Dystopian futures are also a reflection of current fears

di rekichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima connessione ***
Capitolo 2: *** Quarta connessione ***
Capitolo 3: *** Decima connessione ***
Capitolo 4: *** Ultima connessione ***



Capitolo 1
*** Prima connessione ***


Prima connessione

 

Connessione configurata

Inserire ID Utente

 

Un numero di sedici cifre apparve sul monitor. Tasto invio, icona di caricamento. Nei pochi secondi d’attesa, l’Osservatore Naruto Uzumaki, numero di registrazione governativa 04101999, si assicurò che la copertura di rete fosse stabile. Picchiettò con le nocche il modem, in un gesto premuroso e carezzevole. Un buffetto rivolto a quell’apparecchio meccanico che lavorava con lui da tanti anni e che, fino a quel momento, gli aveva fatto ottenere più promozioni di quante potesse sperare.

«Avanti Kurama, ce la facciamo anche stavolta» incoraggiò più se stesso che l’inerte tecnologia al suo fianco. Tutta l’IA di Kurama sembrava rivolta al tentativo di connessione che procedeva più a rilento del solito. Non che di solito fosse loquace, ma Naruto di rado l’aveva sentita così taciturna e udire il flebile scricchiolio metallico della ricerca di rete provenire dagli altoparlanti, invece della voce graffiante della sua IA lo turbò più del necessario.

Avanti, digrignò i denti.

 

Connessione avvenuta

 

Sospirò di sollievo e si lasciò scivolare lungo lo schienale ergonomico. Qualche secondo di pausa, giusto il necessario per riprendersi dal timore di un malfunzionamento e si rimise a lavoro. Le mani scivolarono veloci sulla tastiera touch dello schermo; allargò un paio di icone, chiuse due schede e, finalmente, sullo schermo cominciarono ad apparire le prime immagini.

Restò stupito nel trovarsi all’interno di una casa piuttosto grande e in ordine. Di solito i suoi collegamenti facevano capo a bettole, monolocali pieni di volantini e lattine vuote di Art Beer – nome pomposo per definire la birra artificiale di bassa qualità – riverse sul pavimento a mostrare il logo verde-arancio della casa produttrice, oppure a seminterrati poco illuminati che lo costringevano ad aumentare al massimo la luminosità della videocamera e il volume del microfono nel tentativo di raccogliere le informazioni che gli servivano.

Stavolta era stato fortunato. Il pacco era stato aperto in un ampio salotto dal mobilio moderno e pulito; la luce che filtrava dalle vetrate era quasi accecante. Voltò la videocamera giusto in tempo per scorgere il verde di un giardino, apparentemente ben curato, prima di essere sollevato in alto. Un lieve senso di nausea gli scombussolò lo stomaco. Il dover operare tramite un drone meccanico era una comodità che riduceva i rischi di essere scoperti al minimo, ma non era mai riuscito ad abituarsi agli spostamenti improvvisi della videocamera.

«Hai… ffffzzzz… questo… fffzzzzz

Ricalibrò il microfono.

«No, è arrivato stamattina. Dev’essere un regalo di tuo fratello» una voce femminile passò attraverso gli auricolari. La telecamera inquadrò una sequenza di pixel sfocati che intuì essere il volto della ragazza.

«Kurama, regola lo zoom. Alta definizione» ordinò.

 

Regolazione zoom attivata

Regolazione zoom completata

 

Impostò il comando della messa a fuoco automatica, in modo da avere un panorama più chiaro in maniera rapida, e aguzzò lo sguardo. Sullo schermo, si delineò un collo affusolato e il principio di un maglione color crema dallo scollo ampio. Regolò di nuovo la telecamera per inquadrare il volto della donna, ma fu spostato di nuovo e perse l’immagine. Poco male, non sembrava pericolosa, probabilmente non era lei il soggetto da sorvegliare. Si stiracchiò e fece ruotare la sedia su se stessa un paio di volte, felice di avere finalmente un incarico più semplice del previsto. A questo punto, il suo sorvegliato doveva essere per forza la persona con cui la ragazza stava interagendo.

Soddisfatto della sua rapida deduzione, alzò il volume al massimo e abbandonò la sua postazione per versarsi una tazza di caffè liofilizzato. Storse il naso nel vedere che si era raffreddato, ma la scarsa voglia di prepararne dell’altro lo portò a optare per scaldarlo al microonde. Pazienza se si fosse un po’ bruciacchiato. Mentre impostava il timer del forno, la sua attenzione si concentrò sulle voci dei suoi sorvegliati.

«Non capisco cosa sia… è una volpe?» stava chiedendo la donna. Naruto sogghignò tra i baffi.

«Più una puzzola» stavolta riconobbe un timbro vocale maschile, basso e un po’ roco. Probabilmente il padre o il fratello.

«Una puzzola? Idiota…» protestò nel silenzio della stanza.

