Momenti di conforto

di ValeKikyo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Al mare ***
Capitolo 2: *** Incendio ***
Capitolo 3: *** Onde ***
Capitolo 4: *** Perdita ***
Capitolo 5: *** Proiettile ***
Capitolo 6: *** Dipendenza ***
Capitolo 7: *** Siringa ***
Capitolo 8: *** Perdono ***
Capitolo 9: *** Rivalità ***
Capitolo 10: *** Morfina ***
Capitolo 11: *** Hockey ***
Capitolo 12: *** 1 frase o 2 Inghilterra ***
Capitolo 13: *** 1 frase o 2 America ***
Capitolo 14: *** 1 frase o 2 Italia ***
Capitolo 15: *** 1 frase o 2 Prussia ***
Capitolo 16: *** Canyon ***
Capitolo 17: *** Ubriachezza molesta ***
Capitolo 18: *** Coltello ***
Capitolo 19: *** Pioggia e malinconia ***
Capitolo 20: *** Dialogue!fic Itacest ***
Capitolo 21: *** Dialogue!fic UsUk ***
Capitolo 22: *** Dialogue!fic Francia ***
Capitolo 23: *** Ultime dialogue fic ***
Capitolo 24: *** Seduti al bar ***
Capitolo 25: *** Sfida ***
Capitolo 26: *** Lenire ***
Capitolo 27: *** Osservato ***
Capitolo 28: *** Tosse ***
Capitolo 29: *** Attesa ***
Capitolo 30: *** Sbornia ***
Capitolo 31: *** Ritrovo ***
Capitolo 32: *** Tagli ***
Capitolo 33: *** Pattinaggio ***
Capitolo 34: *** Insonnia ***
Capitolo 35: *** Fornello ***
Capitolo 36: *** Carezze ***
Capitolo 37: *** Coccole ***
Capitolo 38: *** Stelle ***
Capitolo 39: *** In Germania ***
Capitolo 40: *** Fanculo ***



Capitolo 1
*** Al mare ***


Al mare Al mare

Non si era abituato, si era rassegnato.
Ogni anno, sapeva che Prussia e Germania si autoinvitavano a casa sua per passare un mese al mare nelle magnifiche coste siciliane, non sarebbe riuscito a mandarli via nemmeno volendo, quindi li sopportava.
Gilbert e suo fratello erano andati a prendersi un gelato, lui se ne stava spaparanzato al sole a rilassarsi, mentre l’altro crucco si stava allenando in acqua come se dovesse partecipare alle Olimpiadi.
Tutto sommato stava andando tutto abbastanza bene.
Il mare era calmo, non c’era molto vento e il sole lo scaldava come di dovere.
Quanto amava la sua terra.
-Scheiße!-
E ovviamente doveva succedere qualcosa che rovinava tutto.
Sbuffando, si mise a sedere, togliendosi gli occhiali da sole per vedere meglio.
Il crucco stava uscendo dall’acqua, il volto contratto dal dolore, anche se cercava stoicamente di non darlo a vedere, seppur con scarsi risultati.
-Sono vent’anni che ti autoinviti a casa mia e ancora non hai imparato a stare attento alle meduse?-
Germania non gli rispose, limitandosi a sedersi sulla sabbia, imprecando.
L’italiano scosse la testa e si avvicinò a lui per guardarlo meglio.
Il biondo aveva una chiazza piuttosto voluminosa sulla coscia muscolosa e si stava coprendo sempre di più di bolle.
-Wow, ne hai trovata una cattiva-
-Potresti smetterla col sarcasmo per favore?!-
Romano non rispose, prese una bottiglietta vuota e la riempì con l’acqua del mare.
-Stai fermo-
-Cosa?-
-Ho detto, stai fermo, eppure dovresti saperla la mia lingua-
Prese un asciugamano pulito e una bottiglia di aceto.
-In genere è mio fratello quello che si fa bruciare dalle meduse, quest’anno lo hai preceduto a quanto pare-
Gli versò l’acqua salata sulla ferita, strofinando nel frattempo col panno pulito.
Ludwig lo guardava stupito, da quando in qua era così gentile?
-Che hai da guardarmi in quel modo?! Hai idea di quanto mi romperebbero i nostri fratelli se non ti aiutassi come si deve?!-
-Ovvio…perché mai dovresti aiutarmi…-
Sospirò, lasciandolo fare.
Lovino lavò con cura la ferita, rimuovendo la pelle infiammata, ma come si immaginava, la loro natura immortale stava andando in suo soccorso, perché la pelle si stava già riprendendo molto più velocemente di quanto avrebbe fatto con un mortale.
-Una bruciatura così normalmente ti avrebbe perseguitato per giorni…ma noi siamo noi-
Prese un altro panno pulito, lo imbevve con l’aceto e lo appoggiò sopra la ferita.
-Io sapevo che si doveva usare l’ammoniaca…-
-No, quella dell’ammoniaca è una stronzata, questo funziona, lascialo agire per un po’-
Il dolore si stava già attenuando e Germania si lasciò andare sdraiato sulla sabbia con un sospiro.
-Grazie-
-Mpfh-
Fu l’unica risposta di Romano, che tornò sulla sdraio, deciso di nuovo a rilassarsi.
Non gli importava un fico secco del crucco, ma non sarebbe stato capace di sopportare una ramanzina dai loro fratelli, lo aveva fatto solo per quello.
Solo, per, quello.

Buonasera a tutte!
Come ho scritto nella descrizione, questa sarà una raccolta di one-shot Hurt/Comfort scritte per il gruppo FaceBook Hurt/Comfort Italia Fanfiction & Fanart, dove vengono organizzate spesso challenge, ne ho pubblicate già altre a sé stanti, ma ho deciso che d'ora in poi le metterò tutte in questa raccolta, spero vi piacciano!


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Capitolo 2
*** Incendio ***


Incendio Incendio

Sapeva che era scorretto approfittare dell’assenza dell’Imperatore dalla città, ma a Roma non era mai particolarmente importato delle buone maniere.
Germania era ufficialmente un nemico, il suo popolo premeva ai confini dell’Impero, rappresentando sempre un pericolo.
Eppure, Romolo e Wilfred erano in ottimi rapporti, tanto che il romano lo invitava spesso nella sua bella città, un po’ per vantarsi dei suoi progressi o per farlo assistere ad uno spettacolo al Colosseo, ma soprattutto, perché gli piaceva la sua compagnia.
Era un bene avere un altro immortale attorno ogni tanto.
Quel giorno però, qualcosa andò profondamente storto.
Le urla si propagarono per la città a macchia d’olio, e a breve fu il caos.
Fuoco e fiamme, ovunque.
Roma sbiancò, girandosi verso il biondo.
-Cosa…come…-
Germania era disorientato quanto lui e si guardava intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo.
-Da dove diavolo è partito? Chi osa darmi fuoco?!-
-Roma calmati-
-Calmarmi? Calmarmi?! Questa è la mia città, questo sono io! E sto bruciando!-
Il biondo non sapeva come ribattere, l’altro aveva ragione, e lo sapevano entrambi.
-Aspetta…casa mia…-
-Cosa…non ci sono Veneziano e Romano in casa vero?!-
-No, loro sono fuori città…ma c’è una cosa che devo recuperare assolutamente!-
Non lo aspettò e cominciò immediatamente a correre verso casa, subito seguito dall’altro.
Quando arrivarono, era in fiamme.
-Maledizione!-
-Penso che qualsiasi cosa fosse…-
-No, mi rifiuto, non posso lasciar bruciare i gioielli di Cleopatra-
Il germanico lo guardò stralunato.
-I gioielli di Cleopatra?-
-Sì Wilfred, i gioielli di Cleopatra! Li aveva regalati a me personalmente, non ai miei imperatori, a ME!-
-Dove sono?-
-Nella mia camera da letto, aspetta, cosa…-
Ma l’altro non lo stava già più ascoltando, si era tolto il mantello e la spada e si era gettato nella casa in fiamme.
-Wilfred no!-
Romolo provò a corrergli dietro, ma una trave gli tappò la strada, gettandogli del fumo addosso e facendolo tossire violentemente.
Da quando in qua l’altro era così impulsivo?
Era sempre stato quello più calcolatore fra loro due, che gli era preso?!
-Maledizione…devo entrare…devo aiutarlo…è vero che siamo immortali però…-
Ancora prima di cercare di entrare da una finestra, sentì la trave che prima era caduta cedere e sbriciolarsi, Wilfred riemerse dalle fiamme con una scatola in mano.
-Dimmi che sono questi o giuro che ti ammazzo Roma-
I vestiti erano leggermente bruciacchiati, ma il danno più grande lo aveva alle mani, erano bruciate quasi all’osso ed emanavano un odore terribile.
-Non…non dovevi…-
-Sono questi?!-
Lui annuì, gettandosi verso di lui, in quel momento però, i gioielli non erano importanti.
-Guarda come ti sei ridotto!-
Appoggiò la scatola a terra e gli prese delicatamente le mani, osservandogliele.
-Mi è successo di peggio, fra una settimana sarò già guarito-
-Sei stato un incosciente! Sei vivo solo perché noi siamo noi! Se fossi stato umano…-
-Lo so, sarei morto…- sorrise leggermente -ma noi non lo siamo-
Intorno a loro c’era il caos più totale, altri edifici bruciavano, il suo popolo urlava in preda al panico, ma egoisticamente, tutto ciò che Roma vedeva in quel momento era Germania, e il modo in cui si era ferito per aiutarlo.
-Mi…mi dispiace…-

Il giorno dopo, l’Imperatore era tornato in città e l’incendio era stato domato, Germania si era nascosto nelle rovine di casa sua, voleva tornare a casa per non rischiare di farsi beccare da Nerone, ma Romolo non aveva voluto sentire storie.
-Ecco qua-
Era andato via di buon mattino ed era tornato che era quasi ora di pranzo, aveva con sé un unguento da un odore strano.
-Dammi le mani-
Il germanico gliele porse, come previsto, stavano guarendo molto più velocemente del normale, benché gli facessero ancora male.
-Non ti azzardare a fare una cosa del genere, mai più-
Prese l’unguento e cominciò a spalmarglielo delicatamente sulla pelle, cercando di rimuovere quella bruciata e di idratarlo come si deve.
-Ufficialmente siamo nemici, non puoi fare certe cose per me-
-C’eravamo solo noi, e non penso che gli umani abbiano badato a ciò che facevamo-
Romolo sospirò, continuando a massaggiargli le mani.
-Hai ragione…grazie-
Sorrise, si avvicinò e lo baciò sulle labbra a tradimento, facendolo avvampare.
Era divertente farlo, il biondo non era ancora abituato a quel tipo di attenzioni da parte sua, nonostante la loro “amicizia con benefici” andasse avanti da decenni.
-Prima mi rimproveri che non posso fare cose carine per te perché siamo nemici e poi fai così…non ti capirò mai Roma-
L’altro scoppiò a ridere, facendo inevitabilmente sorridere anche l’altro.
Erano legati ormai, che lui lo volesse o no.

Buonasera a tutte <3
In questo caso il prompt era "personaggio A si ustiona gravemente per recuperare qualcosa di molto importante per personaggio B in un incendio", quindi visto che ho scritto troppo poco di loro due, ho deciso di sfruttare l'incendio forse più famoso della storia italiana!
Nella storia precedente mi era stato chiesto semplicemente di scrivere una GerMano, per questo sono andata più sul delicato.
Spero che questa piccola raccolta cominci a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 3
*** Onde ***


Onde Prompt: “il tuo sick è annegato, è compito del caretaker risvegliarlo e prendersi cura di lui in tutta la parte dopo”

Onde

In una nazione, i desideri suicidi erano una costante, specialmente in tempi difficili.
Anche se per le Italie, erano ormai cento anni che erano tempi difficili, e non davano segno di miglioramento.
Romano osservava il mare, seduto sugli scogli della sua bella Sicilia, le onde si infrangevano lente e costanti, in un modo calmo e ipnotico.
Lui sapeva che Veneziano gli voleva bene.
Loro, come persone, Italia del Nord e Italia del Sud, avevano un forte legame fraterno, Lovino non era molto bravo a dimostrarlo, ma Feliciano sì, forse anche troppo.
Ma ogni volta che masochisticamente accendeva la televisione, c’era sempre qualcosa contro di lui.
Terra dei fuochi. Mafia. I terroni sono inferiori.
Ma certa gente se lo ricordava che era stato il Piemonte a voler unificare la penisola un secolo e mezzo prima?
L’idea di un’Italia unita era più viva al Nord che al Sud, e adesso, così dal nulla, lo insultavano e lo deridevano.
Sapeva di dover essere forte, suo fratello non faceva altro che scusarsi, gli diceva che non doveva ascoltarli, loro erano una sola Nazione, che gli piacesse o no.
Ma lui non ci riusciva.
Ogni cattiveria detta contro il suo popolo e contro la sua terra, entrava sempre più a fondo, e gli faceva sempre più male.
Si alzò e si gettò in acqua, ancora vestito.

Fu come se gli stesse per venire un infarto.
Il suo cuore cominciò a battere furiosamente, per poi fermarsi per dei buoni dieci secondi.
Veneziano non capiva, ma il suo istinto gli diceva che qualcosa non andava con suo fratello.
Nonostante tutto, erano una Nazione sola.
Provò a chiamarlo al cellulare, ma non rispondeva.
Romano rispondeva sempre, specialmente a lui.
Fu il suo cuore a guidarlo.
Non aveva bisogno di saperlo, bastava seguire l’istinto, e l’istinto lo portava nella loro spiaggia privata in Sicilia.
Era piccola ed isolata, apposta per essere lasciati in pace, a volte ci ospitavano le altre Nazioni, ma generalmente era solo per loro due.
Il cellulare era lì, abbandonato sugli scogli, di suo fratello nemmeno l’ombra.
Fu preso dal panico, cercò un punto più alto per avere una visuale migliore e lo vide.
Galleggiava a testa in giù immobile.
-No…nonononono no!-
Si spogliò alla velocità della luce, gettandosi in acqua.
Il suo cuore sapeva la verità, suo fratello era un abilissimo nuotatore, quindi lo aveva fatto apposta.
Non avrebbe dovuto lasciarlo solo.
Lo afferrò e lo portò a riva, era freddo e non respirava.
-No…ti prego no…noi non possiamo morire vero? Sono stato colpito al cuore almeno cinque volte durante la Seconda guerra mondiale, quindi anche tu devi essere vivo no? Fratellone?-
Non aveva idea di cosa fare, non poteva chiamare un’ambulanza, non per loro.
Cercò di calmarsi, respirando lentamente.
Per prima cosa gli tolse i vestiti, erano bagnati e davano solo noia.
Prese un asciugamano e ce lo avvolse bene per farlo stare al caldo, poi fece l’unica cosa di primo soccorso che sapeva fare, la respirazione bocca a bocca.
Era assurdo, era diventato esperto con gli anni di ferite da arma da fuoco, ferite da taglio, intossicazioni, avvelenamenti, nella sua lunga vita aveva curato di tutto e di più.
Ma mai un annegamento.
Tutte le nazioni sapevano nuotare, e mai si sarebbe immaginato che di tutti i metodi che suo fratello poteva usare per suicidarsi, avrebbe scelto proprio quello.
Gli infondeva aria nei polmoni e poi gli faceva il massaggio cardiaco, quello lo sapeva fare, lo aveva fatto anche troppe volte.
-Andiamo…andiamo…non puoi essere morto davvero…-
Cominciò a piangere, preso dalla disperazione, ma non smise nemmeno per un secondo di massaggiarlo.
-Forza…andiamo…non fare come i film di terza categoria di America in cui ti svegli quando mi sto rassegnando…forza…-
Andò a fargli la respirazione bocca a bocca e sentì l’acqua salata invadergli la bocca, suo fratello stava tossendo.
Si staccò da lui per lasciargli spazio e lui cominciò a tossire violentemente, espellendo tutta l’acqua che gli era entrata nei polmoni.
Lovino si sentiva bruciare dentro, come se il sale gli avesse corroso gli organi interni, tossiva e vomitava, sotto lo sguardo sollevato del fratello.
Sollevato, perché stava male, ma era vivo.
-Cazzo…-
Il cuore aveva ricominciato a battere, e ad ogni boccata d’aria che prendeva i polmoni sembravano riabituarsi.
A quanto pare non era ancora giunta la sua ora.
-Fratellone!-
Si girò verso l’altro, guardandolo.
Gli occhi erano ancora rossi, il volto era rigato dalle lacrime.
-Veneziano…-
L’altro gli porse una bottiglia d’acqua e lui bevve subito, cercando di togliersi l’orribile sapore di morte dalla gola.
Si guardarono per interminabili secondi, prima che Feliciano trovasse il coraggio di parlare.
-Avevo paura…che fossi morto sul serio…ti prego non farlo…non abbandonarmi anche tu…non posso farcela da solo…-
-Molti del tuo popolo pensano che potresti-
-No! Non posso farcela da solo! E tu lo sai benissimo!-
Prese un altro asciugamano e glielo mise sopra quello di prima, abbracciandolo.
-Il nostro popolo è stupido! Non fanno altro che darsi contro! Nord contro Sud, io non l’ho mai chiesto! Nessuno di noi due l’ha mai chiesto!-
Romano sbatté le palpebre e ricambiò l’abbraccio.
Si stava riprendendo stranamente in fretta, perfino per i loro criteri, riusciva a respirare normalmente e il calore lo stava avvolgendo, come se fosse suo fratello a ridargli linfa vitale.
-Come…come te ne sei accorto? Pensavo fossi a casa tua…come hai fatto a rendertene conto così in fretta? E ad arrivare così in fretta soprattutto?-
-L’ho sentito…e noi funzioniamo in modo diverso, dovresti saperlo ormai, voglio dire, una volta ho riaccompagnato Giappone a casa in macchina, su un’isola, in macchina!-
Lovino scoppiò a ridere, buttando fuori gli ultimi residui d’acqua.
-Giusto…mi dimentico sempre…che non ci impegniamo veramente la maggior parte delle volte…non sappiamo nemmeno noi di cosa siamo veramente in grado…-
Si strinse meglio a lui, inspirando il suo odore.
-Non lasciarmi…ti prego…il Nord non può farcela senza il Sud, non li ascoltare, lo sai che sono un branco di imbecilli-
-Sì fratellino, lo so…lo so…-
Rimasero abbracciati in quella spiaggia siciliana, uniti, come dovrebbe sempre essere.

Buonasera a tutte!
Non ricordo precisamente per quale challenge scrissi questa storia, ma ho trovato appropriato pubblicarla oggi, per la Festa della Repubblica.
In Hetalia, seppur in maniera comica, ci viene fatto capire che le Nazioni non possono morire, a meno che di totale scomparsa della Nazione anche dal punto di vista "reale", come Impero Romano, per questo le hurt/comfort di Hetalia possono essere leggermente più crude, dato che loro hanno un livello di resistenza nettamente maggiore rispetto agli esseri umani.
Spero che la storia vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 4
*** Perdita ***


Perdita Perdita

Mai, mai affezionarsi ad un essere umano.
Le Nazioni più grandi glielo avevano ripetuto fino alla nausea, e quasi due secoli prima aveva assistito lui stesso al tracollo emotivo di Francia dopo la morte di Giovanna d’Arco; l’espressione di dolore sul volto del rivale lo aveva perseguitato per molte notti, considerando che era in parte colpa sua.
Pensava che non gli sarebbe mai capitato, pensava che non si sarebbe mai affezionato ad un mortale.
Ma quanto si sbagliava.
Sua Maestà la Regina Elisabetta I, era immobile nel letto e respirava lentamente, gli occhi erano chiusi, ma lui sapeva che era sveglia.
Sapeva che sarebbe invecchiata, ne era perfettamente consapevole.
Ma vederla così debole, fragile, con i capelli bianchi e le rughe, dopo averla vista letteralmente crescere, lo stava uccidendo.
Lei era stata la miglior regnante che avesse mai avuto, sotto il suo regno aveva conosciuto prosperità e progresso, aveva vinto molte guerre ed aveva cominciato ad affermarsi in Europa e con le colonie d’oltreoceano.
Era cresciuto ed era diventato forte con lei, e prima di rendersene conto, se ne era innamorato.
-Inghilterra…-
Lui si riscosse, prendendo una mano della sua Regina.
-Sì Vostra Maestà?-
Lei sorrise, cercando di stringergli la mano a sua volta.
-Quando imparerai…che puoi chiamarmi per nome…quando siamo soli?-
Lui cercò di sorridere, baciandole dolcemente una mano.
Era stata chiamata la Regina Vergine perché non si era mai unita in matrimonio, benché i nobili di più alto rango conoscessero la vera storia.
C’era un solo uomo che lei aveva amato per tutta la sua vita, ed era seduto al suo capezzale, al suo fianco anche negli ultimi momenti.
Non avrebbe mai potuto sposare un essere umano quando il suo cuore apparteneva alla Nazione.
-Mi dispiace…sto morendo…-
Lui scosse la testa, cercando di trattenere le lacrime.
Doveva essere forte, doveva farlo per lei, non voleva che l’ultima cosa che vedesse fosse il suo volto stravolto dal pianto.
-Non è colpa tua…è…la vostra natura-
Lei sorrise di nuovo, un sorriso che riservava solo a lui, solo Arthur aveva avuto modo di conoscere la vera Elisabetta, colei che non si sarebbe mai potuta mostrare vulnerabile in pubblico; troppi erano gli sciacalli che la volevano morta per prendere il potere.
-Sono stata…una buona Regina…Inghilterra?-
Lui annuì con forza, stringendole la mano.
-Sì, sei stata la migliore-
-Avrei voluto…fare di più…-
-No…sei andata benissimo…dico sul serio…-
Lei sospirò, abbandonando meglio la testa sul cuscino.
-Non sei costretto…a stare qui con me…-
-Io voglio stare qui con te mia Regina-
Elisabetta lo guardò, gli occhi erano velati dalla vecchiaia, e Arthur poteva quasi vedere l’ombra della morte che vi incombeva.
-Tu non sei invecchiato di un giorno…sei così fin da quando ero bambina…-
Provò ad allungare una mano per accarezzarlo e lui la aiutò, portandola alla sua guancia.
-È la mia maledizione-
-Promettimi…che sarai grande Inghilterra…vedo un futuro per te…sei una grande Nazione, ma puoi fare ancora di più, io credo in te-
Lui annuì, baciandole di nuovo la mano.
Chi stava veramente confortando chi?
Era lui che teneva compagnia alla Regina nei suoi ultimi attimi di vita, o era lei che cercava di tirarlo su di morale, leggendo tutta la disperazione nei suoi occhi?
-Mi dispiace se a volte…ti ho ordinato di fare cose…poco piacevoli…-
Lui scosse la testa, cercando di trattenere il groppo alla gola.
-Ti amo Inghilterra…lo sai vero? Non ho mai nascosto…di amare la mia Nazione…ma non tutti…ne capivano a pieno il significato…-
Arthur non resse più e cominciò a piangere, in silenzio, con dignità, lacrime scendevano sulle sue guance, lentamente, senza singhiozzi o singulti.
-Anch’io mia Regina, anch’io la amo, più di quanto mi sia consentito-
Lei sorrise di nuovo.
-Sii forte Arthur…hai l’eternità davanti…-
Prese lentamente fiato, sentiva di stare morendo, ma aveva ancora un’ultima cosa da dire.
-Ho avuto il grande onore…di essere la tua Regina…e di ricevere l’amore di una Nazione…posso ritenermi soddisfatta…sì…posso…morire…in pace…-
Chiuse gli occhi e spirò.
Inghilterra non riuscì più a trattenersi, scoppiò in un pianto disperato, come non ne faceva da anni, talmente forte che il medico di corte entrò immediatamente, allarmato.
Ma ormai per Sua Maestà non c’era più nulla da fare.
Li guardò, poi decise di lasciarli soli e uscì, chiudendo lentamente la porta.
“Quando non sarai più parte di me ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle, allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte”
(Romeo e Giulietta-Shakespeare)

Ed eccomi tornata!
Questa storia l'ho scritta per la #6hcfanfictionchallenge ed è una Hurt/Comfort molto particolare, in quanto si tratta del tenere compagnia a qualcuno nei suoi ultimi minuti di vita, un tipo di conforto diverso dagli altri.
Al contrario della coppia Francia/Giovanna d'Arco, non abbiamo rappresentazioni nell'anime di come fosse il rapporto fra loro due, ma considerando il fatto che lei non si è mai sposata e sotto il suo regno Inghilterra ha attraversato un grande periodo di prosperità, mi piace pensare che fossero una coppia a tutti gli effetti.
Mi auguro che vi sia piaciuta, recensioni e critiche dette in modo civile sono sempre ben accette, alla prossima!

