Indissolubilmente di KikiWhiteFly (/viewuser.php?uid=33036)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** POV Claudio ***
Capitolo 2: *** Indissolubilmente - Parte due ***
Capitolo 1 *** POV Claudio ***
Claudio sospinge istintivamente l’indice sulla sua colonna vertebrale, ben sapendo che Alice non si sveglierà mai, anzi, al massimo le ha dato un motivo per ronfare più a lungo, ma d’altro canto sono anche quelli i momenti in cui può fermarsi a riflettere. Continua a ripetere nella sua mente quali parole potrebbe mai proferire, in qual modo potrebbe esprimere ciò che prova, quali lemmi potrebbe mai prendere in prestito dai grandi poeti. Ma Claudio Conforti non è sicuramente un poeta, dacché ha sempre creduto con fermezza nella straordinaria capacità comunicativa dei gesti: non è in grado di scarabocchiare su un foglio spiegazzato i suoi sentimenti e, infine, giunge alla conclusione che non dovrebbe nemmeno farlo. La loro storia, d’altronde, è fatta di tante prime e significative volte, di un percorso costellato da tappe inaspettate e di mirabolanti colpi di scena – per quale motivo il loro matrimonio dovrebbe esimersi dall’essere altrettanto stupefacente? Alice scuote leggermente il capo, come quando – ormai ha imparato a notare – è immersa profondamente nei suoi sogni e lungi da Claudio interromperli prima della proverbiale sveglia. Il flusso dei suoi pensieri viene distratto dal fatto che deve essere veramente tardi, poiché ogni suono dapprima ovattato è oramai scomparso e non ha molto senso pensare alle promesse che le farà, né alle sorprese che da lì a qualche ora irromperanno nella camera di Alice. Tutto quel che ha bisogno di sapere è che lei continuerà a sorridergli, a farlo andare su tutte le furie e ad essere l’unica in grado di tenergli testa, ricordandogli a tratti l’allieva che ha conosciuto tanti anni prima e a tratti la donna che ha davanti nel presente: differente, certamente, eppure con la stessa esplosiva ingenuità di sempre. Indissolubilmente ▪ “Have you stopped believing in fairytales and reveries?”. Claudio non riesce ad accettare che la ragazzina che tiene nervosamente tra le mani la telecamera, rischiando a più riprese di farla cadere, sia un medico; certo, è difficile immaginarla in camice quando vede in primo piano le aberranti fantasie del suo pigiama – una visione che lo avrebbe perseguitato per giorni, indubbiamente. Ma, ancor più dei gusti opinabili, forse Claudio è attirato dall’ingenuità
disarmante e, a tratti imbarazzante, attraverso la quale quella ragazzina sembra esaminare la scena e rivolgerglisi con un timido ‘Dottore’, a metà tra l’affranto e il convenevole, atteggiamenti che non avrebbero avuto alcun effetto di sorta su di lui. Tra le tante cose che Claudio detesta, infatti, l’ingenuità si posiziona tra i primissimi posti nella sua personale classifica: è un atteggiamento che non gli appartiene, abituato com’è a navigare a vista nella professione e nella vita, cosa che lo rende particolarmente incline a smontare chiunque sia affetto da tale morbo. «Quella telecamera non si stopperà da sola, lo sai, sì?», la bercia con lo sguardo, sfilandosi i guanti di lattice. «Ah sì. Certo, Dottore». Di nuovo, Dottore, stavolta pronunciato col tono bambinesco di chi deve aver scoperto di aver commesso un gran danno. Claudio riprende la telecamera – la ripresa, spia con la coda dell’occhio, non è stata affatto interrotta, tanto per la cronaca –, lasciandola in uno stato di trance di fronte al corpo esanime della donna assassinata. Un’ultima occhiata di sufficienza prima di raccogliere ulteriori prove e riflettere sul fatto che apparentemente Sacrofano riserva ben più sorprese del previsto. ▪ “You still have time to prove to yourself that life can smile at you”. Le mattinate del Dottor Conforti sono molto più movimentate da quando il cellulare squilla e sa già che Calligaris avrà qualcosa da dirgli a proposito della sua nuova, straordinariamente irritante, eppure incredibilmente appassionata, allieva in Istituto. Claudio odia vedere la sua agenda, fisica e figurativa, stravolta dalle improvvisate o da inaspettati piani B, ha avuto abbastanza sorprese nella sua vita e per evitarne di ulteriori ha sempre preferito guardarsi in avanti, ignorando qualsiasi cosa potesse provocargli una reazione di qualunque tipo. O almeno era così ben prima che Jessica Fletcher in camice visitasse il suo ufficio ogni singolo giorno, portandogli di volta in volta una prova – o, meglio, presunta tale –, una teoria da discutere o un dato, precedentemente elaborato, da analizzare a fondo. Teme di doversi procurare un’altra pallina da tennis, dato che l’ha consumata dall’arrivo di Alice Allevi all’Istituto di Medicina Legale e potrebbe doverla sostituire con qualcosa di più pesante da lanciare. Non passa giorno che Alice non gli riveli qualche sorpresa o nasconda – pardon, occulti – qualcosa che lo farà andare su tutte le furie, eppure si ostenta a farlo. Sembra che Alice voglia sfidare la sua pazienza, la sua tenacia e soprattutto i suoi istinti con quei grandi occhioni che non si decidono a mollare la presa e Claudio non riesce a capire se lo stia supplicando o sfidando a suon di sguardi. Attirare Alice a sé è stato quasi naturale, è stato come iniziare a sbrogliare una
matassa che gli si aggrovigliava dentro da tempo e ora, alla luce di ciò che è accaduto, non riesce a capire cosa si annidi davvero in lui. Claudio sa solamente che tutte le bottiglie di vino ordinate, religiosamente in solitaria, al ristorante non colmano l’assenza della sua presenza e inizia anche a chiedersi quando debba aver cominciato ad avvertire lo strano sentore a cui non sembra voler dare una definizione. O forse sa darne una definizione, ma preferisce occultarla con i torpori del costoso champagne che ha ordinato o infilarla sotto un polveroso tappeto, come d’altronde ha fatto per gran parte della sua vita. ‘Le emozioni sono pericolose’, si ripete sommessamente, dondolando il bicchiere tra le dita, ma non sono invisibili, è costretto ad ammettere a sé stesso, senza osar però proferire quelle parole a voce, nemmeno sottovoce. ▪ “But now close your eyes and fly away with your mind”. Alice dorme serenamente al suo fianco e Claudio pensa, per la prima volta in assoluto nella sua vita, di dover vegliare su quella scena in attesa dell’indomani. Alice si volta in sua direzione, pur sempre con gli occhi socchiusi, accucciandosi quanto basta per invadere il suo spazio e cercarlo incoscientemente in un abbraccio. Claudio tentenna per qualche istante, ma Alice cade letteralmente tra le sue braccia e quel contatto lo fa sussultare come non era mai accaduto prima. Mentre si abitua lentamente a quella transizione, si rende anche conto che qualcosa lo tormenta con insidia e da quell’armata della quale è andato sempre così fiero subentra ora una fessura, un timido e fioco spiraglio che sembra abbatterglisi addosso con forza bruta. Alice mugola a occhi chiusi uno strascicato: ‘F-fa freddo’, poche sillabe che lo distolgono dai suoi pensieri e ancor più quando le sue braccia si sporgono istintivamente in cerca del suo fianco, portando Claudio a scaldarla con un calore che non credeva di essere in grado di poter donare. E quindi restano così, pelle contro pelle, Alice che si rifugia in lui anziché rifuggirgli e, forse non se ne rende davvero conto, ma quel contatto che sta stabilendo non è meramente fisico – forse sta sfiorando anche la sua anima, forse gli duole ammetterlo ma anche Claudio Conforti ne possiede una. Per la prima volta non può prevedere come sarà il suo indomani, quali sentimenti li sveglieranno e in qual modo reagiranno alle conseguenze delle loro azioni, ma in quel momento nulla sembra avere molta importanza ed è come se il mondo fosse racchiuso nello spicchio fiocamente illuminato di quel casolare, tra le lenzuola che sanno di tenerezze vissute in gran segreto e la consapevolezza che nulla sarà più come prima. ▪ “Did your dreams turn into fears?”.
