Cuori Di Vetro

di Bluemoon Desire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Nuove Realtà ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Una Brutta Giornata ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Vivere ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Nubi All'Orizzonte ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Domande e risposte ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Pezzi D'Anima ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Nuove Realtà ***


                                                              CAPITOLO PRIMO
                             
                                                   "NUOVE REALTA'"

  
“Non c’è nessuno in certi cuori, neanche il proprietario.”

 — Anonimo 

Un vistoso fulmine squarciò il cielo oltre l’orizzonte scuro e tempestoso della radura boschiva, illuminandola per una breve manciata di secondi.
La pioggia cadeva incessante e fitta, cullata da forti raffiche di vento gelido che gli mozzavano il fiato ad ogni respiro.
La piccola indistinta figura si mosse veloce nell’ombra, sfrecciando attraverso la radura come una scheggia impazzita.
Il suo respiro pesante e affaticato dallo sforzo faceva a gara con il battito impazzito del suo cuore.
Un inquietante crepitio alle sue spalle, come un rumore di rami spezzati, gli fece perdere l’equilibrio.
Cadde in avanti, frenando l’impatto con il terreno come meglio poté, ma la caviglia si storse dolorosamente, impedendogli di riprendere la sua corsa verso la salvezza. Strisciando, si trascinò a forza verso il cespuglio più vicino, sperando così di nascondersi alla SUA vista.
Niente di più sbagliato.
                                               ・・・
Alice aprì gli occhi di colpo, ritrovandosi immersa nella silenziosa penombra della sua camera da letto, la fronte imperlata di sudore freddo e il cuore che le batteva come un forsennato nel petto. Negli ultimi tempi le capitava sempre più spesso di svegliarsi così, di soprassalto, tormentata da incubi e visioni terrificanti che le disturbavano il sonno.
Secondo il parere della sua eccentrica coinquilina Cordelia, nonché ex cognata in carica, era tutto frutto degli angosciosi ricordi del suo rapimento, e - strano ma vero - per una volta il suo ragionamento sembrava avere una certa logica.
Mesi e mesi di terapia e sostegno psicologico erano riusciti a malapena a scalfire la spessa corazza di quei ricordi dolorosi, e a più di un anno di distanza da quella terribile notte, le capitava ancora di sognare Marchesi e i suoi spaventosi occhi iniettati di sangue che la fissavano nell’oscurità. Le ci erano voluti mesi prima di riuscire anche solo a restare di nuovo a casa da sola di notte, e ancora - di tanto in tanto - le capitava di scattare come una molla impazzita quando un forte rumore improvviso la coglieva alla sprovvista.
Con la mente incupita da quei pensieri, fece un paio di profondi respiri per cercare di rilassarsi, poi spostò lo sguardo verso il lato opposto del letto, dove Claudio dormiva sereno e beato. Sorrise intenerita a quella vista, allungando una mano per sfiorargli con dolcezza i capelli che gli ricadevano ribelli sulla fronte. Era uno di quei rari momenti della giornata in cui tutto le sembrava così giusto e perfetto da farle desiderare solo che il tempo potesse fermarsi, cristallizzando quell’istante e tutto ciò che esso custodiva in un’immutabile eternità.

Un improvviso tonfo sordo, seguito dall’inconfondibile rumore di vetri infranti, irruppe nel silenzio dell’appartamento, scuotendo bruscamente Alice dai suoi dolci sogni ad occhi aperti. Al di là della porta della camera da letto, le voci concitate di Cordelia, Lara e Marco si mescolarono in un crescendo di nevrotici brusii, accompagnate dall’immancabile pianto acuto della piccola Camilla Allevi, recente new entry di quel nucleo familiare sempre più problematico e disfunzionale…unico nel suo genere.
Accanto a lei, sepolto sotto le coperte, Claudio mugugnò delle frasi incomprensibili con voce impastata di sonno.
Alice scosse la testa, divertita. Dubitava che si trattasse di un affettuoso buongiorno.
Era ben consapevole di quanto odiasse essere svegliato dai gorgheggi mattutini di Camillina, anche se sospettava che, in fondo - MOLTO IN FONDO - avesse un debole per quella bimba.

“Ma come fa ad essere così piccola e ad avere così tanto fiato in corpo?”

Claudio riemerse lentamente dal groviglio di coperte, i capelli scarmigliati e l’aria infastidita e contrariata di chi avrebbe tanto voluto potersi godere in pace un’altra mezz’oretta di riposo.

“Tanto era quasi ora di alzarsi!” provò a ribattere Alice, chinandosi a baciargli teneramente una guancia prima di scivolare rapida fuori dal letto.
Claudio la guardò accigliato, grattandosi la nuca.

“E’ domenica, Sacrofano…anche l’Onnipotente si è riposato di domenica. Che fretta hai? “le fece notare con una vena polemica nella voce “Ti aspettano in chiesa per il rosario mattutino?”

Alice scelse la sicura via del silenzio. Gli voltò le spalle, raccogliendo in fretta i vestiti dallo schienale della sedia, per poi agguantare al volo dal primo cassetto del comodino un paio di slip e un reggiseno pulito da indossare.

“…hai avuto di nuovo gli incubi?”

La domanda di Claudio la spiazzò.
Non aveva idea che se ne ricordasse ancora, erano trascorsi mesi da quando gliene aveva parlato, la sola ed unica volta in cui aveva trovato il coraggio di confidarsi con lui sull’argomento. Era una cosa che la faceva sentire debole e vulnerabile, e aveva giurato a se stessa che non avrebbe permesso mai più a niente e a nessuno di farla sentire in quel modo.  

“No, nessun incubo” gli mentì spudoratamente, con il miglior falso sorriso che riuscì ad indossare “Mi hanno svegliata i rumori in cucina, tutto qui”

Detestava raccontargli menzogne, ma non voleva che lui – o chiunque altro – la considerassero ancora una povera vittima da compatire e proteggere. Era stufa di tutti quegli sguardi compassionevoli e quelle mezze frasi sussurrate alle sue spalle ogni volta che passava per i corridoi dell’Istituto. Voleva lasciarsi quella storia orribile alle spalle, una volta per tutte.

“A proposito…” soggiunse, voltandosi di scatto verso Claudio, ora impegnato a controllare la mail dal suo cellulare “…nonna Amalia voleva sapere se oggi ti fermi a pranzo con noi”

“Oddio, Alice…”

“Dai Claudio, le avevi promesso che ci saresti stato…lo sai quanto ci tiene!

Claudio le rifilò un’occhiata torva delle sue e poi, con l’agilità e la grazia di un furetto isterico, saltò giù dal letto e s’infilò in fretta i pantaloni, sfrecciando fuori dalla stanza diretto in bagno, le braccia cariche del resto delle sue cose.
Alice sospirò nel sentire la porta del bagno sbattere in lontananza, l’ombra di un sorriso rassegnato sulle labbra. Incredibile come, dopo più di un anno di frequentazione, riuscisse ancora a defilarsi con tanta maestria dalle cene e dai pranzi con la sua famiglia. Non che lo biasimasse più di tanto, in realtà. A volte perfino lei trovava difficile la convivenza con la sua famiglia.
Da quando poi Camillina era piombata nelle loro vite, 6 mesi prima, non c’era stato più un solo momento di respiro.
Adorava sua nipote, era la luce dei suoi occhi, ma ormai c’era sempre un tale via vai di gente in quell’appartamento, ad ogni ora del giorno e della notte, che a volte sentiva il bisogno impellente di uscire di casa solo per godersi un po’ di rilassante solitudine.
                        
                                                                         ・・・

“…sì nonna, gli ho ricordato che te lo aveva promesso, ma aveva del lavoro in sospeso e ha preferito tornare a casa…”

“…lavora di domenica?!”

“Sta portando avanti un progetto molto importante…”

“Sarà…a me sembra che trovi sempre delle scuse per svignarsela!”

“Non te la prendere, lo sai com’è fatto…non è abituato a stare in famiglia”

“E se doveste sposarvi cosa farà? Il desaparecido a vita?”

Istintivamente, Alice sfiorò con la punta delle dita l’anello di fidanzamento che spiccava sulla sua mano sinistra.
A volte si domandava se Claudio avesse mai avuto davvero intenzione di sposarla, o se quell’anello fosse stato solo un gesto impulsivo dettato dalla paura di perderla. Era trascorso quasi un anno da quando glielo aveva messo al dito, e da allora, mai, neppure per sbaglio, aveva accennato al matrimonio. “Consideralo una promessa” le aveva sussurrato quel giorno, guardandola dritto negli occhi.
E in fondo al cuore, Alice continuava a credere che fosse davvero così, e che un giorno lui l’avrebbe finalmente onorata.

“ALICE!”

Il vocione di Nonna Amalia la fece sussultare sulla sedia.

“Sì?”

“…ma dov’è che te ne vai sempre co’ sta testa, eh?” la riprese affettuosamente la nonna, accarezzandole una guancia “Ti ho chiesto se domani sera ti andrebbe di fare da babysitter alla piccola urlatrice insieme a me…sempre se il tuo dottorino non offre piani migliori, ovvio”

Alice roteò gli occhi con un sorriso.

“Non credo che protesterà, nonna”

“Può sempre unirsi a noi, eh”

“Per quello ci vorrebbe un miracolo!”

Aveva appena finito di pronunciare quelle parole, quando le urla concitate e furibonde di Marco e Lara esplosero dall’appartamento vicino, rimbombando così tanto da far quasi tremare i vetri delle finestre.

“Ma che stanno combinando quei due lì dentro?!” esclamò allarmata nonna Amalia, affrettandosi subito verso il pianerottolo per assicurarsi che non fosse accaduto nulla di grave. 

Un po’ controvoglia, Alice la seguì.
Non poteva di certo lasciarla a combattere da sola contro quelle due testacce dure.
Non che fossero mai stati particolarmente equilibrati, ma da quando Camilla era nata, le cose erano addirittura peggiorate.
Marco si era visto costretto a rinunciare ad un importante reportage fotografico in Africa per stare con la bambina mentre Lara preparava la sua tesi di dottorato, e in quell’ultimo periodo il peso di quei sacrifici aveva cominciato a dare i suoi frutti.
Non aveva mai visto suo fratello così scontento e frustrato.

“Ehi, che succede?” esclamò a gran voce, facendo il suo ingresso nell’appartamento di Lara e Marco.

In un angolo del soggiorno, Nonna Amalia stava cullando tra le braccia la piccola Camilla in lacrime, mentre dall’altra parte della sala, la coppietta si dava addosso come mai prima d’allora.

“Ti rendi conto che cosa significherebbe per noi, Marco?!” ruggì Lara, chiaramente esasperata dall’atteggiamento del compagno.

“Certo che me ne rendo conto, ma non posso rinunciare anche a questa occasione, lo capisci o no? E’ in gioco la mia carriera!” ribatté duramente Marco, rosso in volto “Lara, ho rinunciato all’Africa perché era la cosa giusta da fare in quel momento, ma ora tu sei un medico legale a tutti gli effetti, Camilla è grandicella, e io...”

“Ma stiamo parlando di 6 mesi, Marco, è tantissimo tempo!”

“Lo so”

“Perderesti quasi un anno della sua vita…è davvero questo quello che vuoi?”

Ad Alice sembrò quasi di poter sentire il cuore di Marco spezzarsi a metà nel petto a quelle parole.
Sapeva bene quanto suo fratello amasse quella bambina e anche Lara, e immaginava a stento quanto potesse costargli dover prendere quella decisione. Ciononostante, non poteva evitare di mettersi anche nei panni di Lara.
Madre single e medico legale…un’accoppiata potenzialmente esplosiva.

“Marco…sei sicuro che non ci sia un altro progetto meno impegnativo a cui dedicarti?” fece rivolta al fratello, intromettendosi timidamente nella loro discussione.

“Alice, non ti ci mettere anche tu…”

“Non voglio costringerti a fare niente, ma ti conosco bene…finiresti per rimpiangere tutti questi mesi lontano da Cami!”

Marco tirò un profondo sospiro, passandosi nervosamente una mano tra i folti e riccioluti capelli bruni. Sembrava combattuto.

“Io non so che cosa fare…davvero…” mormorò poi, guardando alternativamente prima Alice e poi Lara.
 
                                                     ・・・

“E quindi alla fine tuo fratello che ha deciso? Partirà per il Brasile?”

Claudio si piegò a raccogliere il bicchiere di caffè dal distributore, poi lo porse ad Alice.

“E chi lo sa?” rispose lei, facendo spallucce “Non puoi mai sapere che cosa passa nella testa di mio fratello…”

“Da che pulpito!” fece Claudio sarcastico, infilando una seconda moneta da cinquanta centesimi nel distributore delle bevande calde, per poi selezionare di nuovo un caffè espresso.

Alice sollevò un sopracciglio, fissandolo indispettita.

“Cosa vorresti insinuare, scusami?” lo apostrofò, battagliera.

“Lo sai benissimo” replicò lui, dandole un tenero buffetto sulla guancia.

Alice emise un verso a metà tra uno sbuffo e un mugugno.

“Il bue che dice cornuto all’asino, Claudio” commentò a mezza voce, per poi spostare subito lo sguardo in direzione della scalinata, lì dove la nuova Direttrice dell’Istituto – la Suprema e perfettissima Andrea Manes – stava chiacchierando fitto fitto con il professor Anceschi “Ma secondo te, è vero che la Manes detesta la Boschi come dice Erika?”

Claudio fece schioccare rumorosamente la lingua contro il palato.

“Ma cosa vuoi che me ne freghi, Alice?” le rispose senza giri di parole, portandosi alle labbra il suo caffè fumante “Che se la sbrighino tra loro…”
Alice gli restituì un’occhiata storta.

A Claudio la nomina della Manes non era mai andata veramente giù, e la cosa divertente era che non aveva mai fatto nulla per nascondere il suo disappunto. Era più che certa che, almeno in un paio di occasioni, la Direttrice avesse colto perfettamente il suo astio nei suoi riguardi, pur fingendo il contrario. D’altronde la Suprema era fatta così. Sembrava che nulla riuscisse mai a sfuggire al suo controllo.
A volte la invidiava profondamente, lei che invece lottava costantemente con la sua innata insicurezza.

“Ma non sei curioso di sapere cos’è successo tra loro o perché la Boschi si sia rinchiusa nel seminterrato?” lo rimbeccò con aria indispettita, colpendolo debolmente al braccio con la mano.

“Assolutamente no”

“Sei noioso, Claudio”

“E tu sei un’impicciona”

“Non è vero!”

“Sì, invece.”

“No”

“Sì”

“Antipatico.”

Claudio le rifilò un sorrisetto vittorioso e le baciò rapido la fronte, poi dopo aver scagliato al volo nel cestino il suo bicchiere ormai vuoto, si avviò spedito verso il suo ufficio, spostato al piano superiore dell’Istituto. Alice fece per seguirlo, convinta che fosse il momento giusto per punzecchiarlo un po’ sulla questione “matrimonio”, ma giunta ai piedi della scalinata, venne bloccata dalla Manes che subito la trascinò in un angolo per parlarle a tu per tu.

“A quanto pare, il PM Einardi avrebbe intenzione di avvalersi della tua collaborazione nel prossimo futuro” la informò con quel solito tono asciutto e professionale che tanto la contraddistingueva “Gli ho detto che te ne avrei parlato e credo che per te sarebbe un’ottima occasione per emergere, Alice. E’ arrivato il momento di staccarsi dall’Istituto e dai vecchi maestri e dimostrare il tuo valore, non credi?”

“Ehm…certo, professoressa” ribatté Alice con una punta di esitazione, spiazzata non soltanto dalla proposta inaspettata – forse perfino prematura - di Sergio, ma anche dalla sincera stima che la Manes sembrava riporre in lei.

Ottimo…” concluse la Manes, rivolgendole un ultimo tenue sorriso, e senza aggiungere altro, si allontanò veloce lungo il corridoio che conduceva ai laboratori, il camice bianco che svolazzava in aria come lo sfavillante mantello di un supereroe.

Ancora intontita da quanto accaduto, Alice risalì con passo svelto i gradini della scalinata che la separavano dall’ufficio di Claudio, per poi irrompere nella sua stanza come una specie di furia, dimenticandosi – come sempre - di bussare alla porta.

“Ma tu lo imparerai mai il significato di una porta chiusa?!” sbottò prontamente Claudio, distogliendo lo sguardo dal monitor del computer per puntarglielo indispettito addosso.

“Scusami, avevo bisogno di parlarti” rispose frettolosamente Alice, raggiungendolo alla scrivania “La Manes mi ha appena riferito che Sergio vorrebbe chiamare me per la sua prossima perizia…”

“E quindi?” incalzò Claudio, inarcando un sopracciglio.

“E quindi ho l’ansia, Claudio!” esclamò Alice tutto d’un fiato, appoggiandosi contro il bordo della scrivania, le braccia conserte sul petto e un’espressione che lasciava trasparire tutta la sua agitazione.

Suo malgrado, Claudio provò un improvviso moto di tenerezza nel vederla ridotta in quelle condizioni.
Anche se era trascorso molto tempo dalla sua prima perizia autoptica, ricordava fin troppo bene tutta la pressione emotiva e quel desiderio inconscio di voler onorare le aspettative di tutti. La paura di sbagliare era sempre appostata dietro l’angolo, in agguato, una minacciosa spada di Damocle perennemente sospesa sulle loro teste. E questo discorso valeva sia per un professionista navigato come lui, sia per un qualsiasi ex specializzando alle prime armi. Con un sospiro, Claudio spinse indietro la sua poltrona e si alzò, sistemandosi in piedi davanti a lei.

“Ehi” le sussurrò, prendendole dolcemente il viso tra le mani “Aver paura è normale, Alice, ma non devi permettere che questo ti impedisca di fare lucidamente il tuo lavoro. Sei brava, hai terminato gli studi con uno dei migliori punteggi del corso…ora devi andare lì fuori e dimostrare quanto vali. Sergio non chiamerebbe mai te se non si fidasse, lo sai che è un tipo puntiglioso”

“Non voglio deluderti” mormorò Alice, sfiorandogli dolcemente il palmo della mano con un bacio.

“Sono sicuro che non lo farai”  le sussurrò Claudio, prima di attirarla a sé in un caldo abbraccio “In caso contrario, dovrò trovarmi un’altra allieva meritevole da sedurre ed istruire…”

A quelle parole, Alice si rabbuiò e, prima ancora che Claudio potesse indietreggiare e mettersi in salvo, lo colpì con un pugno sul torace.

“Cretino!”

E senza aggiungere altro, si tuffò di nuovo tra le sue braccia, affondando il volto nell’incavo del suo collo, lasciandosi cullare da quel profumo inebriante di Declaration e mentine che sapeva di casa e amore.



