Come cane e... scimmia!

di KikiShadow93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


𝟘.𝒫𝓇𝑜𝓁𝑜𝑔𝑜



Il Neon è il classico bar dove nessuno conosce né la tua faccia né il tuo nome. Pure Radish passa inosservato lì in mezzo, malgrado la corporatura più che considerevole ed una capigliatura più che vistosa.
Ci entrò circa otto mesi addietro per bere qualcosa in santa pace e si è ritrovato con un lavoro. Sia chiaro, non un bel lavoro assicurato o cose del genere, qualcosa di leggermente più losco e, tecnicamente, pericoloso. Proprio come piace a lui.
È difficile che qualcuno si voglia tenere il posto e torni più volte, ma lui lo fa. Lui torna in quel fetido buco sotterraneo ed entra nella gabbia, para i colpi degli avversari tentando di nascondere la mortale noia che lo avvolge per poi sferrare un paio di cazzotti e mandare l’avversario al tappeto. Tanto per battersi sul serio ha sempre gli allenamenti con Piccolo.
Li chiamano gladiatori i pazzi come lui che si picchiano nella gabbia in mezzo al locale, ma in realtà sono solo uomini che vivono un’esistenza triste e frustrata, incapaci di sfogare la rabbia che si portano dentro in altro modo.
Per Radish non importa però: che pensino ciò che vogliono, lui continuerà ad intascarsi i loro soldi per pagarsi l’affitto di quello schifo di appartamento che ha trovato in periferia. Vivere con suo fratello e la sua famiglia era troppo - figurarsi dopo la sua morte!-, andare alla Capsule Corp semplicemente impensabile. Ha provato con la Kame House, dove si è allenato per mesi, ma poi ha preferito andarsene per i fatti suoi, per provare a capire cosa suo fratello ami tanto di quei terrestri. E, Dio!, se è difficile riuscirci!
Dopo una giornata monotona e aver vinto un bel gruzzolo, se ne sta tranquillo al bar con una bottiglia di birra ghiacciata in mano. Osserva con aria apatica due tizi in fondo al locale, proprio davanti a lui, che si sfidano a braccio di ferro. Li trova così patetici con le loro braccia molli, che quasi prova pietà. Sbuffa infastidito mentre beve un sorso e, questo lo deve ammettere, la birra dei terrestri è davvero buona.
Con la coda dell’occhio nota, attraverso lo specchio mezzo rotto davanti a lui, un energumeno avvicinarsi con passo pesante verso una ragazza. O meglio, al culo di una ragazza. Un bel culo a dire il vero, motivo per cui continua a guardare.
Lo vede mentre le strizza con forza una natica berciando un delicatissimo “ci facciamo un giro, troietta?”, pensando divertito che se fosse successa una cosa simile a Chichi o Bulma sarebbe scoppiato sicuramente il finimondo.
Nota che la ragazza si volta, i capelli a caschetto neri e bianchi le oscillano davanti agli occhi scuri e fiammeggianti. Un poco si sorprende nel vederla scattare e spingere quel bestione, e così, con poca convinzione, si volta a guardare. Le risse lì dentro sono assai frequenti, non è poi così difficile che ci scappi il morto, ma difficilmente coinvolgono il gentil sesso. Anche perché di donne, lì dentro, quasi non ce ne sono.
L’energumeno è a terra, urla una bestemmia e un suo amico arriva in soccorso, afferrando la ragazza per la vita. Le stringe un braccio attorno al collo e la strattona all’indietro, insultandola.
Per quanto Radish non abbia assolutamente voglia di correre in suo soccorso, pensa comunque che picchiare selvaggiamente quei due terrestri potrebbe essere divertente. Brevissimo e per loro fatale, ma divertente. Fa così per alzarsi, ma la giovane si rigira tra le braccia dell’uomo e con una gomitata gli rompe il setto nasale, per poi buttarlo atterra tenendolo per un braccio.
Tutto d’un tratto Radish è come ammaliato: quando quella ragazzina con un gesto secco e violentissimo fa fuoriuscire ulna e radio dalla sua carne, con un ghignetto divertito ad incresparle le labbra carnose, non può fare a meno di pensare che sia la più straordinaria combinazione di violenza e bellezza a cui abbia mai assistito.
Rimane come imbambolato mentre lei, con un colpo di tacco dei suoi anfibi, gli fa ingollare i denti, mentre si carica un altro balordo tra le braccia e lo butta sul biliardo, mentre un quarto le tira una testata e la fa sbilanciare su un tavolo. La vista di quel culo magnificamente fasciato da jeans stretti quasi non gli fa scivolare la bottiglia di mano.
La fissa insistentemente mentre rompe una bottiglia abbandonata su un tavolo sulla sua testa pelata e lo colpisce sotto l’ascella, lasciandolo a terra a dissanguarsi.
Sposta un poco il piede quando l’ennesimo scemo che voleva partecipare a quella sciocca baraonda gli cade ai piedi, la bocca piena di sangue e i denti per terra. Per quanto i terrestri siano deboli, sa bene che ci vuole una discreta forza per fare una cosa del genere. E ci vuole anche un’indole simile alla sua per sfoggiare un’espressione tanto rilassata, quasi divertita, mentre si sta compiendo una cosa del genere. L’unica cosa che non comprende, in realtà, è perché si stia trattenendo tanto. Perché Radish sa che non sta facendo sul serio, lo capisce da quanto trattiene i colpi quando li sferra.
Si lascia sfilare la bottiglia di mano dalla ragazza e finalmente la osserva meglio mentre beve una lunga sorsata: è quasi un metro e ottanta, ha un corpo snello, forte e tonico, i capelli sono spettinati e corti di colori eccentrici, il volto è ovale, gli zigomi un poco sporgenti, il naso dritto e leggermente all’insù, gli occhi grandi ed un poco incavati color ambra. E sono proprio quei grandi occhi ardenti, che gli ricordano tanto quelli di un predatore famelico, a fargli dischiudere un poco le labbra.
Quando poi rompe la bottiglia e la usa per recidere la carotide di quel disgraziato, capisce al volo: ha trovato una nuova compagna di giochi.






ANGOLO DELL’AUTRICE

Ciao!
È la primissima volta che scrivo in questo fandom, sto in crisi. Ma ho sempre amato Radish, da quando ero piccina, quindi non potevo evitarlo.
Non so perché, ma tutto in lui mi piace! Ho sempre trovato stupida l’idea di buttarlo subito via, mentre mi è piaciuta l’idea di Dragon Ball R&R, che è stato proprio il motivo scatenante per cui ho scritto questo fic.
Beh, che dire? Innanzitutto sì, il capitolo è breve, ma è solo il prologo. Se la storia prende piede, rimpiangerete capitoli così brevi!
Secondo poi, Radish ha deciso di rimanere sulla Terra (tutto verrà spiegato più nel dettaglio a tempo debito), si annoia perché malgrado tutto non riesce ad integrarsi, però ci prova con tutto sé stesso, così da poter appartenere a qualcosa. E lavora. Sì, il nostro caro Radish lavora! Picchia la gente la nostra scimmietta <3

Alla fine, diciamolo, sul posto di lavoro si incontrano spesso persone interessanti! A lui è andata un po’ così e così, ma non si può avere tutto dalla vita.
Nel prossimo capitolo interagiranno tra loro, ma non aspettatevi che sbocci un sentimento così di schianto: per Radish lei è un gioco divertente e - pensa - difficile da rompere, mentre per lei lui è uno s******o i*******o e davvero troppo duro.
Spero vivamente che la storia possa un minimo interessarvi e gradirei con tutto il cuore un vostro parere, perché proprio non so se continuare o meno. PLZ! :3



Alla prossima, Kiki!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Prima di iniziare: Ci tengo a ringraziare di tutto cuore The Big Dreamer, Celeste98 e Il corsaro nero per aver lasciato una recensione. Non avete idea di quanto mi abbia fatto piacere! :3


 

𝟙. 𝒞𝑜𝓂𝑒 𝒾𝓁 𝑔𝒶𝓉𝓉𝑜 𝒸𝑜𝓁 𝓉𝑜𝓅𝑜



Alcuni urlano di chiamare l’ambulanza e la polizia, altri invocano aiuto, altri ancora si spaccano addosso gli sgabelli e si prendono a pugni.
Radish continua a guardare con attenzione la ragazza che si sistema i capelli di fronte a lui. Quando, pochi istanti prima, l’ha vista passarsi il dorso della mano intriso di sangue sulla bocca con fare stizzito, ha dovuto far ricorso a tutto il proprio autocontrollo e anche di più per non scoparla lì sul posto.
«Ti conviene andartene, fustacchione.»
Radish torna in sé tutto in un colpo, smettendo di fissare la lunga e sottile catena d’oro che le scende in mezzo ai seni. Malgrado si tratti solo di una seconda non troppo abbondante, quella sottile linea di metallo che ci oscilla in mezzo è come una calamita per lui.
Alza gli occhi e la trova ad osservarlo con aria quasi divertita, la bocca arricciata di lato e il sopracciglio inarcato.
«Hanno chiamato la polizia. Un omicidio, anche in un posto del genere, non lascia mai indifferenti.» E detto questo si volta e se ne va, rubando un cappellino nero che si calca velocemente sugli occhi. Tiene le mani nelle tasche, la testa china, ma Radish lo vede quel ghigno divertito che le increspa le labbra.
Si alza dallo sgabello e, deciso a giocare con quella terrestre, s’incammina a sua volta. Cammina piano, ignorando le persone che involontariamente lo urtano mentre si azzuffano.
L’aria fredda della notte lo avvolge non appena varca la soglia. Trae un respiro profondo, cercando di sciogliere i muscoli.
Non capisce come abbia fatto a svignarsela così velocemente. Nessun terrestre corre tanto veloce, e lì non ci sono vicoletti dove nascondersi. Per sparire dalla sua vista può essere andata solo in due direzioni, ma una la scarta velocemente quando intravede i lampeggianti all’orizzonte e sente l’odioso suono della sirena.
Senza curarsi minimamente di essere visto, si alza in volo, cercandola con lo sguardo, ma lei non c’è. Questo lo confonde e, al tempo stesso, lo stuzzica incredibilmente: era convinto che solo i tre terrestri buoni a poco o niente che fanno parte dei Guerrieri Z - di cui di tanto in tanto si sente di far parte - fossero capaci di cose simili.
Pensava che sarebbe stato difficile identificare la sua aura*, dal momento che i terrestri sono tutti incredibilmente simili l’uno all’altra e nel locale non si era concentrato su di lei, ma la sente subito. È forte, molto forte, e si sposta assai velocemente verso la foresta al confine con la città.
Vola in quella direzione, sentendo distintamente che ha accelerato il passo. Si chiede se lo abbia sentito avvicinarsi, se abbia capacità sensoriali tanto sviluppate, ma entro un paio di minuti si rende conto che no, non le ha, altrimenti non si sarebbe spogliata e immersa in un piccolo laghetto.
La osserva dall’alto, così calma e a suo agio con ciò che la circonda. La pelle sembra ancor più pallida grazie allo spicchio di luna che illumina debolmente il circondario.
Si abbassa e atterra vicino ai suoi vestiti abbandonati sull’erba. Per qualche secondo si sofferma a guardare il perizoma e il reggiseno di pizzo rosso, domandandosi come le starebbero addosso. Con questo preciso pensiero si sente un idiota, dal momento che ha la piena visuale del suo corpo completamente nudo proprio davanti agli occhi.
«Sei davvero veloce.» Afferma con tono divertito, incrociando le possenti braccia al petto mentre lei sobbalza e si volta di scatto per guardarlo. Gli occhi sembrano quelli di un cervo che rimane abbagliato dai fari di una macchina in mezzo alla strada, ma dura solo per un paio di secondi.
Drizza la schiena e lascia le braccia abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo fisso sulla figura imponente dell’uomo che le sta di fronte. Per un istante ha pensato pure di attaccarlo, ma le è bastato odorare un secondo l’aria per capire che non era il caso se voleva restare viva. Emana una forza distruttiva che non aveva mai sentito prima e, fattore ancora più incredibile, non ha l’odore tipico degli altri esseri umani.
«Come hai fatto a seguirmi?» Domanda con spiccata curiosità, voltandosi completamente verso di lui. È abituata a stare nuda di fronte a degli uomini, anche sconosciuti, quindi non le passa neanche per l’anticamera del cervello di coprirsi.
Radish, che ha ben capito che i terrestri sono molto più pudici rispetto a quelli della propria razza, lascia vagare lascivamente gli occhi su quel corpo tonico, notando un gran numero di cicatrici sparse un po' ovunque.
«Cos’hai da fissare? Mai visto qualcuno fare il bagno?» Gli cammina attorno, gli occhi attentissimi che lo studiano per provare ad anticipare eventuali mosse.
Radish non accenna a mollare il ghigno divertito che si è stampato in faccia da quando l’ha vista. Lascia che gli giri attorno, che lo osservi. Vuole sapere con chi sta giocando. In fondo, dopo la batosta che prese contro suo fratello e Piccolo cinque anni prima (sei, se tiene conto anche dell’anno passato nella Stanza dello Spirito e del Tempo), sta ben attento a non fare lo spaccone se non è molto più che sicuro che la situazione non sia a suo vantaggio. In fondo, neanche C-18 sembra essere pericolosa a prima vista, e invece…
«Non si vede spesso una bambolina starsene in un lago con la tua calma. Sicuramente non di notte, non nuda e non con un uomo che non conosce alle spalle.» Afferma con tono derisorio, voltando un poco il capo, giusto in tempo per vederla rimettersi il tanga. E sì, è proprio come se l’era immaginato.
«Bambolina? Davvero?» Assottiglia lo sguardo, l’espressione che oscilla tra l’infastidito e l’incuriosito. Non sa neanche lei cosa pensare con esattezza, non riesce a capire chi ha di fronte. Una cosa, però, la sa per certo: è estremamente più forte di chiunque abbia mai conosciuto.
«Ti dà fastidio?»
Si fissano intensamente negli occhi, Radish aspetta solo che lei accetti la sua silenziosa richiesta di scatenarsi per divertirsi un po’. Se attaccasse per primo una ragazza indifesa senza motivo, potrebbero sorgere dei problemi con gli altri e di certo non ne ha voglia.
Ma lei non si sognerebbe mai di attaccarlo. Capire con cosa ha a che fare sì, sicuramente, ma non attaccarlo.
Lo avvicina lentamente, sostenendo il suo sguardo.
«Se tu fossi al mio posto, ti darebbe fastidio?» Alza lo sguardo, una non indifferente fierezza negli occhi scuri mista ad arroganza e divertimento.
Radish, invece, abbassa gli occhi sul suo corpo nudo tanto vicino al proprio. Per un certo verso gli ricorda le donne della sua razza, per quanto le può ricordare. Ricorda che erano muscolose, spesso sfoggiavano molte cicatrici, e avevano la stessa scintilla negli occhi.
«Spudorata…» Mormora rialzando gli occhi, allungando di scatto una mano per afferrarle il fianco e tirarsela addosso «… mi piace.»
«Giù le zampe, fustacchione. Qui non c’è niente per te.» Sembra quasi un miagolio il suo, un qualcosa che arriva dritto all’inguine dell’imponente Saiyan.
Per quanto non voglia, la lascia scivolare di lato, senza però perderla mai di vista. La osserva mentre si avvicina ad un albero, i muscoli tesi sotto la pelle chiara pronti a scattare al primo segnale di allarme.
Dal canto suo, la giovane sconosciuta aspetta solo il momento migliore per scattare in mezzo alla vegetazione e correre via. Se una parte di lei è pericolosamente incuriosita dall’enorme uomo che l’ha inspiegabilmente seguita e raggiunta in tempi da record, l’altra vuole solo trovare una grotta abbastanza profonda e oscura dove rimpiattarsi finché non sarà sparito.
Sfiora con la punta delle dita una grossa corteccia e ci gira piano attorno, la testa leggermente piegata in avanti così che i capelli bicolore le coprano un poco gli occhi. Lo guarda di sottecchi senza che lui se ne renda conto. Ma che lui noti o meno quel fugace sguardo, per lei non farebbe alcuna differenza, dal momento che al guerriero basta giusto il tempo di un battito di ciglia prima di sparire dalla sua visuale.
La luce tenue della luna getta ombre mostruose tutt’attorno e dà agli alberi massicci l’apparenza di enormi e mostruose bestie appiattite. Pur essendo abituata a muoversi nella più totale oscurità, quella situazione di evidente svantaggio la mette a disagio. Non ammetterà mai di essere in seria difficoltà, ne va del suo orgoglio, ma sa bene di esserlo.

Lo sente vicino in quell’oscurità, ma non fa in tempo a spostarsi che se lo ritrova addosso a schiacciarla contro l’albero.
Radish non si fa guardare negli occhi, rimanendo con il viso vicino alla sua guancia, le labbra che sfiorano il suo orecchio.
Le passa piano una mano sul fianco, stringendolo poi quasi con crudeltà. Non riesce però a togliersi la soddisfazione di farla lamentare e questo, almeno un po’, gli fa piacere. Non ci sarebbe stato altrettanto divertimento a giocare con una creatura piagnucolona.
«Tu dici?» Risponde così alla sua precedente affermazione e improvvisamente le volta il capo e la bacia con una violenza che distrugge in lei ogni altra sensazione.
Le sue labbra tremarono sotto quelle di lui, sente il cuore martellare nel petto tanto forte da farle credere che scoppierà da un momento all’altro, ma non vuole cedere, non così facilmente.
Sa che non ha possibilità in uno scontro, sicuramente non la lascerebbe neanche scappare, ma non può far altro che tentare il tutto per tutto. Anche se, considerato l’odore che emana, non è del tutto certa che la attaccherebbe in qualsiasi caso.
Cerca di rilassare i muscoli, allungando pure le braccia fino a toccargli le spalle. È piuttosto immobile pure lui, e questo la insospettisce. Per un attimo, solo uno, si domanda a quale razza di gioco perverso stia giocando, ma poi decide semplicemente di agire e, senza che il Saiyan abbia il tempo di spostarsi, affonda le unghie nelle sue spalle. I solchi sono profondi circa cinque millimetri, quel tanto che le basta per farlo allontanare senza però mandarlo completamente in bestia (o almeno lo spera).
Il sangue cola sulle braccia muscolose, lasciando l’uomo in uno stato di confusione. Quello potrebbe essere un buon motivo per ucciderla, pensa Radish, ma poi il gioco finirebbe… e lui sta giusto cominciando a divertirsi. Senza contare, poi, che adesso vuole sapere con che razza di terrestre ha a che fare: le sue unghie sono decisamente troppo corte per potergli lasciare dei solchi simili, quindi deve esserci qualcosa sotto.
Il cuore di lei si ferma per un attimo. Solo uno.
«Tu sei completamente scemo!» Urla in preda all’ira, portandosi le mani ai lati della testa per contenersi. Per un breve istante sente il corpo andare a fuoco. Non può permettersi mosse false, non contro qualcuno che probabilmente le staccherebbe la testa con una sberla.
Per un po’ di tempo il volto di lui non muta d’espressione; rimane immobile a riflettere, finché finalmente scoppia in una risata. L’ultima volta che si è trovato di fronte a qualcosa di interessante come questa ragazza, è stato otto mesi prima con l’arrivo degli Androidi.
«Non ti permettere mai più, bestia.» Gli ringhia contro a denti stretti, sbuffando sonoramente per togliersi un ciuffo dall’occhio mentre raccatta frettolosamente i propri abiti da terra. Non li indossa, non ci pensa neanche. L’unico pensiero che ha in testa è di scappare il più lontano possibile per poter così andare al suo nuovo rifugio senza essere seguita.
Radish riesce appena a fare un paio di passi verso di lei per infastidirla ancora un po’ prima di liberarsene - non sa ancora se la risparmierà o se la stuzzicherà ancora prima di sconfiggerla in combattimento -, ma viene bloccato dal suo sguardo furioso e dal suo dito accusatore puntato dritto in faccia. Decisamente la cosa più strana e divertente che gli sia mai capitata da che ne ha memoria!
«Stammi lontano!»
La guarda mentre si allontana nell’oscurità, prendendo sempre più velocità. Una velocità sorprendente, davvero: ad occhio e croce, può giurare che raggiunga senza particolare sforzo i 130/150 chilometri orari.
Rimane fermo dove si trova, i piedi ben piantati a terra e le braccia stese lungo i fianchi. Continua a guardare il punto in cui è sparita e gli sembra strano che una ragazza di forse venticinque anni come lei, probabilmente pure meno, preferisca scappare nel cuore della foresta, che nell’immaginario spesso rappresenta quanto di più spaventoso possa esserci. Nuda, per giunta.
Per quanto gli secchi ammetterlo con sé stesso, e Dio solo sa quanto lo sia, quella giovane saetta è decisamente molto interessante.
Si passa stancamente una mano dietro al collo, un sorriso divertito sulle labbra.
Sarà semplice ritrovarla con l’aura che emana, può anche lasciarla andare per ora. In fondo è stanco, preferisce andarsene a casa.
Abbassa per un istante gli occhi in un moto spontaneo e lì in mezzo all’erba dove prima stavano i suoi vestiti, adesso giace abbandonato un foglio ripiegato e stropicciato.
Lo prende incuriosito e lo apre, faticando a leggere. Parte del problema è dovuto all’oscurità, ma lo risolve alzandosi in volo per avere più luce. L’altra parte è dovuto non tanto alla calligrafia, dal momento che le lettere sono tonde e ricche di cerchi ma comunque chiare, ma dal fatto che l’inchiostro spesso è sbavato perché c’è stato versato qualcosa che sembra essere caffè e ci sono diverse macchie di marmellata. Assottigliando lo sguardo, nota che ci sono diverse sbavature di un liquido smaltato rosa.
Chiunque l’abbia scritta o non sa fare più cose contemporaneamente o si era più che dimenticato di aver lasciato il foglio sul tavolo prima di cominciare a fare ben altro.
Legge comunque delle parti, quelle che sono riuscite a salvarsi: “****** venire in cit***** abbestia e ci pestiamo! CAZZO!!! ****** ti presento qualche bel ma*****” e dopo questa brillante riga seguono porcate di vario genere. Parla di cibo, di sesso, di droga. Da quel che riesce a capire, il mittente sarebbe capace di mangiare, sniffare e/o cavalcare tutto ciò che vede. Una dote piuttosto unica, lo ammette.
Ma poi arrivano due notizie davvero interessante: un indirizzo e un nome.
Pensa che sia davvero incredibile che si stia trasferendo a neanche dieci minuti da casa sua, in un palazzo che vede ogni volta che decide di fare due passi.
S’intasca il foglietto e si dirige verso il suo appartamento, intenzionato a mettere qualcosa sotto ai denti e magari schiacciare un pisolino.
L’idea che, in circostanze diverse, avrebbe potuto dirlo a suo fratello lo rattrista. È vero, stare sulla Terra non gli piace molto, ma l’idea di essere ancora vivo e, soprattutto, di aver avuto una seconda possibilità proprio da quello stolto con cui condivide il sangue gli ha dato modo di pensare che, forse, uno sforzo può anche farlo. Inoltre gli fa abbastanza piacere vederlo rallegrarsi quando gli dice qualcosa che lo riguarda e sicuramente lo sarebbe stato nell’apprendere che si è fatto un’amica - beh, più o meno, vagamente.
Ma lui non c’è più, non è voluto tornare.
Non sa se si tiene aggiornato su ciò che sta accadendo nel mondo dei vivi, non ne ha davvero idea, ma è consapevole che prima o dopo tornerà. Sarà allora che gli dirà dei suoi lenti ma significativi progressi, per poi fare la lotta come si addice a quelli della loro razza.
Abbassa per un istante lo sguardo quando sente un urlo bestiale provenire dal fitto della vegetazione, molto distante dalla sua posizione, ma non se ne cura. Magari la sua nuova amica ha trovato qualcuno meno clemente di lui e si sta battendo, ma non gli importa molto: saprà a breve se ne uscirà vincitrice o meno.
«Quindi è così che si chiama il giocattolo…» Mormora tra sé e sé, rialzando poi lo sguardo «… Sherry.»


Non c’è voluto alcuno sforzo per vedere nitidamente in quell’oscurità. È nata anche per questo, in fondo.
Ed è nata per correre, per raggiungere velocità incredibili sul rettilineo.
È nata per non indietreggiare, per combattere e uccidere.
Nel suo caso, però, è nata anche per servire e subire.
Non poteva funzionare, assolutamente.
C’è qualcosa di strano in quelli come lei, in quelli nati male o in circostanze sbagliate, ne è convintissima e ogni volta che commette qualcosa di strano come il non provare ad uccidere l’uomo che l’ha seguita e baciata contro la sua volontà se lo ripete fino allo sfinimento.
Perché sa che avrebbe dovuto ucciderlo. Però non ha voluto, non ha provato a farle effettivamente del male. Certo, quelle confidenze esagerate erano un pretesto per non dover dare scuse di alcun tipo a nessuno, compresa sé stessa, ma seguendo questo ragionamento avrebbe dovuto uccidere quasi tutti quelli che conosce, quindi preferisce evitare.
Ma questo discorso non vale per l’uomo steso supino sotto al suo bacino.
«Oh, …»
L’odore del sangue.
Denso, scuro e caldo sangue.
L’odore così acre e ferroso.
L’olfatto, insieme alle papille gustative, danzano un ballo sublime, facendola fremere.
Dalla gola recisa di quell’uomo provengono dei gorgoglii piacevoli ed incomprensibili; Sherry si gode la scena con lo sguardo estasiato ma inquieto allo stesso tempo. Sta diventando tutto troppo frequente.
Lo guarda dritto negli occhi, mentre la luce li abbandona per sempre.
«Balla con la Luna anche per me…»
Non capisce se sia una cosa volontaria quella di farla braccare da uomini o donne evidentemente svantaggiati rispetto a lei. In fondo, lui per primo sa bene chi è stato il suo mentore, senza contare che si sono allenati insieme per anni. Sa di cosa è capace, lo sa benissimo, quindi perché mandarle contro delle nullità? Per sfoltire il gregge? No. Pure chi considera inutile lo tiene in vita per usarlo nelle sue file, quindi perché continuare?
«Sei sempre stato dispettoso… ma adesso comincio a stancarmi.» Per molti parlare da soli aiuta a mantenere i pensieri focalizzati sugli obiettivi e può aiutare rimanere concentrati. Ma per Sherry è solo indice che, ormai, è ora di riunirsi alle vecchie amicizie.


I vicoli sono deserti. Non ha sentito la presenza neanche di qualche animale randagio nel suo tragitto. Ed è meglio così, visto che indossa solo i suoi anfibi neri, perizoma rosso, maglia scura e la giacca di pelle nera dell’uomo che ha ucciso.
Si è trattenuta nei boschi più del previsto per scavare una fossa che potesse nasconderlo da occhi indiscreti, sotto la pioggia battente. Le previsione davano cielo sereno, ma lei sapeva benissimo che sarebbe venuto a piovere in tarda notte. Quelli come lei non sbagliano mai sul meteo.
Si è messa quei quattro stracci e ha seppellito i pantaloni coperti di sangue non suo assieme al cadavere, per poi andarsene. Le mani e almeno metà delle gambe sono sporche di sangue, polvere e fanghiglia, ma non le interessa minimamente.
Finalmente raggiunge la sua destinazione, una palazzo di sette piani di uno spento marroncino. Il portone è rosso, scrostato e vecchio, circondato da un rampicante.
Non si sorprende assolutamente del fatto che abbia preferito vivere in un posto del genere: chi mai la cercherebbe in un luogo simile? Senza contare che si respira un’aria pesante, fastidiosa per chi come lei si basa molto sul fiuto.
Il portone è stato lasciato aperto e senza pensarci entra. Le serve l’appartamento numero 13, all’ultimo piano.
Prima di chiudersi il portone alle spalle, però, non può fare a meno di voltarsi per assicurarsi di non essere stata seguita. Saranno trecento metri che ha come la sensazione che un paio di occhi feroci le stiano trafiggendo la schiena, ma attorno a lei non c’è traccia di anima viva.
Una volta dentro poggia le spalle alla porta in legno vecchio. Fissa il vuoto quando viene distratta dal suono di alcuni spifferi gelidi. Tutto è immerso nell’oscurità.
Sale le scale velocemente, pensando a come giustificarsi giusto per tenere la mente occupata e allontanare quella maledetta sensazione tanto sgradevole. Non ha visto niente là fuori, ne è sicura, ma è certa di aver fiutato, seppur per un vago istante, un odore familiare.
Il numero 13 è stato inciso nella porta verde, la chiave è già nella toppa. Evidentemente erano stufe di aspettarla in piedi, così come è evidente che in quella palazzina sanno benissimo chi abita in quell’interno, tanto da non volersi avvicinare ad una porta praticamente aperta.
Entra senza remore e gira la chiave nella serratura per tre mandate, giusto per una sicurezza in più.
Era stata avvertita nella lettera che ha perso che non sarebbe stata in una reggia, ma non pensava di averci preso tanto con l’immaginazione.
Il salotto e la cucina sono nella stessa piccola stanza: il primo è composto da una bella televisione, una poltrona sfondata verde con dei motivi floreali gialli e un grosso divano rosso rattoppato in più punti; la cucina, invece, è rettangolare e non molto grande, abbastanza però da contenere un piccolo frigo bianco panna ingiallito, un fornello a quattro fuochi fra i due un piano da lavoro e al centro un tavolino circolare con quattro sedie bianche.
Ci sono tantissime fotografie alle pareti e, in un mobiletto chiaro sotto il televisore, vede che ci sono tantissimi album fotografici. Con un secondo sguardo più attento, nota che c’è pure lei in molte foto appese al muro, vicino alla finestra.
Senza aspettare niente e nessuno apre il frigo e la luce al suo interno l’abbaglia per qualche istante, tanto che deve chiudere gli occhi e poi riaprirli gradualmente.
«Ma che diavolo…?»
Sherry non si prende neanche il disturbo di voltare la testa. Continua a guardare quel frigorifero pieno di cibi precotti, schifezze di vario genere buone solo a farti venire il diabete e contenitori pieni di cibo avanzato. C’è una cacofonia di odori che un poco la disturba.
Afferra un contenitore medio col tappo di plastica blu con dentro quattro ciambelle colorate. Sorride all’idea che le abbia prese sapendo che le piacciono da impazzire.
«Bree, sono io.»
Bree… come si può definire Bree? Sicuramente come una schizzata. Non si capisce mai cosa sappia e cosa no, tanto meno cosa le passi per la testa. È una creatura di fuoco, capace di azioni estremamente brutali e stucchevolmente dolci, poco incline alla serietà, spesso sboccata e quasi perennemente arrapata.
Ha sempre mostrato una grandissima abilità nel tirarsi fuori da guai decisamente più grandi di lei, riportando sempre il minimo dei danni, se non addirittura nessuno, cosa che l’ha aiutata a crearsi una certa fama e, senza dubbio, una grande rete di amicizie e conoscenze.
Un’altra cosa che si può dire senza alcun dubbio, è che Bree è bellissima. La sua aria da Barbie, con la pelle bronzea, i lunghissimi e ondulati capelli color sabbia, gli occhioni da cerbiatta azzurrissimi e il corpo da indossatrice di biancheria intima, le hanno permesso di ottenere favori. Mai una volta che abbia mantenuto la parola o ripagato in qualche modo; Sherry lo imparò a proprie spese a sei anni, quando Bree le promise metà della sua razione di cibo se lei avesse picchiato un ragazzo più grande che la infastidiva. Picchiò il ragazzo, si procurò un occhio nero, ma la sua razione rimase la solita.
Eccetto per il fatto che lei di tanto in tanto riesce a mentire al contrario di chiunque tra loro, a Sherry piace molto, motivo per cui ha accettato il suo invito a trasferirsi nel suo piccolo appartamento.
«Lo so che sei tu ma, cazzo!, sono le tre e mezzo del mattino!» Brontola la bionda, trascinandosi a sedere su una delle quattro sedie bianche. Indossa una culotte di seta verde acqua e una canotta bianca praticamente trasparente.
Le lunghe gambe toniche sono stese sotto al tavolo, la testa poggiata svogliatamente sul palmo della mano. Per quanto sia assonnata, l’espressione è scanzonata come sempre.
«Veramente sono le cinque.» Volta un poco il capo verso la porta della camera da letto dell’amica, trovando sull’uscio la sua compagna, assonnata e spaesata in maniera tragicomica. I capelli rosso fuoco sono arruffati in modo innaturale, e Sherry per un attimo, ma solo uno, arriva a domandarsi cosa diavolo facciano a letto quelle due per ridurla in quello stato.
«Buongiorno Mimì. Ciambella?»
La ragazza guarda un punto vuoto davanti a sé, dando l’idea di non aver sentito cosa le è stato detto, ma le due sanno benissimo che Mimì sente sempre tutto e che, sfortunatamente, poi se lo ricorda pure negli anni.
«Se mangiassi un quarto delle schifezze che mangiate voi, avrei due strade: o il diabete o l’obesità.» Detto questo gira sui tacchi e chiude con estrema forza la porta bianca alle proprie spalle, lasciando le due amiche ai loro affari.
«Era un no?» Le urla dietro Sherry, ridacchiando appena quando la sente urlare un insulto difficilmente comprensibile ma sicuramente molto fantasioso «Scontrosa al mattino eh?»
«Sher non è neanche l’alba… ti aspettavamo per l’una al massimo…» Sbadiglia un paio di volte mentre parla, per poi stropicciarsi gli occhi e prendere una fetta di pizza fredda dal cartone abbandonato sul tavolo.
Mimì non ha mai avuto paura della natura della compagna, né dei suoi pericolosi giri di amicizie. L’avrebbe protetta sempre e da qualsiasi minaccia, come le ha dimostrato il giorno che ha deciso di seguirla nel suo mondo, e non l’avrebbe mai sfiorata con un dito. Ciò che l’ha sempre spaventata è l’idea delle ingenti spese per riuscire a sfamare entrambe! Perché Bree mangia tanto, troppo. Il suo stomaco pare non avere mai una fine, aspetto simile per tutti quelli come lei.
Sherry si appoggia con un fianco al bordo del piano da lavoro e giocherella con una ciambella con la glassa rosa alle ciliegie. Sa bene che questo è stato un dispetto premeditato da parte dell’amica e non una semplice svista: solo lei sa quanto disprezzi le ciliegie.
«Dio, la monogamia ti ha cambiata sul serio. Un tempo stavamo sveglie tutta la notte, a correre, cacciare, intrufolandoci ai concerti!» Le lancia addosso la ciambella maledetta e ridacchia nel vederla allungarsi verso terra per poterla recuperare. Fosse per lei, mangerebbe direttamente sul pavimento.
«Mimì ha orari piuttosto rigidi per via del lavoro… e soprattutto stasera non c’erano concerti interessanti.» Risponde senza scomporsi, stiracchiando poi le braccia verso l’alto. Lascia poi vagare lo sguardo sulla figura scanzonata dell’amica che rosicchia la glassa dalla terza ciambella, non sorprendendosi dello stato pietoso in cui versa, notando poi che non ha neanche una sacca.
«Dov’è la tua roba?»
«Ho dei soldi in giro, non preoccuparti. Mi procurerò tutto ciò che mi serve nei prossimi giorni… ora vattene a dormire, prima che la tua dolce metà mi sbrani!» L’afferra con forza per le spalle e la alza di peso, lasciandosi avvolgere un braccio attorno alle spalle.
Brutta mossa.
«Hai un odore strano addosso…» Afferma infatti la bionda, allontanandola un poco per cercare il suo sguardo. La conosce da così tanto tempo che le basta solo uno sguardo per capire che qualcosa la turba, consapevole che non è certo il fatto di aver ucciso qualcuno.
«Mh? Ah, non è niente. Hanno provato ad attaccarmi, solita storia…» Se la scrolla di dosso e va verso la porta della seconda camera da letto a lei destinata.
Non fa però in tempo ad entrare che la minore la blocca di nuovo per un polso e la tira indietro per richiamarne l’attenzione.
«No, non è questo. È un odore strano… cos’è?»
Rabbrividisce, Sherry, perché il punto è proprio questo: cosa, non chi.
Si passa una mano sporca di terra tra i capelli spettinati, sospirando: «Girano delle voci tra i nostri, riguardanti alcuni guerrieri che avrebbero salvato il mondo, le avrai sentite…»
Bree annuisce con vigore, adesso attentissima. Certo che le ha sentite! Ha pure visto sui maxi schermi lo scontro tra l’insettone verde e quei formidabili guerrieri con i capelli platinati. Come potrebbe mai dimenticarselo?
«Credo di averne incontrato uno. Anzi, ne sono sicura. Non ero mai stata a contatto con una creatura così forte… Jäger, anche con l’aiuto di tutti gli altri, non lo sfiorerebbe neanche con un dito. Neanche Roman
«Figata…» Gli occhi sono sgranati, sognanti. Nella sua mente non può far a meno di immaginare l’epico scontro tra una creatura antica come Roman il Saggio - o il Vecchio, come lo hanno sempre chiamato loro - e uno di quei formidabili uomini.
Però poi lo sguardo cambia repentinamente: le labbra carnose si tendono verso l’alto, gli occhi si assottigliano e sembrano quasi illuminarsi, le sopracciglia inarcate le conferiscono un’aria maliziosa e divertita al tempo stesso.
«E perché odori di sesso?»
«Buonanotte Bree.»
La lapida così, scattando dentro la piccola stanza e sbattendole la porta in faccia.
«As-»
Poggia le mani sulla porta come se volesse sorreggerla, stando attenta ai rumori all’esterno. Sente l’amica bofonchiare qualcosa che difficilmente riesce a comprendere e subito dopo la porta aprirsi e chiudersi di nuovo. La sente pure saltare sul letto e i rimproveri di  una più che furiosa Mimì.
L’idea di sgattaiolare fuori e buttarsi sotto la doccia l’alletta da impazzire, ma è ben consapevole che Bree scatterebbe fuori da camera sua e la placcherebbe con violenza pur di vomitarle addosso tutte le più porche idee che si è fatta sul misterioso e pericoloso guerriero che ha incontrato. Non può proprio permetterselo, non dopo una giornata di marcia, una notte di botte, qualcosa di simile a delle molestie e sangue. Era partita con due ore di sonno, ora ne avrà a disposizione altre due, forse due e mezzo, prima che il tornado con i capelli biondi sfondi la sua porta per portarla in giro.
Sbadiglia forte e dà una veloce occhiata alla camera; anche questa come il resto dell’appartamento, è piccola. Dentro c’è solo un armadio antico di medie dimensioni, un’altrettanto antica cassettiera in legno  praticamente attaccata al primo e il freddo letto ad una piazza. Sotto il suo peso il materasso cigola in modo preoccupante, costringendola ad appuntarsi mentalmente che le conviene cambiarlo al più presto; cerca per qualche minuto di scaldarsi sotto la coperta leggera e l’assale il pensiero che per la prima volta in vita sua ha trovato qualcuno davvero più forte di lei, qualcuno che non può sconfiggere neanche giocando sporco, qualcuno che non può tiranneggiare né spezzare, qualcuno che può spezzarla con un dito. Prova un brivido che, malgrado il suo passato e le insidie del suo stesso presente, non ha mai conosciuto.
Di colpo poi cade in un sonno profondo, ignara di essere tenuta sotto osservazione dal momento in cui è entrata in camera proprio da Radish.




*Sì, avrei dovuto mettere ki, ma, onestamente, mi suonava meglio così. Spero che non sia un problema per voi.

ANGOLO DELL’AUTRICE
Io non lo so.
Io davvero non lo so.
Di avere qualche problema nel cervello ne sono consapevole, è evidente… ma ogni volta che mi metto a scrivere scopro sempre più falle!
Non sono convinta del capitolo. Non sono convinta di niente.
Però, non so. Tutto sommato mi suona (non è vero!).
Sherry è tutto fuorché una brava persona, ha le mani macchiate di sangue da che ne ha memoria… ma ha una sua “morale”. Oltre a questo, ha anche un forte istinto di conservazione che non le farebbe mai attaccare per prima qualcuno che sa essere più forte e veloce. Piuttosto piega in ritirata. Proprio com’era - è? - Radish.
E che dire di lui? Mi diverte descriverlo in queste vesti: un Saiyan grande e grosso che è voluto cambiare ma che non riesce a trovare un posto nel mondo, che sente che tutto è vuoto e insipido se non c’è qualcuno contro cui battersi. Lei non vuole combatterla, non ci sarebbe gusto neanche per uno come lui… però vuole giocarci, senza neanche avere un’idea precisa di come agire o come finirà questo gioco.
Tipo gatto col topo, appunto.

Finito con il mio delirio - inutile -, ci tengo a spiegarvi perché gestisco Radish in questo modo, tanto diverso da come ci è apparso in DBZ: neanche in R&R, versione in cui Radish è vivo e ha messo su famiglia con Lunch (unica cosa che non mi piace, lei è carinissima con Tenshinhan!), viene specificato come sia rimasto in vita, quindi lo inventerò io. Viene però detto che Radish si innamora di Lunch perché è forte e perché, come lui, è una specie di reietta nel mondo, che lo tratta con dolcezza e non come immondizia come invece facevano Vegeta e Nappa (che, se non ho capito male, continuerà a disprezzare). Un’altra cosa che gli piace di Lunch, a quanto sembra, è il fatto che con lei possa divertirsi sul serio (almeno con la parte “cattiva”).
Arriverà ad integrarsi, seppur a modo suo, e diventerà molto più coraggioso e leale, creando un bel rapporto con Goku. In questa versione, Piccolo è suo buon amico e si allenano insieme. Inoltre riesce a diventare Super Saiyan come Goku e Vegeta e tuttecose!
Dando una sbirciata all’età su internet, ho notato che, quando appare, non sanno se ha 29 o 34 anni… noi gliene daremo 29 quando arriva sulla Terra, di conseguenza ora 35 (per via della Stanza dello Spirito e del Tempo). Così, tanto per non sapere su cosa ragionare!

Un ultimo chiarimento (importante): c'è un motivo se Radish l'ha baciata subito, senza neanche ragionarci, ed anche perché continuerà a provarci e perché Sherry non lo allontanerà mai con poi troppa convinzione, ma c'è da aspettare ancora un bel po' prima che venga spiegato.

Poi… niente. Ho detto tutto, vi ho spiegato come sono stati ragionati questi due poveri disgraziati, quindi basta.
Spero di ricevere un vostro parere per capire se mi sto orientando bene o se devo aggiustare il tiro.

Un bacione
Kiki



PS: Ditemi se è il caso di aggiungere OOC per Radish. Non sappiamo come si comporterebbe in questi frangenti e dopo tanto tempo a contatto con gli altri, mi baso più che altro su ciò che ho letto/visto in giro. ^^”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Prima di cominciare un grazie infinito a The Big Dreamer, Il corsaro nero e Celeste98 per aver lasciato una recensione. Siete voi che mi date la spinta per scrivere sempre più velocemente 💛
 

𝟚. 𝓤𝓷 𝓷𝓾𝓸𝓿𝓸 𝓰𝓲𝓸𝓬𝓸



Tutto è dominato dal silenzio ed il buio riempie ogni cosa.
Tutto tace. Tutto giace. E tutto trema.

Fa freddo. Fa più che freddo. È quel freddo che ti attraversa la pelle, che ti entra nella carne, ti gela il sangue e ti paralizza le ossa. È quel freddo che sa di morte. Tutto sa di morte in quel luogo: la terra arida, senza vita, il cielo fosco, senza luce. Un'estenuante quiete senza tranquillità.
I rami arsi e secchi sembrano volerti afferrare; le foglie scure, prive di sfumature allegre, scricchiolano come se urlassero per il dolore quando le si calpesta, mentre i cespugli ai lati si muovono mossi da quel poco vento che li raggiunge.
Un ululato, uno solo, tanto potente da far vibrare gli antichi tronchi. Così forte che qualsiasi creatura che avesse deciso di passare la notte nascosta in qualche pertugio decide di scappare, di cercare un nascondiglio migliore, consapevole però che è solo una mera speranza.
Si arrampica su di un albero, le braccia ferite faticano a sorreggere il suo peso ma non demorde. Altri bambini seguono il suo esempio, arrancando con gli artigli piantati nelle cortecce. Sono denutriti, sono stanchi e sporchi, non possono far altro che tentare ancora una volta di trovarsi un pasto.
Vede i capelli chiari di Bree ondeggiare nell’aria, facendola sembrare un Angelo benevolo giunto per dar loro conforto. Lo squarcio nella schiena si è riaperto, sente l’odore dell’infezione malgrado i venti metri che le separano.
«Mezcal è furioso.» Afferma uno, stringendosi le braccia ossute attorno al corpicino tremante.
«No.» Sibila un altro, accucciandosi sul ramo.
Sono tutto così stanchi, così piccoli. Molti di loro non supereranno l’inverno.
«È eccitato.» Mormora Sherry, la voce rotta dalla preoccupazione. Quando Mezcal è eccitato, lo sono anche i suoi sottoposti. Quando ciò accade molti muoiono, soprattutto i reietti come loro.
«Torniamo alle grotte prima che ci trovino.» Ordina con voce ferma, saltando giù dal ramo dove stava ritta ad osservare il bosco. Un salto di trenta metri, che per lei sembrano essere trenta centimetri.
Volta lo sguardo, gli occhi come fari di sangue che squarciano l’oscurità.
Il cuore le fa male per quanto batte forte, ma non può arrendersi.
Devono correre, devono tornare nei loro buchi assieme agli adulti per non essere presi. Non hanno le forze necessarie per dar sfogo al loro potenziale per provare così a difendersi, a malapena riescono a reggersi in piedi.
«Veloci!» Scatta, i piccoli la seguono, ma non tutti hanno sopportato l’impatto. Non riescono a rialzarsi, si sono rotti le ossa a causa dell’estrema malnutrizione e per il loro sangue impuro.
Sherry non sa cosa fare. Deve aiutarli? Devono cavarsela da soli come viene loro imposto da sempre?
Non può decidere, viene portata via dal ragazzo più grande del gruppo. Le stringe il braccio ferito, le fa male, ma non può sottrarsi.
Volta appena la testa quando sente le prime urla squarciare l’aria: Mezcal sovrasta uno dei suoi compagni, il sangue cola dalla sua bocca assieme alla carne strappata da quelle deboli membra, gli occhi brillanti come ametiste la fissano con astio.
Latra qualcosa, la voce gutturale, profonda, maligna: «Sei mia…»



«SVEGLIA!»
Butta fuori tutta l’aria che ha nei polmoni e, ne è abbastanza sicura, pure uno di essi, quando Bree le salta addosso piantandole le ginocchia nell’addome.
Si ritrova seduta senza neanche rendersene conto, le braccia che stringono convulsamente la parte lesa e il respiro spezzato. Non appena sente di poter respirare regolarmente volta il capo verso l’amica, pimpante e attiva come sempre. Indossa ancora il pigiama della sera prima e odora di cibo. In realtà Sherry, ancora intontita, non è sicura che sia Bree ad odorare di cibo o se il profumo proviene dalla cucina, ma è sicura che sia un odore davvero buono. È proprio per questo motivo che decide di alzarsi, stiracchiando le braccia verso l’alto in un movimento pigro.
«Ah-Ah!» La riprende la bionda, un dito puntato in mezzo ai suoi occhi come monito «Prima vai a lavarti, così io metto a lavare le lenzuola. Non andrò in bianco con Mimì solo perché sei abituata a vivere nelle grotte, chiaro?»
«Bree, sono affamata, non rompere…» Biascica a mezza bocca, cercando inutilmente di superarla. È stanca, i muscoli sono indolenziti a causa dei tanti sforzi e della scarsa alimentazione delle ultime due settimane, oltretutto ha uno strano presentimento addosso, come se qualcosa di brutto stia per accadere.
«Non mi frega niente, carina. Fuori da questo appartamento comandi tu, nessun dubbio a riguardo, ma qui dentro comanda lei. Io mi sono messa al suo servizio dal giorno in cui ha deciso di volermi come compagna, di conseguenza qui ti sono superiore. Prendere o lasciare.»
Sherry ha capito un quarto di ciò che le è stato appena detto, ma non le importa. Il concetto è chiaro, in fondo: Mimì comanda.
Si dirige svogliatamente verso il bagno strascicando i piedi, sentendo distrattamente l’amica dirle che le metterà dei vestiti sulla cassettiera. Sente un nuovo, fastidiosissimo nervosismo crescerle dentro alla sola idea, visto e considerato che lo stile di Bree è molto, molto, molto diverso dal suo.
Lascia che l’acqua gelida le carezzi la pelle, portando via con sé fango e sangue secco mentre un semplice ma significativo commento esce di prepotenza dalle sue labbra: «Vaffanculo tutto.»


Hanno mangiato di tutto: da una dozzina di cornetti tiepidi col caffè  bollente alla peperonata ghiacciata che hanno trovato in frigorifero. C’è rimasto davvero poco a casa, Bree sa bene però che la compagna ordinerà la spesa online e la farà portare in casa dal vicino svitato. Sanno di potersi fidare, dal momento che la bionda lo ha salvato da una rapina a mano armata. In effetti, sono estremamente ben volute da tutta la palazzina: la dolcezza di Mimì unita alla forza smisurata di Bree le hanno rese le beniamine di tutti!
Dopo aver riordinato, Bree ha deciso di mostrarle il piccolo impero “malavitoso” che si è costruita in quegli anni, cominciando proprio da ciò che ha nascosto in casa: sotto le assi del pavimento, tanto per cominciare, ha nascosto un numero considerevole di pistole, fucili e armi bianche.
Ma Sherry sapeva da subito che non si sarebbe mai limitata a così poco… e infatti la dolce e apparentemente ingenua Bree comprò pure l’appartamento adiacente al suo e, dopo aver murato la porta d’ingresso e le finestre, ha ideato una porta a muro pressoché invisibile per unirle. Non volevano spazio, non era necessario, ma era fondamentale che potessero difendersi al meglio, soprattutto Mimì. È proprio per questo che Bree ha stipato il secondo appartamento di ogni genere di equipaggiamento militare e arma, incluse anche diverse bombe, bazooka, granate stordenti e altre cosucce decisamente poco legali. Nessun porto d’armi le permetterebbe certe cose!
Sherry, dopo aver curiosato un poco, si è messa a caricare una Smith & Wesson Model 500, decisa a nasconderla nella giacca di pelle rubata la sera precedente. Il vestitino rosso che le ha prestato l’amica è quanto di più sbagliato per una che gira quasi sempre armata, ma non poteva lamentarsene: è forse la cosa più coprente e sobria che l’amica possiede, malgrado lo scollo vertiginoso.
«Sai che non mi piace condividere i miei giochi.» La bionda appare alle sue spalle, giocherellando con un pugnale con la lama nera. Lei non gira mai armata, in città ci sono meno della metà dei pericoli che ci sono fuori, e le sue capacità sono più che sufficienti. Senza contare, ovviamente, tutte le sue amicizie.
«Vuoi forse togliermeli dalle mani?» Mentre lo dice si mette la pistola nella tasca interna del cappotto, sfidandola. Non è cattiverai o arroganza la sua, pure Bree reagirebbe così: è un qualcosa di intrinseco nella loro natura. Solo una minaccia reale, come un avversario troppo difficile da abbattere, li fa desistere dal fare gli “spacconi”.
Bree, infatti, non si lascia certo intimorire e scoppia in una fragorosa risata. L’avvicina senza timore e, dopo aver buttato il pugnale in mezzo ad un mucchio sul tavolo, avvolge un braccio attorno alle spalle dell’amica, strattonandola appena.
«Muoviti, bastarda: ti porto in un bel posto.»


Sherry si aspettava che l’amica si pavoneggiasse con una bella macchina sportiva di un colore sgargiante, non certo che la facesse salire su una macchina piuttosto anonima di un altrettanto anonimo grigio metallizzato.
Le ha domandato come può cavarsela in situazioni scomode con quella specie di bidone che non supera gli ottanta chilometri orari e le ha risposto che in caso di fuga preferisce darsela a gambe. Certo Sherry condivide in pieno l’idea, ma proprio non riesce a spiegarsi come faccia ad adattarsi a qualcosa di così lento, arrivando velocemente alla conclusione che pure lei dovrà adattarsi a simili cose: non può correre alle sue velocità in mezzo a quelle persone, non può mostrare tanto apertamente le sue abilità. Se l’avesse fatto la sera prima, per esempio, avrebbe commesso un massacro degno dei serial killer più malati e perversi mai esistiti.
Sono arrivate dopo quasi quaranta minuti di strada davanti ad un capannone verde muschio. Nel grande parcheggio sterrato che lo circonda vi sono diversi macchinoni con vistosi cerchioni cromati. A terra conta un numero spropositato di mozziconi - non solo di sigarette - e nell’aria aleggia tanto testosterone da arrivare quasi ad infastidirla.
«Ecco i miei cagnacci!» Bree è a suo agio in mezzo a quei maschioni grandi e grossi. Non ha niente da temere, non dopo averli messi in ginocchio anni addietro. Ora le sono fedeli, non oserebbero più mandarla in bestia, non dopo aver capito che dispone di una rete di amicizia ben più stabile e pericolosa della loro.
Uno di loro, il più grosso di tutti, quello che ha decisamente l’aria più incazzata, burbera e pericolosa, si alza dal divano che condivide con i compagni, una 629 ben salda in mano. Guarda la sconosciuta con astio, cercando di capire dove abbia già visto quello sguardo così arrogante e freddo.
«Chi è questa?» Tuona indicandola con il revolver, suscitando in lei solo un lieve sorriso beffardo. Quelli come lui li ammazzava a sei anni con la stessa facilità con la quale si allacciava le scarpe, non sarà certo una pistola a fare la differenza.
«Questa è Sherry… figlia bastarda di Mezcal.» Lo informa Bree, ghignando malefica quando lo vede irrigidirsi. Con la coda dell’occhio, poi, nota che pure i suoi compagni sono rimasti come congelati, emanando anche un piacevolissimo odore di paura.
«Ha bisogno di qualche nuovo giocattolo.» Lo informa senza muoversi dal fianco dell’amica, che nel frattempo non ha battuto ciglio. E perché mai avrebbe dovuto? Sa cosa significhi avere la reputazione di aver combattuto anche solo una volta al fianco di Mezcal, figurarsi essere la sua bastarda. Per quanto tra la sua gente i bastardi siano visti come feccia, buoni solo come valvole di sfogo per la rabbia così da tenere le tensioni sociali basse, lei è sempre stata considerata una spanna superiore agli altri: l’unica bastarda che Mezcal ha deciso di lasciare in vita, l’unica che ha deciso di addestrare e crescere assieme alle sette figlie e nove figli legittimi. L’unica su ventuno bastardi assassinati.
«Da questa parte.» Brontola l’omone, la lunga treccia nera che oscilla ad ogni suo movimento. Per un solo secondo, ma solo uno, Sherry pensa che sia fisicamente la terza creatura più grossa che le sia mai capitato di vedere, subito dopo Roman e il tipo strano della sera prima. È proprio l’idea di averlo ripensato, di averlo paragonato ad uno di loro, a lasciarla interdetta.
«Mi procurano sempre un sacco di cose belle, purché io tenga i federali fuori dai loro affari.» La informa di colpo l’amica, riportandola con i piedi per terra.
«E come faresti?» Domanda realmente incuriosita, domandandosi fin dove si sia spinta. Girano voci sulla “Freccia Dorata" che tira i fili in città, ma non ha mai sentito i dettagli.
«Sono un genio con una moralità flessibile, posso ottenere tutto.»
Sherry la guarda scettica, un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso sulle labbra, e Bree lo nota. Sorride a sua volta, decisa però a non vuotare del tutto il sacco. Quelli sono i suoi trucchi ed è più che decisa di rivelarli solo ai suoi futuri figli.
«Ho chi lo fa per me.»
«E a questi che favori devi?»
«Nessun favore.» È curiosamente sincera, Sherry ne è quasi sorpresa «Ho sventrato la moglie del tizio giusto e minacciato di fare lo stesso alla figlia in caso di disobbedienza. Quando si è reso conto che i proiettili non sortivano alcun effetto, è diventato molto mansueto.»
Sherry annuisce distrattamente, mordicchiandosi l’interno della guancia.
«Bella mossa. Non ci sarei riuscita.»
Bree stavolta cerca il suo sguardo. È consapevole che tutto ciò che la circonda sia nuovo per lei e che sia anche molto complicato.
È vero, hanno vissuto a contatto con un’umana dai tredici ai diciassette anni, andavano in città con altri ragazzi nelle loro stesse condizioni per procurarsi ciò che poteva tornar loro comodo, ma non ha mai vissuto in città e, soprattutto, ha trascorso gli ultimi sette anni da sola nei boschi.
«Ci vuole un grande autocontrollo per non ucciderli tutti, è vero, ma quando abiti in città diventa più semplice.» La informa cercando di mostrarsi quanto più gentile possibile, venendo però disturbata dall’omaccione, Gregor. Non gli è antipatico, non gli è proprio mai interessato.
«O quando dividi il letto con uno di loro.» Sputa velenoso, cercando di darsi un tono minaccioso e strafottente. Sherry lo guarda con aria annoiata, pensando che uno come lui, uno che ha solo un quarto del loro sangue nelle vene, dovrebbe starsene al suo posto, ma non dice niente. Potrà anche pensarlo di tanto in tanto, ma non li disprezzerà mai come suo padre o i suoi fratellastri e sorellastre.
«Raccontami di nuovo della tua puttanella… aspetta, come si chiama? Ah, sì: Coby.» Controbatte prontamente Bree, i muscoli pronti a scattare per attaccarlo. Lei non è mai stata particolarmente forte, neanche tra quelli come lei, ma può battere senza troppi problemi qualcuno che le è inferiore. Lui avrà anche un quarto di sangue buono, quindi significativamente più forte degli umani comuni, ma lei rimane sempre una Mezzosangue.
«Cos’hai per me?» Domanda con voce piatta Sherry, decisa ad interrompere quello sciocco battibecco. Non ha sopportato quaranta minuti di macchina per sentire le loro scemenze e, oltretutto, le sta tornando fame: che le mostri la mercanzia, che le lasci decidere se prenderlo sotto la sua protezione come sicuramente vuole Bree, ma che faccia tutto alla svelta.
Gregor apre l’armadietto e si fa da parte, lasciandole campo libero.
Appesi ci sono coltelli e pugnali di varie dimensioni e sono tutte lame in diaurum, una lega metallica incredibilmente rara, una delle poche cose capace di tagliare le loro ossa. Certo, lame così corte sono studiate tutt’al più per trapassare il cranio, sventrare, tagliare gole e/o tagliare le dita per scopi da definire sul momento, ma a mali estremi si possono usare anche per staccare le teste. Ma in quei casi, beh… si usano ben altri mezzi.
Prende due pugnali e pensa che li metterà in un paio di anfibi alti che a breve si procurerà, mentre un terzo potrà metterlo nella manica. Per adesso si limiterà a questo, giusto il tempo di testare quanto i materiali siano effettivamente buoni, ed eventualmente tornerà per sigillare un accordo vantaggioso per entrambi.
«Qual è il tuo prezzo?»
Gregor la guarda dritto negli occhi, notando quanto siano simili a quelli di Mezcal: occhi freddi dietro il quale si trova solo oscurità, l’assenza della luce, gli occhi di un assassino senz’anima. E qui Gregor ci prende solo a metà, perché se scrutasse con più attenzione, scorgerebbe una scintilla che Mezcal non ha mai avuto, un calore che pure Sherry fatica a tenere nascosto.
«Il tuo silenzio. Se si sapesse che ho venduto questa roba proprio a te, finirei in un mare di merda.»
Si fissano dritti negli occhi finché Gregor non cede, passandosi anche una mano dietro al collo nerboruto con fare nervoso.
Sherry si lascia andare ad una lieve risata, dandogli una pacca sulla spalla come a volergli dire di poter stare tranquillo. Per quanto le torni spesso comoda la sua fama, prova sempre un ben celato fastidio nel vedersi trattare come la reincarnazione del demonio.
Le due ragazze fanno per andarsene, decise ad andare a prendersi un kebab come prestabilito, ma vengono fermate da Gregor, che si piazza davanti alle due con aria un poco più distesa. Averle entrambe dalla propria parte potrebbe giovare molto ai suoi affari, quindi è ben deciso a tenersele buone.
Allunga una busta bella piena d’erba a Bree, sforzandosi di sorriderle per una frazione di secondo. Ma non ci riesce, non è nelle sue corde. Neanche il ragazzo con cui si diletta di tanto in tanto, Coby, l’ha mai visto sorridere davvero.
«Offre la casa, Barbie.» Afferma con aria serena, facendo poi un cenno verso destra. Le due non avevano dato peso all’uomo morto appeso ad un gancio da macellaio, ma adesso sono costrette a notare gli artigli e le zanne ancora esposti. Un Mezzosangue, senza dubbio, e il marchio è evidentemente quello di Jäger.
Bree storce la bocca con disgusto e si allontana con passo svelto, decisa ad andarsene il più lontano possibile a distendere i nervi, e Sherry rimane giusto il tempo che Gregor le faccia un’unica ma semplice richiesta: «Toglietemi quei bastardi dai piedi.»


Il kebab alla fine non l’hanno mangiato, l’odore non le attirava particolarmente. C’era qualcosa di andato a male lì dentro e, malgrado non possano ammalarsi e non possano neanche essere avvelenate, Bree non ha voluto tirar giù qualcosa di deteriorato. “Qui non puoi comportarti come un cane randagio! Cerca il meglio, bastarda!” le ha detto ridendo forte per poi portarla via.
Hanno optato per una pizza a testa, con quante più cose sopra. Sherry ci ha messo tutto ciò che il pizzaiolo aveva a disposizione dal momento che erano quasi quindici mesi che non si avvicinava neanche per sbaglio alla civiltà.
Le hanno mangiate nel giro di poco, scolandosi due lattine di tè freddo a testa. Sono rimaste un po’ nella pizzeria senza dirsi una parola, la testa tra le nuvole e gli occhi persi nel vuoto.
Poi sono scattate velocemente fuori, il proprietario che urlava perché non avevano pagato. Ridevano mentre correvano come delle matte per le strade affollate, le persone che le guardavano senza capire cosa avessero da correre.
Saltavano le macchine quando attraversavano la strada, si sono spinte e picchiate in una fontana, gli uomini che passavano non riuscivano a chiudere la bocca davanti al top bianco e bagnato di Bree che rivelava l’assenza del reggiseno. Sherry ne ha preso uno per un braccio e l’ha trascinato dentro, sia per farsi due risate sia per rubargli il portafogli. Poi hanno semplicemente ricominciato a correre per la città, fino a buttarsi a sedere su una scalinata che conduce in municipio.
Stanno sotto i caldi raggi del sole ad asciugarsi e nel frattempo fumano una canna chiacchierando del più e del meno.
Bree le racconta nel dettaglio com’è iniziata con Mimì, quando loro due - e il resto del gruppo - si separarono sette anni prima. Lei aveva cominciato a buttare seriamente le basi per il suo dominio in città, decisa a non farsi mancare mai più niente, e un giorno semplicemente l’ha vista per strada. La volle subito e trovò facilmente il modo di attaccar bottone, mettendo in imbarazzo la bella rossa universitaria. Le racconta che malgrado all’inizio Mimì non volesse frequentare una diciassettenne in quanto già impegnata in una relazione con un uomo, alla fine cedette. Lo fece perché Bree la difese quando il possessivo fidanzato la picchiò perché rientrata tardi dopo aver perso l’autobus. In realtà non la difese semplicemente ma lo sbudellò proprio, ma la rossa decise che era meglio usare quella versione dei fatti.
Col passare dei mesi Mimì cedette alle lusinghe di Bree, arrivando ad innamorarsene perdutamente, accettando tutti i rischi, le regole e gli orrori che derivano dall’amare una creatura come lei.
Le dice di essere felice, Bree. Le dice che è davvero felice e che adesso può dirsi “a tanto così" dall’essere completa, ora che è tornata nella sua vita.
Si erano mancate così tanto loro due. Ne hanno passate di tutti i colori da che ne hanno memoria. Bree nacque cinque mesi dopo Sherry e furono messe entrambe nel reparto degli scartati. Lì dormivano tutti assieme, se avevi fortuna qualche ragazza ti aiutava a campare fino a quando non ne fossi stato capace da solo, e loro due venivano sempre nutrite assieme e messe nella stessa pelliccia per terra.
Hanno condiviso ogni momento fin quando ad undici anni Bree decise che dovevano andarsene, senza voler dire perché. Insistette così tanto che Sherry l’accontentò e la seguì lontano da tutto e tutti, immergendosi in quella che all’epoca le è sembrata la situazione più orrenda che si potesse andare a creare. Se avesse saputo cosa le sarebbe successo rimanendo tra la sua gente, avrebbe affrontato pure di peggio col sorriso in volto!
Sherry adesso la guarda mentre tira l’ennesima boccata sotto lo sguardo sconcertato dei passanti. È sicura che chiameranno delle guardie prima o dopo, ma è anche altrettanto sicura che come vedranno chi è che sta portando rogna lasceranno stare.
«Hanno dell’erba fantastica… prova!» Le sventola sotto al naso il sacchetto con l’erba, sulla quale c’è scritto sopra ad un adesivo di carta “Bubbonica cronica”. Deve ricordarsene, Bree, perché l’ultima volta ne aveva preso un tipo diverso e, per quanto fosse buona, non era neanche lontanamente paragonabile a questa.
Sherry afferra lo spinello e fuma a sua volta, godendosi con ogni fibra del suo essere la sensazione di rilassamento muscolare e stordimento mentale.
«Cristo, erano mesi che non mi sentivo così…»
Sia chiaro, non lo fanno perché tossicodipendenti o cose del genere, ma per abbassare il rischio di far danni. Se le persone comuni sapessero che stanno momentaneamente danneggiando le proprie capacità psicofisiche per evitare di far loro del male, non farebbero come la signora grassottella con l’abito giallo tutto pizzi e merletti blu che si è piazzata davanti a loro.
«Ma non vi vergognate?! Fumare quella robaccia in pubblico! Davanti a dei bambini!» Ad entrambe ricordo un grosso rospo, come quelli che cacciavano negli stagni da bambine e poi sbranavano ancora vivi.
«Quei bambini rimarranno molto più traumatizzati dalla tua faccia, credimi…» Biascica Bree, un sorriso strafottente a stenderle le labbra rosee e carnose, il corpo mezzo steso sui gradini in una posizione comoda e scomposta.
«Io chiamo la polizia!» Bercia in risposta la grassa signora, cercando il telefono nella borsetta.
Quello che la signora non sa è che provocare uno di loro è una mossa stupida, soprattutto se non si è ancora ambientato alla città e ai suoi abitanti. Non lo sa, non può saperlo dal momento che non sa proprio della loro esistenza, ma lo capisce quando si trova con il grosso revolver di Sherry puntato davanti al viso.
«Io non lo farei.»
Bree ride mentre tutti scoppiano a gridare e, non senza fastidio, abbandona la comoda posizione e invita l’amica ad alzarsi a sua volta.
Non ha intenzione di riprenderla, è stata sin troppo brava per gli standard di quelli come lei. La stessa Bree premette più volte il grilletto quando a diciassette anni si trovò da sola in città per la prima volta, ancora incapace di capire appieno come funzionassero le dinamiche tra gli umani comuni. Se poi si considera che Sherry rimane comunque una Purosangue, si può dire che si sia comportata da vero angelo.
«Andiamo a rimediarti dei vestiti!» Afferma Bree, cominciando a correre, sfrecciando senza problemi in direzione della macchina che hanno abbandonato nei pressi della pizzeria. Le viene da ridere all’idea di quell’uomo che ricomincerà ad urlare quando le vedrà passare lì davanti, ma non le importa davvero. Per quelli come loro il detto “chi lo trova se lo tiene, chi lo perde piange e ha pene” è visto quasi come una regola massima.
Tutto sommato è brutto trovarseli attorno… e loro sono ovunque.


Hanno sgraffignato tutto ciò che poteva servire: vestiti, biancheria intima, due paia di scarpe e di giacchetti, cappelli scuri e occhiali da sole. Per primo, però, hanno preso un borsone per trasportare il tutto con un solo viaggio. Bree ha voluto prenderle anche un cellulare per farla sentire più umana e Sherry ha avuto il forte impulso di spaccarglielo in testa, lasciando poi cadere la questione.
Hanno preso tutto ciò che volevano, tutto quello sulla quale posavano lo sguardo. Mentre si allontanavano con la refurtiva, canticchiavano come da bambine “Lo vedo, mi piace, lo voglio, lo ottengo”, per poi puntare a qualcosa di nuovo.
Hanno caricato la macchina e portato tutto a casa, per poi andare di nuovo a mangiare qualcosa. Sherry voleva andare nei boschi a divertirsi come ai vecchi tempi, ma Bree le ha detto che la compagna sarebbe arrivata a breve e che voleva aspettarla alla fermata dell’autobus.
Si sono messe così a girovagare per strada senza meta per un paio d’ore, con Bree ridotta ad un fascio di nervi. Sa bene che nessuno è tanto scemo da provare a toccare Mimì in quanto sua amante, ma non può comunque stare tranquilla. Non le lascia più prendere i mezzi pubblici proprio per tenerla al sicuro, ma quella mattina ha insistito così tanto per farle avere la macchina che proprio non se l’è sentita di dirle di no.
Sta già escogitando un modo per farla pagare a tutti quanti, riportando alla memoria tutti i metodi più violenti e macabri che conosce, arrivando pure a pensare che pure il suo luogo di lavoro, la Capsule Corporation, dovrà pagarla cara nel caso le succeda qualcosa. Ma poi eccola lì che scende dall’autobus, il leggero vestitino azzurrino che le lascia scoperte le cosce paffutine che fanno tanto vibrare il cuore della bionda.
Le corre in contro Bree, la solleva in aria tenendole le mani in vita e la bacia come se non la vedesse da una vita. E Mimì la lascia fare, si lascia stringere e lascia che immerga il viso nei suoi capelli, fino a mordicchiarle il collo. Non le importa più degli sguardi e dei commenti delle persone: ama la sua pazza fidanzata come non credeva fosse possibile amare qualcuno e sa di essere ricambiata con un’intensità impensabile. Perché mai ascoltare il giudizio degli altri?
«Ci siamo divertite un botto! Non vuole ammetterlo, ma le ero mancata!» La informa con entusiasmo mentre Sherry le avvicina calma. Non le danno fastidio questo genere di effusioni, è abituata sin dall’infanzia a spettacoli ben più spinti. Oltretutto, contrariamente a quasi tutti quelli come loro, per lei l’amore è amore, indipendentemente dal sesso e dalla razza.
Sorride cordialmente a Mimì, lanciando poi un’occhiataccia all’amica: «Soprattutto le ginocchiate mattutine nello stomaco.»
«Bree! Ti avevo detto di essere gentile! Era ovvio che non avesse passato una bella serata!» Brontola la più grande delle tre, cercando di togliersi di dosso la compagna che, in tutta risposta, lascia scivolare le mani sotto la gonna del vestito fino a sfiorarle il bordo degli slip. Le tira una gomitata, Mimì, facendola solo scoppiare a ridere di gusto.
«Smettila! Dio, cosa devo fare con te?»
Bree le afferra il viso con entrambe le mani, costringendola a stare a pochi centimetri di distanza: «Tante porcate, tesoro. Tante porcate!»
La rossa le tira una spinta decisa e s’incammina impettita davanti alle due, sforzandosi per non girarsi mentre le due cominciano ad azzuffarsi. Lo fanno spesso quelli come loro di giocare così quando sono euforici, strangolandosi con le braccia e tirandosi calci nel didietro. Con lei in fondo non può farlo, la spezzerebbe in due, quindi è meglio lasciarla sfogarsi finché ne ha l’occasione.
Quando però si rende conto che le due ragazze non la stanno più seguendo e non si stanno neanche più picchiando, si blocca e si volta a guardarle, trovando Sherry con un’espressione stranita in volto. Nota anche che la compagna si è fatta improvvisamente attenta… troppo attenta: quando Bree fa così, sta rimuginando su qualcosa di davvero importante.
«Ma che…?» Mormora Sherry aggrottando le sopracciglia, gli occhi ancora puntati davanti a sé.
«Problemi?» Domanda con curiosità la bionda, avvicinandola.
Sherry fa un segno stizzito col mento, puntando dritto davanti a sé.
Le due donne guardano in quella direzione, notando qualcosa di insolito di fianco al portone del loro palazzo. È un uomo molto alto ed estremamente muscoloso, indossa un paio di pantaloni di uno sgargiante arancione, con in vita una stranissima cintura di pelo e sul petto quello che ha l’aria di essere una specie di bizzarra armatura. Ha i capelli incredibilmente lunghi nerissimi e gli occhi, altrettanto neri, le osservano attentamente.
«Sonic il Porcospino.» Brontola a mezza bocca Sherry, ricominciando a camminare. È furiosa, vorrebbe avere più spazio per prendere una maggiore rincorsa e poi placcarlo violentemente fino a fargli sfondare almeno un paio di muri.
Bree, che ha ben capito che si tratta nientepopodimeno del grande guerrieri che la sera precedente le aveva dato qualche preoccupazione... e che le aveva lasciato sulla pelle quell’odore inconfondibile di eccitazione sessuale.
«È davanti ad esemplari così che l’idea di fare sesso con un uomo diventa pericolosamente allettante.» Ridacchia mentre lo dice, cercando subito di tranquillizzare la compagna che la guarda di traverso. Sa bene, in fondo, che Mimì non ha mai abbandonato la paura che possa improvvisamente cambiare sponda per un motivo piuttosto fondamentale per quelli come lei, e i suoi continui tentativi di calmarla sembrano sempre poco efficaci.
«Tranquilla, amore mio: voglio ancora morire tra le tue cosce!»
Sherry le ignora deliberatamente e arriva in pochi secondi a piazzarsi davanti a Radish, le braccia conserte al petto e lo sguardo furioso.
«Come hai fatto a scoprire dove abito?» Ringhia a denti stretti a pochi centimetri da lui, tenendo il mento ben in alto per guardarlo dritto negli occhi, ma quei quindici centimetri di differenza tra loro sembrano moltiplicarsi tutto in un colpo.
«Intuito.» Sherry sa che mente, lo sente distintamente dal battito del suo cuore, ma davvero non ha idea di come farlo parlare. Una sberla ad uno così sarebbe solo controproducente.
«Sai… io abito a dieci minuti da qui.» Sghignazza divertito Radish, osservando con attenzione il suo sguardo. Non ci metterebbe la mano sul fuoco, ma è quasi del tutto certo di aver visto uno screzio rosso sangue nei suoi occhi d’ambra.
Dopo una giornata passata ad allenarsi con Piccolo, che lo ha pure costretto alla meditazione perché, a quanto pare, lo vedeva troppo su di giri, è più che intenzionato a punzecchiare il suo nuovo giocattolo.
In realtà non sa neanche lui cosa aspettarsi da lei, come agire e quali tasti andare a toccare. Non sa proprio cosa lo spinga a volere la sua compagnia, ma è certo di volerlo. E lui è Radish, uno degli ultimi Saiyan, un guerriero che è riuscito ad elevarsi, ad evolversi: può ottenere ciò che vuole. O, almeno, questo è ciò di cui è  fermamente convinto.
«Dove, di preciso? Così so quale edificio incendiare.»
«MMMHHH! Vero che qui si respira proprio una bellissima atmosfera?!» Urla Bree, mettendosi tra i due. Non si fa tanti problemi a poggiare una mano sul pettorale dello sconosciuto e neanche a guardarlo con l’aria furba di chi la sa lunga.
«Che fai, entri?»
«No, non entra.»
Le due amiche si guardano dritte negli occhi, pronte a prendersi a pugni pur di avere ragione, ma vengono interrotte da Mimì.
Mimì la Santa, Mimì la Risolutrice, che pur di evitare di vedere uno spettacolo improbabile fatto di urla e sangue, decide di immolarsi e di frapporsi tra tutti, arrivando pure a piazzarsi al fianco di quell’uomo enorme che le incute non poca paura.
«Come vi siete conosciuti?» Pigola insicura, notando che però lui pare completamente a suo agio. E le sembra così strano: nessuno è mai a proprio agio con Bree nei dintorni e, da quel che ha capito, lo è ancor meno con Sherry.
«Ieri sera in un locale. Ha massacrato della gente.»
Mimì non ha bisogno delle straordinarie abilità delle due per capire che non sta mentendo e che è tranquillo, lo capirebbe anche un bambino. Non le teme, ne è sicura. Non sa con chi ha a che fare ma non le teme assolutamente, e questo gliela dice lunga.
«Beh, sapete come si dice? Il primo in contro può essere un caso, ma il secondo… è il Destino!» Mentre lo dice Bree lascia saettare lo sguardo ammiccante da uno all’altra, incrinando ancor di più la situazione.
Mimì lo capisce dal basso e appena udibile ringhio che sente salire dalla gola della corvina e per questo decide bene che è il caso di afferrare la compagna per un polso e trascinarla il più lontano possibile. Se Sherry è davvero peggio di lei come le è stato più volte detto, se sono vere solo la metà delle atrocità che ha commesso, Mimì è ben consapevole di doversi allontanare prima che scatti e, soprattutto, che è bene che le tolga dalle mani Bree.
«Entriamo, prima che tu peggiori la situazione!» La trascina dentro il palazzo, non riuscendo però a farle fare neanche la prima rampa di scale. Ogni volta che succede una cosa del genere si ritrova a ripetersi che sarebbe meglio far aggiustare o direttamente cambiare quel maledetto ascensore sempre guasto.
Bree poggia le spalle al muro e tende le orecchie per ascoltare la conversazione all’esterno, capendo però che l’amica sta facendo altrettanto e quindi non emette un fiato. L’unica cosa certa, è che in qualche modo ha zittito lo sconosciuto in attesa che si allontani.
«Quello ha tutta l’aria di uno che la legherà al letto e-!» Mentre lo dice mima in modo molto esplicito cosa le farebbe, ma Mimì le afferra i polsi e la guarda con aria preoccupata.
«Bree, smettila! Non dirlo neanche per scherzo!» La rimprovera con tono allarmato, bloccandosi per qualche istante a guardare il portone chiuso «Quello ha l’aria pericolosa per davvero. Potrebbe farle male.»
«Ohhh, mia dolce, piccola, ingenua, adorabile Mimì… davvero non lo capisci? È un po’ come il gatto col topo. Quel bestione non accetterà mai un rifiuto o la sconfitta di essersela dovuta scopare usando la forza. Capisci cosa intendo?» Non le piace mentirle, ma non può davvero dirle la verità. Certo, Bree è sicurissima che non la violenterà, le basta un’occhiata per inquadrare le persone e, per quanto capisca che il tipo è effettivamente molto pericoloso, sa per certo che non è un bastardo come molti dei loro. Come Jäger, per esempio.
«Hai le pupille dilatate.» Afferma un secondo dopo, avvicinandosi pericolosamente al volto della compagna.
«Che intendevi dire? Dai!» Vuole sapere, Mimì. Non è stupida, sa bene con che genere di donna ha a che fare ed è sicura che la faccenda non le è poi così estranea. Deve solo capire quanto effettivamente ci sia dentro.
«Andiamo in camera, forza! Tutta questa storia mi ha fatto venire una gran voglia!»
Sherry, ormai consapevole che le due si sono dirette di gran fretta in casa, torna a concentrarsi sull’uomo che ancora la sta fissando. Non sa neanche come si chiama, ma non le interessa poi molto. Le interessa molto di più sbarazzarsi di lui, in tutta onestà. In fondo ha già un problema bello grosso di cui occuparsi senza che ci si metta anche lui.
«Senti, è lusinghiero che tu ci metta tanto impegno, sul serio…»  mente e Radish lo sa, ma non lascia trapelare alcun tipo di emozione e la lascia continuare «…ma questa faccenda è decisamente inquietante.»
«Ti porto a bere qualcosa.»
Sherry si è ammutolita tutto in un colpo.
Lo guarda senza vederlo, gli occhi spalancati e le labbra serrate.
La sensazione che la stia prendendo in giro è così forte che si recide i palmi delle mani con le unghie per evitare di mettergli una mano in bocca per strappargli la lingua.
In due secondi netti ripensa a tutte le persone stupide che ha incontrato nella sua vita. Ripensa in modo particolare a Mordecai e alle scemenze che gli ha visto fare, tipo quando ingoiò un rotolo di monetine per impressionarla e strapparle un appuntamento, tanto per citarne una.
Alla fin fine scuote semplicemente la testa, grattandosi nervosamente la punta del naso.
«Prova a chiederlo più gentilmente.» Scherza, rialzando finalmente lo sguardo.
Radish nota che gli occhi si sono ammorbiditi, che non lo guarda più con l’espressione di chi è pronto a saltarti alla gola da un secondo all’altro. Decide stupidamente di rincarare la dose, perché così davvero non lo diverte.
«Non te lo stavo chiedendo. Ho detto che ti porto a bere qualcosa.»
«Beh, in fondo anche se tu lo avessi chiesto gentilmente avrei detto di no, quindi…»
Radish, quasi patologicamente incapace di sopportare un no o di portare troppa pazienza in certe situazioni, l’afferra per un polso e se la trascina dietro.
«Muoviti.»
«Ma che stai facendo?!»
La sente dimenarsi come un pesce fuor d’acqua ma non gli frega niente. Gira un angolo per trovarsi così in una stradina poco affollata e continua a camminare con passo deciso, malgrado lei tenga i piedi puntati a terra, arrivando quasi a sedersi.
Sente distintamente le cicatrici marcate sul polso, domandandosi come se le sia procurate. Non ha decisamente l’aria di un’autolesionista e, se anche lo fosse, quelle non sono decisamente ferite inflitte con un una lama. Ad un primo impatto potrebbe dire che sono bruciature profonde, ma scarta l’idea: sembra più probabile che qualcosa di grosso abbia bucato in profondità la pelle e poi abbai come tirato per strapparla.
Sherry, dopo essersi accorta che con un dito le sta studiando le vecchie ferite e deducendo così che è distratto, pensa bene di provare ad accopparlo sparandogli in testa. Certo, sparare alle spalle è da vigliacchi ed è un atteggiamento da lei sempre ripudiato, ma è consapevole che in uno scontro diretto sarebbe spacciata.
Quando però porta la mano libera nella giacca, si accorge che la pistola è sparita e in un attimo mille e più maledizioni volano contro Bree e le sue mani lunghe.
Così, demoralizzata e sconfitta, smette di fare resistenza e si sforza di camminargli dietro, soffocando una bestemmia.
«Ok, qui c’è un bar, entriamo, prendiamo un caffè e poi sparisci.»
Cerca di condurlo all’interno di quel buco desolato ma viene ignorata e, di colpo, ecco che accade l’impossibile: Radish si alza in volo, la mano sempre ben stretta attorno al suo polso.
«CRISTO! MA CHE CAZZO STAI FACENDO?» Urla terrorizzata, dimenandosi per farsi lasciare. Dentro sa benissimo che è un’idea a dir poco idiota, ma davvero vuole togliersi da quella situazione. Ok, aveva intuito che l’uomo non è un comune essere umano, ma non aveva preso in considerazione neanche per un misero secondo che potesse volare… e lei ha paura della altezze troppo elevate!
«Se continui a dimenarti così poi cadi e credimi se ti dico che non muoverò un dito per riprenderti.» L’avverte abbassando finalmente lo sguardo, scoppiando a ridere di cuore davanti al suo sguardo supplichevole e terrorizzato. Sembra un tenero cucciolo che ti prega con tutta l’anima di essere risparmiato e, per quanto si renda conto che sia brutto anche solo da pensare, lo diverte ancora da impazzire.
Quando poi la sente arrampicarsi alla meno peggio sul suo corpo per potersi aggrappare, allacciandogli le gambe alla vita in modo davvero doloroso e le braccia attorno al collo, non riesce a trattenere un commento che, se ne rende conto, è proprio scontato ma necessario: «Sapevo che morivi dalla voglia di saltarmi addosso…»
Sherry, che di colpo ha perso tutta la sua spavalderia, nasconde il viso nell’incavo del suo collo e rafforza la presa, sorprendendosi di non essere ancora riuscita a spezzargli le ossa, ringhiandogli contro con rabbia: «Riportami subito giù. Adesso!»


Dopo venti minuti buoni di volo ad alta quota, le ossa di Radish supplicano pietà per quanto vengono strette. Se non fosse per la sua sorprendente resistenza, come lo sono tutti i Saiyan, a quest’ora si ritroverebbe come minimo con il bacino in briciole.
Alla fine decide di atterrare su di un isolotto disabitato, grande quanto uno sputo. Oltre alla sabbia bianca c’è giusto un appezzamento di terra e qualche palma, perfetto proprio per la totale assenza di nascondigli e vie di fuga. Gli ricorda incredibilmente l’isola del Maestro Muten, ora che ci pensa.
Non appena posa i piedi a terra, sente gli arti di Sherry mollare la presa. Si massaggia le anche con fare stizzito mentre la guarda scattare in avanti, le mani tra i capelli scompigliati e gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia e lo spavento.
«Tu sei un perfetto idiota! Sei un vero demente! Che razza di disturbo hai, si può sapere?! Cazzo! Giuro che se ci riprovi ti squarto in tredici pezzetti uguali che darò in pasto ai ratti per un periodo di tredici settimane, con un’opzione per altri tredici pezzi!» Urla con tutta l’aria che ha nei polmoni e Radish stavolta è sicuro di aver visto lo screzio color rubino nei suoi occhi. Nota pure che le manca un pezzetto di cartilagine nell’orecchio sinistro, come se qualcuno lo avesse strappato nella foga.
«Hai finito?» Le domanda nel mentre che lei riprende fiato, roteando gli occhi al cielo quando però ricomincia a macchinetta.
«So che ci sono persone che soffrono di mutismo selettivo ma tu, razza di minorato, sei un sordo selettivo, perché a quanto pare quello che ti dico non lo senti!» Respira profondamente per trattenersi, studiando al tempo stesso una strategia di fuga. Ma come può seminarlo? Solo adesso riesce a spiegarsi come mai la sera precedente si sentisse osservata senza riuscire a vedere nessuno ed anche perché ha avuto la stessa sensazione quella mattina: questo vola e sembra capace di trovarla con una facilità sorprendente.
Trattiene il respiro per un paio di secondi per calmarsi e si passa le mani tra i capelli, portandoseli dietro le orecchie. In fondo non ha mai cercato di nascondere le proprie cicatrici, perché farlo di fronte a lui?
«Ora ho finito. Stronzo.» Sibila nervosa, osservandolo mentre le cammina accanto in tutta tranquillità per andare ad appoggiarsi contro una palma. È proprio la sua ostentata calma che la manda ancor più in bestia, motivo per cui gli si rigira contro come un animale rabbioso: «Che stai facendo?!»
«Voglio vedere come ti libererai di me adesso.»
«Dove vuoi che vada, eh?! Non so dove mi hai portata e oltretutto sai volare, Cristo Santo!, come potrei mai sfuggirti?»
Radish continua a guardarla con aria orgogliosa e divertita, il mento leggermente alzato ed un sopracciglio inarcato. Vuole spingerla oltre la barriera che ha alzato lei stessa, vuole spingerla nel baratro che tanto evita: vuole vedere chi ha davanti davvero.
«Arguta.»
«E non so come tu faccia, davvero, ma sono altrettanto sicura che tu riesca in qualche modo a captare la mia presenza, una stronzata alla X-Men!»
Ridacchia appena Radish, le braccia conserte al petto muscoloso. Inclina un poco la testa di lato, facendo così scivolare i lunghi capelli neri lasciati liberi. Gli occhi di Sherry si sono di nuovo ammorbiditi, indice che non ha alcuna intenzione di soddisfare il suo capriccio.
«Molto arguta.»
Sherry assottiglia lo sguardo e lo osserva con una nuova curiosità. Se da un lato vorrebbe sventrarlo come un branzino, dall’altra vuole apprendere la sua capacità di localizzazione. Le tornerebbe utile in un modo incredibile, in fondo. Certo, sarebbe utilissimo anche imparare a volare, ma come potrebbe? Un conto è saltare giù da un albero o buttarsi in una gola con una parete vicina che può sempre diventare un appiglio, un altro è starsene sospesa a mezz’aria. Assolutamente inconcepibile per lei.
«Come ci riesci?» Lo avvicina di un passo, stando sempre sulla difensiva. La sera precedente lo aveva in qualche modo sottovalutato e successivamente inquadrato in modo sbagliato: le sue intenzioni le sono ancora sconosciute ma non vuole farle del male, almeno questo lo ha capito, così come ha appurato che pure lui è incuriosito da lei.
«Segreto.» Risponde Radish, studiandola a sua volta. È ormai evidente che la paura la spinge ad un’improvvisa rabbia che però riesce a controllare in modo eccellente, tanto da non sbilanciarsi mai troppo. L’idea di doverla combattere per ottenere ciò che vuole diventa sempre più palpabile, ma ancora vuole scartarla. Piccolo lo rimprovererebbe sicuramente, poi arriverebbero suo nipote e Chichi - e proprio è una possibilità che vuole evitare con tutto sé stesso - ed infine arriverebbero i rimproveri e prese in giro anche da sua altezza in persona. Questo, per Radish, è assolutamente inconcepibile.
«Segreto un cazzo, fustacchione! Dimmi come ci riesci!» Lo avvicina ancora di più, una nuova determinazione negli occhi. Senza neanche rendersene conto, si sta avvicinando pericolosamente ad un qualcosa dalla quale non potrà sottrarsi più.
Radish indurisce improvvisamente lo sguardo e drizza la schiena. Con un colpo di reni si allontana dall’albero, facendo un passo verso Sherry, ora immobile e pronta ad allontanarsi: «Non mi piace quel nomignolo.»
«Tu mi chiami bambolina, quindi per quanto riguarda i nomignoli siamo pari. Resta però il fatto che mi hai portata qui contro la mia volontà, quindi come minimo devi dirmi come fai a trovarmi sempre.»
Quest’ultima affermazione lo diverte, soprattutto se considera che si sta impegnando per ostentare un’atteggiamento minaccioso. Non può batterlo, non può sfuggirgli e ne è consapevole, però sta comunque cercando un modo per guadagnare tempo ed una via di fuga, Radish lo capisce da come, di tanto in tanto, lasci scattare gli occhi sul circondario.
«Io non devo fare proprio niente.»
«No? Tu dici?»
Quasi senza rendersene conto, Radish slaccia la coda che di solito tiene annodata in vita e la agita alle proprie spalle. È abituato a farlo, la tiene legata solo quando sta in città o quando “lavora”. Tutti quelli che sono a conoscenza dei pericoli che comporta continuano a criticarlo, ma lui non ha alcuna intenzione di tagliarla a causa dei suoi ricordi d’infanzia e perché non vuole insultare la sua razza.
Trattiene a stento una risata di fronte allo sguardo di Sherry: gli occhi e la bocca sono spalancati ed un poco lo sorprende non vedere alcuna traccia di disgusto, anzi, gli pare emozionata.
«Porca puttana quella è una coda… hai una dannatissima coda da scimmia, cazzo!»
Quando la vede scattare velocemente per poterla toccare ed anche seguirla con gli occhi quando lui glielo impedisce, lo fa inevitabilmente scoppiare a ridere di gusto: è passata in un secondo scarso dall’essere furiosa e sulla difensiva, pronta a scappare alla sua minima distrazione, all’essere entusiasta per una cosa che, a rigor di logica, per lei dovrebbe essere come minimo strana.
«Sapevo che saresti stata un gioco divertente.»
Questa sua affermazione però spegne il suo entusiasmo. Lo guarda con aria offesa, puntando i pugni sui fianchi: «Un gioco? Io sarei un gioco?!» Gli urla contro, notando che le sue parole, pure stavolta, non sortiscono alcun effetto «Sono una persona! Farò anche schifo come tale, ma lo sono lo stesso!»
«E con questo?»
Sherry si blocca.

Rimane completamente immobile a scrutarlo, a fissare con insistenza i suoi occhi: è serio, troppo serio.
Aggrotta le sopracciglia e inclina la testa di lato, gli occhi ridotti a due fessure: «Tu non ci arrivi, vero? C’è qualcosa, non so cosa, che davvero non te lo fa capire…»
Radish ha smesso di ridere di fronte a quello sguardo indagatore. Lo sta studiando in modo differente ora e di certo non lo sta facendo per trovare un punto debole da attaccare. È proprio curiosa, lo capisce e lo sorprende. Perché mai provare questo genere di curiosità per chi ti ha rapito? Se solo sapesse che lei rischia molto peggio di questo da quando ha undici anni, non si sorprenderebbe più di tanto.
«Ok, senti, facciamo un accordo: tu non ti comporti più come un arrogante primitivo testa di cazzo e io ti insegno come ci si comporta tra le persone civili senza insultarti più, così arriverai a capire che seguire e rapire una donna non è ben visto dalla società. Un corso intensivo di, boh, un pomeriggio? Posso arrivare ad un’intera giornata, guarda quanto sono altruista! Andata?»
Sa bene che è una scemenza, ne è più che consapevole. Ma le pare di capire che in qualche strano modo e per una ragione che ignora lui sembri apprezzare la sua compagnia. Provando a tenerlo buono e calmo, possibilmente in un luogo affollato e con più nascondigli, non è la peggiore delle idee che potevano venirle sul momento.
«Ci sono un paio di problemi nella tua proposta.» Risponde prontamente Radish, avvicinandola. La sovrasta completamente, ma non c’è più timore nel suo sguardo, gli sembra quasi che si sia arresa all’idea e che cerchi solo di sistemare la faccenda alla meglio. E questo gli dà parecchio fastidio.
«Il primo e più importante, è che a me non importa niente di sapere come ci si comporta tra voi terrestri. Secondo, i tuoi insulti in qualche modo sono divertenti…» L’afferra di slancio per un fianco e l’avvicina senza darle il tempo di poter reagire e Sherry, in tutta risposta, sfoggia il dito medio a pochi centimetri dal suo viso, facendolo sghignazzare.
«Sei eccitante quando t’incazzi.»
«Possibile che devo dirti più di una volta di tenere giù le mani?» Lo spinge via senza trapelare una vera rabbia, quanto più un fastidio dovuto al contatto fisico non desiderato. Sono poche le persone che possono effettivamente toccarla in qualsiasi momento senza farle salire l’istinto di strapparti una mano a morsi.
Si passa una mano dietro al collo, rimanendo comunque un po’ troppo vicina al Saiyan. Questo certo non passa inosservato agli occhi di Radish, che a questo punto è più che confuso: ha dato prova di non voler essere toccata, di non volerlo attorno e di voler scappare da lui, eppure gli sembra piuttosto a suo agio, tanto da non provare ad allontanarlo neanche quando le avvicina la coda al fianco.
«Che devo fare per farti togliere dai piedi?» Gli domanda quasi soprappensiero, fulminandolo con lo sguardo quando nota i suoi occhi d’onice scivolare velocemente nella vertiginosa scollatura del vestito che le ha fatto indossare Bree «Tranne quello.»
«Voglio sapere che cosa sei.» Risponde onestamente il Saiyan, lasciando momentaneamente perdere ogni atteggiamento arrogante per la prima volta da quando si sono visti neanche ventiquattro ore prima.
«Non sei una comune terrestre, l’ho capito subito. Un terrestre non picchia come te e soprattutto non si trattiene in una situazione di pericolo potenzialmente letale… e non riuscirebbe a correre alla tua velocità.»
Ci pensa su per qualche secondo Sherry, arrivando a prendere pericolosamente in  considerazione l’idea di infrangere quella che probabilmente è la regola più importante tra la sua gente. Può essere infranta solo ad una condizione se si desidera mantenere in vita l’altra persona e lei non ne ha alcuna intenzione.
«Se te lo dico, sparisci dalla mia vita?» Alla fine cede, la testa abbassata e gli occhi ricolmi di vergogna. Non conosce nessuno che si sia mai abbassato a dover scendere a patti in questo modo per salvarsi la pelle.
«Può darsi…»
«Stai mentendo.» Gli occhi d’ambra della ragazza scattano verso di lui, fulminandolo. Odia che qualcuno le dica una bugia, soprattutto per il fatto che può sentirlo chiaramente. Almeno Bree riesce a nasconderlo… che s’impegnassero anche gli altri!
«Ok, ascolta: dobbiamo raggiungere un accordo. A te non interessa quello che offro, io non voglio darti quello che vuoi, seguendo questa logica non posso sbarazzarmi di te.» Borbotta subito dopo, notando un lieve cambio d’espressione nel suo pseudo rapitore. I suoi occhi si sono fatti attenti e seri come mai prima e la osservano in modo quasi fastidioso.
«Perché spingi tanto a sbarazzarti di me?»
«Perché sei più fastidioso delle pulci!»
Radish è sorpreso da questo genere di risposta. In fondo poteva aspettare un qualsiasi tipo di paragone, questo non era assolutamente uno da prendere anche solo in considerazione. Ma lascia cadere subito la faccenda, decidendo di giocare una nuova carta.
Se qualcuno gli chiedesse perché lui spinge per avvicinarla, perché sia diventato improvvisamente così insistente e perché si interessi tanto ad una terrestre, proprio non saprebbe dare una risposta. Certo, è oggettivamente carina come ragazza, molti probabilmente le definirebbero pure bella, ma non è questo il punto. E Radish, dentro di sé, sa bene che non è neanche più per la questione di scoprire che cos’è in realtà, forse non è mai stato per questo motivo. Sa che c’è un motivo che quasi lo obbliga a spingerla all’angolo per poterla in qualche modo catturare, ma non saprebbe assolutamente dire qual è.
«Verrai ad allenarti con me, così ti insegnerò i miei trucchi.» Tenta così, provando un profondissimo senso di fastidio nel vederla roteare gli occhi al cielo con aria scocciata. In fondo si sta comportando egregiamente nei suoi confronti, se lo conoscesse un minimo lo saprebbe, eppure ha comunque questo atteggiamento indisponente.
«Voglio liberarmi di te, non starti ancora più vicino!» Fa un mezzo passo indietro quando sente il suo odore cambiare di colpo, emanando quel pericoloso sentore di rabbia. Alza le mani in segno di resa, abbozzando ad un quasi impercettibile sorrisetto: «Facciamo a modo tuo, ok? Lo faremo diventare un gioco. Nascondino, per la precisione.»
Assottiglia lo sguardo, Radish, nuovamente incuriosito. Continua però a muoversi verso di lei, spingendola dove meglio crede senza neanche che se ne renda conto, un po’ come se fosse un burattino. Vuole vedere come reagisce e non lo sorprende più di tanto constatare che, malgrado non stia guardando, riesce a captare ciò che la circonda, impedendole di mettere un piede in fallo.
«Ti ascolto.»
«Mi darai tempo fino a domani al tramonto per nascondermi ed avrai tempo fino alla mezzanotte per trovarmi. Se riuscirai, toccherà a me pagare pegno… in caso contrario mi lascerai stare.»
Si guardano negli occhi per secondi che sembrano durare molto di più, dove entrambi studiano una strategia. È proprio grazie a questi ragionamenti che Radish capisce che c’è qualcosa che non va.
«Sarà facile… troppo facile.» Ammette senza perdersi un suo movimento mentre gli gira attorno. Guardandola così, gli ricorda incredibilmente un predatore che sta cacciando la preda. «Dove sta la fregatura?»
«Non potrai usare i tuoi trucchi… e io non userò i miei. Una partita ad armi pari.» Stende un braccio verso di lui, porgendogli una mano per sigillare il patto. Non ha altro modo per svignarsela, lo sa bene… e sa pure che dovrà barare.
«E come saprai se giocherò pulito?» Non lo farà di certo, non Radish. Che provi pure a fregarlo con qualche frase sull’onore o una scemenza del genere, quella roba con lui non attacca. Forse lo farebbe con suo fratello o con Vegeta, ma decisamente non con lui. E qualcosa gli dice che, probabilmente, lei ha intenzione di giocare alla stessa maniera.
«Speravo avessi un briciolo di onore… o hai forse paura di perdere contro una ragazza?»
Con quest’ultima frase, a Radish si chiude improvvisamente la vena: scatta velocemente, troppo pure per i riflessi sovrumani di Sherry e la sbatte brutalmente contro la corteccia di una delle palme, facendo quasi aderire il corpo al suo. Non si sorprende nel vedere che non prova neppure a divincolarsi, limitandosi ad uno stizzito «Tu sei molto più fuori di testa di quanto pensassi…»
Le blocca i polsi sopra la testa con solo una delle sue mani. Con l’altra le afferra il collo e stringe forte, mozzandole il respiro, avvicinando lentamente il viso al suo. Le sfiora la guancia con la punta del naso, il respiro caldo che le solletica la pelle mentre cerca di prendere fiato. Si muove piano, Radish, senza allentare la presa: non è spaventata, non lo teme e questo da una parte lo eccita come non credeva possibile mentre dall’altra lo manda in bestia. Come può una semplice terrestre - o presunta tale, ma comunque fisicamente inferiore a lui per sua stessa ammissione - non temerlo?
Le stringe per pochi secondi il lobo dell’orecchio tra i denti, sussurrandole «Risparmia il fiato… ti servirà…»
Dopodiché, continua a scendere lungo il collo, dapprima sfiorandola solo con le labbra appena schiuse, poi mordendola con decisione sulla giugulare.
Gli occhi di Sherry si riempiono, al contempo, di rabbia e lussuria. Vuole allontanarlo, fargli del male, ma non riesce a resistergli. C’è qualcosa in quel bestione che le stringe la gola che l’attira pericolosamente, malgrado sia più che decisa a tenerlo fuori dalla propria già incasinata vita.
Si odia per non riuscire a fermarlo in alcun modo, optando per un atteggiamento totalmente passivo. Se ha ragione, però, la lascerà di sua spontanea iniziativa. Pur sapendo di non avere una bella persona davanti a sé, dubita fortemente che si abbasserebbe a violentarla: vuole che sia una partecipe attiva, proprio come ragionerebbe lei.
Capito l'andazzo, infatti, Radish libera le mani della ragazza, che si limita a farle cadere lungo i fianchi.
«Accetto la sfida, bambolina.» Afferma con un ghigno divertito stampato in volto. Non si sentiva così da molto tempo, gli eventi finalmente stanno prendendo una nuova piega e lui ha finalmente trovato un passatempo che renda il tutto un poco più piccante e colorato.
«Te ne pentirai.» Quella di Radish è una minaccia vuota, Sherry lo sa. Malgrado senta che non sta mentendo, malgrado sappia che è convinto di ciò che dice con ogni fibra del suo essere, è sicura che una vittoria così infima per lui non sarebbe sufficiente.
L’atteggiamento da predatore che invade ogni sua cellula è incredibilmente simile al suo e, malgrado stia tirando molto la corda, probabilmente non gli piacerebbe mettere le mani su una preda anche solo apparentemente morta.
Non lo conosce, ne è consapevole, ma qualcosa lo ha capito: odia perdere, scatta violentemente se gli viene dato del codardo e vuole dimostrare a chissà chi, forse proprio a sé stesso, di poter fare ciò che vuole. Ed è annoiato. La via che conduce gli va stretta, sta cercando una scappatoia, una valvola di sfogo, e lei gli è sembrata interessante proprio perché emana la sua stessa pericolosità.
Lo avvicina senza paura, decisa ad andare fino in fondo. Deve però farsi riportare a casa se vuole andare ad un nascondiglio sicuro: lì dentro la strana abilità che usa per trovarla non sarà assolutamente sufficiente.
Non aveva però preso in considerazione che lui non aveva mai preso in considerazione l’idea di darle un simile vantaggio, ma comincia ad intuirlo quando lo vede alzarsi in volo.
Prova quindi ad afferrarlo subito per una caviglia, ma questi scatta in alto e continua a guardarla con quell’aria arrogante che la fa andare in bestia.
«Ehi! Devi riportarmi a casa! EHI!» Gli corre dietro finché non si ritrova con l’acqua a metà coscia, capendo tutto in un colpo che no, non tornerà indietro a prenderla. Comincia così ad urlargli dietro i peggiori insulti che le vengono in mente, non sortendo alcun effetto: per il Saiyan lei ormai è un puntino su un isolotto, un qualcosa che ha momentaneamente perso ogni attrattiva dal momento che sta facendo tardi ad un appuntamento che aveva stupidamente scordato.
Dopo quanto successo al suo arrivo sulla Terra e dopo aver avuto una seconda occasione proprio dal fratello resuscitato, dal nipote rapito e dalla donna resa momentaneamente vedova, vuole provare a rigare dritto almeno con questi ultimi due. È per questo che di tanto in tanto accetta gli inviti a cena di Chichi, resa ancor più isterica e pericolosa dalla gravidanza, ormai quasi al termine, ed è per questo che deve muoversi più velocemente del solito se non vuole che gli spacchi la testa a furia di padellate.
Ora che ci pensa, suo fratello è davvero una delle persone più coraggiose che conosca: chi avrebbe mai il coraggio di sposarsi una donna così incazzosa?! Lui no di certo… anche se, inconsapevolmente, è andato a stuzzicare una donna ben peggiore della cognata.





ANGOLO DELL’AUTRICE
E si comincia con i capitoli sempre più lunghi… vi giuro che io cerco di contenermi, taglio sempre un sacco di cose in fase di correzione, ma escono sempre cose del genere… SEMPRE!
Nella mia long di One Piece ci stanno capitoli di 30-35 pagine sempre tagliatissimi! Capite il disagio che mi pervade? È brutta come situazione, bruttissima.
Comunque… a ‘sto giro sono stata un poco più lenta a pubblicare, ma non perché scrivevo più lentamente - magari, quando mi ci metto, buttare giù una decina di pagine è un vento! - ma perché ho iniziato un altro corso in palestra, quindi ho quasi sempre mattina e pomeriggio occupati, poi mi devo occupare della mia dolce cagnolina che sennò mi sfascia casa e dei gatti che mangiano come orsi e poi vogliono giocare - non potete capire quanti segni ho addosso! - e poi ci stanno le pulizie a casa… insomma, ritagliarsi un paio d’ore è difficile!
Oltretutto vivo a venti minuti scarsi da Lucca, quindi… 😏🤪
E niente… che dire? Sarebbe meglio non dire niente eh, visto che GUARDAQUANTOHOGIÀSCRITTOMADONNA!, ma diciamo qualcosa lo stesso: come avrete ben notato, tendo a scrivere di situazioni poco comuni nelle fan fiction (non vi dico quel che c’era nell’altra long… il delirio tra sangue, droghe e casini vari!), e per molti questa è una pecca, ma proprio non riesco a farne a meno (ho pure abbassato il rating ad arancione per non scrivere di cose davvero pesanti!).
È sempre tutto così colorato negli anime, con i buoni sentimenti e tutto il resto… perché non buttarci dentro personaggi che faticano a capire questa realtà? Mi diverte molto gestire creature come Sherry o Bree, che per quanto vogliano adattarsi e vivere come gli altri hanno un’educazione dietro diversa, una cultura che non accetta ciò che per gli altri è normale. E comunque c’è un motivo ben specifico per il loro riuscire a fare praticamente tutto, per il fatto che hanno doti che di solito vengono coltivate e sviluppate in anni e anni di pratica/allenamento, e anche questo motivo non è dei più… mh, delicati, diciamo?
Loro sono questo: creature che hanno passato buona parte della loro esistenza lontane da ciò che per chiunque è normale, che hanno lottato per un posto al sole da quando hanno emesso il primo vagito e che nessuno ha mai voluto, motivo che le spinge con ancor più grinta a volersi prendere tutto ciò che gli è sempre stato negato.
Discorsi scemi a parte, torniamo a Radish(😍). Ho intenzione di maltrattarlo molto meno rispetto a Marco la Fenice (porello, lui lo massacrai in ogni modo possibile 😅), ma comunque non sarà semplice. In fondo ha capito le dinamiche sulla Terra, come funzionano i rapporti umani, sa come funziona il corteggiamento e tutto il resto, ma non avrà ben chiaro come metterlo in atto. Senza contare che, ehi!, è per sempre un Saiyan che ripudia più che abbastanza l’idea dell’uomo che porta un bel mazzo di fiori alla fanciulla che vuole conquistare (Sherry gli staccherebbe il braccio a morsi se ci provasse, gli va pure bene!), quindi deve capire come sbrogliarsela senza cedere. E la volete sapere una cosa? Quando capirà come fare (e Sherry accetterà la faccenda, accantonando momentaneamente il suo passato/presente che le sta col fiato sul collo), per lui la situazione sarà molto più facile di quel che pensa. Perché lei, al contrario di Bree, non appartiene per niente alla razza umana, non ha gli standard di una donna comune nello scegliere un compagno. Diciamo che tra quelli come lei, uno con le caratteristiche di Radish farebbe grandi conquiste!
Ah, già, la coda!!! In R&R se l’è tenuta per i motivi già scritti, quindi ho deciso di lasciargliela. Tanto per Sherry una coda non è certo un problema!

Ok, ho scritto una roba allucinante anche a ‘sto giro! Maledetta logorrea!!! (sto scrivendo ma il concetto è sempre quello, accettatelo!)
Me ne vado a farmi torturare da cane e gatti (uno di loro due vuole leccarmi nelle narici gente! Non posso mai abbassare la guardia neanche in casa mia!😱), spero di ricevere un vostro parere su questo nuovo capitolo!


A presto,
Kiki🤙🏼

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Prima di cominciare un grazie speciale a Il corsaro nero e Celeste98 per aver recensito il precedente capitolo 💕
Anche questo sarà lungo, mi spiace, quindi prendetela comoda 😅

 

 

𝟛. 𝐼𝓁 𝓇𝒾𝓉𝓂𝑜 𝒹𝑒𝓁 𝒸𝒶𝓂𝒷𝒾𝒶𝓂𝑒𝓃𝓉𝑜

 


Ha nuotato per ore senza mai fermarsi, il vestito stretto tra i denti e gli anfibi appesi al collo grazie alle stringhe. Non c’è stato modo di portarsi dietro la giacca, che comunque si sarebbe irrimediabilmente rovinata durante quella lunga traversata.
Il vestito adesso non è solo fradicio ma anche a brandelli, ad ogni passo sente un fastidiosissimo “splash”, davanti a sé il niente, solo campagna attraversata da una stradina sterrata.
È stanca per correre e per cacciare, deve riuscire a mantenere un minimo di forze per raggiungere il posto che ha scelto. Però ha un disperatissimo bisogno di nutrirsi, i crampi allo stomaco si stanno facendo dolorosi. Per una come lei, infatti, il cibo, anche in piccole dosi, è di fondamentale importanza se vuole mantenere buone le prestazioni: un esemplare digiuno che ha faticato in questo modo rischia davvero tanto.
Sforza olfatto e udito per scovare la presenza di qualche animale, seppur cosciente che catturarlo in quelle condizioni sarebbe un’ardua impresa, ma non c’è niente nei paraggi, giusto qualche uccellino.
Biascica una bestemmia a mezza bocca e si prepara a cercare delle disgustose radici quand’ecco alle sue spalle un rumore familiare e magnifico: un pick-up.
Si mette al lato della strada e fa gesto di fermarsi, sorridendo nel modo più gentile che può considerate le orrende circostanze.
L’autista si ferma e le sorride a sua volta, lo sguardo paffutello allegro e cordiale. La invita a salire, spostando la bottiglietta d’acqua abbandonata sul sedile del passeggero. Sherry lancia una fugace occhiata al cassone e subito le si accende un campanello d’allarme che però decide di ignorare.
All’interno della vettura c’è un forte odore di tabacco e cibo fast-food, ma sfortunatamente per lei non ve ne è rimasta una sola briciola. Si passa quindi le mani sul volto stanco e si abbandona sul sedile, senza neanche curarsi di abbassare il vestito che a stento nasconde la sua intimità lasciata nuda. In fondo è difficile che porti della biancheria, non ha proprio preso in considerazione l’idea di salvarla.
Sospira forte e chiude gli occhi mentre il suo salvatore si accende una sigaretta e si presenta con tono gentile. Le dice di chiamarsi Jim, ma non le importa. Si sente così strana, come se il corpo vibrasse di eccitazione, e la sensazione aumenta quando ripensa a ciò che l’attende.
Jim le offre dell’acqua e le chiede dove sia diretta. Alla sua risposta si lascia andare a un altro sorriso. Sorride un po’ troppo spesso, pensa Sherry. Ha denti piccoli e regolari, con i canini appuntiti come quelli di uno squalo, e ogni volta che le labbra si tendono verso l’alto creano un paio di fossette da bambino.

«È proprio dove sono diretto. Non mi hai detto come ti chiami, piccola.»
Stringe con forza i denti nel sentire quel nomignolo, ma lascia correre, così come lascia correre l’odore fastidioso che emana.
«Sherry. Cristo, quanto sono stanca…»
«Hai proprio l’aria di chi ha passato una brutta nottata! Da quanto cammini?»
«Ore. Non ho il telefono per chiamare qualcuno.» Ora che ci pensa, deve proprio trovare qualche tiro mancino per vendicarsi. Le servirebbe l’aiuto del Quartetto per una faccenda simile, ma sono troppo imprevedibili per poterli gestire se c’è di mezzo uno come quel fustacchione.
«Povera piccola, non è passato nessuno prima?» Domanda Jim con disappunto, gli occhi piccoli e chiari che di tanto in tanto saettano sul vestito sbrindellato di Sherry.
«Nessuno.» Risponde secca, guardando distrattamente fuori dal finestrino «Al posto tuo, io non mi sarei fermata, non con tutte le storie che si sentono.»
«Non hai il viso da assassina.» Altro sorriso. Sherry si domanda perché si ostini a sorriderle tanto. Vuole metterla a suo agio, forse?
«Gli assassini non hanno mai il viso da assassini.» Controbatte, osservando il cruscotto. È pieno di cartacce e ci sono un paio di quelle donnine che muovono i fianchi quando le tocchi.
Jim mugugna qualcosa, ma Sherry non ci bada. Nell’abitacolo cala il silenzio e lei ne approfitta per pensare ad una strategia. È piacevolmente sorpresa di non esserselo trovata davanti, ma allo stesso tempo questo la agita: non sa quando arriverà.
Chiude gli occhi. Il tepore proveniente dal condizionatore, unito al vibrare costante dell’auto, le mette un gran sonno, ma ogni volta che tiene gli occhi chiusi per qualche secondo di troppo rivede chiaramente quegli occhi d’onice che la sfottono.
«Puoi usare il mio cellulare per chiamare il tuo ragazzo o qualche amica, se vuoi. O magari i tuoi genitori. Saranno in pensiero per te.»
«Nessuno è in pensiero per me, so badare a me stessa.» Si rende conto di avergli risposto malamente senza motivo. Lui in fondo non c’entra niente con quel gioco scemo. «Grazie.»
«Allora… perché sei tutta sola? So che non sono affari miei, ma trovarti così nel niente con un vestito stracciato un po’ mi preoccupa. Se non vuoi parlarne, però, lo capisco. Ma ti avverto che odio i silenzi imbarazzati.» Sorride ancora, Sherry si innervosisce sempre di più. Non sa se è per quei continui sorrisi o per il suo odore, sa solo che l’idea di saltare giù dalla macchina è sempre più allettante.
«Uno stronzo mi ha lasciata da sola.» Soffia in risposta, cercando di essere gentile in qualche modo contorto. Non le piacciono gli estranei.
«Quel giovanotto non sa cosa si perde, allora.» Sorriso. Questa volta falso, però. I suoi occhi si stringono leggermente, mutando la sua espressione, e per un attimo Sherry ha l’impressione che sia così stupido da provare ad aggredirla. Poi torna tutto normale e Jim si concentra di nuovo sulla strada. Prendono una grossa buca e Sherry mastica una nuova bestemmia.
«Una bella ragazza come te non dovrebbe mai stare sola.» Si lascia andare a una risata sorprendentemente roca, quasi cattiva.
Piantala, si ammonisce Sherry, il solito piacevole ma pericoloso ronzio nelle orecchie. Piantala, non puoi ucciderlo, non ti ha fatto niente. Si sente inquieta però, quell’uomo non le piace per niente. Si è ripromessa di non uccidere un essere umano se non l’attacca per primo, e un commento uscito molto male non è una motivazione sufficiente.
«Mi sembri nervosa… ho detto qualcosa di male?» Domanda con candore poco convincente, urtandola ancora di più.
No, Jim. Non hai detto niente di male… ma io ho fame.

«No, non ti preoccupare.» Si stringe l’addome con le braccia, impegnandosi per mantenere il controllo. Lentamente lascia scivolare una mano sulla maniglia dello sportello, ma l’affermazione di Jim attira la sua attenzione.
«Prima hai detto che tu non avresti mai dato un passaggio a un autostoppista, perché spesso si rivelano dei criminali.»
Lo guarda con aria quasi di disprezzo, la mascella serrata. Il suo odore le aveva fatto capire immediatamente più cose sul suo conto, così come i fili collegati per far andare il pick-up. Lei almeno si prendeva la briga di nasconderli un poco, così da non far imbestialire troppo la donna che l’ha cresciuta quando le diceva che era un prestito.
«Non ti è mai passata per la testa la possibilità opposta? Non hai mai pensato che il pazzo possa essere il tizio che fa salire l’autostoppista sulla sua macchina?»
«Certo che sì. È un fenomeno abbastanza comune. Ma, come ti ho detto prima, so badare a me stessa.» Non può far altro che avvertirlo così, cercare di fargli capire solo guardandolo che uno come lui, per quanto cattivo possa essere, non può darle alcun tipo di problema.
La macchina rallenta e Jim, dopo averle sorriso con uno strano luccichio negli occhi, si lascia scivolare un grosso revolver sulla gamba.
«Siamo quasi arrivati.»
«Io ti ho avvertito…» Mormora Sherry mentre torna ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino, completamente a suo agio. Se fossero questi i problemi per una come lei!
L’altro ridacchia. È stata una notte movimentata, ha derubato una famiglia che era stata massacrata dal suo compagno, poi lo ha fatto fuori sparandogli in testa. Era indebitato fino al collo per un debito di gioco, una rapina in un posto così sperduto era stata una trovata geniale, ma l’idea di avere più soldi alla fine è stata ancora più geniale per Jim.
Si ferma a un lato della strada, si sgancia la cintura e si volta completamente verso Sherry. Si era creduto tanto fortunato da aver trovato una puttana sul ciglio della strada, ma gli è bastato caricarla in macchina per capire che non lo è. Ma che importanza può mai avere? Ormai la frittata è fatta, è un criminale fatto e finito, tanto vale togliersi tutti gli sfizi prima di essere presi, un domani.
«Via il vestito, piccola.»
«Se è uno scherzo, Jim, giuro su Dio che-»
«Ti sembra uno scherzo, questo?» Le punzecchia una tempia con il revolver, gli occhi ridotti a due fessure. Un uomo che non ha più niente, Sherry lo aveva capito subito. Un uomo che si è ripulito in fretta e furia le mani dal sangue, che è nervoso, con un cadavere da scaricare sul cassone, un uomo ridotto ormai ad un fascio di nervi che voleva scoparla dal momento in cui è montata sul furgoncino.
«Ti ho detto di toglierti il vestito, subito.»
Si guarda attorno. La strada è deserta. Non c’è traccia di case o negozi. La città più vicina è a chilometri di distanza, la sua destinazione circa a metà.
«Ho bisogno che tu guidi fin dove ho detto. Facciamo finta che niente di tutto questo sia accaduto, forza.»
Ha già infranto le proprie buone intenzioni quella sera al Neon. Voleva andare a vivere in città come le persone normali, provare a crearsi qualcosa, stare lontana dai guai ed evitare di uccidere  altri umani. Ma quelli l’avevano provocata, avevano pure provato a farle del male, si è solo difesa. Certo, non era necessario ucciderne un paio, ma è successo e amen. Il tizio nel bosco era come lei e quindi lo avrebbe ucciso in ogni caso, buoni propositi o meno. Ma questo? La sta minacciando con una pistola, ma non le ha ancora fatto del male. Se si ferma in tempo non gli farà niente, pur avendo una fame che non ci vede.
«Ora!» Il proiettile le passa a pochi centimetri dalla testa. Il dado è tratto, Jim ha firmato la propria condanna. «Se non vuoi che il prossimo proiettile ti trapassi da parte a parte, obbedisci. Coraggio, ti piacerà.»
Sherry non si è mossa di un millimetro, lo sguardo ancora perso fuori dal finestrino. Respira piano, mentre le unghie affondano nella carne tenera dei palmi.
Beh, tutto sommato…
«Non hai ancora capito, Jim?» Sorride, le zanne candide fanno capolino dalle labbra carnose, i muscoli tremano d’eccitazione.
La macchina posso guidarla anche da sola…
«Non sono io quella in pericolo, qui dentro.» La mano scatta e afferra la pistola, Jim non la vede neanche muoversi. Sente solo che la mano adesso è vuota e il finestrino accanto alla sua testa va in frantumi.
E posso anche rimediare un pasto…
«Sei tu.» Lo guarda con i suoi veri occhi, le zanne lunghe e affilate lasciate nude in uno spaventoso e grottesco sorriso, il volto orribilmente deturpato.
Jim trema, boccheggia, incapace di chiedere aiuto. Si appiattisce contro la portiera mentre Sherry lo avvicina, quel sorriso mostruoso ad una decina di centimetri dal suo viso.
«C-c-che…co-c-cosa s…s-sei?»
Reclina un poco la testa di lato, Sherry. Lo guarda con aria divertita mentre gli carezza la gola con la mano ormai deformata.
«Che importanza può avere?»

Si gode per gli ultimi due secondi il terrore nei suoi occhi e scatta non appena la implora di risparmiarlo. Le zanne affondando nel collo molliccio, il sangue le schizza in gola. Rimane ferma così, le mani a bloccargli i movimenti e la mascella che stringe per strangolarlo. Di solito preferisce che le sue prede siano vive mentre comincia a mangiarle, ma adesso non ha proprio tempo: deve mangiare più carne che può nel minor tempo possibile se vuole avere una possibilità di vittoria contro l’uomo scimmia.



Sta avvinghiata ad un tronco caduto come se fosse un alligatore immobile in una palude. L’aria tanto umida da sembrare liquida dà forza all’illusione, e le rigature della corteccia diventano le sue stesse rigature quando preme la carne contro il legno. Aggriccia le dita dei piedi e si gusta il rumore delle unghie che scavano solchi nel tronco. L’odore di marcio e muschio umido si fa più intenso man mano che graffia la corteccia, fin quando l’aria non è come quella di un cimitero. Di nuovo immobile e muta, lascia che il crepitante coro degli insetti monopolizzi il bosco col suo eterno rumore di fondo fatto di cigolii, squittii e trilli. Ha sempre invidiato tanta cacofonica serenità.
Scatta in posizione d’attacco in un attimo, attirata da un fruscio e da un bagliore. Distende i muscoli quando si accorge che altro non è che il sole calante che filtra tra le foglie mosse da un’improvvisa e quasi impercettibile brezza che preannuncia la sera.
Si gira a guardare. A ovest il cielo è acceso di vermiglio come se fosse zuppo del sangue della notte e lei non può far altro che tornare al suo nascondiglio.
L’erba le frusta le caviglie, il crepuscolo le lecca il viso. Quando raggiunge una notevole velocità, sente di potersi arrampicare su una scala invisibile fino al cielo.
Entra nella grotta e risistema la prima roccia, poi entra nell’unico passaggio che aveva lasciato aperto e richiude pure quello. Ha controllato le trappole che aveva disseminato negli anni anche negli altri tunnel, trovandoli intatti. Le pare di capire, quindi, che malgrado la cerchino non hanno il coraggio di buttarsi in un luogo stretto con lei. Questo la rassicura parecchio, tutto sommato.
Scende nella terra, tanto in basso che forse potrebbe toccare il fondo. Svincola spesso e talvolta richiude con i massi, talvolta lascia la strada aperta. Se riuscisse a trovarla e a scendere tanto in basso, potrebbe arrivare ad offrirgli una cena come premio.
Mentre scende nell’oscurità, gli occhi come catarifrangenti che scrutano tutto, sfiora con i polpastrelli le pareti rocciose che la circondano. Si domanda in quanti abbiano scavato con gli artigli durante gli anni, in quanti abbiano creato quella rete sotterranea, in quanti siano rimasti in quella tana. Lei e gli altri la scoprirono da adolescenti che già era abbandonata, qualche reietto come loro ci passava qualche notte, e di tanto in tanto loro ci bivaccavano dentro, così da sentirsi grandi e indipendenti come i guerrieri adulti. Poi tornavano a dormire a casa di Fern e lei li sgridava sempre perché tornavano ricoperti di polvere e sangue, i vestiti ridotti a stracci buoni solo a lavare per terra.
Erano bei tempi, quelli, quando ancora poteva dirsi libera. Poteva correre per quelle terre quasi prive di traccia umana per ore, poteva saltare e arrampicarsi a mani nude sui fianchi delle montagne; poteva buttarsi nuda nei laghi o nel mare stesso; poteva giocare con i suoi amici a fare la lotta, poteva cacciare con loro. Erano imbattibili a quel tempo: nessuno si sarebbe mai avvicinato a casa loro a cuor leggero, lo avrebbero fatto a pezzi e divorato boccone dopo boccone.
Ma poi qualcosa si è rotto.
È successo poco più di sette anni fa, quando avvenne l’impensabile. Jäger ha ucciso il Re del Nord, il loro Re. Lo ha ucciso nel sonno, come un vigliacco. E con lui ha ucciso la consorte del Re, i suoi figli e le sue figlie, e per sicurezza i suoi fedeli più stretti. Chiunque potesse rivendicare qualche diritto a regnare ha smesso di esistere quell’orrenda notte di tempesta. Assieme al sole, quel giorno, è sorto il nuovo Re dei territori del Nord.
Da allora è braccata come un animale pericoloso. Non ne capisce il motivo, e nessuno di quelli che sono stati mandati a catturarla sapevano il reale motivo di tanto accanimento. Che la odiasse era chiaro, quando aveva cinque anni la definì “il pasto che desiderava da una vita”, non riuscendo a divorarla per un soffio.
L’ha picchiata così tante volte in quegli undici anni alla tana che ha perso il conto, ma il suo corpo è rimasto segnato da ogni scontro o cattiveria subita, come quando, con un’artigliata data senza motivo, le ha strappato un pezzo di orecchio.
L’idea che possa muoversi in prima persona per catturarla le fa venire i brividi. Prova a non pensarci, a ricacciare quel orrendo pensiero, ma di tanto in tanto riaffiora prepotentemente. Dopo quanto successo tredici anni prima, sente il sangue gelarsi nelle vene e il cuore galopparle nel petto al solo pensiero dei suoi occhi.
Non ha mai raccontato a nessuno quanto accaduto, neanche a Bree. Non voleva che sapesse che quel folle sociopatico voleva sì ucciderla, ma non prima di averle strappato un paio di forti eredi. Ma se lo immagina Bree, e Sherry lo sa. Perché portarla via appena tre giorni dopo, sennò? Perché pregarla con le lacrime agli occhi di scappare lontane dai loro territori? In fondo era ed è noto a chiunque tra la sua gente che i loro geni si sposano alla perfezione, che la loro unione genererebbe qualcosa di eccezionale. Forse è proprio per questo motivo che il Re intervenne appena in tempo e lo allontanò da lei, per evitare una progenie troppo forte ed incontrollabile.
Sì, Sherry è sicura che Bree sappia cosa Jäger ha provato a fare quel giorno, ma non sa tutta la verità e mai gliela dirà, il solo ricordo le dilania l’anima.
È rimasta immobile nell’oscurità per un tempo indefinito. Non sa se può uscire, se la mezzanotte è già sopraggiunta e il suo pseudo-aguzzino abbia già tentato e fallito, ma non può rischiare di scoprirlo. Dovrà aspettare ancora, finché il suo stomaco non tornerà a ruggire, indice che sono trascorse una ventina di ore dall’ultimo pasto.
Si lascia scivolare a terra, la schiena viene graffiata dalla roccia. Sente tutto il corpo vibrare di eccitazione, così forte da stordirla.
Malgrado i ricordi le abbiano attraversato la mente come un fiume in piena, non riesce a provare una vera paura. Non è certamente tranquilla, solo un idiota potrebbe essere tranquillo pensando a Jäger, ma si sente insolitamente bene. E questo non era mai successo.
È merito di questo rifugio sicuro, pensa ingenuamente. Ma cos’altro potrebbe pensare? Non c’è nessuno là fuori capace di difenderla dalle sue grinfie, non c’è nessuno che possa aiutarla. Bree è un appoggio utile che abbandonerà non appena fiuterà il minimo pericolo, così da non metterla nei casini.
Respira piano, liberando la mente da ogni pensiero. Ha una sfida da vincere contro un avversario difficile, deve rimanere concentrata.
Aprendo gli occhi, però, legge delle frasi scritte nella roccia. Una dedica per lei, un pensiero del suo primo amore infantile, incisa con gli artigli nella dura e fredda pietra.
Non si era neanche resa conto di aver camminato fino a lì, il luogo esatto in cui perse la verginità con quel buffone che tanto la faceva ridere. Un amore infantile, certamente, ma non per questo poco intenso.
Le dedicava canzoni, la corteggiava appassionatamente facendole perdere la testa. Ha tolto faticosamente i primi mattoni del muro che aveva eretto attorno all’anima e l’ha amata con un’intensità che al tempo le sembrava titanica.

ᐯEᗪO Iᒪ ᗰIO ᖴᑌTᑌᖇO ᑎEI TᑌOI OᑕᑕᕼI
Iᒪ TᑌO ᑕᑌOᖇE è TᑌTTO ᑕIò ᑕᕼE ᑭOᔕᔕIEᗪO
ᔕᗩᖇò TᑌO ᑭEᖇ ᔕEᗰᑭᖇE ♡
ᄊ+

Sorride appena, passandosi le mani sul volto. Sembrano passati secoli da quel giorno.
Devo richiamarlo… lui e il resto del Quartetto, pensa mentre con una mano sfiora quelle lettere incise nella roccia. Pensa con un certo divertimento che quel “per sempre” è durato circa sei mesi e poi ha cessato di esistere. Non sarebbe divenuta la sua compagna, non era proprio cosa. Però lui ha continuato a starle vicino allo stesso modo, cercando pure di non farsi beccare quando scopava con qualche altra ragazza, scioccamente convinto che potesse ferirla.
Pensa a tutto questo quando ecco che sente la roccia dell’ingresso che viene spostata: lui è arrivato… lui sta barando.
Sghignazza divertita e, dopo esser scattata in piedi come una molla, piena di energia e con l’adrenalina che le scorre nelle vene, comincia a correre nell’oscurità più totale: non c’è niente ad ostacolarla, sa bene dove stanno le trappole, davanti a lei si snoda solo una lunga strada che conduce in basso. Svolta facendo leva con un braccio contro la parete, l’insenatura che ha creato negli anni è così stretta che lui non potrà proprio passarci. Inoltre ci sono altre cinque micro-insenature come quelle solo in quel cunicolo,  due delle quali senza uscite, tutte che richiedono di proseguire strisciando sui gomiti. Un uomo della sua stazza non ci passerebbe mai, non quando pure per lei è difficile.
Sono cunicoli che si diramano per una cinquantina di chilometri, scendendo e risalendo nella terra, e ci sono solo due vie d’uscita. Alcuni li ha creati lei stessa, altri erano già presenti, ma tutti sono stati creati a posta per avere sempre una via di fuga sicura da eventuali attacchi. Seppur negli anni non siano mai serviti, se non per giocare a guardia e ladri o nascondino, adesso si accorge che siano incredibilmente utili, tanto da averlo completamente seminato.
Si lascia andare ad una risata derisoria, senza mai smettere di strisciare sui gomiti: non sente più la presenza dell’avversario, l’ha persa, perdendosi in chissà quale tunnel sotterraneo.
Se non ha un buon senso dell’orientamento ci morirà qui dentro, pensa divertita, decidendo poi di comportarsi come una brava persona che lo andrà a cercare dopo la mezzanotte. O direttamente il giorno dopo, o forse quello dopo ancora. Insomma, lo lascerà lì dentro per un po’, ma non tanto da farlo morire.
Quello che però Sherry non sa, è che Radish potrebbe frantumare tutto con un colpo. Non lo fa per il semplice ed elementare fatto che non sa quanto il suo giocattolo sia resistente, distruggere tutto potrebbe ridurla ad una poltiglia irriconoscibile e questo proprio non gli va.
Non gli ci è voluto niente a trovarla. Lo sapeva in partenza che sarebbe stato un gioco da ragazzi contro una persona che non sa abbassare la propria aura, motivo per cui ha cenato con calma, si è fatto una doccia, è andato a fare a botte al Neon per tirar su un po’ di soldi che certo non guastano e solo verso le 23.00 ha deciso di andare a cercarla. Sapeva che si sarebbe nascosta in un posto lontano dalla città, ma sapeva altrettanto bene di poterlo raggiungere in volo con facilità.
È però rimasto interdetto nel trovarsi davanti ad una montagna.
Una montagna come un’altra, senza alcun segno distintivo. Ci ha girato attorno per cinque minuti buoni finché non ha capito che la forza che sentiva veniva da dentro. Così ha cominciato a ragionare un poco, a studiare l’ambiente che risultava privo di entrate, quando dopo altri cinque minuti buoni ecco svelato l’arcano: una roccia è stata messa davanti ad un’insenatura a mo’ di porta.
Si è ritrovato così in una grotta buia, l’aria pesante che gli faceva storcere il naso, la sua assenza che gli faceva girare le palle.
Davanti a sé ha trovato altri tre massi, e Dio solo sa in quale tunnel sia entrata, dove portino e anche quanti altri ce ne siano!
Ma la fortuna ha deciso di sorridergli ancora: la sua aura tanto forte ha cominciato a spostarsi, così Radish ha deciso di uscire da quel labirinto sotterraneo e si è alzato in volo per capire da dove sarebbe sbucata.
È furba, niente da dire in merito. Se non avessi barato, avrei perso sicuramente. Quest’ultimo pensiero lo infastidisce non poco. Questa sfida è senza dubbio l’unico aggancio che ha per tirarla a sé e continuare a divertirsi. Senza contare che è pure l’unico passatempo quasi divertente dalla sconfitta di Cell.
Soffoca un lamento frustrato ed incrocia le braccia al petto, rimanendo a mezz’aria. Si gode per qualche istante l’aria fresca sulle braccia, il vento leggero che gli scompiglia i capelli. Alzando gli occhi al cielo, si ritrova a sospirare di sollievo: se la Luna fosse stata piena, non sarebbe potuto uscire di notte. Certo, l’avrebbe fregata andando di pomeriggio, togliendole così il tempo di preparare una strategia, ma non sarebbe stato altrettanto divertente. Si sorprende di ritrovarsi a pensare una cosa simile: un tempo avrebbe agito in modo decisamente più meschino.
Questi terrestri mi hanno fatto uno strano effetto… posso definirlo buono? Beh, in fondo quel rimbambito di mio fratello mi ha lasciato vivere per questo cambiamento. Troppo sbagliato non può essere.
Torna stancamente a concentrarsi su di lei. Si sta ancora muovendo e ormai è lontana da lui. Deve avvicinarsi, stando comunque ad una buona distanza per non farsi notare. Perché il Saiyan è sicuro che pure lei abbia qualche asso nella manica che gli permette di accorgersi della presenza altrui, ma è anche altrettanto sicuro che possa farlo entro un certo limite. Oltretutto la ragazza sa che può volare, quindi controllerà anche in aria ed è consapevole che quella ragazzina vede perfettamente anche al buio.
Si avvicina pigramente alla sua direzione, pensando ai fatti propri. In particolare ripensa a Chichi e alla sua boccaccia quando la sera prima, a cena, gli ha detto di trovarlo diverso in qualche modo. Radish ha scherzato sul fatto che avesse i capelli raccolti in una coda di cavallo, ma la cognata affermava con una fastidiosissima sicurezza che fosse un altro il motivo. Lo guardava con un’aria indagatrice così invadente che per un attimo Radish ha pensato di tirarle un pugno dritto sul naso. Poi è fortunatamente tornata a concentrarsi sul figlio e sulla sua istruzione, e lui si è rilassato di nuovo.
Visti i loro trascorsi, Chichi lo tiene sempre sotto osservazione e, per quanto gli dia fastidio, non può certo darle torto.
Preso com’è dai suoi pensieri, Radish non si è accorto assolutamente che il suo bersaglio ha cominciato a muoversi velocemente. Troppo velocemente per qualsiasi essere umano. Lui stesso faticherebbe a cose normali!
Si affretta a sua volta, arrivando a capire che la sua velocità oscilli tra i 350 e i 400 km/h.
La vede mentre sfreccia tra la vegetazione e gli sembra impossibile: i suoi piedi a malapena toccano il suolo, il suo corpo si muove con una grazia indescrivibile mentre l’oscurità sembra quasi abbracciarla. Gli sembra un tutt’uno con la natura incontaminata che la circonda e questo gli strappa un lieve sorriso. Cosa diavolo sei…?!
Sente un fastidioso rumore di bassi farsi sempre più nitido fino a diventare assordante e, prima ancora che abbia la lucidità per pensare di abbassarsi e afferrarla, chiudendo così la partita, la vede buttarsi in scivolata sul fianco, un braccio alzato per mostrargli il dito medio e, ci scommetterebbe la coda, un sorrisino malizioso ad incresparle le labbra.
«Fottuta bastarda!» Se solo sapesse quanto ci ha preso con questo insulto, probabilmente scoppierebbe a ridere dicendolo.
Non appena poggia i piedi a terra si ritrova spintonato da un gruppo di ragazzine ubriache. Ridono mentre si voltano a guardarlo, i volti inebetiti dall’alcol e Dio solo sa cos’altro.
Lo ha condotto senza che neanche se ne rendesse conto in una vecchia fabbrica, dove è stato allestito un rave party.
Radish non era mai stato ad un evento del genere, così lontano da ciò che lui considera normale. Non ha mai visto tanti giovani terrestri ballare a tempo di ritmi frenetici e furiosi, così tanti che risulta impossibile riuscire a scorgere i visi dei corpi che vorticano danzanti. Ballano, si strusciano. Il sesso è palpabile nell’aria. I drink colorati passano di mano in mano come offerte di pace in chiesa.
Il suo sguardo nuota tra quella calca di esaltati, ma la caccia gli risulta estremamente difficile: saltano, i capelli ondeggiano come onde nell’aria, le luci psichedeliche rendono difficile distinguere un colore dall’altro. Cercare semplicemente la sua aura, in quel delirio, non è sufficiente, soprattutto perché ce ne sono un paio simili.
Sherry, ben nascosta tra un gruppo di punk che salta e urla, osserva attentamente Radish: se ne sta in alto su una cassa, la cerca freneticamente, il tempo ormai agli sgoccioli.
Lancia una fugace occhiata all’orologio afferrando il polso di uno dei ragazzi: mancano sei minuti. Sei minuti, quaranta secondi e sarà libera.
La musica risuona a tutto volume in quel luogo affollato, tanto forte da aver attirato l’attenzione anche di creature assai poco raccomandabili, e gli alcolici scorrono come fiumi in piena. Non ci sono regole, puoi fare tutto quello che vuoi. E Sherry ne è più che consapevole. Non conta neanche più le volte in cui, verso i quattordici/quindici anni, scappava di casa con gli amichetti per andare a caccia in posti simili. È infatti sicura di aver fiutato qualcuno già incontrato in passato, ed è anche altrettanto sicura che non le verrà dato fastidio.
C’è odore di pelle, di alcol, di ubriachi e di sudore. Rumore di musica che rimbalza nel petto, che rompe i timpani. Occhi che si chiudono, si aprono, si abituano al caos, agli effetti devastanti degli allucinogeni.
Sherry però, proprio come un tempo faceva Radish, si lascia entusiasmare troppo dalla vittoria ormai a portata di mano e quindi decide di festeggiare anticipatamente: afferra il bicchiere di uno sconosciuto, non perde neppure tempo a fiutare il contenuto e beve un sorso. Sputa subito via metà del liquido in un lungo spruzzo, al secondo è consapevole di cosa aspettarsi e va meglio, anche se ogni goccia le scava un solco di fuoco nelle viscere. Il terzo sorso è più lungo e pieno, e porta con sé i primi effetti dell’oblio e dell’euforia desiderati.
Si lascia afferrare dalle mani sudate e tatuate di un ragazzo esagitato e si lascia sollevare per aria senza neanche provare a reagire. Butta la testa all’indietro e ride forte, il bicchiere di plastica rossa ancora stretto in mano.
Questa, senza ombra di dubbio, è la mossa più stupida che potesse fare.
Radish infatti scatta fulmineo tra la folla, consapevole che un uomo che vola non è proprio ben visto dalle persone normali, e si dirige verso di lei a grandi falcate.
Una ragazza dai bizzarri capelli rosa big-bubble e un abbondante seno lasciato nudo lo avvicina sorridendo maliziosa, ubriaca persa. «Che belli i tuoi capelli, posso toccarli?»

Il Saiyan non fa neanche in tempo a dirle di no che la ragazza viene trascinata per i fianchi da un'amica, trasportata in quella folla impazzita. È sparita, persa per sempre.
Scuote la testa e sbuffa forte, domandandosi come ci si possa ridurre così, ma la verità è che non gli importa niente. Cammina veloce, pregustando la vittoria.
La vede mentre sguscia tra la folla, dirigendosi verso l’interno dell’edificio pericolante e fatiscente.
Sherry non è il tipo di persona che sa tenere l’alcol, Radish lo capisce quando la vede barcollare appena e sorreggersi al muro. Le cammina dietro con calma e, trentatré secondi esatti prima dello scoccare della mezzanotte, l’afferra per un polso e la spinge contro il muro alle sue spalle. Vede nei suoi occhi scuri e vagamente annebbiati un miscuglio di emozioni contrastanti: gli pare euforica, delusa, eccitata, rabbiosa.
Poggia i gomiti ai lati della sua testa, bloccandola al muro. È sorpreso, davvero. Era sicuro che gli avrebbe urlato contro, che avrebbe cercato una scappatoia e che magari, almeno stavolta, avrebbe provato a colpirlo. Ma lei rimane tranquilla e, contro ogni logica, gli sfiora i bicipiti con la punta delle dita.
«Credevi veramente di sfuggirmi?» Domanda con strafottenza Radish, gli occhi che seguono attentamente quelle dita forti e sottili piene di cicatrici. Lo sfiorano delicatamente e di tanto in tanto saggia i muscoli con un tocco lieve.
Ha sempre avuto un debole malsano per le braccia grosse, forti e toniche, è la prima cosa che nota in un uomo. Quando ha visto Radish, le ha trovate più simili a dei tronchi che non a delle braccia e, solo per un istante, ha pensato che non le sarebbe dispiaciuto farsi stringere per saggiarne la consistenza ad occhio granitica.
«Sono un’inguaribile ottimista.» A cose normali non lo farebbe, ma adesso le circostanze sono molto particolari per Sherry: ci sono determinati momenti per le femmine come lei in cui la presenza di un uomo forte come quello che ha di fronte è il più potente e pericoloso degli afrodisiaci. Il fatto di essere stata messa in trappola, che sia riuscito a braccarla senza problemi, adesso altro non è che una grandissima qualità in più che lo rende ancor più appetibile.
Se davanti a lei ci fosse stato Tensing*, Vegeta o anche Piccolo, probabilmente avrebbe reagito allo stesso modo: il suo cervello è momentaneamente alterato dall’assenzio che ha bevuto a stomaco vuoto, il suo organismo la implora di trovare un maschio forte adatto alla riproduzione.
Non sa bene come reagire, Radish, e si sente ancora più confuso quando sente uno strano verso risalirle dalla gola, basso e caldo, mentre inarca la schiena, lascia scivolare la testa di lato e abbassa la spalla, offrendogli il collo.
Sherry, sopraffatta dagli eventi, non sa cosa le stia succedendo, non riesce a capirlo e, in realtà, adesso non le importa poi molto. Eppure, se non fosse sempre tanto impegnata a pensare solo a crearsi delle tane introvabili o a cacciare, saprebbe benissimo cosa le sta succedendo.
Il Saiyan, stranito da questo atteggiamento, la lascia andare. Non gli piacciono le prese in giro, a dirla tutta lo mandano proprio in bestia, ma non riesce davvero a capire se effettivamente lo sia o meno. Che sia davvero così ubriaca?
Sherry gli si avvicina con calma, senza abbandonare neanche per un istante quel diabolico sorriso malizioso che lo confonde, e poi comincia a girargli lentamente attorno, sfiorandogli la pelle scoperta  delle braccia con la punta delle dita. Fissa rapita i muscoli forti e solidi, il collo da toro che desidera ardentemente mordere.
I loro petti si sfiorano e il Saiyan non riesce a far altro che fissarla con sguardo serio, ma allo stesso tempo arrogante e malizioso. La sovrasta completamente, stordendola con il suo forte odore di maschio che le penetra nelle narici. Gli si avvicina piano, Sherry, per potergli cingere il collo con un braccio e abbassarlo al suo livello per poterlo baciare, sorridendo dolcemente contro le sue labbra. Un bacio violento e dolce come una carezza di fuoco.
«Devo pagare pegno…»
Radish, che del tutto scemo proprio non è, decide di giocare ancora un po’: l'afferra con irruenza per i fianchi esili e se la tira addosso, baciandola con foga, strusciando il bacino contro il suo, facendole così sentire quanto quella situazione lo stia eccitando, succhiandole appena il labbro inferiore quando si separano un secondo per riprendere fiato.
Posa il palmo sul suo torace, Sherry, sentendo i muscoli definiti attraverso la stoffa leggera della canottiera nera, che velocemente fa sparire, lacerandola, facendolo rimanere a petto nudo.
«Mi piacciono queste iniziative.» Sussurra imitando il suo gesto, lanciando chissà dove il vestito rosso che già di partenza era ridotto ad una schifezza irrecuperabile, lasciandola così con addosso solo gli anfibi neri.
Si lascia andare contro di lui, mugolando come una gattina, lasciandosi poi trasportare fin sul tavolo di metallo impolverato poco distante, sopra la quale viene costretta a sedersi.
Senza tante esitazioni Radish si mette tra le sue gambe, tenendola saldamente per i fianchi e baciandola appassionatamente, come se da sempre fosse stata sua.
Lei non obietta assolutamente, anzi gli allaccia le braccia attorno al collo muscoloso, lo afferra per i capelli alla base e si stringe il più possibile a lui, lasciandosi sfuggire dei gemiti più forti al tocco esperto del Saiyan, inarcando la schiena in una muta richiesta di darle di più. Richiesta che Radish non si fa certo ripetere due volte. La penetra rudemente con due dita, mordendole con una certa brutalità il capezzolo, facendola gemere senza ritegno alcuno.
Radish, totalmente preso da quella strana situazione, comincia a baciare ogni centimetro di pelle nuda che riesce a trovare, scendendo lentamente fino al suo inguine. Ci gira attorno, baciandola piano, sfiorandola con la punta delle dita mentre risale piano fino a tornare sui seni. Non può concludere come vorrebbe, ne è consapevole. È verissimo che gli piace giocare sporco, ma non ha alcuna intenzione di farsela solo perché ha perso una scommessa stupida: vuole vincere la vera partita, vuole che lo supplichi di farla sua e vuole che lo faccia quando è completamente lucida.
Sente la mano di Sherry affondare tra i suoi capelli e tirarli violentemente alla cute, facendolo gemere di dolore. Lo alza verso l’alto e gli stringe le gambe attorno alla vita.
«Hai fretta?»
Non gli risponde, limitandosi a baciarlo come se fosse di estrema importanza. Lo stringe a sé mentre con una mano gli abbassa con forza pantaloni e boxer, ma prima che riesca a spingersi in avanti col bacino per placare quell’improvviso e malato desiderio, la mano di Radish blocca la sua, tenendola così in stallo.
«Lo sai, vero, che non è questo il mio premio?»
Rimangono immobili per qualche secondo. Radish la guarda dritto negli occhi, notando il suo più totale smarrimento. Questa affermazione è stata come una secchiata d’acqua gelata dritta in faccia per Sherry, e le ci vuole qualche istante di troppo per metabolizzarla.
«C…cosa?» Ritrae di scatto le mani, sconcertata.
Quando mai un maschio ha rifiutato le mie attenzioni?! Dannazione, sono la figlia bastarda di Mezcal e Leila, nessuno mi ha mai detto no!, pensa furiosa, il cuore che le martella nel petto e rimbomba ne
lle orecchie con più forza dei bassi.
Sherry non è mai stata la più bella tra le belle. È una bella ragazza che però passa quasi inosservata se affiancata ad donna come Bree, ha un suo fascino, sa come ammaliare se vuole, ma non ha mai avuto bisogno di grandi sforzi se voleva attirare a sé uno dei loro maschi. È il suo sangue a farlo per lei, un richiamo silenzioso e assordante per quelli come lei.
Radish scoppia a ridere di fronte alla sua espressione, così delusa e furiosa, a tratti inebetita. Non credeva davvero che si sarebbe divertito così tanto, non credeva proprio possibile che un terrestre potesse farlo. Nessuno dei suoi amici ci riesce.
Le afferra il mento tra le dita e le alza il viso, notando ancora una volta quello strano screzio color rubino nelle sue iridi.
«Ti allenerai con me per due settimane a partire da domani. Beh, in realtà, oggi.» L’avverte, ritrovandosi in un attimo con la schiena sbattuta contro la parete alle sue spalle. Non si è neanche reso conto della sua mossa, ha fatto appena in tempo a sentire le sue mani premute con forza contro i pettorali. Possibile che le sia bastato aprire le cosce per farmi abbassare la guardia così? Dannazione, ha ragione Piccolo: devo concentrarmi di più nella meditazione e ritrovare la calma.
«STRONZO!» Scende con stizza dal tavolo e s’incammina verso la porta, i muscoli tesi e le mani imbrattate di sangue.
Radish nota quest’ultimo dettaglio e si guarda di slancio il petto per constatare i danni, non notando assolutamente niente. Cosa cazzo sei?!
Le cammina dietro per potersene andare a sua volta e la vede perdere il controllo per un secondo: un ragazzo ubriaco le afferra  rudemente una natica, e non ha colpe per questo dal momento che gli è sfilata accanto completamente nuda, e lei, in tutta risposta, si è rigirata e gli ha rotto la mascella con un pugno. Il ragazzo ora sta a terra, i suoi amici non sembrano quasi accorgersene. Gridano che ha bevuto troppo, lo sfottono e cercando di tenerlo in piedi mentre continuano a ballare.
Sherry, confusa e frustrata, sfila la camicia lasciata aperta ad un ragazzone abbronzato con un vistoso tatuaggio sul petto, e la indossa in fretta e furia. Questi prova ad afferrarla per un braccio, rivuole la propria camicia, ma Radish gli blocca il braccio a mezz’aria prima che possa toccarla. È il suo giocattolo, ha bisogno che rimanga in forze per il loro primo allenamento dove ha intenzione di spingerla oltre ogni limite per il puro gusto di farlo; non permetterà ad un moccioso ubriaco di prendersi queste forze.
Lo spinge in mezzo a quei ragazzini e ricomincia a camminarle dietro. Sente un sacco di mani che lo sfiorano, che gli stringono le braccia. Come sensazione non è niente male, soprattutto se si considera la voglia di sesso che gli è rimasta addosso e l’erezione quasi dolorosa tra le gambe, ma non ha tempo, non stasera.
Deve continuare a seguire quella pazza violenta che cammina nella vegetazione, le braccia strette attorno al corpo per infondersi calore - o almeno così crede. Gli fa tenerezza, in un certo senso.
«Hai intenzione di camminare fino a casa?» Le urla dietro, affrettando il passo.
Non si sorprende nel constatare che non sia sorpresa di averlo alle spalle. Sapeva che era lì, lo sentiva. Ora deve solo capire come.
«La cosa ti creerebbe problemi?» Gli sputa contro mentre lascia che gli occhi seguano con malato interesse una coppia che va ad infrattarsi nella boscaglia. Possono dirsi fortunati, per un certo verso. Un tempo li avrebbe braccati e terrorizzati, forse pure sventrati, ma adesso è decisa a non sfiorarli neanche con un dito.
Per rimarcare questa sua decisione e per far sì che pure gli altri ne siano consapevoli, incide un triskele in una corteccia, impregnandolo col proprio sangue. Un simbolo chiaro e semplice, che sta a significare sì protezione, ma anche una rivendicazione del territorio. Adesso lì è suo, se vorranno cacciare nel suo territorio dovranno chiederle il permesso o, in caso ciò non avvenga, sfidarla.
«In realtà sì.» Le si para davanti, Radish, e osserva il disegno nell’albero. Inarca un poco un sopracciglio e decide di lasciar perdere. Non gli interessano questo genere di stronzate, non sono proprio nelle sue corde.
Sherry, dal canto suo, lo fissa dritto negli occhi, cercando così di capire dove voglia andare a parare. Le viene il dubbio di aver capito quando, contro la comune logica, lui si alza un poco sopra di lei, i piedi sospesi ad una ventina di centimetri dal suolo e un ghigno perverso ad arricciargli le labbra sottili.
«Non ci pensare neanche…» Gli ringhia contro, provando a scattare di lato una frazione di secondo in ritardo: Radish infatti l’ha già presa per un braccio e la tira in alto, tenendola sospesa a mezz’aria. Scoppia a ridere di gusto quando la vede scalciare terrorizzata, con una forza tale da far volare in mezzo alla vegetazione gli anfibi, e solo quando la sente tremare come scossa dalle convulsioni decide di tirarla a sé, permettendole di stringerlo come una piovra. Fa male, ma non può dire che sia del tutto spiacevole.
Sherry alza per un secondo il viso dall’incavo del suo collo, un secondo soltanto, giusto per urlargli direttamente nell’orecchio un sonorosissimo: «STRONZO!»



Le ha tenuto una mano a sorreggerle la schiena per tutto il tragitto.
L’ha tenuta stretta al suo corpo e gli è sembrata una cosa incredibilmente normale, giusta.
In quei cinque anni ha notato che Vegeta evita il contatto fisico con Bulma pur essendo suo marito, e che suo fratello sembra non avere idea di cosa voglia dire avere una moglie al proprio fianco, risultando ogni tanto imbarazzato dalle sue attenzioni. Quindi cosa è normale? È forse sbagliato sorreggere con decisione la ragazza che lo sta stritolando in modo tanto doloroso per cercare di infonderle un poco del suo coraggio?
«Smettila di tremare. Non ti lascio cadere.» L’avverte con tono duro, un poco derisorio.
Abbassa la testa per provare a guardarle il volto, ma non può visto che l’ha nascosto tra i suoi capelli e pare decisissima a non riemergerne più.
Solo adesso nota uno strano dettaglio: le ciocche bianche sono in punti ben precisi e perfettamente simmetrici, le punte che sfumano passando dal nero al grigio ed infine al bianco anche, e sono tutte naturali. Ad un primo impatto pensava che fossero una strana tinta come va di moda tra i terrestri, invece si sbagliava.
Storce la bocca e trattiene un lieve lamento quando la sente aumentare la presa attorno al suo corpo, facendogli male.
«Ehi, mi hai sentito?»
«Sì, ma non mi fido.» Sputa in risposta, non riuscendo a concentrarsi su niente all’infuori del tenersi saldamente attaccata al suo corpo. Se vuole giocarle qualche brutto tiro, ci rimetterà almeno un braccio e di questo è più che certa.
Radish sbuffa sonoramente mentre sorvola la città. Si sente incredibilmente calmo adesso, come se ogni rottura della sua vita fosse scivolata via. Si sente di buon umore per la vittoria che si è portato a casa, ma allo stesso tempo lo urta incredibilmente il fatto che quella mocciosa con i capelli strani non si fidi minimamente di lui. Diavolo, avrebbe potuto spezzarla in due con il minimo sforzo in qualsiasi momento, invece non le ha fatto niente. Malgrado lei non lo sappia, era pure andato a dare un’occhiata durante la notte per essere sicuro che non fosse morta o cose del genere, trovandola tranquilla davanti ad un fuoco mentre disegnava qualcosa sulla sabbia e mangiava delle radici.
Non è stato un atteggiamento da lui, non ha mai dato attenzioni a nessuno, ma quando ha accettato la sfida, sicuro di vincerla, gli è venuto in mente Piccolo. È a conoscenza del periodo in cui ha allenato Gohan e di come l’ha fatto, quindi ha pensato di provare a replicarlo, seppur in maniera grossolana.
Se ne è tornato a casa in tutta tranquillità quando l’ha vista stendersi sulla sabbia, l’espressione concentrata su qualche pensiero e i muscoli incredibilmente rilassati, indice che non era una situazione nuova per lei.
Entrambi assorti dai loro pensieri non si sono neanche resi conto di essere ormai arrivati sopra al palazzo in cui abita Sherry.
Radish, dopo aver dovuto fare dietrofront una volta superatolo, si abbassa con calma verso la sua finestra, il braccio ancora stretto attorno alla sua vita.
Sente il suo corpo scosso da tremori simili a convulsioni e improvvisamente prova compassione per lei, sentimento a lui praticamente sconosciuto. Lascia così scivolare anche il secondo braccio attorno al suo corpo, stringendola maggiormente.
Si sente incredibilmente ridicolo in quel momento, stretto a mezz’aria con una ragazza mezza nuda tra le braccia.
«Siamo arrivati.» L’avverte con tono stizzito ed imbarazzato. Abbassa lo sguardo solo quando la sente biascicare una fantasiosa bestemmia a mezza bocca, trovandola intenta a fissare con astio la finestra chiusa.
«Mi prometti di non farmi cadere?» Domanda fissandolo dritto negli occhi.
Malgrado il panico dovuta all’altezza, gli sembra comunque a suo agio in questo momento, a dieci centimetri scarsi di distanza dal suo volto. In fondo non hanno passato momenti tanto normali o idilliaci assieme.
Ma ora non è il momento per soffermarsi a pensare che sia strana e che ha una sfera emotiva probabilmente più strana e forse bloccata della sua, quindi si limita ad annuirle.
Allenta un poco la presa per permetterle di rigirarsi tra le sue braccia, rimanendo di sasso quando con un calcio sfonda il vetro della finestra. E ci rimane ancora peggio quando, con un colpo di reni, schizza dentro la stanza, i piedi nudi sui vetri infranti.
La osserva mentre si passa le mani tra i capelli arruffati, una piccola pozza di sangue che si allarga ai suoi piedi.
Sherry lo osserva a sua volta, mordendosi la lingua e dandosi della scema: questo genere di cose poteva farlo davanti a Fern, può farlo davanti a Mimì, ma non davanti ad uno sconosciuto.
«Problemi?» Cerca di mostrare una profonda indifferenza, inarcando un sopracciglio e poggiandosi con le mani alla parete, mentre dentro è vicina al panico. Non si è mai trovata con un avversario che non può neanche seminare. Un avversario che non sembra intenzionato a volerle fare del male e, adesso può dirlo, neanche a farsela. Cosa Diavolo vuoi da me?!
Radish rotea gli occhi al cielo e per la prima volta in tre giorni si domanda per quale ragione l’abbia seguita quella sera nel bosco. Ok, ha un bel visetto e un didietro da capogiro, ma di belle donne ne è pieno il mondo, l’universo anche di più, non è certo per il suo aspetto che la segue. Si era convinto che fosse per scoprire che cosa sia in realtà, ma dentro sa che non è solo per quello. Si sente schifosamente calamitato verso di lei, in un modo così forte da fargli venire il voltastomaco.
«Ci rivediamo tra qualche ora, bambolina.» Fa per allontanarsi quando si sente strattonare per la coda e, senza neanche pensarci un secondo, si rigira fulmineo e l’afferra per la gola. La tiene abbastanza stretta da farle male, non notando però alcuna paura nei suoi occhi.
Sherry lo guarda di rimando, sorridendo con aria furbetta ed un poco complice. In fondo anche a lei darebbe fastidio, non può proprio prendersela per questa reazione. Il suo però non è stato un gesto dettato dalla perfidia, non voleva recargli offesa o fargli un dispetto, ma era l’unico modo per bloccarlo senza berciare.
«Qual è il tuo nome?» Domanda semplicemente, mollando la presa da quella coda tanto soffice. Nella sua testa era convinta che l’avrebbe trovata un poco ispida, come la pelliccia delle scimmie che ha mangiato negli anni, invece è morbida come il pelo di un gattino.
La toccherò ancora, questo è poco ma sicuro. Piuttosto mi farò rompere un braccio, ma la toccherò.
Il Saiyan la osserva con espressione confusa, completamente preso in contropiede. Se un attimo gli pare di aver inquadrato la ragazza che ha di fronte, l’attimo dopo agisce in modo incredibilmente opposto.
Reprime la confusione che ha dentro con un sospiro frustrato, rispondendole in modo quasi freddo mentre molla la presa dal collo pallido: «Radish.»
Mentre si allontana la vede sorridergli senza arroganza per la prima volta, mentre si punta un dito sottile verso il viso: «Sherry.»
Sorride a sua volta, Radish, annuendo distrattamente mentre si allontana con calma.
«Lo so.»
Sherry vorrebbe davvero saltare fuori dalla finestra, aggrapparsi ad una sua gamba e, dopo essersi a fatica arrampicata sul suo corpo, prenderlo a cazzotti fino a fargli dire come può sapere il suo nome, ma lascia cadere la faccenda. In fondo è questione di ore prima di rivedere quella faccia da sberle, può anche attendere.
«BREE!» Urla a pieni polmoni quando sente la porta del bagno chiudersi e il rumore dei passi delle due amiche passarle davanti alla porta. È un poco sorpresa dal fatto che non sia spuntata magicamente nella sua stanza con un’espressione fastidiosamente maliziosa quando l’ha sentita rompere il vetro e parlare con Radish - e sa benissimo che li ha sentiti -, ma non le frega poi molto. In fondo Bree ha reazioni strane quanto le sue, difficile dire con esattezza cosa stia per fare.
Quando la vede entrare completamente nuda, i capelli bagnati e l’espressione rilassata e soddisfatta, comprende immediatamente perché non sia arrivata subito.
«Stavolta passi perché siamo tornate tipo venti minuti fa, ma se insisti a far casino di notte non fermerò Mimì quando ti metterà pezzi di vetro nel cibo.»
Sherry le sorride con la sua solita aria strafottente e reclina un poco la testa di lato. Arriccia per un attimo le labbra nel vano tentativo di trattenere un commento, che però subito dopo le esce di prepotenza: «È così che ti ha addestrata?»
La bionda scoppia a ridere, realmente divertita. L’hanno sempre fatta ridere questo genere di battute sceme, Fern ce li massacrava ogni volta che assumevano un comportamento per lei bizzarro.
«Hai qualcosa da mettere che può essere distrutto?» Le domanda poco dopo Sherry mentre si estrae con disinvoltura i pezzi di vetro dalla pianta dei piedi. Le ferite si rimarginano non appena il corpo estraneo viene estratto, non lasciando alcuna traccia della ferita.
«Tutto quello che indossiamo lo distruggiamo prima o dopo. Perché?»
«Dovrò allenarmi con lui per due settimane.»
Bree rimane ferma sulla porta, le braccia incrociate al petto e la testa poggiata contro lo stipite, gli occhi sgranati. Non prova neanche a fermarla mentre le passa accanto per andare a farsi una doccia, restando immobile a fissare il niente cosmico.
Quando poi Mimì le sfiora il braccio, preoccupata per lo strano stato di trance in cui pare essere caduta, Bree scatta come una molla e si rigira, correndo verso il bagno.
«Scusa?» Le domanda realmente scioccata. Ha fiutato il suo odore non appena l’altra è entrata dalla finestra e, a giudicare dal suo abbigliamento, era convinta che avessero già consumato e che quindi la faccenda potesse dirsi conclusa. Aspettava solo di ricevere una conferma dalla diretta interessata per poter agire, ma a quanto pare deve rivedere velocemente i suoi piani.
«Ho perso la partita, devo pagare pegno.» Impegnata com’è a sciacquassi in fretta e furia non si è accorta dello sguardo perplesso dell’amica, all’oscuro di tutta la faccenda. In fondo l’ha vista sparire il giorno precedente, come può sapere di cosa stia parlando?
«Ero convintissima che mi avrebbe imposto del sesso, invece preferisce questo… non lo trovi strano?»
«Un vero gentiluomo, sì, ma ti rendi conto di cosa rischi?» Le risponde sbrigativa mentre le porge un grosso asciugamano color acquamarina.
Il suo dubbio è più che fondato in fondo: già per quelli come lei mostrare la propria natura ad un umano ti fa marchiare come traditore con conseguente esilio nella migliore delle ipotesi, per lei la faccenda potrebbe rivelarsi maledettamente pericolosa.
Cazzo, non ti ho salvato il culo perché tu facessi questo genere di stronzate! Fern era un’altra faccenda, lei sapeva per colpa dei Quattro, non abbiamo infranto noi il segreto… ma con quel tipo?! Maledizione! Vacci a letto e falla finita, non tirare tanto la corda! Anche se, devo ammetterlo, dubito che tra i nostri possa esserci qualcuno tanto pazzo da volerglisi avvicinare…
Sherry fa semplicemente spallucce mentre si lava velocemente i denti, più che intenzionata a liberarsi della presenza momentaneamente ingombrante dell’amica di tutta una vita e buttarsi in quel letto cigolante per dormire almeno cinque ore di fila.
Sputa il dentifricio nel lavandino e si sciacqua la bocca, osservando il proprio riflesso nel piccolo specchio ovale giusto per un attimo, notando una lieve ombra bluastra sotto gli occhi.
«È più che deciso a voler scoprire cosa sono, non mollerà facilmente la presa.» Si giustifica così mentre butta il telo nella cesta dei panni sporchi, dirigendosi poi verso la propria stanza. Bree la segue a ruota per provare un poco a farla ragionare e metterla in guardia soprattutto da sé stessa. Sa bene che non è il momento migliore per prendere certe decisioni, soprattutto per lei.
«Sher…»
«In questi territori sono allo stesso livello di Jäger, quindi-»
«Quindi tu per prima dovresti tenere fede alle nostre leggi.» La riprende con durezza, toccando un tasto assai dolente.
Se la prima voleva dire che ha abbastanza potere sia legislativo che fisico per poter prendere una simile decisione, l’altra insinuava, come spesso ha fatto, che dovrebbe essere lei a detenere tutto quel pesante potere, insinuazione che l’ha sempre fatta infuriare.
Ma stavolta non reagisce, non come al solito.
Si limita a guardarla con i suoi veri occhi e ad emettere un lieve suono gutturale come ammonimento.
«So trattenermi.»
«Non se quello si mette a fare sul serio. Senza contare il secondo problema…»
Sospira forte, Sherry, passandosi stancamente una mano dietro al collo. La discussione l’ha stufata, non vuole più sentire niente, ma se Bree si mette in mente qualcosa è quasi impossibile farla desistere. Dovrebbe giocarsi una carta speciale, e proprio vorrebbe evitarlo.
«Quale?»
«A ventiquattro anni ancora non controlli il calendario, Sher?» Si lascia andare ad una risatina derisoria ed un poco isterica, mettendosi comodamente seduta sul bordo del letto: «La tua pelle parla chiaro, mia adorabile bastarda: sei in calore. Vuoi mettere al mondo tanti adorabili Mezzosangue?»
«Ma falla finita!» Sbuffa, infastidita da tale affermazione. Sia chiaro, non ha mai avuto niente contro i Mezzosangue o contro coloro che li mettono al mondo, odiando invece con ferocia coloro che li discriminavano solo perché per metà umani, ma non ha alcuna intenzione di metterli al mondi lei stessa. Non vuole proprio avere figli, la minaccia che esercita Jäger su di lei è troppo forte.
Assottiglia lo sguardo, Bree, reclinando un poco la testa di lato mentre riporta alla mente un evento significativo dell’infanzia dell’amica: «Com’è finita l’ultima volta?»
Certo, Bree non è mai stata una Santa, non ci si è mai avvicinata a tale titolo, ma ha sempre avuto molto più autocontrollo dell’amica, probabilmente proprio grazie al DNA della madre.
«Avevo tredici anni, da allora ho imparato a controllarmi.»
«Certo, come no. Allora per quale ragione odori di sesso in modo imbarazzante? E perché c’era tanta delusione nella tua voce quando hai detto che lui non ha voluto scoparti?»
A questo punto, ormai stufa di tutte le sue fastidiose insinuazioni, Sherry scatta contro di lei, bloccandola contro il materasso e tenendole con forza i polsi bloccati ai lati della testa. La guarda con rabbia, gli occhi brillanti e vermigli: «Sei la mia migliore amica, una sorella per me, ma vedi di non scordarti qual è il tuo posto.»
Bree rimane immobile per qualche secondo, dandole il tempo di calmarsi e rimettersi in piedi. Non c’è rimasta male, sa bene che usa questa carta solo quando qualcosa la mette a disagio o cose del genere, non le farebbe mai del male e non le mancherebbe di rispetto.
Si limita a sbuffare un poco infastidita mentre va a prenderle una vecchia tuta, una di quelle che usa quando va a cacciare. Trova Mimì addormentata, la luce dell’abat jour ancora accesa e, con una delicatezza che stona molto sulla sua persona, le sistema la coperta sulle spalle prima di tornare da Sherry.
Poggia i vestiti sulla cassettiera e, prima di andarsene, le butta sul letto una scatoletta rettangolare ancora avvolta nella plastica da imballaggio. Non avrebbe dovuto prenderglieli, potrebbero rallentare la faccenda esattamente come avrebbe potuto farlo il suo discorso, ma 1- non farlo avrebbe potuto in qualche modo insospettirla, e 2- non poteva resistere ad una simile battuta.
«Te li ho presi l’altro pomeriggio: usali quando arriverà il momento!»
Sherry, incuriosita, afferra l’oggetto e di slancio le lancia dietro la scatola di preservativi XL che l’altra le ha simpaticamente regalato, facendola scoppiare a ridere come impazzita.
«Non c’è di che!»
Si butta nel letto e, dopo interminabili secondi, si lascia sfuggire una lieve risatina. Se non le fosse scattata subito la mosca al naso, avrebbe potuto incuriosirla a morte e poi non darle alcun dettaglio dicendo che, forse, forse, aveva pure azzeccato taglia.




* Ho deciso di usare l’adattamento italiano (nel suo caso per non sbagliare a scriverlo) e sono passata ad usare “Radish” perché ho notato che è così che viene sempre scritto 😅


ANGOLO DELL’AUTRICE
E sono in ritardo anche con questo aggiornamento… perdonatemi!
È stata una settimana piuttosto pesante con tutti gli impegni e, per stare sempre allegri, sono rimasta praticamente zoppa perché il ginocchio mi ha detto ciao chicca!, quindi nulla… presto dovrò operarmi. YEEE!
Ma, ehi, ‘sticazzi gente! Un ginocchio è mal di poco. Parliamo del capitolo!
Sì, Sherry è una calamita per la gente cattiva che raggiunge livelli imbarazzanti. Ma forse è normale: le persone cattive attirano persone cattive. Che poi anche no, ma facciamo di sì!
Lei è sempre vissuta tra questa gente (anzi, un tempo stava con gente davvero cattiva e malata di testa), quindi un assassino che pensa stupidamente di metterle le mani addosso è una barzelletta per lei.
In una recensione, Il corsaro nero ha fatto un’osservazione giusta: “conosciamo dei dettagli della vita di Sherry sia passata che presente... da quel poco che si è visto, la sua banda non è composta da brava gente... anzi, mi è sembrato che assomigliassero molto ai Saiyan!”. Sì, hanno qualcosa in comune, sono entrambe razze spietate che non si fanno tanti scrupoli a far fuori qualcuno anche senza ragione. Ma si differenziano per un paio di cosucce che vedremo più avanti.


E niente. Non ho altro da dire.
Sono arrivata in fondo che sono sfinita 😅 Quindi alla prossima, dove i nostri protagonisti cominceranno a conoscersi sul serio e ad intaccarsi a vicenda le corazze che si sono costruiti negli anni.

Un bacione

Kiki 🤙🏻

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Sto in ritardissimo, madòòò! 😱
Il problema è che sono stata operata ad un ginocchio (e m’ha detto pure bene che l’hanno fatto subito, il 20 parto per tipo 15 giorni, non potevo continuare ad essere zoppa!). Già questo fatto mi ha rallentata, se poi ci aggiungiamo che con una gamba K.O ci metto il doppio del tempo a fare le cose (la spesa non si fa da sola, casa non si pulisce automaticamente e la mia cagnolina ha bisogno di MINIMO un’ora di corsa al giorno), vi potete immaginare! Poi io ho fatto tutto senza stampelle perché le odio. 😀
Inoltre sono arrivati i risultati degli esami del sangue… pur non essendo niente di grave, giro sempre da un dottore all’altro per sistemare le cose. CHEDUEPALLE!
Alla fine ho scritto il più velocemente possibile, ci ho prestato - purtroppo - meno attenzione del solito, quindi spero vivamente che possa piacervi comunque. Mi farebbe molto piacere avere un vostro parere. 😊
Un ringraziamento speciale va a Il corsaro nero e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo. Siete dei tesori! 💚

 

𝟜. 𝐿'𝑒𝓇𝓇𝑜𝓇𝑒 𝓂𝒾𝑔𝓁𝒾𝑜𝓇𝑒




Ormai sono quasi tre minuti che sta attaccato al campanello, passando gli ultimi quaranta secondi pieni col dito costantemente premuto. Si era svegliato stranamente di buon umore, aveva deciso di prendersela più o meno comoda e di andare a prenderla verso le otto - giusto perché non sapeva dove raggiungerlo - e adesso il suo umore è completamente mutato. È furioso, vuole tirare giù il palazzo a pugni e massacrarla non appena lo guarderà con quei grandi occhi scuri tanto curiosi.
Ma finalmente qualcuno pare essersi svegliato e la serratura del portone scatta. Sente una voce a lui sconosciuta e resa gracchiante dal citofono che lo incita a salire al numero 13.
Corre dentro e sale le scale tre alla volta, bestemmiando praticamente ad ogni passo, fino a sopraggiungere davanti alla porta socchiusa con su scritto il numero desiderato. Sente degli strani rumori provenire da dentro e, non appena apre la porta pronto a smolecolare Sherry a furia di calci nel culo, la trova appollaiata sul tavolo della cucina, un sacchetto pieno di cereali colorati in grembo e lo sguardo di chi non ha ancora capito di essere sveglio e cosciente.
«Ti prego, portane via almeno una perché non ce la faccio più!»
Volta lo sguardo verso la voce adesso non più distorta dal citofono della donna che gli ha aperto, ritrovandosi costretto ad abbassare lo sguardo per incrociare gli infossati occhi verdi della ragazza che un paio di giorni prima lo guardava vicina ad una crisi di pianto. Adesso gli sembra solo alterata, con i ricci rossi un poco in disordine che le incorniciano il volto pallido.
Non fa in tempo a dirle di non rompergli che qualcosa infrange il vetro della finestra. Davanti alla suddetta finestra, la bella bionda  che non si era fatta problemi a toccarlo urla mezza nuda mentre brandisce una seconda padella, pronta a lanciarla di sotto.
«Bree!» Urla Mimì, pronta a buttare anche lei giù tra le frasche «Non puoi continuare a buttare le padelle ai vicini! Non ne abbiamo quasi più!»
Bree si blocca, la padella sopra la testa pronta per essere catapultata contro la finestra della famiglia che tanto mal sopporta. Non che le abbiano effettivamente fatto qualcosa di male, l’hanno solo pregata di tenere il volume della TV e/o dello stereo più basso, ma essendo almeno in parte della sua razza ha deciso di fare a modo suo per rimarcare la gerarchia… e per dispetto. Soprattutto per dispetto.
Sherry, ancora sul tavolo, tiene gli occhi puntati sul televisore, troppo presa dal violentissimo cartone che guardavano anche da ragazzine. Fern quasi ci piangeva perché assolutamente contraria, considerandolo una pericolosa fonte di ispirazione per il branco di esagitati che aveva in casa, ma su questo fronte non le hanno mai dato retta.
Radish, sconcertato dal caos che regna sovrano in quei pochi metri quadri, lascia saettare gli occhi prima dall’una all’altra, talvolta anche sul cartone. Sgrana gli occhi e aggrotta le sopracciglia, non riuscendo bene a capire cosa stia vedendo: una specie di castoro verde con problemi psicotici va in analisi e poi ammazza tutti in modi assurdamente violenti.
Lasciato scemare lo sconcerto, lascia di nuovo scivolare lo sguardo sulla figura piccola e alterata della rossa della quale ignora il nome, trovandola intenta a fissarlo come a volergli dire “Beh? Non intervieni?”, e davvero non sa come agire. Picchiarle? Buttare già dalla finestra la bionda con il corpo da capogiro e poi picchiare il suo giocattolo? Buttarle di sotto tutt’e due e poi scendere a picchiarle? No, è abbastanza sicuro che la rossa non voglia un simile intervento. Ma cosa può fare lui? Non è ancora stato neanche degnato di uno sguardo dalle due squilibrate, adesso accovacciate sul brutto divano che ha visto sicuramente tempi migliori, una con i cereali così pieni di zucchero da farle venire il diabete fulminante e l’altra che mangia degli avanzi di pizza con i funghi mentre tiene ancora ben salda in mano la padella.
«Non pensare di lanciarla non appena sono uscita, chiaro? Bada che vado a chiederglielo!» Le urla contro Mimì, le mani puntate sui fianchi. È talmente abituata a queste sceneggiate che ormai non si arrabbia neanche più di tanto, fa giusto un po’ di scena per evitare il peggio. Si domanda solo se sia effettivamente necessario mettere su famiglia dal momento che adesso c’è pure Sherry nella loro vita.
«Ti offro un caffè nel frattempo?»
Radish la guarda quasi senza capire. Ad eccezione di Piccolo e Chichi, nessuno si comporta mai in modo cordiale con lui, e pure la cognata non è poi questo zuccherino. La gravidanza l’ha resa da un lato molto più dolce e dall’altro molto più terrificante del solito.
Alla fine nega semplicemente col capo, tornando ad osservare le due.
Bree se ne sta seduta sui talloni, il seno abbondante strizzato in un reggiseno a balconcino di pizzo bianco, i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulla schiena; rosicchia distrattamente il bordo bruciacchiato della pizza, gli occhi azzurri calamitati sul cartone che assume di secondo in secondo tratti sempre più violenti e psicotici, quasi grotteschi. Sherry sta al suo fianco, le ginocchia al petto, i cereali vengono portati alle labbra carnose uno per uno e sgranocchiati velocemente come farebbe un piccolo roditore. Ha ancora indosso una larga canotta bianca usata come pigiama, ai piedi le pantofole di peluche con la testa a fenicottero rubate all’amica.
«Sarà che devi andare?» Borbotta Bree con poca convinzione, accortasi adesso della presenza del Saiyan. Non lo vuole neanche salutare, non dopo quello che ha fatto. O meglio, che non ha fatto.
Se non facesse tanto il prezioso, adesso non ci sarebbero problemi!, pensa per l’ennesima volta, riuscendo però a non far trasparire alcuna emozione. È stata addestrata duramente da piccola, ormai le riesce naturale.
«Sarà che devi farti i cazzi tuoi?»
Bree lascia saettare gli occhi sull’amica, trovandola intenta a mangiare più velocemente mentre stringe quasi convulsamente le gambe. Sentendo il suo odore alterato, comprende che si era già resa conto della sua presenza.
Sta per lasciarsi andare ad un commento poco fine quando la voce di Radish sovrasta pure la musichetta idiota del cartone: «MUOVITI!»
Detto questo l’afferra per un braccio e la solleva di peso dal divano, lanciandola per un paio di metri sul pavimento. Ridacchia divertito quando sbatte la testa contro una sedia, ignorando volutamente il verso gutturale della bionda ancora al suo posto. Se si fosse voltato a guardarla, avrebbe notato che i suoi bellissimi occhi color del cielo sono adesso principalmente color dell’oro.
Sherry si alza e tiene lo sguardo basso, le zanne che sbucano prepotentemente dalle labbra e gli occhi diabolici che rivelano la sua natura ben celati allo sguardo del Saiyan. Cazzo se è forte!
Mentre continua a massaggiarsi la parte lesa si avvia in camera per cambiarsi, ripassando mentalmente la strategia per provare a tenergli testa. Avendo capito da subito che è molto più forte di lei, che in uno scontro non ne uscirebbe proprio benissimo, ha deciso di provare a stancarlo il più possibile tenendolo a distanza, ma ancora non ha ben chiaro il come. Anche se, in realtà, non è neanche questo il problema principale: ogni fibra del suo essere le urla disperatamente di avvicinarlo, di toccarlo… come potrà combattere anche contro sé stessa mentre cerca di tenere le ossa intere?!
Si cambia velocemente, consapevole di averlo alle proprie spalle, poggiato sullo stipite della porta. Non lo calcola però, non dal momento che deve dimostrare a Bree di avere ragione, di essere capace di andare contro ad uno dei loro più grandi e forti istinti.
«Dove andiamo?» Domanda realmente incuriosita, cercando di non ridere quando lo vede legarsi i capelli con un grosso elastico nero che prima teneva al polso. Lo trova stranamente buffo con la coda di cavallo, facendole involontariamente ricordare quando Mordecai si fece fare il codino da Fern come uno Yorkshire.
Radish non si prende neanche la briga di risponderle, decidendo piuttosto di mostrarglielo direttamente: scatta in avanti così velocemente che Sherry ha appena il tempo di metabolizzare la cosa, l’afferra per la vita ed esce in volo dalla finestra rotta.
Non gli frega neanche di essere visto, non quando la sente urlare insulti di vario genere mentre si avvinghia disperatamente a lui. Potrei anche abituarmici.
Si sposta velocemente non tanto per risparmiarle l’agonia, quanto per arrivare il prima possibile per prenderla a calci nel culo. L’idea non gli va troppo a genio, dal momento che vorrebbe farci ben altro con quel fondoschiena che lo ha come ipnotizzato sin dal primo istante, ma non ha alcuna intenzione di risparmiarla. Ha capito sin troppo bene che quando si trova davvero in difficoltà, quando si sente davvero in pericolo, la sua vera natura le bussa prepotentemente sulla spalla, facendola vacillare pericolosamente. Deve solo trovare il modo di impedirle di ricacciarla indietro.
I suoi pensiero vengono bruscamente interrotti dalla sua nuova minaccia, non tanto per l’originalità quanto per il fatto che gli sembra detta con due voci differenti: «Quando atterreremo, ti strapperò la coda e te la ficcherò su per il culo.»
«Che essere amabile.» Borbotta in risposta il Saiyan, ormai prossimo all’atterraggio.
«Poi ti butterò in una vasca con le anguille elettriche che ti mangeranno la faccia.»
«Quanto la fai tragica.» Se ieri avesse usato la metà dell’impegno che usa per minacciarmi, avrebbe sicuramente vinto.
«Poi ti staccherò un braccio e ti ci infilzerò sopra.»
Abbassa lo sguardo su di lei, il visetto imbronciato ancora nascosto contro il suo collo. Solo adesso si rende conto che ha finalmente allentato la presa, non riuscendo però ad evitargli un briciolo di dolore.
«Tu guardi troppi cartoni da deviati mentali, lo sai?» La sfotte realmente divertito, sostenendo il suo sguardo quando finalmente volta un poco la testa. Lo guarda con un solo occhio, e questo gli basta per capire quanto sia nervosa.
«Ti fotterò negli occhi.»
A quest’ultimo insulto stranamente mai ricevuto in trentasei anni di vita, Radish si lascia andare ad una risata veramente divertita, che però non contagia minimamente la giovane che stringe tanto gelosamente.
«Voglio proprio vedere come fai!»
«Tranquillo, un modo si trova.» È rimasta quanto più immobile possibile malgrado la paura, gli occhi puntati in modo quasi maniacale sul piccolo neo che ha notato sulla nuca dell’uomo, poco sotto l’attaccatura dei capelli. Un tempo uno dei suoi giochi preferiti, quando torturava un avversario, era proprio quello di strapparli uno per uno. I suoi fratellastri e le sue sorellastre la deridevano per questo, ma non le importava poi molto, tanto avrebbero trovato altri pretesti in ogni caso. Everett, in una delle rare volte in cui le ha rivolto delle parole quasi gentili, le disse che era molto più divertente scuoiarli partendo dai piedi. Non scorderà mai la sua prima dimostrazione, e Dio solo sa se ci ha provato.
Mancano ancora circa otto metri dal suolo quando Sherry, con uno spintone deciso, si stacca da Radish e si lancia a terra, atterrando in piedi.
Lo guarda con aria di sfida, un sorrisetto divertito ad incresparle le labbra.
«Mi vai a genio, bambolina.» Questa frase detta quasi per gioco esce strana dalle labbra del Saiyan, quasi in un ringhio soffocato.
«Sai il mio nome, fustacchione: usalo.» Controbatte prontamente, stando sull’attenti mentre si osservano con attenzione per una trentina di secondi. «Allora… cosa avresti intenzione di fare?» Domanda infine, un poco a disagio a causa del suo sguardo indagatore. Di norma non le ha mai dato particolarmente fastidio, ma il fatto di essere studiata tanto minuziosamente da lui un poco la urta.
Radish incrocia le braccia al petto, pensando distrattamente a come giocare. Non ha la più pallida idea di cosa sia il ki, lo sa anche senza chiederglielo, e gli è parso di capire che tenda a sfruttare molto la velocità anziché la forza, ma è altrettanto sicuro che non deve essere una che picchia tanto leggero. Non gli rimane quindi molto da fare, non per un primo allenamento.
«Come te la cavi nel combattimento corpo a corpo?» Domanda realmente interessato, osservando con sguardo attento il circondario. Sa bene che lo sta studiando, che sta aspettando il momento migliore per scattare e cominciare a correre verso qualche nascondiglio improvvisato come, ad esempio, la piccola insenatura che vede tra due rocce. Ed ha anche ragione: Sherry, per quanto prediliga da sempre i luoghi freddi e innevati, sa giocarsela molto bene in luoghi desertici come quello in cui si trovano. Non ha mai trovato né faticoso né difficile scavarsi un buco nei fianchi delle montagne, non ha mai trovato troppo fastidioso il caldo, e l’assenza di una fitta vegetazione le rende più semplice prendere velocità. La piccola boscaglia a qualche chilometro di distanza, verso ovest, resta comunque un luogo abbastanza utile per provare a seminarlo o rallentarlo.
«Se dico male, ci vai più leggero?»
Sherry ha giusto il tempo per vederlo muoversi verso di lei, così velocemente da non lasciarle il tempo per pararsi.
La colpisce duramente con una ginocchiata nello stomaco che la lancia in aria per almeno una decina di metri, per poi colpirla al centro della schiena e rispedirla a terra, spedendola ad un paio di metri nel terreno.
Per un momento crede di averla fatta fuori, o di averle come minimo spezzato la spina dorsale, ma quando la vede riemergere e la sente urlare in una lingua a lui sconosciuta, deve ammettere che è decisamente molto più forte e resistente di qualsiasi previsione.
Nota del sangue sul volto, molto. C’è una grossa scia scarlatta che scende sul petto, partendo dall’attaccatura dei capelli, ma lei pare non rendersene neanche conto.
I casi sono due: o non sente il dolore per qualche danno neurologico, o ha un fattore rigenerante incredibile. Mentre lo pensa Radish torna a terra, tenendola sotto tiro. Continua a tenersi le mani strette attorno alla testa, nasconde sistematicamente lo sguardo.
«Non vorrai farmi credere di non saperti difendere, mh?» La sfotte prontamente, le braccia incrociate al petto.
«Io non so volare e non so muovermi così velocemente, stronzo!» Non è la risposta in sé ad attirare la sua attenzione - si aspettava di meglio, in realtà -, quanto il fatto che la sua voce è cambiata. Di solito è ferma ma stranamente languida, mentre adesso è forte, baritonale e cupa, a tratti gli ricorda il latrare di una bestia feroce. Questi due diversi timbri adesso sono uniti, come se due diverse persone parlassero in simbiosi.
In preda alla furia più cieca, tipica di quelli come lei, Sherry si lancia alla carica, tentando disperatamente di mandare a segno almeno uno dei pugni che gli sta sferrando. Dentro però sapeva benissimo che si trattava di una guerra persa in partenza, il bestione che ha davanti è evidentemente molto più esperto di lei in combattimento, ha ricevuto un addestramento ben diverso e più preciso del suo. Tra la sua gente basta essere veloci, avere la forza di afferrare l’avversario e strappargli la carne dalle ossa. Se poi riesci pure a soffocarlo con la sola forza della mascella senza rimetterci, allora rientri nella cerchia di quelli davvero pericolosi.
Per quanto temuta tra la sua gente, per quanto abbia dato prova nel corso di ventiquattro anni di vita di essere capacissima di uccidere praticamente chiunque le andasse di traverso, le sue doti in questo momento non bastano.
Il Saiyan, stufo di questi colpi lanciati praticamente alla rinfusa, dei suoi continui scatti dettati puramente dall’istinto e dalla sua evidente incapacità di ragionare, decide di bloccarla. Aveva detto che le avrebbe insegnato i suoi trucchi, dopo tutto, quindi tanto vale provarci. Non è certo inferiore a nessuno, può addestrare qualcuno anche lui, checché ne dica Piccolo. Un domani, in fondo, potrebbe tornare utile pure lei, almeno come sacco di carne da sacrificare per prendere tempo.
La rigira con un gesto secco e fulmineo, stringendole un poco il braccio attorno al collo. È necessario che si calmi, che ritrovi la lucidità. Ma questo Sherry non lo capisce, non ora: senza pensarci due volte, affonda gli artigli nell’avambraccio muscoloso di Radish e lo morde violentemente. I denti, affilati come rasoi, squarciano la carne neanche fosse burro, aprendosi una strada man mano che si allungano.
Radish, decisamente e giustamente non disposto a farsi staccare un braccio a morsi, se la scrolla di dosso, tirandole una ginocchiata nel fianco che la spedisce ad almeno cinque metri di distanza. Osserva subito i danni, urlandole contro i più svariati insulti e almeno un paio di minacce, notando con stupore che i segni non corrispondono alla sua dentatura.
Sherry, dal canto suo, rimane a terra, le braccia stese lungo i fianchi, lo sguardo rivolto verso il cielo limpido. Gli occhi sono sgranati come se avesse avuto la più grande delle illuminazioni, e a poco servono le parole di Radish che le intima di rialzarsi. Quello che sta vedendo, quello che sta scoprendo, è decisamente molto più interessante.
Solo quando i suoi occhi possono di nuovo vedere davvero si riconcentra sull’uomo che ancora le urla contro degli insulti davvero fantasiosi. Per quanto riguarda le minacce, invece, non c’è paragone: vince lei.
«Spero che tu gliene abbia suonate di santa ragione, alla fine…» Afferma convinta, rimanendo ferma al suo posto. Lascia giusto scivolare una mano sull’addome per sfiorare delicatamente il profilo dell’ombelico. Lo fa spesso quando pensa a qualcosa in particolare.
«Cosa?» Le ringhia contro Radish, senza però prestarle attenzione. La ferita gli brucia in modo insopportabile, come se ogni foro fosse in qualche modo infetto.
«Il tizio con le corna e il rossetto… Frigo, o quello che è…»
A quelle parole, Radish si blocca completamente. Rimane come paralizzato a fissarla, un’espressione confusa in volto.
«Come fai a sapere chi è?» L’avvicina con passo incerto, tenendosi un poco sulla difensiva, ma nota che lei rimane stesa a terra a rimuginare su qualcosa. Qualcosa che, lo sa, lo riguarda in pieno.
«L’ho visto.»
A Radish una simile risposta non basta, proprio per niente. Le tira un lieve calcio nel fianco per smuoverla, per provare a farla reagire, ma lei rimane a terra, calma, a rimuginare.
«Spiega.»
«No.»
Per un attimo a Radish si chiude la vena, e senza pensarci due volte scatta a terra per afferrarle il collo. Stringe con forza, senza riuscire davvero a vedere la sua espressione contratta per il dolore, senza sentire le sue mani che cercano di spostarlo.
Rimane così per una trentina di secondi buoni, lo sguardo ridotto ad una maschera di rabbia. Da quando è sulla Terra gli è successo assai raramente di perdere così il lume della ragione, ed è sempre successo contro un avversario. Lei però pare avere la sorprendente capacità di rendergli difficile tutto quello che fa, tanto da non fargli controllare come vorrebbe le emozioni.
«N- no-n re-spi-ro…» Ormai sicuro di averla convinta, seppur con le cattive, allenta la presa e si rizza in piedi, guardandola con circospezione e rabbia.
Sherry, dopo aver ripreso fiato, pensa che sia assai meglio rivelargli almeno un simile dettaglio. In fondo ha visto chiaramente, come se fosse stata al suo posto, quello strano tizio che lo umiliava. Lui e altri due uomini, inginocchiati al suo cospetto.
Sa bene cosa significhi provare una tale umiliazione, l’impossibilità di ribellarsi di fronte a qualcuno che potrebbe schiacciarti con un dito.
Si mette a sedere, le gambe stese davanti a sé, le mani abbandonate in grembo: «Il sangue contiene i ricordi. Mordendoti ne ho accidentalmente bevuto un po’, così ho visto quel tizio che ti prendeva a pesci in faccia.»
Per quel che riesce a ricordare, Radish, non ha mai conosciuto altre razze con questa capacità. Che poi magari ce ne erano anche, ma le hanno sterminate o ridotte in schiavitù, e né lui né Vegeta o Nappa hanno mai fatto domande a riguardo.
«Fammi capire bene: se bevi del sangue vedi i ricordi?»
Sherry annuisce, lo sguardo che oscilla dall’imbarazzato al colpevole. Sia chiaro, è più che fiera di essere quello che è, ma è anche ben consapevole che per gli altri non è una cosa poi tanto semplice da mandare giù. Sotto sotto, poi, le dispiacerebbe essere allontanata anche da lui per questo.
«Più sangue bevo, più apprendo.» Afferma, alzando gli occhi di scatto, sostenendo con forza i suoi «Pensi che la mia gente vada a scuola? No: ci scambiamo il sangue, così da apprendere anche le tecniche base di lotta e di caccia. Più attacchiamo gli esseri umani, più apprendiamo cose, come suonare uno strumento, cucinare… tutto. Mai sentito il detto: sei quello che mangi?»
Radish reclina un poco la testa di lato, incuriosito dalla faccenda. In fondo a chi, tra i combattenti che conosce, non tornerebbe estremamente comodo una tecnica simile? Sarebbero capaci di replicare ogni attacco senza particolare sforzo!
«Sai, è brutto da dire, ma conosco più intimamente io le persone che ho fatto fuori che non i loro familiari o amici.»
Rimangono in silenzio per qualche istante, pensando ai fatti propri. Se Sherry sta affrontando una dolorosa guerra interiore per tutto ciò che gli sta rivelando, sentendosi colpevole per avergli permesso di avvicinarla tanto, Radish non può fare a meno di sentirsi ancora più incuriosito da lei, domandandosi con quali altre stranezze è capace di stupirlo.
«Quindi bevi il sangue.» La sua non è una domanda, ma bensì un’affermazione. Cerca di mettere insieme i pezzi per giungere alla soluzioni che da giorni cerca, consapevole che non è ancora disposta a vuotare il sacco di sua spontanea iniziativa.
«Tra le altre cose…»
Radish lascia perdere, sicuro di aver capito cosa voglia dire. La domanda, però, gli sorge assolutamente spontanea: «Sei un vampiro?»
Sherry sgrana gli occhi e gonfia le guance, offesa: «Cosa?! No, che schifo! Puzzano di morto, quelli.» Sputa velenosa, arricciando il naso, strappando così un sorriso al Saiyan «E neanche un lupo mannaro, se è per questo. Quella feccia malata…»
Non fa in tempo a chiederle cosa intenda dire, perché sembri provare tanto astio, che lei alza di nuovo lo sguardo, adesso con una nuova curiosità ad illuminarle gli occhi d’ambra: «Ora tocca a te rispondere ad un paio di mie domande!»
Reclina la testa di lato, la coda che oscilla alle sue spalle: «Tipo?»
La luce negli occhi della ragazza però svanisce velocemente. Non si era accorta che si fosse allontanato, e poco importa se semplicemente avesse camminato soprappensiero. Il suo sguardo serio e la sua lontananza per lei significano solo una cosa.
«Tipo perché ora mi tieni a distanza? Da quando ci siamo incontrati mi stai sempre col fiato sul collo, cerchi il contatto fisico, mentre adesso resti ad una distanza di almeno due metri.»
Radish non capisce cosa può aver mai fatto di sbagliato. Si era mosso senza neanche rendersene conto, l’ultima delle sue intenzioni era proprio tenerla a distanza. In fondo potrebbe stenderla con una sberla, ormai ne ha la certezza più che assoluta, quindi cosa gliene verrebbe?
Senza dargli neanche il tempo di rispondere, Sherry si rigira, sedendosi a gambe incrociate mentre gli dà le spalle, tenendo gli avambracci sulle cosce e le mani girate verso l’alto, come a volergli comunicare solo con il linguaggio del corpo che non ha alcuna intenzione di fargli del male.
«Cosa fai?»
«Risulta più semplice parlare con qualcuno senza doverne sostenere lo sguardo.» Per la prima volta sente una nota di tristezza nella sua voce, e davvero non capisce cosa ci sia di sbagliato in lei: non lo vuole vicino, sembra che la testa le stia per esplodere per il fastidio quando la tocca, e adesso fa l’offesa perché, involontariamente, si è allontanato. Questa è scema.
«Per me sta diventando insopportabile dover sostenere il disgusto e il disprezzo negli occhi di chi mi guarda.» Questa volta è quasi un mormorio, ma lui l’ha sentito. L’ha sentito e gli ha dato incredibilmente fastidio, soprattutto perché sa dannatamente bene come ci si senta, avendo dovuto subire quello sguardo per quasi tutta la vita. In fondo è stato classificato sin dalla nascita come guerriero di infimo livello, era partito svantaggiato proprio da subito.
«Il mio non è né disprezzo né disgusto, ma mera curiosità mista ad una punta di incredulità. Certo, l’idea di bere sangue mi dà il voltastomaco, ma non mi infastidisce che tu lo faccia.» Mentre lo dice si siede al suo fianco, le braccia tese dietro la schiena e i palmi poggiati a terra. Non la guarda, non ce n’è bisogno. Sa bene che in questo caso il suo gesto basta e avanza.
«Io ho fatto cose peggiori.» Ammette poco dopo, strappandole una specie di risata che pare quasi un singhiozzo soffocato.
«Tu vieni dallo spazio, vero?» Lo guarda con interesse, adesso, avendo capito di averlo frainteso.
Quando Radish annuisce in risposta, lo sguardo fiero ancora rivolto verso l’alto, Sherry non riesce a trattenersi e scatta in ginocchio, poggiandogli le mani sulla gamba in un moto totalmente spontaneo: «Ero più che sicura che esistessero altre forme di vita, là fuori! Sì, insomma, non sta né in cielo né in terra che siamo soli nell’universo, no? Però non avrei mai pensato di trovarmi faccia a faccia con un alieno!»
È esaltata, euforica, non riesce neanche ad immaginare l’espressione che faranno Bree e gli altri quando sapranno che ha morso un alieno. Adesso vuole sapere di più, vuole che le racconti com’è là fuori, in quante razze diverse si è imbattuto, addirittura com’è la sua e perché si trova lì sulla Terra.
«È bello lo spazio? Su quanti pianeti sei stato? E il tuo com’è? Hai conosciuto tante persone interessanti, immagino… ah! Conquistavi pianeti, giusto? Lo diceva il tizio cornuto, o almeno è quello che ho capito. Lo facevi col tipo pelato e il bassetto con i capelli a punta, se non ho capito male.»
A quest’ultima affermazione, Radish non riesce a trattenere un sorrisetto divertito e finalmente la guarda negli occhi, di nuovo curiosi e allegri. Non lo aveva mai guardato così. In realtà, nessuno lo aveva mai guardato così.
«Se te lo presento, mi giuri di chiamarlo così?»
Sherry, che scema proprio non è, ha capito con questa semplice affermazione che tra i due non scorre proprio buon sangue, quindi evita di dirgli che l’ha trovato molto più affascinante di quanto non abbia trovato lui, optando piuttosto per una specie di contentino.
«Pensi che mi farei problemi?»
«Una volta a conoscenza della sua forza, penso proprio di sì.»
«Nah. Sono sicura che mi difenderesti.» Si sporge col busto verso di lui, facendo la civetta. Scoppia poi a ridere quando Radish la spinge all’indietro, stizzito ed imbarazzato. Sono questi gli atteggiamenti che le piacciono, gli stessi che ha sempre avuto con i suoi amici quando erano solo dei tredicenni, quelli di un cucciolo spensierato.
«Su, dimmi qualcos’altro.»
Radish sospira appena. Cosa può dirle? Non ha certo voglia di dirle che ha ammazzato più gente di quanta lei possa anche solo immaginare, di aver provato gioia in quei momenti, di essersi ritrovato col culo per terra dopo aver provato a rapire suo nipote ed essersi preso a pugni col fratello minore. Non ci farebbe proprio una bella figura. Senza contare, poi, che non ha idea di come abbia fatto a salvarsi, e che non vuole passare anche da scemo, non davanti ad una ragazzina come lei. Opta quindi per lo stretto indispensabile, pensando che, magari, il resto glielo racconterà un altro giorno: «Provengo da un pianeta che è stato distrutto proprio dal bastardo per cui lavoravo, Freezer. Siamo rimasti in due, per quanto ne so. Beh, ci sono anche due mezzosangue e un terzo in arrivo.»
Sherry lo ascolta con attenzione e questo gli fa solo piacere. È presa dalle sue parole, lo guarda come se fosse una cosa meravigliosa, e questo non fa altro che alimentare il suo ego.
«Appartengo alla razza dei Saiyan, i guerrieri più valorosi e potenti dell’universo.» Conclude così, notando che, con la fine della sua frase, la sua attenzione viene calamitata dalla coda lasciata libera alle sue spalle.
«Questa è tipo ornamentale o…?» Domanda incuriosita, sfiorandola con la punta delle dita. Dio solo sa quanta voglia ha di giocarci.
«Ci consente la metamorfosi in Oozaru, quando viene illuminata dalla Luna piena.»
Si guardano dritto negli occhi per qualche istante, onice contro ambra, finché Sherry non scoppia a ridere di gusto, tanto da tenersi le braccia attorno all’addome.
«Cosa ci trovi di divertente? Potrei usarla per strangolarti!» Le dà un colpo forte e deciso contro la spalla, spingendola così un poco di lato, senza però riuscire a fermare la sua ilarità.
«Sei una scimmia mannara!» Urla in risposta, puntandogli un dito contro. Questo dettaglio è bene che lo faccia rimanere una specie di segreto tra loro due, i suoi amici potrebbero diventare davvero ingestibili e le loro prese in giro sin troppo pesanti.
Radish, seppur non realmente offeso, scatta in avanti e l’atterra sotto alla sua considerevole mole, tenendole i polsi sopra la testa, intimandole di chiedere scusa e di non azzardarsi mai più a fare una simile battuta, non riuscendo però a farla smettere. Anzi, contro tutte le sue aspettative, Sherry gli allaccia le gambe attorno alla vita e, dopo essere riuscita a liberare le mani, ingaggia una specie di lotta, fatto per lo più di spinte, lievi morsi su braccia e spalle, tirate di capelli e risate sguainate. Aveva una voglia incredibile di tornare a giocare così, di trovare qualcuno abbastanza forte da poter reggere il colpo senza che provasse ad allungare le mani. Ormai i suoi amici, quando la vedono, pensano di più a mettere al mondo dei cuccioli forti, non certo a giocare come quando erano dei ragazzini.
Radish, dopo un attimo di smarrimento, si è messo a giocare a sua volta. Un gioco infantile, ne è consapevole, ma che non riesce a trovare fastidioso. Di tanto in tanto si è domandato come sarebbe potuta essere la sua infanzia se le cose fossero andate diversamente, a come sarebbe potuto essere il rapporto con suo fratello, se anche loro due avrebbero potuto costruire qualcosa assieme. Magari si sarebbe divertito anche lui, avrebbe potuto fare questi giochi stupidi come qualsiasi altro ragazzino.
Si lascia atterrare, lascia che monti a cavalcioni sul suo bacino, continua a tenerle ferme le mani mentre ridono insieme. Non lo ammetterà mai, fatica a farlo pure con sé stesso, ma questa situazione gli piace. Non è mai stato così spensierato in tutta la sua vita.
Ma questa spensieratezza non è fatta per durare: Sherry infatti si blocca di colpo, puntando lo sguardo verso ovest, verso la foresta. È immobile, gli occhi sbarrati, i muscoli tesi. Ascolta con attenzione e fiuta l’aria con forza, capendo immediatamente che la situazione non è assolutamente delle migliori.
Quando ti stancherai, Jäger? Quando capirai che è inutile mandarli contro di me, soprattutto da soli? Prova a mandarmi i tuoi Cacciatori: rendi la faccenda interessante!
«Che ti prende, adesso?» Le domanda scocciato Radish, lasciandole finalmente i polsi e mettendosi a sedere. Lei rimane ancora seduta a cavalcioni su di lui, ma non lo guarda neanche per un istante. Sta velocemente prendendo in considerazione ogni opzione, finché il tutto si riduce ad una sola scelta.
«Resta qui.» Si alza di scatto e si sfila la lunga maglia nera di dosso, lasciandola cadere vicino a Radish. Cominci a camminare velocemente, sentendo i passi pesanti del Saiyan alle sue spalle.
«Non devi intervenire per nessuna ragione, sono stata chiara?!» Gli ringhia contro, cominciando a prendere velocità per poi sfrecciare di colpo lontano da Radish.
«Pensi di potermi dare ordini?!» Corre a sua volta, bloccandosi dopo neanche un centinaio di metri. Per quanto si stia sforzando di capire verso cosa sia corsa, cosa possa averla turbata così tanto, davvero non lo capisce.
«Non c’è niente laggiù.» Mormora confuso mentre si alza in volo, in modo tale da arrivare prima. Quando poi l’aura di Sherry sparisce di colpo, come se fosse morta, accelera fino a sopraggiungere sopra la fitta foresta. Non riesce però a vedere niente oltre la coltre degli alberi, dove non arriva neanche il sole.
Decide quindi di abbassarsi per provare a cercare le tracce che ha lasciato al suo passaggio, trovandole solo fino ad un certo punto. Il problema sopraggiunge però quando queste vengono sostituite da una lunga scia di terra smossa, come se qualcosa di grosso vi si fosse rotolato sopra. Vede pure i pantaloni stracciati di Sherry sparsi un po’ ovunque, assieme alle scarpe che sembrano come esplose.
S’incammina seguendo delle specie di solchi a terra, incapace di dire cosa possa averli lasciati, capendo solo che si tratta di qualcosa di grosso.
Dopo una trentina di metri sente come un latrato basso e profondo,  un ringhiare furioso di sottofondo. Sente il rumore di rocce che vanno in frantumi, di alberi che vengono spezzati dopo un violento impatto.
Affretta il passo, arrivando a correre verso quella direzione, ma non fa in tempo ad arrivare che un verso acuto squarcia l’aria, così forte da dargli fastidio alle orecchie. Sembra il rumore di una bestia che soffre, un lamento insopportabile.
L’aura di Sherry comincia a rifarsi viva poco a poco, come se fosse entrata ed uscita da un buco nero. Ma quando Radish la trova, capisce che non stava affatto in un buco nero.
Una donna giace a terra, i lunghi capelli neri sparsi a terra, dei profondi graffi le solcano il viso, uno dei quali passa sull’orbita vuota ed insanguinata; il corpo è costellato di tagli profondi e segni di morsi dalle quali si diramano una serie di venature violacee, come se fosse stata avvelenata; la gola è squarciata, manca un grosso lembo di carne, il petto è stato sfondato e il cuore strappato.
Sherry sta accovacciata al suo fianco, il cuore ancora grondante di sangue stretto tra le mani. Ma quelle non sono le mani che Radish è abituato a vedere: sono più grosse, ossute, nodose, ornate da lunghi artigli neri.
Il viso carino, a tratti dolce, è deformato, con gli zigomi sporgenti, la mascella che sembra riassemblarsi, le orecchie lunghe e appuntite, ricoperte da pelo nero che si ritira velocemente; i grandi occhi d’ambra, tanto caldi e rassicuranti, sempre allegri, ora hanno delle insolite sclere nere e le iridi rosse come tizzoni ardenti.
La muscolatura è aumentata, rendendo il corpo decisamente poco armonioso, e sulle spalle nude vede una folta peluria nera che si ritira poco a poco. Oltretutto, anche se non ci giurerebbe, gli è sembrato di vedere una folta coda nera con la punta bianca ondeggiare dietro di lei.
Rimangono immobili a fissarsi dritti negli occhi per tutto il tempo che Sherry impiega a tornare quella che lui ha sempre visto, quella che tutto il mondo potrà vedere. Non si dicono una parola, e lei sente il sangue che le scorre nelle vene diventare gelido come neve, il cuore battere così forte da farle fisicamente male. Non avrebbe assolutamente dovuto vederla, era convinta di riuscire a fare in tempo, di riuscire a strapparle il cuore prima del suo arrivo, ma quella spia bastarda si era allontanata più del previsto.
Una volta tornata completamente umana, con gli occhi lucidi per la voglia disperata che ha di mettersi a piangere, Radish le si avvicina di un passo.
«Torna come prima.» Ordina con tono sorprendentemente serio e autoritario, come mai era stato nei suoi confronti. Ormai il danno è fatto, almeno in parte. Come minimo adesso gli deve mostrare in pieno quello che è davvero e smetterla di farlo incuriosire così tanto.
«Non posso. Non avresti dovuto vedere neanche questo…» La sua espressione, così come la voce, è quasi supplichevole, abbattuta, sconfitta, finché di punto in bianco gli occhi le si infiammano di nuovo, facendo riemergere il carattere poco trattabile che ha sempre avuto: «CAZZO!»
Il Saiyan la segue con sguardo divertito mentre comincia a raccattare rami da terra o a strapparli a mani nude dagli alberi che ha spezzato durante il combattimento - che Radish avrebbe tanto voluto vedere, ore che ci ripensa. Li butta alla rinfusa sul cadavere e poi schiaccia violentemente il cuore abbandonato a terra. È necessario, tra quelli come lei, strappare il cuore per uccidere, unico modo sicuro per sbarazzarsi dell’avversario, mentre il distruggerlo è più una cosa sua e di pochi altri. Un paio dei suoi fratelli preferivano estrarlo con le fauci e ingoiarlo ancora intero.
«Che ti prende?» Le domanda, incuriosito. Era convinto che si sarebbe divertito un sacco ad allenarla, ma si era ricreduto dopo dieci secondi dal momento che aveva dato prova di non essere alla sua altezza, ma adesso deve proprio ricredersi un’altra volta: si sta divertendo da pazzi!
«Devo sbarazzarmi del corpo! Devo cancellare le sue tracce, o scopriranno che tu sai qualcosa e io sarò bollata come traditrice e la mia situazione peggiorerà ancora!» Si blocca un attimo, Sherry, e con sguardo furioso e frustrato gli si rigira contro e gli lancia addosso un paio di rami, urlando quasi con disperazione: «Va’ via! Vattene!»
Radish, che già ha dato prova di essere assai poco incline ad eseguire i suoi ordini, scatta in avanti e, dopo averla afferrata con irruenza per la vita con un braccio, sale in aria, sorprendendosi nel sentirla reggersi a lui solo con un braccio attorno al collo. Probabilmente è così fuori di sé da non riuscire neanche a capire cosa sta davvero facendo.
«Se non la smetti di farmi volare contro la mia volontà, giuro che ti faccio fare la sua fine.» Borbotta a mezza bocca, lasciando saettare gli occhi da un posto all’altro. Alle volte fosse venuta lì con qualcuno, dovrebbe correre subito ad eliminarlo.
«Ma se non riesci neanche a colpirmi!» La sfotte di rimando il Saiyan, trattenendo un ghigno divertito. In fondo se vuole convincerla a fargli vedere cosa sia davvero, non può irritarla troppo. In compenso, però, può fare una cosa molto più utile…
«Vuoi vedere che un modo lo trovo?!»
«Saturday Crush!» Dalla mano destra di Radish parte una grossa sfera di energia, così chiara e luminosa che per Sherry è davvero difficile da osservare. Nasconde infatti il viso contro il suo petto, giusto il tempo per scagliare il colpo contro quel corpo che, come per magia, sparisce, lasciando al suo posto un grosso cratere nel terreno. *
Guarda per un attimo in basso e poi torna ad osservare Radish, l’espressione da saputella insopportabile ed arrogante nuovamente presente: «Ok, hai polverizzato il corpo e mi hai tolto un bel problema dalle balle, ma…»
«Mh?»
Il sorrisetto si allarga, gli occhi si assottigliano, la presa in giro rotola sulla sua lingua: «Occorre veramente gridare il nome del tuo attacco come uno scemo?»
Radish la lancia giù. Non è che ha allentato la presa ed è caduta, neanche che l’ha spinta per gioco, no: l’ha afferrata di cattiveria mentre rideva e l’ha buttata giù, nella speranza di piantarla in terra come un chiodo in un muro.
Sherry si sdraia sulla schiena, le caviglie ben strette tra le mani: «Demente! Sei un demente! Cazzo che male!»
Le atterra di fianco, osservandola con attenzione: il suo corpo non ha subito alcun danno, il corpo è perfettamente intatto e questo, davvero, lo sorprende. Una qualsiasi persona si sarebbe frantumata le gambe.
«Ti saresti dovuta rompere le ossa, non lamentarti.»
«Ma infatti le caviglie si sono spezzate!» Controbatte prontamente mentre si rialza in piedi, stiracchiando le braccia all’indietro per sbloccare al meglio le spalle.
«Ma se stai in piedi! Non dire cazzate!» Gli è venuto spontaneo controbattere, in fondo lo avrebbe fatto chiunque nel vederla camminare con tanta calma. Di certo, però, non si aspettava che si afferrasse tre dita della mano sinistra e le tirasse indietro di scatto fino a toccarsi il polso. Ha sentito distintamente il crack delle ossa che vanno in frantumi, ha visto la carne dell’anulare sbrindellarsi e la punta dell’ossicino fare capolino, ma quando Sherry le rimette al loro posto, ogni danno sparisce alla stessa velocità alla quale è stato inflitto.
«Questa è una figata. Davvero una grandissima figata.» Le afferra la mano e la osserva, un sorriso divertito ed un poco incredulo ad increspargli le labbra. Se l’avesse visto su qualche pianeta non gli avrebbe fatto troppa impressione, ma sulla Terra nessuno ha queste capacità, quindi la faccenda si fa più che interessante.
«Una grande figata che non posso insegnarti. Roba esclusivamente nostra, mio caro.» Sorride con orgoglio, muovendo le dita nella sua mano come per rimarcare che sono perfettamente funzionanti «E, tanto per la cronaca, il dolore lo sento tutto.»
Quando Radish le lascia di scatto la mano, Sherry lo prende come un semplice gesto stizzito dovuto al fatto che non può farlo anche lui, ma la verità è che per Radish è stato imbarazzante il rendersi conto di tenerla per mano. Non è decisamente da lui, praticamente in nessun frangente.
«Ora mi mostri cosa sei? A questo punto devo solo testare una cosa.» Le domanda dopo essersi schiarito la gola, tornando ad osservarla con aria attenta. Libera la coda per afferrarla per un polso quando, con uno sbuffo frustrato, ha fatto per andarsene: «Dannazione, bambolina! Sai che continuerò ad insistere finché non mi avrai accontentato, non sei scema. Fallo e finiamola con questa pagliacciata!»
Rimane ferma, Sherry, lo sguardo basso, gli occhi che seguono i movimenti pigri di un cervo volante che si arrampica su una roccia.
Nella sua mente vede chiaramente lo sguardo colmo di disprezzo di Mezcal, sente le risate derisorie dei fratellastri e delle sorellastre, ricorda il vociare della sua gente quando scoprivano che qualcuno si era mostrato. Erano tutti disgustati, arrivavano a ripudiare i propri figli per una cosa del genere, a volerli morti.
Poi pensa a sua madre, Leila, la ragazza che mai ha conosciuto davvero. Ha alcuni dei suoi ricordi, pochissimi e confusi, e il resto l’ha visto solo tramite gli occhi di Mezcal. Però alcuni parlavano della forte Leila, una delle poche femmine Alpha, una ragazza con le palle cubiche che aveva una visione utopistica per il futuro della razza: era infatti convinta che non ci fosse niente di male a stringere rapporti amichevoli con gli umani, che con un po’ di impegno avrebbero potuto coesistere. Fu proprio per questa sua visione considerata folle che Mezcal decise di sfidarla, Sherry lo sa. Sa bene che non avrebbe voluto eliminare un soggetto forte come lei, ma che non poteva tollerare simili discorsi. La violentò per spregio dopo averla sconfitta, di fronte a tutti, inclusa buona parte dei suoi figli.
Tu non avresti indietreggiato… tu non avresti avuto paura del giudizio degli altri, marchiarti di tradimento non ti avrebbe fermata. Restavi alla tana solo per proteggere chi non ce la faceva da solo. Andavi fiera dei tuoi antenati col sangue sporco, molti Mezzosangue erano amici tuoi…
Sospira forte e nel mentre i suoi occhi cambiano, tornando ad essere quelli spietati ed inquietanti che rivelano la sua natura.
Sorride appena quando sente il primo tremore nelle ossa. I muscoli delle braccia e delle gambe si tendono, tanto da strapparle letteralmente la pelle. Sgrana gli occhi, percorsa da uno spasmo, e le ossa nelle ginocchia scrocchiano. Le gambe si allungano, assumendo una forma diversa.
La pelle le prude per lo spuntare del manto nero, ma non vuole perdere neanche un solo istante a grattarsi. In fondo è bello sentire la pelliccia venire fuori e ricoprire ogni centimetro della pelle.
Il loro cuore è più grosso di quello di un essere umano, ma per allargarsi, prima deve smettere di battere. In altre parole: ha un infarto. Tutti gli altri organi interni subiscono lo stesso trattamento. I primi a collassare sono il fegato e i reni. Non è che non sente più dolore, ma non può più urlare perché le corde vocali e l'esofago si sono lacerati e non può emettere alcun suono. A questo punto l'ipofisi dovrebbe fare gli straordinari, inondando l'organismo di endorfine, ma è ormai fuori uso anche quella.
Si piega in due e geme quando la cassa toracica si allarga di colpo, e sospira quando sente il breve dolore della spina dorsale che si spezza, per poi rilassare il corpo.
Si passa la lingua lunga sui denti affilati, capaci di bucare e spezzare praticamente qualsiasi cosa. Abbassa finalmente gli occhi rubino su Radish, guardandolo con aria famelica e pericolosa.