«Claudio, c’è un motivo per cui sono nei bassifondi dell’obitorio», lo fulmina Alice, non lasciandogli neppure il tempo di aprire la porta. Se Claudio avesse in mano la celeberrima pallina da tennis, ora sarebbe un gran momento per lanciarla contro una parete a ripetizione e sfogare così la sua ira. Da quando hanno litigato – o meglio, da quando l’ha affrontata, dato che Alice continua a giocare a nascondino in maniera assai ridicola e inopportuna –, Claudio sembra incrociarla più di prima e la situazione inizia ad assumere dei contorni paradossali. In particolar modo ora che le ha confessato i suoi sentimenti, quei sentimenti che non riesce proprio a pronunciare, sembra tutto talmente ridicolo che persino incrociarsi tra le scale lo fa sentire a nudo. A nudo – non esiste espressione che potrebbe descriverlo al meglio –, come svestito delle sue pesanti vestigia, a tal punto che ormai non riesce più a distinguere se facciano più parte di lui o se le abbia cucite addosso col tempo. «Mi duole informarti, Allevi, che l’obitorio non risulta essere una tua proprietà privata», la informa con calma e, tuttavia, un pizzico di sagacia. «Tanto ho quasi concluso...». Ad un tratto gli sembra di veder nuovamente l’Alice che aveva conosciuto, con la testa un po’ china e un po’ imbarazzata, ancor più mentre la osserva pronunciare quella frase senza riuscire a sfilarsi i guanti di lattice. Claudio vorrebbe avvicinarsi per aiutarla, ma effettivamente la scena demotivante che gli si presenta davanti è molto più gradevole da osservare e riflette su quanto i ruoli sembrino essersi improvvisamente invertiti: ora è lei, chiacchierona estroversa di natura, a rimbeccarlo con mezze frasi, mentre lui elargisce articolate spiegazioni. «Il lavoro è lavoro, Alice», incalza Claudio, osservando oltre il vetro che separa quasi ironicamente la vita dalla morte. «E in ogni caso non hai nessuna macchina dietro la quale nasconderti stavolta, quindi va da sé che tu debba scappare. Molto coerente, se non altro». La spia con la coda dell’occhio, fingendosi indaffarato, sa già di aver avviato una bomba ad orologeria con quel commento. «Io non scappo!», gli inveisce contro e potrebbe giurare di aver sentito un rimbombo tra le pareti dell’anticamera. Una risata isterica, marcatamente sarcastica, si leva nell’aria e Alice sta assumendo diverse colorazioni in viso, mentre si avvia con un pesante faldone verso l’uscita. La scena non potrebbe essere più comica, ai limiti dell’assurdo, se solo ad Alice non sfuggisse con un fil di voce una frase che avrebbe segnato il proseguo della sua intera giornata. «Tu hai del potenziale per farmi così male...». È una frase volutamente incompleta, come lasciata in sospeso sulla corda di un equilibrista, che lo lascia per l’appunto sul filo del rasoio.
Il rumore metallico dell’anta che sbatte lo riporta alla realtà e Claudio pensa che sanno entrambi dove colpire e sarebbero potenzialmente in grado di scatenarsi delle guerre interiori l’uno contro l'altro – è questo il prezzo da pagare quando ci si dà in pasto alle emozioni? ▪ “I don’t want to show the details of my mind”. Quando Alice sbatte la porta, una scena che in verità avviene piuttosto di frequente, Claudio può sentire la scia di profumo che ha lasciato dietro di sé e il calore dell’abbraccio in cui l’ha stretta permea ancora sul suo corpo. Razionalmente sa che le sue deduzioni non hanno fondamento alcuno, ma si sta iniziando a chiedere se ciò che prova abbia ben poco a che vedere col raziocinio, in fondo. Ammettere a sé stesso che forse, molto probabilmente, far da scudo al suo stesso scudo interiore anziché farsi breccia tra i suoi sentimenti non porterà a nulla di buono è impensabile, insostenibile e dannatamente autodistruttivo. Allora si convince che sia meglio vivere come ha sempre fatto, da solo e senza appoggio alcuno, d’altronde essere così integerrimo lo ha portato a far carriera, ad abitare nei quartieri migliori, a non avere bisogno di presentazioni. Per quale motivo dovrebbe cambiare una vita che non ha fatto altro che compensarlo? Alice gli lancia un’occhiata di sufficienza dall’altra parte del corridoio, quanto basta per far sì che rimetta in discussione tutto ciò di cui si è appena convinto qualche istante prima – e tutto ciò per un maledetto abbraccio, un incontro di ‘mi manchi’ soffocati nella sua spalla e di sospiri malcelati. Claudio abbassa lo sguardo, dirigendosi verso i suoi preziosissimi beni materiali, lasciandosi sfiorare dal pensiero che nulla di tutto ciò colmerà mai il calore che ha provato abbracciandola. Ora, alla luce delle parole di Alice, di quelle irraggiungibili paroline che vorrebbe tanto poter dire, appare più che mai lampante il fatto che è lei, tra i due, ad essere la persona più audace e coraggiosa. È lei ad essere disposta a sentire i pettegolezzi di corridoio, ad essere l’argomento delle conversazioni sottovoce in caffetteria, mentre Claudio a cosa è disposto davvero? È molto più facile raggirare l’ostacolo anziché affrontarlo, è molto più semplice costruirsi delle barriere autoprotettive e schermarsi dalla realtà invece di concedersi un po’ di tregua ed è decisamente meno rischioso rifiutare di esporsi in pubblico, in modo così plateale, piuttosto che darla vinta ai suoi sentimenti. Ogni tanto Claudio si chiede quali fossero stati quei segnali che li avrebbero portati a scontrarsi, urlarsi contro e baciarsi nel giro di pochi minuti, il tutto sotto gli occhi dell’intero Istituto. Ogni tanto si domanda come sia possibile che Alice sia arrivata ad occupare una fetta così importante della sua vita e che, anzi, ne sia diventata una presenza in grado di imprimere una svolta alle sue giornate, tanto in positivo quanto in negativo.