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Capitolo 5
*** Proiettile ***


Proiettile Scritta per la #HARDBLUSHchallenge

Proiettile

Combattere non gli era mai piaciuto.
Lui e suo fratello non erano guerrieri come il Nonno, loro erano artisti, poeti e cuochi, odiavano imbracciare le armi.
Se poi gli toccava farlo per una guerra in cui nemmeno credevano, era ovvio che non sarebbe andata affatto bene.
Ma un ordine era un ordine, indipendentemente che gli piacesse o meno, erano Nazioni, e dovevano obbedire ai loro capi.
Quando gli era stato ordinato di andare da Spagna ad aiutarlo con la Guerra Civile, lui aveva obbedito, seppur a malincuore, anche perché non capiva perché lui dovesse andare ma suo fratello no.
Ma ci sarebbe stato tempo per litigare con il capo una volta finito, in un modo o nell’altro.
Quando erano piccoli, il Nonno diceva che ogni ferita guadagnata in battaglia andava portata con onore.
Tutto Romano si sarebbe aspettato, tranne che la prima ferita guadagnata fosse nel culo.
Erano caduti in un’imboscata, proiettili avevano cominciato a volare da tutte le parti, prima ancora di rendersi conto di ciò che stava succedendo aveva sentito un dolore lancinante ed era caduto a terra.
-Lovino!-
Lo spagnolo si era gettato subito su di lui, prendendolo in spalla come quando era piccolo e trascinandolo al sicuro, lontano dagli altri.
-Madre de Dìos…tutto bene?-
-Tutto bene? Tutto bene?! Ho un cazzo di proiettile nel culo, ti sembra che vada tutto bene?!-
Antonio sembrò non capire, poi abbassò lo sguardo.
-Oh…-
-Se provi a ridere giuro che in qualche modo ti ammazzo-
Non era la prima volta che gli sparavano, sia durante il Risorgimento che durante la Grande Guerra si era preso una bella dose di piombo, ma ritrovarsi con un proiettile conficcato in una chiappa era a dir poco umiliante, a maggior ragione se era con Spagna.
-Non ti preoccupare, ci penso io-
-Tu cosa?!-
Provò ad alzarsi per allontanarsi, ma una fitta di dolore lo fece desistere.
Spagna conosceva bene Romano, era stato lui a crescerlo, sapeva come lo spagnolo avesse influenzato i dialetti del Mezzogiorno.
Ma delle bestemmie e imprecazioni che uscirono dalla bocca della sua ex-provincia non capì assolutamente una parola.
Il che molto probabilmente era un bene.
-Andiamo non fare il bambino, la ferita può richiudersi velocemente, ma devi lasciarmi fare-
L’italiano era più rosso dei suoi amati pomodori, non solo si era beccato un proiettile nel didietro, ma doveva essere Spagna ad occuparsene!
Poteva essere più umiliante di così?!
Ma Antonio si era stufato di aspettare, ed aveva cominciato a slacciargli la cintura.
-Cosa fai?!-
-Ciò che va fatto, mettiti a pancia in giù e non discutere, dobbiamo andarcene, era un’imboscata e se aspettiamo ne arriveranno altri-
-Mpfh-
Non aveva senso ribellarsi, Spagna era più forte di lui, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era perdere ulteriore tempo e farsi crivellare di colpi.
-‘fanculo-
Obbedì, mettendosi a pancia in giù.
Sospirando di sollievo l’altro gli abbassò i pantaloni.
-Sembra entrato a fondo…-
-Sbrigati a togliermelo allora!-
-Sì sì, non avere fretta, e stai fermo-
Lovino affondò la faccia nell’erba, continuando ad imprecare.
Spagna tirò fuori il kit del pronto soccorso e disinfettò le pinze come poté, afferrò saldamente la carne dei glutei dell’altro e cercò di allargare il foro già presente, in modo da afferrare il proiettile con le pinze.
-Nh…sei un maniaco…-
-Avremo tempo dopo per quello-
L’italiano avvampò ancora di più e cercò di dargli un calcio, facendolo ridere.
-Scherzavo scherzavo…stai fermo dai-
Tornò serio, afferrò saldamente il piombo con le pinze e lo estrasse, mentre l’altro continuava ad imprecare.
Potevano anche essere immortali, ma il dolore era lo stesso ogni volta.
-Ecco fatto, ora ti disinfetto, non dovrebbe metterci molto a richiudersi comunque-
Prese una garza e cominciò a pulirlo, rimuovendo il sangue rappreso e la polvere, sciacquandogli la natica.
-È una fortuna che per noi sia più facile guarire, altrimenti una ferita del genere ci metterebbe settimane per chiudersi come si deve-
-Tsk…-
Finì di pulirlo, poi ci mise un cerotto e gli tirò su i pantaloni.
-Ecco fatto, visto?-
Lo aiutò a tirarsi in piedi, mentre l’altro si massaggiava il punto ferito.
-Di tutti i posti dove poteva beccarmi…maledizione…-
-Poteva andare peggio sai? Io una volta contro Inghilterra ne ho beccato uno proprio all’inguine-
Romano imprecò, stringendo istintivamente le gambe.
-Forza, probabilmente altri dei nostri soldati hanno bisogno di aiuto, sbrighiamoci-
-Sì, arrivo…-
Per niente entusiasta, Romano si sistemò meglio i pantaloni, recuperò il fucile da terra e lo seguì, zoppicando leggermente.
Stupido Spagna.

Buonasera, eccomi di nuovo con una hurt/comfort, questa volta a tema SpaMano!
Ho scoperto che è canonico che durante la Guerra Civile Romano si sia beccato un proiettile nel didietro, quindi quando mi è stato dato questo prompt per la challenge, non potevo farlo che su loro due!
Spero questa raccolta vi piaccia, alla prossima!

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Capitolo 6
*** Dipendenza ***


Dipendenza Scritta per la #anonymoushcchallenge
Prompt: “A è un tossicodipendente e B deve rimanergli accanto durante un attacco di crisi d'astinenza. Si trovano entrambi in un luogo isolato.”

Dipendenza

Aveva costruito quei bunker per proteggersi dai bombardamenti, mai si sarebbe aspettato che ci avrebbe dovuto rinchiudere America dopo la guerra.
Erano sotto Londra, aveva deciso di portarlo lì per evitare che causasse danni, visto che era forte persino per i criteri di una nazione.
I loro capi erano stati chiari “Ci serve lucido, e tu sei l’unico a cui da veramente retta”.
Come se fosse vero, se gli avesse veramente dato retta, sarebbe stato ancora una sua colonia.
Il biondo era legato ad un freddo letto di metallo e smaniava.
Era una stanza ridotta all’essenziale, due letti, un po’ di cibo in scatola, acqua e un bagno, il minimo per sopravvivere un po’ di tempo.
-Inghilterra…ti prego…-
Il suo sguardo era supplicante, cercava invano di liberarsi, ma l’altro sapeva come legare qualcuno, perfino uno come lui.
-No-
-Ne ho bisogno!-
-No, non è vero-
Essere immortali non li salvava dallo shell-shock, o dalla tossicodipendenza.
E come succedeva per gli umani, anche per loro spesso e volentieri le due cose andavano a braccetto.
-Ti prego…farò qualsiasi cosa…dammi una dose…solo una…-
Alfred aveva cominciato ad abusare di morfina a guerra conclusa, per riuscire a dormire, dato che ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva i corpi straziati dei suoi soldati.
Giovani uomini, che apparentemente avevano la sua età, riversi a terra senza vita, spesso senza qualche arto o gli organi in fuori.
Scene che gli erano rimaste fin troppo in testa.
-Come fai…- cercò di slegarsi per l’ennesima volta, con scarsi risultati -come fate voi più vecchi…ti prego Arthur…farò qualsiasi cosa, ti prego…-
L’inglese si avvicinò, accarezzandogli dolcemente la fronte.
-Ti devi disintossicare Alfred, ed io starò qui con te per tutto il tempo necessario-
Si sedette accanto al letto, aprendo una bottiglia d’acqua.
Sarebbero state giornate molto lunghe.

Ed anche questa raccolta va avanti!
"Shell-shock" era il termine che si usava prima di coniare l'oggi conosciuto "Sindrome da Stress Post Traumatico", sinceramente penso che le Nazioni non siano del tutto esenti da certe emozioni, forse sono meno vulnerabili degli umani, ma non ce li vedo a passare tutto quello che passano senza avere qualche ripercussione mentale.
Spero vogliate continuare a seguirmi e abbiate voglia di recensire, mi piacerebbe avere le opinioni di qualcuno che non è nel gruppo, alla prossima!

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Capitolo 7
*** Siringa ***


Siringa Scritta per la #anonymoushcchallenge
Prompt: “A ha il terrore delle iniezioni, ma B è costretto a fargliele”

Siringa

Veneziano era bloccato sul letto, con pantaloni e boxer abbassati e il sedere al vento.
-Germania ti prego…-
Il tedesco sospirò, sistemando la siringa.
-Non fare il bambino, so che i medicinali umani non sempre funzionano, ma non posso non aiutarti con questa febbre-
-Ma non serve a niente! Noi funzioniamo in modo diverso!-
L’italiano piagnucolava, guardandolo con i suoi soliti occhi da cucciolo, ma questa volta Ludwig non si sarebbe lasciato fregare.
La febbre dell’amico era di una temperatura tale che un umano sarebbe morto da un pezzo, sentiva il dovere di fare qualcosa.
Feliciano era abituato a calarsi i pantaloni per l’altro, ma era per motivi decisamente più piacevoli di quello.
-Per favore…-
-Non costringermi a usare la forza, sai che ne sono in grado, aggrappati al letto e chiudi gli occhi-
Sospirando, l’italiano obbedì, affondando la testa nel cuscino.
Germania gli afferrò saldamente una natica, massaggiandogli il punto prescelto.
-Rilassati…hai subìto di peggio, ho perso il conto delle pallottole che ti ho dovuto togliere di dosso durante la guerra-
L’altro si limitò ad annuire.
-Bene…- avvicinò la siringa al muscolo, e velocemente, come chi ormai ha fin troppa esperienza alle spalle, iniettò il contenuto, strappandogli un urletto.
Sapeva che era tutta scena, non poteva avergli fatto così tanto male.
-Fatto-
Ricominciò a massaggiargli la natica dolcemente, facendolo mugolare.
Quella parte era decisamente più piacevole per entrambi.

Ed eccomi tornata con un'altra coppia da me adorata, i fantastici GerIta <3
Spero questa piccola raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 8
*** Perdono ***


Perdono Scritta per la #anonymoushcchallenge
Prompt: “Personaggio A è gravemente ammalato e personaggio B lo assiste, anche se i due, l'ultima volta che si erano visti, avevano aspramente litigato”

Perdono

Non era facile riprendersi da una guerra, Cina era molto vecchio, e lo sapeva bene.
Nonostante fossero stati di fazioni opposte durante la guerra appena conclusa, l’antica nazione asiatica non aveva esitato ad andare a trovare Giappone, una volta firmato il trattato di pace.
Stoico, Kiku cercava di non manifestare il dolore, come aveva sempre fatto, ma aveva male letteralmente dappertutto.
Ogni singolo muscolo, ogni nervo, ogni organo stavano urlando.
Non odiava America per ciò che gli aveva fatto, sapeva che si era limitato a eseguire gli ordini, come tutti loro, ma l’effetto delle radiazioni si stava facendo sentire anche sul suo corpo fisico, oltre che sul suo territorio.
-Nihon-
Il giapponese sbatté le palpebre, girandosi verso la fonte della voce.
-Cina-
Non nascose la sorpresa nel vederlo lì al suo fianco, l’ultima volta che si erano trovati faccia a faccia, Giappone stava invadendo i suoi territori e uccidendo la sua gente, non esattamente una situazione pacifica.
Yao si avvicinò a lui, accarezzandogli una guancia.
-So che senti dolore, ma non diventare dipendente dalle droghe umane- tirò fuori una borraccia che appoggiò sul comodino, poi si sedette accanto a lui -questa è una speciale mistura, una ricetta antica che ho inventato io stesso, fa effetto anche su di noi, ma al contrario delle droghe normali non crea dipendenza-
Giappone sbatté le palpebre, confuso.
-Perché lo fai? Io ti ho fatto del male, ho fatto del male al tuo popolo, ho fatto cose indicibili…-
-Tutti facciamo cose indicibili in guerra- aprì la borraccia e lo fece bere lentamente, era consapevole del fatto che la mistura avesse un sapore orribile, ma l’altro non si lamentò -ma viviamo troppo a lungo per odiarci a vicenda-
Giappone non rispose, limitandosi a distogliere lo sguardo.
Niente di tutto quello aveva senso, erano tutti sulla stessa barca alla fine, in preda ai capricci dei loro capi.

Buonasera a tutte, eccoci con una nuova storia!
Nella realtà i rapporti fra Cina e Giappone sono rimasti tesi e lo sono tutt'ora, ma mi piace pensare che almeno loro, da un punto di vista puramente umano, riescano ad andare oltre certe cose.
La maggiorparte di queste fic sono molto brevi perché nelle challenge è preferibile la brevità, così che i lettori possano leggere di tutti i partecipanti senza troppi problemi.
Grazie e alla prossima!

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Capitolo 9
*** Rivalità ***


Rivalità “A e B sono costretti a lottare tra di loro. Uno dei due rimane ferito e l'altro se ne prenderà cura dopo la lotta”

Rivalità

Glielo aveva detto ancora, e ancora, fino allo sfinimento al suo imperatore.
“Germania non vuole essere annesso, abbiamo già perso troppi uomini, lascia perdere”
Ma lui non aveva sentito storie “obbedisci e annetti anche lui, è un ordine”
Quindi era di nuovo lì, nei suoi territori, nel bel mezzo di una foresta selvaggia che sembrava cambiare ad ogni passo.
Era una pazzia, una vera e propria pazzia, per quanto a lui piacesse l’idea di avere Germania come provincia, sapeva che né l’amico né la sua gente si sarebbero sottomessi, aveva altri territori di cui occuparsi, cercare di annettere la Germania era solo una perdita di tempo e vite.
Soprattutto di vite.
Fu un attimo, un piccolo rumore, ma era già troppo tardi.
Prima che se ne rendessero conto, i germani erano già loro addosso, urlando e brandendo le armi.
-Per tutti gli Dei, io lo avevo detto! Lo avevo detto!-
Ma dato che era in ballo, tanto valeva gettarsi comunque nella mischia.
Urlando si unì ai suoi soldati, lasciando che come sempre il suo corpo pensasse al posto della mente, era nato per la guerra, era un combattente, e quello non sarebbe mai cambiato, indipendentemente da chi doveva affrontare.
Stava per scagliarsi contro un soldato nemico quando fu intercettato e cadde rovinosamente a terra, rotolando.
-Ti avevo avvertito-
Prima di riuscire a spiegarsi, Germania gli diede un pugno in faccia, lui riuscì a liberarsi dalla sua presa e a rialzarsi, ma l’altro fu altrettanto rapido.
-Ascolta…posso spiegare…-
Il biondo tirò fuori la spada e si gettò contro di lui.
Colto alla sprovvista, Roma fu costretto a mettersi sulla difensiva, cercando di proteggersi come poteva.
-Mi, hanno, costretto!- riuscì ad allontanarlo con un calcio, indietreggiando -senti, il mio imperatore non sente ragioni, io ho provato a spiegarglielo, ma lui insiste! “Rendilo una provincia” mi dice, “vedrai che ce la farai mi dice”, che ci venga lui qui a combattere maledizione!-
Si erano allontanati dal resto dei combattimenti, poteva sentire urla di dolore e gridi di guerra in lontananza.
-Credevo tu amassi combattere Roma-
-Io amo vincere, è diverso-
-Sarò chiaro, il mio di capo vuole che non facciamo prigionieri- gli puntò la spada contro -tu ovviamente saresti comunque un’eccezione, non potrei ucciderti nemmeno volendo, quindi vattene, finché non siamo visti da nessuno-
-Oh no, questo è un’opzione non contemplabile, sai che non sono il tipo da ritirarsi, visto che ormai sono qua, tanto vale divertirsi no? Meglio combattere e perdere che ritirarsi-
Il biondo scosse la testa, sospirando.
-Forse non è poi così male che il capo mi costringa a combattere contro di te-
Si gettarono nuovamente l’uno contro l’altro, metallo contro metallo, entrambi con secoli di esperienza alle spalle, nonostante le differenze fra loro e i loro popoli, ad ogni combattimento il loro rapporto diventava più saldo invece di sgretolarsi.
Il che era assurdo, se si pensava alle centinaia di morti da entrambe le parti.
Esattamente come il suo popolo però, Germania conosceva meglio il territorio, e per quanto gradisse la compagnia dell’altro, non intendeva diventare una sua provincia.
Fu rapido e cominciò ad incalzarlo, sempre più veloce, fino a farlo cadere nella sua trappola.
Una leggera discesa, il terreno umido, Roma calibrò male il peso per proteggersi, scivolò e rotolo rovinosamente, andando a sbattere contro una roccia.
-Ouch!-
Adesso erano lontani dai combattimenti, nessun suono arrivava dai loro uomini, Germania lo raggiunse e si avvicinò a lui, sedendosi a terra.
-Battuto-
-Hai barato!-
-No, non ho barato, e lo sai bene…fammi vedere forza-
Il romano si tolse la casacca, scoprendo il petto e le braccia coperte di lividi.
-Pensavo di esserci andato più leggero…-
Prese una mistura di erbe da un sacchetto e cominciò a masticarle.
-Cosa…-
-Tranquillo, non voglio avvelenarti-
Quando furono mischiate fino a farne una poltiglia, cominciò a spalmargliela sui lividi.
-Cos’è?-
-Segreto germanico, non ti potrei nemmeno aiutare, siamo nemici ricordi?-
Il castano scosse la testa, appoggiandosi alla roccia dove aveva sbattuto.
-A me piace combattere, ma i miei capi a volte mi fanno impazzire-
-Noi vogliamo solo essere lasciati in pace Roma, non abbiamo mire verso i tuoi territori-
-Lo so, lo so…- si stava godendo a pieno le attenzioni dell’altro, non si aspettava una simile premura da parte sua -ma sai come funziona, noi obbediamo e basta-
-Sì, lo so bene…- continuava a massaggiarlo lentamente, anche se ormai era quasi inutile, Roma stava guarendo molto velocemente, come era nella loro natura -spero solo…-
-Cosa?-
Il biondo sospirò, guardandolo.
-Spero solo che non mi ordinino mai di invaderti a mia volta-
-Se te lo ordineranno, io sarò lì, pronto ad accoglierti con la spada in mano-
-Ci conto-
-E voglio che sia un combattimento serio-
-Cosa intendi?-
-Non ho letteralmente un graffio Germania, solo lividi, mi sento offeso-
Il biondo sospirò, finendo di massaggiarlo con la mistura.
Solo uno come lui poteva offendersi per non essere stato ferito abbastanza.
Con un gemito, Roma si alzò in piedi, rimettendosi la casacca.
-Spero che i miei uomini si siano ritirati, sono stufo di vedere gli umani morire come mosche-
Anche Germania si alzò, risistemandosi.
-Non dobbiamo affezionarci, anche se è molto difficile-
-Già…-
Tornarono al campo di battaglia a parecchi minuti di distanza, nella speranza che i loro capi non li vedessero.
Potevi ordinare a due Nazioni di combattere fra di loro, ma non potevi impedirgli di essere amici.

Ed eccomi qua con questa nuova, piccola storia!
Questa non è stata scritta per un challenge particolare, c'era un post dove si potevano lasciare dei prompt, e chi voleva semplicemente se li predenva u.u
Spero che queste storielle vi piacciano, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Morfina ***


Morfina Scritta per la #firstaidkitchallenge
Prompts: Antidolorifico,  “Ludwig rimane ferito in battaglia e, per quanto soffra, cerca di far finta di nulla. Prussia se ne accorge e lo convince a prendere un antidolorifico”, “Sì sto bene! Sto bene testardo di un asino!”

