Friends (with benefits)

di mortifero
(/viewuser.php?uid=1147483)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** odi et amo ***
Capitolo 2: *** Rinascita, Calore, Ribellione ***
Capitolo 3: *** Dio è morto ***
Capitolo 4: *** Due tristi bugiardi e un'amara verità ***



Capitolo 1
*** odi et amo ***


fwb

Friends (with benefits)


Fandom: Rick e Morty

Genere: Introspettivo, Smut, HurtConfort

Pairing: RickMorty



Capitolo I: odi et amo



Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e mi struggo.

- Catullo, odi et amo





Rick non poteva esattamente dire con certezza quando era iniziata la loro frequentazione particolare, ma ormai era così abitudinario per lui ritrovarsi dentro Morty, il suo pene eretto nel suo ano e il ragazzo sotto di lui, ansimante e voglioso di più, che tanto ormai una data non aveva più importanza.

Non che tutto il resto l’avesse, sia chiaro.

“Oh, ho vissuto così tanto tempo che ho capito che almeno di qualcosa nella vita ci importa” *



Un vuoto dentro, una solitudine che non riusciva a colmare. O meglio, non come avrebbe voluto.



“Pronto per il secondo round, Morty?”





Il loro bacio fu qualcosa di passionale, lungo, quasi violento e brutale.

Rick si avventò su Morty come un leone che non mangiava da giorni e il ragazzo una povera gazzella che aveva per sbaglio incrociato il suo cammino.

Lo assaporò, lo mangiò, lo divorò.

Lo sbranò ferocemente e velocemente.

Una silenziosa promessa che l’avrebbe fatto suo tutto intero.

Morty lo ricambiava animatamente. Voleva assaggiare quel sapore di alcool e bugie, sottili promesse mai mantenute; provare la sensazione di una scarica elettrica lungo tutta la sua spina dorsale.

I vestiti strappati, lanciati via sul pavimento. I segreti erano senza voce nell’aria.

Le loro erezioni per un momento di sfregarono vicine e entrambi avevano provato una scossa lungo la spina dorsale.

“S-sai Morty, credevo di ricordarmi te che dicevi che il sesso anale era un vero incubo ” mormorò Rick al suo orecchio, dopo aver lasciato sciatti baci sul suo collo “Non credevo che potessi cambiare idea così velocemente ” lo schernì. Morty alzò gli occhi al cielo, mordendosi la lingua per non rispondere a tono. Un minimo comportamento sbagliato e Rick se ne sarebbe andato, infuriato come una belva. Una semplice fame di controllo.“Piccola merdina.”

L'arcaismo dei fantasmi di Morty appartenevano ad una sessualità regressiva dell'analità. Oltre al pregiudizio sull'omosessualità, il concetto di sesso anale nel suo pensiero provocava solo dolore immaginariamente fisico. E anche morale. Si sentiva sottomesso a Rick in un nuovo modo più intimo rispetto ai precedenti. Colpiva nel profondo e lacerava. Ma in esso trovava i suoi bisogni carnali soddisfatti e Rick con il suo essere quasi più gentile addolciva la pillola. Ma Rick non era caro e buono di natura, dopo ogni orgasmo si giustificava con "Ogni uomo con il cazzo dentro un buco caldo diventa incoerente, Morty, non crederai mica a tutto, vero?"
E il clima teso fra i due rimaneva stabile.

“N-non sei poi così originale negli insulti, sai?” azzardò Morty. Cercò di attutire il danno con un bacio sulle labbra. Rick sogghignò, la pelle intorno le sue labbra si raggrinzì.

“N-non giocare troppo con il fuoco, merdina. Ti scotteresti e io col cazzo che ti salverò il culo.”

Rick era pericoloso.

Ma Morty aveva un fetish per il pericolo. Anzi; in realtà era come se il pericolo stesso non riuscisse a stargli lontano. Anche quando Morty provava a distanziarsi, esso lo perseguitava e si insinuava nella sua vita come la larva di uno spirito in un corpo ancora vivente. Come un demone, risucchiava tutto e lo lasciava moribondo.

“S-se qualcosa non ti va, dimmelo, ok?”

Era una prassi, l’unica regola tra loro due. Qualunque cosa che uno dei due non volesse, non si faceva. Rick non sempre la rispettava, quello doveva essere uno dei suoi giorni buoni.

“Tutto bene, piccolo?” sentì il sussurro affaticato di Rick, che aveva iniziato ad infilare un dito, impregnato di lubrificante, nell’orifizio del giovane.

Inizialmente, Morty si sentiva bruciare là sotto, ma pian piano diventava una sensazione sempre più piacevole. Iniziò a gemere, ad averne bisogno ancora ancora e ancora. “R- Rick…oh Rick”

Il vecchio ridacchiò. “Cosa, Morty? Ti piace quello che il nonno ti sta facendo? Ti fa godere come il piccolo pervertito che sei?”

“S-sì, c-continua, p-perfavore, ne ho bisogno.”

Rick cominciò a dare baci lascivi della zona inguinale del ragazzo. “N-non posso dirti di no con quel visino”. Non lo guardava nemmeno, ma a Morty sembrava bastare. Era rosso in viso (il calore infiammava il suo corpo), dolorante, supplicante e sottomesso. E i suoi enormi occhi erano impregnati di lussuria.

Rick lo adorava.

“Oh o-oddio R-Rick! Sei fantastico!”

“Lo so, piccolo, lo so.”

Rick fece scivolare altre due dita nella cavità anale di Morty che gemeva costantemente — si sorprese di non aver ancora perso la voce. Il vecchio intanto arricciò le dita dentro, spingendo la prostata di Morty con gusto. Il ragazzo cinse la schiena di Rick con le sue gambe e in essa infondò le sue unghie, preso dalla travolgente stimolazione.

“R-Rick”, ansimò, “scopami.”

“Subito, dolcezza.” respirò Rick, lussurioso. “Ma sappi che dopo questo non sarai più in grado di camminare o sederti”.

Morty pigolò quando Rick tolse le dita dalla cavatura anale, ma quando lo vide prendere del lubrificante e spalmarlo sul proprio pene eretto, il ragazzo non riuscì a trattenere un gemito felice.

Rick stava per entrare in lui. Finalmente.

Lo fece subito senza pretese, e Morty amò ogni momento. “Oddio sì!” urlò mentre suo nonno iniziava a spingere dentro di lui. Ritornò a graffiargli la schiena e Rick sembrò apprezzare, “Oh sì, bimbo!”

Il ritmo prima costante e normale, si velocizzò sempre di più, fino ad arrivare a qualcosa di forte e selvaggio. Sembrava che Rick non vedesse l’ora di rompere Morty, di spezzarlo come se fosse un omino di pan di zenzero e di assaggiarne ogni pezzetto.

Morty agitò i fianchi come se fosse la nuova moda di esercizi ginnastici e artigliò le lenzuola del suo letto come se fossero le uniche cose a tenerlo ancora a terra.

“Dentro o fuori?”

“Cosa?”

“Vuoi che venga dentro o fuori?!”

“Dentro, dentro, dentro, dentro!”

Rick urlò mentre veniva. Incurante di chiunque potesse sentirlo. Ansimò “un bravo ragazzo, un brav- sei stato meraviglioso, Morty!” e poi si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto.





“T-ti a-voglio bene, Rick.”

Il silenzio che calò fra i due era teso come i fili dei panni stesi. L’aria intorno a loro divenne tremendamente pesante.

“Morty…” sussurrò, guardando il soffitto. In sottofondo i respiri affaticati del giovane, ancora rosso in viso, e un “vattene" teso e non detto. Rick si morse l’interno di una guancia per un secondo. “Lavati i denti, la prossima volta”. E si alzò dal letto per rivestirsi, come se non fosse successo nulla, come se la voragine che aveva dentro fosse già riempita.

Non era esattamente così.



Summer gli diede poi un suggerimento, in un normale pomeriggio di primavera. Pioveva, il clima leggermente umido si faceva perdonare per il caldo asfissiante dei giorni prima. Gocce d’acqua picchiettavano sul vetro della porta scorrevole in soggiorno.

“Sapete, in questo tipo di relazione un coinvolgimento emotivo è sempre presente.”, stava sul suo cellulare, “l’ho letto sull’Urban Dictionary”.

In quella casa, tutti sapevano tutto. Ma era più facile fingere di non vedere le prove, occultarle, piuttosto che sbattere la faccia con la realtà dei fatti. Era sempre stato così —  da quando era arrivato Rick. Che andasse a letto con suo nipote, non cambiava nulla.

Per Beth la mancata espressione di tutto quello che stava succedendo rendeva la cosa meno reale, una negazione continua, solo una probabilità molto elevata e come tale, la certezza che non potrebbe essere vero la faceva dormire tranquilla.

Ma come poteva negare il modo in cui suo padre guardava Morty? E i continui cigolii nella camera di suo figlio, che ogni volta le facevano voglia di ubriacarsi più del solito?

I quadri, le pareti, silenziosi conservatori di quei segreti di famiglia che non avrebbero mai avuto voce.

Rick, alle parole di Summer, reagì alzando gli occhi al cielo e bevendo dalla sua fiaschetta. Non era un tipo che apprezzava i consigli. “Che cazzo stai dicendo, Summer?” le ringhiò contro. Pure Morty negò, imbarazzato: “E-esatto, c-cazzo dici?”

Summer si strinse nelle spalle, la sua espressione rimase neutra. “Sarà,” concesse. “ma, nonno Rick, ora spiegami perché hai sempre accesa la telecamera sulla stanza di Morty.” provocò.

L’uomo odiò il sorriso sardonico sulle labbra di Summer.

Un “Cosa?” si alzò debolmente; proveniva da uno sconcertato Morty.

Rick non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Si limitò a guardare aspramente sua nipote. “È solo perché è divertente quando fa workout. Si fa sempre male, il coglione!”.

C’erano il realtà un gran numero di buone ragioni, ma disse proprio quella. Poteva optare per quella in cui gli serviva controllare Morty, ogni cosa facesse, per sapere dove andarlo a prendere prima di un’avventura o se fosse in probabile pericolo. Le macchine rotte non servono a nulla. Il controllo, inoltre, il conoscerlo più affondo, aiutava la manipolazione. Devi conoscere, per conquistare. Doveva sapere ogni dettaglio, ogni cosa che gli premesse o meno, per riuscire a convincerlo a fare qualsiasi azione volesse. E, Rick si sentì terribilmente troppo sobrio per quella merda, Morty era calma. Era tranquillità, talmente abitudinario — e non nel senso negativo — da poterlo chiamare casa. Nella sua vita frenetica, la costante presenza di Morty era come un ancora di salvezza, un minuto di pace all’inferno.

Lo apprezzava, dopo tutto. Peccato non lo amasse o rispettasse abbastanza da ammetterlo ad ad alta voce.
Anzi, tutto il contrario. Affermava di odiarlo.
Per Rick, Morty non era la persona, ma la "cosa" che segnalava - rivelava - al mondo la sua debolezza. Questa ambivalenza di emozioni la dimostrava nell’aggressività, negli insulti e i pugni in faccia. Il suo ego smisurato avrebbe dissentito, ma se qualcuno avesse ucciso Morty, Rick sarebbe morto insieme a lui (metaforicamente e non).

Morty sul divano iniziava a sentirsi sempre più a disagio. Si abbracciò, grattandosi nervosamente il braccio, andando sempre più in profondità, come a voler proteggersi e punirsi per colpa di qualunque cosa stesse succedendo in quel momento.

Summer ridacchiò, ma non disse più nulla.

L’uomo si massaggiò le tempie della fronte, spossato da quella situazione scomoda. Poi si rivolse a Morty, incazzato, con tono aspro: “E tu, M-moURGty, cosa continui a fare yoga, eh? Cosa sei? Una casalinga divorziata con un pessimo matrimonio alle spalle, tre bambini di cui non te ne frega un cazzo, che usa lo sport per distrarsi dalla sua vita di merda?”

Morty non rispose, interdetto dall’aggressione verbale di Rick. Solitamente si sarebbe messo a singhiozzare ma in quel momento essa sembrava talmente priva di senso che commentò con un semplice “…Woah” quasi sussurrato.

“Che problemi hai, nonno Rick?”

Rick si alzò dal divano brontolando parole incomprensibili alle orecchie degli altri due e se ne andò in garage, sbattendo la porta.

“Quanto cazzo è irritabile quell’uomo…”

“Non lo dire a me!”





Coinvolgimento emotivo.

Quelle due parole sapevano di cenere in bocca, erano totalmente estranee; davano fastidio e allo stesso tempo riempivano con un senso particolare il vuoto.

Rick era consapevole, in maniera massiccia ma poco familiare, di una situazione di fatto che lo toccava fino in fondo nelle fibre. Colpito nel suo narcisismo, pensava a come agire.

Aveva fin da subito fatto una lista dei rischi nella sua mente, prima di entrare in qualunque relazione dallo sviluppo sessuale con suo nipote (perché, diamine, sempre di tale si trattava — pure minorenne, tra l’altro), ma il coinvolgimento emotivo era stato scartato fin da subito, almeno da parte sua. Poteva toccare a Morty, molto probabilmente. Il che non sarebbe stato davvero un dramma, se il ragazzo avesse avuto qualunque cosa malata nei suoi confronti il suo ego si sarebbe innalzato fino alle stelle, ma sarebbe stata lo stesso una brutta gatta da pelare. Si immaginava già le sue lagne ogni volta che Rick si concedeva una scappatella, o perché non gli portava i fiori a San Valentino.

Solo un idiota come Morty poteva lasciarsi andare in sentimenti così nocivi.

Con Rick? Era fuori discussione.

Quante volte aveva lasciato la propria orma su un letto ma se n’era andato lo stesso, lasciando da sola la povera malcapitata? Perché con Morty non poteva essere lo stesso?

Non ci può essere coinvolgimento emotivo, se c’era già prima. No?

Rick strinse le labbra, talmente irato che spatté per terra la piccola invenzione su cui stava lavorando per distrarsi. La voce nella sua mente aveva sfortunatamente ragione. Bastarda. Non aveva mai provato un attaccamento, un odio, così viscerale nei confronti di una persona. Era talmente tossico che gli stringeva in una morsa lo stomaco, gli faceva venire un’angosciosa nausea di cui doveva liberarsi.

Nell’odio e nell’amore la sua distruzione, nell’indifferenza sistematica e totale il potere che lo rendeva inumano, divino oltre ogni limite.

Tutte le sensazioni che andavano oltre il mero menefreghismo erano tossiche, troppo pericolose per lui. Doveva distrarsi, non pensarci troppo. Bevve dalla sua fiaschetta, prese la sparaporte e se ne andò.



Morty pochi minuti dopo andò nel garage da Rick, preoccupato per quel rumore che aveva sentito prima. Di qualcosa che si era rotto, frammentato, destrutturato, senza più un senso. Una struttura era creata per dare significato e se distrutta, il significato diventava insignificabile. Morty trovò una correlazione fra se stesso e il piccolo marchingegno che vide rotto sul pavimento del garage.