Claudio non riesce proprio a superare quel limite, a far sì che il mondo veda ufficialmente quanto esista tra di loro – anche se, in verità, non è un segreto ben celato, dubita che esistano colleghi che non abbiano sentito i centoventi decibel di Alice durante le loro litigate –, ma questo significherebbe anche mostrare un’altra faccia. Un altro volto della proverbiale medaglia, il rovescio della monetina, l’anima all’interno dell’armatura: Claudio sa bene che non riuscirà mai a dire tutte queste cose ad Alice a voce e va da sé che sia molto più facile rifiutare le sue labbra protese verso una zona di conforto e strisciar via da quella scena ben poco familiare, per poi dannarsi la sera stessa al riguardo, con un bicchiere di vino in mano e l’anima in tumulto. ▪ “Hiding the strange things in a drawer you can’t find”. Pronunciare quelle parole tanto desiderate, più e più volte rimaste sulla punta della lingua, è stato come vedersi aperta una gabbia entro la quale si trovava il suo cuore. Anche ora che Alice poggia la testa sul suo petto, avvolgendolo con un braccio in una semicirconferenza che aspira ad essere un abbraccio, Claudio non riesce a credere di essere rimasto sulla terraferma, fisicamente e figurativamente, nonché di averle detto per la prima volta ‘ti amo’. Forse è anche per quel motivo che Alice lo trattiene così fermamente, affinché ricordi che può contare su di lei e che non è da solo come pensa – quando ci si abitua a contare sulle proprie forze, pensa Claudio, è difficile ammettere di aver bisogno del supporto degli altri. Claudio non sarebbe mai stato pronto a lasciarla andare, ragion per cui aveva scelto di salutarla alla vecchia maniera, così lo avrebbe sempre ritrovato nelle parole – era il suo modo di esser presente pur senza esserlo fisicamente. Avrebbe anche potuto restituire la famosa scatolina rossa, ma quello era il solo e unico modo di dimostrarle quanto la amasse – le parole non erano certo il suo forte –, anche a costo di non vederlo al suo anulare. Claudio si era detto pronto per Baltimora, a recidere il filo che li aveva fatti unire e dividere al tempo stesso, ma la vita continuava a stupirlo esattamente come qualche anno addietro e la sensazione non poteva essere più paradossale di così. Quando Alice lo aveva rincorso sino all’aeroporto, trafelata e impacciata come solo lei era in grado di essere, Claudio aveva provato una stretta fortissima e si era reso conto che, per la prima volta nella sua vita, doveva fare i conti col fatto che da alcune cose non si scampa e non si vorrebbe mai scampare, per quanto irreali e assurde esse sembrino. E anche ora che la sente respirare sul suo petto inizia a rendersi conto di quanta strada abbiano fatto e di quante circostanze avrebbero potuto dividerli, invece hanno sortito l’effetto opposto – e Claudio trova straordinario, forse un po’ irragionevole considerando che si tratta di una funzionalità dell’encefalo, che tutto ciò sia avvenuto attraverso alcune sillabe. Sono le stesse che Claudio continua a ripetere sottovoce, come una sorta di
incantesimo, sperando che raggiungano Alice nei suoi sogni. ▪ “All the camellias are blooming for us in the garden of our past”. «Si può sapere perché non stai toccando nulla? Cos’ho combinato stavolta?», inveisce Alice, gesticolando con la forchetta. «Mangerei comunque se avessi combinato qualcosa, Alice», ribatte lui, con un tono che tradisce la sua impalpabile sicurezza. «Sì, sì, certo, come no… Sono io quella che dovrà effettuare la sua prima autopsia. Anzi, promemoria per la prossima volta: non si fissano autopsie dopo pranzo». Alice prende appunti mentalmente e, ammette Claudio tra sé e sé, quella che sta osservando è una scena quasi tenera, una vispa dolcezza che non abbandona mai il suo volto, pur dopo tanti anni. Claudio non riesce ad abbandonare la maschera di finto ammonimento e osserva: «Se ci sarà una prossima volta...», guadagnandosi un’occhiata piuttosto brusca. «Ah-Ah. Che senso dell’umorismo, Dottor Conforti. Io lo dico che quando non mangi sei ancor più acido… oddio, non che normalmente tu sia tanto meglio». Alice continua a fare una lista, in verità piuttosto fitta per esser stata pensata al momento, dei tratti più acuti del suo carattere, ma la mente di Claudio non riesce ad osservare l’immancabile botta e risposta all’ordine del giorno poiché è rivolta ad altri pensieri. Ripensando alla loro storia, Claudio sa bene di aver fatto i cosiddetti ‘grandi passi’ in avanti, al punto tale che far pranzo insieme è diventata parte di una routine che non avrebbe mai pensato di poter desiderare e tornare a casa la sera, sapendo di potersi abbandonare tra le sue braccia, un sicuro rifugio nel quale poter abbandonare qualsivoglia maschera. Eppure, la conosce abbastanza – il prezzo da pagare in una relazione stabile, dopotutto – da aver notato che l’espressione di Alice dopo aver letto il biglietto di Calligaris è stata un tripudio di eccitazione e malinconia condita ad un pizzico di delusione e Claudio non riesce ad accettare quell’ombra sul suo viso. Un’ombra che gli tiene ben nascosta, beninteso, ma che aleggia nell’aria al cospetto delle battute dell’irriducibile nonna o nelle veloci sbirciate al brillante, che Claudio finge di ignorare, prima o dopo un’autopsia. Bensì Claudio non circoscriva assolutamente il matrimonio come una tappa fondamentale, qualcosa a cui non sa dar bene una denominazione sembra attraversagli la colonna vertebrale sino ad arrivare alla sua mente e la futura prospettiva di vita non gli è mai parsa tanto nitida. Claudio abbozza un mezzo sorriso, si è appena reso conto di sapere esattamente quando le farà l’attesa proposta e non potrebbe esservi occasione più adatta. «Questo silenzio significa che non mi ritieni pronta?», lo redarguisce Alice, la quale ha appena concluso un monologo degno di nota. «No, sei pronta Alice. Sei pronta», sottolinea Claudio, picchiettando le dita sul tavolo.