Morfina

“Gloria e sofferenza fratellino, questa è la guerra”
In quel momento però a Germania, sembrava solo sofferenza.
Prussia non aveva fatto altro che decantargli la bellezza delle guerre dei suoi tempi, i combattimenti in campo aperto, l’adrenalina dello scontro, “combattere ti fa sentire vivo” gli diceva.
Ma lui in quel momento, non sentiva affatto la gloria, ma solo la disperazione dei suoi uomini, e il dolore ovviamente.
Tanto, dolore.
In fondo non puoi certo pretendere di prenderti un proiettile nel petto e non soffrire no?
Se fosse stato umano sarebbe morto, era solo per via della sua natura immortale che respirava ancora, anche se era certo di avere un polmone collassato.
Tossì violentemente, sputando sangue.
Si era bendato meglio che poteva, continuava a combattere, ad andare avanti “Per il Kaiser e la Nazione!” urlavano i suoi soldati.
Ma la Nazione se avesse potuto, ne avrebbe fatto più che volentieri a meno.
-Fratellino!-
I suoi pensieri furono interrotti da Prussia, che lo fece sussultare.
-Da qualche giorno non sei tu, va tutto bene?-
-Sì…sto bene…- si alzò lentamente, sospirando -quali sono gli ordini?-
-Continuare l’assedio, Verdun è importante e dobbiamo prenderla-
Il biondo alzò gli occhi al cielo, non aveva senso nascondere l’esasperazione.
-Vedrai che fra poco sarà finita, Francia non può proteggerla per sempre, ce la prenderemo e ci addentreremo ancora di più nei suoi territori, ce la faremo vedrai-
-Se lo dici tu…conosci Francia meglio di…- l’aria gli mancò tutto insieme e cominciò a tossire violentemente, piegandosi in due.
Il petto gli bruciava, ad ogni respiro che provava a prendere lo coglieva un dolore lancinante, ed in breve ricominciò a tossire sangue, a poco serviva mettersi la mano davanti alla bocca, gli sembrava che avrebbe sputato fuori un polmone intero.
-Oh, certo, benissimo-
Ludwig si accasciò a terra, ansimando.
-Dovrebbe passare fra poco no? Funzioniamo meglio degli umani noi no?-
-Certo, ma sai com’è, si dovrebbe RIPOSARE per guarire, non continuare ad imbracciare il fucile e gettarsi contro le mitragliatrici francesi!-
-Sto bene-
Prussia lo guardò incredulo.
Era sempre stato molto paziente col suo fratellino, ma in quel momento non credeva alle sue orecchie.
-“Sto bene”?!-
-Sì, sto bene! Sto bene testardo di un asino!-
Ma non appena ebbe finito di dirlo ricominciò a tossire ed una macchia di sangue gli si allargò sulla divisa, segno che aveva passato anche le bende.
-Mi sa che fra noi due sei tu l’asino…la prossima volta che attacchiamo tu ti riposi, e ti prendi anche un po’ di morfina per il dolore-
-No-
-Oh, sì invece-
-No-
-Sono tuo fratello maggiore, e farai quello che ti dico-
-No-
Questa volta fu il maggiore ad alzare gli occhi al cielo, e si sedette di fronte a lui a terra.
-Sai Ludwig, io capisco l’altruismo, sul serio, pensi che con noi i medicinali siano sprecati, perché guariamo più velocemente, hai paura che la dose di morfina potrebbe servire ad uno dei soldati domani-
Il biondo distolse lo sguardo.
-Sei stato tu ad insegnarmelo, il nostro popolo muore per noi, e noi dobbiamo preoccuparci per il nostro popolo-
-Ma non quando si tossisce sangue! Maledizione fratellino ragiona!-
Ludwig sospirò, appoggiandosi al muro della trincea.
Ogni respiro gli faceva male, il sangue aveva smesso di sgorgare, ma ogni movimento che faceva gli faceva vedere le stelle.
-Forza, andiamo nel tunnel sotterraneo-
Lo aiutò ad alzarsi e lo portò nel tunnel sotto alla trincea, era stato scavato per spostarsi più rapidamente e per dare modo ai soldati di rifugiarsi al sicuro in caso bisogno.
-Sdraiati-
Germania obbedì, mentre il fratello lo spogliava e gli cambiava le bende.
-Il proiettile ti ha preso dritto su un polmone, sei vivo solo perché sei tu-
-Lo so-
-Me lo avresti dovuto dire-
-Non volevo che ti preoccupassi…-
L’albino sospirò, prendendo la fiala di morfina.
-Ti faccio una dose, al prossimo attacco te ne stai buono e fermo e aspetti di rimarginarti, ti sei già tolto il proiettile?-
-Sì, me lo sono tolto da solo-
-Bene-
Gli prese bene una vena e gli iniettò il contenuto, l’altro non si lamentò, stoico come al solito.
-Se stai buono fra poco sarai già guarito, non farai in tempo a sviluppare una dipendenza, non ti preoccupare-
-Mh…-
-Ce la faremo fratellino, non ti preoccupare- gli diede una pacca su una coscia -a breve questo assedio sarà finito e passeremo oltre, una guerra in trincea non può durare troppo a lungo vedrai, riposati, al resto ci penso io-
Ludwig annuì, chiudendo gli occhi, mentre la droga cominciava a fare effetto.
La battaglia di Verdun invece, era solo all’inizio.

Eccomi giunta con una nuova storia, questa ambientata durante i primi giorni di una delle battaglie più simboliche della Prima Guerra Mondiale, la battaglia di Verdun!
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Hockey ***


Hockey Scritta per la #firstaidkitchallenge
Prompts: Pomata per contusioni, “A cerca di nascondere un livido vistoso, ma B se ne accorge e vuole aiutarlo”

Hockey

Canada amava l’hockey.
A volte, quando aveva un po’ di tempo libero, gli piaceva infiltrarsi alle partite amatoriali, fingendo di essere un umano per poter giocare senza problemi e senza scocciature.
Era meraviglioso essere semplicemente Matthew almeno per qualche ora.
Ovviamente tale divertimento non era esente da rischi, l’hockey era per definizione uno sport violento e di contatto, era inevitabile che ne uscisse un po’ malconcio, ma niente che non fosse facilmente recuperabile.
Sospirò, dirigendosi verso casa, era esausto e aveva bisogno di una doccia.
-Canada!-
Gli arrivò una pacca sulla schiena che gli mozzò il fiato.
America, ovviamente, lo aveva colpito dove era stato colpito prima dal dischetto, e gli faceva ancora male.
-Alfred…ciao…-
Il fratello gli avvolse un braccio attorno alle spalle.
-Potevi dirmelo che giocavi! Sarei venuto a vederti!-
Non aveva il cuore di dirgli che avere suo fratello sbraitante e urlante mentre giocava non era esattamente nei suoi piani.
-Non ci ho pensato…-
-Ma adesso l’eroe è qui!- gli fece vedere un sacchetto del McDonald -con la cena! Che ne dici?-
Matthew sorrise, un po’ di cibo spazzatura dopo una bella partita in effetti ci voleva.
-Certo, va bene-
L’altro sorrise ancora di più, trascinandolo verso casa.
Secoli, e ancora Canada non si era abituato a quanto suo fratello maggiore fosse caotico.
-Ti dispiace se mi faccio la doccia prima? Tu puoi mangiare se vuoi-
-Vai tranquillo, ti aspetto, tanto è comunque fredda, quindi ti aspetto e poi la scaldiamo-
Lui annuì, chiudendosi in bagno, sospirando.
Si tolse la maglietta e si guardò allo specchio, il livido sulla schiena era di dimensioni non indifferenti, seppur già sulla buona via della guarigione, sembrava già vecchio di un giorno.
-Ehy Matt dove tieni…-
Irruppe senza bussare e poi si bloccò a guardarlo.
-E quello?-
-Non è niente, fra poco sarò già sparito-
-Non devi trascurare le ferite solo perché siamo noi sai?- si avvicinò, e senza attendere permesso alcuno cominciò ad accarezzargli il livido per valutarne l’entità -non è grave, ma va comunque trattato un minimo-
-Ma no dai…non ti preoc…-
Ma come sempre l’altro non lo stava ascoltando e stava già cercando qualcosa nei suoi cassetti, mettendoli in disordine.
-Ecco qua!-
Tirò fuori trionfante una pomata che il canadese non ricordava nemmeno di avere.
-Adesso ci facciamo la doccia e poi te la metto?-
-Cosa?! Ci?!-
-Anzi un bel bagno!-
Come al solito, suo fratello era partito in quarta senza cintura di sicurezza.
Stava già preparando l’acqua calda e il sapone, ignorandolo completamente.
Matt sospirò, continuando a spogliarsi.
Era inutile ragionare con lui.
-Ecco qua!-
Alfred si spogliò e si gettò nella vasca, invitandolo ad unirsi.
Canada entrò nella vasca, godendosi il tepore dell’acqua calda.
-Ecco, fermo così-
Delicatamente, America cominciò a pulirgli la schiena con la spugna, poi lo asciugò solo nel punto dove c’era il livido, e cominciò a spalmargli lentamente la pomata.
-So che non è grave, ma conviene sempre andarci cauti no?-
-Sì…Francia e Inghilterra ce lo dicevano sempre-
-Esatto, dobbiamo ascoltarli i vecchi ogni tanto-
Ridendo, gli massaggiava delicatamente il livido, facendo sì che la pelle assorbisse completamente la pomata.
Matthew adorava i momenti come quello, ma non si sarebbe mai sognato di dirlo ad alta voce al fratello.
-Ecco fatto! Vedrai che fra qualche ora sarai come nuovo!-
-Grazie…-
Il canadese sorrise, deciso a godersi il meritato riposo.

Nuovo mese, nuova storia!
Questa volta dedicata ai fantastici fratelli d'oltreoceano, spero vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 12
*** 1 frase o 2 Inghilterra ***


1fraseo2 Inghilterra La "1 frase o 2 challenge" è una challenge fatta sul gruppo che consiste in esattamente questo, tu dicevi un personaggio o una coppia che volevi trattare, qualcuno ti dava una parola o una situazione come prompt e tu dovevi scriverci fanfiction h/c di una o due frasi, come da titolo.
Io l'ho fatta in totale di quattro personaggi, il primo è stato Inghilterra, data la brevità delle storie le ho pubblicate tutte insieme, buona lettura!

Guerra
Inghilterra osservava la sua città, le luci spente, l’allarme antiaereo che risuonava per le strade, il suo popolo che si dirigeva nelle gallerie della metropolitana.
Canada era in piedi accanto a lui, le loro braccia appena si sfioravano, ma era abbastanza.

Comprensione
-So come ti senti, ma non abbiamo tempo per questo-
Inghilterra afferrò America per un braccio, trascinandolo via, cercando di non guardare il corpo martoriato di quel giovane soldato.

Giallo
La prima cosa che vide furono i suoi capelli biondi, poi sentì le mani delicate sulla ferita, riuscì a mala pena a guardarlo prima di svenire di nuovo.

Pioggia
Inghilterra starnutì per l’ennesima volta, bagnato fino al midollo; senza dire nulla, America gli mise un’altra coperta sopra, continuando poi il suo turno di vedetta.

Coperta di Linus
Raramente aveva visto il piccolo Inghilterra piangere, e non si sarebbe mai aspettato che fosse per un tale motivo.
Sospirando, il francese andò a recuperare il suo arco, forse era stato veramente crudele da parte sua nasconderglielo.

Afasia
Canada fissava il vuoto, incapace di parlare, mentre l’inglese cercava di chiudergli alla bell’è meglio la ferita sul fianco.
Non avrebbe voluto che la prima esperienza in guerra della sua colonia fosse così.

Martello
-Hai capito adesso perché non devi usare il martello da solo?-
Il piccolo America annuì, mentre Inghilterra lo medicava pazientemente.

Impronta
Il ferro rovente della pistola gli aveva lasciato un’impronta sulla mano, ma il canadese, per fortuna, sapeva come rimediare.

Sapone
Non avrebbe mai creduto che Francia fosse capace di non fare il porco, eppure era lì, nella vasca, con lui che gli puliva le ferite, senza alcuna traccia di malizia.
Nausea
Quando gli sembrava di aver finito, ricominciava a vomitare, che cosa poi stesse vomitando esattamente, non ne aveva idea.
Spagna si limitava a scuotere la testa e a sostenerlo, chiedendosi cosa gli avesse fatto così tanto male.

Desiderio
Non era morto, loro non potevano morire, per quanto lo desiderassero.
Scozia sospirò, e se lo caricò in spalla, portandolo a casa.

Scottatura
Era stupito dal modo in cui si stava occupando della sua ennesima scottatura, parlandogli gentilmente e rassicurandolo.
-Imparerai anche tu a cucinare vedrai- disse sorridendo Veneziano.

Hamburger
Farsi fare la manovra di Heimlich da qualcuno con la delicatezza di un carrarmato non era esattamente l’ideale, specialmente se quel qualcuno era America, la sua ex-colonia più ingrata e confusionaria di tutte.
Ma almeno quel maledetto pezzo di carne che gli era andato di traverso non lo stava più soffocando.   

Legato
Sua Maestà Elisabetta I lo rimproverava, mentre gli massaggiava i segni delle corde con un unguento, forse era valsa la pena finire nella stupida trappola di Spagna, se ad aspettarlo c’erano le carezze della sua Regina.

Asse
Non poteva lasciare Giappone ridotto in quel modo, anche se era un nemico.
Gli pulì la ferita in modo che si rimarginasse meglio e poi se ne andò, prima che l’altro potesse risvegliarsi.

Ludwig
-Perché diavolo mi aiuti?! Siamo nemici te ne sei dimenticato?!-
Ma Germania non lo ascoltò, continuando a medicargli la ferita.

Delirio
Non aveva mai sentito Arthur invocare sua madre Britannia, eppure era lì, ad agitarsi sul letto, in preda ai deliri della febbre.
Francia sospirò, mettendogli un panno fresco sulla fronte.

Piaga
Scozia prese un panno bagnato e cominciò a pulirlo dolcemente, cercando di non strofinare troppo forte.
-Dovrai alzarti da questo letto prima o poi- ma l’altro, come sempre, non rispose.

Nessuno
Dopo la morte di sua madre Britannia, era stato solo per molto tempo, nessuno si era preso cura di lui.
Poi era arrivato lui, il vicino al di là della manica, Francia; gli era profondamente grato, ma era semplicemente troppo orgoglioso per dirglielo.

Bagnato
Stava come affogando nel suo stesso sudore, sapeva che stare al caldo lo avrebbe aiutato a smaltire la febbre, ma era letteralmente fradicio.
America gli cambiò il panno sulla fronte, guardandolo preoccupato.

Cadavere
Freddo, immobile sembrava come morto, il suo petto non si muoveva, ed era molto pallido.
Il canadese si avvicinò e gli prese il polso, era vivo, anche se non lo sembrava.

Ritirata
Sarebbe stata una magnifica ritirata strategica se un proiettile non lo avesse colpito al polpaccio, facendolo cadere rovinosamente a terra.
In tempo record, America lo aveva già sollevato di peso e trascinato via, lontano dai soldati nemici.

Nazione
-Perché noi Nazioni dobbiamo soffrire così?- chiese il canadese, fissandolo con gli occhi lacrimanti.
Inghilterra non rispose, limitandosi ad abbracciarlo.

Separazione
Si erano tutti scagliati contro di lui, avevano fatto di tutto per far sì che America vincesse la guerra, e ce l’avevano fatta, Alfred non era più una sua colonia.
Senza dire nulla, Portogallo gli porse un bicchiere di rum, lui non lo aveva aiutato, ma non si era nemmeno schierato con America, il che era già qualcosa.

Spero abbiate gradito queste piccole situazioni, alla prossima!

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Capitolo 13
*** 1 frase o 2 America ***


1 frase o 2 America Continuiamo con la "1 frase o 2 challenge", e chi se non America per oggi?
Buona lettura!

Pioggia
Fissava malinconico i resti di una Berlino che erano stati costretti a bombardare, mentre la pioggia cadeva su di lui.
Francia lo coprì col proprio ombrello, rimanendogli accanto.

Cicale
-La prendo…la prendo!- urlò il piccolo America, arrampicandosi sull’albero.
Stava quasi per raggiungere la cicala ma mise un piede in fallo e cadde nel vuoto, per fortuna Inghilterra era lì e lo prese al volo.

Emicrania
Ingoiò la pasticca che gli porgeva Canada senza fare storie, sperando che nel frattempo non gli scoppiasse la testa.

Sangue
Ne era completamente ricoperto, sul viso, sulle mani, non capiva nemmeno da dove stesse uscendo, vedeva sangue ovunque.
-America-san? Alfred?- il biondo si riscosse, guardando il giapponese che lo scrutava preoccupato.

Urlare
-Inghilterra no…perdonami…ti prego…INGHILTERRA!- urlò, svegliandosi di soprassalto, sudato e ansimante.
-Sono qui idiota- ancora assonato, Arthur lo abbracciò, facendogli appoggiare la testa sul suo cuore.

Incubi
Ancora tremando, l’americano si accoccolò meglio contro di lui, affondando meglio il viso sul suo petto.
-Sono ancora nei tuoi incubi, lo devo prendere come un complimento?- ridacchiò l’inglese, cercando di sdrammatizzare.

Condivisione
Francia lo aveva aiutato a diventare indipendente, ma non era pronto per il dolore che l’americano avrebbe provato una volta firmata la Dichiarazione.
-Si dice che il dolore condiviso venga dimezzato, no?- e prima di ottenere risposta dalla giovane nazione, lo abbracciò, sperando di dargli un po’ di conforto.

Morte
Il piccolo America piangeva fra le sue braccia, chiamando il suo amico “Davie…Davie…”, lo ripeteva senza sosta.
Inghilterra lo stringeva a sé, accarezzandogli i capelli; non era mai un bene affezionarsi ad un umano, e la giovane Nazione lo aveva scoperto nel modo peggiore possibile.

Differenza
-Questo non lo raccontiamo ad Inghilterra ok?-
America si chinò a terra per colmare la differenza di altezza col piccolo Sealand, pulendogli la ferita al braccio.

Bambino
Scozia non si sarebbe mai aspettato che sarebbe finito a fare da badante al piccolo America, men che meno poteva immaginarsi che gli sarebbe toccato tamponargli un livido con una mistura di erbe.
Quel bambino aveva un’esasperante tendenza a cacciarsi nei guai, e lui non voleva sorbirsi una parte a culo da Inghilterra.

Giardino
-Ti avevo già detto che non importa, molte cose posso farle da solo-
Disse al lituano mentre gli disinfettava il taglio sulla gamba.

Cane
Germania gli stava fasciando la mano, continuando a scusarsi, non che l’americano potesse del tutto biasimare i suoi cani per averlo morso.

Fiducia
Una Nazione deve sempre guardarsi le spalle, non sai mai quale dei tuoi amici potrebbe essere costretto a combattere contro di te dal proprio capo, sono ben pochi quelli di cui ti puoi fidare completamente, era stato Inghilterra stesso ad insegnarglielo.
Per questo Arthur era l’unico che si fidava ad avere intorno con un coltello in mano, specialmente se era per togliergli un proiettile conficcato in una gamba.

Donna
Vietnam era rimasta ferita al petto e stava imprecando nella lingua madre.
Cercando di essere più galante possibile e di toccarla solo il minimo necessario, America le disinfettò la ferita e poi si allontanarono dai proiettili sovietici.

Catastrofe
Alfred si recò a Hiroshima non appena la resa fu firmata, cercando di non guardare come fosse ridotta la città, come LUI avesse ridotto la città.
-Mi dispiace Giappone…mi dispiace…- non appena lo vide lo abbracciò, ignorando le sue proteste, sperando di dargli un minimo di conforto, per quanto possibile.

Maledizione
-La prossima volta che hai intenzione di usarmi come cavia per un incantesimo, quanto meno avvisami!-
Urlò l’americano, mentre Inghilterra cercava un modo di toglierli le scaglie di drago dal braccio.

Solitudine
“-Quando ti senti solo chiamami, varcherò il confine e verrò a tenerti compagnia-“
Queste erano le parole che gli aveva rivolto suo fratello anni addietro, e non era mai venuto meno alla sua promessa.

Certezza
America bestemmiò, quando l’ennesimo proiettile della settimana lo colpì alla gamba.
Ma come sempre, seppur sospirando platealmente, Francia andò in suo soccorso.

Caccia
America stava bestemmiando nei dialetti del Sud, quelli che gli uscivano sempre quando era particolarmente arrabbiato.
-Ti avevo detto di guardare anche dove metti i piedi oltre che nel mirino del fucile- sospirò l’inglese, mentre gli spalmava la crema lenitiva, dato che Alfred si era letteralmente tuffato in un cespuglio di ortiche nel tentativo di sparare ad un cervo.

Sonno
Il piccolo Alfred dondolava la testa e aveva gli occhi chiusi, completamente esausto.
Si addormentò di botto e cadde dal divano sbattendo la testa, per fortuna Arthur arrivò immediatamente, ancora prima che potesse cominciare a piangere.

Delusione
La guerra non era per niente come gliel’avevano descritta da piccolo; non c’era nessuna gloria, solo sangue, sporcizia e morte.
Inghilterra gli si sedette accanto e gli porse una barretta di cioccolato, rimanendo in silenzio, osservando con lui la devastazione del villaggio.

Coraggio
C’era una sottile linea fra coraggio e incoscienza, e le Nazioni ci mettevano veramente poco a varcarla.
Scuotendo la testa, Canada stava curando le ferite del fratello, che si era gettato a conquistare una mitragliatrice nemica letteralmente da solo.

Insicurezze
-Non mi vedono…mai…-
Alfred abbracciò calorosamente il fratello, sussurrandogli dolci parole all’orecchio.

Taboo
-Siamo fratelli! Te lo avevo detto che certe cose non dobbiamo farle!-
America non rispose, spalmandogli la crema dove lo aveva morso in preda alla foga.

Spero che anche queste piccole frasi vi siano piaciute, alla prossima!

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Capitolo 14
*** 1 frase o 2 Italia ***


1 frase o 2 Italia Questa volta il protagonista della 1 frase o 2 challenge è Italia, buona lettura!

Aria
Preso da un attacco di panico, uscì dalla trincea per prendere un po’ d’aria, ma come unico risultato ottenne quello di vomitare violentemente.
Germania si avvicinò e lo sostenne per le spalle, evidentemente non era pronto per la verità.

Febbre
Romano gli cambiò il panno sulla fronte, spostandogli una ciocca di capelli, non aveva mai visto suo fratello ridotto così.

Salvezza
In condizioni estreme, perfino loro potevano avere bisogno di trasfusioni, quando perdevano troppo sangue in battaglia.
Spagna non aveva esitato un secondo a dargli il suo sangue, salvandolo probabilmente dal coma.

Ferita
-Stai fermo razza di idiota di un fratellino-
Veneziano abbassò lo sguardo, mentre il fratello cercava di ricucirlo meglio che poteva.

Coraggio
Lo aveva fatto, si era mosso in tempo e si era beccato in pieno un proiettile, per proteggere Germania, il suo amico e alleato.
Il biondo lo prese immediatamente in collo e si allontanò da lì, mentre ancora i proiettili saettavano loro intorno.

Pentimento
-Io non volevo…non sapevo che fine facessero…te lo giuro…non volevo…-
Francia lo abbracciò, stringendolo a sé, mentre affondava il viso sul suo petto.

Occhi
Gli occhi gli bruciavano terribilmente, non aveva idea di cosa ci fosse finito, ma stava piangendo a dirotto e urlando.
Germania gli spalmò una pomata sulle palpebre, parlandogli in tono rassicurante, cercando di calmarlo.

Luce
Quando finalmente riuscì a riaprirli, fu come accecato dal sole che lo colpì tutto insieme, procurandogli quasi dolore fisico.
-è ancora troppo presto, dagli tempo- disse Germania, accarezzandogli i capelli.

Terreno
Ancora non ci vedeva bene e cadde rovinosamente a terra, sporcandosi tutto.
Il biondo lo aiutò a rialzarsi, togliendogli lo sporco di dosso.

Albeggiare
Era stato sveglio tutta la notte in preda al dolore, quando vide la luce dell’alba sospirò, girandosi verso il fratello.
Romano si era addormentato accanto a lui, ancora vestito, almeno ci aveva provato a stare sveglio per tenergli compagnia.