ANGOLO DELL'AUTORE: Rieccoci qua dopo una luuuuunga pausa. 
Avevo detto che un giorno o l'altro avrei regalato un bel sequel a "Paura d'Amare", e niente...alla fine non ho resistito!
Come avrete potuto notare, questo primo capitolo è molto introduttivo e descrittivo, con un focus sulle nuove realtà che si dipanano davanti  ai nostri protagonisti e che poi andranno ad intrecciarsi in tante storie interessanti (o almeno spero che lo siano!). 
Prometto che, già a partire dal prossimo capitolo, cominceremo ad entrare nel vivo della storia. #STAYTUNED

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Una Brutta Giornata ***


                                                       CAPITOLO SECONDO 

                                                      "UNA BRUTTA GIORNATA" 



"I mostri più spaventosi sono quelli che si nascondono nelle nostre anime"


— Edgar Allan Poe

Nel corso della sua vita, Alice aveva sempre sperimentato tre categorie ben distinte di giornate tipo: quelle pessime, che solitamente coincidevano con dei risvegli mattutini alquanto turbolenti, quelle da dimenticare, terrificanti a tal punto da rientrare di diritto tra i traumi esistenziali degni di una freudiana rimozione selettiva, e poi le sue preferite, le giornate inaspettate, le sole che - tutto sommato – riuscivano a riservarle sempre qualche insospettabile momento di gioia.
Aprendo gli occhi, quella mattina, avvertì subito un vago e diffuso senso d'inquietudine e disagio.
Era sveglia ma si sentiva ancora tremendamente intorpidita, come se il suo corpo si rifiutasse categoricamente di mettersi in moto. Non riusciva a comprenderne la ragione, ma sentiva che qualcosa dentro di lei le stava suggerendo di rimanersene al calduccio sotto le coperte. 
Ovviamente non lo fece.

                 ・・・

"Alice...?"

"Sergio?!"

Aveva risposto così velocemente a quella chiamata, da non prestare neppure attenzione al nome riportato sullo schermo.

"Non mi faccio vivo da un po', scusami, è stato un periodo piuttosto turbolento tra il divorzio e gli impegni in Tribunale" proseguì dall'altro capo del telefono la voce calda e profonda di Einardi, che come al suo solito sembrava sempre indaffaratissimo "Prima che mi dimentichi...ti faccio le mie congratulazioni per l'ottima conclusione del tuo percorso di studi, non ho mai avuto dubbi sulle tue capacità!"

"Ti ringrazio, Sergio" rispose Alice, riuscendo a fatica a tenere a bada l'imbarazzo. 

Non era abituata a ricevere dei complimenti.

"A proposito di lavoro, immagino tu abbia già parlato con la Manes..." si affrettò ad aggiungere Sergio, puntando dritto al nocciolo della questione.

"Della tua richiesta di collaborazione? Sì certo, mi ha informata" confermò prontamente Alice, sbracciandosi goffamente in direzione di Claudio per cercare di richiamare la sua attenzione.

"Spero di non metterti in difficoltà con questa richiesta, Alice, ma poche ore fa hanno ritrovato un cadavere nei pressi del litorale e avrei bisogno di..."

La voce di Einardi cominciò pian piano ad attenuarsi fin quasi a spegnersi del tutto, soffocata dal rumore assordante e confuso dei suoi pensieri. 
Oddio, stava accadendo davvero? 
Sergio stava per assegnarle il suo primo caso ufficiale? 
E mentre il panico cominciava lentamente ad attanagliarle le viscere, non poté evitare di sentirsi una perfetta idiota.
Che cosa si aspettava, di rimanere un'allieva per il resto della sua vita? 
Ormai la specializzazione era terminata, era tempo di mettere in pratica quanto imparato. 
Già...ma se avesse combinato uno dei suoi soliti casini, o peggio ancora, se avesse commesso qualche grave errore di giudizio? Era davvero pronta ad una simile responsabilità?

"...Alice, te la senti di eseguire la perizia?"

Un lungo e teso silenzio accompagnò queste parole. 
In piedi accanto a lei, Claudio le sorrise incoraggiante.
Il suo sguardo trasudava fierezza e orgoglio, molto più di quanto Alice avrebbe mai potuto immaginare.
O perfino sperare. 
Non sopportava l'idea di deluderlo.

"...conta pure su di me, Sergio."

Dopo aver concluso in fretta la telefonata con Einardi, promettendogli di raggiungerlo entro un'ora sul luogo prefissato, Alice si fiondò nella sala relax versandosi una generosa tazza di caffè all'americana.
Se non altro, una bella dose di caffeina l'avrebbe tenuta sveglia e vigile. 
Pochi chilometri soltanto la separavano dalla sua prima scena del crimine in qualità di medico legale ufficialmente nominato dalla Procura, e già l'ansia stava cominciando a divorarla. Ripensandoci bene, forse non era stata poi una grande idea abbondare con il caffè, sarebbe stato meglio optare per una bella tisana rilassante.

"Hai paura di addormentarti sulla scena del crimine?" la prese bonariamente in giro Claudio, fissandola con un mezzo sorrisetto beffardo mentre tracannava la sua tazza di caffè fino all'ultima goccia.

"Sei simpatico" lo zittì prontamente lei con un'occhiataccia.

"Qual è il problema, Alice?" domandò Claudio, allungandosi leggermente verso di lei, entrambi i gomiti ben puntati sul bancone "Mi hai affiancato per anni sulle scene del crimine e non mi sembra di averti mai vista così in crisi...anzi...hai sempre adorato farlo! Mi spieghi cos'è cambiato?"

"Tutto, Claudio, tutto è cambiato!" replicò Alice d'istinto, con un tono che suonò esasperato ma anche vagamente malinconico "Non lo so, è che...mi sembra che stia accadendo tutto così in fretta! Appena pochi mesi fa mi preoccupavo ancora degli esami, e adesso..."

"Non dirmi che ti manca essere un'allieva, perché non ti credo!"

"Sarebbe così strano?"

"Piuttosto direi che sarebbe una stronzata!"

Alice s'incupì di colpo.

"Non siamo tutti degli automi privi di sentimenti, Claudio, ma capisco che per te sia difficile da comprendere!" sbottò, innervosita dalla sua totale mancanza di empatia.

Amava follemente quell'uomo, ma a volte mostrava così poco tatto e sensibilità da darle quasi sui nervi.
Possibile che non riuscisse mai a vedere le cose dal suo punto di vista?

La ruggente rimbeccata di Alice sembrò cogliere Claudio totalmente alla sprovvista, al punto tale che non riuscì neppure a risponderle a tono come avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione.
Forse fu proprio questa mancanza a far fare ad Alice un rapido passo indietro. 
Aveva esagerato.

"Scusami, Claudio...non volevo" mormorò con dolcezza, allungando una mano a cercare quella di lui in un tenero gesto di rappacificazione.

Claudio scosse la testa, abbozzando un sorriso.

"Lo so che hai paura di sbagliare o combinare qualche guaio..." replicò comprensivo "...so sempre quello che ti passa per la testa, Sacrofano. Forse dovresti imparare a fidarti di più di me, e anche di te stessa."

Sul volto di Alice si dipinse un'espressione intenerita. In uno slancio istintivo, si mosse rapida verso di lui catturandogli le labbra in un bacio. Claudio ricambiò con iniziale riserbo, per poi prenderle con dolcezza il mento tra due dita, imprimendo a quel bacio un ritmo sensuale e trascinante che spedì il fragile e innamorato cuore di Alice dritto nell'iperuranio.

D'un tratto, alle loro spalle, qualcuno si schiarì rumorosamente la voce, facendoli sussultare. 
Si voltarono insieme, incrociando con una punta d'imbarazzo lo sguardo imperioso e austero della Suprema.
Immobile sulla soglia della saletta relax, Andrea Manes li osservava con espressione indecifrabile, anche se ad Alice non sembrò granché felice di vederli impegnati in quelle tenere effusioni pubbliche. 

"Claudio, hai un minuto?" soggiunse la Suprema dopo un breve silenzio, lanciando un'occhiata traversa in direzione di Claudio, che già stava facendo il giro del bancone per raggiungerla dall'altro lato.

Un po' intristita, Alice seguì Claudio con lo sguardo mentre si allontanava lungo il corridoio seguendo la scia della Suprema. Aveva sperato fino all'ultimo di poter ricevere un incoraggiante "in bocca al lupo" da parte sua, e magari – perché no? - anche qualche dritta per evitare di fare la peggiore figuraccia della sua vita.

Un acuto BEEP di notifica del cellulare attirò di colpo la sua attenzione.
Era un messaggio. Da parte di Claudio.
                       
                                                      "Segui il tuo istinto e andrà tutto bene.
                                                                     Sono fiero di te."


                                                    ・・・


"Dottoressa Allevi, è bello rivederla!"

La voce squillante di Visone la accolse sulla scena del crimine, regalandole un piacevole e nostalgico flashback del passato. 
Quante cose erano cambiate in così poco tempo! 
Lei era diventata un medico legale a tutti gli effetti, Claudio non era più lì al suo fianco a guidarla passo dopo passo e a vegliare sul suo operato, e all'appello mancava anche il buon vecchio Calligaris, che aveva deciso di prendersi un anno sabbatico per riprendersi dall'agguato che gli era quasi costato la vita qualche mese prima.
Qualcuno in Istituto le aveva riferito dell'arrivo di un nuovo Vice Questore, ma lei non era ancora riuscita ad incontrarlo di persona. Gli ultimi esami e la tesi di specializzazione l'avevano assorbita così tanto da farle dimenticare per almeno un paio di mesi che cosa significasse avere una vita sociale. O semplicemente una vita.

"Fabrizio, ti trovo in gran forma!" ricambiò Alice, abbracciandolo calorosamente.

"Eh, Dottoressa...lei è sempre troppo gentile..." gongolò Visone, neanche troppo velatamente, per poi offrirle - come al suo solito - un aiuto con il problematico trasporto dell'attrezzatura video fotografica.

Fortuna che almeno Visone era rimasto nei paraggi, pensò Alice sollevata. 
Non avrebbe sopportato di perdere anche lui, Tutti quei cambiamenti rischiavano di destabilizzarla.

"Come procedono le cose in Questura?" gli domandò incuriosita, mentre percorrevano fianco a fianco il lungo sentiero che conduceva al cuore verde della suggestiva Pineta di Castelfusano, il luogo del ritrovamento del cadavere.

"Insomma, Dottoressa...il sostituto di Calligaris non è proprio un tipo facile..."

"Ah no?"

"Eh no, è una vera arpia!"

"Arpia?" esclamò Alice, fermandosi di colpo a metà strada.

"E' una donna, sì. La Dottoressa Barni" spiegò Visone, bloccandosi a sua volta.

"Hai detto "Barni"?" ripeté Alice, mentre un vago sospetto cominciava a prendere forma nella sua mente "Silvia Barni?"
Sul volto di Visone si dipinse una certa confusione.

"La conosce?"

Alice scoppiò a ridere.

"Diciamo che ci conosciamo vagamente sì..." ammise poi, guardandosi bene dal confessargli che si conoscevano praticamente fin dalla culla, lasciando così il povero Visone a domandarsi cosa ci trovasse di così divertente nelle sue avvilenti sciagure personali.

Era assurdo che Silvia non le avesse mai accennato a quell'incarico in Questura!
L'ultima volta che si erano viste, qualche mese prima, la sua amica era appena rientrata a Roma dopo aver vagato in giro per il mondo per quasi un anno intero, inseguendo uomini e carriera...come al suo solito.
Le aveva parlato di un importante concorso in ballo, ma era convinta che si trattasse di quel famigerato concorso per Magistrati che inseguiva inutilmente ormai da anni. 
E invece eccola lì, ad occupare a sorpresa la poltrona vuota di Calligaris.

"Alice, vieni...siamo qui!"

La voce tonante di Einardi la riscosse bruscamente dai suoi pensieri.
Scrutando attorno a sé, riconobbe a poche centinaia di metri la familiare silhouette del simpatico PM, affiancata ad un'altra figura, femminile e slanciata, altrettanto familiare ai suoi occhi.

"Vice Questore Barni, quale onore!" esordì Alice con un largo sorriso, affrettandosi verso la sua migliore amica che la stava fissando preoccupata, a debita distanza, come se temesse la sua reazione a quella novità.

"Avrei dovuto dirtelo prima, lo so" ribatté Silvia, facendosi avanti per abbracciarla "E' accaduto tutto così in fretta...i risultati del concorso, la chiamata in Questura, il nuovo trasloco a Roma...non ero neppure sicura che avrei accettato!"

"Sono felice che tu l'abbia fatto" concluse Alice sorridente.

In piedi dietro di lei, Visone emise una specie di soffocato squittio di disapprovazione.
Di certo lui avrebbe gradito tutt'altro.

"Il cadavere si trova da questa parte...vieni..."

Silvia la guidò con passo sicuro attraverso un'area densamente boschiva della riserva, fino al luogo esatto del ritrovamento.

Piuttosto isolato e fuori dal mondo, qui" osservò Alice, dando una rapida occhiata d'insieme per farsi un'idea ben precisa dell'estensione ambientale della scena del crimine.

"Già" confermò Silvia con una certa mestizia "Sarà un miracolo se riusciremo a trovare dei testimoni oculari"

Quando lo sguardo di Alice intercettò il cadavere riverso sul terreno, i suoi occhi si velarono subito di lacrime.
Fu una reazione istintiva, la sua, priva di qualsiasi controllo. 
Era solo un bambino, e a giudicare dall'aspetto non doveva avere più di 8-9 anni d'età. 
Non sembrava neppure morto, piuttosto...addormentato.

"Tutto bene, Alice?" le domandò Silvia, sfiorandole piano una spalla.

"Sì, tranquilla" la rassicurò prontamente lei, prima di avvicinarsi al cadavere per esaminarlo da vicino.

La sua prima perizia autoptica e le capitava di avere a che fare proprio con la morte di un povero bambino.
Le riusciva difficile immaginare un esempio di ingiustizia cosmica peggiore di quella.

"Giovane maschio, apparente etnia ispanica, età stimata tra i 7 e i 10 anni..."

Con una stretta al cuore, provò ad immaginare come si sarebbe comportato Claudio se si fosse trovato al suo posto, e le sembrò quasi di sentire la sua voce severa riemergere ruggente da qualche angolo nascosto del suo sub inconscio..."Mantieni la lucidità, Alice, non lasciarti distrarre dalle emozioni". 

Così, sforzandosi di mantenere il controllo, cercò di non lasciarsi distrarre dall'immagine avvilente di quel corpicino esanime, focalizzando tutte le sue energie sul lavoro. Recuperò in fretta gli strumenti del mestiere dalle mani del solerte Visone e iniziò ad esaminare analiticamente l'intera scena del crimine, registrando, fotografando e repertando con attenzione ogni singola traccia o dettaglio potenzialmente utile alle indagini, concentrandosi sia sul corpo del bambino che sull'ambiente circostante.

"Non sono ancora in grado di stabilire se si tratti di morte naturale oppure no, ma posso dire senza ombra di dubbio che questa non è la scena primaria del crimine" osservò d'un tratto, ad alta voce, voltandosi verso Silvia, Sergio e Visone che la osservavano in disparte, raccolti in un silenzio assorto "Le ipostasi confermano uno spostamento del cadavere, inoltre ho rilevato evidenti segni di trascinamento in quella direzione...li vedete?" e così dicendo, Alice indicò chiaramente con la mano ai tre colleghi le tracce presenti sul terreno "Il corpo presenta varie ecchimosi, ma a giudicare dall'aspetto devono essere vecchie di qualche giorno. Non rilevo invece presenza di ferite esterne o tracce ematiche rilevanti...qualcuno deve averlo trascinato qui quando era già cadavere, probabilmente contando sul fatto che nessuno lo avrebbe mai ritrovato..."

"Ora del decesso?" domandò Silvia, passando a Visone il suo block notes affinché prendesse appunti al posto suo.

"...basandomi sulla temperatura corporea e sullo stato di rigor mortis del corpo, direi...non più di 5 o 6 ore fa...ovviamente potrò essere più precisa soltanto..."

Alice non riuscì però a terminare la frase, battuta sul tempo da Visone ed Einardi che, in una perfetta sincronia vocale, sotto lo sguardo interdetto di Silvia, esclamarono "DOPO L'AUTOPSIA!".  
Ormai anche loro avevano imparato a memoria il mantra sacro di Claudio.

                                                   ・・・

Rientrata da sola in Istituto, un paio di ore più tardi, filò dritta alla sua scrivania per compilare le varie documentazioni di rito e riordinare un po' le idee.  C'era così tanto a cui pensare, anche se avrebbe preferito di gran lunga non doverlo fare da sola. Si sentiva così triste e demoralizzata da non desiderare altro che di correre a casa ad abbracciare la piccola Camilla.

"...sei tornata."

Sussultò bruscamente nel sentire la voce di Claudio irrompere così all'improvviso tra i suoi pensieri, ma si voltò ugualmente a sorridergli.

"Com'è andata?" proseguì lui, avanzando lentamente verso la sua scrivania, le mani affondate nelle tasche del camice.

Avrebbe voluto dirgli che tutto era filato liscio come l'olio e che, per la prima volta, lì fuori, si era sentita un vero medico legale, determinata e sicura di sé, ma il ricordo di quel corpicino esanime era ancora troppo vivido nella sua mente per permetterle di concentrarsi su tutto il resto.

"E' andata" si limitò a rispondere, con un tono di voce un po' spento, perfino inespressivo. Decisamente sospetto.

Avrebbe dovuto immaginare che Claudio non ci sarebbe mai cascato.
La conosceva troppo bene.

"Alice...che è successo?" le domandò infatti, tirando a sé una delle sedie per poi prendere posto accanto a lei.

Alice tirò un sospiro profondo, combattuta. 
Non voleva scaricargli addosso i suoi problemi, quella perizia era una sua responsabilità, non di Claudio.
D'altro canto, sentiva di non essere in grado di reggere quel peso da sola.

"E' un bambino" disse infine, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Se solo avesse incontrato il suo sguardo, sarebbe scoppiata di sicuro a piangere, ed era l'ultima cosa che voleva fare.

Quelle tre semplici parole bastarono a far comprendere a Claudio molto più di quanto Alice avrebbe mai potuto esprimere a parole. Non era necessario essere un esperto del mestiere per riuscire ad immaginare che cosa le stesse passando per la mente in quel momento. Chiunque davanti al cadavere di un bambino avrebbe perso il senno, perfino un tipo emotivamente distaccato come lui.

"Vuoi che domani ti dia una mano con l'autopsia?" le propose con l'accenno di un sorriso sulle labbra, allungando una mano per sfiorarle la guancia con una carezza.

Alice non rispose. Posò la sua mano su quella di Claudio e gliela strinse forte. 
Un gesto che non ebbe alcun bisogno di ulteriori chiarimenti.

"Ascolta...perché non te ne vai un po' a casa a riposare?" le propose a quel punto Claudio, fissando con infinita tenerezza – e un accenno di preoccupazione – i suoi occhi stanchi, cerchiati di rosso "Ci penso io a coprirti con la Manes"

"Non preoccuparti, sto bene..."