Frammentato, senza significato.

Quello che provava era diviso a metà, fra un odio — forse più fastidio — che partiva dalle sue viscere e un amore coatto, manipolato e conquistato dal narcisismo più grande dell’intero universo. Senza significato, perchè un nome, a tutto ciò che provava, una struttura, una guida, non riusciva a trovarla.

Si morse un labbro, quando vide il garage terribilmente vuoto. E anche lui, allo stesso tempo, si sentì così. Con un peso allo stomaco, la bruciante preoccupazione che forse lo avesse abbandonato.

Quel posto era tremendamente caotico e vecchio.

Come Rick, dopotutto. Sembrava il teatro della sua personalità; Morty si sentì quasi in colpa per essere lì, come se stesse in un posto troppo intimo e personale. Era arrabbiato con se stesso. Non aveva bussato e senza permesso era come se si fosse scaraventato nella testa di Rick. Non lo aveva fatto apposta, però.

Anni prima, si era abbandonato all’illusione che il garage fosse un posto per loro due; dove potevano essere loro stessi, al sicuro dall’universo intero. Momenti di cameratismo che avevano un retrogusto amarognolo.

Ma no, il garage era il regno di Rick. Suo e soltanto; Morty era stato solo un aggiunta temporanea. Ed era tremendamente raro che un re uscisse da solo senza il suo esercito.

Era così: Rick andava bene da solo, tanto bastava; Morty, invece, avrebbe dovuto valere e faticare come un esercito e non sarebbe mai stato abbastanza.

Non trovando niente da fare, il ragazzo decise di salire in camera sua.

Nella sua stanza, dalle fastidiose nuove pareti blu, che gli ricordavano qualcuno in particolare, Morty si sentì un relitto. Inutile, vuoto. Soffriva terribilmente la sua solitudine. Doveva esserci abituato, in realtà. Dopotutto aveva vissuto metà della sua vita senza amici o nessuno al di fuori di sua sorella e i suoi genitori, ma con Rick era decisamente cambiato tutto. Ogni minuto, ora, secondo, per la maggior parte la passava con lui e lui soltanto. Magari in qualche spericolata avventura, oppure per fargli semplicemente da palo.

Non era abituato alla sua assenza. Era poco raro che Rick uscisse, ma ogni volta che lo faceva era con Morty. Quando usciva da solo era per un’unica ragione: divertirsi. Questa realizzazione gli fece provare un’altra morsa allo stomaco; lo sentì proprio rivoltarsi. Stava malissimo, credeva che fra un po’ sarebbe affondato nel letto per quanto si sentiva appesantito da tutto.

Divertirsi.

Si arricciò le labbra: Rick con Morty apparentemente non si divertiva. Lo considerava stupido, inetto, fastidioso. Esisteva solo quando aveva bisogno di due mani in più, di uno scudo, — Morty stava quasi per piangere —  di un buco da riempire.

Deumanizzato fino al midollo.

Quanto gli sarebbe piaciuto ritornare ai loro primi giorni di conoscenza, in cui Rick era così fintamente gentile da sembrare reale.



“Stelle luminose, eh?” disse il vecchio, entrato per la prima volta nella stanza del giovane e vedendo le decorazioni vicino al letto.

Uh-uhm, s-sì” arrossì Morty, imbarazzato dalla nuova presenza. Rick sogghignò.

Vedo che ti piace tanto lo spazio.” Si guardò meglio intorno. “Potrei portartici lì, una volta, almeno.”

Morty ci aveva pure creduto.

Una volta, come no.

Si massaggiò la fronte, gli stava venendo il mal di testa (quasi un’emicrania) continuando a pensare a Rick. Eppure gli dispiaceva ancora, che l’uomo non volesse passare del tempo con lui.

Improvvisamente, come colto da un’illuminazione istantanea, si ricordò del compito per il giorno dopo. Era stato così maledettamente smemorato! Si volle quasi spiaccicare la mano sulla propria faccia. Aveva un’esibizione (se così poteva chiamarla) ad un locale per finti alternativi, amanti della filosofia e della letteratura. Il signor Hurt (gran cognome), suo insegnante di letteratura creativa, gliel’aveva assegnato perchè “hai troppa paura del pubblico, del giudizio. Come se qualcosa continuasse sempre a bloccarti (Morty sbuffò, non era qualcosa ma qualcuno). Svegliati, ragazzo!”

Così accese il computer per scrivere il suo tema. Aprì Word.

Rimase ad osservare la pagina vuota per cinque minuti buoni, senza sapere cosa scrivere. Poi optò per uno sfogo: “Come posso descrivere una giornata di merda?”

Premette freneticamente il tasto per cancellare. No, non andava bene. Glielo aveva detto pure il professore: doveva esporsi, completamente. “Nella trasparenza, nella verità c’è sempre il meglio.” Aveva consigliato.

Sbuffò, appoggiando una guancia al palmo di una mano. Non aveva la più pallida idea di cosa scrivere e il tempo stava per scadere.

Sentì il rumore di qualcuno che stava bussando alla porta della sua stanza.

“Posso entrare?” Era Summer, titubante. “Non ti starai…? Beh, lo sai.” si accertò, con tono disgustato.

“No, no, puoi entrare.” La invitò, leggermente annoiato.

“Ecco, Mort- ODDIO MI AVEVI DETTO DI NO!” Si coprì subito il viso con un braccio, quando vide il laptop appoggiato sulle cosce di suo fratello.

“Cosa?!” squittì Morty. Girò lo schermo del suo computer per far vedere cosa stesse effettivamente facendo. Esso rivelò un foglio Word vuoto, bianco. “Sto facendo i compiti per il signor Hurt...” spiegò.

Summer sospirò sollevata e tolse il braccio dal suo viso.

“C-cosa ci fai qui?” Chiese Morty, concentrandosi sul suo lavoro.

“Rick è andato via.”affermò. Summer si sedette sulla sedia della scrivania di Morty. Lui le diede solo uno sguardo stanco.

“L-lo so.”

Summer fu colta di sorpresa dalla strana laconicità di suo fratello. Si mosse a disagio sulla sedia, che scricchiolò per bilanciare il peso da una nuova posizione. “È che…che da quando il vostro nuovo tipo di relazione è iniziato, siete stranamente sempre più distanti.”

Morty sbuffò, sentendosi un po’in colpa per trattarla in modo così distaccato, ma non era ancora pronto a parlare dei suoi problemi con il mondo. “Non posso farci nulla, Summer.” rispose, rassegnato.

“Beh,” iniziò lei, come se inacidita. Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta. “Forse dovresti. Io me ne sono accorta; manca poco che lo facciano mamma e papà per davvero e la vostra storia o...qualunque cosa sia, ecco, terminerà. Sicuro.”

Morty non riuscì a reggere lo sguardo e ritornò sul suo lavoro.

“Davvero”, il tono di Summer si addolcì, “fallo per te, per voi, qualunque cosa. Non voglio vederti — e vedervi — così.”

Morty annuì pensieroso e Summer se ne andò.

Quel voi e quel vedervi gli avevano lasciato un amaro in bocca. Non era esistito mai un noi solido tra Rick e Morty. Sì, uniti nelle avventure, ma distanti in qualunque altro campo. E quel vedervi? Perché era così strano? Quel plurale aveva un sapore agrodolce. Se fosse stato più sveglio, forse, Morty avrebbe capito che non era l’unico stanco di quella situazione.

Sbuffò. Non doveva pensare a Rick in quel momento, non poteva permetterselo, ma più osservava la pagina bianca, più i suoi pensieri su suo nonno aumentavano a malavoglia.

Si massaggiò le tempie e cercò di spremersi le meningi. Doveva trovare un tema e alla svelta.

Sbuffò.

Suo nonno era peggio di un virus, infettava tutto intorno a lui, soprattutto la sua mente.



E se avesse scritto proprio su Rick? Sarebbe un buon compromesso, no?



Quella sera, i muscoli delle gambe e delle braccia tesi, Morty continuò a fare la sua classica sessione di yoga, non sapendo se sentirsi osservato o meno.



*semi -cit di Rick nell’episodio “Sbracchiamoci Insieme!”. Sentite, sono pigra per andare a rivedermelo tutto...

NdA

Ciao! Questa è la mia prima ff in questo fandom, spero sia stata una bella presentazione XD. Anzi, è proprio la mia prima ff su Efp, sono nuova lol

Premetto subito col dire che questa non sarà una slow burn, credo avrà un massimo di tre capitoli. Non mi piacciono le cose lunghe :p dopo un po’ mi annoiano hahah. Infatti è anche per questo che ho voluto iniziare con una relazione sessuale già prestabilita fra i due personaggi principali. Spero non sia uno di quei casi “partenza a razzo, finale a c...” :).

E niente, fatemi sapere se vi è piaciuta o meno, ogni commento è ben accetto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Rinascita, Calore, Ribellione ***


Friends with benefits

Capitolo II: Rinascita, Calore, Ribellione

 

Premessa: nel testo è presente un po’ di critica sociale sulla questione prostituzione, ispirata adegli articoli sulle case chiuse in Olanda e Germania e al libro “Stupro a pagamento” di Rachel Moran. Se non vi interessa potete pure passare a leggere direttamente da “Rick e Morty erano presenti ma trattavano di altro”....

Buona lettura cari :D!

I hope I'm not the only one that feels it all

Are you fallin'?



Kimbala, galassia Centurion, pianeta Xiftotan, non amava molto il suo lavoro. Anzi, lo odiava. Non pensava che ci volesse così poco per essere svalutata e oggettificata.

Da giovane si era ritrovata con una figlia da mantenere da sola e piena di debiti e, avvicinata da compagnie poco raccomandabili, si era decisa di quadagnare con la via più facile: la prostituzione. 

Nella case chiuse, il suo trafficaggio, la sua deumanizzazione e il suo stupro diventavano legali e protetti. Non proteggevano lei, no, sia mai, proteggevano il suo pappone e chiunque lucrasse sul suo stupro, perché sì, la decisione di lavorare in quell'ambito era sua, ma il denaro era coercitivo per definizione e quanto ogni rapporto era considerabile consenziente? Soprattutto quando ogni compratore pensava di poter approfittarsi di lei, di umiliarla quanto voleva, solo perché aveva pagato. L'aveva comprata. Il suo corpo, il suo essere, la sua persona, venduta come se non fosse nulla. Se fosse stata rapita, almeno si sarebbe potuta crogiolare nel ruolo di povera vittima, ma no, aveva scelto lei, e ogni giorno continuava ad incolparsi per questo. Ma la colpa non era la sa, ma di chi considerasse il sesso un diritto, qualcosa da poter comprare. Non esiste l’offerta senza la domanda. 

Si potrebbe dire che ciò che attraeva i compratori di sesso, oltre all'atto in s'è, era il potere di sfogare la propria misoginia, di umiliare e sottomettere chi per loro valeva meno anche di un topo di fogna. 

Sulla terra non è tanto diverso da così. Quel giorno, avrebbe avuto fra i suoi clienti l’uomo più intelligente dell’intera galassia. Sospirò, lo rendeva davvero tanto diverso dagli altri? Sicuramente il timore riverenziale che provavano popolazioni intere nei suoi confronti non aiutava l’ansia che stava provando. 

Un altro cliente. Un altro stupro passato per semplice “sesso a pagamento”.

In realtà non sarebbe stato niente di diverso per nessuna delle due persone. Soprattutto per Rick, già a stento provava interesse per il suo amico con benefici, figurati per una semplice prostituta di passaggio.

Le sue mani, magre e rugose, sfioravano sicure e senza vergogna il corpo nudo del piccolo. Non aveva senso di colpa, approfittarsi della sottomissione del più giovane era come ambrosia per il dio che era. Perché dovrebbe essere diverso con una prostituta? Non sapeva nemmeno come si chiamasse.

Infatti non si fece problemi a sfogare la sua frustrazione su di lei, l’idea che gli dava il voltastomaco, il solo fatto che Morty non fosse così sostituibile come credeva. Il fastidio che solo sentire nominare quel ragazzetto dalla stupida maglietta gialla gli causava.

 

Ancora leggermente insoddisfatto, Rick si rivestì e posò i soldi sul comodino della stanza. Decise che si sarebbe rifatto con Morty la mattina seguente.

 

Rick e Morty erano presenti ma trattavano di altro. Parlavano come se quelli che avevano fatto sesso sopra il tavolo del laboratorio sotterraneo non fossero stati loro, come se fossero stati impossessati da altre persone che poi hanno sloggiato dai loro corpi, cancellandone i ricordi. L’unico accenno che ci fu era solo un frustrato Rick che fece: “M-mi devi un orgasmo, M-Morty.”

“N-non me lo sono scordato…”

“Facciamo stasera.”

Morty non alzò lo sguardo dal suo laptop. “Ho un impegno stasera, l’esi…”

“L’esibizione a quel locale per finti alternativi amanti della letteratura anche se di letteratura ne sanno quanto il mio fondoschiena, visto che avranno letto solo Bukowski per fare gli intellettuali su Instagram, dici? No, perché, giuro, non ne parli proprio mai”. Rick aveva il fianco destro appoggiato al bordo del bancone della cucina. Sorseggiava del caffè da una tazza e Morty non era abbastanza vicino per capire quanto fosse stato corretto o meno con dell’alcol. 

Il castano alzò gli occhi al cielo e continuò a scrivere le parti finali del suo racconto. “Cavolo, dovrò leggerlo davanti a tutti…” pensò a voce alta, agitato. La sola idea di dover parlare davanti ad un vasto gruppo di persone gli causava dei leggeri spasmi alle gambe, tremanti, e la gola diventava arida. 

“Senti” incominciò lentamente il vecchio, “se ti aspetti qualunque tipo di consolazione da me, io…”

Morty ridacchiò. “No, n-non ho più speranze così alte”. Sospirò. Non aveva proprio un cazzo da ridere.

Anche Rick sorrise, ma in quell’espressione c’era un asprezza intrinseca che chiunque avesse a che fare con lui vedeva almeno una volta nella vita. “Oh, stronzetto, sarò il primo a prenderti per il culo quando la tua esibizione sarà un fiasco. Buh, testa di cazzo!”.

Morty alzò finalmente lo sguardo dal laptop dopo aver salvato il documento. Con un solo sguardo, sentì come se la sia distanza con Rick oltre che emotiva fosse anche fisica. Barriere invisibili li dividevano e l’aria era pregna di questioni irrisolte. 

“Credo che invece la adorerai, Rick”.

 

Erano le 21:30 quando Morty e la sua famiglia si diressero verso il locale. Infagottito nel suo giaccone invernale, il ragazzo teneva in mano una busta di plastica, dove dentro c’erano i fogli con su scritto tutto il racconto che si era fatto correggere per email dal professore. 