È una creatura assai più grossa e forte di qualsiasi lupo mai esistito in natura. Le zampe sono troppo lunghe, le orecchie troppo grandi e negli occhi ha il fuoco. Lupo è solo un nome di comodo che hanno adottato per onorare colui che li ha creati.
Quando si abbassa su quattro zampe, indietreggiando di un paio di passi per non gravare sul Saiyan, sghignazza divertita emettendo una specie di latrato soffocato nel constatare che, anche così, è ben più alta di lui. È sempre stata grossa per essere una femmina, raggiungendo al garrese ben due metri e dodici centimetri.
Radish rimane immobile e la osserva con attenzione, senza lasciar trasparire alcuna emozione, constatando che le ciocche bianche dei suoi capelli sono presenti in punti ben specifici anche sull’enorme bestia che ha davanti, come le strisce ai lati delle lunghe orecchie, le quattro zampe e la punta della folta coda, che però passa dal nero al bianco passando anche dal grigio. Per quanto non gli siano mai piaciuti i cani, o comunque gli animali in generale, trova questa bestia incredibilmente elegante e regale, con quel grosso muso fierissimo.
Ora che il suo capriccio è stato esaudito - rivelandosi pure una mezza delusione, visto che altro non era che un grosso cane! -, pensa bene che può pure ricominciare con le prese in giro ed è per questo che si abbassa e afferra un bastone, per poi lanciarlo con forza a molti metri di distanza.
Sherry volta il grosso e robusto muso in quella direzione, le orecchie ben dritte, gli occhi attenti. Quando si volta verso Radish cerca di esprimergli solo tramite lo sguardo la sua confusione, dal momento che questa forma le ha tolto la possibilità di esprimersi a parole.
«Allora? È là, forza!» Scherza realmente divertito dalla sua pessima trovata, sfilandole accanto senza alcuna paura. E perché mai dovrebbe temerla? Certo, non ha idea di quale sia la sua forza adesso, ma le rimane comunque superiore e ne è consapevole. Per sicurezza, però, tiene la coda ben stretta attorno alla vita.
«Ti hanno addestrata proprio di merda, eh?» Commenta subito dopo, ridacchiando appena.
Non fa neanche in tempo a rendersene completamente conto che Sherry è già tornata umana, nuda come mamma l’ha fatta, e se la ritrova davanti a puntargli contro un dito con fare accusatorio, gli occhi ancora rossi e neri.
«Come osi?! Ti sembro forse un fottuto cagnolino da riporto?» Gli urla contro, inviperita. In realtà quella è una battuta vecchia come il mondo, l’hanno usata spesso e volentieri tra di loro, e Fern ne tirava fuori anche di migliori, ma non voleva proprio che questo fosse il suo primo commento. Dannazione, sono bellissima!
«Non fare la stronza…» Biascica il Saiyan in risposta, scansandole con un gesto brusco la mano, rimanendo poi fermo davanti a lei. La guarda con attenzione, ricordandosi una parte della loro precedente conversazione che ora, però, gli sembra strana: «Prima hai detto che non sei un lupo mannaro, anche se onestamente mi sembra proprio di sì. Quindi cosa sei?»
«Uno Spettro.» Risponde immediatamente la ragazza, cercando di rilassarsi. Dio solo sa quanti errori sta commettendo da quando lo ha incontrato, a stento riesce a crederci.
«Chiamarci lupo è un modo errato di definirci, non lo siamo. Abbiamo molte caratteristiche in comune per via di Papà Spettro.»
«Dovrei sapere di cosa stai parlando?»
Gli toglie la propria maglia di mano e la indossa frettolosamente, pensando bene a come esporgli tutta la loro storia. Ormai c’è dentro, troppo dentro, si è lasciata guidare unicamente dal suo istinto come troppo spesso fanno gli Spettri, quindi tanto vale che sappia. In fondo, anche lui le ha raccontato delle sue origini; se vuole che le racconti anche tutto il resto, è bene che si mostri collaborativa.
«Tutto iniziò poco più di mille anni fa. Una donna mangiò il cuore di un grosso lupo grigio, il più anziano e saggio della foresta, che il marito le portò dopo una battuta di caccia, e lo fece in una notte di Luna piena. Lo spirito del lupo volò fino alla Luna e cominciò a danzare con lei, quando udì la preghiera della donna: voleva un figlio, lo voleva disperatamente…
Il lupo decise di aiutarla, così che la sua morte non fosse stata vana. Lui avrebbe dato la sua forza alle tre creature che portava inconsapevolmente in grembo, avrebbe dato loro la saggezza e l’astuzia del lupo, li avrebbe guidati come un padre, e la Luna decise di dargli questa possibilità, sussurrandogli che sarebbero stati i figli della notte. E così fu…
I tre nascituri però crescevano troppo velocemente, seguivano i ritmi della gravidanza dei lupi, e quando nacquero, uccisero la donna, sventrandola. Sarebbero morti, se una seconda donna non avesse sentito il loro pianto disperato. Li prese con sé e li crebbe come figli suoi, amandoli disperatamente… ma non aveva i mezzi per crescerli. Il loro organismo necessitava di molto più cibo, di molta più carne di quanta lei potesse mai trovare, così i piccoli crebbero deboli e gracili.
Una notte d’inverno, quando la neve aveva ormai attecchito al suolo, un gruppo di banditi attaccò il piccolo villaggio in cui vivevano. Uccisero praticamente tutti e loro tre, nascosti sotto alle assi del pavimento, videro la madre venire sgozzata. La rabbia li pervase completamente, il furore li accecò, la Luna diede loro il vigore necessario per prendere le sembianze del lupo e sterminare i loro avversari. Fu Papà Spettro a dire loro cosa fare, ordinandogli di mangiare i cadaveri per trarne forza e conoscenza, intimandogli di nascondersi tra le montagne e di star lontani dall'uomo così da non fargli più del male, perché la Luna aveva fatto loro un dono cambiandoli e se avessero ucciso gli uomini, avrebbero ucciso sé stessi. E così fecero: Roman il Saggio, Regan Ombra della Notte e Roscka la Sanguinaria abbracciarono l’alba come Spettri, decidendo di dare inizio alla loro dinastia.
Aspettarono di raggiungere la maturità sessuale e poi cominciarono a fare figli tra loro. Fu Roscka a decidere che avrebbe fatto quanti più figli possibile per un periodo lungo cinque anni con ognuno dei suoi fratelli, alternandoli. In dieci anni nacquero un sacco di cuccioli, che si accoppiavano poi tra loro, alcuni controvoglia, in nome della purezza del sangue.
Ma qualcosa si ruppe: poco prima dello scadere del tempo di Regan, Roman conobbe Angelina, una fata… e se ne innamorò perdutamente. Provò a convincere i suoi fratelli e i suoi figli che era una cosa giusta, che nessuno di loro avrebbe dovuto rinunciare ad un simile calore, neanche per l’immenso potere che avevano ottenuto… ma i due Alpha non erano d’accordo e lo cacciarono lontano dai loro territori.
A lui non importò: abbandonò tutto, anche sé stesso, e si unì in matrimonio con una fata, che pur di non lasciarlo andare gli concede tutt’ora piccole dosi del suo sangue per permettergli di vivere da immortale come lei.
L’equilibrio tra Regan e Roscka, però, cominciò a sfaldarsi pericolosamente, finché non si divisero. Il primo rimase nei loro territori del Sud con i propri figli e le proprie figlie, mentre lei si stabilì nei territori del Nord con la prole di Roman. Non passarono neanche dieci anni prima che uno dei suoi figli la uccidesse per prenderne il posto.
Nei secoli molti hanno cominciato a fare come Roman, spostandosi da soli perché guidati da qualcosa di più grande che dal mero desiderio di potere, arrivando ad incrociare il proprio sangue con quello degli umani. Ormai di linee davvero pure ce ne sono davvero poche in circolazione… credo solo due. Presto, però, è probabile che scenderemo ad una.»
Radish ha ascoltato con attenzione ogni parola, non faticando ad immaginarsi ogni evento. Il che è anche strano, dal momento che a cose normali riderebbe nel sentire che lo spirito di un vecchio lupo ucciso ha in qualche modo dato forza a tre embrioni, ma qualcosa dentro di lui gli dice che sì, lei non sta inventando niente, che Papà Spettro è un’entità reale, forse pure tangibile, e che i tre Spettri hanno veramente camminato in quel mondo, hanno veramente dato il via a tutto quanto.
Lo informa, quasi a volersi in qualche modo difendere, che la sua è una condizione che può essere trasmessa solo per via ereditaria, la storia che tramite il morso può infettare una persona è solo una stronzata del cinema, e questo gli strappa un lieve sorriso. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto troppo avere un paio delle sue doti, come la rigenerazione o il fatto di apprendere ogni cosa tramite il sangue.
Ascolta distrattamente ciò che gli dice sul valore che danno al sangue, informandolo che pure Bree, la sventola tutta tette che gira quasi nuda per casa, è una Mezzosangue, figlia di un grande Alpha e di una donna umana di incredibile bellezza, morta per darla alla luce. Lei e i suoi due fratelli, morti a poche ore dalla nascita.
Gli dice che fanno molti figli, che una femmina Purosangue come minimo dà alla luce una coppia di gemelli, ma che tra le coppie pure sono frequentissimi i parti quadrigemini. Gli dice che pure lei aveva tre fratelli di sangue che suo padre però uccise non appena vennero al mondo perché piansero. A questo punto vorrebbe chiederle perché, cosa c’è di strano, ma si astiene dal farlo. Non ci vuole un gran genio per capire che questo argomento le fa male, che il solo ricordo le lacera il cuore, quindi preferisce tacere. Se mai vorrà approfondire la questione, lui potrebbe anche essere disposto ad ascoltarla.
«Ora che sai, sei soddisfatto?»
Rimangono in silenzio per qualche istante, guardandosi dritto negli occhi. Ed è proprio adesso che Radish si accorge di quanto sia combattuta, lo vede chiaramente: una parte di lei sembra essere sollevata di essersi tolta un tale peso, così da poter essere sé stessa in sua presenza, mentre l’altra gli pare abbattuta e terrorizzata.
«Ti è costato parecchio dirmelo, vero?»
«Mi sono appena macchiata di tradimento, tu cosa dici?» Gli sorride con aria colpevole, grattandosi una spalla con fare nervoso «Potrò provare a dire che, ehi, sei un alieno, non dovresti contare per le nostre leggi, ma dubito che possa funzionare.»
Sherry s’incammina per uscire dalla foresta, decisa a sfogare la frustrazione e la tensione che prova in una specie di combattimento col Saiyan. In fondo ha perso, deve pagare pegno, e quando dà la sua parola non lo fa mai alla leggera.
Radish la raggiunge dopo qualche istante, le mani nelle tasche e lo sguardo puntato in alto, l’aria di chi sta pensando intensamente a qualcosa di importante. Ed effettivamente è così, c’è davvero qualcosa che Radish non riesce a spiegarsi e che, purtroppo, lei non potrà chiarire.
«Non ti sentivo più, quando eri su quattro zampe.»
«Come?»
«Avverto l’energia vitale degli altri. È una tecnica semplice da imparare, potrei insegnartela facilmente.»
«Mi bastano fiuto e udito per captare le persone.»
«Ma così sentiresti quanto sono forti.»
«L’odore me lo dice.» Radish vorrebbe davvero tanto toglierle quell’espressione arrogante dalla faccia, ma qualcosa dentro di gli dice che no, non deve alzare le mani con lei. L’unica spiegazione logica sta nel fatto che gli ha mostrato grande fiducia, in qualche modo, mostrandogli la sua natura e parlandogliene, e questo lui proprio non può ignorarlo.
Se solo sapesse che per entrambi la faccenda è ben più complicata di così…
«Se tu adesso bevessi un po’ del mio sangue, sapresti combattere come me?» Le domanda a bruciapelo, piazzandosi davanti a lei e camminando all’indietro per poter mantenere il contatto visivo. Con questo semplice gesto riesce a strapparle un sorriso, inconsapevole che tra la sua gente certi atteggiamenti hanno significati spesso più profondi di quanto ci si immagini. Nessuno dei loro maschi dà tante attenzioni ad una femmina se non gli piace davvero e viceversa; l’amicizia tra i due sessi è una vera e propria rarità.
«Tecnicamente sì, ma non ho né la tua forza, né la velocità e neanche la tua resistenza.» Risponde con ovvietà, non riuscendo ad evitare di fare la civetta.
«Ti ho vista correre ieri notte. Ho visto che velocità puoi raggiungere.»
«Su quattro zampe vado più veloce di così, ma solo sul rettilineo. Curvare a quelle velocità è impossibile su due zampe, mentre su quattro talvolta è fattibile, purché ci sia un appiglio.»
«Beh, me lo immagino.» Commenta semplicemente Radish, sospirando con aria pensierosa. Alla fine, dopo un paio di secondi di ragionamento, si blocca davanti a lei e le mette l’avambraccio davanti al viso: «Dai, proviamo!»
«Che sei scemo?» Gli scansa bruscamente il braccio, consapevole però che l’uomo che ha di fronte non è il tipo che accetta facilmente un no.
«Credevo che sarebbe stato divertente prenderti a calci nel culo, ma evidentemente sbagliavo. Così, forse, mi darai qualche soddisfazione!» Insiste infatti il Saiyan, lo sguardo divertito e un sorrisetto furbo ad increspargli gli angoli delle labbra sottili.
«Non è una cosa sicura, ok? Potrei provare a staccarti il braccio.»
«E io potrei staccarti la mascella con un pugno. Scommettiamo che non ci provi?»
Lo guarda dritto negli occhi, Sherry, con la fastidiosa consapevolezza di non volergli veramente dire di no, di volerlo accontentare perché è decisamente la persona più interessante che ha incontrato dopo Fern. Sbuffa sonoramente, passandosi le mani tra i capelli spettinati.
«Perché lo stai facendo?» Domanda con un filo di voce, cercando di capire, una volta per tutte, perché si stia impuntando così tanto, perché sembri essere tanto interessato a stare in sua compagnia. In fondo non è uno Spettro, l’idea di metterla incinta non lo sfiora neanche da lontano; non ha la sua forza, lo sanno entrambi, quindi non può divertirsi con un combattimento vero; appartengono a mondi diversi che in teoria non dovrebbero avvicinarsi, e che richiedono un grande sacrificio da ambo le parti per poter coesistere.
Radish muta d’espressione tutto in un colpo. Si fa serio, pensieroso. Si guarda la punta dei piedi come se vi potesse trovare la risposta ad una domanda tanto semplice, la stessa che si è fatto spesso in quei giorni.
Perché lo sto facendo? Ho ottenuto ciò che volevo, non ha più niente da offrirmi. Non posso allenarmi con lei come faccio con Piccolo. Veniamo da due mondi diversi, abbiamo una mentalità diversa. Oltretutto i cani non mi piacciono. Allora perché voglio continuare a passare il tempo in sua compagnia? Cos’è che mi spinge a farlo?
«La verità? Non ne ho idea. Davvero, non… non c’è un motivo, non a questo punto. Volevo sapere cos’eri, ma ora che lo so… davvero, non lo capisco. Credo che tu mi sia simpatica, in qualche modo, e come te non sopporto più che la gente mi guardi con disprezzo… e tu non l’hai mai fatto.» Gli è costato molto dirlo, davvero molto. Se avesse avuto qualcuno attorno, sicuramente non l’avrebbe detto a voce alta.
Certo, lui non è chiuso come Vegeta, ha un senso dell’umorismo più spiccato e ha scoperto negli anni che, tutto sommato, ha un’indole non troppo differente da quella di suo fratello, ma questo genere di cose lo imbarazzano e lo fanno sentire stupido.
A Sherry certo questo fatto non sfugge, lo capisce dal suo odore alterato e, ancor di più, dal fatto che tenga stranamente lo sguardo basso e che le sue guance si siano lievemente imporporate. E questo le fa incredibilmente piacere, perché le dà la dimostrazione che le sta dando fiducia allo stesso modo in cui lei ne ha data a lui.
Tra gli Spettri non è insolito che i rapporti si creino tanto velocemente, sono di natura socievole e per questo vivono in branchi più o meno numerosi; i rapporti di fiducia si creano non appena l’altra mostra di non avere cattive intenzioni, e col tempo si solidificano fino al punto di volersi difendere reciprocamente con ogni mezzo ed a qualsiasi prezzo.
Sono creature che vivono di passioni, creature di fuoco e sangue, consapevoli di avere un’aspettativa di vita breve a causa dei continui scontri ed è per questo che vivono al momento, lasciandosi trasportare anche dolorosamente dalle proprie emozioni. Nessuna creatura può arrivare ad amare o odiare con la loro stessa intensità.
Gli dà una lieve pacca sulla spalla, sorridendo allegra: «Dammi il braccio, forza. Prima lo facciamo, prima possiamo ricominciare a giocare.»
«Ora lo consideri un gioco anche tu?» Sorride di rimando, porgendole l’arto. La precedente ferita continua a bruciargli, ma il veloce susseguirsi di eventi quasi glielo aveva fatto dimenticare. Ha subito ferite ben peggiori di quella, la cicatrice sul petto ne è un chiarissimo esempio.
«Sei cento volte più interessante di un essere umano comune… e anche un po’ più di uno della mia razza. Senza contare che puoi insegnarmi come uccidere chi mi vuole morta.» Scherza Sherry, prendendogli l’avambraccio tra le mani con la stessa delicatezza con cui si tocca un oggetto fragile e delicato.
«Ora devi concentrati molto. Devi pensare solo ed esclusivamente alle tue tecniche di combattimento, dalla prima all’ultima. Le devi pensare intensamente, allontanando tutto il resto. Quando vedrai le zanne, quando sentirai il dolore, devi pensare solo a quello, altrimenti sarà più difficile per me vederlo.»
Radish esegue di buon grado. Ripensa a tutto ciò che sa, sforzandosi con tutto sé stesso di eliminare qualsiasi altro ricordo. Sherry ha evitato di dirgli che, in ogni caso, li vedrà in seguito, probabilmente sotto forma di sogni, ma l’ha fatto semplicemente perché non vuole metterlo in imbarazzo. Avrà modo e modo di morderlo ancora e poterlo usare come scusa.
Dopo qualche istante di indecisione, finalmente affonda i denti nella carne muscolosa del Saiyan. Il sangue le scende giù per la gola, nella sua mente scorrono veloci tutti i suoi ricordi. Vede i suoi addestramenti sin da quando era bambino, vede le sue tecniche affinarsi negli anni, vede con quanta forza e precisione riesce a mandare a segno i colpi. Lo vede e, al tempo stesso, è come se li facesse a sua volta, dal momento che vede e sente ogni cosa tramite i suoi occhi.
Una volta lasciata la presa, si passa il dorso della mano sull’angolo della bocca per ripulirsi, cercando di trattenere un’espressione schifata. Il suo sangue non è buono come quello degli altri umani,  ha un sapore più forte e acido, insopportabile per il suo fine palato. L’unica nota positiva, è che le sembra molto più pulito rispetto a quello comune, indice che ha un’alimentazione sana ed equilibrata.
«Cazzo se brucia… che hai del veleno nei denti?» Brontola subito Radish, tenendo la mano stretta attorno alla ferita.
Quando vede la sua espressione colpevole e il suo sorrisetto da bambina, borbotta a mezza bocca un’insulto, sperando che almeno ne sia valsa la pena. Certo, dovrà farla sudare parecchio per raggiungere dei buoni livelli, dovrà pazientare, ma almeno le basi sono già state gettate.
«È una tossina, impedisce a quelli come me di rimarginare in tempo le ferite, ma non fa altri danni. Più si è in alto di grado, più rallenta le capacità altrui.»
«E tu sei in alto?»
Lo sguardo di Sherry diventa insopportabilmente fiero e altezzoso tutto in un colpo, e Radish, per un istante, ci rivede lo stesso sguardo di un giovane Vegeta, quello che rispettava ma, al tempo stesso, detestava.
«Sono uno Spettro Alpha dalla nascita, fustacchione. In pratica sopra di me ci sono solo i due Re e Roman. Beh, Roman sta sopra a tutti!» Afferma convinta, gonfiando il petto con orgoglio. In realtà ha tutte le ragioni di essere orgogliosa: le femmine Alpha sono rare.
Ma la sua arroganza svanisce nel momento esatto in cui nota che, zitto zitto, Radish continua a tenersi con forza la mano sulla ferita per cercare di placarne il dolore e bloccare l’emorragia. Per una delle poche volte in vita sua, si sente sorprendentemente in colpa.
«Aspetta, dammi il braccio.» Lo afferra con quanta più delicatezza può, cercando di evitargli altro dolore, e senza aspettare comincia a leccare i profondi buchi che gli ha inferto.
Radish, per quanto il gesto non gli vada particolarmente a genio, osserva con curiosità i suoi movimenti, sentendo che il senso di bruciore sparisce velocemente di secondo in secondo e, quando finalmente sposta la testa, vede che ormai quei fori sono diventati piccoli piccoli, quasi completamente rimarginati.
«Ma che diavolo…?»
«La mia saliva può rimarginare ferite di questo genere, ed essendo mia annulla gli effetti della mia tossina.» Dio solo sa quanto si sente fiera in quel momento, quanto le era mancata la sensazione di essere utile per qualcuno. Lei e gli altri arrivavano a picchiarsi per curare Fern quando si feriva in cucina o in giardino, desiderosi solo di poter aiutare l’unica persona al mondo che avesse mai provato un sincero affetto nei loro confronti.
Radish rimane immobile, pietrificato. Nessuno l’ha mai curato volentieri, in genere veniva sbattuto nella vasca di rianimazione e fine della faccenda. Pure sulla Terra non hanno mai mostrato preoccupazione o simili per lui, e in fondo lo capisce. Sherry invece gli ha preso il braccio con delicatezza, gli ha letteralmente leccato le ferite minuziosamente per farlo stare bene, per essere sicura che non provasse assolutamente più quel fastidioso - quasi insopportabile - bruciore.
Sente il cuore battere improvvisamente forte nel petto, dandogli però la strana sensazione di battere in modo incredibilmente lento. Si sente strano, lo stomaco si attorciglia tanto da dargli fastidio, e d’istinto le dà le spalle e s’incammina con calma verso lo stesso punto dove avevano cominciato ad allenarsi, consapevole che gli sta tranquillamente trotterellando alle spalle.
Ogni suo eventuale problema o pensiero è passato in secondo piano, anche terzo, quarto o quinto addirittura, lasciando spazio ad una sola, semplice domanda: Come faccio a farle del male, adesso?




* Sì, probabilmente è stata resa in modo esagerato, ma era l'unico modo carino che mi era venuto in mente. Devono venirsi in contro a vicenda, in fondo… 😉


ANGOLO DELL’AUTRICE
Gente, ve lo giuro su tutto quello che volete, pure sulla mia cagnolina e sui micini, io ci provo davvero a renderli il più corti possibile - perché mi rendo conto che non sia piacevole trovarsi con questi malloppi ogni volta - , ma proprio non ci riesco. Dio solo sa quanti pezzi taglio ogni volta!

Allora, parliamo un po’ di questo ennesimo poema: Sherry è un grosso sacco di pulci, Radish è una sottospecie di scimmia spaziale. Solo io li trovo quasi divertenti come accoppiata?!
Entrambi hanno un bel caratterino (NB quello di Radish è basato su quello di R&R, come detto più volte, e viene descritto come in questa fic, cioè simile a Goku ma più sveglio e stronzetto… e ci sarà un perché anche per questo cambio di atteggiamento!), vorrebbero avvicinarsi in qualche modo ma non trovano un appiglio, arrivando però a riuscire a scalfirsi a vicenda scoprendo alcune carte molto, molto intime.
Riusciranno a scalfire le proprie corazze ed avvicinarsi sul serio? Riusciranno a superare i propri problemi?

Si è scoperto che Sherry è figlia di un grandissimo pezzo di merda (considerato  più o meno normale tra la sua gente) e una visionaria (considerata pericolosa), e questa è solo la punta dell’iceberg. Per alcuni aspetti, gli Spettri sono peggio dei Saiyan. Molto peggio. Già il fatto che i Saiyan, per quanto si ritenessero superiori a tutti, non si facessero problemi ad interagire con altre specie, mentre per gli Spettri è un’onta, dovrebbe dirvela lunga. Per questo non hanno mai provato a sopraffare gli umani: li evitano, per loro sono feccia (anche se quando se li trovano davanti, li trovano molto appetitosi). Preferiscono restare liberi nella natura piuttosto che interagire. Sono pochi quelli che dicono “bah, forse forse non è proprio il peggio del peggio avere un umano come amico… saranno deboli come pulcini in petto a noi, ma ci si può parlare!”… e sono considerati come dei folli da eliminare.
Bella gente, eh?
Ma vedremo tutto nel dettaglio col proseguire della storia. E i dettagli andranno solo peggiorando!
NB: pure Sherry e Bree non erano proprio belle persone eh, anzi!!!

Infine, sì: a Sherry e Bree piacciono gli Happy Tree Friends! 🤯🤣

Beh, direi anche basta per adesso… devo tornare a scrivere, voglio pubblicare il prima possibile il prossimo capitolo!

A preso, un bacione
Kiki 🤙🏻

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare con tutto il cuore Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo!💕
 

𝟝. 𝒯𝓇𝒶 𝒶𝓈𝓈𝑜𝓇𝒷𝑒𝓃𝓉𝒾, 𝓁𝓊𝓃𝒶 𝓅𝒶𝓇𝓀 𝑒 𝓅𝒾𝓃𝑔𝓊𝒾𝓃𝒾
(𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟣)

 


In dieci giorni le cose tra il Saiyan e lo Spettro sono cambiate considerevolmente.
Mentre Radish ha imparato a controllarsi un minimo e ad evitare di farle davvero male durante i loro allenamenti, Sherry ha imparato a gestire un minimo il proprio carattere, evitando di insultarlo ogni tre frasi. Certo, lei continua a tornare a casa ricoperta di sangue e lui a sbellicarsi dalle risate ad ogni minaccia o simili, ma sono migliorati significativamente.
Durante il terzo giorno di allenamento, dopo aver perfezionato abbastanza le sue capacità nel corpo a corpo, Radish le ha insegnato ad usare il ki, con risultati a dir poco disastrosi.
Sherry, infatti, ha mostrato di non essere capace nella sua forma umana ma di poter lanciare un’enorme sfera di energia nera e blu dalle fauci quando è un lupo. Se questo in un primo momento li ha esaltati e ha fatto pensare a Radish di aver trovato un nuovo valido membro del Team Z, si è rivelato un disastro dopo pochi istanti: Sherry, insolitamente incapace di mantenere la trasformazione, ha cominciato a perdere sangue da naso e orecchie, arrivando infine a vomitare quasi due litri di sangue denso e scuro.
Radish si è pietrificato di fronte alla scena, non sapendo assolutamente cosa fare. Gli aveva detto di non potersi ammalare, di avere un organismo che può essere danneggiato quasi esclusivamente dalle zanne o dagli artigli, quindi come poteva sapere come aiutarla se pure lei non ne aveva idea? Si è limitato quindi ad accendere un fuoco il più velocemente possibile proprio accanto a lei per alzarle la temperatura corporea caduta a picco (non l’ha portata a casa per il semplice fatto che solo sfiorandola cominciava ad urlare per il dolore) e a starle vicino mentre si calmava. Si è sentito stranamente in colpa per aver insistito tanto, per averla spinta a fare una cosa che era evidentemente innaturale per lei, ma Sherry l’ha rassicurato dicendogli che non potevano saperlo e che non aveva colpe. Il sorriso sincero che gli ha rivolto subito dopo gli ha scaldato il cuore come non era mai successo prima.
Un altro cambiamento è stato nel fatto che Sherry l’ha seguito per qualche sera a “lavoro”, puntando grosse somme su di lui per fargli alzare qualcosa di più. Gli ha pure detto che, prima o dopo, chiamerà qualcuno che conosce per farlo un minimo divertire, perché considera quegli incontri davvero squallidi.
La prima volta che Radish l’ha vista entrare al Neon, dopo quattro giorni dall’inizio del loro allenamento assieme, è rimasto così di stucco da prendersi un pugno nel mento. Neanche a dirlo, ha sfasciato di botte il povero illuso che pensava di poterlo mettere al tappeto.
Non credeva che si sarebbe più trascinata in quel posto, tanto meno credeva che lo avrebbe fatto per passare un po’ di tempo in sua compagnia. Gli spiegò che era il settimo anniversario di Bree e Mimì, che aveva sentito il loro odore non appena varcato il portone del palazzo e che proprio non aveva voglia di sentire i loro amplessi. Così sono rimasti fino alle tre del mattino insieme, parlando e bevendo. L’ha pure riafferrata in più di un’occasione per evitare che venisse investita quando si lanciava nel traffico. Non l’ha certo fatto per lei, che non si sarebbe fatta niente di grave, quanto per il fatto che sarebbe stato difficile spiegare perché le sue ferite si fossero rimarginate immediatamente.
Si sono ritrovati a bere insieme spesso, dopo la prima sera. Si mettevano comodamente seduti sugli sgabelli del bar e bevevano una buona birra fredda, arrivando poi a volere qualcosa di più forte. Per Radish risultava sempre troppo divertente vederla sbronza, anche per il semplice fatto che poi avrebbe cominciato a strusciarglisi addosso come una gatta in calore.
Lo ha poi sorpreso apprendere da Mimì che, effettivamente, Sherry è in calore. Gli ha spiegato, mentre aspettava Sherry per il loro allenamento, che le femmine di Spettro entrano in calore per dieci giorni o poco più ogni tre mesi e che, se non è avvenuto il concepimento, allo scadere del tempo sanguinano per circa tre/cinque giorni. Da quel momento, seppur non voglia approfittarsi di un suo stato alterato da ormoni impazziti o alcolici, Radish si porta sempre dietro un preservativo. In fondo non può negare di essere attratto da Sherry, ed anche molto, e non vuole certo ritrovarsi con almeno un paio di marmocchi tra i piedi! Meglio prevenire che curare, sempre.
Negli ultimi quattro giorni, Radish ha anche scoperto che non gli dispiace per niente vederla nell’altra forma mentre caccia. Si è reso conto che è una creatura incredibilmente aggraziata e precisa nei movimenti, che sembra quasi danzare quando si muove, malgrado le apparenze suggeriscano tutt’altro. Un po’ meno gli piace vederla mangiare, con quel grosso muso nero immerso nelle viscere di qualche grosso mammifero. Ha pure scoperto che, contrariamente a quanto può suggerire la sua mole, non ha bisogno di grosse dosi di carne per sostenersi, ma che è preferibile mangiare qualcosa di grosso per poter stare bene per almeno due o tre giorni, fatto che gli ha permesso di capire come la fauna terrestre non si sia estinta nel giro di qualche secolo.
Si è anche reso conto che, mentre lui continua ad allenarsi senza sosta e lei si appisola da qualche parte, non riesce a fare a meno di lanciarle qualche fugace occhiata per assicurarsi che non ci siano problemi… e che sembra una bambina indifesa quando dorme, con le mani chiuse a pugno davanti al viso rilassato e le ginocchia piegate verso il petto. L’ha sentita pronunciare un paio di nomi, ma non le ha mai chiesto niente, non dal momento che aveva sempre un’aria malinconica al risveglio.
Si è reso conto che il proprio atteggiamento è cambiato nei suoi confronti per il semplice fatto che lei si prende cura di lui in tanti piccoli modi: dal volergli far guadagnare di più, all’accompagnarlo a fare la spesa - più per farsi comprare la cioccolata in realtà, ma questo l’ha capito troppo tardi -, al leccargli letteralmente le ferite per farlo stare bene. Si prende cura di lui in modi che nessuno ha mai fatto, ha delle accortezze che nessuno ha mai avuto per lui, e davvero non riesce ad ignorarle.
Un altro cambiamento di assai rilevante importanza, sta nel fatto che ora Radish ha la chiave del loro appartamento.
A Mimì è sembrata un’idea brillante, dal momento che spesso esce di casa prima delle 07.30 e che le due, invece, continuano a ronfare alla grossa; senza contare, inoltre, che detestano aprire a chi citofona. L’unico che ha il privilegio di farsi aprire da Bree è il fattorino con il cibo a domicilio. Lui ha proprio un posto speciale nel suo cuore.
Si è ritrovato inoltre a cenare con Mimì la sera prima mentre le due ragazze erano andate a caccia, scoprendo altri dettagli sul conto della sua allieva/amica.
Ha scoperto che almeno una volta al mese gli “Spettri domestici” se ne vanno senza dire una parola per andare a cacciare in mezzo al niente e a passare la notte in qualche tana, rincasando verso l’alba solo ed esclusivamente se c’è qualcuno a cui tengono ad aspettarli.
Sono quasi più animali che donne, non te lo scordare mai.”, gli ha detto con un sorriso Mimì, notando però un amore infinito nei suoi occhi verdi. Non l’ha mai visto in nessuno, forse neanche in Chichi o Bulma.
Sai… malgrado abbiano atteggiamenti difficili da comprendere, malgrado sia difficile seguire il loro passo e capire i loro ragionamenti, malgrado abbiano sicuramente più difetti che pregi… nessuno può volerti bene come loro. Hanno un dono, sai? Se ne vergognano incredibilmente e cercano in ogni modo di nasconderlo, ma è così: sanno donarti il cuore senza volere niente in cambio.”
Ha scoperto che Sherry e Bree erano davvero pericolose, che tra la loro gente i loro sono nomi importanti. Ha scoperto che erano violente e spietate, che non si facevano scrupoli ad attaccare donne o bambini, che erano state addestrate ad attaccare e possibilmente uccidere chiunque andasse loro di traverso. Ha scoperto anche che tra le due la peggiore era Bree, capace di compiere delle vere e proprie carneficine senza un reale motivo ma per il puro e semplice gusto di poterlo fare, e che è stata soprattutto Mimì a farla cambiare. A quanto pare, quando innamorati, arrivano a fare tutto ciò che è in loro potere per rendere felice l’altra, anche cambiare completamente sé stessi, malgrado ciò li faccia soffrire molto.
Non so dirti cosa ha fatto cambiare Sherry, cosa l’ha spinta a regolarsi. Di certo non l’educazione del padre, tanto meno i suoi fidanzati. Bravi ragazzi eh, soprattutto per essere Spettri Purosangue, ma non l’avrebbero mai fermata. Come ti ho detto, piuttosto si sarebbero adattati loro a lei. È una preda ambita, sai? Non per il suo aspetto o per il suo carattere, questo per loro è secondario, ma per la posizione che ricopre e per… beh, sì: per il suo utero. Gli Spettri si lasciano molto trascinare da questo, un compagno o una compagna in grado di darti una stirpe forte è fondamentale.
L’idea che, a quanto pare, se ne sia girati diversi nel corso degli anni non gli è andata particolarmente giù. Ovviamente non la considerava una tenera verginella, le avrebbe riso in faccia se glielo avesse detto, ma comunque non gli ha fatto piacere, soprattutto perché, da quel che ha capito in seguito, un paio fanno sempre parte della sua vita.
Ha scoperto che la loro è una società estremamente riservata e schiva, che odiano con ogni cellula del loro essere le altre razze, viste quasi unicamente come spuntini (beh, più o meno, visto che non si fidano a mangiare gli umani: non sanno mai cosa possono trovare nel loro sangue).
In particolare odiano gli umani, considerati deboli e quasi primitivi, malgrado siano proprio loro a vivere nelle viscere della terra, lontani dalla civiltà. Avrebbero tutti i mezzi e le capacità per creare tutto ciò che li aggrada, ma lo rifiutano: la natura è casa loro, e solo quella vogliono.
Malgrado vivano in tane scavate nella terra e nelle rocce, sono i coinquilini perfetti: i loro sensi tanto sviluppati li rendono intolleranti allo sporco, quindi ti terranno sempre casa tirata a lucido. Bree è arrivata ad accettare il mio disordine e il mio voler vivere in una casa diciamo normale dopo più di due anni di convivenza, quando le tirai addosso le pattine. Prima puliva le maniglie delle porte quando qualcuno le toccava, fai te!”
Ha scoperto che soprattutto negli ultimi trent’anni sono emersi molti casi di Spettri che hanno preferito abbandonare quel tipo di vita per provare ad integrarsi con il resto del mondo, e che sono stati quasi tutti eliminati. Pure la madre di Sherry fu uccisa perché convinta di tali ideali.
Sai, Leila era uno Spettro diverso. Andava fiera del suoi antenati Mezzosangue, era fiera di poter vantare un sacco di amicizie tra quelli che sono considerati feccia. Li proteggeva, non vedendo niente di sbagliato in loro. Questo era incredibile, se considerato che si trattava di una Purosangue Alpha.
Ma ciò che veramente era intollerabile, era il fatto che lei continuasse a dire agli abitanti della tana che sarebbe stato giusto interagire con gli umani, che non erano poi così diversi.
Devi sapere che tengono alla purezza del sangue più di qualsiasi altra cosa, quindi simili discorsi andavano troncati subito… e Mezcal non aspettò molto: attaccò Leila praticamente di fronte a tutti, senza darle neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo. La forza di Mezcal è sempre stata immensa, solo il Re del Sud poteva tenergli testa, puoi quindi immaginare quanto ci mise a sconfiggerla. Immagina: un enorme lupo con trent'anni di esperienza nel combattimento contro una ragazza di appena sedici anni. Spregevole, non trovi?
Ma questo non era sufficiente per lui… voleva umiliarla, farla pentire di essere nata… e per questo la violentò sotto forma di lupo. Non esiste un disonore più grande per loro… a confronto avere un figlio Mezzosangue è un vanto.
Lo fece davanti a tutti, pure davanti alla propria compagna e ai propri figli. Poi la incatenò e la minacciò di uccidere tutti coloro a cui era legata se avesse provato a scappare o solo a trasformarsi. La sfamò quel tanto che bastava per farle portare a termine la gravidanza, ed infine la sventrò per estrarre i quattro cuccioli che avevano concepito. I tre maschi, come è ovvio, piansero quando nacquero e per lui fu una scusa sufficiente per sbarazzarsene. Sherry invece rimase in silenzio e per questo decise di tenerla e crescerla assieme ai figli legittimi. Fu la prima bastarda che risparmiò, solo perché convinto che fosse diversa, che fosse più forte… ma la verità è che non pianse perché stava cercando di capire cosa fossero le immagini che le passavano davanti agli occhi. Solo anni dopo capì che si trattava dei pochi ricordi che aveva preso dal sangue di sua madre, ma ormai erano completamente sbiaditi.”

Quando gli raccontava tutto questo, Radish si sentiva fisicamente male. Lo stomaco continuava a contrarsi dolorosamente, il cuore era come congelato, respirare era diventato improvvisamente difficile. Dio solo sa quanti ricordi aveva visto Sherry in tutti quei giorni, dopo tutti quei fastidiosi morsi o quando gli leccava le ferite. Negli anni in cui ha lavorato per Freezer si comportò come un vero bastardo, uccidendo chiunque, razziando e distruggendo, e non sono mancate le volte in cui ha violentato qualche povera disgraziata, in genere spinto da Nappa. Ma questa non è una scusa, lo ha sempre saputo: l’ha fatto perché gli andava di farlo.
Sherry l’ha sicuramente visto e questa consapevolezza è stata come una pugnalata nello stomaco. Seguita da un’altra, un’altra e un’altra ancora, fin quando non si è sentito completamente annientato.
Lui ha fatto esattamente le atrocità che ha compiuto suo padre, l’uomo che lei odia con tutta sé stessa e che categoricamente rifiuta di chiamare padre.
Devi sapere che gli Spettri, di base, tendono ad essere cattivi. Amano combattere, vedere chi è il più forte, e arrivano ad uccidersi per un niente di fatto. Più stai in basso di rango, più è probabile che non arrivi ai vent’anni.
Solo chi sta in alto si prende il lusso di mettere al mondo tanti figli, che però è improbabile che raggiungano tutti l’età adulta proprio a causa dei continui scontri interni. Pure per la famiglia reale le possibilità non sono molte, non quando spesso quelli che aspirano al trono puntano a toglierli di mezzo.
Sai… non è neanche insolito che mangino i propri piccoli. Quando le condizioni sono difficili, quando i genitori si rendono conto che non sono più in grado di difenderli o prendersi cura di loro, il più delle volte li uccidono, arrivando spesso a divorarli.

Era convinto, Radish, che la sua fosse una razza crudele e senza scrupoli, probabilmente la peggiore di tutte, ma loro non avrebbero mai fatto una cosa del genere ai propri figli, mai. Suo padre andò contro a tutti e spedì lontano il figlio più piccolo per salvarlo, per esempio.
Nei territori del Sud, a quanto sembra, le aspettative di vita sono  un po’ più alte, ma la vita rimane comunque difficile… per questo non è più tanto insolito che se ne vadano: quando ti accorgi che fuori il mondo ha un aspetto più roseo, non stai a pensarci troppo, se hai un po’ di cervello. Peccato solo che, così facendo, ti guadagni l’odio e il disprezzo di tutta la tua gente.”
Ha scoperto che quando Sherry aveva appena undici anni e Bree dieci se ne andarono dalla tana.
"Scapparono perché qualcuno provò a fare davvero male a Sherry…”, oltre a questo non è riuscito a scoprire altro. Si è reso conto subito che la rossa non era assolutamente disposta a scucire altre informazioni per chissà quale scabroso motivo, quindi ha lasciato perdere.
Ha scoperto che hanno girovagato per due anni, senza una meta e completamente sole, ormai bollate come traditrici e randagie. Ha capito che, a quanto pare, da un gesto simile non si torna indietro e che solo in casi eccezionali si può essere riammessi nel branco. Ha scoperto anche che da soli hanno vita davvero molto breve, soprattutto se giovani.
Nella sfortuna, loro sono state molto fortunate.”
Ha scoperto che al termine di quei due anni si sono rifugiate in una specie di capanno e che vennero scoperte dalla proprietaria di casa, Fern Purr. La donna, una signora di mezza età che di lavoro faceva l’assistente sociale con una laurea in psicologia infantile e che da sei anni era rimasta vedova, si era già presa in casa sei ragazzi… sei giovani Spettri: il Quartetto formato da Mordecai, Micah, Major e Maddox, quattro Purosangue rimasti orfani da piccoli, e la giovane coppia di Mezzosangue Jane e Pip.
Li teneva con sé come se fossero figli suoi, insegnando loro come comportarsi in mezzo agli umani. Dio solo sa quanta pazienza ha quella donna! Già avere a che fare con uno è un’impresa, soprattutto se molto giovane, figurarsi con sei! Vedi? Laggiù ci sono le loro fotografie. Loro amano le fotografie: dicono li rendono immortali.
Ha scoperto che le due ragazze erano stanche e stremate, che avevano combattuto per due anni anche contro esemplari adulti, e che quella notte erano così esauste che non trovarono la forza per attaccare Pip, Micah e Maddox, e che fu proprio Fern, dopo averle osservate per alcuni minuti, a portare loro da mangiare, da bere e delle coperte calde.
"Fern sapeva bene che non poteva certo portarsele in casa a cuor leggero, Major era troppo sulla difensiva, indice che non si trattava di due cucciole qualsiasi che si erano semplicemente perse. Inserimenti simili richiedono grandi sforzi da parte di tutti, forzare la mano in quel modo sarebbe stato un errore madornale, si sarebbero ammazzati nel giro di dieci minuti… ma non poteva proprio abbandonarle al loro destino, le si stringeva il cuore solo all’idea. È sempre stata una vera tosta, Fern. Un giorno te la presenteranno, tieniti pronto!
Ha scoperto che sono rimaste in quel capanno per quattro giorni prima di prendere il coraggio a due mani e avvicinarsi al gruppo e alla donna. Mentre Pip e Maddox continuavano a mostrare un certo astio nei loro confronti, gli altri si scoprirono sorprendentemente cordiali. In particolare modo la giovane Jane, che da sempre desiderava delle sorelle.
Ha scoperto che negli anni hanno imparato a comportarsi come persone pseudo-normali, integrandosi al meglio delle loro capacità. Fern scoprì in breve tempo che l’erba era un buon modo per stordirli e aiutarli nell’impresa, senza però intaccare assolutamente la loro salute.
Ha scoperto che hanno abitato con la donna fino ai diciassette anni, ovvero fin quando qualcosa si ruppe in modo irreversibile: Jäger, un pericoloso Spettro Alpha, aveva spodestato il Re del Nord e ne aveva preso il posto. Un evento non troppo raro per quelli come loro, certo, ma rischioso per Sherry.
Jäger è pericoloso, secondo alcuni ha problemi psicologici, fatto incredibile per creature che non possono ammalarsi in alcun modo, e credo che ancora la cerchi. Non so dirti come andarono davvero le cose, Bree non me ne ha mai parlato… diventa fredda quando lo sente nominare, i suoi occhi cambiano. Credo sia l’unica creatura al mondo che davvero teme. Da quel che ho capito, Sherry ne è davvero terrorizzata
Ha scoperto che per quel motivo ricominciò a girovagare in compagnia del fidanzato, River (il figlio bastardo preferito del Re del Sud, Greywind), che il Quartetto è rimasto nei dintorni e che ogni tanto torna a far baldoria con loro, che Bree si è creata una vera e propria rete di salvataggio in città e che, nel frattempo, faceva avanti e indietro da Mimì a Fern, finché quest’ultima non le ha detto di volersi trasferire in una costosa casa di riposo così da non doversi più preoccupare di tante cose. Il fatto che sia riuscita ad entrarci due giorni dopo aver espresso questo desiderio, saltando una chilometrica lista d’attesa e non pagando un centesimo, non ha sorpreso troppo il Saiyan, non dopo tutto ciò che ha scoperto sulla bionda.
Un’altra cosuccia buffa che ha scoperto è che nei territori del Sud la famiglia reale porta i nomi che si rifanno alla natura, mentre al Nord portano i nomi di alcolici. Lo ha fatto sorridere, trovandolo non troppo insolito o strano: anche i Saiyan usano - o meglio, usavano - particolari tipi di nomi.
È rimasto con Mimì fin dopo la mezzanotte, arrivando pure ad aiutarla a sistemare la piccola cucina. In fondo, dopo avergli cucinato una valanga di piatti buonissimi e raccontato un sacco di cose talvolta piuttosto intime, il minimo che poteva fare per ringraziarla era proprio darle una mano.
Poi è tornato a casa e si è ritrovato a ripensare a tutte quelle informazioni, sicuro di essere ancora all’oscuro di qualcosa di grosso. Ma non capisce di cosa possa trattarsi e sa bene che Sherry non glielo dirà di certo.
Ha anche pensato che se Bulma sapesse quanto schifosamente sia miracoloso il loro sangue, pagherebbe ogni cifra per metterci le mani sopra. Già, perché non solo impedisce loro di ammalarsi e li cura da ogni danno, ma ha la sorprendente capacità di curare le malattie altrui se donato spontaneamente. Glielo ha detto Mimì, raccontandogli che il più folle ed imprevedibile del Quartetto, Mordecai, curò il tumore al seno di Fern. Lo fece perché le voleva bene, perché la considerava la sua mamma e mai avrebbe permesso che le succedesse qualcosa, infrangendo un’altra regola fondamentale degli Spettri.
Gli è venuto da sorridere pensando a quel ragazzino: un folle tutto pepe che non si ferma mai, capace di fare delle idiozie allucinanti per tirarti su di morale (o per corteggiare Sherry e tenersela stretta una volta conquistata, fatto che lo ha fatto sorridere un po’ meno) e che arrivò a torturare brutalmente un uomo che per sbaglio tamponò la madre adottiva in macchina.
I suoi pensieri non riuscivano a star fermi su un solo argomento per più di qualche minuto, spostandosi poi su un altro, stancandolo mentalmente come mai era successo.
Si è addormentato senza neanche rendersene conto mentre due domande gli attraversavano la mente: cosa le è successo a undici anni? E cosa vuole Jäger?
Ora, dopo una nottata di sonno profondissimo - probabilmente causata dalle ingenti quantità di cibo che ha tirato giù la sera precedente -, cammina con calma per strada. Impiega sempre una decina di minuti per arrivare a casa di Sherry ed ogni volta che apre la porta la situazione è sempre diversa. Ogni tanto urlano, ogni tanto si tirano addosso le cose o giocano alla lotta mordendosi, ogni tanto dormono - e non sempre a letto -, ogni tanto Sherry lo saluta con un sorriso luminoso che gli fa aggrovigliare le budella.
Oggi, curiosamente, trova solo Bree - o PsycoBarbie, come la chiama lui - comodamente seduta sul divano con una scatola piena ci ciambelle di fianco. Guarda distrattamente un cartone animato e finalmente anche questo loro aspetto ha un senso: non avendo avuto una vera infanzia e avendo da sempre la mente quasi confusa a causa di ricordi non propri, tendono ad oscillare da atteggiamenti incredibilmente infantili e giocosi a quelli di un burbero veterano di guerra. Beh, la rossa non scherzava di certo quando diceva che è difficile stare con loro…
«Oi, Chucky.» La saluta così, beccandosi un’occhiata assassina da parte sua. Ormai in quella casa i nomignoli si sprecano e le frecciatine tra i due sono diventate la quotidianità. Non ha idea, Radish, da dove arrivi il suo astio, pensando erroneamente che sia geloso del suo “rapporto” con Sherry.
«Mi sorprende trovarti sveglia.»
Sbuffa sonoramente, Bree, roteando gli occhi al soffitto. L’ha trovata addormentata tre volte e adesso per lui è più che ovvio che lei dorma sempre. Ma decide di sorvolare, di non insultarlo per una svista tanto sciocca, troppo infastidita da altro: «La tua fidanzata rompe le palle.»
Non resiste però, la tentazione di fargli un qualsiasi tipo di dispetto è troppo forte per lei, ed è per questo che gli lancia addosso un pezzo di ciambella, colpendolo alla tempia.
«Riprovaci e ti ficco tutto il pacco in gola!»
«Se tu ti fossi dato da fare invece di fare il prezioso, adesso lei non si lagnerebbe come una fighetta!»
Radish rimane per qualche istante ammutolito, cercando di capire il significato di quella risposta sputata con tanto veleno, arrivando poi ad una conclusione ovvia: è ufficialmente ed evidentemente finito il periodo del calore.
«Credimi che se anche me la fossi scopata, non ci sarebbe assolutamente la possibilità di un piccolo sacco di pulci in arrivo.» Controbatte prontamente, sicuro di averla così zittita una volta per tutte. Mentre si avvicina alla cucina per versarsi una tazza di caffè come ormai è solito fare, sente la fastidiosa voce della bionda arrivargli debolmente alle orecchie.
«Oh sì, invece…»
Sente distintamente un brivido gelido risalirgli lungo la spina dorsale, su fino al cervello. Si volta piano verso di lei, gli occhi ridotti a due fessure che trapelano un più che giustificato sospetto.
«Cosa hai fatto?»
Bree gli sorride semplicemente, gli occhi accesi dal malsano divertimento che ha provato anche quando ha bucato tutti i suoi preservativi, pure quelli che aveva smarrito in casa. Già, perché lei è entrata in casa sua senza che nessuno lo sapesse, ha frugato un po’ in giro e ha trovato dei preservativi vecchi rimasti sotto a dei vestiti in un cassetto. E li ha bucati. Tutti, uno dietro l’altro, senza pietà. Poi ha rimesso in ordine e se n’è andata, sicura di riuscire così a portare a termine il proprio piano.
«Breeee!»
Radish volta la testa con aria sorpresa: mai l’ha sentita urlare con tono tanto triste e lamentoso.
Sentendo lo sbuffo esasperato della bionda si volta di nuovo in sua direzione, trovandola intenta a massaggiarsi le tempie.
«Ti prego, sopprimila…»
Dopo questa frase, detta quasi con disperazione da una donna esuberante e forte come lei, si avvia verso la stanza dell’amica, trovandola raggomitolata ed arrotolata dentro ad un piumino azzurro, i capelli a coprile gli occhi, svariati kleenex usati sparsi a terra assieme a quattro vaschette di gelato al cioccolato e fragola ormai lucide. La sente lamentarsi da sotto le coperte ma non capisce una sola parola di quello che sta biascicando a mezza bocca.
«È la scena più patetica che abbia mai visto.» Commenta derisorio, sorridendo sghembo quando vede gli occhioni d’ambra riemergere da sotto la massa di capelli scuri.
«Vaffanculo, Donkey…» Brontola a mezza bocca, senza metterci davvero tanta enfasi. In fondo è consapevolissima di essere patetica in quello stato.
«Dai, alzati Slinky. È ora di andare.» Ormai è la prassi tra loro chiamarsi con nomi di scimmie e cani “famosi” e Radish è stato tanto premuroso nei suoi confronti da andare pure ad informarsi in rete, trovando una vasta scelta.
«Non ci pensare neanche.»
Radish, che davvero non ha voglia di rimanere più del dovuto in compagnia di Bree - o comunque di sapere che è a meno di cinquanta metri da lui - prova ad afferrarle il piede che sbuca dal piumino per provare a trascinarla via, ottenendo come unico risultato il farla scattare a sedere con quegli inquietanti occhi rossi con le sclere nere come monito. Ogni volta arriva a domandarsi se li trova quanto meno apprezzabili o semplicemente agghiaccianti.
«No! Ho i crampi alla pancia, mi viene da piangere e non voglio allenarmi!» Gli urla contro, le zanne che si affilano nella bocca quasi  contro la sua volontà.
Sbuffa forte, Radish, passandosi una mano sul viso. Ormai ha capito benissimo che se la ragazza s’impunta su qualcosa, una qualsiasi cosa, non la si può convincere del contrario. Il fatto che sia riuscito in qualche modo ad arrivare a questo punto, però, gli ha fatto capire che tutto sommato non voleva davvero allontanarlo.
«Voi femmine siete una vera piaga.»
Si volta con aria scocciata quando sente Bree schiarirsi la gola alle sue spalle, trovandola con la spalla poggiata contro lo stipite della porta.
«Portala fuori di qui, perché davvero non posso sopportarla oltre.» Gli punta contro un dito, un po’ come se parlasse ad un bambino scemo, e Radish non capisce per quale ragione non le abbia ancora messo le mani addosso. Si impegna per capirlo, ma proprio non ci arriva. Mi sono ammorbidito fino a questo punto?
«Uscire di casa?» Domanda infine, cercando di evitare l’ennesimo battibecco. Okay, in genere li trova pure divertenti, ma adesso proprio non è in vena, non quando nel letto c’è l’altra con le crisi di pianto.
«Mimì me lo ha vietato categoricamente. A quanto pare non è ben visto il sesso sul posto di lavoro… non è assurdo?!» Risponde prontamente lo Spettro, un largo sorriso sghembo in volto. Radish ci pensa giusto qualche istante, arrivando alla conclusione che adesso è lei quella in calore e per una volta, la prima, si ritrova ad invidiare un terrestre. In fondo non deve essere male il sesso con uno Spettro, una creatura quasi instancabile e tanto forte - ed estremamente passionale, a detta della terrestre che si mostra tanto amichevole nei suoi confronti. Chissà se mi toglierò la curiosità?
Dopo l’ennesimo sbuffo fa per allontanarsi, deciso ad andare ad allenarsi con Piccolo, ma viene bloccato dal lamento sommesso di Sherry.
«No, rimani qui…»
È come una secchiata di acqua gelida per lui e davvero non ne capisce il motivo. Forse perché non l’ha mai sentita supplicare, perché non l’ha mai bloccato e di certo non gli ha mai chiesto di rimanerle vicino. Non da sobria, comunque.
«Non ne ho voglia.»
Se già fermarsi per la sua supplica era stato un errore, voltarsi a guardarla negli occhi, in quei grandi occhioni luccicanti che sembrano rendergli impossibile ogni tentativo di prendere decisioni ponderate, lo è decisamente di più. Se poi quella piccola stronza con i capelli strani arriva pure a sorridergli in quel modo infantile e dolce che ogni volta gli mette in subbuglio le budella, allora la frittata è fatta.
«Se mi alzo ed esco, resti con me?»
Non saprebbe dire, Radish, perché non l’ha mandata al diavolo e non se ne sia andato ad allenarsi con l’unica persona su quel maledetto pianeta che considera davvero amica, sa solo che si è ritrovato seduto sul suo letto ad aspettarla mentre si cambiava.
Ogni singola volta che la vede nuda - fatto piuttosto frequente, in realtà -, si ritrova quasi sorpreso nel notare il gran numero di cicatrici che si porta addosso. Fino al giorno prima era arrivato a credere che fosse una debole incapace di difendersi, ma Mimì gli ha aperto gli occhi: il novantacinque per cento dei segni che porta addosso, incluso il pezzetto mancante d’orecchio, le sono stati lasciati da piccola quasi unicamente da un solo Spettro, quando ancora non aveva la possibilità di difendersi, quando ancora Mezcal non l’aveva del tutto accettata tra i propri figli e non aveva ancora incominciato ad allenarla. Gli ha anche detto, Mimì, che non ha mai perso uno scontro, neanche una volta, e che pure l’ex fidanzato, Spettro Alpha di un certo spessore, porta una vistosa cicatrice come dimostrazione della sua forza e ferocia.
Avrebbe voluto chiederle qualcosa a riguardo, ma si è ritrovato ad essere trascinato per un braccio giù per le scale del palazzo. Non si era davvero reso conto che si fosse infilata un paio di pantaloni scuri e stretti, una t-shirt a maniche corte gialla e dei nuovi anfibi borchiati. E si domanda quando l’abbia fatto, dal momento che non ha fatto altro che fissarla! Questa ha dei poteri, ne sono sicuro… se non sto attento, mi fa sparire!
Lo ha trascinato come una furia, quasi avesse ritrovato tutte le energie, e ha cominciato a chiacchierare a macchinetta. Perché se Sherry si trova a proprio agio ed è di buon umore, parla davvero molto, per somma gioia di Radish. È curioso il fatto che con lui sia quasi sempre di buon umore, almeno dal momento in cui gli ha detto della sua vera natura.
Adesso gli sta raccontando della sera precedente, dell’orso che ha mangiato e del fatto che si è tenuta la pelliccia, che l’abbia portata in una delle sue tane e che magari, ma proprio magari, un giorno gliene mostrerà pure qualcuna. Radish sa bene che questo sarebbe un grandissimo evento, che uno Spettro deve fidarsi ciecamente di qualcun altro - che sia umano o della proprie specie - prima di mostrargli una propria tana… e in cuor suo, seppur senza capirne il perché, desidera ardentemente che lei arrivi a tanto.

Contro ogni aspettativa da parte di entrambi, si sono fatte le tre del pomeriggio senza che se ne rendessero conto.
Sono state ore piuttosto intense per entrambi, Radish ha provato l’ebrezza di rubare una bella auto sportiva e di guidarla in mezzo al niente fino a schiantarsi contro un albero; ha provato uno certo senso di fierezza nel vederla passare in mezzo ad alcuni suoi simili e vederli piegare la testa con rispetto; ha provato uno strano senso di vergogna nel vederla tirare fuori un assorbente dalla borsetta a tracolla quando sono entrati in un bar a prendere qualcosa da mangiare. In realtà non è stato tanto il vederla prendere l’assorbente ad imbarazzarlo, quanto al fatto che lei lo abbia notato e gli abbia chiesto se almeno sapesse cosa sono le mestruazioni. Lo ha detto a voce alta, con un fastidioso sorrisetto divertito su quella faccia da schiaffi, e Radish si è sentito stupidamente avvampare. Lo ha tirato su il fatto che, con la coda dell’occhio, ha notato che pure gli altri uomini presenti si sono mostrati a disagio dopo questa uscita infelice.
Quando poi è uscita dal bagno tutta soddisfatta e l’ha sentita lamentarsi del fatto che sta sanguinando a morte e che doveva accompagnarla a comprare una confezione di tamponi, davvero si sarebbe voluto sotterrare. Non è una cosa adatta a lui quella, non è da Saiyan piegarsi ad accompagnare una ragazza lunatica e violenta a comprare certe cose - in realtà non è certo che l’avrebbero fatto neanche le donne della sua specie.
Si è però trovato stranito di fronte alla sua espressione serena, se non proprio felice, nell’andare in una piccola saponeria a scegliere ciò che preferiva. Anzi, l’ha trovata sorprendentemente carina.
Poi sono andati a pranzo in un fast-food. A Radish non sono mai piaciuti, detesta il cibo spazzatura, e per questo ha provato a convincerla ad andare in un qualsiasi ristorante, che le avrebbe offerto da mangiare senza problemi pur di non entrare in uno di quei posti che puzzano di fritto, ma Sherry non ha voluto saperne: ha scherzato sul fatto che fosse ovvio che avrebbe offerto lui dopo tutte le botte che le ha dato, ma anche sul fatto che era molto più conveniente portarla a mangiare in un posto del genere anziché in un ristorante. Ed aveva ragione, eccome se ne aveva! Perché Sherry ha mangiato di tutto, arrivando a superare di gran lunga le dosi del grosso Saiyan, cosa che l’ha lasciato un poco disgustato.
Se ne sono andati solo quando hanno notato lo staff ormai alle lacrime e, poco prima di pagare, Sherry lo ha afferrato per un braccio e si è messa a correre così velocemente che per poco Radish non le cadeva addosso. Alla fine semplicemente l’ha afferrata per la vita, se l’è stretta addosso per permetterle di nascondere il viso nell’incavo del suo collo, ed è volato via, più per evitare di vomitare che per altro, non riscontrando grandi resistenze da parte sua.
Poi hanno fatto due passi al parco, Sherry è entrata in un bar per cambiarsi di nuovo e Radish l’ha aspettata seduto su una panchina.
Ora se ne sta alla cassa del bar, Sherry, e lo guarda dalla vetrata. Tiene la testa rivolta all’indietro, le spalle sono rilassate e le gambe un poco divaricate e stese in avanti, come se fosse stanco morto. Ma sa bene che non è così semplice stancarlo e ciò la rallegra molto. Sarebbe stato un problema avere a che fare con una creatura incapace di reggere i suoi ritmi, incapace di correre con lei, incapace di sopportare la sua forza.
Malgrado all’inizio l’idea le sembrasse assurda, Radish le va a genio. Certo, è cinico, talvolta infantile e spesso ha atteggiamenti sin troppo altezzosi per i suoi gusti, ma non è un vero problema per lei. Era stufa di uomini troppo accondiscendenti nei suoi confronti, Radish è come una boccata d’aria fresca nella sua vita.
Come in ogni cosa, però, c’è un rovescio della medaglia: ha quasi preteso la sua compagnia senza più poter addossare tutta la colpa agli ormoni, indice che deve prestare maggiore attenzione. Perché non è normale, non per lei, uno Spettro che mai ha pregato nessuno di restarle vicino, neanche River.
Afferra il sacchetto con i panini e le brioche che ha comprato e s’incammina verso il Saiyan, attraversando la strada senza neanche guardare. È proprio a causa di questo gesto impulsivo e sciocco che Radish si rende conto della sua presenza, dal momento che i clacson stanno suonando all’impazzata.
La guarda con un sopracciglio inarcato e la bocca arricciata di lato mentre la vede addentare un tramezzino, non riuscendo a trattenere l’ennesimo commento: «Si può sapere quanto diavolo mangi?!»
Sherry ridacchia divertita mentre si siede a gambe incrociate al suo fianco, la busta piena di cibare poggiata davanti a loro. Si pulisce  l’angolo della bocca con il dorso della mano per togliere un filo di maionese che le era sfuggita, e una volta deglutito decide di far luce anche su questa sua piccola e giustificata curiosità: «La carne è l’unica cosa che mi può saziare per ore. Certo, deve essere grondante di sangue e possibilmente ancora attaccata all’osso della preda, ma so accontentarmi. Il resto… mh, non so bene come spiegartelo, sai? Io sento i sapori, sento che quel che mangio mi riempie lo stomaco, ma è come se svanisse dopo poco. In pratica non ho realmente mangiato, è solo un modo per ingannare la mente.»
Malgrado l’abbia appena ripresa, Radish non si fa problemi ad afferrare un panino dalla busta e a mangiarne quasi metà con un solo morso. Mastica soprappensiero, fissando disinteressatamente la strada affollata. Per un istante, uno solo, l’idea che i suoi compagni possano trovarlo lì in sua compagnia lo infastidisce, quasi lo spaventa, ma lo accantona immediatamente. In fondo non incontra mai nessuno in giro, quante possibilità ci sono che succeda proprio ora?
«Quindi tutto quello che mangi per te non ha alcun valore nutrizionale?» Le domanda dopo aver deglutito, sorprendendosi nel vederla porgergli una lattina di tè freddo. Ogni volta ci rimane stranito nel vederla comportarsi con modi più o meno gentili nei suoi confronti, decisamente non avvezzo a questo genere di accortezze.
«Pochissimo… e vale anche per le calorie. Il mio stomaco è capace di bruciare ogni cosa, una specie di fornace perché la roba sparisce subito, ed è un fortuna pazzesca perché sono estremamente golosa!» E mentre lo dice addenta una brioche, facendosi colare sulle dita la crema che conteneva.
Si lascia sfuggire un sorriso divertito, Radish, nel vederla così. In quei giorni si è ritrovato a pensare che possiede la forza devastante di un uragano e la gentilezza di una pioggia primaverile.
«Lo vedo…»
Rimangono per un po’ in silenzio, lei mangiando e lui bevendo il tè direttamente dalla lattina, calmi e rilassati, finché a Sherry viene in mente l’ennesima trovata: «Andiamo al luna park?» Domanda infatti con allegria, rimanendo però interdetta di fronte allo sguardo indagatore e accusatorio dell’uomo.
«Non stavi male?»
Sherry rimane per un attimo in silenzio, per poi accasciarsi con la schiena contro la panchina e mettendo su una faccetta stanca e triste, ripetendo la domanda con tono stracciato e sofferente.
«Sei una deficiente.» Sbuffa mentre lo dice, osservandola con aria scocciata mentre scatta in piedi e lo afferra per un polso, tirandolo però senza convinzione.
«Dai, forza!»
Decide di cogliere la palla al balzo per provare nuovamente a metterla in imbarazzo, pur sapendo che è quasi impossibile: «Cos’è, mi stai chiedendo un appuntamento?»
Sherry, che davvero vuole che l’accompagni in uno dei posti che più ha adorato in gioventù, si abbassa al suo livello e gli allaccia le braccia al collo muscoloso, tenendo il viso vicino al suo.
«Ti piacerebbe da morire, ammettilo.» Mormora con voce bassa e calda, facendolo ridere.
Ma quel sorriso allegro e giocoso si spegne di colpo quando avverte un’aura a lui molto familiare: Crilin sta passeggiando dall’altra parte della strada al fianco di C-18.
Senza volerlo irrigidisce tutti i muscoli e con un gesto stizzito si leva di dosso le braccia della ragazza, scattando in piedi come una molla. Col senno di poi si rende conto che rimanendo lì fermo e buono - e abbassando la propria aura - i due probabilmente non si sarebbero resi conto della sua presenza, ma purtroppo per lui non ci ha assolutamente pensato. Ora si ritrova in piedi con la sua considerevole mole e i suoi capelli a dir poco appariscenti e con Sherry che lo guarda come se fosse pazzo.
«Forza, andiamo.» L’afferra con irruenza per un polso e prova a trascinarla via, riscontrando non poche difficoltà dal momento che la ragazza si è bloccata sul posto e oppone una non indifferente resistenza.
«Ma che ti prende?» I piedi sono puntati a terra, il busto leggermente all’indietro per non farsi sbilanciare in avanti, lo sguardo indagatore e attento. Non ha mai avuto un cambio d’umore e di atteggiamento tanto repentino da quando lo conosce.
«Niente.»
Inarca un sopracciglio e ghigna divertita, guardandolo come se fosse scemo: «Bubbles, sai benissimo che sento le frequenze cardiache e che è inutile provare a mentirmi: perché continui a provarci?»
Con uno strattone deciso, tanto forte da farle fuoriuscire la spalla, se la tira addosso, portando subito il viso a pochi centimetri dal suo. Certo, potrebbe benissimo volare via e lasciarla lì da sola, niente e nessuno glielo impedisce e ne è consapevole, solo che non vuole. Si diverte in sua compagnia, è una creatura piena di vita che non lo giudica assolutamente per quello che è, per il suo rango o per quello che ha fatto (e Radish sa benissimo cos’ha fatto nell’arco della sua vita, l’ha visto!), e di conseguenza sa bene di poter dire o fare ciò che vuole con lei. Poi ci sono i battibecchi, le prese in giro, le battute, gli atti vandalici, i crimini, ma anche i giochi, le abbuffate e le sue carezze quando è soprappensiero e lui le sta vicino. È in quei momenti che, contro ogni logica, Radish si lascia andare e abbassa le difese, permettendole di sfiorargli con la punta delle dita le braccia, le spalle, che gli carezzi la schiena o giochi con i suoi capelli, talvolta pure che gli faccia la coda o una piccola treccia dietro l’orecchio.
No, decisamente non vuole rinunciare alla sua compagnia, non vuole comportarsi da codardo abbandonandola lì, rischiando pure di dover rinunciare a tutte quelle attenzioni che mai ha avuto e che, sorprendentemente, gli piacciono, ma non si sente ancora pronto a farsi vedere in giro in sua compagnia dai suoi compagni di battaglie. Non capirebbero quello che può esserci tra loro, non capirebbero il loro modo di essere insieme, non capirebbero lei.
«Vuoi andare al luna park o no?» Sibila a pochi centimetri dal suo viso, cercando di darsi una calmata. Si odia in questi momenti, quelli dove viene fuori la parte terribilmente insicura del suo carattere, quella che non potrebbe tollerare di farsi vedere debole, quella che ancora non è capace di sopportare un eventuale giudizio da parte degli altri.
Sherry, che pur senza volerlo è arrivata a conoscerlo molto più di chiunque altro, sospira forte e con un movimento veloce e preciso si libera dalla sua presa per avere la possibilità di salire sulla sua schiena per farsi portare.
Gli stringe le braccia attorno al collo e gli dà un lieve colpetto nei fianchi usando i talloni per spronarlo ad andare come farebbe con un cavallo. Nel sentire il suo ringhio frustrato in risposta, si lascia andare ad una risata allegra e decisamente troppo alta per il povero fuggiasco.
Dall’altra parte della strada, nel frattempo, un’avvenente e giovane bionda osserva la strana coppia. È rimasta in silenzio dopo aver visto il Saiyan scattare in piedi ed urlare in faccia alla giovane sconosciuta, ma vederlo adesso con la ragazza in spalla ha acceso pure la sua curiosità, motivo per cui li ha indicati pure a Crilin, alle volte lui sapesse qualcosa che lei non sa.
Crilin, dal canto suo, non riesce a trattenere una sonora risata nel vedere il burbero e violento Saiyan con quella ragazzina caricata in spalla, ed è per questo che tira fuori di tasca il telefono e lo punta contro di loro: «Devo fargli una foto! Sai quante risate?!»
«Se lo fai, sappi che non ti aiuterò quando ti spezzerà le ossa.» Afferma con tono piatto la neo-mogliettina, sistemandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Studia ancora per qualche istante lo strano duo, sorprendendosi nel vedere la sconosciuta girare la testa per guardarla dritto negli occhi. La cosa strana sta nel fatto che è stato un movimento preciso, il suo sguardo non ha indugiato neanche per un istante.
«Ahhh, sarà troppo impegnato a discutere con Vegeta.»
«Io non mi riferivo a Radish.»
Crilin, incuriosito da questa sua strana risposta, chiede subito delucidazioni e, dopo aver notato che non lo sta guardando minimamente, segue il suo sguardo ed incrocia quello della sconosciuta. Li sta fissando intensamente, i suoi occhi sono così glaciali che sente come un brivido salirgli lungo la spina dorsale.
«Non riusciva a trascinarla facilmente, dubito che sia una persona comune.» C18 fa appena in tempo a terminare la frase che gli occhi scuri della ragazza diventano improvvisamente rossi come il fuoco e neri come la pece, fatto che accende davvero la sua curiosità pur sapendo che si tratti di una specie di minaccia.
Con il sorriso sulle labbra la saluta con un gesto vago della mano prima che voltino l’angolo, apprestandosi a riprendere la dura sessione di shopping che ha imposto pure al marito, lasciandosi sfuggire dalle labbra un appena udibile: «Ci sarà da divertirsi…»




ANGOLO DELL’AUTRICE
Capitolo transitorio che serve per ben tre cose fondamentali:
- Far capire cos’è Sherry, come funzionano le cose tra la sua gente e perché abbia determinati atteggiamenti. C’è altro da scoprire però, non pensiate che sia finita qui!
- Mostrare come il rapporto tra i due sia cresciuto, come stiano effettivamente buttando giù i propri muri per un qualcosa che non è chiaro ad entrambi. Anche qui, neanche a dirlo, c’è una spiegazione più profonda del “si piacciono, è normale” o “è una fanfiction, è normale che le cose vadano veloci” (beh, il motivo è stato costruito proprio per questo, ma shhh!)
- Inserire anche gli altri! Tra un paio di capitoli arriverà Piccolo, seguito poi da Chihi e Gohan ed infine da tutto il resto del gruppo.


❌❗️❌ATTENZIONE❌❗️❌

Il capitolo è uscito in estremo ritardo perché purtroppo mi ero incagliata parecchio.
Il problema è che non manca l’ispirazione, ma il fatto che ho notato che la storia non se la fila quasi nessuno e quindi mi manca un po’ la voglia. In fondo se non piace, perché continuare a pubblicare? (Lo so, è un ragionamento stupido ed infantile, ma non posso farci niente!)
Se davvero vi può interessare continuare a leggerla, fatemelo sapere, altrimenti penso che la sospenderò o cancellerò definitivamente.



Detto questo, il prossimo capitolo (se vedrà la luce) sarà molto più tenero del solito, Sherry butterà giù un enorme muro ed entrambi si ritroveranno nuovamente a non sapere come agire. Poveri scemi 😋


Beh, detto questo non posso far altro che augurarvi una buona serata!
A presto - spero
Kiki 🤙🏻

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare Chimera__, Teo5Astor, _Cramisi_ e Celeste98 con tutto il cuore per aver recensito lo scorso capitolo (beh, non proprio lo scorso, ma è il gesto che conta!). Se non fosse stato per voi, non penso che avrei continuato a scrivere.
A proposito, potreste dirmi cosa pensate di alcune loro scene insieme? Capirete da soli di quali parlo, e vorrei davvero un vostro parere perché non so se ho reso bene la faccenda, se ho fatto una schifezza o se ho esagerato.
❣️

 

𝟞. 𝒯𝓇𝒶 𝒶𝓈𝓈𝑜𝓇𝒷𝑒𝓃𝓉𝒾, 𝓁𝓊𝓃𝒶 𝓅𝒶𝓇𝓀 𝑒 𝓅𝒾𝓃𝑔𝓊𝒾𝓃𝒾 (𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟤)




Radish non è mai stato ad un Luna Park, non gli è mai interessato. In realtà, prima di incontrare Sherry, non aveva mai fatto un sacco di cose.
Non era mai stato ad un rave party, e c’è dovuto andare per vincere la loro scommessa.
Non era mai andato a comprare assorbenti.
Non aveva mai riempito due carrelli al supermercato.
Non aveva mai cenato con una terrestre e poi aiutato pure a lavare i piatti.
Non aveva mai rubato una macchina e non l’aveva mai schiantata contro un albero.
Dulcis in fundo, non aveva mai provato affetto per qualcuno. Non aveva mai provato interesse per ciò che gli veniva detto. Non aveva mai neanche lontanamente sfiorato quell’enorme gamma di sentimenti che l’avevano sempre e solo disgustato.
Ma Sherry gli è capitata tra capo e collo come un uragano e lo sta trascinando giù con sé in quella strana spirale di emozioni e idiozie, gli sta vicina come non ha mai fatto nessuno e questo gli piace oltre ogni immaginazione. In fondo, si dice, non è male avere un terrestre per amico, seppur si tratti in realtà di un enorme sacco di pulci terribilmente vorace.
Pure adesso si lascia trascinare senza opporre resistenza in mezzo alla folla. I bambini spesso gli urtano le gambe mentre corrono da una parte all’altra, le risate e le urla dei presenti gli trapanano le orecchie, alle narici gli arrivano gli sfiziosi odori dei banchetti ed improvvisamente ha voglia di provare tutta quella roba a lui sconosciuta.
Per un attimo, dopo neanche tre minuti dal loro arrivo, è arrivato a domandarsi se per caso Sherry gli avesse letto nel pensiero, se l’aver bevuto il suo sangue le abbia come consentito una specie di connessione con la sua mente, perché pare averlo capito all’istante e l’ha portato a prendere del torrone di mandorle. Non gli è piaciuto particolarmente e ne ha dato più di metà a lei, che invece l’ha ingurgitato praticamente intero, ma si è sentito comunque felice. Non sa però dire se la sua attuale felicità sia dovuta a quell’ipotetico - e per niente veritiero - “ponte mentale”, al fatto che l’abbia accontentato subito o al più assurdo fatto di vederla tanto allegra e sorridente in mezzo a tutta quella gente.
«Uhhh! Il tiro a segno! Vieni, forza!» Lo strattona con decisione tenendolo per un polso e sbilanciandolo in avanti, e Radish non può far altro che guardare nella sua stessa direzione. Un baracchino con delle carabine ad aria compressa e dei barattoli esposti in una fila ordinata a circa quattro metri di distanza; appesi ai lati un sacco di pupazzetti di ogni forma e dimensione, oltre ad altri premi molto più bruttini e discutibili.
Non appena le sinapsi del Saiyan gli fanno capire che voglia giocarci, sente le gambe cedergli per un istante. Una come lei, un mostro venuto fuori dagli incubi che mangia persone più per divertimento che per reale necessità, vuole mettersi a sparare a dei barattoli assieme a dei bambini e vuole trascinarci pure lui.
«Ma fai sul serio?»
Sherry, in tutta risposta, sbatte sul legno frastagliato una manciata di banconote sufficienti per quattro giocate e, ancor prima che abbia il tempo di chiederle quando diavolo li abbia dissotterrati senza che lui se ne rendesse conto (visto che sa bene che è quello il suo concetto di banca e che più volte l’ha vista farlo), si ritrova con quel fucile giocattolo tra le mani e il proprietario dello stand che lo incita a fare del suo meglio.
Sbuffa sonoramente, sentendosi incredibilmente umiliato: lui, che conquistava pianeti sin dalla tenera età, abituato ad uccidere a mani nude, si ritrova adesso a buttare giù dei barattoli mezzi distrutti per vincere un giocattolo di dubbio gusto. Ma lo fa, reprimendo a fatica la voglia di spaccarle il fucile in testa, e vince senza sforzo.
Il tizio gli fa le congratulazioni, gli dice che ha una mira fantastica e, senza dargli neanche la possibilità di scegliersi il premio, gli mette tra le mani proprio l’unico pupazzo che davvero avrebbe evitato come la lebbra.
«Non ci credo…» Borbotta a mezza bocca, lo sguardo che oscilla tra il disgustato e il furente. È sul punto di ficcarlo a forza nella gola del bastardo che glielo ha dato, ma commette l’ennesimo errore della giornata: volta lo sguardo. E Sherry è lì, al suo fianco, un sorriso divertito in volto e gli occhi che saettano veloci dalla sua figura a quella della grossa scimmia di peluche rosa e bianca.
«A dir poco ironico.» Commenta divertito lo Spettro, mettendo poi sul banco altri soldi, pronta a giocare come quando era piccola.
«Tieni.»
Sherry rimane per qualche istante interdetta mentre prende la  morbida scimmietta tra le mani e proprio non può fare a meno di sorridere nel notare lo sguardo imbarazzato di Radish. Poi agisce semplicemente d’istinto: lo afferra per il collo con una mano e lo trascina verso di sé, mollandogli un sonoro bacio sulla guancia. Sgrana gli occhi, Radish, rimanendo congelato da quel gesto così spontaneo, e neanche si rende conto del fatto che Sherry stia giocando a sua volta. Se lo avesse fatto, si sarebbe reso conto del fatto che lei è proprio l’ultima persona alla quale mettere un’arma in mano, che sia giocattolo o meno.
Si riscuote solamente quando si sente premere contro il braccio qualcosa di morbido e, abbassando gli occhi, nota l’orsacchiotto marroncino che ha vinto che lo fissa con quegli occhietti di plastica nera.
«Secondo te andrei in giro con questa cosa?» Brontola in risposta, le braccia incrociate al petto e lo sguardo duro.
Ma a Sherry non frega niente: sa che non è granitico come vuole tanto dare a vedere, sa che sotto sotto ha un gran cuore… non troppo differente da quello del fratello defunto. È per questo che gli sorride con aria furbetta e, dopo aver spinto l’orso tra le braccia di una bambina che lo guardava con aria sognante, afferra la scimmietta di pezza e gli fa cenno col capo di seguirla.
«Hai davvero intenzione di portarti dietro quell’affare per tutto il giorno?»
Sherry si blocca per qualche istante, si volta di tre quarti e lo guarda dritto negli occhi, facendo poi una cosa che un poco lo spiazza: prende la scimmietta e le dà un sonoro bacio sul muso, tenendola ben stretta tra le mani.
«Mi piacciono le scimmie.» E detto questo riprende a camminare, dirigendosi con passo svelto in mezzo alle persone, senza però avere una meta precisa.
Non presta la minima attenzione a Radish, adesso di nuovo al suo fianco con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo sconsolato che di solito hanno i mariti quando accompagnano le mogli a fare shopping. Non lo considera non per cattiveria, ma perché quel luogo per lei è magico, davvero magico: Fern aveva accolto lei e Bree da una decina di giorni quando ce le portò la prima volta e loro mai avevano visto un posto tanto bello. Le fece salire su tutte le giostre, fece mangiare loro tutto ciò che volevano e ideò uno scherzo epico che le fece morire dalle risate. Uno scherzo epico incredibilmente stupido, che consisteva nel montare sulle montagne russe tutti assieme e, nel momento esatto in cui la giostra era sulla rampa, poco prima alla discesa, tirare fuori un grosso bullone ed esclamare a gran voce “e questo da dove arriva?!”. Le urla terrorizzate dei poveri malcapitati non facevano altro che scatenare l’ilarità dei ragazzini, tanto da far dimenticare momentaneamente a Sherry che si trovava a testa in giù ad una notevolissima altezza.
Ce li portava spesso, almeno una volta al mese. E non solo nei luna park a loro vicini, ma anche in quelli lontani. Li caricava sul suo furgoncino e partivano tutti assieme, cantavano tutti assieme e ridevano come pazzi, poi dormivano in qualche motel con i materassi ad acqua che tanto li divertivano. Pomeriggi interi passati tra le giostre, a correre e divertirsi, taccheggiando qua e là, mangiando cibo spazzatura fino a scoppiare.
Diede il suo primo bacio a River nella Casa degli Orrori e subito dopo terrorizzarono insieme una coppietta in cerca di brividi. Era tutto così facile…
«I calcinculo!» Urla di colpo, la voce piena di entusiasmo.
Radish segue il suo sguardo allegro, fino ad arrivare alla giostra indicata.
«Lo scopo?»
«Uno sta seduto nel seggiolino posteriore e spinge l’altro con quanta più forza possibile. Chi prende quella specie di coda di peluche vince il premio, ovvero una corsa gratuita al giro successivo.»
Ci pensa per qualche istante, Radish, non riuscendo a capire cosa ci sia di divertente, decidendo infine che è meglio non farsi troppe domande. Gli sembra felice, euforica, quindi magari accontentando questi capricci da bambina potrebbe pure rimediarci qualcosa.
«E noi vogliamo vincere la corsa gratuita?»
«Noi vogliamo vincere tutto, ma io soffro di vertigini e quindi direi che sono meglio le autoscontro!»
Radish segue di nuovo il suo dito puntato sulla nuova attrazione, e anche stavolta ha qualche difficoltà a capire sia lo scopo del gioco sia cosa ci sia di divertente. Insomma, qualche ora prima hanno rubato una macchina vera e l’hanno schiantata
volontariamente contro un albero… quello è stato divertente! Ma guidare quelle lattine colorate e sbatacchiarsi in quel modo come lo si può considerare divertente?
«L’intento è ucciderli?»
«No.»
«Mutilarli? Fargli molto, molto male?»
Sherry gli dà una lieve spallata mentre ride, realmente stupita di fronte a questa sua strana reazione. Era convinta che, dopo aver passato tanti anni sulla Terra, sapesse come funzionassero le cose, che vi si fosse un po’ adattato, ma si rende conto che non sa godersi queste piccole cose, che nessuno gliele abbia mai mostrate, non come hanno fatto con lei. In fondo, pensa, siamo davvero molto simili… chi di noi due ha avuto più fortuna?
«L’intento è andarsi addosso e farsi quattro risate. Ma forse tu non ne sei capace.»
«A me fanno schifo queste idiozie da bambini scemi.» Mentre lo dice afferra tra le dita la zampina ciondoloni della scimmia di pezza, arricciando le labbra con aria disgustata.
Sherry, dopo aver ritratto il giocattolo per proteggerlo dalle sue grinfie, gli gira attorno con aria divertita e pensierosa: «In effetti è molto più divertente la nostra versione con le auto vere in mezzo al niente, ma è decisamente poco pratico. Non hai idea dello sbattimento per trascinare le auto distrutte dallo sfascia carrozze!»
Radish, che non poteva certo aspettarsi qualcosa di meno da lei, le dà una lieve spintarella e s’incammina dalla parte opposta, pietrificandosi quando la sente alzargli un braccio per metterselo attorno alle spalle, mentre gli avvolge il braccio libero attorno ai fianchi. E lì resta, calma e mansueta come poche altre volte, la testa poggiata sulla sua spalla e lo sguardo che vaga tra la folla in cerca di qualcosa di divertente.
Il Saiyan, dal canto suo, si concentra con tutto sé stesso per mantenere invariate le proprie emozioni, consapevole che lei può decifrarle sia con il battito cardiaco che tramite l’odore della sua pelle. Più volte, infatti, l’ha preso in giro perché ha sentito il suo cuore battere più velocemente dopo averlo preso in contropiede con qualche smanceria del genere, e davvero non vuole darle questa soddisfazione.
In suo soccorso, per fortuna, gli si materializza davanti agli occhi la soluzione: è grande, è scura, con le ragnatele finte e le finestre rotte. Sente dei suoni finti di catene e versi spettrali, come le risate di una strega o le urla disperate che si sentono nei film dell’orrore a basso budget.
«Non mi sembrano tanto spaventati.» Commenta facendo un gesto col capo verso la Casa degli Orrori, ora di nuovo calmo.
Sherry, che in realtà stava completamente ignorando le sue eventuali reazioni ma che semplicemente voleva stargli vicino come ha sempre fatto con i suoi amici, volta distrattamente la testa e di colpo si blocca in mezzo alla strada.
Alza lo sguardo fino ad incontrare quello di Radish e si lascia andare ad un sorrisetto carico di promesse e aspettative: «Vuoi sentirli urlare davvero?» E detto questo lo lascia libero dalla sua ferrea presa, gli molla il pupazzo tra le mani e scatta in avanti, correndo velocemente dietro all’attrazione.
Radish, rimasto solo con l’agghiacciante scimmietta rosa in mano, osserva sospirando la Casa, non capendo del tutto cosa volesse dire. In fondo non può mutare in mezzo agli umani, è contro le loro leggi; può farlo solo in caso di reale pericolo per sé stessa e per chi è suo, altrimenti si troverebbe costretta ad uccidere qualsiasi testimone. Qualche giorno dopo averla vista trasformasi, trovandola decisamente più calma e ben disposta nei suoi conforti, le chiese per quale motivo si mostrò a lui, avendo come risposta quella che gli sembrò una balla colossale ma che, purtroppo per lui, era inconfutabile : “tu non conti, sei un alieno!”
Dopo almeno un minuto di attesa, delle urla agghiaccianti di puro terrore si levano in aria e la gente scappa terrorizzata dall’attrazione, attirando l’attenzione dei passanti. Urlano che dentro c’è un mostro vero, qualcosa di spaventoso che li ha aggrediti e tutti, contro ogni logica - almeno secondo Radish -, sono adesso impazienti di entrare.
Dal retro ecco tornare Sherry, intenta a sistemarsi i capelli dietro le orecchie e a lisciarsi la maglietta sull’addome. Se l’era tolta giusto per non essere riconoscibile una volta fuori, avendo così la possibilità di mutare almeno in parte. Si è ricordata a proprie spese di avere indosso il reggiseno solo dopo averlo visto sbrindellato a terra, motivo per cui adesso si ritrova costretta a buttarlo nel primo cestino a disposizione. Sia chiaro, a cose normali per lei non sarebbe assolutamente un problema, è abituata a girare nuda per i boschi o comunque a non indossare la biancheria intima, ma l’idea che Radish possa rendersene conto - e lei sa benissimo che succederà in tempi brevi - un poco la agita. Non ne comprende il motivo però, non dal momento che la vede nuda spesso e volentieri, ma proprio non può fare a meno di strappargli dalle mani il pupazzo e di piazzarselo con decisione sul petto a mo’ di scudo.
«Non è contro le vostre leggi?» Domanda semplicemente il Saiyan mentre osserva la gente accalcarsi per entrare e vedere il terrificante mostro.
«Non ero del tutto trasformata e lì dentro non ci sono telecamere.»  Risponde semplicemente Sherry, fiera della sua trovata infantile «Basta molto poco per terrorizzarli.»
Si guardano per un attimo e, senza dirsi una parola, Sherry torna nella posizione precedente, ma stavolta Radish le avvolge spontaneamente le spalle col braccio, sospirando soprappensiero.
Camminano così in mezzo ai passanti, stretti l’uno all’altra come se fosse una cosa normale, come se lo facessero sempre; la folla sembra aprirsi al loro passaggio come fa l’acqua con una roccia sul proprio percorso, senza realmente vederli e senza toccarli. Passano in mezzo, pensando a tutto e a niente, senza sentire il bisogno di dire una parola. Questa consapevolezza spaventa Sherry, seppur per un breve istante. Le viene in mente il film Pulp Fiction, ricorda la conversazione tra Mia e Vincent…

Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio… perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci a nostro agio?

Non lo so… è un’ottima domanda.

È solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.


Sente un brivido risalirle la spina dorsale, su fino al cervello. Un brivido caldo che la terrorizza, soprattutto dopo averle dato una stranissima sensazione di calore in tutto il corpo.
Si allontana velocemente dalla presa di Radish, tenendo lo sguardo duro puntato in avanti.
Il Saiyan per un istante si domanda cosa le sia passato per la testa, perché non si azzardi neanche a guardarlo, ma poi gli tornano in mente le parole di Mimì della sera precedente: gli ha detto chiaramente che molti dei loro atteggiamenti o sbalzi d’umore non sono dovuti a qualcosa in particolare che viene loro fatto o detto, semplicemente gli è tornato in mente qualcosa o hanno sentito lo stomaco contrarsi per la fame e non vogliono far danni. Con uno strano sorrisetto maligno gli ha pure detto che, il più delle volte, si addolciscono con l’arrivo della prima cucciolata, e stavolta a sentire una fitta allo stomaco è proprio lui e non è certo per la fame.
«Che ne dici di quello, Slinky?»
Sherry segue il suo sguardo e le sue preoccupazioni si assopiscono di nuovo, giusto per tornare all’attacco quando meno se lo aspetta e, sicuramente, nei momenti meno opportuni.
Si guardano per un istante e poi, senza dirsi niente ma abbozzando semplicemente un sorrisetto, s’incamminano velocemente verso quella grande costruzione con i muri coloratissimi, dalla grande e luminosa insegna “COOL ZONE”. Le persone escono ridendo e scherzando e per Radish è sembrata l’attrazione più indicata per risollevarle l’umore. Perché in fondo si sta divertendo pure lui, non vuole che il tutto precipiti solo perché alla sua psicotica amica è venuto in mente qualcosa di strano.
Entrano con passo svelto e Radish rimane un poco stupito nel ritrovarsi circondato da specchi. Ce ne sono di tutti i gusti e di tutte le dimensioni, lunghi, larghi, piccoli, stretti, enormi. La maggior parte sono deformanti, fatto che rende il passeggiare per quei corridoi sia divertente che difficoltoso a causa della prospettiva sballata.
Si ritrovano entro poco a ridere l’uno dell’immagina dell’altra, vedendosi ora grassi e bassissimi e ora spilungoni ed esili, addirittura con la testa sottosopra.

«Guarda! Sono grossa come te!» Radish volta pigramente la testa e la vede in una posa da vero macho fatta al solo scopo di prenderlo in giro, e la cosa riesce comunque a strappargli una risata. Malgrado sappia benissimo di cosa sia capace, non lo teme assolutamente e questo lo fa sentire bene.
Le si avvicina con calma, stando attento a non sbattere di nuovo la faccia contro qualche specchio, e con la coda dell’occhio nota il proprio riflesso distorto, vedendosi adesso molto più magro, quasi femmineo, e con un petto esageratamente grande.
«Io invece sembro te… con più tette.»
Sherry ride di gusto nel vederlo prenderla in giro e di slancio gli dà una lieve spintarella per mettersi al suo posto ed ammirarsi con un ipotetico ed esageratamente enorme seno: «Con due bocce così non potrei saltare o correre, mi ritroverei con gli occhi pesti!»
«Beh, ci sarebbe qualcosa da palpare, almeno.» Gli è venuto spontaneo dirlo, così come gli è venuto spontaneo abbassare lo sguardo sul suo petto. Ha sentito una piacevolissima ondata di calore nel notare che non ha più indosso il reggiseno, e un ghigno divertito gli ha increspato le labbra.
«Allora perché mi sembra che tu muoia dalla voglia di palpare le mie micro-tette?»
Le si avvicina piano, Radish, muovendosi come un predatore che ha messo la preda all’angolo. Quando le è abbastanza vicino, scatta in avanti e la blocca con le spalle contro la superficie fredda dello specchio, tenendole le mani sui fianchi per impedirle di scappare. Con una calma estenuante le percorre il ventre, si sofferma sui fianchi, sfiora la curvatura del seno.
«Perché mi pare che l’idea non ti dispiaccia troppo?» E poi scivola più giù, superando ogni suo vano tentativo di resistergli, laggiù dove il destino di ogni uomo e di ogni donna si compie come una battaglia di emozioni e pulsazioni, tenta di arrivare a quella meta che li condannerebbe. Ma adesso a loro non possono interessare le conseguenze, non c'è tempo, non c'è testa, non c’è modo… ma c’è gente.
«Ehi! Niente zozzerie qua dentro, ci sono dei bambini!»
Sherry scatta come un serpente a sonagli e corre fuori, lontana da quegli specchi, da quei corridoi, lontana da lui. Ha bisogno di aria, ha bisogno di sentire tutti gli odori diversi e scoppiettanti, ha bisogno che le invadano le narici, che le impastino la bocca, che cancellino l’odore forte e seducente che emana la pelle del Saiyan.
«Come hai fatto ad uscire così velocemente? Conosci il percorso a memoria?»
Sherry lo guarda con aria sorpresa. Non sa per quanto tempo l’ha lasciato dentro al labirinto di specchi, ha completamente perso la cognizione del tempo, ma, a giudicare dalla sua espressione truce, deduce che ne è passato comunque troppo. O quello o è semplicemente furioso per essere stato piantato in asso.
Gli si avvicina piano e gli allaccia le braccia snelle e forti al collo muscoloso, avvicinando il volto al suo: «Mi è venuta una voglia pazzesca… di frittelle e krapfen.»
Sorride divertita nel vederlo accigliarsi e sbuffare con aria frustrata. La diverte tantissimo vederlo comportarsi in modo infantile, soprattutto perché consapevole che, in realtà, è una parte intrinseca della sua reale personalità.

«La devi smettere di mangiare, fai impressione.» Si lamenta con voce strascicata il Saiyan, togliendosi con gesto di stizza le sue braccia di dosso. Non riesce a capirla, non riesce proprio a dire cosa diavolo le passi per la testa quando si comporta così. Lo voleva forse quanto la vuole lui, ne è quasi certo, ma allora perché allontanarlo così? Cos’è che ti frena, ragazzina? Cos’è che ti spaventa?
«Sai qual è la cosa buffa? Tu non hai mai fatto una piega quando mi nutrivo di bestie ancora vive, mentre oggi fai tante storie perché mangio un po’ di roba normale.» Controbatte prontamente Sherry, camminando all’indietro per poterlo guardare negli occhi.
«Peggy, neanche io mangio così tanto. È grave!»
Gli punta un dito sul petto, Sherry, puntando i piedi a terra e costringendolo a guardarla dritto negli occhi. Ha lo sguardo duro, gli occhi d’ambra lo scrutano con attenzione e per un attimo Radish si domanda cos’abbia detto di male, ma capisce che lo stava prendendo in giro nel momento in cui gli sorride dolcemente e lo tira un poco in basso tenendolo per il colletto della maglia.
«Ne hai cercati di nuovi, vero?»
Restavo vicini, Radish sospira appena mentre le poggia di nuovo le mani sui fianchi, sfiorando appena la pelle sotto la maglia con la punta delle dita.
Sta per cedere, lo sanno entrambi e anche stavolta sembrano non curarsene, sembrano non pensare a cosa porterebbe la loro unione, ma l’attenzione di Sherry viene improvvisamente catturata da un’improbabile camicia fucsia a maniche corte con disegni floreali verdi e blu elettrico e dei pantaloncini grigi. Un abbinamento orribile che conosce sin troppo bene.
Scruta con attenzione l’uomo vestito così male, e per un attimo pensa di aver sbagliato: il corpo è troppo grosso, il petto troppo grande e largo, le spalle troppo forti. Ma quel viso lungo e pallido, la lunga e profonda cicatrice circolare sulla tempia sinistra, quelle più sottile che gli solcano la guancia destra, i capelli rossicci ricci e foltissimi… è lui per forza.
«Pip?!»
L’uomo si volta a quel richiamo, osserva per qualche istante tra la folla finché non nota lo sguardo curioso di Sherry che sbuca da dietro la spalla dell’energumeno con i capelli lunghissimi.
«Sher?!»
Si vanno in contro velocemente, stringendosi in un abbraccio soffocante. Urlano per la gioia di essersi ritrovati dopo tutti quegli anni, saltellando e tastandosi le braccia come per voler avere la conferma di essere davvero l’uno di fronte all’altra.
«Grande Spettro, non ci posso credere! Ma guardati!» Esclama felice l’uomo, allargando le braccia e scuotendo un poco la testa per la sorpresa.
«Qualcuno finalmente si allena sul serio! Guarda che muscoli!»  Gli strizza appena i bicipiti e sorride al ricordo del giovane Spettro che era, smunto e allampanato, con le braccia e le gambe troppo lunghe e sottili per poter essere preso come una reale minaccia.
«Chi l’avrebbe mai detto, eh?!» Scoppiano entrambi a ridere, ripensando in un secondo all’adolescenza trascorsa insieme, ai progressi fatti assieme a tutto il gruppo, agli allenamenti, ai giochi, ai dispetti e i momenti di stucchevole dolcezza. I pensieri del Mezzosangue, però, si interrompono quando si rende conto che il tizio con i capelli esageratamente lunghi sta ancora al suo fianco e lo osserva con uno sguardo che non gli piace particolarmente. Neanche il suo odore gli piace, indica troppo chiaramente che si tratta di un individuo pericoloso. Ma se Sherry è tranquilla, forse…
«E il tuo amico?»
Per un attimo Sherry si sente spaesata, persa, un poco imbarazzata. Già, il mio amico… posso davvero dire che sia mio amico?
«Già… Pip, lui è Radish. Radish, lui è Pip.» Li presenta così, in modo molto sbrigativo e meccanico, aggiungendo subito dopo un dettaglio che sicuramente svierà l’attenzione di Pip da eventuali insinuazioni: «È una scimmia mannara!»
Radish, non senza una generosa dose di soddisfazione personale, le tira un pugno nella spalla tanto forte da buttarla a terra e farla bestemmiare per il dolore, fatto che scatena la risata del rosso, che gli ricorda un fastidiosissimo tacchino.
«Finalmente qualcuno che riesce a prenderti a calci nel culo!»  Scherza realmente divertito, non provando alcuna preoccupazione nei suoi riguardi. È perfettamente cosciente che Sherry non sia una stupida e che sappia il fatto proprio, se ha deciso di stare in sua compagnia lo ha fatto perché sicura di non correre rischi.
«Senti, devo andare, ero qui solo per recuperare un cucciolo scappato alla madre. Verrai al mio matrimonio, vero?» Le domanda con tono eccitato mentre l’aiuta a rialzarsi, sostenendo il suo sguardo quando lo guarda con circospezione.
«Jane?»
«Jane.»
«Allora è ovvio che vengo!» Urla felice lo Spettro, stringendolo in un forte abbraccio. Se le avesse detto di aver lasciato la sua amica, di essersi preso una qualsiasi Mezzosangue immeritevole anche solo di pulirle le scarpe, allora lo avrebbe massacrato a suon di sberle lì sul posto.
«Perfetto… è tra due giorni.»
Detto questo Sherry lo sposta con forza tenendolo per le spalle, guardandolo con gli occhi sgranati.
«Cosa?!»
«Sì. Ho mandato la partecipazione a casa di Bree qualche mese fa, ma all’ultimo ha detto di non poter venire. La sua ragazza va in ferie o una cosa simile e lei credo sia in calore… so solo che vuole stare con lei tutto il giorno.»
«Beh, ringrazia che ha deciso di stare con lei lontano dal tuo matrimonio.» Il rosso annuisce distrattamente, ben consapevole dello smisurato appetito sessuale della bionda «Viene qualcuno che conosco?»
«Non sono riuscito a rintracciare il Quartetto e River, ma ci sarà qualcun altro che conosci…»  Le passa con dolcezza la mano sulla guancia come quando erano ragazzini e s’incammina con passo calmo e quasi strascicato, salutando entrambi con un gesto appena accennato della mano «Beh, adesso vado, vi ho trattenuti troppo e ho intravisto il nano fuggiasco. Ci vediamo tra due giorni! Ah, aspetto anche te, mannaro!»
Radish rimane immobile al suo posto, osserva il bizzarro sconosciuto che comincia a trottare dietro ad un bambino che gli sorride con aria colpevole, e poi guarda di nuovo Sherry che lo osserva in attesa di una reazione, che certo non tarda ad arrivare: «Cosa cazzo ha detto?»
«Sei stato invitato ad un matrimonio tra due Spettri Mezzosangue. E ci verrai.»
Scuote con vigore la testa, Radish, alzando le mani ed incamminandosi dalla parte opposta come per scappare, borbottando a mezza bocca un poco comprensibile: «Neanche per idea.»
Lo Spettro, di tutt’altro parere, lo afferra saldamente per un braccio e lo obbliga a bloccarsi e guardarla in volto: «Invece ci vieni! Non ho alcuna intenzione di andarci da sola, è chiaro? Non mi piacciono i matrimoni. Probabilmente non andrei neanche al mio!»
Le afferra con forza il mento tra le dita e avvicina il viso al suo, non riuscendo a mascherare come vorrebbe il suo scontento «Ti costerà parecchio.» Le ringhia a pochi centimetri dalle labbra, lasciandola poi andare di scatto ed incamminandosi con le mani nelle tasche.
Si sente un cretino per aver ceduto subito, ancora di più quando si rende conto di non averla ricattata in alcun modo, ma sa che ormai non può tornare indietro, lei non cederebbe di un millimetro. Troverà un modo in quelle ventiquattr’ore per fargliela pesare così tanto che lo scioglierà lei stessa da quell’orrendo impegno.
Camminano in silenzio fianco a fianco, lui pensando ad un modo per farle cambiare idea, lei rimuginando sul fatto che non ha assolutamente niente da mettersi per un matrimonio, che i vestiti di Bree o non le stanno o sono più adatti per una festa in piscina o per uno strip club e che quindi dovrà comprarne uno… e che proprio non ne ha voglia.
«Questa la salti?»
Lo Spettro volta pigramente la testa verso Radish, fermo davanti alla ruota panoramica. Sente un brivido freddo lungo la spina dorsale mentre alza lo sguardo sulla mastodontica attrazione e neanche le lucine dorate che la illuminano completamente riescono a rincuorarla. TROPPO ALTA! TROPPO ALTA! TROPPO ALTA!
«Dimentichi che non mi piacciono le altezze elevate?» Borbotta con fare stizzito mentre fa un passo indietro, facendo ridacchiare appena Radish. Scorda sempre quanto possa essere fifona in certi frangenti ed ogni volta è sempre divertente per lui.
«Che vuoi che succeda su quel coso?»
«Ora davvero che non ci monto.»
«Perché?»
«Hai appena lanciato la iella su quella giostra! Adesso è ovvio che accadrà qualcosa!»
Sbuffa forte, Radish, e si passa una mano tra i capelli. Ogni tanto, fortunatamente non troppo spesso, diventa superstiziosa in modo imbarazzante, e non sono rari i momenti in cui il Saiyan si domanda se è una sua personale caratteristica o se è così a causa del sangue altrui che ha ingurgitato negli anni.
«Senti, ci vuoi andare o no?»
«Perché vuoi montare su una delle attrazioni più romantiche che esistono?»
«Perché dovrebbe essere romantica? Non serve a vedere il panorama o stronzate del genere?» È convinto di quel che dice, Sherry lo sa ma fatica a crederci. Insomma, come si può essere così ottusi malgrado si dia costantemente prova di avere un buon cervello?
«Due persone sospese ad una sessantina di metri da terra che si godono il panorama sedute fianco e fianco. Un ragazzo che conosco è stato concepito su uno di questi affari.»
Il volto di Radish muta in una specie di espressione sofferta e pensierosa mentre osserva con occhi attenti la giostra, e dopo qualche secondo si lascia sfuggire un commento poco velato: «Se tu non fossi “indisposta”, ti ci trascinerei a forza.»
«Perché “se non fossi indisposta”? Esistono tante cose divertenti da fare anche senza la penetrazione vaginale, mio caro… ad esempio limonare, la masturbazione… sesso anale.»
Fa appena in tempo a finire la frase che Radish l’afferra per un polso e la trascina con forza, intimandole di muoversi e di salire subito sulla cabina. Smette quasi subito però, ridendo insieme a lei e lasciandola andare. Con sua grande sorpresa, però, non si allontana come si aspettava, ma anzi preferisce allacciargli le braccia al collo e tenerlo vicino. E Radish la guarda mentre ride con la testa rovesciata all’indietro, il collo esposto e quel sorriso sincero e radioso che tanto lo confonde.
La stringe a sua volta tenendole le mani sui fianchi, incurante degli sguardi altrui. Che lo vedano mentre tiene tra le braccia quella creatura di fuoco, che lo vedano mentre gli poggia la testa sul petto e lo stringe a sé. Che lo vedano: in questo momento non gli importa di niente se non di continuare a farsi avvolgere da quel calore.
«Allora, dove vuoi andare?» Le domanda con vera curiosità, consapevole che ormai hanno girato per tutto il luna park e che il sole sta cominciando a tramontare.
Sherry lo guarda per qualche secondo negli occhi, rimugina qualche istante e poi le balena in testa quella che, secondo lei, è l’idea migliore che potesse avere.
«Ti porto a vedere i pinguini!»

Il bioparco acquatico dista circa dieci minuti a piedi dal luna park e davvero non sa come non le sia venuto in mente prima.
Ci è andata così tante volte nella sua vita che ormai chi vi lavora la conosce per nome e spesso le permette pure di accudire e coccolare gli animali che ospitano. Ed ogni volta lei va dai pinguini.
Ne è sempre stata innamorata, con quella camminata buffa e gli smoking eleganti dipinti addosso, con quei versi assordanti e i loro atteggiamenti dolci.
Adora tutto dei pinguini, sono gli unici animali che non ha mai mangiato in vita sua.
Adesso sta davanti alla loro recinzione e li guarda mentre si tuffano, ignorando la guida che illustra molte loro caratteristiche ai presenti. Li guarda e non può fare a meno di sorridere, perché sa che quelle bestioline non stanno soffrendo.
I suoi occhi d’ambra si posano poi su un piccolo che traballa senza preoccupazioni verso la sua mamma per chiederle da mangiare e sente il cuore riempirsi di tante emozioni differenti.
«La femmina depone un solo uovo e poi lo fa rotolare sulle zampe del maschio, che resta in piedi e lo cova fino alla schiusa, quasi sessantacinque giorni dopo. Non lo lascia mai… e la femmina torna poco prima che l’uovo si schiuda.» Afferma con tono gentile e calmo, parlando con chiunque voglia ascoltarla.
«Ma che teneri!» Scherza Radish, seguendo il suo sguardo rapito. Non ci trova assolutamente niente di bello in quelle bestie goffe e tonte, ma in questo preciso momento non se la sente davvero di farglielo presente. In fondo deve liberarsi dal matrimonio del rosso, deve giocarsela bene.
«Mi scusi, signorina?» Il duo abbassa lo sguardo sulla bambina che tira i pantaloni a Sherry, ritrovandosi così di fronte alla piccola a cui, qualche ora prima, aveva regalato l’orsacchiotto. Li guarda con occhi attenti e allegri, per poi schiarirsi un poco la voce ed esporre il proprio dubbio: «Come mai la mamma pinguino non porta da mangiare a papà pinguino?»
«Perché papà pinguino aveva mangiato davvero tanto e non ne ha più bisogno quando si prende cura dell’uovo.» Le risponde con tono incredibilmente dolce, tanto da attirare davvero l’attenzione di Radish, che pensa erroneamente che si comporti così perché a contatto con una bambina piccola. In realtà a Sherry non piacciono i bambini, le fa quasi paura averli vicino perché troppo fragili, ma adora parlare dei pinguini e il fatto che si sia mostrata così curiosa a riguardo le fa solo piacere.
La piccola, contenta di aver ricevuto una risposta esaustiva che le fa apprezzare di più quei buffi animali, fa per andarsene ma viene bloccata tempestivamente da Radish che, una volta inginocchiatosi al suo fianco, le sussurra qualcosa all’orecchio. Per sua fortuna Sherry non vi ha prestato attenzione, altrimenti lo avrebbe buttato a nuotare con i pinguini!
«Avrei un’altra domanda: perché non entra nel letto di Radish?»
Sherry sgrana gli occhi, mantenendo un sorriso tiratissimo, e dopo un attimo di smarrimento si abbassa verso di lei, sussurrandole: «Vai dalla mamma, piccola umana, così rispondo a questo signore.» Aspetta giusto il tempo che la piccola sparisca dalla sua visuale e in una frazione di secondo si rigira contro il Saiyan, tirandogli un pugno così forte nello stomaco da farlo piegare in due.
«Ma sei deficiente?! Ti pare normale dire cose del genere a una bambina così piccola?! Sai che se qualcuno ti avesse visto avvicinarla sarebbe scoppiato un macello?!» Gli ringhia piena di veleno vicino al volto, tenendolo fermo per i capelli. Li tira così forte che Radish è convinto che strapperà pure la pelle.
«Andiamo, stavo scherzando. Non prendertela così.» Si scosta di scatto non appena lo lascia andare, massaggiandosi la parte lesa. Si scorda sempre quanto sia forte e, ancor di più, quanto sia violenta, complice il fatto che nei suoi confronti tenta sempre di comportarsi bene. Non ne vede lo scopo in realtà, ma non gli dispiace poi troppo.
«Cretino.» Sibila inviperita, le braccia strette al petto e gli occhi ridotti ad una fessura. Vorrebbe davvero prenderlo a calci nei denti di fronte a tutti, ma sa bene che non starebbe certo fermo a farsele dare e lì a pochi metri ci sono i pinguini. Non può rischiare di far loro del male!
Radish, dopo essersi rialzato, le passa di fianco e, dopo averle dato una sonora pacca sul sedere, la incita a seguirlo: «Dai, andiamo: scommetto che hai fame!»
Vorrebbe staccargli il braccio e prendercelo a schiaffi. Vorrebbe urlare la propria frustrazione causata dal non poterlo fare in pubblico. Ma decide saggiamente di seguirlo dopo aver sentito lo stomaco ruggire così forte da farla un poco arrossire. Di certo, però, non lo segue in completo silenzio: «Stronzo.»

Camminano con calma per le strade buie della città, fianco a fianco. Lo stomaco di Radish potrebbe scoppiare come un petardo da un momento all’altro, unico motivo per cui ha dato il suo gelato a Sherry. E lei se lo gusta lentamente, disgustando il Saiyan. A cose normali, vederla leccare un cono gelato avrebbe sortito tutt’altro effetto su di lui, ma dopo la cena che le ha visto consumare non può far altro che provare disgusto nel vederla mangiare ancora. Un pozzo senza fondo. Questa ragazza è un disgustoso pozzo senza fondo!
«Sai, credevo che oggi ci saremmo fatti un sacco di domande personali, di solito sei discretamente curioso…» Afferma di punto in bianco Sherry, gli occhi attenti che scrutano l’uomo al suo fianco. Dalla sua angolazione, e con l’aiuto delle luci dei lampioni, le sembra più grande ed intimidatorio, ma non riesce comunque a provare alcun senso di nervosismo; guardandolo meglio, non può far a meno di pensare a quanto le piaccia la sua mascella forte e squadrata.
«Conosci il gioco delle cento domande?»
«È questa la tua domanda?» Risponde di getto Radish, distogliendo subito lo sguardo quando la vede cominciare a rosicchiare il cono. «Okay, comincio io: perché i pinguini?»
«Perché ti piace combattere?»
Radish non ci pensa neanche prima di rispondere. Gli viene naturale, spontaneo e quasi scontato, così come gli viene naturale, spontaneo e quasi scontato prenderla un poco in giro: «Perché è nella natura dei Saiyan, ma non credo che i pinguini lo siano in quella degli Spettri. Forse giusto nel menù.» Abbozza un sorriso nel sentirla ridacchiare e sospira mentalmente nel constatare che ha finalmente finito di mangiare. Per un attimo gli verrebbe da chiederle se pure di notte si alza in continuazione per svuotare il frigorifero, ma decide di rimanere sulla prima domanda: «Davvero, perché i pinguini?»
«Non saprei, un sacco di motivi… Primo, non puoi fare a meno di sorridere quando vedi un pinguino!»
Involontariamente, infatti, Radish si lascia andare ad un sorriso divertito nel ricordarli: «Con quello smoking dipinto sulla pelle e la camminata da scemi.»
«Lo so, sono così carini! Li adoro! Li adoro! Li adoro!» Saltella mentre lo dice, un sorriso infantile e puro ad illuminarle il volto. Quando poi si accorge dello sguardo sorpreso e divertito dell’amico,  sente il viso andare in fiamme per la vergogna. Sono così poche le persone che possono dire di averla vista così entusiasta, felice, così lontana dalla Sherry che ha faticosamente costruito nel corso degli anni, quella forte, quella attaccabrighe ed impulsiva, quella che non si lascia trasportare da questo genere di emozioni. Ma in fondo, molto in fondo, non le dispiace poi così tanto che l’abbia vista. Non ne capisce il motivo, ma non le dispiace.
Arrivano davanti al portone di casa di Sherry e lì si fermano. Estrae le chiavi di tasca e ci giocherella un po’, infastidita all’idea di salutarsi.
«Ho fatto delle lunghe marce per vederli.» Parla piano, quasi avesse paura di dire qualcosa di sbagliato. Alza lo sguardo con incertezza, trovandosi vicina a Radish. Sta con la spalla poggiata contro il muro, la guarda con attenzione. Ora che ci fa caso, lui sembra mostrare sempre un certo interesse nel sentirla parlare.
«È così bello, laggiù… Se non hai mai visto un tramonto da quelle parti, non sai cos’è la vera bellezza.»
«Ne ho una mezza idea…» Gli è sfuggito. Non l’avrebbe mai detto se avesse connesso il cervello con la bocca, se non fosse stato tanto stupido da lasciarsi trasportare da quegli occhioni che lo guardano con sorpresa, da quel sorriso timido che per lui è come una pugnalata nello stomaco.
Non sa cosa gli stia prendendo. Non sa più cosa gli sta succedendo.
Perché questo non è lui. È un impostore, un parassita che ha preso il controllo del suo corpo e che gli fa dire e fare cose che non si sognerebbe neanche. Quello che la spinge contro i muri, che le taglia ogni via di fuga e che la tocca lascivamente, quello è lui. Non questo maledetto idiota che osa pronunciare frasi del genere, non uno smidollato che si lascia abbindolare da un paio di occhi dolci.
Dallo scontro con Kakarot e Piccolo… dalla mia sconfitta… è cambiato tutto. Sono cambiato io. Non ho più voluto far davvero del male, se non a chi voleva farne a me e a coloro a cui, seppur minimamente, tenevo. E, forse, non sarebbe neanche questo il problema. In cambio della mia vita, di una seconda possibilità, forse l’avrei fatto spontaneamente. Il problema sta nel fatto che non è stato graduale. Ho aperto gli occhi, Dio solo sa come e perché, e sapevo di non voler più essere come ero sempre stato.
Ho aperto gli occhi da solo, lontano da dove ero morto, il buco che mi attraversava il torace sparito, al suo posto una cicatrice. La stessa cicatrice che, al solo pensiero di tagliare la corda da questo insulso pianeta, al solo pensiero di provare a tornare quello che ero… bruciava.
Non so cos’è successo quel giorno. Non so come ho fatto a svegliarmi. Non so chi è stato a portarmi indietro. So solo che mi è entrato dentro, che ha fatto qualcosa al mio essere… e che adesso sta come reagendo a questa ragazzina.

«E i rituali dei pinguini sono affascinanti…» Mormora Sherry dopo un lungo ed imbarazzante silenzio. Radish pare come ridestarsi nel sentire la sua voce, abbandonando gli scomodi pensieri che non ha mai rivelato a nessuno e che, lo sa, nessuno potrà aiutarlo a capirli.
«Quando un maschio corteggia una femmina, perlustra tutta la spiaggia in cerca del ciottolo perfetto da offrirle. Quando finalmente lo trova, cammina dondolando da lei… e lo passa con amore ai suoi piedi. Se lei lo accetta, resteranno insieme per la vita.»
«Una specie di anello di fidanzamento?»
«È incredibile da vedere.»
Sono incredibilmente vicino adesso. Radish si è impercettibilmente ed involontariamente abbassato su di lei, sente il suo respiro caldo sulle labbra. Abbassa appena gli occhi quando sente la sua mano sottile e solcata di cicatrici poggiarsi sul pettorale, e quando torna a guardarla, si accorge che non lo sta guardando con il solito sguardo. Non c’è arroganza nei suoi occhi. Non c’è smarrimento, non c’è sfida, non c’è fastidio o lussuria. Lo sta guardando in un modo nuovo che non riesce a catalogare, ma è sicuro oltre ogni limite di aver visto una scintilla nei suoi occhi, come un velocissimo e fugace lampo argenteo attraversarle le pupille adesso dilatate.
Il mondo attorno a loro è come bloccato: non ci sono più le chiacchiere di quelli del palazzo di fronte con la finestra aperta, non c’è più il rumore del film d’azione che qualcuno sta guardando in qualche appartamento, non c’è più il vento freddo che li aveva fatti lamentare poco prima. Non c’è niente, solo due creature tanto diverse eppure tanto simili che fremono dalla voglia di fare quell’enorme salto nel vuoto.
Ma poi Sherry si schiarisce la gola e si ritrae di un passo. Tiene lo sguardo chino, il respiro è corto e le guance sono lievemente imporporate: «Si è fatto tardi… è meglio se entro. Ci vediamo domani per l’allenamento.» Detto questo entra velocemente nella palazzina e si richiude il portone alle spalle. Poggia la fronte sulla superficie dura e lì rimane, immobile, ad aspettare. Aspettare che se ne vada. Aspettare che bussi. Aspettare che tutto riprenda a scorrere nel solito modo.
Ma poi lo sente allontanarsi. È volato via, letteralmente. Non c’era delusione nel suo odore, però. Era solo confuso. Forse, proprio come me, è confuso per ciò che gli sta accadendo. Perché tutto questo non è normale… e se ne parlassi con Bree o con chiunque altro mi direbbero che mi sono solo fatta condizionare dalle vecchie leggende… e diventerei lo zimbello del gruppo.
S’incammina con passo svogliato verso il proprio appartamento, ma si ritrova di nuovo bloccata sulla rampa delle scale. L’aria ha trasportato fin lì il chiarissimo ed invitante odore del sesso. Lo sente come se avesse quei corpi caldi e sudati a pochi centimetri di distanza. E le sente, le sue coinquiline, che si dicono porcherie e romanticherie varie mentre scopano come draghi.
«CAZZO!» Bercia inferocita e, in realtà, anche un poco invidiosa. A malapena ricorda l’ultima volta che ha fatto sesso in quel modo, quando davvero era animata dalla passione più feroce e non solo da un sentimento che stava andando via via intorpidendosi.
Se dovesse indicare un momento preciso, probabilmente è quello in cui vide River che si sbatteva senza remore Camila. Sì, decisamente è stato quello il momento in cui il suo amore nei confronti di quell’uomo incapace di tenerselo nelle mutande ha cominciato a sgretolarsi. Perché ci sia tornata assieme mesi dopo, ancora non lo sa. Probabilmente, pensa, era perché tutto sommato gli voleva davvero bene.

Che periodo strano, che confusione dentro… forse sarebbe stato meglio lasciar perdere tutto, restare nei boschi. Che cosa ci faccio qui? Pensa in modo confuso, forse un poco infelice, nostalgico e sicuramente sconsolato.

S’incammina per strada con passo incerto, riflettendo e scavandosi accuratamente dentro com’è solita fare, nella speranza che, almeno stavolta, porti a qualche risultato concreto. Accade con più frequenza e meno serenità da quando Radish è entrato nella sua vita, o meglio, da quando ha iniziato a desiderare che Radish entrasse nella sua vita.
È un poco stravagante, certo non più dei suoi amici, ed è certamente fuori dal comune. Lo ha pensato spesso da quando lo conosce. Una persona d’altronde non troppo differente dalla sua gente, forse a suo modo più civile e disponibile, meno carogna e mascalzone di tanti, però non può affermare che sia uno di quelli che generalmente la impressionano sin dal primo istante. Non che non sia attraente, giacché colto, intelligente, di bell’aspetto e sicuramente assai stimolante, ma rimane comunque distante dal genere di uomini che l’hanno sempre attratta. Nondimeno da qualche parte dentro di lei c’è qualcosa che la incita e stimola a stargli vicino, anche se non saprebbe neanche dire per quale preciso scopo: certamente per curiosità, probabilmente anche per fiducia e per tranquillità, ma per cos’altro? Non aveva certo immaginato che tra di loro si potesse rapidamente instaurare un qualcosa di genuino e sincero, qualcosa senza doppiezze né falsità, privo d’insolite barriere.
Presa dalle sue considerazioni sconclusionate che, come ormai accade spesso, non l’hanno portata a niente se non a confondersi ancora di più, neanche si è resa conto di essersi arrampicata fin sul cornicione della sua camera da letto. E lì rimane per qualche minuto, ad osservarlo mentre si lava i denti una volta uscito dalla doccia.
Non sa se palesare o meno la propria presenza lì fuori, non dal momento che in genere è molto bravo a percepire la sua presenza - eccetto nell’altra forma - e magari la sta solo ignorando, ma non fa in tempo a prendere una decisione che Radish, pronto a coricarsi, la vede. E rimane fermo, il braccio ancora teso e il dito premuto sull’interruttore della luce, il corpo nudo e accaldato dopo la doccia.
Rimane in silenzio e semplicemente riaccende la luce. Afferra un asciugamano e se lo lega in vita ed infine, dopo aver spento di nuovo la luce com’è ormai abituato a fare, si avvia alla finestra.
Sospira forte quando se la ritrova davanti, cercando di mantenere un’aria seria di fronte alla sua espressione colpevole ed infantile: «Che ci fai qui?»
Arriccia la bocca e ci pensa su per qualche istante, decidendo infine che sì, quello è sicuramente il posto migliore dove passare la notte: «Bree e Mimì stanno scopando come due animali. In genere non mi dà fastidio, ma…»
«Ma?» La incalza subito il Saiyan, incuriosito dallo strano tono di voce e dall’insolito atteggiamento. Sembra essere così restia nel dirgli qualcosa che proprio non può resistere.
«Mi fai restare qui?»
«Prima spiega quel “ma”.»
Si passa le mani tra i capelli e si sforza per non guardare giù. Lascia scivolare in avanti un piedi e riesce a sedersi con una gamba penzoloni e l’altra che si gode il tepore di casa, e capisce subito che lo sta facendo esclusivamente per torturarla.
«Per me è periodo di magra, quindi preferisco evitare di sentire gli altri che si divertono.» Ammette infine mentre un sorrisetto furbo le si allarga sul viso: «Mi fai restare?»
Radish si lascia andare ad un sorriso vittorioso, malgrado sia una vittoria amara dal momento che non si è scomposta come sperava, e si sposta un poco di lato per farla passare: «Muoviti, sto gelando.»
Scatta velocemente e prende subito possesso del letto. Si stiracchia come una gatta e, prima ancora che Radish possa commentare in qualsiasi modo, scatta di nuovo in piedi e prende d’assalto la cassettiera. Le serve qualcosa per dormire e le serve subito. Qualcosa tipo una delle sue tantissime ed incredibilmente noiose magliette nere. Qui c’è bisogno di un po’ di colore, Scimmione…
Radish, anche a questo giro, non fa in tempo a dirle di tenere le zampe a posto che il giovane Spettro corre in bagno. Sente il getto dell’acqua, la sente muoversi e spostare le sue cose, la sente pure bestemmiare perché, a quanto sembra, suo padre doveva odiarla davvero tanto per darle una seconda X come cromosoma. Non ha intenzione di farle altre domande, non ora. È stanco ed è sicuro che sognerà quei maledetti pinguini, quindi non ha alcuna intenzione di chiederle quale sia il problema.
Quando la vede uscire dal bagno con i capelli bagnati e con indosso la sua maglietta, si lascia subito andare ad un commento infastidito: «E io che speravo dormissi nuda…»
«Di solito sì, ma non mi sembra carino riempirti il letto di sangue mestruale.»
Radish le fa spazio mentre si sistema al suo fianco, mentre l’idea di farle sparire quel ghignetto divertito dalla faccia a pugni si fa largo nella sua mente.
«Che schifo…» Si limita a questo però, rimanendo steso al suo fianco dopo che ha spento la luce. Lo infastidisce il fatto che si stia comportando come se fosse a casa sua, come se tutto le appartenesse. Per quanto la sua compagnia gli piaccia, per quanto lei gli piaccia, non vuole permetterle di fare come crede… non senza ricevere alcunché in cambio. E no, la sua amicizia non è più sufficiente, non dopo una giornata del genere, non dopo la Casa degli Specchi… non dopo il portone.
La luce che filtra dalle tende chiare mette in evidenza le sue gambe dopo che ha scansato con un gesto brusco le coperte, e Radish non riesce davvero a fare a meno di guardare. Sono lunghe, lisce, solcate da molteplici cicatrici sottili. Alcune sono state fatte con le zanne, altre con gli artigli, alcune sono più spesse di altre, talvolta un poco rialzate, ma niente tolgono alla sua fisionomia.
Risalendo con lo sguardo intravede nell’ombra quel fantastico fondoschiena che l’ha come incantato dal primo istante, così rotondo, alto e marmoreo. Ormai ha perso il conto delle volte in cui avrebbe voluto stringerlo fino a farle male, di quante volte si è ritrovato a fissarlo mentre lei era distratta, di quante volte gli si sia rigirata contro perché alla fine lo beccava.
Allunga una mano e segue il profilo del fianco, scendendo fin dove può. La sua pelle è morbida, e con la punta delle dita di tanto in tanto segue i contorni frastagliati delle cicatrici.
La desidera con un’intensità tale che, seppur momentaneamente, l’affetto che stranamente nutre nei suoi confronti pare eclissarsi.
Senza dire nulla si appoggia a lei, facendole sentire una forte erezione all’altezza del coccige.
«Che stai facendo…?» Il suo è un mormorio appena udibile, ma si percepisce comunque con chiarezza l’eccitazione nella sua voce. Radish sapeva bene che non stava dormendo, che stava solo aspettando per vedere fin dove si sarebbe spinto. L’ennesimo gioco stupido dettato dalla sua malata curiosità. Ma, stavolta, non ha alcuna intenzione di lasciarle fare come crede, non le permetterà di scappare come fa sempre. Stavolta giocheranno secondo le sue regole.
Sherry sente dietro di sé la sua eccitazione salire, lo sente spingersi da dietro come un animale ansante pronto per la corsa, ed ormai pronta a fermarlo per puro diletto, si blocca quando sente le sue mani infiltrarsi sotto la maglia, sulla pancia, poi più su fino ai seni, iniziare a giocare con i suoi capezzoli, mentre con le labbra inizia a sfiorarle la pelle del collo, mordicchiando, succhiando e baciando. Malgrado il suo cervello le urli di fermarlo, di allontanarlo immediatamente e di imporre un limite severo tra loro, il suo corpo si lascia andare contro quello forte e caldo di lui, gemendo sotto i giochi delle sue dita, desiderosa di soddisfare quella voglia smaniosa d’averlo.
«Ho sopportato una giornata di stronzate, merito di essere premiato…» La spinge sulla schiena tenendole una mano sul fianco e in meno di un secondo le è addosso. Le tiene le braccia bloccate sopra la testa con una sola mano, mentre con l’altra le solleva con fare sbrigativo la maglietta per liberare i seni. Non ci vogliono che una manciata di secondi prima che scenda a torturarli con la bocca, mordendo, succhiando e leccando, ghignando nel sentirla soccombere sotto le sue attenzioni.
«Hai scordato che sono indisposta…?» Il suo ansimare toglie totalmente credibilità alle sue parole, ma non le importa. Il suo orgoglio e le sue stupide convinzione l’hanno obbligata a compiere questo misero e assai vago tentativo di opposizione, ma come sarebbe mai potuta risultare verosimile se il suo stesso corpo non fa altro che reclamare sempre di più?
«Si possono fare altre cose, l’hai scordato?» Questa risposta, detta con tanta insopportabile arroganza, anziché infastidirla la eccita ancora di più e senza neanche pensarci gli avvolge le gambe attorno al bacino per tenerlo ancora più stretto, mugolando nella sua bocca quando lo bacia.
Sfila un braccio dalla sua presa e gli avvolge di slancio il collo, scendendo poi con la mano per saggiare i muscoli delle spalle e della schiena. Radish, ormai sicuro che non abbia alcuna intenzione di ritrarsi dalle sue attenzioni, lascia l’altro braccio e le afferra con irruenza i fianchi, spingendosi quasi con ferocia contro di lei, divorando le sue labbra, mordendole e succhiandole con ingordigia. La vuole da troppo, ma si era ripromesso che avrebbe aspettato che fosse lei a supplicarlo di farla sua… e così farà. Gli basterà giocare ancora un po’ per spingerla oltre il baratro, lo sa e l’idea lo eccita solo di più.
Lascia che gli tiri i capelli alla base per rialzarlo, si lascia baciare e nel mentre la stringe e la tocca, gioca con l’elastico dei suoi slip neri attendendo solo che lo supplichi di andare oltre. L’erezione premuta contro il suo inguine caldo comincia a farsi dolorosa, ma tenta disperatamente di non badarci.
Si separa dalle sue labbra in cerca d’aria e scende a baciarle il petto, dove si concentra di nuovo sui seni. Sente le sue mani stringerlo, la sente graffiargli la schiena, stringergli le spalle, scendere voluttuose fin sui glutei e stringerlo quasi con ferocia, quasi non aspettasse altro da tempo; sente le sue gambe aggrovigliarsi alle proprie, il suo bacino strusciarsi contro il proprio, e i suoi gemiti diventano come balsamo per le sue orecchie. Alzando gli occhi sente una nuova ondata di calore avvolgerlo nel vederla con la testa girata di lato, con le labbra gonfie e dischiuse, gli occhi serrati e le guance arrossate, i capelli umidi e scompigliati sparsi sul cuscino, il collo completamente esposto a lui, come se glielo stesse offrendo.
Non è la prima volta che fa una cosa simile. Ora che ci pensa, ogni singola volta in cui, anche solo per gioco, l’ha messa con le spalle al muro e l’ha scherzosamente importunata - più per vederla arrabbiarsi che per altro -, lei gli ha sempre mostrato il collo. Non sa perché ci stia pensando proprio ora, non quando con quelle sue letali mani è scesa a prendersi finalmente cura della sua trascurata erezione, ma il suo cervello è talmente sconnesso che non riesce a fare a meno di dar voce al suo dubbio: «Perché lo fai?»
Sherry davvero non capisce: l’unica cosa di cui è consapevole adesso è solo che lo vuole disperatamente dentro di sé, che vuole vederlo perdersi per il suo corpo, vuole che perda il controllo insieme a lei.
«Fare… cosa…?»
Radish si gode per qualche istante i suoi baci sul collo sempre più vibranti, la sensazione del seno ormai ipersensibile sotto le sue dita, ma poi, stupidamente, risponde: «Mi offri sempre il collo…»
Sarebbe dovuto rimanere in silenzio. Lo capisce nel momento esatto in cui la bacia e lei rimane immobile, come congelata, con quei grandi occhi spalancati nuovamente lucidi e spaventati.
Non fa in tempo a chiederle cosa le sia preso, cosa possa mai aver detto di sbagliato, che si ritrova sbalzato nell’altra piazza del letto, con Sherry in piedi che si porta via un cuscino e si dirige verso il salotto.
«Buonanotte.» Sente il cuore in gola, non riesce a respirare. Non riesce neanche a pensare lucidamente, nella sua mente tutto si riduce a parolacce e maledizioni… e tutte contro sé stessa.
Cerca di ricomporsi subito perché quando i passi pesanti di Radish alle proprie spalle e di slancio si accuccia sul divano scuro.
«Si può sapere che cazzo ti prende?!» Per la prima volta in assoluto, Sherry prova una certa paura nell’averlo vicino. Sa di cosa è capace, sa cos’ha fatto nella sua vita e niente gli vieterebbe di fare altrettanto a lei. In fondo cosa o chi lo fermerebbe? I suoi amici che motivo avrebbero di impedirgli di fare del male a una come lei, ad un mostro?
Istintivamente si spinge maggiormente contro lo schienale del divano e stringe le gambe tra loro, tenendo le ginocchia contro il petto. Malgrado le risulti difficile respirare, si sforza con ogni fibra del suo essere per tenere in piedi la sua solita facciata.
«Niente, voglio solo dormire.»
Radish, troppo offeso e furioso, non si accorge neanche della nota di paura nella sua voce. Ed è un bene, perché sennò si sentirebbe mortalmente offeso nel capire che ha paura di lui, che pensa che potrebbe torcerle anche solo un capello. Le ha dato così tante volte la prova che non ha alcuna intenzione di farle male, che la rispetta troppo per fare ciò che teme, che finirebbe con il frantumarlo dentro. Non glielo darebbe a vedere, certo, ma succederebbe.
«Sei insopportabile, davvero! Una rompicoglioni insopportabile con una valanga di problemi! E sei pure una povera illusa se pensi di poterli rovesciare su di me! Per quanto mi riguarda sei solo uno stupido passatempo, non sei niente più di questo! E io sono un coglione perché malgrado tutto ti permetto di trascinarmi in un cazzo di luna park, a vedere bestie stupide e, soprattutto, perché non ti butto fuori da casa mia a calci solo perché hai un bel culo!» Sherry sa che non lo pensa davvero. Il suo cuore parla molto chiaramente. Ma, Dio, le sue parole riescono comunque a ferirla più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. «Fanculo! Vattene pure nel letto, non ho alcuna voglia di restare chiuso qui dentro.»
Rimane ferma sul divano mentre una lacrima, solo una e già di troppo, le scende lungo la guancia. L’asciuga velocemente e si prende il viso tra le mani per calmarsi, imponendosi di respirare. Per quanto le sue parole le abbiano fatto male, non vuole che la lasci lì. Non vuole che si allontani da lei, non vuole perdere l’unica persona sulla faccia della Terra che la fa sentire così stranamente viva.
Si alza senza far rumore e s’incammina in punta di piedi verso la porta. Sbircia con un solo occhio all’interno, rimanendo ben nascosta dietro lo stipite, e lo vede infilarsi una maglia in fretta e furia. Ed è furioso. E amareggiato. E triste. Lo sente dall’odore che emana la sua pelle. Se così non fosse, lo saprebbe perché lo conosce. Gli ha detto più volte che non ha niente da invidiare al fratello o a Vegeta, che non deve logorarsi tanto perché loro hanno raggiunto prima di lui determinati risultati nella vita. Gli ha detto che questo suo senso d’inferiorità, che lui comunque nega fermamente, non lo aiuterà nella vita. Ma la verità, è che questa volta il suo senso d’inferiorità non c’entra nulla: Radish si sente davvero troppo preso in giro da Sherry, una donna che sa ogni più intima cosa sul suo conto e che adesso non vuole rivelargli ciò che, almeno secondo lui, è una stronzata.
Quando il Saiyan alza lo sguardo su di lei, Sherry sente le gambe cederle per un istante. Per un attimo pensa di indietreggiare quando lo vede incamminarsi verso la porta, ma alla fine non si smuove. Rimane ferma, la guancia ancora premuta contro il legno dello stipite, e si ritrova a trattenere il fiato quando lo sente aprire la porta.
«Radish, per favore…»
Rimangono immobili, dandosi le spalle, respirando appena per non far troppo rumore.
Non è solo il fatto di averlo chiesto con quel tono supplichevole ad averlo bloccato, quanto il fatto che, forse per la prima volta, l’ha chiamato per nome.
«Non possiamo andare oltre, ok? Non finché non riusciamo a capire.» Le sue parole escono flebili dalle sue labbra, ma Radish riesce comunque a sentirle. Si volta appena per provare a capire cosa le passi per la testa e cosa voglia dire con una frase del genere, trovandola ancora con il viso rivolto contro il muro. «Il fatto che ti esponga il collo è grave, e il fatto che lo faccia involontariamente aggrava solo la cosa.»
«Perché? Che significa?»
Non vuole dirglielo. Davvero non vuole, perché dirlo a voce alta renderebbe tutto troppo reale. Ma quando lo sente sbuffare per l’esasperazione e afferrare di nuovo il pomello della porta, si trova costretta ad ammetterlo: «È come il ciottolo per i pinguini…»
Ora è Radish quello paralizzato, incapace di parlare o anche solo di ragionare lucidamente. Lei…
Si sforza di voltarsi per guardarla in faccia, trovandola con le mani a nasconderle il volto e le spalle scosse da silenziosi singhiozzi. Lei mi…
Contro ogni logica, si dirige verso il divano per recuperare il cuscino caduto a terra. Se lo rigira tra le mani e, con passo incerto, le si avvicina. Lei vorrebbe…
Alzando gli occhi, indeciso su cosa potrebbe mai dirle poiché decisamente impreparato, vede la scimmietta rosa abbandonata vicino alla finestra. Se l’era portata dietro tutto il giorno e l’aveva portata pure a casa sua per non separarsene.

 

si volta di tre quarti e lo guarda dritto negli occhi, facendo poi una cosa che un poco lo spiazza: prende la scimmietta e le dà un sonoro bacio sul muso, tenendola ben stretta tra le mani.
«Mi piacciono le scimmie.»

 

«Anche i Saiyan usano mordere durante il sesso per… sancire l’unione, se vogliamo metterla così…» Non sa perché glielo ha detto. In fondo, una simile affermazione non può certo migliore una situazione del genere. Ma, forse forse, neanche peggiorarla troppo.
Le stringe piano un polso e se la tira dietro, non sorprendendosi nel sentirla opporre resistenza.
Prima che possa dirgli qualcosa, una qualsiasi cosa che possa scatenare un’altra stupida disputa, la zittisce: «Fidati di me.»
Senza dover aggiungere altro, rientrano in camera. La lascia ambientarsi, le lascia il suo spazio e non si sorprende nel vedere che si mette su un fianco e dargli le spalle, ma per la prima volta il silenzio che si crea tra loro è assordante ed insopportabile per lui, motivo per cui decide, finalmente, di provare a sdrammatizzare come al solito: «E così mi proponi da settimane di diventare il tuo compagno, eh?»
La sente ridacchiare appena mentre tira su col naso, e le sorride bonariamente quando si volta verso di lui. Lo guarda quasi con riconoscenza e subito capisce che non ha avuto una reazione tanto esagerata esclusivamente per il significato del gesto in sé, quanto per la paura di allontanarlo una volta che l’avesse scoperto. E ha fatto bene ad avere paura, perché per un attimo aveva preso in considerazione l’idea di farlo.
«Dovresti solo ringraziare ogni divinità esistente per un cosa del genere: i maschi della mia specie ucciderebbero per avermi.»
«I maschi della tua specie sono dei dementi.»
«Stronzo.»
È questo, però, il motivo per cui non l’ha fatto: non trova divertenti i battibecchi con gli altri e, fatto ancora più importante, fare pace non lo fa star così bene. Senza contare che ad un tipo come Crilin staccherebbe la testa con un pugno se provasse ad accucciarsi contro il suo petto in cerca di protezione come sta facendo adesso Sherry.
La lascia sistemarsi, si gode la sensazione delle sue dita fredde che gli carezzano il fianco da sotto la maglia e lascia che si assopisca un poco, per poi provare a togliersi un dubbio che, ne è sicuro, pure lei condivide:  «E ora che succede…?»
Sospira forte Sherry. E davvero non sa cosa rispondergli. È estremamente confusa al momento sulla loro “relazione”: come si può essere contemporaneamente qualcosa e niente?
Finché non saprà rispondersi da sola, finché non capirà quanto conta Radish nella sua vita, non potrà dargli una vera risposta: «Che dormiamo…?»
Sospira e lascia cadere la faccenda. Non è il momento. Non dopo tutto ciò che è successo tra loro in meno di ventiquattr’ore, o meglio negli ultimi venti minuti. Col senno di poi, pensa che sia bene se prima ci riflette a sua volta, prima di tornare a discuterne.
Inutile farsi tanti problemi, adesso. Non siamo neanche stati a letto insieme, dannazione! Magari mi sto riempiendo la testa di problemi inutili quando poi a letto non ci troviamo per niente. Sì. Prima il sesso. Senza dubbio. Se non funziona, se ne farà una ragione e andrà ad offrirsi come mogliettina psicotica a qualcun altro. Ecco: problema risolto!
Prima di lasciarsi andare al sonno e di incontrare molto probabilmente quei maledetti pinguini, un ultimo pensiero gli attraversa la mente: La voglio allontanare sul serio?




 

ANGOLO DELL’AUTRICE
Ebbene sì, eccomi di nuovo qui con un nuovo poema (29 pagine ragazzi!).
Dopo lo scorso capitolo mi avete dato un po’ di speranza, così ho deciso di provare a portarla avanti.
Il risultato, com’è evidente, è che questi due poveracci stanno in una situazione a dir poco scomoda, dove entrambi si vogliono ma si trovano frenati.
Sherry si sta rendendo conto che la situazione per lei è tutt’altro che normale, che si sta offrendo ad un uomo che non appartiene alla sua razza (neanche al suo pianeta, se vogliamo dirla tutta) e che lo sta facendo in modo molto serio, come non era mai successo prima. Insomma, è stata fidanzata per anni con River (presto conoscerete anche lui, e non sono sicura che vi piacerà), eppure non le è mai passato per l’anticamera del cervello di offrirsi come sua compagna (sì gente, offrire il collo significa “voglio essere tua/o per sempre!”). Mi preoccuperei anche io!
Radish, dal canto suo, si sente talmente coinvolto in questo strano rapporto che non si sente di forzarla a far niente malgrado voglia portarsela a letto con ogni fibra del suo essere (ed abbia pure capito che forzando la mano la fa cedere velocemente)… e questo lo destabilizza completamente! In fondo è ben consapevole di chi è, di cosa ha fatto nella sua vita, quindi ritrovarsi sottomesso da un qualcosa che neanche capisce è devastante!
Però che si vogliano è ormai più che palese ad entrambi… dovranno solo aspettare un fattore scatenante! (Indovinate un po’ quando ci sarà?)

In ultimo ci tengo a precisare che a me i pinguini non piacciono. Carini eh, ma non sono così adorabili come fanno credere.
Ok, basta. Devo smettere di fare queste sottospecie di orribili riassunti a fine capitolo, sono abbastanza inutili!

Una parte del prossimo capitolo è già pronta… e, Dio!, se mi sono sentita una stronza nello scriverlo! Ma tanto eh… una bruttissima persona come poche altre volte.
Apparirà pure Piccolo. Porello… finisce in mezzo ai casini pure lui!

A presto, un bacione
Kiki 🤙🏼


PS: Tanto per essere chiari (o almeno provarci), in rete ho trovato l’immagine del cavallo più grande del mondo, che misura due metri e dieci al garrese: http://imgbox.com/3Tj7WsyJ
Sherry al garrese è due metri e dodici.
Ve la lascio perché non trovo più la tavola grafica e che non ho soldi per ricomprarla (e neanche lo sbatti di disegnare, in ogni caso), così potete farvi un’idea delle sue dimensioni. (Radish, secondo quanto trovato in rete, è circa 1.90, centimetro più, centimetro meno.)
Anche questo verrà spiegato in seguito, assieme a tante altre cose, ma ci tenevo comunque a metterlo in chiaro dal momento che lei è già stata mostrata.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Questo è in assoluto il capitolo che mi piace di meno. Ho avuto non poche difficoltà a scriverlo e a gestire i personaggi. Mentre Radish risulta più malleabile perché apparso davvero pochissimo, Piccolo davvero non so gestirlo. È venuto fuori un abominio e me ne dispiace terribilmente perché l’ho sempre adorato! 😥
In ogni caso, so che pare molto sconclusionato ma, assieme al prossimo, è quasi transitorio: in pratica serve solo ad analizzare i sentimenti dei due, i dubbi e le incertezze, fino alla loro decisione finale. Vorrebbe essere un qualcosa di abbastanza introspettivo, ma non sono certa di essere riuscita nell’intento. Spero con tutto il cuore che non mi massacriate di critiche 😅

PS: Tenete presente, mentre leggete, che la storia è ambientata dopo Cell, quindi Piccolo ha perso completamente la sua parte malvagia. Questo forse vi aiuterà a detestarlo di meno. 😅

 

𝟟.  𝒱𝑒𝓇𝒾𝓉à 𝒸𝒽𝑒 𝓈𝓅𝒶𝓋𝑒𝓃𝓉𝒶𝓃𝑜




Apre gli occhi di scatto, il petto si alza e si abbassa velocemente. Non ricorda cos’ha sognato, ma sa che non si è trattato di qualcosa di bello. Lo stomaco si contrae per un attimo, e subito dopo il corpo si distende un poco.
Sente un movimento al proprio fianco e girando la testa vede Radish placidamente addormentato. È carino così, con i capelli sparsi sulla schiena e sul letto, l’espressione serena e i muscoli rilassati. Potrebbe fargli una fotografia col cellulare, se solo sapesse dov’è.
Sospira e si passa una mano sulla fronte sudata. Voltando la testa vede che la sveglia indica le 3.33.
C’è un cane che abbaia fuori. Sembra furioso… e terrorizzato. La finestra lasciata aperta le fa arrivare i suoni ancor più nitidi alle orecchie. Si domanda cosa gli sia preso, cosa possa esserci di tanto brutto per strada. In fondo lei è lì, nel letto, e per quelle strade non caccia mai nessuno Spettro. È il suo territorio, sarebbe da pazzi anche solo provarci.
Poi ricorda che non avevano lasciato la finestra aperta, prima di addormentarsi. Faceva freddo per lasciarla aperta. Radish aveva pure chiuso le tende, lo ricorda bene.
Respira a fondo per calmarsi e distendere i nervi, ma il corpo si paralizza completamente: c’è odore di freddo, di neve e di fiumi ghiacciati.
Ad un qualsiasi Spettro del Nord non farebbe alcun effetto, e probabilmente non si accorgerebbero neanche di quella nota frizzantina di sangue che si mescola al tutto… ma Sherry sì. Sherry riconoscerebbe questo odore tra mille.
Tenta di allungare un braccio nel letto per svegliare Radish. Ha bisogno di lui. Ha disperatamente bisogno di lui. Non riesce però a muoversi, le braccia sono paralizzate dalla paura.
Il cuore le martella nel petto, è assordante per le sue orecchie.
Abbassando gli occhi, eccolo nell’angolo della stanza.
Calde lacrime le solcano le guance, il cuore batte così forte da farle fisicamente male.
Prova a parlare, a chiamare Radish, ma tutto ciò che emette sono dei gorgoglii strozzati.
Quei freddi e penetranti occhi color rubino continuano a fissarla dal buio della stanza, diabolici e furenti.
L’ha trovata. Ha vinto.
Annaspa in cerca d’aria, prova a sfiorare Radish, la bestia si avvicina. Vede il folto vello grigio ondeggiare ad ogni suo movimento.
Il materasso cigola quando l’enorme bestia vi poggia le zampe anteriori per sollevarsi su di lei.
Riesce a toccare il braccio di Radish, riesce a stringerlo. Se eserciterà la giusta pressione in tempo, riuscirà a svegliarlo.
Lui può uccidere Jäger. Potrebbe farlo ad occhi chiusi e con le mani legate dietro la schiena, Sherry lo sa. Con la giusta motivazione, potrebbe polverizzarlo con una sola mossa.
Deve solo riuscire a svegliarlo.
Ma Jäger lo sa. È sempre stato maledettamente furbo, ha informatori ovunque.
«Tana per Sherry…»
Il suo latrare sembra disturbare il sonno del grosso Saiyan, a giudicare dai suoi mugolii.
Sherry ci prova ancora, tenta di stringergli più forte il braccio, ma non serve a niente: le fauci si spalancano, le candide zanne lunghe e affilate le scintillano per un istante davanti agli occhi ed infine, veloce e preciso, scatta su di lei.
«CAZZO, SHERRY!» Urla con forza e rabbia Radish, ritraendo il braccio di scatto. Lo tiene stretto al petto e tenta di bloccare l’emorragia con la mano. Lo squarcio brucia come l’inferno e, accendendo frettolosamente la luce, vede cinque lunghi e profondi solchi nella carne, fatti indubbiamente dagli artigli di Sherry.
Si volta a guardarla per chiederle spiegazioni, trovandola come pietrificata nel letto. La insulta un po’ e, sorpreso dalla mancata reazione, le si avvicina cautamente per osservarla meglio: gli occhi sono ciechi, vitrei, puntati sul soffitto, le lacrime scorrono incessanti ai lati del viso e si perdono tra i suoi capelli, le labbra sono dischiuse e a malapena respira.
«Oi, che ti prende?» Abbandona per un attimo la presa dal braccio ferito, bestemmiando a mezza bocca nel constatare che esce davvero molto sangue. Fa appena in tempo a sfiorarle una spalla con la punta di un dito che lo Spettro attacca ad urlare con quanta più forza può, agitandosi così tanto da scivolare di sotto dal letto.
Urla, urla e urla a più non posso, implora a chissà chi di smettere, di lasciarla, e Radish non ha idea di cosa stia accadendo e del perché lo guardi con così tanto terrore. La chiama e la richiama a gran voce, prova ad afferrarla per scuoterla ma lei continua a menare artigliate ad ogni suo tentativo.
«Sherry, dannazione, sono io! Smettila subito!» Prova di nuovo ad afferrarla per un braccio, ma lei sferra l’ennesima artigliata che per poco non gli porta via un occhio. Se non fosse stato per il calcio che gli ha tirato contemporaneamente per allontanarlo e non lo avesse colpito nella spalla, adesso sarebbe sguercio.
Rimane per qualche secondo steso su un fianco sul pavimento e la guarda mentre si rannicchia contro l’angolo. Si tiene le braccia attorno alla testa come scudo, le gambe sono tanto strette tra loro e addossate con tanta forza contro il petto che potrebbero fondersi insieme. Piange disperatamente, respira con estrema difficoltà.
Scatta verso la finestra e afferra la piccola borsa a sacco di Sherry e, dopo una breve ricerca, estrae il telefono e chiama l’unica persona che può aiutarlo.
«Andiamo, rispondi, rispondi…» Mormora con voce incerta ed impaziente, continuando a lanciare veloci occhiate alla ragazza terrorizzata che pare avere quasi le convulsioni per quanto trema.
- “Sher… per la puttana è tardi…
Non credeva di poter essere felice di sentire la sua voce. Ma ora non ha tempo per pensarci, deve trovare una soluzione subito. Non vuole né che lei continui a soffrire in quel modo né, tanto meno, che i vicini chiamino la polizia. Sarebbe difficile da spiegare tutta la faccenda, e davvero non ha voglia di sentirsi addosso lo sguardo accusatorio dei suoi amici che mai crederebbero alla sua versione, non con quei tagli sul braccio che potrebbero passare come un gesto estremo di legittima difesa.
«Non respira!»
- “Eh?
«Cioè, respira, ma male! Quasi non ci riesce!»
- “Radish?
«Mi ha graffiato mentre dormiva, si è buttata di sotto dal letto, ho provato a calmarla ma è come se non mi vedesse o non sapesse chi sono. Continua ad url- ora si sta aprendo le braccia!» Prova di nuovo ad avvicinarla, non riuscendo a capire cosa diavolo le sia successo. Lui ne ha viste di atrocità, molte le ha compiute lui stesso col sorriso in volto, ma mai ha visto qualcuno struggersi in questo modo, mai ha visto un tale senso di terrore avvolgere gli occhi e il cuore di qualcuno. E non riesce a credere che quel qualcuno sia Sherry, probabilmente la ragazza più forte che abbia mai conosciuto.
- “Apri la finestra. Impediscile di farsi male, usa la forza se necessario. Arrivo subito.
Urla il suo nome non appena gli chiude la telefonata in faccia e, dopo aver tirato un pugno nell’anta dell’armadio per la frustrazione, si alza da terra, scivolando nel suo stesso sangue. Impreca ancora e si appresta ad aprire la finestra per poi raggiungere Sherry. Ha dei tagli profondi che partono dalle spalle e scendono fino ai gomiti, a terra c’è una pozza del suo stesso sangue.
«Sherry, sono io, calmati, dannazione! Sono io! Guardami! Usa quel cazzo di naso magico! SONO IO!» Le tiene i polsi con una mano e, malgrado il dolore, usa il braccio ferito per costringerla a guardarlo.
Non sa dire se fa più male il braccio o il fatto che lo stia guardando come si guarderebbe il più orrendo dei mostri, con un tale terrore negli occhi che gli fa fisicamente male.
Un tonfo sordo alle sue spalle lo fa un poco trasalire, ma ancor prima di girarsi qualcuno lo spintona all’indietro con ferocia.
Bree sta su di lei, l’ha inchiodata a terra e le sta a cavalcioni sull’addome. Le tiene i polsi con forza, Radish sente lo scricchiolio delle ossa che si frantumano sotto la sua presa. Non credeva che con “usa la forza se necessario” implicasse spezzarle le ossa, non vede proprio come possa migliorare la situazione farle del male.
Mimì, arrivata fin lì aggrappata alla schiena della compagna, si inginocchia al fianco di Radish e lo costringe a rialzarsi ed allontanarsi verso la porta. Gli controlla il braccio, impreca, la sua voce è piena di paura. Ha già assistito ad una crisi di Sherry, era consapevole che prima o dopo sarebbe potuto accadere durante la loro convivenza, ma non aveva mai preso in considerazione l’idea che potesse ferire qualcuno.
Scivola sul sangue sparso sul pavimento e resta in piedi solo reggendosi alle spalle del Saiyan. Si sente svenire, lo stomaco si contrare così dolorosamente che per poco non dà di stomaco. Ma si impone categoricamente di stringere i denti e ingoia il conato che le era salito in gola. La donna che ama più di sé stessa ha passato di peggio sin dalla più tenera età e mai una volta ha perso il controllo, e Mimì sa benissimo che non è solo per la sua natura da Spettro: è la sua forza, la sua determinazione che la spinge a non cedere al panico e a stringere sempre i denti. Lei, in quanto sua compagna, non vuole esserle da meno.
«Sherry, sono qui. Guardami, sono io. Lui non è qui, non può prenderti, non può farti male.» L’ha tirata in piedi e sbattuta contro un muro con forza, le tiene le mani ai lati della testa e se ne sbatte delle sue unghie conficcate negli avambracci. Può farle male quanto vuole, può provare ad allontanarla come meglio crede, ma lei non la abbandonerà. Le ha salvato la pelle in così tante occasioni che è quasi difficile ricordarle tutte, alcune cicatrici se le è fatte per proteggerla: è sua sorella, non le volterà mai e poi mai le spalle.
«Sherry, sono Bree. Sono qui. Sono con te. Lui non può più toccarti.»
Le ringhia contro, Sherry. Snuda le zanne e prova a morderla, ma Bree è irremovibile e la sbatte ancora contro la parete. Se non fosse tanto spaventata da non riuscire davvero a combattere, se il terrore non avesse messo fuori uso la sua mente impedendole di mutare, non avrebbe neanche una possibilità in uno scontro.
«Ascoltami, Sherry… Ascolta le mie parole.» Gioca l’ultima carta, come ormai accade sempre più di frequente. Un tempo bastava urlarle in faccia, scuoterla con violenza e magari spezzarle qualche osso, ma sta diventando sempre più complicato riportarla alla realtà, e questo la spaventa. Se un domani non avessero più la capacità di svegliarla da questo stato di follia distruttiva/auto-distruttiva…
«Imba wimbo - wa upepo - wakati unajiwa na
Imba wimbo - wa upepo - wakati ndoto tamu
Lala mpaka usiku uisheni
Upepo wa usiku - wimbo wanko na…*»
La ninnananna di Leila. La stessa ninnananna che cantava per i cuccioli della tana… quella che le cantavano quando era piccola per ricordarla. Ai piani alti non lo sapevano, avrebbero scuoiato vive quelle donne se lo avessero saputo. Perché Leila era divenuta una specie ci tabù, non la si doveva nominare.
Loro due non conoscono il significato di quelle parole. Le conosceva Leila e nessuno aveva mai pensato di chiederle cosa volessero dire. Quelle parole erano troppo belle sentite con la sua voce, non importava cosa volessero dire.
Per Sherry, quella è la più bella delle canzoni mai concepite al mondo. Ed è per questo che, a poco a poco, secondo dopo secondo, il viso di Bree acquista nitidezza per i suoi occhi, tanto da permetterle di sfiorarle la guancia.
«Sono qui.» La stringe con forza e lascia che pianga con il volto nascosto nell’incavo del suo collo. E piange, Bree. Piange mentre i ricordi le invadono la mente per l’ennesima volta. Piange e si stringe a lei, cerca di darle un poco della sua forza.
Come se ne avessi a sufficienza…, pensa con angoscia, domandandosi ancora come abbia fatto lei in tutti quegli anni. L’ha protetta alla tana e ha protetto sé stessa finché ha potuto. L’ha protetta fuori dalla tana e ha ucciso chiunque le sbarrasse la strada. Ha protetto Fern e gli altri da chiunque anche solo pensasse di far loro del male. Ha vagato da sola con River per anni, ha sopportato il dolore e non si è fatta schiacciare da niente e da nessuno. Senza volerlo, è sempre stata da esempio per i tutti i randagi, per tutti i reietti e gli esclusi. È divenuta la loro guida, Bree lo sa, così come sa che combatterebbero per lei se solo lo chiedesse. Ma lei non lo chiede. Lei non chiede mai niente. Lei rimane barricata col suo dolore e le sue paure, lascia che le danzino nel cuore e nella mente, tenendovi chiunque lontano. Come ci si aspetta da un Re… o da una Regina.
«Vieni. Aiutami a prepararle qualcosa di caldo.» Radish non pare sentire la voce flebile e triste di Mimì; rimane dritto davanti alla porta a fissare i due Spettri stretti l’uno tra le braccia dell’altra e davvero gli sembra ingiusto.
La rossa poi gli poggia una mano sulla guancia e lo guarda con lo stesso sguardo amorevole di una madre, facendolo addolcire: «Radish: è la cosa migliore che puoi fare per lei, adesso.» Gli prende poi una mano tra le sue e lo tira delicatamente fuori dalla stanza, verso la piccola cucina.
«Che diavolo è stato?» Domanda dopo istanti di profondo e surreale silenzio, nel quale Mimì ha frugato per la cucina in cerca di un bollitore per mettere su del tè. Lo ha poi raggiunto e, recuperando il kit di primo soccorso abbandonato in precedenza sul tavolo, si è messa a disinfettargli la ferita.
«Un incubo.» Lo dice con ovvietà ma al tempo stesso con la stessa dolcezza di una madre che prova a calmare il figlio, cercando di scordarsi della reazione isterica che ebbe lei la prima volta che vide Sherry in quelle condizioni.
«Non c’è mai un motivo preciso quando accade. Magari ha passato una bella giornata, oppure è stata sul divano a guardare i cartoni  e rimpinzarsi di zuccheri per tutto il giorno, ma quando chiude gli occhi sogna Jäger.» Gli ricuce come meglio può la ferita mentre parla, cercando di fargli il meno male possibile. Tutto sommato, pensa, il forzato esercizio sulla pelle di Bree è servito davvero a qualcosa. «Da quel che dice Bree, i sogni sono incredibilmente reali… e questo la terrorizza oltre ogni limite.»
Rimangono in silenzio mentre lo ricuce. Radish osserva l’ago che gli buca la carne e il filo che la rimette assieme, ma in realtà non lo vede. Non sente davvero neanche il dolore che gli causano le mani poco delicate della rossa. Ha un solo pensiero che gli ronza per la testa, scaturito dalle precedenti parole di Bree: “Lui non può più toccarti”.
«Lui l’ha-»
«Non ne sono sicura.» Lo interrompe ancor prima che finisca la frase, perché non vuole neanche immaginare cosa possa voler dire subire un simile trauma. Ma lo sospetta. Eccome se lo sospetta. In fondo, cosa potrebbe mai rendere Bree, una donna che ha compiuto atrocità inumane, tanto fredda e disgustata se non un atto tanto spregevole?
Rimangono fermi, in silenzio. Pensano più o meno alle stesse cose, ma non ne vogliono parlare. In realtà, non ce n’è alcun bisogno: sanno entrambi che sarebbe lei a doverne parlare con qualcuno.
Mimì sorseggia distrattamente il tè per provare a calmarsi, ma quegli orribili pensieri le invadono la mente e, per provare ad ignorarli, si concentra su due cose ben distinte: la mano di Radish, che continua a stringere come se fosse un’ancora di salvezza, e i rumori che fa Bree nell’altra stanza. Sente che ha lavato Sherry, che le parla in un’altra lingua per poterle dire liberamente cose che vogliono tenere tra loro, che ha pulito il pavimento con gli asciugamani di Radish. Entrambi l’hanno sentita scherzare sul fatto che “tanto erano sciupati, gliene procuro di migliori!” seguito poi da un “oh cazzo, forse era meglio uno straccio: guarda che schifo ho combinato”.
Alla fine, dopo un tempo lungo un’eternità, Bree esce di camera e si chiude con delicatezza la porta alle spalle. Vi poggia contro la fronte e respira a pieno polmoni, gli occhi chiusi, la mente che ragiona su tutta la situazione. Forse ti sbagliavi, vecchio mio.
«Si è addormentata. Ogni volta sembra sempre più sfinita…»  Mormora piano, separandosi a fatica dalla porta. Le braccia sono state curate da Sherry, ma si vedono comunque i segni rosei sulla pelle bronzea. Ora che Radish ci fa caso pure lei ha molte cicatrici. E io che pensavo che tu fossi una buona a niente.
Si siede al tavolo con loro e beve una lunga sorsata di tè dalla tazza che Mimì aveva preparato per lei, poggia poi i gomiti sul tavolo e si sorregge la testa con le mani. I lunghi capelli biondi sono raccolti in una coda disordinata, alcuni ciuffi le cadono al lati del viso e sul collo; lo sguardo è stanco e addolorato. Improvvisamente, pare aver perso tutta la sua luce.
«Raccontami cosa è successo oggi.»
Radish, seppur con stizza, le racconta della loro giornata mentre lei, con sua enorme sorpresa, gli lecca le ferite per accelerarne la guarigione. Le racconta del loro pranzo al fast-food, le racconta del luna park e di Pip, le racconta che sono stati invitati entrambi alle sue nozze e che si lamentava del fatto che doveva comprarsi un vestito, che sono andati a vedere i pinguini e che è venuta a dormire da lui perché loro erano troppo esuberanti. Le dice che c’è stato qualcosa tra loro, ma le dice anche che non sono fatti che la riguardano e che, ne è sicuro, non le ha fatto niente di male.
«Niente avrebbe potuto ricordarglielo.» Si sorprende un poco, Radish, che gli creda dal momento che pare non apprezzarlo assolutamente. Ma il punto è questo: pare. In realtà Bree lo tratta male solo perché ha mandato a monte i suoi piani, in realtà le va a genio.
Sospira forte e si alza di scatto, camminando con aria assorta per la stanza. Continua a far schioccare i polsi e le dita, producendo così dei suoni tanto fastidiosi che il Saiyan pensa di lanciarle la tazza addosso, ma si trattiene dal momento che l’ha aiutato e curato.
«Passerò il pomeriggio con lei, la terrò distratta. Magari la farò impazzire con la ricerca del vestito per domani, così potremo fingere che non sia successo niente.»
«Non sono un esperto in materia, ma non vi converrebbe parlarne?»
Ridacchia con fare nervoso Bree, e lo guarda con aria sconsolata: «Se vuoi farla scappare o indurla a provare ad ucciderlo e quindi farsi uccidere, o peggio, sì. Ma se tieni a lei, almeno un poco, devi lasciarla stare: rinchiuderà tutto in un angolo della sua mente e lì lo terrà finché ne sarà capace, e lei tornerà esattamente come prima.»  Sospira nel vederlo reagire con stizza e roteare gli occhi al cielo.  Pensi che non ci abbia già provato, Radish? Grande Spettro, se sapessi cosa è successo quella volta…
Stringe i pugni per la rabbia, Bree, ma decide di calmarsi. Non ha colpe, non può negarlo. Sta cercando di mettere mano in qualcosa che non può comprendere solo perché - questo sì che la sorprende - tiene alla sua amica. Questo non era previsto… ma pensandoci un attimo…
Lo avvicina con passo deciso e gli poggia una mano sulla spalla, guardandolo dritto negli occhi con sicurezza: «Davvero Radish: lasciale affrontare i suoi demoni a modo suo.»
Le osserva mentre, con passo lento ed un poco strascicato, raccattano le loro cose e si avviano verso la porta. Bree gli sorride bonariamente quando sono ormai ad un passo dalla porta e afferma che penserà lei ad un completo per lui e lo avverte di evitare il contatto fisico nel letto, perché in questo momento non le farebbe piacere.
Le saluta di rimando quando escono e, prima che la porta si chiuda, vede la testa di Bree fare capolino. L’ha sentita distrattamente dire alla compagna di incamminarsi, che si era scordata un qualcosa, ma non vi aveva fatto caso. Vuole solo tornare a letto, quindi semplicemente la ignora e s’incammina, venendo però bloccato. Lo guarda con uno sguardo strano adesso, uno sguardo duro, risentito e violento.
«Ricorda una cosa, Radish: io ho il sangue sporco, sono divisa tra le due razze, ma lei no.» Non capisce cosa voglia dire, ma non gli importa neanche un granché. Rimane ad ascoltarla semplicemente perché non gli piace il suo tono aggressivo.
«Tu non sei come noi, Radish. Non potrai mai renderla felice, non potrai mai stare al suo fianco. Potrete anche divertivi insieme, passare momenti di fuoco e, anzi, lo spero davvero, ma non affezionarti, non pensare che possa nascere qualcosa tra voi.»
Rimane fermo, le braccia lungo i fianchi, le mani che gli prudono mentre la guarda uscire da casa sua. Non sa perché se la stia prendendo tanto per una cosa del genere, sa solo che gli fa male. Credeva di essere abituato ad essere trattato come immondizia, lo credeva davvero. Dopotutto è cresciuto nell’ombra di Vegeta e Nappa, che non hanno mai perso occasione di ricordargli che è nato guerriero di infimo livello e che così sarebbe morto, quindi perché mai le parole di una Mezzosangue, una donna che tra la sua gente è pressoché al suo stesso livello, dovrebbero fargli male?
Steso al fianco di Sherry, però, non riesce a darle torto. Lei è diversa, ha il sangue puro, secondo Mimì ha un “pedigree invidiabile”… cos’hanno da spartire?
Possiamo essere amici. Lasciare le cose come stanno. Continueremo a divertirci per un po’, finché non arriverà il momento di riprendere le nostre strade. Penso che andrebbe bene ad entrambi, alla fin fine.
I suoi occhi scattano sul viso contratto di Sherry dopo averla sentita mugolare. La osserva agitarsi un poco, le sopracciglia si aggrottano e Radish sente il corpo irrigidirsi per qualche istante finché, con sua enorme sorpresa, la vede allungare una mano per cercarlo. E lui sente come una fitta alle budella quando vede quelle lunghe e sottili dita intrecciarsi alle sue.
Possiamo davvero essere solo amici?

Non si è sorpreso molto, Radish, nello svegliarsi da solo. In realtà ne è stato sollevato. Avrebbe sicuramente fatto domande come una qualsiasi altra persona normale che, almeno un poco, si preoccupa per qualcuno che gli sta sempre vicino.
Lo ha invece sorpreso apprendere, una volta in piedi, che prima di andarsene aveva passato lo straccio per togliere le tracce di sangue. E che ci ha tenuto pure a mettere la scimmietta di pezza sulla cassettiera e una sua tuta pulita di fianco, come se già sapesse cos’avrebbe fatto in sua assenza. Ma, alla fine, non si è soffermato a pensarci, non era certo una priorità.
Si è preparato velocemente ed è uscito di casa. Si sentiva soffocare lì dentro, era come se le pareti lo schiacciassero.
È volato via con la mente in tilt, un groviglio di emozioni ad opprimergli il petto. Voleva fare tutto e niente, voleva urlare e chiudersi nel mutismo più assoluto, voleva disperatamente la sua compagnia ma bramava al tempo stesso la solitudine… ma più di ogni altra cosa, voleva trovare Jäger. Voleva stanarlo e farlo letteralmente a pezzi, torturarlo e smembrarlo. Ha provato a cercare un’aura più forte di quella di Sherry - perché non è stupido, sa bene anche senza chiederlo che quel tipo è più forte di lei -, ma non ha trovato niente, indice che probabilmente vive sotto le spoglie di lupo.
Frustrato da tutta quella strana situazione per lui nuova e quasi agghiacciante, è andato da Piccolo. Lui è più saggio, lui sa controllarsi. Pensava che avrebbe potuto aiutarlo, ma prima di aprire bocca si è ricordato che avrebbe dovuto sapere tutta la verità. E Radish sapeva di non potergliela dire senza tradire la fiducia di Sherry.
Un tempo non si sarebbe certo trattenuto, avrebbe tradito la sua fiducia senza pensarci e senza provare niente, ma stavolta si è sentito come congelare.
Il ricordo di quel viso stravolto da mille emozioni, dalla colpevolezza e dal dolore nei suoi occhi per avergli rivelato la sua natura… Come posso tradirla dopo che si è esposta tanto? Certo, all’inizio non è stato intenzionale e di certo l’ho portata all’esasperazione, ma si è comunque aperta, mi ha raccontato molto, si è fidata di me.
Non poteva tradirla, non dopo tutto quello che hanno passato in quelle settimane, non dopo avergli mostrato tanto affetto pur sapendo chi è e cosa ha fatto per vent’anni.
Così gli ha proposto di allenarsi, si è mostrato il più calmo possibile e si è difeso dalle sue insinuazioni. Più che sue, da quelle riportate da Gohan. Sembra infatti che sua cognata, al telefono con Bulma, spettegoli su una sua ipotetica compagna.
Si è difeso da quelle
non troppo infondate accuse e poi l’ha spronato a fare del suo meglio perché, in quelle settimane in cui si è allontanato, non si è allenato al massimo come avrebbe dovuto.
Si allenano da quaranta minuti, ormai. Piccolo si mostra all’altezza della forza e della velocità del Saiyan, complice anche il fatto che quest’ultimo pare non essere concentrato al cento per cento.
Dopo un calcio ben assestato, Radish si trova nuovamente a terra. Urla per la frustrazione, impreca e si rialza, cercando di non incrociare lo sguardo del compagno, che invece continua ad osservarlo con attenzione. Non è la prima volta, da quando è arrivato, che gli osserva con insistenza le braccia, e Radish si sente ogni volta a disagio. Non vuole dirgli come si è procurato tutti quei segni, non saprebbe bene come gestire la conversazione.
«Molte di quelle cicatrici sembrano morsi.» Radish, per quanto sia sinceramente affezionato a Piccolo, vorrebbe davvero distruggerlo adesso. Avrebbe potuto farsi gli affari suoi come è solito fare, restare zitto e calmo, invece preferisce interagire, fare domande personali. Sa bene che lo fa perché, visti i trascorsi, preferisce provare a tenerlo sotto controllo prima che faccia qualche danno, tenendo sotto controllo eventuali minacce al tempo stesso, ma davvero non lo sopporta in questo momento.
«Vogliamo continuare con le chiacchiere o ci diamo da fare?!» Scatta come una bestia rabbiosa, rimane lucido con difficoltà. Una parte di lui, quella codarda che tanto lo disgusta ma che proprio non lo abbandona, non riesce ad accettare tutta la situazione perché spaventata da tutte quelle nuove emozioni. Arriva pure a domandarsi se è così che si sentono Kakarot e Vegeta, chiedendosi pure come abbiano fatto ad accettarlo. Perché è un qualcosa di difficile, che ti annebbia i sensi e gioca con la tua mente… però è anche così caldo.
Con la coda dell’occhio nota qualcosa scivolargli dalla tasca e si maledice per averci prestato attenzione, perché Piccolo gli sferra un calcio tale da rispedirlo a terra con violenza. Per un secondo fatica a riprendere fiato dopo l’impatto, ma è solo un secondo e Piccolo è già alle sue spalle. Lo sente borbottare che è inutile allenarsi così, se lui non riesce a concentrarsi a dovere. Lo invita a meditare per ritrovare sé stesso, ma la sua voce arriva ovattata e lontana alle orecchie del Saiyan, la cui attenzione è totalmente calamitata verso quel piccolo rettangolo di carta lucida che giace al suo fianco.
«Non hai mai combattuto così male, Radish. Che diavolo ti prende?» Alza la voce per farsi sentire, cerca di toccare il punto giusto, ma al Namecciano non ci vogliono che un paio di secondi per capire che no, il compagno di allenamento non lo sente proprio. Segue il suo sguardo, cercando di capire cosa stia fissando con tanta attenzione e perché gli dia come l’impressione di essere quasi triste.
Sono quattro piccole foto tessere, una diversa dall’altra. Dopo quell’orrenda nottata, Radish aveva rimosso quegli strani cinque minuti di stupidità di Sherry. Prima di portarlo al bioparco dai maledetti pinguini, lo aveva afferrato per un braccio e trascinato dentro una cabina fotografica multicolore. Lo aveva costretto a sedersi e, prima che avesse il tempo di chiederle cosa diavolo le passasse per la testa, gli si era seduta sulle ginocchia e gli aveva avvolto il collo con un braccio. E lui era rimasto interdetto, limitandosi a guardarla di traverso mentre faceva tutte quelle stupide smorfie davanti a quell’accecante flash, fino all’ultima fotografia, dove gli aveva preso delicatamente il mento tra le dita e lo aveva baciato all’angolo della bocca. Non credeva di essere arrossito, ma quella piccola fotografia mostra evidentemente il contrario.
Piccolo le osserva a distanza e si domanda per quale ragione gli occhi di quella giovane sembrino sparare come dei piccoli laser. Domanda che, in realtà, si è fatto pure Radish prima di notare il proprio rossore nell’ultima fotografia, inconsapevole del fatto che gli occhi di uno Spettro sono dotati del tapetum lucidum,
uno strato  riflettente posto subito dietro la retina, che aumenta la capacità visiva in condizioni di bassa luminosità. In normali condizioni nessuno Spettro si espone davanti ad un flash proprio per questo motivo.
«E così Chichi sbagliava, mh?» Lo sfotte prontamente Piccolo, non stupendosi nel veder scattare l’amico. Lo conosce abbastanza da sapere che non potrebbe mai sopportare di essere visto in certi atteggiamenti. Per un attimo si domanda come avrebbe reagito Vegeta di fronte a quelle fotografie, ma poi si ricorda che non gli interessa.
«Non è come credi.» Gli ringhia contro il Saiyan, rimettendosi in tasca il cartoncino.
«Io non credo niente. Io vedo.» Controbatte prontamente il Namecciano, senza scomporsi.
Sospira frustrato, Radish, e davvero vorrebbe cedere. Vorrebbe chiedergli come dovrebbe comportarsi dopo quell’orrenda nottata perché davvero non ha idea di come ci si comporti in queste situazioni, e si domanda se può in qualche modo aiutarlo senza dovergli rivelare troppo… e così tenta: gli racconta che l’ha incontrata nel bar dove “lavora”, che picchiò degli uomini per difendersi, che l’ha trovata incredibilmente forte e che in qualche modo si sono avvicinati. Non è facile però raccontargli che durante la notte gli ha aperto un braccio perché ha sognato un tipo che un tempo l’ha quasi violentata, un po’ perché gli fa quasi male solo pensarlo e un po’ perché molte parti della sua spiegazione fanno acqua da tutte le parti a causa delle enormi omissioni.
Piccolo certo non è scemo, si è accorto da subito che sta nascondendo qualcosa, ma proprio perché non è scemo capisce anche che non è qualcosa che può rivelarsi una minaccia. Sa bene che Radish, per quanto non trovi un reale motivo per farlo, si farebbe in quattro per proteggere il pianeta da eventuali minacce e che di certo non ne proteggerebbe una.
Pur non dicendolo ad alta voce, gli dispiace vederlo in queste condizioni: ha gli occhi stanchi e vi legge dentro una frustrazione e un dispiacere che non gli aveva mai visto e che mai pensava avrebbe visto. Non con lui, un Saiyan che combatte con le unghie e con i denti per farsi vedere al pari del fratello e, forse anche di più, di Vegeta.
«Apprezzo che tu ti sia confidato con me, ma temo proprio che tu abbia sbagliato soggetto. Non sono pratico di queste cose e, in realtà, neanche mi interessano. Avresti dovuto parlarne con Chichi o Bulma.» Non gli fa piacere dirglielo e non si sorprende molto nel vederlo annuire distrattamente. Si sorprende però nel vederlo buttarsi a terra con le mani sul viso, come a volersi nascondere. Quando poi separa di scatto due dita, lasciando così un piccolo spiraglio per un occhio, un brutto presentimento lo assale. Perché non lo guarda mai così, con quella strana scintilla infantile e maligna, ed è sicurissimo che non porterà a niente di buono.
«Adesso, mio caro uomo verde, diventerai le mie orecchie.»

Sta ferma davanti allo specchio da una trentina di secondi ormai, la schiena dritta e rigira, la mascella serrata e una nota porpora sulle guance. Si sente stupida, inadatta, è sicura che risulterebbe solo goffa di fronte a tutti con un simile abito, tanto lontano dal suo stile.
Ha provato a dire a Bree che può sempre andarci con un paio di jeans chiari senza strappi e una maglietta senza stampe strane, magari bianca, e se proprio ci teneva si sarebbe pure messa i tacchi, ma la bionda è stata a dir poco irremovibile.
L’ha trascinata in quell’assai troppo profumata boutique e ha cominciato a farle cambiare vestiti su vestiti, uno più vistoso e femminile dell’altro. Sa bene perché lo sta facendo, perché s’impegni tanto: per quanto voglia bene a Pip, del suo matrimonio se ne frega abbastanza, quindi è solo per tenerle la mente occupata e impegnarla con le proprie idiozie. Ha pure accennato al fatto che presto metterà su famiglia con l’aiuto di qualcuno che conoscono, ma prima che potesse fare domande l’ha spinta in un camerino con un vestito arancione tutto balzi e pizzi e ha deciso di stare zitta. Sapendo benissimo che gliene parlerà in seguito, in quel momento doveva solo concentrarsi sul non far crollare i muri a suon di bestemmie.
L’abito che indossa adesso non è certo un orrore come gli altri, anzi in cuor suo sa che è pure un bel vestito, ma è davvero troppo da principessa per i suoi gusti.
«Okay, in quale mondo parallelo indosserei mai un abito del genere?» Ringhia a denti stretti, capendo però dallo sguardo acceso dell’amica che sarà proprio lui il fortunato a seguirla a casa. «Sembrerò una scema.»
«Sembrerai quello che devi sembrare. O meglio, quello che sei.» Le risponde con ovvietà Bree, intenta adesso ad osservare le scarpe. Ha gusti particolari, molti li definirebbero proprio eccentrici, e mal sopporta lo stare particolarmente vestita - il micro-abito scuro che indossa adesso ne è una prova lampante -, ma non si può certo dire che non abbia occhio per gli altri. Ancor di più, non si può dire che non abbia occhio per le cose davvero costose. Se non fosse che deve tenere al sicuro la fidanzata e che abitare in una casa come la loro la tiene senza dubbio lontana da occhi indiscreti, avrebbe una mega villa con piscina e una schiera di domestici e giardinieri. A questo punto, però, non deve davvero far altro che aspettare che la miccia si accenda e poi potrà vivere davvero come vuole.
«Per l’ultima volta: Mezcal era quello che era, io sono nata bastarda e sarei diventata qualcos’altro solo se fossi rimasta alla tana e avessi seguito il suo volere, ma non è successo, quindi io sono ancora una bastarda. Le cose non si cambiano.»
Bree l’avvicina con ancora un sorrisetto beffardo ad incresparle le labbra carnose, e scuote un poco la testa: «Nozze o niente nozze, ti ha alzata di rango. Certo, per me sarai sempre la mia bastarda, ma in fin dei conti non lo sei più da tanti anni.» Le stringe in vita una cinta alta in pelle nera ed osserva il risultato nello specchio. Le sorride con aria soddisfatta e poi se la gira tra le braccia, guardandola adesso con aria maliziosa e, al tempo stesso, curiosa: «Davvero non avete scopato?»
Piccolo, in piedi su un tetto dall’altra parte della strada dove si trova la prestigiosa boutique, osserva le due donne con sguardo annoiato ed un poco infastidito. Al suo fianco, Radish sghignazza divertito nel vederla con quell’abito lungo mentre lancia delle scarpe col tacco alto contro la Mezzosangue che se ride sguaiatamente. Si sente come uno sciocco ragazzino, ma lo fa stare comunque meglio vederla in questi atteggiamenti.
«Non pensavo ti potessi interessare ad una creatura così frivola.» Commenta un poco acido il Namecciano, sorprendendosi davvero nel vedere l’amico mantenere la calma. Lo guarda con circospezione, domandandosi stupidamente se abbia una specie di parassita alieno nel cervello o se qualcuno lo abbia clonato in quelle settimane, creando qualcosa di completamente nuovo ed un poco agghiacciante.
«Credimi, dei vestiti se ne fa davvero poco.» Afferma soprappensiero il Saiyan, guardandolo con un’espressione serena. E Piccolo capisce. Capisce tutto e davvero non riesce a crederci. Certo, è felice per l’amico, ma comunque non riesce a crederci.
«Riesci a sentire cosa dicono?»
Sbuffa irritato, le braccia incrociate al petto e l’espressione che va dall’infastidito all’imbarazzato per essere stato messo in mezzo ad una scemenza simile.
Certo che sente cosa dicono. Hanno lasciato una finestra un poco aperta, probabilmente per far circolare l’aria, e lui ha un udito così fine da non avere certo problemi a sentire. Ha sentito cose che non ha capito, ma non gli ci è voluto neanche un secondo per capire che riguardavano il qualcosa che Radish gli nascondeva con tanta goffaggine. Ha deciso di rispettare la cosa, di lasciargli modo e tempo di rivelare il tutto senza troppe pressioni. Adesso però, se vuole andarsene da quel tetto e tornare alla sua meditazione, non può far altro che accontentare l’omone curioso al proprio fianco: «La ragazza con i capelli chiari continua a dire oscenità sul tuo conto. L’altra la insulta.»
Pare soddisfatto Radish, lo si evince dall’espressione più rilassata e dal mezzo ghigno sulle labbra. Pure il fatto che sia volato via lascia intuire che si senta più tranquillo e che abbia deciso di riprendere in mano la questione della sera precedente in un secondo momento.
Piccolo però sa bene che c’è qualcosa in quello che gli ha detto o in quello ha visto ad averlo in qualche modo turbato. Ma a Piccolo non interessa, adesso vuole solo tornare a meditare e rimanere il più fuori possibile da tutta quella faccenda a lui tanto estranea.

Radish è rimasto a meditare un po’ con l’amico prima di andare a lavoro. In fondo è stato grazie a Piccolo se è riuscito a superare - almeno in buona parte - la propria codardia, le paranoie ed è riuscito a controllare il proprio temperamento in modo da non diventare più meschino e violento. Tutte cose che, invece, Sherry pare riuscire a tirargli fuori in alcuni momenti, come se dentro di lui ci fosse un qualcosa che risponde in modo quasi estremo alla sua presenza. E non solo alla sua: avvolto nella quiete e con solo il respiro dell’amico e il frusciare del suo mantello come sottofondo, si  è reso conto che quella parte reagisce anche alla presenza di PsycoBarbie. E davvero non ne capisce il motivo.
Si è concentrato a fondo durante la meditazione, riportando alla memoria tutte le loro interazioni e, senza volerlo, ricorda parola per parola ciò che gli ha detto non troppe ore prima.
Non credeva che potessero toccarlo tanto delle sciocche insinuazioni su un qualcosa che neanche aveva preso davvero in considerazione. Certo, che voglia andare a letto con Sherry è palese, ma non aveva certo preso in considerazione di intraprendere una relazione con lei. Se non fosse stato per le sue parole, dette con tanto veleno, non lo avrebbe fatto neanche in quel momento.
Per te non sono abbastanza, vero Chucky? Non sono all’altezza perché, nella tua testa, per conquistare una donna come lei è necessario avere determinate qualità che invece a me mancano. Ma quali? I soldi? Una posizione altolocata in società? No. Sono certo che non sia questo il punto. Sono certo che tra gli esseri umani funzionerebbe così, ma non tra gli Spettri.
Il punto è che per la tua amica tu non vuoi niente di meno di uno Spettro dal sangue puro, magari pieno di soldi o con chissà quale strana qualità che piace a voi sottospecie di sacchi di pulci; un soggetto che tra gli esseri umani comprenderebbe unicamente individui come avvocati, medici, imprenditori o cose del genere. Non credo che per lei tu possa scendere al di sotto di questa stirpe. Sono convinto, inoltre, che tutti voi pensiate che pure lei non voglia scendere al di sotto di quel genere.
Sarei davvero curioso di chiedertelo. Sarei curioso di sapere quale assurda risposta tireresti fuori, ma non oso. Credimi, Barbie, che certo non resto in silenzio per codardia. Lo faccio perché, malgrado non ne capisca il perché, non voglio interrompere né spezzare quello che si è creato con la tua folle protetta. Però, cazzo, pure tu dovresti chiedere a lei cosa vuole. Ci hai mai pensato? Dovresti chiederle se per caso si è stancata della vostra gente, di tutti quegli uomini o presunti tali che che si dimenticano di chiederle come le va la vita, che non s’interessano se ha delle difficoltà, timori o aspirazioni, non sondano le sue paure per capire chi hanno davanti per davvero, ma la trattano solamente come una bella bambola da pura esibizione. A loro non gliene importa davvero, lo sappiamo entrambi. Sai come lo so? Me l’ha detto la tua ragazza: loro vogliono i figli che lei può dare loro. Vogliono prosciugarla di tutta la sua forza, strapparla alle sue ambizioni. E sai cos’altro so? Che probabilmente vuole unicamente qualcosa di diverso, più normale possibile, per raccogliere le energie, per sfogarsi, per proteggere sé stessa, per essere realmente compresa e considerata, per non avere l’assillo d’essere giudicata, ma di poter respirare unicamente e serenamente una boccata d’ossigeno. E tu, maledetta Mezzosangue, odi che io sia tutto questo.
In verità sono tutti pensieri inutili e quesiti inessenziali, invocazioni futili e marginali, perché io sono spropositatamente affamato di lei, così come lei lo è di me. E tu non puoi farci niente. Nessuno può. Probabilmente neanche noi. Non sarò il tipo di mostro giusto per lei, ma, in definitiva, non me ne importa un cazzo… e tu te lo farai andare bene.


Ha pensato tanto per tutta la giornata. Ha pensato a cosa vada bene e a cosa no, cosa vuole e cosa invece vuole evitare. E non è giunto a nessuna conclusione definitiva. Perché non sa cosa vuole e cosa no, non sa se ci sia effettivamente un qualcosa di giusto o sbagliato. In fondo pure Vegeta, l’irreprensibile Vegeta, quello altezzoso, snob e arrogante come nessun altro al mondo, ha messo sé stesso al servizio di una donna Terrestre. Si è messo al suo servizio ed ha imparato ad amarla e, soprattutto, a rispettarla. E si tratta sempre di una donna forte, con una posizione sociale non indifferente, una donna intelligente ed indipendente, una donna per la quale anche lui pensa sia giusto lottare.
Pure al Neon, mentre stava nella gabbia, si guardava attorno: c’erano un paio di donne che tifavano per i loro uomini mentre giocavano a freccette, ha visto gli sguardi che si scambiavano tra loro. E non ci ha visto niente di sbagliato. Sicuramente c’era qualcosa di imbarazzante, ma non di sbagliato.
E non ha visto niente di sbagliato neanche nel mostrarla a Piccolo, per quanto l’amico sia estraneo a questo genere di cose. È stato un passo avanti, è stato come ammetterlo ad alta voce: vuole Sherry nella sua vita, e nella sua vita ci sono anche Piccolo e tutti gli altri.
Sa bene che ci vorrà un sacco di lavoro da parte di entrambi, Radish non è certo l’ultimo degli idioti e per quanto nuovo a tutto questo lo capisce lo stesso, ma sa bene che se lo vogliono non ci saranno problemi a lottare per venirne fuori. Sarà questione di abituarsi l’uno alle esigenze dell’altra, di smussare gli angoli e accettare le stranezze, tutto con una nuova e più profonda intimità. E Radish vuole farlo, vuole mettersi alla prova in qualcosa che, forse forse, è pure più arduo di un combattimento all’ultimo sangue, vuole mostrare a sé stesso e a tutti gli altri che è capace di gestire una situazione del genere.
Purtroppo ogni volta che se lo ripete, ogni volta che prende consapevolezza, qualcosa dentro gli fa fare marcia indietro. Vuole Sherry nella sua vita, questo può accettarlo senza troppi problemi, ma può anche accettare di invischiarsi in un qualcosa che, con alte probabilità, è senza futuro? Può permettersi di rischiare di rimanerne davvero scottato? Rischiare di perdere ciò che lo fa star bene solo per dimostrare qualcosa? Non lo sa, non ne è sicuro. E qui i suoi pensieri ripartono ogni volta.
Se l’è domandato incessantemente fino ad addormentarsi, dove il suo subconscio l’ha portato a sognare il peggio.

Perché corri sempre? Dove vuoi arrivare?
Cazzo, non ti dà fastidio l’odore di questi fiori? È pesante, davvero pensante. E lo è per il mio olfatto, non oso immaginare cosa voglia dire per te.
Sembri una selvaggia, lo sai? Un animale selvatico intento a correre in un campo, circondato dal niente assoluto se non dalla libertà più totale. Le tue gambe sembrano muoversi da sole, sembri quasi non toccare il terreno.
E io rimango qui a fissarti, mentre continui a correre. Non mi muovo perché so che non ti allontani. Tu resti qui, nei dintorni, né distante né vicina. Rimani qui, alla giusta distanza: possiamo avvicinarci quando vogliamo e possiamo comunque avere i nostri spazi.

«AIUTO!»
Cadi a terra. Cosa ti ha spinta? Non vedo niente.
Aspetta.
Cos’è quell’ombra? Ti gravita attorno, sembra essere sul punto di afferrarti e inghiottirti da un momento all’altro. È quel tizio? Quel tizio è un’ombra? Tu non me ne hai mai parlato.
Perché non ti alzi da terra? Non può averti fatto tanto male. L’hai detto tu stessa: il tuo sangue non permetterà mai che il tuo organismo venga danneggiato in alcun modo. Hai detto che sono in pochi quelli che possono farti male… vuoi dirmi che un ombra può farti del male? Tsk. Vengo da te, okay? Mi avvicino io, ti aiuto a rialzarti così la smetti di frignare come una ragazzina.
Se però ti allontani, come ti aiuto?
Fermati, Slinky, fermati. Io ci sto provando a raggiungerti, ma perché tu sei sempre più lontana? Eri qui, ti ho vista. Ora quasi non ti vedo.
C’è solo sangue a terra.
Tu mi chiami. Ti sento come se fossi al mio fianco, ma in realtà sei lontana.
Cazzo, Sherry, fermati che arrivo! Spostati da sotto quell’ombra, non posso aiutarti se non ti lasci avvicinare.
L’ombra è grande, adesso. È sopra di te. C’è del rosso, in tutto quel nero. Si muove, ti sta spezzando le ossa… non urlare, non piangere… sono quasi arrivato!


Si sveglia di soprassalto, una voglia malata di fare del male gli serpeggiava dentro, velenosa e infida. Rimane bloccato nel letto, il petto lasciato nudo che si alza e abbassa ritmicamente mentre si impegna a cancellare quelle immagini nocive dalla mente. Non è certo nuovo agli incubi, lo hanno assillato sin dalla più tenera età per i motivi più disparati, ma mai lo hanno angosciato tanto.
«Kong!»
Volta di scatto la testa verso la finestra ed eccola lì, sana e salva, gli occhi attenti che lo osservano da dietro al vetro. Se ne sta appollaiata sul cornicione, tiene gli artigli conficcati nel muro per essere sicura di avere un appiglio. Indossa una lunga maglia nera che non può proprio ripararla dal freddo - ed è così che Radish capisce che fosse a caccia -, gli anfibi sono stati tolti e poggiati con precisione al proprio fianco.
Ha non poche difficoltà ad alzarsi dal letto, perché tutti i dubbi che si è portato dietro durante la giornata e sperava di aver accantonato dormendo sono riemersi con prepotenza. Si domanda per quale motivo sia lì, perché non sia rimasta tra i boschi a divertirsi con i membri della sua razza, perché picchietti sul vetro per farsi aprire.
Ma poi si alza. Respira forte per cacciare l’ansia che gli è salita nel cuore dopo l’incubo, e va ad aprire.
L’aria fredda lo avvolge tutto in un colpo, ma non vuole dare a vedere che gli dà fastidio. Si limita a rimanere davanti alla finestra aperta con il viso di Sherry a pochi centimetri dal suo.
«Spero per te che sia qualcosa di grave.» Sibila velenoso, ancora indeciso su cosa fare. Sa bene che se deciderà di farla entrare ancora, se le permetterà di infilarsi nel suo letto per stringergli la mano quando i suoi di incubi si rifaranno vivi, non avrà più scampo, sarà la sua condanna definitiva. Sa anche che se invece la caccerà via, se deciderà di chiudere la finestra, lei non tornerà più.
«Torno in un altro momento?» Gli sorride con quell’aria da bambina colpevole e Radish si sente solo più incerto. Perché questo suo lato infantile e giocoso gli piace da impazzire, quasi gli ricorda quello del fratello, così come gli piace da impazzire il lato materno che emerge quando si prende cura di lui ed anche quello infuocato e violento che prende il sopravvento quando perde il controllo.
Non le risponde, limitandosi a passarsi una mano tra i capelli. Tiene un gomito poggiato contro lo stipite della finestra e tenta disperatamente di riordinare le idee, quando la sua voce, che arriva debole ed incerta alle sue orecchie, lo ridesta: «Sono venuta solo per farti una domanda… Tu… Tu non mi faresti mai del male, vero?»
«Cosa…? No. No, lo sai.» Fa un passo indietro, Radish, sia per allontanarsi da lei e da quei grandi occhi tristi e curiosi, sia per sottrarsi al vento freddo davvero poco ideale per chi indossa solo i boxer.
Annuisce, Sherry, e rimugina sulla sua risposta. Pensa al fatto che non ci fosse alcuna incertezza nella sua voce, pensa a quanto sia realmente convinto di ciò che dice. E, in cuor suo, già lo sapeva.
Abbassando gli occhi, vede di nuovo quell’orrenda cicatrice sull’avambraccio e i sensi di colpa riaffiorano con ancora più violenza. Non è riuscita a controllarsi ed hanno avuto pure una fortuna sfacciata: avrebbe potuto sgozzarlo o aprirgli l’addome, lacerando gli organi interni. In quel caso, chi lo avrebbe aiutato? Non avrebbe avuto modo di chiamare Bree, sarebbe rimasto solo a dissanguarsi e lei non sarebbe riuscita a tornare in sé in tempo. Forse, non ci sarebbe riuscita e basta.
Radish nota immediatamente il suo sguardo farsi assente e il dolore invadere i suoi occhi. E questo non gli piace. Non lo sopporta proprio. È lo stesso guardo che aveva la sera precedente.
«Io ti ho fatto male e…»
«Smettila di farneticare cazzate e vieni a letto… tra poche ore dobbiamo trascinarci a quel ridicolo matrimonio.»
Ha deciso, Radish. È al tempo stesso euforico e terrorizzato, sicuro come mai lo era stato prima e terribilmente insicuro. Ma è cosciente che non ci sia niente di sbagliato.
Nella sua vita ha dovuto affrontare cose ben peggiori di una pseudo-relazione con una creatura come lei. Certo, dalla maggior parte è scappato e ha lasciato il lavoro più duro a Vegeta e Nappa, ma stavolta è diverso: può farcela, sa di avere le capacità per farcela, così come sa bene che, una volta al corrente di tutto, Piccolo potrà aiutarla a trovare un equilibrio, potrà aiutarla a controllarsi. Posso farcela, dannazione. Sono un Saiyan, non posso tirarmi indietro, non esiste che io abbia paura di lei. Sono un Saiyan e posso gestire anche una cosa come questa!
«Ci vieni davvero?» Il volto di Sherry si è illuminato, sorride in quel modo sincero che fa sempre attorcigliare le budella al grosso guerriero che adesso se ne sta stravaccato nel letto e che finge una più che totale indifferenza.
«PsycoBarbie mi ha messo un completo nell’armadio… gli darò fuoco non appena ce ne andremo… o durante la cerimonia, se mi annoierò troppo.» La guarda mentre scatta dentro la stanza, si chiude la finestra alle spalle e va a mettere il naso nel suo armadio, fingendo che tutto sia come sempre, come se non avesse appena deciso di tuffarsi in quella che sicuramente è la più improbabile delle relazioni, ma per farlo sa di dover fare domande come sempre: «Com’è un matrimonio tra la tua gente?»
«Non vi ho mai partecipato prima d’ora, ma so che ognuno lo celebra come preferisce… e so anche che non vedo l’ora di vederti con quest’abito!» Non è un caso che abbia omesso che una cerimonia matrimoniale è del tutto superflua tra gli Spettri, dal momento che basta che entrambi sfoggino il Morso sulla clavicola. Basta questo per loro, il segno di un legame inscindibile ed irripetibile che rimarrà per sempre ben visibile sulla loro carne, che può essere inferto in qualsiasi momento ma solo se si è completamente consenzienti da ambedue le parti. Una cerimonia con amici e parenti è solo un qualcosa che ad alcuni piace fare, più per gioco che per altro. E a lei proprio non piace.
«Non sono meglio così?» Controbatte prontamente Radish, accennando al fatto che se ne sta sdraiato nel letto quasi completamente nudo.
Sherry lo guarda per qualche istante, poi guarda l’elegante abito scuro e poi torna a guardarlo. Fa spallucce e lo rimette a posto nell’armadio, sorridendogli con aria maliziosa mentre gattona sul letto: «Mh… te lo dirò tra qualche ora.»
Prende posto al suo fianco, come se il suo grosso braccio attorno al corpo potesse ripararla da ogni male al mondo. Tiene una gamba sul suo bacino come a volerlo tenere più stretto, una mano gioca con una sua ciocca di capelli vicino al collo.
Radish la lascia fare e lascia anche scivolare una mano sul fianco adesso scoperto. La mente si è come sgombrata da tutti quei dubbi e quelle paranoie, adesso si è come riempita di quelle strane sensazioni che riesce a fargli provare solo stando così. Per un attimo si sente un povero idiota, quasi al pari di un ragazzino, ma poi si rende conto che, lontano da occhi indiscreti, gli sta più che bene.
«Lessie?» La richiama piano mentre segue il contorno di una cicatrice sull’anca, capendo che questa è stata provocata con degli artigli «Prova a ricordarti che sto qui accanto a te mentre dormi, okay?»
Sghignazza appena, Sherry, mentre la paura che possa provare a sollevare l’argomento la invade da capo a piedi. Non è pronta a rivelargli una cosa simile. In realtà, non lo è mai stata e non lo ha mai rivelato a nessuno. Il fatto che sappiano chi sogni è più che sufficiente e così deve rimanere.
«Lo dici perché ho una mano vicino alla tua gola?» Prova a scherzarci su, ma sente che non funziona. Il suo odore rimane invariato, rivelandole, dopo un esame più attento, che non è né arrabbiato né altro: è solo calmo.
«Lo dico perché non voglio rivederti in quello stato.»
Alza di scatto lo sguardo, Sherry, trovando i suoi occhi neri puntati nei suoi, così profondi da imprigionarla e farle perdere il senso dell'orientamento e del tempo, entrando in una realtà dove tutto il male e l’odio che l’ha sempre braccata non può entrare.
Gli poggia delicatamente una mano sulla mascella e accarezza la pelle un poco ruvida con il pollice. Senza pensarci, poi, si allunga in avanti e lo bacia con tenerezza e trasporto, sciogliendosi a quel contatto, tanto da far cedere il corpo contro il suo, che pare quasi accoglierla.
Quando si separa, rimane un poco sorpresa nel non vederlo scattare per continuare ma trovandolo tranquillo al suo fianco. Poggia di nuovo la testa sulla sua spalla e lì rimane, assopendosi velocemente grazie al battito calmo e ritmato del suo cuore.
Radish rimane fermo, la mano ancora ferma sul suo fianco, ed un unico pensiero gli attraversa la mente: Forse c’è davvero un motivo per cui Kakarot si è sentito a casa su questo pianeta. Potrei abituarmi a questo tipo di vita.**



* Questa canzone viene dal film Mighty Joe Young, che da bambina adoravo. Non è una canzone scelta per il significato in sé (l’ho dovuta tradurre con Google, potete immaginare il risultato!), ma per la scena nel film. Quante lacrime da piccola… nel pre-ciclo, anche adesso! 
https://www.youtube.com/watch?v=X-cYf636fC4 

** Questo è ciò che pensa davvero Radish in DBR&R dopo che Launch gli dà un bacio sulla guancia augurandogli la buonanotte.



ANGOLO DELL’AUTRICE
I ringraziamenti!!! Non pensavate mica che mi fossi dimenticata, vero?!
Stavolta li metto in questo angolino perché in cima c’è la mia parata di culo (avrei voluto insultarmi, davvero, ma non volevo partire con parolacce più o meno pesanti). Quindi, bando alle ciance, e partiamo col ringraziare
Chimera__, Celeste98 e siero al mic per aver recensito lo scorso capitolo; Celeste98, Chimera__, Elfosnape, moony_1906 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite; ariel17 e Chimera__ per aver messo la storia tra le preferite; Chimera__ e Nhirn9001 per aver messo la storia tra le ricordate.
Sappiate che siete voi a darmi la forza di continuare! Quindi, davvero, grazie di tutto cuore!
💝

Per quanto riguarda il capitolo, invece, mentre scrivevo pensavo che c’è chi dice “povero Goku, si è sposato una donna drago!”, ma pensate a ‘sto povero Cristo che si è preso - ancora non ufficialmente - una donna con crisi di questo genere scatenate da un niente di fatto! Pensate cosa può voler dire avere a che fare con una specie di bomba ad orologeria che ti dorme di fianco e può provare ad ucciderti a causa di un incubo!
Povero Radish… povera anche Sherry eh, ma provo una pena infinita anche per lui!
Piccolo, dal momento che non so gestirlo, è molto marginale, anche perché non può proprio aiutare, non tanto per la mancata esperienza quanto per il fatto che ancora non può sapere come stanno le cose. Vedere un amico in difficoltà e non poter fare niente per aiutarlo non è semplice. Poverino anche lui!

Comunque: questo capitolo è incentrato quasi unicamente su Radish, mentre nel prossimo la protagonista sarà Sherry. Non temete, arriveranno anche gli altri, ma c’è da gettare le basi per un qualcosa di più profondo della loro amicizia (che già di per sé non è proprio cosa da poco). Quindi sì, arriveranno i personaggi che conosciamo e amiamo e poi arriveranno anche gli amici di Sherry. Insomma, si entra nel vivo.

Sto incasinata in queste settimane, penso che si capisca anche da come scrivo…
🙄 Ma non posso pensare di prendere una pausa: tra poco inizia il lavoro al mare, quindi avrò meno tempo per scrivere!😓

Ok. BASTA. La smetto, giuro.
Ci sentiamo nel prossimo capitolo!

Un bacione
Kiki
🤙🏼

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare con tutto il cuore Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per le fantastiche recensioni allo scorso capitolo. Siete fantastiche! ❣️❣️❣️

Piccolo avvertimento: in questo capitolo è presente una scena un po’ pesantina e non manca la violenza. Spero che non vi crei disturbo.

 

𝟠. 𝐹𝓊𝑔𝑔𝒾𝓇𝑒 𝑜 𝓇𝑒𝓈𝓉𝒶𝓇𝑒?

 


Quando dorme, Radish ha un’aria decisamente tenera. Il volto in genere contratto in una smorfia derisoria o burbera si rilassa, i lunghissimi capelli sono sparsi un po’ ovunque, talvolta gli finiscono pure in bocca, e i grossi muscoli sono finalmente distesi.
Sherry è rimasta un po’ a fissarlo, quando si è svegliata all’alba. La mattina precedente non ci aveva fatto caso, preferendo rimanere immobile sul bordo del letto con le ginocchia strette al petto. Pensava e ripensava a ciò che era successo, a tutto ciò che era successo, ma questa mattina non aveva brutti pensieri per la mente. Certamente si sentiva come sottosopra, ma la paura e i sensi di colpa stavolta non potevano raggiungerla, non quando al suo fianco c’era il grosso Saiyan che, senza battere ciglio, l’ha fatta di nuovo entrare nel suo letto. L’ha pure tenuta stretta mentre si addormentava… e anche per buona parte della notte. Lo sa perché sentiva il suo peso opprimerla in modo dolce, sentiva il calore del suo corpo avvolgerla e proteggerla.
Adesso, mentre lo guarda e segue il contorno della sua mascella forte con la punta dell’indice, ha una sola domanda per la mente: “posso farlo?”
Se fosse stata uno Spettro qualsiasi, se in tanti non contassero su di lei e non la vedessero come qualcosa di più di quello che è - e che mai sarebbe stata o voluta essere -, non ci sarebbero stati problemi. Ma lei è Sherry, figlia bastarda di Mezcal. Pur non essendolo più in maniera non del tutto ufficiale, non accetterà mai di essere riconosciuta come sua figlia legittima.
Ma, in realtà, il problema non è neanche questo. I suoi amici la amano e rispettano a tal punto da fregarsene se l’uomo al suo fianco è o meno un membro della loro razza, e il loro è l’unico giudizio che conta. Senza contare Fern, che davvero non la vorrebbe al fianco di uno Spettro. “Vogliono solo dei figli da te, piccola. Non sei una bestia da riproduzione, accidenti! Se un giorno davvero vorrai un uomo al tuo fianco, che almeno ne valga la pena!
Il problema non è neanche la minaccia esercitata da Jäger. Tiene troppo alla sua pelle e alla sua corona per provare a sfidare un tipo come Radish, Sherry ne è più che consapevole.
I problemi in realtà sono due, e non di poca entità: quello minore, forse, sta nel fatto che ha paura che questo sentimento la cambi, che possa accecarla e farle perdere di vista ciò per cui ha sempre combattuto nella vita, che possa ridurla ad un qualcosa che ha sempre disprezzato; il secondo, che le ronza costantemente nella mente da quando ha capito cosa può essere il Saiyan per lei, è la sua relazione con River.
È finita tra loro, è finita da mesi, ma le ha lasciato una tale impronta dentro che adesso non sa se può fidarsi di nuovo.
Amava River. Lo amava davvero. Forse, in qualche modo, lo ama ancora, ma ad certo punto l’amore non è più sufficiente. Lui l’amava follemente, quasi la venerava, ma la sua indole libertina lo ha spinto davvero troppe volte tra le braccia di altre donne, ed alla fine Sherry lo ha allontanato.
Adesso non sa se può fidarsi nuovamente di un uomo, neanche se questi le sta mostrando, in sole due settimane, molto più di quanto non abbia mai fatto River in anni di relazione. Le sta mostrando sicurezza, forza, solidità, rispetto, attenzione e affetto. Ma non è sicura di potersi lasciare andare, non ancora.
Lo capirò oggi, pensa mentre si avvicina alla finestra, pronta ad andare a recuperare le proprie cose e correre alla piccola villetta in campagna dove si cambierà con le altre per volere della sposa. Lo capirò oggi se posso fidarmi di lui. Capirò oggi cosa significa per me, cosa vuol dire tutto questo. Lo capirò da come si comporterà in una circostanza strana come questa, lo capirò quando le altre gli metteranno gli occhi addosso… lo capirò da come mi guarderà.
Prima di chiudersi la finestra alle spalle come meglio può per non far entrare l’aria fredda dell’alba, lascia vagare per un istante gli occhi sulla figura dormiente dell’uomo che è riuscito senza neanche volerlo a metterla in una posizione tanto scomoda: «Non deludermi anche tu, ti prego…»

È corsa a casa di Bree, trovandola placidamente addormentata con Mimì stretta tra le braccia. Ogni volta che le vede, tanto serene ed innamorate, pensa che è quello ciò che vorrebbe. Non che agogni il matrimonio e la famiglia, non è mai stata quella la sua ambizione nella vita, ma è quel qualcosa in più che le piacerebbe. Come un bonus, una ricompensa per tutti gli sforzi fatti nella vita per tenere gli altri al sicuro, a partire da quando era piccola alla tana. Ha perso il conto delle volte che uccise qualcuno per proteggere gli altri dall’ira di Mezcal, delle volte in cui si è dilaniata l’anima per conservare in qualche modo la loro. Pure quando abitava con Fern faceva tutto ciò che era necessario - in genere anche di più - per tenere il branco al sicuro.
Alcuni dei suoi fratellastri le dicevano che il suo più grande difetto - oltre al sangue della madre traditrice nelle vene - era proprio la sua coscienza molesta. Un difetto di grave entità per uno Spettro, che risulta solo un peso per lo stesso.
Ha recuperato le proprie cose in fretta e furia, sforzandosi di scacciare ancora una volta quella valanga di ricordi scaturiti da un semplice desiderio da sempre soffocato e negato, e poi è corsa fuori. Prima di uscire si è soffermata di nuovo ad osservare le due amiche e non è riuscita a trattenere un sorriso tenero. Poi è semplicemente uscita e si è incamminata con passo calmo verso la meta prefissata. Si è goduta il canto mattutino degli uccellini e tutti gli altri rumori della foresta che si sveglia, e per un attimo si è domandata se non sia quello il suo posto: una tana nel niente per pattugliare e proteggere chi, come lei, è nato dal lato sbagliato, anziché di una casetta confortevole al fianco di qualcuno che, senza che riesca a capirne il motivo, pare volerle bene.
«SHERRY!»
Ha alzato pigramente lo sguardo a quel richiamo. Non si era resa conto di essere arrivata, di aver percorso tutti quei chilometri, troppo presa dai propri pensieri e dai propri dubbi.
Non ha idea di chi sia il proprietario di quella villetta dai muri color tortora, non le è mai interessato malgrado fosse passata nei dintorni più volte, ma non può fare a meno di chiedersi quante amicizie abbiano sviluppato i dolci sposini in quegli anni per poterla affittare (sicuramente a gratis).
La villa è immersa nel verde della campagna e circondata da ghiaia ed alberi. Il lungo viale d’accesso all’abitazione, costeggiato da piante di fichi d’India, è l’ideale per tranquille passeggiate ma anche per scorribande di bimbi e gare di corsa, e lo spiazzo di ghiaia che si apre alla sua destra può essere comodamente utilizzato come parcheggio per le automobili senza dar fastidio alla vivibilità dello spazio esterno. Assieme agli ulivi, ai fichi d’india e alle piante aromatiche, a caratterizzare il verde intorno alla casa ci sono numerosi alberi da frutto, alcuni sistemati in graziose aiuole come il ciliegio davanti la porta di ingresso, altri lasciati liberi nella terra ad occupare la campagna circostante.
Distoglie lo sguardo solo quando due braccia forti la stringono quasi fino a farle male. Rimane un poco immobile ed interdetta, finché la giovane sposina non molla finalmente la presa.
Jane non è mai stata la classica ragazza che ti lascia a bocca aperta, ma ha comunque qualcosa di interessante che ti spinge a conoscerla meglio. Non è mai stata una tipa da discoteca, ha sempre preferito piuttosto sdraiarsi sul divano con un libro e una tazza di tè o davanti un film d’amore strappalacrime. I suoi capelli castano rossiccio le arrivano fino alle spalle - da quando si conoscono non ha mai avuto un taglio diverso - e la sua pelle chiara è coperta da simpatiche lentiggini. Ha un sorriso contagioso e caldo, uno di quelli che ti può rallegrare la giornata. Pip ha sempre elogiato i suoi piccoli occhi scuri, gli occhi di un passerotto come dice lui, ma Sherry ha sempre preferito il suo sorriso. È una ragazza calma e tranquilla, non si arrabbia per nulla, è indifferente a molte persone ma non è mai scorbutica o acida. Ama i suoi amici, li ama davvero con tutto il cuore, sono gli unici per cui darebbe la vita o per cui la toglierebbe.
«Ti avrei chiesto di farmi da damigella d’onore, se tu avessi avuto l’accortezza di renderti rintracciabile almeno per noi!» Le sorride felice, sembra sul punto di scoppiare in lacrime da un momento all’altro.
«Accontentati del fatto che ho portato il culo fino a qui, Jane. Sai quanto odio queste cose.» Solo dopo aver finito la frase si rende conto di essere stata incredibilmente fredda, quasi stronza. Non vorrebbe comportarsi così, non con la piccola ed indifesa Jane, ma la presenza di tanti Spettri sconosciuti le fa ribollire il sangue e alzare le difese.
Li osserva con la coda dell’occhio mentre sistemano le sedie e i fiori, mentre accordano gli strumenti o sistemano il rinfresco. Sono tutti Mezzosangue o Freak, ovvero gli Spettri col sangue troppo diluito o con problemi fisici, quelli che stanno così in fondo alla catena da essere considerati inferiori pure agli umani. Non la sorprende che Jane abbia fatto amicizia pure con loro, ma si ritrova sorpresa dal fatto la stiano guardando con astio. Che lei sappia, non ne ha mai toccato uno, troppo presa da problemi ben più importanti.
Jane, che ha capito dal momento esatto in cui l’ha fiutata che la situazione per lei non sarebbe stata facile, l’afferra con decisione per un polso e se la trascina dietro: «Forza, vieni con me: ti presento le altre.»
Non appena entrano in casa, Sherry si sente avvolgere dal calore e dall’intimità di quelle mura. Tutto intorno a lei pare essere stato studiato con l’unico intento di ricreare quell’atmosfera dolce e delicata.
Nota, voltando un poco la testa, che Pip sta in cucina con alcuni suoi amici a bere un po’ di dolce coraggio liquido. Li conosce anche lei, li ha picchiati quasi tutti per problemi legati al territorio, ma da come la guardano può dire che non portano rancore. L’amico di una vita, con quei suoi assurdi capelli rossi come il fuoco, le sorride raggiante e la saluta agitando un braccio in aria. Non l’ha mai visto così felice in tutti quegli anni e non può fare a meno di essere incredibilmente contenta per lui.
Prima di salire le scale, nota che in cucina c’è una grande portafinestra da cui si accede al grande giardino sul retro, dove scorge una piscina privata di medie dimensioni, anch’essa addobbata a festa e piena di ninfee rosa e bianche che galleggiano.
Jane continua a parlare a macchinetta, ma Sherry non l’ascolta. Le vuole bene, sono cresciute insieme, ma non ha mai avuto con lei un rapporto profondo e intimo come con Bree. O come con Mordecai, in realtà. Le spiace che non ci siano, sarebbe stato tutto più semplice, divertente e senza alcun dubbio interessante.
Dio… Mordecai impazzirà quando lo conoscerà! Chissà se quell’arrogante scimmione lo massacrerà a suon di sberle o finirà a sbronzarsi in sua compagnia? Mh… no. Davvero non si possono fare pronostici: Mordy è un enigma superiore pure a Bree!
«Sono davvero curiosa di vedere il tuo vestito!» Abbassa gli occhi sull’amica che cinguetta allegra e finalmente entrano nella stanza riservata alla sposa e alle amiche.
Doveva essere la camera da letto, si capisce dal fatto che si tratta dell’ambiente più riservato e grande della casa, ma è stato sistemato a posta per l’occasione: divani grandi e comodi, specchi e tappeti, cassettoni e comodini chiari con dettagli d’orati, champagne ghiacciato e dolcetti ovunque volta lo sguardo. L’intera stanza è illuminata a da una grande finestra che dà sulla piscina. Non troppo distante, vede che sono state sistemate un centinaio di comode sedie foderate di bianco avorio e oro, una lunga navata ricoperta di petali bianchi divide le due parti ed in fondo c’è un grosso arco tutto fiori e candidi striscioni di raso. È profondamente disgustata da tutto questo, davvero, ma si astiene dal fare commenti. Non vuole ferire la sposa e non vuole certo fare a pugni con le sue amiche.
Sorride in modo tirato e forzato quando l’amica le mostra con orgoglio quella sottospecie di cosplay di una meringa ricoperta di panna ricoperta da altra meringa con un sostrato di panna che ha scelto per vestito e, senza proferire parola, prende posto sulla prima sedia vuota per cominciare a truccarsi. E lei odia truccarsi, lo trova inutile per uno Spettro. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, s’immagina l’espressione stupita e, spera davvero, eccitata del Saiyan quando per la prima volta la vedrà acchitata come una donna. Stando a quanto detto da Bree, le strapperà il vestito di dosso alla prima occasione propizia. In cuor suo, anche se lo negherà fino alla morte, Sherry ci spera davvero.
Arriccia distrattamente i capelli con uno di quegli aggeggi infernali che ha sempre usato per ben altri scopi, ed infine raccoglie un paio di ciuffi frontali all’indietro e li blocca con un paio di piccole mollette con gli strass come le è stato suggerito da un’amica della sposa. Applica un poco di cipria sulla pelle rendendola a prova di filtro Instagram e del lipstick rosa mattone sulle labbra. Si concentra di più sugli occhi, dove applica dell’ombretto grigio che sfuma lateralmente creando uno sguardo da gatta, ed applica infine il mascara sulle ciglia così da aprirle a ventaglio.
Si piace, tutto sommato. Certo, non si riconosce ed è decisamente fuori dalla sua zona confort, ma per la felicità di Jane può fare uno sforzo.
Indossa poi l’abito lungo dalla gonna morbida color cipria che Bree l’ha obbligata a prendere dopo l’estenuate ricerca e mette la cintura nera in vita come le aveva praticamente ordinato. Lo scollo vertiginoso a cuore è messo in evidenza dalla sottile collana dorata, unico gioiello in suo possesso donatole da Fern, ed infine indossa le décolleté nere col tacco alto.
Durante tutta la preparazione ha ascoltato distrattamente le chiacchiere delle altre ragazze senza realmente sentirle. Le trova noiose e quasi prive di senso, non come quelle con Bree. In effetti, non c’è altra donna con la quale si trovi tanto bene. Perché sono simili, loro due: sono cresciute nel sangue e nella violenza, nel dolore, sotto gli sguardi severi dei loro padri che sembravano essere disturbati solo dall’idea della loro esistenza. Queste ragazze, invece, sono nate lontane dalla colonia, non hanno mai avuto a che fare con un branco severo e rigido come quello del Nord, non hanno mai conosciuto quel genere di violenza e odio. Hanno passato la loro intera esistenza nelle campagne, spesso in fattorie solari con altri Mezzosangue e/o Freak, si sono sempre spalleggiati e si sono tenuti fuori dal loro stesso mondo, rimanendo praticamente in bilico tra uno e l’altra.
Jane, consapevole di non essere esattamente sul podio tra le sue preferenze, sicuramente neanche nella top five e probabilmente neanche nella top ten, prova come meglio può a farla interagire mentre le stanno acconciando i capelli, ma non ottiene grandi risultati.
«Ma guarda un po’ chi si rivede!»
L’attenzione di tutte le presenti si focalizza di colpo sulla nuova arrivata e il cuore di Jane salta un battito. Non era sicura che venisse e neanche le importava, ma non aveva preso in considerazione neanche per un istante che loro due sarebbero state nella stessa stanza.
«Pensi che mettendoti in tiro River non proverà a sfilarmi le mutande?» Camila è sempre stata meschina nei suoi confronti. Sa bene di poter contare sulla protezione di molti maschi che vorrebbero portarsela a letto - ai quali in genere non si nega -, tra cui anche il forte e ambito River. Nessuno di loro potrebbe certo sottrarsi alla morte se la sfidassero, ma lei avrebbe comunque il tempo di scappare.
Sherry, malgrado la disprezzi poiché incarna tutto ciò che detesta, volta distrattamente il capo e la guarda con sguardo annoiato.
Delicata come sempre, pensa mentre la osserva. Pare appena uscita da un video rock a basso costo. I jeans sono così attillati  che  si vede la curva del sedere ed anche il sottile perizoma nero che sbuca in modo studiato. La sua canottiera bianca è qualcosa di indecentemente ridicolo, con la scritta nera sopra le tette enormi - strizzate in un reggiseno di pizzo nero che s’intravede distintamente - che recita: FOTTIMI E MUORI. Attorno al collo sottile porta almeno una decina di collane di varie lunghezze, dimensioni e perline. I lunghissimi capelli biondo scuro sono stati acconciati in un’assurda acconciatura da rockstar, intrecciati con un complesso sistema di chignon e ciocche sciolte, il trucco sugli occhi verdi è pesante per metterli in risalto e le labbra sottili sono state rese invitanti con un rossetto cremisi.
«Non rispondo neanche: sarebbe troppo semplice.» Detto questo si accende una sigaretta ed apre la finestra. È raro che fumi del semplice tabacco, ma ogni tanto se lo concede; in fondo non sarà  di certo questo ad ucciderla!
Cala un surreale silenzio nella stanza. Tutte sono consapevoli dell’infamità della Purosangue che si pavoneggia di fronte allo specchio e l’idea che provi a portare via i loro compagni le assale. Quando però la vedono versarsi un calice di champagne e tornare alla carica contro Sherry, tirano un mentale sospiro di sollievo: se rimarrà concentrata su di lei, loro saranno salve.
«Non ho fiutato River, neanche nelle vicinanze.» Parte così, avvicinandola con passo sicuro e ancheggiando in modo marcato «Ho pure sentito dire che non fate più coppia da qualche tempo…» Insiste, rigirandosi tra le dita una delle lunghe collane, stringendo con fare stizzito le labbra quando l’altra non risponde «Per chi ti sei fatta tanto bella, Occhi di Brace?» Sa che odia che la si chiami così, col soprannome che le diedero nelle sue terre. Vuole portarla al limite e poi fare la vittima per farla passare per una folle insicura e violenta per poterle togliere il poco che ha. Perché Camila invidia Sherry: invidia la sua forza, le sue abilità, invidia la sua discendenza, il suo stesso nome, e non riesce proprio a sopportare che il Re del Nord la cerchi con così tanta tenacia, una delle poche ad aver capito che non la vuole eliminare, non in un primo momento comunque. Lei dovrebbe far gola ad un simile Spettro, non una come Sherry.
Le sue parole, che certo non suscitano alcun effetto sulla corvina se non noia, attirano la totale attenzione delle presenti: Sherry, la forte e temeraria guerriera bastarda del Nord, per la prima volta si mette in tiro per un uomo.
Subito cominciano a bisbigliare tra loro, domandandosi chi sia lo Spettro capace di farle tanto agitare la coda, di farla diventare come una qualsiasi donna che vuole far colpo sul compagno con il proprio aspetto e non riescono a fare a meno di pensare - e dire - che deve trattarsi di un Alpha Purosangue incredibile. E Sherry, stavolta, le sente. Finge però una più che totale indifferenza e, una volta finito, spegne la sigaretta nel piccolo posacenere di cristallo che le era stato dato ed esce. Non dice loro una parola e quando si chiude la porta alle spalle le sente cinguettare tra loro con emozione perché conosceranno sicuramente il loro futuro Alpha, mentre Camila afferma con sicurezza che si scoperà pure lui come ha fatto più volte con River per farle capire qual è il suo posto.
I vari invitati la guardano con circospezione mentre cammina per il viale di ghiaia, come se dovesse attaccarli da un momento all’altro. Non può certo biasimarli per questo, non dopo gli undici anni trascorsi alla tana dove è sempre stata usata come una macchina di distruzione, dove veniva lanciata contro gli avversari senza distinzioni. Non ci trovava niente di sbagliato nell’uccidere chi faceva del male per divertimento personale, ma quando si trattava di innocenti sentiva come se qualcosa dentro si rompesse e si consumasse. Se non fosse stato per Fern, non sarebbe mai uscita da quel tunnel di oscurità e morte, non potrebbe stare in mezzo a loro a testa alta con la consapevolezza di aver combattuto per la loro libertà, seppur in segreto. Se solo sapeste quanti Spettri ho ucciso perché minacciavano le vostre futili esistenze, adesso non mi guardereste con tutto questo disprezzo.
Si ferma alla fine del viale e osserva distrattamente gli invitati arrivare e le macchine parcheggiarsi. Sono quasi tutte coppie innamorate che parlottano tra loro, di tanto in tanto arrivano gruppetti di amici che si spalleggiano e affermano che andranno via in dolce compagnia, e gruppetti di amiche che si fanno dei selfie e sorridono civettuole agli invitati che le osservano. Le sembra tutto così strano, surreale, paradossale: alla tana nessuno si comporterebbe così e lei non aveva mai visto qualcuno della sua specie fare certe cose. Le sembrano così umani.
«Ora sì che possono chiamarti principessa!»
Volta di scatto la testa, dimenticandosi di tutto: si dimentica di essere vestita come una bambola, si dimentica di avere fame, si dimentica di essere annoiata ed in parte disgustata, si dimentica dell’odiosa presenza di Camila e dimentica pure il fatto che, a venti minuti dall’inizio della cerimonia, Radish ancora non si è fatto vivo.

L’età non ha sortito un grande effetto su quella donna: il sorriso raggiante, gli occhi scuri sempre accesi da quella luce accattivante, i vestiti impeccabili e i capelli biondi sempre in piega le tolgono anche vent’anni, facendola tranquillamente passare per una donna di poco più di cinquant’anni anziché una settantenne.
Sherry la guarda mentre ride della sua faccia stupita ed esterrefatta, reclinando un poco la testa di lato, le mani delicatamente poggiate sul collo lungo. Ha sempre saputo muoversi in modo teatrale e civettuolo, Bree la trovava una creatura bellissima.
«Grande Spettro: Fern!» Scatta velocissima e l’abbraccia con energia, sollevandola da terra e facendola volteggiare un paio di volte «Quanto mi sei mancata!»
Fern le dà un paio di pacche sulla spalla per farsi rimettere a terra e si stira il tailleur color panna con le mani curate messe in risalto da una perfetta manicure rosso corallo. Alza poi lo sguardo sulla giovane donna di fronte a sé e la osserva con attenzione: «Fatti guardare adesso, forza! Morirò prima di vederti di nuovo vestita per bene.»
La fa girare su sé stessa, annuendo con approvazione. Gli occhi scuri sembrano brillare come sempre, mostrano la sua vitalità e la sua forza. Tutti gli Spettri con cui ha avuto a che fare nella vita l’hanno sempre definita come l’umana più tosta del mondo.
«Mh… questo scollo è un po’ troppo profondo. I casi sono due: o ti ha vestita quella scostumata di Bree, o c’è di mezzo un uomo.» Afferma con sicurezza, cercando inutilmente di tirarle su il vestito per coprirla. Sia chiaro, non è mai stata particolarmente pudica o cose del genere, ma è convinta che ad un matrimonio ci si vesta con decoro. Non per niente ha tirato un sospiro di sollievo quando Bree le disse che non sarebbe andata, sennò ci sarebbe stato da litigare tutto il tempo.
«Bree.»
«Ahhh, quella ragazza!» Esclama roteando gli occhi al cielo e lasciandosi poi andare ad un sorriso mellifluo. Adora i suoi ragazzi, li ha cresciuti come se fossero suoi e tutt’ora non può fare a meno di pensare a loro come ai suoi figli, i suoi folli ed indisciplinati figli che stanno cercando il loro posto al sole in un mondo che non gli appartiene del tutto. Gli stessi figli che spesso e volentieri continuano a mandarle doni talvolta rari e costosi e talvolta stupidi ed insensati, ma tutti incredibilmente preziosi per lei.
D
opo essersi accesa una sigaretta ed aver sbuffato una piccola nuvoletta di fumo grigio perlaceo, si incammina verso l’ingresso con passo calmo, simile a quello di una gatta, attirando su di sé gli sguardi curiosi dei presenti. Tutti lì sanno chi è Fern e la rispettano come se fosse una di loro, quindi non possono far altro che osservarla ed attendere che sia lei ad andare da loro. In fondo, la “legge” è ormai ben nota: guai avvicinarsi per primi, i suoi figli potrebbero farti a brandelli.
«Ora accompagnami da quell’altra frignona e dallo scapestrato che se la sposa. Voglio dei nipoti prima di stirare le zampe, è bene che se lo ricordino!»

Com’era prevedibile, Jane si è messa a frignare non appena l’ha vista sulla porta. Poi l’ha abbracciata ed ha pianto più forte quando Fern le ha detto che era la più bella bomboniera gigante che avesse mai visto e che era felice per lei.
Le altre ragazze le si sono avvicinate cautamente, pronte ad indietreggiare a seconda della reazione di Sherry, e sono state tutte bacchettate per gli scolli troppo profondi o per il trucco più adatto ad una serata in cerca di sesso in un locale che ad un matrimonio, come ha detto l’anziana signora. Ne hanno riso però, perché bisogna avere fegato per fare certe affermazioni ad un gruppo di Spettri.
Ha poi dato dell’arrampicatrice sociale e della puttana a Camila quando questa ha solo incrociato il suo sguardo, facendola imbestialire. È però rimasta in silenzio, stavolta: nessuno penserebbe mai di difenderla se provasse anche solo ad alzarle la voce, ma anzi la farebbero a brandelli e la mangerebbero boccone dopo boccone.
Fern ha poi preso Sherry sotto braccio e l’ha trascinata di nuovo fuori di casa, mettendosi a sedere assieme a lei in uno dei primi posti per avere una visuale migliore. Una giovane coppia amica degli sposini ha lasciato velocemente loro il posto non appena hanno incrociato il suo sguardo, cosa che ha fatto sorridere lo Spettro. La trattano come una Regina, la rispettano e le vogliono bene. Non l’ha sorpresa apprendere da lei che a quanto pare ce ne sono parecchi a tenere sotto tiro la casa di riposo dove abita per tenerla al sicuro, pure alcuni che neanche conosce; non l’ha sorpresa neanche il fatto che la cosa la urta all’inverosimile perché vuole flirtare con gli aitanti infermieri lontana dai loro sguardi invadenti. Non cambierà mai…
Quando d’un tratto tutti si alzano in piedi, Sherry sente come se lo stomaco le cadesse nelle viscere: Radish non è venuto.
No. È solo in ritardo. Probabilmente è rimasto addormentato o ha fatto qualche disastro col completo. Non mi farebbe una cattiveria simile.
È rimasta per qualche secondo seduta, le mani abbandonate in grembo e il respiro bloccato in gola, ma poi si è alzata, sfoggiando tutta la sua solita fierezza ed invidiabile calma. Ha guardato per un po’ Pip, curiosamente elegante nel suo smoking blu elettrico con la camicia azzurra, e poi si è voltata in direzione della sposa.
«Perché la gente piange ai matrimoni?» Sussurra nell’orecchio di Fern, guardando con stupore tutti quei volti commossi, le labbra tremolanti e i lacrimoni sulle guance.
«Si preparano per quello che viene dopo.» Borbotta in risposta la donna, sorridendo poi a Jane. Dio solo sa se quel vestito tutto pizzi, merletti, balze, fiocchi e perline le faccia schifo, ma non vuole rovinare il suo giorno. Sa bene che tanto avrà tantissime altre occasioni per metterla sotto torchio con le sue critiche, può lasciar perdere stavolta.
Una volta sedute, Sherry non perde tempo e manda un messaggio a Radish col cellulare. Non credeva che le sarebbe mai servito, di solito comunica in tutt’altro modo, ma adesso è sollevata di averne uno.
Mentre la cerimonia continua, dolorosamente noiosa e lenta proprio come si era immaginata, tira spesso fuori il cellulare. Manda messaggi e telefona ogni due o tre minuti, senza però avere mai successo. Radish non le risponde, la sta ignorando. Non che sia un tipo che usa spesso il cellulare, Sherry lo ha visto usarlo solo una volta, ma sa bene che ce l’ha sempre con sé nel caso succeda qualcosa di importante.
Dopo venticinque minuti passati così, a torturarsi le mani e controllare quasi maniacalmente il telefono, Fern le tira una gomitata nel fianco per attirarne l’attenzione, ringhiandole contro a bassa voce: «Hai finito di armeggiare con quell’affare infernale? I tuoi pseudo-fratelli stanno celebrando il loro matrimonio pseudo-incestuoso.»
«Scusa.»
Fern la guarda con attenzione mentre ripone l’oggetto nella piccola pochette nera, e subito assottiglia gli occhi quasi volesse fulminarla o scavarle nella mente per estorcerle informazioni: «Chi stai provando a contattare?»
«Segui il matrimonio pseudo-incestuoso.» Risponde prontamente lo Spettro, alzando gli occhi al cielo quando sente i primi singhiozzi di Pip. Due frignoni, ecco cosa sono. Due frignoni che piangono sempre e per tutto.
«È un uomo?»
«Non sto più con River da qualche mese, Fern, e non ho alcuna intenzione di frequentare un altro idiota pronto a tradirmi alla prima occasione.» Sibila velenosa, lasciandola assai interdetta: non si aspettava di sentirla così glaciale nei suoi confronti.
«Mh.» Sospira rumorosamente e torna a guardare i due giovani innamorati che si tengono le mani mentre si ripetono le promesse coniugali, per poi borbottare: «Quanto vorrei il vostro udito per accorgermi subito delle colossali stronzate che sparate.»