"Non mentire, non con me"

"Ma non sto---"

"Alice, chiunque altro al tuo posto ne sarebbe rimasto sconvolto...avere a che fare con la morte ogni giorno non ci rende immuni alla sofferenza, ci rende soltanto più consapevoli"

Alice annuì, abbassando piano lo sguardo, mentre un improvviso singulto le soffocava la voce.

"Era così...piccolo. Mi ha spezzato il cuore."

"Lo so."

"Non faccio altro che pensare ai genitori che probabilmente ancora non sanno che è morto, e..."

"Vai a riposare, ne hai bisogno."

"Ci sentiamo più tardi?"

Claudio annuì, sorridendole. 
Si alzò dalla sedia e, chinandosi verso di lei, le depositò un ultimo tenero bacio tra i capelli, poi si diresse spedito fuori dalla saletta.

                                               ・・・
            
Rientrata nel suo appartamento, Alice liquidò in fretta e furia la sequela infinita di domande di Cordelia, il cui infallibile sesto senso talvolta le rendeva davvero difficile nasconderle qualcosa, e si rifugiò nella sua camera da letto, nel vano tentativo di riuscire a riposare un po' gli occhi, e magari anche ad allontanare quei brutti pensieri che le affollavano la mente. 
A farle compagnia, la solita fastidiosa emicrania da stress che già le martellava furiosamente nel cranio, come un esercito di picchi esagitati impegnati a trapanargli senza sosta la nuca.

Le sembrò di essersi appena addormentata, dopo aver pianto per almeno mezz'ora di fila, quando si sentì avvolgere da un'inaspettata e piacevole sensazione di calore. Un dolce tepore rigenerante che, lentamente, la spinse a riaprire gli occhi. 
Il respiro di qualcuno le stava scaldando dolcemente la guancia. 
Avrebbe riconosciuto ovunque il SUO profumo. 
Inconfondibile, familiare...rassicurante.

"Claudio...?" sussurrò Alice nell'oscurità.

"Scusami, non volevo svegliarti..." rispose lui, baciandole teneramente una tempia, mentre le sue braccia continuavano a stringerla forte contro il proprio petto, scaldandole il corpo ma soprattutto il cuore.

"Che ci fai qui?" domandò Alice, appoggiando la propria mano su quella di Claudio, sfiorandone piano il dorso con lente carezze "Non avevi detto che non ti saresti più fermato a dormire da me?"

"Ti amo...e avevi bisogno di me" sussurrò Claudio tra i suoi capelli, baciandole con dolcezza la nuca.

Alice sorrise, sopraffatta dalla dolcezza inaspettata di quel momento, e si abbandonò totalmente tra quelle braccia forti e rassicuranti, lasciando che la cullassero ancora per un po', facendola sentire protetta e al sicuro. 
Era incredibile come certi abbracci riuscissero ad accogliere e a lenire anche le sofferenze peggiori di questo mondo.


ANGOLO DELL'AUTORE: 
Lo so, lo so...ho gettato la nostra povera Alice in una situazione davvero spiacevole.
Ma si sa, a volte è proprio dalle sfide peggiori della vita che nascono le migliori crescite personali.
Come singolo e anche come coppia. Meno risate e più emotività in questo secondo capitolo, ma non temete: torneranno i sorrisi, le liti esilaranti...e molto altro ancora!

 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Vivere ***


                                             CAPITOLO 3 

                                               "VIVERE"



"Vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare
qualcosa dalla vita."


— Pier Paolo Pasolini
 

L'indomani mattina, Alice si svegliò all'alba. 
La stanza era ancora immersa nella penombra, ma attraverso le piccole fessure della persiana filtrava già il leggero chiarore del mattino nascente. L'emicrania per fortuna sembrava averla abbandonata.
Stiracchiandosi, allungò il braccio a sfiorare l'altro lato del letto, ma la sua mano non incontrò nient'altro che un ammasso informe di coperte. Le lenzuola erano molto fredde, segno che Claudio doveva essere sgusciato via di casa già da un po'.
Le vecchie abitudini erano sempre dure a morire. 
Fu allora che, sollevandosi a sedere sul materasso, intravide quel bigliettino scritto a mano adagiato sul suo cuscino. 
 
                                        "Passo da casa per cambiarmi, ci vediamo in Istituto.
                                                                            Claudio."

                                                              ・・・

Per la prima volta in tre anni, raggiunse l'Istituto di Medicina Legale con un netto anticipo rispetto a tutti i suoi colleghi, tanto che perfino la solerte guardia - che da sempre vigilava l'ingresso dell'edificio - le rivolse un'occhiata sorpresa vedendola oltrepassare la soglia. 
Gli amati corridoi, solitamente caotici e affollati come Via Del Corso nel periodo dei saldi, le apparivano ora esageratamente silenziosi, quasi eterei. Tuttavia, bastò il solo pensiero di ciò che la attendeva in sala settoria per capovolgere totalmente quella "romantica" visione dell'Istituto, rendendole straziante perfino la vista dell'ascensore che conduceva al piano inferiore. 
Quel giorno più che mai, il discorso di Claudio sull'importanza del distacco emotivo nel loro lavoro sembrava calzare a pennello. Distratta dalle sue ansie e preoccupazioni, non si rese conto del silenzioso sopraggiungere di qualcuno alle sue spalle, e quando quella mano la sfiorò, il suo povero cuore fece un balzo disumano nel petto.
 
"...Alice? E' prestissimo, cosa ci fai qui a quest'ora?"
 
Dannata Suprema, lei e il suo passo felpato e silenziosissimo da ninja...aveva quasi rischiato un colpo apoplettico!
 
"Non riuscivo a dormire" si giustificò prontamente Alice, la voce un po' tremante come le accadeva sempre quando si ritrovava al cospetto di quella donna "Voglio fare le cose nel modo giusto, non voglio rischiare di commettere errori."
 
La Manes la fissò imperturbabile, per poi annuire debolmente alle sue parole.
 
"Viste le circostanze, credo che sia un bene per te che Claudio abbia deciso di affiancarti in questa autopsia" osservò infine, con un mezzo sorriso "Non sarà affatto una perizia semplice, Alice, immagino che tu lo abbia già intuito da sola."
 
"Purtroppo sì, professoressa"
 
"Non lasciarti scoraggiare, capita a tutti prima o poi d'incontrare un caso difficile...i bambini, poi, sono sempre lo scoglio peggiore. Sono sicura che troverai il modo di operare con la giusta meticolosità e lucidità."
 
"Farò del mio meglio"
 
La Suprema gettò una rapida occhiata al suo orologio e, senza aggiungere altro, si diresse di filato su per le scale per raggiungere il suo ufficio al piano superiore. Aveva l'aria piuttosto affrettata, e sembrava anche un pelino giù di corda, ma Alice preferì non indagare oltre. Claudio aveva ragione: doveva imparare a mettere dei paletti tra lei e quell'insaziabile curiosità che le albergava nel cuore, la stessa che, in più di un'occasione, in passato, le aveva causato non pochi problemi.
 
Dopo aver recuperato in fretta il suo camice dall'armadietto, lo indossò e raggiunse la saletta relax per prendersi un caffè, il secondo della giornata. E non erano ancora neppure le otto del mattino. 
Mentre sorseggiava in completa solitudine la sua bevanda calda, avvolta nel silenzio circostante, si ritrovò a viaggiare con la fantasia, immaginando i vari possibili scenari celati dietro la morte di quel povero bambino. 
Claudio avrebbe di certo ribadito che la ricostruzione del delitto non rientrava nelle mansioni di un medico legale, bensì in quelle degli inquirenti assegnati al caso, Einardi nella fattispecie, ma era davvero più forte di lei.
Non riusciva a non porsi domande. 
Come si poteva vivere così a stretto contatto con la morte e la crudeltà umana, senza mai chiedersi "PERCHE'?"
 
Alle 8.20 in punto, la salma della piccola vittima, ancora senza identità, raggiunse l'ingresso dell'Istituto di Medicina Legale, trasportata in una piccola bara di metallo da un paio di uomini corpulenti della polizia mortuaria. 
Circa venti minuti più tardi, Alice oltrepassò la soglia della sala settoria con indosso camice e guanti sterili, la testa fasciata da una cuffietta che non accennava a voler rimanere al suo posto e lo sguardo che spiccava fiero e luminoso dietro gli occhiali protettivi.
 
"Sei pronta?"
 
Claudio si materializzò dal nulla accanto a lei, già bardato di tutto punto e pronto a spalleggiarla in quella "prova del nove" sul campo. 
Alice non proferì parola, limitandosi ad annuire.
Insieme si avvicinarono al tavolo d'acciaio dove la salma del bambino era stata adagiata poco prima dagli operatori mortuari. 
Il cuore di Alice sembrò sprofondare come un pesante masso sul fondo dello stomaco. 
Disteso lì sopra, le sembrava ancora più piccolo e indifeso.
 
"Quando vuoi, Alice."
 
La voce di Claudio la riportò bruscamente alla realtà. 
Le consegnò il registratore e le fece un cenno d'incoraggiamento con la testa.
 
"Oggi è il 20 Novembre 2020, ore 8.47. Iniziamo l'esame esterno." recitò Alice nel microfono, con tono sicuro e professionale, cominciando a lavorare meticolosamente sotto la silenziosa guida di Claudio "Maschio, etnia ispanica, età stimata 8-9 anni, altezza un metro e 27 centimetri, fortemente sottopeso. Sul corpo si rilevano alcune vecchie cicatrici, numerosi ematomi in via di guarigione ed evidenti segni di deperimento organico riconducibili ad una prolungata denutrizione...i polpastrelli delle dita di entrambe le mani presentano ustioni di natura chimica, prelevo un campione di tessuto da sottoporre ad approfondite analisi di laboratorio. Sulla stoffa degli abiti è presente in gran quantità una sostanza oleosa, incolore, dall'odore acre, presumibilmente un liquido infiammabile. Sotto le unghie c'è del materiale organico di natura sconosciuta che vado a prelevare, insieme ad un campione di terriccio raccolto sotto la suola delle scarpe..."
 
A quel punto, Alice si bloccò. 
Interruppe la registrazione e si chinò un po' di più sul corpo del bambino, esaminando qualcosa da vicino.
 
"Claudio, guarda qui..." fece, indicando del materiale solido incastrato tra i capelli.
 
Claudio afferrò la potente lampada sospesa a mezz'aria sul tavolo settorio e la puntò dritta alla testa del bambino per osservare meglio da vicino l'area d'interesse.
 
"Sembra del sangue coagulato...potrebbe appartenere alla vittima, ma non è detto. C'è anche qualcos'altro...delle foglie...reperta tutto. Giorgio avrà il suo bel da fare in laboratorio nei prossimi giorni. Lo distrarrà dalla suocera tiranna."
 
Alice si affrettò a raccogliere un campione di entrambe le tracce organiche, poi tornò ad ispezionare un'ultima volta il corpo prima di passare alla fase successiva dell'esame, assicurandosi di non aver tralasciato nulla.
Eliminati i vestiti, su quel tavolo d'acciaio non rimase altro che un piccolo ammasso scheletrico, pallido ed emaciato, ricoperto da uno strato di pelle talmente sottile che, quando Alice praticò sul torace l'incisione ad Y con il bisturi durante l'esame interno, le sembrò quasi d'incidere direttamente le sue ossa.
 
"I tessuti degli organi interni presentano tracce di lesioni compatibili con un massivo shock cardiocircolatorio..." riprese a dettare al microfono del registratore, mentre Claudio si allontanava dal tavolo per esaminare le immagini radiologiche "...forte congestione polmonare bilaterale, splenomegalia e cardiomegalia da indagare. E' presente inoltre una diffusa necrosi ischemica negli strati più interni della parete ventricolare sinistra..."
 
"...l'RX evidenzia una frattura diafisaria in via di rimodellamento all'omero sinistro, con presenza di chiodi endomidollari..." soggiunse alle sue spalle Claudio, indicando la posizione esatta della frattura sull'immagine radiologica "...a giudicare dall'aspetto direi che risale a non più di tre o quattro mesi fa...il numero di serie degli impianti potrebbe risultarci utile per l'identificazione..."
 
Alice annuì, tamponandosi leggermente il sudore della fronte con il dorso della mano. Il quadro d'insieme stava diventando ogni minuto più agghiacciante. 
Quale mostro senza cuore poteva aver mai sottoposto un bambino a delle torture simili? 
Era terrificante anche solo il pensiero di ciò che doveva aver sofferto tra le mani dei suoi aguzzini.
 
Ma le brutte sorprese non erano ancora finite, purtroppo.
Esaminando la regione epigastrica, s'imbatterono in qualcosa di ancora più inquietante e sconvolgente.
Qualcosa che andava ben oltre qualsiasi cosa Alice avesse mai potuto immaginare, e la fantasia non le mancava di certo.
 
"Ma che diavolo...?"
 
Lo sguardo di Claudio si adombrò di colpo, mentre la ruga che solcava la sua fronte si faceva più marcata del solito.
Afferrando la pinza chirurgica dal carrello degli strumenti, estrasse con precisione millimetrica un piccolo oggetto di forma ovulare incastratosi nell'ansa del colon trasverso del bambino, per poi trasportarlo sotto il cono di luce della lampada per osservarlo meglio.
Anche Alice si avvicinò per dare un'occhiata.
 
"Claudio, ma quello è...?"
 
"...un ovulo di cocaina, sì."
 
"Ce ne sono altri?"
 
"Aspetta...cazzo sì, eccoli qui..."
 
Uno ad uno, estrassero gli altri ovuli presenti, cinque in totale, tutti delle dimensioni di un chicco d'uva.
Non ve n'era uno che fosse ancora intatto. 
Maneggiandoli con estrema cura, li inserirono tra i campioni da inviare urgentemente ad Anceschi per le analisi di laboratorio.
 
"Le sue considerazioni finali, Dottoressa Allevi?"  la apostrofò Claudio, quando l'autopsia era ormai giunta agli sgoccioli.
 
Dietro la mascherina, Alice abbozzò un tenue sorriso.
Le mancava da morire sentirlo rivolgersi a lei con quel tono un po' da "professorino", ed era sicura che anche a lui mancasse...anche se non lo avrebbe mai ammesso.

"A seguito delle evidenze patologiche rilevate nel corso dell'autopsia, la mia conclusione è che la vittima sia deceduta in seguito ad un grave shock cardiocircolatorio innescato da un rilascio massivo di cocaina nell'organismo" dichiarò Alice, senza la benché minima traccia di esitazione nella voce.
 
Dall'altra parte del tavolo, Claudio sollevò il pollice in segno di approvazione. 
Sembrava piuttosto compiaciuto. 
Dopotutto, lei rimaneva pur sempre una SUA allieva. 
         
                                                                                    ・・・


Circa tre ore più tardi, Alice era seduta comodamente nell'auto ipertecnologica di Claudio, con una benda nera calata sugli occhi e neanche la benché minima idea di dove fossero diretti.
 
"Claudio...si può sapere dove mi stai portando?"
 
"Ancora? Non ti hanno mai insegnato il significato della parola 'sorpresa'?"
 
"Ma lo sai che sono curiosa!"
 
"Sai cosa si dice della gatta che ha fretta, Alice?"
 
"E dai..."
 
"Siamo quasi arrivati, Sacrofano, resisti"
 
Quando la macchina di CC cominciò pian piano a rallentare la sua corsa - segno che erano vicini alla destinazione - Alice fu quasi sul punto di abbassare quella benda e dare una sbirciatina veloce fuori dal finestrino. 
La curiosità la stava uccidendo. 
Era più forte di lei, detestava rimanere all'oscuro.
 
A pensarci bene, non era affatto nello stile di Claudio comportarsi in modo tanto misterioso, lui che per primo, da perfetto maniaco del controllo quale era, aborriva le sorprese e qualsiasi altra cosa che potesse sfuggire alla logica razionale della pianificazione. 
Al contrario, quella sera si era presentato senza alcun preavviso al suo appartamento e, senza darle alcuna spiegazione, se l'era trascinata via sotto gli sguardi attoniti di Cordelia, Marco e Lara. 
Non che si stesse lamentando, anzi, era rimasta piacevolmente colpita da quel suo slancio improvvisato, ma avrebbe anche potuto anticiparle qualcosina!

D'un tratto, l'auto si fermò e il rumore del motore si spense.
Alice sentì lo sportello aprirsi dal lato del guidatore per poi richiudersi con un tonfo secco, facendo vibrare l'intero abitacolo. 
Subito dopo, fu lo sportello dalla sua parte a spalancarsi. 
Pochi istanti, e sentì le braccia forti di Claudio cingerle saldamente la vita, per poi sollevarla di peso, aiutandola ad uscire dall'auto.
Il suo equilibrio precario le giocava brutti scherzi già in condizioni normali, con entrambi i piedi ben piantati a terra e lo sguardo vigile davanti a sé, figuriamoci cosa avrebbe potuto combinare in quella condizione di temporanea cecità! 
Meglio non rischiare. 
 
"Ora puoi anche togliere la benda, Sacrofano" le sussurrò d'un tratto Claudio contro l'orecchio, con quel solito tono di voce caldo e sensuale a cui lei non era mai riuscita a resistere.
 
Non se lo fece ripetere due volte. 
Afferrò la benda e se la tirò via in un sol colpo, strizzando leggermente gli occhi davanti agli ultimi abbaglianti raggi del tramonto che si stagliavano all'orizzonte. 
Quando finalmente fu in grado di vedere con chiarezza dove fossero, quasi le prese un colpo.
 
"MI HAI PORTATA AL CENTRO COMMERCIALE?!" urlò con l'entusiasmo esagitato di una bambina la mattina di Natale, gettandogli letteralmente le braccia al collo.
 
Claudio scoppiò a ridere, stringendola a sé.
 
"Ti avevo promesso che, dopo la tua prima perizia, ti avrei portata da qualche parte a festeggiare, no? Sono un uomo di parola."
 
"E' vero, sai sorprendermi quando vuoi"
 
"...fosse stato per te, ci saremmo limitati a mangiare pappette per neonati sul divano di casa tua, brindando con un succo di frutta!"
 
"Ma quando mai?!"
 
Alice sentì le lacrime pungerle gli occhi, mentre il cuore le si riempiva di una gioia quasi indescrivibile.
Per quanto Claudio stesse cercando, come al suo solito, di sminuire l'intera questione, lei sapeva bene che dietro quel gesto apparentemente "normale" si nascondeva qualcosa di ben più profondo e significativo. 
Quel luogo rappresentava un'importante metafora per entrambi, un simbolo di impegno e reciproca condivisione.

"Ora non montarti la testa, Sacrofano...sarà la prima ed ultima volta che mi vedrai fare il fidanzatino noioso per i corridoi affollati di questo Inferno di cristallo!" si affrettò ad aggiungere subito Claudio con un tono che voleva suonare imperativo, ma che finì per perdere tutta la sua aura di severità quando i suoi occhi incrociarono lo sguardo estasiato di Alice.
 