Durante il viaggio in auto, non fece altro che tenere quella carta grigia, riciclata, rinata, per rileggerlo. Il signor Hurt non fece grandi correzioni, segnalò solo qualche errore di battitura e punteggiatura. Per Morty era un gran traguardo.

Appena entrato nel locale, cercò il Signor Hurt. Lo trovò seduto ad un tavolo vicino al palco, mentre sorseggiava del caffè. Si avvicinò e lo salutò “B-buonasera”, nervosamente stringeva lo schienale della sedia.

“Siediti, su!” Disse bruscamente il professore. Morty tremante fece come gli era stato chiesto. Oltre all’ansia da prestazione, la presenza di uno degli insegnanti più rigidi e severi della sua scuola non aiutava di certo il suo nervosismo.

“Agitato?” Chiese in tono più calmo, quasi caloroso e paterno. 

“U-un po’?” Si guardò intorno. Dov’era Rick? “P-posso cambiare idea?”

“Certo che puoi”, si portò la tazza di caffè sulle labbra, “ma mancheresti di rispetto alla mia scelta, e questo non ti converrebbe”, bevve.

Morty si guardò le mani, intrecciò le dita agitato. Non voleva rinunciare a quel corso…

“Uhm…”

Il signor Hurt sospirò.

“Vedi quel palco, no? Se non sai gestirlo diventa un tritacarne e tu in pochi secondi sarai del preparato per hamburger. Devi imparare a gestirti le cose da solo, ad esporti, ad affrontare le tue paure,”fece una breve pausa guardandolo intensamente, “ e chiunque si metta in mezzo tra te e le tue passioni.”

Morty spalancò le palpebre e le labbra sorpreso. Come faceva il professore a saperlo?

L’uomo gli diede uno sguardo comprensivo. “Non tutti vogliono che tu scriva, vero?” Morty annuì timidamente. “Mortimer, proprio per questo devi dimostrare che hai capacità, che sai cavartela nonostante tutto; perché se sai farti le cose da solo, se sei indipendente, tu sarai la tua unica guida e nessuno potrà mettersi in mezzo al tuo cammino. È per questo che ho dato l’opportunità a te di questa serata, anche se forse c’è gente più preparata di te.”

Morty non era il migliore della sua classe. C’era Jessica, lì, e nessuno era bravo come lei. Nessuno sapeva dare un senso alle parole (anzi, non darlo, rispettarlo, rendendole integre, senza smorzarle) come lei, nessuno aveva il suo stile che lasciava senza fiato chiunque. 

Morty non era Jessica, non era bravissimo, ma effettivamente dentro di sé sentiva rinascere una passione, una Causa per cui lottare contro se stesso per migliorare.

Per lottare contro Rick.

Lo scienziato ci aveva provato, a togliergli ogni oncia di passione dal ragazzo, e ci era riuscito. Era strano, suo nonno. Lo insultava e abbandonava, ma allo stesso tempo aveva l’estremo bisogno di tenere il ragazzo vicino a sé, anche se per questo Morty si era sentito vuoto, senza sogni e prospettive. Lo avrebbe anche distrutto, pur di tenerlo accanto.

“Viglio solo andare a fare avventure con te, Rick”.

Quella sera, sul suo letto, le unghie corte e circondate da sangue, Morty aveva capito che quello non era ciò che voleva.

Le avventure, il venir trattato di merda sempre e comunque non erano abbastanza per lui.

Rick non era abbastanza per lui (ma a questo ci sarebbe arrivato più tardi).

Continuare a scrivere, salire su quel palco, era una enorme protesta contro Rick. 

Contro la sua egemonia, le parole di Morty erano un’arma inaspettata. 

Morty sapeva che ciò che avrebbe fatto non sarebbe rimasto impunito. Ma aveva bisogno di una causa, di un sogno, per poter continuare a dormire la notte, per smettere di pensare a proiettili contro se stesso, o a corde che pizzicano vicino la pelle del collo, o a lamette vicino i polsi. Quindi avrebbe rischiato, per qualcosa che voleva veramente. 

“Detto ciò, non significa che tu non abbia le capacità per riuscirci. Buona fortuna, ragazzo!” Fu l’augurio del suo professore da sotto gli spalti. 

Morty salì timidamente sul palco, le gambe tremanti rendevano il tutto più difficile. Una parte di lui gli gridava di andarsene, che stare sul palcoscenico scenico non faceva per lui. Era sempre stato la comparsa inutile, il secondo piano era il suo mondo, perché doveva cambiare? Perché una parte più intrinseca di lui era affamata. Voleva il palco, il pubblico, gli applausi scroscianti, stare al centro dell’attenzione. Essere finalmente il protagonista, la fame di comandare in qualcosa nella sua vita.

Salì su quello che doveva essere un pulpito. Appoggiò maldestramente i fogli e tossì, sia mai che la sua voce uscisse troppo secca o roca.

“S-salve a tutti”, provò un saluto semplice. “Io sono Morty e oggi vi parlerò…ecco, v-vi parlerò di-di come ho perso…la mia verginità.”

 

Da uno dei tavoli, Jerry strabuzzò gli occhi e la sua faccia si dipinse di disgusto. Non era assolutamente pronto a conoscere quel lato di suoi figlio. Era ancora un bambino, per lui, ed effettivamente, per Dio, aveva ancora quattordici anni! Si mise una mano dietro il collo, mentre si sentiva sudare. “Hey Beth, ho visto che nel bar di fronte c’è l’happy hour, quindi, ecco, pensav-”

“Andiamocene, Jerry!”. Una frase che doveva sembrare autoritaria, si rivelò fatta con tono spaventato.

Entrambi si alzarono di scatto e se ne andarono. Entrambi impauriti perché in un certo senso consapevoli, con chi loro figlio avesse perso la verginità, e non ancora pronti ad accettarlo e ad affrontarne le conseguenze.

I segreti di famiglia, forse, era meglio se rimanessero privi di voce. O restassero inauditi.

 

Morty si schiarì di nuovo la voce.

“Me la ricordo molto bene, la mia prima volta. Era un pomeriggio d’inverno: fuori si congelava ed io avevo le caviglie insanguinate e i lividi alle ginocchia. Non sto a spiegare come mi sia successo tutto questo; era stata solo un’avventura spericolata.” Ridacchiò. Dal palco poté vedere il tavolo dei suo genitori vuoto. In quello di sua sorella, sorprendentemente, si era seduto pure Rick. Alla fine era venuto, si ritrovò a pensare mentre le sue gote andavano a fuoco. Era oltremodo imbarazzato e sapeva perché Rick era lì: prenderlo in giro se mai avesse fallito. Molto probabile che avesse fallito. La morsa di fastidio però non riusciva a contrastare uno strano senso di calore dentro di sé. Quando pure Rick contraccambiò il suo sguardo in maniera neutra, Morty si accorse di averlo fissato per tutto il tempo. Concentrò il suo sguardo sul foglio da leggere e si strinse le mani tremanti. “ Mi ricordo solo che a curarmi, non fu il ghiaccio che mi diede o i cerotti, ma un suo bacio.” 

Si fermò di nuovo a guardare il pubblico, imbarazzato per quanto sembrasse sdolcinata quella frase, mentre incrociava i piedi nervoso. Ad un tavolo vide il Signor Hurt mentre beveva la cioccolata calda. Lo notò e gli diede cenno di continuare, provando ad incoraggiarlo, ma non funzionò. Morty deglutì e provò a guardare un altro tavolo. Infondo la sala, notò, c’era Jessica. Per un attimo rimase interdetto. Cosa ci faceva lei qui? Le parole gli morirono in gola. 

Però non lo guardava male, anzi, gli sorrideva calorosamente. Le labbra di Morty si arricciarono per osmosi. 

Non guardò più Rick, non gli interessò nemmeno — e questo non rimase inosservato dal più vecchio.

Morty proseguì il suo racconto. Parlò di come all’inizio si sentiva troppo esposto, vulnerabile, in colpa per fare qualcosa di moralmente sbagliato. Chiamò il suo compagno un “verme egoista bastardo”, che amava approfittarsi di lui e se ne fregava altamente di tutte le sue ansie e preoccupazioni.

 

"Ti sta distruggendo." Commentò sarcastica Summer, ascoltando il racconto di suo fratello, mentre Rick beveva della vodka lemon. Posò il bicchiere sul tavolo che fece un rumore pesante, sicuramente dato dal tipo di vetro di cui era fatto.

"Z-zitta, Summer!" deglutì, la voce impastata dall’alcool.

"Se non ti andava di venire qui, potevi pure buttare il tuo tempo su un sito che lucra su stupri, pedopornografia, revenge porn e feticizzazione di qualunque cosa respiri".

Rick la guardò per un attimo confuso. "Cosa?" 

"PornHub".

L’uomo si strinse nelle spalle. "Ah già". Chiamò il cameriere per un altro drink. "Comunque, non sarai Morty, ma cazzo, Summer, i verbi! Andiamo, ci riesce pure tuo fratello!"

Morty raccontò come se ancora avesse della rabbia repressa, non ancora sazio, non ancora liberato da tutto il peso che teneva dentro.

Ma dopo la sua lingua maligna, arrabbiata e frustrata, si ammorbidì.

“Avevo memorizzato i suoi tratti somatici, spigolosi e peculiari, tanto che ormai me li ricordavo a memoria. Familiare e tipico come il sole, troppo pericoloso se ci voli vicino. Mi ricordai di Icaro, temerario inventore greco, la sua immagine si fece viva sulla mia spalla, come un angelo custode, consigliere e avvisatore del suo vecchio incidente. Ma lo ignorai, mi avvicinai al sole spensierato e incosciente.

Bruciai, non fui mai più felice di così.”

Rick era il Sole, potente e luminoso, e forse era per questo che Morty si considerasse come la Luna — in un certo senso aveva ancora bisogno del Sole per brillare.

Ma tutto presto sarebbe finito.

“F-fine, uh.”

Ci fu un silenzio che fece quasi morire Morty di crepacuore, ma dopo un po' un leggero applauso si scatenò fra tutti i presenti nel locale.

Sorrise, entusiasta e sincero. L’apprezzamento del pubblico era come una scarica di energia nelle fibre del suo corpo.

Da quanto tempo non si sentiva così? Si era mai sentito così?

Quando scese dal palco, la prima persona che trovò stranamente fu Jessica, che gli sorrise calorosamente. 

“Sei stato grandioso su quel palco”, si complimentò. 

Morty arrossì violentemente, sentì i suoi muscoli tesi, nervosi.

“Eh?” Per un attimo non riuscì a ricollegare. “Ah, s-sì, è…è stato bellissimo.”

Entrambi si sedettero sul tavolo prima occupato da se stesso e il signor Hurt. Morty lo cercò con lo sguardo, ma non lo trovò. 

Iniziò a parlare con Jessica e ordinò del thè. Sentiva la gola terribilmente secca.

“S-saresti esserci stata tu s-su quel palco” pronunciò Morty, sicuro. Jessica non rispose, anche lei consapevole di ciò e delle proprie capacità, ma non volendo offendere in alcun modo il castano.

“Evidentemente il prof ha preferito te, ed è altrettanto evidente il motivo”.

Entrambi si sorrisero ancora. 

Ma l’atmosfera tranquilla e amichevole tra i due fu interrotta da un: “Andiamocene, Morty.” Detto con tono brusco da Rick. Si era avvicinato al tavolo dove erano seduti i due, torvo in viso e con le braccia incrociate.

“U-un altro po’, t-ti prego Rick,. lasciami”. Si lamentò il giovane, con quel “lasciami” finale un po’troppo calcato.

Rick sbuffò e guardò male i due giovani: “Hai cinque minuti.” 

Se ne andò infastidito e il giovane lo seguì con lo sguardo, preoccupato.

Poi rivolse tutte le sue attenzioni su Jessica.

Morty, dopo aver iniziato a frequentarsi in maniera più intima con Rick, credeva di aver perso ogni briciolo della sua cotta per la ragazza. Non molto a malincuore, scoprì che non era così.

Sorseggiò un po' di quel particolare the nero coi fiori sopra, le sue labbra diventarono roventi e nel suo corpo si diffuse un sano calore, vivo, lenitivo. Si sentiva sano, privo di quel appiccicoso senso di malato che gli infondeva Rick.

Morty dopotutto aveva bisogno di pause dalle avventure, da Rick. Andavano bene pure minime. Uno scambio di occhiate nell’aula di scrittura o matematica, un sorriso e un saluto fra i corridoi. Qualcosa che riassicurasse Morty, che lo facesse sentire calmo, a casa. Al sicuro. 

Jessica era il suo spazio sicuro.

Jessica era — anche se dimostrato più volte che non fossero così tanto compatibili — la grande cotta che non gli sarebbe mai passata.

Questo era uno dei grandi punti più ilari del suo rapporto con Rick.

Morty poteva essere geloso di mille donne, pianeti interi, allo scienziato non sarebbe importato molto. Ma Rick aveva come nemico una semplice ragazzetta dai capelli rossi, che però godeva inconsapevolmente del ruolo di intoccabile: se solo le avesse sfiorato un capello, l’odio e l’allontanamento di Morty gli era garantito.

 

Quella sera, anche se doveva passarla con Rick, Morty non riusciva a fare a meno di pensare a Jessica e a se stesso, al suo piccolo ruolo nel mondo.

“Q-qual è l-la differenza fra me e-e una c-cimice, Rick?” gli aveva chiesto, il cuore in gola. Osservava distrattamente la cimice che zampettava sulla sua mano pallida e magra. Non gli faceva nemmeno schifo, trovava quasi compassione per quella piccola creatura. Così piccola e schifosa, che nessuno amava. Ci si rivedeva, in lei. L’insetto cadde, e Rick lo schiacciò con un piede.

Rick ce l'aveva sulla punta della lingua. Era una lista piena di motivazioni troppo lunga. Era una lista che non esisteva — non doveva.

Pensarci avrebbe sprecato troppo il suo genio, preferiva concentrarsi su altro.

Morty profumava di frutta fresca: pesche arancioni sgargianti, fragole succose e amare ciliege. 

Era seduto sul bordo del davanzale della finestra — sul cuore disciolto di Rick. Poltiglia su poltiglia, bugie veloci e rapide che offuscavano il tutto, ma andava bene così.

Era il meglio per entrambi.

Era solo il meglio per Rick.

Le labbra del castano sapevano di poesia ignorata, pagine di un libro ormai polveroso ma troppo interessante. Morbide, liscie, avvelenate. Avevano il gusto di una innocenza strappata, riattoppata, morta e viva. 

Le sue lacrime sapevano di sale. Amarissime, riempivano la gola e strozzavano. Ma a Rick era sempre piaciuto un po' il dolore infondo.

Ne era dipendente, dal dolore. Era dipendente dalla sofferenza di Mortimer e non poteva fare a meno neanche della propria.