«No, ha il pelo arancione» grazie fanciulla, pensò Naruto. Quella ragazza già gli piaceva. Il suono acuto del timer che scattava lo distolse dalla conversazione. Prese la tazza di caffè e il calore improvviso della ceramica bollente contro la pelle quasi gliela fece cadere a terra. Imprecò tra sé e si rimise in postazione, storcendo il naso. Il tizio che lo teneva in braccio aveva messo il drone a testa in giù e ora godeva di un’orribile prospettiva rovesciata di un inguine maschile avvolto in un paio di jeans.

«Stronzo mettimi giù» strascicò le parole, conscio che non avrebbe potuto sentirlo.

«Così lo rompi» ancora lei. Chissà che viso aveva. Aprì una finestra e cominciò a controllare i frame delle registrazioni effettuate mentre si serviva il caffè, ma il computer gli rimandava solo brutte immagini mosse di busti, colli e piedi.

«Sto cercando di capire cos’è…»

«È un PetCompany 3000» continuò la ragazza con pazienza «Sono animali domestici robotici. Evidentemente tuo fratello pensava che ti sentissi solo».

«Che scemenza» sbottò l’uomo, prima di rimetterlo a terra. Naruto sbuffò, sollevato dal cambio di prospettiva. Quello sballottamento gli faceva venire il mal di mare. Mosse il drone per verificare che non ci fossero danni alle zampe e, finalmente, alzò il muso dell’animale robotico verso la donna.

Fisico regolare, un po’ abbondante sui fianchi e sul petto, lineamenti piacevoli. Sorrise compiaciuto di fronte ai setosi capelli neri e storse un po’ il naso di fronte agli occhi candidi, cristallini. Fra sé, si augurò che fosse un caso di cecità e non un errore nella selezione genetica. Dopo lo scoppio a catena delle centrali nucleari russe, che avevano lasciato un enorme cavità nel continente asiatico, le radiazioni si erano diffuse così rapidamente in tutto il globo da causare non pochi effetti collaterali. I governi dei vari Paesi avevano arginato il problema con i nuovi programmi di selezione genetica a livello embrionale. Tuttavia, non erano rari i casi in cui la mutazione dovuta alle radiazioni si manifestava in colorazioni anomale di pelle, capelli e occhi. Finché si trattava dei pigmenti, il governo chiudeva un occhio, anche se la popolazione risultava diffidente verso gli elementi “corrotti”. Il problema si verificava quando le mutazioni non erano visibili ed era lì che entrava in gioco lui, o quelli come lui. Suo compito era identificare i proto-mutanti e segnalarli, soprattutto se colpevoli di attività illecite anti-governativi, come quel maledetto movimento Pro-Mutanti. Alle volte lo contattavano solo per identificare dei dissidenti o elementi che avevano espresso opinioni non allineate al pensiero comune; altre doveva macchiarsi le mani dell’eliminazione dei soggetti.

Tuttavia, la donna sembrava innocua e piacevole da guardare. Analizzò le scritte sul monitor che raggruppavano i suoi dati identificativi, mentre la voce di Kurama sillabava:

 

Hinata Hyuuga

27 anni

Professione: ingegnere biomedico

Stato sociale: nubile

Precedenti penali: nessuno

 

Sospirò sollevato, gli sarebbe dispiaciuto dover indagare su quella ragazza che aveva strenuamente difeso il suo avatar-spia. A questo punto, il fulcro della sua indagine doveva essere per forza l’uomo scorbutico in sua compagnia. Dirottò la telecamera su di lui, giusto per vederne il volto e reperirne i dati sensibili di base.

Lo schermo gli restituì dapprima la visione di due gambe magre fasciate in jeans scuri; un maglione bianco su un fisico asciutto e infine di un volto giovane, lineamenti regolari evidenziati dai ciuffi neri che scivolavano lungo le gote, seguiti da un paio di occhi scuri a mandorla. Inquadrato vicino a Hinata, Naruto si trovò a pensare che erano entrambi molto belli, ma qualcosa nell’espressione dell’uomo lo infastidiva. Non capì se fosse il modo in cui guardava il drone – un misto tra scetticismo e voglia di disfarsene rapidamente – o l’aria di supponenza che emanava. Si riscoprì a provare un’antipatia a pelle che lo rese subito sospettoso, mentre Kurama sciorinava i primi dati:

 

Sasuke Uchiha

31 anni

Professione: filosofo teorico di evoluzionismo etico, cattedra all’Università 2307 del 4^ distretto, settore H

Stato sociale: nubile

Precedenti penali: nessuno

 

Ebbe un sussultò a sentire le informazioni pronunciate dalla voce metallica dell’IA. Quel cognome gli era familiare, come anche il nome proprio e il campo di studi.

 

Autore de: “Rivalutazione etica delle mutazioni”; “Il cyber-umanesimo”; “Evoluzione ai raggi gamma”.