Ricacciando a fatica indietro le lacrime, Alice gli sfiorò dolcemente la guancia, sentendo la sua barbetta ispida solleticarle il palmo della mano.
 
"Grazie, Claudio."
 
Lui inarcò un sopracciglio.
 
"Non azzardarti a piangere o ti riporto subito a casa!" la redarguì poi, con falsa severità.
 
"Che stronzo che sei! Stavo solo cercando di ringraziarti per le tue buone intenzioni..."
 
"...sì, e la maleducazione..." la schernì lui con una smorfia beffarda delle sue, prima di attirarla a sé con prepotenza per rubarle un bacio.
 
Un bacio breve ma intenso, che lasciò Alice tutta scombussolata e accaldata. 
Forse era quello il vero sapore della felicità.
A volte un po' amaro, mai troppo dolce...sempre dannatamente delizioso.
 
                                                                                ・・・

"Oh, Alice... com'è andata ieri l'autopsia?"
 
Fu il vocione baritonale di Paolone a darle il buongiorno in Istituto l'indomani mattina, seguito a ruota dalla vocetta squittente di Scanner, AKA Erika La Stella, ovvero la ex infame (raccomandata) traditrice nipote della Wally, attualmente in viaggio lungo la via della redenzione. Un po' come San Paolo sulla via di Damasco...o nel suo caso, di Baltimora. 
Lara, al contrario, non alzò neppure lo sguardo quando la vide entrare nella saletta. 
Da quando lei e Marco erano ai ferri corti, capitava spesso che non le rivolgesse neppure la parola.
Come se le improvvise smanie professionali di suo fratello fossero colpa sua, poi!
Fortuna che almeno Camillina non le riversava addosso le sue paturnie familiari, limitandosi generosamente a qualche rigurgitino ogni tanto.
 
"L'autopsia è andata alla grande, è l'intera faccenda di contorno che è un vero casino!" rispose Alice, prendendo posto alla sua scrivania.
 
"Sì, lo sappiamo" intervenne Erika, abbassando il tono della voce "Ieri la D'Angelo ha sentito Claudio dire alla Boschi che si tratta di un bambino"
 
Giulia D'Angelo era una dei nuovi giovani specializzandi del primo anno, una ragazzina abruzzese sulla ventina, solare e piena d'entusiasmo, anche se un tantino goffa. Le ricordava se stessa agli albori della sua carriera in Istituto, e in effetti, proprio come lei, anche Giulia sembrava subire particolarmente il fascino magnetico di Conforti, tanto che non perdeva mai l'occasione per saltellargli attorno nella vana speranza che lui decidesse di portarsela dietro in qualche sopralluogo.
 
"Bedda matri, che camurria!" commentò Paolone, dando sfoggio del suo meraviglioso siciliano "Il tuo primo caso ufficiale e già un picciriddu morto ammazzato..."
 
"Lasciamo stare, va" commentò Alice, tirando un profondo sospiro.

Con un fiero sventolìo di camice, Claudio comparve sulla soglia della saletta, l'aria sospettosamente ringalluzzita, perfino vagamente allegra. Batté forte le mani un paio di volte per attirare su di sé l'attenzione di tutti i presenti.
 
"Anatomopatetici, aprite bene le orecchie perché non lo ripeterò una seconda volta..." annunciò, rivolto all'intero gruppo "...la vostra presenza, per quanto inutile, è richiesta domani pomeriggio per un'esercitazione straordinaria di laboratorio con il sottoscritto. Non accetto ritardi o defezioni...hai capito bene, Allevi?" e così dicendo, le rivolse una lunga occhiata ammonitrice.
 
Alice arricciò indignata il naso, trattenendo a stento una parolaccia.
Era sempre il solito infamone.

"Di che esercitazione si tratta, Professore?" lo apostrofò Erika, piena di curiosità.
 
"Niente domande, Scanner, conservale per domani" tagliò corto Claudio, riappropriandosi di quel solito tono spiccio e impaziente che riservava ai suoi specializzandi "Mi aspetto la massima partecipazione e collaborazione da parte di tutti voi...specializzandi ed ex specializzandi in attesa di una certa borsa di studio...senza fare nomi..." 
 
Nel pronunciare quell'ultima frase, il suo sguardo indugiò su Lara, Paolone e Alice, che subito si guardarono a vicenda con aria sorpresa. Erano mesi che si parlava di quel famigerato concorso per accedere al dottorato in Istituto, ma fino a quel momento non c'erano mai state conferme né da parte della Suprema, né tantomeno da parte di altri docenti.
Che finalmente si stesse muovendo qualcosa? 
 
Così velocemente com'era apparso, Claudio si congedò, svanendo con un rapido guizzo di camice nel corridoio esterno. Decisa a saperne di più su quella faccenda, Alice si precipitò fuori dalla stanza per raggiungerlo.
 
"Claudio...aspetta!"
 
Lui si voltò controvoglia, sospettando già il motivo di tanta urgenza.
 
"Alice, lo sai che non posso dirti niente...non insistere..." le fece presente, un po' sulla difensiva.
 
"Ma se non ti ho ancora chiesto niente!"
 
"Come se non ti conoscessi!"
 
"Va bene, è vero...però..."
 
"Alice..."
 
"Dimmi soltanto se si sta muovendo qualcosa...lo sai quanto ci tengo a rimanere qui con te...con voi..."
 
Claudio sbuffò, roteando gli occhi. 
Non era mai riuscito a resistere al fascino di quei grandi e teneri occhioni da Bambi, e Alice questo lo sapeva benissimo. 
 
"Sì, si sta muovendo qualcosa" ammise infine, con quieta rassegnazione.
 
Alice si sforzò di mantenere la calma.
 
"Ti ringrazio" commentò, con un contegno che aveva quasi del miracoloso. 
 
Claudio scrollò piano la testa, visibilmente divertito da quel tentativo (fallito) di mostrare un briciolo di maturo autocontrollo. 
 
"Non sei per niente credibile, Alice" esclamò, scoppiando a ridere.
Dopo aver gettato un'occhiata circospetta lungo il corridoio principale, assicurandosi che nessuno li stesse osservando, la prese per mano e se la trascinò rapidamente fino al suo ufficio, al piano superiore. 
Una volta dentro, si premurò di chiudere a chiave la porta per evitare che qualcuno li interrompesse.
 
Alice lo fissò con il cuore che le martellava impazzito nel petto.
Sembrava disperatamente fuori controllo, pronto a travolgerla come soltanto lui riusciva a fare. Da sempre.
 
"Non pensi che potrebbero bussare e...?" provò ad obiettare con un fil di voce, ma senza troppa convinzione.
 
"Sacrofano, tu pensi troppo..." la liquidò subito lui, agganciando le braccia attorno alla sua stretta vita per poi attirarla possessivamente a sé fissandola con una tale intensità da farla arrossire.
 
Alice sentì il sangue ribollirle nelle vene, mentre quelle labbra scivolavano languide sulla sua pelle come una lenta carezza rovente...infinita. Le mani di Claudio, così sicure e forti, la spogliarono velocemente del camice per poi insinuarsi sfrontate sotto la sua camicetta, facendola rabbrividire a contatto con la sua schiena nuda.
 
"Claudio..." sospirò, insinuando le dita tra i suoi folti capelli bruni, massaggiandogli con dolcezza la nuca.
 
"...siamo solo io e te ...solo io e te..." mormorò lui di rimando contro le sue labbra, prima di catturarle in un nuovo bacio mozzafiato che le fece perdere totalmente ogni contatto con la realtà.
 
'Accidenti a lui e a quel suo modo assurdamente sexy di baciare', imprecò mentalmente Alice, sentendosi di colpo privata di qualsiasi freno inibitorio. 
Era quasi inquietante il potere che quell'uomo era in grado di esercitare sulla sua lucidità mentale. Un solo sguardo riusciva ad annientare le sue difese come poche altre cose al mondo, neppure la leggendaria potenza distruttiva della Boschi aveva mai raggiunto certi livelli.
 
Claudio la sospinse dolcemente verso la parete più vicina, lambendo il suo collo nudo con una lunga scia di caldi e umidi baci alternati a piccoli morsi, le mani che continuavano ad accarezzare ogni centimetro di quel corpo senza riuscire a staccarsene.
 
"...maledetto Diavolo tentatore ..." mormorò Alice, totalmente in balia di quella selvaggia estasi di piacere.
 
Il suo corpo guizzava e s'inarcava in continuazione sotto il tocco esperto di Claudio, desiderando soltanto che quel momento magico non finisse mai. Per una volta, non voleva pensare né al futuro, né a quel che sarebbe potuto accadere – o non accadere - tra lei e Claudio. Erano insieme, tutto il resto non importava.
Non ancora. 


ANGOLO DELL'AUTOREEd eccoci arrivati al terzo capitolo...qualche tocco di romanticismo in stile Conforti (senza esagerare), un pizzico di cruda realtà e qualche piccolo indizio sul futuro all'orizzonte...per Alice è soltanto l'inizio.
Presto si troverà a dover affrontare sfide che potrebbero spingerla sull'orlo di un pericoloso baratro...sarà in grado di superarle? Claudio riuscirà a restare al suo fianco, o la vita finirà per separarli? 

LO SCOPRIREMO SOLO VIVENDO! #StayTuned 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Nubi All'Orizzonte ***


                                                            CAPITOLO QUARTO 
                                                 
                                                        "NUBI ALL'ORIZZONTE" 



"A volte basta una parola
per stare bene a metà
fra l'emozione e la paura
d'amarsi in questa eternità."

— Pino Daniele

 

(ALICE POV)

Sono trascorsi mesi da quando Silvia è tornata a vivere a Roma in pianta stabile, eppure riuscire a vedersi è diventata una missione quasi impossibile. Tuttavia, oggi, sotto l'influsso propizio di chissà quale fortunata congiunzione astrale, siamo riuscite ad organizzare questo bel pranzetto al solito locale vicino all'Istituto, in onore dei vecchi tempi.
E' sempre stato il nostro piccolo momento speciale della giornata, l'insostituibile angolo del gossip selvaggio e delle chiacchiere pazze. 
E onestamente parlando, ne ho sentito parecchio la mancanza durante la nostra lunga separazione.

"...che mi puoi dire di Einardi?" mi interpella a bruciapelo Silvia, mentre attendiamo che il cameriere consegni le ordinazioni al nostro tavolo.

La fisso con aria di vago sospetto.
Conosco fin troppo bene quella particolare inflessione nella sua voce, abbastanza da sapere che cosa vi si nasconda dietro.
Mio malgrado, non riesco a reprimere un sorriso.
Gli anni passano, ma la mia cara vecchia Silvia non cambia mai.

"Che ti sei messa in testa, Jessica Rabbit?" la redarguisco infine, severamente, fissandola torva dall'altro capo del tavolo "Guarda che Sergio non è tipo da una botta e via..."

"Peccato" commenta a quel punto la mia migliore amica, con una rapida alzata di spalle.

"Peccato che?" chiedo d'istinto.

"Stavo già facendo un bel pensierino sconcio su noi due nel mio ufficio...magari appoggiati contro la scrivania..."

"EEEH, INSOMMA!" protesto indignata, scagliandole un tovagliolo addosso per zittirla "Risparmiami i dettagli, grazie!"

Silvia rotea gli occhi con teatrale disappunto.

"...ma quanto sei bigotta, Alice?!" mi prende in giro, scrollando la testa con evidente rassegnazione "Tua nonna riuscirebbe a reggermi il gioco meglio di te!"

Ecco, mi pulsano terribilmente le orecchie per la vergogna.

Bigotta...IO...se solo le raccontassi del recente incontro di fuoco in Istituto tra me e Claudio!
Quel bel quadretto erotico ha fatto riemergere con prepotenza quel ricordo nella mia mente, e ora mi sento in imbarazzo come una liceale beccata in flagrante dai genitori in compagnia del fidanzatino.
Devo assolutamente allontanare questi pensieri dalla testa, altrimenti Silvia finirà per sgamarmi come al suo solito!
Possiede una specie di sesto senso infallibile quando si tratta di sesso, è una cosa su cui abbiamo sempre scherzato, fin da ragazzine. 
E con me non ha mai sbagliato un colpo.

"Piuttosto, dimmi..."

Sollevo in fretta lo sguardo su di lei, temendo quasi di sentire il resto della sua frase.

"...come vanno le cose tra te e il Principe della Sala Settoria? Non mi hai raccontato più niente. Alla fine si è deciso a farti quella proposta, o aspetta che tua nonna perda definitivamente la pazienza e lo minacci con uno scopettone?"

Scoppio a ridere.

L'amore spassionato e leggendario di Nonna Amalia per Claudio è secondo soltanto al suo profondo desiderio di vedermi accasata e felice.

"Direi che la situazione è rimasta più o meno la stessa di un anno fa"  le rispondo infine, poco prima che il cameriere sfrecci fuori dalle cucine, trasportando in equilibrio tra le braccia i nostri piatti belli fumanti.

"Nel senso che vi vedete ancora di nascosto?" incalza Silvia, allungando con uno scatto felino entrambe le braccia in avanti per afferrare il piatto che il ragazzetto le sta porgendo, prima che la sua pericolosa pendenza ne faccia cadere a terra l'intero contenuto.

"No, ormai lo sanno tutti che stiamo insieme" le spiego, osservando con ansia il mio piatto traballare tra le mani inesperte del giovane cameriere "Il problema è che, da quando mi ha dato quell'anello, non ha più accennato al matrimonio. Mai. Neppure una volta." proseguo poco dopo, a pericolo scampato, iniziando a tagliare il mio succulento petto di pollo alla griglia, accantonando con cura la rucola d'accompagnamento in un angolino del piatto. L'ho sempre detestata. "Non dico che dovremmo scegliere subito una data o correre a comprare le fedi, però non mi dispiacerebbe sapere che ci sta pensando...capisci cosa intendo?"

"Ma tu hai provato a chiedergli spiegazioni?"

"Ogni volta che sto per farlo, qualcosa me lo impedisce...comincio a pensare che si tratti di una specie di congiura cosmica!"

Silvia mi lancia un'occhiata scettica.

"Tu sei proprio sicura di volerlo sposare, Alice?" mi domanda con un tono tremendamente serio, e per una frazione di secondo mi sembra quasi di ritrovarmi in Questura, sotto interrogatorio.

"Silvia, ma che domande fai?!" sbotto istintivamente, quasi sulla difensiva "Certo che voglio sposarlo...io lo amo e voglio stare con lui."

"E tu questo glielo hai mai detto chiaramente?" mi domanda ancora, più che mai decisa a sbattermi spietatamente in faccia la verità come soltanto lei riesce a fare "Perché se devo essere sincera - e ti prego di non arrabbiarti! - non mi sembra che tu sia così convinta di questa scelta. Non dico che tu non sia innamorata di lui, non fraintendermi, ma sento che c'è qualcosa che ti frena. Ti conosco troppo bene, signorina..."

Colpita e affondata.
Ad onor del vero, non è la convinzione a mancarmi...piuttosto una certezza.
La certezza che quell'anello non sia soltanto frutto di un gesto disperato e irragionevole dettato dalla paura di perdermi per sempre, la certezza che Claudio desideri davvero trascorrere il resto della sua vita con me, che abbia scelto me sopra tutto e tutti.
Perché non riesce mai a rendermi partecipe dei suoi pensieri, quando basterebbe così poco per placare le mille ansie annidate nel mio cuore?

                                                                   ・・・

(CLAUDIO POV)

E' già pomeriggio inoltrato quando riesco finalmente a liberarmi degli ultimi seccanti impegni accademici, evadendo in anticipo dall'Istituto.  Occasione più unica che rara, visto che normalmente sono sempre tra gli ultimi a lasciare l'edificio a fine giornata.
Ma non stavolta, non oggi.

Sono stremato, psicologicamente e anche fisicamente.
Aspiro a fondo una fresca boccata di quella frizzante brezza autunnale, e osservo l'allungarsi delle ombre sulla città, l'orizzonte appena velato da una sottile coltre di nubi. A volte dimentico quanto sia bella Roma al tramonto.

Lo squillo improvviso del cellulare interrompe bruscamente il flusso dei miei pensieri, facendomi sussultare.
Una semplice occhiata al nome apparso sullo schermo basta a procurarmi uno spiacevole spasmo nervoso.
Avrei dovuto immaginare che la questione non si sarebbe risolta così facilmente, non adesso che è ritornato qui in città.
Lo conosco, so fin troppo bene com'è fatto...ma questa volta non gli permetterò d'intrufolarsi nella mia vita, stravolgendo i fragili e precari equilibri che, con enorme fatica, cerco da anni di preservare. 

Tanto per cominciare, Alice deve restarne fuori.
Non può essere altrimenti. L'ultima cosa che mi serve è che venga risucchiata anche lei nell'enorme buco nero di caos e follia del mio passato. Devo proteggerla da me stesso e da tutto ciò che mi trascino dietro.

"CLAUDIO!"

No, non posso crederci.
Il mio piede si blocca di colpo sull'ultimo gradino della scalinata, come se qualcosa lo avesse paralizzato.
Riconoscerei questa voce tra mille, anche se sono più di dieci anni ormai che non la sento più risuonare tra le pareti di casa.
Lentamente mi volto in direzione dell'ingresso del parcheggio, ed è allora che lo vedo. 

Se ne sta lì in piedi a fissarmi, appoggiato al corrimano di pietra della scalinata, con quella scanzonata e impenitente faccia da schiaffi che, in un tempo ormai lontano, gli ho perfino invidiato. Il suo aspetto è un po' trasandato, barba e capelli sono decisamente più lunghi e brizzolati dell'ultima volta che l'ho visto, ma per il resto mio fratello Giacomo è esattamente come lo ricordavo.

"Mi sembrava di averti detto che mi sarei fatto vivo io, o sbaglio?" esordisco con estrema freddezza, neanche fosse un perfetto estraneo.

E in effetti, volente o nolente, è questo ciò che è diventato per me.

"Ho visto come mi hai risposto, infatti."

Serro con forza la mascella.
Con che coraggio si permette di venire a farmi la morale?! 
Proprio lui, poi?!

"Giacomo, questa è la mia vita...non ti permetterò di sconvolgerla ancora, non questa volta" lo redarguisco senza inutili giri di parole, del tutto incapace di celare l'amarezza e la frustrazione che mi scalpitano nel petto. Ho represso così a lungo i miei sentimenti che adesso potrei quasi esplodere.

"A chi altri dovrei chiedere aiuto se non a mio fratello?" incalza Giacomo, con una determinazione che mi appare vergognosamente portentosa.

Sento gli occhi schizzarmi fuori dalle orbite per la rabbia.

"MIO FRATELLO, UN CAZZO!" ruggisco come una furia, ritrovando un po' di quella rude volgarità da ragazzino di periferia soffocata sotto strati di abiti firmati e prestigio accademico "Dove sei stato in questi ultimi dieci anni, eh? Ti ricordi di avere una famiglia soltanto quando ti servono soldi o qualcuno che tiri fuori il tuo culo dai guai?! E' comodo così."

