combattere i malvagi e difendere coloro che ne hanno bisogno anche diversamente.” le disse gentilmente.

 

Aveva visto molti atti di coraggio nella sua breve vita. E li aveva visti compiuti da coloro da cui meno te li aspetti. Un mendicante a un passo dalla morte che dà il suo unico pezzo di pane a una donna e al suo bambino, una donna sola e povera adottare bambini affinché non siano da soli e abbandonati solo per morire di stenti. Una bambina che accorre a salvare il suo amico, un orfanello di strada, dall’avere una mano tagliata contrastando un uomo grande il doppio di lei.

 

Piccoli atti di coraggio che avevano un immenso valore perché erano gli indifesi ad ergersi come protettori di coloro che erano ancora più indifesi di loro. 

 

Annuì “Suppongo tu abbia ragione. Questo non significa che il mondo non lo vedrà in maniera diversa, che non lo chiameranno storpio e sottovaluteranno qualsiasi cosa abbia fatto perché è stato lui a farlo. Macchierà la sua vita.”

 

Raccolse il suo viso fra le mani e lei glielo permise lasciando che la confortasse quando non si poteva rivolgere ad alcun altro. Lo esilarava il pensiero che sua sorella si rivolgesse a lui pur non sapendo che fosse suo fratello affidandosi abbastanza da ascoltarlo e da condividere con lui le sue preoccupazioni. Col tempo sapeva che avrebbe anche lui condiviso con lei le sue preoccupazioni e i suoi doveri e lei l’avrebbe aiutato a governare in modo saggio e ammirevole.

 

“E tu sai come ci si sente. Potrai guidarlo.” lei scosse la testa abbassando lo sguardo.

 

“Lady Stark.. non tollererà la mia presenza oltre nella sua casa, non dopo quello che è successo. — ammise e gli parve come se le parole bruciassero la sua gola e le sue labbra e dovette trattenersi dallo scatenare la sua ira di coloro che osavano pensare di poter disporre a loro piacimento del sangue del drago, della sua carne e del suo sangue. — Seguirò mio padre al sud, sperando per il meglio.”

 

Ned Stark doveva essere completamente uscito di senno se pensava che portare sua sorella a sud fosse una buona idea, certo quella era la sua vera casa, ma era affollata di traditori e ingannatori e non aveva nessuna intenzione di lasciarle mettere piede ad Approdo del re, non prima che l’avessero riconquistata. E per farlo dovevano salpare per Dorne e conquistare le alleanze delle altre nobili Case del continente occidentale così da preparare il loro ritorno in patria, un ritorno tanto leggendario che il suo fulgore avrebbe oscurato perfino la grande Conquista di Aegon e le sue sorelle-mogli Visenya e Rhaenys.

 

Fece per tirarsi in piedi per voltarsi  così allungò una mano attraverso le sbarre avvolgendola delicatamente intorno al suo polso per farla voltare verso di lui prima di pretendere da lei “Sta vicino alla tua guardia. Si assicurerà che qualsiasi cosa accada tu sia al sicuro.” le promise.

 

“So che lo farà. Niente mi capiterà a sud, piuttosto dovresti essere più preoccupato della tua di sicurezza” gli fece notare severamente, ma dolcemente.

 

“Oh ma lo faccio, stanne certa. Non perderò la mia testa ad Approdo del re. — le assicurò — né in alcun altro luogo, non prima che io sia bianco per il tempo e mi sia costruito una vita di cui andare fieri nei miei ultimi anni.”

 

“Sembri così certo.” gli disse “Prego tu abbia ragione.” e con quello si voltò e si allontanò lasciandosi alle spalle solo il suo profumo che sembrò avvolgersi attorno a lui mentre lei scompariva alla vista. Ora sarebbe stato meno difficile fare quello che intendeva. Il suo piano era stato quello di liberarsi, far perdere le proprie tracce, cavalcare fino a Grande Inverno, recuperarla e salpare per Dorne dove sarebbero stati al sicuro entrambi. Averla così vicina lungo il viaggio avrebbe reso le cose molto più semplici, doveva solo trovare un modo per liberarsi..

 

 


 

Non si aspettava di vedere lui prima dell’inizio del viaggio. L’uomo stava prendendo un gran bel rischio parlandogli mentre il castello brulicava di gente intenta ai preparativi per la partenza del re e del suo seguito. Era seduto sulla nuda pietra mentre giocava con il medaglione, una moneta grossa quando un palmo di oro rosso su cui era incisa l’immagine di un cavaliere dei draghi a dorso del suo drago e una lancia tra le mani. Rappresentava il drago dorniano ed era un dono che suo zio Oberyn aveva fatto a sua madre, Elia, per la sua nascita.

 

Ned Stark era diverso da vicino. Più alto di quello che si aspettava e aveva un’aura che lo faceva apparire pericoloso mentre lo studiava lì dove era seduto. Non gli piacque come l’uomo torreggiava su di lui, si tirò in piedi. Le sue ginocchia protestarono dopo tutto quel tempo passato seduto in uno spazio ristretto come quella gabbia che era stata adibita come sua cella, ma non desistette mentre fissava l’uomo.

 

Era quasi alto come il Protettore del Nord, sebbene l’uomo fosse più muscoloso di lui considerati gli oltre vent’anni di addestramento che si passavano. Mantenne lo sguardo d’acciaio dei suoi occhi grigi con i suoi occhi viola. Ser Arthur dietro l’uomo osservava la scena con una calma che lo fece sentire molto più tranquillo.

 

“Lord Stark” lo salutò “Ho sentito di quanto è accaduto a tuo figlio. Sono estremamente costernato per quanto è successo. Prego che si risvegli presto.” 

 

L’uomo sembrò sorpreso dalla sua frase e dalla sincerità che doveva aver avvertito nella sua voce, sembrò sul posto di questionare la sua affermazione, ma alla fine desistette dal quel proposito. Cosa per cui Egg fu piuttosto grato.

 

“Voglio che tu sappia che ho tentato di convincere Robert a dare giustizia per le morti della principessa Elia e della principessa Rhaenys. Erano innocenti e non meritavano di morire soprattutto non in una maniera tanto efferata.”

 

Egg annuì “Te l’assicuro, lord Stark — gli disse — la morte di mia madre e di mia sorella saranno ripagate col fuoco e col sangue e di nuovo il drago siederà sul suo trono. E ti prometto, lord Stark, che tu e la tua famiglia sarete risparmiati nonostante il ruolo giocato durante la ribellione.”

 

Ser Arthur si rivolse all’uomo “È meglio di Robert, Ned. Lo sai. — gli disse — è il re in carica dal momento in cui suo padre e suo nonno sono morti e lui è stato sottratto alla sua culla per essere trasportato in sicurezza a Essos. Il trono è suo.”

 

Ned annuì pronto a sguainare la propria spada e offrirgliela per giurare lealtà sulle pietre umide e sporche del canile di Grande Inverno, ma Egg lo fermò “Non c’è alcun bisogno che giuriate fedeltà, mio signore — disse calmo — d’altronde siamo parenti dopotutto non posso credere che il sangue di mia sorella si rivolterebbe contro di noi.”

 

Gli occhi di Ned Stark non dovevano mai essere stati tanto comicamente grandi e sgranati mentre si voltava verso ser Arthur per sapere in che modo fosse venuto a conoscenza dell’identità di sua sorella.

 

“Ser Arthur non ha tradito il vostro segreto, non ce ne è stato bisogno. Un drago riconosce il proprio simile così come lo fa qualsiasi lupo — disse — Non sono felice del vostro inganno farle credere che sia una bastarda quando è la principessa dei sette regni ma apprezzo che tu l’abbia tenuta al sicuro in questi anni. Voglio essere onesto, lord Stark, mia sorella non metterà piede ad Approdo del re finché Robert Baratheon sarà re. Non è sicuro per il sangue del drago.”

 

Ned Stark continuava ad avere un’espressione illegibile “Lei verrà con me. Saremo al sicuro a Dorne e insieme ci riuniremo con i nostri zii e insieme ci riprenderemo ciò che è nostro.”

 

“E tu puoi assicurarmi la sua sicurezza anche all’interno di un covo di vipere?” l’uomo pretese di sapere incrociando le braccia al petto.

 

“Qualsiasi cosa tu possa pensare dei dorniani le loro remore sono contro nostro padre non contro sua madre. La accetteranno perché così io comando e perché è altrettanto legittima quanto me. Non facciamo del male alle ragazze a Dorne, soprattutto non parenti. E lei è loro parente attraverso me. — fissò l’uomo con tutta l’autorità che sperava di riuscire a ottenere — Lei è mia sorella, mia da proteggere. Non temere, lord Stark, con me sarà al sicuro.”

 

L’uomo annuì “Dunque attendi il nostro segnale, Vostra Grazia. Perché il Nord è tuo. — promise cadendo in ginocchio di fronte a lui — lo giuro sui Vecchi e Nuovi Dèi, il Nord appoggerà il tuo diritto al trono e quello della principessa Visenya delle Case Targaryen e Stark. Supporteremo i figli di Rhaegar Targaryen.” giurò.

 

Egg annuì soddisfatto di essersi assicurato del più vasto e potente dei suoi regni. Sua sorella era la chiave di quel supporto. Non gli piaceva pensare di lei come di un assetto quasi un ostaggio perché lei era sua e il suo posto era al suo fianco.

 

 


 

Qualche tempo dopo il loro arrivo gli uomini del re arrivarono, lo legarono e lo condussero fuori dal canile che era stato la sua casa per oltre quindici giorni e che aveva veduto un momento storico: uno Stark di Grande Inverno che si inginocchiava di nuovo giurando lealtà al vero re Targaryen. Il lupo e il drago uniti di nuovo dal sangue oltre che dall'onore.

 

Il sole era alto nel cielo e quasi gli fece male agli occhi mentre si abituava a alla luce e al vento tra i suoi capelli e contro il suo viso.

 

Finalmente abituatosi nuovamente alla luce i suoi occhi si focalizzarono su lei trovandola immediatamente nella folla mentre abbracciava il primogenito di Ned Stark stretto prima di dirigersi al suo cavallo nero cui stava per montare in sella quando una mano si intromise, si voltò e si ritrovò di fronte il re grasso che le offriva la propria mano per salire a cavallo.

 

Non poteva rifiutarsi anche se Egg poteva vedere nei suoi occhi quanto la nauseasse l'idea che l'assassino di loro padre avesse deciso di giocare al Cavaliere galante. Non avrebbe augurato il suo tocco a nessuno tantomeno a sua sorella. Sua da proteggere, pretendeva il suo sangue mentre fuggiva per fargli trovare un modo, qualunque modo per tirarla fuori da quella situazione distraendo il re. La sua bestia bianca lo batté sul tempo avvicinandosi silenziosamente alla sua padrona e intromettendosi fra lei e il re senza ringhiare ma in una posizione comunque protettiva.

 

Il grasso uomo rise ed Egg notò ser Arthur apparso dal nulla afferrare sua sorella per la vita facendola montare in sella per poi assicurarsi che il mantello la tenesse calda durante la cavalcata. Vide il disappunto negli occhi del re mentre si volgeva avvicinandosi al proprio cavallo e rifiutando alcun aiuto per montare, aiuto che invece aveva accettato al loro arrivo per smontare da cavallo intendendo non mostrarsi nulla se non il fantastico re delle fiabe. 

 

Catturò lo sguardo di ser Arthur e annuì discretamente ricordando con sollievo che ser Arthur era la spada giurata di sua sorella e non avrebbe permesso che le succedesse niente.
 


Eccoci a fine capitolo, nel prossimo vediamo un POV per ora sconosciuto, quello di Sansa perché anche lei avrà una grande importanza in questa storia. Come sempre mi farebbe immensamente piacere se mi faceste sapere che ne pensate. Ci vediamo mercoledì prossimo! Buona settimana! Bye, bye!

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Capitolo 10
*** Sansa I ***


Ciao a tutti, come va? Questo è un capitolo un po' corto e un po' filler, temo, ma necessario per velocizzare gli avvenimenti. Il prox capitolo sarà di nuovo dal punto di vista di Joan, poi avremo Dany e di nuovo Aegon. Le cose cominceranno un po' a divergere più drasticamente dallo show e dal libro, ma spero che continuerete a seguire questa storia.

Sansa I

Sansa singhiozzò. I suoi occhi dovevano essere rossi e gonfi di pianto, la sua faccia pallida. Era seduta sul giaciglio nella tenda che condivideva con le sue sorelle mentre il pianto faceva tremare le sue membra mentre piangeva con viso nascosto tra le mani. Non aveva fatto nulla per meritarsi tutto ciò, Lady non aveva meritato ciò che era successo. Non era nemmeno presente, era ferma e in attesa senza infastidire alcuno lì dove Sansa l’aveva lasciata. La sua piccola lady perfetta.

 

Arya era in piedi evidentemente incerta sul come comportarsi. Non poteva dire chissà cosa visto che era colpa sua se era successo quel che era successo, pensò acidamente. Se Arya fosse stata più educata e più femminile meno selvaggia come il suo metalupo nulla sarebbe successo. Il principe, il suo principe dorato, non sarebbe stato ferito da Nymeria e Lady non sarebbe stata uccisa, soprattutto non da suo padre.

 

Singhiozzò mentre il braccio di sua sorella maggiore si avvolgeva intorno alle sue spalle e Spettro, la sua silenziosa metalupa dalla pelliccia nivea e dagli occhi rossi, posava il proprio muso umido sulla sua coscia per confortarla per la morte di Lady. Joan sussurrava parole di conforto e non era mai stata tanto grata per la sua mezza-sorella.

Quando l’avevano prelevata dalla sua tenda e condotta in quella reale vedere Arya tutta sporca e piena di rabbia l’aveva fatta infuriare tanto da farle venire voglia di colpirla. Era colpa sua se il principe si rifiutava di parlare, ora. La regina Cersei era sempre stata gentile e generosa con lei, scusandosi per averla prelevata dal letto ad un’ora tanto tarda assicurandole che il suo amato Joffrey stava bene, un po’ scosso, ma per lo più sano nonostante l’incidente. Eppure, la bellissima regina dorata che rispettava così tanto aveva preteso sangue per ripagare la ferita di Joffrey.

 

Joan era fuori a cercare Arya come tutti gli altri, e quando i Lannister l’avevano prelevata dalla sua tenda conducendola in quella reale era stata la prima del seguito degli uomini del Nord ad arrivare. Era entrata con incedere incalzante sfidando con lo sguardo chiunque a dirle che quello non era il posto per una bastarda. Joan aveva spinto ser Ilyn fuori dal proprio cammino per raggiungerle. Sembrava quasi ferale quando aveva visto quanto sporca e scossa fosse Arya e quanto preoccupata e spaventata lei fosse. I suoi lunghi capelli color ebano erano intrecciati in una pesante treccia che ricadeva lungo la sua schiena, raccolti lontani dal viso che brillava di una luce quasi lattea come una piccola luna, i suoi occhi scuri e d’acciaio fissi sul principe e sulla regina quasi a sfidarli a opporsi alla sua difesa delle sorelle. Non per la prima volta Sansa aveva pensato che Joan fosse piuttosto bella, una bellezza che parlava di sottomissione e angherie subite ma aggraziata ed elegante. Una bellezza fiera e coraggiosa, gentile e forte.

 

Oh e così tanto indomita come il modo in cui si era opposta alla loro presenza lì, pretendendo che fossero lasciate andare e che le fosse concesso di condurle alla propria tenda e aveva suggerito perfino che se il principe non se fosse andato in giro a provocare antiche e mitiche bestie non sarebbe stato morso e Sansa aveva voluto piangere. Non era modo per una bastarda di parlare alla regina e del principe del reame rivolgendosi ai suoi genitori. Ma il re aveva riso voltandosi verso il figlio e dicendogli di non comportarsi da femminuccia e cominciare a comportarsi come il principe del reame.

 

Solo in quel momento il loro lord Padre era arrivato si era assicurato che Arya non fosse ferita e poi aveva preteso di sapere perché le sue figlie erano fuori dal letto dove dovevano essere al sicuro. Poi era stato tutto confuso, ma il re e il suo lord Padre avevano trovato un accordo e si era convinta che avrebbero superato quella schermaglia senza problemi. Poi la regina aveva fatto notare che c’erano altri due metalupi nell’accampamento e che avrebbe accettato come pagamento la vita di una di quelle bestie. Non Lady!, Lady non ha morso nessuno, lei è buona!, aveva dichiarato appassionatamente ma la regina aveva guardato con un sorriso tenebroso e maligno Spettro al fianco di sua sorella e Sansa, o per gli Dèi, Sansa era stata sollevata. Dopotutto Lady era buona e Spettro continuava a ringhiare a tutti coloro che si avvicinavano per proteggerle, vero, ma comunque non beneducato. Art Snow, che ultimamente sembrava seguire sua sorella ovunque, fu al suo fianco in un istante una mano sull’elsa della propria spada pronto a combattere per difendere Spettro e la sua padrona.

 

Questa volta, però, era stato il re a infrangere i suoi sogni con l’ordine diretto ad ser Ilyn si uccidere il metalupo fuori dalla tenda risparmiando Spettro e i sentimenti di sua sorella. Suo padre aveva protestato e quando era stato chiaro che non c’era via d’uscita aveva dichiarato che il lupo meritava meglio di un macellaio. Aveva creduto che l’avrebbe risparmiata, ma suo padre aveva spezzato il suo cuore tagliandole la gola come se Lady non fosse niente per lui.

 

La testa di Spettro era posata sulle sue cosce e la fissava con i suoi grandi occhi rossi e tristi e quando aveva ricambiato lo sguardo la metalupa aveva leccato la sua guancia in un bacio umido e confortante con la sua lingua rasposa che la fece sorridere mentre affondava le dita nella sua pelliccia per avere un po’ di conforto.

 

“Che ne pensi, Sansa. — iniziò Joan — Spettro è piuttosto beneducato come lupo, ma temo che non sia davvero ben addestrato. Pensi di poterlo addestrare tu per me, non penso di essere tanto brava quanto te.” per la prima volta in quella notte Sansa si rese conto che piangeva anche lei.

 

Le sue sorelle erano sofferenti, Joan la stava consolando piangendo silenziosamente mentre Arya gridava infuriata per il fatto che la regina fosse malvagia e Joffrey una femminuccia, ma stava piangendo anche lei. Piangevano perché lei era addolorata e triste e ne fu grata. Abbracciò Spettro immergendo il viso nella sua pelliccia folta e annuì. Si addormentò così abbracciata al metalupo di sua sorella.

 

La mattina successiva Joan si offrì di accompagnarla a cavalcare avanti invece che lasciarla da sola a passare la giornata nel carro reale con la regina e il principe Tommen e la principessa Myrcella e creò perfino una plausibile giusitificazione alla sua assenza affermando che visto che si trovavano ancora al Tridente volevano esplorare un po’ per allontanare dalla mente gli avvenimenti della giornata precedente. Non aveva ancora parlato con suo padre, non per mancanza di tentativi da parte sua, bensì perché era ancora ferita dal ruolo che aveva giocato nell’assassinio di Lady. Non era ancora pronta a perdonarlo.

 

Septa Mordane era stata furiosa quando Joan le aveva detto che Sansa avrebbe cavalcato con lei quel giorno, ma Joan aveva affrontato la donna a testa alta, una donna che l’aveva sempre bisfrattata visto che era una bastarda nata da una relazione extraconiugale figlia solo della concupiscenza, avida e concupiscente anche lei portatrice solo di pestilenze e altre faccende terribili; le aveva detto chiaramente e senza giri di parole che Sansa sarebbe stata al sicuro con lei e che lei desiderava cavalcare insieme perché lei non avrebbe perso di vista sua sorella a differenza di quello che aveva fatto lei con estrema negligenza. Septa Mordane era rimasta senza parole e Sansa aveva annuito grata a Joan per il suo supporto mentre la aspettava vicino al suo cavallo una mano immersa nella pelliccia di Spettro mentre il metalupo sedeva al suo fianco con la coda arrotolata intorno alle sue caviglie. 

 

Joan l’aveva raggiunta a aiutata a salire sul cavallo. Avrebbero cavalcato insieme dal momento che non c’era un cavallo adatto a Sansa e considerato che Arya avrebbe, invece, cavalcato con il loro lord padre probabilmente per sorbire una ramanzina epocale dopo quello che aveva fatto e che le era costato Lady.

 

Sua sorella stava per montare dietro di lei quando una mano le venne offerta e Joan si voltò trovandosi faccia a faccia con l’imponente figura di un cavaliere della guardia reale col suo mantello bianco come la neve i suoi capelli altrettanto bianchi e tagliati corti, profondi occhi blu e un sorriso gentile. 

 

“Posso aiutarti, mia signora?” 

 

Sansa osservò la sorella notando come il sole splendendo sui suoi capelli li facesse brillare quasi come se argento liquido ricoprisse le ciocche ondulate e come facesse brillare i suoi occhi quasi color indigo. 

 

“Ti ringrazio, ser. — gli rispose facendo una riverenza elegante — ma non sono una lady.” l’uomo continuò a sorridere senza ritrarre la propria mano, Joan sorrise e la accettò, il momento che afferrò la mano del cavaliere, Art Snow comparve al suo fianco, stranamente con indosso un elmo che nascondeva il suo viso e coadiuvò il cavaliere nell’aiutare Joan a salire a cavallo quasi come se fosse una principessa. Art aggiustò il suo mantello intorno entrambe assicurandosi che, a discapito del clima sempre più caldo mano a mano che procedevano verso Sud, fossero coperte abbastanza da non sentire freddo. 

 

“Ser, posso sapere il tuo nome, così che possa ringraziarvi per la vostra gentilezza?” Sansa avrebbe voluto colpirla. Com’era possibile che non sapesse chi era l’uomo che avevano di fronte: poteva essere solo una persona ed era una persona su cui si cantavano molte canzoni.

 

“Ser Barristan della guardia di re Robert di Casa Baratheon — si presentò — al vostro servizio, mia signora.” fece un piccolo inchino “E con chi ho il piacere di parlare?”

 

I suoi occhi brillavano e Sansa si ritrovò a pensare che pur se dimostrava di essere avanti con gli anni appariva e si comportava come il perfetto cavaliere e Sansa poteva facilmente comprendere perché lo chiamassero Barristan il Valoroso poiché sembrava molto sicuro di sé e aveva il portamento di un vero cavaliere.

 

“Questa è lady Sansa di Casa Stark — le presentò Art Snow — maggiore delle figlie legittime di lord Eddard Stark signore di Grande Inverno e Protettore del Nord e sua moglie lady Catelyn Stark.” espresse facendo un gesto e indicandola, ser Barristan fece un profondo inchino posando una mano sull’elsa della spada, chiamandola mia signora e sorridendo.

 

Notò che quando sorrideva c’erano piccole rughe a raccogliersi intorno ai suoi occhi, ma pensò che lo facevano apparire ancora più gentile. 

 

“E questa è Joan Snow, figlia natura di lord Eddard Stark signore di Grande Inverno e Protettore del Nord.” la presentò e Sansa pensò che Joan per un momento apparve regale mentre annuiva al cavaliere, la schiena dritta e la sua postura perfetta e rigida mentre fissava il cavaliere.

 

Un raggio di sole baciò loro le guance e Sansa notò come gli occhi di ser Barristan si sgranarono mentre li aveva fissi su Joan e si voltò solo per scoprire con sua sorpresa che gli occhi di sua sorella, occhi che aveva sempre ritenuto grigi come quelli di suo padre e di Arya erano, invero, screziati di ametista che li facevano apparire come occhi grigi ma velati di un cerchio viola intenso. Mai sua sorella le era apparsa tanto aliena. Com’era possibile che non avesse mai notato che i suoi occhi non fossero semplicemente grigi?

 

Il cavaliere pareva quasi un pesce fuor d’acqua, boccheggiando senza riuscire a parlare “..aella?” mormorò senza fiato mentre sembrava quasi strozzarsi con le sue stesse parole. Le pareva quasi che Joan gli ricordasse qualcuno. Guardò sua sorella rendendosi conto che sembrava preoccupata da quanto il cavaliere si fosse lasciato sfuggire e guardava la loro guardia come in cerca di salvezza. 

 

Ser Barristan sembrava avere di fronte uno spettro ed Art Snow sfruttò la sua distrazione per frapporsi fra il cavallo e il cavaliere che lo osservò studiandolo per cercare di capire cosa nascondeva l’elmo. La cui presenza perfino Sansa trovava quantomeno curiosa.

 

“Le mie scuse, mia signora. — fece un inchino profondo — ti chiedo perdono se ti ho messa a disagio, solo… mi avete ricordato qualcuno che conoscevo molto bene appena un momento fa. Ma deve essersi trattato di un trucco della luce.”

 

Joan sorrise dolcemente, replicando “Nessun problema, ser. Mi dicono che somiglio molto a mia zia Lyanna non mi sorprenderebbe che ve la ricordassi.” concluse prima di spronare il cavallo e allontanarsi da entrambi gli uomini. 

 

Sansa non poteva dire di aver sentito bene cosa avesse detto il cavaliere, ma la parola non somigliava a Lyanna come aveva, invece, dato per scontato sua sorella e, nonostante Sansa avesse visto la sorprendente somiglianza fra la statua della loro zia defunta nelle cripte e sua sorella, c’era qualcosa in Joan che non riusciva a identificare ma che la distingueva inesorabilmente dalla zia. Supponeva che si potesse trattare di quei tratti che doveva aver ereditato dalla madre una donna di cui nessuna sapeva neanche il nome. Loro padre non ne parlava mai, Sansa supponeva per non ferire ulteriormente sua madre ma lei aveva sentito i pettegolezzi, pettegolezzi secondo cui Joan sarebbe stata la figlia nata dall’amore tra il loro lord padre e lady Ashara Dayne, dama di compagnia della principessa Elia Martell. Magari quei pettegolezzi avevano un fondo di verità, si ritrovò a pensare, perché si diceva che Ashara Dayne fosse bellissima con profondi occhi viola, un tipo di bellezza silenziosa che non pretendeva nulla da coloro che aveva intorno.

 

Le canzoni che cantavano sulla ribellione di Robert e di come il principe drago avesse rapito la sua sposa per poi stuprarla le mettevano i brividi, ma aveva sempre amato il modo in cui descrivevano il grande torneo di Harrenhal e di come i due ultimi cavalieri a giostrare fossero stati ser Barristan e il principe Targaryen, di come raccontavano che se ser Barristan avesse vinto avrebbe incoronato lady Ashara Dayne come regina di amore e bellezza e di come, invece, avendo perso fosse toccato al principe incoronare la sua dama, peccato che avesse sorpassato sua moglie, Elia Martell, per posare la corona di rose d’inverno in grembo a sua zia Lyanna. Magari, anche ser Barristan vedeva lady Ashara in Joan sebbene il nome pronunciato dal cavaliere non somigliasse nemmeno ad Ashara

 

Cavalcarono per tutto il giorno finché non fu ora di accamparsi e non appena smontarono Sansa fu avvicinata da un paggio reale che le porse l’invito della regina in persona di raggiungere lei e la principessa Myrcella per una sessione di cucito mentre gli uomini si accampavano. Sansa non poteva rifiutarsi così lasciò andare la mano di Joan anche se spaventata, sua sorella doveva averlo compreso perché fischiò e in un momento Spettro fu al loro fianco.

 

“Porta Spettro con te, Sansa. — le disse — occupati tu delle sue maniere, per favore.”

 

Provò a protestare affermando come la regina si sarebbe opposta alla presenza di una bestia selvaggia come l’aveva sentita definire i metalupi più di una volta, vicino ai suoi figli e senza alcun modo di proteggerli.

 

Joan non le fece nemmeno aprire bocca facendole cenno di stare in silenzio “Mi sentire più tranquilla. E se la regina ha qualche problema dille di portarlo direttamente a me, ma Spettro resterà al tuo fianco. Si comporterà bene.” la rassicurò questa volta volgendosi verso il metalupo che inclinò la sua testa candida di lato ricambiando il suo sguardo con occhi rossi e intelligenti. 

 

Sansa non avrebbe mai detto una cosa del genere alla regina. Sarebbe stato oltremodo oltraggioso ed aveva già perso il favore del principe dal momento che non era intervenuta quando Nymeria l’aveva attaccato sulle rive del Tridente. Si vergognava parecchio di come si era comportata, sì Joffrey era il principe ereditario e il suo promesso, ma Arya era la sua sorellina ed era un suo compito assicurarsi che non le succedesse nulla nemmeno se si fosse dovuta scontrare con l’ira del principe. Le parole della sua famiglia erano l’inverno sta arrivando ma lei era anche figlia di una Tully delle Terre dei Fiumi e le loro parole richiamavano alla sua memoria e alla sua anima profondamente: Famiglia, dovere e onore. Sansa aveva fallito tutte e tre le parole mentendo per il principe Joffrey, ma sua madre e la sua septa le avevano insegnato che era importante per una moglie essere rispettosa dei propri doveri e sottomessa al proprio marito, obbedendo alla sua volontà e supportandolo quando necessario ed era stato questo ciò che aveva fatto nella tenda dei reali, aveva appoggiato Joffrey anche se nel torto. Eppure si sentiva come se avesse dovuto fare di più, proteggere la sua sorellina di più.

 

“Sansa, mia piccola colombella — la salutò dolcemente la regina mentre le si avvicinava — cominciavo a domandarmi se tutto quel cavalcare non ti avesse stancata troppo impedendoti di unirti  a noi.”

 

Era seduta fra le sue dame di compagnia e la principessa Myrcella e il principe Tommen ai suoi fianchi tutti con i loro lunghi capelli dorati che brillavano al sole delle Terre dei fiumi come oro liquido. La regina era avvolta da un abito di mirabile fattura, rosso rubino con intrecciati fili d’oro che si riunivano a formare un leone dorato che ruggiva proprio sotto il suo seno. L’immagine perfetta di una meravigliosa regina del sud dorata e meravigliosa, il tipo di regina su cui si cantavano le storie talvolta nelle sale di Grande Inverno.

 

“Vostra Grazia — salutò facendo una riverenza — Vostra altezza, Vostra altezza.” salutò facendo un cenno a tutti gli appartenenti alla famiglia reale, ma il sorriso della regina si spense non appena vide Spettro al suo fianco.

 

“Sansa mia cara, pensavo ti avessimo liberato di quella bestia di un lupo ieri notte, mia colombella, dovresti sapere meglio che accompagnarti con una creatura dal genere quando il suo simile a quasi staccato un braccio a morsi a Joff.” sembrava davvero delusa e Sansa abbassò la testa piena di vergogna.

 

Sapeva che era l’idea peggiore nella storia delle cattive idee, lei non era come Joan che aveva il coraggio di sfidare qualsiasi tipo di tradizione per il bene della sua famiglia, non era forte e coraggiosa come Arya che aveva protetto il suo amico anche se avrebbe significato una brutta ramanzina. Lei era solo Sansa e ora stava per mettersi a piangere come una poppante.

 

Spettro sfiorò con la sua testa pelosa la sua mano un momento dopo che le lacrime che avevano bagnato le sue guance erano cadute a terra nel manto erboso. Strinse le dita nella sua pelliccia candida e si sentì immediatamente meglio. Si sentì come se Joan, Arya e perfino loro padre fosse al suo fianco. E si ricordò che nonostante si trovasse nel covo del leone lei non era un cucciolo di leone né tantomeno una colombella, lei era una lupa di Grande Inverno, un cucciolo, ma un lupo comunque e non doveva provare vergogna di ciò che era.

 

Sperò disperatamente che Robb fosse al suo fianco, il suo campione, avrebbe saputo come rispondere alla regina, eppure Sansa altro non era che una ragazzina di fronte ad una regina e conosceva i suoi doveri. Si accovacciò a terra e guardò Spettro dritto negli occhi “Spettro. Seduta.”

 

La metalupa obbedì immediatamente senza neanche battere ciglio, si tirò in piedi la schiena dritta e le guance bagnate, ma fece un cenno sicuro alla regina “Spettro è il lupo di mia sorella, Maestà. Quello di Joan e si comporterà bene. Dovete capire, Maestà, che dopo quanto è successo ieri la mia famiglia è piuttosto protettiva di me e di Arya. Se desiderate che la metalupa non stia qui, temo che dovrò andare con lei.”

 

La regina le regalò un sorriso dolce che le parve falso, ma annuì lasciando che si avvicinasse a loro offrendole del thé. La regina tenne la conversazione amichevole, ma Sansa si sentì estremamente a disagio, una sconosciuta, un lupo messo in gabbia. 

 

“Temo, mia colombella, che tu stia emulando il temperamento svogliato e polemico delle tue sorelle… sarebbe un tale peccato — le disse con un sorriso quasi materno che fece venire voglia a Sansa di rivedere la sua di madre — ma non lascerai che il loro atteggiamento da barbare primitive influenzi il tuo carattere tranquillo e condiscendente, non è vero, colombella?”

 

Sansa si sentì terribilmente sola per la prima volta da quando aveva lasciato casa. Voleva Robb, suo padre, Lady… voleva indietro i suoi bisticci con Arya, voleva sua madre che non aveva lasciato il capezzale di Bran dalla sua caduta, voleva Bran sano e salvo arrampicarsi ovunque facendoli dare di matto, voleva il piccolo, selvaggio Rickon e il sorriso gentile di Joan. Il Sud le stava rubando tutto questo.

 

Ingoiò il suo orgoglio, un boccone amaro “Certo che no, Vostra Grazia. Le mie scuse se vi ho offesa.”

 

La mano della regina era sulla sua, la stringeva in una presa calda, soffocante. Le sorrise dolcemente “Non c’è bisogno di scusarsi, mia dolce colombella. Ma la prossima volta non disdegnare i miei consigli sono offerti solo nel tuo migliore interesse.”

 

“Me lo ricorderò, Vostra Grazia.”

 
Eccoci a fine capitolo. Come al solito fatemi sapere che ne pensate. Vi auguro una buona e ottima settimana e ne approfitto per ringraziarvi di aver letto questa storia sin qui, per aver lasciato commenti o averla seguita o messa fra le preferite. Un bacio, alla sett prox, Giuls.

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Capitolo 11
*** Joan III ***


Ciao a tutti, sì, so che normalmente posto di mercoledì; ma siccome avrò un buco di circa 2-4 giorni con internet a causa di problemi col nostro gestore ho deciso di anticipare il capitolo. Dalla prossima settimana dovrebbe essere tutto nella norma. Ora vi lascio al capitolo, ci sentiamo in fondo.

11

Joan III

Esalò un respiro di sollievo non appena sua sorella scomparve dalla sua vista con Spettro al suo fianco. Era stata preoccupatissima tutto il giorno. Non era solo il percepire la tristezza di Sansa o il risentimento di Arya. Provava uno strano senso di paura e impotenza che le aggrovigliava le viscere senza abbandonarla. Forse era la consapevolezza di trovarsi così vicina al luogo che aveva visto la morte di suo padre, il posto intero sembrava macchiato del suo sangue, il nome di sua madre l’ultimo pronunciato dalle labbra di suo padre che rieccheggiava intorno a lei, il suo respiro ansimante, i rubini che cadevano dal suo pettorale rossi come il suo sangue che correva nel fiume.

 

Forse era stato il modo in cui l’aveva guardata ser Barristan, lo stesso modo in cui la guardavano di tanto in tanto Art e suo zio. Era preoccupata che venire al Sud fosse stata un’idea sciocca come poche, avrebbe avuto maggiore fortuna costruendosi una vita come persona comune nel freddo Nord piuttosto che seguire la processione reale verso Sud perché quelle somiglianze altrimenti lasciate a sé stesse con suo padre cominciavano ad essere notate. Ser Barristan aveva sussurrato a voce alta abbastanza perché sia lei sia Art lo sentissero il nome della sua nonna paterna. Regina Rhaella?, notando evidentemente qualche somiglianza.

 

Sapeva di avere un po’ dei Targaryen in lei, lo aveva notato nello specchio di Sansa l’altra mattina, l’aria del Sud stava rendendo quei tratti non ignorabili. Quando il sole brillava alto nel cielo, più forte e luminoso che al Nord, i suoi occhi apparivano viola scuro con qualche screziatura ametista, il grigio quasi completamente scomparso dalle sue iridi. E se al Sud la sua somiglianza con la famiglia precedentemente al potere fosse stata notata, lei scoperta e conseguentemente uccisa? Non voleva morire.

 

Stava passeggiando quando notò Art Snow mentre erigeva la loro tenda, voleva sapere ancora tantissimo su suo padre, ma non era saggio con così tante persone intorno e si domandò se, sopravvivendo al Sud, avrebbe potuto scoprire di più su suo padre nella sua casa ancestrale senza essere scoperta. Ne dubitava.

 

Continuando la sua passeggiata vide che avevano legato il loro prigioniero, Egg, ad un palo di legno cui era legato con una corda arrotolata intorno al collo pronta a strozzarlo se si fosse allontanato. Sembrava stare meglio, l’aria del Sud sembrava rinvigorirlo, i suoi capelli bluastri si stavano scolorendo ormai e ora poco di quello che un tempo era stato un blu intenso restava nei suoi capelli che erano argentati; i suoi occhi chiari color ametista fissi sul suo carceriere. Ser Ilyn non sembrava un uomo sui quaranta quando un uomo sui sessanta e il suo atteggiamento nel complesso instillava una grande paura in lei e in chi lo fronteggiava. Eppure Egg lo guardava come se fosse un qualche tipo di scarafaggio sulla suola dei suoi stivali. Scosse la testa notando solo allora Ser Barristan che si avvicinava con incedere deciso i suoi occhi fissi su di lei cosicché se anche fosse voluta darsi alla fuga non avrebbe potuto senza che lui avesse ottenuto la risposta alle domande che non aveva posto e che era meglio non venissero poste affatto.

 

Raddrizzò la schiena ricordandosi che era sangue del lupo e sangue del drago e che non si sarebbe lasciata intimidire.

 

“Mia signora.” la salutò facendo un inchino ser Barristan e Joan dovette trattenersi dal fare una smorfia visto che continuava a chiamarla mia signora pur sapendo che non era una lady. Notò che Egg sembrava interessato allo scambio, ma in maniera inconspicua cercando di non attirare l’attenzione su di sé soprattutto considerando che assomigliava terribilmente ad un Targaryen con i capelli argentati e gli occhi color ametista  e il suo atteggiamento e portamento e… sentì quasi la propria bocca aprirsi di sua volontà mentre la realizzazione la colpiva come un fiume in piena. Egg ricambiò il suo sguardo con uno soddisfatto e compiaciuto e per un momento si sentì vicina alle lacrime se non fosse stato per il cavaliere che ancora le stava porgendo i suoi omaggi.

 

“Ser Barristan — lo salutò costringendo la sua voce a non tremare — mi onori con la tua gentilezza, ma non sono una lady.”

 

L’uomo si tirò in posizione eretta studiando i suoi occhi intensamente come alla ricerca di qualcosa. Si sentì quasi nuda sotto il suo sguardo attento, ogni suo segreto allo scoperto, e si maledì per essersi intrecciata i capelli liberando il viso lasciando occhi e faccia chiari per tutti da vedere. 

 

“Volevo offrire le mie più sincere scuse, ancora, per il mio comportamento di stamane. — le disse — e per avervi messa a disagio, mia signora.”

 

“Te l’ho già detto, ser Barristan — gli ricordò — non c’è nulla da perdonare. Ho fatto prendere un colpo anche al re quando mi ha vista per la prima volta al suo arrivo a Grande Inverno. Mi avevano detto quanto somigliassi a mia zia Lyanna, ma non avevo mai realizzato fino a quale punto.”

 

L’uomo sorrise ancora. Aveva un sorriso gentile e pulito che le piaceva parecchio, sebbene si sentisse un po’ troppo esposta coi suoi occhi ancora su di lei “Ti hanno mai detto, mia signora, che i tuoi occhi sono quasi violetti? Sono una vera rarità.”

 

“A dire il vero ser, questo particolare ci era completamente sconosciuto finché non abbiamo messo piede al Sud. — ammise — a Nord il Sole non è tanto splendente e i miei occhi sono sempre apparsi grigi come quelli di mio padre.” 

 

Vide con la coda dell’occhio Egg fare una smorfia quando pronunciò la parola padre menzionando Ned Stark e si domandò da quanto tempo sapesse. Ad ogni modo aveva questioni più urgenti e spinose da risolvere e non sapeva proprio come cavarsi da questa conversazione quantomeno non apprezzata e non voluta.

 

“Allora è una fortuna che tu sia allontanata tanto da casa. Non avremmo mai avuto il piacere di rivedere occhi tanto particolari altrimenti, occhi che non si vedono più da quando i Targaryen sono stati esiliati e il loro principe ucciso.” l’uomo sembrava onestamente dispiaciuto, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che la mise in agitazione.

“Davvero.” commentò improvvisamente molto cauta dell’uomo.

 

Per la prima volta nella sua vita fu grata della presenza del re con la semplicità con cui intervenne nella discussione, sbattendo una poderosa mano sulla schiena del cavaliere in una pacca amichevole, vantandosi della meravigliosa battuta di caccia e di come sua sorella Arya si fosse divertita immensamente una volta libera di scorrazzare in giro.

 

“Ser Barristan, noto con piacere che anche tu sei rimasto incantato dalla nostra lady Joan — disse la vecchio cavaliere, i suoi occhi non più arrossati come una volta e il suo modo di parlare chiaro e limpido come se non avesse bevuto quanto al solito — e oso dire, chi non lo farebbe, è una creatura così incantevole.”

 

Joan sorrise nonostante si sentisse come se fosse stata colpita allo stomaco. L’uomo che voleva sua madre per sé e che aveva scatenato una guerra per salvarla uccidendo suo padre, marito di sua madre, la vedesse come incantevole le faceva venire la nausea. 

 

La sua faccia doveva aver tradito quantomeno il suo imbarazzo perché ser Barristan si sentì in dovere di intervenire per dissipare la tensione distraendo il re dicendo semplicemente “È certamente incantevole, Maestà. — ammise il cavaliere — proprio come la regina e la principessa Myrcella.”

 

“Sai cosa penso, Barristan?”

 

“No, Maestà, cosa pensate?” lo assecondò il cavaliere e si ritrovò a pensare che la situazione era ribaltata, se prima era stata grata dell’intervento reale adesso era grata della presenza del cavaliere che fino a qualche momento fa l’aveva messa a disagio. 

 

“Penso, che se le cose fossero andate come dovevano e io avessi sposato la mia Lyanna avremmo avuto molti figli e figlie, principi e principesse, tanto belli e incantevoli quanto la nostra lady Joan.”

 

Joan dovette reprimere l’urgenza di colpire l’uomo così arrabbiata che fu da un simile pensiero, era la figlia dei suoi genitori e osservando lui e i suoi figli non credeva proprio che alcuna cosa nata dal suo seme potesse essere né incantevole né bella.

 

“Peccato che non fosse tua tanto per cominciare, non credi?” la sua testa si ruotò con tanta violenza che ebbe timore per un momento che si rompesse il collo mentre i suoi occhi si posarono su Egg e il suo sorriso compiaciuto e non desiderò altro che dargli uno scappellotto per la sua sciocca, folle e coraggiosa replica. La stava difendendo, lo sapeva, ma questo non significava che dovesse esporsi come uno sciocco e un buffone. 

 

Gli occhi del re erano iniettati di sangue mentre si voltava per fissarlo, le sue labbra tese in una smorfia mentre osservava un ragazzo legato mani e piedi e trattenuto da una corda avvolta intorno al collo al palo di legno fissarlo con sdegno nei suoi occhi violetti, gli stessi occhi dell’uomo che certamente popolava i suoi incubi notturni.

 

“E cosa pensi di saperne tu, piccolo idiota? — pretese di sapere — Lyanna era mia; ci saremmo dovuti sposare e lei sarebbe diventata la signora di Capo Tempesta.” gli domandò tenebrosamente avvicinandosi, Joan osservò terrorizzata il suo difensore, Art, ma era troppo lontano e indaffarato per comprendere cosa stesse succedendo e intervenire. Sentiva gli occhi di ser Barristan sul suo viso prima che i suoi occhi si posassero sul prigioniero e la sua bocca si aprì in un sussulto avendo chiaramente notato una somiglianza più rimarcabile di qualunque somiglianza avesse notato in lei.

 

“Tutti sanno di come Lyanna Stark ti abbia abbandonato per fuggire con il principe dei draghi. — ghignò Egg — nessuno crede alla tua tragica, stupida storia d’amore sfortunata.”

 

Gli occhi di Joan riflessero solo il terrore posandosi su ser Barristan, sperando che fosse un vero cavaliere delle canzoni e che intervenisse a protezione del figlio del suo principe. L’uomo però sembrava non essersi ancora ripreso dalla sorpresa mentre Egg continuava a provocare il re.

 

Quando fu chiaro che nessuno avrebbe fatto nulla; Art troppo indaffarato e lontano per accoggersi e ser Barristan troppo preso dalla propria sorpresa Joan comprese che spettava a lei fare qualcosa. 

 

Prese un passo, poi un altro avvicinandosi ai due uomini “Maestà — chiamò richiamando l’attenzione del re i cui occhi si addolcirono una volta posati su di lei — non dovremmo sprecare il nostro tempo con un compiaciuto buffone.” disse prendendo un respiro e pregando gli Dèi che trovasse un mondo di cavarsi da quel pasticcio.

 

“Vostra Grazia siete troppo superiore ad uno scambio di acredine stupido e sciocco da permettere ad uno sciocco di provocarvi. Tutti sappiamo quanto voi amaste mia zia e quale terribile fato gli Dèi le hanno riservato.” le parole erano come veleno sulle sue labbra eppure non aveva detto nulla di non vero. Era chiaro che re Robert amasse profondamente sua madre, era legato al suo ricordo e gli Dèi avevano riservato un terribile fato alla donna che l’aveva messa al mondo; era spirata solo momenti dopo averla messa al mondo sapendo che suo padre, suo fratello maggiore e suo marito era morti a causa delle scelte che aveva compiuto.

 

Si osò perfino a posare una mano sul braccio del monarca sperando di addolcire il suo atteggiamento ulteriormente “Il ragazzo non sa di cosa sta parlando e la sua voce mi nausea, potremmo magari passeggiare ché io possa liberarmi la testa dalle sue illazioni?”

 

Detestava dover passare volontariamente del tempo con l’assassino di suo padre ma non aveva alcuna intenzione di lasciare che l’uomo assassinasse anche il suo mezzo fratello sebbene suonasse ancora strano nella sua mente, solo perché era coraggioso e sciocco abbastanza da provocare il re che aveva la sua vita fra le dita solo per difenderla.

 

Il re grasso posò una mano sulla sua avvolta intorno al suo braccio i suoi occhi blu fissi su di lei “Ma certo, mia signora — assicurò, l’eterno galante cavaliere — nessuna lady della vostra caratura dovrebbe essere esposta alla merda peggiore dei sette regni.” aggiunse conducendola lontano da Egg ancora legato al suo palo; discretamente lanciò uno sguardo al fratello e lesse nei suoi occhi solo rabbia e tradimento. I suoi occhi la scottarono; la nozione che lui fosse sangue del suo sangue la bruciava dall’interno, si sentiva nauseata. Malata. Sbagliata. Si era immaginata piuttosto presa dal misterioso prigioniero e sapere che condividevano lo stesso sangue la faceva sentire malata e indegna.

 

Ma, i Targaryen si sposavano fra fratelli sin dall’alba dei tempi. Aegon il Conquistatore aveva due sorelle mogli, Visenya e Rhaenys e insieme a loro aveva conquistato i sette regni e creato un regno che aveva governato fino alla sua morte dando origine ad una dinastia che aveva regnato per secoli. Una dinastia che sopravviveva ancora in lei, suo fratello e i suoi zii.

 

Sperava che comprendesse la ragione del suo comportamento nei confronti dell’assassino di loro padre, ma si sarebbe più volentieri dannata alle fiamme degli inferi piuttosto che lasciare che morisse sotto i suoi occhi.

 

“Vostra Grazia, perché non mi raccontate della ribellione? Il mio lord padre non ama parlarne e sono piuttosto curiosa. È vero che tutto è cominciato al torneo di Harrenhal?” sperava che distraendolo lo avrebbe trattenuto dal fare a pezzettini suo fratello.

 

Il re grasso si lanciò in una risata profonda e rumorosa “Vecchio Ned!, troppo modesto per il suo stesso bene non ha mai amato vantarsi delle nostre vittorie. Vidi tua zia per la prima volta ad Harrenhal, sai? Tra le famiglie erano già iniziate le trattative per il nostro fidanzamento ed ero chiaramente incuriosito da questa fanciulla che sarebbe dovuta essere la mia sposa, come comprensibile.”