I suoi libri sono stati utilizzati dal movimento ProMut per confutare le tesi sulla selezione genica pre-natale. Il soggetto non è mai stato incriminato e si è sempre dichiarato estraneo alle frange estremiste dei ProMut, sebbene non abbia mai nascosto simpatie per gli esponenti più moderati del movimento inseriti nei circoli intellettuali.

 

I titoli lo illuminarono. Un terrorista ProMut, Nagato, su cui aveva indagato per mesi, si era fatto esplodere declamando a gran voce un passaggio di Rivalutazione etica delle mutazioni. Incuriosito, Naruto aveva scaricato il volume e lo aveva letto in breve tempo, trovando interessanti alcune tesi e degne di derisione altre. Poi il lavoro si era fatto più frenetico, le bollette andavano pagate e il testo di quello che credeva essere un vecchio intellettuale con l’Alzheimer era caduto nel dimenticatoio.

«Così questo è Sasuke Uchiha…» mormorò, facendo uno screenshot del volto. Archiviò anche l’immagine della ragazza, un primo piano in cui si distingueva benissimo il cerchio della pupilla cristallina al centro dell’iride candida che la qualificava come “corrotta”. Un elemento in più per considerare Uchiha un simpatizzante dei ProMut.

Fino a che livello, spettava a lui scoprirlo.

 

 

 

N/A: Buon Natale Lemon!

Insomma, questo Secret Sancta è stato un parto e l’ultima cosa che volevo fare era andare a impelagarmi in una mini-long (doveva essere una one-shot, ma… va be’).

La storia è ispirata al film La vita degli altri e al libro Kentuki.

E nulla, spero ti piaccia.

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Capitolo 2
*** Quarta connessione ***


Quarta connessione

 

Si svegliò riscosso dal segnale d’allarme dell’IA, che lo avvisava di aver dormito oltre i venti minuti consentiti dal protocollo. A tentoni, cercò la tazza piena di caffè liofilizzato e ne ingurgitò un paio di sorsate.

Venti minuti ogni due ore di sorveglianza. A distanza di anni, non riusciva ancora ad abituarsi a quei ritmi sonno/veglia così ristretti. Oltretutto, la vita di Sasuke Uchiha si era rivelata, nel giro delle prime ventiquattro ore, la più noiosa del previsto.

L’uomo passava la maggior parte del suo tempo a leggere, preparare lezioni e scrivere. La mattina – ogni mattina, alle 06:45 – si svegliava, andava in cucina e si preparava una tazza di caffè nero che sorseggiava leggendo qualcosa sul tablet. Cosa, Naruto non aveva avuto ancora modo di scoprirlo. Un paio di volte aveva cercato di hackerare la connessione dell’immobile, ma le sue capacità d’informatico si erano scontrate contro la dura realtà: Sasuke Uchiha non possedeva alcuna linea internet. La sua casa era l’emblema dell’antimodernismo: libri di carta, linea fissa… la parte più interessante era costituita da un computer fisso da cui Naruto aveva impiegato una mattinata buona per scaricare il contenuto, solo per scoprire, con profonda irritazione per le ore perse, che i file presenti erano solo documenti scolastici, appunti e slide per lezioni e conferenze, bozze di libri in lavorazione.

Niente d’interessante o incriminante.

Alle 07:15 Sasuke Uchiha andava in bagno a prepararsi. Naruto approfittava dei quindici minuti che impiegava a rendersi presentabile per frugare con il muso del PetCompany 3000 all’interno della sua borsa. Libri, fogli di carta… come usciva – alle 07:30 spaccate – si affrettava ad allontanarsi e gironzolare con aria innocente.

Impiegava circa dieci minuti a vestirsi, alle 07:45 usciva di casa e rientrava il pomeriggio alle 14:30. Durante quelle ore libere, Naruto aveva girato ogni angolo dell’abitazione più volte. Così facendo, aveva scoperto che Sasuke Uchiha era vegetariano, possedeva un vecchio giradischi, una collezione spropositata di volumi dall’aria ammuffita e nessun televisore.

La cosa più interessante che era riuscito a scoprire, o perlomeno a identificare come anomalia perfino per un tipo così antiquato, era l’assenza totale di fotografie. Non c’era un proiettore olografico che trasmetteva a ripetizione immagini come nella maggior parte delle famiglie, né album che ne contenessero il corrispettivo cartaceo. Per il resto, tutto era così normale da fargli credere che l’agenzia che gli passava gli incarichi avesse preso un abbaglio.