"Lo so, ho commesso degli errori, ma..."

"No, niente 'ma'. Hai perso ogni diritto di considerarti parte della famiglia quando mi hai voltato le spalle e sei sparito in quella cazzo di giungla! Mamma e papà sono morti e tu neanche ti sei degnato di venire al loro funerale...mi hai lasciato qui da solo come un coglione ad affrontare l'inferno. Non ti meriti il mio perdono, Giacomo, né ora né mai."

Un lunghissimo e teso silenzio accompagna le mie parole, interrotto soltanto dai nostri respiri pesanti e dal lontano rumore di qualche auto di passaggio. Mi sembrano così lontani, adesso, quei giorni in cui credevo di poter lottare al fianco di Giacomo, noi due insieme contro il mondo, uniti e solidali come lo eravamo stati da bambini. 
Era sempre stato un eroe ai miei occhi. Il ragazzo d'oro, amato e osannato da tutti, quello che con un caloroso sorriso riesce ad entrare nelle grazie e nel cuore di chiunque senza fare il minimo sforzo. L'ho invidiato per questo, a volte perfino odiato, eppure è bastato così poco per veder crollare miseramente quel maestoso castello di apparenza ed illusioni.

"Sali in macchina."

Il mio tono suona definitivo, perentorio.
Qualsiasi possibilità di replica è fuori discussione.
Con un paio di rapide falcate, mi avvicino all'auto e spalanco con un gesto di stizza lo sportello dal lato del guidatore, facendo poi segno a mio fratello di salire a bordo. Non ho alcuna intenzione di dedicare a Giacomo e ai suoi casini più tempo ed attenzioni di quanto non meritino.

                                                               ・・・

La mattina seguente, Alice ricevette una convocazione ufficiale in Questura per discutere di alcuni dettagli riguardanti la sua perizia autoptica. Sapeva che sarebbe accaduto, tuttavia ciò non impedì alla sua ansia da prestazione di prendere il sopravvento come al solito. 
Avrebbe voluto confrontarsi brevemente con Claudio prima di andare, ma nessuno dei colleghi dell'Istituto sembrava avere la minima idea di dove fosse finito. 
In effetti, avrebbe dovuto telefonarle la sera prima, ma non l'aveva fatto.
Sembrava scomparso nel nulla.

Giunta di fronte all'ingresso della Questura, Alice fu investita da un'ondata irrefrenabile di nostalgie e ricordi del passato.
Un passato relativamente recente, che però ai suoi occhi appariva già lontanissimo.

"Oh, Alice...entra pure!"

La accolse Silvia con un sorriso un po' tirato, segno che qualcosa non stava andando per il verso giusto.
La conosceva troppo bene per dubitarne.

"Ci sono problemi?" le domandò, prendendo posto sulla sedia vuota di fronte alla sua scrivania.

"Definirli 'problemi' sarebbe un eufemismo" confermò Silvia con una punta d'amarezza nella voce "Praticamente la nostra vittima non esiste."

Alice aprì e richiuse la bocca un paio di volte, incerta su cosa risponderle.

Evidentemente Silvia doveva aver colto il suo sconcerto, perché subito provvide ad aggiornarla sugli ultimi sviluppi delle indagini.

"Abbiamo provato ad identificarlo, ma senza successo. Abbiamo cercato corrispondenze tra gli annunci delle persone scomparse sul territorio italiano e internazionale, e anche tra gli elenchi dei bambini iscritti alle scuole primarie di Roma, ma niente...è come se non fosse mai esistito. Nessuno ne ha denunciato la scomparsa."

"Un clandestino?" azzardò Alice.

"E' l'ipotesi più probabile al momento sì, anche se purtroppo questo renderebbe complicata la sua identificazione."

A quelle parole, il volto di Alice s'illuminò e un'improvvisa scossa d'eccitazione le spedì un lungo brivido tra le scapole.

Come aveva fatto a non pensarci subito? Eppure Claudio glielo aveva suggerito anche durante l'autopsia.
Fortuna che non era lì accanto a lei, altrimenti niente l'avrebbe salvata da una delle rinomate occhiate fulminanti in stile Conforti.

"E se provassimo a risalire alle informazioni anagrafiche attraverso il codice d'identificazione dell'impianto al braccio?" buttò lì con un tono quasi cospiratorio, il busto leggermente proteso in avanti e le labbra incurvate in un sorriso furbo.

"E' un'ottima idea" convenne Silvia, annuendo incoraggiante "Vista la situazione potrebbe davvero essere la nostra unica speranza..."

Alice provò un moto d'orgoglio.
Proprio come il buon vecchio Calligaris, anche Silvia sembrava ben disposta a darle un po' di credito e questo la faceva sentire apprezzata. Peccato che la stessa cosa non si potesse dire di Claudio o della Boschi.

"Ho visto le radiografie, l'intervento a cui è stato sottoposto il bambino è stato eseguito con tutti i migliori criteri chirurgici" aggiunse con professionale risolutezza "Una tecnica che definirei impeccabile. Dubito che dietro ci sia qualche macellaio nascosto in un vecchio scantinato abbandonato. Ad ogni modo, viste le circostanze, quei codici d'identificazione sono la nostra unica possibilità per ottenere informazioni più precise."

"Chiamo Sergio e gli chiedo di preparare subito la documentazione necessaria"

Le parole di Silvia calamitarono l'attenzione di Alice in una frazione di secondo, facendole drizzare subito le antenne.

"Scusa...da quand'è che lo chiami "Sergio"?" la apostrofò, fissandola con sospetto dall'altro lato della scrivania.

"Fatti i fatti tuoi" la liquidò l'altra con un mezzo sorrisetto, senza neppure provare a darle una spiegazione.

"Quindi è così che funzionerà d'ora in poi, Dottoressa Barni? Neanche un misero "Grazie"...?

"A furia di stare con Conforti, sei diventata una piccola megalomane in cerca di riconoscimento?" 

"Ma sentitela..."

"Posso offrirti al massimo un caffè al distributore automatico..."

"Vorrà dire che per questa volta mi accontenterò!"

                                                       ・・・

L'inaspettata adunata generale di quel pomeriggio colse un po' tutti di sorpresa in Istituto.
Nessuno sembrava avere idea di cosa stesse accadendo. 
Qualche studente tra i più intraprendenti provò a chiedere spiegazioni, ma la Manes non concesse alcuna anticipazione, limitandosi ad elargire un generico invito a prendere posizione al più presto nella sala convegni.
Invito che non fece altro che innervosirli ancora di più.

Alcuni pigramente, altri invece mossi da inarrestabile curiosità, tutti quanti si riversarono nel luogo prefissato per l'incontro, in attesa che la Suprema li illuminasse sulle ragioni di quell'improvvisa convocazione. Alice, Lara e Paolone si sistemarono uno accanto all'altro in terza fila, in una posizione vantaggiosa sia per l'ascolto che per la visione.
Erika, Sandro e Giulia sedettero appena dietro di loro.

Alice trascorse i primi minuti di quella febbrile attesa ad allungare il collo oltre la folla alla ricerca di Claudio, ma non lo vide da nessuna parte. Possibile che non fosse ancora rientrato in Istituto? Non era da lui assentarsi così a lungo dal posto di lavoro.
E poi perché sparire nel nulla in quel modo senza avvisarla?
A volte non riusciva davvero a capire cosa gli passasse per la mente.

"...ma secondo voi riguarda il nostro dottorato?" domando d'un tratto Paolone, la voce incrinata da una vibrante nota d'agitazione.

Alice e Lara si scambiarono un'occhiata dubbiosa.

"In quel caso avrebbe riunito soltanto voi tre Moschettieri, no?" s'intromise prontamente Erika, facendo capolino da dietro le spalle di Alice "No, deve trattarsi di qualcos'altro...qualcosa di più grosso...."

Alice percepì una certa dose di acrimonia nelle sue parole, ma preferì sorvolare.
Non era quello il tempo delle polemiche.

"Detesto ammetterlo, ma penso che questa volta Scanner possa avere ragione" commentò a sorpresa Lara, per poi sospingere indietro Erika con un gomito, rimettendola nuovamente al suo posto.

"Che camurria" mugugnò Paolone tra i denti, lo sguardo che indugiava preoccupato in direzione del corpo docenti.

Proprio quando Alice aveva ormai perso del tutto le speranze, Claudio comparve in testa ad un gruppetto di chiassosi specializzandi del secondo anno.

Con passo affrettato e risoluto, si diresse verso il fondo della sala, lì dove gli altri docenti dell'Istituto erano impegnati in una fitta conversazione con la Suprema. Avrebbe voluto raggiungerlo seduta stante e obbligarlo a darle delle spiegazioni su quell'assurda sparizione, ma preferì aspettare un momento migliore.
Dopotutto, la riunione non sarebbe durata all'infinito.

"Come saprete, il nostro Istituto ha sempre tenuto in grande considerazione i gemellaggi e le collaborazioni internazionali con altre Università" esordì poco dopo la Suprema, abbracciando l'intera sala con lo sguardo, la voce forte e autoritaria resa ancor più potente dal microfono "A questo proposito, vi informo che nel corso di quest'anno accademico vi sarà offerta l'occasione di concorrere per un dottorato di ricerca in Scienze Forensi presso la Boston University, della durata di tre anni..."

Volti sconcertati spuntarono qua e là tra la folla, mentre un brusio nervoso si diffuse rapido in ogni angolo della sala convegni, tramutandosi ben presto in un fastidioso ronzio di fondo, che costrinse la Suprema a richiamare tutti all'ordine.

"...VI PREGO DI MANTENERE LA CALMA!"

I bisbigli si spensero all'istante e l'intera sala ripiombò nel silenzio.

'Il potere intimidatorio dell'autorità', pensò Alice divertita.

"Il concorso sarà aperto a tutti gli specializzandi, dal primo fino all'ultimo anno, nessuna eccezione" proseguì la Suprema, imperturbabile "Ognuno dei candidati dovrà presentare un progetto di ricerca adeguato alle linee guida che vi saranno fornite a tempo debito, e sottoporlo all'attenzione della commissione d'esame, che sarà formata in parte da membri di questo Istituto e in parte da rappresentanti scelti del Dipartimento di Scienze Forensi della Boston University. Ovviamente si richiederà a tutti voi la massima trasparenza e una concorrenza leale..."

Lo sguardo della Manes indugiò più a lungo del dovuto su Erika e Alice, tanto che quest'ultima sentì il cuore accelerare pericolosamente i suoi battiti. Aveva nutrito a lungo quel piccolo sospetto, ma senza mai averne l'assoluta certezza.
Ora la conferma che aspettava era arrivata. La Suprema sapeva tutto della "guerra" per Baltimora, e per qualche strana ed imperscrutabile ragione, questo pensiero la innervosiva. L'ultima cosa che desiderava era che anche la Manes, come gli altri docenti prima di lei, finisse per etichettarla come la solita, ingenua tontolona.
Quella donna rappresentava la sua ultima occasione per guadagnarsi una prima impressione positiva, e non avrebbe permesso ai suoi errori passati di mandare all'aria i suoi piani.

Terminata la riunione, la sala convegni cominciò lentamente a svuotarsi dei suoi numerosi ospiti, che cominciarono a riversarsi scompostamente e rumorosamente nei vari corridoi dell'Istituto. Un autentico bagno di folla.
Sembravano tutti elettrizzati all'idea del dottorato alla Boston University, e come biasimarli?
Lei stessa avrebbe venduto l'anima per un'occasione simile, anche se, dopo la cocente delusione di Baltimora, aveva imparato a ridimensionare parecchio le sue aspettative.
Che volesse ammetterlo oppure no, lì fuori c'erano decine di specializzandi molto più in gamba e meritevoli di lei.
Meglio non illudersi troppo.

Decisa ad affrontare Claudio prima che sparisse di nuovo nel nulla senza darle spiegazioni, Alice raccolse in fretta le sue cose e sfrecciò fuori dalla sala, inseguendolo a fatica tra quella marea umana di camici bianchi, fino al portone d'ingresso dell'edificio. 
Che diavolo stava combinando? Era appena rientrato in sede e già se ne stava andando di nuovo?
Provò a chiamarlo un paio di volte, ma senza alcun risultato.

"CLAUDIO!" urlò un'ultima volta, tentando di sovrastare l'assordante vocio circostante.

Finalmente lui si voltò, incrociando il suo volto tra la folla. 
L'espressione nebulosa, lo sguardo mesto e assente...era come se fosse lontano mille chilometri da lì con i pensieri.
L'ultima volta che lo aveva visto ridotto in quel modo, Calligaris stava lottando tra la vita e la morte in un letto d'ospedale.

"Alice, ora non posso--"

Cominciò a dirle, con la chiara intenzione di liquidarla su due piedi, ma lei lo bloccò prima ancora che potesse terminare la frase. 
Era stufa di rimanere sempre all'oscuro di tutto ciò che lo riguardava.

"Voglio sapere che cosa ti sta succedendo" lo apostrofò con insolita decisione, trattenendolo per un braccio "Sono giorni che sei strano e non capisco il perché..."

Il volto di Claudio era così maledettamente teso in quel momento, da farle temere un'esplosione rancorosa in pieno stile CC...ma contrariamente alle sue disastrose aspettative, si limitò a restituirle lo sguardo, mentre il suo volto si distendeva in un'espressione vagamente intenerita.

"Andiamo, dai...ti spiego tutto in macchina"

                                                                                         ・・・

"CHE COSA?!"

Alice strabuzzò gli occhi, voltandosi di scatto verso Claudio.

"No, scusa...fammi capire bene" lo apostrofò, irritata "Tu hai un fratello maggiore che vive da dieci anni in Brasile e non hai mai pensato di dirmelo?"

Il rumore ritmico dei tergicristalli sembrava quasi scandire il tempo dei suoi pensieri, mentre fuori dal finestrino il profilo della città scivolava veloce davanti ai suoi occhi, rischiarato dalle ultime, tenui luci del tramonto.

"...non so che dire, davvero..."

Seduto accanto a lei al posto di guida, Claudio si lasciò andare ad un profondo sospiro rassegnato, l'ennesimo della giornata.

"Non ti ho mai raccontato niente su di lui, perché Giacomo non fa parte della mia vita" provò a spiegarle con tono forzatamente pacato, nella speranza che le sue parole l'aiutassero a perdere interesse per l'argomento. Non aveva alcuna voglia di inoltrarsi lungo il viale dei ricordi.

"Come può non far parte della tua vita, Claudio? E' tuo fratello!" esclamò Alice, con evidente sconcerto.

"Un fratello che non vedo da più di dieci anni e che sento a malapena per le feste comandate" precisò lui, glaciale "E' praticamente un estraneo per me, Alice. E mi va bene così, non lo voglio nella mia vita."

"Quindi se non ti avessi costretto a parlarmene, avresti continuato a tenermi all'oscuro di tutto?" insistette Alice, le braccia incrociate sul petto in un atteggiamento spavaldo e battagliero.

Di fronte a tanta risoluta testardaggine, la pazienza di Claudio cominciò pericolosamente a vacillare.
Non amava essere sottoposto a quel tipo di interrogatori, soprattutto quando riguardavano la sua vita privata.

"E' una storia complicata...non avresti capito." tagliò corto, deciso a mettere un punto definitivo a quella conversazione.

Alice avvertì una dolorosa stretta al cuore.
Le parole di Claudio, a volte, sapevano ferire molto più dei suoi silenzi.
E la cosa peggiore era che lui non sembrava rendersi conto di quanto questo le facesse male.
Contava davvero così poco nella sua vita, da non meritare neppure una spiegazione che non fosse articolata in pochi monosillabi e qualche misera parola stiracchiata? Che senso aveva continuare a stare insieme, se al momento del bisogno si chiudeva a riccio, escludendola?

"Claudio..."

Batté un paio di volte le palpebre nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che le pungevano fastidiosamente gli occhi.
Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla piangere a causa sua.

"...che cosa rappresento per te, me lo dici?"

La domanda rimase sospesa a mezz'aria per un tempo che parve protrarsi all'infinito, galleggiando in quel silenzio teso e imbarazzato come una di quelle nuvolette appollaiate sulle teste dei personaggi dei fumetti.

"Alice, ti prego..."

La voce di Claudio suonò quasi come una supplica.

"No."

Stavolta fu lei ad essere irremovibile.
Non aveva alcuna intenzione di rimandare ancora quella conversazione.
Voleva una risposta, e la voleva subito. 
Ne aveva un disperato bisogno.

"Sai bene cosa provo per te..." provò a dirle Claudio, nel tentativo di rabbonirla, ma Alice non demorse.

"Pensavo di saperlo" si affrettò a puntualizzare, un sorriso amaro a distenderle le labbra "Ora non ne sono più così sicura."

Claudio non rispose.
Accelerando, svoltò rapido con l'auto in una viuzza traversa per poi sbucare sulla piazza dove si affacciava l'appartamento di Alice.
Parcheggiò a pochi metri di distanza dal cancello d'ingresso, spense il motore e si abbandonò stancamente con la testa all'indietro, contro il sedile. Perfino lì nella penombra, Alice avvertiva tutto il peso del suo sguardo addosso.

"Io non sono come te, Alice" soggiunse dopo un breve silenzio, lanciandole uno sguardo fugace con la coda dell'occhio "Condividere i pensieri, le emozioni...non è nella mia natura. E lo so che questo ti ferisce, ma sono fatto così."

Alice lo scrutò a lungo, come a volerlo spronare a proseguire.
Accadeva così raramente che si confidasse in quel modo con lei, che non voleva sprecare un solo istante di quei momenti preziosi.

"Vorrei solo che mi permettessi di starti accanto, niente di più..." ammise in un flebile sussurro, allungando una mano a sfiorare quella di lui, ancora appoggiata sulla leva del freno a mano.

Subito sentì le dita di Claudio serrarsi attorno alle sue in una stretta decisa e quasi disperata, come se la sola idea di lasciarla andare lo paralizzasse. A volte dimenticava che il più delle volte erano i suoi gesti a parlare per lui, molto più di quanto non facessero le sue parole...o i suoi silenzi.

"...non hai voglia di tornare a casa stasera, Sacrofano?" domandò d'un tratto Claudio, smorzando i toni seri della discussione con un accenno di sorriso "Nel caso non lo avessi notato, siamo fermi davanti al portone di casa tua da almeno un quarto d'ora..."

"L'ho notato" confermò Alice annuendo lentamente, le dita ancora intrecciate a quelle di lui.

"E..?" incalzò lui, mentre un sorrisetto malizioso si allargava sulle sue labbra.

"E non ho alcuna voglia di dormire da sola stanotte" concluse lei, annullando con un bacio la poca distanza che ancora li separava, il cuore improvvisamente sgombro di ogni paturnia ed amarezza.

