L'intruso

di Made of Snow and Dreams
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo





Whooooosh. Tumf, tumf. Fsssssssssss, fssssssss.

Strinse le lenzuola con la mano sinistra fino a sbiancarsi le nocche, il labbro inferiore masticato e sanguinante, dolente per quelle maniacali attenzioni.

Fssssssssssssss, fssssssssssssssssssssss. Vrrrrrrrrrrruuuum. Creeeeeeck.

Il grattare dei copertoni sulla ghiaia le provocò un tremito improvviso, molto simile ad uno spasmo; si acciambellò sotto le coperte, rannicchiata in posizione fetale nel buio di quello che sembrava un grembo materno, e attese – le parve di udire distintamente lo scrosciare del sangue nelle orecchie mentre il suo cuore pompava ad una velocità che non credeva fosse possibile.

Tomp, tomp, tomp, tomp, tomp. Ciack, ciack. Vrrrrrrrrrrrrr.

La serratura scattò. Suono di passi pesanti e strascicati nel corridoio. L'olezzo dell'alcool ad espandersi come un gas tossico per tutta la casa, fino ad avvelenarle i polmoni. Un rivolo di sudore le rigò la guancia e intinse le labbra del suo sapore salmastro.

'Eh, eh, eh, eh... '

Una risatina riecheggiò, gutturale e viscida come il corpo filiforme di un lombrico. Poi un tonfo: doveva essere caduto per terra, magari antecedendo il piede sinistro senza il supporto del bastone da passeggio.

'Sono quiii... '

Per un attimo lo immaginò gattonare come un gigantesco bambino dalle fattezze demoniache, con i ciuffi di capelli a celargli gli occhi come una cortina di ferro e gli arti snodabili, disossati, e un lampo di amara consapevolezza la travolse: quel mostro si stava dirigendo verso la sua camera da letto in ampie falcate nonostante la dismetria degli arti, e proprio come nel più becero copione si sarebbe seduto sul bordo del materasso, con gli occhi iniettati di sangue di un avvoltoio e le ali ad oscurare il sole – la luce fioca e ovattata dell'abat jour, silente spettatrice sul comodino.

'Margareth, sei qui? ' giunse il sussurro ovattato, sbiadito dall'ubriachezza. La voce proveniva da dietro lo stipite della porta e lei, con la coda dell'occhio, scorse l'ombra del mostro sul muro, una sagoma minacciosa dai tratti sfocati e indefiniti.

Soffocò un grido di paura nonostante fosse abituata a quelle visite notturne, e sotterrò il capo sotto le lenzuola sebbene sapesse perfettamente che la sua difesa improvvisata non avrebbe resistito che pochi secondi.

'Rispondi, Margareth... ' ripetè la voce, e lei serrò i denti con sufficiente forza da percepire l'osso della mandibola sporgere sotto la pelle. L'unico suono che alitava attorno a lei erano le palpitazioni del suo cuore impazzito, ed era certa che anche la figura che lentamente si approcciava a lei zoppicando potesse sentirle, assieme al tanfo pestilenziale del suo terrore.

Solo quattro passi separavano quell'apparizione spettrale da lei. Sentì il bisogno impellente di far pipì, nonostante la sua vescica fosse vuota, e in un lampo le ritornò nella mente la melodia allegra e circense del Valzer della Morte dei Goblin. Si sforzò di ricordare ogni minuscola nota che componeva il motivetto, sperò che la sua eco le riempisse la mente perchè i passi che la separavano dalla figura erano divenuti tre, e adesso due.

'Margareth, io so che ci sei... '

Ma il Valzer della Morte non aveva nessun testo da poter canticchiare, e nonostante lei non potesse vederlo sapeva che il possessore dell'ombra aveva superato l'ultima mattonella che lo divideva da lei. Ricordò il suo volto la prima volta che lo aveva visto, i lineamenti familiari deformati dall'ebbrezza e il pallore mortale che lo aveva reso simile ad una maschera di cera, il sorriso sbilenco e asimmetrico che copriva solo la parte destra della bocca. Non osò muovere un singolo muscolo e resistette all'urgenza di grattarsi il ginocchio che le prudeva; le sembrò di impazzire di sofferenza, ma si consolò col pensiero che forse, vedendola completamente immobile e avvolta tra le coperte come un grasso bruco, lui l'avrebbe ignorata dopo un lungo sbuffo infastidito, e al diavolo le conseguenze del giorno dopo: per quella sola notte si sarebbe salvata.

Ma ogni frammento di raziocinio che era rimasto incorrotto dal panico si disintegrò quando avvertì la pesantezza di qualcosa che le si era poggiato sulla coscia, da sopra il lenzuolo. Era indubbiamente una mano e l'avvoltoio ormai aveva cominciato a volarle attorno, perchè quelle dita estranee cominciarono a strisciare e tastare, delineando le forme generose del suo corpo adolescenziale.

'Fine dei giochi, Margareth. ' disse la voce, 'Oggi ti ho pensato tutto il il giorno, tutto il tempo. '

Accusò gli occhi pizzicare, la vista offuscata da una patina acquosa che le impediva di mettere a fuoco correttamente.

'Non sai quanto mi sei mancata. ' continuò la voce serpentina, indubbiamente maschile. 'Ora fatti vedere. ' aggiunse, e con uno strattone la liberò dalla sua corazza cotonata: il volto tondo di suo fratello si profilò davanti, la sua mole imponente a sovrastarla. Con la mano libera le carezzò l'addome, in una parvenza di affettuosità.

Margareth sospirò e chiuse occhi, le mani in preghiera.







Made of Snow and Dreams.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 


Era una domenica estiva, afosa e bollente come solo le domeniche di agosto potevano essere. I fili d'erba che tappezzavano il prato, che fosse compreso o meno nella recinsione che cingeva la sua abitazione, erano ispidi e stopposi, inariditi dalla calura. I petali dei fiori avevano perduto il loro turgore e danzavano placidi nell'aria senza vento, docili e ossequiosi mentre quel piede inflessibile e crudele ne decretava la morte per calpestamento.

Non va bene, pensò, mentre la superficie dell'unghia capitolava sotto la macina inflessibile dei denti.