Il primo giorno aveva sperato che, tornato a casa, Sasuke mostrasse un volto completamente anomalo, aprisse un seminterrato con all’interno una cellula terroristica, o che intrattenesse conversazioni e contatti con individui socialmente schedati. Invece, al suo rientro, Uchiha si era dimostrato più noioso di quanto si aspettasse: ogni pomeriggio si metteva comodo, si sedeva sulla poltrona o si sdraiava sul divano e passava interminabili ore a leggere, leggere, leggere… Naruto non si capacitava di come una persona potesse passare così tanto tempo chino sui libri e, il secondo giorno, aveva cercato di spingere l’uomo a qualche interazione. Gli aveva avvicinato il PetCompany 3000 e aveva colpito il suo stinco col muso, in cerca d’attenzioni. Di norma, i proprietari di un animale cybernetico da compagnia cercavano naturalmente un contatto, per questo era il sistema di spionaggio che preferiva: l’aspetto innocente e l’idea che fosse solo un giocattolo spingeva le persone a parlare, confidarsi… aveva tentato e fallito, perché Sasuke gli aveva lanciato un’occhiata annoiata e si era rimesso a leggere.

Ora, dopo quattro giorni di sorveglianza intensiva, Naruto cominciava a essere davvero annoiato. Non riusciva a capire cosa ci trovasse d’interessante in quelle letture – una breve occhiata alle copertine e alla quarta gli avevano fatto capire che si trattava per lo più di narrativa varia e saggistica – tanto da preferirle all’interazione con un animale robotico da compagnia. Il fastidio che provava nell’essere ignorato era così tangibile da spingerlo a fare dei piccoli dispetti quotidiani. Una mattina gli aveva nascosto le pantofole, un’altra aveva aperto il frigo, facendo andare a male una parte delle provviste… Uchiha non aveva fatto una piega, né lo aveva accusato dell’accaduto come facevano di solito i padroni dei PetCompany 3000. Aveva, con la sua solita, fastidiosa indifferenza, cercato le pantofole e buttato via il cibo avariato, come se lui non fosse presente.

«Non capisco, Kurama…» mormorò più a se stesso che all’IA «Come può fottersene così? Sembra che non gliene freghi un cazzo».

 

Il mio suggerimento è cercare punti d’interazione

 

«Come se non ci stessi provando!» sbuffò. Si passò una mano tra i capelli biondi, esasperato.

 

In base all’elaborazione dei dati raccolti, risulta che Sasuke Uchiha non è sensibile al fascino della tecnologia

 

«Grazie al cazzo, ci ero arrivato da solo» finì il caffè «Che cazzo ne vuoi sapere tu, poi! Sei solo un’IA».

 

Sono un’IA altamente evoluta e programmata per rispondere alle tue domande e fornire soluzioni a una rapidità che il tuo cervello umano non potrà mai raggiungere

 

«Certo, ora fammi anche la predica» bofonchiò «Il caffè è finito, fammene un altro».

 

Fattelo da solo

 

«Stai anche facendo la permalosa?»

 

Fottiti

 

Nel vedere le lucine verdi diventare gialle, segno che Kurama aveva avviato il controllo manuale e si era disattivata, colpì il pannello di controllo e lanciò alcuni improperi contro l’IA.

«Ci mancava solo questa» protestò, affrettandosi a recuperare il controllo del PetCompany 3000. La visuale oscillò più volte, prima di stabilizzarsi. Si stava assicurando che tutti i processi fossero attivi, quando un rumore attirò la sua attenzione.

Voltò la volpe verso la porta d’ingresso, appena in tempo per veder entrare Uchiha. Gli si avvicinò, festoso, come un bravo animaletto avrebbe fatto. Al cambio di visuale, capì che per la prima volta Sasuke aveva preso in braccio il suo PetCompany.

È fatta, pensò. Finalmente Uchiha aveva ceduto. Simulò un atto festoso – una scricchiolante scondinzolata – ed emise un uggiolio.

«Che cazzo…» rischiò quasi di strozzarsi quando la visuale si capovolse. Fissò il muro davanti al PetCompany agitarsi e scomporsi in pixel per il cambio rapido di prospettiva. Uchiha lo stava davvero scuotendo? Non aveva pietà né dei circuiti della volpe, né del suo stomaco? Cercò a tentoni il comando per esprimere disappunto. Non lo trovò. Tentò di far divincolare il PetCompany, ma senza la minima empatia per il robot uggiolante, Uchiha continuò ad agitarlo come un pacco sorpresa per i due minuti successivi.

«Sasuke che stai facendo?»

La voce soave d’Hinata suonò più carezzevole del solito alle orecchie di Naruto. All’udirla, Sasuke smise di agitarlo e posò il PetCompany 3000 a terra. Rapido, Naruto corse a farlo rifugiare tra le gambe della donna.

«Controllavo».