L’alcool portava via, sì, ma Rick non riusciva a staccarsi dal suo nuovo gioco. Morty, soffri, bevi.

“Tu — tu sei fantastico, MortMort”.

A Rick andava bene, tanto solo quel patetico di Morty lo stava ascoltando in quel momento.

Amava i lividi, il sangue che sgorgava dal suo naso e il sorriso dalle mille lentiggini che non lo lasciava mai.

Morty era di nuovo ubriaco di Rick, di loro.

Spaventoso come il vecchio per lui fosse il veleno e la cura, l’aria e il soffocamento. Nella sua mente il ricordo di suo nonno che lo abbandonava nei peggiori momenti di quasi morte veniva susseguita da quella di Rick che lo accarezzava e gli porgeva una cura.

Non riusciva a ragionare razionalmente, e lì conobbe l’amore e la violenza. Senza l’una non sarebbe esistita l’altra, era la legge inevitabile delle cose, ma sapeva che i lividi e i graffi dovevano sparire. Rick però non sarebbe stato quello a smettere.

“R-r-rispondimi, Rick.” 

Rick ringhiò, era troppo preso ad azzannare e assaporare — divorare — la pelle sul suo collo. Prenderà tutto, lo aveva deciso: il petto magro, le gambe scarne e instabili, piccole e tenere come lui. Avrebbe mangiato ogni grammo della sua anima fragile e non sarebbe mai stato sazio.

Morty invece vedeva lo spazio e le stelle nei suoi occhi. Sarebbe stato un pazzo a dire no a quell’insieme di colori così vivi e soprannaturali allo stesso tempo. Si distaccava dalla realtà e si sentiva amato. Almeno per un secondo.

Sapeva ancora, che era solo una cimice. Piccola, inutile, che il vento o le lunghe dita un padrone di casa schizzinoso avrebbero spazzato via. Una nullità vicino ad una finestra. Si specchiava proprio sui suoi occhi. Chissà se Rick si sarebbe mai messo a rimirare il paesaggio, a notare quelle lacrime invisibili e a dargli importanza.

Forse Rick le aveva già viste, ma erano l’orrendo promemoria che nonostante tutto, tutto quello che abbia mai fatto sia fallire.

Come marito, come padre e come persona. Morty sapeva tutto, ma non quanto fosse sbagliato pensare che con lui suo nonno forse sarebbe migliorato.

 Mortimer amava perdersi, amava dimenticare — non quando era Rick a deciderlo per lui — e l’arsenico sulle labbra del vecchio le rendeva agrodolci. Gli piacevano ma pian piano lo avrebbero ucciso. Rick condivideva lo stesso pensiero su Morty.

“Dimmi che mi ami, cacchetta” la voce era roca; lo sguardo entrava sottopelle. “Dimmi che sono l’unico, il migliore”.

Pelle nuda su pelle nuda, nodi in gola. La verità faceva male e non era quella. “Su, M-Morty, dillo. Convincimi.”

“T-ti amo Ri-Ri-” la lingua di Rick era affamata e lo invase senza lasciarlo finire.

“Convincimi”.

La presa su Morty si faceva sempre più forte, lasciava lividi violacei sulle braccia, sul collo e sulle cosce. Rick era duro, aspro.

Rick era un dio che voleva un sacrificio.

Il castano lacrimava, sentì qualcosa bagnargli la guancia, ma non era triste. Almeno credeva.

“Ti amo, ti amo. Sei l’unico, sei il migliore.” Nessuna esitazione e il battito di Rick sembrava accelerare. Ma era solo il brivido di farlo col proprio nipote minorenne, si disse. Era il brio che dava l’aver distrutto un altro tabù, un'altra regola che non sarebbe più costretto a seguire.

Rick schiacciava Morty. Prendeva tutto da lui, lo abbandonava di ogni dignità e linfa vitale.

“S-sono meglio anche di quella brutta stronza di Jessica, vero, M-Morty?”.

Morty era terribilmente stanco, di essere la preoccupazione colpevolizzata di Rick (un silenzioso “È colpa tua se non mi ami! Perché non mi ami?!”), ma non era che potesse farci molto. Rispose in un respiro: “S-sì”.

“N-non ti sento, coglione!”

Morty inspirò ancora, sentendo una certa irritazione dentro di sé. “S-sì” disse lo stesso. Era come non riuscisse a ribellarsi, stregato da quelle mani sul suo corpo e da quella voce.

“Bravo il mio ragazzo!”

La differenza tra loro e un umano con una cimice, forse, quella sera, non era stata ancora trovata.

L’insetto cadde, e l’umano lo schiacciò con un piede.

Morty accarezzò quasi meccanicamente i capelli irti di Rick. Era una gentilezza inaudita e decisamente fuori luogo, entrambi sembrarono fregarsene. Ma in realtà Rick non poteva fare a meno di pensare quanto l’indifferenza fra di loro fosse diventata sistematica e avesse surclassato il leggero timore che Morty aveva nei suoi confronti. E quanto Morty sembrasse non amarlo più o — peggio — non averlo mai fatto, in favore di Jessica.

 

Center of attention

You know you can get whatever you want from me

 

NdA

Allora eccomi dopo due mesi! Mi dispiace veramente tanto, ma lo studio era davvero troppo! Ora rieccomi, non vi sono mancata nemmeno un po’ hahahah. 

In questo capitolo ho ripreso l’idea di Morty aspirante scrittore, mi era piaciuta un botto nella serie ed è stato terribile scoprire che quello di Rick era stato un enorme piano per fargli passare la voglia. Ecco, questa è una sottospecie di rivincita XD. 

Ho aggiunto e approfondito  Jessica e tutto ciò che Morty prova per lei. Non penso che andando a letto con Rick, Morty si dimentichi della sua big fat crush hahaha. E poi la gelosia, anzi possessività di Rick l’ho voluta sottolineare. E’ una cosa molto particolare e che mi attira del suo personaggio: può tranquillamente fregarsene di tutti, ma di Morty ne ha proprio il bisogno, in una maniera molto tossica. Morty, invece, senza Rick sta molto meglio - ne sarà consapevole.

Il testo in corsivo è della canzone Break my Heart di Dua Lipa.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Dio è morto ***


Friends with benefits


Capitolo III: Dio è morto


Yes my love, I confess to you
I am only here to break your heart in two (Persephone, Tamino)



“Quindi come sta andando, Morty?”


 La dottoressa Wong schiacciò sul pulsante sulla sua penna per far uscire la mina, mentre in mano teneva il suo classico blocco appunti. La sua espressione era neutra ma dava un senso di tranquillità che contagiò pure Morty.
 A quest’ultimo piaceva la dottoressa Wong, aveva apprezzato il suo modo di operare già dalla sua prima seduta con lei, quando era arrivato insieme a sua madre e sua sorella e Rick era talmente mal disposto ad un confronto emotivo che aveva preferito trasformarsi in un cetriolo. 
 Sempre Rick, pensi sempre a lui. Non ti senti un maniaco?
 Aveva chiesto poi a sua madre se sarebbe mai potuto ritornarci da solo. Beth gli diede uno sguardo storto ma annuì. 
 Infatti ora eccolo, seduto sul divanetto arancione, pallido in viso e le gambe incrociate.
 “Uhm, va bene…”
 La psicologa sorrise. “È un bel migliorament-”
 Morty negò freneticamente con la testa: “No, no, non va affatto bene. Per niente.”
 “Voi approfondire?” Gli chiese con tono gentile. “Cosa ti fa stare male?”
 “N-niente di nuovo”, giocava con le sue mani nervosamente, arrivò pure a scrocchiarsi le dita e questo gli fece un male cane. 
 “Le solite cose, sa, le stesse dell ‘ultima settimana”.
 “Vediamo, dagli appunti delle ultime sessioni..” la psicologa sfogliò il suo blocco di fogli con una certa calma. “Tu hai finalmente costruito qualcosa, con quella persona, che pensi sia fragile, dalla struttura precaria…”

“E sento come se fossi l’unico a cui grava questo peso sulle spalle, perché sono l’unico a cui importa. Se cedessi io, si distruggerebbe tutto.” Finì per lei. “M-ma in un certo senso, sto cedendo già…”
 “E hai riprovato a cercare un confronto? O proprio non funziona?” Iniziò a scrivere sul suo blocco appunti.
 “S-sparisce. Se- se ne va. L’ultima volta se n’è andato solo per una stupida litigata con Summer. A volte non torna per giorni, altre addirittura settimane, uh, mesi…”
 La classica domanda da psicologico: “ E questo come ti fa sentire?”
 “All’inizio impazzivo. Lui-lui er il mio unico amico, senza di lui non…non riuscivo a trovarmi, ero perso. Adesso ci sono abituato, so già che prima o poi tornerà, ma…”
 “Ma cosa, Morty?” Gli passò una bottiglietta d’acqua. “Va tutto bene, Morty. Sei al sicuro qui.” Gli sorrise.
 “Ma quando non risponde alle chiamate o ai messaggi ho paura che forse quella è la volta buona che se ne va per sempre.”
 “Sai come si chiama tutto questo susseguirsi di azioni? Sai perché tutto ciò ti fa male?” La domanda era retorica. Morty negò con la testa, poi bevve un altro sorso.
 “Orbiting”, Rispose brevemente lei. Morty annuì, bevve ancora. Era decisamente nervoso, soprattutto perché non riusciva a capire che cosa volesse dire la sua psicologa. “È quando si sparisce per molto o poco tempo, facendo stare male e addirittura impazzire l’altra persona persona, e poi si ritorna come se non fosse successo nulla. Morty, quello è uno dei tipici giochi emotivi di una persona abusiva.”
 “A-abusivo?”
 “Sì, è apparentemente il più sciocco, eppure uno dei più efficaci per trattenere la vittima più vicino a s’è. Il carnefice sparisce, non lascia tracce, oppure il tanto che basta per tracciare un dubbio nell’altra persona: tornerà o non tornerà? E mentre tu ti impanichi, hai paura di non rivederlo più, lui crede di averti dato una lezione. Non si sentirà mai in colpa. È più o meno lo stesso processo dei bulli, possono capire l’empatia, ma allo stesso tempo non capiscono quando si va troppo oltre. Sa il male che ti sta facendo, ma pensa sia giusto così. Fidati di me: non è giusto così. Lui, per te, diventerà una persona di vitale importanza. Tu, per lui, sei stato un piccolo fastidio. Tu non lo abbandoneresti mai, ormai faresti di tutto per lui, Rick ormai ti ha come suo succube. Può farti quello che vuole ora, ha tutto il controllo”.

Morty deglutì. Il tutto era così reale, aveva appena avuto voce ed era come acqua gelata sul suo corpo ignudo. Ma ancora non voleva crederci del tutto.

“Ora, Morty, il mio mestiere è quello che mi impone di aiutarti a vivere felice e sicuramente non troverai la felicità con affianco una persona del genere.”

“Non-non riesco ad immaginarmi senza di lui”
 Era Rick e Morty per sempre insieme, per cento anni ed oltre, no? Che fosse anche quella frase, un brutto gioco manipolativo? Poteva pure essere, ormai non riusciva a proiettare nella sua mente la sua vita senza Rick. Era come un virus, un acido, si infiltrava ovunque e corrodeva, lasciando Morty a pezzi. Destrutturato.

“Invece tu prova, almeno ad immaginartici, perché, fidati, l’unico a perderci sarebbe solo lui. Sei una persona dolcissima, comprensiva, hai un intelligenza emotiva grandissima. Ce ne fossero, al mondo, persone come te. Apparentemente lui ha il potere, ma se te ne vai, non avrà niente”.

“G-g-grazie, credo”.

“Lo so che fatichi ad accettare i complimenti, perché la persona che ti sta accanto ti ha disabituato ad essi, ti ha fatto credere che non meriti niente”.
 “M-ma lui ha sempre ragione… È-è un genio”.
 “Nella logica, magari” convenì lei. “Esistono intelligenze multiple, e lui sarà pure bravo nelle altre, ma per quanto riguarda l’emotiva, fidati, te lo mangi”.
 Morty suo malgrado si ritrovò a ridere a spese di Rick. Ringraziò il cielo che non ci fosse in quel momento. L’avrebbe sicuramente preso a pugni.
 Oh, la violenza fisica, come scordarsela…
 La parola abusivo nella sua gola graffiava ma diventava sempre più concreta.
 “Ora, Morty, so che allontarsi è difficile, sei ancora ancorato a lui, ma prima ne esci da questo circolo vizioso, prima starai meglio. Spezza le catene. Rompi la struttura e non aver paura che ti cada addosso — perché non lo farà. Anzi, ti libererà. Qualunque cosa lui ti dirà, sappi che non sarà mai colpa tua. Se pensi di poter ricadere, ripensa alle mie parole, chiamami, qualunque cosa. Stai al sicuro.”

Quella domenica Morty la passò poi chiuso nella sua cameretta. Non riusciva fare a meno di pensare a se stesso e a Rick, aggiungendoci pure l’incognita di Jessica.

Rick lo stava davvero manipolando? Quale parte delle sue azioni si potevano considerare da manipolatore narcisista? E quale parte delle sue azioni erano quelle di un amico?

Rick era mai stato suo amico?

La risposta gli congelò il sangue nelle vene.

Era solo, come sempre.

A chiunque entrasse nella sua stanza, Morty si presentava in maniera fintamente gentile, affettata, reagiva agli stimoli verbali solo se stimolato con la gestualità. Il suo viso tremendamente sfuggente, non voleva fare contatto visivo con nessuno, neanche con gli oggetti. C’era qualcosa in lui che non andava, ma non era compito di Rick confortarlo (non era ancora entrato, ma aveva sentito le lamentele di sua figlia Beth). Non che ne fosse stato in grado.
 Preferì bere birra sul divano e guardare la TV, ignorandolo, sperando di addormentarsi il più presto possibile.

Morty, invece, inconsciamente avrebbe fin gran lunga preferito qualcuno — Rick — che lo consolasse. Raggomitolato sul suo letto, sentiva i passi precisi e svelti, il rumore dei mocassini neri di suo nonno, sperando ogni volta che entrasse, ma ogni volta non lo faceva e Morty piangeva in silenzio.

Finché Rick non lo fece.

“M-Morty?” Entrò con una delicatezza inusuale, pensando che il ragazzo stesse dormendo. Un silenzio tombale gli diede quasi conferma, ma un piccolo mugugno gli fece capire che Morty fosse ancora sveglio.

Rick è qui per me, fu il pensiero già fin troppo allegro del ragazzo. Gli era bastato il minimo rinforzo positivo per scodinzolare come un cagnolino felice al suo padrone.

A Rick non importa nulla di te, era ciò che gli aveva detto in parole povere (e molto più gentili) la psicologa, ma era entusiasta del fatto che suo nonno fosse lì. Il fatto che però lo stesse ancora manipolando gli passò ancora per la mente, quindi cercò di rimanere neutrale. Di non andare subito incontro al suo padrone come un animaletto felice.