Non sa dire con precisione, Sherry, quanto tempo sia trascorso tra il fatidico “sì” e il momento in cui si sono seduti per pranzare. Comunque un’eternità per lei.
C’è voluta un’eternità pure per mangiare, non tanto per le tempistiche dei camerieri quanto per i giovani Mezzosangue seduti al tavolo con lei e Fern. Non sono stati in silenzio per più di cinque minuti in tutto quel tempo, si sono pavoneggiati di stronzate incredibili per farsi vedere migliori da lei, e Fern non ha fatto altro che bere bicchieri su bicchieri di vino bianco mentre sghignazzava sotto ai baffi, facendo ricordare all’Alpha - anche se per un solo secondo - che il Quartetto non è mai riuscito a batterla nelle loro gare di bevute.
Non è venuto. Questo pensiero le rimbombava così tanto nella mente da non farle sentire davvero i futili discorsi di quegli speranzosi ragazzi.
Non è venuto. Ma perché mi sorprendo tanto? Se solo penso alle persone davvero importanti della sua vita che ha abbandonato senza pensarci… chi sono io per lui? Nessuno. Sono solo una cannibale, un mostro senza Dio che non ha soddisfatto i suoi capricci. Cos’altro potevo aspettarmi?
Il posto vuoto al tavolo la faceva sentire incredibilmente triste e, al tempo stesso, profondamente umiliata, soprattutto dopo l’acido commento di Camila che certo non avrebbe mai perso occasione per sminuirla di fronte a tutti. Prima o poi la ucciderò.
Ha controllato spesso il cellulare e ha provato spesso a contattarlo, inutilmente. Alla fine, mentre una strana e devastante sensazione a lei sconosciuta le montava nel petto, ha deciso semplicemente di spegnere il dispositivo e farlo poi scivolare di nascosto nella borsetta di Fern, concentrandosi nel mentre su ciò che vorrebbe fare alla donna che troppo spesso la fissa dall’altra parte della stanza. Pensava che ricordandosi della prima volta che la vide a novanta gradi mentre River se la faceva le sarebbe salita di nuovo la stessa rabbia e l’avrebbe trascinata lontano per ucciderla, distraendosi così per una decina di minuti. Ma non è servito a niente: per quanto il fastidio nei suoi confronti fosse comunque forte come è sempre stato da che sono ragazzine, non ha provato niente. L’unico risultato che è riuscita ad ottenere, in realtà, è stato quello di immaginarsi Radish nel letto di qualche umana. Perché ha visto come lo guardavano al Neon e anche il sorrisetto civettuolo di una donna che abita nel suo palazzo.
Qualcuno di più facile da sottomettere, qualcuno che può darti ciò che vuoi senza fiatare. Perché tu hai sempre voluto questo nella vita, lo so: una vittoria facile, qualcuno da piegare e rompere senza sforzo. Ti ha sempre fatto sentire bene, ti dava l’illusione di essere al livello degli altri due Saiyan che nel profondo detestavi.
Ero arrivata a credere, stupidamente, che fosse proprio la mia forza ad attrarti, che fosse la mia tempra e l’impossibilità di piegarmi a spingerti verso di me, ma evidentemente sbagliavo… credevi di ottenere del sesso facile, forse perché la mia natura dà questa impressione, ma una volta capito che non è così semplice hai preferito tirarti indietro e pugnalarmi alle spalle.

«Vedrai che sarà stato trattenuto da qualcosa di davvero importante.»
Alza di scatto gli occhi dal proprio bicchiere vuoto per incrociare gli occhi attenti e materni di Fern. La guarda dolcemente mentre le carezza una mano, e Sherry davvero sente che è ormai sul punto di crollare, di ammettere ad alta voce che sì, Radish le piace davvero, che lo vorrebbe al suo fianco a prendere in giro tutto e tutti, che aveva programmato di correre nei boschi alla sua prima distrazione perché consapevole che l’avrebbe trovata subito e finalmente avrebbe potuto averlo come ormai desidera ardentemente da troppo. Ma ciò che esce dalle sue labbra è un altro tipo di confessione, qualcosa che per Fern è molto più importante: «Tipo un qualsiasi paio di cosce che si aprono senza sforzo.» In realtà sono tutti uguali, con gli occhi affamati, con gli sguardi rincretiniti e incapaci di frenare la loro bramosia.
Annuisce piano mentre le stringe la mano. Bree le ha raccontato dei tradimenti di River e lei ha commentato che mai e poi mai avrebbe potuto perdonare suo marito se solo avesse toccato un’altra donna e che proprio non capiva come Sherry avesse potuto perdonarlo più volte. Sono arrivate a chiedersi perché tenesse River al proprio fianco, dal momento che era chiaro che non lo volesse come compagno di vita. Si sono convinte che, in qualche modo, fosse per sopprimere un profondo senso di abbandono e/o per rimpiazzare la figura paterna da sempre assente, perché davvero non potevano credere che Sherry, la forte e temuta guerriera, potesse davvero amare un uomo come River, per quanto forte e di buon cuore.
Sospira e beve un lungo sorso di vino, per poi tornare a guardarla negli occhi per metterla davanti ad una piccola ma sostanziale consapevolezza: «Non è da te parlare così.»
Sherry non parla delle proprie paure se non sono una minaccia per coloro a cui tiene, non parla dei propri sentimenti, non l’ha mai fatto. Non ha mai espresso a pieno ciò che provava nei confronti della scelta di Mezcal e di tutte le conseguenza che essa avrebbe comportato, cosa davvero pensasse di Everett o le sue paure riguardo Jäger, non rivelando neanche cosa accadde quella volta. Non ha mai messo nessuno al corrente su ciò che desiderava o temeva, preferendo tenersi tutto dentro, nascondendo i ricordi come viene insegnato agli Spettri più forti.
Fern è consapevole che quella testarda ed orgogliosa giovane donna ha proprio dei gravi problemi a capire ed affrontare i propri sentimenti: conosce la rabbia, ormai sa quasi gestirla, ma già la paura la gestisce peggio, arrivando a paralizzarsi per degli incubi, mentre se si tratta di sentimenti più profondi e complessi non sa proprio dove mettere mano, in quanto praticamente sconosciuti.
Beh, con River non è mai stato un sentimento come quello vero degli Spettri. Chissà che stavolta non sia successo?
«… lo so.»
Le prende il viso tra le mani e la costringe a guardarla dritto negli occhi, proprio come quando era piccola e si trovava costretta a prendere decisioni difficili:
«Ad un certo punto, nella vita, devi fare una scelta. I confini non tengono fuori gli altri, servono solo a soffocarti. Puoi sprecare la tua vita a tracciare confini, oppure puoi decidere di viverli superandoli.»
«Ci sono dei confini che è decisamente troppo pericoloso varcare.»
Annuisce per un breve istante, Fern, e poi si lascia andare ad un sorriso materno che le scalda il cuore: «Una cosa la so per certa, piccola: se sei pronta a correre il rischio, la vita dall'altra parte è spettacolare.»

Il sole è ormai prossimo a tramontare, lasciando così il posto alla notte, momento della giornata che quasi tutti loro prediligono.
Molti degli invitati, se non proprio tutti, sono ubriachi, scherzano e ballano tra loro. Sembrano non avere alcun problema al mondo e Sherry, anche se solo per un istante, prova una certa invidia nei loro confronti.
Deve essere bello non avere preoccupazioni, poter essere liberi di scegliere. Deve essere bello non vivere con una scure sopra la testa che può essere calata in qualsiasi momento.
Cammina al fianco di Fern per il lungo viale di ghiaia, il cinguettio degli uccellini si fa sempre più flebile. Presto non ci sarà più alcun rumore, tutto sarà avvolto dall’oscurità e dalla calma.
Arrivano davanti all’elegante macchina nera che riporterà Fern a casa e le due donne si bloccano, avvolte dai loro pensieri.
Con le mani che rivelano la sua età, Fern le tiene delicatamente il volto per cercare il suo sguardo. Ma Sherry pare assente e questo la preoccupa: ha già visto quell’espressione, è la stessa di sette anni prima, la stessa espressione che aveva quando decise di andarsene. Ricorda il dolore negli occhi dei suoi cuccioli che non potevano seguirla per suo ordine, ricorda di come decisero a loro volta di andarsene per pattugliare le zone limitrofe. Sa bene, Fern, che lo fece solo per proteggerli e che ciò li aiutò a crescere, a diventare adulti e profondamente indipendenti, ma non vuole che nessuno di loro ripeta l’esperienza.
«Non sparire di nuovo.» La sua voce ferma e decisa risuona come un ordine, ma in realtà è una richiesta quasi disperata. Non vuole perdere di nuovo sua figlia, non vuole che torni a vagabondare senza meta, che si perda ancora nel dolore. Il suo sguardo era così diverso ad inizio giornata, nei suoi occhi risplendeva una nuova luce speranzosa che mai prima d’ora l’aveva neanche sfiorata. Non vuole che regredisca, non ora che si sta avvicinando tanto ad abbracciare sé stessa.
Lo Spettro, con un sorriso beffardo ed allegro, l’abbraccia con energia, beandosi del suo calore e del suo profumo dolce, con le note di
rosa, pesca, muschio animale e ambra che le invadono le narici e la riportano alla notte che le trovò nel capanno. È lo stesso profumo che le ha impedito di annegare nell’odio e nel risentimento.
Ricorda che, dopo averla trovata nella sua stanza ad annusare quella boccetta rosa, Fern lo sparse per tutto il capanno, dicendole che sarebbe sempre stato il suo porto sicuro.
Come posso andarmene di nuovo? Come posso spezzarle ancora il cuore?
«Io sono come l’herpes, Fern: torno sempre!» Esclama convinta, facendola ridere.
Si fa baciare le guance e la guarda quasi con malinconia mentre la macchina si allontana. Di colpo si sente stanca, sente come se i propri muscoli si fossero improvvisamente intorpiditi.
Tutti quelli che conosco sono andati avanti. Tutti hanno costruito qualcosa. Tutti hanno trovato un sentiero… e io sono ancora qui. Sono rimasta dove sono partita, sono rimasta il cucciolo spaventato che ero tredici anni fa quando sono scappata. Non ho mai vissuto davvero, troppo impegnata a voler mostrare di non essere ciò che ero, troppo impegnata a rifiutare ciò che è mio per diritto di nascita. È per colpa tua, maledetta scimmia, se ho preso in considerazione di rivalutare la situazione, se ho stupidamente pensato di creare un qualcosa di forte e duraturo che andrebbe contro a tutto quello che ci viene indottrinato sin da piccoli.
Si rigira fulminea e comincia a correre verso la boscaglia. Butta la pochette a terra e si sfila goffamente i tacchi per poi saltare in avanti: quando è a terra non è più su due piedi, ma su quattro possenti zampe bianche. Sull’erba, ridotto a brandelli, giace il suo vestito.
Volta per un istante il grosso muso alle proprie spalle, giusto il tempo per scorgere gli sguardi preoccupati degli invitati. Li sente mormorare che forse li attaccherà, che magari è coinvolta nei piani del Re del Nord e questo è un buon momento per sbarazzarsi di molti di loro. Ringhia con ferocia, il cuore avvolto dallo sconforto, dall’ira e dalla delusione, e subito parte ad un galoppo sfrenato in mezzo alla vegetazione.
Affonda con le zampe nel terreno, alzando un gran polverone dietro di sé. Si immerge nei boschi lasciandosi tutto alle spalle… o almeno ci prova: i suoi pensieri la seguono ovunque, falcata dopo falcata.
Sente i rami sbattere e spezzarsi contro il suo corpo mentre passa, le zampe forti e robuste toccare appena il terreno man mano che aumenta la velocità. Non riesce a concentrarsi, sente tutto il corpo congelarsi ed un secondo dopo andare in fiamme. La vista è offuscata, le budella si contraggono in fitte fisicamente dolorose.
Abbassa il muso e guaisce. Come un fiume in piena i ricordi la travolgono, le riempiono la mente. Uno in particolare sembra non avere intenzione di lasciarla in pace: il primo giorno della sua penitenza, il giorno che gli ha rivelato la sua natura dopo aver ammazzato una donna mandata per catturarla.
Ricorda che, a fine giornata, le si era avvicinato ed aveva cominciato a ficcare il naso come - e questo l’ha scoperto in seguito - è solito fare nei suoi confronti. Ricorda che voleva sapere perché gli sembrava tanto assente, perché sembrava malinconica. Le disse che poteva stare tranquilla, che non avrebbe detto ad anima viva che poteva trasformarsi in “un enorme sacco di pulci”, ed era profondamente sincero mentre lo diceva. Cercò di liquidarlo dicendogli semplicemente che non si sentiva serena in un mondo tanto difficile, e la sua risposta la spiazzò completamente…

 

«Guarda…non sono il migliore in questo, ma posso capire. Se sei una ragazza con due volti diversi contro il mondo, o un alieno nato per essere spazzatura contro un impero malvagio, il mondo è un posto difficile. E anche se non so molto di te… potremmo cambiarlo se mi parlassi.*»
Non è la serietà nella sua voce a spingerla a dirgli la verità, a raccontargli perché ha dovuto uccidere una donna e farla sparire: sono i suoi occhi, grandi e attenti, che la scrutano con attenzione e interesse. Ora che ci fa caso, si accorge che trasudano una discreta intelligenza.
Gli racconta tutto. O meglio, non proprio tutto. Gli racconta che se ne andò dalla tana che era molto giovane perché le cose si stavano facendo difficili, davvero difficili, ammettendo così tra le righe di essere una codarda proprio come lui. Gli racconta che da quel momento ha vissuto sempre con la guardia alta ma che per anni non era successo nulla. Gli racconta che, da un giorno all’altro, era in cima alla lista dei ricercati tra la sua gente e che le danno la caccia da allora. Per la prima volta in vita sua, ammette ad alta voce con qualcuno che non è Bree che, se la prendessero, ad attenderla ci sarebbe qualcosa di ben peggiore della morte.
Gli racconta che, per un brevissimo periodo, quando aveva circa diciannove anni, pensava di crearsi un branco forte e addestrato per ricacciare gli invasori nei loro territori, così da tutelare non solo sé stessa ma anche tutti quelli che abitano all’infuori delle loro terre; in pratica, voleva creare un nuovo e vasto territorio che potesse in qualche modo eguagliare la potenza dei due già esistenti. Anche questa è una grossa ammissione, un qualcosa che solo River sa. Gli dice anche che è stato proprio l’ex compagno a farla desistere, dicendole che il suo era solo un sogno utopistico, che le cose non sarebbero certo cambiate perché una reietta ha deciso così.
Radish ha lo sguardo attento, la osserva e al tempo stesso pare rimuginare davvero sulle sue parole, lo capisce senza che le dica niente. Non lo credeva certo possibile, Sherry, ma l’uomo che ha di fronte si sta rivelando una creatura ben diversa da ciò che appare.
Si sente un poco avvampare quando reclina la testa di lato, con quel lunghissimi capelli che oscillano alle sue spalle in modo quasi adorabile, e le sorride. Non lo ammetterà mai ma le piace il suo sorriso, soprattutto questo, quello di un bambino colpevole.
«Beh, la soluzione mi pare ovvia: tu trovi i cani, io li addestro.» Il sorriso si allarga, ma a Sherry, per un attimo, pare quasi che stia sulla difensiva «Imparerete tutti a riportare i bastoni!»

 


Ricorda di averlo colpito all’inguine dopo quella battuta. Non si aspettava un colpo così basso, l’aveva sottovalutata. Ricorda di essere scoppiata a ridere di gusto e che per vendetta l’afferrò per un piedi e cominciò a volare per spaventarla.
Ringhia e latra furiosamente per scacciare quel ricordo adesso fastidioso e, al tempo stesso, doloroso. Vuole mandarlo via, lontano dalla propria mente, e con lui tutti gli altri ricordi legati al Saiyan.
Perché? Perché sei nella mia mente? Non sei nessuno per me, dannazione. C’è stato così poco tra noi… u
n amore mai nato, durato forse un paio di giorni ma che per qualche momento è sembrato un sogno e l’unica cosa che contasse al mondo…
Sgrana di colpo gli occhi nel rendersi conto di aver pensato una follia del genere e ringhia con tutta la rabbia che si porta dentro, emettendo così un suono tanto forte da poter essere udito per chilometri. Scuote la testa come per far uscire tutto, per farselo scivolare addosso come ha sempre fatto con ogni delusione o sentimento che non le andasse a genio. I movimenti sono così furiosi che il corpo sbatte contro la corteccia di un albero e con quel violento impatto lo sradica dal suolo.
La sua corsa aumenta ancora, nelle orecchie sente il battito furioso del proprio cuore, il vento le scompiglia il manto nero e porta alla sua attenzione un odore conosciuto.
Roscoe!
Non decelera minimamente e, malgrado la grande difficoltà dovuta all’elevata velocità, scatta a sinistra per corrergli in contro. Un secondo albero crolla sotto le sue zampe quando viene usato come appiglio, e in cuor suo ne è solo felice: un simile rumore  lo spingerà solo nella sua direzione.
Vieni, Roscoe. Corri da me. Ho bisogno di te adesso, corri!
Lo sente vicino, l’odore del suo sangue caldo le riempie le narici e fa danzare le sue papille gustative. La sua impazienza adesso è tale che le pare di correre al rallentatore, tutto attorno a lei si muove in modo spasmodicamente lento. Ma finalmente qualcosa balza fuori dalla vegetazione e atterra al suo fianco in tutto il suo terrificante splendore.
Le fauci scattano, i corpi si tuffano e poi rotolano via.

Roscore è più grosso rispetto a Sherry, com’è normale che sia un maschio Purosangue, il manto è quasi interamente nero fatta eccezione per la punta del muso che è di un bianco sporco tendente più al grigio chiaro. Le mostra i denti in segno di minaccia, senza però chiedersi perché non abbia provato a seminarlo neanche per un istante ma, anzi, gli si sia buttata tra le fauci. Ma Roscoe è fatto così: lui non pensa, lui obbedisce agli ordini del suo Re, e quegli ordini prevedono che la trascini viva al suo cospetto.
Non ha però tenuto in alcuna considerazione che quella che si sarebbe trovato di fronte non sarebbe stata più la cucciola che di tanto in tanto osservava allenarsi, ma una giovane adulta che non ha alcuna intenzione di fare a modo loro. Oltretutto non aveva neanche perso in considerazione che l’avrebbe trovata con le palle giusto un po’ girate.
Capisce però di aver commesso un errore quando la ragazza fa una finta per poi virare al suo fianco e affondare le zanne nella sua spalla. Lo porta a terra stringendolo con le zampe e rotolano in una massa ringhiante di pelo e bava, i denti di Sherry si conficcano così a fondo da andare ben oltre la spessa pelliccia. Stringe e tira, gioca finché non perde la pazienza e strappa via un grosso lembo di carne.
Dopo aver assaggiato il sangue dell’avversario e averlo sentito guaire e ruggire con dolore e rabbia, lascia finalmente la presa e corre via a quattro zampe, levando il muso al cielo per un breve ululato di trionfo. Sa bene però che non è saggio festeggiare troppo a lungo la vittoria, soprattutto se il tuo avversario è di nuovo in piedi e ti guarda come se non desiderasse altro che strapparti il cuore a morsi.
Riprendono a muoversi in cerchio su zampe rigide. Le labbra sono arricciate in una maschera d’odio, i tendini tremano per lo sforzo di controllarsi. La giovane Alpha mena un colpo che però va a vuoto, rotola via e torna a quattro zampe prima che i denti di Roscoe schiocchino nell'aria.
Si confrontano, le fauci spalancate e le zanne in mostra. La rabbia di Roscoe è alle stelle poiché, ancora convinto di poterla battere solo perché maschio, le balza alla gola con quanta più velocità può, scordandosi stupidamente che la velocità di un Alpha è superiore a quella di un Cacciatore.
Sherry, resa cieca dalla rabbia e da un’ingiustificata gelosia, lo afferra per la collottola e lo getta via come fosse uno straccio vecchio solo per balzargli in groppa un istante dopo. È scossa da una violenta bufera interiore e non riesce a smettere di domandarsi se è davvero lei quella che ringhia così forte, se è davvero lei che sta attaccando con così tanta ferocia.
Il muso di Roscoe è striato di sangue eppure Sherry non molla. Le ci vogliono sette tentativi per trovare la giusta angolazione: sei morsi andati a vuoto contro la struttura ossea del suo muso, poi un canino affonda in una superficie cedevole che resiste per un secondo e poi scoppia come un acino giallo.
Roscoe strilla con quanto fiato ha nei polmoni e prova a scrollarsi l'avversaria di dosso, senza successo: Sherry mantiene la presa con gli artigli, spezza gli arti col proprio peso, gli strappa le orecchie a morsi e dissemina poi altre dolorose boccate lungo tutto il forte e nerboruto collo fino al momento in cui si stufa e, dopo aver allargato al limite le fauci ed averle avvolte attorno al suo cranio, stringe di scatto come una micidiale tagliola.
Il corpo massiccio del Cacciatore è scosso da alcuni spasmi prima di immobilizzarsi totalmente e accasciarsi al suolo, tornando a poco a poco alla forma umana.
Con un movimento quasi meccanico ed annoiato lo rivolta verso il cielo. Di colpo in quei piccoli occhi vitrei rivede quelli lussuriosi della condomina di Radish. A poco a poco, le pare quasi di averla sotto di sé, le pare di sentire il suo odore… e in pochi secondi davanti a sé c’è solo rosso.

Si è cibata del cuore di Roscoe. L’ha mangiato boccone dopo boccone e non ha provato niente nel farlo. Ha provato giusto un poco di soddisfazione quando, con precisione chirurgica, l’ha strappato dal suo petto, immaginando però che fosse quella tizia della quale non conosce neanche il nome. Quando però ha ritrovato lucidità e si è resa conto della realtà dei fatti, ha provato un certo senso di frustrazione.
Ora se ne sta sdraiata placidamente nell’erba alta, il muso poggiato sulle grosse e forti zampe mentre le lucciole danzano nella notte. Tutto attorno a lei è silenzioso, ad eccezione dei versi dei piccoli insetti notturni.
Sospira pesantemente e si domanda ancora una volta cosa sia giusto fare, quale sia la soluzione migliore per lei. Ma non riesce a trovare una risposta, non ora che la sua mente è invasa da pensieri tanto contrastanti tra loro capaci solo di ferirla e mandarla in confusione.
Il frusciare dell’erba le dà modo di concentrarsi su qualcosa di più concreto di una sciocca illusione utopistica e le consente, seppur in modo approssimativo, di non rivedere più davanti agli occhi il viso scolpito del Saiyan.
Le si drizza il pelo sulla collottola e le orecchie si drizzano in alto, ma quando fiuta l’aria riconosce quel profumo un poco muschiato che le ha invaso le narici per anni, e di conseguenza i peli tornano ad abbassarsi.
Dopo pochi secondi un enorme lupo bianco con gli occhi color rubino entra nella sua visuale, agitando la coda a mo’ di bandiera. Di colpo Sherry si domanda se pensando tanto a ciò che le ha fatto in passato non solo abbia spinto Radish a farlo a propria volta, ma l’abbia pure come evocato.
«Ti stavo cercando.» Latra mentre le si avvicina, arrivando a sedersi ad un metro scarso da lei. Si sente un poco oppresso dai suoi occhi freddi che lo scrutano e tengono silenziosamente a distanza, così prova a rabbonirla come sempre: «Non abbiamo più cacciato insieme. I conigli stanno diventando arroganti… l’altro giorno uno mi ha fatto la linguaccia!»
Gli occhi di Sherry si addolciscono al ricordo di loro due, felici e innamorati, che si divertivano a rincorrere quei poveri animaletti per gioco. Sente i muscoli rilassarsi un poco e questo, per il grosso Alpha, è un segnale più che sufficiente per poterla avvicinare. Si sdraia quindi al suo fianco e, dopo essersi guardati negli occhi per degli istanti interminabili, struscia il muso contro il suo.
«Mi manchi piccola…»
Sherry si scosta velocemente, le orecchie si abbassano di nuovo e il suo odore cambia repentinamente rivelando quanto non gradisca simili effusioni.
«Ci vediamo spesso.» Risponde con ovvietà mentre si rimette su quattro zampe, facendo schioccare la lingua in bocca quando il lupo la segue.
«Non come prima.» Latra in risposta il maggiore, l’espressione contratta in una smorfia di dolore e rabbia.
Per un orecchio umano i loro versi suonano unicamente come latrati, gorgoglii, ringhi e ruggiti, ma alle loro orecchie suonano come normalissime parole, esattamente come le loro espressioni: per un essere umano è difficile decifrarle o anche solo scorgere delle significative differenze, ma per loro risulta naturale come respirare.
Con calcolata calma, Sherry s’incammina con passo sinuoso e felpato per il percorso immaginario che la condurrà nella tana che considera più confortevole e sicura.
«Ci siamo allontanati, River. Lo sai.» Spera che questo basti a farlo demordere e allontanare, ma è una speranza vana e lo sa benissimo. È sempre stato testardo e il suo status gli ha fatto sviluppare già in tenera età uno strano senso di superiorità-inferiorità che gli rende difficile accettare la loro separazione.
Scatta velocemente e si piazza a zampe larghe di fronte a lei per sbarrarle la strada, il petto gonfio di orgoglio mentre la pelliccia attorno al collo si alza lentamente.
«Hai rotto con me perché ho commesso degli errori, lo so…» Abbassa il muso vicino al suo, la guarda dritto negli occhi con boriosa determinazione «Ma scommetto che ti manco anche io… che ti manca quello che eravamo.»
Sbuffa forte, Sherry, e rotea gli occhi di fuoco al cielo. Non ha voglia dei suoi discorsi, non adesso, non dopo la sua cocente delusione.
Non appena lo urta con forza per superarlo, sente il suo odore mutare e non si sorprende nel sentire la sua voce tanto dura e rabbiosa: «Ho sentito dire che ti fai vedere in giro in compagnia di un umano.»
Sherry sente un profondo dolore montarle nel petto, ma non ha alcuna intenzione di darlo a vedere. Porterebbe solo a conseguenze disastrose, lo sa bene.
«Sai, loro ci somigliano, o almeno somigliano a una parte di noi… ma non sono come noi.» Camminano fianco a fianco nel fitto della vegetazione e River non riesce a fare a meno di avvicinarla sempre di più finché avverte i muscoli forti della sua spalla muoversi contro di lui. È allora che le mordicchia con fare intimo e giocoso la punta di un orecchio.
«Quando amiamo qualcuno vogliamo che sia nostro compagno nella pelle e nel vello.» Non condivide in pieno le sue parole, Sherry, ma è ben consapevole che quella è senza ombra di dubbio la strada più naturale e semplice da seguire.
Sospira forte, si sente confusa e abbattuta. La presenza di River peggiora solo la situazione: ha sempre saputo come imporsi con lei, ha sempre trovato le maledette parole giuste e così l’ha sempre convinta a non allontanarlo dalla sua vita.
Arrivata finalmente a destinazione, imbocca l’entrata e si lascia scivolare subito sulle morbide pellicce che hanno collezionato negli anni, non sorprendendosi nel fiutare gli odori di altri Spettri che conosce. In fondo quella tana sicura è un po’ di tutti, era nel loro accordo.
River, più che deciso a rimettere le cose a posto e mettere a tacere quelle insopportabili voci che la vorrebbero al fianco di un altro uomo - per di più neanche della loro specie! -, spinge con la punta del muso una specie di ciotola in metallo verso di lei per poi afferrare una bottiglia di Hapsburg, un distillato dal colore rigorosamente verde e in grado di trasformare un sobrio pastore in un’artista maledetto. Trova non poche difficoltà nell’armeggiare un oggetto di dimensioni così ridotte tra le enormi zampe prensili, ma non ha intenzione di risultare incapace agli occhi della lupa che desidera con tanto ardore. Una volta tolto il tappo senza far danni, rovescia l’intero contenuto nella ciotola e, notando che pare restia a bere, abbassa per primo il muso e dà qualche decisa lappata che gli manda in fiamme le papille gustative.
Dopo una lunga battagli interiore, dopo lunghi ragionamenti durati una giornata intera che non l’hanno portata ad alcuna conclusione, dopo tutto il dolore provato, Sherry prende una decisione, una decisione stupida che, lo sa, può portare solo alla catastrofe: beve.
River gonfia di nuovo il petto. È soddisfatto, sta agendo come sperava. Ora è solo questione di tempo prima che le cose vadano come devono andare. Non vede però perché non dovrebbe dare una spintarella a quel tempo, motivo per cui, una volta svuotata la prima scodella, versa una seconda bottiglia al suo interno. Sa benissimo che Sherry non regge l’alcol, non c’è mai riuscita, ma quando muta la sua resistenza a questo tipo di sostanze aumenta, quindi viene da sé che se vuole arrivare all’obiettivo deve calcare davvero la mano.
La giovane Alpha, dopo un po’, fatica a distinguere le forme e gli spazi, tutto attorno a lei pare ondeggiare e gli odori arrivano confusi alle narici. Nella sua mente, però, l’immagine di Radish è sorprendentemente viva e nitida. Vede le forme dei suoi muscoli che si flettono sotto la pelle ad ogni movimento, vede la coda che oscilla quando è soprappensiero, sente il suono della sua voce e le sue mani forti e virili che la toccano con incredibile sicurezza.

Non credevo di poterti volere così tanto, ma adesso, mentre con quella boccaccia maledetta giochi con i miei capezzoli ancora e ancora, non riesco a fare a meno di stringerti e toccarti.
Ogni gesto e flirt innocente ci ha portati a questo momento, dove non fai altro che alimentare la fiamma che mi arde dentro ogni volta che mi baci, facendomi vibrare ogni volta che mi sfiori.
«Perché lo fai?»
Non dovresti fare domande, sai? Soprattutto ora che te lo sto tenendo in mano. Non è molto furbo da parte tua. Ti facevo più intelligente…
«Fare… cosa…?»
Non ce la faccio più, davvero. Ti prego, non rispondere, prendimi e basta, ti sto offrendo il mio corpo come mai ho fatto prima con nessuno…
 «Mi offri sempre il collo…»


Lo stomaco si contrae dolorosamente a quel ricordo, mentre tutte le sensazioni provate in quel momento le scuotono le membra.
River se ne accorge immediatamente e certo non si lascia sfuggire l’occasione: le si avvicina ancora, gioca con lei come un cucciolo e le mordicchia spesso orecchie e zampe, le tira la collottola finché non vede nei suoi occhi una potente scintilla che mai prima aveva avuto la fortuna di vedere.
«Ti amerò sempre nel vello… ma ora lascia che ti ami nella pelle.»



* Altra frase di Radish a Bad Launch quando sono alla Kame House in R&R

ANGOLO DELL’AUTRICE
Casini, casini e sempre casini. Perché non riesco a scrivere di una storia d’amore tranquilla, dove i due si incontrano, si conoscono e s’innamorano senza tante tragedie? Okay, sarebbe un po’ scontato e sicuramente noioso, ma così si va sull’esagerazione! (Perché mi critico tanto da sola? Che problemi ho?!? D:)

Non la volevamo la stronza che infastidisce la protagonista?
💀 Va bene che gli Spettri sono per natura degli stronzi e che sentono la rivalità come pochi (Vegeta scostati proprio!), ma temo che sia un tale cliché che quasi mi fa paura… ma vabbè, ormai c’è, facciamocela andar bene.

Già: Sherry dalla sua ha una potenza fuori dal comune tra la sua gente, ma per quanto riguarda l’aspetto fisico non è niente di eccezionale (tranne che per Radish, ma lui è un discorso a parte). Pure River ne è follemente attratto proprio per la sua forza più che per il carattere o l’aspetto… anzi, di quelli gli importa davvero poco.

Parte dei due capitolo successivi è già pronta. Non so come ho fatto, ma davvero non riuscivo più a fermarmi! Sarà che si tratta di momenti particolari tra loro due e di conseguenza morivo dalla voglia di scriverli.
In ultimo, vi dico che forse non c’è da trarre subito conclusioni avventate su questo capitolo… 
🙄
Basta. Solo questo.

Ci sentiamo presto - spero.
Un bacione
Kiki 
🤙🏻

PS: Fern è stata costruita sull’immagine di Jessica Lange in American Horror Story: bellissima, sofisticata, affascinante, materna, protettiva e stronza come il demonio.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per le fantastiche recensioni al capitolo precedente. Siete dei tesori 😍

Attenzione: linguaggio a tratti volgare.

 

𝟡. È 𝑜𝓇𝒶 𝒹𝒾 𝒶𝓅𝓇𝒾𝓇𝑒 𝓁𝑒 𝒹𝒶𝓃𝓏𝑒:
𝒻𝒶𝓉𝓉𝒾 𝒸𝑜𝓇𝒶𝑔𝑔𝒾𝑜 𝑒 𝒷𝒶𝓁𝓁𝒶 𝒸𝑜𝓁 𝒟𝒾𝒶𝓋𝑜𝓁𝑜!




Si è svegliato di pessimo umore Radish. Davvero pessimo.
Quando, tre giorni prima, è tornato a casa la sera tardi ed ha trovato un numero impressionante di messaggi e avvisi di chiamata sul telefono, si è sentito da una parte quasi lusingato per essere stato cercato tanto da una donna che, questo lo sa bene, non ha bisogno di nessuno per stare bene, e da una parte si è sentito mortalmente nella merda, un po’ come un ragazzino che trova una valanga di chiamate della madre e sa che adesso sta incazzata a morte.
Così ha provato a richiamarla per spiegarle quanto accaduto e sistemare la faccenda, pensando pure di scusarsi per essere stato tanto distratto da non portarsi dietro quell’aggeggio del demonio, ma non ha ricevuto alcuna risposta. Si è accorto pure che non riusciva più ad avvertire la sua presenza, capendo così che in quel momento era sotto le spoglie di lupo.
Credendo quindi che stesse semplicemente cacciando è andato a letto con uno strano presentimento, ma relativamente tranquillo. In ogni caso, dopo una giornata tanto intensa, non avrebbe avuto comunque le forze per preoccuparsi davvero.
Si è svegliato l’indomani mattina con quella fastidiosa sensazione addosso e con la consapevolezza che no, Sherry non aveva ancora ripreso sembianze umane. Pensò subito che, sicuramente, stesse ancora cacciando o magari pisolando in mezzo al niente con Bree e gli altri cani amici suoi, ma quando dopo una veloce ricognizione ha trovato Bree ad un bar a fare colazione e non ha visto neanche l’ombra di un lupo formato gigante in giro, ha capito che si stava sbagliando. Malgrado il fatto che la sola consapevolezza di conoscerla più di quanto conosca persone con cui ha trascorso anni interi della sua vita l’abbia un poco spiazzato, si è sentito invadere da una cieca collera nel capire che lo stava semplicemente evitando.
Gli aveva messo il muso come una ragazzina viziata e lui questo proprio non è riuscito a mandarlo giù. In fondo le ha detto più di una volta che non ha intenzione di farle male, doveva capire subito che il suo clamoroso bidone non era né intenzionale né premeditato, che non si era presentato perché trattenuto da causa di forza maggiore.
Per un attimo ha preso in considerazione che sia così scema da non riuscire a capire che quella frase ha anche altri significati che non è sicuro riuscirebbe ad esprimere apertamente, ma l’ha scartata velocemente perché sa bene che quella piccola stronza è tutto fuorché scema. Impulsiva sicuramente, ma non scema.
Ha deciso quindi di evitarla a sua volta finché non fosse tornata con la coda tra le gambe a chiedergli scusa per essersi comportata in modo così infantile, sicuro che fosse il piano perfetto per incastrarla e, perché no, magari infilarsi finalmente tra le sue cosce.
È andato così da Chichi per controllare come stava e per allontanare quel senso di fastidio, accompagnato da una lieve rabbia che però mascherava alla perfezione e a cui riusciva pure a non dare troppo peso.
Ha poi raggiunto Piccolo assieme ad un esausto Gohan per allenarsi e distrarsi, hanno parlato poco e fatto qualche battuta delle loro, ma quella spiacevole sensazione non lo abbandonava comunque.
Infine è andato a lavoro, ha portato a casa una cospicua somma e si è fatto una doccia veloce prima di coricarsi. È in quel momento che la situazione è peggiorata drasticamente, tanto da rovinargli il sonno. Già, perché è passato dal fare sogni poco casti che lo vedono come protagonista attivo al trovarsi come spettatore passivo di eventuali suoi amplessi con altri uomini.
Il giorno dopo era furente, non gli si poteva stare vicino dal momento che la sua ingiustificata gelosia nei confronti di una ragazza che non può neanche definire come “sua” lo ha reso  assolutamente intrattabile.
Ha passato quindi la giornata da solo e l’idea che magari non lo stesse effettivamente evitando ma che, forse, le fosse successo qualcosa di brutto si è insinuata nella sua mente, preoccupandolo più del dovuto. A mente lucida avrebbe scacciato subito quel pensiero grazie all’assoluta consapevolezza che è abbastanza forte e scaltra da riuscire a cavarsela da sola come ha sempre fatto finora e che, in caso di difficoltà, avrebbe trovato il modo di chiedere aiuto, ma con quel turbinio di emozioni contrastanti nella mente non è riuscito ad evitare di pensare al peggio.
La notte è stata la parte peggiore, poiché i suoi dubbi, incertezze e paranoie hanno invaso la sua mente quasi fino a togliergli completamente il sonno. L’ha immaginata talvolta in dolce compagnia e talvolta ridotta a brandelli in una pozza di sangue per mano del tizio che la cerca. Talvolta le due orrende fantasie si univano, dilaniandolo.
È arrivato a desiderare ardentemente la compagnia del fratello. Non che gli sarebbe stato di un qualche aiuto concreto, ma avrebbe comunque provato a stargli vicino, avrebbe alleviato la sua tensione con una devastante sessione di allenamento.
In realtà, in quelle due settimane ha sentito spesso la sua mancanza, ma la compagnia di Sherry riusciva in qualche modo a colmare quel vuoto. Perché gli sarebbe piaciuto vedere il sorriso allegro di quell’allocco mentre, non senza un notevole imbarazzo, gli spiegava che non si allenava con lui perché aveva un qualcosa di nuovo e strano per le mani. Si sarebbe poi accorto del suo imbarazzo e avrebbe detto qualche idiozia, avrebbero fatto la lotta e poi riso insieme. Magari gliel’avrebbe presentata prima che agli altri e sarebbe finito con lo sfidarla come fa con qualsiasi combattente incontri per la via. E lui avrebbe riso nel vederla indietreggiare fino a nascondersi dietro al suo corpo e suo fratello avrebbe assunto una delle sue espressioni confuse che lo divertono. E magari a quel punto avrebbe capito che c’è dentro fino al collo, che ci sguazza proprio… e quel giorno gli avrebbe detto di non preoccuparsi per Chichi, che poteva andarsene tranquillamente e questo casino non sarebbe mai esploso.
Invece è voluto rimanere nell’aldilà, e lui non può far altro che logorarsi da solo.
Adesso, steso nel letto con la sensazione di avere del cemento nelle vene anziché sangue, si ritrova con i nervi a fior di pelle e un turbinio di emozioni negative ad invadergli la mente.
Non sa decidere se lo stia evitando, se abbia preferito la compagnia di qualcuno della sua specie o se sia finita in guai seri, ma ogni scenario porta sempre alla conclusione che no, non vuole lasciar perdere. Potrebbe, sa bene che potrebbe, in fondo è sempre scappato da tutto e tutti, solo che non vuole. Gli ha dato troppo in quelle settimane e non è disposto a rinunciare a quelle sensazioni fastidiosamente piacevoli senza lottare. È un Saiyan orgoglioso e testardo per natura, non le permetterà di trattarlo in modo così infantile e meschino.
Sposta svogliatamente lo sguardo sul comodino e i suoi occhi si posano senza volerlo sul bicchiere di vetro che tiene per bere durante la notte e, colto da un’ondata di rabbia improvvisa, lo scaglia impulsivamente contro il muro. Il bicchiere nell’impatto si rompe in decine di piccoli pezzi, che colpiti dalla luce s’accendono come gocce di pioggia.
Dio come la detesto! Non tollero questi atteggiamenti infantili e scontrosi, odio il suo voler comandare, mi urta l’insolenza con la quale invade il mio spazio e la potenza con la quale riesce ad invadermi i pensieri e la vita. Pure ora che non c’è la sua presenza è ingombrante: impronte, indizi e tracce di lei sono dappertutto… in special modo nella mia testa.
Per quanto gli scocci, sa cosa deve fare e per questo decide di alzarsi finalmente dal letto. È quasi ora di pranzo ormai, ha sprecato tempo prezioso a rimuginare su delle stupide eventualità senza neanche prendere in considerazione l’idea che non ha alcuna idea di come fare a trovarla. Ma è sveglio, non gli ci vuole molto prima di ricordare un dettaglio decisamente non irrilevante: Bree è sempre stata tranquilla, indice che non solo è a conoscenza dei fatti (della versione dell’amica, quanto meno), ma è anche a conoscenza della sua locazione.
Indossa in fretta e furia una delle sue tute scure per gli allenamenti e senza riflettere esce di casa per dirigersi di corsa verso quella dell’insopportabile Barbie.
La fortuna pare sorridergli per l’ennesima volta quando la vede arrivare dalla direzione opposta.
I lunghissimi capelli biondi sono lasciati liberi e ondeggiano ad ogni sua falcata, lo sguardo è fiero, determinato e sempre ammiccante, il corpo da pantera è messo in risalto da un paio di leggins in pelle nera che sembrano quasi urlare “ehi, guardate questo bel culo!”, la morbida canottiera del medesimo colore un poco trasparente sottolinea il seno abbondante grazie alla scollatura generosa, gli stivali col tacco alto slanciano la sua figura appariscente già a cose normali. Se si fosse trattato di una qualsiasi altra donna avrebbe apprezzato una simile visione, ma dal momento che si tratta di Bree prova solo un senso di fastidio mentre pensa che sia un’arrogante e stronza esibizionista.
Non dice una parola, Radish, semplicemente s’impone di rimanere calmo per non aggravare la sua già instabile situazione e le cammina in contro con passo deciso.
Quando Bree lo nota sente che, forse forse, la partita non è ancora chiusa e può ancora giocarsela. Mette quindi una nuova maschera e, senza dire niente al proprio accompagnatore, accelera e di punto in bianco gli punta contro un dito con fare accusatorio: «TU!»
La provocazione nei suoi occhi gli fa venire voglia di sputare, ma si impone di mantenere il controllo come ha imparato a fare in quegli anni.
«Dov’è finita la tua amica? Non riesco a percepirla.»
«Non riesci a fare cosa?» Solo adesso Radish si accorge del ragazzo al fianco di Bree.
Si tratta di Micah, il secondo membro più eccentrico ed esuberante del Quartetto. È un ragazzo indubbiamente bellissimo, un po' effeminato nell’aspetto, con il viso perfettamente liscio ed un bel sorriso da cornice, con i capelli biondi scompigliati ed un poco mossi che gli scendono sul collo bronzeo e dei grandi occhi di un azzurro intenso. La sua bellezza viene in qualche modo messa in evidenza dall’abbigliamento decisamente stravagante, e questo lui lo sa.
Essendo però questa una giornata assai particolare ed importante si è trattenuto, seppur a modo suo: ha optato per un paio di jeans skinny scuri con dei grossi strappi sulle cosce ed una catena che gli penzola dal fianco, un’aderentissima maglia zembrata nera e fucsia semicoperta da un gilet di denim con i bordi rifiniti con piccole placchette argentate, una cravatta nera lasciata morbida e penzoloni, un cappello a tesa larga nero e le unghie smaltate di nero - ad eccezione degli anulari, laccati blu elettrico. Ha sempre avuto una vena punk piuttosto accentuata.
Radish lo guarda con aria confusa e non riesce a capire cosa voglia, chi sia e cosa possa avergli detto la testa per conciarsi in questo modo a parer suo ridicolo. Oltretutto si chiede se sia il fratello gemello della stronza che ha appena osato dargli uno spintone, notando la grande somiglianza tra i due.
«Cosa diavolo le hai fatto?! Io passo una giornata con la mia ragazza convinta che la mia migliore amica sia ad uno stupido matrimonio in compagnia di una sottospecie di gorilla parlante, quindi sto pure relativamente tranquilla, quando per cena ricevo la chiamata di Fern che mi chiede se la mia sopracitata amica è tornata a casa perché, e questo mi ha fatta davvero incazzare, ha passato una giornata di merda perché un coglione le ha dato buca!!!» Urla tutto in un fiato, stordendolo un poco «E indovina un po’, brutto coglione? È SCAPPATA!»
Micah, che davvero non capisce di cosa stia parlando dal momento che lo ha già informato della situazione e che si era detta delusa ma comunque tranquilla, sta per chiedere delucidazioni quando viene afferrato per la cravatta e strattonato in avanti: «Tu fa’ silenzio!»
Radish li guarda quasi con disprezzo, le braccia incrociate al petto e una voglia matta di fracassarli l’uno contro l’altra fino a creare una creatura unica gli serpeggia nel cervello. Ma non alza un dito, limitandosi a stringersi la coda attorno alla vita con un movimento pressoché impercettibile.
«Avevo da fare.» Afferma semplicemente, notando un bagliore dorato nelle iridi della bionda.
«Non me ne frega un cazzo se avevi da fare! Dovevi avvertirla, lurida supposta avariata!» Afferra le varie buste di plastica in una mano sola e con l’altra inserisce le chiavi nella toppa del portone, entrando e salendo le scale due gradini alla volta. Si rigira poi come una vipera quando sente la presenza del Saiyan alle proprie spalle: «Ora tu muovi il tuo brutto culo alieno e la riporti a casa, o giuro che non darò tregua neanche al tuo fantasma.» Detto questo riprende a camminare, sapendo benissimo che la seguirà.
«Ma come? Non eri tu a dire che, in pratica, devo starle lontano?»
Bingo! «E a quanto pare facevo pure bene a dirlo: in due settimane sei riuscito a metterla in fuga quando a quell’altro figlio di puttana sono serviti undici anni!!!» Sente la sua rabbia aumentare e vede distintamente la sua determinazione farsi più vivida e granitica nei suoi occhi. Per un attimo, ma solo uno e decisamente breve, aveva preso in considerazione l’idea che dicendogli di starle lontano l’avrebbe ascoltata, ma poi si è ricorda di un piccolo ma non trascurabile dettaglio: ha un orgoglio così grande ed ingombrante che sicuramente influisce pure sul suo peso corporeo, non le avrebbe mai dato ascolto ma anzi si sarebbe imposto di fare l'esatto contrario.
«Sai cosa? Lascia perdere! Dimenticati di lei. Sei buono solo a far danni.» Rincara così la dose mentre apre con falsa stizza la porta di casa e appoggia le buste sul divano rosso.
Radish la segue e le sue buone intenzioni vacillano sempre più pericolosamente. Non sopporta che gli si rivolga con questo tono indisponente né che lo si tratti come un buono a nulla.
«Dov’è adesso?» Le ringhia contro mentre le sbarra la strada per la cucina, notando dei voluminosi screzi giallo dorato nei suoi occhi. Perché i suoi occhi sono gialli e non rossi? No, scherzavo: non mi importa!
Bree sostiene tranquillamente il suo sguardo mentre la sua espressione si fa sempre più arrogante. Sa benissimo che potrebbe ucciderla senza sforzo e certo morire non rientra nei suoi piani, ma in ballo c’è davvero troppo. Anche se, ora che ci pensa, se la uccidesse la situazione degenererebbe a tal punto che Sherry certo non lo degnerebbe più neanche di un pensiero.
«Non costringermi a diventare cattivo.» Sibila sempre più vicino al suo viso, sentendo la furia aumentare di fronte alla sua faccia da schiaffi sempre più strafottente.
«Non costringermi tu a diventare cattiva.»
Radish sente di sfuggita la risatina del biondino che li ha seguiti e, senza dargli il tempo di rendersene conto, si rigira fulmineo e lo afferra per la cravatta per tirarlo verso di sé.
«Parla.» Il fatto che nei suoi occhi non vi sia alcuna traccia di paura, neanche una punta di disagio, gli fa per un attimo domandare se sia minimamente consapevole di ciò che potrebbe fargli e, nel caso, se tenga un poco alla pelle.
Le risposte in realtà sono entrambe affermative, ma Micah non è il tipo che prende sul serio certe pagliacciate, non dopo aver passato praticamente tutta la vita con i suoi tre fratelli adottivi. Sa bene che se avessero voluto attaccarsi lo avrebbero fatto già in mezzo alla via come farebbero i suoi fratelli, e sa altrettanto bene che Bree ha un obiettivo preciso in mente. Essendo però stufo, decide di dargli una piccola imboccata. Hanno sempre usato questi sotterfugi per rivelare informazioni delicate che riguardavano terzi senza passare direttamente per delle piccole ed infami spie. Tra fratelli si fa così, no?
«Perché chiedi a me? È una questione tra te, Sherry, Bree e Fern, no?» Si gratta il mento con fare annoiato e si lascia andare ad un sorriso sghembo. Dai megafusto, puoi arrivarci.
Bree gli tira contro il telecomando, colpendolo alla tempia, e si rigira fulminea contro Radish quando lo vede avvicinarsi a grandi falcate verso la finestra.
«Ehi, dove pensi di andare?! Ti ho detto di starle lontano!» Accidenti alla tua boccaccia Micah, volevo giocare ancora un po’!
Radish vola fuori e urla a pieni polmoni la propria delicata risposta per la bionda che gli ha quasi afferrato la coda: «Fottiti!»
I due biondi rimangono alla finestra ad osservarlo mentre si allontana fino a diventare un puntino nero nel cielo. C’è un silenzio surreale nell’appartamento che un poco li infastidisce, ma Micah decide prontamente di romperlo prima che diventi insopportabile: «Perché sorridi?»
Sospira soddisfatta mentre si butta a sedere sul divano, le lunghe gambe toniche lasciate stese di fronte a sé.
«Sarà pure un alieno, ma non è diverso da tutti gli altri uomini: digli di non fare qualcosa e sarà l’unica che vorrà fare.»
Micah la segue, sedendosi al suo fianco. Avvolge distrattamente il braccio muscoloso attorno alle sue spalle e la osserva con cipiglio attento e sospettoso mentre si sfila gli stivali e li butta da un lato.
«A che gioco malato stai giocando?»
«Niente che debba interessarti, cucciolotto.» Gli posa un delicato e fugace bacio a fior di labbra e poi gli scompiglia la chioma bionda con fare giocoso «Ora non provare a muoverti da qui mentre io sistemo la spesa!»
Fa appena in tempo a provare ad alzarsi che il ragazzo scatta in piedi come una molla e afferra le buste abbandonate al loro fianco e per terra: «Oh no, no! Faccio io!»
Gongola soddisfatta, Bree, allungando le gambe sul divano per mettersi comoda.
«Che ragazzo premuroso…»


Sherry, nelle settimane passate assieme, ha inconsapevolmente commesso un gravissimo errore: mentre sorvolavano la città, gli ha indicato la casa di riposo dove vive Fern.
Radish se la ricorda, eccome se la ricorda. In realtà, facendoci caso, ricorda tutto quello che gli ha detto, mentre spesso dimentica dopo un’ora ciò che gli dicono gli altri.
Una volta raggiunta la meta, si è ritrovato per la prima volta davanti le grandi porte de Il Piccolo Borgo,
una struttura di lusso ideata per anziani che pur essendo autosufficienti necessitano di servizi e assistenza continua, ma anche per chi non si sente più al sicuro nel vivere da solo. La grande struttura inoltre comprende una piscina riscaldata, una palestra, una SPA, un ristorante, un orto biologico e un parco interno dove i residenti possono passeggiare nella più totale tranquillità circondati da alberi e fiori.
Si domanda per quale ragione la gente arrivi a sborsare somme assurde per vecchi decrepiti, ma la risposta non gli interessa davvero. Ha ben altro da scoprire, adesso, motivo per cui entra nella struttura, invadendo subito la hall con la sua mole ed attirando su di sé gli sguardi un poco perplessi dello staff.
Una signora dall’aspetto dolce ed educato lo avvicina con passo malfermo, intimidita dall’aria truce del Saiyan.

«Buongiorno signore. Posso fare qualcosa per lei?» Domanda con un voce tremolante, sobbalzando quando il suo sguardo la travolge quasi con rabbia.
«Sto cercando una certa Fern.» Risponde con stizza, notando con la coda dell’occhio un paio di vigilanti avvicinarsi con passo incerto. Codardi.
«Presumo che non siate parenti.»
«E neanche conoscenti.» Quell’affermazione quasi rabbiosa arriva da dietro le sue spalle, ma Radish non perde tempo nel voltarsi. Cerca disperatamente tra i volti degli anziani quello che ha visto nelle fotografie a casa di Bree, senza successo.
Un ragazzo con i capelli alla moicana lo affianca con aria spavalda. Tiene le braccia incrociate al petto, il mento alto e negli occhi ha una tale determinazione che, in altre circostanze, Radish potrebbe pure trovare divertente.
«Chi sei?» Sputa velenoso mentre lo osserva, pensando di non aver mai visto un essere umano tanto grosso in sedici anni di vita. Neanche tra gli Spettri ci sono tanti uomini del genere, e questo un poco gli dà da pensare.
«Gira a largo ragazzino, non sono in vena.»
Lo avvicina con fare arrogante mentre lascia cadere le braccia lungo i fianchi: «Perché non andiamo a discuterne fuori?» Lo sfida così, in scioltezza, sicuro di non aver problemi di alcun genere neanche se è tanto grosso. In fondo è solo un umano e lui ha metà corredo genetico di uno Spettro, questo gli basta e gli avanza per sentire già il sapore della vittoria.
«Jonah, per l’amore del Cielo, smettila di fare lo spaccone. Questo aitante giovanotto potrebbe ridurti ad un paio di pantofole ancor prima che tu capisca quanto sei stato stupido.»
Radish si volta di scatto e finalmente eccola lì in tutto il suo splendore: Fern, la donna che Sherry stima di più in assoluto al mondo.
Rimane ad osservarla in silenzio mentre lo avvicina con passo leggero, quasi danzante, il bel vestito azzurro in fantasia floreale che svolazza e oscilla ad ogni movimento, ed il ticchettio dei tacchi sul pavimento riempie la stanza.
«Lei dov’è?» Le ringhia contro una volta che, senza alcuna paura, lo ha preso sottobraccio quasi fossero vecchi amici.
Non gli risponde, limitandosi a sorridere con fare mellifluo. Si volta un poco verso la donna che lo aveva accolto a proprie spese, decisa a tranquillizzarla: «Tranquilla cara, questo bel fusto è amico di una delle mie ragazze: aspettavo da un po’ di incontrarlo.» Le fa l’occhiolino e sorride adesso con l’aria furbetta di chi la sa lunga, per poi aggiungere con tono quasi derisorio «Già che sei qui, procura un po’ di aloe vera al povero Jonah. Dall’espressione direi che gli brucia parecchio.»
Non aspetta nessuna risposta da loro, semplicemente s’incammina mentre tiene il Saiyan a braccetto. Lo fa camminare con passo calmo per la struttura nella speranza che i vari residenti intenti a leggere un quotidiano, un libro o una rivista, o talvolta a guadare la TV, possano infondergli un poco della loro calma come in genere succede con i suoi ragazzi. Quando poi incrociano sul loro cammino una delle infermiere intente a mangiare un grosso dolcetto, Fern molla finalmente la presa e la raggiunge per schiaffeggiarle la mano.
«No tesoro, no! Non puoi mangiare questa roba alla tua età, è come appiccicarsi un panetto di burro sul culo con l’attacca tutto.»
La donna, un poco mortificata, le sorride colpevole e si limita ad osservarla mentre, affiancata dal Saiyan, si dirige verso l’ascensore. Una volta che le porte si sono chiuse, ricomincia subito a mangiare il dolce.
Il duo arriva finalmente al secondo piano ed entra senza fiatare nella stanza della donna.
«Mettiti pure comodo.» Afferma distrattamente mentre si accende una sigaretta e, subito dopo, spalanca la grande porta finestra che conduce sul piccolo terrazzo.
Tutte le camere sono dotate di Smart TV con connessione ad internet e bagno privato, e sono arredate in stile rustico moderno con colori armoniosi. Alcune camere, come la sua, dispongono di terrazza privata con vista panoramica e camino. Bree non avrebbe mai accettato niente di meno per la donna che considera come una madre.
«Bella sistemazione, non trovi? È la migliore di tutto lo stabile. Sai, la mia Bree ottiene sempre tutto ciò che vuole.» Cinguetta allegra Fern mentre si dirige verso la libreria di fianco al letto dove sono sistemati con cura grandi album fotografici in tela di iuta.
«Lei dov’è?» Domanda nuovamente Radish, il tono della voce sempre più aspro. Vuole risolvere la faccenda in tempi brevi, non sopporta più quella sensazione di disagio mista a rabbia e, per quanto odi ammetterlo con sé stesso, tristezza.
«Ci arriveremo. Forse.» Risponde in modo curiosamente duro la donna, guardandolo per un brevissimo istante prima di tornare ad osservare i vari album, scegliendone finalmente uno.
«Voglio farti capire un paio di cosette, prima.» Aggiunge poi mentre gli porge l’oggetto a lei tanto caro che viene preso con una certa stizza.
«Cos’è?» Radish lascia che l’anziana signora lo faccia sedere su una piccola e comoda poltrona e prenda poi posto al suo fianco mentre sfoglia con mano sicura quelle varie pagine piene di fotografie, biglietti e scritte varie.
Scorge tanti volti sorridenti, nota pose stupide ed assurde, baci forzati sulle guance e non, acrobazie immortalate al momento giusto. Ricordi felici, ricordi insanguinati, ricordi di una grande famiglia felice e unita che lui non ha mai avuto.
«Ho un album per ogni anno passato assieme ai miei ragazzi, sono tutti suddivisi con estrema precisione a seconda dei mesi in cui sono state scattate le fotografie. Loro sono arrivate a Marzo, ti conviene cominciare a sfogliare da qua.»
Gli occhi di Radish si posano su una fotografia che davvero non avrebbe voluto vedere: Sherry e Bree sono in un angolo di una grande stanza buia, sono nude, sporche e ricoperte di sangue secco, così magre che le ossa delle spalle e delle costole sono insopportabilmente sporgenti. L’idea che abbia vissuto in simili condizioni non l’aveva mai sfiorato davvero, convinto che fosse sempre stata com’è adesso, ovvero fiera e forte. L’unica cosa che in quella foto rispecchia la sua idea, sono gli occhi di fuoco che guardano dritti in camera.
«E se non volessi farlo?» Domanda con voce incerta senza mai staccare gli occhi da quell’immagine. Sotto ci sono delle piccole annotazioni che Fern ha aggiunto una volta che è riuscita ad avvicinarle, quali l’età, il peso, l’altezza e alcune note comportamentali.
«E se non volessi dirti dove si trova finché non l’avrai fatto?»
Gira la pagina, le due ragazze sono adesso immortalate di nascosto alla loro destra: stanno sedute con la schiena incredibilmente diritta in una stanza di medie dimensioni che appartiene evidentemente ad una ragazza, indossano finalmente dei morbidi vestiti senza fronzoli bianchi mentre una giovane Fern e un’altra ragazzina gli sistemano e tagliano i capelli.
Fern ricorda che, dopo averle convinte a passare la notte in casa e aver preparato per loro un bel bagno caldo e rilassante, Sherry le chiese di tagliarle i capelli. Sembrava odiarli con tutta sé stessa, come se quelle estremità pilifere le avessero fatto effettivamente un torto. Le dispiacque tagliarli, poiché lunghissimi, sani e lucidi come le sono sempre piaciuti, ma la accontentò senza fiatare.
Ci sono tanti altri scatti che le riguardano: il loro primo film in compagnia degli altri ragazzi, la prima cena tutti assieme con del cibo che non era ancora vivo e urlante, la prima uscita in macchina, il primo giorno al luna park. Man mano che le foto proseguono, i volti delle due ragazzine appaiono sempre più sereni e raggianti, i loro atteggiamenti giocosi e fraterni.
«Vedi questo?» Fern punta il dito sul viso sorridente di un ragazzo che la tiene stretta tra le braccia. Ha un’aria vittoriosa, fiera ed incredibilmente buffa grazie alle orecchie lunghe, rosa e pelose da coniglio che tiene in testa.
«Questo è Mordecai, il cucciolo più pestifero ed imprevedibile che si sia mai visto. Perse la testa quando la vide dentro al capanno. Pregò i fratelli perché la accettassero, diventò una vera spina nel fianco per giorni finché non cedettero… per Bree invece non fece una piega, vallo a capire.»
Sfogliando le pagine, tra tutti i volti dei ragazzi che andavano e venivano nel corso del tempo (attirati sia dalla prospettiva di un luogo confortevole in cui riposare sia dalla possibilità di conoscere, sfidare ed in seguito avere magari al proprio fianco come protettrice la figlia bastarda di Mezcal), arrivano ad una foto stampata in formato più grande che vede gli otto figli adottivi davanti al grande capanno dove la donna teneva le scorte per la casa, tutti armati di martelli e attrezzi vari. Al loro fianco, una piccola montagnetta di pellicce di vari animali e Spettri sconfitti e sulle loro teste, dipinta proprio al di sopra della porta spessa, è stato dipinto un grosso triskele con quella che è sicuro non essere solo vernice rossa.
«Lo hanno fortificato e abbellito con le loro pellicce negli anni, mentre io ci spruzzavo il mio profumo preferito. Sai, a quanto pare le faceva sentire protette.» Butta lì l’informazione come se fosse una cosetta da niente, sperando con tutto il cuore che le sue capacità d’ascolto non siano ostacolate da quelle visive.
Sorride dolcemente quando lo vede alzarsi per prendere un nuovo album e sfogliarne le pagine con attenzione, lo sguardo concentrato che scruta gli scatti dov’è immortalata la giovane donna lupo che, lo sa, lo ha reso dipendente dalla sua presenza. Perché è questo che succede ad averli attorno: si crea un qualcosa di profondo quando ti donano le loro attenzioni, quando ti donano il loro cuore e dopo diventa difficile fare a meno della loro vicinanza.
Si alza dalla comoda poltroncina e lo avvicina, sorridendo nostalgica di fronte alla fotografia che li vede tutti assieme davanti all’albero di Natale. Ricorda ancora che le regalarono dei vestiti stupendi rubati in chissà quante belle boutique, accompagnati da gioielli luccicanti che in seguito depositò in banca per lasciarglieli in eredità.
C’è una nuova presenza nella foto, una presenza che Radish considera subito ingombrante e fastidiosa: un ragazzo di circa vent’anni, grande e grosso col classico aspetto da “bello e dannato” che tanto piace alle ragazzine, e tiene una giovane Sherry di forse 15 anni stretta tra le braccia.
«Si chiamava Rafe. Era convinto che per aggiudicarsi l’utero di Sherry dovesse sfidare la sorte andando a cercare Jäger. Come sapevamo in partenza, ha perso e trovato la morte solo dopo diversi giorni passati in sua stretta compagnia.» La sua voce è adesso triste, nostalgica, rammaricata. Cerca gli occhi di Radish per fargli capire che quella di Sherry non è stata una vita tutta giochi e scemenze come sicuramente crede (perché sì, basta vedere gli atteggiamenti della ragazza per pensare che sia così sicura di sé ed arrogante perché cresciuta senza problemi nella bambagia), ma che ha sempre avuto degli obiettivi così grandi da arrivare a mortificarsi e flagellarsi dentro ad ogni perdita.
«Molti andavano e venivano, tanti di loro adesso sono morti, ma io li ricordo tutti… ed anche lei. Non ne parla però, perché non riesce ad accettare di non essere stata capace di proteggerli tutti quanti. Neanche fosse Wonder Woman, dico io.»
Per quanto un poco possa pure dispiacergli a Radish per tutte quelle vite stroncate e soprattutto per il dolore della ragazza, sente come un moto di sollievo nel sapere che quel ragazzo dall’espressione arrogante che la stringe ha stirato le zampe. Sollievo che sparisce nel momento esatto in cui, voltando l’ennesima pagina, si trova davanti ad un’immagine così mortalmente fastidiosa che gli viene da strapparla e ridurla in cenere nel giro di niente: un giovane dal fisico slanciato e muscoloso, con brillanti capelli di un bianco argenteo, la stringe in modo possessivo mentre si baciano.
«Questo è River. Suppongo che tu ne abbia sentito parlare.»
Fern ricorda ancora il giorno in cui entrò nelle loro vite: era l’alba, Major stava allenando Pip nei pressi di casa, e di colpo un grosso e giovane Alpha dal vello chiaro come la neve palesò la propria presenza in un territorio che apparteneva ad un altro Alpha. Lo stesso Alpha che, senza emettere neanche un lieve ringhio d’avvertimento, gli si avventò addosso e gli aprì una grossa e lunga ferita nella schiena.
Fu solo grazie all’intervento del resto del branco che la situazione non degenerò, avendo riconosciuto il giovane come il bastardo preferito di Greywind, dando così modo e tempo all’intruso di avvicinarli pian piano fino ad inserirsi nel branco. Fu così che il giovane bastardo del Sud s’innamorò della più nota bastarda del Nord. Un’unione insolita che avrebbe sollevato tante chiacchiere e disaccordi, arrivando col tempo a generare problemi di un certo spessore in caso di progenie ma che, Fern lo sapeva già, era destinata a morire.
«Perché mi stai mostrando tutto questo? Non è ciò per cui sono venuto.» Chiude con stizza l’album, l’immagine di Sherry che bacia un altro impressa a fuoco nel cervello. Non sa perché gli dia così fastidio, in fondo non è affar suo cos’ha fatto in passato. Si rende anche conto che, in realtà, non è affar suo neanche ciò che fa adesso, non dal momento che tra loro c’è giusto un’insolita amicizia che sfocia pericolosamente ed in modo assai evidente in un’attrazione fisica quasi insopportabile.
«Tu sei venuto qui per lei. Beh, questa è lei. È la parte più serena e maledettamente felice della sua vita, queste sono le persone che considera come fratelli e sorelle, questo è il luogo che tutt’ora le dà conforto nei momenti difficili.»
«E quindi
Stavolta non risponde, limitandosi a prendergli il polso destro tra le dita e premendo con forza fino ad ottenere ciò che vuole: la verità.
L’uomo rimane decisamente perplesso di fronte a questo gesto, ma non si ritrae. Sa bene che sta proteggendo quella che considera come una figlia, di conseguenza capisce che non può rigirarlesi contro.
«Eri con un’altra donna?»
Alza di scatto lo sguardo e la fissa dritto negli occhi capendo, come un fulmine a ciel sereno, il perché di quel gesto: ha passato quasi vent’anni in mezzo a degli Spettri, ha imparato ad ascoltare il cuore come fanno loro e stringendogli il polso può avvertire le variazioni del suo battito.
Sorride piacevolmente colpito dalla sua astuzia ed intelligenza, decidendo che, per una volta, può mettersi a nudo con una Terrestre che neanche conosce.
«Ero con mia cognata. Dal momento che mio fratello minore è morto, mi sono stupidamente imposto di starle vicino e in quel momento ne aveva particolarmente bisogno.»
Verità.
«Perché non hai avvertito?»
«Ero senza telefono. Era tardi quando sono tornato a casa e ho provato a chiamarla, ma il suo telefono, come saprai, era staccato.»
Ancora verità.
«Perché la cerchi solo adesso?»
Rimane in silenzio per qualche secondo prima di rispondere, indeciso. Può dirle che non solo la sua lontananza lo manda in bestia ma che gli sta facendo pure male? Può dirle che trova intollerabile l’idea che possa essere con un altro? Può dirle che sente il sangue diventare mortalmente gelido all’idea che quel tipo, Jäger, possa averla trovata?
«So per certo che è una donna forte ed indipendente e che non ha bisogno di un uomo che la protegga, ma voglio comunque assicurarmi che stia bene.» Beh, più o meno può. È consapevole che quella donna con gli occhi da lince sappia benissimo che ha girato attorno alla risposta, che le abbia detto una mezza verità, ma capisce dal sorriso soddisfatto che lo accetta.

Mentre mette in ordine i vari album, decide di metterlo al corrente di un dettaglio importante sulla natura dei suoi forti e bizzarri figli adottivi. Un dettaglio che, in caso decida di starle vicino anche solo come amico, non dovrà mai trascurare: «Gli Spettri sentono le emozioni in maniera amplificata rispetto agli altri, motivo per cui tentano di insegnargli sin da piccoli a non provare mai niente.
Hai presente il tremolio alle mani quando sei furioso? Ecco: loro sentono il tremore nelle mani quando semplicemente si innervosiscono un poco. Quando si trovano in uno stato di ansia, i loro polmoni sono come oppressi e trovano realmente difficoltoso respirare, fatto che spesso li riconduce poi ad una rabbia cieca. Quando sono felici, invece… non saprei spiegartelo. A parer mio sembrano dei raggi di sole, capaci di illuminare ciò che li circonda.
Sherry, purtroppo, non sa gestire le proprie emozioni, quasi ha difficoltà a comprenderle e catalogarle. Negli anni ha imparato a trattenere la rabbia, soprattutto se in ballo c’era la sicurezza di qualcuno a cui tiene davvero. Ma tu… tu l’hai fatta arrabbiare in un altro modo, hai toccato qualcosa profondamente radicato in lei che la fa soffrire molto.»
«Io-»
«Quando sono profondamente turbati, hanno bisogno di un paio di cose per riequilibrarsi: almeno ventiquattro ore di totale isolamento dal mondo, la pancia piena e un posto chiuso che considerano sicuro… un posto che li fa sentire protetti e che infonde loro delle sensazioni calde ed intense.» La voce è serena, pacata ma al tempo stesso autoritaria come potrebbe essere quella di un’insegnate rispettata dai propri studenti, ma gli occhi rivelano al Saiyan ciò che davvero vuole trasmettergli.
È per questo che l’uomo si rigira fulmineo per uscire dalla finestra, venendo però tempestivamente fermato per un polso. Si sorprende nel sentire quanto la sua presa sia leggera e ancor di più si sorprende nel vedere della riconoscenza nei suoi occhi, sentimento a lui profondamente estraneo. Se pensa che fino a sei anni prima voleva sterminare l’umanità gli sembra incredibile che qualcuno possa guardarlo a questo modo.

«Penso che Bree si sbagli su di te, sai? Non sei un semplice cazzone arrogante
«Come puoi dirlo? Non sai neanche chi sono o cosa ho fatto nella mia vita.»
Lo sorprende di nuovo, facendogli sentire per un istante le budella attorcigliarsi: gli prende il viso tra le mani e lo guarda con uno sguardo così dolce e materno che per un attimo, ma solo uno, si ritrova a pensare a sua madre.
«Lo capisco dai tuoi occhi, ragazzo: sei forte ed orgoglioso, questo lo si capisce subito, ma sei anche preoccupato per una giovane donna con tanti problemi che ti ha voltato le spalle senza dire una parola… e sembri disposto a tutto per riaverla indietro.»
«Ti sbagli.»
«Lo faccio?» Gli sorride teneramente con l’aria di chi la sa lunga, lasciando scivolare le mani dalle sue guance alle sue mani, che stringe appena.
«Se dovessi decidere di stare al suo fianco, sarai tu a dover essere quello paziente e maturo nella coppia. Gli Spettri imparano velocemente se si ha la volontà e la pazienza di far capire loro quello che si vuole, ma in caso contrario rimangono confusi su ciò che è nuovo e agiscono esclusivamente come farebbero tra di loro. Una relazione con una creatura non appartenete alla propria razza, per un individuo come lei, è senza ombra di dubbio qualcosa di nuovo.»
Radish vorrebbe davvero dirle che non ha mai parlato di volere una relazione con Sherry, ribadirle che è lì solamente perché vuole trovarla per assicurarsi delle sue condizioni, ma ha capito sin troppo bene di non trovarsi davanti ad una vecchia rimbambita a cui può darla a bere. Che altro potevo aspettarmi? Ha cresciuto due individui come Sherry e Bree, senza contare gli altri… non poteva certo essere una stupida sprovveduta.
Gli volta infine le spalle, Fern, pronta ad andarsene alla SPA per un massaggio rilassante fatto dalle esperte mani di Poe, ma prima di chiudersi la porta alle spalle si volta un’ultima volta verso Radish: «Ora devi solo scegliere cosa ritieni meglio per te.»



Quella di Fern era - ed è tutt’ora - la tipica grande casa di campagna di un tempo, quelle in cui viveva spesso una grande famiglia in cui magari erano riunite due o tre generazioni, una di quelle che nel tempo conserva un grande fascino, rimanendo accogliente e romantica.
Immersa nella campagna è davvero notevole ed estremamente rilassante. Non appena arrivi, noti subito il portico, lo spazio ideale per mangiare con la famiglia riunita e/o in compagnia degli amici. I muri sono in mattoni chiari a vista, un rampicante sempreverde si estende su parte della facciata.
All’interno il soffitto alto rende la zona giorno davvero splendida, ariosa e luminosa. Il salone e la sala da pranzo sono divise da un muro ad arco, la cucina - dal carattere vintage - è invece separata da una porta girevole per evitare che le altre due sale siano invase da troppi odori. In tutte e tre le stanze, i lampadari completano l'illuminazione in modo delicato e sofisticato. Il legno è dominante, lo troviamo impiegato nelle travi a vista, nei piani da lavoro della cucina e negli arredi adesso coperti con grandi teli bianchi.
Ci sono sei camere da letto in tutto, due delle quali col bagno privato mentre le altre quattro ne hanno due condivisi.
Mentre girava per tutta la casa per trovarla, Radish ha notato che nel grande salone c’era un grande pianoforte in legno di noce. Non è stato l’oggetto in sé ad attirare la sua attenzione, quanto il fatto che era l’unico oggetto a non essere coperto con un telo ma comunque privo anche di un solo filo di polvere. Ha notato anche che di lato, in basso, c’erano incisi tre nomi: Jane, Bree e Sherry, tutti e tre dentro un grande cuore dai bordi tremolanti. È stata proprio quell’incisione a fargli capire di non essere entrato nella casa sbagliata. Perché, diciamolo, ritrovare una casa di campagna spersa nel niente perché una volta gli ha detto, con distrazione, che era cresciuta a circa 30 chilometri da dove si stavano allenando non era per niente semplice!
Sente il cuore che batte forte nel petto, sente che potrebbe sfuggirgli tra le dita con estrema semplicità e rifugiarsi in chissà quale altro posto a lui sconosciuto, e davvero non ha voglia di ricominciare tutta la sceneggiata. È per questo che ha pattugliato ogni stanza con estrema velocità, giusto per essere sicuro di non farsi fregare, ed è corso con altrettanta velocità al capanno situato ad una ventina di metri di distanza.
È grande, dalle pareti robuste e le finestre sbarrate, ma a terra sono ben visibili delle tracce fresche di grosse impronte canidi. È grazie a quest’ultime che prova subito ad aprire la porta massiccia, trovandola chiusa a chiave.
«Esci subito Rin Tin Tin!»
Urla così forte e con così tanta rabbia mentre bussa, che se per caso non fosse dentro ma bensì nei dintorni scapperebbe sicuramente.
Non sentendo alcun rumore provenire da dentro, assesta un altro paio di colpi alla porta, berciando con voce ancor più minacciosa.
«Giuro che sfondo la porta se non esci immediatamente!» Ed eccola la sua energia vitale che piano piano emerge da quel buco nero a lui inaccessibile: è lì dentro, l’ha stanata.
«Vattene!»
Gli si chiude improvvisamente la vena, quasi non riesce a trattenersi più: bussa più forte, la porta cigola in modo allarmante sotto i suoi colpi, e la sua energia distruttiva comincia a salire pericolosamente dentro di lui. È così furioso nei suoi confronti che potrebbe davvero disintegrare una montagna con un dito per sfogarsi senza farle male. Perché no, è fuori di sé, ma non darà soddisfazione a quell’altra stronza torcendole anche solo un capello.
«ESCI SUBITO!»
Nell’istante prima che la porta si spalanchi, Radish sente una punta di paura aleggiargli nel cuore. Una paura che, però, lui non sta provando. Che stracazzo succede?!
Sherry sta completamente nuda di fronte a lui e non si sorprende nel vedere i suoi grandi e adesso spietati occhi d’onice trascinarsi lungo le sue forme, affamati. I muscoli si tendono d’istinto e si gonfiano un poco, pronti ad affrontare la muta.
«Che vuoi?!»
Quando gli occhi di Radish incontrano il suo sguardo, si lascia andare ad un sorriso. Un sorriso che trasmette tante cose, ma nessun divertimento o, tanto meno, alcuna gioia.
Inizia ad avanzare in modo aggressivo con ritmo lento, la coda è ben eretta e rigida alle sue spalle e questi sono fortissimi segnali di allarme per lei. Tra i canidi come lei, infatti, muoversi lentamente e tenere la coda in quel modo indica aggressività ed un attacco imminente.
Vorrebbe indietreggiare, sottrarsi al suo sguardo, ma facendolo si taglierebbe ogni via di fuga.
«La tua amica psicopatia mi ha fatto una specie di piazzata perché eri sparita, quindi ora vieni con me e la tranquillizzi, poi puoi anche tornartene in questo capanno del cazzo.» Ringhia a denti stretti mentre chiude il divario tra loro, afferrandole poi con energia un braccio e strattonandosela dietro. Non è sorpreso nel sentire le sue dita tentare di forzargli la mano in segno di protesta per farsi liberare, ma lo sorprende il fatto che non abbia estratto gli artigli, che non gli abbia fatto ancora del male. La conosce abbastanza da poter dire con una certa sicurezza che in una situazione del genere farebbe ben di peggio che graffiargli il braccio per liberarsi, quindi può solo supporre che sia arrivata a considerarlo pericoloso, capace di farle fisicamente del male. A questo pensiero sente una nuova rabbia avvolgerlo e soffocarlo, ma cerca con tutto sé stesso di non badarci: deve riportarla indietro, deve scaricarla tra le braccia di Bree e aspettare che si calmi prima di poterle parlare civilmente perché, lo sa, adesso non lo ascolterebbe proprio.
«Toglimi le mani di dosso! Non mi toccare!»
Sente paura e disgusto nella sua voce, lo sente con una chiarezza disarmante, e lo stomaco si stringe dolosamente su sé stesso neanche fosse stato colpito da un pugno di Cell.
Si volta di scatto verso di lei per cercare i suoi occhi, e lascia la presa quando li vede adesso color rubino, minacciosi e spaventati.
«Si può sapere cosa diavolo hai che non va?!» La frase non è uscita col tono minaccioso che voleva, si è incrinata prima che potesse finirla. Perché Radish voleva solo che lo seguisse senza fiatare e pensava che mostrandosi furioso e più duro del solito l’avrebbe convinta subito. Invece ha solo incasinato la situazione e adesso non sa come rimediare.
Si sente più mortificato che mai davanti al suo sguardo, vorrebbe scappare da quegli occhi tristi e prossimi alle lacrime, ma è consapevole che arretrando solo di un passo perderebbe anche quella vaga speranza di sistemare un casino che non si aspettava certo di scatenare.
«Tu hai qualcosa che non va!» Gli urla contro di rimando mentre afferra una delle bottiglie impolverate lasciata sugli scaffali per lanciargliela addosso. «Vattene! Non voglio più vederti!»
«Con chi cazzo credi parlare, eh?!»
«Con una lurida scimmia aliena che ha ben pensato di umiliarmi di fronte alla mia gente!»
«Vedi di darti una calmata bambolina! Sono venuto qui per te!»
«È inutile parlare con te!»
«Certo, perché non stiamo parlando affatto!»
Non aveva mai litigato così con nessuno. Mai, neanche con Vegeta. Non si era mai sentito così affranto, così messo alle strette. E non aveva mai provato una tale voglia di stringere una persona, di tenerla contro il petto, non aveva mai sentito la necessità di seguirla anche in capo all’universo. È solo questa nuova e terrificante consapevolezza che lo spinge a commettere l’ennesima impudenza: l’afferra con forza per un polso e se la tira addosso, costringendola tra le sue braccia.
«Adesso mi ascolti!»
Ma lei non lo sente proprio, nella sua mente c’è una tempesta incredibile dove si susseguono e sovrappongono i ricordi. Se un momento si ricorda dei sorrisi sinceri dei Saiyan, il secondo dopo quei sorrisi si deformano fino a diventare ghigni pieni di zanne pronte a dilaniarla.
Si agita tra le sue braccia per liberarsi, lo colpisce ripetutamente con pugni sul petto e sulle braccia e calci nelle gambe che l’uomo para maldestramente nel tentativo di non recarle danno, finché non mettono entrambi un piede in fallo e cadono rovinosamente sulle pellicce.
Radish la blocca immediatamente prima che possa alzarsi, le tiene con forza le braccia sollevate sopra la testa e blocca il suo corpo snello sotto al proprio decisamente molto più massiccio, piazzandosi così senza neanche pensarci in mezzo alle sue gambe. Non lo fa a posta, adesso l’ultimo dei suoi pensieri è proprio quello di fare sesso, ma l’Alpha lo fraintende immediatamente e stupidamente, cominciando a dimenarsi sotto al suo corpo e urlando a più non posso di lasciarla andare, di togliersi di dosso, di sparire dalla sua vista.
«Voglio che mi ascolti!»
È talmente sconvolto da ciò che prova per lei, dall’assurda consapevolezza di volerla al proprio fianco, che non riesce a capire quanto stia sbagliando. Oltretutto per lui tutta la faccenda è nuova non avendo mai provato un simile affetto per una donna, non avendo mai avuto con nessuno un rapporto come quello che si è instaurato con lei, quindi davvero non sa come comportarsi.
La fa facile quella vecchia… “insegnale cosa vuoi”, dice. Ma come faccio se neanche mi dà modo di parlare?!
Quando sente lo scricchiolio dei suoi polsi, Radish alza istintivamente lo sguardo preoccupato sugli arti compressi nelle sue mani e allenta la presa, dandole stupidamente modo di far scivolare una mano verso il basso. Si rende conto di aver commesso un errore quando sente i suoi artigli conficcarsi di fianco alla colonna vertebrale, all’altezza dei reni.
Soffoca un urlo carico di dolore che tramuta in un gemito strozzato e si limita a poggiare la fronte a terra, di fianco alla sua testa. La sente tremare sotto al suo corpo, girando un poco la testa riesce a scorgere la sua espressione farsi di colpo come terrificata e gli occhi riempirsi di lacrime per ciò che ha fatto.
«È molto meglio finirla qui…» Mormora con un filo di voce mentre si porta la mano impregnata del suo sangue sul petto. Volta la testa verso il muro, incapace di sorreggere il suo sguardo.
«Finire che cosa
«VATTENE VIA!!!»
Sentendosi ormai sconfitto, decide dolorosamente di liberarla dalla sua presa e si porta in ginocchio in mezzo sue gambe. Si passa stancamente le mani sul volto ed infine si alza, dirigendosi verso la porta con passo strascicato. Volta un poco la testa prima di varcare la soglia, trovandola seduta a terra con le gambe strette al petto e l’espressione sconvolta di chi ormai ha perso tutto.
«Per quel che vale, ero in ospedale per stare vicino a Chichi che stava dando alla luce mio nipote. Ci sono state delle complicazioni, stava davvero male, e tu sai benissimo che voglio ripagare in qualche modo mio fratello per ciò che ho fatto sei anni fa. Te l’avrei detto subito, probabilmente ti avrei anche chiesto di raggiungermi, ma avevo scordato il telefono e non potevo allontanarmi da lei.
Non avevo alcuna intenzione di ferirti… e questo, ormai, dovresti averlo capito… ma evidentemente non t’importa.»
Lo guarda andare via.
Lo guarda finché non sparisce dal suo campo visivo, finché non vola via, lontano da lei.
Lo guarda e fino all’ultimo vorrebbe sussurrargli di restare, di non lasciarla sola, che le dispiace di essersi comportata come una stronza e di essere saltata subito
alle conclusioni come una ragazzina. Quei sussurri vorrebbero trasformarsi in urla non appena sparisce, lontano, perso per sempre.
Quando ti guardo, penso che potrei trovare la volontà di difendere il mio sogno, la forza di abbandonare questa paura se si scoprisse ciò che mi fai provare… ma ora come potrei farlo? Ti ho fatto del male senza motivo, ti ho fatto del male perché la mia gente fa così, perché siamo marci dentro, perché non riusciamo a controllare la rabbia e l’odio, perché lasciamo che il risentimento ci invada e ci guidi. Volevo essere diversa dagli altri, volevo essere superiore a tutti loro… e invece sono esattamente come loro: un mostro senza Dio capace solo di distruggere ciò che tocca. Ed ho distrutto anche te, quello che saresti potuto essere, distruggendo anche me stessa e quello che sarei potuta essere con te. Ho distrutto tutto perché non ho voluto darti modo di parlare, perché non ho voluto sentire ragioni, perché mi sono lasciata soffocare dal mio passato…
Ho permesso che tutto ciò accadesse, ti ho colpito… e ora sono sola. Se ci penso, però, capisco che è giusto così: un mostro senza Dio è meglio che resti solo.

Non sente più niente adesso.
Non sente gli odori attorno a sé.
Non sente i rumori che la circondano.
Non sente più né caldo né freddo.
Si sente curiosamente persa, come se tutto stesse affondando attorno a lei, come se il mondo stesse implodendo. Poi, dopo qualche secondo di smarrimento, ecco che tutto il nervoso, il risentimento, la tristezza e l’angoscia che ha accumulato in quei giorni di isolamento autoimposto le salgono prepotentemente nel cuore, salendo su su fino al cervello, annientando ogni barriera che il suo orgoglio le abbia mai imposto di erigere. Come per magia, ecco che la forte Sherry si cala per la prima volta nei panni della sentimentale Jane e si lascia andare ad un pianto quanto più silenzioso possibile.
Stringe le gambe al petto, nasconde il viso tra le ginocchia e il corpo cerca di non farsi scuotere troppo dai tremori che le causano i vari singhiozzi mentre le lacrime scendono inesorabili.
«Non andartene…» La voce è così distorta dal pianto che capirla risulta difficile… ma qualcuno l’ha capita subito.
Si sente sbattere improvvisamente per terra, il suo forte odore muschiato, tanto simile a quello dei loro maschi dominanti, le invade prepotentemente le narici mentre una mano scivola sotto la sua schiena per sostenerla, un’altra le stringe saldamente la mascella. I grandi occhi neri del Saiyan la osservano con indicibile arroganza mentre lei lo guarda senza capire cosa stia succedendo.
«Non mi serve neanche il tuo udito per capire quando dici delle cazzate.» Non si sarebbe mai dato per vinto, non sarebbe scappato anche questa volta, non avrebbe gettato la spugna. Aveva letto un dolore così profondo nei suoi occhi d’ambra che davvero non poteva credere che lo volesse lontano, così si è limitato a nascondersi sul tetto. Se davvero non lo avesse più voluto si sarebbe limitata a sbattere la porta, magari ad insultarlo, o magari sarebbe corsa via, libera come è sempre stata e sempre sarà, invece è scoppiata a piangere. Piangeva per lui, perché come lui non vuole lasciar perdere proprio un bel niente, perché come lui c'è dentro senza volerlo.
Adesso non può fare a meno di guardarla dritto in quei grandi occhi lucidi e spersi, non può fare a meno di tenerla stretta mentre lei prova a spingerlo via senza un minimo di convinzione ma per mero orgoglio. Me ne sbatto del tuo orgoglio, ragazzina. E te ne sbatterai anche te, credimi, perché io l'ho fatto.
L’odore che si leva la colpisce in pieno, la disorienta, la centra in modo immediato e istantaneo frastornandola così come farebbe uno schiaffo ricevuto in pieno viso.
Non appena Radish si abbassa per catturare le sue labbra, lo Spettro sposta repentinamente la testa di lato. Ma l’uomo non demorde, sente il suo corpo premersi contro il suo, sente il suo respiro farsi più corto. C’è quasi riuscito una volta, stavolta non fallirà a causa di domande di troppo.
«Togliti…»
«Se proprio vuoi parlare, di’ che vuoi essere scopata ragazzina, oppure chiudi quella cazzo di bocca.»
Le bacia il collo e preme con maggiore intensità il corpo contro il suo. Sente le sue mani fermarsi sulle spalle, stringerlo un poco, il cuore gli batte più forte quando la sente sospirare sotto le sue attenzioni. E questo è il via libera che aspettava, il segnale che gli fa capire che non sta sbagliando ancora, motivo per cui porta una mano in mezzo alle sue gambe con fare frettoloso, urgente. La tocca rudemente per prepararla un minimo a ciò che l’aspetta, sorride contro la pelle arrossata del suo collo quando la sente gemere più forte e stringergli le braccia attorno al collo.
«Sei fradicia…»
Non è la frase in sé ad infastidirla, quanto il lieve morso al lobo che ne segue. A cose normali non le dispiacerebbe, le piacciono i morsi e tra la sua gente è più che normale, ma non può fare a meno di ricordare un piccolo ma non trascurabile dettaglio di qualche sera prima.
«Ero con River quella notte.» Lo dice così, tutto in un fiato, lo sguardo spaventato che punta al soffitto. Dopo la sceneggiata che gli ha fatto perché convinta che fosse con un’altra donna - ed è abbastanza sicura che lui ne sia assai consapevole - e averlo attacco, con che faccia potrebbe guardarlo dopo una simile rivelazione?
Radish, steso immobile sul suo corpo e con le dita ancora dentro di lei, cerca di metabolizzare la notizia. Lei, la donna che vuole ormai disperatamente, ha passato la notte con il suo ex-ragazzo, con il quale è stata per circa sette anni. Era furiosa con lui ed ha passato la notte con un altro, in un capanno pieno di alcolici, in mezzo al niente, lontani da sguardi indiscreti e liberi di poter fare tutto ciò che passava loro per la mente.
Si separa bruscamente di lei e si alza in ginocchio, guardandola con rabbia ed un poco di delusione.
«E poi hai anche il coraggio di incazzarti con me?!» Ti conviene scappare su un altro pianeta, lurido cane bastardo, perché appena ti trovo di ammazzo con le mie stesse mani!
Lo sguardo è feroce, sente come un tremolio nelle mani e il dolore alla schiena si è eclissato tutto in un colpo: vuole uscire dal capanno, vuole lasciarla da sola a crogiolarsi nel dolore finché non avrà stanato l’uomo di cui non conosce neanche il volto e non l’avrà fatto a pezzi. Allora e solo allora tornerà da lei, si incazzerà di nuovo e poi ricomincerà da dove è stato interrotto per la seconda volta.
Per quanto il piano sia maledettamente allettante, non si muove. Non vuole agire come lei, non vuole comportarsi come un bambino capriccioso, non darà a nessuno la soddisfazione di dire “guardate, Radish è sempre il solito coglione immaturo di sempre”.
«Avete scopato?»
«Ero arrabbiata con te e mi sono ubriacata…» Abbassa lo sguardo e d’istinto accosta le gambe tra loro, per quanto questo semplice movimento risulti difficile dal momento che il Saiyan pare non avere alcuna intenzione di sposarsi. Si sente messa incredibilmente sotto pressione, l’idea di ammettere a gran voce ciò che ha fatto le dà non poco fastidio, ma non può evitarlo se non vuole che la situazione tra loro peggiori ancora. In fondo ha fatto il danno, deve avere almeno il coraggio di ammetterlo.
«…e poi gli ho spezzato una zampa.»
Cala un surreale silenzio tra di loro, rotto a malapena dal cinguettio degli uccellini fuori dal capanno e dai loro respiri spezzati.
Radish non può fare a meno di fissarla con aria confusa: ha l’aria colpevole di chi ha fatto qualcosa di brutto, ma non ne capisce davvero il motivo. Dovrebbe sentirsi in colpa se ci fosse stata, no? Tra i Saiyan, una donna che si rigira così contro un uomo per toglierselo di torno è praticamente da sposare!
«Tutto qui?»
«Non è una bella cosa frantumare con le fauci la zampa del tuo ex-ragazzo, te ne rendi conto vero? Anche tra la mia gente non è proprio una bella cosa.»
Sospira forte, Radish, mentre si passa una mano sul viso. Ogni volta che passano del tempo assieme, fossero anche cinque minuti, si rende sempre più conto che per le mani ha qualcosa di davvero fuori dal comune, qualcosa di incredibilmente prezioso e che proprio non può rinunciarci. In fondo, quando ritroverebbe su quel pianetucolo una donna tanto simile a lui?
«Mettiamola così: se fosse successo qualcos’altro, lo avrei ammazzato a mani nude.»
«Sei geloso?»
Lui la scruta, osserva quel sorriso soddisfatto, ammira le sue fattezze con calma libidinosa. Quando poi si china su di lei per regalarle uno dei suoi baci rapaci, Sherry si sente già cera morbida tra le sue mani. Una malleabile cedevolezza e un intrepido desiderio d’essere oggetto delle sue voglie imperiose s’impadronisce di lei, mentre la sua lingua s’intrufola con forza tra i suoi denti divorandola e lei annaspando s’aggrappa a lui tirandolo verso di sé. Sprofonda poi in un vortice quando il suo corpo possente si posa sulla sua fragilità, sovrastandola completamente.
Passa le mani sotto la sua maglietta scura per saggiare ancora e ancora i muscoli dorsali, fremendo visibilmente quando sente le sue mani forti tornare ad esplorarla con tocco sicuro ed esperto. Gli lacera poi la maglietta, gettandola da qualche parte al loro fianco, e solo quando torna a carezzare quei muscoli granitici si ricorda della ferita ancora aperta.
Dovrebbe fargli un male cane… possibile che non se ne renda conto?
Senza che l’uomo se ne accorga, porta una mano all’altezza del taglio e si squarcia il palmo della mano con gli artigli, così da poter far colare il proprio sangue al suo interno. I Purosangue come lei non hanno un gruppo sanguigno definito, fatto che consente loro di adattarlo e mischiarlo a quello di chiunque. Se dato spontaneamente come in questo caso, le capacità hanno del miracoloso.
Radish se ne rende conto quando quel dolore a dir poco fastidioso e bruciante non passa da un secondo all’altro e una strana sensazione comincia ad invaderlo.
«Che stai facendo?» Domanda realmente stranito mentre la guarda leccarsi il palmo della mano per medicarsi, notando uno strano luccichio nei suoi occhi lussuriosi.
«Curo la tua ferità.»
Dapprima Radish sente come se i polmoni fossero troppo pieni d’aria ed un istante dopo vuoti e oppressi, così in un susseguirsi continuo fintanto che non trova la respirazione giusta, di colpo poi sente come una specie di scarica elettrica lungo tutto il corpo. È una sensazione a lui conosciuta, l’ha provata spesso durante i combattimenti, quando perdeva il controllo di sé, ma è come amplificata e più intensa. Di colpo diviene ipervigile ed euforico, mentre la sensazione di poter spaccare in due il mondo con un pugno prende sempre più forma nella sua mente.
Si solleva un poco facendo leva sulle braccia e cerca il suo sguardo non appena la vede strisciare all’indietro per mettersi seduta di fronte a lui. Lo guarda con attenzione quasi lo stesse studiando, ed un poco si preoccupa.
«Che mi sta succedendo?»
«Non preoccuparti, va tutto bene.» Gli carezza delicatamente una guancia, non sorprendendosi affatto nel sentire la sua forza fisica crescere gradualmente. Sono una testa di cazzo! Dovevo bloccarlo e dargli un paio di gocce, al massimo dieci millilitri considerando la sua stazza e la sua natura, non così tanto! Certo, non gli farà male, ma adesso potrebbe non riuscire più a controllarsi.
«Sento come… come se… come se dentro avessi… un flusso inarrestabile di energia…»
«È normale, ti ho dato una dose massiccia. Diciamo che come controindicazione avrai un afflusso inarrestabile e stordente di adrenalina ed energia per circa un’ora, probabilmente anche molto di più, poi avrai una breve fase down di circa cinque o dieci minuti. Un po’ come con la cocaina, con la differenza che non avrai alcuna dipendenza.»
Indietreggia di scatto col busto quando sul suo volto si dipinge un sorriso sinistro, un sorriso carico di aspettative che davvero non le suggerisce niente di buono.
«Che ti prende?»
«Sarà l’ora più pesante della tua vita, bambolina.»
Pochi preamboli tra loro due, perché adesso Radish non è davvero capace di ragionare lucidamente a causa della dose tanto forte di sangue puro che si mescola al suo che fa divampare la sua eccitazione e la sua passione. L’afferra per una caviglia e mentre la tira sotto di sé lui stesso si affretta a posizionarsi sul suo corpo, inchiodandola sotto la sua mole. La bacia con ferocia, le stringe un seno mentre si strappa letteralmente di dosso i pantaloni, ricorrendo nel frattempo a tutta la propria buona volontà per non fare qualcosa di cui sa che si pentirebbe in seguito.
Come un serpente a sonagli, con gli stessi scatti simultaneamente azzardati e insidiosi, Sherry ribalta la situazione con un colpo di reni e lo costringe con la schiena a terra, afferrandogli poi la mascella con forza per poterlo guardare dritto nei suoi occhi neri come la notte.
Non ce la fa più a resistergli. Anzi: non vuole più resistergli. Così come tutti i suoi amici e conoscenti sono andati avanti ed hanno fatto qualcosa della propria vita, non vede perché lei non debba provare a far qualcosa della propria, magari cominciando proprio con dell’agognato sesso con l’alieno smanioso che, tenendole le mani sui fianchi, fa ondeggiare il suo bacino sul suo sesso duro e pulsante.
Radish la guarda e freme mentre gli affonda le unghie corte nella carne, geme sotto i suoi morsi perché sono un dolore a lungo atteso, finché non sente esplodere nella testa un'argentea, possente vampata di piacere quando finalmente la sente e tutto diviene eccezionale, maestoso e sovrannaturale.
Si baciano senza una logica, si mordono e si stringono quasi avessero inconsciamente paura di star vivendo unicamente un’illusione, quasi tutte quelle sensazioni nuove per entrambi dovessero cessare da un istante all’altro.
Il tempo defluisce veloce come il sangue nelle loro vene, il cuore accelera seguendo l’eccitazione, dato che la bufera dei sensi è a stento incominciata. Nessuno dei due riesce più a distinguere il tempo e lo spazio, troppo presi da quel qualcosa di tanto conosciuto ma anche tanto nuovo. La smania d’aversi è così forte ed inebriante che non riescono a contenersi, non riescono a rallentare e tanto meno a ragionare.
Si cercano disperatamente, si stringono l’uno all’altra tenendosi le mani, si baciano con feroce e disarmante passione, finché il Saiyan non la blocca con forza sotto di sé e i suoi movimenti si fanno più decisi, quasi dolorosi per lei. Sentono i loro cuori battere l’uno contro l’altro, tanto forte che, durante tutto quel tempo, almeno una volta hanno pensato che sarebbe esploso come un petardo da un momento all’altro… e che sarebbe stata una morte fantastica.
«Tranquillo… non posso rimanere incinta, ora…»
Sghignazza soddisfatto mentre stringe quasi con disperazione le sue mani e con gli ultimi colpi di bacino, più forti e violenti dei precedenti, si lascia finalmente andare.
Posa il volto nell’incavo della sua spalla, ascolta il suo respiro affannoso mentre cerca a sua volta di regolarizzare il proprio, lasciando infine la presa dalle sue mani e scivolando stancamente al suo fianco.
Rimangono immobili tra quelle pellicce che sanno di loro, i corpi scossi dal turbinio di emozioni che hanno dentro. È tutto così dannatamente perfetto da destabilizzarli nel profondo.
Doveva essere sesso, puro e semplice sesso per scaricare quella strana tensione quasi elettrica che era venuta a crearsi tra loro, invece è stato qualcosa di più forte, qualcosa che li ha lasciati come marchiati.
«Non ho mai provato nulla di simile…» Dice sul serio, Radish. Non ha mai provato niente di simile in più di trent’anni di vita pur avendo già avuto non poche donne per le mani. Non ha mai sentito come se il cuore stesse cercando di uscirgli dalla cassa toracica per rotolare ai piedi della sua amante.
«Siamo in due…» Anche Sherry dice sul serio. Non si era mai sentita così libera di essere sé stessa in tutta la sua vita, neanche con i suoi precedenti partner. Con Mordecai era intenso, passionale, ma non poteva dar realmente sfogo ai propri istinti senza fargli del male. Lo stesso valeva per Micah e Rafe, senza contare che non provava niente per loro, se non un sincero affetto fraterno nei confronti del primo. River… River non le ha mai fatto sentire di essere l’unica al mondo.
Radish è riuscito a fare pure di meglio, in realtà: l’ha fatta sentire l’unica nell’Universo. È proprio a causa di questa dolce consapevolezza che si volta su un fianco per dargli le spalle, così da non fargli vedere lo sciocco sorriso da liceale che le sta piegando le labbra.
Abbassa gli occhi quando sente le sue dita sfiorarle il fianco per ripulirla da una striscia di sangue ormai secco.
«Ne voglio ancora.»
Ridacchia appena e prova a dargli un calcio slanciando all’indietro la gamba, finendo solo col farlo ridere di gusto e ritrovandosi stretta in un suo braccio.
«Falla finita.»
Le bacia distrattamente la clavicola mentre si agita per farsi liberare, consapevole che sia solo uno dei suoi strani atteggiamenti da “femmina dominante”, come sa essere definita dai suoi.
Beh, penso che d’ora in poi il mio concetto di “dominante" sarà ben diverso da quello che intendono loro.
«Ti avviso che se un domani si presenterà una nuova minaccia per il pianeta, berrò fino all’ultima goccia del tuo sangue.» La morde senza troppa convinzione sulla giugulare, ghignando famelico mentre cerca il suo sguardo.
«Se non hai un organismo come il mio, ingerire grandi quantità di sangue è pericoloso. Rischieresti un’overdose di ferro e insufficienza renale, come minimo.» Sbuffa sonoramente mentre lo dice, capendo solo dopo diversi secondi di rilassante silenzio che, nelle sue parole, c’era pure una piccola ma significativa insinuazione, cosa che la porta subito a rettificare. «Senza contare che non ho alcuna intenzione di restare al tuo fianco!»
«Ah no?» Sorride realmente divertito mentre si issa su di un fianco, sorreggendosi pigramente la testa con la mano. Le sfiora il fianco con la punta della coda, notando con un certo piacere che non le sta dispiacendo per niente.
«No.»
Ora facciamo un gioco!, pensa mentre le afferra con decisione un polso, tenendo con decisione il pollice premuto sulla carne più tenera e pallida dove svettano le venature scure.
«Che stai facendo?» Volta un poco lo sguardo per cercare i suoi occhi, trovandolo intento ad osservarla con aria godereccia. Non le piace, per niente. Sa che ha qualcosa in mente, ma non riesce a capire cosa. Anche se non le è nuovo questo gesto, non riesce a ricordare dove l’abbia già visto.
«Ti sei divertita al matrimonio?»
Rimane in silenzio per qualche istante, Sherry, mentre continua a guardarlo con espressione confusa e corrucciata. Sa benissimo che sta cercando di fare un qualcosa di specifico, ma davvero non riesce a capire cosa.
«Non fare il bambino…»
«Rispondi.»
«No, non mi sono divertita a quel cazzo di matrimonio, ne ho odiato ogni secondo per colpa tua. Sei più felice ora che ne sei completamente certo?»
Okay, so per certo che è vero, quindi questo è il battito che devo seguire. Spero solo di non sbagliare…
«Davvero non hai fatto niente con quello?» Non si sorprende nel vedere i suoi occhi accendersi di risentimento, ma deve avere una seconda prova. E poi, pur fidandosi abbastanza di lei, vuole sapere se può stare del tutto tranquillo o se deve andare a cercarlo per abbatterlo. In fondo è ufficialmente roba sua, e a lui proprio non piace condividere.
«Ne sono certa, sì. Mi stai forse dando della bugiarda?»
«Davvero non vuoi restare al mio fianco?»
Stavolta le sorride con quell’aria arrogante che lei trova tanto fastidiosa quanto eccitante e, non appena sente il suo dito esercitare maggiore pressione, ecco che le ritornano in mente le poche volte che ha visto qualcuno compiere lo stesso gesto: quando Mordecai e Micah avevano incendiato una scuola e lo negavano, 
quando Major si faceva di anfetamine e lo negava, quando Mordecai era dipendente dalla cocaina e lo negava, quando Maddox e Micah negavano di aver rubato un furgone dei gelati per usarlo per spacciare ai ragazzini, quando Mordecai aveva accoltellato un boscaiolo perché si annoiava e lo negava. Ogni volta che uno di loro faceva qualche stronzata di una certa entità, Fern usava quel trucchetto per smascherarli e poi picchiarli con un piede di porco. Lei e Bree erano abituate a far le cose di nascosto senza farsi scoprire e non l’hanno mai provato sulla loro pelle, ma l’hanno visto fare spesso.
Se ci pensasse più a fondo, in realtà, ricorderebbe che le mazzate col piede di porco le hanno prese anche loro due quando erano in piena tempesta ormonale e facevano “cose strane” - così le definiva Fern - durante la notte con alcuni dei loro fratelli adottivi. Ne hanno prese davvero tante a più riprese, dritte sul naso il più delle volte.
Brutta stronza, gli hai insegnato questo trucchetto del cazzo?! Giuro che me la pagherai, credimi. E me la pagherai anche tu, Maddox, cane ignorante e stupido che le hai insegnato cose che possono essere usate contro di noi! 
Toglie con fare stizzito il polso dalle sue mani e mette su un finto broncio - che poi troppo finto non è -, mentre Radish se la ride di gusto e la stringe nuovamente a sé, tornando a vezzeggiarle il collo con la bocca e il seno con una mano.
«Non agitare ancora la coda, fustacchione… questo non prova niente.»
«Mh-mh.» Sorride soddisfatto contro la sua pelle, mentre la mano scende inesorabile tra le sue gambe. Quella prima ora non gli è bastata minimamente ed ora è più che deciso a farle capire cosa l’aspetta d’ora in poi.
Non dovevi piangere bambolina: hai firmato la tua condanna!


Fuori, ad una più che discreta distanza, Piccolo ha ascoltato un poco della loro conversazione. In realtà ha pure assistito per qualche secondo al loro fantasioso al limite del violento amplesso, per poi rigirarsi di scatto per aspettare l’amico un poco più in là.
Perché lo spropositato aumento dell’aura di Radish l’ha sentito. Ha avuto un picco massimo poco dopo essere arrivato ed averlo visto mentre la strana ragazza lo baciava con aria famelica, quasi volesse mangiarlo, e poi è andata via via scemando fino a tornare normale.
In un primo momento aveva pensato che ci fosse qualcosa di brutto in arrivo, qualche minaccia che avrebbe richiesto il suo intervento e quello degli altri, ma ha capito immediatamente che si stava sbagliando.
Ha rassicurato Vegeta e Crilin quando li ha sentiti avvicinarsi, dicendo che non era successo niente, che Radish non aveva combinato casini e che potevano tornarsene a casa tranquilli. O da Chichi, così da stare un poco vicini anche a Gohan. Non gli sono sembrati particolarmente convinti ed ha quindi sospirato rumorosamente per il sollievo una volta allontanati.
Alla fine ha semplicemente aspettato, ben lontano da loro ma comunque non troppo da rischiare di non sentire più eventuali conversazioni.
Purtroppo per lui, però, la conversazione è stata minima e decisamente poco interessante, fatto però che non ha tolto quell’allarme di pericolosità dalla testa della ragazza. Perché Piccolo sa che lei c’entra qualcosa, sa che nasconde qualcosa di potenzialmente pericoloso. Perché mai Radish avrebbe perso tanto la testa per una semplice Terrestre? L’ultima donna alla quale si è interessato, se non sbaglia, è stata Lunch, e quella certo non la si poteva definire una donna comune.
Non può neanche dimenticare i segni di morsi e graffi che ha intravisto sulla sua pelle. Quale comune Terrestre potrebbe ferire un Saiyan? Hanno la pellaccia dura, quelli, lo sa bene. Eppure quella ragazzina pare esserci riuscita, pare avere un qualcosa capace di penetrare quella pelle quasi corazzata che si ritrovano.
Rendendosi però conto che quei due depravati urlanti non hanno alcuna intenzione di fermarsi ad un solo amplesso, decide saggiamente di andarsene per poi parlargli in un secondo momento.
Quando però abbassa per un istante lo sguardo in un modo pressoché istintivo, si ritrova a fissarsi dritto negli occhi con la bionda esplosiva della boutique dove ha origliato per l’amico.
Se ne sta lì dritta su di un ramo ad una ventina di metri d’altezza.
Nuda.
Nuda come mamma l’ha fatta, le braccia incrociate sotto al seno abbondante. E gli sorride. Gli sorride con un’aria così arrogante che per un istante, ma solo uno, pensa che potrebbe essere in qualche modo imparentata col superbo principino.
«Che scenario adorabile, eh?» E detto questo Bree, dal momento che aveva deciso di godersi una veloce battuta di caccia in solitaria era sopraggiunta giusto per assicurarsi che fosse tutto a posto, si lascia andare ad una lieve risata realmente divertita per poi lasciarsi cadere verso il suolo come se saltasse giù da uno scalino.
Alza di nuovo lo sguardo giusto per scoccare un occhiolino malizioso al Namecciano per poi trottare veloce verso il fitto della vegetazione, aumentando velocemente l’andatura proprio sotto ai suoi occhi. Tanto, a questo punto, la frittata è fatta, tanto vale che almeno uno di loro sappia almeno qualcosa.
Piccolo, che velocemente sta facendo due calcoli sulla velocità della dissoluta biondina, non può far altro che farsi una piccola domanda: Maledizione Radish… che Diavolo stai combinando? 






ANGOLO DELL’AUTRICE
Ebbene sì: questi due si scannano per delle idiozie, ma poi si ritrovano subito.
Radish, per orgoglio, non è disposto a mollare la presa. Sherry, per il suo passato, non sa come gestire il presente. Sono guidati dall’istinto, si lasciano trascinare dalle emozioni… e insieme fanno scintille! Ora devono solo capire come far funzionare un qualcosa di nuovo ed un poco strano per entrambi senza che il loro orgoglio li intralci troppo.
Dite che possono farcela o finiranno a scannarsi per altre scemenze?

Piccolo in versione voyeur inconsapevole mi faceva troppo ridere, non potevo non metterlo. Anche perché sì, lui è il solo vero amico di Radish, ma voi vi fidereste alla cieca di un Saiyan che ha fatto un macello clamoroso, è tornato dal mondo dei morti Dio solo sa come e non si è mai davvero integrato? Io no. Anche perché, oh, si fidavano ciecamente di Vegeta e guardate cos’è successo nella saga di Majin Bu! 🙄
Anche io, se avessi avvertito un qualcosa di strano provenire da lui, sarei corsa a controllare tipo subito!

Fern. La dolce e cazzutissima Fern.
Una donna che ha passato parte della sua vita circondata da Spettri giovanissimi, tutti con problemi più o meno gravi e che ne è uscita  non solo indenne, ma anche schifosamente più ricca e con una protezione che pure la Regina Elisabetta se la può solo sognare.
Una donna che non solo non teme delle bestie carnivore/cannibali, ma che non teme neanche un uomo col cipiglio incazzato, alto quasi due metri e grosso come un armadio… QUANTA CAZZIMMA?! 💪🏼💪🏼💪🏼

In ogni caso, sì, sono la prima a pensare che questa è una storia basata su una serie di cliché, ma alla fine quasi tutte le storie sono basate sui cliché perché bene o male tutto è già stato scritto. Quello che voglio fare con questa storia è creare un'ambientazione nuova, che possa in qualche modo coinvolgere e, perché no, magari emozionare e strappare un sorriso.

Beh, detto questo, direi che è giunto il momento di salutarci. Il prossimo capitolo è già in parte scritto, altri dialoghi sono già scritti e le scene ben impresse nella mia mente. Ormai ‘sto presissima, non riesco a fermarmi!
😱

A presto
Un bacione
Kiki
🤙🏼

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Vi avverto da subito: capitolo molto lungo, 37 pagine, quindi leggetelo quando avete un po’ di tempo 😊 (anche se, daje, stiamo in quarantena! Più tempo di così!)
Vi chiedo pure scusa per avervi propinato l’ennesimo malloppone, ma ormai dovreste aver capito che sono un brutta persona logorroica!

 

𝟙𝟘. 𝒩𝑜𝓃 𝓈𝒾 𝓉𝑜𝓇𝓃𝒶 𝒾𝓃𝒹𝒾𝑒𝓉𝓇𝑜 (𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟙)




Radish e Sherry non stanno insieme, non sono una coppia.
Lo ha stabilito lei, lo ribadisce costantemente ad entrambi. Al Saiyan sta bene, ha affermato che possono essere o non essere quello che le pare a patto che nessuno, all’infuori di lui, osi toccarla. Un patto soddisfacente per Sherry, che ha imposto la stessa clausola all’amante.
Quindi Radish e Sherry non stanno insieme, non sono una coppia, ma nessuno dei due può frequentare qualcun altro. In realtà non ne avrebbero né il tempo né, soprattutto, le forze.
Dopo soli quattro giorni di non-relazione hanno capito quanto fosse necessario imporre delle regole, o meglio dei limiti. Non nel sesso, però. In quei momenti non hanno limiti di alcun genere, sperimentano tutto ciò che viene loro in mente e se ne fregano di essere sentiti - non gli importerebbe troppo neanche di essere visti.
I limiti riguardano le ore passate insieme.
Per i primi tre giorni, infatti, hanno visto il mondo esterno solo durante il tragitto dal capanno di Fern all’appartamento di Radish. Tragitto durato ben più del previsto perché entrambi hanno provato l’irrefrenabile impulso di aversi per l’ennesima volta. Radish è infatti atterrato velocemente in mezzo al niente e Sherry l’ha trascinato a terra nel giro di un secondo.
È stato in quel momento, quando le stringeva con violenza il fondoschiena sollevato in aria e le teneva la guancia premuta contro il terreno, che Radish si è sentito a poco a poco pervadere dalla strana consapevolezza di essere entrato in un mondo nuovo di zecca, un mondo folle e onirico dove tutto è permesso, pervaso da un’esuberante e lussuriosa potenza che ti scardina, ti scombussola e ti manda in ebollizione il sangue.
Una volta giunti a casa, sporchi di sudore, terra e polvere, non sono riusciti ad arrivare alla doccia: sono finiti contro la porta d’ingresso ed hanno dato sfogo ancora una volta a quel desiderio malato che scaturisce da un minimo contatto tra loro, ridendo nel sentire uno dei vicini urlare di far piano.
In quei giorni si sentiva distrutto, Radish, spesso dolorante, ed è per questo che, di tanto in tanto, affondava i denti nel suo interno coscia e leccava qualche goccia del suo sangue. La consapevolezza che un gesto simile non solo lo avrebbe totalmente riacceso ma anche che, tramite il dolore, avrebbe riacceso pure l’amante lo eccitava oltremisura.
Insaziabili ed incapaci di fermarsi, in tre giorni hanno distrutto parte della mobilia. Il letto è stato il primo a cedere, colpa soprattutto del Saiyan che ha deciso impunemente di provare un amplesso in modalità Super Saiyan, al termine del quale la giovane Alpha ha affermato che i biondi non le sono mai piaciuti, ma che per lui poteva decisamente fare un’eccezione.
Al letto sono seguiti l’armadio e la cassettiera usati deliberatamente come appoggio, poi il divano, il tavolo da pranzo ed un paio di sedie. Il pavimento e i muri sono solcati da graffi, i tessuti intrisi del sangue di entrambi. Un disastro, insomma.
Quando, la mattina del quarto giorno, affamati e storditi si sono accorti dello stato in cui versava l’appartamento, hanno deciso finalmente di imporsi dei limiti: Radish avrebbe ripreso i propri allenamenti lontano da lei, Sherry avrebbe preso in mano gli Spettri nelle zone limitrofe e avrebbe cominciato ad addestrarli. Hanno fatto sesso subito dopo, sfondando l’anta scorrevole della doccia.
Sono usciti di casa dopo qualche ora, convinti che una simile decisione avrebbe aiutato entrambi a calmarsi… ma si sbagliavano: quando Radish è rincasato ed ha trovato un nuovo e più grande letto rinforzato ad attenderlo, ha dato nuovamente sfogo alla propria ardente ferocia. È proprio durante quella notte che è riuscito ad ottenere da lei qualcosa che tutti i suoi precedenti compagni avevano solo desiderato.
Convinto infatti che non ci fosse alcun problema nel tentare un po’ di sesso anale, pallino che lei stessa gli aveva inculcato in mente durante la forzata gita al luna park, non ha neanche pensato di doverglielo proporre ed ha cominciato così a prepararla, notando però immediatamente quanto si fosse irrigidita e quanto i suoi occhi si fossero fatti improvvisamente strani, quasi vuoti. Le ha chiesto che avesse, quale fosse il problema, ricevendo in risposta uno strascicato e falsissimo “niente” che l’ha come paralizzato. Quando si è accorto che stava tremando malgrado le stesse dando piacere, ha ritratto la mano e l’ha baciata, deciso a lasciar perdere, ma lei gli ha detto di continuare, gli ha detto di voler provare e che, eventualmente, lo avrebbe fermato. E non ne era convinto Radish, non lo era proprio per niente, tanto che è stata quasi una forzatura dopo averglielo ripetuto per un paio di volte.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Radish è stato quanto più delicato possibile e ha fatto in modo che il tutto non durasse più di qualche minuto, arrivando poi a stringerla a sé per farla smettere di tremare.
Gli ha detto che non l’aveva mai permesso a nessuno, che aveva attaccato Rafe quell’unica e sola volta che ci provò e che nel farlo quasi gli strappò un occhio con un’artigliata. Viene da sé che il Saiyan le abbia chiesto perché gli altri no e lui sì, ma l’unica risposta che ha ricevuto è stato un bacio delicato e fugace prima che nascondesse di nuovo il viso contro il suo petto.
Da quel giorno, il rapporto pare essersi in qualche modo solidificato. Si sono ritrovati infatti a condividere qualcosa di più dei propri corpi, ed è successo senza che se ne rendessero assolutamente conto.
Sherry, nei momenti in cui non era impegnata con gli altri Spettri (rigorosamente all’oscuro di tutta la faccenda, ad eccezione di Bree e, ne è quasi certa, di Micah) si è ritrovata ad arredare l’appartamento.
Se prima era spento e monocromatico, anonimo e poco vissuto, adesso ha un’impronta più marcata e vivace, con i colori che variano dal nero al marrone fino al rosso mattone. L’anonimo salotto è adesso arredato con mobili in superfici di legno rustico, un grande e comodo divano affiancato da una poltrona in pelle scura dominano l’ambiente.
Dopo aver fatto collassare il tavolo della cucina, i due sono finiti a mangiare pizze a domicilio sul pavimento e a bere birra spesso tiepida direttamente dalle lattine. Non che ci fosse qualcosa di male, anzi a lei non dispiaceva proprio, ma ha deciso di inserire un’isola centrale in legno scuro che ha la funzione anche di tavolo.
Dopo una sola settimana da quando hanno iniziato a non stare insieme, è arrivata alla camera da letto. Le pareti sono state dipinte con toni scuri (che ha dato loro la scusa per piazzarsi una notte in casa di Bree e Mimì, dove nessuno dei quattro ha chiuso occhio perché troppo impegnati a cucinare dolci mentre erano ubriachi fradici), l’armadio, ormai inutilizzabile, è stato sostituito da una cabina armadio a vista, dove è possibile ammirare anche - seppur in parte estremamente minima - jeans, maglie e scarpe di stampo decisamente poco maschile, oltre che una scimmietta di peluche bianca e rosa.
Come ultimo tocco nella zona notte, divenuta in quella rovente settimana come la loro zona preferita, ha piazzato un cassettone scuro di fianco alla porta. All’inizio il Saiyan se ne è lamentato poiché occupava inutilmente dello spazio, affermando che non serviva dal momento che l’armadio è più che sufficiente anche per la roba di una terza persona, ma quando ha aperto uno dei cassetti ha capito l’intento dell’amante: vibratori, butt plug, lubrificanti, bende, corde, catene e cinghie di cuoio.
In un primo momento è rimasto sorpreso ed interdetto, un poco offeso perché non credeva che avesse bisogno di un qualcosa in più per godere, ma quando gli ha legato i polsi con una cinghia di cuoio ed ha cominciato a giocare con lui… beh, non gli è dispiaciuto averli a disposizione.
Il fatto che praticamente vivano assieme, sorprendentemente, non è un problema per nessuno dei due. Sherry lo nega pure a sé stessa, per lei il fatto che dormano ogni notte fianco a fianco non implica né che stiano né che vivano assieme, così come neanche il fatto di avergli arredato casa - afferma infatti di averlo fatto perché si sentiva in colpa e perché, in fondo, le piacciono le comodità.
Radish, al contrario, se ne rende conto perfettamente ma non se ne preoccupa. Non gli interessa ciò che possono dire o pensare gli altri in quanto consapevole di quanto la vita possa essere breve ed imprevedibile: certe cose non sono programmabili, arrivano, ti travolgono e cambiano ciò che ti circonda e la cosa più saggia da fare, secondo lui, è adattarsi a questo cambiamento. Le cose vanno veloci, davvero veloci, e lui semplicemente ha deciso di lasciarsi trascinare e godersi ogni novità al massimo.
È proprio seguendo questa specie di filosofia che è arrivato in tempi decisamente da record a bramare con ogni fibra del proprio essere il momento in cui rincasa. Che poi rimanga solo per ore per poi vederla apparire nel cuore della notte o la trovi già apparecchiata nel letto fa poca differenza: gli piace averla attorno, vederla sistemare e spostare mobili finché non è finalmente compiaciuta,  lamentarsi ai fornelli perché la roba ci mette troppo a cuocere e lei vuole mangiare subito, buttarsi a peso morto sul divano e guardare qualche film assieme. Che poi non arrivino mai a più di venti minuti di visione è irrilevante, tanto poi glielo racconta lei cos’è successo.
È inoltre arrivato ad adorare oltremisura il sesso con Sherry. È un qualcosa di selvaggio, primordiale, travolgente e senza regole, dove entrambi non si pongono alcun limite neanche per quanto riguarda la forza fisica e non si fanno problemi di alcun genere quando ad uno dei due viene in mente di divertirsi in modi più spinti, tipo incatenando e sottomettendo l’altra.
Adora i loro preliminari e i loro giochi di dominazione-sottomissione.
Adora sentirla pregare di darle di più, così come adora soddisfarla.
Adora sentirla urlare ed invocare il suo nome quasi con disperazione.
Adora quando lo sbatte sul letto, sul divano o direttamente a terra e lo cavalca quasi fosse un toro selvaggio da domare.
Adora vederla godere e venire travolta dall’orgasmo quanto adora raggiungere lui stesso l’orgasmo e riversarlo talvolta su di lei, talvolta dentro.
Adora come lo bacia subito dopo, tenendogli la testa tra le mani ed esprimendogli silenziosamente affetto profondo ed incondizionato. Ogni volta si sente invadere ogni cellula da un’eccitazione incredibile mista alla fantastica sensazione di essere quanto di più importante al mondo per lei.
Adesso, dopo ben dieci giorni di non-relazione, rimangono placidamente sdraiati a letto. Sono stanchi e sfiancati, non hanno chiuso occhio tutta la notte con l’idea che l’indomani, essendo domenica, avrebbero preso tutto con più calma. Era nel loro accordo, d’altra parte: la domenica sarà come per gli umani, ovvero di riposo.
Radish rimane sdraiato supino in diagonale, un braccio dietro la testa e l’altro ad avvolgere le spalle nude della compagna. Perché sì, Radish le può dare ragione quanto vuole dicendo che non sono una coppia, ma per lui lo sono eccome. Dio, se solo osassero guardarla in modo strano potrebbe arrivare ad uccidere in modo lento e sadico come mai prima d’ora. Perché lei è sua. Sua e di nessun altro, che le piaccia oppure no. Le dà ragione solo perché vuole che ci arrivi da sé e che lo accetti senza forzature. Non sa per quanto tempo riuscirà a rimanere di questa idea, ma è intenzionato a provarci.
Rimane con gli occhi chiusi a godersi le sue carezze sul petto, sfiorandole a propria volta il fianco nudo con la punta della coda sapendo bene quanto le piaccia.
Facevo bene ad invidiare Mimì, pensa di tanto in tanto, lasciandosi sempre andare ad un ghigno vittorioso. Scommetto che adesso è lei ad invidiare me: mai potrà fare del sesso simile, non nella sua umana fragilità.
La stringe appena con un braccio, spingendola così a sdraiarsi sul suo corpo. Gli piace troppo tenerla in questo modo, sentire le sue forme adattarsi alle proprie, e gli piace ancora di più quel sorriso infantile e giocoso che gli regala ogni volta. Quando poi lo bacia a fior di labbra con la sorprendente delicatezza di una farfalla, sente come se il cuore gli esplodesse nel petto.
Qualcuno però ha deciso impunemente di rovinare la loro pace bussando con forza alla porta e per un brevissimo istante Radish prende in considerazione l’idea di portare via Sherry e di far esplodere il pianeta.
Sherry, ignorando i mugugni infastiditi dell’amante che le stringe violentemente i fianchi, volta distrattamente la testa dopo aver fiutato un odore nuovo ma stranamente conosciuto. Non riesce però a ricordare dove l’abbia già sentito, così semplicemente si lascia scivolare sul materasso per farlo alzare.
Radish però non ha alcuna intenzione di alzarsi, non ora che sta ancora in piena “fase down” causata dal sangue della ragazza, così le tira una lieve pacca nella spalla.
«Vai ad aprire…»
«Non sono la tua schiava.»
Ridacchia appena Radish, guardandola con aria maliziosa ed arrogante: «Quando però ti ordino di succhiarmelo non fai tanto la preziosa, mh?»
«Che poeta!»
Ride anche lei dopo avergli tirato uno schiaffo sul petto, alzandosi controvoglia quando l’uomo comincia a spingerla svogliatamente.
Afferra velocemente un paio di slip puliti dalla propria sacca abbandonata sulla cassettiera e si avvicina con passo svelto alla porta. Quando poi apre, sente come una scossa elettrica lungo tutta la spina dorsale e, come mai prima d’ora, sente l’impulso di attaccare.
Ma si impone immediatamente di darsi una calmata, perché la bella donna che ha di fronte non è certo una minaccia per lei. Perché Sherry l’ha riconosciuta subito grazie a quel viso dolce e, soprattutto, grazie ai capelli a caschetto di un vivacissimo azzurro.
Sospira debolmente e le sorride nel modo più amichevole possibile, non riuscendo a capire per quale motivo la guardi come se ad aprirle ci fosse stato lo Spirito Santo.
«Tutto okay?»
Apre la bocca per un paio di volte, Bulma, e dopo una velocissima occhiata all’interno dell’appartamento le sorge un dubbio più che legittimo. In fondo già aveva visto casa di Radish, e di certo non era messa così bene!
«Credo di aver sbagliato appartamento…»
«Dipende da chi stavi cercando. Se si tratta di un grosso idiota con la coda da scimmia, sei nel posto giusto.»
«Chi è?!»
Entrambe le donne fanno saettare gli occhi verso la camera da letto che s’intravede dalla porta lasciata aperta, e Bulma non riesce ad evitare di aprire un poco la bocca per la sorpresa. Non solo adesso  quel burbero scimmione vive in un appartamento decente, ma ha anche conosciuto la donna della quale aveva parlato Crilin!
Anche se, questo va detto, avrebbe preferito conoscerla con qualcosa di più addosso che delle semplici mutandine.
«La bella moglie del tuo amico con i capelli buffi!» Risponde con una certa indifferenza lo Spettro, facendosi da parte per farla accomodare come le è stato insegnato da Fern. Sicuramente la donna le avrebbe tirato addosso un qualche oggetto contundente se avesse aperto in quello stato, ma Fern adesso non c’è, quindi…
«Vieni, entra.»
«Io— ehm. Ti dispiace metterti qualcosa?»
«Sono tutti tanto pudici i tuoi amici?»
Radish sbuca frettolosamente dalla camera, un asciugamano appeso precariamente in vita e l’espressione di chi non ci sta capendo niente. In fondo nessuno di loro va mai da lui, perché mai dovrebbe farlo proprio Bulma? E perché dovrebbe guardarlo con aria tanto nervosa?
«Che ci fai qui?» Lancia una sua maglietta a Sherry mentre fa la domanda, non sorprendendosi affatto nel vederla già appollaiata sull’isola della cucina intenta a sgranocchiare dei cereali.
«Sono venuta a trascinarti alla festa per Goten!»
Questa deve essere la loro femmina dominante, pensa l’Alpha mentre la osserva con attenzione, sorridendo di sottecchi quando sente il nervosismo dell’amante salire alle stelle tutto in un colpo.
Bestemmia a mezza bocca, Radish, dandosi mentalmente dello stupido per essersene dimenticato. Pensa anche che, presentandosi solo adesso e in uno stato piuttosto pietoso, non potrà evitare domande scomode a cui dovrà per forza rispondere. Magari così eviterò l’ira di Chichi…
«Tu perché non me l’hai ricordato?» Bercia contro Sherry prima di sbattersi la porta di camera alle spalle per farsi una velocissima doccia e cambiarsi al volo.
«Che sono, un’agenda parlante?»
Bulma rimane ferma in mezzo alla stanza, le guance un poco arrossate per la strana situazione in cui si trova e, sperando di non risultare invadente, lascia vagare gli occhi sulla figura di Sherry.
Le pare carina, ha un viso sorprendentemente dolce e le fa una certa tenerezza nel vederla sgranocchiare i cereali come un piccolo roditore, ma un poco la preoccupano il numero esagerato di cicatrici che svettano sulla sua pelle. Neanche suo marito ne ha tante, quindi non può fare a meno di chiedersi che razza di tragico passato possa aver vissuto per ridursi così.
«E così… tu sei la famosa fidanzata di Radish.»
Le pare quasi di vederla sbiancare, i suoi occhi scuri si fanno improvvisamente attenti e la sorprende vederla scendere e camminarle in contro con aria spersa.
«Ha una fidanzata?»
Si sente improvvisamente una stronza, Bulma. Pensa che avrebbe dovuto farsi gli affari propri e stare zitta, che potrebbe aver ferito una ragazza che neanche conosce perché il suo amico è stato così bastardo da illuderla, e si sente poi di colpo confusa quando la vede scoppiare a ridere di gusto.
«Tranquilla. Ti prendevo in giro. Anche se non siamo una coppia, posso affermare con sicurezza di essere la cosa che più si avvicina ad una compagna.» Le porge la mano, un sorriso sghembo ad incresparle le labbra «Sherry.»
«Bulma.» Le stringe la mano con forza, tirando un mentale sospiro di sollievo nell’aver evitato una tale figuraccia. Non le pare male, potrebbe integrarsi nel loro gruppo senza troppi problemi. Spera solo che Muten non faccia troppo il porco, non vuole assistere ad una sfuriata di Radish alla quale seguirebbero inevitabilmente le lamentele e prese in giro di Vegeta, che porterebbero infine ad un qualche tipo di scontro inutile.
Di colpo, poi, le viene in mente un dettaglio a cui, all’inizio, non aveva dato peso: questa sconosciuta piena di cicatrici l’aveva in qualche modo riconosciuta.
«Aspetta: sapevi chi sono e chi è mio marito?»
«Ahhh, bella fatina: io so più cose di quanto pensi.»
Bulma non fa in tempo a chiederle spiegazioni che Radish riappare, la maglia bianca che aderisce alla pelle ancora umida e i capelli raccolti in una lunghissima coda bassa. Non le guarda neanche mentre s’incammina verso la porta. Sa bene che, in sua assenza, Sherry uscirà a farsi una bella corsa tra i boschi e sbranerà qualche mammifero per ricaricarsi, quindi non si prende neanche la briga di chiederle niente.  
Bulma però non lo segue, non subito. Prima di andarsene non può evitare di fare una domanda che la lupa, di certo, non si aspettava e che la spiazza totalmente.
«Tu non vieni, Sherry?»
«Eh?»
«Sì, vieni alla festa! Non ci saranno troppe persone, è più un pranzo tra amici per festeggiare la nascita di Goten. Ci farebbe davvero tanto piacere averti tra noi!» Le sorride con aria amichevole, realmente speranzosa di averla tra loro. In fondo ha visto come si guardano, ha visto come sono diversi gli occhi del Saiyan ogni volta che incrociano anche per un istante la sua figura. La loro non è una cosa passeggera, lo sa, perché è così che pure Vegeta la guarda quando sono da soli.
«Per favore?»
Radish rimane fermo per qualche istante, la mano sulla maniglia della porta e lo sguardo perso nel niente cosmico. Può davvero portarla con sé? Può permetterle di stare in mezzo ai suoi amici? I rischi sono alti, lo sa. Ha visto come reagisce in mezzo alle persone, soprattutto se non ha mangiato, sa quanto gli esseri umani la mettano ancora a disagio, e questo non solo perché l’odore del loro sangue è come un dolce richiamo per lei, ma anche perché teme di fargli del male.
Gli ha detto che stare con un paio di umani per volta è più semplice per loro che sono “cresciuti in cattività”, l’odore è più che sopportabile, ma quando sono in molti i rischi sono maggiori.
Oltretutto Radish ha capito che gli Spettri tendono a non avvicinarsi  - non da soli, comunque - a chi emana un odore simile al suo, a chi, come gli ha rivelato Sherry, si mostrerebbe un osso troppo duro. In questa categoria, senza ombra di dubbio, ci entrano di prepotenza Vegeta, Piccolo, Gohan, C-18, Tensing, Crilin, Muten e forse pure Yamcha.
Ma Radish sa benissimo che è inevitabile che prima o poi le loro realtà si scontrino, così risponde con tono fermo ed irremovibile, sicuro della propria scelta.
«Sì, lei viene. Ora andiamo.» Afferra Bulma per un polso e la spinge fuori di casa, chiudendosi subito la porta alle spalle. Non può darle il tempo di controbattere, diventerebbe insopportabile e loro due non sono ancora abbastanza forti da poter affrontare una lite senza urlarsi contro le peggio cattiverie e sbattersi contro la prima superficie disponibile un attimo dopo.
Radish adesso deve solo capire come gestirla, quale metodo è più congeniale per loro per farsi strada come coppia. In fondo Mimì ce l’ha fatta con Bree, Fern ce l’ha fatta con un intero piccolo branco di cuccioli scatenati, perché lui non dovrebbe farcela?
Bulma, seguendolo incerta fino all’uscita del palazzo, continua a guadarsi di tanto in tanto alle spalle, insicura. Non le pare molto carino andare senza di lei dopo averla invitata, senza contare il fatto che non le ha detto assolutamente dove venire!
Beh, sapeva chi sono, quindi può darsi che sappia dove abito… ed è inquietante, ora che ci penso. Come fa a sapere queste cose? Già, che scema: gliene ha parlato Radish!
«Non viene in macchina con noi?»
«Non voglio trovarmi con lei in uno spazio così ridotto, sarebbe capace di strapparmi la faccia a mani nude, adesso.»


Malgrado Radish sia ben consapevole del fatto che perderà delle fantastiche ore di sesso con la sua “non"-compagna, può dirsi comunque felice di passare un po’ di tempo assieme agli amici e ai familiari.
Lo hanno accolto con un saluto caloroso e un sorriso, e lo hanno rimproverato per il ritardo subito dopo. Come si aspettava, Vegeta ha fatto uno dei suoi commenti a mezza bocca sulla sua incapacità generale e Yamcha non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare il simpaticone, affermando che ora che ha finalmente trovato una ragazza non ha più tempo per loro che c’erano da prima. Avrebbe voluto prenderli a schiaffi, sul serio, ma la stanchezza pareva quasi stritolargli i muscoli.
Chichi, ignorando il commento dei due, gli si è avvicinata per mettergli tra le braccia il piccolo Goten, che lo fissava con quel visetto allegro ed un po’ perso tipico dei neonati, e nel farlo aveva uno strano sorrisetto ad incresparle le labbra, quasi volesse dirgli “occhio, mio caro, che presto toccherà anche a te!”, e per questo glielo ha praticamente rilanciato in braccio ed ha preso posto a sedere ben lontano da loro. L’idea di avere dei figli non solo lo terrorizza, ma lo disgusta pure.
Quando poi è sopraggiunta Bulma, che si era fermata a parlare con una sua dipendente con una massa di capelli rossi per lui davvero familiari, non ha perso neanche un istante nell’affermare non solo di aver conosciuto questa fantomatica ragazza di cui Crilin aveva parlato poco tempo addietro, ormai soggetto dei loro pettegolezzi e delle loro battute, ma anche di averla invitata e che li avrebbe raggiunti da lì a poco.
Ne sono seguite un sacco di domande scomode, e Radish non ha fatto altro che ciondolare la testa con fare sconsolato ed imbarazzato mentre si passava la mano dietro al collo. Si domanda come potrà uscirne vivo una volta tornato a casa ed anche se Muten sarà capace di camminare dopo un qualche commento infelice. Insomma, gli ha già chiesto particolari piuttosto intimi nell’arco di dieci secondi, non appena la vedrà non si tratterrà di certo!
Spero solo che sia di buon umore… e vestita. Soprattutto spero che sia vestita!, pensa con una punta di nervosismo, mentre prova con tutto sé stesso ad ignorare gli occhi di Piccolo che gli trafiggono la schiena.
Perché Piccolo sa che quella non è una ragazza normale, sa che ha delle strane capacità pur non avendole viste di persona, sa che è merito - o colpa? - sua se l’aura di Radish di tanto in tanto pare esplodere dal niente.
Il Saiyan ha provato in ogni modo a tenerlo calmo, a dirgli che va tutto bene, che gli dirà tutto a tempo debito, ma sa bene che ormai la pazienza del Namecciano è agli sgoccioli.
Deve convincere Sherry a parlare, deve convincerla a fare una cosa per lei grave e deve farlo alla svelta. Ma la verità è che non sa neanche come affrontare la questione, non sa come dirle che deve mutare davanti ai loro occhi, che deve dire loro dell’esistenza degli Spettri, che deve raccontargli un sacco di scomode verità.
È inevitabile…
Sospira forte, attirando su di sé gli occhi attenti e freddi di C-18. Anche lei sa che questa fantomatica ragazza ha qualcosa di strano. Non le ci è voluto niente per capirlo. Dannazione, riusciva ad opporre resistenza e a non farsi trascinare da lui, di certo non poteva essere una svampita qualunque!
Poi si ricorda dei suoi occhi. Eccome se li ricorda: dapprima curiosi, attenti e luminosi, poi le iridi si sono dipinte di un rosso rubino e le sclere di nero. Come poteva dimenticarli?
«Sembri nervoso Radish. C’è qualcosa che non va?»
La guarda di traverso, sospirando interiormente di sollievo nell’accorgersi che nessun altro, ad eccezione di Piccolo, ha fatto caso alla domanda. Per mostrarsi il solito Radish di sempre, le risponde con un gesto stizzito della mano ed un vago cenno del capo come a volerle dire di farsi gli affari suoi, per poi ciondolarsi sulla sedia come un ragazzino capriccioso. In realtà, si sente una specie di liceale con gli ormoni imbizzarriti nelle ultime settimane e non sa se sia un male.
Sono cambiate tante cose, in quei dieci giorni.
Anzi, è cambiato tutto.
Attorno a lui tutto pare più bello, tutto ha acquisito un nuovo sapore. Sputare sangue durante gli allenamenti non è mai stato così piacevole, perché la consapevolezza che a casa verrà curato da lei in modi che mai aveva considerato è sempre presente nella sua mente.
Un altro significativo cambiamento sta nel fatto che prima viveva per allenarsi e combattere, mentre ora c’è qualcosa di più, qualcosa che non aveva mai pensato di poter avere. C’è qualcuno che gli vuole davvero bene, qualcuno che vuole prendersi cura di lui e che, lo sa, lo difenderebbe a spada tratta se facesse qualcosa di stupido.
Perché gli Spettri sono così, lo ha capito bene ormai: dispotici, caotici, voraci, energici, aggressivi, orgogliosi, attaccabrighe, possessivi, spesso meschini ed insopportabilmente infantili, incuranti delle leggi umane e rispettosi delle proprie ma sempre pronti a raggirarle, in genere svegli, furbi, passionali e fedeli come nessuno. Se infatti uno Spettro arriva a macchiarsi di tradimento per fatti seri, come il tradimento del proprio Alpha o peggio del Re, entra a gamba tesa nella loro storia come un soggetto anomalo e pericoloso.
Sa anche che, almeno per quanto riguarda Sherry e il gruppo che la segue, hanno una specie di codice d’onore: si ha il dovere, in qualsiasi momento, di rispondere al richiamo dell’Alpha; non si guardano le mogli e i mariti degli altri membri del branco; si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti e i doveri; non si devono creare ostilità all’interno del branco; si devono proteggere i cuccioli a costo della vita; si deve dire subito la verità; non si può mai violentare una donna; i bambini non si toccano mai. Queste ultime due regole, in realtà, si estendono senza eccezioni pure agli esseri umani.
Gli sembrano cose tanto banali quando incredibili ogni volta che ci pensa. Sono dei mostri che spesso e volentieri si sono bagnati il muso nel sangue - come affermano loro stessi - ma che ci tengono a far rispettare dei semplici concetti il più delle volte molto morali. Lo sorprende proprio il fatto che il più delle volte, invece, mostrano di non avere una morale, o quanto meno di averla incredibilmente flessibile. Ma, in fondo, sa bene per quale motivo esistono un paio di quelle regole, ma non se l’è mai sentita di approfondire la faccenda con la sua Alpha. Solo al pensiero si sente come morire.
Gli occhi di Radish scattano velocemente sulla figura snella di Lunch mentre legge ad alta voce le ultime notizie riportate sul quotidiano. Viene riportato che è stato rinvenuto il ventunesimo corpo brutalmente mutilate dopo soli sei giorni, sopra il cadavere la scritta di sangue “Io sono Kira" e che anche questa vittima era accomunata alle altre per i soliti crimini, ovvero violenza, stupro e/o pedofilia.
Crilin, da buon neo-poliziotto, ci tiene a ribadire a tutti che, malgrado le vittime fossero tutte feccia della peggior specie e che non meritassero altro che una simile fine, le forze dell’ordine non possono certo passare sopra alle efferatezze compiute da questo “giustiziere notturno” e che presto lo cattureranno, sicuri che anche quella strana frase possa in qualche modo aiutarli.
Tsk… un solo “giustiziere”? Ed unicamente notturno, Crilin? Davvero?! Staranno smembrando qualche povero stronzo pure adesso. E sai come lo so? Perché è stata la mia ragazza a dare il via a questo massacro. E sai come li trovano? Grazie ai ricordi contenuti nel sangue! A quanto pare tutti conoscono tutti in quel giro di depravati, e rintracciarli per loro è un gioco da ragazzi. Quando invece il sangue non è in grado di aiutarli, si basano sul fiuto… e puoi star certo che non c’è nascondiglio che tenga!
Ah, Crilin, quella frase non vi porterà da nessuna parte. Sono infantili sotto tantissimi aspetti e questo è più un gioco che altro, la scritta la lasciano perché ad uno di loro piace un qualche stupido manga sulla morte o una cosa simile e trovava divertente citarlo così.

Ghigna con una certa soddisfazione nel sentire il pelato lamentarsi con Yamcha e Chichi del fatto che non c’è neanche una traccia per stanare questo bizzarro e violento assassino, che le ricerche sono sempre al punto di partenza. Vorrebbe rassicurarlo, dirgli di lasciar perdere perché sarebbe tutto inutile, che quel branco di cani non si lascerà mai mettere i bastoni tra le ruote, che sicuramente Bree ha qualche infiltrato anche nelle forze dell’ordine che fa sparire eventuali indizi, e che non ascolteranno nessuno all’infuori di Sherry… ma non lo fa. Non può dire una parola senza tradire la sua fiducia e proprio non ha intenzione di farlo.
Questo è senza ombra di dubbio un altro rilevante cambiamento nella sua vita, dal momento che fino ad un mese prima non si sarebbe fatto problemi a rivelare loro simili informazioni.
La verità è che si sente diverso un po’ in tutto: è più energico, sicuramente più allegro e scherzoso, si sente più a suo agio in mezzo alle persone, si sente incredibilmente importante.
Gli viene da sorridere nel ripensare a giovedì sera, quando hanno passato la notte a casa di Bree e Mimì.
Era nervoso all’inizio, non si sentiva tranquillo con la Mezzosangue tra i piedi. Poteva scatenare un qualche casino tra loro, lo sapeva benissimo, ma quando sono entrati nell’appartamento ha notato subito quanto la bionda lo guardasse con una non indifferente soddisfazione nello sguardo e questo, pur essendo strano, lo ha un poco rassicurato.
Quando poi Sherry è scesa a comprare un po’ di dolci, delle birre e altri alcolici con Mimì, gli ha finalmente detto che li voleva insieme perché “la sua Sher” pare davvero felice, forse come mai lo era stata, e che doveva per forza metterlo sotto pressione psicologicamente per far sì che si desse una mossa.
Le ha tirato un pugno, quasi più per togliersi una soddisfazione che per altro, e lei è scoppiata a ridere e gli ha allungato la propria birra, come a voler sancire la loro pace.
Quando poi sono tornate le altre due donne, la serata è cominciata sul serio ed ha potuto constatare che la sua non compagna è davvero gelosa nei suoi confronti. Lo ha scoperto mentre le due lupe si erano piazzate di fronte ad un programma trash trasmesso in TV ed attirato dai loro commenti più o meno divertenti e, soprattutto, dalle volgari affermazioni della bionda, si è lasciato andare a sua volta ad apprezzamenti di vario genere di fronte alle forme generose e in bella vista delle concorrenti di quello strano programma, scatenando involontariamente la collera di Sherry.
Non pensava certo di poterla offendere in quel modo, non dal momento che Mimì era tranquillissima mentre preparava una torta alle loro spalle, ma si è accorto di aver parlato decisamente troppo quando una bottiglia di vino gli è volata addosso. Inutile dire quanto si sia subito innervosito, ed è inutile dire anche che se l’è dovuta far passare velocemente quando si è trovato 3 contro 1.
C’è voluto un po’ per fargliela passare e per farle capire che no, non ha alcuna intenzione di sfiorare un’altra donna neanche col pensiero perché adesso c’è lei, la più folle, passionale ed incredibile stronza che potesse mai incontrare. L’ha fatta sorridere e si è sentito sollevato, ma proprio mentre stava per sancire la pace pure con lei - e di certo non con una birra schifosamente tiepida -, Bree e Mimì sono tornate nel loro campo visivo con delle cassette di mele tra le braccia.
“Sono quasi le sette, dobbiamo andare di sopra”, così ha esordito la Mezzosangue mezza nuda mentre gli lanciava distrattamente una mela e sorrideva con quell’aria meschina che tanto gli dà fastidio, per poi proseguire affermando con convinzione “Forza scimmia, vieni anche tu! Ci divertiamo!”.
Dopo l’occhiata divertita della moretta, si è ritrovato quasi per magia sul tetto a lanciare la frutta addosso ai passanti che facevano jogging. Non credeva di potersi divertire così, non Radish, ma l’ha trovato spassoso da morire, soprattutto quando uno dei poveri malcapitati ha provato ad attraversare la strada con aria minacciosa ed è stato preso in pieno da un uomo in bicicletta.
Ricorda come Sherry si stringeva tra le sue braccia mentre rideva, e come lo facesse sentire incredibilmente bene.
Ricorda anche i momenti più imbarazzanti quand’erano ubriachi persi e provavano talvolta a cucinare dolci dall’aspetto orrendo ma dal gusto tollerabile, e talvolta facendo dei giochi decisamente discutibili, tutti accompagnati dall’alcol.
Ricorda anche di essersi svegliato sul divano, Sherry assopita sulle sue gambe con la testa sulla sua spalla, piccola, tenera ed indifesa come mai l’aveva vista, e Bree che teneva la testa poggiata sull’altra spalla e le gambe sul bracciolo del divano. Si è sentito bene in quel momento. Cioè, bene in senso spirituale, perché fisicamente stava proprio uno schifo.
«Ben arrivata, Sherry!»
Volta di scatto lo sguardo nell’udire il saluto allegro di Bulma ed eccola lì, sulla porta, una mano nella tasca dei jeans stretti e l’altra che sposta all’indietro i capelli scuri. Li guarda con aria attenta ed un poco infastidita, gli occhi sono un poco arrossati e Radish capisce che non è troppo lucida.
Parti da troppi presupposti, ragazzina. Possibile che davvero non capisci di non dover fumare quella merda per poter stare in mezzo alle persone?
Li saluta distrattamente ed indietreggia quando vede Bulma e Chichi avvicinarla, gli occhi scattano da una presenza all’altra man mano che gli altri si presentano.
È nervosa, si sente sotto pressione e a disagio, Radish lo capisce subito e sa bene che un animale selvatico e di natura aggressiva non deve mai essere messo alle strette in questo modo se non lo si vuole spingere ad attaccare, motivo per cui compie l’immane sforzo di raggiungerla e di strattonarla all’indietro tenendole un braccio attorno alle spalle.
«Dov’eri finita?» Tenta di mostrarsi tranquillo per calmarla, ma in realtà è nervoso quasi quanto lei. Non si è mai fatto vedere da loro in compagnia di una donna, neanche quando frequentava Lunch.
«Sono andata a mangiare qualcosa.»
«Ma c’è cibo in abbondanza, Sherry! Non devi fare la timida!» Bulma, da brava padrona di casa, l’avvicina per provare a condurla al tavolo così che possa interagire con tutti, ignara dello stato d’animo della nuova arrivata.
«Credimi, potresti anche buttarle nello stomaco un intero supermercato e non se ne accorgerebbe neanche.» La trattiene a sé e la conduce dove stava seduto prima, mentre la spiacevole sensazione di essere fissato insistentemente diventa quasi insopportabile.
«Oi, che ti prende?» Le domanda con una certa apprensione nel notare quanto realmente sia corrucciata la sua espressione.
Quando immerge il viso contro la sua schiena, in mezzo ai capelli, non riesce a trattenere un sorriso un poco imbarazzato.
«Non parlo ancora la lingua dei mugugni, mi spiace.»
«La domenica volevo riposare, per la puttana, e invece ho dovuto fare un salto a lavoro… cazzo.» Si appoggia con il sedere alla ringhiera della grande terrazza addobbata a festa e si lascia andare ad un sospiro frustrato.
Le si rigira lo stomaco al pensiero di quel bastardo che provava ad avvicinare quella bambina. Era così piccola, innocente e dolce con quei codini neri e gli occhioni azzurri*… non capisce come si possa  anche solo pensare di fare tanto male ad una creaturina del genere. Fortuna che lo abbiamo trovato in tempo…, pensa con un minimo di sollievo, osservando di sottecchi Gohan che gioca col fratellino. Ad occhio e croce hanno la stessa età. Chissà cosa sarebbe successo se avesse avvicinato lui?
«Che lavoro fai?» Domanda prontamente Lunch, giunta vicino a loro per fare amicizia.
Lei vuole bene a Radish, hanno avuto una breve storia che entrambi sapevano non fosse destinata a durare, ed è felice nel vedere quello strano luccichio nei suoi occhi. Luccichio che le è parso aumentare nel momento esatto in cui l’ha vista.
«Un lavoro che le persone normali giudicherebbero, per usare un eufemismo, orribili.»
Si lascia andare ad una risata soffocata, Radish, per poi ricomporsi subito.
«Ha avuto un lieto fine?»
«Ci ha pensato Major, gli avevo promesso che si sarebbe potuto divertire, così ho lasciato loro un po’ di privacy. Certe porcate non le voglio proprio vedere.» Si sente osservata, adesso. Più osservata.
Voltando un poco lo sguardo, nota che tutti la stanno fissando con un certo stupore, convinti dalle sue parole ambigue di aver capito di quale professione si tratti.
«Sono quasi del tutto certa che abbiano frainteso.»
«Smetteranno di farlo quando gli dirai cosa sei e cosa fai.»
Lo fissa con un certo astio e, consapevole di non poter essere vista da quell’angolazione, gli fa capire quanto l’idea non le vada particolarmente a genio semplicemente mostrano i suoi veri occhi, facendolo sorridere. E a lei piace quando le sorride, le piace davvero tanto, motivo per cui molla subito la presa e tenta di calmarsi.
«Come hai fatto a trovare una ragazza così carina, eh Radish?»
Di colpo la bocca di Sherry si riempie di saliva, gli occhi attenti divorano con ingordigia il maialino che le sorride con aria allegra e cordiale, un poco sfacciata.
«Una porchetta parlante?»
Radish le tira un sonoro scappellotto sulla nuca per farla desistere dai suoi propositi, incenerendola con lo sguardo.
«Non pensarci neanche.»
Lo guarda senza capire, incapace di concepire che un maiale possa essere qualcosa di più della portata principale di un pasto.
Fa saettare lo sguardo velocemente da uno all’altro, soffermandosi per un istante pure sugli altri che la guardano senza capire. Certo, tutti i presenti non si aspettavano una dolce principessina al fianco di un uomo come Radish, ma non avevano proprio preso in considerazione una ragazzetta capace di metterli tutti più o meno a disagio in pochi minuti.
«Cosa?! Perché?! Quello viene da Dio in tanti modi, crudo con una spolverata di salvia è fantastico!» Posa di nuovo gli occhi su Oscar**, visibilmente a disagio a causa della strana aria famelica della sconosciuta.
«Ha pure l’aria di uno che si muove poco, deve essere tenerissimo…»
«Ho detto di no. Non puoi toccarlo.»
Si guardano giusto per qualche secondo dritto negli occhi e Radish tira un mentale sospiro di sollievo quando la vede massaggiarsi le tempie e respirare forte, indice che si sta trattenendo con tutta sé stessa.
«’fanculo…»
Sghignazza soddisfatto e le porge un bicchiere d’acqua fresca nella speranza che l’aiuti a darsi una calmata, notando gli occhi di Vegeta che la fissano con insistenza.
MERDA! MERDA! MERDA!
Torna ad osservarla mentre beve a piccoli sorsi, gli occhi che fissano il niente mentre muove appena il corpo. Sa bene che ha sentito qualche canzone in lontananza e che si sta concentrando su quella per evitare domande e occhiate indiscrete, ne è ben felice, ma non riesce proprio ad evitare di ricordarsi dei momenti in cui l’ha vista ballare da sola in cucina.
Succede spesso, la mattina: lei prepara la colazione per entrambi, attacca il suo nuovo telefono alle casse e balla in mutande. Qualsiasi sia il ritmo, lei finisce sempre con il muoversi sinuosamente fino a lui per strusciarsi sulla sua erezione, ben consapevole di quale sarà il risultato.
Alla fine la colazione finisce carbonizzata e loro mangiano qualcosa al volo giù al bar all’angolo.
«Hai finito di spogliarmi con gli occhi?»
«Ringrazia che non ti ho trascinata da qualche parte per spogliarti sul serio.»
Lo colpisce con una certa forza sul pettorale, facendolo ridere. Per quanto sia consapevole che sia da maleducati e vada decisamente contro a tutto quello che le ha insegnato Fern in adolescenza, sta volutamente ignorando gli altri. Sa bene che la stanno osservando, sente il loro chiacchiericcio quasi le stessero parlando direttamente, ma finge indifferenza. Non è pronta ad aprirsi con loro, non vuole farli entrare nella sua vita… renderebbe ciò che c’è tra lei e il Saiyan qualcosa di troppo reale.
«Quasi quasi mangio te!»
È stupido da parte sua e ne è consapevole, ma se ne frega: lo afferra per il collo e lo trae a sé, baciandolo di fronte a tutti. Lo sente rigido sotto al suo tocco, ed aprendo un poco gli occhi si ritrova di fronte la sua espressione corrucciata ad osservarla.
«Non mi piacciono le effusioni in pubblico.»
«Neanche a me e lo sai, ma è bene marcare il territorio.»
La osserva con fare stizzito mentre gli sfila davanti con quell’arroganza insopportabile che la contraddistingue, e cerca con tutto sé stesso di tenere gli occhi alti. Dio solo sa cosa potrebbero dire Muten e Oscar altrimenti, peggio ancora Chichi. Come minimo gli darebbe del depravato e gli lancerebbe un piatto, e a quel punto scatterebbe Sherry.
No, decisamente da evitare. Devo giocarmela bene o alla prima mossa falsa Piccolo e Vegeta le staccano la testa.
Le cammina dietro e l’afferra per un polso, costringendola di nuovo contro la ringhiera. Non pensava che le cose sarebbero andate in questo modo, si aspettava che scherzasse con tutti, che si comportasse come la solita Sherry piena di vita e dalla battuta sempre pronta, invece ha un atteggiamento stranamente schivo e predatorio.
In realtà doveva aspettarselo eccome: un predatore del suo calibro che si è appena affacciato alla convivenza con tanti esseri umani, si ritrova di colpo ad un pranzo con guerrieri ben più pericolosi di lei. Era inevitabile che non fosse sé stessa. Per quanto ci voglia poco, la fiducia di uno Spettro va comunque guadagnata.
Radish avvicina il volto al suo, deciso a farle capire in un modo o in un altro che deve lasciarsi andare. Se ciò significa farla eccitare e doverla trascinare da qualche parte per farglielo capire, beh, per lui non è certo un grande problema.
«Con la moglie di mio fratello, quella di Vegeta, quella di Crilin e la ragazza di Tensing?»
«L’ultima è proprio una tua vecchia fiamma, se non sbaglio. E se non vuoi trovarla appesa ad un palo stile bandiera di sangue e interiora, ti conviene non farmi incazzare.»
Stavolta non sta scherzando, per niente. Ha visto il bagliore rosso nei suoi occhi e i canini affilarsi nella sua bocca, ha sentito sul braccio i suoi artigli. Ha preso Lunch, la dolce, innamoratissima e fedelissima Lunch come una rivale ed è pronta a farle del male da un momento all’altro solo perché sono stati insieme per neanche un mese circa quattro anni prima.
Sebbene questo suo strano e violento lato dovrebbe solo mandarlo in bestia, Radish non riesce a trattenere un sorriso arrogante e soddisfatto, e di slancio l’afferra per i fianchi per farla aderire al suo corpo, e chi se ne frega dell’astio per le effusioni in pubblico. La consapevolezza che lo voglia forse con la stessa intensità con la quale la vuole lui lo manda a terra e, al tempo stesso, gli fa toccare vette mai viste prima.
La cosa forse più strana, però, sta nel fatto che Sherry non sia mai stata così con i suoi precedenti compagni, neanche una volta in sette anni di relazione con River.
«La tua gelosia mi erotizza da morire…»
Le stringe i fianchi quasi fino a farle male, poggiando la fronte contro la sua. Non esiste niente in quel momento, non per lui. Non sente neanche le battute e i richiami degli amici alle proprie spalle.
Ma Sherry qualcosa lo sente: una fragranza come di ananas, una fragranza frizzante che ti entra dentro e ti scuote, che a lei provoca sempre un sorriso interiore.
«Adesso si ride…» Mormora vicino alle labbra del Saiyan, che proprio non capisce cosa voglia dire.
Volta lo sguardo, Sherry, un sorriso divertito ad incresparle le labbra mentre osserva distrattamente la figura di Bree che si attacca alla ringhiera con le mani e in un secondo si accovaccia come una cornacchia al suo fianco, il tutto sotto lo sguardo scocciato di Radish e quello sorpreso dei presenti.

«Ormai per trovarti mi basta seguire la scia più forte di ormoni!» Esclama allegra, lasciando scivolare le gambe in avanti per mettersi seduta. Saluta con un gesto veloce della mano e un sorriso i presenti, concentrandosi subito dopo sulla non-coppia.
«Che ci fai qui?»
«Se tu ci puoi stare, posso starci anche io.»
Bree guarda Sherry e Sherry guarda Bree.
L’Alpha potrebbe benissimo spingerla di sotto con una sonora gomitata nelle gengive, non sarebbe certo la prima volta, ma si rende conto che la sua presenza l’aiuta in qualche modo a mantenere i nervi saldi. In fondo, se deve concentrarsi per contenere la sua esuberanza, non potrà concentrarsi sul resto.
Peccato solo che Bree attacchi immediatamente.
«Mhhh: del bacon con le zampe.»
«Non possiamo toccarlo. Ordine di Kong.»
«E a noi importa cosa dice il bonobo gigante?»
«Occhio Jigsaw, in casa manca ancora il tappeto.»
Adesso Bree guarda Radish e Radish guarda Bree.
Si fissano dritto negli occhi, seri ed alterati finché la bionda scoppia in una fragorosa risata e si lascia scivolare con i piedi per terra.
«Ah-Ah-Ah. Senti che battutone!» Si allontana con passo calmo, i presenti che ancora la fissano interdetti. Per la sorpresa, Bulma è rimasta con la forchetta a pochi centimetri dalla bocca e Vegeta lascia saettare gli occhi dalle due estranee a Radish ogni due o tre secondi, incredulo. Ma che razza di gente frequenti, idiota?!
Bree, che certo non è una creatura impressionabile o che si fa mettere a disagio solo da una decina di sguardi scocciati e sorpresi che la trafiggono, si appoggia alla balaustra a qualche metro di distanza dall’amica e proprio mentre comincia a frugare nella borsa alla ricerca della pipa da hashish, viene raggiunta da un più che interessato Yamcha.
«Non credo di aver capito il tuo nome.» Le sorride cordialmente mentre le porge la mano, convinto che il suo fascino possa in qualche modo colpirla. Beh, tutto sommato non passerebbe inosservato tra alcuni esemplari della loro strana specie, ma con la bionda c’è proprio un problemino di base…
«Bree.»
«Yamcha.»
«So chi sei.» Sta al gioco, lo guarda con aria civettuola, sbatte teatralmente le lunghe ciglia quando lo ritiene più conveniente e sorride con aria timida ma al tempo stesso seducente. L’odore che emana la pelle del guerriero le fa capire quanto bene stia funzionando il suo giochino.
«Sei una fan del baseball?» Domanda pieno di aspettative, mentre nella sua mente partono una sequenza imbarazzante di filmini, uno meno casto dell’altro.
Radish ride sotto ai baffi nel vederlo tanto preso e decide di partecipare alla presa in giro. Non è però chiaro chi dei due voglia realmente prendere in giro, non dopo la sua affermazione: «Sì, Yamcha: le piacciono tutti gli sport dove bisogna rincorrere una palla!»
Ho ammiratrici ovunque. Gongola soddisfatto e le sorride facendo lo splendido, non accorgendosi della moretta che si sta quasi stritolando il mento per evitare di scoppiare a ridere, ben consapevole di come finirà la conversazione.
«Ti andrebbe di andare a bere qualcosa, una volta di queste?» Le domanda speranzoso, sentendo una forte fitta all’inguine di fronte al suo sorriso entusiasta.
«Certo! In fondo abbiamo già una cosa in comune!»
«Il baseball? Se vuoi ti procuro i biglietti per la prossima partita.» È fatta! Santo Cielo, è pure più bella di Bulma!
«Sarebbe carino, ma io mi riferivo alla passione per la figa.»
Sherry a questo punto scoppia a ridere di gusto, le mani davanti al viso ed il busto ripiegato in avanti. Non è stata la sua battuta a farla ridere, poiché smette di farlo dopo la terza volta che la senti, ma per l’espressione di Yamcha e di tutti gli altri.
Radish, sempre al suo fianco, se la ride a propria volta, ignorando volutamente gli sguardi degli amici che gli chiedono silenziosamente spiegazioni.
Queste due giovani non sono come loro, sono ben lontane dal loro stile di vita e questo è oltremodo evidente. Sono strane, sboccate, esuberanti, hanno un atteggiamento bizzarro come se tutto al mondo fosse loro, ed entrambe hanno guardato il povero Oscar come se fosse un tenerissimo arrosto di maiale con tanto di patate al forno.
Vegeta, in particolare modo, le osserva più di quanto non abbia mai fatto con qualsiasi altro Terrestre. Hanno qualcosa che decisamente non gli torna e l’istinto gli dice che quel qualcosa oscilla pericolosamente sul lato “potrebbero essere un problema per la sicurezza di Bulma e di Trunks".
«Sher! Ho un video per te!» Trotta allegra verso l’amica, Bree, un sorriso raggiante sulle labbra e una non indifferente malizia negli occhi.
«Non mi piace la tua faccia.» Borbotta Sherry, pronta al peggio.
«Strano, la gente arriva ad uccidere per la mia faccia!»
«Credevo per il tuo bel culo.»
«Anche.» Le mette il telefono in mano e si allontana di qualche passo, consapevole che potrebbe rigirarlesi contro e che di certo nessuno lì in mezzo proverebbe ad aiutarla.
«Siamo andati allo zoo a posta. Lo abbiamo girato con tantissimo amore!»
Il video si apre sulle natiche granitiche di Micah, magnificamente fasciate da un paio di jeans neri scuri e stretti. Sa benissimo, Sherry, che si tratta di lui perché quello è senza ombra di dubbio il fondoschiena più sexy e più dannatamente perfetto che abbia mai visto. Pure Radish e il bel principe tenebroso “amico" suo non possono competere. Camila una volta disse che poteva vincere una gara per il culo più bello a mani basse e legate dietro la schiena… e per la prima ed unica volta tutti le hanno dato ragione. Le diedero della deficiente subito dopo, quando affermò che il secondo posto era senza ombra di dubbio di River. Sbaglio, in realtà, comprensibile: in pochi facevano caso al silenzioso ed irascibile Maddox, che si era aggiudicato la medaglia d’argento già da tempo.
Lo Spettro sculetta quando viene incoraggiato da Bree, non dice niente quando una natica gli viene pizzicata quasi dolorosamente e poi semplicemente scavalca un’alta recinzione, planando verso il basso.
L’inquadratura lo segue mentre si arrampica in tutta tranquillità sulle rocce dove un piccolo branco di lupi lo osserva con aria guardinga. Non lo attaccano perché hanno fiutato il suo odore selvatico simile a quello di un animale, simile a quello di un pericoloso predatore. Certamente, pure la maschera da gorilla li stranisce non poco!
Sherry sgrana gli occhi a più non posso, il cellulare stretto in mano e una voglia inumana di strozzare l’uno con le budella dell’altro le invade la mente. Peccato solo che le pellicce palomino si vendano male…
Un lieve ringhio le risale per la gola quando vede l’amico avvicinarsi verso la femmina dominante del piccolo branco dello zoo, e la sua rabbia sale ancora di più quando l’animale si alza sulle zampe posteriori e gli scodinzola mentre lui le tiene le zampe anteriori. Come se questo non fosse sufficiente, poi, quel cretino si mette pure a cantare una canzone assai significativa.
«Voulez-vous coucher avec moi, ce soir?
Voulez-vous coucher avec moi?
Yeah, yeah, yeah, yeah—»
La mano si chiude a pugno di scatto, il telefono va in frantumi. A cose normali lo troverebbe assai divertente, riderebbe di gusto ed escogiterebbe subito una controffensiva, ma l’idea che quel video possa fare il giro tra i suoi la preoccupa oltre ogni limite.
«È un uomo morto.»
La bionda scoppia a ridere di gusto, tenendosi sempre a debita distanza. È talmente concentrata sullo sguardo furente dell’amica da non badare minimamente né agli sguardi scocciati dei presenti né, tanto meno, a quello decisamente minaccioso della nuova arrivata.
«BREE!»
Se fosse sotto altre spoglie, avrebbe già nascosto la coda tra le zampe e avrebbe tirato indietro le orecchie, magari guaendo un minimo. L’espressione della sua amata è furente, i fogli che tiene stretti tra le mani sono accartocciati e, Bree ne è sicura, i suoi bei capelli rossi stanno in qualche modo prendendo vita fino ad assomigliare a dei serpenti.
«Che diavolo ci fai qui?»
«Lei può starci.» Punta subito il dito contro l’amica, gli occhi sgranati per la sorpresa. Se li si osservano con più attenzione, vi si può leggere dentro una disperata richiesta di aiuto.
Dovevi essere in pausa pranzo a quest’ora, stacanovista che non sei altro!
«Lei è stata invitata.» Le ringhia contro mentre le si avvicina con passo svelto per afferrarla per un orecchio.
A questo gesto i presenti sono ancora più stupiti: quella donna di forse un metro e sessanta ha afferrato l’altra e l’ha trascinata in basso, all’altezza del bacino, e se la trascina dietro come se fosse una bambina. E quella bambina troppo cresciuta cerca in tutti i modi di liberarsi, piagnucolando che le dispiace e che non lo farà più.
«Millicent, che sta succedendo qui?» Le domanda giustamente Bulma, incapace di credere che quella che è sicuramente la sua dipendente migliore possa tirar fuori un carattere tanto aggressivo e dominante. In genere è così docile, gentile, sempre pronta ad essere d’aiuto in ogni modo! Non ricorda neanche quante volte è corsa in farmacia o al supermercato per aiutarla con Trunks.
«Come ti chiami?!» Le urla contro di rimando Radish, gli occhi sgranati e un sorriso assai divertito ed incredulo che va da un orecchio all’altro.
«Non pensavi davvero che si chiamasse sul serio Mimì, ve’?» Lo riprende prontamente Sherry, mentre i suoi occhi sembrano quasi urlargli “sei un deficiente”.
«Non fare tanto l’arrogante, ragazzina, perché ti spezzo le gambe.»
Ridono entrambi di gusto nel vedere Bree liberarsi dalla presa ferrea della compagna per correre a ripararsi dietro ad un più che interdetto Tensing, che rimane immobile mentre l’eccentrica lupa lo tiene saldamente per le spalle.
Nel farlo è passata davanti ai due, e stavolta Sherry ha fiutato un qualcosa di strano, qualcosa che la insospettisce davvero tanto.
«Si può sapere che sono tutti questi feromoni?» La fissa dritto negli occhi, facendo qualche passo verso di lei per poterla fiutare ancora. Un gesto simile, di certo, non può passare inosservato.
Chichi, dopo essersi piazzata a gambe larghe e braccia incrociate di fronte ai figli, non riesce a fare a meno di fissare truce il cognato, che a sua volta le fa spallucce. Dio solo sa quanto vorrebbe dire a tutti quanti che no, non faranno loro del male, che non sta succedendo effettivamente niente di strano, che quella è la loro natura e che anzi devono ringraziare ogni divinità esistente se non si sono messe a fiutare in giro in cerca di qualcosa di interessante, che non si siano già accovacciate sulla tavola imbastita e che non abbiano già cominciato a lanciarsi contro pezzi di cibo per vedere chi ne prende di più al volo.
Sherry, decisamente incredula, le tira una lieve spinta mentre esclama a pieni polmoni: «Sei incinta?!»
«Il colore dei tuoi occhi è sbagliato: tu sei un Segugio, altroché!» Risponde spingendola di rimando l’altra, sfoggiando subito un sorriso allegro e fiero. Sperava che se ne accorgesse in un secondo momento per via di tutte le grosse novità della sua vita, così da non darle altre cose a cui pensare, ma sapeva in partenza che se ne sarebbe accorta. Col loro fiuto, d’altra parte, è difficile nascondere certe cose.
«Non so cosa dire!»
«Di’ solo che gli farai da madrina.»
«Certo! Di’ che lo terrai lontano da me.»
«Ma certo!»
Si abbracciano forte, felici e complici come sono sempre state. Mimì, che ha momentaneamente abbandonato l’idea di tirarle addosso qualcosa, sorride dolcemente nel guardarle.
Ne hanno parlato a lungo nell’ultimo anno, capendo in breve che sì, volevano una famiglia malgrado il mondo sia più che contrario a questo genere di cose. Il problema, per una coppia come la loro, non stava però in questo fatto, quanto in quello che dovevano decidere chi delle due avrebbe portato avanti la gravidanza, arrivando dopo molte considerazioni a scegliere la bionda: più forte, più energica, un organismo fatto a posta per sopportare anche le gravidanze più difficili e, senza dubbio, con i geni migliori. La scelta del padre è poi venuta da sola.
Radish, per quanto quasi completamente disinteressato alla faccenda, ha capito immediatamente che questo argomento può tenerle un poco occupate e che ha, in qualche modo, rallegrato la cupa non-compagna.
«No, frena un attimo. Come sarebbe a dire incinta? L’hai tradita con un uomo?»
«Ti ringrazio, Radish, qui nessuno conosceva il mio orientamento sessuale.» Borbotta imbarazzata Mimì, una mano a massaggiarsi le tempie. Non che si vergogni di qualcosa, solo che preferisce tenere certe questioni fuori dal posto di lavoro.
«Credimi, si intuisce facilmente.»
«Non è vero.» Borbotta Bulma, che ormai ha una specie di tornado nella testa.
Non capisce come quella dolce e pacata ragazza possa avere una relazione con un’esuberante uragano come Bree, come possa intrattenere rapporti d’amicizia con ragazze tipo la compagna di Radish, non capisce come possa essersi invischiata con persone pericolose. Perché ormai lo ha capito, le è bastato lanciarsi un’occhiata col marito, ormai pronto a menar le mani.
«Allora?!» La richiama Radish, felice nel notare che adesso Sherry pare essere un poco più calma.
«Merito di Micah.»
«Eh?»
«PsychoKen.» Lo informa con un sorriso divertito Sherry, mentre con calma torna al suo fianco. E lì rimane, avvolgendosi un suo grande e forte braccio attorno alle spalle. Sa che si sta impegnando, lo capisce senza particolare sforzo, e sotto sotto le fa piacere. Certo, non le fa piacere per niente stare lì nel mezzo quasi fosse la sua ragazza, ma non vuole farcelo restare male. Non di fronte a tutti, comunque: avrà tempo e modo per fargli capire che questo genere di cose non devono più succedere.
«Sì, il gemello perduto, ho capito. Ma non capisco come!»
«Mi pare talmente ovvio.» Borbotta scocciata la Mezzosangue, guardandolo come se fosse stupido. Questo gesto tanto spontaneo, in qualche modo, le fa guadagnare un piccolissimo punto agli occhi di Vegeta.
«Ci sei andata a letto?»
«Cosa? No. Ci siamo ammucchiati da ragazzini, ma non siamo mai arrivati a fare sesso. L’unico ragazzo con cui l’ho fatto è Mordecai.»
«È buffo, se ci pensi un attimo capisci che ci ha scopate tutte.»
Per quanto consapevole che siano cose successe in passato, che quell’eccentrico uomo-lupo spesso presente nei loro discorsi non la tocca da ormai sette anni, sente improvvisamente di volerlo morto, magari con la testa appesa nel salotto di casa sua.
«Allora mi spieghi come fai ad essere incinta o no?!»
«Per la puttana se sei lento!»
Stavolta Vegeta si lascia andare ad un lievissimo ed impercettibile sorriso, che nessuno nota. Sì, decisamente la stravagante e volgare biondina gli va molto più a genio dell’altra, tanto che forse forse potrebbe evitare di ucciderla.
«Inseminazione artificiale, Einstein.» Afferma con ovvietà, puntando poi un dito contro Sherry e guardandola con aria curiosamente seria: «Tienilo per te, Sher, lo annuncerò al gruppo in un secondo momento. Tipo tra quattro giorni…»
Tutti, ma proprio tutti, sentono un lieve ringhiare provenire dalla giovane che si è scrollata di dosso il braccio di Radish con un gesto così stizzito da far domandare quale sia effettivamente il suo disturbo psicologico, ma il commento di Radish li distrae un poco.
«Penso che comincerò da subito a chiamarti Cicciopotamo.»
Bree ridacchia divertita mentre affonda una mano nella borsa, annuendo distrattamente. Ne estrae in un attimo un piccolo tablet chiaro che subito accende, lasciando vagare un istante dopo gli occhi sui presenti: «Chi vuole vedere un montaggio video stupendo dove Radish è ubriaco da far schifo?»
S’incammina con passo leggero verso Vegeta, piazzandosi al suo fianco senza alcuna paura. Sa bene che l’idea di difenderla non sfiorerebbe neanche da lontano la mente del Saiyan che si sbatte in allegria la sua amica, ma sa altrettanto bene che si ritroverebbe costretto a farlo se vuole ancora godere delle sue dolci attenzioni.
«Non osare.» Le ringhia contro Radish, stringendo i pugni per la rabbia. Non può colpirla, lo sa, e questo lo manda in bestia. Un tempo non si sarebbe fatto scrupoli, probabilmente l’avrebbe ammazzata già da tempo, ma adesso c’è Sherry e lui davvero non vuole rischiare di perderla per una cosa simile. Prima o poi commetterai un passo falso e a quel punto ti gonfierò di botte, incinta o non incinta!
«Ah, oso, oso.»
Prende posto a sedere tra Vegeta e Chichi, lasciandosi andare ad un sorriso dolce quando il piccolo Goten la guarda con quei suoi grandi occhioni scuri e luminosi. Le sono sempre piaciuti i bambini, li trova carini e divertenti.
Quando Chichi si accorge che il suo adorato secondogenito ride allegro mentre stringe nella manina paffuta un lungo e affusolato dito della ragazza, si sente improvvisamente combattuta: una parte di lei le dice di allontanarsi subito, di nascondere il piccolo Goten lontano dalla sua vista, ma un’altra parte le dice che può lasciarla fare, che non ha alcuna intenzione di torcergli neanche un capello. Lo capisce ancora di più quando Bree comincia a fargli le pernacchie per divertirlo, ed allora allenta la presa sul fagottino.
Gohan, alle sue spalle, osserva di sottecchi la scena e lancia una fugace occhiata a Piccolo, trovandolo corrucciato come al solito. Non capisce quindi se può permettersi di abbassare la guardia come invece stanno evidentemente facendo non solo sua madre, ma anche Lunch, Yamcha e Muten. Loro tre sono stati i primi ad accalcarsi per vedere il video, e gli altri semplicemente li hanno raggiunti con movimenti incerti.
Bulma, con Trunks stretto tra le braccia e al riparo dietro le spalle del marito, allunga con curiosità gli occhi quando il video parte, trattenendo a stento una risata nel vedere la moretta, coperta appena dalla biancheria intima rossa, con una bottiglia di birra in bilico sulla punta del naso e Radish, a torso nudo, che ne posiziona una seconda sulla fronte e afferma convinto che non poteva aspettarsi niente di meno da una bestia da circo come lei.
Una volta posizionata la videocamera, Mimì prende posto sul divano, un sorriso sconsolato in volto e gli occhi annebbiati dall’alcol, ed infine Bree salta in mezzo alle due, con quel seno invidiabile appena trattenuto dal reggiseno giallo che sobbalza ad ogni suo movimento.
La stanza è poco illuminata e il tavolo da fumo di fronte a loro è costellato di bicchierini riempiti d’alcol, le bottiglie vuote sono disseminate sul pavimento. Bree annuncia le semplice regole, che consistono nel tenere l’acqua in bocca e guardare i video senza ridere altrimenti dovranno bere uno shot. Inutile dire che, essendo già discretamente brilli, nessuno di loro è in grado di trattenersi come farebbe in altre circostanze.
I brevi e demenziali video iniziano e ogni volta uno di loro scoppia a ridere, sputando
di proposito l’acqua su di un’altra, gli altri scoppiano di rimando in pochi secondi. Pure Radish, che finita la sfida era al sul punto di vomitare anche il fegato, non si risparmia e ride per ogni stronzata, sputando l’acqua su tutto e tutti. Non riesce a trattenersi e per questo risulta divertente da vedere, ma non ci vuole niente per capire che in quel momento, con quelle due scapestrate in biancheria intima che giocano con lui e lo trattano evidentemente con affetto e rispetto, lui è felice come mai lo avevano visto.
Chichi e Gohan, quelli più abituati alla sua presenza assieme a Piccolo, lo guardano con un certo stupore. Non l’hanno mai visto ridere così, non l’hanno mai visto abbracciare qualcuno, non credevano che l’avrebbero mai visto baciare di slancio una donna e risultare incredibilmente dolce. Per Chichi, in realtà, è dolce anche adesso, col viso arrossato per la vergogna e con quella bizzarra ragazza che gli scompiglia i capelli con aria affettuosa e giocosa.
Beh, tutto sommato, potrei anche pensare di farla avvicinare ai miei figli…
Vegeta, che davvero non sa se ridere davanti all’espressione inebetita dall’alcool di Radish o insultarlo pesantemente perché un Saiyan non dovrebbe comportarsi in modo tanto infantile, rimane immobile al suo posto, le braccia muscolose saldamente incrociate al petto. Si lascia andare ad un solo commento, che esce dalle sue labbra con voce bassa ed un po’ roca.
«Questo è al contempo il momento più basso e più alto della mia vita.»
«Fottiti, principino viziato.» Gli ringhia contro Radish, che davvero non avrebbe voluto che lui vedesse. Avrebbe forse accettato gli altri, ci sarebbe potuto passare sopra, ma lui proprio no. È così umiliante…
«Una domanda: perché lui indossava un’uniforme che gli dava un’aria follemente arrapante e tu invece eri vestito come un ballerino di un locale gay?» Domanda di colpo Bree, aumentando a dismisura la rabbia del capellone e scatenando una lieve risata generale.
«No, sul serio, com’è possibile? Frigo ti odiava così tanto?»
«Secondo te era questo il problema con quel coso cornuto? Era così bastardo da fargli firmare un contratto a tempo determinato e non li pagava neppure! Lo senti il dramma?!» Ci mette il carico da cento, Sherry, ormai un poco più calma seppur ancora contraria di stare in mezzo a tutti loro.
Non vorrebbe far arrabbiare Radish, non dopo aver capito che non sono poi tanto capaci di sostenere una vera conversazione quando sono su di giri, ma non saprebbe in quale altro modo interagire se non questo. Tra la sua gente, in fondo, o ci si prende in giro o ci si massacra di botte!
«E fu così che le tre scimmiette divennero comuniste e fondarono il sindacato per i guerrieri della galassia.»
A questo commento tutti, eccetto i due Saiyan, ridono. Ridono sul serio, e per la seconda volta guardano le due ragazze come se fossero persone normali che gli piacerebbe conoscere di più anziché come pazze aggressive che volevano mangiare Oscar.
«Non so se ridere o andarmi a nascondere.» Afferma tra un risolino e l’altro Bulma, notando lo sguardo assai alterato del marito che, lo sa, è poco incline a certi atteggiamenti e/o discorsi.
«E non è niente…» Commenta rammaricata Mimì, togliendo il tablet dalle mani della compagna come farebbe una mamma, sobbalzando quando questa scatta in piedi all’improvviso.
«SHER!»
«Mh?» La guarda con aria finalmente rilassata, rimanendo sempre ben vicina a Radish. Per quanto senta distintamente il suo più che giustificato nervosismo, si sente comunque più calma sapendolo al proprio fianco. In fondo, chi altri potrebbe impedirle di compiere qualche passo falso se non lui? Beh, almeno è quello che lo spera.
«Riesci a sentirlo?» Si punta gli indici contro la pancia, Bree, sorridendole speranzosa.
«Dipende… da quanto sta lì?»
«Una decina di giorni. È stato concepito la mattina che ho spinto Tarzan tra le tue braccia!»
«Sei una testa di cazzo irrecuperabile.» Sospira appena, Sherry, passandosi con fare esasperato una mano sul volto, per poi proseguire: «Comunque è possibile, ma non ne sono certa. Se vuoi faccio un tentativo.»
Bree annuisce convinta mentre si piazza di fronte all’amica, il cuore che batte più forte per l’emozione. Nel momento esatto in cui la vede inginocchiarsi di fronte a lei, le passa per la mente un pensiero folle che mai prima d’ora aveva preso in considerazione: Sarebbe bello se fosse stato papà…
Non che tra loro ci fosse un bel rapporto, anzi non c’era proprio niente, però non c’era nessuno bravo come lui a far nascere i cuccioli nei Territori del Nord. Era meticoloso, paziente, capace di capire dopo appena due settimane sia quanti sarebbero stati i nascituri che il loro sesso. Ma ora non c’è più, Jäger l’ha eliminato quella notte, e Bree non può far altro che eliminare ogni pensiero o ricordo che lo riguardi.
«Ho bisogno che stiate quanto più in silenzio possibile.» Afferma con tono fermo Sherry, lanciano una fugace occhiata ai presenti che la guardano di nuovo con aria stranita.
«Perché?»
Gli occhi d’ambra di Sherry si scontrano per la prima volta con quelli scuri di Crilin, che prova ad avvicinarla un poco incerto. C-18, al suo fianco, la guarda invece con un’accesa curiosità.
«Perché sennò potrei non essere in grado di compiere la mia magia.» Risponde così, con un sorriso tirato in volto, e poi torna a concentrarsi sull’amica. Dio, possibile che non facciamo altro che infrangere le regole? Forse alla Tana avevano ragione, siamo da abbattere!
«Trattieni il respiro, aiuterà a percepire un battito diverso.» Detto questo poggia l’orecchio sul ventre piatto e forte di Bree, chiudendo gli occhi per concentrarsi.
C’è silenzio adesso, gli unici rumori che si sentono sono il cinguettio degli uccellini e quelli più fastidiosi prodotti dalla città, come clacson in lontananza e il transito delle macchine. Ma Sherry riesce ad isolarli, li butta lontano fino a non sentirli più come le è stato insegnato da piccola e il suo udito classifica con attenzione ogni rumore che proviene da Bree.
«Sei tenerissima così, lo sai?» Mormora con un sorriso dolce Bree, guardandola dall’alto, ricevendo un lieve pizzicotto nella coscia.
«Tappati quella fogna.» Sospira piano e finalmente ci riesce, trova ciò che stava cercando. Apre di scatto gli occhi, resi lucidi dall’emozione per aver udito una cosa del genere per la prima volta, e guarda le due amiche con una gioia infinita.
«Congratulazioni mammine: tra qualche mese potrete stringere due belle testoline bionde!»
«Sono due?!» Bree rimane per un attimo come paralizzata, riprendendosi solo quando sente la mano dell’amata sfiorarle un braccio. L’afferra con forza per la vita e la solleva per aria, facendola ridere forte.
«Sono due! Sono due!»
C-18, un poco spazientita dai suoi strani atteggiamenti, si piazza a braccia incrociate davanti a Sherry prima che possa tornare di nuovo al fianco di Radish, fissandola con circospezione dritto negli occhi: «Vuoi farci credere di aver sentito il battito del bambino?»
«Bambini.» La corregge con tono infastidito, sorreggendo il suo sguardo. Sa bene chi è e di cosa sia capace, lo ha visto nei ricordi di Radish. In altre circostanze, in realtà, non le dispiacerebbe interagire con lei in quanto non del tutto umana, ma il suo atteggiamento non le sta piacendo per niente.
Inclina un poco la testa di lato, sforzandosi di sorridere nel modo più cordiale possibile dopo aver notato lo sguardo serio del Saiyan alle spalle della glaciale bionda, per poi riprendere il discorso: «Sì, posso sentirlo. Così come posso sentire che nel palazzo là di fronte, al secondo piano, una mocciosa sta tartassando i genitori perché vuole a tutti i costi un unicorno… o un pony, in alternativa.»
C-18 assottiglia lo sguardo e la fissa con una certa insistenza. Contro ogni logica le crede, sa che non sta sparando scemenze per farsi vedere migliore ai loro occhi, ma non riesce comunque a trattenere il proprio stupore: «Davvero?»
«Anche secondo me è una scelta stupida. Io avrei preteso un coccodrillo. Cioè, vuoi mettere? Fai un figurone per strada e al supermercato salti le file che è un piacere!»
Contro ogni aspettativa generale, C-18 le sorride e si sposta. Le va a genio, tutto sommato: è tosta, non si lascia intimorire da loro come sicuramente farebbero la maggior parte delle persone. Potrebbero diventare amiche, un domani, e questo pensiero non le dispiace.
«Davvero sente tutto questo?» Gohan l’avvicina incuriosito con quel suo adorabile timido sorriso, arrossendo un poco quando il bel viso  sorridente della bionda sbuca da dietro la sua spalla, decisamente troppo vicina per lui.
«È stressante a volte.»
In venti minuti scarsi, Sherry e Bree sono riuscite a portare il proprio caos nelle loro vite. Sono riuscite a mettere loro la pulce nell’orecchio, a scuotere un minimo le loro convinzioni. Perché tutti i presenti sono sin troppo abituati ad avere a che fare con persone fuori dal comune e sono quindi capacissimi di riconoscerne una quando se la trovano davanti. L’unica cosa da fare, adesso, è capire con che genere di persone fuori dal comune hanno a che fare stavolta.
Sherry si lascia abbracciare da una più che emozionata Bree, sorride un poco imbarazzata quando le bacia più volte e con forza la guancia, irrigidendosi poi tutto in un colpo.
Bree si separa di scatto da lei, punta gli occhi ad est mentre un orrendo presentimento la scuote fin nelle viscere.
Alle loro sensibili orecchie, infatti, giungono dei prolungati e lugubri ululati, una specie di coro confuso, che fa drizzare loro i peli sulla nuca.
«Bree-»
«Lo sento.»
Si muovono di un paio di passi e poggiano entrambe le mani sulla ringhiera, gli occhi attenti e preoccupati.
«È un allarme?»
«Non proprio…» Scuote un poco la testa, Sherry, lasciandosi poi andare ad un sospiro. Abbassa per un istante lo sguardo e si domanda cosa possa essere successo di tanto grave da organizzare una cosa simile così all’improvviso, e l’idea che pure River sia coinvolto un poco la preoccupa. Ha sentito chiaramente il suo ululato, non potrebbe mai confonderlo, e sa che è assai strano che si immischi in queste faccende, poiché spaventato dall’idea che suo padre lo punisca come traditore.
Si volta repentinamente verso Radish, guardandolo dritto negli occhi. Lui la guarda a sua volta, allarmato perché ha capito che c’è qualcosa che davvero non va.
«Potrebbero sorgere dei problemi, non aspettarmi stasera.»
«Che vorresti dire?»
Prova ad afferrarla per un polso, sorprendendosi davvero nel vederla reagire con fare sin troppo stizzito.
«Tranquillo, so cavarmela.»
Lo so, Sherry, ma dannazione! Non puoi piantarmi così e pretendere che rimanga tranquillo, che non voglia sapere cosa sta succedendo!
Bree, avendo capito che non si tratta di una sciocchezza o di una semplice invasione di territorio, dà un fugace bacio a Mimì, anch’essa preoccupata dal loro repentino cambio d’umore, e s’incammina con passo svelto dietro a Sherry.
«Non provarci: tu resti qui.»
«Cosa?!»
«Non ti trascinerò in un casino simile.»
Bree le sbarra la strada, lo sguardo furioso e determinato. Non riesce neanche a concepire l’idea di lasciarla andare da sola, non quando ha riconosciuto le voci di molti soggetti poco raccomandabili, e sa che deve riuscire a convincerla a ritirare il comando se non vuole essere buttata fuori dal suo branco.
«Non puoi farcela da sola.»
«Ho più possibilità di uscirne bene se non devo badare anche a te.»
Pare quasi annaspare in cerca d’aria, Bree, mentre apre a scatti la bocca carnosa in cerca di qualche valido argomento con cui controbattere, ma l’Alpha la precede.
«Bree, guardami: sono stata addestrata anche per situazioni del genere, lo sai. Andrà tutto alla grande. Tu resta qui, non farmi seguire e proteggi Mimì.»
L’abbraccia per un istante e poi, dopo una breve rincorsa, salta giù dal terrazzo, riuscendo ad atterrare in mezzo alla strada.
Non ha tempo da perdere, lo sa, una convocazione simile può portare solo gravi problemi e deve intervenire subito, così si affretta a prendere velocità, sparendo in pochi secondi dalla loro visuale.
Sono rimasti tutti sconcertati ed immobili, i loro sguardi oscillano dal punto in cui la ragazza è scomparsa a Bree. C’è qualcosa che non va nel suo sguardo, sembra essere davvero spaventata. Pure Radish, dritto al suo fianco, ha l’aria di chi sta già presagendo il peggio perché consapevole di qualcosa a loro sconosciuto.
Vegeta, stupito dalla velocità con la quale si sposta l’aura di quella Terrestre, sgrana gli occhi quando all’improvviso non la sente più. È sparita, persa nel niente.
Sposta repentinamente gli occhi neri verso Radish, e il suo movimento viene copiato quasi simultaneamente dagli altri.
«Che è successo?» A prendere la parola è Gohan, sorpreso quanto gli altri dal fatto di non riuscire più a sentirla. Guarda con una certa apprensione lo zio, sorprendendosi nel vedere quanto i suoi occhi esprimano effettivamente sconforto e preoccupazione.
«Possiamo aiutarla in qualche modo?» Chichi si avvicina a Bree, cerca i suoi occhi. Pur non conoscendola, le pare difficile credere che qualcosa possa preoccuparla e, pur non conoscendo neanche Sherry, è intenzionata a darle man forte se necessario, così da non far ricadere Radish nella solitudine. I suoi miglioramenti sono così evidenti che non solo dispiacerebbe a lei, ma renderebbe assai infelice anche il suo amato Goku.
«Ti ringrazio per la premura, bella Milf, ma queste sono questioni nostre. Anche se…» Ci pensa su con attenzione, Bree. Li guarda uno per uno, lasciandosi per ultimo Radish.
Non vanno mai d’accordo, loro due.
Radish la considera un qualcosa di fastidioso al pari di una zanzara che di notte ti ronza nelle orecchi e Bree lo considera al pari di una scimmia ammaestrata capace solo a menar le mani e scoparsi la sua amica.
Probabilmente non andranno mai d’accordo, lo sanno e non lo considerano un problema dal momento che, ad entrambi, basta tenersi il proprio posto nella vita dell’Alpha. È proprio questa consapevolezza comune che li porta ad annuire l’uno all’altra.
Sanno cosa va fatto. Sanno che, a questo punto, è necessario scoperchiare il vaso e lasciare che la verità venga a galla.
Non c’è bisogno che se lo dicano, lo sanno e basta, per una volta si trovano d’accordo.
Non sanno come convinceranno Sherry, certo, ma sanno che in due possono trovare un modo.
Un’altra cosa che sanno per certa, è che devono trovare un modo per accontentare anche i presenti ed evitare che vadano a controllare cosa sia successo. La pazienza di Sherry ha un limite troppo sottile, mandarla su tutte le furie a causa di una loro sgradita apparizione, soprattutto in un momento tanto delicato, li escluderebbe entrambi dalla sua vita.
Si voltano entrambi, li guardano con aria sorprendentemente seria, il silenzio pare assordante finché Bree, dopo un sospiro carico di tensione, prende finalmente la parola: «… avete da fare per pranzo, domani?»






*Chi sarà mai quest’adorabile bambina? 😌
**Ho pensato che dal momento che uso il nome Radish anziché Raditz, vada bene pure Oscar. Se vi facesse storcere troppo il naso, non ci metto niente a cambiarlo :)




ANGOLO DELL’AUTRICE
Vi sembra un capitolo lungo? Beh, pensate che non solo ho tolto dei pezzetti, ma ho proprio tagliato una parte! 😅
Se lasciavo tutto intero, uscivano ben 65 pagine… COME FACCIO A SCRIVERE DI MENO?! Qualche consiglio?! ☹️
 
C’è un motivo se Radish ha strani atteggiamenti al limite della psicosi, non è del tutto una sua caratteristica comportamentale. Per quanto attaccabrighe e possessivo come lo può essere un uomo che non ha mai avuto niente dalla vita se non calci nei denti, la sua spropositata ferocia per Sherry scaturisce da tutt’altro fatto. 🤐

Finalmente appaiono anche i nostri eroi, seppur in maniera  più o meno marginale. Sherry di certo non li avrebbe mai avvicinati spontaneamente, pure con Radish la faccenda è stata forzata per lei, ma cederà presto. In fondo, come già detto, la fiducia di uno Spettro si guadagna abbastanza facilmente se non li si tratta male e non ci si impone male nei loro confronti, un po’ come con i cani o i gatti (beh, non so i vostri, ma con i miei è così).
Chichi avrà una parte molto importante ad un certo punto, diciamo che sarà grazie a lei se si scoprirà una verità fondamentale. 😇🐒

Il rapporto tra Radish e Vegeta, almeno basandomi su Dragon Ball R&R, è impostato tipo quello tra Zoro e Sanji in One Piece. C’è rispetto, sicuramente un minimo di affetto, ma si scannano per delle scemenze come due bambini… in pratica la loro è una sottospecie di gara perenne a chi ce l’ha più lungo!


Ci tengo infine a ringraziare di cuore _Cramisi_, Chimera__ e Celeste98 per le splendide recensioni allo scorso capitolo e Teo5Astor per aver lasciato delle recensioni a dei capitoli precedenti… siete stai gentilissimi, davvero! Non so proprio come ringraziarvi! 💞💞💞

Beh, direi di aver scritto decisamente troppo questa volta e che è quindi meglio se me ne vado!
Il prossimo capitolo è già pronto, quindi probabilmente aggiornerà molto presto.
Quindi, popolo di EFP, godetevi la quarantena!

Un bacione
Kiki🤙🏼



PS: In quanti hanno colto la citazione a Ted 2?

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Chimera__ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito i capitoli precedenti… TANTI TANTI BACI! 💖💖💖
 

𝟙𝟙. 𝒩𝑜𝓃 𝓈𝒾 𝓉𝑜𝓇𝓃𝒶 𝒾𝓃𝒹𝒾𝑒𝓉𝓇𝑜 (𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟚)

 


Ha corso ad un galoppo sfrenato nell’erba alta fin quasi a perdere il fiato, il cuore le martellava così forte nelle orecchie da assordarla, mentre un orrendo presentimento le stritolava il cuore in una morsa gelida e dolorosa.
È giunta in tempi da record alla montagna che usano come base per il branco. Già, il branco, quell’ammasso di disadattati come lei che si sono riuniti sotto al suo comando… doveva aspettarsi che una simile novità non sarebbe andata giù agli altri capo branco. E ciò sarebbe successo per il semplice fatto che lei è una femmina. E le femmine non guidano il branco. Possono occuparsi del branco assieme al maschio dominante, al massimo, ma non guidarlo. Solo Roscka l’ha fatto, più di mille anni fa, e nessuno vuole ridare ad una donna tale potere. Troppo aggressive ed impulsive per avere un simile titolo, a quanto sembra.
Maschilisti retrogradi…
Sbuffa infastidita mentre si addentra nella grotta, la stessa in cui si nascose per sfuggire a Radish quasi un mese prima.
Scende in basso, l’odore del sangue le arriva alle narici. Il pelo sulla schiena si drizza d’istinto, le orecchie si appiattiscono contro la testa.
Una convocazione come questa non è una faccenda da prendere alla leggera. Gli Alpha non si riuniscono mai e le rare volte in cui accade è per due motivi: sono stati richiamati dal Re o, dal momento che il Re è morto e con lui anche il successore, deve avvenire un’Ordalia. In casi ancora più rari, la convocazione avviene al fine di detronizzarlo, ma solo gli psicopatici come Jäger osano tanto da quasi seicento anni a questa parte.
Segue il sentiero che conduce al centro di quella specie di alveare sotterraneo, dove normalmente dormirebbero i membri del branco. Ma i suoi ragazzi hanno delle case umane a cui far ritorno, quindi vi bivaccano solo se necessario o per allenarsi alla lotta in spazi ridotti. Talvolta, sennò, per consumare un pasto tutti assieme, ma avviene di rado perché in diversi hanno i cuccioli a cui badare.
Ad una decina di metri dall’arcata che la condurrà al salone principale, illuminata dalla luce delle torce appese alle pareti, nota un paio di occhi castani che scrutano il vuoto. Una ragazza umana, giovane, forse troppo per aver già scoperto i piaceri della carne, se ne sta rannicchiata in un angolo, con le gambe stese a terra, le ginocchia girate verso l'interno a toccarsi tra loro e i piedi spostati verso l'esterno, le braccia intrise di sangue abbandonate lunghi i fianchi, il corpo coperto soltanto da un semplice vestito bianco sporco. Ha un'espressione calma, lo sguardo fisso sul pavimento, l'aria di chi ormai ha perso completamente la speranza. Sembra quasi una bambola tale che è la sua immobilità. Solo il leggero movimento del petto lascia capire che il suo cuore regge ancora.
Un ringhio basso e furioso le risale per la gola. Non hanno cacciato nel suo territorio, se la sono portata dietro come spuntino di riserva, non hanno infranto quindi nessuna delle sue regole e per questo non può imporsi come vorrebbe.
Dovete smetterla di comportarvi come bestie, dannazione! Non capite cosa c’è in gioco?!
Vede dei cuccioli rincorrersi nella grande piazza, le madri e compagne degli Alpha li tengono sotto tiro. Sono nervose, lo si capisce dall’immobilità delle code e dai tendini tesi nelle zampe.
La consapevolezza di essere l’unica femmina Alpha lì in mezzo un poco la innervosisce. Sa bene che, a conti fatti, è da considerarsi solo un vanto, che come lei ce ne sono così poche che si contano letteralmente sulle dita di una mano, ma sa altrettanto bene che è proprio questo a puntarle sulla testa un costante e spiacevole riflettore.
In quella vasta massa di grossi e forti maschi dai velli più o meno scuri, Sherry non riconosce neanche un paio di occhi amici. Li conosce, certo, ma non sono amici suoi. Tutti e trenta gli Alpha presenti li ha combattuti, così come i membri più fidati dei loro piccoli branchi e, spesso, pure le compagne. Se sono ancora vivi, è solo perché non voleva che le voci sul suo conto prendessero troppa veridicità.
In alto, sdraiato pigramente su un’escrescenza rocciosa, River li osserva come un falco. Gli occhi rubino, luminosi e attenti, seguono i loro movimenti, le orecchie tenute ben dritte non si perdono una parola.
Sherry sa bene che l’ha fiutata, che sa che è lì a pochi metri, ma non capisce perché la stia ignorando. Non è la prima volta che si azzuffano, seppur stavolta in modo decisamente più grave, quindi non vede perché evitare con tanta cura il suo sguardo.
Cammina tenendo la guardia alta verso di lui, usando gli artigli a mo’ di grappini per non scivolare sulle rocce, ed in breve lo affianca.
«Che sta succedendo?» Latra sottovoce, seguendo il suo sguardo in mezzo alla folla.
«Non è evidente?»
Non capisce, Sherry. Davvero non capisce cosa possa renderlo tanto freddo nei suoi confronti. È lui che la tradiva, lui che le ha spezzato il cuore a più riprese. Lei è solo andata avanti, ha voltato pagina. Perché essere così glaciali?
Ascolta per qualche istante i discorsi di quei lupi furiosi ed ecco che le viene sbattuta in faccia la conferma di uno dei suoi più grandi timori: la situazione è ormai a livelli davvero critici, Jäger e i suoi fedeli più stretti attaccano indiscriminatamente all’interno del branco e si nutrono dei più deboli quasi per divertimento, ed ormai sono sul punto di invadere i Territori del Sud. Che volesse la disfatta del loro Re era fatto ben noto sin da quando era piccolo, tutti alla Tana lo sapevano, ma al tempo non lo consideravano importante. Ma adesso sta sfoltendo le sue fila, chi non gli è più utile viene usato per fortificare gli altri.
Dobbiamo fermarlo, in qualche modo…

«Eccola, guardate! La bastarda di Mezcal!» Uno degli Alpha più anziani, Kev, punta Sherry con rabbia e ringhia minaccioso nel rendersi conto che la lupa non lo considera.
Ma in quale modo? Non possiamo fermarlo restando così…
«È colpa tua se Jäger ci dà la caccia!» Insorge un altro, mentre i latrati si ammassano l’uno sull’altra fino a creare un insopportabile boato.
Manchiamo di unità, dannazione!
«C’è anche il bastardo di Greywind.»
«Il cocco di papà!»
River abbassa pigramente lo sguardo in cerca di colui che, lo sa, vorrebbe attaccarlo. Nessuno gli ha mai creato davvero problemi, non quando la consapevolezza che uno Spettro del calibro di Greywind li sterminerebbe se gli facessero davvero male. Non c’è neanche da dire che l’invidia nei suoi confronti è cresciuta a dismisura nel giro di pochi anni e questo l’ha portato ad essere odiato praticamente da tutti i maschi e desiderato come compagno dalle femmine.
«Come minimo andrà a riferire tutto a papino non appena volteremo lo sguardo!»
Sbuffa infastidito, River, roteando gli occhi al cielo. Non li considera un problema, per niente, e neanche gli interessa davvero la loro disputa. Se è lì, è solo per assicurarsi che non facciano del male a Sherry.
«Non è Greywind il problema! Pure lui dovrà vedersela con quel pazzoide!»
«Consegniamogli Sherry in cambio di protezione! Vedrà lui come gestirsela!»
I due giovani Alpha, dopo quest’affermazione lanciata con così tanto veleno e odio, fanno scattare finalmente lo sguardo e li fulminano con gli occhi. Si domandano se davvero pensano di poterli dominare e spezzare, se davvero pensano di poter battere Sherry per consegnarla a Jäger senza che tanti, troppi, insorgano violentemente.
Glover, l’Alpha più anziano nelle Terre di Nessuno con i suoi trentasette anni, si avvicina con passo felpato e lento a Sherry. Arriccia il muso per mostrarle le zanne, portando i denti a pochi centimetri dal suo muso. Non ha mai avuto particolari problemi nei suoi confronti, non l’ha mai davvero considerata, ma adesso in troppi sono morti perché lei si trova lì e davvero non può più tollerarlo, non ora che ha di nuovo dei cuccioli.
«Molti ti considerano una leader, Sherry. È così? Pensi di avere le capacità per guidare un vero branco?»
Sostengono l’uno lo sguardo dell’altra, sono pronti ad attaccarsi da un momento all’altro, ma Glover è costretto a fare un paio di passi indietro quando sente i guaiti della compagna. Deve stare attento a come si muove, una zampa in fallo e lei si ritroverebbe a dover combattere contro dei maschi troppo forti e le vite dei suoi piccoli si spezzerebbero.
«Se la fa con gli umani, adesso! Non lo sentite il suo odore? Tsk! Pensi forse che siano superiori ai maschi della tua specie?!»
I vari Spettri ricominciano ad urlare l’uno contro l’altra, insultano i due fastidiosi ragazzi che ancora non si sono espressi malgrado le più o meno silenziose minacce.
La situazione è ad un punto critico, ormai è evidente a tutti, ed è per questo che le femmine recuperano i propri piccoli per nasconderli tra le zampe, facendogli così da scudi.
«E chi dovremmo seguire, eh?! River?!»
«Nessuno di noi seguirà questi due mocciosi arroganti.» Glover è sicuro di sé, lo è sempre stato, e finalmente ha l’occasione di ottenere ciò che ognuno di loro, in fondo in fondo, desidera: «Io posso guidarvi. Io posso liberarvi dall’ombra di Jäger!»
Salta in mezzo agli altri maschi, pronto a fare tutto ciò che è necessario per vincere, trovando dopo neanche cinque secondi il primo avversario a sbarrargli la strada.
«Certo come no! Tu?! Ma non farmi ridere! Io sono più forte di te! Seguiranno me!»
Qualsiasi cosa volesse controbattere Glover viene soffocata sul nascere dalle voci della folla. Tutti hanno un’opinione e tutti la esprimono.
«Un capo deve avere l’appoggio di tutto il branco.» Willem lascia scattare gli occhi sulle figure forti e muscolose dei due giovani sopra la sua testa, fulminandoli «Se non c’è accordo, allora tale diritto va conquistato combattendo!»
Basta un attimo e i primi due contendenti si saltano alla gola. Un altro attimo e tutti i maschi si buttano nella mischia, decisi a vincere nello scontro più arduo della loro vita per aggiudicarsi uno dei titoli più grandi.
Sherry, che da fuori pare granitica e fredda come sempre, dentro è sul punto di crollare. Vorrebbe urlare e piangere, nascondersi sotto le zampe di River per cercare conforto, ma sa bene di non poterlo fare. Può però cercare il suo sguardo, ed è per questo che gli si piazza subito davanti e punta gli occhi nei suoi.
«Dici che possiamo eleggere qualcuno semplicemente votandolo?»
«Tu seguiresti uno dei questi imbecilli?» È annoiato da tutta la questione, tanto da non voler neanche più assistere. Si alza pigramente e si avvia con passo strascicato verso l’uscita, incurante di chi possa essere il vincitore. Tanto non ha alcuna intenzione di seguire qualcuno di loro quindi tanto vale nascondere la coda tra le zampe e tornare a casa nei Territori del Sud.
«Non è questo il punto, Riv, lo sai benissimo.» Scatta velocemente e gli si piazza davanti, le zanne esposte ed un turbinio di emozioni contrastanti che le brillano negli occhi di sangue «L’Ordalia indebolirebbe troppo il branco.»
«Beh, sai cosa? È solo colpa tua. Ti avevo detto di lasciar perdere un’idea del cazzo come quella di unire tutti gli Spettri delle Terre di Nessuno, ma hai voluto fare di testa tua. Ti sorprende davvero che adesso puntino ad avere qualcosa di più grande dopo che una bastarda ha cominciato a prendere il controllo?» Mira quanto più in basso può per indebolirla, sperando così di farla desistere dal buttarsi in un casino ben più grande di lei. Perché questo è ormai il suo unico scopo: non averla come compagna, non avere dei figli da lei, ma proteggerla. Non potrebbe proprio farlo da Jäger e neanche da suo padre. Potrebbe forse far ragionare alcuni dei suoi fratellastri, ma è quasi del tutto certo che mai gli darebbero ascolto.
In fondo uno come lui, un bastardo che ha vissuto come un randagio solo per un personale capriccio, cosa può pretendere da chi invece è sempre stato fedele alle regole?
«Fai lo stronzo perché ti ho spezzato una zampa o è un altro il problema?» Assottiglia lo sguardo e abbassa le orecchie, mentre l’odore del sangue si fa sempre più forte.
Sono rimasti in poco più di venti in mezzo a quel ring improvvisato, molti o sono stati feriti troppo duramente o hanno semplicemente deciso di tirarsene fuori. Restano in cerchio ad osservare, silenziosi e attenti, incuranti delle due piccole star che battibeccano sopra le loro teste.
«Il problema è che hai rinunciato al tuo sangue per scopare con un umano.» Le si rigira contro a sua volta, il pelo candido dritto attorno al collo e un forte risentimento che gli fa brillare gli occhi in modo spettrale.
«Quanto pensi che ci metterà a rendersi conto che non sei una donna normale, eh? Quanto pensi che riuscirà a sopportare il nostro vero io? Pensi davvero che non proverà disgusto nei tuoi confronti dopo averti vista immergere il muso nelle viscere di un umano?»
«Smettila.»
«Quel tipo non è come noi. Non potrà mai amarti per quella che sei. Se lo capirai abbastanza alla svelta, magari ti eviterai una delusione troppo grande e non diventerai lo zimbello della nostra gente.» Le si avvicina fino a trovarsi spalla contro spalla e porta il muso vicino al suo orecchio. «Nel frattempo, vedi di non fare altre stronzate.»
Guardano entrambi in mezzo a quella ribollente e ringhiante massa di pelo. Quattro di loro vengono eliminati prima che Sherry riesca a sbattere due volte le palpebre. Sputati fuori da quel maelstrom di pellicce, barcollano a zig-zag in direzioni differenti, coi fianchi insanguinati. Uno si trascina dietro la zampa ferita. Un altro ancora viene scagliato via dalla lotta e si accascia a terra, il muso poggiato tra le zampe.
«Se non interveniamo, si ammazzeranno!»
«E che si ammazzino. Tra la nostra gente sopravvivono solo i più forti… o te ne sei forse dimenticata?»
«I più forti dovrebbero proteggere gli altri.»
River, consapevole del significato implicito di quella frase, la salta e le si piazza a zampe larghe di fronte, pronto a tutto pur di fermarla. Non può permetterle di lanciarsi nella mischia, non può permetterle di mettersi sulla testa un simile faro. Se dovesse vincere, e lui sa bene che potrebbe farcela se facesse sul serio, diverrebbe da una parte una minaccia troppo grande da ignorare e, dall’altra, una preda troppo ambita.
«Ti ho detto di non fare stronzate.»
Si guardano per un brevissimo istante, quanto basta perché Sherry prenda la sua decisione. Se solo avesse speso qualche istante di più a ragionare anziché lasciarsi guidare dall’istinto…
«Non sono nata per seguire te, River, né chiunque altro!»
Mena un colpo con violenza e lo spinge a terra, saltando un attimo dopo giù dalla propria vantaggiosa posizione. Atterra in mezzo ad altri quindici Spettri, ben più grossi e anziani di lei, e subito comincia a danzare sulle forti zampe e a far schioccare le zanne.
Li afferra e li butta di lato, oltre il muro di Alpha, fuori dal ring e dalla competizione, mentre altri le sono subito addosso. La mordono senza pietà, provano a buttarla a terra e a dominarla, provano a strapparle il vello di dosso, ottenendo come unico risultato la sua più che cieca ferocia.
Glover è l’unico che riesce ad infliggerle un danno rilevante, solcandole il suo muso con gli artigli. Le rimarranno ben tre cicatrici dalla tempia alla guancia, una delle quali passerà vicina all’occhio.
Si fronteggiano, adesso, in quanto unici due ad essere riusciti a restare in piedi.
Non lo vuole morto, Sherry. Sarebbe controproducente sbarazzarsi di un soggetto forte come lui. Deve buttarlo a terra, deve riuscire a metterlo tanto alle strette da terrorizzare gli altri e farli così desistere, ed è per questo che gli si avventa addosso e lo schiaccia con la schiena a terra, le fauci strette attorno alla gola mentre con una zampa gli apre l’addome. Sta attenta durante il processo a non spingere a fondo, giusto quel che basta per farlo smettere di colpirla nella spalla.
Cala un profondo e surreale silenzio non appena l’ululato mezzo soffocato di Glover si leva in aria, simbolo della sua resa.
Alza lentamente il muso sporco di sangue, Sherry, e li fissa uno per uno mentre lentamente gira in circolo di fronte a tutti. Sente gli occhi di River trafiggerla con violenza, ma non ha alcuna intenzione di guardarlo, non ora: deve far capire a tutti loro quanto davvero siano nella merda e che non possono più comportarsi come cuccioli capricciosi se vogliono uscirne.
«Vogliamo vivere nell’ombra spaventosa di un Re privo di senno?! Sapete tutti cosa sta facendo, quali sono le sue intenzioni future.
Il Re del Sud è abbastanza saggio da non scendere al suo livello, da non accettare le sue sfide… ma quanto pensate che reggerà, eh? Quanto ci vorrà prima che il branco insorga? Quanto ci vorrà prima che Jäger faccia qualcosa di davvero grave? Quanto ci vorrà prima che i due regni si scontrino e il nostro popolo sprofondi nell’oscurità?
» Continua a sfilare lentamente, notando quanto nei loro occhi la consapevolezza di essere prossimi alla disfatta stia prendendo finalmente forma, ed è per questo che continua, avviandosi stavolta verso l’escrescenza dove stava all’inizio cosicché anche le femmine e i cuccioli possano vederla.
«Quando succederà, e sapete benissimo che succederà, Jäger avrà prima commesso un’altra atrocità: avrà dato la caccia a tutti quanti noi, ci avrà stanati e sterminati. E saremo stati proprio noi a dargli questa opportunità non rimanendo uniti!»
Sente un flebile mormorio levarsi dai cuccioli, ancora ben nascosti tra le zampe grosse e forti delle madri. Stanno capendo, il terrore nei loro occhi è evidente, e si stanno comunque mostrando più saggi dei loro genitori nell’affermare che “la forza del branco è nel lupo, e la forza del lupo è nel branco”.
Abbassa di nuovo gli occhi su Glover, adesso di nuovo in piedi. Stanno tutti riprendendo le spoglie umane, troppo destabilizzati e doloranti per poter mantenere la muta, e tutti continuano a fissarla. C’è qualcosa di nuovo però nei loro sguardi, qualcosa che un poco la preoccupa.
«Vuoi guidarli? Bene, accomodati, ma non venire a chiedere il mio aiuto quando per paura ti volteranno le spalle e uno dei suoi striscerà nella tua tana.»
Francis, conosciuto da tutti come Frank, fa un paio di passi incerti verso di lei, le mani premute contro il fianco per sentire meno dolore e bloccare alla meglio l’emorragia.
«Tu puoi davvero fermarlo?»
«Sono cresciuta in quel branco. Sono cresciuta nella sua ombra. Sono stata addestrata assieme a lui, ho combattuto assieme a lui. Non posso fermarlo da sola, ma so come respingerlo il tempo necessario per escogitare un modo per sconfiggerlo.»
«Non so se è sufficiente…»
«Io so che voglio combattere per debellare questo rischio e, anche se non so quando, cambiare il nostro mondo.» I suoi occhi si spostano con dolore su quei cuccioli che, curiosamente, hanno trovato il coraggio di uscire dai loro nascondigli per avvicinarla. La guardano con rispetto, quasi con adorazione, le piccole code arruffate si muovono velocemente.
«Loro non meritano di crescere come noi.»
C’è silenzio, adesso. Un assordante silenzio che grava sui loro  cuori. Sanno cosa va fatto, soprattutto grazie all’esito dell’Ordalia, ma non sono sicuri di potersi davvero fidare di lei. Certo, non tutti ne sono convinti, ma una donna sì.
«Che stai facendo, Viper?» La richiama a gran voce il compagno nel vederla avanzare con passo sicuro fin sotto Sherry, le mani strette a pugno e lo sguardo carico di determinazione.
«I tuoi figli sono stati massacrati sei anni fa dai Segugi di Jäger, Glover, e non hai fatto niente. Kev, Il suo Beta ha disseminato le pellicce dei tuoi uomini dopo averli scuoiati vivi, e non hai fatto niente. Conosco le pene che tutti voi avete subito e so che nessuno, eccetto questa giovane donna, ha fatto qualcosa per cambiare la situazione.»
Per quanto le sue parole possano far male, tutti loro sentono come un’esplosione dentro nel vederla recidersi il palmo per offrire il proprio sangue a Sherry, simbolo di sottomissione massima che si compie solo in un determinato frangente e che loro, di certo, non pensavano avrebbero mai compiuto.
Sherry, pietrificata e con gli occhi carichi di terrore, fissa la donna senza emettere un fiato. Aveva sì capito di essere lei la nuova femmina dominante, di essere l’Alpha degli Alpha, che avrebbero cessato le ostilità in quanto vincitrice di quell’Ordalia improvvisata, ma non aveva mai e poi mai preso in considerazione l’idea che potesse succedere una cosa tanto grande e grave.
Dietro di lei, River sospira sconsolato. Lui l’idea l’aveva presa in considerazione eccome, ne era praticamente certo, e ora non può far altro che cercare una soluzione congeniale a tutti per tenerla al sicuro. Solo Roman sarebbe capace di proteggerla, ma dubito che abbia intenzione di schierarsi. Ama troppo Angelina per immischiarsi nelle nostre faccende.
«Vi-!»
Viper blocca subito il richiamo del marito, voltandosi fulminea verso di loro e incenerendoli con i suoi occhi perlacei da Cacciatrice: se vogliono fermarla, dovranno ucciderla.
«Se la vita dei miei figli dipende da questa scelta, e sia! Le offrirò il mio sangue altre cento volte se sarà necessario… e voi dovreste fare lo stesso.»
Volta un poco lo sguardo, Sherry, mentre la paura le congela le membra. Cerca gli occhi dell’amico, cerca il suo supporto, ma l’unica cosa che vede è la sua zampa aperta e il sangue che ne fuoriesce.
«River…»
Ashton, affiancato dai propri tre piccoli e dalla compagna, sospira con forza e si porta a pochi passi da Sherry. La guarda con rispetto e piega un poco il capo dopo qualche secondo di incertezza.
«Viper è stata dura, tuttavia sincera. Non ho impegnato i miei Spettri nella tua causa, per non perdere altri figli e amici inutilmente… ma ho sbagliato.»
Si volta verso tutti i presenti ed alza la mano in alto, aprendosi il palmo con gli artigli: «Questa donna ci permetterà di vendicare i nostri cari! Non possiamo voltarle le spalle!»
Glover, che si regge in piedi grazie al sostegno dei suoi lupi, si trascina traballando e ansimando in mezzo alla cerchia, tenendo la testa bassa.
«Un uomo può solo ammettere i propri sbagli… e chiedere perdono.» alza gli occhi verso l’unica donna che sia mai riuscita a sconfiggerlo, su colei che ora può davvero riconoscere come capo. Perché mostrare una tale forza, una tale determinazione, un tale ardore, per loro è un segno così chiaro e brillante che davvero non possono ignorarlo, neanche se si tratta di una donna.
Sherry, con il cuore che le batte così forte nel petto da farle male, annuisce debolmente e socchiude appena gli occhi. Hanno deciso, hanno scelto lei. Se si rifiutasse l’Ordalia ricomincerebbe e stavolta non potrebbe impedire la morte di almeno tre quarti dei presenti.
«Non c’è nulla da perdonare.»
Glover si volta verso i compagni, una nuova determinazione sia nello sguardo che nella voce, una determinazione così forte che li contagia immediatamente: «Ci saranno altre battaglie! Il nuovo branco delle Terre di Nessuno combatterà al richiamo di questa donna e la seguirà per i prossimi mille anni!» Si volta di nuovo, si sforza di stare in piedi da solo e si squarcia il palmo della mano con gli artigli.
Il suo gesto viene imitato dagli altri, compresi i cuccioli. Seppur in modo approssimativo sanno cosa significa, sanno quali obblighi avranno dopo un simile giuramento e ne sono orgogliosi.
Perché offrire il sangue ad uno Spettro Alpha Purosangue ha un solo ed unico significato: tutti loro hanno donato la propria vita ad una donna del Nord in quanto loro nuova Sovrana.

«Sherry la Conquistatrice: REGINA DELLE TERRE DI NESSUNO!!!»