E in realtà lo ripete anche a sé stesso, in una sorta di improvvisato dialogo interiore, ben sapendo che si arrischierebbe a qualsiasi prova per lei. ▪ “’Cause if you love me tonight my heart won’t be a lonely stranger”. Claudio non riesce proprio a sollevare le palpebre, non quella notte, perché il mondo gli apparirebbe il lugubre palcoscenico qual è; inoltre, gli occhi sono gonfi e pesanti ed è un immenso sforzo trascinarsi da una stanza all’altra. Ne è ben consapevole, lo stato d’animo al quale Alice sta assistendo è in tutto e per tutto una vera novità e, pur tuttavia, un avvenimento al quale la sta rendendo partecipe, lasciandosi leccare le ferite che gli sono state inferte. Il profumo di Alice si spande sui suoi vestiti, sulla sua pelle e forse penetra ben oltre il visibile, mentre con estrema delicatezza solleva gli orli della camicia e lo riempie di piccoli baci qua e là, continuando a ripetergli a bassa voce: ‘Io sono qui’. Claudio si lascia guidare inaspettatamente dalla forza della sua voce e del suo calore, cedendo alle effusioni di tenerezza e, anzi, appigliandosi alla soave leggerezza che solamente il suo tocco può procurargli. Al suo cospetto Claudio sente di poter dar adito alle fragilità interiori, ai tormenti che da una vita porta con sé e che ora sembrano ancor più amplificati dalla presenza di Giacomo, l’unico testimone di un vissuto tenuto ben sottochiave. È come se Alice avesse accesso ad una serratura non più di sua esclusiva proprietà e Claudio non saprebbe dire quando ciò sia avvenuto o quando lei abbia avuto il permesso di accostarsi al suo dolore e le abbia permesso di vedere il volto dell’uomo meno trasparente, ma sta di fatto che ciò è accaduto ed è stato come poter respirare per la prima volta. La mano di Alice si posa con movimenti circolari sul suo petto, come a voler quietare il suo animo in tempesta; può anche sentire un flebile ‘shh’ pendere dalle sue labbra e istintivamente Claudio le afferra la mano libera e la porta delicatamente tra le sue. Anche se in quel momento è soprattutto lui ad aver bisogno di lei, cerca di farle capire che non dà quella sua dolcezza per scontato e che l’arte di esserci andrebbe esercitata reciprocamente. Claudio pensa che se potessero dare un volto al loro legame sarebbe proprio la scena che li vede or ora protagonisti e che se potesse sposarla in quel momento, ignorando qualsiasi cosa stia accadendo loro attorno, lo farebbe e desidererebbe solo una vita in grado di coinvolgerli così ogni notte, attraverso un’intesa solamente loro. ▪ “Let’s make our dreams come true once and for all”. «Non sono così sicura che il mondo sia pronto a vedere CC sposato...», lo ammonisce scherzosamente Alice, rivolgendo una particolare occhiataccia al GPS.
«Eh, Sacrofano, lei risponde solo ai comandi tesoro e cara… mi sa che avrai una rivale», ribatte Claudio, spingendo sull’acceleratore con l’usuale delicatezza. Claudio le prende istintivamente la mano, tenendo l’altra ben salda al volante, dandole un bacio sulle nocche e sfregandole tra le sue dita: quel gesto, così innocuo eppure tanto intimo, è qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare di potersi permettere. Come, d’altro canto, non si sarebbe certamente visto all’altare – per giunta, di fronte ad un prete –, con un piano d’azione a sorpresa pensato nei minimi dettagli pur di vederla felice. Ma, in fondo, non è proprio questo l’amore? Una felice ubriacatura che dissipa i sensi, ma non gli effetti. «Dovresti fissare molto di più la strada anziché me», tuona Alice, distogliendolo dai suoi pensieri. «Puoi andare in panico una volta che avrai parcheggiato...». Alice continua ad ammonirlo con frasi sardoniche e a ripetere quanto non voglia rischiare nulla con la sua guida distratta, in particolar modo avvolta dal vestito da sposa di sua nonna, mentre Claudio riflette sul fatto che ci sia un ritmo tra di loro da rispettare e che lei si aspetti un suo commento maligno, eppure quanto più la sente chiacchierare senza sosta tanto più la sua espressione si distende armoniosamente. «Ecco qui, Sacrofano, breve e indolore, non come quella lunga cerimonia», la bercia sagacemente Claudio, frenando la macchina. Ed è in quel momento, osservando Alice che lotta con il riso tra i capelli e un lembo del vestito incastrato nello sportello, che si rende conto di essere in procinto di attraversare una casa che sarà per la prima, vera volta loro e che ogni cosa gli apparirà al plurale d’ora in avanti. Claudio bisbiglia tra sé e sé, ben accorto a non farsi udire da lei: ‘E va benissimo così’. _____________________________ Note: I versi delle canzoni citate sono, nell’ordine: “8/11”, “Just for Fun”, “Love Me Tonight”, degli The Shalalalas.
L’idea iniziale era quella di omaggiare l’ultimissimo episodio, poi però ho iniziato a pensare a tutti i paralleli dalla prima alla terza stagione e allora ho deciso di dedicar loro una serie di piccoli momenti che dovrebbero coprire le tappe fondamentali della loro storia. Spero che gli episodi ai quali mi riferisco si capiscano, ho voluto lavorare sia di fantasia che di introspezione. Inoltre, questa è la prima parte – ce ne sarà una seconda dal punto di vista di Alice, in parallelo con questi spezzoni – dal punto di vista di Claudio, che non è stato così facile da analizzare. Dato che con questa serie sono letteralmente impazzita (non scrivo fan fiction da più di tre anni, ecco quanto sono stati importanti per me), mi sembrava giusto dedicar loro un tributo, pensato come una raccolta di ‘prime volte di Alice e Claudio’, accompagnato dai versi della band The Shalalalas. Grazie a tutti voi lettori per esservi soffermati fin qui, a breve la seconda e ultima parte!