“Sei lì da sei ore, M-Morty.” constatò Rick, era un indiretto, quindi non detto: “Cazzo fai? Mi sto preoccupando!”.

Non ricevendo risposte, decise di sedersi sul bordo del letto, all’estremità finale.

“B-beh, M-moURGty, qualunque cosa sia successa, sai, io posso sempre fare zac zac alla tua mente, capisci?” Rick imitò il gesto delle forbici.

“C-cosa?” Morty alzò leggermente lo sguardo confuso ma rimanendo sempre nella sua posizione fetale.

“Cancellarti la memoria, no? Devo farti un disegnino per fartelo capire?!” Rick incrociò le braccia al petto, guardandolo con sufficienza.

Cancellare la memoria? Davvero? Tutte le turbe, i fili aggrovigliati e incastrati dei suoi sentimenti non potevano essere risolti così. Era una risposta pigra e superficiale, la cancellazione della memoria.

Morty si mise in posizione seduta, stiracchiandosi. “I-io sto bene.”

“Non mi mentire, coglione”, sibilò Rick infastidito. Il suo alito puzzava esageratamente di vodka. Morty ignorò la sua rabbia.

“T-te lo giuro”, ritornò alla sua posizione raggomitolata, remissiva, stanca. “Sto bene, va tutto bene. Va tutto a gonfie vele, ho solo sonno.”

Rick gli diede una smorfia di disappunto, si alzò dal letto e si avvicinò alla porta. “Sarà”, disse neutrale, freddo, quasi glaciale, chiudendosela alle spalle.

Così lo scienziato continuò ad ignorarlo, un atteggiamento freddo e distaccato in ogni loro breve scambio di parole ogni volta che si vedevano. Non erano nemmeno considerabili dialoghi veri e propri. Continuava a vivere “in un suo mondo”, lontano da tutti quelli inferiori a lui. La richiesta angosciosa, la supplica di una solitudine che non voleva ammettere. Una preoccupazione e l’importanza di un qualcuno che non voleva nemmeno concretizzare.

Il giorno dopo, Morty andò a scuola. Rick non lo aveva “prenotato” — gli ribollì la bile a quella parola. Non era un oggetto! — per nessuna avventura, quindi poteva stare tranquillo. Almeno per qualche ora, Rick era pur sempre Rick, quindi imprevedibile.

A tavola, durante la colazione era stato laconico e distante.

A Rick non erano mai piaciuti i fantasmi, soprattutto quelli di Morty che si rispecchiavano nelle pupille del moro ogni volta che incrociava il suo sguardo.

Lo consumava e lo faceva sparire. Il rapporto con Morty, così caratterizzato da assorbimento e rigetto, possesso ed esclusione, rimandava a un fantasma detto e non detto.

Le uniche della famiglia a parlare con Rick furono Beth e Summer; la prima per chiedergli se gli fosse piaciuta la colazione. Aveva annuito convinto e le fece i complimenti — finti, ma pur sempre complimenti.

Poi arrivò a parlargli in salotto Summer, certa che non ci fosse nessun altro nelle vicinanze.

“Come va, nonno Rick?”

“F-fatti i cazzi tuoi, SumSum, non è il momento per il nonno”, disse, scorbutico, prendendo un accendino per accendersi una sigaretta. Summer lo guardò storto: Rick aveva molti vizi, ma la sigaretta classica era molto rara. Il vecchio era sempre più strano. Ciò per l’appunto non le impedì di proseguire: “Voglio solo sapere come va con Morty. È da mesi che non vi parlate.”

“Ottimo spirito d’osservazione, Summer”, aspirò del fumo e lo inspirò, “peccato che ti sia sfuggito che io e lui parliamo. Eccome, se lo facciamo, avresti dovuto sentirci ieri sera!”.

Summer alzò gli occhi al cielo e incrociò le braccia. “No, intendo che non vi parlate veramente. Siete cambiati. Tra di voi, non c’è più quello strano equilibrio.” Sbuffò stanca. “Siete cambiati pure con noi!”

Rick rimase seduto sul divano e non la guardò nemmeno. “Stai sparando solo un mucchio di cazzate”.

“Ah sì? Allora dimmi: quand’è stata l’ultima volta che hai visto Morty essere felice?”

Rick rimase con la sigaretta serrata fra le sue labbra, senza proferir parola. Forse stava per rispondere con: “la felicità è un concetto astratto e come ogni concetto astratto, una cazzata”, ma l’arrivo di Morty, pronto col suo zainetto sulle spalle, lo fermò.

“H-hey S-summer, a-andiamo?” balbettò, cercando di evitare Rick con lo sguardo. Summer annuì, non risparmiando suo nonno da occhiatacce e quest’ultimo fece solamente spallucce in risposta.

“N-non voglio fare tardi, almeno oggi…”

Mentre stava uscendo, Morty poteva sentire lo sguardo glaciale di Rick dietro di lui, come una mano gelida sulla schiena.

Quando aprirono la porta si sentì un “Buona giornata, ragazzi!” partire da Jerry. Morty sperò davvero che lo fosse.


A scuola Morty avrebbe tanto preferito non essere lì. La saltava così spesso che ormai per lui era un luogo tanto estraneo, sconosciuto e ansiogeno. Niente come quelle mure pallide e rovinate, quelle persone così sistematicamente indifferenti, gli metteva così tanta agitazione. Per un attimo preferì che Rick arrivasse per portarlo via in qualche avventura. Ma non si trovava in uno dei suoi fumetti, Rick non era il suo eroe, non lo avrebbe mai salvato.

Aveva bisogno di rilassarsi e doveva trovare un modo per farlo.

Provò a pensare al suo posto felice, ma si ritrovò inizialmente a mani vuote. Non riusciva a pensare a niente. Sì concentrò di più e nella sua mente ritrovò l’immagine di lui e Rick distesi sul letto di un motel.

Lo scienziato gli sussurrava “querido” e altre parole in spagnolo che non capiva, ma dal suo viso sembrava così felice di stare con Morty che il giovane poteva giurare che il posto intorno a lui fosse il paradiso. Era il tutto estremamente zuccheroso; sì, lo avrebbe paragonato allo zucchero filato. Soffice come i baci che si erano dati, raramente delicati.

E precario, perché quella inusuale dolcezza era durata pochissimo. Subito dopo infatti si erano messi a litigare. Non sapeva nemmeno del motivo per cui era successo. Litigavano e basta, quasi per il semplice gusto di farsi del male.

Hai scavato fin troppo infondo, Rick. N-non puoi semplicemente rimettere a posto il terreno e andartene via, facendo finta di non aver mai scoperto la lava.”

Pessima metafora, Morty. Mi sorprende come tu sia entrato in quel corso. Ora zitto o ti tiro un ceffone che ti fa volare in un’altra galassia.”

Morty rabbrividì. No, doveva trovarsi un altro posto felice. Vide una ragazza dai capelli rossi in fondo al corridoio e gli venne in mente Jessica; l’ultimo incontro che aveva avuto con lei. Lei sì, che era sempre dolce, non parzialmente come Rick. Per un attimo, ma non per la prima volta in vita sua, si chiese come sarebbe stato baciarla. Sicuramente le sue labbra sarebbero state morbide e dolci come lei, si diceva. Quello sì, sì che sarebbe stato bello.

Il suono della campanella però lo risvegliò, facendogli fare un balzo per lo spavento.

Sospirò, triste di essere ritornato nel mondo reale e aprì l’armadietto per prendere i libri. Quando lo richiuse, si ritrovò faccia a faccia con la sua grande vecchia cotta.

“Hey Morty!” Gli sorrise timidamente.

“J-jessica c-ciao…”

Vedendo Jessica, provò un po’ vergogna per i pensieri che aveva fatto su di lei. Sentì le proprie labbra roventi, proprio quando succedeva che si scottava con del tè caldo. Non la guardò negli occhi, cercò di scorgere un po' del paesaggio dalla finestra dietro di lei.

“Visto che adesso abbiamo lezione di mate, che ne dici se andiamo in classe insieme?” gli chiese amichevolmente.

Morty era incredulo, ma sorrise. Balbettò un “sì” e insieme si dovessero verso l’aula.

Morty non si sorprese quando una pallina di carta picchiettò il suo braccio. Era abituato a qualche bulletto che decideva di scrivergli insulti, quindi prese la pallina e non l’aprì. Fece il contrario solo quando di fianco Jessica gli sussurrò “Dai, aprilo!”

Sul bigliettino c’era scritto “Il signor Goldenford è veramente palloso” e Morty dovette trattenere una risata. Cercando di non farsi beccare scrisse una risposta e la lanciò a Jessica.

Continuò così per tutta l’ora.

Morty sorrise: era bello avere una amica.


Uscito da lezione gli sembrò di camminare sulle nuvole, il pavimento sembrava così leggero, lo spazio intorno a lui era così libero e non pesante come gli era sembrato un’ora fa. Si sarebbe pure messo a ballare, ma non voleva mettersi in ridicolo. Arrivato al suo armadietto, il sorriso riflesso dal metallo di esso sembrò ridicolo e allo stesso tempo meraviglioso.

Quando l’aprì, la foto di lui e Rick ruppe ogni gioia.

Già, Rick. Se n’era scordato. Aveva sepolto l’uomo in una cantina della sua memoria, e adesso lui era ritornato furente e impolverato a riprendersi il suo posto: il centro dei pensieri di Morty.

Solo Jessica aveva il magico potere di fargli dimenticare di lui. Volle che fosse così semplice anche durante il resto della giornata.

Ripensò al vecchio, alla gelosia — no, possessione — dell’altra sera e si preoccupò che forse anche quel giorno avrebbe potuto subire ciò che era già successo. Si morse un labbro, nervoso, le sue gambe tremarono.

Dio, chiunque!, fa che non lo venga mai a sapere di oggi!

“Hey, Morty,” sua sorella si avvicinò al suo armadietto. Morty sobbalzò e la guardò sorpreso.
 “Che vuoi?” Chiese, sistemando dei libri. 
 “Solo sapere come stessi”, alzò le spalle, “tu e Rick non vi parlate. Ancora.”
 “È-e cosa vorresti farci?” Rispose bruscamente. Poi la guardò, osservò tutto intorno a sé — perfino le pareti scolastiche parevano avere orecchie e da un punto all’altro sarebbe potuto arrivare Rick dal nulla — e le sussurrò. “Si-sinceramente, sono esausto. A v-volte, vorrei tornare indietro nel tempo, quando ancora era dolce.”, Summer lo guardò stranita, “N-nel senso, non così tanto stronzo. Altre volte…altre volte non avrei mai voluto incontrarlo.”
 Summer annuì. “E quindi sai cosa fare, per esempio? Lasciarlo?”
 Morty la guardò malinconico. “È-è un’opinione fattibile con Rick?”
 “No, ma…”
 “V-vedi, n-neanche io so se…”
 Summer sbuffò, esasperata dalle frasi a metà.
 “Voglio solo aiutarti. Ti sei -no, Rick ti ha cacciato in una cosa più grande di te. Insomma, hai quattordici anni, sei un bambino, chissà quante cose ti avrà fatto…”
 “Lui non mi ha fatto nulla!” Urlò irato Morty, di scatto, guadagnandosi gli sguardi straniti dei suoi compagni di scuola. Stava difendendo l’indifendibile, ancora. Ma almeno per una volta, ne era pianamente consapevole.
 Morty credeva che l’espressione “cuore spezzato” fosse solo un’iperbole da romanzi rosa, però dentro aveva sentito qualcosa rompersi — frantumato, niente avrebbe potuto aggiustarlo. Il tempo avrebbe solo aiutato a lenire il dolore.
 Scoppiò in lacrime, fregandosi di chiunque lo stesse osservando. Stava morendo, staccato e disordinato.
 “Lui-lui n-non…” Singhiozzò. Sua sorella gli circondò le spalle e poggio la propria guancia vicino la tempia del castano, cullandolo. “N-non mi ha fatto n-nulla, giusto? G-giusto?” Morty chiuse gli occhi e cercò di pensare al suo posto felice.
 Summer sospirò e gli strofinò la schiena. “Vorrei tanto potertelo dire, fratellino.”


 Un portale squarciò l’aria, già pesante di suo.


 “Morty, devi venire in un’avventura con m-cosa?” Uscendo dal portale, Rick sicuramente non si aspettava Morty piangente con Summer intenta a consolarlo. La ragazza lo guardò malissimo, ma lui la ignorò perché preferì sorseggiare dalla sua fiaschetta.
 Rick guardava la scena facendo smorfie disgustate.
 Morty affondò la faccia nella zona fra il collo e la spalla di sua sorella. Non voleva aprire gli occhi, tornare nel mondo reale.

Non c’era pace nemmeno per i morti?


 “Morty…” Incominciò lentamente Rick. Il ragazzo si sentì così debole e schifoso per aver aperto subito gli occhi. Ma la sua faccia era ancora sepolta nella spalla di Summer — solo lui lo sapeva.
 “Morty, abbiamo un’avventura. Lo sapevi.”


 No, non è vero e non so un cazzo. Non è quello che dici sempre?


 Morty si allontanò da sua sorella, lasciò le lacrime scorrere sul suo viso. 
 “D-devo andare in bagno, R-Rick”.


Teletrasportati su un pianeta che aveva l’aspetto di qualche villaggio sperduto nel deserto, Morty si lasciò subito manipolare come un infante: “Cosa devo fare, Rick?”

Fu l’unica volta in cui parlò.

Se quello era stato un altro giorno, magari un altro universo, Morty si sarebbe divertito in quella avventura. E invece aveva solo un chiodo fisso: aveva un problema da risolvere, e non sapeva come. Non ne aveva la minima idea. Questo lo portò ad essere tremendamente distratto — cadette quasi cinque volte per colpa dei sassolini che non aveva visto, aveva sparato per sbaglio ad un alleato di Rick, si era quasi fatto uccidere e non aveva fatto nulla per impedirlo. Rick gli aveva sempre parato il culo, senza però eluderlo da insulti e rimproveri per la sua idiozia e tutte le sue distrazioni. Per sua fortuna, il suo pessimo rendimento non era stato d’intralcio per il buon esito dell’avventura. Il pianeta era stato decimato e raso al suolo per…no, non lo ricordava e non gli interessava.

Tornati a casa, Rick si chiuse nel suo laboratorio e Morty si sedette sul divano del salotto. La TV era accesa, ma anche se fosse stata spenta non avrebbe fatto differenza. La mente di Morty era così assordante che non riusciva a capire o sentire ciò che accadeva intorno a lui.

Continuava a pensare alle parole della psicologa, di sua sorella, all’avventura di prima. Quante malefatte Rick gli aveva fatto o fatto fare contro la sua volontà? Quanto aveva dimenticato, perdonato, per ottenere cosa in cambio?