Naruto si rammaricò della bassa prospettiva che gli impediva di scorgere a pieno l’espressione d’Hinata. Un po’ indispettito, si concentrò su Sasuke e sul suo sbuffare imbronciato. Una risatina sommessa, la donna che gli si avvicinava e gli accarezzava la guancia con dolcezza. Sasuke che le afferrava la mano e la premeva sul proprio viso…

«Non starai diventando paranoico? È solo un robottino…»

«Ho chiamato Itachi» lo udì Naruto. L’Osservatore sudò freddo. Per un attimo, gli parve che Sasuke stesse guardando, da sopra la spalla di Hinata, non il PetCompany, ma lui stesso. Si sentì scosso, agitato. Deglutì un paio di volte e cercò a tentoni una bottiglia d’acqua sotto la scrivania, senza però riuscire a distogliere lo sguardo dallo schermo.

«Ti ha detto qualcosa?»

«Sta bene, ti saluta. Ha chiesto quando passiamo a trovarlo».

Naruto si rilassò assieme alla postura d’Hinata. Ingurgitò profonde sorsate per cacciare la secchezza delle fauci che lo aveva colto all’improvviso e decise di ignorare le loro chiacchiere di circostanza e andare a farsi un giro per la casa. Aveva bisogno di calmarsi e scacciarsi di dosso la sensazione che Sasuke Uchiha sapesse.

 

 

N/A: Non sono sparito. Sono solo… incasinato, ma in un momento come questo sono riuscito a trovare due minuti per aggiornare almeno questa storia.

Poche cose, alcune importanti. Torno a faticarmi il pane. Addio.

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Capitolo 3
*** Decima connessione ***


Decima connessione

 

«Oh cazzo…»

Il getto di liquido seminale si allargò sul pavimento in un laghetto appiccicoso. Naruto si lasciò ricadere privo d’energie contro lo schienale; respirava a fatica, il battito accelerato… Presto, le funzioni vitali sarebbero rientrate nei normali parametri. Presto avrebbe incaricato Kurama di attivare il sistema di pulizia e la macchia vischiosa sarebbe sparita sotto litri di disinfettante.

Presto, ma in quel momento la mente di Naruto era altrove, dispersa nell’oblio di un orgasmo solitario.

 

Sono le 05.45

 

La voce meccanica di Kurama lo costrinse a uscire dal torpore. S’infuriò con se stesso quando lo sguardo gli cadde sullo sperma ancora fresco. Aveva solo una manciata di ore, distribuite durante tutta la giornata, per dormire e aveva sprecato quindici minuti preziosi per masturbarsi.

«Kurama pulisci» ordinò. L’IA non gli rispose, ma un getto di vapore dal penetrante odore di disinfettante proruppe da una fessura del pavimento. Storse il naso, sia per il profumo pungente, sia per il sottile ammutinamento di Kurama che, da quando si era riattivata, continuava a tenergli il muso e rivolgergli parola solo lo stretto necessario.

Peggio per lei, pensò. Si sentì stupido subito dopo. Stava litigando con una macchina, con un’IA che poteva riprogrammare a piacimento e rendere servizievole e obbediente. Allora perché non lo faceva? Perché non modificava gli algoritmi che facevano di Kurama un’intelligenza artificiale così impertinente?

 

La prossima volta dormi, invece di lasciare in giro i tuoi raccapriccianti fluidi corporei

 

Incassò il rimprovero con un mezzo sorriso e cominciò a prepararsi una tazza di caffè liofilizzato. Lo aspettava un’altra giornata alle prese con Sasuke Uchiha e la sua indifferenza. E stavolta non avrebbe avuto il sostegno del riposo ad aiutarlo a combattere la noia.

Si rimise in postazione, cuffie ben calcate tra i capelli biondi un po’ unti. Da quanti giorni non si lavava? Almeno da quanto non si faceva la barba, che sentiva prudere sul mento. Si grattò il collo, graffiandosi i polpastrelli con i peli ispidi e osservò la fotocamera notturna. Da un paio di giorni Sasuke sembrava soffrire d’insonnia e non era raro vederlo aggirarsi per l’abitazione, con in mano una tazza fumante o un libro. Due volte si era addormentato in poltrona, gli occhiali riversi sul naso e il libro aperto sulle gambe.

La prima volta, Naruto aveva perso due ore a osservarlo dormire, sorpreso nello scorgere, per la prima volta, un’apparente debolezza dietro la robotica vita che conduceva. Soffrire d’insonnia era indice di ansia. L’ansia derivava dal nervosismo, quindi c’era qualcosa che preoccupava Sasuke, che lo rendeva vulnerabile. Ma cosa?

Si era scervellato per un giorno intero, cercando di ottenere un confronto con Kurama, giusto per non avere l’impressione di dialogare da solo. Il silenzio dell’IA gli era pesato più di quanto credeva. Alla fine dei suoi lunghi ragionamenti, non era giunto ad alcuna conclusione.

La seconda volta, era stato più accorto. Aveva spiato al meglio il libro che Sasuke stava leggendo – Biofisica delle mutazioni e riscontri etici – e aveva monitorato le sue condizioni di salute. L’alto livello di cortisolo aveva confermato la sua ipotesi, ma non era in grado di svelare i motivi di quell’agitazione.