 

Lei annuì e stava davvero ascoltando quanto il re le stava raccontando cercando di ricostruire la figura enigmatica e misteriosa della madre sebbene dalle parole dell’uomo che aveva ucciso suo padre dal momento che amava sua madre con una passione tale da rimanere aggrappato al suo fantasma per tutta la vita. 

 

“Lei era… la cosa più bella che io avessi mai visto. — le disse con aria sognante — la vidi che era ancora sul suo destriero. Ned era già smontato ed era venuto a salutarmi, eppure io non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Aveva capelli d’ebano, come i tuoi ma più corti e intrecciati da un lato con indosso un abito di lana di un blu così scuro da far brillare i suoi occhi, le sue gote erano rosse dal vento e le sue labbra erano ancora più vermiglie.” 

 

Joan dubitava che sua madre potesse essere stata davvero tanto bella e raffinata a quattordici anni essendo stata — per quel poco che aveva condiviso suo zio — una bellezza selvaggia, che avrebbe anche imparato a tirar di spada se suo padre glielo avesse permesso.

 

"La aiutai a smontare e posso giurarvi davanti agli Dèi che la sua vita sedeva perfettamente nel palmo della mia mano - le disse mostrandole il suddetto palmo - era così minuta...e così feroce, mi guardò negli occhi e io seppi che era l'unica per me. Avevo già avuto innumerevoli amanti e avevo perfino una figlia nella Valle, Mya si chiama, Mya Stone. Ma quel giorno ho guardato negli occhi di tua zia e ho visto il suo sorriso indomito e ho saputo che non avrei avuto altri figli se non quelli nati dal suo grembo."

 

Era piuttosto romantica come storia, perfino credibile se non avesse saputo di essere la figlia di lady Lyanna Stark principessa consorte e di suo marito il principe Rhaegar Targaryen.

 

"Immediatamente mi sbilanciai con una proposta formale. Poiché fu accettata divenne ufficiale, Lyanna sarebbe diventata mia moglie. Avevo intrattenuto la fantasia che avrei potuto giostrare con il suo favore, ma tua zia non è mai stata una lady convenzionale e ha affermato che avrebbe gareggiato con il suo favore solo suo marito e considerato che non lo ero ancora avevo sperato, nonostante non fossi particolarmente talentuoso nella giostra, di poter vincere il torneo per incoronarla regina di amore e bellezza.”

 

Fece una smorfia mentre richiamava alla memoria ricordi a lungo assopiti, ma mai dimenticati “Invece, fu quella feccia figlio del drago, Rhaegar Targaryen a vincere la giostra e sarebbe andato anche benissimo se non avesse sorpassato sua moglie per incoronare la mia Lyanna regina di amore e bellezza. Era stata imbarazzatissima rifiutando di indossare i fiori tra i capelli come da tradizione e io tentai di non preoccuparmi e di non condividere con lei questa mia preoccupazione, sebbene avessi l’impressione che la feccia dei draghi si fosse invaghito di lei.”

 

Scosse la testa e c’erano lacrime nei suoi occhi quando aggiunse “E mi sbagliai così tanto…, magari avrei dovuto dirglielo, magari se l’avessi fatto sarebbe stata più accorta e non sarebbe stata né rapita né stuprata.” sospirò “quando sparì nessuno di noi sapeva cosa fare, poi ci giunse la notizia che Lyanna era stata vista con Rhaegar Targaryen e tuo nonno e zio Bradon corsero ad Approdo del re pretendendo che fosse restituita alla famiglia e al promesso, lord Rickard mi aveva promesso che me l’avrebbe riportata così rimasi al mio posto. Re Aerys pretese di sapere con quale autorità osavano i lupi pretendere qualunque cosa dai draghi e bruciò tuo nonno vivo mentre tuo zio si strangolò nel vano tentativo di salvare il padre avvolto dalle fiamme. Davvero terrificante, ma Aerys non si fermò lì. Pretese da Jon Arryn la mia testa e quella di tuo padre. Quell’uomo era testardo come un mulo, e ci amava come se fossimo suoi figli, io l’amavo come un padre. Richiamò i vessilli in mio nome mentre sollevavo una ribellione per riprendermi Lyanna.”

 

“Prendemmo Approdo del re e la liberammo dalla stirpe del drago o così credevo quando ci è arrivata notizia della morte di tua zia… l’avrei voluta anche abusata e stuprata, l’avrei amata abbastanza da farla stare meglio. Sì, avevo promesso di sposare Cersei e renderla regina, ma avrei potuto tranquillamente prendere due mogli.” sembrava così… perduto che quasi si sentì intenerita.

 

“L’ho ucciso, sai? — le disse mestamente — ho sconfitto Rhaegar nella sua armatura rossa e nera, il mio martello così profondamente ingraniato nel suo petto eppure con il suo ultimo respiro ebbe anche l’audacia di mormorare il nome di Lyanna! Nei miei sogni lo uccido tutte le notti, eppure non fu abbastanza. Ucciderlo una volta non è abbastanza. Sono entrambi morti e lui ha vinto perché è con lei adesso.”

 

Se si fosse trattato di chiunque altro, ma l’assassino di suo padre lo avrebbe confortato perché calde lacrime calavano dalle sue guance tozze; ma lo era, quindi non disse niente.

 

“Perdonami, mia signora. — le disse — ho finito con il riportare a galla una storia ancora più triste. Pensavo di avere dimenticato, sai?, tutto quello che era successo, ma adesso gli occhi di Rhaegar continuano a fissarmi compiaciuti e non solo dai miei incubi, ma anche nella realtà perché suo figlio mi fissa così come lui mi fissò, così pieno di disprezzo e odio… e io desidero solo ardentemente spaccare il suo cranio contro una parete così come sarebbe dovuto morire quella notte, avrebbe dovuto morire quella notte.” 

 

Si sentì nauseata al solo sentire qualcuno, chiunque, usare parole tanto forti nei confronti di qualcuno che non aveva fatto nulla per meritare quelle parole e si domandò quale sarebbe stato il suo fato, lei la figlia di quell’amore, se il re fosse mai venuto a sapere la verità. Sarebbe uccisa nel peggiore dei modi, nel più crudele, perché anche lei era stirpe del drago. 

 

L’uomo confuse la sua espressione disgustata e nauseata per qualcosa che non era perché prese le sue mani e la guardò dritta negli occhi “Ma ti prometto questo, mia signora. Non ti fallirò, non come ho fallito tua zia. Non permetterò alla feccia del drago di strapparci ancora qualcosa di così bello.” giurò e lei si sentì ancora più nauseata; poi posò un bacio umido sulla sua fronte e lei si gelò desiderando nient’altro ma un bagno caldo per poter lavare via la sporcizia arrecata dalla sua anima.

 

“Le mie scuse, Vostra Grazia, ma non mi sento bene. Devo riposare, la cavalcata oggi deve avermi stancato più di quanto non immaginassi.” 

 

“Ma certo, mia cara. Dovresti riposare e se non ti senti di riprendere il viaggio non ripartiremo domattina resteremo qui per tutto il tempo necessario affinché tu ti senta meglio.” le promise e Joan non seppe come spiegargli che avrebbe preferito tornare al Nord che seguire lui e la sua processione a Sud. Come poteva suo zio, l’uomo che amava come un padre, amare quest’uomo come un fratello?

 

“Ti ringrazio per la tua gentilezza, Vostra Grazia, lo apprezzo molto ma non è niente che una buona notte di riposo non possa curare. Ora, se potete scusarmi..” fece una riverenza voltandosi per andarsene ma il re provò a convincerla che fosse meglio che la accompagnasse alla sua tenda, ma per il suo sollievo Art apparve dal nulla offrendo il proprio braccio e si limitò a fargli notare che aveva chi l’avrebbe scortata fino a destinazione.

 

Strinse fra le mani il farsetto di pelle che indossava Art come se ne andasse della sua stessa vita mentre tentava di trattenere le lacrime. La sua spada giurata posò una mano sopra la sua e la supportò come meglio poteva accompagnandola alla tenda. Non fu certo facile considerato che si sentiva le gambe molli come se dovessero cederle da un momento all’altro.

 

Entrarono nella tenda. Né suo zio né le sue sorelle erano all’interno così Art la condusse al suo giaciglio e la fece sedere prima di versarle una coppa di acqua e offrigliela. Si sentì fremere per tutte le emozioni della giornata; lentamente sciolse la treccia in cui aveva raccolto i capelli lasciando che cadessero lungo le sue spalle lasciando che le mozioni automatiche la rilassassero.

 

Quando si sentì forte abbastanza da parlare si rivolse all’uomo “Hai fatto un giuramento, hai detto.” lui fermò il suo incedere e si portò le mani dietro la schiena fissandola dritta in faccia. 

 

“L’ho detto principessa. L’ho fatto. Ho giurato di proteggerti con la mia vita e di consigliarti al meglio delle mie possibilità — ammise — l’ho promesso davanti ai Nuovi e Vecchi Dèi.”

 

“Bene. Ma suppongo che ci fossero dei giuramenti che dovevo fare anch’io — gli disse — da quello che ricordo dell’istituto delle spade giurate avrei dovuto fare anch’io un giuramento, ma ero troppo piccola per poterlo fare, non avevo neanche la forza di tenere gli occhi aperti più di qualche secondo, quindi comprendo che tu possa esserti sentito in dovere di non essere fiscale nel mantenere il tuo giuramento…”

 

“Non c’è stato un giorno in cui io non abbia tenuto fede al mio giuramento!” protestò rompendo la sua posa aristocratica per gettarsi in ginocchio davanti a dove era seduta; lo fissò a lungo e in silenzio prima di replicare:

 

“Quindi non consideri come una remissione dei tuoi doveri non farmi sapere che mio fratello è prigioniero in questo stesso accampamento alla mercé dell’assassino di nostro padre.” 


“Come lo hai scoperto?” domandò in monotono tirandosi in piedi con un’espressione che rimarcava che la sua frase era stata come un pugno nello stomaco.

 

Sollevò il mento “Un giorno è normale che avrei notato la somiglianza tra i nostri occhi e il suo aspetto evidentemente Targaryen. Mio zio lo sa?” il suo silenzio fu una risposta più che sufficiente.

“Sapevate che era qui, sapevate in che razza di pericolo si trova eppure non lo avete liberato.  — pretese di sapere — è l’unico figlio maschio sopravvissuto del vostro migliore amico o ti sei convenientemente scordato questo particolare?”

 

“Ed è il mio re. — esclamò zittendola con uno sguardo — è il legittimo erede al trono di spade e ha tutte le intenzioni di riprendersi il suo regno e sedersi sul trono dei suoi antenati come avrebbe dovuto fare per tutti questi anni.” 

 

“Ancora più preoccupante. — sbottò — mio fratello intende riprendersi il trono di spade vinto a nostro padre eppure avete continuato a lasciarlo prigioniero invece che liberarlo.”

 

“Non potevamo liberarlo a Grande Inverno. — le spiegò — le persone avrebbero potuto diventare sospettose. Abbiamo già discusso un piano con Sua Grazia. Un piano accurato che assicurerà la sicurezza di tutti coloro che sono coinvolti.”

 

“Perché non lo avete ancora messo in atto? Se non fossi stata presente oggi re Robert l’avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Solo perché è stato scioccamente coraggioso abbastanza da cercare di trattenerlo dal darmi fastidio.”

 

“Dovevamo risolvere delle questioni, principessa, prima di mettere in azione il piano. Il re ha bisogno di una buona copertura per scappare, tuo zio ha dichiarato per lui e sarà pronto quando vorrà riprendersi il trono.”

 

Joan annuì “Avete tutto quanto vi serve, ora? Perché temo che non sopravviverà ancora a lungo se continua a provocarlo quindi dobbiamo agire in fretta e in modo incospicuo.” 

 

Art annuì “Lo metteremo in atto al più presto, principessa. Non possiamo attendere ancora..” ma a quel punto un grido proruppe nella tenda portato dal vento, un grido che avrebbe riconosciuto ovunque. Sansa.

 

Scattò in piedi abbandonando la tenda cercando di capire cosa stesse succedendo. Sansa stava piangendo disperatamente circondata da un gruppo di persone che Joan non conosceva ciò che però notò fu Spettro in posizione di difesa con le sue zampe divaricate mentre ringhiava a chiunque si avvicinasse mentre un uomo con in mano la propria spada circondava lei e chi stava cercando di proteggere.

 

“Spettro! Qui!” Sansa pianse, Joan posò una mano sulla sua spalla e quando i suoi occhi blu scattarono nei suoi Sansa le regalò un sorriso triste ma sollevato vendendola accorrere in soccorso. Al centro del cerchio era Joffrey Baratheon con la sua inutile arma in pugno e sembrava spaventato dal ringhio di Spettro da reduce che era dal suo incontro ravvicinato con Nymeria.

 

Cercò di capire chi stava difendendo quando finalmente lo vide, dopo aver spintonato guardie Lannister, si rese conto che si trattava di suo fratello, di nuovo pestato a sangue con un brutto taglio su un sopracciglio col sangue che intingeva anche i suoi abiti.

 

“Che succede qui? — pretese di sapere rendendo nota la sua presenza — principe Joffrey perché stai minacciando ciò che è mio?” sapeva quanto pericolose fossero le sue parole, ma con Spettro di mezzo nessuno avrebbe pensato che stesse difendendo suo fratello.

 

“Come osi rivolgerti al principe dei sette regni, bastarda.” chiosò il Mastino, la sua offesa come un barile di acqua gelata su di lei, solo capace di infuriarla di più.

“Cosa, Clegane? — sibilò suo fratello da dove si trovava in ginocchio — paura che una donna possa mostrare un’intelligenza superiore a quella del tuo principe babbeo?” 

 

Joan alzò gli occhi al cielo per il suo intervento comunque grata del suo supporto anche se di nuovo oggi gli stava salvando la pelle. 

 

“Tu sta’ zitto, merdoso! — si lagnò il principe — non sei nient’altro che una frode e un falso. Un mentitore.”

 

“Parole dure per un principe grande e potente — fece notare Joan — così grande e così potente che ha deciso di scatenare la sua frustrazione su un uomo inerme e impossibilitato a difendersi. Ma dopotutto non sei riuscito nemmeno a tenere duro con una bambina come mia sorella, non sopravviveresti nemmeno un paio di minuti con lui.”

 

Il principe Joffrey la raggiunse con ampie falcate ma Joan non si mosse di un millimetro. Era il sangue del lupo si ripeté, il sangue del drago e nessun piccolo leone spelacchiato poteva intimidirla. Il rumore dello schiaffo risuonò per l’accampamento mentre tutti i presenti rimasero in attesa col fiato sospeso senza sapere cosa stesse per accadere.

 

Fissò i suoi occhi su di lui, ignorando il bruciore alla sua guancia, fissandolo in maniera così affettata da farlo barcollare un paio di passi indietro mentre lei lo avvicinava, nulla nemmeno la mano di Sansa riuscirono a fermarla, sentì Spettro al suo fianco in attesa solo dell’ordine di sbranare l’infido umano che aveva osato provare a fare del male all’umana di Nymeria ed era riuscito a fare del male a lei. 

 

“L’hai fatta grossa, adesso!” la voce di suo fratello sembrò rompere l’incantesimo mentre si lanciava contro il principe solo per essere trattenuto dalla corda avvolta attorno al collo che era così stretta da farlo diventare paonazzo e a Joan parve quasi di vedere chiaro come se fosse avvenuto in quel momento un altro uomo, altrettanto giovane, strangolarsi nel vano tentativo di salvare un proprio familiare. 

 

Senza dire niente aggirò il principe Joffrey e si accovacciò accanto al fratello “Datemi un coltello!” ordinò guardando il suo viso farsi sempre più bluastro a causa della stretta del nodo. Quando nessuno obbedì lo ripeté con maggior forza, un attimo dopo Art si accovacciò al suo fianco scuotendo debolmente la testa, ma tagliando il nodo che rischiava di soffocare Egg.

 

“Guardate! Che tenerezza. La bastarda e la femminuccia. — esclamò ridendo — è proprio vero gli Dèi prima li fanno poi li accoppiano” Joan si tirò in piedi pronta ad attaccarlo mentre si sbellicava dalle risate quando la sua risata morì, Art la afferrò per un braccio guidandola in modo che gli stesse dietro mentre l’uomo fissava Joffrey con una mano sull’elsa della spada con aria minacciosa. 

 

"Cosa sta succedendo qui?" La voce imponente del re  fece immediatamente disperdere la folla stretta a cerchio intorno a loro, suo zio era al suo fianco con Arya e osservò come Sansa si lanciò tra le sue braccia pronte ad accoglierla.

 

Il re fissò i suoi occhi sul figlio pretendendo di sapere cosa fosse successo e il ragazzo prese a bofonchiare così il re gli urlò di parlare come si confaceva ad un principe.

 

“La bastarda ha osato contrariarmi, padre. — il ragazzo esclamò — Mi stavo solo occupando di assicurare la giustizia del re, la tua giustizia, che lei e la sua bestia sono intervenute e nessuno di noi è al sicuro finché quelle bestie respirano.”

 

Gli occhi di suo zio, come quelli del re, scattorono su di lei, e l’uomo notò immediatamente l’arrossamento del suo zigomo, pronto a diventare un gran brutto livido, in pochi passi le fu affianco prendendo il suo viso fra le mani e ispezionando lo zigomo.

 

“Che è successo, mia signora?” le chiese, in tono più dolce e Joan che doveva giocarsi le sue carte in modo eccellente se non voleva che saltasse tutta l’accurata copertura sul loro piano; lasciò che le lacrime che aveva trattenuto le inumidissero gli occhi.

 

“Lei non è una lady, Padre!” sbottò indignanto Joff mentre lei si lasciò scuotere dai singhiozzi mentre l’uomo ruggì al figlio di tapparsi quella cazzo di bocca!, mentre provava a consolarla dandole piccoli buffetti sul capo.

 

“Parlami, bambina.” la incitò.

 

“Vostra Grazia sa che mi ero ritirata nella mia tenda perché mi sentivo poco bene — disse tra i singhiozzi attendendo che l’uomo annuisse — mi ero appena servita una coppa d’acqua quando ho sentito Sansa piangere disperatamente. Potrò anche essere solo una b-bastarda, Vostra Grazia, e magari corrompo tutto ciò che tocco, ma amo i miei fratelli così sono corsa fuori per vedere cosa fosse stato a spaventarla tanto..” singhiozzò con maggior vigore, ormai le lacrime avevano cominciato a scendere e stava sfogando tutta la tensione di quelle settimane, dalla coda dell’occhio notò che tutti ebbero quantomento la decenza di abbassare il capo e apparire contriti.

 

“Non corrompi nulla, mia signora — le assicurò il re — sono solo chiacchiere fra comari, nient’altro. Non potresti corrompere nulla neanche se lo volessi.” gli regalò un sorriso teso e ricolmo di lacrime e lui le chiese cos’altro avesse visto.

 

“Ho visto Sansa, sola e abbandonata, impaurita in mezzo a persone che non conosceva e che non stavano neanche prestando attenzione alla lady di cui avrebbero dovuto avere cura. — gli disse singhiozzando meno violentemente come a indicare che il suo tocco sul suo capo la stesse effettivamente consolando — piangeva disperatamente, Vostra Grazia! E ho visto il p-principe Joffrey con la sua arma puntata contro il mio cucciolo, la mia Spettro.”

 

Il re si guardò dietro la sua spalla mentre suo figlio proclamava appassionatamente “Quella bestia è selvaggia e stava difendendo il nostro prigioniero, io stavo solo portando a termine i miei doveri come principe del reame..”

 

“Spettro stava difendendo Sansa!Vostra Grazia i metalupi avvertono le nostre emozioni, Spettro ha avvertito la preoccupazione e la paura di Sansa e desiderava solo mettere fermare la dimostrazione di meschinità che la stava spaventando tanto.” replicò singhiozzando “Mi dispiace, Vostra Grazia, ma non ritengo che sia giustizia picchiare un uomo legato e incapace di difendersi solo perché possiamo. Non è il modo in cui sono stata educata, Vostra Grazia. Io… io non ci ho visto più, Maestà, mia sorella era spaventata come se i demoni infernali le fossero alle costole, il mio metalupo sotto minaccia e sono scattata.., mi dispiace Vostra Grazia, ma io sono sangue di lupo e difendo i miei.” 

 

Se qualcuno notò come il suo sguardo passò, per un momento, su suo fratello ancora coricato a terra che cercava di riprendere fiato, non lo diede a vedere.

 

Re Robert annuì prendendo le sue mani nelle proprie baciandole come se fosse il più galante dei cavalieri “Grazie, mia signora, per la tua ferocia e protettività del tuo sangue. Ci insegni che non importa l’autorità di chi impartisca l’ordine non dobbiamo perdere di vista ciò che è giusto e il nostro onore.” si complimentò.

 

“E hai ragione. — aggiunse — picchiare un uomo indifeso non è giustizia. Mi assicurerò che le sue ferite siano curate.” le promise rivolgendosi poi agli spettatori “Dovreste vergognarvi ché nessuno di voi ha fatto niente. Tu più di tutti, figlio, perché con il tuo comportamento increscioso non hai solo malfamato il tuo nome, ma anche il mio.” 

 

Poi le offrì la sua mano da prendere e Joan non poté non accettare “Solo questa lady, una bastarda come la chiamate, ha mostrato onore e coraggio nel difendere il figlio dell’uomo che ha portato solo tragedia e catastrofe sulla sua famiglia. D’ora in poi cesserete di riferirvi a lei come bastarda e la chiamerete mia signora lady Snow e tutti voi prenderete esempio dalla sua generosità e dal suo coraggio. Ora andateve e tornate ai vostri doveri.”

 

Tutti obbedirono e Joan poté solo in quel momento osservare suo fratello nuovamente che la fissava con uno sguardo ricolmo di ammirazione e stupore, la sua espressione la fece quasi arrossire e la sua attenzione era completamente su di lui che non notò suo zio abbassare il capo “Tu ci onori, Maestà.” mormorò con voce tersa dall’emozione.

 

“Tua figlia onora se stessa e la sua Casa, Ned. Dovresti andarne fiero. — si voltò verso suo figlio — tu ti scuserai con lady Snow per il tuo comportamento sconveniente e inaccettabile e non ti riferirai più a lei come bastarda. Sceglierai per lei un apposito presente di scuse e lo pagherai dalla tua rendita. Poi riporterai a tuo nonno e sarai suoi scudiero. Non ti sarà concesso di tornare finché non sentirò da Tywin nulla ma complimenti nei tuoi confronti. Sono stato chiaro?”

 

Il principe aveva un aspetto omicida ma non osò provocare il padre “Molto bene — annuì il re— ora va da tua madre e dille ciò che hai fatto, che si occupi della tua educazione.” suo figlio se ne andò lanciando un’ultima occhiata ricolma d’odio verso di loro.

 

Il re sospirò “Alle volte quel ragazzo mi preoccupa. — disse, rivolgendosi chiaramente a suo zio — ha un che di crudele che io non ho mai avuto, Ned… e non posso più nasconderlo con giustificazioni di eccessivo zelo. Come hai fatto a crescere i tuoi figli in modo tanto onorevole?”

 

“Hai fatto bene, Maestà — lo rassicurò suo zio — trarrà enorme giovamento dalla lontananza dalla madre perché è lì la fonte di tutti i problemi, sua Grazia vizia troppo i suoi figli, come tutte le madri, ma un principe deve imparare a distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e non lo farà se viene premiato per ogni errore che commette.”

 

Il re annuì per poi esclamare “Sette inferi, Ned!, dove si è nascosto quella tua guardia che è sempre con le tue figlie? Ho visto che stava difendendo lady Snow da mio figlio, intendevo renderlo cavaliere.”

 

La nozione la fece quasi tossire, ser Arthur Dayne, Spada dell’Alba, reso cavaliere dall’uomo che aveva brutalmente assassinato in battaglia il suo migliore amico e che costituiva la minaccia maggiore alla sopravvivenza del suo re e della sua principessa? Oh, quella sì che sarebbe stata una vista comica. 

 

“Temo, Maestà, che la mia guardia giurata Snow non ami particolarmente la folla. È intervenuto per proteggere le ragazze come suo dovere, ma si sarà allontanato non appena ha visto che tutto era sotto controllo. Non desidera altro ma proteggere le mie figlie, è fedele a loro anche perché fu Joan a trovarlo, mezzo morto assiderato fuori dai cancelli di Grande Inverno anni fa, per quanto piccola ha trascinato il suo corpo fuori dalla neve e ha preteso che lo curassi. Gli ha salvato la vita e lui dice che desidera solo ripagare quel debito.”

 

Joan rimase sconcertata dalla bugia di suo zio, un incapace mentitore che per averla pronunciata con tanta convinzione doveva averla provata molte volte sapendo che prima o poi avrebbe dovuto giustificare la presenza dell’uomo o la sua timidezza. Sansa ancora piangeva, mentre Arya la stava fissando intensamente come se avesse annusato la bugia di suo padre da un miglio di distanza.

 

“Allora assicurati che riceva i miei ringraziamenti.  — disse il re— ora devo trovare qualcuno che sia disposto a curare le ferite del prigioniero.”

 

“Se Vostra Grazia lo permette — si intromise Joan — ho qualche esperienza nel trattamento di certe ferite, aiuto Maestro Luwin in infermeria e sono piuttosto imbranata e illividisco facilmente. Ho la mia scorta di unguento e Maestro Luwin mi ha insegnato tutto quanto c’è da sapere perché potessi in caso di bisogno curare i miei fratelli. Potrei badare alle sue ferite in pochi minuti, non amo l’idea ma sono disposta a farlo.”

 

Sapeva di stare giocando col fuoco, ma doveva parlare con suo fratello, in un modo o nell’altro; dovevano trovare un modo per farlo fuggire e in fretta anche.

 

“Più parli, mia signora, più sei rimarchevole e degna d’onore. La tua generosità non conosce davvero limiti ma devo insistere che voi abbiate la vostra bestia con voi e la tua guardia con te in caso di necessità.”

 

“Non sognerei nemmeno di andare da sola, Maestà. Me ne occuperò immediatamente, se non vi dispiace.” disse congedandosi mentre il re invitava lei e tutta la sua famiglia a cenare nella sua tende con la famiglia reale.

 
Eccoci a fine capitolo. Spero vi sia piaciuto e che vi abbia convinto. Il prossimo sarà di nuovo dal punto di vista di Dany che è la prima Khaleesi regnante della storia. Come sempre ringrazio chi ha letto questa storia e la sta seguendo, chi la recensisce (i vostri commenti sono sempre ben accetti e meravigliosi) e chi continuerà (spero) a seguirla! Come sempre se vi va fatemi sapere che ne pensate. Spero di sentirvi presto, alla prossima settimana. Giuls—

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Capitolo 12
*** Daenerys II ***


Ciao a tutti!, allora penso proprio che i mercoledì abbiano tutte le intenzioni di essere i giorni più difficili della settimana perché una volta ancora sono costretta ad anticipare il capitolo. Comunque, a questo punto non so, mi conviene postare direttamente di martedì >.<
ad ogni modo volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto, messo fra le seguite, preferite o ricordate e commentato questa storia! 
eccoci con il nuovo capitolo dal punto di vista di Daenerys.

 




Dany II

Sorrise per la prima volta dopo giorni interi, quella mattina. Erano passate due settimane da quando era sopravvissuta al fuoco. Nessuno dei cavalieri di sangue del suo defunto marito avevano provato a sfidarla. Avevano solo proclamato che era sangue del loro sangue

 

Siccome i Dothraki seguivano la forza quando un Khal veniva battuto chi lo aveva vinto diventava il successivo Khal a meno che qualcunaltro dei cavalieri di sangue decideva di sfidarlo.

 

Ma nessuno dei cavalieri di sangue aveva osato sfidare la Non Bruciata, così era diventata il nuovo Khal, la prima Khaleesi regnante della storia dei Dothraki, la Khaleesi del Grande Khaleesar. Era qualcosa di straordinario, le aveva spiegato ser Jorah, poiché mai prima i Dothraki avevano accettato come loro capo una donna. Rispettavano e seguivano la forza e lei aveva dimostrato molta forza sopravvivendo al fuoco che aveva appiccato alla tenda e avendo riportato al mondo i draghi da tre uova di pietra.

 

Aveva deciso di chiamarli in onore dei tre uomini perduti della sua vita. Quello giallo e crema, che Viserys le aveva mostrato poco prima di morire, sarebbe stato Viserion per il fratello che era stato crudele e spietato, ma che aveva salvato la sua vita più volte di quanto potesse ricordarne; quello verde sarebbe stato Rhaegal per il suo splendido fratello, mai conosciuto, il famoso principe dei draghi che avrebbe dovuto sedere sul trono di spade ma era stato brutalmente ucciso dall’Usurpatore; l’ultimo, quello nero e rosso chiamò Drogon onorando il suo defunto marito, Drogo.

 

Drogon era quello a cui si sentiva più legata, era lui che aveva scalato la sua schiena appena nato subito dopo che il fuoco si era estinto e lei vi era sopravvissuta intoccata. Li amava tutti e tre i suoi draghi, tutti e tre i suoi figli ma con Drogon sentiva un legame molto più forte.

 

Irri e le altre ancelle le avevano intrecciato i capelli indietro con alcune campanelle, perché a discapito del fatto che non avesse ancora vinto delle vere e proprie vittorie, il fatto stesso che fosse una Khaleesi a capo di un intero Khaleesar si poteva considerare come il fatto che avesse battuto il Khal precedente come una vittoria. Indossava una sottoveste pallida mentre osservava il completo che avevano scelto per lei quel giorno. Era azzurro chiaro, il colore del Khaleesar di Drogo; le avevano chiesto se desiderava cambiare il colore adesso che era la Khaleesi e aveva pensato di scegliere i colori della sua famiglia, nero e rosso, come Drogon. Ma decise di mantenere il bianco e il blu precedenti e di aggiungere se dal caso anche il nero e il rosso.

 

La tenda sventolò indicando l’entrata di qualcuno. Le sue ancelle si voltarono allertate, ma lei aveva riconosciuto la cadenza dei passi. Si voltò con un sorriso sulle labbra “Jorah l’Andalo!, benvenuto. — lo salutò — a cosa devo il piacere di questa visita così mattiniera?”

 

I draghi cominciarono ad agitarsi dall’eccitazione, adoravano Jorah il che le faceva pensare che lui le fosse fedele e leale.

 

Sorrise ai propri figli, poi congedò con un gesto le ancelle e fece cenno a Jorah di avvicinarsi. Il cavaliere si mosse con passi lenti, ma sicuri mentre le si avvicinava e lei liberava i suoi figli dalla loro gabbia di legno, si librarono in volo e solo Drogon si appollaiò sul tavolo a cui era seduta, accoccolando la sua testolina calda sul suo braccio posato sulla superficie lignea.

 

Il cavaliere abbassò lo sguardo e questo le fece corrugare la fronte “Cosa ti turba, amico mio? — domandò — sembri piuttosto preoccupata.”

 

L’uomo cadde in ginocchio ai suoi piedi, la testa abbassata in una dimostrazione di contrizione sincera, “Non merito il tuo perdono, Khaleesi. — mormorò — eppure sono qui a chiederlo comunque.”

 

Quasi sorrise, toccata da quanto onorevole si stesse dimostrando “Sono certa che qualunque cosa tu abbia fatto per chiedere il mio perdono non sia così grave come pensi. Ti prego, parla, e mi assicurerò che tu sia perdonato.”

 

Lui scosse la testa “Ho fatto qualcosa di terribile, Khaleesi. Quando sono giunto a porgerti i tuoi omaggi al tuo matrimonio, quello di farti i miei auguri non era la mia vera intenzione come ti ho fatto credere.”

 

Daenerys sentì il cuore in gola mancare un battito “Guardami negli occhi, ser. ” e lui obbedì e vide che i suoi occhi chiari erano pieni di lacrime che minacciavano di scendere lungo le sue guance scarne.

 

“Non ho mentito, Khaleesi. Sono stato esiliato come ti ho detto, ma Robert Baratheon mi ha offerto il suo perdono reale se avessi spiato per lui gli ultimi Targaryen. — a questo si irrigidì e i suoi draghi piansero riempiendo l’aria delle loro grida, estremamente in sintonia con i sentimenti della loro madre — e l’ho fatto, gli Dèi mi perdonino, ma l’ho fatto. Gli dissi che eri stata sposata ad un signore dei cavalli, un Dothraki, un signore della guerra e che Viserys intendeva invadere e riconquistare il Continente occidentale con l’armata di suo cognato Khal Drogo.”

 

Scattò in piedi, mettendo improvvisamente quanta più distanza fra le e quella serpe velenosa di una spia traditrice “Glielo hai riferito cosicché potesse ucciderci?” quasi si sentì strozzare dalle sue stesse parole, sentendosi incredibilmente impotente.

 

“Non ti conoscevo, Khaleesi — provò a giustificarsi — e avevo già visto che tipo di re Viserys sarebbe stato. So che era tuo fratello e che lo amavi, ma sarebbe stato un re terribile. ”

 

trovò di non avere la forza di opporsi alla sua considerazione; Viserys era stato crudele e con buona ragione anche, considerando che era folle, ma era il suo sangue e lo amava profondamente.

 

“E te… te re Robert non avrebbe nemmeno potuto toccare, nemmeno se l’avesse desiderato con tutte le sue forze, sei sotto la protezione del tuo Khaleesar. Non lo avvertii come un tradimento all’inizio…” le disse, con lacrime amare che discendevano lungo le sue guance aggrappandosi alla sua ispida barba mentre la guardava con quella che pareva la peggiore sofferenza negli occhi cerulei.

 

“Ma dopo poco tempo con te, Khaleesi… Ho cominciato a vedere che tipo di monarca tu saresti stata e mi sono detto che eri il tipo di regina che avrei seguito sino alla fine del mondo e ritorno per aiutarti a vincere quel trono insaguinato.” le disse e Daenerys non poté avvertire menzogna nella sua voce “Quindi ho dato agli uccelletti di Varys delle finte notizie circa dove ti trovavi in modo che fossi al sicuro.”

 

“Quindi mi hai mentito — disse — e cosa desideri ottenere adesso, confessando i tuoi crimini?Hai tradito la mia fiducia. Hai venduto mie informazioni all’Usurpatore all’uomo che ha ucciso mio fratello e per cosa? Per un perdono che non avrebbe avuto alcun cazzo di significato per coloro che ami?” domandò, con gli occhi che pizzicavano dalle lacrime mentre guardava quello che considerava il suo più fidato amico e confidente mostrarsi per quello che era davanti ai suoi occhi.

 

“Non mi interessa la mia via, Khaleesi, se non è vissuta al tuo fianco proteggendoti da ogni male. — lo osservò notando la pura e intonsa ammirazione e lealtà nel suo sguardo, notò come anche Drogon lo stesse osservando per nulla spaventato con la testolina inclinata di lato, come se non fosse un pericolo — Ho confessato i miei crimini per ottenere il tuo perdono e lo giuro, Khaleesi, uccidimi o lascia che ti serva. E ti servirò, come nessun uomo ha mai servito la sua regina e ti servirò finché gli Dèi non mi strapperanno l’ultimo respiro.” promise e lei poteva avvertire quando serio fosse.

 

Lo raggiunse, si inginocchiò di fronte a lui nella sabbia rovente e raccolse il suo viso fra le mani tastando la ruvidità della sua barba. Puntò i suoi occhi d’ametista dritto nei suoi.

 

“Non mi tradirai mai più — disse con forza — o, senz’altro, io e i miei draghi ci prenderemo la nostra giustizia per il tuo tradimento.”

 

“Non ti tradirò di nuovo, Khaleesi, preferirei piuttosto essere bruciato vivo.” giurò e lei annuì lasciandolo andare e tirandosi in piedi.

 

“Molto bene, Jorah l’Andalo, hai il mio perdono. E ti riterrò legato al tuo giuramento sino al giorno della tua morte o al giorno che ti libererò io stessa.” promise.

 

L’uomo annuì, poi estrasse la sua spada e la posò sul terreno ai suoi piedi “Khaleesi ti offro i miei servigi. Proteggerò la tua schiena e sarò al tuo fianco per consigliarti e darò la mia vita per la tua se necessario. Lo giuro davanti ai Nuovi e Vecchi Dèi.” giurò. Aveva già sentito quel tipo di giuramento, Viserys aveva provato a istruirla al meglio; le aveva sempre ripetuto che era una principessa e che un giorno moltissimi cavalieri avrebbero offerto i loro servigi per combattere per il suo onore.

 

Le aveva insegnato le parole da usare per accettare “E io giuro che avrai sempre un posto nella mia casa e pane e carne alla mia mensa, e giuro di chiederti alcun servigio che possa arrecare onta al tuo onore. Questo giuro, davanti ai Nuovi e Vecchi Dèi. Alzati ser Jorah, spada giurata di Daenerys Nata dalla Tempesta di Casa Targaryen,  Madre dei Draghi e Khaleesi del Grande Khaleesar.”

 

L’uomo obbedì e ripose la spada nella sua guaina “Sei generosa, mia Khaleesi. Mi assicurerò che nessun male possa mai toccarti, hai la mia spada, ora e sempre.”

 

“Ora e sempre” gli fece eco annuendo “Puoi andare ser Jorah — lo congedò — devo prepararmi per la giornata.” il cavaliere annuì e obbedì all’ordine.

 

“Oh e ser Jorah — lo richiamò, si voltò in attesa — cosa ti ha fatto cambiare idea? È stato forse il fatto che fossi una bambina indifesa nelle mani di uomini tanto più forti di lei? Desideravi avere qualcuno da proteggere così ardentemente?”

 

“Dubito che alcuno ti avrebbe mai definita indifesa, Khaleesi.” le disse con un sorriso "No, è stato il tuo cuore. Non hai definito quanto avevo fatto come cosa di poco conto come tuo fratello, ma non mi hai negato la possibilità di rimediare ai miei errori e mi hai promesso, con tutta la tua innocenza, di essere la mia famiglia nel caso la mia non mi accettasse indietro. Ho visto in che modo combatti per la tua famiglia, Khaleesi, e ho capito in quel momento che sarei stato onorato di una cosa simile e avrei combattuto per sempre per meritarmi questo onore.”

 

Sorrise, prima di replicare “Grazie, ser. Puoi andare.” lo congedò, così ser Jorah si voltò e abbandonò la tenda, ma non rimase sola a lungo perché immediatamente dopo le sue ancelle rientrarono.

 

“Cosa voleva Jorah l’Andalo, Khaleesi?” domandò Irri mentre finiva di intrecciare i suoi capelli mentre le altre la aiutavano a vestirsi. Daenerys sorrise, un sorriso genuino, mentre i draghi gridarono di gioia, sorvolandola all’interno della tenda con allegria.

 

“Aveva delle cose da confessare — le rispose sottovoce — ha cercato il mio perdono e l’ha ottenuto diventando il mio protettore.”

 

“Ma è già consigliere della Khaleesi non può anche esserne il protettore — protestò Irri — solo un Khal è protettore della Khaleesi.”

 

Puntò i suoi occhi indigo sulla sua ancella “Non c’è Khal in questo Khaleesar, Irri, o lo hai scordato?” sibilò mentre l’ancella abbassava lo sguardo “E sono anche una principessa dei Sette regni, una principessa e una Khaleesi se lo desiderano possono avere un protettore. Sono stata chiara?” pretese di sapere, parlando in Dothraki; Drogon al suo fianco lanciò un grido come per rinforzare la sua pretesa.

 

Tutte le sue ancelle annuirono ritornano alle loro occupazioni e i pensieri di Daenerys corsero nuovamente alla sua vecchia casa, l’unico posto che fosse mai stato casa, il grande edificio con la porta rossa e l’albero di limoni fuori dalla sua finestra e si rese conto che, nonostante il sentimentalismo che la legava a quel luogo, si ritrovò a preferire trovare una nuova casa magari di fianco a suo nipote. Il pensiero di suo nipote, presto re, la fece sorridere smagliante mentre considerava che tipo di casa avrebbe potuto trovare al suo fianco, al fianco di un parente che pensava perduto prima ancora di averlo conosciuto.

 

Se dovevano riprendersi i Sette regni e il trono di spade avevano bisogno di un’armata, aveva i Dothraki, ma convincerli a salpare attraverso il Mare Stretto sarebbe stato di per sé una gesta degna di gloria visto che credevano l’acqua di mare velenosa, ma forse per lei e per i suoi draghi avrebbero compiuto quel viaggio. Certamente lui aveva Dorne che lo appoggiava e con tre draghi a disposizione non aveva importanza quanto piccole fossero le loro forze avrebbero fatto inginocchiare Westeros di nuovo, così come avevano fatto i Conquistatori, Aegon e le sue sorelle.

 

Osservò i suoi figli e notò che stranamente Drogon sembrava solitario da un lato mentre gli altri due giocavano spesso insieme, si inseguivano e si davano battaglia nell’aria per scherzo e aveva spesso notato come quello color crema, Viserion, spesso strusciava la sua piccola testa dolcemente sotto quella del drago verde, come se si stessero accarezzando con grande affetto.

 

 


 

“Dunque, Khaleesi, quando hai intenzione di riunirci a nostro nipote?” il principe Oberyn domandò quella sera a cena, Daenerys l’aveva invitato assieme a ser Jorah per un unico scopo.

 

“Il prima possibile, principe Oberyn te l’assicuro. — gli disse sorridendo — ma devi capire che la mia gente deve essere il mio primo pensiero. E se devono attraversare il Mare Stretto con noi dobbiamo assicurarci di avere maggiori forze al nostro fianco.”

 

I draghi, che stavano mangiando della carne cruda, gridarono facendo saltare entrambi gli uomini con le mani alle spade. Sorrise, silenziosamente compiaciuta del modo in cui le persone già rispondevano ai suoi figli, pieni di meraviglia e terrorizzati, come avrebbero dovuto.

 

“Se ti piace, Khaleesi, elabora?” l’uomo con i baffi le chiese ancora, rilassandosi quando lei diede un buffetto a Rhaegal che si era avvicinato alla sua mano.

 

“Da quello che ho compreso mio nipote è ancora sotto copertura, no? — non attese la sua risposta — questo mi fa pensare che non disponga ancora di abbastanza potere per riconquistare il Continente Occidentale. Sì, potrà anche avere Dorne con sé, magari un pugno di altre casate fedeli dal Continente, ma niente di più, sbaglio?”

 

Il silenzio dell’uomo fu una risposta più che sufficiente, così si voltò verso i draghi e ordinò con un sorriso “Sovates.” ricambiarono il suo comando con sguardi intelligenti prima di spiccare il volo nella piccola tenda.

 

“Ora. — considerò, riportando la sua attenzione al suo ospite — abbiamo tre draghi a nostra disposizione, ma sono ancora piccoli per niente in grado di riconquistare il continente da soli. Ma, nel frattempo potremmo assemblare altre forze, forze fedeli più di quelle dei lord del continente. Non dobbiamo avere tanti uomini quanti l’Usurpatore, ma dobbiamo essere preparati.”

 

Si voltò verso la sua Spada giurata “Dimmi, ser Jorah, dove possiamo trovare tale forza?”

 

Il cavaliere chiuse e riaprì le mani più volte prima di rispondere “Ho sentito che i Padroni di Astapor addestrano una delle armate meglio addestrate e più fedeli di tutto Essos. Gli Immacolati. Vengono sottratti al seno delle madri da bambini per essere addestrati a seguire il loro padrone fino alla morte e non lo tradirebbero mai.”

 

“Intrigante. — constatò con un sorriso — Penso che dovremmo andare ad Astapor per prendere gli Immacolati.”

 

“Khaleesi, c’è una cosa però — il cavaliere le disse — gli Immacolati sono schiavi è per questo che non tradirebbero mai il loro padrone.”

 

“Il mondo non è un luogo gentile, ser. — replicò — Può non piacermi il fatto che siano schiavi, ma saranno trattati con rispetto e gentilezza e per questo ci seguiranno.”

 

Ser Jorah annuì ritornando a consumare la sua cena e lei si voltò nuovamente verso il cognato con un sorriso sul viso “Cosa ne pensi, principe Oberyn?”

 

“Penso che le mie figlie ti apprezzerebbero molto, Khaleesi. Rispettano la forza quando la vedono, così come l’intelligenza — le disse con un sorriso — se tu fossi stata un uomo avresti conquistato il mondo.”

 

“Non sono un uomo, principe Oberyn. Ma non ho bisogno di essere un uomo per riconquistare ciò che è nostro. — gli disse — sono una donna e sarà più che sufficiente. Ora, se siamo tutti d’accordo, credo che dovremmo partire per Astapor alle prime luci della mattina. Principe Oberyn mi darebbe piacere se volessi  cavalcare con noi se non hai fretta di tornare a Lancia del Sole, potrei avere bisogno di te ancora.”


“Certo Khaleesi, sarà per me un onore cavalcare con te.”

Eccoci a fine capitolo, non preoccupatevi uno dei molti titoli di Daenerys sarà ancora Mhysa, ma la voglio costruire più ponderata nelle sue scelte e nella scelta delle sue parole, facendola danzare più vicina al limite fin dall'inizio, ma Daenerys rimane comunque Mhysa, perché è ciò che nel più profondo lei resta, secondo me :) Come sempre fatemi sapere che ne pensate, spero di sentirvi presto! Fino alla settimana prox, un bacio Giuls—

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Capitolo 13
*** Egg III ***


Ciao a tutti come state?, Volvo ringraziare chiunque abbia letto, messo tra le preferite ecc., o commentato questa storia anche se speravo foste un po' più loquaci.., anche se le poche recensioni sono comunque uno stimolo a continuare a postare questa storia, spero quindi che, se ne abbiate voglia, abbiate il tempo di lasciare anche solo un commentino ino-ino, non sapete quanto illuminano le mie giornate.

Egg III

Sua sorella arrivò che ormai si era fatta sera con al fianco la sua bestia bianca, che forse era il caso che cominciasse a chiamare col suo nome visto che l’aveva difeso da una brutta batosta; all’altro fianco ser Arthur. Lei si fermò lontana abbastanza da lui e ordinò a ser Arthur di fare la guardia cosicché chiunque volesse provare a origliare avrebbe saputo che non era possibile.

 

Si avvicinò e si sedette di fronte a lui, posò la tinozza d’acqua a terra al suo fianco e lo schiaffeggiò sulla guancia non illividita. «Ohi!» esclamò sorpreso. Lei lo ignorò arrotolandosi le maniche dell’abito sino al gomito.

 

«Sei un tale idiota! - mormorò in un sussurro - un idiota che provoca sempre chi ha la sua vita tra le mani e facendomi preoccupare. Odioso piccolo ... argh! »La sua frustrazione lo fece sorridere perché significava che le importava di lui tanto quanto a lui di lei. 

 

«E adesso sorridi. A volte ti giuro che vorrei strozzarti. Sei così stupido.» Gli disse mentre le lacrime le si accumulavano negli occhi

 

Lui sorrise. «E anche io ti amo, sorella.» Mormorò e gli occhi di lei si abbassarono, prima che lei espirasse. 

 

«Quindi lo sapevi. Te l'hanno detto prima che lo dicessero a me. »Mormorò affranta mentre ispezionava la sua guancia contusa. Sembrava piuttosto triste. 

 

«A essere onesti non ho avuto bisogno che me lo dicessero, proprio come non ne hai avuto bisogno tu. - le disse - Sapevo che eri mia» vide il suo brivido e ne fu molto orgoglioso mentre lei strofinava un po' dell'unguento sui suoi lividi facendolo trasalire.

 

«Mi dispiace. Non avremmo dovuto lasciare che ciò accadesse. - gli disse - avremmo dovuto liberarti prima che accadesse qualcosa di simile. Mi dispiace non averlo saputo prima, lo so ora e giuro che troverò un modo per farti fuggire. Te lo prometto.»

 

Tirò su col naso e solo allora si rese conto che lei stava piangendo. Le asciugò le lacrime con il pollice non desiderando altro che tenerla stretta. «Kirimvose, Hāedar - le disse in alto Valyriano - la mia kirimves» lei fece una smorfia adorabile evidentemente non fluente nella loro madrelingua. 

 

«Che cosa significa?» Chiese mentre bagnava un panno e lo usava per ripulire il sangue dallo squarcio che aveva sulla fronte. «So che è alto valyriano, non so cosa significhi però.» 

