La vera storia dei quattro fondatori

di alexptt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Godrick e Salazar ***
Capitolo 2: *** Rowena & Helga ***
Capitolo 3: *** In memoriam ***
Capitolo 4: *** Chi semina vento... ***
Capitolo 5: *** Notte di stelle e debolezze ***
Capitolo 6: *** Il male minore ***
Capitolo 7: *** Primo giorno,primi guai ***
Capitolo 8: *** La scelta giusta al momento giusto ***
Capitolo 9: *** Scontri e confronti ***
Capitolo 10: *** Segreti ***
Capitolo 11: *** Dubbi e sentimenti ***
Capitolo 12: *** Spiriti affini ***
Capitolo 13: *** Ricatti ***
Capitolo 14: *** Maledizioni e promesse ***



Capitolo 1
*** Godrick e Salazar ***


Edimburgo, Anno 989

 

 

“Vi prego, vi scongiuro, lasciatemi andare! Sal, Sal ti supplico vieni a salvarmi, portami via di qui. Non ho fatto niente di male, lo giuro, non potete farmi questo!”

L’intera piazza risuonava delle grida disperate di una ragazzina, di età probabilmente compresa fra i dodici e i sedici anni, in preda al panico per la sorte ignobile che di lì a poco le sarebbe capitata. La folla era agitata da un’ eccitazione febbrile, raccolta sotto all’ altissima pila di legna e pagliericcio, in cima alla quale svettava l’esile figura femminile legata stretta ad un palo. In molti si scagliavano contro di lei, ingiuriandola nei modi peggiori :“ Al rogo,Strega!” , “prostituta” , “emissario del diavolo!” ,  “meriti di morire!” ,  “tornatene all’inferno, devi bruciare ora come per l’eternità!”.

 

Da una viuzza laterale che si affacciava sulla piazza un uomo e una donna incappucciati osservavano la scena raccapricciante che si parava davanti ai loro occhi. 

“ Oh Godrick, l’ennesima strega arsa viva. Dobbiamo fermare questa barbarie. Come possiamo stare fermi a guardare mentre decimano la nostra stirpe?”

“Non essere sciocca, Lydia, se ti mostrerai dalla parte della strega farai la sua stessa fine”

“Ma io SONO una strega e sono dalla sua parte. Che fine ha fatto il mago coraggioso che ho sposato? Siamo infinitamente superiori a loro, con un solo incantesimo potremmo salvare la ragazza! Ti prego.” 

Godrick fissò i suoi occhi in quelli supplicanti e preoccupati della moglie. Sapeva che aveva ragione, ma temeva per la sua vita.

“Come sappiamo che è una vera strega e non un’impostora?”

“In nessun caso meriterebbe questa fine. Ad ogni modo so chi è... si chiama Eva Slytherin”

“La sorella di quel Salazar Slytherin... quello che dicono possa leggere nella mente delle persone?“

“Esatto. Salazar è un legilimens, credo sia l’unico in tutta l’isola. È giovane ma è molto dotato. La sorella invece dicono sia una pozionista esperta nel....” stava per terminare la frase, quando venne interrotta dalle urla della ragazza che, mente discutevano, era stata ormai quasi raggiunta dalle fiamme. Il bagliore del fuoco si rifletteva nelle sue pupille, un fumo nero e denso  la avvolgeva completamente.

Con un impeto di coraggio e avventatezza Lidya si precipitó in mezzo alla piazza “Ignis evanescat!” gridó, puntando la bacchetta contro le fiamme che ardevano incessantemente intorno alla esile figura di Eva, nutrendosi di lei. Come erano divampate così si dissolsero. Scese il silenzio.

Dalla folla si levó poi un mormorio di stupore e tutti contemporaneamente si girarono verso quella donna, che aveva magicamente dissolto il rogo ed era rimasta immobile, con il braccio che reggeva la bacchetta ancora levato a mezz’aria. Comunque era arrivata troppo tardi, perchè la ragazza era già stata gravemente ustionata ed era morta asfissiata dal fumo. 

Godrick ci mise un attimo a capire che cosa sarebbe successo a sua moglie se non fosse intervenuto. Avrebbero giustiziato due streghe quel giorno.

“Pietrificus Totalus” esclamó ,prima che qualcuno potesse alzare le mani su di lei. Solo due figure non erano state colpite dall’incantesimo di immobilizzazione. Una era Lydia, che per lo sforzo appena compiuto si lasció cadere esausta sulle ginocchia, l’altra invece si avvicinó alla coppia con passo felpato “Godrick...Gryffindor?” chiese una voce sottile e serpentesca da sotto un cappuccio nero. 

“Con chi ho il piacere di parlare? Dal momento che ti sei reso immune al mio incantesimo presumo che tu sia un mago”

“Il più forte, se vogliamo essere onesti. Salazar Slytherin” rispose tirando indietro il cappuccio. Lydia sussultó : “O mio dio... mi dispiace tanto per... era tua sorella vero?” chiese, la voce rotta dal pianto, alzando lo sguardo sul ragazzo dagli occhi grigi e dai capelli biondissimi che si era appena presentato sotto il nome di Salazar Slytherin

“Si, Eva era l’ultima parente che mi fosse rimasta. Era più di una sorella” il suo volto si incupì, poi riprese “adesso, se volete scusarmi, vado a recuperare quel che resta di mia sorella per darle una degna sepoltura”. 

“C’è nient’altro che possiamo fare per te?”

“E cosa avreste già fatto per me, a parte arrivare decisamente troppo tardi, quando Eva era ormai spacciata? “ chiese acido. Poi un ghigno sadico gli inclinó gli angoli della bocca . “Volete farmi un favore? Potreste sbarazzarvi di tutti questi rozzi babbani, per esempio”. Con una smorfia disgustata seguita da un cenno del capo indicó la massa di uomini e donne ancora immobilizzati intorno a loro. 

Lidya e Godrick si scambiarono uno sguardo preoccupato. Ipotizzare un omicidio di massa andava contro tutte le regole etiche del mondo magico.

“Questo va contro i nostri principi, Salazar” asserì calma Lydia, trattenendo suo marito dalla scenata che stava per fare, indignato da una simile richiesta. Poi proseguì “Ma potremmo creare un luogo sicuro per giovani maghi e streghe come tua sorella, che devono imparare a difendersi e ad affinare la loro abilità magica. Una scuola per esempio. Non è una grandissima idea?” propose la donna sperando di risollevare l’umore ed infondere speranza. Salazar aveva intanto slegato la sorella e teneva il suo corpo esangue fra le braccia.  Posó su Lidya uno sguardo inizialmente, che poi parve illuminarsi . “Non è una pessima idea. Se davvero porterete avanti un simile progetto puó darsi che avrete mie notizie, prima o poi. A presto, dunque” e con un fruscio del mantello si smaterializzó. Così fecero Godrick e Lydia Gryffindor, non prima di aver pronunciato “finite incantatem” e “oblivion”. 

La folla tornó a muoversi, confusa, senza ricordare perchè si fossero riuniti tutti in quella piazza.

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Capitolo 2
*** Rowena & Helga ***


Dalla finestra del suo studiolo , che si affacciava sulla piazza, una donna aveva osservato la scena incuriosita. 

Si era fatto buio ormai , ma lei rimaneva lì, seduta sul davanzale a contemplare quel che rimaneva del rogo, una macchia scura in mezzo alla piazza, chiedendosi con orrore se un giorno quella sorte sarebbe toccata a lei. 

Dopo l’esecuzione aveva sentito quella donna parlare di un luogo sicuro per maghi e streghe. E poi era sicura di aver riconosciuto Salazar Slytherin portare via i resti della ragazza bruciata. Conosceva quel ragazzo, Salazar, aveva acquistato da lei numerosi volumi fra cui un grosso tomo sulla legilimanzia. Un’arte difficilissima, inaccessibile alla maggior parte dei maghi, lei inclusa. Odiava fallire in qualcosa in cui qualcun altro ,al contrario , eccelleva. Distolse lo sguardo dalla piazza e si convinse che avrebbe rintracciato i tre maghi che aveva visto quella sera, li avrebbe aiutati a costruire quel luogo di cui li aveva sentiti parlare. Avrebbe finalmente trovato un posto dove mettere in pratica tutta la magia che aveva potuto solamente studiare sui libri , senza la costante paura di essere scoperta e giustiziata. Non esisteva incantesimo o creatura magica che Rowena Revenclaw non conoscesse, la sua sete di conoscenza e la sua curiositá non avevano confini. Una mente aperta, talmente brillante e acuta che nessun uomo o donna, mago o babbano, poteva reggere il confronto. Era un’esistenza solitaria la sua, di giorno copiava e rilegava i manoscritti di giovani poetastri babbani nella sua bottega, mentre di notte leggeva e ampliava i suoi orizzonti sul mondo magico e le sue creature. Circondata da vecchi tomi polverosi, Rowena viveva da sola nelle stanze sopra a quella bottega di copertura.

Si preparó per la notte, sciolse la lunga treccia di capelli corvini e sfiló la tunica nera, rimanendo con indosso una sottoveste sottile. Accese una candela e contemplò il suo riflesso nel piccolo specchio difronte al letto. La pelle diafana emanava un leggero bagliore. I grandi occhi blu erano circondati da occhiaie violacee troppo evidenti sul suo incarnato chiaro. Era stanca. La bellezza dei suoi 27 anni sarebbe sfiorita prima del tempo, se fosse rimasta chiusa in quella topaia a leggere, copiare e rilegare. Sarebbe invecchiata e ingiallita come la carta dei libri che le tenevano compagnia.

Quei tre maghi , constatò , erano il rimedio definitivo alla sua sventurata condizione. 

Quando stava ormai per coricarsi sentì bussare forte alla porta della bottega. Scese di corsa le scale di legno scricchiolante, scostò la tendina per vedere chi fosse. Una ragazza dai folti riccioli ramati, visibilmente agitata, si guardava intorno con circospezione. Rowena aprí la porta e la ragazza si precipitò all’interno della sua modesta bottega.

“Helga, santo Cielo, cosa ci fai qui a quest’ora? Torna a casa, se i tuoi genitori si accorgono che sei scomparsa...” 

Helga era la figlia dei locandieri che abitavano all’altro capo della piazza, difronte alla sua piccola abitazione. Pozionista di grande abilità, era costretta a lavorare giorno e notte nella cucina della locanda di famiglia. Ogni settimana chiedeva a Rowena di prestarle un nuovo libro di pozioni dalla sua sconfinata collezione. Era una ragazza educata e gentile, onesta e decisamente troppo remissiva, secondo Rowena. Erano diventate amiche, col tempo, nonostante i dieci anni di età che le separavano. 

“Non se ne accorgerano” sembrava sicura di sé, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime : “È colpa mia Rowena, se Eva è morta. Le avevo chiesto di aiutarmi con un complicatissimo filtro d’amore di mia invenzione e... l’hanno scoperta mentre lo preparava. Dovrei scusarmi con suo fratello...”

“Quanto sei sciocca. Cosa diavolo te ne fai di un filtro d’amore? Perchè perdere tempo con queste sciocchezze, Helga? Viviamo in una situazione di pericolo costante e tu ti metti ad inventare stupidissimi intrugli, coinvolgendo nella tua follia una povera sciagurata!”

“È il più potente filtro che sia mai stato inventato. L’ho chiamato Amortensia” c’era una nota di fierezza e soddisfazione nella sua voce. Rowena alzò gli occhi al cielo, l’ultima cosa che poteva interessarle in quel momento erano gli intrugli d’amore di una strega diciassettenne.

“Si, sí, davvero fantastico, ma lascia perdere il fratello di Eva, hai capito? Stagli lontana. Se Salazar venisse a sapere che hai causato la morte della sorella ti ucciderebbe senza esitazioni”. Gli occhi color nocciola della ragazzina si spalancarono  increduli a quelle parole. Si lasciò  pesantemente cadere sul divano. Rowena si inginocchiò accanto a lei e prese le mani della ragazza nelle sue “L’ho visto lanciare l’anatema che uccide, Helga, l’ho visto con i miei occhi. Ascoltami bene adesso. Non volevo parlarne con nessuno ma dato che sei qui... Godrick Gryffindor sta progettando di creare un luogo sicuro per maghi e streghe, una scuola credo. È coinvolto anche Salazar a quanto ho capito. Dobbiamo saperne di più e aiutarli. Potremmo essere libere, finalmente...”

“Ma se hai detto che è un tipo pericoloso e bisogna stargli alla larga!”

“Meglio averlo come amico che come nemico, credimi. E poi dovremo fidarci di Godrick, è il mago più forte e intrepido che il mondo magico abbia mai conosciuto. Non corriamo rischi con lui” Rowena sorrise nel pronunciare il nome di quel potente mago che aveva visto all’opera sotto casa sua poche ora prima. Un uomo davvero affascinante, pensò.

“Chi ti dice che vorranno due come noi fra i piedi, sono i due maghi più potenti di tutta la Scozia. E poi come faremo a rintracciarli?”

“Un modo si trova sempre, per tutto. Fidati di me”

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Capitolo 3
*** In memoriam ***


Inghilterra, anno 990

Salazar aprí la porta. Nessuno sapeva dove abitasse, nessuno lo cercava mai. Ugualmente non fu sorpreso quando si trovò difronte una splendida donna mora, dal portamento elegante e dagli occhi profondi. “Rowena Ravenclaw, a cosa devo questo onore? Hai tracciato i libri che mi hai venduto per trovarmi?”. La perspicacia di quel ragazzo ogni volta sorprendeva Rowena, quasi infastidita dall’evidenza: quel ragazzo era scaltro quasi quanto lei. “Traccio ogni singola copia dei miei volumi, per...hem, sicurezza” mentí. Salazar sollevò un sopracciglio, cosa che gli conferiva un’espressione lievemente ironica. Rowena prese coraggio ed espose tutto d’un fiato il motivo che l’aveva portata lí. Raccontò di cosa aveva sentito dire alla moglie di Gryffindor la notte dell’esecuzione di Eva. Ricordare quell’episodio rese l’espressione del ragazzo ancora più scura. “Il tuo tempismo è.... a dir poco eccezionale, Rowena. Stavo proprio per andare ad incontrare Gryffindor” “Dove devo smaterializzarmi?” “Al cimitero di Godrick’s Hollow” [non è dato sapere il nome originale del villaggio prima che il suo nome venisse cambiato in onore proprio del grande mago fondatore] L’espressione interrogativa che si dipinse sul volto della donna dette modo a Salazar di anticipare la domanda di lei. “Si beh, lo scoprirai quando arriveremo lí”

************

Il cimitero di Godrick’s Hollow era piccolo, come piccolo del resto era il villaggio che lo ospitava. L’atmosfera era glaciale, con la neve che iniziava a fioccare pigramente dal cielo lattiginoso. Un uomo alto, girato di spalle, stava in piedi difronte ad una lapide. Salazar e Rowena si avvicinarono all’uomo da dietro. Rowena si lasciò sfuggire un leggero sussulto quando vide il none inciso sulla pietra : Lidya Gryffindor. “Siamo addolorati per la tua perdita, Godrick, veramente. È stato ... ignobile. Ma non è la prima e non sarà di certo l’ultima a cadere per mano di quei sudici babbani” pronunciò quella parola con particolare disgusto “Pensi ancora che i maghi non abbiano bisogno di protezione? Dopo mia sorella anche tua moglie. Cosí ci estingueremo, Godrick. La scuola è stata un’idea di tua moglie e noi la costruiremo come avrebbe voluto lei” “Sarà un modo per onorarla” si sentí in dovere di aggiungere Rowena. L’uomo finalmente si girò. Aveva l’aria stanca. I lineamenti del volto erano induriti dalla rabbia, gli occhi color dell’ambra provati dall’insonnia persistente degli ultimi giorni. Un leggero strato di barba non curata lo faceva apparire più vecchio dei suoi trentacinque anni. Era insolitamente bello, pensò Rowena. Con una voce cavernosa, quasi spettrale di rivolse a lei : “ Lady Revenclaw, siete venuta a porgere i vostri omaggi alla tomba di mia moglie?” chiese con una lieve acidità. Le due donne non si conoscevano né si erano mai viste. La presenza di Rowena poteva apparire alquanto inopportuna. Si chiese come quell’uomo conoscesse il suo nome, poi maledí Salazar per averla trascinata in quella situazione, nella quale si sentiva decisamente fuori luogo. Cercò di scusarsi con quell’uomo e fu sincera: “Io non avevo idea che oggi avrei fatto la vostra conoscenza, signor Gryffindor, tantomeno in simili circostanze.” I due si fissarono senza dire altro. Salazar intervenne a rompere il silenzio glaciale che era sceso fra di loro. “Rowena ha deciso di unirsi alla nostra.... causa” sembrava non riuscire a trovare il termine più appropriato. “La nostra causa? Chi ha detto che voglio il vostro aiuto?” “Non puoi fare tutto da solo e lo sai. Sei forte ma al momento sei distrutto. Lidya lo aveva proposto a me, te lo ricordi no? Ed io voglio che lady Ravenclaw ci dia una mano. È una donna estremamente colta e intelligente. La sua mente è decisamente superiore a quella di qualunque altro mago, noi compresi.” Alle orecchie di Rowena quell’elogio sperticato suonò decisamente poco sincero, ma lo lasciò fare, sperando che servisse a convincere Godrick. “E va bene, sai essere davvero persuasivo Salazar”. Rowena si sentí sollevata, quando improvvisamente si ricordò della promessa fatta ad Helga. “So che non sono nella posizione di avanzare richieste ma... ritengo che... serva un’altra presenza femminile, altrimenti, insomma...potrei sentirmi in... minoranza” tentò di giustificare la sua richiesta. Gryffindor roteò gli occhi e pure Salazar parve leggermente alterato da quella richiesta sfacciata,ma accolsero la sua proposta. Rowena si domandò se fosse quello il momento adatto per rivelare loro del sogno che aveva fatto la notte precedente. Aveva sognato un... maiale, ricoperto di pustole, che vagava per le terre delle Highlands fino a fermarsi al di sotto di un’altura. Su quella altura si potevano osservare le rovine di un castello, recentemente abbandonato dai suoi abitanti in seguito ad un devastante terremoto, che ne aveva lasciate intatte solo le fondamenta e l’alta torre di osservazione. Rowena si accorse che Salazar la stava fissando dritta negli occhi. Capí subito che si era fatto strada nella sua mente. Aveva involontariamente condiviso con lui il contenuto del sogno. Lo vide sogghignare soddisfatto, poi, con voce melliflua affermò : “Sembra davvero perfetto”.