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Capitolo 2 *** Indissolubilmente - Parte due ***
Alice lancia il velo alla rinfusa in modo alquanto teatrale, come liberatasi da un pesante fardello; la sensazione, in fondo, è grossomodo quella: la fine di un lungo e tortuoso percorso, nonché l’inizio di un altro nuovo, misterioso capitolo. Di tutti i misteri risolti da Alice, Claudio rimane forse il più enigmatico e l’unico capace di tenerla col fiato sospeso fino all’ultimo: non si sarebbe mai sognata, infatti, un’imboscata così ben riuscita, né avrebbe mai immaginato che una giornata del tutto ordinaria si potesse trasformare nella più memorabile della sua vita. «A questo punto, la tradizione prevederebbe che tu mi prendessi in braccio oltrepassando la soglia di casa». «Eh no, Sacrofano, mi sembra di aver già dato a vita in quanto a tradizioni...», chiosa lui, sbottonandosi il polsino della camicia. Alice sorride in sua direzione senza motivo alcuno, si sente ubriaca di felicità e non riesce ancora a credere che il perimetro che stanno occupando sia lo stesso nel quale, solo qualche anno prima, discutevano la natura del loro rapporto. Aiutandolo a sbottonare l’altro polsino, Alice cerca tacitamente il suo sguardo: «Non è l’unica tradizione da osservare, però...». Evento più unico che raro, pare che Claudio non abbia risposte sarcastiche da elargirle stavolta, il tempo delle parole è finito – anzi, si stupisce ancora che ne abbia trovate così tante e che le abbia proferite in modo così plateale poc’anzi –, ma dei gesti concatenati e delle carezze, dei baci lascivi e dei momenti che saranno sempre e solo loro, a riparo da qualsiasi interferenza esterna. Alice solleva appena le punte, facendosi leva sulla giacca di Claudio, carezzandogli con le labbra il collo e imprimendogli baci leggeri e fuggitivi in prossimità del colletto. È un gesto che lo rabbonisce e lo punzecchia, ormai Alice l’ha imparato col passare degli anni, ed è proprio quell’intimità speciale ciò che ama di più nella loro relazione. «Tu vuoi davvero rovinarmi...», la redarguisce con quel suo fare sardonico, sciogliendole i capelli. «Già fatto, a dire il vero», commenta altrettanto sagacemente Alice. Ed è in quell’attimo, mentre si muovono in maniera ben poco coordinata in direzione di un’altra stanza, che nella mente di Alice si affaccia un pensiero fuggiasco e si rende effettivamente conto di quanto Claudio sia la miglior rovina capitatale e che ripeterebbe quella giornata infinite volte, ora che non deve più sognarla. Indissolubilmente ▪ “I take a walk, but thoughts are louder than the cars”. Può ancora avvertire l’aura di egocentrismo che ha lasciato sul cosiddetto luogo del delitto il medico legale e le nocche delle mani le prudono ancora se ripensa al trattamento che le è stato appena riservato.
Alice gli restituisce in maniera assai impacciata la telecamera, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo per non perdervisi, mentre la mente vaga verso scenari ben poco probabili e destinati a venir catalogati nelle sue fantasie più fulgide. «Hai capito?», la interrompe il Dottore, distogliendola di botto. Alice è quasi certa che le abbia spiegato un dettaglio scientifico del massimo valore e annuisce con insistenza, forse anche troppa, guadagnandosi un’occhiata truce da parte del diretto interessato. «Libererei la mia agenda solo per vedere la pessima figura che farai all’esame di Medicina Legale», la rimbecca divertito. Almeno potrei rivederti, pensa in cuor suo Alice, preoccupandosi ben poco dell’esame che dovrebbe affrontare da lì a breve. Il Dottor Conforti pronuncia un veloce: ‘Vabbè, qui ho finito’, defilandosi dalla scena in qualche istante e lasciandosi dietro la scia di una colonia sicuramente molto costosa. Alice rimane imbambolata di fronte al corpo esanime di Tamara, rendendosi effettivamente conto dell’accaduto, ma aprendo anche la mente alla consapevolezza di essersi appena risvegliata da un incantesimo e di sapere, per la prima volta nella sua vita, quale svolta imprimere alla sua carriera. ▪ “I cannot clear my mind at all. Nothing works at 5 o' clock, nothing works when morning comes”. Alice sfiora ossessivamente i margini della bocca, come se potessero prendere fuoco da un momento all’altro, mentre ripercorre in sequenza le azioni che li hanno condotti a ritrovarsi labbra contro labbra, per un lasso di tempo non indifferente – ora che ci ripensa devono essere trascorsi minuti, non le sentiva così infiammate da una vita. Quel che è appena accaduto non ha un senso logico, non è altro che un inciampo involontario e non si dovrà ripetere mai più; Alice si sgrida mentalmente, ma viene distolta dalla chiamata che compare sul suo display. Ecco i sensi di colpa che si materializzano, pensa Alice, sentendosi sporca e più infida che mai. Arthur, il fidanzato che ama e che la rispetta, la sta chiamando da chissà quale paese o, anzi, chissà quale nazione, ritagliandosi un po‘ di tempo appositamente per aggiornarla, mentre lei è talmente poco originale da cedere alle lusinghe dello scampolo più bramato del Regno. È con questo umore che Alice preme sul tasto verde, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore, mentre la voglia di scavarsi un fosso e immergercisi dentro non le sembra un’idea così paranormale. «Amore, ciao», l’inflessione è quasi caricaturale e se ne accorge solo qualche secondo dopo. Arthur non sembra averci fatto caso, poiché risponde un sonoro: «Alice, finalmente ho trovato il tempo di chiamarti. Ti sembrerà assurdo, ma ti stavo immaginando qua... hai presente quei luoghi che ti ricordano una persona, per puro caso? Ecco, io ti immagino qui. Tu occupi i luoghi e la mente, ovviamente...». Le parole di Arthur sono tenere e lusinghiere, sebbene l’effetto che provocano sia lo stesso di una lama affilata e finisce col sentirsi ancor più in colpa – nell’udirle la coda dell’occhio si dirige inevitabilmente in direzione dell’altra parte della sala, laddove c’è sempre lui, indaffarato nell’atto di commissionare ordini e ricerche.