 

«È alto valyriano, la lingua dei nostri antenati. - confermò - Te lo insegnerò. Allora saprai cosa ti ho detto oggi. Ricordati sempre che sei la mia kirimves personale.»

 

«Sei un antipatico, volevo saperlo.» Scherzò mentre ispezionava la ferita «Non è troppo profondo, non avrai bisogno di punti per fortuna.» Gli disse con un sorriso teso e Egg non poté trattenersi dall'assicurare una ciocca dei suoi capelli color ebano dietro l'orecchio mentre lavorava silenziosamente per curare le sue ferite. Lavorò instancabilmente per pulire la sua ferita e trattarla mentre Arthur teneva la guardia con quella sua possente bestia. 

 

«Suppongo che ringrazierò anche il tuo lupo, Hāedar. Perché mi ha protetto praticamente subito, non appena ha visto che ero stato picchiato a sangue si è messa tra loro e me e ha ringhiato contro quel principe fasullo.»

 

Sua sorella si limitò a scrollare le spalle «Le avevo detto di proteggerti come uno dei nostri a Grande Inverno - ammise - anche se non sapevo quanto fossero vere le mie parole.»

 

L'idea che la sua sorellina, la sua kirimves si era mossa per proteggerlo come uno dei suoi prima di sapere che era davvero suo lo rendeva elettrizzato e felice. Era strano che avesse vissuto gran parte della sua vita in solitudine, a Jon non piaceva che avesse molte persone intorno mentre lo addestrava a diventare il re che suo padre voleva che fosse, aveva avuto un solo vera amica di strada con cui aveva giocato da bambino ed era morta quando la città aveva iniziato a ribellarsi ai loro sovrani e Egg e Jon erano dovuti scappare di nuovo per non essere scoperti; aveva appreso della zia e dello zio proprio dopo che il morbo grigio gli aveva tolto Jon, si era diretto a Lancia del Sole sperando che i suoi zii lo riconoscessero come il figlio di Elia e che potesse finalmente avere una famiglia. E questo era successo, ora aveva una famiglia. 

 

Aveva incontrato la maggior parte dei suoi cugini: le serpi delle sabbia, Trystane e Arianne. Gli era chiaro che suo zio Doran voleva che sposasse una delle sue cugine, ma essendo lui stesso in parte dorniano, non glielo poteva imporre, soprattutto perché era stato scoperto molto presto che nessuna delle sue cugine era in perfetta sintonia con lui e in Dorne credevano fermamente nella scelta di un coniuge perché solo l'amore poteva portare grandezza al mondo sotto forma di figli. Eppure, non aveva mai provato un senso di appartenenza così forte prima della prima volta che l'aveva vista quel giorno a Grande Inverno mentre il re salutava la corte. Era stato chiaro fin dalla prima volta che avevano conversato che non aveva mai sentito un'appartenenza così forte da nessuna parte.

 

«Ecco, tutto fatto. - gli disse mentre lasciava cadere il panno nella ciotola d'acqua che aveva usato per pulire la sua ferita - Resta pronto, potremmo trovare un modo per farti fuggire molto presto.» gli disse. 

 

Annuì chiedendosi perché non avesse mai usato il plurale, non sapeva  forse che sarebbe venuta con lui? 

 

«È ora di andare, principessa. Non è saggio far aspettare la regina.» Le disse Arthur, posandole una mano sulla spalla come per ricordarle il suo dovere. Egg sapeva, ovviamente, che lei avrebbe dovuto sopportare il re e la sua famiglia a cena dal momento che quando l'invito era stato inoltrato lui era stato ancora lì, non gli piaceva che dovesse rimanere nelle grinfie dell'uomo che aveva ucciso loro padre più di quanto non fosse già stata. Lei annuì preparandosi a rimettersi in piedi mentre si spolverava il vestito. 

 

«Visenya.» La richiamò in un sussurro mentre lei si stava allontanando lei si girò, i suoi occhi si spalancarono e si guardò intorno assicurandosi che nessuno avesse sentito quando ne fu sicura si girò di nuovo verso di lui con le sopracciglia arcuate con aria interrogativa.


«Stai benissimo con quel vestito.» le disse. Non l'aveva notato prima, ma lei era rivestita in un grigio plumbeo con perle bianche tutte sparse intorno sul seno e aveva lasciato i suoi capelli sciolti apparendo in tutto come una principessa da sogno. Vide le sue guance tingersi di rosa e sorrise. 


«Grazie a te, Egg.» Non gli era sfuggito che lei non l'aveva mai chiamato fratello come se non avesse del tutto accettato che lui fosse in realtà suo fratello o come se lei non riuscisse a riconciliarsi con quella semplice verità.


Egg non era stupido, aveva avuto ragazze nella sua vita anche se mai abbastanza a lungo per affezionarsi, ma riconosceva i segni. Non stava facendo molto l'affascinante, ma era chiaro dalla sua reazione che forse sua sorella aveva iniziato a pensare a lui in modo diverso da come di solito si pensa di un fratello. Eppure erano Targaryen non erano legati alla normale morale degli uomini comuni, il suo stesso padre era nato dalla relazione incestuosa fra un fratello e una sorella e per lui il fatto che lei fosse sua sorella la rendeva solo più perfetta rispetto alla piccola incantevole creatura su cui aveva messo gli occhi appena era arrivato a Grande Inverno.


Ma sapeva che con il tempo anche lei che non era stata allevata come Targaryen si sarebbe lasciata andare alle emozioni e spiccano il volo e lasciandosi alle spalle le ultime vestigia di usanze che non le appartenevano accettando di diritto la sua posizione come principessa Targaryen di Sala dell'Estate. Lui la guardò andare via, verso la cena con un uomo che aveva il doppio della sua età e non vedeva in lei altro che la sua defunta madre.


Come l'aveva toccata nella radura... Egg si era a malapena contenuto prima di asserire che nessun cervo avrebbe mai toccato la fanciulla che apparteneva a suo fratello. Era sua sorella e nessun uomo poteva toccarla con una tale intimità se non per l'uomo che l'aveva cresciuta come figlia e lui stesso.


Era così perso nei suoi pensieri che non aveva visto l'uomo avvicinarsi a lui. Indossava l'armatura della Guardia Reale e lo guardava con occhi pesanti, austeri, preoccupati.


«Posso aiutarti, ser?» domandò mentre l'uomo si avvicinava ancora di più. Lo guardava in faccia come se avesse trovato risposta ad un quesito che Egg non conosceva.


«Sei veramente tu. -- disse al posto di una risposta -- sei veramente figlio del principe Rhaegar.»


«Lo sono» confermò, non più sul punto di negarlo, poiché tutto il campo lo sapeva ora dopo la dichiarazione usurpatore «Con chi ho il piacere di parlare?» 


«Forse non ti ricordi di me, perché tu eri solo un bambino -- gli disse il vecchio -- ma io avevo spesso il compito di proteggere te e tua sorella la principessa Rhaenys. Sono ser Barristan Selmy.»


«Oh sì, ser Barristan il Valoroso. Jon Connington mi ha raccontato del modo in cui hai combattuto con mio padre coraggiosamente e poi ti sei inginocchiato davanti all'usurpatore.» riportò tristemente.


«Cosa dovevo fare? Ci era stato detto che tu e la principessa Rhaenys eravate morti, che tu fossi morto nella presa di Approdo Re e Rhaegar e Aerys erano entrambi morti. Nessuno sapeva nulla di Viserys e Daenerys dopo che hanno attraversato il Mare Stretto.»


«Beh, io sono vivo -- gli disse invece -- come mia sorella.» 


«Non è possibile, mi sono occupato io stesso del corpo di Rhaenys,  sono stato io quello che si è assicurato che bruciasse come i suoi antenati sulle spiagge di Roccia del Drago.» Gli disse con le sopracciglia aggrottate.


«Non sto parlando di Rhaenys, sto parlando del miala Hāedar. Sapevi, ser Barristan, tu c'eri quando mio padre sposò lady Lyanna Stark come sua seconda moglie. Sapevate che si amavano. Non pensi davvero che mio padre abbia lasciato le sue guardie reali solo per sua moglie. Amava la donna ciò mi è chiaro, ma li ha lasciati lì per proteggere chi credeva essere il suo unico erede il figlio che cresceva nel suo grembo.»


Ser Barristan sembrava stupefatto, così Egg continuò  «Una bambina è nata dalla loro unione, un altro membro legittimo della Casa Targaryen, mia sorella Visenya delle nobili Casate Targaryen  e Stark principessa dei Sette Regni e di Sala dell'Estate.» 


«È al sicuro? -- si affrettò a chiedere -- perché nessuno la conosceva? Varys non ci ha mai parlato di un bambino!»


«Questo perché nemmeno Varys lo sapeva. -- Egg spiegò -- mia sorella è stato accuratamente nascosta al mondo sotto la neve da suo zio. Ned Stark l'ha portata a casa e l'ha cresciuta facendo credere a tutti che aveva disonorato la sua stessa moglie per andare a letto con chissà chi. Ma la ragazza, Joan è il nome che usano per lei ora, è il mio sangue. Mia sorella.»

 

«Cavalca con noi a sud! -- esclamò il cavaliere -- non va bene, ho riconosciuto in lei somiglianze con la regina Rhaella tua nonna, ma avevo creduto si fosse trattato di un gioco di luce, nella corte reale potrebbero anche mangiarla viva. Non è al sicuro.»


«Lo so, per questo quando scapperò lei verrà con me. -- disse al vecchio cavaliere -- Non posso più lasciare che l'usurpatore la tocchi e la guardi come se fosse il suo amore perduto tornato dalla morte  quando lei è la mia kirimves che mi  dannino ai sette inferi prima che io lasci che torcano un solo capello sul suo prezioso capo.»

 

«Questo può essere saggio, mio signore. -- rispose il cavaliere -- come posso servire? Ho servito sotto il falso re Robert Baratheon per metà della mia vita, ma mio Re giuro ora che non seguirò nessuno tranne te nella tua riconquista del tuo posto di diritto sul trono di spade.» disse il cavaliere, inginocchiato davanti a lui.


E Egg sorrise sapendo bene quanto fosse importante avere un consigliere leale e dei difensori votati per avere successo nella sua conquista del trono di spade. Fece un cenno con la testa.

 

«Alzati, ser Barristan della Guardia Reale. -- gli disse solennemente -- Dovrei farti sapere che un altro tuo amico è qui a proteggere mia sorella. Ser Arthur Dayne della Guardia Reale, scudo giurato della principessa Visenya Targaryen è qui sotto il falso nome di Art Snow una guardia del nord.»

 

«Mi era parso che la sua voce suonasse familiare, è l'uomo con l'elmo che segue sempre la principessa.»


«esattamente.» egli «Ora credo che sia saggio che tu vada, amico mio -- gli disse -- perché potresti attirare l'attenzione stando così vicino a me ore prima che io sia destinato a fuggire.»


Ser Barristan annuì «Mi riunirò con Sir Arthur per aiutarti a fuggire sotto copertura.» giurò mentre si girava e se ne andava e Egg annuì ben sapendo che dovevano pianificare a fondo se volevano fare una fuga che gli avrebbe dato abbastanza tempo per trovare il porto più vicino e salpare per Dorne.


Egg poteva già vedere il sogno formarsi nella sua testa. Prima di stasera sembrava un sogno lontano quasi impalpabile, eppure ora era più chiaro del cielo. Egli si vide seduto sul trono di spade, Visenya come la sua regina al suo fianco con la zia Daenerys e zio Viserys seduti al posto d'onore, i draghi ancora una volta seduti nella loro seggio in Approdo dei Re. Visenya sembrava una visione vestita nei colori della loro famiglia, rosso e nero, i suoi lunghi capelli di ebano che brillavano nella luce lasciato sciolti e una corona di rose e draghi sulla sua testa, il suo viso che brillava con allegria e dolcezza. L'avrebbero chiamata Visenya la Serena o qualcosa del genere e sarebbero stati felici. Non stava nella pelle.

 
ecco fatto!, come ho fatto sull'altro sito (ao3) volevo chiedervi, siccome so che Oberyn è un personaggio amato da molti, se vi farebbe piacere che modificassi il punto di vista di quello che sarebbe dovuto essere Daenerys III, il n. 15, facendolo diventare  Oberyn I (che sarebbe cmq stato il 17/18esimo capitolo). 

fatemi sapere cosa ne pensate, spero di sentirvi presto! Alla prossima, un bacio Giuls- ☆

 

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Capitolo 14
*** Joan IV ***


Ciao a tutti! Come avete passato questa settimana? Spero tutto bene. Come al solito vi ringrazio se siete tornati a leggere questa storia, se la seguite, se l'avete recensita o messa nei preferiti. Grazie!! Questa capitolo dovrebbe essere più lunghetto rispetto all'ultimo e avremmo di nuovo qualche momento Aegon/Joan ma vi avverto già che non costituirà il grosso del capitolo, ma da qui in poi, saranno insieme liberamente quindi avremmo più occasioni di esplorare la loro nascente relazione, attrazione e chi ne ha più ne metta. Adesso vi lascio al capitolo e spero di risentirvi per saperne, come sempre, cosa ne pensate! Buona (spero) lettura.

14

Joan IV

Joan era completamente esausta. La cena era stata un affare asfissiante. Quando erano entrati nella tenda reale  aveva immediatamente notato il grande assente. Il principe Joffrey era stato mandato a mangiare con i loro alfieri per non turbare le ragazze Stark.

 

Il re era stato molto galante offrendole il posto d'onore alla sua sinistra, nonostante fosse il posto della regina che continuava a lanciarle sguardi crudeli e Joan era sicura che se la donna fosse riuscita a mettere le mani su un coltello abbastanza affilato avrebbe provato a tagliarle la gola tanto l’astio che lesse nei suoi occhi.

 

Anche suo zio non era stato molto soddisfatto della disposizione dei posti a sedere, ma non poteva di certo contestare  la volontà del Re quando l'uomo l'aveva resa una lady nonostante la sua presunta origini da bastarda quando lei aveva agito con l’unico scopo di proteggere suo fratello che il re non sapeva nemmeno essere tale, fortunatamente perché altrimenti Joan avrebbe affrontato la morte e non semplicemente le sue avances.

 

Avevano cenato in quell’atmosfera imbarazzante e tesa con la Regina che continuava a pugnalarla con lo sguardo mentre  il re si dimostrava più interessato a qualsiasi dei suoi talenti e sogni ignorando il resto dei presenti mentre suo zio faceva del suo meglio per non offendere la famiglia reale che per l'occasione era riunita alla fine del tavolo rettangolare con la principessa Myrcella, che gli Dèi la benedicano, aveva provato a conversare sia con Sansa che con Arya. 

 

Joan aveva lasciato che Spettro vagasse per il campo, abbastanza vicino da intervenire se qualcosa fosse successo. Non le erano mai state fatte tante domande tutte insieme, né era mai stata lodata così tanto. Si sentiva male nel profondo del suo stomaco ogni volta che pensava a come il re aveva spesso posato la sua mano sulla sua come se il suo tocco non fosse disgustoso per lei.

 

Arya e Sansa non riuscivano a smettere di parlare della cena. Sansa era convinta che la regina Cersei fosse la migliore regina mai vista, così umile e gentile e bella mentre Arya pensava che la donna fosse malvagia e tutt'altro che gentile dal momento che aveva voluto la testa di Lady per ripagare per la stoltezza del suo figlio idiota.

 

Si sedette al suo giaciglio e prese il suo pettine, era un regalo che i suoi fratelli le avevano dato per il suo quattordicesimo compleanno e lei lo amava molto, era d'argento e aveva un piccolo lupo grigio inciso su di esso. Iniziò a spazzolarsi i capelli per rilassarsi perché dubitava che si sarebbe mai addormentata dopo la lunga e movimentata giornata. 

 

Quando finalmente si addormentò quella notte, sognava di volare nel cielo con le stelle appena fuori dalla sua portata e non aveva paura di cadere mentre un abbraccio di oro feroce e splendente come un girasole la teneva in aria.

 


 

Joan non aveva dubbi che quel giorno avrebbe dovuto cavalcare con il Re e suo zio. Si erano accampati subito dopo aver attraversato le Torri quel giorno suo fratello avrebbe tentato la fuga. Avrebbe fatto appello alla volontà del re di averla intorno chiedendogli di permetterla di accompagnarla alla caccia con una scusa o con l’altra per tenerlo distratto e contemporanemente non poter essere accusabile di aver aiutato suo fratello nella fuga.

 

 

L'uomo non l'avrebbe rifiutata. Questo lo sapeva e la presenza di suo zio la faceva sentire sicura abbastanza che non sarebbe successo nulla. Sansa e Arya erano, per il dispiacere di quest’ultima, di rimanere con la regina e i principi e la principessa. 

 

Il piano doveva avere successo. Joan stessa aveva acquisito le bacche necessarie per tingere i capelli di suo fratello di nuovo, questa volta un ebano profondo in modo che non potesse essere così riconoscibile. Ser Arthur avrebbe creato una distrazione con l'aiuto di Spettro, che avrebbe creato scompiglio nel campo, nel frattempo ser Barristan, che a Joan era stato detto solo a tarda notte, che aveva giurato fedeltà al fratello, aveva il compito di liberarlo discretamente dalle sue costrizioni.

 

Il piano prevedeva che cavalcasse verso nord, facesse perdere le sue tracce e si dirigesse verso Porto Bianco. 

 

Una volta tornati al campo suo zio fingendo preoccupazione per la sua gente e sua figlia avrebbe chiesto al re se almeno lei e Arya poteva cavalcare a nord per tornare alla loro casa ancestrale accompagnato da un piccolo seguito di guardia fedele alla Casa Stark.  Il re avrebbe potuto protestare e lì sarebbe stato compito di Joan convincere della sua angoscia e preoccupazione il re supplicandolo se necessario di lasciarla tornare a casa.

 

Se tutto fosse andato secondo i piani, Joan e Arya sarebbero andate al Nord il giorno dopo, accompagnate da Sir Arthur e da altri uomini del nord che avevano giurato fedeltà a lei come figlia di Lyanna Stark.

 

Suo zio aveva dovuto operare una grande opera di convincimento per ottenere quel risultato perché nessuno di loro aveva contestato che se lei era figlia di Lyanna Stark questo significava che era anche figlia di Rhaegar Targaryen. Erano arrivati abbastanza presto nella tenda mentre si preparava scortati da Sir Arthur e avevano posato la spada ai suoi piedi giurando fedeltà a lei e ai suoi.

 

Insieme avrebbero raggiunto Porto Bianco e si sarebbero riunite con suo fratello per poi salpare per Dorne insieme. Suo zio l'aveva pregata di portare Arya con lei dicendo che lui e suo fratello avevano già deciso che sarebbe stata cresciuta a Dorne come protetta di Casa Targaryen, lì avrebbe potuto allenarsi come lei tanto voleva.

 

Joan aveva prontamente chiesto di Sansa e suo zio le aveva assicurato che non avrebbe sposato il ragazzo, aveva già presentato le sue preoccupazioni circa la crudeltà ragazzo a Robert e avevano deciso che il fidanzamento poteva aspettare fino a quando il principe non avesse dimostrato di essere degno. Il piano prevedeva che dopo qualche tempo suo zio avrebbe rinunciato alla carica di Cavaliere del re ritornando a Nord dove avrebbe preparato i lord per l’arrivo del loro legittimo re.

 

Si osservò nello specchio e quasi non riuscì a riconoscersi, stava dritta, il suo mento tenuto alto e i suoi capelli intrecciati indietro dal viso con un abbigliamento da equitazione che era probabilmente il più bello che possedeva.

 

Prese un profondo respiro uscì dalla tenda baciando Sansa sulla guancia e sfregando la testa di Arya per poi uscire dalla tenda e raggiungere lì dove il re si stava preparando per la cavalcata e la caccia. Art fu al suo fianco un momento dopo che aveva messo piede fuori dalla sua tenda dicendole che tutto era pronto. Passando davanti al fratello, sentì i suoi occhi seguirla e lo guardò dall'angolo del suo occhio. Sembrava scontento e per niente felice di aver sentito di dover fuggire da solo ora e aspettare che lei si riunisse con lui più tardi.

 

«Mia Signora Snow» ser Barristan la salutò con un leggero inchino quando finalmente  si fece strada verso il re, sorridendo lievemente come se raccontandole una barzelletta di cui solo i due fossero al corrente. Anche lei sorrise piuttosto imbarazza dell’essere trattata con tanta deferenza.

 

Il re si girò immediatamente i suoi occhi accesi di piacere mentre si posavano su di lei «Mia Signora che meravigliosa sorpresa cosa  posso fare per voi in questa bella mattina?»

 

Abbassò lo sguardo, giocando con i nastri del proprio mantello per apparire imbarazzata  «Volevo solo augurare a voi e al mio lord padre una buona e sicura caccia e... non è sfuggito alla mia attenzione che sono stata molto ingrata e sgarbata non ringraziando immediatamente Vostra Grazia per il grande onore che mi è stato conferito rendendomi una signora.»

 

Fece una riverenza e vide l'uomo sorridere genuinamente mentre le prendeva la mano e le baciava le nocche.  

 

«Tu ci onori con la tua presenza, mia signora. Che possiamo essere sempre così fortunati da crogiolarci nella tua luce.» Joan sorrideva nonostante volesse fare qualsiasi cosa pur di sottrarsi a quel tocco, poteva vedere anche suo zio avere un’aria inquietata alla vista di quella scena.

 

«Vi sono molto grata, Vostra Grazia. -- gli disse -- e, se non fosse troppo impertinente da parte via, vorrei chiedervi un’altra cosa...»

 

Il re rise sguaiatamente prima di domandare «Allora, ditemi mia signora, che posso fare per voi?» 

 

«Vedi Maestà, mio padre parlava sempre molto del modo in cui andavi a caccia con un falco al tuo fianco… e mi piacerebbe molto vedere una tale caccia con i miei occhi se potessi.»

 

Poi suo zio intervenne «Joan, cara, non è conveniente…»

 

«All’inferno la convenienza, Ned! - scoppiò il re -- se la signora desidera partecipare a una caccia con un falco, Sette Inferi! , così farà. Vi prego, mia signora, saremo onorati di godere della vostra compagnia oggi a caccia.»

 

«Vostra Grazia è molto gentile.» si inchinò di nuovo e il re si rivolse alla sua guardia reale assegnata quel giorno, ser Jaime Lannister.

 

«Trova alla signora un buon cavallo, ser Jaime. Non abbiamo tutto il giorno o il gioco sarà spaventato via e ce ne torneremo a mani vuote.»

 

Il cavaliere si inchinò profondamente portando una mano sul pomello della sua spada e quando il re si girò la osservò con un'espressione quasi attonita. Non disse nulla, ma Joan sapeva che l'avrebbe osservata da vicino, quindi doveva recitare bene la sua parte, la parte della bastarda che aveva tutte le intenzioni di conquistare l'affetto del Re.

 

«Mia Signora Snow, hai qualche tipo di preferenza per il tuo stile di cavalcata?» chiese osservandola attentamente.

 

Lei sorrise semplicemente al fratello gemello della Regina «Nessuno, ser.  Io cavalco meglio alla maniera del nord. Ma non mi faccio problemi nemmeno a cavalcare nel modo ottuso cui le vostre dame a sud sono solite cavalcare.» il cavaliere annuì e sparì e lei fu, ancora una volta, messa alle strette da ser Barristan che le promise che si sarebbe assicurata che le sue sorelle e suo fratello fossero al sicuro. 

 

Sentì il re blaterale felicemente «Tua figlia è molto affascinante, amico mio, ha già metà dei miei uomini avvolti intorno al suo dito, ti dico. È esattamente come Lyanna.»

 

«Ma lei non è Lyanna. Robert, sicuramente lo capisci.»

 

«Quello che capisco è che gli dei stanno ridendo di me, cazzo. Ho fatto a pezzi il regno per tua sorella, e l'avrei amata, lo sai, fino all'ultimo respiro, eppure ho vinto il regno, ma mi è stata portata via. Poi, quasi vent'anni dopo, sono venuto da te e ho trovato gli stessi identici occhi che mi guardavano, di nuovo. Penso che tua figlia in realtà è la mia Lyanna venire di nuovo. Non ho cattive intenzioni verso di lei, bontà no. Lei è solo una bambina. Mi beo solo della sua presenza.» il re giustificava «Porta la luce dove va, esattamente come faceva Lyanna.»

 

E non per la prima volta, negli ultimi tempi, che sentiva parlare di sua madre, Joan si domandò se lei fosse davvero così.

 

Infine un cavallo le fu offerto e ser Jaime la aiutò a montare a cavallo prima di dirigersi al proprio e partirono e Joan non poté fare nulla ma pregare qualunque divinità in ascolto che proteggessero suo fratello.

 

 


 

La caccia al falco le piacque. Il re amava vantarsi di tutto e aveva più di una volta parlato di sua figlia nella Valle, Mya Stone, beandosi delle lettere che lei gli scrive mettendo il luce il suo carattere focoso.

 

Joan pensò che le sarebbe piaciuto conoscere Mya Stone che le pareva essere una persona con cui fosse facile fare amicizia con la sfrontatezza e la proverbiale sfacciataggine di cui il re pareva andare piuttosto fiero.

 

Mentre mangiavano l’aria cambiò di colpo perché il re asserì «La cagna Targaryen si è sposata.»

 

Joan per poco non sputò il boccone che stava masticando dalla sorpresa nell’udire quelle parole sentendosi improvvisamente nauseata.

 

«Quel merdoso di suo fratello l'ha sposata con un signore della guerra dothraki e vuole attraversare il Mare Stretto con il khaleesar di suo cognato.»

 

La realizzazione che l'uomo stava parlando di sua zia e zio le fece passare improvvisamente l'appetito costringendola piuttosto a giocare con il suo cibo.

 

Suo zio le lanciò uno sguardo di avvertimento «Povera ragazza, so che i Dothraki non sono la compagnia migliore per una ragazza. E non hanno mai attraversato il Mare Stretto pensano che l'acqua di mare come veleno. Viserys Targaryen non attraverserà il Mare Stretto con i Dothraki.» promise.

 

«Non avrò pace, Ned. Giuro, potrò riposare solo quando li avrò uccisi tutti!» L'uomo ruggì, sembrava quasi pazzo dal bisogno di uccidere persone innocenti che non avevano fatto altro che nascere.

 

«Beh, questa non la puoi toccare, vero?» lo sfidò suo zio con aria pericolosa quasi omicida. 

«Non, ma ucciderò il ragazzo, Ned. So che abbiamo parlato del fatto che non è responsabile dei crimini del padre. Ma non riposerò finché non saprò che tutta la stirpe del drago è stata estirpata da questo mondo. Una guerra sta preparando, Ned. Non so dove, non so chi o quando ma sarà guerra.»

 

Joan dovette ingoiare a forza l'ultimo boccone di carne mentre cercava di distrarsi, ma mentre girava gli occhi incontrò lo sguardo di Jaime Lannister che la fissava impassibile e si calmò. L'uomo la fissava di proposito, senza nemmeno dissimulare, come se la stesse studiando, misurando la sua reazione.  Ma qualunque ragazza avrebbe reagito a quel modo a sentir parlare di omicidi.

 

Più tardi nel pomeriggio il re le si avvicinò «Mi scuso, mia signora, se parlare dei Targaryen vi ha sconvolto. So che non ero gentile con loro ma dovete capire, mia signora, che li odio con passione dopo quello che hanno fatto alla vostra famiglia.»

 

«Capisco, Vostra Grazia -- gli disse debolmente -- eppure parlare di omicidio non mi piace. So che ci credi, ma non riesco a vedere le cose in questo modo. Credi che mia zia Lyanna avrebbe voluto questo? Tutto questo sangue speso in suo nome?» si chiedeva ad alta voce guardando avanti.

 

«Penso che tua zia avrebbe voluto giustizia ma non sangue speso inutilmente, ma devi capire se vengono per il mio trono… sono una minaccia per la pace che il regno conosce da diciassette anni. Come protettore del regno non posso permettere che accada.»

 

Lei sospirò: «Suppongo che tu abbia ragione, Maestà. Non sono abituata a questo tipo di pensiero, ma capisco come tu possa essere preoccupato.» compromise. 

 

Il re per cercare di avere il suo sorriso di nuovo le propose di comandare il falco e sorprendentemente il magnifico uccello aveva quasi immediatamente obbedito ogni suo comando per la sua sorpresa anche se aveva sempre avuto una buona mano con il animali. Sorrise ma il sorriso non raggiunse mai i suoi occhi mentre aspettava pazientemente di tornare al campo.

 

A metà pomeriggio arrivò un paggio dall'accampamento tutto scontento e rosso in faccia mentre si inginocchiava al re e riportava la notizia della fuga del prigioniero. Joan dovette sforzarsi di non esalare un sospiro di sollievo mentre gli occhi del Re si indurivano e lui richiamò immediatamente il suo cavallo. Lei e suo zio si affrettarono a seguirlo mentre lanciavano il cavallo in corsa e lei pregò ancora che tenessero suo fratello ancora al sicuro.

 

Il campo era in completo disordine, tutti stavano cercando il prigioniero e Art Snow stava consolando entrambe le sue sorelle mentre piangevano, entrambe terrorizzate dal fatto che la Regina gridasse a destra e a sinistra. 

 

Tutti si calmarono non appena videro il re, saltò giù dal suo cavallo immediatamente lanciandosi sull'erba sporca per abbracciare entrambe le sue sorelle che continuarono a piangere contro il suo abbraccio. Vide Spettro non molto lontano con la sua pelliccia bianca completamente pulita e i suoi occhi rossi che la fissavano con intelligenza. 

 

«Cos'è successo! Come è fuggito il prigioniero?» il re pretesi di sapere da chiunque osasse rispondere.

 

Fu la Regina che parlò per prima. Era seduta a terra con la mano di suo figlio in entrambe le sue mentre richiedeva la testa del prigioniero.

 

«Non so come sia fuggito, mio caro marito. -- gli disse freddamente -- ma so che non avrà la testa sulle spalle ancora per molto. Ha aggredito nostro figlio alle spalle! , il codardo, e lo ha colpito pestato a sangue. Se tu avessi lasciato che nostro figlio adempiesse alla giustizia del Re come lui non avrebbe voluto non sarebbe successo nulla di tutto ciò, invece ti sei trastullato con quella bastarda che ti porti in giro invece di fare il tuo dovere regale!»

 

«Silenzio, donna! -- il re gli spezzò gli occhi a sangue -- non ti riferirai mai più in questo modo alla signora Snow, chiaro?»

 

La Regina si morse il labbro e annuì, ma sembrava a dir poco omicida.Da quello che Joan poteva capire suo fratello era stato liberato e invece di scappare subito aveva perso il tempo per prendere a pugni Joffrey. Non che il principino non se lo meritasse, ma non ne valeva la pena. 

 

Sansa però le sussurrò nell'orecchio «Lo ha fatto per te, il prigioniero. Ha detto a Joffrey che la prossima volta che avrebbe pensato di alzare le mani su una donna sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto.» guardò negli occhi blu di sua sorella e vide qualcosa che avrebbe mai voluto nei suoi occhi.

 

Era rassegnata e cosciente che nessun principe avrebbe dovuto alzare mano su una donna indipendentemente dalla sua stazione sociale. Aveva capito quanto Joffrey potesse essere crudele e malvagio e Joan dubitava che lo chiamasse ancora il suo principe d'oro.

 

Si voltò ancora e guardò mentre il re mandava tutti i suoi uomini a trovare suo fratello in fuga sperando che potesse sopravvivere e non essere trovato; ma anche il Re si preparò per unirsi alla ricerca. 

 

«Padre, per favore -- supplicò -- questo è troppo, dobbiamo tornare a casa.» vide la testa del re scattare nella sua direzione.

 

«Guardaci, Padre. -- rincarò -- tutto quello che abbiamo fatto da quando siamo partiti da Grande Inverno è stato piangere e aver paura. Non avremmo mai dovuto lasciare casa.» soffiò uno sbuffo «Ed ora un prigioniero è fuggito e…  padre voglio solo sentirmi di nuovo al sicuro.»

 

Suo zio le raggiunse a grandi passi avvolgendole nelle sue possenti braccia Arya che continuava a pregare di essere lasciata tornare a casa, Sansa piangente certamente divisa dall’idea di coronare il suo sogno di unirsi ad una corte del sud e quello di tornare a casa.

 

Quando suo zio le lasciò andare e vide la testa del re chinarsi «Mia signora, vorrei che ci fosse qualcosa che potessi fare per farti sentire al sicuro qui con noi, di nuovo.»

 

«Mi scuso Vostra Grazia, ma non credo che il nostro posto sia con te. -guardò la regina -- noi… Io, dovrei tornare a Grande Inverno, Vostra Grazia, la tua corte non è posto per qualcuno come me. E casa… casa è il più sicuro che posso sentire ora.»

 

«Ned…» provò il re.

 

«No, Robert, Vostra Grazia. La pace di mente delle mie figlie è più importante per me che qualunque spilla con cui tu possa onorarmi. -- disse all'uomo -- Nessun lupo vive bene a sud. Io verrò con te perché così ho giurato, Robert, ma le mie figlie... solo disgrazia è capitata alla mia famiglia da quando hai messo piede nel Nord» 

 

Il re chinò il capo incapace di controbattere, così suo zio continuò: «Non sottometterò più le mie figlie a questo. Sansa è ancora la promessa di Joffrey e come tale resterà con me, ma Arya e Joan torneranno a Grande Inverno dove loro fratello Robb si prenderà cura di loro. E la mia decisione è definitiva.»

 

«Capisco Ned, davvero lo capisco. -- si girò e montò di nuovo sul suo cavallo -- Non mi riposerò finché il ragazzo non sarà trovato e portato davanti alla giustizia in modo che le tue figlie possano sentirsi meglio sapendo che non è a piede libero mentre tornano a casa.»

 

Nel momento in cui il re se ne andò sentì la mano di Sansa che stringeva la sua, aveva le lacrime agli occhi mentre Arya sembrava quasi incredula che sarebbero tornati a casa. Non che l'avrebbero fatto, ma Joan aveva fede che sapere che sarebbe salpata per la terra di Nymeria la sua eroina d'infanzia l'avrebbe resa ancora più felice.

 

Osservò Art e lui annuì indicando che non era ancora stato trovato suo fratello e dunque vi era speranza.

 

Il re si presentò davanti alla loro tenda, a tarda notte chiedendo se poteva parlare con lei. Suo zio le disse che non era obbligata, ma Joan sapeva che aveva bisogno di parlare con l'uomo, anche se solo per assicurarsi che non avrebbe proibito loro di andarsene il mattino successivo.

 

L'uomo aveva colto una manciata di fiori selvatici e glieli offrì con uno sguardo timido, li accettò gentilmente sapendo che avrebbe dovuto essere visti nei suoi capelli l’indomani mattina per assicurare l'uomo che lei non gli serbava rancore, nonostante lei non volesse avere niente a che fare con lui da quando aveva scoperto che  lui aveva ucciso suo padre e messo in moto una ribellione che l'aveva privata della sua vita come avrebbe dovuto essere.

 

«Vostra Grazia non posso veramente accettarli.» Tentò comunque ma l'uomo le prese la mano libera e le disse che doveva accettarli come segno del suo affetto per lei, un affetto puro di un uomo che avrebbe potuto essere suo padre e tuttavia era stato privato di tale possibilità.

 

«Sono molto grata, Vostra Grazia. Sono veramente belli. -- disse allora -- lo avete trovato, il prigioniero?»

 

«Temo che abbia fatto in modo che le sue tracce siano andate perdute. - si chinò -- mia signora avrei voluto proteggerti meglio. Ecco perché… Volevo che ser Barristan ti accompagnasse, almeno io riposerò meglio sapendo che uno dei più famosi cavalieri del reame sarà lì per proteggere te e tua sorella.»

 

Quello fu un risvolto insperato, ser Barristan avrebbe dovuto tornare ad Approdo costituendo il loro uomo all’interno della corte del re. Lei non voleva il trono di spade, ma era suo fratello se ne voleva riappropiare e che tipo di sorella non sostiene il fratello? Se ser Barristan sarebbe potuto venire con loro, però e questo apriva a considerazioni neanche sperate prima.

 

«Vostra Grazia è molto generoso, non so proprio come ringraziarvi… e non dovrei nemmeno accettare e..»

 

«Ti supplico, mia signora. Mi farebbe molto piacere se potesse proteggerti quando io potrò.» non sapendo cosa dire si limitò ad annuire.

 

L'uomo la lasciò con un addio e un casto bacio sulla fronte prima di girarsi e lasciarla con grande velocità, Joan si ritirò di nuovo nella sua tenda, lasciò il fiore sul tavolo e pianse fino a che, esausta, non si addormentò. Sognò una donna di non più di quindici anni con lunghi capelli d'ebano e una corona di rose d’inverno sulla testa mentre ascoltava attentamente un uomo che cantava mentre suonava l'arpa. L'uomo aveva lunghi e fluenti capelli d'argento e i suoi occhi viola erano adagiati dolcemente sulla fanciulla mentre cantava. Sembravano così innamorati che non riusciva a guardarli. E poi sognò di nuovo che stava volando. Questa volta era giorno e si godeva la corsa della velocità del suo volare come lei sentiva il vento nei capelli.

 

Si svegliò in uno stato di disordine e confusione, sembrava che non si fosse riposata per giorni con occhiaie pesanti sotto gli occhi e uno sguardo vuoto sul suo volto. Lei fece colazione con le sue sorelle e suo zio in silenzio come se nessuno volesse affrontare ciò che avevano disperatamente bisogno di dirsi. 

 

Quando abbracciò Sansa per salutarla sua sorella le sussurrò nell’orecchio di andarla a prendere quando fosse giunto il momento. Aveva le lacrime agli occhi e Joan l'avrebbe portata con sé volentieri anche se avesse significato combattere tutte le guardie del re, ma la sua sorellina si allontanò con un sorriso rassicurante che le prometteva che tutto sarebbe andato bene.  

 

Aveva messo i fiori lilla e gialli nei suoi capelli intrecciandoli e il re l'aveva aiutata a montare a cavallo mentre ser Barristan si presentava davanti a lei come loro protettore, promettendo a Ned Stark che si sarebbe assicurato che le sue figlie giungessero a casa al sicuro.

 

La Regina c’era per salutarle, ma Joan ne fu solo grata. Quando tutto fu pronto, suo zio si avvicinò posandole una mano su una gamba.

 

«Fa' attenzione là fuori, bambina. -- le disse -- Puoi non avere il mio nome ma sei comunque mia, hai il mio sangue. Se chiami io risponderò sempre.» 

 

Lei annuì con lacrime agli occhi «Grazie, Padre. Sono orgogliosa di chiamarmi il tuo sangue.» gli disse, lui ricacciò indietro le lacrime e si rivolse ad Art che era pronto a partire proprio dietro di lei con ser Barristan al suo fianco, Arya era stata issata dietro di lei e le aveva abbracciato la vita quasi rimbalzando dall’entusiasmo di poter tornare a casa.

 

«Prenditi cura delle mie ragazze.» suo zio disse ad Art, e l'uomo annuì estendendo il braccio, condivisero una stretta di mano e poi partirono per il Nord e non si fermarono finché non fu quasi notte.

 

Sir Arthur aiutò sua sorella a scendere e sir Barristan aiutò lei a smontare, ma un momento dopo aver toccato l'erba con i piedi si passò le mani tra i capelli sciogliendo la treccia e facendo cadere i fiori a terra. 

 

Si rivolse a Sir Arthur «Quanto tempo prima di..?» cominciò a domandare quando due braccia si avvolsero attorno alla sua vita dalle sue spalle facendola emettere un gridolino dalla sorpresa, mentre lo sconosciuto, una delle guardie che li stava accompagnando, se la stringeva al petto come se avesse atteso tutta la vita per farlo mentre lei cercava di contrastare la mozione circolatoria che aveva disegnato nell’aria girando su se stesso aggrappandosi alla sua spalla possente.

 

L’uomo rise e lei corrugò la fronte interdetta e Arya scattò immediatamente pretendendo di sapere chi diavolo si credeva di essere per permettersi di abbracciare tanto intimamente sua sorella. L’uomo rise ancora posandola con i piedi a terra, ma senza mai liberarla dal suo abbraccio alzò una mano con la quale si tolse l’elmo  mostrando un viso familiare che le fece perdere un battito. L’elmo nascondeva un viso d’alabastro, labbra polpose e rosee e accecanti occhi color ametista i suoi capelli erano di un nero intenso, tintura che aveva aiutato a preparare lei stessa, ma l’avrebbe riconosciuto fra mille impostori e altrettanto Arya a quanto pare che rimase stupefatta e in silenzio quando lei lanciò un gridolino di felicità letteralmente attaccandolo e circondando il suo collo con le sue braccia mentre lui ricambiava la stretta e la faceva volteggiare mentre entrambi ridevano.

 

«Non credevi certo che sarei andato da nessuna parte senza di te, spero.» la prese in giro facendole nuovamente toccare terra, ma senza smettere di abbracciarla; lei aveva gli occhi pieni di lacrime.

 

«Stupido! — esclamò — avrebbero potuto scoprirti!» 

 

«Non quando mi cercavo con tutti gli altri.» le disse con un sorriso prima di accarezzarle il viso e asciugarle alcune lacrime con i pollici «Non avevo intenzione di lasciarti con quell'uomo un minuto in più del necessario.» le promise.

 

E Joan, per un momento, lui fu  tutto quello che riusciva a vedere, così lo abbracciò di nuovo questa volta con più dolcezza, meno forza. Lui ricambiò l’abbraccio e nascose il suo volto nel suo collo premendo un bacio dove la spalla e il collo si incontrarono mentre mormorava qualcosa in Alto Valyriano contro la sua pelle.

 

Si allontanò da lei e le diede un bacio sulla fronte «ñuha jehikagon kirimves.» esalò contro la sua pelle liberandola dalla sua stretta.

 

Arya intanto pretendeva attenzione  «Che follia è questa? - sbottò -- nostro Padre sa di tutto questo?, Sette Inferni, Joan!»

 

E Joan non riuscì a contenere il suo sorriso «Arya ti presento mio mezzo-fratello Aegon Targaryen.» presentò e il ragazzo in questione fece un profondo inchino a sua sorella.

 

«Mia signora Arya.»

 

«Ma che cos..? Hai battuto la testa per caso?» Arya pretese di sapere e Joan sorrise, si guardò intorno sapendo di essere fra uomini fidati prima di rispondere alla sua domanda.

 

«Il mio nome non è Joan Snow, non sono la figlia di Ned Stark. Sono la figlia di Lyanna Stark e di suo marito il principe Rhaegar Targaryen, mia madre mi ha chiamato Visenya Targaryen.» Era la prima volta che lo diceva ad alta voce e la faceva sentire più forte di quanto mai prima.

 

«Chiedo scusa, cosa?» esclamò incredula Arya.

 

 


 

 ñuha jehikagon kirimves = mia gioia splendente

 
Eccoci a fine capitolo! Finalmente Aegon è libero (yay!) e Joan è con lui... chissà cosa riserverà loro il futuro, tutto andrà secondo i piani? Chi lo sa... aspettate io... ;) Come al solito spero di sentire cosa ne pensate e vi auguro una buona settimana. Ci sentiamo al prox martedì per il nuovo capitolo. Un bacio Giuls—

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Capitolo 15
*** Oberyn I ***


Ciao a tutti vi lascio veloce, veloce con il capitolo perché sto postando tra le curve, ma volevo comunque farvi questo regalo visto che amate tutti Oberyn.
È un po' corto, ma mi è piaciuto tantissimo scriverlo. Fatemi sapere che ne pensate. Un bacio Giuls —

 

Oberyn I 

Il sole picchiava integerrimo sulle loro teste. Un'ombra passò sopra di loro, alcuni cavalli nitrirono spaventati, ma si erano per lo più abituati alla invadente presenza delle creature alate. Il drago giallo e crema virò in aria emettendo un grido concitato mentre quello verde e oro lo seguiva e rincorreva, sembravano in tutto due compagni di gioco. Un'ombra più grande passò sopra di loro e il drago rosso e nero, il più grande dei tre, calò in picchiata su di loro. Il suo cavallo nitrì, scuotendo la testa poderosa e facendo qualche passo indietro. 

Quando erano venuti al mondo, risvegliati dalle loro uova di pietra, i draghi erano stati piccoli, anche se in tutto una miniatura delle possenti bestie che sarebbero stati una volta cresciuti. All'epoca, svariate lune prima, erano stati non più grandi di un gatto di piccola taglia, ma adesso erano già grandi quasi quanto un cane di media taglia, il più grosso, Drogon, grande abbastanza da raggiungere il ginocchio della donna che li aveva riportati al mondo. 

Il drago emise un rombo sonoro e vibrante e anche Silver, la meravigliosa giumenta della Khaleesi, indietreggiò spaventata. Un drago è un predatore e un cavallo ne avrà sempre paura. Lei si sporse sul collo della giumenta, premendo il suo corpo contro di lei, carezzandola e sussurrando parole di conforto. Quando quella sembrò essersi calmata, fu il turno della donna sbuffare, lanciò le redini alla sua ancelle Dothraki e smontò con un balzo da cavallo. I capelli argentati vorticarono seguendo i suoi movimenti atletici, in netto contrasto con le pelli dothraki che aderivano al suo corpo, avvolgendolo in un abbraccio di colori scuri e terreni, che avrebbero potuto sembrare completamente inadatti ad una creatura tanto delicata non fosse per la forza e la caratura del suo portamento. Forte e indomito, deciso, ma non sgraziato.  

Disse qualcosa in Dothraki alle sue ancelle e l'intero khaleesar fermò la sua marcia. Oberyn la osservò di sottecchi mentre i suoi occhi lilla si spostavano su di lui. «Principe Oberyn» lo chiamò «cammina con me.»  

Non se lo fece ripetere due volte, una passeggiata sarebbe stata una apprezzata distrazione. Il viaggio verso Astapor era lungo, erano già da settimane in viaggio, e il paesaggio era sempre il medesimo, duro e inospitale. Smontò da cavallo e lasciò educatamente le redini a una delle ancelle che si era avvicinata a sguardo basso, prima di riportare la sua attenzione sulla principessa Targaryen. Trovò i suoi occhi lilla, brillanti proprio come due ametiste nel caldo sole, già fissi su di lui.  

«Prego, Khaleesi. Fa strada.» gesticolò con una mano facendole cenno di precederlo e lei sorrise cominciando a condurlo lontano da dove la carovana sarebbe rimasta in attesa. Drogon, che non aveva per un momento lasciato la madre lanciò un grido di gioia, era peculiare vedere una creatura già tanto grande e spaventosa accettare le carezze della principessa. Nelle storie le principesse hanno sempre paura dei draghi che le tengono prigioniere nelle loro torri d'avorio. Non sono una principessa, principe Oberyn. Lo aveva corretto lei. Sono una Khaleesi. 

«Sembri pensieroso, principe Oberyn» constatò lei mentre Drogon emetteva uno sbuffo di fumo dalle fauci dai denti già aguzzi adesso. Si domandò quanto tempo ci volesse ancora prima che cominciassero a sputare fuoco.  

«Solo Oberyn, se ti piace.»  

Lei sorrise inclinando la testa di lato e facendo dondolare i lunghi ricci argentei che lasciava sciolti con un'unica treccia che li attraversava trasversalmente «Solo se mi chiami Daenerys, almeno quando siamo soli – concesse – siamo una famiglia unica, dopotutto.» commentò. 

Annuì in silenzio. Drogon emise di nuovo un verso, simile ad un sibilo questa volta, attirando nuovamente l'attenzione della madre. «Stanno crescendo molto in fretta» sospirò «i miei Dothraki cominciano ad averne timore.» 

«Solo un folle non avrebbe paura di fuoco fatto carne» commentò mentre continuavano a passeggiare «o della donna dietro quelle fiamme.» aggiunse «sono saggi ad avere timore.» 

«Non voglio essere temuta, Oberyn» sussurrò lei guardando l'orizzonte «voglio che il regno, il nostro regno sia pieno di uomini grassi e fanciulle superficiali e allegre, senza una cura o paura del mondo, consci che i loro sovrani si prenderanno cura di loro – disse  desidero che la mia gente sorrida ci acclami quando ci vede passare.» mormorò. 

«È un bel sogno» considerò, senza sapere che altro aggiungere «ma l'uomo che desidera la pace deve essere saggio abbastanza da prepararsi alla battaglia e al sangue.»  