Sospirò, rigirandosi la tazza tra le mani. L’orologio segnava le 05:55 e mancavano ancora cinquanta minuti alla sveglia di Sasuke. Sorseggiò la bevanda ormai fredda e contrasse le labbra in una smorfia disgustata. Il caffè liofilizzato non era il massimo. Si pregustò, una volta terminata quella missione, di concedersi un bel pranzetto al ristorante. Avrebbe mangiato del vero ramen e non quelle porzioni precotte, sorseggiato un vero caffè… Magari si sarebbe goduto anche un bel po’ di sano sesso con un androide C-SX-4000. Un lusso, questo, che non si era mai potuto permettere, ma aveva letto un po’ di recensioni e a quanto pareva era quasi come scopare con una persona vera, ma senza il rischio di contrarre malattie infettive. D’altronde, la maggior parte delle prostitute erano mutanti schedati e girava quella voce secondo cui la mutazione era contagiosa… Perché rischiare, quando risparmiando un po’ potevi goderti un androide pulito e disinfettato? Sì, avrebbe investito un po’ nel suo piacere personale. D’altro canto se lo meritava per essere stato dietro a Sasuke Uchiha, possibile simpatizzante ProMut, intellettuale noiosissimo e socialmente inadeguato. Lo stesso Sasuke che aveva una donna – fidanzata? Amante? Naruto non l’aveva ancora capito – bellissima al suo fianco, che mangiava cibo vero, che non doveva passare le sue notti dietro una telecamera… Quel Sasuke Uchiha che forse – ricordò con un brivido – lo aveva scoperto e che lo stava fissando attraverso gli occhi del PetCompany 3000.

 

Sono le 06.00

 

Se non l’avesse avvisato Kurama, sarebbe stato il suono inaspettato della sveglia di Sasuke a farlo. Osservò Uchiha aprire di scatto gli occhi scuri, come se non avesse mai dormito. Lo zoom della telecamera si concentrò sul volto cinereo e destabilizzato. Era in anticipo di quarantacinque minuti sul suo orario. Che avesse sbagliato a puntare la sveglia?

Impossibile, si disse. Era troppo teso, troppo attivo per aver riposato bene e, soprattutto, non c’era alcuna traccia di stupore sull’orario insolito. Sasuke Uchiha aveva deciso deliberatamente di svegliarsi prima e lui doveva scoprire il perché.

La risposta arrivò quando, appena due minuti dopo, il microfono rilevò un bussare frenetico alla porta. Stava per seguirlo, ma Sasuke tornò sui suoi passi. Osservò il primo piano di lui che armeggiava con qualcosa attorno al corpo del PetCompany 3000, poi la visuale si oscurò.

«Merda!»

Naruto provò a spostare l’animale meccanico, avanti e indietro, ma Uchiha aveva bloccato anche le ruote. Fece qualche altro tentativo e di fronte al fallimento non trovò di meglio da fare che accendere gli amplificatori. Percepì in un sibilo distante l’aprirsi della porta, la voce di Hinata e qualche frase strascicata e tenue.

«…dentro…»

«…Akatsuki… Mut…»

«…parla piano…»

«…ferita… la manifestazione…»

«Dopo, dopo… porta… casa…»

Udì un trafficare soffocato, poi il silenzio. Dopo qualche ora in cui solo il ronzio delle ruote contro il blocco imposto da Sasuke e sporadici rumori di passi gli avevano fatto compagnia, sullo schermo si materializzò di nuovo il volto dell’uomo.

«Piaciuta la nottata?»

Gocce di sudore freddo scivolarono sulla sua fronte. Il sogghigno di Uchiha mentre teneva in braccio il PetCompany 3000 era abbastanza chiarificatore.

Erano le 07.25, stava per andare al lavoro e lui, Naruto Uzumaki, Osservatore di Primo Grado, era stato scoperto.

 

N/A: avevo questo capitolo quasi pronto da circa un mesetto ed eccolo qui. Credo che stiamo andando verso le battute finali e… niente, spero che vi piaccia.

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Capitolo 4
*** Ultima connessione ***


Ultima connessione

 

Il sapore amaro del caffè liofilizzato gli graffiò la gola riarsa. Tre settimane, in cui aveva lasciato il pilota automatico al Pet Company 3000, in modo da sviare i sospetti.

Quando accendeva la videocamera, il Pet Comapny inquadrava solo una porta chiusa, qualche detersivo e un’aspirapolvere. Prigioniero in uno sgabuzzino, Naruto evitava di controllare quanto il più possibile gli schermi e quel panorama desolato in cui Sasuke Uchiha l’aveva relegato. Ogni tanto, scorgeva un barlume di luce e riconosceva i piedi del padrone di casa o di Hinata che prelevavano qualcosa dallo stanzino e lo richiudevano dentro. In quella perenne cecità e isolamento, i suoni della casa erano diventati intollerabili.