Quali che fossero le difficoltà da superare, avrebbero trovato il modo di farlo...insieme. Inutile negarlo, Claudio si discostava parecchio dall'ideale romantico del principe azzurro che aveva sempre inseguito fin da bambina, ma i sentimenti che nutriva per lui erano la cosa più reale che avesse mai provato in tutta la sua vita. Doveva pur significare qualcosa, no? 
E a dispetto delle loro innegabili differenze, che li rendevano incompatibili sulla carta, era sicura che anche lui provasse la medesima cosa. Così diversi, eppure indissolubilmente connessi.
Forse era proprio questo a renderli imperfettamente perfetti l'una per l'altro. 

 

ANGOLO DELL'AUTORE: Come avrete notato, questo capitolo ha richiesto una "gestazione" un tantino più lunga e complessa...è un capitolo che getta le basi per il futuro, cominciando a delineare i contorni di ciò che accadrà in seguito. Le indagini cominciano a progredire, così come i misteri ad esse legati, e tra Claudio e Alice...beh, diciamo che i problemi non mancheranno! Ma si sa, "amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana".

A presto con il prossimo capitolo! 

P.S. Un grazie di cuore a chiunque stia seguendo e recensendo. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Domande e risposte ***


                                                             CAPITOLO QUINTO
                                                           
                                                         "DOMANDE E RISPOSTE"


"
Vivi le domande ora. 
Forse poi, in qualche giorno lontano nel futuro, 
inizierai gradualmente, senza neppure accorgertene, 
a vivere a tuo modo nella risposta.
"

— Rainer Maria Rilke

 

La morte rappresentava da sempre un insondabile mistero per lei, forse il più arcano tra gli enigmi esistenziali dell'uomo.
Difficile da comprendere, impossibile da accettare. 
Aveva trascorso anni a stretto contatto con le tristi realtà di quell'Istituto, eppure ancora non riusciva a farsene una ragione.
La sorprendeva sempre il lucido distacco con cui i suoi colleghi riuscivano a gestire il loro lavoro, senza mai perdere il controllo e senza mai permettere alle loro emozioni d'interferire o distrarli. A volte li invidiava per questo, ma altre volte riteneva che fosse un modo fin troppo superficiale di approcciarsi alla morte. Non era mai riuscita a controllare in quel modo le sue emozioni, e forse – in fondo - le andava anche bene così. Se era vero che le emozioni potevano rivelarsi pericolosamente fuorvianti nel loro lavoro, così come Claudio le ripeteva da anni, ciò non significava che non conservassero un ruolo intrinsecamente positivo.
Anzi, le ne era convinta.

Negli ultimi tempi, poi, aveva sviluppato davvero uno strano legame con la morte. 
Le capitava spesso di ritrovarsi assorta ad osservare le reazioni dei parenti delle povere vittime che passavano per l'Istituto, nel tentativo di riuscire a comprendere meglio gli oscuri meccanismi del lutto. Com'era possibile superare un dolore così grande come la perdita di una persona amata? Se lo chiedeva spesso, anche se fino a quel momento non era mai riuscita a trovare una risposta accettabile. 
Non aveva mai perso nessuno, la vita le aveva risparmiato quel dolore ancora per un po', e forse proprio per questo motivo riusciva a malapena ad immaginare cosa si potesse provare a vedersi strappar via una persona amata. 
Una cosa però l'aveva imparata facendo quel lavoro: il tempo è un alleato prezioso, ma non cancella il dolore della perdita.
Mai. 

Erano quasi le cinque del pomeriggio, quando Claudio irruppe nella semi deserta saletta degli specializzandi, dirigendosi spedito verso la sua postazione, con l'espressione risoluta di chi sta per annunciare qualcosa di importante.

« Sacrofano, ho tre notizie per te » esordì con tono squillante, afferrando al volo la sedia vuota di Paolone per poi trascinarla verso di lei e prendervi posto « Comincio con la buona, la cattiva o la pessima? »

Alice sprofondò sconsolata nella sua poltrona.
Quella premessa non prometteva nulla di buono.

« Così mi metti ansia, Claudio... »

Lui le restituì un'occhiata vagamente divertita.

« D'accordo, strappiamo subito questo cerotto » soggiunse poi, sporgendosi leggermente verso di lei « Sono arrivati i risultati dei primi esami di laboratorio eseguiti sulla nostra piccola vittima e possiamo escludere categoricamente la violenza sessuale... »

« Signore ti ringrazio...almeno questo...»  commentò Alice con un sincero sospiro di sollievo.

« Aspetta a cantare vittoria, Sacrofano...» la mise subito in guardia Claudio con un'espressione che non le piacque affatto «...la cattiva notizia è che lo screening tossicologico ha rivelato quantità allarmanti di ansiolitici e sedativi nel corpo, soprattutto Pentobarbital. Immagina l'effetto devastante di un'overdose di cocaina su un corpo imbottito con simili dosi di sedativi...praticamente l'Hiroshima delle overdose! »

« Dio mio... » riuscì a malapena a mormorare Alice, mentre nella sua mente si rincorrevano i peggior scenari possibili.

« Probabilmente volevano assicurarsi che il piccolo rimanesse tranquillo e non creasse problemi » aggiunse Claudio, scrollando la testa con insolito disagio. Raramente Alice lo aveva visto così coinvolto in un caso che non lo riguardasse da vicino. « Era un corriere per la droga e l'anonimato è fondamentale per i bastardi che gestiscono certi giri. Nessuno doveva sapere della sua esistenza. Lo avranno tenuto nascosto da qualche parte, lontano da occhi e orecchie indiscreti. Un luogo isolato, forse...o opportunamente insonorizzato. »

Alice sentì il cuore sprofondarle in fondo allo stomaco. 
Quel quadro desolante le ricordava qualcosa...qualcosa che avrebbe tanto voluto poter cancellare per sempre dalla sua memoria, e che invece continuava puntualmente a riemergere. Il solo pensiero che un bambino così piccolo e indifeso avesse dovuto sopportare quella stessa sofferenza che era toccata a lei, la distruggeva. Come si poteva essere così crudeli? 

« Alice, mi stai ascoltando? »

La voce irritata di Claudio la riportò di colpo alla realtà.

« Scusami, ero...ero sovrappensiero... »

Sentì lo sguardo di Claudio scrutarla con insolita intensità, quasi stesse cercando di leggerle dentro. Una cosa che gli riusciva sempre dannatamente bene, come tutto il resto d'altronde.

« E' per Marchesi, vero? » le domandò, adombrandosi « Questa storia ti fa ripensare a lui... »

Le parole di Claudio risuonarono nella testa di Alice come uno scampanio impazzito e frastornante, facendole salire immediatamente in gola uno spiacevole senso di nausea. Era assurdo quanta angoscia e terrore potesse trascinarsi dietro un semplice nome. 
Per qualche tempo, aveva perfino considerato l'idea di andare a trovare quel verme in carcere, in un disperato tentativo di esorcizzare una volta per tutte i suoi demoni interiori, ma la verità era che il solo pensiero di rivederlo la annientava.

« ...è soltanto un po' di stanchezza, non preoccuparti » buttò lì vagamente, ma l'espressione sul suo volto suggeriva una verità ben diversa.

« Alice... » provò ad obiettare Claudio, che chiaramente non se l'era bevuta neanche lontanamente.

« Avevi detto che c'era anche una terza notizia...di che si tratta? » lo interruppe prontamente Alice, sviando altrove la discussione.

« Ciò che temevamo di più sembra ormai confermato » spiegò Claudio, senza però allontanare lo sguardo da lei « Quasi certamente la nostra piccola vittima era un clandestino... »

« ...il che significa che, con molta probabilità, rimarrà abbandonato tra gli altri cadaveri Senza Nome in obitorio...per sempre. » completò mestamente Alice, appoggiando il mento sul palmo della mano.

L'esercito dei morti dimenticati rappresentava per lei il capitolo più oscuro della loro professione.
Centinaia e centinaia di volti senza un nome e senza un'identità, il cui ultimo legame con la vita si riduceva drasticamente ad una fredda scatola di metallo con qualche oggetto personale. Un orologio da polso, un paio di orecchini d'oro, un vecchio accendino d'epoca...custodi inconsapevoli di piccoli frammenti di memorie senza più padroni. 

« Non è detto che finisca così, sai? » osservò Claudio ad alta voce, attirando subito la sua attenzione « C'è sempre quel riscontro che la tua amica poliziotta ha richiesto alla Procura...il codice identificativo delle protesi aiuta spesso a risalire ad informazioni importanti sul conto delle vittime... »

« Sì, ma di solito si tratta di persone regolarmente registrate... »

« Vero » confermò Claudio, regalandole un tenero (quanto inaspettato) buffetto sul naso « Non dimenticare però che i dati anagrafici non sono la sola indicazione utile alla risoluzione di un caso di omicidio, e spesso non è così facile risalirvi. Le lezioni del primo anno non sono un optional, Sacrofano, devi sempre tenerle bene a mente! »

Alice lo fissò incerta.
Decisamente non ricordava a cosa si stesse riferendo.

« Capita che, a volte, si arrivi a scoprire l'identità della vittima addirittura dopo anni dall'arresto del suo assassino » spiegò Claudio con una leggera nota di fastidio nella voce che non passò di certo inosservata, dopodiché lo vide alzarsi e sistemarsi dietro la sua poltroncina, i palmi delle mani adagiati morbidamente sulle sue spalle, in procinto di massaggiarle « Non esiste mai una sola strada per raggiungere la verità scientifica, Alice, e un bravo medico legale deve imparare a districarsi in questo groviglio di informazioni frammentarie...a sbrogliare la matassa... »

Il respiro caldo di Claudio le sfiorò la nuca come una carezza, seguito subito dopo dalle sue labbra, che lambirono con dolcezza la sua pelle facendola fremere. Alice avvertì una morsa stringerle lo stomaco e chiuse istintivamente gli occhi, godendosi il piacevole tepore di quella vicinanza, le labbra leggermente schiuse in un'espressione di pura estasi. 
Amava sentirlo vicino, le trasmetteva un rilassante senso di protezione.
Peccato che ormai capitasse sempre più di rado. 
Claudio le appariva così distante negli ultimi tempi, molto più di quanto non fosse mai stato, e ogni giorno che passava, il timore di vederlo allontanarsi sempre più da lei fino a perderlo per sempre, acquistava nuovo vigore. 
Era un copione che conosceva fin troppo bene. 
La storia disastrosa con Arthur le aveva insegnato molto, soprattutto che certe sensazioni non potevano – e non DOVEVANO - essere ignorate. Non voleva svegliarsi una mattina, tra cinque o dieci anni, e scoprire con orrore di non avere la minima idea di chi le stesse accanto. Aveva già commesso una volta quell'errore, e non aveva alcuna intenzione di ricascarci.

« Claudio... » mormorò esitante, sfiorandogli il dorso della mano con la punta delle dita in una carezza appena accennata « ...ci pensi mai al nostro futuro? »

Seguì un lungo silenzio teso. 
Le sembrò quasi di sentire il cigolio impazzito degli ingranaggi del cervello di Claudio, intenti a lavorare freneticamente alla ricerca di una scappatoia accettabile che gli permettesse di uscirne illeso. 

 Alice si meravigliò di se stessa. Questa volta non se l'era semplicemente immaginato, lo aveva proprio detto!
Dove avesse trovato il coraggio per afferrare in quel modo il toro per le corna non lo sapeva neppure lei, ma ormai il danno era fatto...tanto valeva arrivare fino in fondo. La curiosità la stava uccidendo.

« Intendi...il matrimonio? »

Sentirlo pronunciare la parola "matrimonio" le fece tremare il cuore. 
Accidenti a lei, era proprio una sciocca ragazzina innamorata!

« No...non necessariamente... » buttò lì con falsa disinvoltura, rigirandosi nervosamente una penna tra le dita.

« Allora stiamo parlando di convivenza? » incalzò Claudio, con un tono vagamente inquisitorio che sembrò punzecchiare pericolosamente l'autocontrollo di Alice.

« Parlo in generale, Claudio...IN GENERALE! » si ritrovò a controbattere, con fare stizzito.

« Sacrofano, se vuoi chiedermi qualcosa vai dritta al punto...non mi piace girare intorno alle cose, lo sai! » ribatté lui, seccato.

« Bene, allora non giriamoci attorno! » sbottò Alice a quel punto, abbandonando con uno slancio indispettito la sua postazione per poi voltarsi a guardarlo, un insolito lampo di risolutezza nello sguardo « E' passato quasi un anno da quando mi hai dato questo...te lo ricordi? » proseguì, sollevando la mano su cui spiccava l'anello di fidanzamento « Mi dicesti che era una promessa, e all'epoca ero così felice che non mi feci troppe domande...soltanto adesso mi rendo conto di aver sbagliato. »

« Non capisco dove sia il problema »

Alice aprì e richiuse la bocca, indecisa se schiaffeggiarlo o prendere semplicemente atto della sua costitutiva incapacità di cogliere il sotto testo del suo discorso. Era proprio vero quel che si diceva...perfino l'essere più brillante e intelligente del mondo diventava ottuso davanti ai patemi del cuore!

« Lasciamo stare, guarda! » tagliò corto infine, indispettita, voltandogli le spalle per poi dirigersi con passo nervoso verso gli armadietti per riporre il camice e recuperare il cappotto e la borsa.

« La smetti di comportarti come una bambina capricciosa e ne parliamo, per favore? » sbottò Claudio alle sue spalle, il tono di voce improvvisamente più irritato.

Alice si voltò, un sorriso amaro stiracchiato sulle labbra.

« Certo, perché adesso sono io quella capricciosa... »

Claudio la scrutò dall'altro capo della stanza, battagliero come non mai.

« Vorresti negarlo, forse?! Basta guardarti! »

« Sei davvero incredibile. »

« Certo che lo sono, ma non è questo il punto »

« CLAUDIO, NON STO SCHERZANDO! » ululò Alice, appallottolando rabbiosamente il suo camice per poi scagliarglielo addosso con forza. Questa volta era a corto di palline da tennis.

Senza minimamente scomporsi, lui lo afferrò al volo per poi riporlo sulla poltrona vuota più vicina.
Non v'era più alcuna traccia d'irritazione sul suo volto, piuttosto una vaga – ed inspiegabile - aria divertita che mandò Alice su tutte le furie. A volte sembrava proprio che nutrisse un gusto sadico nel tirare fuori la parte peggiore di lei, era una cosa che la faceva letteralmente impazzire!

« Hai finito di blaterare, Sacrofano? » soggiunse lui poco dopo, il tono sarcastico di chi ha appena subito un torto ed è pronto ad accogliere le scuse della controparte.

« No che non ho finito...e io NON BLATERO! » insistette testardamente Alice, più che mai disposta a non dargliela vinta. Non stavolta, non quando continuava a trattarla come una bambina in preda ad un capriccio, piuttosto che come una fidanzata in crisi.

Prima che potesse rendersene conto, Claudio l'aveva già raggiunta accanto all'armadietto. Sentiva il suo sguardo insistente fisso su di lei, come accadeva sempre quando si trovavano l'uno di fronte all'altra, ad una distanza pericolosamente irrisoria.

« Smettila... » lo ammonì in un flebile sussurro, sentendo le sue braccia forti andare a cingerle possessivamente i fianchi, attirandola contro il proprio corpo.

« Di fare cosa? » ribatté lui assumendo la più falsa espressione d'innocenza che Alice avesse mai visto in vita sua. Una scena talmente assurda da strapparle una risata.

« Sai benissimo di cosa parlo... » lo redarguì Alice, sforzandosi di mantenere un'espressione impassibile e severa. La cosa più difficile del mondo, visto il modo in cui la stava fissando. Uno sguardo talmente languido da farle girare la testa.

« Adesso che ti sei calmata, posso rispondere alla tua domanda senza rischiare un'evirazione punitiva? » sussurrò Claudio, le labbra premute morbidamente contro il suo orecchio « La risposta è sì, Alice...certo che penso al nostro futuro. Ma io e te abbiamo un concetto diverso di "futuro". »

Erano così vicini che Alice ebbe il folle timore che lui potesse sentire i battiti del suo cuore accelerare in modo incontrollato.
Le tremavano le gambe per l'emozione, tanto che dovette appoggiarsi a lui per non cadere. 
Il modo in cui la guardava, quella tenerezza mista a sfrontata malizia, la faceva sentire al contempo imbarazzata ma anche lusingata. 
Dannato CC! Sapeva bene come farla sentire speciale quando voleva, ed era proprio questo a spingerla a continuare a sperare.

« Io non voglio incastrarti, Claudio... » ci tenne a precisare Alice, sfiorandogli dolcemente la fronte con la punta delle dita, l'altra mano adagiata sul suo petto, all'altezza del cuore.

« Questo non l'ho mai pensato » fece lui in un sospiro, appoggiando la fronte a quella di lei.

« ...neanche quando mi parlavi di guinzagli? » insinuò Alice in un sussurro divertito.

Claudio incassò il colpo con un sorriso.

« Colpo basso, Allevi! »

« Un po' te lo meriti » ribatté lei, vagamente compiaciuta.

Le labbra di Claudio presero a tracciare una lunga scia di languidi baci sulla sua pelle fino a lambirle il collo, scivolando come una lenta carezza lungo le clavicole per poi risalire di nuovo. Il suo corpo era scosso da un continuo, intenso brivido. 
Qualcosa che soltanto lui era in grado di risvegliarle.

« Ti amo, e questo non cambierà mai » le sussurrò con voce carezzevole contro l'orecchio, appropriandosi indebitamente dell'ennesimo battito del suo cuore « So che quello che ti offro potrebbe non bastarti, ma è tutto ciò che posso darti...forse il matrimonio non è nel nostro futuro, ma questo non significa che non potremo essere ugualmente felici insieme, no? »

Alice non rispose.
Anche volendo, non avrebbe saputo che cosa dire.
Lo amava? Tantissimo.
Credeva nelle sue parole? Con tutta se stessa.
Avrebbe voluto sposarlo? DISPERATAMENTE.
Si sentiva bloccata ad un bivio decisivo della sua vita e, per quanto si sforzasse, non riusciva ancora ad intravedere una via d'uscita.

                                                                    ・・・

Due giorni più tardi, le indagini sulla morte del piccolo Senza Nome subirono l'ennesima battuta d'arresto, tanto che Alice iniziò seriamente a convincersi del fatto che il suo primo caso in qualità di medico legale fosse destinato a rimanere insoluto. 
Non aveva mai visto Silvia tanto demotivata.

"Siamo riusciti a risalire all'indirizzo della Clinica a cui quelle protesi erano destinate, ma la Direzione ci ha assicurato che nei loro registri ufficiali non risulta alcuna operazione chirurgica eseguita su un bambino di quell'età nel periodo di tempo che abbiamo segnalato..."

"E tu ci credi?"

Con un sospiro, Silvia si allontanò dalla sua scrivania, avvicinandosi alla finestra. 
Un angoscioso cielo plumbeo incombeva sulla città, preannunciando fulmini e tempeste per la serata.