Lei annuì «Il sangue dei nostri nemici» assentì «conosco le parole della mia famiglia. Fuoco e sangue.» sembrarono assumere tutto un nuovo significato, specialmente con i draghi sopra di loro che si ricorrevano e giocavano alla battaglia.  

Rimasero in silenzio e questo permise ad Oberyn di osservarla più da vicino. Quando avevano scoperto che la tenda era andata a fuoco e che all’interno erano sia il khal che sua moglie e il principe Viserys, Oberyn aveva sentito la bocca impastata, la lingua pesante. Gli sembrava di poter vedere solo fuoco, fiamme, fumo e cenere. Ma quando il falò si era estinto e lei era apparsa, nuda, rannicchiata su se stessa, sporca di fuliggine, ma altrimenti illesa,  gli era sembrato di riuscir a respirare di nuovo. Daenerys Targaryen Nata dalla Tempesta era un vero drago. Il fuoco non l'aveva neanche sfiorata. E quando si era alzata con quei tre draghi avvinghiati al suo corpo nudo… Oberyn aveva sentito come se fosse testimone di un evento epocale e così era. Non solo Daenerys Targaryen era Nata dalla Tempesta, ma era anche la Non Bruciata e la Madre dei Draghi.  

Gli era apparsa piccola, ma volenterosa. Forte e decisa. Ma non avrebbe mai sospettato tanto. Né riusciva a togliersi dalla mente la vista del suo corpo nudo, atletico e forte, femminile e perfetto, bianco come l’avorio sebbene macchiato di fuliggine. Sapeva che se Ellaria fosse stata presente anche lei avrebbe avuto la testa piena di pensieri lascivi e desideri verso quella giovane donna, indomita e inevitabile, indistruttibile. Che sapore aveva la sua pelle?, si domandò, forse di ruggine come il sapore del metallo fra le labbra. Che profumo avevano i suoi capelli? Forse fumo, forse sale. 

«Mi racconteresti di lui?» la sua voce lo riscosse dai suoi pensieri poco casti. Lo osservava a braccia incrociate al petto, lasciando ancora scoperto parte del ventre piatto e candido. I suoi capelli danzavano con il vento caldo e i suoi occhi brillavano «di nostro nipote. Di Aegon.» 

«Aegon è…» cercò invano un modo per descriverlo «è molto più semplice raccontare…» 

Le septe cercarono di fermarlo. Rhaegar era fuori di sé. I suoi capelli d’argento erano sciolti e ricadevano sulle spalle incorninciando il suo viso distorto in una smorfia di paura e rabbia.  

«La situazione è molto semplice, septa. – sibilò – tu adesso mi farai entrare e io vedrò mia moglie e mio figlio.»  

«Vostra altezza la stanza di una donna mentre partorisce non è posto per un uomo, nemmeno subito dopo la nascita dovete attendere che…»  

Ma Rhaegar non aveva voluto sentire ragioni, aveva letteralmente ruggito qualcosa in alto valyriano che nemmeno lui aveva compreso prima di prelevare la septa per le braccia e toglierla di mezzo, spalancando le porte che avrebbero condotto alla stanza di sua sorella, della sua Elia. 

Qualcosa si strusciò tra le sue gambe, abbassò lo sguardo e notò quel maledetto gatto nero, spelacchiato e snob che si faceva ricorrere per tutto il castello in continuazione. Per la nascita Rhaegar aveva spostato l'intera famiglia a Roccia del Drago e segretamente Oberyn ne era stato grato. Sua sorella amava il principe e lo rispettava e sebbene Rheagar non nutrisse passione per lei, le era affezionato e la rispettava, quel tanto era chiaro; ma la sua famiglia… detestava Elia ed Elia sentiva terribilmente la pressione di essere la principessa del reame in una famiglia che non la apprezzava indipendentemente da quanto facesse. 

Lì dove era quel gattaccio normalmente si sarebbe trovata Rhaenys. Ed infatti il suo piccolo raggio di sole apparve nel corridoio appena un minuto dopo, con indosso un abito giallo che complimentava la sua pelle olivastra, i suoi occhi e capelli scuri. Sebbene avesse favorito i colori di Elia, aveva ereditato i tratti dei Targaryen, aveva lo stesso viso tondo e definito, le stesse labbra a cuore e il profilo scolpito. I suoi capelli scuri e setosi rimbalzavano con i suoi passi. Si avvicinò il silenzio, era silenziosa quanto Rhaegar, ma per il resto lei era come Elia.  

Afferrò la sua mano nella sua così piccola e indiscutibilmente calda. «Mio fratello è nato.» Non era una domanda e non voleva una risposta «sarà un bravo re. Come mio padre.» anche quella non era una domanda. Strinse la sua mano. 

Finalmente gli permisero di entrare e trovò sua sorella sdraiata nel suo letto, pallida come mai l'aveva vista, evidentemente esausta e affaticata, ma con un sorriso brillante sul volto. Rhaegar sedeva affianco a lei mentre lei cullava il bambino, dal piccolo fagotto nero e rosso sputò una testolina con capelli biondo-argentati.  

«Vieni fratello» sorrise Elia «avvicinati e conosci tuo nipote» Rhaenys balzò sul letto facendo genere sua madre e Rhaegar la afferrò da sotto le ascelle con un sorriso sereno sul suo viso. Se la portò in braccio baciandolo la fronte. 

«Guarda mio piccolo draghetto – la spronò – adesso non sei più sola. Hai un fratellino che si prenderà cura di te e ti proteggerà.» 

«Ma padre, - progettò Rhaenys facendo una smorfia – è così piccino. Io volevo giocarci insieme.» 

Elia sorrise «Un giorno, mio tesoro» le promise «quando sarà più grande, il nostro principe di Roccia del Drago.» sussurrò e Oberyn si scappò un sorriso sulle labbra quando Rhaegar si sporse per posare un bacio casto sulle labbra della moglie. 

Sapeva, vedeva che nella loro coppia mancava la passione tipica di due amanti, ma in quel momento l'unica cosa che riuscì a vedere furono un paio di occhi lilla, un pugnetto infilato in bocca e tutto sbavato e corti capelli chiari «Oh Elia…» sussurrò incapace di esprimere a parole. Aveva gli occhi pieni di lacrime. 

Il bambino emise un gorgoglio e allungò le manine paffute verso di lui. «Oh, qualcuno vuole conoscere lo zio Oberyn – mormorò Elia allungandolo fra le sue braccia e aggiustandogli la testa contro il gomito  piccolo ma sa già quello che vuole» ridacchiò stancamente quando suo nipote afferrò con una manina i suoi baffi tirando. 

Anche Rhaegar una persona sempre seria scoppiò in una fragorosa risata piena di speranza. 

«Questo fu Aegon per la tua famiglia – sussurrò – per noi tutti. Una fulgida speranza. Là dove Rhaenys aveva ereditato l'allegria di sua madre, ma la serietà del padre, Aegon era un bambino costantemente allegro e… poco prima che tutto andasse a rotoli, Aegon aveva compiuto un anno. Gattonava ovunque facendo segnare Elia e ridendo. Era un dorniano, nonostante avesse favorito i colori dei Targaryen. Lui era indiscutibilmente di Elia.» 

Daenerys sorrise «La amavi molto» sussurrò. Posò una mano sulla sua spalla, piccola e calda «Porteremo alla giustizia gli assassini che l'hanno strappata a questo mondo, che hanno osato uccidere Rhaenys.» promise e Oberyn annuì. 

Raccontò poi la sua reazione quando se lo era trovato di fronte, un uomo cresciuto nei Giardini dell’Acqua. 

Doran stava bevendo e godendosi il calore del sole nella frescura dei Giardini dell’Acqua mentre parlavano proprio di Elia. Oberyn per anni non era riuscito a pronunciare il suo nome senza scoppiare in lacrime, poi Doran lo aveva preso da parte asserendo che Elia andava ricordata, non potevano permettersi di dimenticare il suono della sua risata, il luccichio di malizia nei suoi occhi quando aveva messo in atto uno scherzo, la piega dolce delle sue labbra. 

Poi una delle loro guardie si era presentato trascinandosi dietro un giovanotto incappucciato che si era intrufolato a Lancia del Sole di nascosto. Ma quando Doran gli aveva chiesto chi fosse e Oberyn aveva ordinato alla guardia di mostrare il viso del furfante scoprendolo dal cappuccio, il ragazzo era scoppiato in una sonora risata che l'aveva riportato indietro di diciassette anni, come se non si fosse dispersa nell’aere ma fosse rimbalzata su mura invisibili che l'avevano rafforzata. Gli occhi del furfante erano lilla e luminosi pieni di malizia come lo erano stati quelli di Elia quando aveva portato a termine uno scherzo particolarmente divertente, indossava abiti semplici di colori neutrali, ma i suoi capelli – nei quali erano evidenti i rimasugli di una tintura blu – erano argentati e cadevano a ricoprire le orecchie e parte del collo, raccolti in una treccia incorporata sul suo capo. Appena sotto il sopracciglio una forma strana, inconfondibile faceva bella mostra di sé e da dove si trovava in ginocchio leggermente sporto in avanti dondolava dal suo collo un medaglione su cui era inciso un cavaliere a cavallo di un drago con una lancia in mano.  

Incapace di fare altro, Doran, che pure aveva riconosciuto il ragazzo, si era tirato faticosamente in piedi e Oberyn era stato costretto ad accorrere per tenerlo su, mentre il ragazzo li aveva degnati con un ghigno luminoso e solare prima di affermare «Ben trovati zii, vi sono mancato?» 

«Sembra un ragazzo incantevole» commentò Daenerys sorridendo «Sono sicura che andremo molto d'accordo.»  

In quel momento, come richiamato silenziosamente, il drago verde si avvicinò a loro si lasciò accarezzare dalla madre, poi rivolse la sua testolina verso di lui inclinandola di lato ed emettendo un verso squillante, avvicinandosi. 

«Vuole che lo accarezzi» spiegò Daenerys «si fida di te. Probabilmente avverte il tuo sangue Targaryen o il fatto che sei un amico.»  

«Dubito che se Daenerys Targaryen avesse avuto un drago, il principe Maron sarebbe stato gradito.» commentò nervoso. 

«Può darsi, ma tu porti anche il sangue di Daenerys Targaryen figlia di Aegon IV nelle vene. – gli ricordò – come ti ho detto, siamo famiglia. E Rhaegal lo sa.» 

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Capitolo 16
*** Aegon IV ***


Ciao a tutti! Siccome ho postato un capitoletto davvero ridotto martedì e di fretta per di più (scusate ancora) ho deciso di postarne un altro oggi e siate pronti che martedì arriverà il Cersei I e quindi avremo di nuovo a che fare con Joffrey (uff).

Aegon IV
 

Quando finalmente si fermarono per accamparsi si era ormai fatta sera. Avevano calvacato ininterrottamente per tutto il giorno. Non appena era stato liberato il suo primo istinto era stato quello di trovare sua sorella prenderla e con lei scappare lontano dall'assassino di loro padre. Ma, sapeva che ora doveva essere cauto. Per quanto desiderasse ardentemente uccidere l'Usurpatore, l'uomo che aveva strappato loro una vita serena e felice, sapeva che non era quello quel giorno; non poteva essere quello. Fino a quel momento si era mosso in maniera spesso spericolata, senza tenere conto delle conseguenze considerato che, d'altronde, le avrebbe pagate solo lui. Adesso, aveva qualcun altro a cui dover pensare. Sua sorella era una sua responsabilità adesso e il suo primo dovere in quanto capo della Casata Targaryen era quello di assicurarsi che i membri rimanenti – suo zio, sua zia e sua sorella – fossero al sicuro e protetti.

 

La commozione causata da Spettro nel lato più distante dell'accampamento aveva fornito il diversivo perfetto per la sua fuga, ser Barristan l'aveva liberato discretamente dalle catene che lo costringevano al palo di legno. Silenziosamente l'aveva condotto in lontananza, ma prima che lui si facesse condurre al sicuro aveva intravisto con la coda dell'occhio il finto principe che aveva osato schiaffeggiare sua sorella e il suo sangue di drago aveva ruggito, imponendogli di vendicare l'affronto subito dalla sua dama. Non aveva pensato aveva solo agito. Lo aveva attaccato con tutta la forza che aveva, l'aveva spinto a terra e preso a pugni e glielo aveva detto, che se mai avesse toccato un'altra volta una donna senza il suo permesso la furia del drago si sarebbe abbattuta su di lui impietosa.

 

Nessuno gli aveva dato troppo peso finché il grido di una bambina spaventata non l'aveva fatto rinsavire. L'insipida principessa Myrcella aveva osservato tutta la scena insieme alla cugina dai capelli rossi di sua sorella e stava gridando attirando l'attenzione della madre e delle guardie. Aegon non era mai stato tanto svelto a sparire, aveva raggiunto il punto concordato con ser Barristan e lì aveva trovato una divisa scura con una cotta di maglia leggera con il sigillo degli Stark, l'armatura leggera di una delle guardie del nord e un vasetto di tintura di more scure che aveva applicato sui suoi capelli facendoli diventari neri come la notte. Poi aveva preso il suo posto al fianco di ser Arthur in mezzo alle guardie del nord che Ned Stark aveva informato della situazione, guardie che avevano giurato la loro lealtà a sua sorella con un antico giuramento di sangue davanti all'Albero cuore del Parco degli Dèi. Gente fidata.

 

Con loro aveva osservato il rientro del re all'accampamento e quando aveva visto sua sorella smontare con un balzo da cavallo in un turbinio di vesti e gonne, i capelli scuri intrecciati aveva dovuto metterci tutto il proprio autocontrollo per non raggiungerla e abbracciarla, caricarsela in spalla, poi sul cavallo e fuggire via. Ma non sarebbe stato saggio e avrebbe causato uno scatto di rabbia e ira nell'Usurpatore che sembrava essersi genuinamente affezionato a Visenya e che avrebbe certamente dilaniato il reame in due, di nuovo, se avesse immaginato in quella sua piccola testa cocciuta, che sua sorella stesse condividendo lo stesso fato della madre.

 

Quindi aveva atteso, recitando bene la parte della guardia impegnata nella ricerca di se stesso e alla fine, quando il Sole era sorto lui era stato presente per osservare i saluti di sua sorella con la famiglia che l'aveva protetta e accettata come una di loro quando lui non avrebbe potuto. L'aveva osservata silenziosamente mentre stringeva la cugina coi capelli rossi e aveva letto nei suoi occhi il desiderio di portarla con sé, ma la consapevolezza di non potere osare tanto. Poi era montata a cavallo insieme alla cugina più piccola e Ned Stark si era avvicinando proclamando qualcosa che aveva fatto piangere sua sorella, per poi rivolgersi a ser Arthur chiedendogli – chiedendo ad entrambi visto che aveva osservato anche Aegon – che si prendessero cura delle sue bambine. Aegon aveva annuito insieme ad Arthur sapendo che le due ragazze erano ora una sua responsabilità, Visenya in quanto sorella e Arya Stark in quanto protetta di Casa Targaryen.

 

La processione che li aveva condotti lontano dall'accampamento e indietro sulla Strada del Re era stata impossibilmente lenta e Aegon aveva aspettato con la schiena rigida che ogni momento l'Usurpatore gridasse al tradimento, avendo scoperto chissà come la loro fuga. Invece, fortunatamente avevano presto abbandonato la Strada del Re e continuato a cavalcare verso nord.

 

Quando finalmente si fermarono Visenya fu la prima a scendere, districandosi i fiori dai capelli e facendoli cadere a terra nella polvere. Non si era riuscito a trattenere e finalmente l'aveva stretta fra le braccia, per la prima volta da quando l'aveva conosciuta.

 

“Chiedo scusa, cosa?” domandò interdetta e sconvolta Arya Stark dopo che sua sorella ebbe dichiarato di essere Visenya Targaryen, figlia del principe Rhaegar Targaryen e di sua moglie la principessa Lyanna Stark.

 

“Arya, dico la verità – disse sua sorella – non sono tua sorella, sono tua cugina. Lyanna non fu rapita e stuprata da Rhaegar, come Robert fece credere a tutto il continente occidentale. Loro si amavano e si sposarono – sentì la sua voce rompersi dall'emozione e posò una mano sulla sua spalla in un gesto di conforto – e io sono nata da quell'unione.” spiegò.

 

La bambina fece una smorfia prendendo un passo “Non mi interessa chi ti ha generata – proclamò fieramente – tu sei mia sorella, come sei sempre stata. Non una mezza-sorella, né una cugina. Tu sei mia sorella.”

 

Osservò sua sorella sorridere prima che la piccola lupa gli puntasse contro un dito “E tu. – minacciò – se tu sei suo fratello o il legittimo re dei sette regni non mi interessa, se la fai soffrire ti spacco la faccia.”

 

“Non metterei mai in pericolo, né ferirei nostra sorella, zokla – promise – lei è mia.” si voltò a vedere l'espressione di sua sorella leggendovi solo amore e malcelato imbarazzo. Le sorrise.

 

“Non oso immaginare come reagirà Robb quando lo saprà...!” esclamò Arya “Avrà uno dei suoi proverbiali impeti di capricci o...”

 

L'espressione sulle loro facce dovette essere chiara a sufficienza perché la ragazzina fece una smorfia “Non stiamo tornando a Grande Inverno.” non era una domanda.

 

Si scambiò un'occhiata con Visenya “No, mi dispiace, Arya. Finché re Robert è ancora al potere e siede su quel trono non saremo mai al sicuro né nel nord né a Grande Inverno. L'unica soluzione è dirigerci a Dorne, a Lancia del Sole dove gli zii di Aegon ci forniranno rifugio e protezione.”

 

Arya sorrise debolmente “Non ti devi preoccupare, zokla – le promise – a Lancia del Sole non sarete solo ospiti. Visenya è parte della mia famiglia e tu sei una protetta di Casa Targaryen. Lì imparerai a comportarti come una vera lady e a brandire un'arma se lo desideri.”

 

La faccia della ragazzina si aprì in un sorriso smagliante, per poi intristirsi di colpo “Non è che i tuoi parenti ce l'avranno a morte con lei per quanto è successo a tua madre?” domandò.

 

“Mia madre e mia sorella sono state assassinate dai Lannister e dai Baratheon – le ricordò – non dagli Stark e ad ogni modo non ce l'hanno a morte con me che sono il ritratto dell'uomo che le ha lasciate al loro destino per rincorrere le gonne di un'altra donna senza fare le cose in maniera assennata.. Visenya è innocente e la accetteranno perché così io decreto.” assicurò.

 

Sentì sua sorella irrigidirsi per un momento al suo fianco e si domandò se non avesse detto qualcosa per offenderla quando lei evitò il suo sguardo, allontanandosi leggermente da lui.

 

Arya annuì e sembrò soddisfatta, ma non mancò di notare la tensione immediata che si era creata, formando un papabile imbarazzo.

 

Fu ser Arthur a correre in loro soccorso, gli diede uno scapellotto sulla testa e Aegon gli lanciò un'occhiata affettata, ma non poté fare a meno di notare che Visenya era tornata al suo cavallo e si stava affaccendando pur di tenersi impegnata. Imprecò sotto voce.

 

Ser Barristan sospirò “Tu lo conoscevi meglio di me, Arthur – borbottò – anche Rhaegar era così ottuso alle volte?” domandò all'amico che fece un cenno con la testa.

 

“Elia ogni tanto non sapeva dove sbattere la testa con lui. – commentò piccato – e questo già quando lo conosceva bene abbastanza da sapere quanto poco delicato potesse essere.”

“Arthur?” esclamò sorpresa Arya “come ser Arthur Dayne, la Spada del Mattino? Quello che mio padre ha battuto in duello e...”

 

Ser Arthur si sfilò l'elmo di dosso i suoi occhi che brillavano violetti “Battuto in duello? A tuo padre sarebbe piaciuto, lupacchiotta. – commentò – no, non l'ho ucciso solo perché la principessa Lyanna mi ha ordinato di non farlo e di portarlo da lei. Era parecchio frustrata considerando che stava affrontando il travaglio completamente da sola in quella terribile situazione.”

 

Aegon ne approfittò per avvicinarsi alla sorella che si fingeva affaccendata e evitava il suo sguardo. Sospirò.

 

“Cosa ho detto?” domandò in un sussurro appoggiandosi al suo cavallo e osservandola di sottecchi.

 

“Chi ha mai detto che tu abbia detto nulla?” chiosò piccata lei, i suoi occhi che ancora evadevano i suoi. Aegon sospirò esasperato.

 

“Per favore – la pregò – non essere difficile...”

 

Non essere difficile!?” esclamò lei alzando la voce di un'ottava, i suoi occhi come ghiaccio improvvisamente sul suo viso, le labbra distese in una smorfia. Si maledì per avere di nuovo detto qualcosa che l'avesse fatta infuriare “Ti chiedo scusa, fratello, – sibilò in tono minaccioso – se sono non solo il prodotto di una fuga d'amore che ha causato la morte di tua madre e di nostra sorella, ma sono anche difficile!”

 

Fece una smorfia. Parafrasata in quel modo suonava piuttosto offensiva, quando ciò che intendeva dire era che a discapito degli errori commessi dai loro genitori in passato, loro erano innocenti e che sarebbero stati trattati come tali una volta a Dorne. Non voleva essere offensivo.

 

“Mi sono spiegato male – tentò, ma lei gli diede una spallata mentre toglieva la sella da in groppa al cavallo per posarla a terra, ignorandolo – va bene? Non intendevo essere offensivo e...”

 

Siccome lei continuava ad ignorarlo la afferrò per un gomito costringendola a voltarsi per fronteggiarlo e notò solo allora le lacrime amare che scendevano dai suoi occhi. Lei strattonò via il braccio dalla sua presa e si asciugò con furia le lacrime certamente causate sia dalla sua frase indelicata che da tutte le preoccupazioni che certamente la attanagliavano.

 

Imprecò in alto valyriano per essere così sciocco e le si avvicinò con la testa bassa. Lei faceva tutti i movimenti con furia tutt'altro che ignorabile mentre le sue spalle singhiozzavano. Non voleva farle pensare che la ritenesse responsabile in alcuna maniera, né lei né i suoi genitori, della morte della madre e della sorella prediletta, anche perché loro erano cenere adesso – un ricordo lontano – e Visenya era lì, in carne e ossa, il suo stesso sangue, la sua dama e lui le aveva causato sofferenza appena un minuto dopo aver promesso di non causargliene mai.

 

Sospirò e avvolse le sue braccia intorno alla sua vita da dietro, posando la guancia contro la sua spalla, lei provò a divincolarsi, ma la strinse solo più forte contro il suo petto.

 

“Perdonami – soffiò contro la sua pelle – sono stato indelicato, di nuovo. Non volevo farti sentire colpevole.”

 

Lei smise di divincolarsi e cominciò a singhiozzare “Ma mia madre e nostro padre... – esalò con voce rotta dal pianto – ...loro hanno causato la morte di migliaia di persone tra cui anche tua madre e nostra sorella solo perché sono stati sciocchi e impulsivi e non si sono comportati in modo assennato e...”

 

La strinse mentre lei continuava a piangere “...merito davvero di vivere quando così tanti sono morti per colpa loro? Il loro sangue macchia le mie mani, che io lo voglia o no.”

 

“Non essere sciocca, Visenya – mormorò – non sei colpevole di quelle morti. Le colpe risiedono solo in nostro padre che ha commesso un errore di valutazione nel suo comportamento e nell'Usurpatore che non ha saputo accettare che Lyanna fosse di nostro padre. Tu neanche eri nata, quelle morti sono sulle loro mani, non sulle tue.”

 

Lei annuì debolmente. Lasciandosi voltare e immergendo il suo volto contro il suo petto mentre finiva di piangere. Aegon non avrebbe saputo dire per cosa sua sorella piangesse, per i loro genitori, per loro sorella, per tutte quelle persone... ma lo faceva e sentirla singhiozzare gli straziava il cuore.

 

La strinse, e la continuò a stringere anche quando un rumore li allertò dell'arrivo di qualcuno di inaspettato. Spettro ringhiò in silenzio e Aegon si voltò fronteggiando il nuovo arrivato, spada alla mano, ser Arthur e ser Barristan fecero altrettanto, spostando Arya dietro di loro – nonostante le sue proteste – mentre le altre guardie si mettevano sulla difensiva. Manovrò Visenya cosicché fosse sul suo lato sinistro, protetta dalla spada mentre osservava l'intruso avvicinarsi al loro accampamento di fortuna.

 

Era un giovane uomo rotondo, dall'aspetto spaventato con corti capelli castani e occhi scuri, pallido in volto che conduceva un cavallo per le redini con una mano in alto in segno di reso. Indossava abiti neri e un mantello con tanto pelliccia scura sulla parte superiore che lo faceva sembrare ancora più paffuto.

 

“Perdonate l'intrusione – balbettò evidentemente spaventato – credo di essermi perso.” aggiunse in tono incerto “Pensavo di aver seguito la Strada del Re... sapete è una strada lunga da casa fino alla Barriera e..”

 

Aegon roteò gli occhi al cielo “Chi sei, ragazzo?” domandò, scambiandosi un'occhiata con Visenya che osservava il comportamento di Spettro con attenzione, la lupa avvicinò il corpo candido al nuovo arrivato, annusandolo, ma non sembrava minacciosa, solo curiosa. Non vedeva in questo sconosciuto una minaccia. Cosa che lo tranquillizzò.

 

“Io... io sono Samwell Tarly vengo da Collina del Corno per unirmi ai Guardiani della Notte.” balbettò incerto il ragazzo “Mio padre... non mi considerava adatto a governare su Collina del Corno così mi ha... consigliato di prendere il nero.”

 

Visenya fece una smorfia “Consigliato?” domandò facendo per avvicinarsi, avvolse un braccio attorno alla sua vita con più prepotenza, stringendola al suo fianco.

 

“Mio padre... ecco... mio padre è... un uomo duro. Voleva un erede degno e io non lo ero, ma mio fratello, Dickon sì.” Sentì gli occhi di Visenya sul suo viso. Sbuffò.

 

“Abbassate le armi. – ordinò e tutti obbedirono senza battere ciglio, si voltò verso Visenya – ti sto avvisando, Visenya – mormorò – niente randagi a...”

 

Lei gli posò una mano sul petto “Pensaci, casa Tarly di Collina del Corno – sussurrò – Randyll Tarly non ha combattuto strenuamente per nostro padre?” provò a fare mente locale ed effettivamente si ricordò che Jon aveva sempre nominato Randyll Tarly come uno dei suoi possibili sostenitori considerando quanto fedelmente avesse servito nelle truppe Targaryen anche durante la ribellione.

 

Annuì. Lei lo prese come un cenno di continuare “Un primo figlio sarebbe sprecato alla Barriera. – sussurrò – invece, un primo figlio di una casata leale fra le nostre fila potrebbe essere un grande alleato.”

 

Aegon lanciò uno sguardo al lord che sembrava estremamente imbarazzato e impaurito dalla presenza di Spettro. Fece una smorfia di incredulità “Lascia perdere il suo aspetto fisico – sbottò infastidita – potrebbe avere altri talenti e...”

 

“Potrebbe essere un incentivo per lord Tarly a mostrare fedeltà ai legittimi sovrani. – annuì Aegon, dalla smorfia che fece Visenya fu chiaro che non era lì dove voleva arrivare, ma per Aegon era la cosa più intelligente che potessero fare – non guardarmi così. Sei la principessa di Sala dell'Estate adesso, Visenya.” la reguardì “dobbiamo pensare anche a queste cose, per quanto possiamo disprezzarle.”

 

Lei annuì controvoglia, ma conquistata dalla sua argomentazione. Aegon annuì “Spettro sembra fidarsi di lui. – constatò mentre la lupa si avvicinava ancora e inclinava la testa di lato apparentemente incuriosita dall'umano – ma ti avviso, dopo di questo niente più randagi fino al nostro arrivo a Lancia del Sole, sarebbe pericoloso.”

 

Visenya sorrise debolmente e si voltò verso Arthur annuendo alla propria Spada Giurata che rinfoderò la Spada dell'Alba e si rivolse al giovane lord “Lord Samwell Tarly – dichiarò – ti trovi al cospetto di Aegon di Casa Targaryen, sesto del suo nome, legittimo re degli Andali, Rhoynar e Primi Uomini, protettore del Reame, il drago dorniano; – gli occhi del giovane strabuzzarono fermandosi sul suo viso – e di sua altezza la principessa Visenya delle nobili casate Targaryen e Stark, principessa di Sala dell'Estate.”

 

Il ragazzo balbettò qualcosa di incosistente prima di cadere in ginocchio gli occhi bassi.

 

“Alzati, lord Samwell Tarly. – ordinò Aegon – la tua storia ha intenerito il cuore d'oro di mia sorella. Se lo desideri potrai unirti a noi come nostro fedele vassallo, così come i Tarly di Collina del Corno sono stati per secoli.”

 

Il ragazzo ansimò lentamente mentre goffamente si tirò in piedi “Io non ho spade, mio signore. – commentò – né sono un grande combattente. Ma se lo desideri la mia mente è tua.” proclamò monotono, un tono che tradiva una certa incertezza, ma che non sembrava tradire alcun tipo di menzogna.

 

Aegon annuì voltandosi verso Visenya “Visto che sei stata tu a convincermi, farà parte del tuo seguito, kirimves – ordinò – ne sarà un membro permanente, scegli tu quale ruolo debba ricoprire.”

 

Visenya annuì stringendogli la mano in segno di gratitudine e si avvicinò al ragazzo, affiancando Spettro e allungando una mano nella sua candida pelliccia. Gli sorrise.

 

“Mi farebbe piacere, lord Tarly – disse con un sorriso titubante – se mi facessi l'onore di diventare il mio attendente personale.” commentò con un sorriso speranzoso. Era evidente ai suoi occhi che non volesse insultare né il ragazzo né il padre offrendogli una posizione più sottoposta di quella di attendente.

 

Il ragazzo sembrò, comprensibilmente, affascinato dal sorriso di sua sorella, cosa che lo fece ambo sorridere e ambo stringere i pugni in muto avvertimento.

 

“I miei servigi sono tuoi, vostra altezza. – mormorò il ragazzo – l'onore di poter essere il tuo attendente personale è esclusivamente mio.”

 

Visenya, anima ingenua che era, si voltò verso di lui con un sorriso smagliante, ma Aegon non mancò di notare come le guance del nuovo attendente di sua sorella si fossero impororate mentre dichiarava la sua lealtà. Senza battere ciglio si avvicinò avvolgendo un braccio attorno alla vita della sorella e stampandole un bacio sulla guancia, premendo le labbra contro il suo viso più a lungo di quanto sarebbe stato considerato consono e causando un risolino in Arya che osservava la scena pienamente divertita.

 

Ma Aegon non se ne preoccupò limitandosi a incrociare lo sguardo del giovane ragazzo con audacia e determinazione affinché comprendesse che, per quanto ingenua, affascinante e gentile sua sorella fosse, lei era sua.

 

Il ragazzo sembrò ricevere immediatamente il messaggio, poiché abbassò il capo scuro e gli occhi, come si conveniva ad un giovane lord che il re avesse scoperto intento a osservare troppo intensamente la sua regina.

 

Visenya aveva un'espressione adoribilmente confusa sul viso che lo fece sorridere. Le baciò la fronte “Ao shall sagon se olvie dōna dāria hen ry.” le promise.

“Giuro che se mi stai insultando in una lingua che non conosco ti farò pentire di avermi incontrata.” gli promise con un'espressione ferocemente decisa che lo fece scoppiare a ridere.


Ao shall sagon se olvie dōna dāria hen ry. = sarai la regina più dolce che ci sia mai stata.
 


Come al solito, se vi va lasciate un commentino (non siate timidi, prometto che non mordo...) e fatemi sapere che ne pensate... come vi sembra Aegon adesso che è libero di muoversi? Che ve ne pare di come sta evolvendo il rapporto fra lui e Joan? Sono curiosa delle vostra opinioni :) Fino a martedì! Un bacio, Giuls -

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Cersei I ***


Cersei I

Lo sbuffo di Joff le fece digrignare i denti in un modo che era decisamente inappropriato per una leonessa di Castel Granito e per la regina dei Sette regni.

Osservò i suoi figli. Joffrey aveva un occhio nero e violaceo e un labbro gonfio, sapeva bene che il suo addome era costellato di lividi e lei stessa era livida di rabbia nel confronti del piccolo codardo che aveva osato attaccare Joffrey alle spalle.

Una piccola vocina – che suonava sospettosamente come Tyrion – nella sua testa le fece notare che Jaime non si sarebbe mai fatto cogliere di sorpresa nemmeno a sedici anni, e dovette ammettere, quantomeno a se stessa che così era. Ma Jaime era stato un giovane lord, bello, dorato e coraggioso, spesso troppo spericolato per il loro stesso bene, ed era stato il cavaliere della guardia del re più giovane ad essere mai reso tale. Joffrey era un principe. Non avrebbe dovuto nemmeno aver bisogno di alzare la spada, avrebbe dovuto ordinare ad altri di farlo.

Anche se quel grassone, ubriacone di suo marito si era conquistato il trono con il martello da battaglia tra le mani e il sangue del principe drago che scivolava dallo strumento di morte. C'era stato un tempo, molti anni prima, in cui Cersei aveva fantasticato su come sarebbe stato essere regina, sposare l'argentato principe Targaryen tanto bello quanto educato e meraviglioso sia nei tornei che con l'arpa. Jaime che pure era venuto al mondo con lei, era un ottimo combattente, ma un pessimo poeta e non riusciva a tenere in mano uno strumento musicale nemmeno se ne fosse andato della sua vita. Era stata affascinata dall'uomo dal bel sembiante, forte e vigoroso e suo padre le aveva promesso solo il meglio. E cosa c'era di meglio se non il futuro re?

Ma Aerys, quel folle, non aveva voluto affermando che il drago era superiore in tutto al leone e che sarebbe stato svilente per la stirpe del drago unirsi a quella del leone. Alla fine il destino aveva provato che Aerys era un folle e Cersei era destinata ad essere regina.

Oh, sarai regina per un po' serrò la mascella quando il ricordo sorse prepotente nella sua mente, facendosi strada fra i ricordi che aveva con difficoltà allontanato dalla sua coscienza, fino a quando non verrà un'altra regina, più giovane e più bella di te...

“Quella sciocca di Sansa non mi lascia in pace e..” si eclissò dalle lamentele infantili del figlio, come se nemmeno la sua voce stridula potesse distrarla.

...a distruggerti e strapparti tutto ciò che avrai di più caro.

Si morse la lingua, costringendosi a tornare al presente, a dimenticare quella capanna fangosa e puzzolente e quella donna orrenda. Maggy la Rana. Cosa non avrebbe dato per poterla strangolare con le sue stesse mani.

Era stata ingenua e sciocca quel giorno, dichiarando che se solo ci avesse provato l'avrebbe fatta uccidere a Jaime. Si voltò osservando i suoi tre figli, seduti insieme nel carro, le loro tre teste dorate rivolte ciascuna da una parte – quella di Joffrey distorta dalla rabbia, quella di Myrcella rivolta verso il proprio ricamo e Tommen, l'ingenuo Tommen, occupato a leggere il suo libro – sentì il sapore del sangue nella sua bocca.

D'oro saranno le loro corone e d'oro i loro sudari...

Strinse i pugni tanto che le nocche divennero bianche.

“Madre? – pretese Joff – mi stai ascoltando o stai fantasticando? Gli Dèi solo sanno di che fantasia tu debba aver bisogno per sopportare il fetore e gli insulti di mio padre.” commentò apparendo piuttosto soddisfatto dalla sua considerazione arguta.

E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca... chiuse gli occhi il viso distorto e mostruoso di Tyrion le corsero alla mente, i suoi occhi orrendamente diversi e la sua bocca distesa in una piega soddisfatta e maligna, e stringerà finché non sopraggiungerà la morte. Il suo corpo esanime a terra e Tyrion appollaiato sopra di esso come il demone malefico che è, mentre ride... una visione che Cersei aveva cercato di scacciare dalla sua mente per tutta la vita.

D'altronde nonostante l'evidente antipatia che loro padre nutriva verso il suo odioso fratello minore Cersei non avrebbe potuto entrare nel suo solaio e impazientemente reclamare la sua testa solo sulla base della profezia di una vecchia megera. Se Tywin lo avesse scoperto Cersei non avrebbe mai sentito la fine soprattutto perché il loro lord padre aveva insegnato ai suoi figli di diffidare dei santoni e dei falsi profeti. Aveva insegnato loro di diffidare di chiunque non fossero Lannister.

Un insegnamento che Cersei aveva imparato quasi immediatamente.

“Sei sempre così arguto, Joff – constatò con voce velenosa – come stanno le tue ferite?”

Oh, Cersei sapeva benissimo che suo figlio fosse crudele e malvagio. Non lo era appena nato. Era un bambino sempre sorridente, che amava che gli si cantasse. Spesso si era domandata se la sua crudeltà non fosse un prodotto di ciò che lei e Jaime avevano fatto. D'altronde metà dei Targaryen erano impazziti e almeno tre quarti avevano danzato pericolosamente vicino alla linea tra grandezza e pazzia.

“Sto bene. – si finse offeso, gonfiando il petto – se quel codardo non mi avesse attaccato alle spalle non mi avrebbe mai preso alla sprovvista e...”

Alla luce di quanto era successo Cersei si era ostinatamente imputata che Joffrey non fosse mandato a Castel Granito da suo padre, ma Robert era stato inamovile, una volta giunti ad Approdo del re il ragazzo sarebbe dovuto presto partire, gli aveva concesso di presenziare al banchetto e al torneo che si sarebbe tenuto in onore del nuovo Primo Cavaliere prima di partire.

“Ma certo. – soggiunse dolcemente – è stato proprio un codardo.” commentò.

“Joff non è nemmeno stato capace di tenere testa ad Arya che è la più piccola delle sorelle Stark – commentò inacidita Myrcella in un impeto di coraggio che non le era solito, ma che ultimamente cominciava a tradire la sua insofferenza nei confronti del fratello – figurarsi se sarebbe stato in grado di tenere testa a quello lì.”

“Cosa hai detto..?” c'era impazienza e rabbia nel tono di Joffrey e Cersei sapeva di dover correre immediatamente ai ripari. Myrcella stava imparando solo ora a tirare fuori il carattere di una vera leonessa e ciò la rendeva fiera, ma si stava comportando anche da stolta. Un vero leone, un vero re deve essere capace di attendere il momento giusto, di risparmiare le forze per poi poterle scatenare al momento giusto sul proprio nemico. E Myrcella non avrebbe potuto tenere testa a Joffrey, non ancora.

“Myrcella. – richiamò – sei stata impertinente. Scusati con tuo fratello, immediatamente.” ordinò, vide le guance di sua figlia imporporarsi, ma l'imbarazzo non la contenne.

“Perché dovrei? L'ha detto anche lady Joan – rimbrottò – e lo pensano tutti, anche nostro padre.” disse incrociando le braccia al petto e facendo un'espressione che Cersei risconosceva poiché era solita vederla sul proprio viso “Mi fido del giudizio di mio padre sulle questioni di guerra e cavalleresche, tu no, madre?” domandò irriverente.

Cersei dovette trattenere un sorrisetto compiaciuto di fronte alla impertinenza della figlia, ma doveva anche porre un freno alla sua ingenuità. Joff non si sarebbe fatto insultare né avrebbe dimenticato l'onta subita.

“Tuo padre, mio leoncino – commentò – sa certamente molte cose sulla guerra e sulle questioni cavalleresche, ma e questa è la cosa più importante, Joff un giorno sarà re e non è buona educazione né conveniente mancare di rispetto al tuo futuro re. Scusati, adesso.”impose.

Notò come Joff aveva gonfiato il petto in attesa di scuse e per un momento ebbe il terrore che Myrcella non si sarebbe scusata, intestardendosi sulla sua posizione, ma Myrcella era ancora una bambina in verità, così obbedì al tono di rimprovero della madre “Perdonami, fratello. – disse, in tono contrito – mi sono impicciata di questioni che non mi appartengono.”

“Lo hai fatto. – constatò Joff – dovresti essere abbastanza grata da implorare la pietà del tuo futuro re. In ginocchio.”

Cersei si morse l'interno della guancia indispettita “Un vero re, – commentò – quale tu sarai, mio figlio dorato, sa quando è il momento di scatenare la sua furia e quando è il momento di essere misericordioso.”

“Ma io..” tentò Joffrey, ma fu fortunatamente interrotto da suo marito che, sorprendentemente, fece fermare il carro e si sporse verso l'interno, i suoi occhi acquosi nuovamente rossi, ma decisamente più sobri di quanto non fossero stati negli ultimi anni.

“Padre!” scattarono civettuoli i suoi figli. Cersei trattenne a stento la rabbia quando Robert non lanciò nemmeno uno sguardo ai suoi figli – i figli che credeva suoi – e ordinava, bruscamente a Joffrey “Scendi. – lo disse con voce impetuosa – ci fermiamo qui per oggi. Comincerai il tuo addestramento.”

Quella parola Cersei la odiava. Nessuno doveva alzare anche solo un bastone nei confronti dei suoi figli, non c'era bisogno che si sapessero difendere avevano lei e... “Lascialo andare, donna.” si rese conto solo allora che stava trattenendo Joff per un braccio.

“Ti prego, mio amato – tentò – il nostro coraggioso figlio è ancora reduce dallo scontro con quel barbaro vigliacco e..”

“Lascia le tue nenie alle bambinaie, donna. – sbottò Robert con occhi sorprendentemente lucidi – il nostro coraggioso figlio si è fatto sorprendere alle spalle da un ragazzo appena più grande di lui e si è lasciato usare come un fantoccio da addestramento.”

“Solo perché tu non gli hai lasciato elargire la giustizia del re. – rimbrottò – se lo avessi fatto...”

“Niente se! – la sua rabbia era papabile – sai chi era quel ragazzo, Cersei?” domandò retorico, Cersei si morse un labbro.

“Quel ragazzo, Cersei che tu chiami barbaro vigliacco è il figlio di Rhaegar Targaryen. – sibilò – ha vissuto la sua vita in esilio e non circodanto dalla banbagia. Adesso il ragazzo ci è sfuggito e non ho dubbi che presto si muoverà per riprendersi il trono e sarò dannato prima di permettere alla progenie del drago non solo di sopravvivere ma di rimettere le grinfie su quel trono.”

Cersei aprì la bocca, come a fargli notare che se avesse semplicemente giustiziato il ragazzo, come voleva il suo Joff, nulla di tutto questo sarebbe stato necessario.

“Quel ragazzo è cresciuto in esilio – ripeté – rivuole quel trono, vuole vendetta. Per gli Dèi, la vorrei anch'io al suo posto! Quel ragazzo ha fame Cersei, e tu vorresti lasciare nostro figlio adagiato sugli allori? Assolutamente no. Adesso lascialo andare.” ordinò.

Ma fu Joffrey stesso a prendere la decisione, strattonandosi dalla sua presa e uscendo tutto baldanzoso dal carretto. Cersei fece una smorfia mentre osservò padre e figlio – un figlio devoto – andarsene fianco a fianco.

“Ouch. – commentò la voce – che ha fatto quel grassone di Robert? Sembri furiosa.”

“Smettila di fare l'intelligentone. – sbottò senza neanche guardare suo fratello – sono giustamente furiosa. Prima ignora completamente i suoi figli in favore di quegli Stark frigidi. – disse indicando i due che si allontanavano – poi ignora tutti per stare dietro alla bastarda Snow e adesso questo?”

“Non lasciarti sentire chiamarla così – mormorò divertito con i suoi occhi smeraldini che brillavano – se devo essere sincero penso che a Joff faccia bene imparare a usare davvero un arma.”

“Non ha bisogno di armi. – sbottò indispettita – come non ne ho bisogno io.”

“Ma tu, mia cara sorella – le ricordò divertito Jaime baciandole una guancia – tu hai ben altre armi a tua disposizione.”

Lo spintonò lontano “Smettila di fare lo spiritoso. – esclamò inviperita – poi non hai niente da fare tu tranne che infastidire la tua regina?”

Lui si avvicinò e Cersei si sentì mancare il respiro mentre sussurrava, troppo vicino, il fiato contro le sue labbra “Sei incredibilmente sensuale quando sei arrabbiata.”

Sgranò gli occhi e si guardò intorno notando che, fortunatamente, nessuno li stava osservando e che i suoi figli erano altrimenti affaccendati. Lo spintonò di nuovo lontano “Razza di idiota spericolato.” mormorò.

Sbuffò. Robert aveva vinto la ribellione, non aveva dubbi che avrebbe soppresso nel sangue qualunque tentativo di rivendicazione di quel trono. Non capiva proprio perché coinvolgere Joffrey che sarebbe rimasto al sicuro con sua madre e la sua famiglia.

“Sei di pessimo umore – constatò Jaime – pensavo che la partenza della bastarda Snow ti avrebbe rallegrata, invece sei odiosa che mai.” commentò.

“Ma per favore. – chiosò tralice osservando il viso finemente scolpito del fratello, i suoi begli occhi smeraldini che brillavano – non ho mai conosciuto la cagna Stark che ha causato tutto quel subbuglio, ma se era davvero simile alla bastarda Snow non capisco come abbiano fatto due uomini a dilaniare un reame intero per una ragazzina tanto insipida.”

Era fermamente convinta che se Aerys non avesse scelto per Rhaegar quella malaticcia e frigida principessa Martell, ma lei suo marito, il principe Rhaegar non avrebbe nemmeno avuto bisogno di guardare quell'insipida cagna Stark a quello stramaledetto torneo.

Una vocina impietosa le fece notare che, però, se Rhaegar aveva preferito Lyanna ad Elia, era pur vero che pur avendola suo marito aveva comunque sempre amato Lyanna. Non avrebbe mai dimenticato lo schiaffo che era stato quella notte, la sua notte di nozze, sentire suo marito – il forte, fulgido e conquistatore Robert Baratheon – giacere o provarci con lei ansimando il nome di un'altra donna. Quella donna era un fantasma da oltre sedici anni e ancora tornava a farsi beffe di lei.

La bastarda Snow aveva attirato suo marito certamente per la somiglianza con la sua amata Lyanna, una scomoda presenza che Cersei aveva a malapena tollerato.

Jaime fece un verso ma rimase altrimenti in silenzio.

“Conosco quella faccia. – commentò indispettita – cosa ti disturba?”

“La ragazza Snow. – chiosò lui – lei non assomigliava a lady Lyanna.” Cersei sollevò le sopracciglia incredula, ma Jaime sembrava piuttosto turbato da quanto le stava dicendo “Insomma sì, ha i colori degli Stark quello è certo. Anche quel viso lungo e appuntito, però... non lo so, c'è qualcosa in lei che è più... soffice, qualcosa che mi ricorda la regina Rhaella.”

“La regina Rhaella? – domandò incredula – la madre di Rhaegar? Devi essere impazzito, Ned Stark non avrebbe mai potuto mettere un figlio nel grembo di Rhaella Targaryen soprattutto considerato che durante la ribellione era già incinta.”

Jaime scosse la testa “Hai ragione. Probabilmente mi sono confuso.”

“Certamente ti sei confuso, vorrai dire. – sbottò lei – ora va, ho da fare.” lo scacciò con un gesto delle mani e Jaime nonostante mimasse qualcosa con le labbra obbedì.

Socchiuse gli occhi cercando di riportare alla mente l'aspetto della regina Rhaella, per quel poco che se ne ricordava. Era una bellissima donna, rammentava, ma estremamente triste, con occhi grandi e oscurati nonostante fossero un lilla chiaro, aveva un che di dolce nella sua espressione nonostante tutto ciò che aveva subìto. Ma, che ne andasse della sua vita, Cersei non riusciva a notare alcuna somiglianza fra la regina Rhaella e la ragazza Snow.
 


Eccoci a fine capitolo, devo ammettere che ho trovato un po' difficile scrivere questo Cersei I quando sono ancora in viaggio, ma prometto che il Cersei II, che avrà luogo ad Approdo del Re sarà più introspettivo e più la Cersei che tutti amiamo o odiamo con passione. Quindi consideriamo questo capitoletto come una sorta di interludio, ok? :) Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre, che mi fa molto piacere :D Alla prossima settimana! Un bacio, Giuls -- 

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Capitolo 18
*** Samwell I ***


Ciao a tutti! Eccoci che un nuovo capitolo, dal punto di vista di Sam questa volta. Spero che vi piaccia! Come al solito, se vi va, fatemi sapere che ne pensate.