Urla femminili di dolore, porte che sbattevano, dialoghi privi di senso e di volto. Naruto registrava e sperava di non dover sentire più nulla. Lo stato febbrile in cui imperversava da quando Sasuke lo aveva scoperto – perché era certo che avesse capito tutto. Cazzo, quello sguardo… quello sguardo di consapevolezza lo perseguitava durante il suo sonno frammentato – lo aveva trasformato nell’ombra del brillante Osservatore che era stato. Il suo cubicolo puzzava di stantio, di pasti precotti non consumati e lasciati a marcire, di Art Beer rovesciata e del suo stesso sudore. Faticava a dormire e, quando crollava, l’audio di ciò che succedeva in casa Uchiha lo scuoteva di soprassalto dal suo stato larvale. E allora pigiava tasti, smuoveva il Pet Company per farsi liberare, quasi che il prigioniero fosse lui, Naruto, e non il macchinario di sorveglianza. Poi si rinchiudeva di nuovo in un sonno inquieto, non ristoratore, tormentato da occhi scuri, urla e deformi volti mutanti che lo inseguivano. Lui cercava di scappare, le gambe non lo supportavano. Erano pesanti, inceppate di sabbia e ruggine. E lui non era lui, ma era una volpe meccanica che veniva presa, svitata, smembrata e l’olio per motori si confondeva col sangue, e…

 

Allarme.

Allarme.

 

La voce di Kurama lo fece sobbalzare. Il battito cardiaco accelerò sotto la spinta dell’adrenalina e la scossa fece cadere un po’ di caffè sul pavimento. Imprecò e accese le videocamere, per capire il motivo dell’agitazione dell’I.A. Ai suoi occhi si presentò di nuovo l’oscurità dello sgabuzzino. Attivò la modalità infrarossi e il mondo acquisì dei contorni confusi. Nelle orecchie, rimbombò il suono di passi frettolosi. Con stupore, vide la porta spalancarsi e la sagoma di Sasuke Uchiha stagliarsi in controluce. L’improvviso passaggio gli ferì gli occhi arrossati, ma cercò di far scattare il Pet Company in avanti per riuscirci. Non fu abbastanza rapido. Le ruote girarono a vuoto mentre Uchiha lo sollevava e se lo portava ad altezza del volto. Naruto si stupì di quanto tre settimane lo avessero cambiato: il volto era scarno, scuro di barba non fatta, e gli occhi neri sembravano precipitare furibondi e incassati nelle arcate occipitali, gonfi di sonno mancato e di rabbia.

«Vieni con me». Le parole graffiarono le orecchie di Naruto, mentre con malagrazia Sasuke lo trascinava fuori dallo sgabuzzino, lungo il salotto immerso nella penombra e infine nella sua camera, dentro un armadio, per una scala…

Naruto deglutì. Il cuore batteva a mille mentre scendevano, e scendevano. Sasuke Uchiha stava consapevolmente firmando la sua condanna – e di conseguenza la sua promozione. Ma perché?

Una luce al neon illuminò la fine delle scale. Naruto riuscì a ruotare la telecamera abbastanza in fretta da scorgere una piccola libreria, un frigobar e un fornello per cucinare, prima di essere attorniato da bende sporche, bisturi e disinfettanti.

«Guarda!» ordinò Sasuke, posando il Pet Company su un rialzo adeguato «Volevi guardare? Bene, ora guarda! Guarda cosa cazzo fanno i tuoi amici. Guarda!»

Naruto guardò. La sua visuale incrociò prima la schiena di Hinata, china su un lettino; risalì lungo la colonna vertebrale fino a incrociare lo chignon disordinato in cui erano acconciati i capelli scuri. Le dita sottili stringevano una mano scheletrica che spuntava fuori da un lenzuolo. Sembrava pulito, forse appena cambiato, ma il bordo del materasso presentava macchie di sangue e tintura di iodio.

Deglutì e fu tentato dallo spegnere la telecamera. Riaccendere il pilota automatico, salvare il video e inviare tutto a chi di dovere. Il suo lavoro era finito. Quella stanza segreta era abbastanza per consentire un blitz. Scoprire altro materiale compromettente era compito delle autorità, non suo. Poteva smettere, intascare la sua gratifica e andare in vacanza fino al prossimo incarico. Pensò alle forme conturbanti dei C-SX-4000, all’alcol prelibato, al cibo vero – vero! – che si sarebbe potuto concedere, prima di ricominciare a spiare un altro detrattore governativo, di entrare di nuovo, giorno e notte, nella vita di qualcun altro… Magari, se lo avessero pagato abbastanza, avrebbe perfino potuto smettere. Forse si sarebbe potuto fare una vita propria, trovarsi una bella donna con cui sistemarsi, avere figli, condurre un’esistenza ordinata e gradevole. Sì, doveva spegnere. Lo avrebbe fatto.

«Guarda».