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Capitolo 4
*** Chi semina vento... ***


Highlands, Scozia anno 991

 

Quattro individui incappucciati, due uomini e due donne, cavalcavano nelle vaste terre delle Highlands, da poco ritornate di un verde intenso dopo lo scioglimento delle nevi invernali.

In testa al gruppo c’era una donna alta e mora, che guidava i suoi compagni verso il luogo che le era apparso in sogno. 

Le rovine erano arroccato in cima ad un’altura che sovrastava un grande lago, con l’acqua talmente torbida e profonda che non se ne vedeva il fondo. 

Era un luogo già intriso di magia, pensò Helga Hufflepuff scendendo da cavallo e tirando indietro il cappuccio. I riccioli ramati erano scompigliati a causa del vento, gli occhi ancora lucidi tradivano un pianto recente. Durante il viaggio aveva pensato alla sua famiglia, che per molto tempo non avrebbe più rivisto. Pensò al dolore della madre nello scoprire la scomparsa della sua primogenita. A differenza degli altri, Helga aveva ancora una famiglia. La ragazza ebbe un sussulto quando vide per la prima volta Salazar Slytherin. I suoi capelli biondi e gli occhi color del ghiaccio ricordavano terribilmente quelli della sorella Eva e quel ricordo le fece male. Il rimorso iniziò a torcerle lo stomaco, cosí che Helga non riuscí più a guardare in faccia il ragazzo. Un uomo alto, avvolto in un mantello rosso dalle rifiniture dorate, le si avvicinò con aria rassicurante e le parlò con gentilezza “Tu devi essere Helga Hufflepuff ; Lady Revenclaw ha detto che saresti stata un prezioso aiuto per la costruzione della nostra scuola. Noi saremo le persone con cui vivrai notte e giorno da qui in avanti. Potrai considerarci come la tua famiglia”

“Discorso davvero commovente, Godric” interruppe Salazar con una mal celata ironia “Ma nessuno di voi si è accorto che questa ragazza è poco più che una bambina?” poi abbassò lo sguardo su Helga e aggiunse con falsa gentilezza “senza offesa,cara”.

A quel punto intervenne Rowena, che fino a quel momento era rimasta silenziosa “È molto più matura delle sue coetanee. È una persona con cui si può collaborare senza problemi...” poi guardò direttamente negli occhi Salazar “al contrario di altri”.

Rimasero a fissarsi con aria di sfida per qualche secondo, poi Godric interruppe quel silenzio carico di tensione “Helga, in quali arti magiche sei più versata?”. La ragazza, senza pensarci troppo su rispose sicura “Mi ritengo abbastanza esperta nell’arte delle pozioni e negli...incantesimi culinari”. A quelle parole Salazar proruppe in una risata sarcastica “Ah, ma che fortuna, adesso sappiamo chi cucinerà per tutti”. Helga provò una forte delusione. Non era scappata via da una cucina per finire in un’altra. Le venne da chiedersi se Salazar non fosse a conoscenza del suo coinvolgimento nella morte di Eva, altrimenti quel comportamento ostile era inspiegabile. Godric sospirò spazientito “Cerca di avere più rispetto, Salazar. Qui siamo tutti alla pari, nessuno prevale sull’altro. E nessuno ha il diritto di veto sulle decisioni prese in comune dagli altri tre” poi li guardò tutti negli occhi in cerca di consenso. La due donne annuirono. Salazar sembrò ancora più divertito “E questo chi l’ha deciso,tu? Il nostro leader?” “Ho detto che siamo tutti sullo stesso gradino”.  Slytherin sibilò fra i denti ma non disse altro.

I quattro si inerpicarono su per quell’altura che portava alle rovine del castello. In testa c’era Godric che camminava solitario immerso nei suoi pensieri, seguito da Helga,la quale osservava con ammirazione le movenze fluide e il corpo perfetto del mago che le camminava davanti.

A debita distanza si teneva Salazar, subito raggiunto da Rowena che lo afferrò vigorosamente per un braccio “A che ti serve essere sempre cosí indisponente? Ti credi forse superiore a tutti noi? Cerca di portare rispetto, soprattutto a Godric, questa scuola era un’idea di sua moglie.” Il ragazzo si voltò a guardarla con una smorfia di evidente fastidio : “E a te che importa di come mi comporto? “ “Rendi il lavoro più difficile a tutti”.

Salazar si divincolò dalla presa e accelerò il passo, lasciando indietro la donna. Rowena si chiese cosa la spingesse a voler aiutare Salazar. Sebbene avesse appena due anni meno di lei, dal modo in cui si comportava le dava l’impressione di un ragazzino smarrito che avesse bisogno di aiuto. Le sembrava un’anima tormentata, come lo era stata la sua per anni. In quegli occhi gelidi però leggeva una strana determinazione e sicurezza, cosa che la spingeva ad osservarli più spesso del necessario. 

 

 

Trascorsero i mesi successivi completamente dediti alla ristrutturazione dell’antico edificio, che in poco tempo tornò a splendere di un fascino del tutto nuovo. Ognuno dei quattro fondatori (perchè cosí avevano deciso di chiamarsi)scelse un’ala diversa del castello in cui abitare. Stabilirono quali stanze fossero accessibili agli studenti e quali solo ed esclusivamente a loro quattro. Fecero arrivare tutto il materiale possibile da mettere a disposizione dei futuri allievi della scuola. 

Salazar si dimostrò collaborativo, per quanto svolgesse ogni azione con l’entusiasmo di uno condannato ai lavori forzati, come se la cooperazione costasse lui uno sforzo sovrumano. Da quella che un tempo era la sua vecchia casa recuperò una ventina di calderoni e l’infinita collezione di libri di pozioni che appartenevano in parte a lui ma soprattutto alla sorella. Portò con sè anche una bastevole scorta di ingredienti e strumenti del mestiere.

Rowena svuotò completamente la biblioteca personale della sua casa, che, sebbene piccola in apparenza, era stata stregata in modo che potesse contenere un numero infinito di volumi. Questa preziosa eredità andò a costituire la vasta biblioteca di Hogwarts, che la donna da sola si impegnò a costruire nella propria ala del castello. Mise letteralmente tutto ciò che possedeva a disposizione delle future generazioni di maghi e streghe perchè potessero ampliare le loro menti cosí come aveva fatto lei negli anni. 

Helga, memore degli anni passati nella cucina della locanda insieme alla sua elfa domestica, decise di dare un lavoro dignitoso a quelle creature e insegnò loro personalmente come dirigere una grande cucina. E Godric... Godric svolgeva i lavori più pesanti con un certo stacanovismo, senza mai ricorrere all’uso della bacchetta. Quando il castello tornò ad essere abitabile e fu attrezzato ad essere una scuola, dopo mesi di armonia dettata dal lavorare separatamente, le discordie ricominciarono a farsi sentire fra i quattro fondatori. 

Si riunirono nella grande sala dell’ultimo piano che avevano adibito a  stanza delle riunioni. Un grande tavolo di legno di ebano dominava il centro della sala. Era decisamente troppo grande per solo quattro persone, ma i fondatori speravano che un giorno altri maghi e altre streghe di grande abilità si sarebbero uniti a loro per infondere agli studenti le loro conoscenze. 

Sui lati lunghi avevano preso posto le due donne, Godric e Salazar invece sedevano ai due capi della tavola. La prima a prendere la parola fu Helga. “Signori, sono davvero emozionata di poter far parte del corpo insegnanti di quella che sono sicura diventerà la migliore scuola di magia dell’intera Europa” esordí con un sorriso sincero. 

“E cosa potrebbe mai insegnare ai dei ragazzi  la regina della cucina?” 

“Insegnerò pozioni, Slytherin, nessuno te lo ha detto?”

Il sorriso sparí dalla faccia di Salazar 

“Che cosa? Chi lo ha deciso? Sei stato tu Godric? Vi siete alleati tutti contro di me? Sapete benissimo che sono il più abile nelle pozioni, che cosa dovrò insegnare?” tuonò alzandosi in piedi di scatto.

Godric non perse la calma, rimase seduto al suo posto e rispose con quella pazienza che lo distingueva : “ Non è una coalizione contro di te. Tu sei un grande mago, eccelli in ogni disciplina, perciò insegnerai un’arte nobile che nessuno di noi padroneggia bene quanto te. Insegnerai ai ragazzi come riconoscere la magia oscura e come difendersi da essa... senza praticarla”

Salazar sembrò quasi lusingato di sentirsi riconoscere una certa conoscenza delle arti oscure, poi riflettè sulle ultime parole di Godric

“Come posso insegnare loro come difendersi da qualcosa che non padroneggiano minimamente?”

“In questa scuola non si insegnerà la magia nera e su questo punto non ritorneremo” asserì Gryffindor categorico. Salazar dette le spalle a tutti gli altri e uscí dalla sanza sibilando tra i denti “Questo è da vedere”. Nessunò lo sentí.

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Capitolo 5
*** Notte di stelle e debolezze ***


Spesso di notte Rowena non riusciva a prendere sonno e finiva per vagare all’interno della scuola come un fantasma inquieto. Una delle mete che prediligeva era la vecchia torre di osservazione che si trovava nell’ala nord. Sentirsi così vicina alle stelle le trasmetteva una strana sensazione. Si rendeva conto di essere cosi piccola in confronto al cielo e tutto quello che esso nascondeva. Aveva letto di agglomerati di stelle chiamati costellazioni e di una cosa chiamata galassia, ma per quanto leggesse (e aveva letto davvero molto al riguardo), sapeva che non avrebbe mai potuto conoscere davvero a fondo ció che si stagliava ogni notte sopra la sua testa. 

Salì con passo leggero la scala a chiocciola della torre ed entró nel piccolo abitacolo dell’ ultimissimo piano. La luca della luna, che filtrava dalle tre finestre della stanza , illuminava un vecchio tavolo con diversi carteggi, papiri antichi e mappe astronomiche , abbandonati lì da chi un tempo abitava il castello. Un giorno Rowena li avrebbe studiati, compresi, e integrati. Si diresse verso la finestra alla sua destra e quando fu abbastanza vicina notó qualcosa muoversi nella penombra. Non qualcosa, capì poco dopo, bensí qualcuno. I capelli biondissimi e gli occhi gelidi quasi brillavano di luce riflessa, illuminati dalla luce della luna. Un ragazzo se ne stava seduto sul davanzale. Quando si accorse della presenza di Rowena giró la testa di scatto e si fissarono per un istante. Ognuno dei due sembrava aver interrotto un momento intimo dell’altro. 

“Salazar, che cosa ci fai qui?”

“Hai ragione, questa è la tua ala del castello, me ne vado” fece per scendere la davanzale.

“No...no... resta pure. Gli spazi comuni sono di tutti, è solo che non mi aspettavo di trovarti qui”

“Non è la prima volta in verità e suppongo neanche per te. Questa torre ha un certo fascino, qualcosa che ti attira a sé” disse, poi si rivolse di nuovo a guardare il cielo terso, cosparso da una miriade di puntini bianchi. “Mi piace venire quassù quando posso osservare la costellazione del serpente”.

Rowena ne aveva già sentito parlare, o meglio, l’aveva letto da qualche parte, poi ricordó “Quella scoperta da Tolomeo che dicono sia quasi impossibile da vedere ad occhio nudo?”

“Se il Faraone l’ha vista, significa che è visibile”

“Non dovrebbe servire un...telescopio?”

“Non mi serve, ho una vista piuttosto...eccezionale” sorrise “Se vuoi provo a mostrartela”. Era sincero, si era offerto davvero di farlo, per pura gentilezza. Rowena si chiese se ci fosse altro sotto. Si sedette vicino a lui ; i loro corpi si toccavano, il davanzale non era abbastanza ampio per ospitarli entrambi. Salazar inizió la sua spiegazione, indicando con le dita ció che voleva mostrarle e lei lo seguiva curiosa con lo sguardo. “È una costellazione divisa in due parti, è l’unica ad esserlo. Quella che vedi più in alto è la testa del serpente, più in basso puoi vederne la coda. La prima stella della testa, la più luminosa, si chiama Unukalhai. Mentre l’ultima stella della coda si chiama Tetha Serpentis, meglio nota con il nome di Alya”. Rowena era incantata, doveva ammettere con una punta di amarezza di non saperne poi così tanto quanto credeva in fatto di corpi celesti.

“Dovresti insegnare anche astronomia, sai?”

“Non credo rientri fra le competenze necessarie di un mago, quella di conoscere il cielo. È una passione personale, direi”. Rowena trovó affascinante il modo in cui , quando si trovava nel suo “ambiente”, Salazar cambiasse completamente modi di fare e smettesse di essere arrogante e sempre sulla difensiva. 

“Potresti insegnare a me, peró”

“Insegnare qualcosa..a te? La donna più sapiente e saggia dell’Occidente?”

“Parte della saggezza risiede anche nel conoscere i propri limiti e nell’ammettere che c’é sempre qualcosa che ci sfugge. Qualcosa di nuovo da poter imparare, da tutte le situazioni e  da tutti coloro che si incontrino anche per caso”

Fu lei a sorridere adesso, sicura di avergli impartito un’importante lezione.

“Credo che dovremmo avvicinarci di più al cielo, se davvero vuoi imparare”

“Piú vicini di così? Sai per caso come si vola?”scherzò lei, ma lui sembrava terribilmente serio.

“In realtà si. Quando compiamo l’incantesimo di levitazione facciamo volare gli oggetti. Se siamo in grado di controllare tale incantesimo, potremmo sfruttare gli oggetti per trasportare anche noi stessi in aria”

“Come quei tappeti volanti di cui si racconta nelle storie del lontano oriente?”

“Penso di si... ma io opterei per qualcosa di più maneggevole e controllabile di un tappeto”. Rowena lo vide sorridere nella penombra e scomparire in un angolo buio della torre. Ne riemerse con due vecchie scope. 

“Come credi che io possa salire lì sopra? É terribilmente pericoloso”

“In effetti lo è, per chi ha trascorso tutta la sua vita  chiusa in una biblioteca”. Non lo disse con acidità o arroganza, ma con una lieve ironia...quasi dolce, che gli inclinò gli angoli della bocca in un sorriso appena accennato. 

Le fece vedere come issarsi a cavalcioni della vecchi scopa, poi lanció un incantesimo non verbale di levitazione e i loro piedi si staccarono da terra. A seconda di come muovevano il manico la scopa sembrava obbedire ai loro comandi e si muoveva nella direzione scelta. Sembró davvero facile e Rowena cercò in ogni modo  di non guardare giù. Salazar le mostró il grande e il piccolo carro, le spiegó che esistono vari tipi di stelle e che fanno tutte parte di un gruppo più grande chiamato Galassia. Ad un certo punto si fermarono, alla stessa altezza. Delle nuvole scure si erano formate sotto di loro così che non vedevano più la Terra dall’alto. Sopra e tutto intorno ai due maghi c’erano solo stelle, ovunque si girassero c’erano solo il cielo nero, la luna e le stelle. Rimasero a fissarsi per istanti che parvero un’eternità. Salazar osservava i lunghi capelli corvini della donna, che avevano lo stesso colore del cielo, neri come pece. La sua pelle diafana emanava quasi un bagliore sottile. Pensó che sembrasse più giovane di quando l’aveva conosciuta, ma forse adesso dimostrava davvero la sua età e tutta la sua vera bellezza. La vita che conduceva l’aveva resa più vecchia e visibilmente provata, ma da quando era ad Hogwarts i suoi lineamenti si erano distesi. 

“Torniamo giù, potrebbe iniziare a piovere” disse lei ad un tratto, risvegliandolo da quella contemplazione.

Una volta tornati nella torre, l’umore di Salazar era cambiato ,così anche il tempo fuori dalla finestra. Aveva iniziato a piovere.

“Che ti prende?”. La donna se ne era accorta, percepiva una certa tensione intorno a loro. Le sarebbe piaciuto tornare lassù, dove tutti i problemi che li legavano alla terra sembravano tanto lontani da dissolversi nel niente. Salazar rispose senza guardarla negli occhi, anzi dandole le spalle improvvisamente: “Io e mia sorella lo facevamo spesso... questo. Prendevamo le scope di nostra zia di nascosto e facevamo il giro del cielo sopra il villaggio...” al pensiero quasi sorrise, un’espressione amara. Rowena gli si avvicinò e prese la mano di lui nella sua. Il ragazzo ci fece caso, ma non si sottrasse alla presa.

“Mi dispiace tanto, davvero. Ricorda Eva e tutto quel che di buono ha portato nella tua vita. Grazie al suo sacrificio adesso Hogwarts esiste e chissà quanti giovani maghi aiuteremo. Lo so che è difficile sforzarsi di pensare al prossimo quando siamo noi stessi a soffrire, ma non puoi restare ancorato per sempre al passato. Voglio farti una promessa. Un giorno vendicherai la morte di tua sorella, perchè ti meriti questa soddisfazione. E io ti aiuterò a farlo. Non mi importa cosa dirà Gryffindor, tutti meritano di sentirsi felici. Se credi che troverai felicità nella vendetta, l’avrai”

“Posso farlo da solo, senza coinvolgerti. Ma se avrò bisogno di aiuto ti chiamerò. Ti ringrazio di essere dalla mia parte, Rowena. Nessuno lo é mai stato a parte...lei. E non capisco perchè fai tutto quest...” non fece in tempo a finire la frase che Rowena lo attirò a sé posando le sue labbra su quelle di lui. Poi quel bacio delicato si trasformò in qualcosa di più intenso. Le mani di lui affondavano fra i capelli di lei, i corpi si fondevano fra di loro sprigionando una forza del tutto nuova per entrambi. Quando si separarono, fuori si iniziavano a vedere le prime luci dorate dell’alba.

Quello era solo l’inizio... l’inizio della fine.

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Capitolo 6
*** Il male minore ***


Da quella notte erano passati ormai sette giorni e per tutta la settimana nessuno aveva visto Salazar a giro per il castello. Quel giorno si sarebbero dovuti riunire tutti e quattro per discutere i criteri di ammissione dei futuri studenti. Mentre si recava nella sala delle riunioni, Rowena si imbattè in Helga che arrivava dalla direzione opposta. “Helga, hai visto Salazar in questi giorni?” le domandò con una certa apprensione nella voce.

“A dire la veritá no... però....anche se mi dispiace doverlo ammettere, spero quasi che oggi non venga alla riunione. Non sono in vena di discussioni”

“Tu non sei mai in vena di discussioni”

“Essere una persona conciliante e ben educata da quando è un problema? “. Helga si chiese se Rowena non stesse cercando di difendere Salazar. Non capiva perchè si interessasse tanto a quel ragazzo cosí arrogante, anche se aveva notato gli sguardi che lei sovente gli lanciava, il modo in cui fissava gli occhi di lui , senza alcuna ragione. 