Porgeva l’altra guancia e otteneva solo insulti, rimproveri, violenza che si tramutava in paura nella mente del giovane.

Morty aveva finalmente provato sulla propria pelle che c’era un motivo se milioni di galassie aveva un timore riverenziale nei confronti di Rick Sánchez. Il dominatore e distruttore di pianeti, sottometteva tutto ciò che andava contro il suo cammino da divinità. Perché con Morty doveva essere diverso? Perché continuava a sperare in un’indulgenza che non sarebbe mai arrivata? Un senso di frustrazione e rabbia si fece prepotente verso di lui.

In quel momento realizzò che non sarebbe mai stato perdonato per i suoi peccati, perché Rick non era quello che diceva di essere.

Rick fottuto Sánchez non era un dio, ma nascostamente e subdolamente umano. In una maniera rivoltante che faceva impallidire Morty per quanto potessero essere simili.

Accecato dalla brama di carne e potere, non sarebbe mai stato divino. Perché con la carne si hanno rapporti, ti macchi irrimediabilmente con la pelle di qualcun altro, e il potere non si cerca o si conquista, lo si ha.

E Rick, non aveva più potere su Morty. In teoria.

Dio era morto.

Certo, fra il dire, il pensiero e l’azione c’era differenza. Ma almeno aveva trovato una struttura, una guida — se stesso e mai nessun altro (come gli aveva consigliato il Signor Hurt) — ma sapeva che la scalata per la propria liberazione da eterno peccatore era appena iniziata e sembrava davvero ripida.

“R-Rick, d-dobbiamo parlare.”

Rick non si voltò ancora, si limitò a sbuffare.

Morty, maledetto stupido.

Era petulante, infantile, imbecille ma -la cosa che Rick odiava di più- gli voleva bene. Non nel modo più convenzionalmente sano. Chiunque li avesse osservati da fuori, non avrebbe chiamato il loro rapporto amore, perché era in realtà malsano e abusivo. Rick voleva avere il controllo completo, di tutto e di tutti; voleva essere un dio, invincibile e intoccabile. Il suo ego era tanto alto quanto fragile, bastava una parola scorretta da parte di Morty ( e chi altro? Se qualcun altro glielo avesse detto, non avrebbe nemmeno mosso un dito) e già elaborava un piano per vendicarsi.
 Però la sua costante presenza, l’abitudine e quasi l’assuefazione a Morty gli provocava emozioni contrastanti. Era solo serotonina, si diceva, ma avrebbe mentito a se stesso se avesse detto che non gli era di suo gradimento. Si stava innamorando dei fotoni che rimbalzavano su di lui (vista) delle molecole rilasciate dal suo corpo (odore e gusto), di onde di pressione nell’aria che generava (suono) o i loro elettroni che si respingevano (tatto). Morty, dopotutto, era una reazione chimica piacevole. 

Morty era scienza e Rick, così volubile, amava alla follia la scienza.
 

“Allora, c-che cosa vuoi da me, stupido che non sei altro?” Ringhiò e Morty si irrigidì impaurito.

No, non è un Dio. Ricordalo.

“H-ho riflettuto molto e…”

“Pessima idea, soprattutto se non sai farlo.”.

Morty lo ignorò. Fu lui a sbuffare questa volta. “P-pensavo a c-cosa voglio in una relazione, e-ecco.” Rick gli lanciò un’occhiata storta ma continuò a lavorare. “Secondo me deve essere fatta d-di rispetto, d-deve essere esclusiva e-”

Rick finalmente si voltò completamente e rise, maligno. “Oh se stai pensando che io ad un tratto smetta di fare il cazzo che mi pare solo perché tu me lo chiedi in maniera gentile, no, non funzionerà, rincoglionito.”

Si morse un labbro. “Non volevo chiederti, uhm, dirti questo, Rick”.

E in un secondo: la realizzazione.

Perché Rick quando diceva che era l’essere più intelligente dell’universo non esagerava, infatti aveva capito subito le intenzioni del moro. Poteva dire di aver percepito nell’aria qualcosa di strano, ma non credeva molto nei presagi. Ma era ancora stupito perché non riusciva a capire perché gli facesse così male.

Ovviamente ci fu la risposta e l’articolazione al torto subito. “B-bastardo, come cazzo- chi merda credi di essere?”

“I-io…”

“Pezzo di merda, fai schifo come i peggio escrementi, sei un essere inferiore e pensi”, scoppiò a ridere furioso, “di poter lasciare me? Me?”

Rick esplicitava la sua confusione in un aggressione orale, che destrutturava e frammentava di nuovo le certezze di Morty.

“N-no, R-rick…”

“Io sono Rick fottuto Sánchez, un cazzo di Dio sulla terra e tu-?”

“Dio? Sul serio?” Morty era arrabbiato oltre ogni modo. Non riusciva più a trattenersi. Se prima si sarebbe nascosto dalla cieca furia narcisistica di Rick o l’avrebbe assecondato, adesso era così furente che la sua lingua non aveva più freni. “Di cosa, esattamente? Della merda? Perché sai, è ciò di cui sei fatto. Sei stato un marito tremendo e un padre ancora peggio, un inetto come nonno e come amico. Fai proprio schifo, Rick!”

“Inetto, eh? Hai aperto il tuo primo dizionario?”

“Fammi finire di parlare, stronzo.” Si passò la lingua fra i denti. “E non provare a scappare pure questa volta perché oh povero me, provo dei sentimenti, aiuto!”

“Piccola merda, rincoglionito del cazzo -”

“No” Morty rise senza ironia, “no, scappa pure, ma in un cassonetto dell’immondizia, almeno sarai tra i tuoi simil-” non poté più continuare la frase, che un pugno gli arrivò dritto in faccia. Era così forte che lo fece rotolare e cadere a terra come un sacco di patate.

Morty quando provò a ritornare in piedi, seduto sulle sue ginocchia, sentì il viso andare a fuoco e il naso pizzicare, dolorante da morire. Se lo toccò e non si sorprese nel vedere il sangue che usciva da esso. Non parlava più, la gola era diventata improvvisamente secca.

Rick gongolava per la vittoria temporanea, lasciando uno sguardo compiaciuto alle sue nocche non ferite (l’aveva colpito col braccio robotico, il bastardo) e e a suo nipote diventato muto. “Ah, non capisco perché non abbia pensato di farlo prima…”

Morty sembrò ritrovare coraggio e con la voce strozzata rispose: “Lo sai già, perché…”

Questo commento gli causò un Rick di nuovo su tutte le furie, che lo strattonò per il colletto della maglietta. I loro volti divennero tremendamente vicini e i loro nasi si sfiorarono. Gli occhi di Rick erano animali, inumani, intrisi di rabbia e follia. Quelli di Morty, invece, iniziarono a luccicare.

Piano piano.

Acqua salata, mari sulle guance rosee.

Calò il silenzio, i respiri affaticati scandivano le parole non dette ma estremamente pesanti nell’aria.

Rick scaraventò per terra Morty. Non si dissero ancora nulla. L’uomo aveva stranamente lo sguardo basso e il più giovane cercava almeno di sedersi per terra. Gli scricchiolii delle sue ossa e il tintinnio di gocce d’acqua che cadevano da un buco nel soffitto erano gli unici suoni.

Erano una scena primitiva e mortifera.

Morty si toccò la fronte dolorante: altro sangue. Sospirò triste.

“Come abbiamo fatto ad arrivare a questo?” chiese debolmente, iniziando a guardare pure lui giù. A quanto pare il grigio pavimento era pieno di attrattiva per i due.

Rick alzò lo sguardo e rise senza ironia. Morty lo guardò timidamente.

“Non saprei proprio”, il classico sarcasmo tagliente, “stitichezza emotiva, attaccamenti che sfiorano l’ossessione, mancata comunicazione…”. Rick si sedette pure lui per terra.

Ora lui e Morty erano alla stessa altezza.

“Sono un cazzo di sociopatico, ma non sono stupido. So cosa succede.” Sbuffò. “Merda, abbiamo toccato il fondo questa volta…”

“D-dici?” A Morty puzzava ancora della classica trappola manipolatoria della colpa condivisa.

“Io-io ho fatto molto molto molto di peggio, ma noi no. Non con questa fine, almeno”.

Un altro silenzio si fece spazio fra di loro. Morty continuava a pensare a quel noi. Allora non esisteva solo nelle avventure, giusto? Forse c’era sempre stato un fra le righe che non era mai riuscito a leggere, delle situazioni che non era mai riuscito a contestualizzare?

Non riuscì a dare una struttura ai suoi pensieri, perché Rick che si avvicinò attirò la sua attenzione. I suo muscoli divennero tesi, preoccupati che potesse arrivare un altro attacco. Cercò di allontanarsi, ma Rick lo prese per una spalla.

“Calmo, stronzetto.” grugnì, notando Morty che aveva iniziato a tremare come una foglia.

Sorprendente, per Morty e l’ego di chi compiva l’azione, fu quando Rick prese un fazzoletto di stoffa dal suo camice e iniziò a tamponare il naso e la fronte insanguinati del giovane.

“Graz-” “Zitto.”

Morty deglutì.

“Questo non riparerà tutto, Rick”.

“Lo so”.


In quelle ossa rotte, le risate sgualcite e il sangue difficile da masticare, la libertà di essere di nuovo umano.


 “Non te lo dico spesso, almeno in una lingua che tu possa capire, ma ti amo, Morty.”


 Morty avrebbe risposto con “anche io” ma…Era reale? Lo amava davvero? Ancora come prima?

“I-io” balbettò Morty, non sapendo come continuare la frase. Rick lo guardava all’apparenza tranquillo (non aveva più niente da perdere), con il suo solito fare menefreghista, ma sentiva come se stesse per stritolarlo e scuoterlo. Anzi, era strano non lo facesse davvero: sentiva già le mani di Rick agitarlo neanche fosse una di quelle sfere con la neve che cade, al suon di: dillo, dillo, DILLO!
 “I-io non provo più niente per te, m-mi dispiace.” Sospirò, come se respirare gli facesse male ai polmoni. “M-mi hai spezzato il cuore, Rick”, buttò fuori, di nuovo vulnerabile, ma potente nella sua fragilità. Morty si stava godendo la rara umanità che in quel momento dipingeva gli occhi di suo nonno. La sua frustrazione e la sua tristezza erano inebrianti. Morty si chiede se fosse mai stato amore,il proprio, se in quel momento tanto amava vedere Rick soffrire per lui.
 “Senti, Morty…”
 “C-cos’altro vuoi dirmi? Mi hai rotto, hai giocato con il fuoco e…”
 “No, Morty, ascoltami, cazzo! Tu sei stato quello che ha giocato con il fuoco, tu ti sei scottato e adesso piangi come un marmocchio caccoloso!”
 Era di nuovo la sua preoccupazione colpevolizzata, Morty ne era tremendamente stanco, esasperato. Avrebbe urlato, frustrato, ma non riusciva e scoppiò a piangere.
 “O-ora piangi? Davvero?” Lo sguardo sufficiente di Rick era oltremodo fastidioso. L’umanità era già sparita.
 Morty lo guardò furente. “Z-zitto.” 
 Rick non rispose, il silenzio galleggiò fra di loro.


 “Shhh, idiota”, Rick stranamente lo cinse con un braccio e gli accarezzò la schiena. Fece la stessa cosa che provò Summer per farlo calmare, probabilmente aveva memorizzato i suoi movimenti e li stava riproponendo. Morty rimase sorpreso, non sapendo se accettare o meno i suoi scarsi tentativi di consolazione. “Andrà tutto bene”, diceva mentre le carezze sulla schiena di Morty diventavano sempre più delicate, leggere. “Non è successo niente, non importa. Non è successo niente.” Morty lo guardò per un attimo, chiedendosi chi stesse consolando Rick. Sembrava che lo usasse per rassicurarsi da solo.
 “Non…non è successo niente” ripeté, lento e cauto, dolce. Il viso di Rick si spostò verso di lui, lo guardò intensamente ma non disse nulla.
 “Non importa. Non è successo niente.”

Rimasero in silenzio pure dopo, ma esso era più godibile. Era naturale, una pausa lenitiva e rilassante. Riuscivano a riempire il vuoto non facendo nulla, essendo semplicemente Rick e Morty, si godevano la compagnia dell’altro come mai era accaduto.

C’era un qualcosa, un filo rosso intrecciato, disordinato e pieno di nodi che li collegava. Non era amore, era semplicemente….no, non lo sapeva che cos’era.
 Mise molto a disagio Rick, che cercò di dissimulare il tutto. “È divertente come io fossi quello a non tenerci, eppure eccola qua, distrutta, e sono l’unico a starci male”.

Anche lui si riferiva alla loro relazione come una struttura. Fece incurvare leggermente gli angoli delle labbra di Morty.

Strano e magnifico come potessero essere simili.

“Abbiamo costruito sul nulla, era…era inevitabile, ecco”. Sospirò Morty, appoggiando una mano sulla spalla di Rick. Sorprendentemente non fu scacciata via. “Ma il tuo amore non mi basta, Rick”.
 Nessuno dei due era abbastanza l’uno per l’altro. Rick era insaziabile e irrefrenabile, ma per Morty era sia il tutto che il niente, un dualismo sconcertate in una sola persona. “Ho…bisogno di tempo”.
 “Non sai cosa vuoi, lo so; sei indeciso fra il vecchio sociopatico e la dolce squinzietta. Devi scegliere.”

Il tu devi scegliere era sottinteso. Rick gli stava concedendo già una libertà?

“Sai, magari con Jessica potrei sposarmi, avere figli. Starei tranquillo, avrei una vita normale…”
 Rick ciondolò il capo in segno di dissenso. “No, no! Tu non sei fatto per una sciocca e banale vita normale, ugh.” commentò schifato.
 “So anche che non sono fatto per farmi picchiare da chi dice di amarmi.”
 Rick sospirò. “Cosa vuoi che ti dica, andiamo? Non c’è bisogno di evidenziare che non ti merito”.
 “Uh?” Morty era davvero sorpreso.
 “Ho detto qualcosa?”
 Il giovane lo guardò storto. “Lo sai…”
 “Lo so. E non mento.”

Un altro silenzio calò tra i due. “ Ho bisogno di tempo, Rick…”
 “Ci proverò.” Rick gli diede un sorriso sicuro. “E forse, chi lo sa, un giorno potremmo andare a prenderci un gelato, solo io e te, o in quel pianeta dove fanno dei waffles pazzesch-”
 Morty sospirò e quando sentì l’aria uscire dalla sua trachea, avvertì la sensazione che qualcosa si fosse spezzato. Di nuovo.

“Tu corri troppo per me, Rick”.

Ma forse era meglio così. Alcune cose devono essere distrutte, per poter essere rimodellate meglio e rinascere.
 “Aspetterò, Morty”.