"Grazie al mandato di perquisizione di Einardi ho già disposto un'analisi approfondita di tutti gli archivi risalenti a quel periodo...ho già messo al lavoro Visone con un paio di uomini. Ma in tutta onestà, non credo che troveranno qualcosa di sospetto..."

"Pensi ad un errore?" domandò Alice, visibilmente confusa "Ma il codice indicativo della protesi ci ha condotti fin lì..."

"Non credo alle coincidenze, lo sai" puntualizzò Silvia, voltandosi a guardarla "Qualcuno in quel posto sta nascondendo qualcosa, me lo sento. Purtroppo però senza prove non posso accusare nessuno...per questo ti ho chiamata. Ho bisogno che tu e il tuo fidanzato facciate una delle vostre magie da cervelloni...datemi qualcosa per poter incastrare il bastardo che ha ridotto così quel bambino, Alice! Deve esserci qualcosa...qualcosa a cui non abbiamo ancora pensato..."

Alice sorrise.
Ora sì che riconosceva la sua migliore amica!
Combattiva e insofferente a qualsiasi forma di rassegnazione.
Il problema era che non riusciva davvero ad immaginare quale altra strada imbattuta potessero imboccare lei e Claudio per venire a capo di quel mistero assurdo. 
Avevano tentato ogni possibile via, e i risultati erano stati...beh...piuttosto deludenti. 
Ma mollare la presa? Giammai!

"Cercheremo di fare del nostro meglio"
 

                                                               ・・・


"...e di grazia, mi spieghi cosa avresti in mente di fare per aiutare le indagini della tua amica superpoliziotta? Ti avviso che resuscitare i morti per interrogarli non rientra ancora nelle mie capacità..."

La voce sarcastica di Claudio la raggiunse dalla camera da letto, mentre era intenta a sistemare i piatti e i bicchieri sporchi nella lavastoviglie della cucina. 
Le piaceva trascorrere del tempo nell'appartamento di Claudio. 
Era tutto sempre così ordinato e pulito lì dentro da trasmetterle un profondo senso di pace interiore.
L'esatto opposto di quel covo di pazzi isterici che era casa sua.
Lara e Marco non facevano altro che litigare da quando lui le aveva confidato di star considerando seriamente l'idea del lavoro in Brasile, Cordelia stava attraversando l'ennesima crisi nera a causa della sua rottura definitiva con Nina – o come la piccola Malcomess amava definirla con tono drammatico "la sua dichiarazione di indipendenza sentimentale".
Camillina, inutile dirlo, era in piena fase di dentizione e le sue urla, se possibile, sembravano ancora più acute del solito. 
L'ultima volta li aveva svegliati alle quattro del mattino. 
Motivo per cui ormai Claudio la obbligava a fermarsi a casa sua quasi ogni notte. 
Si rifiutava categoricamente di rimettere piede in quella casa, e onestamente non riusciva proprio a dargli torto.

"Non ci ha chiesto di fare miracoli, Claudio" affermò Alice con un tono di voce abbastanza alto da permettere alle sue parole di raggiungerlo all'altro capo dell'appartamento "In quanto medici, ragioniamo in modo diverso dalla polizia...cerchiamo indizi lì dove loro non guarderebbero mai...è questo che vuole che facciamo!"

Claudio si materializzò sulla soglia del soggiorno, avvolto nel suo accappatoio blu. 
Fresco di doccia sembrava perfino più giovane, quasi un ragazzino...con quei capelli mossi e umidi che gli ricadevano ribelli sulla fronte e il viso accaldato.

"Ti ricordo, Sacrofano, che NOI abbiamo già fatto quel che dovevamo fare..." osservò con tono polemico, avanzando verso di lei per gettare un'occhiata alla lavastoviglie e assicurarsi che non avesse combinato qualche pasticcio. Malfidato. "...risalire ai codici delle protesi era la sola cosa utile che potevamo fare viste le circostanze, Alice. Esistono casi in cui purtroppo le risposte che cerchiamo non arrivano nei tempi stabiliti...o peggio ancora, non arrivano affatto."

"Non accetto che l'assassino di quel bambino rimanga impunito, Claudio" ammise Alice, il tono di voce lievemente incrinato dall'emozione "Voglio tentare l'impossibile per scovarlo..."

E così dicendo, fissò i suoi grandi occhi castani su di lui, allungando una mano a sfiorargli la guancia.

"...lo avresti fatto anche tu se l'anno scorso le cose con Marchesi fossero finite diversamente, no?"

Sentì la linea della mascella di Claudio indurirsi sotto il delicato tocco dei suoi polpastrelli.
Sapeva bene quanto avesse sofferto durante il suo rapimento, anche se non aveva mai tirato fuori l'argomento con lui prima d'allora. 
Non in modo così diretto, almeno.

"Sei dannatamente scorretta, Sacrofano" protestò infine Claudio con un tiepido accenno di sorriso sulle labbra, baciandole con dolcezza il palmo della mano "Domani mattina cercheremo di inventarci qualcosa...non contarci troppo, però! So che vorresti rendere giustizia a quel bambino, ma non sempre le cose vanno come vorremmo in questo lavoro. E non sempre i responsabili finiscono dietro le sbarre. Devi abituarti all'idea."

Alice annuì.

"Grazie" mormorò poi, sollevandosi sulla punta dei piedi per rubargli un tenero bacio.

Claudio approfittò di quella vicinanza per cingerle i fianchi e attirarla a sé, indirizzando subito le labbra verso il suo collo, lambendone la pelle con una dolcezza quasi esasperante. 
Un contatto che la fece rabbrividire. 
Adorava quei momenti di assoluta normalità tra loro, quando il sagace e integerrimo Dottor Conforti svestiva i distaccati panni professionali e si lasciava andare ad un po' di sano dolce far niente casalingo.

"...che ne dici di un bel dopocena a modo nostro?" le sussurrò d'un tratto Claudio contro l'orecchio, portando entrambe le mani sul suo petto a sbottonarle la camicetta.

Alice si morse piano un labbro, assaporando con squisita trepidazione quella sensazione annebbiante di intontito torpore che il tocco delicato di Claudio sui suoi seni le stava procurando. I tumulti che quell'uomo era in grado di suscitarle non avevano eguali.
Perdere il controllo con lui era sempre stato dannatamente semplice...a volte perfino troppo.

"Vieni qui, ragazzina..."

Furono quelle le ultime parole che Alice sentì prima di ritrovarsi mezza nuda, con la schiena affondata tra i morbidi cuscini del divano e il corpo caldo di Claudio dolcemente pressato contro il proprio. Le sue labbra bollenti erano intente a mordere e lambire ogni centimetro esposto del suo corpo. Le sembrava quasi di sentire la sua pelle risvegliarsi sotto il tocco esperto di Claudio.

"Non smettere...ti prego..." si ritrovò a sussurrargli con la voce strozzata d'eccitazione, quando la bocca di lui prese a tracciare una lenta scia di baci sul suo collo, fino a scendere metodico tra i suoi seni.

Claudio sorrise beffardo, sollevando lo sguardo ad incrociare quello di Alice.

"L'idea era quella, Sacrofano..." mormorò in un sussurro, prima di tornare alle sue dolci occupazioni.

Quando il campanello di casa risuonò a sorpresa nell'appartamento, entrambi sobbalzarono sul divano, guardandosi a vicenda con un'espressione al contempo sorpresa e allarmata. 
Era già mezzanotte passata...chi diavolo poteva essere?

"...aspettavi qualcuno?" domandò Alice, scattando subito in piedi per rivestirsi in tutta fretta, seguita a ruota da Claudio.

"Certo, aspettavo giusto che te ne andassi perché l'altra venisse a darti il cambio!" replicò lui, sarcastico, gettandole un'occhiataccia attraverso la stanza "Ma chi vuoi che aspettassi a quest'ora, Alice?!"

Proprio in quel momento, una profonda voce maschile proruppe dall'altro lato della porta blindata, raggelando di colpo l'espressione di Claudio. Due secondi più tardi, Giacomo Conforti fece il suo ingresso nell'appartamento.

"Alice, questo è mio fratello Giacomo..." li presentò Claudio con l'aria angosciata di chi avrebbe preferito ingoiare cento chiodi piuttosto che trovarsi ad affrontare un simile imbarazzo "...Giacomo, questa è la mia..."

Alice trattenne il fiato, paonazza.

"...fidanzata."

Sul volto di Giacomo si disegnò una smorfia d'incredulità mista a sconcerto, ma quasi subito venne rimpiazzata da un largo sorriso.

"E' un vero piacere conoscere finalmente la ragazza che è riuscita ad incastrare il mio fratellino Don Giovanni!" soggiunse ironico, allungando una mano a stringere quella di Alice.

La testa di Claudio sembrava sul punto di esplodere.

"Che diavolo ci fai qui, Giacomo?" lo apostrofò bruscamente, sotto lo sguardo contrariato di Alice.

"Ho bisogno di un posto dove stare..."

Claudio scrollò vigorosamente la testa in segno di diniego.

"Non se ne parla neanche, l'ultima volta che ci siamo visti ero stato chiaro...non voglio avere niente a che fare con te!"

Alice aprì la bocca per intervenire, ma lui la zittì prontamente con lo sguardo.

"Si tratta solo di qualche giorno, al massimo una settimana..." provò ad insistere Giacomo, visibilmente amareggiato. Osservandolo meglio, Alice ebbe il forte sospetto che non dormisse da un bel po'.

"...una settimana, certo...come se non ti conoscessi!" commentò scettico Claudio, schioccando la lingua contro il palato.

"Ti prego, fratellino...è davvero importante..."

Claudio incrociò a mezz'aria lo sguardo di Alice.
Non serviva neppure che aprisse bocca. 
Era chiaro quale fosse il suo pensiero a riguardo, la conosceva fin troppo bene, e proprio per questo avrebbe preferito che quei due rimanessero ben lontani l'uno dall'altra. 
Sapeva che Alice non avrebbe mai compreso le ragioni dietro il suo atteggiamento, soprattutto se avesse conosciuto suo fratello. 
Giacomo era fatto così. Conquistava tutti in un secondo, ma in un secondo era anche capace di rovinare ogni cosa. Il suo era un dono ma anche una maledizione...per se stesso e soprattutto per chi gli stava attorno.

"Una settimana, Giacomo" capitolò infine Claudio, sollevando un dito a mo' di severo monito "Una settimana, e poi ti voglio fuori da qui, è chiaro?"

Non fece neppure in tempo a terminare la frase che si ritrovò stretto nella morsa soffocante dell'abbraccio di suo fratello. 
Una scena che sconvolse e divertì Alice in egual misura. 
Mai avrebbe pensato di poter assistere a qualcosa del genere. 
Sembrava così strano che quei due potessero essere fratelli...erano così diversi, sia nei modi che nella personalità.
Eppure guardandoli uno accanto all'altro, riusciva ad intravedere delle somiglianze. E non soltanto nell'aspetto fisico.
Forse erano più simili di quanto non immaginassero. 

 

ANGOLO DELL'AUTORE: Capitolo più lunghetto dei precedenti, con un focus sui primi evidenti crucci sentimentali...e beh, ovviamente in chiusura non potevo non inserire Giacomo Conforti finalmente in scena con la "cognatina"!  Cosa mai starà nascondendo al fratellino scettico? Non ci è dato saperlo...PER ORA.
Le indagini procedono un po' a rilento, ma un piccolo bagliore di speranza potrebbe essere proprio dietro l'angolo. 
Come sempre, ringrazio tantissimo chi sta seguendo e recensendo la storia, nella speranza che sia tutto di vostro gradimento! A PRESTO!  

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Pezzi D'Anima ***


                                                        CAPITOLO SESTO 
                        
                                                        "PEZZI D'ANIMA" 



"Noi che abbiamo l'anima
moriremo più spesso."


— Emily Dickinson
 
L'ennesimo brivido gelido le percorse la schiena facendola sussultare.
Il rumore dei denti, che battevano incessantemente gli uni contro gli altri, sembrava quasi riecheggiare nel silenzio circostante, mentre sentiva la testa farsi sempre più pesante sul collo, tanto da renderle quasi impossibile mantenerla sollevata.
Uno spiacevole sapore ramato di sangue in bocca le fece storcere le labbra in una smorfia di puro disgusto, la nausea già pronta a risalirle in gola. Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi e abbandonarsi, ma sapeva che se lo avesse fatto, non sarebbe più riuscita a tornare indietro. Qualcosa attirò all'improvviso la sua attenzione.
Un movimento quasi impercettibile, come un leggero fruscio.
Poi la vide, proprio davanti a lei.
Una figura indistinta, slanciata ed imponente, stagliata lì nell'oscurità...non riusciva a scorgerne i dettagli, eppure le trasmetteva una stranissima sensazione di inquietante familiarità. Avvertiva chiaramente la sua presenza, quello sguardo invisibile fisso su di lei, così fastidioso ed insistente, e quel respiro ansante che risuonava angoscioso tra i suoi pensieri, accompagnando ogni singolo battito del suo cuore. Perché non le parlava?
Che cosa voleva da lei?

 
"ALICE!"
 
Con un brusco sussulto, che quasi le costò un indecoroso capitombolo giù dal letto, Alice riaprì di colpo gli occhi. 
Il cuore le batteva all'impazzata e a stento riusciva a respirare, tanto era pesante il magone che gravava come un macigno sopra il suo petto. Angosciata, sollevò la testa dal cuscino gettando un'occhiata attorno a sé per assicurarsi di essere davvero al sicuro.
La stanza era ancora immersa in una leggera penombra, ma riuscì ugualmente ad intravedere la camicia a righe di Claudio riposta con ordine sullo schienale della sedia, e i suoi vestiti ammucchiati disordinatamente sulla poltrona accanto al comodino, lì dove lei li aveva abbandonati la notte prima.

Con un sospiro di sollievo, ricadde all'indietro contro il materasso.
Ancora una volta era riuscita a fuggire da quell'incubo.
Ormai non faceva altro che ritrovarsi in quello scantinato buio, notte dopo notte...non poteva continuare così, quella situazione stava diventando davvero insostenibile! Trascinandosi a forza fuori dal letto, si avvolse nella camicia di Claudio e uscì in fretta dalla stanza, dirigendosi a piedi scalzi verso la cucina.

Era convinta che fosse stato Claudio a richiamarla a gran voce poco prima, ma una volta lì, si accorse che di lui non v'era alcuna traccia.
Al contrario, suo fratello Giacomo sembrava alquanto indaffarato dietro i fornelli, mentre in sottofondo il giornalista del TG Regionale riepilogava i fatti di cronaca del mattino. Era lì soltanto da qualche giorno, ma già sembrava essersi ambientato perfettamente in quella nuova realtà.
 
"Buongiorno, cognatina!"  la accolse sorridente, avvicinandosi di un passo per baciarle affettuosamente la guancia "Perdonami se prima ho alzato un po' la voce, ma visto l'orario pensavo che non avessi sentito la sveglia..."
 
Alice accennò un sorriso un po' insonnolito, prendendo posto dietro il bancone della cucina.

"Non preoccuparti, hai fatto bene a chiamarmi!"  lo rassicurò con una lenta scrollata del capo, fissando distrattamente le immagini che scorrevano alla tv "Tra l'altro, ieri sera avevo anche dimenticato di metterla la sveglia, perciò..."

Giacomo le scoccò un'occhiata sospettosa.
 
"Nottataccia?" domandò poi con fare indagatore, riempiendo mezza tazzina con del caffè fumante appena preparato, appoggiandola davanti a lei sul tavolo.
 
"Più o meno" rispose mestamente Alice, afferrando a due mani la tazzina calda per scaldarsi un poco i palmi gelidi. Faceva particolarmente freddo quella mattina. O forse era soltanto colpa di quel maledetto incubo. Ogni volta che riapriva gli occhi, era come se quel gelo le rimanesse impresso dentro, nelle ossa. "A proposito...tuo fratello che fine ha fatto?" chiese poi rivolta a Giacomo, recuperando improvvisamente un pizzico di lucidità.
 
"E chi lo sa..." fece Giacomo con un'alzata di spalle, addentando con gusto una fetta biscottata condita con un po' di marmellata scura, per poi accompagnare al boccone un generoso sorso di cappuccino di soia "...mi ha detto solo di riferirti che doveva recarsi in un posto per seguire una pista e che ti aspetta in Istituto. Lo sai com'è fatto mio fratello, no? Una Sfinge!"
 
Alice annuì con evidente rassegnazione.
 
"So bene com'è fatto...eccome se lo so..." mormorò sottovoce, ripensando inevitabilmente a tutte quelle volte in cui si era ritrovata con l'angoscia nel cuore, a domandarsi se e quando Claudio sarebbe riuscito ad aprirsi con lei.
 
"Ehi, guarda che non devi prenderla sul personale" cercò di consolarla Giacomo, sedendo al suo fianco "Mio fratello è sempre stato un tipo molto chiuso ed introverso, anche da ragazzino...lo trascinavo spesso in giro con i miei amici per cercare di smuoverlo un po' dalla solita routine, ma senza grandi risultati. Era una cosa che faceva incazzare tantissimo mio padre..."
 
"Claudio non parla mai dei vostri genitori, so soltanto che sono morti anni fa in un brutto incidente d'auto...quando lui ancora frequentava l'università..."
 
"Sì, esatto" confermò Giacomo, e sul suo sguardo prima luminoso sembrò calare un velo di opaca e melanconica tristezza che fece rimpiangere ad Alice di aver anche solo accennato a quella storia "Stavano tornando da un weekend fuori città quando un tir ha perso il controllo in autostrada e ha centrato in pieno il guardrail, invadendo la loro corsia. Morti entrambi sul colpo. Claudio non l'ha mai superata. All'inizio ero convinto che il senso di colpa lo avrebbe distrutto..."
 
Cercando di non dare troppo nell'occhio, Alice si asciugò in fretta le guance bagnate di lacrime con il dorso della mano.
 
"...senso di colpa per che cosa?" domandò poi, confusa dalle sue parole.
 
"Sarebbe dovuto partire anche lui con loro, ma non lo fece" spiegò Giacomo con un sospiro, girando e rigirando distrattamente la tazza ormai vuota tra le dita "Mio padre voleva costringerlo a partire, ma Claudio si impuntò perché voleva assolutamente rimanere a casa a studiare per un esame importante. E dopo tanto discutere, riuscì a spuntarla...soprattutto grazie all'intercessione di mia madre. Era sempre lei a far da paciere tra tutti in casa! Lui e il vecchio litigarono duramente la mattina della partenza, perché mio padre pensava che Claudio stesse sprecando la sua vita dietro i libri invece di occuparsi di cose più utili...come la sua officina, per esempio. Non ha mai accettato che entrambi i suoi figli rifiutassero di seguire la sua strada. Io dopo un po' me ne sono fatto una ragione, ma Claudio...lui non lo ammetterà mai, ma soffriva per quel disprezzo. Mio padre non era cattivo...apparteneva ad una diversa generazione. Per lui ogni tipo di lavoro intellettuale equivaleva ad uno spreco di forza lavoro...ci voleva bene, ma non riusciva a capirci."
 