Tu occupi i luoghi e la mente... e il cuore, aggiunge Alice, riprendendo la sua citazione. Dall’altra parte sente un sonoro cenno di assenso, ma nel pronunciare quelle parole non può fare a meno di osservare con fissità la scontata ordinarietà della scena che si svolge dall’altra parte del corridoio e, in men che non si dica, le certezze vacillano un po’. ▪ “The light is off and I toss and turn in bed”. Le prime luci dell’alba si levano alte, accompagnate dai rumori che solo in prima mattinata si possono udire; Alice contemplerebbe quella scena, se solo la realtà non le apparisse più nitida che mai e il senso di colpa non le montasse dentro strenuamente. Si sente stretta in una mossa contorsionista e non riesce a comprendere come sia possibile che si siano ritrovati accovacciati così: le lunghe, possenti braccia di Claudio sono incollate alla sua schiena, mentre il capo di Alice è talmente vicino al suo cuore – allora non lo ha cristallizzato, pensa tra sé e sé – da avvertirne il battito. La sua mente riflette a lungo sul da farsi e forse, inconsciamente, vorrebbe bearsi di quella sensazione finché dura; eppure la parte razionale di sé, quella che chiaramente qualche ora prima deve aver scioperato, le fa notare quanto inconveniente sia stato l’intero accaduto. Si muove in verticale, liberandosi da quella morsa, scivolando dal basso e servendosi di quei pochi riflessi che sembra aver conservato; Claudio non pare dar cenno di volersi svegliare e, osservandolo da quella prospettiva, tutto appare fuorché un diavolo tentatore. Da un lato vorrebbe etichettare quella notte solo come il frutto di una tensione arrivata oltre i limiti del sostenibile, una sorta di valvola di sfogo e un desiderio recondito, sepolto nelle sue più sfrenate fantasie, compiutosi ed esauritosi carnalmente. Alice vuole convincersi che si tratti di null’altro se non dell’estro della sua mente, dopotutto ha sempre trovato Claudio Conforti attraente e bensì la sua personalità lo smonti completamente, non si può certo negare che eserciti un certo fascino. Poi, però, si detesta profondamente e pensa a quanto sia stata venale nel commettere quel passo falso, contribuendo ad essere solo l’ennesima ruota di un lungo e affatto originale carro. Riflette sul da farsi, forse dovrebbe semplicemente andarsene e infilarsi nella sua camera, aspettando l’effettivo inizio di un’altra giornata congressuale per tenere la mente occupata. Ma una parte di sé pensa che dovrà affrontare quella situazione prima o poi, allora si distende nuovamente, con gli occhi aperti a studiare i lineamenti di Claudio – stavolta ad una distanza accettabile, sono separati solo da un raggio di sole che li divide esattamente nel bel mezzo del letto –, mentre ripercorre con la mente quanto avvenuto. I loro movimenti, le mani che si sfiorano con tremore iniziale, trepidanti di ciò che avverrà, la chiave nella serratura che ha bisogno di un paio di mandate, il vestito che le scivola pian piano, la giacca di Claudio che getta con poco riguardo, la loro pelle che si tocca e si studia per un attimo, prima di concedersi ad un altro lungo e disperato bacio, come se ne fossero stati in astinenza sino ad allora. Ma è tutta colpa del vino, si ripete Alice sommessamente, socchiudendo le palpebre. Il dramma reale è che persino ora, in tutta la sua riappropriata sobrietà, quanto accaduto tra loro si ripete come in una sequenza cinematografica nella sua mente e non ha più nessuna giustificazione da potersi dare. ▪ “ Sometimes we hide, sometimes we just pass it by”.
È l’alba di un altro giorno in Istituto e ogni cosa le appare in maniera diversa, da quando Claudio si è aperto con lei. È come se da quel momento avesse smascherato l’ultimo strato di un fondale e ne avesse visto, di conseguenza, il vero volto per la prima volta. Da quella mattinata, però, ogni situazione assume un significato diverso, come se ci fosse qualcosa di non detto eppur inteso tra le righe; il fatto che Roma sia una canicola in pieno agosto e che non ci sia anima viva, poi, non aiuta di certo la sua situazione. Fino ad allora aveva sempre pensato a Claudio come ad un uomo difficile, dai modi spesso bruschi e arroganti, ma soprattutto potenzialmente pericoloso per il suo cuore. Eppure, sin dal primo giorno, qualcosa l’aveva attirata e spinta in sua direzione, un climax in crescendo, che non aveva saputo o voluto frenare. Possibile che la verità fosse sempre stata lì, sotto ai suoi occhi, ma che fosse solo troppo cieca per affrontarla e darle una definizione? Anche ora che Claudio è in laboratorio ad elaborare un test comparativo, pur non dicendo nulla, percepisce l’atmosfera tesa che si erge fra loro e viene amplificata dai rumori prodotti dai macchinari, dal computer in piena fase aggiornamento e dai rumori emanati dalle provette di vetro alle quali Alice tenta di dare un ordine sensato. Avverte una scossa, fisica e figurativa, quando Claudio le sventola davanti un foglio incrociando il suo sguardo teso – mentre quello del Dottor Conforti, com’è prevedibile del resto, non mostra emozione alcuna e trasuda null’altro se non professionalità. «Pensi che questi risultati si confronteranno da soli se non li analizzi, Allevi?», sbuffa con quel suo fare superiore, indicando con la coda dell’occhio i documenti in coda nella stampante. «Ah, devo averli dimenticati. Grazie Claudio». «Evviva le novità», incalza lui, poggiandosi col gomito sulla scrivania, a distanza ravvicinata. Ora i suoi occhi la scrutano seriosi e Alice deve invocare tutto l’autocontrollo in suo possesso per non lasciarsi incantare dalla profondità degli stessi e ricordarsi che sta lavorando, ha una lista di ricerche da svolgere e potrebbe sempre riscoprire i bassifondi dell’Istituto e catalogare una serie di reperti tenuti sottochiave, nel caso avesse bisogno di cambiare aria. Distoglie forzatamente lo sguardo, prima di ribattere piena di dignità e di inusuale freddezza: «Ora posso tornare a lavorare». Sorprendentemente Claudio intende al volo e le lascia il suo spazio vitale, sebbene la sua espressione sembri accompagnata da un sorriso amaro e da un’unica battuta, pronunciata senza alcun fronzolo: «Prima o poi dovrai affrontarci, Alice». ▪ “I love your fingers pulling me high on that hill again”. Stupida, stupida Alice. Sei proprio l’ingenuità per antonomasia. Alice si continua a ripetere quelle parole da un’oretta, agitando nervosamente il composto che sta analizzando tra le sue mani, tant’è che Lara interviene acidamente per placarla: «Ali, anche basta. Accanna, oh. Vai avanti da un’ora». In effetti non ha tutti i torti, basterebbe che prendesse semplicemente atto del fatto che certi uomini sono destinati a rimanere uguali e nulla potrà mai cambiarli. I suoi pensieri volano nell’aria quando il suddetto soggetto si presenta nella Sala Specializzandi per un nuovo, entusiasmante caso da cui apprendere e sarebbe interessante e formativo se solo la natura del loro rapporto non avesse superato qualsiasi sia la soglia oltre i