La Luna brilla alta nel cielo, qualche nuvolone carico di pioggia  imbratta la grande volta stellata e l’aria è sorprendentemente fredda, tanto che Radish si è ritrovato costretto ad indossare la sua giacca di pelle prima di uscire per evitare di tremare come una ragazzina.
È stato tutto il giorno con il cuore oppresso da un forte senso di angoscia, la sua mente non faceva altro che domandarsi cosa fosse successo e se lei stesse bene. Bree gli stava curiosamente vicina, quasi fosse convinta che così la situazione si sarebbe in qualche modo alleggerita. Pure Chichi ha provato a stargli vicina, per quanto un figlio di poche settimane glielo potesse permettere, mentre tutti gli altri lo guardavano con aria torva ed interrogativa, inconsapevoli del fatto che ancora non poteva dire loro neanche una parola.
Se ne è tornato a casa relativamente presto ed in breve si è sentito come invadere da una strana sensazione simile al panico che lo ha un poco destabilizzato. Si è dovuto sforzare per calmarsi e tornare lucido, e c’è riuscito soprattutto quando ha sentito l’aura di Sherry tornare a splendere.
Si è fatto qualcosa da mangiare e l’ha aspettata per ore, sperando di sentire il tonfo dei suoi piedi sul pavimento della camera da letto come sempre.
Le porte sono da sfigati, Donkey! Vuoi mettere entrare dalle finestre? Non c’è paragone!” Ha sorriso nel ripensare a quelle parole e al fatto che il suo mazzo di chiavi sta sempre nella ciotola a prendere polvere. Già, perché lei ha le chiavi. Se le è procurate non sa neanche come per poter riarredare l’appartamento, visto che non le sembrava carino scassinare la porta e non trovava molto pratico far entrare i mobili dalla finestra.
Si è però rabbuiato nel ricordare quanto si sia giustificata quando le chiese semplicemente come se le fosse procurate. Non voleva certo metterla sotto torchio o cose del genere, a lui non fregava niente che le avesse, voleva solo sapere come avesse fatto dal momento che lui, le chiavi, le ha sempre con sé.
Ha provato ad andare a dormire che era quasi mezzanotte, ma l’idea che lei fosse ancora là fuori con un tale freddo era quasi inconcepibile: il suo posto è al suo fianco, nel suo letto, stretta nella sua presa d'acciaio.
Così è volato fuori e adesso segue la sua aura, l’idea che le sia successo qualcosa di orrendo non lo molla un secondo, complice anche il fatto che quella sensazione come di angoscia e timore radicata da qualche parte dentro di lui non lo abbandona un attimo.
Arriva velocemente ad un vecchio sfasciacarrozze abbandonato ad una ventina di chilometri ad est dalla città e di colpo eccola lì, seduta su un vecchio SUV completamente nuda ad affilare la lama di un coltello con movimenti meccanici e distratti. Sa che l’ha fiutato, l’ha capito dal fatto che si sia bloccata per un istante e che abbia quasi impercettibilmente mosso la testa.
Si sente improvvisamente felice, Radish, perché l’idea che avesse di nuovo provato ad uscire dalla sua vita stava diventando pericolosamente palpabile.
Sorride come un ragazzino mentre atterra a pochi metri di distanza e l’avvicina con passo calmo, tranquillizzato dal fatto che non abbia provato in alcun modo ad allontanarlo come, un po’, si aspettava.
«Per un attimo ho pensato che fossi scappata di nuovo!» Afferma con tono allegro e scherzoso. L'allegria è però destinata a morire nell’istante esatto in cui vede la sua pelle chiara macchiata di sangue in più punti.
«Che è successo?»
«Niente di bello.»
Le si piazza davanti e passa delicatamente la punta delle dita sulle nuove e sottili cicatrici che svettano sulla spalla destra. Non sono niente rispetto a quelle più spesse e vecchie, indice che la tossina che l’ha danneggiata non era sufficientemente forte, ma lo infastidiscono lo stesso.
«Lo vedo…»
Quando poi riesce a vedere il suo volto e si accorge delle sottilissime strisce più chiare vicino all’occhio, sente un’ondata di rabbia distruttiva invadergli completamente la mente.
«Chi è stato?» Ringhia a denti stretti, pronto ad andare a cercare il colpevole. Se per caso fosse già morto, si vendicherebbe comunque sulla sua famiglia, sui suoi conoscenti e, magari, anche per chi quella mattina lo ha incrociato per sbaglio in strada. Così, tanto per star sicuri e togliersi lo sfizio.
Si calma un poco però quando lei gli prende la mano che le sfiora il viso e la stringe un poco. Quando poi gli sorride, con aria colpevole ma dolce, sente quella rabbia assopirsi velocemente fino a dissolversi e lasciare spazio solo al desiderio di stringerla ancora a sé.
È una guerriera impulsiva e testa di cazzo. Non posso impedire che si faccia del male.
«Non importa, davvero. Sta ridotto molto peggio.»
Prende posto al suo fianco sul grande, ammaccato e arrugginito cofano del SUV, e poggia le mani all’indietro per sostenersi, deciso a farsi raccontare cos’è successo e, lo spera, a farla sfogare un po’.
«Credevo che tu stessi sopra a tutti in quanto a forza fisica…»
«Quando ti ritrovi da sola contro una quindicina di maschi Alpha Purosangue, qualcosa ci lasci per forza. Ma sì: la più forte sono io… ed oggi l’ho stupidamente dimostrato…»
«Perché stupidamente? Era forse meglio prenderne in silenzio?»
«Forse sì.» Sospira forte, butta la pietra lontano, sfondando un parabrezza polveroso e sporco, e abbandona stancamente la testa in avanti. Si sente incredibilmente pesante in quel momento, pure respirare le risulta faticoso, ma la vicinanza del Saiyan, in qualche modo, le fa trovare la forza di non crollare in mille pezzi.
«Mi hanno eletta loro Regina.»
«Cosa? Ma è grandioso!» Le avvolge le spalle con un braccio e se la tira addosso, sorridendo contro la pelle nuda della sua spalla. Non lo credeva possibile, ma si sente incredibilmente fiero, orgoglioso e felice.
«No. No, non lo è. Per niente.» Lascia scivolare le gambe su quelle di Radish e si appresta a prendergli la coda tra le mani, toccandola delicatamente quasi si trattasse di un tenero e fragile gattino. «Tralasciando il fatto che è solo una carica fittizia, un modo di definirmi che riempie la bocca e basta, è anche un faro incredibile puntato sulla mia cazzo di testa.»
«Ma quale carica fittizia! Non fare la modesta con me.»
«Si prende il potere solo uccidendo un altro Sovrano o venendo scelti come successori dallo stesso. Solo in quei casi gli occhi cambiano colore e saliamo al potere. Questo è semplicemente un loro modo di definirmi che mi conferisce un discreto potere decisionale, che aumenta a dismisura le mie responsabilità e che mi costringerà pericolosamente sotto ai riflettori.»
Sorride Sherry mentre sente le mani di Radish sfiorarle i fianchi e i suoi denti stuzzicarle la pelle del collo e lo colpisce giocosamente quando, per dispetto, le stringe tra indice e pollice un capezzolo.
Sono come due ragazzini insieme, hanno difficoltà concrete a non mettersi le mani addosso a vicenda. Solo incrociando gli sguardi entrambi sentono il forte desiderio di stringersi ancora e ancora.
Per quanto entrambi si rendano conto che non sia una cosa né sana né normale, non hanno comunque voglia di fermarsi. La stabilità, pensano, viene sempre col tempo.
«Il vostro status è legato al colore degli occhi?»
«Più o meno… giallo dorato per Segugi, grigio perlaceo per i Cacciatori, arancione acceso per i Beta, rosso per gli Alpha e per i Sovrani ametista.» Si siede sul suo bacino e lo spinge all’indietro, sfoggiando i suoi veri occhi da predatore mentre lo avvicina «Come puoi notare, i miei sono ancora rossi.»
«Non capisco se ti fa incazzare il fatto che i tuoi occhi siano sempre gli stessi, o perché ti hanno alzata di rango.» Le carezza i fianchi, scende lentamente fino ai glutei e stringe con forza. La vuole, ora, subito, disperatamente, soprattutto se pensa a quanto è stato in pena durante la giornata. Però si impone di trattenersi dal momento che, ne è quasi sicuro, si sta in qualche modo aprendo con lui.
Devo continuare così, magari riesco a scoprire tutte quelle cose che si ostina a tenermi nascoste.
«Io avrei ucciso per non essere più un guerriero di infimo livello, lo sai. In realtà ucciderei anche ora per togliermi questa consapevolezza di dosso.»
«Ma io non ho mai voluto questo. Sono nata con una forte predisposizione al comando, questo è innegabile, ma non ho mai desiderato governare come monarca. Volevo una fottuta democrazia, io!» Lo guarda dall’alto e gli carezza il petto, sfiorando appena la cicatrice, la bocca arricciata di lato. Per quanto abbia frugato nel suo passato, proprio non riesce a spiegarsi come sia tornato indietro dal mondo dei morti e quell’enorme cicatrice sul petto non fa altro che aumentare la sua curiosità.
«Non puoi imporlo?» Si porta di nuovo a sedere e la stringe a sé, tenendola ferma. Non lo dirà mai ad alta voce, ma adora stare in questa posizione tanto intima e tenera.
Si gode le sue carezze delicate sul petto e sulle spalle, osserva con attenzione la sua espressione concentrata e attenta, fissa le labbra carnose quando se le inumidisce con la punta della lingua. Non credeva di poter avere tanto nella vita, di poter avere al proprio fianco una donna come lei, una guerriera che tiene così tanto alla sua gente da immergersi nella merda fino al collo, decisa e caparbia. Una parte di lui era convinta che sarebbe rimasto solo, l’altra che avrebbe trovato al massimo una donnetta con poco carattere capace di sopportarlo. Anche in quel caso, comunque, pensava che sarebbe finita in tempi non troppo lunghi.
«Non lo accetterebbero. Per natura gli Spettri hanno bisogno di un capo, qualcuno di forte che li guidi e li comandi… e chi sta in cima ha bisogno del branco. È questo che ci tiene uniti, è questo che ci impedisce di fare cazzate irreparabili. Se io mollassi, avverrebbe subito una nuova Ordalia per trovare un nuovo leader, come oggi. Dovrei parteciparvi ancora una volta per evitare un massacro in piena regola che indebolirebbe le nostre forze in modo sin troppo drastico… e mi troverei ancora a questo punto.»
Si guardano in silenzio per qualche secondo, e alla fine Radish scoppia a riderle in faccia senza riuscire a trattenersi come sa che sarebbe meglio fare.
«Che palle la tua gente!»
«Cazzo, puoi dirlo forte!»
Poggia la fronte contro la sua, Sherry, e ride di gusto. Dio, è così vero! La sua gente ha dei complessi incredibili, si potrebbero scrivere libri su libri studiandoli e comunque non si riuscirebbe mai a capirli!
Una volta calmatasi, prende distrattamente una ciocca dei suoi lunghissimi capelli neri e comincia ad intrecciarla con dita veloci ed abili, come fanno gli Spettri alla Tana. Tenendo il più delle volte i capelli molto lunghi anche per usarli tra loro quando dormono per scaldarsi un minimo, si ritrovano spesso e volentieri ad intrecciarseli a vicenda, spesso aggiungendo dei ninnoli sulle estremità come piccole ossa o lunghe piume. In genere ciò avviene nelle notti più importanti dove Papà Spettro va a far loro visita, ma non mancano le occasioni in cui siano gli innamorati a farsele o i cuccioli in segno di affetto.
«Cosa dovrai fare, adesso?»
«Un Re, o in questo caso una Regina, teoricamente deve tenere sotto controllo lo stress nel branco, deve assicurarsi che non vi siano gravi pericoli e che le nostre leggi vengano rispettate. Essendo però noi stessi i primi ad infrangerle, penso che dovrò mettermi sotto a pensare a qualcosa di diverso che ci calzi come un guanto.»
È pensierosa e Radish lo sa. Sa anche che è spaventata, che l’idea di mandare tutto a monte le spezza il cuore, e sa anche che la sua presenza potrebbe in qualche modo ostacolarla. Deve trovare il modo di non farglielo pensare neanche per un istante, di farle capire che può funzionare malgrado siano di razze tanto diverse. Non ha alcuna intenzione di rinunciare a tutto quello che ha ottenuto, non ci pensa neanche.
Le afferra con una certa delicatezza il mento tra indice e pollice, costringendola a guardarlo negli occhi per provare a calmarla. In genere, infatti, il contatto visivo pare funzionare.
«Stai creando quello che sognavi.»
«Questo è molto di più… e mi fa paura.» Distoglie repentinamente lo sguardo e volta un poco la testa di lato, puntando con insistenza a Nord.
Questo gesto per Radish è più che sufficiente per capire che no, non parlerà più, non vuole più affrontare l’argomento. In fondo può capirlo: in un niente si è ritrovata da reietta braccata da un pazzo, a Regina di altrettanti reietti, al centro di un sacco di attenzioni assai indesiderate e sempre braccata da un pazzo… e con un Saiyan sempre arrapato quanto lei nel letto ogni notte.
«Se mai vorrai parlarne, potresti stupirti nello scoprire quanto bene so ascoltare.» Afferma con voce seria, un sorriso rassicurante e dolce ad increspargli le labbra. Se solo lo vedessero adesso, se lo vedessero in questi atteggiamenti tanto intimi e smielati… no, non vuole neanche pensarci!
«Se sei nei guai, io sono bravo a risolverli. Se succede qualcosa che non riesci a gestire, ho muscoli in abbondanza per entrambi. Senza fare domande. Okay?»
Il cuore comincia a battergli con violenza nel petto quando gli prende il viso tra le mani e lo bacia con dolcezza. Lo abbraccia forte, lo tiene a sé quasi avesse paura di perderlo da un momento all’altro, e di slancio la stringe a sua volta. È così felice da pensare di non esserlo mai stato prima, tanto da fargli paura.
Scioglie l’abbraccio, Sherry, e salta giù dal SUV con agilità, per poi voltarsi di nuovo verso il Saiyan che sbuffa infastidito. Gli sorride con aria furbetta e con un gesto del capo lo invita a seguirla.
«Andiamo first lady, è tardi.»
«Come mi hai chiamato?!»
«Non volevi sopraelevarti
Ridono ancora, giocano alla lotta come due bambini, si spintonano senza farsi male e finiscono con lo stringersi l’uno all’altra. Per quanto li riguarda, il tempo potrebbe anche fermarsi adesso, entrare come in un loop infinito, condannandoli con piacere a questa surreale allegria e pace.
Le avvolge le braccia attorno alla vita, pronto a riportarla a casa sua, pronto a farla rientrare nel suo letto e lì giacere ancora e ancora con lei. Il discorso che le deve fare per il pranzo con gli altri dovrà attendere ancora qualche ora.
«No, aspetta. Stanotte voglio dormire qui.» Scioglie malvolentieri l’abbraccio, tornando con passo calmo ed un poco strascicato dove stavano prima. È incerta, terribilmente incerta, perché quello che sta per fare è qualcosa di davvero grosso tra quelli come lei, qualcosa che implicitamente serve a dichiarare un qualcosa che lei nega ostinatamente di provare.
«In una vecchio SUV arrugginito e scassato anziché in un letto comodo e caldo?»
Sherry sfoggia uno dei suoi sorrisetti sghembi e, senza rispondere, si appresta a spingere di lato un grosso e scassato camioncino pieno di ammaccature e ruggine che giace inerme di fianco alla macchina. Sotto di esso, una grossa lastra di metallo si mimetizza perfettamente col suolo grazie a delle accuratissime mani di vernice e, una volta fatta scivolare sotto ad altre auto, agli occhi di Radish appare finalmente un grosso buco che porta in basso.
È scavato con precisione estrema, quasi maniacale, e le pareti sono state come rinforzate con grosse travi. Da quel che riesce a scorgere grazie alla luce brillante della Luna, capisce che alcune sono state cambiate di recente.
«Questa è…»
«Una delle mie tane.»
Non sa cosa dire. Anche se si impegnasse con tutto sé stesso, non troverebbe assolutamente un modo per farle capire come si sente a riguardo.
Sa benissimo che gli Spettri non mostrano facilmente le proprie tane, i propri luoghi sicuri e protetti, che di rado concedono a quelli della loro stessa specie di soggiornarvi, e sa anche che quando ciò avviene significa che stanno donando una piccola ma significativa parte del loro mondo, invitando implicitamente il fortunato ad entrarvi in modo permanente. Glielo disse Mimì, aggiungendo che la prima volta che Bree lo fece con lei scoppiò in lacrime e non riuscì più a fermarsi per ore, perché quella era senza ombra di dubbio la più grande e potente dichiarazione che potesse farle.
Si riprende dai propri pensieri quando Sherry lo spinge un poco per entrare e così si lascia cadere giù in quel buio accecante, atterrando in piedi a circa venticinque metri di profondità. Davanti a sé, un lungo ed ampio tunnel si dirama nell’oscurità più assoluta.
Facendo un rapido calcolo, capisce che era su quattro zampe quando l’ha creato, dal momento che le dimensioni del tunnel sono pressoché uguali a quelle del lupo.
L’aspetta con impazienza mentre con agilità tiene i piedi sulle travi nelle pareti per poter trascinare di nuovo il camioncino sul buco, nascondendo di nuovo l’ingresso. Non ha certo voglia di veder strisciare fino al suo giaciglio qualche idiota convinto di potersi proporre come compagno nel cuore della notte. Radish potrebbe reagire in modo un tantino violento, e questo non aiuterebbe la loro delicata situazione.
«Lo sai che potevo farlo io senza sforzo, vero?» Vede i suoi occhi brillare malgrado l’assenza di luce ed un poco invidia la sua capacità di vedere anche al buio.
«Anche se, devo ammetterlo, non mi è dispiaciuta la vista…» Allunga una mano per palparle lascivamente la natica, non sorprendendosi affatto nel sentirla rigirarsi fulminea per spingerlo contro la parete.
«Ricordati che stai parlando con una Regina, Koba: vedi di portare un po’ di rispetto.»
«È irrispettoso dire che voglio fotterti a sangue?» Geme contro la sua bocca quando lo bacia con passione e gli tira un poco i capelli come a voler imprimere la sua supremazia. In tutta risposta, le arpiona i glutei, stringendoli ed impastandoli senza alcuna pietà.
La vuole subito, contro la parete, per terra tra la polvere e la terra. Vuole il suo corpo, vuole sentirlo premuto contro il suo, vuole sentirlo da dentro mentre si contrae, vuole sentire le sue urla. Ma Sherry si sottrae velocemente, sguscia di lato e si lascia andare ad una risatina strafottente che non fa altro che aizzarlo ancora di più.
Non la vede però, non sa come afferrarla. Tenendo una mano appoggiata alla parete si addentra ancora di più per quel lungo e tetro cunicolo, deciso ad ottenere da lei tutto ciò che vuole. Sente di volerla uccidere nel momento esatto in cui, per divertimento, lo acceca puntandogli contro una torcia abbagliante, accecandolo per qualche istante.
La manda immediatamente a fare in culo e la colpisce con forza con la coda, facendola scoppiare di nuovo a ridere mentre si lascia cadere su quel grande, comodo e soffice giaciglio composto da innumerevoli pellicce.
Pellicce di orsi, lupi, volpi, alci, conigli e altri Spettri: ogni creatura che abbia cacciato lì nei paraggi è stata scuoiata dopo essere stata abbattuta e prima di essere divorata, ed è stata poi lavorata e trascinata lì dentro per tenerla al caldo.
La torcia è stata lanciata distrattamente di lato, cosicché Radish abbia modo di vedere dove andare ed anche di vedere la ragazza lascivamente sdraiata di fronte a sé.
Si toglie i vestiti fino a rimanere completamente nudo e si lascia scivolare su tutte quelle morbide e calde pellicce assieme a lei, sogghignando soddisfatto quando, in pochi secondi, se la ritrova sdraiata addosso per riprendere da dove si erano interrotti poco prima.
«Toglimi una curiosità: tra la tua gente stai sempre nuda?» Non sa perché continui a farle domande stupide in quei frangenti e, soprattutto, proprio quando sta maneggiando parti del suo corpo tanto delicate e preziose, ma proprio non riesce a trattenersi. Forse ha ragione quando dice che sono un idiota…
«Sai bene come funziona la muta.» Risponde con ovvietà passandogli la lingua sul labbro superiore, scendendo poi sul torace dove semina una lunga e rovente scia di baci, dirigendosi con una lentezza straziante verso l’inguine. Sorride contro la sua pelle calda al ricordo della prima volta che gli ha praticato del sesso orale: tremava visibilmente alla sola idea che potesse scattarle un qualche strano istinto omicida proprio mentre glielo teneva in bocca!
«Mh… magari riesco a convincere Bulma a crearti qualcosa che non si riduca a brandelli ogni volta. Non mi piace l’idea che possano vedere la mia roba.» Geme oscenamente quando sente la sua lingua calda lambirlo lentamente e di slancio prova a spingerle in basso la testa, irritandosi quando la vede ritrarsi con forza.
«La tua roba?» Sbuffa in risposta mentre si siede sul suo bacino per poterlo guardare negli occhi dal momento che ormai è riuscito a rovinare almeno in parte l’atmosfera. Le difficoltà nel tenerlo buono sopraggiungono immediatamente però, perché il Saiyan non pare assolutamente dell’idea di fermarsi, infatti ribalta immediatamente la situazione per poterla sovrastare e toccare come più lo aggrada.
«Ahhh, puoi giurarci.» Abbassa la testa sui seni e, quasi per ripicca, le morde con forza un capezzolo, ghignando soddisfatto e malizioso nel sentirla gemere sommessamente.
«Sei un povero idiota…»
Smette per un istante di vezzeggiarle i seni, sfidandola con gli occhi. Si lascia poi andare ad un sorriso arrogante e strafottente mentre le blocca le braccia sopra la testa usando una sola mano.
«Dimmi chi è più idiota: io che non voglio che altri uomini ti vedano nuda, o tu che vai a letto con l’idiota che non vuole che altri uomini ti vedano nuda?»
Scoppia a ridere di gusto, Sherry, e per l’ennesima volta pensa che no, non sia affatto un errore quello che stanno facendo, che non può essere sbagliato se la fa sentire tanto bene e in pace, che non permetterà a nessuno di ostacolarla e che non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare. Certo, non vuole ammettere che ci sia qualcosa tra loro eccetto un’intesa sessuale invidiabile, non vuole affrontare la questione né con lui né con la sua gente - questi, infatti, è bene che ancora non ne sentano parlare esplicitamente -, ma in ogni caso non vuole rinunciarvi.
Tanto, prima o dopo, sarà lui ad andarsene…
Gli allaccia le gambe attorno alla vita e risponde con energia al suo bacio, sorridendo contro le sue labbra voraci: «Cazzo, sei davvero un idiota!»



All’inizio il dolore era insopportabile, a malapena riuscivo a continuare a respirare, ma adesso… adesso non sento più un cazzo. E questo è un problema. Un problema fottuto!
Vegeta e Nappa avranno sentito tutto… sapranno che mi sono fatto sconfiggere da quel ritardato di mio fratello minore e dal Namecciano. CAZZO!
Già li immagino, quasi li sento, mentre mi prendono per il culo, mentre sghignazzano insultandomi perché sono nato dal lato sbagliato, perché non ho mai avuto la loro forza e il loro coraggio.
Ho provato a fare il gradasso col maledetto Muso Verde, ma chi volevo prendere in giro? Non mi resusciteranno mai, non muoveranno un dito per me. Conquisteranno questo pianeta per divertimento e per prendersi quelle maledette Sfere del Drago, niente di più.
L’ultima cosa che ho sentito, prima che tutto diventasse spaventosamente buio, era il  sapore del mio sangue. Maledizione!!!
Non voglio morire, non sono pronto. Sono terrorizzato, cazzo! Devo andarmene da qui, devo trovare un modo per tornare indietro. Ma indietro dove? Qui è tutto fottutamente uguale, tutto nero, immobile e inodore.
Aspetta, ferma: che è quella cosa? Sembra tipo uno spiraglio di luce. Può essere? Magari no. Dicono sempre che c’è una luce, quando si muore.
Ma perché sento gli stessi odori che sentivo prima? C’è odore di erba… erba, terra e sangue. Gli stessi odori che penso di aver sentito prima di non sentire più niente.
Sto tornando indietro? Dai, cazzo!, torno e li faccio tutti fuori!
Non riesco a muovermi. Non sento il mio corpo, dannazione! Devo raggiungere quella maledetta luce prima che scompaia!
«Stiamo commettendo un errore…»
Una voce! L'ho sentita, cazzo, l’ho sentita!
Dove sei, donna?! Dove Diavolo sei?!
«Non può trattarsi di quest’essere abominevole.»
Attenta a come parli, brutta stronza, o ti ammazzo non appena riapro gli occhi! Mi hai capito? IO TI AMMAZZO!
«È lui, purtroppo.»
Bravo, tizio, diglielo e riportatemi indietro, così poi la prendo a sberle finché non sputa tutti i denti.
La luce si è fatta più intensa. È brillante, argentea… un poco mi mette in ansia. Perché mi fluttua attorno? Che vuole da me? Non dovrei semplicemente varcarla per tornare indietro? O andare avanti, che ne so!
«Eseguirò il volere di mio padre, per quanto mi disgusti… mi aiuterai?»
Sento caldo… sento davvero un caldo maledetto, è insopportabile.
Sono all’inferno? No. Impossibile. Ci sarebbero, che so?, delle fiamme, o comunque qualcosa. Qui è tutto nero, ad eccezione di questa cosa che mi fluttua attorno. Qualche lingua argentea si avvicina all’orrendo buco che mi trapassa il petto, lo sfiora appena e poi si ritrae. Cosa vuole? Che sta succedendo? Mi sento male… ma posso sentirmi male, da morto?
Ho così caldo… mi viene da vomitare. Posso vomitare da morto?
Cazzo, questa cosa è appena scivolata nel buco! È scivolata dentro, maledizione!
Sento il sapore del sangue sulla lingua, sento il fuoco scorrermi nelle vene. Fa male, malissimo… dannazione, non ce la faccio più!
Devo andarmene da qui, non respiro! VOGLIO ANDARMENE!


Apre gli occhi mentre di scatto si porta a sedere, la mano sul petto all’altezza della cicatrice che cerca disperatamente di strappare quella cosa argentea che lo invade e lo trapassa.
Non è la prima volta che fa questo sogno. Ma davvero può definirlo sogno? Una parte di lui ne è convinta, mentre l’altra gli urla a gran voce che è una specie di ultimo ricordo… perché lui ricorda le sensazioni che ha provato quel giorno lontano, ricorda di aver vomitato un fiotto di sangue prima di spirare, ricorda la conversazione con Piccolo e anche di aver guardato il corpo esanime del fratello a qualche metro di distanza.
Ricorda tutto quello, ma non ha idea di come diavolo abbia fatto a tornare indietro. Nessuno ha mai saputo dargli una qualche risposta negli anni. Sperava che ci riuscisse Sherry, che vedesse qualcosa tra i suoi ricordi legati a quell’evento, ma no, neanche lei vede qualcosa. La cosa più spiazzante, è che non vede neanche un qualche ricordo legato a quegli incubi. Gli ha poi detto che semplicemente è morto e poi ha riaperto gli occhi e che quelle sensazioni forse sono frutto della sua immaginazione a causa del trauma.
Si passa stancamente le mani sul volto mentre cerca di regolarizzare il respiro e calmarsi, cercando disperatamente di allontanare quelle immagini moleste dalla mente, di cacciarle così lontano da non poterle mai più ricordare.
Sente una lieve pressione in mezzo alla coda e, abbassando lo sguardo, vede la gamba nuda di Sherry schiacciarla involontariamente.
Ha un’espressione stranamente corrucciata, quasi stesse avendo anche lei un qualche incubo, e per questo Radish, dopo un lungo sospiro, si sdraia di nuovo al suo fianco e la stringe a sé.
Hanno fatto sesso per ore, incapaci di fermarsi e perdersi nel sonno, insaziabili l’uno della bocca e del corpo dell’altra.
Sono crollati che ormai il Sole era prossimo a sorgere, stretti l’uno all’altra mentre ancora si stavano baciando. Le labbra di entrambi erano così gonfie che quasi facevano male.
Sta morendo di fame, adesso, ma non ha alcuna intenzione di allentare la presa da quel corpo caldo premuto contro il suo.
Osserva distrattamente le sue forme debolmente illuminate dalla luce lontana della torcia, soffermandosi sulla sua espressione di nuovo serena, come quella di una bambina indifesa.
Si sente invadere da una piacevole sensazione di calore nel sentire la sua mano segnata da innumerevoli scontri immergersi tra i suoi capelli e le sue labbra carnose strusciarsi inconsapevolmente sul petto, proprio sulla cicatrice.
Oggi è esattamente un mese che ci conosciamo…
Si sorprende nel rendersi conto di ricordare una cosa simile ed ancor più si sorprende nel rendersi conto di essere ormai totalmente incapace di fare a meno di lei. In realtà quest’ultimo punto lo terrorizza completamente.
Non aveva assolutamente preso in considerazione quella sera al Neon, quando la vide massacrare di botte quei poveri idioti, che gli avrebbe stravolto la vita con tanta forza, che lo avrebbe scosso tanto nel profondo, che lo avrebbe infettato con un sentimento che ha sempre ritenuto da femminucce. Invece l’ha fatto. Lo ha stravolto, devastato, infettato, incatenato e piegato.
Lo ha incastrato con il suo saper essere dolce, materna e affettuosa, attenta ai suoi bisogni, il suo saperlo ascoltare ed il saper assimilare i suoi dubbi e i suoi timori, non pretendendo mai niente in cambio e senza giudicarlo. Lo stravolge e piega sempre di più quando si trasforma convertendosi in una puttana dove puoi e devi in modo categorico fare di tutto. Tante, troppe volte, Radish ha raggiunto l’orgasmo unicamente sentendola e vedendola godere. Le sue sboccate esortazioni, le sue lascive richieste, i suoi scostumati incitamenti, le sue scurrili grida, i suoi sregolati stimoli e i suoi dissoluti sguardi, non hanno fatto altro che sottometterlo e sbaragliarlo con forza impetuosa e dirompente.
È spaventato da tutto questo. Se non la volesse con tanto ardore,  se solo l’idea di perderla per un qualsiasi motivo non gli facesse fisicamente male, sarebbe già scappato lontano da lei, magari anche su un altro pianeta per stare più tranquillo.
Perché è sicuro di ciò che vuole da lei, lo ha capito dopo pochi giorni da quando si sono gettati in questa malata e bizzarra relazione interraziale, ma come può essere sicuro che pure lei lo voglia allo stesso modo? In fondo pare aver dimenticato l’uomo con il quale ha trascorso ben sette anni della sua vita senza battere ciglio. Certo, sa bene che non fosse proprio una relazione idilliaca, ma si tratta comunque di sette anni fianco a fianco, sette anni di intimità, di combattimenti per proteggersi a vicenda e, ne è sicuro, amore.
Quando ci pensa, sente un brivido gelido lungo la spina dorsale, su su fino al cervello. Se ha dimenticato il suo ex ragazzo così velocemente, se lo ha rimpiazzato senza fare una piega con un altro dopo sette lunghi anni, cosa gli garantisce che non getterà anche lui dopo essersi divertita abbastanza?
Oltretutto continua imperterrita a dire che non sono una coppia, che si divertono e basta. Lo ha ribadito dopo il loro primo amplesso della serata, quando le ha scherzosamente detto che i suoi amici certo non si aspettavano che gli presentasse una come lei. Lo ha ribadito con fermezza, dicendogli di dire a tutti loro che hanno frainteso e che loro due scopano e basta.
Gli ha fatto un male del Diavolo, ma non ha trovato né il coraggio né le forze di contraddirla come sa avrebbe dovuto.
La stringe con più forza, quasi volesse imprimerle sulla pelle un marchio di appartenenza, un qualcosa che non potrà mai togliersi e che possa gridare al mondo intero che è solo sua, che è la sua maledettamente stronza, violenta e un po’ cinica compagna.
Ma poi ecco che arriva l’illuminazione: perché mai provare ad imprimerle addosso un marchio immaginario quando può darle un risveglio degno di nota, capace di farle capire che solo lui può farle provare certe cose?
Lascia di buon grado la presa dal suo corpo e l’adagia sulla schiena, facendo scivolare al tempo stesso le pellicce da un lato. Semina una lunga scia di baci sulla sua pelle chiara, le sfiora con la punta delle dita il fianco ed in breve raggiunge la propria meta. Le divarica le gambe e si posiziona in mezzo con la testa. Adora farlo, più volte ha affermato ghignando che non gli dispiacerebbe morire tra le sue cosce e lei ha sempre affermato che, se potesse scegliere come morire, preferirebbe che accadesse mentre lo stanno facendo.

«Un orgasmo mortale, sai che sballo?»
«Già, lo farei incidere sulla tomba a caratteri cubitali!»

Sorride soddisfatto contro la sua intimità quando sente i primi gemiti riempire quella piccola e intima tana, ed intensifica i movimenti della lingua e delle dita per regalarle un orgasmo degno di nota.
Credimi, bambolina: ti farò diventare tanto dipendente da me che morirai prima di pensare di allontanarmi!!!



 


ANGOLO DELL’AUTRICE
E niente… 26 pagine anche a questo giro! 😱
Ho problemi, problemi grandissimi ragazzi, e questa cazzo di quarantena (niente contro ragazzi, anzi state a casa!) non ha fatto altro che spingermi a scrivere ancora di più.
Pensate che questo pezzo doveva stare nel capitolo precedente…
Chi mi aiuta a darmi una calmata? Chi ha suggerimenti concreti? D:

E… niente. Non ho niente da dire stavolta. Zero.
Torno a scrivere e a pulire casa (non c’è più niente da pulire, potrei leccare il pavimento, ma qualcosa lo trovo!)

A presto
Un bacione 💖
Kiki🤙🏻

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98, Chimera__ e siero al mic per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito i capitoli precedenti. Siete dolcissimi, davvero!💕


 

𝟙𝟚. 𝒱𝒾𝓃𝒸𝑒𝓇𝑒 𝓁𝑒 𝓅𝒶𝓊𝓇𝑒

 

 

L’ha convinta.
Non sa assolutamente come diavolo sia riuscito a convincerla a pranzare da Chichi assieme agli altri per rivelare la sua natura, ma c’è riuscito.
Quando, con quella faccetta scocciata da bambina viziata gli ha detto che sì, era decisamente una cosa da fare se non voleva rogne in futuro, si è sentito così potente e soddisfatto da poter sorvolare tranquillamente su qualsiasi cosa dicesse a mezza bocca e anche sul fatto che Bree li stesse aspettando con Mimì fuori dalla tana.
Ha sorriso orgoglioso quando Bree si è messa ad ululare con forza quando l’Alpha le ha detto cos’era successo il giorno prima. Ha sorriso un po’ meno quando l’ha abbracciato di slancio, travolta dall’euforia, ed ha evitato di colpirla con una gomitata nei denti solo perché le due lupe si sono messe a fare giocosamente la lotta prima di cominciare a correre come due furie, cariche di un’energia così potente da stordirlo.
Se n’è poi andato con Mimì attaccata alla schiena per fare un salto veloce a casa per cambiarsi e poi raggiungere gli altri, e non è riuscito a trattenere le risate di fronte al più che evidente imbarazzo  della rossa nello stare con la sua datrice di lavoro in circostanze tanto bizzarre. Non si è sorpreso per niente nel ritrovarsela spesso e volentieri tra i piedi, come se lui potesse nasconderla dai loro sguardi curiosi.
Ha dato una mano a Chichi in cucina - o, meglio, rubava delle piccole porzioni quando si distraeva, affermando con una certa ovvietà che si assicurava solo che tutto fosse ben cotto quando veniva beccato - finché non è stato trascinato fuori da Muten. Il vecchietto pareva infatti intenzionato a scoprire se la sua nuova ragazza gli avesse presentato qualche amica come la bionda del giorno prima, e Radish ha avvertito distintamente un brivido lungo la schiena.
Lo loro femmine non hanno la pazienza di Bulma o Chichi… Dio, se hanno un carattere di merda come Sherry, potrebbero anche strapparglielo a mani nude per qualche commento strano!
Alla fine ha semplicemente negato, affermando che le uniche ragazze che gli ha presentato sono Mimì e Bree. C’è rimasto male per qualche secondo, poi si è lasciato andare ad un commento spinto sulla relazione lesbica tra le due. Radish, decisamente troppo nervoso, lo ha semplicemente ignorato e si è piazzato sbuffando su una sedia circondato dagli amici, un poco oppresso dai loro sguardi indagatori e sicuramente scocciato dalle loro troppe domande.
Nel giro di venti minuti ha perso il conto delle volte in cui gli hanno chiesto quando sarebbe arrivata. Non aveva davvero idea di cosa rispondere, in realtà. Arriveranno entrambe, questo è certo, ma non prima di aver fatto i loro giri. Neanche Mimì ha saputo dirgli di che tipo di giri si trattasse, se per lavoro o per riempirsi lo stomaco, ma non pareva importarle molto. Si è adattata con un po’ di fatica e, dopo che Chichi le ha ribadito che deve rilassarsi anziché aiutarla in cucina, ha trovato il modo di tenere i presenti a bada e Radish gliene è stato grato. Si è chiesto se sia una sua qualità personale o se l’abbia sviluppata nel tempo grazie alla vicinanza di Bree, ma il dubbio si è eclissato velocemente a causa dello stress dovuto a tutta quella strana situazione.
Adesso, mentre si fissa insistentemente la punta delle scarpe con la birra che si riscalda nella mano, sente la mente completamente avvolta dal panico. Non sa come reagiranno, non sa come reagirà lei, non sa se arriveranno alle mani o se si accetteranno a vicenda. Ma ha fiducia in tutti loro, in modo particolare ha fiducia nella sua stramba compagna: è troppo sveglia per combinare casini troppo rilevanti, lo sa, soprattutto adesso che è salita al potere.
Dio… la mia ragazza è una Regina! Non che per me cambi qualcosa, ai miei occhi rimarrà sempre una testa calda che si rimpinza di schifezze, ma per lei adesso la situazione è diversa?
Beh, forse no. Tutto sommato sta facendo questo per me. Almeno credo sia per me… beh, lo sta facendo, quindi va bene. Sono cambiate le sue responsabilità, tutto qui. Spero…

Alza di scatto gli occhi quando sente la mano piccola e delicata di Mimì stringere la sua e, dopo aver visto il suo sguardo emozionato e sorpreso puntare con insistenza un qualcosa davanti a loro, lascia vagare gli occhi lungo la strada sterrata che conduce alla piccola e graziosa casa di suo fratello mentre un sorriso soddisfatto gli si allarga sul volto. Non perdi tempi eh bambolina?
Anche gli altri imitano il suo gesto dopo che Gohan, incuriosito dagli sguardi dello zio e di Mimì, si è lasciato andare ad una specie di commento sorpreso a mezza bocca: «Ma che…?»
Qualcosa di grosso e nero si sta avvicinando velocemente, alle spalle un grosso pick-up rosso fiammante.
Crilin azzarda un paio di passi incerti, mettendosi istintivamente davanti alla moglie. Sta in guardia, pronto a battersi dal momento che quella bestia troppo grossa che si sta avvicinando curiosamente non emana alcuna aura, ma poi lascia cadere con sorpresa le braccia lungo i fianchi.
«È... un lupo?» Domanda con voce incerta, sgranando gli occhi «Un lupo che traina una macchina?!»
«Non credevo fosse tanto grossa…» Mormora stupita Mimì, attirando gli sguardi di tutti i presenti.
«Non l’avevi mai vista?» Le domanda di rimando Radish, sorpreso.
La donna nega debolmente col capo mentre con gli occhi ammira le forme mastodontiche della ragazza alla quale è tanto affezionata. Era convinta che Bree fosse grossa col suo metro e ottanta al garrese, che i ragazzi del Quartetto lo fossero con il piccolo Major di “soli” due metri e cinquantasette - anche se, in quanto maschi, non poteva certo aspettarsi dimensioni minori -, e pur sapendo che Sherry era più grossa della fidanzata non aveva mai preso in considerazione che raggiungere una stazza simile.
Non oso immaginarla su due zampe…
Vegeta si porta al fianco di Radish, pronto a menar le mani, ma quando si accorge dello strano sguardo con il quale punta l’enorme animale si rilassa, capendo che non è necessario alcun intervento. E così è questo che ci nascondevi eh? Chissà che mi pensavo…
Notando quell’insolito sorriso che oscilla tra l’orgoglioso e il tenero, Vegeta proprio non riesce a trattenere un commento un poco acido per stuzzicarlo come sempre: «E così te la fai con un animale, eh? Tsk, che squallore.»
Aguzzando un poco lo sguardo, nota che dietro al veicolo ce n’è un secondo, stavolta di dimensioni un poco più ridotte e col vello color grano, fatto che conferma a Radish che il colore dei loro capelli da umani è quello del vello da lupi.
Quando ormai sono vicine, tutti notano che entrambe le bestie sono agganciate alla macchina, la prima se la tira dietro senza il minimo sforzo e la seconda sta pronta a fermarla non appena la prima si bloccherà. E lo fanno con movimenti incredibilmente sincronizzati non appena si trovano davanti a tutti, senza danneggiare minimamente il veicolo.
Bulma e Chichi stringono d’istinto le mani attorno ai figli, spostandosi repentinamente dietro le figure muscolose dei vari guerrieri quasi fossero scudi viventi. Hanno incontrato creature decisamente più bizzarre e pericolose in vita loro, ma non hanno alcuna intenzione di rischiare la salute dei loro piccoli tesori.
Bree, una volta liberatasi dalla catena agganciata al pick-up, allunga il muso verso il cassone e ne estrae tra le fauci un enorme mazzo di fiori colorati, grosso all’incirca come la sua testa. Trotta allegra verso Bulma, bloccandosi quando Tensing e C-18 le sbarrano la strada con sguardo truce. Li guarda un poco interdetta, spostando in breve i grandi occhi dorati verso la fidanzata. Latra qualcosa per lei incomprensibile, facendola sorridere dolcemente.
«La donna che le ha cresciute ha impartito loro una certa educazione, che però ieri hanno ignorato. Si sentono in colpa adesso e vogliono rimediare.» Sfila con passo incerto davanti a quei guerrieri pronti ad attaccare, preoccupata per la possibile reazione di Bree. Gli Spettri in dolce attesa tendono ad essere molto più aggressivi e pericolosi, e lei già per i fatti suoi non è proprio un agnellino.
«Penso anche che abbiano paura che le prenda a calci… ci ho preso?» Le poggia una mano sulla spalla forte, immergendo le dita nella pelliccia bionda e soffice, e assieme a lei passa in mezzo ai due interdetti guerrieri Z.
Non riescono a credere a ciò che vedono, non pensavano né che esistessero creature del genere sul loro pianeta né, tanto meno, che una donna tanto minuta e con lo sguardo tanto ingenuo e dolce potesse avere qualcosa a che fare con uno di loro. Oltretutto, dà proprio l’idea di essere capacissima di comandarla neanche fosse un tenero cucciolo di Labrador!
Tutti osservano sbigottiti l’enorme bestia che lascia scivolare il mazzo di fiori in braccio a Bulma e il loro stupore sale ancora di più nel vedere quella lunga e folta coda cominciare a muoversi freneticamente quando il piccolo Trunks le sorride allegro.
Quando si voltano di nuovo verso Radish, sentono come la mascella staccarsi nel vederlo di fronte all’altra bestia, con quel testone enorme poggiato contro il suo petto mentre le tira giocosamente le orecchie.
Solo a quel punto Chichi mette da parte lo stupore e fa 2+2, capendo finalmente come stanno le cose: quel mastodontico lupo nero e bianco è Sherry, la ragazza che il giorno prima si era presentata da loro e li aveva tanto sorpresi. Sherry è un dannatissimo lupo gigante e quel pazzo di suo cognato le sta tirando le orecchie come un bambino incosciente che gioca con un cucciolotto!
I suoi occhi d’ebano non possono poi fare a meno di notare quelle lunghissime ed enormi zanne bianchissime quando la bestia apre un poco le fauci per latrare qualcosa, e subito immagina il suo piccolo Goten lì in mezzo. Ci entrerebbe così, tutto intero, e probabilmente potrebbe pure ingoiarlo senza masticarlo.
Sente un forte brivido scuoterla quando quei grandi e brillanti occhi rubino si spostano su di lei e d’istinto si porta un paio di passi indietro, quasi dietro la spalla di Yamcha.
Tutti osservano quella sottospecie di mostro a quattro zampe che si avvicina al cassone del pick-up e ne estrae tra le zampe sorprendentemente prensili un secondo mazzo di fiori, molto simile al primo, e un grosso e morbido orsacchiotto di pezza con un fiocco azzurro al collo.
Lo stupore, in qualche modo, sale ancora una volta quando l’animale, ritto sulle zampe posteriori, cammina in posizione perfettamente eretta verso la donna. Sono costretti ad alzare lo sguardo per poter vedere il muso attento dell’animale, che senza sforzo si piega sulle zampe posteriori e le porge i due doni.
Chichi non sa né cosa dire né cosa fare, e in suo soccorso arriva prontamente Lunch, che incautamente allunga le braccia verso l’orso di pezza per accettarlo, il tutto rivolgendole un sorriso realmente cordiale e amichevole. In fondo, lei per prima è una donna che quando starnutisce cambia radicalmente sia aspetto che personalità, perché mai dovrebbe trattarla in modo rude o freddo?
Radish scatta immediatamente quando la compagna arriccia le labbra e ringhia sommessamente contro la povera donna adesso intimorita, consapevole che potrebbe spappolarle la testa senza il minimo sforzo, mentre Yamcha tira indietro le due donne in un batter d’occhio.
«Ci penso io, Lunch, tranquilla.» Afferra sia l’orso che i fiori e li poggia sul tavolo, frapponendosi poi tra Yamcha e Sherry «Datti una calmata, non vuole fare del male a nessuno.»
Gli occhi rubino del lupo si posano velocemente sul piccolo Goten che sbraccia verso di lei mentre emette degli urletti allegri. Si abbassa lentamente fino a toccare a terra con le zampe anteriori ed allunga piano il muso per poterlo vedere più da vicino.
Radish dà una pacca sul braccio a Yamcha e gli fa segno col capo di spostarsi, dando così modo all’Alpha di avvicinarsi ulteriormente con la testa fino a farsi toccare il freddo, umido e sensibile naso, non muovendo un muscolo neanche quando il piccolo le stringe dolosamente il labbro superiore e lo tira un poco di lato.
Chichi non riesce a trattenere un sorriso quasi commosso nel vedere il suo adorato secondogenito stringere le braccia attorno a quella grande testa pelosa, nel vedere quanto quella bestia dall’aria spettrale e truce sia estremamente delicata e paziente nei suoi confronti. Che lo faccia per farsi accettare o perché le piacciono i bambini è irrilevante per lei, soprattutto di fronte allo sguardo felice ed entusiasta del suo piccino.
Bree, più che decisa a farsi accettare da quelle persone tanto eccezionali, allunga il muso dentro l’abitacolo grazie al finestrino lasciato abbassato e lascia scivolare l’anellino d’acciaio del portachiavi nel lungo canino per poterle portare fuori ed infine le lascia scivolare sul tavolo di fronte a Chichi.
La donna la guarda senza capire e in suo aiuto arriva Radish, che con un certo stupore afferma: «Penso che ti abbiano regalato la macchina…»
Sherry, finalmente libera dalla presa d’acciaio del piccolo, si allontana con passo pigro per potersi stiracchiare, mettendo così involontariamente in mostra i muscoli possenti mal celati sotto la pelliccia.
Crilin, avendo ben capito che non si libereranno tanto facilmente dalla loro presenza a giudicare da come il Saiyan continua a guardare la lupa dal manto nero, le si avvicina con passo calmo, passando pure di fianco a Bree. La supera senza timore, abbastanza sicuro del fatto che non hanno alcuna intenzione di far loro del male.
«E così… siete… licantrope?» Scatta all’indietro immediatamente, portando le mani in avanti per difesa.
Sherry è infatti scattata all’indietro, i denti esposti ed un profondo ringhio le è risalito minacciosamente per la gola, squarciando l’aria.
Radish scatta verso di lei, le si para davanti e cerca di farsi guadare negli occhi, gesto che compie contemporaneamente pure Mimì con Bree, che ha reagito allo stesso modo dopo l’offesa.
«Ehi! Ehi!» Radish le afferra senza paura il muso con due mani e l’abbassa per farsi guardare. Sa bene che potrebbe staccargli una mano con un morso soprattutto adesso che è particolarmente nervosa, stressata ed offesa da un’osservazione più che ovvia, ma è altrettanto consapevole che stia sempre molto attenta a non fargli male.
«Calmati, non lo sanno, okay?»
Si guardano dritto negli occhi, onice contro fuoco, e nessuno dei due pare avere intenzione di mollare la presa fin quando Sherry fa schioccare la lingua contro il palato e si rigira dall’altra parte. Si allontana abbastanza velocemente, il pelo alzato sulla schiena a formare una cresta.
Bree la segue a ruota, le orecchie schiacciate contro la testa e il pelo sul collo alto e arruffato.
«Andiamo, non fate le permalose.» Mimì corre al cassone del pick-up e prende i loro vestiti abbandonati alla rinfusa e, dopo averne lanciato uno a Radish, corre verso di loro per farle ragionare. Si piazza a gambe larghe di fronte alla compagna e le spinge contro il muso il suo abito azzurro. È spesso difficile far ragionare uno Spettro, soprattutto se si sente offeso, ma sa bene che è comunque una cosa possibile. Basta capire come imporsi senza arrivare a mancargli di rispetto ed il gioco è fatto.
«Se ritornate su due zampe potete spiegarglielo voi cosa siete, no?»
Notando che le sue parole hanno sortito un minimo di effetto, Radish coglie la palla al balzo per stuzzicare l’attenzione della propria compagna, seppur a modo proprio.
«Forza, testa di cazzo!» Le lancia contro il suo vestito, facendolo finire ai suoi piedi.
Sherry, indispettita e stressata, gli mostra di rimando le zanne in un chiaro avvertimento a smetterla, ma quando il Saiyan scoppia a ridere come un bambino non riesce a mantenere la facciata e si lascia andare ad un sospiro. Scuote appena la grossa testa, le orecchie dritte un poco girate all’indietro e gli occhi rivolti al cielo.
«È inutile che mi mostri i denti, non puoi farmi niente!»
Ah sì? Bene, ora vediamo!
Balza sulle grosse zampe ed atterra ad un metro scarso dal Saiyan e, senza dargli il tempo di reazione, si allunga sulle zampe posteriori per raggiungerlo ed incastra un canino nell’elastico per capelli e lo trascina di lato, togliendolo. Salta subito all’indietro quando l’uomo, divertito ma indispettito, prova a sfilarglielo di bocca, ed in breve si ritrovano a correre l’uno dietro all’altra, con Sherry che gli tira delle forti spallate nel tentativo di buttarlo a terra e Radish che le tira con attenzione la coda, consapevole di quanto il gesto le urti il sistema nervoso.
All’ennesima tirata, poi, Sherry si alza su due zampe e lo tira a terra, incastrandolo sotto la propria possente mole. Sta però ben attenta a non lasciarsi andare perché teme che il suo peso possa in qualche modo danneggiarlo: in fondo quasi una tonnellata di lupo non è proprio uno scherzo!
Radish, quasi si fosse dimenticato di essere di fronte a tutti i propri amici e, soprattutto, a Vegeta, le afferra le orecchie e la tira di lato, giocando con lei come farebbe uno della sua specie. Si mette poi a cavalcioni sul suo torace e le afferra la lingua con una mano, deridendola perché adesso non sa più come liberarsi e perché, lo sa, quello è un gesto davvero odioso. Se qualcuno gli afferrasse così la lingua quando è sotto le sembianze di Oozaru farebbe un macello indescrivibile!
«Sembrano due cuccioli.»
Voltano tutti di scatto lo sguardo su Bree, trovandola adesso nella sua forma umana con un lungo e lente vestito azzurro a coprirla. Lei però non li guarda, continuando a seguire con sguardo divertito i due che continuano a rotolarsi nell’erba e a farsi i dispetti. Da quanto non giocavi così con qualcuno, Sher?
«Ti sembra questo il comportamento di una Sovrana?» Le urla dietro con tono estremamente divertito mentre prende velocità e si lancia nella mischia, avvinghiando le gambe attorno al collo nerboruto dell’amica mentre tira i capelli al Saiyan. Inutile dire che quest’ultimo coglie la palla al balzo e le sferra una gomitata nel naso, scatenandone solo le risate. Siete due pazze malate!
«Bree, contieniti!» Le urla dietro Mimì con aria un poco imbarazzata e sconsolata. Si sente un po’ strana in realtà, come se la consapevolezza di essere davvero in bilico tra due mondi si palesasse solo adesso: è abituata alla presenza degli Spettri nella propria vita, in pratica esce solo con loro da quando c’è Bree perché sono quanto di più libero e sconvolgente si possa trovare, e per questo aveva dimenticato come ci si sentisse in mezzo ad altre persone normali. Beh, per quanto normali possano essere i Guerrieri Z! Sicuramente non si azzuffano così…
Bree è la prima ad abbandonare il gioco, schizzando fuori da quella baruffa alla stessa velocità alla quale c’era entrata, e trotta allegra fino alla fidanzata. Le poggia con delicatezza le mani sui fianchi e le bacia dolcemente la guancia, dando così la piena dimostrazione di quanto in realtà sappiano essere umani e delicati pure loro.
Radish e Sherry la seguono a ruota, continuando a punzecchiarsi senza sosta.
La lupa è sorprendentemente allegra e spensierata dopo questa brevissima lotta, e Radish non può far altro che sentirsi estremamente fiero. Dubita che ci sia qualcun altro al mondo capace di tanto con lei. Dovrebbero darmi un premio, altroché!
«Forza, va’ a cambiarti.» Le dà una forte spinta nella spalla, beccandosi un’occhiataccia in risposta e dei versi strozzati a mezza bocca.
Afferra il suo vestito nero abbandonato a terra e glielo sbatte sul muso a mo’ di frustata, allontanando prontamente la mano quando gli si rigira contro a fauci spalancate.
«Ti vai a cambiare?! Non ti capisco sennò!»
Sherry, masticando insulti assai fantasiosi che fanno ridere di gusto l’amica, affretta il passo per spostarsi dietro la graziosa casetta dalla quale provengono tanti profumini invitanti.
«Che ha detto?!» Domanda subito Radish, consapevole che Bree sia capace di capirla anche adesso.
«Ci sono dei bambini, Kong, non posso davvero ripeterlo.» Gli ride in faccia senza timore alcuno, quasi fosse solo un bambino troppo cresciuto che al massimo può tirarle un po’ i capelli anziché un guerriero che conquistava pianeti capace di farle saltare i denti solo usando la coda.
Il Saiyan, in tutta risposta, afferra dal tavolo una lattina di birra e, dopo averla scossa con energia, la apre vicino alla sua testa.
Si ripara subito, Bree, provando pure ad usare Tensing come scudo umano. L’uomo subito si libera dalla sua presa e si sposta di lato, decisamente poco incline a darle confidenza. In realtà non voleva neanche stare lì, preferiva continuare ad allenarsi assieme a Riff. Doveva però fare luce sulla natura delle due ragazze capaci di rendersi come invisibili, e adesso si ritrova incastrato.
«Ehi! Ma sei scemo? Non si spreca così la birra!» Gli urla contro Bree, portandosi quanto più in mezzo al gruppo possibile. Anche se dovrebbe, non li teme proprio. Ha capito che non hanno intenzione di attaccare e che, anzi, si stanno mostrando ben disposti nei loro confronti, quindi ha deciso di provare ad integrarsi. Gli Spettri, in fondo, sono creature socievoli e gregarie, quindi questo suo comportamento non è niente di troppo eccezionale.
Sherry riappare nel loro campo visivo, l’espressione un poco accigliata e i capelli scompigliati.
«Non chiamateci mai più licantropi. È un’offesa enorme essere paragonati a quelle bestie malate.» Lascia vagare gli occhi su ognuno di loro per poi bloccarsi su Crilin, mettendolo un poco a disagio.
«Okay, chiedo scusa, non ne avevo idea.» Alza le mani in segno di resa e si lascia andare ad un sorriso cordiale, prendendo poi un vassoio con dei tramezzini e porgendoglielo come si farebbe con un vecchio amico appena giunto alla festa.
Un tempo non si sarebbe mai fidato di Radish e del suo giudizio, ma in quegli anni ha dato più volte prova di potersi meritare un poco di fiducia. Senza contare che proprio lui si è sposato con una donna che neanche un anno prima aveva spezzato le braccia a Vegeta… con che faccia potrebbe mostrarsi astioso nei confronti di Sherry solo perché è un grosso lupo con delle zanne lunghissime e preoccupanti?
«Quindi cosa siete?»
Rimane un poco incerta, Sherry, mentre Crilin le sorride con aria tanto calma. Si aspettava tante reazioni, davvero, ma non aveva preso in considerazione il fatto che avrebbero potuto accettarle, che le avrebbero guardate con curiosità e senza alcuna traccia di paura o disgusto.
Alzando per un istante lo sguardo, nota che tutti, compreso il burbero Saiyan con i capelli che le ricordano una fiamma, stanno presentando attenzione. Prendono posto a tavola e si servono da soli, si passano ciotole su ciotole di cibo e si versano da bere l’uno con l’altra, e nel frattempo le regalano qualche sorriso e sguardo attento.
Radish si è seduto poco lontano da lei, al suo fianco due posti liberi e, subito accanto, Mimì che le invita a prendere posto.
Si guarda per qualche secondo con l’amica di una vita, si chiedono silenziosamente se possono davvero rivelare loro ogni cosa, se possono fidarsi fino a questo punto, finché Bree non piega la testa in avanti, porgendole il collo in segno di sottomissione. Per lei va bene, hanno la sua fiducia, la scelta è solo di Sherry.
Sospira forte e, dopo aver avvolto le spalle dell’amica con un braccio, la spinge a mettersi seduta accanto alla fidanzata e prende posto a sua volta di fianco a Radish.
Racconta a tutti la storia degli Spettri, racconta delle loro origini lontane, del dono di Papà Spettro e della Luna, dei tre fratelli e delle loro vite, dell’abbandono di Roman e della nascita dei territori del Sud di Regan e quello del Nord di Roscka, dell’omicidio di quest’ultima da parte del figlio e della caduta di Regan grazie alla solita zanna.
Racconta di qualche successione, di qualche evento rilevante, fino ad accennare all’esistenza ingombrante di Jäger.
Racconta che raccolgono le informazioni dal sangue, che l’unica cosa che può saziarli è la carne, che sono resistenti oltremisura, che i loro maschi sono ben più grossi delle femmine ma non necessariamente più aggressivi, dal momento che spesso e volentieri le femmine diventano molto più violente e spietate quando di mezzo ci sono i loro piccoli.
Racconta che se ne sono andate da piccole perché la situazione era ormai tragica, che pure Bree se la sarebbe vista davvero brutta, perché le Mezzosangue forti come lei vengono spesso prese -contro la loro volontà, in genere - come amanti dai Purosangue più forti e che il braccio destro dell’attuale Re le aveva messo prepotentemente gli occhi addosso già da tempo.
Racconta loro che adesso è lei che comanda gli Spettri che vivono nelle Terre di Nessuno, che è lei l’esponente massimo e che ha ottenuto questa carica combattendo. Racconta che per natura sono gregari e seguono solo l’esemplare più forte, e che mai dopo Roscka era stata una femmina.
Racconta loro, ma guardando solo Crilin, che stanno dando la caccia a pedofili e stupratori per regolare i conti e che non si fermeranno, che il 70% del mercato dello spaccio - sia di sostanze illegali che di armi, medicinali e organi - è sotto il loro dominio e lo informa che ci sono davvero un sacco di pezzi grossi corrotti che coprono le loro tracce per paura di ripercussioni, pensando di interagire solo con uomini e donne più forti e resistenti del normale. E Crilin capisce che dovrà al più presto parlare con Radish per far sì che questi crimini calino un minimo, perché consapevole che ha un certo ascendente sulla ragazza.
Bree, giusto per metterli al corrente anche di aspetti più leggeri, li informa dell’esistenza dei Mezzosangue e dei Freak, aggiungendo anche che i suoi figli verranno considerati come Purosangue Impuri poiché figli di Micah, Purosangue del Sud.
Infine, mentre tiene in braccio Trunks e lo fa saltellare sulle proprie ginocchia per farlo ridere, racconta loro come funzionano le loro gravidanze: una femmina Purosangue come Sherry può avere fino a quattro cuccioli per volta con un altro Purosangue (e non sono mancati i casi in cui fossero cinque se i due esemplari avevano un corredo genetico particolarmente forte), e che in ogni caso ne hanno sempre almeno due. Gli dice che pur essendo parti gemellari o pluri-gemellari, i cuccioli difficilmente si assomigliano più di tanto, e che i gemelli omozigoti sono considerati molto rari. Come ciliegina sulla torta, li mette al corrente che le loro femmine entrano in calore ogni tre mesi e che, in caso di concepimento, i cuccioli vengono al mondo cinque mesi dopo e che non è insolito che concepiscano a pochi mesi di distanza.
Radish si è sentito come gelare dentro e nella testa cerca di ricordare quasi disperatamente quando la compagna è entrata nel periodo per lui più pericoloso in assoluto, così da poter sapere subito e con certezza quando scappare dall’altra parte del mondo e nascondervisi per dieci giorni. Ed è più che intenzionato a farlo davvero, soprattutto dopo lo sguardo divertito che gli hanno scoccato sia Chichi che Bulma che C-18.
Pur essendo abituati a cose ben più bizzarre e pericolose di lupi formato gigante che arrivano spesso alla tonnellata di peso e che hanno un’indole criminale da non sottovalutare, sono tutti sorpresi. Pure Vegeta ha ascoltato con attenzione pur mostrandosi praticamente indifferente alla situazione, registrando ogni singola informazione. È arrivato a pensare che, forse forse, non sarebbe poi tanto orrendo provare ad allenarsi con creature dai sensi tanto sviluppati e tanto veloci… quanto meno sarebbe una novità nella sua routine.
Yamcha, mentre porge a Mimì un vassoio con delle dorate patate al forno, sposta di nuovo lo sguardo sulla giovane Alpha, sorridendo cordialmente mentre le fa l’ennesima domanda di quel bizzarro pranzo: «Quindi tu sei riuscita a procurare delle ferite a Radish? Devi essere un asso in combattimento!»
Sorride divertita, abbassando per qualche secondo gli occhi. Beh, sì, tra la sua gente è una specie di fenomeno, ma contro di loro perderebbe subito. Beh, non contro Yamcha. Yamcha riuscirebbe tranquillamente a sventrarlo come un branzino in pochi secondi. Anche Crilin, Tensing e Muten, se li prendesse di sorpresa e s’impegnasse con tutta sé stessa.
«Ci va leggero con me. Se lo volesse, potrebbe spezzarmi l’osso del collo e credimi se ti dico che non è semplice.» Mentre parla pensa bene di rivelargli qualche altra piccola informazione che ancora non aveva condiviso con Radish, non per cattiveria ma perché proprio le era passato per la mente.
«Quando cambiamo forma, tutto in noi diventa estremamente resistente: la pelle diventa spessa e coriacea, ma rimane comunque perforabile con la giusta pressione, ma la nostra struttura ossea… quella ha davvero dell’incredibile, con la resistenza di una spessa placca d’acciaio, motivo per cui solo le zanne possono spezzarci.»
«A seconda della forza che imprimiamo nelle mascelle, possiamo bucare un blocco d’acciaio spesso cinque centimetri o poco più.» Afferma distrattamente Bree mentre mastica un ossicino, tenendo al tempo stesso le mani della fidanzata lontane dal proprio piatto. Sa bene che odia quando mangia le ossa, ma non può farci niente: a loro piacciono davvero tanto!
«Fai sul serio?» Le domanda di getto Yamcha, un poco abbattuto nel capire che pure loro due hanno una forza fisica superiore alla sua.
«Procurati il blocco e te lo mostro.»
«Una difesa eccezionale, ne converrai.» Giocherella con il coltello, rigirandoselo abilmente tra le dita con aria assorta e pensierosa. In effetti ha fiutato un daino pochi minuti prima e adesso non può fare a meno di immaginare la bestia correre terrorizzata prima di atterrarla e divorarla.
«Sul torace le costole diventano stranamente più spesse e larghe fin quasi a creare un blocco unico, così da poter proteggere il cuore, unico organo che non riesce a ripararsi in modo sufficientemente veloce.»
Bree la interrompe prontamente, tirandole nell’occhio una mollica di pane bagnata. Si stanno trattenendo tantissimo, Radish e Mimì lo sanno bene: quelle due spesso e volentieri arrivano a lanciarsi le stoviglie durante il pasto!
«Direi anche il cervello in realtà, ma le ossa del cranio sono ancora più spesse. Le raggiungiamo solo se l’avversario è ormai incapace di rialzarsi e riusciamo ad avvolgergli l’intera testa con la bocca.»  Per un istante gli occhi le cadono sulla figura un poco disgustata di Gohan, intento ad immaginarsi le due donne che spalancano le fauci e poi le chiudono tipo tagliola, con il sangue e la materia grigia che cola lento ed inesorabile.
Gli sorride con aria colpevole e fa spallucce, affermando: «Sì, non è un bello spettacolo.»
«Comunque, se il veleno negli artigli o nelle zanne di uno Spettro più forte raggiunge il cuore…» Schiocca le dita per aria, gli occhi che parlano da soli, la voce un poco divertita «Game over.»
«Contro quelli come me le possibilità di vittoria sono più elevate a causa del sangue sporco, ma certo non lo rendiamo facile.» Afferma la bionda mentre si rolla uno spinello con aria assorta. In fondo hanno già spiegato che questo li aiuta a mantenere i nervi saldi e ad isolarli in qualche modo, così che il loro istinto non prenda mai il sopravvento. Pur essendo incinta può stare tranquilla: i geni del loro bel paparino sono abbastanza forti da proteggerli anche dalle sostanze nocive già in grembo materno.
«Lo dici perché le fucilate comunque non vi fanno un cazzo o perché puntate tutto sulla velocità e non riescono a prendervi?»
«Entrambe.»
Bulma, dopo aver sorseggiato un po’ di limonata fresca e aver guardato per l’ennesima volta Radish con uno sguardo che pare urlare “ma una ragazza normale proprio non ti andava bene?!”, prende di nuovo la parola, ormai incuriosita da tutta quella faccenda. Quando hanno parlato del loro sangue non ha proprio potuto fare a meno di cominciare a pensare a come poterlo usare per scopi medici, venendo però bloccata sul colpo: se non donato di spontanea iniziativa, è semplicissimo sangue… che comunque non donerebbero mai.
«I Mezzosangue sono più veloci?»
«I Segugi lo sono.»
Radish, nel sentire quella semplice parole, si ridesta di colpo e, quasi senza pensarci, afferra la sedia della compagna per avvicinarla a sé. È stata stranamente distaccata, non lo ha mai sfiorato neanche con un dito e a malapena lo ha guardato in faccia: deve assolutamente rimediare!
«Ecco, ieri hai nominato queste… categorie, o quello che sono, e non me le hai spiegate.» Le sfiora la schiena coperta con la punta delle dita, sorprendendosi davvero nel vederla spingere il busto in avanti per non farsi toccare. Questa me la spieghi più tardi, adorabile testa di cazzo bipolare!
«I Segugi, che si distinguono per gli occhi dorati, hanno un fiuto ed un udito eccezionale, ed hanno un corpo più piccolo e slanciato per poter correre più velocemente degli altri.»
«Impiegati principalmente nello spionaggio o per stanare avversari e prede.» Aggiunge Bree, sorridendo con aria fiera.
«I Cacciatori, invece, hanno dalla loro parte resistenza e forza fisica superiori al normale. Gli occhi diventano grigio perla, i loro corpi sono più massicci e resistenti, i maschi risultano davvero dei colossi.»
«Scontri.»
Sbatte velocemente le palpebre e i suoi occhi cambiano come per magia, diventando neri e rossi. Per quanto spettrali ed inquietanti, però, adesso risultano vivaci ed incredibilmente attenti.
«Poi ci sono gli Alpha, che racchiudono le caratteristiche di entrambi, con una struttura fisica che conferisce estrema velocità, forza e resistenza.»
Radish, restio all’idea di lasciar perdere il suo scatto precedente, prova di nuovo a toccarla, passando la punta della coda sulla gamba nuda. Anche stavolta, però, Sherry si sposta leggermente di lato e accavalla le lunghe gambe sotto al tavolo, così da allontanarlo di nuovo.
Sente il suo risentimento e la sua tristezza dopo questo gesto, lo sente come se fosse lei a provare quelle emozioni, ma non ci dà particolarmente peso, decidendo infatti di rivelare le ultime due categorie.
«Esistono poi due Re e due Beta, non di più. Il Beta, i cui occhi sono di un brillante arancione, ha in pratica solo più potere decisionale rispetto ad un comune Alpha. Se infatti questi comanda su piccoli branchi, il Beta ha la facoltà di comandare tutti gli Alpha in vece del Re. Ogni Beta o nasce tale assieme al futuro Re, com’è accaduto in più occasioni, o viene scelto dallo stesso. Quest’ultimo, invece, è superiore in ogni cosa a tutte le categorie, senza eccezioni, e diviene Re o per scelta del Sovrano che depone a suo favore, o dopo averlo ucciso.»
Sono tutti soddisfatti delle loro esaustive spiegazioni. Hanno capito che sono creature di natura combattiva ed estremamente violenta, che quelli che vivono nelle loro zone sono più gestibili poiché più o meno abituati al contatto con gli esseri umani, sanno che non sono capaci di usare attacchi di energia come loro ed hanno anche intuito che, probabilmente, darebbero loro man forte in caso di futuri nemici. Beh, lo farebbero se Sherry lo ordinasse, ma sono quasi del tutto certi che lo farebbe, soprattutto se Radish forzasse un po’ la mano.
Uno dei pochi a non essere del tutto soddisfatto è Tensing, che a braccia conserte continua a fissare l’Alpha con sguardo incerto, quasi accusatorio.
«Puoi togliermi una curiosità?»
«Direi di sì, ormai.»
«Se voi fate tanti figli, come mai non avete ancora invaso il pianeta? Insomma, le armi non vi fanno niente, no? Nessuno avrebbe potuto contrastarvi nei secoli passati. E come mai non avete ancora fatto estinguere la fauna terrestre?»
Assottiglia lo sguardo, Sherry, stupita da questa domanda. Non si aspettava che facessero un simile ragionamento dopo aver rivelato tante scomode verità, ed è quindi piacevolmente sorpresa. Beve un sorso d’acqua prima di riprendere la parola, sforzandosi ancora di ignorare gli occhi severi di Radish che sembrano volerla incenerire.
«Non abbiamo bisogno di grosse dosi di carne per sfamarci. I nostri stomaci non sono particolarmente grandi e per digerire ci mettiamo un po’. Siamo ingordi, certo, ma sappiamo regolarci senza troppi sforzi pur di mantenere il quieto vivere. Inoltre Papà Spettro disse ai Tre di stare lontani dall’uomo perché non si fidava di loro, senza contare che la Luna non voleva che facessimo loro del male.»
«Sì okay, ha senso.»
Yamcha, seduto al fianco del Tre-Occhi, si sporge in avanti ed espone una domanda che, alla fine, è passata per la mente di tutti ma che curiosamente nessuno aveva ancora esposto.
«Come fate a fare tanti figli eppure a restare nascosti?»
I due Spettri si immobilizzano improvvisamente e i loro sguardi si fanno un poco preoccupati e pensierosi. Abbassano gli occhi per evitare il contatto visivo, le sopracciglia contratte e le labbra strette. Non sanno bene come spiegare una cosa tanto delicata e per questo hanno bisogno di qualche istante per capire come fare.
Mimì, avendo frainteso, prende la parola e spiega ai presenti che è assai difficile che i cuccioli arrivino all’età adulta o anche solo all’adolescenza a causa degli scontri e che non è insolito né che i genitori li divorino in caso di tempi davvero duri né che evitino proprio di procreare, andando così contro alla loro stessa natura.
Si rabbuiano tutti quanti nel sentire le sue parole. Pure Vegeta, sempre freddo, stoico ed impassibile, si lascia andare ad un’espressione assai contrariata. Neanche i Saiyan erano così barbari da fare cose simili ai propri figli.
«Non è del tutto esatto.»
I loro sguardi saettano subito sulla figura di Sherry, che ancora pare assorta nei propri pensieri.
Bree si agita sulla sedia tanto da scattare in piedi dopo una manciata di secondi, camminando nervosamente dietro l’amica. Non ne ha mai parlato con Mimì, non ne ha mai parlato con nessuno, è una delle regole massime che ogni Spettro che si è spostato nelle Terre di Nessuno dovrebbe rispettare categoricamente.
«Sher-»
«A questo punto…» Indica quasi distrattamente la pancia dell’amica come a volerla tranquillizzare, ignorando deliberatamente gli sguardi attenti ed indagatori sia di Mimì che di Radish.
«È bene che sappia anche lei. I vostri figli faranno domande e probabilmente proveranno pure ad andarci quando sapranno reggersi sulle loro zampe, è inevitabile considerati i loro geni.»
Si alza a sua volta e prende a camminare lentamente attorno al tavolo mentre si tortura le dita. Sta per rivelare qualcosa di enorme, qualcosa che nessuno sa. Pure Fern ha sentito solo qualche dettaglio pressoché insignificante dal Quartetto, che a loro volta ne hanno solo sentito parlare dai genitori quando ancora erano in vita.
Sospira forte, tenta di distendere i nervi e si ripete che quella gente, volente o nolente, farà in qualche modo parte della sua vita. Lo sa, lo sente. Anche se con Radish le cose dovessero mettersi male come immagina, sa che loro adesso li terranno d’occhio almeno un poco, ed è quindi meglio che sia lei a rivelare certe cose in quanto Regina. Cazzo… mi hanno eletta neanche ventiquattr’ore fa e già faccio come mi pare. Una fuori classe, non c’è che dire.
«Noi non viviamo esattamente in buchi scavati nelle montagne. Quelle sono più tane provvisorie. I veri territori del Nord e del Sud sono in quella che si può definire una sacca inesplorata da qualche parte nella crosta terrestre. Con questo non si può dar credito alla teoria della Terra cava, è più una specie di antichissimo ipogeo protetto dal potere delle fate quindi invisibile agli occhi degli umani, e vi si può arrivare attraverso due tunnel, che però sono nascosti estremamente bene e sono sempre sorvegliati.
Contrariamente a quanto uno può aspettarsi, al Nord non c’è molto caldo pur essendo così in basso. L’aria è gelida, c’è ghiaccio sul suolo e spesso sulle pareti, dobbiamo coprirci con le pellicce di ciò che mangiamo o tenerci il vello addosso per tenerci sempre caldi. Chi, come noi due, nasce in una situazione precaria e viene tenuto in vita solo come eventuale scudo umano o pasto d’emergenza, viene spedito nel piccolo villaggio vicino al tunnel d’uscita, dov’è più freddo e dove si è meno riparati. Ci sono delle costruzioni nelle pareti rocciose, delle specie di piccoli appartamenti senza porte o finestre… dei buchi nelle pareti, ecco, mezzi riparati e pieni di pellicce dove si dorme in molti. Se hai fortuna, nei primi anni di vita c’è qualche adulto a darti un minimo di protezione.
In alto si diramano dozzine di ponti di pietra, neanche sappiamo come siano stati fatti e se fossero già lì prima del nostro arrivo; ci aiutano a spostarci da un livello all’altro o semplicemente ad attraversare più velocemente.
Poi c’è una costruzione più grossa, proprio al centro del nostro territorio, e lì risiede la famiglia reale con il proprio Beta e la sua famiglia. È l’unica zona calda, poiché sorge sopra al punto più alto e bollente di una sorgente sotterranea.
Vicino al tunnel che conduce al Sud, c’è un vasto territorio di caccia, ma non ci andavamo mai. Difficilmente anche gli adulti, poiché è dove passavano il tempo Jäger e i suoi. Ci si annidano delle grosse ed innocue creature simili ad insetti, che scavano le loro tane più in basso rispetto a dove stiamo noi ed escono solo per bere l’acqua dei fiumi rossi. Quell’acqua è sempre molto calda, ha un odore magnifico e lenisce le ferite, ma è tossica per noi: è per questo che ci spingiamo spesso fin in superficie. Abbiamo un sistema idrico e una specie di cisterna, ma non tutti ne hanno il libero accesso.
C’è come un nostro Sole, su in alto, che segue i ritmi di quello esterno e di notte si spegne per lasciar posto ad una luce più fredda come quella della Luna… per quanto abbiano provato a studiarla, nessuno ha idea di cosa sia… perché non c’è niente di tangibile, lassù. È solo una luce che permette la crescita di una strana vegetazione, ecco.»
Sono tutti decisamente sbigottiti e, al tempo stesso, estasiati dalle sue parole. La consapevolezza di vivere letteralmente sopra ad un altro mondo è sia elettrizzante che incredibile.
«È tutto gigantesco, laggiù. Anche se, probabilmente, tornandoci adesso ci sembrerebbe tutto proporzionato. Pure gli adulti sono giganteschi per noi, quando siamo piccoli. Ricordo anche che ci sono degli uccellini bioluminescenti là sotto, e quando volano in stormo tutto si illumina come se ci fossero i fuochi d’artificio.» Spiega Bree, nostalgica. Le mancano quegli spettacoli incredibili di luci azzurre, gialle, verdi e bianche che si muovono sopra la sua testa. Le mancano gli odori della sua terra, le mancano i reietti come lei che si riuniscono la sera, con gli adulti che, per quanto possono, cercano di nutrire i cuccioli per permettere loro di sopravvivere. Le mancano quei rari momenti dove te ne stavi tranquillo nella tua cuccetta, accoccolato con gli altri per infonderti quanto più calore possibile e le corse sfrenate mentre i più forti dormivano. Erano momenti speciali, per loro.
Sherry, pur sentendone a sua volta un minimo la nostalgia, ricaccia tutti quei ricordi lontano dalla propria mente e dal proprio cuore, decisa ad ignorare ogni evento come ha sempre fatto. Non ha tempo per ripensarci, non ha tempo di ricordare anche tutti loro. Non ha tempo e, in realtà, non ne ha neanche più la forza, avendo pianto ormai tutte le sue lacrime per loro.
«I territori del Nord e quelli del Sud si collegano tramite una specie di lungo ponte sospeso. O meglio, si collegavano: il ponte è in parte crollato circa un secolo e mezzo fa. La cosa triste è che fino a ventisei anni fa, anche grazie a questo evento, si poteva contare davvero su una sottospecie di tregua tra le due fazioni e per le discussioni politiche annuali ci si incontrava in superficie, dando così modo anche ai cuccioli di svagarsi ed interagire… ma a causa di uno screzio tra i due Re la situazione è tornata instabile e noi non abbiamo mai avuto la fortuna di assistere ad un simile evento. Il Re del Sud affermava che quello del Nord avesse ucciso una delle sue figlie poiché si era rifiutata di giacere con lui, il secondo negava di avere un qualsiasi legame con l’accaduto.» Per un istante un ricordo non suo le attraversa la mente, e quasi le sembra di vederli mentre ruggiscono l’uno contro l’altra sulle estremità di quel lungo e grosso ponte, con i loro numerosi figli alle spalle che davano man forte ai genitori. Ricorda gli sguardi seri e tristi dei due eredi al trono che si fissavano dritti negli occhi con una ben celata disperazione. Girava voce che fossero sinceramente amici, ma lei non ha mai fatto domande a riguardo. Come per Leila, anche quello è divenuto un argomento proibito.
Mimì guarda con aria sconvolta ed un poco risentita la compagna. Era convinta di sapere praticamente tutto su di loro, non aveva mai preso in considerazione che potesse nasconderle una cosa simile. Una parte di lei, però, sa bene che hanno dovuto affrontare cose davvero troppo dure durante l’infanzia e che parlare di simili argomenti per loro è un po’ come buttarsi del sale su delle ferite aperte. È per questo che non le dice niente, che si lascia stringere una mano e tenta di sorriderle nel modo più dolce che può, notando quanto la compagna sia a disagio.
«Non possiamo parlare di queste cose…» Mormora infatti mentre tiene la testa china, gli occhi che saettano veloci dal sassolino vicino al suo piede alla figura snella e rigida di Sherry.
«Fern ne ha sentito parlare dal Quartetto, ma non conosce i dettagli come voi. Noi Spettri non ne parliamo alla leggera.» Sospira forte,  Sherry, gli occhi nuovamente puntati a Nord. Lo fa spesso, quando è nervosa: guarda verso casa, fiuta l’aria come se qualche pericolo fosse proprio dietro l’angolo, ed infine un angolo della sua bocca si piega involontariamente verso l’alto in un mezzo ghigno di sfida. «Ma i tempi stanno cambiando. Sempre più Spettri si allontanano dalla loro terra natia in cerca di un piccolo posto al sole, soprattutto quelli del Nord.»
«E lo odiano.» Conferma Bree, mentre Mimì le carezza dolcemente la spalla nuda e solcata da una sottile cicatrice.
«Già. Ormai i più se ne vanno per scappare dalla follia dilagante di Jäger, ma essendo ormai adulti non riescono ad integrarsi bene con gli essere umani e non hanno le capacità necessarie per vivere lontani dal branco… e il branco non permette a nessuno di uscirne tanto facilmente.»
«E voi come avete fatto?» Domanda con tono quasi rapito Lunch, non badando assolutamente alla sua espressione che si indurisce visibilmente solo nel sentire la sua voce.
«Abbiamo saltato il ponte. Una volta entrate nei territori del Sud, il Re ha mollato la presa perché non voleva sfidare la sorte, dal momento che una guerra tra le due fazioni sarebbe a dir poco devastante. Era convinto che ci avrebbero uccise per aver invaso il territorio, ma curiosamente ci lasciarono transitare a patto che uscissimo in superficie senza far ritorno.» Per un attimo ricorda quell’enorme Spettro dal vello grigio scuro e gli occhi ametista che le fissava con le orecchie ben dritte, il pelo attorno al collo gonfio e i canini superiori che sbucavano dalle labbra. Le fissava con aria assorta ed infine disse loro di uscire in superficie, di andarsene per sempre dalle sue terre, e si fece da parte di un paio di passi. Ricorda che per un istante guardò a terra e vide le sue impronte… erano gigantesche rispetto alle sue e per un attimo sentì le zampe tremare.
Passarono in mezzo ai suoi guerrieri migliori e ai suoi figli e alle sue figlie. L’erede al trono le guardava con curiosità, la coda alle sue spalle ondeggiava timidamente e le orecchie erano ben dritte. Nascosto dietro di lui, un altro giovane Spettro le osservava con attenzione, il muso sollevato sopra la spalla del fratellastro per avere una visuale migliore. Teneva le zampe anteriori un poco distaccate dal terreno e anche lui non riusciva a tenere ferma la coda.
Viene ridestata con violenza dai propri pensieri quando il proprio cellulare comincia a suonare, muovendosi per il tavolo a causa della vibrazione.
Lo afferra velocemente e guarda con occhi sgranati il nome sul display, mentre un sorriso sconsolato le piega un poco gli angoli della bocca.
«Oddio, no…» Si passa una mano sul viso, il sorriso che si allarga sempre di più.
Bree, che ormai ha ripreso posto al fianco della fidanzata ed ha recuperato la solita calma, si lascia andare a sua volta ad un sorrisetto curioso.
«Chi è?»
«Mordecai…»
La bionda scoppia a ridere di gusto, le mani a coprirsi gli occhi. Adora quel ragazzo, lo adora con ogni fibra del suo essere. Certo, il rapporto che ha con Micah è diverso, probabilmente addirittura più profondo quasi fossero realmente fratelli di sangue, ma Mordecai… lui è l’unico uomo al mondo che è riuscito ad infilarsi nel suo letto - in realtà è stata lei ad infilarsi di prepotenza nel suo! -, l’unico che riuscirebbe a farti ridere anche se ti avessero scuoiato la famiglia davanti agli occhi. È pieno di vita, energico oltre ogni limite, un vero uragano, folle e quasi totalmente incapace di trattenersi, politicamente scorretto come pochi altri al mondo e drogato di felicità.
«Ogni volta che mi chiama è per avvertirmi che hanno portato a termine un lavoro… ed ogni volta sento in sottofondo le sirene della polizia, dei vigili del fuoco e dell’ambulanza.» Pure Sherry lo adora. Si sono sempre amati, seppur a modo loro. Non potevano rimanere insieme però, erano troppo differenti e troppo giovani. Se non fosse arrivato River, probabilmente avrebbero ripreso in mano quella devastante relazione solo per lasciarsi di nuovo pochi mesi dopo, e così via all’infinito. Sherry però sospetta che sarebbe stato proprio lui a lasciarla definitivamente dopo un po’, poiché fermamente convinto che la monogamia sia da pazzi e troppo attratto dal divertimento e dalla libertà che può avere un single.
«Metti il vivavoce, ci facciamo quattro risate!»
Lo sguardo di Sherry incontra per un istante quello duro ed evidentemente ferito di Radish, e per un istante le pare di sentire il cuore avvolto da strani sentimenti negativi, ma decide di non badarci. Non vuole affrontare adesso la questione, non davanti a tutti. In realtà, non vorrebbe affrontarla proprio mai, ma sa bene che sarà inevitabile con un soggetto con il suo temperamento.
Risponde alla telefonata e subito preme il tasto del vivavoce, tentando di ricomporsi immediatamente.
«Oi.»
- Ricordi quel tipo che rapiva i bambini e che poi è sparito due anni fa? Lo abbiamo trovato!
Parla velocemente, il tono euforico, le pare quasi di poterlo vedere mentre si agita sul posto con quell’espressione da invasato sopraccitato.
«E…?»
- Lo abbiamo portato alla fornace dove commetteva gli omicidi.
Ha paura a continuare la conversazione, davvero. Sente troppi rumori di sottofondo, tra cui le risate sguainate degli altri tre. Ogni giorno è sempre più convinta che Dio volesse in qualche modo farla pagare al genere umano quando, con Papà Spettro, li ha messi sulla stessa strada, non c’è altra spiegazione sennò.
«E…?»
- E lo abbiamo bruciato vivo!
«Che cosa?!»
- SVRUUUU! Vedessi che fiammata! Faceva un caldo!
Cerca di trattenere le risate, al contrario di Bree. Ci prova con tutta sé stessa, ma la sua voce la tradisce spudoratamente: «Ma siete scemi?! Ho detto di essere discreti!»
- Iri biri pili fridillii!
«Eh?»
- ‘STOCAZZO!
Ride stavolta. Non può farne a meno, non dopo quell’acuto pazzesco e dopo l’urlo scherzoso. È sempre stato così, sempre. Quando Maddox le raccontò del primo incontro con quella testa calda, davvero non riuscì a capire per quale assurda ragione decise comunque di seguirlo, non con i loro caratteri tanto differenti.
«’Stocazzo a moi?!»
- Cinciallegra, stacco. Credo che l’orologio a cucù trasudi di nuovo lacrime di sangue e non voglio perdermelo.
«Divertiti.»
Annuisce con aria sconsolata mentre si impone di smettere di ridacchiare come una stupida, per poi attaccare la telefonata. L’ha sentito urlare un qualcosa di incomprensibile ai compagni prima di chiudere, e proprio non vuole sapere cos’hanno in mente di fare, potrebbe rimanere turbata per l’ennesima volta dalla loro esagerata esuberanza.
«Cos’è che crede?!» Domanda un poco sconvolta Bulma, gli occhi sgranati per lo stupore ed un timido sorriso involontario che le increspa le labbra. È abituata da sempre a tutt’altro tipo di persone nella propria vita, non aveva mai preso in considerazione che si sarebbe ritrovata ad ascoltare questo genere di conversazioni… in parte era convinta che non avvenissero proprio!
«Quel ragazzo vive in un bozzolo d’erba e cammina sugli stupefacenti. Potrebbe scambiarti per un alce quando esagera davvero.» La informa Bree, che finalmente è riuscita a ricomporsi. La sua affermazione non è stata detta tanto per, ma perché effettivamente quando stava troppo sotto agli acidi aveva scambiato lei e Jane una per un’alce e l’altra per un piccione gigante. Dio solo sa cosa frulla per la sua bella testolina…
«E tu gli affidi dei lavori?» Domanda con tono burbero Vegeta, prendendo per la prima volta la parola. Non sa neanche dire con certezza per quale ragione sia intervenuto, non dal momento che la questione non gli interessa davvero, ma non è riuscito a trattenersi. La loro stupidità deve essere in qualche modo contagiosa.
«È pazzo e decisamente fuori controllo, ma molto leale e meticoloso. Se si mette in testa qualcosa, difficilmente riesci a fermarlo.» Risponde pacatamente lo Spettro, sorridendo con aria beffarda. Quel Saiyan le va a genio, in qualche modo. È burbero e non le ha calcolate, è rimasto a distanza ed ha ascoltato in silenzio. Decisamente potrebbe essere il tipo di persona con il quale farebbe amicizia, sopratutto se tiene in considerazione i suoi battibecchi con Radish.
«Un giorno, magari, ve lo farò conoscere. Riuscirebbe a far sorridere pure te!» Afferma subito dopo con un grande sorriso allegro, ricevendo in risposta un grugnito scocciato dal Saiyan.
«Non ci contare.»
Si guardano negli occhi per qualche istante, una muta sfida a fare e non fare, un qualcosa che, alla fin fine, pure al Principe dei Saiyan va abbastanza a genio, mentre un pensiero comunque attraversa le loro menti: Tutto sommato, potrebbe non essere male avere questa gente attorno.



È stata una giornata molto intensa per tutti ed ora sono tutti lieti di tornarsene a casa. Pure Muten se ne è andato incredibilmente soddisfatto dopo aver avuto la possibilità di vedere il magnifico corpo scolpito di Bree prima che mutasse. Certo, sono dovuti intervenire gli altri affinché non collassasse, ma alla fine è andata bene, e la lupa, con la fidanzata in groppa, se ne è andata sfrecciando tra gli alberi.
Volevano una nottata diversa, hanno detto, e Sherry si è raccomandata di non far danni, non ora che il Quartetto pare tanto su di giri. Non lo avesse mai detto…

«Bene, stasera ceniamo con loro!
Devo parlargli di robe urgenti lontana dalle tue brutte orecchie sfregiate, meglio se stanno su al massimo!»


Avrebbe voluto correrle dietro per impedirle di fare scemenze - perché Sherry sapeva benissimo di quali “robe urgenti” devono parlare e quest’anno vorrebbe davvero evitare - ma è stata subito afferrata dal Saiyan.
Lo ha guardato in modo assai truce quando le ha avvolto la vita con un braccio e l’ha stretta a sé, soprattutto dopo aver notato gli sguardi sognanti di Lunch, Bulma e Chichi, che squittivano tra loro che pure uno come lui poteva essere dolce con la “donna giusta”, ma non ha fatto in tempo a contraddirle acidamente o ad offendere in qualche modo colorito Radish che questi si è alzato in volo, deciso a parlarle lontano da tutti.
Non ha neanche salutato, ignorando pure il “brutto maleducato!” che gli ha urlato dietro Chichi, e si è diretto subito verso casa sua.
È stato un viaggio strano ed estremamente lungo per entrambi: se da una parte c’era Sherry che voleva solo essere messa a terra per potersene andare a zonzo in tutta tranquillità e solitudine, dall’altra c’era Radish che si sentiva male come poche altre volte in vita sua. Lo ha ignorato per tutto il giorno, non si è lasciata neanche sfiorare, ad ogni vago accenno da parte di chiunque su di loro si rabbuiava come non mai e mostrava le zanne mentre ringhiava; adesso, come ciliegina sulla torta, tiene le braccia e le gambe ciondoloni al vento, quasi volesse in qualche pesargli per farsi lasciare andare. E non lo ha insultato, neanche una parola o un mugugno.
Ma ormai è vicino a casa. Potranno parlare, una volta arrivati. La trascinerà in cucina, probabilmente, così che il cibo possa in qualche modo tenere le loro mani e le loro bocche occupate e possano in qualche modo chiarire la situazione. Potrebbe funzionare come idea, Radish ne è convinto, e comunque sa che da qualche parte deve pur iniziare con i tentativi, ma Sherry non è decisamente della stessa idea.
«Ehi, casa mia è là.» Gli ringhia contro a denti stretti, continuando a tenere il corpo molle e pesante malgrado la paura per l’altezza. Deve combattere anche questo timore, adesso: un Re o una Regina non deve e non può mostrare alcun tipo di debolezza o paura se vuole poter proteggere al meglio il branco.
«Lo so.» Risponde con un mezzo sorrido il Saiyan, cercando di ignorare quelle strane sensazioni negative che gli crescono nel petto. Le sente distintamente, quasi fossero un qualcosa di reale e palpabile, e si sente sempre più confuso a riguardo perché sono tutte emozioni che contrastano con ciò che pensa.
«Che aspetti allora a farmi scendere?»
Abbassa lo sguardo, Radish, cercando i suoi occhi. Per un attimo pensa che scherzi, che sia uno dei suoi giochetti scemi per mandarlo su di giri e poi fargli le fusa per confonderlo, ma i suoi occhi glaciali gli fanno capire che stavolta è serissima.
«Fai sul serio?»
«Sì.»
Si sente mortalmente offeso da quello sguardo così colmo di bile e, virando velocemente fino a portarsi sul tetto del palazzo, la lascia andare con una certa cattiveria. Spera così di farla in qualche modo scattare, di vederla rigirarsi come una biscia come fa ogni volta che si sente contraddetta in modo aggressivo e così poter chiarire, ma lei semplicemente si alza e s’incammina verso la porta di metallo mezza arrugginita per poter rientrare, salutandolo con un gesto appena accennato della mano.
«Ci sentiamo.»
Si sente improvvisamente come avvolgere dalle fiamme, Radish, la vista per un attimo gli si annebbia e malapena ragiona su ciò che fa, motivo per cui si affretta ad andarle dietro e l’afferra con forza per un polso, costringendola a rigirarsi e a guardarlo negli occhi.
«Pensi davvero di potermi trattare così? Con chi cazzo credi di avere a che fare, eh?!» Sbotta a pochi centimetri dal suo volto sorpreso, camminandole in contro mentre lei indietreggia. Sa bene che in un certo senso è impaurita, ma non ha alcuna intenzione di mollare la presa.
Aveva deciso di lasciarle i suoi tempi, di fare in modo che prendesse consapevolezza da sola di quello che sono, ma si è reso conto, tutto in un colpo e dolorosamente, di non esserne capace. Non riesce ad aspettare, non riesce ad accettare che lei neghi un qualcosa di tanto evidente.
Ha fatto e sta facendo davvero tantissimo per lei, si è messo a nudo come mai aveva pensato di poter fare, gli ha mostrato tutto di sé e, per quanto sia consapevole che pure lei si stia aprendo in maniera significativa, ha bisogno di più. Ha bisogno che cominci a camminargli in contro, che si lasci un poco andare con lui, che lo lasci avvicinare davvero.
«Ma che ti prende?» Domanda ad occhi sgranati lo Spettro, il corpo schiacciato tra quello del Saiyan e la ringhiera alle proprie spalle. Sente uno strano peso sul petto, un qualcosa che la soffoca e non la fa ragionare lucidamente e, per l’ennesima volta, maledice il padre per averle fatto sopprimere per tanto tempo una grande gamma di emozioni.
Non ti serviranno”, continuava a dirle, con quello sguardo di disgusto e superiorità che le rivolgeva ogni volta che le posava gli occhi addosso. “
Le emozioni sono solo un intralcio. Prima imparerai a sopprimerle, meglio sarà. Guarda mia moglie: quella buona a niente si lascia trascinare tanto dalle emozioni da piangere sempre e risultare inutile in battaglia. Se vuoi vivere, bastarda, vedi di non provare più niente. Non mi servirai, altrimenti.
Al solo ricordo di quei glaciali occhi color ghiaccio che la trafiggono con disprezzo riesce a trovare la forza per spingerlo all’indietro, quel tanto che basta per mettere almeno un metro tra loro.
«A me che mi prende?! E a te?! Sei stata un pezzo di ghiaccio con me per tutto il giorno, sembravi sul punto di vomitare ogni volta che ti sfioravo e adesso te ne vuoi stare in casa tua. Che è successo?!»
«È successo che sono stata un’altra giornata con i tuoi parenti e i tuoi amici come se fossi la tua ragazza!»
Si lascia andare ad una breve risata nervosa, Radish, passandosi le mani sul viso giusto per non spaccare tutto ciò che lo circonda: «Andiamo, cazzo!, smettiamola di prenderci in giro con questa stronzata: tu sei la mia ragazza!»
«No!»
«Ah no? E allora perché hai detto che non devo neanche lontanamente pensare ad un’altra donna?» Le si avvicina di nuovo, non sorprendendosi nel vederla arricciare le labbra per mostrargli i denti. Denti che adesso vorrebbe farle ingoiare a furia di pugni, ma si limita a serrare le mani tanto forte da farsi male da solo.
«Perché mi manderebbe in bestia!» Risponde con ovvietà e rabbia lo Spettro, gli occhi che fiammeggiano in quella semi-oscurità.
«E perché?! Se non sei la mia ragazza, non dovrebbe importartene niente se mi sbatto altre donne, no?!»
Sbuffa forte, Sherry, e prova ad imboccare la lunga scalinata per tornarsene a casa. Non ha alcuna voglia di affrontare quella questione, la trova un’inutile perdita di tempo e di fiato, ma Radish le sbarra la strada un’altra.
Tutti quelli che lo conoscono almeno un minimo, resterebbero profondamente sorpresi nel vederlo: da furioso e offeso come solo un Saiyan può essere, si è imposto di calmarsi e adesso, dopo un lungo sospiro, poggia i palmi delle mani ai lati della testa di Sherry e la guarda con sguardo paziente, quasi speranzoso.
«Cosa ti cambia, eh? Stiamo bene insieme, ci divertiamo… cosa cambia se ammetti che non siamo solo due che scopano in continuazione ma che c’è effettivamente qualcosa?»
Sherry era sicura che fosse una cattiva idea affrontare la questione per tantissimi motivi, primo tra tutti il fatto che adesso le viene da piangere come ad una ragazzina. Neanche River riusciva a buttarla giù in questo modo, neanche i suoi tradimenti riuscivano a farla crollare così… e davvero non riesce a spiegarsi come ci sia riuscito un Saiyan rozzo, aggressivo, spesso cinico e talvolta volgare come lui.
«Cambia che un giorno, probabilmente neanche troppo lontano, capirai davvero cosa sono e mi caccerai via! Vuoi un secondo motivo?! Ti accontento! Se per qualche tuo strano disturbo mentale dovessi pensare che quello che sono ti sta bene, te ne andresti comunque in giro per lo spazio a combattere contro Dio solo sa cosa o ad allenarti, a cercare qualcosa che ti faccia sentire vivo! Perché è questo quello che fanno quelli come te! Guarda tuo fratello! Se ne va sempre per allenarsi e combattere!» Sente le lacrime spingere prepotentemente per uscire ma si rifiuta categoricamente di farsi vedere mentre piange di nuovo. È già successo troppe volte in quel mese, tanto che adesso le risulta difficile riconoscersi del tutto.
«Tanto per cominciare, io non sono mio fratello.» Afferma con tono un poco duro, puntando gli occhi nei suoi «Secondo poi, perché parti con questi presupposti del cazzo?! Porca puttana, eri partita col presupposto che avresti detestato i miei amici e invece ti piacciono, lo so! E adesso non solo ti sei convinta che me ne andrò, ma anche che tu non mi vada bene! Possibile che sei così scema?!»
Sherry fa per andarsene con fare stizzito ed imbarazzato, ma Radish la blocca subito e la spinge di nuovo contro la parete, poggiando stavolta i gomiti sulla fredda parete ai lati della sua testa. Le sta vicino, sa di aver vinto ormai, ed un lieve sorriso fa prepotentemente capolino.
«Ehi…» Sussurra appena, sollevandole il mento tra indice e pollice per guardarla di nuovo in quegli occhi che lo hanno come ipnotizzato, trovandoli adesso lucidi e straboccanti di imbarazzo «Se fossi voluto andare via da questo pianeta, lo avrei fatto anni fa. E poi me lo spieghi dove la trovo un’altra come te? Non riesci a capire che è te che voglio? Nessun’altra. Solo te.»
Le sorride con quell’aria da bambino innocente e furbetto che tanto la fa vacillare e sospira mentalmente quando gli poggia la fronte contro il petto. Si domanda se per ogni piccola cosa ci sarà da combattere in questo modo, se dovranno arrivare ogni volta a scontrarsi per delle scemenze e, nel caso, se ne avrà la forza, ma quando sente le sue mani fresche infilarsi sotto la maglia per sfiorargli delicatamente la schiena decide di cacciare quei pensieri. C’è tempo per scervellarsi su quelle questioni, adesso deve farla cedere del tutto.
La solleva velocemente e la mette a sedere sul corrimano alle proprie spalle e ghigna contro la pelle chiara del suo collo quando gli stringe il bacino con le gambe. Si sente incredibilmente fiero nell’aver trovato un metodo per metterla in ginocchio, un metodo che Fern certo non poteva usare. Tutto sommato, può dire di stare un passo avanti pure a quella donna con gli occhi da lince.
«Da quando sei così dolce al limite dello smielato…?» Ansima sorridendo l’Alpha, il corpo premuto contro quello granitico del Saiyan e la testa reclinata all’indietro, il collo deliziosamente esposto in modo per lui davvero troppo invitante.
«Da quando voglio scoparti a sangue contro questo corrimano…» Lascia scivolare una mano sotto al suo vestito leggero e le morde con una discreta forza la pelle tenera del collo.
Tutto sommato, pensa, scontrarsi spesso per delle scemenze potrebbe non essere troppo male se poi ogni volta finisce in questo modo…
«Mh… sarebbe scomodo…»
Le stringe rudemente il mento tra le dita e la bacia con ferocia, per poi sussurrare sulle sue labbra umide: «Allora ti scoperò in piedi…»
Sherry si stringe ancora di più e lascia che la sollevi dalla ringhiera, le dita immerse nei suoi capelli lunghissimi. Non riesce a credere che lui, il tipo che aveva reputato strano e pericoloso in quell’ormai lontana serata al Neon, sia riuscito a far crollare così facilmente buona parte delle sue difese. Non si sente ancora pronta per rivelargli dei dettagli piuttosto rilevanti del suo passato, non si sente assolutamente pronta per parlargli di Jäger come più volte le ha chiesto… ma pensa che, tutto sommato, un giorno potrebbe anche aprirsi. Potrebbe essere la prima persona alla quale rivela dei segreti del genere, la prima a cui apre completamente il cuore. Non ne è sicura ancora, ma potrebbe anche esserlo.
«… ma solo quando lo ammetterai.»
Ecco, quando ha queste uscite vorrebbe solo aprirgli la testa a mani nude, stritolargli il cervello grondante di sangue tra le mani e poi mandarlo a fare in culo in tutte le lingue che conosce - e sono parecchie, quindi la faccenda potrebbe richiedere del tempo.
Ogni singola volta in cui arriva a prendere in considerazione delle cose davvero importanti, lui ha sempre delle uscite che la fanno andare in bestia.
Non infierisce, però. Non stavolta. Gli sorride di rimando e poi lo bacia. Lo bacia con più passione del solito, quasi fosse di vitale importanza in quel momento. Lo bacia e con quel contatto profondo e intimo cerca di trasmettergli tutto quello che prova, tutto quello che non saprebbe descrivere a parole. E come potrebbe, in fondo? Per lei è tutto nuovo. Non ha mai avuto un esempio di amore che fosse anche lontanamente reale, quello raro che molti di loro sognano e al tempo stesso temono. Come si può capire qualcosa che non si ha mai avuto?
«Questa non è un’ammissione…» Mormora contro le sue labbra senza però allentare la presa dal suo corpo. La tiene stretta, la stringe quasi fosse un’ancora di salvezza, un qualcosa che può tenerlo lontano dal baratro di solitudine nel quale si stava stupidamente calando.
Lui è nella sua stessa posizione, tutto sommato, ma non ha mai avuto i suoi traumi, non gli è stata devastata la sfera emotiva quando era ancora un bambino di appena quattro anni, non ha avuto delusioni amorose capaci di scombinarti sotto ogni punto di vista. Potrebbe insegnarle quel poco che sa, potrebbe ricombinare quel casino che le hanno causato dentro… potrebbe, se solo lei gli parlasse.
Ma questo di oggi è un enorme passo avanti, lo sa, ed è quindi deciso a tentare ancora. Può farcela. Ne è certo. Conquistavo pianeti da ragazzino, dannazione! Questo non può essere poi più difficile o più stressante!
«Non ti basta sapere che lo penso?»
Ci pensa su per qualche istante Radish, poi sogghigna con aria soddisfatta e la solleva di scatto tenendole le mani in vita, costringendola ad allacciargli le gambe attorno al collo. Con una mano arpionata alla sua natica la sorregge e con l’altra le alza frettolosamente il vestito fin sull’addome. La guarda giusto una frazione di secondo mentre se la ride di gusto prima di immergere il viso tra le sue cosce per l’ennesima volta, deciso ad imprimerle almeno nella testa e nel cuore un marchio invisibile ma decisamente permanente.
Ridi, ridi, ragazzina. Non ti ho ancora marchiata come mia perché mi ammazzeresti nel sonno se solo ci provassi, ma credimi se ti dico che presto mi implorerai davvero di farlo!

Uno scombinato, squattrinato, violento, sarcastico, incredibilmente passionale al limite del patologico e per nulla raffinato uomo-scimmia che viene da un altro pianeta che spesso si comporta come un ragazzino.
Un uomo che in realtà ha il cuore di un bambino che però sa tornare adulto quando l’occasione lo richiede, disposto a sbattere più volte la faccia sullo stesso ostacolo pur di ottenere ciò che vuole.
Questo è Radish, per Sherry. È questo e davvero tantissimo altro ancora. D’ora in poi, però, dovrà aggiungere un’altro dettaglio alla lunga lista: è uno scombinato, squattrinato, violento, sarcastico, per nulla raffinato, incredibilmente passionale al limite del patologico, ostinato ed infantile uomo-scimmia che viene da un altro pianeta… ed è maledettamente fiera di poter dire che è il suo compagno.






ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
E niente… non so come ho fatto a far finire bene il capitolo visto che ho il morale sotto ai piedi. Anche più sotto se possibile, perché tra tutti i momenti in cui poteva succedere, purtroppo mia nonna è venuta a mancare domenica.
È un bene, in realtà, perché la sua non era più vita e davvero faceva male al cuore vedere una donna tanto indipendente ed orgogliosa come lei ridotta in quelle condizioni, ma l’idea di non averla potuta salutare e di non aver potuto abbracciare mio padre mi ha come distrutta un po’ dentro. 💔💔💔

Dire che è andata di lusso se sono ancora tutti vivi e contenti è dire niente. Ma durerà questa felicità? Beh… non proprio. Non del tutto, ecco. Andrà un po’ in vacca perché è bene che sia così, voglio che soffrano un po’ come me.

Anche a questo giro non ho molto da dire… sono un po’ scombussolata, ecco… vi dico solo che il prossimo capitolo sarà molto più zuccheroso del solito (secondo la mia scaletta il prossimo deve essere così, quindi sarà una tragedia scriverlo adesso!) e che in quello dopo ancora ci sarà un evento speciale e che durante questo evento non rivedremo solo Fern, Pip e Jane, ma arriveranno tutti e quattro gli scatenatissimi membri del Quartetto, le tre M maledette!
Ed anche River. E Camila. Tutti insieme appassionatamente!🤯

Okay. Vi ho rivelato anche troppo!
A presto
Un bacione
Kiki💔

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito capitoli precedenti! 💕
Ci tengo inoltre ad avvertirvi che ci sarà una piccola parte un pochino spinta che potreste trovare strana. O stupida. Non lo so. Forse sarebbe stato meglio trattenersi, ma ho pensato che fosse necessario per la reazione che volevo ottenere. Spero che non vi dia fastidio!

 

𝟙𝟛. 𝒩𝑜𝓃 𝓈𝓊𝒸𝒸𝑒𝒹𝑒, 𝓂𝒶 𝓈𝑒 𝓈𝓊𝒸𝒸𝑒𝒹𝑒…




Sei in assoluto la creatura più bella che esista in questo schifo di mondo.
Davvero… guardati!
Tu non cammini, fluttui a qualche centimetro dal terreno mentre i tuoi capelli d’ebano ondeggiano sulla tua schiena.
Tu non parli, la tua voce è troppo melodica… sembra sempre un canto lontano, quasi ancestrale.
Tu non sorridi, illumini ciò che ti circonda e infondi una speranza nuova e devastante nei cuori di chi ti guarda, e quei canini lunghi e un po’ sporgenti sono quanto di più allegro e buffo che abbia mai visto.
«Guarda quanto sei bello con i capelli all’indietro! Perché ti ostini a tenere questo ciuffo sugli occhi?!» Lo faccio perché poi tu metti su quell’adorabile broncio e me li sistemi. Mi costringi a sedermi e ti metti dietro di me, poggiando spesso i gomiti sulle mie spalle, e li pettini come meglio credi. E poi mi baci, quando hai finito. Mi prendi il volto tra le mani e mi baci come se fosse l’ultima volta, come se il mondo stesse per esplodere… ed ogni volta sento che è solo il mio cuore, ad esplodere.
Sai qual è la cosa brutta? Che non ti avrei mai notata se non fosse stato per mio padre. E tu sai quanto io lo disprezzi e quanto sia difficile per me essergli grato per questo.
Avevo sei anni e tu quasi otto, ricordi? Ci mandò a caccia assieme ad altri cuccioli, dovevamo dimostrare di essere capaci di riportare prede importanti… quante cazzate.
Tu mi avvicinasti, sorridevi per quanto la tua forma di lupo concede, e hai cominciato a trottarmi attorno. Eri felice, spensierata, tutta quella faccenda per te era solo un gioco.
Quando abbiamo finito, mentre ci riposavamo, ti sei avvicinata di nuovo. Mi hai dato del musone noioso perché controllavo il branco dall’alto, perché non interagivo con voi. Mi hai detto di non tirarmela e mi hai morso la coda. Volevo fartela pagare in qualche modo, così ti sono corso dietro… e tu ridevi, per te era solo l’ennesimo gioco. Mi hai condotto dove volevi e ti sei nascosta dietro ad una cascata mezza congelata. Mi hai costretto a tornare alla forma umana, a tremare per il freddo. Ti ho minacciata, ricordi? Volevo spaccarti la faccia e farti ingoiare i denti.
Tu mi aspettavi dietro la cascata, dentro ad un buco che avevi scavato chissà quando… e mi hai sorriso di nuovo. Non avevi paura di me, eri forse la prima a non guardarmi con timore e rispetto. Mi fece uno strano effetto… da una parte ne ero sollevato, dall’altra mi sentivo offeso.
Ti ho raggiunta perché davvero volevo farti del male e tu mi sei saltata addosso, facendomi scivolare sul ghiaccio e schiacciandomi a terra. Non avevo idea di cosa fare, davvero. Non riuscivo a capirti. E tu dovevi averlo intuito, perché mi hai sorriso con quell’aria arrogante che sai che mi fa impazzire e mi hai baciato. Un bacio vero, un bacio che mi spezzò il respiro e ribaltò il mio mondo.
Ah! L’ho visto! Non ti capivo… davvero, non ti capivo! Restavi seduta sul mio bacino e continuavi a guardarmi come una pazza. Eravamo due bambini, l’ultima cosa alla quale avremmo dovuto pensare erano proprio cose del genere… ma tu affermasti che il mio sangue ti aveva chiamata, che lo avevi sentito come un ululato lontano e disperato, e che Papà Spettro ti aveva suggerito di seguirlo.
Ho visto il lampo d’argento! Poi mi hai leccato la punta del naso… avrei tanto voluto prenderti a pugni. Ma come avrei potuto? Non avrei davvero potuto alzare neanche un dito su di te, improvvisamente non avevo più la mia forza.
Dio… se ripenso a quel giorno, il cuore pare esplodere nel petto, irradiandomi di quell’argento.
Eppure sono sempre stato tra i più forti, giù alla Tana.
A te non piace stare lì. Mi trascini sempre qua fuori, al piano di sopra. Dici che non sarebbe male andare a vivere con gli umani… e io ti ho accontentata. Ti ho resa felice costruendoti quella casetta ai margini di quel piccolo villaggio di pescatori. Abbiamo fatto l’amore per la prima volta quando te l’ho mostrata. Ero così insicuro… avevo il terrore di sbagliare tutto, di farti del male e, per la prima volta, pure tu eri intimorita. Dicevi di avere paura di fare qualcosa di sbagliato, di non essere abbastanza per me e che ti avrei sostituita con qualche donna più esperta, più bella e più forte. Ti risi in faccia, come lo stronzo che sono. Non riuscii a trattenermi e tu mi tirasti un pugno sul naso. Poi hai riso di me, sdraiato per terra a ridere mentre mi riempivo di sangue sul viso e sul collo. E poi lo abbiamo fatto, sul quel pavimento freddo e cigolante… e ci siamo morsi.
Ti rendi conto? Ti ho sposata il giorno del tuo tredicesimo compleanno, senza che nessuno lo sapesse.
«Come si chiameranno i nostri cuccioli?» I tuoi occhi… Dio, i tuoi occhi… ucciderei se qualcuno li rendesse tristi. Mi ucciderei se quel qualcuno fossi io.
Adoro il modo in cui mi guardi. I tuoi occhi d’ambra si accendono e si illuminano, quasi avessi di fronte a te la creatura più incredibilmente bella e pura di questo mondo… sai che non lo sono, vero? Sai che non sono come te? Io non accetto gli umani, non come te almeno. Ho imparato a tollerarli, mi sforzo per condividere gli spazi con loro quando stiamo qui in superficie, ma non condivido le tue idee.
«Perché, avremo dei cuccioli?» Non riesco a fare a meno di stringerti più forte, di coprirti con la pelle d’orso che ho cacciato per te. Ti piacciono gli orsi. Dici che il loro è il sapore migliore, che hanno il sangue dolce e zuccheroso… a me non piacciono molto, ma sono disposto a mangiare solo orsi per il resto della mia vita, se questo ti renderà felice.
«Certo che sì! Ne avremo sette!» Tu sei pazza, ma ormai è inutile ripetertelo.
Meglio pazzo che musone come te, non trovi?”, ma adesso sorrido di più… non ti accontenterai mai, vero? Tu cercherai sempre un qualcosa in più. E fai bene, perché è quello che faccio anche io da sempre.
«Perché proprio sette?» Ti siedi di nuovo sul mio bacino, nuda, e io non riesco a tenere le mani a posto. Ma tu me le blocchi dolorosamente, mi torci le dita all’indietro e arricci la bocca come ammonimento. Sai essere maledettamente insopportabile e dispotica quando vuoi, ma sono io che ho deciso di prendermi il pacco completo. Certo, non che avessi poi questa grande scelta dopo quel giorno dietro la cascata… ma ne sono più che felice. Sei quel più che mai avrei immaginato.
«Perché è un numero magico… e dei figli nostri non potranno che essere magici.» Ti abbassi su di me, mi baci a fior di labbra e ti ritrai per legarti i capelli in una morbida treccia laterale. Lo fai spesso, aiuta a coprire il morso. Odio doverlo nascondere a mia volta, odio dovermi impegnare tanto per tenerlo celato alla nostra gente, ma sappiamo entrambi che è necessario. Dobbiamo aspettare ancora quattro anni, poi potrò fare ciò che è necessario per liberarci entrambi.
«Il primo a nascere spero che sia un maschio… sarebbe tutto più facile se fosse un maschio… una femmina primogenita con due genitori Alpha attirerebbe troppi sguardi, e non voglio che qualcuno si faccia strane idee su una bambina appena nata.» Io non voglio proprio avere figlie femmine. Cazzo, spezzerei le braccia ai miei stessi fratelli se solo le tenessero in braccio per aiutarci, figurarsi uno Spettro che le fa la corte!
«Come lo chiameremo? O la, in fondo non possiamo decidere noi chi sarà il primo a venire al mondo…»
Siamo così giovani… ho appena compiuto quattordici anni e già fantastico con te sui nostri futuri figli. Non siamo poi tanto diversi dagli altri come crediamo, forse… o è ciò che ci lega che ci spinge a desiderare con tanto ardore una famiglia?
«Te lo ha detto Papà Spettro che saranno sette?» Ridi perché sei convinta che abbia capito solo questo di tutto ciò che hai detto. Ho sentito anche il resto, cosa credi? Solo che mi interessa di più questo dettaglio.
Odori di mandorle, sai? Mandorle e girasoli. È un odore caldo, il tuo… mentre io sono freddo. Tutti dicono che odoro di pini e di acque ghiacciate, e che pure il mio sangue ha un sapore freddo, acido, orribile per il palato. Ma a te è piaciuto, quando ci siamo donati il Morso. O forse mentivi? Sai bene che non ascolto il tuo cuore quando mi parli, mi stordisce sempre ogni singolo battito…
Mi fido a tal punto di te che ti crederei anche se mi dicessi di aver visto un asino volare. E probabilmente poi farei in modo di farlo volare sul serio, pur di vederti sorridere…
«Bisogna un poco interpretare le sue parole, ma sì: ha detto che darò alla luce un figlio speciale. Dal momento che sei mio marito e che ti amo più di ogni altra cosa, di chi altri dovrebbe essere?»
Sei l’unica, in mezzo a tutti noi, ad avere una tale fede in lui, l’unica che ci conversa anche nelle notti senza Luna. Non mi parli molto delle vostre chiacchierate, però. Mi hai detto solo che ti ha parlato di qualcosa di importante, qualcosa che cambierà il nostro modo di essere… e mi sta bene così.
«Bah, potrebbe essere anche suo. Tu gli piaci.»
«E questo ti rende geloso?»
Ti sposto una ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio, l’unica ciocca grigia al lato del viso. È buffa… e tu lo sei ancora di più quando muti: tutta nera con quella specie di pugno grigio attorno all’occhio destro. Ma sei auto-ironica, sei la prima a scherzarci tantissimo. “Quando i miei genitori facevano sesso, devo aver preso un colpo sull’occhio e mi è rimasto il segno! Devo considerarla come una strana forma di violenza infantile?!
«Io lo compatisco perché non potrà mai unire la metà della sua anima con la tua: lo hai già fatto con me.»
La verità è semplice: ti amo e questo è l’inizio e la fine di tutto.



Non vede l’ora di l’ora di tornare a casa per chiederle di uscire. Uscire sul serio, come le coppie normali. Magari due passi per strada, un cinema per prendere in giro un film mentre tentano di non saltarsi addosso, mangiare un pezzo di pizza. Qualcosa del genere, ecco. Non saprebbe neanche dire se è così che si svolge un appuntamento non avendone mai programmato uno, ma è  giustamente convinto di averci preso.
Non ha mai sentito al necessità di avere un appuntamento romantico in tutta la sua vita e non credeva neanche che gli sarebbe venuta ora proprio per lei, ma è un pensiero che gli è ronzato in testa per tutto il pomeriggio.
Quella mattina l’aveva vista curiosamente pensierosa e distante, ma come al solito è riuscita a sviare il discorso e ad addossare tutte le proprie preoccupazioni sulla sua nuova carica, dicendo che avrebbe avuto un’altra giornata pesante perché molti Freak stanno uscendo allo scoperto e vengono in massa ad offrirsi a lei e che, di conseguenza, deve pure calmare gli animi dei Purosangue non troppo entusiasti all’idea di averli nel branco.
Le ha in parte creduto, pur essendo perfettamente consapevole che gli sta nascondendo l’ennesima cosa. Perché Radish sa benissimo che lei ha dei segreti con lui e questo lo ferisce tantissimo. Lui si è messo completamente a nudo con lei, le ha letteralmente mostrato tutta la sua vita sia nel bene che nel male. Gli eventi negativi, inutile dirlo, erano decisamente molto più frequenti rispetto a quelli positivi. Le ha mostrato tutto, ogni più piccolo segreto, e lei invece ancora continua a non parlare.
Si è sentito un poco un idiota quando, quasi volesse farle un dispetto infantile, le ha scherzosamente chiesto se fosse nervosa anche perché avrebbe finalmente detto a tutti della sua presenza considerando che fanno ufficialmente coppia fissa, e lei lo ha informato che già sanno dell’esistenza di una figura ingombrante come la sua, pur non sapendo di chi si tratti. È rimasto così spiazzato da non riuscire neanche a chiederle spiegazioni a riguardo, domandandosi per un secondo se per caso l’avessero seguita fino a casa e li avessero visti assieme, ridestandosi solo quando gli ha dato un fugace e casto bacio a fior di labbra prima di dirigersi verso la porta. Solo a quel punto gli ha indicato la sua enorme maglietta che le arrivava quasi alle ginocchia ed ha capito come facciano a sapere di lui: hanno sentito il suo odore sulla sua pelle.
Certo, figurarsi se lo aveva detto di sua spontanea iniziativa…
Si è cambiato ed è corso ad allenarsi con Piccolo, arrivando pure a chiedergli un non indifferente favore alla quale pensava dalla notte in cui lei ha avuto quello spaventoso risveglio.
Dopo avergli spiegato a grandi linee la situazione, per quel poco che ne sa pure lui, gli ha chiesto gentilmente se potesse aiutarla grazie alla meditazione come in precedenza aveva fatto pure con lui. Il Namecciano gli ha detto che potrebbe farlo tranquillamente da solo, che non ha bisogno del suo aiuto, ma il Saiyan si è ritrovato costretto ad ammettere ad alta voce che non era alla sua altezza, in quel campo. Lo ha sottolineato con voce ferma ed un po’ arrogante, ma a Piccolo è andato bene. In fondo gli ha fatto dire ad alta voce di essergli superiore, almeno in qualcosa, e sa bene che è un traguardo non da tutti. Ha quindi accettato la sua proposta e poi si è seduto al suo fianco mentre pranzava. E sono rimasti così, calmi e in silenzio mentre l’uomo-scimmia divorava con ingordigia il proprio pranzo al sacco senza badare agli occhi attenti dell’amico che osservavano le sottilissime e quasi invisibili cicatrici che gli solcano le braccia e le spalle.
Lo guardava e si domandava se, oltre alla meditazione, non fosse il caso di allenarla in modo più completo e con lei la sua gente: se hanno una tale forza fisica, potrebbero aiutarli in futuro, almeno per rallentare un’eventuale minaccia e dare a loro modo e tempo di escogitare una strategia vincente. Tanto, se dovessero morire, ci sono pur sempre le Sfere del Drago… senza contare a quali ancestrali livelli potrebbero arrivare l’ira e la forza di Radish se le accadesse qualcosa.
Goku riuscì a trasformarsi in Super Saiyan quando Freezer uccise Crilin, dopotutto. Se a lui portassero via quella ragazza, penso che avrebbe una reazione ben più esagerata e distruttiva… probabilmente diventerebbe difficile anche per Vegeta o lo stesso Goku trattenerlo.
Hanno poi ripreso l’allenamento come al solito, bloccandosi però più del solito per fare due chiacchiere. Piccolo era decisamente di buon umore, quindi non si è risentito per niente.
Tra una battuta e un’altra, il Namecciano gli ha confessato di trovarlo davvero diverso, di vedere un qualcosa di nuovo in lui, come se fosse scattato qualcosa nella sua testa. Lo ha preso in giro dicendogli che poteva aspettarsi tutto da lui, tranne che si innamorasse. E Radish ha negato con tutto sé stesso, non riuscendo ad accettare quella che, a conti fatti, è una realtà piuttosto evidente.
Si sono salutati che il Sole stava cominciando a tramontare, ed ha notato che Piccolo si è sbrigato a volare via. Gohan lo aveva invitato a cena col benestare di Chichi e neanche lui pare avere il coraggio di tardare e farla infuriare. Da un lato la rinnovata maternità l’ha resa davvero dolce ed apprensiva nei loro confronti, ma dall’altra l’ha fatta come evolvere nella donna-drago-supremo. E nessuno vuol fare incazzare la donna-drago-supremo.
Solo Sher sarebbe così folle da provocarla a gratis…
Quel pensiero gli ha attraversato la mente come un fulmine e la consapevolezza di averla pensata anche in questo frangente lo ha un poco sconvolto. Perché la sua mente vola spesso su di lei, la vede in diverse ipotetiche occasioni, si diverte ad immaginare le sue reazioni. Mai aveva pensato tanto a qualcuno e questo è destabilizzante. E doloroso. Tanto doloroso. Perché non ha assolutamente la certezza che pure lei lo pensi tanto, anzi è convinto che si ricordi della sua esistenza solo quando lo vede.
Niente di più sbagliato: Sherry in realtà lo pensa molto spesso.
Pensa a come poterlo introdurre tra la sua gente senza creare danni e senza sollevare argomenti spinosi, pensa a come rendergli le cose più semplici malgrado la sua incapacità di aprirsi, pensa a come potersi in qualche modo modificare per vederlo felice.
Di tanto in tanto, poi, pensa a quanto fosse carino mentre dormiva, con la bocca socchiusa e i capelli sparsi ovunque, a quanto lui stesso avesse riso quando aveva carbonizzato la pizza e al fatto che avesse timore potesse farle male mentre la mangiava senza problemi, a quanto l’aveva fatta ridere quella volta in cui gli aveva fatto vedere Il Re Leone e lui l’aveva preso in giro da cima a fondo.

«Si vabbè! Quello è così cattivo che gli alberi si sono rinsecchiti tutti, i fiumi evaporati, l’erba pure… ci stanno morte e desolazione ovunque! Neanche il Sole c’è più, l’ha fatto esplodere!
Ma che cazzo ha fatto Scar secondo ‘sta gente?! Questo è l’effetto di una bomba termonucleare, non di un leone cattivo!
»


La fece morire dal ridere non solo per l’affermazione in sé e per il tono che usò nel parlare, ma anche perché stava tentando disperatamente di spogliarla sul divano mentre lo diceva!
Cedette proprio in quel momento, ormai con le lacrime agli occhi per le risate: come si può fare simili ragionamenti - mostrando quindi di star prestando una non indifferente attenzione al film - e nel mentre provare disperatamente a fare sesso?
Pensa alle volte in cui, dopo essersi svegliato di notte ed averla importunata fino a svegliarla - Tanto tu non fai un cazzo a giornate, puoi anche stare sveglia! -, se la svigna in cucina per cercare chissà cosa nella credenza e poi lagnarsi con lei perché non c’è. Ogni volta è inutile discutere su chi dei due l’abbia mangiato - sempre ammesso che vi fosse realmente -, perché per il Saiyan la colpa è sempre sua - se cadesse un asteroide sul pianeta, la colpa sarebbe inevitabilmente ed ovviamente sua - e per farlo smettere di lagnarsi come un bambino lei lo inchioda alla parete e gli pratica del sesso orale così travolgente da fargli tremare le ginocchia. Sa benissimo che lo fa di proposito, che spesso non si addormenta quando vanno a letto proprio perché vuole arrivare a questo, ma le sta bene.
Le stanno bene tante cose di Radish, cose che non aveva mai tollerato prima: le va bene che lasci gli asciugamani bagnati per terra e che sgoccioli ovunque quando esce dalla doccia; le va bene che le rubi il cibo da piatto e che lasci le stoviglie sporche nel lavandino; le va bene che di notte le tiri i calci nel sonno e che, di tanto in tanto, la butti di sotto per rubarle le coperte; le va bene anche fiutare il suo odore nei pressi della loro tana, purché continui a tenersi a distanza dalla sua gente fino a quando non sarà pronta. È arrivata addirittura ad accettare che ci siano molte, troppe, donne a puntargli gli occhi addosso per il semplice fatto che lui pare non rendersene neanche conto.
Ma Radish tutto questo non lo sa. Lei non glielo dice di certo, dà per scontato che lo sappia.
Questo è il loro problema più grande, probabilmente. Non si aprono, non ci riescono. Lui è bloccato dall’inesperienza, dal non essere sicuro dello svolgersi corretto delle cose, si sente in svantaggio poiché lei sa tutto di lui dopo aver bevuto il suo sangue, mentre lei per natura non è avvezza a dire i fatti propri.
È per questo che Radish ha pensato che un vero appuntamento fosse la soluzione ideale. Se si mostrasse così ben disposto nei suoi confronti, se le dimostrasse che non è il sesso che li tiene uniti, lei potrebbe arrivare ad aprirsi nei suoi confronti fino a raccontargli di tutti i suoi dubbi e delle sue paure… fino a metterlo al corrente davvero di Jäger.
Ogni volta che ripensa a quell’uomo senza volto, si sente accendere da una furia cieca. Vorrebbe fargli male in tutti i modi possibili, vorrebbe farlo soffrire in eterno per ciò che le ha fatto. Perché lui immagina benissimo cosa possa averle fatto, gli basta vedere come il suo corpo si irrigidisca solo nel sentirlo nominare o nel doverlo nominare lei stessa. L’ha lacerata dentro, le ha lasciato una tale impronta nel cuore e nella mente che davvero lo fa star male.
Di tanto in tanto pensa pure che anche lui deve aver lasciato questo genere di impronta in qualche povera disgraziata che gli era capitata per le mani e prova un tale senso di colpa che si sente come annientare. E Sherry in quei momenti si stringe a lui quasi gli leggesse nel pensiero, si accoccola contro il suo corpo e lì rimane in silenzio finché quel dolore non se ne va.
Per quanto la loro relazione sia strana al limite del disfunzionale, non potrebbe mai rinunciare a lei.
Adesso sale di corsa le scale del palazzo, il cuore batte furiosamente nel petto all’idea che lei sia già in casa. Non torna quasi mai prima di lui e adesso non può darsi una sistemata al volo per togliersi il sudore di dosso prima di proporle la sua idea.
Rimane per qualche secondo bloccato davanti la porta mentre la sua vicina esce di casa e lo saluta con occhi civettuoli arrossendo vistosamente. Non ricorda mai come si chiama e, prima dell’arrivo di Sherry, non si era neanche mai reso conto di quanto languidamente lo guardasse. È arrivato a pensare che, nel caso le cose andassero male per qualche motivo, potrebbe benissimo usarla per farla tornare tra le sue braccia… ma ha scartato l’idea quando si è reso conto che poi ritroverebbe le sue interiora sparse ovunque.
Entra in casa dopo aver preso un bel respiro, e sorride quando gli occhi si posano sulla sua figura snella appollaiata sul divano. Pare essere fisicamente incapace di stare composta quando si siede e questo lo fa sempre un poco sorridere. Gli dà tanto dell’immaturo e poi…
«Mi faccio una doccia e usciamo.» E tanti saluti a qualsiasi forma di dolcezza presa in considerazione durante la giornata. Magari salutarla meglio, chiederle della sua giornata e darle un bacio senza far sfociare la situazione in qualcosa di più bollente, chiederle se le va di andare fuori… no:  è entrato a gamba testa, non ha salutato, è stato chiaro, coinciso e fine.
«Se ti va.» Non suona convincente neanche per scherzo: lo ha guardato quasi di sfuggita ed ha distolto subito lo sguardo mentre si alzava dal divano, tormentandosi le pellicine attorno alle unghie.
Sbatte un paio di volte le palpebre, confuso, e lascia cadere le braccia lungo i fianchi mentre libera la coda: «Sputa il rospo.»
«Cosa intendi?» Falsa, falsissima e decisamente a disagio per essere così trasparente ai suoi occhi «Dai, che programmi avevi?»
Anche se lei non gli racconta un sacco di cose, Radish può dire di conoscerla bene e per questo si lascia andare ad un lieve sospiro mentre si dirige verso il bagno. Si sfila la maglietta mentre è ancora in salotto e la sorpassa, buttandogli l’indumento addosso con fare scherzoso.
Gli pare di sentire il rumore dei suoi pensieri mentre va ad aprire il getto della doccia e questo gli dà la consapevolezza che stia per aprirsi. O per mandarlo affanculo. Qualcosa sta per fare però, di questo ne è certo.
Senza dire una parola, Sherry gli cammina dietro e butta la sua maglietta nella cesta dei panni sporchi. Ci sono un paio di asciugamani dentro e mentalmente si appunta di lavare tutto prima di andare a dormire, ma decide saggiamente di accantonare quei pensieri.
Silenziosamente com’era arrivata, esce di nuovo da bagno dopo aver poggiato sul lavandino una provetta aperta e sporca dei residui di un liquido nero. Attaccato c’è un lungo nastro di seta viola e nero con un piccolo ciondolo, un rubino splendente a forma di goccia, ed una piccola pergamena stropicciata.
«Che roba è?» Afferra la pergamena e legge il testo scritto con una calligrafia chiara e raffinata, sentendosi improvvisamente accendere da un forte senso di fastidio al limite della gelosia:

Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.

Un piccolo dono d’auguri alla Regina del Nord.
Che possa portarti sollievo nei momenti di solitudine e tormento.
Con sincero affetto.


«Sincero affetto il cazzo.» Brontola a denti stretti mentre chiude con fare stizzito il getto dell’acqua ed esce dal bagno per chiederle spiegazioni. Vuole sapere subito chi è che pensa di mandarle dei doni e che pensa di poterle scrivere “con sincero affetto”, giusto per sapere a chi far ingoiare i denti, trovandola seduta sul divano, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani a coprirsi il viso.
«Chi l’ha mandato?» Sente la propria rabbia defluire fuori dal corpo tutto in un colpo quando lo Spettro alza gli occhi su di lui: sono lucidi e pieni di lacrime ormai impossibili da trattenere.
Le si avvicina subito e s’inginocchia vicino a lei, pietrificandosi totalmente nel sentirla singhiozzare e nel vederla gettargli le braccia al collo.
Sente il cuore stritolarsi nel petto, congelarsi ed infine esplodere a quel contatto mentre le sue emozioni sembrano quasi travolgerlo.
«L’ho vista…» piange come non ha mai fatto in vita sua, lo tiene stretto a sé e nasconde il viso nell’incavo del suo collo. Non le importa che puzzi di sudore, non le importa che possa farle domande inopportune, non le importa di niente. Ha bisogno di stringerlo, di averlo vicino e di sentire il battito del suo cuore contro il proprio, di sentire le sue braccia forti che la sorreggono e la tengono stretta.
«Ho visto la mia mamma…»
Era così giovane, Leila… era giovane, con il volto sempre allegro ed un sorriso caldo e contagioso. Era una lupa magnifica, con quel buffo pugno grigio attorno all’occhio, l’orecchio sinistro con la punta un poco floscia e la coda lunga e foltissima.
Era innamorata, Leila. Era follemente innamorata di qualcuno che non è riuscita a riconoscere e da lui era amata con un’intensità così devastante che non ha fatto altro che piangere all’idea che siano stati divisi.
Dividere una coppia di Spettri che si è volontariamente donata il Morso è qualcosa di terribile per chi resta in vita, ma dividere due Spettri che hanno davvero unito l’anima… dicono che non ci sia tormento più grande neanche all’inferno.
Lo Spettro sopravvissuto sentirà per sempre ciò che ha provato la propria metà prima di spirare e il suo cuore sarà eternamente incapace di battere per qualcun altro. Una solitudine terrificante ed immortale, un qualcosa che ha sempre spinto il disgraziato a cercare disperatamente la morte per ricongiungersi alla propria metà, un qualcosa a cui nessuno è mai sopravvissuto.
Beh, nessuno… finora.
Pensa che questo Spettro, tanto formidabile da essere riuscito a resistere per venticinque anni senza la metà della propria anima, deve avere una forza di volontà che splende con una ferocia capace di ferire gli occhi.
Ma Sherry non saprebbe dire chi è, non dal momento che è stato ben attento a mostrarle ricordi in cui lui non poteva essere visto e non veniva chiamato per nome. È un uomo cauto, anche troppo, e il fatto che sia riuscito ad estrarre un ricordo che aveva celato nel sangue nero le fa capire chiaramente che si tratta di un esemplare estremamente dotato.
«Cosa intendi?» Radish, incapace di calmarla malgrado la tenga così stretta da impedirle di respirare correttamente, se la carica in braccio, lasciando che gli allacci le gambe in vita, e la conduce in camera da letto. Si siede sul comodo materasso e tenta inutilmente di farla sedere al proprio fianco, ritrovandosi così costretto a doverla sorreggere come una bambina.
Gli sta bene, tutto sommato, perché quella bambina troppo cresciuta si sta reggendo a lui, sta cercando confronto in lui anziché nella donna con la quale è cresciuta o in uno dei suoi amici che, di certo, ne sanno più di lui.
La lascia piangere restando in silenzio, limitandosi semplicemente a darle qualche bacio sulla testa quando i singhiozzi cominciano a farsi incontrollati e ad accarezzarle piano la schiena.
Non sopporta vederla a pezzi così, gli risulta oltremodo inconcepibile che una donna con la sua forza possa in qualche modo spezzarsi. Se dipendesse da lui, niente di negativo la toccherebbe mai proprio per evitare di vedere i suoi occhi riempirsi di dolore.
«Era felice…» Mormora contro la sua pelle con parole difficili da comprendere «Era innamorata… ed era amata oltre ogni limite…»
Prova ad immaginare, Radish, cosa proverebbe nel rivedere sua madre, cosa proverebbe nel vivere un qualche ricordo attraverso gli occhi sempre severi di Bardock, nel sentire lui stesso i suoi sentimenti.
Non riesce ad immaginarlo, neanche lontanamente. Solo l’idea di poter rivedere sua madre, anche per pochi istanti, lo devasta. E se è così per lui che ha avuto la possibilità di conoscerla, di godersi le sue carezze, i suoi sorrisi, il suo affetto, la sua protezione… cosa può provare lei che invece non l’ha mai vista neanche per un istante e che si sente responsabile per la sua morte? Suo padre la tolse dal suo grembo e, resosi conto che la piccola non emetteva un suono, se la portò via. La portò via dalla madre morente e lasciò ad uno dei suoi figli riconosciuti l’onore di spezzare quel sottile filo che ancora la teneva in vita.
Mai un solo contatto, neanche visivo.
Ed ora invece l’ha vista attraverso i ricordi nitidi di un’altra persona, ha sentito la sua voce, il suo odore… deve essere quanto di più potente e devastante possa anche solo lontanamente immaginare.
«Vorrei sapere chi è stato a mandarmi il ricordo…»
Abbassa un poco gli occhi per poterla guardare, trovandola improvvisamente stanca, come svuotata. Rimane immobile tra le sue braccia, le gambe strette alla sua vita, un braccio che gli avvolge il collo e l’altro piegato tra i loro corpi, con la mano che gli carezza appena il collo, la testa abbandonata sulla sua spalla.
«Non ha lasciato alcuna traccia di sé… neanche il suo odore… e non ricordo quella voce… non riesco a capire chi possa essere…» Si stringe maggiormente a Radish, strusciando la punta del naso contro la sua gola come farebbe da lupo «Deve essere qualcuno che se n’è andato subito dopo la sua morte… ma non ho mai sentito parlare di qualcuno con la sua forza che ha lasciato il branco.»
«Come fai a sapere che è forte?» Sa bene che non è la domanda giusta, sempre ammesso che ce ne sia una, ma gli è venuta spontanea. Si pente subito però, timoroso di aver detto qualcosa capace di urtarla o ferirla. Devo imparare a stare in silenzio, cazzo!
«Sappiamo schermare dei ricordi… li seppelliamo da qualche parte e lì rimangono nascosti anche agli altri. Per mostrarli dobbiamo donare un particolare tipo di sangue, quello nero… dicono che sia così perché contiene ricordi troppo privati o dolorosi che in qualche modo diventa tipo nocivo per noi stessi, come velenoso… ed è lì che tengo buona parte dei miei ricordi.»
La stringe ancora, incapace di mollare la presa. Spera di infonderle qualcosa con questo gesto. Qualsiasi cosa. La speranza più grande, in realtà, è che si senta un minimo protetta tra le sue braccia, che capisca davvero che lui è lì, che la proteggerà ad ogni costo e da qualsiasi minaccia.
Ma lei si separa, seppur a malincuore, e si asciuga frettolosamente gli occhi con il dorso delle mani. Tira sonoramente su col naso e cerca disperatamente di ricomporsi, a disagio nell’essersi fatta vedere tanto fragile per l’ennesima volta. Questa è una delle poche cose che ancora non riesce ad accettare della loro relazione, ma è sicura di potervi porre rimedio in tempi brevi.
«Allora… che programmi avevi?» Tenta di sorridergli, di mostrarsi di nuovo la solita Sherry ma, purtroppo per lei, Radish è tutt’altro che scemo.
Sospira forte e le asciuga col pollice una lacrima ribelle, abbandonandosi ad un sorriso tenero quando vede le sue gote arrossarsi: «Mh… vediamo se il mio programma ti piace: ordiniamo thai e mentre aspettiamo mi faccio una doccia al volo, poi mangiamo qui sul letto, prendiamo il tuo computer e ci guardiamo qualcosa, magari uno di quegli stupidi film d’animazione che mi fanno tanto incazzare… e quando ti addormenti, io butto via tutte le confezioni che avrai lucidato con la lingua. Che te ne pare?»
Reclina un poco la testa di lato, Sherry, guardandolo con un briciolo di sospetto.
«Ma non volevi uscire?»
«Non sono libero di cambiare idea?» Domanda di rimando, facendole un sorriso, sapendo bene che non resiste a quell’espressione buffa ed infantile.
«Radish…» Il suo è quasi un lamento, ma al Saiyan non importa. Vuole tenerla al sicuro, lontana da tutto ciò che può essere stressante come la presenza di appetitosi esseri umani. Vuole che rimanga lì, nel suo letto, lontana dal mondo, avvolta dal calore delle sue braccia. Vuole farla ridere, vuole che si distragga da tutta la merda che c’è fuori da quelle mura, vuole che si senta al sicuro con lui.
Da un lato il suo è un gesto assai egoista, poiché sta facendo tutto ciò che è in suo potere per inchiodarla a sé, ma da un altro lato è quanto di più dolce ed altruista abbia mai fatto in tutta la sua vita.
L’afferra per la vita e avvicina il volto al suo fino a sfiorarle le labbra. Ma non la bacia, non ne ha alcuna intenzione. Per la prima volta da quando la conosce, il desiderio malato che ha di lei si è come assopito per dar spazio al suo istinto di protezione.
«Voglio restare in casa, okay? Voglio restare qui, a mangiare quella roba schifosa mentre guardiamo un cartone… qualche problema a riguardo?»
Gli morde delicatamente la punta del naso, facendolo accigliare. Solo ora si rende conto che condivide qualcosa con la madre, oltre a buona parte dell’aspetto fisico.
In tutta risposta, Radish le soffia in faccia sapendo quanto le dia fastidio.
«Sai essere davvero adorabile, lo sai?»
In questo momento, per Radish l’unica cosa adorabile è il suo sorriso. Gli sembra una bambina felice davanti ad un regalo bellissimo e il suo cuore comincia a battere così velocemente da fargli temere l’infarto. Ma si riprende subito, cercando di mascherare come meglio può il profondissimo senso di vergogna che lo sta divorando.
L’afferra con decisione per i fianchi e la ribalta all’indietro, facendola cadere rudemente di schiena sul materasso. E lei ride, momentaneamente lontana dal ricordo della madre. Esiste solo Radish, adesso. Lui e il suo essere infantile.
Si volta un poco e si abbassa su di lei, i lunghi capelli corvini che cadono ai lati del suo viso sembrano quasi intenzionati a nasconderli al mondo intero.
«E non hai visto niente!» Esclama allegro dandole un fugace bacio a fior di labbra prima di rizzarsi in piedi per andare a fare la doccia «Ora ordina da mangiare che sto morendo di fame e decidi cosa guardare… non vedo l’ore di demolirtelo scena dopo scena!»


Non è stato facile abbandonare il letto, ma si è imposto di farlo per il quieto vivere. Se l’avesse toccata in modo inappropriato dopo aver pianto in quel modo, dopo avergli detto di aver visto la madre ed essersi accorto della sua preoccupazione nei confronti di quello Spettro misterioso… come minimo gli avrebbe rotto il setto nasale con una testata.
Si è quindi chiuso in bagno per farsi una doccia fredda, ascoltando distrattamente la canzone da lei messa ad alto volume in salotto. L’ha riconosciuta, gliel’ha fatta sentire più volte: Paranoid dei Black Sabbath. Non credeva, ma il ritmo heavy metal non gli dispiace per niente.
Quando è uscito, l’ha trovata a ballare sul divano, la sua lunga maglietta che la copriva appena mentre si scatenava. Ha riso nel vederla così ed ha semplicemente alzato il volume.
L’avrebbe fatta sfogare senza toccarla, il piano era questo.
Sherry, però, non pareva essere della stessa idea quando l’ha raggiunto e, dopo averlo afferrato per la nuca, l’ha tirato in basso per baciarlo. Un bacio affamato, bisognoso, alla quale Radish ha risposto con impeto.
No, non è il caso. Si è detto, staccandosela di dosso per andarsi a cambiare. Se non la faccio sfogare così, potrebbe arrivare al punto di volermi parlare di tutte quelle cose che tiene segrete. Per sua stessa ammissione sono parecchie.
Hanno poi cenato sul letto mentre lo Spettro armeggiava col proprio portatile, alla ricerca di qualcosa da fargli vedere che potesse in qualche modo divertirlo. La scelta, in realtà, era molto amplia, perché pare non resistere dal prendere in giro in modo atroce ogni film d’animazione che gli propone.
Alla fine, mentre lui divorava la terza ciotola di pad thai, ha preso una decisione e gli ha fatto vedere La Sirenetta. Ed è morta dal ridere.
Non ha fatto altro che definirlo un film amorale, sbuffando per ogni canzone e prendendo in giro ogni scena come le aveva precedentemente detto.
Ha elogiato Re Tritone, pur dandogli all’inizio del coglione e del megalomane, denominandolo il “re dei marpioni” dopo aver notato  il numero delle figlie, dandogli poi dell’eroe indiscusso ed unico vero protagonista quando si sacrifica per la figlia senza pensarci un secondo; ha odiato ed insultato Ariel per tutto il tempo, dandole della piccola stronza superficiale che, senza battere ciglio, ha mandato affanculo la famiglia senza neanche salutare; per il principe, invece, non ha fatto altro che sbellicarsi dalle risate, affermando infatti che fosse così coglione e pieno di ormoni impazziti da essere un pericolo pubblico.
Dai, se questo per mal disgrazia va a fare una passeggiata di due ore, torna minimo con cinque mogli, dodici divorzi e venticinque figli! Sul serio, pensaci! Ha visto la squinzia sul mare e subito fanculo tutto, torna e si sposa la mattina dopo senza dire neanche una parola a l’altra stronza.
E le canzoni… Cielo! Per Il Re Leone era rimasto in silenzio, aveva anzi mostrato una discreta attenzione per “Il Cerchio della Vita” e aveva un’espressione divertita durante “Hakuna Matata", ma a questo giro si è davvero lasciato andare. Ogni tanto scappava in cucina, disseminando bestemmie durante il tragitto e tornando solo a canzone terminata, ma per una in particolare si è veramente sbizzarrito: quando infatti il granchio Sebastian finiva nella “cucina degli orrori” - come lui stesso l’ha definita - e il cuoco si metteva a cantare, non ha potuto fare a meno di commentare a modo suo.
Ma chi è che stacca la testa ad un pesce? Con un’accetta, poi! Con quello sguardo! È sbagliato, dai! È completamente sbagliato!
Ma ti pare una cosa normale? No, ma poi guarda lì! Cos’è ‘sta violenza?! Questi sono traumi per un bambino. Non è che se c’è una canzoncina buffa va bene. Se glielo fai vedere poi viene su uno psicotico assetato di sangue… scommetto che tu lo guardavi spesso, vero?

In pratica, Sherry non ha guardato né sentito niente, se non il brontolio del compagno semi-sdraiato al suo fianco. Ed ha riso. Ha riso fino alle lacrime nel vederlo infervorarsi tanto.
Il Saiyan, non avendo assolutamente sonno, le ha poi rubato il computer dalle mani ed ha scelto un altro film, un thriller questa volta, che però non ha seguito quasi per niente.
Sherry si era infatti rigirata tra le sue braccia e aveva preso a baciarlo dolcemente e lui si è sciolto come neve al Sole. Ha dovuto ricorrere a tutto il proprio autocontrollo per non spostare le mani dai suoi fianchi, per non strapparle la maglia di dosso e farla sua immediatamente. Non gli sembrava il caso, non dopo averla vista piangere disperatamente poche ore prima… e curiosamente a questo giro lei sembrava dello stesso parere, preferendo delle dolci coccole.
Ha sospirato di sollievo quando è sgusciata fuori dal letto per prepararsi per dormire, e si è sentito solo peggio quando è uscita dal bagno completamente nuda. Non che la cosa l’abbia sorpreso, ma per i suoi ormoni è stato un colpo decisamente basso.
Si è però imposto la massima rigidità anche quando si è sdraiata al suo fianco e si è accoccolata contro il suo corpo, tenendo una gamba appoggiata sul suo bacino. Si è messo a pensare alle peggio cose mai fatte in vita sua per ignorare e, se possibile, sgonfiare l’erezione che ormai svettava prepotentemente tra le sue gambe da quasi un’ora, riuscendoci solo quando, senza accorgersene, si è addormentato.
Non sa quando sia crollato, non sa quanto ha dormito, ma sa bene che non chiuderà mai più occhio all’idea di rifare lo stesso sogno anche solo un’altra volta.

Il tuo corpo nudo su quel letto è stupendo, così maledettamente eccitante, e il tuo sguardo… cazzo, potrei venire subito.
Sorridi con aria lussuriosa ed allunghi un braccio come per chiamarmi, ma non riesco a muovere un muscolo. Sono come incatenato qui, bloccato a sedere a qualche metro da te.
Sento i tuoi incitamenti, affermi di volermi subito, di non farcela più ad aspettare, ma davvero non riesco a muovere un muscolo.
«Sei impaziente oggi, eh?»
Kakarot? Che diavolo ci fai qui? Tu dovresti essere morto… come fai ad essere qui? Che succede? OI! Perché cazzo ti stai spogliando?! Scendi subito da quel letto, vestiti e scappa prima che riesca a capire come muovermi e ti spacchi il culo!

Non è vero. No. Non è vero.
Non mi stanno facendo questo. Non ci credo che lo stia baciando… e tu, Kakarot, toglile immediatamente le mani di dosso! Lei è mia!
«Mi eri mancato da impazzire…»
No, no… non è vero… non scherzare. No.
Non riesco a distogliere lo sguardo neanche quando mio fratello si abbassa tra le tue cosce e ti esplora con la lingua per darti piacere. Non riesco a distogliere lo sguardo neanche quando gemi sommessamente, facendo le fusa come una gatta, mentre gli immergi le dita nei capelli per tenerlo più vicino.
Voglio morire… adesso, subito. Voglio che il mio cuore esploda in questo momento lasciandomi stecchito. Se potessi muovermi, porterei uno dei due con me.
Tu gemi e il tuo corpo vibra in risposta alle attenzioni animalesche di mio fratello… e sembra che non sia la prima volta, da quel che  vi dite.
«Provavi tutto questo con Radish?» Ti prende lentamente ma con vigore, ad ogni affondo ansimi sempre più forte.
I rumori che fate… basta, vi prego, smettetela! Smettila di guardarlo così, non lo sopporto…
«No… mai… lui non era niente. Tu sei migliore in tutto, amore mio…»
Non lo baciare, non così… ti prego, smettila. Basta!

Urli di spingere più forte e ti lasci rigirare come vuole, ti lasci scopare con ferocia e vieni urlando il suo nome.
«Mordimi…»
Kakarot, per favore, no… non farlo. Non portarmela via. Sei il più forte, va bene, ma cazzo non portarmi via anche lei!
«Speravo che me lo chiedessi…»
E io, lo sento, sto davvero morendo. Lo sento dentro, mentre il cuore va in frantumi e il sangue si gela nelle vene mentre lui ti morde sulla clavicola, mentre gemi più forte e ti stringi al suo corpo come se ne valesse della tua vita. Era un gioco quando lo facevi con me? Era a questo che aspiravi?
Mentre affermi che sei solo sua prima che ricominci a scoparti, sento qualcosa di umido sulle guance.
«Sherry…»


Apre gli occhi di scatto, colto da uno spasmo che gli ha dato la  spiacevole sensazione di precipitare nel vuoto.
Respira con affanno, lasciando saettare gli occhi per la stanza scarsamente illuminata dalla luce che filtra dalla tenda.
Malgrado sia consapevole di essere completamente sveglio, gli sembra ancora di vederlo, suo fratello, che si sbatteva la sua compagna… e di vedere lei che lo incitava, che si stringeva a lui, che lo baciava e lo implorava di morderla. La sensazione di umido sulle guance, inoltre, è ancora presente e, forse, ancor più fastidiosa che in sogno. Portandosi una mano sul volto, si rende conto con stupore e sgomento di avere le guance rigate da qualche lacrima.
Ho davvero pianto per una cazzata del genere?!
Si porta faticosamente a sedere, il cuore avvolto dall’angoscia più nera. Perché, alla fine, tanto una cazzata non è: suo fratello è più forte. Inutile girarci attorno, ne è consapevole. Non lo ammette ad alta voce, assolutamente, ma è costretto ad ammetterlo almeno con sé stesso.
Lei era attratta da lui, all’inizio (adesso non saprebbe dire se è solo quello), perché fisicamente molto più forte dei loro maschi… e se, un domani, incontrasse il suo portentoso fratellino? Perché prima o dopo tornerà in vita, lo sa bene. Che succederebbe? Lo ignorerebbe e resterebbe al suo fianco, o perderebbe la testa per un guerriero dal cuore puro come lui?
Certo, Kakarot non è proprio il tipo che tradisce la moglie, Radish è convinto che a stento sappia cosa sia il sesso, figurarsi…
Ma Sherry? Potrebbe allontanarlo perché invaghita di un altro… e niente gli dà la certezza che non giocherebbe sporco più che mai per ottenere ciò che vuole.
Il cuore è avvolto da una profonda tristezza mista a gelosia e d’istinto si porta le mani alla testa, come se così facendo potesse bloccare il flusso dei propri pensieri.
Un mugugno al suo fianco lo fa in qualche modo ridestare. Lascia scivolare gli occhi sulla figura dormiente di Sherry e sulla sua espressione contratta in una smorfia quasi di dolore.
Ancora quell’incubo?
Si passa di nuovo le mani sul volto e sospira stancamente, decidendo infine di alzarsi per andare a prendere un po’ d’acqua fredda in cucina. Di solito tiene un bicchiere sul comodino, perché quando i suoi incubi lo svegliano prepotentemente lui ha bisogno di bere, ma ultimamente finivano con lo spaccarlo involontariamente e quindi ha smesso di tenerlo lì. Tanto, considerato il fatto che l’immagine di suo fratello che le tira i capelli mentre se la sbatte da dietro è come impressa a fuoco nel suo cervello, davvero non riuscirebbe a riaddormentarsi.
È assurdo che arrivi a sognare una cosa del genere… con Kakarot protagonista, poi! Avrebbe senso se al suo posto ci fosse stato Turles. Già, lui se la sarebbe fatta subito… e se lei non ci fosse stata, l’avrebbe violentata senza battere ciglio. Un altro motivo per non resuscitarlo mai, quel coglione. Farebbe più danni di quanti potrei farne io. E ci proverebbe con quella schizofrenica emotivamente disturbata.
La
mia schizofrenica emotivamente disturbata.

A quel pensiero, curiosamente, si sente un poco risollevare. Sherry è lì, in casa sua, nel suo letto. Potrebbe starsene ovunque, chiunque tra la sua gente la ospiterebbe con gioia, primo tra tutti il suo ex.
Già, quel simpaticone… Sherry gli ha detto, tra una battuta e un’altra, che non sarà facile fargli mollare la presa perché troppo orgoglioso per ammettere la sconfitta e lui per poco non si scheggiava i denti per quanto stringeva la mascella al solo pensiero di quel tipo che le ronza attorto tutti i giorni mentre sono separati. Gli ha poi chiesto, con quel ghignetto divertito stampato in faccia, se per caso fosse geloso, dal momento che si era visibilmente accigliato, e lui ha ribattuto che non poteva certo essere geloso di un uomo morto. E poi gli ha stretto le braccia al collo, lo ha baciato ed infine gli ha sorriso in quel modo infantile e allegro che lo fa sempre sciogliere.
Quella è l’espressione che tanto lo fa impazzire e, per ammissione di Bree, la usa solo con lui.
Nell’incubo non sorrideva così a suo fratello. Mai. E non urlava come un’ossessa come con lui, non gli artigliava la schiena e non piangeva per il piacere mentre supplicava di continuare.
Si sente improvvisamente come soddisfatto dalla consapevolezza che no, lei non lo pianterebbe così facilmente per suo fratello, e per questo decide che può anche tornare a letto. Non ha intenzione di riaddormentarsi, non ci pensa proprio, però può sempre disturbarla fino a farla svegliare. Cosa faranno dopo davvero non lo sa, ma non gli importa.
Si sdraia al suo fianco e la osserva mentre dorme. È calma adesso. Gli pare quasi di scorgere un lieve sorrisetto ad incresparle le labbra.
Si stranisce davanti a questo repentino cambiamento d’umore. Quando ha qualche incubo, non finisce così. Se sogna colui-che-presto-morirà-soffrendo-tantissimo le reazioni hanno del disastroso e questo lo hanno appurato quella notte ormai lontana, ma se sogna altro continua a mugolare e rigirarsi tra le lenzuola anche per ore, sussurrando spesso i soliti nomi, talvolta lasciandosi andare a qualche guaito. Ora invece, dopo neanche dieci minuti, è calmissima.
Una bizzarra idea gli passa per la mente, attraversandola come un treno, ma non gli sembra possibile. Anzi, gli sembra proprio assurdo al limite del fantascientifico… ma poi si ricorda delle loro nature differenti. Si ricorda che vengono da pianeti differenti, che lui può trasformarsi in un’enorme scimmia capace di devastare il mondo e lei in un lupo alto più di due metri e di almeno una tonnellata di peso. Si ricorda che la sua gente è strana, che il loro sangue ha caratteristiche pazzesche e, di conseguenza, si rende conto di non poter scartare del tutto l’idea.
Ma come proporgliela? Se la svegliasse per dirle di un’idea tanto assurda senza prove, andrebbe in bestia. Senza contare che indagherebbe sul suo incubo, gli estorcerebbe la verità, se la prenderebbe mortalmente per aver pensato che potrebbe fargli un torto simile dopo la sua precedente relazione e lo pianterebbe in asso. Non vuole neanche immaginare quanto dovrebbe faticare per farsi perdonare, così opta per un metodo alternativo.
Sì, ma quale? Dovrei pensare a qualcosa capace di mandarmi in bestia… tipo Vegeta. Vegeta che diventa molto più forte di me e rompe le palle. Sì, questo potrebbe funzionare… ma non riesco a concentrarmi su quel nano viziato con lei nel letto.
A questo pensiero, la soluzione arriva da sola.
Con espressione concentrata e movimenti cauti, allunga una mano verso di lei per afferrare il bordo della coperta e tirarla in basso, scoprendo il suo corpo nudo.
Le lunghe gambe sode e muscolose sono un poco divaricate, con il ginocchio sinistro un poco piegato verso l’esterno; un braccio è sollevato a circondarle la testa, con la mano semichiusa vicino alle sottili cicatrici sul volto, l’altro è abbandonato sull’addome piatto e tonico, il petto si alza e si abbassa ritmicamente.
Gli occhi del Saiyan seguono con attenzione le sue forme, soffermandosi sui seni piccoli e sodi, i capezzoli un poco inturgiditi a causa del repentino cambiamento di temperatura. Ogni volta che si spoglia - o la spoglia -, non riesce a fare a meno di fissare quel corpo segnato da innumerevoli scontri, flessuoso ed incredibilmente caldo… ed ogni volta si ritrova con un’erezione d’acciaio tra le gambe.
Si sdraia di nuovo al suo fianco continuando a seguire le sue forme illuminate dalla debole luce esterna ed avviai una lenta e discreta masturbazione pensando a tutto ciò che vorrebbe farle, a tutto ciò che fanno ogni volta, controllando con la coda dell’occhio il volto dello Spettro. Una parte di lui quasi teme il suo risveglio, convinto che possa in qualche modo irritarsi e dare il via ad una discussione, mentre l’altra vuole controllare le sue reazioni.
Gode silenziosamente, ghignando vittorioso quando comincia a sentire i suoi mugolii sommessi che si fanno a mano a mano più forti e decisi. La consapevolezza di aver ragione mista ai versi che emette l’Alpha, lo portano ad accelerare i movimenti fin quando non raggiunge il culmine, seguito a ruota da un’incosciente Sherry.
Ha ancora il respiro affannato quando una discreta euforia comincia a serpeggiargli nel petto. Ovviamente non può dirlo con estrema sicurezza, ma quello che ha appena visto gli dà giustamente modo di credere di aver ragione.
Si ripulisce in fretta e furia per poi inginocchiarsi sul letto al suo fianco, scuotendola con una discreta forza per la spalla. Ma lei non pare avere alcuna intenzione di dargli retta e prova debolmente a scacciarlo come farebbe con una mosca.
«Dai, svegliati!» Insiste ancora, scuotendola con più forza, ottenendo finalmente una piccola reazione.
«Possibile che ti venga sempre voglia di notte…?»
Non è sufficiente. Ha bisogno che si svegli e che sia cosciente per poterle parlare, così decide di accendere di colpo la luce, accecandosi da solo.
Sherry si rigira di colpo mentre la luce le frigge gli occhi malgrado le palpebre quasi del tutto chiuse e subito mena un colpo al niente con l’intenzione di fargliela pagare.
«Ma cosa accendi la luce?! Coglione!» Mugugna infastidita, rannicchiandosi in posizione fetale mentre cerca le coperte con la mano. Coperte che però sono tutte in fondo al letto, ben lontane da lei.
«Questi sono lamenti da fighetta.»
«Continua e li farai tu…»
Ridacchia appena, Radish, e finalmente spegne la luce. Rimane in ginocchio vicino alla lupa che si stiracchia nel letto e l’idea di farle tutto quello che si stava immaginando fino a pochi minuti prima diventa incredibilmente allettante.
No. Non posso. Stasera non è la sera adatta, devo accettarlo. Dopo colazione… sì. Dopo colazione, magari quando va giù nel seminterrato per usare la lavatrice… sì. Sì, è un’idea fantastica. Bravo Radish!
«Che c’è?» Borbotta mentre si porta a fatica a sedere, i corti capelli scuri sparsi un po’ in tutte le direzioni e gli occhi gonfi. Non ha idea di cosa stesse sognando, sa solo che si sente incredibilmente strana.
«So che non sei dell’umore e non è certo il momento adatto visto che sono tipo le tre del mattino, ma non potrei riprendere sonno con questo dubbio.» Parla velocemente, la coda che si agita involontariamente alle sue spalle. Sherry segue quei movimenti frenetici con gli occhi, tornando poi a concentrarsi su di lui con aria interrogativa e decisamente contrariata.
«Vieni al punto, Koba.»
«È possibile che io senta le tue emozioni e tu le mie?»
Rimane immobile, le gambe incrociate e un braccio abbandonato in grembo e l’altro a mezz’aria, la mano tra i capelli.
«Cosa?» Domanda semplicemente, assottigliando lo sguardo. Sente inoltre un odore particolare nell’aria e, con aria circospetta, dà subito voce al proprio dubbio: «Perché c’è odore di sesso? Mi sono persa qualcosa?»
«Ho fatto un esperimento. Piacevole per entrambi, a quanto pare.»
«Sono le tre passate e continui a tirarla per le lunghe… perché ci tieni tanto a farmi incazzare?»
Sospira forte, Radish, deciso a giocarsi il tutto per tutto. Non è mai così intrattabile appena sveglia e sa che ciò è dovuto alla confusione che aveva dentro quando si è addormentata. Ormai anche per lui è chiaro che ha una sfera emotiva disturbata e chiusa al limite del patologico, quindi non si è affatto sorpreso nel vederla accantonare la questione prima di cena.
«Okay, allora… ho avuto un… un incubo assurdo e mi sono svegliato che ero, diciamo, un po’ nervoso. Ti ho guardata perché mugolavi e avevo paura che tu avessi il tuo, di incubo, così sono andato a prendermi un po’ d’acqua in attesa che tu esplodessi e nel mentre mi sono calmato… quando sono tornato in camera, magicamente ti eri calmata anche te. Così mi sono incuriosito e mi sono detto: “Non è che magari sentiamo l’uno le cose dell’altra? Beh, c’è solo un modo per scoprirlo!”, così ti ho tolto le lenzuola di dosso e mi sono fatto una sega guardandoti-»
«Non so se essere incazzata, disgustata o spaventata. Davvero.» Lo interrompe così, gli occhi spalancati e l’espressione indecifrabile. Lo fissa con insistenza, le mani chiuse a pugno. Non sa davvero se colpirlo con tutta la sua forza, scoppiare a ridere o rimanere così, immobile ed incapace di credere che il suo compagno sia così fuori di testa.
«Sii seria, dai.»
«Ci sto provando, ma non capisco il punto! Che c’entra farsi una sega mentre io dormo?»
«C’entra perché quando sono venuto io, sei venuta anche tu!» Gli sembra così ovvio a Radish. Era convinto che ci arrivasse subito, in fondo sa che è discretamente intelligente e che ha visto cose ben più assurde di quello che le sta dicendo, invece pare come cadere dalle nuvole.
«Avrò sentito il tuo odore e basta… o magari stavo sognando qualcosa in particolare, vai a sapere…» Prova a ributtarsi sui cuscini, venendo però bloccata dal Saiyan. Le tiene con forza i polsi e prova ad avvicinarla allungando una mano verso il suo fianco e, contro ogni logica, lei lo lascia fare e si porta intenzionalmente fin sulle sue gambe muscolose.
«No, dai, sul serio! È possibile che sentiamo davvero le emozioni l’uno dell’altra?» Cerca i suoi occhi nell’oscurità, cerca di capire cosa le passi per la testa, ma è impossibile perché lei gli poggia la fronte sulla spalla e sbuffa come una locomotiva. È stanca e nervosa, ma davvero non può mollare la presa e rimanere con un dubbio tanto grande.
«No…»
«Davvero? Sicura sicura?»
«Dovresti essere come minimo un Freak perché possa accadere, ma non lo sei. Vieni da un altro fottuto pianeta, quindi non esiste che tu abbia il nostro sangue.»
«Perché, se lo avessi?» Mentre parla sente come se un fastidiosissimo nodo si stesse formando nel suo addome, stretto e quasi doloroso.
«Non ce l’hai.»
«Ma se invece sì? In fondo bevo spesso il tuo.»
«Non basta, per niente. Dovresti averlo dalla nascita nel corredo genetico, okay?»
«Okay, ma metti caso che invece sì perché ho bevuto il tuo?»
Quando ci si mette, Radish sa essere fastidioso come una mosca vicino all’orecchio mentre provi a prendere sonno. Una mosca cavalcata da una zanzara che a sua volta è cavalcata da una zecca con le pulci. Se Sherry non provasse qualcosa di davvero forte per lui, avrebbe già provato a strappargli gli occhi con un cucchiaino da tè.
Ma alla fine, dopo interminabili secondi di silenzio durante i quali il Saiyan le pizzicava delicatamente i fianchi per darle fastidio e convincerla a dargli retta, Sherry si lascia andare all’ennesimo sospiro frustrato e lo mette al corrente di una cosa alla quale neanche lei pensa mai. Una cosa che, secondo il suo modesto parere, è talmente rara da potersi considerare una specie di miracolo tra quelli come lei.
Miracolo che ha colpito Leila…
«Circa una settimana fa abbiamo guardando un film d’animazione con i vampiri… ricordi? Quello col ragazzo con i capelli tipo Pip. Ricordi cosa dicevano? Che facevano zing? Ecco, alcuni Spettri fanno tipo zing. Succede solo una volta nella vita ed è estremamente raro. Per quanto ne so, quando si fa zing si sentono l’uno le emozioni dell’altra e, quando il rapporto si solidifica, si può arrivare a sentire a lunga distanza se l’altra è in pericolo o se sta soffrendo fisicamente. Soddisfatto adesso? Mi lasci dormire?» Lo allontana malamente e si ributta a pesce sul materasso, desiderosa solo di chiudere la strana conversazione per cadere di nuovo tra le braccia di Morfeo. Ma Radish, ovviamente, non è del suo stesso parere, essendo ormai più che sveglio, difatti le pizzica con forza il fianco, facendola saltare come un gatto.
«Ahi! Ma sei deficiente?!»
«Sei arrabbiata! Lo sento!»
«No, idiota: vedi che sono incazzata e adesso sei convinto di sentirlo!» Gli ringhia contro mentre prova a sferrargli un calcio nell’addome, trovandosi per qualche secondo con una gamba tesa verso l’alto e la mano libera di lui che le tamburella giocosamente sul polpaccio. Ritrae poi l’arto con fare stizzito e si gira di nuovo, decisa a dormire quelle poche ore che le sono rimaste. Dovrà uscire prima del solito ed affrontare una giornata pesantissima, non è davvero dell’umore per stare ai suoi giochi.
«Adesso mettiti a dormire, per cortesia, o ti assicuro che puoi scordarti i pompini notturni da qui a sei mesi, come minimo!»
«Io però l’ho sentito…» Borbotta contrariato mentre si sdraia di nuovo al suo fianco, la punta della coda che le picchietta insistentemente sulla coscia.
Si rigira di scatto, tenendosi sollevato su un gomito, e avvicina pericolosamente il viso alla sua spalla. La mordicchia appena, sorridendo contro la sua pelle quando la sente mugugnare qualche lamento. Gli piace farla innervosire così, anche perché poi finisce sempre con lo stringersi a lui come per farsi perdonare. Fern li ha addomesticati in modo strano, non c’è che dire…
«Se ti mordo, ti arrabbi?» Mormora vicino al suo orecchio, la voce bassa e roca che per un attimo la fa fremere.
Sorride sornione quando si gira tra le sue braccia e lascia scivolare una gamba in mezzo alle sue, con una mano che lascivamente sale sul suo petto per poi scivolare sulla schiena, arrivando inesorabile fino all’attaccatura della coda. Lì si ferma e il Saiyan sobbalza appena quando sente quelle letali dita stringerlo con una certa cattiveria.
«Sono sul punto di strapparti la coda, Radish… per poi cospargerla di senape e maionese solo per darla in pasto al tuo culo. Vuoi davvero continuare questa conversazione?!»
Il concetto è chiaro e semplice, Radish lo afferra subito e butta la testa sul cuscino mentre Sherry si abbandona tra le sue braccia e si assopisce, lieta di aver chiuso il discorso ed aver avuto l’ultima parola.
Forse ho esagerato un po’
Si mordicchia distrattamente l’interno della guancia mentre lascia vagare gli occhi per la stanza immersa nell’oscurità, la mente che continua a pensare al fatto che no, non si è convinto di sentire la sua rabbia: lui l’ha sentita nel petto, come la piccola fiamma di un fiammifero quando viene acceso. Forse neanche una fiamma, più una scintilla, ma comunque presente al centro del petto. È sparita subito, però, surclassata dalla sua euforia.
Ora, con lo Spettro che si è velocemente riaddormentato stretto nel suo abbraccio, non sa esattamente cosa prova.
Si sente confuso da quella scoperta-non scoperta agghiacciante.
Si sente come magnetizzato dal suo corpo che non riesce a smettere di sfiorare.
Si sente debole perché non riesce a togliersela dalla testa.
Si sente euforico perché, se ha davvero ragione su tutta quella faccenda, lei non guarderà mai e poi mai altro uomo all’infuori di lui, fosse anche la divinità più potente mai esistita.
Si sente come schiacciare dalla potenza di quella relazione un poco disfunzionale.
Si sente irrequieto all’idea che là fuori, chissà dove, c’è un altro Spettro capace di farla preoccupare.
Si sente mancare il fiato quando gli tornano in mente le parole di Piccolo, più potenti e devastanti del momento in cui le ha pronunciate.
Abbassa lo sguardo su Sherry. Gli sembra tranquilla, rilassata, fragile e vulnerabile. Se solo fosse così anche in altri momenti, se avesse la capacità di lasciarsi andare a lui come in questi momenti, sarebbe tutto dannatamente più semplice.
Ma forse è proprio il fatto che lei non sia poi tanto semplice a farlo ammattire tanto. O forse è solo perché Piccolo, alla fin fine, aveva assolutamente ragione.
«Hai fatto un casino con la mia mente…» Mormora mentre la stringe un poco, posando il mento sulla sua testa. Rimangono così, stretti nel loro calore, e Radish decide di ammetterlo ad alta voce ora che lei non può sentirlo, così da non compromettersi ancora di più: «…e mi hai fatto innamorare.»





ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Capitolo scritto più velocemente del solito… non so come ho fatto. È venuto da sé, in due giorni esatti.
Le parole si scrivevano da sole, il che è strano visto che ho difficoltà a gestire il romanticismo. Boh. Sarà la quarantena… o forse mi divertiva vederli in questi momenti sapendo cosa succederà a breve.
Non so chi dei due sia quello messo peggio, comunque. Da una parte c’è lui che è inesperto e si è ritrovato per le mani una donna abituata a tenersi tutto dentro, dall’altra c’è lei che non sa gestire le emozioni, quasi non le riconosce e di colpo si è pure ritrovata a vedere qualcosa di devastante per la sua psiche. 🤯

Entra poi in campo anche un nuovo Spettro, seppur sia rimasto accuratamente nell’ombra. Sarà un timidone? No. Un cazzo, proprio. 🙂

Stavolta, non so perché, voglio dedicare due paroline anche per Leila: una ragazza/donna (perché lei aveva il corpo di un’adolescente e la mente di una donna adulta, alla fin fine) che crede fermamente in un’entità superiore con la quale conversa spesso, con la quale ha un rapporto vero, una ragazza/donna disposta a compiere gesti estremi senza alcun rimorso pur conoscendo tutte le conseguenze.
Una ragazza/donna che amava con tutta sé stessa il suo giovane e schivo Spettro, un ragazzo condannato dalla nascita ad un qualcosa che mai avrebbe voluto e che ha trovato conforto solo in lei, nelle sue stranezze, nella sua forza e nella sua dolcezza.
Leila, una donna vittima/non vittima degli eventi, una donna che ha dato tutto per un qualcosa di più grande, senza però avere alcuna certezza che questo qualcosa si realizzasse.
Per molti non sarà così e lo capisco, ma penso che sia forse il personaggio dall’animo più forte che io abbia mai creato. Forse un poco egoista, perché si è ritrovata come costretta a condannare il suo amore e l’ha fatto senza ripensamenti, ma che teneva così tanto alla sua gente da non dubitare mai delle proprie scelte.
Non so perché dico queste cose, alla fine tutto verrà mostrato più apertamente col proseguire della storia, ma tengo molto più a lei che non a tutti gli altri personaggi.
O forse lo faccio solo perché mentre scrivo queste righe il mio umore oscilla pericolosamente da una parte all’altra, toccando tutte le emozioni possibili.
Boh.🤪

Ragazzi e ragazze, direi che è giunto il momento di salutarci in vista del prossimo capitolo (già pronto). Un capitolo dove ci saranno non solo i nostri beniamini, ma anche Bree, Mimì, Fern, il Quartetto in tutto il suo dinamico splendore, Pip, Jane, River e Camila.
Chi indovina per quale evento possano trovarsi costretti tutti assieme?🤗

A presto
Un bacione
Kiki 🤙🏻

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Avvertenza❌: Capitolo LUNGHISSIMO, ben 42 pagine. Leggete quando avete tempo, davvero…

Un grazie speciale a Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo, siete stati dei tesori! 💓 Grazie anche a Teo5Astor per aver recensito gli altri capitolo 💓

𝟙𝟜. 𝒩𝑜𝓃 𝓁𝒶𝓈𝒸𝒾𝒶𝓇𝓂𝒾 𝒶𝓃𝒹𝒶𝓇𝑒 𝓋𝒾𝒶



Una giornata pazzesca, ecco cosa ha vissuto Sherry dalle 8 del mattino fino a quando non è rincasata verso le 18.20.
Una giornata pazzesca che avrebbe evitato anche più di Jäger, ma che, invece, l’ha travolta in pieno come un uragano.
Era inevitabile, però. Lo sa bene e per questo non si è lamentata neanche un secondo ma anzi si è lasciata abbracciare e baciare le guance da tutti. Ha lasciato che facessero tutto il casino che volevano, che brindassero per lei fino ad ubriacarsi ed accasciarsi a terra con la ridarella. Ha lasciato che intonassero canti e suonassero alla meglio delle loro capacità annebbiate dall’alcol. Ha anche lasciato che i cuccioli giocassero con tutti quegli stupidi palloncini rosa, finendo con lo scoppiarli fino a far rimbombare insopportabilmente la tana.
Sapendo bene che il compleanno di un Sovrano è un evento che tutti vogliono festeggiare non ha emesso neanche un lamento, pur non capendo perché ci tengano tanto. Lo trova stupido, davvero, ma sa che probabilmente lo fanno per compiacere e tenere alto l’umore dello Spettro che deve accollarsi tutte le responsabilità.
Lei, comunque, non ha fatto storie. Si è lasciata trascinare in mezzo a loro, ha sostenuto i più giovani quando si piegavano a vomitare e ha rifiutato quanto più cortesemente le avance dei più audaci. Ad uno ha spezzato le dita di una mano dopo essersi preso troppe libertà, ma nessuno ha battuto ciglio a riguardo. Al limite hanno preso in giro il povero illuso, per poi attaccarlo ad una bottiglia di vodka fino a farlo vomitare.
Qualcun altro, tanto ubriaco da non riuscire a stare in posizione eretta, ci ha tenuto tantissimo a chiederle dove fosse il suo misterioso amante. L’ha fatto con un tono tanto derisorio al limite del meschino che Sherry davvero non è riuscita a capacitarsi del fatto di non averlo sventrato come un branzino di fronte a tutti. Forse era la consapevolezza che l’aspettava una serata ancora più pesante, forse perché la divertiva la consapevolezza che Radish lo avrebbe strangolato con la coda nel sentire quel tono irrispettoso o forse perché Glover gli è balzato addosso con l’agilità di un gatto e l’ha massacrato a suon di sberle. Dei manrovesci da manuale proprio, alla fine è scoppiato pure l’applauso.
Quest’ultimo si è mostrato incredibilmente ben disposto nei suoi confronti da dopo l’Ordalia, arrivando a farsi carico di moltissime cose per alleggerirla. All’inizio pensava che volesse in qualche modo fregarla, che come minimo volesse metterla in cattiva luce agli occhi degli altri, ma ha capito subito che no, quel burbero Spettro voleva solo rendersi utile per renderla più forte e libera di escogitare le proprie difese ed offensive.
Le si è poi avvicinato e si è seduto al suo fianco, rimanendo lì per quasi tutto il tempo. I suoi figli andavano e venivano, la sua compagna chiacchierava e ballava con le amiche e le nuove arrivate, e lui teneva d’occhio la situazione assieme a lei. È rimasto quasi sempre in silenzio, tenendoci solo a dirle che per la serata non doveva preoccuparsi, che avrebbe tenuto sotto controllo le esuberanze del branco così che lei potesse godersi la festa.
Già, perché la sua vera festa non era certo quella, no. La sua vera festa è con la sua famiglia. Loro sanno che lei odia il proprio compleanno, che per quanto la riguarda il 15 Novembre dovrebbe essere cancellato, ma nessuno, proprio nessuno, può convincere il Quartetto a non fare festa. Neanche venisse Dio in persona e li pregasse in ginocchio di non farlo: loro gli riderebbero in faccia, lancerebbero un insulto completamente gratuito e alzerebbero la musica fino a far crollare le pareti.
Meglio accontentarli, senza ombra di dubbio.
Quando è arrivata a casa è rimasta immobile sul cornicione della finestra a fissare Radish stravaccato nel letto con un asciugamano poggiato distrattamente in vita. Lui non è mai a casa così presto, era sicurissima di non trovarlo e poter così lasciare semplicemente un biglietto per giustificare la propria assenza.
Poi è sgattaiolata dentro e si è sdraiata al suo fianco, lasciando che l’uomo le avvolgesse la vita con un braccio per trascinarsela addosso. La guardava languidamente mentre con le mani le carezzava piano la schiena da sotto la maglietta e lei non riusciva a smettere di sorridergli.
Una parte di lei le urlava disperatamente di dirgli che era il suo compleanno e che sarebbe andata a festeggiarlo con i suoi fratelli, le sue sorelle e la sua mamma… e probabilmente con il suo ex-fidanzato, che nel pomeriggio era come sparito. Quella stessa parte avrebbe voluto dirgli che preferirebbe restare lì con lui, sul suo divano a mangiare qualcosa e a guardare un film… ma non l’ha fatto.
È rimasta sdraiata sul suo corpo caldo e forte, beandosi delle sue carezze leggere finché non ha notato che si stava avvicinando pericolosamente l’ora di uscire. Si è così alzata a malincuore dopo una breve ma passionale lotta e si è trascinata in bagno per una doccia veloce. Radish non le ha chiesto niente, limitandosi a ributtarsi sul letto.
Sherry sentiva i suoi occhi divorarla mentre si infilava un paio di strettissimi jeans a vita bassa e la canotta nera con le spalline sottili, un poco corta. Mentre stava seduta sul bordo del letto per infilarsi gli anfibi, Radish l’ha raggiunta alle spalle per metterle la catenina d’oro di Fern, solo per poi farle reclinare la testa di lato per baciarle e morderle piano il collo.
L’ha lasciato fare come in estasi fin quando le sue grosse mani non si sono intrufolare sotto la canottiera, sfiorandole dapprima l’addome per poi stringerle rudemente i seni. Solo a quel punto ha deciso, non senza un gemito di frustrazione, di allontanarsi, scattando in piedi come se una molla del materasso le avesse pizzicato la natica.
Le ha chiesto dove pensava di andare e lei, con il cuore pesante, gli ha detto che usciva a cena con gli amici e Fern perché è tanto che non stavano insieme. Una mezza verità, ecco, che però il Saiyan ha accolto con una scrollata di spalle prima di afferrarla per un polso e tirarsela contro. Le ha preso il viso tra le mani e l’ha baciata con urgenza, per poi lasciarla andare senza far storie.
È rimasta piacevolmente sorpresa da questo suo atteggiamento. Piacevolmente sorpresa ma anche un poco insospettita. Perché Radish è molto più curioso, fa sempre domande talvolta inopportune, e se gli viene in mente che vuole fare sesso di certo non si ferma così facilmente. Inoltre non si toccano dalla mattina prima, quindi i suoi sospetti sono più che giustificati.
Ha tenuto la guardia alta dal momento in cui è uscita di casa fino a quando, con Bree, non sono arrivate a Il Piccolo Borgo per prendere Fern, bellissima ed elegante come sempre col suo tailleur rosso fuoco e i capelli perfettamente in ordine. Si è ritrovata però a dover abbassare le difese quando la donna ha cominciato a massacrare di insulti Bree per i suoi abiti. Che poi, secondo l’Alpha, non aveva davvero esagerato… non più del solito, comunque. Bree si era infatti presentata con una fascia nera sul seno e pantaloni stretti a vita alta con una cintura con chiusura a fiocco. Niente di eccessivo, soprattutto trattandosi di lei, ma Fern non era assolutamente dello stesso parere.
Nell’abitacolo l’anziana signora non riusciva proprio a smettere con le proprie ramanzine fin quando la sua adorata sorella adottiva, con uno smagliante sorriso malizioso, l’ha informata che non vivono più assieme perché si è fidanzata col bel tenebroso e violentissimo alieno. Inutile dire che Sherry le ha tirato un pugno nel braccio così forte da farla sbandare per strada.
Fern, però, non si è sbilanciata troppo. Si è limitata a dire che sapeva che con River non avrebbe potuto funzionare per sempre perché hanno due indoli troppo differenti e che invece l’omaccione tutto muscoli e capelli le pare più adatto. A quel punto Sherry le ha informate entrambe che 1- Radish non è il suo fidanzato* e che 2- non vivono insieme. Ne è seguito un battibecco molto acceso tra le tre, con Sherry e Bree che si contraddicevano l’un l’altra e Fern che le insultava entrambe perché dopo tanti anni ancora “guidano col culo”.
Mentre poco dopo Fern e Bree discutevano animatamente su quale fosse la più sexy tra le Spice Girls, Sherry si è sentita improvvisamente meglio. Pure l’idea di aver nascosto l’ennesima cosa a Radish le è sembrata improvvisamente meno grave.
Perché sa benissimo che non sta facendo una bella cosa, che lui muore dalla voglia che lei si apra nei suoi confronti, ma davvero non ci riesce. Tutto della sua vita - dalla sua nascita al momento in cui ha incontrato Fern - le sembra incredibilmente sbagliato, la fa sentire come sporca ed ha paura del suo giudizio più di qualsiasi altra cosa al mondo. Forse teme più quello che non lo stesso Jäger.
Adesso, con l’aria fresca che le carezza la pelle e la mano fuori dal finestrino che fende il vento, ascolta distrattamente Bree che afferma che la migliore era Baby Spice con quella sua aria da porcona e che però se le sarebbe fatte tutte indiscriminatamente, mentre Fern si accende una sigaretta borbottando che non potrà arrivare a fine serata senza romperle almeno un dito. Sono come cane e gatto loro due, lo sono sempre state. Un cane e un gatto che si adorano.
Sorride ad entrambe mentre Fern tira i capelli alla figlia perché ha quasi schiacciato un pedone per puro divertimento ed infine si abbandona sul poggiatesta. Le mancavano le loro serate, tanto. Pensava che tornando in città avrebbero avuto molte più occasioni per stare assieme, ma Radish è entrato di prepotenza nella sua vita, scardinando le sue certezze ed incatenandola involontariamente alla sua persona.
Si domanda come ci sia riuscito in poco più di un mese quando River, in sette anni, non ce l’ha mai fatta per davvero.
Si domanda perché lui riesca a farle battere il cuore con tanta forza, al contrario dei loro maschi.
Si domanda come sia riuscito a buttare giù le sue difese, a renderla tanto vulnerabile e fragile da farsi vedere in lacrime.
Si domanda dove trovi la forza di sostenerla e sopportarla, quando lei stessa ci riesce a fatica.
Si domanda come riesca a farla sentire al sicuro, a darle la forza per tenere la testa alta ed affrontare le difficoltà a brutto muso. Certo, lo faceva anche prima, ma adesso è diverso. Lui è diverso.
Presa dai propri pensieri, non si è accorta di essere finalmente giunta all’Alien, ristorante preferito dal Quartetto, considerato uno dei più chic della città che per ben dieci giorni all’anno chiude al pubblico per celebrare i loro compleanni. Ciò succede perché la proprietaria è una Mezzosangue che prese in simpatia Major quando era solo un dolce bambino che voleva portare a cena fuori la sua mamma adottiva. Quando la donna capì chi fosse la mamma adottiva in questione, disse al cucciolo che sarebbe stata sempre a loro disposizione ogni volta che volevano e da quel momento i loro compleanni vengono festeggiati lì, offerti dalla Mezzosangue come regalo: il 12 Febbraio tocca a Fern, seguita il 6 Marzo da Pip, il 17 Aprile da Bree, il 12 Maggio da Maddox, il 5 Giugno da Mordecai - dove vengono raggiunti puntualmente da almeno tre volanti della polizia -, il 12 Luglio da Jane, il 21 Agosto da River, il 1° Settembre da Major, il 15 Novembre da Sherry e con il 17 Dicembre Micah chiude il cerchio.
Sono sempre feste dove il cibo si spreca e l’alcool scorre come un fiume in piena, dove si tiene la musica a tutto volume e si balla finché si è capaci di stare in piedi. Sono migliorati col tempo, arrivando a togliere il disturbo entro mezzanotte, ma solo per potersi andare a divertire in luoghi più caotici e dispersivi o per andare a fare a pugni in qualche cava abbandonata assieme ad altri amici.
Sono sempre state feste esclusive le loro. Ogni Spettro che si rispetti ha sempre desiderato un invito, che però non è mai arrivato. Qualche fortunata ha potuto partecipare al fianco dei quattro esuberanti Purosangue, ma solo due vi partecipano ogni anno da almeno otto anni a questa parte, ovvero Becca, moglie di Maddox, e Mimì.
Sono sempre state feste esclusive le loro… fino ad ora.
Sherry sente il cuore bloccarsi nel petto e il sangue congelarsi dolorosamente nelle vene quando, voltando lo sguardo verso il ristorante per incontrare il solito sorriso allegro della proprietaria, si accorge della presenza di troppe persone.
«Bree…» Vorrebbe urlarle contro di tutto, vorrebbe massacrarla a suon di pugni, ma dalle labbra le esce solo il suo nome sussurrato come un lamento.
«Sono una birbantella!» Urla tutta contenta mentre esce dalla macchina ed aiuta Fern ad uscire a sua volta.
Lei invece rimane dentro, gli occhi spalancati per la sorpresa e la bocca un poco dischiusa.
Ci sono quasi tutti: Yamcha fa il cascamorto con Robin, la proprietaria, che pare pure ricambiare le sue attenzioni; Crilin parla affabilmente con Mimì mentre la bella ed elegante C-18 si scambia qualche particolare informazione con Tensing, con la timida Lunch stretta al suo braccio che lo guarda con aria sognante; Chichi tiene in braccio Goten mentre si raccomanda con un Gohan vestito a festa di comportarsi bene; una sensualissima Bulma gioca col figlio mentre, al suo fianco, un elegante Vegeta sospira frustrato; Piccolo, con quella sua solita espressione burbera ed imbronciata, osserva di sottecchi un magnifico esemplare di Radish in pantaloni scuri e aderente camicia bianca.
Hanno tutti - o quasi - delle buste lucide con un vistoso fiocco e non appena si accorgono del suo arrivo le urlano in coro “tanti auguri!”, facendola arrossire fino alla punta delle orecchie.
Scende rigidamente mentre tenta di incenerire Bree con la sola forza dello sguardo, venendo però in breve raggiunta da un’emozionata Chichi. In fondo lei è felice di poter avere finalmente una presenza femminile in famiglia, pur trattandosi di una ragazza tutta particolare.
L’abbraccia di slancio e la prende subito sottobraccio per poterla condurre verso gli altri invitati, che l’accolgono tra loro con grandi e caldi sorrisi.
«Te l’avevo detto che dovevo parlare con il Quartetto di qualcosa di importante, ricordi?» Scherza Bree, tenendosi dietro alla fidanzata. Sapendo però che questo gesto meschino non sarebbe sufficiente a salvarla da una meritata scarica di botte, si è assicurata di avere pure Radish al proprio fianco, così da tenerla distratta.
Per sua fortuna però, Sherry è nel panico più completo. Non sa cosa fare, non sa cosa dire. Non ha assolutamente il coraggio di guardare il compagno negli occhi per paura di leggervi tutta la sua più che giustificata rabbia ed è oltremodo terrorizzata non solo dall’idea che prima o dopo arriverà River, ma soprattutto dal fatto che arriveranno i Quattro. A confronto avrebbe preferito combattere da sola contro Freezer e Cell assieme: sarebbe stato più semplice e molto più indolore!
«Ecco la festeggiata di Novembre!» Esclama allegra Robin, allargando teatralmente le braccia prima di stringerla a sé. Lei è sicuramente l’unico Spettro - seppur col sangue sporco - ad avere un’attività di successo completamente legale.
«Venite dentro, comincia a fare freschetto!» Mentre s’incammina, si volta verso Chichi e Bulma per assicurare loro che, se ne avessero bisogno, ha allestito una stanza a posta per i loro figli, così da poterli cambiare, nutrire e farli addormentare lontani da rumori molesti ed occhi indiscreti. Le due sono così sorprese dalla sua gentilezza da riuscire appena ad annuire.
Se dal fuori l’Alien pare un luogo estremamente romantico, con la facciata di mattoni rossi, le inferiate nere ed arricciate in ghirigori eleganti con tante lucine dorate e i rampicanti sempreverdi, l’interno rivela la vera natura del luogo. In perfetto stile Moulin Rouge, si respira un'atmosfera maliziosa e particolarmente intima: le pareti color porpora con drappeggi di raso e specchi, arredi sontuosi e molto eccentrici che mescolano gli stili più diversi, dal burlesque al gotico alternano anche elementi di ispirazioni asiatica a sedie zebrate, tappeti rossi e tanti altri oggetti stravaganti che richiamano il mondo della notte e divertenti giochi erotici.
Molti tavoli sono stati spostati sul retro, tranne quelli che sono stati piazzati al centro della sala per creare un’unica, lunga, larga e sfarzosa tavolata per accoglierli tutti. Da un lato altri tavoli sono stati quasi interamente coperti da svariate bottiglie di vino d’annata e di superalcolici e dall’altra sono stati disposti svariati strumenti musicali, un DJ set e delle grandi casse per quando vorranno scatenarsi.
Sherry sente che potrebbe spezzarsi in due tanta è la tensione che ha addosso. Non ha ancora detto una parola, muovendosi meccanicamente come un robot fino a prendere posto. Quando poi Radish si siede al suo fianco, sente il cervello andare totalmente in tilt ed involontariamente comincia a tamburellare le dita sul ginocchio sotto al tavolo.
Il Saiyan, dal canto suo, c’è sì rimasto male perché non gli ha detto una cosa tanto sciocca, ma proprio perché si tratta di una scemenza ha deciso di lasciar perdere. Si è reso conto che per lei non deve essere proprio il massimo festeggiare il proprio compleanno se si considera il fatto che pensa solo ed esclusivamente che la propria nascita abbia significato la morte di Leila, ma è comunque deciso a vendicarsi in seguito e a modo suo, torturandola a letto finché non lo supplicherà in lacrime. A quel punto continuerà fin quando non lo implorerà in ginocchio di perdonarla. Una vendetta idiota oltre ogni limite ma che trova incredibilmente allettante.
Poggia una mano sulla sua, stringendola un poco. La guarda dritto negli occhi, accorgendosi completamente di quanto sia a disagio. Aveva detto a Bree che stava commettendo un errore, che non avrebbe gradito una tale invasione di spazio, ma la bionda non ha voluto sentir ragioni e adesso la sua compagna è in crisi. La farò a pezzi, prima o dopo, quell’allucinante testa di cazzo!
«Perché non hai detto niente, prima?» Gli domanda con un filo di voce, sorprendendosi davvero nel vederlo sorridere e nel rendersi conto che no, non è arrabbiato. Sicuramente un poco risentito, ma decisamente non arrabbiato.
«Doveva essere una sorpresa, no? Beh: sorpresa!» Il sorriso si allarga e, ne è sicuro al cento per cento, si sta calmando di secondo in secondo da quando le ha preso la mano. Ne è sicuro perché l’ha sentito distintamente dentro, come se il nodo che gli si era improvvisamente formato nell’addome si stesse sciogliendo.
Dopo che il vino e l’acqua sono stati serviti a tutti, i regali cominciano ad essere scartati e le foto ad essere scattate da un’eccitatissima Bree. A lei piacciono i compleanni ed ama festeggiare quello di Sherry perché, a conti fatti, non sarebbe viva se non fosse stato per la sua protezione.
Fern, seduta di fianco a Bulma e con una sedia vuota alla propria sinistra, interagisce tranquillamente con i presenti, ammaliandoli con le sue parole calibrate e i suoi modi civettuoli. Tutti loro, dal momento esatto in cui ha sorriso con quell’aria provocante da gatta, hanno pensato che Muten sarebbe completamente impazzito nel conoscerla, ma per sua fortuna/sfortuna gli hanno suggerito, per mantenere il quieto vivere, di non presentarsi finché non avranno conosciuto le loro amiche. In compenso, Yamcha pende completamente dalle sue labbra in barda alla più che evidente differenza di età.
«Sei un bambino davvero bellissimo, sai? Scommetto che quando crescerai, le signorine si metteranno in fila solo per un tuo sorriso. Adesso ne fai uno a me? Ohhh, guardati! Sei adorabile come la mamma e scommetto che diventerai affascinante come il papà!» Esclama la donna tenendo il piccolo Trunks tra le braccia e sorridendogli raggiante. Adora i bambini, la fanno impazzire.  Quando è riuscita a mettere le sue delicate mani su Goten, pure Chichi si è interiormente commossa nel vedere i suoi occhi risplendere per la gioia e la meraviglia.
Sherry, pur sentendosi un poco a disagio a capotavola, non riesce a fare a meno di sorridere mestamente nel vedere come tutti loro si stiano divertendo e ridano alle battute di Bree e, soprattutto, per come stanno trattando la sua amata Fern. Pure Vegeta pare aver deciso di comportarsi in modo un poco più affabile con l’anziana signora, spostandole pure la sedia prima che si sedesse.
Ma quell’aria intima e familiare che si è velocemente creata è destinata a vita incredibilmente breve, dal momento che gli altri invitati stanno per fare il loro trionfale e caotico arrivo…
«Faccio le ore piccoleee… da quando sto con teee…»
Tutti gli occhi saettano velocemente sulla figura più assurda che sia mai capitata loro di vedere in tutta la vita: un ragazzone tutto muscoli vestito con un tubino a maniche lunghe fucsia con una pioggia di lustrini sulla gonna e vertiginosi tacchi a spillo neri, con una lunga parrucca platinata, ancheggia canticchiando e ridendo sguaiatamente verso di loro, oscillando una borsetta nera come una volgarissima prostituta da marciapiede.
Si piazza davanti a loro, i vivacissimi occhi color caramello brillano di una luce incredibile e lo sfavillante sorriso sembrano quasi contagiarli e rapirli, tanto che nessuno ha idea di cosa dire o fare, di quale sia il comportamento più adatto di fronte ad un simile spettacolo, ma comunque si lasciano scappare un timido sorrisino.
Radish si sente fortemente a disagio quando quello sguardo sbarazzino e malizioso si posa su di lui, e la compagna non lo aiuta di certo dal momento che, come Fern, Bree e Mimì, è troppo presa a sbellicarsi dalle risate al punto da doversi reggere l’addome.
«Allora ragazziii! Ecco la vostra mattoncina! La ciliegina che non manca mai sulla vostra sbriciolona di cazzate!» Esclama cercando con tutto sé stesso di mantenere la sua voce da donna il più alta possibile, risultando tragicomico. Ancheggia con fare marcato verso Bree e Mimì, guardandole a turno mentre trattiene con titanica difficoltà le risate.
«Non mi trovate dannatamente figa?!»
«Sai che, stasera, abbastanza?» Risponde prontamente la rossa, seguendolo con lo sguardo mentre si avvicina come una pantera alla festeggiata fino a sedersi sulle sue gambe per avvolgerle un braccio muscoloso attorno al collo.
«Non mi trovate incommensurabilmente topa di lusso
«Ti farei un pigiamino di saliva!»
Senza pensarci un attimo, le prende il mento tra le dita e le schiocca un sonoro bacio sulle labbra come ha sempre fatto e sempre farà. La presenza dello sconvolto e adesso adirato Saiyan alle sue spalle per lui è quanto di più irrilevante al mondo: è arrivato per primo, ha più diritti.
«Scusa, cos’hai in testa? Ti sei fatta male?» Domanda Bree nel notare il grosso cerotto sulla fronte, troppo curiosa di sentire la sua assurda risposta.
«Questo? No, no, no. Questo è il cerotto anticoncezionale.» Ovvio, palese. Chissà perché non l’hanno capito subito da sole?!
«Non si mette lì.» Lo informa Sherry, ormai alle lacrime. Dio… ogni volta è sempre più sconvolta dalle sue trovate imbecilli ed ogni volta lo ama sempre di più.
«Scusami eh, ma Fern, nei meandri della sua gioventù, lo metteva sulla pancia. Io sono più furba e lo metto sulla fronte! Così mi ricordo pure di fare l’amore!» L’ovvietà con la quale risponde è sorprendente. Gli viene in automatico, come se fosse tutto normalissimo. Chi non lo conosce potrebbe pensare che se le studia prima di andare a dormire, ma la verità è che non si sognerebbe neanche di farlo: lui è così, schifosamente spontaneo, spesso oltre il limite dell’imbarazzante e dell’inopportuno, ma nessuno vorrebbe mai vederlo cambiare.
«Io, comunque, ho problemi con gli anticoncezionali.» Afferma subito dopo, lo sguardo adesso un poco pensieroso mentre si rialza per andare a recuperare una bottiglia di tequila che poi, senza alcun motivo, lascia cadere a terra. Così, perché no?
«Ah sì?» Bree non ce la fa già più. È appena arrivato, è solo e già è ingestibile. Poi uno si sorprende se ama la sua compagnia…
«Sì, sì. La pillola guai. Me la dimentico sempre! Poi sono costretta a prenderle random, una manata così a cazzo quando me lo ricordo!»
«Phoebe…» Già, Phoebe, il nome che si è scelto per quando si mette minigonna e tacchi a spillo per fare il cretino. Inutile chiamarlo col nome di battesimo, non si girerebbe neanche.
Nessuno sa da dove sia partita quest’assurdità, neanche lui lo sa, però ormai l’hanno presa come la normalità. Pure vederlo andare a fare la spesa così non sorprende nessuno. Tutt’al più rimangono sempre profondamente sconvolti nel vederlo tornare a casa con delle bellissime ragazze sotto braccio pur essendo evidentemente ridicolo!
«Poi scusate eh: io non riesco ad usare il videoregistratore, figuriamoci a sistemarmi il diaframma!»
Chichi, shoccata e non più tanto felice di avere una donna come quella in famiglia, non sa davvero cosa fare. Vorrebbe coprire gli occhi a Goten, tappare le orecchie a Gohan, ma a che pro? Come minimo quel pazzo urlerebbe per farsi sentire e la sua figura deve essersi già stampata a fuoco nel cervello del piccolo. Si lascia quindi andare, contagiata dalla follia disarmante del giovane uomo che zampetta tranquillamente su dei tacchi di almeno quindici centimetri senza alcuna difficoltà, e ride. Ride lei come ridono tutti gli altri, ad esclusione di Vegeta, Radish e Piccolo. Loro sono così esterrefatti che ormai sono totalmente paralizzati.
«È tardissimo! Ora arriva il mio ragazzo!» Scatta come una molla, saltella sul posto e batte le mani, il sorriso euforico che si allarga sul volto.
«Hamish?» Domanda ridacchiando Fern, domandandosi dove abbia sbagliato. Perché deve esserci stato un momento in particolare dove la sua mente ha fatto crack. Per forza. All’inizio pensava che fosse stato il perdere i genitori a renderlo così, ma era un’idea stupida. Non gliene è mai fregato poi più di quel tanto perché, a detta sua, erano genitori “dimmerda”. Quindi deve essere stato qualcos’altro. Nessuno è tanto pazzo per natura.
«Che uomo tronfio ehhh?» Arriccia il naso e si piega in due mentre ride, facendo strozzare Yamcha col vino. Non sa perché lo abbia fatto ridere tanto… ma come avrebbe potuto mantenere la serietà?
«Sai dove mi ha portata l’altra giorno? In quella fabbrica dove vanno i drogati e dove noi portavamo i televisori rubati per dargli fuoco. È arrivato lui e ha cominciato a denunciare tutti! Sono partite denunce a raffica, come le cacche delle capre!» Cazzate su cazzate, ne spara una dietro l’altra senza sosta e senza pensare. Non gli frega niente del giudizio altrui, non gliene è mai fregato niente. È forse l’unico che se ne è sempre allegramente sbattuto pure di quello che poteva pensare Sherry.
«Ha denunciato i treni, Belfagor, il magnetismo terrestre, Satana, i morti viventi e il nano di Twin Peaks!»
«Il colpevole è sicuramente il nano di Twin Peaks.»
Gli occhi brillanti di Phoebe saettano sulla figura ridacchiante di Crilin, ed un nuovo sorrisetto gli increspa le labbra. Gli punta contro un dito e gli fa l’occhiolino con aria complice, facendo sorridere pure la gelida C-18.
Per un attimo, poi, a tutti pare come di vederlo irrigidirsi, ma è questione di una frazione di secondo che salta e si rigira, le braccia spalancate e le gambe ben distanziate tra loro. Dando le spalle a tutti, le signore hanno una perfetta visuale sul bel fondoschiena fasciato nel vestito fucsia. Una visuale assolutamente deliziosa che Bree immortala immediatamente.
«Ohhh, sei arrivato!»
Micah, consapevole di essersi momentaneamente trasformato nell’incazzoso Hamish, cammina con incedere elegante verso di loro. Vestito completamente in nero, sfoggia una giacca lunga da sera, quasi un erede del tight, con decori argento sul petto e sulle spalle, e i capelli biondissimi sono stati acconciati in una cresta antigravità con una lunga piuma nera che scende sul collo, passando dietro l’orecchio destro. Forse un tantino esagerato, ma chi lo conosce sa bene che lui è il Re degli Eccessi.
Una volta raggiunta la sua Phoebe, l’afferra per la vita e se la spalma addosso per poterla baciare appassionatamente. Ormai per loro due è normale limonare duro in pubblico: l’importante è sconvolgere.
Quando si separano all’urlo di Fern, che vorrebbe giustamente riportare la situazione ad un livello più accettabile anche a causa della consapevolezza che gli altri due sono ormai ad un tiro di schioppo, Phoebe strappa dalla mano di Micah il borsone nero col cambio.
«Ok, basta cazzate: serietà!» Afferma col suo vero tono di voce, profondo ma comunque con una nota sempre allegra, strappandosi letteralmente di dosso il vestito e rimanendo così con i soli boxer indosso. I tacchi vengono lanciati chissà dove con un colpo secco della gamba, che inspiegabilmente lo fa ridere di nuovo.
«Ma dai! Davanti a tutti?!» Lo riprende prontamente Micah mentre va a prendere posto al fianco di Bree, non senza aver dato prima un affettuoso bacio a stampo alla madre e a Mimì. Con Sherry invece si limita ad un bacio sulla guancia, ben consapevole che l’uomo al suo fianco non sarà ben disposto tanto a lungo se continuano a calcare la mano.
«Che sono tanto pudici? Possono anche girarsi dall’altra parte eh, mica mi offendo.»
Come ogni Cacciatore che si rispetti, il suo corpo pare fatto di puro acciaio, con muscoli gonfi che si contraggono deliziosamente sotto la pelle abbronzata e la sua altezza è incredibilmente elevata, facendogli raggiungere da umano il metro e novantasette e su quattro zampe i due metri e ottantasette al garrese. Un feroce e mastodontico mostro tutto muscoli e risate.
Si infila i jeans scuri a sigaretta e la t-shirt bianca a maniche corte, mettendo così in mostra gli orribili tatuaggi che si è fatto da solo con una zanna strappata ad un avversario (unico modo, seppur decisamente doloroso, per far sì che tatuaggi ed orecchini rimangano sulla pelle come effettive cicatrici) raffiguranti un panda decapitato e un bradipo con una spada conficcata in testa, per poi infilarsi frettolosamente gli stivali da motocicletta che vengono lasciati molto larghi, ed infine si sistema all’indietro i capelli castani rasati ai lati.
«Ed ecco a voi il solo ed unico MORDECAI!» Il suo è un nome famoso sia al Nord che al Sud perché si tratta di un esemplare decisamente molto dotato, ma nessuno dei due Re se l’è mai sentita di proporgli l’entrata ufficiale nel branco: troppo agitato, assolutamente ingestibile. Al Sud lo lasciano comunque transitare senza tante storie, se capita. In fondo ha dato man forte quando ci sono stati dei problemi interni, quindi Greywind non ha mai visto perché scacciarlo. Jäger, dal canto suo, lo avrebbe sì voluto tra le sue schiere, ma l’avrebbe comunque eliminato per il semplice fatto di essere stato con Sherry, motivo per cui non si è mai addentrato nei Territori del Nord.
«Grazie a Dio il solo ed unico, pensa ce ne fossero altri scemi come te.» Lo sfotte prontamente Micah, seguendo con attenzione i suoi movimenti.
Un Segugio ed un Cacciatore senza rivali nelle Terre di Nessuno, capaci di creare casini inimmaginabili ma che sono sempre stati tenuti a bada da un’umana durante l’infanzia e da un’altra donna dall’adolescenza in poi. Neanche gli Alpha gli hanno mai dato contro con leggerezza, arrivando a battersi contro di loro solo se davvero necessario.
«Il mondo sarebbe un posto fantastico. Io ci vivrei benissimo.» Si siede di fianco a Fern e le bacia dolcemente la guancia, riportando alla luce il cucciolo che è in lui. Perché sa essere tenerissimo, se vuole… peccato solo che preferisca di gran lunga divertirsi.
Guarda poi per un istante un perplesso Trunks e gli fa la linguaccia mentre incrocia gli occhi, ridendo divertito quando il piccolo gli sorride con aria un poco persa.
«Ragazzi, lui è Micah. Micah… presentati da solo. Troppo sbatti.» Afferma Sherry, che non sa se essere imbarazzata dalla presenza del duo più agitato ed imprevedibile che si sia mai visto nell’intero Universo o sentirsi in qualche modo fiera di potersi vantare della loro amicizia.
«Ohhh, che meraviglia: abbiamo un nuovo gallo nel pollaio!»
I loro occhi scattano verso il nuovo arrivato che sfoggia con orgoglio un elegantissimo completo blu, gemelli e orologio dorati e l'atteggiamento di chi sa di aver vinto un gran premio senza neanche essere candidato.
Mordecai non perde mai occasione per infastidirlo ed anche ora gli lancia incessantemente delle molliche di pane imbevute di vino nei capelli neri e bianchi schifosamente ordinati, facendo accendere i suoi occhi verdi di bruciante fastidio. Gli punta contro un dito come ammonimento, scatenandone solo l’ilarità.
«Major, adorabile testolina di cazzo!!!»
Tenta di ignorarlo, voltando un poco la testa solo per poter tuonare contro l’ultimo arrivato: «Maddox, muovi il culo, forza!»
Maddox, nei modi come nel vestire, mostra di essere il più bilanciato e tranquillo nel Quartetto, di fatti lo si vede sfoggiare spesso e volentieri magliette semplici, in genere con qualche logo che richiama alla cultura pop, jeans né larghi né stretti e scarpe comode. Pure adesso indossa una t-shirt nera con il logo della Coca Cola che è stato storpiato in Cocaine, un paio di jeans semplici che fasciano alla perfezione le lunghe e grosse gambe ed un paio di sneakers scure con le rifiniture bianche.
Quando sorride, i grossi denti contrastano alla perfezione con la pelle nerissima, abbagliandoli per un istante. Oltretutto gli si creano due adorabili fossette ai lati della bocca, capaci di cancellare la sua aria in genere seria, quasi truce.
Si toglie il cappello con la visiera piatta in segno di rispetto, ma giusto per un attimo: per non dar modo ai tre fratelli rompipalle di prenderlo in giro per la freccia bianca sulla nuca, preferisce portarlo costantemente.
«Ecco i regali per la nostra bella Regina!» I due, che non hanno degnato nessuno di uno sguardo essendo un poco più schivi rispetto ai primi, si dirigono con passo leggero verso l’amica, sventolando per aria una grande busta nera che prontamente svuotano sul tavolo.
«Aprili!» Incita inutilmente Major, un sorriso beffardo che va da un orecchio all’altro. Sherry nota che si sta facendo crescere la barba, guarda un po’ proprio ora che Mordecai l’ha finalmente tolta. Alla fine però decide di non infierire, immaginando quanto già lo facciano gli altri tre, e quindi prende un pacchetto, contenente uno slip striminzito e pieno di merletti.
«Avete taccheggiato da Victoria Secret’s?»
I Quattro scoppiano in una risata isterica mentre Micah le spinge in mano un altro regalo. Tutti gli Spettri ululano di gioia mentre lei apre una confezione dopo l’altra, e Radish è sicurissimo che spesso e volentieri lo abbiano a turno guardato con aria complice, quasi volessero urlargli dritto in faccia “Vedi quanto siamo altruisti? Quanto siamo stati bravi? Sii felice!”. Per un attimo ha pensato che se ne avessero la possibilità si sarebbero messi a scodinzolare ogni volta che incrociava il loro sguardo e, in realtà, non avrebbe neanche sbagliato.
«Provale!» Afferma con tono languido la nuova arrivata, sventolando per aria un paio di mutandine tutte fronzoli.
«Vogliamo essere sicuri di aver azzeccato le misure!» Sorride con aria maliziosa mentre si avvicina alla sua guancia per darle un bacio e farle gli auguri, tornando poi al fianco del marito. È una bella donna, Becca, con i suoi capelli lisci come la seta di un nero brillante e la pelle color moca, il corpo tonico fasciato sempre in vestiti corti e scollati che la valorizzano senza farla mai risultare volgare. I suoi occhi neri, poi, sono capaci di confonderti tanto da farti credere di trovarti di fronte ad una dolcissima sprovveduta anziché ad una donna capace di cavarti gli occhi se indispettita.
«Mhhh, Becca! Non sapevo bazzicassi anche sulla mia sponda!» Le grida Bree, lasciandosi andare ad un ringhio basso e, per loro, seducente.
«Ma se ti misi la lingua in gola a sedici anni!» Controbatte con finta aria offesa, incrociando le braccia al petto. Gli occhi per un istante saettano prima sulla figura imponente di Radish, seduto al fianco dell’amica, ed in seguito su quella di Vegeta. Un contatto brevissimo che è sfuggito a tutti tranne agli occhi attenti del marito, che le pizzica il fianco nell’istante in cui si lecca lascivamente le labbra.
«Ma stavamo sbronzissime, sapevo una storia!» Brontola Bree, mettendo su un adorabile broncio.
«Potevamo assistere a del dolce amore saffico e invece niente perché sei scema?» Domanda Major, le mani drammaticamente poggiate sul cuore.
«Tanto non ti avremmo fatto partecipare.»
«Lui no, ma me sì!» Afferma Mordecai con tono orgoglioso, prendendosi uno scappellotto da Fern. Vorrebbe davvero che si contenessero un minimo, soprattutto lui, ma sa che è una guerra persa in partenza.
«Recuperiamo a fine serata.» Propone maliziosa la bionda, facendo saettare gli occhioni lussuriosi sui due.
«Solo se io posso riprendervi. Se devo avere le corna, voglio poterci guadagnare.» S’intromette prontamente Mimì, sorprendendo Bulma. Al posto suo si sarebbe accigliata e avrebbe probabilmente alzato le mani sulla sua dolce metà, invece la rossa le pare totalmente a suo agio. E come potrebbe essere altrimenti? Ha una relazione con Bree da sette anni ormai, vivono assieme da quasi altrettanto tempo e frequenta questi pazzi psicotici da allora. Come potrebbe averlo fatto se non si fosse trovata a suo agio e non avesse saputo tenergli testa a parole?
«Io speravo tu partecipassi, ma se preferisci restare in disparte okay!» Borbotta il Cacciatore con un sorriso furbetto sulle labbra, per poi drizzare di colpo la schiena e voltarsi verso la festeggiata. Bulma, che ce l’ha abbastanza vicino, si domanda se riuscirà ad arrivare a fine serata senza avere un infarto dopo tutti i suoi improvvisi scatti.
«Oi, Sher!» Dalla borsa dove teneva i vestiti aveva estratto anche un’altra cosa, un pacchetto orribile di carta lucida, che prontamente le lancia addosso. L’idea era quella di colpirla in faccia, ma sa bene che da sobria non la prenderebbe mai.
Sherry scarta il suo regalo con fare impaziente, seppur sia un poco spaventata. Potrebbe anche averle incartato un osso di umano per quanto ne sa… o qualcosa di oscenamente pornografico.
Alla fine ne estrae un adorabile lama spolverino rosa, con un musetto stupido ma dolcissimo.
«Ma è assolutamente fantastico!» Trilla felice mentre stringe quella scemenza al petto. Ha un significato ben preciso, lo sa: la prima volta che uscirono, si ritrovarono a fissare un gruppo di lama mentre si rollavano uno spinello e Mordecai, pur di vederla ridere, non si fece problemi a cavalcarne alcuni, finendo sempre col culo per terra per quanto stava fatto.
«Si chiama Mister Cookies.»
«Lo amo.»
Le fa l’occhiolino e sorride soddisfatto prima di cominciare a dondolarsi sulla sedia. Osserva i fratelli che prendono posto ed ascolta distrattamente i lamenti di Fern poiché Maddox e Becca hanno lasciato i figli alla sorella di lei, decidendo però di non infierire perché troppo concentrato a disturbare Major solo con la forza dello sguardo.
Quest’ultimo, infastidito da quei grandi occhi che lo punzecchiano silenziosamente, si alza di scatto ed esce dal locale. Ci vuole meno di un minuto prima che rientri con due casse di vino tra le mani, mentre un sorriso fiero e dispettoso si allarga sul volto un poco allampanato.
«Abbiamo portato due casse di Sherry!» Afferma prima di farle la linguaccia di fronte al suo sguardo che si assottiglia per il fastidio.
«Pensa che scasso se Mezcal ti avesse chiamata Cherry!» Afferma con un sorriso Micah, alludendo al liquore al gusto di ciliegia sapendo quanto quest’ultime le facciano schifo. Lo scoprì a proprie spese quando la baciò la prima volta dopo aver mangiato un intero barattolo di marmellata, che portò la giovane Alpha a spintonarlo all’indietro e ad impedirgli di ripetere l’esperienza per diversi giorni. Poi riuscì ad intrufolarsi nel suo letto, quindi lasciò cadere la questione senza problemi.
«Due casse addirittura? È un vino da aperitivo!» Controbatte Bulma, decisa a farsi valere anche tra quegli scalmanati. In fondo c’è riuscita con dei forti e violenti Saiyan, non può essere poi più difficile, no?
«E te bevi un solo bicchiere all’aperitivo? Che stai in clausura?» Beh, sì, è più difficile. Mentre i Saiyan vivevano per conquistare e distruggere, loro vivono per il divertimento e per gli eccessi. La rabbia e la violenza le puoi in qualche modo contenere ed incanalare, ma la loro follia è qualcosa di troppo articolato e forte per essere gestita.
Radish, immobile al fianco della compagna, continua a fissare con insistenza la bottiglia scura che è stata sbattuta davanti a loro. In particolar modo fissa l’etichetta ed un dubbio lo assale.
L’afferra per un braccio e l’avvicina a sé per poterle sussurrare all’orecchio, convinto che così facendo possa evitare di scatenare una qualsiasi reazione negli altri. Povero illuso…
«La rossa mi disse che dalle tue parti solo i membri della famiglia reale portano nomi di alcolici…» Si accorge subito del panico nei suoi occhi d’ambra, ma questa non fa in tempo a dargli alcuna spiegazione che Mordecai prende prontamente la parola.
«Dio, smettila di fare tanto la misteriosa, Sher! Sai che me lo fa venire duro!»
Major si alza in piedi di scatto, il bicchiere pieno di vino rivolto verso la festeggiata con fare teatrale: «Lunga vita a Sherry, figlia bastarda del precedente Re del Nord Mezcal, figlio di Mekhong!»
Gli altri lupi si lasciano andare ad un breve ululato mentre alzano i bicchieri, gesto che viene imitato, seppur con un certo tentennamento, anche dagli altri.
«La figlia bastarda del Re del Nord che fino a qualche mese fa giocava alla cavallina col figlio bastardo del Re del Sud: River, figlio bastardo di Greywind, figlio di Blacklake. Capite quanto sono stronzi, ‘sti due coglioni?!» Sbraita Micah, evitando per un pelo la forchetta volante lanciata da Maddox. Per quanto anche lui sia un formidabile rompicoglioni patentato, si è accorto di quanto l’amica sia a disagio e di quanto l’uomo con i capelli assurdamente lunghi - di cui ha già scordato il nome - sia accigliato e sconvolto, e per questo preferirebbe che nessuno infierisse sulla questione.
«Continuiamo a snocciolare parentele e nomi di gente che abbiamo sulle palle o cominciamo a bere?» Brontola prima di bersi una lunga sorsata, gli occhi di un insolito grigio che intercettano lo sguardo riconoscente dell’amica. Tra loro è l’unico che non ha neanche mai provato a farle la corte, troppo preso già durante l’adolescenza dai sorrisi civettuoli di Becca.
«Possiamo bere mentre snoccioliamo parentele e nomi di gente che abbiamo sulle palle.» Controbatte Major, mostrando il dito medio a Micah dopo aver sentito il suo commento.
«Che stress che siete, cazzo…»
«Ragazzi, cominciamo col moderare i termini. Ci sono delle signore.»
«Credimi, Fern: le hanno notate subito!»
«Ma siamo dei signori, quindi non cominceremo a sparare porcate!» Mordecai e Micah sono sempre stati pericolosamente sulla stessa lunghezza d’onda e per questo sono sempre risultati degli ossi troppo duri pure per Fern, che dopo queste due affermazioni si pente amaramente di aver sollevato la questione.
«Avete paura che l’uomo-scimmia vi prenda a calci nel culo?» Chiede con finta innocenza Bree, alludendo a Vegeta che a sua volta si lascia andare ad un sorrisetto beffardo.
«Anche la Regina dei Ghiacci, lì, ha tutta l’aria di una che potrebbe spaccarci il culo!» Scherza prontamente Mordecai, ammiccando deliberatamente verso C-18.
La glaciale guerriera però non si lascia mettere a disagio dal suo sorriso sfacciato e prontamente replica: «Non ti sbagli.»
«Okay, adesso sono innamorato.» Afferma sicuro Major, gli occhi fuori dalle orbite e un sorriso sincero rivolto alla bionda, venendo però rimbeccato subito da Micah e Maddox.
«Non puoi innamorarti di nessuna, Maj. Non più!»
«E vacci piano con l’alcol, con l’età che avanza lo reggi anche meno di Sher.»
«Dobbiamo sapere qualcosa?» Domanda con curiosità Mimì, gli occhi che brillano all’idea di qualche loro nuova storia allucinante.
«No.»
«Una settimana fa ha combinato un casino clamoroso! Dopo tre medie chiare si è infilato una minigonna ed ha fatto l’imitazione di Kylie Minogue.» Mai una volta in vent’anni di amicizia Mordecai si è lasciato sfuggire l’occasione per metterlo in imbarazzo. Mai una sola volta, figurarsi adesso con uno scoop tanto succoso per le mani.
«È stato proprio bravo!»
«Poi si è portato a casa alcuni segnali stradali e due poliziotti che riposavano in macchina.»
«Major!» Gli urla contro Fern, fingendosi sconvolta ed arrabbiata. In realtà è divertita esattamente come gli altri tre che se la ridono di gusto, ma non può darlo a vedere se vuole provare a contenerli un minimo.
«Questo è niente rispetto a quello che ha combinato dopo.»
«E dai, ragazzi!» Si lamenta il diretto interessato, guardando con fare supplichevole Maddox. Se c’è qualcuno che può dargli man forte è proprio lui, peccato che gli altri due siano più che intenzionati a rendere tutti partecipi delle sue disavventure.
Ed è sempre stato così, in realtà: Maddox contro Mordecai, Micah contro Major, Cacciatori contro Segugi. Una lotta comunque impari che, alla fin fine, è sempre sfociata pericolosamente in un tutti contro Major.
«Un servizietto completo a Domino.»
Le due lupe sentono distintamente la mascella fare crack dopo quell’affermazione, soprattutto nel ricordare i loro commenti poco carini sull’aspetto della diretta interessata. Un Segugio Mezzosangue senza grandi capacità e dall’aspetto bruttino, che però si è sempre rilevata molto auto-ironica e allegra, tanto da essere ammessa nella cerchia.
«Non è possibile.» Commenta infine Bree, cercando conferma negli occhi di Micah.
«So che è una cosa difficile da credere, ma è così: se l’è scopata alla grande! Abbiamo pure le prove.» Controbatte quest’ultimo, sorridendo divertito mentre sventola il cellulare per aria «E tra circa cinque mesi vedremo il frutto della loro alcolica passione!»
«Non me lo ricordate, cazzo…»
«Entri di prepotenza nel club dei papà, vecchio mio.»
«L’unico a restarne fuori è Mord.» Afferma il biondo, attirando così gli sguardi attenti ed indagatori dei tre. Lo fissano quasi fosse un alieno con tre teste fosforescenti, non capendo se stia facendo sul serio o meno. In fondo non ha mai mostrato una grande propensione per i cuccioli e non ha mai espresso il desiderio di averne, tanto meno ha mai conosciuto una donna capace di fargli perdere la testa.
«Hai ingravidato qualcuna mentre eravamo distratti?» Scherza Mordecai, mentre sorride felice all’amico. A lui i cuccioli piacciono, tantissimo. Si diverte con loro, li fa giocare per ore e li lascia dormire contro il suo corpo per scaldarli con la pelliccia, ma è oltremodo sicuro di non volerne. Sarebbero una responsabilità troppo grande e lui perde interesse troppo velocemente, decisamente non è cosa.
Si alza in piedi, Micah, alzando con fierezza il bicchiere di nuovo pieno fino all’orlo.
«La qui presente Bree, Mezzosangue dal fascino mortale e con le tette antigravità, porta in grembo i miei due figli!»
«Oh mio Dio! Sei incinta?!»
I vari Terrestri, i due Saiyan e il Namecciano voltano nuovamente la testa per incontrare le figure slanciate e sovreccitate dei due nuovi arrivati, cadendo per qualche istante nello sconforto. Già è difficile per loro adattarsi all’energia travolgente e divampante dei Quattro diavoli che continuano a bere e sbraitare come scimmie, figurarsi cosa può succedere con il loro arrivo.
Per quanto però siano insopportabilmente chiassosi e troppo esuberanti, non possono dire di non trovarli simpatici. Pure Vegeta e Piccolo si sono lasciati andare di tanto in tanto a qualche sorriso realmente divertito di fronte alla loro allegria, stando però ben attenti a non farsi notare. Vogliono mantenere un profilo basso e non vogliono dar loro troppe confidenze per poterli gestire meglio, inconsapevoli che sia inutile: se vorranno ascoltarli lo faranno in un caso o in un altro, che ridano alle loro battute o meno non fa alcuna differenza.
Radish, dopo aver riconosciuto il nuovo arrivato come Pip ed aver dedotto che la giovane brunetta al suo fianco che piagnucola per la commozione deve essere la neo-mogliettina, torna ad osservare duramente Sherry. Lei è troppo distratta però, avvolta dal calore della sua famiglia, e non si accorge né del suo sguardo né del suo odore, sennò si renderebbe conto di quanto adesso sia davvero nervoso.
Le ha passato così tanto, Radish… e lei continua imperterrita a pensare che non sia grave quello che sta facendo. Non gli ha detto delle sue origini, della sua famiglia, del suo compleanno! Niente, si è tenuta tutto dentro! Si è pure lasciata baciare, per quanto brevemente, dallo psicopatico che adesso si fa tenere in braccio da Jane! Non ne è del tutto certo, ma è convinto che pure col biondino ci sia stato qualcosa, a giudicare dai loro sguardi troppo complici.
Vuole aspettare, però. Vuole farle trascorrere una bella serata e poi parlarle lontani da tutti, farle capire che non può continuare così, che gli sta facendo del male e sta solo complicando una relazione già di per sé strana. Per questo si limita a bere, gli occhi scuri che osservano con attenzione quel gruppo di esagitati che si amalgama ai suoi amici, travolgendoli con i loro modi e le loro risate.
«Ecco l’Ameba riunita!»
Bulma si volta verso Mordecai, lo sguardo incuriosito ed un sorriso timido sulle labbra: «Ameba?»
«Una grande massa amorfa che continua a cambiare dimensione e di tanto in tanto si suddivide in parti più piccole che agiscono esattamente come l’unità di origine.» Risponde prontamente mentre le riempie il bicchiere dell’acqua, consapevole che le loro femmine non bevano mai troppo se hanno dei figli piccoli. Sorride poi a Trunks quando questi allunga le braccia dal seggiolone per attirarne l’attenzione e senza pensarci gli allunga il proprio braccialetto di cuoio per farlo giocare con i vari ninnoli che vi sono appesi.
«Nel mentre che tutti gli stronzi che vogliono corteggiarti portano regali di dubbio gusto, direi di cominciare a bere!» Esclama subito dopo, scatenando le varie risposte degli amici.
«E a mangiare.»
«Ho tutta l’intenzione di tornare a casa gattonando, stasera.»
«Perché, poi torniamo a casa?»
«Chi vuole una striscia?»
«Tieni quella roba lontana da tuo fratello.»
«Pensi che non mi faccia più?»
«Sì ragazzi, però andiamo a farci nel bagno come le persone normali! Ci sono dei bambini!»
«Capirai! In TV si vede di peggio!»
«Eh, secondo questo brillante ragionamento allora è appropriato anche sgozzare una capra qui sul tavolo.»
«Sarebbe tanto sbagliato?»
«Regà, famo i seri: che si mangia?»
«Mord, non rompere i coglioni eh! Mangi quello che c’è!»
«Io voglio la piadina con la cioccolata.»
«E se non c’è?»
«Se non c’è alzi il culo e me la vai a prendere, stronzo!»
«Maj, hai un accendino?»
«Becca, luce dei miei occhi, perché non li rubi a tuo marito?»
«Il mio dolce Maddy li tira addosso ai piccioni, lo sai.»
«Piccioni dimmerda!»