Il sole era intento ad ardere la terra, impedendole di produrre i frutti benedetti dal vento sfuggente; persino i tronchi nodosi e alteri dei pini parevano incurvarsi al tocco di quelle carezze infernali, incarnazioni naturali di gibbosità e dossi naturali appartenenti ad esseri umani dissolti in un passato remoto. Lei ne osservava i contorni, chetata e letargica sulla brandina posta al di sotto del portico, le dita filiformi e callose a bearsi del refrigerio offerto dal suo scotch. Le sue orecchie bramavano il silenzio diurno privato del chiccolare dei pettirossi e le notti quiete, deficienti del chiurlare dell'assiolo.

Sorrise compiaciuta, le labbra attente a non lasciar sfuggire la sigaretta fumante, ormai ridotta a un mozzicone che presto avrebbe raggiunto i suoi compagni nel piccolo cimitero in marmo striato. Si ricompose, la schiena raddrizzata in una serie di piccoli cigolii che la disturbarono, e osservò le sue unghie, ridotte a miserie parodie di come avrebbero dovuto presentarsi: decine di piccole pellicine ne coronavano il bordo e dolorose crepe percorrevano la matrice, arrivando fino alla lunula.

Margareth Brown si voltò verso il pesante finestrone che lasciava trapelare i raggi di un sole pallido e morente. L'orologio da parete alle sue spalle aveva continuato a scandire le sue battute frenetiche, disperate, prodotto di un momento di estatica ispirazione che aveva fecondato il giardino della sua fantasia – oramai - prosciugata. Sospirò incerta, le labbra inaridite a causa del fumo e gli occhi lontani, le pupille a riflettere la sagoma spigolosa e geometrica della sua Olivetti, la tastiera a ghignarle beffardamente, mostrandole i denti inchiostrati. Aveva ricevuto quella macchina da scrivere nel giorno del suo ventunesimo genetliaco.

Di Charlotte, così era stata ribattezzata, sapeva solo che era stata parcheggiata maldestramente nel negozio di un antiquario da un trentenne italo-americano, un certo signor White, dalle movenze sinuose eppure corrotte da un nervosismo di fondo che aveva reso impossibile alla cliente più abituale del commerciante, Lorna Gore, di affiancarlo. Quello stesso gentiluomo si era poi dileguato senza pretendere un compenso per quel gioiellino di tecnologia, ma il robivecchi dell'epoca ricordava ancora di aver intravisto dei ciuffi di peli rossicci ad impiastricciare la giacca del signor White, e che quest'ultimo ne aveva giustificato la presenza asserendo che fossero ' le prove d'amore della mia compagna di vita, Lizzie', la quale non tollerava la presenza di Charlotte in casa, appartenuta alla precedente fidanzata dell'uomo.
Casualità fu che nessuno reclamasse la vecchia macchina da scrivere, che attese pazientemente nel deposito del negozio come una presenza minacciosa e spettrale fino a quando i genitori di Margareth richiesero esplicitamente - al nipote del medesimo antiquario che ne aveva accettato la presenza - una macchina da scrivere preferibilmente antica come regalo per la loro figlia, aspirante scrittrice.

Stai per perdere un incisivo, mia cara. Accigliata, studiò la frattura che si era creata tra il tasto della C e il suo sostegno, tutta assorbita nel compito di non catalizzarne la caduta prematura.

Anche se dovessi rimanere sdentata come la proprietaria del Candy's Heaven... chissà come vanno i suoi appuntamenti per le carie...

Sorrise alla macchina da scrivere, immaginando che quell'ammasso meccanico di ferro e inchiostro godesse di quell'attimo di tenerezza, e percorse la curva morbida e voluttuosa che connetteva la tastiera al rullo. Poi, con uno scatto felino, si alzò: le sue gambe protestarono con uno scricchiolio che oscurò il cigolare della sedia fagocitata dai tarli, e lei maledì silenziosamente l'estrema magrezza che caratterizzava il suo corpo da trentenne. Era alta e dinoccolata, con arti nodosi simili ai rami di un albero, e un nido di morbidi fili biondo scuro le coronava un viso spigoloso ed enigmatico. Era priva di serpeggianti curve di seno o polpaccio – l'esatto contrario dell'adolescente giunonica che era stata una volta – e raramente si concedeva il piacere di ammirare il proprio riflesso nello specchio, avvolta in un vestito che tramutava le angolature in morbide rotondità.

Gli uomini non la degnavano mai di una seconda occhiata, e lei non aveva mai sperimentato la soddisfazione di percepire gli sguardi famelici di ragazzini e uomini fedigrafi trapassarle la schiena.

Solo uno mi ha degnato di quel tipo di attenzioni, solo una persona...

La sua bocca, ridotta a un sottile filo di carne, s'incurvò come se fosse stata disegnata da una matita su una maschera di cera. Era terribilmente ironico che suo fratello Christopher fosse stato l'unico a trovarla attraente in quel modo unico e perverso, tanti anni fa.

E chissà se mi trovasse bella ancora adesso.

Ripensò a quelle carezze malate. Christopher si era iscritto ad un gruppo di supporto per giovani alcolizzati dieci anni prima e adesso era perfettamente pulito. A quanto sosteneva la madre in Pennisylvania, il suo alito era limpido e cristallino e il suo volto non tradiva alcun segnale che fosse stato succube dell'alcool in giovane età, ed era stato proprio da sua madre che aveva saputo del matrimonio di Christ con una ragazzetta del Maine, Morgan Steele, e della nascita dei loro tre pargoli.
Ai suoi mestieri di figlia, sorella e scrittrice si era aggiunto anche quello della zia, nonostante lei non avesse mai visto – e non le interessasse neppure farlo – i suoi nipoti; era certa, nel suo intimo, che nei loro tratti fosse incastonato lo sguardo predatorio di Christ ventenne, Christ l'ubriacone, Christ l'avvoltoio; che ad una misera occhiata ai loro visi d'angelo sarebbe passata l'ombra funesta del peccato originale. Per questo motivo, Margareth si era sempre astenuta dal rispondere alle telefonate insistenti del fratello o alle richieste disperate della loro mamma che la implorava di dimenticare il passato, o addirittura di perdonarlo.