Piaghe
Non pensava che la fine della guerra lo avrebbe ridotto così, non si era più alzato da letto da quando era stata firmata la resa.
Sospirando, Francia prese un panno e cominciò a pulirlo, mentre l’altro fissava il soffitto, apatico.

Parente
Impero Romano scosse la testa, prendendo in collo il suo piccolo Italia, che sembrava non voler smettere di piangere.

Cetriolo
-Niente più giochi erotici col cibo-
Veneziano annuì freneticamente, mentre il tedesco cercava di sfilargli l’ortaggio dall’orifizio anale.

Pillola
C’era un solo modo per far sì che quell’incosciente di Italia prendesse le sue medicine.
Germania si mise la pillola in bocca e lo baciò con passione, facendogliela ingoiare ancora prima che se ne rendesse conto.

Carino
-Cosa abbiamo imparato oggi?- disse Germania, medicandogli la mano.
-Veee…che anche se un gatto è carino non gli devo rompere le scatole…-

Sacro Romano Impero
Sacro Romano Impero non aveva nemmeno il coraggio di guardare la sua amata Italia che lo medicava, ma non si stava affatto pentendo di essere inciampato apposta.

Duello
-Aveva offeso quella signorina, non potevo stare fermo a guardare!-
Il Sud alzò gli occhi al cielo, continuando a medicargli la ferita.

Pioggia
Sangue e acqua lo stavano bagnando, ma lui non ci faceva caso, troppo scioccato dallo spettacolo che aveva davanti.
-Non abbiamo ancora finito fratellino- Romano lo afferrò per il braccio sano e lo trascinò via, deciso ad allontanarlo da quella visione.

Convinzione
-Il detto “se vuoi puoi” è una gran stronzata, lo hai capito adesso?-
Veneziano annuì, mentre il fratello gli risistemava l’osso lussato.

Giocattoli
-Solo tu potevi inciampare nei giochi dei cani…-
Sospirò il tedesco, spalmandogli la pomata sul livido

Mare
Veneziano piagnucolava, non si ricordava che la puntura della tracina facesse così male.
Prussia lo aiutò a sotterrare il piede nella sabbia calda, cercando di dargli un po’ di sollievo.

Abbraccio
Romano lo strinse a sé, accarezzandogli dolcemente i capelli.
-Era solo un incubo, non ti preoccupare-

Ragione
-Veee…visto che avevo ragione? Erano vespe, non api!-
Germania scosse la testa, continuando a spalmargli la pomata sulle punture.

Lontananza
Sacro Romano Impero gli aveva promesso che sarebbe tornato, ma ancora di lui non c’era traccia.
Ungheria lo prese in collo, cercando di consolarlo, ma il piccolo Italia continuava a guardare fuori dalla finestra.

Casa
La guerra era finalmente finita, per la prima volta in abiti civili dopo anni, si gettò sul suo letto, sconsolato.
Romano si sdraiò accanto a lui e lo abbracciò, in silenzio.
Superiore
Nell’esercito i gradi erano importanti, e loro Nazioni, per via della secolare esperienza, avevano sempre il massimo grado in ogni guerra.
Ma ciò non aveva mai impedito a Veneziano di aiutare i suoi soldati, indipendentemente da quanta differenza di grado ci fosse.

Porta
Il fratello gli sbatté la porta letteralmente in faccia, prendendolo sul naso e facendolo gemere di dolore.
Sentendolo, Romano riaprì, e scuotendo la testa, andò a prendere il kit di primo soccorso.

Terra
La granata era scoppiata a pochi metri da lui, sbalzandolo all’indietro e ricoprendolo di terra.
-Dobbiamo ritirarci, Russia non si fermerà- Germania se lo caricò in spalla, portandolo lontano dal campo di battaglia.

Fratello
Difficilmente Romano era tenero, ma quando aveva visto suo fratello ridotto in quelle condizioni, non aveva potuto farne a meno.
Veneziano aveva la testa appoggiata sul suo petto, si era finalmente addormentato dopo ore passate a piangere.

Mancanza
Pensava che nulla potesse colmare il vuoto lasciato da Sacro Romano Impero, che nonostante le sue promesse, non era mai tornato.
Poi aveva conosciuto Germania, e tutto aveva ricominciato a splendere.

Punizione
Austria lo aveva picchiato di nuovo, e lui si era rannicchiato in un angolo a piangere.
Troppo timido per avvicinarsi, Sacro Romano Impero gli lasciò vicino un fiore, per poi scappare prima che Italia lo notasse.

Fiume
Bruciava come l’inferno.
Prima ancora che lui potesse pensare, Francia gli afferrò la mano e gliela immerse nel corso d’acqua, dandogli sollievo.

Coperta
Stava tremando di freddo, com’era possibile che in Africa la temperatura fosse bollente di giorno e gelida di notte?!
Germania se ne accorse e gli mise sopra la sua coperta, lui era più abituato, poteva stare anche senza.

Sangue
Il proiettile gli aveva preso un’arteria, e una pozza di sangue si stava formando attorno a lui.
Spagna si gettò su di lui a premergli la ferita con un panno, nella speranza che l’immortalità facesse il resto.

Spero che queste piccole storielle vi siano piaciute, alla prossima!

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Capitolo 15
*** 1 frase o 2 Prussia ***


1 frase o 2 Prussia E last but not least, l'ultimo della rubrica 1 frase o 2 challenge, Prussia!

Lotta
Si lasciò cadere a terra, esausto e pieno di lividi.
Con aria vittoriosa, Ungheria gli porse un boccale di birra, come al solito, aveva vinto lei.

Fiamma
Si era allontanato giusto in tempo, limitandosi ad una lieve scottatura alla mano.
-Ti ho detto di lasciar cucinare me idiota- lo apostrofò Romano, prendendo la crema per le ustioni.

Febbre
Prima caldo, poi freddo, si agitava sotto le coperte, sofferente e ansimante.
Austria gli cambiò il panno sulla fronte, preoccupato.

Eco
Urlava disperato, nella speranza che qualcuno lo trovasse, ma tutto ciò che sentiva erano le sue stesse parole che gli tornavano indietro.
Dopo un tempo che parve interminabile, quando pensava che avrebbe trascorso il resto dell’eternità la sotto, Spagna lo trovò e gli calò una corda.

Sole
-Sei un cretino, uno stupido, ti ho già detto che sei un idiota?!-
Gilbert alzò gli occhi al cielo, mentre Romano gli spalmava addosso la crema, anche se pensava che fosse troppo tardi vista la scottatura vistosa.

Letto
-Ouch! Mi hai morso!-
Ridacchiando, Ungheria lo spinse contro il materasso leccandogli la ferita, non aveva ancora finito con lui.

Fratello
-Non ti abbandonerò mai, ok? Il tuo fratellone sarà sempre qui per te-
Gli accarezzò una guancia, fissandolo negli occhi.

Paura
Il piccolo Germania piangeva, dopo l’ennesimo incubo.
-Eccomi, sono qui, non ti preoccupare- Gilbert lo prese in collo, dandogli un bacio sui capelli e stringendolo a sé.

Spugnature
-Posso fare da solo!-
-No, non puoi- Ludwig lo teneva fermo contro il materasso, continuando a pulirlo.

Donna
Per l’ennesima volta, Ungheria era stata picchiata da Turchia.
E per l’ennesima volta, Prussia si stava prendendo cura di lei.

Fioretto
-Per dirla volgarmente, ti ho fatto il culo-
Il prussiano imprecò nella lingua madre, mentre Inghilterra gli bendava la ferita.

Occhiali
-Sei veramente inciampato in un tappeto perché non avevi gli occhiali?-
Prussia ridacchiò, tamponando la ferita sulla fronte dell’austriaco.

Sangue
Ogni volta che Russia lo torturava, sperava che fosse finalmente giunta la sua ora, ma tutto ciò che poteva fare era guardare il sangue sgorgare dalle sue ferite.
Ucraina gli si avvicinò e cominciò prendersi cura di lui, come faceva sempre, di nascosto dal fratello.

Strage
Il fatto che fossero abituati a uccidere non lo rendeva certo più facile.
Francia lo trascinò via dal campo di battaglia, per evitare che si soffermasse troppo a guardare gli umani uccisi.

Impero
-Abbiamo perso…ci hanno smantellato, l’impero tedesco non esiste più…mi dispiace fratellino-
Il biondo scosse la testa, ma Prussia lo abbracciò comunque, incurante delle sue proteste.

Cavallo
-Che diavolo hai da ridere?! Aiutami!-
Senza togliersi il ghigno dalla faccia, Spagna gli prese un braccio e lo aiutò al rialzarsi dalla caduta rovinosa che aveva appena fatto.

Freddo
Sentì Romano starnutire per l’ennesima volta, in fondo era normale che il Sud Italia non fosse abituato alle gelide temperature di Russia.
Prese una coperta e ce lo avvolse, incurante della sua occhiataccia.

Trincea
Si trovarono faccia a faccia, increduli, Gilbert non credeva di essersi infilato nella trincea sbagliata in preda al dolore, probabilmente complice era il fatto che non vedeva un accidente per via del sangue negli occhi.
Francia sbatté le palpebre, ma prima che gli altri soldati lo notassero lo trascinò in un angolo e lo aiutò a ripulirsi, erano comunque amici dopo tutto.

Polmonite
Il petto gli bruciava, tossiva continuamente cercando di avere un minimo di sollievo, invano.
Germania gli spalmava la crema sul petto, non sapendo che altro fare.

Morfina
-Adesso ne hai bisogno tu, non fare i capricci-
L’albino sospirò visibilmente mentre il fratello gli iniettava la morfina.

Ferita da proiettile
Non era certo la prima pallottola che si beccava, ma era sorpreso di come ogni volta bruciasse come se fosse la prima.
Germania si chinò su di lui, cominciando a togliergliela.

Bugia
-Mi avevi detto di stare bene, che cazzo ti è preso idiota?!-
Prima che potesse ribattere Romano lo aveva letteralmente buttato sul letto, intimandogli di stare fermo mentre andava a prendere le medicine.

Pentimento
-Tentare di ammazzarti non riporterà indietro tutti coloro che abbiamo ucciso-
Disse il prussiano mentre lavava il sangue dal fratello, in attesa che si risvegliasse.

Ingessato
-Veee…dovrebbe guarire presto no? Noi guariamo più veloce-
Prussia annuì distratto, troppo concentrato a disegnare sul gesso dell’italiano.

Trio
-Io voglio solo…che Romano mi consider…-
Si chinò a vomitare su una siepe, mentre Spagna e Francia lo sostenevano, forse lo avevano fatto bere troppo.

Bandiera
In battaglia spesso ci si ritrova ad arrangiarsi con quello che si ha.
Gilbert strappò violentemente un lembo della bandiera e lo usò per tamponargli la ferita, mentre Austria imprecava di dolore.

Scontro
Affrontarsi sul campo di battaglia era obbligatorio se i capi te lo ordinavano.
Ma nessuno gli proibiva di aiutare Inghilterra a non sanguinare troppo, per quanto i loro soldati si stessero ammazzando a vicenda intorno a loro.

Ipotermia
Per un secondo, lo aveva perso di vista per un secondo!
Tirò fuori il piccolo Germania dal lago ghiacciato e lo strinse a sé, correndo verso casa.

Vesciche
-Ecco cosa succede ad essere mandati in guerra senza un abbigliamento adeguato-
Romano imprecò, mentre il prussiano cercava di dargli sollievo con i pochi mezzi a disposizione, curare delle vesciche sotto i piedi nel bel mezzo dell’operazione Barbarossa non era certo facile.

Aggrapparsi
Fece per afferrare un ramo ma la mano ferita cedette subito, fortunatamente il giovane americano lo prese al volo, tirandolo su.
-Vedi di non ammazzarti da un passo dalla vittoria- ridacchiò, bendandogli la mano.

Buio
Odiava profondamente le missioni notturne, ma sapeva che spesso era il momento migliore per agire.
Inciampò sul fango e cadde a terra, sbucciandosi una mano, Germania lo aiutò a rialzarsi e gli pulì la ferita.

Sparo
Il soldato francese che aveva sparato a Germania era già morto, dato che lui aveva un’ottima mira, ma intanto si stava occupando della ferita che aveva inflitto al fratello.

Sconfitta
Ci avevano provato, e ancora una volta avevano perso, il Terzo Reich si era rivelato essere un misero fallimento esattamente come il Secondo.
Francia gli tamponò i lividi sul viso, non aveva il coraggio di dirgli che dovevano consegnarlo a Russia.

Tradimento
Prussia guardava con astio l’italiano, mentre Russia lo costringeva ad inginocchiarsi a terra.
-In fondo lo sai anche tu che non c’era altra soluzione- sorrise malinconico Romano, dandogli un leggero bacio sulle labbra.

Umano
Non si sarebbe dovuto affezionare agli esseri umani, lo sapeva…ma la morte di Federico II lo aveva devastato psicologicamente.
Ungheria lo abbracciò, facendogli appoggiare la testa sul suo seno.

Prigioniero
Da un lato era contento che fosse toccato a lui e non a suo fratello, essere prigioniero di Russia era qualcosa di orribile.
Come succedeva sempre dopo essere stato torturato, Ucraina entrò di nascosto nella sua cella e cominciò a medicargli le ferite.

Valzer
-Che hai da guardarmi in quel modo, te lo avevo detto che sono imbranato!-
Austria sospirò, mentre il prussiano gli massaggiava il piede dolorante, dopo averglielo pestato nel tentativo di imparare a ballare.

Sacher
-Ti avevo detto di mangiarne meno!-
L’albino emise un mugolio dolorante, bevendo il digestivo che il fratello gli porgeva.

Fiori
-Pensavo di essere carino a regalarti dei fiori, non pensavo ti avrebbero irritato la pelle-
Ungheria scosse la testa, mentre il prussiano le spalmava la pomata lenitiva sulle mani.

Addio
Non era pronto per dirgli addio, non si sarebbe rassegnato così facilmente.
Approfittando della distrazione di Francia, prese il corpicino di Sacro Romano Impero e si allontanò, senza guardarsi le spalle.

Spero che questa raccolta vi stia piacendo, gradirei molto ricevere delle opinioni ogni tanto, alla prossima!

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Capitolo 16
*** Canyon ***


Canyon Scritta per la #6settingchallenge

Romano si aggiustò per l’ennesima volta lo zaino sulla spalla, sbuffando.
Da quanto diavolo di tempo stavano camminando?!
-Ehi crucco, quando ci fermiamo?!-
-Kesese, non ti preoccupare Romano, ci siamo quasi-
Cosa gli era preso di dare retta a quel maledetto albino?
“Ti porto in un posto carino che mi ha fatto vedere America, vedrai che ti piacerà!”
Conoscendo America si sarebbe aspettato un Luna Park o qualcosa del genere, invece erano ore che stavano camminando sotto al sole cocente dentro ad un canyon per andare non si sa bene dove.
Si stava pentendo di averlo seguito ogni secondo di più.
Era anche preoccupato per l’altro, anche se non lo dava a vedere; pur essendo immortali, Gilbert era pur sempre albino, e tutto quel sole non gli faceva certo bene.
-Ci siamo quasi…ecco qua!-
Svoltarono in una curva stretta e si ritrovarono in quella che sembrava a tutti gli effetti una grotta.
Le pareti erano state finemente levigate dal vento nel corso dei millenni, e tutt’ora produceva uno strano rumore.
Alzando lo sguardo, vide che il sole filtrava, seppur meno di prima, ma rimbalzava sulle pareti in modo da dare una colorazione molto suggestiva, varie sfumature di arancione e marrone.
-Eh? Che ne dici?-
L’italiano posò lo zaino a terra, continuando a guardarsi intorno, ogni volta che si girava, il paesaggio sembrava cambiare.
L’altro sorrideva, conosceva Lovino troppo bene, e aveva già capito che lo spettacolo era di suo gradimento.
-Te lo avevo detto che era un bel posticino!-
Romano accarezzò lentamente la roccia, seguendo le linee sinuose.
Nonostante loro fossero immortali, c’era sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
-Sai, per una volta avevi ragione…- continuava ad accarezzare la roccia sinuosa, senza guardarlo -non capita spesso, goditi questo momento-
Ma stranamente, l’altro non rispose.
-Ehi crucco, ho detto che avevi ragio…-
Si girò, trovandolo svenuto a terra.
-Cazzo!-
Si gettò immediatamente su di lui, togliendogli lo zaino dalle spalle.
Scottava e stava ansimando visibilmente.
-Glielo avevo detto, facciamola una pausa, ma lui no, deve sempre fare il coglione!-
Lo trascinò all’ombra e gli tolse la maglietta, cercando di raffreddarlo il più possibile.
Per fortuna avevano molta acqua dietro, bagnò un panno e cominciò ad inumidirgli la pelle, strofinandolo delicatamente.
Gilbert ansimava e aveva gli occhi socchiusi e concentrati, come se stesse guardando qualcosa che solo lui poteva vedere.
-Ringrazia che so cosa fare in certi casi-
Gli tolse anche i pantaloni e gli fece appoggiare le gambe alla parete in modo che stessero sollevate.
-Così magari ti arriva un po’ di sangue a quel cervello bacato che ti ritrovi-
Continuò ad inumidirlo lentamente, passandogli il panno bagnato su tutto il corpo e cercando di fargli bere qualche goccia d’acqua.
Prese una rivista e cominciò a fargli vento, scostandogli i capelli dalla fronte.
-Non sei abituato a certi climi, già quando vieni al mare da me passi più tempo in acqua che fuori, dovevi portarti un ombrello, qualcosa!-
Lovino era preoccupato, la condizione di immortalità di Prussia era molto più precaria della sua, visto che tecnicamente era sparito dalle cartine nel 1947, nessuno di loro sapeva perché fosse ancora vivo e non era intenzione di Lovino scoprirlo in quel modo.
Piano piano il respiro rallentò e la pelle pallida del prussiano ricominciò a raffreddarsi, raggiungendo gradualmente una temperatura normale.
Gilbert sbatté le palpebre, guardandosi attorno.
-Cosa…-
-Bevi coglione-
Gli avvicinò la borraccia alle labbra e lo fece bere lentamente, sostenendogli la testa.
-Stai sdraiato e buono, hai avuto un colpo di calore-
Gilbert si abbandonò sul terreno, sospirando.
-Sei un cretino, io te lo avevo detto!-
-Lo so…-
-“Non sei abituato a questo clima al contrario di me, dovremmo fare una pausa” ma tu no! “Prima arriviamo e meglio è!”-
-Romano…per favore…-
-Mi hai fatto prendere un colpo!-
Urlò l’italiano, lasciandolo esterrefatto.
-Sei un cretino…-
Gilbert lo abbracciò di slancio, facendogli appoggiare la testa sul suo petto.
-Non ti preoccupare, sto bene adesso, sono qui…-
Non c’era nessuno in vista e Romano si accoccolò meglio a lui, che gli accarezzava teneramente i capelli.
Rimasero così per lungo tempo, a riposarsi e godersi il panorama.

Buonasera a tutte!
Per questa challenge veniva fornita l'immagine di un luogo e ci si doveva fare una fic ambientata, in questo caso mi era appunto stata data l'immagine di un canyon molto particolare, spero che vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 17
*** Ubriachezza molesta ***


Ubriachezza molesta scritta per la #6settingschallenge

A quanti bicchieri era arrivato?
Non ne aveva idea e non lo voleva sapere.
Inghilterra buttò giù l’ennesimo whiskey, sotto lo sguardo preoccupato della nazione iberica.
-Ehm…Arthur?-
-Coshia…ciè?-
Il biondo già parlava male, e stava facendo cenno al barista di dargli un altro bicchiere.
-So che hai litigato con America, ma non dovresti ridurti così-
-Io fashio come mi pare!-
E prima che Antonio riuscisse a fermarlo, ingurgitò anche il nuovo bicchiere, rischiando per giunta di spaccarlo nella foga di rimetterlo sul bancone.
-Inghilterra basta!-
Lo afferrò per le spalle, costringendolo a guardarlo.
-Non puoi fare così ogni volta che litighi con lui! Bevendo non risolvi niente!-
-Stai zitto!- volubile come quando era sobrio, l’albionico si alzò e cominciò ad inveirgli contro -non accetto consigli da una Nazione che ho sconfitto talmente tante volte da aver perso il conto! Il fatto che anche tu abbia perso le colonie non ti autorizza a dirmi come gestire le mie!-
Spagna sospirò, sapeva che in quello stato era inutile dargli contro.
Non che da sobrio fosse molto trattabile del resto.
-Io non l’ho cresciuto così coglione! È tutta farina del suo sacco!-
Non era la prima volta che il povero Antonio doveva sorbirsi le lamentele del rivale, e in genere finiva solo in un modo.
-Io non capisco perch…-
L’inglese si bloccò, sentendo lo stomaco ribaltarsi.
-E eccolo- sussurrò lo spagnolo.
Correndo a perdifiato, Arthur si lanciò in bagno per vomitare, immediatamente seguito dall’altro.
Antonio si avvicinò, sostenendogli la testa e scansandogli i capelli dalla fronte, mentre assisteva al pietoso spettacolo di Inghilterra che vomitava sul water.
Come poteva uno dei più grandi imperi della storia ridursi in quel modo per colpa di una Nazione che non aveva nemmeno duecento anni?
Arthur era ancora troppo concentrato sulla ex-colonia oltreoceano per accorgersi di chi gli stava intorno.
Quando ebbe finito di vomitare, gli pulì la bocca con un fazzoletto, guardandolo.
Aveva lo sguardo ancora annebbiato dall’alcol, ed era decisamente arrivato al punto di non ritorno.
-Ok, ora ti porto a casa-
-Mmm…gno…-
-Oh sì invece, e sai che non puoi ribellarti-
Se lo caricò in spalla di peso, uscendo dal bagno.
Arthur si sentiva completamente spompato, lo stomaco ancora sottosopra, aveva paura di vomitargli addosso da un momento all’altro.
Ma Spagna ormai si era abituato a quel suo lato.
Pagò il barista e si diresse con calma verso casa sua, per fortuna conosceva anche lui le strade di Londra a memoria e non ebbe problemi.
-Arthur, le chiavi-
-Mmm...tschia…deshtra…-
Rovistando un po’ finalmente le trovò, aprì la porta e lo portò in camera da letto, facendolo sdraiare sul materasso.
Il biondo mugolò, rannicchiandosi.
-Non avrai intenzione di dormire vestito così-
-Nh…lashiami in pashe…-
-Almeno le scarpe, dai-
Si sedette sul letto cominciò a togliergli le scarpe sotto il suo sguardo brillo ma stranamente vigile.
-Io dormo sul divano qui accanto ok?-
-…no…-
Lo afferrò per un braccio e con una forza straordinaria considerando il suo stato, lo trascinò con lui e affondò la testa sul suo petto.
Il che durò qualcosa come tre secondi perché dovette di nuovo precipitarsi in bagno.
Spagna scosse la testa, si tolse le scarpe a sua volta e lo raggiunse di nuovo.
-Perché…lo reggo…così male…?-
-America o l’alcol?-
-Mh…tutti e due…-
Prese un bicchiere e lo fece bere lentamente, rimanendo comunque per precauzione a portata di water.
Inghilterra si stupiva sempre della pazienza che Antonio manifestava in certe situazioni, non era la prima volta che lo aiutava e probabilmente non sarebbe stata nemmeno l’ultima.
Ma ciò che lo sorprendeva di più, era che lo spagnolo non si era mai approfittato della situazione.
Nel corso della storia e delle loro guerre, Arthur aveva abusato più volte di lui, ogni volta che vinceva, gliela faceva pagare per averlo sfidato.
Ma lui non aveva mai pensato di vendicarsi, nemmeno in momenti come quello in cui era vulnerabile e impossibilitato a difendersi.
Non una volta si era svegliato nudo accanto a lui dopo una sbronza.
-Come stai?-
L’inglese sbatté le palpebre, tornando al mondo reale.
-Sì, sto…sto bene…adesso…-
-Bene, andiamo a letto? Mi vuoi ancora con te?-
Ancora prima di rendersene conto il biondo aveva annuito.
-Bene-
Sostenendolo per le spalle uscirono dal bagno e l’inglese si abbandonò di nuovo sul materasso.
Antonio gli si sdraiò accanto ed esattamente come prima, l’inglese si strinse a lui e affondò la testa sul suo petto.
Il castano non avrebbe mai dimenticato quella nottata.