Samwell I

Osservò con occhio attento, ma timido mentre i due reali si congedevano da una delle loro guadie più fidate. Ser Barristan il Valoroso li aveva accompagnati sino a Porto Bianco, ma non li avrebbe potuti seguire perché avrebbe destato troppi sospetti.

L'uomo stesso, sebbene avesse accettato quella semplice verità, sembrava terribilmente infastidito e, dopo una settimana insieme ai due reali Samwell poteva comprendere bene la motivazione. Le dinamiche erano abbastanza evidenti in quel piccolo gruppo.

La principessa Visenya era la persona più amata e difesa tra di loro – considerata come una sorella da lady Arya Stark di Grande Inverno, amata profondamente ed era parecchio evidente da fratello maggiore, con la devozione costante di tutte le guardie del nord e del loro capitano, ser Arthur Dayne, la Spada dell'Alba. – lady Arya aveva fatto affezionare tutti a lei con i suoi modi da maschiaccio che facilmente conquistavano data la sua giovane età. Ma ser Barristan quando guardava i due reali... aveva un'espressione così piena di dolore e angoscia che sembrava quasi un padre costretto a separarsi dai suoi figli.

Il cavaliere abbassò il capo incappucciato per non dare nell'occhio e baciò la mano della principessa Visenya in segno di congedo; strinse il braccio del re in una presa affettuosa per poi allontanarsi con uno sguardo determinato ma che sembrava tradire la morte nel cuore.

Samwell abbassò lo sguardo quando notò le lacrime che riempivano gli occhi del cavaliere. Li rialzò solo per notare la principessa Visenya che aggiustava il cappuccio sul capo di lady Arya sotto lo sguardo attento e adorante del re.

Si avvicinarono, ser Arthur e le altre guardie avevano già caricato i bagagli sulla nave che avrebbero preso e che li avrebbe condotti fino a Dorne. Samwell osservò il re mentre conduceva sorella e cugina sulla rampa e sulla nave, al sicuro. Samwell non avrebbe saputo dire cosa l'avesse convinto a restare. Non lo avevano minacciato, e dubitava che la principessa Visenya avrebbe acconsentito ad una morte inutile e gratuita come sarebbe stata la sua in quel frangente.

Forse era stato il modo gentile in cui si era posta a conquistarlo, ma la verità era solo che gli aveva ricordato Talla, la sua amata sorella. Avevano lo stesso atteggiamento gentile e pacato, tranquillo e pacifico e Samwell si era sentito connesso alla principessa da quel filo sottile che era il ricordo che in lui scaturiva della sorella.

Lord Manderly li aveva attesi appena fuori Porto Bianco come aveva concordato con Ned Stark e aveva fornito loro la nave per raggiungere Lancia del Sole al più presto. Era stato un incontro tralice ed era stato chiaro che il lord del nord stava compiendo quel gesto non tanto per il legittimo re, ma per la principessa, la figlia di Lyanna Stark che l'aveva sentito chiamare il lupo bianco in onore di Spettro, la meta-lupa che non lasciava il suo fianco ovunque andasse.

Spettro non era granché differente dagli altri animali da compagnia, se uno era disposto a ignorare la sua stazza decisamente esagerata per un cane-lupo della sua età, e il suo aspetto peculiare. Senza contare che era – letteralmente – una macchina mangiauomini e Sam era abbastanza certo che avesse almeno pensato in un primo momento di mangiarselo per cena quando, per puro caso, aveva innavertitamente fatto il suo ingresso a sorpresa nel loro accampamento. Quella bestia feroce gli metteva i brividi, specialmente considerato quanto sileziosa fosse.

Li seguì sulla nave in silenzio, cercando di non dare nell'occhio nonostante la sua sempre perenne goffaggine.

Quando la nave salpò, sia lady Arya che la principessa rimasero a lungo ferme sul ponte ad osservare il porto che si allontava, abbracciate.

“Non ci siamo mai allontanate così tanto da casa – sussurrò lady Arya – sei sicura che abbiamo fatto bene? Robb ci avrebbe aiutate.”

“Robb ci avrebbe aiutate – confermò la principessa Visenya – ma almeno così i nostri fratelli e nostra sorella possono ancora ottenere, nel caso fossimo scoperti, la misericordia del re, affermando che erano ignoranti di tutta la faccenda.” spiegò “e poi Aegon deve rientrare a Lancia del Sole. – aggiunse – non si sarebbe mai dovuto allontanare, ci ha rischiato il collo.”

“Ma ha guadagnato una sorella che non sapeva di avere – le fece notare lady Arya facendo una strana smorfia con le sopracciglia – e una regione intera dei sette regni perché se nostro padre ti ha affidata a lui significa che ha giurato fedeltà.”

La principessa Visenya annuì “Eppure poteva rischiare la vita.” constatò.

Lady Arya roteò gli occhi al cielo divertita “Quando smetterai di fare la mamma chioccia, Joan? – le domandò scuotendo la testa – Aegon è il tuo fratello maggiore e...”

“Questo non significa che non mi debba preoccupare per lui. – la interruppe la principessa – è comunque mio fratello, l'unico che mi resta del mio padre naturale. Non è qualcosa che posso ignorare.”

“No, suppongo di no. Visenya Targaryen.” la canzonò la ragazzina muovendosi in modo alquanto ridicolo, ma strappando una sorriso alle labbra della principessa.

Lady Arya fece un abbozzo di un inchino, sebbene assomigliasse più ad una parodia di una riverenza, e la principessa fece una riverenza tutta sua decisamente più elegante, ma con un sorriso dolce e divertito.

Fu colto da un impeto di nausea e si sporse dalla nave per vomitare. Non era mai salito su una nave prima e si sentiva decisamente male.

“Allora Samwell Tarly – la voce del re lo fece sobbalzare, si voltò e fece un mezzo inchino “Maestà!” pulendosi le labbra con la manica – ti sei già pentito di aver abbandonato il tuo programma di unirti ai Guardiani della Notte?” domandò scherzoso e in quel momento Samwell si ricordò che, dopotutto, il re era solo un ragazzo, appena qualche anno più grande di lui, con il peso del mondo sulle spalle.

“Un po'” commentò onestamente, riferendosi alla nausea. Il re gli diede una pacca sulle spalle, una pacca poderosa, ma amichevole.

“Troverai le tue gambe da mare, lord Tarly – promise – e vedrai Lancia del Sole. È un gran bel posto.” commentò.

“Se lo dici tu, Vostra Grazia, dovrò fidarmi. Non avevo mai lasciato Collina del Corno prima.” ammise.

“Accidenti, – considerò il re – ed eri disposto a prendere il nero e rinunciare a tutto per quel posto glaciale? Niente moglie, niente figli, solo ghiaccio e bruti?”

Samwell si scrollò nelle spalle “Non sono molto coraggioso, Maestà. – ammise – anzi, sono un codardo. Mio padre mi aveva dato una scelta, – confessò – il nero o morire. Se fossi stato uomo, mi disse, avrei scelto la morte.”

“Mi ritieni meno uomo, Samwell Tarly, solo perché sono fuggito dall'accampamento dell'Usurpatore, invece che sfidarlo a duello?” domandò il giovane re dopo qualche attimo in cui l'aveva studiato evidentemente sovrappensiero.

“Io... no Maestà. – assicurò balbettando – Vostra Grazia, eravate solo con una sorella da difendere e in mezzo ai nemici. Nessuno sano di mente avrebbe sfidato a duello Robert Baratheon senza un piano di contigenza.” mormorò.

Aegon allungò lo sguardo verso la sorella “Ero pronto a farlo, sai? – domandò retorico – ero pronto a giocarmi il tutto e per tutto, conscio che se anche avessi ucciso Robert Baratheon ciò non mi assicurava che ne sarei uscito con la mia vita intatta. Ma ero disposto a farlo, per vendicare mio padre, mia madre e mia sorella.”

Samwell studiò l'espressione sul suo viso mentre osservava la sorella che rideva con la cugina mentre quella le faceva vedere i movimenti di gambe che ser Arthur le aveva insegnato in quei giorni, tradendo di essere completamente a suo agio anche sul ponte di una nave. I suoi occhi brillavano ed erano addolciti mentre le sue labbra si inarcavano in un sorriso.

“Ed ero disposto a farlo anche dopo che avevo scoperto di lei, d'altronde lei era al sicuro e senza di me che muovevo verso il trono avrebbe vissuto in pace il resto del suo giorni.” aggiunse.

“Cosa ti ha fatto cambiare idea, Maestà?”

Lui si scrollò nelle spalle “L'amore. – disse, come se fosse la cosa più ovvia dell'universo – non sono mai appartenuto davvero a nessuno, prima di lei. Non avevo amici, l'uomo che mi ha cresciuto un bugiardo ormai strappato alla mia vita dal morbo grigio, degli zii estraniati con cugine ostili. La mia intera, vera famiglia, morta. Però poi mi sono affezionato a lei e lei a me, e... l'idea di lasciarla sola a questo mondo mi era insopportabile, l'idea di andarmene senza averla vissuta ancora più inconcepibile.”

Il re prese un lungo respiro “Dove voglio arrivare è che – disse, voltandosi e fissandolo con quei suoi occhi viola che con la tintura nera fra i capelli apparivano quasi blu – non c'è niente di svilente nel decidere di vivere oggi per combattere domani.” commentò.

Samwell annuì “E poi, – soggiunse il re – mia sorella non avrebbe il suo attendente personale se non avessi lasciato Collina del Corno.”

Samwell fece un sorriso a quella considerazione “Sarà una buona regina. – commentò – è buona.”

“Lo è. – assentì il re – è una delle ragioni che mi ha avvicinato a lei prima ancora di scoprire che fosse mia sorella in sangue.”

Samwell ascoltò rapito la storia che il re stava intessendo, domandandosi distrattamente se avesse ereditato dal padre il dono da cantastorie che tutti ricordavano del principe drago.

“Quando sono arrivato a Grande Inverno ero reduce da un incontro ravvicinato con il re – raccontò – non dovevo aver un bell'aspetto. Avevo un occhio gonfio che avrei rischiato di perdere e la schiena era tutta un livido. Lei se ne accorse e di nascosto la mattina dopo il mio arrivo è venuta dove mi tenevano prigioniero e ha curato le mie ferite. Neanche mi conosceva, avrei potuto essere un assassino per quanto ne sapeva ma mi ha aiutato lo stesso.”

“La principessa Visenya ha un cuore d'oro.” notò Samwell annuendo e il re fece un sorriso.

“Sì. – annuì – ti sto affidando gran parte della sua vita, lord Tarly” gli fece notare “spero che tu sia più capace con quella mente che mi hai promesso che a difendere la Barriera dai Bruti.” il suo tono non era minaccioso di per sé, ma era evidente che se Visenya era tanto buona da sfiorare l'ingenuità Aegon non lo era. Era comunque tendente a concedere la propria fiducia a chi ritenesse opportuno, ma non era cieco a quelli che potevano essere i doppi fini e doppi giochi di coloro che lo avvicinavano. Samwell abbassò il capo contrito.

“Forse l'unica cosa che ho, mio re, è la mia mente. Anche se mi fossi unito ai Guardiani della Notte avrei comunque chiesto un permesso per studiare alla Cittadella e diventare il futuro Maestro di Castello Nero. O di qualunque altro castello sulla Barriera. – ammise – la mia mente è al tuo servizio, Maestà.”

Il re annuì “Molto bene, dunque. – asserì – mi fido di te, Samwell Tarly. Ha conquistato la fiducia di mia sorella e la mia, vedi di non tradirci. Un drago non perdona e un drago non dimentica.” recitò, prima di dargli un'altra sonora pacca sulla spalla prima di allontanarsi da lui e avvicinarsi piuttosto alla sorella che era stata lasciata da sola da lady Arya che si era accoccolata accanto al lupo bianco della sorella, mentre si rigirava fra le mani la spada sottile che aveva sempre al fianco.

Samwell li osservò mentre la principessa scrutava l'orizzonte evidentemente preoccupata da ciò che li attendeva in futuro. Non osò avvicinarsi di più per non rompere quel momento di intimità. Sarebbero state lunghe settimane – quasi un ciclo di luna completo – prima che raggiungessero Dorne e Lancia del Sole e Samwell si domandò se, in quel periodo avrebbe davvero potuto comprendere il mistero per cui gli Dèi avessero deciso di far sopravvivere fra tutti della precedente dinastia regnante quei due figli di Rhaegar, domandandosi se non fosse tempo che i Sette regni fossero governati da un uomo onorevole. Il principe drago era un uomo onorevole, ragazzi, aveva sempre ripetuto loro padre, non fatevi ingannare dalle menzogne e fellonie che ci proprina questo re ubriacone. Rhaegar aveva onore, è per questo che è morto. E da una donna buona. Non c'erano dubbi nella sua mente che il re intendesse sposare la sorella, insomma, il suo alto valyriano non era in perfetta forma, ma aveva compreso perfettamente cosa il re avesse detto alla sorella il giorno in cui si era unito a loro e tutti i seguenti, tessendone le lodi nonostante lei non comprendesse quanto lui le stesse dicendo, evidentemente ignorante di alto valyriano.

“Lord Tarly – Samwell quasi fece un salto voltandosi verso la fonte della voce “Mia principessa” salutò con una riverenza. Lei sorrise – per favore, siediti con me.” suggerì, indicando il posto alla finestra della piccola cabina che occupava assieme alla cugina.

Lady Arya non era in vista e la meta-lupa era appisolata ai piedi del divanetto sul quale era seduta la principessa, respirando sonoramente. Nelle ultime tre settimane di viaggio era cresciuta sorprendentemente, tanto che arrivava ormai al fianco della sua padrona ed era alta quasi quanto lady Arya, con fauci imponenti e spaventose e occhi rossi grandi quasi quanto un suo pugno.

Nemmeno il re era presente anche se l'aveva fermato qualche ora prima per chiedergli di occuparsi di trovare la sarta che li stava accompagnando in quel viaggio porgendogli una sacca di monete e chiedendogli che lei si assicurasse di trovare – non gli interessava dove – della stoffa rossa e nera per confezionare un abito coi colori Targaryen per la sorella. Era un messaggio chiaro al resto della sua famiglia: così l'avrebbe dichiarata parte della sua dinastia e avrebbe reso chiaro che chiunque si fosse mosso contro di lei avrebbe subito la sua furia. Una mossa intelligente e Samwell aveva dovuto sopportare le lagne della sarta mentre si lamentava di non sapere dove trovare tutta la stoffa nera per confezionare l'abito dal momento che con l'unica stoffa rossa che aveva poteva solo cucire dei dettagli e non l'intero abito. Samwell aveva finito con il porgerle alcuni abiti che aveva preparato per la Barriera affinché potesse utilizzarne la stoffa. Erano neri, quindi perfetti. Anche se la donna avrebbe avuto il suo bel daffare tra cucire e scucire in tempo prima che arrivassero a Dorne.

La principessa aveva un tomo fra le dita, un libro illustrato che parlava della conquista. Era stato un dono che le aveva fatto suo fratello quando si era attardato, poco prima di partire nel mercato di Porto bianco. Era stato sorpreso che a Nord ancora vendessero libri sulla dinastia Targaryen ma aveva scoperto che il venditore possedeva quel libro da decenni e nessuno aveva voluto comprarlo. Era stato un segno, aveva detto il re, e Samwell era d'accordo.

“Tu conosci qualche parola di alto valyriano, lord Tarly?” domandò evidentemente imbarazzata “Ecco... Aegon parla spesso in alto valyriano, aveva promesso di insegnarmi, ma non ne ha ancora avuto il tempo e... vorrei sorprenderlo, fargli vedere che la sua sorellina ineducata è quantomeno di buona volontà e non lo farà sfigurare coi parenti.”

“Il re non si vergognerebbe mai di voi, principessa. – la rassicurò – vostro fratello vi ama.” non specificò in quale modo, ma le gote della principessa si tinsero e lei evitò il suo sguardo per un momento.

“Per adesso. – lo corresse guardando il mare – siamo stati solo noi due e un gruppo di gente fedele a me, da quando ci siamo conosciuti, adesso sto entrando nel suo mondo e non mi sento per niente adatta. E se, rientrando nel suo mondo si rendesse conto che non ho il valore che serve per essere una principessa dei sette regni?”

“Vostra altezza, tu sei nata una principessa dei sette regni. – le disse dolcemente – tu sei di diritto la principessa di Sala dell'Estate, – le ricordò – e vostro fratello non vi fa una colpa della educazione che avete ricevuto evidentemente non all'altezza, considerato che vi ha permesso di rimanere in vita nascondendovi come bastarda di vostro zio.”

Una luce avvampò nei suoi occhi “Mi aiuterete o no, lord Tarly?”i suoi occhi brillavano quasi violetti e intensamente e Samwell abbassò il capo.

“Perdonami, principessa. – si scusò – se ti piace posso insegnarti qualche parola e un po' di grammatica, ma non sono tanto versato nella lingua quanto il re.”

Lei sorrise “Non ho detto che voglio essere fluente in alto valyriano come Aegon – lo rassicurò – mi ci vorranno anni per raggiungere il suo livello. Ma qualche parola o frasetta la posso imparare tranquillamente. Quel poco che ricordo del valyriano è parecchio arrugginito, Maestro Luwin ci ha insegnato giusto qualche base prima che fossi allontanata dalle lezioni.”

Lei voltò il libro porgendoglielo e indicando un'iscrizione sotto una figura nella quale era rappresentato Aegon il Conquistatore con una delle sue mogli, Rhaenys. Lei picchiettò sull'iscrizione.

“Cosa significa questa parola? – domandò – se la memoria non m'inganna è una parola che Aegon ripete spesso ma non so cosa significhi.”

“C'è scritto – le disse – che questi è Aegon il Conquistatore, cavaliere di Baelor il Terrore Nero con Rhaenys la sua seconda moglie e sorella minore – spiegò – la sua gioia. Questa parola, kirimves significa quello, significa gioia.”

“Quindi nuna kirimves significherebbe?” lo spronò lei, certamente ricordando il soprannome che il fratello usava per lei.

mia gioia, – confermò – vedi perché dico che il re ti ama e non potrebbe mai vergognarsi di te, Vostra Altezza?”

“E poi – domandò una terza voce – perché mai dovrei?”

Samwell fece un salto, scattando in piedi e piegandosi in un inchino “Maestà”, Visenya abbassò lo sguardo sulle sue mani in grembo. Il re si avvicinò con passi decisi ma lenti, cadendo in ginocchio davanti alla sorella e posando una mano sulle sue congiunte in grembo.

“Parlami, kirimves – mormorò – se hai delle preoccupazioni come faccio ad aiutarti se non le condividi con me?” le domandò.

Lei esalò un respiro tremulo, aveva gli occhi lucidi di emozione e lacrime “E' ovvio che sono preoccupata, Egg. – sussurrò – tutta la vita ho vissuto a Grande Inverno, convinta che la massima cosa che potessi aspettarmi dalla mia vita era che mio zio mi assicurasse un matrimonio, magari con un lord minore e badare al suo piccolo possedimento.”

Il re fece una smorfia, ma rimase in silenzio ad ascoltarla “Non avrei mai immaginato di scoprire di essere una principessa – aggiunse lei abbassando lo sguardo – insomma non sono pronta, non ne ho l'educazione. E andava tutto bene finché eravamo a nord, dove tutti mi accettano solo per il sangue di mia madre, ma per il resto del mondo non offrirà la medesima protezione. E se non fossi all'altezza? Insomma, ci conosciamo da quasi due mesi e ho scoperto di non essere figlia dell'uomo che mi ha cresciuta, di essere una principessa, che a migliaia sono morti nella guerra scatenata dai miei e sono diventata improvvisamente la principessa dei Sette regni e di Sala dell'Estate.”

Il re sospirò “Kirimves, guardami – le chiese in tono supplice. Lei obbedì e Samwell si sentì improvvisamente di troppo e comunque incapace di staccare lo sguardo dal momento storico che si stava profilando – hai la lealtà di ser Arthur Dayne e di ser Barristan il Valoroso. – le ricordò – hai la mia lealtà e il mio amore. Hai il tuo carattere, saranno più che sufficienti per essere una perfetta principessa di Sala dell'Estate e dei Sette regni. Tutto il resto lo puoi imparare e ci sarò io con te per guidarti finché non sarà il tuo turno di guidare me.” le promise “Non ti abbandonerò, kirimves.” giurò.

“Non intendevo dire che lo faresti. – sussurrò lei – solo che capirei se resteresti deluso e...” piccole lacrime scesero lungo le sue guance e il re le catturò con un pollice.

“Ti prego, kirimves – sussurrò – sei già più di quanto sognassi. Avevo perso ogni speranza di avere una famiglia vera. E adesso ho te. Non ho bisogno di altro.”

“Vallo a dire alla donna che sposerai – scherzò la principessa – dubito che le farà piacere sapere una cosa simile.”

Il re fece una smorfia “Non devi preoccupartene adesso – commentò – e poi non dovrò spiegazioni ad alcuna moglie.”

“Che intendi dire?, – domandò spiazzata lei – non puoi certo non sposarti e non avere eredi. Il trono avrà bisogno del suo erede.” commentò lei.

“Non te ne preoccupare adesso, kirimves – mormorò baciandole le nocche – i tuoi eredi saranno i miei eredi.”

Lei corrugò le sopracciglia, ma preferì evidentemente lasciar cadere il discorso, convinta certamente di star leggendo sin troppo nella sua frase.

Samwell allora si congedò, ma nelle settimane successive insegnò qualche parola alla principessa di alto valyriano e non si sorprese nel comprendere che le veniva quasi naturale come respirare parlare l'antica lingua della sua famiglia. E, mano a mano che si avvicinava Dorne il re diventava più impaziente e a suo agio, lady Arya più esaltata all'idea di poter incontrare le famose Serpi delle Sabbie, ma sia ser Arthur che la principessa; invece, sembravano piuttosto pensierosi e silenziosi.

La principessa era comprensibilmente preoccupata che sarebbe potuto succedere qualcosa di gravoso fra le due famiglie: aveva il terrore che i dorniani non la accettassero tra le loro fila, così come ser Arthur era certamente preoccupato del suo rientro in patria dopo quasi vent'anni che era stato creduto morto.

Il re aveva scritto agli zii da Porto Bianco avvisandoli del suo ritorno, senza tuttavia specificare la presenza della sorella convinto che una tale notizia era più consona se data in privato e di persona e non fidandosi del fatto che il corvo non fosse intercettato. Per Samwell era stata un'arma a doppio taglio. Il re si era tolto dai capelli la tintura nera e adesso mostrava orgogliosamente la sua chioma argentata e gli occhi d'ametista, indossava un farsetto nero che aveva commissionato alla sarta e aveva recuperato un mantello azzurro chiaro che aveva di scorta come parte dell'armatura nordica facendolo tingere di rosso, aveva suggerito a Visenya di indossare l'abito nero e rosso affinché fosse immediatamente chiaro a chi di dovere che era sotto la sua protezione. Un carro li aveva attesi, all'alba, al porto e sia il re che la principessa che lady Arya vi erano saliti mentre Samwell avrebbe dovuto occuparsi che tutti gli averi fossero recapitati a palazzo insieme al resto della guardia reale, mentre solo ser Arthur aveva seguito i reali a cavallo.

Quando l'ultima cassa fu finalmente scaricata Samwell si trovò faccia a faccia con una ragazza dalla bellezza estrema, con lunghi crini corvini, grandi occhi scuri circondati da una linea spessa e intensa di kohl nero, labbra polpose e tinte di rosso e con indosso abiti decisamente succinti che si aggirava fra le casse con sguardo annoiato.

“Ah. – commentò notandolo e lanciandogli un sorriso lascivo – tu devi essere l'attendente.” spiccò un balzo sulla cassa, si lasciò cadere sinuosa come un gatto a gambe incrociate e sorrise amichevole.

“Samwell Tarly – confermò – al tuo servizio mia signora.” si presentò educatamente.

“Più che altro al servizio di mio cugino. – specificò lei – non so perché Egg si sia portato tutta questa robaccia dal continente, era partito di nascosto. Il mio nome è Nymeria Sand, sono la figlia del principe Oberyn Martell.” spiegò “Sono qui per scortarti fino a palazzo.”

Probabilmente aveva qualche anno più di lui, ragionò Samwell e sebbene il suo aspetto fosse delicato e gentile non dubitava che fosse tanto letale quanto le storie facevano presagire. “Davvero?” domandò incredulo.

“No.” fece spicciola lei, balzando giù dalla cassa “ero solo curiosa.” soggiunse avvicinandosi e osservandolo con un sorrisetto sardonico e sensuale. I suoi abiti lilla svolazzarono al vento, mostrando parte del ventre piatto e tonico e delle gambe atletiche.

Nymeria si umettò le labbra “Ti piace guardarmi, Samwell Tarly o ti piace guardare tutte le donne?” domandò in tono sensuale facendogli imporpora le guance e facendogli prendere un passo indietro, lei rise, una risata tintinnante “Oh non sono una lady delle vostre corti impomatate, lord Tarly – mormorò – non sono per niente offesa. Seguimi ti condurrò a palazzo.”

Samwell la seguì, mentre il resto delle guardie scortava le casse con i possedimenti della principessa e di lady Arya.

Nymeria Sand lo condusse attraverso il mercato appena sveglio e fino a palazzo, attraverso cortili enormi, pieni di fiori e con delle gigantesche piscine – i Giardini dell'Acqua realizzò Samwell – con incedere sicuro gli fece attraversare il sentiero pavimentato conducendolo attraverso il palazzo.

Quando finalmente riuscì a vedere il re e la principessa notò con disappunto che le spalle di quest'ultima erano abbassate e la sua posizione aveva un che di contrito, mentre lady Arya sembrava tutt'altro che felice; le spalle del re erano invece rigide mentre parlava in tono autoritario: “...E dunque spero che...”

Ma era la faccia del principe, seduto sulla sua sedia, a sconvolgerlo: sembrava avesse visto un fantasma e come se volesse vomitare assieme, lady Nymeria al suo fianco parve notare altrettanto e con un balzo lasciò il suo fianco, superando il cugino e raggiungendo lo zio, lanciando uno sguardo alla sua guardia –un imponente uomo di colore – che aveva la lancia imbracciata e un'espressione tutt'altro che amichevole sul volto.

Samwell vide il momento preciso in cui Nymeria posò lo sguardo sulla principessa. I suoi occhi da che erano spaventati e preoccupati divennero di ghiaccio e tempesta, agì con una velocità quasi impossibile da seguire scagliandosi giù dal baldacchino sopraelevato sotto cui sedeva il principe Doran, estrasse un pugnale dalle sue vesti laciandosi contro la principessa. Samwell fu costretto ad osservare impotente mentre la principessa Visenya spalancava gli occhi e allungava una mano a difesa del viso, fermando la lama con il pomo della mano aperto, ma il pugnale era più lungo di qualsiasi altra lama Samwell avesse mai visto che non fosse una spada e per difendere il capo della sorella il re le si era portato dietro e aveva avvolto un braccio con fare protettivo attorno alla sua testa; la lama del pugnale si conficcò della sua carne e per un momento tutti trattennero il respiro.

Lady Arya fu la prima a riprendersi e con un urlo di battaglia si scagliò contro lady Nymeria, ma quella la trattenne facilmente, spingendola lontano dalla sua portata; improvvisamente Sam sentì freddo e notò al suo fianco Spettro – Spettro che era sparita un momento dopo lo sbarco – con il pelo candido ritto, gli occhi sanguigni fissi sulla sua preda e le fauci digrignate. Ma prima che Spettro potesse attaccare una spada si posò sul collo di lady Nym.

“Fatti da parte.” ordinò in tono autoritario ser Arthur i suoi occhi indaco che brillavano minacciosi “Fatti da parte se non vuoi morire.” ripeté in tono caustico, ma la ragazza gli lanciò uno sguardo affettato.

“Razza di bastardo traditore! – esclamò furiosa – mia zia si fidava di te! E tu scegli la puttana Stark?”

Samwell per poco non perse il respiro quando Aegon ordinò, in tono perentorio “Spettro. Attacca.”

La metalupa non parve aver bisogno di farselo ripetere due volte, obbendendo immediatamente all'ordine impartito, si lanciò contro la dorniana azzannandola al braccio teso. Quella sconvolta sia dalla presenza di quella creatura – che non aveva notato – che dal dolore lasciò la presa. Urlando.

“Spettro! A me!” la voce della principessa era tremula, ma lei obbedì immediatamente all'ordine della sua padrona, lasciando andare il braccio, le fauci sporche di sangue mentre lentamente si portava al fianco della padrona mentre le guardie si avvicinavano con fare protettivo a lady Nymeria.

Era una situazione di stallo, ser Arthur sfoderò anche l'altra spada e si portò in posizione difensiva di fronte ai reali.

“... possano essere accolte a Lancia del Sole in mio nome.” concluse Aegon con un respiro, prima di voltarsi verso la sorella e poi la cugina.

“Nymeria! – tuonò – il pugnale, dammelo. Adesso.” ordinò, quando quella scosse la testa Aegon prese un passo verso la cugina e glielo strappò dalle dita lanciando uno sguardo di sfida alle guardie dello zio.

Aegon lo ispezionò assicurandosi che non vi fosse applicato sopra alcun veleno, Samwell non avrebbe saputo dire come lo potesse comprendere, ma presumibilmente lo zio gli aveva insegnato i segreti dei veleni che potessero aiutarlo a distinguere quale veleno potesse essere stato usato contro di lui.

“Adesso basta!” tuonò il principe Doran tirandosi faticosamente in piedi dalla sua sedia “State indietro!” ordinò alle guardie che obbedirono all'istante.

“Ma zio..” provò ingenuamente Nymeria, gli occhi dello zio sfavillarono quando si fermarono su di lei.

“Zitta, Nymeria.” sbottò “Qualcuno vada a chiamare il Maestro. – ordinò – Deve curare le ferite del re e della principessa.” precisò in tono autoritario “Maestà perdona mia nipote, ha agito d'impulso. – esclamò rivolto al nipote – non sapeva quello che faceva. Sia tu che tua sorella e la di lei famiglia siete i benvenuti a Lancia del Sole e sotto la protezione di Casa Martell.” giurò in tono solenne.

“Non è a me che devi porgere le tue scuse, zio. – replicò secco Aegon, ignorando l'uomo e prendendo la mano tremante della sorella nelle sue – ma alla principessa Visenya.”

Doran fece una smorfia che a Samwell ricordò l'espressione di Talla quando aveva assaggiato il limone per la prima volta. “Ti chiedo perdono, Altezza. – mormorò – mia nipote ha agito d'istinto e sarà punita per il suo errore.”

Visenya annuì tremula, mentre il fratello si portava la mano non ferita alle labbra per poi avvolgere una mano alla sua nuca e posarle un bacio sulla fronte.

“Mi hai fatto chiamare, mio principe?” il Maestro era un uomo magrolino e abbronzato con occhi verdastri “Oh Maestà! È un onore rivederti fra noi, ma... siete ferito?!” esclamò prendendo un passo nei confronti del re.

Il sovrano alzò una mano “Sto bene. – assicurò – mia sorella ha però necessità delle tue cure, Maestro Vallart.” spiegò, gli occhi del Maestro si puntarono sulla principessa.

“Tua sorella Maestà?”

“Visenya della Case Targaryen e Stark – specificò – so che voi Maestri della cittadella avete registrato il secondo matrimonio di mio padre con la lady Lyanna Stark. Visenya è loro figlia, nata qui a Dorne alla Torre di Gioia, sedici anni fa.”

“Sono onorato di fare la tua conoscenza, Altezza. – professò il Maestro facendo un profondo inchino – se vuoi seguirmi possiamo curare quella ferita.”

Ma la principessa Joan non pareva dell'umore di separarsi dal fratello, Samwell si domandò se era così che dovevano essere apparsi i conquistatori vedendo Aegon avvolgere un braccio attorno alla vita della sorella minore proprio come il suo predecessore doveva aver fatto con le mogli, entrambi con indosso i colori della loro casata. La principessa non era stata felice di non poter indossare anche i colori di Casa Stark, ma Aegon le aveva spiegato come fosse fondamentale che i Martell la considerassero parte di Casa Targaryen e Visenya aveva risposto avvolgendo Arya nei colori di Casa Stark, non le interessava – aveva detto – se potesse considerarsi un affronto a Casa Martell, lei avrebbe indossato i colori Targaryen perché era una Targaryen, ma Arya era una Stark e aveva tutti i diritti di rendere omaggio alla sua famiglia. Aegon non aveva discusso sull'argomento, preferendo non attaccar battaglia ogni singola volta che erano in disaccordo su qualcosa; soprattutto quando non si trattava di qualcosa di particolarmente grave.

“Io non ti lascio” soffiò la principessa in un tono che non ammetteva repliche “E poi, sei più ferito tu di me, se qualcuno deve andare con il Maestro questo saresti proprio...” le parole le morirono in gola quando Aegon le presse un bacio su una guancia.

“Va con Maestro Vallart, kirimves – le disse, in un tono gentile, ma autoritario – ti prometto che raggiungerò presto. Arya e Arthur verranno con te” ordinò e il cavaliere rinfoderò le sue due spade annuendo al proprio sovrano. Arya provò a protestare, ma uno sguardo da parte di Aegon la fece tacere.

“Come vuoi.” mormorò sconfitta Visenya, Aegon sorrise e si portò le sue mani alle labbra, baciandone le nocche senza mai staccarle gli occhi di dosso.

“Grazie, kirimves.” sussurrò il re contro la sua pelle “Ti raggiungerò presto. – promise per poi rivolgersi allo zio – mia sorella sarà ospitata negli alloggi adiacenti i miei. Sua cugina in quelli al suo fianco. Porta Spettro con te, kirimves.” lasciò andare le sue mani, accovacciandosi per dare una carezza alla metalupa.

“Tienila al sicuro – ordinò all'animale – proteggila per me.” la metalupa ricambiò il suo sguardo con uno proprio e intelligente, Aegon annuì e si tirò in piedi “Và, adesso, jorraelagon.”

Visenya prese una mano di Arya nella sua non ferita e si strinse quella insanguinata davanti al cuore “Ti prego, Altezza – mormorò il Maestro facendo un profondo inchino – seguimi.”

Visenya e Arya lo seguirono in silenzio accompagnate da Spettro e da ser Arthur, ma prima di allontanarsi del tutto la principessa si voltò verso il fratello “Non metterci troppo, leikā.”

Samwell poté vedere chiaramente negli occhi del re la sorpresa e l'amore nel sentirla rivolgerglisi nella loro lingua natìa, sebbene lei la conoscesse appena. Era il simbolo degli sforzi che sua sorella era disposta a compiere per stare al suo fianco e Samwell incerto sul da farsi mentre la principessa e lady Arya si allontanavano spostò lo sguardo sul re.

“Ti prego, lord Tarly – mormorò il sovrano – va con loro e assicurati che i miei ordini vengano seguiti alla lettera.”

Samwell fece un inchino al re, uno meno profondo al principe e si congedò lanciando un ultimo sguardo a lady Nymeria dove era accovacciata con il braccio insanguinato fra le mani e lo sguardo deluso e furioso. Non avrebbe voluto essere in lei, in quel momento, non tanto per il sangue rosso che macchiava gli abiti lilla e la sua anima, quanto piuttosto perché il re aveva uno sguardo, una luce negli occhi che non prometteva nulla di buono.

Si allontanò, ma non prima di sentire la frase – sibilata dal re – che quest'ultimo rivolse alla cugina “Smettila di frignare Nymeria. Sei fortunata che sono in spirito magnanimo, hai danzato pericolosamente vicino a risvegliare il drago quest'oggi attaccando Visenya.”

Samwell si accostò ad una delle colonne osservando la scena. Una donna stava aiutando lady Nymeria con la sua ferita, e il principe Doran si stava massaggiando le tempie evidentemente frastornato e scosso.

“Non avresti dovuto portare quella cagna Stark a casa nostra, cugino!” gridò furibonda la serpe e a Samwell gli si gelò il sangue nelle vene vedendo il lampo negli occhi viola del re mentre fulmineo brandiva lo stesso pugnale che era stato usato contro di lui e si lanciava contro la cugina premendola contro la scalinata di pietra che conduceva al baldacchino, il pugnale puntato alla gola.

“Non parlerai mai più di mia sorella in questo modo, Nymeria. – promise minaccioso – non penserai mai più alla tua regina in questi termini o mi assicurerò di incidere il suo nome sul tuo bel visetto a perpetuo monito che non devi svegliare il drago.”

Quella scena lo agghiacciò profondamente. Non tanto perché il re stava difendendo sua sorella, ma per il modo in cui lo stava facendo. Tutti i Targaryen avevano danzato pericolosamente vicino alla pazzia e il confine tra grandezza e follia poteva essere labile, ma il re fece un sorriso e si tirò in piedi, allungando poi una mano per aiutare la cugina a tirarsi in piedi.

Lei estrasse un altro pugnale dalla sua persona e Samwell si irrigidì nel vederla ribaltare le posizioni e puntare la lama al collo del re che pareva particolarmente annoiato dalla situazione in generale.

“Non mi minaccerai mai più” sibilò lady Nymeria, senza battere ciglio il re afferrò il suo polso e la costrinse ad abbassare la lama.

“Non lo farò. – confermò – la mia non era una minaccia. Era un avvertimento. Oggi te la cavi con una piccola ferita, domani non ti avviserò prima di punirti.”


 jorraelagon: amore
 leikā: fratello
 


Oh dunque, siamo arrivati a Lancia del Sole, chissà cosa dirà il caro zio Doran al nipote riguardo alla sua piccola fuga e riguardo alla sorella... chissà... il prossimo capitolo abbiamo Approdo dove Ned e Sansa si sono ormai stabiliti, incontreremo vecchie facce familiari e se penso a tutto quello che ancora deve succedere non so proprio come riuscirò a non uscire un po' OOC con alcuni personaggi (spero di no!).
Ad ogni modo, fatemi sapere che cosa ne pensate e lasciate un commentino se vi va.

 

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Capitolo 19
*** Eddard III ***


Eddard III

Quando l'ultimo supplice fu soddisfatto, si alzò da quel dannato trono e sospirò finalmente in grado di lasciare quel nido di vipere che era la corte del sud.
Sansa, con sua immensa delusione, era stata presente, non che potesse davvero essere arrabbiato con lei per voler stare il più vicino possibile all'unico genitore d parente che aveva con sé. Dopo ciò che era successo sulla Strada del Re Sansa era diventata distante, più elegante e fredda che mai, gli ricordava Cat quando era tornato a casa con Joan con sé. Tuttavia si rifiutava di lasciarlo allontanarsi da lei più del necessario e sembrava essersi staccata in modo impossibile dal suo precedente sé, ancora premurosa e ingenua ma meno sognante o aperta al riguardo. Le offrì il braccio mentre lo aiutava a tornare ai suoi alloggi sapendo che la sua gamba lo faceva ancora soffrire.

Dopo il loro arrivo a sud, Robert sconvolto sia dal fatto che sua moglie aveva avuto un vero e proprio scoppio di collera quando aveva appreso la punizione del figlio, sia per il ritorno di Joan a Nord (per quel che ne sapeva lui). Una tale bellezza e fora non dovrebbe stare sepolta sotto la neve, Ned. Gli aveva detto, sembrando piuttosto deluso. E se ciò non fosse bastato, il ragazzo era fuggito e Robert si sentiva derubato della legittima vendetta cui anelava profondamente nelle sue ossa.

Dall'arrivo ad Approdo le cose erano quasi immediatamente finite fuori controllo. Curiosava nel tentativo di determinare cosa potesse sapere Jon che aveva portato alla sua morte quando un assassino mascherato lo aveva quasi ucciso consigliandogli di non cercare una verità per la quale non aveva affari.

Ma era riuscito a trovare, con l'aiuto di Ditocorto, l'ultima persona che aveva parlato con Jon Arryn al di fuori del suo seguito. Era un ragazzo, un ragazzo che lavorava per un fabbro. Un ragazzo che aveva una terribile somiglianza con Robert e che Ned era certo di essere il figlio del re. Ned lo aveva portato via dalla forgia e aveva chiesto a Ser Barristan di lasciare che facesse da scudiero per lui. Il vecchio cavaliere non era stato molto interessato a prendere un Baratheon come scudiero, ma col tempo il ragazzo lo aveva conquistati e con la certezza che la sua identità di Rivers l'avrebbe allontanato dal trono una volta che sua figlia e il suo fratello dragone fosseri ritornati per ripredersi quell'orrenda sedia di ferro. essendo solo un fiume non c'era possibilità che qualcuno potesse provare a metterlo sul trono una volta che sua figlia e suo fratello decise di riprendere il trono, il Cavaliere aveva ceduto.

Gendry Rivers era accanto a Sansa mentre lo stavano aspettando ché ser Barristan aveva lasciato il ragazzo libero per il resto della giornata dopo l'allenamento.

Ned aveva provato immediatamenre simpatia per il ragazzo che gli sembrava una versione più contenuta e stabile del suo amico. Amico che non aveva ancora incontrato il ragazzo, perché era fuori a caccia. Cosa che se ciò che diceva Ser Barristan poteva essere di alcuna indicazione era abitudine del re.

Sansa non gli aveva mai chiesto nulla, quindi quando si aggrappò al suo fianco mentre li conduceva alla Torre del Primo Cavaliere  chiedendogli di lasciare quel posto, Ned non poté fare altro che fissare la sua figlia maggiore, la prima nata a Grande Inverno dall'amore che lui provava per sua moglie e lei per lui, e desiderare che potesse effettivamente esaudire il suo desiderio.

La somiglianza con Lyanna quando finalmente lo guardò negli occhi lo sconvolse al punto che per un momento rimase senza fiato. Aveva sempre visto tracce di Lya sia in Arya che in Joan e non aveva mai visto altro che Cat in Sansa, forse un po 'di sua madre Lyarra, ma certamente non Lyanna, eppure i suoi occhi blu erano così diversi da quelli grigi che lo avevano fissato in supplica quel giorno aveva la stessa fiducia assoluta e indiscutibile.

«Tesoro, so che ti manca casa ..» provò mentre posava una mano sulla sua sul braccio, ma lei scosse la testa.

«Non è che mi manchi a casa, padre, voglio stare con mia madre, anche con Robb, Bran e Rickon.» Gli disse «Io ... penso che abbiamo fatto un terribile errore, venendo qui. Non è il nostro posto. »

«Cara, ma il tuo fidanzamento con il principe ...» cercò di ragionare con lei, lei scosse la testa e sospirò.

Gendry dall'altra parte della stanza sembrava profondamente preoccupato e a disagio e Ned non poté fare altro che mandare il ragazzo fuori dalla stanza e per la sua via in modo che potesse trovare qualcosa di meno preoccupante a cui pensare. Notò come lui si scambiò uno sguardo con Sansa come per chiederle il permesso di andarsene mentre sua figlia annuiva con un piccolo sorriso. Il ragazzo l'aveva lentamente conquistata nonostante fosse un bastardo. Sua figlia sembrava essere maturata immensamente dal giorno in cui Lady era stata uccisa.

«Padre il principe ... so di aver implorato per questo matrimonio, ma ... pensavo che sarebbe stato diverso, che il principe sarebbe diverso ... Mi piacerebbe andare a casa o almeno da qualche parte dove potremmo essere al sicuro, io non mi sento al sicuro qui. Non dopo quello che è successo a Lady, non dopo quello che ti è successo. »

Era stato qualcosa che aveva profondamente turbato la sua dolce figlia, ma era stata solo una conseguenza del modo di governare del re. Si era intestardito con il torneo, un torneo proclamato in suo onore, e con la sua caccia anche mentre la gente di Approdo continuava a morire di fame e pregava che il re si prendesse cura di loro.

E, se ciò non bastasse, Ned era preoccupato per tutto. Dal non sapere se le sue figlie fossero al sicuro in Dorne, alla sua nuova alleanza con il re Aegon, al figlio spezzato e ancora addormentato a Grande Inverno, alla mancanza di sua moglie e la sua ostinata ricerca della motivazione dei Lannister per uccidere Jon.

L'assalto delle perrosone non lo spaventava tanto come il fatto che Sansa avesse paura del suo promesso, più del fatto che fosse evidente che i Lannister stessero nascondendo qualcosa e che, certamente, doveva trattarsi di qualcosa che aveva a che fare con i figli del re.

<> mormorò e Sansa si lanciò in braccio a lui stringendolo. La sua adorabile, dolce e premurosa Sansa, la prima figlia nata dall'amore tra lui e Cat, non poteva sopportare le sue lacrime e per un momento desiderò di averla mandata anche a Dorne con Arya e Joan, lì sua sorella l'avrebbe tenuta al sicuro.

I suoi pensieri tornarono alla sua famiglia, ora sparpagliata nel regno.

A Grande Inverno la sua adorabile moglie e i suoi tre figli.

Robb suo primogenito, il figlio che Catelyn gli aveva presentato al suo ritorno da Dorne con Joan. Forte e meraviglioso che gli ricordava spesso suo fratello Brandon, ferocemente protettivo nei confronti di coloro che amava.

Bran, suo figlio scoiattolo, sempre così attento e desideroso. L'ultimo ricordo di lui prima della caduta era stato appena prima di unirsi alla festa di caccia di Winterfell, gli aveva sorriso da dietro un pilastro, annuendo in silenzio e nei suoi occhi Ned aveva visto tutto l'amore e la devozione di un figlio per suo padre. Ricordava ancora il giorno in cui Bran era nata, così silenziosa e piccola, che Cat non gli aveva quasi mai lasciato alla vista. Il suo perfetto figlioletto.

Rickon, Rickon era piccolo e selvaggio, proprio come il suo cane. Amava molto i suoi fratelli e Ned non avrebbe mai potuto dimenticare come fosse stato quasi un miracolo quando aveva tenuto per la prima volta il suo terzo figlio tra le braccia. Era piccolo e urlava e piangeva per sua madre, eppure la sua burbera risposta di far riposare tua madre, giovanotto, ti ha appena messo al mondo, lo aveva messo a tacere mentre lui lo rimetteva a dormire.

Ad Approdo lui e la sua Sansa. Impaurita e sola in una corte del sud per cui non aveva alcun interesse. Era sempre consapevole del suo dovere e dolce, sempre educata e gentile con gli altri e se non fosse per Gendry costantemente al suo fianco avrebbe avuto paura per lei. Era un lupo, un lupo non protetto in una tana di leoni e vipere. Poteva solo fare quanto riusciva e non per la prima volta pensò di aver fatto un terribile errore non ascoltando Cat e rifiutando semplicemente Robert.

A Dorne, o in viaggio lì, le sue altre due figlie. Sua nipote, amata con forza e orgoglio come qualsiasi altro bambino nato dal suo seme, dolce e forte, coraggiosa e gentile, era stata così piccola quando gli era stata donata, Lyanna al suo fianco sul suo letto promettimelo, Ned. Aveva promesso senza pensarci due volte e in quel momento si era sentito come se fosse stata sua figlia, non importava chi l'avesse creata. Era sua da quel momento verso l'eterno. L'aveva nutrita da un panno pieno di latte ed era stato lui a cullarla ogni notte, promettendole di tenerla sempre al sicuro.

Arya, la sua figlia selvaggia e indomita, implacabile e coraggiosa che gli ricordava tanto Lyanna, piccola ma forte.

«Andrà tutto bene, dolcezza mia. - promise - Ci vedremo presto. »Le disse tenendola al cuore.

Sansa annusò ma annuì, ricomponendosi prima di scusarsi per tornare nelle sue camere. Ned si chiese quando le sue figlie avrebbero smesso di raggiungerlo come avevano fatto da quando erano nate e avrebbero iniziato a fare affidamento su se stesse e sugli altri. Sperava che quel giorno non sarebbe mai arrivato. Erano suoi, ma aveva già visto Joan fare affidamento su se stessa e su Arthur - su di lui fin dall'inizio dei tempi - e ora sul suo fratellastro Targaryen; era solo questione di tempo prima che tutti trovassero la propria strada e lo lasciassero indietro come il vecchio che era.

Un colpo lo strappò dai suoi pensieri, si ricompose prima di gridare «Avanti.».

La porta del suo solare, il solare della Mano del re, si aprì per mostrare il Ragno, lord Varys. L'eunuco era vestito con sete lussuose e la sua testa calva brillava alla luce del sole proveniente dalla finestra. Ned non si fidava dell'uomo. Era sempre sottomesso e gli piaceva troppo il suono della sua stessa voce. D'altra parte lui, era un nordico, era diretto al punto e con il Ragno spesso pensava di non avere alcun punto fin dal principio.