Il borborigma proveniente dal suo ventre scavato la convinse a scendere nel piano di sotto. In quel momento era passato mezzogiorno da un quarto d'ora, e nonostante il suo corpo fosse stato abituato nel tempo a prolungati digiuni e a policromatici rigurgiti autoindotti, aveva comunque i suoi limiti. L'ululato del vento che imperversava al di là delle mura domestiche fu accompagnato dal tippettare dei suoi passi leggeri mentre lei, silenziosa danzatrice, affidava a Charlotte la forma concreta dell'embrione che cresceva implacabile nella sua mente, L'intruso.



Nota dell'autrice:
La storia di Charlotte è un riferimento ad un'altra mia storia - anch'essa pubblicata su Efp - chiamata Lizzie. Vi invito a leggerla, se volete saperne di più sui 'dietro le quinte' de L'intruso.

Made of Snow and Dreams.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

Uhhhhhhh. Wwwww. Uhhhhhh-Uh-Uh-Uh.
Berciava, il fragore del vento impetuoso accompagnato dal canto di un gufo solitario. Il suo animo ferito aveva trovato riparo nell'abbraccio accogliente e canicolare del piumino, dove ivi si era raggomitolata come una crisalide nel suo involucro setoso; le palpebre carnose si aprivano in scatti febbrili quando decideva di sondare le profondità remote e arcane della soffitta illuminata dai lampi burianici. Le sembrava che la tormenta avesse deciso di volontà propria

(Che assurdità)

di stazionare sulla sua confortevole bicocca, che a cento metri da essa il cielo promettesse giornate gaie e le rondini annunciassero la primavera. Tuttavia il clima alpino seguiva un protocollo differente da quello pedestre della città, dove l'impronta umana aveva surclassato definitivamente la furia degli elementi, e in quel momento lei era tutta assorta nel torturarsi il labbro inferiore, logorato da quelle atroci e brute attenzioni. La sua mente affollata da pensieri di morte, era appena riuscita ad aggrapparsi ai ricordi ameni e giulivi della sua infanzia nelle pianure dello Yorkshire, quando...
Creeeeeeeeeeeck.
... un fono metallico la fece sussultare, e per un febbrile istante immaginò che anche la stessa casa avesse rabbrividito di timore con lei.
Ti riguarda eccome, dolcezza, e poi si ridestò, preda di un turbine motivato di preoccupazioni – si erse sul gomito destro mentre esaminava, scientifica, ogni possibilità. La tempesta non era sufficientemente aggressiva da aver danneggiato le vetrate, quindi le suppellettili in metallo non erano colpevoli di quell'ululato stridulo. L'unica responsabile da additare era la recinsione, compresa di cancello in metallo.
Che si sia danneggiato il cancello? O la fiancata sia rimasta scoperta?
Sono nuda da un lato, le rispose la casa, imbarazzante.
'Non posso ripararti adesso, fossi pazza ad uscire proprio ora! ' sentì sussurrare dalla sua stessa bocca, e per un folle, delirante secondo soffocò una risatina nell'assurda consapevolezza che aveva davvero risposto alla sua casa immaginaria.
La solitudine, tutta colpa della solitudine, pensò, ricadendo mollemente sul materasso. Dovrei prendermi un animale. Forse un cane. E domani mattina controllerò la maledetta fiancata. Non vorrei mai che Miss.Casa-dolce-casa si ammalasse.
Lo spero proprio per te, rispose la casa, perchè altrimenti saresti in pericolo tu.

 

Assaporò l'alito mefistofelico che le si era creato nella cavità orale durante la notte. Il rombare dei fulmini era mutato nel bucolico canto di un pettirosso errante, e lei si mosse con una serie di soffusi mugugni che accompagnarono il suo risveglio solitario. Il sole era gentile mentre la incoraggiava ad alzarsi con i suoi raggi simili a mani servili, a bussare sulle sue palpebre pesanti per invitarle a schiudersi. Non oppose resistenza mentre la luce le inondava i bulbi oculari e i suoi piedi scalciavano con ben poca delicatezza le coperte arrotolate attorno al suo corpo fanciullesco. Gettò pigramente un'occhiata alla sveglia sul comodino: sì, era decisamente ora di alzarsi.
Rivoli di vento fresco e mattutino l'accolsero mentre lei rabbrividiva per il brusco cambiamento di temperatura. Gli angoli della bocca le si piegarono verso l'alto mentre osservava il cielo sereno, offuscato saltuariamente da qualche brandello di nuvola e stormi di uccelli così piccini da assomigliare a mobili macchiette scure, e le foglie degli alberi circostanti parevano dei campanelli verdeggianti sui quali le coccinelle potevano posarsi.
I piedi immersi nelle ciabatte invernali la diressero verso l'estremità dell'abitazione che sporgeva verso sud, ubicazione del pesante cancello dalle grate appuntite.
Eccolo lì.
Dieci passi e avrebbe raggiunto la sua destinazione. Dieci passi e lei che sorrideva alla natura benevola e alla prospettiva di una giornata trascorsa sotto al portico, a sfogliare riviste e sorseggiare della cioccolata. Dieci passi e il suo olfatto attento rintracciò un puzzo nauseante che neanche la tiepida brezza riusciva a scacciare.
Nove passi e la curiosità iniziava a tramutare in disgusto mentre lei si avvicinava alla fonte di quell'odore, inesorabile.
Otto passi e uno sciame di ipotesi cominciò ad assillarla mentre cercava disperatamente di identificare la causa di quel tanfo.
Sette passi e il metallo del cancello – Chiuso, è chiuso – l'accecò per qualche secondo, brillante e rassicurante al tocco.
Sei passi e fu allora che vide: i suoi occhi, ridicolarmente simili a quelli di un grottesco pupazzo, si sgranarono mentre la sua bocca mutava in una sottile linea di carne.
Un passo solo e l'olezzò diventò nauseabondo, quello di morte e carne marcia, accompagnato dal ronzio di uno sciame di mosche.
Davanti al cancello, infatti, giaceva la carcassa di una lepre brulicante di larve e il sangue, ormai assorbito, a scurire l'erba circostante.