Buonasera a tutte, sono tornata anche in questa raccolta!
Esattamente come per il capitolo precedente, mi era stata fornita un'ambientazione, solo che questa volta ne ho fuse due insieme, un pub e una camera da letto.
Se siete mie lettrici abituali sapete che non shippo SpUk, ma considerando la loro longevità, è inevitabile che succedano anche cose del genere.
Spero che continuiate a seguirmi volentieri, alla prossima!

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Capitolo 18
*** Coltello ***


Coltello scritta per la #6settingschallenge

Canada guardava incerto le pentole di fronte a sé, sotto lo sguardo vigile del francese.
-Ne sei sicuro?-
-Mon petite, sei stato per troppo tempo sotto il dominio di Inghilterra, tuo fratello ormai è perso, ma tu sei ancora in tempo per imparare a cucinare in modo almeno mangiabile-
-Ma io so già cucinare in modo mangiabile…-
-Purtroppo, non si può vivere di soli pancakes-
Il canadese mise il broncio e cominciò a trafficare con le pentole, seguendo le istruzioni che l’altro paziente gli impartiva.
Le Nazioni potevano permettersi di andare a mangiare fuori ogni volta che lo desiderassero, a che pro imparare a cucinare?
Francia, le Italie e altre nazioni lo facevano per passione, ma né lui né suo fratello erano mai stati i tipi da mettersi ai fornelli solo per il gusto di farlo, probabilmente proprio per colpa dell’esperienza con Inghilterra.
-Stai andando bene, ancora un pizzico di sale-
Il canadese annuì, ma dentro di sé stava urlando.
Benché culturalmente l’influenza di Francia fosse ben evidente da lui, nonostante il poco tempo passato come sua colonia, a Matthew come persona l’amore per la cucina era qualcosa che decisamente non aveva ereditato dal suo ormai ex padrone.
E sperava con tutto il cuore che Francis lo capisse.
-Abbassa un po’ la fiamma…bravo così-
Anche se fondamentalmente il non riuscire a dire le cose in faccia alle persone era da sempre un suo problema, e aveva l’impressione che non sarebbe riuscito a risolverlo nemmeno durante la sua lunga esistenza.
Era una delle poche cose che invidiava ad Alfred, il riuscire sempre a fare la voce grossa e a farsi valere, anche se il fratello spesso e volentieri ne abusava.
-Visto? Sei bravo, si vede che sei stato un po’ anche con me!-
Il sorriso dell’altro gli scaldò il cuore, facendolo arrossire, anche perché a lui non sembrava di stare facendo poi così bene.
E comunque non sentiva quella “ribollente passione” di cui parlava Francis quando cucinava.
Ma proprio per niente.
-Adesso taglia le verdure a cubetti, mi raccomando fai attenzione-
Annuì distrattamente, prese una zucchina e cominciò a tagliarla come richiesto.
Se non altro passavano un po’ di tempo insieme, con un oceano di mezzo lui e Francia non avevano molte occasioni di vedersi, e a Matthew faceva sempre piacere stare con lui.
Specialmente da quando non era più ufficialmente sotto il dominio di Inghilterra, le attenzioni del francese erano virate dall’amore platonico a qualcosa di decisamente più carnale.
Non capiva però perché avesse aspettato l’indipendenza, di fatto era diventato fisicamente adulto molto prima, non aveva mai intrattenuto relazioni di tipo sessuale con Inghilterra, quindi non pensava che fosse perché Arthur era geloso o qualcosa del genere.
Era ancora sovrappensiero quando sentì una fitta di dolore.
Si riscosse e guardando in basso vide che si tagliato il palmo della mano.
-Matthew!-
Il francese lo afferrò per un braccio e lo portò sotto l’acqua fredda del lavandino, facendolo riscuotere.
-Tutto bene?-
Il canadese annuì, mentre prendeva lentamente coscienza di ciò che aveva fatto; si era talmente perso nei suoi pensieri da non accorgersene minimamente.
-Scusa, me ne sarei dovuto accorgere prima che stavi andando troppo velocemente-
-Cosa…no, non ti preoccupare, è colpa mia, ero sovrappensiero…-
Francia gli lavò bene la mano anche col sapone, ma il taglio si stava già lentamente rimarginando.
Ancora concentrato, l’altro gli asciugò bene la mano, prese delle bende e cominciò a fasciargli la ferita.
-Non ce n’è bisogno, fra poco sarò già guarito…-
Ma non lo stava ascoltando, e in pochi secondi la mano era già bendata stretta, il tutto chiuso con un bel fiocchetto.
-Facciamo una pausa ok? Qualcosa mi dice che delle tante cose che hai preso da me, la cucina non è fra queste-
-Ma no…è che…cioè…-
Avvampò, cercando di mettere in fila due parole, odiava dare un dispiacere a Francia.
In tutta risposta l’altro si avvicinò e gli diede un leggero bacio sulle labbra, accarezzandogli la mano bendata.
-Finisco di cucinare io, tu apparecchia, ok?-
Matthew annuì, e ancora rosso in viso, cominciò a preparare la tavola.

Buonasera a tutte <3
Come immagino già sappiate, è stata annunciata una nuova stagione per la primavera del prossimo anno, sebbene non ci sia ancora una data precisa, non avete idea di quanto ciò mi riempia di gioia! <3 <3 <3 <3 <3 <3
Spero che continuerete a seguirmi in modo da ingannare l'attesa insieme, alla prossima!

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Capitolo 19
*** Pioggia e malinconia ***


Pioggia e malinconia scritta per la #6settingschallenge

Probabilmente chi lo guardava in quel momento lo stava prendendo per pazzo.
Italia Veneziano era fermo, immobile sul marciapiede.
L’acqua gli cadeva addosso bagnandolo fino al midollo, probabilmente avrebbe avuto bisogno di stare a letto per tutto il giorno dopo, ma non gli importava.
Perché doveva andare sempre tutto male?
Perché più ci provava, e più sembrava che le cose precipitassero?
Si era rassegnato al fatto che non sarebbe mai diventato forte e potente come il nonno, anche perché la politica moderna non avrebbe mai permesso una simile espansione territoriale.
Ci avevano provato qualche decennio prima, e non era affatto finita bene.
Sospirò, appoggiandosi al muro del palazzo dietro di lui, ignorando gli sguardi che gli rivolgevano le persone.
Se gli umani fossero stati dei buoni leader, l’immortalità non sarebbe stata una simile condanna, ma più andavano avanti, e più la situazione peggiorava.
La scienza andava avanti, ma con essa la crudeltà e la guerra umana, oltre all’ignoranza e alla discriminazione, che sembravano stare riprendendo piede.
Perché gli umani non imparavano la storia?
Loro Nazioni portavano sulle spalle il fardello di tutti i loro secoli, provavano a consigliare i propri capi, a fare capire loro gli errori, ma puntualmente, nessuno li ascoltava.
A cosa serviva essere immortali se la tua conoscenza veniva ignorata?
-Veneziano-
L’italiano si girò, accanto a lui c’era Germania, che gli si mise accanto coprendolo col proprio ombrello.
-Non dovresti bagnarti così, rischi di sentirti male-
L’altro fece spallucce, continuando a fissare il vuoto.
-Almeno mi lascerebbero in pace per un po’-
Il biondo sospirò, appoggiandosi al muro accanto a lui.
Vedere l’italiano, normalmente spensierato e felice, ridotto in quello stato, era una stretta al cuore ogni volta.
A volte capitava che una Nazione attraversasse un brutto periodo emotivo, la vita eterna porta inevitabilmente delle conseguenze, degli strascichi.
Ma al povero Italia del Nord, ultimamente stava succedendo fin troppo spesso, e da quello che gli diceva suo fratello, anche Italia Romano aveva lo stesso problema.
-Vuoi parlare?-
-Ne abbiamo già parlato Ludwig…è sempre il solito…-
-Ja…-
Sospirò, prese un asciugamano che si era portato dietro apposta e glielo mise sulle spalle, cercando di asciugarlo un minimo.
Lo aveva cercato per almeno un’ora per le strade, quando lo aveva visto alzarsi di scatto e uscire dopo aver visto il telegiornale, aveva capito che era “uno di quei momenti”.
Avrebbe dovuto lasciarlo da solo, ma non se la sentiva affatto, lui avrebbe sempre protetto Veneziano, anche da sé stesso.
-Tu ci pensi mai? Se almeno da morti avremo la pace?-
-Al contrario degli umani noi siamo perfettamente consapevoli dell’esistenza di un paradiso, ne abbiamo le prove visto che è stato proprio Dio a crearci…quindi sì, sono abbastanza sicuro che almeno da morti avremo la pace-
-In fondo l’inferno lo stiamo già vivendo, no?-
-Sì…in molti modi sì…-
Reggendo l’ombrello con un braccio, con l’altro lo attirò a sé, facendogli appoggiare la testa sul suo petto.
Il castano ricambiò immediatamente l’abbraccio, stringendosi di più a lui.
-Ne usciremo…non so dirti quando o come, ma ne usciremo, ed io starò al tuo fianco, sempre-
Feliciano cominciò a piangere a dirotto, affondando la testa sul suo petto, fino a sentire il battito del suo cuore sincronizzarsi col proprio.
Finché Germania fosse stato al suo fianco, lui ce l’avrebbe fatta.
Forse.

Buonasera a tutte!
Anche questa raccolta piano piano va avanti, anche questa storia fa parte delle 6settingschallenge, in questo caso l'ambientazione che mi avevano dato era una via cittadina piovosa, e decisi di scrivere questo.
Spero vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 20
*** Dialogue!fic Itacest ***


Dialoguefic itacest Prompt: Il tuo dolore è il mio dolore...che tu lo voglia o no, ormai siamo una cosa sola

-Lasciami fare fratellone-
-No, stammi lontano!-
-Stai sanguinando troppo! Lasciami fare!-
-Tsk…cosa diavolo ti importa?!-
-Siamo una nazione sola adesso Romano, siamo ufficialmente uniti, il tuo dolore è il mio dolore!-
-Vai a dirlo a quelli che mi hanno sparato-
-Non…cioè…dai…-
-Ho ragione e lo sai bene! Mi hanno sparato solo perché hanno sentito l’accento del Sud!-
-Ci vorrà un po’ è vero, ci vorrà un po’ perché i nostri popoli si abituino all’idea che adesso Nord e Sud sono uniti, ma ce la possiamo fare, lascia che ti tolga quella pallottola dalla gamba ti prego-
-Mpfh…fai come vuoi…-
-Grazie, vedrai che fra poco sistemeremo tutto-


Prompt: Premi sulla ferita se vuoi che ti salvi la vita! Idiota!

-Stai perdendo sangue ad un ritmo allarmante, anche se siamo noi!-
-Ma no…sto…benissimo…-
-Prendi questo panno e premi idiota di un fratellino-
-Ma non c’è…bisogno…-
-Premi! Io vado a prendere il necessario per ricucirti-
-Non serve ricucirmi…-
-Sì invece, e non sappiamo quando quei dannati austriaci attaccheranno di nuovo, quindi tu adesso premi ed io ti ricucio!-
-Va bene fratellone…-
-Non ci fa comunque bene perdere tutto questo sangue, il fatto che non possiamo morire non significa che possiamo permetterci di sanguinare così tanto!-
-Ho capito ho capito…-
-No, non hai capito, perché fai così ogni volta!-
-Veee….-
-Idiota di un fratellino…-

Buonasera a tutte!
Come avete potuto notare queste fic sono solo dialogate, infatti la challenge per cui le scrissi era la #dialogueficchallenge, ovvero scrivere fanfiction interamente parlate con i prompt che ci venivano suggeriti, queste due sono entrambe itacest!
I prossimi tre capitoli saranno di altre dialogue fic, spero che vi piacciano, alla prossima!

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Capitolo 21
*** Dialogue!fic UsUk ***


Dialoguefic UsUk Prompt: Hai distrutto tutto...pensi sia così facile tornare al mio fianco?

-Voglio fare pace Inghilterra…-
-Fare pace? Sul serio? Fai una rivoluzione per diventare indipendente, distruggendo tutto ciò che eravamo e spezzandomi il cuore, e ora vuoi fare pace?!-
-Lo sai cosa intendo! Il mio popolo voleva l’indipendenza! Ero pronto, sono pronto a cavarmela da solo, non potevo rimanere la tua colonia per sempre!-
-Davvero?! Perché tuo fratello Canada se la sta cavando egregiamente!-
-Fa male anche a me, cosa credi?! Tu mi hai cresciuto, mi hai amato, non hai idea di quanto sia stato difficile per me darti contro! Ma dovevo farlo!-
-Stai zitto!-
-Sei stato tu ad insegnarmi che spesso si devono fare cose che non ci piacciono in questa vita immortale, io voglio solo tornare al tuo fianco-
-Non potrai mai tornare al mio fianco come prima-
-Va bene, non come prima! In un modo nuovo allora! Ti prego…-
-Dovevi pensarci prima e pagare quelle cazzo di tasse-
-Erano tasse ingiuste e tu lo sai bene!-
-Tsk…-
-Ti prego…un’altra possibilità…non come colonia, ma da Nazione a Nazione adesso…come pari…-
-Non sei un mio pari, non lo sarai mai-
-Va bene, lo accetto, ma ti prego…-
-Chiudi quella cazzo di bocca o me ne vado-
-…-
-Vedi di non rovinare tutto di nuovo-
-Non lo farò, te lo prometto!-



Prompt: Ora siediti e lasciami fare!

-Ti ha preso un’arteria America!-
-E allora? Non posso comunque morire-
-Certo, ma non è comunque una buona idea andare a giro scorrazzando mentre spruzzi sangue da una gamba!-
-Oh che sarà mai…-
-Siediti, mi ci vuole meno tempo a farlo che a dirlo-
-Ma no dai, fra qualche minuto sarò a posto-
-America, siediti-
-Ma fra poco dobbiamo attaccare…-
-Tu non attaccherai un bel niente!-
-Non sono più un bambino! Se voglio combattere mentre sono ferito ho il pieno diritto di farlo!-
-ALFRED FUCKING JONES SIEDITI E LASCIAMI FARE!-
-…va bene…-
-Visto!? Era così difficile?!-


Buonasera a tutte!
Come vi avevo anticipato, anche questo capitolo è dedicato alla challenge delle dialoguefic, tutto UsUk questa volta!
Spero che vi sia piaciuto e che continuerete a seguirmi, alla prossima!

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Capitolo 22
*** Dialogue!fic Francia ***


Dialogue!fic Francia Coppia: FraNada
Prompt: Perché non me l'hai detto?

-Cosa diavolo ti è saltato in testa?!-
-Canada…per favore…-
-Canada per favore un corno! Da quanto tempo hai quel taglio?! Non è normale che ancora non ti sia rimarginato Francia!-
-Stai ca…-
-Se mi dici un’altra volta di stare calmo giuro che ti sparo!-
-Oh…-
-Sono solo preoccupato per te! Tu ti sei occupato di me tante volte quando ero piccolo, perché non vuoi che adesso io faccia altrettanto?! Devo medicarti e ricucirti, non puoi tornare al fronte in questo stato!-
-Io non…volevo…farti preoccupare…-
-Ha fatto bene Inghilterra a dirmi di tenerti d’occhio, lo sa quanto sei scemo-
-Lui parla!-
-No, tu adesso stai zitto e ti lasci ricucire-
-Ma…-
-Zitto!-
-Io…-
-Zitto!-
-…-
-Bene, adesso stai fermo e ci penso io-

Coppia: FrUk
Prompt: Non volevo...ti giuro che non volevo…

-Mi hai sparato!-
-Mi è partito un colpo! Lo sai che non lo farei mai di mia spontanea volontà!-
-...-
-Non in questo contesto almeno, in questa guerra siamo dalla stessa parte!-
-Sicuro? Perché non è la prima volta che provi a farmi secco!-
-Non possiamo morire così, dovresti saperlo meglio di me-
-Magari volevi mettermi fuori gioco!-
-Sul serio Francia? Siamo a questo? Se ti avessi sparato di mia spontanea volontà ti assicuro che non ti avrei preso di striscio-
-…mh…-
-Lo sai benissimo anche tu, e poi guarda, ti stai già rimarginando, non rompere-
-Mi hai rovinato la divisa stupido pirata dei miei stivali!-
-Di’ un’altra parola e ti sparo intenzionalmente!-
-Lo hai già fatto!-
-No, non l’ho fatto apposta, razza di cretino! Non volevo!-
-Meno male che sono già guarito-
-Esatto, quindi smettila di rompere!-

Buonasera a tutte, ecco il terzo capitolo delle dialogue!fic!
Pur non essendo della stessa coppia come i capitoli scorsi, ho voluto accorpare queste due storielle per via della presenza di Francia in entrambe u.u
Alla prossima!

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Capitolo 23
*** Ultime dialogue fic ***


Dialogue fic Prompt: Dai. Non è nulla, ho subìto di peggio
Coppia: Germancest

-Sei troppo teso fratellino, sai che sono stato peggio-
-Intanto stai fermo e fatti bendare-
-Uffa…posso fare anche da solo…-
-No, non farai da solo, mi occuperò io di te, devo medicarti e cambiarti le fasciature-
-Non c’è bisogno di cambiare le bende, sono stato peg…-
-No, non sei mai stato peggio di così, Russia ti ha devastato, e se continui a protestare ti lego e ti tappo la bocca con un pezzo di legno come ai vecchi tempi-
-Uff…-

Prompt: Quello era il suono di un gatto strozzato o stai gemendo di dolore?
Coppia: LietPol

-Cosa hai combinato questa volta?-
-…niente…-
-Polonia, quello sembrava il rumore di un gatto strozzato, e noi non abbiamo un gatto, quindi ti sei fatto male-
-Mi sono preso la mano nello sportello della cucina…-
-Fammi vedere…non sembra tu abbia niente di rotto…-
-Sicuro Liet? Mi fa male da morire-
-No, vedrai che ora ti passa, mettiamolo sotto l’acqua fredda…-
-Sembra che casa tua voglia uccidermi-
-Nessun oggetto inanimato sta cercando di ucciderti Feliks…lascia fare a me…-

Ed ecco le ultime due dialogue!fic!
Questa volta due coppie completamente slegate fra loro, la Germancest e la LietPol u.u
Spero che questa raccolta continui ad essere di vostro gradimento, alla prossima!

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Capitolo 24
*** Seduti al bar ***


Seduti al bar L’incarnazione del Sud Italia, Lovino Vargas, era seduto al tavolino del bar, con la sua tazza di caffè in mano, osservando la gente che passava, sconfortato.
I tempi erano difficili, ma il suo popolo si comportava già come se l’emergenza fosse finita, come se il Covid non esistesse più.
Veneziano gli aveva detto che da lui era la stessa cosa, ma ciò non lo tranquillizzava, anzi, gli ricordava semplicemente quanto gli umani avessero la memoria corta.
Si erano già dimenticati tutti i morti? Le terapie intensive al collasso? La crisi economica che era tutt’ora in corso per via del lockdown?
Era veramente frustrante, loro Nazioni erano immortali, con forza e velocità sovraumane, eppure erano costretti a stare lì, immobili, spettatori senza tempo dello scorrere degli eventi.
Vedere qualcosa di terribile succedere e non poter fare nulla per impedirlo era veramente demoralizzante.
Non che il suo umore fosse stato poi così alto in generale in quegli ultimi mesi, era da Gennaio che aveva gli incubi ogni notte, e i medicinali umani non aiutavano un granché.
Avrebbe solo voluto andare in letargo e svegliarsi a pandemia finita.
-Kesese, guten tag Italien-
Romano si girò verso la fonte della voce, l’inconfondibile Prussia si sedette accanto a lui, facendo scricchiolare la sedia.
-La distanza di sicurezza Gilbert-
Voleva essere una battuta, ma gli uscì con un tono veramente orrendo, un vano tentativo di non far capire al prussiano come si sentiva.
L’albino scosse la testa, gli avvolse un braccio attorno alle spalle e lo attirò a sé, appoggiandosi al muro di mattoni dietro di loro.
-Ci siamo passati tutti, non ti preoccupare, non devi per forza parlare-
Lo strinse a sé e Lovino gli appoggiò una mano sul ginocchio, continuando a guardare la gente che passava.
Loro sarebbero sopravvissuti, come sempre, i loro popoli invece, non sarebbero stati tutti così fortunati.

Buonasera a tutte!
Bhe che dire, la scrissi qualche mese fa per una challenge che sinceramente non ricordo, ma si sta rivelando più attuale di quanto avrei voluto...
Mi era stato dato come prompt dei tavolinetti fuori da un bar, e dato che ero di umore abbastanza nero per via di tutta questa situazione, ne uscì fuori questo.
Alla prossima!

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Capitolo 25
*** Sfida ***


Sfida Scritta per la #nowisyourturnchallenge

Prompt: Personaggio A, nonostante B dica il contrario, sottovaluta un problema di salute che si rivela con il tempo peggio del previsto

Sfida

C’erano poche cose in grado di fare veramente del male a una Nazione.
Le crisi economiche erano la causa principale di dolore, oltre ovviamente alle varie ferite riportate nelle numerose battaglie che una Nazione è costretta a combattere.
Si era immuni alle malattie umane, ma a volte le malattie che colpivano loro erano anche peggio.
America se ne stava accorgendo di giorno in giorno.
Era ormai mesi che soffriva, febbre, tremori e inappetenza, sintomi che per gli umani caratterizzavano il nuovo virus che stava imperversando per il mondo.
Ovviamente nel suo caso non si era preso il patogeno vero e proprio, come per ogni Nazione, soffriva perché il suo popolo soffriva, e manifestava gli stessi sintomi della loro sofferenza.
Ma lui aveva il potere e il dovere di andare avanti, proprio per il suo popolo.
“Essere noi è più una maledizione che una benedizione, ricordalo sempre”
Quando Inghilterra gli aveva detto quelle parole da piccolo, non ci aveva creduto,
ma adesso, dopo più di 150 anni come Nazione autonoma, si era reso conto di quanto avesse ragione.
Era all’ennesimo incontro con quell’idiota del suo capo, stava parlando, ma di fatto Alfred non riusciva a connettere ciò che sentiva con il cervello.
Perché doveva esserci proprio lui in quel momento di crisi?
Era sicuro che con un presidente migliore sarebbe stato molto meglio, perché il suo popolo sarebbe stato meglio.
-America, mi stai ascoltando?-
Poi quell’accento, era una Nazione enorme, aveva imparato ad apprezzare la parlata di tutti i suoi cittadini, ma il suo era arrivato a odiarlo.
-Sì, signor presidente- rispose meccanicamente.
-Quindi cosa ne pensi?-
Alfred aprì la bocca per parlare, ma gli mancò l’aria, un altro sintomo che sporadicamente gli si presentava, guarda caso ogni volta che doveva avere a che fare con il suo capo.
Ma lui era forte, doveva esserlo.
-Io penso che…-
E poi fu il buio.