«Mio signore Primi Cavaliere» Si inchinò, Ned annuì rispondendo «Lord Varys.»

L'uomo, le mani nascoste dalle ampie maniche, gli fece un sorriso sibillino mentre annuiva alla sedia in opposizione alla sua «Volevo parlare con te, mio ​​signore, se sei disposto a farlo».

«Certo, lord Varys, per favore, siediti. - indicò la sedia - ricorda solo che non ho alcun gusto per i tuoi giochi, quindi se hai qualcosa di prezioso da dire basta dirlo, se no puoi lasciarmi. »
L'uomo non rispose mentre prendeva la sedia e si sedeva, piegando le mani in grembo. «Oh - gli disse - questo lo so ed è uno dei motivi per cui mi piaci, mio ​​Lord primo Cavaliere.» Il Ragno annuì «Sei abbastanza notevole, diretto e onorevole, non abbiamo visto i tuoi simili in tanti anni qui ad Approdo. »

«Non mi piace avere le orecchie riempite di miele per distrarmi, lord Varys, sputa semplicemente quello che sei venito qui per dire.»

"Tua figlia. - disse - mi dissero che tutti e tre sarebbero venuti a sud con te. » Ned si irrigidì ma non disse nulla « Oh, mi è stato detto perché non sono qui con noi, ora. -  aggiunse l'eunuco - una tale disgrazia è stata per il nostro prigioniero fuggire, non è vero?, devi essere stato così preoccupato.. »

Ned fissò semplicemente l'uomo, poi posò la mano sulla scrivania e fissò l'uomo con uno sguardo eloquente «Cosa speri di ottenere con questa conversazione, Varys? - chiese - Sono un padre lord Varys, non ho bisogno che tu mi dica se sono stato preoccupato per la sicurezza dei miei figli oppure no. »

«Non presumo, mio ​​signore. - dichiarò l'eunuco - Volevo solo informarti che le tue figlie sono arrivate in sicurezza dove erano dirette, spero che il caldo estivo non si sciolga la fine delle nevi estive, mio ​​signore. » Ned non sapeva cosa farsene di quell'uomo e rimase in silenzio per qualche momento.

«È bello sapere che sono arrivati ​​a casa.» Rispose semplicemente con calma, nonostante il sorriso sapiente eunuco che lo preoccupava.

«Sono sicuro, mio ​​signore. - Lord Varys annuì - animali meravigliosi, le vipere non credi? » Questo lo fece irrigidire. L'uomo stava giocando una partita pericolosa e conosceva tutte le regole, le regole di cui Ned non si preoccupava, né sapeva, ma il fatto che il Ragno, il Maestro dei Sussurri, l'uomo dietro ogni re, sapesse dove si trovavano le sue figlie fece scorrere freddo brividi lungo la schiena.

Si sentì arricciare le mani in un pugno ma non disse ancora nulla, Varys gli sorrise «Hanno un grande senso di conservazione. - disse - preferirebbero nascondersi nella sabbia piuttosto che danneggiare un drago o un lupo, mio ​​signore. Sono creature intelligenti, fedeli ai loro parenti. » In qualche modo ebbe l'impressione che l'uomo intendesse rassicurarlo, nonostante fallisse miseramente.

L'eunuco si alzò in piedi e sorrise «Ti assicuro, mio ​​signore, la sicurezza di tua figlia è una delle mie preoccupazioni più urgenti come quella dei suoi fratelli in quanto veri sostenitori della Corona ..» si inchinò e se ne andò senza dirne un'altra parola.

Pensò allora alle sue figlie: dall'altra parte del mondo Joan e Arya sole in un covo di serpenti con una sola protezione, quella di un drago, la sua Sansa spaventata e sola con un solo amico e molti sogni infranti di galanteria e onore.

Pensò a Robb a quanto desiderava che suo figlio fosse lì con lui per guardarlo con quegli occhi carichi di meraviglia e poter ascoltare la sua voce e ad ascoltare il suo consiglio. Oh, come desiderava la sua  Cat, non avrebbe mai dovuto andarsene, le apparteneva al suo fianco, al fianco dei suoi figli, tutti quanti, preparandosi per la guerra a venire.
ehm... *cough, cough*, perdonate il terribile ritardo, la vita reale è stata un scocciatura in questo lunghissimo mese tra esami, feste, parenti e troppo altro. Ora sono tornata e spero che vogliate ancora leggere questa storia ;) d'ora in poi dovrei di nuovo riuscire a postare con regolarità... quindi, fatemi sapere cosa ne pensate :) attendo con ansia le vostre opinioni :D alla prossima! GIULS ☆

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Capitolo 20
*** AGGIORNAMENTO! ***


Ciao a tutti!

 

Intanto spero stiate tutti bene e, vi ringrazio per aver continuato a seguire questa storia e chiedermi quando avrei aggiornato! 

 

Temo di dovermi scusare profondamente con voi perché non ho più aggiornato. A essere sinceri il problema non è stato la mancanza di ispirazione ma come forse ricorderete stavo postando questa storia sia in inglese che in italiano e a un certo punto mi è risultato impossibile rientrare su efp e non ricevevo più le email sulla casella email nemmeno nello spam quindi visto che scrivo generalmente prima in inglese e considerato il fatto che portare avanti la doppia fic mi stava dissanguando ho preferito continuare su ao3.

 

La fic lì è piaciuta talmente tanto che si è allungata esponenzialmente tant'è vero che siamo arrivati all'82esimo capitolo ed è ancora lungi dall'essere finita e che ho cominciato a postare un prequel e a lavorare su un sequel (in pratica è diventata una trilogia che mi succhierà l'anima ve lo dico io 😅).

 

Comunque fatto sta che proprio ieri parlando con una lettrice italiana che non aveva seguito la versione qui su efp ho pensato di riprovare ad accedere e miracolosamente ce l'ho fatta! Così... considerando che ho finito di sostenere gli esami all'uni e sto già lavorando alla tesi ho pensato che, se siete ancora interessati (e non me lo merito davvero dopo come non ho più aggiornato) sono disposta e felice di poter riprendere a postare anche qui, ovviamente è capace che finisca prima la versione inglese visto la differenza di pubblicazione, ma se vi va mi farebbe piacere ricominciare a postare anche in italiano e - sempre che siate interessati- potrei postare anche il prequel. 

 

Insomma, fatemi sapere che ne pensate. Chiaramente non riuscirei ad aggiornare che un paio di capitoli a settimana suddivisi tra "Il ritorno dei draghi" ed eventualmente il prequel, ma se vi va beh io sono qua. 

 

Fatemi sapere che ne pensate! 

 

Un bacione a tutti ~G. 

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Capitolo 21
*** Aegon V ***


ciao a tutti!come promesso ecco che comincio a roaggiornare...e beh, fatemi sapere che ne pensate, iniziamo subito con un capitolo tosto! Fatemi sapere!
Aegon V

«Hai intenzione di rimanere immobile lasciargli minacciare il tuo stesso sangue per
quella... ragazzina?» domandò furiosa i suoi occhi accesi di furia incontenibile. Suo
zio, a suo onore, non sbatté nemmeno le palpebre, non commentò, limitandosi a
fissare sua nipote con uno sguardo degno del peggiore degli assassini.

«Sei ha finito di essere infantile, Nymeria» commentò guardandola di sbieco «sono
disposto a concederti di sederti, ma se preferisci continuare questa disputa con tuo
cugino che è il tuo re, lascerò che ti punisca nel modo che ritiene più consono.» prese
un respiro «Sia lui che sua sorella sono da trattare con il rispetto che meritano e che
il loro rango impone, non siamo Lannister, noi, che uccidono degli innocenti per le
colpe dei padri» le ricordò «se non sei in grado di rispettare Visenya delle casate
Targaryen e Stark, puoi tranquillamente ritirarti, ma sappi che non parli più in mio
nome.»

Da dov'era, stravaccato sul divano, notò che sua cugina stava letteralmente cuocendo
nella propria furia. 

Sapeva bene – lo sapevano tutti a Lancia del Sole – che suo zio aveva tentato, invano,
di combinare un matrimonio per lui con una delle sue cugine, ma entrambi avevano
concluso che la fortuna dei Martell ad Approdo del re non era delle migliori e,
unendo ciò con il fatto che Arianne – l'unica candidata ideale – aveva abbandonato
Lancia del Sole con la madre in aperta protesta col fatto di essere stata promessa a
sua insaputa al principe Viserys Targaryen, indignata del fatto che questo l'avrebbe
derubata del suo posto di diritto come futura principessa regnante di Dorne era
diventato chiaro che aveva ogni diritto di sposare chi meglio gli aggradava;
certamente nello spirito della mente analitica dello zio, con la chiara intenzione di
cementare il proprio posto sul trono con un matrimonio di convenienza; ma Aegon
già sapeva che avrebbe sposato Visenya. Lei era sua. Lo era stata dal primo momento
che le aveva posato gli occhi addosso nel cortile di Grande Inverno, e lo sarebbe
stata per sempre.

Nymeria abbandonò i Giardini dell'Acqua ad ampie falcate e Aegon esalò un respiro.
Nymeria era sempre stata troppo avventata per i suoi gusti, come gran parte delle
sue cugine era più dura dello zoccolo di un cavallo, e troppo cocciuta per essere
diplomatica. 

«Adesso, se hai finito di autocompiacerti del tuo potere, nipote» a quanto pareva dal
suo tono, anche suo zio non era particolarmente impressionato dal suo
comportamento «Ci sono delle notizie che vorrei condividere con te.»

Aegon annuì affrettandosi ad assumere una postura più consona al tono di gelo che
suo zio aveva appena adoperato.

«Tuo zio Oberyn ha trovato i tuoi zii coi Dothraki. Pare che tuo zio, il principe
Viserys avesse deciso di riconquistare i Setti Regni in proprio nome non sapendo la
verità sul tuo fato, e che abbia dato in sposa sua sorella, tua zia Daenerys, a un
signore della guerra Dothraki in cambio del suo khaleesar e del suo aiuto per
riconquistare il Trono di spade.»

«I Dothraki odiano il mare – commentò interdetto – credono che sia velenoso.»

Faticava a concepire che suo zio avesse potuto anche solo pensare di vendere in
sposa sua sorella, una figlia della dinastia più importante del mondo, una Targaryen
purosangue, per guadagnarsi la fedeltà di un'armata che gli sarebbe stata del tutto
inutile.

«Pare che non gli interessasse. Ad ogni modo, Oberyn ha riferito la notizia della tua
sopravvivenza al sacco di Approdo del re e pare che tua zia, Daenerys, fosse molto
felice di ricevere questa notizia, tuo zio, d'altra parte...» sospirò «pare che abbia
ereditato la pazzia di tuo nonno poiché continuava a dichiarare di essere il vero re
dei Sette regni sulla base del fatto che non eri un Targaryen nato da un matrimonio
incestuoso e quindi non eri un Targaryen “puro”.»

A questa notizia Aegon inarcò un sopracciglio. Non lo sorprendeva che suo zio, dopo
anni in cui aveva creduto di essere l'unico erede maschio della loro dinastia, fosse
stato incapace di lasciare andare quel potere labile a cui si era aggrappato, non era
sorprendente, anche se deludente; certo che la ragione che adduceva come
giustificazione aveva di poco sensato. Pur non essendo nato dalla pratica dei
matrimoni incestuosi, Aegon era l'unico figlio maschio in vita di suo padre, il
principe Rhaegar Targaryen, l'unico vero erede al Trono di Spade. 

«Ciò che ti sto per dire» continuò suo zio «Oberyn giura essere vero sulla tomba di
tua madre. Conosco Oberyn e può prendere davvero poche cose sul serio, ma di
sicuro non fa a cuor leggero un giuramento sulla tomba di tua madre, e questo
significa una sola cosa, per quanto incredibile sia quello che racconta deve essere la
verità.»

Aegon annuì. Sapeva bene che suo zio faticava a guardarlo in faccia perché
nonostante lui fosse profondamente il figlio di Rhaegar e ne avesse ereditato i colori
e le fattezze, gli ricordava altrettanto profondamente anche sua madre, Elia. 
«Viserys è stato colto in flagrante mentre minacciava Daenerys, disarmata, con la
propria spada. Khal Drogo, furioso che tuo zio avesse osato alzare la propria spada
contro Daenerys e il suo ventre, lo ha sfidato a duello. Pare che, Viserys stesse
perdendo e che fosse sul punto di morire.» raccontò «e così Daenerys, in un ultimo
tentativo disperato di salvare il fratello ha dato fuoco alla tenda in cui l'alterco stava
consumandosi.»

Aegon inarcò un sopracciglio. Era un detto della sua famiglia, il fuoco non uccide il drago, ma questo non significava che solo perché un gruppo maleassortito di persone
dichiarava che i Targaryen non bruciavano a contatto col fuoco che fosse vero.
Lui si scottava come qualunque altra persona.

«Quando il fuoco si è estinto» continuò suo zio «sia Viserys che Khal Drogo non
erano altro che cenere, ma Daenerys» aggiunse «lei era viva e vegeta, reale e non
bruciata, nuda e accoccolata fra le ceneri» raccontò «E, Oberyn giura di dire il vero,
cullava e allattava tre cuccioli di drago al proprio seno.»

A questa notizia spalancò la bocca sorpreso. Suo zio annuì e certo che non
scherzasse Aegon sollevò lo sguardo sulla cometa dalla coda rossa nel cielo, indica il
ritorno dei draghi, aveva detto a Visenya, ma quando aveva pronunciato quelle parole
non poteva immaginare quanto profetiche fossero.

«Pare che Magistro Illyrio le avesse fatto dono di tre uova di drago pietrificate per il
suo matrimonio che sembrano essersi schiuse durante l'incendio della tenda e come
dice Oberyn i draghi sono tornati» 

Suo zio prese un altro momento per respirare poi aggiunse «Daenerys Nata dalla
Tempesta, di Casa Targaryen, Khaleesi del Grande Khaleesar e Madre dei Draghi ti
ha giurato fedeltà» disse, offrendogli per una lettura la lettera di Oberyn «Sono
partiti alla volta di Astapor con l'intenzione di assicurarsi degli Immacolati per tua
riconquista del Trono di spade.» aggiunse mentre Aegon scandagliava la lettera con
occhi affamati.

In una scrittura aggraziata, femminile e molto chiara sulla pergamena era riportata
la lettera di sua zia.

Daenerys Nata dalla Tempesta di Casa Targaryen, Khaleesi del Grande Khaleesar e Madre
dei Draghi ti saluta, nipote, riconoscendoti come Aegon, sesto del tuo nome, delle nobili casate
Targaryen e Martell, legittimo re del Trono di Spade, re degli Andali, Rhoynar e dei Primi
Uomini e Protettore del Reame e con la medesima ti invita ad attendere il nostro arrivo con
i nostri figli che abbiamo chiamato Drogon – per il nostro marito – , Rhaegal – per il nostro
splendido fratello e vostro padre, Rhaegar della Casa Targaryen – e Viserion – per il nostro
altro fratello, il nobile Viserys Targaryen – nella speranza che la presente vi trovi in salute e
forze. Partiremo immediatamente alla volta di Astapor con l'intenzione di comprare in
nostro e vostro nome, un'armata di Immacolati grazie alla quale fornire supporto nella
riconquista dei vostri regni e nella reistallazione della nostra grande dinastia al potere.

Poteva sentire il sorriso incredulo sulle sue labbra, draghi di nuovo vivi e solo grazie
a sua zia. Era sconcertante.

«Se il re accetta un suggerimento» considerò suo zio «non sarei tanto avventato nel
dichiarare che Visenya sarà la tua regina, poiché qualcuno di tanto eccezionale
quanto Daenerys Targaryen certamente vorrà un riconoscimento per il suo aiuto ed esso sarà diventare la tua regina e...»

«Il drago deve avere tre teste, zio!» lo interruppe entusiasta «questo è quanto mio
padre aveva previsto. Io, Visenya e Daenerys siamo i Conquistatori tornati per il
nostro regno, e insieme ci riprenderemo quanto ci è stato rubato. E, in caso dovesse
andare così, le sposerò entrambe se Daenerys desidera essere regina e Visenya sarà
sempre la mia regina.»

Si alzò in piedi «Ti sono grato, sei foriere di incredibili notizie, zio» disse «e non sto
nella pelle nell'attesa di conoscere mia zia, la Madre dei Draghi e i suoi figli.»
mentre parlava notò l'arrivo di ser Arthur Dayne con la coda dell'occhio e gli annuì.

«Zio, posso ammettere alla tua presenza un figlio creduto perduto di Dorne?»
domandò retorico indicando ser Arthur «è rimasto il nostro più fedele servitore e
protettore, in questi sedici anni ha protetto mia sorella mentre ella si nascondeva
dall'Usurpatore.» disse «Ser Arthur Dayne, la Spada dell'Alba, è tornato al nostro
fianco ancora una volta.»

Ser Arthur fece un profondo inchino prima di inginocchiarsi davanti a suo zio «Mio
principe» 

Suo zio aveva un'espressione contorta tra l'incredulo e l'accigliato mentre l'altro
porgeva le sue scuse formali «Non potrò mai fare nulla per ripulire la mia coscienza
della parte che recitato nella morte della principessa Elia e della principessa
Rheanys» ammise «mi fu affidata dal mio principe la sicurezza della sua seconda
moglie e del figlio che portava in grembo e... ero davvero sicuro che sarebbe stata al
sicuro.» 

Aegon non aveva mai visto suo zio in piedi, ma in quel momento l'uomo si tirò in
piedi a forza, tremando per lo sforzo, con il viso distorto dalla furia e gli occhi che
bruciavano come carboni ardenti; non avrebbe mai immaginato che suo zio fosse
tanto alto, né poteva fare altro se non restare colpito dalla cruda forza della sua
volontà mentre si strattonava dalla presa della sua guardia che voleva sorreggerlo.

«Eri un figlio di Dorne» esclamò furibondo «sei cresciuto qui, a Lancia del Sole,
addestrandoti con Oberyn e conoscendo Elia bene quanto noi! Hai preso il bianco
quando lei si sposò con il principe Rhaegar! La proteggerò sempre, lo prometto, queste
furono le parole con cui ti congedasti da me e io sciocco che ero ti credetti, credetti
davvero che tu l'amassi.» 

Non aveva mai visto un rammarico tanto grande sul viso di un uomo che in quel
momento sul viso sia di suo zio che di ser Arthur che abbassò il capo contrito. 

«Sarei morto per proteggerla – replicò – la credevo al sicuro o non mi sarei mai
allontanato da lei. Quando ricevemmo la notizia...»

«E quale diavolo dei sette inferi ti ha posseduto a nasconderti per sedici anni, invece
che tornare qui e affrontare le conseguenze dei tuoi peccati?!» pretese di sapere
urlando suo zio.
Questa volta fu Aegon a prendere la parola e rispondere «Fu incaricato dal suo
principe, mio padre, a proteggere la principessa Lyanna e il figlio che lei portava in
grembo.» disse «è la Spada giurata di mia sorella, una Spada giurata di Casa
Targaryen, zio, comprendo il tuo dolore, lo faccio, ma ha ripagato il suo debito
proteggendo il mio sangue per tutto questo tempo.»
Osservò entrambi gli uomini prima di tornare a fissare lo zio «Non ti sto dicendo di
perdonarlo, il perdono dei suoi crimini non spetta a te, bensì a me. E io lo perdono
per aver adempiuto al dovere che il suo principe gli affidò, - disse freddamente allo
zio – non sei costretto né a parlargli né a riallacciare la vostra amicizia passata, ma
lo tratterai con il rispetto che merita in quanto Spada giurata di sua altezza la
principessa Visenya. Intesi?» domandò, il suo tono un tripudio di acciaio e fuoco.
Gli occhi di suo zio passarono sul suo viso per un momento «Molto bene, ma non
sarà riammesso a Stelle al Tramonto – aggiunse come condizione – né sarà accettato
come vassallo di Casa Martell. Gli si porterà il rispetto che il suo legame con la tua
famiglia impone, nipote, ma non sarà mai accettato a Dorne.» 
Aegon annuì sapendo di aver ottenuto più dell'insperabile «In piedi, ser Arthur, sei
un ospite di Casa Targaryen e nessuno oserà alzare la propria mano contro di te
finché i Targaryen respirano. Sei la nostra protezione e sotto la nostra protezione.»
Ser Arthur annuì obbedendo e sebbene fosse chiaro quanto la morte di sua madre
l'avesse toccato profondamente, altrettanto dispiaciuto non era del fatto di aver
dedicato la sua vita da allora alla protezione di sua sorella. Era chiaro ai suoi occhi
che l'uomo amava Visenya come se fosse nata dal suo stesso seme, qualcosa di
prezioso da proteggere ad ogni costo e non poteva che esserne grato al grande
cavaliere.

Congedò poi il cavaliere, ordinandogli di raggiungere sua sorella.
 

Non si scomodò a bussare arrivato alla porta delle stanze che avrebbero ospitato sua
sorella ancora concentrato sul suo incontro con suo zio, sulle sue parole e sui grandi
avvenimenti che avevano sconvolto l'est grazie a sua zia.

Tre draghi, pensò, sua zia aveva messo al mondo tre draghi per loro, uno per
ciascuna delle tre teste di drago che insieme avrebbero riconquistato quanto era
stato loro tolto, insieme come Aegon il Drago e le sue sorelle, lo avrebbero
riconquistato con il fuoco e con il sangue.

Ser Arthur era all'interno una muta sentinella nell'anticamera agli alloggi privati di
sua sorella, i suoi occhi viola scintillavano nell'aere soleggiato di Lancia del Sole.

«La principessa è dentro – lo informò – sta bene anche se è evidentemente scossa.»

Annuì ed entrò. Sua sorella era seduta abbarbicata su di una sedia accanto al tavolo,
i suoi capelli neri, come l'inchiostro, erano raccolti in una treccia molle e il suo abito
rosso accoglieva tutte le sue forme come un guanto anche seduta raccolta su se
stessa con le ginocchia strette al petto e i piedi nascosti sotto le impressionanti
gonne. Spettro sedeva altrettanto composta ai piedi della sedia della sua padrona, i
suoi occhi cremisi lo trovarono immediatamente e sembrarono fargli notare che
l'aveva protetta come promesso.

Lady Arya, invece, era in piedi di lato e provava alcune delle combinazioni che ser
Arthur le aveva mostrato, Ago stretta fermamente in pugno e sembrava non essersi
nemmeno resa conto del suo arrivo.

«Kirimves» chiamò e i suoi occhi scattarono sui suoi; grigioviola e luccicanti di
lacrime ancora non versate «o, piccola... - mormorò – vieni.» la incoraggiò
allungandole una mano e allargando le braccia pronte per accoglierla, ma lei non
rispose voltandosi verso la cugina.

«Per favore, lasciateci soli.» chiese, e, nonostante il per favore, era chiaro alle sue
orecchie che si trattava di un ordine preciso e sia lady Arya che lord Samwell – che
era nella camera a fianco – si congedarono senza nemmeno attendere che
confermasse l'ordine di sua sorella «e porta Spettro con te, Arya – aggiunse sua
sorella – la voglio vicina alla Stark in questo castello» proferì. Aegon lesse negli
occhi di Lady Arya la chiara volontà di opporsi, di ricordarle che anche lei era una
Stark, ma Spettro obbedì alla sua padrona, tirandosi sulle zampe e avvicinandosi
silenziosa come un fantasma a lady Arya. Uscirono dalla stanza e Aegon lasciò
ricadere le braccia lungo i fianchi.

Si avvicinò mentre lei sospirava «Ti supplico, kirimves» mormorò «parlami.» si
inginocchiò di fronte a lei, lei che lo guardava impassibile anche mentre posava il
palmo della propria mano su una delle sue ginocchia.

«Hai detto che saremo state al sicuro» disse «non mi aspettavo che filasse tutto liscio
come l'olio, sarebbe stato da sciocchi, ma questo... tua cugina ha provato ad
uccidermi, ad ammazzarmi a sangue freddo; non mi aveva mai vista prima ma mi
odia abbastanza da provare ad uccidermi e ferire te.»

«Kirimves» tentò.

«Non ho finito!» sbottò lei «adesso starai in silenzio e ascolterai.» ordinò e Aegon
comprese il suo bisogno di sfogarsi e di essere compresa così ingoiò il proprio
orgoglio e annuì.

«Dovrei sentirmi al sicuro qui dopo che ha tentato di uccidermi?» continuò «non
posso certo stare con te ogni singolo istante giorno e notte per tutta la nostra
permanenza e io.. - si umettò le labbra – desideravo così tanto sentirmi a mio agio
qui, dove anche i bastardi sono trattati meglio che nel resto del continente
occidentale...»

«Tu non sei una bastarda!» si affrettò a correggerla «tu sei la figlia legittima del
principe Rhaegar Targaryen e della sua seconda moglie, Lyanna Stark. Tu sei mia
sorella e la mia gioia e sarò dannato se non ti farò sentire a tuo agio circondata dalla
mia famiglia!» esclamò, promettendole in tono ricco di pathos tutta la sua
protezione.

«Non capisci.» interloquì lei «non puoi farci niente. Mi accetteranno perché tu lo
ordini? Forse, ma non mi sentirei comunque al sicuro finché fosse necessaria la tua
pretesa a far sì che mi accettino» aggiunse, piangendo lacrime amare «ti amo e ti
rispetto, fratello, ma i Martell non mi accetteranno mai come una dei loro e questo
mi spaventa. E il resto del reame? Forse sarebbe stato meglio rimanere ignoranti
della verità e...»

Incapace di trattenersi le premette le labbra contro le sue, facendo perno sul
bracciolo della sedia, con le sue ginocchia in mezzo. Le sue labbra erano secche e
sapevano di sale – sia a causa della salsedine sia a causa delle sue lacrime – ma erano
anche soffici, calde e malleabili contro le sue. 

Per essere un primo bacio questo fu particolarmente casto e veloce, ma sufficiente a
zittirla per un istante, lasciò andare le sue labbra, ma rimase vicino abbastanza da
poterle ancora respirare sulle labbra; naso contro naso «Non dire mai più una cosa
del genere – disse, incitandola a guardarlo negli occhi con un buffetto da sotto il
mento – va bene? Io ti amo, tu sei mia e io sono tuo dal momento che sei venuta al
mondo. Non dire mai più che sarebbe stato meglio non incontrarci e non scoprire la
verità perché trovarti è stata una benedizione da parte degli Dèi.»

«Non avresti dovuto farlo» mormorò lei sebbene il suo corpo seguisse le sue labbra
pur negandolo «non è... non è giusto... è un peccato una septa ci...»

La baciò di nuovo, questa volta con tutta la fame di lei che aveva, riversando nel
bacio tutte le emozioni di quel giorno. La paura per la sua vita, la sua fierezza di
fronte al modo in cui si era difesa, l'amore che provava per lei, la speranza che le
notizie di loro zia aveva portato nel suo cuore. Rispose al suo bacio, ma troppo
presto si distanziò da lui tirandosi in piedi dalla sedia che stridette contro il
pavimento mentre lei si alzava, la imitò e le rimase di fronte, alto abbastanza da
torreggiare su di lei. 

Le sfiorò il viso – il suo bellissimo viso – con una mano e lei si beò di quel contatto
chiudendo gli occhi.

«è ingiusto – si lamentò lei, con gli occhi ancora chiusi – non dovresti mostrare il
tuo cuore tanto liberamente a tutti. Ci faremo solo del male... gli Dèi...»

«Se pensi che gli Dèi abbiano alcuna voce nelle nostre vite, allora ti sbagli di grosso,
amore mio – le disse, in tono roco, provato da tutte le emozioni che stavano
sconvolgendo il suo cuore di fronte a quella confessione – e, se davvero conferiscono
il loro favore a coloro che lo meritano e sono giusti, Aegon il Drago e le sue sorelle
mogli conquistarono i sette regni e lanciarono una dinastia che è ancora viva e
vegeta, pronta a combattere e che continuerà con me e con te.» 

«Magari» continuò «Aegon non amava Visenya come si ama passionalmente una
donna, ma Rhaenys... Rhaenys la amava con tutta la passione e il vigore con cui un
uomo ama la sua donna, ed erano entrambe sue sorelle e ancora oggi noi parliamo
della loro storia, ancora oggi la sua leggenda vive in noi.» le disse.

«E, se la memoria non mi inganna» ribadì lei «la regina Rhaenys morì dieci anni
dopo la conquista, proprio qui, a Dorne, quando i dorniani abbatterono il suo drago
schiacciata sotto il suo peso. Se gli Dèi desideravano davvero dare il loro favore ad
Aegon allora perché derubarlo della donna che amava?» domandò.

«Sì, lei morì. Ma moriamo tutti prima o poi» le ricordò gentilmente «e lui aveva
comunque un figlio nato dal suo ventre attraverso cui poterla ricordare, e tutti i
ricordi della loro vita insieme» le disse «e ancora oggi parliamo del loro amore.
Dimmi, se gli Dèi avessero creduto peccaminoso che noi ci amassimo ci avrebbero
permesso di innamorarci?» chiosò.

«Non è così che funzionano gli Dèi.» protestò lei, ma fu una protesta debole e Aegon
poté vedere che la reticenza stava finalmente cedendo il passo alla passione che
provava per lui.

Fece un passo indietro e lei lo seguì sbilanciandosi in avanti talmente tanto che per
mantenere l'equilibrio fu costretta a prendere un passo nella sua direzione. Sorrise,
afferrò uno dei suoi pugnali e praticò un'incisione di sbieco sul palmo della sua mano
sinistra ignorando quanto scossa lei fu e quanto velocemente lei si mise alla ricerca
di bendaggi con cui fermare il sangue che sgorgava in piccole gocce dalla ferita
praticata con maestria.

Ne raccolse un po' sulle sue dita e le premette contro la sua fronte, immobilizzandola
con il suo gesto, le passò sulle sue labbra, trascinandole lasciandosi dietro una scia
cremisi lungo il profilo elegante del suo collo da cigno color alabastro «Io sono tuo»
ripeté di nuovo «e se dovessi affrontare tutti e sette inferi e tutti gli Dèi per averti al
mio fianco lo farò» giurò.

Lei lo fissò sbalordita e a bocca schiusa e Aegon si gettò come un uomo affammato
su un suntuoso banchetto, ricoprendo le sue labbra con le sue, con una voracità e
passione che mai prima nei suoi anni aveva provato mentre sfiorava e si appropriava di quelle labbra gonfie e rosse per i loro baci e per il suo sangue.

Esplorò le sue labbra schiuse e combatté contro la sua lingua per dominarla, poi la carezzò con la
propria e la lasciò andare affinché continuasse a respirare, premendo baci ferventi
contro il suo collo seguendo la scia che le sue dita insanguinate si erano lasciate
dietro.

Quando si allontanò da lei, lei lo stava guardando da sotto palpebre pesanti. Le sue
labbra erano ancora più rosse e gonfie per i loro baci, i suoi capelli corvini erano in
disordine poiché vi si era aggrappato durante il loro appassionato bacio, diede un
buffetto con il suo naso contro quello di lei «Non mi importa cosa succederà d'ora in
poi – le disse – e non mi importa nemmeno se ti ci vorrà tutta la vita per accettarmi.
Sono paziente. Aspetterò. Ci riprenderemo i Sette Regni, siederemo sul trono di
spade e saremo felici. Te lo giuro.»

«E se mi ci volesse l'eternità?» la sua domanda sembrò più per far retorica che
concreta soprattutto per il fatto che aveva ricambiato il suo bacio con eguale fervore.

«Allora avremmo tutte le nostre vite, l'eternità e il resto dopo questa vita per essere
insieme.»


 

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Capitolo 22
*** Daenerys III ***


Ciao a tutti! Come state? Eccovi il nuovo capitolo. Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!
Daenerys III

Astapor era caotica e rumorosa più di ogni altra città che Daenerys avesse mai visitato. Perfino Pentos, che era stata di gran lunga la città più grande e vivace che avesse mai visitato cercandovi rifugio assieme a suo fratello, non era mai stata tanto rumorosa. Forse era perché la villa del Magistro Illyrio Mopatis si trovava in una zona isolata della città dal momento che l'uomo amava la sua quiete. 

Puzzava di pesce, pesce e urina e le strade erano sporche. C'erano solo schiavi intorno a lei, molti che si caricavano in spalla lettighe che proteggevano dal sole cocente nobili e mercanti spesso sovrappeso. Si era sentita sporca nel momento stesso che aveva messo piede oltre le mura della città più ricca di tutta la Baia degli Schiavi.

Il suo khaleesar era accampato fuori dalla cinta muraria. Con lei camminavano Rakharo e Irri, due passi indietro, mentre di fianco a lei erano ser Jorah e il principe Oberyn. Quel giorno aveva indossato un completo lilla chiaro con un mantello di un paio di toni più scuro che si coordivano con il colore d'ametista dei suoi occhi. Al suo collo pendeva un singolo dente scuro, nero come il carbone, uno dei denti di prima dentizione di Drogon.

Mentre continuavano a camminare verso la piazza, dove si sarebbe tenuto l'incontro con i mercanti di schiavi, Daenerys poteva sentire solo lamenti intorno a sé. Stava conversando con Oberyn di varie faccende di scarsa importanza quando i lamenti richiamarono la sua attenzione per la loro intensità facendola voltare e cambiando drasticamente i suoi piani per la città in un solo istante.

Decine di schiavi erano crocifissi, lasciati morire asfissiati in quel sole scottante, i loro corpi frustrati a sangue e malnutriti. Uno in particolare attirò la sua attenzione, un uomo giovane, più giovane di lei, crocifisso poco distante, il suo corpo era per metà ricoperto di tagli e di sangue – il suo sangue – ed era distorto, appeso alla croce ed esausto, mani e piedi inchiodati al legno e tenuti fermi da una corda che gli stava recidendo caviglie e polsi. 

Allungò la sua mano verso ser Jorah «Il tuo otre, ser.» ordinò senza staccare gli occhi dal viso del povero malcapitato. 

«Khaleesi» tentò quello chiaramente in protesta, si voltò a fissarlo i suoi occhi tempestosi come i cieli la notte che era venuta al mondo, altrettanto spaventosi.

«Ora» sibilò schioccando la lingua contro il palato in un ordine diretto e intransigente, gli occhi minacciosi.

«Tieni Khaleesi» interloquì Oberyn offrendole il proprio otre di acqua «se ti piace usa il mio.» offrì.

Lo accettò con grazia «I miei ringraziamenti, Oberyn» vide ser Jorah fare una smorfia di fronte all'uso diretto del nome del principe che tradiva un'intimità che certamente sarebbe scandalosa in altre occasioni. Afferrato l'otre di acqua ascese sulla pedana dove era stato crocifisso il fanciullo e gli si avvicinò.

Avanzò verso di lui e inclinò l'otre stappato verso le sue labbra, gentilmente spostando indietro i capelli sporchi e appiccicati alla sua fronte che trasudava per la fatica e il calore. Quello voltò con quanta forza aveva il viso di lato rifiutando la sua offerta di acqua e preferendo dunque una morte veloce che un'agonia illimitata resa ancora più lunga dalla sua offerta di acqua. Provò ancora a sopracciglia corucciate, ma quando la risposta ottenuta fu la medesima discese dalla pedana rioffrendo l'otre ad Oberyn. 

«Hai un cuore buono, Khaleesi» commentò ser Jorah «ma non riconquisterai i Sette regni senza spargere del sangue» aggiunse.

Offrì l'otre ad Oberyn e nel farlo sfiorò le sue dita con le proprie per un istante, prima di voltarsi nuovamente verso ser Jorah «Ci saranno spargimenti di sangue» concesse in tono che non ammetteva repliche, determinato e sicuro «il sangue dei nostri nemici, non quello di innocenti.» promise; i suoi occhi fiammeggiarono, una scintilla che bloccò qualsiasi altra protesta facendola morire sulle labbra del cavaliere.

Continuarono quindi verso la piazza dove avrebbe avuto luogo l'incontro e la dimostrazione dell'armata che Daenerys aveva intenzione di comprare.

Mentre raggiungevano la loro destinazione Daenerys notò che non vi era un singolo uomo libero in vista e chiese ad Oberyn come ciò fosse possibile.

«Fa troppo caldo per chiunque a quest'ora Khaleesi – rispose – saranno al fresco e al sicuro nelle loro dimore.» aggiunse.

«E pur fanno lavorare gli schiavi sotto questo stesso caldo?»

«Non gli importa, Khaleesi» le disse, e nei suoi occhi scuri brillò una luce che sembrava apprezzare quell'innocenza di cui Daenerys a volte si sentiva colpevole «siamo nella città più ricca della Baia degli Schiavi» le ricordò «cosa sono qualche millione di schiavi morti per loro?, li rimpiazzeranno in una questione di minuti.»

Si guardò intorno osservando la più ricca città della Baia degli Schiavi e considerò che la sua considerevole fama e fortuna ricadeva sulle spalle strette e fragili di milioni di schiavi, molti bambini, che non conoscevano altra realtà. Si sentì più sporca che mai. Sporca nella sua stessa anima.
Io sono un drago, si ricordò quando avvertì le lacrime pizzicarle gli occhi d'ametista, e avrò fuoco e fiamme negli occhi quando li affronterò, non lacrime, si ripromise.

L'urlo di un ragazzino attirò la loro attenzione e sollevarono lo sguardo per osservare come tramortiti la scena orribile che si profilò davanti a loro occhi. Un ragazzino, appena poco più che un bambino, dondolava da una finestra, i piedi sospesi nel vuoto mentre un uomo lo scuoteva con violenza inaudita. Non ebbe il tempo nemmeno di realizzare cosa stava accadendo che l'uomo lasciò la presa e il bambino precipitò al suolo con un inquietante rumore di ossa spezzate, schiacciato dal proprio flebile peso.

Turbata osservò la finestra intravedendo il viso dell'assassino. Un uomo grasso con unti capelli dorati e una barba piena di oli scintillanti con pelle carioca i suoi occhi smeraldini accesi di violenta cattiveria.
Sentì Oberyn al suo fianco estrarre uno dei suoi pugnali e si voltò incontrando la sua faccia contorta dalla rabbia; posò una mano sul suo braccio fermando i suoi movimenti e i suoi occhi scuri si fecero dolci quando caddero su di lei, sui suoi ricolmi di lacrime di rabbia e impotenza. Scosse la testa nivea. 

«Avrà la giustizia che merita» gli promise «ma non adesso. Vivi oggi e combatti domani.»

Lui annuì e rimise il pugnale nella sua guaina poi fermò una ragazzina che stava correndo loro a fianco piangendo. Lei tentò di scalciare e urlare per liberarsi, ma Oberyn non la lasciò andare, Daenerys lo osservò accucciarsi in modo che fosse all'altezza della bambina e le chiese in bastardo valyriano se conosceva il nome dell'uomo che aveva ucciso quel ragazzo. 

La bambina fornì il nome e lui la lasciò andare offrendole un dragone d'oro per il suo aiuto. Lei corse via e mentre lo faceva Daenerys notò le cicatrici violacee che aveva sulla schiena dove doveva aver ricevuto frustrate ingiuste e dolorosissime.
Io sono un drago, si ripromise ancora, e il cielo cadrà e si colorerà di fuoco e di sangue per i Padroni.

«Dì alla puttana che non ha abbastanza denarono per comprarsi un'armata; nemmeno se apre le gambe e giace con ciascuno di noi» disse il Padrone parlando in valyriano.

Daenerys si costrinse a rimanere impassibile, le mani conserte davanti al proprio ventre, un piccolo sorriso di incoraggiamento mentre si voltava verso la giovane interprete.

«Il Nobile Padrone» riferì quella censurando le offese «pensa che tu  non abbia abbastanza denaro per comprare i suoi Immacolati»

«Sono certa che possiamo trovare un qualche accordo» rispose fissando la giovane ragazzina dai capelli ricci «se questa armata è invero tanto grandiosa e letale quanto il Padrone proclama – disse, senza riuscire a trattenersi dalla frecciatina rivolta alla credibilità dei Padroni – d'altronde sono una principessa Targaryen e la Madre dei Draghi.»

L'interprete tradusse la sua frase in maniera perfetta e chiara e il Padrone che stava conducendo gli affari soffiò una risata più simile a un maiale «Dì alla puttana Targaryen che le mostrerò le qualità impressionanti della nostra armata» 

La ragazzina obbedì mentre il Padrone scendeva dal patio e si avvicinava ai suoi Immacolati; l'interprete le si avvicinò traducendo quanto il Padrone stava dicendo, non che ce ne fosse davvero bisogno.

«Sono stati strappati alle braccia delle loro madri ancora in fasce» tradusse «per una moneta e sono stati addestrati ad obbedire al proprio padrone fino alla morte»

Daenerys annuì «Sarebbe invero sconvolgente se ciò fosse vero» chiamò mentre l'uomo pelato continuava a parlare vantando le incredibili capacità della sua armata di schiavi.

Per dimostrare che diceva il vero si avvicinò ad uno degli Immacolati liberando il suo petto dalla sua armatura di cuoio rigido e recidendo di netto uno dei suoi capezzoli senza che quello emettesse né un suono né un lamento. Era innegabile ora, i Padroni dicevano il vero.
Daenerys si trattenne dal mostrare il proprio disgusto «Sconvolgente» si congratulò «Sarei intenzionata a comprarli tutti.»

Il Padrone ammiccò come se non riuscisse a credere alle parole dell'interprete quando quella riportò in valyriano la sua decisione.

«Dì alla puttana che non avrà nemmeno un Immacolato se non ci dà uno dei suoi draghi il più grosso» contrattò.

L'interprete obbedì censurando quelle parti che riteneva offensive del suo padrone. Daenerys notò che la ragazzina era molto brava a leggere le dinamiche delle persone che aveva intorno e considerò che sarebbe stata un assetto di incredibile valore se solo le fosse stato permesso di essere libera e di crescere e di nutrire le sue facoltà naturali.

«Molto bene» acconsentì, ignorando sia ser Jorah che Oberyn, entrambi pronti a protestare piuttosto veementemente la sua decisione, quando neanche essere ignorati sembrò lanciare loro il giusto messaggio, li trucidò con uno sguardo affettato, tanto affilato quanto la lama di una spada «Mi darai anche l'interprete – soggiunse – come regalo.» completò con un sorriso gentile sulle labbra mentre inclinava la testa di lato.

Il Padrone protestò flebilmente ma alla fine cedette «Prendila, è tua.» 

Daenerys congiunse la mani davanti a sé e annuì «Un piacere fare affari con voi.» disse congedandosi e senza proferire altra parola si voltò e abbandonò la piazza con incedere sicuro, certa che sia l'Interprete che i suoi accompagnatori l'avrebbero seguita. Appena furono nuovamente per strada si voltò verso Oberyn e ser Jorah i suoi occhi indaco accesi.

Sia Irri che Rakharo seguirono a debita distanza rimanendo di fianco all'interprete.

«Apprezzo il vostro consiglio» cominciò «ma la prossima volta che mi sfiderete davanti ad estranei – aggiunse in un tono che non ammetteva repliche – consiglierete qualcun altro.» li avvisò entrambi prima di voltarsi di scatto, il suo mantello indaco scuro che svolazzava insieme ai suoi capelli argentati simili a luce liquida.

«Vieni» disse, rivolgendosi all'interprete «Qual è il tuo nome?» domandò mentre riprendevano a camminare.
La ragazzina raccolse le mani davanti a sé e abbassò il capo «Questa si chiama Missandei» disse «questa ti appartiene, adesso.» aggiunse.

Daenerys si fermò sui suoi passi e si voltò a osservare la giovane ragazza; giovane, con guance ancora arrotondate da una infanzia non troppo distante e una testa di ricci scuri gonfi e soffici, il capo abbassato.

Le si avvicinò ad ampie falcate e quella si irrigidì come se si aspettasse di essere colpita. 

Le accarezzò il viso amorevolmente prima di cominciare ad armeggiare con il suo collare. 

«Khaleesi» ser Jorah si propose «permettimi.» annuì e prese un passo indietro mentre il cavaliere recideva il collare della povera ragazzina. Anche lui si allontanò e Daenerys osservò Missandei mentre si portava una mano al collo improvvisamente spoglio, tastandolo sperimentalmente.

Daenerys sorrise, raccolse il collare da dove era caduto nella polvere e si avvicinò porgendoglielo

«Missandei – disse con abbastanza convinzione che gli occhi grandi, dorati della ragazza si piantarono nei suoi – adesso è libera. Come è sempre stata dal giorno che è nata.» proferì.
Missandei afferrò con mani tremanti il collare, osservandolo come se fosse una strana creatura inerme.

Alzò dunque nuovamente i suoi grandi occhi castano dorati su di lei tentennante. Daenerys sorrise «Da dove vieni, Missandei?»

«Missandei è nata a Naath – disse – l'Isola delle Farfalle» le rispose «è stata catturata per essere schiava da lì quando era molto piccola.»

Daenerys annuì «Se lo desideri – offrì – posso fare i preparativi e fornirti una nave che ti riporti a Naath» promise mentre abbandonavano alle loro spalle le cinte murarie della città.

«Missandei – di fronte al suo sguardo eloquente la ragazzina rabbrividì per poi correggersi – Io desidero restare con Daenerys Targaryen. Lei mi ha liberato e io voglio starle accanto.»

Daenerys sorrise «E così sia fatto» annuì «vieni, amica mia. Questi sono Irri e Rakharo, cari amici. Questo è ser Jorah di Isola dell'Orso e questi è il principe Oberyn Martell di Lancia del Sole entrambi cari amici e fidati consiglieri.» presentò.

Mentre abbandonavano la città alle loro spalle avvicinandosi ai suoi cancelli più esterni Missandei rabbrividì «Lei ha promesso il più grande dei draghi in pagamento.» considerò.

«L'ho fatto.» assentì.

«Pensavo che i draghi sono i tuoi figli – commentò – nessuna madre venderebbe i suoi figli.»
Annuì «Ciò è vero» assentì nuovamente.

«Valar morghulis» profetizzò Missandei abbassando il capo.

Daenerys non si permise nemmeno di sorridere «Sì – disse – tutti gli uomini devono morire, ma noi non siamo uomini.» 

Sentì la risata tuonante di Oberyn pochi passi più indietro e non mancò di notare lo sguardo sorpreso e ammirato di Missandei, prima che la ragazza abbassasse lo sguardo sorridendo un piccolo sorriso privato.
Drogon stava gridando, poteva sentire il grido di risposta di Viserion e Rhaegal in distanza. Aveva lasciato ordini che i draghi dovevano essere lasciati liberi mentre lei andava a parlare con i Padroni. 

«Sono miei adesso?» domandò osservando lo scettro d'arpia che il Padrone le aveva dato quando lei gli aveva offerto la catena di Drogon. Non che riuscisse a tenere a bada Drogon che scalpitava e non rispondeva ai suoi ordini.

Missandei tradusse e il Padrone, troppo occupato dal cercare di comandare Drogon rispose affrettatamente «Dì alla puttana che sono suoi, lei ha in mano lo scettro.» 

Missandei si voltò verso di lei «Dice che sono tuoi poiché tu tieni lo scettro.» 

Daenerys osservò con morbosa fascinazione lo strano scettro a forma di apria dorata, prima di voltarsi verso gli Immacolati.

«Immacolati! - chiamò in alto valyriano – fate un passo avanti» quelli obbedirono istantaneamente e lei li osservò con un sorriso feroce dipinto sulle labbra. Quel giorno aveva indossato i colori della sua famiglia, il nero e il cremisi «Un passo indietro!» obbedirono di nuovo.

Il Padrone, ancora troppo impegnato con Drogon per fare caso a quanto fosse appena trasparito nella piazza si voltò verso Missandei «Chiedi alla puttana perché il drago non obbedisce» era chiaramente disperato e Daenerys si voltò con un sorriso aguzzo e feroce sulle labbra mentre Missandei lo guardava disgustata.

«Un drago non è uno schiavo» profettizzò in alto valyriano. Lui sgranò gli occhi improvvisamente messo all'angolo.

«Parli valyriano?» domandò come istupidito.

Daenerys inclinò la testa di lato come spesso facevano i suoi draghi sorridendo «Sono Daenerys  Nata dalla Tempesta Targaryen – disse – del sangue della Vecchia Valyria, il valyriano è la mia madrelingua» ser Jorah sembrava scioccato e comprese in quel momento che, a differenza di Oberyn, non l'aveva sentita tradurre il valyriano con Missandei il giorno prima «Dracarys» ordinò.