 

 

 

'Maggy! Margareth, sono io! '
La voce baritonale

(Gutturale, viscida)

di suo fratello risuonò come un urlo bestiale per tutto il piano inferiore. A lei non restò altro che precipitarsi verso il piano inferiore come se al suo cuore fosse stato attorcigliato un filo e qualcuno, acquattato dietro la porta come una presenza minacciosa e spettrale, lo stesse tirando verso di sè.
La dinamica che li teneva fatalmente uniti non era cambiata. Lei, silenziosa e leggiadra danzatrice che ondeggiava il suo corpo a ritmo degli ansiti che producevano quelle labbra umide d'alcool e lui, uomo dagli occhi rapaci, capaci di abbattere ogni briciolo di dignità personale da lei faticosamente eretto – sarà sempre così, tra di noi?
Christ si era fatto uomo, alto e largo come un armadio di media stazza. Privo anch'egli di rotondità di natica o ventre – macchè, il suo fisico si era mantenuto splendidamente negli anni nonostante la dismetria degli arti, era una massa fibrosa e scultorea che non lasciava tradire alcun indizio sul suo passato da alcolista. Ma Christ era Christ, e niente avrebbe cambiato la sua natura predatrice, rapace.
'Ciao, Maggy. ' disse la voce di Christ.
Le mani. Le mani a pugno.
'Ti dispiace se entro? ' continuò la voce.
Muove lentamente il piede sinistro contro la stuoia.
Prima che il suo cervello avesse impartito l'ordine il suo corpo si era già mosso di volontà propria, ruotando il busto di novanta gradi e indietreggiando con un'ampia falcata, nel mutismo assoluto.
Il suo collo ondeggia, osserva la casa.
'Bella casa, davvero. Ottimo gusto per l'arredamento. Hai un debole per... arte arborigena o indiana, sì? Mi piace il colore del divano. '
Muoviti. Fai quello che devi e poi vattene. Tua moglie non sarà affatto contenta.
'Ti starai chiedendo, beh, perchè sono qui. Non hai risposto alle mie telefonate, Maggy. '

(Fine dei giochi, Maggy)

'Ero preoccupato per te. Ho pensato che una visitina non sarebbe guastata. E' da tanto che non ci vediamo. Come stai? '
Come sto?
'Se vuoi comincio io. Moglie e figli stanno tutti bene. Mi piacerebbe mostrarti le loro foto. Ho detto al più piccolo che ha una zia meravigliosa e, diamine, non hai idea delle proteste che ha fatto per venire con me! '
Un testimone, avrei avuto un potenziale testimone...
'Ma alla fine non l'ho portato. Morgan vorrebbe organizzarti una festa di benvenuto in famiglia. Sai, le piaceresti. Le piaceresti un sacco. '
Ma davvero?
'Mi piacerebbe molto avere un interlocutore. Parlare da solo non è... come dire, esattamente divertente. Potresti dire qualche parola, Maggy. Non che ci voglia molto, a dire il vero. '
Si sta voltando. Si sta voltando, e ora cosa intendi fare? Urlerai? Scapperai? Chiamerai la polizia? Aspetta, sta sbuffando.
'Ce l'hai ancora con me. Per quello che è successo anni fa. Senti, ti ho detto che -
Si sta avvicinando. Senti il suo odore. Allontanati, svelta.
Uno scatto.
- mi dispiace. '
Quante volte ho già sentito questa frase.
'Non so in che altro modo dirtelo, Maggy. Davvero. Se potessi tornare indietro e correggere quello che ero prima, ti giuro, non sai quanto vorrei farlo. Ma non posso. Non sai quanto desidero il tuo perdono. Non mi guardi da quando sono entrato! Preferirei mille volte che mi insultassi. Che mi picchiassi. Che mi sputassi addosso, che mi graffiassi, che mi urlassi addosso, qualunque cosa. '
Urlarti addosso...
'Qualunque cosa per un tuo sguardo, Maggy. '
Se ti guardassi spariresti? Sparirebbe il nostro passato? Spariresti tu, le tue mani, la tua bocca, la tua famigliola felice? Lo faresti davvero?
'Sono venuto anche per un'altra cosa, Maggy. Riguarda tutta questa faccenda del trasferimento. Ho parlato con nostra madre e anche lei è d'accordo con me... vivere in solitudine non fa bene per quelli come te. '
Quelli come me?
'E' pericoloso vivere in montagna da solo già per un uomo, ma per una donna come te, così fragile e magra... non hai mai pensato all'eventualità che qualcuno ti attacchi? In tal caso che faresti? '
Qui non viene mai nessuno. Pochi sanno dell'esistenza di una costruzione accanto al lago.
'Ho visto che la stazione di polizia è lontana da qui, parecchio. Avrei potuto capire se ti trovassi a pochi metri dalla centrale, ma così è davvero troppo. Inoltre l'inverno qui è rigido, ti ritroveresti bloccata, isolata da tutto e da tutti. '
E se fosse proprio ciò che voglio?
'Per questo sono venuto per proporti una soluzione.'
Una soluzione?
'Vivere con me, Maggy. Vivere con me e la mia famiglia. La villa è grande, c'è spazio per te e per altre tre persone – come minimo! Ti troveresti molto bene, mia moglie è una gradevolissima compagnia e pr quanto riguarda i tre mocciosi, beh... '
Una risatina soffocata.
'Loro sanno quando è tempo di giocare e quando no. L'ho insegnato loro io stesso. '
Tu stesso?
'Potremmo darti la camera più grande della casa, quella che dà verso nord. Visto che ti piace la montagna. Anche se ricordo bene la tua passione per il mare, quand'eri piccola. '
Sì, prima che tu...
'E' grande, spaziosa, c'è un'ampia scrivania e un computer con una tastiera gigantesca, proprio adatta a te. Potresti usare quello al posto di quel ciarpame che usavi prima, e che, ci scommetto, usi anche adesso. Per non parlare del letto! E' comodissimo, il materasso non scricchiola e c'è pure un caminetto alla sua sinistra! Una vera gioia durante le mattinate d'inverno, sai? '
Per non parlare del letto...
'Ecco, volevo parlarti di questo, in realtà. Come ti ho già detto, mamma è d'accordo con me. Ho lasciato la macchina accostata al viale principale. Se vuoi, possiamo partire oggi stesso. Ti aiuterei io a fare i bagagli, ovviamente. '
Già, ovviamente.
'Ovviamente, con il tuo consenso. Non se ne farebbe nulla se tu non volessi, ma ti consiglio di pensarci su molto attentamente. So che non sono decisioni da prendere alla leggera, queste. A proposito, non ho ancora visto la tua camera da letto! '
La camera da letto...!
'Vattene. '
Un sussurro.
Ho davvero...?
'Vattene. '
'Non ho capito bene, Maggy. '
Non può entrare nella camera da letto. Non può vedere Charlotte. Non può vedere il letto.
'Ho detto che devi andare via. '
Questa volta il sussurro era divenuto concreto, tangibile, e Christ lo aveva decisamente sentito. Lo immaginò intento a fissarla con i suoi occhi chiari ed estranei, occhi da gigante che cerca di divorare il piccolo umano ai suoi piedi, e le mani inchiodate ai fianchi spigolosi e sodi.
'Io non capisco, Maggy. Posso capire che tu nutra del risentimento per me, dopo tutti questi anni, ma addirittura... cacciarmi fuori di casa è un pò eccessivo, non credi? '
'Non lo è affatto. ' rispose l'essere coraggioso e impavido che abitava dentro la sua pancia. 'Voglio che te ne vai subito. '
'Ma io... '
'E che non torni più. '
'Non credo di poterlo fare. ' rispose Christ, la voce Christ, indurita da un principio di rabbia che avrebbe potuto travolgerla come un uragano, e il suo corpo e le sue dita, annodate in due pugni che avrebbero abbattuto tutte le sue difese. 'E sai perchè? '
No, non avvicinarti con quel tono, allontanati, ti prego!
'Ho promesso a nostra madre che avrei riallacciato i rapporti con te, non importa in quanto tempo. Questa è l'occasione perfetta, e non ho alcuna intenzione di sprecarla. '
E' davvero l'occasione perfetta. Ma per quello che penso io. Ciò che sospetto tu stia pensando già da un pezzo.
'Ho prenotato una stanza in un albergo, il più vicino che ho trovato, il Whisperin' Woods. Starò qui una settimana. Mi sono imposto di tornare ad essere una famiglia con te. Vuoi che me ne vada? D'accordo. Ma domani tornerò. E dopodomani. E il giorno dopo ancora. Parleremo e giocheremo, come ai vecchi tempi. Finchè tu non avrai imparato ad accettarmi. '
E' tornato l'avvoltoio, e solo per tormentare la sua preda. Aspetta, si avvicina ancora.
'Allora vado. Domani mi mostrerai il resto della casa, va bene? Se non vuoi che entri nella tua stanza personale, non entrerò. Non voglio invadere i tuoi spazi. Le cose si fanno lentamente, una per volta, delicato. '
Cosa fa con quella mano?