Sbatté le palpebre, sentendo qualcosa di fresco che gli veniva posato sulla fronte.
-Sei un idiota-
Quello era un accento decisamente diverso, un accento che gli piaceva molto di più sentire.
-Inghilterra…cosa…-
-Avevo un brutto presentimento e sono venuto a trovarti, a quanto pare non mi sbagliavo-
-Il capo…devo andare…-
-Al tuo presidente ci ho pensato io, al contrario di te posso dirgli in faccia come stanno le cose-
America ridacchiò, sospirando.
-Ti ho avvertito più volte di non sottovalutare quando ci sentiamo male, la situazione da te è disastrosa, devi riposare-
-Non posso…è mio dovere lavorare…sono un eroe, e gli eroi fanno ciò che è giusto-
-Gli eroi sono inutili se entrano in coma, e sai che può succedere se sottovalutiamo i segni-
Sospirò di nuovo, affondando la testa nel cuscino.
-Nemmeno tu sei al massimo della forma però, e ti sei fatto un viaggio oltreoceano-
-Sto comunque meglio di te, e di fatto mi riposerò, perché ti terrò compagnia per tutto il tempo-
Alfred sorrise contento.
-Arthur…se io fossi ancora una tua colonia…tu soffriresti di più? Subiresti anche il mio dolore?-
-Non tutto, ma sì, io soffrirei di più e tu soffriresti di meno-
-Bene…un motivo in più per cui ho fatto bene a rendermi indipendente…-
-Stupido-
Lo fece mettere a sedere, cercando di togliergli un po’ di sudore col panno.
-Adesso ti metto uno di quel gel rinfrescanti sul petto, uno dei tuoi agenti mi ha detto che hai avuto anche sintomi respiratori, non avrebbe senso darti farmaci umani ma posso darti un po’ di sollievo-
L’americano annuì, mentre lui gli slacciava il pigiama.
-In genere mi spogli per altri motivi-
Arthur gli diede uno schiaffetto sul braccio, andando a prendere la crema.
Ne prese una piccola quantità e cominciò a spalmargliela con movimenti concentrici.
-Mmm…è fresca…-
-Già, ti aiuterà a respirare meglio, dovrebbe darti un minimo di sollievo-
Chiuse gli occhi, godendosi il tocco delicato ma fermo dell’altro, una vera e propria coccola.
Ne aveva decisamente bisogno.
-Ho anche fatto del tè, con tanto miele e cannella come piace a te-
-Wow…non è che in realtà sto per morire?-
-Mpfh, ci vuole ben altro per ammazzare uno come te-
In realtà il tè si era un po’ freddato, ma era meglio così, almeno era più bevibile.
-Mh…dolce…-
-Troppo?-
-No, va benissimo così…grazie…-
Inghilterra sorrise, gli accarezzò una guancia e lo baciò delicatamente sulle labbra, assaporando anche lui il miele.
-Ricordati, io ci sarò sempre per te-
Alfred annuì, mentre calde lacrime scendevano sulle sue guance.
Era paradossale, aveva raggiunto l’indipendenza, ma aveva bisogno di Inghilterra più di prima.
-Finirà mai?-
L’inglese scosse la testa, appoggiando la fronte alla sua.
-La nostra sola salvezza è la morte, ma possiamo trovare piccoli momenti di gioia anche nella vita-
Alfred lo abbracciò di slancio, godendosi il calore del suo corpo.
Con Inghilterra al suo fianco, sarebbe stato in grado di affrontare qualsiasi cosa.

Buonasera a tutte!
Per questa particolare challenge, la sfida consisteva nell'invertire i ruoli sick/caretaker, almeno teoricamente, ma dato che Alfred e Arthur li ho sempre abbastanza interscambiati, in questo caso non è una h/c UsUk tanto diversa dalle altre.
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 26
*** Lenire ***


Lenire Scritta per la #nowisyourturnchallenge

Prompt: Personaggio A viene ferito, trascurandolo perché in battaglia lascia che la ferita si infetti, quando è ormai troppo tardi B lo costringerà a farsi curare.

Lenire

In guerra, Ungheria era inarrestabile.
Essendo abituata fin da piccola a combattere, non si era lasciata fermare dal corpo femminile dell’età adulta, ed era più forte di molte Nazioni di sesso maschile, Prussia, Turchia e Romania lo avevano spesso sperimentato sulla loro pelle.
Ma ovviamente anche lei poteva venire ferita, benché si ostinasse ad ignorare sempre il dolore finché la battaglia imperversava intorno a lei.
-Cosa ti avevo detto?-
La ferita sul fianco si era allargata terribilmente, il tessuto necrotico era ormai evidente e del pus verdastro ne fuoriusciva.
-Smettila di guardarmi in quel modo! Avevo dei soldati da condurre!-
-Non è una giustificazione, spogliati-
-Siamo sposati da anni ed è la prima volta che me lo dici in tono così deciso-
L’austriaco avvampò, risistemandosi gli occhiali per nascondere l’imbarazzo.
Si tolse la maglietta e si sdraiò, in modo da fargli avere una piena visuale della ferita.
-Gott…-
-Se ti fa schifo chiamiamo il medico-
Austria inspirò, cercando di sopprimere il conato di vomito.
Lui non era bravo a fare certe cose, era un intellettuale, un musicista, non un medico di guerra, per questo da quando lui e Ungheria erano diventati un impero i soldati si rivolgevano più a lei che a lui.
-No, ce la posso fare, ma devi dirmi cosa devo fare-
-Innanzitutto, prendi un coltello o delle forbici per togliere tutto lo schifo, lo riconosci bene-
Cercando di sembrare convinto Roderich annuì, si mise dei guanti e prese le forbici.
Dopo averle pulite come meglio poteva in una soluzione alcolica, si chinò vicino alla ferita cominciò a tagliare, senza nascondere l’espressione disgustata.
-Ci vorrebbe un pittore per immortalare la tua faccia-
Non rispose per il timore che se avesse aperto la bocca avrebbe vomitato tutto il pranzo.
-Devi arrivare alla carne viva a tagliare, anche se mi fai un po’ male, altrimenti c’è il rischio che si infetti di nuovo-
Lui la guardò come se fosse impazzita.
-Non mi farai male, non rompere-
Scuotendo la testa si rimise a lavoro, pulendo via i residui di pus con un panno bagnato ogni tanto.
-In effetti non è normale che mi si sia infettata così tanto…per noi almeno non è normale-
-Esattamente, dovevi ascoltarmi-
Adesso che la parte più ributtante era stata rimossa e c’era solo la carne viva, era decisamente più facile per lui controllarsi.
-Forza, disinfettami e bendami, adesso che è pulita dovrebbe metterci poco a chiudersi-
-Devo cucirti-
-Non esagerare adesso, non ce n’è…-
-Sì, ce n’è bisogno, stai ferma-
Cucire almeno lo sapeva fare, se sua moglie fosse stata ferma non avrebbe avuto problemi.
Disinfettò la ferita e gli attrezzi con l’alcol e cominciò paziente a ricucire la ferita, accarezzando la sua morbida pelle.
Ungheria sopportò stoica il dolore, come sempre, e in poco tempo lui la richiuse.
-Adesso deve stare un po’ bendata-
Prese delle bende fresche e profumate e cominciò a bendarla, richiudendo tutto con un bel fiocco.
-Visto? Ce l’hai fatta senza vomitare, devi solo abituarti-
-Mh…sì…-
Lei ridacchiò, sdraiandosi a pancia in su sul letto.
Roderich si lavò le mani e si sedette accanto a lei, accarezzandole i capelli.
-Saremo anche immortali, ma devi fare attenzione, non è normale che ti si sia infettata così-
-Starò attenta d’ora in poi, ok?-
Lui annuì, dandole un leggero bacio sulle labbra.

Buonasera a tutte, eccomi dunque con un'altra storia per la #nowisyourturnchallenge!
Questa volta è stato più facile, anche nel canon è più Ungheria a prendersi cura di Austria che viceversa, quindi mi è bastato invertire l'andazzo.
Spero che questa raccolta continui a piacervi, buone feste!

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Capitolo 27
*** Osservato ***


Osservato Scritta per la #nowisyourtunchallenge

Prompt: personaggio A va in PTSD per qualsiasi motivo (scegli tu se cerca in qualche modo di nasconderlo), personaggio B se ne prende cura

Osservato

Francia era vecchio, immensamente vecchio.
Quando era piccolo era stato cresciuto da Impero Romano in persona, e nei suoi millenni di vita aveva assistito a tutto e di più, guerre e stragi a non finire, lui stesso si era macchiato di sangue le mani molte, molte volte, e nei modi più brutali.
Pensava quindi di essere diventato ormai immune a qualsiasi cosa, pensava che più nulla potesse traumatizzarlo come era successo in passato con le prime guerre che aveva affrontato.
Ma essere antichi non significa avere sempre ragione.
Aveva veramente sperato che quella fosse “La guerra per porre fine a tutte le guerre”, ma poi era arrivato Hitler, e la Seconda Guerra Mondiale lo aveva colpito in pieno, dato che era completamente impreparato all’attacco di Germania.
L’altro invece, era preparato eccome, e gliel’aveva fatta pagare per tutto con gli interessi.
Adesso la guerra era finita, i nuovi trattati di pace erano stati firmati e sperava veramente che quella, fosse la guerra per porre fine a tutte le guerre.
Ma in fondo sapeva che era una speranza vana.
Aveva passato tutto l’incontro teso come una molla, gettando continue occhiate a Prussia e Germania, che però al momento non sembravano intenzionati a fare altri colpi di testa, feriti ed abbattuti.
Non immaginava che una Nazione giovane come Germania fosse in grado di perpetrare simili atrocità, si era svegliato più volte nel mezzo della notte urlando, e nonostante cercasse di truccarsi la sua stanchezza cominciava ad essere fin troppo evidente.
Non era il momento di apparire vulnerabile quello.
-Francia…-
Sobbalzò portando istintivamente una mano ad una pistola che non c’era e girandosi di scatto.
Ma davanti a lui c’era solo la sua ex-colonia, Canada.
-Matthew…-
-Va tutto bene?-
-Ma certo!- si sforzò di sorridere, mettendogli un braccio attorno alle spalle -dimmi pure, di cosa hai bisogno dal fratellone? Hai litigato con America?-
-No…- scosse la testa, prendendogli una mano fra le sue -ma ho la sensazione che sia tu ad avere bisogno di me-
Canada, fin da piccolo notava tutto, silenzioso osservatore.
-Tu mi hai aiutato quando ho avuto lo shell-shock dopo la scorsa guerra, ti prego, lascia che sia io ad aiutare te questa volta-
Francis sospirò, abbassando lo sguardo.
-Si vede così tanto?-
-Io l’ho visto subito, ma speravo me ne parlassi tu per primo-
-Scusa…io…-
-Vieni, andiamo nella mia stanza d’albergo-
Lo condusse in camera e lo fece sedere sul letto, mettendosi accanto a lui.
-Verrò a stare a Parigi per un po’-
-No, non…-
-Francis, non c’è niente di male a chiedere aiuto, anche se sei più anziano ed esperto di me, è normale che tu abbia bisogno di supporto ogni tanto-
Il francese sospirò, abbracciandolo e affondando la testa nella sua spalla.
-Ho visto così tante guerre…e ognuna è peggiore di quella prima…non capisco…-
Lo strinse a sé, accarezzandogli la schiena e i capelli, cercando di confortarlo.
-Verrò a Parigi e starò con te per tutto il tempo necessario, hai bisogno di compagnia e aiuto, tu ci sei stato per me dopo la prima, e io ci sarò per te adesso-
-Appartieni ad Inghilterra tecnicamente-
-Non accampare scuse, sappiamo entrambi che a lui non importa se passo del tempo con te, non è come quando ero bambino-
-Già…non sei decisamente più un bambino…sei un uomo adulto adesso, una Nazione fatta e finita-
-Lascerai che ti aiuti? Abbiamo l’eternità davanti del resto-
-Sì, piccolo mio, mi lascerò aiutare-
Il canadese sorrise, sdraiandosi sul letto e trascinandolo con sé, facendogli appoggiare la testa sul suo cuore.

Buonasera e buon anno a tutte!
"Vite intrecciate" è terminata, ma questa raccolta continua anche nel 2021!
Spero che anche questa storiella vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 28
*** Tosse ***


Tosse Scritta per la #nowisyourturnchallenge

Prompt: Germania ha la polmonite e Italia, che c'è già passato, se ne occupa

Tosse

Una tosse violenta lo svegliò nel bel mezzo della notte, facendolo sobbalzare.
Accese la luce e si girò verso Germania, che stava tossendo violentemente.
-Veeee…Ludwig?-
-Sto bene…è solo…un…- ricominciò a tossire, annaspando alla ricerca di aria.
-No che non stai bene! Vado a prendere lo sciroppo e ti preparo i suffumigi!-
-Nein…non…-
Ma Veneziano era già partito, senza nemmeno mettersi qualcosa addosso.
Ludwig si sdraiò, sospirando.
Non era un periodo felice quello, e come sempre, ciò si manifestava sul suo fisico.
Italia aveva avuto sintomi simili solo qualche settimana prima, e lui era stato al suo fianco, come era sempre stato da quando si era conosciuti.
A quanto pare a Feliciano toccava ricambiare il favore.
-Ecco qua lo sciroppo! Sappiamo che su di noi non fa poi così tanto effetto ma possiamo provare no?-
Lui annuì, avendo poi un altro attacco di tosse.
Veneziano gli mise sotto la testa un altro cuscino e gli fece bere lentamente lo sciroppo dal sapore disgustoso, ma Ludwig non era mai stato il tipo da lamentarsi del sapore dei medicinali.
-Questa volta sarò io a pensare a te, non ti preoccupare!-
-Ja…ti credo…-
Veneziano sorrise contento, andando a preparare l’occorrente per i suffumigi.
Per una volta, sarebbe stato Germania a godersi le coccole.

Buonasera a tutte!
Con questa piccola GerIta, si conclude la #nowisyourturnchallenge!
Spero che questa raccolta vi stia piacendo e che continuerete a seguirmi, alla prossima!

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Capitolo 29
*** Attesa ***


Attesa

Prompt: Senso di impotenza del caretaker di fronte alle sofferenze del sick

 

Attesa

 
Gli umani morivano.
Inghilterra lo sapeva bene, ci era passato innumerevoli volte.
Ma esattamente come secoli prima, vedendo la sua Regina sul letto di morte, stava morendo un po’ anche lui.
Non si sarebbe mai abituato.
Esattamente come con Elisabetta I, con la Regina Vittoria aveva conosciuto un periodo di splendore e potere.
Non se ne era innamorato questa volta, dato che Elisabetta non aveva mai veramente lasciato il suo cuore, ma il rispetto che nutriva per lei e per il defunto Principe Alberto era saldo e presente più che mai.
Di nuovo, una Regina valorosa stava morendo di fronte ai suoi occhi, e di nuovo, lui non poteva fare assolutamente niente per impedirlo.
Come gli umani erano destinati a morire, loro erano destinati a soffrire senza poter muovere un dito.
-Alberto…dove sei Alberto…-
Sospirò, avvicinandosi e prendendole una mano.
-Alberto…- la Regina sorrise, guardandolo.
I deliri della vecchiaia poi, erano la cosa più straziante.
Elisabetta era stata lucida fino alla fine, a Vittoria purtroppo, non era stato concesso nemmeno quello.
Tutto ciò che poteva fare, benché lui non assomigliasse minimamente al defunto Principe Alberto, era assecondarla come poteva.
-Sono qui meine liebe-
Le baciò dolcemente la mano, continuando ad accarezzarla.
-Sto per morire…lo sento sai…sto per raggiungerti…-
-Sì Vittoria, fra poco saremo di nuovo insieme-
La Regina sorrise come poté, gli occhi velati dalla vecchiaia.
Non poteva fare niente per alleviare la sua sofferenza, ma non poteva nemmeno abbandonarla.
Esattamente come con Elisabetta, il suo compito era solo tenerle compagnia, fino alla fine, in attesa della morte, del tutto impotente di fronte al corso della natura.


Buonasera a tutte!
Oggi è l'anniversario della morte di Sua Maestà la Regina Vittoria, precisamente 120 anni, in quanto è morta il 22 Gennaio 1901.
Dato che avevo scritto questa storia per il gruppo, quale giorno migliore per pubblicarla anche qui?
Spero che vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 30
*** Sbornia ***


Sbornia Prompt: USUK - Arthur spesso esagera con l'alcol. Alfred di solito non è d'aiuto, a meno che la situazione non sia davvero grave, in quel caso si fa in quattro per Arthur.

Sbornia

Si rigirava il bicchiere di whiskey fra le mani, guardandolo assorto.
Era sempre stato così sfocato?
Eppure non gli sembrava di aver bevuto poi così tanto…
Accanto a lui, America aveva bevuto almeno il doppio, ed era lì bello tranquillo che chiacchierava col barista.
E pensare che in anni umani non dimostrava nemmeno l’età minima legale per poter bere a casa sua…
-Ohi, America!-
-Mh?-
Si girò verso di lui, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio nel bicchiere.
-Che ore..shono?-
-Uhm…le 10:30-
-Cosa?!-
L’inglese alzò la testa di scatto, ma fu travolto immediatamente da un capogiro e fu costretto di nuovo ad appoggiarsi al bancone, facendo uno sforzo enorme per non far cadere il bicchiere.
-Mmm…è presto…-
Prima che l’americano potesse fermarlo si scolò il whiskey rimanente tutto d’un fiato, per poi girarsi verso il barista.
-Un altro!-
Si sporse verso di lui, traballando sul bancone.
-No Arthur, hai esagerato, adesso ce ne andiamo-
Gli tolse il bicchiere di mano e cercò di prenderlo in collo, ma l’altro cominciò a scalciare prepotentemente.
-Tu non puoi darmi ordini, brutto ingrato! Se io voglio bere, bevo! Non prendo ordini da un traditore come te!-
Il tutto detto in modo molto sconclusionato con un vago accento del sud.
-Arthur, non costringermi ad usare la forza-
-Non me ne frega un cazzo se vuoi usare la forza, tanto è tutto ciò che conosci, usi sempre la forza!-
-Ok, lo hai voluto tu-
America lo sollevò di peso, caricandoselo in spalla come un sacco di patate, mentre l’altro continuava a scalciare e a dimenarsi.
-Lasciami! Brutto grassone che non sei altro!-
Alfred lo ignorò, ormai era abituato ad Inghilterra ubriaco, non si stupiva più di nulla.
Dopo qualche minuto, sembrò calmarsi e riuscì a portarlo a casa, entrò e lo portò in camera da letto, quasi lanciandolo sul materasso.
Era completamente rosso e aveva gli occhi velati.
-E adessho…cosha vuoi farmi?-
L’americano alzò un sopracciglio, guardandolo stupito.
-Cosa vuoi che ti faccia? Ti lascio qui a smaltire la sbornia e me ne vado a casa-
-Gno! Tu non vai da nesshiuna part…-
Alfred si rese conto troppo tardi di ciò che stava succedendo, e non poté fare nulla per impedirlo, Inghilterra rigettò violentemente sul tappeto davanti al letto.
-…ok…adesso mi ascolti-
-No…shto bene…shto be…- e rigettò di nuovo, fortunatamente nello stesso punto.
-Certo, stai una favola…facciamo i seri adesso, che ne dici?-
Lo prese di nuovo di peso, senza alcuna difficoltà e lo portò in bagno, giusto in tempo per farlo vomitare di nuovo, questa volta dentro al water per fortuna.
-Mmm…fuck…-
Prese un asciugamano pulito e gli pulì la bocca dai rivoli di vomito, sostenendolo.
-Dovresti smetterla di bere così tanto, lo sai che poi ti riduci così-
-Mmm…-
-Aspetta qua-
Inghilterra si aggrappò con forza alla tazza, mentre l’altro si allontanava.
Dove diavolo sarebbe mai potuto andare?!
Aveva i crampi allo stomaco e le gambe non volevano obbedirgli, non aveva molta scelta.
-Eccomi-
Gli portò un bicchiere d’acqua e lo fece bere lentamente, sostenendolo, poi si sedette per terra dietro di lui e lo attirò a sé, facendogli appoggiare la schiena sul suo petto.
-Mh…che fai?-
Arthur era confuso, vedeva tutto annebbiato ancora, ma se non altro vomitare gli aveva tolto un po’ di alcol dal corpo.
-Ti faccio rilassare così poi ti addormenti e smaltisci-
-Mh…il tappeto…-
-Ci penso io al tappeto, la so fare una lavatrice-
-Sicuro?-
-Sì Arthur, sono sicuro-
L’inglese si appoggiò contro di lui, chiudendo gli occhi, e Alfred ne approfittò per controllarlo.
Era freddo, ma quello sapeva che era normale, il battito era più lento del solito, ma anche quello era un effetto collaterale dell’alcol.
Chissà perché ogni volta che loro due uscivano per bere finiva in quel modo, cominciava quasi a sospettare che Arthur lo facesse apposta.
-Sai, se ogni tanto vuoi qualche coccola, non c’è bisogno che ti ubriachi, basta chiedere-
Inghilterra scattò come se gli avessero sparato, girandosi furioso verso di lui.
-Io non ho bisogno di coccole! Non mi ubriaco per far sì che tu mi “coccoli”! Ma cosa pensi di essere eh?!-
-Certo Arthur, certo-
Lo prese nuovamente in collo, mettendolo sul materasso.
-Non trattarmi come un bambino, io sono più vecchio di te! Sono l’Impero Britannico! Mi devi portare rispetto! Alfred!-
Ma l’altro non lo stava ascoltando, aveva preso il tappeto sporco e lo aveva messo in lavatrice.
-Ascoltami quando ti urlo contro!-
Provò a scendere da letto ma cadde rovinosamente a terra, bestemmiando.
-Io ti ho sempre portato rispetto-
Lo aiutò a rialzarsi dal pavimento e lo costrinse di nuovo a sdraiarsi sul letto, mettendosi poi accanto a lui.
-E ti ascolto sempre quando mi urli contro-
-Mpfh! Sarà meglio!-
Si girò dandogli la schiena, e ridacchiando l’americano lo abbracciò da dietro, stringendolo a sé.
Tempo pochi secondi, e l’altro si era già addormentato.
-E meno male che non volevi le coccole…-
Gli diede un bacio fra i capelli, e dopo poco si addormentò anche lui.