Sconvolti.
Sono rimasti assolutamente sconvolti e non sono riusciti a smettere di ridere neanche mentre mangiavano. Quando poi Micah, armato di una forchetta usata a mo’ di fionda, ha cominciato a lanciare pezzi di pesce addosso a Maddox e questi alla lunga si è alzato per picchiarlo con una chitarra, Crilin ha rischiato pure di strozzarsi per quanto rideva.
C-18 si è trovata, dopo un po’, con la formosa Becca di fianco e così hanno cominciato a parlare, accordandosi dopo una ventina di minuti per andare a fare shopping il pomeriggio seguente. È conosciuta, Becca, ha tanti amici che le fanno grandi sconti e C-18 vuole mettere assolutamente le mani sulla bella e luccicante collana che sfoggia con orgoglio.
Chichi e Bulma si sono trovate a dare consigli materni a Jane dopo che questa, con occhi sognanti, ha espresso il desiderio di avere al più presto dei figli ma di aver paura di non essere una buona madre. Sentendosi coinvolta, ha trascinato una sedia vicino a loro e si è messa ad ascoltare con attenzione tutto ciò che le dicevano, sorridendo come una bambina nel sentirsi accettata.
Bree, non potendo resistere alla tentazione, ha preso per un attimo in prestito la piuma di Micah per solleticare Lunch e farla starnutire, finendo col fare una gara di bevute imbarazzante in un angolo. È dovuto intervenire Tensing prima che la compagna cominciasse a far danni, finendo poi col bere assieme all’eccentrica bionda. A loro si sono uniti anche Yamcha, Crilin, Pip e Major, che poi hanno cominciato ad intonare canti improvvisati.
Micah si è messo a ridere come un pazzo quando Vegeta gli ha spezzato il polso a braccio di ferro. Il Saiyan è rimasto pietrificato nel vedere l’osso fuoriuscire dalla carne quando si è messo a fare davvero pressione per batterlo, inizialmente sorpreso dalla sua forza, e proprio quando stava per scusarsi sinceramente il biondo è esploso in una risata così divertita che l’ha contagiato. Il grande Principe dei Saiyan si è lasciato pure convincere a bere un irish car bomb, che gli è andato di traverso quando ha visto Pip berlo tutto in un fiato, come se al posto di berlo se lo fosse direttamente calato giù per la gola.
Gohan è stato preso di mira da un più che visibilmente alticcio Mordecai, che ha deciso di fare un gioco col ragazzino.

«Facciamo un gioco a tema oceanico che ho appena inventato? Si chiama “cibo, compagno, lotta”. Uno di noi sceglie tre creature acquatiche e l’altro sceglie rispettivamente quale mangerebbe, vorrebbe amica e combatterebbe.»
«Tipo bacia, sposa, uccidi?»
«La mia è una versione migliore, perché invece di sposare qualcuno te lo puoi mangiare.»
«Va bene, ci sto.»
«Bene, Mezzosangue, comincio io! Questa è facile: anguilla elettrica, pesce palla e gamberetto.»
«Mh… beh, non lotterei con l’anguilla perché è capace di generare una corrente in grado di uccidere un orso, quindi mangerei l’anguilla, lotterei col gamberetto e vorrei amico il pesce palla!»
«Interessante… bravo!»
«Grazie! Tocca a te: foca, lampreda di mare e… Spongebob Squarepants!»
«Beh, farei amicizia con Spongebob, ma non è reale quindi non posso, vero?»
«Ma puoi diventare amico di una lampreda?»
«Ehi, mi stai facendo pressione!
Okay, vediamo… lotterei con Spongebob perché poi finiremmo col farci il solletico, farei amicizia con la foca perché è carina… il che significa che sarei costretto a mangiarmi la lampreda.»
«Non ti fa schifo? Una lampreda può produrre tanto muco da riempire un secchio in un minuto!»
«Lo so. Produce il suo stesso sugo, andrà giù che è un piacere!»


Piccolo si è ritrovato seduto su un divano di velluto zebrato a parlare con Maddox, trovandolo piacevolmente acuto malgrado l’evidente sbronza. Gli ha fatto domande interessanti alle quali il Namecciano ha risposto con piacere, ritrovandosi poi con un appuntamento per capire come combattono i guerrieri del suo calibro. Lo stesso è successo anche a Vegeta, che si è ritrovato con gli occhioni accesi di entusiasmo di Micah e Major ad una decina di centimetri dalla faccia mentre gli proponevano una sessione di allenamento tutti assieme. Per quanto entrambi i guerrieri non fossero del tutto convinti che fosse una buona idea, hanno accettato attirati dall’idea di potersi sfogare senza rischiare davvero di ucciderli e con la consapevolezza che hanno energie da vendere, oltre ad un’evidente voglia matta di imparare cose nuove.
Radish è rimasto in disparte, ad osservare con aria scocciata la scena. In particolare osservava la compagna, che veniva sempre presa in disparte da qualche Spettro arrivato da chissà dove per porgerle un qualche pensierino di auguri o scambiare due chiacchiere. Rimanevano tutti per poco tempo alla fine, ma è stato un tale susseguirsi che non hanno avuto neanche un istante per loro.
È stata Fern ad avvicinarlo, dopo essersi accorta del suo malumore. Può capirlo, in fondo: evidentemente innamorato di una donna come Sherry, incapace di capire i propri sentimenti, che adesso è costretta a non considerarlo per dare ascolto a Spettri venuti da lontano solo per incontrarla qualche minuto. Spettri che, a conti fatti, la vorrebbero al loro fianco e non hanno fatto niente per nasconderlo.
Gli si è avvicinata e gli ha offerto uno dei suoi famosi Martini, rimanendo in silenzio al suo fianco fin quando non è stato proprio il Saiyan a parlare.

«Pensi che abbia fatto la scelta giusta, quel giorno?»
«Mi spiace, caro, ma davvero non saprei risponderti.
Posso solo dirti che sta facendo un enorme sforzo per far collimare le vostre realtà. A cose normali se ne sarebbe andata subito e poi avrebbe picchiato Bree… anzi, a cose normali neanche a quella scostumata sarebbe mai venuto in mente di invitarvi. È un segno molto evidente, sai?»
«Se è come dici, perché non mi ha detto niente sulla sua famiglia?»
«Vorrei poterti parlare di Mezcal, caro, ma non mi è permesso. Ferirei la mia bambina se lo facessi. Ti basti sapere che per lei non è una cosa di cui andare fieri e che la maggior parte delle cose che so a riguardo mi sono state dette da Bree, che ha sempre assistito. Lei, di sua iniziativa, non ne parla mai. Forse solo con River, ma solo perché, seppur in modo diverso, sa cosa voglia dire essere il figlio bastardo di un Re.
Non fartene un cruccio, caro. Non lo fa con cattiveria. Se ci riesci, prova a darle tempo… ma se non sei sicuro di poter accettare il suo silenzio… beh… fai in modo che non soffra troppo.»


La situazione si è poi surriscaldata con l’arrivo di un ospite totalmente inaspettato: Domino!
Major si è ritrovato gli occhi sgranati e le labbra serrate, immobile e rigido come un pezzo di legno tra le braccia forti di Mordecai mentre lo Spettro si avvicinava al gruppo.
Le quattro lupe, invece, le hanno sorriso cordialmente, riconoscendola senza sforzo grazie alla sua fisionomia indimenticabile: v
iso cavallino, naso un poco storto, occhi piccoli di un vivacissimo verde e dei foltissimi capelli ricci di un rosso acceso che, se la si guarda nell’insieme con il suo corpicino davvero troppo magro, le danno tanto l’aria di un fiammifero. I suoi arti, che un Segugio deve tenere costantemente allenati e in forze, sono tanto sottili da conferirle un’aria fragilissima. Guardandola con occhio un poco più attento, tutti loro si sono chiesti come farà a portare a termine la gravidanza senza rimanerci secca.
Major, dopo essersi velocemente ricomposto, l’ha accolta sorridendole con aria affabile una volta notato il suo imbarazzo nello stargli vicino. Non ha niente contro di lei, assolutamente: è stato lui a commettere un errore ed è prontissimo a farsene carico come gli è stato insegnato da Fern. Oltretutto a lui i cuccioli piacciono, un domani li avrebbe comunque voluti, quindi tanto vale prendersi cura di questi, per quanto indesiderati.
«Mi ha invitata Micah, non ti sto seguendo.» Si è apprestata a metterlo in chiaro, lasciandosi stringere tra le braccia micidiali di Bree e venendo strattonata in mezzo alle altre donne.
Major, per farla sentire una di loro, si è apprestato a lanciarle dietro l’ennesima presa in giro, facendola ridere di gusto: «Non riusciresti comunque a stare al mio passo, sottospecie di levriero anoressico!»
Si sono scatenati per tre ore buone tra una risata, una battuta, un ballo, una canzone ed una fotografia, e ora sono finalmente giunti al momento del dolce.
Sherry è viola per la vergogna mentre tutti, Saiyan e Namecciano inclusi, intonano la canzoncina di buon compleanno. Tiene le mani sul volto e ride, felice e spensierata. Non si è neanche resa conto del malumore di Radish, troppo presa dai propri affari ed alterata dall’alcol per poterci badare.
Fern giunge alle sue spalle per spostarle le mani, sorridendo vicino al suo viso mentre Gohan, al quale è stata piazzata in mano la macchina fotografia, scatta loro l’ennesima foto. Non ha idea di quante ne abbiano fatte in tutta la sera, sa solo che pure lui c’è finito in mezzo quando Major se l’è caricato in spalla a testa in giù ed è stato così immortalato, mentre rideva di gusto. In quel momento ha pensato con dolore che gli sarebbe piaciuto tantissimo che anche suo padre fosse lì con loro, a ridere e scherzare con quegli eccentrici uomini tanto invadenti, ma il lupo gli ha fatto passare il momento tenendolo in spalla per ingaggiare una “lotta tra galli” contro Pip, tenuto in spalla da Bree. Si è trovato a ridere così forte mentre sfrecciava per la sala sulle spalle del lupo dopo aver vinto che proprio non poteva pensare a niente se non a divertirsi.
Robin, arrivata sul posto per cantare assieme agli altri, li incita a mettersi tutti dietro alla festeggiata per poter scattare loro una bella foto di gruppo, e nessuno se lo fa ripetere. Pure i più scontrosi si portano lì in mezzo di propria iniziativa, così da evitare di essere trascinati di peso da quei pazzoidi.
Radish, seppur con incertezza, si è portato al fianco di Sherry, che con sua grande sorpresa si è alzata dalla sedia per far posto a lui e mettersi poi sulle sue ginocchia. Le ha sorriso dolcemente mentre soffiava sulle venticinque candeline e Robin immortalava il momento, sentendosi per un attimo meglio.
È stata come un’assordante ammissione quella, e lo sa. Pur senza gesti eclatanti o romantici, l’ha implicitamente ufficializzato come compagno davanti ai suoi eccentrici amici, che hanno reagito con un forte ululato di gruppo. Non sa se ciò significa che l’hanno presa  bene o meno, ma non ha voluto fare domande. Se l’avesse fatto, si sarebbe ritrovato sconvolto nell’apprendere che lo hanno identificato come il nuovo maschio dominante del branco.
Sherry poi gli cinge delicatamente il collo mentre portano via la torta per tagliarla senza che venga lanciata da tutte le parti e gli sorride. Un sorriso così tenero e carico di dolci promesse che Radish scorda di colpo perché fosse arrabbiato con lei.
La stringe a sua volta con un braccio attorno alla vita e le carezza la guancia con la punta delle dita, sostenendo il suo sguardo. Non gli importa che Vegeta e gli altri lo vedano così follemente preso da lei, che vedano quanto i suoi occhioni riescano a farlo vacillare pericolosamente. Vuole solo lei, il resto non conta niente al momento.
Prima di riuscire a baciarla, però, Sherry volta di scatto la testa di lato, con gli occhi adesso accesi da un qualcosa di difficile da definire. È evidentemente sull’attenti, pronta a scattare, ma c’è anche un velo evidente di gioia che, per quanto a Radish sembri assurdo, ai suoi occhi è quasi doloroso.

«Ecco che arriva l’altro gallo…» Mormora Major mentre afferra una bottiglia di gin e si beve una lunga sorsata, tenendosi al fianco di Tensing, Crilin e C-18, Domino ben stretta nel suo abbraccio.
La tensione diventa palpabile nell’aria, il Quartetto pare emanare scariche elettriche tanto sono tesi e pronti ad intervenire anche con violenza, e Fern si premura di portare Chichi e Bulma dietro il corpo di Vegeta.
Gli occhi di Radish, carichi di un ingiustificato - per ora - astio, si posano sulla figura forte e slanciata dell’ultimo uomo che mai avrebbe voluto vedere, pur non sapendo di chi si tratti. È Mordecai, che si è seduto sul tavolo di fianco alla coppia, a metterlo al corrente sulla sua identità.
«River, vecchio bastardo, come butta?»
Si sente strano davanti a lui, Radish. Sente come se fosse stato investito da una cascata di acqua gelida e, al tempo stesso, come se fosse stato pugnalato alle budella.
Non aveva mai pensato troppo a come potesse apparire lo storico ex di Sherry, sapeva giusto che aveva i capelli bianchi, ma poterlo finalmente vedere è sorprendentemente doloroso per lui.
Perché è bello, River. È spudoratamente bello. Ha qualcosa della tigre, con quei suoi grandi occhi ferini cobalto ornati da lunghe ciglia scure che farebbero invidia a una donna, qualcosa del cervo con quei muscoli nervosi che crescono sotto la pelle chiara, mentre i suoi capelli bianchissimi e ribelli ricordano le chiome selvagge dei leoni, ed il suo naso lungo e sottile è dannatamente aristocratico, perfetto per quel viso che pare scolpito nell’avorio.
Tra lui e Micah, la lotta è davvero ardua. Solo un altro Spettro compete con loro in bellezza, ormai, mentre un tempo erano in due - sebbene il secondo vincesse a mani basse grazie al proprio fascino mortale.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Radish si trova a fare involontariamente paragoni. Sa bene di non avere niente da invidiare a nessuno, e sa anche che per gli Spettri l’aspetto fisico è secondario, ma non riesce a sentirsi tranquillo quando quel bastardo dall’aspetto angelico sorride con aria complice e peccaminosa alla sua ragazza.
River, dal canto suo, non degna di un solo sguardo il Saiyan, malgrado Sherry sia seduta sulle sue gambe. A malapena ha guardato gli amici poiché consapevole della loro precedente scelta. Non può biasimarli per aver ululato, però: quell’uomo gli è nettamente superiore in quanto a forza fisica ed essendo il compagno della Regina viene da sé che venga scelto. Niente però gli vieta di comportarsi come uno stronzo per questo, in fondo è nella sua natura ed è cosa nota a tutti.
Si avvicina a Sherry fino a potersi appoggiare con una mano sul tavolo, rimanendo così pericolosamente vicino sia a Radish che a Mordecai. Se loro due si sfidassero sarebbe un bel problema, perché mentre River può contare sul fantastico patrimonio genetico del padre in qualche modo danneggiato dalle scarse doti della madre, Mordecai può vantare non solo dell’ottimo corredo genetico di entrambi i genitori ma anche di una tenacia fuori dal comune che lo spinge sempre oltre ogni limite pur di vincere. Non per niente volevano elevarlo ad Alpha, ma non è mai successo perché il diretto interessato ha ben altri pensieri per la testa ed ama i suoi occhi da posseduto da Satana.
Ma River non è lì per battersi, di natura non è mai stato attaccabrighe. Voleva solo vederla e, in fondo, vedere l’uomo che gliel’ha portata via.
«Un pensiero per la festeggiata…» Le porge un piccolo pacchetto sottile e quadrato, avvolto con maestria in una carta bianco opaco  con un fiocco di pizzo nero.
Sherry lo afferra con una smorfia, consapevole di quanto possa essere meschino, e lo scarta velocemente, quasi non avesse notato con quanta cura le è stato presentato.
I suoi occhi poi si sgranano all’inverosimile nel tenere per le mani un qualcosa di tanto raro:
God Save the Queen″, singolo dei Sex Pistols praticamente introvabile poiché quasi tutte le copie sono andate distrutte e ne restano in circolazione non più di una dozzina.
«Come hai fatto a procurartelo?» Domanda con voce incerta mentre rialza gli occhi su di lui, trovandolo intento a fissarla con un sorriso insopportabilmente soddisfatto in volto.
«Sai che posso fare tutto, per te.»
Pure Vegeta, a questa affermazione, si ritrova costretto a bere una lunga sorsata di bourbon. Non ci vuole certo un genio per capire che tra quei due c’è/c’è stato qualcosa di grosso e che lui sta facendo quanto è in suo potere e anche di più per fare lo splendido, e per questo si ritrova a domandarsi per quale assurda ragione Radish non gli abbia già messo un braccio in gola per ribaltarlo come un calzino e fargli passare la voglia. Lui, almeno, farebbe così con Yamcha - o qualsiasi altro uomo - se si azzardasse a comportarsi in modo strano con la sua Bulma.
Prima che Fern possa dire qualcosa per alleggerire la situazione - prima che chiunque possa dire qualcosa -, Mordecai coglie la palla al balzo quando nota, con la coda dell’occhio, Robin che si affretta a tornare in cucina per portare loro altro champagne ghiacciato.
«Tesoro! Prima che tu vada, devo proprio raccontarti una cosetta!»
Maddox, non fidandosi per niente del fratello in questi frangenti, s’intromette prontamente nella conversazione, inconsapevole di quanto il suo intervento sia inutile.
«Se ti riferisci al fatto che hai messo i pesci rossi dei miei figli nel microonde, credimi non le interessa.»
I sette Spettri che hanno la possibilità di vederlo in faccia si pietrificano di fronte al suo sorriso. Non è il solito sorriso allegro che contagia sempre tutti, ma quello meschino e perfido che sfoggia ogni volta che vuole colpire in basso. Quando lo fa, la vittima sente come se quel bastardello lo pungolasse con un lungo ferro incandescente, che poi gira e rigira nella ferita.
Con un movimento fluido il Cacciatore intanto è sceso dal tavolo e con un paio di falcate in avanti adesso dà le spalle a River, rimasto ad una breve distanza.
«No, Maddy, sto parlando di quando due mesi fa ho colto il fiore della piccola Rose
Fern afferra per le spalle Vegeta e lo piazza con forza davanti a sé e alle due donne, mentre Bree si piazza davanti a Tensing, Mimì e Crilin; Micah, al suo fianco, si porta davanti a Lunch e C-18, mentre Maddox afferra Gohan e se lo piazza dietro alle gambe, vicino a Piccolo. Major si strozza con il gin, Domino gli batte sulla schiena per aiutarlo e lui la porta dietro al proprio corpo per farle da scudo.
Sherry stringe con forza la mano di Radish da sotto il tavolo, fissando a scatti prima Mordecai e poi River, mentre gli occhi di tutti gli Spettri s’illuminano tetramente.
Rose, la piccola Rose, la sorellastra sedicenne di River ha perso la verginità con il randagio venticinquenne donnaiolo Mordecai: un affronto inaccettabile.
Infierisce, il Cacciatore, sorridendo sornione agli amici «Poco prima di tornare a casa dopo una battuta di caccia, le ho fatto vedere il mio equipaggiamento da più vicino. Pochi minuti dopo aveva forti difficoltà a camminare, se capite cosa intendo.»
I muscoli di River si sono gonfiati vistosamente, i suoi capelli si sono un poco drizzati come farebbe con la pelliccia, i canini sono esposti minacciosamente e i pugni sono serrati così duramente che la pelle sulle nocche fatica a non strapparsi.
Quando poi Mordecai si volta verso di lui, con un ghigno perverso che gli illumina il volto, l’Alpha sente per la prima volta il desiderio malato di farlo fuori.
«Mi son sbattuto Rose! Mi son sbattuto Rose!» Lo sfotte così, cantilenando come un ragazzino, e subito scatta quando il maggiore gli ruggisce contro, pronto ad attaccarlo.
È solo il ruggito più forte di Sherry ad evitare che si ammazzino sul serio, costringendoli a bloccarsi ad ormai una ventina di centimetri scarsi l’uno dall’altro, le mani artigliate alzate in aria.
«Provate a colpirvi in qualsiasi modo e, lo giuro, stanotte dormirò sulle vostre pellicce!»
Sono costretti a calmarsi e River si dirige a grandi falcate verso gli alcolici. Fosse stata una comune Alpha avrebbe potuto fregarsene del suo comando, ma essendo considerata come una Regina davvero non può sottrarsi al suo volere senza scatenare un casino apocalittico.
Fern lo raggiunge velocemente e tenta di calmarlo con parole dolci, comunque dispiaciuta per il suo dolore. Come fidanzato è una delusione incredibile, questo non può negarlo, ma è comunque uno dei suoi ragazzi, per quanto lui non la consideri proprio come una madre. Più una nonna, ecco, la dolce nonnina amorevole che non ha mai avuto.
Mordecai, di nuovo calmo e allegro com’è stato per tutta la serata, scocca un veloce occhiolino a Radish dopo che Sherry si è alzata di scatto per calmare un poco le acque con River. Vuole giusto ringraziarlo per il regalo ed invitarlo a mangiare almeno una fetta di torta, ma l’uomo le dice di doverle parlare.
Il pestifero Spettro si abbandona su una sedia al fianco di Radish, le lunghe gambe muscolose stese ed accavallate in avanti. Sospira forte e si passa le mani tra i capelli, portandoli nuovamente all’indietro, e il Saiyan non ha davvero idea di cosa voglia. Ci sono così tanti posti dove sedersi, in fondo, perché proprio vicino a lui?
Spostando per un istante lo sguardo, giusto per non vedere l’insopportabile immagine di quella porta che si chiude alle spalle dell’uomo, nota che Vegeta lo sta osservando. Non ha il solito sguardo, quello strafottente che lo manda in bestia… gli pare in un certo senso quasi dispiaciuto.
Mordecai, pur essendo estraneo a questo genere di cose, ha capito lo stato d’animo dell’uomo e si è deciso a parlarci, malgrado non sia assolutamente né richiesto né necessario.
«Tranquillo. È monogama per natura.»
Radish lo guarda mentre si accende in tutta pace l’ennesimo spinello, la testa reclinata all’indietro mentre soffia una nuvoletta di fumo perlaceo. Ha un’espressione curiosamente attenta però, quasi stesse rimuginando su qualcosa di importante.
«Non è di lei che non mi fido.» Replica con un poco di incertezza il Saiyan, negando col capo quando gli porge lo spinello tenuto tra indice e pollice.
«Una mezza verità…» Scrolla le spalle come a volergli dire “Beh, ti capisco e non ti biasimo”, per poi tornare ad osservare i ghirigori sul soffitto scuro «Avvelenarti il sangue per lui è inutile. Ne hanno passate troppe insieme perché si separino solo perché adesso ci sei tu.»
Inarca un sopracciglio ed assottiglia un poco lo sguardo, incuriosito dalle sue parole. Certo che possono separarsi, che discorsi fai? L’ha tradita a più riprese, avrebbe dovuto cacciarlo dalla propria vita già da tempo!
«E allora?» Si limita a questo però, la coda che si agita da una parte all’altra contro la sua volontà, animata unicamente dal nervoso che prova.
Mordecai volta di nuovo lo sguardo, gli occhi caramello resi lucidi e liquidi dall’alcol e dalle sostanze stupefacenti che ha tirato giù durante la serata.
«E allora molla la presa se non puoi sopportare la sua presenza.»  Risponde così, con nonchalance estrema, come se fosse una cosa semplice. Poi sogghigna con aria infantile ed un poco perfida, rigirandosi pigramente sulla sedia per potersi sdraiare con un braccio e la testa sul tavolo «O uccidilo, anche se implicherebbe perderla… sai che scasso però? Nel caso assisto eh, porto i cioccolatini e la tequila!»
Radish, di fronte a quella faccetta furba, non riesce a trattenere un sorriso. Fa sul serio, l’ha capito: porterebbe davvero degli spuntini per assistere alla morte di un amico!
Non sa se sia sociopatico o semplicemente stronzo, ma non gli importa troppo. La verità è che malgrado Mordecai sia realmente affezionato a River non può comunque perdonargli i tradimenti a danno di Sherry e, tra gli Spettri, non è insolito che un maschio dominante tolga di mezzo gli ex amanti della compagna se questi l’hanno fatta soffrire. Una specie di vendetta per difendere e risanare il cuore dell’amata, ecco.
Proprio quando la situazione pare essersi di nuovo calmata, con Mordecai di nuovo attivissimo e i vari invitati di nuovo pronti a scherzare e ridere, un nuovo ospite si presenta a sorpresa. Radish e i suoi amici capiscono immediatamente che non è una presenza gradita quando sentono il ringhiare sommesso di Becca e Bree, i cui occhi stanno brillando atrocemente mentre Fern le affianca per tentare di calmarle.
«Oh cazzo…» Mormora con un per niente celato fastidio Pip, spalmandosi le mani sul volto quasi volesse spostarsi i connotati. Allarga poi un poco le dita, osserva la stessa persona che avrebbe voluto servire come vittima sacrificale al proprio matrimonio e che, per poco, non lo faceva litigare con Jane proprio per la sua presenza.
Look versione professoressa “sexy”, tacchi a spillo altissimi, calze a rete bucate, minigonna di pelle nera aderentissima, camicetta bianca con scollo a V molto profondo e foulard annodato attorno al collo: la delicatezza di Camila è leggenda.
La bionda, pur essendosi perfettamente resa conto di non essere proprio la benvenuta, sorride in modo raggiante agli invitati. Non è certo venuta per fare gli auguri a Sherry, no: voleva vedere il suo nuovo amico e capire quanto avrebbe impiegato a portarglielo via. In fondo è stata ben incentivata a farlo, quindi doveva rischiare di addentrarsi nel branco senza protezione.
Si avvicina al tavolo con aria spigliata e tranquilla, allungando una mano verso il primo bicchiere che trova per bersi una buona sorsata di coraggio liquido sotto gli occhi crudeli e freddi di Bree.
«Che arietta che tira… non dovrebbe essere una festa?» Esclama poi con un sorrisetto beffardo, sostenendo lo sguardo della bionda. Ha sempre nutrito un forte senso di rivalità anche nei suoi confronti. Sentimento però unilaterale, dal momento che la Mezzosangue proprio non l’ha mai calcolata se non quando la sfidava direttamente.
«Regà, cazzo, le porte! Vogliamo chiuderle una volta ogni tanto?!» Esclama Mordecai, con gli occhi ora neri e grigio perla che gli conferiscono un’aria pericolosa e spettrale.
Camila non fa in tempo a replicare, anche con la speranza di riuscire finalmente ad infilarsi nel suo letto dopo anni ed anni di rifiuti pesanti, che Major, tenendo un braccio attorno alle spalle di un’alterata Domino, prende la parola: «Non ricordo di aver chiamato una battona per animare la serata… siete stati voi?»
«Avremmo scelto carne di prima qualità, Maj, non il buco più usato dal branco.» Risponde acidamente Becca, gli occhi tanto simili a quelli di Mordecai sembrano lanciare saette e fiamme per quanto è furiosa.
Lei odia Camila. La odia sul serio, la disgusta totalmente. Trova giustissimo divertirsi, fare sesso con chi si vuole se si è liberi, ma non tollera l’andare con uomini fidanzati o sposati per far del male. Quando la vide fare la furba col suo Maddy, dovette intervenire anche Mordecai per evitare che le squarciasse la gola a morsi.
«Come hai detto, prego?»
«Mi hai sentita benissimo.»
Si guardano in cagnesco per lunghi istanti, finché l’attenzione della bionda non viene totalmente calamitata dai volti degli invitati. Li osserva velocemente, soffermandosi lascivamente sulla figura di Vegeta. Ghigna malignamente quando nota lo sguardo di odio di Bulma e, pur trovandolo una preda eccitante, molla la presa per concentrarsi sull’uomo che emana una traccia a lei molto familiare.
Fa oscillare la lunga coda bionda nell’aria con fare teatrale prima di avvicinarsi a Radish, piegandosi in avanti fino a trovarsi a pochi centimetri dal suo volto accigliato.
«E tu chi saresti?» Mormora languidamente mentre allunga una mano per saggiare la consistenza dei suoi bicipiti, trovandosi in un istante con il polso dolorosamente serrato nella sua grande mano.
Non sa chi sia, Radish, e non gli importa. Ha qualcosa di sbagliato, di tremendamente sbagliato. Pure se Sherry non facesse parte della sua vita non la degnerebbe di uno sguardo: gli sembra una viscida, una vera stronza. Una così non dà alcuna soddisfazione neanche se si è in cerca di una semplice notte di sesso, a parer suo.
«Attenta, Camila: per quanto tu sia abituata alle ammucchiate, stavolta non ne usciresti felice.» Micah l’avvicina piano, una bottiglia di vino stretta in mano. Non sa ancora se vuole spaccargliela in testa, spaccarla sul tavolo per aprirle la gola o improvvisare un macabro gioco di magia per farla sparire all’interno del suo bel corpo. Non lo sa, è tremendamente indeciso… ma niente gli vieta di prendere altre bottiglie e fare tutto quello che gli attraversa la mente. Mh, no. Una bottiglia in culo potrebbe piacerle… ma i coltelli della cucina forse no.
Il branco scoppia a ridere di gusto di fronte alla sua espressione scocciata e si lascia andare a qualche altro commento. I vari terrestri sentono distintamente che qualcuno mormora che ormai sono un Quintetto, dal momento che pure Radish, come loro, l’ha rifiutata.
«State ridendo di me?» Ringhia a denti stretti mentre drizza la schiena, fulminandoli con lo sguardo.
«No.» Ridacchia Jane, mentre la voce di Becca la sovrasta «Sì!»
«Becca…» La richiama con un filo di voce Fern, che a stento trattiene le risate. Si copre la bocca per nascondere il sorriso mal trattenuto, girandosi pure dall’altra parte quando le loro risate si fanno così forti da contagiare pure chi non è al corrente dell’intera situazione.
«VAFFANCULO!» Lancia un bicchiere contro Micah, mancandolo di poco. Il Segugio però non se ne cura, troppo preso a sostenersi con Yamcha per non piegarsi in due dalle risate. Pure la Iena del Deserto non ha mostrato particolare interesse nei confronti della bella donna che adesso è sul punto di mutare per provare a ferire qualcuno.
L’unico a mostrare un più che evidente nervosismo, però, è Maddox, che si affretta ad avvicinarsi alla bionda e ad afferrarla per le spalle per poterla spingere verso l’uscita.
«Adesso vattene, eh?» Lui sa che la situazione potrebbe degenerare da un momento all’altro, ne è più consapevole degli altri. Sa bene che Sherry non alzerebbe un dito per non compromettere la sua posizione e non fortificare la sua pessima reputazione, ma sa altrettanto bene che adesso molti di loro, sua moglie in particolare modo, potrebbero approfittare del fatto che è Regina e quindi provare ad ucciderla per difendere il suo nome.
Camila, però, pare tenerci molto a dimostrare che la sua bellezza è inversamente proporzionale alla sua intelligenza, dandone la prova quando esclama guardando ammiccante verso Radish: «Mhhh, mi fai ruggire le cosce dalla fame!»
Il Saiyan aggrotta la fronte, infastidito dal suo atteggiamento provocatorio al fine di scatenare gli altri. E non è l’unico a risentirsi, difatti tra gli invitati cala un silenzio surreale, interrotto poi da una più che shoccata Becca.
«Che cosa ha detto?» Domanda con gli occhi sgranati pieni di stupore, voltandosi un secondo verso gli amici per essere sicura di aver capito bene. Ma il giro sarebbe troppo lungo e Becca, colta da una cieca rabbia, scatta come una saetta verso la bionda.
«CHE COSA HAI DETTO?!»
«Che cazzo vuoi, stronza?!»
La moretta spintona di lato il marito e le salta alla gola, la trattiene per i capelli mentre la prende a sberle. Ci vogliono pochi colpi prima che cominci a prenderla direttamente a pugni. Come dice sempre Mordecai “a nocche crude è più godurioso”.
«Sistemala Becca!» Le urla dietro Pip, mentre Jane afferra Fern e se la porta dietro al corpo, le zanne esposte e gli artigli pronti a lacerare. Lei non ha la forza dei suoi fratelli, è sempre stata piuttosto debolina, ma se di mezzo c’è la sicurezza di Fern sa di essere capace delle peggiori atrocità.
«Non dovremmo fermarle?» Domanda ingenuamente Tensing a Maddox mentre tutti si avvicinano cautamente, i vari Spettri ad ululare ed incitare Becca di ucciderla.
«Ci vuoi rimettere un occhio?»
«SHER!» Urla la mora mentre le sbatte la faccia sul pavimento con il chiaro intento di spappolarle il naso e farle saltare i denti. Se nessuna delle due ha ancora mutato è semplicemente per la paura che la Regina poi, troppo contrariata, possa punirle davvero duramente.
«Tu adesso le chiedi scusa!»
«NO!»
«Se vuoi andartene sulle tue gambe le chiederai scusa!»
Sherry e River escono con fare agitato dalla stanza dove si erano rinchiusi, i volti deformati dallo shock. Erano tutti calmi quando li hanno lasciati, stavano ricominciano a bere e avevano sentito i due biondi scommettere soldi sull’esito del loro incontro. Mai avrebbero immaginato di vedere un tale delirio!
«Ma che diavolo sta succedendo?! Sono stata via cinque minuti!»
«A loro sono bastati trenta secondi.» Risponde ridendo Bree seduta sulle gambe di Micah, Mimì in braccio a lei e Mordecai poggiato alle spalle della bionda. Osservano ridendo la scena, Micah ha addirittura le lacrime agli occhi e non riesce davvero a ricomporsi neanche avvertendo il ringhio di ammonimento dell’Alpha.
«Neanche i giocatori di hockey si scontrano così velocemente!»
Si lancia in mezzo alle due, le afferra per i capelli e le alza malamente da terra, il potente ringhio che le squarcia la gola le blocca entrambe. Le molla velocemente con un gesto stizzito, passandosi stancamente le mani sul viso. Gli occhi per un istante si posano sulla figura di Radish, in piedi al fianco di Chichi e i bambini. Si guardano per un istante e lei davvero non riesce a decifrare il suo sguardo granitico. Ci penserò dopo, prima devo sistemare queste due deficienti!
«Becca, si può sapere che ti è preso?!» Giustamente domanda a lei, perché Camila è sì scema ma non tanto da attaccarla per prima. Tutti sanno che Becca picchia duro!
«Questa vuole scoparsi il tuo uomo e non dovrebbe pagarla?»  Sbotta tutto in un colpo, notando chiaramente la rabbia e l’odio che vanno formandosi nei suoi occhi di nuovo umani. Lo vede chiaramente e subito ghigna malignamente, facendo saettare gli occhi sull’avversaria che tenta di regolarizzare il respiro mentre si pulisce il sangue dal viso.
«Una parola, Sher. Basta una parola e le strappo il cuore, qui, davanti a tutti.»
«Adesso basta. È una festa o no? Smettiamola con queste cattiverie.» Le passa il dorso della mano sulla guancia, reclinando un poco la testa di lato e le sorride. Becca capisce subito, ricambiando quel sorrisetto perverso.
Tutti loro hanno capito che è giunto il momento di giocare al loro gioco preferito di quando erano ragazzetti: vediamo quanto piangi!
Sherry sfila lentamente davanti agli amici, scrutandoli con attenzione. Pure chi la conosce davvero poco ha notato il cambio d’umore repentino e si è sentito come a disagio davanti a quegli occhi incredibilmente freddi, cattivi. Radish si è trovato immediatamente a pensare che quella non è la sua Sherry.
«Cambiamo argomento, dai. Suggerimenti?»
I vari Spettri sembrano quasi riflettere davvero con aria intensa, quando Domino comincia a saltellare tra le braccia di Major con la manina ossuta alzata per aria.
«Sherry?!»
«Sì, Domino?»
«Vogliamo parlare di quando mio fratello ci ha raccontato che Camila è una vera schifezza a letto e che urla tipo babbuino?» Nel dirlo volta lentamente lo sguardo verso la diretta interessata, deridendola con gli occhi. Tutti sanno che il fratello di Domino è pure più brutto di lei e che le è inferiore pure in combattimento… e sanno anche che gli bastò metterle la lingua in gola e palparle il culo ad una festa per riuscire ad infilarsi nelle sue mutande.
I vari Spettri cominciano a ridere di lei, che nel frattempo sembra farsi sempre più piccola. Notano che il suo labbro inferiore comincia a tremolare quando Major le fa il verso della scimmia, copiato in breve da tutti gli altri.
La stanno accerchiando, le danno addosso con estrema soddisfazione, e le loro risate li fanno sembrare un branco di iene. Pure River, pur essendo stato uno dei suoi amanti, snuda le zanne e ulula nel vederla così all’angolo.
Sherry sta in mezzo a tutti, lo sguardo vuoto e gelido. La fissa con insistenza finché non scoppia in lacrime e corre fuori, offesa ed umiliata.
Solo quando ormai è ad un passo dalla porta si lascia andare all’ultima cattiveria, urlandole dietro: «Corri puttana, corri
Tutti gli Spettri ridono istericamente, spalleggiandosi l’un l’altra. E con questa loro bravata, hanno dato modo a tutti di capire una piccola ma sostanziale verità: loro sono simpatici, gli piace giocare come bambini e sono capaci di amarti come nessuno… ma non provare a ferirli perché, sotto sotto, sono schifosamente perfidi e meschini.
Tutti loro, senza alcuna eccezione.


La serata si è conclusa circa un’ora dopo dalla fuga in lacrime di Camila, quando ormai era l’una di notte.
Mordecai, reso euforico dall’odore del suo sangue e dalle sue lacrime, ha ricominciato a cantare mentre gli amici suonavano. Ha cominciato con
Burning Love, trascinando quasi tutti in pista e riportandoli totalmente al buonumore.
Alla fine, tra la stanchezza degli umani e la voglia di nuovi divertimenti degli Spettri, hanno lasciato il ristorante e si sono salutati calorosamente fuori. Micah, Major e Maddox hanno ricordato a Vegeta e Piccolo del loro prossimo allenamento, mentre Becca e C-18 si sono lasciate andare ad un fugace abbraccio mentre si mettevano d’accordo per il luogo e l’orario per andare a fare spese.
Fern, dopo essersi raccomandata con i suoi ragazzi, è montata in auto con Bree e Mimì, lasciando per prima il gruppo.
Yamcha, dopo aver salutato tutti, è rientrato con la scusa di aiutare Robin a riordinare e Major gli ha messo in mano tre preservativi ritardanti.
I secondi ad andarsene sono stati Chichi, Gohan e Goten assieme a Vegeta, Trunks e Bulma, andando a dormire da quest’ultima a causa dell’ora assai tarda.
Il Quartetto si è dileguato dopo di loro, saltando sulle macchine ed ululando per le strade buie e deserte.
Prima che anche gli ultimi se ne andassero, River ci ha tenuto a stringere in un caldo abbraccio Sherry, scivolando poi di lato e cominciando a correre nell’oscurità. Anche senza dirle niente, Sherry immaginava dove si stava dirigendo e quindi si è lasciata andare ad un sospiro sconsolato. Un fratello è sempre così geloso delle sorelle minori?
Sono ormai rimasti soli, lei e Radish.
Tenendo due grandi buste nere in una mano, gli si avvicina e gli avvolge le braccia al collo, sorridendo teneramente prima di baciarlo. Lo tiene stretto a sé, immergendo le dita nei suoi capelli, rendendosi però dolosamente conto di non venire ricambiata con la stessa passione. Anzi, il Saiyan è quasi immobile e all’inizio ha ricambiato in un moto totalmente automatico.
Si separa e lo ha guarda negli occhi con aria smarrita, trovandolo serio come poche altre volte.
«Cosa voleva Fiocco di Neve?» Domanda duramente, i muscoli tesi per il nervoso ed una voglia incredibile di richiamare in qualche modo Mordecai per dirgli di procurarsi tequila e cioccolatini dal momento che potrebbe regalargli uno spettacolo mai visto.
È geloso come non lo era mai stato. Si sente come invaso da una rabbia cieca, così devastante che è quasi impossibile da sopportare. Ha già provato una simile collera in passato, ma allora poteva sfogarsi uccidendo tutti e devastando ciò che lo circondava. Adesso cosa può fare? Niente. Può solo sperare che lei, la causa scatenante di tutto, si faccia perdonare vuotando finalmente il sacco e, soprattutto, chiedendogli sinceramente scusa.
«Intendi Riv?» Domanda innocentemente, gli occhi un poco annebbiati dall’alcol. Ha bevuto molto meno rispetto a tutti gli altri e solo roba leggera, ma le è sempre bastato davvero poco per andare molto su di giri.
Siamo tornati a Riv?!
«Niente di che. Cose da Spettri.» Gli sorride allegra e prova a baciarlo di nuovo, decisa a terminare i festeggiamenti a modo loro.
Per tutta la sera non ha fatto altro che bramare del contatto fisico con lui, ma sono sempre stati interrotti. Nei pochi momenti in cui è stata libera di fare ciò che voleva senza che degli intrusi le si presentassero davanti, ha provato a trascinarlo in pista per ballare tutti insieme, ma si è rifiutato categoricamente, piantandosi da un lato con l’espressione accigliata e le braccia incrociate al petto.
Ha pensato, giustamente, che fosse sì infastidito dal fatto di non avergli detto delle sue origini, ma anche che ballare davanti a tutti lo imbarazzasse. In fondo non balla con lei neanche in casa, limitandosi ad afferrarla a tradimento per danzare in tutt’altro modo.
Prima che riesca a posare le labbra sulle sue, Radish sposta la testa da un lato, abbandonandosi ad un sospiro frustrato. Le afferra i polsi e le abbassa le braccia, per poi voltarsi e cominciare a camminare lentamente verso casa.
«Ehi! Che ti prende? Pensavo che ci fossimo divertiti…»
«E io pensavo che tu mi dicessi le cose.»
Sherry si blocca in mezzo al marciapiede, le braccia stese lungo i fianchi e le buste ad un paio di millimetri dal suolo. Guarda i suoi capelli che ondeggiano mentre cammina, le mani infilate nelle tasche e i muscoli tesi nelle spalle. Che ti prende?
Si rende conto di star trattenendo il respiro e, scuotendo un poco la testa per riprendersi da quello schiaffo d’acqua gelida, si affretta ad andargli dietro per sistemare la faccenda.
«Andiamo dai, non era una cosa importante.»
«Il fatto che sei di stirpe nobile non è importante secondo te?!» Radish le si rigira contro, una delusione estrema gli invade gli occhi assieme alla rabbia. È andato tutto male stasera, per lui. Sapeva che l’idea di Bree era una specie di disastro annunciato nel momento esatto in cui l’ha proposta a tutti loro, ma non pensava a livelli simili.
Tutto in un colpo si è reso conto che lei non vuole condividere troppe cose della sua vita e che non ha alcuna intenzione di separarsi davvero dal suo infedele ex. Prova a capire perché lo voglia nella propria vita dopo quello che le ha fatto, perché non lo allontani per lasciar entrare del tutto lui, ma davvero non riesce a trovare una risposta. Sentirlo da lei, ora come ora, potrebbe solo essere insopportabilmente doloroso, quindi opta per rinfacciarle solo il primo problema.
«No, infatti: non lo è!» Gli ringhia contro Sherry, alle strette. Non sa come comportarsi e, pur sapendo di avere torto, non vuole chiedere scusa per essersi difesa dal proprio passato «Non ho mai considerato Mezcal un padre, non ho mai considerato i suoi nove figli e le sue sette figlie come fratelli o sorelle. Per me loro non erano altro che delle inquietanti presenze malvagie che desideravano solo la mia testa su un vassoio, ecco perché non ne parlo.»
«Non mi importa un cazzo di cosa fossero per te! Dannazione, è mai possibile che non capisci che hai sbagliato e che devi chiedermi scusa?!»
«Io non devo scusarmi proprio di niente!»
«Ah no?! Cristo, io ti ho permesso di conoscere ogni singola cosa della mia vita, mi sono aperto con te come non ho mai fatto prima con nessuno, neanche con me stesso, ho messo il mio fottuto cuore nelle tue mani e tu mi ripaghi in questo modo?!» Glielo urla tutto in un fiato, le membra scosse da brividi. Vorrebbe stringerla fino a farle male, bearsi ancora del suo calore e pregare che tutto si cancelli, che il tempo torni indietro a quella sera dallo sfasciacarrozze dove giocavano come ragazzini per poi amarsi con tutto il cuore… ma al tempo stesso non ha alcuna intenzione di farlo.
Non vuole toccarla né essere toccato. Non vuole averla attorno, non vuole neanche più vederla.
Le parole di Fern e, soprattutto, di Mordecai gli rimbombano improvvisamente in testa…

«Se ci riesci, prova a darle tempo… ma se non sei sicuro di poter accettare il suo silenzio… beh… fai in modo che non soffra troppo.»

«Molla la presa se non puoi sopportare la sua presenza.»  


Non credeva di poter soffrire così all’infuori di un combattimento mortale. Davvero, non lo credeva possibile. Quello che prova dentro in questo momento fa addirittura più male di tutte le umiliazioni di Freezer unite alle botte ricevute durante lo scontro con gli Androidi e Cell.
Si sente devastato, una confusione atomica nella mente e nel cuore e per questo, senza dire una parola, le volta le spalle e ricomincia a camminare più velocemente.
Ha bisogno di allontanarla, di staccare la presa, di leccarsi le ferite da solo e di capire fin dove è capace di spingersi prima di proseguire la conversazione.
Sherry, ammutolita e devastata da questo suo atteggiamento, rimane per qualche secondo immobile a fissarlo. Non riesce a capire cosa stia succedendo, quando la situazione sia precipitata tanto, quando la sua pazienza si sia improvvisamente esaurita, quale sia stato il fattore scatenante e come risanare la situazione senza dovergli raccontare del suo passato.
«Dove stai andando?»
«Lontano da te.» E detto questo semplicemente si alza in volo, sparendo velocemente dalla sua vista.
È andato, perso nel buio, fuori dalla sua vita.
Si sente come ondeggiare, Sherry, mentre le pare che una voragine le si apra sotto ai piedi.
Si era ripromessa di non permettere mai più a nessuno di farle del male, aveva barricato il proprio cuore con difese che credeva inespugnabili ma adesso ha sentito distintamente il crack dopo essersi spezzato.
Mentre si avvia con passo malfermo e sguardo vuoto verso casa, non può fare a meno di chiedersi quand’è che ha messo il cuore nelle sue mani mentre un unico e doloroso pensiero le invade la mente: Avevi promesso di non farmi del male, di non abbandonarmi… e invece avevo ragione io.



*Sherry intendeva che il loro non è un fidanzamento ufficiale, in quanto lo considera “solo” il proprio compagno.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
E non lo volevamo un altro capitolo schifosamente lungo? ECCOLO!
Dai, stavolta penso di poter essere perdonata! Dovevano arrivare tanti personaggi, dovevano interagire e bisognava un poco conoscerli, quindi vien da sé che sia venuto un poema.

E niente… Radish l’ha piantata. 🤯
Un venticinquesimo compleanno da ricordare, eh? Simile al mio, tra l’altro! Con la differenza che il mio, forse, andò peggio. Lei almeno si è divertita tutto il giorno circondata da un sacco di amici e persone che comunque le vogliono bene e la rispettano.
Però io una lancia in favore di Radish la spezzo: è arrivato al limite, è stato spinto oltre e di carattere gestisce male la rabbia. Come poteva non sgretolarsi su sé stesso? Che poi non è detto che volesse piantarla ma solo allontanarla per scaricare la rabbia e la tensione, può essere - come invece no - che si sia pentito subito e che già nel prossimo capitolo andrà a parlarle.🤔

Vorrei chiedere un vostro parere sul Quartetto.
Per quanto simili in realtà sono diversi tra loro: Maddox è quello responsabile, una specie di fratello maggiore che tenta di tenere un poco a freno i fratellini scatenati; Major è quello preso di mira, quello responsabile che pur facendo danni non si sottrae alle proprie responsabilità; Micah è il belloccio del giro, quello che osserva la situazione per capirne la gravità ma poi se ne frega e si butta in mezzo senza pensare; Mordecai… Mordecai è un po’ un insieme di tutti loro, con la differenza che in lui tutto è ampliato al massimo, che non si cura di niente, a malapena di sé stesso, e che mostra di saper mettere da parte la sua euforia travolgente per cose più serie… e che ama far soffrire le persone con cattiverie sì infantili, ma anche tanto meschine da poterti davvero ferire.
Bella gente, eh?😁

Direi di smettere di scrivere, ho già dato abbastanza! Vi dico solo che i prossimi due capitoli sono già pronti, sto scrivendo come una dannata in questi giorni… sono ispiratissima!
A presto, un bacione
Kiki🤙🏻



QUESTO NON È NECESSARIO LEGGERLO, l’ho messo solo per completezza e perché devo passare la quarantena:
Le date dei compleanni! Perché metterle? Occupano spazio, in fondo. Beh, perché pur non credendoci del tutto, mi sono resa conto nel tempo che molti segni zodiacali rispecchiano effettivamente le caratteristiche delle persone (mio papà è Vergine ascendente Vergine… lascio a voi il giudizio!), e quindi le date non sono state scelte a caso (metterò le caratteristiche solo di tre personaggi):

Sherry —> Scorpione: Lo Scorpione è un segno misterioso e impulsivo che preferisce tenere per sé sentimenti e emozioni piuttosto che condividerli. Potete dire i vostri segreti a uno Scorpione, non li rivelerà mai a nessuno. Dotato di una spiccata istintività vive intensamente, lasciandosi trasportare da ogni singola emozione. Porta a termine sempre ciò che inizia, non ama lasciare le cose a metà. Guidato da passionalità e volontà, ha una personalità forte, ribelle e anticonformista. Nei rapporti personali, a volte si lasciate andare a momenti di forte aggressività e gelosia. Il segno dello Scorpione è influenzato da Plutone, pianeta del cambiamento e della rivoluzione. Gli Scorpione hanno buone probabilità di diventare dei leader grazie alla loro dedizione e impegno. Le loro idee convincenti e la loro verve li rende capaci di portare avanti cambiamenti radicali.

Bree —> Ariete: l’Ariete prende spesso l’iniziativa, anche se delle volte non è completamente consapevole di ciò che lo attende. Sono persone dinamiche con un spiccato fiuto per gli affari. Di indole impetuosa, avanza a tutta forza, senza guardarsi alle spalle. Tuttavia, se incontra un ostacolo non esita a fare marcia indietro e imboccare una strada alternativa. Indipendente e impulsivo, difficilmente riesce a controllarsi.

Mordecai —> Gemelli.

Micah —> Sagittario

Fern —> Acquario

Major —> Vergine

Maddox —> Toro

River —> Leone

Pip —> Pesci

Jane —> Cancro

Radish —> Bilancia (Cercando in rete sembra che il suo compleanno sia il 12 Ottobre). Segno caratterizzato dalla continua ricerca di equilibrio, nei rapporti personali e interpersonali. È solito soffrire le situazioni di conflitto. Predisposti all’edonismo e ai piaceri della vita. Dotati di straordinaria intelligenza.
In pratica è il Radish di R&R! 😱

(Vi giuro su ciò che volete che non è stato fatto di proposito, ma il segno della Bilancia è opposto all’Ariete.)


Cooomunque… io sono un Pesci come Pip, voi?

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Avvertenza❌: si avrà un primo assaggio dei pensieri (e quindi della personalità) di Jäger. Non saranno cose per niente belle, siete avvisati.

 

𝟙𝟝. 𝒯𝓊𝓉𝓉𝑜 𝒸𝒶𝒹𝑒 𝒶 𝓅𝑒𝓏𝓏𝒾

 

 

È tutto così ingiusto...
Pensavo davvero che sarei potuta essere felice, che avrei condotto una vita pseudo-normale, che avrei avuto un futuro non roseo ma quasi, un po’ come tutti…
Invece ho perso. Ho perso l’unica persona che mi abbia mai fatta sentire davvero sicura… ed è successo per colpa mia. Solo mia.
Non è giusto, dannazione!
Ma, aspetta… cos’è successo? Ricordo che non mi sentivo bene e che faceva tanto freddo, ma poi? No, no. Dov’è Radish?
«Forza Sher, siamo quasi arrivati! Resta sveglia, okay? Devi restare sveglia!»
Sento la tua voce, Riv… ma è così lontana, eppure sento il tuo calore contro la pelle. Cos’è successo? Non ricordo. Vedo le stelle e i tuoi capelli… la testa è pesante, non riesco ad alzarla. Riv? Che è successo? Eravamo insieme? Aspetta… il compleanno. Tu sei venuto al mio compleanno. Ricordo che siamo andati in un’altra stanza, volevi parlarmi. Mi hai detto che molti dei tuoi fratellastri sono davvero irrequieti, che tuo padre sta facendo quanto è in suo potere per tenere la situazione stabile. Lo ricordo, sì. Ricordo che hai provato a baciarmi e ti ho sbattuto la faccia contro il muro. Credo sia rimasto il segno…
Poi? Che è successo dopo? Siamo andati via. Sì. Siamo andati via. Lui è andato via. Questo lo ricordo. Credo… è successo? Sì. Sì, è successo. Abbiamo litigato e lui è andato via. Mi ha lasciata? Sì. Credo.
So che sono andata a casa di Bree. Ho portato i regali in camera e poi mi sono sdraiata. Ricordo di aver pensato che mi sarei dovuta trasferire alla tana perché presto lei e Mimì avranno bisogno della stanza per i bambini… e che non volevo andarci. Non voglio più vivere nella terra, Riv… dove devo andare?
«AIUTO!»
Aiuto? Per cosa Riv? Che è successo?
Aspetta. Voglio arrivarci da sola.
Okay. Io… io ero nel letto. Pensavo alla casa, al non volermi trasferire nella tana, al non voler andare a vivere con i Quattro perché sarebbe allucinante… e di aver pensato che non potevo lamentarmene con Radish. Lui mi avrebbe presa in giro, sai? Mi avrebbe detto che ormai dormo sempre a casa sua… e io avrei ignorato il significato implicito di quella frase e me ne sarei andata a prendere uno yogurt dal frigorifero. Sarebbe stato carino…
«Porca puttana, che diavolo è successo?!»
No, non voglio sentirvi! Voglio arrivarci da sola!
Ricordo che… che ho sentito qualcosa. La finestra era aperta, faceva freddo, tanto. Ho sentito degli ululati poi, oltre al freddo.
Non volevo muovermi, all’inizio. Pensavo che Glover avrebbe potuto occuparsene senza di me… ti dirò, Riv, che avevo preso in considerazione l’idea di prenderlo come Beta. Non lo trovi assurdo? Glover un Beta. Nah, non funzionerebbe. Vuole mantenere la sua libertà e indipendenza, un Beta dovrebbe starmi sempre appresso.
«Te lo spiego mentre la rimettiamo insieme, che ne dici?!»
Erano ululati di paura. Questo lo ricordo bene. Ricordo che non erano distanti e che sarei potuta arrivare per prima. Poi ho sentito l’ululato di Apophis. Ho pensato subito a Bree e sono corsa fuori.
Lui la vuole. L’ha sempre voluta. Diceva che per essere una Mezzosangue era abbastanza forte… e che, in ogni caso, l’avrebbe violentata fino ad ucciderla per vendetta. Sappiamo entrambi che l’avrebbe fatto davvero, se non fossimo scappate… ed anche se non fossi corsa a respingerlo al Nord.
Ho pensato che, in fondo, non fosse migliorato troppo in quegli anni, non più di me in ogni caso. Altrimenti Jäger lo avrebbe mandato prima, no?

Credo di aver sbagliato anche a questo giro, sai?
«Dannazione, perché non l’hai curata subito?!»
«Perché o mi dissanguavo per curarla del tutto o la portavo via di corsa!»
Sto messa così male? Non ricordo che la lotta fosse stata tanto intensa… lo è stata?
Ricordo che aveva atterrato dei ragazzini… ma non credo avesse intenzione di ucciderli. Voleva che arrivassi subito. Voleva che andassi da lui per fare qualcosa… ma non ricordo cosa, Riv. Cosa voleva?
«Non riesco a capire se le ha danneggiato i polmoni o meno…»
Dubito che mi volesse uccidere, sai? Non servirei a molto da morta. Jäger perderebbe la testa… si infurierebbe così tanto da scatenare una vera apocalisse. O forse sposterebbe la sua attenzione su qualcos’altro. Non credo di volerlo scoprire, comunque.
Ricordo che ci siamo attaccati, io e Apophis… e che lui era ancora più grosso e forte di quanto ricordassi. Forse sono peggiorati in questi anni… lo credi possibile, Riv? Sono sicura, però, di avergli staccato due dita della zampa destra. Secondo me adesso è un poco risentito… state in guardia, okay?
«Tieni duro, dai! Stringi i denti e combatti, forza!»
Stai piangendo, Riv? Stai davvero piangendo per me? Dov'è finita la tua strafottenza?  E la tua arroganza? Dov’è la tua ironia? Dov'è la tua sicurezza? Ne ho bisogno, Riv. Ti prego, non versare lacrime per me. Non farmi questo, non ora. Ho bisogno della tua forza. L’abbiamo sempre sfangata, noi due. Sfangheremo anche questa se non frigni, perché ho bisogno della tua forza adesso.
«Andrà tutto bene, okay? Ascoltami! Sono qui, sono al tuo fianco! Ci siamo tutti, lo senti? Il branco è qui per te. Ho mandato a chiamare i ragazzi, presto anche loro saranno qui!»
Perché la tua voce è così debole? Perché sussurri? Riv, parlami, ti prego...
Mi fa male il fianco… e il petto… e la testa…. mi fa male tutto. Sento le emorragie interne, sento la testa riempirsi di ricordi non miei. Non riesco a vedere, però. Perché non vedo? Di solito vediamo subito… invece adesso non vedo. Sono solo ombre nella nebbia.
Di cosa stavo parlando prima? Cos’è successo? Non ricordo. Ho un vuoto. Un blackout nel cervello. Sarà la merda che ci siamo fatti negli anni? Dici che è salita tutta adesso? Può essere. Nel caso non la sfango, sai? Nessuno la sfangherebbe.
Aspetta, Riv… che stavo dicendo? Non ricordo.
«Resisti amore, ti prego. Tieni duro, stanno arrivando tutti. Ti daremo così tanto sangue che ti verrà a schifo, quando sarai di nuovo in piedi.»
Sono tanto stanca, Riv… sono davvero tanto stanca.
Dici tu ai ragazzi quello che è successo? Io non riesco a ricordarlo. Vedo delle immagini, adesso. Sento delle voci…
Come mai tutta sola, piccola Sherry~?
No. No, no, no. NO!
Ho paura.
Basta. Non voglio più vedere!
Stai crescendo, piccola Sherry~
… Radish, dove sei?



Li ha convinti a farla tornare a casa dicendo loro che sì, avrebbe lasciato portone e porta aperti per farli entrare quando volevano.
Ora c’è un sacco di gente che gira per casa sua e altrettanta che bada alla sicurezza di Fern mentre lei si occupa di Sherry.
L’ha pulita, Bree, tamponandola con una spugna imbevuta in acqua gelida con la speranza che aprisse finalmente gli occhi, ma lei è rimasta incosciente nel letto come nelle ultime ore.
L'ha cambiata mettendole addosso uno dei suoi vestiti leggeri con dei motivi floreali molto colorati così, quando aprirà gli occhi, si farà quattro risate perché odia i vestiti troppo appariscenti.L'ha truccata un poco, provando così a nascondere le profonde occhiaie violacee e le labbra screpolate.
Le ha spazzolato i capelli e li ha fermati all’indietro con una bandana rossa. Sarebbe spiacevole se quando si svegliasse si ritrovasse con un nido al posto dei capelli.
Le ha fatto tutto questo da quando gli altri le hanno finalmente lasciate sole, dichiarandola fuori pericolo ed attaccandole la flebo con tutti quei sedativi e oppiacei vari per tenerla calma, e adesso veglia su di lei.
Veglia sul suo riposo troppo tranquillo affinché nessuno si avvicini e osi disturbarla. Perché nessuno le farà del male, nessuno la sposterà da lì. Dovranno prima passare sul suo cadavere per riuscirci.
Tutti hanno pianto, si sono disperati per le condizioni della loro Regina. Pure il rigido River non è riuscito a trattenere lacrime colme di angoscia.
Bree non ha pianto. Non subito, almeno. È rimasta in silenzio per un po’ mentre la curavano, pensando a quanto fosse stata stupida.
Si è domandata come Diavolo le sia saltato in mente di affrontare Apophis da sola, cosa Diavolo abbia pensato prima di lanciarsi tra le sue fauci. È il braccio destro di Jäger, il suo unico e migliore amico da che sono piccoli, colui che ha riconosciuto come fratello malgrado non condividano il sangue principalmente per la sua forza mostruosa, colui che ha aiutato con l’omicidio della famiglia reale. Da quel che si dice, fu proprio lui a divorare il cuore della Regina.
Alla fine, quando si sono allontanati dal suo corpo sospirando per il sollievo, con River e Mordecai pallidi come lenzuoli per il troppo sangue che si sono tolti per farla guarire, lei si è messa ad urlare. Ha urlato con tutta l'aria che aveva nei polmoni, ha cominciato a distruggere tutto quello che le capitava sotto tiro, imprecando contro l’amica che, a suo dire, è stata una “stupida incosciente del cazzo” e si è calmata solo quando Micah le ha serrato le braccia attorno al corpo fino a spezzarle le ossa. Le ha detto che era necessario e lei ha annuito. Poi, con una voce che sembrava provenire direttamente dall’oltretomba, ha preteso che la portassero a casa.
Sono ormai tredici dannatissime ore e mezzo che veglia su di lei, che continua a tenerle la mano e a piagnucolare.
Aspetta che si svegli, che sbatta lentamente le palpebre e tiri una sonora bestemmia contro il bastardo che l’ha ridotta in questo stato ed è poi scappato, non prima di averle fatto avere con la forza dei ricordi poco graditi.
Qualcuno bussa alla porta, le voci dei tanti Spettri in salotto le arrivano nitidamente alle orecchie. C’è chi vuole vendetta immediata e preme per tentare un’invasione del Nord, chi giustamente gli intima di non fare cazzate e River, sopra a tutti loro, che ruggisce che nessuno muoverà un dito finché la Regina non ordinerà il contrario. Lo ha sentito anche dire, durante la giornata, che vuole che portino tutte le armi presenti in casa e nell’appartamento di fianco alla tana e che vengano distribuite e che tutti quanti imparino ad usarle alla perfezione; gli ha sentito dire che vuole che tengano sotto tiro anche l’umana con i capelli neri perché vive troppo isolata e troppo vicina a dei territori di caccia, e che esige che ululino immediatamente in caso di pericolo e che i Cacciatori blocchino gli invasori il tempo necessario per portarla via. Ha anche specificato che non devono farsi vedere da lei e che devono farlo perché Sherry, tutto sommato, la trova simpatica e le si spezzerebbe il cuore nel saperla morta. In ultimo ha ordinato categoricamente che, se proprio ci tengono a frequentare quella gente, non potranno metterli al corrente della situazione, che dovranno tenerli ben fuori dai loro affari.
Micah entra nella stanza senza che lei lo abbia invitato. Si era scordata che qualcuno avesse bussato, lo aveva rimosso completamente. Le dice che deve mangiare qualcosa e le porge una bistecca cruda. Per un attimo Bree si domanda quanta carne abbiano portato in casa per sfamarsi tutti e quanto la cosa possa dare fastidio a Mimì, ma quando la vede sul ciglio della porta con un fazzoletto sulle labbra capisce che no, non le dà fastidio. È preoccupata per Sherry, la guarda come se non dovesse svegliarsi più.
«Amore, tranquilla…» Mormora con voce roca, sorridendole al meglio delle sue capacità per calmarla «Chi vuoi che l’ammazzi, la nostra Sher? È una dura, lo sai.»
«Perché non si è ancora svegliata?» Si avvicina cautamente, la maglietta arancione bagnata dalle lacrime di tutti quei truci Spettri che le hanno pianto addosso. Pure Gregor, lo spacciatore di fiducia di Bree, è arrivato non appena ha saputo e ha pianto un po’ con lei e un po’ con gli altri. C’era pure il suo gracile umano, Coby, che per il lupo non era al sicuro lontano da lui.
Bree le indica svogliatamente la flebo attaccata al braccio dell’amica, notando a sua volta che la sacca ormai è quasi vuota. Si alza e fatica per sostituirla con una piena, ringraziando mentalmente Major per aver dato fondo a tutte le sue malatissime scorte.

Cambiata la sacca, torna a sedere sulla sedia della cucina che ha posizionato accanto al letto. Il vociare si è affievolito tantissimo e, voltando debolmente la testa, nota che molti di loro si sono accalcati alla porta per vederla.
Sta fisicamente bene, non avrà altro che delle nuove cicatrici addosso e neanche troppo spesse grazie al forte sangue dei suoi uomini… ma è il suo stato mentale a terrorizzarli. Temono che qualcosa si sia rotto definitivamente, che non sarà più lo stesso Spettro che sono arrivati velocemente a considerare il loro capo, la loro Regina, alla quale si sono sinceramente affezionati.
Nota Mordecai, tra tutte quelle facce, e le fa male al cuore vederlo mortalmente serio. Con lui ci sono Major e Maddox, River sta in fondo alla fila ed osserva da lontano. Sente il suo dolore, sa che sta impazzendo dalla voglia di distruggere Apophis per ciò che le ha fatto e distruggere sé stesso per non essere arrivato prima.
«Penso che sia il momento di svegliarla… anche solo per cinque minuti. Dobbiamo capire l’entità dei danni.» L’attenzione dei presenti si sposta velocemente su Micah, gli occhi sorprendentemente gelidi e i lineamenti contratti dal furore. Lui, come River, vorrebbe solo andare all’attacco.
Una volta chiuso il flusso della flebo, aspettano per qualche minuto in religioso silenzio che apra gli occhi. Sono totalmente immobili, a malapena respirano.
Ma poi Sherry apre gli occhi e per un attimo si sentono come sollevati. Il suo corpo reagisce bene, sta espellendo le tossine ad una velocità sorprendente.
Li apre lentamente, con calma. Le sembra uno sforzo disumano, ma alla fin fine riesce ad alzare le palpebre e a mettere a fuoco ciò che la circonda.
Non sa dove si trovi e cosa sia successo. La sua mente fatica inesorabilmente per tirare fuori i ricordi, ma c’è qualcosa che li blocca.
Lascia scivolare lo sguardo sui presenti, trovandoli commossi dal suo risveglio. La preoccupano un poco: cosa può essere successo di tanto grave da unirli tutti lì dentro?
«Bree…?» La chiama piano, il cervello ondeggia nel cranio. Non ricorda… era il suo compleanno, stava andando all’Alien con lei e Fern. Ne è sicura, questo lo ricorda. Parlavano del vestito di Bree e delle Spice Girls. Ma poi?
«Sono qui.» Le prende la mano e la stringe forte, guardandola con le lacrime agli occhi. Sa cos’è successo, l’ha visto dal suo sangue. Non osa neanche immaginare cosa stia provando.
«Che è successo?»
Trattengono tutti il fiato, incapaci di metterla al corrente di un qualcosa di tanto doloroso. River sente ancora nelle orecchie le sue urla disperate di quando l’ha trovata, così mal messa da non essere capace di mantenere la muta, agonizzante al suolo con le fauci di Apophis strette attorno al torace. L’ha allontanato lottando con tutte le proprie forze e si è sentito atrocemente offeso nel rendersi conto che l’avversario stava in qualche modo giocando con lui, prima di andarsene. Aveva portato a termine il suo compito, combatterlo non rientrava assolutamente tra i suoi interessi.
«Dov’è lo scimmione…?» Sorride appena, osservando gli sguardi di tutti i presenti. Se ha fatto qualcosa di tanto stupido da terrorizzarli fino a questo punto, le risulta assai improbabile che non ci sia anche Radish lì in mezzo. Però non lo vede, non lo fiuta neanche.
La verità è che hanno visto anche questo, Bree, River e il Quartetto. Solo loro le sono tanto vicini da poter avere l’onore di bere il suo sangue e vedere i suoi ricordi. Hanno visto la loro lite fuori dall’Alien, hanno visto il Saiyan che se ne andava lasciandola sola e distrutta. L’hanno visto chiaramente, hanno sentito la confusione nella sua testa e il suo dolore… e adesso non hanno il coraggio di farle ripetere l’esperienza. Per un verso sono felici che la sua mente sia in tilt, ma un blocco simile può essere dovuto solo ad un trauma troppo grande che la mente sta cercando disperatamente di bloccare: quando non ci riuscirà più e i ricordi scorreranno di nuovo, lei rivivrà tutto quanto.
Ti faccio così paura, piccola Sherry?~
La vedono sgranare gli occhi e cominciare a tremare vistosamente. Vedono una lacrima solitaria scenderle lungo la guancia, la bocca dischiusa in cerca di ossigeno. Respira a fatica, gli occhi si fanno sempre più grandi e pieni di puro terrore.
Tranquilla, piccola mia: non ti farò male.~
«Riapri il flusso. Non deve vedere.» River le afferra con forza i lati del viso e la costringe a guardarlo negli occhi, capendo che stavolta non si tratta di un qualche incubo frutto della sua immaginazione: questo è un ricordo vero, quello che ha nascosto a ai loro occhi per tutta la vita.
«Sono qui, Sher. Siamo tutti qui… non ti toccherà nessuno.»



Bree? Va tutto di merda, sai? Davvero, Bree, va tutto di merda. Ho fatto un casino… un casino pazzesco.
Mi viene da piangere ma non ci riesco. Sono come bloccata… a tratti non so cosa sia successo. Adesso però lo so. Riesco a tenerlo a mente. Ricordo il pomeriggio alla tana, ricordo la serata all’Alien con Becca che ha picchiato Camila… ricordo di aver ufficializzato il rapporto con Radish davanti a tutti voi. Ricordo anche il vostro ululato, pazzi incoscienti che non siete altro. Non dovevate farlo. Quello poi vi bacchetta per dispetto, non lo capite?
Anzi, lo avrebbe fatto… ma ora non lo farà più. È andato via, in fondo.
Aspetta… che stavo dicendo? Non ricordo… Bree? Bree, dove sei? Bree non riesco a svegliarmi… ho fame, Bree.
C’è qualcuno, là fuori? So che c’è qualcuno. Maj? Maj, sei tu? Sì, sei tu. Riconosco il tuo frignare come un bambino… stai forse piangendo per me? Non c’è niente da piangere, andiamo. Non appena capirò come aprire gli occhi andrà tutto alla grande.
Tu ricordi cosa è successo? Io no… c’è qualcosa che blocca i miei ricordi.
Allora, ricomincio: tana, Alien, Phoebe, Maddox che si scola mezza bottiglia di vodka d’un fiato e Micah che gioca a braccio di ferro con Vegeta. Sì, ricordo l’odore del sangue quando gli ha rotto il polso. Ci siamo divertiti un sacco…
Poi? Poi siamo usciti. Yamcha deve aver passato una nottata interessante… indagherò una volta che sarò riuscita a svegliarmi. O lo hai già fatto tu, Maj? Sei un impiccione, dopo tutto. Tu e Becca scoprire sempre i cazzi di tutti!
Accarezzami.~
No. Basta. Silenzio, non voglio mai più sentire la tua voce…
Smettila di toccarmi, basta… no. Lasciami la pelliccia. Lasciamela, ti prego… non voglio, basta!
Ti prego, non farmi questo. Ti prego, basta…
La mia piccola Sherry.~
Aspetta… che stavo dicendo? Non ricordo… perché non ricordo? Cos’è successo? Radish dove sei?



Legge distrattamente Paradiso Perduto mentre si dondola sulla sedia, una noia mortale ad avvolgerlo totalmente. È l’ottava volta in vita sua che legge questo libro, molti passaggi li ricorda a memoria, ma in casa non ha trovato poi molto di suo gusto.
Ormai sono due giorni che tutti vegliano incessantemente su di lei. Le stanno vicini, piagnucolano in salotto quando si sveglia e tirano un sospiro di sollievo quando si riaddormenta. Non hanno il coraggio di dirle la verità, preferiscono tenerla in questo bozzolo. E lui lo trova oltremodo intollerabile, ma la sua voce non è forte come quella di River o Glover, quindi nessuno gli dà ascolto.
Che palle! Non è fatta di cartavelina, sa reggersi sulle sue zampe!
Ma oggi gli altri sono andati via, alcuni a caccia, altri dal Saiyan e dal Namecciano per allenarsi e altri ancora a far svagare i cuccioli.
I suoi fratelli volevano che tutto risultasse normale, dal momento che il capellone non è al corrente della situazione. Non vogliono che lo sappia. Mordecai in parte lo capisce ed in parte lo trova stupido. Così come trova stupidi i suoi amici che si sono fidati di lui, che gli hanno creduto quando ha detto che non le avrebbe fatto alcun torto.
Non saprebbe dire se sono effettivamente stupidi per non aver sospettato niente - perché lui ha detto il vero, per quanto lo riguarda non è un torto farle ricordare gli eventi di quella notte - o se sono dei grandissimi stronzi per aver scaricato tutto sulle spalle. Non che non siano sufficientemente forti e ampie da non riuscire a reggere questa responsabilità, ma comunque un briciolo di aiuto non gli avrebbe fatto troppo schifo.
La guarda di sottecchi e sospira sollevato nel vederla aprire le palpebre. Evidentemente il suo organismo si sta abituando a quella merda che le iniettano costantemente.
«Se ti sento dire che hai sonno, giuro che ti spacco la sedia in testa!» Le sorride allegro mentre lei si adatta alla luce che entra dalla finestra. Si domanda quand’è stata l’ultima volta in cui ha dormito per diciotto ore di fila, ammesso che ce ne sia mai stata una, e l’idea di provarci lo stuzzica tantissimo.
Sherry, dal canto suo, non ha idea di che ore siano o di che giorno sia, la mente continua a girare incessantemente. Sta cercando con tutta sé stessa di ricordare cosa sia successo ma niente: sa che arriva ad un certo punto e lì si resetta tutto quanto.
«Mord?» Il suo sorriso luminoso per un istante l’abbaglia, per poi scioglierle il cuore. È felice di vederlo e di notare che lui non sta piangendo. Perché ricorda che l’ultima volta che si è svegliata gli altri piagnucolavano… e non sa perché. Non sa neanche cosa ci facessero in casa di Bree. Ad occhio e croce, può dire che qualcuno c’è anche adesso, ma Mordecai ha avuto l’accortezza di bloccare la porta per evitare invasioni di spazio.
«Che ti ricordi?»
«La verità? Un cazzo di niente, Mord. Che ho combinato? Questi non mi sembrano i postumi di una sbronza epica…» Fatica a mettersi seduta ma, dopo un’ardua lotta contro sé stessa e tutti i suoi dolori dovuti a tante ore di immobilità, ci riesce e si passa stancamente le mani sul volto. La flebo è ancora attaccata al braccio e per un attimo pensa di strapparla, ma qualcosa le suggerisce di lasciarla lì dov’è e aspettare ancora un po’.
«Ma quale sbronza epica. Tu bevi come una ragazzina!» Le tira addosso il segnalibro e ridacchia, non sorprendendosi nel vederla ancora tetra.
«Vuoi davvero sapere cos’è successo?»
Lo guarda per qualche secondo, Sherry, rimanendo immobile. Non ha il coraggio di parlare, sente che sarebbe un errore terribile… ma non può fare a meno di annuire con un gesto appena percettibile.
«Beh, tanto per cominciare il capellone ti ha scaricata. Regalo sicuramente più memorabile dei nostri, ma forse un poco sbagliato… poi sono gusti eh, non saprei.»
Non glielo ha detto così rudemente perché cattivo, ma perché radicalmente convinto che certe cose sia meglio saperle così, di botto. Un po’ come per i cerotti, vanno strappati con un colpo secco senza pensarci.
Sherry sente di nuovo quella sensazione strana di stordimento e di vuoto. Fatica a capire le sue parole, a metterle insieme e dar loro un senso logico. Ricostruisce lentamente gli eventi della giornata e, dopo sforzi sovrumani, ricorda la loro discussione. Ricorda il suo sguardo duro, le sue parole sputate con rabbia… ricorda che è volato via, che l’ha lasciata sola in mezzo al marciapiede mentre il freddo le pizzicava la pelle.
Il cervello ricomincia ad ondeggiare nel cranio, ma stavolta i ricordi non si cancellano. Non vanno oltre a questo, ma non si cancellano.
Cerca il suo sguardo, lo sostiene con fermezza e chiede silenziosamente di dirle di più.
«Che ne dici se prima ti fai una doccia come si deve? Sono due giorni che non ti fanno lavare perché, povera stellina!, sei giù di tono e drogata come non lo sono mai stato neanche io. Puzzi, davvero!» Si alza e si stiracchia emettendo suoni compiaciuti. Ha perso il senso del tempo stando seduto lì, ora sente le ginocchia incriccate e gli fa male il fondoschiena.
«Ti prendo qualcosa da mangiare nel mentre, vai che dopo starai meglio.» Non l’aiuta ad alzarsi perché sa che è una donna forte che si sentirebbe solo umiliata nell’essere maneggiata come una bambola. Poco importa se sta soffrendo, poco importa se ha il cuore a pezzi: deve stringere i denti e alzarsi in piedi. Per tutto il resto c’è tempo e lui lo sa bene, l’ha provato sulla propria pelle quando a tre anni è rimasto da solo in un buco ad aspettare che la sua mamma tornasse a prenderlo. Non si è lasciato andare al dolore quando ha realizzato che non sarebbe mai tornata, che aveva perso la battaglia; non si è lasciato fermare dal dolore delle ferite infette sulla schiena e sul costato: ha stretto i denti e si è alzato, deciso a far capire a chiunque, compresa la Morte stessa, che non si sarebbe fatto sottomettere né in quel momento né mai nella vita.
«Tieni la flebo se ti fa sentire più tranquilla. Sta bloccando i ricordi più dolorosi.» La guarda con soddisfazione estrema quando finalmente si regge sulle sue gambe e cammina barcollando verso di lui, decisa a fare il primo passo per risanarsi «Avendo saputo di Kerchak adesso che sei sveglia e cosciente, il suo ricordo non verrà più bloccato. Perché si bloccava, vero? La tua mente lo resettava. Beh: adesso non dovrebbe farlo più. Se dopo te la sentirai, ti abbasserò il dosaggio così che tu possa vedere cosa voleva il guastafeste.»
Apre la porta e fa un paio di passi in avanti prima di essere bloccato per un braccio. Sorride sornione nel constatare che la sua forza non ha subito variazioni: presto tornerà la sua spaccaculi!
«Abbassalo ora. Mi dà noia questa roba. Mi stordisce.»
«Beh, lo immagino: non sai quante volte mi sono iniettato la merda che colleziona Maj! Ti dà delle schicchere pazzesche!»
Si dirige con passo calmo in cucina ed apre il frigorifero, gli Spettri presenti che gli domandando con insistenza cosa sia successo e se sia scemo per averle abbassato il dosaggio. Tsk, fighette.
Si avvia poi verso il bagno, una grossa bistecca grondante di sangue freddo stretta tra le mani. Mimì lo ucciderà perché sta sporcando ovunque, ma non è che gliene importi poi qualcosa. Tanto lì dentro ci sarà sicuramente qualcuno disposto a pulire al posto suo, quindi non ci bada per più di pochi secondi.
Ho bisogno di uscire da questo buco, pensa infastidito mentre si appoggia alla porta del bagno e proprio mentre comincia a rimuginare sul da farsi, ecco che arrivano le prime urla, proprio come si aspettava.
Sente la sua disperazione ma non apre la porta. Rimane fermo, con un artiglio punzecchia la bistecca e fulmina con gli occhi gli incoscienti che vorrebbero soccorrerla. Nessuno la deve toccare, non adesso: è capacissima di sopportare il dolore, di assimilarlo e rinchiuderlo, non ha bisogno della scorta, non ne ha mai avuto bisogno.
È questo il problema generale: tutti state sempre a chiederle di cos’ha bisogno, ma nessuno tiene la fottuta bocca chiusa e glielo dà senza che lei debba chiederlo!
La sente piangere, adesso. Sente che tra i singhiozzi chiama il suo nome, che lo invita a raggiungerla. Ed eccola lì, rannicchiata per terra con il getto dell’acqua calda che le scorre sulla pelle. L’avvicina con passo calmo, posa la bistecca a terra e afferra la spugna vicino al suo piede, tamponandole delicatamente le gambe, l’addome, il petto, la schiena e le braccia. Osserva con occhi attenti la schiuma che cola sulla pelle chiara, pronto ad ascoltare il suo sfogo. Sta bloccando il flusso di ricordi che le è stato gentilmente donato, lo sta segregando.
Le lava i capelli, li insapona piano e li sciacqua con cura, per poi tamponarli con un asciugamano.
Le mette la bistecca in mano, le ordina di mangiare e le toglie finalmente la flebo.
«Direi che questa è superflua ormai… o forse vuoi un’altra bottarella?»
Sherry si alza.
Non riesce a capire niente adesso, le sue battutine le arrivano ovattate alle orecchie. Per quanto i ricordi dello stesso Jäger siano insopportabili per lei, per quanto le stiano facendo vedere di nuovo ciò che lei stessa ha vissuto e le facciano provare ciò che sentiva lui - e non solo in quel momento ma anche in altre occasioni -, la mente è ancora annebbiata e sconvolta dalla prima notizia. Non lo avrebbe davvero mai creduto possibile: perdere Radish è più doloroso del rivivere il proprio passato.
«Voglio riposare, Mord. Di’ agli altri di non fare troppo casino, quando rientrano… e mandami Riv e Glover, per cortesia.»
Prima di riuscire a chiudersi la porta alle spalle, sente una strana risatina dell’amico di una vita. La sente distintamente ma non le importa, così come non le importano le sue parole. Suonano così prive di senso, adesso…
Tanto vale dare un’occhiata… non puoi certo farmi più male di così.


Ma guarda guarda chi si addentra nel mio territorio: quel pidocchio di Sherry e i suoi amichetti. Che carini che siete, così piccoli e indifesi.
Non capisco se si tratta di mera idiozia o folle coraggio… o forse è solo fame? Guarda quanto siete magri.
Poco importa, in realtà… perché anche noi abbiamo fame.
«Abbiamo visite.» I vostri occhi scattano sui cuccioli. Sbavate, bramosi di divorarli. Sapete che la bastarda è mia. La ucciderò con le mie stesse mani, divorerò il suo cuore.
«Possiamo?» Siete fedeli a me e solo a me. Questo mi compiace. Moltissimo. Voi vivrete abbastanza a lungo da vedere la disfatta di Greywind. Lo vedrete crogiolarsi nel dolore mentre gli porteremo via tutto.
Annuisco distrattamente, alzandomi. Non avevo voglia di muovermi, oggi. Sono stanco. Ma lei… tsk. Non può passare e tornare indietro. Non lo posso permettere.
Hai paura, mocciosa? Non hai il coraggio di tua madre… lei non fece una piega quando Mezcal la massacrò e la stuprò. Rimase lì, a subire. Beh… certo quello non era coraggio, ma almeno lei non tremava. Quella sporca puttana…
Ma, aspetta, ora mi mostri le zanne? Ringhi a me? Pensi che questo basti a fermarmi?! Povera stupida!
«Chissà che sapore avrà questo coraggio?!»
Corri veloce, pidocchio. Corri veloce e sei così gracile da poter entrare nei buchi più stretti. Notevole, davvero. Non riesco a prenderti, così. Ma dovrai uscire, prima o dopo. Credimi, se ci metterai troppo, scaverò fino ad arrivare a te e, a quel punto, ti spaccherò la testa tra le fauci. Ha un buon sapore il tuo sangue, lo sai? Credo sia uno dei miei preferiti… forse è per questo che ti trovo sempre: il tuo sangue mi chiama, canta per me.
«JÄGER!»
Che. Palle.
Il grande Re in persona che arriva nei bassifondi per la sua bastarda? Questa è una novità interessante. Perché difenderla, eh? Cos’ha di speciale? Non mi hai impedito di spezzarle le ossa o qualsiasi altra cosa mi sia passata per la mente in questi cinque anni. Qual è la differenza, adesso? Mi è permesso farle male ma non ucciderla? Ti sei ammorbidito, per caso?
La Mezzosangue amica sua sta dietro ad una roccia. Sento il suo odore. Hai fatto la spia, piccola stronza? Me la pagherai anche tu, stanne certa. Secondo Apophis diventerai bellissima come quella sporca umana di tua madre, sai? Bene: ti lascerò nelle sue mani e da lì non avrai più scampo, stanne certa.
«Se proverai di nuovo—»
«Mai più.» Abbasso le orecchie ma non la testa. Ti fisso negli occhi mentre quel pidocchio esce dal buco e si ripara dietro le tue zampe. Vi seguo con lo sguardo mentre andate via… e tu la sospingi con un colpo del muso sul posteriore. Sei curiosamente delicato… perché? Che valore può avere una bastarda?
«Jay…?» Apophis, fratello mio… che valore può avere una bastarda? Tu lo sai? Non riesco a capirlo, davvero.
«Non è andata troppo male: ne abbiamo ammazzati tre!»
Già, sentite gli ululati! Sentite la disperazioni di quelle madri che non abbracceranno mai più i loro cuccioli! Che canto magnifico, non trovate? Sentite quanto dolore! Sentite la loro disperazione! Beatevene e nutritevene fino a scoppiare! Questo ci darà solo più potere!
«Apophis.» Cammini con calma, non mi temi. Tu mi rispetti e mi vuoi bene, sei convinto che sia destinato a grandi cose. La cosa assurda è che non è per questo che ti sono affezionato: c’è qualcosa nel tuo sguardo che mi suggerisce di non farti male ma di tenerti al mio fianco. Sei uno stronzo fortunato, lo sai? Certo che lo sai… guarda la soddisfazione nei tuoi occhi!
«Che nessuno le faccia più del male.» Annuisci al mio ordine e non ti muovi dal mio fianco, tenendo le orecchie dritte e gli occhi puntati su un qualcosa di lontano. Hai fiutato la Mezzosangue? Certo che l’hai fiutata. Vuoi il dolore di suo padre da sempre ed hai deciso di vendicarti di quell’artigliata prendendo lei. Niente male, amico. Si può fare di meglio, certo, ma è un inizio.
«Secondo te che valore ha una bastarda?» Acuto, amico mio. Dai sempre voce ai miei dubbi. È una cosa interessante.
«Così te ne sei accorto.»
«Certamente. Mezcal non l’avrebbe mai difesa se non avesse un qualche valore. Solo che non capisco di cosa si tratti.»
«È proprio per questo che non la ucciderò più: se la vuole in vita, significa che ha molto da offrire… ed io ho intenzione di prendermelo.»



Sono trascorsi tre lunghissimi giorni da quell’assurda notte decisamente da dimenticare.
Il branco alla fine si è calmato e molti sono tornati alle proprie tane e abitazioni varie. Si sono presi cura di lei per tutto il tempo, hanno provato a tirarle su il morale talvolta canticchiando canzoni allegre mentre suonavano le chitarre, raccontandole aneddoti e addirittura di loro eventi davvero imbarazzanti ed hanno eseguito i suoi ordini con una precisione maniacale per rallegrarla. Le hanno chiesto e richiesto di andare con loro a fare una corsa, di andare a caccia, ma lei ha sempre declinato ogni offerta, rimanendo barricata nella sua stanza, avvolta nel proprio dolore.
Fern ha pianto come una disperata tra le sue braccia quando è arrivata quella mattina. L’ha stretta così forte da mozzarle il respiro e l’ha supplicata di non compiere mai più un’impudenza simile, rammentandole che per quanto la situazione possa sembrarle tragica alla fine il Sole torna sempre a splendere.
L’ha poi lasciata ai suoi affari con Glover e si è presa un tè con Mimì, ringraziandola per tutto quello che sta facendo per i suoi ragazzi. Le ha detto che ha una forza incredibile e che la sua Bree non poteva essere più fortunata. Mimì si è commossa e l’ha stretta con forza, cercando di non scoppiare in lacrime per l’ennesima volta. Non poteva, non quando Bree pareva muoversi più per inerzia che per altro.
Quando infine Sherry si è trascinata in cucina per procurarsi una qualsiasi cosa da sgranocchiare, Micah, Major e Maddox le hanno raccontato col sorriso del loro allenamento del giorno prima. La trovavano sorprendentemente in forze, quindi hanno pensato che fosse una cosa buona.
Le hanno detto che Piccolo è un insegnante piuttosto paziente e che vorrebbe continuare gli allenamenti per sviluppare la velocità di Maddox, mentre Vegeta ha condotto i due Segugi nella camera gravitazionale e li ha fatti combattere a gravità cinquanta. Hanno detto che malgrado li guardasse con aria incazzata, il suo odore rivelava un certo compiacimento; le hanno anche detto che, dopo averli massacrati di botte, ha borbottato che potrebbe pensare di allenarli ancora.
Ne è stata felice, Sherry. Le ha fatto davvero piacere vederli così allegri e orgogliosi, ed è rimasta piacevolmente sorpresa nell’apprendere che siano stati all’altezza delle loro aspettative.
Ma poi è stata così stupida da chiedere a Becca, che da poco aveva addormentato i cuccioli sul divano, se avesse avuto notizie di Radish. Non lo ha chiamato per nome ma si è fatta capire, e la Cacciatrice aveva la voce spezzata nel dirle che no, non ha più fiutato la sua traccia attorno alla tana. Le ha detto che lei e Domino hanno tenuto d’occhio la sua abitazione ma che non lo hanno mai visto rientrare.
Le hanno anche restituito il cellulare dopo che ha mostrato loro i denti in un impeto di rabbia ed ha sentito il cuore spezzettarsi ancora un po’ nel rendersi conto che non ha mai provato a cercarla.
A quel punto si è trascinata di nuovo nella sua stanza e si è raggomitolata sotto il piumino leggero, cercando disperatamente di trattenere le lacrime. Non vuole piangere per lui, non più. Non pianse quando con River finì definitivamente, non una sola lacrima, le pare assurdo di aver pianto fin quasi ad addormentarsi sotto la doccia per lui.
Adesso, raggomitolata sotto le lenzuola, guarda le ante rovinate dell’armadio.
Io non sono questo…
Questa semplice consapevolezza le fa male tanto quanto l’allontanamento di Radish.
Non è mai stata il tipo di donna che si lascia abbattere dal comportamento del proprio uomo.
Se fosse stato così, non avrebbe mai mosso un passo durante i sette anni con River, non dopo tutti i tradimenti.
Se fosse stato così, gli avrebbe permesso di morderla la prima volta che glielo chiese, poche settimane dopo dall’inizio della loro relazione.
Se il dolore in generale l’avesse mai fermata, se fosse mai riuscito davvero a spezzarla, non avrebbe superato i primi anni di vita. Nel remoto caso che invece ci fosse riuscita, si sarebbe completamente frantumata quel giorno, sotto il peso devastante delle gesta di Jäger.
Lui avrebbe potuto distruggerla sia fisicamente che psicologicamente. Per quanto ci sia andato vicino, però, lei non lo ha mai permesso. Ha stretto i denti e si è rialzata, cercando di ignorare il dolore lancinante, tentando di proteggere con la propria forza chi le stava vicino. È quello che vorrebbe fare anche adesso, è ciò che più desidera, ma non riesce davvero a ragionare lucidamente perché Lui se n’è andato, l’ha lasciata lì come una povera scema qualunque.
Aveva pensato che in qualche modo l’avrebbe ricercata, anche con la scusa più scema così da poter riprendere la discussione senza intaccare il proprio orgoglio, ma non l’ha fatto. Ha chiuso tutto, si è allontanato completamente e l’ha eliminata dalla propria esistenza. Questo le fa così male da spezzarle il respiro.
Sono davvero nella merda, mi sento persa del tutto. Perché non riesco a toglierti dalla mente neanche per un istante? Solo quando dormo pare essere possibile… e giusto perché ho i maledetti ricordi di Jäger a tenerti lontano.
Sai cosa vorrei? Cosa vorrei
davvero? Vorrei volare via in un luogo dove ci siamo solo io e te, nessun altro, in modo da poter essere liberi. Ti rendi conto, brutta scimmia? Sarei disposta a volare per realizzare questa stupida idea. Capisci quanto mi hai sconvolto la mente?
Sono confusa, Radish. Mi sento intrappolata, mi sento soffocare. Posso cercare di far finta di nulla, posso provare a dimenticare ma tutta questa storia mi sta facendo impazzire. Tu mi stai facendo impazzire.
Aspetta, no. Come avevi detto? “Hai fatto un casino con la mia testa”. Ecco, posso dire che vale anche per te.
Ti ho sentito quella notte, sai? Mi stavo addormentando, è vero, ma ancora ero un poco vigile. Ho sentito pure quello che hai detto subito dopo… ma forse eri solo troppo stanco e hai straparlato.
Mi fa ridere questa cosa, anche se non c’è proprio niente da ridere… perché penso proprio che per me invece sia reale.



«Cos’è che pensi, mio Re?» La tua voce mi dà fastidio… mi ha sempre dato fastidio. Potrei strapparti l’altro occhio, Karin, che ne dici? Le tue urla non mi diedero fastidio, quella volta.
«Non hai ancora capito che devi stare al tuo posto?»  Bravo Daryl: picchiala! Falle male, falla sanguinare!
Sei diventato molto più aggressivo da quando hai appreso che la tua sorellastra se la fa con una donna umana. Perché? Le dai ancora un qualche tipo di valore? Sai bene che quando la riporteremo a casa assieme alla piccola Sherry, sarà di Apophis. Sempre ammesso che non l’ammazziamo prima, ovviamente.
Come ridono i miei cani! Mi piace vedervi gioire con me del dolore altrui.
Ma ci pensate?! Presto potremo banchettare nei fottuti Territori del Sud sulla carcassa di Greywind e del suo adorato principino! E la sua puttana? Ahhh, quanti di voi la vogliono? Quanti di voi hanno sentito parlare della sua sconfinata bellezza? La ricordo, la bella Nike: eravamo piccoli, lei si nascose dietro le zampe del padre quando mi vide… tremava, la cucciola. Chissà quanto tremerà stavolta, dopo che avrò ucciso il suo amato principe e i loro preziosi cuccioli?
Prenderete da loro tutto ciò che volete, è la vostra ricompensa per tutto il sangue versato. Nessun Re ha mai chiesto tanto ai propri Spettri, nessun Re è mai riuscito ad addestrare un simile esercito.
«Contenetevi.» La calma torna velocemente, ricominciate a mangiare in silenzio «Non temere, Desoto: tuo fratello verrà vendicato.»
«Mio fratello era un debole.» Oh, sì, lo era eccome! «Si è fatto uccidere da quella puttana.»
Non intervenire Apophis, non stavolta: voglio che mi guardi negli occhi mentre con gli artigli gli scavo nelle guance fino ad aprirgli la sua faccia da cazzo. Deve capire che certe cose non deve neanche pensarle, non sulla sua futura Regina.
«Prova a ripeterlo. Ti ascolto.» Non piangi, non tremi, ma sei terrorizzato. Non è il tuo odore a dirmelo, ma i tuoi occhi: sembri un povero idiota che ha capito che è giunto alla fine del giro di giostra.
Mi fai sorridere… non ti ammazzo. Non stavolta. Ti è andata bene, non trovi?
Senti come ridono di te e della tua paura, lurido cane. E ricordati sempre che non dovrai mai più insultare la mia sposa.
Chissà cosa stai combinando adesso, piccola Sherry? So che hai finalmente allontanato il bastardo del Sud. Sappi che questo non sarà sufficiente: morirà per averti toccata.
«Jay.» Perché mi sembri tanto nervoso, fratello mio? Cosa ti turba? «Pare che si sia unita ad un uomo di carne.»
Beh… non va bene. Certo che non va bene. Perché lo hai fatto, piccola Sherry? Sai di appartenermi.
«Allora, temo, dovremo ricordarle qual è il suo posto.»
Perché unirsi ad un umano? A cosa pensi, mia piccola Sherry? Uccidi i miei cani, frequenti dei randagi… cosa ti sta succedendo? Un tempo eri ambiziosa. Saresti entrata nella guardia, avresti dato alla luce i miei figli… avresti avuto me. Perché vuoi rinunciare a tutto questo? Perché quella volta ti sei spaventata? Oh, piccola Sherry: ma non dovevi spaventarti. Sono irruente per natura, lo sai, ma non ti avrei fatto troppo male. Col tempo ti saresti abituata, ti sarebbe piaciuto.
Offri il tuo corpo a chi non è meritevole per quale scopo? Deve essercene uno… pensi che così sarai pronta per me, piccola Sherry? Oh… non è così. Non puoi capire cosa voglio farti… talvolta mi sorprendo pure io nel pensarci.
Sei stata brava in questi anni, però, questo te lo concedo: hai lasciato il tuo utero ai miei figli. Posso perdonarti qualche scappatella. Per fartelo capire, ti donerò il cuore del bastardo del Sud quando ti morderò. Ti piace l’idea, piccola Sherry?
Mi viene da sorridere a pensarci… noi due uniti per sempre, tu che dai alla luce i nostri figli… che dai alla luce il principe. Sarà incredibile raggiungere un simile traguardo, arrivare dove nessuno è mai arrivato prima!
«Affiliamo le zanne, amici: a breve festeggeremo la nascita di un nuovo Impero!» 



Gli occhi si aprono di scatto e si puntando sul soffitto chiaro della stanza. È illuminato d’arancione, il Sole sta tramontando.
E io che volevo giusto fare un pisolino…
Tutto le sembra sospeso, come se si trovasse ancora in uno degli assurdi ricordi di Jäger. Ormai ha varcato a gamba tesa ogni confine possibile, si è lanciato a capo chino nell’oscurità e nella follia, si è lasciato divorare per ottenere sempre di più. Ma non la terrorizza, non come un tempo.
Pensa solo a Radish, adesso. Pensa al fatto che se n’è andato, l’ha perso. Non riesce ad accettarlo, le fa un male terribile… e non riesce ad accettare neanche questo.
Ne sarà felice la sua vicina. Chissà se si è già accorta che non sono più tra i piedi? Ne avrà già approfittato per entrare nel suo letto? Lui certo non la allontanerebbe… è troppo carina. In un certo senso, mi ricorda quella sua amica… come si chiama? Ah, sì: Lunch. Le somiglia, o almeno ad una parte di lei.
Scosta le coperte con rabbia, sperando che l’aria fresca che entra dalla finestra aperta le raffreddi un poco il sangue. Inutile dire che serve a poco o niente.
«Jäger è il solito simpaticone di un tempo?»
Volta di scatto lo sguardo, sobbalzando appena. Era talmente presa dai propri pensieri, dal proprio dolore e dal proprio risentimento da non rendersi neanche conto che River era lì, con le spalle appoggiate contro la porta. Mi fissavi mentre dormivo, Riv? Cosa diavolo vuoi che mi succeda mentre dormo?! Ma… aspetta! Cos’è quest’odorino?
Gli sorride appena, passandosi stancamente le mani tra i capelli.
«Ohhh, di più!» Non gli dirà quello che ha visto. Non tutto, almeno. Lo informerà dopo assieme agli altri che ha addestrato i suoi fedeli oltre ogni limite, che emanano una forza distruttiva come non ne aveva mai sentita prima tra la loro gente e che Greywind deve essere immediatamente avvertito. Vorrebbe potergli dire anche quando attaccheranno, ma non ne ha idea.
Il lupo si scosta dalla porta con un colpo di reni, avvicinandosi con poche falcate. Le porge una busta di carta pieno di cibo spazzatura, sorridendole dolcemente. Una volta che l’ha accettato, si siede al suo fianco e le ruba un paio di patatine.
Rimangono in silenzio, pensando ognuno ai fatti propri. Da una parte River si domanda fino a che punto si sia spinta la follia di quel sociopatico, dall’altra Sherry non riesce a fare a meno di ricordare quando trascinò Radish in un fast-food. Andarono al luna park, dopo… e solo ora riesce ad ammettere che già allora moriva dalla voglia di baciarlo.
«Vuole donarmi il tuo cuore quando mi morderà.» Borbotta mentre  River le ruba l’ennesima patatina, finendo poi col prendere l’intero pacchetto quando glielo porge. Non le andavano particolarmente e lui invece ne è sempre stato ghiotto, tanto vale dargliele subito e renderlo felice.
«Cielo, non sapevo fosse tanto romantico!» Scherza ridacchiando appena, riuscendo a farla un poco sciogliere. Ne è felice, tanto, ma sa che è ben lontana dal tornare la solita Sherry che conosce da anni, la stessa che ebbe il coraggio di transitare davanti a suo padre e il resto della sua numerosa famiglia, con un ardore infinito negli occhi cremisi.
«Penso che sia stupido da chiedere ma… come ti senti?»
Come mi sento? Non lo so. Vorrei solo gridare fino a sputare i polmoni… ma a che scopo? Voi non potreste aiutarmi. E non dovete neanche farlo. Avete fatto troppo per me. Non merito questo vostro affetto e rispetto. Che ho fatto per voi? Ho ucciso, sì, ma non è stato difficile. Le mie mani erano già piene di sangue.
Vorrei gridare, Riv. Vorrei ricominciare da zero. Sai cosa farei? Non entrerei in quel bar per una birra. Tirerei a dritto, mi terrei la sete fino a casa di Bree e poi berrei con loro.
Ma non si può… vero? Forse con quelle Sfere del Drago. Forse potrebbero farmi tornare a quella notte e potrei cambiare le cose. Ma se poi non funzionasse? Se entrassi lo stesso in quel buco fatiscente per una birra, inconsapevole delle conseguenze? No. Meglio non provare. Mi ritroverei a vivere tutto questo per la seconda volta.
Penso che, per il momento, tenterò di aggrapparmi a qualcuno per non cadere, come il più infimo dei parassiti. Magari proprio a te, Riv. Tu non mi lasceresti cadere… ma poi farei del male anche a te. Ti illuderesti che le cose, tra noi, possano tornare come un tempo.
Sai, Riv… in questi quattro giorni non ho fatto altro che pensare. Ho pensato a tante cose, troppe cose, arrivando alla conclusione che, forse, doveva proprio andare così. Forse doveva finire in questo modo, doveva arrivare a detestarmi e di conseguenza cancellarmi dalle sua vita. Non pare aver avuto difficoltà nel farlo, no? Deve essere così. Forse, in realtà, è anche giusto.
Quindi, Riv, come mi sento? Beh… un po’ morta dentro.

«Stringo i denti e tiro avanti.»
Non le crede River. Per niente. La conosce da troppo tempo per potersi bere una balla di queste dimensioni. Cioè, sa che è vero, che sta stringendo realmente i denti, che sta tirando di nuovo su i suoi muri per tirare avanti, lo capisce dai suoi occhi che stanno tornando di nuovo freddi come quelli di Mezcal, ma sa che la vera risposta non era quella.
Sono quei muri a non farla parlare. Lo sa benissimo ed un poco la cosa lo preoccupa. Così come lo preoccupa il fatto che quell’alieno maledetto sia riuscito a buttarli tutti giù, che sia riuscito a penetrare la corazza senza troppi sforzi e l’abbia come infettata. Riuscendoci, è stato capace di annientarla come nessun altro aveva fatto.
Lui, più o meno, sa cosa le ha fatto Jäger. Se lo immagina senza sforzo, soprattutto conoscendo lo Spettro in questione. Ma neanche lui, per quanto malato di mente sia sempre stato, è mai riuscito a ridurla in questo stato. Perché lei si dispera quando lo sogna ma tiene il dolore nascosto agli occhi degli altri da sempre, ma per lui… per lui ha sfoggiato quel dolore davanti a tutti quanti.
«Come stanno gli altri?»
Si ridesta dai propri pensieri e la fissa insistentemente mentre si alza dal letto. Gli è sfuggita la sua domanda, ma non ha il coraggio di ammetterlo ad alta voce. Dovrebbe così ammettere che stava pensando a quanto odia e invidia il Saiyan, quanto sarebbe disposto a dare pur di essere desiderato da lei con lo stesso tormento e ardore. Orgoglioso com’è, davvero non potrebbe mai riuscirci.
«Spero che i Quattro non abbiano fatto scemenze e che voi non me le abbiate tenute nascoste.»
Sospira mentalmente per il sollievo, River, capendo cosa gli aveva chiesto in precedenza.
Con uno sbuffo si sposta una ciocca bianca da davanti agli occhi, alzandosi poi a sua volta. Le sfiora una mano, non sorprendendosi poi molto nel notare che gli permette di incrociare le dita con le sue. Vorrebbe essere abbastanza sveglio da non cominciare a fantasticare, ma gli è impossibile…
«No, tranquilla, si sono comportati egregiamente.» L’avvicina piano, lascia che poggi la fronte sulla sua spalla. Gli mancano disperatamente i loro abbracci, i loro baci, i loro momenti di passione e intimità… gli manca tornare alla tana che condividevano nei momenti buoni con qualche dono o leccornia, gli manca vederla sorridergli dolcemente prima di baciarlo. Ma ha rovinato tutto, lo sa. Non lo accetta, ma lo sa.
«Major oggi è uscito con Domino. Mordecai è uscito un’oretta dopo di lui, penso sia andato ad importunarli.»
«Vuoi dirmi che a Maj piace Dom?!»
«Non ne sono sicuro, ma penso che voglia avvicinarla per via della gravidanza. Anche se in passato non ne ha mai dato particolarmente prova, è un bravo ragazzo. Un coglione, ma bravo.»
Le avvolge la vita con un braccio mentre le sorride allegro, la stringe con forza. Sono soli, adesso. L’ostacolo rappresentato da Radish è caduto, e con lui le sue difese. Se ha una sola speranza di poter assaggiare di nuovo le sue labbra senza che provi a colpirlo, è questa.
Un gran baccano si leva in salotto, attirando debolmente la loro attenzione. Sentono la porta spalancarsi e gli Spettri berciare, ma non ci badano troppo. Ce l’hanno con Mordecai per qualcosa, quindi è ovvio che lascino perdere: quel furbetto trova sempre nuovi metodi per far agitare tutti quanti, inutile preoccuparsene.
Sherry, però, resasi conto di quanto la situazione si stia facendo intima e strana abbassa lo sguardo, premendo una mano sul pettorale forte dell’Alpha. Lo tiene a distanza, tenta di capire perché improvvisamente non provi più alcun genere di attrazione nei confronti di uno Spettro eccezionale come lui, ma River rompe i suoi pensieri abbassandosi un poco e baciandole delicatamente la guancia.
«Forse è il caso che vada a controllare che è successo…» mormora con un filo di voce, provando a separarsi dalle sue braccia, venendo però bloccata dalla sua salda presa.
Non sa cosa sia giusto fare, adesso. Sfogarsi con lui? Vedere se del sano sesso senza coinvolgimento emotivo può distogliere la sua attenzione dal Saiyan e rimetterla in carreggiata? Dare al branco un maschio dominante della loro stessa specie? Tirargli un calcio nell’inguine? Torcergli un braccio dietro la schiena per fargli capire che le mani deve tenerle a posto perché non torneranno insieme?
«No. Tu adesso resti con me.» Ordina con voce ferma e calda, prendendole delicatamente il mento tra le dita e avvicinando pericolosamente il volto al suo «Il resto può attendere.»




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma che bella personcina che era Jäger da giovane? Perché il primo ricordo mostrato risale a quando Sherry aveva cinque anni… quindi ben venti anni fa! E lui ne ha sei più di lei… quindi era giovanissimo!
Un giovanissimo psicopatico che parla di morte, dolore e stupro come se fossero cose allegre e divertenti… per lui quegli argomenti sono roba leggera, praticamente superficiale, come i discorsi che si fanno con gli amici davanti ad un caffè.
Inoltre badate bene che lui definisce i suoi sottoposti come cani. Tutti, tranne Apophis. Se non viene detto per gioco - inutile dire che lui invece è molto serio - è un dispregiativo molto forte tra loro.
Tutto sommato, se ci pensate, Freezer a confronto era un docile agnellino!
Che fortunella la nostra Sherry, eh?!😁

Il prossimo capitolo sarà ben diverso da questo. Perché si capirà - spero - ciò che prova Radish riguardo questa storia e il tutto sarà reso decisamente più colorito da una presenza un poco dinamica e, forse, un pochino ingombrante.

Prima di concludere questo capitolo ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo; Teo5Astor e KarenHumbert per aver recensito i capitoli precedenti; Chimera__, Elfosnape, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite; ariel17, Celeste98, Chimera__, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite; Chimera__ e Nhirn9001 per aver messo la storia tra le ricordate.
Siete davvero dei tesori! Davvero, non so come ringraziarvi! 💓 💓 💓


A presto col prossimo capitolo
Un bacione
Kiki🤙🏻

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Avvertenza❌: presenti scene di delirio puro, siete avvertiti. Non mi assumo alcuna responsabilità per i danni celebrali che potrebbero sorgere.
Linguaggio a tratti scurrile, ma con lui è inevitabile.

Prima di iniziare, un grazie di cuore a Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e anche a tutte le persone che leggono silenziosamente 💛

 

𝟙𝟞. 𝒞𝑜𝓂𝑒 𝓃𝒶𝓈𝒸𝑜𝓃𝒹𝑒𝓇𝑒 𝒾𝓁 𝒮𝑜𝓁𝑒 𝒾𝓃 𝒸𝒾𝑒𝓁𝑜
 


Ha perso il conto dei brutti momenti che ha vissuto nell’arco di trentasei anni di vita, davvero, ma è certo che questo li batta tutti quanti, dal primo all’ultimo. È pure convinto che se anche li sommasse, non raggiungerebbe il livello di dolore che sta provando da quattro giorni.
Non riesce a credere di aver fatto una cosa tanto stupida. Eppure anche di cose stupide ne ha fatte a bizzeffe, ma questa…
Si sente un deficiente, un completo deficiente che non ha assolutamente idea di come tornare indietro senza passare per un debole e perdere la faccia.
Era arrabbiato, furioso, ferito nel cuore e nell’orgoglio, ed è esploso. Si è pentito delle cose che le ha detto un istante dopo averle dette, ma non aveva il coraggio di rigirarsi e dirle “dai, andiamo a casa che ne parliamo meglio”. Voleva che lei lo inseguisse, che lo cercasse anche sul maledetto ghiacciaio dove si era rifugiato e gli dicesse che era dispiaciuta e che non voleva perderlo. Ma lei non ha emesso un fiato, figurarsi se ha provato a raggiungerlo.
Col senno di poi, andare su quel ghiacciaio a congelarsi fin nelle ossa fino all’alba nell’attesa di vederla correre da lui con le lacrime agli occhi è stata un’idea davvero pessima.
C’era una colonia, sotto di lui. All’inizio non l’aveva notata, ubriaco di dolore, rabbia e rimorso, nella mente i suoi occhi ambrati pieni di dolore e lacrime pronte a sgorgare, ma poi quel ragliare* insistente lo ha costretto ad abbassare lo sguardo ed eccola, una colonia di maledettissimi pinguini imperatore. Se ne stavano lì, ciondolando come degli idioti e a gridare per ritrovare il proprio nido.
Li ha odiati. Li ha odiati davvero perché gli hanno fatto rivivere la giornata al luna park e al bioparco, gli hanno fatto rivivere quella strana notte in cui Sherry gli ha detto di averlo involontariamente scelto come compagno.
Si è sentito morire e le guance sono diventate improvvisamente umide, mandando al Diavolo pure il suo maledetto orgoglio da Saiyan. Si è domandato se fosse ancora tale, perché un Saiyan che perde l’orgoglio certo non può più definirsi tale. E lui se ne stava su un ghiacciaio a guardare degli stupidi pinguini mentre frignava per una donna. Se suo padre fosse stato ancora vivo, lo avrebbe ripudiato all’istante.
È rimasto su quel maledetto ghiacciaio per un tempo che gli è sembrato infinito mentre fissava i pinguini, poi un raggio di luce gli ha colpito gli occhi accecandolo per qualche istante. Si è ritrovato costretto a coprirsi con un braccio per poter essere di nuovo in grado di vedere… non lo avesse mai fatto: due pinguini imperatore maledetti si erano allontanati dalla colonia, arrampicandosi Dio solo sa come su un’escrescenza del ghiacciaio, e in quel momento erano investiti in pieno da quella luce calda mentre tenevano le teste unite a formare una figura oscenamente simile ad un cuore.
Ha allungato una mano di lato, alla sua destra, ed ha liberato un fascio di energia che ha distrutto una montagna ad una ventina di chilometri di distanza, terrorizzando le povere bestie. Non le ha sfiorate però, anche se probabilmente diverse sono morte di crepacuore.
Quella certo non è stata la parte peggiore, assolutamente.
Dopo essersi lasciato andare ad una disperazione mai provata prima, durante il quale ha davvero pianto lacrime amare nel rendersi conto di aver perso forse definitivamente l’unica cosa bella che gli sia mai capitata in vita sua, ha pensato che, forse forse, poteva anche compiere l’immane sforzo di andare a chiederle scusa. In fondo è lui che si è comportato come uno stronzo, è lui che non le ha dato assolutamente modo di controbattere perché troppo codardo dal riuscire ad affrontare una vera conversazione. Il minimo che poteva fare, dal momento che la rivoleva al suo fianco, era quanto meno provare a chiederle scusa e chiarire con calma tutta la faccenda. In fondo, si è detto, abbiamo solo litigato. Se ne parliamo, tutto torna al suo posto. Lo disse anche la vecchia: io devo essere quello adulto e devo farle capire cosa voglio.
Erano ormai le undici di sera quando si è diretto a casa sua.
Non voleva affrontare Bree, però. L’idea di quella psicopatica rompiballe che gli urlava contro e gli impediva di entrare in casa finché non la colpiva gli era insopportabile. Se lo avesse fatto, in fondo, in che modo sarebbe mai riuscito a parlarle e a convincerla a perdonare il suo scivolone?
Si è così diretto verso la sua finestra, ma prima che potesse avvicinarsi abbastanza ed essere visto, ha notato un qualcosa che gli ha dilaniato il cuore e l’anima: River se ne stava davanti alla finestra chiusa, pronto ad accostare le tende, un semplice asciugamano appuntato precariamente in vita, l’espressione stanca di chi ha appena finito una maratona.
Non sa dire con esattezza dopo quanto tempo se ne sia andato e neanche dove. Ha un vuoto terribile di quella notte. Sa che è andato in giro senza una meta fino all’alba, chiuso nel suo dolore. Non riusciva a togliersi dalla mente l’idea che Sherry, la sua Sherry, lo avesse già rimpiazzato, veloce come se non fosse neanche mai esistito. Non ci voleva credere, ma River era lì, nella sua stanza, praticamente nudo e con un’aria troppo stanca.
Da quel momento in poi, è rimasto come sospeso in un limbo per due giorni. Non saprebbe dire con esattezza cosa abbia fatto e dove sia stato, troppo preso dai suoi pensieri per poterci badare, sa solo che Piccolo era sempre nei dintorni ma che non ha mai provato a parlargli. Gli ha fatto piacere la sua presenza, lo ha fatto sentire un po’ meno solo, e solo adesso, dopo quattro giorni insonni e di digiuno, ha deciso di tornarsene a casa sua.
Sua. Solo sua.
Lei non c’è più ad aspettarlo, non c’è più a trafficare ai fornelli e bestemmiare perché ha fame e la roba cuoce troppo lentamente.
«Hai presente tutte quelle persone che dicono che si rilassano a cucinare? Ecco, io no! Io se cucino è perché voglio mangiare subito e qui invece non cuoce un cazzo!»
È rimasto sulla porta per qualche minuto, stranito. Non gli era mai sembrato tanto gelido il suo appartamento, anzi era convinto che, tutto sommato, fosse pure un bel posto. Aveva la sua privacy, poteva starsene sdraiato sul letto per ore a rimuginare su tutto ciò che aveva fatto nella vita, sui suoi incubi, sul fatto di essere tornato in vita senza che nessuno avesse invocato quel drago magico, sul fatto che, alla fine, non gli avesse detto poi così male. Certo, qualcosa sembrava volerlo tenere incatenato sulla Terra, all’inizio contro la sua volontà, ma su questo ha sorvolato velocemente.
Non appena ha aperto la porta, invece, gli è sembrato che lì dentro fosse ancora più freddo che sul ghiacciaio, che le pareti volessero soffocarlo. Si è sentito a disagio, davvero, ma dove altro poteva andare? A leccarsi le ferite da Vegeta e a sentire le sue cattiverie perché si strugge per una donna che conosce da poco più di un mese? Da Chichi a sentire i suoi consigli inutili e i suoi discorsi smielati sull’amore? Da Piccolo che non ne sa un cazzo di quell’argomento e lo guarderebbe come se fosse scemo?
Avrebbe voluto che ci fosse suo fratello. Non che lui avrebbe potuto dargli dei consigli o simili, figurarsi, però gli sarebbe stato vicino e lo avrebbe aiutato a modo suo. Un po’ come gli altri, in fondo, ma sarebbe stato diverso col suo fratellino: lo ha perdonato dopo aver provato a rapire suo figlio perché, un anno dopo, lo ha difeso da Nappa, perché ha combattuto oltre ogni limite al suo fianco su Namek… lo ha perdonato e basta. Gli ha dato una seconda possibilità, senza pensarci troppo. A conti fatti, lo avrebbe anche lasciato andare durante il loro combattimento.
Sì, avrebbe voluto suo fratello in quel momento, ma suo fratello è morto.
È entrato con passo un poco indeciso e strascicato, dirigendosi stancamente verso il bagno. Aveva un bisogno disperatissimo di una doccia calda e poi di buttarsi a letto per una dormita rigenerante. In fondo ha perso, quel cane maledetto se l’è ripresa, tanto vale dormirci sopra e poi riprendere con la sua normale routine. Per quanto il suo sia un desiderio folle ed egoistico, una bella minaccia per il pianeta sarebbe proprio ideale adesso, lo distrarrebbe alla perfezione e, chissà, magari avrebbe modo di rivedere pure quella faccia da schiaffi di suo fratello. Certo, nel suo stato probabilmente ci lascerebbe la pelle, ma le Sfere esistono anche per porre rimedio ad inconvenienti del genere. Il cagnaccio però resterebbe morto… oh sì, resterebbe mortissimo!
Quando però è entrato in camera, ha sentito una tale fitta al cuore che si è trovato costretto a sorreggersi allo stipite.
Il letto è schifosamente vuoto, freddo… e per un istante lui l’ha rivista lì, in ginocchio sul materasso completamente nuda, la folta coda nera e bianca che ondeggiava lentamente alle sue spalle, un collare di cuoio nero attorno al collo pallido attaccato ad una catena d’acciaio che ondeggiava nella sua mano.
«Facciamo un gioco?»
Non l’avrebbe più vista così, non avrebbe più toccato la sua pelle, non l’avrebbe più stretta a sé e lei non lo avrebbe più baciato quasi con disperata riconoscenza dopo averla fatta venire.
Si è però costretto a buttare quei ricordi da una parte, il più lontano possibile, e si è trascinato stancamente sotto la doccia.
Adesso, mentre il getto caldo tenta disperatamente di fargli sciogliere un po’ i muscoli delle spalle, non può far altro che pensare e ripensare. Ci prova a tenere la mente lontana dall’argomento, ci prova a non pensare che ha rovinato tutto per una scemenza e che lei si è fatta consolare da un uomo che non ha fatto altro che tradirla per anni, ci prova a non pensare che non avrà più tutte le sue dolci attenzioni, che non scherzeranno più insieme e che i loro sforzi sono stati tutti vanificati in un secondo… ci prova, ma non ci riesce.

Perché non hai provato a fermarmi? Perché ti sei arresa e sei rimasta in silenzio? Perché mi hai lasciato solo? Sai che quando mi arrabbio sul serio non capisco più niente… dai, sai benissimo che non avrei mai voluto lasciarti davvero!
Avresti dovuto urlarmi di rimanere…
Ma sai cosa? Non ce l'ho veramente con te per questo. No, io ce l'ho con me stesso perché senza te intorno non riesco più a ragionare. Credevo che queste stronzate succedessero solo nei romanzetti rosa che di tanto in tanto ti ho visto leggere mentre mi aspettavi a casa, a quei bravi cavalieri dalle splendenti armature che perdono la testa per la bella e dolce principessa. Invece è successo anche a me, uno dei peggiori uomini in circolazione, un uomo che conquistava pianeti e commetteva atrocità innominabili senza pensarci… un Saiyan che ha perso la testa per una psicotica e violenta giovane donna che si trasforma nella versione gigante di Balto. Mi hai ridotto ad un fantoccio con i tuoi occhioni maledetti. Spero che tu ne sia felice, maledetta stronza!
Non lo trovi assurdo? In fondo da quanto ci conosciamo? Poco più di un mese, dannazione! Niente! E quanto siamo stati insieme? Spiegami come hai fatto in così poco tempo a ridurmi in questo stato. Spiegami perché non riesco a toglierti dalla mia mente neanche se m’impegno con tutto me stesso... e dimmi perché vale solo per me. La cosa peggiore, anche più di aver visto quel maledetto cane borioso nella tua stanza, è che non voglio far altro che tornare indietro, che tu torni ad essere mia. Ma non so come farlo! Con che faccia posso presentarmi da te, dopo averti ferita? Ti avevo detto che non lo avrei mai fatto…
Cosa devo fare per farti tornare da me? Possiamo riuscire a farlo funzionare di nuovo, credimi! Guarda quello stronzo di Vegeta e Bulma… guarda mio fratello che non c’è mai e Chichi che gli perdona tutto! Sono felici, loro! Hanno avuto una valanga di casini com’è normale che sia, ma sono felici! Guardali e dimmi perché per noi dovrebbe essere diverso.
Cercami. Cercami e guardami negli occhi, lascia che ti dica come stanno le cose, lasciami spiegare e lasciami riprovare.
Tu mi vuoi ancora. Lo so, ne sono sicuro perché, cazzo, so cosa ci è successo anche se te dici che è impossibile, lo so perché mi hai scelto tra tutta la tua gente! Per quanto questo mi spaventi a morte ed un poco mi scocci pure, sono pronto a rimettermi in gioco per te e a tentare il tutto per tutto. Torniamo indietro, riprendiamo da dove abbiamo interrotto. Se mi dai una possibilità, una sola, posso farlo nel modo giusto, credimi.

Sai cosa succederà, altrimenti? Che tu sceglierai di condividere la tua vita con quel bastardo che non farà altro che tradirti, io continuerò a saltare di letto in letto e, alla fine, rimpiangeremo per sempre ciò che non ci siamo detti.
Si friziona con foga i capelli e poi li lega in una coda bassa. Guardandosi allo specchio nota delle occhiaie mostruose, ma prima di andarsene a letto è necessaria una capatina in cucina per un po’ di acqua fresca e qualcosa da mettere al volo sotto ai denti.
Si fissa un asciugamano in vita e, sempre con passo svogliato e strascicato, si dirige verso la cucina. C’erano ancora dei piatti nel lavello, li aveva lasciati per farla innervosire e invece adesso faranno innervosire solo lui.
«Ciao!»
«CAZZO!»
Salta come un gatto, rigirandosi fulmineo verso quella voce allegra e terribilmente familiare. Gli occhi si sgranano all’inverosimile quando abbracciano la figura di Mordecai, seduto a gambe incrociate sull’isola della cucina, un grosso bicchiere di carta giallo e azzurro in mano ed una cannuccia rossa stretta tra le labbra tese in un sorriso. Lo guarda con aria divertita ed infantile e Radish davvero non può fare a meno di domandarsi come abbia fatto ad entrare senza farsi sentire e anche come mai non si sia reso conto della sua presenza. Mi stai fottendo il cervello, Sherry…
Si sforza con tutto sé stesso di ritrovare la solita spacconeria e, dopo essersi fissato maggiormente l’asciugamano sui fianchi, lo avvicina a grandi falcate con cipiglio alterato.
«Che cosa ci fai qui?!»
«Bevo il mio milkshake.» Ovvio, palese. Perché glielo ha chiesto?
Radish lo guarda con aria spersa per qualche istante, domandandosi pure se sappia o meno cosa sia successo tra lui e la sua amica, ma decide di pensare prima di tutto alle cose importanti: perché è lì?!
«Sì, questo lo vedo ma-» Il suono fastidiosissimo della cannuccia che raschia in fondo al bicchiere in cerca di altro liquido lo interrompe duramente, facendogli stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche. Quando finalmente quel suono sgradevole cessa, la sua espressione cambia di colpo, divenendo indecifrabile. Pure lui non sa bene cosa provare di fronte a quel faccino falsamente innocente.
«Hai finito?»
«Adesso sì.» Getta con noncuranza il bicchiere vuoto nel lavandino alle proprie spalle, facendo così saltare il coperchio e schizzando le varie superfici di goccioline giallognole.
Radish guarda quello schifo, poi Mordecai, poi di nuovo lo schifo e poi di nuovo Mordecai. Non sa cosa dire, davvero. Si poteva aspettare di tutto ma non certo che lui gli si presentasse in casa.
«Sono così stanco che non riesco neanche ad insultarti.» Sbuffa mentre si massaggia le tempie, trascinando i piedi sul pavimento mentre si dirige verso il frigorifero per prendersi un sorso di acqua gelata. Il cibo dovrà aspettare che quello schizzato se ne vada, sennò impiegherebbe troppi secondi in più a cercarlo e, lo sa, ci metterebbe pure le sue zampacce.
«La banana è il mio gusto preferito!»
Lo guarda ancora, Radish, domandandosi se c’è o ci fa.
Ha visto un numero incredibile di razze diverse nella sua vita, ha conosciuto un’infinità di creature e mai nessuna, neanche una, gli trasmetteva le sue strane vibrazioni. Sensazioni confuse, tra il panico e l’allegria più brillante, un miscuglio che lo lascia senza parole.
«Ti ho portato un regalo di benvenuto nel branco!» Esclama il più giovane, accennando con un sorriso al pacchetto mal incartato che ha lasciato sul divano. È più che consapevole che un gesto simile lo porterà al linciaggio generale, ma è sicuro di poter contare sulle sue lacrime di coccodrillo, sulla protezione di tutte le ragazze che lo venerano neanche fosse la personificazione del Dio dell’amore e del sesso e, soprattutto, su quella di Fern. La sua Mammazzilla disposta a massacrare di calci nel culo chiunque pensi di torcergli un capello perché lui, spinto da un bizzarro senso di altruismo, ha deciso di ficcare il naso dove proprio non avrebbe mai dovuto ficcarlo.
«Non faccio parte del branco. Ora sparisci.» Prende la bottiglietta dell’acqua e se ne va di nuovo in camera sua, deciso non solo ad ignorare la sua presenza ma soprattutto a dormire fino all’indomani mattina.
«Certo che ne fai parte!» Il lupo non demorde, non è nelle sue corde. Salta giù dall’isola e trotta verso la porta chiusa a chiave e per qualche secondo la fissa domandandosi se davvero il Saiyan pensa che questo possa fermarlo.
Si inginocchia e, con l’ausilio dei suoi attrezzi da scassinatore e senza alcuna difficoltà, fa di nuovo aprire la serratura. Si ritrova così con gli occhi dell’uomo che lo fissano quasi volesse incenerirlo con la forza dello sguardo e rimane immobile, non sbattendo le palpebre manco per sbaglio mentre continua a fissarlo tra l’annoiato e il canzonatorio.
Molla la presa, Radish, decisamente poco propenso ai suoi giochetti. Così, con la voglia di piangersi l’anima dal corpo per il fastidio creato dalla presenza dello Spettro in un momento del genere, ributta la testa sul cuscino. Ma, purtroppo per lui, il peggio deve ancora arrivare, Mordecai non ha scalfito neanche la superficie, ma comincia volentieri a farlo quando rompe l’atmosfera artica della stanza con un ignorantissimo: «Ti ho finito la birra, ricomprala.»
Lo guarda con un sorrisetto infantile che gli si apre sul volto, soddisfatto dalla consapevolezza di aver attirato di nuovo la sua attenzione come un bambino capriccioso.
Sospira forte, Radish, poco avvezzo sia a queste scemenze che ai bambini, e con l’omicidio negli occhi allunga una mano verso il comodino, il lupo che lo osserva come i piccioni fissano la donna delle briciole, e con una precisione impressionante gli lancia addosso la fredda bottiglietta dell’acqua.
Ma Mordecai è un tipo attento, è veloce, e non gli ci vuole niente per schivare il colpo e far sì che l’oggetto si schianti alle sue spalle, praticamente esplodendo e bagnando tutto quanto.
«Tieni, apri il mio regalo!» Glielo lancia addosso, come farebbe con i suoi fratelli. Beh, con i suoi fratelli si lancia principalmente insulti, coltelli e oggetti incandescenti, ma c’è sempre lo stesso affetto dietro.
Radish, però, non muove un muscolo per afferrarlo e se lo lascia cadere sull’addome, decisissimo ad ignorarlo. In realtà è curioso da morire di vedere cosa Diavolo possa aver escogitato quell’esagitato che adesso fruga tra la sua roba in cerca di qualcosa da fregargli, ma non vuole dargli soddisfazioni. In fondo si è intrufolato in casa sua, in qualche modo deve pur pagargliela.
Però poi arriva, micidiale un po’ come la sua bottiglietta un minuto prima, l’assurda consapevolezza che la presenza dell’esuberante Spettro lo sta distraendo dal proprio dolore. Gli verrebbe da strapparsi la faccia e ridurla in coriandoli, adesso, perché proprio non vorrebbe essergli grato di un bel niente, ma non può negare che sia bello riuscire a respirare senza avere la sensazione di inalare del fumo tossico e gelido ad ogni respiro.
«Si può sapere che sei venuto a fare?»
«Mi pare ovvio: ti ho portato il regalo.» Non lo guarda neanche, troppo preso ad osserva la sua giacca di pelle nera. Ne ha una anche lui. Anzi, no: ne aveva una anche lui, ma Dio solo sa da chi l’ha lasciata. Dovrebbe rifare un impegnativo giro di letti per ritrovarla ed ora non è esattamente dell’umore adatto.
«Sai che non stiamo più insieme, vero?» Borbotta Radish, faticando come non mai nell’ammetterlo ad alta voce. Rende tutto davvero troppo reale.
«Cazzo, siete due bambini!» Sbotta ridacchiando il lupo, gli occhioni brillanti che si posano sulla sua figura. Non ha paura di lui, neanche un po’. In realtà Mordecai ha sempre avuto una percezione tanto ampia e forse distorta delle cose da non riuscire mai a spaventarsi davvero di qualcosa. Lo turba Jäger, certo, ma non lo spaventa particolarmente. Tutt’al più lo fa incazzare, ecco.
«Se tutti si piantassero come voi solo per una minuscola lite del cazzo, allora sarebbe inutile cominciare un qualsiasi tipo di relazione. Non trovi?»
Mordecai sa essere odioso in un modo intollerabile, a volte. E lo fa in modo totalmente inconsapevole, perché ha la maledetta capacità di metterti davanti a delle scomode verità che tu cercavi disperatamente di ignorare.
Ha ragione. Vaffanculo, questo Labradoodle ha ragione! 
«Sarà come dici tu.» Biascica in risposta, gli occhi neri puntati con insistenza sul soffitto quasi vi fosse impressa la verità sull’origine di tutto il creato. Non lo vuole guardare, non vuole vedere quegli occhi caramello che lo fissano con aria divertita e strafottente, sarebbe troppo per il suo orgoglio ferito.
«Sempre.» Ovvio, palese. Perché la gente continua a dubitare di lui? «Dai, infilati qualcosa e andiamo a fare un giro. Ti voglio dire una cosa che proprio non dovrei dirti. Per me è troppo un rischio stare qui: è bene portare il culo all’Alibi!»
«Sparisci.» Prende il cuscino accanto alla sua testa, il suo cuscino, e se lo preme in faccia. Fingersi morto con gli Spettri è inutile, sentirebbero il tuo cuore che continua a battere malgrado la più totale immobilità, quindi tanto vale uccidersi sul serio.
«E dai zio, vieni. Che ti costa?» Lo afferra per un piede e tira, gli occhi accesi dall’entusiasmo. Se fosse su quattro zampe, starebbe scodinzolando così forte da creare un tornado e, probabilmente, gli avrebbe staccato il piede nel tirarlo per farlo scendere. È sempre stato un poco irruente, Mordecai.
«Ho sonno.»
«Dormirai da morto.» La cosa sconcertante, alla fine, è che per quanto sia evidentemente un pazzoide, sa darti delle risposte secche maledettamente giuste anche quando vuole solo giocare… e ti ci mette pure nel sacco, ti ci fa involontariamente riflettere per qualche istante.
Radish però, malgrado tutto il suo essere gli urli disperatamente di seguire quello schizzato e di farsi dire quella scomoda verità, non vuole muovere il suo bel fondoschiena dal letto. Vuole dormire, vuole ricaricarsi un po’ prima di ricominciare a macinare idee su idee per come riprendersi la sua donna e sbalzare definitivamente quel sacco di pulci psudo-albino lontano dai piedi, il tutto senza rimetterci la faccia e farle pensare che sia stata unicamente lei a pregare di farlo.
«Vabbè, fa’ come credi. Di certo non sarò io a rimetterci.» Cinguetta allegro mentre, dopo essersi infilato gli occhiali da sole, s’incammina verso la porta. Non è affatto turbato dal suo rifiuto, se lo aspettava alla grande.
Non appena Radish sente la porta sbattere e l’aura del cane rognoso allontanarsi da lì, prende con mano incerta il pacchetto incartato alla meno peggio e lo apre. Non è sicuro del perché lo stia facendo, sa bene che potrebbe essere quanto di più controproducente si possa mai immaginare, ma non è riuscito a trattenersi.
L’ha incartato alla rovescia, quel demente. E Radish è stato così demente da non rendersi conto di averlo aperto in modo sbagliato, fissando così per qualche istante il retro di una cornice. Una cornice fatta evidentemente a mano con pezzi di legno grezzo che, e questo gli duole davvero ammetterlo, non gli sembra niente male. Chi l’avrebbe mai detto che il Labradoodle avesse talento?
Rigirandosi l’oggetto tra le mani, vede che sul vetro è stato attaccato con un pezzetto di scotch un foglietto. La dedica non è semplicissima da decifrare a causa della calligrafia indecente, neanche l’avesse scritta con la sinistra - la destra, nel suo caso - mentre era sbronzo, ma alla fine ci riesce:

NON LEGGERE LA PROSSIMA FRASE!
DAVVERO, È UN CASINO FOTTUTO!
SMETTILA!


Sei un ribelle. Mi piaci! ♡

Sì, Mordecai ha problemi. Problemi grandissimi, diagnosticatili e incurabili, ma è allegro, fa ridere. Non si fa problemi di alcun genere, fa tutto quello che può rendere felice gli altri e, soprattutto, sé stesso. Fargli un regalo lo avrebbe reso felice, per questo lo ha fatto. Forse avrebbe reso un poco felice anche il Saiyan, quindi tanto meglio.
Adesso, dopo aver decifrato quelle parole, Radish si abbandona ad un lieve sorrisetto appena percettibile. Forse, ma proprio forse, Mordecai potrebbe andargli a genio.
Peccato solo che poi decide di sollevare quel biglietto.
Una semplice fotografia che gli fa un male incredibile. Sa anche quando è stata scattata e da chi. Il cuore gli si stringe di nuovo, le budella si aggrovigliano e la sensazione di essere pugnalato dritto allo stomaco diventa insopportabile.
Le fiammelle di venticinque candeline rosa illuminano i loro volti, lei gli stringe un braccio attorno al collo mentre gli sorride. E pure lui sorride, seminascosto dietro al suo volto. Le sue braccia spariscono sotto al tavolo, le stringono i fianchi mentre sta seduta sulle sue gambe. Erano così felici in quel momento. Gli sembra passata una vita… e gli sembra di sentire ancora il suo profumo nelle narici.
Radish è sempre stato un uomo orgoglioso e da una risolutezza di ferro, capacissimo di togliersi senza particolare sforzo da situazioni pericolose e letali, ma adesso, divorato dalla curiosità, vacilla pericolosamente. È ferito e vuole rimanere in quello stato di autocommiserazione, odio e rabbia ancora per un po’. Ma la verità è che non ci riesce perché la curiosità di sapere cosa Diavolo abbia da dirgli quella bestiaccia logorroica se lo sta divorando ferocemente. Quindi, da Saiyan orgoglioso e con una risolutezza di ferro, si lascia trascinare malamente e al Diavolo tutto quanto.
Si veste così velocemente da non essere neanche sicuro di essersi messo le mutande e si lancia fuori dalla finestra per rintracciarlo, rendendosi conto che no, non è andato da nessuna parte: se ne sta tutto tranquillo ad aspettarlo davanti al palazzo.
Quando poi lo vede, nota che si sta fumando in tutta calma una sigaretta mentre rimane poggiato sul cofano di una bella auto da corsa di un brillantissimo arancione e dalla silhouette elegante e aggressiva col tettuccio aperto.
Lo sta fissando, quel cane maledetto, e ghigna con aria insopportabilmente vittoriosa.
«Sei più lento di una donna a cambiarti!» Gli urla divertito mentre si avvicina alla portiera per montare, senza neanche aspettare una sua risposta. Sapeva benissimo che lo avrebbe raggiunto, il battito del suo cuore parlava per lui.
«Forza, sali!»
Radish non vorrebbe. Davvero, vorrebbe sfasciare quella magnifica auto indubbiamente rubata con un pugno, insultarlo malamente, tornarsene in casa e buttarsi a pesce nel letto. Invece apre la portiera e si siede sul sedile di pelle nera.
Non fa in tempo a dire una parola che il motore ruggisce furiosamente quando viene messo in moto e, non appena Mordecai fa retromarcia per uscire dal parcheggio improvvisato, sente il lamento acuto di qualcuno che è stato preso in pieno col paraurti.
«E LEVATI DAL CAZZO!»
Non ci crede, Radish. Davvero non ci crede che abbia pure avuto il coraggio di incazzarsi dopo averlo preso in pieno. Non ci crede e per questo si lascia andare ad una risata strozzata, per poi abbandonarsi sul sedile.
In che casino mi sono messo?!
«Allora, cosa mi dovevi dire?» Via il dente via il dolore, così dicono. Ma Mordecai è come un parassita che ti mangia piano piano, che ti consuma e solo una volta raggiunto il punto desiderato ti dà il colpo finale. Un piccolo, enorme sadico con il sorriso luminoso ed ingenuo di un bambino.
«Te lo dico dopo. Goditi il momento!»
Non è mai stato un tipo che si gode particolarmente il momento, Radish. È cresciuto in mezzo ai guerrieri, ha combattuto battaglie incredibili sin da bambino, ha razziato e distrutto… poi ha cominciato a combattere contro enormi minacce per il pianeta e a frequentare persone che mai avrebbe pensato di frequentare fino a sei anni prima. In tutto quel tempo, comunque, non si è mai goduto il momento, troppo preso a rimuginare sul fatto che è nato guerriero di infimo livello, che è stato riportato in vita da un perfetto nessuno senza un motivo e, infine, che non è all’altezza né di suo fratello né di quell’altezzoso di Vegeta.
Non si è mai abbandonato sul sedile di un’auto rubata con il vento che gli scompigliava i capelli, non ha mai ascoltato distrattamente canzoni pop che tutto sommato potrebbero pure piacergli, non si è mai lasciato quasi rapire da uno psicotipatico che guida come una scimmia lobotomizzata.
Tutto sommato, però, deve ammettere che non è poi troppo male.
Lascia vagare distrattamente lo sguardo su tutte le persone che sorpassano, ride quando sente gli altri automobilisti suonare disperatamente il clacson mentre li insultano per aver bucato lo stop o il semaforo rosso e sente un discretissimo fastidio nel vedere le coppiette felici che passeggiano mano nella mano. Non che lui lo facesse, con Sherry, ma la loro felicità da innamorati è intollerabile.
Mordecai pare capirlo al volo e per questo molla il volante dopo avergli dato una veloce pacca sulla spalla. Ignora il suo insulto colorito mentre si allunga col busto sui minuscoli sedili posteriori per afferrare un barattolo di vernice azzurra che apre usando i micidiali artigli.
«Sta’ a vedere!» Urla pieno di entusiasmo prima di lanciare la micidiale arma sui passanti, inondandoli di azzurro. Spera con tutto sé stesso che prendano il numero di targa e s’incazzino col povero disgraziato che, essendo in vacanza, non ha idea di non avere più la macchina. Un’adorabile birba, il dolce Mordy.
Radish ride della sua bravata, lo guarda mentre si ricompone e si pulisce le dita su una maglietta abbandonata sul sedile posteriore. Dandoci una velocissima occhiata, si accorge che ci ha seminato di tutto, incluse un paio di pistole e due piedi di porco. Il dubbio, adesso, gli sorge spontaneo.
«Dove stiamo andando?»
«All’Alibi.» Ovvio, palese. Perché chiederlo? Lui verso quell’ora va sempre all’Alibi, se è nei pressi della città. Ultimamente succede sempre più spesso e la sua Tatiana ne è entusiasta: con lui e gli altri tre schizzati nei dintorni, gli avventori del bar si astengono dal fare casini, consapevoli della loro incredibile forza, della loro resistenza e del fatto che tendano ad esplodere per un niente di fatto.
Radish decide saggiamente di non indagare oltre. Che voglia andare a rapinare quel posto o voglia fare una qualsiasi altra cosa gli è completamente indifferente. Per quanto difficile da ammettere con sé stesso, gli basta rimanere in sua compagnia perché lo sta facendo sorprendentemente respirare.
«Perché hai decapitato un panda?» Domanda dopo aver notato gli orrendi tatuaggi sul braccio destro. Sembrano un qualcosa disegnato da un bambino di quattro anni tanto sono brutti.
«Perché è la creatura più odiosa del creato. Davvero, è un povero coglione che sta provando in tutti i modi ad estinguersi, ma la razza umana glielo sta impedendo. Se non fosse per il semplice fatto che tentando di salvare loro l’uomo sta involontariamente salvando parte dell’ambiente e tante altre specie delle quali non gliene fotte una sega, li aiuterei volentieri a morire dolorosamente.»
«Non ti facevo ambientalista.» Questo è l’unico commento che esce dalle labbra del Saiyan, incapace di capire davvero la persona che ha di fianco. Se un secondo gli pare un pazzo schizofrenico, l’attimo dopo riesce a dargli l’idea di essere sì un pazzo schizofrenico, ma anche piuttosto intelligente, sicuramente furbo e quasi profondo. 
«Mi interessano gli animali e ci tengo a non far cadere in merda il pianeta in cui vivo. È tanto assurdo?» La sincerità con la quale butta lì le proprie risposte, per Radish, è incredibile. Non ha mai conosciuto nessuno così e, per un istante, pensa con dolore che gli sarebbe piaciuto che anche Sherry fosse così sincera e schietta con lui.
«E quello sgorbio, invece?» Domanda dopo un paio di secondi, alludendo all’altra cosa che si è disegnato in modo permanente sulla pelle.
«Quello è un bradipo.»
«Avrei detto tante cose, ma certo non un bradipo.» Gli scappa un lieve sorriso e, dopo aver pensato per un paio di secondi se la risposta poteva interessargli o meno, si lascia andare «E perché ha una spada conficcata in testa?»
«Perché mi fanno incazzare, oltre che schifo.» Ovvio, palese, c’è anche da chiederlo? «Tralasciando il fatto che quando sono bagnati sono il peggiore degli incubi mai concepiti nella storia dell’Universo, hai idea di quanto sono stronzi? Una volta ero uscito con una ragazza, avevo dodici anni e lo ricordo bene perché un’ora dopo ho inzuppato per la prima volta, e vidi questo piccolo stronzo passare in tutta calma sulla testa di un’anaconda come se fosse una cagata qualsiasi. Il biscione poi non l’ha neppure mangiato! È rimasto di sasso e come me lo fissava senza capire se il suo fosse coraggio, menefreghismo o se fosse semplicemente un coglione… ma una cosa è certa: quella bestia fa schifo, tanto che io non ho il coraggio di mangiarmelo.»
«Cos’è questo affare?» Non riesce quasi a parlare per quanto ride, gli fanno male gli addominali e i muscoli facciali e la testa pare essere sul punto di scoppiare da un momento all’altro, ma non gli importa. La sua voce allegra e i suoi discorsi assurdi lo divertono troppo per smettere, motivo per cui ha chiesto spiegazioni anche sulla piccola ampolla che ha attaccato allo specchietto retrovisore, dentro alla quale c’è un piccolo insettino.
«Questa merdina è il nemico naturale della specie umana fin dai suoi albori… è tipo una collega della zanzara, quella grandissima putt-» Troppo preso dalle proprie offese contro la piccola cimice dei letti, non si era davvero accorto del passante che camminava beato sulle strisce pedonali mentre lui curvava, picchiandolo in pieno con lo specchietto. Volta di scatto la testa e lo guarda mentre gli urla dietro e lo insulta, facendo semplicemente spallucce: «Ops… beh, non avevo mai detto che lo facevo passare.»
Tiene le mani sul volto nel tentativo di frenare le risate e, un poco, per evitare che la calotta cranica esploda come un petardo. È sfinito, davvero, ma non trova un vero motivo per cui dovrebbe allontanare il mentecatto al suo fianco.
«Per curiosità, qual era il tuo regalo? Sempre ammesso che non fosse quello di fine serata perché, ehi, bella cagata.» Ecco, magari un motivo adesso potrebbe anche averlo trovato.
«Cos’è questa ossessione per i regali?»
«A chi non piacciono? Inoltre sono molto curioso per natura, quindi… qual era?»
Non vorrebbe dirglielo, davvero. Si vergognava come un cane solo all’idea di esporlo a lei, temendo un suo sonoro e doloroso rifiuto. Per qualche ragione che però non capisce assolutamente, trovandosi costretto ad imputare la colpa a quel sorriso infantile e quegli occhi brillanti e schifosamente sinceri, glielo rivela: «Volevo chiederle di venire a vivere con me.»
«Cosa?!»
Sbandano pericolosamente, le altre macchine fanno tutto ciò che possono per evitarli, e Radish si allunga di scatto sul volante momentaneamente abbandonato. Potesse prenderebbe pure possesso dei pedali, dal momento che Mordecai pare essere totalmente all’oscuro della presenza del freno.
«Tieni gli occhi sulla strada, idiota!»
Ci vogliono una decina di secondi di puro silenzio ricolmo di disagio prima che il lupo si decida a riprendere la parola. Ha analizzato le sue parole così a lungo non perché la trovi una cattiva idea in sé, ma perché non riusciva ad immaginarsi nei suoi panni. La sua relazione più lunga è stata a tredici anni con Sherry, dopo tutto, e non è durata più di qualche mese… la convivenza non l’ha neanche mai presa in considerazione.
«Stai dicendo sul serio?»
«Perché no?»
«La conosci soltanto da un mese! Io ho un vecchio cartone di uova, nel mio frigo, che conosco da molto più tempo!»
«Vuoi dire che avrei commesso un errore?»
Sospira forte, Mordecai, gli occhi che saettano da una parte all’altra. Sta cercando qualcosa di interessante, qualcosa che li possa intrattenere per un po’, ma la situazione attorno a loro è incredibilmente piatta.
«Non necessariamente, no… però voglio sicuramente dire che sei svitato tanto quanto noi!»
Sorride, Radish, dovendo ammettere che sì, con la testa ormai non ci sta più di tanto… e sa benissimo anche a chi dare la colpa del suo incredibile cambiamento!
«Tu l’hai mai fatto?» Gli domanda con un poco di timidezza, non essendo avvezzo a certi discorsi. In fondo loro due hanno avuto stili di vita totalmente differenti, è normale che reagiscano in modi tanto diversi: uno conquistava pianeti, non aveva una famiglia e passava tutto il suo tempo con due individui che lo disprezzavano e che lui disprezzava a sua volta; l’altro, pur essendo rimasto orfano che aveva tre anni, si è ritrovato con tre fratelli che lo adorano e che adora, con una donna umana che li ha cresciuti con amore come se fossero figli suoi, circondato da amici, divertimento, lotte e donne. Due esistenze totalmente opposte che, malgrado tutto, possono incontrarsi e funzionare.
«Convivere, intendi? Oh, no. La monogamia non fa per me, mi annoio troppo facilmente, ho un bisogno costante di nuovi stimoli. Grazie a Dio questo non comprende anche le amicizie, sennò sarei solo come un cane! Comunque non per questo non sarebbe dovuta andare bene a voi.» È una macchinetta quando parla e nessun argomento lo mette mai a disagio, Radish si sente quasi stordito di tanto in tanto.
«Sai… quando gli Spettri decidono davvero di condividere la vita con qualcuno, che sia questo uno Spettro, un essere umano, una mucca o una forchetta… lo fanno sul serio. E per sempre.»
«Fiocco di Neve la tradiva sempre, no? Da quel che ho capito, poi, anche suo padre ha avuto altri bastardi negli anni, pur essendo sposato.»
«I Re spesso fanno ciò che ritengono più opportuno, soprattutto se questo implica diffondere i propri geni. Mezcal era un grandissimo stronzo, ha fatto fuori tutti i suoi bastardi non appena sono venuti al mondo perché non erano abbastanza per lui. Greywind e sua moglie, invece, stanno insieme da non so quanto tempo, ma non si sono mai amati: lei voleva essere Regina, lui voleva i figli che lei avrebbe potuto dargli. Hanno sancito un’unione basata sul rispetto reciproco e nel frattempo ognuno si è fatto gli affari propri. Lei ha una relazione stabile da circa vent’anni anni con un suo grande amico… li ha presentati lui, consapevole che si sarebbero piaciuti. Pure River, probabilmente, avrebbe smesso di fare lo stronzo se lei avesse accettato di farsi mordere… Dio solo sa quante volte glielo ha proposto. Per fartela breve, comunque: ognuno fa ciò che ritiene migliore per sé e se tu sei convinto che per voi sarebbe stato un bene convivere… beh, perché no?»
Lo guarda sbalordito. Per quanto si stia sforzando - aumentandosi pure il mal di testa - non riesce ad inquadrarlo. Un attimo prima gli dà una determinata impressione, quello dopo tutt’altra. Pare inoltre essere ben consapevole di ciò che lo circonda, pare avere una vasta rete di amicizie e conoscenze varie, e pare pure essere in qualche modo ambivalente per quanto riguarda questioni delicate che espone con la massima calma.
No, non riesce proprio a capirlo.
«Tu parli troppo.»
«Ahhh! Non ne hai idea!» Gira il volante e schiaccia il freno, dando prova di sapere della sua esistenza ma di usarlo malissimo dal momento che inchiodano davanti ad un parchimetro.
Vorrebbe strozzarlo, adesso. Vorrebbe strozzarlo con la coda e, al tempo stesso, fargli ingoiare il volante per fargli capire che no!, non si guida così. Ma, alla fine, a cosa servirebbe? Se ha capito una cosa, è che la maggior parte delle parole gli entrano da un orecchio e gli escono dall’altro alla stessa velocità. Se deve imporsi su di lui, o almeno provarci, è meglio che sia per qualcosa di serio.
«Eccoci arrivati: in questa bettola fanno le donuts migliori del mondo!»
L’Alibi è uno squallido locale di periferia dove gli arredi sono quasi fatiscenti e non c’è nessun servizio al tavolo, ma dove la birra è incredibilmente buona malgrado sia decisamente molto economica. Pure i clienti abituali, in genere, non sono proprio il tipo di persona che vorresti seduta al tuo fianco sull’autobus, sia per l’aspetto truce e trasandato sia per il forte odore di alcol e sudore che emana la loro pelle. Però, tutto sommato, non è male stare lì dentro: per quanto l’odore non sia dei migliori, si può comunque respirare un’aria familiare, tutti si conoscono e scherzano tra loro, i proprietari interagiscono animatamente con tutti e danno consigli e aiuti quando possono, e i Quattro sono sempre stati i benvenuti sin da quando non avevano decisamente l’età per bere.
Radish si sente a proprio agio lì dentro, nessuno lo fissa come se fosse un fenomeno da baraccone per via dei muscoli troppo sviluppati e dei capelli eccessivamente lunghi. L’unica persona che gli ha rivolto uno sguardo incuriosito è la tracagnotta co-proprietaria del locale, che saluta il ragazzo al suo fianco allargando le braccia come se volesse abbracciarlo.
«Tatiana, luce dei miei occhi!»
«Mordecai, bellissimo Don Giovanni da strapazzo! Puntuale come sempre: le donuts sono quasi pronte.» Sorride di nuovo ad entrambi e posa con forza due boccali di birra sul bancone pieno di incisioni più o meno volgari, bevute che erano destinate ad altri clienti che però non hanno avuto niente da dire a riguardo. Tutti quelli che bazzicano spesso per l’Alibi sanno che è bene non togliere mai niente dalle zampacce di Mordecai: potrebbe spaccarti una sedia sulla schiena alla stessa velocità con la quale sputerebbe per terra.
«Un bel carico, siamo in due oggi.» Si scola una lunga sorsata di birra tutto in un fiato sotto lo sguardo attento del Saiyan, che però non fa in tempo a parlare che il lupo riprende: «E due bottiglie di tequila, così scendono meglio.»
«Ma quanto Diavolo bevi?!»
«C’è chi lo chiama alcolismo… io lo chiamo crossfit per il fegato!»  Se solo ripensa a tutte le sfuriate di Fern, quasi gli viene da poggiare la birra e dire a Tatiana di lasciar stare la tequila. Quasi. Perché per quanto Fern sia stata brava nel tirarli su e nel frenarli, lui è sempre stato un gradino sopra agli altri in quanto ad esuberanza e non ha mai davvero capito che doveva lasciar stare tutta quella robaccia. Ricorda ancora bene quando, a quindici anni, festeggiarono un capodanno decisamente assurdo dove alla fine piangevano alcol tanto ne avevano in corpo. Mentre Fern ballava in salotto con il compagno del tempo - uno dei pochi che non hanno odiato e fatto scappare a gambe levate -, loro facevano baldoria fuori casa, tra canne, alcolici vari e fuochi d’artificio sia rubati che artigianali. Lui era ridotto in uno stato davvero imbarazzante, roba che aveva attaccato briga anche con un albero che, secondo la sua versione dei fatti, li stava importunando con barzellette oscene per poi collassare sul pavimento del capanno tipo in coma etilico. La mattina dopo rimasero tutti sbalorditi nel vederlo fare colazione con latte e cognac come se niente fosse mai successo. Avevano fatto le spie, però, e Fern cominciò a sbatacchiare tra loro i coperchi delle pentole vicino alla sua testa per fargli capire che no, non doveva bere così tanto. Per l’insopportabile dolore alla testa vomitò pure i reni e poi, con una calma disarmante, si piazzò davanti alla TV a guardare violentissimi film di sgozzamenti.
Radish, che proprio non ha voglia di dirgli che la sua non è una motivazione valida per spaccarsi di alcol, lascia vagare pigramente lo sguardo per il locale. Si domanda se cominciando a bazzicare da quelle parti avrà la possibilità di incontrarla casualmente, ma poi si ricorda del suo olfatto. La dura consapevolezza che non potrà mai far passare un loro incontro come un qualcosa di totalmente casuale lo urta all’inverosimile, ma per sua fortuna questa fastidiosa sensazione dura poco dal momento che i suoi occhi non possono fare a meno di notare un enorme pene gocciolante finemente inciso vicino alla porta d’ingresso. Si domanda per un istante come abbia fatto a non notarlo subito, ma pensa bene che sia meglio chiedere perché sia lì. E sa pure a chi chiederlo: «Opera vostra?»
«Mh? Ah, sì. Dopo aver sbiellato le gengive ad un povero testa di cazzo, io e Maddy abbiamo deciso di fare un disegno. In realtà io l’ho deciso, Maddy mi ha convinto a non farci anche una bocca di fianco.»
Non è per niente sorpreso. Ma proprio zero. Tutt’al più è un poco dispiaciuto per non aver potuto partecipare a quella che, se lo immagina benissimo, deve essere stata una serata interessante.
«Stasera posso venire con te al Neon? Ti aiuto a tirare su un po’ di grana!» Sbotta Mordecai, gli occhi accesi da sin troppo entusiasmo.
Per il Saiyan è un’offerta assai allettante, deve ammetterlo. Non si diverte mai durante quegli squallidi incontri nella gabbia, battersi con questo scalmanato dovrebbe essere un minimo divertente dal momento che, per quanto possa spezzargli le ossa a furia di pugni, non si farebbe certo tirare giù. Beh, non fin quando non troverà qualcos’altro da fare per lui più divertente, ovviamente.
Ma per quanto vorrebbe dirgli che sì, può anche accompagnarlo, è costretto a declinare la sua offerta, notando con un certo divertimento che ha messo su un broncio degno di un bambino alla quale sono state negate le caramelle.
«Perché?»
«C’è la Luna Piena.»
«E allora? Ahhh, già. Sei una scimmia mannara. Pazzesco eh, voi lo trasmettete geneticamente e non col morso, al contrario di quella feccia malata… siete strani!»
«Ah, noi siamo strani?!»
Si guardano per un paio di secondi negli occhi e poi si lasciano andare ad una risata. Mordecai lo trova simpatico, gli piace e lo ha scelto come maschio dominante all’interno del branco ed è quindi ben disposto a seguirlo e a sottostare - più o meno - ai suoi ordini. Radish, seppur si sorprenda da solo nel pensarlo, lo trova interessante, lo aiuta a non pensare e riesce a farlo sorridere anche in un momento in cui vorrebbe solo stare isolato dal mondo a piangersi addosso per essere riuscito a perdere tutto in un secondo.
«Perché non mi racconti un po’ di Giannamaria mentre aspettiamo? Sai, Sherry ha schermato buona parte dei ricordi che ti riguardano, così da non farci ficcare il naso nel tuo passato.»
«Di chi?!» Ignora deliberatamente la seconda informazione, che dentro non solo lo sta facendo vacillare pericolosamente, ma lo sta pure straziando. Non aveva mai preso in considerazione che anche loro avrebbero potuto vedere tutto ciò che lo riguarda, tanto meno aveva mai preso in considerazione che lei lo avrebbe difeso dai loro sguardi invadenti.
«Giannamaria!» Ovvio, palese. Perché non riesce a capire a chi si riferisce? È così evidente.
«Dovrei sapere di chi stai parlando?»
«Ma sì dai, il tizio basso con le corna, il rossetto viola e il pisello che gli esce dalla spina dorsale!»
Ride. Ride come non credeva di poter ridere con qualcuno all’infuori di Sherry.
Questo Spettro è fuori di testa come nessuno, riuscirebbe a togliersi dai casini solo grazie alla sua linguaccia e, davvero, Radish adesso vorrebbe solo correre da Sherry per dirgli che ha trovato un amico e che lei è stata una stronza a non averglielo presentato prima. Vorrebbe anche correre nell’aldilà con quell’esuberante bestia per farlo conoscere a suo fratello. Secondo lui si divertirebbero un sacco tutti assieme, anche perché il suo caro fratellino probabilmente non riuscirebbe a seguire tutti i suoi deliri e finirebbe con l’essere preso brutalmente ed inconsapevolmente in giro.
«Si chiamava Freezer e quella era una coda.» Ammette dopo essere riuscito a calmarsi, decidendo che sì, anche lui può concedersi una birra adesso. Non c’è niente di male a bere con un amico, no?
«Tsk, lo dici te.» Radish potrebbe anche portarlo al cospetto di Freezer e Re Cold e farsi aiutare da entrambi a spiegargli che quella è una dannatissima coda, non lo scrollerebbero mai dalla sua ferrea convinzione.
«Secondo me, comunque, era un demente. Diciamolo, eri deboluccio, invece di metterti a combattere avrebbe dovuto metterti all’ufficio vendite: con la tua abilità nel fottere la gente a parole avresti potuto spillare un sacco di soldi all'acquirente planetario di turno!» Radish non riesce neanche ad arrabbiarsi, non ne è in grado. Perché lo ha capito, almeno un po’: per quanto si diverta a sparare a zero su tutto e tutti compreso sé stesso, non è davvero cattivo, non vuole ferire. Quando l’intento è quello, la sua espressione è diversa, l’ha capito ricordandosi dei suoi atteggiamenti la sera del compleanno.
Sta giocando, adesso, come farebbe con i suoi fratelli adottivi. E lo sta facendo con lui, un uomo che potrebbe ucciderlo con il minimo sforzo e che conosce a malapena. In ogni caso, poi, non può fare a meno di ammettere che ha fegato da vendere.
«E comunque sei stato un coglione: invece di combattere seriamente al pieno delle sue capacità, ti sei messo a cazzeggiare come uno stronzo!»
«Non ti pare di essere un po’ volgare?» Scherza, cercando così di spostare la sua attenzione su un nuovo argomento. Ci riesce pure in realtà, peccato che l’abbia inconsapevolmente spostata su una specie di campo minato.
«Ah, io?! Ciccio, ho visto te e quell’altra depravata quando scopate! So cosa vi dite!» Quasi lo urla, ma non gli importa. Il massimo che possono capire le persone presenti è che è un guardone, non certo che ha bevuto il sangue di una donna e ha visto cose davvero troppo intime.
«A proposito di questo: complimenti! Non solo per le performance degne sia di nota che di applauso, ma anche per essere riuscito a scoparti quel bel culetto!»
Questo no, non glielo può passare.

«Gli Spettri imparano velocemente se si ha la volontà e la pazienza di far capire loro quello che si vuole,
ma in caso contrario rimangono confusi su ciò che è nuovo e agiscono esclusivamente come farebbero tra di loro.»

In meno di una frazione di secondo gli sembra di risentire le lontane parole di Fern, dette lo stesso giorno in cui la loro assurda relazione è iniziata. Gli sembra di sentirle e per questo allunga velocemente un braccio, lo afferra per la nuca e gli fracassa la testa sul bancone intagliato con estrema violenza. Sente il rumore del naso che si spezza, insieme ai suoi lamenti e, ne è sicuro, un guaito.
Quando il minore rialza la testa, le mani tenute sul viso grondante di sangue, Radish si sente come sollevato. La sensazione poi aumenta pure quando incrocia i suoi occhi, adesso curiosamente attenti e maturi, ed annuisce appena, indice che ha recepito il messaggio.
«AHH CAZZO!» Urla lamentoso mentre si raddrizza il setto nasale con un colpo secco. Per un secondo si domanda quante volte se lo sia frantumato, ma decide saggiamente di non provare neanche a ricordarle. Sarebbe un lavoro davvero troppo lungo e noioso.
Si ricompone in meno di cinque secondi, tornando allegro e spensierato come prima del colpo.
«Tornando al discorso di prima, potrei anche provare a non dire le parolacce, ma l’alternativa quale sarebbe? Accipicchia, perdindirindina, acciderboli? Non credo proprio, cazzo
Si sente meglio, Radish. Si sta distraendo tantissimo, ha spaccato la faccia al moccioso che pensava di poter dire porcate sulla sua Sherry, ha in qualche modo impartito una lezione al più duro del Quartetto e adesso, ne è sicuro, ricominceranno a cazzeggiare come due adolescenti spensierati come poco prima.
«Grazie Tati!» Cinguetta allegro Mordecai mentre le lascia i soldi sul banco prima di prendersi le buste ed alzarsi come una molla. «Forza, andiamo. Mi è venuta fame!»


Mordecai non sta mai zitto, e questo per Radish ormai è chiaro.
Così com’è chiaro anche che è capacissimo di bere l’alcol del deodorante se gli gira male. Glielo ha detto lui con una calma decisamente invidiabile.
Gli ha detto pure, con la stessa calma, che lui e i suoi fratelli entrano ed escono nelle dipendenze con la stessa frequenza e facilità alla quale una persona normale si cambia le mutande, e che questo non è mai risultato un problema per nessuno. Sono creature piuttosto abitudinarie, gli Spettri, spingerli a cambiare la propria indole e le proprie abitudini, per quanto queste possano essere sbagliate, non è semplice e lo fanno mal volentieri a meno che non ci sia di mezzo qualcuno.
Subito dopo aver ammiccato in sua direzione e aver sorriso tutto soddisfatto, ha stappato con i denti una bottiglia di tequila e gli ha mostrato quando è bravo a guidare con le ginocchia. Lo avrebbe volentieri soffocato ficcandogli la bottiglia in gola, ma era davvero stanco e voleva quelle donuts dall’odore tanto invitante. Non mangia da quattro giorni, in fondo, ha così fame che potrebbe mangiarsi pure il lupo se non fosse per la consapevolezza che sarebbe davvero indigesto.
Sono arrivati, non senza forzare pericolosamente la bella auto con la fiancata adesso rigatissima, su uno spiazzo in cima ad una collina. Una collina davvero alta, praticamente la salita era in verticale e la macchina stava per esplodere tanto faticava a raggiungere la meta. Ma al lupo non fregava niente, voleva vedere il tramonto seduto sul cofano e voleva farlo proprio da lì. Radish non gli ha detto niente. Sarebbe stato stupido e controproducente, così è rimasto concentrato sul proprio mal di testa nella speranza che diminuisse un poco.
Poi Mordecai ha parcheggiato ed è sceso, spogliandosi senza remore di fronte al Saiyan. Mentre uno non era del tutto a proprio agio nel vederlo sfilarsi i boxer, l’altro era quanto più indifferente possibile: rimangono nudi come mamma li ha fatti ogni volta che mutano e, in realtà, se portano i vestiti è solo perché si sono lasciati influenzare dagli esseri umani.
Quando poi ha mutato, Radish ha notato un paio di cosette che davvero lo hanno sorpreso: primo, lui è davvero molto più grosso di Sherry, ad occhio gli è sembrato quasi tre metri al garrese ed ha un poco faticato ad immaginarselo su due zampe; secondo, il suo pelo è decisamente più lungo rispetto a quello di Sherry, tanto che se lo avesse visto così senza sapere di chi si trattasse non avrebbe saputo dire se si trattava di un esemplare maschio o femmina, poiché i genitali sono coperti dal vello; terzo, attorno al collo ha una lunga e folta criniera simile a quella dei leoni che a Sherry decisamente manca.
Non ha fatto in tempo ad urlargli di tornare su due zampe per dargli spiegazioni che la bestia è sfrecciata giù dalla collina, le lunghissime zampe che si muovevano veloci e leggere, il manto color castagna che ondeggiava nel vento. Una creatura magnifica, decisamente.
Ora è rimasto solo con i propri pensieri, la canzone mash-up
Stayin' in Black  di sottofondo. Si sente una schifezza senza la vicinanza dell’eccentrico Spettro, ritrovandosi a pensare che avrebbe voluto essere su quel cofano con lei, che avrebbe voluto infastidirla perché si mangiava tutte quelle deliziose donuts per poi trascinarla sul proprio bacino per farla sua ancora e ancora.
Sei una stronza, sei il nodo in gola che non va giù, sei tutto ciò che riesce a farmi male dentro, sei una paranoica violenta sempre incazzata col mondo ma che si sforza di vedere il buono che può esserci e ne sorride, una sadica che gode nel far del male al prossimo e... Dio, mi mandi fuori di testa! Non sei come le altre con cui sono stato: tu non bevi le mie stronzate, non ti fai mettere i piedi in testa e non abbassi la cresta! Tu t’incazzi e mi tieni a bada come nessuno.
Lo vuoi capire che ti voglio al mio fianco, sempre? Ti voglio così come sei, stronza, impulsiva e combattiva, con i capelli arruffati e le mie maglie usate come vestiti, sporca di sangue e terra quando torni da una battuta di caccia e con un insulto sempre sulla punta della lingua.
E ti voglio soprattutto perché tu sei una guerriera… una per la quale vale la pena dannarsi.
Ma forse non c’è più tempo per dirti che, in fondo, sei l’unica cosa che davvero vorrei.

«Se hai finito le donuts, giuro che ti fotto a morte!»
Abbassa pigramente lo sguardo, ricomponendosi come meglio può per mascherare la propria tristezza mentre lo Spettro lo raggiunge trotterellando. È allegro e sporco di sangue sul petto e sul mento, ma per Radish non è certo un problema. Ha visto troppe volte Sherry tornare a casa in quelle condizioni per stupirsi.
«Ti piacerebbe, ammettilo.»
«Come l’hai capito?» Rimane serio, quasi shockato, per un paio di secondi mentre si rimette boxer e pantaloni, per poi abbandonarsi ad una risata divertita di fronte allo sguardo un poco scocciato del maggiore. Lo raggiunge sul cofano della macchina e, dopo aver dato un bel morso ad una donuts con la glassa al limone, riprende con le sue chiacchiere: «Scherzo. Sono profondamente etero, malgrado spesso abbia limonato con Micah. Ma quello è un gioco, non c’è attrazione da parte di nessuno dei due. Major non faceva troppe distinzioni nelle ammucchiate, almeno fino a qualche anno fa.»
Annuisce distrattamente, mentre continua ad osservare il circondario. Si sente stranamente meglio ora che è di nuovo al suo fianco, come se la sua devastante compagnia riuscisse davvero ad allontanare tutti i suoi pensieri. Beh, più o meno, perché c’è un dettaglio che proprio non l’ha fatto stare tranquillo in quella mezz’ora di solitudine.
«Il tuo telefono non ha fatto altro che vibrare.» Butta lì con noncuranza, osservandolo di sottecchi mentre lo vede allungarsi verso l’interno della macchina per recuperare l’oggetto in questione «Ci sono problemi?»
«No. Questo non è il telefono che uso con gli altri. Serve solo per le ragazze con cui mi sento… mi mandano sempre un sacco di foto porno.»
Con la coda dell’occhio nota che ci sono davvero tante chat sullo schermo, tantissimi nomi e un numero imbarazzante di fotografie di tette… e non capisce. Davvero non capisce come questo lupo tutto pepe possa avere un tale successo col gentil sesso. Certo, si rende conto che oggettivamente sia un bell’uomo, ma non al punto da avere una simile schiera di donne ai propri piedi. La verità pura e semplice è che nessuno lo sa, neanche lui: lui attacca a chiacchierare con le ragazze che gli possono interessare, si mostra per quello che è, ovvero un giovane uomo prestante e ferocemente vivace, e loro cedono. Saranno gli occhioni color caramello, i muscoli d’acciaio sotto la pelle abbronzata e la statura elevatissima, il sorriso allegro, dolce e sincero, l’odore della sua pelle che per chiunque ricorda quello dei biscotti, saranno le battute stupide o le sue follie… beh, qualsiasi cosa sia, funziona. A Mordecai, alla fin fine, basta questo.
«Come fai a star dietro a tutte?» Domanda infine Radish, che davvero non riesce a concepire neanche questo fatto. Già stare dietro a Sherry non gli è risultato facile, figurarsi avere più donne per le mani: sarebbe impazzito!
«Sono estremamente socievole, parlo molto e risulto simpatico. Quando mi sento solo, ne chiamo qualcuna per passare un po’ di tempo in compagnia.»
«E a loro sta bene?»
«Sanno di non poter avere di più da me.» Ed è vero: Mordecai è estremamente chiaro con ognuna di loro prima di portarsela a letto e non va fino in fondo se il messaggio non è stato recepito.
«Mi godo a pieno la mia natura: non posso ammalarmi, non posso danneggiarmi… perché non abusare di sostanze che mi divertono? Perché non andare a letto con chi mi aggrada, dal momento che non posso prendere malattie e neanche trasmetterle?»
«Quanti bastardi hai seminato per il mondo?»
«Nessuno, a meno che non me lo abbiano tenuto nascosto. Sto molto attento ed ho una scorta di preservativi infinita. Quando sono troppo fatto, poi, vado solo con quelle che mi danno il culo. Se non fossi sempre stato sveglio e attento, adesso Sherry si starebbe prendendo cura dei miei figli.»
Cala un silenzio gelido tra loro due. Radish sapeva benissimo della loro infantile relazione, del fatto che hanno condiviso il letto in diverse occasioni pure negli anni seguenti, ma non ci aveva davvero dato troppo peso durante la giornata. In realtà, non aveva dato peso a tante cose, come al fatto di averlo seguito perché voleva parlargli di qualcosa di importante, cosa che invece non ha fatto.
«Era vergine quando è venuta con me.»
Allunga di nuovo il braccio per afferrargli i capelli corti sulla nuca e strattonarlo all’indietro, portandosi vicino al suo viso con aria minacciosa: «Ti spacco di nuovo la faccia?»
«Non voglio farti incazzare, tranquillo. Mi sei simpatico. L’ho detto perché volevo sapere se a te ha detto qualcosa su Jäger.»
Radish lo lascia andare con un gesto stizzito, mettendosi poi seduto a gambe incrociate. Si passa una mano tra i capelli, sospirando con frustrazione. Non mi ha parlato della sua famiglia e secondo te mi veniva a dire una cosa del genere? Quanto cazzo sei stupido, maledetto Labradoodle?!
«No.»
«Mh… sai, io ho i miei sospetti eh, ma non ho mai capito davvero. L’imene delle nostre femmine non si rimargina una volta rotto e ricordo che con me sanguinò parecchio e—»
«Senti, non ne voglio parlare, okay?!»
«Okay.» Alza le mani in segno di resa e giusto un secondo dopo scatta in ginocchio e si rigira, piegandosi all’interno della macchina per alzare il volume della radio.
«Ahhh! Questa sì, che è una bella canzone.» Volta giusto un istante lo sguardo per incrociare quello sorpreso e di nuovo burbero del Saiyan, scattando poi in piedi come una molla per cominciare a cantare a pieni polmoni: «Then I kiss your eyes
And thank God we're together!
I just want to stay with you in this moment forever
Forever and ever!!!»

I don't want to miss a thing… quante volte l’avranno cantata a squarciagola da ragazzini? Quante volte si sono arrampicati sul tetto al tramonto, tenendo Fern ben stretta tra le braccia, e con una bella birra ghiacciata in mano si sono messi a cantare in coro? Gli mancano quei momenti. Era tutto così dannatamente semplice, allora…
«Non ti facevo un sentimentale.» Lo prende in giro Radish mentre lo ritira giù a sedere, sorprendendosi nel vederlo irrigidirsi quasi si fosse offeso.
«Ehi, io sono una persona molto sensibile.»
«Tu?»
«Te scherzi, ma a undici anni rubai la macchina a Fern e investii un cane sulla statale. Sono stato male per una settimana!»
«Perché hai investito un cane?»
«No, del cane non me ne fregava un cazzo, ma il radiatore mi è costato una cifra!»
«Ah beh, questa sì che è sensibilità.»
«Ti conviene impararla, sai? È una delle sue canzoni preferite.» Butta lì prima di bere un sorso di tequila, calmo e rilassato come se gli avesse chiesto semplicemente l’ora. È troppo ormai che aspetta il momento adatto per tirar fuori l’argomento, e adesso gli sembra finalmente giunto. L’unica cosa da fare è trovare il modo di rivelare quelle informazioni e riuscire comunque a divertirsi un po’. Devo spingerlo a cedere! Forza Mord, sei bravo con queste stronzate.
«E perché dovrebbe interessarmi?»
«Perché ti si stringe il cuore solo se la pensi e stavi per strapparmi la lingua a mani nude perché ti ho ricordato che ci sono stato a letto.» Ah! Lo sento il tuo odore, sai? Sento anche il tuo cuore adesso. Sei triste. Sei mortificato e distrutto dentro. Non devi vergognartene, sai? Ci vuole coraggio anche per queste cose, per piangere per una donna. Non è sinonimo di debolezza, grosso coglione.
«Non ha alcuna importanza.»
«Certo che ne ha. Cazzo, sei o non sei un fottuto guerriero alieno che conquistava pianeti?! Adesso molli tutto perché non ti ha raccontato della sua famiglia di merda che la massacrava di botte un giorno sì e l’altro il doppio? Una famiglia che l’affamava? Una famiglia che l’ha disprezzata sempre, evitandole delle umiliazioni solo quando uccideva chi per loro era fastidioso? Davvero te la sei presa perché non te ne ha parlato? Ti facevo meglio di così.»
«No, stronzo. Lascio stare perché se la fa di nuovo con la Regina dei Ghiacci.»
Adesso è Mordecai quello preso davvero in contropiede. La conversazione stava prendendo la piega che voleva, lo stava spingendo nella direzione desiderata, e ora lui se ne esce con un qualcosa di decisamente nuovo e assurdo. Sher e Riv? Davvero? QUANDO?! Sono sempre stato in mezzo ai piedi!
«Semmai la Regina del Mare, amico, il ghiaccio appartiene a lei. Ma a parte questo: che cazzo stai a dire?!»
Dio solo sa quanto Radish si stia disprezzando in questo momento. Sta parlando di scemenze personali con lui, si sta mettendo a nudo come farebbe un terrestre o un cagnaccio come loro cresciuto nella bambagia e nell’alcol. Non è da Saiyan, per niente, eppure non riesce a fermarsi, qualcosa dentro lo sta spingendo prepotentemente a continuare la conversazione.
«L’ho visto nella sua stanza, un paio di sere fa. Stava tirando le tende ed indossava solo un asciugamano. Vuoi forse dirmi che stavano giocando a carte?»
Sei un coglione. Un coglione immenso che non ha il coraggio di affrontare delle piccole scaramucce ma che si tira in mezzo ai peggio deliri di sangue e violenza senza battere ciglio… un po’ come lei, penso. CHE C’È CHE NON VA CON VOI DUE?! Poi quello pazzo sono io.
«Siamo tutti in casa sua, ultimamente. Tutti. Anche gente che non le ha mai parlato.» Anche questa informazione la butta lì come se fosse una scemenza incredibile. Avrebbe potuto dirgli tutto e subito, avrebbe potuto risparmiargli un sacco di cose… ma non sarebbe stato altrettanto divertente.
«Cos’è, le vostre feste si protraggono per settimane?»
«Non proprio.» Si gratta distrattamente il mento mentre sta in silenzio per qualche secondo, così da lasciarlo crogiolare nell’impazienza e nella curiosità. Gli pare quasi di sentirlo sfrigolare, tipo le patatine fritte nell’olio bollente.
«Diciamo che siamo rimasti a controllare lo sviluppo degli eventi dopo un regalo inatteso e decisamente poco gradito… penso fosse addirittura peggiore del tuo!»
«Che vuoi dire?»
Aspetta ancora, lo fissa dritto negli occhi con aria mortalmente seria. Radish non può fare a meno di impensierirsi di fronte a questo cambiamento tanto bizzarro per un soggetto simile, e subito la mente corre ad immaginare gli scenari peggiori. Scenari che, alla fin fine, non sono troppo sbagliati.
«Che se l’è vista brutta. Davvero brutta. Se non fosse arrivato River a pararle il culo, forse adesso il mansueto ed adorabile Re del Nord la starebbe violentando a ripetizione.»
«Che cazzo aspettavi a dirmelo?!» Il lupo scrolla le spalle con nonchalance, come se effettivamente non gli avesse detto una cosa capace di ribaltare completamente la situazione e spingerlo ad andare da lei a gambe levate.
Radish, dal canto suo, potrebbe renderlo diversamente vivo, ma non lo fa. In realtà non fa in tempo a fare niente perché prima che possa rizzarsi in piedi Modecai lo afferra per un braccio, sorridendogli con aria complice.
«Aspetta, idiota! Ti ci porto io, così ti tolgo il branco dai piedi.»
Con un agile balzo si riportano entrambi sui sedili della decappottabile, il cuore di Radish che batte così forte da stordirlo. Vuole vedere come sta, capire cosa le sia successo e anche farsi dire chi è stato a farle del male e come trovarlo. Fanculo le loro maledette leggi: qualcuno deve versare del sangue!
Mentre scendono come dei pazzi dalla collina, con la macchina che pare urlare loro di rallentare e di evitare le buche perché le sospensioni sono ormai andate, Mordecai ci tiene a ribadirgli un piccolo ma vitale concetto: «Non gliela dà, tranquillo. Tu le hai completamente fottuto il cervello!»

Avrebbe potuto ignorare le parole di Mordecai e volare a casa di Sherry in pochi minuti. Avrebbe potuto, certo, ma non l’ha voluto fare.
Era consapevolissimo che gli avrebbero messo i bastoni tra le ruote non appena si fossero resi conto della sua presenza e lui non avrebbe potuto toglierseli dai piedi a modo suo senza rimetterci pesantemente. Non a livello fisico, ovviamente, ma probabilmente lo avrebbe preferito di gran lunga… soprattutto se poi a curargli le ferite ci fosse stata lei.
No, non poteva rischiare di peggiorare una situazione già di per sé molto delicata.
Il tachimetro è rimasto costante sui centoquaranta chilometri orari. Si è sorpreso, Radish, nel notare quanto lo Spettro sia stato capace di dominare ferocemente la strada, sfrecciando tra una macchina e l’altra con facilità mentre i comuni mortali si facevano da parte per lasciarli passare. Malgrado tutto, se l’è goduta un sacco.
Potrebbe abituarsi a questo stile di vita, davvero. Peccato solo che Mordecai decida di inchiodare di punto in bianco. Se i riflessi del Saiyan non fossero tanto buoni, avrebbe stampato il viso contro il cruscotto.
«Eccoci a destinazione, Capitano
Radish non lo ascolta neanche, preferendo dirigersi di corsa verso il portone. Anche stavolta la sua impazienza gli ha impedito di rendersi conto che, seppur buttandola lì quasi per scherzo, Mordecai lo ha etichettato in modo molto importante: nella loro gerarchia infatti c’è il Re sopra a tutti - o la Regina, nel loro caso -, il Beta è il suo braccio destro e poi c’è il Capitano della guardia, che ha giusto meno potere decisionale del Beta ma che ha la possibilità - l’onore, se si è un Purosangue della Tana - di guidare l’esercito in battaglia e la responsabilità di addestrare i combattenti migliori. Si tratta sempre di un Cacciatore di incredibile forza e ferocia, difficilmente si sopravvive alla sua furia in combattimento.
Secondo il modesto parere di Mordecai, adesso esistono ufficialmente due Re, una Regina, due Beta e tre Capitani… resta da eleggere il terzo Beta e poi le fazioni saranno perfettamente schierate.
Mentre i due salgono i gradini della lunga scalinata che avrebbe bisogno di un po’ di manutenzione, sentono alle loro spalle il richiamo alterato di Major. Mordecai spinge semplicemente Radish con un colpo secco contro la schiena, deciso più che mai ad ignorare i rimproveri del fratello, e con un secondo spintone deciso spalanca malamente la porta.
I vari Spettri che bivaccano nell’appartamento rimangono in un primo momento come congelati di fronte alla visione di Radish, folgorati dalla forza distruttiva che emana, ma poi decidono di provare a difendere la loro Regina ferita. Certo, sanno in partenza che se quello vuole passare lo farà e loro non avranno alcuna voce in capitolo, non dal momento che si rendono conto che potrebbe spappolargli la testa con una sberla, ma l’istinto gli impone di farlo.
«Mordecai, per la puttana!, cosa cazzo fai?!»
«Ma sei diventato scemo tutto in un colpo?!»
«Dannazione! Che ti è saltato in mente?!»
«Possibile che non ti si può lasciare solo un paio d’ore?! Cazzo, i miei figli sono più responsabili!»
«Fatevi i cazzi vostri!» Abbaia con rabbia il Cacciatore, spintonando di prepotenza Radish e frapponendosi subito dopo tra lui e i vari Spettri che stanno snudando le zanne. Gli dispiacerebbe distruggere l’appartamento alla povera e paziente Mimì, ma se vogliono lo scontro è prontissimo a bagnarsi il muso nel sangue.
Radish, dopo un attimo di smarrimento di fronte a quell’appartamento sempre ordinato e tirato a lucido ridotto ad una specie di macelleria clandestina con vestiti e pupazzi sparsi su buona parte del pavimento, si dirige a grandi falcate verso la piccola camera di Sherry e certo non gli viene in mente di bussare prima di spalancare la porta.
River la sta stringendo. La tiene ferma con un braccio attorno alla vita e con l’altra mano le tiene il mento alzato.
Sherry è confusa, lo tiene debolmente a distanza e pare sul punto di rimettere.
Radish non ci capisce più un cazzo, a stento riesce a vedere nitidamente, ma le parole escono chiaramente dalle sue labbra: «Sei morto.»




*Il pinguino imperatore non ha un nido fisso e per individuare il suo o la sua partner e il suo pulcino all'interno della colonia utilizza dei richiami sonori: in tal caso si dice che raglia o grida.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ed eccomi di nuovo qui! I capitoli continuano ad ammassarsi velocemente e io fremo ogni giorno dalla voglia di continuare a pubblicare a ruota libera! La quarantena mi fa bene o male?🤔

Ci tengo a precisare un piccolo ma vitale punto prima di cominciare con gli sproloqui: il comportamento tanto espansivo di Radish nei confronti di Mordecai non è casuale, non lo ha già accettato nella propria vita perché non ha di meglio da fare. Ma questo, forse, era pure ovvio!

E ora Mordecai… chi lo capisce è bravo. Le scene che lo riguardano mi vengono da sole, non ci penso neanche. Ogni sua battuta è totalmente spontanea come lui, ogni gesto mi viene in mente mentre sto scrivendo. Non c’è mai niente di sicuro con lui. Sapevo solo che volevo che ci mettesse le zampe e che in qualche modo lo spingesse ad agire, ma tutto il resto è zompato fuori da solo. E mi piace. È esagerato, è vero, però mi piace lo stesso. Spero che possa in qualche modo piacere pure a voi!

Ah, come per il fatto dell’amicizia tra Radish e Mordecai, della fiducia che si sono dati senza pensarci troppo, vale anche per il fatto che il nostro caro capellone non sia capace di separarsi da lei. E lei da lui.
Non ce la possono fare, per quanto magari a volte possano desiderarlo. Sarebbe come tagliarsi un braccio senza motivo: doloroso, stupido e decisamente non necessario.
In più per lui è impensabile che qualcuno le faccia del male, un po’ come Vegeta che prova ad attaccare Beerus perché questi tira una pizza a Bulma… stessa cosa, con la differenza che Radish non sa chi andare ad attaccare.
Ma ora un qualcuno sulla quale sfogare un poco della sua frustrazione ce l’ha… e sta pure facendo qualcosa di incredibilmente stupido.
🙃

Per quanto mi piacerebbe davvero dire che anche il prossimo capitolo sarà gettato un po’ nel delirio come questo, devo dirvi subito di NO. Il prossimo capitolo è un qualcosa che mi ha fatto davvero male al cuore e che, se non fosse necessario per scoprire tante cose, preferirei non pubblicare mai.
Beh, a questo punto direi che ci sentiamo presto col capitolo del male!
Un bacione
Kiki🤙🏻


Ps: chi prende la citazione? ⛵

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Avvertenza❌: finalmente verrà mostrato - anche troppo dettagliatamente - cos’è successo tra Sherry e Jäger. Potete immaginare da soli che non sarà una bella scena (ma non potete immaginare quanto sia stato doloroso scriverla).

 

𝟙𝟟. 𝐿𝒶𝓈𝒸𝒾𝒶𝓂𝒾 𝑒𝓃𝓉𝓇𝒶𝓇𝑒


 

Senza avere visto o intuito nulla, River si sente improvvisamente esplodere nella testa un'argentea, possente vampata di dolore. Si rende conto dopo qualche istante di star vacillando all'indietro con le mani premute sulla faccia e sul sangue caldo che gli sgorga tra le dita, di annaspare in cerca di equilibrio, di pensare non è niente, non cascherò, non è niente, e finalmente di essere disteso su un fianco sul pavimento a ringhiare furiosamente.
«In piedi, bastardo
Nessuno fa in tempo a bloccare Radish e la sua furia cieca, non prima che sia in grado di sferrargli un calcio alla coscia sinistra. Il dolore invade lo Spettro come una colata di acido e gli pietrifica i muscoli portanti della gamba. Radish, prima di essere trascinato all’indietro dalla sorprendente forza di Mordecai, gli sferra un altro calcio al sedere, in alto, al livello del coccige. Questa volta il dolore è smisurato e insopportabile, le ossa si spezzano nel violentissimo impatto. È sicuro che tra pochi secondi sverrà, invece no. Continua a dibattersi e strisciare sul pavimento per rimettersi in piedi, con Sherry al suo fianco che tenta di aiutarlo e grida disperatamente contro il Saiyan. Col suo fine udito sente pure che i vicini si stanno allarmando sul serio, che minacciano di chiamare la polizia e che Major e Domino li stanno calmando come meglio possono. Sente pure che è tornata Bree e che sta definitivamente calmando le acque con la sua parlantina, mentre gli altri lupi ringhiano di lato mentre li fissano tutti e quattro.
Radish non prova neanche a liberarsi dalla presa di Mordecai. Le sue braccia che lo stringono e lo bloccano dolorosamente sono quanto di più vicino ad un’ancora di salvezza dalla sua stessa furia, senza contare i sentimenti contrastanti che sente montargli nel petto. Si sente improvvisamente spaesato e triste, tanto che gli pare che lo stomaco si sia dolorosamente serrato e di avere un peso insopportabile sul petto e il respiro corto.
Quando anche le braccia di Mordecai lo abbandonano, sente improvvisamente freddo. È solo la consapevolezza di averlo alle proprie spalle e, soprattutto, dalla propria parte a tenerlo un poco calmo, anche se lo sguardo sconvolto di Sherry di certo non lo aiuta.
Ma ormai la frittata è fatta, sono l’uno di fronte all’altra. Voleva appurarsi che stesse bene, che nessuno le avesse fatto del male e questo gli pare più o meno evidente, ma a questo punto, pensa, tanto vale riprendere quell’orrenda conversazione in mano, provare davvero a chiarire il casino che lui stesso ha creato e metterci una toppa in qualche modo. Anche se, e questo lo spaventa a morte, gli occhi insopportabilmente tristi di Sherry gli fanno temere solo il peggio.
«Fuori di qui.» Ringhia a denti stretti, facendo scendere il gelo più totale tra i presenti.
River, sorretto da Glover, lo fissa trucemente con i suoi occhi vermigli e le zanne esposte, pronto a scattare al primo cenno di Sherry. Perché lei è la Regina, lei comanda e nessuno si sognerebbe di contraddirla, soprattutto adesso.
Quando il Saiyan nota che dopo qualche secondo sono ancora tutti ben fermi al loro posto e continuano a fissarlo con i loro spettrali occhi da lupo, sente un’improvvisa scarica di rabbia invaderlo da capo a piedi e per questo sprigiona un altro po’ della sua reale forza, giusto per far capire a tutti quanti chi è il maschio dominante lì dentro.
«FUORI DI QUI, ORA
Mordecai, per quanto vorrebbe eseguire quel comando, si trova costretto ad aspettare il benestare di Sherry. La fissa insistentemente e, quando i loro sguardi si incontrano, non si sorprende per niente nel vederla piuttosto calma nei suoi confronti. Le ha dato ciò di cui aveva realmente bisogno senza che lei dovesse chiedere niente perché la conosce, perché capisce le persone. Se poi il Saiyan ha reagito in modo forse spropositato non è certo colpa sua, e questo Sherry lo sa, così come Mordecai sa che lei avrebbe fatto ben di peggio. Dovete smussare gli spigoli, è evidente, ma ci tenete abbastanza l’uno all’altra per riuscirci, quindi… coglioni sul tavolo, forza!
Quando finalmente annuisce, tutti gli Spettri si ritirano borbottando tra loro e lasciandosi andare a dei ringhi di ammonimento verso Radish. Temono per la sicurezza della loro Regina, temono che possa farle del male, ma sanno bene che non si può ragionare facilmente con qualcuno col sangue di Mezcal nelle vene: tutti i suoi discendenti si sono sempre dimostrati più o meno inclini a fare ciò che preferivano, chi sbandierandolo apertamente e chi preferendo muoversi nell’ombra. Lei, negli anni, ha dato prova di muoversi in entrambe le direzioni.
Sherry impone il silenzio puntandogli semplicemente un dito contro e tiene le orecchie tese per ascoltare il vociare furioso nell’appartamento. Sente Bree che bercia per sapere cosa sia successo, Mimì che piagnucola perché vorrebbe che si calmasse, Major che bestemmia contro Mordecai e Mordecai che gli bestemmia contro più forte, River che urla perché è fuori di sé dalla rabbia e vuole tornare alla carica e “fanculo tutto”, infine la voce di Maddox, giunto chissà quando con Becca e figli al seguito, che ruggisce con ferocia ed intima a tutti di lasciarli soli perché quelli non sono davvero affari che li riguardano. C’è pure chi prova a contraddirlo e a quel punto si leva un guaito e Sherry sente distintamente un osso rompersi. Non sa dire chi ha colpito chi e dove, sa solo che ha funzionato perché tutti escono dall’appartamento borbottando che è meglio andare a mangiare una pizza lì nei dintorni per poi tornare a controllare “i danni di Mord”.
Quando Sherry sospira con sollievo, socchiudendo gli occhi e rilassando un poco i muscoli, Radish in qualche modo fraintende e scatta in avanti, incapace di trattenersi. Le afferra il viso con entrambe le mani e la bacia con urgenza, premendosi contro il suo corpo. Se fosse arrivato trenta secondi più tardi, River la starebbe stringendo ancora, starebbe assaporando le sue labbra al posto suo, avrebbe vinto. Questa consapevolezza pare essere come in grado di schiacciarlo e annientarlo, ma la sensazione della lingua umida dello Spettro che si anima contro la sua, che risponde ai suoi stimoli, in qualche modo riesce a rianimarlo, a fargli capire che sì, c’è ancora una possibilità. Deve solo capire come afferrarla.
Sherry, dal canto suo, non riesce a capire cosa stia facendo. Se prima tra le braccia di River si sentiva persa e a disagio, adesso sente di trovarsi nel posto giusto, di essere al sicuro da tutto quel male che sta tentando disperatamente di afferrarla. Ma non vuole rimanerci, sente che sarebbe sciocco da parte sua cedere e rischiare così di soffrire una seconda volta, sicuramente in modo molto più devastante.
Lo spinge malamente all’indietro, notando solo adesso quanto il volto del Saiyan sia sconvolto, quanto sembri avere un disperato bisogno di riposare.
Per quanto muoia dalla voglia di lasciarsi stringere ancora, di calmare il suo cuore furioso con dolci carezze capaci di domarlo, per quanto qualcosa stia raschiando furiosamente nel suo petto per uscire, si impone di mantenere le distanze nel disperato tentativo di difendersi.
«Cosa cazzo pensavi di fare, eh?!» Ringhia a denti stretti, gli occhi che si accendono di rosso sangue. Mantiene la posizione, i piedi ben saldi a terra e i muscoli tesi sotto la pelle «Cosa ti è saltato in mente? Perché cazzo hai massacrato River?!»
«Non l’ho affatto massacrato.» Per quanto quel nome sia capace di accendere la sua rabbia, Radish riesce a mantenere un discreto autocontrollo. È stanco morto, la testa è sul punto di esplodere e l’unica cosa che vorrebbe fare è sdraiarsi in quel letto troppo piccolo per contenerli entrambi e trascinarci a forza pure lei, stringendosi per riuscire a starci. Vorrebbe rimanere lì così, fermo, con la violenta ed adirata lupa stretta tra le braccia, al sicuro da chiunque voglia farle del male. Perché lui sarebbe capace di proteggerla, potrebbe tenerla al sicuro come nessun altro se solo lei gliene desse la possibilità. Ho commesso un solo, stupido errore, cazzo! Li hai commessi pure te! Tutti lo fanno! Non puoi farmela pesare tanto, cazzo!
«Sì, invece!»
«Credimi, se lo avessi massacrato, sarebbe morto!» Alza involontariamente la voce, ferito dal fatto che lo stia difendendo ancora. È vero, è stato quel cane borioso a salvarle la pelle, probabilmente lo ha fatto più volte pure in passato e di questo non può che essergliene grato, ma proprio non può tollerare che lo difenda.
Quando però la sente ringhiare, si impone di nuovo la calma. Se c’è una cosa che ha capito chiaramente è che ognuno di loro va preso in modo diverso: con Mordecai c’è da usare una violenza quasi estrema per impartirgli un semplice concetto, con lei bisogna imporsi più ad un livello mentale, tentando pure di non metterla troppo all’angolo per non farla chiudere ancora di più.
Sospira forte e si passa le mani tra i capelli. Sarebbe tutto maledettamente più semplice se non sentisse quel peso atroce sul petto. E la delusione. E tutte le altre sensazioni spiacevoli che ha cominciato a provare non appena ha messo piede in quel maledetto palazzo. È colpa tua. Solo ed esclusivamente colpa tua!
«Volevo sapere se stai bene.» Butta lì con voce neutra, osservandola con attenzione. Lo sta guardando con un astio incredibile, anche più di quella lontana notte dopo la rissa al Neon, quando la seguì fino al lago e poi la baciò per provocarla. Se ci pensa un secondo, si rende conto di essersi sempre sentito pericolosamente calamitato dalla sua figura dal momento esatto in cui l’ha vista. Deve essere una specie di malattia dei Terrestri o degli Spettri e sono stato infettato. Mi domando solo se ci sia una cura…

«No! Non sto per niente bene! Okay?! Sei soddisfatto?! Io. Non sto. Bene!» Urla furiosa, portandosi le mani tra i capelli e camminando nervosamente per la stanza come un animale in gabbia.
Fuggire o restare? Cacciarlo o ascoltare ciò che ha da dirle? Respingerlo o vuotare il sacco? Non sa quale sia la scelta migliore, nessuno l’ha mai preparata a questo genere di cose. È stata addestrata ad uccidere senza rimorso alcuno da quando aveva cinque anni. È stata addestrata a non indietreggiare e a seguire le loro leggi. Ma lei le ha infrante quasi tutte, ormai. Ed ha indietreggiato, di tanto in tanto. Adesso si è pure lasciata inondare dai propri sentimenti, rimanendo però incapace di capirli e catalogarli. Sa che sono lì, li avverte, ma non li comprende chiaramente. Se c’è una cosa che però riesce a capire, è che nutre un sentimento pressoché incondizionato per l’uomo che ha di fronte, che la sua sola presenza è capace di confonderla e che la sola idea che possa essere in pericolo o anche solo denigrato da qualcuno scatena in lei reazioni estremamente violente.
«Sono stato un coglione, okay? Lo so.»
Volta di scatto lo sguardo, puntando gli occhi cremisi in quelli onice del Saiyan. Lo fissa guardinga e d’istinto si porta ad un paio di passi indietro per tenerlo ancora a distanza, ma la curiosità intrinseca negli Spettri la spinge inesorabile ad ascoltare le sue parole. Sono dei controsensi viventi, loro, e questo li porta spesso e volentieri a mettersi in situazioni spiacevoli, come adesso.
«E so anche che sono spesso arrogante, prepotente, orgoglioso anche più di te, che non so farmi i fatti miei, che sono infantile e… e ancora tantissime altre cose negative. Ma ho anche dei lati positivi, come quello di saperti ascoltare e non giudicarti mai, oppure… non so! Come il riuscire a farti sorridere quando vuoi solo piangere.»
A cuore aperto. Non posso far altro che parlarle a cuore aperto. Giuro, però, che se oserà riportare una sola parola a qualcuno, anche solo una, la ucciderò con le mie mani. Nessuno, e ci tengo a sottolineare il nessuno, dovrà mai venire a sapere di questa conversazione. Mai.
«So anche che ti conosco bene, per quanto ti possa sembrare impossibile. So che non sopporti le ciliegie e che vai ghiotta per i pistacchi coperti di cioccolato bianco. So che ti piacciono i vestiti gialli ma che non li indossi perché, e cito, danno un’aria troppo da epatite C. So che ti fanno paura i film sull’occulto perché sei convinta che siano cose reali, mentre gli altri horror ti fanno ridere perché, nella tua testa, a loro le cose vanno peggio che a te. So che non tolleri l’odore della vaniglia, ma che impazzisci per quello delle arance. So che ti fanno impressione sia le lucertole che le stelle di mare e che ti viene la pelle d’oca quando vedi i loro arti staccati continuare a muoversi.» Ridacchiano entrambi in modo imbarazzato e per un istante sentono che è come se niente fosse mai cambiato tra loro, come se non ci fosse mai stata quella lite, come se non l’avesse mai lasciata lì da sola.
Si avvicina un poco Radish, notando però che a questo suo gesto lei s’irrigidisce di nuovo.
«Come fai a sapere tutte queste cose?» Pigola incerta, col cuore che si scioglie di fronte al suo sorriso, quello che, lo sa, rivolge solo a lei. Quello caldo, tenero, che stona terribilmente sulla sua figura imponente ed in genere arrogante e truce, quello che lei trova adorabile.
«Io ti ascolto quando parli.» Afferma con ovvietà mentre scrolla le spalle, deciso ad andare fino in fondo. Non ha mai affrontato un qualcosa di più difficile e terrificante, ma per la prima volta non sente alcun bisogno di scappare.
«So anche che hai ucciso degli innocenti da ragazzina, perché così ne avresti difesi tanti altri. Uno è meglio di cento, così ti ripetevi per riuscire a dormire la notte.
So che spesso di notte ti svegli e vai a chiuderti un bagno col cuscino… e ci urli contro. So che poi torni nel letto e mi abbracci.
So che quando sei soprappensiero ti tocchi l’ombelico, mentre quando sei nervosa ti torturi le dita e ti strappi le pellicine… e che se ti tocco ti calmi.
So che hai paura di quello che provi per me perché temi che ti cambi, che cambi le tue priorità… e lo so perché vale anche per me. Ma so anche che possiamo farlo funzionare, se lo vogliamo… e questo penso che lo sappia anche tu.»
Il peso sul petto è andato via via alleggerendosi fino a sparire, così come la delusione e la rabbia. Anche se non lo sentisse, vede che adesso sta per mettersi a piangere perché è commossa… e spaventata. È spaventata da qualcosa che non riesce a capire, perché sa di aver fatto tutto bene, ne è sicurissimo, ma per una volta non vuole forzarla a dirgli quale sia il problema. 
Si mantiene ancora a distanza, deciso a darle i suoi tempi. È una decisione difficile ed è ancor più difficile tenervi fede, ma sente che è la cosa migliore da fare adesso: lo sta ascoltando sul serio, sta valutando tutta la situazione e sta pericolosamente cedendo. Adesso deve solo compiere l’ultimo, immane sforzo e avrà definitivamente vinto.
«Non sono fuori dal nostro rapporto. Ci sono dentro, tanto che sono qui a chiederti di perdonarmi.» Continua, rialzando il capo e guardando i suoi lineamenti delicati, il suo volto pallido con quelle tre sottili cicatrici che sembrano volergli ricordare che, anche in quel momento, lui non c’era per difenderla «Ti chiedo di perdonarmi se sono stato uno stronzo e di tornare da me. Perché mi sono messo in gioco per te, ho messo da parte il mio orgoglio e le mie paure per te... e ora non puoi farmi questo. Non puoi tirarti indietro.»
In quei giorni aveva pensato quasi solo a quanto gli mancasse tenerla stretta a sé, a quanto lo facesse sentire bene l’idea che fosse la sua donna, a quanto gli sarebbe mancato il suo corpo caldo… ma solo adesso si rende pienamente conto di quanto gli piaccia parlarle e stare con lei, anche così, a distanza. La sua vita sarebbe dannatamente grigia senza la sua invadente presenza e non può accettarlo.
«Quindi… scusa se molte volte dico cose di cui poi mi pento, come il non volerti più vedere. Scusa se mi lascio travolgere dalla rabbia, me la prendo con te e non ti do il tempo di parlare. Scusa se non riesco a farti capire che apprezzo davvero i sacrifici che fai per stare insieme a me. Scusa se faccio esperimenti stupidi perché mi convinco di cose improbabili. Devi sapere che io ce la metto tutta, perché quello che provo per te è qualcosa di assurdo e, davvero, perderti è l'ultima cosa al mondo che vorrei.»
Ed eccola lì, la prima lacrima di commozione della sua vita.
Ha pianto per il dolore quando perse degli amici.
Ha pianto per Jäger.
Ha pianto per il ricordo di sua madre.
Ha pianto all’idea di non poter più vedere quella faccia da schiaffi, all’idea di non sentire più quelle grosse e forti mani afferrarla per la vita per poterla stringere, come adesso.
Ma non ha mai pianto perché qualcosa riusciva a farla commuovere. Mai niente e nessuno è riuscito a toccarle così il cuore come il grosso Saiyan che adesso la stringe a sé con una delicatezza che nessuno si aspetterebbe da un tipo come lui.
«Non devi più sentirti obbligata a dirmi niente, okay? Va bene così, posso accettarlo.» La allontana un poco, cercando i suoi occhi lucidi ed un poco arrossati. Non credeva sarebbe stato così difficile e al tempo stesso semplice, gli pare una cosa decisamente incredibile. «Ti chiedo solo di tenere quel tipo a distanza, perché sennò davvero mi troverò costretto ad ucciderlo.» Scherza, abbozzando un sorriso. Sa bene che non potrà impedire a quel cane di girarle attorno tanto quanto sa di non poterlo uccidere. Non ancora, almeno. Deve escogitare un modo per spingere qualcun altro a farlo al posto suo, e sa bene che non sarà facile. Lì in mezzo ce ne sarà sicuramente uno semplice da corrompere.
Sherry non sa assolutamente cosa dire. Nel momento esatto in cui ha aperto la porta e si è avventato su River, nella sua mente erano partiti un numero esagerato di flash dove immaginava vari scenari diversi, ed in ognuno di essi finivano con lo scannarsi. Invece è stato dolce, ragionevole, si è messo a nudo come sa bene non aveva mai fatto. Neanche per conquistare la fiducia del fratello aveva fatto una cosa simile: con lui si era limitato ai fatti, frapponendosi tra l’attacco del suo ex-compagno d’armi pelato e Piccolo e Gohan, ingaggiando poi una battaglia all’ultimo sangue che lo ha visto vincitore. Non si sono poi detti niente in particolare, Radish è rimasto a lungo chiuso in una sottospecie di mutismo autoimposto e si è avvicinato a tutti loro piano piano. Con lei invece… con lei non si è limitato ai fatti trascinandosi fino a lì, no, si è aperto totalmente, fregandosene dell’orgoglio e di qualsiasi altra cosa. Lo ha fatto senza pensarci due volte, lo ha fatto per lei, per riprendersela. E lei sa bene quanto una cosa del genere possa essergli costata, motivo per cui scioglie a malincuore il suo abbraccio e si trascina con passo malfermo verso il letto sfatto. Si siede sul bordo, le mani strette tra loro poggiate sulle cosce, lo sguardo basso e il cuore avvolto dal terrore più nero.
Radish la guarda senza capire, incapace di proferire parola. Era convinto di avercela fatta, non si aspettava una reazione simile. Certo, nel suo stato non sarebbe stato in grado di affrontare una delle loro devastanti sessioni di sesso, ma qualcosa se lo aspettava comunque!
«Sono nata dallo stupro di Mezcal, precedente Re del Nord ed uno dei Re più spietati di sempre, ai danni di Leila, e per questo sono sempre stata nota a tutti come la bastarda del Nord.»
La guarda senza capire, le sopracciglia aggrottate e la bocca dischiusa. Prima che possa dire una qualsiasi cosa, prima che possa emettere un qualsiasi suono, Sherry ricomincia a parlare con voce rauca e triste.
«
Quando venni al mondo, mi allontanò da mia madre ancor prima che potesse anche solo vedermi… e mi portò al cospetto di Aisha, Regina del Nord. Le disse di aver creato qualcosa di interessante, ma per lei si sbagliava… per lei ero solo feccia, non voleva assolutamente che crescessi vicina ai loro figli. Gli disse anche che non vedeva l’ora che lui si stancasse del suo nuovo giocattolo e le permettesse di uccidermi. Ma Mezcal era anche più orgoglioso di voi Saiyan, non poteva sopportare che qualcuno, soprattutto una donna, gli dicesse che aveva torto… in fondo ero nata Alpha, una dote estremamente rara in una femmina, dovevo valere qualcosa, così mi ordinò di mutare.»
Deglutisce sonoramente e stringe con forza gli occhi, bloccandosi un attimo. Per quanto sembri impossibile pure a lei, ricorda quel dolore. È un qualcosa che tutti loro ricordano, dal primo all’ultimo, ma lei era decisamente troppo piccola per potersene ricordare così chiaramente. Ci ha pensato Margarita, la più grande tra le loro figlie che ha assistito ghignando a tutta la scena, a rispolverare i suoi ricordi.
«Un infante non sa a cosa va in contro, non ne ha idea. Sa solo che deve obbedire al volere del genitore… gli viene istintivo. Così mutai per la prima volta… non avevo neanche un’ora di vita e lui mi costrinse a spezzarmi volontariamente tutte le ossa, ad allungarle… a far smettere al mio cuore di battere.»
Radish non riesce a parlare. Vorrebbe, davvero. Vorrebbe dirle di smetterla, di non dirgli più niente, che gli va bene così, ma non riesce ad emettere un suono. In realtà, riesce appena a respirare. Per un brevissimo instante ripensa che anche lui da piccolo era spaventato da suo padre, che temeva potesse ucciderlo se avesse fallito una missione quando in realtà al massivo lo avrebbe colpito e poi ignorato… e si rende conto che la sua paura non era niente rispetto a quello che ha dovuto sopportare lei sin dalla nascita.
Vorrebbe stringerla a sé, dirle che è tutto finito e che non le faranno più del male perché c’è lui, ma la sua voce flebile e addolorata gli arriva dritta al cuore, bloccandolo.
«Mi abbandonò in un alloggio comune perché, tornata umana pochi secondi dopo, cominciai a piangere. Il dolore era stato troppo da sopportare. A sua moglie disse che quello era il mio posto, non che sperava che morissi. Non voleva perdere la faccia.
Una donna che aveva perso i propri cuccioli mi prese con sé. Mi allattò fino allo svezzamento, cioè fino ai sei mesi… un’altra cominciò a darmi un po’ del suo cibo,  per quanto ne aveva, un’altra ancora mi avvolgeva nelle pellicce più calde assieme ai suoi figli e a Bree.
Ero troppo debole e gracile per essere considerata da chi stava in alto, un po’ come tuo fratello quando è nato, per intenderci, quindi… sì, tutto sommato andò bene per un paio d’anni.»
Sorride amaramente al ricordo delle condizioni in cui vivevano lei e Bree. Ricorda che dovevano nascondersi assieme agli altri cuccioli quando passavano i membri della guardia o i prìncipi, talvolta anche al passaggio delle principesse. Ricorda che se riuscivano a sgranocchiare qualche avanzo o osso era festa grande tra loro, e che avevano le ossa sporgenti e i parassiti nel vello. Ricorda che i morsi della fame erano così dolorosi da piegarle in due, ma che stringevano i denti e tiravano avanti perché mai e poi mai avrebbero dato la soddisfazione a qualcuno di farsi trovare morte di stenti in qualche angolo.
«Un giorno però Mezcal si rese conto che malgrado la malnutrizione estrema ero piuttosto in salute, una vera Alpha che stava sviluppando una forza notevole e che riusciva sempre a reggersi sulle zampe. Occorreva tenermi sotto tiro a quel punto, alle volte avessi dato prova di meritare un addestramento vero. Così facendo, però, scatenò molte gelosie tra i vari giovani di alto rango, che certo non potevano sopportare che il grande e potente Re del Nord riservasse simili attenzioni ad un’umile bastarda… tra quei giovani Spettri, c’era anche Jäger.
Era il giorno del mio secondo compleanno quando venne a farmi visita per la prima volta… ricordo che aveva la morte negli occhi e che nessuno riusciva a sostenere il suo sguardo, malgrado avesse solo otto anni. Dovette intervenire Darko, Beta del Re, per togliermelo di dosso, ma nel frattempo mi aveva spezzato il bacino e le zampe posteriori.
Per alcuni anni ha provato apertamente ad uccidermi, ma c’era sempre qualcuno pronto a pararmi il culo.
Quando avevo cinque anni, da un giorno all’altro, decise che non dovevo più morire. Doveva capire perché Mezcal sprecasse il suo tempo con me, perché mi allenasse con i suoi figli, perché mi mandasse con lui negli scontri e nelle battute di caccia. Sai, ho perso il conto delle volte in cui mi ha attaccata, alla fine non ci badavo neanche più di tanto. Sapevo di dovermene tenere alla larga il più possibile e tenere lo sguardo basso in sua presenza, così da non scatenare la sua collera. Sapeva fingere bene, sai? Cambiava atteggiamento in un istante, Mezcal non lo puniva mai. Diceva che era un ragazzo vivace e che considerando quanti giovani lo seguivano ciecamente, dovevo essere io a provocarlo.» Sfiora con la punta delle dita le cicatrici sui polsi e sugli avambracci, fatte tutte quante dalle sue zanne. Quando lei doveva transitargli vicino, lui scattava come una bestia rabbiosa e la mordeva alle zampe. Poi latrava una risata isterica e scodinzolava compiaciuto, quasi stesse solo giocando. Non l’aveva mai capito, al tempo, ma se fosse stata un po’ più sveglia e meno accecata dalla paura che solo la sua idea le provocava, avrebbe capito e ne avrebbe parlato con qualcuno. Magari avrebbe fatto in modo che le sue lupe sentissero di sfuggita quei discorsi, avrebbe messo loro la pulce nell’orecchio e loro avrebbero riportato quelle voci al Re. Dei se e dei ma però son piene le fosse, e trova decisamente inutile rimuginarci ora.
«Mancavano circa due settimane al mio undicesimo compleanno quando la situazione ha cominciato a precipitare. Devi sapere che Mezcal aveva molti figli e molte figlie, quelli che considerava troppo deboli non li guardava neanche, dovevano contare solo sulla protezione della Regina, mentre gli altri potevano addirittura sedere al suo concilio. Si mormora che una delle sue figlie più grandi, Margarita, fosse divenuta la sua amante… io non ci credevo, pensavo che non fosse tanto malato e perverso da considerare normale l’incesto come invece facevano in molti da sempre. Ma mi sbagliavo. L’ho capito chiaramente quando mi chiamò al suo cospetto, circondato dalla sua famiglia e dai membri di spicco del corpo di guardia. Mi fissavano tutti quanti…» Ricorda lo sdegno negli occhi di Aisha, il gelo in quelli di Jäger, l’apatia più totale in quelli di Everett e, soprattutto, la mal celata preoccupazione di Darko. Ricorda di essersi inginocchiata al cospetto del Re e di essere rimasta in silenzio con la testa china, terrorizzata all’idea di dover andare in qualche missione lontana con il suo aguzzino.
Quel giorno si è sentita sollevata come non mai ed anche in colpa per tale sollievo.
«Dichiarò che mi riconosceva come figlia legittima, che ero ufficialmente una principessa del Nord e, alla fine,’ annunciò che avrei sposato Everett, il suo primogenito, quello che sarebbe dovuto diventare Re ma che è stato tolto dalla linea di successione dopo averlo contraddetto in modo pesante qualche anno prima. Sai qual è la cosa peggiore, forse? Che ne fui rallegrata, e certo non perché mi aveva così riconosciuta come figlia legittima, no: sposando Everett, sarei stata al sicuro da Jäger e dai suoi soprusi, il suo fidato braccio destro, Apophis, lo stronzo che mi ha massacrata qualche giorno fa, avrebbe smesso di urlarmi dietro delle oscenità…» La sua voce si spezza di colpo, il respiro le muore in gola. Non ha mai detto a nessuno queste cose, solo con Bree, perché di lei poteva fidarsi ciecamente e non l’avrebbe mai giudicata.
Poggia le mani sulle ginocchia quasi avesse un peso sulle spalle a schiacciarla, suda e ansima quasi faticasse a respirare, come se tirar fuori quelle parole fosse stato uno sforzo immane.
Ma lo sforzo immane arriva adesso, ma non sa se ha davvero il coraggio di raccontare ad alta voce quegli eventi, non quando al solo ricordo le si spezza il cuore e il corpo comincia a tremare.
Radish lo capisce e per questo le si avvicina piano, fino a mettersi seduto al suo fianco. Poggia con incertezza una mano sulla sua, stringendola appena.
Sa qual è la parte del racconto che sta per arrivare, lo ha capito non appena il dolore al petto si è fatto più acuto. Dio solo sa quanto vorrebbe portarle via quel dolore, quanto vorrebbe estirparle quel ricordo dalla mente e nasconderlo lontano, così che lei non debba mai più riviverlo. Ma non può farlo, lo sanno entrambi. L’unica cosa che può fare è aiutarla ad esorcizzare quella paura parlandone, fosse anche per una sola volta.
«Poi…?» Gli si stringe il cuore nel vedere i suoi occhi pieni di lacrime, vergogna e senso di colpa. Sa cosa le ha fatto, non è certo stupido, e proprio non capisce perché lo guardi in questo modo.
«Non mi guarderai mai più allo stesso modo se te lo dico…»
«Fidati di me.»