“Forse è il caso che vada a cercarlo”. 

Helga sollevò le sopracciglia e ciò le conferí un’espressione decisamente sarcastica: “Ma certo, vai, io e Godric vi aspettiamo”. 

Rowena scomparve lungo il corridoio mentre Helga entrò nella sala delle riunioni, dove Godric stava esaminando delle pergamene distese sul lungo tavolo di ebano. L’uomo alzò lo sguardo verso la ragazza , che era appena entrata da sola dalla porta. “Dove sono Rowena e Salazar? Mi domando che fine abbia fatto in questi giorni”

“Tranquillo, ho mandato Lady Rowena a cercarlo...” rispose lei, con l’aria di chi vuol lasciare intendere altro.

“Non essere maliziosa, Helga”. 

“Godric, andiamo, lo hai visto anche tu come Rowena guarda Salazar”

“Sinceramente non ci ho proprio fatto caso.”

“No infatti... sei sempre assorto in chissà quali pensieri.”

“La cosa ti infastidisce?”

“Nient’affatto,davvero... è solo che tu hai detto che qui saremmo stati come una famiglia, invece trascorriamo giornate intere ad ignorarci. Io sono cresciuta con tre fratelli ,  mi sento terribilmente sola qui.” 

“Credevo fossi abbastanza matura per intraprendere questo tipo di scelta. Sei venuta a vivere con quattro perfetti estranei perseguendo uno scopo comune, per servire una nobile causa. Inoltre fra pochi giorni la scuola sarà popolata da numerosi studenti, non sarai più sola,vedrai.”

Quelle parole non confortarono Helga, anzi la fecero sentire ancora più sola. Non avrebbe trovato un amico in nessuno di loro, questo ormai le era chiaro. Si promise che avrebbe dedicato tutta sé stessa a quei ragazzi, sarebbero diventati loro la sua famiglia, non quei tre maghi altezzosi e solitari. 

 

 ****************

 

L’unico posto in cui poteva essere Salazar, pensò Rowena, erano i suoi appartamenti privati. Non aveva mai visitato le stanze personali di nessuno degli altri tre, come loro del resto non avevano mai visto le sue. Bussò alla porta del ragazzo per tre volte, senza ottenere risposta. Quando stava per andarsene e aveva già voltato le spalle alla porta, la sentí aprirsi. Si girò di scatto e lo vide. “C’è la riunione, vieni. Si devono discutere le ammissioni, è importante che ci sia anche tu”

“Oh...avevo dimenticato. Tu vai, io arrivo”

“Perchè non possiamo andare insieme? Non sono più riuscita a parlarti...”

“E di che cosa?”. 

Rowena sorrise, forse un po’ amaramente. Aveva perfettamente capito la situazione, non avrebbe insistito, non ne valeva la pena infondo.

“Va bene, come vuoi.” 

Salzar la guardò allontanarsi lungo il corridoio, soffermandosi ad osservare la grazia con cui la donna camminava, quasi sembrava non toccare terra. La lunga treccia corvina le ondeggiava morbidamente sulla schiena. Sebbene solo due anni di età li separassero, al cospetto di quella strega cosí saggia e matura si sentiva un ragazzino sprovveduto e disarmato. Era stata lei a prendere l’iniziativa quella sera, e sarebbe stata sempre lei a farlo. Lui era un grande e potente mago, aveva fondato quella scuola con un unico e preciso obiettivo, non poteva permettere di lasciarsi distrarre da una strega, per quanto ammaliante e formidabile ella fosse.

 

***************

 

La riunione ebbe finalmente inizio e si dovette discutere sui criteri di ammissione degli studenti alla scuola di Hogwarts. Come sempre fu Godric a dare inizio alla discussione :

“Io proporrei di rintracciare nella zona ogni giovane mago e strega di età compresa fra i nove e i dodici anni di età. Invieremo una lettera alle loro famiglie con tutte le informazioni necessarie. Fra una settimana dovranno presentarsi qui per l’ammissione”

“E quali saranno i criteri per essere ammessi, a parte l’età richiesta?” chiese Rowena

“Nessuno, soltanto avere sangue magico nelle proprie vene e grande forza di volontà e impegno.”

“Quindi verranno ammessi anche i mezzosangue?”

“Che cosa è un mezzosangue?” domandò Helga ingenuamente. Fu Salazar a risponderle, con l’espressione più disgustata che riuscì ad assumere : “ Vedete, Lady Hufflepuff, molte giovani streghe e potenziali madri purosangue sono state violentemente e brutalmente perseguitate e uccise perchè ritenute esseri demoniaci. Cosí tante ne sono cadute, che i maghi hanno iniziato ad accoppiarsi con donne babbane. I mezzosangue sono il frutto di queste sporche e scellerate unioni”.

“E che cosa c’è di male, hanno comunque sangue magico dentro di loro che deve essere sfruttato! A parer mio dovrebbero essere ammessi” fu Helga ad intervenire alzando leggermente la voce. Rowena si accigliò, non aveva mai visto Helga prendere una posizione in questo modo. Non condivideva le opinioni della ragazza. 

“Io sono d’accordo con Salazar...”

“Oh ma certo, non c’erano dubbi al riguardo”

“Helga! Lascia finire Rowena” la rimproverò Godric. Rowena alzò gli occhi al cielo visibilmente irritata,sospirò e poi riprese : “Stavo dicendo... sono d’accordo che non debbano essere ammessi. Non solo hanno dentro di loro sangue babbano, ma rischieremmo di rivelare il nostro mondo e la nostra scuola. Sarebbe come gettare al vento tutto ciò per cui abbiamo lottato fino ad ora.” Godric annuí pensieroso... poi dopo circa un minuto di riflessione prese la sua decisione “Avete ragione. È troppo pericoloso, per il momento dobbiamo essere cauti. Dover escludere ragazzi che hanno comunque sangue magico nelle loro vene è davvero triste, ma si sceglie sempre il male minore. Spedirò una lettera ad ogni famiglia purosangue della Gran Bretagna”

 

******************

“Lady Rowena, restate”. Alla fine della riunione, quando tutti se ne stavano andando, Godric richiamò indietro Rowena. 

“Ditemi, cosa succede?”

“Volevo ringraziarvi per avermi fatto aprire gli occhi, poco fa. Se la scelta fosse dipesa da me avrei messo la nostra scuola in grave pericolo. Ultimamente non riesco a pensare lucidamente. Credo di sentire la mancanza di Lydia, lei era la vera mente.”

“Io sono solita riflettere attentamente su ogni scelta... beh non proprio su tutte però. A volte capita anche a me di agire senza pensare. Ma siamo in quattro proprio per questo, per aiutarci a vicenda. O perlomeno... questo era l’obiettivo”

Godric si lasciò sfuggire un sorriso. Sorrideva davvero raramente ed era un peccato, pensò Rowena. La donna continuò “Non è ancora passato molto tempo dalla tua perdita, anzi, a volte queste cose non si superano mai, bisogna solo imparare a conviverci. Sei un grande mago, Godric, dotato anche di un’infinita pazienza e dedizione al lavoro. Tutto questo non esisterebbe senza di te”. Era sincera.

“E tu sei una donna molto saggia, ma sono sicuro che te lo avranno detto in molti” disse lui, con una vice fin troppo suadente, mentre le si avvicinava e le spostava una ciocca di capelli dietro all’orecchio. Non era mai rimasto da solo con lei, non si era mai accorto di quanto Rowena fosse affascinante. C’era qualcosa di straordinario in lei , forse i profondi e vivi occhi blu , il portamento fiero,  tipico di una dama di sangue nobile

“Godric, ti prego...” disse lei muovendo un passo all’indietro.

“Hai ragione, non so a cosa stessi pensando. Per un attimo mi ero illuso di...”

“Forse ti senti solo al momento...”

“È probabile che sia cosí, si....tu invece, beh, hai già chi ti tiene compagnia”. Rowena capí a cosa egli si riferisse.Non si spiegava come facesse Godric a sapere di lei e Salazar, ma si rese conto che le occhiate che lei gli lanciava di tanto in tanto potevano apparire decisamente esplicite. Si maledí per essersi comportata cosí tanto da sciocca, ma non cercò di mentire davanti a Godric. Lei non mentiva mai.

“Potrei rimanere sola per il resto della mia vita, sprecando la mia giovinezza che piano piano se va, oppure potrei, per una volta, abbandonarmi al puro desiderio. Si sceglie sempre il male minore.”

 

Spazio autrice: Cari lettori/lettrici, maghi e streghe, arrivata a questo punto vorrei davvero sapere che cosa ne pensate della storia fin qui. Siamo davvero ad un punto di svolta davvero importante. Nel prossimo episodio verrano introdotti gli studenti (non tutti e duecento quanti saranno, ma comunque una dozzina). È un bell’impegno studiare dodici nuovi personaggi, quindi vorrei davvero sapere cosa ne pensate e se vale davvero la pena di andare avanti. Mi sto affezionando alla storia io stessa, vorrei potesse essere lo stesso per voi. A presto.

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Capitolo 7
*** Primo giorno,primi guai ***


Helga guardava fuori dalla finestra la folla di ragazzini in attesa all’ingresso della scuola con i loro grossi bauli. Dalle loro espressioni si percepiva la tensione che provavano, probabilmente nessuno di loro si sarebbe aspettato di trovarsi lí quel giorno. 

Helga si diresse nella sala grande, dove avrebbero ricevuto i nuovi arrivati. 

Quando fece il suo ingresso, gli studenti erano già stati fatti entrare e accomodare lungo i quattro lunghissimi tavoli che occupavano l’ampio salone. Rowena aveva incantato il soffitto in modo che sembrasse dissolversi, cosí che sopra di loro non vi fosse più la pietra, ma soltanto il cielo. Era uno spettacolo incredibile e infatti i ragazzi se ne stavano perennemente col naso all’insù a contemplare quella straordinaria commistione di natura e magia.

La donna raggiunse velocemente il suo posto fra Godric e Salazar al tavolo dei professori, situato in posizione rialzata rispetto ai tavoli degli studenti.

Godric si alzò in piedi e tutti gli altri lo imitarono.

“Studenti, maghi e streghe...” esordí con voce piena e calda “Benvenuti ad Hogwarts, la prima scuola di magia e stregoneria del continente. Questo castello sarà la vostra casa per i prossimi anni, un luogo sicuro in cui potrete esprimere voi stessi e le vostre abilità magiche senza alcun timore. Niente di male potrà accadervi finchè resterete fra queste mura”. Aveva ottenuto la piena attenzione di tutti, così prosegui “Molto bene, adesso conoscerete i vostri professori, nonché direttori della scuola. Partendo dalla mia sinistra, vi presento lady Rowena Revenclaw, che condividerà con voi la sua sconfinata conoscenza del mondo magico e delle creature che lo popolano. La dama alla mia sinistra invece è  lady Helga Hufflepuff, la vostra giovane ma esperta insegnante di pozioni. Ed infine Salazar Slytherin, ovvero colui che vi introdurrà alla difesa contro le arti oscure. Per quel che riguarda me, mi presento, sono Godric Gryffindor...” a quelle parole un mormorio si levò dalla moltitudine degli studenti: Godric era un mago piuttosto famoso, il suo nome era noto ai più “...e vi insegnerò come si affronta e si vince un duello magico. Alla fine dei vostri anni ad Hogwarts sarete maghi completi, abili ed esperti. Consideratevi dei privilegiati, perchè sarete i primi della vostra stirpe a ricevere questo tipo di istruzione, educati da quattro potentissimi maghi. Adesso lascerò che Lady Revenclaw vi spieghi come funziona la procedura  di ammissione, poichè è stata lei stessa ad idearla....Prego”. Godric si sedette e così fecero tutti, studenti e insegnanti, tranne Rowena . La donna sorrise cordialmente, ispirò come per infondersi coraggio e poi parlò con la voce carica di emozione :”Quale onore per me, essere responsabile dell’educazione di cosí tanti giovani maghi e streghe. Sono certa che anche noi professori avremo moltissimo da imparare da voi. Adesso ragazzi, con ordine, verrete uno dopo l’altro difronte a noi e vi presenterete. Ognuno di voi sarà affidato alla tutela di uno di noi quattro, a seconda della vostra ...personalità e del carattere. L’assegnazione ad un professore vi fa entrare di diritto nel gruppo formato da tutti gli studenti tutelati dal medesimo professore. Abiterete le stanze dell’ala del castello in cui risiede il mago o la strega a cui sarete affidati.  Con il gruppo di appartenenza condividerete i dormitori ed una sala comune a vostra disposizione, nonché le attività extra. Per le lezioni regolari invece sarete divisi in gruppi misti a seconda dell’età.  È tutto chiaro? Bene coraggio, chi è il primo a farsi avanti?”. 

 

Dopo qualche attimo di esitazione, una coppia di ragazzini, un maschio e una femmina, si alzarono dalla panca e salirono difronte ai professori. Erano chiaramente fratello e sorella, tanta era la somiglianza fra i due: occhi e capelli nerissimi, pelle chiara, insolitamente alti per la loro età. Dopo un breve inchino la ragazza parlò con voce piuttosto decisa. “I nostri genitori e tutto il nobile casato dei Black vi ringraziano per questa grande opportunità. Io sono Alya e questo è mio fratello minore Antares”. 

Black...quel cognome ricordava a Rowena qualcosa, probabilmente un grande mago oscuro citato nei libri di storia era appartenuto a quella famiglia. Quel che peró suscitò un moto nell’animo di Rowena fu il nome della ragazza...Alya. Si sporse in avanti per guardare la reazione di Salazar, convinta che anche lui non fosse rimasto indifferente a quel nome. Lo vide accennare un sorriso e poi prendere la parola : ”Alya...il nome di una stella, davvero affascinante. Anche Antares senza dubbio...Orione...ma Alya appartiene ad una costellazione a me molto cara, quella del serpente.”

Helga borbottó sottovoce “Chissá come mai la cosa non mi sorprende affatto”. Salazar non vi fece caso e continuó “Dimmi, Alya, come ti definiresti? Ambiziosa? Intelligente? Altruista?” pronunció quell’ultima parola con una lieve ironia.

La ragazzina non sembró turbata da quella domanda, anzi , sembrava che avesse la risposta già pronta da tempo :”Beh signore, sull’intelligenza non spetta a me giudicare, ma posso decisamente definirmi determinata a diventare l’orgoglio della mia famiglia, una strega temibile. Così, qualsiasi babbano che tenti di ostacolarmi si pentirá di averci anche solo pensato”. Caló il silenzio su tutta la sala grande. Helga si lasció andare ad un commento a voce alta : “Beh Salazar, questa è senza dubbio una tua studentessa”. Il mago alzó un sopracciglio e sorrise, sembrava davvero soddisfatto di quella risposta, visibilmente premeditata ma oltremodo sincera. 

“Bene, Alya, se gli altri professori non hanno obiezioni, direi che la primastudentessa di Hogwarts intraprenderà i suoi studi sotto la mia tutela”. Poi puntó gli occhi freddi come il ghiaccio in quelli neri e spauriti di Antares “E tu, ragazzo?”. 

“Antares ed io la pensiamo allo stesso modo” rispose per lui la sorella. 

“Vorrei che fosse lui a dircelo”. 

Il ragazzino deglutì ” Io...beh...non vorrei fare del male a nessuno, peró sono ambizioso anche io. Lo sono....vero Alya?”.  La sorella scosse la testa con espressione delusa, evidentemente il fratellino aveva scordato la frase che avevano concordato prima di arrivare.

Salzar rise ancora, seriamente divertito da quella scena “Beh il ragazzo non è certo un cuor di leone” ironizzò. 

I professori si scambiarono qualche occhiata, venne loro da chiedersi se Antares non fosse ancora troppo piccolo per frequentare la scuola. 

A farsi avanti fu Helga, gentile e posata come solo lei sapeva mostrarsi “Antares, gli altri professori pensano che tu non sia ancora pronto per frequentare questa scuola, ma io non trovo giusto che dopo un così lungo viaggio tu venga rimandato indietro. Ti prenderò sotto la mia tutela. Ti farà bene separarti da tua sorella, ti aiuterá a crescere.”

“Grazie signora” rispose lui timidamente, poi i due fratelli tornarono silenziosamente al loro posto.

 

Dopo di loro vennero presentati e assegnati più di cento novantotto studenti. Il gruppo di Salazar era meno numeroso degli altri : il mago si era mostrato terribilmente selettivo ed era deluso dalla maggior parte degli studenti che gli si presentavano dinnanzi. I gruppi di Helga e di Gryffindor erano invece i più corposi. Gli ultimi due studenti vennero fatti salire contemporaneamente sulla tribuna degli insegnanti. Un ragazzo alto e magro , con folti riccioli castani e occhi brillanti, si inchinò dinnanzi ai quattro fondatori. Lo stesso fece la ragazzina bionda di fianco a lui. 

“Il mio nome è Peter Hawethorne; mi trovo qui perchè desidero diventare un mago esperto, forte abbastanza da proteggere mia madre e le mie sorelle da qualsiasi pericolo, magico o babbano che sia”.  L’animo nobile e sincero del ragazzo lo fece assegnare di diritto al gruppo dei Griffyndor’s.  Poi fu il turno della ragazza : “Io sono Artemis Talbot, onorata di fare la vostra conoscenza. Personalmente ritengo che la grandezza di un mago dipenda principalmente dalla sua saggezza. Quindi credo che lady Revenclaw possa essere il mentore perfetto per me.”

Rowena sembró apprezzare quella sicurezza nella sua voce, nessuno degli altri studenti aveva esplicitamente richiesto di far parte di un gruppo. Accolse quella studentessa un po’ sfacciata sotto la sua protezione con una certa soddisfazione.

 

 I ragazzi vennero accompagnati dai rispettivi professori nei loro dormitori, dove trovarono ciascuno sul proprio letto un baule. All’interno vi erano un mantello (di un colore diverso per ogni gruppo), una pila di libri, fogli di pergamena, delle boccette per l’inchiostro e qualche piuma per scrivere. Infondo ad ogni baule infine era stata adagiata una bisaccia di pelle. 

 

****************

ALA EST , DORMITORIO SLYTHERIN’S

 

 

Alya quella notte non riusciva a prendere sonno. Osservava il soffitto di pietra debolmente illuminato dalla luce che filtrava dalla finestra. Continuava a rigirarsi nel tentativo di trovare una posizione comoda. 

“Nemmeno tu riesci a dormire?”. La voce proveniva dal letto alla sua sinistra. Alya cercó di ricordare chi si era presa quel posto... una ragazza dalla pelle olivastra, con folti riccioli castani e occhi da cerbiatta. Aveva un nome lungo e strano, di questo era certa. 