Buonasera a tutte!
Questa piccola raccolta continua ad andare avanti, questa volta con i dolci UsUk <3
Spero che queste storie vi stiano piacendo, alla prossima!

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Capitolo 31
*** Ritrovo ***


Ritrovo Prompt: A si sveglia legato in una stanza al buio e non ricorda cosa gli sia accaduto. B lo cerca disperatamente

Ritrovo

Rumore di spari, urla sia in tedesco che in francese, Germania che irrompeva nella sua stanza furiosamente.
-Cos…-
Non aveva fatto in tempo a rendersi conto di nulla, era giunto il buio.
Al suo risveglio, era legato come un salame da capo a piedi, non riusciva a muovere un muscolo, e ovviamente era imbavagliato.
Cosa diavolo era successo? Che ci faceva lì?!
L’ultima cosa che ricordava era il volto furente di Germania.
Francia sospirò, appoggiando la fronte sul pavimento.
Circolavano voci, che finalmente gli eserciti Alleati stessero per entrare a Parigi, per liberarlo come gli avevano promesso, ma considerando quanto poco filtrava per colpa del regime Nazista, non era più sicuro di cosa fosse reale e cosa non lo fosse.
Ma se Germania lo aveva rinchiuso là sotto, evidentemente un motivo c’era.
Imprecò, cercando di slegarsi in qualche modo.
Non aveva idea di dove fosse, sperava solo di essere ancora a Parigi, o sarebbe stato un grosso problema.

Canada guidava i soldati, aiutato da suo fratello e da Inghilterra.
Avevano mantenuto la promessa, erano finalmente entrati a Parigi, pronti a strappare Francia dalla presa di Germania, che adesso non era poi così tanto salda.
Il problema era che non si riuscivano a trovare nessuno dei due.
La Resistenza diceva di aver visto Germania scappare con dei soldati, ma di Francia non c’era alcuna traccia.
Matthew era terrorizzato all’idea di non rivederlo mai più.
Gli avevano spiegato che, esattamente come era successo secoli prima ad Impero Romano, in condizioni estreme loro potevano morire, se venivano distrutti geograficamente e politicamente.
Ma in fondo, la Francia come Nazione esisteva ancora no? Francis non poteva essere morto, giusto?
Certo, era stato invaso, ma non completamente distrutto!
Se lo ripeteva come un mantra, mentre spalancava ogni porta, irrompeva in ogni edificio, cercandolo disperatamente, non si preoccupava nemmeno dei pochi nazisti rimasti che gli sparavano contro.
Francis aveva la priorità assoluta.
-Alfred! Lo hai trovato?-
Il fratello scosse la testa, prima di tornare dai suoi uomini.
-Maledizione!-
Lui non era un tipo che imprecava, chi lo conosceva lo sapeva bene, ma la guerra, esattamente come per i mortali, aveva tirato fuori il peggio di lui.
Possibile che non ci fosse un modo?!
Parigi era enorme, ci avrebbe messo il resto della sua vita immortale per setacciarla tutta!

Gli arrivavano voci ovattate, spari, rumori confusi.
Non riusciva a distinguere gli accenti che sentiva, ma era abbastanza sicuro di aver sentito qualcuno che parlava in inglese.
Quindi erano arrivati? Arthur aveva mantenuto la promessa?
Provò ad urlare per quanto il bavaglio glielo consentisse, sperando che qualcosa, qualcuno, lo sentisse.

Possibile che non ci fosse un modo?
Loro nazioni erano speciali, non erano esseri umani, possibile che non esistesse la possibilità di creare un legame psichico o qualcosa del genere?
In fondo loro parlavano già una lingua tutta loro non sempre compresa dagli umani, doveva significare qualcosa!
Dove avrebbe nascosto una Nazione nemica ad un passo dalla sconfitta?
Possibile che…

La testa gli faceva male e stava cominciando a disperarsi.
Sapeva che tecnicamente non poteva morire di fame o di sete, ma non era comunque piacevole ritrovarsi in quella situazione, quanto tempo era passato?
Non riusciva nemmeno più ad urlare, o almeno a provare ad urlare.
Sentì degli spari, la serratura della porta che saltava.
Preso dal panico, cercò di allontanarsi il più possibile, strisciando contro il muro.
La luce fu accesa e i suoi occhi ci misero un po’ ad abituarsi, ma…
-Francis!-
Il canadese si gettò su di lui, togliendogli il bavaglio.
-Matthew…o mon dieu…-
Canada prese il coltello e cominciò a slegarlo, facendo attenzione a non ferirlo.
-Matthew…Matthew!-
Non appena ebbe le braccia libere Francia si gettò su di lui, abbracciandolo.
-Sono qui Francis…-
Il francese lo afferrò delicatamente per le guance, guardandolo.
-Sei tu? Sei davvero tu? Il mio Canada? Siete finalmente arrivati a Parigi?!-
L’altro si limitò ad annuire, accarezzandogli le mani.
-Ci siamo Francia, stiamo vincendo, ci sono anche Arthur e Alfred con me, c’è ancora un po’ di resistenza nazista per le strade, ma pensiamo di riuscire a riprenderci Parigi in pochi giorni-
Francia cominciò a piangere, lentamente, singhiozzando leggermente.
Era finita, la sua prigionia con Germania, era finalmente finita.
Matthew lo abbracciò, facendogli affondare la testa sul suo petto, accarezzandogli dolcemente i capelli.
Era libero, dopo cinque anni, era finalmente libero.

Buonasera a tutte!
Eccomi dunque tornata con questa nuova piccola storia, dedicata ai miei amati Francia e Canada verso la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 32
*** Tagli ***


Tagli A, in seguito ad un grave trauma, sviluppa un serio problema di autolesionismo.
B se ne accorge e cerca di aiutarlo.

Tagli

Tutto Romano si sarebbe aspettato, meno che Germania lo chiamasse a Berlino, insomma, che diavolo voleva da lui il mangiapatate?!
-Finalmente sei arrivato-
-Tsk, cosa cazzo vuoi?!-
-Si tratta di Gilbert-
L’espressione dell’italiano cambiò immediatamente, ed entrò in casa come una furia.
-Che cazzo è successo?! Cosa gli hai fatto?!-
Lovino si avvicinò a lui minaccioso, guardandolo furente nonostante il divario di altezza.
-Non gli ho fatto niente, ma si è rinchiuso in camera e non mi ascolta, forse con te è disposto a parlare-
-Mpfh, nemmeno io dopo essere stato 50 anni sotto le torture di Russia vorrei vedere la tua brutta faccia-
Ludwig ignorò la battutaccia, e si limitò a condurlo alla porta della camera del fratello, a cui l’italiano non esitò a bussare furiosamente.
-GILBERT! APRI QUESTA CAZZO DI PORTA O GIURO CHE LA SFONDO!-
Dall’altra parte rispose solo il silenzio.
-Tsk, ora ci penso io-
-Non vorrai veramente sfondar…-
Ma non fece in tempo a finire a frase, Romano tirò fuori un coltellino svizzero e cominciò a scassinare la serratura, dopo pochi secondi, quella scattò.
Germania non nascose il suo stupore.
-E adesso lasciaci in pace- entrò e gli sbatté la porta in faccia ancora prima di dargli tempo di rispondere.
Non appena si girò verso l’ormai ex-Prussia, per poco non gli prese un infarto.
Gilbert era sul letto, una lametta in mano, le lenzuola sporche di sangue, il suo sangue, per la precisione.
-Ma cosa cazzo…-
L’altro sembrò come risvegliarsi, sobbalzando e alzando lo sguardo verso di lui.
-Lovino…-
-…COSA STRACAZZO HAI FATTO?!-
Si gettò verso di lui, togliendogli la lametta di mano e gettandola lontano.
-Perché non muoio?-
-…cosa?-
-Sono stato sciolto nel 1947, quando ero sotto Russia ero Germania dell’Est, ma adesso sono stato riunito a mio fratello, quindi perché sono ancora vivo? Perché non muoio?-
-Ti sembra il modo giusto per scoprirlo?!-
-Io non capisco…-
L’albino aveva uno sguardo stralunato, lo guardava ma non lo vedeva veramente.
Romano non avrebbe mai immaginato che il dominio di Russia gli avrebbe fatto un effetto del genere.
Certo, non era un mistero che fosse sadico a volte, ma da qui a ridurre Gilbert in quello stato…
Lovino cercò di calmarsi, andò in bagno a prendere la cassetta del pronto soccorso e tornò da lui.
-Piuttosto…perché sei qui?-
-Mi ha chiamato quello stronzo di tuo fratello, era preoccupato per te e pensava che con me avresti parlato-
Aprì il flacone di disinfettante, prese il cotone e cominciò a pulirlo dal sangue, scoprendo i tagli che si era fatto.
Ovviamente era andato a ricercare le vene più importanti, quelle che sapeva, che in un essere umano avrebbero causato la morte…ma a quanto pare, la Prussia non era ancora giunta veramente alla sua fine.
-Perché lo hai fatto?-
L’altro non rispose, mentre lui gli curava le ferite.
-Gilbert, parlami, o giuro che non mi muovo da qui-
-Allora non parlerò mai più-
Romano rimase per un attimo interdetto, poi avvampò violentemente, concentrandosi sulle sue ferite.
Erano incisioni precise e profonde, le intenzioni dell’altro erano chiare.
Gli pulì per bene tutto il sangue, poi prese la garza e cominciò a bendarlo lentamente.
-Sei sopravvissuto alla Guerra Fredda passata sotto il dominio sovietico, non rovinarti così-
-Ma io dovrei essere morto…lo hai visto un mappamondo di recente Romano? Io non ci sono più…-
-Tecnicamente nemmeno io ci sono più!- lo guardò con rabbia, afferrandolo per il mento -Italia è mio fratello, non io-
-Non è vero…anche tu sei Italia…-
-Ed evidentemente, anche tu sei Germania adesso-
-E se invece fossi diventato umano?-
-Oh fidati, saresti già morto, guarda quanto sangue c’è su queste lenzuola…-
Gilbert guardò in basso, come rendendosi conto in quel momento di quanto sangue aveva perso.
-Oh…-
-Non ti preoccupare, si sistema tutto, l’importante è che tu guarisca…rimarrò qui a Berlino per un po’ con te, d’accordo? Così mi racconti cosa ti ha fatto quello stronzo di Russia-
L’altro sgranò gli occhi e cominciò a scuotere la testa.
-No…no…no ti prego, non farmelo ricordare…no…-
Cominciò a respirare affannosamente, in preda ad un attacco di panico, Romano lo abbracciò di slancio, facendogli appoggiare la testa sul suo petto.
-Hai ragione…scusa…non voglio sapere niente…-
Parlava lentamente, col suo tedesco sdentato, accarezzandogli i capelli dolcemente.
L’albino affondò il viso contro di lui, cominciando a piangere a dirotto fra le sue braccia.
-Non volevo…che Ludwig…mi vedesse…in questo stato…-
-Ci penso io a te, non ti preoccupare, non lascerò Berlino fino a che non starai meglio-
Gilbert annuì, stringendosi di più a lui.
In quanto fratello maggiore, non poteva lasciare che il minore lo vedesse in quel modo, e Romano lo capiva benissimo.

Buonasera a tutte con questa nuova storia!
Come vedete, come nella storia precedente mi era stato dato un prompt preciso che ho dovuto rispettare, decidendo di abbinarlo a questa splendida coppia.
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 33
*** Pattinaggio ***


Pattinaggio Scritta per la #adventcalendarchallenge edizione 2020

Prompt: Danimarca

Pattinaggio

-Ehi Norvegia, guarda un po’!-
Il biondo alzò lo sguardo seppur malvolentieri, trovandosi davanti un Danimarca che piroettava sul ghiaccio come impazzito.
Era Dicembre inoltrato, il lago vicino casa sua si era ghiacciato e prima che potesse esprimere una propria opinione, Mathias si era autoinvitato per pattinare.
Norvegia dal canto suo, se ne stava seduto su una panchina a bere cioccolata calda, scuotendo la testa.
Certo, avevano letteralmente secoli di esperienza, la nazione limitrofa poteva anche permettersi di fare mosse più azzardate sui pattini.
Ma ciò non cambiava il fatto che il ghiaccio fosse volubile, e Lukas lo sapeva bene.
Mathias d’altro canto invece, continuava a fare acrobazie degne delle Olimpiadi, pur essendo anche lui una Nazione nordica, sembrava aver dimenticato completamente quanto una cosa del genere fosse pericolosa.
Ma in fondo era Danimarca, probabilmente aveva i Lego al posto del cervello.
-Norvegia, non stai guardando!-
Lukas sospirò platealmente, alzando di nuovo lo sguardo.
Sorridendo, il danese spiccò un salto, atterrando con una elegante piroetta.
C’era da dire che non si sarebbe mai aspettato che uno come lui fosse in grado di fare movimenti così aggraziati, considerando che aveva la delicatezza di una renna impazzita.
-Visto?!-
Mathias cominciò a saltellare sul posto, tutto contento.
-Ehm…Danimarca…-
Ma l’altro continuava a non ascoltarlo, facendo l’esibizionista come al solito.
-Danimar…-
CRACK!
Fu un attimo, il ghiaccio si ruppe e il danese cadde in acqua ancora prima di accorgersene.
Norvegia imprecò, si mise i pattini in fretta e furia e si diresse verso il buco, maledicendolo nella sua lingua madre.
Ci mancava solo che cadesse anche lui per aiutare quell’idiota!
Vide le mani dell’altro annaspare, tentando di aggrapparsi al ghiaccio.
Era una fortuna che non potessero morire, perché una Nazione nordica morta di ipotermia sarebbe stato qualcosa di veramente assurdo, se non crudelmente ironico.
Gli afferrò una mano e cominciò a tirare, sperando con tutto sé stesso che il ghiaccio non si rompesse anche sotto di lui.
Facendo leva con l’altra mano, Danimarca riuscì ad aggrapparsi ad una piccola scanalatura nel ghiaccio, trascinandosi fuori.
Lukas riuscì a trascinarlo a terra giusto in tempo, non appena misero piede sulla terraferma, il ghiaccio crollò definitivamente, lasciando solo acqua.
-Sei un idiota!-
Lo sgridò, cercando di farlo alzare per portarlo in casa, mentre l’altro tremava vistosamente, non riuscendo nemmeno a parlare.
Meno male che aveva il camino acceso.
Lo portò dentro e lo fece sedere davanti al camino, cominciando a togliergli i vestiti bagnati di dosso.
-Nnn…nnnnon pensaaaa…vo…s…si…sarebbbe…roootto…-
Disse continuando a tremare, allungandosi istintivamente verso il fuoco.
-Perché sei un cretino-
Riuscì finalmente a spogliarlo e gli mise sopra una coperta, avvolgendocelo con cura.
-La prossima volta ti lascio lì a congelare-
-G…g...grazie…-
Scuotendo la testa, andò a preparargli una bevanda calda.
Il calore del fuoco fece piano piano effetto, e Mathias tornò lentamente ad una temperatura normale.
-Ecco qua-
Si era cambiato anche lui, gli porse una cioccolata calda e gli si sedette accanto davanti al camino.
-Grazie…-
Cominciò a sorseggiarla lentamente, smettendo di tremare.
-Sei uno scemo-
Il danese ridacchiò, attirandolo a sé con un braccio, incurante delle sue proteste.
-L’ho fatto perché sapevo che tu mi avresti aiutato!-
Sorrise in quel solito modo irritante, col solo effetto di scocciarlo ancora di più.
-Dico sul serio, la prossima volta ti lascio lì-
In tutta risposta il danese gli diede un veloce bacio cioccolatoso a stampo, facendolo arrossire.
-Idiota…-
Disse, rimanendo però accoccolato a lui, osservando il fuoco scoppiettante.

Buonasera a tutte, eccoci qua con la nuova storia, dedicata tutta ai fantastici DeNor!
In fondo con un prompt del genere, l'associazione veniva spontanea <3
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 34
*** Insonnia ***


Insonnia Scritta per la #adventcalendarchallenge edizione 2020

Prompt: rimpianto

Insonnia

“Un giorno rimpiangerai di esserti ribellato”
Queste erano le parole, pregne di veleno, che Arthur gli aveva rivolto poco dopo l’Indipendenza.
Alfred non gli aveva dato ascolto, carico di buoni propositi ed euforia per l’appena ottenuta autonomia.
Non era più una colonia, era una Nazione indipendente adesso, e avrebbe fatto tutto il possibile per diventare grande e potente, anche più di Inghilterra stesso.
Si era impegnato, si era espanso, aveva combattuto.
Ma nonostante la sua giovane età e l’entusiasmo, le cose avevano cominciato ad andare storte molto presto.
La guerra del 1812, proprio contro Inghilterra e il suo stesso fratello, Canada.
La guerra di secessione.
Le due guerre mondiali.
E da lì era stata una lunga discesa fra guerre e sangue, non aveva avuto letteralmente nemmeno un anno di pace dal 1945 in poi.
E più guardava le altre ex-colonie di Arthur, e più si rendeva conto di quanto lui fosse quello messo peggio da molti punti di vista.
Certo, economicamente era diventato la prima potenza mondiale, ma era una vittoria effimera quando tutto il resto andava in rovina.
Era proprio a casa di Inghilterra, aveva dormito da lui e si era svegliato nel bel mezzo della notte con quelle parole in testa, Arthur ancora sopito al suo fianco.
Si girò a guardarlo, aveva un’espressione tranquilla che da sveglio non gli aveva mai visto, in fondo anche lui aveva le sue gatte da pelare.
Stava veramente rimpiangendo di non essere rimasto suo più a lungo?
Canada stava conoscendo la prosperità, Australia e Nuova Zelanda avevano molti meno problemi di lui, ed era sicuro che se non fosse tornato da Cina, anche Hong Kong se la starebbe cavando egregiamente.
Certo, erano tutte colonie in cui aveva commesso atrocità, ma quale Impero della storia non lo aveva fatto?
Letteralmente nessuno.
Quindi forse, tutto sommato, gli sarebbe convenuto di più stare ancora un po’ sotto il dominio britannico, piuttosto che fare quel colpo di testa e dichiararsi indipendente.
Sospirò, girandosi a guardare il soffitto.
Inghilterra sbatté le palpebre, svegliandosi.
-Mh…che succede?-
-Oh, scusa, non volevo svegliarti…-
-Sono le tre di notte America…cosa c’è che non va?-
-No…niente…-
L’inglese si giro verso di lui, mettendosi in modo da guardarlo meglio, per quanto il buio glielo permettesse.
-Sputa il rospo, sono troppo assonnato per le tue stronzate-
Ed eccolo, il solito vecchio Inghilterra.
-Sai…stavo pensando…se ribellarmi a te non sia stato uno sbaglio…-
L’altro sbatté le palpebre, guardandolo incredulo.
-Mi prendi per il culo?-
-No…dico sul serio…-
L’inglese sospirò, abbandonandosi sul cuscino.
-Perché tiri fuori questo discorso dopo 200 anni?-
-Stavo pensando all’attuale situazione…a come me la passo io rispetto alle altre tue ex colonie…- si girò a guardarlo -sono quello messo peggio-
-America, sei la prima potenza mondiale-
-Oh andiamo, sai cosa intendo!- gesticolò, irritato -a che serve essere la prima potenza mondiale se il tuo popolo muore di fame? Se il razzismo dilaga? Se molti miei cittadini non hanno ancora diritto ad essere curati? Noi siamo il nostro popolo, sei stato tu ad insegnarmelo, e il mio popolo se la sta passando malissimo!- si mise seduto, continuando ad agitarsi -mentre Canada e altre tue ex colonie sono messi molto meglio!-
Inghilterra lo lasciava sfogare in silenzio.
-Mi dicesti che mi sarei pentito di essermi ribellato, ebbene quel momento è arrivato! Sono sicuro che sarei migliore se fossi rimasto tuo!- abbassò lo sguardo, giocherellando con un lembo di lenzuolo -avevi ragione…rimpiango di averlo fatto…e considerando come stanno andando le cose, non rimarrò la prima potenza mondiale ancora a lungo…-
Arthur lo attirò a sé, facendogli appoggiare la testa sul suo cuore.
-Pensarci adesso è un po’ tardi, non credi?-
Alfred si limitò ad annuire, abbracciandolo e affondando la testa nel suo petto.
-Non possiamo cambiare ciò che è stato, certo, le cose sarebbero state molto diverse se tu fossi rimasto mio più a lungo, ma potevano essere diverse in meglio come in peggio, non lo sapremo mai…ricordo bene ciò che ti dissi, ero guidato dalla rabbia e dalla disperazione…ma ciò non significa che nonostante tutto io non sia fiero di te-
America alzò lo sguardo, guardandolo stupito.
-Fiero di me? E perché mai?-
-Perché ancora ti importa, sei ancora legato alla tua umanità e al tuo popolo…mentre io invece sto diventando sempre più insofferente a ciò che ci circonda…-
-Bhe io sono più giovane, può anche darsi che fra qualche secolo sarò come te-
-Non è da escludere in effetti- gli accarezzò i capelli, cercando di confortarlo -c’è anche da dire che il tipo di rapporto che ho con te non ce l’ho con nessuna delle altre colonie- sogghignò leggermente, chinandosi a baciarlo.
America rispose molto volentieri al bacio, stringendosi a lui ancora di più, come se volesse tornare a far parte di lui anche fisicamente.
Era vero, ciò che si era creato con Inghilterra era speciale, e non pensava che il loro rapporto si sarebbe evoluto in quel modo se lui fosse rimasto una sua colonia.
Stava un po’ rimpiangendo di non essere stato suo più a lungo, ma paradossalmente era Inghilterra stesso a consolarlo, coccolandolo e confortandolo.
E considerando che il passato non si poteva cambiare, andava bene così.