Come se avesse intuito il suo tentennare, la voce di Sasuke lo spronò. Naruto lasciò la mano sospesa sul pulsante di disattivazione e osservò. Il volto della donna stesa sul lettino era deturpato dalle ferite. Ciuffi di capelli rosa, identificativi della natura mutante, spuntavano da sotto le bende che le circondavano il capo. Solo un occhio smeraldino era visibile da sotto il bendaggio. Guardava il nulla, mentre il corpo sotto il lenzuolo era scosso da spasmi improvvisi, ma a Naruto sembrò consapevole della presenza estranea ed ebbe l’orribile sensazione che quell’iride verdastra fosse puntata verso di lui, contro di lui.

 

Sakura Haruno

29 anni

Professione: pediatra, attualmente disoccupata

Stato sociale: non pervenuto

Precedenti penali: partecipazione a iniziative ProMut, portavoce del movimento ProMut. Arrestata 15 volte e rilasciata su cauzione, pagata da anonimi. Latitante in seguito alla manifestazione ProMut del 14 ottobre, dove è stata accusata di aggressione a pubblico ufficiale.

 

Kurama sciorinò i dati a sua disposizione. Naruto rabbrividì. Sasuke Uchiha nascondeva una terrorista, un elemento pericoloso per la quiete pubblica. Eppure quel corpo esamine non sembrava in grado di nuocere a nessuno. Quasi rispondendo a un ordine non scritto, Hinata scostò la coperta e si allontanò quanto necessario per lasciare libera la visuale al Pet Company.

Naruto vomitò. Caffè, rigurgiti di cibo poco masticato e bile si riversarono sul pavimento, presto coperti dagli spruzzi disinfettanti di Kurama. L’odore gli dette alla nausea e sentì un secondo conato raggiungerlo, assieme alle parole di Sasuke.

«I poliziotti hanno sparato sulla folla e hanno preso la sua compagna. Lei ha reagito per difenderla e hanno preso anche lei. L’hanno picchiata, torturata, stuprata e quando l’hanno creduta morta l’hanno gettata in un angolo. La sua compagna non ce l’ha fatta».

I tubi per il drenaggio che uscivano dal corpo martoriato della donna ondeggiavano a ogni doloroso spasmo. Naruto desiderò con tutto se stesso spegnere la telecamera, spegnere l’audio, spegnere tutto e annegare nell’oblio della Art Beer o di una dose di Felix per endovena. Non ci riuscì e lo scuotersi del corpo di Sakura Haruno sembrò andare a tempo con le parole di Sasuke. Il gesto gentile di Hinata di ricoprire la donna per preservarla dal suo sguardo morboso fu più doloroso e accusatorio di qualsiasi altra cosa.

«Lavorava in oncologia pediatrica, prima della legge contro il MutWork, prima che pensassero che fosse contagiosa. Ha salvato più vite di quante tu ne abbia spezzate e ora sta lottando per la propria» Sasuke afferrò il Pet Company 3000 e lo fissò negli occhi di vetro «Ora puoi finire il tuo lavoro, o decidere di fare qualcosa di giusto».

L’animale meccanico fu posato a terra. L’ultima immagine che la videocamera registrò, fu quella di un martello diretto sulla testa di volpe.

 

***

 

Non aveva mai badato allo sbalzo tra il mondo esterno e il suo cubicolo, ma quella sera sembrava più pungente e fresca del solito. Lo attribuì ai mesi di aria viziata trascorsi, ma qualcosa gliela faceva percepire come più pulita. O forse era solo lui a sentirsi meglio.

Gli mancava solo una cosa da fare.

«Kurama, procedura 0492».

La voce metallica risuonò negli auricolari wireless.

Sicuro?

«Sì».

Attivata procedura di autodistruzione del sistema. Cancellazione definitiva tra quindici secondi

Naruto sorrise, malinconico.

È stato un piacere lavorare con te, Naruto Uzumaki

«Anche per me, Kurama».

Mentre dietro di lui la stanza in cui aveva vissuto esplodeva cancellando dati, informazioni e video duramente raccolti, si rigirò tra le mani l’indirizzo di Sasuke Uchiha.

Niente androidi del sesso, niente vita di lusso, niente. Tutto era stato spazzato via. Il suo passato, il suo presente…

Aveva solo un foglietto con un nome segnato. Forse, avrebbe potuto fare qualcosa. Qualcosa di buono.

 

L’ex Osservatore Naruto Uzumaki, numero di registrazione governativa 0410199, si rincalcò nella giacca e si diresse verso il futuro.

 

 

 

 

N/A: Non pensavo di riuscire ad aggiornare, né di arrivare, finalmente, alla fine della storia. Ma ce l’ho fatta. Spero che sia piaciuta alla destinataria (un anno ci ho messo a finirla), nonostante il finale aperto. Molto aperto. Tanto aperto.

E nulla, finisce così. Addio e grazie per il pesce.

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