“No... sento una strana energia in tutto il corpo che non mi fa dormire. Non per essere scortese, ma non ricordo il tuo nome. Chi sei?”. L’altra ragazza rise nel buio.

“Guinevere de Lacy, ma puoi chiamarmi Gwen” pronunció quel nome con un accento che ad Alya parve tanto buffo e insolito. Le venne spontaneo chiedere quale fosse la sua origine. La ragazza si tiró su a sedere e poi rispose : “Mio nonno era originario della Normandia, ma si è trasferito nel sud di questa isola molti anni fa. Suo figlio, cioè mio padre, è il signore di Gloucester. Anche tu sei di nobili origini, non é vero?” 

“Esatto”. Alya si alzó a sedere a sua volta e guardó Gwen negli occhi “Senti, ti va di fare qualcosa di divertente? Piuttosto che stare ferme in un letto”

“Vuoi metterti nei guai già la prima notte? Beh sembra allettante. Ma dove potremmo andare? Non conosciamo ancora il castello”

“Non ci resta che esplorarlo allora”. 

Le due ragazzine sgattaiolarono fuori dai loro letti. Il contatto dei piedi nudi sulla pietra fredda le fece rabbrividire, provocando delle risatine soffocate. Quel poco rumore che fecero bastó a svegliare la ragazza che dormiva alla destra di Alya, nel letto più vicino alla porta. “Dove andate? Voglio venire anche io”. 

Sibyl Glenham aveva due anni in meno rispetto alle due ragazze, ma era ugualmente sveglia e maliziosa. “Torna a dormire, piccolina” la prese in giro Alya. “No, voglio venire con voi, altrimenti chiamo il professor Slytherin.”

“Ma che scocciatura. Puoi venire, ma se ci farai beccare ne pagherai le conseguenze.” 

La ragazzina con gli occhioni azzurri annuì sorridente, per niente intimorita dalle minacce di Alya. 

Una volta fuori dal dormitorio scesero nella sala comune e lì accesero una candela per farsi luce nei meandri della scuola. 

“Voi sapete dove andare?” 

“No. Adesso taci, ci farai scoprire”. Sybil sbuffò, se c’era una cosa che non sopportava era proprio l’arroganza, ma decise di rimandare la discussione ad un momento migliore. 

La candela illuminava debolmente l’oscurità dei corridoi, lanciando lunghe ombre sottili sulle pareti. 

Le tre ragazze vagavano incerte, controllando ad ogni angolo che non ci fosse qualche elfo o un professore in vista. 

Ad un certo punto, la visione di una figura tremolante e diafana le fece sussultare. Si sforzarono di non gridare, ma i loro cuori battevano ad un ritmo folle. Che cosa avevano appena visto? Presero coraggio e svoltarono l’angolo. Trattennero il fiato e si fermarono a guardare la donna che avevano difronte. Non aveva un corpo, o meglio, lo aveva, ma sembrava non avere densità. Le si poteva vedere attraverso. Sembrava come fatta di fumo, il suo colore era di un grigio cenere decisamente funereo. Si potevano intuire ugualmente capelli  e occhi un tempo chiarissimi. L’inquietante figura le guardava dritte negli occhi. I suoi erano occhi colmi di dolore e di paura. Era giovane, pensarono le ragazza, non poteva avere tanti anni più di loro. Ad un certo punto schiuse lievemente le labbra e  sussurró “Salazar...”. Poi voltó loro le spalle, scomparendo leggera lungo il corridoio buio. Senza nemmeno pensarci le tre studentesse la seguirono.

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Capitolo 8
*** La scelta giusta al momento giusto ***


“Alya non sono sicura che questa sia una buona idea” bisbigliò Guinevere affannosamente mentre si precipitavano all’inseguimento della misteriosa figura. Alya non la ascoltava, l’adrenalina pervadeva tutto il suo corpo e la cosa le piaceva da impazzire. Era più che determinata ad andare avanti. Le altre due si scambiavano occhiate preoccupate e incerte nella penombra. 

Quando svoltarono l’ennesimo angolo cieco Alya si bloccò improvvisamente , cosí che le compagne le finirono addosso. Si lasciarono sfuggire un “oh” di sorpresa quando si trovarono difronte due ragazzi  avvolti in mantelli di colori diversi, uno rosso e l’altro giallo. Quello col mantello rosso teneva in alto una lanterna ad illuminargli il volto. 

“Accidenti ragazze, ci avete spaventati seriamente”

“Possiamo dire lo stesso” rispose Sibyl sorridendo sfacciatamente al ragazzo dagli occhi verdi. Alya sollevò un sopracciglio.

“Sono Elias Willoughby comunque e questo...” illuminò il volto paffuto dell’altro ragazzino “è mio cugino Edwin”. 

“Tanto piacere, davvero, ma abbiamo una questione importante da sbrigare, quindi...buona notte” disse Alya sbrigativa poi cercò di passare oltre i due ragazzi, ma le compagne non la seguirono. “Alya aspetta, non è meglio essere in tanti? Non voglio che affrontiamo quella cosa da sole...”

La ragazza sollevò gli occhi al cielo e poi sospirò “E va bene... stiamo seguendo una specie di fantasma grigio, avete visto niente del genere?”

“Stavamo fuggendo proprio da quello”

“Coraggiosi...” borbottò Alya sprezzante. Elias non ci fece caso e proseguí “crediamo sia salito nella torre di osservazione”

“La torre di cosa?”

“Siamo nell’ala Nord, vicino alle stanze dei Revenclaw e alla biblioteca. C’è una torre molto alta che serve da luogo di osservazione degli astri”

“Come fate a sapere tutte queste cose?”

“Ci siamo già venuti nel pomeriggio....” ammise Elias con una punta di soddisfazione nella voce. Sibyl gli sorrise e ciò irritò Alya ancora di più. 

“D’accordo fateci vedere dove si accede alla torre. Saliremo fino in cima se serve”.

Edwin ed Elias fecero loro strada fino all’inizio della ripidissima scala a chiocciola. Salirono cautamente, illuminando gli scalini con le lanterne per non inciampare. Una caduta da quella scala sarebbe potuta essere fatale. Quando arrivarono in cima, nello studiolo della torre, rimasero impietriti non dalla visione del fantasma, che era fermo in un angolo della stanza, ma dalla vista di due figure in piedi intorno al vecchio tavolo. Salazar e Rowena sollevarono lo sguardo dalle pergamene e per rivolgerlo verso cinque ragazzini appena piombati lassù nel cuore della notte. 

Salazar sorrise sollevando le sopracciglia in una espressione piacevolmente stupita. Rowena continuava a fissare gli studenti con sguardo inquisitorio. Alya sentí di dover dire qualcosa in loro difesa “noi stavamo solo..hem... seguendo lei, il fantasma” poi puntò il dito verso la figura tremolante nell’angolo. “Questo non spiega cosa ci facevate nei corridoi a quest’ora. In ogni sala comune è affisso il regolamento della scuola, e voi avete violato una delle regole principali”. Le parole di Rowena fecero rabbrividire i ragazzi che abbassarono lo sguardo verso il pavimento. 

“Suvvia, Rowena, la scuola è un luogo sicuro, non c’è niente di male nel fare una passeggiatina notturna. Io stesso cammino spesso di notte. Immagino che i ragazzi fossero solamente curiosi, la prima notte in un posto nuovo è sempre difficile addormentarsi”

“Salazar, il regolamento è stato stilato per una ragione. Se non vengono ammoniti i trasgressori, chiunque potrà liberamente ignorarlo. Una regola non è efficace se non è garantita e applicata una punizione per chi la viola.”

“Ragazzi, purtroppo Lady Revenclaw ha sempre ragione... ma è giusto che siano i rispettivi professori a stabilire la giusta punizione. Miss Black, lei e le sue compagne domani dopo le lezioni rimarrete con me anziché recarvi nella sala grande per il pranzo. Quanto a voi due...” guardó dritto negli occhi Elias ed Edwin “...saranno il sir Gryffindor e Lady Hufflepuff a stabilire la punizione. Ah...prima che andiate, mi dispiace che mia sorella vi abbia spaventati nei corridoi... stava cercando me”. Tutti e cinque i ragazzini sgranarono gli occhi inorriditi a quella rivelazione. Alcuni di loro erano a conoscenza del fatto che la sorella del loro professore fosse morta bruciata sul rogo. Fu Rowena ad intervenire per tranquillizzarli :”Vedete ragazzi, ci sono maghi e streghe che...quando sopraggiunge la morte... non si sentono pronti ad accettarla...e rimangono sulla terra sotto forma di..fantasmi...emanazioni non corporee di loro stessi. Ci sono ancora molti dubbi riguardo a ció, coloro che restano semi-morti non ricordano  esattamente come lo siano diventati. Quel che è certo è che soltanto coloro che hanno sangue magico hanno questa possibilità...i babbani...beh loro muoiono e basta. Adesso filate dritti nei vostri dormitori”. 

I ragazzi rimasero qualche istante fermi come a cercare di elaborare la cosa. Poi si avviarono lentamente giú per la scala a chiocciola.

 

 

Il fantasma di Eva si mosse dall’angolo in cui era rimasta per tutto il tempo e parló con voce flebile, appena udibile : “Non credo di poter restare in questo castello. Ho come la sensazione che qualcuno o qualcosa non mi voglia qui. Anzi...non vuole qui nessuno, né voi, né gli studenti. Noi defunti possiamo percepire delle forze che ai vivi rimangono sconosciute. Dovete fidarvi.”

“Eva...noi apprezziamo il tuo aiuto, davvero, ma prima di prendere una qualsiasi decisione dobbiamo capire precisamente in cosa consistano queste forze che dici di sentire. Puoi indagare per noi?”

“Certamente...non ho molto da fare per il resto dell’eternità. Adesso devo lasciarvi...”

“Dove devi andare? Ero così perso senza di te....resta,ti prego.”

“No, non posso Salazar... vorrei,davvero. Mi sei mancato tanto fratellino, ma so che non sei da solo, hai qualcuno che tiene a te” poi si rivolse a Rowena “stategli vicina, Lady Revenclaw, fatelo per me”. 

Poi, come una nube di fumo spostata dal vento, voló fuori dalla finestra per poi scendere in picchiata verso il basso. Poco prima di toccare il suolo si dissolse nel niente. 

Rowena e Salazar sospirarono come se avessero trattenuto il fiato per tutto il tempo. La donna prese la mano di lui dentro la sua. Salazar era visibilmente scosso, non era arrabbiato, anzi era sollevato di aver rivisto la sorella dopo tanto tempo , ma deluso dal poco tempo che lei gli aveva riservato. Guardó Rowena negli occhi “voglio che resti con me stanotte”

“Ti staró vicina, sempre. Ma non perchè me lo ha detto tua sorella...” si avvicinó a lui, ma Salazar distolse lo sguardo e si allontanó ritraendo la mano “Perchè? Perchè lo fai allora? Io non sono come credi, non posso darti quello che cerchi...”

“Lo faccio perchè è quello che desidero adesso, non mi interessa avere niente in cambio. Lasciati avvicinare di nuovo, come quella notte...proprio in questa torre.”

Lui la guardò negli occhi, ricordava quella notte, era chiaro, ma ugualmente non le rispose. La verità era che quella donna lo lasciava senza parole, era sempre lei a prendere l’iniziativa e la cosa lo spiazzava ogni volta.

Rowena sorrise, come suo solito, cercando di apparire rassicurante. Le incertezze di lui non sembravano scalfirla affatto. Prese nuovamente la sua manoi e si smaterializzarono nella camera di Salazar. 

L’uomo si avvicinò al caminetto che aveva lasciato acceso e che si stava ormai spegnendo. Ravvivó la fiamma,poi si giró nuovamente verso Rowena e si accorse che la donna aveva  già sfilato il prezioso vestito di velluto blu, che ora ricadeva sul pavimento. Lei lo scavalcó e si diresse, completamente nuda, verso di lui. Camminava lenta, per lasciarsi ammirare in tutto il suo portento. Sciolse la treccia e lasció che i lunghissimi capelli neri come pece le avvolgessero il corpo. Anche Salazar si sfiló a sua volta la tunica e i due rimasero a contemplare l’uno la perfetta anatomia dell’altra. Poi accadde quel che di solito accade fra due individui che si desiderano, anima e corpo. I loro corpi si muovevano in perfetta armonia,non c’era rimorso o pentimento, era semplicemente la scelta più giusta al momento giusto. Non si pensava al futuro, si pensava solo a quel momento, alla luce del fuoco in una notte d’autunno.

Rimasero così per diverse ore distesi davanti al caminetto su una pelliccia di lupo bianca. La testa di lei era appoggiata sul petto di lui che si alzava e si abbassava regolarmente. “Quando vivevo nella bottega, rinchiusa fra quelle pareti stipate di libri.... potevo solo provare ad immaginare cosa si provasse... cosa fosse...tutto questo.”

Salazar sospiró ma non le rispose.

“Adesso mi dirai che non devo farci l’abitudine?” chiese lei sorridendo e tirandosi su in modo da guardarlo in faccia.

Lui le scostó una ciocca di capelli dal viso. Sorrise inclinando un solo angolo della bocca. “Perchè non dovresti?”. 

 

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Capitolo 9
*** Scontri e confronti ***


Alle prime luci dell’alba una figura avvolta in un mantello scuro si dirigeva verso le cucine del castello. Reggeva in mano una lanterna, perchè la luce che entrava dalle finestre era ancora troppo debole. Qualcun altro si aggirava per i corridoi a quell’ora. Quando i due inevitabilmente si incrociarono, l’uomo abbassò il cappuccio e cosí fece la donna. “Helga, che ci fai qui a quest’ora?”

“Vado nelle cucine ad aiutare gli elfi con la colazione” rispose con tranquillità, come se fosse qualcosa di perfettamente ordinario. L’uomo corrugò la fronte : “Non sei obbligata a farlo, non rientra fra i tuoi compiti”

“Lo so, Godric, ma mi ricorda casa...”.  A quelle parole l’uomo sembrò addolcire lo sguardo e rilassare i lineamenti. 

“Sei mai stato nelle cucine?”

“A dire la verità no, ma devo ammettere che mi incuriosisce vedere come lavorano gli elfi domestici...”

“Seguimi allora” lo esortò lei con un mal celato entusiasmo.

Godric, sorpreso da quell’invito inaspettato, la seguí camminando a passo sostenuto per riuscire a starle dietro. 

Quando entrarono nella grande cucina nel seminterrato rimase senza parole. Quelle bizzarre creature si muovevano svelte e precise. Con qualche schiocco delle dita facevano apparire utensili, farine, frutta esotica.... all’uomo venne da chiedersi da dove facessero arrivare tutta quella roba. Qualcosa bolliva nei calderoni penzolanti sopra al fuoco emanando una forte aroma a Godric sconosciuta; Helga si muoveva fra gli elfi con leggiadria,dava consigli e cucinava lei stessa, non aveva paura di sporcarsi le mani. 

Era a dir poco incantevole il modo in cui sapeva adattarsi ad ogni situazione senza sembrare minimamente fuori luogo. In quel momento Godric si rese conto più che mai di quanto fosse preziosa la sua presenza in quel castello, non per il lavoro che svolgeva in cucina, ma per i valori che avrebbe trasmesso agli studenti. Avrebbe fatto capire loro che la magia è utile tanto quanto il lavoro duro e manuale. Avrebbe insegnato loro ad essere tolleranti, a non discriminare esseri più deboli... come gli elfi domestici. 

“Godric, dai, vieni qui. Assaggia questo” lo chiamò Helga, porgendo verso di lui una tazza con un liquido scuro all’interno. L’uomo osservò quella bevanda sconosciuta dall’aroma inebriante. Il sapore era amaro all’inizio, ma lasciava in bocca un che di piacevole.

“Lo chiamano caffè, ha un effetto energizzante” spiegò lei compiaciuta “non è niente di magico, lo producono i babbani d’oriente e lo commerciano mal volentieri. Fortunatamente gli elfi sanno come farlo arrivare fin qui. Sono creature davvero eccezionali”. Godric ammirava tutto ciò, sebbene non fosse esattamente il suo ambiente. 

 

Poco dopo uscirono insieme dalla cucina. Helga non aveva niente di importante da fare, cosí seguí Godric nel suo studio, nell’ala ovest del castello.

“Vuoi che ti lasci da solo?”

“No, passo fin troppo tempo da solo...”

“Ti manca tua moglie?”

“Lei mi mancherà sempre, ma no, non è per questo. Quando Lydia morí, io giurai sulla sua tomba che mai avrei guardato o toccato un’altra donna. Le ho promesso fedeltà eterna”

“È stato un gesto davvero nobile, Godric...davvero, ma non dovresti comunaue rimanere sempre da solo, non ti fa bene”

“Aspetta, c’è dell’altro. Ho infranto quel voto,Helga. Io...ho cercato di sedurre una donna, per fortuna lei mi ha respinto, altrimenti...”

Helga capí chiaramente di chi stesse parlando, dal momento che le donne in quel castello erano soltanto due. Sospirò con apprensione e lo guardò senza dire altro. Che cosa avrebbe potuto dire? Rowena, senza neppure volerlo, ammaliava ogni uomo che incontrasse e questo succedeva fin dai tempi in cui lavorava nella bottega : giovani poeti  le dedicavano continuamente sonetti e ballate, osannando la sua bellezza senza tempo. Helga, fin da quando era una bambina, le leggeva con una punta punta di invidia, poi, crescendo, aveva iniziato a realizzare quanto quella di Rowena fosse più una maledizione che una fortuna. Rowena era una donna estremamente intelligente e arguta, non si sarebbe mai concessa a nessuno che non fosse un suo pari. Nessun uomo sembrava essere degno di lei. A quanto pare, pensò Helga, aveva trovato in Salazar una  mente tanto brillante da poter competere con la sua. Non lo disse a Godric, sapeva che lui odiava quel genere di conversazione, non sopportava i pettegolezzi e le superficialità. Ma se si era davvero innamorato di Rowena....

“Non giudicarmi, Helga. Lei fa questo effetto. Credevo di essere migliore di cosi.”

“Amare non ci rende persone peggiori...”

“Non la amo, Helga, non la amo. Ho cercato di sedurla solo per...”

Helga capí. Certamente non se lo sarebbe mai aspettato da Godric, ma dopo tutto era pur sempre un uomo. 

“Sono sicuro che tua moglie ti avrà già perdonato. Non conoscevo Lydia, ma non credo volesse che volesse questo per te, rimanere per sempre solo, senza la compagnia di una donna. I morti sono morti, Godric, e in quanto tali non possono condizionarci la vita per sempre”

“Suppongo tu abbia ragione...ti ringrazio. Ultimamente sembra che io abbia sempre bisogno di una donna che mi aiuti ad aprire gli occhi”, si sforzó di sorridere, ma ne uscì soltanto un’espressione amareggiata. 