NdA

Ehilà! Eccoci al penultimo capitolo :). Troppo soft, magari, da un lato, ma penso che la rottura del loro rapporto abbia dato un certo equilibrio lol. Sinceramente non ho molto da dire, oltre al fatto che vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino a qui, vi adoro ❤. Bye!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Due tristi bugiardi e un'amara verità ***


rickmorty ended

Friends with benefits


Ultimo capitolo: Due tristi bugiardi e un’amara verità




Morty si era subito stancato — anzi sentito stanco e colpevole di aver fatto arrabbiare Rick — di quella sua indipendenza, della sua armatura nuova di zecca e di quella strada troppo difficoltosa da seguire. 

“F-forse mi va bene, Rick, non ci hai mai pensato?”

Era stata la risposta di un Morty esasperato dai rari sensi di colpa (che ebbero vita breve) di Rick.

“A-a me piace, ok. Nulla di tutto ciò è normale. I-insomma, guardaci. Tu non sei normale, non lo sei mai stato, e-e io…”

Si svuota di sostanza, un fantasma che parla di uno spazio cagionevole, malato, d’una relazione che vede come schiacciata e frantumata.

“Tu puoi ancora salvarti, Morty. Stammi lontano.”

“N-no, lo so già, non è così. Non posso più tornare indietro. Se lo facessi, non starei affatto bene con me stesso. Mi procurerebbe dolore.”

Rick non rispose, ma non importò. Morty aveva altro da dire.

“Io ti amo, Rick”, quel sussurro bucò i polmoni dell’altro, “Non posso starti lontano”.



But when you walked out that door, a piece of me died
I told you I wanted more-but that not what I had in mind (Blue Jeans, Lana Del Rey)



Morty si svegliò di soprassalto. Erano passate settimane dal loro ultimo litigio, si sperava, eppure quel sogno, sempre il solito, la domanda “e se non lo avessi lasciato?” e l’incognita di un finale diverso lo tormentavano in una maniera inquietante.

Quasi come se realmente non volesse essere libero…

Ma volente o meno, la loro relazione era finita, caduta e ridotta in piccoli pezzettini. Quando diventavano nostalgici, potevano sempre mettersi a raccogliere quei cocci, così preziosi, ma alcuni così affilati da fare male. Potevano continuare con le loro vite, si dicevano, ma come potevano fare finta di nulla quando gli echi dei loro sbagli avevano corpo, voce, si sedevano sempre vicino a colazione, pranzo, cena? 
Morty accennava a un timido sorriso quando vedeva Rick, che veniva prontamente ignorato. Trasaliva sempre ma non aggiungeva parola — la sua gola si faceva secca con lo scienziato nella stessa stanza. Non si parlavano, ma si guardavano. Si osservavano di nascosto quando pensavano di non essere visti dall’altro. 

Rick lo guardava a tavola, nella navicella spaziale, in laboratorio e non credeva di poter sentire il bisogno, la voglia, di una testa mora appoggiata sulla spalla, di labbra sottili e rosate vicino al proprio collo arrugginito. L’assenza era diventata peggio della dipendenza. O era un effetto della dipendenza stessa, questa voglia di morire pur di non rimanere a secco? Non riusciva a spiegarlo e questo lo infastidiva da morire.

Morty lo guardava sottilmente, nascosto, timido, vergognandosi. Aveva chiesto tempo ma ogni volta che spiava i lineamenti spigolosi dell' ex —  se poteva definirlo tale, se prima ci fosse stata davvero una relazione —  credeva di sprecarlo inesorabilmente. Doveva dare delle risposte a se stesso.
A Rick, anche.
Si chiese perfino se allontanarsi da lui fosse stato un bene, però era crudelmente ovvia la risposta: sì. Aveva ottenuto la libertà e non l’avrebbe certo buttata all’aria scaraventandosi di nuovo fra le braccia di Rick. Eppure soffriva perché non si parlavano più. Certo, il loro ultimo dialogo era stato totalizzante, altarini e maschere erano finalmente crollati, ma erano stati rimessi al loro posto il giorno dopo. 
Sbuffò, facendo mentalmente una similitudine fra la sua vita e il breve racconto che stava scrivendo: non riusciva a dare una conclusione ad un paragrafo molto complicato.
"Tutto bene, tesoro?" chiese Beth, appoggiando la sua tazza di caffè che puzzava di vino.


Che pessima madre

Non doveva neanche avere il bisogno di chiederlo.


Rick guardò per un secondo Morty che annuiva.


Che pessimo bugiardo.






Come poteva considerare gli altri, quegli strani alieni dalla pelle viola e gli occhi gialli, come nemici, quando l’unica cosa che odiava di più nell’universo era il suo riflesso in uno dei banconi lucidissimi di un bar sperduto nella galassia?

Questo sorprendentemente fu il pensiero di entrambi Rick e Morty. Il più vecchio ingoiò il riflesso di loro due nella vodka e ascoltò l’aliena seduta accanto a lui.

"Devo dire che è strano vederti qui, Rick", fece lei, spostandosi i lunghi capelli blu dietro le spalle.

Morty si guardò intorno, ignorandoli, chiedendosi cosa ci fosse di così bizzarro. Era all’apparenza un semplice bar, ma i dubbi del giovane furono presto risolti: il locale non serviva super alcolici, almeno per gli standard alieni. 
No, niente di così strano.

"Sai, Unità, sono veramente cambiato.", si portò la mano al petto e Morty lo fulminò con lo sguardo: bugiardo. “ Il vecchio Rick? Boom, sparito." scherzò, " Ho capito i miei sbagli e so che posso migliorare."

Solo per Unità, vero?


Morty? Esisteva ancora per lui? 


Il ragazzo incrociò le braccia e affondò la testa in esse. Il lavoro di scudo umano era ancora più terribile quando si trattava di situazioni come queste. Non era la prima volta che succedeva, ma faceva ancora più male di quando stavano tecnicamente insieme. Suonava come una punizione e Morty odiava essere punito quando era innocente. 
Stava quasi per scoppiare a piangere, finché non sentì un ronzio proveniente dalle sue tasche. Prese il cellulare e fu sorpreso nel leggere che ad inviargli un messaggio fu Jessica. "Oh", commentò, addolcito da quel messaggio inaspettato. Le aveva dato il suo numero ma non pensava che lei gli scrivesse veramente.
Dopo aver risposto a quel "Ciao, come va?" di Jessica, le voci degli altri due intorno a lui divennero mute. Riusciva solo a sentire l’ansia che gli permeava i polmoni e che lo agitava quando lei non rispondeva presto ad un messaggio. Troppa ansia sociale per un corpicino piccolo come il suo.

Jessica, pensava solo a Jessica. La donna della sua vita, dopotutto, no?

Giusto. Rick poteva stare con Unità, mentre Morty poteva benissimo stare con Jessica. Avrebbero potuto condurre le loro vite separatamente, fingere che tutto andasse bene, re indossare maschere impenetrabili e finte, mentire ogni santa volta che si vedevano.

Ma non avevano tenuto in chiaro una cosa: la verità viene sempre a galla.



Infatti pochi giorni dopo Rick se ne andò, mormorando solo “V-vado da Unità. Non preoccupatevi.” Non aveva detto se sarebbe mai tornato, solo la falsa promessa che sarebbe andato tutto bene. Lui e Morty non si erano parlati, ma con un cenno del capo si dissero tutto. Erano un “non posso aspettarti in eterno, stronzetto” e un “forse è meglio così”.

Quando partì entrambi sentirono come se pure il cielo stesse per cadere a pezzi.



Anni dopo, apparentemente la vita di Morty migliorò. Senza Rick, aveva più tempo per la scuola e le relazioni interpersonali che non riguardassero un pazzo ubriacone. I suoi voti migliorarono, non notevolmente, ma riusciva ad arrivare finalmente alla sufficienza, ed era riuscito pure a fare amicizia con alcuni ragazzi nella cerchia di Jessica. Fred e quelli più popolari rimanevano al di fuori della sua portata, ma altri erano diventati davvero persone strette con cui parlare e confidarsi.

Eppure, nonostante la vita migliorata, la sentiva pesante, pressante sulla sua schiena. Questo fardello era evidenziato ogni volta negli incontri di famiglia — vedeva Rick e non poteva fare a meno di comparare la sua vita precedente con quella attuale. Si sentiva più fuori luogo di un pesce d’oceano buttato dentro un acquario.

Lo vedeva con Unità, anche lui con la vita apparentemente migliorata, e Morty si sentiva l’origine di tutti i suoi mali e iniziava a farsi domande sulla propria felicità. Quanto fosse autentica, quanto fosse migliorata.

Nell’incertezza di ciò, esponeva Jessica in ogni incontro, come per dimostrare che anche lui poteva andare a di sopra della vecchia relazione amici con benefici.

Poteva sentirsi in colpa per usare la sua fidanzata come trofeo, moralmente sapeva che doveva, eppure provava solo indifferenza. Forse non era così buono come amava credere.

Non era stato buono nemmeno quando a soli diciassette anni aveva in testa la frase “Il matrimonio è spazzatura, Morty” di Rick e per questo un venerdì si era deciso ad inginocchiarsi di fronte a Jessica, a chiederle di sposarlo.

Aveva usato pure l’anello che Rick aveva dato a sua nonna Diane. Morty avrebbe tanto voluto conoscerla; probabilmente sarebbero stati più simili di quello che voleva ammettere.



Due settimane dopo Jessica organizzò la festa di fidanzamento. Si era tenuta nella casa di Morty ed era una cosa per pochi intimi, ma l’abbigliamento formale era d’obbligo. Sarà stata pure una piccola festa, ma per Jessica era davvero importante l’estetica. Non evitò di inveire contro il fioraio quella volta in cui egli scambiò per sbaglio i tulipani rossi che doveva dare agli Snape* invece dei blu che erano per loro. 

Alla festa c’era solo qualche amico in comune e non di più. Nemmeno i loro genitori erano presenti, infatti avevano deciso di fare una festa alternativa, solo fra di loro — una scusa per dirigersi in qualche bar e ubriacarsi, chiedendosi quale fossero il loro sbagli come educatori.

Morty era stato molto distratto nei preparativi e non sapeva chi fosse invitato e quale fosse lo scopo effettivo della festa, ma il vino era buono e la musica era piacevole. Jessica in quel vestito con le maniche a sbuffo turchese era incantevole e per un momento si chiese cosa avesse fatto uno sfigato come lui ad avere una persona così splendida al suo fianco. No, non la meritava.

Anche la compagnia non era male, pensò, finché non risuonarono al campanello.

Andò ad aprire con Jessica — avevano il compito di salutare ed accogliere tutti gli invitati —  e quando alla porta vide Rick insieme a Unità fu pervaso da una serie di emozioni pungentemente forti.

Sorpresa.

Che cazzo ci fanno qui?

Rabbia.

Perché non si levano dal cazzo?

Invidia.

Come fanno ad essere ancora più felici di me?

Disgusto.

Quei vermi rivoltanti!

Tradimento.

Perché Jessica mi ha fatto questo?

“Benvenuti!” li salutò calorosamente Jessica. Il suo promesso sposo, al contrario, era terribilmente glaciale. “Sono felice vi siate aggiunti a noi!”

“Anche per noi è stupendo essere qui!” sorrise raggiante Unità e Morty volle sprofondare.

“Sisì, tutto molto bello" le interruppe bruscamente una voce, “A-allora, dov’è la vodka?" Rick era evidente già brillo. Se mai lui avesse vie di mezzo, sia chiaro.


"Serviamo solo vino rosso o bianco", Jessica replicò seccata, come chi aveva risposto alla stessa domanda milioni di volte.


"Giusto giusto", si fece largo il vecchio, separando i due futuri sposini bruscamente, "come se non sapessi dove tenete la roba buona in questa catapecchia."


Morty smise di guardarlo male e imbarazzato quando se ne andò, finendo per rivolgere uno sguardo più infuriato alla fidanzata.
"C-cosa ci fa lui qui?" ringhiò a bassa voce, esaltando quel lui. Non doveva nemmeno essere nominato.


"È tuo nonno, fa parte della famiglia!" rispose lei, come se fosse semplice e scontato. Deve essere stato bello, pensò Morty, crescere in una famiglia normale. Credere che tutti meritino lo stesso amore, che ti diano amore, perché tanto è una famiglia.


"Poi è stato il tuo migliore amico per molti anni, deve pur significare qualcosa per te". 


Il moro si sentì terribilmente a disagio: "uh, sì, più o meno". Era stato molto di più e niente per molti anni, in realtà. Ma Jessica non sapeva, non poteva e doveva sapere.

 Morty incrociò le braccia, si chiuse, si diede protezione da solo. Guardò per un momento Rick dall’altro lato della sala con Unità: non sembrava molto felice di essere lì. Può pure andarsene, pensò una parte di lui. L’altra piangeva affinché restasse — ma a che motivo?


"Meglio se vado ad occuparmi delle tartine, eh?" chiese Morty, solo per levarsi da mezzo dalla conversazione scomoda e trovare un po' di pace. Almeno lì avrebbe potuto stare un po' da solo, senza gente che gli ronzasse attorno.

Quando stava per assaggiare un voulevant alla crema di salmone, fu preso alla sprovvista dal rumore di vetro sul legno. Qualcuno aveva appoggiato la bottiglia di Rum sul bancone. Non fu sorprendente scoprire chi ci fosse dietro di lui, infondo conosceva solo due persone che sapessero bere una bottiglia intera in neanche un’ora. E sua madre non c’era in casa in quel momento.


"Quindi ti sposi veramente, eh, amico?", la voce di Rick era più pungente e fastidiosa del solito. "Diamine, nemmeno quel coglione di Jerry ha provato a dissuaderti?"


Morty si girò e provò a lanciargli il miglior sguardo sufficiente che avesse. "H-ho deciso io di farlo, n-ne sono sicurissimo".


"Non lo metto in dubbio", replicò l’altro con stizza.


"I-io non cambio mai idea".


Rick si sgolò il primo bicchiere di Barolo. "Già, ho visto." Poi se ne andò, neutro e glaciale.

Morty, osservandolo andare via, si disse che in un certo senso non poteva dargli una colpa per tutti i mali che gli succedevano. Rick dopotutto era stato rifiutato, nonostante il suo “ti amo”. Quante volte aveva detto sinceramente queste due parole a una persona? Uno strano senso di allegria si fece strada in Morty.

 Guardò Unity. Lo avrà mai detto anche a lei? Il viso di Morty si dipinse con una smorfia infastidita e ritirò subito lo sguardo quando lei e Rick si voltarono verso di lui.

Solo ritornato ad occuparsi delle tartine, sentì il suo viso andare in fiamme. Era così svilente e vergognoso. Fra due mesi si sarebbe sposato ma pensava ancora allo scienziato. Non era giusto, si disse, trasformando quel calore intriso di vergogna in pura rabbia.