"E' per questo che Claudio non è potuto partire per il Canada?" domandò a quel punto Alice, ripescando improvvisamente dalla memoria quel piccolo dettaglio biografico che, per puro caso, anni addietro, aveva appreso durante uno scambio di confidenze con Beatrice.
 
"Uno dei tanti motivi, sì. Dopo la morte dei nostri genitori, scoprimmo che l'officina di papà non andava così bene come lui voleva farci credere...era pieno di debiti e i costi di mantenimento dell'attività superavano di gran lunga le entrate. Alla fine vendemmo tutto, e Claudio fu costretto a trovarsi un lavoro per potersi pagare la retta universitaria, mentre io..."
 
L'improvviso squillo di un cellulare li fece trasalire entrambi, troncando di netto la conversazione con enorme dispiacere di Alice.
Giacomo scattò subito in piedi, recuperando al volo il suo cellulare dal divano.
Una rapida occhiata allo schermo e la sua espressione mutò in uno sguardo furente.
 
"Scusami, Alice...devo proprio rispondere..." affermò serio, e senza aggiungere altro, abbandonò in fretta la stanza svanendo oltre il corridoio.
 
Mentre finiva di bere il suo caffè, Alice si ritrovò a domandarsi quante altre cose della vita di Claudio le fossero sconosciute.
Lui non amava parlare di sé o del suo passato, e lei era abbastanza assennata da non tormentarlo in continuazione con domande scomode. Ora, però, che Giacomo le aveva illustrato meglio la situazione della loro famiglia, non riusciva a pensare a nient'altro che al dolore straziante che Claudio si era portato dentro per tutto quel tempo, senza mai condividerlo con nessuno.
Il senso di colpa per non essere stato lì con loro, il rimpianto di non essere riuscito a riconciliarsi con suo padre prima che fosse troppo tardi...non riusciva neppure ad immaginare cosa dovesse aver provato.

Si era convinta di conoscerlo meglio di chiunque altro, ma soltanto ora riusciva a vedere finalmente la realtà dei fatti.
Le aveva mostrato soltanto ciò che voleva che vedesse. Evidentemente, custodiva cose nel suo passato che non era ancora pronto a condividere con lei...e per il momento le andava bene così.
Ora come ora, avrebbe solo voluto stringerlo forte a sé e sussurrargli che non era da solo...non più.

                                                                                      ・・・

"Alice! Finalmente sei arrivata...ma che fine avevi fatto?!"
Con le braccia incrociate sul petto e un cipiglio serioso in volto, Silvia la accolse in cima alla scalinata d'ingresso dell'Istituto.
La sua espressione tradiva una certa impazienza, così come il tono della sua voce.
 
"Scusami, non sapevo che avessimo un appuntamento!" si giustificò Alice, fissandola con genuino sconcerto. D'accordo che era un tipo smemorato, ma stavolta era più che certa di non aver dimenticato nulla!
 
"Ma come?!" la rimbeccò prontamente Silvia, accigliandosi "Claudio non ti ha parlato della sua idea per il nostro caso?"
 
Alice si limitò a scrollare la testa.
'Ecco fatto' pensò amareggiata.
Ancora una volta, Claudio aveva agito senza neppure interpellarla.
E si trattava della SUA perizia, per giunta!
 
Di fronte al suo eloquente silenzio, Silvia pensò bene di non infierire ulteriormente e proseguì oltre.
 
"Il tuo fidanzato mi ha chiamato stamattina in Questura dicendomi che aveva contattato una persona di sua conoscenza per verificare un sospetto investigativo sul caso del bambino, e a quanto pare sembra che abbia fatto centro..."
 
"...ti ha detto di che si tratta?"
 
"Veramente no. Io e Visone aspettavamo che ci raggiungessi per andare insieme nel suo ufficio. Visone è dentro a prendere un caffè...dai, andiamo.."
 
E così dicendo, Silvia se la trascinò a forza per un braccio all'interno dell'Istituto, fino a raggiungere l'ufficio di Claudio, al piano superiore.
Visone finì il fretta il suo caffè, poi le raggiunse.
Quando entrarono nella stanza, Claudio non sollevò neppure lo sguardo dagli incartamenti che stava consultando, rimanendo in totale silenzio.
 
"Buongiorno anche a te, Conforti" esordì Silvia con irriverente sarcasmo, avanzando verso la scrivania con Alice al suo fianco e Visone alle spalle "Al telefono sei stato piuttosto vago sul motivo di questo incontro. Hai scoperto qualcosa di utile?"
 
Con un colpo secco, Claudio richiuse il grosso fascicolo aperto sulla sua scrivania e puntò lo sguardo su Silvia e gli altri presenti.
 
"Si dà il caso che potrei aver risolto la spinosa questione dell'identificazione della vittima" affermò infine con la solita fierezza sprezzante che da sempre gli apparteneva, facendo schizzare alle stelle l'interesse degli altri tre.
 
"Ovvero?"  incalzò subito Silvia.
 
Claudio spinse indietro la poltrona, alzandosi in piedi.
 
"Anni fa, per un caso, mi sono ritrovato a collaborare con una banca europea di raccolta del sangue cordonale..." continuò, schiarendosi appena la voce "...sapete di cosa si tratta, no?"
 
"Sono quei centri che raccolgono e conservano i cordoni ombelicali dei neonati per poterli utilizzare in caso di bisogno come fonti di cellule staminali...giusto?" azzardò Alice, sforzandosi di agganciare il filo logico dietro il ragionamento di Claudio. Cosa tutt'altro che semplice, visto che ancora non riusciva a capire dove volesse andare a parare con quel discorso.
 
"Precisamente" annuì lui, sollevando leggermente un angolo delle labbra in un accenno di sorriso, le mani affondate nelle tasche del camice "Quando Alice mi ha detto che in Questura cercavate ancora opzioni per arrivare all'identificazione del bambino, ho pensato a qualche possibile soluzione tra quelle che non avevamo ancora vagliato...e d'un tratto, ecco l'illuminazione! Abbiamo confrontato il DNA del bambino con ogni tipo di database a nostra disposizione, sia a livello nazionale che internazionale...tutti, tranne uno..."
 
"Quello del sangue cordonale!" esclamò Alice con tono eccitato, cogliendo finalmente il senso del suo discorso "Quindi sei riuscito a risalire all'identità del bambino?"
 
Claudio inclinò la testa da un lato, una leggera smorfia ad arricciargli appena le labbra perfette.
 
"Ho inviato il DNA, ma ci vorrà qualche giorno per i risultati..."
 
Silvia scosse la testa, le mani puntate sui fianchi.
 
"Speravo in qualcosa di un po' più immediato..."
 
Claudio inarcò un sopracciglio, indispettito.
 
"Anche i miracoli richiedono del tempo, Vice Questore..."
 
Alice intercettò prontamente il suo sguardo.
Era chiaro che l'impazienza di Silvia lo infastidiva parecchio.
D'altronde, lui mal sopportava chiunque osasse metterlo sotto pressione durante la stesura di una perizia, soprattutto perché detestava il pensiero di poter compromettere la sacralità del suo lavoro a causa della fretta.
 
Prima di congedarsi definitivamente dall'ufficio, con uno sconsolato Visone al suo seguito, Silvia si raccomandò con entrambi di tenerli aggiornati su qualsiasi novità. Il tempo cominciava a stringere, e se non volevano rischiare un'archiviazione prematura delle indagini per mancanza di prove, dovevano mettere al più presto le mani su qualche evidenza concreta.
 
"Simpatica la tua amica, Sacrofano..." mugugnò Claudio dalla sua poltrona, non appena Silvia e Visone abbandonarono insieme il campo.
 
Alice abbozzò un mezzo sorriso tirato.
 
"E dai, cerca di capirla...è sotto pressione!" provò a dire, ma senza grandi risultati.
 
"Siamo tutti sotto pressione, Alice"
 
"Anche se non lo dà a vedere, non significa che non sia grata per quello che hai fatto...e lo sono anche io."
 
A quelle parole, lo sguardo di Claudio sembrò addolcirsi un poco.
Allungando una mano oltre la scrivania, afferrò delicatamente un braccio di Alice, tirandola piano a sé.
Era passato un po' di tempo dall'ultima volta che l'aveva sorpresa con qualche tenerezza rubata, così ne approfittò per prendere comodamente posto sulle sue ginocchia, cingendogli il collo con entrambe le braccia.
A volte bastava così poco per ricucire le distanze e tornare vicini.

"Avresti potuto parlarmi della tua idea, comunque" si premurò di fargli presente, senza però alcun intento polemico "E' davvero ottima e potrebbe aiutarci tantissimo..."
 
Claudio appoggiò la fronte contro quella di Alice, sospirando leggermente.
 
"Non volevo darti false speranze prima di esserne certo...so quanto tieni a questo caso."
 
Lei gli sfiorò una guancia con una carezza.
 
"Ti preoccupi sempre per me..."
 
Claudio incrociò il suo sguardo, sorridendole.
 
"Qualcuno dovrà pur farlo, no?"
 
Alice si morse il labbro, tradendo un leggero imbarazzo.
Claudio era molte cose, ma un tipo chiacchierone proprio no.
Eppure quelle poche volte che apriva bocca, riusciva puntualmente a mandarle in tilt i battiti del cuore.
Un dono che aveva anche il sapore di una maledizione.
Soprattutto per lei.
 
"Si sta forse proponendo come mio impavido cavalier servente, Dr Conforti?" lo apostrofò infine, con una falsa nota drammatica nella voce, puntellandogli piano un dito contro il petto.
 
La stretta di Claudio attorno ai suoi fianchi si fece di colpo più serrata, e prima ancora che potesse rendersene conto, quelle labbra avide e sapienti avevano già superato qualsiasi soglia invisibile di sicurezza, planando morbidamente sulle proprie.
Stavolta fu un bacio diverso...nuovo.
Così irruento e possessivo da farle girare la testa perfino da seduta.
Era come se in esso avesse riposto tutto ciò che mai sarebbe riuscito a dirle ad alta voce...e l'effetto fu decisamente devastante.
Più o meno l'equivalente di una bella scorpacciata di Gin Tonic.
La sbronza più dolce che avesse mai sperimentato.
                   
                                                                                            ・・・
 
"Sorellina, potrei parlarti un momento?"
 
Il testone riccioluto di suo fratello Marco fece capolino dalla porta della camera da letto.
L'espressione insolitamente seria sul suo volto non faceva presagire nulla di buono.
Ormai era sempre più raro vederlo sorridere.
Nonna Amalia era convinta che lui e Lara fossero giunti al capolinea, ma Alice continuava a sostenere fiduciosamente il contrario. Stavano solo attraversando un momento di difficoltà, ne era sicura...o almeno lo sperava fortemente.
 
"Dimmi tutto, dai!"  lo incoraggiò Alice con l'accenno di un sorriso, facendogli segno di accomodarsi "Avevo giusto bisogno di una piccola pausa dallo studio..."
 
Aveva trascorso ore ed ore a studiare e ristudiare gli appunti che aveva raccolto per la sua ricerca della Boston University...ormai non riusciva neanche più a tenere gli occhi aperti! Fortuna che almeno quel giorno la Manes aveva acconsentito a farla tornare a casa con un paio d'ore d'anticipo, visto anche il suo attuale coinvolgimento in un'indagine della Procura.
Qualche ora extra di studio intensivo in più non poteva che esserle d'aiuto.
 
Marco richiuse in fretta la porta alle sue spalle, poi si avvicinò al letto di Alice, cadendo a peso morto sul bordo del materasso.
Un silenzio tombale calò nella stanza.
Marco continuava imperterrito a fissare il pavimento, tormentandosi nervosamente le mani, come faceva sempre da bambino quando aveva combinato un guaio e temeva di raccontarle la verità.
 
"Ehi...che ti succede?" lo interpellò d'un tratto Alice, dopo aver atteso inutilmente che lui prendesse in mano le redini della conversazione.
 
"Credo di aver fatto un casino...un casino enorme!" confessò suo fratello, senza neppure avere il coraggio di sollevare lo sguardo "Non so davvero come uscirne"
 
Alice si alzò subito dalla scrivania e lo raggiunse sul letto.
 
"Un casino...in che senso? Cos'è successo?" domandò preoccupata.
 
Marco non era il tipo che chiedeva facilmente aiuto agli altri, tutt'altro.
Era testardo ed orgoglioso, come tutti i maschi della sua famiglia, e il fatto che avesse superato ogni innata resistenza, presentandosi lì da lei per chiederle una mano, poteva significare soltanto una cosa: la situazione era davvero grave.

"Ho ottenuto il lavoro per cui avevo fatto un colloquio qualche giorno fa..." cominciò a raccontarle, una strana nota di mestizia nella voce.
 
Il volto di Alice si illuminò di una gioia inattesa.
 
"E me lo dici così?!" esclamò, abbracciandolo subito con entusiasmo. Un entusiasmo che però si spense all'istante quando sentì il corpo di Marco irrigidirsi contro il proprio "Aspetta...qual è il problema? Non capisco. E' una bellissima notizia, no? Era quello che aspettavi da sempre, giusto?"
 
"Il lavoro è in Brasile, Alice."
 
Improvvisamente, ripescò dalla mente il vago ricordo di una discussione su un ipotetico reportage fotografico in Brasile.
Era convinta che suo fratello avesse già accantonato definitivamente quel progetto, ma evidentemente si era sbagliata.
 
"Quando mi hanno detto che avevo superato il colloquio preliminare, ero così felice che ho accettato la loro proposta economica senza neanche pensarci!" proseguì Marco, trovando finalmente il coraggio di rialzare lo sguardo. Aveva le lacrime agli occhi. "Sono un mucchio di soldi, Alice, non posso tirarmi indietro, capisci? Si tratta della mia carriera e anche del futuro della mia famiglia. Però non so come fare a dirlo a Lara, so già che non capirà. Come potrebbe? Sei mesi all'estero senza possibilità di ritornare in patria...e come faremo con Camilla? Come posso stare così a lungo lontano da lei?"
 
Nei due anni e mezzo della loro relazione era capitato spesso che lui e Lara litigassero, e solitamente, in quelle occasioni, Alice aveva sempre cercato di mantenere una certa imparzialità, senza mai schierarsi apertamente né con l'uno, né tantomeno con l'altra.
Ora però si ritrovava in una posizione davvero scomoda.
 
"...come hai potuto accettare una cosa del genere senza pensare alla tua famiglia, Marco?" gli fece notare con un certo tono di rimprovero nella voce "Pretendi che tutti ti trattino da adulto e poi combini questi guai?!"
 
Sapeva che stava soffrendo, ma aveva tutto il diritto di arrabbiarsi.
Non erano più due sprovveduti ragazzini di paese alla scoperta del mondo, ormai erano due persone adulte con doveri e responsabilità.
Ogni decisione che prendevano portava a grandi ripercussioni, sulla loro vita ma anche su quella delle persone che amavano.
 
"So di aver fatto una cazzata enorme, Alice, non ho bisogno che me lo ricordi!" sbottò Marco sulla difensiva "Sono qui perché ho bisogno di aiuto...ho già la nonna per le ramanzine!"

"Non ho intenzione di farti la ramanzina, ma...ammettilo. Sei stato avventato, Marco. Molto."

"Lo so."

Con la morte nel cuore, allungò una mano dietro la sua schiena, offrendogli una carezza di conforto.
Aveva ragione ad essere preoccupato.
Conosceva Lara e non avrebbe preso bene la notizia della loro separazione.

"Ci tieni molto a questo lavoro?" gli domandò infine, abbozzando un tenue sorriso.

"Tantissimo" rispose lui d'istinto, e il suo viso sembrò illuminarsi al solo pensiero "E' l'occasione che stavo aspettando da sempre..."

"E allora devi partire."

La risposta di Alice lo lasciò senza parole.
Per giorni aveva sperato con tutto se stesso che sua sorella potesse offrirgli un po' d'appoggio e magari anche un briciolo di comprensione, ma non pensava certo che arrivasse addirittura ad incoraggiarlo a partire.

"Hai già rinunciato una volta al lavoro dei tuoi sogni per amore della famiglia, Marco, ora è tempo che tu segua il tuo cuore..."

"Ma...Camilla e Lara..."

"...non saranno mai sole. Ci siamo noi qui. L'intero squadrone Allevi, con la partecipazione amichevole dell'Uragano Cordelia!"

"Non lo so, Alice...io--"

"Marco...ascoltami. Lara ha trovato la sua strada e finalmente è felice, ora è il tuo turno. Anche se questo ti porterà lontano da noi per un po'. Se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi anni, è che devi fare ciò che ti rende felice...anche se a volte non coincide con quello che è giusto."

Negli occhi di Marco si dipinse una tenerezza che raramente aveva riservato a sua sorella.
Fin da bambini, erano sempre stati legati da un complesso rapporto fraterno di odio-amore.
A volte stentavano a comprendersi e altre volte non si sforzavano neppure di farlo, troppo orgogliosi o troppo fermi sulle loro reciproche posizioni. Eppure, in quel preciso istante, in quella stanza da letto, sentì di non averle mai voluto così bene.
La abbracciò forte, forte come non aveva mai fatto prima d'allora, e poi accostando le labbra al suo orecchio le sussurrò "ti voglio bene, sorellina".
           
                                                                                     ・・・
 
48 ore più tardi...
 
Erano da poco passate le 9 del mattino, quando il cellulare sulla sua scrivania cominciò a vibrare furiosamente.
Qualcuno lo stava chiamando e anche con una certa insistenza.
Seppur controvoglia, Claudio distolse lo sguardo dal monitor del pc su cui stava lavorando e gettò un'occhiata al display del telefono.
L'intenzione era quella di lasciarlo squillare a vuoto e richiamare i diretti interessati più tardi, in mattinata, una volta terminati gli ultimi ritocchi alla sua perizia. Ma quando il suo sguardo intercettò il nome riportato sul display, mollò tutto e si affrettò a rispondere.
"...sì, pronto?"


"Parlo con il Dr. Claudio Conforti dell'Istituto di Medicina Legale di Roma?"

"Sono io, mi dica"

"Buongiorno, spero di non disturbarla. Sono il Dr. Maggi...si ricorda? Mi aveva inviato quel campione di DNA per un controllo incrociato con i database della nostra banca..."

"Mi ricordo, certo...ci sono novità?"

"Direi di sì. Abbiamo una corrispondenza perfetta."


 
ANGOLO DELL'AUTORE: Ed eccoci qua, con un altro capitolo alle spalle!
Finalmente le nostre indagini sono giunte ad un importante punto di svolta e cominceremo a scoprire qualcosa di più...i demoni interiori di Alice sembrano non voler demordere, mentre alcuni misteri della famiglia Conforti sono stati svelati e altri tramano nell'ombra...sì, Giacomino, parlo di te!
Chissà cosa ci attende in futuro...A PRESTO! 

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