“Se avrai bisogno di un consiglio o di compagnia...bhe sappi che in qualunque momento ne avró bisogno anche io” disse Helga, mentre usciva dalla stanza accostando la porta. Fece qualche passo, poi si appoggió con le spalle al muro. Quella conversazione le aveva fatto mancare l’aria o forse era solo la presenza di Godric a renderla così nervosa. A differenza di Salazar e Rowena lui non la trattava come se fosse ancora una ragazzina, la considerava una donna adulta al pari di tutti gli altri.  Dopo che si fu ripresa si allontanó velocemente, appena un’ora piu tardi avrebbe nuovamente seduto accanto a lui al tavolo della colazione.

 

**************

Godric era pensieroso, in piedi in mezzo alla pedana da duello che aveva costruito nella sua aula. Aveva chiesto a Salazar di aiutarlo in una dimostrazione... si chiese se il mago avrebbe cercato di umiliarlo difronte agli studenti. 

Quando questi fecero il loro ingresso nell’aula rimasero a fissare il loro professore immobile su quella pedana, che sembrava non essersi accorto di loro. Fu la voce di Salazar a scuoterlo da quello stato di trance in cui si trovava da qualche ora...  ”Sir Gryffindor, vogliamo cominciare?”. Godric si rianimó, guardó i ragazzi e cercó di sorridere cordialmente :”Benvenuti alla vostra prima lezione di duello magico, anzi, la vostra prima lezione in assoluto in questa scuola. Partendo dalle basi...sappiate che questa disciplina non intende incitarvi all’attacco e alla violenza, ma ha il solo fine di aiutarvi a difendere da eventuali minacce voi stessi o chi ne abbia bisogno. È tutto chiaro?”. I ragazzi annuirono. 

“Molto bene. Uno degli incantesimi più comuni che cercheranno di utilizzare contro di voi è quello per disarmarvi. Una volta privati della bacchetta, avrete poco scampo. La formula dell’incantesimo è ...”

“EXPELLIARMUS!” sentì Salazar gridare, poi vide la propria bacchetta schizzargli via dalle mani e finire a terra qualche metro più indietro. Si voltó verso il mago che sogghignava soddisfatto. 

“È esattamente questo l’incantesimo, ragazzi. Spero abbiate osservato il movimento della bacchetta. Un incantesimo non è solo una formula pronunciata ad alta voce, ma richiede un preciso movimento del polso. Ringrazio il professor Slytherin per avervi mostrato quanto l’effetto sorpresa sia fondamentale in questi casi.” Tiró fuori una bacchetta di scorta e la puntó verso Salazar “adesso, professore, faccia vedere ai ragazzi come si para questo incantesimo.” Salazar pronunció “protego” e la bacchetta gli rimase saldamente stretta in mano. 

“La velocità e i riflessi sono tutto negli incantesimi di protezione. Col tempo vi abituerete. Adesso voglio che vi dividiate in coppie e che a turno proviate a disarmare l’avversario e a parare l’incantesimo.” I ragazzi obbedirono, si disposero come Godric aveva chiesto e poco dopo qualche bacchetta già iniziava a schizzare per aria. 

 

****************

 

Mentre Alya e Guinevere, in quanto studentesse della terza fascia di età, si trovavano a lezione di duello magico, Sibyl partecipava alla classe di storia di Rowena. Tutti i suoi compagni erano affascinati dall’insegnante, che dava sfoggio di grande conoscenza e sapeva tenere vivo l’interesse di tutti. Di tutti tranne che di Sybil, la quale era terribilmente annoiata e indignata dal fatto che i ragazzi della sua età non potessero imparare a duellare. Ad un certo punto decise di movimentare la situazione e, con la malizia che le era solita, domandó, senza aver chiesto il permesso di parlare :”Lady Revenclaw, mi perdoni, ci potrebbe dire che cosa faceva nella torre di astronomia insieme al professor Slytherin nel cuore della notte”?

Rowena si accigliò ma non si mostró innervosita dalla domanda. Il suo volto assunse un’espressione severa “Signorina Glenham, la sua domanda non solo non è pertinente alla lezione che ha appena deciso di interrompere, ma non è assolutamente adatta al contesto in cui ci troviamo. Non siamo qui per fare pettegolezzi. Ma...dal momento che sono dell’idea che ad ogni domanda si debba fornire una risposta, le diró che cosa stavo facendo questa notte. Il professor Slytherin, grande esperto e appassionato di astronomia, ha gentilmente accettato, su mia richiesta, di condividere con me la sua conoscenza, come io so facendo con voi. Quindi, se non le interessa quel che ho da dire, signorina, puó tornare nel suo dormitorio e aspettare la prossima lezione”

Quella risposta incrementó il malumore di Sibyl, che scese dalla sedia e si avviò verso la porta, sotto lo sguardo incredulo dei suoi compagni.

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Capitolo 10
*** Segreti ***


I giorni passavano e così le notti, ma quest’ultime sembravano essere assai più intense del giorno, per Rowena. Trascorreva ormai ogni notte nelle stanze private di Salazar. Spesso, dopo aver fatto l’amore, restavano nudi per ore, lei leggeva sulla poltrona davanti al camino e lui la contemplava disteso sul letto. Poi la donna andava a stendersi vicino al suo amante e poco prima dell’alba si addormentavano entrambi. Al suo risveglio peró, Salazar si trovava sempre da solo, la donna spariva sempre senza che lui se ne accorgesse. 

Quando si incontravano nuovamente, poche ore più tardi, al tavolo degli insegnanti per la colazione, Rowena si lasciava sempre sfuggire un sorriso malizioso che non passava inosservato agli altri insegnanti, ma soprattutto agli studenti. Salazar dal canto suo non ricambiava, non apprezzava che la loro intimità diventasse di dominio pubblico e distoglieva lo sguardo ogni volta che lei gli lanciava una delle sue solite occhiate languide. Salazar non riusciva a capire questo comportamento da parte di una donna come lei, saggia, pacata, per niente incline ad aperte manifestazioni di affetto. Perchè sentiva il bisogno di manifestare così spudoratamente la loro intesa? Perchè di questo si trattava, di un’intesa, una chimica che si era creata fra i loro corpi e le loro menti, una sorta di affinità che rendeva le loro unioni così.... intense e passionali. Ma non c’era bisogno che quella chimica uscisse fuori dalle pareti della sua camera da letto. 

Quegli sguardi soprattutto non erano sfuggiti a Helga, che, avvicinandosi all’orecchio di Salazar bisbigliò indispettita : “Potresti gentilmente chiedere alla tua... hem.... concubina...di risparsmiarsi queste moine difronte agli studenti? È a dir poco inopportuna e imbarazzante”

Salazar inclinó un angolo della bocca in un ghigno    divertito, trovava divertente la malizia e il disprezzo con cui Helga aveva pronunciato la parola concubina. Le rispose tuttavia con tono indifferente :”È una donna adulta, se vuole rendersi ridicola è libera di farlo, non ha bisogno di essere ammonita”. 

Helga rimase stupita dalla reazione del mago, così gelido e indifferente, quasi sprezzante nei confronti di Rowena. Quasi le dispiacque per lei, infondo erano sempre state...amiche non era la parola esatta, ma avevano condiviso insieme tanti momenti. Le dispiaceva perchè negli occhi di Salazar non leggeva le stesse emozioni che trasparivano invece in quelli di Rowena.  

 

*******

Quel giorno era una domenica d’inverno, la neve cadeva a fiocchi sottili nel cortile della scuola e tutto intorno nella vallata. Il lago nero era una distesa di ghiaccio di cui non si vedeva la fine. I ragazzi non avevano lezione e potevano girare tranquillamente fra i corridoi del castello. Nel cortile ,Alya sedeva su una panchina di pietra, guardando i fiocchi caderle nei palmi delle mani piegate a conca, in attesa che fosse ora di incontrare il professor Slytherin. Da quando era stata beccata insieme alle due compagne nella torre di Astronomia, tutti i giorni alla medesima ora il suo professore la attendeva in un’aula dei sotterranei. Doveva essere un castigo per aver violato il regolamento della scuola, ma non era mai andata così, Salazar non aveva mai avuto intenzione di punire Alya, Guinevere o Sybil, ma anzi, insieme a pochi altri alunni dello stesso gruppo aveva formato una sorta di club, dove impartiva loro lezioni base di magia nera. Riteneva che conoscerne almeno i fondamenti fosse essenziale per diventare un grande mago o una grande strega, ma che pochi ne fossero veramente degni. Alya si sentiva fiera di essere stata scelta, mentre nutriva dei dubbi sui meriti delle sue compagne, che si erano ritrovate in quel club di “privilegiati” soltanto grazie a lei.  

Ad un certo punto sentì dei passi farsi goffamente strada nella neve piuttosto alta. “Che ci fai qui da sola al freddo?” era la voce squillante di Elias Willoughby. “Niente, come vedi. Adesso mi aspetta il professor Slytherin, se vuoi scusarmi” rispose lei acidamente, cercando di passare oltre il ragazzo, che le impedì il passaggio. 

“Ancora in punizione per quella notte? Ma sono passate due settimane!”

“Si da il caso che sia il professore a decidere quando una punizione è sufficiente, non tu”

“Mi dispiace di aver messo nei guai te e le tue compagne, davvero.”

“Averci messe nei guai? Tu? Eravamo giá fuori dal dormitorio quando abbiamo incontrato te e...l’altro ragazzo”

“Mio cugino Edwin, si” rise il ragazzo, come se in quel momento ricordasse qualcosa di divertente riguardo suo cugino “da quella notte non fa altro che parlare della tua amica, quella piccola con gli occhioni azzurri, Sybil giusto?”. Alya roteò gli occhi annoiata da quella conversazione che la avrebbe fatta ritardare “Si , penso si chiami così” rispose spazientita, poi superó il ragazzo senza congedarsi, si avvió verso il portico e poco dopo fu all’interno della scuola. Elias rimase lì, fermo sotto la neve, con le guance che probabilmente gli erano diventate di un rosso acceso,un po’ per il freddo,un po’ per la figuraccia che era sicuro di aver appena fatto, con quella ragazza che conosceva appena e che sicuramente non aveva il benché minimo interesse di stare a parlare con lui. Eppure rimase a guardarla allontanarsi, finchè col suo mantello verde non sparì definitivamente dietro un angolo. 

 

*********

 

Alya, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno la seguisse, scese nel seminterrato e,strizzando gli occhi per riuscire a vedere nella quasi totale oscurità, giunse nell’aula dove la aspettava il professor Slytherin. Era sorprendentemente in anticipo, nessuno dei suoi compagni era ancora arrivato. Il maestro era di spalle, non la aveva sentita arrivare, o forse sì...dato che a lui mon sfuggiva mai niente, ma semplicemente la ignorava volontariamente. 

“Buon pomeriggio professore”. Lui continuava a darle le spalle, ma le rispose “Salve signorina Black. É in anticipo, poteva trattenersi ancora un altro po’ col signor Willoughby” si voltó di scatto,giusto per osservare la reazione dell’alunna a quella insinuazione. La ragazza si domandó come avesse fatto a vederli insieme, eppure era sicura che non ci fosse nessuno nel cortile “Oh...no...a dire il vero  era una conversazione piuttosto noiosa” rispose con indifferenza. E infondo era sincera. 

“Capisco...” Salazar si avvicinó a lei, prese lo sgabello difronte alla ragazza e si sedette continuando a fissarla negli occhi. Poi sorrise enigmatico “Alya....” disse quasi sottovoce, come se stesse riflettendo su qualcosa, ma senza distogliere i suoi occhi glaciali da quelli neri di lei. La ragazza ammise dentro di se di essere un po’ intimorita da quello sguardo, sembrava che il maestro la stesse analizzando, come se ci fosse qualcosa in lei che non capiva, che suscitava il suo interesse. Un rumore di passi affrettati nel corridoio mise fine a quello strano momento. Salazar si alzó di scatto, poco prima che il resto dei membri del club facesse il suo ingresso nell’aula. I ragazzi presero posto sugli alti sgabelli di legno intorno al tavolo, in attesa che il professore parlasse. 

Alya li scrutó tutti e sei, intenti a tirare fuori il calamaio e le piume. Accanto a lei si era seduta Gwen, l’unica che potesse definire amica. Era una ragazza intelligente e dolce, la cui personalità piuttosto pacata era controbilanciata da quella irruente e impetuosa di Alya. Gwen era la parte razionale, lei quella istintiva. Difronte invece sedeva un ragazzo dall’aria sveglia, caratteristica che in realtà distingueva tutti gli allievi di Slytherin. Aveva i capelli neri e gli occhi scuri, come lei. Le ricordava Antares, ma a differenza del fratellino, negli occhi del ragazza non si leggeva la stessa innocenza. Alya lo conosceva, si chiamava  Merek Foreman, provenivano dallo stesso villagio nel nord della Scozia. Su di lui giravano delle voci davvero macabre, si diceva che avesse strangolato la sorellina appena nata in preda alla gelosia e che allevasse segretamente animali velenosi e creature misteriose. Effettivamente aveva una strana luce negli occhi, pensó Alya, ma di lì a ritenerlo un tipo pericoloso....

Come accorgendosi di essere osservato, Merek alzó lo sguardo su di lei, che cambiò subito l’oggetto della propria attenzione. Si soffermó su una ragazza dalla corporatura esile, con i capelli biondo cenere. Non faceva parte del gruppo degli Slytherin’s e ad Alya venne da chiedersi cosa ci facesse lì. Sapeva bene chi fosse, Artemis Talbot, la pupilla di lady Ravenclaw. La professoressa di storia della magia doveva aver insistito affinché la sua protetta venisse ammessa a quelle lezioni segretissime e “illegali”. O forse, pensó Alya, non c’era stato nemmeno troppo bisogno di insistere, data l’evidente “simpatia” che i due professori sembrano nutrire l’uno per l’altra. 

 

La “lezione” di Salazar ebbe inizio : spiegó loro l’esistenza di incantesimi che permettevano di stregare gli oggetti in modo tale da renderli pericolosi, senza mutarne l’aspetto esteriore. “Nei nostri prossimi incontri ne creeremo alcuni, mentre nelle lezioni regolari, con tutti gli altri studenti, vi insegnerò come riconoscere gli oggetti sui quali sono state applicate delle fatture e come neutralizzarne gli effetti. Gli oggetti che creeremo qui da domani, voglio che sia chiaro, non usciranno da questa aula se non per stretta necessità, pena l’espulsione. Stessa sorte attende chiunque osi proferire parola sul nostro club e su tutto ció che accade fra queste quattro mura. Intesi? “ poi si rivolse alla ragazza bionda “Nemmeno lady Ravenclaw deve saperne niente,signorina Talbot. Adesso andate,tutti, la lezione è conclusa”.

 I ragazzi scesero dai loro sgabelli, dirigendosi silenziosi verso l’uscita. Alya indugió sull’uscio qualche secondo, mentre osservava il maestro intento ad appuntare qualcosa su una pergamena. La fronte corrugata in un’espressione concentrata, la mano che scriveva veloce e precisa, una ciocca di capelli chiarissimi gli ricadeva sugli occhi; era davvero affascinante, pensò la ragazza, una figura dai colori così chiari avvolta invece da un’aura così scura. Solo guardandolo si poteva percepire la potenza della magia che gli scorreva nel sangue e Alya si sentì fortunata di poter apprendere da un così grande mago. 

 

*********

Una ragazza bionda, nel modo più furtivo e silenzioso possibile, entró nella sala comune dell’ala Nord, convinta che nessuno si fosse accorto della sua assenza. Artemis si chiuse la porta alle spalle poi si appoggió ad essa con le spalle e sospiró. 

“Artemis, dove sei stata tutto il pomeriggio?” sentì chiedersi all’improvviso da una voce inquisitoria, proveniente dall’interno della stanza. Si accorse che sul divano, davanti al fuoco, sedeva la sua migliore amica con un grosso tomo aperto sulle ginocchia. 

“Mio dio Agnes, mi hai spaventata...che stai facendo qui?”

“Beh, dovevamo studiare insieme, ricordi?”

“Si, certo...” l’altra sollevó un sopracciglio con aria  di rimprovero “D’accordo, puó darsi che me ne sia dimenticata, ma... ero con Peter” mentì. A quelle parole l’espressione dell’amica sembró rilassarsi. Chiuse il libro che teneva sulle gambe e la guardó negli occhi sorridendo maliziosa “Raccontami tutto”.

Artemis si maledì per aver inventato una bugia tanto stupida, alla quale sarebbero dovute seguire altre bugie da inventare di sana pianta. Cercó di cavarsela con un “Ne parliamo a cena, adesso vado a riposarmi”. Fece per salire le scale diretta al dormitorio, quando si sentì richiamare indietro : “Arty, tu a me diresti sempre tutto, vero?”. Agnes Leventhorp sapeva sempre quando mentiva, aveva una specie di sesto senso per le menzogne, il quale scaturiva probabilmente dalla natura tendenzialmente diffidente e sospettosa della ragazza. 

“Tutto” rispose Artemis, poi corse su per le scale per evitare ulteriori domande scomode.

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Capitolo 11
*** Dubbi e sentimenti ***


Helga si aggirava veloce e attenta fra i corridoi della scuola: ogni sera a rotazione un insegnante faceva una ricognizione di tutto il castello per assicurarsi che gli studenti fossero nelle loro stanze, e quella sera era il suo turno. Dopo aver perlustrato non troppo scrupolosamente, ma anzi piuttosto svogliata, i meandri della scuola, si avvió esausta verso i propri appartamenti. Quando si immise nel corridoio dove si trovava lo studio di Godric, notó la luce di una candela provenire da dentro la stanza, nonchè la porta insolitamente spalancata. Quel che più la fece rabbrividire fu la vista sul pavimento di una mano che sbucava inerte appena fuori dalla porta. Si precipitó verso lo studio e non appena vi entró dentro trasalì, alla vista del corpo di Godric riverso a terra. Si inginocchiò accanto a lui e si accertó che respirasse ancora. Aveva solamente perso i sensi. Provò a scuoterlo energicamente, ma invano, con l’ansia che stava lentamente prendendo il sopravvento su di lei. Si alzò e corse nel proprio laboratorio di pozioni, più velocemente che poteva. Arraffó dalle proprie scorte tutti gli ingredienti necessari alla preparazione di una pozione rinvigorente, sperando che bastasse a far riprendere Godric. Nella fretta e in preda all’ansia aveva fatto cadere a terra tre o quattro boccette, che si erano infrante e avevano riversato il loro contenuto sulla pietra serena del pavimento. Tutto ció non fece che alimentare il nervosismo già al limite di Helga, la quale, cercando di mantenere la concentrazione, preparó la pozione in pochi minuti che le parvero un’eternità. Non sapeva il perchè dello svenimento di Godric, ma temeva che se non avesse agito il prima possibile la cosa sarebbe potuta peggiorare. Quando ebbe finito si affrettó a tornare nella stanza del mago e cercó di fargli ingerire la sostanza rinvigorente. I suoi occhi ripresero piano piano luminosità e dalla sua bocca uscì un gemito strozzato. Cercò di tirarsi su, aiutato da Helga, che proprio in quel momento si accorse del bizzarro oggetto accanto alla scrivania che prima non aveva notato. 