Drogon non se lo fece ripetere due volte, obbedendo all'istante e respirando fuoco sul Padrone che teneva la catena sciogliendo la stessa come se fosse cera di una candela. Poco dopo Viserion e Rhaegal fecero il loro spettacolare ingresso nell'aere e Drogon si librò in volo per raggiungerli mentre battezzavano la città col fuoco e col sangue.

«Immacolati!» chiamò «siete stati strappati alle braccia delle vostre madri ancora in fasce, e adesso qui siete abusati e maltrattati. - disse, la sua voce chiara anche sopra le urla dei Padroni – Io sono un drago e un drago non è uno schiavo, riverserò fuoco e sangue sui Padroni per punirli della loro empietà!» 
Sollevò lo scettro «Starete al mio fianco come uomini liberi?» domandò con voce tuonante e potente.

Gli Immacolati cominciarono a sbattere le loro lance a terra e contro i loro scudi facendo più baccano delle urla dei Padroni. Daenerys sorrise «Allora uccidete ogni padrone e rompete ogni catena, ma risparmiate donne e bambini! Siate i figli del drago!»

E, a massacro iniziato, Daenerys sorrise e montò in sella ad Argento, la sua giumenta bianca che Oberyn aveva preparato per lei. Le sorrise e Daenerys si rivolse a un Immacolato «Prendete Nassos Korasdis e portatemelo vivo – ordinò – pagherà per i suoi crimini!»

Oberyn la guardò con i suoi occhi scuri pieni di meraviglia mentre Daenerys mentre cominciava a cavalcare, i suoi abiti rossi e neri che la avviluppavano come un vento in tempesta «Sarà frustrato e crocifisso – decretò – per ripagare il sangue versato.»

Oberyn annuì inclinando il petto in avanti quanto consentito dal suo cavallo «I miei ringraziamenti, darya.» 

Daenerys sorrise sentendosi orgogliosa del fatto che l'avesse chiamata regina  mentre la città veniva saccheggiata e i padroni trucidati. Osservò lo scettro che aveva tra le mani con disgusto per un lungo istante, poi, come se non fosse altro che uno scarafaggio sotto la suola del suo stivale lo lasciò cadere con un sorriso ricolmo di sdegno nella polvere, dimenticato.

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Capitolo 23
*** Joan V ***


CIAO! COME STATE? Scusate l'attesa, ma col fatto che lavoro dal giovedì alla domenica, non ho avuto tempo di finire la traduzione del capitolo prima di oggi.

In questo capitolo si parla un po' più di politica e ci sono tanti momenti carini e di supporto reciproco fra Joan e Aegon.

Fatemi sapere che ne pensate!

Joan V

 

Joan sospirò osservando la sala al lume di candela. La sala dei banchetti di Lancia del Sole

era stata illuminata a festa, sita a pochi passi dai Giardini dell'Acqua tant'é che poteva

sentire lo scrosciare delle fontane e delle piscine sin dalla balconata su cui era uscita per

trovare un attimo di ristoro dall'atmosfera della sala.

 

"Ti senti bene, principessa?"

 

Si voltò lentamente, il suo abito da sera nero e cremisi si mosse insieme a lei. Un

capolavoro di tessuti e pizzi dei colori della sua casata che la sarta aveva confezionato in

meno di dieci giorni. Era un abito leggero adatto a quel clima temperato e arido. Si trattava

di un abito composto da gonne di un caldo color borgogna con un corpetto nero di pizzo, con

maniche a campana di seta nera decorate con pizzo cremisi. Il pizzo era stato stilizzato nella

riproduzione di piccoli draghi e le ancelle avevano semiraccolto i suoi lunghi capelli d'ebano

che ricadevano in morbide onde lungo la sua schiena.

 

Le ciocche frontali della sua folta capigliatura color inchiostro erano tenute indietro da una

corona di cui le aveva fatto dono Aegon composta di acciaio e argento, con un lato ricoperto

di gemme preziose, rubini lucenti e grossi quanto un'unghia, il lato destro era stilizzato nella

riproduzione delle ali di un drago. Gli altri gioielli che indossava erano stati i gioielli della

regina Rhaella anni addietro, orecchini d'argento con rubini che pendolavano quasi fino alla

sua mascella simili a piccoli draghi.

 

Lord Varys aveva salvato alcuni tesori, fra cui i gioielli della regina, dal sacco di Approdo del

re.

 

Sorrise dolcemente "Sto bene" chiosò mentre Art camminava e le si affiancava.

 

Questa , pensò, un tempo è stata casa sua. Eppure è tanto estraneo qui, quanto lo sono io.

 

Rimase in silenzio e insieme osservarono Arya seduta accompagnata da una delle guardie

del nord, con Spettro mezza addormentata ai suoi piedi.

 

"Forse - ammise - mi sento un po' sopraffatta. Ho vissuto per tutta la vita convinta di essere

l'unica macchia dell'onore altrimenti irreprensibile di Lord Eddard Stark. E negli ultimi due

mesi e mezzo ho scoperto non solo di non essere sua figlia, ma di non essere né una

bastarda e che l'uomo che identificavo come un padre non lo è, i miei genitori entrambi morti

prima ancora che potessi anche solo sedermi da sola. E ho un fratello e una zia di cui

ignoravo l'esistenza."

 

Prese un respiro "E…"

 

"Aegon ti ha confessato i suoi sentimenti?" tirò a indovinare lui e Joan fece una smorfia.

 

"E non sai come sentirti a riguardo" aggiunse. Joan scosse il capo corvino.

 

"Non è che non so come mi sento a riguardo - corresse - è che so come dovrei sentirmi a

riguardo e non è come mi sento."

 

"Nel senso che..?" la spronò.

 

"Nel senso che so che è peccaminoso e non giusto. So che gli Dèi non condonano un

comportamento simile e pur qui sono che spero."

 

"Sei una Targaryen, mia principessa. Tuo padre era certo che le tre teste del drago erano in

procinto di tornare -le disse dolcemente - non ti sto dicendo come devi sentirti, ma non

limitarti."

 

Annuì "E poi - aggiunse - come dimenticare che la cugina di Aegon ha tentato di

assassinarmi a sangue freddo."

 

"Né Lady Nymeria né alcun altro ti farà mai del male, altezza - la assicurò - non finché c'è

fiato nel mio petto." promise.

 

Sorrise prendendo la sua mano nella propria "Non ti ho mai ringraziato per tutto quello che

hai fatto per me, Arthur. E voglio che tu sappia che sono grata e che ti affiderei la mia stessa

vita."

 

Qualcuno si schiarì la gola ed entrambi si voltarono verso Aegon "ser Arthur se non ti spiace

dovrei rubarti mia sorella per qualche attimo" chiosò educatamente.

 

Arthur annuì "Vostra Maestà"

 

"Vieni kirimves - disse offrendole il proprio braccio - c'è qualcuno che vorrei farti conoscere."

 

Joan accettò il suo braccio e il bacio che le stampò su una tempia prima di ricondurla

all'interno. Erano una visione piuttosto inedita entrambi avvolti dai colori della loro casata, lui

indossava perfino la catena da una spalla all'altra che indicava - a discapito della mancanza

di corona - il suo status di re stilizzata anch'essa a forma di drago e lei con indosso i gioielli

della regina Rhaella.

 

"Stai bene, amore mio?" Le domandò in un sussurro posando la sua mano sopra la sua

appoggiata nell'incavo del suo gomito.

 

"Bene - replicò - un po' sopraffatta ma bene."

 

Era stata sorpresa nello scoprire che molte nobili casate del continente e non di Dorne erano

state invitate al banchetto.

 

L'aveva sorpresa ancora di più quando un pugno di esse erano state informate della sua

identità. Solo alcune, tutte di origine dorniana ne erano a conoscenza mentre le casate del

continente rimanevano ignoranti di quella vitale informazione al massimo potevano

sospettare che fosse l'amante di Aegon considerato che era letteralmente avvolta nei suoi

colori.

 

Aegon sorrise dolcemente e i suoi scuri occhi viola sorrisero all'unisono con le sue labbra. I

suoi capelli d'argento erano stati intrecciati all'indietro e non vi era più traccia della tinta nera

bluastra che aveva aveva fatto sembrare i suoi occhi quasi blu.

Indossava un farsetto nero con il sigillo delle tre teste di drago rosse proprio sopra il cuore.

 

Sulle sue dita brillavano, sul secondo dito della mano destra, un anello con il sigillo

Targaryen. Era stato il sigillo personale di sua madre ed era una delle pochissime cose che

Aegon aveva di lei, lo aveva fatto allargare per poterlo indossare e al suo collo pendeva il

medaglione che gli aveva regalato lo zio Oberyn, un medaglione con un cavaliere a dorso di

un drago con una lancia fra le mani.

 

"So che ti senti un po' come un pesce fuor d'acqua qui, kirimves - le disse dolcemente - ma

quando succede voglio che tu faccia una cosa."

 

Joan annuì mentre la conduceva in un'area isolata della sala "...cercami, guardami negli

occhi e ricorda che anche nella peggiore delle ipotesi il tuo posto è al mio fianco"

 

Non poté fare a meno di sorridergli luminosamente toccata nel profondo dal suo amore e

dalla sua cura nel cercare di farla sentire a suo agio.

 

Aegon la condusse in una zona seclusa della sala e quando vi si avvicinarono si portò le sue

mani alle labbra e ne baciò il dorso con riverenza e appena un momento dopo due sagome

uscirono dalle ombre.

 

Una aveva lunghi capelli bianco argentati e occhi pallidi di un grigioverde in tempesta,

indossava un farsetto verde acqua e argento con un cavalluccio marino ricamato sopra il

petto, sembrava un combattente e aveva una luce intelligente negli occhi.

 

L'altro sembrava placido e gentile con una pancia decisamente tonda che parlava di una vita

di agi e rose ricamate su tutto il suo farsetto - troppo stretto - blu, verde e giallo. Aveva un

sorriso gentile e occhi azzurri altrettanto gentili e in testa un capo biondo come l'oro.

 

" Kirimves , lascia che ti presenti i nostri illustri ospiti. Lord Mandfort Velaryon del Driftmark e

Lord Mance Tyrell di Altogiardino." disse gesticolando con movimenti lenti e sicuri ai due

uomini.

 

"Miei Lord, è un mio onore presentarvi mia sorella, la principessa Visenya delle case

Targaryen e Stark ultima figlia di mio padre, il principe Rhaegar Targaryen e la sua seconda

sposa, la principessa Lyanna Stark; la principessa di Sala dell'Estate."

 

Entrambi i lord la guardarono con una luce diversa nello sguardo. Lord Velaryon aveva

l'aspetto di un uomo che avesse assistito ad un miracolo mentre Lord Tyrell sembrava non

riuscire a comprendere quanto gli era stato detto.

 

Joan si voltò verso Aegon sorpresa dal fatto che l'avesse presentata con tanta leggerezza a

due Lord del continente, ma un secondo dopo Lord Velaryon cadde in ginocchio davanti a

lei, i suoi capelli bianco argentati come un sipario davanti al suo viso cisellato.

 

"Vostra altezza" mormorò sottovoce in tono di venerazione.

 

"Vi prego, mio Lord - si affrettò a dire - non inginocchiatevi, non ho ancora fatto nulla che

meriti tanta ossequiosità."

 

L'uomo la guardò in chiara ammirazione e poi lanciò uno sguardo ad Aegon che sorrise fiero

prima di baciarle una guancia.

 

"Sei meravigliosa, kirimves , nevvero?" fece rivolgendosi agli uomini presenti.

 

"Ma se, Vostra Grazia permette...come è possibile che nessuno di noi sapesse nulla del

matrimonio di vostro padre con la principessa Lyanna Stark né siamo stati informati della

esistenza della principessa Visenya?" domandò Lord Tyrell chiaramente dubbioso.

 

"Mance non fare l'idiota e non arrecare imbarazzo a te stesso" comandò una donna anziana

seduta non molto distante da dove loro stavano parlando. Sembrava antica ma i suoi occhi

brillavano di intelligenza e arguzia.

 

"Madre!" esclamò l'uomo evidentemente imbarazzato.

 

La donna lo fissò con sguardo serio affermando in tono affettato ma tinto di dolcezza "Non

usare quel tono con tua madre, giovanotto - minacciò - che razza di esempio pensi di dare a

tua figlia?"

 

Joan dovette trattenersi dal non ridere è Aegon ebbe altrettanta difficoltà a trattenere un

sorriso. La ragazza non poteva avere più di quindici anni con lunghi capelli castani che

ricevevano lungo le sue spalle in morbide onde, occhi castanoverdi e labbra polpose

imbronciate, l'abito che indossava lasciava volutamente poco all'immaginazione pur essendo

meno apertamente provocatorio rispetto a quelli indossati dalle lady dorniane presenti.

 

La ragazza sorrise dolcemente verso di loro - verso Aegon nello specifico - prima di voltarsi

verso la nonna.

 

"Nonna!" esclamò in tono di rimprovero divertito come la perfetta fanciulla che voleva

apparire. Joan trovò la farsa inquietante e si irrigidì di colpo prima che Aegon la

abbracciasse da dietro, premendo il proprio viso nell'incavo del suo collo, nascondendo la

propria risata nei suoi capelli.

 

"Accomodati ragazza, sempre che il tuo amante riesca a schiodarsi da te per un momento o

due, vieni alla luce e aiuta questa vecchia signora a guardarti meglio." disse la donna

anziana osservandola dritta in faccia.

 

"Nonna!"

"Madre!"

 

A questo punto, incapace di trattenersi, Aegon si lasciò andare ad una risata piena e

divertita "Lady Olenna Tyrell, suppongo." commentò sbirciando da sopra la sua spalla.

 

Joan ancora non riusciva a capacitarsi che la donna avesse definito Aegon come il suo

amante e non come suo fratello. Erano tanto trasparenti? Non che Aegon si scomodasse a

nascondersi.

 

"La tua supposizione sarebbe corretta, giovanotto. - chiosò quella - quando ci è giunta voce

della tua sopravvivenza non ci riuscivamo a credere, ma non ho bisogno che tu ti avvicini,

sei il ritratto del tuo defunto padre. Lascia che la ragazza si avvicini se riesci a non fare la

piovra con lei per qualche minuto."

 

Quando ancora Aegon non si era mosso la donna aggiunse "Più prima che poi, giovanotto,

non sto ringiovanendo, sai?" lo invitò "prometto di non pungere."

 

Joan si voltò verso Aegon interrogativa e lui le stampò un bacio casto sul profilo delle labbra

facendola arrossire fino alla punta dei capelli.

 

"La chiamano la regina di spine " fornì a mò di spiegazione dandole una spintarella verso le

due donne. Joan si ritrovò illuminata dalle torce e quando la donna le chiese di avvicinarsi

ancora lo fece.

 

"Mi ricordo questi - commentò indicando i suoi orecchini - erano l'invidia di ogni donna di

corte con un minimo di stile ai tempi in cui tua nonna li indossava."

 

Fece uno strano verso sordo e poi aggiunse "Li indossi con la medesima grazia ed

eleganza. - chiosò - no. Non ci sono dubbi, sei la figlia di Rhaegar Targaryen. Hai il suo

mento e gli zigomi e le labbra a cuore di Rhaella. È un piacere fare la tua conoscenza,

altezza."

 

Joan fece una leggera riverenza "Il piacere e l'onore è mio, mia signora." replicò

educatamente.

 

"Bella e umile? - domandò rivolgendosi ad Aegon - ha difetti o neanche uno?"

 

"Ha un temperamento.. focoso " commentò e Joan lo fulminò con lo sguardo.

 

La donna ridacchiò "Oh questo lo vedo."

 

"Ed è tanto caparbia quanto bella." aggiunse Aegon.

 

"Temo che tu mi stia confondendo con te stesso, Leīka , ti sei guardato troppo allo specchio

ultimamente?" lo prese in giro e di fronte alla sua espressione affrontata gli fece anche una

riverenza che trasudava presa in giro.

 

"Oh, mi piaci ragazza - commentò lady Olenna - è una da tenersi stretta, questa qui."

 

 

 

Aegon la lasciò con le due donne e Joan si accomodò fra loro mentre lui parlava coi Lord

anche se era sempre in linea visiva.

 

"Dunque illuminaci, ragazza - disse lady Olenna - dove sei stata nascosta tutto questo

tempo? Sotto la neve?"

 

"A dire il vero, adesso che me lo fai notare, mia signora.. È esattamente dove sono stata

nascosta - rispose i suoi occhi su Arya con ser Arthur e Spettro- sotto la neve . Mio zio, Lord

Eddard Stark di Grande Inverno, mi ha presa come propria e mi ha fatto passare per la sua

figlia illegittima per proteggermi come Snow dall'ira di Robert Baratheon."

 

"Chi ci avrebbe mai speso un soldo bucato - chiosò la donna - quel vecchio volpone di Lord

Eddard è il migliore giocatore in tutto il continente. Suppongo che lui e il tuo amante abbiano

una sorta di accordo."

 

Joan annuì "Il Nord appoggerà Aegon quando giungerà il momento - rispose - mio zio e mio

fratello sono d'accordo, altrimenti Lord Eddard non avrebbe mai lasciato la sua preziosa

figlia come protetta sotto Aegon." aggiunse annuendo nella direzione di Arya.

 

La donna passò lo sguardo tra lei e sua cugina e poi ghignò "E quindi la ragazzina ha le

zanne - chiosò - anche se non ti facevo tanto scaltra . Considerami impressionata."

Joan si costrinse a non mostrare la propria sorpresa sul suo viso rimanendo impassibile e

bevve un sorso dalla propria coppa di vino per nascondere l'imbarazzo.

 

"Temo, mio tesoro - disse la donna rivolgendosi alla nipote - che per te dovremmo trovare un

altro prospetto. Il re non solo è già reclamato ma anche difeso."

Joan si voltò verso la ragazza che aveva abbandonato ogni maschera di cortesia e stava

masticando sessualmente un boccone dal proprio piatto.

 

"E...se le voci dicono il vero, un altro Targaryen giungerà dall'est, una principessa che ha

risvegliato i draghi dalla pietra e dal gioco - mormorò - draghi vivi… di nuovo - fece una

specie di risata sinusale prima di aggiungere - Il Reame non sa cosa lo attende. E noi

saremo dalla parte vincente, accanto ai draghi se vogliamo di nuovo crescere forti e

rigogliosi."

 

La ragazza però sembrava piuttosto disinteressata all'argomento "Anche se, Vostra altezza

ha un cugino, nevvero?"

 

"Invero, ho un cugino di poco più grande di me, Robb, l'erede di mio zio e due cugini. Bran

che ha otto anni e Rickon che adesso ne ha all'incirca sei."

 

Raddrizzò la schiena "Anche se, per una conversazione simile, mia signora, dovresti

rivolgerti a mio zio dal momento che è il capo famiglia di Casa Stark e il Protettore del Nord."

sorrise dolcemente inclinando la testa di lato "e, mia signora, certo non c'è bisogno che vi

ricordi che solo le rose d' inverno sopravvivono all'ambiente ostile del Nord. Forse è una

nozione che dovreste prendere in considerazione prima di considerare una simile

prospettiva"

 

Fischiò sommessamente e Spettro la raggiunse silenziosamente mentre si tirava in piedi e

immergeva una mano nel suo folto pelo niveo.

 

"Ora, temo di dovermi congedare. Mia signora - si voltò verso la ragazza - mia signora."

salutò con un sorriso saccarino.

 

Entrambe si tirarono in piedi per graziarla di una riverenza di saluto.

 

Lady Olenna sorrise ma apparve più una smorfia "Tanto scaltra quanto bella, davverocommentò

evidentemente colpita - mi piacerebbe godere ancora della tua presenza prima

della nostra ripartenza se non ti arreca troppo disturbo, altezza."

 

"Sono certa che riusciremo a organizzare un incontro - sopperì al silenzio che si era formato

dopo l'affermazione della donna - prima della vostra dipartita da Lancia del Sole. Vieni,

Spettro."

 

Non si voltò lasciando che Spettro la conducesse fino alla balconata. Mentre raggiungevano l'uscita passarono a fianco del tavolo dove erano sedute le Serpi delle Sabbie. Una delle sorelle di lady Nymeria aveva una faccia lunga e dall'aspetto severo, con occhi che guardavano in giù e labbra dalla piega arcigna, indossava braghe e un farsetto dal taglio maschile e non appena le passò accanto si portò una mano alla frusta che portava arrotolata al fianco. L'altra era avvolta da un abito color viola che lasciava niente o quasi all'immaginazione; aveva lunghi capelli biondi intrecciati come una corona sulla sommità del suo capo, occhi scintillanti di un azzurro devastante, pelle carioca e labbra dipinte di un audace rossetto rosso, sedeva accanto ad una donna bellissima, con lunghi capelli scuri e ricci, occhi brillanti di un nero intenso e la pelle abbronzata come se passasse la sue giornate sotto il sole.

 

La donna non fece né disse niente quando passò loro accanto limitandosi a bere dalla sua coppa, mantenendo il contatto visivo in un modo che riuscì a inquietarla.

 

“Ma quello è un vero metalupo?!”

 

Joan si voltò trovandosi faccia a faccia con qualcuno che sembrava essere una versione più giovane del principe Doran, seduto poco lontano mentre intratteneva i suoi ospiti. Non disse nulla.

 

“Oh, le mie scuse. È stato piuttosto maleducato da parte mia – chiosò il ragazzo con un sorriso gentile, di benvenuto – mi dovrei presentare come si confà alla mia e alla tua posizione. Sono Trystan il figlio di Doran Martell, principe di Dorne e cugino di tuo fratello, re Aegon. Devi essere la principessa Visenya.” si proferì in un inchino aggiungendo “E' un piacere fare la tua conoscenza. Lascia che sia il primo, questa sera, a darti il benvenuto qui a Lancia del Sole.”

 

Sembrava sincero, così Joan sorrise “Grazie, principe Trystan – disse – saresti il primo a darmi il benvenuto con sincerità.” scherzò.

 

Guardò oltre la sua testa e al tavolo in questione, fece una smorfia “Ah, capisco. Non prederla sul personale, Altezza, odiano più o meno tutti.”

 

“Abbastanza da tentare di ucciderli? - domandò prima di fare una smorfia – le mie scuse, non intendevo offendere i tuoi parenti, è stato meschino da parte mia.”

 

“Niente affatto – la interruppe lui – gli Dèi sanno quanto difficile sia lasciare andare un rancore quando si viene contrariati, figurarsi dimenticarsi un attentato alla propria vita.” le disse “per quel che vale progettano di ucciderci tutti in questa stanza.”

 

Joan soffocò una risata e Trystan sorrise, era un sorriso perfetto di denti perlacei e perfettamente dritti, non era un sorriso altrettanto amabile come quello di Aegon, ma era comunque caloroso e contagioso. Il sorriso di Aegon era diverso, era imperfetto e gli conferiva un che di adorabile che Joan trovava difficile da replicare.

 

“Sai ridere, eh, Vostra Altezza? - domandò retorica facendole cenno di continuare a camminare insieme – è una bella cosa, abbiamo tutti bisogno di più risate in questa vita magra.”

 

Joan non replicò, limitandosi a seguirlo fino alla balconata.

 

“Quindi – cominciò Trystan provando a fare conversazione – come mai un metalupo si trova al di qua della Barriera?”

 

“Abbiamo trovato Spettro e i suoi fratelli e sorelle nel Bosco dei Lupi – raccontò – qualche settimana prima che conoscessi Aegon, erano appena nati, la loro madre morta, uccisa da un cervo. Erano sei cuccioli, uno per ciascuno Stark e Spettro per me. È una parte di me.”

 

In risposta a ciò Spettro voltò i suoi occhi cremisi sul principe e gli ringhiò contro quando quello fece per avvicinarsi e accarezzarla.

 

Joan stava per rimproverarla quando un braccio si avvolse intorno alla sua vita attraendola contro un petto che ormai avrebbe riconosciuto in mezzo ad altri mille, prima che Aegon si inginocchiasse davanti alla metalupa e la accarezzasse dando particolare attenzione anche alle orecchie di Spettro che lo guardava come se stesse appendendo la luna in cielo solo per lei al punto che si reclinò sul dorso mostrando la pancia come la più docile degli animali domestici. Joan alzò gli occhi al cielo e Aegon si voltò verso di lei sorridendole luminosamente prima di diventare marmoreo quando il suo sguardo si posò sul principe.

“Cugino” salutò tirandosi in piedi. Trystan annuì.

 

“Mio re” salutò facendo un inchino e Joan si avvicinò ancora di più ad Aegon percependone il disagio dalla rigidità delle sue spalle e dal modo in cui serrava la mascella.

 

“Vedo che hai fatto la conoscenza di mia sorella” aggiunse suo fratello in un tono quasi minaccioso.

 

“Sì. Sua Altezza è tanto amabile e gentile quanto mio padre aveva anticipato – disse in risposta Trystan annuendo nella sua direzione – ora, se me lo permettete, è il caso che rientri.”

 

Aegon annuì solennemente prima che Trystan si inchinasse leggermente salutando prima Aegon e poi lei “E' stato un piacere conoscerti, Altezza. Vi auguro una piacevole continuazione.”

 

Annuì augurandogli altrettanto e poi si voltò verso Aegon che stava appoggiato alla balconata, le braccia conserte al petto mentre il tiepido caldo gli scompigliava i capelli argentei.

 

“Piuttosto audace da parte di mio cugino intercettarti e presentarsi in maniera tanto colloquiale dopo il modo in cui sei stata accolta.” considerò, i suoi occhi ametista che brillavano quasi indigo.

 

“E' stato gentile – contestò lei avvicinandosi mentre Spettro si avvicinava all'entrata della balconata stando da silente sentinella lì – perché sei così contrariato?” domandò quindi appoggiandosi anche lei alla balconata coi gomiti lasciando che l'aria tiepida le carezzasse le guance.

 

“Non mi è piaciuto il modo in cui ti guardava” replicò lui, accarezzando gentilmente il suo braccio con una mano prima di immergerla nelle sue folte onde color inchiostro giocando con l'estremità dei suoi ricci.

 

“Ed esattamente come mi stava guardando?” domandò con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.

 

Ma lui era serio come se stesse parlando del futuro del reame, portò l'altra mano alla sua guancia e poi prese la sua mano nella sua portandosela alle labbra e baciandone le nocche con reverenza “Come dovrei fare solo io.”

 

Arrossì e lui sorrise “Allora – domandò – come hai trovato lady Olenna e sua nipote? Ti sei divertita?”

 

“Un mondo” replicò asciutta e impassibile “lady Olenna è una vecchia serpe e la sua tanto compita nipote è altrettanto arguta e calcolatrice quanto lei.”

 

Aegon soffocò una risata, ma la lasciò parlare lasciandola giocare prendendo le sue mani tra le sue e allacciando le loro dita mentre lei riportava la sua illuminante conversazione con le due nobildonne. Quando ebbe terminato concluse con “...vuole conversare di nuovo prima della sua partenza da Lancia del Sole.”

Aegon ridacchiò “Mi sembra, amore mio, che tu ci abbia guadagnato un alleato particolarmente importante dal punto di vista strategico – Joan roteò gli occhi al cielo, ma rimase in ascolto – hai colpito lady Olenna che è de facto a capo di Casa Tyrell, e con il grano accumulato da Altogiardino a nostra disposizione durante la campagna... sono anche la seconda famiglia più ricca del continente, ci dovremmo preoccupare di molto poco.”

 

“E tutto questo soltanto con una buona dose di sarcasmo” borbottò lei “Come è andata la tua chiacchierata coi lord?” domandò cambiando discorso.

 

“Dorne è con noi – riportò – e anche Altogiardino, il Nord e il Driftmark. Forse possiamo trovare altre casate nobili che adesso fanno riferimento a Roccia del Drago, ma con Stannis Baratheon seduto sul seggio ancestrale della nostra famiglia... dobbiamo essere cauti a chi ci approcciamo.”

 

“Sarà sufficiente con le truppe che zia Daenerys porterà con sé da Essos?”

 

Aegon soffocò una risata “Anche se non è abbastanza, non siamo gente comune, amore mio, con tre draghi sputafuoco al nostro fianco, saremo imbattibili e riporteremo i lord di Westeros all'ovile.” le disse “è stato abbastanza per Aegon il Drago e le sue sorelle.”

 

Joan rabbrividì sotto lo sguardo calmo di Aegon. Quasi non riusciva a credere quanto tranquilla tutta la serata stava andando. Sembrava filare davvero tutto liscio come l'olio.

 

“Sono spaventata – ammise – e se sto puntando troppo in alto e coloro che amo diventeranno il prezzo da pagare per la mia tracotanza?”

 

“Sarà una guerra, amore – le disse – e in guerra esistono le casualità. Ma se non ci riprendiamo il nostro trono non saremmo mai al sicuro, né noi né coloro che amiamo e che ci amano. Adesso l'Usurpatore sa che sono vivo e non si fermerà a niente per avermi morto per nessuna altra ragione tranne il fatto che respiro. E se scoprisse anche di te? - le domandò – tutta la tua famiglia pagherebbe il prezzo della decenza e dell'onore di Eddard Stark che ha salvato una bambina innocente dall'ira del suo amico.”

 

Joan annuì e Aegon le stampò un bacio sulla fronte “Giorni lunghi e difficili ci attendono, kirimves – le disse, senza indorare il boccone amaro – ma, alla fine, ne sarà valsa la pena, amore mio.”

 

Joan annuì e si lasciò abbracciare. Lei gli credeva.
 


Eccoci al fondo del capitolo. Il prossimo sarà dal punto di vista di Oberyn e vediamo una Daenerys in una veste diversa. Un po' fanciulla, un po' genio. Spero che vi piaccia.

Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e se avete delle idee su cosa succederà dopo (sono curiosa) - ovviamente se non avete letto la versione inglese, altrimenti è barare - poi volevo sapere. In teoria sto pubblicando, in inglese, anche il prequel (che racconta la storia di Rhaegar e di come ha trattato le donne della sua vita, Rhaella, Elia e Lyanna e come tutto è andata così a rotoli). Se volete che pubblichi anche quello qui, cosa preferireste vedere questa settimana?, un altro capitolo della storia principale o il primo capitolo del prequel? Fatemi sapere così so cosa tradurre.

 


 

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Capitolo 24
*** Oberyn II ***


Ciao a tutti! Come state? Eccovi il secondo capitolo dal punto di vista di Oberyn. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, che sono curiosa!

Oberyn II

La grande sala di Astapor era stata tetra e opulenta la prima volta che ci avevano messo piede, piena di oro e drappeggi di tessuti pregiati.

 

Daenerys aveva ordinato che tutti i drappeggi con il simbolo di Astapor e dei Padroni venissero raccolti e messi a fuoco, aveva ordinato ai suoi draghi di provvedere, davanti a tutti in piazza. Adesso, lo stendardo di Casa Targaryen svettava fiero ed enorme all'entrata della Grande Piazza che Daenerys aveva ribattezzato Piazza dell'Orgoglio, come suo primo ordine da signora della città aveva ordinato che tutti gli schiavi fossero liberati e fossero offerte loro cure se necessario, poi aveva presieduto un velocissimo processo per Nassos Korasdis che lo aveva trovato colpevole delle accuse di assalto e infanticidio. Il suo secondo ordine era stato crocifiggerlo dopo le frustrate.

Daenerys in persona era presente, indossava i colori del suo khaleesar – il giallo e l'azzurro – e marciava intorno a un tavolo come una bestia in gabbia. I suoi capelli nivei erano intrecciati in due spine lungo la sua testa con morbide onde che ricadevano lungo la sua schiena.

 

«Mi stai dicendo che non posso fare niente per le milioni di schiavi che ho liberato» sbottò contrariata i suoi occhi d'ametista in tempesta, fissi su ser Jorah e la donna che si era presentata come rappresentate delle famiglie nobili della città – una donna alquanto avvenente con pelle carioca e occhi smeraldini – «Non è ciò che io credo.»

 

«Allora perché mi hai convocata, dãrya?» la voce della donna era carica dell'accento essosi mentre parlava un westeron a malapena passabile «Ti dico ciò che vedo.»

 

«Questa città» sibilò Daenerys «è stata costruita sui cadaveri di poveri schiavi dimenticati e questa orripilante pratica avrà fine, adesso.» incalzò, i suoi occhi d'ametista accesi dalla più cupa delle fiamme «Solo perché non è mai stato fatto prima non significa che sia impossibile.»

 

«La Baia degli Schiavi è conosciuta per gli schiavi, dãrya – replicò la donna in tono quasi annoiato – questo significa che la schiavitù è la prima fonte di entrata della città. Collasseremo in un battito di ciglia con Meereen e Yunkai ancora in affari nel mercato degli schiavi, senza una valida alternativa.»

 

Daenerys si voltò di scatto, furiosa, le sue gonne azzurre si avvilupparono come una nuvola attorno alla sua sagoma sottile e ser Jorah sospirò «Devi portare pazienza, Khaleesi» offrì «liberare gli schiavi non equivale automaticamente nel dar loro un futuro.»

 

Lei si voltò di nuovo e nei suoi occhi di ametista Oberyn poté vedere le lacrime appena trattenute, «Questo lo so bene» chiosò «ma non vedo nessuno di voi offrire dei suggerimenti validi, apparte...» non finì mai la frase preferendo non conferire alcuna dignità alla proposta che doveva aver fatto la donna a giudicare dal gesto eloquente che fece rivolto alla nobildonna.

 

«Non è semplice, dãrya» rispose quella chiaramente punta sul vivo a giudicare dal modo in cui i suoi occhi verdi scintillarono contrariati «Il potere di mettere fine alla schiavitù è quello di creare un'alternativa, e quel potere non ce l'hai. Hai fatto il passo più lungo della gamba, dãrya»

 

Gli occhi di Daenerys si accesero di una fiamma incontenibile e, fuori dalla finestra, Drogon lanciò un urlo. Un verso spaventoso, che riuscì nell'intento di spaventare la donna che si irrigidì improvvisamente allerta e chiaramente spaventata, Daenerys sorrise alzando il mento soddisfatta.

 

«Sono la Madre dei Draghi» disse «e, se ho riportato i miei figli in questo mondo quando tutti credevano i draghi estinti puoi star certa che porrò fine alla schiavitù.» si voltò senza dire altro al capo eletto delle truppe di Immacolati, un uomo che si faceva chiamare Verme Grigio.

 

«Scortate Lady Walyssa Senaxiss a casa sua – ordinò – dai suoi figli» enfatizzò; l'Immacolato non batté ciglio, obbedendo all'istante. Nel momento stesso in cui la donna fu scortata fuori dalle sale Daenerys si voltò verso di lui «Cammina con me. Ho bisogno di pensare.»

 

Oberyn annuì e le fece cenno di fare strada, accompagnandola fuori dalla sala la sua guardia del corpo dothraki, Rakharo, li seguì camminando più lentamente, ma comunque in linea visiva.

 

Uscirono dal palazzo e si lasciarono la Piazza dell'Orgoglio alle spalle, passeggiando le strade che gli Immacolati stavano aiutando a ripulire.

 

«Sembri affranta, Daenerys» considerò «se ti piace, condividi con me questo peso. Mi considero un buon ascoltatore.»

 

Lei tirò su col naso, combattendo ancora contro l'incedere delle lacrime e in quel momento Oberyn si ricordò di quanto giovane lei fosse in realtà. Fu questione di un momento, si costrinse a soffocare un singhiozzo e catturò l'unica lacrima che le era sfuggita con un dito.

 

«Ho fatto il passo più lungo della gamba, Oberyn?» domandò incerta «Ho sbagliato a non chiudere un occhio di fronte alla crudeltà dei padroni, ottenere da loro ciò che volevo e abbandonare questa gente al loro destino?»

 

Si fermò quando raggiunsero il porto, fermandosi ad osservare il mare e a godere dell'aria salmastra che le scompigliava i capelli nivei «Sarebbe stato meglio se avessi semplicemente comprato gli Immacolati e mi fossi diretta a ovest?»

 

La fronteggiò guardandola dritta in quei suoi occhi d'ametista «Avere un cuore gentile in un mondo crudele è una forza, Daenerys, non una debolezza» le disse «e tu hai il cuore più caloroso, grande e generoso che io abbia mai visto. Sarà impervia, ma la strada giusta lo è spesso. Abbi fede in te stessa, non ci guiderai fuori rotta. Io ho fiducia in te.»

 

Poté percepire il momento in cui lei comprese le sue parole, soffocò un altro singhiozzo, ma raddrizzò la schiena e ricambiò il suo sguardo con uno sicuro, fiero e più fiducioso della strada che aveva deciso di percorrere.

 

«Dimmi, Oberyn» chiosò «pensi che nostro nipote sarà d'accordo con la mia decisione di liberare Astapor o penserà che fosse una faccenda che non riguardava noi Targaryen?» domandò mentre lo riconduceva lungo la strada che avevano appena percorso.

 

Mentre camminavano la folla di schiavi che si era ammassata nelle strade le fece passaggio, inchinandosi al suo cospetto e lanciando i collari che avevano simboleggiato la loro schiavitù ai suoi piedi affinché lei li calpestasse mentre camminavano.

 

«Aegon è un uomo buono» considerò «buono e onesto. Riconoscerà quello che hai fatto come qualcosa di meritevole di lode in quanto hai posto fine alla tirannia del forte sul debole e di coloro che si arricchivano sulle spalle degli schiavi. Apprezzerà la tua scelta.» la rassicurò.

 

Quando arrivarono di nuovo alla Piazza dell'Orgoglio notarono le sagome di Verme Grigio, ser Jorah e Missandei che si avvicinavano a loro.

 

«Thorgo Nudo ha delle notizie dalle città vicine, Vostra Grazia» riportò Missandei indicando il soldato verso il quale si rivolse immediatamente l'attenzione di Daenerys.

 

L'Immacolato raddrizzò la schiena prima di parlare in un westeron a malapena passabile «Non ci sono più schiavi» disse «nelle città di Meereen e Yunkai» proclamò porgendole uno stendardo chiaramente ricamato a mano su tessuti di seconda mano e di pessima fattura, ma non per questo meno simbolico o di valore, su cui era stato ricamato il drago a tre teste di Casa Targaryen. Daenerys lo accettò con mani tremanti e avvolto in esso vi trovò due collari spezzati di cuoio su ciascuno era stato marchiato a fuoco il simbolo delle rispettive città – Yunkai e Meereen – un uomo si fece avanti dalle retrovie.

 

«Quest'uomo, darya» disse Verme Grigio «viene da Yunkai ed è stato scelto dagli schiavi liberati per portarti un messaggio.»

 

L'uomo aveva capelli lunghi, lisci e scuri, pelle scura e occhi gentili, neri come la pece. Indossava il qora la tipica tunica che indossavano gli schiavi e non appena fu sotto lo scrutinio della khaleesi cadde in ginocchio parlottando in una lingua che Oberyn non conosceva e che dalla sua espressione non conosceva nemmeno Daenerys che si voltò verso Missandei in attesa di traduzione.

 

«Dice» tradusse l'interprete «che il suo nome è Reil e che era uno schiavo a Yunkai e che quando hanno sentito della tua nobile conquista di Astapor i padroni di Meereen volevano crocifiggere quanti più bambini schiavi possibili per mandarti un messaggio così gli schiavi di Meereen si sono sollevati in rivolta spronando i fratelli di Yunkai a imitarli. Gli schiavi di Yunkai allora si sono ribellati hanno alzato il vessillo Targaryen e si sono liberati dagli schiavi.»

 

Daenerys lo guardò per un momento poi si approcciò all'uomo inginocchiato e posò una mano sul suo capo corvino «Abbi fede, amico mio» gli disse «siete degni figli del drago» aggiunse «e vi proteggerò – poi aggiunse in alto valyriano - Aoha vali issi issa vali sir»

 

La tua gente è la mia gente adesso, e Oberyn osservò stranito mentre l'uomo prendeva le sue mani e le baciava ripetendo la medesima parola sottovoce come una preghiera.

 

«Mhysa» ripeteva «Mhysa» Daenerys si voltò verso Missandei in cerca di una traduzione che non tardò ad arrivare. Infatti l'interprete le rivolse un sorriso spiegando «Significa madre

 

Vide quando quella dichiarazione la toccò nel profondo, accarezzò la guancia dell'uomo e poi ordinò «Che a quest'uomo sia dato del cibo caldo e nuovi abiti, sarà nostro ospite a palazzo per tutto il tempo che desidera»

 

Verme Grigio e Missandei scortarono l'uomo nuovamente all'interno mentre ser Jorah le si avvicinò mentre Daenerys sfiorava con venerazione lo stendardo.

 

«Regina di Astapor, Yunkai e Meereen» considerò «adesso sei la Regina della Baia degli Schiavi» le disse.

 

Sorrise per un momento «Non ci sono più schiavi, amico mio» chiosò «da adesso e per il resto dell'eternità sarà conosciuta come la Baia dei Draghi» dichiarò afferrando la mano del cavaliere nella propria. Offrì la sua altra mano anche a lui.

 

Oberyn la accettò stringendola nella sua mano tanto più grande, la sua pelle mulatta in netto contrasto con la sua d'alabastro, ma in apparente armonia «E – aggiunse lei – non ci sarei riuscita senza la vostra fiducia e consiglio. Adesso vi devo chiedere di aiutarmi a far sì che questo cambiamento sia permanente» aggiunse «che oggi sia l'alba di una nuova era.»

 

«Aye, Khaleesi. Hai la mia spada, il mio cuore e il mio consiglio. Sempre.» proclamò ser Jorah.

 

Daenerys si voltò verso di lui con un sorriso dolce e Oberyn le sorrise di rimando, incapace di trattenersi.

 

«Hai il mio consiglio e la mia fiducia, Daenerys.» le promise sinceramente intendendo che aveva anche la sua lealtà, sebbene entrambi sapessero che non poteva giurarle fedeltà perché essa apparteneva solo ad Aegon in quanto suo re e figlio di sua sorella. Gli sorrise comprensiva.

 

 

 

 

Oberyn stava pensando, marciando avanti e indietro negli alloggi che Daenerys gli aveva assegnato. La regina aveva scelto per sé le camere patronali che si affacciavano sulla Piazza dell'Orgoglio, lo stendardo che i Meereenesi e Yunkaici avevano fatto per lei ora pendeva dalla sua balconata, un chiaro segno di riguardo. I suoi alloggi erano sullo stesso piano ma dall'altra parte dell'ala così come quelli di ser Jorah.

 

Qualcuno bussò alla sua porta timidamente facendolo fermare sui suoi passi «Entrate.»

 

Si trattava di Missandei «Mio principe – lo salutò educatamente – Sua Grazia vi chiede di raggiungerla nei suoi appartamenti appena possibile.» riportò inclinando leggermente la riccia testa di lato.

 

Oberyn annuì e la seguì all'esterno e lungo il corridoio che conduceva agli alloggi della regina. Quando l'aveva conosciuta era una principessa in esilio, minuta e aggraziata, venduta dal proprio fratello a un signore della guerra dothraki. Timorosa e dolce, ma con ferro e fuoco nelle vene sotto la sua pelle d'alabastro. Nei quattro mesi che l'aveva conosciuta era sopravvissuta a un fuoco da lei stessa appiccato, dato vita a tre draghi sputafuoco, conquistato una città e accettato l'alleanza spontanea di altre due. Il tutto, conquistando – ultima, ma non meno importante – la sua lealtà. Il suo rispetto.

 

«Mi hai fatto chiamare?» chiosò a mò di saluto.

 

Lei sbirciò dalla porta che conduceva alle camere private dei suoi appartamenti, osservando l'anticamera in cui era stato condotto e che lei aveva convertito a salotto privato per conversare con i propri consiglieri.

 

«Sì – replicò chiudendosi la porta alle spalle ed entrando nell'anticamera – ho deciso che ciascuna famiglia che possedeva uno schiavo dovrà adottarlo come cliente.»

 

«Come cliente?» domandò, incerto su quanto lei intendesse.

 

«Sì. È un termine più antico per indicare un vassallo di sorta» spiegò «indica un tipo di rapporto in cui il ricco prenderà sotto la propria ala, economicamente e politicamente l'ex schiavo.»

 

«L'ex padrone dovrà assicurarsi che l'ex schiavo abbia un lavoro e i mezzi per prendersi cura dignitosamente di sé e della propria famiglia. L'ex schiavo deve ricadere sotto la potestà dell'ex padrone per questioni politiche, come ad esempio le elezioni al Senato delle Tre Teste.» spiegò.

 

Oberyn sorrise «Il Senato delle Tre Teste? Daenerys stai correndo troppo, non riesco a starti dietro, per favore, rallenta e spiegami.» la pregò. Daenerys sorrise e si sedette, il suo abito frusciò contro le sue gambe mentre le accavallava.

 

«Scusa» mormorò, facendogli cenno di accomodarsi anche lui «Ritengo che, siccome sia Yunkai che Meereen si sono volontariamente dichiarate per me – spiegò – e dal momento che mi faccio vanto di aver liberato Astapor, sarebbe ipocrita governare come un sovrano assoluto. Voglio che loro abbiano uno spazio di libertà per autogovernarsi.»

 

Di fronte a questa sua lucida affermazione annuì colpito e lei continuò «Avrei comunque diritto di ultima parola sulla gran parte delle faccende – aggiunse – ma un'assemblea organizzata ha forse più possibilità di far sentire la sua voce del singolo uomo, donna o bambino. Così ho pensato di fondare un'assemblea unita per tutte e tre le città e siccome le città sono tre e lo stemma di Casa Targaryen è un drago a tre teste ho pensato di chiamarlo Senato delle Tre Teste.»

 

«E' un progetto ambizioso» le fece eco «ma non risolve, comunque, il problema del tracollo economico. Dal momento che gli schiavi sono molti di più degli ex padroni.»

 

«E' vero» concordò lei «ma almeno aiuterebbe a ritardare il collasso dell'economia delle città permettendoci di guadagnare tempo per studiare un'alternativa più a lungo termine per stabilizzare l'economia della nuova Baia dei Draghi.»

 

«Sarebbe un palliativo» mormorò «ma, se riusciamo a studiare un'alternativa efficace potrebbe essere piuttosto utile come mezzo per guadagnare tempo.»

 

Lei sorrise luminosamente, i suoi occhi d'ametista lucidi, e raccolse le mani davanti a sé «Come ti è venuta in mente quest'idea della clientela, Daenerys?» le chiese.

 

Lei si scrollò nelle spalle «Abbiamo vissuto a Pentos con Illyro Mopatis per molti anni prima che fossi data in sposa. Lui aveva taluni clienti e ho pensato che questo schema riproposto su scala maggiore potesse ritardare il collasso.»

 

Oberyn annuì osservandola silenziosamente impressionato dalla sua mente acuta e rapida. A prima vista sarebbe potuta apparire come qualcosa di minuto, prezioso e gentile, generosa e piena di luce, ma studiandola da vicino non si poteva mancare di notare che era affidabile, forte e fiera, feroce nella difesa degli indifesi, pronta a sporcarsi le mani per le cause degne pur di dare giustizia a chi la meritava.

 

Il potere, ragazzi miei, era solito dire suo padre, non viene dato a coloro che lo meritano. Ma viene conquistato da coloro che sono disposti a strisciare e a combattere con le unghie e coi denti per raggiungere i loro obiettivi.

 

E seduto lì guardando la nobildonna che aveva di fronte, una principessa, una regina sapeva che sotto la sua pelle d'alabastro, nascosto dietro i suoi fulminei occhi d'ametista c'era un guerriero pronto a strisciare fuori dalla più fangosa delle arene per difendere coloro che non potevano difendersi. Un protettore.

 

Un urlo disumano arrivò alle loro orecchie dalla balconata e Daenerys sorrise mentre i suoi draghi alzavano il loro canto. Rhaegal e Viserion erano in aria e veleggiavano giocando fra loro, Drogon – invece – si sporse verso la madre, in attesa di essere accarezzato, e lei non l'avrebbe certo rifiutato. Osservò affascinato la vista della principessa bella come una fata, mentre accarezzava il forse mostruoso muso irto di denti aguzzi del drago nero come la pece e cremisi come il sangue.

 

Una visione epica.


 

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Capitolo 25
*** Cersei II ***


Ciao a tutti come butta? Ecco a voi il capitolo di Cersei che comincia a lavorare dietro le quinte per proteggere i suoi leoncini. Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Sansa e aumenterà un po' il ritmo delle cose ad Approdo del re.