Bruciò, semplicemente bruciò. Le sue dita callose, probabilmente in grado di sostenere quattro, cinque volte il peso del suo stesso corpo, ora le sfioravano dolcemente la curva rachitica della guancia. Le sembrò di essere stata accesa da un fuoco primordiale, vittima di quelle carezze infernali, e si costrinse nell'immobilità più assoluta mentre percepiva di occhi del rapace scavarle dentro. Poi, senza aggiungere altro, esso se ne andò.

Mi lasci inviolata, Christ?

E una piccola voce nella sua piccola testa le rispose: 'Sì, per adesso sì. '

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


 


 

Osservò con orrida fascinazione il corpo dilaniato della bestia, la gola foderata di rosso scuro e un'espressione di umana incredulità incastonata negli occhi brulicanti e lattigginosi. Si riscosse quando una mosca si posò sulla pelle increspata del suo braccio, e fu allora che la primitiva movenza di scacciarla le fece realizzare di essere rimasta a rimirare il terribile scenario per cinque minuti interi.

Non va bene, pensò, e strizzò le palpebre in un drammatico tentativo di cancellare l'immagine che si era già fatta strada come un serpente velenoso tra i suoi ricordi più impellenti.

(Gli ansiti, i baci amari e le lacrime che rotolavano lungo le guance polpose di una ragazzina mentre il mostro la divorava viva, distruggendo e monopolizzando ogni centimetro del suo corpo come un abile burattinaio.)

Quando li riaprirò la lepre non ci sarà più!, e quando schiuse gli occhi, ovviamente, la povera bestiola era ancora lì, adagiata sull'erba, come se essa stessa si aspettasse di essere trovata.

(Lei, muta e bella mentre giaceva inerme, ormai spoglia e prosciugata di ogni frammento di felicità sulle lenzuola candide, gli occhi fissi sul soffitto e il desiderio di piangere sostituito da quello di restare seppellita nel buio tombale della sua camera per l'eternità.)

E ora che faccio? La lascio stare o l'allontano? Diamine, sono sicura che l'odore resterà per giorni, insieme a queste... cose... e fissò con aperto disgusto la massa movente.

('Rimarrà l'odore?'

Si lavava ovunque, sul seno, tra le cosce, infilava lo spazzolino nella caverna vellutata che era la sua bocca e non importava quante volte strofinasse la spugna fino ad irritare la pelle giovane e fresca, lei riusciva a vedere le impronte del tocco di Christ, il luccichio della saliva di Christ, odorare il sentore di sudore e ormoni di Christ, e continuava a strofinare e strofinare, imperterrita, impanicata che qualcun altro, oltre lei, potesse sentirlo.)

La casa era provvista di un ripostiglio per gli attrezzi da giardino scolpito direttamente nel legno, appartenuto al precedente proprietario della bicocca, che lei non aveva mai voluto visitare per la profusione di muffe e aracnidi.

('Guardi qui. Non è normale. Ha anche delle bolle in quel punto... lei capisce, vero?'