La terra tremava sotto il galoppo martellante dei focosi Spettri lanciati alla carica, resi folli dall’odore del sangue. Un branco ribelle era riuscito a scappare dalla Tana, Mezcal lo aveva trovato inaccettabile e aveva lanciato all’attacco Jäger e i suoi, pretendendo anche la sua presenza.
Sei una buona guerriera, vedi di renderti utile. Credeva che avesse ragione, ma quando si è trovata col culo per terra e quell’Alpha stava per aprirle la gola ne ha dubitato davvero. Poi, l’impensabile: quattro forti zampe grigie si sono piazzate ai lati del suo corpo, le mascelle d’acciaio di sono serrate attorno alla gola dell’avversario, immobilizzandolo, dando così tempo ad Apophis di finirlo.
Non aveva mai protetto nessuno prima ed è oltremodo sicura che, seppur per un istante, tutti quanti si fossero bloccati in quel momento, shockati dalla surreale visione di quel mastodontico giovane Spettro dal cuore di ghiaccio che proteggeva col proprio corpo una debole bastarda.
Poi lo scontro è ripreso. Nessuno si arrendeva, nessuno implorava per la propria vita, ma questo coraggio non è valso ad ispirare alcuna pietà: nulla li avrebbe fermati, ormai ciechi di furore e ubriachi di sangue e di violenza.
È poi sceso un silenzio greve, rotto solo qua e là dallo sbuffare dei lupi che avanzavano nella neve insanguinata per far ritorno a casa.
È rimasta ferita e Jäger ha ordinato ad uno dei suoi di rimetterla in sesto prima del ritorno a casa per poi dileguarsi. Nessuno gli ha chiesto niente e nessuno ha detto niente neanche a lei. Hanno eseguito gli ordini e poi se ne sono tornati alla Tana, decisi a riposare qualche ora prima di dover affrontare i festeggiamenti per il compleanno della Regina. Non che ne avessero alcuna intenzione, sia chiaro, ma non potevano sottrarsi: loro dovevano per forza stare in prima linea. Ma lei no, lei poteva tranquillamente rimanere agli alloggi comuni assieme a Bree e ai suoi amici. Aisha certo non avrebbe sentito né la sua mancanza né la loro.
Si è trascinata fin dentro la Tana stando in fondo alla fila, lontana dagli altri. Non l’hanno mai voluta in mezzo a loro ed è sempre andato più che bene così. Dovrà aspettare ancora poco tempo e poi verrà tolta dalla loro divisione e verrà assegnata a quella del suo futuro marito. All’idea di dover scambiare il Morso con lui le si attorciglia dolorosamente lo stomaco, ma certo non sarà il suo dissenso a far cambiare idea a Mezcal. Vuole i figli che loro due possono generare, vuole dei nuovi campioni tra le sue fila.
È andata con passo pesante al suo alloggio, ha salutato Bree e l’ha rassicurata che era andato tutto bene per poi allontanarsi. Aveva bisogno di lavarsi urgentemente ed anche di starsene un po’ per i fatti suoi.
Bree non si è opposta, tornando pigramente a pisolare sulle pellicce. Ha fiutato Apophis, ha sentito che è ancora sovreccitato dallo scontro ed è bene che rimanga nascosta al suo sguardo se non vuole delle rogne. In fondo suo padre pare non avere particolare intenzione di difenderla, e lei da sola può poco o niente contro quel mostro di forza e velocità.
Ora Sherry se ne sta immersa fino al collo nelle tiepide acque rosse della zona Est, quella più isolata. In quelle migliori e più calde ci stavano gli altri, quindi ha optato per la zona più isolata possibile, lontana dagli sguardi di tutti. Non aveva alcuna intenzione di veder transitare la figura spaventosa di Everett, i suoi occhi vermigli l’avrebbero schiacciata dolorosamente. Non l’ha mai compreso, non lui. Lui e i suoi due fratelli gemelli non hanno mai badato troppo a lei, troppo presi dai rigidi addestramenti di Mezcal e a spalleggiare Baileys in quanto futuro Re.
È incredibilmente stanca, a stento è riuscita ad accendere un fuoco per stenderci vicino le pellicce così da trovarle calde quando uscirà, e adesso sente tutta la fatica provata in battaglia gravarle sui muscoli.
Si lascia quindi scivolare sott’acqua, beandosi un poco di quel vago tepore che l’avvolge. Nella sua giovane e già provata mente si alternano gli occhi severi di Everett che la osservava con sguardo indecifrabile quando Mezcal ha annunciato il loro fidanzamento e quelli spaventosi di Jäger, resi folli e ardenti durante il combattimento. Aveva sentito un ringhio atroce quando è finita a terra, ma giustamente non vi aveva badato. Adesso non può proprio fare a meno di domandarsi se fosse stato lui ad adirarsi in quel modo e soprattutto perché sia intervenuto in suo favore, dovendo però ridestarsi dai propri pensieri quando il rumore sordo di un tuffo la ridesta.
Riemerge a corto di fiato e si guarda prontamente attorno per capire chi sia arrivato, trovando alle proprie spalle solo delle pellicce nuove e morbide finemente lavorate.
«Perché venire qua, quando ci sono pozze più calde?»
Di colpo sente i muscoli irrigidirsi di nuovo e il cuore cominciare a galoppare incontrollato nel petto. Volta piano la testa, trovandolo placidamente immerso fino al collo, le braccia possenti che si muovono pigramente sul filo dell’acqua per tenerlo a galla, i lunghi capelli grigi che galleggiano leggeri.
La guarda con un’espressione realmente incuriosita, quasi stesse cercando di capire un qualcosa di importante. E in effetti è così, Jäger davvero non capisce perché isolarsi. Lui non ne ha mai avuto bisogno, non si è mai dovuto nascondere da niente e da nessuno, essendo nato con una forza incredibile ed avendo sviluppato negli anni una personalità capace di trascinare altri Spettri dalla sua parte.
«C’è più calma, qui…» Mormora con un filo di voce, consapevole del fatto che non sopporti che non gli si risponda. Fosse anche una domanda scomoda, tutti gli devono rispondere sempre.
Si sorprende un poco nel vederlo rifletterci, per poi scrollare le spalle con noncuranza mentre si arrampica su una roccia che sbuca un poco dall’acqua. Vi si sdraia col busco, rimanendo immerso dal bacino in giù, mettendo così in bella mostra un corpo scultoreo e una pelle nivea quasi completamente priva di cicatrici. Ne ha giusto qualcuna sull’avambraccio destro, ma sono così piccole da passare totalmente inosservate.
La osserva di nuovo, adesso, gli occhi attenti che si soffermano per qualche secondo sul petto. È ormai ad un passo dallo sviluppo, lo capisce bene dal timido arrotondamento che fa capolino e che lei tenta subito di celare al suo sguardo.
Poggia la testa sulle braccia mentre si lascia andare ad una lieve risata divertita. Non sa se lo fa più ridere la sua timidezza o il fatto che tutte le femmine che conosce ucciderebbero per essere guardate da lui. Perché se c’è una cosa in lui che colpisce sempre, che blocca il respiro e fa battere il cuore sono i suoi occhi. Occhi di un chiarissimo azzurro come il ghiaccio più puro, come il cristallo più lucido, due distese attraenti e seducenti. Quelle iridi sono sempre state quasi impossibili da guardare per chiunque perché ti fanno sentire in qualche modo oppresso, ti costringono ad affogare nell'oceano limpido che vi trabocca dentro.
Ma Sherry sa quale personalità si cela realmente dietro a quegli occhi, sa quanto sappiano diventare gelidi e mortali, quanto sappiano terrorizzare oltre che incantare.
«Stai crescendo, piccola Sherry. È inutile che lo nascondi.» Afferma distrattamente, socchiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dall’acqua che gli avvolge le gambe. È strano per lui trovarsi da quelle parti, ma deve ammettere che non è poi così male.
Sherry tiene lo sguardo basso con timore e rispetto, i lunghissimi capelli corvini con le striature bianche le coprono parte del viso e riescono a celare un poco il suo corpo agli occhi attenti del maggiore. Rimane immobile, pronta a rispondere alle sue eventuali domande e poi congedarsi quando, e questo lo spera davvero, scenderà il silenzio.
«Aisha è convinta che tu non debba avere figli. Lo ritiene sconveniente. In realtà sono in diversi ad esserne convinti. Ma gli altri… gli altri sono tutti fermamente convinti che tu debba avere molti figli. E subito.» Ne parla come se fosse un argomento come un altro, come se la questione non la riguardasse neanche. Si stiracchia come un gatto assonnato mentre lo dice, gli occhi improvvisamente liquidi ma attenti al tempo stesso.
«Io sono della seconda opinione.» E detto questo si lascia scivolare di lato, un sonoro splash si leva in aria quando il suo corpo forte impatta con la superficie placida dell’acqua, sollevando delle piccole onde che s’infrangono sul suo corpino tremolante. Non riesce davvero a capire, Sherry, cosa voglia, perché sia lì e perché le stia parlando tanto. Non lo ha mai fatto in quasi undici anni, perché cominciare proprio adesso?
Le si avvicina come un predatore famelico si avvicina alla preda ferita ed inerme, calibrando ogni movimento fin quando non si ritrovano a pochi centimetri di distanza. Le sposta delicatamente una ciocca di capelli di lato e porta il viso a pochi centimetri dal suo ed ispira forte, sorridendo mellifluo.
«A giudicare dal tuo odore, dovrai cominciare a provare col tuo sposo tra qualche giorno… una settimana al massimo.»
Si allontana di scatto, nuotando in circolo con movimenti lenti e stanchi. Si sente irrequieto in realtà. Tutto è diventato solo un leggero passatempo capace di tenerlo impegnato qualche ora, ma poi tutto torna apatico e insapore come prima. Ha solo sedici anni ed è già stufo del mondo. Ormai neanche gli scontri più sanguinari hanno tanto effetto. Vuole un nuovo brivido capace di scuoterlo.
«C’è una cosa che non posso fare a meno di domandarmi: cosa pensi del tuo matrimonio con Everett? Non hai detto niente quando Mezcal l’ha comunicato. E neanche lui, a dire il vero, ma sai bene che quello non parla quasi mai con nessuno… e comunque non me ne importa niente di ciò che pensa.» Si passa le mani tra i capelli grigi per spostarli all’indietro, gli occhi attenti che si spostano di nuovo con interesse sulla figura spaventata di Sherry. Non capisce perché sia intimorita, non adesso almeno. In fondo l’ha difesa, l’ha protetta. Perché evitare il suo sguardo e tremare come un topolino?
«Non credo di poter esprimere alcun giudizio a riguardo.» Mormora con voce incerta, torturandosi le mani sott’acqua. Acqua che dovrebbe lenire le loro ferite, in teoria, ma che adesso le pare solo stritolarla dolorosamente in una morsa.
«Sei più sveglia di quanto immaginassi… bene!» Il suo sguardo si illumina sinceramente e si lascia andare ad un sorriso allegro. Un sorriso che, in effetti, non aveva mai sfoggiato prima, forse solo con Apophis.
Reclina poi la testa di lato, il suo bel sorriso luminoso si tramuta di colpo in un ghigno beffardo.
«Non merita una moglie come te. Non merita la tua tempra, la tua passione… gli si addice certamente di più una qualsiasi femmina dall’animo spento e noioso.» Pensa ad alta voce, mentre tende istintivamente le orecchie per sentire se qualcuno si fosse per caso avvicinato. Certo, lì non viene quasi mai nessuno e tutti ora sono troppo impegnati con gli ultimi preparativi per la serata, ma la prudenza non è mai troppa neanche per lui.
Soddisfatto nel constatare che no, nessuno lo sta cercando - perché cercherebbero lui, ovviamente - torna a concentrarsi su Sherry, avvicinandola piano e con una nuova luce ad illuminargli gli occhi: «Hai attirato molti sguardi, sai? I miei cani stanno cominciando a fantasticare su di te.» Quando è di nuovo a pochi centimetri di distanza, si lascia andare ad un gesto che ha dello sconvolgente per entrambi: le carezza la guancia con la delicatezza di una farfalla.
Ritrae di scatto la mano come se si fosse scottato, alterandosi per una frazione di secondo nel vederla irrigidirsi e piegare un poco la testa al suo gesto. Stringe la mascella e poi rilassa il corpo, sorridendo di nuovo con aria affabile: «Non temere: non permetterò a nessuno di loro di toccarti.»
«Perché?» La domanda è venuta fuori da sola, decisamente contro la sua volontà.
«Desideri che li lasci fare?» Cerca il suo sguardo, si abbassa al suo livello finché non si può guardarla dritto negli occhi. Non sono male, così da vicino…
«No, solo… non capisco perché dovresti farlo…»
«Perché nessuno di loro ha diritto ad ingravidarti, piccola Sherry. Non sono degni del tuo sangue.» Anche stavolta le risponde con estrema ovvietà, non riuscendo a comprendere perché lei stessa non arrivi a concetti tanto semplici. Eppure mi sembri sveglia… mi sbaglio?
Sospira appena e con movimenti pesanti e stanchi esce dall’acqua, consapevole di quanto possa sfiancarli stare troppo a mollo. Si lascia scivolare mollemente sulle pellicce stese vicino al fuoco, coprendosi dalla vita in giù in un modo automatico. E lì rimane, lo sguardo puntato verso l’alto. Ci sono di nuovo quelle creaturine bioluminescenti, danzano sopra di loro.
«Dovresti uscire da lì, sai? Non fa bene alla nostra salute restarci troppo a lungo ed eri già dentro quando sono arrivato.» Non si sorprende nel vederla uscire immediatamente e neanche coprirsi come meglio può le nudità per celarle al suo sguardo invadente e curioso, ma si sorprende nel vederla affrettare il passo per tornare agli alloggi.
«Dove vai così di fretta?» Domanda accigliato, il respiro improvvisamente leggero, quasi sospeso. La guarda duramente fin quando il momento gli passa e i muscoli tornano a stendersi, così come la sua espressione.
Allunga un braccio di lato e sposta un poco la pelliccia in un chiaro invito che però la piccola pare non recepire. O non volerlo recepire, questo non saprebbe dirlo con esattezza. Perché mai rifiutare la mia compagnia?
«Sdraiati qui, al mio fianco.» Ordina con tono un po’ più duro di quanto avrebbe voluto, compiacendosi comunque del risultato. Certo, è rigida neanche fosse morta e questo gli va a poco a genio ma, sforzandosi, può capire che per lei sia un momento delicato.
«Ohhh, tranquilla, piccola Sherry: non ho intenzione di attaccarti.»
Le sistema la pelliccia addosso e, dopo essersi issato su un gomito per poterla vedere meglio in volto, comincia a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli. Gli piacciono così lunghi: quando la vede correre in forma umana, somigliano tantissimo ad una folta e lunga coda. Sono carini.
«Ti faccio così paura, piccola Sherry?» Non capisce se la sua sia mera paura o se tremi per il freddo. Lui non ci ha mai badato particolarmente, al freddo, così come non ha mai badato a tante altre cose. È sempre stato impegnato negli allenamenti e nell’approfondire tutte le varie conoscenze che gli sono state tramandate col sangue. Per quanto ridicolmente deboli e fragili, deve ammettere che gli umani hanno una storia interessante alle spalle e non gli è dispiaciuto scoprire qualcosa di più sul loro conto.
In un moto spontaneo che un poco lo sorprende e che pietrifica totalmente Sherry, le avvolge un braccio attorno al corpo e la gira su un fianco, così da poterla stringere contro il proprio. Poi le sistema meglio la pelliccia fin sulle spalle, nella speranza di infonderle un po’ del calore di cui aveva sicuramente bisogno.
«Meglio?» Sorride di nuovo in quel modo caldo e spontaneo quando incrocia quei grandi occhi scuri pieni di paura e solo per un istante lo sguardo gli cade su quella piccola bocca carnosa. È un contatto brevissimo, e lei non vi bada minimamente. Le gira la testa, davvero, si sente persa e al tempo stesso in trappola. Non può scivolare fuori dalla sua presa senza farlo infuriare, non può chiedere aiuto senza che lui le apra prima la gola. Deve restare lì, stretta in quel micidiale abbraccio finché lui non si sarà stancato.
Quando poi lo Spettro si lascia scivolare a terra, col braccio che lo sosteneva allungato in avanti e la fronte quasi poggiata contro la sua, sente distintamente un brivido gelido lungo la spina dorsale. Per quanto le sembri impossibile, le fa più paura adesso che quando le si rigira contro per attaccarla.
«Accarezzami.» Ordina di punto in bianco, prendendole con decisione un braccio magro nella mano e portandoselo sulla schiena. Non ha mai avuto questo genere di contatto con nessuno, sua madre e le sue due sorelle gemelle di certo non hanno mai neanche lontanamente pensato di coccolarlo neanche quando era piccolo, e adesso è davvero curioso di sapere cosa si prova. Avrebbe potuto scoprirlo con una qualsiasi delle ragazze che si è portato a letto, ma solo l’idea di quel genere di contatto fisico con loro lo infastidiva.
Ma Sherry non pare essere proprio dell’idea di eseguire questo nuovo ed insolito ordine e per lui è intollerabile. La guarda con i suoi veri occhi da Diavolo, sfiorando con gli artigli il fianco nudo sotto la pelliccia: «Non rovinare il momento facendomi incazzare, Sherry. Fa’ come ti ordino.»
Muove lentamente su e giù la mano, sfiorando quella pelle nivea e calda con la punta delle dita, neanche stesse sfiorando un delicato oggetto di cristallo anziché una feroce e pressoché indistruttibile macchina da guerra.
Sente dei suoni compiaciuti risalirgli su per la gola simili alle fusa dei gatti, ed una nuova ondata di stupore e paura l’avvolge quando avverte il tocco leggero delle sue dita che si muovono sul proprio fianco.
«Brava.»
Rimangono così, sdraiati a sfiorarsi con tocco leggero la pelle. Sherry pensa furiosamente a come uscirne, a come sottrarsi da queste sue nuove e decisamente non gradite attenzioni, ma non trova neanche un’idea. Aveva pensato di mutare e correre via, ma un gesto simile lo farebbe infuriare così tanto che la catturerebbe solo per darla in pasto ai suoi lupi.
Sente di colpo un lieve trottare alle proprie spalle e per un attimo si sente felice all’idea che qualcuno della guardia possa essere andato lì a cercarlo per portarlo al banchetto, ma il cuore le cade di nuovo nelle viscere quando si accorge che si tratta solo di Karin, una della sua cerchia. In giro si mormora che ne sia innamorata, ma davvero non riesce a concepire che qualcuno possa innamorarsi di un ragazzo che ha dato più volte prova di non avere né cuore né anima.
«Ehi, finalmente ti ho trovato!» Cinguetta allegra mentre si avvicina, il cuore che le sfarfalla nel petto quando i suoi occhi chiari si posano sulla sua figura. Cuore che poi comincia a battere con rabbia quando nota la figura piccola e tremolante di Sherry tra le sue braccia, posto che lei ha sempre solo sognato di occupare.
«Che succede, Jäger? La piccola bastarda ti dà fastidio?»
«Vattene.» Sbuffa infastidito, deciso comunque a darle una possibilità. Attaccandola rovinerebbe l’atmosfera che è riuscito a creare e questo proprio non gli va.
«Ancora non ha avuto il primo calore e già spalanca le cosce… che dici, Jäger, chiamo gli altri? Sarebbero felici di darle una ripassata.»
Si rigira fulmineo e le apre il muso con un’artigliata. Sherry non ha avuto neanche il tempo di avvertire il suo cambio d’umore, né è riuscita a vederlo scattare in alto e allungarsi per strapparle l’occhio sinistro con gli artigli. Non si è mai mosso così velocemente, mai una sola volta, e questo le fa capire che le sue vere capacità sono ancora sconosciute a tutti quanti.
Karin guaisce con forza, la testa nascosta tra le zampe che tentano disperatamente di bloccare l’emorragia mentre il vello nocciola si macchia di rosso.
Senza dire una parola e senza osare alzare di nuovo lo sguardo sui due, cammina all’indietro ed infine si rigira, correndo su zampe instabili fino a sparire dalla visuale del feroce Alpha, adesso di nuovo abbassato al livello della più piccola e di nuovo intento a carezzarle distrattamente il fianco. Non gli dispiacciono le sue attenzioni, tutto sommato. Sono sorprendentemente piacevoli.
Lascia vagare la mano sul suo fianco, salendo lentamente fin sul costato. Sente le ossa sporgere a causa della malnutrizione, segue con attenzione le linee più o meno marcate delle cicatrici, scivolando poi sulla schiena, carezzando in mezzo alle scapole. Riprende poi a seguire la linea immaginaria con la punta delle dita, arrivando al collo pallido. Sposta una ciocca di capelli all’indietro per aver maggior raggio d’azione e, spinto da una forte curiosità, fa leva sul braccio steso sotto la testa per alzarsi un poco. Si allunga verso di lei e le sfiora la pelle sensibile della giugulare con la punta del naso, inspirando a fondo il suo odore. Ci sono le note calde delle acque rosse, ma riesce subito ad isolarle per godersi a pieno le note floreali che sente nel suo sangue. Gli ricordano un misto tra fresia e magnolia. Vi fiuta anche una nota zuccherosa che gli ricorda terribilmente il miele. Stucchevole per uno come lui, ma per qualche strano motivo che non riesce a spiegarsi lo trova attraente.
Le stringe appena la pelle con i denti, tirando un poco, per poi sfiorarla di nuovo con le labbra. La sente tremare sotto al suo tocco esperto e si convince che semplicemente lo voglia esattamente proprio come lui ma che non sappia muoversi. Nessuno gli ha mai detto no, giusto Mezcal gli ha imposto debolmente qualche limite che però ha sempre superato senza ripercussioni. Troppo prezioso per essere frenato, questo è sempre stato uno dei problemi più grandi con Jäger.
«È incredibile…» La voce è diventata improvvisamente roca, il sangue gli ribolle furiosamente nelle vene, la mente comincia ad offuscarsi mentre con una mano le arpiona dolorosamente il fianco.
Sherry trema nella sua presa, sente le lacrime pungerle gli occhi e un terrore cieco l’assale. Ha sentito più volte un odore simile a quello che sta emanando, sa cosa significa e se anche non lo avesse fiutato avrebbe comunque capito nel momento esatto in cui se l’è tirata di più addosso, premendole contro la gamba un’assai considerevole erezione.
«Cosa…?» Pigola a corto di fiato, una prima lacrima le riga la guancia. Ha capito, sa cosa ha in mente e non sa come agire. Non pensava che le sarebbe mai successo, nessuno l’ha mai guardata in quel modo ed un poco si sentiva comunque al sicuro grazie al muro che involontariamente le hanno costruito attorno le altre lupe. Ma si sbagliava, le pare evidente quando sente la sua mano grande e forte strisciarle languidamente sulla schiena e fermarsi tra le scapole, quando sente le sue labbra lambirle la pelle fin sulla clavicola e lì mordicchiare piano.
«La linea del tuo collo…»
«Jäger…» Prova ad allontanarlo, consapevole però di non avere alcuna speranza né di convincerlo né di batterlo. Può solo sperare che rinsavisca da solo, che si ricordi chi è e dell’odio che ha sempre nutrito per lei, che la massacri di botte e la lasci lì in una pozza di sangue. In alternativa può sperare che arrivi qualcuno, ma perché mai dovrebbero interromperlo? Nessuno lo ha mai avvicinato quando lo trovavano in dolce compagnia, sicuramente non muoverebbero un dito per una bastarda, seppur non consenziente.
«Tranquilla, piccola Sherry: non ti farò male.» Ghigna contro la sua guancia mentre cerca il contatto visivo «Non ho intenzione di lasciare a quel rammollito di Everett la possibilità di averti per primo.»
Lascia scivolare una mano sul petto e con meticolosa calma saggia il seno acerbo, sorprendendosi davvero nel sentirla tremare ancora più forte. Non concepisce che possa non volerlo, non ci arriva: l’odore della paura che gli invade le narici offusca il suo giudizio e lo eccita ancora di più, com’è sempre successo e sempre succederà. La paura e il dolore sono inebrianti per super-predatori come loro.
Come monito le tira così forte un capezzolo che le sfugge uno strillo acuto ma subito le tappa la bocca con la mano, lasciandosi sfuggire un ringhio gutturale e minaccioso.
«Se provi ad urlare un’altra volta, te la farò pagare.»
Si fa un poco indietro giusto per mettersi più comodo e, con suo enorme sconcerto, Sherry prova a sgusciare in avanti, strisciando sull’addome. Scatta a sua volta, si piazza a cavalcioni sulle sue cosce e le afferra un polso, torcendole dolorosamente il braccio all’indietro.
«È inutile provare a scappare, lo sai.»
Gli artigli le aprono la carne nel fianco, entrano in profondità e i suoi occhi di ghiaccio si perdono qualche istante ad osservare il sangue denso che ne fuoriesce mentre il cuore batte sempre più furiosamente con l’aumentare di intensità dei suoi singhiozzi.
Le tappa la bocca con una mano mentre si sdraia sul suo corpo esile e provato, schiacciandola ed inchiodandola a terra. Con l’altra  mano le sfiora la coscia e gli artigli lasciano dei nuovi segni. Trova indecentemente eccitante la visione del sangue cremisi sulla pelle pallida e il suo odore lo manda in orbita.
«Tu non darai dei figli a lui, piccola Sherry: li darai a me. Dovrai solo pazientare qualche tempo.»
La tocca con foga, la vuole pronta, la sua disperazione lo ha reso sin troppo impaziente. Ma poi urla, implora che qualcuno l’aiuti e la vista gli si acceca di colpo. Lo sta contraddicendo e rifiutando, davvero non riesce ad accettarlo.
Le dà un pugno sulle costole, rompendone un paio. Ridacchia divertito mentre la sente annaspare in cerca d’aria e si porta vicino al suo orecchio per sfotterla un poco: «Ti avevo detto che te l’avrei fatta pagare.»
Le bacia lo zigomo, convinto che adesso abbia capito. In realtà è sorpreso che non avesse capito molto tempo prima: ha giocato con lei per anni, ogni morso era solo una dimostrazione del suo interesse. La scelse come compagna quel giorno lontano dove Mezcal intervenne per salvarla, decise in quel momento che sarebbe stata sua. In fondo aveva già sentito mormorare in giro che, a quanto pare, i loro sarebbero stati dei figli prodigio, senza contare ciò che ha scoperto qualche mese più tardi. Ecco, se proprio deve dire quando ha deciso ufficialmente che sarebbe stata la sua compagna di vita, è proprio quando ha scoperto quella piccola ma vitale informazione. L’appoggio costante di Apophis, poi, ha solo fatto in modo che il tutto diventasse un’ossessione costante che lui ha scambiato erroneamente per amore.
Prova con delicatezza ad aprirle le gambe, convinto che a questo punto ceda, ma quando si accorge che è irremovibile la rabbia lo invade nuovamente. Non doveva andare così, decisamente. Doveva lasciarlo fare, assecondarlo come hanno sempre fatto tutti nella sua vita, e invece sta opponendo resistenza.
«Ti conviene aprire le gambe. Lo dico per te, sai?» La sua voce in genere calma e con una perenne nota di estrema superiorità  adesso è distorta e resa baritonale dalla rabbia che lo avvolge, ma questo pare non essere sufficiente per convincerla.
«Ultima possibilità piccola: aprile o ti sfondo il culo.» Prova ancora per qualche secondo e poi il suo cervello va in tilt, la rabbia lo divora.
Sherry continua a piangere, non ha idea di cosa fare. Non riesce a mutare, per quanto lo vorrebbe, perché la paura le paralizza totalmente le ossa e le congela il sangue nelle vene.
Alle orecchie le arrivano strani rumori e poi avverte di colpo la strana e orribile sensazione di qualcosa di viscido e umido tra le natiche. Non è sicura di cosa sia, non è sicura neanche di averla sentita davvero. Il corpo è totalmente paralizzato già da qualche minuto e di colpo la sua mente va in blackout, dissociandosi totalmente da ciò che sta accadendo.
Non si rende davvero conto del dolore al fondoschiena, non sente i suoi colpi violenti e profondi, non sente i suoi gemiti rochi. Si domanda se stasera avranno qualcosa da mangiare o se il poco che hanno di solito è stato usato per il banchetto Regale. Poi la mente si sposta ancora più in là, arrivando in posti lontani.*
«Te l’avevo detto, no? Ora fai la brava, piccola Sherry: apri le cosce.»
Non sente davvero la sua voce. Non sente neanche più gli odori che la circondano con nitidezza, non sente il dolore. Si rende appena conto che le ha circondato l’addome con un braccio per girarla. Vede il suo volto soddisfatto ed eccitato ma è come se non lo vedesse. Vede quelle simpatiche creature bioluminescenti sopra di loro. Sono carine e sembrano lasciare una scia luminosa quando si spostano, tipo piccole comete.
Sente umido sulle labbra, sente qualcosa muoversi in bocca. Non sarebbe dire di cosa si tratti, non vuole neanche scoprirlo.
«Ora ti darò un piccolo assaggio di quello che ti farò in modo più approfondito quando sarai ufficialmente mia, piccola Sherry: goditelo
Sente di nuovo quella sensazione di umido tra le gambe, ma quella strana sensazione che ne era seguita prima non arriva. Sente freddo adesso, Jäger non è più sul suo corpo. È scivolato di lato, lo vede. Sta su quattro zampe, le zanne sono esposte e ringhia con ferocia.
Tutto va velocissimo, ma le sembra di vedere i movimenti in slow-motion.
Qualcosa si è piazzato sul suo corpo. Vede una zampa posteriore al lato del viso, sente un nuovo odore stuzzicarle debolmente l’olfatto, quasi le chiedesse gentilmente di farlo entrare.
Non riesce a muoversi. Sente il corpo intorpidito, i muscoli pesanti come macigni. Un guaito lontano e debole le arriva alle orecchie, ma la testa non si gira. Gli occhi rimangono fermi sul ventre nero di Everett. Le sta facendo da scudo, qualcuno deve aver parlato.
Lo sente ringhiare come impazzito, sente la sua rabbia scuoterle la mente. Vorrebbe allontanarsi anche da lui, nascondersi in qualche buco e lì rimanere finché non si saranno sbranati a morte, ma il corpo non risponde al comando.
«Adesso basta. Tutti e due.»
Nuove zampe vicino al viso, zampe grosse e bianche. Passano pesanti e lente, sfilano di fianco alla zampa nera che non si è ancora mossa di un millimetro. Sente un altro movimento dall’altro lato, ma non ha la forza di voltare la testa.
Jäger alza di scatto il capo, le orecchie ben dritte così come il pelo sul dorso, fin sulla coda. Li guarda tutti e tre con sdegno e arroganza, curioso di vedere fin dove si spingeranno dopo questo gesto forse un po’ avventato.
Si domanda per un istante come abbiano saputo che stavano lì, chi ha fatto la spia e poi si ricorda di Karin. Deve essersi lasciata andare con quelle buone a poco amiche sue, e la Mezzosangue che si nasconde dietro le zampe di Darko deve aver riferito tutto quanto. La fissa in cagnesco per un brevissimo istante, il ringhio basso d’ammonimento del maggiore lo spinge a spostare la propria attenzione dapprima su Everett ed in seguito su Mezcal.
Ghigna maligno, il muso deformato in una maschera di arroganza e odio.
«Qual buon vento?» Afferma con tono divertito e beffardo, non provocando alcuna reazione nel Re. Rimane al fianco di Everett e per un breve istante sposta gli occhi ametista sulla ragazzina stesa tra le zampe del primogenito. Non prova niente in particolare però, motivo per cui decide semplicemente di transitare con passo svogliato tra i due Spettri pronti ad ammazzarsi e tornare indietro.
«Vattene, Jäger, prima di farmi perdere la pazienza.»
Darko lo affianca subito, la testa china in segno di rispetto. Rispetto che non prova più da diversi anni, però.
«Lo lasci andare così?»
«Non ci saranno conseguenze poiché non l’ha deflorata.»
«Padre—» Bercia Everett, gli occhi cremisi iniettati di un odio profondo e malato. Non può attaccare Jäger senza il suo benestare, segnerebbe una condanna per Sherry e lo sa.
«Se un domani vorrai fottertela, potrai farlo solo col benestare di Everett, ma ti sarà comunque vietato ingravidarla.» Lo interrompe così, le zampe puntate a terra e gli occhi gelidi ed indifferenti che scrutano il giovane Spettro che, senza dire una parola, aveva cominciato ad avanzare in direzione opposta.
Everett vorrebbe ucciderli tutti e due. Vorrebbe immergere il muso nel loro ventri dilaniati, divorarli un pezzo alla volta e poi dare alle fiamme tutto ciò che lo circonda, ma se solo provasse ad attaccarne uno, tutti gli sarebbero subito addosso. Se fosse stato più furbo, si sarebbe creato un seguito anni addietro come ha fatto lo psicopatico che ghigna divertito mentre si allontana.
Abbassa gli occhi sulla cucciola dal vello dorato quando la sente vicina alla propria zampa e, senza remore, si sposta un poco per lasciarla avvicinare all’amica. Se non avesse corso tanto veloce per avvertire Darko della situazione, non sarebbero mai arrivati in tempo.
La sente piagnucolare frasi dolci e rassicuranti mentre le si sdraia vicina e, seppur in modo infinitesimale, si sente un poco meglio.
Sherry, che senza rendersene conto si è ritrovata stretta tra le zampe di Bree, sente distintamente l’ultima frase che Mezcal pronuncerà più in sua presenza: «Vedi di ricordarti una cosa, cucciolo: lei gli appartiene e tu non potrai mai avere niente da lei.»


Non riesce più a raccontargli altro. Le parole le muoiono in gola non appena apre bocca, il corpo è scosso da brividi e tremori, la pelle velata da sudore freddo. Vorrebbe davvero raccontargli che un paio di giorni dopo, la notte prima del suo matrimonio, Bree la supplicò con le lacrime agli occhi di andare via e le diede ascolto perché vide nuove cicatrici sul braccio. Apophis ci aveva provato, l’aveva afferrata ma i membri più anziani della guardia erano nei dintorni e lo avevano bloccato. La rincuorò non poco la consapevolezza che non tutti, lì dentro, approvassero lo stupro.
Ricorda che a quella vista agghiacciante riuscì a riprendersi dal proprio torpore e scapparono. Ricorda che fu una fuga difficile, che altri cuccioli provarono a seguirle ma morirono prima del grande salto.
Ricorda che per i due anni successivi, prima di trovare Fern e di essere salvate da lei, prima dell’esuberanza di Mordecai, delle premure di Major, degli abbracci soffocanti di Micah e dei confortanti silenzi di Maddox quando l’insonnia tornava a farle visita, il senso di colpa, l’umiliazione e la vergogna non la lasciavano vivere. Ricorda che aveva disturbi del sonno costanti, che il mal di testa non l’abbandonava mai, che soffriva di tensione muscolo-scheletrica e lo stomaco le bruciava sempre come l’Inferno, che la depressione e la rabbia la divoravano. Ricorda che era lei ad attaccare chiunque osasse avvicinarle anche solo per errore o per curiosità, che si isolò pure da Bree e che le parlava lo stretto necessario, che era proprio il giovane e gracile Segugio Mezzosangue a dover procurare da mangiare per entrambe il più delle volte, perché lei non aveva le forze né fisiche né mentali per muoversi.
Ricorda che la prima volta che Fern l’abbracciò, dopo averle tagliato quel maledetti capelli che sembravano piacere tanto al suo aguzzino, scoppiò in un pianto disperato. Quando mai era stata abbracciata così da qualcuno all’infuori di Bree? Quale donna aveva mai avuto un simile slancio materno nei suoi confronti? Quale donna aveva mai pianto per lei, per le sue condizioni? Non fu commozione quella, ma mera disperazione dovuta alla folgorante consapevolezza di non aver mai avuto quello che per molti è scontato.
Ricorda che con il loro strano senso di famiglia riuscì a rimetterla totalmente in carreggiata e a donarle un motivo per continuare a lottare sempre e comunque.
Ricorda che nessuno dei quattro Purosangue osò mai metterle pressioni di alcun tipo, che Mordecai non provò mai a sfiorarla neanche con un dito finché non fu lei a cercare un contatto, che le sue mani riuscirono in qualche modo a toglierle di dosso un po’ di quello sporco che lei avvertiva in modo costante.
Quando sente le mani forti e ruvide di Radish stringere le sue, il corpo comincia a tremare più forte. Non ha il coraggio di guardarlo negli occhi, temendo di trovarvi del disgusto per il suo non essere stata capace di reagire e difendersi.
«Non puoi immaginare… non puoi…» Si piega in avanti, lo stomaco stretto di nuovo in quella morsa dolorosa che l’aveva portata a digiunare per settimane «… che vergogna…»
Radish non parla, a malapena respira. È accecato da una furia nera, sente ogni singola cellula del proprio essere infiammarsi e la voglia disperata di andarlo a cercare farsi così forte da impedirgli di ragionare come vorrebbe. Sono solo le sue parole sussurrate con dolore a fargli capire che adesso ha più bisogno di lui lì, che non del cadavere di Jäger.
«Mi dispiace da morire…»
«Come?»
«Mi dispiace Radish, davvero… scusami…» Si piega in avanti mentre si copre il viso con le mani, le lacrime che scendono incontrollate senza che se ne renda conto. E Radish non riesce davvero a sopportarlo.
Fa quello che gli urla l’istinto, non sapendo neanche se sia la cosa migliore o il gesto più avventato e sbagliato da compiere: le avvolge un braccio attorno alle spalle e l’altro lo passa sotto le sue gambe, costringendola così a rannicchiarsi in braccio a lui. La tiene stretta, tanto da soffocarla, e lei si aggrappa a lui con tutte le proprie forze per non cadere ancora, per non lasciarsi ingoiare una seconda volta da quelle tenebre auto-distruttive che già una volta l’hanno quasi annientata.
«Smettila… smettila, ti prego…» Mormora contro la sua testa mentre delle lacrime gli rigano le guance. Fanculo l’orgoglio dei Saiyan, fanculo la loro indole aggressiva che mai si farebbe piegare dalle lacrime di una donna. Fanculo tutto quanto.
«È colpa mia… avrei dovuto reagire, impedirglielo in qualche modo… scusami…»
Vorrebbe urlare, Radish.
Vorrebbe andare da lui e ucciderlo con le sue mani, bagnarsi del suo sangue e portarle i suoi resti in dono per provare a consolarla.
Vorrebbe strapparle tutto quel dolore.
Vorrebbe morire all’idea di aver fatto lo stesso a delle donne innocenti, spinto da un’indole ingestibile e spronato da un compagno d’armi che lo disprezzava.
Vorrebbe pregarla di perdonargli il suo passato.
Vorrebbe ringraziarla per averlo fatto senza averglielo chiesto.
Fino a sei
** anni prima, lui era un maledetto animale proprio come Jäger, niente di più, niente di meno. Ed è disgustato da questa consapevolezza… e per la prima volta è grato a quel fascio argenteo che gli è passato dentro, a chi ha fatto in modo che tornasse indietro, imprimendogli qualcosa dentro che lo ha spinto a cambiare. Se non lo avessero fatto, sarebbe rimasto una bestia priva di umanità per sempre… e adesso si rende conto che sarebbe stato inaccettabile.
Si domanda cosa avrebbe pensato sua madre di lui. È la primissima volta in assoluto che se lo domanda, che si chiede come si sarebbe comportata di fronte ad un figlio come lui. Non che gli altri Saiyan fossero poi tanto migliori di lui, ma è sicuro che fossero comunque pochi così marci dentro da compiere certi gesti. E lui lo era.
Sua madre lo avrebbe disprezzato, sicuramente. Non avrebbe più avuto alcuna premura nei suoi confronti. E suo padre… suo padre lo avrebbe sicuramente massacrato, perché non erano quelli gli insegnamenti che gli aveva dato da bambino.
«Ehi…»
Il suo sussurro gli trapana i timpani, invadendogli la mente e riportandolo alla realtà. Non saprebbe dire per quanto tempo l’ha tenuta in braccio, per quanto tempo l’ha fatta piangere contro il proprio petto e neanche da quanto tempo abbia smesso, ma a giudicare dalla luce perlacea della Luna che filtra debolmente dalla tenda, intuisce che deve essere passato un bel po’.
Per un istante sente un leggero senso di panico invaderlo all’idea di non poter più tornare a casa e al non sapere come dirglielo, ma quando incrocia i suoi occhioni tristi si sente improvvisamente sciogliere ed invadere da un senso di protezione che non aveva mai provato prima.
«Credimi se ti dico che non ti farà più del male.» Le carezza piano la guancia, poggiando la fronte sulla sua. Sente il suo respiro tiepido sulla pelle e Dio solo sa quanto voglia baciarla, ma sa che è bene rimanere così al momento.
«Non ti si avvicinerà mai più… lo ucciderò con le mie stesse mani prima che possa solo provarci. Dimmi dove trovarlo.»
«Non puoi farlo…»
«Pensi forse che possa farmi qualcosa?»
Si sorridono debolmente e Radish vacilla sempre di più dai suoi buoni propositi quando gli carezza dolcemente la guancia.
«Se uccidi lui, lasci il branco senza il Re. Se lasci il branco senza il Re, ci sarà un’Ordalia. Morirebbero quasi tutti, le femmine e i cuccioli sopravvissuti resterebbero senza protezione. Il caos che deriverebbe da un evento simile porterebbe Greywind ad intervenire, così da evitare incontrollabili danni collaterali… e il branco del Nord cesserebbe di esistere per sempre.» Spiega con voce debole ma comunque ferma, lasciandolo di stucco «Un umano, o un Saiyan, non può interferire tra le nostre faccende.»
Non riesce a credere che anteponga comunque la sicurezza di quella gente che non l’ha mai difesa alla propria, che non intenda scatenare contro tutti loro un’arma efficiente e micidiale come può essere lui per vendicarsi dei torti subiti e prendere il potere. Lui, al posto suo, l’avrebbe fatto senza remore.
Con quest’ultimo pensiero, si rende conto di un fatto davvero evidente che però non aveva mai preso davvero in considerazione: lei ha la stoffa e le qualità vere per governare, ha la testa e il cuore di una vera Sovrana al contrario dell’attuale Re, lei potrebbe condurli su un sentiero sicuro col minor numero di danni possibili. Lei merita la corona, non lui. E lei non la vuole, se ne tiene a distanza di sicurezza e, al tempo stesso, continua ad escogitare ogni modo possibile per tenere al sicuro tutti gli Spettri che, come lei, vivono in bilico tra due mondi.
Questo è ammirevole, davvero. Non credo di averne conosciute molte di persone così.
«E se lo facessi nero e tu gli strappassi il cuore?» Tenta così, sperando di convincerla. Sarebbe come barare, certo, ma perché non tentare? Lei non deve niente a nessuno e lui si è messo totalmente al suo servizio già da tempo, perché non sfruttare un simile vantaggio?
«Sei carino quando fai l’eroe, sai?»
Sbuffa infastidito dal suo non volergli assolutamente dare retta, ma decide giustamente di mollare la presa. Si è aperta con lui come non aveva mai fatto con nessuno in venticinque anni di vita, gli ha aperto il cuore e poi lo ha lasciato nelle sue mani, non può davvero insistere. Non adesso comunque.
«Ti dispiace se resto a dormire qui? Sai, la Luna…» È un poco imbarazzato nel chiederglielo e per questo preferisce lasciar vagare lo sguardo altrove, poiché vedere quel sorrisetto strafottente che pare urlargli “scimmia mannara!” a gran voce sarebbe decisamente insopportabile.
«Certo.» Sguscia velocemente fuori dal suo abbraccio, desiderosa solo di stendersi al suo fianco per lasciarlo riposare. Non ha ben chiara la loro situazione adesso, non sa bene come dovranno interagire d’ora in avanti e neanche cosa pensi di tutto ciò che gli ha rivelato, ma non vuole pensarci adesso. Vuole che si riposi perché è palese che stia per crollare da un momento all’altro e il vederlo così le fa male.
Quando però il Saiyan afferra uno dei due cuscini e si inginocchia sul pavimento, Sherry non può fare a meno di domandarsi se il suo passato lo abbia sconvolto così tanto da non voler più il contatto fisico. Si sente persa per qualche istante, ma decide di andare a fondo alla questione per evitare nuovi fraintendimenti.
«Cosa fai?»
Radish la guarda con incertezza, trovandola piccola piccola nel letto con le coperte fino al mento e gli occhi scuri che lo osservano con timore. E gli viene da sorridere nel capire che no, lei non ha alcuna intenzione di allontanarlo ancora, che è riuscito finalmente ad assestare il colpo giusto per renderla un poco più raggiungibile ed umana, almeno per lui.
«Non ero sicuro che mi volessi nel tuo letto.» Ammette con tono neutro, alzandosi con un poco di fatica.
«Cretino.»
Si abbandona al suo fianco, esausto. La testa gli fa così male che sente che potrebbe svenire da un momento all’altro, i muscoli sono infinitamente pesanti e le palpebre sembrano macigni sul punto di franare. Quando poi Sherry gli avvolge l’addome con un braccio e si accoccola contro di lui, sente che finalmente può lasciarsi andare al sonno, essendo adesso tutto come deve essere e come dovrà essere ancora per un bel po’ di tempo.
«Jäger è…» Ed ecco che il suo riposo viene posticipato ancora un po’. Abbassa lo sguardo sulla compagna stretta attorno al suo corpo, trovandola mortalmente seria mentre lo guarda a sua volta.
«…è il diminutivo di Jägermeister.»
Sente come se il cuore si fermasse un istante, la mente in confusione. Non vorrà mica dire che…
«È mio fratello.»




*Immobilizzarsi è una risposta alle minacce comune a tutti i mammiferi, non solo agli esseri umani," ci ha detto il dottor Martin Antony, professore di psicologia alla Ryerson University e autore del libro Anti-Anxiety Workbook. "Alcuni addirittura sostengono che non si dovrebbe parlare di 'combatti o scappa', ma di 'combatti, scappa o paralizzati'."
Paralizzarsi e arrendersi sono meccanismi di difesa—non una dichiarazione di consenso.

** Radish è stato resuscitato cinque anni prima, ma per lui sono sei perché si è allenato nella stanza speciale che ogni universitario brama.



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
E niente… non avete idea di quanto abbia fatto male scrivere questo capitolo. Ha fatto un male assurdo, è stato difficilissimo e mi sento una persona orrenda (e no, a questo giro non lo dico per ridere). Sento come se avessi in qualche modo minimizzato un fatto terribile, come se lo avessi buttato giù con trascuratezza. Davvero, ci sono stata male e ci sto male anche adesso.
Spero che non abbia urtato la sensibilità di qualcuno, lo spero davvero.
E ci tengo anche a precisare che no, per quanto Jäger abbia evidenti disturbi mentali non è perdonabile quello che ha fatto. E neanche il menefreghismo di Mezcal.
Dio… odio questo capitolo con tutto il cuore.

Analizziamo però un dettaglio: Sherry non ha mai parlato di loro come membri della sua famiglia perché li disprezza con tutta sé stessa e di conseguenza non li riconosce come tali, ma neanche Jäger si riferisce mai a Mezcal come a suo padre o Everett come fratello maggiore. Questo dovrebbe essere un forte indice di quanto sin da bambino si sia sempre sentito superiore a tutti loro, malgrado ne condividesse il sangue, e di quanto per lui fossero solo figure ingombranti di cui sbarazzarsi il prima possibile.
Una personacina fantastica eh? Fantastica e poco disturbata, soprattutto.
Mi disgusta, davvero. Mi disgusta e al tempo stesso mi spiace non riuscire a renderlo al meglio, a non riuscire a mettere in luce come si deve la sua personalità malata e la sua ossessione. Temo che sia piuttosto piatto come personaggio, ma purtroppo non sono capace di scrivere certe cose (e credetemi se vi dico che mi sono informata in giro, non avete idea della roba che ho letto… colpi al cuore uno dietro l’altro, davvero).

Col prossimo capitolo si tornerà a respirare, non temete. Un nuovo colpo di scena (doppio, e sempre e solo se mi riesce) arriverà tra qualche altro capitolo, per adesso ritorniamo ad una certa calma.
Adesso ci tengo a ringraziare
Celeste98 (che, volente o nolente, adesso è per forza mia amica perché fa parte della ciurma), Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 10. Un ringraziamento anche a tutti coloro che leggono silenziosamente, a chi l’ha inserita tra le seguite/preferite/ricordate. Siete davvero gentilissimi! 💛

A presto
Un bacione
Kiki
🤙🏻

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Se il capitolo precedente è stato un massacro totale, in questo si può di nuovo respirare. Avremo qualche nuova piccola informazione sul mondo degli Spettri e si potrà assistere a dei momenti quasi fluff tra Sherry e Radish. Buona lettura!!!

 

𝟙𝟠. 𝒞𝑜𝓂𝑒 𝓅𝓇𝒾𝓂𝒶, 𝓅𝒾ù 𝒹𝒾 𝓅𝓇𝒾𝓂𝒶

 



Non è stato per niente semplice prendere sonno.
La sua giovane e provata mente continuava a rimuginare su uno scenario che proprio non riusciva ad allontanare malgrado i ripetuti sforzi. Se lo vedeva nitidamente, come se stesse accadendo in quel momento: Radish che la guardava con disgusto e rimprovero per poi dirle che no, non poteva sopportare di restare al fianco di una donna debole come lei, una donna che ha permesso ad uno psicopatico come Jäger di macchiarla con un’onta del genere.
Le sembrava di sentire le sue parole, di vedere il freddo e il disprezzo nei suoi profondi occhi scuri.
Prendere sonno era pressoché impossibile, le veniva solo da piangere e si sentiva una stupida per avergli rivelato cose simili, sicura che sarebbe stato assai meglio per entrambi se non gli avesse mai rivelato alcunché.
Erano circa le due e mezzo quando Radish, per la prima volta da quando si era steso al suo fianco, si è un poco mosso. Se non avesse tenuto sempre la testa sul suo petto ed avesse così sentito il battito calmo e ritmico del suo cuore, avrebbe sicuramente pensato che fosse morto. Invece si è mosso, rischiando di buttarla di sotto, e l’ha stretta con fare possessivo, quasi avesse inconsciamente paura che potesse in qualche modo sfuggirgli.
Ha provato ad allontanarlo un poco poiché, effettivamente, averlo abbandonato addosso in quel modo un poco le pesava e le stava schiacciando dolorosamente un braccio, ma lui l’ha stretta più forte, borbottando inconsciamente il suo nome ed ordinandole di star ferma.
Ha provato di nuovo, lamentandosi di quanto fosse pesante, e lui si è scansato da solo fino a trascinarsi al suo fianco, un braccio a tenerla stretta e l’altro allungato sotto la sua testa, cosa che ha fatto scivolare a terra il cuscino. Poi si è accoccolato, quasi fosse lui a cercare il suo calore per sentirsi protetto, ed ha messo il volto contro il suo collo. L’ha sentito borbottare qualcos’altro, senza però riuscire a capirlo, e poi si è sentita come pietrificare nel sentirlo mordicchiarle la clavicola con movimenti stanchi e approssimati. È in quel momento che si è lasciato andare all’ennesimo borbottio incomprensibile, facendole capire solo “mia” e “cazzo”.
Si è ritrovata a sorridere come una bambina mentre rimaneva schiacciata sotto a quel corpo pesante, la testa abbandonata sul suo braccio granitico - decisamente poco indicato come cuscino -  mentre si godeva il suo respiro caldo sul collo.
L’ha tenuta così per tutto il tempo, i capelli corvini abbandonati giù dal letto assieme alla coda, borbottando di tanto in tanto qualcosa di assurdo. Non è stata una novità per Sherry sentirlo chiacchierare nel sonno, ma mai una volta aveva fatto il suo nome - pensandoci meglio, poi, lui non l’ha proprio mai chiamata per nome in generale. Poi si è messo a biascicare cose sui panda e sulla marmellata, almeno crede, e per questo si è decisa che, l’indomani mattina, sveglierà con una secchiata d’acqua gelida quell’impiccione di Mordecai che sta russando in salotto. Gli è grata per quel che ha fatto, ovviamente, ma non vuole che crei dei disturbi mentali anche al Saiyan.
Si è poi appisolata che erano ormai le quattro, svegliandosi poi nel peggiore dei modi: Radish si è mosso con la sua solita grazia e l’ha spinta di sotto, facendole battere una forte testata sul pavimento.
Il primo pensiero è stato “ora lo sgozzo”, ma non appena si è alzata per mettere in atto i suoi propositi e l’ha trovato steso a stella marina in quel letto decisamente non ideale per le sue dimensioni, con i capelli sparsi ovunque, la coda abbandonata sull’addome e l’espressione maledettamente rilassata e docile… si è ritrovata semplicemente a sorridergli e a pensare che fosse quanto di più tenero avesse mai visto, e lei ha visto Maddox, una montagna nera di muscoli sempre incazzata col creato, stringere tra le braccia due fagottini e piangere come un bambino per quanto era felice.
Gli ha sistemato addosso la coperta che era finita arrotolata ai piedi del letto e, dopo avergli tolto i capelli di bocca, è uscita per farsi una doccia veloce. Si è ricordata pure di avere un qualcosa di decisamente interessante in camera e, con un ghigno soddisfatto e divertito, se l’è nascosto sotto braccio prima di correre in bagno.
Ora, con la pelle che profuma di limone e i capelli umidi pettinati all’indietro, si dirige con passo sicuro verso la cucina. Certo, la sua è solo tanta apparenza perché nessuno sano di mente si sentirebbe sicuro di sé a gironzolare con una vestaglia da notte in raso nero davanti al Quartetto, soprattutto quando suddetta vestaglia arriva a malapena a metà coscia ed è stata rubata presa assieme ad un completo abbinato proprio da loro.
«Vedo che i nostri regali ti sono piaciuti!» Bercia subito Maddox, sorridendo sornione. È stato intrattabile fino a quando non l’ha vista placidamente sdraiata assieme al Saiyan, momento in cui tutti loro hanno dovuto ammettere, seppur ringhiandolo a denti strettissimi, che Mordecai non aveva fatto poi una colossale stronzata come credevano. Dover ammettere certe cose è logorante per loro, e la cosa peggiore è che succede più spesso di quanto si pensi.
«C’è il suo intimo abbinato sotto?» Ammicca maliziosamente Major, i capelli bicolore sparsi un po’ ovunque. Lui non dorme da ben tre giorni, le occhiaie più marcate del solito ne sono la chiara dimostrazione. Quando però gli si impennano gli ormoni e non trova modo di sfogarsi, cade sempre in periodi più o meno lunghi di insonnia, quindi nessuno se ne preoccupa.
«Non mi pare di aver mai detto che sotto c’è qualcosa…» Borbotta con finta innocenza l’Alpha, portandosi lentamente in bocca un chicco d’uva. Dando una fugace occhiata alla stanza, capisce che gli altri hanno finalmente tolto le tende e che loro sono lì solo ed esclusivamente per ficcare il naso. Cosa che, in realtà, in adolescenza faceva pure lei quando uno dei suoi fratelli portava a casa una ragazza… o quando lo faceva Bree. Infastidirsi l’un l’altro con battute puerili e indecenti era un passatempo molto apprezzato.
«Sei una stronza! Te fai discorsi del genere e mi fai fantasticare come un ragazzino, te non me la dai perché sono incinta, mi viene da vomitare!, Micahpezzodimerdamaledetto mi ha nascosto il tablet con i porno, che ho fatto di male?!» Bercia in risposta, scattando in piedi solo per andare a piazzarsi sul divano con Mordecai, intento a guardare un programma che non conosce e che neanche gli piace.
«Ah, quindi continuate a vedervi?» Dai che si sono distratti, devo fare alla svelta!
«Abbiamo deciso di vedere come può andare…» Ammette Domino dopo un sonoro sbadiglio, passandosi una mano sul ventre già arrotondato. Se avesse avuto la corporatura di Bree si sarebbe notato solo l’ingrossamento del seno, ma essendo lei esile come un fuscello è un cambiamento davvero evidente.
«Peggio per te. Molto peggio per te.»
«È buffo, le ho detto la stessa cosa!» Esclama allegra Bree, sorridendo alle due. Si libera dalla salda presa di Micah e abbandona le sue comode gambe sulle quale si era pizzata ormai da una ventina di minuti, raggiungendola con passo leggero, quasi danzasse. Le cinge la vita e le bacia dolcemente la tempia, strusciando poi la punta del naso sulla sua guancia.
«Ti senti meglio?» Domanda con tono apprensivo, cercando nei suoi occhi più risposte di quante non darà apertamente davanti a tutti. Dio solo sa quanta voglia ha di sapere tutti i risvolti della loro conversazione.
«Che non lo vedi?» Ridacchia divertito Mordecai, ammiccando apertamente verso la sua mise. Si lecca lascivamente le labbra e le fa l’occhiolino, facendole così capire che no, non teme per niente né la forza di Radish né le sue esplosioni di gelosia mista a rabbia.
«A proposito, mi aspetto un premio. Un pompino sarebbe il massimo!» Scherza subito dopo, ridacchiando assieme all’amica. Inutile prendersela con lui, in genere neanche si accorge quanto può risultare pesante.
«Ti conviene tenere a freno la lingua, fratellino, o forse vuoi farti spaccare la faccia come River?» Borbotta Maddox, facendo ridacchiare la moglie seduta in braccio. Se da una parte sono felicissimi di starsene in mezzo agli amici di una vita a fare gli stupidi come hanno sempre fatto, dall’altra sentono la mancanza dei propri cuccioli, motivo per cui resteranno giusto lo stretto indispensabile prima di andare a riprenderli da Fern per portarli a caccia di conigli.
«Come sta?» Domanda subito Sherry, sentendosi in colpa per non essersene preoccupata prima. Lui è stato col cuore in gola per giorni perché lei era giù di tono e lei non ha mai pensato a come potesse sentirsi dopo essere stato preso a calci nel culo davanti a tutti. Per uno orgoglioso come lui deve essere stato uno smacco non da niente. Sono un’amica pessima!
«Incazzato come una bestia, ma gli passerà.» Risponde con un gesto vago della mano Major, come se stesse scacciando una mosca. Gli aveva già detto mesi addietro di mollare la presa, che arrivati a quel punto ormai era inutile continuare a sbatterci la testa, ma non ha voluto dargli retta. Stupido imbecille viziato…
Rimangono tutti per qualche secondo in silenzio, stanchi e desiderosi solo di buttarsi a letto per almeno otto ore filate senza essere disturbati, consapevoli che l’indomani dovranno tornare alla tana per capire come abbia fatto Apophis a passare senza che nessuno lo notasse e porvi rimedio.
«Ma che…?» La voce incuriosita di Becca però li riporta tutti alla realtà, facendoli voltare e facendogli notare che Sherry sta preparando un grosso piatto di frutta assortita, ben pulita e tagliata, e che sta riempiendo un bicchiere di spremuta fresca. Sanno per certo che lei non mangia quel genere di cose, preferendo infatti da sempre cereali pieni di zuccheri, e quindi la domanda sorge spontanea.
«Che stai facendo?» Incalza Micah, un’espressione assai stupita in volto.
«Eppure mi pare così ovvio…»
«Gli porti la colazione a letto?!» Bree quasi strilla per lo stupore, la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite. Non le ha mai visto fare un gesto simile nei confronti di qualcuno all’infuori di Fern, quando la mattina di Natale e quella del suo compleanno le portavano tutti assieme la colazione a letto per svegliarla e farle gli auguri. Ma erano tutti insieme e si trattava sempre di latte, cereali e merendine, non certo di frutta fresca disposta ad arte.
«L’uomo-scimmia ha la minchia d’oro!!!» Commenta ridendo Micah, delicato come solo lui sa essere.
«Ma che combina tra le lenzuola?!» Scatta subito dopo Major, cercando il supporto nello sguardo degli amici.
«Dopo indaghiamo.» Afferma con sicurezza Mordecai, sorridendo con aria furbetta.
«Non basta indagare, dobbiamo assistere.» Controbatte subito Maddox, scatenando gli assensi degli altri.
«A me piace quello che facciamo.» Tenta così di metterci una pezza Becca, capendo già dallo sguardo del compagno che le sue parole non sono sufficienti a calmarli.
«Non mi pare che tu mi porti la colazione a letto.»
Sherry sbuffa e sorride al tempo stesso, roteando gli occhi verso il soffitto. Col senno di poi sarebbe stato meglio restarsene chiusa in camera fino a quando non se ne fossero andati, ma la sua le era sembrata un’idea così carina che non è riuscita a trattenersi.
Afferrato il piatto e la spremuta e si avvia con passo veloce verso la propria stanza, decisa ad ignorare le porcate che stanno cominciando a volare per la stanza. Le spiace per i vicini, che dovranno sentir parlare di doppia penetrazione, bendaggi e altre zozzerie di prima mattina, ma ha ben altro da fare che calmarli.
Si avvicina a Radish, ancora felicemente in coma, e con un’insolita delicatezza lo sveglia, scuotendolo un poco e richiamandolo. Non le piace come metodo però, preferisce quello che ha sempre adottato nei suoi confronti, ovvero del piacevole sesso orale che sembrava quasi farlo rinascere.
«È ora di aprire gli occhi, Koba.» Ridacchia mentre lo vede riprendere conoscenza. Ride di gusto invece quando lo vede puntare con astio gli occhi verso la porta, avendo sentito distintamente la voce di Bree che berciava di saperla leccare sicuramente meglio di lui. Ma lascia stare, Radish, optando per una stiracchiata veloce mentre sbadiglia.
«Che ore sono?» Biascica a mezza bocca, cercando di mettere a fuoco ciò che lo circonda. Si è addormentato sì devastato dalle informazioni ricevute, ma anche incredibilmente più leggero grazie alla consapevolezza di averla di nuovo al suo fianco, di essere lui l’unico ad averla fatta aprire tanto. Non si era mai sentito più importante in vita sua, in realtà.
«Le dieci e qualcosa.» Gli porge il piatto, Sherry, e poggia la spremuta sul comodino, sorridendogli teneramente. In realtà vorrebbe scoppiare a ridergli in faccia nel vederlo così stupito, neanche gli avesse puntato un fucile davanti agli occhi, ma si trattiene per non rovinare il momento.
«E questa roba?»
«È per scusarmi per il mio comportamento.»
La guarda per qualche secondo, Radish, per poi prendersi uno spicchio di mela e mangiarselo con gusto. Ha una fame che potrebbe mangiarsi pure lei ed anche il cuscino!
«Potrei abituarmi.»
«Non farlo.» Scuote con vigore la testa, gli occhi divertiti dalla situazione. Lei, Sherry Occhi di Brace, che porta la colazione a letto ad un guerriero del suo calibro perché le ha detto qualche parola dolce. Non riesce a capacitarsene neanche volendolo, motivo per cui decide di non pensarci e di affrontare subito un argomento per lei davvero spinoso. Spera solo che il Saiyan sia abbastanza furbo da calibrare le parole, dal momento che gli altri sono in casa e non ha alcuna intenzione di far sapere loro certe questioni.
«Riguardo a quello che ti ho detto ieri—»
«Non occorre parlarne ancora, a meno che tu non voglia rovinarmi la colazione.»
Una persona normale sarebbe sicuramente disgustata nel vederlo mangiare adesso, mentre tira giù dei bocconi incredibili praticamente interi, ma per lei non è niente di sconvolgente. Insomma, tra la sua gente o strappano con le mani pezzi di carne dalle carcasse degli animali che hanno cacciato o ci immergono direttamente il muso dentro, come potrebbe mai giudicare qualcun altro?
«Ho paura che tu adesso mi guardi in modo diverso…» Ammette a malincuore, attirando così il suo sguardo.
Si pulisce la bocca col dorso della mano e afferra il bicchiere con la spremuta, che però ancora non beve.
«Perché a dieci anni, dopo un combattimento e con il corpo ridotto a pelle e ossa non sei riuscita a difenderti da un ragazzo più grande, molto più forte e in salute di te? Davvero dovrei avere una qualche strana opinione di te per questo? Sul serio?»
«Davvero pensi solo questo?» Lo guarda negli occhi mentre beve quasi tutto il contenuto del bicchiere, trovandolo schifosamente sincero. A lui davvero non importa, davvero non ha alcuna intenzione di giudicarla. Si domanda se per caso anche gli altri reagirebbero alla stessa maniera, ma non se la sente davvero, adesso, di scoprirlo.
«Sì. In fondo lo volevo uccidere già da prima, non è che la situazione sia cambiata. Ora ho solo la scusante giusta per quando riuscirò nel mio intento.»
«Ti ho già detto che non puoi ucciderlo.»
«Troverò un modo per convincerti.» Poggia il piatto quasi vuoto per terra, per poi afferrarla rudemente per la vita e portandola a sedersi sul suo bacino. Allunga poi un mano fin sulla sua nuca, afferrandola saldamente per poterla abbassare e divorarle le labbra.
«Magari così…» Le afferra con ferocia le natiche e le fa strusciare la sua intimità contro l’erezione ancora intrappolata nei pantaloni, sentendola già incredibilmente calda. Non si bea di quel corpo da una settimana e adesso sente che potrebbe addirittura farle del male per quanto la desidera.
«Non attacca, Saiyan…» Gli stringe una mano attorno al collo e si separa un poco, guardandolo lascivamente dritto negli occhi.
«Lasciami fare, Spettro…» Senza tante esitazioni ribalta la posizione, facendola sdraiare sulla schiena e mettendosi tra le sue gambe, baciandola con urgenza.
I loro amplessi sono sempre una lotta per la supremazia, un modo per dimostrare chi è che comanda, ma ancora l’esito è incerto, anche se il più delle volte è Radish a comandare spietatamente e selvaggiamente sulla compagna.
Le porta una mano tra le cosce, ghignando libidinosamente nel trovarla già bagnata. Si sorprende ogni singola volta dell’effetto devastante che riesce a farle con un solo tocco, e non può che esserne incredibilmente fiero.
Ma ci sono altre presenze in quell’appartamento, e Radish le aveva dimenticate come uno sciocco. Presenze che adesso non hanno più voglia di aspettare per dar fastidio, ed una non si fa problemi a spalancare la porta e saltare addosso alla coppia come una furia. Fosse la prima volta che succede, poi…
«Chi è il tuo nuovo migliore amico?» Trilla felice nell’orecchio di Radish, le ginocchia premute contro la sua schiena e le mani sulle spalle per tenersi attaccato come una cozza allo scoglio. Non sa se lo diverte di più il fatto che stia tremando come in preda ad un attacco epilettico tanto è furioso o se lo è stata di più la bestemmia clamorosa che ha lanciato Sherry quando si è ritrovata schiacciata da entrambi.
«Sparisci!» Urla in preda alla collera Radish, scattando in piedi come una molla per provare a prenderlo. Ma Mordecai è veloce, aveva previsto alla grande questa sua reazione, e per questo è schizzato fuori dalla camera ancor prima che potesse rigirarsi, sbattendosi inoltre la porta alle spalle.
Si siede sul bordo del letto, le mani a coprirsi il viso mentre tenta disperatamente di regolarizzare il respiro e di calmarsi. Non può ucciderlo, dopo non ci sarebbe scusa che tenga per riprendersela, e adesso non se la sente neanche di corrergli dietro per sfasciarlo a furia di cazzotti, non dal momento che l’Alpha si è messa a carezzargli la schiena con la punta delle dita, consapevole di quanto anche un simile gesto sia capace di distrarlo.
«Prima o poi farò davvero male anche a lui…» Ringhia a denti stretti, fulminandola con gli occhi come a volerle dire “vedi di tenere quei deficienti a bada, se non vuoi che accada il peggio”.
Ma lei gli sorride, per niente nuova a questo genere di intromissioni. La prima volta che andò a letto con Rafe si ritrovò Mordecai, Bree, Pip e Major a tirargli addosso delle secchiate d’acqua, con tanto di secchi annessi.
«È un bravo ragazzo e ha sempre buone intenzioni, è solo che non riesce a controllarsi. È come un cucciolo gigante in una casa fatta di bacon!»
«Le hai detto del tuo regalo?!»
Buone intenzioni il cazzo! Possibile che non sappia tenere chiusa quella boccaccia putrida?!
«Vuoi ripetere l’esperienza dell’Alibi?!» E pensare che mi ero svegliato tanto bene… in questo manicomio non ci entrerò mai più, questo è poco ma sicuro. Devo solo trovare il modo per tenerli lontani da casa mia… un collare elettrico, magari… o un calcio ben assestato nelle gengive.
«Se muto non mi trovi, gnègnè!»
È sul punto di alzarsi per andare a prenderlo a pugni per fargli capire che no, non deve intromettersi più, il suo giochetto l’ha fatto e adesso deve tenersene fuori, ma evita. Non che non gliene avrebbe parlato, a Sherry, lo avrebbe fatto eccome non appena fosse stato sicuro di essere rimasti soli e lo avrebbe fatto a modo suo, ma ora si trova in qualche modo incastrato. Dopotutto non può mentire con loro, quindi deve capire al più presto come trovare una scappatoia in casi di emergenza come questo.
«Di che sta parlando?»
«Gli ho spaccato la faccia perché non sa tenere a freno la lingua.»
«E il regalo?»
Dannazione, Sherry, stai zitta! Non ti accorgi che sono in imbarazzo?
«Sei diventato tutto rosso…»
Sì, te ne sei accorta alla grande e non te ne frega niente. Me la pagherai, prima o dopo.
Gli passa una mano tra i capelli per poi afferrargli il volto paonazzo tra le mani, baciandolo piano. È adorabile in questo stato, così diverso da com’è ormai abituata a vederlo, da come tutti sono abituati a vederlo. Un’altra persona se ripensa al suo passato. Ora che ci pensa, non è rimasto poi molto di quell’uomo, e non può che esserne felice. Non si sarebbe mai lasciata avvicinare da quel Radish, mai.
«Allora? Stiamo aspettando tutti!» Urla Maddox da dietro la porta, scatenando delle specie di urla da stadio nel gruppo.
«Io li ammazzo. Giuro che li ammazzo.» Ringhia a denti stretti Radish, ormai al limite della sopportazione.
«Ci ammazzi dopo, prima diglielo!»
«Dai, adesso sono curiosa!» Di slancio gli getta le braccia al collo e si siede a cavalcioni sulle sue gambe, sorridendogli con quell’aria infantile e dolce che gli fa sempre perdere il filo del discorso.
È una consapevolezza spaventosa, per lui. Non può nascondere ciò che prova per la donna che si sta stringendo a lui, qualcosa di vero ed incredibilmente profondo, qualcosa capace di schiacciarlo, togliergli il fiato e fargli desiderare solo di averne ancora di più.
Le poggia le mani sulle cosce toniche, tamburellando nervosamente con le dita. Come dirglielo? Sarebbe stato più semplice se fossero già stati nel suo appartamento, stesi ansimanti e sudati nel letto. Sarebbe stata decisamente di buon umore e profondamente ben disposta nei suoi confronti, ed anche abbastanza stanca da non voler discutere di niente. Invece adesso sono nell’appartamento di Bree, lei è vivacissima e dietro quella sottile porta ci sono un piccolo gruppo di Spettri esagitati che non si stanno perdendo una sola parola.
Poi però pensa a ciò che si sono detti il giorno prima. Pensa a quanto sia stato faticoso far uscire tutte quelle parole che mai pensava avrebbe pronunciato; questo, a confronto, è una scemenza.
«Voglio che tu prenda le quattro cianfrusaglie che hai lasciato qui e le porti a casa mia.» Sputa tutto in un fiato, gli occhi che continuano a fissare con insistenza il bicchiere quasi vuoto sul comodino per non dover sostenere il suo sguardo. Di colpo, tutta la sua sicurezza scema fuori dal suo corpo, mandandolo nel panico più assoluto. E Major, fuori da quella stanza, di certo non pare aver alcuna intenzione di aiutarlo.
«Nostra, idiota! Casa nostra! È più romantico!»
«Cazzo, non sa davvero parlare alle donne.» Aggiunge con voce baritonale Maddox, scatenando la risata allegra di Mordecai.
«Zio, gli ha portato la colazione a letto! Ha altre doti, vai tranquillo!»
«Okay, adesso basta.» Afferra rudemente Sherry per i fianchi e se la toglie di dosso, buttandola malamente sul letto. Non appena si alza in piedi, però, sente il rumore sordo di tanti passi che si dirigono verso l’uscita ed anche la porta sbattere. Con un poco di sforzo in più, sente pure le loro risate sguainate mentre si lanciano giù per le scale.
«Sono veloci, quei piccoli scarafaggi.» Brontola a mezza bocca, trovandosi totalmente incapace di girarsi a guardarla in faccia. Si è esposto davvero troppo, si sente un idiota e non riesce a capire come la sua vicinanza sia capace di scardinarlo così nel profondo.
Sente il cigolare di quel letto troppo piccolo quando si alza, i suoi passi leggeri sul pavimento ed infine le sue braccia forti e pallide stringergli l’addome.
«E così… mi stai chiedendo di venire a vivere con te?» La sente quella nota scherzosa nella voce, usata per mascherare il suo nervosismo. Non capisce se sia il fatto di andare a vivere con lui a spaventarla o il non volerlo fare e non sapere come dirglielo. In fondo per lei queste non sono cose nuove, al contrario suo.
«Tu mi chiedi di morderti dalla sera che ho vinto la scommessa, quindi… perché no?» Butta lì, cercando di ricomporsi come meglio può. Scioglie il suo abbraccio con gesti freddi e veloci, giusto per tornare a sedersi sul letto e bere quel poco che rimane della spremuta e provare così a mandare giù quel groppo che gli si è formato in gola. Sono stato un vero deficiente…
Sherry abbassa lo sguardo e sposta con un gesto meccanico una ciocca di capelli bicolore dietro l’orecchio sfregiato, sorridendogli poi con aria impacciata e sorprendentemente timida.
«Non ho mai convissuto davvero.»
«Come no?»
«No.»
Rimangono in silenzio per qualche istante mentre Radish cerca di metabolizzare la sua risposta. Non gli torna, c’è sempre quello scomodo dettaglio chiamato River nel mezzo e per questo non riesce ad evitare di guardarla con un certo sospetto.
«E con Biancaneve?»
«Nei periodi buoni dormivo nelle sue tane, ma decisamente non si conviveva.»
Rimane imbambolato a fissarla mentre lo avvicina di nuovo fin quando non gli poggia le mani sulle spalle, di nuovo quel sorriso dolce che gli fa attorcigliare le budella. Per un istante si domanda se un giorno smetterà di fargli questo effetto, ed un poco ci spera pure perché è imbarazzante oltre che destabilizzante, ma la sua bocca si premura di esporre il suo secondo dubbio senza che abbia neanche il tempo di pensarci davvero.
«E con me lo faresti?»
Un lupo e una scimmia che vivono sotto lo stesso tetto, che dividono qualcosa di più del letto… c’è niente di più comico? Lei, una donna capace di prendere le sembianze di un enorme lupo nero e bianco di quasi una tonnellata di peso, una donna di nobili origini e che ha ottenuto da poco una prestigiosa posizione tra la sua gente, e lui, un uomo capace di trasformarsi in una mastodontica ed inarrestabile scimmia, un uomo che viene da un altro pianeta e che, a conti fatti, adesso dovrebbe essere solo concime per la terra.
Sono sbagliati insieme sotto a tanti di quei punti di vista che Sherry davvero non riesce a credere di star annuendo con forza prima di baciarlo e stringerlo. Non sa neanche se le loro diverse razze possono dar vita ad un qualcosa. Per quanto non abbia mai fantasticato sull’idea di mettere al mondo della prole, soprattutto a causa della minaccia esercitata da Jäger ed anche per il suo scarso istinto materno, adesso non può fare a meno di domandarselo.
Quando però lo vede sorridere felice, con gli occhi brillanti e accesi da un’euforia contagiosa, accantona subito qualsiasi dubbio e lascia che la sollevi in aria tenendole le mani in vita, ridendo con lui. Non credeva che lo avrebbe mai visto così felice, tanto meno credeva di poter essere lei la fonte di questa felicità.
«Forza, prendi la tua roba.» Afferma guardandola con aria fiera e vittoriosa, come se avesse raggiunto un traguardo agognato da sempre. La lascia andare a cuor leggero perché sa al cento per cento ed anche di più che lei non lo allontanerà più. Una delle uniche cose che gli restano da fare, adesso, è chiedere a Fern qualche informazione in più sul comportamento degli Spettri… o fare qualche ricerca in rete sul comportamento in generale del lupi. Non vuole nuove sorprese indesiderati che li spingerebbero verso nuove, stupide incomprensioni e, di conseguenza, a nuovi litigi durante i quali si scannerebbero fino allo sfinimento. Ormai, in fondo, una cosa sul loro rapporto gli è chiara: in mezzo alla sua gente è lei a tenere il controllo, nel letto è lui e su questo non vuole più discutere, in coppia sono praticamente alla pari. Hanno due caratteri troppo forti ed esplosivi perché ce ne sia uno solo dominante. D’altra parte cos’è l’amore se non un morbo che ti rende vulnerabile, che espone le tue debolezze e ti porta a scendere a compromessi, accantonando l’orgoglio?
«Pensavo ad una cosa…»
«Tu pensi troppo.» In un primo momento non si è accorto del suo tono civettuolo, ma qualcosa gli dice che avrebbe fatto bene a prestare più attenzione anziché finire gli ultimi due lamponi, perché si sarebbe accorto di come giocasse con il nastro che tiene chiusa la vestaglia.
«Beh, pensavo che sarebbe stato carino vedere come mi stanno gli altri regali dei ragazzi oltre a questo, ma niente, tanto non ti interessa, quindi è meglio se mi vesto.» E detto questo lascia cadere l’indumento a terra, mostrandogli con indifferenza ciò che indossa sotto: un reggiseno a triangolo e uno slip a brasiliana di un tessuto nero sottile ed un poco trasparente, con dei ricami posizionati strategicamente per creare un gioco di vedo/non vedo.
Scatta come una serpe, Radish, afferrandola così rudemente per i fianchi e sbattendola con tale forza contro l’armadio da spezzarle il respiro e da incrinare un poco la superficie di legno alle sue spalle.
Si avventa come un animale famelico sui seni, mordendoli da sopra la stoffa per strapparle un gemito, e portando subito una mano in mezzo alle sue gambe. Pensavi forse che mi fossi scordato di essere stato interrotto?
«No, aspetta, aspetta!» Ride mentre prova a fermarlo, lasciandosi andare ad un gemito acuto quando sente le sue dita penetrarla rudemente. Si aggrappa quasi con disperazione alle sue spalle, tentando di toglierselo di dosso con una convinzione assai flebile.
«Non ti tocco da una settimana, ragazzina, e ormai mi hai abituato ad un certo stile di vita.» Mormora contro il suo orecchio, abbassandole la spallina del reggipetto nel tentativo di sbarazzarsene senza romperlo.
«Sei un cretino…» Non appena si accorge che ha finalmente mollato la presa dal seno un poco dolorante per togliersi i pantaloni con movimenti frettolosi ed un poco sconnessi, si decide a bloccarlo sul serio, non sorprendendosi affatto nel vederlo accigliarsi.
«Quindi dopo tutti quei bei discorsi mi mandi in bianco?»
«Hai detto quelle cose solo per portarmi a letto?»
«Demente.»
Sospira un poco, incapace di lasciar cadere subito la questione. Vuole essere più che sicura di tutto dopo essersi esposta così tanto, incapace di sopportare l’idea di immergersi ancora di più in questa devastante relazione con l’alto rischio di ferirsi di nuovo. Non lo sopporterebbe una seconda volta, il suo cuore e la sua mente non reggerebbero un’altra ondata di dolore come quello provato in quei giorni.
«È proprio per quello che ci siamo detti ieri che forse è meglio aspettare.»
Ci sono delle volte in cui Radish davvero non riesce a capirla e questo è uno di quelli. Ha iniziato lei a stuzzicarlo mostrandogli qualcosa che sapeva benissimo lo avrebbe infiammato all’istante e ora se ne esce con la follia di non volerlo fare per chissà quanto tempo. No, decisamente non riesce a capirla. Capisce solo che è meglio provare a ricorrere di nuovo alla sua parlantina per provare ad aggirare il problema, ma solo dopo essersi assicurato di una cosa vitale, ma Sherry lo interrompe ancor prima che possa iniziare a parlarle.
«Voglio poter fare le cose nel modo giusto. Sai… quando ci sei, sento come le farfalle nello stomaco… poi sembra come se le farfalle venissero mangiate dai ratti… e poi come se i ratti venissero mangiati dai—»
«Ho capito, ho capito!» Sgrana gli occhi, sorpreso e divertito. Non si aspettava questa piega degli eventi e non credeva che fosse capace di simili smancerie.
«Alla fine ci sono i dinosauri.»
Ridacchia appena e poggia la fronte contro la sua, i gomiti ai lati della sua testa. Gli occhi per un istante gli ricadono sul suo petto e per la prima volta nota tutti quei nuovi piccoli segni di denti che le ha lasciato Apophis quella notte da dimenticare. Ci passa sopra le dita, domandandosi se i senzu siano capaci di cancellare le ferite inferte dai loro denti e dalla loro tossina, immaginandosi però nella testa la risposta della compagna se le proponesse di mangiarlo per cancellarle definitivamente: “Ho sofferto immensamente per diventare ciò che sono e non ho alcuna intenzione di nascondere le mie cicatrici!”. Glielo direbbe con stizza e probabilmente poi sarebbe così offesa da ignorarlo anche per giorni. No, decisamente meglio che se le tenga.
«Quello che hai fatto ieri sera… quella è la cosa più grande che potessi fare per me.» È tremendamente sincero e la fastidiosa sensazione di passare per uno stupido smidollato torna a farsi sentire, ma ha capito sin troppo bene che non devono tenersi le cose dentro se non vogliono scannarsi.
«Ascolta, se non vuoi farlo perché parlandone ora ci stai male lo capisco e lo rispetto, ma se è per qualche altro motivo…»
«No, non è per quello. Alla fine ho accettato quanto successo tanti anni fa e il riuscire a sopprimere le emozioni aiuta sempre… è solo che… non so… ho paura che per te possa essere diverso, adesso. Vorrei solo che tu ci pensassi davvero…»
D’improvviso, per tutta risposta, percepisce le sue labbra sulle proprie che si schiudono morbidamente e la lingua invaderla con strana gentilezza.
«Ti ho già detto che per me non è cambiato niente.» Mormora sulle sue labbra prima di impossessarsene nuovamente, stavolta con più impazienta.
Le slaccia il reggiseno con una sola mano, sorprendendosi da solo nell’esserci riuscito al primo colpo, e poi lo fa cadere ai loro piedi. Quando i suoi seni sono finalmente liberi di essere toccati, ci porta i palmi ruvidi e tortura i suoi capezzoli intensamente, catturando ogni suo gemito nella propria bocca.
Geme a sua volta quando sente le sue mani scendere inesorabili fino al cavallo teso dei pantaloni e non appena sente quella piccola mano fresca intrufolarsi all’interno per massaggiare con decisione la sua erezione, l’afferra con irruenza per le natiche così da sollevarla da terra.
Cammina ad occhi chiusi fino al letto dove la lascia scivolare e si appresta a sfilarle di dosso anche l’ultimo fastidiosissimo ma decisamente apprezzato indumento, abbassandosi velocemente dapprima sui seni che vezzeggia con denti e lingua, disseminando poi una lunga e veloce scia di baci sull’addome piatto e niveo fino a raggiungere la meta. Afferra la stoffa con i denti e tira, sfilandogliela facilmente mentre continua a fissarla dritto negli occhi quasi con sfida.
Rimane per qualche secondo in piedi e la guarda così oscenamente aperta davanti a lui, per poi sfilarsi di dosso la maglia con un gesto secco e veloce ed abbassarsi i pantaloni quel tanto che basta perché non siano più un intralcio.
«Sai davvero come far bagnare una ragazza …» mormora, lasciando scivolare lascivamente una mano in mezzo alle gambe. I suoi occhi neri come la pece che seguono con ingordigia e lussuria i suoi movimenti riescono ad eccitarla ancora di più, se possibile.
«Per me tu sei e resterai solo la mia bambolina, qualsiasi cosa succeda.» Afferma con voce roca, ghignando mentre le afferra le caviglie e se le issa sopra le spalle, abbassandosi poi su quel corpo che tanto brama.
«Non sopporto quel soprannome.»
«Problema più tuo che mio.»
«Problema più tuo che mio se le palle ti diventano blu.»
Le agguanta rudemente una ciocca di capelli e la strattona all’indietro, facendole esporre nuovamente il collo, baciandola poi con bruciante necessità.
«Sai… per colpa tua mi sono svegliata tutta bagnata questa mattina…»
Sa benissimo, Sherry, quali tasti andare a toccare per farlo andare ancora più su di giri, quale tono di voce usare per fargli chiudere totalmente la vena e lasciare che la lussuria lo accechi, e questo è decisamente uno di quelli dal momento che in un secondo le è addosso con tutta la sua forza incontenibile.
Lui ha solo fretta adesso. Fretta di farla sua, fretta di squarciarle il corpo da dentro e di sentirla tremare e gemere sotto i suoi colpi, fretta di liberarsi e venirle dentro. Non vuole e non può aspettare altro.
Un ansito forte ed incontrollato sfugge ad entrambi quando si sentono per davvero, quando i corpi si fondono in quella danza peccaminosa che ormai conoscono sin troppo bene.
È un amplesso rude e prepotente, tanto che l’orgasmo la colpisce in un attimo, con una tale forza che la fa urlare liberamente pur sapendo bene che i suoi ragazzi sono lì nei dintorni.
Si lascia andare a commenti quasi irripetibili, lo incita a fare ancora di più, a spaccarla, e lui non riesce a resistere oltre nel sentirla.
«Maledizione!» Mormora stringendo i denti, incapace di trattenersi dal riversarsi in lei.
Il respiro non è ancora tornato regolare quando sente le sue mani seguire con delicatezza i nuovi segni che gli ha lasciato nella schiena. Li sente bruciare ma non gli importa particolarmente, non dal momento che sa che a breve li curerà con la sua lingua maledetta.
«Se insisti, finirò col farti davvero del male…» Mormora con voce arrochita ed un poco dura, imbarazzato per non essere riuscito a durare di più. È abituato a scoparsela per ore, fino a rimanere completamente senza energie, col cuore che gli martella così forte nel petto da fargli temere tutte le volte l’infarto, e invece stavolta le sue parole indecenti hanno fatto saltare la sua valvola dopo pochi minuti.
«Lo sai che effetto mi fanno certi discorsi…» Mormora spingendosi  pigramente al suo fianco, osservandola di sbieco quando gli si avvicina di nuovo e porta una mano in mezzo alle sue gambe per toccarlo lascivamente come poco prima.
«Magari stasera potrei darti una seconda possibilità… sai, ho una discreta voglia di usare i nostri giocattoli…»
La guarda con aria maliziosa, lasciando di nuovo scivolare una mano in mezzo alle sue cosce: «Sei veramente una —»
«Allora il trasloco?!»
Afferra con irruenza un cuscino e se lo sbatte in faccia, cercando di concentrarsi sull’idea della calda e interessante notte che lo attende così da non uccidere il folle lupo che continua a bussare con insistenza mentre Sherry, stesa al suo fianco, se la ride di gusto.
«Sicuro di volere una convivenza? Quei lupacchiotti fanno parte del pacchetto completo.»
Sbuffa contro la stoffa chiara ed infine lo getta lontano, tornando a concentrarsi sulle carezze delicate che gli sta facendo sul petto. Non è mai stato tipo da coccole, pure con Lunch non gli piacevano e tentava di sottrarsene ogni singola volta, ma con lei… potrebbe restare così in eterno, steso in un letto scomodo che cigola anche se solo pensi di muoverti, con il suo corpo nudo steso lì a portata di mano mentre gli carezza il petto.
«Finché continuano a regalarti certa roba…» Mormora mentre sorride ammiccante, rigirandosi pigramente per poterla vedere meglio «…a proposito, ricordo che ce n’era uno rosso piuttosto interessante…»
La sua allusione è chiara pure ai quattro ficcanaso fuori dalla porta, che scoppiano subito a ridere nel ricordare lo sguardo di entrambi quando ha scartato l’intimo bordelle rosso fuoco davanti a tutti.
«Te l’avevo detto che gli sarebbe piaciuto!» Urla Major, scoppiando poi in una risata isterica.
«Per non piacergli doveva essere finocchio!»
«Delicato, Micah.» Lo rimbotta subito Maddox, mollandogli un assai sonoro scappellotto.
«Sta’ zitto, Baluba!»
«Dai, aiutiamo col trasloco e poi a cercare un altro regalo al Capitano!» Urla sopra a tutti Mordecai, scatenando un ululato generale.
«Lunga vita al Capitano!» Urlano in coro tutti e sette, cominciando poi ad urlare frasi incomprensibili per chiunque tanto si parlano addosso.
«Capitano?» Borbotta incredula Sherry, sgranando all’inverosimile gli occhi mentre continua a puntare con fare ossessivo la porta. Non riesce davvero a capacitarsi che siano così fuori di testa da prendere una decisione simile con tanta leggerezza. Certo, l’ultima parola è la sua e su questo non si discute, ma il fatto che lo abbiano scelto senza pensarci due volte proprio non può ignorarlo.
«Devo preoccuparmi?» Domanda scherzosamente Radish, inconsapevole della situazione delicata in cui è stato buttato. Capisce però che c’è qualcosa sotto nel momento esatto in cui Sherry si volta a guardarlo in faccia, l’espressione sconvolta di chi ha visto Gesù Cristo mentre prende a sberle un infante.
«Oddio… che vuol dire “Capitano”?»
Apre la bocca a scatti per un paio di volte mentre sbatte le palpebre, la mente momentaneamente in tilt. Alla tana stavano cominciando a girare nomi, ma nessuno li convinceva e spesso partiva qualche piccola zuffa per far valere la propria voce. Ogni Alpha diceva che il più indicato era uno dei suoi Cacciatori e questo stava creando delle tensioni. Sembrano tutti molto più calmi per quanto riguarda la carica di Beta dal momento che tutti si aspettano che esca il nome di River. Sarebbe portato per il compito, sa gestire tranquillamente un branco ed è un abile guerriero, è veloce e feroce ma con una mente acuta e spesso più ragionevole della Regina, tutte qualità necessarie per ricoprire tale ruolo. Nessuno però ha preso in considerazione che Sherry non è ancora certa di volergli dare tale potere perché teme che la loro situazione possa in qualche modo aggravarsi poiché un Beta e un Sovrano devono necessariamente passare molto tempo assieme.
Si rende conto di essere rimasta in completo silenzio a pensare a troppe cose mentre Radish ancora attende una sua risposta, lo sguardo che oscilla tra il preoccupato e il curioso, e per questo decide di accantonare ancora una volta la questione “Beta” per potersi concentrare sul problema attuale.
«Che per loro sei a capo della guardia… e che ti hanno messo in mano l’eventuale esercito.» Adesso va in bestia…
Rimane serio per un po’, lo sguardo incatenato in quello dello Spettro. La guarda con un espressione indecifrabile in volto, gli occhi attenti che la osservano senza realmente vederla, mentre nella sua mente prendono vita nuovi piani d’azione che non aveva potuto prendere in considerazione per ovvi motivi e che ora, invece, gli sembrano quanto di più attuabile e ideale possibile.
«Mhhh… questo può tornarmi davvero molto utile.»
«Che vuoi dire?» Domanda realmente stupita da questa sua reazione, indietreggiando un poco col busto e cercando di capire il significato implicito delle sue parole dalla sua espressione compiaciuta.
«Ti rendi conto, vero, che il Capitano della guardia deve sottostare sempre agli ordini del capo branco, ovvero dei miei ordini? Lo capisci, vero?»
«Prendi la tua roba, forza.» Parla parla, tanto non m’interessa. Ho altro a cui pensare.
Si alza dal letto con un movimento veloce e si ritira su i pantaloni mentre cerca con lo sguardo la maglia. Eppure pensavo di averla buttata qui… dov’è finita? E, soprattutto, dove sta quel completo?
«Kong!» Gli urla dietro mentre lo vede dirigersi verso la porta, affrettandosi per recuperare la vestaglia da terra. Certo, gli altri l’hanno vista più nuda che vestita negli anni, ma non ha intenzione di far massacrare uno dei suoi ragazzi perché ha troppa fretta di capire le intenzioni del focoso compagno.
«Che poi in realtà io ho ancora fame, quindi fai pure con calma…» Borbotta soprappensiero, dirigendosi verso la cucina dove viene accolto dal fastidioso e potente ululato dei sette Spettri che vi bivaccano. Lo guardano con una nuova luce negli occhi mentre gli sorridono e questo gli fa sorprendentemente piacere. Presto non sarete più così allegri, branco di Labradoodle parlanti.
«Donkey! Vieni subito qui!»


Quanto può mai essere faticoso un trasloco se si devono trasportare solo un paio di sacche? Non lo è, lo si può paragonare ad una rilassante e tranquilla passeggiata in campagna.
Per Radish, invece, questa passeggiata si è trasformata nel peggiore degli incubi quando si è ritrovato liberi per casa sette Spettri - che per fortuna si sono trasformati velocemente in quattro  quando Domino, Becca e Maddox se ne sono andati -, con l’aggiunta poi di Mimì per cena.
Doveva essere una cosa veloce, avevano detto che salivano per una birra e un caffè, ma poi si sono piazzati in giro ed hanno cominciato a straparlare, a scherzare e ridere come se quella fosse casa loro.
Sherry non ha fatto assolutamente niente per cacciarli, abituata da anni alla loro ingombrante presenza, e dopo poco pure Radish ha mollato la presa, consapevole che deve adattarsi un poco anche a loro.
Durante la giornata, per sua fortuna, hanno cominciato ad andare e venire, portando ogni volta qualcosa da bere, da mangiare e buste piene di nuovi regali per il loro Capitano. Non che gli sia dispiaciuto ricevere dei doni, anzi lo ha trovato estremamente piacevole essere viziato e adulato in questo modo per la prima volta in vita sua, ma troppo spesso volavano commenti di dubbio gusto che lo alteravano. Commenti che però gli hanno dato modo si scoprire nuove cose sia su Sherry che sulla sua gente, spesso piccole e forse insignificanti, ma che comunque gli permetteranno di avere una visione sempre più ampia del nuovo e particolare mondo in cui si è lanciato.
Ha scoperto non solo che Sherry è stata a letto sia con Mordecai che con Micah, ma che non sono mancate le occasioni in cui si divertivano tutti e tre insieme.
Ha scoperto che c’è stato un momento di tenerezza con Bree, che però non è mai sfociato in niente di troppo spinto, e Micah non è riuscito a contenersi dal rimembrare nel dettaglio quei momenti, scatenando risate e ululati generali. In Radish, invece, ha scatenato solo la voglia malata di sbatterla sulla prima superficie disponibile e farle urlare il suo nome.
Ha scoperto che Major è riuscito a baciarla, ma che poi si è pure preso un pugno così forte da frantumargli lo zigomo. Di quest’ultimo ha scoperto anche un dettaglio che lo ha lasciato di sasso: malgrado il suo aspetto piuttosto anonimo - eccezion fatta per i capelli - lui è quello che ha avuto il numero più alto di amanti. Donne, uomini, entrambi allo stesso momento, della sua età, più giovani e più grandi, Major non fa grandi distinzioni. Ciò che gli piace in quel momento va bene e la sua innata capacità di adattamento lo ha sempre aiutato a prendersi ciò che vuole.
È grazie a questi discorsi spinti che Radish si è ritrovato a chiedere loro se abbiano un qualche problema col sesso, dal momento che anche la sua compagna pare avere qualche difficoltà a fermarsi, e loro hanno spiegato innocentemente che è una valvola di sfogo ideale per creature passionali e sempre piene di energie come loro,  una perfetta lotta senza vittime dove sfogare la maggior parte delle loro pulsioni e che non è per niente insolito che gli piaccia provare un poco di dolore durante l’atto. Su questo punto non hanno saputo spiegare il perché, ma sanno per certo che a 7 Spettri su 10 piace farlo in modo particolare se non proprio violento. La mente del Saiyan è volata immediatamente al contenuto della cassettiera che all’inizio lo aveva tanto infastidito e non ha potuto fare a meno di pensare a tutte le porcate che ha intenzione di fare alla sua giovane compagna.
Poi Sherry si è rifugiata in quella che è ufficialmente la loro camera da letto con Bree e Mimì per motivi loro, e lui ha deciso di farsi chiarire dai tre Spettri un piccolo ma non trascurabile dubbio: se le loro femmine, ogni tre mesi, entrano in calore e saltano addosso al maschio più forte perché il loro stesso corpo chiede loro di mettere al mondo della prole, com’è possibile che nessuno dei suoi precedenti partner l’abbia messa incinta? Soprattutto River, dopo anni di relazione e dopo svariate proposte sia di figliare che di matrimonio.
La risposta è stata molto scontata per loro, che hanno infatti affermato che in primis restano comunque abbastanza lucide da decidere comunque spontaneamente se procreare o meno ed anche che lei semplicemente non vuole dei figli, almeno non nel prossimo futuro, e Micah ha poi approfondito la questione dal momento che per loro è sì scontato ma per Radish non troppo. Gli ha spiegato che per quanto l’organismo di una loro femmina possa implorare per avere dei cuccioli, se la femmina in questione non li vuole ma viene ingravidata contro la sua volontà, li abbandonerà non appena verranno al mondo, e questo nell’eventualità migliore. Se invece la neo-mamma sarà troppo nervosa, non si farà problemi ad ammazzare e divorare i piccoli.
Se River, o uno dei suoi precedenti amanti, avesse avuto la pessima idea di metterla incinta, non solo si sarebbe trovato da un giorno all’altro con una donna oltremodo furiosa decisa a farlo fuori alla prima occasione propizia, ma avrebbe condannato a morte pure i nascituri.
Ha scoperto anche che più in generale hanno un rapporto strano con la paternità e la maternità: in genere i cuccioli non sono cercati, non è strano per nessuno se il padre si allontana sia dalla madre che dai piccoli poiché o non li voleva o li considera troppo deboli per occuparsene, e neanche che talvolta lo facciano pure le femmine. Quando però la mamma, o direttamente la coppia, accetta la prole, i cambiamenti sono molteplici: il branco spalleggerà la madre, aiutandola a crescerli e occupandosene in sua vece quando avrà altri impegni, il neo-papà mostrerà un’indole più aggressiva e protettiva sia nei confronti della compagna che, soprattutto, dei piccoli, ed entrambi svilupperanno un lato tenero all’interno del nucleo familiare che impedirà sempre alla coppia di separarsi.
Già che c’erano, gli hanno pure detto che l’aborto per loro è fuori questione: la vita della madre e quella dei piccoli è infatti fatalmente legata durante la gestazione. Viene da sé che se succedesse qualcosa a lei i piccoli morirebbero, ma anche se provasse a sbarazzarsene loro le prosciugherebbero inconsapevolmente la vita per tentare di sopravvivere, e questo non lascia mai scampo.
Notando poi quando la sua espressione si fosse fatta cupa e pensierosa, hanno scherzato sul fatto che è molto probabile che Bree aspetti due maschi dal momento che mostra di giorno in giorno un’aggressività sempre maggiore, mentre Domino aspetta sicuramente almeno una femmina poiché da un giorno all’altro è diventata molto più lagnosa. A quel punto anche il pensieroso Saiyan si è unito alle prese in giro ai danni di Major, affermando che presto un sacco di idioti come lui se la scoperanno di brutto. Lo ha trovato davvero divertente e in quel momento la sua mente è volata a Vegeta: se mai un giorno avrà una figlia, lo sfotterà così tanto da farlo cadere in depressione.
Sono arrivati all’ora di cena senza che se ne rendessero neanche conto e, dal momento che in casa non c’era poi molto da mangiare, hanno ordinato in vari ristoranti e ora, con Bree e Mimì che finalmente se ne stanno andando, Radish si rende conto dello stato pietoso nella quale inversa l’appartamento. Non che gliene freghi qualcosa a lui personalmente, ma sa bene quanto Sherry sia capace di impuntarsi nel volere tutto in ordine e quanto questo possa rivelarsi catastrofico per i suoi piani. Si affretta quindi ad aprire una finestra per far circolare l’aria e chiudersi poi la porta di camera alle spalle, girando anche un paio di mandate come per voler ribadire implicitamente alla lupa che non deve muoversi da lì per nessuna ragione.
Infatti Sherry si è ritirata da una dieci di minuti e si è già preparata per la notte, lontana da occhi indiscreti, solo per poi  inginocchiarsi a gambe un poco divaricate sul letto e attaccarsi al portatile per sistemare un paio di faccende. E avrebbe anche potuto finire tutto tranquillamente, se solo non si fosse lasciata convincere da Bree ad indossare il suo personalissimo regalo per la convivenza, ovvero un babydoll realizzato in delicato tessuto semi trasparente con la parte superiore decorata in pizzo.
Adoro quando Mimì indossa questa roba… e pure lei sbarella quando la indosso io!” ha scherzato così, lasciandosi poi andare a dei racconti molto dettagliati e così perversi da istigare sinceramente la sua fantasia. Chissà se gli cambia qualcosa se mi concio così? Probabilmente neanche se ne accorge, è troppo abituato a vedermi nuda.
Ma questo è solo ciò che erroneamente pensa, perché Radish se ne è accorto eccome. Segue con occhi voraci il suo corpo malcelato sotto la leggera stoffa nera, pregustando già tutto ciò che ha intenzione di farle. L’unico dubbio è se lasciarle addosso quel curioso e piacevole indumento o se ridurlo in brandelli.
Si sfila maglia e pantaloni e si porta in ginocchio alle sue spalle, premendo il busto contro la sua schiena. Le sposta i capelli di lato per poter avere libero accesso al collo, notando con disappunto che però non lo sta considerando particolarmente. Una veloce occhiata di sbieco, ecco cosa è riuscito a guadagnarsi. Attenta ragazzina, forse non hai ancora capito davvero con chi dividi il letto.
Lascia scivolare le mani ruvide sulle sue cosce divaricate, stringendole rudemente per attirare la sua attenzione.
«Non avevi parlato di seconde possibilità?» Mormora contro il suo orecchio, mordendole poi il lobo.
«Sto facendo una cosa importante, dammi cinque minuti.»
Non gli piace aspettare, tanto meno essere messo in disparte. Se poi a fare tutto questo è lei, allora la situazione rischia di degenerare in pochi secondi.
«No.» Le afferra un seno con una mano mentre l’altra scivola in mezzo alle cosce. La morde con più decisione sul collo, le tira la pelle con i denti e ghigna soddisfatto nel sentire il suo corpo reagire sotto al suo tocco. Il problema è che l’attenzione di Sherry è ancora troppo presa dallo schermo che continua a guardare quasi con ossessione.
«Cinque minuti.»
«Che roba è?» Sposta repentinamente gli occhi sullo schermo per capire cosa ci sia di più interessante di lui, senza però spostare assolutamente le mani che continuano a vezzeggiarla.
«Il tuo computer ha il morbillo?» Domanda quando nota la mappa della città con diversi pallini rossi sparsi in giro.
«È un sito sui criminali sessuali. Questi sono quelli che vivono nel raggio di venticinque chilometri… e io li sto passando in rassegna tutti quanti per sapere di chi dobbiamo occuparci.»
«Il nano pelato non ne sarà entusiasta.» Commenta prima di abbassarle una spallina per liberare il seno che subito stringe con irruenza. Si sente come un adolescente in piena tempesta ormonale ogni volta che le sta vicino, ma davvero non riesce a considerarlo un problema.
«Se li avessero uccisi invece di rimetterli in libertà, non daremmo problemi a nessuno… e invece!» Volta finalmente lo sguardo verso di lui, gli occhi liquidi per l’eccitazione. Vorrebbe essere ancora in grado di non cedere a niente, essere ancora in grado di mantenere il sangue freddo e la mente incatenata sull’obiettivo, ma la sua sola presenza pare sufficiente per distrarla. Si domanda come andranno le cose quando si presenterà alla tana, in mezzo alla sua gente, in mezzo ai loro maschi carichi di testosterone tanto da piangerlo ed ancora offesi dall’essere stati rifiutati a causa sua, in mezzo alle loro donne pronte a sbranarsi tra loro per un uomo come lui. Una sola occhiata di troppo e il numero delle nostre femmine potrebbe sfiorare pericolosamente lo zero.
«Sai che non è così che esorcizzerai quello che ti è successo, vero?» Per quanto l’argomento sia effettivamente delicato, Radish non riesce a smettere di toccarla e stimolarla, trovandosi a sogghignare quando la vede socchiudere appena gli occhi e sospirare per il piacere che gli stanno dando le sue dita.
«Credimi, aiuta. E poi, scusa, noi abbiamo la possibilità di togliere di mezzo certi individui, perché non farlo? È un po’ come se arrivasse sulla Terra un altro Freezer o Cell e voi non faceste niente per fermarlo.» Parla piano, la voce arrochita dal tornado di emozioni che le scatena dentro. A metà discorso ha lasciato scivolare una mano dietro la schiena per poterlo stuzzicare a propria volta, sogghignando con la sua stessa arroganza quando si è lasciato ad andare ad un sospiro carico di piacere, reclinando la testa all’indietro.
«Però continuate con lo spaccio e via discorrendo…»
«È diverso…»
«È la stessa cosa… non fare l’ipocrita…»
«Un problema alla volta… okay? Quando la situazione si sarà stabilizzata… penseremo anche a frenare un po’ questo aspetto che… sembra darti fastidio. Va bene…?»
«Brava la mia ragazza…»
Entrambi ormai ansimano pesantemente l’uno nella bocca dell’altra, quei discorsi tanto seri sono mormorati con voce rotta dall’eccitazione e dal piacere che si stanno dando, riescono a tenere il filo con grande difficoltà, ma Sherry vuole vedere se è capace di resistere alla tentazione che rappresenta o se dovrà lavorare ancora duramente su questo punto prima di dirsi salva. Accidenti a te, fottuta scimmia arrapata…e accidenti anche a me che non riesco a dirti di no! Chiunque altro sarebbe già finito molto male nel contraddirmi così…
«Non ricordo di avertelo visto scartare…» Mormora con voce spezzata prima di abbassarle anche l’altra spallina, facendo vacillare ancor più pericolosamente la sua determinazione. Sia chiaro, Radish adora il fatto che sia una donna determinata, che si danna l’anima e sputa il sangue per riuscire nei propri intenti, ma in questi momenti passa tutto in secondo piano, pure la sua natura feroce non troppo dissimile dalla propria.
«Me l’ha portato prima Bree… ha detto che se lo troverà tutto intero… sarà molto delusa da te…»
«Senti, quei tizi non si muoveranno da lì, quindi togli quell’affare prima che lo faccia volare fuori dalla finestra.»
«Dai, smettila…»
«Ma sta’ zitta, mi stai bagnando tutta la mano…» E detto questo lascia scivolare dentro un terzo dito, facendola gemere ancora più forte ed inarcare contro il suo corpo.
«Sei un porco…»
«Può essere, ma so che ti piace.»
Cerca di mettere insieme i pochi neuroni ancora non ubriachi di piacere e lussuria, e con uno sforzo smisurato si sospinge di nuovo in avanti, le dita tremolanti sembrano incapaci di premere sui piccoli tasti del portatile.
«Allora lasciami mandare una e-mail, okay? Questa è davvero importante…»
«Di che si tratta?» Si sorprende da solo nel riuscire a fingere interesse per un qualcosa che adesso è quanto di più irrilevante al mondo. Probabilmente neanche un asteroide in rotta di collisione col pianeta riuscirebbe davvero a fermarlo.
«Devo avvertire Roman che il branco vorrebbe andare nei suoi territori per la Festa del Fuoco… ho bisogno del suo benestare…» La voce è spezzata, le parole escono a fatica neanche avesse appena corso a tutta velocità da una parte all’altra del globo. Pur senza voltarsi, le pare di vederlo quel maledetto ghigno soddisfatto sulle labbra del Saiyan.
«Festa del Fuoco?»
«Tra due settimane… è una festa per ricordare i morti… e Papà Spettro resterà un po’ più a lungo rispetto alle altre volte in cui ci fa visita. È importante per noi…» Si volta appena a guardarlo in volto, trovandolo dannatamente sexy mentre la fissa con sguardo liquido, gli occhi accesi da una smania infinita «Vuoi venire?»
«Vuoi che venga con te e tutta la tua gente ad un evento per voi tanto importante? O forse vuoi che venga in un altro senso?»
«Chissà…» Per quanto abbia dato prova più volte nella vita di essere abbastanza furba da non cedere a sciocche provocazioni che aggraverebbero solo la situazione, in questo momento ha fatto solo l’ennesima mossa falsa con un uomo che le ha dimostrato spesso e volentieri di essere capace di tutto.
Senza dire una sola parola, infatti, lascia scivolare una mano in mezzo alle sue natiche, penetrandola con due dita nel retto.
«EHI!»
Può controbattere quanto vuole, riconosce le sue bugie anche senza l’aiuto del suo udito e sa che le piace essere presa così da lui, sa che la fa impazzire, indipendentemente dal suo traumatico passato.
«Ti va di fare un gioco?» Sussurra contro il suo orecchio, intensificando i movimenti con le dita per farla completamente capitolare. Non che sia necessario, non quando si è completamente stesa sul suo busto e sta ansimando indecentemente, ma è pur sempre una soddisfazione sentirla supplicare quasi ne valesse della sua vita.
«Che gioco…?» Non si rende neanche conto che dopo l’ennesima scossa di piacere ha dato un colpo al computer per buttarlo di sotto e che adesso si sta strusciando sul suo corpo in una muta richiesta di fare molto di più.
«Si chiama “ti faccio godere finché non dici che non ne puoi più”.»
«E se ci metto ore a dirlo?»
Si guardano negli occhi per un misero secondo, sufficiente ad entrambi per capire che sì, Radish ha vinto, le ha fatto chinare di nuovo la testa, le ha imposto la sua supremazia seppur in modo poco ortodosso, e per questo abbandona a malincuore i suoi caldi e umidi pertugi per afferrarle la vita e trascinarla sulle proprie cosce. Vuole farle tutto. Vuole consumarla, assaggiarla, dominarla, sentirla nuda sopra e sotto di sé, vuole sentirla godere e incitarlo a fare solo di peggio, assaporare ogni nuovo momento di piacere, vederla perdersi per lui. E lo vuole subito.
«È proprio quello che spero…»




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
E niente… qui si passa dalla tragedia più totale allo scazzo assoluto da un capitolo all’altro. Quanti problemi ho, eh? Quanti?! Ogni volta che penso di aver raggiunto il picco massimo, scopro che ci sono altri cinque piani ancora da scoprire.🤪
Siete quindi avvisati, cari lettori: il peggio è dietro l’angolo, sempre.

In realtà stavolta non ho molto da dire… sono troppo impegnata nella stesura del finale del 21° capitolo e sto pensando assiduamente a come far svolgere al meglio (il mio meglio, ragazzi, pensate già al peggio!) il 22°. È in programma un bel colpo di scena! (sempre ammesso che mi riesca eh
🤞🏻)

💛Ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per le splendide recensioni al precedente capitolo (mi date un input incredibile per continuare a scrivere davvero!) e a Teo5Astor per aver recensito il 12° capitolo.💛

A presto
Un bacione
Kiki
🤙🏻

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Ve lo dico subito: ormai i capitoli sono tutti di minimo 30 pagine, non vi dirò neanche più se è più o meno lungo.


𝟙𝟡. 𝒩𝑒𝓁𝓁𝒶 𝓉𝒶𝓃𝒶 𝒹𝑒𝒾 𝓁𝓊𝓅𝒾




Sei giorni di assoluto divertimento e di divampante passione, ecco cosa hanno vissuto Radish e Sherry, che spesso vengono definiti come Raderry o Shedish. Il Quartetto ancora non è certo di quale sia la versione migliore, così li usano entrambi a momenti alterni.
Radish si è involontariamente ritrovato dentro al loro mondo, rendendosi sorprendentemente conto di non volerne uscire. Perché il loro è un mondo colorato e frizzante dove ogni sera si fa festa, dove si scherza e si gioca, dove ci si spalleggia sempre e si fa ciò che si vuole.
Lo ha capito la sera dopo l’inizio della loro convivenza, quando al posto di Sherry si è trovato i quattro folli lupi per casa a inchiodare nuove mensole sopra al divano, dove hanno piazzato svariati oggetti di dubbio gusto e utilità, e a spargere un numero imbarazzante di fotografie un po’ ovunque. In ogni foto vi è immortalata una parte della loro vita, si possono scorgere volti di giovani Spettri che adesso non ci sono più, c’è spesso Fern che li stringe, li bacia o gli spiaccica in faccia qualche dolce, ma la maggior parte sono quelle del compleanno, così che lui sia quanto più presente possibile. Lui e le persone alle quali vuol bene, indice che li hanno più o meno accettati tra loro.
Lo hanno preso tanto in giro dicendogli che è sempre imbronciato e, prima che lui potesse controbattere con una frecciatina o con qualche gesto violento, Maddox gli ha avvolto un possente braccio attorno al collo, gli ha mollato una birra ghiacciata in mano e lo ha trascinato sul divano, sfidandolo ad una partita ad uno sparatutto ambientato nello spazio. La considerava una cosa da idioti e si è rifiutato, all’inizio, ma poi si è ritrovato costretto ad ammettere che non era così male giocare con loro, scherzare ed insultarsi senza cattiveria, scoprire sempre più cose che li riguardano ed ascoltare i loro racconti, sia sui loro trascorsi che sui vari membri del branco.
Quando Sherry è rientrata, dopo essere andata a caccia con Bree, li ha trovati a bere birra mentre prendevano in giro un violentissimo film sull’occulto che le ha messo i brividi e l’ha costretta a rintanarsi in camera. Ciò che è successo dopo quando è stata raggiunta dal compagno, ha spinto pure il Quartetto ad abbandonare l’appartamento per cercare a loro volta dolce compagnia, dal momento che si sono ritrovati tutti eccitati come poche altre volte. Maddox era messo così male da fregarsene del calore della compagna, e adesso vive nel terrore di una possibile rinnovata paternità.
Ha capito ancora di più di essere considerato come un loro compagno quando, dopo qualche giorno, si è ritrovato a fare una grigliata sul tetto del palazzo con il Quartetto, Bree, Mimì, Becca, Domino e i due timidi cuccioli di Maddox, Amos e Maximilian. Quando i Quattro hanno attaccato la base per cantare in pieno stile boyband Signed, Sealed, Delivered I'm Yours, il Saiyan si è sentito terribilmente chiamato in causa… e per una delle primissime volte in vita sua non gliene è potuto fregare di meno. Era felice, spensierato ed eccitato, con Sherry che ballava languidamente tra le sue braccia, e si è un poco mosso a propria volta quando sono stati raggiunti da River e la bella Cacciatrice che aveva sedotto quel pomeriggio. Ma la sua presenza non gli ha dato particolarmente fastidio, perché quella era una serata fatta per ridere, dove si cantava, ballava, mangiava, beveva e dove si lanciavano palloncini pieni di latte andato a male contro i passanti per strada. Verso fine serata Bree e Mimì hanno annunciato di aspettare davvero due maschietti, con l’immensa gioia di Micah, e che li avrebbero chiamati Chuck e Magnus, mentre Major quasi piangeva nell’annunciare a sua volta i nomi scelti assieme ad un’eccitatissima Domino: Hana e Moira. Le prese in giro che ne sono seguite sono valse tutta la serata per Radish, che poi si è ritrovato a fare sesso per le scale.
La sera precedente, infine, è stata un qualcosa di strano: avevano deciso di restare a casa e riposarsi, ma prima di riuscire ad ordinare la cena si sono ritrovati sbalzati fuori dal branco di esagitati che aveva scoperto che un gruppo che gli piace avrebbe tenuto un concerto non troppo lontano.
Hanno spiegato a Radish che si trattava di un gruppo che suona rock alternativo, industrial metal e symphonic metal, e che per loro spaccano di brutto. Il Saiyan, ormai abituato alla musica energica che ascolta Sherry, non ha fatto storie e li ha seguiti, trovandosi così per la prima volta ad un concerto. In fondo la sua compagna ha solo 25 anni ed è abituata a festeggiare fino a tarda notte quando le pare, non se la sente ancora di dirle che preferisce restarsene calmo e tranquillo a casa. Sentirsi dare del vecchio da quella sgallettata non rientra decisamente nei suoi piani così come il lasciarla girare indisturbata da sola.
Non ha capito fino in fondo se l’ambiente caotico e chiassoso gli piacesse, ma si è ritrovato molto propenso per il sì quando una ragazzetta l’ha avvicinato, mettendo le mani dove decisamente non le avrebbe dovute mettere, e Sherry, che fino a quel momento si scatenava con Domino e Micah, gliel’ha tolta di torno con una clamorosa sberla a mano aperta. Ha riso come un pazzo nel vederla correre via terrorizzata e si è poi ritrovato a fare sesso in piedi lì in mezzo a tutti, con Sherry avvinghiata addosso che si muoveva su e giù quasi a tempo di musica. Un amplesso veloce e divertente, che ha fatto sì che Sherry decidesse che Monster sarebbe stata la loro canzone. A quel punto, ubriaco di sesso e divertimento, si è lasciato trascinare in mezzo al loro chiassoso gruppo e si è messo a saltare con loro, tenendo Sherry e Domino sulle spalle, facendole cantare a squarciagola.
Una serata perfetta, che si è conclusa alle due del mattino con loro due addormentati con ancora indosso le scarpe.
Una serata perfetta, che però è stata rovinata da uno dei terrificanti risvegli di Sherry. Aveva sognato che Jäger la traeva in trappola minacciando l’incolumità di Bree e che riusciva a farle ciò che non era riuscito a fare quindici anni prima, e senza volerlo ha di nuovo aperto un braccio a Radish.
Le ha spezzato le braccia per svegliarla e farle capire che era al sicuro, e con loro anche le costole che le hanno bucato i polmoni.
Se già per questo gesto si era sentito malissimo, si è sentito proprio morire dentro quando l’ha vista tossire fiotti di sangue, e a poco sono valse le sue parole per rincuorarlo. Le ha fatto del male, seppur a fin di bene, e questo non poteva proprio tollerarlo.
L’ha fatta riaddormentare tra le sue braccia dopo essersi fatto curare i tagli, e in quel momento ha deciso che non potevano più perdere tempo a cazzeggiare come un gruppetto di adolescenti in piena tempesta ormonale.
Essendo diventata l’esistenza di Jäger un problema concreto pure per lui e dal momento che nessuno di loro vuol dirgli dove trovarlo per ordine di Sherry, si è ritrovato costretto a chiedere ad altri. Ha cominciato con Bulma che, malgrado tutta la sua tecnologia avanzatissima, non ha comunque idea di dove si nascondano dal momento risultano inesistenti.
Aveva preso brevemente in considerazione una seconda opzione per stanarli, ma l’ha scartata immediatamente: sarebbe infatti incredibilmente stupido invocare Shenron solo per scoprirne l’ubicazione, e su questo si sono trovati tutti d’accordo.
Inutile poi parlarne con Sherry, che è decisamente troppo orgogliosa anche solo per pensare di chiedere il suo aiuto.
Dal momento che si è reso ben conto che andarlo a cercare personalmente sarebbe alquanto inutile, ha finalmente deciso di fare due chiacchiere direttamente con Piccolo e Vegeta, seppur l’idea non lo facesse proprio impazzire. Ma di mezzo c’è la sicurezza di Sherry, quindi si è sforzato.
I due guerrieri si sono mostrati entrambi un poco incuriositi dalla sua evidente fretta di parlargli e si sono ritrovati sorpresi nell’apprendere che gli Spettri che loro hanno conosciuto e che hanno allenato per qualche ora non sono assolutamente tra i più forti della loro gente come erroneamente pensavano. I Quattro lo hanno spiegato a Radish mentre giocavano alla console, affermando che quelli che nascono e crescono per generazioni nel loro habitat lo sono molto di più perché vengono mischiati solo i geni dei più forti e vengono addestrati sempre da lupi esperti, al contrario di quelli nati in superficie come loro che possono solo arrabattarsi. Gli hanno pure spiegato che ogni coppia dà alla luce uno o due cuccioli ben più forti dei genitori e che per questo ogni generazione è sempre molto più forte della precedente.
Ha detto loro che sarebbe come minimo consigliato addestrarli ai loro metodi di combattimento, metterli sotto sforzo quanto più possibile poiché potrebbero risultare, quanto meno, validi diversivi in scontri futuri, ma Vegeta ha avuto giustamente da ridire. Ha infatti fatto notare loro che se un mostro come Cell avesse assorbito un Purosangue, loro avrebbero potuto avere dei problemi non da poco poiché si sarebbe ritrovato con il loro particolare corredo genetico in circolo.
Ma Radish aveva già preso in considerazione l’idea e ha controbattuto dicendo che si accerteranno della situazione prima di lanciarli all’attacco e che sono capacissimi a nascondersi meglio di chiunque altro pur di non farsi trovare. Ci ha tenuto anche a sottolineare che prima del suo incontro con Sherry nessuno di loro sospettava dell’esistenza di quella forte specie e che di conseguenza non devono temere troppo per eventi catastrofici come quelli previsti da Vegeta.
Sono rimasti in silenzio per un po’, pensando ai pro e ai contro.
I contro non erano pochi, dal momento che si tratta di creature decisamente selvatiche che mai hanno interagito tanto con altre specie e che non sembrano per niente intenzionate a cominciare a farlo, che sembrano divertirsi ad uccidere senza particolare ragione, che non sembrano troppo inclini ad eseguire il volere di nessuno ad eccezion fatta di quello di Sherry, che a sua volta non sembra particolarmente incline a chiedere aiuto o simili.
Di pro, ovviamente, c’era il fatto che imparano molto velocemente, che danno senza dubbio delle soddisfazioni, sono un buon modo per sgranchirsi le ossa e che sembrano quasi instancabili.
In ultimo hanno preso in considerazione il fatto che se li aiutassero a riprendersi casa loro, luogo che bene o male tutti loro agognano, potrebbero anche infrangere una delle loro regole fondamentali e dar loro quel sangue miracoloso come ringraziamento. A conti fatti, averne a disposizione contro avversari del calibro di Freezer e Cell sarebbe un vantaggio decisamente non trascurabile.
Hanno infine detto che ci penseranno ancora un po’, e per Radish è stato sufficiente. Non ci voleva certo un genio per capire che erano molto propensi a dirgli di sì, per questo ha pensato di non insistere fino a far cambiare loro idea e di andarsene da Chichi. Sia chiaro, non l’ha fatto perché si è affezionato particolarmente a lei o ai ragazzi, ma perché ha scoperto che tengono sotto osservazione casa sua e voleva capire come si comportano, ed è rimasto piacevolmente sorpreso nel constatare che non c’era traccia di nessuno di loro, indice che aveva assolutamente ragione nell’affermare che sanno nascondersi meglio di chiunque altro.
È rimasto poi bloccato dalla cognata per un’oretta, dal momento che questa pare sentirsi un poco sola da quando Goku non c’è più e ripiega quindi come meglio può. Oltretutto, chi meglio di un Saiyan può aiutarla a gestire la forza e le energie di altri due piccoli Saiyan? Per quanto questi lo siano solo per metà, in fondo, hanno comunque una forte traccia paterna addosso, e quindi stancarli risulta difficile.
Tutto sommato non è stato un pomeriggio particolarmente felice per lui, soprattutto a causa dei continui flash del brutto risveglio subito, ma alla fine si è potuto dire soddisfatto.
Adesso, camminando verso casa, non può fare a meno di pensare a quanto la sua vita sia radicalmente cambiata, di quanto si stia evolvendo velocemente e di quanto Fern avesse ragione nel dire che quando creature come quelle entrano nella tua vita finiscono con lo stravolgerla e con il legarti in modo inscindibile a loro. E ne è felice, davvero, per quanto si renda conto che tutto ciò sia quanto di più lontano dalla vita ideale di un Saiyan come lui. Però gli sembra tutto così dannatamente normale, tutto così giusto
«È stressante non riuscire a scovarci, vero?»
Alza repentinamente lo sguardo, ritrovandosi brutalmente di nuovo con i piedi per terra nel sentire quella voce profonda e mortalmente fastidiosa.
River se ne sta poggiato sul cofano di una macchina di fronte a casa sua, le braccia incrociate al petto e il solito sguardo derisorio con il quale lo guarda ogni volta. Questo dettaglio lo fa sorridere sempre, dal momento che è lui ad aver vinto la loro silenziosa ed infantile battaglia. Se pensi davvero che riuscirai a metterle di nuovo le tue luride zampe addosso, beh… povero scemo.
«Non credevo fossi tanto masochista da trascinarti fino a qui solo per sentirle urlare il mio nome mentre me la sbatto.»
Non possono prendersi a pugni, Sherry li allontanerebbe definitivamente entrambi se solo ci provassero e questo lo sanno per sua stessa ammissione dopo che ci hanno riprovato cinque giorni prima, quindi devono per forza di cose accontentarsi di scambiarsi frasi acide dette con quanto più disprezzo possibile.
«Un vero Lord, non c’è che dire.» Per River è una situazione terribilmente frustrante perché, per quanto si sia mostrato spesso diplomatico e più incline a risolvere i problemi con la sua parlantina, adesso si trova di fronte ad un uomo stronzo quanto lui, se non di più, con le sue stesse capacità di ferirti solo a parole.
«Intanto vive con me.»
«Per ora.»
Il sorriso meschino di Radish si allarga ulteriormente e, senza perdere altro tempo, si avvicina con passo lento e calcolato allo Spettro. Tiene le mani nelle tasche per evitare di stringergliele attorno al collo e dentro sente che potrebbe esplodere da un momento all’altro. L’unica sua speranza è che l’altro sia così scemo da attaccarlo per primo.
«Sei venuto fin qui per prenderne ancora, Scooby?»

River non è un codardo, non lo è mai stato. Preferisce da sempre evitare lo scontro per il semplice fatto che lo trova stupido, un rischio inutile che il più delle volte non porta a niente, ma adesso sente il desiderio malato di snudare le zanne e affondarle nella sua gola, così da poterlo soffocare con la forza della mascella. Ma non può muoversi e, come per Radish, può solo sperare che sia così stupido da attaccarlo per primo. Perché non provarci istigandolo in qualche modo?
«Tu non sei come noi, non puoi capire le dinamiche del branco e le nostre usanze, non puoi capire cosa proviamo quando seguiamo una preda e quando la mangiamo che è ancora viva. Tu non puoi neanche capirci mentre ci parliamo, non puoi apprezzare a pieno il canto che nasce dai nostri ululati. Eppure pretendi di stare con una donna come Sherry, non riuscendo a capire quanto tu possa solo danneggiarla. Sei forse convinto di poter fare la differenza solo perché vieni dallo spazio e conquistavi pianeti? Beh, notizia dell’ultima ora: non è così. Per poter stare al suo fianco dovresti essere in grado di fare una cosa che invece non vuoi fare. Sempre ammesso che tu sia fisicamente in grado di farla, ovviamente. Quindi, davvero, smettila di giocare al dolce fidanzato che l’accontenta in tutto e togliti di mezzo.»
Lui non scherza come fanno gli altri quattro, Radish ne è consapevole. Così com’è consapevole che probabilmente sentirà molti di questi discorsi da tantissimi altri Spettri che non vogliono ancora accettare che lui abbia vinto a mani basse contro tutti quanti, ma la verità è che non gli interessa particolarmente.
Sa con assoluta certezza cosa c’è tra loro e, malgrado non ne parli neanche con lei, sa anche cosa vuole per il futuro, quindi non ha alcuna intenzione di farsi rovinare l’umore da un povero cagnolino col cuore spezzato convinto di poterlo sottomettere con un paio di cattiverie. È cresciuto nell’ombra di Vegeta e di Nappa, è dovuto sottostare agli ordini di Freezer, Zarbon e Dodoria: come potrebbero mai scalfirlo le loro parole?
Malgrado questo, però, è consapevole che sia molto meglio mettere in chiaro le cose sia con il bastardo del Sud che con qualsiasi altro Spettro che alza troppo la cresta, giusto per sottolineare la sua superiorità.
«Se è vero che io sono così sbagliato per lei… per quale motivo mi offre il collo ogni volta che le sono vicino? E questo non accade da un paio di giorni, sia ben chiaro, ma da sempre. Da quel che mi risulta, con te invece non l’ha mai fatto in sette anni. Come mai?» Gli si avvicina di un paio di passi, sostenendo il suo sguardo e ricambiandolo con la stessa arroganza, se non addirittura di più. Per quanto si renda conto che è anche solo stupido da pensare ed anche tremendamente infantile, tutta questa sceneggiata lo diverte davvero molto.
«Prima che tu risponda con una delle tue solite stronzate, vedi di tenere ben a mente una cosa che invece pare sfuggirti sempre: lei è mia. E credimi se ti dico che non mi farei il minimo problema ad uccidere a mani nude chiunque provi anche solo a pensare di toccarla. Sono stato abbastanza chiaro?» Sogghigna realmente divertito nel vederlo arricciare le labbra per mostrargli i denti adesso molto più bestiali, un gesto che, tra loro, è una chiara sfida.
Potrebbe attaccarlo, potrebbe spezzargli le ossa una dopo l’altra, potrebbe tirargli un calcio così forte da sbalzarlo in aria e poi rispedirlo a terra con una gomitata, potrebbe farlo sparire senza particolare sforzo, ma non lo fa. Si limita ad avvicinarlo ancora un po’ con un’infinita arroganza e soddisfazione nello sguardo, mal celando il desiderio di vederlo scattare per primo così che Sherry poi non possa prendersela con lui. Ma il suo è un desiderio sprecato, perché River non è così stupido da abboccare tanto facilmente e Radish lo sa benissimo.
«Ritira le zanne, Beethoven. Non vorrai mica che rovini il tuo bel musetto?»
Lo sente ringhiare sommessamente e, deciso a giocargli un brutto tiro facendogli davvero sentire le urla di piacere di Sherry, gli volta le spalle e s’incammina con le mani nelle tasche verso il portone, ma la voce del lupo lo richiama subito.
«Ti tengo d’occhio.»
«Spero che ti piaccia la vista.»
Cammina calmo su per le scale, sbuffando scocciato nel rendersi conto che River è corso via e che quindi il suo malefico e per niente infantile piano per ferirlo sia andato in fumo, ma decide saggiamente di non pensarci troppo. Se Sherry lo vedesse troppo nervoso gli estorcerebbe la verità in un modo o in un altro e addio sesso. No, decisamente è meglio accantonare la faccenda e mostrarsi il più calmo possibile.
In suo aiuto arrivano le note leggere di una canzone che in più di un’occasione ha sentito echeggiare per casa. Non che gli piaccia in modo particolare, anzi lo lascia piuttosto indifferente, però sa bene che Sherry spesso si lascia andare su quelle note e balla ondeggiando piano i fianchi, muovendo lentamente la testa da un lato all’altro mentre si passa le dita tra i capelli… e sa anche altrettanto bene che ogni volta finiscono poi col danzare assieme, seppur non nel senso letterale del termine.

Apre la porta, già pregustandosi la scena e ancor di più i dolci risultati che ne seguiranno, ma quello che trova non appena alza lo sguardo lo lascia così di sasso che quasi non si dimentica pure come si chiude la porta.
Se ne sta lì in cucina e gli dà le spalle, un aderentissimo tubino nero decisamente corto e con uno scollo profondo sulla schiena a fasciare quel corpo granitico e voluttuoso, un paio di tacchi vertiginosi a slanciare la sua figura.
Non l’ha mai vista vestita così, neanche una volta. Dire che faticava ad immaginarlo è dire poco.
Quando poi si volta a guardarlo con i suoi occhioni civettuoli ben truccati e gli sorride con le labbra tinte di un intenso rosso rubino, sente tutto il sangue affluire in basso, stordendolo violentemente. Ma non vuole passare per un povero scemo che si rincoglionisce così tanto solo perché la sua donna si è messa in tiro per lui, così si schiarisce a fatica la gola e si sforza di parlare.
«E questo cosa significa?» Ora che ci fa caso, nota che le luci sono spente e che l’illuminazione della stanza è dovuta alle tante candele che ha disseminato in giro. Sente inoltre un odorino particolare che gli fa venire l’acquolina, ma vederla muoversi come una pantera verso di lui gli impedisce categoricamente di capire di cosa si tratti.
La guarda con l’espressione di chi non ci sta capendo assolutamente niente mentre gli allaccia le braccia al collo e lo bacia dolcemente a fior di labbra, ritrovandosi a tirarsela addosso senza neanche accorgersene.
Se prima di arrivare sulla Terra gli avessero detto che sarebbe andata a finire così… beh, di certo non avrebbe combattuto contro suo fratello. Non avrebbe neanche perso tempo a cercarlo. Si sarebbe messo subito alla ricerca del focoso Spettro che gli sta delicatamente mordendo il labbro inferiore e fanculo Vegeta, Nappa, Freezer, Zarbon, Dodoria e tutti quelli che conosceva.
«Becca ha notato che ero giù di tono oggi… così abbiamo parlato un po’ e mi ha detto che quando fa arrabbiare o preoccupare molto Maddox, lei fa così per tranquillizzarlo o farsi perdonare. Ho pensato che fosse una buona idea…» Il suo tono è sorprendentemente dolce, caldo, seducente, e Radish tenta disperatamente di non farle capire che con questo atteggiamento potrebbe ottenere da lui tutto ciò che vuole in qualsiasi circostanza «… mi sono sbagliata?»
«Ero dispiaciuto per averti fatto così male, ma di certo non ero arrabbiato e neanche preoccupato, sapendo come dover agire.» Si stupisce davvero di essere riuscito a parlare tanto. Si stupisce anche di non essersi impappinato a metà frase di fronte a quel sorriso luminoso che gli ha rivolto. Non si è stupito neanche per sbaglio nel rendersi conto di aver spostato le mani sulle sue natiche e di averle strette con forza. Si è però piacevolmente stupito nel constatare che sotto al tubino non indossa la biancheria intima.
«Quindi tutto questo non è necessario ed è meglio se mi cambio e ordino una pizza?» Scherza realmente divertita dalla sua reazione, fingendo di provare ad allontanarsi dalla sua morsa d’acciaio.
Se le avessero detto che sarebbe finita col comportarsi in questo modo, tanto più con un uomo che non appartiene alla sua specie neanche alla lontana, avrebbe riso in faccia al suo interlocutore e poi lo avrebbe preso a pugni. E invece eccola qui, stretta tra le sue braccia, abbandonata nel suo calore, rapita dalle sue labbra peccaminose che la marchiano costantemente… e non ne è mai sazia.
«Non ci provare.» Mormora contro il suo collo, facendola ridere un poco. Ma poi decide di separarsi e allunga curiosamente lo sguardo su ciò che sta preparando per lui in cucina, e una nuova frecciatina esce prepotentemente dalle sue labbra «Sempre ammesso che tu sappia cucinare qualcosa all’infuori di un piatto di pasta col sugo preconfezionato.»
«Stronzo malfidato. Io odio cucinare, ma ciò non significa che non ne sono capace.» Si dirige a grandi falcate verso i fornelli tenendolo saldamente per mano. Per quanto quell’abbigliamento sia fortemente fuori dalla sua zona confort e il fare la dolce casalinga che prepara una bella cena per il suo uomo le faccia accapponare la pelle, in questo momento si sente profondamente fiera di sé ed entusiasta. Non saprebbe dire perché, ma è così. Se non avesse ancora forti problemi col catalogare le emozioni, capirebbe che ciò è dovuto solo allo stupore e alla gioia del compagno.
«Come antipasto gamberi viola scottati, pistacchi e barbabietola. Come primo ravioli al caglio di latte, nero di seppia, calamaretti e broccoli. Per secondo rombo in crosta di cacao, patata bianca e piselli alla menta. Per finire, un mini dessert alla crema e lamponi.» Afferma tutta fiera mentre con un cucchiaino raccoglie un poco di sugo e lo avvicina alle labbra tese in un sorriso divertito dell’uomo «Prova.»
È un poco scettico, Radish, anzi lo è molto, ma decide saggiamente di accontentarla, sgranando poi gli occhi nel rendersi conto che sì, è davvero buono malgrado sia ben lontano da ciò che mangia di solito.
«Hai mangiato uno chef in passato?» Domanda serio, continuando a fissare le pietanze in preparazione.
«Dev’essere capitato…»
«Non ordineremo più a domicilio, sappilo.» E perché mai dovrebbero? Certo, a lei i soldi non mancano, ma adesso che sa che è capace di certe cose di certo non si accontenterà facilmente di pizza e roba simile.
«Allora impara a cucinare, bonobo.»
«Non penso proprio.»
«Ho di meglio da fare che mettermi a fare la dolce mogliettina, io.»
Rimane immobile ed interdetto alle sue spalle, le mani ancora appoggiate sui suoi fianchi. Sa bene quanto sia difficile farle cambiare idea se si impunta su qualcosa, soprattutto se quel qualcosa può minare in qualche modo la sua concezione di donna forte o roba del genere, ma sa anche altrettanto bene di avere un ascendente terribile su di lei e di essere capace di farla capitolare. Certo, per quanto riguarda la questione lasciami-uccidere-quel-maledetto-figlio-di-troia non c’è niente da fare, vuol fare da sola e dubita fortemente di avere un potere abbastanza forte da farle cambiare idea, ma per il resto…
«Scommettiamo che riesco a convincerti?»
Si abbassa un poco di lato col busto e con estrema lentezza, quasi indugiando, fa scorrere i polpastrelli sulla coscia liscia, risalendo piano fino a raggiungere le natiche sode. L’idea che sotto quel vestito non indossi niente lo eccita molto più del necessario.
Esplora le curve del sedere rotondo fino a raggiungere la profonda fessura verticale che separa i due emisferi di carne, che sfiora con la punta delle dita, trovandola umida di umori.
Sherry, dopo un attimo di smarrimento, volta un poco la testa per incrociare i suoi lussuriosi occhi d’onice che la fissano con insistenza, nella bruciante attesa di vederla cedere come accade ogni volta.
«Quelli della tua razza sono tutti costantemente arrapati?»
«Come se ti dispiacesse…» Non regge più, la sua bocca è troppo vicina ed infine si incontrano in una battaglia impetuosa dove non ci sono mai né vincitori né vinti.
Tutto questo è tutto fuorché un atteggiamento da Saiyan, che tante cose avrebbe fatto eccetto che occuparsi tanto della propria compagna. Suo padre, forse, lo avrebbe fatto, ma lui era diverso. E sua madre era diversa. Forse il loro essere tanto diversi dagli altri ha in qualche modo contaminato i figli, e questo spiegherebbe non solo la bontà di suo fratello ma anche la sua, che emerge prepotentemente di giorno in giorno da quando ha incontrato il giovane Spettro.
Radish vuole disperatamente credere che sia così, perché sennò dovrebbe ammettere di essere qualcosa di molto simile a quello che loro definiscono un Freak, e questo non potrebbe proprio accettarlo. Anche se, tutto sommato, la vita con Sherry potrebbe anche valerne la pena…
«No, aspetta, dai! Si rovina tutto!» Si lamenta debolmente Sherry, tentando in modo visibilmente falso di toglierselo di dosso.
Il Saiyan si abbassa frettolosamente i pantaloni e i boxer e le alza in malo modo il vestito fino alla vita, ridacchiando nel vedere i suoi goffi tentativi di riabbassarlo per potersi concentrare sui fornelli. Come se ti credessi!
«Che mi frega?»
La penetra subito, a tradimento, strappandole un urletto di sorpresa che lo fa sogghignare vittorioso.
Per una volta non vuole uno dei loro amplessi devastanti, uno di quelli che lo lascia senza forze e che poi richiedono quasi forzatamente qualche goccia del suo sangue per evitare di collassare lì dove si trova; vuole un qualcosa di veloce e travolgente, qualcosa che la soddisfi ma che le lasci comunque l’amaro in bocca, così da farla scatenare in un secondo momento. E Sherry lo sa. Eccome se lo sa. Conosce troppo bene il suo scimmione per non capire questi suoi giochetti, ma di certo non se ne lamenta.
Si lascia sostenere dal suo braccio forte e si abbandona a lui,  sconquassata dal piacere che riesce a farle provare dopo pochi minuti, concedendogli di farle tutto ciò che gli viene in mente e in qualsiasi modo voglia.
Gli sorride languidamente quando lo sente premersi sulla sua schiena, una mano appoggiata al piano della cucina e una avvolta attorno al suo addome per sostenere entrambi. Non credeva che un qualcosa di così fugace lo avrebbe lasciato tanto soddisfatto e a corto di fiato, ma deve proprio ricredersi.
Le abbassa alla meglio il vestito e si allontana con passo calmo, non prima però di averle dato un lieve morso sulla clavicola ed una pacca sul sedere, in un misto di possessione e gioco.
«Vado a farmi una doccia.»
Sherry lo osserva ridacchiando divertita dai suoi modi rozzi misti alle tenere attenzioni che le rivolge ogni volta che può senza neanche rendersene conto, solo per poi rigirarsi e rimettersi a cucinare.
«Se la mettiamo così, penso proprio che preparerò più spesso la cena…»


Balza a sedere nel letto come se qualcosa le avesse ustionato la schiena e a fatica riesce a capire cosa stia succedendo. Si sente strana come poche altre volte, sente lo stomaco attorcigliarsi dolorosamente e il cuore le pare sul punto di esplodere tanto le batte velocemente. Annaspa per qualche istante in cerca d’aria, guardandosi freneticamente attorno per capire quale pericolo possa aver captato nel sonno, non trovando assolutamente niente. Poi però percepisce un sobbalzo nel letto, un lieve scalciare seguito da un lamento sommesso, ed abbassando gli occhi vede la figura dormiente di Radish semi-raggomitolato su un fianco, il corpo nudo imperlato di sudore e il volto aggrottato in un’espressione sofferente.
«È solo un incubo, va tutto bene…» Lo scuote piano per una spalla, facendolo solo mugolare più forte in risposta. Sente che sta implorando qualcuno di smettere di fare qualcosa e nelle sue parole avverte un tale dolore che si blocca per qualche istante.
«Radish? Radish, svegliati…» Lo scuote con più forza per la spalla e, dopo l’ennesimo richiamo, si ritrova di colpo con la sua mano ruvida stretta dolorosamente attorno alla gola.
L’uomo la guarda ma non la vede per davvero, davanti ai suoi occhi c’è qualcuno a lui sin troppo familiare che stava facendo l’unica cosa al mondo capace di distruggerlo. Purtroppo per lui non era neanche solo, e questo ha amplificato solo il suo dolore.
Quando però sente la mano calda di Sherry sfiorargli la guancia nel disperato tentativo di riportarlo alla realtà senza dovergli fare del male esattamente come facevano all’inizio con lei, ecco che la vista gli viene restituita e con orrore si rende conto di quello che le stava facendo.
La lascia andare di scatto e si allontana all’indietro, non perdendo l’equilibrio quando si porta in piedi solo per pura fortuna.
Lo Spettro annaspa un poco in cerca d’aria per poi puntare lo sguardo nel suo. Non c’è traccia risentimento però, poiché più di chiunque altro sa come ci si senta ad essere vittima del proprio subconscio che ti spinge a difenderti violentemente senza rendertene conto.
«Che è successo?» Si porta in ginocchio sul materasso madido di sudore e lo avvicina lentamente, ma non appena riesce a sfiorargli una mano con la punta delle dita l’uomo si ritrae di scatto e senza neanche pensarci entra in bagno. Non fa però in tempo a chiudere a chiave la porta prima che la ragazza la spalanchi con una spallata decisa, e per questo si ritrova come in trappola.
Sa bene che vuole aiutarlo così come lui l’aiuta quando ha i suoi di incubi, ma adesso davvero non saprebbe come guardarla negli occhi. Era tutto così maledettamente reale e schifosamente possibile da fargli male e farlo vergognare per davvero.
L’allontana di nuovo e, senza neanche pensare troppo a ciò che sta facendo, si infila sotto la doccia ed apre il getto.
«Così mi fai paura…»
L’acqua fredda lo investe in pieno, facendolo rabbrividire ed aiutandolo per qualche secondo a ritrovare un minimo di lucidità, tempo sufficiente per allungare un braccio verso di lei.
«Cosa fai?»
«Guarda da sola.» Non potrebbe dirglielo a parole, non ci riuscirebbe mai. In realtà non sa neanche dove stia trovando il coraggio di mostrarglielo.
Sherry, seppur titubante, gli prende delicatamente la mano e vi fa un piccolo taglietto con un artiglio per far fuoriuscire qualche goccia di sangue, dentro il quale trova immagini orribili che le fanno capire a pieno cosa l’abbia sconvolto tanto.
Un paesaggio devastato, tanti fuochi e crateri sparsi un po’ ovunque. L’aria è irrespirabile pure per lui, che si ritrova come immobilizzato ad osservare un qualcosa di fronte a sé. C’è River riverso a terra in una pozza di sangue, un grosso buco che gli trapassa il petto all’altezza del cuore, gli occhi spalancati che puntano il cielo, rivoli di sangue che scendono dalle labbra dischiuse. A qualche metro di distanza c’è lei, inchiodata a terra da qualcuno che all’inizio non riesce ad identificare. Una specie di ombra, un uomo senza volto grande e grosso che continua ad infierire sul corpo nudo e sofferente con furiosi colpi di bacino, che ride sguaiatamente nel sentirla supplicare e piangere. Alle sue spalle giunge un secondo uomo che identifica velocemente come il suo ex-compagno pelato, Nappa, che esorta l’assalitore a sbrigarsi perché è il suo turno, e solo a quel punto Radish - e di conseguenza Sherry - riesce a capire che non si tratta d’altri che di sé stesso. Il vecchio lui, quello che non si sarebbe fatto troppi problemi a violentare una bella donna che si era violentemente difesa dopo la conquista del suo pianeta.
Nappa poi riesce in qualche modo a rendersi conto di essere osservato dallo stesso uomo che l’ha sconfitto nella realtà e lo schernisce dandogli del codardo, del traditore, del fallito e per spregio la violenta brutalmente davanti ai suoi occhi.
L’altro Radish, quello che Sherry ha visto più volte nei suoi ricordi e che è ben felice di non aver mai conosciuto, gli si avvicina velocemente, pronto ad attaccarlo mentre afferma che come Saiyan non vale niente, che è un rifiuto, e a quel punto l’incubo finisce, riportandola alla realtà.
È distrutto da ciò che ha sognato, lo capisce nel momento esatto in cui lo trova a corto di fiato e tremolante con i gomiti poggiati contro il muro, mentre l’acqua gelida ancora tenta in qualche modo di calmarlo.
«Radish…» Senza pensarci due volte lo raggiunge sotto il getto e lo stringe il più forte possibile, nascondendo il volto contro il suo petto «Quell’uomo che hai sognato… quello non sei più tu.»
«No.»
«Ra—»
«No!» Prova ad allontanarsi, a spingerla lontano come per proteggerla da quello che era un tempo e adesso teme possa riemergere, ma Sherry glielo impedisce categoricamente stringendolo con più forza «Non capisci che quello che ho sognato è esattamente ciò che sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente?!» Le abbaia contro nel tentativo disperato di allontanarla, non suscitando in lei la reazione desiderata.
«Ma non è successo! Possibile che non riesci a capirlo?» Gli afferra con forza il mento con una mano e lo costringe a guardarla negli occhi, imponendosi davvero su di lui da vero Spettro Alpha qual è, come una vera Regina che deve far valere la propria voce in una situazione difficile.
«Tu non sei più l’uomo che eri. Non sei lo stesso Saiyan. Non lo sarai mai più perché sei cambiato, i tuoi orizzonti si sono ampliati, provi sentimenti umani adesso… riesci a capirlo? Quello non sei te. È morto quel giorno, non ti si avvicinerà mai più.»
La guarda come se le avesse davvero fatto del male, come se quegli eventi orribili si fossero davvero svolti e le viene da piangere nel vederlo così sconvolto, così pieno di vergogna per un qualcosa che non ha commesso. Sa perfettamente cos’era e cosa faceva ma lo ha accettato, consapevole del suo cambiamento radicale e del suo ripudiare sé stesso, e di conseguenza non gliene ha mai fatto un cruccio né lo ha mai allontanato malgrado il proprio passato. Sa anche altrettanto bene che è proprio per quest’ultimo punto che sta reagendo in questo modo e le si stringe il cuore. A quanto pare, Jäger, riesci a contaminare col tuo schifo anche ciò che non hai mai toccato… complimenti, davvero, è un talento davvero singolare!
Gli carezza dolcemente una guancia, sorridendo timidamente di fronte al suo sguardo dispiaciuto, quasi supplichevole. Allunga poi la mano sulla sua nuca e lo tira in basso, così da poter poggiare la fronte contro la sua. Sente il suo respiro tiepido sulla pelle, il suo cuore calmarsi mentre gli sfiora delicatamente il petto e questo la fa rilassare un poco.
Non pensava che si sarebbe lasciata andare tanto malgrado tutto ciò che hanno passato in un mese e mezzo, ma il momento le pare quanto più adatto possibile per fargli capire per bene quanto lui non sia più quello di un tempo: «Non permetterò mai a quel Radish di tornare in vita, puoi credermi. Come farei poi ad amarlo?»
Non sa cosa dire, Radish. Non sa neanche cosa pensare o fare. È totalmente pietrificato dalle sue parole. Dovrebbe dirle che nessuno gli ha mai detto di volergli bene, figurarsi che lo amava? Dovrebbe dirle che prova lo stesso? Dovrebbe dirle che, malgrado il contesto, non è mai stato così felice? Dovrebbe baciarla e stringerla così forte da spezzarle il respiro? Non ne ha assolutamente idea. Non era pronto a questo, malgrado dentro lo sapesse benissimo e lo aspettasse con trepidazione.
Rimane immobile a fissarla ad occhi sgranati mentre gli sorride, si lascia trasportare fuori dalla doccia e afferra con mano incerta il grosso asciugamano che gli porge.
«Torniamo a letto, dai.» Non le importa niente che le risponda con il tanto sospirato “anch’io”, non se ne farebbe molto. Sa ciò che prova per lei già da parecchio, l’ha visto nel suo sangue e l’ha capito davvero quando si è presentato in casa sua dopo quell’orrenda lite e tutte le incomprensioni che ne sono seguite. Inoltre, seppur senza rendersene conto, glielo dimostra spesso e volentieri con piccoli gesti.
«Dubito di riuscire a dormire.» Borbotta sempre un poco imbarazzato dalla sua inaspettata dichiarazione, sdraiandosi al suo fianco senza esserne troppo convinto. Da una parte si sente malissimo per ciò che ha visto in sogno e l’ennesima presa di consapevolezza di ciò che era prima di morire, dall’altra si sente profondamente stordito dalle sue parole. Lo sapevo già, eppure sentirlo…
«Andiamo, hai avuto altri incubi eppure dormi sempre come un sasso… tipo quello dove mi faccio scopare da tuo fratello.» Scherza con un sorriso di scherno stampato in volto, decidendo saggiamente di non aggiungere altro. Gli ha già detto che Goku/Kakarot - non ha infatti ancora capito come deve chiamarlo - non le fa né caldo né freddo, ma non ha trovato il coraggio di dirgli che, contro ogni logica, trova che fosse suo padre quello davvero sexy tra loro tre. Non se ne capacita proprio per il fatto che lui e il figlio minore fossero due gocce d’acqua, eppure…
Si lascia avvolgere dal suo braccio e si accoccola maggiormente contro di lui, intrecciando le dita con le sue. Solo adesso si rende conto che le tiene la mano sulla pancia e che è un gesto che compie spesso, motivo per cui decide di metterlo al corrente di un piccolo ma non irrilevante dettaglio che è bene che tenga a mente in futuro.
«Una dritta, fustacchione: non fare mai un gesto del genere davanti ad uno Spettro. Forse giusto Bree non lo fraintenderebbe.»
«Perché? Ha un qualche significato particolare dalle tue parti?» Gli occhi sono già chiusi, il tepore del suo corpo contro il proprio e il fatto che ciò che ha visto non abbia significato niente per lei lo sta in qualche modo calmando profondamente.
«Sì, soprattutto tra le coppie.»
Ecco, adesso è di nuovo vigile e attento alle sue parole, consapevole che non sarà un qualcosa né di piacevole per lui né di normale: «Del tipo?»
«I maschi lo fanno per… segnare l’utero, ecco. Un modo silenzioso ma efficace per far capire che vogliono dei figli. O che sono già in arrivo, talvolta.» Si trattiene con tutta sé stessa dallo scoppiare a ridergli in faccia quando, voltandosi, lo trova come sbiancato e con gli occhi sgranati al massimo.
Sa bene che non gli piacciono i bambini, che li trova troppo fragili e che, nell’assai remoto caso in cui si trovasse con un figlio tra le braccia, avrebbe paura di spezzarlo in due o spiaccicarlo a terra, ma non le importa assolutamente. In fondo neanche lei ha mai preso davvero in considerazione l’idea di avere dei figli, non per i prossimi dieci anni quanto meno, quindi perché mai preoccuparsene adesso?
«Stai scherzando?»
«Lo sai che gli Spettri hanno modi strani, no?»
«Quindi se faccio così davanti alla tua gente pensano che voglio metterti incinta?!»
«A grandi linee.»
Scatta di lato e si rigira sull’altro fianco, ignorando le sue risate sguaiate. Non ne vuole sapere, proprio no, e solo l’idea che abbiano in qualche modo sollevato l’argomento lo manda in panico. Che serata di merda, dannazione!
«Non ti toccherò mai più la pancia per tutta la vita, giuro.» Borbotta imbarazzato e nervoso mentre si tira addosso le coperta con fare goffo, non pensando neanche per un istante di scansarla quando la sente accoccolarsi contro la sua schiena.
Devo davvero andare da Fern e farmi raccontare quanti più dettagli possibile, sennò non si può vivere sereni con queste strane bestiacce!


È corsa alla tana che ancora il Sole non era del tutto sorto.
Si era levato un allarme, forte e chiaro, un coro di ululati pieni di rabbia ed un pizzico di paura. Qualcuno aveva varcato di nuovo il confine, lo avevano fiutato e lo stavano braccando. Voleva dare man forte, ma i Quattro le hanno comunicato che erano sulle sue tracce, che non avrebbero permesso a nessuno di avvicinarsi e che lo avrebbero eliminato, così si è diretta alla tana per calmare gli animi irrequieti dei suoi lupi.
Aspetta da un’ora ormai, alcuni gruppi sono tornati ed hanno comunicato che gli invasori si erano divisi e che erano stati eliminati tutti, eccetto uno. Quell’uno adesso è braccato dai Quattro, che messi assieme raggiungono una forza superiore al normale e che, di conseguenza, non hanno molti nemici da temere.
Ma Sherry è irrequieta, ha fiutato la tempesta, sa che qualcosa sta per accadere. Non saprebbe dire cosa con l’esattezza, ma sa che è lì, dietro l’angolo, pronto a scatenarsi su tutti loro.
Il branco è irrequieto mentre attende il ritorno dei Quattro, nella speranza non solo che stiano bene ma anche che abbiano delle informazioni utili, dal momento che quelli abbattuti erano pressoché ignari di tutta la faccenda e pure molto deboli per gli standard del Nord.
Pedine. Non erano altro che pedine senza valore da sacrificare a cuor leggero per il tuo divertimento. Ma qual è il gioco? Qual è il reale obiettivo finale?
Si volta di scatto verso il ringhiare furioso del Quartetto che sta scortando un ospite inatteso.
Bree si porta al suo fianco, il manto gonfio sulla schiena e le zanne snudate. Malgrado le sia stato categoricamente vietato di buttarsi negli scontri per via della gravidanza, facendola non poco risentire, non riesce a fare a meno di frapporsi tra Sherry e qualsiasi pericolo le si pari davanti, ma la vista del nemico fa un poco vacillare le sue convinzioni e tremare le zampe.
«Darren?!» Bercia Sherry, gli occhi iniettati di sangue e il corpo che freme per attaccarlo.
Darren, secondo fratellastro maggiore di Bree, uno dei migliori Segugi del Nord, pazzo e violento probabilmente quanto il fratello maggiore Daryl.
Si sono sempre somigliati tutti, tra loro. Tutti di bella presenza, alti e dalla pelle ambrata, i capelli di diverse tonalità di biondo e gli occhi chiari. Daryl è sempre stato quello forte, Darren quello veloce, Bree quella sveglia. In comune possono dire di avere l’odio reciproco che li ha portati ad attaccarsi in più occasioni e sempre
per futili motivi, tutto qua.
Il lupo rimane calmo in mezzo a tutti loro, le braccia dolorosamente strette nelle mani di Maddox e Mordecai non lo scalfiscono minimamente. Doveva andare così, ed è rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire che un reietto come loro sia stato capace di raggiungere la sua velocità. Non poteva certo pretendere di meno da Micah, il famoso Leone Dorato
* delle Terre di Nessuno.
Li guarda uno per uno con un’aria di estrema sufficienza che fa loro ribollire il sangue e, un poco, spera che siano così folli da attaccarlo e ucciderlo. Anche se poi non potrebbe assistere personalmente al loro annientamento, l’idea di essere lui il motivo scatenante di una guerra lo rende euforico.
«Sherry! Quanto sei cresciuta! Capisco perché Jäger è tanto impaziente di riaverti a casa.» Esclama con occhi bramosi mentre la ispeziona da capo a piedi, lasciando poi scivolare lo sguardo su Bree, nervosa e col pelo irto dietro di lei. Il suo sorriso lascivo e meschino si allarga ancora di più, le parole escono da sole dalle sue labbra sottili «Dammi un bacio, dolce sorella, magari cambio i tuoi strani gusti.»
La Mezzosangue prova a scattare in avanti per attaccarlo, venendo bloccata da un gesto secco di ammonimento da parte di Sherry. Micah si porta presto al suo fianco e il suo gesto viene poi imitato da River e altri due Alpha.
«Era un no?» Scherza realmente divertito il Segugio, gli occhi accesi dal malato desiderio di sangue.
«A cosa devo questa spiacevole sorpresa, Darren?» Il tono di Sherry è fermo, piatto, gelido. Lo guarda dritto negli occhi, non provando altro che pietà. Non era così, da bambino. Era solare, giocava molto e si sforzava come pochi altri per mettersi in mostra agli occhi dell’indifferente padre. Era un cucciolo sorridente che da un giorno all’altro ha smesso di pensare da solo, che si è lasciato infettare da quel morbo chiamato Jäger, arrivando così a gioire della morte della madre poiché il suo “amico” la considerava inutile. Uno Spettro che ha perso sé stesso senza accorgersene e che adesso non ha più niente al mondo se non una cieca devozione per un uomo che non proverebbe il minimo fremito nel vederlo morire.
«Eravamo curiosi di vedere come ti sei organizzata… sai che delusione quando riferirò di essermi ritrovato di fronte ad un branco di cani senza nome e senza valore?» La sua calma che rasenta quasi una folle indifferenza li disarma totalmente, intimorendoli. Darren lo sa benissimo, fiuta il loro timore e capisce che sta facendo breccia, che sta instillando nei loro cuori quel doloroso e fetido parassita che li porterà alla sconfitta.
Lascia vagare gli occhi di lato, un sorriso mellifluo e lascivo ad increspargli le labbra sottili deformate dalla lunga cicatrice che le attraversa.
«A tuo favore posso dire che avete qualche puttana decente.»
Camila e le poche ragazze con le quali ha stretto una sincera amicizia negli anni si stringono tra loro, abbandonandosi a qualche guaito spaventato. La sola idea del destino che le attenderebbe se venissero catturate vive è sufficiente a farle tremare come foglie.
«Sai che potremmo ucciderti, vero?» Sherry non si muove dalla propria posizione di vantaggio e superiorità, non mostra alcun genere di reazione emotiva alla sua presenza. Dentro, in un angolo a tutti nascosto della propria mente, è profondamente turbata dalla sua sconvolgente potenza, troppo superiore a quella di un normale Segugio. Li ha addestrati e allenati oltre ogni limite… il Sud cadrà se non verrà avvertito per tempo. È pure possibile che, tutti insieme, possano soverchiare pure Roman…
«Apophis non sarà molto felice nell’apprendere dei due piccoli bastardi.» Insiste il Segugio, guardando con riluttanza Bree. Micah non ci sta, ma non potendo attaccare senza venire meno al volere di Sherry, cosa che minerebbe fortemente sulla sua autorità, si limita a nascondere totalmente l’amica dietro la propria mole e a mostrare i denti al nemico in un chiarissimo avvertimento a farla finita.
«Dimmi, Leone Dorato, sono roba tua? Avranno un minimo di valore, col tuo sangue. Almeno una nota positiva l’ho trovata.»
«Cosa ti fa credere che ti rimanderò indietro?» Sherry si piazza di nuovo davanti a tutti loro, il cuore improvvisamente più irrequieto. È una sensazione strana, come se qualcosa dentro di lei si fosse improvvisamente svegliato e ruggisse furiosamente per attaccare.
«Perché uccidendomi daresti al mio Re la giusta spinta motivazionale per uccidervi tutti prima della Festa del Fuoco.»
«Sei così scemo da credere davvero che muoverà anche solo un dito per te?»
Darren allunga le braccia in avanti, incurante del fatto che i due Cacciatori che lo affiancano potrebbero picchiarlo nuovamente per un gesto simile.
«Puoi vederlo dal mio sangue, se non mi credi.»
Sherry lascia saettare per un secondo gli occhi su Mordecai, che sul mento e sul petto porta ancora le tracce del suo sangue dopo averlo violentemente azzannato per catturarlo, e un ringhio frustrato le risale su per la gola nel vederlo annuire.
«E cosa sta aspettando a farlo?» Domanda con tono quanto più calmo possibile River, che non ha mai provato altro che disprezzo per il folle Segugio. Un ragazzo che incita un pazzo sadico a violentare sua sorella… quante cose ci sono più disgustose di questa?
«Questo non mi è dato saperlo… e poco m’importa, ad essere sincero. Tanto il risultato non cambierà: vi attaccheremo, vi uccideremo, banchetteremo con la vostra carne, prenderemo le vostre femmine migliori, la mia cara sorellina diventerà la puttana di Apophis e tu… tu prenderai il tuo posto al fianco del Re.»
«Io non credo.» Ringhia in risposta Sherry, quella strana sensazione che continua a montarle nel petto si sta facendo sempre più forte di secondo in secondo. Le pare quasi che quella cosa le stia raschiando il petto da dentro per uscire e scatenarsi, e ormai riuscire a mantenere il sangue freddo sta diventando difficilissimo.
«Pensi davvero che importi se sei consenziente o meno?»
Major alza per un breve istante gli occhi chiari verso l’arcata che loro stessi hanno superato per entrare nel grande spazio dove si sta tenendo la spinosa conversazione, ed un sorrisetto divertito gli increspa le labbra mentre gli occhi si accendono per l’eccitazione.
«Cosa intendi?» Forza biondino, parla chiaramente… regalaci un grande spettacolo!
«Che la stuprerà finché non arriverà a piac—» Non respiro. Perché non respiro? Lo stomaco. Lo stomaco è compresso. Cazzo… si è spostato! Si è compresso e si è spostato in alto, comprime i polmoni. Che cazzo succede?!
La spina dorsale scricchiola in modo preoccupante quando viene colpita a tradimento con una gomitata, il corpo impatta violentemente a terra.
Il braccio si torce in modo innaturale all’indietro, facendo un giro completo e maledettamente doloroso fino a puntarsi in alto. La spalla si spezza, esce fuori posto, il dolore è insopportabile.
Qualcuno gli sta strattonando la testa all’indietro trattenendolo per i capelli e poi lo ributta in avanti, il naso va in frantumi e per sbaglio si morde la lingua nell’impatto, la bocca si inonda di sangue. Sente una nuova pressione in mezzo alle scapole, i polmoni si comprimono di nuovo, il sangue cola come lava incandescente sul volto, inzuppando il terreno. Sputa, si sbarazza del liquido in eccesso che gli sgorgava dalle labbra, con gli occhi cerca l’avversario.
Nessuno, lì dentro, sarebbe capace di tutto questo da solo in forma umana.
Non riesce a sentire bene il suo odore, il proprio sangue gli ostruisce le vie respiratorie, le costole rotte non riescono a risanarsi a causa della pressione e i polmoni non possono guarire.
Prova a mutare, deciso a combattere contro il primo avversario davvero interessante che abbia mai incontrato fuori dai Territori del Nord, ma non appena ci prova, la presa dai suoi capelli si annulla e sente due mani forti afferrargli le caviglie.
Un piede piazzato a metà schiena lo tiene a terra, le gambe vengono torte all’indietro fino a rompersi. È piegato in due, come un foglio.
Quando sente gli arti essere rigettati a terra e il proprio sangue affluire violentemente per riparare i danni, finalmente può voltare lo sguardo. Nota una coda marrone che ondeggia beffarda davanti ai propri occhi, ma non è una coda delle loro. È sottile, il pelo è troppo corto.
«Tutti a fare i draghi e poi siete solo dei maltesi.»
Le gambe sono massicce, ma non fiuta una grande percentuale di massa grassa nel suo corpo. Ben sotto il 10%, un pasto poco saporito… e sicuramente indigesto.
«Mi hai rovinato la maglia, cane.»
Ha visto pochi umani con un busto così ampio e così muscoloso, ma non gli ci vogliono che un paio di istanti per capire che quei muscoli sono fatti di qualcosa di diverso dalla semplice carne.
Le braccia sono schifosamente enormi, dalle sue mani gli pare di vedere sgorgare tutto il sangue di cui si sono macchiate, quella fascia rossa stretta al bicipite sinistro pare sul punto di strapparsi tanto è tesa.
Il suo sguardo... c’è il fuoco dentro. E Rabbia. E Odio. E Disprezzo. E Arroganza. E Superiorità. E Ferocia.
Si può uccidere interiormente qualcuno con uno sguardo del genere.
Darren non può sopportarlo e per questo scatta in piedi, menando un colpo nell’aria per aprirgli la gola con gli artigli.
La faccia si rivolta dall’altra parte, un molare salta fuori dalla sua bocca, perdendosi tra la folla che osserva la scena con occhi impauriti e oltremodo sorpresi.
Ride di gusto nel vederlo a terra, tremante per lo sforzo di rimettersi in piedi e per il dolore. Non gli serve il loro fiuto per avvertire la sua sofferenza, può toccarla con mano e crogiolarvisi dentro da sempre. Lo ha sempre fatto sentire bene, ma mai come in questo momento.
Alza lo sguardo sui presenti. Lo temono, lo vede dai loro occhi spettrali che lo fissano col fiato sospeso. Ma non sono i loro occhi che vuole vedere, non è per loro che è corso fino a lì.
Si è svegliato da solo e gli è sembrato strano. Si era raccomandato di non farlo più, non dopo la faccenda di Apophis, e già si stava alterando in modo significativo. Poi eccolo lì, attaccato al pupazzetto a forma di lama che tiene sul comodino. Aveva un post-it giallo attaccato sul ridicolo muso, una parola scritta in fretta e furia capace di mandarlo fuori di testa: “Pericolo”.
Si è messo i pantaloni in fretta e furia, la maglia se l’è infilata strada facendo, il tutto in un riflesso involontario ed automatico.
Maddox, qualche giorno prima, gli aveva pazientemente spiegato come si accede alla tana, come ci si deve muovere per non perdersi e come raggiungere il centro. Non ha mai prestato tanta attenzione a qualcosa in vita sua, non ha mai registrato tanto velocemente una nozione.
Sentiva che qualcosa non andava per il verso giusto, avvertiva una strana preoccupazione dentro e questo lo ha solo fatto infuriare di più. Poi ha semplicemente sentito i discorsi del lupo che adesso annaspa
alle sue spalle, traballando per rimanere in piedi, e a quel punto non ci ha visto più.
Avrebbe potuto ucciderlo senza problemi, gli sarebbe bastato un colpo per donargli un bel buco nel petto come quello che aveva River nel suo incubo, ma se Sherry ancora non aveva ordinato di attaccarlo un motivo doveva esserci, così ha ripiegato su un pestaggio vecchio stile.
Volta lo sguardo, la trova in cima a tutti. Se non la conoscesse, potrebbe pensare che è furiosa… ma lui sa bene che non è così: la vede quella scintilla perversa nei suoi occhi, lo vede il suo petto che si alza e si abbassa con più energia. È eccitata, in tutti i sensi, ed è stata la sua brutalità a scatenarla.
Ghigna soddisfatto e s’incammina in mezzo a tutti quegli Spettri che tanto si sono lamentati della loro relazione, che tanto hanno sparlato alle sue spalle, e che adesso si aprono silenziosamente al suo passaggio, gli occhi sorpresi e spaventati che lo guardano con circospezione e rispetto.
Sente il ringhiare furioso di Darren alle proprie spalle, lo sente scattare veloce come un proiettile per prenderlo a tradimento e, non senza una forte soddisfazione personale, si rigira altrettanto velocemente e con un manrovescio in piena regola sbalza l’enorme lupo contro la parete.
«Non è molto sveglio, mh?»
«Mai stato.»
Per la prima volta in assoluto, Radish e River non si guardano con disprezzo. Non c’è neanche la loro solita e non troppo muta sfida, no: c’è divertimento, c’è solidarietà e una traccia di rispetto reciproco. Lo Spettro farà sempre da muro a Sherry, dando così tempo al Saiyan di sbarazzarsi di ogni nemico che le si piazzi davanti a minacciare la sua incolumità, e questa presa di consapevolezza non dispiace a nessuno dei due.
Riprende il proprio cammino verso la sua Regina, la fissa dritto negli occhi come pochi altri lì dentro osano fare per una questione di gerarchia, e si lascia andare ad un sorrisetto nel vedere la luce perversa che le illumina lo guardo.
«Lascialo tornare da quel cane rognoso.» Sibila con tono divertito e meschino, ormai al suo fianco. Continua a dare le spalle a Darren, accerchiato dai Cacciatori e dagli Alpha. Pure i cuccioli sembrano essersi ferocemente rianimati dopo l’arrivo di Radish, caricati dalla sua potenza e dalla sua brutalità.
«Ra—»
«Che veda.» Porta velocemente una mano sul suo addome scoperto e lì la lascia, tirandola un poco contro al suo fianco. Si guardano dritto negli occhi, Sherry capisce il suo gioco senza che le dica una parola.
Jäger non è a conoscenza delle loro intime chiacchiere. Nessuno lo è, lei le tiene ben celate ai loro invadenti sguardi. Come possono capire che stanno bluffando?
Volta un poco la testa, i lunghissimi capelli corvini lasciati sciolti oscillano ad ogni suo movimento conferendogli un’aria ancor più tetra, la mano ben ferma a stringere un poco il ventre piatto e forte della compagna pare aver sconvolto tutti quanti, primo tra tutti Darren che quasi non respira più per lo shock. Sarei curioso di vedere lo sguardo di quel bastardo quando capirà contro chi si è messo.
«Che i Cacciatori lo scortino ai limiti del territorio e torni al Nord dal suo Re.» La voce di Sherry risuona dura e autoritaria per tutta la tana, i vari Spettri la guardano con rispetto e annuiscono. I loro occhi si spostano poi sull’uomo che la sta toccando, che continua imperterrito a stare al suo fianco e a dar loro le spalle per sottolineare fino in fondo quanto, per lui, non siano una minaccia.
Non è uno di loro, questo è certo. È certo anche che non è un comune umano, lo strano odore che emana il suo sangue parla per lui. E questo, contro ogni aspettativa e convinzione generale, va bene a tutti: è quanto di più forte si sia mai avvicinato ad uno qualsiasi di loro, ha messo al tappeto senza alcuno sforzo una bestia del calibro di Darren… e per questo merita di essere riconosciuto come il maschio dominante del branco.
Chinano debolmente la testa ed espongono timidamente il collo quando incrociano il suo sguardo duro e Sherry se ne compiace oltremisura, aggiungendo quindi un piccolo ma decisamente significativo dettaglio al suo precedente ordine: «Sarete guidati dal vostro Capitano.»


Ha corso più velocemente di quanto non abbia mai fatto in ventinove anni di vita, neanche avesse il Diavolo alle costole. La verità è che lo ha fatto non perché un gruppo di Cacciatori lo stava scortando con le zanne snudate e la morte negli occhi, e neanche perché c’era quell’uomo con la coda da scimmia a volare sulla sua testa, no: lo ha fatto perché non poteva far aspettare ulteriormente il suo Re.
Ora cammina a testa alta tra coloro che sognano ardentemente di entrare nella guardia, tutti intenti a riposare nei pressi dello spettrale maniero dove dimora ciò che rimane della loro famiglia reale.
Gli eventi dovevano andare diversamente. Molto.
Sherry doveva essere così a terra dopo la visita di Apophis da non riuscire più a governare, quei rifiuti dovevano essere molto più abbattuti e spaventati di quanto non erano. Doveva essere lei così spezzata nello spirito da decidere di seguirlo, poiché consapevole di non poter mai e poi mai reggere un confronto diretto con un esercito come il loro. Ma c’era quello.
Non ha mai fiutato niente del genere, ha sentito solo delle voci su un gruppo di strani e fenomenali guerrieri che avrebbero combattuto contro un mostro che minacciava il pianeta. Ma si trattava di voci, qualcosa con il quale spaventare i cuccioli… voci! Questo erano e questo sarebbero dovute rimanere. Ma quell’uomo con la coda da scimmia era lì, lo ha massacrato senza sforzo, ha marchiato Sherry in modo plateale ed ha scoperto uno dei sentieri che usano per avvicinarsi indisturbati.
Come posso dargli una notizia del genere?
«Darren, fratellino!»
Alza di scatto gli occhi chiari, scontrandoli con la figura massiccia del fratello maggiore, Daryl. Malgrado la parentela, malgrado abbiano condiviso il ventre materno per cinque inesorabili mesi stretti l’uno all’altra, non si assomigliano particolarmente. Certo, hanno la stessa carnagione bronzea, gli stessi occhi chiari e i capelli biondicci, ma hanno lineamenti ben differenti e pure la loro corporatura è diversa, infatti il maggiore appare con lineamenti ben più marcati, con quella sua bella mascella squadrata e il sorriso ferino che gli mette i brividi ogni volta. Anche a lui non sa come dirglielo, e sentire il suo grosso e micidiale braccio avvolgergli le spalle non lo fa certo sentire meglio.
«Com’è andato il viaggio? Spero che la nostra cara Regina abbia gradito il presente del suo promesso sposo!»
«Assolutamente.» Sogghigna contento nel percepire la soddisfazione generale, nel vedere gli occhi del loro spietato Beta illuminarsi. Nota anche che gli occhi glaciali del Re saettano per un istante alle sue spalle, tornando poi a concentrarsi sulla sua figura. Voleva vederla tornare assieme a Darren, ma non ci contava veramente più di tanto. E ciò non lo delude particolarmente, perché sennò questo loro gioco sarebbe finito.
«Il morale si è abbassato nel vederti arrivare?» Insiste Daryl, afferrando il mento il fratello per guardarlo negli occhi.
«Certamente.»
«Era buona la carne del suo umano?» Insiste nuovamente, gli occhi chiari illuminati da una scintilla perversa degna pure del più feroce dei Saiyan.
Cammina in avanti di un paio di passi, Darren, tentando così di sottrarsi all’abbraccio del maggiore, che però non molla facilmente la presa. Il suo non è certo un gesto fraterno, ma un modo come un altro per tenerlo fermo per potersi assicurare delle cose e poter agire in base alle sue azioni.
«Ecco, qui cominciano le note dolenti…» Mormora abbassando lo sguardo, guaendo involontariamente nell’avvertire le dita lunghe e forti del fratello immergersi nei suoi capelli per strattonargli il capo all’indietro.
«Come hai detto?» Ringhia vicino al suo volto, lasciando la presa quando vede la figura forte e minacciosa di Apophis muoversi un poco nell’ombra.
«Non hai ucciso il suo lurido umano?!» La sua voce è sempre stata bassa, anche da bambino. La sua forza e la sua aggressività erano il vanto dei genitori… che poi hanno provato sulla propria pelle fino a che punto era capace di spingersi.
«Mi ha attaccato!» Urla di rimando il Segugio, gli occhi che brillano tetramente in quella semi oscurità.
«Cosa?!» Daryl è a tanto così dal colpirlo, dallo sferrargli un pugno tale da sfondargli la cassa toracica per estrarne il cuore ancora pulsante e gettarlo nelle fiamme per spregio, ma sa bene che deve attendere il permesso di Jäger prima di poter fare qualsiasi cosa. O quello di Apophis, se il primo fosse troppo contrariato e decidesse solo di andarsene.
«Il sangue del mio sangue vinto da un misero e gracile umano?!»
«Non è un umano normale! È un guerriero molto forte, con una coda da scimmia!» Tenta di difendersi come può, notando quanto i suoi stessi compagni d’armi siano totalmente insofferenti a ciò che sta accadendo. Karin è l’unica a mostrare qualcosa di simile alla compassione in quel suo unico occhietto chiaro, senza però emettere neanche un fiato in sua difesa.
«Una coda da scimmia, uhhh! PAURA!» Gli urla contro il maggiore prima di sferrargli un pugno in volto, rivoltandolo a terra «Sciocco, stupido rognoso!» Insiste, sferrandogli un calcio nella schiena. Lo guarda con odio e disprezzo mentre si rialza in piedi, domandandosi cosa abbia fatto di male per meritarsi dei fratelli simili: uno morto a quindici anni in uno scontro semplice, uno inetto come Darren, altri due inetti morti con la madre quando lui aveva quattro anni, due Mezzosangue incapaci di arrivare pure alle ventiquattrore di vita e una Mezzosangue lesbica. E pensare che mio padre era tanto potente… tsk.
«Cos’altro hai visto?»
Gli occhi di tutti si spostano sulla figura ancora in ombra del Re, richiamati dalla sua voce calda e baritonale. Molti già pendono dalle sue labbra, quasi stesse per rivelare a tutti un segreto oscuro e importante per le sorti dell’intero pianeta. Ciò accade da sempre, lui stesso ormai non vi bada più.
Darren adesso è sicuro che si metterà a piangere. Vede i suoi occhi incredibilmente gelidi fissarlo da lontano, spettrali come una fiamma in un teschio, sente il suo odore farsi più forte e stordente, indice che potrebbe saltargli alla gola da un momento all’altro. Ma sa bene che è sciocco evitare di rispondergli, si indispettirebbe solo di più e reagirebbe solo peggio, e per questo risponde mentre si riporta in posizione eretta, parlando con voce bassa ed un poco tremolante: «Gli darà dei figli, Jäger.»
Cala il gelo, nella stanza. Alcuni potrebbero giurare di aver visto le fiammelle delle candele posizionate sulla piccole finestre chiuse smuoversi un poco, come se le gelide dita della Morte le avessero sfiorate.
«E tu non hai fatto niente…» Mormora ringhiando Daryl, i muscoli sempre più gonfi, pronti a mutare. Se evita di farlo, è solo perché sente il cuore dei due Spettri in subbuglio per la rabbia e non ha il coraggio di indispettirli con qualche gesto avventato.
I due fratelli si guardano dritto negli occhi, si sfidano silenziosamente ad attaccare per primo, finché il rumore sordo di passi pesanti si leva in aria.
La luce a poco a poco abbraccia la figura di Apophis, con i suoi capelli neri lunghi fino a metà schiena con una corta frangia, in lieve calo sugli occhi, che incornicia il suo volto pallido. Gli occhi grigi e affusolati come quelli di un gatto sembrano accendersi di una luce demoniaca quando incrociano quelli di Darren, ormai immobilizzato di fronte al suo corpo forte e slanciato, costellato di cicatrici e messo in evidenza dal fatto che indossa solo un paio di morbidi pantaloni scuri. Gli occhi di Darren per un secondo ricadono sulla grossa cicatrice che porta sulla spalla nuda e si sente gelare il sangue nelle vene all’idea che possa decidere di vendicarsi del gesto violento di suo padre su di lui anziché su Bree.
Sostiene il suo sguardo dando fondo a tutte le proprie forze anche quando sente la sua mano fresca carezzargli la guancia, morendo un poco dentro di fronte al suo sorriso stranamente ferino.
«Ti ho già detto oggi quanto tu sia straordinariamente ed irrimediabilmente imbecille ed incapace?!» Il tono di voce è andato via via salendo e con esso la mano, che si è spostata dal mento fin dietro l’orecchio, che poi è stato strappato con un gesto furioso, causando nel giovane lupo un guaito disperato e nel fratello una risata derisoria.
Lo guarda con disprezzo mentre si inginocchia a terra e si tiene le mani sulla ferita che si sta lentamente rimarginando. Danni simili ci mettono più tempo a richiudersi per il semplice fatto che l’organismo dà il tempo al lupo di riavvicinare il pezzo mancante per poterlo riattaccare, cosa che ha permesso ad Apophis di riattaccarsi le dita che Sherry gli aveva staccato. I segni dei denti e dello strappo sono ben evidenti, ma ciò non ha tolto niente alla loro mobilità.
Il problema, ora, è che il feroce Beta non ha alcuna intenzione di restituirgli l’orecchio. Anzi, in tutta risposta gli afferra nuovamente i capelli e gli sferra una micidiale ginocchiata in volto, facendolo annaspare nel suo stesso sangue quando lo lascia andare.
«Miserabile cane dalla mitica stupidità! Per colpa tua sanno quale sentiero hai battuto!»
«I nostri infiltrati?» Il tono di Jäger è fermo, calmo. Il fatto che non emani alcuna emozione in particolare insospettisce un poco i suoi fedeli, che però tengono la concentrazione sul furioso Beta, che sta assaggiando il sangue che gocciola dall’orecchio mutilato.
Lo fissano con insistenza mentre analizza le informazioni che riceve, domandandosi cosa possa aver visto. Perché tutti hanno notato quel brevissimo luccichio di totale sorpresa nei suoi occhi, ma sanno bene che dovranno attendere ancora un po’ prima di sapere i dettagli.
«No, quell’informazione è sicura.»
Jäger sposta lo sguardo sul Capitano mentre si alza pigramente dalla comoda e grande poltrona dove si era piazzato durante l’attesa, facendolo scattare sull’attenti ben prima di aver detto una sola sillaba.
«Trovali e portali subito qui, batti un nuovo sentiero.» Afferma con una certa noncuranza, dandogli le spalle e muovendosi con calma verso il corridoio che conduce ai piani superiori. Sente i passi di Daryl mentre si allontana e decide bene di rimarcare un piccolo particolare: «Niente più errori… o sul mio spiedo troverò posto per la tua carcassa.»
Apophis abbandona la sala assieme all’amico di una vita, seguendolo in silenzio fino nei suoi alloggi.
È tutto tetro e spettrale lì dentro, da otto anni a questa parte. Un tempo c’erano molti oggetti preziosi ad adornare i corridoi e le pareti, tappeti ed arazzi colorati, armi scintillanti e pregiate, tutto voluto dalle varie Regine nel corso della loro storia. Pure la sala delle riunioni dove si trovavano prima adesso è spoglia, gelida. Ci sono tre grandi poltrone attorno ad un grosso e lungo tavolo di legno massiccio, e vi possono sedere solo il Re, il Beta e il Capitano. Se qualcun altro può partecipare alla seduta, dovrà farlo in piedi.
Nessuno sa bene perché Jäger si sia sbarazzato di tutto, perché lo abbia sbattuto alla rinfusa nelle segrete del maniero, lontano dagli occhi di tutti quanti. Sanno quanto gli piacciano le comodità, la sua stanza calda e sempre ben illuminata da tante candele rosse e piena di pellicce di ogni genere ne è la prova, eppure non ha voluto niente del suo passato. Ma Apophis sa bene che si liberò di tutto quanto da un giorno all’altro perché decise che sua moglie avrebbe avuto la possibilità di arredare tutto come più l’aggradava, che le vuole dare tutt’ora la possibilità di riempire quell’enorme tana anche con oggetti schifosamente umani. Vuole che si diverta in sua assenza, che i lupi che le darà come guardie schiumino per accontentarla, e ciò implicava necessariamente, almeno secondo lui, sbarazzarsi di tutto il resto.
Afferra il calice di vino rosso e corposo che gli porge una volta arrivati nei suoi alloggi e, senza chiedere alcun permesso come invece devono fare pure le donne con la quale si trastulla di tanto in tanto, si siede scompostamente sul suo letto grande e soffice, guardando con sguardo concentrato il vino che ondeggia nel pregiato cristallo.
Hanno sempre avuto occhio per le cose belle, loro due, e ne hanno prese parecchie nel tempo. Le usano solo loro, però, ad eccezione del servito che usano quando mangiano assieme a tutto il corpo di guardia e a pochi altri membri più fedeli. 
«Se attaccassimo adesso?» Domanda realmente pensieroso a riguardo, facendo saettare gli occhi sull’amico quando lo sente sospirare.
Lo trova stanco e frustrato, con il corpo mollemente abbandonato al suo fianco. Tiene gli occhi chiari puntati sul soffitto, i lunghi e lisci capelli grigi sparpagliati attorno alla testa. Come lui, indossa solo un paio di pantaloni scuri e lenti, che mettono così in risalto il busto forte e allenato, con i muscoli granitici che sembrano sempre sul punto di strappargli la pelle. Come ogni altra volta in cui lo guarda lontano dagli altri, non può fare a meno di osservare per qualche secondo i sottili segni sul bicipite destro, lasciati dalle zanne di Everett per un motivo che nessuno, neanche Jäger stesso, ha mai capito. Vendetta, presumono, ma non ne sono totalmente convinti.
«Siamo troppo vicini alla Festa del Fuoco. Non possiamo rischiare di pestare la coda a Roman.» È diverso con Apophis, lo è sempre stato. Con lui può parlare di ogni cosa, così come può stare in silenzio per ore senza che gravi loro addosso.
Sono amici, lo sono per davvero. Apophis lo ha sempre sostenuto in ogni sua scelta, ha visto in lui il Re che il Nord meritava, il Re che meritano tutti gli Spettri. Jäger ha sempre trovato in lui la figura fraterna, a tratti pure quella paterna, che non ha mai avuto - o meglio, che non ha mai riconosciuto.
Troppo forti per essere trattati come gli altri, troppo soli da bambini per poter conoscere un qualsiasi sentiero alternativo. Quando avevano appena raggiunto la maturità sessuale, intorno ai 10/11 anni, molti Spettri più grandi insinuavano che fossero “due frocetti innamorati”, ma era profondamente sbagliato: il loro è sempre stato un amore fraterno, mai niente di più per nessuno dei due. Sono cresciuti assieme, fianco a fianco, si sono sempre spalleggiati, hanno sempre tramato assieme, hanno ucciso assieme e non hanno mai avuto neanche il più che ben minimo segreto. Non gli è neanche mai passato per la testa di non dirsi qualcosa.
«Siamo sicuri della sua forza?»
«No, ma non ci tengo a scoprirla. Più di mille anni di esperienza non sono da sottovalutare, senza contare che era lui il più forte tra i tre e che ha dalla sua i poteri di Angelina e, forse, anche delle altre fate.» Si alza svogliatamente, Jäger, portandosi a sedere. Beve un sorso di vino e poi si lascia andare ad un sospiro, la mente avvolta da strani pensieri che finora non aveva mai preso in considerazione.
Come descrivere Jäger? Straordinariamente dotato e del tutto privo di coscienza, i cui occhi sono sempre accesi dal fervore e dall'ossessione per il sangue, il potere e per Sherry. Lui non riesce a concepire che possa non volerlo, figurarsi il fatto che lo odi da sempre. Nella sua testa è come un assiduo corteggiamento mescolato ad una caccia sfrenata. Niente potrà mai dissuaderlo della convinzione che diventerà la sua compagna.
«Beh, tutto sommato sappiamo per certo che abbiamo ancora un buon margine di tempo prima che possa concepire, quindi non dobbiamo considerarlo un problema. Occorre però tenere la guardia alta in ogni caso.»
«Non mi pare di essermi mai mosso incautamente.»
«Non ho detto questo.» Gli sorride appena, facendolo sorridere a sua volta. Sono sempre stati questi strani modi di comportarsi quando si trovano da soli a far mormorare gli altri, ma non è che a loro due sia mai importato davvero: che pensassero ciò che volevano, poi si sarebbero fatti le loro donne per spregio.
«Quell’uomo—»
«Esatto.» Lo interrompe bruscamente, Jäger, cercando il suo sguardo. Ci stava pensando dal momento esatto in cui ne aveva parlato Darren, era sicuro che lo stesse facendo anche lui.
«Il bambino delle montagne. Mezcal e Greywind ordinarono categoricamente ad ogni Spettro esistente di tenerglisi ben alla larga perché il suo odore era troppo strano… inumano, dicevano.»
«Quella è stata una mossa incauta. Peccato solo che i tempi non fossero maturi, altrimenti avremmo potuto ucciderlo noi stessi.»
«Gli hanno dato il tempo di diventare sempre più potente… tanto da poter affrontare quel mostro insetto e di mettere al mondo una progenie altrettanto forte.» Si alza dal letto, Jäger, per dirigersi verso la grande portafinestra e poter osservare il circondario. Sono tutti relativamente calmi, poiché lo è anche lui. Sanno di dover tremare se ha la giornata di traverso, ma sanno altrettanto bene che finché è tanto occupato a pensare ai fatti propri non li degnerà neanche di un pensiero.
«Si dice che sia morto, dopo lo scontro. Potremmo avvicinarci alla sua casa per verificare la veridicità di questa voce.» Butta lì con poca convinzione Apophis,
cercando di escogitare sia una qualche idea vincente sia un qualche passatempo divertente che possa dare un poco di sollievo all’amico fraterno.
«Aspettiamo quei luridi ratti per capire fin dove stanno spingendo le loro difese. Dopo la Festa del Fuoco escogiteremo il da farsi.»
Il Beta si alza per versarsi altro vino e poi lo affianca, non facendosi alcun problema a poggiargli una mano sulla spalla neanche ora che sta giocherellando con un grosso coltello da caccia seghettato. Non gli si rigirerà mai contro, ne è pienamente e giustamente consapevole.
«Andrà bene, Jay. Lei è tua.»
«Avrei dovuto morderla quel giorno…» Mormora un poco affranto, sapendo però bene per quale motivo non lo fece. Motivo che conosce pure l’altro, che si premura subito di ricordarglielo per allontanare l’idea di aver commesso un errore.
«Mezcal l’avrebbe uccisa per togliertela, lo sai.» Per quanto gli voglia bene e per quanto non voglia mai vederlo a terra per nessuna ragione, non può fare a meno di dar voce ad un altro dubbio: «Se rimanesse incinta prima del tempo?»
«Non può.»
«Ma se potesse? Quello non è un uomo normale, questo è evidente anche senza fare troppe ricerche. Se per qualche motivo inerente alla sua specie potesse ingravidarla prima del suo tempo?»
Jäger si volta e gli sorride con aria affabile, per poi scrollare semplicemente le spalle e rispondergli con voce allegra: «Uccideremo i cuccioli, mi pare piuttosto scontato.»
«Se volesse proteggerli, potrebbe essere un problema.» Sorride anche l’altro, divertito ed eccitato solo all’idea. Nella sua mente, inoltre, già pregusta il momento in cui ammazzerà i due figli di Bree e del Leone Dorato, possibilmente davanti ad entrambi. In realtà anche lontano da loro, l’importante è solo farli fuori.
«I nostri cuccioli sono curiosi e si allontanano spesso, nessuno di loro sarebbe capace di tenerli lontani da me, se decidessi di prenderli.» Risponde con una certa ovvietà, non sorprendendo per niente Apophis, che si limita a picchiettare con le dita terribilmente sfregiate contro il bicchiere.
«Ammetto che non mi dispiacerebbe per niente divorarli davanti agli occhi della madre… sarebbe la giusta punizione per un tale affronto…» Afferma poco dopo, sorridendo con la sua solita arroganza mista ad eccitazione, facendo sogghignare pure il Beta, solo per poi imporsi una nuova serietà «Ma il primogenito deve essere mio. Questo è di vitale importanza, lo sappiamo.»
«Per questo me ne preoccupo.» Arriccia un poco la bocca, pensieroso, ridestandosi solo quando sente il frusciare in aria di una pelliccia. Volta pigramente lo sguardo, trovandolo intento a coprirsi per poi dirigersi a grande falcate verso la porta, un paio di grossi coltelli infilati all’interno della grande pelle d’orso.
«Che stai facendo?» Domanda realmente incuriosito da questo suo inusuale gesto, seguendolo pigramente. Non è da lui coprirsi, non dal momento che pare non sentire il freddo pungente delle loro parti, tanto meno è solito indossare il vello che ha ancora addosso il forte odore della bestia alla quale è stato strappato.
«Voglio andare a fare due passi. Avrai il comando in mia assenza, scopri tutto ciò che sanno quegli inetti. Non deludermi.» Gli sorride allegro prima di rigirarsi e cominciare a correre, non sorpreso dalla risata strozzata dell’altro, che a sua volta rotea gli occhi e si dirige dalla parte opposta.
Ha capito bene quali sono le sue intenzioni e, essendo più che consapevole che non correrà alcun rischio, lascia semplicemente correre e pensa bene di ritirarsi nelle proprie stanze, dove ad attenderlo ci sarà una delle sue tante amanti. L’unica cosa urgente alla quale deve pensare adesso, è in quale nuovo modo dovrà sbarazzarsi dei bastardi che ha concepito.




*Leone Dorato è il soprannome che è stato affibbiato a Micah, unico tra i Quattro ad averne uno. Lo chiamano così perché ha una criniera particolarmente folta che ricorda quella dei leoni e il suo vello è biondo dorato.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Beh, che dire? Una giornata decisamente da dimenticare per Darren!!! Porello, mi ha fatto pena. È uno stronzo sadico, sicuro, ma stava eseguendo gli ordini e si è ritrovato prima mazziato di fronte a tutti e poi pure con un orecchio in meno!

Ebbene sì gente: Goku non mi piace, ma suo padre… ODDIO!!!
🤤🤤🤤 Eppure sono uguali, vai a capire!

Ma quanto sono stronza con Radish? QUANTO?! Povero tesoro, non gliene va una per il verso! Mi sento una persona orribile!!! Però dai, una piccola rivincita se l’è presa: prima mette River all’angolo, poi massacra Darren ed infine ottiene il comando - seppur in modo minore - del branco. Per uno che è nato come guerriero di infimo livello ed è sempre stato schifato da tutti, direi che è un bel risultato! Senza contare ciò che gli ha detto Sherry…
Ah, tanto per puntualizzare: nessuno Spettro penserebbe mai di dargli un potere maggiore di quello che ha adesso, non lo vorrebbero mai come Re perché lui non è uno Spettro. Possono accettarlo all’interno del branco (con una carica altissima per lui) solo per due motivi: è il più forte in assoluto tra loro, sta con Sherry.
Così, ci tenevo a puntualizzarlo XD

Ora una piccola sciocchezza: almeno uno dei figli del Quartetto ha il nome che inizia per M, così da onorare - seppur in modo tutto loro - la caratteristica che più salta all’occhio e che li accomuna.

Prima di concludere, ci tengo a ringraziare di cuore
💛 _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per le splendide recensioni al precedente capitolo!

A presto
Un bacione
Kiki
🤙🏻





PS: Queste sono alcune delle domande che mi sono state fatte da _Cramisi_ nelle sue recensioni, ho pensato di pubblicarle con annesse le risposte per chiarire eventuali piccoli dubbi :)

Fern dove e come ha trovato il quartetto? In una scatola con la scritta adottami? E poi non ho capito se quei quattro pazzoidi sono fratelli.

Non so se riuscirò a metterlo bene nella storia, quindi te lo dico qui: tutti e Quattro sono rimasti orfani prima dei cinque anni e si sono trovati strada facendo. Il primo a rimanere solo è stato Mordecai, che ha poi trovato Maddox. Insieme hanno trovato Major ed infine Micah. Sono sopravvissuti al massimo delle loro possibilità, e somigliando a dei normali lupi hanno trovato vitto e alloggio negli zoo e simili, ma quel genere di cattività non faceva per loro, così una sera finirono a rovistare nella spazzatura di Fern. Lei aprì per controllare e trovò quattro bambini nudi, sporchi e malnutriti che mangiavano gli avanzi dal bidone… che poteva fare?! E da lì loro l’hanno presa come mamma <3

Ma i mini spettrini li sfornano in versione lupi o umani, nel senso che forma assumono durante il parto? E i cuccioli vengono fuori lupacchiosi o in forma antropomorfa?
Vengono al mondo da umani e di solito anche la madre è umana durante il parto, ma niente le vieta di cambiare forma. Tanto non le cambierebbe una ceppa! E i cuccioli mutano su ordine della mamma - o di chi se ne prende cura, nel caso questa sia morta - entro e non oltre i sei mesi di vita.

A che età gli Spettri raggiungono la maturità sessuale?
La maturità sessuale varia proprio come per gli esseri umani: i maschi sono tendenzialmente più precoci, verso i 10/11 anni sono già pronti, per le femmine dipende da quanta sfiga hanno.

Bree essendo una mezzosangue potrebbe imparare a utilizzare il ki? Si allenerà anche Mimì?
Tecnicamente i Mezzosangue potrebbero usare il ki se i geni del padre (perché una femmina di Spettro non ci penserebbe proprio ad andare con un essere umano) fossero deboli. Nel caso di Bree, questo non è decisamente possibile: suo padre era un mostro di forza, il fatto che si fosse preso una sbandata per un’umana fu uno shock generale!

Qualunque Cacciatore o Segugio può elevarsi ad Alpha se è abbastanza forte? E nel caso come funzionerebbe? Bisognerebbe ucciderne uno o venire scelto come funziona per i re/regine?
Se un branco è senza Alpha, può essere eletto quello con la forza e la velocità superiori al resto del gruppo, che per il Quartetto - e quelli che girano con loro - è sempre stato Mordecai. Ma uno come lui figurarsi se si faceva carico di una simile responsabilità!
In pratica ti elegge il branco, ma devi accettarlo, gli occhi ti cambiano e fine della questione. Sennò avviene tramite Ordalia, ovvero botte da orbi. Per la carica di Sovrano c’è l’Ordalia o l’incoronazione da parte del Re in carica.

Tra due lupi della stessa categoria, possono nascere cuccioli di tipo diverso? Tipo da due segugi possono nascere anche dei cacciatori ecc..?
Tra due lupi della stessa categoria possono nascere cuccioli di tipo diverso se nel loro corredo genetico ci sono diversi tipi, come per Bree (e che corredo il suo!), Major e Maddox. Sherry è venuta fuori da due Alpha (soprattutto perché femmina, aveva il 50% di possibilità di esserlo), Mordecai da Cacciatori e Micah da Segugi da generazioni. Se poi il maschio è Alpha, ci sono più possibilità che abbia figli Alpha, mentre per le femmine è più difficile.

Un'umana incinta di uno spettro, morirà sempre e comunque? Oppure è possibile che porti a termine la gravidanza riuscendo a sopravvivere?
Un'umana incinta di uno Spettro Purosangue muore sempre. Il corpo non riesce ad adattarsi alla forza spropositata dei cuccioli che crescono troppo alla svelta e durante il parto i cuccioli si puppano tante energie della madre. Con i Mezzosangue le possibilità di sopravvivenza sono più alte perché il sangue è diluito.

Come mai le femmine di spettro non andrebbero mai con un umano? Perchè sono troppo deboli? Ma in quel caso non varrebbe anche il contrario? La cosa varrebbe anche con umani dotati come quelli dei gierrieri Z?
Le femmine non andrebbero con un umano perché darebbe loro figli deboli, mentre in genere i maschi si lasciano trascinare dagli ormoni (diciamolo chiaramente) e poi abbandonano i cuccioli. Sono pochi quelli che se li sono tenuti, anche se poi alla lunga si stancavano perché inferiori alla media.
Per i guerrieri Z, invece, potrebbero andare contro la loro natura perché sono molto superiori alla media degli umani, ma sarebbe comunque difficile. Per i Saiyan invece agiterebbero la coda perché, come loro, hanno caratteristiche animali che le incuriosiscono.

River ha dei fratelli effettivi o solo fratellastri? E che rapporto ha con loro? (Sia con gli eventuali fratelli che con i fratellastri)
Graywind quanti bastardi ha avuto? E perchè proprio River è il preferito?
River ha una sorella gemella, oltre ai fratellastri e le sorellastre (sia bastardi che riconosciuti). I rapporti con loro non sono male, si prende con il più grande perché secondo lui è uno stronzo altezzoso (che poi, porello, non è vero… è più uno con un’indole simile a quella del Quartetto che però si è ritrovato a dover reggere un peso enorme sin da piccolo e quindi non ha possibilità di sfogarsi come vorrebbe!)
Greywind ha avuto 11 figli legittimi (12, ma una è stata fatta fuori) e gli sono rimasti 6 bastardi (lì si scannano spesso per robe loro e i cuccioli sono lasciati molto liberi di andare dove credono, figurati se sono arrivati tutti all’età adulta), e River si è mostrato il più forte tra tutti e l’unico Alpha. Poi lo ha semplicemente preso in simpatia, ma alla fine vuol bene a tutti. Non è male Greywind, però è cresciuto in un ambiente rigido che lo ha indurito.

Perché gli spettri ce l'hanno con i mannari?
Perché per diventare un lupo mannaro devi essere morso, la loro condizione altro non è che una malattia, mentre gli Spettri sono così dalla nascita per volere di qualcosa di superiore. Anche a me girerebbero se mi paragonassero ad una creature infetta XD

Curiosità, hanno tutti la stessa età?
Sì, i Quattro e Sherry sono dello stesso anno (in ordine sono: Maddox, Mordecai, Major, Sherry, Micah), River ha tre anni di più, Bree esattamente cinque mesi meno di Sherry, Pip e Jane un anno meno degli altri (Pip è di Marzo e lei di Luglio)

Gli spettri nei due regni, vivono perennemente in forma di lupo?
La forma di lupo li ripara dal freddo ma, per quanto li faccia sentire a loro agio, non la tengono sempre. Da umani sono più piccoli, così hanno più spazi di manovra.

Come fa uno spettro ad aumentare la sua forza? Mangiando creature forti? Ci sono atri modi?
Aumentano la propria forza mangiando bene e spesso, e allenandosi fino a sputare il sangue, come i Saiyan e via cantando. Poi ci sarebbe anche un altro modo in realtà, ma nessuno lo conosce perché non si è mai verificato.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare di cuore 💛 _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ 💛  per le splendide recensioni al precedente capitolo! E Teo5Astor per aver recensito il capitolo 12!
Ringrazio inoltre anche tutti coloro che leggono silenziosamente e chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Siete dei tesori! 💛

 

𝟚𝟘. 𝒮𝓉𝓇𝒶𝓃𝑒 𝒶𝓁𝓁𝑒𝒶𝓃𝓏𝑒




Tra gli Spettri non è insolito che i rapporti si creino ad una velocità disarmante. Sono per natura socievoli e gregari, motivo per cui vivono in branchi più o meno numerosi. Se il capobranco accetta un nuovo membro, questo verrà subito inglobato da tutti gli altri.
La fiducia, a sua volta, si instaura non appena si mostra di non avere cattive intenzioni e col tempo si solidifica fino al punto di volersi difendere reciprocamente con ogni mezzo e a qualsiasi prezzo.
Radish, pur avendolo già intuito da un po’, ne è rimasto comunque sorpreso. Non appartenendo alla loro razza neanche alla lontana, era giustamente convinto che lo avrebbero allontanato il più possibile anche per difendere la loro Regina da quello che potrebbe essere davvero una minaccia per la sua incolumità, mentre se costretti a tenerlo tra loro lo avrebbero semplicemente trattato al pari di un lebbroso, e invece si è ritrovato accerchiato da un sacco di uomini, donne e bambini davvero incuriositi dalla sua persona.
Non capiva il perché però, non dal momento che si è presentato senza invito e la prima cosa che ha fatto è stato spargere del sangue, ma Sherry gli ha spiegato col sorriso che è stato proprio il suo intervenire senza uccidere a colpirli: lui si è frapposto tra un pericolo e la loro Regina, l’ha difesa, ha rispettato il suo volere di non uccidere ed ha ripagato l’offesa che stava ricevendo col sangue dell’avversario.
È stato un gesto, il suo, dettato semplicemente dall’istinto e da quello che per lui altro non è che buon senso, ed anzi è convinto che chiunque con un po’ di cervello avrebbe agito allo stesso modo per difendere la propria donna, quindi non è riuscito comunque a comprendere il perché dal giorno dopo tutti tentassero timidamente di avvicinarlo non appena si è presentato in mezzo a loro.
La presenza del Quartetto l’ha indubbiamente aiutato a rilassarsi poiché hanno smussato la pressione con la loro esuberanza ed hanno un poco distratto i più giovani, ma ciò non è servito ad evitare qualche problema. Molte ragazze, infatti, non si sono fatte troppi problemi ad avvicinarlo con intenzioni ben poco caste, e per questo sono scoppiate non poche zuffe, terminate solo col ruggito di Sherry. Ruggito che però è giunto solo quando le ragazze erano già state ferite più o meno pesantemente.
Il problema per Radish però non era dovuto al fatto che si picchiassero a causa sua, gliene importava relativamente perché consapevole che Sherry sa come riportare la calma ed è abbastanza forte da placare anche l’animo più ribelle e guerrafondaio, ma dal fatto che poi, una volta rincasati, lo tenesse a distanza. Una gelosia mordace la sua, che ha scatenato non poche discussioni tra loro nel giro di soli cinque giorni. Discussioni che spesso scatenava anche lui quando notava atteggiamenti che gli sembravano strani quando mutavano, come quando River, Glover o altri andavano a leccarla dietro le orecchie o sotto al mento, prendendoli ovviamente per dolci effusioni. Si è sentito un cretino quando gli ha spiegato, tra un urlo e un insulto, che si tratta di semplice ed innocua toelettatura reciproca, conosciuta come social licking, e che non c’è assolutamente alcun secondo fine ma che anzi è un modo per rimarcare le relazioni di dominanza-sottomissione.
Ad ogni discussione, che fosse questa più o meno feroce, alla fine uno dei due andava a cercare l’altra e, con qualche moina e un paio di dispetti, ristabilivano l’ordine e la calma, tornando i due soliti innamorati di sempre. In una di quelle volte, subito dopo aver affrontato la questione “social licking”, per farsi perdonare Radish l’ha afferrata a tradimento e le ha leccato il mento, ricevendo dapprima uno spintone e subito dopo un sorriso realmente divertito.
Un’altra cosa che lo ha sorpreso davvero tanto sta nel fatto che si lascino guidare da lui, seppur in maniera molto meno marcata rispetto che con Sherry. È soprattutto quando li allena nel corpo a corpo, che li fa sforzare quanto più possibile, che loro pendono completamente dalle sue labbra, desiderosi di apprendere quanto più possibile da lui.
Ha scoperto anche che più vengono allenati in forma umana, tanto più saranno potenti su quattro zampe, fatto che gli ha reso molto più semplice il suo compito. Sarebbe stato un problema, in effetti, allenare un branco di enormi lupi con i quali non può conversare liberamente. Purtroppo però, nessuno di loro riesce ad usare il ki, se non per percepire le aure a distanza, questo comunque con discrete difficoltà. Ciò vale anche per i Mezzosangue, poiché hanno nel DNA il patrimonio genetico del padre e questo è molto più forte e dominante rispetto a quello umano. I Freak sembrano invece capaci di fare qualcosa, ma i loro attacchi rimangono sempre deboli e difficili da lanciare.
Per un attimo si è domandato come il sangue di uno Spettro puro reagirebbe con quello di un Saiyan, ma ha ricacciato indietro questa curiosità alla stessa velocità alla quale è nata. Rimarrà un dubbio inespresso per sempre, non ci tiene proprio a scoprirlo.
È rimasto poi molto sorpreso dal fatto che pure i cuccioli gli ronzino costantemente attorno, portandogli spesso e volentieri le piccole prede che catturano per condividerle con lui. Questo, per quanto possa in parte lusingarlo, lo disgusta.
Una timidissima Mezzosangue di tre anni due giorni prima gli ha portato quello che tutti hanno presunto fosse un passero, ma essendo morto da un paio di settimane non lo hanno potuto dire con particolare certezza. Glielo ha portato, nascosta dietro le possenti zampe di Viper che l’ha presa come figlia sua, rossa in volto come un pomodoro e per poco non è scoppiata a piangere quando lui ha aggrottato le sopracciglia, disgustato dal suo piccolo dono putrefatto e un poco bavoso, ma con una carezza incerta sulla testolina bruna la situazione si è calmata. Certo, è scoppiata a piangere lo stesso, ma era felicissima ed ancor più innamorata, quindi a tutti è andato bene.
Tra un allenamento e un abbellimento di quella che può essere definita come la sala comune della tana, che i più giovani ci hanno tenuto tantissimo ad addobbare in vista del Natale malgrado manchino ventidue giorni, in molti gli hanno parlato un po’ della Festa del Fuoco.
Gli hanno detto che per loro altro non è che una festa per ricordare i morti e che in genere ognuno festeggia con il proprio branco e la propria famiglia al chiaro di Luna. Si beve, si mangia, si canta, si balla e si suona tutti assieme nell’attesa che Papà Spettro giunga a far loro visita, momento in cui tutti loro levano il proprio ululato alla volta stellata per ringraziarlo del suo dono e per farsi sentire dagli antenati che, più per modo di dire che per reale credenza, adesso ballano con la Luna. Resta sempre poco, in genere si fa vedere ed ulula con loro per poi spostarsi da qualche altro gruppo, ma sono eventi così felici per loro che sono disposti a non versare neanche una goccia di sangue per ben 48 ore come l’entità richiede. Poi la vita riparte, ognuno torna alle proprie mansioni, ma assolutamente non si versa sangue. Si può anche incontrare Jäger in persona, ma ci si deve categoricamente limitare ad una ferocissima battaglia di insulti se proprio si vuole attaccar briga, al limite ci si può schizzare con le pistole ad acqua o lanciarsi le palle di neve se si vuole davvero esagerare, e questo vale pure per lui.
Per prepararlo quanto più possibile gli hanno fatto sentire la musica folk che generalmente viene suonata e ballata durante quelle notti, ed hanno pure provato ad insegnargli a ballarla. In realtà avrebbero voluto provarci, ma il Saiyan si è rifiutato categoricamente con un sonoro ed ignorantissimo vaffanculo.
L’ha trovata e la trova tutt’ora una cosa indicibilmente idiota, ma se l’è tenuto per sé. Gli sono sembrati dei bambini in trepidante attesa di un magnifico regalo, gli sembrava scortese prenderli in giro per le loro sciocche convinzioni dopo gli sforzi che stanno facendo per lui.
Adesso, a mente lucida e col cuore insolitamente sereno, può dirsi davvero felice. Ha trovato un posto su un pianeta che non apprezzava particolarmente, ha trovato una persona che gli vuole sinceramente bene - che lo ama! - malgrado conosca ogni sfumatura del suo passato e che lo ha accettato senza giudicarlo, ha trovato degli amici che lo rispettano e che lo aiutano ad integrarsi al massimo delle loro capacità. Ha trovato un popolo al quale appartenere che lo apprezza per quello che è, che non pretenderà mai niente di più da lui se non che li accetti e non ferisca la loro Regina, un popolo che continuerà a supportarlo anche se dovesse fallire e lo aiuterebbe a rialzarsi, che gli leccherebbe le ferite e poi urlerebbe ridendo “Fanculo tutto, zio! Andiamo a farci una bevuta e pensiamo a come portarti alla vittoria!".
Perché gli Spettri sono creature che vivono di passioni e emozioni, creature di fuoco e sangue, con un’aspettativa di vita breve a causa dei continui scontri e per questo vivono al momento. Sono creature che si lasciano trasportare anche dolorosamente dalle proprie emozioni e dal proprio istinto, che ti contagiano con il loro affetto e ti trascinano nel loro mondo, che ti spingono a prenderne parte e a dominarlo con loro.
Sono strani, spesso violenti e volgari, si azzuffano per niente e spesso scorre il sangue per delle idiozie, ma nessuna creatura può arrivare ad amare con la loro stessa intensità e ferocia.
Radish lo sa, lo ha capito, e non ha alcuna intenzione di allontanarsi neanche di un centimetro da questo strano mondo adesso tutto suo.
Ormai, per quanto lo sorprenda, quegli stramboidi sono in qualche modo parte di lui, si sente fortemente motivato a proteggerli e allenarli per fargli correre meno rischi possibili malgrado se li vadano a cercare in tutti i modi, ed è arrivato a considerare anche la tana come una seconda e bizzarra casa.
Prima di metterci piede era convinto che fosse una semplice e profondissima polverosa caverna sotterranea, piena di cunicoli dove ci si può perdere con una facilità sorprendente, ma si è ritrovato costretto a ricredersi. È infatti un luogo molto pulito e quanto più accogliente possibile, in continuo sviluppo dopo l’ascesa di Sherry.
Con l’ausilio di conoscenze tramandate di generazione in generazione e sempre più perfezionate, e con una smisurata ostinazione da parte di tutti loro, è stata portata l’elettricità e l’acqua corrente per tutta la tana, e Radish davvero non solo non riesce a spiegarsi come ci siano riusciti in così poco tempo e senza dare minimamente nell’occhio, ma neanche gli interessa. Si gode ciò che viene, se ne appropria e il resto è totalmente superfluo.
Hanno continuato a scavare, ampliare e fortificare da quando c’è Sherry al comando, e adesso il tutto è perfettamente vivibile come se fosse un enorme palazzo… o meglio, un formicaio super-accessoriato pieno di armi e attrezzi di ogni genere.
Gli Shedish - come ormai vengono chiamati un po’ da tutti quando si devono riferire alla coppia come ad un’unica entità - rincasano verso il tramonto, lasciando il controllo a River poiché naturalmente predisposto al comando e perché rifiuta più che abbastanza di vivere con gli umani. Non ha niente contro di loro, fatta eccezione per Fern e Mimì li ignora proprio, ma per lui è la natura la sua casa e non ha alcuna intenzione di allontanarvisi. Era disposto a farlo per stare con Sherry, ma ora decisamente non è più necessario.
La sera precedente, invece, hanno dormito con loro. Hanno dormito tutti lì perché non erano più capaci di andarsene a zonzo per quanto erano sbronzi, ridotti davvero in stati pietosi ed esilaranti, e Radish ha pensato che fosse un’idea carina permettere a Sherry di rimanere lì, dal momento che comunque di tanto in tanto sente il desiderio intrinseco in quelli come lei di dormire in una tana. Desiderio che sta cercando dolorosamente di sopprimere per lui.
In fondo lo ha invitato alla Festa del Fuoco, un evento alla quale solo Fern e Mimì hanno partecipato in quanto “semplici” membri della famiglia e del branco, mentre lui vi parteciperà in veste non solo di Capitano della guardia ma anche di maschio dominante di tutto il branco. Una cosa non da poco, ne è consapevole e ne va molto orgoglioso. Senza contare, poi, che quel pomeriggio lo aveva deliziato con del sesso orale a tradimento così travolgente da fargli girare la testa e tremare le ginocchia. Doveva ripagarla… e quale modo migliore se non partecipando ad una festa delle loro?
Becca ha infatti scoperto di non essere rimasta incinta e con Maddox ha voluto festeggiare alla grandissima. Gli alcolici hanno cominciato a scorrere come un fiume in piena a partire dal tramonto, per l’ora di cena erano tutti decisamente e piacevolmente sbronzi e si scatenavano sulle note di canzoni sparate a tutto volume e prima di mezzanotte erano tutti, o quasi, vicini al coma etilico. Loro due no, si sono limitati moltissimo ma non certo per dare il buon esempio: troppo alcol avrebbe rovinato il loro personale e decisamente  esclusivo afterparty.
Ora, seduto su un tronco fuori dalla tana a bere una tazza di caffè triplo per svegliarsi totalmente, aspetta il ritorno di Sherry per organizzare nel dettaglio l’importante giornata che li attende l’indomani, godendosi nel frattempo il Sole tiepido che gli bacia la pelle mentre i cuccioli gironzolano indisturbati sotto lo sguardo attento dei padri rimasti a sorvegliarli.
Sherry, infatti, è andata a caccia con le altre femmine per prepararsi alla Festa del Fuoco. A partire dalla mezzanotte, per ben due giorni, nessuno potrà cacciare, è categorico, quindi devono svagarsi adesso se non vogliono incorrere in inutili nervosismi degni del più scemo dei pivelli. I maschi sono andati all’alba, guidati da River e Glover, ed in ultimo andranno i soggetti più giovani e le future mamme - ad esclusione di un’irremovibile Bree, andata con l’amica -, che però dovranno restare in un raggio d’azione ridotto per la loro sicurezza.
Amos, il secondogenito di Becca e Maddox, trotta allegro tra gli adulti, totalmente indifferente ai possibili pericoli esterni grazie alla confortante presenza del Saiyan, e senza remore lo avvicina saltellando sulle zampette scure e struscia la testa contro la sua spalla, emettendo dei versi simili a delle fusa.
L’uomo lo guarda di sottecchi mentre continua a bere il caffè, sorprendendosi come ogni altra singola volta da questo suo gesto. Neanche i suoi nipoti osano tanto con lui, gli sembra quindi sempre assurdo che delle creaturine tanto fragili che lo conoscono a malapena come Amos, invece, possano nutrire tanto interesse e affetto nei suoi confronti, soprattutto dal momento che lui non li ricambia in alcun modo.
«Radish!»
Volta pigramente la testa al suono squillante della voce di Maximiliam, che corre a rotta di collo fuori dalla tana per raggiungerlo. Lui e il fratello sono gemelli omozigoti, fatto che li ha portati ad essere oggetto di molte attenzione da parte degli altri cuccioli, essendo infatti molto rari.
Maddox, steso supino sull’erba dietro al Saiyan, emette un lievissimo ringhio di ammonimento per farlo calmare, sorridendo sotto ai baffi quando lo sente rallentare la corsa. È un bravo papà, tutto sommato, solo che di natura è molto più burbero rispetto ai vivaci fratellini.
«Radish, tu che sai tante cose, mi sai dire se per i granchi i pesci volano?»
Lo guarda dritto nei suoi vivaci ed eccitati occhi color nocciola, sorridendo appena di fronte a quel faccino dalla pelle scurissima traboccante di un’incredibile eccitazione solo perché gli è vicino e gli sta dando attenzione. Purtroppo per il cucciolo, però, Radish non è del migliore degli umori. Sta infatti aspettando Vegeta e Piccolo che hanno deciso di addestrarli assieme a lui, di dargli una mano, e per questo si sente in qualche strano modo minacciato. Non è l’idea della presenza di Piccolo a turbarlo, poiché gli è superiore in quanto a forza e, a pari merito, per il fatto che al Namecciano mancano degli attributi necessari per farlo identificare come maschio dominante, ma Vegeta… lui potrebbe essere un problema. Un enorme, mastodontico, colossale, titanico e maledettissimo problema.
«Invece di pensare a queste cose, perché non vai a cercare un ircocervo ondulato? Magari ce n’è qualcuno da queste parti e io vorrei tanto assaggiarlo.» Si sta trattenendo con tutto sé stesso per non scoppiare a ridergli in faccia, tanto da doversi mordere la lingua, mentre con la coda dell’occhio nota Glover e i quattro maschi del suo branco originario che se la sghignazzano sotto ai baffi. Non è cosa nuova a nessuno che i maschi si prendano apertamente gioco dei cuccioli, anzi è proprio la prassi rincoglionirli con richieste assurde al fine di tenerli occupati quanto più tempo possibile. Qualche giorno prima Maddox, mentre fissavano alle pareti un sacco di lucine dorate di Natale, ha chiesto ad un gruppetto che lo infastidiva di procurargli un laccio simmetrico della prolunga del generatore. Ci hanno messo circa due ore prima di capire che l’oggetto in questione non esisteva, e nel mentre loro hanno potuto finire ciò che stavano facendo senza essere più disturbati, hanno potuto prendere l’ennesimo caffè della giornata ed avevano già ricominciato con l’allenamento.
«AMOS! ANDIAMO!» Il bambino e il lupetto scattano in avanti, immergendosi nella boscaglia che li circonda. Sanno fin dove possono spingersi, essendo perfettamente a conoscenza dei limiti dei vari anelli che costituiscono il territorio, ed essendo abbastanza grandi posso addentrarsi nella boscaglia in solitaria.
«Supercazzoli i miei figli?» Borbotta Maddox, il tono neutro che non lascia capire chiaramente a Radish se sia infastidito o meno. È però il suo corpo a dirglielo, i suoi muscoli rilassati, le mani dietro la testa e gli occhi ancora chiusi a fargli capire che non gliene potrebbe fregare di meno, che può continuare quanto vuole purché non gli faccia del male.
«Ovviamente.»
«Bravo, stai imparando a stare al mondo.»
Gli sorride appena, felice di averlo vicino. È strano, Maddox, ma non cattivo. Non quanto possono esserlo i suoi fratelli e almeno la metà degli Spettri che ormai conosce, questo è poco ma sicuro, ma in ogni caso non va sottovalutato, soprattutto a causa della sua indole molto aggressiva. Quando si sente particolarmente su di giri tende ad auto-isolarsi per non portare rogne nel gruppo, viene raggiunto da Mordecai e con lui fa la lotta, senza però arrivare mai a spargere del sangue. Gli ha confessato, annebbiato dai fumi dell’alcol, di essergli grato per la sua presenza perché allenandolo tanto duramente lo sta aiutando a rilassarsi e scaricarsi come in genere non riesce a fare.
Li guarda uno per uno, adesso, e si sente stranamente sereno ad averli lì con lui. Guarda Glover che legge un libro noioso e decisamente enorme mentre i suoi figli di quattro anni saltellano come caprini e si azzuffano, arruffandosi il pelo e sollevando un gran polverone. Guarda Willem e Frank, intenti a scommettere su una qualche questione segreta, punzecchiarsi come ragazzini e poi ridere con aria complice. Guarda Dennis, il giovane Dennis che a sedici anni ha già due figli e una compagna di cui prendersi cura. Ha scoperto che non è una cosa strana per loro trovarsi con dei figli a carico già in giovane età, ma che anzi spesso lo fanno di proposito proprio a causa delle scarse aspettative di vita. Pure per i Saiyan l’idea di morire in battaglia in giovane età era sempre presente, ma non per questo prendevano in considerazione di mettere su famiglia da giovanissimi. Sono tutti matti!
Di colpo volta di scatto lo sguardo, allarmato.
I suoi Spettri seguono il suo sguardo, innervositi dall’odore che emana. Radish vede che stanno fiutando l’aria e un paio stanno già sfoggiando le zanne mentre puntano ossessivamente un punto lontano, pronti a scattare all’attacco ad un suo cenno.
«Restate qui.» Ordina perentorio mentre si alza e s’incammina, i nervi a fior di pelle e un’insolita voglia di far del male che gli serpeggia dentro. Insolita perché, eccetto quando è arrivato sulla Terra, non ha mai provato davvero il desiderio di ferire qualcuno di loro. Ma adesso, trovandosi insopportabilmente vicini alla tana, sente di voler attaccare per primo per allontanarli.
Una strana consapevolezza, senza alcun dubbio, che lo spinge ancora di più a pensare che trasmettano in qualche modo una qualche strana malattia che ti spinge a comportarti spesso e volentieri in modo irrazionale.
Cammina con passo svelto nella vegetazione, segue l’aura dei suoi compagni di battaglia mentre si domanda incessantemente cosa possa essergli saltato in mente per venire tutti assieme. Fortunatamente aveva detto a Piccolo e Vegeta di non presentarsi direttamente davanti alla tana ma di arrivare da più lontano. Non che li avrebbero attaccati così apertamente, ma sarebbero sicuramente insorti dei problemi per lui ancora molto difficili da gestire… e di certo non avrebbe mai potuto sopportare l’intervento di River, sempre prontissimo a provare a metterlo in ombra.
Ci sono tutti adesso, davanti a lui. Vegeta, Bulma con Trunks in braccio, Chichi con Goten e Gohan, Piccolo, C-18, Crilin, Yamcha, Muten, Oscar e Pual.
Per un istante si domanda perché siano stati tanto idioti da portare una preda sfiziosetta come Oscar, un fantastico giocattolo vivente come Pual e un porco come Muten in un luogo dove ci sono tante donne e ragazzine sempre poco vestite, ma la domanda che gli esce con rabbia dalle labbra è tutt’altra: «Dovevate venire solo voi due, che significa tutto questo?!»
Non li vuole lì. Non li vuole assolutamente e solo adesso se ne rende totalmente conto.
Quello è il suo mondo, il suo branco e non ha alcuna intenzione di condividerlo con loro, in modo particolare con Vegeta, che potrebbero prendere come nuovo maschio dominante se lo percepissero come più forte e autoritario di lui.
Quando aveva proposto ai due la sua idea non aveva ancora interagito con tutti loro, non era venuto a conoscenza di tante cose, non poteva apprezzare il loro modo di interagire, il loro spalleggiarsi e proteggersi come si fa in una famiglia.
Non sapeva che Glover ha sofferto immensamente per la perdita dei suoi figli e che adesso ucciderebbe anche se solo osassero mostrar loro i denti.
Non sapeva che i Quattro non hanno in comune solo l’iniziale dei loro nomi, l’esuberanza e il sangue puro: hanno in comune che sono rimasti soli a tre anni, che si sono rialzati e sono sopravvissuti aggrappandosi alla vita con le unghie e con i denti, che le loro madri non avevano particolare istinto materno, che i loro padri li picchiavano, che i loro fratelli gemelli sono morti quell’ultimo giorno per le zanne di lupi più forti.
Non sapeva leggere il loro linguaggio del corpo quando eseguono la muta, scoprendo così che anche a seconda dei movimenti che lui stesso fa con la coda trasmette loro messaggi molto chiari.
Non sapeva che i suoi capelli lunghi ed un poco gonfi potessero suscitare un tale interesse nelle loro femmine perché nella loro mente richiama le criniere dei maschi, che in genere gonfiano il più possibile per minacciare o per corteggiare.
Non sapeva capire il loro linguaggio verbale e, seppur non possa capirne le frasi, riesce comunque a capire il messaggio intrinseco di molti versi.
Non sapeva che lo avrebbero preso come una figura autoritaria non troppo differente da quella di un padre, tanto meno che avrebbe avuto la loro fedeltà e il loro rispetto.
Non sapeva che, alla fine, lo avrebbero accolto come uno di loro senza giudicarlo più, che gli avrebbero pazientemente insegnato ciò che sanno sulle varie arti, sulle loro tradizioni e sulle loro leggi.
Non sapeva che avrebbero sputato il sangue per lui, che si sarebbero impegnati tanto per apprendere quanto più possibile per vederlo fiero di loro.
Non sapeva tantissime cose ma adesso sì, e non può concepire che qualcuno possa portargli via tutto.
È una stranissima presa di consapevolezza per lui, così com’è strano pensare che al posto di uno Spettro si sarebbe ritrovato a gonfiare il manto, a mostrare le zanne e con la coda rigidamente puntata in alto. Facendoci caso per un brevissimo istante, poi, si rende conto che effettivamente quest’ultimo punto è reale, motivo per cui si appresta ad arrotolarla attorno alla vita.
Sono tutti più o meno tesi, ignari di ciò che li aspetta e non tutti sono particolarmente convinti di volersi trovare lì, in mezzo a persone evidentemente tanto diverse da loro. Non è tanto per il fatto che si trasformino in lupi decisamente carnivori a renderli nervosi, quanto il loro evidentissimo strano modo di approcciarsi col prossimo.
C-18, però, ha avuto modo di interagire con uno di loro. Ci ha passato un pomeriggio intero, lontano da alcolici e sostanze stupefacenti. Ci ha passato un pomeriggio intero di shopping sfrenato e chiacchiere leggere, e non può dire di non aver gradito la sua compagnia. Sono spigliati come poche altre creature, a tratti volgari e chiassosi, ma Becca le ha spiegato, seppur un poco a malincuore, che loro si comportano in certi modi perché, alla fine della fiera, nessuno ha mai insegnato loro a comportarsi e vivere diversamente, e che in branco è più che normale comportarsi così, esattamente come per lei è normale comportarsi a modo suo con i suoi amici.
Le ha fatto tenerezza, molto, e le ha fatto capire che malgrado la facciata da spacconi menefreghisti, tutti loro hanno sofferto parecchio nella vita, che difficilmente hanno avuto qualcuno a guidarli durante la crescita e non hanno mai trovato la pappa pronta come si potrebbe erroneamente pensare.
Ma adesso non è qui per chiedere alla Cacciatrice se le interessa un’altra sessione di shopping, bensì per far chiarezza su un grosso dubbio che assilla suo marito.