limiti dell’imbarazzo. Alice tenta di evitare l’invito fuggendo letteralmente in Laboratorio, ma è Claudio a inseguirla stavolta e a ricordarle quanto già temeva. «Ti ricordo che non è un invito di cortesia». Si tratta di una logica inoppugnabile, alla quale Alice può solo fare un cenno di assenso. «E non rendiamola più difficile di quanto già non sia, Alice», sembra sul punto di sfiorarle la guancia con una mano, poi però la ritrae di scatto. Non sia mai che l’Istituto possa vederlo umano, pensa Alice, fingendo malamente indifferenza. Tuttavia, la sua risposta basta a darle l’impulso per tornare alla carica più forte di prima: «L’unico a renderla difficile, tra noi due, sei tu». Quindi prende la telecamera e si munisce del necessario, lasciandolo in una stanza a metà tra il titubante e l’inferocito, ben sapendo che sta già meditando come fargliela pagare al prossimo sopralluogo. E tuttavia, pensa spiandolo con la coda dell’occhio, lasciare di stucco CC varrà qualunque tortura si prospetterà all’orizzonte. Peccato che si tratti di un’amara vittoria, dal momento che ciò non cambia la natura del loro rapporto e, in particolar modo, il subbuglio che continua ad essere capace di suscitare nel suo cuore. ▪ “I wonder why I feel so high”. I ‘ti amo’ di Claudio, pronunciati affondando il capo tra i suoi capelli, quasi come a volerli nascondere, le provocano una serie di emozioni contrastanti: dall’ilarità più sguaiata alle lacrime confuse, il tutto nel giro di qualche minuto. Potrebbe essere la notte giusta per confonderlo più del solito, ma d’altro canto si è appena precipitata all’Aeroporto correndo coi tacchi alti e ha appena trascorso il resto della serata a sincerarsi che le condizioni di Sergio Einardi fossero davvero stabili, le sembra di aver giocherellato sin troppo col karma. Sono le cinque del mattino, l’abbacinante manto notturno sembra voler cedere il posto alle soffuse luci dell’alba e pur tuttavia non sembra loro che sia il momento di sgomberare la mente e abbandonarsi all’oblio. Le mani di Claudio la stringono ancora forte, come se temessero di perderla nuovamente, mentre oltrepassano la soglia della porta; per la prima volta nella sua vita Alice non sa cosa dire e, anche se non lo ammetterebbe mai, la mancanza di battute sardoniche sembra denotare lo stesso piglio anche in lui. Il rumore delle chiavi metalliche lanciate sul tavolino di vetro rimbomba come un’eco che sovrasta ogni cosa e suscita l’effetto di un incanto che infrange la stasi del momento, portandoli a cercare un confronto diretto, occhi negli occhi, a ritrovare quella complicità che non hanno mai davvero abbandonato. Alice non molla la presa dal suo sguardo e sfila quegli ostici tacchi che le hanno provocato tante gioie quante afflizioni in una sola sera, poi afferra le mani di Claudio tra le sue dita e le conduce verso i suoi fianchi e un po‘ più su, in direzione della zip del suo vestito grossomodo, guidandolo in un gioco di sguardi e di baci rubati. Stavolta Alice vuole crederci, vuol darsi in pasto al destino e farsi abbracciare dall’imprevedibile sviluppo che sembra promettere la loro relazione – le sembra persino strano chiamarla così, a ben pensarci, dopo aver vissuto nella clandestinità per tanto tempo. Il volto di Claudio sembra voler sposare i suoi pensieri e le loro labbra si lanciano in un tira e
molla incessante e molesto, mentre i loro respiri si confondono in un crescendo di emozioni che sanno di attimi persi, partenze mancante e, soprattutto, di sentimenti falsamente negati. Una sola, rapida occhiata al diamante che ora adorna alla perfezione il suo anulare e uno di quei sorrisi autentici da parte di Claudio, più unici che rari invero, che gli ha visto in volto un numero circoscritto di volte, dopodiché è tutto un susseguirsi di movimenti che conosce sin troppo bene, di baci dissoluti che li conducono a doversi separare forzatamente per riprendere fiato e di centimetri di pelle che si scontrano e si confondono. Claudio continua a ripetere il suo nome con strascico, come se avesse la capacità di infliggergli la peggior pena e il miglior antidoto al tempo stesso e forse la loro storia potrebbe essere riassunta banalmente così. ▪ “And I wonder, yes I wonder, why I feel so high”. Alice si perde nei dettagli del suo diamante, beandosi di un’altra visione che la vede sposata in cima alla Torre Eiffel – deve decisamente mettere un freno alle sue fantasie e, soprattutto, smettere di vedere a ripetizione Prima o poi mi sposo. La sua mente è per l’appunto occupata da tutti quei pensieri che prendono forma, quando le dita di Silvia che le schioccano davanti a più riprese interrompono il suo personalissimo montaggio cinematografico e la fanno precipitare nella solita, ben poco esaltante realtà. «Sei di nuovo in una dimensione parallela, Alice?». Silvia le ricorda che la loro pausa dovrebbe essere equamente condivisa e se l’una dovrebbe parlare delle visioni matrimoniali, l’altra dovrebbe distruggerle completamente – è un equilibrio delicato, una di quelle Leggi di Murphy non scritte. «Che poi quell’anello lo portavi anche da prima... non avrebbe dovuto chiedertelo prima e poi dartelo? Le basi, Dio...», sentenzia argutamente Silvia. «Parliamo di CC». È già molto che le abbia fatto una sorta di proposta, vorrebbe ribattere, ma preferisce tacere circa le modalità per ora – discutere della proposta in sé avvenuta di fronte ad un cadavere fresco di Laboratorio non è l’ideale per la loro pausa pranzo. Tuttavia, Alice non avrebbe potuto immaginare location più adatta, anche se non glielo dirà mai a voce e continuerà a citare in sua presenza le migliori proposte cinematografiche giusto per poterglielo rinfacciare, dopotutto la Sala Settoria è stata il teatro delle loro tappe fondamentali. Possibile che anche Claudio abbia pensato la stessa cosa? Possibile che si sia angustiato, a suo modo chiaramente, pensando a come avrebbe trovato le parole da proferire e che la Sala Settoria sia stata un simbolico punto di raccordo tra il vissuto e ciò che dovrà avvenire? Vista in tal maniera, Alice si convince di essere stata la protagonista di una memorabile dichiarazione d’amore, nemmeno le sue fantasie più vivide sarebbero potute arrivare a tanto; istintivamente, la mente balza alla pila di DVD accatastata nella sua stanza, immagina Matthew McConaughey che la osserva in modo torvo, impartendole una ramanzina sulle basi del romanticismo.