Buonasera a tutte!
Anche questo nuovo capitolo è approdato, il giorno dopo l'uscita della settimana stagione <3
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 35
*** Fornello ***


Fornello Scritta per la #adventcalendarchallenge edizione 2020

Prompt: soli a Natale

Fornello

Canada adorava il Natale.
Non era certo ai livelli di fanatismo di suo fratello, ma gli piaceva comunque decorare casa e l’albero, riempiendo tutto di decorazioni e luci.
Normalmente lo passava proprio con suo fratello, ma quell’anno l’altro aveva deciso di stare con Inghilterra.
Non che a lui dispiacesse stare solo tutto sommato, quello era un Natale atipico, e gli ci voleva decisamente un po’ di tranquillità.
Per questo fu molto stupito quando sentì suonare il campanello.
Guardò dallo spioncino e aprì, sorpreso.
-Francia?-
-Joyeux Noel mon petite!-
Il francese sorrise, porgendogli un pacchetto.
Matthew rimase interdetto per qualche secondo, ma poi si fece da parte per farlo entrare.
-Non mi aspettavo che saresti venuti a trovarmi…-
-Perché non avrei dovuto? Non potevo certo lasciarti solo a Natale no?-
Sorridendo, Canada richiuse la porta e prese il pacchetto che l’altro gli porgeva.
Normalmente sarebbe stato irritato se qualcuno si fosse autoinvitato a casa sua, ma con Francis era tutto un altro discorso.
-Grazie…buon Natale-
Francia sorrise, uno di quei suoi sorrisi radiosi che gli faceva sempre battere il cuore.
-Spero che tu non avessi intenzione di mangiarti dei pancakes anche per Natale-
-Bhe, quelli erano solo il dessert- appoggiò il regalo sotto all’albero, accanto agli altri -ho comprato dei pasti precotti da scaldare al microonde…-
Francia lo guardò sconvolto, come se gli avesse appena detto che aveva dichiarato guerra a Russia.
-No no no no Canada, non ci siamo, fratellone Francia ti cucinerà un pasto coi fiocchi!-
-Ma non c’è bisogno…-
-Ah! Insisto, mi sono autoinvitato a casa tua, e mi occuperò di tutto io, tu dovrai solo rilassarti e guardare la TV-
-Ma non ho molto in casa…-
-Tu fidati del fratellone, d’accordo?-
Matthew sospirò, annuendo, sapeva che quando Francia si metteva qualcosa in testa non c’era modo di dissuaderlo, specialmente quando si trattava di cibo.
-Va bene-
Continuando a sorridere, l’altro gli fece l’occhiolino e andò a rinchiudersi in cucina, pronto per mettersi all’opera.
Scuotendo la testa, il canadese si sedette sul divano, deciso a rilassarsi come gli aveva detto l’altro.
Continuò a fare zapping fra i canali, non trovando nulla che lo allettasse, poi sentì un gemito di dolore provenire dalla cucina e sobbalzò.
A velocità record si diresse di là, trovando un Francis con la mano ustionata che imprecava in un francese molto dialettale, tanto che non coglieva tutte le parole.
-Francia!-
La mano aveva un’evidente bruciatura e si era già ricoperta di vesciche.
-Aspetta-
Aprì l’acqua fredda e gli afferrò il polso, mettendogli la mano sotto il getto.
-Cos’è successo?-
Mugolando leggermente di dolore il francese si limitò ad indicare uno dei fornelli, in particolare quello in alto a destra.
-Oh…quello ogni tanto fa i capricci…mi dispiace…aspetta, torno subito, tu rimani con la mano sotto l’acqua va bene-
-Oui-
Matthew andò in bagno e tornò dopo pochi secondi con una pomata ed un asciugamano pulito.
-Mi dispiace, avrei dovuto avvertirti-
Chiuse l’acqua e cominciò ad asciugargli con delicatezza la mano, cercando di rimuovere gli strati superficiali di pelle bruciata.
-Non ti preoccupare…sto già guarendo, vedi?-
Ed in effetti era vero, la loro natura immortale veniva in loro soccorso come al solito.
-È vero, ma avrei comunque dovuto dirtelo-
Dopo averlo asciugato prese la pomata e cominciò a spalmargliela dolcemente, era una carezza fresca per la mano martoriata del francese, che sorrise.
Canada era così tenero in quel momento, chino a prendersi cura di lui, facendo attenzione a non fargli male.
-Forse avrei dovuto usare i guanti, ho peccato di presunzione-
-Non è certo colpa tua, cucini da secoli, hai il diritto di non voler portare i guanti-
Prese una garza apposta e gli ci avvolse la mano, chiudendo tutto con un bel fiocco.
-Ecco qua, fatto-
Francia sorrise, guardandosi la mano.
-Perfetto, probabilmente fra qualche giorno sarò già guarito-
-Probabile, ma nel frattempo fai il bravo e ti cambio la benda ogni tanto, va bene?-
-Ma devo cucinare…-
Il canadese scosse la testa, facendolo sedere.
-Dimmi cosa devo fare e cucino io, d’accordo?-
-Come vuoi piccolo- si allungò in avanti, dandogli un bacio a stampo a tradimento -dopo il fratellone si farà perdonare-
Disse malizioso, facendolo avvampare completamente.
Matthew non rispose, limitandosi a tirarsi su le maniche e a indossare i guanti, pronto per mettersi all’opera.

Buonasera a tutte, ecco una nuova storiella, questa volta dedicata ai nostri splendidi FraNada!
Spero che questa raccolta continui a piacervi, alla prossima!

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Capitolo 36
*** Carezze ***


Carezze Scritta per la #dearsantachallenge

Carezze

Aveva presto imparato che a Russia piaceva usare la tattica del bastone e della carota.
Da quando era diventato suo prigioniero dopo la Seconda Guerra Mondiale, tale dinamica si ripeteva con un ciclo esasperante.
Prima Ivan abusava di lui, ripetutamente, ferendolo nei modi più disparati.
Coltelli, fiamme, quel maledetto rubinetto infilato in posti dove decisamente non sarebbe dovuto stare.
Poi quando sembrava essersi sfogato, si ricomponeva, andava in un’altra stanza a prendere il kit del pronto soccorso, e lo curava.
Gilbert aveva ormai imparato, la cosa migliore in entrambi le situazioni, era stare perfettamente immobile e aspettare che tutto finisse.
Come stava facendo in quel momento.
Il russo sorrideva, mentre gli passava un panno umido sulle frustate, per pulirlo dal sangue in eccesso e dargli un po’ di sollievo.
Quelle carezze fresche erano una vera e propria benedizione per l’albino, che respirava lentamente, gli occhi chiusi, sdraiato a pancia all’ingiù.
Se non fosse stato per il dolore lacerante al resto del corpo, si sarebbe quasi potuto addormentare.
Il panno umido fu sostituito da uno asciutto che lo tamponò lentamente per togliergli anche l’acqua in eccesso, poi cominciò ad avvolgerlo con delle bende, in religioso silenzio.
Perché faceva così? Perché ogni dannata volta faceva in quel modo?
Sentì l’odore familiare dell’unguento alle erbe che gli venne spalmato sui lividi, anche quello era fresco e lo fece sospirare leggermente.
La sua schiena martoriata stava lentamente ricominciando a respirare, il russo passò fra le sue gambe.
Quando gli toccò l’orifizio lui si irrigidì istintivamente, ma l’altro si limitò a pulirlo e a mettergli la crema anche lì.
Per quanto ancora sarebbe andato avanti quello strazio? Per quanto ancora sarebbe stato il suo giocattolo, in quell’incubo chiamato Unione Sovietica?
-Oggi sei stato proprio bravo da, meriti un premio-
Gilbert si irrigidì ancora di più, non gli piaceva per niente il suo tono di voce, e si era ben presto reso conto che non importava quanto dolce sembrasse, il dolore con lui era sempre dietro l’angolo.
-Mettiti a pancia in su, a sedere-
Deglutì, ed esitante obbedì, ritrovandosi a guardare quegli occhi viola.
Da quando era prigioniero da lui era notevolmente dimagrito, aveva perso ogni traccia del fisico muscoloso che aveva prima della guerra, era diventato lo spettro di sé stesso, ancora più pallido di quanto già non fosse.
Almeno si era presto abituato al freddo di Mosca.
-Questa è…birra?-
Il russo annuì, porgendogli la bottiglia.
Era da quando aveva perso che non beveva un po’ di sana birra bavarese.
-A volte il capo mi permette di prendere cose di contrabbando dal blocco capitalista, prendila, tutta per te-
Prese la bottiglia esitante, annusandola come se temesse che fosse avvelenata, poi cominciò a bere, avido, sia perché aveva sete, sia perché gli era mancata.
Sapeva che c’era qualcosa in agguato, che prima o poi avrebbe pagato quella birra fino all’ultima goccia.
-Piano piano…non te la tolgo mica…-
In poco tempo l’aveva già finita, e l’altro riprese la bottiglia vuota.
Sempre con quel sorriso fanciullesco stampato in faccia, non si sarebbe mai abituato a quanto era inquietante.
-Buona notte Prussija, ci vediamo domani-
Gli diede un vorace bacio in bocca, invadendolo immediatamente con la lingua, staccandosi poi all’improvviso senza dargli nemmeno il tempo di riprendersi.
-…a…domani…-
Riuscì solo a rispondere prima che l’altro se ne andasse.
Sospirò, sdraiandosi, se non altro la sua schiena stava meglio.
Per il momento.

Buonasera a tutte, eccoci di nuovo con un'altra storia!
La #dearsantachallenge consisteva nello scrivere una "commissione" come regalo di Natale per chi la volesse, ed in questo caso, mi è stata chiesta una RuPru!
Spero che vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 37
*** Coccole ***


Coccole Scritta per la challenge #fluffinessexplosion

Prompt: Personaggio A dovrà stare a lungo a letto con una gamba rotta.

Coccole

Nel vedere uno come Canada, sempre tranquillo e posato, non ci si poteva certo immaginare che praticasse uno sport pericoloso e violento come l’hockey.
Su erba o su ghiaccio, non importava, se c’era da giocare, lui si vestiva e si buttava nella mischia, spesso senza far capire agli umani chi fosse veramente.
Aveva notato che a volte, quando scoprivano di avere il Canada in persona fra le loro fila, i suoi compagni di squadra diventavano molto più tesi e aggressivi, quindi aveva imparato a nascondere la propria identità di Nazione.
Cosa che spesso però portava ad altri tipi di effetti collaterali.
-Matthew!-
Prima ancora del dolore alla gamba, aveva sentito Francia urlare, poi un rumore orribile, come di un ramo che si spezza.
Se non fosse che non era un ramo, era la sua gamba sinistra, messa in una posizione decisamente innaturale.
Aveva fatto appena in tempo a cercare Francis fra la folla, poi era svenuto.

Francia sapeva che loro si rigeneravano più velocemente degli esseri umani, sembrava avere solo la gamba rotta e nient’altro, quindi era sicuro che si sarebbe ripreso molto velocemente.
Ma era pur sempre del suo piccolo Canada che stava parlando!
Dopo averlo ingessato lo avevano riportato a casa e adesso Francis era lì al suo capezzale, aspettando che gli anestetici smettessero di fare effetto e si risvegliasse.
Gli aveva messo due cuscini sotto la testa, in modo che potesse stare comodo come si deve, gli aveva messo addosso quello che sapeva essere il suo pigiama preferito e gli stava preparando la cioccolata calda, fischiettando e cantando il suo inno in francese
-Mh…Francis…-
-Arrivo mon amour!-
Gli urlò dalla cucina, arrivando pochi secondi dopo con in mano due tazze di cioccolata calda fumante.
-Come stai piccolo?-
-Sono ancora…un po’ intontito dall’anestesia…cosa è success…oh…-
-Oui, un energumeno della squadra avversaria ti ha placcato in modo fin troppo violento, ed eccoci qua-
Si sedette sulla sedia accanto al letto, porgendogli la tazza.
-Ti hanno ingessato e adesso siamo qui a casa, prendi, il fratellone si prenderà cura di te-
Il canadese arrossì, prendendo la cioccolata calda.
Era con i marshmallow e la cannella, come piaceva a lui.
-Mi hai fatto preoccupare sai? L’ho sempre detto che l’hockey è uno sport troppo violento!-
Matthew sorrise, cominciando a sorseggiare la cioccolata.
-Non ti devi preoccupare, mi riprenderò in men che non si dica-
-Certo! Ma nel frattempo, ti vizierò come quando eri piccolo- si avvicinò e gli diede un leggero bacio sulle labbra, facendolo arrossire -ok, non esattamente come quando eri piccolo, ma preparati ad essere coccolato fino alla nausea!-
Canada sapeva quanto il fidanzato d’oltreoceano potesse essere affettuoso, ma non immaginava certo ciò che sarebbe successo nei giorni a seguire.
Francis dormiva con lui, in modo che se avesse avuto bisogno di qualcosa nel bel mezzo della notte, lui sarebbe stato subito lì.
Non che ci fosse bisogno di una scusa per dormire insieme dopotutto, lo facevano da anni ormai.
Ogni mattina, il francese gli portava la colazione a letto, i suoi amati pancakes con sciroppo d’acero e tanta frutta tagliata a pezzetti, e nonostante non ce ne fosse bisogno, lo imboccava ad ogni pasto.
Gli sembrava davvero di essere tornato bambino!
Poi c’erano le coccole, e di quello, Matthew si rendeva conto di starsene approfittando un po’ troppo, non che all’altro sembrasse dispiacere.
Passavano ore ed ore sdraiati nel letto, lui teneva la testa appoggiata sul petto del francese, cullato dal battito del suo cuore, Francis gli accarezzava i capelli e la schiena, dicendogli parole dolci e raccontandogli aneddoti divertenti dei tempi antichi, di ancora prima che gli europei sbarcassero sulle sue coste.
Cominciava quasi a desiderare che quella gamba non si riparasse mai.
E invece quel giorno arrivò.
Erano appena stati a farsi togliere il gesso, Francis lo aveva riaccompagnato a casa e Matthew si aspettava che se ne sarebbe andato, in fondo aveva sicuramente degli impegni a Parigi…ma lui lo stupì ancora una volta.
-Sai cosa ti ci vuole adesso? Un bel massaggio-
E prima che potesse protestare o dire qualsiasi cosa, le abili mani del fidanzato avevano cominciato a massaggiargli la gamba, facendolo sospirare.
In fondo quando si era vivi da millenni, si poteva diventare esperti in letteralmente qualsiasi cosa.
-Non devi…ora sto bene…-
-Ah ah, non è vero, l’hai tenuta ferma troppo a lungo, i tuoi muscoli devono lentamente riabituarsi a muoversi…e un bel massaggino per riscaldarli è proprio ciò che ci vuole-
Percorreva lentamente il polpaccio, facendo cerchi concentrici con le mani, seguendo le linee dei muscoli, toccando esattamente dove doveva toccare.
-F…Francis…-
Il francese sorrise, avvicinandosi al suo viso.
-Non ti preoccupare, penso a tutto io-
Lo baciò con trasporto, e in poco tempo, furono ben altri massaggi e ben altre coccole, ciò che arrivarono.

Buonasera a tutte, dopo una lunga attesa sono tornata!
Questa fic la scrissi anno scorso, per una challenge il cui scopo era, come si capisce già dal titolo, scrivere qualcosa di più sdolcinato possibile, ed i FraNada sono stati i primi a cui ho pensato <3
Spero di essere riuscita nel mio intento e che la storia vi sia piaciuta, alla prossima!

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Capitolo 38
*** Stelle ***


Stelle Prompt: Stelle
Scritta per la #easteradventcalendar
Fandom: Hetalia
Coppia: USA x Canada

Fin da piccoli, avevano imparato a contare l’uno sull’altro, specialmente quando Inghilterra li lasciava da soli per perseguire i suoi impegni in Europa.
Avevano preso un’abitudine, quella di guardare insieme le stelle, nelle notti senza luna.
Con l’avanzare dei secoli, era diventato sempre più difficile ritrovarsi per guardare le stelle insieme, sia per via degli impegni sopraggiunti con l’indipendenza e l’età adulta, sia per via dell’avanzare delle luci artificiali.
Quanto la situazione si era un po’ calmata però, erano riusciti a trovare un bel posticino al confine tra loro due, dove potersi trovare una volta ogni tanto per ammirare le stelle come quando erano piccoli.
-Waaaaa, quella era una stella cadente!-
-Dove?!-
Ma ormai Canada se la era persa e si limitò a sospirare, sdraiandosi meglio sull’erba.
-Ehi Mattie, se andassimo a cercarla?-
-…cosa?-
-Forse è caduta qui vicino! Dai andiamo!-
Prima che potesse protestare, il fratello si era alzato ed aveva cominciato a camminare nel buio.
-Alfred! Non funzionano così le stelle cadenti! Lo sai!-
Si era alzato anche lui e aveva cominciato a seguirlo, mentre l’altro si limitava a ridere e a camminare.
-Alfred! Aspettami!-
Che diavolo gli era preso tutto insieme?
Che volesse farlo smuovere un po’, visto quanto era stato teso ultimamente?
-Americ…AH!-
Un sasso, un piede in fallo, faceva troppo buio e cadde rovinosamente a terra, facendo volare gli occhiali.
-Canada!-
Sentì la voce dell’altro tornare subito verso di lui, e due braccia forti che lo aiutavano ad alzarsi, si aggrappò quindi istintivamente, rimettendosi lentamente in posizione eretta.
-Tutto bene?-
-Credo di…ahi…no…la caviglia…e mi sono volati gli occhiali…-
-Mi dispiace, non volevo che ti facessi del male-
Lo aiutò a mettersi a sedere per terra, gli pulì gli occhiali e glieli restituì.
-Aspetta ora diamo un’occhiata-
-Non c’è bisogno, vedrai che…-
Ma come al solito il fratello non lo ascoltò, gli sfilò lentamente la scarpa e la calza, accese la torcia del cellulare e cominciò a guardargli la caviglia.
-Mmm…è leggermente gonfia…aspetta, ho del ghiaccio istantaneo-
-Perché hai del…-
Ma prima che potesse finire la domanda, l’americano era già andato e tornato, e stava cominciando ad avvolgergli il sacchetto del ghiaccio alla caviglia, mentre gliela massaggiava lentamente.
-Scusa, speravo solo di farti svagare un po’, non volevo che ti facessi male…-
-Non importa…sai come funzioniamo noi, fra poco sarò già guarito-
Alfred annuì, si sedette dietro di lui e gli fece appoggiare la schiena al suo petto, facendolo avvampare completamente, ma col buio per fortuna non si vedeva.
Lo abbracciò, appoggiando la testa alla sua spalla.
-Dopo ti offro un bel milkshake, che ne dici?-
-Va bene…grazie…-
La caviglia già non gli faceva più male, si appoggiò al fratello, abbandonandosi al calore del suo corpo.
Forse ciò di cui avevano bisogno entrambi alla fine, erano solo dei momenti in compagnia l’uno dell’altro, solo loro due, sotto le stelle
.

Buonasera a tutte, eccomi tornata in questa raccolta!
Questa storia risale alla challenge di Pasqua dell'anno scorso, così come le prossime due, spero che i nostri amati Matthew e Alfred vi siano piaciuti, alla prossima!




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Capitolo 39
*** In Germania ***


In Germania Prompt: In Germania
Scritta per la #easteradventcalendar
Fandom: Hetalia
Coppia: Germania x Prussia

Lui doveva tutto a Prussia.
Lui gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva, come Nazione e come uomo, e faceva uso dei suoi preziosi insegnamenti ogni giorno, anche per le cose impensabili.
A volte, era costretto ad usare gli insegnamenti sull’insegnante stesso.
-Ma si può sapere che diavolo avevi in testa Gilbert?!-
-Oh andiamo West, non farla così tragica, volevo solo prendere un po’ di fiori dal nostro giardino…-
-E hai scelto proprio quelli vicino al nido di vespe, sei un genio-
-Non è colpa mia se le vespe non hanno saputo resistere alla mia Magnificenza, kesesesese!-
Ludwig sospirò, prese la mano del fratello e la mise subito sotto l’acqua fredda, cominciando a massaggiargliela lentamente.
-Il fatto che tu non sappia cosa fare non significa che devi rischiare di perdere una mano!-
-Oh andiamo West, sei sempre il solito esagerato! Almeno adesso ho la mano in tinta con gli occhi!-
Il biondo si limitò a non rispondere, dopo avergli asciugato la mano prese un unguento e cominciò a spalmarlo lentamente sulla mano, facendo sì che si assorbisse.
-Visto? Mi sta già passando!-
-Ma perché volevi prendere dei fiori?-
-Domani viene Romano a trovarmi qui in Germania! E volevo fargli trovare una bella sorpresa, gli piacciono i fiori, anche se non lo ammetterebbe mai-
-Allora mettiti i guanti, invece di andarci a mani nude, anzi, dovresti proprio metterti la tuta protettiva-
-Ja ja, non ti preoccupare bruder-
Germania finì di bendargli la mano, e sapendo di metterlo in imbarazzo, Gilbert gli diede un bacio sulla guancia, facendolo avvampare.
-Secondo round, Magnifico Me contro le vespe, kesesese!-
Almeno questa volta si mise la tuta, e riuscì a non farsi pungere di nuovo, per la gioia del fratello.

Buonasera, rieccoci qua!
Come la precedente, anche questa storia l'avevo scritta per la challenge di Pasqua dell'anno scorso, spero che vi piaccia, alla prossima!

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Capitolo 40
*** Fanculo ***


Fanculo Prompt: Fanculo
Scritta per la #easteradventcalendar
Fandom: Hetalia
Coppia: Italia Veneziano x Italia Romano

-Vattene a quel paese!-
-Oh andiamo fratellone…perché ce l’hai con me?-
-Me lo chiedi anche?! Passi più tempo con quel mangiapatate che non me!-
-Veee…ma anche tu stai parecchio con Gilbert fratellone…-
Il maggior avvampò, cominciando ad imprecare.
-Non stiamo parlando di me e Gilbert adesso! ‘fanculo!-
Si girò e fece per andarsene, ancora rosso e infuriato, e totalmente dimentico del sugo di pomodoro che gli era caduto prima a terra.
Fu un attimo.
-Fratellone!-
Romano cadde rovinosamente, battendo la testa allo spigolo del tavolino, ritrovandosi poi a terra.
-Fratellone!-
Veneziano fu subito da lui, sorreggendolo e facendolo appoggiare a sé, guardandogli la ferita.
-Ehi…fratellone?-
L’altro aprì gli occhi, cominciando ad imprecare in un misto di tutti i suoi dialetti, passava dal napoletano al palermitano senza fare nemmeno una pausa.
Se non altro, era un segno che stava bene.
-Veee…fratellone…-
Prese un asciugamano, lo bagnò e cominciò a togliergli il sangue dalla fronte e dal volto, delicatamente.
-Accidenti…vedi cosa succede a parlare di quei maledetti mangia patate?!-
Feliciano lo ignorò, continuando a pulirlo, le fece sedere e prese un panetto di ghiaccio, mettendoglielo sul taglio.
-Vedrai che fra poco andrà meglio-
-Tsk…accidenti…-
Contento che suo fratello stesse bene, Veneziano si decise a pulire per terra, per evitare che succedesse di nuovo.
Finché imprecava e bestemmiava del resto, era segno che era in ottima salute.

Buonasera a tutte, siamo giunte all'ultimo appuntamento per questa raccolta!
Ebbene sì, questa è stata l'ultima storia che ho scritto per il gruppo, essendo da sempre molto volubile ed andando a periodi, è ormai più di un anno che non ci scrivo, questa fic come le ultime due infatti risale alla challenge di Pasqua dell'anno scorso.
Mi dispiace per coloro che si erano affezionate a questo genere, ma "Momenti di conforto" finisce qui, in caso in futuro dovessi scrivere altre fic Hurt/Comfort, verranno comunque pubblicate come storie a sé stanti nel mio profilo, come facevo prima di inaugurare questa serie!
Spero dunque che continuerete a seguirmi, alla prossima!

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