'Sembrerebbe un'eruzione cutanea causata da eccessivo sfregamento. Indossi pantaloni aderenti, Margareth? E' una probabile causa. Ho intenzione di prescriverti una crema lubrificante... Margareth? Perchè piangi? ' )

Tuttavia sapeva che quel disbrigo contenesse il fabbisogno per il giardinaggio, e sapeva anche che tra gli articoli v'era una pala da giardino col manico lungo, in ferro battuto, con una vanga ampia, arrugginita e pericolosamente affilata: durante una serata trascorsa sotto al portico, una folata di vento solitaria aveva spalancato la porta della stanza ignorata con un sonoro scricchiolio, costringendo la proprietaria corrente a munirsi di torcia e un coltello da cucina per le evenienze; quando fu sufficientemente vicina da percepire un nodo in gola e il sudore freddo che gocciolava a rivoli sull'erba incolta, aveva visto quell'arma improvvisata alla sinistra di un tagliaerba impolverato, e si era ripromessa di non addentrarsi mai più in quell'antro, se non per le emergenze.

('Da oggi in poi il bagno sarà inaccessibile per te, Maggy. Dovrai chiedermi il permesso prima di entrare, anche perchè ho io la chiave. Mi spiace. Non so cosa ti stia prendendo ultimamente, davvero. Christ, tu sei libero di entrarci quando vuoi. '

'D'accordo, mamma. Maggy, se hai bisogno di parlare con qualcuno di questo problema, io ci sono. '

Lo sguardo famelico che le rivolse bastò a soffocare la furia inespressa che montava, pronta a straripare per demolire l'intera famiglia in un soffio.)

E poi fu paura. Si fermò guardinga, incurante nel fetore, voltandosi verso la facciata della casa che pareva fissare la scena di rimando, le finestre incastonate nel muro a formare un'espressione di totale sbigottimento.

'Devo proprio, eh? ' mormorò, e la sua voce si disperse nella brezza vicina.

'Pensa alle conseguenze se decidessi di lasciarla lì. Attirerebbe altri animali dal bosco. Le formiche mi assalirebbero, ed è una faticaccia toglierle. Quell'odore ristagnerebbe per giorni. Un animale di quella mole impiega almeno una settimana a decomporsi totalmente, e vuoi mettere lo scenario? Dopo le mosche, le larve e le formiche ti resterebbero ciuffi di peli e uno scheletro in bella vista. Non esattamente rassicurante. Ti ricordo che sono stata costruita nella foresta, non in una profumata, linda e civilissima città. ' rispose la casa, la voce cavernosa a risuonare nella testa come una campana.

'Ho capito, ho capito... ' sbuffò lei. 'Tocca sempre a me fare il lavoro sporco. ' concluse, dirigendosi con ampie e calcolate falcate verso il magazzino degli attrezzi.

'E' il lato positivo di essere un oggetto costruito dagli umani. Uno dei pochi, almeno. ' rispose la casa, rivolgendole un gran sorriso. 'Se voi curaste le vostre abitazioni come se noi fossimo vive, vi risparmieremmo un sacco di problemi. Dimmi, da quanto tempo è che non entri nel ripostiglio? E dire che ha tutte le carte in regola per diventare un ottimo nascondiglio. '

'Un ottimo nascondiglio? E da chi dovrei nascondermi? Siamo in una maledetta foresta, tu ed io. Inoltre questa è una zona poco frequentata. Devo togliere quella roba prima che venga la mia amica Lea. '

'Lo fai per lei? Che spreco di tempo. Non lo noterebbe neppure. '

'Ha un ottimo olfatto, cara. Non sottovalutarla. '

'Come vuoi, come vuoi... ' disse la casa, e smise di parlare.

Le bastò picchiettare l'indice e il medio sul legno fradicio. Nonostante la serratura rotta, la porta non si aprì.

'Non dirmi che... ', e inspirò profondamente prima di lasciar aderire il palmo della mano destra sulla superficie dell'uscio: era gelido, talmente morbido che in un guizzo le si paventò davanti agli occhi l'immagine ammorbante di intere colonie di tarme a divorare il legno imputridito. Ritrasse la mano istantaneamente, preda della nausea crescente: le erano rimasti incollati sulla pelle dei granuli scuri e appiccicosi, e l'odore di materiali guasti e avariati era divenuto pungente, insopportabile. 'Dannazione, è pure bloccata! ' sbottò, lesta come una serpe.

'Controlla in cucina, ' tornò a dire la casa, 'un coltello da macellaio potrebbe fare al caso tuo. Quand'è che dovrebbe arrivare la tua compagna di giochi? '

'Gelosa, eh? ' sussurrò lei, soffocando a stento una risatina amara. 'Credo verso mezzogiorno. '

'Hai tutto il tempo per rimuovere la carcassa dai miei piedi. E sei fortunata che sia pure mattina! Coraggio, torna dentro e prendi il coltello. Ti aspetto. Hai lasciato la porta aperta. '


 

'Tanti auguri a teeee, tanti auguri a teeee, tanti auguri a Chriiiiist, tanti auguri a teeee! ' intonava la loro madre, il suo canto più simile ad un muggito privo di espressività, totalmente anonimo. Lei era quieta e docile nella sua immobilità, celata dalla figura massiccia e pesante della genitrice che batteva le mani, fletteva il ginocchio sinistro per accennare un passo di danza e scuoteva i lunghi capelli castani senza accorgersi del sorrisetto imbarazzato del figlio, il bastone da passeggio abbandonato lungo la poltrona sgualcita, le mani giunte in preghiera. Era presente anche il loro padre, una bizzarra e timida presenza che si limitava a sorridere costantemente, ma il sorriso sembrava essere stato calcato su una maschera di cera che niente più aveva di umano, nemmeno l'amore per la propria prole o l'affetto per, oramai, l'ex-moglie.

'Con questo siamo a ventiquattro anni suonati. Congratulazioni, piccolo mio! Charlie, dì qualcosa anche tu, coraggio! '

'E'... è bello vederti così, Christ, sano e cresciuto. Tantissimi auguri, figlio mio. ' aveva risposto il loro padre, una nota d'imbarazzo ad aleggiare furtivamente tra le sue parole.

'E tu, Margareth? Vuoi dire qualcosa a tuo fratello? '

Teneva i capelli legati, una ragazza con la leggiadria che solo una donna in fiore può mostrare, un abito di un rosa molto pallido a fasciarle il corpo un po' più gracile, un po' più smagrito. 'B-buon compleanno... sì, buon compleanno. ' era poi riuscita a balbettare – quando mai lo aveva fatto prima? - per poi chinare la testa un attimo dopo.