Non era giusto che Rick volesse parlargli come se non fosse successo niente, come se quello che c’era e non c’era stato fra loro valesse meno di un centesimo. Non era giusto che non sopportasse Unità anche se di concreto non gli aveva fatto niente. Non era giusto che nonostante Jessica fosse — così aveva detto — l’amore della sua vita, lui continuasse a pensare a Rick.

Chi è veramente l’amore della tua vita? Chi ami veramente?

La risposta era evidente ma la verità era troppo amara da deglutire.

Non amava Rick, perché lui era la violenza; l’ansia di prendersi le mani in pubblico; la stringente paura di chiedere un bacio di troppo, di chiedere di fermarsi appena tutto iniziava a fare male. L’immobilizzante terrore di essere pugnalato alle spalle, di vederlo con qualcun altro. 

E non amava nemmeno Jessica. Quando c’era Rick voleva una tranquillità, una pausa che solo lei sapeva regalargli. Nella frenesia di tutti i giorni, un momento per fermarsi e stare in pace era davvero l’ideale. Ma senza Rick, senza tutta quell’agitazione nelle sue giornate, tutto era estremamente monotono e pure Jessica a malincuore lo era diventata.

Il suo non amore per Jessica non sarebbe stato un problema, se non avesse dovuto sposarla. “Ti ritroverai in un matrimonio triste e fallimentare”, ricordò le parole di Rick vecchie di tre anni e lo odiò ancora di più, perché era diventato il suo effetto placebo.

Dopotutto, ammise triste, aveva chiesto di sposarla solo per far incazzare Rick. Sì, la sua reazione era stata infastidita, quasi di scherno, ma non era andato oltre. Il moro si aspettava una rabbia forte e disumana, la stessa furia che aveva visto nei suo occhi quando lo aveva lasciato la prima volta; la folle possessione quando era tornato da una chiacchierata con Jessica.

Morty voleva l’universo ma Rick gli aveva concesso ancora un’altra briciola pretendendo che si accontentasse di questo e basta.

Tre anni dopo e voleva ricominciare i loro giochi tossici, ritornare in quei circoli viziosi senza fine. Fare tutto di nuovo, ma con nuove regole.

Perché sì, Morty non amava Rick, ma era totalmente attratto dall’ossessione che l’uomo aveva nei suoi confronti. E non riceverla gli sembrava peggio del male che si stava facendo da solo. Doveva scappare da Rick, essere libero, eppure eccolo lì, più interessato a lui come mai prima d’ora. Sapeva benissimo perché, glielo aveva spiegato la dottoressa Wong (“ Da piccolo nessuno si è mai preso cura di te, tutta la tua famiglia ti ha ignorato, poi si è presentato questo individuo, ti ha riconosciuto e adesso civi solo per questo.”) anni fa. Gli sembrò azzeccatissimo.

Voleva Rick, ma a giudicare la situazione attuale, non poteva averlo. Avrebbe passato la sua esistenza a rimpiangerlo nell’alcool, il sangue e la polvere.

Ebbe il bisogno di andare fuori per distrarsi.

Morty uscì dalla porta sul retro. Aveva bisogno di aria fresca e, soprattutto, di schiarirsi le idee sulla sua situazione attuale. Doveva farsi una lista mentale di tutti i suoi problemi e poi, chissà, trovare anche una soluzione ad essi — improbabilissimo, impossibile, ma tanto valeva provare.

Primo problema: un matrimonio in arrivo con una persona che non ama. L’annullamento delle nozze avrebbe portato a lacrime per Jessica e odio per Morty. 

Tanto odio.

Sarebbe diventato un reietto sociale, ancora. L’essere invisibile, o peggio: schifato da tutta la comunità.

Sospirò frustrato. Era un gran problema.

E poi c’era anche il secondo: Ricardo — naturalizzato Richard —  Sánchez. Ripensò alle origini di suo nonno e per un attimo si sentì sconsolato perché in cuor suo non sentiva nemmeno di aver ereditato questo lato latino dalla sua famiglia. Non che considerasse Rick famiglia, poi, almeno non il senso troppo sentimentale del termine. Oppure sì?

Morty, il vero problema, concentrati, testa di cazzo!

Già, Rick che era ritornato il centro dei suoi pensieri ed era anche fidanzato con qualcun’altra. 

Una qualcun’altra che si stava avvicinando troppo velocemente per i suoi gusti, non lasciandogli il tempo di ritornare in casa per evitarla.

“Ciao, Morty”, gli sorrise calorosamente e il ragazzo arricciò le labbra in una smorfia. Non si impegnò nemmeno di fingere di essere felice. A lei sembrò non importare: “Sono molto contenta di essere qui”, continuò, “poterti parlare era molto importante per me”.

“Uh f-figurati”, Morty incrociò le braccia, distante, freddo come le mani di Rick quando stringevano le sue anche sotto le coperte, e puntò lo sguardo sulla porta di casa.

“Senti,” si avvicinò ancora di più, il suo profumo ad uno strano frutto alieno entrava prepotente nelle narici del giovane. Lei gli sussurrò : “So del vostro segreto”.

Ora aveva la sua completa attenzione. Sgranò gli occhi, le gote infiammate, le gambe tremolanti.

“C-come? Cosa? P-perché?”

Unità ridacchiò, come se fosse cosa da nulla, Morty si sentì lievemente preso in giro.

“Non giudico, tranquillo. Anzi, credo di saperlo anche da prima che lo sapessi tu”, disse tranquillamente. “Una volta mi chiese di possedere un Morty della cittadella e poi abbiamo fatto-”

“S-s-sì, ho capito!” la bloccò prontamente lui, un po' schifato, un po' scioccato dal fatto che si sentisse lusingato da ciò.

No, per niente normale.

“Questo per dirti che conosco il legame profondo che vi lega”, Morty era tentato di alzare gli occhi al cielo, “Anche se è finita, e stento ancora a crederlo — eravate così affiatati! — , fra di voi so che c’è un’amicizia importante. Sarebbe un peccato buttarla via. Per questo era così importante per me, parlarti. Sei una persona importante per Rick, e questo vuol dire già tanto”.

Sei. A Morty non sfuggì che avesse usato il presente.

“L-lo s-s-sono?” 

Il diciassettenne era sbalordito: Rick aperto con qualcuno su i suoi sentimenti?

Ti aveva detto “ti amo”, coglione, te lo sei scordato?

Rick che non odia ancora interamente Morty?

Questo risolveva in parte i suoi problemi.

“Sì, puoi contarci”.

Morty la guardò attentamente, non sapendo quale emozione far trasparire. 

La stronza era troppo gentile per essere considerata, appunto, una stronza.

Sospirò di nuovo, strinse gli occhi per un secondo, sperando questo fosse un sogno e presto si sarebbe risvegliato, ma no, era la realtà.

La guardò quasi afflitto prima di rientrare in casa. 

Sarebbe stato molto, molto, molto cattivo con lei. Non se lo meritava.



Mentre marciava per i corridoi, alla ricerca di Rick, ripensò alle parole di Unità. Certo, ovviamente non gli aveva detto tutto ciò aspettandosi che loro due ritornassero insieme, e se il piano che Morty stava escogitando avesse funzionato, Unità sarebbe stata molto delusa e afflitta. 

Ma Morty si era stufato delle emozioni degli altri, voleva pensare a se stesso in primis, e il resto poteva essere lasciato al futuro — o al mai.

Lo trovò davanti alla porta del garage — doveva aspettarselo, dopotutto.

“Vieni nella tua stan- la tua vecchia stanza, c’è un problema…?” inventò con scarso impegno. 

Il suo piano effettivamente era quello di non avere un vero e proprio piano. Sarebbe stato spontaneo, le prime cose che gli venivano in mente le avrebbe dette o fatte e poi sarebbe andato come doveva andare.

“E quale sarebbe questo problema?” alzò un sopracciglio diffidente.

“Uno…”iniziò Morty impacciato, “molto importante, sì”.

“E dovrebbe importamene perché?”

“ZITTO E SALI!”

“Uh, pensavo che sarebbe passato almeno un mese di matrimonio per averti così stressato” lo prese in giro il vecchio, le mani in tasca, rilassato.

Ma nonostante le lamentele lo stava seguendo, notò Morty con la coda dell’occhio.

Rick non aveva ancora imparato a dirgli veramente di no.

Entrati nella sua stanza, chiuse la porta a chiave. Inutile, perché Rick aveva con sé la sparaporte, ma era il messaggio ciò che importava: “ti voglio qui, ora, da nessun altra parte”.

Ispirò profondamente, pensando a cosa dire.

“L-lascia Unità.” 

Scelse di essere schietto.

Morty fissò intensamente Rick negli occhi, come mai aveva fatto in vita sua, e lui gli diede uno sguardo contrariato.

“C-che cazzo ti prende? Quanta merda hai nel cervello, coglione?”

“Senti, se lasci Unità per me, io lascio Jessica per te”. Rick era ancora terribilmente confuso e infuriato per il comportamento infantile di Morty. 

Un baratto.

Morty era così coglione da pensare che un baratto del cazzo avrebbe potuto ricostruire tutto?

A quanto pare sì, perché ripeté con voce più delicata, quasi soave: “Solo per te”.

Rick era un bugiardo, quindi avrebbe negato il fatto di essere stato tentato dopo quella frase. 

“Basta sparare cazzate. Sei un idiota di merda, Morty. Guarda che mi ricordo la tua faccia da culo dirmi “non ti amo”, quindi non farmi sprecare il mio cazzo di tempo con te”.

Il silenzio calò e fu glaciale. Rick per la prima volta in vita sua sperò di essere contraddetto.

“H-hai ragione, non ti amo. Però ho ripensato a quando ero piccolo e avevo un incubo. Urlavo, nessuno veniva da me, tranne te.” disse Morty, calmo. Rick lo guardava dritto negli occhi, sfidandolo. “Tu venivi sempre da me, armato fino all’osso. Ti incazzavi perché non c’era un alieno che voleva uccidermi, uscivi dalla mia stanza e chiudevi la porta, ma so aspettavi che mi addormentassi prima di andartene via davvero.”

Rick sbuffò: “cazzate”.

“No”, negò. “Microspie, le hai installate tu. Le stesse con cui mi guardavi fare yoga”. Se fosse un’altra situazione, avrebbe avuto un sorriso trionfante sul suo volto.

“Come ti pare, stronzetto”.

Questa volta Morty sospirò e si alzò dal letto in cui precedentemente si era seduto. “Vedi?”, allargò le braccia con fare espressivo. “Ho bisogno di te!”

“Hai bisogno delle mie attenzioni”, corresse, il vecchio.

“È la cosa più vicina ad un “ti amo” che posso dirti, Rick.”

“Io non mi accontento, Morty”.

Simpatico, perché tu mi hai sempre costretto a farmi bastare le briciole. Anche stasera non ti sei risparmiato”.

“C-come anche stasera? Se mi sono pure presentato al tuo ricevimento di merda!”

“Ma non mi basta, cazzo. Lo vuoi capire? Al Rick che conoscevo sarebbero girate altamente le palle, avrebbe disintegrato, o smaterializzato, qualunque cazzo di cosa, pur di avermi per sé! Il Rick che mi ama avrebbe creato l’inferno in terra per me, soltanto per me.”

“Non esiste più, quel Rick, Morty.”

“Davvero?”, respirò piano, e il suo espirare e inspirare fu l’unico suono in quel silenzio vuoto, privo di vita. 

“Senti, se vuoi veramente una cosa, sii il primo ad agire, oppure chiudi quella tua cazzo di fogna”.

Ci fu solo un altro rumore poi, quello della maniglia che Rick aprì per andarsene.

Nella stanza rimasero solo Morty e le domande senza risposta.

Mezze verità, mezze bugie.



Quando la festa finì e Jessica ebbe salutato tutti gli invitati insieme a Morty, una delle lanterne con dentro una farfalla — bomboniera per gli invitati —  si ruppe. Morty osservò pigramente la farfalla volare via desiderando la sua stessa libertà. 

Jessica sì chinò per raccogliere i cocci ma sfortunatamente si tagliò, proprio nel dito in cui c’era l’anello. Se lo tolse e si sciacqquò le mani. 

Andò da Morty e gli fece “Uh, eccolo (l’anello), meglio se me lo rimetto, sennò ci rimarresti male!” scherzò.

Il giovane, estremamente teso, provò a dirle “F-forse è meglio se non…se non lo rimetti più”.

“C-cosa?”

“Probabilmente, sì, ecco, siamo andati troppo di fretta. Siamo giovani, cazzo, abbiamo solo diciassette anni non possiamo sposarci adesso.”

Jessica, con le lacrime agli occhi, provò a soffocare i singhiozzi e lanciò l’anello per terra, frustrata. 

Morty sentì il magone in gola e gli occhi pizzicare. “M-mi d-dispiace così tanto, J-jessica”.

“Sei una merda, Morty”.

“Lo so”, rispose debolmente, “una piccola merda stupida”, la propria voce nella testa si confondeva con quella di Rick.





Rick su Nebula 3000 aveva una vita da sogno. Abitava in un palazzo immenso, poteva permettersi ogni lusso più sfrenato, tutto ciò che voleva era a suo servizio. La cocaina spaziale più costosa? Eccola lì, pronta per le sue narici screpolate.

La sua vita era diventata noiosamente perfetta.

Osservò il Morty sorridente nella foto profilo di WhatsApp. Sì mise la lingua tra i denti, pensando a cosa fare. 

Sarebbe partito domani mattina, si disse. Non avrebbe detto addio, non avrebbe lasciato nemmeno una lettera come Unità aveva fatto con lui.

Rick si sarebbe semplicemente comportato da Rick, come sempre.

Unità, infondo, se l’era sempre aspettato.





Morty era seduto sotto l’ombra di un albero di limoni. Non faceva per niente caldo, quindi sotto la sua classica maglietta gialla ce n’era una nera a maniche lunghe. Il vento sfiorava ancora la sua pelle, dandogli fastidio, ma la sua attenzione era totalmente incentrata sull’orario riportato sullo schermo del suo telefono.

Sbuffò impaziente, rabbrividendo per il freddo. 

Guardò ancora lo smartphone, leggermente deluso, decidendo di andarsene. Si alzò lentamente, sgranchendosi le gambe, con un espressione di disappunto sul viso.

Fu quando stette per andarsene, che un fascio di luce verde neon entrò nel suo campo visivo. 

Era un portale e la sua vista lo fece quasi gridare di gioia.

Sorrise. 

“Semb-”, un rutto, “sembri un ape del cazzo, lo sai, merdina?”

Tutto era ritornato come prima, ma meglio. Più chiaro, alla pari, con regole diverse.

Ma sempre come prima.



NdA

Lo so, lo so, lo so! Sono imperdonabile! Ci ho messo tantissimi mesi, ma lo studio era davvero troppo e occupava un’ingente parte del mio tempo.

Sono felice che siate arrivati fino alla fine.

Grazie di cuore, davvero.

-Mortifero


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3915952