«Crilin deve parlare con loro di una faccenda urgente e abbiamo deciso che era meglio se fossimo tutti presenti.»
Radish la guarda dritto negli occhi e capisce che con grande probabilità hanno fatto qualche danno serio ed anche che lo hanno tenuto nascosto. Se così fosse, se davvero avessero agito di testa loro contro il volere di Sherry, verrebbe fuori un bel putiferio che sarebbe davvero bene evitare prima della Festa del Fuoco, ma la verità è che non è questo punto a metterlo in ansia.
«È davvero una pessima idea…»
«Perché?» Domanda Chichi, le braccia ben strette attorno al corpicino fragile del figlio. Per un istante Radish si domanda se lo lasci mai stare, ma decide di restare concentrato sul problema principale.
«Perché ci sono molte ragazze incinte.»
«E allora?»
«E allora sono tutti molto più aggressivi e territoriali del normale, e Sherry si è allontanata per cacciare. Potrebbero diventare ingestibili.» Si passa una mano dietro al collo, pensando e ripensando a tutte le soluzioni migliori che non implichino assolutamente l’intervento del candido cane borioso che tanto mal sopporta.
Vegeta, già ampiamente stufo di questa buffonata, non si fa alcun problema a dire la propria, schernendo così in una volta sola tutti gli Spettri: «Come se dei cani troppo cresciuti potessero darci problemi.»
«A me sì.» Le parole gli sono uscire quasi in un ringhio, il pelo sulla coda si è un poco gonfiato contro la sua volontà. Non se ne rende neanche conto, ma Piccolo sì. In realtà già da qualche tempo si è reso conto di strani cambiamenti nel suo carattere, ma ancora non ne ha fatto parola con nessuno.
«Con il loro fiuto captano gli stati d’animo di chi gli sta attorno. Se uno di loro si spaventasse o si infuriasse, scatenerebbe involontariamente una reazione a catena, contagiando tutti con il proprio stato d’animo. Di conseguenza scorrerebbe del sangue.»
«Vedo che ne sai parecchio.» Afferma con tono neutro il Namecciano, gli occhi puntati sulla figura tesa del Saiyan. L’ha visto in questo stato solo quando in gioco c’era la sua vita o la salvezza del pianeta in generale, non certo per persone che conosce così poco e che sono tanto diverse da lui. Si domanda se è solo l’affetto che nutre per quella giovane e bizzarra donna a farlo agire in questo modo o se sotto c’è dell’altro.
«Passo quasi tutto il mio tempo qui, ormai.» Ammette con un briciolo di vergogna, sentendosi terribilmente a disagio sotto ai loro sguardi curiosi ed invadenti. Solo adesso si rende conto di come probabilmente spesso si deve sentire Mimì, in bilico tra il mondo vero, quello che tutti possono vedere e toccare, e quello frizzante e contorto degli Spettri. È strano, davvero, e non semplicissimo da gestire a livello psicologico.
«Glover! Muoviti, vieni qui!» Può fidarsi di lui, è abbastanza saggio da saper gestire una situazione come quella. Senza contare, poi, che gestisce e guida il proprio piccolo branco - un tempo pure più numeroso - da quando aveva quindici anni e, di conseguenza, è tra i più indicati al momento.
Lo vede arrivare con una corsetta leggera, i forti pettorali che sobbalzano ad ogni movimento e i lunghi capelli scuri che si muovono leggeri sulle sue spalle. Sgrana un poco i sottili occhi marroni nel vedere i presenti e, trattenendo a stento un ringhio, si ferma a qualche metro di distanza.
È nervoso, Radish lo capta immediatamente, ma tira subito un sospiro di sollievo quando lo vede trattenere una sonora risata nel notare la presenza di Yamcha. Tutti lì dentro sanno chi è, non certo grazie a lui e decisamente non in modo positivo. Non ci aveva pensato sulle prime che sarebbe stato quello più “in pericolo” lì in mezzo.
«Hai scambiato la tana per una specie di albergo?» Scherza lo Spettro, ostentando una sicurezza che in realtà non possiede del tutto. Però si fida di Radish, il fatto che Sherry abbia deciso di intraprendere una relazione con lui gli fa capire che non farebbe mai qualcosa per metterli in pericolo, e di conseguenza capisce di non dover temere per l’incolumità dei suoi piccoli.
«Direi più un ostello della gioventù… o un covo di tossici.»
«Allora, che succede?»
«Dobbiamo parlare di cose importanti, ho bisogno che tutti restino calmi.»
«Non sarà semplice… quello ha l’aria pericolosa.» Mormora puntando gli occhi su Vegeta, guardandolo con un certo astio. Non gli piace, sa che non è in rapporti idilliaci con quello che ormai può considerare senza troppi indugi il suo capobranco. In realtà è una considerazione abbastanza generale, dal momento che tutti si sono arresi all’idea che sta con la Regina, tanto da spingerli a fare scommesse clandestine su quando li vedranno sfoggiare il Morso. Per molti, in realtà, è già passato troppo tempo per i loro standard.
«Lo è. Per questo ho bisogno che tu avverta il branco e imponga la calma.»
Si guardano per un istante negli occhi e poi Glover fa ciò che tra loro è normale, quando si tratta di gerarchia: abbassa lo sguardo e piega la testa di lato, esponendo la gola a Radish.
Poi semplicemente si allontana, ma prima di sparire ci tiene a specificare un piccolo ma non indifferente punto: «Tieni i quattro psicopatici lontani da me, io mi occupo degli altri assieme a River.»
«E tu tieni quell’insopportabile cane lontano da me.»
«Agli ordini, Cap.»
Rimane in silenzio per una manciata di secondi mentre lo guarda sfrecciare nella vegetazione, per poi voltarsi un poco sconsolato verso gli amici. Non sarà semplice… e davvero devo riuscire a convincere Sherry a prendere lui come Beta.
«Quello è il più anziano del gruppo.» Afferma un poco soprappensiero mentre prende in considerazione tutte le possibili reazioni e gli eventuali provvedimenti da adottare. Lui, in fondo, fa sì parte della coppia dominante, ma è sempre solo il Capitano della guardia. La sua voce è meno potente rispetto a quella della Regina e del Beta - che a loro ancora manca - e di conseguenza potrebbero decidere di testa loro per allontanare le minacce, soprattutto per a causa della presenza dei cuccioli.
«A me sembra molto giovane…» Mormora Bulma, domandandosi se per caso il loro sangue rallenti in qualche modo l’invecchiamento. In quel caso, e Dio le è testimone, farà tutto ciò che è in suo potere per metterci sopra le mani.
In effetti, Bulma non si sta poi sbagliando troppo: il loro sangue non solo cura ogni danno e previene qualsiasi genere di malattia, ma altera e rinnova costantemente le loro cellule, pure quelle celebrali, e ciò avviene in modo costante fin quando il sangue sarà abbastanza forte e giovane, tanto da farli sì crescere velocemente da piccoli per farli stare subito sulle loro zampe, ma anche per permettere al loro corpo di poter combattere il più a lungo possibile, in modo non troppo differente dall’invecchiamento dei Saiyan.
«Senza un capo come Sherry a tenerli tutti quanti sotto controllo si ammazzano tra loro come mosche.»
Mentre nelle Terre di Nessuno ciò avviene per questioni territoriali, nel loro vero habitat gli Spettri si sbarazzano ad ogni nuovo ciclo degli elementi che considerano una minaccia per la propria posizione o ormai non più in grado di combattere al meglio, e ciò conferisce sì un frequente e costante ricambio che non intacca il branco, che di conseguenza non può essere indebolito da un soggetto anziano, ma anche l’impossibilità di raggiungere un’età pari o superiore ai quarant’anni. Pure per la famiglia reale è particolarmente ostica, poiché una volta eletto il nuovo Re, questi e la guardia provvedono a sbarazzarsi del precedente - spesso con famiglia e Beta annessi - per rimarcare la nuova dominanza. Greywind, con i suoi 55 anni, è lo Spettro più anziano dopo Roman ed anche quello vissuto più a lungo in generale, e ciò è potuto accadere perché non ha ancora lasciato il trono al figlio, malgrado questi abbia superato di gran lunga l’età con la quale di solito salgono al potere. C’è anche da dire che sia lui che Mezcal sono divenuti Re a soli 15 anni - contro il minimo di 18/20 come avviene in genere - poiché i loro padri furono così sciocchi da sfidarsi e ammazzarsi a vicenda, quindi non ha stupito nessuno il fatto che agisca in modo diverso. Ma come avrebbe potuto fare altrimenti? Se un tempo la presenza di Mezcal poteva rivelarsi un problema per il principe ereditario, quella di Jäger lo è decisamente di più, e non ha alcuna intenzione di mettere l’adorato figlio e le sue idee rivoluzionarie in pericolo. Reggerà finché potrà, questo è certo, proprio com’è certo che il futuro Re non lo lascerà uccidere come un vecchio ed inutile cane.
Radish, sentendo un ululato assai breve e acuto, simile ad un uggiolio, capisce che Glover e River sono pronti, hanno avvertito il branco e li stanno tenendo sotto controllo. Sono due maschi molto dominanti, loro, e Radish non aveva alcun dubbio sul fatto che avrebbero imposto l’ordine senza troppe difficoltà.
«Prima di andare, un paio di semplici regole basilari.» Li guarda uno per uno con sguardo mortalmente serio, consapevole sì che siano quasi tutti capaci di difendersi da loro ma anche che gli Spettri, se presi tutti assieme, possono rivelarsi davvero pericolosi. Anche perché, su loro stessa ammissione, lui e i suoi amici possono sì volare, ma prima o dopo si devono pur sempre fermare per riposare e sotto le spoglie del lupo non sono capaci di percepirli. Sono tenaci, i suoi cani scatenati, se lanciati all’attacco è difficile farli desistere.
«Numero uno: non disturbateli mentre dormono, a meno che non siate davvero molto in confidenza. Numero due: non avvicinateli mentre mangiano, è un modo sicuro per perdere almeno una mano. Numero tre: non spaventateli mai. Bisogna sempre farsi sentire quando ci si avvicina, così da evitare reazioni incontrollabili. Numero quattro: se vi dicono di averne abbastanza, dovete credergli. Non gli piace ripetere le cose due volte.»
Regole semplici e scontate che non interessano minimamente a Vegeta, C-18, Gohan e Piccolo, consapevoli della propria forza e del proprio sangue freddo, mentre per soggetti più a rischio sono più o meno interessanti. Oscar invece non lo ascolta proprio, deciso più che mai a tenersi a buona distanza da tutti quanti e a darsela a gambe se la situazione si facesse pericolosa, inconsapevole che così facendo darebbe subito il via ad una caccia sfrenata.
Radish si volta di scatto e lascia di nuovo scivolare la coda dai fianchi, muovendola sinuosamente alle proprie spalle. Trova molto rilassante il non doverla tenere costantemente stretta in vita, gli piace sentirla muoversi liberamente e in mezzo agli Spettri può farlo senza remore.
Si lega anche i capelli con movimenti veloci, lasciando involontariamente penzoloni sul petto la sottile treccina con la placchetta d’argento che Sherry gli ha fatto quella mattina. Se la sfacesse subito e/o le dicesse che non le vuole nella maniera più categorica - gli piace stare tra loro, sia chiaro, ma non fino al punto di farsi conciare come un cretino -, lei si indispettirebbe al punto da acconciargli tutta la testa mentre dorme e non dandogliela più anche per un mese, mentre così è consapevole che l’esuberanza del momento le passerà velocemente e non ci proverà più.
Il problema, però, sta nel fatto che i suoi amici possono vederla. Non lo aveva certo preso in considerazione, assorto da pensieri ben più urgenti, ma è costretto ad appuntarla alla meglio dentro l’elastico quando sente il commento acido e derisorio di Vegeta alle spalle. Potrebbe benissimo rispondergli a tono, probabilmente arrivando pure alle mani, ma così innervosirebbe i lupi che lo identificherebbero come una minaccia per il branco e mai, nel modo più assoluto, si lascerebbero avvicinare.
Una volta superato il muro formato dalla boscaglia, tutti possono finalmente vedersi a vicenda.
Chichi e Bulma stringono istintivamente i propri figli nel momento esatto in cui sentono quegli occhi minacciosi puntarsi su di loro, scrutarle attentamente come per capire qualcosa di importante, ma capiscono velocemente di non essere oggetto di particolare attenzione quando la loro concentrazione si sposta su Radish.
In quel preciso momento, infatti, quelli in piedi piegano di lato la testa e abbassano gli occhi, mentre quelli seduti a terra o sdraiati proni si stendono tutti sulla schiena per esporre il ventre e la gola. Tutto questo è un chiarissimo segno di sottomissione e Radish lo sa perfettamente, motivo per cui non riesce a trattenere un ghigno soddisfatto. Mai nella vita avrebbe pensato di ottenere tanto potere e autorità, soprattutto considerate le sue umilissime origini.
Il suo ghigno, però, si tramuta velocemente in un sorriso realmente divertito che in breve muta in una forte risata di fronte allo spettacolino che stanno offrendo Micah e Mordecai, infantili e dispettosi come sempre.
«You spin my head right round, right round
When you go down, when you go down down!» Mordecai si avvicina ancheggiando al fratellino, muove da una parte all’altra la testa e scoppia a ridere di gusto non appena il minore comincia a muoversi a sua volta come uno spogliarellista e cantando a propria volta il motivetto.
Radish sa benissimo a cosa e a chi si stanno riferendo, proprio come lo sanno tutti gli altri che si lasciano andare ad una risata isterica. River e Glover, piazzati più in alto per rimarcare la loro posizione ed imporre la calma, parlottano tra loro mentre se la sghignazzano. 
Oscar, ben nascosto in mezzo a tutti quanti e quindi ancora al sicuro, si ritrova a cacciare un forte urlo quando qualcosa gli sfreccia accanto a tutta velocità.
Radish si volta si scatto, pronto ad imporsi anche con la violenza se necessario, tirando un sospiro di sollievo di fronte alla scena che gli si para di fronte: un gallo sta scappando a tutta velocità in tutte le direzioni possibili e un cucciolo di otto mesi lo sta rincorrendo per giocare. Ad un primo impatto, in realtà, lo aveva scambiato per una volpe a causa del singolare vello rosso e bianco.
Il padre, momentaneamente poco propenso alle esuberanze dei piccoli, si avvicina al Saiyan, tenendosi ben a distanza dagli altri, e non riesce a fare a meno di commentare la scena.
«Ma guarda che figlio stronzo che ho!» Guarda il figlio più piccolo correre da una parte all’altra senza neanche prendere fiato, gli occhi dorati iniettati di eccitazione. Sta solo giocando, non ha alcuna intenzione di mangiare il gallo né di ucciderlo, vuole solo correre e spaventarlo un po’, ma il padre, in questo momento, decisamente non è d’accordo.
«CARLOTTO!» Che poi, povero cucciolo, in realtà si chiama Carl. La madre ha cominciato a chiamarlo Carlotto senza un motivo particolare, gli altri piccoli lo chiamano Totto, il padre spesso lo chiama Nano e lui adesso non ha più ben chiaro quale sia il suo vero nome. Risponderebbe anche a “ehi tu!” tanto gli è poco chiara la faccenda, ma essendo tanto sovreccitato non sente proprio il richiamo.
Infastidito da questa sua mancanza di rispetto, l’uomo si abbassa su sé stesso, sfilandosi i bermuda, e muta in un batter d’occhio, tramutandosi in un grosso lupo di due metri e settantanta al garrese dal folto vello rosso rame. Si lascia sfuggire due sbuffi seguiti da un ringhio di ben tre secondi, cosa che lascia intendere subito a Radish che quella piccola sottospecie di volpe, una volta che sarà rientrata nella tana, ne prenderà davvero tante. Già solo due “wuff” lasciano intendere che volerà almeno una sberla, ma anche il ringhio… poverino.
«Ma quanto è grosso…?» Domanda stupefatta Bulma, osservando l’animale che cammina tetramente verso il piccolo. Per quanto minaccioso, però, non può fare a meno di notare che, tutto sommato, sia incredibilmente elegante. Le pare pure tenero dal momento che ha preso il cucciolo scodinzolante tra le fauci con una delicatezza estrema per condurlo dentro quella che, secondo lei, è casa loro, inconsapevole dei brutti cinque minuti che sta per vivere il piccolo.
«È un maschio, è normale, non è neanche il più grosso. E comunque è Sherry ad essere fuori misura, le femmine in genere sono di una ventina di centimetri più basse di lei e meno muscolose.» Risponde piatto Radish, avvicinandosi ai Quattro. Deve tenerli calmi - per quanto sia umanamente possibile per loro star calmi - fino all’arrivo di Sherry. Fortuna vuole che il primo ad aprire bocca sia Maddox, che di certo non è tipo da sparare grandi scemenze in situazioni del genere.
«È bello constatare che non siamo i tuoi unici amici.»
Sorride in modo tirato, Radish, notando un paio di secondi dopo uno Spettro Mezzosangue collassato in un piccolo pertugio, rannicchiato su sé stesso in modo evidentemente scomodo e doloroso.
«È morto?»
«Gli ho passato una roba nuova che mi ha dato il mio pusher, si chiama “ombra della notte
”. Ti dà una schicchera pazzesca!» Major si è rivelato essere un problema. Un problema bello grosso.
Dolce, affabile e amichevole un po’ con tutti, è in grado di compiere delle atrocità impensabili per puro divertimento, come l’usare i martelli in modi decisamente poco convenzionali quando viene lanciato contro i pedofili - e Radish davvero all’inizio sperava che li usasse solo per fracassargli il cranio o rompergli le ossa -, l’iniettare cloruro di potassio alle proprie vittime anziché finirle con le proprie mani perché procura una morte lenta e atroce… il problema in generale è che prova proprio un gusto perverso e malato nel torturare le proprie vittime, con la capacità di portare avanti i propri giochi anche per ore o addirittura giorni, se particolarmente ispirato.
Malgrado questo, però, non può negare che gli piaccia la sua compagnia, in quanto sorprendentemente colto e molto ben disposto a spiegargli un sacco di dinamiche che a lui risultavano davvero difficili da capire, e sempre attentissimo ad ogni suo racconto riguardo lo spazio che ha esplorato. In quei momenti pende proprio dalle sue labbra.
Radish ora deve mettere un po’ da parte la loro tiepida amicizia per provare ad imporgli nuovamente il proprio volere. Se con molti soggetti basta una volta, con altri è necessario rimarcare per un po’ il concetto prima che gli entri definitivamente in testa.
«Che avevo detto riguardo a quella merda?» Ringhia infatti a denti stretti, notando con piacere che il Segugio pare aver intuito l’antifona grazie allo sguardo attento ed un poco intimorito.
«Che non vuoi vederla girare nella tana, ma infatti non l’hai vista.» Si difende così, come un bambino, e caccia fuori un guaito quando Radish lo afferra per i capelli bicolore e gli strattona il capo all’indietro.
«Guardami bene: non sto affatto ridendo.»
«Ricevuto, okay.» Un’altra nota positiva di Major, è che ascolta e si adegua piuttosto velocemente. Non come i due coglioni che se la ridono di lato, con quelli c’è ancora tantissimo lavoro da fare e, Radish ne è certo, probabilmente non finirà mai.
«La presenza di Vegeta e Piccolo potrebbe portare rogne, lo sai ve’?» Butta lì Maddox, ancora pigramente steso sull’erba.
«È necessaria.»
«Guardiamo il lato positivo: con il Principe degli Stempiati nelle vicinanze, diminuiranno le porcate che dicono su Radish e non rischieremo più delle risse pazzesche.» Il sorriso furbo di Mordecai si allarga sempre di più quando incrocia lo sguardo nervoso ed un poco offeso del Principe, che però stavolta non controbatte. Non ha voglia, per niente, e non considera certo interessante la conversazione. Al limite si domanda solo per quale ragione abbia accettato di prendere parte a questa buffonata, ricordandosi poi che ha promesso a Bulma di farle ottenere almeno una fiala di sangue donato spontaneamente. Accidenti a te, donna!
«Di cosa parli?» Domanda Radish, non capendo davvero. Lì nessuno spara porcate, Sherry se ne sarebbe accorta subito e di certo non ne sarebbe stata felice.
«Alle vostre spalle fanno di quei discorsi assurdi! Roba perversa, davvero.» Risponde Micah, riferendosi ovviamente agli Shedish come ad un unico essere come succede sempre più di frequente.
«Perché limitarsi a farli alle mie spalle?» Scherza con un ghigno arrogante il Saiyan, sorprendendosi nel veder calare il gelo negli occhi di PsycoKen.
«Occhio zio, non è saggio fare questo genere di battute. La tua dolce metà potrebbe non prenderla per il verso giusto.»
«Oh, andiamo! Si scherza, no?»
«Non hai ancora ben chiaro chi ti sei preso in casa, mh?» Ridacchia divertito Mordecai, consapevolissimo di quanto una simile affermazione, in questo momento, possa dargli fastidio.
«Vivete insieme?!» Urla infatti Chichi, sbalordita dalla notizia quanto gli altri. Avevano sì capito benissimo che tra lui e Sherry le cose fossero a dir poco serie, ma non pensavano certo che avessero già compiuto un simile passo.
«Tu proprio non ce la fai a tenere chiusa quella fogna putrida, vero?!» Gli ringhia contro di rimando il Saiyan, facendolo ridacchiare in modo infantile. Il problema più grande con Mordecai, oltre ai suoi evidenti disturbi psicologici, è che vuole bene a Radish, gliene vuole davvero molto, tanto da essere arrivato a considerarlo come un fratello maggiore… e per lui tra fratelli ci si deve punzecchiare quanto più possibile, quindi non gli darà mai tregua.
«Nope.»
Ridacchiano tutti, adesso meno tesi grazie alle chiacchiere degli esuberanti ragazzoni.
Bulma, che più delle due amiche ha sempre avuto una maggiore propensione ad interfacciarsi con l’altro sesso, non può fare a meno di notare con una punta di piacere di essere totalmente circondata da un sacro tripudio di fisici scolpiti, cicatrici e testosterone. Tantissimo testosterone, le pare quasi di poterlo toccare con mano. Se avesse interagito con loro prima dell’incontro con Vegeta, non esclude che si sarebbe potuta divertire un po’.
«Niente commenti, vecchio.» Bercia Radish con voce dura mentre fissa Muten, consapevole di quanto l’anziano maestro rischi un linciaggio con i controfiocchi se si lasciasse andare a dei commenti troppo spinti senza prima essere davvero in confidenza con i vari Spettri. Sicuramente anche dopo rischierebbe una strizzata di palle così forte da entrare di prepotenza nel coro delle voci bianche, ma sicuramente in percentuale minore.
Perché c’è una regola non scritta e non detta che però tutti lì dentro conoscono bene: non cazzeggiare con la donna di un altro. Mai. Neanche per sbaglio. Se i due si sono scelti come compagni di vita, il maschio può diventare ingestibile per proteggerla e certo Willem, da dieci anni compagno dell’agguerrita Viper che ancheggia tranquilla verso di loro a malapena coperta da un morbido vestito svolazzante, non è da meno.
Avendo compreso il motivo del nervosismo dell’uomo, Maddox fa l’immane sforzo di mettersi a sedere e con un fischio richiama la l’attenzione della donna prima che si innervosisca per le occhiate concupiscenti dell’anziano.
«Oi, Viper! Che dici, chiameranno Daddy anche lui?» Le domanda col sorriso, facendo un cenno con la testa verso Vegeta.
«Quelle sgallettate usano impropriamente quella parola, non hanno ancora capito niente nella vita.» Cammina fiera in mezzo a tutti loro, non guardandoli neanche per sbaglio. Si sta sforzando di ignorarli per via delle parole di Dennis, corso da loro per avvertirle del loro arrivo e del fatto che Radish li vuole calmi, ma le risulta difficile dal momento che Muten la sta divorando con gli occhi.
«Vuoi dire che per te il Capitano non è un Daddy?» Insiste Major, sorridendole sornione.
«Che vuol dire Daddy?» Mormora un poco confuso Gohan alla madre, che però non sa rispondergli. Anche se lo sapesse, comunque non glielo direbbe.
Il problema nasce dal fatto che i lupi lo hanno sentito benissimo malgrado il suo fosse quasi un sussurro, e ciò innesca una reazione a catena che calamita la loro attenzione sul povero e timido ragazzino.
«Per la puttana, tu sei vecchio dentro ragazzo mio!» Ride forte Micah, guardandolo come se fosse un qualcosa di anomalo. Tra di loro certi discorsi sono perfettamente normali anche tra i più giovani, non riesce a capacitarsi che lui non sappia di cosa stiano parlando.
«Davvero non sai che vuol dire? Eppure è linguaggio slang, alla tua età dovresti saperlo meglio di chiunque.» S’intromette River, sceso tra loro senza che nessuno lo notasse. Guarda Gohan con una forte dose di curiosità, affascinato dalla razza di suo padre. Certo, Radish gli fa schifo e di certo non lo incuriosisce, ma gli altri Saiyan, quelli che non gli rompono le palle, sì.
Gohan, dal canto suo, si sente un poco a disagio di fronte ai loro sguardi invadenti e semplicemente fa spallucce. È un ragazzo abbastanza timido per i fatti suoi e certo non ha dimenticato gli avvenimenti del compleanno, che l’hanno sì divertito molto ma anche un po’ scombussolato.
«I’m baby…» Sbuffa Mordecai, alzando gli occhi al cielo con fare sconfitto.
Micah gli punta contro un dito e con ovvietà afferma: «Slang: non ce la posso fare.»
Viper, pur non apprezzando per niente la presenza delle tre belle e fiere donne in mezzo ai loro maschi, in particolar modo quella di C-18, si avvicina al ragazzo e si abbassa al suo livello, sbattendogli così sotto al naso il seno assai abbondante che Muten non smette di fissare neanche per un secondo con la bava alla bocca. Crilin e Yamcha non possono fare a meno di afferrarlo per le braccia così che non compia scemenze.
«È un modo di definire qualcuno che ti piace a tal punto da desiderare che diventi il padre dei tuoi futuri figli.» Gli spiega con dolce tono materno, facendo poi scivolare lo sguardo sui vari Spettri che se la sghignazzano di lato, convinti di esserlo a loro volta «Purtroppo però si sbagliano: l’unico e solo Daddy che si potesse definire tale, era e rimarrà solo il padre di Bree.»
Radish sa a chi si riferisce, Bree gliene ha parlato, seppur di sfuggita e con tono stranamente freddo. È rimasto davvero sorpreso nell’apprendere che suo padre altri non fosse che Darko, Beta di Mezcal, uno Spettro di incredibile forza e talento ma con uno scarsissimo istinto paterno, morto la notte che Jäger salì al potere.
«Altro che alfabeto, quello con tre o quattro lappate ti faceva vedere il Paradiso.» Aggiunge poco dopo, portandosi le mani sul cuore e sospirando eccitata al solo ricordo della loro notte di fuoco di undici anni prima.
«Seria?» Domanda realmente incuriosito Micah, un sopracciglio inarcato e una forte curiosità di sapere più nel dettaglio i particolari sulla vita sessuale del defunto Spettro. In fondo lui è considerato uno dei più grandi amatori tra la sua gente, non vede perché non informarsi per prendere il primo posto sul podio.
«A proposito di alfabeto…» Borbotta Major, lasciando saettare gli occhi su Yamcha. Non ce la fa davvero più a trattenersi, nella testa ha una valanga di frecciatine pronte ad essere lanciate senza pietà e, ne è certo, lo stesso vale anche per gli altri, motivo per cui attacca per primo: «…torna a farti le pippe, amico. Sul serio.»
«Come?» Non capisce, davvero. Li hanno quasi ignorati finora, a malapena li hanno guardati negli occhi e adesso invece uno di loro ha un’uscita tanto infelice proprio nei suoi confronti. In fondo la sera del compleanno gli avevano dato largamente l’impressione di andar loro a genio, perché comportarsi così? E perché Radish si sta tenendo una mano sulla bocca e pare sul punto di esplodere a ridere da un momento a l’altro? Addirittura si volta, lasciandosi involontariamente andare uno strano verso strozzato che fa ridere di gusto Mordecai.
«Robin si è lamentata delle tue scarsi doti d’amatore con Maj, che poi ha riferito a tutto il branco, compreso Radish.» Lo informa con una non indifferente ovvietà Glover, un sorriso beffardo che si allarga sempre di più in volto. Se solo ripensa a quell’assurda conversazione e a tutti i dettagli tirati fuori dal Segugio sente che potrebbe soffocare dalle risate.
«Se dopo mezz’ora che gliela lecchi non è ancora venuta… torna a giocare cinque contro uno, è meglio per tutti. Soprattutto per le tipe!» Butta lì con finta innocenza Micah, mimando apertamente il gesto che fa accigliare immediatamente Chichi.
«Ci sono dei bambini!»
«Quelli non capiscono e questo è un adolescente, andiamo! Presto comincerà a divertirsi anche lui, si spera, quindi è meglio che sappia quello che fa prima di fare figure di merda astronomiche come quell’altro sfigato. A proposito, bella fata, come hai fatto a starci tanto tempo?! Una frustrazione terribile, immagino.»

«Deve essere per questo che ha optato per il simpaticone. Se tra le lenzuola vale solo la metà del Capitano, deve essere una delle donne più felici e soddisfatte del mondo!» Quasi lo urla Mordecai, fisicamente incapace di trattenersi, mentre River prova in tutti i modi a bloccarlo per tappargli la bocca. Ma Mordecai sembra avere la sorprendente capacità di trasformarsi in una sottospecie di scivolosa anguilla gigante quando vuole e catturarlo diventa quasi impossibile.
«Sei suo zio, no? Spiegagli subito l’alfabeto prima che combini qualche disastro!» Bercia Major, esaltato dalla conversazione. Non che non parlino mai di sesso, anzi è all’ordine del giorno, ma in questo momento lo diverte in modo particolare.
Radish, ormai abituato a tutto questo, non tenta neanche più di scappare da loro quando attaccano, anche se spesso e volentieri ha qualche difficoltà a controbattere. E pensare che con Sherry le porcate vengono fuori in totale scioltezza!
«È ancora giovane, ci arriverà da solo.»
«Un cazzo. Tu non sapevi cosa fosse eppure sei per i quaranta.»
«Non avevo neanche bisogno di saperlo, se è per questo.» Sta però imparando a controbattere subito e senza vergogna, sta imparando ad affrontare discorsi che non ha mai affrontato così apertamente senza irrigidirsi a morte. Non che con Nappa,  talvolta anche con Vegeta, non volassero porcate, ma sicuramente ciò non avveniva con questa frequenza e di certo nessuno scendeva mai così nel dettaglio come loro. Ha scoperto che i pudici, lì in mezzo, sono un qualcosa di più unico che raro.
«E comunque ti ho battuto.» Ecco, questo ci tiene davvero a precisarlo, dal momento che Major sembrava goderci tantissimo a fare il galletto quando gli spiegava quella tecnica.
«Lettera?»
«Alla prima Elle.»
«Ma vaffanculo!» Si lascia ricadere all’indietro, Major, un braccio a coprirsi gli occhi e una mano sul cuore, mentre gli altri se la ridono di gusto.
«Tu non volevi parlargli di qualcosa?!» Sbotta Vegeta contro Crilin, più che stufo di quel teatrino. Passi la serata al ristorante alla quale è stato praticamente trascinato per un orecchio da Bulma, ma questo no. Anche perché durante la cena si è un poco divertito grazie all’ottimo vino d’annata che girava per il tavolo (ed anche per il bourbon) e per la presenza dell’anziana signora che è riuscita a farlo arrossire un po’ come fece Bunny quando la incontrò la prima volta. I suoi modi, per qualche strano motivo, lo hanno come ipnotizzato e spinto ad unirsi ai festeggiamenti, seppur a modo suo. Perché ha un incedere elegante, un bel lessico ed una voce calda e rassicurante, dei modi civettuoli e al tempo stesso aristocratici, il tutto unito ad una strana sensazione calda, come quando vieni abbracciato dalla mamma quando sei triste e la vita, di colpo, sembra andare un po’ meglio. Ma adesso Fern non c’è, sta giocando a poker con una delle infermiere in attesa del suo turno per la manicure, e Vegeta non ha proprio alcun motivo per essere di buon umore lì in mezzo.
Crilin, che si sente indifeso sotto agli sguardi attenti di tutti quegli uomini che lo fissano, si ritrova costretto a vuotare il sacco. Non ne è felice, per niente, perché si è reso pienamente conto che lui, da solo contro alcuni tra loro, non potrebbe fare poi molto se non prenderne di santa ragione.
«Beh, sì…» Si schiarisce un poco la voce e, dopo un bel respiro, espone a tutti quanti il proprio dubbio. Il fatto che riesca a parlare con voce ferma e sicura è un grande vantaggio, perché gli Spettri lo percepiscono in qualche modo come sicuro di sé e di conseguenza gli danno più ascolto.
«C’è stato un omicidio due giorni fa, la vittima è stata trovata con il torace aperto e un paio organi sono stati estratti. Il coroner ha detto che c’erano alcuni segni di morsi, come in alcune delle vostre vittime. La differenza è che stavolta non si tratta di un criminale.»
«Ne sei sicuro?» Lo guarda con occhi attenti, Major, realmente incuriosito dalla faccenda. Che lui sappia nessuno nelle Terre degli Shedish, come qualcuno mormora timidamente, ha più attaccato un essere umano da quando Sherry è al potere. E se l’ha fatto, è solo perché l’umano in questione gli era stato indicato.
«Fammi vedere.» Ordina subito dopo, allungando una mano verso di lui.
«Come?»
«Posso dirti subito se è stato qualcuno di noi o un semplice emulatore.»
Crilin si porta un passo indietro quando l’altro si piega in avanti col busto, decisamente poco propenso a fargli bere il proprio sangue per mostrargli ciò che ha visto sulla scena del crimine e sui vari fascicoli, ma non riesce proprio ad evitare Micah, che con un velocissimo e precisissimo balzo si è lanciato al suo fianco, facendogli un piccolo taglietto con un artiglio. Lecca il sangue che vi è rimasto sopra, consapevole che visto che ci stava pensando tanto i ricordi vi saranno ben impressi.
Crilin gli urla dietro, così come un’inviperita C-18 che non si aspettava certo un simile gesto, ma il Segugio non vi bada minimamente. Sta osservando, sta apprendendo e si sta trovando realmente infastidito dal fatto che, a causa dei sensi poco sviluppati di Crilin, non può fiutare alcuna traccia. Risolverebbero tutto molto più velocemente.
«Grasso interno presente e organi lacerati con una lama. Era già morto quando l’ha aperto.» Afferma con disinteresse, tornando a sedere al fianco di Mordecai. Si sdraia pure sulle sue gambe, stiracchiandosi come un gatto e sbadigliando sonoramente. Sperava tanto in una divertente caccia al topo, e invece…
«Allora?»
«Allora un super-predatore che si rispetti non agirebbe così.» Ovvio, palese. Perché gli esseri umani non arrivano subito a concetti tanto elementari? Mordecai non riuscirà mai a capirlo, poco ma sicuro.
River prende la palla al balzo e, con la sua solita voce arrogante che pare sussurrarti dolcemente nell’orecchio “sei un povero coglione”, si appresta a delucidare a tutti un punto che sembrano essersi dimenticati: «È inebriante, per noi, che la vittima ci guardi mentre la divoriamo. Spesso e volentieri facciamo in modo che sopravviva il più a lungo possibile mentre mangiamo il grasso attorno agli organi interni.»
«Ergo, non è dei nostri. Si tratta solo di uno psicopatico qualsiasi.» Semplifica Maddox, lanciando un’occhiata di traverso all’Alpha.
«Fammi avvicinare al cadavere e ti dico con esattezza com’è andata e chi è stato.» Afferma Major, con una tale tranquillità da spiazzarli. Neanche stessero parlando di un film che lui non ha visto e dicesse “dai, lo guardo anche io e poi ti do il mio parere”.
«Zio Maj! Possiamo ucciderlo noi?!»
Gli occhi dei presenti si spostano con un certo orrore sui due bambini che sorridono entusiasti al Segugio, la pelle scura del viso imbrattata di sangue ancora caldo e ciuffetti di pelo grigi. Mentre erano alla disperatissima ricerca dell’ircocervo ondulato, che non sembrava proprio volerne sapere di saltare fuori quel maledetto, hanno pensato bene di anticipare i tempi e sbranare un opossum in tutta calma, solo per ricordarsi a metà pasto che, ehi!, l’ircocervo ondulato potrebbe sfuggirgli ora che sono distratti, meglio tornare da Radish e chiedergli, secondo lui, dove potrebbe aggirarsi per andare sul sicuro e catturarglielo.
Piccoli, teneri e decisamente meno svegli del padre e degli zii adottivi. Radish ha perso il conto delle volte che gli ha lanciato bastoni o altri oggetti per farseli riportare, scatenando così le risate di molti adulti. Si è beccato non poche ringhiate dalle madri e da Sherry, ma non gliene poteva fregare di meno.
«Ma certo! È anche l’ora che immergiate il muso nel sangue come Cristo comanda!»
«No, no, no! Mi indicherai l’assassino, verrà arrestato e subirà un processo com’è giusto che sia.» Si appresta a puntualizzare Crilin, decisamente pentito di non essersi tenuto il dubbio per sé. In effetti andare a parlare con loro di omicidi, rischiando solo di accendere il loro istinto predatorio, non è stata una gran mossa.
«Nope.» Risponde infatti il Segugio, un’espressione altamente derisoria stampata in volto «Ascolta, è solo uno spreco di tempo e di energie intrufolarci all’obitorio per scoprire chi è, quindi puoi collaborare o ci muoveremo alla nostra maniera. Il risultato, comunque, non cambierà: io lo troverò e questi due bambini lo sbraneranno.»
«Semplice, semplice.» Ridacchia River, un’espressione annoiata in volto. Lui, proprio come Vegeta, si è stufato della faccenda. Vuole sapere per quale motivo si sono trascinati fino a lì, perché quell’idiota di Radish li abbia fatti avvicinare neanche fosse casa sua e, soprattutto, non vede l’ora che si tolgano dai piedi.
L’arrivo di Bree però riesce in qualche modo ad attirare la sua attenzione, e lo stesso fa con gli altri.
Micah, in particolar modo, le sorride raggiante ed allarga le braccia a più non posso, esclamando: «Ehi, mamacita!»
La Mezzosangue sorride allegra all’amico, gli manda pure un bacio mentre si lega i lunghi capelli biondi in una coda alta. È relativamente tranquilla, per quanto possa esserlo una come lei che piano piano si sta caricando di testosterone a causa della gravidanza. È l’idea di Mimì che le bacia e le sfiora la pancia che si sta a poco a poco arrotondando a tenerla quanto più possibile con i piedi per terra e, senza ombra di dubbio, a farla sorridere sempre come una bambina.
Muten però non sa quanto possa essere pericoloso uno Spettro in dolce attesa di due maschietti, nessuno gliel’ha mai spiegato, e il ricordo di quel pranzo a casa di Chichi gli fa pensare che con lei possa essere sé stesso senza che uno di loro, o peggio ancora lo stesso Radish, gli salti alla gola, motivo per cui si lascia tranquillamente andare ad uno dei suoi soliti commenti infelici non appena la donna gli è vicina.
«È un piacere rivedervi…» Quasi sbava mentre parla, gli occhi ben celati dietro le lenti scure puntano con insistenza il seno abbondante della bionda e con le mani mima platealmente un volgare palpeggiamento.
Accade tutto in un secondo e mezzo esatto: Bree, curiosamente offesa dal suo comportamento, muta in un batter d’occhio e snuda le zanne, ma prima che possa avvicinarle a più di otto centimetri dal volto dell’uomo qualcosa la spinge di lato con violenza.
Si ritrova così sulla schiena, con una zampa che le preme sulla gola e dei lunghi denti insanguinati vicino al muso, un profondo e furioso ringhiare le scuote la mente e la costringe a ritrovare immediatamente la calma.
Sogghigna Radish, incredibilmente fiero della forza della compagna. Vederla esplodere di rabbia in questo modo, vederla attaccare, anche senza ferire, gli dà una scarica di eccitazione e adrenalina in tutto il corpo che quasi lo stordisce.
Quando poi si drizza in piedi, agli occhi di tutti diventa improvvisamente maestosa come nessun altro animale mai visto prima. Il collare del pelo le si apre fino a formare un’enorme aureola corvina che le incornicia il muso, il corpo è così rigido che pare fatto di acciaio nero, negli occhi ha il fuoco.
Bree si rialza subito in piedi e, come se niente fosse mai successo, si scrolla la terra di dosso e poi si alza a sua volta sulle zampe per giocare con l’amica. Non è mancanza di rispetto la sua, poiché le ha mostrato il ventre in segno di sottomissione, è puro e semplice affetto. Sherry lo sa bene, per questo gioca a sua volta con il Segugio, tornando su quattro zampe quando dei cuccioli arrivano in mezzo. Con la loro mole potrebbero fargli male se si distraessero, è meglio darsi una calmata.
Chichi, scostando in modo strategico la frangetta dagli occhi, lancia una lunga ma discreta occhiata al cognato ed in poco si ritrova a sorridere. Ha un’espressione così serena e felice mentre guarda quell’enorme creatura che si lascia passare i cuccioli tra le zampe, i suoi occhi sono pieni di un sentimento così puro che, davvero, le riempie il cuore di gioia.
Odiava Radish all’inizio. Lo odiava sul serio, con tutta sé stessa. Aveva comportato la morte di Goku, aveva rapito Gohan e lo aveva pure malmenato. Come poteva non odiarlo?
Ma poi è cambiato. È cambiato e ha protetto suo figlio, ha aiutato suo marito, ha fatto tutto ciò che poteva per mostrarsi utile in combattimento, per difendere il pianeta. Si è avvicinato a tutti, lentamente e faticosamente, fino a diventare uno di loro, fino a guadagnarsi senza ombra di dubbio il loro rispetto e il loro affetto.
Temeva che rimanesse solo, però. Non che l’idea le togliesse il sonno, certo, ma un poco le dispiaceva vederlo in disparte quando si riunivano tutti assieme per pranzo o per cena, si rattristava un poco nel vederlo distogliere immediatamente lo sguardo quando si avvicinava a Goku durante i pranzi post-allenamento in famiglia, quasi si sentisse davvero di troppo malgrado nessuno gli avesse mai voluto dare questa impressione.
Ma è innamorato, adesso. È innamorato sul serio, lo vede dal suo sguardo fiero magnetizzato sulla giovane e combattiva donna che ha ripreso sembianze umane e si infila frettolosamente un vestitino largo per nascondere le sue grazie, lo vede da quel timido sorriso che le rivolge, da come si lascia avvolgere la vita con un braccio, da come la tocca a sua volta con movimenti discreti.
È innamorato ed è felice e lei, davvero, vorrebbe che il suo amatissimo Goku fosse lì per gioirne, vorrebbe che la conoscesse anche lui e, forse in dose maggiore, vorrebbe conoscerla meglio a sua volta, provare a creare un legame, farla integrare davvero in famiglia. Inutile infatti negarlo: lei ne fa parte e, ne è piuttosto certa, lo farà per molto tempo.

«Ed ecco che arrivano anche gli ultimi due imbecilli…» Brontola Radish, gli occhi puntati in alto alla propria destra.
Tutti, ad eccezione di Oscar, seguono il suo sguardo per veder arrivare Tensing e Rif. Il maialino, infatti, sta cercando di farsi piccolo piccolo dietro a Gohan per sfuggire agli occhi invadenti dei tre cucciolotti che lo fissano, sbavando come dei San Bernardo davanti ad una bistecca.
«Siete arrivati, finalmente!» Li saluta calorosamente Bulma, sventolando una mano in aria, mentre Trunks emette degli acuti versetti che fanno sorridere dolcemente le varie donne che stanno sbucando dalla vegetazione. Molte sono ancora su quattro zampe poiché non si fidano e i piccoli, schizzati fuori dalla tana dopo averle fiutate, vanno subito a cercarvi riparo.
Tensing e Riff atterrano in mezzo al gruppo, col piccoletto che si tiene ben vicino alle gambe dell’amico. Non si sente per niente tranquillo in mezzo a quelle grosse bestie capacissime di spezzarlo a metà con una zampata.
«Avevamo perso la cognizione del tempo, scusate.» Si affretta ad affermare Tensing, un sorriso tirato in volto. Era nell’Artico ad allenarsi col fidato compagno di avventure anche per riuscire a scovare la grotta d’accesso per i Territori del Nord, incuriosito dai racconti di Sherry, ma non ha trovato niente, neanche l’ombra di un enorme lupo in giro. Cioè, qualcosa avrebbe pure trovato, ma non se ne è reso conto.
Abbassa per un brevissimo istante gli occhi su Riff, che è stato curiosamente avvicinato da un cucciolo che, dopo averlo annusato per qualche secondo sulla testa, è scoppiato a guaire disperatamente. Fa giusto in tempo ad afferrarlo per un braccio e sollevarlo in alto, mettendosi in posizione d’attacco, prima che la situazione esploda: molti Spettri hanno eseguito la muta in un istante, tutti snudano le zanne e ringhiano furiosamente, fuori di sé.
Radish si frappone immediatamente e mette le mani nelle fauci di una Cacciatrice, tenendogliele dolorosamente spalancate solo per poi rivoltarla da una parte con un gesto secco e violento.
«Si può sapere che cazzo vi prende?! Vi pare forse una minaccia?!»  Urla con rabbia, gli occhi iniettati di sangue tanto quanto quelli delle furiose creature che non ci pensano proprio a calmarsi. C’è rabbia e disprezzo nei loro occhi, Radish lo vede chiaramente, ma vede anche qualcosa di insolito che lo insospettisce non poco: paura.
«Porca puttana, che c’è?!» Urla di nuovo mentre afferra Micah per una spalla e lo tira all’indietro, notando chiaramente nel suo sguardo un profondo e viscerale istinto omicida misto a puro e chiarissimo odio.
Radish, in quelle due settimane, ha scoperto che c’è poco da scherzare con l’eccentrico biondino se perde le staffe. Lo chiamano scherzosamente “Cavaliere Nero dei Pucciosi” per sottolineare il fatto che, malgrado l’aspetto dolce e a tratti delicato, a lui non gliene frega niente di farsi male, tanto da costruire i suoi giacigli tra le spine e, se gli gira male, pure vicino ai vespai. Esuberante e solare, è capacissimo di lanciarsi a testa bassa contro nemici ben più forti di lui se accecato dalla rabbia e spinto a difendere i propri cari.
Riff contro uno così durerebbe meno di niente.
«Ha l’odore di Jäger addosso.» Ringhia furibondo, gli occhi dorati fissi sulla strana e pallida figura del piccolo guerriero. Se solo Radish mollasse la presa anche solo di poco, scatterebbe in avanti per strappargli la testa a morsi nel giro di un attimo.
«Che cosa?!» Domanda realmente confuso Tensing, non riuscendo proprio a capire cosa possano aver fatto di tanto grave da scatenarli così.
Nessuno gli risponde però. Si limitano a seguire attentamente i movimenti frettolosi di Sherry che scatta verso il piccoletto e, dopo avergli procurato un piccolo taglio nel braccio vi si è attaccata con la bocca per poter succhiare un po’ di sangue. Per quanto Riff tenti disperatamente di togliersela di dosso, i suoi sforzi sono decisamente inutili.
Tensing, proprio accanto a lui, lo calma immediatamente e gli dice di lasciarla fare, poiché ha capito benissimo che il suo non è un vero e proprio attacco quanto una ricerca disperata di informazioni. Lo ha capito dagli occhi attenti e determinati privi di reale aggressività, dal fatto che stia facendo quanto in suo potere per non ferirlo ulteriormente. Se glielo avesse chiesto, le avrebbe dato lui stesso il proprio sangue per non creare ulteriori tensioni.
Sherry infine lo lascia andare, il taglio sul piccolo braccino pallido già perfettamente rimarginato, e adesso cammina lentamente in avanti, gli occhi vuoti, persi nel niente, la mente che osserva tutto ciò che lo strano duo ha vissuto in quegli ultimi giorni.
«Cosa vedi?» River è già al suo fianco, i muscoli tesi sotto la pelle chiara nello sforzo di non mutare. Ora che dà le spalle ai valorosi Guerrieri Z, tutti possono notare per la prima volta i profondi e lunghi segni che gli solcano la schiena, procurati dagli artigli della donna che ama da quasi dieci anni durante il loro primo incontro ufficiale.
Sherry non gli risponde. Si limita a tendere un braccio verso di lui per farsi mordere e mostrargli tutto, e River, una volta ottenuto il ricordo, si sente improvvisamente cadere nello sconforto.
Quello psicopatico non solo è uscito dai suoi territori in totale libertà e solitudine ed ha ingannato con la sua falsa gentilezza ed ingenuità i due guerrieri, conversando amabilmente per poter scoprire informazioni a lui utili, ma ha pure ucciso cinque Spettri del Sud. La cosa preoccupante è che sono rimaste solo le pellicce, usate poi come giaciglio, fatto che indica che siano stati uccisi vicino ai suoi di territori. Si è mosso molto, ha gironzolato completamente indisturbato e nessuno si è reso conto di niente per giorni.
«Li conosci, vero?»
River annuisce piano, il cuore avvolto dal dolore. Certo che li conosceva, è cresciuto in mezzo a quella gente. Conosce pure le loro famiglie, se è per questo, e gli si spezza il cuore all’idea del loro dolore.
«Uno di loro è stato uno dei miei tutori, da bambino.» Mormora aggrottando le sopracciglia, rimanendo immobile pure quando viene abbracciato.
«Riv…» Lo stringe a sé, dispiaciuta e preoccupata. Dio solo sa di cosa sia capace quel pazzo…
Poi un pensiero le attraversa la mente, folgorandola: Jäger, così come tutti loro, su due zampe emana per forza un’aura forte che avrebbe dovuto insospettire Tensing, soprattutto dal momento che deve essere ben superiore pure alla sua, e invece non ha captato niente. Sa abbassarla come fanno loro… ha imparato ad usare alcuni dei loro trucchi, dannazione!!!
«Come ha fatto ad uccidere cinque membri d’élite della guardia senza riportare neanche un misero graffio? E perché uscire? In questi anni sembra non essersi mai mosso, neanche una volta. Perché uscire adesso?» Sbotta rabbioso River, scostandosela di dosso. Non vuole alcun genere di contatto fisico adesso, vuole solo capire quanto in realtà sia effettivamente grave la loro situazione. Questo, evidentemente, non è più lo stesso Jäger che conoscevano, ha ampliato ancora le sue già vastissime conoscenze ed è diventato davvero molto più forte di loro. Se i suoi seguaci lo hanno imitato, l’esercito del Sud da solo ha ben poche possibilità di vittoria, figurarsi il loro.
«Per intimorirvi.» Afferma duramente Vegeta, le braccia sempre fermamente incrociate al petto, l’espressione perennemente truce ed annoiata. Ma la verità è che adesso non è particolarmente annoiato, poiché ha ben capito che la situazione, per loro, si sta facendo davvero critica. Non che lo riguardi direttamente, certo, ma se c’è di mezzo una minaccia più o meno seria non può tirarsi indietro. Oltretutto, e questo non lo dirà mai neanche a Bulma, un poco gli dispiacerebbe se Radish la perdesse.
«Se fossi al suo posto, vorrei farvi provare quanto più terrore possibile, vorrei fiaccarvi nello spirito fino al crollo psicologico, così da potervi annientare tutti insieme con assoluta facilità in una volta sola.»
C’è silenzio, adesso. Il cinguettio degli uccellini pare essere cessato di colpo, quasi non volessero disturbarli.
Il team Z si domanda cosa possa spaventarli tanto, cosa possa aver sconvolto tanto Sherry. Se ne sta in disparte, lo sguardo duramente puntato verso Nord, quasi cercasse delle risposte.
Aveva scoperto già giorni addietro che Radish aveva parlato con i due compagni, sapeva della sua proposta e non ne è stata felice. Pur sapendo che le tornerebbero profondamente utili, non ha mandato giù il fatto che l’abbia prevaricata, che abbia agito alle sue spalle. Per quanto anche il Saiyan faccia parte del branco… è pur sempre il suo branco e gli Spettri non sono certo famosi per essere tipi che condividono tanto facilmente ciò che è loro con membri estranei al nucleo familiare e, malgrado tutto, lui non ne fa davvero parte.
Ma adesso, dopo la sconcertante verità appresa, non può evitare di farsi andar bene la sua idea ed anche il fatto che siano giunti tutti lì senza il suo permesso, malgrado sia sottinteso che ciò porterà sicuramente ad un privato scontro verbale più o meno pesante.
Si volta di scatto e sale con un agile balzo sulla roccia che usano per bloccare l’ingresso della tana, gli occhi improvvisamente rossi come il fuoco e neri come la pece, i canini allungati e appuntiti messi in mostra nell’istante in cui arriccia le labbra per emettere un profondo ringhio di ammonimento.
Gli occhi di tutti i presenti adesso sono su di lei, i tanti Spettri sotto la sua guida sono tesi come corde di violino. L’idea che Jäger stia cominciando palesemente a muoversi è un orrendo segnale e non possono ignorarlo.
«Non sprecherò il vostro tempo, spero che voi non vogliate sprecare il mio, quindi proverò ad essere breve.» Li guarda velocemente uno per uno, tentando disperatamente di infondere loro parte della sua cieca determinazione.
«Come sapete Jäger è mio fratello, di conseguenza lo conosco abbastanza da poter riconoscere un suo comportamento aggressivo da un gioco, e vi posso assicurare con assoluta certezza che adesso sta ancora solo giocando. Non ci prende sul serio, non siamo una minaccia per lui e le sue ambizioni… ma penso che tema Radish grazie a ciò che gli ha mostrato Darren. Se è uscito dalla sua tana, è per l’esatto scopo descritto dal Principe Vegeta… e ci riuscirà se non restiamo uniti.»
Gli Spettri ben sanno della loro parentela da sempre, è cosa più che nota a tutti anche se non ne parlano mai neanche per sbaglio… ma gli altri non lo sapevano. Radish non ne ha fatto parola neanche con Piccolo e Vegeta quando è andato a parlargli perché la sola idea lo manda in bestia e gli fa male dentro, soprattutto dopo la loro straziante chiacchierata.
Per quanto sorpresi, però, nessuno di loro riesce a capire quanto il soggetto sia pericoloso e marcio dentro, ma Sherry pensa bene di porvi rimedio alla svelta. È bene ribadire il concetto anche ai suoi Spettri, così che capiscano a pieno l’enorme rischio che sta costantemente correndo muovendosi tanto allo scoperto per loro.
«È un uomo estremamente tenace, capace di portare avanti i suoi giochi anche per anni senza battere ciglio. Non abbandonerà mai l’idea di distruggere tutto ciò che considera impuro tanto quanto non abbandonerà mai il desiderio folle e malato di avere dei figli da me.»
Non possono fare a meno di guardare Radish, adesso. Lo guardano con uno sguardo che oscilla dallo sconvolto al disgustato, passando pure per l’incredulo, realmente incapaci di accettare una cosa tanto orrenda. Non capiscono come possa lui, tanto aggressivo e talvolta meschino, non essere già partito alla ricerca di quel pazzo per eliminarlo, inconsapevoli che è proprio Sherry ad impedirglielo.
Lui evita i loro sguardi, troppo concentrato sulle parole della compagna. Gli fa un certo effetto in questo momento, così maledettamente fiera e determinata, col fuoco negli occhi e una sicurezza sconcertante nella voce. Non è dura con nessuno di loro, è lampante che non ha alcuna intenzione di costringerli a seguirla e a combattere, non vuole nella maniera più assoluta metterli in pericolo. Se questa non ha la stoffa e il cuore di una vera Sovrana, allora qualcuno deve spiegarmi per bene chi ce l’ha.
Vegeta, per quanto generalmente freddo e granitico, non può rimanere indifferente alla questione, soprattutto perché, come Piccolo e C-18, ha notato chiaramente l’irrigidimento di Radish, ha notato la mascella che si contraeva e le dita che affondavano nelle braccia per trattenersi. È furioso, sta soffrendo, e non può certo essere una semplice idea a fargli questo effetto: c’è di più, è successo qualcosa di grave, e certo non possono tollerarlo.
Non può fare a meno, poi, di ricordare tutte le volte in cui, all’inizio della loro improbabile relazione, si trovava ad avere degli incubi mostruosi, dove tutti i nemici che aveva seminato per lo spazio violentavano la sua Bulma per spregio. Non riesce neanche ad immaginare il furore e il dolore che debba provare Radish all’idea non solo che probabilmente sia già successo ma anche che, se non faranno attenzione, andrà solo peggio.
«Sapete una cosa? Presto si ritroverà davanti ad una sconcertante verità che molti di voi ancora non hanno abbracciato: voi siete la nuova linfa, voi siete i cazzi duri del futuro della nostra razza! Mi sembrate tutti assetati di sangue… è un bene, perché lo sono anche loro.»
Gli animi si stanno lentamente infiammando e questo è oltremodo evidente. Pendono dalle sue labbra come ipnotizzati dalla sua voce e malgrado il terrore che solo l’idea di una guerra provoca nei loro cuori, nessuno riesce a fare a meno di immaginarsi nel pieno nello scontro, con le zanne macchiate del sangue nemico sconfitto.
«Io non sono Mezcal e neanche Jäger. Non ho intenzione di costringervi a combattere, non vi chiederò mai di fare qualcosa che possa recarvi danno o offesa. Avrete fino a mezzogiorno per riflettere, poiché purtroppo il tempo per noi scarseggia e dobbiamo approfittare di ogni momento disponibile per migliorarci. Voglio che pensiate a quanto siete disposti a sacrificare per vincere, se tutto questo fa per voi o no e, tranquilli, non è per tutti. Ma se deciderete di restare, vi allenerete costantemente e presto, molto presto, scenderete in guerra. Chi resterà, sarà così suddiviso: i Cacciatori e gli Alpha si alleneranno in gruppi con Radish e, se ci concederanno il loro tempo e la loro pazienza, con il Principe Vegeta e Piccolo.» Li guarda per qualche secondo negli occhi ed eccola lì, chiara e luminosa, la scintilla di eccitazione nei loro occhi in genere freddi e duri, la volontà di combattere e creare nuovi campioni.
Punta poi gli occhi scuri in quelli glaciali di C-18, che a sua volta la guarda con determinazione mentre annuisce in modo appena percettibile.
«Che ci crediate o no, questa donna ha avuto la forza di mettere al tappeto alcuni di questi guerrieri… gli ha fatto veramente il culo a strisce. Quell’uomo, invece-» punta con sicurezza un dito contro Tensing, facendolo trasalire un poco per la sorpresa di essere tirato direttamente in causa «-in gioventù ha sconfitto il fratello* del vostro Capitano, che tutti qui sappiamo essere stato l’uomo più forte del pianeta, che si è sacrificato nel tentativo di fermare il mostro insetto! Se decideranno di venire in nostro aiuto, i Segugi saranno sotto di loro, così che possano rendervi ancora più veloci e micidiali di quanto già non siete.»
Il Quartetto è pronto, le loro mani già prudono insopportabilmente per la voglia di scatenarsi e fare a pugni. L’idea di finire con ogni singolo osso che hanno in corpo spezzato in due non li spaventa, bensì li carica ancora di più perché se a questo mondo c’è qualcosa capace di farti sentire davvero vivo, secondo loro, quello è proprio il dolore.
«I giovani dai dieci al sedici anni e i Mezzosangue potranno decidere se allenarsi a loro volta con guerrieri valorosi del calibro di Crilin, Muten e Yamcha, sempre ammesso che decidano di graziarvi dopo le vostre stronzate.»
Muten annuisce immediatamente, convinto dalle sue parole. Ciò che Jäger vuole farle (e che sospetta le abbia già fatto a giudicare dall’appena percettibile reazione del Saiyan) è assolutamente intollerabile, quindi è ben deciso a dare una mano, per quanto possibile. Se questo motivo non fosse sufficiente, oltretutto, si è sinceramente affezionato a Radish nel corso degli anni, lui stesso lo ha allenato, in modo tale da renderlo il potente combattente che è e non vuole che gli venga strappato quell’insolito sorriso che mai pensava di vedergli in volto.
Crilin non ha potuto davvero fare a meno di immaginare qualcuno fare quel genere di male alla sua C-18... e il cuore è stato come stritolato in una morsa gelida. Viene da sé che li aiuterà, che si applicherà con tutto sé stesso per allenare quei giovani, per far sì che sopravvivano e per evitare che a qualche ragazzina capiti la stessa sorte.
Yamcha, della sua stessa identica idea e dopo aver lanciato una velocissima occhiata a tutte quelle ragazze e giovani donne evidentemente in una situazione più che pericolosa, già sta pensando agli allenamenti a cui sottoporli.
Sherry, infine, abbassa gli occhi su Gohan, trovandolo un poco confuso dal non essere stato tirato in ballo. Non che combattere gli piaccia particolarmente, però vuole aiutare, vuole fare in modo che quelle persone possano difendersi da chi li vuole morti.
«Ovviamente tu, piccolo prodigio, sei escluso perché me ne saprebbe sinceramente male di sottrarti ai tuoi studi per questo branco di ignoranti, ma fa come se avessi fatto pure il tuo nome.»
Chichi le sorride grata ed un poco divertita. Sa bene che la sua è una mera scusa per non coinvolgerlo, per evitargli altra violenza perché solo un ragazzino, e per questo gliene è grata, anche se è abbastanza sicura che l’istinto paterno che suo figlio racchiude in sé lo spingerà ad aiutarli in qualche modo anche contro la loro volontà.
«Come ringraziamento…» Gli occhi di tutti si spostano immediatamente sull’Alpha che si è chinata per recuperare un bicchiere vuoto. Lo tiene con un poco difficoltà sotto al polso destro e poi, con un movimento preciso e secco, pianta l’artiglio del pollice nella tenera e pallida carne, lacerando violentemente la carne e le vene. Il sangue scorga vischioso e denso dentro al bicchiere, riempiendolo di due dita.
Glover e River azzardano un passo in sua direzione per fermarla, ma il suo ringhio di ammonimento li blocca. Anche per un orecchio umano il significato era molto chiaro e suonava pressapoco così: “Toccatemi e vi spello. Io faccio il cazzo che mi pare.
Si alza in piedi e con passo deciso si avvicina a Bulma, piazzandole in mano il bicchiere che la scienziata prende con un poco di incertezza. Lo desiderava ardentemente, questo è certo, ma la scena l’ha un poco turbata e sentirne adesso il calore contro i polpastrelli non è proprio piacevole.
«Era questo che vi aveva colpiti, no?» Sogghigna appena, pervasa da una scarica di adrenalina ed euforia incredibile. Che Roman s’incazzi quanto vuole: se non ha intenzione di scendere lui stesso in campo per aiutarci, farò a modo mio.
«Per prima cosa sappi che non può essere ricreato in laboratorio, otterresti solo del plasma senza un gruppo sanguigno specifico, e sappi anche che sarà l’ultima volta che lo vedrai se lo diffonderai al resto dell’umanità. In caso contrario, diciamo che puoi considerarlo come un anticipo. Secondo poi, consiglio a te e al tuo adorabile maritino di immergerci la punta della lingua prima di andare a dormire: vivrete la notte più torrida della vostra vita.»
Si guardano negli occhi, l’oscurità del lupo contro la luce della scienziata, ed in breve si ritrovano come a sancire un tacito accordo che prevede grandi vantaggi per entrambe: Bulma può dare loro attrezzature e macchinari non reperibili, lei può darle una delle linee di sangue più pure che troverà mai in circolazione così che possa aiutare, un domani, i suoi familiari e amici e, forse, anche altre persone. Quid pro quo all’ennesima potenza, senza dubbio, ma ad entrambe sta più che bene.
Sherry si volta di nuovo verso i propri lupi e torna a prendere il proprio posto sulla roccia per farsi vedere da loro. Hanno uno sguardo strano adesso, difficile da decifrare pure per lei, ma poco importa: che avesse donato il sangue o meno, difficilmente la loro scelta futura sarebbe cambiata.
«Tra due ore esatte qui. Niente ritardi. E ricordate sempre che è il cielo il limite… e che voi non splenderete mai finché non ci proverete.» Non fa in tempo a voltarsi che un rumore sordo le arriva nitidamente alle orecchie.
Un piede che sbatte a terra, ritmico e preciso, seguito poi da un secondo, un terzo, un quarto e un quinto, fin quando tutti i suoi Spettri, cuccioli compresi, non stanno battendo tutti insieme un piede o una zampa sul terreno che pare quasi tremare sotto ai loro colpi.
Hanno una nuova, cieca e profonda determinazione negli occhi, un qualcosa che si è radicato già così a fondo nei loro cuori e nelle loro menti che mai nessuno li convincerà più del contrario, probabilmente neanche Papà Spettro.
Vogliono rendersi utili, vogliono proteggerla, vogliono apprendere tutto ciò che possono, vogliono rendere felice ed orgogliosa non solo la loro Regina, tanto determinata da rischiare ogni cosa per loro, ma anche il loro Capitano, che da quando li conosce non sta facendo altro che sconvolgere la propria vita per migliorarli.
Per quanto siano ben consapevoli che tutto questo sia contro la loro natura, per quanto siano consapevoli che Sherry ha trasgredito alla più importante delle loro leggi donando il sangue a qualcuno praticamente estraneo, non hanno alcuna intenzione di mollare la presa: sono determinati a vincere a qualsiasi costo, sono determinati a liberare sé stessi e, soprattutto, i loro cuccioli da quella costante e spaventosa minaccia per donargli un nuovo futuro, e se per farlo devono scendere a questi compromessi, se devono modificare tanto il loro stile di vita… beh, e sia.
«Avete pensato alla svelta… molto bene, allora: Glover, River e Willem sarete a capo dei gruppi, decidete chi sarà con voi e poi presentatevi educatamente a questi valorosi guerrieri. Major e Micah guideranno due gruppi di Segugi. Bree e Becca formeranno gli altri.»
Ululano entusiasti, si spalleggiano e si spintonano, euforici all’idea di potersi misurare con loro senza che si tratti davvero di un combattimento mortale. Dio solo sa da quanto tempo sognavano un’opportunità del genere, da quanto la maggior parte di loro, Mordecai in primis, desiderassero spingersi oltre i propri limiti con persone davvero eccezionali.
Il pensiero comune, adesso, è più o meno questo: Per favore andiamo subito da qualche parte a picchiarci, non posso attendere la fine della Festa del Fuoco, impazzirò prima!
Questa loro spropositata reazione sorprende i presenti, ma non Radish. Lui sa bene quanta sete di sangue e di lotta nutrano questi esagitati, in modo non troppo differente dai Saiyan. Era sicurissimo che la sua idea, alla fin fine, sarebbe andata loro a genio.
Non si ribella neanche quando Mordecai e Glover gli allacciano entrambi un braccio al collo e lo strattonano con forza da una parte all’altra, per poi urlare a pieni polmoni “Lunga vita al Capitano!”, scatenando così un altro ululato generale.
Sherry scende di nuovo in mezzo al Team Z e, con un sorriso cordiale, propone loro un qualcosa che neanche Radish poteva assolutamente prevedere: «Sono lieta di invitarvi tutti quanti ad un evento per noi molto importante che si terrà domani sera in un luogo schermato alla vista del mondo intero, così che possiate conoscere un po’ più a fondo quelli che, spero per abbastanza tempo, saranno i vostri allievi. Se l’idea vi aggrada saremo tutti lieti di ospitarvi e verrete trattati con tutti i riguardi. In caso di rifiuto, lo accetteremo di buon grado.»
Non fanno in tempo a rispondere però, perché Sherry è soddisfatta dal risultato e, dopo aver sorriso al compagno che ancora non è riuscito a liberarsi dalla ferrea morsa di Mordecai, decisissimo a farsi abbracciare ad ogni costo, riprende a parlare con voce decisa e modulata.
«Adesso, se non vi dispiace, devo contattare Roman per discutere con lui di alcuni dettagli. Radish vi fornirà tutte le informazioni necessarie. Con permesso.» Piegando un poco la testa in segno di rispetto, finalmente si volta e si addentra con passo sicuro e veloce dentro la tana, consapevole del fatto che Radish possa pienamente occuparsi della faccenda senza difficoltà.
Vegeta, realmente colpito da questo suo lato che davvero non poteva neanche lontanamente immaginare, allontana senza remore i vari Spettri che gli sbarrano la strada per avvicinarsi a Radish. Si guardano duramente negli occhi e il terza classe non può fare a meno di innervosirsi di nuovo di fronte al suo sguardo arrogante, mentre il timore che possa essere messo da parte a suo favore diventa di nuovo insopportabile.
«È decisamente molto più di quanto un Saiyan di infimo livello come te avrebbe mai anche solo potuto desiderare.» Sputa duramente, non dandogli però alcun modo di controbattere prima che abbia finito di parlare «Complimenti.»




* Non essendone sicurissima sono andata a controllare in rete, e c’è scritto che nella 22^ edizione Torneo Tenkaichi “Tenshinhan vince ma solo per sfortuna di Goku, il quale arriva prima a terra schiantandosi contro un camion.” (Ct)

 

ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ragazzi, che dire? Io mi scuso SINCERAMENTE per la mia totale incapacità di scrivere capitoli più corti. Davvero, mi sento in colpa!
39 pagine a questo giro, io non ci voglio credere… e non sapete quanta roba è stata tagliata!!!

Ora il mio secondo dramma più grande: Vegeta!
Non so gestirlo nel modo più assoluto, non mi riesce davvero ma per ovvi motivi non posso scartarlo totalmente con la scusa “eh, a Bulma girava storta e sono andati in vacanza per sei mesi”, quindi in qualche piccola particina devo pur inserirlo. Va di culo però che si tratta di allenamenti, di massacrare senza ritorsioni della gente che però non può morire per questo, di tenersi in allenamento e, soprattutto, mostrare agli amici di essere il migliore anche in questo.
Perché sì, non prendiamoci in giro: per tutti loro diventerà nel giro di un’ora una tacita sfida a vedere chi è il sensei migliore! Pure io mi impunterei tantissimo!

Beh, che altro dire? Nel prossimo capitolo ci sarà quella che davvero spero tanto possa essere per voi una grossa sorpresa! Lo spero davvero tantissimo, anche se non ne sono del tutto certa.

Ora vado a morire pacificamente sotto la doccia per almeno un’ora, perché stiamo aprendo lo stabilimento in fretta e furia e non sento neanche più le dita delle mani per il dolore.

A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻



PS: In un vecchio capitolo scrissi che il padre di Bree era un Alpha formidabile… è stato un errore per metà: ancora non avevo del tutto deciso la “suddivisione per colore” malgrado già fosse deciso quale fosse il suo ruolo e, in ogni caso, non volevo che si scoprisse subito questo dettaglio. :D

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio anche Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite; Chimera__ e Nhirn9001 per aver messo la storia tra le ricordate. Ed un grazie va anche a tutti coloro che leggono silenziosamente!

Piccola specifica: dal momento che sarebbe venuto fuori direttamente un libro se mi fossi messa a descrivere tutto, sono stati presi solo degli estrapolati di ogni gruppetto. So che non è il massimo, non mi è piaciuta molto come scelta, ma era necessaria per non scrivere settordicimila pagine (e ne sono uscite comunque 37, Fate voi!). Perdonatemi!

 

𝟚𝟙. 𝒮𝓅𝑒𝓉𝓉𝓇𝒾 𝒹𝒶𝓁 𝓅𝒶𝓈𝓈𝒶𝓉𝑜



È stato un pomeriggio intenso per gli Spettri, che hanno assaggiato per la prima volta in vita loro una forza fisica assai superiore alla loro che mai potranno eguagliare, trovandosi con l’orgoglio ferito dall’atroce consapevolezza che non saranno mai alla loro altezza.
Tutti assieme, uniti come un unico essere, potrebbero fare qualcosa se li prendessero singolarmente, potrebbero sicuramente mutilarli ed alcuni pure ucciderli, ma ciò comporterebbe massicce perdite in ogni caso. Sono in troppo pochi lì in mezzo a poter competere singolarmente, ed ancora c’è molto lavoro da fare anche su di loro.
Non piegheranno mai la testa però, non ammetteranno mai a gran voce di essere loro inferiori, complici i secoli di convinzioni di essere loro la razza per eccellenza del pianeta Terra.
Non piegheranno mai la testa, ma si lasceranno addestrare alle loro tecniche di combattimento, si applicheranno con tutti sé stessi, anima e corpo, per compiacersi e, soprattutto, per rendere fiera la loro Regina, la giovane donna che ha messo in pericolo la sua vita, la sua libertà, per tutti loro, colei che si è fatta spezzare ogni singolo osso che ha in corpo sotto ai loro occhi per apprendere, che ha messo da parte ogni cosa per poterli difendere ancora più strenuamente.
Per i Guerrieri Z, incuriositi dall’idea di poter vedere fin dove gli Spettri sono capaci di spingersi, è stata una piacevolissima sorpresa accertarsi del loro naturale talento in combattimento. Certo, con persone del calibro di Vegeta, Gohan, Radish, C-18 e Piccolo risultano quasi deboli, ma con gli altri… se le circostanze fossero state differenti, avrebbero potuto far davvero dei danni.
Perché non si muovono secondo una logica ben precisa, non loro. Seguono puramente l’istinto, si muovono senza pensare davvero a cosa stanno facendo, spinti unicamente dalla voglia di far del male e dalla sete di sangue.
Vegeta, alla fine, stufo di buttarli a terra, ha permesso a Mordecai, Maddox, River e Glover, coloro che senza ombra di dubbio considera i più interessanti e talentosi assieme a Sherry, di seguirlo alla Capsule Corp per allenarli nella camera gravitazionale a gravità cinquanta. Li ha sfondati, davvero, e loro sembravano impazienti di averne sempre di più fin quando non sono riusciti a mandare a segno diversi colpi. Le botte che si sono presi subito dopo per aver osato tanto non le scorderanno mai… e serviranno solo a fomentarli ulteriormente.
Piccolo, sapendo di non poterli rinchiudere tutti dentro la camera gravitazionale, ha tentato di ovviare al problema mettendo loro addosso dei vestiti appesantiti, cosa che, in effetti, li ha aiutati ma anche distratti, in quanto infastiditi già di per sé dalla presenza dei vestiti, figurarsi da uno strano peso addosso.
Tutti sanno bene che dovranno applicarsi sul serio, maestri inclusi, che adesso studiano più o meno distrattamente delle strategie vincenti per poter surclassare gli amici e dimostrare così di essere i migliori. Un gioco, alla fine, che può tenerli in allenamento in vista di future minacce. Un gioco che li ha sorprendentemente presi, con grande piacere di Radish, che invece si è ritrovato con un bel problema tra le mani una volta tornato a casa con Sherry.
Immaginava da subito che non sarebbe stata del migliore degli umori dopo essere stata scavalcata in quel modo, ma a sua difesa ci ha tenuto a dirle che non sapeva neanche lui della loro scelta e non poteva certo prevedere che si sarebbero presentati tutti quanti alla tana.
Il problema pare essersi poi amplificato quando Radish, colto da un raptus di ira di fronte al suo voler essere così testarda che neanche Vegeta nei giorni migliori, le ha urlato in faccia che fosse solo una stupida principessina viziata fuori di testa perché voleva fare tutto da sola, riferendosi implicitamente al suo non voler assolutamente aiuti nell’imminente scontro faccia a faccia con Jäger. Non sa neanche lui da dove gli sia uscita tanta cattiveria nei suoi confronti, né tanto meno perché l’abbia afferrata con violenza per un braccio per costringerla a rimanere in casa quando ha provato ad andarsene. Non lo sapeva prima e non lo saprebbe dire neanche adesso, consapevole solo che in quel momento, di fronte alla sua espressione furiosa e con le sue urla che lo schiaffeggiavano in pieno volto, qualcosa dentro di lui è scattato, complice anche l’idea che tutti loro, forti e ben capaci a combattere e uccidere, si siano mostrati tanto spaventati dalla forza dell’avversario, e si è ritrovato ad agire senza riflettere.
La sua risposta, poi, lo ha travolto in pieno, perché infatti Sherry ha affermato duramente che lei e solamente lei potrà avere l’onore di ucciderlo dopo ciò che le ha fatto, dopo averle rovinato la vita, e che non permetterà certo a lui di portarle via questa soddisfazione, anche a costo di morire nello scontro.
Gli ha fatto davvero male perché la sola idea di lei morta gli è sembrata quanto di più impensabile e intollerabile al mondo. A confronto la schiavitù di Freezer poteva anche andargli bene.
Non si sono parlati per tre ore e mezzo, neanche si guardavano in faccia.
Lui è rimasto in salotto, in silenzio, a pensare a tutti e a niente. Se c’era un pensiero che proprio non riusciva ad allontanare dalla propria mente, però, era il ricordo di lei che combatteva contro Piccolo, ai suoi movimenti, alla furia nei suoi occhi, al suo spaccarsi le nocche contro la nuda pietra quando si trovava a terra e colpiva con energia per sfogare la rabbia… e quelle sole immagini nella mente sono riuscite sì un poco ad allontanare l’idea che Jäger potrebbe vincere, ma anche ad eccitarlo e fargli provare l’irrefrenabile e malato desiderio di stringerla ancora una volta.
Lei è invece rimasta in camera da letto, accovacciata sul cornicione della finestra ad osservare il circondario. Un paio dei suoi hanno ululato con gioia per avvertirla che cominciavano a spostarsi per andare da Roman, decisamente impazienti all’idea di poter finalmente vedere una Fata, e per questo ha sorriso. Si sentiva decisamente strana alla sola idea di doverci andare a sua volta, come se dentro sapesse con assoluta certezza che sarebbe successo qualcosa, ma è riuscita un poco, e non senza difficoltà, ad accantonare la spiacevole sensazione.
Sola ad osservare la volta stellata, non ha potuto fare a meno di pensare a quanto la sua vita sia cambiata in meno di due mesi, di quanto lei stessa sia cambiata. Se da un lato è sempre la solita incosciente che lotta per la sopravvivenza sua e di chi le sta a cuore e che, al tempo stesso, si diverte tra concerti e scemenze di vario genere, da un altro lato è diventata più matura, a tratti fredda e decisamente schiava di un qualcosa che mai aveva provato con una tale intensità.
Un qualcosa a tratti pure doloroso che sta cambiando il suo modo di vedere le cose, che le fa compiere gesti avventati e talvolta folli, un qualcosa che però non riesce ad allontanare. Ed è colpa di Radish se prova tutto questo, è colpa del suo essere brutalmente sincero con lei, delle sue attenzioni e dei suoi maledetti sorrisi se si ritrova spesso e volentieri a pensarlo, ad immaginare scenari che mai prima aveva preso in considerazione, ed è colpa sua e delle sue maledette labbra peccaminose se non è riuscita a mantenere la propria posizione, se è crollata tra le sue braccia quando si è nuovamente imposto su di lei una volta rientrato in camera.
L’ha posseduta con una discreta rabbia e violenza, come per volerle far capire a gesti che non vuole che si metta in pericolo, che non lo sopporterebbe, che vuole che resti al sicuro dietro gli scudi umani che lui e i suoi amici stanno addestrando, ma quella rabbia è scemata violentemente fuori dal suo corpo quando si è trovato steso sul pavimento, Sherry a cavalcarlo mentre teneva le dita intrecciate alle sue, e tutto in lei gli ha come ricordato la figura di una valchiria in groppa ad un cavallo alato destinato al Paradiso dei sensi. È uscito di testa, completamente, l’ha stretta con forza e neanche per un istante è riuscito a separarsi dalle sue labbra. Perché anche lui ormai è totalmente schiavo di ciò che prova per lei ma, al contrario suo, è ancora capace di scindere ciò che prova da ciò che deve fare quando è necessario, poiché per natura manca della passionalità intrinseca negli Spettri.
L’ha tenuta stretta a sé sul pavimento, ascoltando il suo respiro mentre osservava il cielo fuori dalla finestra. Non riusciranno mai a concordare su quella faccenda, neanche il suo orgoglio da Saiyan riesce a fargli accettare una scelta che, in circostanze differenti, condividerebbe apertamente, ma quando la sentiva mugolare e stringersi a lui, ormai placidamente addormentata sul suo petto e col membro ancora dentro, si è sentito come pervadere da un profondo senso di calma.
Lo ascolta più di quanto abbia mai ascoltato qualcun altro, pure più di Fern, si è aperta totalmente con lui, si fida di lui, lo rispetta e gli vuole sinceramente bene come nessuno ha mai fatto, e questo deve bastargli. L’unica cosa che davvero può fare per tenerla al sicuro è allenarla più duramente di quanto non farà con gli altri, non emettendo un fiato neanche quando lo faranno Vegeta e Piccolo. Dovrà accettarlo, dovrà lasciare loro campo libero per renderla più forte, dovrà accantonare momentaneamente il timore che possa lasciarlo a favore di Vegeta in quanto più forte di lui.
È con questa amara consapevolezza che si è addormentato, le braccia pigramente avvolte attorno al corpo caldo della compagna, con la speranza di non incorrere in qualche incubo. Gli è andata bene, tutto sommato, poiché l’unica cosa che gli ha mostrato il suo subconscio è stata l’immagine di lui che si impegnava in una faticosissima sfida a chi mangiava più orsetti gommosi contro Mordecai, che davvero l’ha sfidato qualche giorno prima e che ha ricevuto un assai eloquente dito medio in risposta.
Quando Sherry si è svegliata, si è ritrovata sorprendentemente felice nel constatare di trovarsi già sul pavimento, dal momento che ormai le cadute dal letto si stanno facendo sempre più frequenti perché l’adorabile Saiyan pare essere totalmente incapace di trovare una posizione confortevole mentre dorme.
Sono già cinque minuti buoni che se ne sta a cavalcioni sul suo bacino e pensa che, tutto sommato, il giorno prima ha reagito in modo spropositato. Vuole solo aiutarla e tenerla quanto più al sicuro possibile, come si richiede ad un membro del branco nei confronti del suo Sovrano. Dentro di sé, in realtà, già lo sapeva e le faceva pure piacere, ma l’impronta di Mezcal che si porta dentro di tanto in tanto pare volersi far sentire con rabbia, portandola così a reagire in modo spropositato. Caratteristica che, alla fin fine, accomunava un po’ tutti i suoi figli.
Tutti i muri che ho costruito negli anni per tenermi al sicuro stanno inesorabilmente cadendo di fronte a te, per te. Non fanno neanche rumore, è come se si trasformassero in cenere prima di toccare terra.
È strano, sai scimmione? È un po’ come se mi fossi svegliata da un lungo e tormentato sonno. Ogni regola che avevo è stata infranta di prepotenza, e adesso ne stiamo facendo di nuove su misura per noi.
Noi”, non ti suona strano?
Penso di essere ormai dipendente dalla tua luce… sei così maledettamente ipnotico, i tuoi baci sono cosmici, il tuo tocco è magnetico, sovrannaturale… non sei come gli altri uomini che ho conosciuto, sai essere un diavolo e un angelo allo stesso tempo… ed io voglio essere la tua vittima.
È un rischio tutto ciò che stiamo facendo, perché alla fine stiamo sfacciatamente scrivendo un nuovo capitolo nella storia della mia gente… ma sento dentro di non poterne davvero fare a meno.

«Ora capisco cosa intendi quando dici che è inquietante essere fissati mentre si dorme…»
Gli sorride dolcemente mentre lo osserva svegliarsi, i muscoli granitici che si tendono sotto al suo corpo mentre si stiracchia, la coda che ondeggia vicino al suo viso pare quasi sfotterla urlando “non mi prendi! non mi prendi!”, e nella sua mente tornano prepotentemente alcuni strani dubbi della sera precedente. Dubbi che ancora non riesce a catalogare come positivi o negativi.
«Ti vedo pensierosa.» Borbotta pigramente Radish, le mani ben ferme sui suoi fianchi nudi. Nella sua mente già prendono forma vari pensieri più o meno sconci, ma il suo corpo è ancora troppo intorpidito dal sonno per metterli in atto. Beh, quasi tutto il suo corpo.
«È…» Si passa le mani sul viso e tra i capelli, un poco sconcertata per quanto sia capace di leggerla tanto apertamente con una sola occhiata «Non lo so. Una strana sensazione dentro…»
«Che genere di strana sensazione?»
«Come se stesse per succedere qualcosa…»
«Qualcosa di bello o di brutto?»
«Non lo so.» Intreccia di nuovo le dita con le sue, stringe un po’ e senza rendersene neanche conto sorride felice per quel tenero contatto come mai ha fatto prima. Un tempo con River si teneva spesso per mano o intrecciavano le code anche quando passeggiavano, ma non le ha mai fatto questo effetto.
Incatena poi gli occhi nei suoi, a stento riesce a finire la frase prima di chinarsi a baciarlo.
«Sono sicura che accadrà qualcosa, comunque…» Odia doverlo ammettere, ma ha bisogno di lui al proprio fianco, ha bisogno della sua forza e del suo calore, la sola idea di perderlo di nuovo le dilania il cuore.
Radish ricambia il bacio, abbandonando le sue mani per carezzarle la schiena. Ogni sua cicatrice gli fa montare dentro una nuova e singolare voglia di combattere, di cercare uno per uno tutti coloro che le hanno fatto del male, ma la sensazione di quella linguetta umida e curiosa che si intreccia alla sua pare avere la sorprendente capacità di farlo desistere dai suoi violenti propositi.
«Temi che possano tenderci una qualche imboscata?» Domanda contro le sue labbra, sempre più vicino al proprio punto limite. Sa bene che se lo tocca come sta facendo, se lo guarda con quegli occhioni liquidi e si morde pure il labbro inferiore come sta facendo, lui difficilmente riesce a mantenere il controllo. Sono quasi del tutto certo che lo fai a posta… ma sei tu, quindi c’è la minima percentuale che non te ne rendi neanche conto.
«No. Jäger non ci pensa proprio a indispettire Papà Spettro. Non è uno stupido.» Gli morde giocosamente il collo, passando poi la punta della lingua sul lievissimo segno di denti che vi ha lasciato impresso, non sorprendendosi affatto nel sentire le sue mani cominciare ad esplorarla lentamente. Per sua fortuna è ancora mezzo stordito dal sonno, sennò le sue dolci coccole da sole non sarebbero sufficienti per ciò che arriverà a breve. Sperando di riuscire a convincerlo, sennò non potrà venire con noi.
«Non accadrà niente, tranquilla.»
«Ma possibile che ti piaccia così tanto portare sfiga?!» Sbotta irrigidendosi subito, l’espressione mortalmente seria. Per quanto questi superstiziosi episodi siano sporadici, Radish davvero non li sopporta, perché diventa incredibilmente paranoica.
«Ma non è assolutamente vero che porto sfiga, smettila con queste stronzate!» Bercia in risposta, bloccandole giocosamente una mano prima che possa tirargli un pugno di ammonimento sul pettorale e costringendola con uno strattone a stendersi di nuovo sul suo petto.
Lascia poi scivolare una mano sul fianco, giù giù fino alla natica che stringe quasi dolorosamente, ghignando soddisfatto nel sentirla sussultare e gemere appena.
«Che ne dici se provo a toglierti questa strana sensazione, mh?» Come ormai accade sempre più di frequente, Radish le mordicchia piano la clavicola sinistra per mandarla in tilt, consapevole che, malgrado dica di non volerlo, ogni singola volta il suo corpo risponde a questo gesto in modo per lui sinceramente apprezzabile.
Beh, ogni singola volta, finora.
«Per quanto l’idea possa essere allettante, mi vedo costretta a dirti di no. Dobbiamo prepararci.» Poggia saldamente le mani sui suoi pettorali e si tira su, guardandolo con aria furbetta e tentando di bloccargli le mani prima che riesca a convincerla col suo tocco a desistere dai suoi intenti.
«Non so te, ma a farmi una doccia e vestirmi non ci metto due ore e mezzo.»
«Non te lo avevo detto? Che sbadata…»
Radish si blocca di colpo nel sentire quella nota apertamente derisoria nella sua voce e la fissa con aria circospetta ed un poco truce dritto negli occhi, perché sa benissimo che un’enorme incudine zincata sta per abbattersi sui suoi coglioni, lo sente proprio nelle ossa.
«Dovrò farti delle trecce e dei disegni di sangue sulla pelle.» Ammette con un sorrisino, aggrappandosi a tutte le proprie forze e al proprio autocontrollo per non scoppiare a ridere di fronte a quell’espressione scioccata ed imbarazzata. Sa anche a cos’è dovuto questo imbarazzo, eccome se lo sa: Vegeta - così come tutti gli altri ad eccezione di Muten, Oscar e Puar - sarà presente alla Festa del Fuoco.
«Scusa?» Non è vero. No, non è vero, non ci voglio credere. Okay vestirsi con un indumento rosso, okay che ogni tanto si diverte a farmi una treccia quando siamo soli o alla tana, ma questo no!
«È la tradizione! Non puoi venire senza, sei il Capitano!»
«Le vostre tradizioni mi fanno vomitare!» Se la scrolla di dosso con un gesto secco, sedendosi a gambe incrociate sul pavimento. Si tiene la testa tra le mani, cercando furiosamente una scappatoia che gli eviti una tale umiliazione, quando di colpo eccola lì, chiara e luminosa: «E poi scusa, non è vietato spargere sangue?»
«Nel senso di attaccare e ferire. Noi per i fatti nostri possiamo versarne quanto vogliamo. Come farebbero le donne con le mestruazioni, sennò?» Colpito e affondato, poteva pensarci subito da solo dal momento che questi grandissimi bastardi lo trovano sempre il modo di fare come vogliono peggio dei politici corrotti.
Per quanto sinceramente ed inspiegabilmente attratto dalla loro natura, in momenti come questi gli viene davvero voglia di sterminarli uno dopo l’altro. L’unica cosa che lo fa desistere, in questi frangenti, è il sorriso tenero e infantile della compagna.
«Andiamo, dai! Sarai bellissimo!» Radish lo sa benissimo che lo vuole fregare, perché solo in quei frangenti diventa un’adulatrice dolce e coccolosa, mentre a cose normali tende a rivolgergli insulti come vezzeggiativi. Il giorno prima, quando si erano svegliati, se ne era uscita con “buongiorno enorme dramma non preso in tempo di una serata alcolica finita male”. Come abbia fatto ad articolare una simile frase nel momento esatto in cui ha aperto gli occhi, Radish davvero non riesce a spiegarselo.
«Non vuoi scoprire quanto mi piacerai dopo?» Gli succhia piano il lobo dell’orecchio mentre lascia scivolare una mano tra le sue gambe, sorridendogli con aria furbetta quando lo sente sospirare con aria affranta.
«Ti detesto. Davvero.» Su queste cose può cedere abbastanza a cuore leggero, così come lei cede su tante piccole questioni senza problemi. Perché è così che si fa in coppia, entrambi lo sanno, così come sanno che è inutile scannarsi per delle scemenze. Anche perché Radish vuole andare a quella sciocca festa per tenerla sotto tiro e, forse in dose pure maggiore, innervosire con la sua sola presenza River, così anche da prevenire qualche suo nuovo tentativo di riavvicinamento. Neanche nell’altro mondo gli permetterò di riaverla, spero che se ne renda conto il prima possibile.
«Che simboli mi devi fare?»
«Pochi, pochissimi! E puoi scegliere!»
Ah beh, allora sì che sono felice!, pensa sorridendo un poco, intenerito dal suo sincero entusiasmo. Non si rende mai conto di quanto gesti così piccoli possano renderla felice, ogni volta si trova sempre piacevolmente sorpreso.
«O ti faccio una o due strisce sotto gli occhi, fino alla mascella…» Gli passa delicatamente la punta di un dito dall’angolo esterno dell’occhio destro fin sulla mascella, in un modo così lento che per lui è quasi estenuante perché è un gesto molto simile a quelli che compie in ben altri frangenti per mandarlo su di giri «O tre sotto le labbra che scendono fino alla base del collo. La terza opzione invece te la sei rovinata da solo optando per una maglia rossa. Ti avevo detto che erano meglio i pantaloni.»
«Perché?»
«Perché ti avrei fatto le impronte delle mie mani sui pettorali… e poi te le avrei volentieri levate con la lingua a fine serata…»
Lo tocca con una lascivia tale e gli parla con un tono di voce basso per lui così seducente che neanche se la più grande e potente divinità del creato gli dicesse di stare fermo la ascolterebbe. Le sue mani ormai si muovono da sole, il suo corpo reagisce contro la sua volontà, la piacevole e conosciuta sensazione di umido che trova tra le sue cosce gli fa pensare che può procedere… ma si sbaglia. Infatti Sherry si alza in piedi con un movimento fluido, sorridendogli dispettosa.
«Ma lo vedi che sei una stronza?!» Bercia inviperito, la coda che si gonfia alle sue spalle mentre si tende rigidamente verso l’alto.
«In piedi fustacchione!»
Zampetta fino al bagno, le sue grazie lasciate in bella mostra sotto gli occhi attenti del Saiyan che ancora mastica insulti a mezza bocca mentre si alza a sua volta per fare colazione. La lista delle cose da farle pagare ormai è diventata indecentemente lunga.
«Ehi…»
«Che c’è?!»
«Se risparmiassimo un po’ di tempo facendo la doccia insieme?»
La mente del Saiyan fa un semplicissimo e assai logico ragionamento nel giro di niente: Doccia insieme —> Più tempo per le sue cazzate —> Sherry nuda e bagnata —> Sesso in piedi —> La posso spaccare in due.
«Se un giorno dovessi mai risponderti di no, abbattimi.»


Visto il trattamento del giorno precedente, nessuno di loro si aspettava certo che il Quartetto, Pip, Jane, Bree, Becca e Domino si mostrassero tanto allegri e ben disposti nei loro confronti, ma si sono trovati costretti a ricredersi quando Micah ha gentilmente offerto loro un po’ di caffè nell’attesa degli Shedish.
Il nomignolo li ha fatti un poco sorridere e, notando la gentilezza nei vivaci occhi azzurri del ragazzo, Bulma e Yamcha hanno accettato volentieri l’offerta. Il problema è sorto nel momento esatto in cui la bevanda è entrata a contatto con la lingua: al posto dell’acqua, era stata preparata con la vodka.
L’odore gli era sembrato strano, ma non ci avevano badato troppo, pensando semplicemente che avessero usato una miscela particolarmente aromatizzata.
Brutto errore, davvero.” Ha così scherzato Fern, elegantemente seduta su di un tronco mentre Bree le faceva una morbida treccina dietro l’orecchio, che a sua volta ne sfoggiava una grande e articolata a lisca di pesce che scende in mezzo alle scapole.
Facendoci caso, hanno potuto notare che tutti loro - o quasi - hanno i capelli intrecciati, delle curiose strisce rosse o sul petto o sul volto, che le donne indossano vestiti in stile impero monospalla rossi con intricati ricami dorati mentre gli uomini dei larghi pantaloni dei medesimi colori con ricami più semplici e più squadrati, quasi tribali.
Non si sono sorpresi tanto di questo, poiché Radish aveva detto chiaramente a tutti loro che dovevano indossare un indumento rosso ben visibile, quanto il fatto che fossero tutti incredibilmente leggeri e, al tempo stesso, molto eleganti.
Ma quale brutto errore! Quello è il caffè dei campioni!” Ha ribattuto prontamente Mordecai mentre le si buttava di fianco e posava la testa sulle sue gambe, gongolando mentre se lo coccolava. Fern ha sempre avuto involontariamente un occhio di riguardo per lui e si è sempre ritrovata a coccolarlo più degli altri, cosa che durante i primi anni scatenava delle piccole gelosie.
Sai che ieri ho deciso di iniziare una dieta liquida depurativa da associare ai loro allenamenti?” Major ha tentato così di attirare l’attenzione della madre, ricevendo però un’occhiataccia truce in risposta. Conosce troppo bene i suoi polli per cascarci così facilmente.
Ho bevuto otto gin tonic alla goccia e poi sono pure caduto dalle scale… Ma Mord stava messo peggio eh!
Ma non è vero!
Bro, siamo entrati a far rifornimento in un supermercato e quando hai sentito la voce della cassiera dagli altoparlanti ti sei buttato a terra imponendo il silenzio perché Dio ti stava parlando!
Chichi si è immediatamente pentita di aver accettato l’invito per poter conoscere meglio la cognata. Non aveva davvero preso in considerazione l’idea che si sarebbe trovata costretta assieme a tutti loro, ma quando ha notato il sorriso timido ma divertito di Gohan un poco si è rilassata. Suo figlio ha avuto un’infanzia ben diversa dal normale, a dir poco insolita e pericolosa, priva di comuni amicizie come si conviene ad un bambino; se quei grandi e grossi imbecilli riescono in qualche modo a farlo sorridere come avrebbero dovuto fare i suoi coetanei, distraendolo dal dolore che si porta dentro per aver perso il padre, può anche passare sopra alle loro stranezze per un giorno.
Fern poi, una volta finita l’acconciatura e dopo aver fatto fare letteralmente le fusa al suo vivacissimo cucciolo, ha cominciato a parlare amabilmente con tutti loro, informandoli un po’ delle caratteristiche dei suoi ragazzi per farli andare a colpo sicuro.
Nel frattempo Bree continuava a sbirciare ciò che faceva col tablet il padre dei suoi cucciolo, Mimì stretta tra le braccia che controllava continuamente la casella postale sul telefono per sapere con precisione quando si potranno trasferire nella nuova casa. Perché l’hanno trovata finalmente, la casa che le dava un forte senso di famiglia: una bella villetta in centro, con tre camere da letto, due bagni e mezzo, una grande e ben accessoriata cucina, un bel salotto, soffitta, seminterrato e un grazioso giardinetto sul retro dove poter piantare tanti bei fiori e fare dei barbecue. Bree l’ha ovviamente accontentata, pur avendo da sempre ambizioni un poco più ampie e costose: può accantonare qualsiasi scemenza pur di vederla felice.
Sei grossi macchinoni con tanto di cassoni annessi sono parcheggiati non poco lontani, carichi di grossi frigoriferi portatili stracolmi di carne e alcol, tende e coperte varie. Certo, dove vivono le Fate regna solo la primavera e di notte si sta da Dio pure in mutande, ma alle comodità non si rinuncia facilmente, tantomeno alla privacy quando le tue intenzioni sono delle più sconce possibili.
Adesso, mentre mangiano distrattamente i panini che si erano portati per pranzo, tutti attendono con impazienza l’arrivo degli ultimi due ritardatari. Per ingannare l’attesa, Gohan ha timidamente chiesto ai quattro lupi se erano in vena per una partita a carte, trovando in Major un assai degno ed entusiasta avversario.
C-18 e Becca hanno confabulato un po’ per una nuova e più intensa sessione di shopping fin quando, in modo distratto e spontaneo, la bella e micidiale bionda si è lasciata sfuggire il fatto che vorrebbe dare uno sguardo anche ai negozi premaman, scatenando così l’entusiasmo delle lupe che l’hanno subito presa d’assalto, cominciando a borbottare animatamente tra loro in quali posti andare. Tanto pure Bree e Domino hanno bisogno di molte cose, e a poco sono servite le parole dell’androide che le informava che la sua era solo curiosità e che ancora ci stanno solo pensando. Tutto inutile, davvero, soprattutto a causa dei suoi sin troppo glaciali occhi azzurri che si addolcivano lievemente nel vedere quell’energumeno di Maddox che giocava allegramente con i propri figli.
Chichi e Bulma non hanno potuto fare a meno di chiedere la ricetta della torta che Fern ha offerto loro - e che Vegeta ha divorato in pochi bocconi neanche non mangiasse da settimane, facendo poi il bis -, trovandola così gentile e ben disposta nei loro confronti e in quelli dei loro figli da associare immediatamente la sua figura a quella di una tenera nonnina. Una tenera nonnina capacissima di prendere a calci nel culo degli Spettri adulti e ridurli in lacrime come bambinoni solo con un’occhiataccia.
In tutto questo chiacchiericcio generale, che ha visto un poco coinvolti anche dei freddi Vegeta e Piccolo dopo le gentili domande sui loro pianeti da parte dell’anziana signora, Micah ha continuato a disegnare imperterrito sul tablet, gli occhi iniettati di uno strano entusiasmo. Non vede l’ora di mostrare la sua opera, davvero, e di vedere le loro reazioni. Se tutto va secondo i piani, oggi faremo esplodere le trombe!
River, invece, è rimasto appisolato in alto in un piccolo pertugio, lontano dai loro sguardi. Vuole essere carico per ciò che li attende soprattutto perché dentro di sé, inspiegabilmente, sente dalla sera prima come uno strano presentimento che non gli ha quasi fatto chiudere occhio.
«Bene, ci siamo tutti finalmente!» Urla di punto in bianco Bree, gli occhi attenti che scrutano il viale da loro stessi creato nel tempo per poter arrivare con le macchine e le moto, un sorriso assai divertito nel vedere le espressioni un poco stanche ma soddisfatte della tanto chiacchierata coppia.
Chichi per un istante si domanda dove abbiano trovato i soldi per delle macchine del genere, ma poi si ricorda che questo genere di domande è bene non porsele se non si vuole cadere in uno strano stato di agitazione mista ad ansia.
Quando scende dalla macchina, Radish vorrebbe davvero scavarsi una fossa e sotterrarsi, sempre ammesso che il terreno non sia così gentile da farlo sprofondare di sua spontanea iniziativa, poiché costretto a sfoggiare due sottili treccine che gli ricadono sul petto e una vistosa e lunga striscia di sangue sotto l’occhio sinistro. Notando lo stato in cui riversano gli altri Spettri, tutti con strane acconciature e le decorazioni di sangue, si sente un po’ meno scemo, seppur di poco.
Mentre Sherry, che sfoggia con orgoglio delle treccine laterali attaccate alla testa piene di placchette dorate, le tre strisce sul mento ed una sola impronta sul petto, nota immediatamente la camicia di Pip, che ha una tale accozzaglia di colori a cazzo che farebbe venire il vomito pure a Steve Wonder, Radish non può fare a meno di notare il colletto bianco della polo rossa di Vegeta tirato su, cosa che gli fa venire una gran voglia di andargli dietro per tirargli un toppino sul collo e fargli fiottare il sangue dalle narici.
È solo l’inopportuna domanda di Mordecai a farlo desistere da questo perfido e decisamente non infantile dispetto, facendogli pure capire che la loro compagnia lo sta influenzando terribilmente. Non che prima desse sfoggio di chissà quale maturità, sia chiaro, ma con loro attorno non può fare a meno che peggiorare.
«Voi proprio non ce la fate a non saltarvi addosso ogni dieci minuti, ve’?»
«C’è chi può.» Risponde il Saiyan col chiarissimo scopo di innervosire il bastardo del Sud, la cui testa fa finalmente capolino dal proprio nascondiglio per salutare Sherry.
«RADISH!» I due cuccioli, abbandonando frettolosamente le protettive braccia paterne, si lanciano subito verso di lui, felici di vederlo. Sono arrivati a volergli sinceramente bene e ogni volta che lo vedono sperano sia che lui possa compiere un qualsiasi gesto affettuoso nei loro confronti, sia che gli mostri il Morso che si è scambiato con Sherry. Ne hanno sentito tanto parlottare alla tana che adesso pure loro non possono fare a meno di sperare di vederlo con i loro occhi, magari prima di tutti gli altri.
«Ciao piccole manine rubate alla produzione di tappeti.»
«Ho fatto un disegnetto!» Urla Micah prima che i due piccoli possano rispondere una qualsiasi cosa, attirando un poco l’attenzione di tutti. In fondo, chi più chi meno, si erano chiesti cosa potesse impegnarlo tanto da non prendere neanche parte agli assurdi discorsi dei fratelli.
Sherry, pur essendo curiosa di vedere cosa si sia inventato stavolta, è un poco intimorita dal possibile risultato. Se infatti Mordecai è senza ombra di dubbio il cantante e musicista del gruppo, Major il chimico che sforna le peggiori sostanze immaginabili, Maddox lo chef capace di farti svenire tanto sono buoni i suoi piatti, Micah è senz’altro l’artista, capace di creare sculture e dipinti incredibilmente belli ma anche le peggiori oscenità che si possano concepire, tutte così ricche di dettagli da farti strabuzzare gli occhi per lo sgomento.
«E lo dici perché?» Domanda un poco titubante, allarmandosi ancora di più di fronte al suo sorriso che va a mano a mano allargandosi.
«Perché è un bel disegnetto.»
«Arriva al punto perché sennò mi cospargo di benzina.» Sherry vorrebbe davvero colpire Radish nei testicoli per fargli capire che no, non si deve mai dire una cosa del genere a Micah se non si è vagamente sicuri delle sue intenzioni, ma non fa in tempo: il Leone Dorato le sta mettendo davanti agli occhi un disegno davvero singolare che mai e poi mai si toglierà dalla testa e che, di certo, stamperà in formato maxi ed appenderà in camera da letto.
Essendo a conoscenza del fatto che i Saiyan siano capaci come loro di trasformarsi, non è riuscito a trattenere la propria immaginazione ed ha ritratto Radish in quella che spera essere una possibile trasformazione futura: è più grosso di quanto già non sia, i capelli sono un poco più lunghi e sempre corvini con qualche riflesso rossastro; con l'eccezione dei pettorali, della parete addominale e del collo, il corpo è coperto da una peluria rossa, e gli occhi sono giallo dorato.* Ci ha tenuto inoltre a lasciargli quel ghigno arrogante che sa piacerle tanto, giusto per mettere un po’ di pepe in più, mentre sullo sfondo si è scatenato con uno scenario stellato con delle fiamme.
«Beh? Ti piace il mio disegnetto?»
Non risponde, Sherry. Rimane immobile al proprio posto, gli occhi attentissimi che fissano minuziosamente l’immagine mentre la mente partorisce gli scenari più schifosamente perversi mai concepiti dai tempi della creazione dell’intero universo.
Se da una parte i lupi fiutano il suo più che chiarissimo odore e capiscono quanto l’immagine sia apprezzata, Radish sente improvvisamente uno strano formicolio al basso ventre, sensazione che si ritrova a provare ogni qualvolta la compagna si ritrova sessualmente eccitata e questo gli basta e gli avanza per apprezzare il disegnetto.
«Ahhh! Preparate le trombe da stadio signori, presto si suonerà a tutto spiano!» Urla pieno di aspettative Maddox, scatenando gli ululati generali.
«Sarà il caso di fare le macchine?»
Nessuno si era reso conto che River fosse sceso tra loro, e solo ora possono vedere quanto i suoi occhi chiari appaiano stanchi e, in qualche strano modo, turbati. Non riescono a capire cosa possa preoccuparlo però, non durante quei due giorni di pace forzata, ma non fanno in tempo a chiedergli delucidazioni che la voce di Bulma attira completamente la loro attenzione. Sherry lo guarda per qualche secondo in più, capendo dalla sua occhiata che gliene parlerà in seguito.
«Non possiamo venire da soli?»
«No. Dovete per forza essere accompagnati da uno Spettro, a noi non piace volare e qui nessuno ha intenzione di portarvi in groppa.» Ovvio, palese. Gli umani e le loro domande stupide… come si può pensare di entrare nel Regno delle Fate così alla leggera?! Eppure, da quel che ho capito, sei un genio bella Fata!
«Tu vai con Mimì e Fern, che sei nervosetta e poi rompi le palle.»
Sherry e Bree si sorridono dolcemente dopo che la Mezzosangue le ha fatto la linguaccia e, senza aspettare niente e nessuno, prende le due donne sottobraccio e le conduce alla macchina grigia, discutendo con loro su quale playlist mettere per prima. In fondo avranno circa quattro ore e mezzo di viaggio da fare (soste incluse), non preparare le chiavette USB era da pivelli!
«Miss Allegria e il nano con Mad, Becca e i piccoli spermatozoi che hanno vinto la gara.»
C-18 non riesce a trattenere un sorrisetto all’idea di fare un viaggio tanto lungo assieme a Becca, che si è mostrata decisamente più calma rispetto agli altri e, come lei, con un’inclinazione per lo shopping che rasenta il patologico. Maddox e Crilin non hanno invece potuto fare a meno di scambiarsi la tipica occhiata di chi, a breve, verrà usato come mulo da soma per trasportare tante, ma davvero tante buste piene di vestiti e accessori che, in tutta probabilità, le adorate mogli non indosseranno mai nella vita.
«La bella Milf, il cucciolo di koala che si porta appresso, il baby fenomeno e Piccolo con Mord.»
Per quanto Chichi e Piccolo non siano troppo entusiasti, vedere Gohan sorridere così allegramente all’idea della compagnia dell’eccentrico Spettro li ha rincuorati. Sanno quanto la mancanza di Goku lo faccia star male, il fatto che così si distragga un po’ li può portare solamente a chiudere un occhio e lasciar correre.
«Triclope e la sua simpatica amica con Maj e Dom.»
Lunch ormai l’ha capito pienamente: non le piace, la sua sola presenza pare urtarla a livello fisico oltre che mentale, e di questo se ne dispiace. Le avrebbe fatto sinceramente piacere fare amicizia, così da avere qualcuno con cui parlare in uno dei tanti momenti in cui Tensing e Riff si allontanano, ma quando Domino le sorride timidamente e le porge la mano per presentarsi ufficialmente, ritrova un poco di speranza. Forse, pensa, un’amica la trovo anche io!
«La Fata Turchina, il cucciolo nato incazzato e il Re indiscusso di tutti gli incazzati con Riv.»
«Grazie a Dio avrò accanto lui e non quella sottospecie di cloaca a cielo aperto, la giornata può dirsi salva.»
Radish vorrebbe ignorarlo, davvero, anche solo per mostrarsi superiore, ma il suo dito medio si alza contro la sua volontà quando i loro sguardi si incrociano. Quasi quasi cerco le Sfere solo per chiedere a Shenron non solo di cancellare te, ma ogni singolo ricordo che ti riguarda.
«Di conseguenza Trentalance con Pip, Jane e Micah… magari ti dà qualche dritta.»
Se lo aspettava, Yamcha, che la questione venisse risollevata e di conseguenza non se ne cura particolarmente, ma l’idea di stare in macchina con Micah, che già si è piazzato al volante ed ha tutta l’aria di non volerlo abbandonare neanche per sbaglio, non lo rassicura particolarmente. Questo come minimo mi legherà sul cofano per poi schiantarsi contro un albero se mi addormento…
Prima che tutti possano montare in auto, Bulma si volta di scatto e con un tono di voce quanto più sicuro e gentile possibile le domanda dove siano diretti, soprattutto perché è lei che deve guidare nel suo gruppo e non ha alcuna intenzione di chiedere troppe indicazioni a River, che tutto le pare tranne che particolarmente entusiasta della loro compagnia.
«Mai stata a Rainy Coast?» Risponde Micah mentre tamburella con impazienza sul volante.
«Ma non c’è niente, laggiù… solo un vecchio rudere.»
«È proprio al vecchio rudere che dobbiamo andare.» Afferma con ovvietà, gli occhi accesi da un nuovo entusiasmo. C’è già stato qualche volta da piccolo assieme alla famiglia adottiva e mai una singola volta sono riusciti a vedere una Fata all’infuori di Angelina, che si mostra a tutti loro per motivi più che evidenti. Non c’è una sola creatura a conoscenza della loro esistenza che non desideri incontrarle anche solo per ammirarne la bellezza e la grazia, ed anche stavolta non possono fare a meno di sperare di avere fortuna.
«Cioè noi dovremmo passare la notte in un vecchio rudere abbandonato e sporco?!» Si lamenta prontamente Chichi, decisamente poco incline solo all’idea. Ed ha pure ragione, perché solo a vedere le pareti esterne della casa provi come la strana e disgustosa sensazione che qualcosa di grosso e viscido ti strisci su per la schiena.
«Non ti stressare così, ti riempirai di rughe.» Sfotte prontamente Mordecai, evitando per un pelo una sberla dalla diretta interessata. Errore più grande Chichi non poteva proprio commetterlo. Si è mostrata forte e agguerrita, la sua reazione non è stata troppo differente da quelle dei suoi fratelli e sorelle: da adesso sono ufficialmente amici!
«Non sono selvaggi fino a questo punto, tranquilla.» La rincuora invece Fern, che nel mentre si sta già godendo un po’ di tè caldo che Mimì le ha portato dentro ad un termos. Era curiosa di conoscere finalmente il tanto discusso Muten, giusto per vedere se anni e anni di allenamento verbale con i suoi figli avessero dato qualche frutto particolare, e invece anche stavolta ha evitato di palesarsi, rimanendo sulla propria isola in compagnia di Oscar, Riff e Puar che proprio non si sentivano a loro agio in mezzo a delle belve che li guardano sempre con l’acquolina in bocca.
«Beh, che dire? In marcia!»

Sette macchine in fila indiana, un lieve miscuglio di vari generi musicali aleggia nell’aria, due bambini giocano sul cassone di un’auto blu e un uomo pisola placidamente su quello di un pick-up verde petrolio.
All’interno delle varie vetture tutti scherzano e chiacchierano più o meno amabilmente, talvolta passandosi grossi termos pieni di buon caffè, tè o semplici bottiglie d’acqua fresca o succhi di frutta per mandare giù i panini e i dolci che si sono portati dietro. In tutto questo c’è pure chi gioca a carte sui sedili posteriori o fa shopping online per ingannare l’attesa.
Non c’è niente di strano in questo, no? Beh no, peccato solo che in quelle macchine non ci siano persone normali e che i loro discorsi siano destinati, chi più e chi meno, a sfociare nella follia o nel disagio.
Fern, comodamente seduta sul sedile anteriore della macchina di Bree, ridacchia divertita nel sentire i discorsi delle due ragazze, sfogliando al tempo stesso una rivista d’arredamento. Vuole contribuire pure lei alla nuova casa, e già sa bene che dolce portare quando faranno l’inaugurazione. L’unico dubbio è quanto prepararne, dal momento che i suoi adorabili trovatelli hanno l’imbarazzante abitudine di mangiare per un intero reggimento solo durante l’aperitivo. Se i due piccini avranno l’appetito del padre, sarà un vero problema per loro!
«Non mi dispiacerebbe piantare tanti tulipani anche sul cornicione di camera, che ne pensi?»
Sono felici, loro due. Hanno trovato velocemente un equilibrio per far coincidere le loro differenti nature, arrivando ad una convivenza idilliaca.
Bree non sperava di poter avere tutto questo, davvero. Era convinta che la sua vita sarebbe stata piuttosto vuota, piatta, insapore mentre saltava di letto in letto come aveva fatto per buona parte dell’adolescenza. Poi l’ha vista mentre passeggiava con le amiche per andare all’università e tutto si è capovolto.

Nell’istante esatto in cui i loro sguardi si sono incrociati, lei ha capito che sarebbe stata l’amore della sua vita e così l’ha avvicinata e le si è piazzata davanti. Le disse “Ciao, mi presento: sono Bree, la tua futura moglie!” lasciandola così interdetta che poi le scoppiò a ridere in faccia.
Dovette un poco faticare all’inizio, perché la bella e insicura rossa reprimeva e negava da sempre il suo vero orientamento sessuale a causa della rigida e bigotta famiglia, e conviveva con un ragazzo che in più di un’occasione le aveva alzato le mani perché geloso di un qualcosa che neanche esisteva.
Bree lo vide, una sera: l’aveva seguita perché aveva un’aria davvero troppo preoccupata, e così vide quel ragazzo che le tirava una sonora sberla a mano aperta, buttandola a terra e inveendole contro. Inutile dire che Bree, già per i fatti suoi giusto un poco guerrafondaia, non aspettò che una manciata di secondi prima di sfondare la finestra per entrare e avventarglisi contro. Lo prese a pugni e gli mostrò parte del suo vero volto prima di aprirgli l’addome con gli artigli, lasciandolo lì in una pozza di sangue.
Mimì fu terrorizzata da quella visione, ma vederla piegare la testa e offrirle i palmi delle mani, sentirle dire che era al suo servizio, sempre e per sempre, le fece capire chiaramente in un solo istante che mai le avrebbe fatto del male, neanche nei suoi sogni più feroci.
Si sono avvicinate piano piano dopo che i suoi amici hanno occultato la scena del crimine, facendola passare per una rapina andata male, e nel giro di un mese si sono scambiate il primo bacio. Il resto è venuto da solo, velocemente e spontaneamente, e ora, dopo poco più di sette anni, Bree non riesce ancora a capacitarsi di ciò che è riuscita ad ottenere: una donna meravigliosa che la ama per quello che è, due cuccioli in arrivo e una bella e calda casetta ad attenderle.
Malgrado tutto questo, però, le prese in giro tra loro due non sono mai mancate e mai mancheranno, motivo per cui il Segugio ci tiene tantissimo a farle notare un piccolo dettaglio per farle passare velocemente l’idea di darsi al giardinaggio.
«Crostatina, non per offenderti, ma faresti appassire un girasole di plastica, capisci? Cioè, stai ai tulipani come Erode stava ai bambini!»
Ride forte Mimì, allacciandole le braccia al collo da dietro e baciandole dolcemente una spalla.
«Ma’?» Sbotta di colpo Bree, scoccando una velocissima occhiata a Fern che, invece, non si è scomposta di un millimetro.
«Mh?»
«Com’è che non hai ancora dato un gioiello a Maj per Dom? In fondo porta in grembi i tuoi nipoti.»
«Non mi è piaciuta la dinamica del loro rapporto, di conseguenza non voglio che tuo fratello dia uno dei gioielli di mia nonna all’ennesimo suo interesse amoroso, che potrebbe rivelarsi una semplice sgualdrina.» Non stacca neanche gli occhi dalla rivista, Fern, che già da almeno una settimana si aspettava che qualcuno di loro le ponesse la domanda.
«Anche Maria Maddalena era una donna di facili costumi…» Butta lì Bree che, contro ogni aspettativa generale, ha instaurato un buon rapporto con Domino, che le ha infatti dato prova di essere una brava ragazza che ha fatto uno scivolone da ubriaca come capita a tantissime altre persone e che invece di buttarsi a pesce su uno Spettro come Major, molto desiderato da un sacco di ragazze, continua a tenerlo a distanza per conoscerlo il più possibile prima di farlo avvicinare, fatto che lo sta spingendo involontariamente tra le sue braccia in modo imbarazzante.
«Quando quell’idiota di tuo fratello redimerà l’umanità, allora potrà uscire con chi gli pare e piace con la mia più che totale approvazione.»

Pure Chichi e Piccolo non se la stanno passando benissimo, dal momento che Mordecai e Gohan sembrano incapaci di zittirsi.
Il piccolo Mezzosangue infatti si è trovato sinceramente attratto dai discorsi del lupo, che ha mostrato, seppure a modo suo, di avere una vastissima e assai profonda conoscenza del mondo animale e vegetale, che invece lui non ha mai approfondito particolarmente. Non che un domani gli servirà in modo particolare, ma la cultura comprende anche questo e lui non ne è mai sazio.
Si sono ritrovati a parlare di animali da fattoria dopo aver visto un gregge di pecore rincorse da un cane da pastore, che ha scatenato nel Cacciatore non solo il suo istinto predatorio ma anche l’ennesima sequela di scemenze che tanto diverte il ragazzino. Sotto sotto, in realtà, pure Chichi trova divertenti alcune delle sue uscite, ma tenta di non mostrarlo per non dargli confidenza.
«Prendiamo la mucca, ad esempio! È capace soltanto di mangiare, ingrassare e muggire a sproposito! Le mucche, da sole, emettono il venticinque per cento del metano e aumentano l’effetto serra! E secondo te io dovrei morire per colpa di una puzza di vacca?! Vanno ammazzate tutte!»
«Ci sarà un animale che ti piace!» Cinguetta allegro il ragazzino, continuando a guardarlo dritto in faccia. Gli piace la sua compagnia, gli dà retta e si è mostrato affabile e allegro, il classico amico o fratello maggiore che lui non ha mai avuto.
«Da mangiare, intendi?» Scherza subito, sorridendogli con aria furbetta prima di tornare a fissare la strada «Sì, ce ne sono tanti di animali che mi piacciono… ad esempio c’è quel batuffolino di pelo, con le zampettine, le unghiette…»
«Il coniglio?» Domanda volontariamente stupida posta solo per aizzarlo ancora di più. Gohan spera solo che gli dia spago e cominci uno dei suoi sproloqui assurdi che lo fanno tanto ridere.
«No: l’orso grigio, il grizzly!» I suoi occhi si accendono di colpo, il sorriso si allarga da un orecchio all’altro per l’entusiasmo «Un peluche carnivoro di quattrocento chili che piotta come un dannato! Hai mai confrontato il grizzly con uno degli animaletti che piacciono a te?»
«Tipo il panda?»
«Ti piace il panda?» Domanda un poco sconsolato e con in volto lo stesso schifo malcelato di Marylin Manson quando ascolta un brano di musica trap.
«Il panda è adorabile.»
«Complimenti, hai scelto l’animale più palloso del creato!»
«Non è vero! È un bell’orso!» Gohan ci prova a restar serio, ma davvero gli risulta quasi impossibile di fronte a quell’incredibile faccia da schiaffi.
«Chiamarlo orso è una bestemmia, al massimo è un procione gigante e impotente! Copula tre giorni all’anno e non si eccita neanche davanti al culetto di una ballerina!» Stringe con forza i denti quando la mano di Chichi impatta con forza contro la sua nuca nel vano tentativo di fargli dire meno porcate possibile di fronte ai suoi adorati bambini, e poi semplicemente riprende a parlare come se niente fosse successo. L’unica cosa che ha pensato quando l’ha colpito è stata la sua speranza che non vada a lamentarsi con Radish perché lui, per il puro gusto di farlo, gli fracasserebbe la testa contro qualcosa per “educarlo” e proprio non gli va.
«Quando il grizzly si sveglia dal letargo ha in mente soltanto una cosa: fare colazione! Così si stropiccia gli occhietti e di colpo gli si para davanti un cucciolo di renna, che altro non è che un agglomerato di assoluta stupidità.» Senza neanche pensarci, abbassa il finestrino e allunga una mano fuori per mostrare il dito medio a Maddox mentre lo supera, ridendo come uno scemo quando il maggiore prova a lanciargli contro un panino alla marmellata e burro di arachidi, finendo solo con il dargli uno spuntino in più.
«Al mondo ce ne saranno di ruscelli dove andare a bere, no? E lui dove va? Allo stesso ruscello dove il grizzly massacra i salmoni!» Ha ritrovato la sua parlantina con una nonchalance che potrebbe far invidia a chiunque e con un solo morso ha già dimezzato il panino, ingoiandolo praticamente senza masticare «Tuttavia il mulinare suicida dei salmoni distrae il grizzly, che indugia sul ruscello per ore… poi si rompe le balle e con una zampata di cinquanta chili esplode la faccia del cucciolo e lo sbrana vivo!»
«Ma tu non stai mai zitto?» Borbotta Piccolo ormai vicino all’esaurimento, che si è messo a sedere dentro l’auto anziché sul cassone perché di certo non si fidava a lasciarli soli in sua compagnia. Non che Gohan corra poi qualche rischio, ma preferisce monitorarlo più da vicino per poter intervenire. E comunque non gli ci vuole niente ad uscire dall’auto in corsa per piazzarsi dietro, cosa che probabilmente farà da un momento all’altro.
«Puoi provare pure ad imbavagliarmi e immobilizzarmi, se vuoi, ma troverei lo stesso il modo di romperti le palle. E tu non ce le hai, quindi pensa a quale livello di prestigio riesco ad arrivare con un po’ di impegno!»
E dopo questa minaccia, il Namecciano decide saggiamente di provare ad isolarsi, e con un movimento veloce ed un poco rabbioso apre lo sportello, salta fuori e vola sul cassone, sperando che quell’idiota alzi il volume dello stereo così da non doversi più sorbire tutte le sue scemenze.

Malgrado Crilin sia finito con il membro più calmo e spesso silenzioso del Quartetto, le cose non gli sono andate meglio durante il viaggio.
Nei sedili posteriori, infatti, la sua amatissima C-18 si è lasciata andare a dello sfrenatissimo shopping online e, dopo aver dilapidato un vero e proprio patrimonio assieme a Becca, ha cominciato a chiacchierare distrattamente della maternità con la Cacciatrice, che si è mostrata oltremodo entusiasta. Certo, non se la sente di mettere al mondo altri cuccioli visti i tempi che corrono, ma con Maddox ha già messo ben in chiaro che un giorno ne vorrà almeno altri due, mandandolo in panico. Non le dirà mai di no, non ne è capace, ma nel sentire quei discorsi si è lasciato andare ad un numero imbarazzante di sbuffi e grugniti di disapprovazione.
«Un consiglio spassionato: non lasciare mai tuo figlio ad eventuali parenti e fai attenzione pure agli amici. Una baby-sitter sì, è pagata per fare ciò che le dici, ma un parente o un amico no e faranno dei danni.» Si premura di avvertirla la lupa, lanciando un’occhiata di traverso ai due piccoli che ridacchiano davanti ad un cartone animato sul tablet di Major. Teme che scovino tutti i porno che vi sono sopra, ma per il momento le sembrano ancora abbastanza restii dallo sfidare la pazienza del folle ed irascibile zio.
«Dici?» Figurarsi se C-18 si allontanerà mai da un’eventuale figlia o figlio! Lo terrà sempre sotto tiro e lo vizierà oltre ogni limite immaginabile.
«Abbiamo lasciato un week-end i ragazzi con sua sorella» tutti nell’abitacolo sono sorpresi nel sentire la voce di Maddox, che sembrava quasi essersi totalmente estraniato dalla situazione «e quelli che sono tornati indietro non erano più i piccoli Lord che chiedevano il permesso prima di alzarsi da tavola, ma un incrocio tra Marilyn Manson in cocaina e un cinghiale in calore. Erano totalmente impazziti! Schizzavano ovunque, distruggevano tutto, cercavano di accoltellare Becca alla gola con i pastelli… per fermarli gli abbiamo sparato in fronte un sedativo neanche fossero rinoceronti. Imbarazzante, davvero.»
Crilin sente un brivido salirgli lungo la spina dorsale al pensiero di potersi ritrovare per le mani un figlio selvaggio ed ingestibile, consapevole anche del fatto che sua moglie sicuramente lo vizierebbe alla stessa maniera. Perché lei è capace di amare in un modo totalmente incondizionato malgrado la gelida apparenza e Crilin sa benissimo che amerebbe la loro creatura con tutta sé stessa ed anche di più, e che lo difenderebbe a spada tratta anche nel caso in cui commettesse un genocidio.
«Non sono più tanto sicuro di voler avere dei figli…» Mormora un poco sconsolato, mentre prende con piacere la bacchetta di liquirizia che l’altro gli porge. Lo guarda con uno sguardo sconsolato e solidale, come a volergli dire “Bello, pensi davvero di poterti imporre su tua moglie? Guarda me!”.
Poi però sente come una strana sensazione invaderlo, come se un pericolo mortale lo stesse per agguantare, e non appena si volta capisce subito il perché di tale sensazione: sua moglie lo sta guardando con un’aria così truce da riuscire a mettergli seriamente i brividi.
«Scherzavo!»

I gusti musicali di Sherry spaziano da un genere all’altro e le canzoni che si sono susseguite in quelle ore nella vettura non avevano un senso logico. Radish si è limitato ad abbassare il volume quando la melodia o il testo non erano di suo gradimento, continuando imperterrito a guidare.
Non gli piace guidare, a lui. Non gli è mai piaciuto. Avrebbero potuto volare, avrebbero fatto molto prima, ma la compagna è stata irremovibile: non avrebbe fatto un viaggio del genere in preda al panico per l’altezza. Senza contare, poi, che i ragazzi sarebbero stati ingestibili sospesi a mezz’aria ed anche su un aereo, e che la loro presenza era a dir poco necessaria, poiché Roman ha specificato duramente che gli umani devono per forza essere accompagnati da un lupo. Ora come ora Sherry non sa se saranno sufficienti poiché gli umani sono in maggioranza, ma ha già preso in considerazione l’idea di fare avanti e indietro oltre la barriera se necessario. Roman non è così stronzo, dai… ma spesso le Fate sì. Dio… speriamo che contino anche i quattro cuccioli in arrivo!!!
«Mi spieghi cosa intendevano prima quei deficienti col suonare le trombe?»
Hanno parlato tanto sia di cose importanti che di scemenze, i pochi ma prolungati silenzi non sono pesati a nessuno dei due. Sono a loro agio insieme, si sentono tranquilli.
Radish non pensava che si sarebbe mai sentito così in compagnia di qualcuno, che si sarebbe sentito così giusto, ma con lei è sempre così e di questo ne è oltremodo felice.
Sherry, dal canto suo, ha sempre vissuto con l’insopportabile sensazione di avere un costante faro puntato sulla testa, gli occhi di tutti si calamitavano sempre sulla sua figura e la scrutavano, la giudicavano ancor prima che potesse fare o dire qualcosa, ma Radish… lui non l’ha mai giudicata, ha accettato quello che è, il suo passato e il suo strano presente. Ha accettato lei così come lei ha accettato lui, pregi e difetti, arrivando a volerle sinceramente bene malgrado tutto, malgrado ogni differenza.
Nessuno dei due avrebbe mai potuto sperare in qualcosa di più.
«Magari dopo…» Risponde ridacchiando dopo qualche istante, pensando che, malgrado tutto questo affetto e rispetto, un tiro mancino deve giocarglielo.
Arriccia velocemente il vestito in alto, lasciando scivolare le mani verso i fianchi per poter afferrare il bordo delle mutandine, indossate unicamente perché il compagno ancora mal sopporta l’idea che qualcuno possa vedere qualcosa di troppo.
Radish, seppur soprappensiero, nota con la coda dell’occhio i movimenti dello Spettro ed un ghigno divertito ed eccitato si apre velocemente sul suo volto quando vede la brasiliana scivolare a terra.
«Mi fermo?»
Nega col capo, gli occhi liquidi che lo sfidano a fare di più, ad osare, e Radish non se lo fa certo ripetere: allunga velocemente una mano verso di lei, sfiora con la punta delle dita la pelle liscia e morbida dell’interno coscia, salendo inesorabile fino al suo centro. Non fa però in tempo a toccarla seriamente che sente i fastidiosissimi suoni dei clacson delle altre macchine ed in breve vede le piccole trombe da stadio fuori dai finestrini che gli suonano contro.
«Ma che cazzo…?»
«Ecco cosa significa!» Ride sguaiatamente Sherry, le braccia avvolte attorno all’addome.
Ohhh, quante volte hanno fatto questo stupido giochino da ragazzi! Sia con Fern, quando portava un nuovo fidanzato in casa (viziaccio che alla fin fine ha perso per salvaguardare i maschi della specie umana), sia quando uno di loro si trovava in dolce compagnia. Secondo una logica assai scarsa per non dire proprio inesistente loro dovevano per forza interrompersi a vicenda ancor prima che cominciassero a divertirsi sul serio.
«Maledetto idiota…» Ringhia Radish a denti stretti, guardando nello specchietto retrovisore quel bastardo di Major che se la ride di gusto. Senza pensarci troppo abbassa il finestrino e gli mostra fieramente il dito medio, scatenandone involontariamente le risate.
«Tu non pensare di passarla liscia.» L’avverte subito dopo, tentando di tornare a concentrarsi sulla strada. Non c’è praticamente niente di fronte a loro, solo una lunghissima e piuttosto stretta strada sterrata che attraversa i boschi e i campi diretta verso la costa. Quando hanno attraversato un campo di girasoli, circa sessanta chilometri prima, Radish ha provato davvero il fortissimo desiderio di fermare quella strana carovana per introdurvisi con Sherry, spinto dalla sua espressione serena e dal sorriso felice, riconoscente, che gli ha regalato senza alcun motivo. Se non l’ha fatto è solo perché vuole evitare quanto il più possibile i commenti di Vegeta.
«Saremo circondati da Spettri e Fate, fustacchione: dovrai trattenerti parecchio, come tutti.» Lo avverte così con nonchalance estrema, consapevole dal momento esatto in cui l’ha invitato alla festa che la loro non sarebbe stata una notte semplice.
Quando avevano quindici anni ci andarono con Fern e, nel cuore della notte, arrivò Roman in persona a prenderli a calci nel sedere perché ormai ingestibili a causa dell’Ambrosia e così pieni di ormoni imbizzarriti da poterli piangere. Ricorda chiaramente che mentre Rafe era sopra di lei - fortunatamente ancora con l’intimo addosso -, arrivò l’antico Spettro, lo afferrò per i capelli e se lo trascinò dietro tipo bambola di pezza inanimata per fermare Maddox e Micah, così gonfi di alcool da espellerlo direttamente da ogni poro e che stavano cercando di lanciarsi dalla scogliera, nella versione suicida e ubriaca di Romeo e Giulietta. Da quella volta in poi nessuno di loro, neanche Mordecai (che passò quella vivace serata coperto di una polvere che decisamente non era semplice zucchero e delle manette di pelliccia rosa shocking ammanettate ai polsi), si è più azzardato a far troppo casino nel suo territorio.
«Bambolina, ricordati sempre che io posso volare.»
«E con questo?»
Sorride soddisfatto e fiero, Radish, negli occhi una strana luce che non preannuncia niente di buono. Anche un cieco si renderebbe conto, magari fiutando l’aria e captando quella strana corrente elettrica che pare emanare, che non ha buone intenzioni manco per sbaglio.
«Stasera scoperemo ad alta quota!»

Tensing si è ritrovato a sorridere bonariamente nel vedere Lunch fare amicizia con Domino, che l’ha sommersa di chiacchiere leggere e battutine divertenti. Pensava che si sarebbe ritrovato in forte imbarazzo e che la compagna gli si sarebbe attaccata addosso come una cozza perché, magari, si sarebbe sentita fuori luogo, invece è stata per tutto il tempo con il busto in avanti a parlare la rossa.
Major, al volante, non ha fatto altro che cambiare una canzone dopo l’altra non appena arrivavano a metà, talvolta rimettendola da capo perché non se l’era goduta come meritava o passando a quella successiva perché, malgrado la stesse vivacemente cantando, era una noia. Li ha quindi quasi sempre ignorati, la mente che schizzava da un pensiero all’altro velocemente finché, ormai incapace di trattenersi, ha cominciato a tamburellare con le dita sulla coscia di Domino per attirarne l’attenzione, finendo poi col tirarci sopra un lieve schiaffo.
«Ho uno strano presentimento.» Se ne esce così, abbassando poi il finestrino per suonare la tromba da stadio. Non è sicuro di aver veramente visto il braccio di Radish, che guida di fronte a loro, allungarsi di nuovo verso le gambe di Sherry, ma di certo non ha intenzione di aspettare che si divertano per appurarsene. Quando però il Saiyan allunga nuovamente un braccio fuori dal finestrino e gli mostra il dito medio per la seconda volta, capisce che con grande probabilità aveva ragione. Pensi di fregarmi, Megafusto?!
«Sei solo paranoico.» Borbotta in risposta il Segugio, tenendo distrattamente il tempo della canzone che curiosamente ha lasciato, Bitch di Meredith Brooks.
«Non lo sono affatto.» Infastidito da Dio solo sa cosa, allunga una mano e cambia repentinamente canzone, battendo poi le mani sul volante al tempo di Do It Again di Mike Love.
«Dovete sapere che sono un po’ sensitivo, ho dei poteri paranormali!» Afferma poi con convinzione, strappando un risolino a Lunch. Non gli è antipatica, tutt’al più gli è assolutamente indifferente, ma sa bene di non poterla trattare con troppa freddezza poiché è stato smistato nella divisione di Tensing. Lui, in fondo, se la prenderebbe assai se trattassero male Domino, pur non essendo questa la sua compagna ufficiale.
«Ah sì?»
Annuisce energicamente e una lucina perversa gli illumina gli occhi verde muschio, ma sui sedili posteriori non possono vederlo. Perché non metterli quindi al corrente a parole?
«Una volta ho predetto che il compagno di Fern se ne sarebbe andato e poi ho chiuso i suoi resti nella stiva di un aereo. Un’altra volta, invece, ho predetto che Bree si sarebbe fatta male e poi l’ho spinta giù per le scale. Se non sono poteri questi!»
Non sanno cosa dire, davvero. Tensing ha conosciuto creature malvagie, molte, ma nessuna di loro aveva mostrato le loro strane inclinazioni, soprattutto non da un momento all’altro come Major. 
«Tu mi fai paura.» Si limita a questo commento, trovandosi involontariamente con la schiena premuta contro il morbido sedile.
«A te eh? Io porto in grembo le sue figlie, sono terrorizzata!»

Yamcha era convinto con ogni singola fibra del suo essere che sarebbero finiti col litigare perché Micah, di certo, non è un tipo che si risparmia quando si tratta di prese in giro, ma la sua impazienza di vedere le Fate lo ha in qualche modo tenuto distratto per quasi tutto il tempo, complice anche la musica aggressiva ed energica che ha risuonato per la macchina per tutto il tempo. In questo momento, per esempio, i bassi di Supermassive black hole dei Muse gli martellano così violentemente in testa e nel petto da fargli quasi male.
Ha parlato prevalentemente con la coppia di sposini seduti sui sedili posteriori, trovandoli sorprendentemente tranquilli. Pensava che fossero esattamente esagitati come gli altri, che lo avrebbero a loro volta sommerso di prese in giro o strane battutine, invece gli hanno chiesto delle sue imprese e di ciò che ha fatto per arrivare dov’è. Gli hanno pure chiesto se potesse procurargli i biglietti per una partita perché sono fan della sua squadra, alimentando così involontariamente il suo ego. Perché Pip e Jane sono calmi, la dilagante follia dei fratelli e delle sorelle adottivi non li ha contagiati più di tanto, e quando stanno in coppia riescono a bilanciarsi alla perfezione.
Ma poi, di punto in bianco, Jane pensa bene di sollevare una questione assai spinosa che mai e poi mai avrebbe affrontato di fronte a tutti.
«Amore la settimana prossima andiamo ai mercatini di Natale?»
Yamcha lo sente chiaramente il gelo calare tra loro mentre vede i muscoli di Pip irrigidirsi di colpo. Micah invece pare come ridestarsi di colpo e la sua voce arrochita dal nervoso gli strappa un sorrisino divertito.
«Chi cazzo li ha inventati i mercatini di Natale? Chiunque sia stato, comunque, si è divertito alla stragrande, perché quelli “belli” li ha piazzati tutti quanti a stravaffanculo
«Ma sono bellissimi! Ci trovi certe di quelle cose! E le trovi solo lì!» Controbatte Jane, che sapeva già di partenza che avrebbe dovuto affrontare le sue lamentele malgrado non sia stato assolutamente interpellato o invitato. Succede sempre con loro quattro, inutile prendersela.
Yamcha, senza sapersi spiegare il perché, decide di lanciarsi nella conversazione per dare man forte proprio all’eccentrico biondino, scatenandone le risate.
«Ora, non per fare l’antipatico, ma se nell’era della globalizzazione una cosa la trovi solo lì… ci sarà un motivo! È perché fa schifo!»
«Ma nooo! È tutto artigianato artistico!»
«Ma perché andarci?! Per comprare un centrino con una pigna attaccata sopra?!» Insiste il Segugio, voltato verso di lei. Prende in pieno una grossa buca che fa sobbalzare così tanto Pip da fargli prendere pure una sonora craniata nel tettuccio, ma non se ne cura minimamente.
Jane, ormai completamente pentita di aver sollevato la questione di fronte a lui e con l’assoluta consapevolezza che avrebbe dovuto semplicemente trascinarci il marito senza dirgli una parola, si lascia andare ad un sonoro sbuffo dopo l’ultima frecciatina dell’amico e si abbandona contro il sedile a braccia conserte.
«Ma tu lo sai perché ogni anno i salmoni si sparano centinaia di chilometri risalendo la corrente? Perché piuttosto che andare ai mercatini di Natale si suicidano in bocca ad un grizzly!» E detto questo Micah molla per qualche istante il volante a Yamcha, giusto il tempo necessario per prendere una piccola canna dal pacchetto di sigarette e accendersela in tutta tranquillità: «Che dici Rocco, provi anche tu?»

Per Vegeta e Bulma, contro ogni aspettativa, il viaggio è stato sorprendentemente tranquillo e piacevole.
Erano convinti che River avrebbe dato loro delle rogne, che avrebbe avuto delle uscite davvero infelici e non avrebbe perso occasione per far innervosire Vegeta, ma dopo pochi chilometri si sono accorti che si era placidamente sdraiato nel cassone con le cuffie nelle orecchie. Canticchiava a voce così bassa che neanche volendo poteva essere considerato fastidioso, così loro si sono messi talvolta a parlottare di questioni loro e talvolta se ne sono rimasti in silenzio con la radio di sottofondo.
Oltretutto, poi, si è anche reso utile quando ormai stavano quasi a metà strada, perché Trunks non riusciva a dormire e Vegeta non sapeva come fare e si stava innervosendo. Così, senza dire una sola sillaba, ha aperto il finestrino che li separava, gli ha preso il bambino dalle braccia e se l’è piazzato sul petto ricoperto di morbida e calda pelliccia bianca. Il calore del manto candido, unito al suo respiro calmo e regolare e al lieve sobbalzare del pick-up lo hanno calmato nel giro di niente e il piccolo si è placidamente addormentato in meno di cinque minuti.
I due coniugi hanno diminuito le occhiate dopo poco, rendendosi conto con grande sorpresa che quell’arrogante Spettro ci sa davvero fare con i bambini, che gli piacciono come lui piace a loro e che non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare il meritato riposino del piccolo.
Vegeta ha quindi ironicamente pensato che se un domani ne avranno bisogno lo useranno deliberatamente come baby-sitter, inconsapevole del fatto che al lupo non darebbe più di tanto fastidio. Perché River è sì orgoglioso, pure troppo il più delle volte, ma i cuccioli gli sono sempre piaciuti, spesso al Sud si occupava dei fratelli e delle sorelle più piccoli, tuttora anche dei nipoti quando torna da loro a fargli visita, e più volte ha espresso il desiderio di avere dei figli suoi. L’unico intoppo, in tutti questi anni, stava nel fatto che Sherry proprio non ne voleva neanche sentir parlare di mettere su famiglia, così ha dovuto a lungo rinunciare.
Malgrado però tutti i recenti avvenimenti e la consapevolezza che quei due non si separeranno tanto facilmente, non riesce ancora a smettere di immaginarsi con dei bambini attorno, magari proprio con gli occhi chiari di lui e i capelli bicolore di lei.


Il Sole ormai è prossimo a tramontare, i vari Spettri non stanno più nella pelle all’idea che da lì a poche ore potranno finalmente rivedere Papà Spettro. Non sono religiosi, nessuno di loro, ma quella non può essere proprio considerata una religione: è un antenato che giunge da loro per rincuorarli e per ricordare a tutti loro il sacrificio che fece per permettergli di essere quello che sono. Non c’è un solo Spettro al mondo che non lo rispetti. Beh, quasi tutti, perché in realtà ce n’è uno che non ha decisamente apprezzato il suo recente operato, ma sono in pochissimi ad esserne a conoscenza.
Il numeroso gruppo abbandona le macchine ai margini del confine invisibile che separa le due realtà e, dopo essersi caricati di tutto ciò che si sono portati, s’incamminano nella boscaglia e dopo una cinquantina di metri davanti ai loro occhi si materializza come per magia un lungo e dritto sentito costruito con piccoli sassi bianchi e lisci, appena illuminati dai flebili raggi del Sole morente che ancora riescono a trapassare la cortina di foglie che li sovrasta.
«Sono distratto io o quel sentiero prima non c’era?» Domanda titubante Yamcha, che per poco non si lascia scivolare dalle braccia i vari sacchi a pelo e le coperte che Micah gli ha praticamente imposto di prendere. Alla fin fine lo trova abbastanza simpatico, soprattutto dopo avergli detto che metterà una buona parola con le ragazze single presenti alla festa.
«Nessuna distrazione.» Risponde Sherry, una forte euforia mista ad impazienza che le sgorga dagli occhi «È merito delle Fate. Sai, non amano particolarmente la compagnia.»
Esistono luoghi avvolti da un misterioso alone intangibile, invisibili allo sguardo dell’uomo. Sono i luoghi dell’incanto e dell’ispirazione, mondi fantastici dove vivono le Fate conosciuti come Mondi di Mezzo.
I Regni Fatati difficilmente appaiono e sono in pochi ad avere il privilegio di vedere gli esseri che li popolano. Ma dove si trovano? A volte appena sopra l’orizzonte, a volte sotto ai nostri piedi… altre volte, invece, in un bosco che confina con una candida e generalmente deserta spiaggia.
«Dove siamo finiti?» Domanda un poco burbero Piccolo, stressato per la moltitudine di chiacchiere che ha dovuto sorbire durante il viaggio. È così abituato a stare per i fatti suoi che di colpo, come un fulmine a ciel sereno, si rende conto di aver commesso un grande, mastodontico e davvero stupido errore ad accettare l’invito. È stato solo per lo sguardo felice dell’amico che ha pensato, stupidamente, che sì, uno sforzo poteva anche farlo. Ora, però, è certo che non lo commetterà una seconda volta.
«Nel posto giusto.» Risponde sorridendogli Becca prima di incamminarsi per quel sottile sentiero, le mani strette a quelle piccole dei figli che saltellano emozionati.
Dopo quel lungo viaggio nessuno ha voglia dei loro giochetti e delle loro frasi a metà, ma sanno bene di dover compiere l’ultimo, immane sforzo per poter piantare le tende e riposarsi un poco, così s’incamminano in gruppo attraverso il piccolo sentiero, quando ecco che alle orecchie di tutti arrivano le prime note allegre delle canzoni che stanno suonando sulla spiaggia dove è stata allestita l'intera cerimonia.
Ci sono diversi lampadari dorati appesi agli alberi, i tronchi adagiati a terra fanno da base ad altissime composizioni di viburno, giacinti, delfinie, felci e muschio.
Sulle loro teste c’è un’enorme e vaporosa nuvola di glicine bianco che ingentilisce il bosco, cascate di profumati fiori pendenti che fanno da fondale, un tappeto di petali bianchi per l’incedere degli ospiti. In fondo, tra il perfetto confine tra bosco e spiaggia, c'è un enorme arco fiorito coperto da fiori bianchi tra cui delphinium e fiori di ciliegio.
«Sei sempre il solito sborone, vecchiaccio!»
Gli occhi dei presenti possono finalmente abbracciare l’assai imponente figura di Roman il Saggio, Spettro più antico che ancora cammina sulla Terra grazie al magico sangue della moglie Angelina. Ha una corporatura ben più massiccia di quella di Radish, l’altezza è di poco superiore perfino a quella di Piccolo, i capelli sono lunghi fino alle scapole di un grigio tenue con dei riflessi bianchi che risplendono alla calda luce delle torce appese in giro, gli occhi sono un miscuglio tra il giallo e il verde, piccoli e caldi, il suo sorriso è allegro e dolce. Sulla mascella ha una barba corta e curata che non toglie assolutamente niente al suo antico fascino, ma che anzi gli conferisce quel paio di anni in più che vorrebbe sinceramente dimostrare. In fondo appare al massimo come un trentenne, mentre di lui non dovrebbe essere rimasta neanche la polvere… mostrarsi un po’ più grande non gli dispiace proprio per niente!
«Attento a come parli, cucciolo, o niente Ambrosia per te.»
Già, l’Ambrosia, il vino prodotto dalle Fate, così buono da farti toccare il Paradiso con un dito ma così potente da farti sbronzare, talvolta pure perdere i sensi, con un solo calice. Inutile dire che il Quartetto ne ha già fatto largo uso nel corso degli anni e che anche stasera non mancheranno di rispetto alla loro tradizione.
«E così… loro sono i particolari ospiti di cui mi hai parlato.» Li guarda con un sorriso benevolo, sorprendendo gli Spettri. Si aspettavano tantissime cose, una bella tirata d’orecchie in primis, invece è sorprendentemente calmo e affabile, come se fosse una cosa normale portare degli esseri umani (e degli alieni!) da quelle parti.
«È un onore fare la conoscenza di guerrieri del vostro calibro, dico davvero.» Quando i suoi occhi si posano sulla figura di Vegeta, piega un poco la testa in segno di rispetto. Per quanto la sua razza sia praticamente estinta, rimane comunque un Principe, e lui questo non lo può ignorare.
«Fern, è sempre un piacere vederti. Lasciati abbracciare!» Beh, per quanto riguarda gli umani, Fern è un discorso decisamente a parte, poiché li ha cresciuti e sostenuti sempre, ha dato loro la forza per diventare i temibili giovani adulti forti ed intrepidi che sono ora.
«Porta i miei saluti a tuo padre, River. So che la sua situazione non è delle migliori.» Il bastardo del Sud china rispettosamente il capo e sorride appena, per poi tornare alla sua solita postura fiera ed elegante.
«In giro si mormora timidamente che invaderai il Nord e per questo stanno cominciando a chiamarti la Conquistatrice.»
Roman e Sherry si guardano a lungo negli occhi, senza sfida o arroganza. Semplicemente si studiano, tentano di capire cosa passa nella mente l’una dell’altra, ed infine Sherry si abbandona ad un sorriso dolce, di quelli che rivolgi ad un nonno un poco impiccione ma al quale vuoi sinceramente bene.
«Non ho di queste ambizioni, Roman. Voglio solo proteggere il mio branco dalla follia di Jäger, tutto qui.»
Le sorride di rimando, un sorriso bonario e affettuoso che lascia trasparire una non indifferente nota d’orgoglio e rispetto. È ciò che sperava di sentirle dire, perché nessun Re e nessuna Regina che possa definirsi tale dovrebbe avere obiettivi diversi se non la sicurezza della propria famiglia e del proprio popolo.
«Quanto siete cresciuti!»
Nessuno può rimanere indifferente al fascino esercitato da una Fata, neanche uno spietato Saiyan, per quanto poi possa mostrarsi stoico ed impassibile, perché sono le più splendide creature che si possano immaginare: hanno una lunga chioma con riflessi d’oro o rosso fuoco e grandi occhi di un particolare e brillante verde-azzurrino, corpicini piccoli ma formosi celati da vesti leggere e fluttuanti, opera dei più abili ragni della foresta che ne tessono i preziosi veli, e sulla schiena hanno lunghe e appuntite ali trasparenti solcate da venature simili a quelle di una libellula. A loro si accompagnano gli impressionabili e capricciosi Elfi, che da sempre danno valore a bontà e bellezza, e che appaiono come dei bassi esseri umani, più aggraziati ed esili, con lunghe orecchie a punta e ampi occhi a mandorla con pupille grandi dai colori vivaci.
Non esistono né la malattia né la vecchiaia per queste creature, lo scorrere del tempo è irrilevante. Una volta nate grazie alla prima risata di un bambino, avranno per l’eternità l’aspetto di dolci ed ingenui adolescenti.
La loro magia gli permette di mutare la propria stazza all’occorrenza, che però non supera mai il metro e sessantacinque. I dolci nanetti, così li chiamano molti Spettri, ben a conoscenza della loro esistenza e del loro aspetto grazie alla relazione tra Roman e la bella Fata che gli cinge amorevolmente il collo con le esili e pallide braccia, le cui lunghe e potenti ali la tengono sospesa alle sue spalle.
Sono teneri a vedersi, a tratti grotteschi per la più che evidente differenza fisica e per la grande differenza di età - malgrado in realtà sia proprio Angelina quella davvero anziana tra i due -, ma chi ha potuto avere l’onore di vederli assieme sa bene che la parola “grottesco” non gli si addice per niente. Tutt’al più buffi, ecco: non mancano infatti le volte in cui quel bestione tutto muscoli si sieda su qualche tronco o direttamente per terra con la testa china mentre l’esile fatina gli urla addosso perché l’ha fatta arrabbiare.
Se in un primo momento Radish si è sentito come vagamente a disagio sotto lo sguardo sin troppo indagatore e profondo dell’antico Spettro, quello un poco allarmato di Angelina lo irrita semplicemente. Non le ha fatto assolutamente niente, ancora non ha detto nemmeno una parola, eppure lo guarda come se fosse la più feroce delle bestie, un pericolo reale per lei e per tutto ciò che la circonda. È la sensazione dei polpastrelli freschi di Sherry che gli sfiorano il dorso della mano a riportarlo con i piedi per terra e a farlo un minimo calmare.
Si sorridono dolcemente, sperando di non essere notati da nessuno, e nell’esatto momento in cui Roman fa loro segno di seguirlo così da poterli condurre ad una postazione comoda e non troppo distante dalla casa che ospiterà i singolari ospiti per la notte, una voce a molti sin troppo familiare squarcia quella singolare calma.
«La gravidanza ti dona, Bree!»
Bree, Sherry e River voltano di scatto la testa, gli occhi sgranati per la sorpresa e il panico. Perché non può essere vero, non possono averlo davvero sentito… eppure quell’uomo alto e muscoloso con i lunghi capelli biondo cenere e quel caratteristico pizzetto sul mento sono piuttosto inconfondibili. Lo sono gli occhi color oltremare che sembrano sempre estremamente seri ma, al tempo stesso, sembrano prenderti costantemente in giro, lo è l’andatura sicura e spigliata, lo è la sua aria di chi sa di poter ottenere tutto e, infatti, poi lo ottiene.
Non ci sono dubbi di alcun genere, lo avrebbero riconosciuto in qualsiasi circostanza: Darko, Beta di Mezcal, padre di Bree, Daryl e Darren, uno degli Spettri più potenti ed influenti del Nord.
«Quegli imbecilli dei tuoi fratelli si rifiutano di mettere al mondo dei figli perché Jäger ancora non ne ha avuti.» Sorride calmo, gli occhi brillanti che scrutano i loro volti, li studiano velocemente e prendono nota di chi, tra quello strano agglomerato di persone, può essere considerato un problema reale. Un problema per come lo intende lui, ovviamente, non certo come per quei cucciolotti.
«In quella cerchia di psicopatici tutti vogliono che i propri figli nascano e crescano assieme ai suoi… saranno dei coglioni?!» Fronteggia Bree, sorridendo sardonico. La sua espressione è assolutamente impagabile e ora è davvero curioso di vedere quella dei figli maggiori, pur essendo consapevole che nei loro occhi scorgerà una reale e palpabile paura dovuta alla consapevolezza che nessuno fotte con papà, e provare ad ucciderlo non è stato un comportamento molto apprezzato.
Sposta poi gli occhi su Mimì, nascosta dietro le spalle della Mezzosangue, e sorride con aria realmente divertita. In fondo cos’ha da temere? È la Festa del Fuoco, nessuna di quelle teste calde è tanto scema da sfidare il Grande Spettro.
«Beh, qualcosa da me l’hai ereditata, Mezzosangue: l’occhio per le belle donne!»
«Che cazzo significa?!» Esplode così Bree, gli occhi accesi dal furore mentre le braccia forti di Micah le si serrano attorno al corpo per trattenerla.
Aveva capito di chi si trattava un secondo dopo averlo visto camminare verso di loro, quel sorriso è davvero troppo simile a quello della ragazza per non riuscire a fare 2+2, ma come tutti gli altri era però convintissimo che fosse morto e quindi non ha avuto la prontezza di agire prima. Tutt’ora, malgrado ce l’abbia ad un metro scarso di distanza, gli risulta impossibile credere che sia davvero lì. Per quanto ne sa - e come lui anche gli altri - non c’è magia al mondo in grado di resuscitare i morti. Ci sono le Sfere del Drago, ormai è appurato, ma non conosce nessuno sulla faccia della Terra disposto a tanta fatica per portarlo in vita.
«Tu dovresti essere morto!» Gli ringhia contro River, piazzandosi al fianco di Bree per proteggerla da un suo eventuale scatto. Sa bene che Darko è sin troppo sveglio, saggio e furbo per sfidare così apertamente la pazienza di Papà Spettro e di Roman, ma è sempre meglio prevenire che curare, specie se di mezzo c’è la sicurezza di una cara amica.
«Ah beh, ci sono andato davvero vicino…» Ridacchia appena al ricordo di quell’orrenda notte, di come riuscì a trascinarsi verso l’unica persona per la quale pensava valesse la pena morire e che non avrebbe lasciato sola in quell’ultimo tragico istante. Lo ricorda benissimo neanche fosse avvenuto un paio di giorni prima, ma poi decide saggiamente di accantonare la questione solo per tirarla fuori al momento opportuno, tornando quindi a sostenere lo sguardo furioso ed incredibilmente agitato di quei ragazzini che da anni sono una continua fonte di chiacchiere e preoccupazioni.
«Ma evidentemente gli servivamo ancora vivi, quindi… TA-DAAAN!»
«Noi?»
«Mh?» Sposta repentinamente gli occhi su Sherry, rimasta rigidamente al suo posto. Con un’impercettibile occhiata al suolo, però, Darko nota un dettaglio che non gli piace proprio per niente: si è leggermente spostata per frapporsi tra lui e l’uomo alle sue spalle, quasi volesse proteggerlo. Questo potrebbe decisamente essere un problema…
«Hai detto “gli servivamo”. Noi chi?!» Gli occhi si accendono del loro mortale rosso cremisi e lo inchiodano sul posto, non suscitando in lui alcun effetto. Quando poi le dà pure le spalle, la sua furia aumenta di colpo, ma non fa in tempo a muovere un solo muscolo che una nuova voce a lei davvero familiare le trasforma il  sangue in durissimo cemento.
«Il topolino ha trovato la voce.»
La luce delle fiaccole a poco a poco investe la sua figura da anni rimasta nell’ombra, rivelando quel corpo scultoreo e slanciato forgiato da innumerevoli scontri, risaltato dai lenti pantaloni rossi donatigli dalle Fate e dalla pelliccia d’orso sulle spalle, com’è usanza al Nord. Notano una strana cicatrice sul petto, all’altezza del cuore, ma certo nessuno ha la forza o la reale volontà di chiedergli come se la sia procurata.
I lineamenti già duri del volto sembrano farsi più taglienti con quello strano gioco di luci, mettendo in risalto gli occhi di una fredda tonalità di azzurro, sebbene il destro sia in parte coperto da un ciuffo di capelli neri e lucenti come le ali di un corvo che poi scendono morbidamente sul collo.
Ha un incedere elegante e sicuro, quasi arrogante e dal retrogusto aristocratico come rivelano anche i suoi abiti, e nel guardarlo sembra che ogni suo singolo dettaglio urli disperatamente un sonoro allarme di pericolo.
River e Bree sentono che potrebbero accasciarsi al suolo tanto le gambe si sono fatte improvvisamente molli, le ossa quasi inconsistenti. Sono le braccia degli amici a sostenerli, a permettere loro di non crollare di fronte al peso di quello sguardo.
«Finalmente ruggisce.» Sorride ferino di fronte allo sguardo sconvolto di Sherry, soddisfatto dal fatto di essere ancora capace di infondere lo strano senso di paura e angoscia di un tempo. Non che fosse davvero importante o necessario, certo, ma fa sempre piacere. Si domanda quale sarebbe la reazione di Jäger nel constatare che è ancora in vita, ma sa che a questa domanda troverà una risposta in un tempo non troppo lontano.
Sherry sente come se ogni certezza nella sua vita si fosse improvvisamente sgretolata a causa dello shock di trovarselo davanti, di constatare che è vivo, e di colpo l’idea di nascondersi tra le braccia di Radish diventa sorprendentemente allettante.
Ma non riesce a muoversi, il corpo è pietrificato davanti a quegli occhi chiari che la fissano in attesa di una reazione.
Dopo secondi che sembrano durare un’eternità, una sola parola esce dalle sue labbra, sussurrata ma decisa: «Everett…»

 

*Cosa non darei per vedere davvero Radish così... 🤤


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ed eccomi di nuovo qui gente!
Ormai i capitoli si fanno sempre più lunghi, io non so davvero cosa dire a riguardo… posso solo chiedervi umilmente scusa!
Spero di essere riuscita a sorprendervi con questo finale, ma non ne sono poi troppo sicura… che dite?

Bree nell’ultimo periodo è stata messa tanto in ombra, è vero, ma tranquilli che avrà il suo momento… e non sarà dei più idilliaci. Potreste arrivare a schifarla molto di più di quando fingeva di voler allontanare Radish! 🤭

L’aspetto di Darko è ispirato in parte a quello di Silver Rayleigh da giovane. Bel manzo era e bel manzo rimane, tra l’altro cazzutissimo ma al tempo stesso un bonaccione strafottente e donnaiolo. Chi poteva renderlo meglio?
Per Everett invece… non so. In parte è nato dalla mia fantasia, in parte da Alucard di Hellsing (altro personaggio che amo alla follia e che, secondo me, è davvero sexy).
Insomma, due bell’omini! 😎

E niente… ho appena finito di scrivere tutti i dialoghi (già, prima scrivo quelli e poi il resto) del capitolo forse più zuccheroso che abbia mai scritto in vita mia! Che poi, certo, con me le cose sono un po’ relative eh, però amen! È zuccherosissimo, l’ho deciso io!

E niente, ora devo scappare che stasera c’è la prima cena allo stabilimento ed io ho ancora i capelli a cazzo di cane dopo aver fatto il bagno non solo in mare con la mia dolce cagnolina (che se ne sbatte di me e va a nuotare a largo, la scema!), ma anche in piscina. Sono in uno stato tragicomico!

A presto
Un bacione
Kiki
🤙🏻


PS: per quanto sia difficile da trovare in rete, vi assicuro che “Everett” l’ho trovato come nome su una bottiglia di vodka al supermercato. Costava anche parecchio.
Immaginate il mio imbarazzo nel girare in rassegna tutte le possibili bottiglie per imparare i nomi mentre la gente mi guardava. Sembravo un misto tra un’alcolista ed una demente, che prendeva una bottiglia dietro l’altra e poi la rimetteva a posto! 🥃 E la sapete un’altra cosa buffa? Io non bevo! 🤗

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 13 💛 Ringrazio anche Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite; Chimera__ e Nhirn9001 per aver messo la storia tra le ricordate. Ed un grazie va anche a tutti coloro che leggono silenziosamente! 💛


𝟚𝟚. 𝐿𝒶 𝐹𝑒𝓈𝓉𝒶 𝒹𝑒𝓁 𝐹𝓊𝑜𝒸𝑜



«Everett…»
Inarca un poco un sopracciglio, le labbra sono percorse da un lieve spasmo che le tende per una frazione di secondo in un sorrisetto, mentre gli occhi lo tradiscono un poco rivelando il suo divertimento.
Annuisce appena, aspettando che dica qualcos’altro… ma lei sta zitta. Si domanda se stia continuando a respirare tanta è la sua immobilità, e per questo volta un poco lo sguardo verso Darko per avere da lui la conferma di non averle causato un qualche danno celebrale mostrandosi così di botto.
Il più anziano, dal canto suo, continua a guardarsi dritto negli occhi con Bree in quella che, ad occhio e croce, ha tutta l’aria di essere un’estenuante lotta a chi sbatte prima le palpebre.
«Everett? Tuo fratello? Quello che avresti dovuto sposare?» Ringhia a denti stretti Radish, portandosi repentinamente al suo fianco e tirandola un poco dietro la propria mole come per farle da scudo. Avvolto da una profonda rabbia mista ad un’ingiustificata gelosia si è lasciato sfuggire un dettaglio che, a mente fredda, non avrebbe mai rivelato a nessuno. Il problema è che non gli piace quel tipo, la fissa con uno sguardo strano che non riesce a catalogare e, decisamente, il fatto che sia vivo non gli va per niente a genio.
Tutti lì in mezzo, ad eccezione di Roman e Angelina, non riescono a credere a ciò che ha detto il Saiyan poiché nessuno era a conoscenza delle nozze imposte ai due, nemmeno River. Sapeva che erano in vista più matrimoni combinati per i prìncipi del Nord, ma non aveva mai preso in considerazione che ci fosse andata di mezzo pure lei. Questo fa di lei una legittima erede al trono del Nord!
«Che dolce, gli hai parlato di me?» L’espressione di Everett è cambiata di nuovo nel giro di niente: all’inizio appariva come borioso, arrogante e minaccioso, poi divertito, un poco strafottente e, per un occhio davvero attentissimo, pure felice, adesso pare oltremodo infastidito, per non dire proprio incazzato a morte.
Non riesce a fare a meno di guardare Radish con uno sguardo d’odio che neanche un vegano che osserva uno chef cucinare dei bocconcini di fegato di agnello serviti sopra un ragù di capriolo misto a testicoli di panda affogati in salsa di foca monaca, e questo non sfugge a nessuno.
Roman, avendo capito che i due non saranno disposti a trattenersi ancora a lungo e che, di conseguenza, scatterebbero pure gli irascibili lupacchiotti e che in breve nascerebbe uno scontro devastante senza esclusione di colpi, si affretta a spostare Angelina di lato per tenerla fuori dalla questione e ad avvicinarsi allo Spettro tanto adirato, ma nel frattempo i due hanno già cominciato col primo step che precede lo scontro, ovvero prendersi a parole.
«Che bello, abbiamo tra noi una bestia al pari di Mezcal e Jäger proveniente dallo spazio.» Afferma con una non indifferente nota di schifo nella voce «Ora sì che posso dirmi realmente entusiasta.»
«Come hai detto, lurido cane?» Gli ringhia contro Radish, che ha subito ben pensato che loro non possono far scorrere il sangue, ma lui . A furia di passare tanto tempo con gli Spettri si era quasi dimenticato di non far davvero parte della loro razza e di non dover sottostare alle loro regole.
«Mi hai sentito benissimo.»
Prima che Radish riesca ad allontanarsi dal corpo tremolante di Sherry per chiudere una volta per tutte la bocca a quello che, a conti fatti, è suo cognato, la voce della compagna gli arriva dritta al cuore come una pugnalata.
«Radish, no…»
Si volta per dirle di farsi gli affari suoi e di starne fuori, ma quando vede i suoi grandi occhi scuri pieni lacrime prossime a sgorgare lascia cadere la questione e l’avvicina di nuovo, lasciandole nascondere il viso contro il suo petto. Può solo immaginare cosa significhi per lei trovarsi faccia a faccia con una parte tanto dolorosa del proprio passato, ed è sicuro che abbia pure pensato che lui, in tutta la sua insopportabile arroganza, possa rivelare a tutti quanti ciò che lei tiene nascosto a tutti da anni.
Fern, ritrovata la lucidità, si avvicina con passo deciso alla ragazza e le poggia le mani sulle spalle, e con lei scatta pure Chichi. Certo, è quanto di più lontano dall’ideale di cognata che una persona possa avere, ma è comunque parte della sua famiglia e non permetterà a quel bellimbusto di portare zizzania. Anche perché lei è ben consapevole di cosa sia capace Radish e vorrebbe davvero evitarlo. Il suo Goku, da lassù, non sarebbe felice di vederlo comportarsi come un animale rabbioso, e lei non gli permetterà di fargli provare questo dispiacere.
«Everett, per favore…» Roman, che ha subìto nei secoli radicali cambiamenti comportamentali anche a causa della vicinanza con le Fate oltre che per la sua stessa indole finalmente libera di esprimersi, tenta in tutti i modi di far calmare lo Spettro e di allontanarlo. Non è sorpreso della sua reazione, conoscendolo poteva aspettarsi ben di peggio, ma non può permettersi di lasciarlo a briglia sciolta tanto da verificare fin dove sia capace di spingersi. Sa benissimo che la legge imposta per la festa lui la infrangerebbe a cuore leggero ed anche che nessuno può più giudicare le sue decisioni, ma se lo lasciasse fare scatenerebbe una reazione a catena incontrollabile.
«Sì, sì, me ne resto buono.» Sbuffa mentre fa un paio di passi indietro e si scrolla con un gesto stizzito la sua mano di dosso. Non può sopportare oltre la vista del Saiyan, lo urta su ogni possibile piano mentale e fisico, e nella mente gli pare di sentire ancora una volta quella vocina che gli chiede gentilmente di allontanarsi da lì per far calmare Sherry.
Si volta verso l’amico di una vita oltre che tutore, trovandolo ancora intento in quella che, a questo punto, anche a lui pare essere diventata una sfida a sbattere prima le palpebre con la figlia. Sa essere così infantile a volte da lasciarlo davvero di sasso.
«Vuoi restare qui?»
«Non particolarmente, no.» Volta di scatto la testa, ma le palpebre ancora non sbattono. Everett non può fare a meno di domandarsi per quanto tempo sia in grado di resistere, ma poi si ricorda della presenza della Mezzosangue che lo sta guardando con aria sia truce che offesa.
«Ma è tua figlia…»
«E…?»
Ora è Everett a non sbattere le palpebre mentre fissa l’amico e, dopo un lungo sospiro sconsolato, scuote semplicemente la testa mentre si allontana, borbottando sommessamente: «E il tuo istinto paterno fa acqua da tutte le parti, vecchio mio.»
Darko se la ride di gusto, si volta un istante per fare un cenno di saluto con la mano a Bree ma, prima che abbia il tempo di allontanarsi, un paio di bronzee mani affusolate gli si poggiano con audacia sui pettorali.
«Ciao…» Camila non avrebbe mai potuto resistere al fascino di Darko, soprattutto se si considerano tutti i racconti delle sue svariate amanti passate, ed è per questo che avvicina pericolosamente il volto al suo e lo guarda con occhi pieni di lussuria, ignorando il fatto che il maggiore stia lentamente indietreggiando sia con la testa che col busto.
«Ci mancava solo la puttana…» Brontola a mezza bocca Maddox, che di colpo si rende conto della moltitudine di Spettri giunti nei dintorni per assistere a tutta la scena. Li guardano con aria assai curiosa e perplessa, non capendo da dove siano mai potuti uscire quei due potenti Spettri di quella che potrebbe essere definita quasi un’era passata, ma si trovano costretti ad indietreggiare non appena Maddox e Mordecai, mortalmente serio in volto, snudano loro le zanne come a voler dire “Chi vuole vederci infrangere anche questa legge?”.
Glover, che si era avvicinato in precedenza per salutare la sua Regina ed ha assistito impotente alla scena, snuda le zanne a sua volta a tutto il branco mentre indietreggiano, deciso a riportare un poco l’ordine.
«Ho sentito tanto parlare di te…» Mormora languidamente il Segugio, cercando di far aderire il proprio corpo tonico e prosperoso, che da sempre fa girare la testa a gli uomini, contro quello marmoreo di Darko, trovandosi di colpo con le sue forti e grosse mani che le stringono con decisione le spalle per sospingerla all’indietro.
«Hai più sperma che sangue in corpo, ragazzina. Credimi se ti dico che è abbastanza disgustoso.» E detto questo se ne va, spensierato e calmo così com’era arrivato, deciso a raggiungere Everett. Non condividono il sangue, questo è certo, ma il loro rapporto è sempre stato molto simile a quello padre-figlio, con grande sorpresa per entrambi.
Darko lo fece nascere, fu il primo neonato che tenne per le mani quando aveva appena sedici anni, l’erede al trono che, in quanto Beta, ha dovuto seguire ed istruire per anni e alla quale, senza neanche rendersene conto, si è legato in modo inscindibile. Sa tutto di lui, ogni più recondito segreto, ed una delle cose che ha fatto strenuamente per quasi tutta la sua vita è stata quella di aiutarlo e proteggerlo, malgrado sapesse essere una missione impossibile poiché nessuno potrebbe davvero proteggere un soggetto come Everett.
I figli di Mezcal, in fondo, sono tutti schifosamente propensi a cacciarsi in guai madornali a capofitto e col sorriso in volto, come si può pensare di proteggerli?
Bree, che ha seguito con piacere la figura furiosa di Camila che si allontanava per rifugiarsi tra le sue amiche pigolanti, non può fare a meno di lasciarsi andare ad un commento che le nasce proprio dal cuore, scatenando una lieve risatina generale: «Lo disprezzo un po’ meno.»
L’unica che non sorride nel sentire le sue parole è Sherry, che di punto in bianco si rigira e si allontana in mezzo alla vegetazione.
Ha il respiro corto e il cuore in subbuglio, non riesce a mettere insieme i pensieri. Ogni volta che prova a concentrarsi su qualcosa, qualsiasi cosa, tutto va in frantumi e si ritrova sempre più spaesata.
Era morto… lo erano tutti e due!, questo è l’unico pensiero che la sua mente riesce a partorire, l’unico che non si sgretola subito dopo.
Erano morti, uccisi quella notte di sangue. Dicevano che la guardia di Jäger avesse ammassato i corpi nel centro esatto del loro grande territorio e gli avessero dato fuoco per spregio, anziché seppellirli nelle catacombe. Invece sono lì, estremamente in salute e, di questo ne è assolutamente certa, molto più forti di un tempo. Non riesce a spiegarsi come sia successo, però. Chi mai potrebbe essere stato tanto folle da riportarli in vita? E come? Sa che gli amici di Radish si sarebbero accorti subito se qualcuno avesse utilizzato le Sfere del Drago, soprattutto in quel periodo della loro vita, e di sicuro non sono stati loro a rimetterli in circolazione.
Non capisce, non trova una risposta logica, non trova neanche una motivazione vagamente valida, e tutto questo la spinge solo ad inoltrarsi sempre di più nella vegetazione, con occhi ciechi che la fanno brancolare nel buio.
Il suo “rapporto” con Everett è sempre stato così ambiguo, incomprensibile per lei. Non le ha mai fatto del male, in genere pareva ad ignorarla esattamente come con tutto il resto che lo circondava, ma ogni volta che si girava i suoi occhi erano lì da qualche parte a fissarla. Eri morto…
«Ehi, aspetta!»
Non saprebbe dire se è la sua voce o la sua presa sul proprio braccio a ridarle un briciolo di lucidità, sa solo che adesso vede di nuovo ciò che la circonda, facendole notare pure i vari solchi che ha fatto negli alberi con gli artigli per sfogare lo stress.
Si guarda attorno con aria spaesata per un po’, domandandosi quanto sia effettivamente vasto il Regno delle Fate. Perché da fuori sanno benissimo quali siano i confini, sanno bene che pure il vecchio rudere ne fa parte e che le orrende sensazioni che infonde negli esseri umani servono solo per evitare di farli entrare in quella che, a conti fatti, è la seconda casa di Roman e che usa per avere un contatto col mondo, ma nessuno di loro sa quanto il tutto sia stato amplificato all’interno della barriera che li separa dal mondo reale.
Radish, che sente distintamente un’enorme e dolorosa confusione dentro al petto, lascia scivolare con incertezza la mano che le stringe il braccio fino a prendere la sua. Tiene lo sguardo basso, imbarazzato dal gesto per lui assai inusuale e, al tempo stesso, addolorato per ciò che si è lasciato sfuggire poco prima.
«Mi spiace per quello che ho detto. Non avrei dovuto.» Ammette con un filo di voce, realmente dispiaciuto. Rialza gli occhi per guardarla in volto solo quando sente le sue dita intrecciarsi con maggior energia alle proprie, e la sua espressione gli è sorprendentemente indecifrabile.
«Vuoi andare via? Ti porto dove preferisci.» Se solo glielo chiedesse, sarebbe capacissimo anche di portarla su qualche altro pianeta. Tutto per strapparle dal cuore quella malinconia, quella paura, e per vedere anche un solo sorriso troverebbe sicuramente il modo per portarla anche in capo all’Universo.
«Non posso continuare a scappare dal mio passato… ormai è evidente che mi troverà sempre, in un modo o in un altro.»  La voce è bassa ed un poco lamentosa, diversa dal solito. E non lo accetta, non può: dopo tutto ciò che ha passato nella sua breve ma intensa vita era riuscita a tirarsi in piedi, a scrollarsi quel fango di dosso, ha dato vita ad un qualcosa di incredibile che pochi avevano anche solo osato sognare, e non ha alcuna intenzione di permettere al proprio passato di ributtarla a terra, di affogarla di nuovo in quello schifo che la teneva sul fondo.
«Kong…?» Ha bisogno di una cosa prima di poter tornare indietro a testa alta, prima di far vedere a tutti, compresi i due morti-viventi, che non indietreggerà di fronte a nessuno e che il suo passato, per quanto causa di incubi e timori, non vincerà sul suo futuro.
«Mh?»
Radish si sente come congelare nel sentire le sue braccia sottili ma letali stringerlo all’altezza della vita, la fronte appoggiata contro il petto in una muta ma assordante richiesta di sostegno. Perché è questo ciò di cui adesso Sherry sente il disperato bisogno, come se in qualche modo potesse nutrirsi del suo coraggio e della sua forza per procedere in quel tortuoso e buio sentiero che le si apre davanti.
Per quanto odi ammetterlo con ogni singola fibra del suo essere, l’arrivo di Radish nella sua vita è stato sì sconvolgente e devastante, ma anche un qualcosa che l’ha spinta a fare di più, qualcosa che le ha dato la forza di scostarsi dal proprio passato per evolversi. Di tanto in tanto si trova a detestarlo per essere diventato in così poco tempo una parte così importate di lei, per non dire proprio un qualcosa di fondamentale come può esserlo l’ossigeno, ma quell’odiosa sensazione sparisce quando la stringe a sé. Che sia quando si lasciano andare alla passione, quando giocano o come ora, dove entrambi si lasciano solo avvolgere da quello strano calore che li scuote nel profondo, non fa alcuna differenza: le basta sentirlo vicino per dimenticare tutto il resto.
«È meglio se andiamo, non voglio che si preoccupino.» Scioglie a malincuore l’abbraccio e sospira forte per farsi coraggio, incamminandosi a testa alta verso i suoni allegri che provengono dalla spiaggia, proprio di fronte al vecchio rudere.
«Ti preoccupi troppo per loro.»
Sorride appena e pensa che sì, fino ad un paio di mesi prima non si sarebbe fatta troppi problemi per nessuno all’infuori di sé stessa e della sua famiglia, ma qualcosa in lei è cambiato davvero, come se un interruttore si fosse acceso da un momento all’altro e le imponesse con fermezza di occuparsi di tutti quelli che, come lei, non hanno mai avuto niente di regalato nella vita ed hanno sofferto moltissimo per arrivare dove sono.
«È mio dovere.»
Non tutto il branco di Sherry si è presentato, i più giovani e i Mezzosangue infatti sono rimasti nei pressi della tana, ma all’appello si possono vedere tutti gli esponenti maggiori con le loro famiglie ed i membri di spicco dei loro piccoli branchi d’origine. In tutto sono presenti all’incirca ben duecento Spettri, ed ognuno di loro leva i calici pieni di vini e liquori al cielo non appena escono dalla boscaglia, l’uno di fianco all’altra. Molti ululano, altri urlano il nome di Sherry con gioia, altri pure quello di Radish. Sono felici di averli lì, li riconoscono a pieno come la coppia dominante capace di difenderli e guidarli, e questo è più che sufficiente per tutti. Certo sono stati meno felici di vedere tutti gli altri malgrado siano ben consapevoli che vogliano aiutarli, ma il fatto che i capobranco siano felici di averli lì li ha aiutati ad accettarli.
Ci sono molti fuochi per la spiaggia ad illuminare a giorno il circondario con una luce calda e avvolgente.
Il rudere adesso appare diverso ai loro occhi, con le pareti azzurrine ricoperte di edera e bizzarri fiori violetti, ormai privo dell’incantesimo che da sempre lo cela al mondo e che solo nel vederlo fa provare a tutti un forte senso di disgusto e disagio, talvolta addirittura paura, e dalle finestre si possono vedere i loro amici che sistemano le poche cose che si erano portati nelle varie stanze che sono state loro assegnate.
Angelina e Roman siedono in disparte, stretti in un dolce abbraccio, e ridono alle battute talvolta sciocche dei presenti. L’antico Spettro sorride appena ai due, chinando un poco la testa in segno di rispetto quando i suoi occhi chiari si scontrano con quelli severi del Saiyan.
Becca, stretta tra le braccia protettive del marito che ride con gli altri, sbraccia come un’ossessa verso di loro non appena li nota ed indica poi alla coppia che ha montato la loro tenda sul confine tra la spiaggia e il bosco, distante da tutte le altre così che non vengano disturbati in alcun modo.
Mordecai suona assieme a molti altri, Glover incanta i bambini con i suoni melodici del suo violino mentre Micah bercia che non ha voglia di ascoltare quei “fastidiosi suoni miagolanti” ed incita il fratello ad aumentare il ritmo cosicché tutti possano ballare.
Major e Domino già stanno mangiando la deliziosa carne alla brace, la stessa che stuzzica sensibilmente l’olfatto della bizzarra coppia. Basta un solo, misero sguardo ed entrambi scattano in avanti, correndo come due ragazzini in mezzo alla folla per accaparrarsi i pezzi più grossi, finendo poi col fare la lotta sulla sabbia.
Ciò che provano l’un per l’altra, pur rimanendo spesso inespresso, è un qualcosa di così forte e vero da essere capace di annientare il resto, pure respingere gli sguardi penetranti e attenti dei due Spettri non-morti che li osservano dall’alto.
Non si stanno perdendo un solo movimento e discorso da parte di nessuno di loro, talvolta si scambiano qualche occhiata ed un qualche minuscolo commento che per un orecchio esterno può pure non avere senso. Bree sta provando con tutta sé stessa a capirli, mentre dentro sente che quel minuscolo e fastidiosissimo mostriciattolo chiamato invidia tornare a farsi vivo per mordicchiarle il cervello. Dio solo sa quante volte avrebbe voluto essere al posto di Everett, anche solo per pochi secondi, cosicché suo padre le rivolgesse almeno un sorriso come sta facendo pure adesso.
Non è mai stato cattivo Darko, mai una sola volta con nessuno dei suoi figli - raramente pure in generale. Era solo indecentemente assente per loro, sempre dietro alle esigenze di Mezcal e alla formazione del futuro Re e dei ragazzi che speravano di diventare il nuovo Beta. Questo, per Bree, era più doloroso di un’artigliata nella schiena.
Quello del Beta è un lavoro difficile e logorante, poiché la tua intera esistenza si lega a quella del Re, niente ha più valore di lui nella tua vita, difficilmente la famiglia riesce a mettersi anche un gradino sotto. Si ha la responsabilità di far valere la sua voce, di controllare gli Alpha, di addestrare le nuove leve fino a farli diventare degli spietati combattenti malgrado la consapevolezza che, otto volte su dieci, quegli stessi ragazzi ti uccideranno non appena quel cucciolo che hai istruito in ogni arte per tutta la vita salirà al trono.
Darko in questo era assolutamente eccezionale. Molti rispettavano più lui che Mezcal, poiché più compassionevole e razionale, capace di gesti gentili nei confronti dei più piccoli purché questi non gli mancassero di rispetto. Dai sedici anni in poi fu lui a far nascere la maggior parte dei cuccioli del Nord, e il cuore gli si spezzava sempre di più ogni volta che Mezcal gli proibiva di porgere i neonati alla Regina, aiutando la sua veloce ed inesorabile caduta nella follia. Bree ancora ricorda quando la vide inveire contro un osso femorale per chissà quale assurda ragione avesse partorito in quel momento la sua disturbata e spesso sconnessa mente.
Secondo molti Darko non ha mai avuto un gesto particolarmente gentile nei confronti di Bree, ma lei sa che si sbagliano: lui stesso l’ha addestrata, pregio mai concesso ad un Mezzosangue, le ha insegnato a mentire per aiutarla nei momenti più difficili e l’ha spronata a correre veloce quanto un Purosangue.
L’ho promesso a tua madre”, così si giustificava quando lei faceva domande. Già… sua madre. Non l’ha mai considerata altro che la più grande egoista del mondo.
La bellissima Adriel che amava Darko, che sapeva chi e cosa fosse perché tanto, in tempi brevi, sarebbe morta di cancro. Sarebbe morta con la consapevolezza che l’uomo che tanto amava non le avrebbe donato il suo sangue miracoloso perché non la amava a sua volta. Le era affezionato, molto, ma non abbastanza, e a lei stava bene così.
La bellissima Adriel che voleva dei figli prima di morire. Voleva provare le gioie della gravidanza, voleva stringere tra le braccia il proprio bambino prima di spirare. Darko l’accontentò, promettendole che avrebbe riconosciuto i figli come suoi e li avrebbe aiutati a sopravvivere. E lo fece davvero, seppur alla sua maniera: le mise tra le braccia il loro primogenito prima di farle partorire gli altri due, li avvolse in una calda pelliccia e la seppellì prima di tornare alla Tana, dovendo poi seppellire sulla via del ritorno i due maschi, ed infine si assicurò che Bree avesse ciò di cui aveva bisogno per sopravvivere nella speranza che fosse poi capace di reggersi sulle proprie zampe come si richiede a qualsiasi Spettro.
Bree non ha mai riconosciuto Adriel come sua madre perché così egoista da non curarsi del futuro dei suoi figli, e non ha mai apprezzato del tutto Darko perché non le ha mai rivolto neanche un sorriso, non le ha mai rivolto una carezza o parole affettuose. Contro ogni aspettativa, la notizia della sua morte le fece davvero male, ma il ricacciare indietro quelle brutte sensazioni non fu difficile perché lui le aveva insegnato a farlo.
«Tutto bene tesoro?»
Volta di scatto lo sguardo per incrociare quello apprensivo e dolce della fidanzata, che le carezza dolcemente la spalla. Sa bene, Mimì, che non sta affatto bene, ma cos’altro avrebbe potuto dirle?  
«Sì, è okay. Beviamo qualcosa?» Non vorrebbe essere dura, non con lei, ma senza alcool davvero non potrà comportarsi come al solito viste le circostanze. Non potrà neanche bere troppo perché poi, sicuramente, proverebbe ad attaccare il padre e gli vomiterebbe addosso tutto ciò che si è portata dentro per tutta la vita, ma sa bene che presto o tardi dovrà comunque affrontare con lui una questione molto delicata. Che gli spieghi o meno come fa ad essere vivo le importa relativamente, deve scoprire quanto sanno di tutta quella spinosa faccenda in cui lei stessa si è messa. Presa com’era da tutti i recenti e sconvolgenti avvenimenti non ci aveva più pensato, ma adesso quella scomoda verità è tornata a bussare alla sua porta, mettendola così in difficoltà.
Dopo aver posato i propri effetti ed essersi un poco rinfrescati in quella villetta sorprendentemente pulita ed accessoriata, il gruppo esce per raggiungere quelli che, anche se in modo molto approssimativo, possono definire amici.
Bulma non si sente molto a proprio agio per via del proprio elegante vestito rosso e per i gioielli che ha indossato a posta per la serata, convinta infatti che fosse un evento molto formale, ma quella spiacevole sensazione va via via scemando mentre prende posto sui vari morbidi e coloratissimi cuscini che Roman e Angelina hanno posizionato un poco in disparte per farli star comodi e tranquilli, e mentre Fern, aiutata dai suoi ragazzi, comincia a porgere loro grossi piatti pieni di carne e verdure alla griglia.
Tutto si può dire degli Spettri, ma certo non che non sappiano essere ospitali. In realtà è Roman quello ospitale, che da sempre attende con trepidazione la Festa del Fuoco più per poter godere della compagnia di altri Spettri che per vedere il padre, ma nessuno ci bada mai troppo a questo dettaglio.
Il formidabile gruppo di guerrieri però lo capisce in tempi molto brevi quando lui stesso va verso di loro per assicurarsi che siano comodi e che tutto sia di loro gradimento, chiedendo pure a Bulma e Chichi se hanno bisogno di qualcosa in particolare per i bambini. Ci tiene poi a complimentarsi con Gohan per la sua vittoria contro Cell, lasciandosi poi andare ad un luminoso sorriso che contagia pure il ragazzo. In ultimo, come se tutto ciò non fosse già di per sé sorprendente ai loro occhi, dona alle quattro donne degli scialli fatti dalle Fate, il cui valore non può essere davvero espresso, così com’è difficile pure descriverne la bellezza. L’unica certezza è che tutte e quattro li conserveranno con estrema cura per poi passarli alle generazioni future come cimeli di famiglia.
Roman però non è sempre stato così cordiale. Un tempo le sue idee erano diverse, malgrado non le condividesse del tutto, e mai avrebbe avvicinato un umano, men che meno lo avrebbe trattato con rispetto. Il suo cuore era stato marchiato come di proprietà di Roscka, che da sempre aveva mostrato di prediligere la sua compagnia a quella del più violento e schivo Regan. La sua forza e la sua ferocia erano decantate da figli e nipoti, che vedevano in lui l’unico leader per tutta l’enorme e bizzarra famiglia. Ma poi è arrivata Angelina, splendente come un raggio di Sole e sfuggente come l’acqua di un ruscello: fu amore a prima vista per lui.
Fu un corteggiamento lungo e travagliato poiché la dolce Fata non era avvezza alle bizzarre usanze dei sanguinari Spettri, ma quando quell’imponente e pericoloso predatore le si è inginocchiato di fronte, la testa china in segno di totale sottomissione, e le ha donato una corona di camellie, fiori di loto e calle, come per sottolineare che era lei e solo lei la Regina del suo cuore, Angelina si è sciolta tra le sue braccia, prendendolo come suo immortale compagno.
Da quel momento lo Spettro è lentamente cambiato, ha permesso alla sua reale personalità da sempre repressa con forza di emergere, facendolo diventare il potente Spettro che tutti temono e rispettano, trasformandosi così in Roman il Saggio.
Piccolo, pur essendo di natura schiva e solitaria, siede in mezzo agli altri con gambe e braccia incrociate, deciso ad ignorare il più possibile gli sguardi invadenti dei presenti, non riuscendo però a trattenere un sorrisetto divertito quando una ragazzina di forse tredici anni dai brillanti capelli bianchi si avvicina a loro per donare ad uno sbigottito Gohan un piccolo mazzetto di ortensie rosa, simbolo di un concreto invito a godere delle gioie dell'amore.
Pure Bree si lascia andare ad una sonora risata, avvertendo la ragazzina che non c’è trippa per gatti, Gohan è un bravo ragazzo al contrario dei loro ragazzacci e non la porterà nella boscaglia per una sveltina. Inutile dire che la povera malcapitata è scappata via rossa per la vergogna come un pomodoro nel giro di due secondi.
«Tra un paio d’anni, se tuo zio e Sherry continueranno a frequentarsi, credimi se ti dico che ti divertirai parecchio!» Scherza Maddox, mettendogli sotto al naso un grosso piatto pieno di carne ben condita che gli fa venire l’acquolina.
Strumenti a corda vari, tamburi di varie fattezze e dimensioni, cornamuse e flauti velocemente danno un nuovo ritmo, facendo galleggiare tra loro una melodia allegra e trascinante che in breve spinge quasi tutti a ballare dove possono, che sia vicino ai fuochi sulla spiaggia, sulle escrescenze rocciose o nel bosco. Ballano e ridono, bevono passandosi i calici di mano in mano, si prendono sotto braccio e saltano. Questa è una notte in cui i vecchi rancori non esistono, dove tutto viene messo da parte solo per godere del momento.
Yamcha e Tensing scherzano tra loro mentre continuano a mangiucchiare un po’ di dolcissima frutta fresca, finché una bambina di cinque anni, seppur rossa in volto per la timidezza, li avvicina e si attacca al braccio muscoloso del triclope, strattonandolo un poco per farlo alzare.
«Balla con me!»
Preso totalmente in contropiede, l’uomo la fissa con tutti e tre gli occhi sgranati, mentre al suo fianco l’amico se la ride di gusto, complice anche l’abbondante vino che ha già bevuto su consiglio di Micah e River.
«Non so ballare…» Mormora incerto, sentendosi di colpo una persona pessima nel vedere quel visetto paffutino rabbuiarsi e quei grandissimi occhioni azzurri farsi tristi come quelli di un cucciolo malmenato, ma in suo soccorso arriva River, che abbandona sulla pista la bella ragazza con la quale stava limonando per afferrare la bambina e dirle che ballerà lui con lei, facendole così tornare il sorriso.
Tensing gli sorride grato e finalmente torna a respirare, venendo presto raggiunto dalla compagna che, senza alcun preavviso, gli afferra il volto tra le mani per baciarlo con bruciante passione. Non è da lei, al massimo dall’altra lei, ma non si prende assolutamente la briga di controbattere dal momento che lì in mezzo non sono certo in pochi quelli che si stanno baciando così.
«Stavolta Papà Spettro resterà di più perché sei bellissimissima!»
C-18 non ha mai sorriso così tanto, soprattutto per merito di un gruppetto bambine. Le si sono avvicinate una ventina di minuti prima e le hanno chiesto se potevano intrecciarle i capelli e metterci delle margherite per farla diventare ancora più bella, e lei davvero non se l’è sentita di allontanarle, così ha semplicemente annuito e con pazienza si è lasciata acconciare i capelli, ascoltando così involontariamente le loro infantili chiacchiere che non la fanno più smettere di sorridere.
Non sono come gli adulti, non loro, così curiose e allegre, così innocenti. Sono semplici bambine che fantasticano su cose da bambine, come sull’arrivo di un fantomatico principe azzurro che le protegga dalle persone cattive… magari un principe figlio della Regina e del Capitano, così sarebbe fortissimo e loro non dovrebbero più temere alcun male. È questo discorso tanto ripetuto e rimarcato ad averla fatta sorridere tanto, in effetti.
Pure Bulma e Chichi si sono ritrovate accerchiate come l’amica, con quei cuccioli che si spingono e si schiacciano per poter vedere più da vicino Trunks e Goten. Li guardano con meraviglia mentre si spingono a forza i chicchi d’uva in bocca e si nascondono dietro a Bulma quando Vegeta lancia loro qualche fugace occhiata. Gli fa paura, lo trovano spaventoso, ma l’idea che il loro Capitano sia nei dintorni li rassicura. Senza contare, poi, le dolci parole di Bulma per farli star tranquilli, che li spingono ad avvicinarsi sempre di più e a cercare un contatto fisico.
La scienziata non ci aveva pensato davvero, prima, ma improvvisamente ha come un’illuminazione nella mente.
Un’illuminazione dolorosa che le stringe il cuore e la spinge ad accarezzare amorevolmente gli arruffati capelli grigi del bambino che sorride a suo figlio: questi bambini, tutti questi bambini, non sono come i loro genitori, hanno una possibilità di fare qualcosa di diverso, di cambiare in meglio la loro specie, ma senza l’aiuto di tutti quanti loro non ne avranno la possibilità perché, e questo lo sa bene, gli avversari li uccideranno per spregio.
Sono piccoli, innocenti ed indifesi, non vogliono far del male a nessuno ma solo scoprire tutto ciò che li circonda e giocare come qualsiasi altro bambino.
Pure Chichi, pregna di un forte istinto materno, non riesce a ricacciare indietro questa consapevolezza che le impedirà ora e per sempre di vedere quei piccoli e curiosi cuccioli come delle future reali minacce, e senza pensarci allunga una mano per pulire il visetto pallido ed un poco smunto di una bambina, che poi le sorride con una dolcezza infinita e le si siede vicina.
Non hanno colpe, non loro. Sono nati in un mondo violento che, se non verrà cambiato dagli attuali sforzi degli adulti, li inghiottirà e li renderà, nella migliore delle ipotesi, dei feroci e spietati assassini. Nel caso peggiore, invece, è probabile che non arriveranno neanche al prossimo solstizio d’estate.
«Bambini, basta! Non date fastidio!» Una delle madri li ha finalmente ritrovati e adesso li guarda con i suoi inquietanti occhi perlacei come ammonimento. Non è del tutto convinta - e con lei pure le altre madri - che i piccoli si possano avvicinare tanto a quegli estranei, ma i loro occhioni bassi pieni di delusione le infondono uno strano senso di tristezza. Perché mai mostrarsi abbattuti se viene negato di stare  con degli esseri umani?
«Non stanno dando alcun fastidio, tranquilla… sono adorabili.» Afferma con una certa timidezza Lunch, sorridendo dolcemente alla bambina che le stava intrecciando dei fiorellini bianchi nei suoi lunghi capelli blu. Il sorriso che la piccola le regala di rimando le fa semplicemente sciogliere il cuore come neve al Sole e senza pensarci compie un gesto che per gli Spettri ha un grandissimo valore: divide il suo cibo con lei.
È un segno di amicizia e rispetto, tra loro è un qualcosa di profondamente importante che non può mai essere ignorato, sopratutto se rivolto verso i piccoli. Chi più chi meno, lì in mezzo tutti hanno trovato durante il loro cammino qualcuno che condividesse almeno una piccola parte del proprio pasto con loro, così da dargli la forza di andare avanti.
La donna annuisce e sorride appena, voltandosi poi con sguardo meravigliato ed entusiasta verso il proprio compagno che, situato in un posizione più vantaggiosa in caso di intervento, osserva a sua volta la scena con sguardo attento e compiaciuto. In fondo, pensa, gli amici del Capitano potrebbero non essere male come credevamo. Forse… potremmo dar loro una possibilità.
Gohan, pur tentando con tutto sé stesso di tenersi un poco in disparte, non ha potuto evitare di attirare gli sguardi curiosi dei giovani Spettri che, seppur con una non indifferente cautela, lo stanno a mano a mano avvicinando per fare amicizia. Beh, almeno i maschi vogliono fare semplicemente amicizia, perché le ragazzine hanno fiutato perfettamente la strabiliante forza che emana il suo sangue e, com’era prevedibile secondo la maggior parte degli adulti, gli hanno puntato gli occhi addosso. Pure molte Purosangue gli ronzano attorno e fanno le civette, lo invitano a danzare con loro vicino alla pira più alta e luminosa, gli sfiorano accidentalmente i bicipiti mentre parlano tutti assieme. In fondo la loro Regina vive con suo zio, non può essere una cosa tanto sbagliata come si è sempre creduto, no?
Chichi a stento trattiene delle sonore risate nel vedere l’adorato primogenito tanto in crisi per le dolci attenzioni che sta ricevendo per la prima volta in vita sua, mentre Bulma si è lascia avvolgere nei lunghi e preziosi scialli che alcuni piccoli hanno sottratto alle madri perché, secondo la loro logica, anche lei potrebbe contribuire a far rimanere più a lungo Papà Spettro se la faranno diventare ancora più bella.
Alcuni cuccioli invece, dopo aver perso l’attenzione per Goten e Trunks, hanno ripreso a scorrazzare in libertà, finendo dopo non molto tempo a cercare di giocare assieme a Tensing e Yamcha. Se il primo non si sente molto a proprio agio con i bambini piccoli e si limita a tenere le braccia ben aperte e stese per farceli dondolare, il secondo si è messo a giocare a pallone sulla candida spiaggia assieme a loro, ridendo come un matto quando gli saltano addosso con entusiasmo perché ha segnato un punto. Non aveva preso in considerazione neanche per un secondo che giocare con dei bambini avrebbe attirato l’attenzione delle lupe, ma lo capisce al volo quando una di loro lo afferra per un braccio e lo trascina di lato per danzare vicino al fuoco.
Per colmare la sua assai sentita assenza, sul campo da calcio improvvisato arriva Crilin, che si ritrova in breve a correre in mare assieme ai piccoli per evitare che accada loro qualcosa. Non che ciò sia possibile, soprattutto quando ci stanno tanti adulti ancora perfettamente sobri nelle vicinanze, ma lui non si potrebbe mai perdonare se a qualcuno di loro succedesse qualcosa di brutto.
Piccolo, intento ad ignorare le chiacchiere infinite di due cuccioli che gli si sono piazzati di fianco e che vogliono a tutti i costi la sua attenzione, non riesce a fare a meno di osservare Radish.
Non è mai stato così, non fino a quando non ha incontrato Sherry. Pur avendo avuto qualche fugace storiella in quegli anni, Radish non si era mai lasciato trascinare in questo modo, nessuna di loro era mai riuscita a scardinarlo così tanto nel profondo da convincerlo a fare cose del genere e, senza ombra di dubbio, non si era mai lasciato andare a nessun tipo di effusione in pubblico. Ora invece eccolo lì, con lo Spettro che gli stringe le braccia al collo, le mani voraci a stringerle con forza i glutei, sollevandola da terra. Si baciano, si stringono, scherzano con gli altri come se quello fosse da sempre il mondo di entrambi, come se tutto ciò fosse normalissimo, e Piccolo davvero non riesce a capire come tutto ciò sia possibile.
Radish non è mai stato così… che gli è preso? Capisco i sentimenti, capisco il volersi bene e tutta quella roba lì, ma com’è possibile cambiare fino a questo punto? Pure lei mi sembra diversa rispetto a quando l’ho vista la prima volta. Sembra quasi che più stanno insieme, più assimilano i comportamenti l’una dell’altra, come se si infettassero…
«Sorprendente, non trovi?»
Alza di scatto lo sguardo, Piccolo, trovando Roman ad osservare i due al suo fianco, le grandi e possenti spalle poggiate contro un albero e le braccia incrociate all’ampio petto. Gli pare così incredibilmente soddisfatto da sembrargli addirittura strano.
«Paulo Coelho una volta disse: “Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano.”»
«Che vuoi dire?» Assottiglia lo sguardo, scrutandolo attentamente. Niente in lui lascia trasparire niente che non voglia rivelare, questo per il Namecciano è molto chiaro. Per quanto l’antico Spettro si mostri cordiale e amichevole con tutti loro e non facendo dubitare nessuno delle sue buone intenzioni, Piccolo capisce che c’è qualcosa di strano in lui, qualcosa che lo mette un poco in allarme.
Abbassando lo sguardo poi, nota che pure Bree adesso sta fissando Roman da lontano e, per la prima volta da quando la conosce, arroganza e malizia sono totalmente scomparsi dai suoi occhi chiari.
«Ti rendi conto che è un’ora che ragioni e non hai espresso un cazzo di concetto?!»
Gli occhi di tutti, Piccolo incluso, scattano di colpo sulla figura un poco alterata di Fern, che da ormai venti minuti sta ascoltando i deliri di Micah, ubriaco perso per un micidiale mix di Ambrosia e assenzio. A lui e Mordecai è sembrata infatti un’idea assolutamente geniale mescolare il vino delle Fate con il distillato che viene spesso definito “Fata Verde”, e adesso entrambi sono in uno stato tragicomico. Fosse la prima volta che Fern li vede ridotti così…
«Allora lui è arrivato e mi dice che no, e io gli ho detto cioè sì!» Nessuno sa di cosa stia parlando, neanche Micah, ma qualcosa nel suo cervello completamente affogato nell’alcol lo sta portando a sragionare in modo imbarazzante su questo argomento indefinito che vede come protagonista una qualcuno di assolutamente astratto.
«Metti in fila due parole!»
«No, capito?! Lui mi ha detto che no—»
«Due parole che abbiano un senso una dietro all’altra!» Fern ha perso il conto delle volte in cui li ha sentiti biascicare cose incomprensibili e senza alcun senso logico, e si sorprende di come ogni singola volta ci ricaschi con tutte le scarpe senza neanche rendersene conto. Pensa che sia per il semplice fatto che quegli imbecilli sono i suoi figli e che non può lasciarli soli in queste condizioni, ma nel sentire i deliri di Micah, adesso, comincia a dubitarne fortemente.
«Io ho detto che sì, cioè sì, e lui che no—»
«No, veramente, sono vent’anni che non ti capisco: cosa cazzo dici?!»
«NO!!!»
Mordecai, seduto al suo fianco con le ginocchia strette al petto, continua ad alternare momenti di assoluta paranoia dove gira di scatto la testa, sussultando per la paura di essere braccato da chissà quale assurda figura la sua mente abbia partorito, a momenti di totale incapacità dove, con non poche difficoltà, si ficca in bocca dei chicchi d’uva, li biascica senza masticare e poi li lascia cadere per terra. Fuso, completamente andato, secondo molti Papà Spettro lo prenderà a sberle con la coda, per altri riderà come mai ha fatto prima di fronte ad un simile spettacolo.
Major, seduto a gambe larghe direttamente sulla sabbia e con il busto sollevato grazie ad un numero smisurato di cuscini colorati, osserva i fratelli con un sorriso beota in volto.
«Mi sento molto meglio dopo aver vomitato nel fuoco.» Afferma scrollando le spalle e tornando ad accarezzare il ventre sempre più arrotondato di Domino, una delle poche ancora completamente lucide. È molto più divertente vedere loro tre delirare per l’alcol che non prendersi un’epica sbronza, ormai è chiaro.
Mordecai poi scatta, gli occhi accesi da una nuova delirante luce che attira nel giro di niente l’attenzione di tutti. Pure i più riottosi nel trovarsi lì non possono fare a meno di prestare un briciolo di attenzione a quel pazzo furioso che sorride come un indemoniato mentre spiaccica con le ginocchia i vari acini d’uva precedentemente sputati.
«Festa divertente. Festa divertente. Mi diverto sempre alle feste. Volete leggermi nella mente? Volete sapere a cosa penso? I gatti mi piacciono più dei cani. Gli scoiattoli striati più di quelli normali. Gli scoiattoli sono eccezionali, sì insomma: dopo i tirannosauri sono decisamente la specie più crudele dell’Universo! Se tu fossi un cappello saresti il cilindro. Bello alto, come ce l’ha il tizio del Monopoli! Sai perché te lo dico? Perché penso che sia un complimento!»
Vegeta sgrana un poco gli occhi a quest’ultima affermazione e per un istante prende in considerazione l’idea di strappargli il dito con il quale lo sta indicando, per poi roteare gli occhi al cielo e tornare a contemplare il niente assoluto per ignorare tutti quanti. Se è lì è solo per due motivi: primo, era curioso di capire cos’è Papà Spettro, se una semplice idea astratta o qualcosa di concreto e tangibile; secondo, Bulma voleva vedere il Regno delle Fate e gliel’avrebbe fatta pesare all’infinito se non si fosse presentato. Dopo la sconfitta di Cell tra loro le cose sono diverse, c’è più sentimento e non se la sente di buttare tutto dalla finestra, malgrado tutta la situazione lo faccia sentire un poco a disagio poiché lo allontana sempre più inesorabilmente da ciò che era un tempo.
Mentre è assorto da alcuni dei suoi pensieri più frequenti, un bambino è tornato alla carica verso Chichi, assillato da un grandissimo dubbio.
«Dov’è il suo papà?» Domanda candidamente alludendo a Goten, che si è sorprendentemente assopito tra le sue braccia malgrado il baccano.
Chichi rimane per qualche secondo in silenzio, osservando il figlio. Dire a voce alta che suo marito, il suo amatissimo Goku, è morto ormai da quasi un anno è sempre troppo doloroso. Sa che un giorno tornerà, fosse anche per poco, e potrà quindi riabbracciarlo e dirgli ancora quanto lo ama, ma adesso…
«Il suo papà balla con la Luna.»
Non sa quando Sherry sia arrivata lì in mezzo e neanche quando Radish si sia seduto poco distante da lei, stanco ma con un’aria comunque sorprendentemente allegra, e adesso si ritrova a guardare l’Alpha con sguardo smarrito. Che vuol dire ballare con la Luna?
Gli Spettri usano dire che i morti vanno a ballare con la Luna come fece Papà Spettro quando morì. Sanno che è quanto di più improbabile nell’Universo, ma gli piace comunque pensarlo, è un modo dolce per accettare la morte.
Sherry di slancio passa una mano tra i folti, ricci e disordinatissimi capelli neri del cucciolo che di colpo si è rabbuiato, e gli sorride dolcemente quando riesce ad incrociare di nuovo il suo sguardo.
«È andato da lei per salvare tutto il mondo. Era un guerriero formidabile, davvero.»
Il bambino ci pensa per qualche istante, gli occhi attenti che osservano minuziosamente il volto rilassato di un ignaro Goten, e di colpo gli viene in mente quella che, secondo lui, è l’idea migliore che sia mai stata concepita da mente umana.
«Beh, allora dovremmo ringraziarlo tutti insieme, no?»
Tutti sembrano aver sentito la loro conversazione. Tutti, dal primo all’ultimo, e adesso li guardano in attesa.
Sherry lancia una veloce occhiata a Radish, che non ha capito cosa possano essersi detti di tanto particolare addirittura da bloccare i festeggiamenti. La sua curiosità aumenta ancora di più quando gli occhi della compagna di tingono del loro spettrale rosso sangue.
Gli occhi di tutti si accendono, pure quelli di Roman e dei due non-morti che ancora vegliano dall’alto.
Tutto è immobile, l’oscurità è squarciata dal rosso, l’oro e il madreperla, e il silenzio di colpo sparisce per lasciar posto al loro melodico e ancestrale canto.
Hanno levato tutti la testa verso il cielo, le labbra un poco protese in avanti, leggermente socchiuse come gli occhi, gli ululati che si levano in coro alla volta stellata che li avvolge dolcemente, la forza delle loro voci pare non avere un limite.
Un magico e terrificante canto melodioso che li unisce, crea un unico coro capace di sovrastare il mondo e spargersi tra le stelle, un qualcosa che scalda il cuore degli sbigottiti presenti e che strappa un paio di lacrime di commozione a Chichi.
Sembra un canto infinito il loro, lungo, straziante e dolcissimo, finché lentamente si affievolisce e tutti tornano a respirare, soddisfatti e felici. La festa riprende velocemente, i loro cuori sono improvvisamente più leggeri, mentre il piccolo si volta con entusiasmo verso Chichi, sorridendole con orgoglio ed infinita felicità.
«Pensi che ci abbia sentito?»
«Sono sicura di sì…» Annuisce vigorosamente e, senza neanche pensarci, allunga un braccio e lo stringe con forza. Ma il piccolo non ha voglia di essere abbracciato, è troppo euforico all’idea che tra poco, e a giudicare da quanto è alta la Luna ormai ci siamo quasi, Papà Spettro arriverà tra loro.
Corre tra la folla, va a cercare i suoi genitori e i suoi fratellini, Sherry segue il suo esempio per andare da una decisamente troppo euforica Becca che pensa stupidamente di tirarsi giù un calice di Ambrosia. Sono in pochissimi, lì in mezzo, ad avere un fegato abbastanza forte da poter sostenere una cosa del genere, e se lei collassasse a terra Maddox si troverebbe da solo nella titanica impresa di mettere a letto i figli. Meglio che intervenga subito e le metta le due classiche dita in gola prima del disastro. In fondo, è sempre divertente vedere qualcuno vomitare a getto nel fuoco!
Radish la guarda, lì in mezzo ai vecchi amici di una vita che la stringono e la sollevano in aria, in mezzo ai nuovi amici che le sorridono e la invitano a ballare, quelli che tentano di metterle delle collane di fiori al collo… e per l’ennesima volta non riesce a credere a tutto quello che è riuscito ad ottenere solo perché quell’ormai lontana sera era annoiato ed era andato al Neon, al fatto che tutto ciò sia stato reso possibile dalla sua frustrazione che lo ha spinto a sedersi al bancone del bar per una birra anziché verso casa. Scelte piccole, minuscole, che hanno avuto un impatto devastante nella sua vita, che l’hanno sconvolta e capovolta, inebriandola, colorandola. Sarebbe potuta andare così diversamente se solo fossi tornato a casa…
«Siete molto teneri insieme.»
Volta pigramente la testa, incrociando lo sguardo curiosamente dolce di Chichi. Non lo guarda mai così, non l’ha mai fatto ed è abbastanza certo che non lo farà facilmente una seconda volta. È sia sconvolto che terrorizzato da questo strano avvenimento.
«Mi sembri… non so, nervoso? È per quello che ho detto?»
«No.» È per come mi guardi!, la tentazione di dirglielo è davvero tanta, ma non vuole scatenare un putiferio solo perché gli pare assurdo che sua cognata possa guardarlo con dolcezza.
Sospira forte passandosi una mano sul volto stanco, ritrovandosi così con il sangue secco di Sherry - almeno quello che gli era rimasto - spalmato un po’ ovunque. Beh, quasi quasi potrei anche confidarmi con lei… a chi potrebbe mai dirlo? Qui sono tutti sbronzi, i pochi che ancora sono lucidi pensano ai primi, non badano certo a me…
«Lei è una brava attrice, ma per quanto sia brava ad ostentare tutta quella calma ed allegria so per certo che è nervosa, direi proprio spaventata.»
«Beh, è normale che tu te ne accorga, ne sei innamorato!»
«Lascia stare queste stronzate per un secondo, non è certo per quello.» Si ammutolisce per qualche secondo, imbarazzatissimo dal fatto che per la primissima volta ha ammesso con qualcuno e ad voce alta ciò che prova e gli occhi scattano di nuovo sulla figura danzante della compagna. Oltre che imbarazzato ora si sente pure un poco uno stupido, dal momento che l’ha implicitamente detto alla persona sbagliata.
«È strano da spiegare, Chichi, ma è come se… come se sentissi ciò che prova.»
Nessuno poteva prevedere un qualcosa di tanto assurdo. Radish non ha avuto neanche il tempo materiale per vederlo, si è solo reso conto di provare un profondo e bruciante dolore al volto e, dopo istanti infiniti, si è ritrovato rivoltato a terra, nella polvere.
«EVERETT!»
Scatta alla cieca, il colpo viene parato con sorprendente talento e abilità dallo Spettro. Prima che Radish abbia il tempo di menare un secondo colpo, Maddox e Glover gli afferrano le braccia, lo tirano all’indietro. Piccolo li aiuta, Vegeta osserva stranito la scena, sorprendendosi del fatto che uno di loro sia così abile da riuscire a colpire un Saiyan. Se lo allenassimo, potrebbe tornarci davvero utile.
Roman ringhia come non faceva da quasi un millennio.
Darko allaccia le braccia al corpo del più giovane e prega ogni divinità esistente che quella vocina che da quasi tutta la vita gli sussurra dolci parole nella mente riesca a calmarlo.
Tutti i presenti sentono l’energia distruttiva che emanano, la loro voglia malata di saltarsi alla gola per uccidersi. La loro forza mette i brividi.
River, per quanto gli sembri strano ed innaturale, si porta al fianco di Radish e lo blocca per un polso, pregandolo con lo sguardo di non cedere a quel giustificato desiderio.
«Smettila! Che diavolo ti è preso?!» Darko trattiene l’amico da dietro, le braccia serrate sul suo petto e i piedi ben puntati a terra. Se decidesse di mutare, solo Roman avrebbe la capacità di fermarlo, uscendone però gravemente ferito. Non doveva andare così, dannazione!
L’anziano Spettro gli tiene le braccia, ringhiando vicino al suo viso. Immaginava che prima o dopo sarebbe scattato poiché la situazione si è rivelata ben più complicata del previsto, ma non pensava assolutamente che fosse così veloce. Continui a nascondere la tua vera forza, ragazzo?
«Toglietemi le mani di dosso, subito!» È fuori di sé, completamente. Vede solo l’avversario adesso, tutto il resto si è come offuscato, tramutandosi in un’ombra scura ed ingombrante che gli sbarra la strada. C’è qualcosa poi, un qualcosa che si potrebbe definire un’ombra bianca, che si è piazzato davanti al Saiyan, ma al suo sguardo rimane comunque indefinito.
«Non puoi spargere sangue, lo sai!»
Riconosce la voce di Roman, con quel timbro profondo che ha sempre riportato tutti alla ragione, ma ancora non riesce a vederlo. Non può accettare quanto accaduto, è compito suo intervenire per sistemare la faccenda.
«Pensi che me ne importi qualcosa di quella stupida legge? EH?! Dopo tutto quello che mi ha fatto pensi davvero che possa importarmene qualcosa?!» La sua voce sempre composta è adesso distorta dalla voce baritonale e terrificante del lupo, i suoi occhi fiammeggiano come se fossero due tizzoni ardenti incastonati nel volto «Potrei uccidere tutti quanti i presenti e nessuno avrebbe alcun diritto di rimproverarmelo, lo sai benissimo!»
«Ret, adesso basta, ti prego…» Darko crede così tanto in lui da avere il coraggio di avvicinare il volto al suo orecchio, malgrado sia consapevole del fatto che potrebbe rigirarglisi contro da un momento all’altro. Sa anche perché non è ancora mutato, perché non si è liberato della presa di entrambi per provare ad ucciderlo. Lo sa e gli fa male dentro, il cuore si spezza ulteriormente all’idea di non poterlo aiutare in alcun modo.
«Guardala.»
Respira a fatica, gli occhi non riescono a mettere a fuoco niente oltre all’avversario finché eccoli lì, splendenti come li ricordava, gli occhi del topolino che ora lo fissano con orrore mentre col corpo fa da scudo al Saiyan.
Ha sempre avuto un coraggio strabiliante la sua Sherry, sapeva che se la sarebbe cavata nel mondo esterno proprio per questa sua invidiabile qualità che lei neanche sapeva di avere, ma in questo momento non può fare a meno di pensare che il suo coraggio si sia trasformato in puro e semplice masochismo, magari misto ad una punta di idiozia, dal momento che si è legata ad un soggetto come Radish. Perché Everett sa chi era, sa cos’ha fatto e non ha intenzione di passarci sopra così alla leggera. Poteva tollerare la sua presenza solo per un motivo, ma adesso è troppo, sono stati scavalcati di prepotenza troppi confini.
«Dovrei forse lasciarla con una bestia come lui, eh?!» Ringhia a denti stretti all’amico e tutore che finalmente ha lasciato la presa dal suo corpo, trovandolo mortalmente serio. Neanche lui condivide l’evoluzione degli eventi, ma sa altrettanto bene che non ci si può più fare niente.
Dopo aver liberato l’ennesimo ringhio che li investe in pieno, Everett volta repentinamente gli occhi su Roman, che ancora lo fissa duramente. Pensi di farmi paura? Davvero? Non hai ancora capito che sono costretto a rimanere qui?
«Tu dovresti essere una guida per tutti noi? Davvero? Non sei migliore di tutti i tiranni che si sono susseguiti negli anni, non hai fatto niente di meglio in tutta la tua miserabile esistenza. Ti sei chiuso in questo mondo ed hai giocato indisturbato con le tue inconsapevoli pedine per dei motivi futili che hanno solo rovinato la vita ad un sacco di persone, comprese le nostre. E con te pure il tuo caro paparino, vediamo di non scordarlo.»
«Stai esagerando, Everett.» Non deve parlare oltre, rischierebbe di innescare una sequenza di eventi i cui danni potrebbero essere assolutamente irreparabili, ma sa sin troppo bene che il rancore che cova dentro non potrà essere tenuto a tacere tanto facilmente. È per questo che, tutto sommato, non riesce ad infuriarsi come dovrebbe. Non riuscirò mai a capire il tuo dolore, ragazzo… ma, ti prego, non farlo provare ad altri.
«No. Esagerare è convincere una ragazzina che essere stuprata da una bestia come Mezcal fosse una cosa giusta. ECCO COS’È ESAGERARE!»
I presenti sono sconvolti da ciò che sta accadendo. Mai una volta nella loro storia qualcuno ha avuto un simile comportamento durante la Festa del Fuoco, mai una sola volta Roman ha abbassato lo sguardo, soprattutto quando attaccato così apertamente.
Ma Everett ha tutt’altro che finito. Fosse per lui, adesso starebbe scorrendo il sangue, probabilmente niente potrebbe dargli più gioia nell’uccidere Roman e Radish, neanche l’omicidio dello stesso Jäger lo appagherebbe tanto, ma il dolore negli occhi di Sherry in qualche modo gli impedisce di agire. Perché quegli occhi lui li ha già visti e vi è annegato dentro per un tempo davvero troppo breve, e proprio non riesce a tollerare di vederli tanto tristi.
«E tu.» Punta un dito contro il Saiyan, un odio smisurato negli occhi di fuoco «Tu non saresti mai dovuto tornare in vita. Sei un rifiuto, lo sei sempre stato ed è l’unica cosa che hai dimostrato a pieno di essere da quando sei nato.»
«Cos’è che ti rode, eh? Il fatto che stia con lui anziché con te? È questo il punto?» Contro ogni logica ed aspettativa generale, a prendere la parola è stato River.
Non apprezza Radish, probabilmente non lo farà mai, ma dentro sa già da un po’ che non potrà fare niente per separarli, non dal momento che danno ripetutamente prova di tenerci in un modo davvero singolare l’uno all’altra. Oltretutto lei è stata riconosciuta anni addietro come figlia legittima da Mezcal, rendendola di conseguenza un’erede legittima al trono del Nord. Se già prima di questo la loro relazione non era ben vista poiché comunque entrambi di stirpe nobile ma di casate mortalmente opposte, adesso porterebbe solo a problemi che solo un pazzo traditore scatenerebbe di proposito, e lui certo non lo è. È infatti impensabile che le due fazioni si mescolino, fu stabilito duramente circa novecento anni prima dai due Re che non tolleravano neanche la vista l’uno dell’altra.
Adesso però non è per questi motivi che si ritrova a difenderlo, non dal momento che il Saiyan sarebbe ben capace di farcela perfettamente da solo, ma perché vuole capire cosa possa spingere un uomo come Everett ad una reazione del genere. Anche dalle sue parti si parlava della freddezza del principe del Nord, del fatto che non si curasse mai di nessuno, che a malapena si potesse udire di tanto in tanto la sua voce. Per scatenarlo fino a questo punto deve esserci un motivo ben preciso e adesso vuole assolutamente scoprirlo.
«Se avessi voluto sposarla, bastardo, credimi che non sarebbe mai uscita dal Nord. Se adesso è qui in mezzo a tutti voi, è solo merito mio!»
Ogni parola è stata come un dardo avvelenato che li ha colpiti in pieno, stordendoli, ma nessuno fa in tempo a chiedere alcun chiarimento, Sherry in primis, che l’Alpha si rigira e si allontana, deciso ad evitare tutto e tutti, compresi sia Darko che, soprattutto, Papà Spettro.
Darko, con la morte negli occhi, non si fa alcun problema ad avvicinarsi a Roman, sfidandolo così apertamente da mettere i brividi a tutti gli Spettri presenti.
«Se dovesse soffrire di nuovo come un tempo, ti ucciderò con le mie stesse mani. Sei avvertito.»
Sherry non sa cosa dire. Anche se lo sapesse, comunque non riuscirebbe ad emettere un suono.
Si sente spaesata, completamente persa, la testa le vortica pericolosamente, la mano calda di Bree che stringe con forza la sua le pare quasi non esercitare alcuna pressione. Tutto sommato la serata stava andando bene, la presenza di Radish era riuscita a farle accantonare momentaneamente la faccenda per poterla affrontare in un momento più consono, e invece tutto è esploso.
Non riesce a far altro che guardare la figura oscura di Everett che si perde nella notte tra la boscaglia, sempre più lontano.
Cosa volevi dire?
Dio solo sa quanto vorrebbe urlarlo, quando vorrebbe vederlo girarsi per spiegarle in che modo ha contribuito per permetterle di scappare e, forse anche in dose maggiore, vorrebbe sapere perché ha tirato in ballo sua madre. Ma l’unica cosa che il suo corpo e la sua mente le permettono effettivamente di fare è di rigirarsi e correre via sulla spiaggia.
Ha bisogno di stare sola, di rimanere nascosta a tutti quegli sguardi preoccupati che la osservano, pronti a raccogliere i cocci quando andrà in frantumi. Sa che le vogliono bene, che vogliono aiutarla, pure gli amici di Radish proverebbero a rincuorarla pur essendo praticamente estranei e lo farebbero perché hanno un cuore e capiscono quanto la situazione sia delicata, ma lei non vuole la compassione di nessuno. Vuole solo ripercorrere per l’ennesima volta quegli orribili undici anni alla Tana per cercare quel tassello mancante ed in breve nella sua mente si affollano tutti i ricordi che lo riguardano.
Ricorda che aveva poco più di due anni quando lo vide transitare davanti al suo alloggio per la prima volta. Ricorda che le sembrò più spaventoso ed enorme di Mezcal, che il suo vello era incredibilmente bello e lucido, e che i suoi occhi vermigli erano accesi dalla curiosità e macchiati da un velo di dolore che le sembrò incredibilmente antico.
Ricorda che nei momenti in cui le cose le sembravano irreparabili, quando era schiacciata dalle zanne di Jäger e tutti ridevano del suo dolore, di colpo veniva liberata da quella micidiale presa al suo solo passaggio.
Ricorda il suo sguardo vuoto, apatico, quando Mezcal annunciò il loro matrimonio. Non una sola emozione traspariva da lui, pure il suo cuore non ebbe la più che ben minima variazione.
Era temuto, Everett. Lei stessa lo temeva perché non riusciva a catalogarlo. Schivo, silenzioso, feroce e potente. Vederlo in azione era al tempo stesso sia uno spettacolo che un flagello per gli occhi e l’anima. Si muoveva con una tale precisione e una tale furia da mettere i brividi, Mezcal lo buttava sempre contro gli avversari peggiori e mai una volta è tornato con delle ferite rilevanti.
Poco fa ha dato l’ennesima prova della sua eccezionale bravura: nessuno l’ha visto muoversi, neanche Roman o lo stesso Radish, ed è pure riuscito a parare un suo attacco con una facilità disarmante.
«Non sarò molto pratico, ma pure io so che avresti almeno dovuto chiedermi come stavo.» Quasi il suo pensiero lo avesse invocato, Radish si è come materializzato alle sue spalle. Le è andato dietro non appena l’ha vista scattare, ma le ha dato un minimo di tempo per starsene da sola.