Sapeva che Christ aveva fissato il suo sguardo penetrante sulla sua persona, sapeva del suo tono inquisitorio e sospettoso, sapeva che non sarebbe riuscita a scappare e che il regalo di compleanno, per quell'anno e così come nei precedenti, sarebbe stato lei.

Perchè lui, di lei, non si sarebbe mai stancato.


 




Continuò a scrivere, sconvolta e babelica, per tutto il giorno, fino a quando non collassò su Charlotte. Non si accorse che l'impatto fece saltare via il tasto dell'h, che si depositò a meno di un metro da lei.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

('Una favola, ti dico. Semplicemente una favola. Un milione di copie in tutto il mondo, Margareth, e non abbiamo nemmeno cominciato a pubblicizzare il tuo secondo pargolo, il tuo bambino. '

'T-Ti prego di non chiamarlo così. E comunque nemmeno io... nemmeno io ho iniziato. '

'Hai considerato, almeno, l'offerta? '

'Quella della casa in montagna? '

'Sì. '

'Non ancora. Sono molto in-indecisa. Non so cosa pensare. Più ci rifletto su e più mi viene l'emicrania. Vado avanti a forza di Cronidol. '

'Mi dispiace molto, Maggy... posso chiamarti così? '

'Non mi dispiace. '

'Bene. Cerca di stare attenta a ciò che dico ora: è fondamentale che tu vada via da lì. Io non sono uno scrittore, ma conosco la vostra razza. La mia agenzia ne segue parecchi, di casi... nati con svantaggi vari, diciamo così, come te. '

'Delicato,molto delicato. '

'Ma è la verità, Maggy. Il primo passo per risolvere un problema è riconoscerlo. E tu devi riconoscere i tuoi. '

'Parli come l-l-lo strizzacervelli che mi segue. '

'Non voglio spingermi oltre il necessario. Tuttavia considera attentamente la proposta e prenditi pure qualche altro giorno. Manterrò io i contatti con l'acquirente. A proposito, mi hanno mandato la planimetria della casa. E' un bestione, più di duececento metri quadri! E in più c'è il giardino, molto curato per essere in mezzo ad un bosco. E' perfetta per ritrovare un po' di serenità. '

'Grazie Robert. Mi sei davvero d'aiuto. '

'Questo è niente, Maggy. Richiamami tra un paio di giorni, okay? Se non dovessi esserci, parla pure con Angela, la mia segretaria. '

'Sì. Lo farò. Buona giornata, Robert. '

'A te. '

Click.

'Che figlio di puttana. ')

 

 

 

'Tesoro! Vieni qui che ti devo dare un bel bacio di ringraziamento. '
Qualcuno si stava avvicinando con ampie e veloci falcate, il fruscio dell'erba odorosa ad aggiungersi a quello prodotto dal suo bastone da passeggio.
Nessun attimo di esitazione, com'era usuale quando un estraneo la incontrava per la prima volta. Invece, il profumo pungente di un maglione di lana lavato da poco, forse fin troppo pungente, -
Ammorbidente, è sicuramente l'ammorbidente....
- le invase il naso sensibile, ad anticipare l'abbraccio caldo e accogliente e affettuoso dell'amica.
'Benvenuta. Ti ho già ringraziata prima? Non ha importanza, lo farò di nuovo. '
Sicuramente si prospettava una bellissima giornata.

 