Come sempre fatemi sapere che ne pensate! Un bacione -G.

Cersei II

Cersei tagliò metà della sua pera e ne ingoiò un piccolo boccone, arrotolandosi la succosa fetta di frutta tra le dita con innata eleganza.

 

Le sue dame di compagnia stavano conversando fra loro di fatti di poco conto – pettegolezzi davvero – che riempivano le sue orecchie a vuoto mentre lei mangiava e ragionava. La loro stupida, continua conversazione era la copertura perfetta per la vera natura dei suoi pensieri e delle sue azioni.

 

Robert era andato a caccia immediatamente dopo aver ricevuto la notizia della morte incresciosa del principe Viserys. Oh, non era arrabbiato per la morte del principe in esilio – affatto – a imbestialirlo era stata la notizia arrivata direttamente da Essos che la di lui sorella, Daenerys Targaryen – la bambina nata durante la più terribile tempesta a memoria d'uomo dalla ex regina Rhaella a Roccia del Drago durante le ultime settimane della Ribellione – non solo era sopravvissuta all'incendio che aveva reclamato la vita del fratello e dello sposo, guadagnandosi il titolo di Non Bruciata con non poco grado di senso di autoproclamazione; ma aveva anche – se le notizie erano da credersi – risvegliato tre draghi in carne e ossa da delle uova di pietra. Madre dei Draghi pensò con disgusto, e perché non puttana dai capelli argento?

 

E, come se non bastasse, l'umore già precario di Robert era peggiorato quando dalla notizia era scaturita una discussione piuttosto accesa con il suo lord Primo Cavaliere. Come avevano riportato le sue spie, lord Stark si era tolto la spilla e l'aveva lanciata sul tavolo davanti a Robert settimane prima quando suo marito aveva considerato di muoversi per uccidere Viserys e Daenerys quando era giunta notizia che la ragazza era stata data in sposa – appena bambina – a un signore della guerra Dothraki col cui khaleesar Robert era convinto che Viserys intendesse riconquistare i Sette Regni.

 

Chi è più forte?, le aveva chiesto quando avevano conversato – una delle rare occasioni in cui si trovavano nella stessa stanza senza ignorarsi o insultarsi a vicenda – uno o cinque?

 

Lei aveva ritenuto la risposta ovvia, cinque.

 

Lui aveva scosso la testa e le aveva mostrato la propria mano, dimostrando nella sua spiegazione esattamente per quale ragione aveva vinto la Ribellione nonostante le sue forze fossero – almeno dal principio – inferiori e peggio equipaggiate di quelle dei Targaryen; aveva mosso le dita, tutte e cinque secondo movimenti diversi, poi aveva chiuso la mano a pugno, Uno, le aveva detto, una unica mente con un unico scopo.

 

Ora, invece che poter gioire liberamente della morte dell'unico altro pretendente al trono conosciuto Cersei doveva preoccuparsi di quei vermi Targaryen che minacciavano il diritto al trono di suo figlio.

 

Il bambino che tutti avevano creduto per diciassette anni morto e sepolto con quanto restava delle speranze dei lealisti Targaryen era riuscito a strisciare fuori da chissà quale buco – verme codardo e spregevole – e aveva vigliaccamente attaccato suo figlio, il suo principe dorato, ed era adesso libero di calpestare il mondo e un giorno tornare per reclamare il trono dei suoi avi... e adesso, adesso c'era anche la puttana dai capelli d'argento di cui preoccuparsi, se invero era sopravvissuta al fuoco e ne era uscita con tre draghi in carne e ossa. Incredibile.

 

E preoccupante. Sarai regina, la voce di Maggy la Rana incantò nella sua testa, per un po'. L'odore acre e pungente del suo capanno nel bosco le invase le narici come se fosse ancora un'adolescente con sogni di gloria che si era spinta fino a quel sudicio posto per farsi leggere il futuro, fino a quando non ne verrà un altra, più giovane, più bella di te a distruggerti e portarti via tutto ciò che hai di più caro.

 

Una delle sue dame le si avvicinò abbassandosi per sussurrarle qualcosa all'orecchio. Annuì «Mie care – chiamò – Desidero essere lasciata da sola da questo momento in avanti.»

 

Le sue dame, tutte abituate ai suoi sbalzi d'umore, obbedirono immediatamente tirandosi in piedi e facendo la riverenza prima di andarsene. Quando fu finalmente sola qualcuno bussò alla porta. Il suo ospite.

 

«Avanti.» chiamò lasciando che il suo ospite si rivelasse.

 

Indossava solo le migliori e più pregiate sete, una spilla appuntata al petto con il sigillo che si era scelto, i suoi piccoli occhi viscidi fissi su di lei mentre teneva stretto al petto un pesante tomo che portava sempre con sé.

 

«Mia regina» la salutò con un inchino particolarmente meschino e aggrazziato per un fanciullo di stirpe umile. Cersei annuì.

 

«Lord Baelish. Prego, siediti.» offrì gentilmente indicando una sedia davanti a sé.

 

«Ti ringrazio, Vostra Grazia» chiosò l'uomo sedendosi «mi hai fatto chiamare, in che modo posso esserti utile?»

 

«Puoi cominciare dicendomi chi è la nuova ombra di lord Stark» commentò avendone avuto abbastanza di false cortesie, che le lasciassero ai cortigiani, lei era la regina e pretendeva delle risposte, tutte le risposte che voleva «Non ho mai visto il ragazzo a corte.»

 

Non diede voce ai suoi sospetti, perché sarebbe equivalso a scoprire completamente la sua mano e le sue intenzioni. Ma era piuttosto sicura che fosse uno dei bastardi di Robert; vestito con la sua armatura leggera, scura, coi capelli corvini e gli occhi azzurri non aveva potuto fare a meno di pensare che il suo dolce bambino se solo avesse potuto crescere – perso nella febbre anni orsono – sarebbe rassomigliato proprio a lui. Forse sarebbe stato più pomposo e la sua armatura per quanto buona sarebbe stata di fattura ancora migliore. Ma erano dettagli ininfluenti «Non abbandona mai il fianco di lady Sansa» aggiunse «Non mi piace un fanciullo sconosciuto al fianco della promessa di mio figlio.» chiosò giocandosi al meglio la carta della madre premurosa.

 

«La virtù di lady Sansa non è in dubbio, spero» lord Baelish considerò con toni lenti e pieni di invisibile punteggiatura, e ovviamente il vecchio meschino aveva prestato attenzione solo a quel particolare di tutta la sua pretesa.

 

«No, certo che no – chiosò dolcemente – la virtù di lady Sansa è irreprensibile, mio lord. È dolce da parte tua preoccupartene – incrociò le dita davanti a sé e inclinò il capo dorato di lato – ma lo stesso non possiamo dire dell'onore del ragazzo, dopotutto, no?»

 

«Certamente – annuì – se lo desideri, Maestà, sarà un piacere per me indagare sulle origini del ragazzo e sul suo onore.»

 

«Te ne prego» disse «tranquillizzerebbe molto le mie preoccupazioni.»

 

«Potrò avere le vostre risposte nel più breve tempo possibile, Vostra Grazia – le assicurò – c'è altro che posso fare per te?» domandò galantemente.

 

Cersei si permise un piccolo sorriso privato «Invero – cominciò – c'è dell'altro, ma è una questione di estrema delicatezza – si potrese sul tavolo – penso che tu sia al corrente, mio lord, di quanto è avvenuto sulla Strada del Re» disse e attese che lui annuisse per continuare «C'è qualcosa che non mi convince in tutta la questione – ammise – il ragazzo è sfuggito, ma come ha fatto senza aiuto esterno?» domandò.

 

«Correggimi se mi sbaglio, Maestà – disse il lord tesoriere – ma, non pensi certo che qualcuno possa tradire il nostro re per quel ragazzo

 

«Mi preoccupo» fu la sua risposta criptica «Il ragazzo era ben controllato, mio figlio se ne era accertato, eppure è riuscito non solo a scappare, ma dileguarsi anche in un territorio ostile e sconosciuto – disse – questo mi dà da pensare, è logico supporre che abbia avuto un aiuto. Specialmente quando un piccolo gruppo di guardie giurate a Casa Stark hanno ripercorso i nostri passi per scortare le figlie di lord Stark a Grande Inverno poco dopo la sua cattura. È certo sospetto.»

 

«Non stai mettendo in dubbio la lealtà del Lord Primo Cavaliere, Maestà?» le domandò con un tono a malapena controllato di profondo risentimento nei confronti dell'uomo in questione.

 

«Non la sua nello specifico» si affrettò a rassicurare l'uomo «Ma la sua figlia naturale è stata vista essere gentile nei confronti del prigioniero e certo comprenderai che da quella gentilezza possa facilmente essere nato un legame di qualche tipo, tra i due, senza che lord Stark ne fosse a conoscenza.»

 

Lord Baelish annuì «Se lo desideri potrò investigare, mia regina.» si offrì e Cersei annuì sorridendo. Il seme era stato piantato, pensò, e questo significava che ben presto avrebbe saputo tutto quanto di necessario per proteggere i suoi preziosi figli.

 

Dorate le loro corone, dorati i loro sudari, rabbrividì stringendo il pugno contro il tessuto del suo abito color borgogna e oro.

 

Non i miei figli, pretese e giurò, non i miei preziosi figli.

 

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Capitolo 26
*** Sansa II ***


Sansa II

Madre, Vergine e Vecchia, pregò, vi supplico non portatevi via anche mio padre.

 

Tamponò la sua fronte tersa con un panno di tessuto proprio come le aveva consigliato il Gran Maestro Pycelle e come aveva visto fare a sua madre innumerevoli volte ai suoi fratelli più piccoli quando malati. Nonostante l'uomo le avesse suggerito che il capezzale del padre ancora febbricitante non fosse il luogo adatto ad una giovane lady e septa Mordane avesse tentato invano di convincerla a tornare nelle sue stanze, Sansa era stata inamovibile.

 

Qualcuno bussò alla porta «Avanti.» Chiamò debolmente, prima di asciugarsi le lacrime dal viso. Non appena la porta si aprì gli occhi azzurri di Generi si annebbiarono ed entrò nella stanza con passo deciso; raggiungendola ed avvolgendola nel suo abbraccio. Nel momento in cui le sue braccia si avvolsero intorno alla sua vita sottile Sansa sentì le narici permearsi del suo odore di metallo e sandalo, e, incapace di contenersi, cominciò a singhiozzare.

 

La septa all'altro fianco di suo padre chiamò in tono di rimprovero «Sansa» un tono tanto acerbo quanto pieno di disappunto; Generi che cercava sempre di non far infuriare le persone che aveva di fianco la lasciò andare, ma le rimase accanto in una chiara dimostrazione di supporto.

 

Nonostante il loro inizio leggermente burrascoso — Sansa aveva chiesto, giusto di fronte al ragazzo in questione, se fosse bastardo — erano diventati buoni amici anche perché il ragazzo le ricordava vagamente i suoi fratelli lontani, Robb e Bran, con perfino un po' di Joan. 

 

Inoltre, Gendry era immancabilmente gentile e non le aveva mai fatto pensare quella prima caduta di stile che una lady della sua caratura avrebbe dovuto evitare.

 

«Le mie scuse, septa — mormorò — avevo solo bisogno di conforto.»

 

«Il conforto va ricercato nelle braccia degli Dei — la donna la rimproverò — e nella nostra famiglia, Sansa.»

 

«Generi fa parte della famiglia, Septa — sibilò — e poi, che ne sai tu di dove si dovrebbe trovare conforto?, gli Dei non hanno risparmiato Lady né stanno aiutando mio padre.»

 

Sapeva che si stava comportando in maniera arrogante e dispotica, rivolgendosi con una mancanza di rispetto simile alla sua tutrice, ma la septa non l'aveva lasciata da sola un singolo minuto e non faceva altro che tessere le lodi degli Dei martellandola incessantemente neanche volesse che Sansa si unisse alle Dolenti o peggio ancora diventasse septa. Dov'erano gli Dei quando il suo lord Padre era stato attaccato alle spalle e quasi ucciso mentre l'intera sua guardia era stata trucidata? Il leale, gentile e forte Jory che l'aveva abbracciata quando aveva pianto per la partenza delle sorelle e l'aveva sempre protetta... Art Snow era sempre stato di Joan, ma Jory... Jory era sempre stato suo, il suo protettore quando non c'era Robb. Ed era morto

 

Per favore non prendetevi anche mio padre, non lasciatemi da sola. La mano di Gendry sulla sua spalla le ricordò che non era da sola.  

 

«Sansa»

«Septa» replicò piatta nello stesso tono che la donna aveva appena usato su di lei.

 

«Ti stai comportando in maniera irrispettosa — le fece notare — tua madre sarebbe sconvolta e delusa, ti ha cresciuto meglio di così. Ti ha cresciuta da lady educata e posata, non come una bestia selvaggia.» Rincarò.

 

Sansa guardò altrove, i suoi occhi pieni di lacrime e avvertì Gendry che si irrigidiva al suo fianco di fronte a quel rimprovero. 

 

«Adesso, septa — commentò una terza, inaspettata voce — penso che dovremmo concedere a lady Sansa un po' di tregua. Suo padre è stato brutalmente attaccato e giace in un letto tra la vita e la morte, forse sarebbe il caso di non farla sentire peggio di come già si sente.»

 

«Apprezzo il tuo consiglio, sen — replicò septa Mordane — ma sono io a capo dell'educazione di lady Sansa e farò come meglio ritengo opportuno.»

 

Ser Barristan Selmy entrò nella stanza con un sorriso gentile «Temo, septa — intervenne — che sebbene tu sia a tutti gli effetti a capo dell'educazione di lady Sansa, io sono stato incaricato della sua protezione e non mi piace vederla sminuita. Lady Sansa, scusati con la septa per essere stata irrispettosa poi faremo una passeggiata nei giardini per schiarirci le idee.» suggerì.

 

«Le mie scuse septa — disse abbassando leggermente il capo — temo che ser Barristan abbia ragione. Devo essere più stanca e preoccupata di quanto non pensassi. Mi ritirerò adesso, ser Barristan se volete essere così gentile da accompagnarmi..»

 

Il cavaliere le fece cenno di fargli strada con una mano e lei lo precedette all'esterno delle stanze, seguita poi anche da Gendry.  

 

 

«Devo ringraziarti, ser. — disse — non sapevo che mio padre ti avesse incaricato per badare a me.»

 

«Oh, non l'ha fatto — concesse — le vostre sorelle d'altro canto... la più piccola potrebbe aver minacciato di mutilarmi con i suoi denti se avessi lasciato che ti accadesse qualcosa, mia signora.»

 

«Arya ha detto questo? — domandò sorpresa — di sicuro vi sbagliate, ser, ad Arya non importa molto di me.»

 

«Dovrei presumere che anche a voi non importi molto di lei perché siete differenti? — domandò il cavaliere — lady Arya è ferocemente protettiva della sua famiglia.»

 

Sansa si scrollò nelle spalle «Suppongo abbiate ragione. Sono al sicuro?» Pretese di sapere dal cavaliere.

 

See Barristan la studiò per poi annuire «Sono al sicuro — replicò — il mio signore non lascerà che nulla accada loro.»

 

«Il ragazzo è dunque davvero chi si mormora? — domandò — le tratterà con rispetto e non come suo padre trattò zia Lyanna?»

 

«Vostro padre non gli avrebbe concesso di portarsele via altrimenti, no?»

 

«No.» Concesse; poi osservò il cielo dove un'enorme stella cometa dalla coda purpurea illuminava il cielo azzurro «Cosa pensate che significhi?»

 

«Il ritorno dei draghi — mormorò il cavaliere — onore al mio signore e al suo sangue, ché ci porteranno verso l'alba di una nuova era.»

 

«Parliamo sempre del ragazzo che si mormora essere il figlio di Rhaegar Targaryen?» 

 

Entrambi si voltarono verso Gendry, ma il ragazzo stava dritto, impettito e con i suoi occhi azzurri guardava solo lei «Non mi importa chi è mio padre — disse loro, il suo tono certo e sicuro — né chi lui abbia ucciso. Vostro padre mi ha trovato, mi ha dato una spada e un futuro. Io sono con voi e con chi supportate.» Promise e nei suoi occhi vi era solo lealtà ed onestà.

 

Sansa annuì voltandosi verso il cavaliere che non sembrava adeguatamente soddisfatto dalla promessa di Gendry, ma un momento dopo il ragazzo aveva estratto la sua spada, una spada forgiata da egli stesso, la mano del cavaliere cadde sulla propria elsa ma il ragazzo aveva già preso un passo e si era inginocchiato posando la spada ai suoi piedi.

 

«Non sono un cavaliere — disse — e probabilmente non lo sarò mai, mia signora, e magari lo troverete irrispettoso, ma se volete la mia spada è vostra, come la mia protezione e il mio consiglio. Prometto di dare la mia vita per la vostra se necessario.»

 

Non era proprio espresso nell'ordine e con le parole giuste, ma il sentimento era puro così Sansa si inginocchiò e prese la spada da dove giaceva — era sorprendentemente più pesante di quello che si aspettava — prima di sollevarla delicatamente e di tirarsi in piedi a fatica.

 

«Alzatevi» disse imperiosa nonostante dovesse essere apparsa come una bambina goffa con quella pesante lama fra le mani «Gendry Waters, Spada Giurata di Casa Stark.»

 

Obbedì alacremente e Sansa gli porse l'elsa della sua spada, la prese e la rinfoderò  e Sansa si sentì improvvisamente come se fosse stata parte di qualcosa di piccolo, ma stupefacente, apparentemente ininfluente, ma in realtà un piccolo momento storico. Come un sassolino lanciato nell'acqua capace di causare grandi onde di rimando da dove era caduto. 

 

Ser Barristan annuì solennemente «Sappi questo, Gendry Waters. — disse — oggi gli Stark ti hanno dichiarato loro come tu li hai dichiarati tuoi, e giorni oscuri si profilano dinnanzi a noi. Ma Casa Stark sopravviverà e prospererà con l'alleanza al legittimo re.»

 

Gendry annuì «Non mi interessano inganni e intrighi — disse — ma starò al fianco di Casa Stark, di lord Eddard e dei suoi figli.» Promise annuendo nella sua direzione e Sansa ricambiò con un cenno del suo capo ramato.

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Capitolo 27
*** Daenerys V ***


CIAO!, come state? spero tutto bene! Non so se riuscirò a postare altro prima di Natale, ma se così non fosse auguri! e sono felice di poterveli dare con uno dei miei capitoli preferiti di Daenerys. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate che sono immensamente curiosa! Per chi di voi segue la storia in inglese beh se vi va fatemi sapere cosa pensate fino al punto in cui siamo arrivati su ao3 (son proprio curiosa), ovviamente per evitare spoiler fatelo in privato se vi va ;)

Spero che il capitolo vi piaccia!

 


 

Daenerys V

«Siete in presenza di Daenerys Nata dalla Tempesta — dichiarò Missandei — di Casa Targaryen, principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Khaleesar, Mhysa, la Non Bruciata, la Distruttrice di Catene, la Regina della Baia dei Draghi. Fatevi avanti e porgete la vostra supplica.» 

 

L'interprete era in piedi davanti alla panca liscia che Daenerys si era scelta come trono, la schiena dritta, il mento sollevato, un cipiglio orgoglio dipinto sul volto.

 

Doveva essere la centesima volta che sentiva tutti i suoi titoli elencati a causa dei numerosissimi supplici che si erano recati alla sessione di corte aperta. Molti di loro erano venuti per supplicarla di concedere loro di non prendere clienti, mentre, altri — per lo più ex-schiavi — giungevano per porgere i loro ringraziamenti.

 

«Fatti avanti, amico mio — chiamò dolcemente, meno impettita della sua interprete, facendo un cenno con una mano — per favore, dimmi come posso aiutarti.»

 

Ma a entrare nella sala furono due sagome, piuttosto piccole, un giovane fanciullo non più grande di dodici o tredici anni e una bambina che di anni ne poteva avere non più di cinque o sei. Entrambi avevano capelli scuri e pelle carioca, occhi scuri e indossavano sete preziose che profumavano di oli costosi il cui odore poteva sentire dal suo trono.

 

«Chi viene di fronte alla regina?» domandò Missandei.

 

Entrambi caddero in ginocchio rispondendo in bastardo valyriano «Io sono Qarto del clan degli Yuseindi, e lei è mia sorella Agya. Nostra madre è morta molti anni fa, quando Agya era ancora in fasce.»

 

«Mi addolora saperlo, mio giovane amico — rispose nel medesimo idioma Daenerys, il suo tono addolcito dalla storia dei due bambini — ti prendi cura tu di tua sorella da allora?»

 

Il ragazzino annuì «Lo faccio da quando hai dato l'ordine di pestare e crocifiggere mio padre, dārya.» Rispose, i suoi occhi erano ricolmi di lacrime eppure sembrava determinato a rimanere a testa alta.

 

Daenerys si sentì come se fosse stata schiaffeggiata, non era dispiaciuta per il destino riservato all'uomo, sapeva che era colpevole, ma per quei bambini... per la vita cui quell'atto ignobile del padre li aveva condannati, per loro era affranta.

 

Si tirò in piedi e discese dalla pedana rialzata su cui sedeva il suo trono così distante dal popolo che aveva accolto come proprio e che l'aveva accolta come sua in ritorno. Si avvicinò ad entrambi, la bambina era chiaramente spaventata e meravigliata e tremava, il ragazzino era rimasto in ginocchio.

 

«In piedi, mio signore» ordinò indicando con una mano di alzarsi «Missandei, per favore fa che siano portati rinfreschi e comfort per la nostra giovane ospite.»

 

La giovane interprete dai capelli ricci annuì, facendo cenno con una mano ai servitori di procedere.

 

«Cammina con me, mio signore. — offrì — un po' di aria fresca ci rischiarerà le idee.» Suggerì indicando la balconata che conduceva su di un terrazzo a porticato, il fanciullo annuì raddrizzando le spalle e seguendola all'esterno.

 

Fuori lasciò che il sole baciasse il suo viso prima di offrire «Conosco il tuo dolore, mio signore — mormorò — mio padre fu assassinato, ucciso da chi aveva giurato di difenderlo.» Raccontò «mio padre era un re, un re tradito e ucciso, il suo cadavere lasciato a marcire nelle sue sale mentre il suo assassino sedeva sul suo trono.»

 

«Allora perché hai ucciso mio padre, dārya?» chiese il ragazzo con occhi scintillanti di lacrime a malapena trattenute. Daenerys tentò di ricordare se Viserys fosse mai stato così. Spaventato, ma forte e irremovibile nelle proprie convinzioni, o se il seme della pazzia fosse stato piantato troppo presto per lasciare che diventasse il brillante principe che era destinato a essere. Onestamente non riusciva a ricordare.

 

La sua gonna bianca e blu si trascinò sul pavimento marmoreo della balconata mentre camminavano mostrando per un momento i suoi minuscoli piedi guantati di sandali con gemme preziose «Anche mio fratello badò a me — ricordò — non era come te. Era spaventato e crudele, ma era pur sempre mio fratello.» Il fanciullo annuì.

 

«Quello che ho fatto a tuo padre — gli disse — è stata giustizia, mio signore, non un assassinio.»

 

«Tu sei la regina, dārya — replicò asciutto lui, guardandola come se fosse una qualche divinità lontana, crudele e insensibile alla sua sofferenza — potresti bruciare vivi bambini e chiamarla misericordia.»

 

Guardò verso la città per qualche istante in silenzio ponderando la sua risposta «Potrei — concesse osservando il mare scintillante che si dipanava verso ovest — ma non è ciò che ho intenzione di fare.» lo rassicurò voltandosi verso di lui. 

 

Lo guardò per qualche istante prima di aggiungere «Tuo padre è stato condannato perché colpevole dell'assassinio di un bambino innocente, mio signore — gli disse — non potevo in tutta coscienza lasciare un tale crimine impunito.»

 

«Mio padre seguiva solo le nostre leggi.» difese il bambino «secondo le nostre leggi non ha commesso nessun crimine. Tu non hai crocifisso altri padroni, dārya. Solo mio padre.»

 

«Ti riferisci alle leggi che conferiscono ai padroni diritto di vita o di morte sugli schiavi? — domandò, il fanciullo annuì — gli schiavi non sono esseri inferiori, mio signore, ma persone come me e come te. Quel bambino aveva genitori, sorelle e magari fratelli. Una famiglia. Proprio come te. Quella famiglia non ha diritto alla giustizia?»

 

«Sono schiavi! — protestò il fanciullo — non hanno alcun diritto!»

 

«E secondo quelle stesse leggi io sono la regina e ho diritto di vita e di morte anche su voi nobili — gli fece notare lei — quindi, se decidessi qui e adesso di ucciderti rientrerebbe nelle mie prerogative in quanto sovrana poiché sei un mio suddito. Se ordinassi a Rakharo, adesso, di ucciderti — esemplificò indicando la sua guardia del corpo Dothraki — avrei tutto il diritto di farlo.» commentò e l'uomo in questione sfiorò il proprio arakh «vuoi dire che in quel caso tua sorella non avrebbe alcun diritto a pretendere risarcimento e giustizia?» concluse inclinando la testa di lato.

 

«Gli schiavi non hanno alcun diritto» ripeté, ma la sua voce era titubante e traballò. Era chiaramente scosso e sconvolto dal suo ragionamento. Daenerys gli lasciò qualche momento per ragionare e sorrise udendo il roboante rumore che ormai associava all'avvicinarsi dei suoi figli. Il fanciullo gridò quando Viserion apparve nel suo campo visivo, avvicinandosi pericolosamente alla balconata, il suo muso talmente vicino da poterlo toccare le sue squame dorate che brillavano sotto il sole cocente e le sue fauci d'ossidiana nere come la pece in bella vista. Sorrise dolcemente, accarezzandogli il muso.

 

«Tranquillo, mio signore — disse — questo è Viserion, uno dei miei figli. È il più giocherellone fra tutti e ama la carne di pecora sopra ogni altra. Sei con sua madre, al sicuro.» 

 

Il fanciullo si avvicinò ma era chiaramente spaventato, il fiato di Viserion riscaldava l'aria intorno a loro fino a renderla quasi bollente, ma Daenerys non aveva paura. Lei si sentiva incantata e ipnotizzata dalla forza del drago.

 

«Vedi quella cometa nel cielo?, quella con la coda rossa?» chiese. Il fanciullo annuì i suoi occhi ancora fissi su Viserion «è aralda del ritorno dei miei figli in questo mondo — spiegò — annuncia a tutto il mondo che i miei figli sono rinati dalla pietra attraverso la fiamma e che porteranno libertà e giustizia a chiunque lo chieda.»

 

«Noi non abbiamo chiesto niente, dārya» protestò il fanciullo.

 

«Forse voi no — concesse — ma tutti quegli schiavi che pregavano, supplicavano nella notte che i loro figli avessero un futuro migliore... sono state le loro preghiere, il loro bisogno, mio signore, a chiamare me e i miei figli qui.» raccolse le mani davanti a sé voltandosi ad osservarlo.

 

Gli sorrise «Se ho capito bene la vostra gente scava tombe nel terreno per inumare i propri morti — offrì — o non raggiungeranno l'aldilà.» 

 

Il fanciullo annuì e passandogli accanto Daenerys posò una mano sulla sua spalla in un gesto di conforto, di comprensione «il corpo di tuo padre ti sarà reso affinché tu possa svolgere i suoi funerali e che possa trovare pace e giudizio nell'aldilà.» offrì.

 

Il fanciullo ne fu così toccato che cadde in ginocchio unendo le mani in preghiera prima davanti alla fronte e poi al cuore.

 

«Mille ringraziamenti, dārya — mormorò — darà pace al mio cuore affranto saperlo sano e salvo nell'aldilà.»

 

Annuì e si diresse verso l'interno, prima di abbandonare la terrazza però si voltò e gli sorrise «Posso essere stata irremovibile nella mia giustizia — gli disse — ma non sono spietata. Le giovani generazioni non pagheranno le colpe dei loro padri. Un nuovo tempo è giunto per la Baia dei Draghi, un tempo di pace ed eguaglianza.» aggiunse, rientrando all'interno delle sale.

 

Missandei le si fece incontro con un piccolo sorriso e Daenerys la seguì verso la pedana rialzata e il suo trono dorato e di marmo, ancora caldo a causa del sole che lo illuminava. Vi si sedette e la sessione di corte riprese.

 

«Siete in presenza di Daenerys Nata dalla Tempesta di Casa Targaryen, principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Khaleesar, Mhysa, la Non Bruciata, la Distruttrice di Catene, la Regina della Baia dei Draghi. Fatevi avanti e porgete la vostra supplica.»


Il Dothraki cadde nella polvere appena fuori le mura della città, le sue interiora giacevano nella polvere accanto a lui, la sua testa era piegata ad una angolazione inumana; il Dothraki vincitore ghignò, tagliò la treccia dello sconfitto e la alzò al cielo con un grido.

Un momento dopo le si avvicinò e porse sul terreno ai piedi di dove era seduta la treccia dello sconfitto, Thorgo Nudo al suo fianco si irrigidì e strinse la mano attorno alla propria lancia ma non mosse un muscolo mentre il Dothraki lasciava la treccia tagliata ai suoi piedi e retrocedeva «Khaleesi»

 

Daenerys annuì di rimando «Mi hai reso orgogliosa, mio urlatore.» si complimentò inclinando la testa di lato, le numerose campanelle intrecciate alle sue ciocche argentate tintinnarono. 

 

Il Dothraki annuì di nuovo e se ne andò a godersi le festività e Daenerys riportò la sua attenzione alla coppia di sposi, seduta sulla pedana rialzata, le loro mani intrecciate.

 

Irri era la perfetta sposa Dothraki, con i suoi lunghi capelli corvini lasciati sciolti per l'occasione, la sua pelle carioca luminosa per tutti gli oli che Daenerys stessa l'aveva aiutata ad applicare; indossava una veste color avorio traslucido con cintura e scollatura con inserti d'oro, i suoi sandali erano tempestati di pietre preziose, ma il suo sorriso era la gemma più luminosa. Daenerys non aveva visto molte spose, ma Irri era senza dubbio la più risplendente nella sua felicità. Rakharo non vedeva che lei e non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Aveva cominciato a sorridere quando l'aveva vista arrivare risplendente col sole al tramonto che la illuminava e non aveva ancora smesso.

 

Daenerys plaudì un'unica volta e i suoi servitori si avvicinarono alla coppia portando il suo dono. Era un magnifico set di sedie dorate, con cuscini di seta color porpora e uno scrigno di legno intagliato con il sigillo di Casa Targaryen all'interno del quale giaceva una selezione fatta personalmente dei gioielli più belli di cui aveva piacere di far dono alla sua ancella e fidata amica.

 

«Grazie Khaleesi» offrì Irri usando l'idioma occidentale prima di rivolgerlesi in Dothraki «tu sei il dono più grande che la Madre delle Montagne poteva darci» offrì con gli occhi lucidi per le lacrime.

 

Fu estremamente toccata dall'affermazione di Irri e disse, dolcemente «La Madre delle Montagne mi ha benedetta con la tua amicizia e fedeltà, amica mia — sussurrò prima di alzare la voce di parecchie ottave — e con tutti voi, mio fedele khaleesar!» la sua gente prese a urlare di gioia e Daenerys sorrise «e insieme salperemo oltre il mare velenoso e verso il continente occidentale!, e ci riprenderemo quanto fu rubato a me e alla mia famiglia! Sarete al mio fianco? Ora e per sempre?»

 

Urlarono con ancora più vigore e Daenerys sorrise mentre qualcuno ridacchiava dietro di lei. 

 

«Temo che il mio dono non sarà altrettanto impressionante — commentò una voce calda e vellutata — temo non sia proprio all'altezza»

 

Si voltò di scatto, le campanelle nei suoi capelli cantarono insieme al movimento e sorrise. Aveva accorciato la sua barba e i baffi, i suoi capelli erano pettinati e accuratamente acconciati, ora sembrava un principe delle canzoni con i suoi abiti arancio e gialli in onore alla propria casa smanicati per mostrare le sue toniche braccia abbronzate. Occhi ametista incontrarono occhi color carbone. I suoi occhi si arricciarono con dolci rughe quando le sorrise e Daenerys trovò che fosse più affascinante quando sorrideva.

 

«Sono certa che Irri e Rakharo apprezzeranno qualunque dono tu abbia fatto loro — lo rassicurò mentre lui faceva un piccolo inchino di saluto prima di sedersi al suo fianco — Dorea, — chiamò rivolgendosi alla sua altra ancella — puoi andare e unirti alle festività, starò bene con il principe Oberyn.»

 

L'ancella obbedì, si tirò in piedi, fece un inchino e se ne andò, ma non prima di lanciare uno sguardo suadente e pieno di aspettativa verso Oberyn che ridacchiò. Daenerys arrossì, ma lo nascose dietro il bordo della propria coppa di vino dolce.

 

«Temo che Dorea non abbia ancora compreso che è una ancella e non una schiava di piacere, come voleva mio fratello.» mormorò a mò di scusa. 

 

Oberyn sorrise seduto al suo fianco mentre ser Jorah offriva il proprio dono agli sposi. Un arakh fatto di ossidiana, Daenerys non sapeva dove avesse racimolato abbastanza del prezioso metallo e trovato un ferraiolo capace di forgiarlo, per Rakharo e una scatola di profumi per Irri che aveva comprato al mercato di Astapor. Entrambi gli sposi furono profondamente toccati dai suoi regali, soprattutto Rakharo che continuava a saggiare la foggia e l'equilibrio della sua nuova arma. Il protettore Dothraki della regina dovrebbe avere un'arma degna, aveva detto ser Jorah quando i due uomini si erano scambiati una poderosa stretta di mano. 

 

La coppia si diresse dunque a consumare in privato sotto le stelle e il cielo e le festività

 continuarono. Dopo qualche tempo Daenerys si trovò a voler soddisfare la sua curiosità su Aegon.

 

«Sono piuttosto curiosa su Aegon — cominciò — com'è mio nipote?, davvero, intendo.»

 

Oberyn si grattò il mento per qualche istante prima di rispondere «È un po' goffo — concesse — imbranato forse è il termine adatto. E testardo peggio di un mulo. Alle volte mi domande se non sia una testa di pietra.»

 

Daenerys ridacchiò e lui continuò nella descrizione «Quando era piccolo era perennemente in movimento — raccontò — sempre che gattonava a destra e a manca, anche in posti in cui non avrebbe dovuto, costringendo la povera madre a gattonargli appresso, a lui, alla sorella e al gatto.»

 

Daenerys sorrise mentre lui continuava a raccontare «Una volta io e sua madre stavamo conversando davanti a una fumante tazza di tè, Elia amava il tè, e stava gattonando per la stanza mentre Rhaenys era a lezione. Si riuscì ad arrampicare sulla mia gamba e fino in grembo, portavo i capelli lunghi allora, e cominciò a tirarmeli con una forza disumana per un bambino tanto piccolo.»

 

«Sembra un bravo ragazzo» commentò Daenerys.

 

«Oh lo è, assolutamente — la rassicurò Oberyn — non è mai andato oltre al suo debole per i dolci, proprio come sua madre, ed è molto propenso a fare scherzi di ogni genere, anche se di tanto in tanto lo si può trovare che fissa l'orizzonte ammusonito e silenzioso.»

 

«Musone e divertente — commentò sorridendo — possono le due cose coesistere?» Oberyn soffocò una risata.

 

«Se qualcuno può essere entrambe e temperamentale quella persona è senza dubbio Aegon.»

 

«Sembra che potremmo andare perfettamente d'accordo» annuì raccogliendo le mani davanti a sé, in grembo «Spero di incontrarlo presto.»

 

«Sono sicuro che anche lui condivida il tuo entusiasmo nel fare la tua conoscenza, Daenerys.» Promise e il suo nome sembrò arrotolarsi nelle sue labbra, la prima sillaba resa più lunga e melodica dal suo accento fornendo al nome una sfumatura che solo Oberyn riusciva a dare e che Daenerys non aveva mai sentito prima. A malapena riuscì a contenere il brivido che le percorse la schiena sentendo il proprio nome pronunciato a quel modo, il ruggito di Drogon sopra le loro teste la allertò della presenza dei suoi figli e Dragon, Rhaegal e Viserion planarono sopra di loro, il drago nero e porpora in punta alla formazione, grande e forte con le sue ali oscure che si muovevano mastodontiche nell'aria mentre Viserion e Rhaegal lo seguivano giocando tra di loro.

 

Sorrise. Anche se Drogon era il più grande per ora — il suo — anche Rhaegal e Viserion erano cresciuti terribilmente da quando erano nati nel Grande Mare d'Erba. Rhaegal e Viserion erano quasi sempre insieme, che giocavano o si coccolavano mentre Drogon, sebbene non escluso attivamente, spesso esplorava da solo. 

 

Era bello, rigenerante vederli insieme. 
 


Ho imparato a mettere le gif e mi piace un sacco inserirle nel capitolo, ma se vi danno fastidio le tolgo. Ovviamente non sono particolarmente dotata nel comporle, e se qualcuno è l'autore delle gif trovate su internet e non le vuole nella mia storia che si faccia avanti e le toglierò.

Come sempre fatemi sapere che pensate del capitolo! Spero di sentirvi presto. Un bacione ~G. 

 

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Capitolo 28
*** Cersei III ***


Ciao a tutti!Come state? Passate bene queste vancanze? Natale e l'inizio di questo 2021? Eccoci qua con un nuovo capitolo dal punto di vista di Cersei, cosa succederà adesso? Le cose si velocizzano un po' e vediamo cosa è successo offscreen mentre noi seguivamo i Targaryen verso Dorne e Cersei continuava con le sue indagini per scoprire come difendersi dalla minaccia costituita da lord Stark.
Cersei III

Sorrise mentre girava l'angolo, le mani congiunte davanti a sé, un abito rosso rubino con inserti di seta dorata la avviluppava come se lei stessa fosse fatta di sfavillante luce dorata, i suoi capelli biondi rimbalzavano in una acconciatura semiraccolta in meravigliose onde dorate mentre i suoi occhi verdi brillavano come smeraldi. 

Le sue Guardie Lannister la stavano seguendo tranquillamente mentre camminava lungo il corridoio che l’avrebbe condotta alle stanze del marito, davanti alle quali sono schierati due cappe bianche, avvolte nei loro mantelli bianchi e armature dorate. 

«Vostra Grazia» la salutarono inchinandosi verso di lei mentre Cersei sorrideva dolcemente.

«Desidero parlare con mio marito» decretò in un tono che non ammetteva repliche.

Uno di loro ebbe il coraggio di risponderle «Mi dispiace, mia regina — disse — ma il re è in visita a lord Stark nella Torre dei Primo Cavaliere» le spiegò.

«E perché non siete con lui? — pretese di sapere — come fate a proteggerlo se si trova dall’altra parte del castello e voi oziate qui?»

Questo contrattempo avrebbe potuto significare una falla non ignorabile nel suo piano. Se lord Stark avesse avuto il tempo di rimbambire suo marito con le sue chiacchiere sull’onore e belle parole, rivelando il suo segreto prima che Cersei riesca a esporre il suo sia lei che i suoi figli saranno spacciati e non può permetterlo. Inclinò la testa di lato con fare intimidatorio in attesa di una risposta da parte dei cavalieri.

«Sua Grazia ci ha ordinato di rimanere qui. Ser Barristan è andato con lui.» rispose l’altro in tono di scuse. Il sorriso di Cersei si spense e si girò senza altra parola, prendendo a camminare in direzione della Torre del lord Primo Cavaliere.

Manica di incompetenti, considerò mentre camminava, le sue fedeli guardie Lannister sempre al suo fianco per proteggerla. Ogni passo che la portava più vicina alla Torre del Primo Cavaliere la fece sentire più forte e pronta a fare tutto quanto necessario per affrontare la pericolosa situazione che si era profilata da quando lord Stark aveva messo piede ad Approdo del Re.

Lo avrebbe fatto pentire di aver abbandonato il suo freddo, arido e inutile Nord.

Ser Barristan quando la vide le si fece incontro.

«Ser» salutò, facendo cenno di voler entrare, ma l’uomo si piazzò sulla sua strada.

«Mi dispiace, Vostra Grazia - offrì - ma Sua Grazia il re ha chiesto di non essere disturbato da nessuno, nemmeno da te, durante la sua visita al suo lord Primo Cavaliere» 

«Io sono la regina, ser Barristan. - gli ricordò facendo un altro passo verso di lui in modo intimidatorio - e entrerò in quella camera qualunque cosa tu o mio marito abbiate da dire al riguardo.»

Ser Barristan non parve per niente intomorito e sorrise quasi come se avesse pietà di lei, una nozione che la infastidiva oltre ogni dire «Ora - aggiunse - fatti da parte, ser. O le mie guardie si assicureranno che tu lo faccia» minacciò.

«Come comandi, mia regina» il titolo sembrò quasi un insulto, ma a Cersei non importò ed entrò all’interno della camera.

Robert era in piedi mentre Lord Eddard era ancora sdraiato sul letto, la sua gamba fasciata con un panno chiaro, lei congiunse le mani davanti a sé e affrontò gli occhi di suo marito mentre lui le metteva le mani addoss, provando a spintonarla fuori dalla stanza.

 

 

 

«Quale parte della frase ‘non essere disturbato’ non capisci, donna?» esclamò suo marito, i suoi occhi azzurr accesi di rabbia, Cersei sorrise un piccolo sorriso giocoso sulle labbra tinte di rosso.

«Penso che quello che ti dirò ti farà riconsiderare la tua domanda, marito - disse in un tono nauseatamente dolce - i Tyrell sono venuti. Portano notizie da Dorne e portano notizie sul ragazzo e sulla simpatica banda di traditori della corona»

Non mancò di notare il modo in cui lord Eddard cercò di mettersi a sedere spingendo sui gomiti e iniziando a parlare come per distrarre il re, come un disperato, la scena la fece sorridere internamente soddisfatta di come il suo complotto stesse portando già i suoi frutti. Lord Stark forse era un giocatore che tutti sottovalutavano, troppo onorevole per voler davvero giocare al gioco dei troni, ma lei era più forte, più intelligente e con meno morali inarrivabili da sostenere. Robert anche senza dare peso ai tentativi di distrazione del suo lord Primo Cavaliere si trasformò in una furia, promise al suo amico che il loro discorso non era finito e si precipitò fuori dalle camere lasciandola sola con la sua preda.

I Tyrell avevano riferito del tradimento di Dorne, non che Cersei si aspettasse di meno considerando che se il ragazzo era davvero il figlio di Rhaegar era anche quello di Elia e Dorne non si sarebbe mai inchinata a nessuno tranne uno dei loro. Avevano anche riportato che il ragazzo aveva ogni intenzione di tornare ad Approdo per riprendere il trono di suo nonno. Non avevano fatto nomi, ma non significava che non li sapessero. 

Sarebbe stato saggio promettere Joffrey alla più giovane dei Tyrell, lady Margaery, non aveva mai visto la ragazza, ma i racconti dicevano che fosse una bellissima rosa, dolce e pudica, se solo riuscisse a convincere lord Stark a rompere il fidanzamento con Sansa lasciando che tornino entrambi a casa, mantenendo il suo segreto scomodo, Cersei sarebbe stata più che soddisfatta. Questo fin quando Ditocorto non era giunto con le notizie che aveva raccolto sulla presunta figlia bastarda di lord Stark e tutti i pezzi del puzzle improvvisamente erano andati al loro posto. 

So dei tuoi figli, Vostra Grazia.  

Lord Eddard fece una smorfia. Vederlo soffrire le diede una sorta di oscura soddisfazione che rese solo più dolce conoscere la mano dietro la sua ferita. 

Suo fratello, tuo fratello o il tuo amante? , il suo amante una volta saputo che Stark aveva scoperto la verità sui loro figli, sapendoli in pericolo, aveva agito immediatamente e lord Stark era rimasto all’oscuro dell’indagine di Ditocorto fino ad adesso, per di più impossibilitato dalla sua ferita a parlare con Robert prima di adesso.

Lord Stark non era ancora in grado di dire nulla a Robert. 

Prendi i tuoi figli e vattene, non ci sara’ posto abbastanza sicuro per voi una volta che Robert scoprira’ la verita’, la sua rabbia sara’ inflessibile. Inclinò la testa verso il letto.

«Fa male, lord Stark? — chiese — Sapere che il tuo piccolo segreto sarà presto alla luce del sole e tutto ciò per cui hai lottato così duramente cadrà sotto i tuoi piedi, come polvere tra le tue dita?» domandò la sua fronte distesa in un’espressione quasi paternalistica.

 

 

 

L'uomo ha lottò per trovare una posizione confortevole e come l’anima gentile che era lo aiutò mettendo un cuscino sotto la sua schiena.

«Deve far male parecchio» considerò con un piccolo sorriso sulle labbra «perché stai in silenzio. Nessun giudizio da parte tua.» 

«Dev'essere strano per te - mormorò continuando a sorridergli - l'onorevole Ned Stark improvvisamente senza giudizio da passare» Si alzò e cominciò camminare con le mani strette davanti a sé.

«Me l'ha detto Jaime. - offrì - di come sei arrivato ad Approdo da solo, sei entrato nella sala del trono e ha trovato Jaime seduto sul trono il cadavere di Aerys riverso sui gradini»

Girò intorno al letto, una leonessa che gioca con la propria preda «Jaime non lo ha voluto. Avrebbe potuto reclamarlo come diritto di conquista, ma non lo fece. L'hai giudicato per aver colpito un vecchio che aveva giurato di proteggere alle spalle, lo stesso vecchio a cui la tua famiglia doveva obbedienza e contro cui vi siete sollevati in rivolta.»

«Ora, però, mi domando, avevi davvero alcun diritto di giudicare Jaime tanto aspramente visto quello che hai fatto - pensò - dopo tutto non è molto meglio del pugnale che hai piantato nella schiena di mio marito, il tuo re.»

Lord Stark non disse nulla «Hm, — considerò — non lo neghi. Sono piacevolmente colpita»

«Anche se devo chiedertelo, ti sei mai chiesoi quanto diverse avrebbero potuto essere le cose se ti fossi seduto sul trono quel giorno? Se l’avessi rivendicato nel tuo nome, in nome di tua nipote?" 

Lui impallidì ancora di più, ma non disse nulla.

Cersei non si lasciò abbindolare dal suo silenzio. 

«I figli di Rhaegar - mormorò - erano ancora vivi. Devi capire, mio signore, che anche se sono impressionata dal tuo tradimento e dalla tua decenza nel proteggere i tuo parenti, non posso lasciarli vivere. Minacciano il diritto di mio figlio al trono e io non lo posso permettere.»

«Tuo figlio non ha diritto a quel tono — tossì in risposta lui — è un bastardo nato dall'incesto.» 

«Lo è.» ammise aprendo le mani come a dire e quindi? «Pensi davvero che Robert crederà a una sola parola che dici ora che sa del tuo tradimento?»

Gli occhi di Lord Eddard le scattarono addosso per un attimo fugace «Robert può fare quello che vuole di me.— pronunciò inflessibile — ma meglio che non tocchi i miei figli e nemmeno tu, perché l'ira del Nord sarà veloce e inflessibile. L'inverno sta arrivando»

Sorrise, era quasi dolce da parte sua, questa feroce protezione della sua famiglia, ma era una leonessa della Roccia e in quanto tale mai si sarebbe piegata ai ricatti, minacce di un lupo.

«Non te l'ho detto per ascoltare le tue pretese e minaccie, mio signore, cadono su orecchie sorde, temo. Sono venuta per offrirti la stessa cortesia che hai offerto tu a me quando hai minacciato di rivelare il segreto dei miei figli — disse prima di avvicinarsi e sporgersi in modo da poter sussurrare al suo orecchio — un Lannister paga sempre i suoi debiti» 

 Si tirò su «Ti auguro una pronta guarigione, mio signore. Avrai bisogno di tutta la forza che sei in grado di raccimolare nelle guerre a venire» aggiunse lasciando la stanza particolarmente soddisfatta da se stessa. 

Mentre si avvicinava all'angolo, sentì il ruggito di rabbia di Robert e un sorrisetto si fece largo sulle sue labbra. , pensò, un Lannister paga sempre i suoi debiti.
Eccoci, con il capitolo. Come sempre fatemi sapere che cosa ne pensate che sono curiosa! Vi mando un bacio, alla prossima ~G. 
 

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