“Helga, che è successo? Ho...ho perso i sensi, per quanto tempo?”

“Non lo so, ti ho trovato steso a terra circa mezz’ora fa...ho cercato di preparare una pozione rinvigorente e per fortuna ha funzionato. Che diamine é successo? E che cos’é quell’....affare?” chiese indicando con un cenno del capo l’oggetto misterioso che ad Helga sembrava tanto una fonte battesimale. Anzi probabilmente lo era stata, ma in quello studio appariva decisamente fuori contesto.

“Credo sia proprio a causa di quello che sono svenuto. È un pensatoio, comunque”. Notando l’espressione interrogativa dipintasi sul volto della donna, si sentì in dovere di spiegarle di cosa si trattasse. “È normale che tu non abbia idea di che cosa sia, in effetti è un oggetto estremamente raro e di recente...invenzione.” L’espressione di Helga, da interrogativa si trasformó invece in uno sguardo incuriosito. “Vedi” proseguì lui “un pensatoio è una sorta di...deposito dei propri ricordi, li si estrae ancora vividi dalla mente e li si colloca al suo interno, e lì rimarranno, lì saranno conservati per sempre e chiunque potrà accedervi se vorrà. Voglio che in futuro chiunque possa vedere che cosa abbiamo creato, che il mondo sia testimone che noi quattro abbiamo fondato la prima scuola di magia e stregoneria del continente” 

“Sono d’accordo con te, vorrei anche io lasciare qualche “testimonianza”, se possiamo definirla così... ma non sembra un processo troppo sicuro e privo di rischi”

“Lo è, in realtà, purchè lo si faccia attentamente e  non si esageri. Depositare i ricordi nel pensatoio non significa privarsene, ma crearne una copia, è una magia piuttosto faticosa...e credo di aver esagerato per oggi. Volevo che fossero più vividi possibile, non volevo che il tempo alterasse alcun ricordo, così appena ho imparato l’incantesimo... ho depositato qui dentro tutto ció che è avvenuto dalla morte di Eva Slytherin fino ad oggi. È stato troppo persino per me e ho perso i sensi. Ma depositare qualche ricordo non ti nuocerà, Helga. Poco alla volta ti aiuteró io, vedrai”

“Grazie, davvero. Sento di aver dato tutto ció che avevo a questa scuola e continueró a farlo. Buonanotte, Godric, cerca di riposare dopo tutto lo sforzo che hai affrontato oggi”

“A proposito, Helga, grazie per quello che hai fatto, è stato un gesto molto premuroso”

“Premuroso? Avrei dovuto lasciarti lì steso a terra, secondo te?” 

“No, ma se non ci fossi stata tu probabilmente sarei rimasto in quelle condizioni per...chissà quanto tempo. Sai, sei una grande strega, ma oltre a questo, sei anche una bella persona, altruista, fin troppo modesta e buona. Tutti sottovalutano il tuo potenziale e forse l’ho fatto anche io, vista la tua giovane età. Ma sei cresciuta molto in questi mesi, e sono davvero felice che tu sia qui”

Helga si sentì avvampare a quelle parole, nessuno l’aveva mai fatta sentire come se valesse davvero qualcosa, nessuno mai aveva riconosciuto la sua bontà come una virtù e non come un’ ingenua debolezza. Con un’avventatezza che non le era solita, getto le braccia intono al collo di Godric e lo bació. Lo slancio di lei lo spinse contro la scrivania. Lui, colto totalmente alla sprovvista, con gesto quasi involontario le cinse i fianchi con le braccia, come fosse qualcosa di naturale e ricambió il bacio. Quando prese veramente coscienza della situazione, la allontanó da sè e cercando di non urtare i suoi sentimenti le disse gentilmente “non volevo che tu fraintendessi le mie parole...Helga, mi dispiace”. 

Se in un primo momento lei sembró rabbuiarsi, un sorriso sincero tornó a dipingersi sul suo volto “Non ho frainteso niente, Godric, mi andava semplicemente di farlo. È che... nessuno mi aveva mai fatta sentire come fai tu: mi tratti come una tua pari, una donna adulta, e non come una ragazzina sprovveduta. Ma a quanto pare mi comporto ancora come tale”

“Non sei una ragazzina sprovveduta, non più almeno. Anche le donne adulte provano dei sentimenti”. Quelle parole fecero tornare in mente ad Helga l’espressione negli occhi di Rowena quando guardava il suo amante e si chiese se anche lei avesse quello sguardo inequivocabile, quando guardava Godric. 

“Sei innamorata di me?” quella domanda, apparentemente sfacciata, fu posta invece da Godric con una tale naturalezza e serietà che ad Helga nacque spontanea la risposta sulle labbra “Penso di sì”. 

 

****************************

Artemis Talbot attraversó il breve percorso che separava il suo dormitorio dallo studio di Rowena, nell’ala nord del castello. 

“Lady Reveclaw, volevate vedermi?”

“Si, Artemis, siediti pure cara” rispose la donna cordialmente. Artemis era una delle poche studentesse che Rowena chiamava per nome, con la quale sentiva di aver stabilito un legame. Sia lei che Salazar, a differenza di Godric ed Helga, avevano ormai manifestato spudorate preferenze fra gli allievi del proprio gruppo. 

Quando l’alunna si fu seduta, Rowena la guardó negli occhi e inizió il suo discorso “Come sai, tu sei l’unica fra i miei allievi a poter accedere alle segretissime lezioni del professor Slytherin, ed é un onore grandissimo che ti ho concesso, ovviamente.... purchè tu riferissi tutto a me”

“Vedete, professoressa, per quanto io vi sia grata di questa opportunità, il professor Slytherin mi ha caldamente invitata a non...proferire parola con nessuno, neppure con voi”

“Oh beh, e immagino ti abbia anche minacciata con l’espulsione immediata dalla scuola, ma vedi, non è detto che lui debba saperlo. Rimarrà un segreto fra me e te” 

“È un abile legilimens, lo avete detto voi stessa”

“Ho una certa...influenza,su di lui, non preoccuparti. Adesso peró non farmi perdere altro tempo”

Artemis si domandó perchè non potesse essere direttamente la donna a chiedere al professor Slytherin di rivelarle lo scopo segreto di quelle lezioni, se davvero sapeva esercitare su di lui tutta quella influenza. 

“Il professor Slytherin ha detto che...nelle prossime lezioni incanteremo degli oggetti, per trasformarli in...oggetti oscuri. Conferiremo loro proprietà e capacità di cui normalmente sono privi”

“Magia oscura....” Rowena sembró riflettere a lungo su quella rivelazione pericolosa. 

“Vi confesso di esserne un po’ spaventata, a differenza di tutti i miei compagni. Non è, come dire, vietata?”. A quella domanda seguì un silenzio piuttosto lungo, in cui la professoressa sembró meditare sulla risposta da darle, come se non volesse sbilanciarsi troppo con un semplice sì o no. Alla fine parve aver trovato il giusto compromesso: “Vedi Artemis, non esistono leggi sull’uso della magia bianca e di quella nera. Non leggi scritte almeno, si tratta solo di...consuetudini, si rimette sempre tutto al buonsenso del mago o della strega che intende farne utilizzo. Usare magia nera per difendersi da altra magia nera è l’unico modo per sopravvivere. Usarla per attaccare, beh, è moralmente sbagliato. Forse verrà un giorno in cui il mondo dei maghi avrà una propria società disciplinata da regole ben precise, ma quel giorno non è ancora arrivato” sostenne con aria piuttosto grave, poi proseguì con espressione più rilassata “Cara....voglio che io e te, insieme, fabbrichiamo un oggetto magico a nostra volta, utilizzando la magia nera insegnatavi dal professor Slytherin, ma a fin di bene. Creeremo un oggetto potente, sì, oscuro forse, ma che non nuocerà a nessuno, ma anzi porterà grandi vantaggi a chi lo utilizzerà”

“Che cosa avete in mente, professoressa?”

“Lo vedrai, cara, lo vedrai” fu la risposta di Rowena, con un sorriso enigmatico che non lasciava presagire niente di buono. 

 

***************************

“Magia nera? Oggetti oscuri? Ti rendi conto della pericolosità di tutto questo? Hanno solo dodici anni! Potevi aspettare ancora qualche anno!”. Subito dopo l’incontro con la sua studentessa, Rowena si era precipitata nello studio di Salazar, noncurante della promessa fatta ad Artemis di non rivelare il loro segreto ad professor Slytherin. 

“Che cosa ti aspettavi Rowena? Cosa credevi che avrei insegnato ad un gruppo selettivo e segretissimo? Gruppo dal quale, fra l’altro, la tua pupilla Talbot è ufficialmente espulsa”

“No, sono stata io ad obbligarla con il veritaserum” mentì. 

“E dove te lo saresti procurato, tu, il veritaserum?”

“Helga, ho chiesto ad Helga di produrlo per me. Chiaramente non le ho detto il vero motivo...”

“Vorrei ben vedere....” sibiló lui “ sai Rowena, non credo che tu ti preoccupi veramente degli studenti, del resto sai bene anche tu che la conoscenza della magia nera è fondamentale in un mago, per quanto Gryffindor si ostini a negarlo. Tu sei arrabbiata perchè io ho scelto di non dirtelo, tu credi che non ci siano segreti fra noi e invece ce ne sono più di quanti tu possa immaginare”. 

Se Rowena rimase colpita da quelle parole e in parte ferita, non lo dette a vedere. “Sei un uomo enigmatico, Salazar, ed è questo che più mi piace di te. Non ho mai preteso che tu mi rivelassi ogni tua intenzione e mai lo pretenderó. Forse sono stata un po’...avventata, ad usare la pozione sulla mia studentessa, ma la mia curiosità era davvero arrivata al suo limite. Lo sai, non mi piace che ci siano cose che sfuggono alla mia conoscenza” cercò di apparire più calma e naturale possibile. Salazar fu colpito da quelle parole, era sicuro di aver toccato un tasto debole dell’animo di Rowena, ma ancora una volta era riuscita ad utilizzare lo schermo della propria saggezza. La donna poi riprese a parlare, con un’espressione dura in volto che non le era propria “Comunque, ritengo che...i nostri incontri debbano interrompersi... definitivamente”

“Potrei conoscere la ragione di questa...scelta?”

“No. Ognuno ha i suoi... segreti”

“Se questo è davvero quello che vuoi, fa’ pure”. Rowena non si sarebbe mai aspettata che Salazar cercasse di trattenerla, ma nemmeno di essere liquidata in maniera tanto indifferente. Con un sonoro POP, senza aggiungere altro, si smaterializzó e Salazar rimase da solo nella propria stanza, con una sensazione di amaro in bocca.

 

*************************

A pochi metri dalla porta dello studio di Salazar, Sybil, Gwen e Alya si guardarono fra loro sorridendo compiaciute, per la scena a cui avevano appena involontariamente assistito. Volevano parlare con il loro professore, ma quando stavano per fare il loro ingresso nella stanza si erano accorte della presenza di Rowena e che i toni si stavano scaldando. Così erano rimaste ad origliare dietro la porta. 

“Forse è meglio andare” disse sottovoce Sybil “non sappiamo di che umore sarà il professore”

Alya sembró pensarci su poi le rispose “Per una volta hai ragione. A me è sembrato piuttosto indifferente, ma è meglio non rischiare, andiamocene”. Quando si assicurarono di essersi allontanate abbastanza poterono smettere di bisbigliare. 

“La Revenclaw ha avuto proprio quel che si meritava” sentenziò Sybil, alla quale Rowena non era mai piaciuta fin dalla prima lezione

“Perchè devi essere così cattiva? È una donna i cui sentimenti sono stati feriti, a me dispiace per lei” ribattè Gwen, che fra le tre era sempre stata la più moderata. La piccola delle tre assunse una smorfia quasi disgustata “quella donna non ha sentimenti, è sempre così algida” 

“Ma tu che vuoi saperne” si intromise Alya “Non dico che mi dispiaccia per lei, perchè francamente non mi interessa, ma non saremmo dovute rimanere ad ascoltare, non sono affari nostri”.

Sia Sybil che Gwen rimasero sorprese che quelle parole provenissero proprio dalla bocca di Alya. Gwen rimase in silenzio, Sibyl si lasció sfuggire un commento sottovoce “questa poi....”. 

 

************************

Dalla torre di Astronomia Rowena osservava il debole sole dell’alba che iniziava a diffondere la propria luce su tutta la valle. Sentì dei passi salire lungo la scala a chiocciola e si voltó in quella direzione, speranzosa. 

“Oh, Helga, sei tu”

“Aspettavi qualcun altro?”

“Io...in verità no. Che ci fai qui?”

“Non riuscivo a dormire, avevo bisogno di...schiarirmi le idee” 

“Capisco. Questo posto ha un certo fascino, riesce a rilassare anche gli animi più inquieti”

“Come il tuo?”

“Mhh?”

“Ti si legge chiaramente in volto che qualcosa ti turba”

“Si...mi hai colta in un momento delicato, ma deve essere solo la stanchezza...davvero”

“Rowi, lo so che non possiamo definirci...amiche, ma siamo sempre state confidenti. Credevo mi avessi portata qui per non sentirti sola e invece a mala pena mi rivolgi la parola”

“Hai ragione, sono stata...distratta, ho quasi perso me stessa, ma è tutto finito, per fortuna”

“La storia con Salazar?”

“Si” 

“Puoi sempre consolarti con Godric” tentó di scherzare Helga, alludendo alle avance che il mago aveva rivolto a Rowena pochi mesi prima. 

“Non essere ridicola, Helga” sorrise la donna, cercando inutilmente di apparire seria “Godric è un grande mago, ho stima di lui ma.... non basta questo perchè io conceda tutta me stessa”

“Hai bisogno di un’anima affine, vero?”

“È così, sì. Salazar lo è....lo era”

“Puó darsi che questa che tu chiami...affinità, possa essersi trasformata in...amore?”

“Vorrei dirti che ti sbagli, ma io non mento mai, soprattutto non voglio mentire a me stessa, non è saggio. Ma non posso nemmeno darti ragione, perchè francamente, nemmeno io so cosa mi stia succedendo. Sto mettendo in discussione tutti i miei valori”

“Non permettere mai ad un uomo di cambiarti, ma puoi lasciare che sia l’amore a farlo”

“A volte ci cambia in meglio...ma altre volte in peggio e a quel punto è sempre troppo tardi per tornare indietro” 

Le due donne si guardarono, e nessuna disse più una parola. Rimasero lì, in quella torre, a fissare la luce del giorno che si era ormai fatto.

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Capitolo 12
*** Spiriti affini ***


Salazar fissava il soffitto di pietra della propria camera da letto, era ormai un mese che non riusciva a dormire più di due ore a notte e il nervosismo che aveva accumulato per la mancanza di sonno si riversava sugli studenti, soprattutto i più piccoli, che puntualmente terrorizzava. Da quando si era trasferito in quel castello aveva trascorso ogni singola notte in compagnia di un’intrigante donna mora dai profondi occhi blu. Non aveva mai trascorso cosi tante nottate da solo, odiava ammettere di sentire la mancanza del calore umano, del profumo inebriante dei capelli corvini di lei. Strinse le coperte coi pugni serrati e gridó - sembrava più un ruggito- per cercare di scacciare quei pensieri.

“Detesto vederti cosi, fratello” una voce sottile, quasi un sussurro, si levó dal capezzale del letto. Una figura grigia femminile fissava Salazar, seduta vicino ai suoi piedi, emanando un leggero bagliore.

“Eva, non ti sei fatta vedere per molto”

“Mi dispiace, ho avuto i miei...problemi”

“Sei morta, che problemi puoi avere? Aspetta... si tratta ancora di quell’entità sovrannaturale che non ci vuole qui, nel castello?”

Il fantasma tacque e abbassó lo sguardo

“Hai scoperto qualcosa? Dimmelo!” Salazar si tiró su a sedere così da vedere gli occhi di sua sorella, vuoti e vivi al contempo, alzarsi su di lui, poi la ragazza scosse la testa e rispose : “No, non so ancora niente. Ma non sono tornata per questo, sono qui per te. Percepisco i tuoi tormenti, Sal” era da tanto che non lo chiamava così, era tanto tempo che desiderava ricevere di nuovo le premure della sorella minore. Le loro mani fecero per toccarsi, ma non ci fu nessun contatto, Salazar continuava a percepire il tessuto delle coperte, ma solo il gesto bastó a scaldarlo, a farlo sentire meglio. 

“Fratello... tutta questa rabbia che provi... è colpa di...”

“Non dirlo!...Non dire quel nome, per favore. Non so cosa mi stia prendendo, Eva. Per me il sesso non aveva mai avuto importanza, non sono mai stato uno di quegli uomini che non riesce a farne a meno, io non sono uno stupido babbano”

“Infatti, non lo sei. Non ti manca Rowena per il sesso, Sal....”

“Ah no, non provare ad insinuarlo...ti sbagli, io non posso...”

“Tu provi sentimenti come chiunque altro, è inutile che tenti di negarlo. Tu mi amavi, Salazar, lo so, l’ho sentito per tutti questi anni... il tuo amore fraterno che mi proteggeva. E puoi amare ancora. Perchè ti nascondi dietro a uno scudo di indifferenza e freddezza? Perchè vuoi restare da solo?”

“È una decisione che ha preso Rowena, tutto questo sta diventando ridicolo Eva, per favore vattene”

“Allontani sempre chi ti ama, sei irrecuperabile. Io non me ne andró mai, voglio vederti felice, era la mia missione da viva e lo è ancora...anche se non ho più un corpo. Non voglio saperti da solo”

“Ci sei tu, ci sono gli studenti, non sono mai da solo...”

“E allora perchè queste notti ti sembrano tanto lunghe e insopportabili?”

La figura di Eva tremó, per una frazione di secondo scomparve per poi riapparire. 