▪ “ Everybody needs somebody”. Accarezzando la fronte di Claudio e giocando con i suoi ciuffi ribelli, Alice è giunta ad una conclusione: vedere chi si ama soffrire è ben più penoso della propria sofferenza, è qualcosa di inconcepibile a cui assistere e il fatto che non si possa far nulla per alleviare quel dolore non aiuta. Il fioco bagliore dell’abatjour illumina il volto vagamente più disteso di Claudio e, come per osmosi, anche la sua fronte si distende. L’inusuale espressione di serenità probabilmente è conciliata dal mondo dei sogni, l‘unico universo nel quale ci si può abbandonare completamente, il che porta Alice a dover fare i conti con quanto avvenuto poc’anzi. Non aveva mai visto Claudio così fragile, non aveva mai visto nel suo volto tanta sofferenza tutta assieme: quell’immagine indelebile era bastata, da sé, a toglierle il sonno e a riflettere su un piano d’azione quanto più rapido possibile. Tracciando un’immaginaria linea cronologica della loro storia d’amore, ciò che si stava approcciando a fare avrebbe avuto del potenziale per essere fissato come un evento storico di portata epocale. Alice si prepara in fretta e furia, mossa da una trepidazione che la assale da capo a piedi, mentre le sovviene una sospettosa citazione che deve aver letto in piena adolescenza: ‘Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male’. Forse la coscienza le sta mandando un segnale o forse non è mai stata un portento nel contestualizzare le parole o più probabilmente, come direbbe Claudio, è semplicemente innamorata e non è una testimone oggettiva. D’altro canto, è pur vero che svolgerebbe il suo lavoro al meglio se solo fosse algida e calcolatrice, basandosi sui dati meramente scientifici, come la Professoressa Manes le ha insegnato – ma si è mai sentito parlare di un innamorato oggettivo? Alice riflette sul fatto che non sembra serbar ricordi di un amore analitico, almeno non nel bagaglio culturale del quale ha memoria, mentre lancia un’ultima occhiata ai piedi del letto di Claudio e mormora con un fil di voce: ‘Lo faccio per te, amore mio’. ▪ “We’ll sail and cross the world to see what’s going on”. Potrebbe trattarsi della suggestiva atmosfera oltre continente, ma le sembra che persino il cielo assuma altre sfumature in Australia – o potrebbe benissimo esser colpa del bicchiere di Martini di troppo che ha bevuto a cena. Si ritrova con la schiena appoggiata allo stipite della portafinestra che divide quell’antro dall’infinito spazio che occupa la spiaggia, accompagnata naturalmente dalla vastità dell’oceano che si perde ben oltre il visibile. È una visione ben diversa rispetto a quella trafficata e sonora, soprattutto sonora, alla quale è abituata a Roma e forse è per quel motivo che fa più fatica ad appisolarsi. È più difficile abituarsi alla tranquillità anziché al trambusto, soprattutto in considerazione del fatto che recentemente le loro vite sembrano aver conosciuto quest’ultima facciata. I pensieri si dileguano rapidamente quando incontra l’espressione vagamente sorniona di Claudio, illuminato dal bagliore artificiale emanato dall’abatjour. «Fammi indovinare, cerchi di farti passare la sbronza», ammonisce con tono di scherno, con l’aria di chi sta trattenendo malignamente una risata.
«No. Sono sobrissima», inveisce, forse a voce un po’ troppo alta per poter essere creduta. Poi, abbandona l’angolo che si era ritagliata e si avvicina cautamente al bordo del letto, osservando con la coda dell’occhio la sveglia e convenendo che in effetti è un po’ tardi e dovrebbe accarezzare l‘idea di sdraiarsi piuttosto che sognare ad occhi aperti. Claudio le sfiora delicatamente la spalla con un bacio, poi mormora con tono mellifluo: «E pensa se fossi stata brilla... Anche perché sappiamo come finisce la maggior parte delle volte quando ci siamo di mezzo noi, un hotel e il vino». Alice soffoca una risata abbassando il capo, in effetti l’intera situazione ha dei contorni piuttosto familiari se solo non fossero in tutt’altro continente e, soprattutto, sposati; quindi, la sua mano carezza la guancia di Claudio, come per tastare la realtà del momento, beandosi per un lungo istante di quella sensazione di pura intesa. «Sai a cosa stavo pensando?». «Che quando mi hai sposato hai fatto proprio un bell’acchiappo?», tuona lui, invocando la miglior dote in suo possesso, ovvero sia la modestia. «Anche... ma soprattutto che ogni giorno è un nuovo giorno. Lo è davvero...». Con te, vorrebbe dirgli, ma si rende conto di non aver bisogno di estrapolare quelle parole e che Claudio gliele sta leggendo negli occhi. D’altro canto, anche lei può leggergli dentro e rendersi conto di quanto vorrebbe dirle parole altrettanto profonde, se solo non sentisse ogniqualvolta di doversi scontrare con la sua complicata personalità. Quindi, è molto più semplice dimostrarglielo attraverso un gesto apparentemente innocuo e stringerle con forza la mano sinistra, trattenendovi le labbra per un tempo indefinito. Alice inclina docilmente il capo verso destra e pensa che siano proprio quei mansueti atti di pura e complice vulnerabilità a farle perdere un battito, pur col passare degli anni. E nel mentre quei pensieri prendono forma, ignari di qualsiasi dimensione spaziotemporale, le dita di Alice gli arruffano dolcemente i capelli, come per contraccambiare quella delicatezza ed è allora che, pur flebile e sussurrato, può udire le parole di Claudio: «Lo è davvero. Tremendamente». _____________ Note: Le canzoni citate sono “Nothing works at 5 O’Clock”, “Sometimes” e “Wonder”, dei The Shalalalas. “Quel che si fa per amore, è sempre al di là del bene e del male”, è una delle mie citazioni preferite (di sempre) di Friedrich Nietzsche e l’ho trovata calzante per quell’episodio in particolare, pensando alle ragioni di Alice. Vorrei anzitutto ringraziarvi per tutte le vostre belle parole e le vostre letture, mi hanno fatto davvero piacere! Sapere che non sono la sola che non ce la fa a superarli mi consola in qualche modo e dopo aver scritto venti pagine di fan fiction forse potrei passare alla fase dell’accettazione...? La vedo ancora dura.
In ogni caso, la storia è come sempre pensata in parallelo e fa riferimento alle prime volte di Alice e Claudio, ma stavolta dal punto di vista di Alice. Che dire, ci mancheranno ma li potremo sempre ritrovare negli episodi e nei libri della Gazzola. Grazie ancora a tutti voi per il supporto!
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