Il leggero tippettare delle dita fragili di Lea sulla sua spalla le indussero il naturale ed istintivo bisogno di raddrizzare la schiena per rivolgerle un ampio e solare sorriso.
Lea sorrise a sua volta, come se avesse letto e manipolato il suo flusso celebrale sin dall'inizio.
'Non so come dirtelo... apprezzo davvero tanto il tuo impegno. Senza il tuo aiuto non sarei mai riuscita a ristrutturare questo rudere. Cioè, quello che prima era un rudere. Adesso è una bellissima casa, provvista di tutto. E' un peccato che tu non possa... no, non importa, la sentirai ugualmente bene con i tuoi sensi da gatta. Senti, mi dispiace, è solo che non sono molto abituata... '
'Interrompi quella diarrea verbale che ti ritrovi, ti prego. Parli sempre troppo, come tuo solito. E no, prima che tu possa scusarti, no, non mi sono offesa. ' concluse Lea, offrendole un leggero ghigno che esponeva alla luce due fila di denti perlacei e ben modellati.
'Hai fatto un salto dal dentista, eh? Hai un sorriso impeccabile. '
'Si vede, eh? Era da un po' che percepivo della placca sull'arcata inferiore, così ho prenotato un appuntamento. '
'Ti ha aiutata qualcuno? '
'No, nessuno. '
'Ha fatto proprio un bel lavoro. Vuoi che ti presenti la casa? '
Casa, ecco Lea. Lea, questa è casa. Non ha ancora un nome, non so nemmeno se ne voglia uno. E' molto orgogliosa, quindi attenta a come la tratti.
'Volentieri, sì. Sto immaginando l'ingresso con un colore chiaro, un color pesca. E il bagno con le mattonelle azzurre, magari lavorate a mano. Quanti bagni ha questa bella signora? '
'Due. Uno al piano superiore e l'altro nell'inferiore. C'è un letto nella stanza degli ospiti, mi sono assicurata personalmente che il materasso fosse morbido e le coperte calde a sufficienza. '
'Ma davvero? E come ti saresti 'assicurata'...? '
'Dormendoci sopra, ovviamente! '
Al suo sbuffare divertito seguì la risata soffocata di Lea, che esplorava gli ultimi centimetri di prato curato con il suo bastone, agitandolo come se fosse un'anguilla impazzita.
Ma che carine!
Oh, non rovinare il momento, tu! le rispose mentalmente lei, e per un attimo le parve che la casa avesse sorriso esclusivamente per canzonarla. Dalle finestre vetrate s'intravedevano le tende a danzare languidamente, in una serie di mosse ipnotiche. Distolse subito lo sguardo, come se una preda di un moto improvviso di disagio.
Sì, Lea, hai ragione. La casa non è solo una casa; è una signora, e come tale va trattata con rispetto. Spero solo che ti sia cordiale.
Giunsero al portico; il legno scricchiolò rumorosamente quando Lea caricò il suo peso sulla gamba che la sorreggeva.
'Sei sicura che la casa sia stata ristrutturata a dovere? ' le chiese l'amica con un'espressione indecifrabile sul volto baciato dal sole. 'E' normale che il legno faccia questo suono? '
L'altra si strinse nelle spalle, lanciando occhiate sospettose e guardinghe ai suoi piedi.
'Beh, ci sono due possibilità. La prima è che sia vuoto al suo interno, e ti confesso che non ho ancora controllato. La seconda è che forse dovremmo iniziare a fare una dieta come si deve. '
'Oh, siamo ancora troppo giovani per una dieta. Io scommetto sulla prima. Dopo controlleremo. '
'Ci sto. '
'A proposito, come si chiama l'ammorbidente che usi? E' davvero forte, anche all'aperto. '
'L'ammorbidente? Ah, intendi... '
Il profumo che ho versato direttamente sui miei vestiti e per terra. E' sicuramente quello. Se solo sapessi, Lea, se solo sapessi che battesimo ha avuto la signora proprio ieri, mentre dormivo... e che spavento prima, e che disgusto dopo!
'... il Coco Mademoiselle. L'ho comprato giusto qualche mese fa, quand'ero in città. Un'occasione, era in offerta e l'ho preso al volo. '
'E' buono. Dovrei farci un pensierino. '
'Il pensierino sarà per dopo. Ora entra. '
Le cinse le spalle con un braccio, i capelli bruni di Lea lasciati liberi sulle clavicole a solleticarle il collo fine. Una zaffata di odori diversi le accolse entrambe, odor di pulito, di incenso, di famiglia, di casa.
Lea restò in religioso silenzio per qualche secondo, assorbendo la sinfonia di profumi che invitavano ad annusarli, a giocarci. 'Credo proprio che il tuo ammorbidente non sia l'unica cosa che comprerò. Dovresti farmi una lista. E' ottimo, ' concluse, allargando appena le narici, 'davvero ottimo. '
'Esplora pure la casa, ma lascia che ti dia qualche dritta. Una volta entrati dall'ingresso principale – lo si può fare anche dal secondo, si trova nel piano superiore, insieme alla scala – c'è il salotto a sinistra e la cucina a destra. E' un unico ambiente, non ci sono muri divisori. Poi, sempre dritto, c'è una scala. Porta al piano superiore. Accanto vi è un primo bagno. Sopra c'è la camera da letto principale, quella per gli ospiti ed il secondo bagno. E adesso sciò! Devo preparare il pranzo. '
'Niente di elaborato, perfavore. Sono debole di stomaco. ' rispose Lea, agile e svelta come una ballerina, iniziando a sussurrare: ' Cinque passi a sinistra e sono al divano, tre a destra e c'è la cucina... no, mezzo passo in più e ci sbatto contro, meglio tornare indietro... '
Sorrideva mentre la osservava borbottare. Lanciò distrattamente un'occhiata alla finestra che si affacciava al giardino, e al pensiero di ciò che aveva trovato quella mattina...
Non pensare, non osare pensarci proprio adesso!

 



('Non ho mai fatto un lavoro del genere... e diamine se è difficile... ' ansimava distrattamente mentre piantava la pala sotto l'animale. Con orrore si rese conto che le carni della lepre, irrigidite dal freddo e dalla morte, mantenevano la loro posizione in un grottesco esempio di rigor mortis.

C'è sempre una prima volta, rispose la casa, dietro di lei. Hai voluto abbandonare la città e questa è una delle conseguenze. La vita in montagna non è tutta rosa e fiori, e io ne so qualcosa.

'E allora dimmi dove mettere questa... cosa... e come uccidere queste bestiacce, tu che sai tutto! ' le rispose rabbiosa, i denti scoperti come un segugio che addenta la propria preda e rivoli di sudore ad imperlarle la fronte, le guance. 'Non ho abbastanza tempo per pulirmi e lucidare il tuo maledetto pavimento. Mi ero prefissata di farlo stamane, ma a quanto pare è andata così, e io non posso farci nulla. '

Precisamente, le rispose la casa. Ma eccoti un consiglio: usa il profumo. Versalo dove vuoi, fattici il bagno, quello che vuoi, basta che lo usi. Una bella dose di acqua profumata e tutto passa.

'Come se non ci avessi già pensato... ' mormorò lei, sperando che la casa non la sentisse.)

 

 



Istintivamente afferrò un paio di guanti leggeri, stranamente piccoli per lei che aveva già le mani sottili e aggraziate, e sospirò mentre il ticchettare delle zeppe di Lea che saliva le scale scandivano il ritmo con cui lavorava.
Pasti salutari, pensava, pensava e rideva e sospirava, non vorremmo mai che Sua Signoria ingrassi. Il portico non deve gemere.
'Ti comunico che qualsiasi cosa tu stia preparando, emana un odore delizioso! ' annunciò Lea dal piano di sopra.
'Dici? ' le rispose, la voce molto più alta e acuta del normale. 'Sto preparando la salsa al curry, spero ti piaccia. E le verdure. '
'C'è bisogno di chiederlo?' rispose Lea, ridacchiando. 'Ti dispiacerebbe fare un salto qui sopra? Non trovo il sapone e sento di avere le mani sporche di terra. Sai, toccando il cancello... '
'Sì, arrivo subito. Credo di non aver chiuso a chiave la recinsione. ' disse, scoccando un'occhiata impaurita al giardino. Come ho potuto dimenticarmene?
Chiudi prima il portone, disse la casa. La sua voce si era fatta più seria, meno sorniona. 'Potrebbe arrivare qualcuno. '
E fu la prima cosa che fece.








Note dell'autrice:
Mi dispiace davvero tantissimo essere scomparsa per così tanto tempo, ma finalmente eccomi qui con un capitolo leggermente più lungo degli altri. Continua il processo creativo di Maggy la scrittrice (il testo in grassetto fa parte del romanzo che scrive e che noi seguiamo passo per passo) ma le vicende non saranno quiete ancora per molto, parola di Snow!
Ringrazio davvero tanto coloro che stanno ancora seguendo la storia - non preoccupatevi, sono tornata con molta voglia di scrivere - e beh, a presto con il prossimo aggiornamento!

Made of Snow and Dreams.

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