“Tempo scaduto” sussurró impercettibilmente

“Che hai detto?”

“Devo andare, Fratellino. Tieni a mente le mie parole” sorrise debolmente, poi si diresse verso la finestra e si catapultò verso il basso, proprio come aveva fatto mesi prima dalla torre di astronomia, in quella strana notte. Quella notte... a Salazar tornó in mente il bacio che Rowena gli aveva dato e che lui aveva ricambiato in modo così naturale. A quel bacio ne erano seguiti molti altri sempre più intensi. Poi c’erano state le carezze e le notti intere avvinghiati davanti al fuoco del caminetto. Realizzó che, infondo, in tutti quei momenti non aveva pensato al piacere, anche se intenso, che quelle unioni provocavano lungo tutto il suo corpo; no, si era sempre concentrato su di lei, sulle sue espressioni indecifrabili, sul vizio che aveva di mordersi il labbro inferiore, sul modo in cui prendeva sempre in mano la situazione e come lui glielo lasciasse fare. Perchè lei era così, in ogni momento non perdeva mai il controllo. Ripensó a quanto fosse bella mentre era assorta nelle sue letture ; si domandava ogni volta come facesse a starsene seduta a leggere concentrata mentre lui, completamente nudo, la aspettava sul letto. Eppure restavano in quel modo per ore. 

In quel momento prese una decisione. Si concentró per focalizzare la camera da letto di lei, il grande letto con il baldacchino al centro della stanza, il tappeto persiano..... ma non riuscì a smaterializzarsi. Qualcosa lo bloccava. Con una punta di delusione, ma assolutamente determinato, uscì dalla stanza con solo un mantello indosso; attraversó metà del castello, coi piedi nudi a contatto con la pietra fredda, fino a che non si trovó nell’ala nord del castello. Bussó tre volte alla sua porta, ma nessuno rispose. Quando stava per andarsene, sentì dei passi oltre il portone farsi vicini.

“So che sei tu, Salazar”

“Rowena, apri questa porta...voglio dirti...una cosa”

“È notte fonda, sono troppo stanca”

“Non mentire, non riesci a dormire nemmeno tu, lo vedo ogni mattina sul tuo volto che passi le notti in bianco” provó nuovamente a smaterializzarsi dentro la stanza ma invano. 

“Perchè hai bloccato il canale?”

“Perchè non volevo che tu ti smaterializzassi all’improvviso in camera mia, mi sembra ovvio” rispose seccata. 

“Apri la porta ti ho detto” Salazar alzó il tono della voce, ormai esasperato, in parte da lei, ma più che altro da sé stesso. Il portone si aprì, rivelando il corpo magro e pallido di Rowena, che sembrava dimagrita dall’ultima volta che Salazar aveva potuto ammirare quelle spalle scoperte e sensuali. La lunga sottoveste nera le fasciava meno del solito le curve perfette, ad evidenziare un corpo che non aveva più l’aspetto florido di prima. 

“Sei....”

“Si. Non ... non mi sento troppo bene ultimamente, ma la cosa non ti riguarda. Cosa sei venuto a dirmi?”

“Io...vorrei sapere perchè ti sei allontanata, pensavo ci...divertissimo,insieme. Non riesco a non pensarci, sinceramente, voglio una risposta, Rowena”

“E va bene, l’avrai” si giró dandogli le spalle, poi lo invitó a seguirla all’interno della stanza “Vedi...mi ero resa conto che...stavo cambiando, stavo perdendo me stessa, per te. Questo perchè ho scoperto con te qualcosa che nella mia vita non avevo mai sperimentato, qualcosa che credevo non potesse arrivare mai a toccare la mia mente sublime e distaccata. Ho ammesso a me stessa di essermi innamorata di te, Salazar, ma la cosa peggiore è stata convincermi che tu avresti potuto ricambiare. Avevi ragione quando hai detto che non volevo ci fossero segreti fra noi. Mi ero illusa che ci fosse un legame, fra me e te,uno vero. Credevo di vedere in te qualcosa che gli altri invece non riescono a vedere,dietro il tuo atteggiamento ostile e arrogante. Ti ho lasciato scoprire ogni centimetro del mio corpo, e mai come adesso mi rendo conto di quanto sia stata una mossa sciocca da parte mia. Del resto riconoscere i propri errori e ammetterli fa parte dell’essere saggi...quindi ecco la tua verità, Salazar”

Lui la guardó : aveva mantenuto una calma decisamente innaturale per le parole che erano appena uscite dalla sua bocca come un fiume in piena. Non aveva tenuto nè un tono d’accusa, nè aveva lasciato trasparire una punta di rancore nella voce... solo tristezza, un velo di tristezza aveva attraversato gli occhi blu. Si avvicinó alla donna, che rimase immobile, non fece un passo avanti nè uno indietro. 

“Quello che tu hai saputo darmi in questi mesi...non mi hai dato solo il tuo corpo, Rowena, hai messo a nudo anche la tua anima... mi hai rivelato aspetti di te che nessun altro conosce.  Mi hai permesso di guardarti in tutta la tua...bellezza... ed io ho fatto lo stesso con te. Tu riesci a darmi davvero quello che cerco da tutta la vita. Mi fai sentire vivo, come mai lo sono stato. Non so trovare parole diverse da queste per esprimermi. Vorrei che tornasse tutto come prima, queste notti sono state lunghe e insostenibili. Non posso prometterti che saprai tutto di me, tutti i miei piani, anzi non posso prometterti niente. Sono fatto così, sono volubile, a volte cambio idea velocemente, spesso sono scortese, arrogante, subito dopo silenzioso e chiuso in me stesso.” 

Gli occhi di lei si fecero lucidi, con voce leggermente tremolante rispose 

“Sai essere diverso da come dici”

“Ma ugualmente non posso prometterti niente...”

“Io non te l’ho mai chiesto. Te l’ho detto, mi affascinano anche i tuoi misteri, i tuoi silenzi, tutto ció che lasci sottinteso”

“Lo so. Per questo sei diversa. Non mi giudichi, non mi critichi, trovi bello ció che gli altri trovano...repellente”

“Perchè siamo diversi ma infondo così simili, l’ho capito subito, il primo giorno che ci siamo incontrati, quando mi hai aperto la porta della tua casa”

“Non posso dire di averlo percepito subito anche io, ma adesso l’ho capito”

Si protese in avanti, non per baciarla, ma per stringerla a sè, per sentire quell’odore ancora una volta. Lei si lasció trasportare fra le braccia di lui. Poi sussurró, senza guardarlo negli occhi, ancora abbandonata a quell’abbraccio “so che non vuoi sentirmelo dire ancora, ma... io ti amo,Salazar, e qualsiasi cosa farai, qualsiasi strada prenderai, saró con te, i tuoi segreti con me saranno al sicuro. Morirei piuttosto che tradirti”. 

Quelle parole lo colpirono... possibile che una donna come lei si sbilanciasse così tanto? Che potesse arrivare davvero a sacrificarsi per lui? Non le rispose, forse infondo la amava anche lui, a modo suo, ma non seppe come dirglielo. Le accarezzó i capelli, poi la schiena, poi scese più giù. A quel punto la sentì irrigidirsi

“Salazar...che mi succede...?” poi ogni tensione svanì improvvisamente dal suo corpo, che si abbandonò a peso morto fra le braccia di lui. Salazar notó i suoi occhi che si erano chiusi rovesciandosi all’indietro. La scosse inutilmente cercando di risvegliarla. La adagió sul letto e corse a chiamare l’unica persona che in quel momento gli venne in mente

 

*******************

Quando riaprì gli occhi, Rowena non trovó Salazar accanto a lei, ma udì una voce amica sussurrarle dolcemente “come ti senti?”

Nonostante il mal di testa martellante e gli occhi pesanti, riuscì a mettere a fuoco il viso preoccupato e sgomento di Helga

“Malissimo” ammise.

“Senti...Row...devi essere sincera con me. Magari la mia è solo una sciocca supposizione ma....”

“Ma cosa? Hai capito cosa mi è successo?”

“Io...temo di si. La mattina ti presenti a colazione con l’aspetto di un fantasma, non tocchi cibo, sei spesso debole e adesso addirittura svieni...”

L’espressione di Rowena rimase interrogativa, continuava a non capire cosa l’altra stesse cercando di insinuare. 

“Tu magari non ...non te ne rendi conto... ma io ho già vissuto tutto questo, tre volte, con mia madre. Lei stava cosi quando...quando era incinta dei miei fratelli”

Incinta, quella parola risultó quasi assordante alle sue orecchie. Un’ipotesi che mai aveva sfiorato la sua mente. Incinta...beh non c’era poi tanto da stupirsi. Era assolutamente consapevole che si trattava di un’eventualità assai probabile. 

“Puó darsi che tu abbia ragione, Helga. Perfetto, prendo atto della situazione, come ne usciamo?”

“Rowena...in che senso...”

“Non fare l’ingenua, come me ne libero? So che è possibile, con la magia. Mi fido solo di te”

“È molto pericoloso.... io non voglio...”

“Sai cosa è più pericoloso? Dirlo a Salazar”

“Oh, buon Dio, il bambino è di...” si portó le mani alla bocca. Rowena aggrottó le sopracciglia, era una cosa talmente ovvia che non capiva tutto quello stupore. 

“Helga, prima o poi la pancia inizierà a notarsi, a quel punto tutta la scuola saprà che ho avuto un figlio da Salazar Slytherin, senza essere sposata. I genitori ritireranno i loro figli da questa scuola. Che bell’esempio che saró per le mie alunne!”

“A meno che....”  azzardó Helga

“Assolutamente no! È fuori discussione!”

“Ma... è venuto lui a chiamarmi prima, era davvero preoccupato...fra voi va di nuovo tutto bene...magari...” 

“Vattene Helga, per favore. Devo pensare lucidamente e non mi sei affatto d’aiuto”

“Sei una donna brillante Rowena, sicuramente troverai la soluzione migliore” le rispose freddamente Helga, poi si alzó e uscì dalla stanza sbattendo la porta con evidente indignazione. 

Rowena rimase lì, stesa nel suo letto, con un’enorme verità da digerire. Un figlio...lei non aveva idea di come si accudisse un bambino, aveva visto un neonato solo due o tre volte nella sua vita. Dentro di sé portava il figlio illegittimo di Salazar Slytherin. Il pensiero di avere in grembo anche solo una piccola parte dell’uomo che sentiva di amare la rassicurava.... e la tormentava insieme. Era un pensiero che non poteva condividere con lui, dopo che si erano appena ritrovati. Si sarebbero allontanati definitivamente. Dopo svariate ipotesi e piani inattuabili, decise che avrebbe nascosto la gravidanza con un incantesimo dissimulatore, avrebbe partorito di nascosto nella propria camera con l’aiuto di Helga e poi avrebbe affidato il nascituro ad una famiglia di pastori, lontano dal padre e dalla sua vera identità. Non aveva considerato, peró, gli otto mesi che la attendevano, in cui si sarebbe affezionata più del dovuto a quel bambino che aveva deciso di abbandonare....

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Capitolo 13
*** Ricatti ***


“Iniziamo: pensa intensamente al ricordo che vuoi depositare, poi, con la bacchetta puntata contro la tempia, pronuncia esattamente la formula latina: memoria ex mente monumento posteris educo” 

Helga ascoltava distrattamente Godric, che cercava di spiegarle il procedimento che lei stessa aveva insistito per imparare ; la sua attenzione era rivolta a tutt’altre faccende, in parte a lui, cosí concentrato e bellissimo nel suo mantello rosso scuro; in parte,anzi soprattutto, al segreto che Rowena le aveva confessato pochi giorni prima. 

Cercando di scacciare questi pensieri, tornò a concentrarsi sul motivo per cui quel giorno si era recata nello studio di Godric : il pensatoio. Estrarre un ricordo e porlo dentro al misterioso oggetto sembrava facile in apparenza; nella pratica però, mantenere tanto a lungo la concentrazione costituiva uno sforzo immane; la fece sentire stanca ed estenuata dopo soli cinque minuti di vani tentativi.

“Non ce la faccio, Godric, non...”

“Non sei sufficientemente concentrata”

“No infatti...” si arrese lei.

“È tutto apposto, Helga?” chiese il mago osservandola attentamente, leggendole in faccia una certa apprensione. 

“Si, si...solo...ho appena ricevuto una notizia...bhe normalmente sarebbe una notizia davvero fantastica, ma in questo caso... è più che altro una sventura, un inconveniente...”. 

L’uomo assunse un’aria riflessiva, stava ragionando su quale “bella notizia” potesse essere tramutata drasticamente in uno sfortunato incidente. Era un uomo molto intelligente, Godric, ed Helga aveva lasciato che arrivasse da solo alla sua conclusione, senza dir niente di esplicito, ma non certo intenzionata a mantenere davvero il segreto. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Sapeva che Rowena si era cacciata in un guaio, ma si sentiva impotente, totalmente incapace di poterla aiutare. Forse non voleva nemmeno essere aiutata, ma nè lei nè Godric le avrebbero permesso di rovinarsi da sola, o peggio, a causa di Salazar.

“Helga... questa notizia ha forse a che fare con Rowena e Salaz...”

“Si” rispose lei decisa, con aria grave, prima che Godric finisse di pronunciare il nome di quel mago che lei oramai tollerava a stento.

“Non sono dinamiche di cui dovremmo occuparci. È una questione fra quei due”

“Se si viene a sapere, Rowena dovrà andarsene! Sarà rovinata non solo la sua reputazione,ma anche quella della scuola!”

“E cosa suggeriresti di fare?” chiese lui facendosi improvvisamente serio. 

“Rowena vuole sbarazzarsi del bambino una volta nato, ma io non sono d’accordo”

“La madre è pur sempre lei...ma devo darti ragione, è rischioso; qualcuno potrebbe accorgersene nei mesi che precedono il parto. Anche con un buon incantesimo dissimulatore potrebbe notarsi qualcosa” adesso c’era preoccupazione nella voce dell’uomo.

“Ragioniamo...il vero problema, Godric, risiede nel fatto che Rowena avrà un figlio da nubile. Forse tu potresti...”

“Che cosa mi stai chiedendo, Helga, di sposare Rowena?”

“No, d’accordo, è fuori discussione, poi tu hai fatto quel voto...” ammise lei un po’ stizzita.

“ È forse un problema se non voglio sposare una donna che non amo? Però...potrei convincere il futuro padre a farlo”

“Se speri di convincere Salazar, beh, buona fortuna” concluse Helga, alla quale non piaceva affatto l’idea di Godric. Avrebbe dovuto rivelare a Salazar del bambino e questo avrebbe incrinato il suo rapporto con Rowena definitivamente. C’era un motivo se la donna voleva nascondere la gravidanza al padre del nascituro. Helga fece per andarsene, quando si sentí trattenere per il braccio. 

“E comunque...” Godric la guardava negli occhi adesso, con sguardo serio e penetrante “ho rinunciato al voto di fedeltà. Avevi ragione tu, Lydia capirà”.

 Helga si lasciò sfuggire un sussulto, perchè le aveva detto una cosa simile, proprio in quel momento? E perchè continuava a fissarla cosí intensamente? Si portò una ciocca di riccioli ramati dietro alle orecchie con fare imbarazzato, poi si sforzò di apparire serena, per niente turbata da quella rivelazione “S...sono.. f...felice, che tu abbia capito. Ora ...devo...devo andare. Del pensatoio ci occuperemo un’altra volta, d’accordo? Forse non sono ancora pronta” stavolta Godric non la trattenne e lei sgusciò via veloce dalla sua presa, per poi sparire oltre la porta dello studio. 

 

Quella notte Godric prese la sua decisione: avrebbe affrontato Salazar. Si affrettò nel corridoio dell’ala est che conduceva alle stanze private del mago. Incurante di qualsiasi buona maniera bussò freneticamente e rumorosamente alla porta finchè l’altro non venne ad aprire con aria indispettita. 

“Gryffindor... a cosa devo il piacere a quest’ora della notte?” ghignò Salazar

“Quando saprai il motivo per cui sono qui, ti toglierai quel sorrisetto dalla faccia, credimi”

Salazar si rabbuiò, non gli piaceva ricevere brutte notizie, non vi reagiva mai troppo bene. 

“Senti, Salazar, voglio arrivare dritto al punto, senza inutili preamboli o giri di parole...”

“Si infatti, non ho tutta la notte...”

“A me non interessa quante e quali amanti porti nel tuo letto, ma non tollererò che la tua sconsideratezza getti disonore sulla mia scuola, che ho fondato in onore di mia moglie!” tuonò Godric, serrando i pugni, con il volto contrito in una smorfia di disprezzo. 

“Sai, normalmente mi compiacerei di suscitare in te tanto disgusto con le mie...depravazioni, ma questa volta devo proprio chiederti di essere più esplicito, Gryffindor” gli rispose Salazar con tono mellifluo.

“Esplicito...d’accordo. La tua amante è... incinta” il solo pronunciare il nome di Rowena in quella circostante lo faceva sentire in imbarazzo. La risposta di Salazar lo fece irritare ancora di più:

“Quale delle mie amanti?”

“Per favore... sai bene che parlo di Rowena, razza di...” non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò sbattuto con le spalle al muro, la mano gelida di Salazar intorno alla sua gola. 

“Non mi interessa minimamente” sibilò il mago, con il volto a pochi centimetri da quello di Godric.

Quest’ultimo si divincolò dalla presa e spinse via da sè il corpo dell’altro, poi gridò “vuoi lasciare che si rovini, per colpa tua? Vuoi che la scuola venga considerata alla stregua di un...di un bordello?”

Salazar scoppiò in una fragorosa risata

“Devi sposare Rowena, è un ordine”

La risata dell’altro si fece ancora più intensa 

“Gryffindor, diventi sempre più patetico e stolto ogni giorno che passa...” poi sfoderò la bacchetta per disarmare Godric, che parò velocemente il colpo. 

“Stupeficium” gridò il mago dal mantello rosso, mentre l’altro, colto per la prima volta alla sprovvista, andò a finire contro la parete della camera da letto con un tonfo sonoro. Godric lo incalzò con un “Immobilus” e in un secondo gli fu sopra

“Ascoltami bene.... so che tua sorella è tornata, so che non ha accettato la morte. Io so sempre tutto, Salazar, non credere di potermi nascondere notizie tanto importanti. Si è cacciata in guai seri e forse io so come aiutarla”

Salazar cercó di insinuarsi nella mente di Godric ma il mago era riuscito ad erigere una forte barriera.

“Oh, no, non mi leggerai nella mente questa volta. Se vuoi sapere quello che sta accadendo ad Eva dovrai solo fare quel che ti ho chiesto. Andiamo, è una donna formidabile, io mi considererei fortunato al tuo posto”.

Completamente immobile, Salazar lo fulminó col suo sguardo glaciale. 

“Finite incantatem” pronunció Godric, poi, prima che l’altro potesse reagire, uscì velocemente dalla stanza con un fruscio del mantello.

Passando accanto ai dormitori degli studenti di Salazar, udì delle grida strazianti e prolungate, nel silenzio più totale del castello. Non c’era agitazione o clamore generale, solo questo urlo perpetuo e disperato che squarciava la quiete notturna.

“Alohomora!” gridó difronte alla serratura bloccata, attraversó la sala comune quasi di corsa e ...contrariamente ad ogni etica, fu costretto a irrompere nel dormitorio delle ragazze...  

 

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Capitolo 14
*** Maledizioni e promesse ***


Alle prime luci dell’alba, Helga, Rowena e Salazar si affrettavano nel reticolo di corridoi del castello; i loro passi svelti risuonavano fino al soffitto, così come i respiri affannosi delle due donne si udivano distintamente, nel silenzio tombale della scuola; erano stati convocati da Godric nella sala insegnanti, per una riunione della massima urgenza. Mentre Helga non aveva idea di cosa potesse essere accaduto di tanto grave, Salazar e Rowena si lanciarono un’occhiata; anzi, la donna guardó il mago, il quale peró non condivideva affatto la preoccupazione di lei, anzi, sembrava quasi compiacersi che qualcosa potesse spezzare la monotonia di quei giorni. Quando entrarono nella sala insegnanti, trovarono Godric in piedi accanto a due ragazzine, sedute entrambe a capotavola. Il mago aveva un’aria grave e preoccupata. Quando si accorse di loro li fece accomodare alle consuete postazioni. Solo lui rimase in piedi, fissando il pavimento, con l’aria di chi non sa bene come comportarsi. Per la prima volta, Godric si lasció vedere insicuro e preoccupato.  Non era riuscito a risolvere tutto e velocemente come era solito fare. Era diverso, non sapeva davvero spiegare che cosa fosse accaduto quella notte e perchè. Le ragazzine erano entrambe visibilmente sconvolte, una in particolare sembrava aver pianto per ore, tanto i suoi occhi erano arrossati e la bocca inclinata in una smorfia di indecifrabile dolore. L’altra invece pareva appena rendersi conto di dove si trovasse, come fosse immersa in uno stato di profonda trance. 

Salazar riconobbe subito quello sguardo vacuo e assente e fu allora che assunse un’espressione non tanto preoccupata, quanto piuttosto incuriosita. Cercó Rowena con gli occhi, per accertarsi che ancora una volta la loro intesa venisse riconfermata. E infatti la donna, incrociando il suo sguardo, deglutì e annuì lentamente con la testa, come preannunciando qualcosa di molto, molto grave. Avevano entrambi capito, certo, ma la verità che gli si era appena palesata difronte suscitava reazioni diverse negli animi dei due maghi. Salazar era ancora più eccitato, la situazione si stava facendo interessante. Al contrario, Rowena, fiutava il pericolo imminente in cui si trovavano. Temeva per la sua stessa vita e forse...infondo...anche per quella della creatura che portava in grembo.

L’innocenza e la purezza di Helga, invece, la tenevano ancora all’oscuro di tutto; fu lei infatti a rompere il silenzio, un silenzio carico di sottintesi e sguardi, da cui lei si sentiva tagliata fuori. Era come se Godric, Rowena e Salazar stessero intavolando una discussione solo mentale fra di loro, senza curarsi di spiegare anche a lei la gravitá dell’evento. 

“Godric, vuoi dirci perchè siamo qui? Cosa è successo a queste ragazze?” si decise a chiedere. Per tutto il tempo aveva esaminato le due studentesse e, per quanto una delle due comunicasse attraverso gli occhi una sofferenza indicibile, l’altra era quella che più la inquietava. Era fisicamente nella stanza, ma si percepiva che non era davvero lì con loro. Quel che più le dispiaceva era che la ragazzina dagli occhi vacui e spenti fosse una delle sue studentesse, Ophelia Swan. 

“Si...ecco...” inizió Godric, visibilmente turbato, tanto da non saper trovare le parole “questa notte, la studentessa Ophelia Swan si è introdotta nel dormitorio degli studenti di Slytherin ed ha...ha utilizzato la maledizione cruciatus contro signorina Guinevere De Lacy”. 

Helga sussultó portandosi le mani alla bocca; Rowena invece rimase impassibile, cercando di trovare una spiegazione plausibile a ció che Godric aveva appena rivelato loro. 

“Miss de Lacy sostiene che la signorina Swan stesse cercando di estorcerle delle...informazioni”

Salazar si face improvvisamente serio, aveva intuito quale genere di informazione potesse essere stata richiesta alla sua allieva. Ed era anche sicuro di aver capito perchè proprio a Guinevere de Lacy: fra tutti gli studenti ammessi al suo gruppo elitario e segreto, lei era quella meno determinata e meno incline all’uso della magia nera; la più debole forse, l’unica insomma che avrebbe potuto parlare. 

La ragazzina dai riccioli castani prese inaspettatamente la parola, la sua voce era debole e strozzata “Continuava a chiedermi che cosa avviene nei sotterranei e più le dicevo che non ne ho idea, più il dolore diventava intenso. Ma io non potevo darle alcuna informazione, io non ci sono mai stata laggiù, nei sotterranei”

“Non è vero, ti ho vista” la interruppe l’altra ragazza, con una voce rauca e minacciosa, che stonava decisamente in bocca ad una dolce ragazzina di soli dodici anni. Fece rabbrividire tutti nella stanza, Salazar incluso. 

“Forse una volta per sbaglio, mi sono persa svariate volte nel castello....” tentó di difendersi Guinevere, cercando in Salazar un’approvazione che non ottenne. Per quando egli fosse sollevato che la sua allieva non avesse parlato neppure sotto tortura, non poteva permettere che Godric o Helga sospettassero qualcosa, un qualsiasi tipo di tacito accordo fra allieva e professore. 

“Mi perdoni, signorina de Lacy, come hanno reagito i suoi compagni nel vederla contorcersi nel letto sotto la maledizione cruciatus?”

“Nessuno se ne è accorto, non so che incantesimo lei abbia usato” disse rivolgendosi alla sua compagna con una smorfia di disgusto e disprezzo “ma tutti continuavano a dormire tranquillamente, come se niente fosse. Per fortuna il professor Gryffindor si trovava nei paraggi e mi ha sentita gridare...” 

A quel punto fu Helga a intervenire, rivolgendosi peró alla propria allieva “Ophelia, come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere? Chi ti ha insegnato ad utilizzare la maledizione cruciatus?”. L’alunna non rispose, continuava a sorridere maligna, si potrebbe dire quasi soddisfatta di ciò che aveva compiuto quella notte.

“Nessuno glielo ha insegnato, Helga” la tranquillizzó Rowena “nessun ragazzino di dodici anni è in grado di padroneggiare le maledizioni senza perdono. Le loro anime sono ancora troppo pure perchè possano concepire questo tipo di magia. Non è stata Ophelia...non del tutto almeno” poi sollevó la bacchetta e pronunció “finite incantatem”. 

Un fascio di luce argentata avvolse Ophelia, i cui occhi tornarono ad essere color nocciola acceso, e la sua voce assunse nuovamente la sfumatura dolce e timida di sempre “che cosa ci faccio qui?”. Helga si lasció scappare un altro sussulto. Rowena le appoggió una mano sulla spalla, poi con aria grave sentenzió “maledizione Imperius, e anche ben eseguita”.

Tutti e quattro sapevano che nessuno studente era in grado di scagliare una maledizione senza perdono. Nessuno dei professori allo stesso modo poteva aver esercitato l’Imperius sulla ragazza, dal momento che era ancora sotto incantesimo quando si erano ritrovati tutti e quattro insieme nella sala insegnanti. Qualcuno si era intrufolato dentro la scuola, o forse era stata opera di qualcuno...anzi di qualcosa....che non se ne era mai andato da lì. 

“Riaccompagnate le studentesse ai loro rispettivi dormitori e comunicate che domani tutte le lezioni saranno annullate. Gli studenti dovranno rimanere nelle proprio stanze, finchè non saremo venuti a capo di questa preoccupante situazione” dispose Godric e gli altri eseguirono. La riunione si era amaramente conclusa. 

 

***********************

Rowena si abbandonó sulla poltrona difronte al caminetto. Accanto a lei, Salazar se ne stava silenzioso e meditabondo. 

“Ho come avuto l’impressione, durante tutta la riunione, che tu avessi capito qualcosa Sal. Credo che tu sia un passo avanti a tutti noi nella soluzione di questa faccenda. Anzi... forse anche più di un passo, considerando che non sappiamo neanche da dove cominciare”. 

L’uomo non rispose, ma sbuffó spazientito “sono ore che mi assilli con questa storia, Rowena, ti ho già detto che non niente, come tutti voi”

“E allora a cosa stai pensando tanto intensamente?”

“Pensavo che Guinevere avrebbe potuto confessare tutto difronte a Gryffindor.... le lezioni segrete, la magia nera...”

“Non sembrava che l’idea ti preoccupasse tanto...”

“Bhe... sono comunque rimasto sorpreso da tanta...lealtà”

“Non c’è tanto da stupirsi, hai minacciato tutti gli studenti con l’espulsione...”. 

A quel punto Salazar le rivolse uno sguardo torvo 

“Sei sempre molto preparata sul piano teorico, mia cara, ma credo tu non abbia mai sperimentato sulla tua pelle l’agonia della maledizione cruciatus”

“Fortunatamente no”

“Qualsiasi ragazzina di dodici anni avrebbe parlato, pur di far cessare quella tortura. È una sensazione...indescrivibile, un dolore lancinante e continuo, come se infiniti aghi ti perforassero la carne, mentre qualcosa tira le tue membra in tutte le direzioni, fino a darti la sensazione che qualche arto si stia staccando dal corpo”

Rowena cercó di rimanere impassibile a quelle parole ma, in realtà, il pensiero che una bambina avesse subito quel trattamento spaventoso la fece rabbrividire.

“Sei stato sufficientemente chiaro. Second me...dovresti andare a parlarle, insomma, potresti ricompensarla in qualche modo. Se il trauma che ha subito è stato straziante come dici, potrebbe aver bisogno di una...consolazione”

Salazar annuì senza prestare davvero attenzione alle parole di lei. La donna ad un certo punto sussultó, come se le fosse tornato in mente qualcosa che era rimasto nascosto a lungo nei meandri della sua memoria 

“Ma certo...” sussurró, poi la sua voce si fece convinta e squillante “Salazar, ti ricordi quella notte nella torre di astronomia? Tua sorella disse che sentiva...qualcosa...un’entitá che non ci vuole qui, nel castello”  poi, notando l’espressione per niente sorpresa dell’uomo, aggrottò le sopracciglia e commentó acida “ah, ma certo, ci eri già arrivato da un pezzo, ma come al solito il piano era di tenermi all’oscuro di tutto. Lo so, è una discussione che abbiamo già affrontato, ma questa volta non si tratta solo di te. Sforzati di comprendere che è in pericolo tutta la scuola!”. 

Salazar continuó a ignorarla e lei si maledisse per non essere arrivata a quella conclusione prima di lui, di essere stata battuta sul tempo ancora una volta. Poi il mago parló di nuovo, rivolgendo una domanda più a sè stesso che a Rowena “Perchè voleva sapere cosa accade nei sotterranei? Puó sentirci ma non puó vederci? È li che si nasconde, qualsiasi cosa sia...?”. 

Non l’aveva neppure guardata in faccia; la donna capì che non si stava rivolgendo a lei, che non avrebbe potuto discutere con lui di questa storia, tanto avrebbe sempre agito di testa sua, senza ascoltare nessuno.

 “Fa’ come vuoi, affronta tutto questo da solo, è quel che sai fare meglio”.

Quando fu sul punto di aprire la porta per andarsene, sentì la voce di Salazar dal fondo della stanza “Che fine ha fatto la donna che doveva starmi vicina nonostante tutto? Nonostante i miei silenzi, il mio carattere difficile. La donna che ha confessato di amarmi. L’incoerenza non è da te, Rowena”

Lei sorrise debolmente dandogli ancora le spalle. Poi si voltó verso l’interno della stanza e percorse a grandi falcate quello spazio che la separava da lui.

 “Chiama tua sorella, Sal, se qualcuno puó darci delle risposte , quella è lei”.

“Si, ci ho pensato ...ma è sempre stata lei a manifestarsi per prima, senza che io la chiamassi. Qualcosa mi inventeró....” cercó di mostrarsi sicuro di sè, quando in verità non aveva la ben che minima idea di come si evocasse uno spirito. Poi cambió completamente espressione, come se per lui quell’argomento fosse ormai momentaneamente chiuso. Parló di nuovo, questa volta con espressione interrogativa:

“In realtà, quando prima ti ho chiesto di venire...c’era altro cui volevo parlarti. Rowena, sei molto strana in questi ultimi giorni. Non mangi, non dormi, sei volubile e spesso nervosa, come adesso. Sei sicura che vada tutto bene?” le chiese cercando di mascherare il fatto che lui già conoscesse la risposta a quella domanda.

Lei assunse un’espressione allarmata 

“Mmh” annuì con troppa poca convinzione.

“Non sei brava a mentire, non ci sei abituata” la incalzó lui, poi abbassó le palpebre riducendole a due fessure “Sento che la cosa mi riguarda, sì.... sì, lo percepisco dal modo in cui mi guardi. Sai che ho un sesto senso eccezionale. Su, mia cara, cosa mi nascondi?”  si alzó dalla poltrona e inizió a girarle intorno, toccandola di tanto in tanto. “Come sei rigida, un tempo ti scioglievi al mio tocco. Hai forse paura di me adesso?” Rowena cercó di bloccare la propria mente, perchè lui non vi entrasse dentro con la legilimanzia. Ma più si sforzava, più le parole di Helga tornavano a rimbombarle dentro la testa. Quella parola soprattutto, Incinta, riaffiorava ogni secondo sempre più nitida e distinta. Salazar continuava a fissarla intensamente con quegli occhi color del ghiaccio. Dopo qualche minuto parló “Ma certo.....allora è vero...”  un sorriso amaro gli si dipinse sul volto. 

“Non...arrabbiarti, ti prego. Non lo saprà nessuno, te lo prometto, lo daró via una volta nato” la sua voce tremava, tremava di paura per la reazione funesta che si aspettava da lui, ma che non arrivò mai.

“Vorresti darlo via?”

“Salazar! Sai benissimo quali saranno le conseguenze, per me e per tutta la scuola! Se si viene a sapere....”

“Qual’è il problema?”

“Qual’é il problema? Ma che tipo di educazione hai ricevuto? Sono una donna nubile, una gravidanza sarebbe la mia rovina! Addio studenti, addio Hogwarts!”

“Oh non credo, saresti soltanto tu a dovertene andare, poi noi dovremmo cercare una donna rispettabile e colta che prenda il tuo posto”

Rowena sgranó gli occhi a quelle parole, che le arrivarono alle orecchie taglienti come lame. Cercando di assumere un certo contegno e sicurezza di sè, rispose: 

“Bhe, non succederà. Se tu non parlerai nessuno lo verrà a sapere. Non so se ti sia presa improvvisamente voglia di giocare a fare il padre amorevole, ma per quel che riguarda me, non ho nessuna intenzione di diventare madre”

“Lo sei già. E quando verrà il momento di darlo in affidamento, tu non ce la farai a lasciarlo andare”

“D’accordo, allora vuoi aiutarmi a liberarmene con la magia?”

“Non essere sciocca e impulsiva, rischierei di farti del male. No...il problema risiede nel fatto che non sei sposata”

“Oh, giusto un problemuccio da niente”

 Rowena stava iniziando a perdere la pazienza e le speranze. 

Salazar sospiró, poi distolse lo sguardo

“Per quanto io detesti assumermi certe responsabilità, quel bambino avrà il mio sangue a scorrergli nelle vene. Il mio e quello di Eva. Sposerai me, Rowena”

La donna scoppiò a ridere nervosamente e il mago non sembró apprezzarlo. Infatti aggiunse acido “non è che tu abbia troppe alternative”.

Rowena tornò improvvisamente seria, fino a quel momento non aveva davvero creduto alle parole di lui “Salazar...tu lo faresti davvero...”

“Sì. Sinceramente non sarà un grande cambiamento, nessuno lo saprà, servirà solo a farti avere quello stupido anello di ferro, a testimonianza del fatto che non sei più nubile. Il fatto che tu non voglia rivelare chi sia tuo marito è una questione personale, che nessuno metterà in discussione. La tua reputazione resterà immacolata” pronunció quelle parole con  serietà e distacco . Era la peggior proposta di matrimonio che Rowena si sarebbe mai aspettata di poter ricevere. 

“Grazie...io...non pensavo che avresti capito”

“Credevi che ti avrei abbandonata al tuo destino? Un destino che io stesso ho contribuito a determinare. Non mi conosci ancora fino infondo ...” evitó accuratamente di menzionare il ricatto di Godric.

“Permettimi di conoscerti...allora, del resto saremo legati per la vita, noo? Anche se potrai essere mio marito solo di notte....”

“Credevo che dopo questo volessi farla finita...insomma, vuoi correre di nuovo il rischio? Deduco che tu voglia formare una famiglia numerosa” ghignó. 

“Troveremo un modo...se tu vorrai” 

Lui le sorrise, stavolta in modo quasi sincero. Aveva già preso consapevolezza che il legame fra loro non era soltanto fisico, ma anzi erano come portati a legarsi l’uno all’altra da una forza superiore. Si chiese se non avesse ceduto al ricatto in virtù di qualche sorta di sentimento poteva nutrire nei confronti di Rowena. Non era il tipo da arrendersi facilmente, ma quella unione non  sembrava una condizione tanto terribile a cui sottoporsi. Avrebbe avuto una famiglia, lui, Salazar Slytherin, che aveva odiato i suoi genitori, che si era ripromesso di trascorrere il resto della vita al fianco di un’unica donna, sua sorella Eva. Ma la sorte poteva essere davvero imprevedibile, era un’amica volubile e Salazar lo sapeva bene. 

Si accorse degli occhi di Rowena che lo fissavano, come supplicandolo di una risposta. Prese le mani di lei dentro le sue e le disse, senza pensarci troppo “Facciamolo, oggi stesso”.

Un giorno quella donna, con cui aveva appena promesso di legarsi per la vita, sarebbe invecchiata e avrebbe perso quel fascino che lo aveva spinto fra le sue braccia. L’avrebbe desiderata anche allora?

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