Un tempo non lo avrebbe mai fatto, non gli sarebbe mai neanche passato per la testa di seguire una donna per assicurarsi delle sue condizioni, ma con lei… con lei è tutto così normale, automatico. Il suo stesso organismo pare dirgli costantemente cosa fare e cosa no, quando ha bisogno del suo sostegno e quando invece darle un po’ di spazio.
«Voglio restare sola.»
Sapeva anche che avrebbe detto così. Lo sapeva alla perfezione, ed è per questo che non prova alcuna rabbia.
«No.»
«Sì! Dannazione, voglio restare da sola! Ho bisogno di riflettere!»
Rimane fermo al suo posto, mettendosi le mani nelle tasche e abbassando per un brevissimo istante la testa. Sa bene che Sherry preferisce aggirare questo tipo di ostacoli e lasciarseli alle spalle anziché affrontarli direttamente e che per questo adesso reagirà solo ed esclusivamente nella maniera peggiore, quindi si impone di mantenere il più possibile la calma.
Dentro un poco gli verrebbe pure da ridere: aveva detto e ripetuto che sentiva una strana sensazione, che sapeva che sarebbe accaduto qualcosa… e aveva assolutamente ragione! Dovrò darle più ascolto d’ora in avanti.
Quando la sente tirar su col naso e la vede passarsi con fare sbrigativo i palmi delle mani sulle guance per cancellare ogni traccia di quelle lacrime ribelli che le erano sfuggite, decide di provare a suo modo a mettere una toppa alla faccenda. Non possono risolvere niente lì, troppe orecchie indiscrete ad ascoltare, ma non vuole neanche che rimanga in questo stato fino a quando non saranno a casa l’indomani.
«A volte la vita fa davvero schifo, e noi due questo lo sappiamo alla grande già da un bel po’.» L’avvicina con passo calmo, un sorrisetto sghembo ad increspargli le labbra. Sa bene che non lo allontanerà esattamente come sa che muore dalla voglia di buttarsi tra le sue braccia e stringerlo forte. E chi l’avrebbe mai detto che fossi capace di fare un simile effetto?
«Ma tu lo sai perché io tengo duro? Per i momenti in cui non fa schifo. Il trucco è accorgersi quando arrivano.» Le mette le mani sui fianchi e l’avvicina, sorridendo debolmente. Nella sua mente aveva pensato di portarla sulla spiaggia quando gli altri si fossero finalmente addormentati. Pensava che non sarebbe stata una cattiva idea cominciare a divertirsi su quella candida sabbia adesso tanto fresca per poi spostare i giochi in acqua. Poi avrebbe mantenuto fede alla sua promessa, facendole così apprezzare una volta per tutte il volo.
«Ma dopo tutto questo…» Pigola in risposta Sherry, sospirando stancamente. Lascia vagare per un istante gli occhi nei dintorni con la paura di vederlo spuntare dal niente un’altra volta, deciso a riprendere da dove è stato interrotto, ma si accorge semplicemente che tutto il branco pare aver capito che devono lasciarli soli.
«Dopo tutto questo arriverà un altro momento che non farà più schifo e ti passerà, lo sai.» Le afferra il mento tra indice e pollice e le alza il viso, inchiodando gli occhi nei suoi. La luce argentea della Luna le bacia il volto, illuminando i suoi occhi d’ambra e rendendoli sorprendentemente dolci «Andiamo, hai stretto i denti per tutta la vita, ora vuoi farti buttare giù perché quello è ancora vivo e per le due cazzate che ha detto?»
«Sai bene anche tu che non erano semplici cazzate…» Non riesce ancora a mollare la presa, la mente rimane come bloccata alla ricerca di qualche dettaglio che possa esserle sfuggito, e questo certo non sfugge al Saiyan.
«Posso sempre andare a prenderlo per la collottola e trascinarlo da te.» Lo farebbe sul serio, le urla di Roman per lui non conterebbero assolutamente niente. Doveva essere una serata divertente per lei, era emozionantissima all’idea e adesso invece è giù come poche altre volte e lui questo davvero non riesce a tollerarlo.
«Per quanto poco lo conosco, so con assoluta certezza che non direbbe mai una parola contro la sua volontà.» Nel dirlo si rende anche dolorosamente conto che se non vorrà dirle qualcosa, non lo farà mai. E perché mai dovrebbe, ora che ci pensa? Non le deve niente, tanto meno delle risposte. O trova un modo per farlo parlare, un qualcosa che possa spingerlo come in trappola,  magari una moneta di scambio per lui interessante, o ogni suo dubbio e quesito resterà tale per sempre.
Ogni sua riflessione però vola fuori dalla finestra nel momento in cui, involontariamente, ripensa ancora una volta a quel breve ma significativo scambio di battute, ed una piccolissima parte le pare come una stilettata al cuore.
«Quello che ha detto prima… si sbaglia.»
«A cosa ti riferisci?» Reclina un poco la testa di lato, le mani ben salde sulla sua schiena. Con le dita giocherella con i sottili nastrini che tengono legato il vestito sulla spalla e la voglia che ha di tirarli per dispetto diventa quasi insopportabile.
«Al fatto che sei un rifiuto…» Gli scioglie con dita abili le sottili trecce che gli aveva fatto quella mattina, consapevole di quanto le detesti, e subito dopo gli passa le mani tra i capelli, tirandoli tutti all’indietro «Ha torto, Radish. Torto marcio. Non sa chi sei davvero e cos’hai fatto, non ti conosce.»
«Pensi che le sue parole possano in qualche modo scalfirmi? Sono molto più shockato dal comportamento di Fiocco di Neve! Quello sì che è stato assurdo!» Ridono entrambi, stringendosi appena «Ecco, così mi piaci di più…»
Sherry porta le braccia in alto e le allaccia al suo collo taurino, alzandosi sulle punte per avere maggiore accesso alla pelle calda sulla giugulare.
Esercita poi una lieve pressione sulle spalle per farlo sedere a terra, sorridendo maliziosamente quando l’asseconda. Sa bene che strappargli i vestiti non è la soluzione ideale, che non cancellerà assolutamente il problema, non lo farà neanche sbiadire un poco, ma almeno per un poco sarà distratta. Almeno è quello che spera…
«Hai freddo?» Domanda Radish con un tono di voce che Sherry proprio non riesce a catalogare.
«No, perché?» Risponde incerta, le sopracciglia aggrottate. Lei difficilmente ha freddo, le temperature devono essere davvero basse perché il suo corpo reagisca, e lì è una calda notte di primavera malgrado siano a Dicembre: come potrebbe mai avere freddo?
Quando poi sul volto spigoloso del Saiyan si apre un grande sorriso malizioso, Sherry riesce come a prevedere la sua risposta.
«Allora i tuoi capezzoli sono tutto merito mio.»
Ridacchia divertita, portandosi le mani sul volto per provare a trattenersi. Sa essere così sciocco alle volte che le riesce davvero difficile credere che un tempo compiesse le atrocità che ha visto, e le riesce difficile anche credere che per tutti quegli anni fosse stato così capace di reprimere con tanta ferocia la propria vera indole. Perché questo è Radish, per quanto lui stesso non voglia ammetterlo, e lei lo sa benissimo.
Le scosta un poco le braccia, fissandole con occhi voraci e al tempo stesso divertiti il petto «Da qui ho una vista meravigliosa!» Afferma leccandosi lascivamente le labbra, lasciando la presa dalle sue mani per afferrarle i fianchi. 
«Okay, non è il freddo, sono semplicemente arrapata al pensiero di scopare con te. Va bene? Ti piace sentirtelo dire, vero?»
«Mi fa impazzire!» La bacia con trasporto, facendo aderire il busto a quello di lei. Le lingue si intrecciano cercandosi a lungo, fino a quando lui non inizia a baciarle il collo, scivolando senza fretta fino a baciarle la sinuosa V tra i seni.
«Ma il sesso non cancellerà il problema, ragazzina…»
Per un attimo Sherry ricollega questo momento a quando perse la loro scommessa, quella lontana notte al rave party. Ricorda che la fece eccitare oltre ogni limite e poi se ne uscì dicendo implicitamente che non voleva concludere. Giuro che ti metterò un bavaglio d’ora in poi: parli troppo nei momenti più sbagliati in assoluto!
«Mi stai dicendo di non volerlo fare?»
«Il mio era solo un appunto. Fosse per me vivrei in mezzo alle tue cosce, lo sai.»
Si stringe a lui ancora di più e alzando lo sguardo incontra i suoi occhi d’onice, leggendovi lo stesso bruciante desiderio e non riesce ad aspettare altro. Le lingue nelle reciproche bocche si cercano, si intrecciano, sfiorano i denti, mentre le mani carezzano e stringono. Prima che i vestiti vengano tolti di mezzo, prima che le loro menti vadano in blackout e con loro i sensi sviluppati di Sherry, entrambi si rendono conto che la musica è di nuovo cessata, e lo Spettro fiuta una fortissima nota d’eccitazione nell’aria.
Alza gli occhi e Bree è sulla spiaggia, lontanissima da loro che si sbraccia per farsi vedere. Per quanto la serata sia stata a dir poco disastrosa anche per lei, riducendola ad un fascio di nervi, questo momento riesce in qualche modo a rallegrarla e non vuole certo che l’amica di una vita se lo perda per del semplice sesso.
«Sta arrivando!» Schizza in piedi come una molla e con uno strattone deciso fa alzare pure Radish che, per quanto curioso di vedere finalmente quell’entità tanto discussa, non condivide proprio la sua eccitazione. Condivideva però quella precedente, quella che riserva solo a lui e che, al contrario suo, non può nascondere tanto facilmente.
Una volta raggiunto il gruppo, Radish non può fare altro che rimanere dietro al corpo della compagna per nascondere l’erezione mal celata nei pantaloni leggeri, rendendosi però conto in pochi secondi che nessuno sta assolutamente badando a loro.
Gli occhi di tutti i presenti sono infatti puntati sul sentiero che hanno precedentemente attraversato al loro arrivo, il fiato è sospeso mentre da lontano, flebile e appena visibile, comincia a brillare una luce argentea simile a quella della Luna. Avanza piano nel buio, le fiaccole si abbassano di intensità prima del suo passaggio come se se ne nutrisse per splendere più forte, ed in breve tutti sentono un brivido tiepido lungo la spina dorsale.
Il Team Z rimane in silenzio mentre attende, gli sguardi curiosi che osservano con attenzione quella luce che diventa a mano a mano sempre più intensa, viva.
Ed infine, dopo attimi interminabili, eccolo che si presenta di fronte a tutti i suoi discendenti, che lesti chinano la testa di lato per offrirgli il collo.
Difficile descrivere ciò che stanno vedendo: a tratti pare in tutto e per tutto ciò che potrebbe essere definito l’enorme fantasma di un lupo, con lo sguardo attento, profondo ed intelligente, mentre a tratti pare come un agglomerato d’argento splendente, argento vivo che guizza da una parte all’altra e sfiora i presenti con le sue impertinenti lingue fluttuanti. È qualcosa di reale, poiché lascia impronte sul suolo e si può sentire un calore umano quando una di quelle lingue ti sfiora la pelle, ma è anche qualcosa di incorporeo, etereo, lontano e sfuggente.
Leva poi l’affusolato e lungo muso in alto, liberando il suo ululato alla volta stellata. È come un lamento dolcissimo che strazia il cuore e ti inonda l’anima, ti riempie di un calore antico come il mondo e, seppur per un attimo, ti fa provare la calda sensazione di un abbraccio tanto atteso e sperato.
Gli Spettri cantano con lui, salutano i loro antenati, li ringraziano per ogni sacrificio che ha portato la specie avanti nei secoli, che ha permesso che potessero nascere e vivere. Li ringraziano e li ricordano, per poi cessare il proprio canto assieme all’antica entità che ha curiosamente ripreso il proprio cammino in mezzo a loro. In genere balza via, corre attraverso le stelle dagli altri gruppi, ma stavolta le sue intenzioni sembrano assai diverse dal solito.
Passa in mezzo alla grande pira senza dover temere alcun male e si avvicina con passo mortalmente lento e calcolato alla bizzarra coppia che lo fissa di rimando.
Non è la prima volta che Sherry viene avvicinata da lui, è capitato a tantissimi di loro, Maddox ha posato la mano sul suo muso per ben due volte e pure Fern è stata avvicinata tanto da ritrovarselo a dieci centimetri scarsi dal viso, ma per Radish è qualcosa di nuovo. O almeno così crede lo Spettro che, non appena si volta a guardarlo, si ritrova di fronte a quella che è senza dubbio l’espressione più sconcertata, al limite dello spaventato, che abbia mai visto in vita sua.
«Quella cosa argentata…» Si porta automaticamente una mano sul petto mentre continua a fissarsi dritto negli occhi con Papà Spettro, che ha impercettibilmente reclinato il muso di lato. Non riesce a decifrare la sua espressione, fatto difficile pure per uno Spettro. Nessuno sa mai cosa pensi, tantomeno adesso che, per la prima volta in assoluto, sta cominciando a splendere con un’intensità tale da ferire gli occhi.
«Co—» Sherry non fa in tempo a chiedere alcunché ad un più che sconvolto Radish. Non fa in tempo neanche a toccarlo che una lingua d’argento le attraversa il petto, trafiggendo il cuore. Lo stesso avviene ad ogni singolo Spettro presente, che l’unica cosa che riesce a fare prima di ritrovarsi a ciondolare sul posto è quella di buttare fuori tutta l’aria che ha nei polmoni per la sorpresa e per il colpo subìto.
Da quando ti mostri tanto di parte?, Roman è l’unico che non è stato toccato. Non ce n’è bisogno, lo sanno entrambi. Guarda il genitore allungare le proprie argentee lingue sempre più lontano, andando a toccare anche i due Spettri assenti e, aguzzando un poco l’udito, sente che il colpo è andato a segno anche con loro.
È ufficiale, quindi: scenderanno in guerra. Questo pensiero è come una pugnalata per Roman, che tutto vorrebbe fuorché un inutile spargimento di sangue. Accetterebbe a cuor leggero la morte di Jäger, troppo instabile per essere recuperato in un qualsiasi modo, ma sa che, in fondo, per gli altri un barlume di speranza potrebbe ancora esserci. Ma perché anche i piccoli, padre? Loro non verranno lanciati in campo, Sherry non lo permetterà, così come non permetterà che vengano toccati i cuccioli degli avversari…
Radish, come i suoi compagni ed anche più in generale tutti gli Spettri, non ha idea di cosa sta succedendo; l’unica cosa certa è che sono storditi, i loro sguardi sono annebbiati e non più dall’alcol o dal fumo, faticano a reggersi in piedi ed un poco annaspano in cerca d’aria.
Cerca freneticamente lo sguardo della sofferente e stranita compagna, non riuscendo però a catturarlo, troppo presa com'è dal continuare a fissare Papà Spettro.
«Che succede? Stai bene?» Crilin, dolce e apprensivo, si porta in ginocchio di fronte ad Amos e gli passa una mano tra i folti capelli scuri, preoccupato dal suo sguardo improvvisamente assente e stanco.
Gohan si avvicina a quella che, a conti fatti, potrebbe considerare come qualcosa di molto simile ad una zia e, con un poco di incertezza, le stringe l’avambraccio quando la vede vacillare, avvolgendole poi le braccia attorno alle spalle quando le gambe le cedono.
«Sherry!» La richiama allarmato, lasciando poi spazio allo zio e venendo prontamente tirato indietro da Piccolo.
«Cazzo se fa male…» Borbotta tenendo una mano sugli occhi, sentendosi debole come mai prima d’ora. Ha affrontato innumerevoli combattimenti da quando ha solo due miseri anni di vita ma mai una sola volta si è sentita così destabilizzata.
Il Grande Spettro guarda dritto negli occhi Roman per un secondo che pare durare un’eternità e di colpo diventa come nebbia argentea e schizza via tra le stelle, pronto a far visita ad un altro branco. Per quanto si sia sempre mostrato imparziale, per quanto non abbia mai dato il suo aiuto a nessuno durante gli scontri, questa volta ha deciso di dare al nuovo e singolare branco un piccolo ma determinante aiuto. Adesso starà a loro riuscire a sfruttarlo al meglio per raggiungere la vittoria, più di questo non ha davvero intenzione di fare. Se l’ha fatto, inoltre, è perché deve un enorme favore a qualcuno e non lo può ignorare.
«Vi conviene andare a sdraiarvi prima di perdere i sensi.» Afferma con voce calma e bonaria Roman, continuando a fissare il cielo.
Ha sempre sinceramente apprezzato le visite di suo padre da quando era piccolo, tranne una, circa ventisei anni prima. Quella gli spezzò il cuore e a niente sono valse le sue suppliche di cambiare quegli orrendi piani: il Destino non si poteva cambiare e l'entità aveva individuato da qualche tempo lo Spettro adatto a fare tutto ciò che andava fatto per la realizzazione di un piano antico come la loro stirpe.
È da quel giorno che lui e Angelina hanno controllato con maniacale attenzione gli eventi esterni non solo al loro piccolo e nascosto Regno, ma anche a quelli dell’intera razza di lui. La loro attenzione fu catturata anche dalle stelle poiché, solo un anno prima, qualcuno era giunto proprio da lì. Qualcuno, però, non destinato ad entrare in contatto con nessuno di loro. Non necessariamente, almeno.
Preso com’è dalle proprie considerazioni e col cuore avvolto da un profondo senso di colpa e tristezza, Roman non si è accorto che tutti gli Spettri o quasi sono crollati a terra, privi di sensi. Si sono accasciati quasi simultaneamente, e Sherry è inevitabilmente finita sdraiata mollemente e con la testa all’indietro tra le braccia di un adirato e decisamente preoccupato Radish.
«Cosa le ha fatto?!» Ringhia furioso, pronto a menar le mani se la risposta non dovesse risultare soddisfacente.
«Degli altri ti importa così poco?» Non vuole parlare, non è ancora giunto il momento, ma ormai gli pare evidente che deve escogitare immediatamente una nuova strategia.
«Non sono dell’umore migliore, vecchio: parla o ti sventro
«Così daresti solo ragione ad Everett.» Non si sorprende di nessuna delle sue reazioni, per niente: è normale che tenga la sua donna tra le braccia con fare tanto possessivo, è normale che sia accecato dall’ira perché l’ha vista sofferente, è normale anche che, seppur per un solo secondo, il suo labbro superiore si sia arricciato per mostrargli i denti. Il dubbio gli era sorto nell’istante esatto in cui aveva pronunciato le fatidiche parole che hanno scatenato l’ira di Everett, ma quello stesso dubbio si è eclissato totalmente nel momento esatto in cui l’ha visto andare da lei per calmarla. Uno della sua razza non lo avrebbe fatto, tantomeno avrebbe dato prova di una tale empatia, quindi di possibilità ce n’era solo una ed ora, dopo tante piccole considerazioni, gli pare molto più che plausibile.
«Tranquillo, Saiyan, te lo dico: ha sbloccato la loro energia latente, che gli permetterà di raggiungere il livello degli Spettri dell’esercito sia del Nord che del Sud, ad alcuni pure di superarla. Per svilupparla, però, avranno bisogno di essere allenati molto duramente ed il più a lungo possibile.»
«Ci stiamo già lavorando.»
«Questo mi fa molto piacere.» Li guarda uno per uno, una nuova riconoscenza negli occhi. Potesse lo farebbe lui stesso, ma i vari Re e Regine dei Regni delle Fate sono stati categorici quando Angelina lo presentò come compagno: se volevano restare insieme, lui doveva restare fuori dal suo mondo. Avrebbe potuto compiere il volere di Papà Spettro solo se ciò non implicava la violenza e, a conti fatti, lui non ha compiuto alcun gesto violento.
Il suo sguardo riconoscente però muta velocemente, trasformandosi in una maschera di preoccupazione e tristezza.
«Se dovessero fallire, in vita rimarrebbero solo le donne più forti e credimi se ti dico che la morte sarebbe assai migliore, in quel caso.»
«Perché quel tipo è tanto ossessionato da lei?!» Bulma, per quanto incredibilmente intelligente, davvero non riesce a capirlo. È una donna molto forte, questo è certo, ma non ci crede che questo sia l’unico motivo, malgrado sia consapevole che la forza fisica per gli Spettri sia fondamentale. Deve esserci qualcos’altro, per forza, perché sennò non regge neanche la scusa della totale infermità mentale di Jäger. Deve avere uno scopo ben preciso, ma né lei né gli altri riescono a capire quale sia.
«Perché è convinto che lei possa dargli una cosa che nessun altro potrebbe mai dargli. Per un verso si può dire che abbia pure ragione.» Si abbassa e le passa amorevolmente una mano sulla fronte fresca, guardandola con grande rammarico. La figlia del sangue, la bambina maledetta, così è conosciuta nel regno di Angelina. Se solo ci fosse stato un altro modo…
«Toglile le mani di dosso. Subito.» Radish gli afferra con forza il polso, stringendolo fino a far scricchiolare dolorosamente le ossa.
Roman però non si scompone di un millimetro, limitandosi ad alzare gli occhi per incrociare il suo sguardo furioso. Lui avrebbe reagito anche peggio se qualcuno avesse osato mettere le mani su Angelina, ai suoi occhi Radish si sta mostrando molto meglio di quanto potesse mai aspettarsi.
«Dovrai darle tempo, Saiyan, e dovrai sforzarti di essere quanto più comprensivo possibile.» Ritira la mano e si scambia un veloce sguardo con la moglie, che annuisce debolmente e, con la sola imposizione delle mani, solleva dal terreno i corpi inermi degli Spettri, muovendoli nell’aria fino a condurli nei loro giacigli per la notte. Solo due non osa toccare, lasciandoli stesi nella boscaglia a diversi chilometri di distanza. Non hanno bisogno del suo aiuto, non lo volevano neanche in passato e adesso lo troverebbero insopportabile. Sanno come muoversi ed ormai è impossibile contare le volte in cui si sono rifugiati in mezzo al niente per dormire. In realtà sono le volte in cui sono stati in casa a potersi contare sulle dita.
Radish lo guarda con odio crescente e, senza dire una sola parola, lascia scivolare un braccio sotto le gambe dell’incosciente compagna e, rafforzando la presa attorno alle sue spalle, la solleva e si dirige con passo veloce e furente verso la tenda, deciso a nasconderla da qualsiasi sguardo invadente così che possa riprendersi. Lui non sopporterebbe di essere visto così, sarebbe uno smacco incredibile, e sicuramente vuole evitarlo a lei, soprattutto dopo tutto ciò che è successo.
La voce di Roman però lo costringe a bloccarsi: «Non c’è niente che vuoi chiedermi, prima di andartene?»
Rimane in silenzio per qualche istante, la mente confusa da troppi pensieri contrastanti. Quando abbassa gli occhi e la vede lì, inerme tra le sue braccia, la testa ciondoloni all’indietro e le labbra un poco dischiuse, prende una decisione che sa potrebbe costargli davvero molto.
«Sei stato tu a riportami in vita. Tu, la fatina buona del cazzo e il tuo caro paparino. L’ho capito. E sai cosa? Non me ne frega un cazzo in questo momento. Se hai le palle di affrontare la conversazione, ne parleremo domani mattina.» E detto questo riprende il proprio cammino, affondando con i piedi nella sabbia.
Gli altri Spettri giacciono già nei loro sacchi a pelo o sulle coperte che si erano portati, altri dormono direttamente nella sabbia o nella terra dove si erano scavati dei buchi. Il suo piccolo gruppo è stato posizionato non troppo distante da loro, e adesso dormono placidamente, i volti ancora lievemente aggrottati in una maschera di dolore.
Ma a lui non importa di loro. A lui importa solo di Sherry, nient’altro.
È sicuramente curioso ed impaziente di parlare con Roman, di capire il perché ha scelto di riportarlo in vita ed anche come, ma non riuscirebbe a separarsi da lei neanche volendolo.
Anche questa consapevolezza è spaventosa per lui, indice di un cambiamento così radicale da essere quasi doloroso, ma in alcun modo adesso saprebbe come agire diversamente. Ha bisogno di lui, ha bisogno che le stia vicino e la protegga, che la tenga stretta e le faccia capire anche mentre dorme che non le succederà niente, che nessuno di loro potrà farle alcun male con lui vicino.
Sente le voci dei suoi amici che interrogano Roman con più o meno insistenza, Chichi e Bulma farsi agitate con le voci ora un poco più stridule, ed infine Vegeta che, spazientito, ordina a tutti di farla finita e di andare a dormire, avendo infatti capito che è inutile adesso stare a parlare con uno di loro quando questi non ha intenzione di dire una sola parola. Proprio come Radish, pure il Principe ha capito che se non vogliono rivelare qualcosa c’è ben poco da fare, a meno che tu non conosca i sistemi più adatti per torturarli, materia in cui sono piuttosto scarsi al momento.
Arrivato finalmente alla loro tenda, adagia il corpo di Sherry sui sacchi a pelo con quanta più delicatezza può e la copre con una coperta leggera dopo averle sfilato le scarpe, per poi sdraiarsi al suo fianco. La tiene vicina al petto, la stringe e il suo cuore pare calmarsi quando sente le sue dita fresche salire inconsciamente fin sul suo collo, dove poi si adagiano. Sorride nel sentirla stringersi a lui e, consapevole di non poter essere visto da nessuno, le scosta piano una ciocca di capelli dal viso e le bacia la fronte.
Ho paura, Sher.
Ho paura per quanto ti voglio, per quanto l’idea che possa succederti qualcosa mi distrugga dentro, e muoio a poco a poco all’idea che tu possa scegliere lui, tanto simile a te, col sangue pregiato e tutto il resto… eppure eccomi qui che ti voglio ad ogni costo. Ci sono momenti in cui do per scontati i tuoi sentimenti per me, e poi ci sono questi momenti in cui il cuore si congela all’idea che tu possa preferire le attenzioni di qualcun altro, che tu possa scegliere una via più semplice.
Se ho paura significa che ho qualcosa da perdere, qualcosa di grosso, no? E io non voglio perderti. Non lo sopporterei.
Quindi sentimi, Sher. Senti che sono qui, che ti tengo stretta per allontanare tutto ciò che ti spaventa e ti fa male. Sentimi e non allontanarmi mai.


La foresta l’ha fagocitata nel suo silenzio da ormai una ventina di minuti. L’andatura lenta rende più facile attraversare quel territorio sconosciuto che, per quanto ne sa, potrebbe essere pieno di insidie. In fondo per quanto le Fate siano buone, gli Elfi sono maledettamente dispettosi. Non ci si può fidare troppo.
Durante il tragitto ha avuto tutto il tempo di vedere dove mettere i piedi, evitare buche e radici nodose. Ha avuto il tempo di ascoltare il rumore degli aghi di pino umidi che scricchiolavano sotto i suoi piedi nudi. Ha aspirato l’odore della foresta, l’aroma di resina, di legno marcio e di muffa.
Ha seguito però un odore in particolare. Un odore conosciuto ma per lei comunque insolito e nuovo da fiutare, che l’ha infine condotta in una radura.
Non misura più di dodici metri in diagonale, un fazzoletto di terreno rialzato e in discesa verso un esile torrente che si inoltra sinuoso tra gli alberi. Quel torrente non esiste nel regno umano, ne è sicura, e non può fare a meno di domandarsi per l’ennesima volta quanto possa in realtà essere vasto il loro territorio. A questo punto mi pare chiaro che non serva a far sgranchire le zampe solo a Roman…
Sulla sommità è stato acceso un fuoco e seduto lì di fianco Everett osserva il paesaggio notturno in completa solitudine.
«Ehi…» Sussurra con un filo di voce, avvicinandosi timidamente alla sua figura. Bella figura che sto facendo... proprio da Regina, sì!
L’uomo si volta, rivelando un’espressione vagamente sorpresa. Certo non si aspettava che sarebbe andata a cercarlo in tempi tanto brevi, tantomeno da sola. Mi domando se il tuo sia coraggio o semplice sconsideratezza.
«Se hai trascinato le tue grazie fino a qui solo per dirmi di scusarmi col tuo amichetto, è stata fatica sprecata topolino.» Se ne torna a fissare il fuoco, ricomponendosi come sempre. Non è più abituato ad alcun genere di emozione vera nei confronti di qualcuno all’infuori di Darko, a malapena anche verso di lui. Le ha sepolte tutte con violenza per non essere più ferito e poter così mantenere fede alla propria promessa, ma la sua vicinanza riesce in qualche modo a farlo vacillare. È sempre stato così con quel maledetto topolino.
Sherry però non è andata a cercarlo nel cuore della notte per imporgli di scusarsi. Non è così sciocca da pensare di potersi imporre su di lui in alcun caso, ma perché nel sonno ha visto qualcosa. Per essere più precisi, l’ha rivisto.
Quel giorno non ci aveva badato, le emozioni erano state troppo forti e avevano in qualche modo oscurato quel dettaglio decisamente non trascurabile, ma il veloce e travolgente susseguirsi degli eventi della serata ha fatto sì che la sua mente riportasse tutto a galla, facendole capire un qualcosa di incredibile sotto ogni singolo punto di vista.
«Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.» Il respiro le si è fatto sempre più corto, il cuore le martella furiosamente nel petto, rimbombando nelle tempie. È sicura di aver ragione, lo sente con ogni fibra del suo essere, ed il sorrisetto arrogante e vagamente divertito che il maggiore le rivolge ne è la conferma finale.
«È buffo, se ci pensi: Mezcal voleva che sposassi la figlia di mia moglie.»



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Non è stato un capitolo semplice, sarò onesta. C’è voluta più di una settimana per buttarlo giù, al contrario dei precedenti che in pratica si scrivevano da soli. C’erano troppe cose stavolta, troppi eventi che andavano affrontati con attenzione, e per questo è stato una specie di parto.

Ah, tra l’altro ho scoperto una cosuccia: facendo due calcoli, con questo capitolo siamo arrivati ad un totale di 662 pagine di storia. Sono più di Harry Potter e il Calice di Fuoco! (Il quinto e più lungo conta 807 pagine nella versione italiana… dite che arriverò a batterlo?)
A questo punto penso davvero di avere dei problemi gravissimi, ma facciamo finta che sia tutto normale, okay?

Cominciamo con l’analizzare Everett.
Per prima cosa mi viene da dire “eccone un altro che non li definisce mamma, papà e fratello neanche per sbaglio.” 😊 Che dite, c’era qualche problemino nel nucleo familiare?
E comunque, già: Cramisi, ti ho mentito! Era proprio lui, figlio primogenito ed erede del Nord ad aver sposato Leila. Avevi intuito fosse uno dei figli di Mezcal e ti dissi di no… BUGIA! 😈
Così com’è stata una bugia quella che riguardava Roman e Angelina. Era palese ed era ovvio che ci arrivassi (e con te anche altri), dovevo per forza provare a sviarti. Ma comunque non si sa niente del perché, quindi a posto così.
Ma concentriamoci su Everett, povera stella! Lui, com’è evidente dalla sua frase, non voleva sposarla per motivi adesso abbastanza ovvi, e in qualche modo l’ha aiutata con la sua fuga… ma pare comunque non tollerare assolutamente ciò che c’è tra lei e Radish. Mera gelosia fraterna/paterna? Si vedrà.

Spendiamo due paroline anche per Darko, dai!
Eccezionale nel suo lavoro, nel far nascere in sicurezza i cuccioli, come allenatore e come amante, ma scarsissimo come padre. Non si può ottenere tutto nella vita.
Al contrario di ogni aspettativa, però, lui a modo suo teneva ai figli e lo ha dimostrato a tutti loro, Bree compresa, allenandoli più duramente del normale. Pure Bree, una Mezzosangue, è stata allenata come si allenano i futuri membri del corpo di guardia, onore non da poco dalle loro parti.
Quindi sì, non è stato un buon padre, ma a modo suo se l’è cavata.

Dio… la descrizione di Papà Spettro mi sa, in qualche modo, di un qualcosa di molto religioso... ed è assai strano perché io non sono una credente, ma proprio zero. Spero comunque che possa esservi un po’ piaciuta.
La scena che più di tutte avevo nel cervello da quando ho iniziato l’intera storia, però, era quella dell’ululato a Goku. Non chiedetemi perché, so solo che me la sono immaginata ed immaginata per mesi ed ora spero solo che possa esservi piaciuta.

Cramisi mi aveva chiesto, nella recensione del 18° capitolo, la classifica dei vari Spettri. Beh, adesso va revisionata per forza!
1- Jäger (ma di brutto eh… di brutto brutto! Diciamo pure che in un combattimento corpo a corpo contro un Radish normale la spunterebbe agile agile!)
2- Everett (che altri non era che lo Spettro misterioso MUAHAHA!) - Apophis - Principe del Sud
3 - Sherry - Nike (moglie del Principe del Sud) - Darko
4 - Greywind - Mordecai - River - Daryl
5 - Glover - Maddox - Darren
Loro sono senza ombra di dubbio i più forti (ed alcuni sono praticamente sullo stesso piano), escludendo ovviamente Roman che non scenderà mai in campo e quindi non lo calcolo proprio.

Beh, direi che a questo punto è bene chiuderla qui perché dopo 40 pagine vi sarete anche un po’ rotti le balle di leggere (e giustamente, anche!).
Spero che abbiate gradito questo mattone, lo spero davvero! Mi piacerebbe tanto avere un vostro parere a riguardo 💕

A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 14 💛

 

𝟚𝟛. 𝐿𝑒𝑔𝒶𝓂𝑒 𝒹𝒾 𝓈𝒶𝓃𝑔𝓊𝑒

 


Everett amava la sua Leila.
La amava alla follia, più di qualsiasi altra cosa, più di sé stesso.
In realtà, Everett ama la sua Leila.
Sherry già lo sapeva, lo aveva visto e provato attraverso i suoi ricordi, ma sentirlo parlare di lei… è stato diverso.
Sentire quella nota lontana ma viva di nostalgia e tristezza nel raccontarle di sua madre, il dolore ancora divampante nel suo cuore infranto nel rimembrare la sua morte… è stato qualcosa di strano, sovrannaturale.
Era forte, sua madre. Everett non ha usato mezzi termini per descriverla, era semplicemente forte, un uragano, una creatura che mai si sarebbe fatta spezzare nello spirito.
Aveva una visione particolare del mondo. Non ha specificato se la condividesse o meno, semplicemente era un qualcosa di particolare. E aveva un piano, la sua forte e folle mamma. Aveva un piano che avrebbe implicato la sua disfatta, il suo totale annientamento. E le andava bene.
Disse che il suo era un prezzo sin troppo piccolo da pagare per aiutare la nostra razza e che era felice di poter contribuire. Tanto forte quanto pazza, probabilmente pure egoista… ma l’amavo anche per questo, alla fine.
Ha poi voluto sapere di più, Sherry. Ha voluto sapere come e perché Mezcal l’abbia stritolata nella sua spira di odio e distruzione, ed Everett si è irrigidito al solo pensiero.
È in quel momento che, spinta da chissà quale forza ancestrale particolarmente compassionevole, ha allungato una mano ed ha stretto una delle sue. L’ha tenuta saldamente, non ha accennato a mollare la presa neanche quando il maggiore l’ha guardata con aria perplessa. Ha guardato poi le loro mani senza capire, ma non si è sottratto a quel contatto tanto nuovo e inconsapevolmente desiderato.
Lei è sua, in qualche modo. Lo è sempre stata. Non una semplice sorellastra, sicuramente non la sua compagna: era la figlia che avrebbe dovuto - che avrebbe voluto - avere con la sua Leila e che mai, non una sola volta, ha potuto sfiorare. Mezcal si sarebbe risentito dopo il suo precedente e devastante affronto, e Dio solo sa cosa avrebbe potuto farle per spregio.
Dei Segugi diedero l’allarme, quel giorno.
Ha cominciato così, continuando a fissare le loro mani unite mentre dentro il dolore si faceva più forte. Ricorda ancora tutto, pure gli odori che fiutò fuori dalla Tana.
Mezcal mandò me e Darko a controllare e, eventualmente, sterminare la minaccia. Ero il futuro Re, dovevo occuparmi di queste cose… anche perché lui non ne aveva voglia. Usciva se poteva uccidere a colpo sicuro, non certo per una semplice ronda.
Ero abituato, mi mandava spesso… e con Darko sono sempre stato bene. Lui avrebbe semplicemente dovuto badare alla mia formazione, invece con me si comportava come un padre apprensivo e quel giorno, appurato che non ci fossero problemi, gli chiesi scioccamente di mostrarmi l’umana che stava frequentando. Diceva che fosse bellissima, la donna più bella che avesse mai calpestato il suolo di questo pianeta, ed io ero curioso di sapere se era vero… fu un errore madornale.

Si è zittito per qualche secondo, un altro minuscolo brandello di cuore andava in cenere. Se solo fosse tornato subito indietro, se non avesse perso tempo a bighellonare per vedere se riusciva a farsi piacere il mondo che tanto affascinava sua moglie…
Era bravissima a nascondere le emozioni, a non badare al dolore… ma ad un certo punto per lei diventò troppo e mi accorsi che stava succedendo qualcosa. Ricordo che scattai via, corsi senza riuscire a respirare… ma fu troppo tardi.
La verità è che Mezcal voleva Leila come sua amante. Una Purosangue Alpha, una creatura che da quasi cinquant’anni non si vedeva al Nord… gli avrebbe dato dei figli incredibili e molto più prestigiosi di noi. Il divario d’età troppo grande ha impedito che la prendesse come moglie al posto di Aisha, ma di certo non lo avrebbe fermato una volta cresciuta. Lei lo rifiutò più volte e lui sembrava prendere e perdere interesse a più riprese… ma quel giorno gli venne in mente che la voleva e che se la sarebbe presa, con le buone o le cattive. Aveva sentito di nuovo i suoi discorsi tanto inconcepibili e li usò come scusa, così che nessuno avesse niente da ridire. L’attaccò brutalmente, non le diede il tempo di capire neanche da dove arrivassero i colpi, e quando arrivai lei era già a terra, più morta che viva, e lui…

Sherry gli ha stretto più forte la mano, gli ha impedito di finire la frase. Non ce l’avrebbe fatta, lo ha capito subito. In un certo senso neanche voleva che proseguisse, le bastava così, era decisamente troppo, ma Everett voleva metterla al corrente degli eventi. Per quanto orribili e dolorosi, pure lei meritava di sapere.
Provai ad attaccarlo, volevo che smettesse… ma la sua guardia mi fu subito addosso. Mi tennero a terra, il muso indirizzato verso di loro perché guardassi…
La cicatrice sul collo, quella profonda che l’ha sempre incuriosita. Quando mai uno come lui, un combattente tanto tenace e brutale, aveva mai permesso a qualcuno di morderlo in un punto tanto delicato e mortale? Supponeva se la fosse procurata in giovane età, unico periodo in cui qualcuno poteva pensare di buttarlo a terra e sopravvivere per raccontarlo, ma non aveva mai preso in considerazione che se la fosse procurata in questo modo.
Sentiva le lacrime pungerle gli occhi mentre ascoltava le sue parole amare. Ha provato ad immaginare cosa volesse dire vedere una cosa del genere, cosa si potesse provare nel vedere la propria metà dell’anima venire fatta a brandelli sia fuori che dentro, essere distrutta e condannata, ed essere costretti a rimanere a terra, impotenti, senza poter distogliere lo sguardo.
Si è poi alzato, Everett.
Si è alzato, scivolando fuori dalla sua presa, e si è messo a camminare verso il mare. Sherry lo ha seguito subito a ruota, tenendosi al suo fianco. Pendeva dalle sue labbra, condivideva parte del suo dolore. Una parte, esatto: per quanto quelle parole potessero farle un male atroce, niente e nessuno potrà mai provare il suo, di dolore, quello di un uomo alla quale è stato strappato tutto quanto quando era solo un ragazzino e che è sorprendentemente sopravvissuto a tutto quel dolore.
Un dolore eterno che solo la morte può cancellare.
Morte che però pare rifiutarlo.
Lei mi guardò… e mi sorrise. Solo a quel punto mi accorsi che stava sì soffrendo, ma non dentro. Era calma, il suo dolore era puramente fisico. Lei era in pace, sapeva cosa stava facendo… e le andava bene.
Il Grande Spettro le parlava spesso, sai? Le sussurrava cose che nessun altro conosceva, neanche io… e le sussurrò ciò che sarebbe successo e che sarebbe morta per dare alla luce una creatura. Una creatura nata dal sangue, la cui madre aveva gli occhi di fuoco.
Sapeva che gli altri figli che avrebbe portato in grembo sarebbero morti perché solo uno doveva vivere. Papà Spettro lo definì come “portatore del caos”, inteso come il principio di tutte le cose o come l'origine di cose che prima non erano.

Predetta.
La sua nascita era stata predetta.
Non era stata un incidente, non per sua madre almeno.
Lei era stata scelta tra i quattro figli di quell’orrenda e forzata unione perché portasse il caos.
Ma quale caos? Diventare l’ossessione di uno psicopatico che poi ha sterminato la sua stessa famiglia e sta mettendo in ginocchio tutti gli Spettri usando violenza e terrore è portare il caos? O forse lo è scappare dalle proprie terre, prendere il controllo dei reietti suoi pari e andare a letto con un alieno? O forse è amare questo alieno?
Non ha fatto domande. Everett non le è sembrato certo del migliore degli umori, così ha lasciato i propri dubbi per sé ed ha continuato ad ascoltare le sue parole mentre camminavano sulla sabbia fredda ed umida a piedi nudi, curiosamente rincuorata dal suo timbro di voce basso, caldo ed un poco roco. Una bella voce a tratti rassicurante che, a conti fatti, avrebbe davvero tanto voluto sentire in quegli undici anni di terrore e supplizi. Pur non potendolo affermare con sicurezza, è abbastanza convinta che in qualche modo l’avrebbe fatta sentire meglio.
Darko sapeva di noi due. Era l’unico a sapere perché il principe ereditario del Nord certo non poteva unirsi ad una ragazza di basso lignaggio e con idee tanto incredibili come lei, e tenne sempre tutto nascosto perché consapevole che sennò saremmo stati entrambi in pericolo.
Riuscì a farmela incontrare di nascosto, quando fu rinchiusa per far sì che portasse a termine la gravidanza e non provasse a scappare o uccidersi. Io non stavo messo tanto bene, anche se certo la mia situazione non era paragonabile alla sua: la mia famiglia, se così la vogliamo definire, mi aveva allontanato come un lebbroso per aver contraddetto Mezcal di fronte a tutti, mi rimaneva solo Darko al mondo. L’unico che si lasciò sfuggire delle lacrime e che fu costretto a guardare fu Baileys, l’unico che non odiavo del tutto lì in mezzo e che tentava in qualche modo di avvicinarmi. Non potevo perdonare neanche lui però, proprio perché non aveva neanche provato a fare qualcosa.
Comunque alla fine la incontrai e non riuscivo neanche a sostenerne lo sguardo. Era stata colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia, perché avevo perso tempo, non ero tornato subito a vegliare su di lei… ovviamente disse di no ed alla fine mi spiegò tutto. Se già prima desideravo la morte, puoi immaginare come mi sentii nell’apprendere che mia moglie, l’unica creatura che avevo amato e che
mai avrei amato per il resto dei miei giorni, era consapevole di essere destinata ad una simile fine e le andasse bene. Come ciliegina sulla torta, poi, mi fece promettere due cose: che non avrei commesso alcuna impudenza, mai, compreso anche qualsiasi piano di evasione per lei, e che avrei protetto il nascituro così come avrei protetto un figlio mio.
Non potevo certo negarle una cosa tanto piccola, non trovi?

Sherry non credeva che ci fosse un sorriso al mondo oltre a quello di Radish capace di farla sentire tanto bene, capace di rincuorarla malgrado l’orrenda realtà appena appresa. Eppure è stato così: quando Everett le ha sorriso con un’aria curiosamente serena, quasi infantile, si è sentita meglio, ha ricominciato a respirare regolarmente e si è ritrovata dopo poco ad abbassare timidamente lo sguardo con le guance un poco arrossate.
Everett le aveva sorriso, era stato stranamente dolce. Ma, alla fine, poteva davvero dire che fosse stato un atteggiamento strano? Lei non sapeva niente di lui. In realtà, nessuno ha mai saputo proprio niente di lui, solo ciò che voleva mostrare. Neanche Mezcal sapeva qualcosa sul figlio, non aveva idea di niente che lo riguardasse e, al contrario di Sherry, non aveva neanche mai avuto interesse a scoprirlo.
Da quando sei nata, il mio unico obiettivo è stato quello di proteggerti a distanza, perché se ti avessi avvicinata Mezcal avrebbe mangiato la foglia e per te non ci sarebbe stato scampo.
Quando tu e la Mezzosangue siete scappate, Jäger fu il primo a partire alla carica per bloccarvi. Andai anche io e nessuno sospettò niente non solo perché eravamo promessi, ma anche perché Mezcal diede l’ordine generale circa dieci secondi dopo che quello psicopatico partì all’inseguimento. Non hai idea della fatica che ho fatto per raggiungerlo prima degli altri, davvero. Quel bastardo è incredibilmente veloce.
Non so se lo ricordi, ma quando ti era alle costole, ormai ad un soffio dal morderti la coda per tirarti indietro, andò a terra. Beh, la versione ufficiale vuole che io sia inciampato e, guarda un po’ il caso, gli finii addosso e mi aggrappai alla sua zampa nella foga per provare a rimanere in equilibrio, mentre in realtà mi buttai a cazzo di cane per terra e tentai di strappargliela. Ma oltre che veloce è pure schifosamente resistente, quindi niente, gli ho lasciato solo una bella cicatrice.”

Le è venuto davvero da ridere e si è trattenuta a stento perché la nota di allegria, soddisfazione e strafottenza nella sua voce si è fatta quasi palpabile. Ridacchiava nel raccontarle di quell’accidentale caduta e nei suoi occhi risplendeva un malato piacere nel ricordare il sangue del caro fratellino sulla lingua.
Poi però ha schioccato la lingua contro il palato con fare stizzito nel ricordare anche la sua resistenza ed anche la sua sorprendente ripresa. Se Sherry e Bree non fossero state tanto veloci e, in egual maniera, fortunate, le avrebbe riprese sicuramente.
In genere è il primogenito ad essere il più forte nella figliata, poiché si prende da subito i geni migliori in grembo materno, lasciandone di più deboli ai futuri fratellini e sorelline. Jäger, invece, pare essere riuscito a scovare una scorta nascosta e se l’è fagocitata tutta quanta, accaparrandosi pure i geni più folli di entrambi i genitori. Se non si fosse poi dimostrato un violento ed inarrestabile sociopatico, sarebbe sicuramente diventato il più potente e brillante di tutti i Re. Ma le cose sono andate come sono andate, nessuno sarà mai capace di aggiustare la sua mente deviata, Everett l’ha capito perfettamente quando lo vide sorridere felice nell’assistere allo stupro di Leila. È stato in quel preciso istante, quando i suoi occhi pieni di disperazione supplicavano ad uno ad uno i suoi fratelli e le sue sorelle di fare qualcosa, che ha capito che quel moccioso di quasi sei anni era il più malato di tutti. Con lui, ovviamente, Apophis, completamente indifferente alla scena alla quale stava assistendo.
Che dici, superstar, facciamo una corsa? Dopo magari ti racconto anche come mai sono ancora vivo.” E detto questo è schizzato in avanti, sbriciolando i vestiti nel mutare.
Sherry lo ha fissato per qualche istante, osservando quella creatura mastodontica che affondava le grosse zampe nella sabbia con grazia per poi voltare il muso per guardarla. Un muto richiamo a seguirlo, a correre al suo fianco, e lei si è lasciata andare senza remore. Si è sfilata il vestito senza neanche pensarci un istante di più, lasciandolo abbandonato ai propri piedi prima di mutare forma e saltare al suo fianco.
Le sue iridi di sangue le sono sembrate addirittura timide quando si sono ritrovati muso a muso.
Le zampe intuivano da sole la via da seguire, toccavano appena il suolo e vi si posavano il tempo necessario a spingersi oltre, nessun pensiero sembrava essere capace di sfiorarli sotto la volta stellata che pareva inglobarli. Nessuno, neanche l’ombra di una preoccupazione, quando in realtà Sherry avrebbe dovuto prendere in considerazione, fosse stato anche solo per due secondi, il fatto che la sua assenza avrebbe preoccupato non poco il compagno ancora addormentato.
Infatti adesso, col Sole che lentamente comincia a scaldare il circondario, Radish non può far altro che domandarsi cosa le sia successo.
Si è svegliato relativamente tranquillo, prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che lo circondava si è stiracchiato come un gatto e, come ormai è d’abitudine per lui, ha allungato un braccio al proprio fianco per cercarla. Era sicuro che l’avrebbe trovata lì, addormentata e protetta dalla sua vicinanza, invece non è stato così.
Lei non c’era, si era dileguata nel niente senza lasciargli alcunché per fargli sapere se stava bene o dove andava, e della sua aura neanche una traccia.
È scattato fuori dalla tenda, i capelli scompigliati e lo sguardo ancora stravolto dalla profonda dormita, e subito l’ha cercata con lo sguardo. L’ha pure chiamata a gran voce, non ricevendo alcuna risposta, fatto che l’ha a dir poco allarmato ancora di più: se col suo formidabile udito non è riuscita a sentirlo, la faccenda non poteva far altro che preoccuparlo sempre di più.
È stato velocemente raggiunto da Micah che, malgrado il fiuto a dir poco eccezionale, gli ha dovuto dire a malincuore di averne perso le tracce a diversi chilometri di distanza. Gli ha detto che deve essere entrata in acqua almeno due ore prima e che da lì non è più riuscito a fiutare una pista, indice che probabilmente è rimasta dentro.
Se non fosse per il fortuito arrivo di Becca e dei suoi piccoli, Radish farebbe sicuramente terra bruciata tutt’attorno pur di farla saltare fuori.
«Capitano!» Urla infatti la donna, tirando i figli dietro le proprie forti gambe per proteggerli da un suo eventuale scoppio d’ira. Non la sorprenderebbe assolutamente e non gliene farebbe alcuna colpa, non dal momento che Maddox avrebbe già sradicato mezza foresta se a sparire fosse stata lei.
«Roman vuole parlarti. Dice che è urgente.» Non sa di cosa si tratti, non è stata a fare tante domande dal momento che gli è sembrato mortalmente serio come mai l’aveva visto e, non in dose minore, Darko se ne stava bellamente seduto nel suo salotto. Il solo vederlo lì vivo e vegeto a sorseggiare del tè le ha fatto venire i brividi.
Il Saiyan sente che potrebbe impazzire adesso, perché ogni sensazione che di solito percepisce da lei gli arriva ovattata e confusa, tanto da non riuscire a classificarla. È anche per questo motivo che si appresta a correre verso quella strana casa dalle pareti azzurrine ricoperte di rampicanti e, con grazia e delicatezza, spalanca la porta con un calcio, scardinandola in parte e scheggiandola.
Stanno tutti lì a fissarlo come se fosse pazzo mentre irrompe in una casa non sua dove tutti loro sono stati gentilmente ospitati, e Vegeta per un attimo pensa di saltargli alla gola e dargliene di santa ragione non solo per averlo disturbato, ma anche per aver fatto frignare suo figlio con i suoi modi da cavernicolo, solo per poi accorgersi del panico nei suoi occhi. Non ricorda neanche l’ultima volta in cui l’ha visto in quello stato, quando l’ha visto realmente preoccupato, e i suoi occhi d’onice scattano subito sull’imponente ed un poco enigmatica figura di Roman, calmo come sempre.
«Caffè?»
Adesso Vegeta non può far altro che domandarsi cosa passi nella mente di quello strano individuo, perché solo un pazzo o un veggente sicuro di non correre rischi si azzarderebbe a fare lo spiritoso con un Saiyan, anche se suddetto Saiyan è un terza classe come Radish.
«Lei dov’è?» Ringhia a denti stretti, prossimo a menar le mani. Non sopporta il suo sguardo bonario, non sopporta quel sorriso paterno che in genere si rivolge ad un bambino piccolo, non sopporta il fatto che non lo tema.
«È davvero di questo che vuoi parlare?» Rimane impassibile, Roman, anche quando sente un lieve ringhio gutturale risalirgli su per la gola, anche mentre lo vede stringere dolorosamente i pugni nello sforzo sovrumano di non attaccarlo. Potrebbe farlo, Roman certo non è a conoscenza delle sue mosse future e non ha nemmeno intenzione di sottrarsi in caso di attacco. Non risponderebbe neanche, in realtà, poiché prima vuole assolutamente togliersi questo fastidioso peso dallo stomaco.
Non lo avrebbe fatto prima, non gli importava assolutamente poiché avrebbe svolto il suo compito impiantando il tanto atteso seme del caos e poi sarebbe scomparso come secondo i piani. Invece ad essere stato impiantato è stato qualcosa di inatteso: un sentimento puro ed incondizionato. Come minimo, sentendosi in parte colpevole per aver sconvolto così radicalmente le loro vite, adesso sente di dovergli qualche spiegazione.
«Sarò brutalmente onesto con te, Radish: non volevo riportarti in vita. Davvero. E neanche Angelina. Se abbiamo corso un rischio tanto alto mettendo in pericolo le nostre stesse vite è stato solo perché, a quanto pare, era necessario che tu vivessi perché le cose tra la mia gente potessero cambiare.»
«Davvero? Vi serviva proprio Radish?» Afferma con un velo di strafottenza ed incredulità Vegeta, che proprio non può concepire che il compagno sia necessario per una qualsiasi cosa. Sì, insomma, si parla sempre di Radish! In quegli anni sarà migliorato quanto vuole, saranno diventati più o meno amici, sarà pur rimasto al passo suo e di Kakarot, ma per lui rimarrà sempre il debole e codardo terza classe con il quale è cresciuto. Come può servire a qualcosa di importante?
«Che intendi con cambiare?» Radish non vi ha badato però, sia perché abituato alle sue frecciatine pungenti sia perché vuole finalmente sapere la verità. In quegli anni nessuno ha mai saputo dire assolutamente chi l’avesse riportato in vita, come o perché, e per lui è stato sempre come un fastidiosissimo tarlo nel cervello.
«Se tu non te ne fossi accorto, Sherry si nutre della tua forza e della tua determinazione. Se non ti avesse incontrato, non avrebbe preso il controllo sulle Terre di Nessuno… e nel giro di un anno al massimo sarebbe stata ridotta in schiavitù, per usare un eufemismo.» Lo guarda dritto negli occhi, gli lascia assimilare le sue parole e annuisce appena quando vede un lampo di dolore attraversargli gli occhi. Se loro non si fossero incontrati, Jäger avrebbe chiuso e vinto il suo sadico e perverso giochino, l’avrebbe stritolata nella sua spira e l’avrebbe condannata ad un qualcosa di molto peggiore della morte.
Per quanto a Radish sembri strano, il disprezzo che nutre nei confronti di Roman adesso sta scemando, lasciando posto ad una lievissima riconoscenza.
«Posso farle una domanda, signore?» Chiede timidamente Gohan, il piatto prima ricolmo di leccornie adesso vuoto e lucido davanti al viso. Sobbalza appena quando vede la figura piccola e svolazzante di Angelina fluttuargli attorno per riempirglielo di nuovo, ed un lieve sorriso gli increspa le labbra prima di tornare a guardare l’antico Spettro.
«Dammi tranquillamente del tu. Mi fa sentire più a mio agio.»
Gohan annuisce appena e si schiarisce la voce, non sapendo bene come affrontare la questione. Ha sì capito che l’uomo che ha di fronte ha delle vastissime conoscenze e chissà fin dove si sono spinti i suoi studi nella sua lunghissima vita, ma comunque non può dire se è a conoscenza di cose particolari come quelle che riguardano i viaggi nel tempo.
«Non so bene come spiegarlo ma… ecco, noi sappiamo di alcuni eventi di una linea temporale alternativa.»
«Okay, non mi sorprende particolarmente. La domanda qual è?»
“Non mi sorprende particolarmente”. Cosa ti può sorprendere allora?!, questo è un po’ il pensiero generale mentre continuano a fissare con aria un poco incredula l’uomo, che a sua volta tiene lo sguardo puntato sul giovane mezzo Saiyan.
«Abbiamo avuto modo si sapere con certezza che Radish non c’è in quel tempo. Perché?»
Si rabbuia di colpo ed abbassa gli occhi. Aggrotta un poco le sopracciglia mentre si lascia andare ad un lungo sospiro affranto, tutti gesti che attirano immediatamente l’attenzione di Darko, che ancora se ne stava stravaccato sul divano. A tutti era sembrato totalmente estraniato dalla conversazione, perso in qualche pensiero lontano, ma in realtà il lupo non si è perso una sola sillaba e adesso guarda con occhi attenti Roman in attesa di una risposta alla domanda che ha sinceramente stuzzicato la sua curiosità.
«Perché il suo intervento non era più richiesto.»
Scatta in piedi come una molla, Darko, gli occhi accesi dalla rabbia. Se Everett venisse a sapere di una cosa del genere ne soffrirebbe incredibilmente e lui proprio non può sopportarlo. L’ha visto a terra troppe volte, l’ha visto aggrapparsi al ricordo di Leila con le unghie e con i denti per ritirarsi su e troppe volte continua a vederlo crollare, lasciarsi andare a pianti disperati mentre ulula con tutto il suo dolore verso la Luna come se questo servisse a ridargli il suo amore perduto.
Gli si spezza il cuore ogni singola volta e si ritrova sempre a maledire l’egoismo di Leila. Perché per lui altro non era che un’egoista che ha voltato le spalle ad Everett per un qualcosa che tutt’ora rimane profondamente incerto. L’ha fatto per loro, così diceva, ma a lui non è mai importato: ha buttato una valanga di merda sul suo ragazzo, l’ha condannato ad un’esistenza piena di dolore senza batter ciglio. Se anche i suoi piani andassero in porto, lui non riuscirà mai a provare riconoscenza.
«Vuoi dire che da qualche parte il suo dolore e i nostri sforzi non sono serviti ad un cazzo di niente?!» Bercia inviperito, ringhiando come una bestia rabbiosa quando l’altro annuisce con dolore.
Da qualche parte hanno perso.
Da qualche parte Jäger l’ha presa, l’ha resa la sua schiava, è riuscito nell’impresa.
Da qualche parte i loro sacrifici sono stati totalmente e ridicolmente vani.
«Il linguaggio, Darko.» Lo riprende prontamente Angelina, il visetto pallido aggrottato in un’espressione infastidita che risulta solo comica.
«Succhiamelo.» Non è il massimo interagire con lui quando è nervoso, tende a rigirarsi contro chiunque con facilità disarmante. Se Mezcal non avesse provato un sincero attaccamento nei suoi confronti, non avrebbe raggiunto i vent’anni. «E tu vedi di tenere chiusa quella vecchia ciabatta con Everett. Non voglio che qualcosa gli rovini l’umore.»
«Ma allora sai fare il padre!»
Nessuno aveva fatto particolarmente caso all’arrivo di Bree. Darko sicuramente non se ne era proprio accorto, non dal momento che per lui nessuno di quei cuccioli è una reale minaccia. Se solo lo volesse, infatti, sarebbe capacissimo di farli fuori. Ad esclusione di Sherry, che però sa di non dover temere, giusto River e Mordecai riuscirebbero a farlo divertire un po’.
«Gelosa?» Ghigna divertito, non smuovendosi di un millimetro neanche quando la figlia gli si avvicina pericolosamente al volto. Rivede tanto di sua madre in lei, ma l’arroganza e l’aggressività le ha ereditate da lui. Anche la scaltrezza, ma questo l’ha potuto appurare solo negli ultimi mesi.
«Furiosa.»
«Ti passerà.»
«Forse. Adesso dimmi dov’è.» Sa bene che dovrebbe temerlo, che non ha mai sopportato questo genere di atteggiamento nei suoi confronti e che più volte ha spaccato la faccia agli avversari solo perché gli mancarono così di rispetto o invasero di prepotenza il suo spazio personale, però non ci riesce. Qualcosa dentro di lei le urla a gran voce che è pur sempre suo padre e che le avrebbe già fatto del male se solo ne avesse avuto la minima intenzione.
«In giro, da qualche parte. Questo posto è davvero molto grande, sai? Li ho visti agitarsi la coda e arruffarsi il pelo in modo davvero adorabile stanotte, così me ne sono tenuto alla larga.» Eccolo che gli arriva alle narici, dolce e pungente, un odore che non può proprio essere confuso e che lui non ha mai emanato. Come avrebbe potuto, d’altra parte? Non si è mai davvero attaccato a nessuna donna. Neanche Beatrix, la donna con la quale ha diviso il letto per anni giù alla Tana e che gli ha dato tutti i suoi figli - quei piccoli stronzetti voltafaccia! - era riuscita a farlo innamorare, figurarsi riuscire a fargli provare questo genere di emozione.
«Ecco, lui è geloso!» Afferma infatti con divertimento, puntando lo sguardo sulla figura giusto un poco alterata di Radish. Quasi ci spera che lo attacchi, magari che lo ammazzi, così il suo ragazzone si risentirebbe al punto da togliergli Sherry dalle mani. Sarebbe un grandissimo dispetto nei confronti del Saiyan e sarebbe anche uno smacco allucinante sia per Jäger che per Leila. Un vero colpaccio!
«I vostri battibecchi sono decisamente fuori luogo. Abbiate la decenza di uscire se proprio non riuscite a fare a meno di comportarvi come bambini.» Li riprende con voce greve Roman, gli occhi improvvisamente rossi che sembrano essere sul punto di incenerirli.
«Tu saresti capace di togliere la gioia anche dall’omicidio di Jäger…» Brontola a mezza bocca l’ex Beta, roteando gli occhi al cielo mentre si dirige con passo calmo ed un poco svogliato verso la porta, rigirandosi poi verso Bree e facendole un vago cenno col capo, affermando: «Andiamo, forza, così facciamo quattro chiacchiere.»
Una volta che i due si sono tolti di mezzo, Radish torna a concentrarsi su Roman, appoggiato contro il ripiano della cucina a braccia conserte.
«Come avete fatto a riportarmi in vita?»
Bulma, al contrario dei compagni, non bada alla conversazione. Si chiede piuttosto come mai Bree le abbia dato l’impressione di essersi in qualche modo spaventata all’idea di dover parlare col padre. I suoi occhi si sono fatti grandi e impauriti all’idea, lo ha visto chiaramente, così come ha visto i muscoli del corpo irrigidirsi per qualche misero istante prima di annuire e muoversi in avanti.
Per quel poco che la conosce, può dire con assoluta certezza che quel comportamento non fosse decisamente da lei e per questo si è in un certo senso insospettita. Avete tantissimi segreti… e sono certa che non siano sciocchezze.
«Abbiamo usato il mio sangue e la sua magia.» Risponde pacatamente Roman dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo. Non pensava che sarebbe andata così, suo padre lo ha messo in una posizione davvero scomoda senza neanche prendersi il disturbo di avvertirlo ed ora deve ragionare molto velocemente per non aggravare la situazione. Inoltre Sherry ed Everett ci hanno messo il loro carico sparendo insieme nel cuore della notte, rifugiandosi chissà dove, ed ora lui deve sforzarsi come non faceva da tempo per mantenere il quieto vivere.
«Il mio sangue ti avrebbe rigenerato i tessuti mentre Angelina portava indietro la tua anima e la restituiva al corpo. È rischioso per le Fate, non applicano mai questa magia con mammiferi tanto grandi… ma lei ha voluto rischiare. È stata per molto tempo ad accumulare energia per riuscirci, dovresti davvero ringraziarla.»
Radish non ha intenzione di ringraziare proprio nessuno, non finché non saprà tutta la verità. Perché non è stupido, sa benissimo che c’è dell’altro, ed anche che probabilmente non gli piacerà.
«Il danno però era davvero troppo grave ed esteso, il mio sangue non era sufficiente da solo e la tua anima era rimasta per troppo tempo bloccata in un mondo sospeso molto simile ad un limbo, per Angelina sembrava ormai impossibile riportarti indietro. Senza contare che questo genere di magia riesce unicamente con le anime pure, mentre la tua… beh… in ogni caso è intervenuto mio padre.»
Il Sole stava tramontando quando arrivarono a diseppellire il suo cadavere. Avevano scavato una fossa poco profonda e ce lo avevano buttato dentro giusto per non alzare un polverone mediatico, e per questo loro due hanno tirato un sospiro di sollievo: se lo avessero portato via come temevano, sarebbe stato tutto più ostico.
Ricorda che le energie defluivano velocemente dai loro corpi, che in tempi brevissimi Angelina cominciò a tossire sangue, che non riusciva più neanche a muovere le ali, e lui era convinto che ormai avessero perso, che avessero impiegato troppo tempo e ormai fosse tutto inutile, quando eccola lì, una nuova forza che gli invadeva le membra e dava loro la forza di continuare, di portare a termine il loro arduo compito.
Sparirono subito dopo, si smaterializzarono nel loro Regno e lì persero i sensi. Le altre Fate li curarono per giorni e giorni, timorosi che non si svegliassero più, ma alla fine tutto è andato per il verso giusto. Beh, più o meno nel verso giusto se si considerano sia gli innumerevoli rischi che il Saiyan ha corso in quegli anni ed anche i recenti sviluppi, ma possono comunque dirsi soddisfatti.
«Al tempo credevo che avesse semplicemente dato più forza a noi due per riuscirci, ma i recenti avvenimenti mi hanno aperto gli occhi: non ha solo fortificato momentaneamente noi, ma ha anche modificato qualcosa di te.»
Un brivido gelido percorre improvvisamente la spina dorsale di Radish, folgorandolo. Che diavolo vuol dire che ha modificato qualcosa in lui? Chi gli ha dato il permesso di fare una cosa del genere? Certo, prima era un essere spregevole e adesso se ne rende pienamente conto, anzi ripudia ciò che faceva e la persona orrenda che era, ma non per questo può accettare tanto a cuor leggero che qualcosa abbia cambiato il suo essere solo perché doveva dare dare sostegno morale e psicologico a Sherry.
«Che vuoi dire?» Si limita a dire questo però, le sopracciglia aggrottate e un leggero senso di panico che trapela dagli occhi.
«Eri più forte quando ti sei svegliato, vero?»
«È normale per un Saiyan.» Afferma con ovvietà, strappando un sorriso divertito ma comunque amaro all’uomo.
«Di certo però non cambiate a livello caratteriale.» Sospira un’altra volta e con un colpo di reni si discosta dal ripiano, avvicinandolo cautamente «Tu eri una persona orribile, probabilmente la peggiore in cui mi sia mai imbattuto, ed io ho conosciuto di persona Mezcal, Jäger e molti altri sovrani sia del Nord che del Sud che si somigliavano per crudeltà e follia. Pure mio fratello Regan non ci scherzava… e anche Roscka, ora che ci penso.»
«Vieni al dunque.» Sputa sempre più velenoso Radish, ormai al limite. È solo per il vociare che sente improvvisamente provenire da fuori se evita di attaccarlo, perché davvero non capisce cosa possa agitarli. In fondo il problema vero è lì dentro tra loro due, no? Cosa potrebbe esserci di più interessante o sconvolgente?
«Il suo intervento ha fatto in modo che il mio sangue si legasse fortemente al tuo e… mutasse qualcosa a livello genetico. Certo, non puoi essere definito uno Spettro, neanche un Freak, ma immagino che, almeno all’inizio, tu guarissi più velocemente del normale e provassi una certa propensione per la carne molto al sangue. Sbaglio?» Non gli dà il tempo di risponde. Non ce n’è alcun bisogno: i suoi occhi parlano per lui, rivelandogli quanto tutto ciò lo stia sconvolgendo.
«Oltre a questo però, che immagino sia andato scemando nel tempo, hai acquisito anche dei tratti comportamentali che appartengono alla nostra razza, o forse semplicemente potenziato tratti della tua reale personalità, quali aggressività, territorialità, possessività, passionalità, l’istinto predatorio… e le poche cellule dentro di te che sono permanentemente mutate unendosi alle mie sono emerse violentemente quando hai incontrato Sherry, se non sbaglio. E sappi anche che è stato questo nostro vincolo di sangue, se così vogliamo definirlo, a permettere a voi due di legarvi così profondamente.»
«È per questo che sento ciò che prova?» Domanda solo questo con un filo di voce, sentendosi totalmente e mortalmente stordito.
Non sa bene cosa pensare, se essere felice di quanto scoperto, se esplodere per la rabbia e distruggere tutto quanto.
Lo hanno cambiato senza che lo volesse, gli sono entrati dentro e lo hanno scombussolato totalmente. Non felici, lo hanno anche condannato a legarsi a Sherry con la loro sottospecie di zing. Quando ne parlarono quella notte non gli era sembrato così terribile, anzi, anche perché già sapeva cosa vuole per loro due ed è tuttora ben deciso ad ottenerlo prima o dopo, ma in questo momento gli sembra solo una follia.
«Prima o poi se ne accorgerà anche lei, non temere. Anzi, se non la allontanerai da Everett, penso che sarà proprio lui a farglielo capire più a fondo.» Prosegue Roman, sentendo distintamente la sua confusione. E come potrebbe essere altrimenti?
Anche a distanza di più di un millennio, lui ancora ricorda bene il senso di smarrimento ed anche di solitudine dopo essere mutato la prima volta. Non lo diede a vedere con i fratelli, non dal momento che mai avrebbero capito i suoi sentimenti e la loro ferocia li avrebbe spinti verso il peggio se lui non avesse mantenuto la mente lucida, ma si sentì completamente perso. Non era più umano, non era più ciò che era sempre stato, doveva adattarsi in fretta e furia ad un qualcosa di nuovo, adattarsi ad una nuova vita abbandonando tutto ciò che conosceva e amava.
Per Radish non è un qualcosa di troppo diverso, secondo Roman: da un secondo all’altro ha appreso che dentro di lui non ci sono più solamente le cellule dalla sua formidabile razza guerriera ma anche quelle canine degli Spettri. Il suo prezioso sangue alieno è stato macchiato, in qualche modo compromesso. Se adesso gli dicesse pure che è solo grazie al suo sangue pregno di nobili ideali se è riuscito a trasformarsi in Super Saiyan… o lo ucciderebbe sul colpo o ridurrebbe la sua mente ad uno stato così pietoso da essere irrecuperabile.
Ma Radish adesso non sta pensando a tutto quello. Avrà modo e tempo per farlo, ma nella sua mente adesso c’è un solo orribile pensiero partorito nell’esatto istante in cui ha sentito il nome dell’altro, suonandogli così mortalmente fastidioso da urtarlo a livello fisico come un pugno nello stomaco.
«Dovrei permettergli di scoparsela per farle capire una roba del genere?!»
Sta per controbattere che no, Everett non ci penserà mai a portarsela a letto, neanche nei suoi sogni più spinti e vivaci potrebbe vivere una cosa del genere, ma la voce tonante e curiosamente allegra di Darko arriva con forza alle orecchie di tutti, impedendogli di continuare.
«Ehi, scimmione! Questo non puoi perdertelo!»
Esce di casa senza dire una parola, e con lui gli amici.
Escono veloci per vedere cosa possa attirare tanto l’attenzione generale, cosa possa aver ammutolito Mordecai, cosa possa apparire come una sottospecie di miraggio pure per Bree.
Non fanno neanche in tempo a voltarsi per vederlo, un reboante ringhiare lontano gli arriva subito alle orecchie.
Quando gli occhi scuri di Radish finalmente intercettano la fonte di tanto rumore, il suo cuore per un istante si congela: Everett sta su di lei, la sovrasta totalmente. Tra i suoi lupi non ce n’è uno solo così grosso e per un istante Radish si domanda fino a che punto possano crescere. Ma poi si ricorda che non gli interessa assolutamente e che l’unica cosa importante è Sherry, che adesso sta stesa sulla schiena con le fauci di Everett serrate attorno alla gola. Lo spinge all’indietro piantandogli le zampe nell’addome e sul petto, ma il maggiore pare non rendersene neanche conto.
Fa per scattare in avanti, deciso a scuoiarlo a mani nude lì dove si trova, quando Bree gli afferra con decisione un polso. Si volta per urlarle in faccia di farsi gli affari suoi, di starne fuori, ma quando nota la sua espressione stupefatta nessun suono esce dalle sue labbra. Non è preoccupata, per niente, solo profondamente meravigliata.
Volta di nuovo lo sguardo quando vede gli angoli della bocca dell’eccentrica bionda piegarsi un poco verso l’alto, ed ecco che nota la coda di Sherry muoversi freneticamente sulla sabbia mentre Everett si abbassa sulle zampe anteriori e poi abbandona mollemente il corpo di lato, atterrando con un tonfo sordo sulla sabbia tiepida. Lì rimane, si stende sul ventre e lascia che Sherry gli monti sopra, che lo azzanni al collo e alle orecchie e lo tiri giocosamente.
«Non lo vedevo giocare così da… beh, da quasi ventisei anni!» Afferma allegro Darko, continuando a fissare i due che giocano come cuccioli. Si azzanno, si spingono, rotolano nella sabbia che finisce inevitabilmente con l’appiccicarsi al collare di pelo pieno di saliva.
È questo quello che ha sempre sperato di vedergli fare in quegli anni: comportarsi come una persona normale, avere qualcuno con cui giocare alla lotta senza dover necessariamente lottare sul serio, qualcuno alla quale attaccarsi di nuovo.
Al Sud non potevano certo andare, sarebbero insorti troppi problemi. Le persone del mondo esterno sono decisamente fuori dai suoi interessi per spingerlo anche solo ad interagire, figurarsi a lasciarsi andare. La scelta non poteva che ricadere su di lei, suo unico interesse da quasi tutta la vita.
Spero solo che questa scimmia non porti rogne…
Radish è immobile, totalmente paralizzato.
La sua donna sta giocando col suo fratellastro, l’uomo che sarebbe dovuto diventare suo marito. Sta giocando con lui ed è felice, di colpo lo sente distintamente, una felicità non troppo differente da quella che prova con lui o con gli amici più stretti. È così felice da non essersi neanche accorta che è lì a fissarla, addirittura al punto da non accorgersi di nessuno di loro.
Continuano a rotolarsi nella sabbia, abboccandosi bonariamente e arruffandosi il pelo, le code che si agitano veloci alzano un gran polverone tutt’attorno ai loro mastodontici corpi.
Non sa né come né perché ma di colpo la sua Sherry alza il muso affusolato in alto e li guarda. Punta gli occhi nei suoi, lo guarda con attenzione come se faticasse a mettere insieme i pensieri e Radish per un brevissimo istante si sente meglio. Lo ha visto, andrà da lui, muterà e lo abbraccerà, spiegandogli anche il perché di quella strana felicità, ma ciò non avviene proprio per niente.
Everett dietro di lei emette un gorgoglio strozzato e l’orecchio di Sherry scatta per un secondo all’indietro, attirato dal suono, e dopo aver annuito brevemente al Saiyan scatta via, correndo a rotta di collo dietro il maggiore, che già l’ha staccata di parecchio.
Solo a quel punto Radish volta di scatto lo sguardo verso Roman, fermo alle sue spalle a godersi l’insolito spettacolo. Beh, insolito per loro, ma per Roman no di certo: quei due sono più simili di quanto credano, vittime dello stesso Destino nefasto e destinati a stare fianco a fianco per spalleggiarsi e sostenersi. Pensava che ci avrebbero messo più di dieci minuti prima di rotolarsi come cuccioli, ma gli sta più che bene lo stesso.
A causa della fastidiosa sensazione di essere come trapassato da qualcosa, si accorge dello sguardo oltremodo rabbioso del Saiyan e subito alza le mani in segno di resa.
«Non guardarmi così, ragazzo. Io non c’entro assolutamente niente con la sua resurrezione.»
«Era morto davvero? Anche tu?» Domanda di slancio River, continuando a fissare il punto lontano sulla spiaggia in cui i due sono spariti.
Aveva tanto sentito parlare di lui dai suoi fratelli e le sue sorelle… uno addirittura lo definiva il suo migliore amico in assoluto, suo fratello di zanna!, e nella mente del giovane bastardo è ancora chiaro il ricordo della sua famiglia avvolta dal dolore per la sua perdita. Se ancora non sanno che sta bene un motivo deve esserci… dovrò tenere la bocca chiusa, temo. Perdonami, padre, ma prima devo capire che succede.
«Io ci sono andato vicinissimo, ma ero ancora vivo quando questi due sono apparsi con altre fatine luccicanti e ci hanno portati via. In quel gruppo di idioti nessuno ha fatto caso se i nostri corpi fossero o meno in mezzo agli altri quando gli hanno dato fuoco. Erano così ubriachi di sangue e violenza da non badarci assolutamente, dando poi per scontato che qualcuno lo avesse fatto e fine della storia.» Spiega quasi soprappensiero Darko, grattandosi distrattamente il mento mentre pensa velocemente a come sbarazzarsi di tutti quei cuccioli curiosi per poter portare a termine l’ordine che gli è stato precedentemente dato. «Un errore da pivelli, senza alcun dubbio, ma è anche vero che ciò che è successo ad Everett è una cosa più che rara. Credo ci siano stati solo altri tre o quattro eventi simili.»
«E cosa gli sarebbe successo?» A prendere la parola stavolta è Bree, ferma al fianco del padre ad osservarlo con sguardo attento.
Mimì, lontana dai due e ben piazzata tra Bulma e Lunch, non può davvero fare a meno di notare la strabiliante somiglianza tra i due. Stessi occhi vivaci ed intelligenti, stesse espressioni, stesso caratterino sulle prime difficile da apprezzare. In cuor suo non può far altro che sperare che seppelliscano il passato e si avvicinino una volta per tutte, soprattutto dopo aver sentito più volte la compagna invocare con dolore il suo nome mentre dorme.
«È stato rimandato indietro. Devi sapere che fece una promessa ad una persona tanti anni fa, e il fatto che lui sia qui significa che suddetta persona ha un rapporto così stretto col Grande Spettro da averlo indotto a restituire la sua anima al corpo. Non vi dico neanche quanto era incazzato quando ha riaperto gli occhi, non penso che si possa proprio spiegare a parole.» Risponde con una sfolgorante ovvietà, anche se in realtà pure lui vorrebbe capire come funziona la faccenda.
Everett era morto, Apophis gli aveva lacerato il cuore con un artiglio mentre dormiva.
Nessuno si aspettava un simile colpo da parte di Jäger, tanto meno si aspettavano che in segreto avesse addestrato tanto bene i suoi fedeli. Ma come potevano prevederlo? Quel pazzo era strano già appena nato, glielo si leggeva nei suoi freddissimi ed intelligentissimi occhi, e crescendo ha dato sempre e solo prova di essere capace dell’inimmaginabile. Era un vanto per Mezcal, ma al tempo stesso una minaccia. Programmava di sbarazzarsene, così da poter far regnare Baileys… o meglio, mettere Baileys sul trono e poi muoverlo come un burattino per il puro piacere di farlo.
Darko ricorda ancora bene che il ragazzo che lo attaccò nel sonno fu così frettoloso da non accertarsi neanche che fosse ferito mortalmente prima di abbandonarlo lì e proseguire col suo massacro, dandogli modo di potersi trascinare da Everett. Quando lo trovò era già morto, immobile sul pavimento, un lieve sorriso ad increspargli le labbra.
Sorrideva il bastardo, perché finalmente si sarebbe ricongiunto a Leila, la sua lunga agonia sarebbe finalmente cessata, e così Darko si lasciò andare al suo fianco in attesa che li trovassero e che tutto finisse. Di colpo però gli arrivò uno strano odore alle narici e quando riaprì gli occhi era circondato dalle Fate, Roman dietro di loro. Vide un bagliore accecante, richiuse gli occhi e quando li riaprì era in uno strano luogo semi-buio, dove sbrilluccicavano un numero imbarazzante di Fate e pietre preziose ancora incastonate nelle pareti, che a loro volta erano piene di venature d’oro e d’argento. Capì subito che li avevano condotti nella loro vera terra, luogo mai visto da nessuno all’infuori di Roman.
Qualche secondo dopo aver aperto gli occhi, un ruggito assordante ha squarciato l’aria e, girando debolmente la testa, vide che il suo ragazzo si stava agitando in cerca di ossigeno, per poi perdere i sensi ed accasciarsi tra le braccia forti e protettive di Roman.
Mio padre mi ha avvertito che dovevamo venire. Non ne sapevo niente fino a due minuti esatti prima di materializzarmi da voi.” Ecco come Roman spiegò il suo arrivo, lasciandolo comunque abbastanza soddisfatto.
Ci vollero poi quattro giorni prima che Everett riaprisse gli occhi, debole come un gattino ed inferocito che neanche l’intero popolo Saiyan resuscitato di fronte ad un inerme Freezer.
Ma sono tempi andati quelli, è tutto così lontano. La situazione adesso è molto più delicata di allora, Jäger ha quasi esaurito la sua pazienza e presto si muoverà per prendersi quella che considera a tutti gli effetti la sua compagna, quindi non ha tempo neanche per perdersi nei ricordi: deve soddisfare la curiosità di quei ragazzini e poi andarsene senza che possano pensare di seguirlo, così da portare a termine il suo compito e poi tornare a spiare i due enormi cuccioli.
«Vado a lavarmi!» Mezza verità, nessuno potrebbe certo sospettare che stia andando a spargersi su tutto il corpo una particolare miscela capace di nascondere il loro odore anche al più sensibile degli olfatti. Poveri cucciolotti… sono così indietro che fanno davvero tenerezza!
Come un animale che si rifugia nella propria tana, così Radish si è chiuso in sé stesso per leccarsi le ferite.
Non sa se riuscirà ad abituarsi. Sicuramente non lo accetterà mai veramente.
Se ne sta seduto sui gradini di legno della villetta, i gomiti sulle ginocchia e le mani a coprirsi gli occhi. Vorrebbe sparire, adesso. Vorrebbe teletrasportarsi su qualche pianeta lontano per sfogare tutta la sua frustrazione e la sua rabbia.
Gli hanno fatto un qualcosa che ha modificato il suo essere solo perché desse la forza a Sherry di alzare la testa per prendere il comando. Lui serviva a questo: doveva avvicinarla, scoparla, farla divertire un po’, raccontare un po’ delle sue battaglie e poi dileguarsi. Niente più di questo.
Invece c’è rimasto fregato. E c’è rimasta fregata anche lei.
Se da una parte odia davvero questa situazione, dall’altra lo preoccupa pure. Se le dicesse che ciò che c’è tra loro è stato in qualche modo architettato? Col carattere che si ritrova potrebbe tranquillamente chiudersi a riccio ed allontanarlo, giusto per dimostrare che non si lascerà controllare dal Destino.
Una risata strozzata gli muore in gola all’idea che un tempo, prima che quella maledetta cosa argentea gli entrasse dentro e gli fottesse il DNA, avrebbe reagito alla stessa maniera. Ma adesso non ci pensa neanche ad allontanarla, perché quello che è diventato in così poco tempo con lei non può essere messo da parte per una cosa del genere. Neanche ciò che prova per lei può essere eclissato da una notizia del genere, perché malgrado tutto, malgrado ogni incomprensione e ogni suo strano atteggiamento maledettamente animalesco, lui ne è davvero innamorato. È la sua compagna e non ha intenzione di rinunciarvi.
Ad aggravare tutta la delicata situazione, però, c’è anche il non trascurabile fatto che lei è corsa dietro ad Everett.
Gli è bastato un debole richiamo per farla scattare, per allontanarla da lui senza battere ciglio. Come può, Radish, non domandarsi cos’altro sarebbe capace di spingerla a fare? Per quanto ne sa, potrebbe allontanarla da lui, potrebbe portargliela via e prenderla come compagna come voleva il folle che li ha concepiti.
«Radish.» Lo richiama a gran voce Roman, guardandolo poi con sguardo dolce e paterno «Lascia che passino un po’ di tempo insieme. Per quanto possa sembrarti assurdo, Everett non è così male. Va solo preso per il suo verso… un po’ come lei. Ed anche come te, se non ti ho inquadrato male.»
Bree si inginocchia davanti a lui e gli sorride. Un sorriso dolce di chi cerca silenziosamente di dirti che va tutto bene, che le cose non cambieranno e che non c’è proprio niente di cui preoccuparsi.
Radish però non sa se può fidarsi. Chiunque lì in mezzo potrebbe preferire il lupo a lui, che tra la loro gente è il secondo classificato con i geni che più si sposano con quelli di Sherry.
Un principe dal sangue purissimo, la linea più pura che esista, la diretta discendenza di Roman e Roscka, una linea mai contaminata in più di mille anni. Neanche i principi del Sud possono vantare un simile pedigree, solo Everett e Jäger.
Ecco con chi si ritrova a competere adesso, almeno nella sua testa.
Essendo Roman di natura uno che si tiene le cose per sé e che non rivela mai niente di nessuno se non ha il permesso del diretto interessato, non ci pensa proprio a dirgli di Leila. Per quanto ne sa, Everett potrebbe aver detto a Sherry di non dire niente a nessuno o anche di dirlo lei al compagno. Lui, di certo, non ha intenzione di metterci mano, non in una situazione strana e delicata come la loro.
Quasi quasi chiedo ad Angelina di dare una sbirciatina al futuro per stare tranquillo… bisogna vedere solo se è dell’umore adatto o se quello sbruffone di Darko l’ha indispettita troppo.
«Dai zio! Andiamo all’Alibi e spacchiamoci di tequila e donuts!» Trilla allegro Mordecai, buttandosi in scivolata sui lunghi ed ampi scalini fino a finirgli addosso.
Ecco, di lui Radish può fidarsi. È fuori di testa e su questo non ci sono dubbi, ma è anche il più schifosamente e brutalmente sincero lì in mezzo e gli vuole bene. Gli vuole davvero bene, in più di un’occasione l’ha visto rigirarsi come una vipera per azzannare qualcuno perché magari aveva sollevato gli occhi al cielo dopo un suo ordine. Se lui, così privo di tatto ed autocontrollo, si mostra tanto tranquillo se Sherry va a zonzo con Everett, vuol dire che pure lui può stare tranquillo.
Ed è vero, del parere di Mordecai ci si può fidare sul serio, non gliene verrebbe niente in tasca a mentire su una questione del genere. Pur non avendo idea di cosa possa legare quei due oltre al sangue, lui forse più di tutti può capire la felicità dell’amica nell’aver ritrovato l’unico fratello che non le ha mai fatto del male. Pure lui, malgrado abbia ricordi lontanissimi e ormai estremamente sbiaditi, vorrebbe rivedere suo fratello Malacai, anche solo per cinque minuti.
Capisce anche la preoccupazione di Radish, però: se la donna che ama con tutto sé stesso agitasse tanto la coda per l’uomo che avrebbe dovuto sposarla, che lui non conosce e che è significativamente avvantaggiato sotto ogni punto di vista tra la loro gente… beh, gli girerebbero giusto un po’ le palle, ecco.
È per questo che adesso gli tiene un braccio attorno alle spalle mentre si dirigono con passo svelto verso i pick-up, deciso a distrarlo in qualche modo.
Per un attimo gli pare poi di vedere una specie di bagliore dorato in mezzo alla vegetazione, ma alla fin fine si convince di averlo solo immaginato: non c’è niente là in mezzo e non c’è nessun odore strano, quindi non può essere passato proprio un bel niente.
«Vi raggiungo anche io appena mollo loro due a casa!» Afferma allegramente Micah, accennando col capo verso Chichi e Gohan. Il ragazzo era sicuramente più entusiasta all’idea di poter passare di nuovo qualche ora in compagnia dell’eccentrico Cacciatore, ma può tranquillamente accontentarsi anche del Segugio. Piccolo, al contrario suo, ne è decisamente entusiasta dal momento che questi pare ancora sedato dalla stanchezza e dal violentissimo dopo sbornia.
«Non dovevi vederti con quella ritardata tutta tette?» Urla dietro di loro Major, il cui braccio è ben avvolto attorno alle spalle magre di Domino. Ha conquistato moltissimo terreno la sera precedente rifiutando apertamente una brunetta mozzafiato che gli si stava strusciando addosso per potersi accoccolare sulle gambe di Dom e continuare a biascicare frasi incomprensibili alla sua pancia. I punti ovviamente valevano doppio dal momento che era totalmente sbronzo e la tipa quasi nuda.
«Infatti, viene lì.» Asserisce con noncuranza il biondo, consapevole di quanto l’umana in questione con la quale di tanto in tanto passa qualche oretta di fuoco sia una totale imbecille.
«Adesso sono un uomo davvero tanto felice!» Ride forte Mordecai, strattonando poi con energia il Saiyan al proprio fianco «Forza Capitano, andiamo a sfottere l’amichetta scema di Micah!»
Radish abbozza un sorriso al più giovane e si porta velocemente verso il pick-up, sollevato dall’idea che non dovrà guidare. Non ne sarebbe capace adesso, non dal momento che non riesce a far altro che domandarsi cosa stia succedendo tra la compagna ed Everett.
Ho bisogno che tu torni a casa, Sher… torna a casa da me, ti prego.


Una volta usciti dai domini delle Fate, si sono incamminati lungo il corso di un torrente, diretti al Nord. Rossi aghi di pino mulinavano nell’acqua fredda e cristallina, si arenavano contro radici affioranti e poi venivano trascinati via. Miriadi di insetti rasentavano la superficie o camminavano sul pelo dell’acqua con zampette sottilissime, più lunghe dei loro corpi.
Non lontano dal torrente c’era un sentiero per il trasporto della legna abbandonato. In realtà era più una stradicciola tortuosa ricoperta di aghi di pino dove gli alberi non crescevano a distanza troppo ravvicinata. Bisognava tenere gli occhi ben aperti per distinguerla, ma per loro due era chiara come il Sole, un po’ come una specie di autostrada.
All’inizio l’andatura era veloce, quasi frenetica per via dell’eccitazione generale che hanno fiutato, adesso proseguono calmi l’uno di fianco all’altra.
Se già Sherry appare come un esemplare imponente con i sue due metri e dodici al garrese, Everett appare proprio monumentale con i suoi tre metri e venti. È uno degli esemplari più grossi che si siano mai visti, decisamente fuori taglia pure per un maschio Alpha Purosangue. In realtà lo erano molti dei suoi fratelli, Baileys batteva tutti quanti ed era seguito a ruota da Jäger.
Dopo la tragedia, Everett si è finalmente piazzato al terzo posto sul  podio poiché Blackwood, principe ereditario del Sud, lo ha sempre scalzato ed escluso con i suoi due centimetri in più.
Sherry, che alterna velocemente momenti di profondo imbarazzo dovuti alla sua vicinanza a momenti di vivace euforia, trotta al suo fianco e talvolta allunga il muso in alto per mordergli giocosamente l’orecchio, non scatenando in lui particolari reazioni.
Per quanto di tanto in tanto ci abbia provato anche in passato, non è mai stato particolarmente giocherellone. Solo con una persona dava il meglio - o peggio? - di sé.
«Non hai ancora avuto nessuna reazione emotiva.» Latra mentre schiva abilmente l’ennesimo assalto da parte sua, trattenendo una risata di fronte al suo sguardo attento ma comunque vivace. Gli sembra quello di un cucciolo che per la prima volta va a caccia anziché quello di una fiera Regina. Ma come potrebbe vederla altrimenti? Per lui sarà sempre un cucciolo.
«Mh?»
«La storia di tua madre, il fatto che io ti abbia protetta in questi anni… niente. Non hai battuto ciglio. Vuoi forse farmi credere che t’immaginavi tutta la storia?»
«Certo che no, solo…» La coda ondeggia lentamente alle sue spalle, le orecchie di colpo di appiattiscono contro il cranio. Si osserva la punta delle zampe mentre continua a camminare, improvvisamente incapace di sostenere lo sguardo curioso ed un poco invadente del maggiore.
«Non lo so, okay? Non mi sembra così assurdo come invece è. In qualche strano modo, poi, mi fa sentire… meno sola, ecco. Credevo di essere meno di niente, una caccola attaccata sotto al divano, invece a quanto pare c’è sempre stato qualcuno che teneva a me.»
Everett, a queste parole, si pietrifica, la testa ben alta, le lunghe zampe saldamente piantate a terra. A tenere le orecchie basse stavolta è lui, che proprio non riesce a trattenere un commento stranito.
«Una caccola attaccata sotto al divano? Ma che razza di paragone è?» Un labbro gli si arriccia di scatto, mostrando il lungo e candido canino che pare risplendere a contrasto col vello nerissimo. Assottiglia pure gli occhi, tentando di capire come diavolo ragioni la sorellina, non riuscendo proprio a raggiungere alcuna spiegazione plausibile. Per quel che riesce a ricordare, alla Tana non si esprimeva così.
Sherry gli trotta attorno, gli occhi accesi da una vivacissima strafottenza mista ad allegria. Per quanto le sembri decisamente assurdo, non le dispiace proprio per niente la sua compagnia.
«Passa un po’ di tempo in mezzo al Quartetto, vedrai come ti esprimi dopo, principino!»
Ricomincia a correre ad un galoppo leggero, immergendosi ancor di più in quel paesaggio gelido e surreale. Tutto è innevato, immacolato, non ci sono esseri umani da quelle parti, solo alberi spogli, i cui rami scheletrici si tendono al cielo freddo in un silenzioso grido, incoronati da fiocchi di neve e merletti di ghiaccio.
Sherry si scuote un poco il manto scuro, creando una piccola e breve pioggiarellina che pare risplendere sotto ai raggi del Sole.
Volta poi il muso verso l’Alpha, trovandolo ben più indietro rispetto a lei. Lo guarda per qualche secondo mentre avanza con calma in mezzo a quel candore, trovandolo incredibilmente elegante e schifosamente aristocratico.
Ripiega la testa di lato, le orecchie rigidamente puntate in alto ed una nuova piccola frecciatina le rotola prepotentemente sulla lingua.
«Ma tu devi sempre essere così rigido?! Guardati, sembra che ti abbiano impagliato!»
«È semplicemente la mia postura.»
«Beh, alleggerisci bello!» E detto questo si butta nella neve, si rotola agitando le lunghe e forti zampe al vento, sollevando un numero spropositato di fiocchi di neve tutt’attorno.
Everett la guarda con un sopracciglio inarcato - per quanto la sua attuale forma glielo consenta - e poi prosegue, allontanandosi verso ovest. Sa bene dove sta andando, non è certo la prima volta che prende le gambe - o le zampe - e va a farsi una girata in solitaria, solo che in genere lo fa nel cuore della notte per poter agire col favore delle tenebre.
Ha nascosto degli zaini avvolti nella plastica da quelle parti e, dopo aver scavato un po’ sotto lo sguardo attentissimo della minore, li estrae e ne incastra uno con maestria nel canino inferiore, suggerendole silenziosamente di fare lo stesso.
«Muoviti superstar, ci siamo quasi.»
«Come siamo passati da “topolino” a “superstar"?»
«Preferisci topolino?»
«Ah no, è mortificante.»
Se qualcuno la vedesse comportarsi in modo tanto infantile proprio con lui, probabilmente non riuscirebbe a crederci. A stento ci crede lei, che ha sempre provato una forte e strana sensazione riconducibile al panico non appena incrociava il suo sguardo severo.
Ma Everett non è sempre così. Ci sono volte in cui anche lui si lascia un poco andare, dove tira fuori un carattere più affabile e allegro, e ciò avviene solo con persone delle quali sente di potersi davvero fidare. In vita sua è successo solo ed esclusivamente con quattro persone, escludendo la vivacissima lupa che continua a trottare da tutte le parti senza sosta.
Pure lui credeva che avrebbe tenuto un profilo molto più basso, che l’avrebbe vista tenere la coda ben ripiegata in mezzo alle zampe, invece da un secondo all’altro gli è parso di capire che non lo tema proprio più. Per essere precisi, quel momento è stato quando gli ha preso la mano. Sei fuori di testa come tua madre, topolino.
«Si può sapere dove stiamo andando? E poi scusa, ma non è pericoloso per te gironzolare qui? Ti fiuteranno e addio a tutti gli anni di isolamento per nascondere la tua esistenza.» Nel parlargli gli si è avvicinata fino a portare il naso a pochi centimetri dal suo, gli occhi puntati fermamente nei suoi.
Per quanto in queste sembianze la somiglianza con Mezcal sia innegabile agli occhi di Everett, non può fare a meno di ripensare a Leila nel vederla così spigliata al limite dello sconsiderato. Chi altri, in quasi quarant’anni di vita, ha mai messo il muso tanto vicino al suo oltre alla sua pazza moglie? Beh, in effetti qualcuno c'è stato, ma era un cucciolo quando ciò avveniva e il suo aspetto era decisamente meno terrificante di adesso.
«Sono dell’idea che lo scopriranno lo stesso, tanto vale fare un giro a muso scoperto.» Si scosta da lei indietreggiando di un paio di passi, alzando pure il muso in alto così da non ritrovarsi di nuovo costretto ad una tale vicinanza, e la supera ricominciando a trottare nella neve.
Presto tutto questo bianco sparirà, l’impronta dell’uomo si farà di nuovo sentire, per quanto minima. Ma non è per questo che i suoi sensi si sono fatti di colpo molto più attenti: il luogo in cui sono diretti dista solo un’ora e mezzo dall’ingresso dei Territori del Nord.
Ma non gli interessa particolarmente, conosce abbastanza sia Jäger che i lupi che lo seguono da poter dire con assoluta certezza che il massimo che oserebbero fare oggi sarebbe bestemmiare sonoramente e tirargli addosso una pigna.
«E comunque stiamo andando in un posto che, forse, potrebbe interessarti.»

È pomeriggio inoltrato quando raggiungono finalmente la meta che Everett si era prefissato.
La neve tra gli alberi cattura quel poco di Sole che filtra dai rami e riflette un azzurro ultraterreno. Gelide ciocche di bruma si insinuano ai piedi dei cespugli.
Sentono le martore e i toporagni scavare cunicoli sottoterra, il rumore prodotto da un orso che si gratta contro un tronco sull’altro versante della valle. Riescono a percepire gli odori di tutte le piante e di tutti gli animali che popolano quel paesaggio e sono in grado di stabilire a quale distanza si trovano basandosi solo sulla loro scia odorosa.
Ma c’è molto di più, strati di odore sovrapposti. Quegli aghi di pino sono invasi da una colonia di formiche. Quegli altri sono intrisi di urina di coniglio; cosa assai più eccitante, fra l’altro.
Una traccia olfattiva in particolare ha il sopravvento. È come un assolo eseguito sullo sfondo di una sinfonia maestosa, e pretende la loro attenzione. È l’odore degli esseri umani.
«È ora di tornare su due zampe, superstar.» E detto questo lascia cadere lo zaino a terra e si concentra per riprendere sembianze umane, sospirando per la frustrazione. È strano tornare a questa forma, ci si sente per un attimo spaesati e tutto appare quasi insapore per un brevissimo tempo che a loro pare infinito. Niente a che vedere con la trasformazione inversa, dove il mondo diventa improvvisamente bellissimo e pieno di attrattive.
Sherry segue il suo esempio e, dopo averlo visto rivestirsi in fretta e furia - potrebbe dire pure con una punta di imbarazzo, ma non ci metterebbe la mano sul fuoco -, indossa i lunghi e larghi vestiti che le ha dato, risultando assai comica. Come poteva pensare che le potessero andare? È alto quanto Radish, forse lui addirittura raggiunge a pieno i due metri, il suo corpo è possente e ha delle spalle larghe e forti che sono decisamente più del doppio delle sue. Ci naviga nei suoi vestiti, proprio come in quelli del compagno!
Senza contare poi le scarpe: entrambi i suoi piedi potrebbero tranquillamente stare in una sola scarpa e, forse, troverebbe pure spazio per infilarci della carta.
«Dove dovrei andare così? E come?»
Everett la guarda per qualche secondo, ben fasciato e tenuto al caldo da vestiti decisamente della sua misura. La guarda ed infine ride, non riuscendo a fare a meno di paragonarla di nuovo ad una bambina piccola.
Poi, senza dire una parola, l’avvicina a grandi falcate e le avvolge le spalle con un braccio mentre l’altro lo passa dietro alle sue ginocchia. In un attimo, Sherry si trova sospesa in aria, stretta al suo petto. L’imbarazzo è così tanto che di colpo non sente neanche più freddo.
Cammina per un quarto d’ora buono, i piedi affondando nella neve soffice e riemergono senza alcuna fatica. Il freddo gli pizzica il volto, ma non vi bada. È stato molto più nudo a temperature ben inferiori e l’ha trovato semplicemente fastidioso, ma per Sherry la faccenda è un poco diversa: se i primi undici anni li ha passati nei freddi Territori del Nord, gli altri quattordici li ha passati in climi molto più miti, arrivando ad abituarsi pericolosamente. Per un folle attimo si chiede se potrebbe di nuovo vivere in quella che, a conti fatti, è la sua vera casa, ma poi un lieve vociare le giunge alle orecchie.
Sono arrivati alla costa senza che se ne rendesse neanche conto e ora costeggiano con passo svelto un piccolo villaggio di pescatori. Si domanda come facciano a vivere lì, ma poi si accorge dei profondi segni di pneumatici a terra e capisce che, più che viverci, la maggior parte di loro vanno e vengono giusto per lavorare e le case presenti sono usate più come alloggi provvisori.
Everett prosegue lungo quello che, una volta liberato dalla neve, dovrebbe essere un vialetto stretto e sinuoso finché non si ferma davanti ad una piccola casetta fatta di pietra e legno.
Una volta dentro finalmente la rimette a terra, lasciandole così modo di adattarsi a quell’angusto ed intimo ambiente composto da un’ampia stanza collegata a un solaio da una semplice scala a pioli. C’è odore di fumo stantio e muffa. La luce che filtra dalle tendine ingiallite dona all’ambiente un colore ambrato, un’atmosfera intima ma non antiquata. Nostalgica, forse.
L’arredamento, fatto di pochi elementi, è di legno grezzo intagliato. Le sedute delle sedie e il ripiano del tavolo sono stati levigati e lucidati; ci sono ancora pezzi di vecchia corteccia intorno alla gamba di una sedia e sul lato inferiore di una mensola. Niente lì dentro suggerisce la presenza di corrente elettrica.
La pavimentazione è fatta con un parquet di caldo legno di  ciliegio. Da un lato c’è un divano bordeaux che un tempo doveva avere un’aria morbida e vaporosa che invitava proprio a buttarcisi sopra, mentre adesso è rovinato dall’incedere del tempo, dall’umidità, dalla trascuratezza e dalla polvere. In realtà, tutto lì dentro è coperto da almeno un dito di polvere.
Per mera curiosità apre la dispensa e dentro vi trova un paio di lattine di mais e piselli che dubita fortemente possano essere ancora buone. Le etichette sbiadite sembrano provenire da un’altra epoca. L’armadietto dei liquori, invece, promette un po’ di più. Vede qualche bottiglia di scotch mezza vuota e per un attimo pensa che le piacerebbe buttarsi con Everett su quel divano e bere qualcosa.
«Questa era casa nostra.» Lo aveva capito, ricordava quel posto che lui stesso le ha mostrato tempo addietro tramite i suoi ricordi, ma le fa un certo effetto sentirglielo dire. Le fa poi ancor più effetto vederlo guardare quella stanza con sguardo vuoto, lontano, e la consapevolezza che stia ricordando altre cose adesso tanto dolorose le fa male.
Abbassa il capo annuendo debolmente. Si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, dopo essersi schiarita la voce, riprende a camminare ed osservare. Sulla destra si sono delle mensole piene di vecchi libri e CD. Ormai inutilizzabile, sul pavimento giace un vecchio stereo a batterie, i cui tasti sono stati consumati a furia di essere premuti.
Prende la custodia di un CD abbandonato di fianco allo stereo e legge i nomi dei brani che vi sono dentro. Le labbra si arricciano immediatamente di lato in una smorfia disgustata.
«Dio… chi di voi due aveva gusti del genere?» Brontola a mezza bocca, sussultando come un gattino quando sente il torace dell’uomo poggiarsi contro la sua schiena e il suo viso fare capolino a pochi centimetri dal suo.
«Lei. Pessimo orecchio, davvero.» Afferra l’oggetto incriminato con la punta delle dita e strabuzza un poco gli occhi, per poi buttarlo alla rinfusa dov’era stato precedentemente raccolto. Dio, aveva dei gusti così pessimi in fatto di musica da potersi definire senza ombra di dubbio imbarazzante, ma lui ascoltava tutto quello che gli propinava. Certo, poi anche lui sparava a tutto volume la musica che gli piaceva e lei la ballava con energie, ma il più delle volte tra quelle mura risuonavano le sue orride canzoni.
Sherry sguscia velocemente fuori dalla sua portata, un poco a disagio e comincia poi a salire la scala a pioli ed esplora l’angusto secondo piano.
C’è giusto un letto, le lenzuola sono rimaste rimboccate con cura durante gli anni, con ancora la piega a triangolo come nei letti d’ospedale. Accanto al cuscino, una lampada a cherosene e una pila di libri, tascabili vecchi di decenni con le orecchie alle pagine.
Di colpo, come un fulmine a ciel sereno, nella sua mente prende forma la consapevolezza che tutto questo sia stato costruito dalle mani di un bambino di neanche undici anni per la ragazza che amava. Un bambino che si ritagliava quanto più tempo possibile tra una battuta di caccia ed un severo allenamento per potergliela costruire con le sue mani solo per vederla felice.
Un bambino che di colpo si è ritrovato con il cuore infranto ed il mondo che gli si sgretolava sotto ai piedi.
Si accascia sul vecchio materasso cigolante e si porta le mani sul viso, sforzandosi sia di regolarizzare il respiro sia di non piangere. Non vuole che la veda piangere, non si merita anche questo.
«Purtroppo per oggi non possiamo restare più di così ma, prima di andarcene, prendi questo.» Le mette in mano un piccolo album di fotografie sorprendentemente scampato alle intemperie e Sherry lo accetta con mano un poco incerta.
Si domanda come faccia a restare così calmo in un luogo che non fa altro che ricordargli Leila, un luogo costruito solo per lei. Si domanda dove trovi la forza di respirare con tanta calma e di sorridere, quando per lei solo l’idea di perdere in qualche modo Radish è assolutamente intollerabile e straziante.
Sfoglia le pagine lentamente, guarda i loro scatti ingialliti e rovinati, guarda i loro sorrisi. Si abbracciano in ogni foto in cui sono insieme, lei spesso è ritratta con delle smorfie buffe mentre lui la guarda con sguardo divertito. Ce ne sono alcune in cui sono presi singolarmente; talvolta c’è lei immersa nelle sue faccende, mentre sfoglia un libro o giocherella con lo stereo, in altre c’è lui che torna da una battuta di caccia, un grosso orso poggiato sulle spalle e un sorriso sghembo in volto, talvolta invece è immortalato mentre gioca alla lotta a torso nudo nella neve con un altro ragazzo che però non conosce. In una foto ci sono loro due, innamoratissimi che si tengono stretti, al loro fianco un’altra coppia che lei non ha mai visto. Sorridono tutti e quattro, le teste vicine e gli occhi ricolmi di una speranza mai vista prima.
In ultimo c’è un primo piano di Leila che sorride felice alla fotocamera mentre si sistema un giglio tra i capelli. Era così giovane, bella, spensierata, felice.
«Le somigli tantissimo. Il taglio degli occhi però penso sia più simile a quello di Cesira, la compagna di Maekhong, ma per il resto sei molto simile a lei.»
Beh, essere paragonate a sua nonna Cesira non è certo un insulto, anzi! Non le dispiacerebbe sentirsi dire che anche a livello caratteriale si somigliavano, poiché era una donna davvero cazzuta. Pure Maekhong, per quanto fuori di testa come una piccionaia e violento come pochi, non alzava mai la cresta con la terribile Cacciatrice. Si dice che le bastava mostrargli solo un canino per farlo tornare a cuccia. Morì in combattimento per proteggere i suoi figli, circa due anni prima che Mezcal salisse sul trono, e che fu proprio a causa della sua morte che il marito diede fuori di testa completamente e combatté senza alcuna strategia contro Blacklake, padre di Greywind. Beh, tutto sommato riesco a mettere a cuccia un Saiyan, forse non sono poi tanto da meno!
«Nell’altra forma invece sei più come Mezcal. Hai pure le stesse zampe bianche!»
«Trovo molto offensivo essere paragonata a lui, sai?» Lo guarda in cagnesco per qualche secondo, tornando poi a concentrarsi sull’album.
Everett ridacchia appena, consapevole di quanto possa essere fastidioso. Ha perso il conto, in gioventù, delle volte in cui i suoi occhi e le sue espressioni venivano paragonate a quelle del padre che tanto disprezzava.
«L’importante è che non avvengano simili paragoni a livello caratteriale, per il resto ci si può anche stare.» Afferma pigramente mentre si alza dal letto, spinto dalla fame. In fondo la sera prima non ha toccato niente per il nervoso, ora potrebbe mangiarsi pure una sedia se gli riempisse davvero lo stomaco.
«Vuoi andare a caccia?» Domanda con un sorriso allegro, facendola vacillare. Si è accorto di quanto questi suoi piccoli gesti riescano in qualche modo a confonderla, ma capisce che non deve essere semplice accettare che pure lui, che negli anni in cui hanno vissuto insieme avrà detto sì e no un centinaio di parole in sua presenza, sia capace pure di scherzare e sorridere. Anche di ridere, in realtà, ma non è semplice divertirlo sul serio.
«Ma non possiamo…»
Assottiglia gli occhi e si piega in avanti, portando il viso a pochi centimetri dal suo come lei aveva precedentemente fatto con lui. La fissa dritto negli occhi, sfidandola a liberarsi delle catene imposte dall’antica entità e seguire il proprio istinto insieme a lui.
«Forse non hai capito come stanno le cose: Papà Spettro mi ha fatto un torto inclassificabile, quindi io posso fare il gran cazzo che mi pare e lui non deve dire niente. Se ora voglio cacciare, lo faccio. Tu vuoi venire o no?»
Rimane ammutolita, incapace di pensare di poter fare una cosa del genere. In fondo le cose per lei non sono proprio facili in questo momento, non vuole portarsi altra sfortuna mancando di rispetto al Grande Spettro.
Everett, sogghignando appena, semplicemente prende e scende velocemente le scale, pronto a liberarsi di quei fastidiosi vestiti bagnati e riprendersi la sua calda pelliccia nera. Ha sempre preferito stare su quattro zampe, gli risulta più semplice e naturale, ma la presenza degli esseri umani lo rende impossibile. Con le Fate è diverso, può vivere in forma di lupo quanto vuole e loro non si scompongono mai, ma non è del tutto certo di voler continuare a vivere lì ora che sta legando con Sherry.
L’Alpha, dopo aver messo l’album nello zaino ed essere scesa a propria volta, lo guarda dalla finestra della casa, incerta su cosa fare o pensare. Lui sa delle cose, cose che lei deve imparare per poter gestire al meglio il branco. Perché lui è stato addestrato sin dalla nascita al comando, era destinato a governare su tutti i Territori del Nord, quindi non c'è nessuno più indicato di lui per imparare.
Eppure, malgrado tutto, non sopporta l’idea di chiedergli aiuto. Questa, senza dubbio, è l’impronta di Mezcal, che mai si sarebbe piegato a chiedere un qualsiasi tipo di aiuto a qualcuno.
Il punto però - o problema - è che in realtà si ritrova a dover ammettere che gli piace la sua compagnia. È un uomo, non un ragazzino troppo cresciuto come i suoi amici. È un uomo adulto con la testa di un uomo adulto, parlare con lui è sorprendentemente stimolate e, al tempo stesso, semplice, naturale. Possono stare anche in silenzio e comunque va bene, la sua sola presenza la fa sentire tranquilla, protetta.
Quando lo vede dirigersi verso la foresta, l’istinto le dice di seguirlo. Esce e si incammina in direzione degli alberi sforzandosi di apparire disinvolta, anche se dentro si sente assai irrequieta in vista di ciò che sta per fare.
«Io però non ho intenzione di spargere del sangue! Ho già troppi casini senza che vada a pestargli la coda!»
«Come preferisci, topolino!»
Scatta in avanti di corsa, abbandona il giaccone pesante durante la strada poiché sa che ormai è inutile continuare a nascondersi.
Sherry gli è subito dietro, i piedi congelati rendono i movimenti dolorosi, motivo per cui, non appena vede l’altro flettersi in avanti, pure lei salta, le braccia protese, e lascia che il lupo esca di nuovo. In un batter d’occhio sono di nuovo su quattro zampe.
È sempre una sensazione piacevolissima, una sorta di orgasmo incredibilmente intenso che dura una frazione di secondo che li lascia frementi, in estasi.
Ogni volta è come togliersi dei vestiti molto scomodi alla fine di una giornata lunga ed estenuante. O stare sotto una cascata d’acqua e lasciarsi lavare via il sudore dal corpo.
È magico.
Non si sentono mai come esseri umani che si trasformano in lupi. Si sentono lupi che si risvegliano da un sogno lungo e noioso in cui sono stati costretti a vivere in un corpo di umano.
Sherry sente il suo odore nel vento, lo vede tuffarsi nella foresta, le foglie e i rami agitati al suo passaggio. Lo deve seguire: glielo dicono il suo odore e la sua coda corvina che si muove invitandola a raggiungerlo.
La potenza delle loro zampe può lasciare senza fiato. Possono correre, correre, correre per ore a velocità strabilianti senza mai stancarsi, senza quasi accorgersene. Sembra che il mondo sia fatto di gomma e loro rimbalzino come una palla.
Corrono, il corpo ondeggia al ritmo del respiro ansimante. Un balzo dopo l’altro le zampe affondano delicate ma decise nella terra, assorbendo le vibrazioni a ogni contatto con il suolo per poi tendersi per un nuovo balzo in avanti. Avanzano al ritmo del proprio sangue, e il cuore batte il tempo mentre il mondo scorre rapidissimo attorno a loro.
Sherry apre la bocca per far entrare e uscire l’aria dai polmoni, assaporandone i mille profumi. Senza alcuna vergogna lascia penzolare la lingua da un lato, nello spazio vuoto tra due enormi zanne, come una bandiera al vento.
Salta nello stretto passaggio tra due gruppi di alberi cresciuti con pendenze opposte. Everett, più veloce di lei, l’aspetta con pazienza, immobile. La sella di pelliccia fra le scapole è ritta sul dorso e lei capisce il segnale: deve restare lì il silenzio. Affonda gli artigli nel terreno cosparso di licheni e si focalizza completamente sul fratello.
Senza far rumore, con un’impercettibile vibrazione delle narici, respirano l’aria intorno, elaborando con la mente una mappa, una visione generale. Intere aree del loro cervello sono dedicate a quell’unica attività. Percorrono l’ampio inventario delle cose fiutate, cercando quella che gli interessa. Basta qualche millisecondo.
Sono come esperti di musica classica che hanno appena ascoltato una sinfonia e devono individuare un singolo strumento. È fin troppo facile, perché il loro cervello ha già catalogato quel particolare odore, lo ha già localizzato, memorizzato, contrassegnato.
Può essere soltanto una la preziosa traccia individuata: un animale, un mammifero, qualcosa di piccolo ed inerme.
Una preda.
Il vento gelido le increspa il manto. Ha due strati di pelliccia, una peluria folta e lanosa ed uno strato esterno più rado che le si rizza facendola sembrare più grossa e voluminosa di quanto in realtà non sia. Quello strato esterno è rigido, resistente. Avverte ogni singolo pelo fremere come se volesse staccarsi, mentre la pelle formicola nel percepire ogni minimo movimento intorno a sé. È consapevole di tutto ciò che succede, del tremito di ogni più piccola foglia, di ogni insetto che striscia sotto terra.
Il suolo vibra al ritmo del suo cuore e lei riesce a sentire i punti in cui non è solido, bensì cavo. È lì che la preda si è rifugiata in cerca di protezione.
Di colpo quella spasmodica attesa ha finalmente fine: Everett apre la bocca in un lungo e silenzioso sbadiglio, poi richiude le fauci con uno scatto sonoro.
Probabilmente la preda si è accorta della loro presenza. Ha avvertito il loro odore penetrante e si è rintanata ancora più in fondo al suo buco. Il rumore di quei denti giganteschi che si aprivano e si chiudevano devono averla terrorizzata, forse l’hanno addirittura fatta impazzire.
Una lepre si leva dal terreno e saetta in mezzo ai due, il mantello grigio sporco di fango. Gli occhi neri roteano furiosamente quando fa un balzo.
Everett si lancia all’inseguimento e Sherry lo segue a ruota, portandosi al fianco della preda, sapendo d’istinto come stringerla di lato.
Le due terrificanti creature si movono come scariche elettriche sul terreno, schivano i tronchi, attraversano boschetti di arbusti, agitandoli e spezzando rami, senza rallentare mai.
Lui tiene le fauci aperte guardando la lepre ormai spacciata. Poi mostra tutti i denti alla sorella e le lancia un messaggio chiaro, ovvero che, se vuole, può catturarla lei.
Fremente per l'eccitazione e la fame per poco non cede, ma con un guaito acuto gli fa capire che può procedere lui stesso alla cattura.
Senza alcuna incertezza, senza nemmeno l’ombra di un pensiero, aumenta la pressione delle zampe sul terreno, si dà una spinta maggiore e chiude la mascella intorno alla nuca della lepre e la solleva da terra. Con i potenti muscoli del collo strattona l’animale che si contorce nel sangue. Si apparta in un angolo del tappeto di foglie bagnate, la preda sempre chiusa tra le fauci. Gli occhi terrorizzati della bestiola incontrano quelli del suo carnefice mentre si dimena negli ultimi spasmi, ma il lupo rimane immune a qualsiasi forma di pietà o compassione.
Sherry gli è subito accanto e annusa la preda, eccitata da ciò che gli ha appena visto fare, ansimando selvaggiamente. Tuttavia non la addenta subito. Attende che gli comunichi la disponibilità a condividere il cibo. Poi, insieme, sbranano l’animale mangiandone avidamente la carne. Lui frantuma il cranio con le zanne possenti e si fa scivolare in gola la polpa burrosa del cervello. Lei mastica le zampe e con la lingua scava nel midollo fuori dalle ossa lunghe.
Finito il pasto, cadono l’uno addosso all’altra con lo stomaco finalmente placato, quasi incapaci di muoversi tanto sono rilassati. Sonnecchia un po’ Sherry, cullata dal respiro calmo e regolare del maggiore che la protegge con la sua mole, e si sveglia quando questi le preme il muso contro lo stomaco e drizza le orecchie, pronto a tornare alla spiaggia.
Hanno ancora tanto da dirsi prima di separarsi di nuovo, meglio farlo in un luogo tranquillo e lontano da orecchie indiscrete.


Lei non c’è, non è tornata a casa.
Potrebbe essere ovunque, là fuori. Potrebbe essere nel Regno delle Fate, luogo per lui inaccessibile, o chissà dove altro sotto spoglie di lupo.
Potrebbe star facendo qualsiasi cosa.
Non la sente da nessuna parte, non saprebbe neanche dove andarla a cercare. Come se questo non fosse abbastanza, poi, aveva lasciato il telefono lì sul comodino perché si erano giustamente detti “Siamo tutti insieme, cosa lo portiamo a fare?”.
Non può rintracciarla in alcun modo. Non può raggiungerla anche solo per controllare che vada tutto bene, che non sia successo niente di irreparabile.
Ha già deciso che le impianterà un microchip sotto pelle una volta tornata a casa, che lo voglia o no, e che monitorerà sempre i suoi spostamenti.
Sempre se tornerà a casa.
Radish non riesce a fare a meno di pensarlo da ore, ormai.
Perché lei a quest’ora è già a casa. Rientra sempre prima delle undici, lo faceva anche prima che vivessero ufficialmente insieme.
Lei tornava e si accoccolava contro di lui, gli raccontava della sua giornata, talvolta con entusiasmo e talvolta con scazzo e rabbia, e poi andavano a letto e certo non per dormire, non subito almeno.
Ma adesso lei non è tornata. È là fuori, da qualche parte, con lui.
È quest’ultimo punto a fargli ancora più male. Anzi, glielo faceva fino a trentasette minuti fa. Ormai la mezzanotte è passata, la legge di non spargere sangue è scaduta e Jäger è a piede libero. Il suo non è più semplice dolore, c’è della paura nel mezzo.
Per quanto ne sa, potrebbe essere successo di tutto.
Potrebbe essere finita a fare a botte con Everett ed aver perso - perché quello è ben più forte e furbo di lei, Radish lo ha capito.
Potrebbe essere stata costretta - o magari neanche costretta - a fare qualcosa con lui.
Potrebbe essere scappata con lui, un uomo forte e della sua specie capace di darle tutto ciò di cui ha bisogno, più che ben voluto tra la loro gente per il sangue purissimo; non ci sarebbero più sciocche incomprensioni, niente litigi per delle scemenze.
Potrebbe aver deciso di rimanere in quel mondo sospeso con lui, lontana da ogni pericolo; un luogo dove poter vivere secondo la sua natura, dove poter correre libera.
Potrebbe essere finita tra le grinfie dell’altro pazzo perché il primo impiastro con le pulci non è stato capace a difenderla e lei non è stata abbastanza veloce. O forse è stata così stupida da provare a lottare per difenderlo.
Se prima la questione dell’incesto non lo aveva mai neanche toccato, rilegandosi ad essere solo un pensiero estraneo affrontato solo in qualche film o nelle serie TV guardate distrattamente nei momenti di noia, adesso è un qualcosa di dannatamente fastidioso che potrebbe riguardarlo in pieno.
In fondo tutta la razza degli Spettri è venuta fuori dall’incesto tra Roman, Roscka e Regan. È iniziata con loro tre ed è proseguita poi tra i loro figli. In qualche modo e molto alla lontana, è probabilissimo che pure Sherry sia imparentata con i suoi ex compagni, ora che ci pensa. Solo quelli col sangue sporco da generazioni possono dirsi in parte esclusi dalla cerchia.
Oltretutto, giusto per rincarare la dose di brutti pensieri, non sente neanche le sue emozioni. Non sa se ciò avvenga per la probabile lunga distanza che li separa o se, magari, ha scelto un nuovo compagno, schermandosi così a lui.
Ha passato buona parte della giornata con Mordecai, Micah e una delle sue tante amiche, ma mai un secondo è riuscito a staccare veramente la testa, neanche quando il folle Cacciatore, con in corpo più cocaina che sangue, è schizzato fuori dall’Alibi, ha bloccato una macchina in mezzo alla strada, ha spalancato lo sportello urlando “È per la sicurezza nazionale!”, ha spinto il proprietario sbigottito di sotto e poi è scappato. Per circa cinquanta metri. Si è poi schiantato più o meno volontariamente contro un palo, è sceso ridendo come un pazzo, si è tolto i vestiti fino a rimanere in mutande ed è corso via.
In un altro frangente Radish avrebbe riso davvero tanto. Poi gli sarebbe corso dietro per picchiarlo perché non deve comportarsi così, soprattutto in pubblico, dicendogli inoltre che deve imparare a regolarsi, ma avrebbe comunque riso.
Oggi non c’è riuscito. L’ha guardato con disinteresse mentre Micah rimorchiava altre due ragazze e poi, senza tante cerimonie, se n’è andato con tutte e tre.
Rimasto solo è tornato a casa per riordinare le idee, magari calmarsi, ma non è servito a molto. La sua mente riusciva a concentrarsi solo su due singoli pensieri dolorosi in egual maniera: lei aveva preferito correre assieme ad Everett anziché tornare indietro con lui, e quei tre esseri maledetti gli hanno in qualche modo impiantato dentro qualcosa.
Li odia per questo. Li odia davvero.
Se avesse avuto scelta non avrebbe mai accettato, non si sarebbe mai fatto sporcare da un’onta del genere. Ma lui non ha avuto scelta, nessuno gli ha chiesto niente: è stato come resettato, modificato e riportato in vita così che potesse tornar loro utile.
Quando si sofferma su quest’ultimo punto, però, pensa anche che se non ci fossero riusciti, se una qualsiasi piccola cosa fosse andata in modo diverso, sarebbe morto e lei vorrebbe solo esserlo. O forse sarebbe sopravvissuto allo scontro col fratello e Piccolo, l’avrebbe incontrata ed avrebbe reso reale uno dei suoi orribili incubi.
Pensando a questi eventuali scenari, si sente un po’ meglio. Lui ha avuto modo di frapporsi tra lei e Jäger, può tenerla al sicuro ed impedire a quel folle di raggiungere i propri obiettivi.
Però poi pensa che lei non lo avrebbe mai amato se non fosse stato per quelle strane cellule che si sono attaccate alle sue, non si sarebbe mai fatta avvicinare così. Forse si sarebbero divertiti, ma non gli avrebbe dato niente di più.
Fa male pensarlo. Fa davvero male. Perché prima poteva dire a cuor leggero che lo volesse semplicemente per quello che è, che fosse una scelta unicamente sua, ma adesso non ne è più tanto sicuro.
È anche per questo che vorrebbe averla vicina, che avrebbe voluto tornare indietro con lei. Avrebbero parlato, si sarebbero confrontati. Le avrebbe vomitato tutto addosso, si sarebbe lasciato andare e avrebbe dato voce a tutti i suoi nuovi dubbi, e lei lo avrebbe ascoltato, lo avrebbe capito e magari abbracciato. Avrebbero trovato un modo per spuntarla insieme.
Insieme, esatto, perché lui non può concepire in ogni caso che possa andarsene, che possa abbandonarlo. Non tollera neanche il solo pensiero che ciò possa accadere, è come una pugnalata dritta al cuore.
Malgrado tutto però non riesce ad avercela veramente con lei. Non del tutto almeno.
L’animale che è in lei ha seguito l’istinto, muovendosi secondo una logica per lui difficile da seguire. Mimì glielo disse tanto tempo addietro che loro sono così, che è difficile adattarsi a questi atteggiamenti e che, se si vuole stare con loro, bisogna sforzarsi di capirli e accettarli.
Sa bene che Sherry è cambiata tanto per lui, per renderlo felice. Lo sa che lo ha fatto, ha visto la sua fatica e l’ha apprezzata con tutto il cuore. Gli basti pensare al fatto che non uccida più esseri umani per gioco, al fatto che anche quando ogni cellula del suo corpo la prega disperatamente di correre in mezzo ai boschi per dormire in qualche tana, lei rimane lì nel suo letto perché lui lo preferisce. Evita pure di mangiare carne grondante di sangue e con ancora la pelliccia attaccata perché per lui è disgustoso. Gli ha raccontato del suo passato!!!
Sta cambiando sé stessa, il suo reale modo di essere, e solo per lui, per facilitargli le cose, per vederlo sempre allegro. Lo fa involontariamente, Radish sa pure questo, ma lo fa perché è innamorata. Mimì gli disse anche di questo loro modo di fare, lo mise in guardia sul fatto che lo fanno senza che gli venga chiesto e che ne soffrono.
Non ci aveva dato peso però, quasi lo dava per scontato.
Dava per scontate così tante cose che ora, steso supino in un letto insopportabilmente vuoto, non può far altro che darsi dello stupido per averlo fatto.
In un certo senso si dà dello stupido anche perché dubita di lei. Sotto sotto sa bene che adesso sta cercando di mettere insieme i pezzi di un passato disastroso, che sta cercando disperatamente di dare vita ad un qualcosa che non ha mai del tutto avuto ma che ha sempre desiderato ardentemente.
Ma, al tempo stesso, come può rimanere tranquillo? Quello l’avrebbe sposata, sarebbe divenuto il suo compagno, l’avrebbe messa incinta e avrebbe costruito una famiglia con lei. Famiglia che, in fin dei conti, sotto, sotto, sotto, sotto, lei ha sempre desiderato. E come potrebbe essere altrimenti, in realtà? Non ne ha mai avuta una vera, non col suo stesso sangue per lo meno.
Chi gli dà la certezza che non possa succedere adesso e con Everett? Lui in fondo non è sicuro di poterle dare dei figli, un domani. Non li desidera neanche, gli fanno quasi paura perché così mortalmente fragili, e non è neanche certo che le loro razze possano creare la vita.
Sarebbe tutto più facile per lei, Radish lo sa bene.
Sa che Everett ha tutte le carte in regola per guidare il branco al suo fianco, che è nato per stare al comando e governare, che gli altri chinerebbero subito il capo per lui, si inginocchierebbero davanti alla sua figura autoritaria e severa, avrebbero un Re fiero che può capirli senza fare domande… ma con lui non ha fatto “zing”.
Non ci aveva pensato. Mai una sola volta in tutta la giornata aveva preso in considerazione questo enorme dettaglio.
Lo zing, come lo ha definito lei per semplificare, altro non è che l’unione delle due anime poiché la metà di una si attacca alla metà dell’altra, diventando impossibili da separare.
È per questo che sente le sue emozioni quando sono vicini ed è anche per questo che gli risulta impossibile anche solo pensare di allontanarla o perderla, è per questo che non riesce mai a resisterle ed anche perché lei, tanto forte, fiera e spesso stronza cede ai suoi capricci nel giro di pochi secondi: si sono uniti senza volerlo, si sono legati su un piano superiore a quello fisico e sentimentale.
Il Destino voleva che loro semplicemente si incontrassero e si andassero a genio, così che Sherry potesse prendere il coraggio a due mani ed elevarsi a capo indiscusso dei randagi come lei, ma loro lo hanno fregato facendo di più. Hanno fregato tutti quanti.
Con questa nuova consapevolezza impressa a fuoco nel cuore e nella mente Radish riesce finalmente ad appisolarsi, i muscoli leggermente più distesi.
Tornerà da lui, adesso lo sa con certezza perché neanche lei può pensare di allontanarlo, malgrado non sia ancora troppo capace di capire le proprie emozioni.
L’unico dubbio che però non gli permette di rilassarsi davvero ora è solo uno: cosa può essere successo tra quei due durante la loro separazione?


 


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Eccoci di nuovo qui! 😄
Beh, che dire? Famiglia modello la loro! Piena d’amore soprattutto 💞
Ora che siete a conoscenza del passato di Everett, potete forse giudicarlo? Ha stretto i denti ed è sopravvissuto ad un qualcosa alla quale nessuno è mai sopravvissuto prima, e l’ha fatto perché lei, con tutto il suo egoismo, ha fatto un qualcosa che lo avrebbe condannato ad un dolore senza fine. L’ha fatto senza battere ciglio ed è arrivato a questo punto dove finalmente può avvicinarsi all’unica cosa che può ricordargli Leila.
Lei, per quanto io la consideri davvero forte per quello che ha fatto, è comunque un’egoista per un certo verso: il suo gesto avrebbe portato sì un cambiamento estremo e positivo per la sua gente, ma il prezzo non lo avrebbe pagato solo lei. Insomma, è un po’ difficile per me sia amarla che odiarla.

Ed ora lui, il nostro amatissimo Radish alla quale è stato stravolto tutto dal momento esatto in cui è arrivato sul pianeta Terra. Erroraccio, in qualsiasi modo la si guardi!
Ebbene sì comunque, ancora non si fida del tutto di lei. Ma come potrebbe, povero chicco? Per quanto adesso sia sicuro di certe cose, lei capisce le emozioni come io capisco l’algebra, ed Everett è quello che è nel mondo degli Spettri. Anche io me la farei sotto!

La mia compagna di ciurmazza Celeste in una recensione aveva scritto “non mi spiego quello scatto di Radish che, come ha notato lui, si è sentito montare dentro una rabbia che praticamente non riconosceva”… ecco il perché! Dentro di sé non ha solo i geni Saiyan che, insomma, già di per sé ti rendono abbastanza irascibile per natura, ma ha pure qualcosa degli Spettri, che mal sopportano una valanga di cose e reagiscono in maniera spropositata praticamente sempre. Un soggetto del genere come potrebbe mai reagire all’idea che gli venga portata via la compagna? Come se questo non bastasse, lui di suo è pure influenzato dalle sensazioni di lei, quindi… PORACCIO!
In ultimo, e questo non va dimenticato, lui un tempo non era così, la sua personalità era tutt’altra e di certo non è del tutto morta. È solo da qualche parte senza che lui neanche lo sappia. Se unisci tutta questa roba in una sola persona… 🤯
Povero, povero, povero Radish. Mi odio per tutto quello che gli sto facendo!

Beh, direi anche basta perché la lunghezza dei capitoli è imbarazzante ed è meglio chiuderla.

A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻


PS: Ebbene sì, i genitori di Mord erano brutte persone con poca fantasia!

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


𝟚𝟜. 𝐸𝒷𝒶𝓃𝑜 𝑒 𝒜𝓋𝑜𝓇𝒾𝑜



Nella vita si fanno tante scelte stupide. Tante, tantissime scelte stupide.
Alla lunga si perde pure il conto, non ci si bada più di quel tanto.
Sherry era arrivata a pensare di averne fatte abbastanza e di poter stare tranquilla per un po’, lo pensava veramente, ma si è ritrovata costretta a ricredersi quando si è svegliata con Everett, l’uno tra le braccia dell’altra sulla sabbia fresca e molto poco vestiti.
Aveva trovato un paio di spinelli nella borsetta ed aveva pensato che sarebbe stato divertente fumarli in compagnia del rigidissimo fratello maggiore, ritrovandosi poi entrambi in uno stato pietoso, tanto che Darko li ha dovuti recuperare per i capelli prima che cominciassero una stupida gara di testate contro gli scogli. Perché volessero farla non lo sapevano prima e non lo hanno saputo stabilire neanche una volta che si sono ripresi, l’unica cosa certa era il nastro con i sonagli che tenevano al collo così che Darko potesse accorgersi subito dei loro spostamenti anche mentre dormiva.
In genere si fa con i cuccioli più indisciplinati” ha pure aggiunto prima di voltar loro le spalle e rimettersi a dormire.
È un brav’uomo eh, però sa rompere i coglioni come pochi altri."
Come Bree!
Si sono guardati ed hanno sorriso. Erano felici di stare assieme, si sentivano bene, ma poi Sherry si è ricordata che il Sole stava per tramontare quando hanno acceso la canna mentre in quel momento mancava circa un’ora e mezzo all’alba: era rimasta fuori senza dire niente a nessuno!
È entrata per un attimo nel panico più totale, la mente subito rivolta a Radish e alla sua probabilissima e giustificata rabbiosa preoccupazione, ed Everett, calmo ed impassibile, le ha mollato una sberla sulla nuca per imporle di calmarsi, riuscendoci.
Le ha poi detto che poteva tornare quando voleva, che non si sarebbe mosso da lì e che, eventualmente, può scrivere all’indirizzo e-mail di Roman e lui le risponderà subito.
Prima di andarsene, mentre lo stringeva in un abbraccio di cui non sapeva neanche di sentire una tale urgenza, è poi accaduto l’impensabile, qualcosa di assurdo davvero, e adesso Sherry non vuol far altro che dirlo a Radish.
Gli altri lo verranno a sapere in un modo o in un altro in tempi assai brevi, sicuramente sarà proprio lei a confidarlo a Bree perché ancora non si capacità di ciò che ha fatto di sua spontanea iniziativa, e Radish la prenderebbe solo peggio se venisse a saperlo da terzi.
La cosa forse peggiore in ciò che ha fatto, oltre all’essere stato totalmente volontario e spontaneo, è che lo rifarebbe ancora e ancora.
Radish non la prenderà bene… non la prenderà bene per niente. Non ho potuto farne a meno, è stato più forte di me! Era la cosa più giusta da fare, dovevo farlo!
Una volta raggiunta la finestra fortunatamente lasciata socchiusa - perché è un genio Sherry, e ci teneva a darne nuovamente prova dimenticandosi le chiavi in casa -, non può fare a meno di pietrificarsi nel vederlo.
Se ne sta sdraiato su un fianco, profondamente addormentato, e i tessuti delle coperte sono pregni dell’odore sia della sua rabbia che del suo dolore.
Non voleva ferirlo, non ne aveva alcuna intenzione. Era convinta che avrebbe capito che aveva bisogno di parlare col fratellastro - che nella sua mente non può fare a meno di definire fratello e talvolta pure padre -, che aveva bisogno di creare un legame con qualcuno che mai le avrebbe fatto nel male, un bisogno normale per quelli come lei, e che non aveva alcuna intenzione di farlo stare in pensiero o di farcelo rimanere male. Se il maggiore non si fosse mostrato tanto mal disposto nei suoi confronti gli avrebbe pure chiesto di rimanere con loro, ma così facendo Everett si sarebbe chiuso a riccio e tanti saluti.
Le ha spiegato che non lo sopporta per quello che ha fatto in passato - perché Everett l’ha visto grazie a Roman e quindi sa -, che non crede alla sua totale redenzione e che non può accettare che la tocchi con le sue luride zampacce. Non lo ha mai neanche chiamato per nome e le è scoppiato a ridere in faccia con arroganza quando ha ribadito che sì, talvolta pure lei sente le sue emozioni e che Radish invece dice di sentirle costantemente, affermando che “una scimmia senz’anima non può unirsi proprio a nessuno”.
Le ci vorrà del tempo anche solo per fargli smettere di definirlo sporca scimmia o il suo amichetto, detto con un tale disgusto da irritarla profondamente, ma è sicura di poterci riuscire. Magari prima si chiuderà un po’ nella camera gravitazionale, ecco, ma poi ci riuscirà.
Si avvicina con passo felpato al Saiyan e si arrampica sul letto, inginocchiandosi al suo fianco per baciargli dolcemente la guancia.
Non lo dirà mai a nessuno, neanche ad Everett malgrado ciò possa in qualche modo convincerlo di ciò che c’è tra loro, ma le era mancato.
Spera solo che la perdoni perché di certo non può tornare indietro e cancellare il passato, né ha intenzione di farlo. Devi fare un piccolo sforzo, Radish… per favore.
«Ehi, Kong, sono a casa…» Rimane piegata sul suo corpo e con delicatezza gli scosta i capelli dal viso, guardandolo con un tenero sorriso mentre piano piano si sveglia.
Sbatte un paio di volte le palpebre, domandandosi per un attimo che ore siano dal momento che la stanza è ancora piuttosto buia, ma poi le labbra calde e morbide di Sherry si posano nuovamente sul suo zigomo, inondando la sua mente con i ricordi del giorno precedente.
Volta di scatto la testa guardandola in cagnesco e, malgrado l’oscurità, legge comunque nei suoi occhi quello che gli pare a tutti gli effetti un forte senso di colpa.
Si porta subito a sedere e l’allontana con una spinta che però non la turba per niente. Immaginava benissimo che avrebbe reagito male, lei se la sarebbe presa anche di più se sapesse che in giro c’è un pazzo che vuole fargli del male e lui non avesse le capacità per difendersi a dovere e neanche di scappare.
«Dove diavolo sei stata?!» Ringhia a denti stretti, trattenendo a stento la collera. Avrebbe reagito meglio se non fosse tanto chiaro che è successo qualcosa di grave, ora la sua mente non può far altro che immaginarsi il peggio. Ma vuole darle fiducia, quindi si sforza con tutto sé stesso di non saltare a conclusioni affrettate.
«Eravamo parecchio fatti e ci siamo addormentati sulla spiaggia…» Ammette con voce addolorata e sguardo basso, facendosi improvvisamente piccola piccola. Non sa come dirgli ciò che è successo prima che andasse via, non sa neanche se effettivamente riuscirebbe a parlarne apertamente con Bree, decisamente molto più estranea alla faccenda rispetto al Saiyan. In fondo si tratta pur sempre di Everett, chi potrebbe prendere bene la notizia?
«Come, prego?» I dubbi aumentano, complice anche l’ondata di senso di colpa e paura che sente provenire da lei. Lo sente dentro alle ossa, ormai, che presto scoppierà, ma vuole davvero provare a non saltare alle maledette conclusioni. Dimmi di no, Sher. Dimmi che mi sbaglio, cazzo!
«Devo dirti una cosa e sento che se non lo faccio adesso non lo farò più… ma la verrai a sapere comunque molto presto, quindi, beh, io—»
«Non ci voglio credere… lo hai fatto davvero?» Fanculo ogni proposito: lei si sta torturando le dita, si strappa le pellicine con le unghie e neanche ha il coraggio di guardarlo negli occhi. Non ha neanche più bisogno di ascoltarla.
È sul punto di colpirla, è davvero a tanto così, ma per fortuna di entrambi il corpo del Saiyan è come paralizzato dall’orrore e dal dolore.
«Lo so, è assurdo, non pensavo neanche io di volerlo, ma poi…» Chiude gli occhi e sospira mentre l’angolo della bocca si tende un poco in un sorriso al ricordo di come si è sentita in quel momento «Non so, mi ha fatta sentire davvero bene… ero felice, sul serio. Solo una volta fatto mi sono resa conto e…» Alza di scatto lo sguardo nel sentire il compagno scoppiare a ridere in modo isterico. Si tiene le mani sul volto per provare a trattenersi ed il corpo è così rigido da risultare davvero sospetto ai suoi occhi.
«Cosa ci trovi di buffo?»
Ride ancora per una decina di secondi, incapace di controllarsi, fin quando non ritrova un minimo di lucidità e vi si aggrappa con le unghie e con i denti, riuscendo così a calmarsi.
La guarda con uno sguardo strano però, un sorriso subdolo, perfido e cattivo ad increspargli le labbra.
«State tutti a parlare male della bionda, ma alla fine tu non sei poi meno troia di lei, eh?»
Uno schiaffo.
Le sue parole sono uno schiaffo in pieno volto per Sherry, che adesso fissa il compagno senza capire.
«Come hai detto?»
«E io che mi sono voluto fidare! Guarda quanto sono stupido!»
«Mi hai appena dato della puttana?» Si sta innervosendo sul serio, sente che potrebbe prenderlo a pugni da un istante all’altro, ma qualcosa dentro di lei le ha come irrigidito i muscoli. Un qualcosa che tantissimo tempo addietro si è come intrufolato nei suoi tessuti e lì è rimasto, immobile, in attesa di tornare a galla per paralizzarla ancora una volta.
«Della troia, se vogliamo essere pignoli.» Quel sorriso non si è ancora affievolito e nei suoi occhi si è acceso un qualcosa che Sherry non pensava avrebbe mai visto: è la stessa gelida cattiverai che aveva il vecchio Radish, quello che è arrivato sulla Terra per sterminare gli abitanti e che ha rapito suo nipote e combattuto contro suo fratello.
Vorrebbe allontanarlo, correre da qualche parte e lì rintanarsi finché non si sarà calmato e poi riprendere la conversazione, magari ripetendo tutto il procedimento finché quel Radish non si sarà eclissato di nuovo, ma il Saiyan è più veloce e l’afferra con forza per un polso, costringendola ad avvicinarsi.
«Che ne dici se ora mi diverto un po’ anche io, mh?»
Quando le afferra il viso con la mano libera e la costringe a baciarlo, quel qualcosa dentro di lei trova nuova forza e le dà una forte sferzata da dentro, alzando considerevolmente il suo livello di paura.
Riconosce la sensazione ma non vuole crederci, così cerca di staccarsi poggiando la mano libera sul suo pettorale e facendo leva, ma Radish le serra un braccio attorno alla vita, stringendola più forte. È in quel preciso istante che Sherry comincia involontariamente a singhiozzare ed un paio di lacrime le rigano le guance.
«Cos’hai da frignare, eh? Che c’è, vi siete già morsi e ora ti viene il senso di colpa a darla a qualcun altro?» Il suo sguardo e la sua voce sono gelidi e duri, non c’è traccia dell’uomo che conosce e che l’ha fatta innamorare. Al suo posto c’è un predatore feroce che lei non potrebbe mai battere.
«Quanti te ne sei scopati mentre io non ero attento, eh? Uno? Due? Cinque? Quindici?» Sibila con un malcelato astio, mollando la presa dal suo corpo quando per disperazione gli tira la coda.
Scoppia in una nuova terrificante risata mentre la guarda scattare in piedi e correre a chiudersi in bagno, come se una semplice porta fosse in grado di tenerlo lontano.
«Andiamo, dove vai, eh? Io non mi sono ancora divertito!» È totalmente fuori di sé, non sa neanche cosa sta facendo.
Lui, il vero lui, è rinchiuso da qualche parte dentro la sua mente, vede ciò che succede da lontano, tramutato di colpo in uno spettatore passivo ed inerme che non può far niente per cambiare gli eventi. La parte che tanto odia di sé stesso e che pensava fosse morta quel giorno si è come ridestata quando ha appreso quanto accaduto ed è emersa con violenza, decisa a riversarsi su di lei per vendetta.
«Apri la porta, forza.»
«Lasciami stare!»
«Lo sai che posso benissimo sfondarla, vero? Così come poi posso tranquillamente sfondare te, un po’ come il tuo caro fratellone! O forse dovrei dire marito?»
Non appena Sherry gli urla di nuovo di andarsene, di lasciarla in pace, una nuova ondata di rabbia colpisce in pieno il Saiyan, che senza avere neanche il tempo di pensarci davvero sfonda la porta con una spallata.
L’unica cosa che lo Spettro pensa di fare per difendersi è quella di lanciargli addosso l’asciugacapelli. È vicina ad andare totalmente in cortocircuito, la mente non riesce più a partorire pensieri decenti che possano metterla al sicuro e il lupo non riesce ad emergere. Le è già successo in passato ma non pensava che potesse succedere di nuovo, men che meno proprio con Radish.
L’uomo fa una smorfia e si avvicina di scatto, tanto che Sherry usa le braccia per proteggersi. Continua finché non si ritrovano con il petto premuto l’uno contro quello dell’altra.
L’Alpha cerca disperatamente di pensare a quale sia la mossa migliore per togliersi da quell’orrenda situazione, ma tutto in lei è annebbiato adesso. C’è Jäger davanti a lei, lo vede, quegli occhi cattivi e senz’anima sono i suoi, quel ghigno perfido ed eccitato è senza ombra di dubbio identico a quello che le rivolse quel maledetto giorno.
«Lo vuoi fare violento? Mi piace l’idea!» Afferma ormai fuori di sé. È in quel momento che Sherry inizia a divincolarsi selvaggiamente, non riuscendo però ad usare la sua forza. Il massimo che riesce a fare è stampargli in faccia un pugno che però non lo scalfisce minimamente. Il pugno di un debole essere umano contro un Saiyan furioso, ecco cos’è riuscita a fare tanta è la paura che l'attanaglia.
Le blocca con rabbia i polsi in una sola mano, mentre con l’altra la palpa dappertutto mentre le strappa di dosso quella grande maglia non sua, poi la spinge contro il muro così forte che Sherry sente le piastrelle rompersi e graffiarle la schiena mentre lui si struscia.
Non riesce più a muoversi. È totalmente paralizzata. Pure le sue corde vocali non riescono più a funzionare. La sua mente continua a sovrapporre immagini e odori, tutto in lei non riesce a far altro che andare in tilt per proteggersi.
«Forza bambolina, un po’ di vita! Sennò non è divertente!» Struscia il naso sulla tempia e di scatto si abbassa per morderla tra la spalla e il collo.
Nel momento esatto in cui sente le sue dita scendere, dalla pancia fino al suo sesso, qualcosa dentro scatta, permettendole finalmente di articolare qualche parola che però esce ancora come un sussurro disperato.
«Che hai detto?»
Ci riprova, pregando che stavolta riesca a farsi capire. Se si è fermato è solo perché dentro alla sua testa, intrappolato da qualche parte, c’è il Radish che lei conosce, quello che non le farebbe mai del male. Deve riuscire a farlo riemergere di nuovo, deve dargli la forza di cacciare via l’altro, di spedirlo a calci nel culo nell’angolo buio dov’è rimasto segregato per anni.
Se ancora non ha neanche provato a fargli del male è solo perché, sotto sotto, ma molto sotto, la sua mente ed anche il lupo hanno collegato questa sua sottospecie di dissociazione della personalità a ciò che lei stessa fa quando ha un incubo con Jäger come protagonista. Quante volte, in fondo, ha attaccato e fatto del male a Bree, River, Mordecai e Maddox? Micah e Major rimanevano dietro agli altri perché costretti e si occupavano di Fern con Pip e Jane, sennò alla lista si sarebbero aggiunti anche i loro nomi senza alcun dubbio.
«Smettila di mangiarti le parole, non capisco un cazzo.»
Tenta di respirare, ma è difficile.
Il suo corpo è rigido come un blocco d’acciaio e tutto le fa improvvisamente male.
La sua mente le fa riprovare quella disgustosa sensazione di viscido in mezzo alle natiche. Poi si sposta in bocca, le pare di sentire la sua lingua che la esplora anche senza che Radish la baci. Alla fine la sente di nuovo in mezzo alle gambe.
La sua mente si sta convincendo che quello che ha di fronte sia veramente Jäger. Lo vede nitidamente, sente il suo odore, e questo le immobilizza il corpo.
Tenta di respirare e strizza gli occhi. Si impone di calmarsi e per farlo si aggrappa disperatamente alla sberla sulla nuca che le ha dato Everett qualche ora prima.
La paura non frutta niente, tienilo a mente quando ti si presenta davanti. Ricordale che sei un lupo e non un topo!
Respira ad occhi chiusi mentre il corpo trema, e finalmente le parole assumono senso e chiarezza: «Gli ho chiesto di diventare il mio Beta!»
«Cosa?»
Sherry trema. Trema e piange.
È nuda contro il muro, sta abbassando le mani sul petto, lo guarda con un tale orrore che improvvisamente gli viene da vomitare.
Non può essere stato lui a ridurla così. Il suo cervello non lo accetta, rifiuta categoricamente l’idea. Lui non le farebbe mai del male. Dio, morirebbe per lei!
L’altro Radish però non è d’accordo. L’altro Radish è convinto che ciò che c’è tra loro sia riprovevole, che sia da deboli, che loro due siano deboli, e la traccia della sua rabbia si aggrappa disperatamente alla sua voce quando finalmente apre bocca. «Perché cazzo non l’hai detto subito?!» Indietreggia ancora di più mentre il cuore gli cade nelle viscere. L’espressione con cui lo sta guardando è quanto di più doloroso abbia mai subito in vita sua, molto di più del buco nel petto che poi l’ha condannato.
«Perché sei saltato subito alle conclusioni sbagliate e non mi hai dato il tempo di parlare!»
«Avresti potuto dirlo invece, ma hai preferito chiuderti nel bagno a piangere come una mocciosa!» Non sa neanche con che coraggio si stia difendendo anziché buttarsi in ginocchio e pregarla di perdonarlo. Il suo orgoglio da Saiyan non vuole cedere, si sta impuntando pericolosamente, ma la frase che Sherry gli urla in faccia con tanto dolore fa sì che pure quel sentimento si sgretoli.
«Perché eri uguale a Jäger!»
Si guardano dritto negli occhi, in silenzio.
Sherry non riesce a smettere di tremare, seppur adesso in modo più lieve, e Radish si ritrova costretto ad accettare la verità: è stato lui, l’ha ferita come mai avrebbe anche solo pensato di fare.
Fa un passo in avanti per stringerla a sé e chiederle perdono con il cuore in mano, ma Sherry si schiaccia contro la parete e serra maggiormente le braccia al petto mentre nei suoi occhi si fa di nuovo viva la paura di pochi minuti prima.
«Non ti avvicinare!»
«Peggy…»
«Peggy il cazzo, Radish! Non ti avvicinare! Non voglio più vederti!»
«No, aspetta!»
Sherry è scattata velocemente fuori dal bagno ed ha provato a saltare fuori dalla finestra, ma è stata bloccata repentinamente dal Saiyan. La guarda con un tale pentimento negli occhi che lo Spettro davvero capisce quanto sia dispiaciuto e quanto stia realmente soffrendo, ma adesso non ce la fa a tollerare il suo tocco.
«Tu davvero pensi che potrei mai farti una cosa del genere dopo tutto quello che ho passato?! Con mio fratello poi, nonché marito di mia madre?! Davvero mi reputi una persona tanto orribile?!» Le fa male la gola per quanto sta urlando e, in un impeto di rabbia, afferra l’anta della finestra, la strappa a mani nude e la scaglia contro il muro per zittire i vicini inviperiti. Che provino a chiamare la polizia, che osino, li metterà tutti a tacere per sempre.
«No, assolutamente no, io—»
«Mentre io ti ho detto di amarti, tu mi hai dato della puttana!»
Radish indietreggia al volo quando Sherry prova a colpirlo e subito dopo prova di nuovo ad avvicinarla. Ha sempre calmato i suoi scatti d’ira ed anche le sue ricadute nello sconforto col contatto fisico, e spera solo di poterci riuscire anche stavolta, pur sapendo dentro che abbracciarla adesso è assolutamente inutile.
«Anzi, no! Tu mi hai dato della troia, mi hai messa al muro e hai provato a farmi del male!»
«Non ti avrei mai fatto una cosa del genere!»
«Non voglio più vederti.»
«No!» Gli viene da piangere, davvero. Quello che sta provando in questo momento è perfettamente paragonabile al dolore che ha provato in ogni incubo in cui lei preferiva un altro a lui ed anche a quello in cui l’altro Radish e Nappa la violentavano davanti ai suoi occhi, con l’aggiunta stavolta non solo del dolore della compagna che sente dentro ed amplifica il suo, ma anche la sua rabbia divampante. «Mi conosci! Sai che non ti avrei mai fatto del male!»
«La maglia ridotta a brandelli sul pavimento e il sangue sulle piastrelle suggeriscono ben altro!»
Si rigira e fa per andarsene di nuovo perché si rende pienamente conto che quei grandi occhi tristi che la supplicano di perdonarlo sono troppo per lei, la fanno vacillare e la stanno spingendo ad abbracciarlo per calmarlo e fargli capire che malgrado tutto non sarebbe mai capace di mandarlo definitivamente al diavolo, ma il Saiyan ancora un volta è più veloce di lei e la riafferra aggrappandosi direttamente alla sua mano.
«Ti prego, no! Ascoltami un secondo!» Quel “ti prego” Sherry lo ha sentito chiaramente e le è sembrato quanto di più assurdo possibile detto da lui, così com’è sembrato strano pure per lo stesso Radish che però adesso non si perde certo su questi dettagli «Lo sai che quando mi arrabbio sul serio non mi rendo neanche conto di quello che faccio.»
«E ti pare una scusa per quello che hai fatto?!»
«Non volevo farti male… non volevo neanche spaventarti… io…» Cuore in mano. Devo parlarle col cuore in mano, come l'altra volta. È difficile, ma devo farlo per forza perché se dovesse uscire da quella finestra… «Io non riesco a sopportare l’idea di perderti. Non ci riesco. Mi fa impazzire completamente.»
Le lacrime sulle guance pallide di Sherry scendono di nuovo inesorabili. Lo guarda con dolore, incapace di accettare un unico dettaglio.
«Tu non ti fidi di me…»
È questo che le fa davvero male perché ad agire non è stato davvero lui ma la bestia che se ne sta sepolta da qualche parte dentro di lui, il mostro che è stato sconfitto quel fatidico giorno ma che per trent’anni ha vissuto a testa alta; ma se quello è uscito è solo perché Radish ha dato per scontato che lei lo avesse tradito, e se lo ha fatto è solo perché non si fida davvero di lei.
«Sì che mi fido di te…»
«No… secondo te mi sono fatta mezzo mondo alle tue spalle!»
«Non lo penso neanche lontanamente, lo sai!» Si avvicina senza neanche pensarci e di slancio le prende il volto tra le mani, avvicinandosi così tanto da poter poggiare la fronte contro la sua.
L’idea di aver commesso un errore tanto grande da allontanarla definitivamente è così dolorosamente insopportabile da farlo sorprendere per non essere scoppiato in lacrime.
Lei è quanto di meglio abbia mai ottenuto nella vita. È la sua compagna e vuole che lo sia sempre, vuole che resti al suo fianco finché il suo cuore ancora sarà capace di battere e, se ne avrà la possibilità, vorrà averla al proprio fianco anche dopo, ovunque siano destinati ad andare.
Lei è stata ossigeno puro mentre lui stava soffocando. Lo ha strappato dalla sua apatia, gli ha dato un maledettissimo senso, uno scopo… non riesce neanche più ad immaginare un futuro dove lei non è presente.
«Non ti ho vista tornare, non avevo idea di dove fossi e neanche di come trovarti… non capivo più un cazzo, davvero. Avevo paura che ti avesse fatto del male, che ti avesse toccata… io—, Dio!, stavo impazzendo, te lo giuro.»
Si guardano dritto negli occhi mentre Sherry posa le mani sulle sue. All’inizio voleva solo spostarle così da non farsi più toccare, ma poi le ha lasciate lì. Sente il suo cuore, sente quanto stia silenziosamente urlando per avere il suo perdono, quanto la preghi di non andarsene, e dentro sente che potrebbe sciogliersi da un momento all’altro.
Loro due si scannano per scemenze e incomprensioni perché vivono seguendo due nature diverse, nature che li portano a compiere ragionamenti differenti, ma alla fine trovano insopportabile tutto questo urlarsi contro perché ci tengono davvero.
Sherry sa benissimo quanto sia pentito. Sapeva che sarebbe stato così nel momento esatto in cui le ha dato della troia, lo sentiva dentro, ma la sua natura adesso le impone di allontanarsi da lui per qualche ora, giusto il tempo di leccarsi le ferite. Gliela farà sicuramente pesare per qualche settimana, di questo ne è certa, ma davvero non ha alcuna intenzione di allontanarlo.
«Dimmi cosa vuoi che faccia per farmi perdonare. Farò quello che vuoi, davvero. Cazzo, anche andare da Vegeta e dirgli in ginocchio che è migliore di me!»
L’Alpha stringe con un poco di energia le sue mani, facendolo sussultare appena.
«Non osare mai più dirmi una cosa del genere. Mai.» Afferma mortalmente seria, mostrandosi impassibile anche quando lo vede annuire vigorosamente.
«Te lo giuro.»
«Se proverai anche per scherzo a rifare una cosa del genere, ti prometto che non avrai altre possibilità. Neanche quel fottuto drago magico potrebbe rimediare ad un errore simile. Sono stata chiara?»
Continua ad annuire anche mentre l’abbraccia di slancio, stringendola così forte a sé da rischiare di farle male. L’unico che però si fa male è comunque lui, perché lei non ricambia l’abbraccio con il suo entusiasmo o la sua energia. Gli tiene semplicemente le braccia attorno alla vita, ma il contatto è leggero, appena percettibile, e tutto in lei gli pare davvero distante.
«Cazzo, mi dispiace… davvero…»
Rimangono immobili, stretti l'uno tra le braccia dell'altra, senza dire una parola. Non ce ne sarebbe alcun bisogno visto che l’unica cosa che adesso gli serve per calmarsi è solo quel maledetto calore che li avvolge di solito, ma il lupo irrequieto nel cuore di Sherry stavolta non riesce a sopportare il loro silenzio.
«Che ti ha detto Roman?»
«Ora non è importante.» Mormora in risposta con un filo di voce, stringendola appena. Vorrebbe solo essere stretto a sua volta, ma non appena la sente sciogliere l’abbraccio per posargli le mani sui fianchi capisce dolorosamente che non ne ha alcuna intenzione.
Non molla però. Non ne è capace.
Aveva bisogno di lei il giorno prima, aveva bisogno di aggrapparsi a lei, di sentirla vicina per riequilibrarsi, quindi non può far altro che tentare ancora.
«Sarà il tuo Beta?»
Nega col capo, dispiaciuta. Lo avrebbe voluto davvero per quanto sarebbe stato strano. In fondo non sopporta la sola idea di Radish e le sarebbe dovuto stare sempre accanto, ma è anche consapevole che sarebbe stato il soggetto in assoluto più idoneo sulla faccia della Terra: lei è ciò che rimane della sua famiglia ed ha immolato la sua vita a lei già da tempo, il suo unico scopo è quello di tenerla al sicuro - cosa che ha fatto anche a distanza uccidendo gli avversari più forti che Jäger le lanciava contro senza che nessuno lo sapesse - e, inoltre, lui è addestrato dalla nascita per essere ciò che lei non aveva mai pensato di diventare. Cosa avrebbe potuto chiedere di più? Un Beta con le sue qualità è decisamente introvabile, sarebbe stata una risorsa preziosissima, ma lui non se l’è sentita.
Continuerò a proteggerti, non temere, ma non penso di essere pronto ad una cosa del genere… senza contare il lurido orango che ti ronza attorno. Finirei con il cavargli gli occhi al primo sguardo strano.” Si è giustificato così mentre ancora erano abbracciati, poi le ha sorriso e l’ha lasciata andare. Sherry non lo sa, ma dentro Everett stava ridendo a crepapelle nel vederla così rossa in volto.
«Quindi la scelta rimane tra River e Glover…» Okay, adesso basta cazzate! «Senti, fanculo tutto per oggi, okay?» L’afferra saldamente per le spalle e l’allontana per poterla guardare dritto negli occhi.
«Che vuoi dire?»
«Che oggi non ho intenzione di condividerti con nessuno e per nessun motivo. Oggi sei solo mia.»
Abbassa lo sguardo con dolore, Sherry, decisamente poco propensa ad accontentare la sua richiesta. In un altro momento ne sarebbe stata entusiasta, davvero, ma ora ha fisicamente bisogno di isolarsi un po’ per calmarsi.
Se Everett fosse venuto con me avrei avuto molti meno pensieri… si sarebbe occupato degli altri in mia vece, probabilmente lo avrebbe fatto pure bene, e io mi sarei potuta calmare da sola… sei un po’ stronzo, fratello.
«Ho delle responsabilità verso tutti loro, lo sai.»
«In questi giorni è andato tutto male… godiamocela almeno oggi. Ci farà bene.» La lite per l’arrivo dei suoi amici ad allenare il branco. La Festa del Fuoco con annessa rivelazione di Roman. Lei che è sparita per un giorno intero con Everett.
È stato un calvario per lui, soprattutto perché non aveva mai preso realmente in considerazione l’eventualità che potessero succedere cose del genere. Era decisamente più pronto all’arrivo di qualche terribile avversario, ma non a tutto questo. E, diciamolo, prendersi a pugni è molto più semplice che dover affrontare problemi tanto spinosi con una donna quasi incapace di capire le emozioni come le altre persone.
«Non penso di riuscirci.» Ammette a malincuore, lo sguardo ancora basso. Vorrebbe andargli in contro per tranquillizzarlo, ma davvero non può, non subito. Gli dirà chiaramente che le cose tra loro non cambieranno in un secondo momento, poi gliela farà pesare un po’ ed infine archivierà la questione. Ma adesso non vuole averlo vicino.
«Non puoi passarci sopra, vero?»
«Ho bisogno di stare un po’ senza di te… ho bisogno di sbollirla.»
«Lo immaginavo…» Annuisce debolmente, Radish, abbandonando finalmente la presa dal suo corpo. Dentro la sua mente si fa sempre più nitida l’idea di averla fatta troppo grossa, di aver involontariamente esagerato e di aver perso tantissimo terreno, tanto che forse non riuscirà neanche più a recuperarlo. Questa idea gli fa un male indescrivibile.
«Se però vuoi che rimanga per parlare di ciò che ti ha detto Roman… rimango. Così puoi sfogarti, se vuoi…»
«Chiamerò Glover e gli dirò di preparare il suo gruppo.» Afferma con tono neutro, indecifrabile. Non vuole costringerla a rimanere con lui, non ora, sarebbe solo peggio e la spingerebbe con forza nella direzione opposta. Deve accettare il suo volere, per forza, ma per farlo deve necessariamente trovare il modo di allontanarsi a sua volta e tenersi occupato per evitare che il suo malato bisogno di stringerla di nuovo prenda il sopravvento.
«Tu magari puoi chiamare Vegeta e allenarti con lui nella camera gravitazionale. Ti sarebbe di grande aiuto.»
«Lo farò.» Detto questo si passa con forza le mani tra i capelli, sospirando forte.
Moriva dalla voglia di raccontargli della strana giornata appena trascorsa in compagnia di Everett, di raccontargli di lui, magari anche di Darko e della sua spaventosa e malatissima ossessione per le mele.
Voleva raccontargli degli sforzi compiuti dal fratello per tenerla al sicuro senza farsi scoprire e di come l’abbia tenuta sotto tiro anche dopo aver abbandonato la Tana, di come non si sia mai perso un suo movimento neanche con quella mostruosa distanza a separarli.
Voleva raccontargli ogni cosa e sentire le sue battute acide sull’uomo che gli sta sulle palle dall’esatto momento in cui si è palesato.
Voleva che le raccontasse ciò che si è detto con Roman perché né quest’ultimo né gli altri due gli hanno detto una parola a riguardo, dicendole semplicemente che ne avrebbero parlato insieme e che doveva fargli forza.
Voleva fare tutto questo e poi baciarlo fino a che le labbra non le avessero fatto male, ma l’unica cosa che si sente di fare adesso è di dirigersi verso il bagno per una lunga e ristoratrice doccia calda.
«Sherry…»
Rimane immobile sulla porta, dandogli le spalle, il respiro come sospeso. Non è tanto il suo tono di voce così affranto a bloccarla, quando il fatto che l’ha chiamata per nome per la primissima volta.
«Mi dispiace davvero.» E detto di questo si sposta con passo pesante verso il salotto, deciso a darle i suoi spazi anche in un luogo piccolo come quello.
E adesso…?


Non l’ha né vista né sentita quando è uscita di casa. Si è solo reso conto del getto della doccia che veniva chiuso e poi più niente: è uscita dalla finestra rotta senza dire una sola parola e Dio solo sa dove sia andata.
Non l’ha certo chiamata per saperlo, sarebbe stato controproducente, così ha semplicemente mandato un sms a Glover dove lo informava con parole che non ammettevano repliche di farsi trovare alle dieci in punto nello stesso identico punto in cui li aveva già allenati la volta precedente.
Quando poi si sono trovati in quel deserto privo di una qualsiasi traccia di vita umana, li ha massacrati in ogni modo possibile a partire già dal riscaldamento. Quando poi sono passati al corpo a corpo… diciamo solo che dopo dieci minuti a tutti quanti era passata l’esuberanza e la voglia di apprendere.
E come dargli torto? Nessuno sarebbe entusiasta all’idea di allenarsi con un Saiyan di pessimo umore. Ma pessimo sul serio, un qualcosa di tangibile e visibile. Ai loro occhi infatti era apparso subito come avvolto da uno strano alone scuro che gli induriva pure i marcati lineamenti del volto, ma sulle prime non ci hanno badato molto. Nel momento in cui Hidan, braccio destro di Glover da quando sono ragazzini, si è ritrovato con la cassa toracica tragicamente sfondata, tutti loro hanno cominciato a temere il peggio.
Pur essendo consapevolissimi che i loro nuovi e straordinari allenatori li massacreranno per spingerli a fare sempre di più per uscirne quanto più illesi possibile, vedere Radish così fuori di sé non è stato molto apprezzato. Se da un lato si sono sentiti sinceramente dispiaciuti per lui, soprattutto poiché consapevoli anche senza dirsi una sola parola del perché fosse così nero dal momento che ci sono passati tutti quanti, da un altro si sono ritrovati a preoccuparsi sul serio. Se avesse perso di vista l’obiettivo e avesse semplicemente deciso di sfogarsi alla cieca, qualcuno di loro avrebbe potuto rimetterci seriamente.
Per loro fortuna però Radish non è un totale incosciente, motivo per cui dopo un po’, quando ormai i lupi erano alle lacrime tante ne avevano duramente prese, si è piazzato su una roccia a diversi metri di distanza. Un po’ li guardava e dava loro delle dritte mentre si sfidavano a coppie, un po’ pensava e ripensava ai fatti propri.
Ha percepito l’aura di Sherry assieme a quella di Vegeta, indice che gli ha dato ascolto, e si è pure accorto che, di tanto in tanto, l’amico/rivale riusciva pure a fargliela come sbloccare. Deve essere poi riuscito a farle capire come abbassarla perché, malgrado tutto, non spariva mai del tutto. Pure lui pare più indicato di me…
Ora, avvolti da una strana ed insopportabile calura che li fiacca più del dovuto, Radish non riesce a far altro che domandarsi cosa succederà tra loro.
Sa bene che dovrebbe concentrarsi su ciò che sta facendo, che dovrebbe solo pensare ad allenare quei poveri Spettri che malgrado tutto gli danno ascolto, ma non ci riesce. Nella sua mente è sin troppo vivida l’espressione piena di orrore con la quale Sherry lo ha guardato non troppe ore prima.
«Si può sapere che è successo di così grave?»
Alza di scatto lo sguardo, riportato di colpo alla realtà, e i suoi occhi scuri si scontrando quasi dolorosamente con quelli marroni tendenti al rossastro di Glover. Lo guarda con aria preoccupata ma comunque decisa perché, malgrado tutto, riconosce in Radish un capo e in quanto tale deve necessariamente dargli il suo supporto quando è giù di corda. È così che si fa in un branco e, ancor di più, è così che si fa in famiglia. Ed un branco altro non è che una grande, gigantesca, chiassosa, spesso disfunzionale e forte famiglia.
«Mh?»
«Sei così giù che potresti toccare il centro della Terra…» Lo avvicina ancora pur non essendo del tutto certo delle sue eventuali reazioni. Tra Spettri è più semplice capirsi, pur correndo sempre qualche rischio, ma loro non sanno ancora come rapportarsi in tutta sicurezza con un Saiyan, ben più forte e forse pure più aggressivo di loro.
Se comunque rischia tanto è solo perché pure lui ha vissuto sulla propria pelle una situazione non troppo diversa dalla sua e vuole fargli capire come tirarsene fuori. In fondo chi tra loro non si è mai scannato malissimo con la propria compagna? Sono creature con la miccia cortissima, scontrarsi anche violentemente è normale, basta solo capire da subito come uscirne interi. Con le loro femmine, neanche a dirlo, ci sono modi ben specifici.
«Decisamente non sono affari tuoi.»
«Brutta lite eh? Capita in coppia. Io e Sharon ci scanniamo di tanto in tanto, ma non per questo mettiamo su un muso del genere. Dopo ogni lite si fa pace, sai?»
Lo guarda di traverso, Radish, non riuscendo a spiegarsi come possa sapere che hanno litigato. Decide però di non arrovellarcisi troppo e, sorprendentemente, anche di non volerlo allontanare in malo modo quando gli si siede vicino.
«Non sempre.»
«Tra gli Spettri sì. Credimi. Quando ci scegliamo, facciamo i salti mortali nel fuoco perché funzioni.» Sorride con l’aria di chi la sa lunga, più che consapevole che la sua Regina lo abbia scelto come compagno di vita anche se ancora non si sono morsi. Ha troppi pensieri per la testa, ora ingigantiti con l’entrata in scena di Everett, ma Glover sa benissimo che presto o tardi li vedrà belli intontiti con una nuova e rosea cicatrice sulle clavicola.
«E Sherry è decisamente il tipo che se lo ingoierebbe il fuoco pur di non farti ferire.» Continua dopo un paio di secondi, senza mai abbandonare il sorriso.
Lui non l’ha mai voluta come compagna, neanche una volta. Ha fatto qualche pensiero poco casto nei suoi confronti come chiunque altro per via della sua straordinaria forza fisica, ma Sharon era già parte di lui da molti anni quando l’ha incontrata la prima volta, e quando nelle loro coppie il sentimento è sincero e reciproco non ci pensano mai al tradimento. E lui Sharon l’adora proprio, è la sua roccia, la sua kryptonite e il suo cuore. Sharon, per Glover, è il porto sicuro dove far ritorno ogni singolo giorno.
«Lo so.» Ammette a malincuore il Saiyan, consapevole di quanto la sua donna - e Dio solo sa quanto spera di poterla ancora definire tale - sia sì piena zeppa di difetti, ma anche incredibile sotto tantissimi punti di vista. «A volte mi domando come faccia una come lei a volere uno come me.»
«Perché, cosa ti manca?» Ridacchia appena e si lascia andare ad una lieve spallata giocosa, per poi ricomporsi un minimo per poter affrontare al meglio la questione «Alcuni potrebbero dire che è una semplice, chiara, limpida, potente botta di culo, ma dubito che sia solo questo.»
«Che vuoi dire?»
«Tu credi nel destino?»
Per Radish questa è come una stilettata al cuore. A me vieni a parlare di destino, Glov? Ma vaffanculo!
«So per certo che dovrei, ma comunque non particolarmente.» Biascica invece in risposta, osservando distrattamente il circondario.
Sente le auree dei compagni e dei membri del branco che sono con loro, sente che stanno lentamente aumentando di intensità, indice che si stanno dando davvero da fare, e per un folle istante ne è entusiasta. Se continuano così avranno decisamente una speranza di spuntarla.
«Beh… secondo me è così: semplicemente era destino che vi trovaste e vi innamoraste. Tutto qui.» Qui devo per forza contraddirti Glover. Era sì destino che noi ci trovassimo, ma certo non che ci innamorassimo. Credimi, questa è una cosa più che certa! Quindi non è una questione di destino, ma solo di culo. Ma il culo non dura in eterno ed io ho fatto una stronzata clamorosa, quindi è pure possibile che me lo sia giocato alla grande!
Deciso a fargli capire un concetto tanto semplice quanto a lui estraneo, Glover pensa bene di prendere il discorso un po’ alla lontana prima di sbattergli il punto in faccia: «Sai cosa ho vissuto in passato. Perdere i miei figli è stato un qualcosa di così sconvolgente che davvero pensavo di morirne, non lo augurerei a nessuno. Ma mi sono costretto a stringere i denti e mi sono rialzato, giurando a me stesso che avrei fatto qualcosa perché i miei amici non dovessero provare un simile dolore.
Ho imparato qualcosa da quel dolore, sai? Ho imparato a non dare più niente per scontato, a godermi le piccole cose… ad amare con più ardore mia moglie. Da quel che sono riuscito a capire, per un Saiyan l’amore non esiste… ma devi capire che è fondamentale nella vita. L’amore per gli amici, per la famiglia… senza quello per cosa combatti? Cosa può portarti ad alzarti ogni mattina e continuare ad andare avanti a testa alta?»
Radish invece lo capisce. Lo capisce eccome, è chiaro e palese ormai anche per lui.
Tutti quelli che conosce, chi più chi meno, sono spinti dall’amore per qualcosa o per qualcuno, li fomenta e li anima. Lui non aveva mai avuto davvero un qualcosa al quale attaccarsi così disperatamente, qualcosa che lo spingesse e lo sostenesse, un motivo tanto chiaro e puro per lottare.
Un tempo era spinto semplicemente dalla sua natura, ma certo non era sufficiente: sarebbe scappato davanti ad una difficoltà, avrebbe lasciato a Vegeta e Nappa o chiunque altro tutti i problemi più seri, ma adesso… adesso sente di non volerlo proprio fare. Non vuole perché implicherebbe perdere troppo, compresa una parte davvero troppo importante e forte di sé stesso.
«Perché mi dici tutto questo?»
Glover volta il capo per guardarlo dritto negli occhi, un nuovo sorriso pieno di vitalità ad illuminarlo. Perché Glover è sì spesso burbero ed arrogante, talvolta insopportabile per quanto attaccabrighe, ma se ti prende a cuore ti dà tutto sé stesso e s’impegna sul serio in caso di aiuto.
«Perché devi fare qualcosa che la sconvolga così tanto da farle capire in pieno cosa significa per te.»
«È così che facciamo per accaparrarci le femmine migliori!» Urla Hidan mentre si avvicina ai due, ormai deciso a prender parte alla conversazione. Sa bene quanto siano difficili le loro donne ed anche quanto sia semplice indispettirle sul serio, se poi la femmina in questione è proprio la Regina… beh, non può far altro che dispiacergli per Radish.
Però, malgrado questo non trascurabile dettaglino, sa anche che pure un’orgogliosa spaccaculi dal tragico passato come lei cede se si va a toccare il punto giusto, quindi non vede proprio perché non dare qualche imboccata al Saiyan. Tra uomini, in fondo, devono sostenersi!
«Gonfiare la criniera o avere i geni migliori aiuta moltissimo, ma solo per scopare e mettere al mondo dei cuccioli. Se te la vuoi tenere, devi sconvolgerla
«Continua ad allenarti, impiccione rompiballe.» Sibila nervoso il Saiyan, assottigliando lo sguardo e fulminandolo sul posto. Ma serve davvero a poco o niente, perché Hidan si butta a sedere per terra davanti ai due e li guarda con aria sin troppo allegra.
«A parole sono bravi tutti, Capitano, ma sono i gesti l’importante. Una femmina di Spettro ci tiene decisamente tanto a ciò che il maschio le dimostra, sempre… e, credimi, quando si è tanto orgogliosi diventa un casino fottuto, però devi tenere a mente che vale la pena di piegare un po’ la testa di tanto in tanto. La felicità vale più dell’orgoglio!»
Glover ammutolisce l’amico di una vita schioccando la lingua contro il palato, prendendosi così la parola. In fondo era proprio questo il punto che voleva raggiungere quando l’ha avvicinato, non vede perché dovrebbe lasciare a lui tanto spazio.
«Litigai malissimo con mia moglie quando eravamo ragazzini. Una lite furiosa, ci siamo pure presi a botte…» Nel dirlo ci tiene tantissimo ad indicare il segno degli artigli che gli solcano la spalla puntandoci contro un dito con un sorrisetto fiero perché, secondo la logica degli Spettri, quello è indice che sua moglie è davvero cazzuta «… e nel momento esatto in cui mi diede le spalle per andarsene, mi resi conto che non valeva la pena continuare a lottare per sopravvivere se lei non fosse stata al mio fianco. Non avrebbe proprio avuto senso! Così ho fatto un qualcosa che per la nostra gente ha davvero molto significato per farle capire cos’era lei per me: le ho costruito una grossa tana confortevole e sicura con le mie zampe. Per te potrà sembrare una scemenza, ma per noi vuol dire tanto… al punto che tre giorni dopo accettò di scambiarsi il Morso!»
«Noi già viviamo insieme…» Che altro dovrebbe fare per farle capire che ci tiene davvero con tutto il cuore? Per farle capire che non ha mai provato niente di lontanamente paragonabile a quello che prova per lei? Già le ha proposto la convivenza settimane prima ed è andata bene, ma col casino di quella mattina certo non può provare a morderla! Gli farebbe ingoiare i denti senza pensarci due volte.
«Lascia stare quello, cerca di capire il senso!»
«Torna ad allenarti.» Ringhia verso Hidan dopo che questi gli si è avvicinato ancora di più, voltandosi poi verso Glover che ancora lo osserva con sin troppa attenzione «Vai anche tu, forza.»
Annuisce distrattamente mentre si alza, pronto a riprendersi a pugni con l’amico. Devono trovare qualcuno di adatto ad allenarli anche nell’altra forma, qualcuno con il potere e la forza necessaria per tenerli tutti a posto e renderli più capaci, e devono farlo pure alla svelta. Ora come ora, però, anche Glover si rende conto che questo genere di allenamento è fortunatamente sufficiente dal momento che hanno molto da apprendere.
Prima di andarsene, però, si blocca con i piedi nudi ben piantati sul suolo bollente e volta pigramente lo sguardo verso Radish, lasciandosi andare ad una confessione sconcertante.
«Credo che insieme possiate essere davvero straordinari, piuttosto che ordinari separatamente. Lo crediamo tutti, per quanto solo pensarlo sia sorprendente per gente come noi.» Detto questo trotta veloce verso gli amici e, prima che possano realmente accorgersi del suo arrivo, si lancia nella mischia a tradimento e mena un colpo che riempie di sangue la bocca del primo che gli è capitato sotto tiro. Tanto romantici quando fetenti gli Spettri, senza dubbio.
Radish rimane fermo al suo posto e li guarda senza realmente vederli.
Lo credo anche io…
Eccome se lo crede, basti vedere tutto ciò che hanno ottenuto in poco meno di due mesi da quando si sono incontrati per capirlo.
Ma come posso farle capire che non le farò mai del male? Qual è il gesto per farle capire che con me sarà al sicuro?
Pensa e ripensa, si arrovella dolorosamente il cervello per arrivare alla soluzione, passando in rassegna con attenzione ogni singola parola dei due.
Di colpo scatta in piedi come se la roccia sulla quale stava seduto gli avesse pizzicato le natiche: la soluzione è davanti ai suoi occhi, chiara, semplice e luminosa, incredibilmente a portata di mano.
Non ha idea di come diavolo si facciano queste cose e davvero non sa spiegarsi come abbia fatto anche solo ad avere l’idea, ma adesso gli piace pensare che siano state le invadenti cellule di Roman che si sono legate alle sue a farlo agire così perché sennò significherebbe solo che è totalmente ed irrimediabilmente impazzito.
«Ehi, Glov!» Si alza in volo mentre il lupo lo guarda, di nuovo quello strano sorrisino allegro e soddisfatto in volto «Devo assentarmi un paio d’ore, okay? Al mio ritorno vi voglio vedere morti dalla fatica!»
I vari lupi si lasciano andare ad un ululato carico di euforia, seguito dopo pochi secondi da un altrettanto potente urlo collettivo che ricorda un po’ un coro da stadio: «FORZA CAPITANO!»


Non era sicura di voler tornare a casa, tanto da indugiare per strada per quasi un’ora. Ma si è fatta forza, ha stretto i denti ed ha ingoiato il conato di bile quando si è trovata di fronte al portone del palazzo. Deve comunque affrontarlo, prima o dopo, e rimandare peggiorerà solo il tutto.
Vegeta l’ha inconsapevolmente aiutata moltissimo con il suo estenuante allenamento. Non le ha detto una sola parola, neanche una delle acide battute che di solito rivolge con sprezzo al compagno e che si immaginava avrebbe rivolto anche a lei. Non le ha detto niente se non come muoversi, incitandola ad impegnarsi sempre di più, dicendole addirittura, alla fine di tutto quando lei a stento si reggeva sulle proprie gambe, che se l’era cavata abbastanza bene.
Stava per svenire a quel punto, se lo aspettava proprio, ma si è imposta con ogni fibra del proprio corpo di rimanere in piedi a testa alta, limitandosi ad annuire con fare rispettoso e riconoscente. Non poteva crollare davanti a lui per una cosa del genere, non l’avrebbe più presa sul serio.
Ha pure capito che tutto sommato il grande Principe le va a genio. È rigido e severo come pochi, ma non è cattivo come vuol dare tanto a vedere. Ha un gran cuore sotto quella scorza d’acciaio e questa scoperta le ha fatto capire a pieno come una donna come Bulma, che per quanto forte è pur sempre molto dolce, possa essersi innamorata tanto perdutamente di lui.
Non è poi troppo differente da Radish, alla fin fine. È solo molto meno infantile, ecco.
È con questo pensiero che è entrata in casa, mentre nella sua mente si animavano i ricordi dove vedevano Radish giocare come un ragazzino con i suoi amici o direttamente con lei, dove si comportava in maniera spensierata o si impuntava su delle scemenze come un bambino capriccioso.
È strano, il suo Radish.
È capace di gesti incredibilmente dolci senza che neanche se ne renda conto, come quando lei è stanca e lui si mette a lavare i piatti senza dire una parola solo per lasciarla un po’ riposare, o quando si è trascinato al concerto perché le avrebbe fatto piacere, o quando le lascia l’ultimo cucchiaino di gelato malgrado sia evidente che lo voglia pure lui.
È capace di farle capire solo con un bacio quanto intensamente la desideri, quanto le altre donne che gli mettono gli occhi addosso per lui non abbiano il minimo spessore. Sa inoltre essere un amante estremamente appassionato, Sherry ha sperimentato sulla propria pelle quanto possa essere delicato ma anche estremamente deciso nel toccarla, talvolta pure violento, senza però arrivare mai a farle del male. Ha sentito più volte le sue spalle contrarsi quando osava di più, i suoi occhi guardarla allucinato prima di sfogare i suoi istinti senza però nuocerle in alcun modo.
Infine sarebbe capace di uccidere chiunque solo per averle tolto momentaneamente il sorriso. Lo farebbe a cuor leggero solo perché non vuole che qualcuno le faccia male in qualche modo, lo sa anche senza che se lo dicano.
E sa che si sta mortificando per quanto accaduto.
Everett le ha spiegato che se vuole sentire davvero le proprie emozioni, se vuole riuscire a capirle meglio e liberarle a comando, se vuole poter sentire anche quelle del lurido primate, deve dare più attenzione a quello che viene definito “il lupo d’avorio” nel suo cuore.
È uno strano e sciocco modo di vedere le cose, secondo il quale dentro il loro cuore ci stanno due lupi. Quello d’avorio è buono, gentile e innocuo, vive in armonia con tutto ciò che lo circonda e non arreca offesa quando non lo si offende, combatte solo quando è necessario e quando deve proteggere sé stesso e la sua famiglia. Ma c'è anche il lupo d’ebano, che è molto diverso: è rumoroso, arrabbiato, scontento, geloso e pauroso, le più piccole cose gli provocano eccessi d’ira, litiga con chiunque, continuamente, senza ragione, non riesce a pensare con chiarezza poiché la rabbia e l’odio sono troppo grandi. Non si fida di nessuno, il lupo d’ebano, quindi non ha veri amici né famiglia.
Non è insolito che i Sovrani decidano di far sopprimere i lupi d’avorio nei cuori dei figli e di tutti i cuccioli abbastanza forti da poter un domani combattere per difendere il territorio, così da evitare che crollino per il dolore nel momento in cui i compagni d’armi, i compagni di vita o i familiari muoiono, ma è una scelta assai sbagliata poiché lo Spettro in questione tende poi a rigirarsi contro tutto e tutti indiscriminatamente proprio per il volere del lupo d’ebano.
Se invece si sceglie di nutrirli entrambi, non lotteranno mai per attirare l’attenzione e si potrà usare ognuno dei due nel modo migliore. E, dal momento che non ci sarà guerra tra i due, il cuore dello Spettro sarà libero di spaziare da un’emozione all’altra, comprendendole senza sforzo e nutrendosene per darsi più forza.
Secondo alcuni, il lupo d’avorio sta ad indicare l’anima di Roscka, progenitrice di tutti loro, e quello d’ebano sta invece ad indicare Regan. Lei, per quanto sanguinaria, era molto dolce nei confronti della prole e voleva solo ed esclusivamente il loro bene, tanto da perdonare immediatamente il figlio che la uccise per il trono. Regan, al contrario, era violento e geloso della forza del fratello, attaccava chiunque per ogni minima cosa, e combatté fino alla fine per non farsi battere dal figlio, deciso a stroncare la sua tirannia.
Roman, invece, è sempre stato un perfetto equilibrio dei due, la sfumatura grigia che sta proprio nel mezzo.
Everett le ha detto che deve solo decidere di creare quella sfumatura, perché il lupo d’avorio è sempre stato lì, per quanto abbattuto e debole. È lì e lei dovrebbe saperlo da sempre poiché capace di provare compassione ed empatia, e ha dato prova di saper perdonare e amare. Se quel lupo fosse morto come voleva Mezcal, lei si sarebbe ridotta ad un guscio vuoto animato solo dall’odio e dalla sete di sangue.
Tua madre riportò in vita il mio lupo d’avorio, sai? Il suo ricordo lo tiene in vita tutt’ora.” Le ha sorriso nel dirglielo, facendola sciogliere un’altra volta. “Per quelli come noi è necessario trovare un qualcosa che possa tenere in vita quel lupo, poiché è stato troppo maltrattato perché possa rinascere da solo. Tu trova il tuo qualcosa e lascia che il lupo lo assimili: il mondo assumerà una nuova sfumatura.
Seduta sul comodo divano di casa loro, Sherry non può far a meno di ricordare anche tutti questi discorsi che le sono sempre sembrati solo un mucchio di idiozie.
Un mucchio di idiozie che adesso assumono un senso, per quanto strano, e che riesce ad estendere sul serio anche al compagno: esattamente come gli Spettri, pure Radish ha un qualcosa di simile dentro di sé, avorio ed ebano, e come lei deve imparare a dare forza al lupo d’avorio, lui deve imparare a non annientare più del tutto quello d’ebano per evitare nuovi scoppi di folle e cieca ira.
Everett potrebbe aiutarci entrambi a farlo… o potrebbe spiegare a Piccolo come aiutare Radish a farlo, dal momento che entrambi diventerebbero sicuramente molto più che indisponenti e sarebbe solo tempo sprecato.
Sospira forte, frustrata.
Sente i muscoli nelle spalle tesissimi per il nervoso, poiché consapevole che non appena Radish arriverà la situazione si farà di nuovo incredibilmente tesa.
Un tempo si sarebbe rifugiata da qualche parte per minimo ventiquattrore, ma adesso non può davvero permettersi di farlo: il branco resterebbe senza una guida definita e cederebbe al panico e allo sconforto, senza contare che potrebbe arrivare a dubitare della sua forza e quindi perdere fiducia, e Radish si convincerebbe ancora di più di tutti i possibili scenari che si è sicuramente creato nella testa.
Perché è così, il suo scimmione: paranoico, insicuro, convinto di non valere quanto i suoi simili per scemenze alle quali rimane tuttora aggrappato come l’essere nato di infimo livello. Ma è anche dolce, secondo Fern “non la vede tutta” e questo, di certo, vale anche per lei.
Non riuscirà mai a vederlo tutto perché ai suoi occhi lui è semplicemente immenso. Tutti i suoi difetti si offuscano se si concentra su ciò che prova per lui e, pensandoci un secondo, teme che nutrendo un minimo il maledetto lupo d’avorio non riuscirà più a capire un accidenti di niente per quanto lo vuole.
Se per mal disgrazia tu avessi davvero legato la tua anima alla sua, anche se, ribadisco, è impossibile perché quella faccia di merda non ne ha una, imparerai a scindere ciò che provi da ciò che devi fare tanto da sopportare piuttosto bene la sua lontananza. Devi solo imparare a farlo… a me sono serviti circa tre anni prima di capire che se anche andavo via un paio di giorni per un motivo o per un altro non succedeva niente, lei non evaporava o esplodeva come il mio cervello voleva farmi credere. Riuscirai anche a mettere un muro tra le vostre emozioni così da non confonderti, ma dovrai impegnarti. Ah, sappi anche che, nell’ipotetico e remoto caso in cui avessi ragione, arriverete ad avvertire, seppur in modo infinitesimale, il dolore fisico l’uno dell’altro una volta scambiato il Morso. Ma un lupo non si scambia il Morso con una fottuta scimmia, è come se un aquila sposasse uno scarabeo stercorario!
Sorride davvero divertita ed anche vagamente spaventata all’idea che, prima o dopo, quei due testoni dovranno per forza affrontarsi per poter coesistere, poiché lei di certo non vuole allontanare nessuno dei due per ragioni ben chiare.
«Sì ma un passo alla volta eh! Prima affrontiamo il Saiyan… è più facile che discutere con un fottuto figlio di Mezcal!» Borbotta tra sé e sé mentre, dopo un lungo sospiro, decide di andare in bagno per una doccia al volo, trovando però qualcosa di insolito sul letto ancora sfatto.
Uno dei suoi post-it stropicciato sulla quale svetta una breve frase scritta in fretta e furia con una penna rossa: “ᴠɪᴇɴɪ ᴀʟ ᴄᴀᴘᴀɴɴᴏ ᴅɪ ꜰᴇʀɴ. ᴠᴇʟᴏᴄᴇ.”
Dopo un buongiorno tanto disastroso pensi anche di potermi dare ordini?!, pensa mentre un breve ringhio le risale su per la gola e butta di lato il post-it.
Questo potrebbe essere un buonissimo momento per provare a nutrire un po’ il lupo d’avorio, lo sa bene, ma quando ci si mette può essere addirittura più dispettosa ed infantile del compagno e per questo decide sì di raggiungerlo, ma non prima di essersi fatta una bella doccia ed essersi cambiata.
Quindi con calma, mooolta calma, proprio una calma estenuante, Sherry si sciacqua accuratamente sotto la doccia, insaponandosi ben bene col suo bagnoschiuma al limone, ma non prima di essersi depilata. Lo deve fare come ogni altra donna al mondo, anche se i peli le ricrescono più lentamente del normale, e quando lo fa preferisce essere ben lontana dal compagno perché bestemmia peggio di un camionista in una giornata no quando si trova bloccato nel traffico sotto al sole cocente e l’aria condizionata non funziona.
Ora, liscia e profumata e sempre con un’inumana calma che non le appartiene neanche per sbaglio, sceglie i propri vestiti puliti. Lei non li sceglie mai. Si butta sempre addosso i primi pantaloni e la prima maglia che le capitano sotto tiro e bene così, anche perché si somigliano un po’ tutti. Ma stavolta, chissà, magari qualcosa è cambiato nell’armadio e c’è qualcosa di nuovo.
Rendendosi poi conto che, stranamente, molti membri del branco stanno transitando sotto casa, pensa pure bene di mostrarglieli dalla finestra. Ma la verità è che non hanno alcuna voce in merito, soprattutto perché tutti, nessuno escluso, le dicono di indossare i “vestiti” che le ha preso Bree. In realtà non ricorda il momento in cui glieli ha piazzati in casa, molti davvero non le pare di averli mai visti prima, ma poco importa: non li indosserà perché Radish proprio non si merita di vederla con un vestito da super-gnocca in cerca di sesso spinto.
Il procedimento riesce incredibilmente a rallentare nel momento esatto in cui Willem, che come tantissimi altri si era piazzato in mezzo alla strada ad urlare “sì” “no” “fidati, meglio l’altro”, le entra dalla finestra per dare man forte.
Lo guarda come se fosse scemo, ma poi decide di sfruttare la sua presenza per ricominciare da capo quell’ardua scelta, continuando ad ignorare bellamente il possibile motivo per cui tutti si sono messi a gironzolare per quella zona. Okay, Maddox e lo stesso Willem l’hanno vista parecchio giù di corda nel pomeriggio, ma di certo questa non è una scusa sufficiente per andarla a controllare in casa sua.
Ma poco le importa, possono aiutarla nel suo malefico piano di farlo crogiolare in quell’estenuante attesa. Estenuante attesa che le sta corrodendo il cervello, tra l’altro. Ma, in fondo, Radish vuole parlarle proprio nel luogo che le ha cambiato la vita per ben due volte, il luogo che la calma e la fa sentire protetta: un colpo così basso merita in risposta un altrettanto colpo basso!
Quindi ben venga la compagnia decisamente non richiesta di Willem che tenta di convincerla che no, quei jeans scuri con gli strappi sulle cosce e quella t-shirt nera con la scritta bianca DESTROYA davvero non vanno bene.
«Ti stanno una merda, fidati, metteresti in fuga anche un ergastolano scappato di prigione! Metti questo, no? Saresti molto più carina!» E detto questo le piazza davanti agli occhi un mini-abito bianco col bustino stretto, una generosa scollatura ed un gonnellino morbido e svolazzante.
Ecco, questo è sicura non ci fosse prima nel suo armadio. Ma sicurissima proprio. Ma come o quando ci sia finito non è importante. In fondo, si dice, molti dei suoi amici vanno e vengono, anche se sempre quando lei o Radish sono in casa, quindi è inutile farsi tanti pensieri.
Senza dire una parola si lascia scivolare di dosso l’asciugamano ancora umido, facendolo arrossire vistosamente e, ne è sicura, pure preoccupare, per poi indossare più per dispetto che per altro i pantaloni scuri e la maglietta che a lui tanto non sono piaciuti. Ci abbina un paio di sneakers nere e bianche e, sempre con calma, esce di casa, chiude bene la porta e si avvia verso il loro pick-up.
Pick-up che, tra l’altro, Viper sta ripulendo dalla miriade di bottigliette d’acqua e dai cartoncini dei succhi di frutta che ormai vi abitavano dentro. Vorrebbe dirle che è una brutta persona dal momento che si erano creati degli affetti tra i vari oggetti, ma poi lascia stare. Non capirebbe il discorso, nato da un momento di stupidità acuta tra lei e Bree che hanno faticosamente creato parentele e tradimenti vari tra quella sporcizia.
Sale e guida, seguendo per la prima volta in vita sua il codice della strada: rispetta i limiti, si ferma agli stop e ai semafori, dà la precedenza, lascia passare i pedoni. Tutto questo le ha appena tolto un sacco di punti dalla loro personalissima classifica per chi guida meglio. Anche se, lo sa, è inutile continuare a gareggiare tutti assieme: la sfida è da anni tra Maddox e Mordecai, i più colossali pericoli pubblici mai esistiti se messi al volante.
Guida con calma mentre canta a squarciagola Candyman, interrompendosi solo per masticare imprecazioni a mezza bocca quando costretta a fermarsi. Ma poi arriva finalmente in mezzo alla vegetazione, la casa di Fern si avvicina di secondo in secondo mentre lei percorre quella stradina sterrata e di colpo sente come un pesantissimo macigno sul petto.
È terrorizzata, davvero.
Ha rimandato il più a lungo possibile qualcosa che non poteva e non doveva essere rimandato, e ora è di nuovo in crisi.
Nell’appartamento di Radish, in qualche strano modo, sarebbe stato più semplice per lei parlare. Non si è attaccata a quel posto per quanto ci stia bene, sono solo quattro mura che li riparano dalle intemperie e gli evitano di dormire all’addiaccio o nelle sue varie tane ogni notte, ma di certo non la considera casa.
Perché per lei l’unica vera casa sarà sempre e solo quella di Fern, quella che le ha cambiato la vita, quella che le ha permesso di tornare a respirare, quella che le ha permesso di crearsi un qualcosa che si avvicina davvero molto ad una famiglia, quella che le ha permesso di vedere la vita non più come un susseguirsi infinito di sofferenze ma come un qualcosa pieno di sorprese.
In realtà, però, negli ultimi due mesi è arrivata a considerare “casa” la pelle di chi, quando ti abbraccia, ti fa sentire che sei nel posto giusto, e che quel posto è solo tuo. E chi potrebbe mai darle questa smielata ma amatissima sensazione?
Beh, ma lo stesso qualcuno che adesso se ne sta seduto sui gradini della veranda di quella grande e calda abitazione, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e lo sguardo puntato a terra. Quando però Radish sente il rumore del pick-up che si avvicina, alza repentinamente lo sguardo, nel petto uno strano mix tra sollievo e panico. È venuta, bene. Un problema in meno… ora concentrazione massima sul problema più grosso. Vediamo se la spunto o se mi becco un pugno in bocca!
Sherry lo guarda con aria circospetta mentre si alza di scatto, l’espressione curiosamente allarmata.
Scende velocemente dalla vettura e gli cammina in contro, non riuscendo a capire cosa possa ridurlo ad un tale fascio di nervi. In fondo è lì, si è presentata, perché mai guardarla come se fosse l’essere più spaventoso dell’Universo? Freezer mica lo guardava così, dopotutto.
«Tutto bene?» Domanda un poco titubante, notando solo in un secondo momento che, curiosamente, dalle tende alle finestre filtra una calda luce. È strano, molto, perché Bree e Fern avevano staccato tutto quando quest’ultima si era trasferita, ma l’Alpha preferisce concentrarsi sul Saiyan che, con movimenti titubanti e quasi goffi, le prende delicatamente una mano.
«No. Sono tipo terrorizzato e non ho la più pallida idea di quello che sto facendo, quindi non mi interrompere e lasciami fare, okay?»
«Adesso mi fai davvero paura…» Malgrado questo però lo segue su per gli scalini che tante volte ha calpestato. Nel secondo si spaccò il labbro a quindici anni mentre rientravano da una notte di bagordi, nel terzo spaccò un sopracciglio a Pip la volta che la mandò in bestia sul serio, sul corrimano baciò per scommessa Bree per la prima volta. Ogni centimetro di quella casa ha una storia da ricordare e raccontare, ma Sherry adesso non vi può badare: Radish ha preso un mazzo di chiavi dalla tasca, mazzo che tra l’altro ha un’aria incredibilmente nuova, e sta aprendo la porta.
Dio solo sa se è spaventato, adesso. Sente che potrebbe vomitate tanto è nervoso e il cuore gli batte così forte da essere assordante pure per lui. Ma ormai ha deciso, vuole farlo, e per questo apre finalmente la porta e le mostra con una certa timidezza l’interno: lo strato di polvere che ricopriva il pavimento è stato spazzato via, il parquet scuro può finalmente respirare di nuovo, e tutti i teli che coprivano i mobili con i quali è cresciuta sono stati tolti facendo sì che quella grande sala tornasse viva e accogliente come un tempo. Inoltre il fuoco nel camino è stato acceso, regalando all’ambiente un’atmosfera calda ed intima, e il loro preziosissimo pianoforte, l’oggetto che più di tutti lì dentro era per loro importante e non ha mai subito danni tranne una piccola incisione in basso, è stato lucidato. In realtà è stato anche accordato, ma certo Radish non le darà né tempo né modo di scoprirlo.
Pur senza capire come ci riesca a causa dello stupore che le invade ogni cellula, Sherry riesce a fare qualche passo in avanti, quel tanto che basta per poter sbirciare oltre al muro ad arco per notare la tavola apparecchiata per due. C’è pure un mazzolino di fiori di campo al centro, proprio come quando erano ragazzini e si riunivano lì più per tenere compagnia a Fern che per reale appetito.
«Se fossi arrivata prima, la cena non sarebbe stata fredda…»  Scherza con voce roca Radish mentre si passa nervosamente una mano dietro al collo, sorridendo quando finalmente ha la possibilità di vederla in faccia: è stupefatta oltre ogni limite, gli occhi si stanno facendo sempre più lucidi e la bocca che lui tanto adora baciare si apre a scatti senza però emettere un suono.
«Vieni.» Si allunga in avanti e la prende per mano con un po’ più di decisione, conducendola con passo calmo verso il piano superiore. Gli tremano le gambe tanto è emozionato, nervoso e spaventato, tanto da doversi impegnare con tutto sé stesso per non darglielo a vedere.
Il piano superiore è stato tirato a lucido proprio come quello inferiore, ma qui risulta come più evidente il fatto che i muri necessitino di una nuova mano di vernice a causa di tutti gli aloni lasciati dalle vecchie cornici. Ovvio però che Radish non ha avuto il tempo di imbiancare, non tanto per la mancanza di mani a disposizione quanto per il fatto che poi l’intera abitazione avrebbe avuto un odore insopportabile. Se tutto va bene, però, gli basterà schioccare le dita e per magia i muri saranno di nuovo perfetti e pieni di nuove fotografie.
Apre la porta della camera padronale e pure lui si sente avvampare nel vedere l’interno. Non erano quelli i piani, dannazione!, la stanza doveva solo essere pulita, di candele e fiori sul comodino non aveva proprio parlato. Fanculo!
«Che significa?» Mormora Sherry col cuore ormai sul punto di esplodere.
Lo guarda come se fosse un miraggio, le braccia abbandonate lungo i fianchi e un’espressione al limite dello stralunato in volto.
Si guarda attorno con aria spersa, Radish, chiudendosi per un attimo nelle spalle mentre allarga le braccia come se la risposta fosse incredibilmente ovvia. Ma non lo è, lo sa, solo che gli risulta assai difficoltoso riuscire ad articolare ed esprimere i propri pensieri.
Ma poi ripensa al proprio errore, pensa a quanto l’ha ferita e a quanto ha rischiato e, dopo aver preso il coraggio a due mani, le si avvicina lentamente, esponendo il pensiero che l’ha portato a fare una cosa del genere.
«Questo è il tuo posto sicuro, no? È qui che ti sei sentita più felice in vita tua, giusto? Ecco, io… ho chiesto a Fern se potevamo viverci insieme.» Si blocca per qualche secondo, terrorizzato dalla sua possibile reazione, quand’eccolo lì, timido ma non meno luminoso, il sorriso che tanto voleva vedere; sorriso che, senza ombra di dubbio, gli dà la carica necessaria per riprendersi buona parte della sua sicurezza.
«Voglio che tu ti senta sempre sicura e felice con me, voglio che tu capisca che ci sono dentro, che—»
Le labbra si posano con urgenza sulle sue, le sue dita sottili si immergono nei sui lunghissimi capelli per tenerlo fermo. Continua a baciarlo con tutto l’amore che può prima che il bisogno di respirare diventi decisamente impellente e, quando si separano, si sorridono come due ragazzini.
La stringe a sé, le tiene un braccio attorno alle spalle e con l’altra mano le tiene la testa contro l’ampio petto, incapace di smettere di sorridere.
«Hai portato anche Mr. Cookies e Mrs. Milnky-Pinlky…» Mormora l’Alpha notando i due pupazzetti sul comodino da quello che, nell’appartamento, in genere è il suo lato del letto. Non aveva notato la loro assenza a casa, non aveva assolutamente preso in considerazione l’idea che qualcuno potesse portarli via, ma Radish li ha afferrati al volo quando è entrato con Major e Domino per sistemare un paio di cose. In fondo l’ha vista così tante cercargli la loro giusta locazione nella stanza mentre sparava scemenze incredibili sulla loro relazione interrazziale che gli è sembrata una mossa intelligente portarli lì.
Beh, a conti fatti, può dire tranquillamente di averci preso alla grande se si considera il fatto che è ancora più commossa da questa piccola accortezza. Sono un fottutissimo genio!
«Tra loro le cose vanno sempre così bene… magari ci danno qualche dritta per non scannarci più per delle stronzate.» Scherza mentre la sente stringersi maggiormente a lui. Per un attimo pensa che potrebbe anche chiuderla lì con le sorprese, che ha fatto più che abbastanza e che il suo scivolone è stato largamente riparato, ma, già che ha trovato il coraggio di tirar su una cosa del genere, non vede perché non andare fino in fondo.
«Tutto questo non è necessario, lo sai vero? Avevo solo bisogno di stare un po’ da sola, di riordinare le idee e calmarmi… non sarebbe cambiato niente tra noi, dovresti saperlo. E poi abbiamo già una casa.» La voce e lo sguardo sono serissimi non perché non apprezzi la sorpresa, Dio solo sa quanta voglia ha di scoppiare a piangere per la moltitudine di emozioni meravigliose che sta provando e che non saprebbe in che altro modo sfogare, ma perché vuole che capisca che davvero non è necessario, che le erano bastate sul serio le sue scuse e che potevano archiviare la questione senza arrivare addirittura a trasferirsi.
«Questa casa per te è importante… ed è anche il giusto centro tra quello che sono io e quello che sei te. Senza contare che dista molto meno dalla tana e la mattina avremmo più tempo per farci i comodi nostri.»
Radish si scioglie ancora un po’ di più quando lo bacia di nuovo e davvero non ha idea di dove stia trovando le forze per togliersi le sue braccia di dosso mentre lo stava stringendo in modo così dolce, ma sa anche che se la lascerà fare anche solo un secondo di più, lui avrà sprecato ben sedici minuti di vita.
«So che questo non cancellerà il casino di stamani…» Lui è sempre stato la seconda scelta, spesso pure la terza o la quarta; è sempre stato sottostimato, lo hanno sempre fatto sentire come se non fosse altro che un insetto, e questo solo nella migliore delle ipotesi. Ma non lei. No. Lei ci sta provando davvero a fargli capire che si sono sempre sbagliati sul suo conto e che, almeno ai suoi occhi, lui è fottutamente perfetto.
Il cuore è sul punto di esplodere, lo sente, ma non per questo ha intenzione di fermarsi: «…però spero che ti faccia capire davvero quanto sei importante per me.»
Nella loro attuale percezione delle cose, il mondo intero si è messo a trattenere il fiato nel momento esatto in cui Radish, seppur con una discreta paura che traspare anche dai movimenti, le mette davanti al viso un piccolo ciottolo perfettamente tondo e levigato trovato sulla riva di un fiume.

 

«Quando un maschio corteggia una femmina, perlustra tutta la spiaggia in cerca del ciottolo perfetto da offrirle. Quando finalmente lo trova, cammina dondolando da lei… e lo passa con amore ai suoi piedi. Se lei lo accetta, resteranno insieme per la vita.»


Quelle parole gli sono risuonate in mente così tante volte nell’ultimo periodo…
Ogni volta che, durante i loro amplessi o durante delle semplici coccole, lei gli offriva in modo automatico il collo lui le sentiva nella testa, come un sussurro lontano ed invitante.
Quel pomeriggio le ha sentite di nuovo e gli sono suonate così giuste da arrivare a cercare il sassolino che più di tutti le sarebbe potuto piacere, sentendosi poi incredibilmente bene quando se l’è rigirato tra le dita.
«Radish…»
In sette anni River le ha chiesto di sposarlo ben ventisei volte. Le portava grosse e succulente prede, gioielli preziosi, i velli e le zanne di forti e pericolosi avversari che minacciavano la sua sicurezza, ma mai una volta ha anche solo pensato ad un gesto così piccolo ma così pieno di significato.
Le lacrime scorrono di colpo, la diga ha finalmente ceduto, e Sherry non è neanche più in grado di muovere un muscolo. Non saprebbe neanche spiegare come faccia ancora a respirare in realtà.
«Finirà così, lo so tipo dal momento in cui ti ho vista sgozzare un uomo con una bottiglia rotta.» Tenta di sdrammatizzare così soprattutto perché l’idea che possa dirgli di no e dileguarsi nel niente per il suo gesto avventato diventa terribilmente reale. In fondo non si sta muovendo e lui è così scosso da tutto ciò che sta provando da non riuscire proprio a capire cosa stia provando lei.
Ma di colpo un sorriso adorante le illumina il viso, e gli occhi del Saiyan si riempirono di lacrime, tanto da non riuscire più a vederla nitidamente.
«E so che lo sai anche te.»
Sherry deglutisce a fatica e per un misero istante non può fare a meno che darsi dell’idiota: l’ha fatto aspettare su quei gradini per ore per dispetto quando lui aveva messo da parte il suo orgoglio per prepararle una sorpresa del genere.
Idiota però non è il termine giusto, ma al momento ha qualcosa di più importante alla quale pensare, quindi decide di scegliere in un secondo momento quale aggettivo cucirsi addosso per ciò che ha fatto.
«Radish, io…»
Le posa un dito su quelle labbra che tanto vorrebbe divorare e bruciare a forza di baci, incatenando gli occhi nei suoi.
«Dimmi quello che voglio sentire. Quello che ho bisogno di sentire.»
Guardando nei suoi occhi neri senza fondo, passando le dita nella  chioma corvina lasciata libera dall’elastico rosso, e sfiorando con le labbra la pelle ruvida della sua mandibola, si alza in punta di piedi verso il suo orecchio in modo che senta il più chiaramente possibile le sue parole, anche se escono solo in un sussurro.
«Ti amo, Radish.»
Le braccia le cingono con forza il corpo snello, provocandole un  leggero dolore per la stretta. Mentre metabolizza la sua risposta,  sente la tensione uscire dal corpo in scariche d’energia.
«Non ho intenzione di lasciarti andare. Mai.» Le sue parole suonano dure, ma Sherry sa che quell’impressione è generata dall’intensità del sentimento che le sostiene.
«Ti amo.» Gli bacia una guancia, e la sua stretta si allenta appena.
«Ti amo.» Gli bacia la punta del naso, e lui sospira.
«Ti amo.» Gli bacia le labbra, e lui cede.
Nel giro di due secondi, l’Alpha atterra di schiena sul letto un tempo appartenuto a Fern, con il corpo del Saiyan sospeso sul proprio.
«Mi ami?» Per quanto il suo sguardo trasudi un’incredibile arroganza, Sherry sa bene che ha bisogno che lo ammetta ancora una volta guardandolo negli occhi. Ha bisogno di sentire quella piccola parolina che gli darà più di una conferma e lei, abbandonandosi ad un sorriso carico di un sentimento così puro da farle quasi paura, si lascia totalmente andare.
«Sì.»
Ha vinto, Radish. Ha vinto tutto, ha ottenuto un qualcosa che neanche sapeva di volere tanto disperatamente e che ora lo sta riempiendo totalmente, lo schiaccia e poi lo libera.
«Che effetto mi fanno queste parole… cazzo, non riesco nemmeno a descrivere quello che provo! È assurdo, davvero, ma mi sembra di averle aspettate per tutta la vita.» Un sorriso meraviglioso ed esplosivo si disegna sul suo volto in genere tanto duro «Ho bisogno di te...» La sua confessione resta sospesa, mentre le mani si intrufolano automaticamente sotto la t-shirt. A causa di tutto quello che sta provando neanche si rende conto di ciò che sta facendo, non ci pensa, segue puramente l’istinto.
«Anch’io ho bisogno di te.» In un attimo, le bocche sono una sull’altra. Le lingue si toccano, riuscendo in qualche modo ad intensificare tutto quello che stanno provando. Le mani palpano in modo un poco incerto, quasi dovessero riprendere confidenza. Nel giro di un secondo o due Sherry avvinghia le gambe ai suoi fianchi mentre le strizza il sedere con fare da un lato seducente e da un altro possessivo, le dita della lupa intrecciate ai suoi capelli, mentre cercano l’uno la bocca dell’altra con l’arsura di chi non beve un sorso d’acqua da giorni. Gli tira e mordicchia il labbro inferiore e lui geme appena, e attraverso lo spessore dei jeans Sherry sente la sua erezione appoggiarsi al proprio corpo. Lancia un gemito sommesso e si libera dalle sue labbra per riprende fiato. Il tempo di deglutire e la bocca del Saiyan è sul suo collo, per succhiare, mordere, gustarla.
«Radish…»
«Vuoi—?»
«Non stasera fustacchione…» La guarda con aria incerta, domandandosi per un istante se ha frainteso la sua precedente affermazione, ma Sherry si spiega subito «Scambiarsi il Morso lascia sfiancati e storditi come dopo parecchie canne… vuoi giocarti la serata?»
«Cazzo, no!»
Si lascia andare ad una lieve risatina mentre lui salta velocemente giù dal letto. Sente per qualche secondo i jeans tirare sui fianchi e poi una specie di solletico quando li strattona nella fretta di spogliarla.
Quella casa è così grande, immensa per loro due, abituati a spazi ridotti e ad una moltitudine di persone sempre tra i piedi, e adesso Radish, seppur inconsapevolmente, ha deciso che non sarà il letto il primo oggetto ad essere battezzato. Sarebbe scontato, o almeno è quello che ha pensato quella parte folle nella sua testa che si è come nutrita e potenziata di quella più divampante della giovane fidanzata. È per questo che l’afferra per i polsi e la solleva dal letto, spingendola poi con una discreta forza contro la porta.
Sherry geme appena per la sorpresa e per la punta di dolore alla schiena, sentendo subito le sue nocche premere contro la pelle umida mentre si slaccia e abbassa i pantaloni.
Le sue labbra le sfiorarono la pelle sensibile del collo e con la lingua traccia una lunga linea dalla clavicola all’orecchio, facendola rabbrividire. Poggia le mani appena sopra il sedere nudo e le tira su prima una gamba e poi l’altra senza fatica, facendogliele stringere attorno ai propri fianchi.
«Ti scoperò così a fondo che mi sentirai in gola.» Promette con voce roca, sogghignando di fronte alla sua espressione eccitata prima di riprendere a baciarla ed afferrarle un seno con forza. È certo che il gemito che scappa prepotentemente dalle sua labbra carnose sia anche di dolore, e ne è in qualche modo soddisfatto. Vuole che lei comprenda anche solo un quinto del fastidio - del dolore - che gli ha inferto lasciandolo in balia di sé stesso in una routine vuota che non gli appartiene più. Vuole che capisca cosa si prova quando qualcuno ti afferra il cuore e lo stritola. Vuole che sappia cosa ha provato quando pensava di averla persa. 
«Ci conto…» Ogni nervo, ogni poro, ogni molecola desidera solo fondersi con lui, tutto il resto non è assolutamente rilevante.
Le morde il labbro con forza non appena tornano ad essere una cosa sola. È stato per quasi quarantott’ore col dubbio atroce di averla persa, l’idea che avesse scelto di stare con Everett lo stava annientando… non è mai stato tanto felice di essersi sbagliato.
Sente che potrebbe farle fisicamente male tanto i suoi movimenti sono intensi al limite del violento, ma non riesce a trattenersi. La vuole con maggiore intensità ad ogni affondo, vuole che arrivi a dilaniargli la schiena a furia di aggrapparsi a lui con le unghie, vuole sentirle urlare il proprio nome così che chiunque possa sentirla.
Allo Spettro gira la testa per l’intensità del piacere. È scossa dai tremiti, corre verso l’orgasmo come un treno ad alta velocità. Tutto così in fretta. Radish è una certezza. A ogni nuova spinta, a ogni nuovo affondo, si scioglie, il corpo ribolle di desiderio a tal punto che sente di poter esplodere da un momento all’altro.
«RADISH!» Qualche altro colpo e fine della storia. Brividi, urla, arricciarsi di dita.
Il Saiyan sogghigna sovreccitato e compiaciuto, stringendola più forte e le lecca lascivamente il collo.
«Di già?» Grugnisce tra il divertito e il soddisfatto, picchiando ancora più duro finché trova il suo angolo di paradiso con un ruggito potente.
Non riescono a muoversi adesso. Radish sostiene il suo peso tenendola con una mano ad arpionarle la natica e l’altra contro la porta. Gli tremano un po’ le ginocchia e, seppur con uno sforzo notevole, riesce ad abbandonare il sicuro sostegno della porta per stringere di più lei e portarla in braccio fino al letto, dove poi si abbandona al suo fianco.
Dopo un minuto buono, quando la respirazione torna regolare, Sherry si volta pigramente su un fianco per poter incrociare il suo sguardo. Ha un sorriso esausto ma profondamente soddisfatto.
Sorride a sua volta e lo bacia, mettendo nel bacio tutta la sua gioia, la sua felicità e il rimpianto per il tempo passato distanti.
«Vai a farti la doccia. Io riscaldo la cena e poi possiamo recuperare.»
Annuisce convinto mentre un nuovo sorrisetto gli si apre in volto, rivelando apertamente quanto l’idea gli vada a genio.
«Se una parte del recupero consiste nel passare un sacco di tempo tra le tue cosce, con questo» e si afferra il pacco con una mossa volgare che comunque la fa ridere, «queste» agita le dita, «e questa...» si picchietta la bocca piegata in un sorrisetto malizioso «la mia vita sarà completa!»

Hanno mangiato e parlato a lungo, dicendosi tutto quello si sarebbero voluti dire in quelle ore di lontananza e incertezza.
Radish le ha confessato a testa china ciò che gli ha detto Roman, per un senso quasi spaventato dalla sua possibile reazione, ritrovandosi a sobbalzare come un gattino quando gli ha allacciato le braccia al collo e l’ha stretto forte.
Gli ha detto che le dispiace che gli abbiano fatto una cosa del genere perché sa quanto tiene al suo prezioso sangue Saiyan, un po’ come lei tiene al suo, e che le dispiaceva ancora di più per il fatto che aveva ragione sul maledetto zing. Uno smacco incredibile per lei doverlo ammettere, tanto che poi si è separata di scatto e si è messa a sedere a braccia conserte con un adorabile broncio in volto.
Radish si è sentito subito meglio, in un certo senso. Certo, la consapevolezza di ciò che gli è stato fatto gli brucia sempre, ma vederla così tranquilla all’idea che loro due davvero sono legati da un qualcosa di inscindibile lo ha rasserenato.
La Sherry che aveva conosciuto due mesi prima, quella che lo guardava con circospezione e non sembrava entusiasta proprio per niente ad averlo attorno, non lo avrebbe mai accettato. Si sarebbe ribellata in ogni modo possibile pur di spezzare quell’invisibile catena, avrebbe proprio impedito che si creasse, ma questa Sherry, la sua Sherry… a lei sta bene. Ne è felice. Perché lo conosce, adesso. Sa chi è, sa che ha un cuore e che quest’ultimo batte per lei.
Le sta bene così come, alla fin fine, sta bene pure a lui.
Ha trovato l’esatto tipo di donna che da sempre piace ai Saiyan. In realtà, ha trovato molto di più. Ha trovato una donna capace di amarlo e tenerlo a bada, capace di brutalità estrema e disarmante passione, una donna che, a conti fatti, è al mondo per stare con lui.
Chi l’avrebbe mai detto che avrei dovuto cambiare pianeta, morire e resuscitare per avere tutto questo?
Ora, dopo uno sfiancante secondo round durante il quale Radish ha ben pensato di far scendere in campo il “biondo fenomenale”, Sherry se ne sta con la testa sul suo pettorale, stanca ma felice.
La giornata era partita in modo bizzarro quando si è svegliata appallottolata tra le braccia di Everett, credeva non potesse diventare più strana dopo avergli proposto di diventare il suo Beta ed è precipitata malissimo quando è tornata a casa… tutto avrebbe detto tranne che potesse concludersi così.
«Devo dire che davvero non me lo aspettavo…» Mormora con voce un poco impastata e roca, rannicchiandosi maggiormente contro il suo corpo caldo anche per spostarsi dalla molla che è saltata nel materasso. Sono entrati in casa da qualche ora e già hanno fatto un danno. Glover aveva ragione: insieme sono decisamente straordinari, anche se non in modo del tutto positivo.
«Non ti credevo capace di cose del genere.» Aggiunge dopo essersi messa comoda, mugolando dolcemente quando la stringe un poco a sé.
«Non lo credevo neanche io… e se tu o gli altri vi fate sfuggire una sola sillaba sull’argomento, giuro che tappezzo le pareti con le vostre pellicce!»
«Gli altri chi? Ancora non sa niente nessuno. Penso che tu possa addirittura fare marcia indietro prima che lo sappiano.» Scherza senza smuoversi di un millimetro. Per quanto realmente stia scherzando, spera comunque che Radish capisca che può davvero ripensarci se non si sente sicuro e che non gliene farà alcuna colpa.
«Non ho alcuna intenzione di fare marcia indietro. E tu?» Le afferra delicatamente il mento tra indice e pollice e le alza il viso, ricambiando il suo sorriso prima di essere nuovamente baciato con quella disarmante delicatezza che ogni volta lo fa fremere di desiderio.
Nel guardarlo e nel constatare la sua felicità, per Sherry all’improvviso è tutto chiaro, di una chiarezza così ridicola e stupida che le viene voglia di ridere. È questo quello che vuole. Questa è quella cosa in più che desiderava sin da piccola.
Però Radish, come accade molto spesso, ci tiene davvero tanto a farle perdere il filo dei propri pensieri e riportarla violentemente con i piedi per terra con una semplice ma significativa frase: «Meglio, perché già lo sanno.»
«Cosa?» Aggrotta le sopracciglia e si issa a sedere di scatto, non riuscendo a capire il significato della sua frase. Ma di colpo la risposta arriva dall’esterno sotto forma di clacsonata.
Clacsonata alla quale si aggiungono in brevissimo tempo diverse voci.
«Ma che…?» Afferra la coperta e scende dal letto, dirigendosi con passo svelto alla grande finestra che dà proprio sul fronte della grande proprietà, ed eccoli lì: un camion per i trasporti e diverse macchine sono stati parcheggiati nel vasto cortile mentre i suoi Spettri si passano tra loro scatoloni, mobili e grosse buste piene di roba da mangiare.
Alcuni si dirigono con passo sicuro verso il capanno imbracciando le varie scorte alimentari, i giovanissimi invece non perdono tempo e si stanno già applicando per decorare con le loro adorate lucine dorate di Natale tutto il portico.
«Non avrai mica pensato che mi sarei fatto il mazzo anche per portare qui la roba?»
Sherry volta di scatto la testa, ritrovandosi faccia a faccia con Radish. A causa del grandissimo stupore non si era neanche resa conto che si fosse alzato a sua volta e le fosse arrivato alle spalle. Non si era neanche resa conto delle sue braccia forti che lentamente le hanno cinto l’addome.
Di colpo poi capisce: i vestiti nuovi nell’armadio, l’invasione in strada, Willem che tentava disperatamente di farle indossare un abitino carino e femminile… sapevano tutto, erano complici di tutta quella straordinaria sorpresa.
«Tra l’altro, giusto perché tu sappia fino in fondo quanto quei pazzi vogliano vederti felice e quanto mi sia scervellato per rientrare nelle tue grazie, sappi che stiamo lavorando per creare un tunnel che dalla tana sbuchi sotto al capanno e per mettere ancor più in sicurezza la zona. Credo inoltre che Becca, Bree, Mimì e Dom stiano passando in rassegna non so quante riviste di arredamento per ordine di Fern. Fa paura quella donna, davvero! Mi ha minacciato oggi!»
Questo è vero. Eccome se è vero.
Quando le ha spiegato a grandi linee il perché aveva bisogno di casa sua, lei gli ha rivolto un sorriso inquietantissimo e poi, con una calma agghiacciante, lo ha messo in guardia affermando che non ci sarà nessun buco in tutto l’Universo in cui potrà rimpiattarsi da lei se oserà farla soffrire di nuovo. Ci ha poi tenuto davvero tanto a specificare che non le ci vorrebbe proprio niente a chiedere man forte ai suoi amici, Vegeta incluso. Insomma, gli ha fatto capire in modo molto chiaro che lo farà catturare dai suoi stessi amici, lo farà tenere fermo e poi lo sevizierà fino ad ucciderlo. E Radish sa che lo farebbe senza battere ciglio, motivo per cui non è davvero riuscito a reprimere un fastidiosissimo brivido gelido lungo la spina dorsale così intenso da folgorargli il cervello.
Sherry, che certo non fatica a credere che sua madre lo abbia minacciato di morte o peggio, si concentra sull’evidente problema del suo piano.
«Non abbiamo tempo per occuparci anche di una casa nuova…» Mormora rammaricata mentre torna ad osservare i suoi ragazzi. Dio, le sembrano così incredibilmente felici di essere lì ad aiutare, così pieni di gioia e orgoglio per essere stati utili al loro Capitano… non vuole neanche immaginare le loro facce quando gli dirà che è stata fatica sprecata.
Radish però non vuole mollare la presa.
Quel posto gli piace, ha già due ricordi non da poco lì dentro, quindi è ben deciso a rimanerci. Senza contare, poi, che è decisamente una sistemazione molto più comoda sotto tanti aspetti e che ha faticato come un dannato per riuscire a fare tutto quanto. Come potrebbe mollare?
Se la rigira tra le braccia come una bambola e la tiene stretta a sé, guardandola dritto negli occhi. È incerta, lo vede, e sa anche che il fatto che stia succedendo tutto così incredibilmente veloce la destabilizza.
La verità è che destabilizza pure lui, ma che può farci? Tra loro due tutto è andato veloce e spedito come un treno, tutti i problemi si sono frantumati sulla loro strada solo per fargli guadagnare ancor più terreno. Nella logica del Saiyan era inevitabile che corressero così velocemente anche a questo traguardo, che se lo prendessero di prepotenza per poi continuare a proseguire con impeto.
Niente può fermarli. Lo sa, lo sente. Perché loro due, insieme, possono essere straordinari e di questo ne è fermamente convinto.
«Abbiamo tempo e modo di fare tutto. E l’appartamento era davvero troppo piccolo per poterci far entrare gli altri… almeno qui Mordecai avrà modo di nascondersi in un posto che non sia il box della doccia quando si sbronza!»
Ahhh, Mordecai! Quel pazzo ha rubato il camion che ora sta parcheggiato in giardino per riempirlo di buona roba da mangiare per il suo Capitano. Poi servivano dei nuovi addobbi natalizi, quelli non potevano mancare. E serviva anche un buon impianto stereo, scherziamo? Così come serviva un televisore più grande. E dei vestiti. E dell’alcool. E dei videogiochi. E la ganja! Ahhh, la ganja non può mica mancare in casa loro, siamo matti?
Gli ha fatto una testa così per quasi venti minuti mentre si ripuliva dal sangue versato durante l’allenamento e si cambiava. Gli ha sparato addosso così tante idee su cosa mettere in casa, su come ristrutturarla, sul riuscire in qualche modo a scavare due piani sotto e su come collegarli al seminterrato per allestirci una sala giochi e, perché no, una palestra al chiuso o qualcosa di simile. Ha pure accennato ad una piscina, ma Radish aveva già perso il filo del discorso da un bel po’.
Pensandoci un istante, Radish ha capito che il ragazzo era ancor più entusiasta di lui all’idea. Ed anche preparato, come se non aspettasse altro che sentirglielo dire per poter procedere con la sua massiccia invasione di stronzate.
«Andiamo, dai! Guardali! Pensa che potevano riposarsi e invece li ho fatti sgobbare anche a quest’ora! Non ti sentiresti in colpa a dirgli di fare dietrofront e lasciar perdere?» E dai, molla la fottuta presa per una volta!
«Vorrei ricordarti che i membri del branco non sono i tuoi schiavi.» È con questa semplice affermazione detta con un certo veleno che Radish capisce che sì, ha ceduto. Ha ceduto a lui, a tutto ciò che voleva fare, gli ha detto di sì, l’ha sconvolta così tanto da ridurla a cera morbida tra le proprie mani.
«Stanotte sì!» La stringe di scatto e, dopo averle strappato il lenzuolo di dosso ed averle arpionato le natiche, la solleva da terra e la schiaccia con foga tra sé e il muro.
«Castigala a dovere, Capitano!»
L’urlo giocoso di Maddox arriva chiaramente alle orecchie dei due e, con un sorrisetto civettuolo ed un poco sarcastico, Sherry allaccia le braccia al collo del Saiyan, portando il viso a pochi centimetri dal suo.
«Direi che mi hai già castigata abbastanza…»
I lunghissimi capelli neri si tingono all’improvviso di un biondo chiaro, gli occhi si schiariscono diventano azzurro-verdi ed un ghigno carico di promesse si dipinge sulle sue labbra: «Assolutamente no.»



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
41 pagine in due giorni scarsi.
Questo capitolo è venuto fuori da solo, si è scritto di getto.
Il discorso sul lupo d’avorio e il lupo d’ebano è evidentemente tratto dalla Leggenda Cherokee del lupo nero e del lupo bianco, che a me è sempre piaciuta un casino!
Direi che si sposava abbastanza bene con ciò che volevo esprimere per gli Spettri (n.b.: tutto quel discorso vale ovviamente solo per gli Spettri nati e cresciuti nei loro veri territori e solo quelli vissuti sotto a degli psicotici come Mezcal; Bree, essendo una Mezzosangue, non è mai stata considerata come un valido membro del branco dal Re e quindi si è in parte salvata)

Comunque, dopo tutto ‘sto malloppo, che dite? Sherry e Radish saranno veramente innamorati? E il resto del branco sarà più che ben disposto nei confronti del Saiyan per fare una roba del genere? Saranno una grande e assurda famiglia? Perché è così che dovrebbe essere il branco, nei Territori del Sud ci si avvicinano abbastanza ma da anni sono tutti tesissimi per colpa di qualcuno.
Qui invece non avevano mai avuto una cosa del genere, nessuno di loro, e potendolo finalmente avere seguono la propria natura senza neanche pensarci: Radish è il Capitano, Sherry la Regina, sono i capobranco e c’erano delle tensioni; Radish ha messo da parte il suo ego grande come un palazzo ed ha chiesto aiuto per sistemare il casino da lui stesso scatenato, loro si sono prestati senza far domande per riportare l’equilibrio.
Questi sono gli Spettri.
Tutto sommato, Radish non può proprio dire che gli sia andata male, eh?

Tra l’altro, sarò strana? Siamo a giugno e io ambiento questi capitoli venti giorni prima Natale! Bisogna avere problemi ragazzi… ma problemi gravi!

Direi anche basta. Non voglio sporcare questo diabetico capitolo con le mie scemenze!
💛 Un grazie di cuore a Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e a Teo5Astor per aver recensito il 15°! 💛

A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Chimera__, Celeste98 e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 16 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite; Chimera__ e Nhirn9001 per aver messo la storia tra le ricordate. Ed un grazie va anche a tutti coloro che leggono silenziosamente! 💛

 

𝟚𝟝. 𝓛𝓊𝓋𝒶 𝒶𝓁𝓁𝒶 𝒻𝒾𝓃𝑒 𝒹𝑒𝓁𝓁𝒽𝑜𝓉 𝒹𝑜𝑔
(𝓟𝓪𝓻𝓽𝓮 𝟙)



«And now it's alright, it's okay
And you may look the other way
We can try to understand
The New York Times' effect on man
»
Apre di scatto gli occhi, trovandosi in una stanza che in un primo momento non riconosce. Ci sono pochi mobili che decisamente non sono della sua camera da letto e l’intera stanza di per sé è evidentemente molto più grande.
Fatica per qualche istante a capire dove si trovi, ancora un poco intontito dal sonno e con quella canzoncina fastidiosa che gli arriva quasi dolorosamente alle orecchie, realizzando tutto in un colpo che è nella sua nuova camera da letto, nella sua nuova casa.
Sono andati a dormire che erano da poco passate le tre del mattino, ora lo ricorda.
Ricorda che le ha chiesto di essere sua per sempre, di diventare sua moglie e che gli ha detto di sì tra un bacio e un altro, che gli altri sono arrivati a scaricare la roba e che loro due hanno fatto sesso un po’ contro il muro e poi sul pavimento quando Sherry ha accettato a pieno l’idea di vivere lì e che poi, spinti dalla fame, sono scesi giù.
C’erano praticamente tutti: alcuni portavano vari mobili mai visti prima dentro e fuori, altri appendevano fotografie ai muri, altri ancora stendevano tappeti e sistemavano fiori colorati. Alcuni avevano deciso che era necessario mettere le luci di Natale pure sul corrimano delle scale e Sherry si è adirata solo ed esclusivamente perché voleva farli pure lei gli addobbi. Radish, dal canto suo, si è ritrovato piuttosto indifferente sulle prime, per poi rendersi conto che un pochino gli piacerebbe se ci fosse anche un minimo di lui in casa, ma non si è perso in tante chiacchiere. Moriva di fame, doveva assolutamente mettere qualcosa sotto ai denti e, una volta entrato nell’ariosa cucina, ha avuto decisamente l’imbarazzo della scelta.
Avevano sgraffignato davvero di tutto, i loro lupi fuori di testa, incuranti dei loro gusti e decisi solo ad abbellire quella che, ai loro occhi, appare come la tana della coppia dominante.
Poi Mordecai è saltato sul tavolo del salotto, gli occhi iniettati di un entusiasmo allarmante, ed ha chiesto urlando quale fosse stata la risposta di Sherry, attirando l’attenzione di tutti. Perché lui sapeva anche il resto del piano, gli aveva estorto la verità per sfinimento nervoso, e solo con quella domanda pure gli altri hanno capito.
Entrambi si sarebbero voluti sotterrare in quel momento e il desiderio è solo aumentato quando Sherry, con imbarazzo, ha annuito con la testa e lì è scoppiato il caos più totale: tutti urlavano le congratulazioni, altri si sono messi a shakerare bottiglie di spumante e si sono sparati i tappi addosso per divertimento e, subito dopo, si sono inzuppati l’un l’altra con il contenuto. I più entusiasti, poi, si sono rincorsi sia dentro casa che fuori per spaccarsi le bottiglie ormai vuote addosso.
Nel momento esatto in cui le bottiglie hanno cominciato ad esplodere e inondare mobilia e persone, incluso lo stesso Radish i cui capelli erano così fradici che, succhiandoli, ci si poteva ubriacare, il Quartetto ci ha tenuto tantissimo a mettere in piedi lo spettacolino che si erano programmati la sera stessa del compleanno di Sherry, subito dopo essere schizzati via per la città addormentata.
Sono infatti montati sul tavolo, sovreccitati in modo assai preoccupante, Mordecai addirittura con una delle sue parrucche da Phoebe, ed hanno attaccato con una piccola e semplice coreografia per accompagnare le poche parole di una canzone Disney per loro azzeccatissima:
«Non ce n'è per nessuno ormai, è arrivato—
Dove mai, e nessun altro mai
Potrà andare!
Ieri era zero!
- Zero, zero!
Oggi è il più forte
- Dell’Impero!
Ed avrà sempre una marcia in piùùù!
Se ieri era zero, oggi è un guerriero—
Oggi è il più grande che ci sia!»
Si sarebbe volentieri sotterrato, Radish, ma a nessuno è parso importare. O forse non se ne sono neanche resi conto, non ne era certo prima come non lo è ora, l’unica cosa certa è che li hanno festeggiati come se aspettassero una cosa del genere dall’alba dei tempi.
E pensare che, prima di conoscerlo, lo odiavano e disprezzavano. Gli è bastato il buon vecchio “uno due” contro Darren e tutti si sono follemente innamorati. Per quanto si sforzi e talvolta riesca pure nell’impresa, sa bene che non li capirà mai del tutto.
Il delirio è scoppiato all’una e mezza del mattino ed è proseguito fino alle tre, quando alla fine si sono chiusi in camera per del meritatissimo riposo mentre gli altri rimanevano giù in sala a sistemare il macello che avevano combinato.
Lo ricorda perfettamente e, mentre si alza dal letto semi distrutto, non riesce a fare a meno di sorridere.
Lui, uno spietato Saiyan che conquistava pianeti, distruggeva ed uccideva quasi per divertimento, si è fidanzato ufficialmente con Sherry, uno Spettro Alpha Purosangue non meno violento di lui alla testa di un branco di pazzi esagitati che si sono infilati di prepotenza nella sua vita.
Non lo avrebbe mai neanche solo immaginato.
«Feel the city breakin' and everybody shakin'
And we're stayin' alive, stayin' alive
Ah, ha, ha, ha, stayin' alive, stayin' alive
Ah, ha, ha, ha, stayin' alive»
Ma adesso non ha tempo per compiacersi dei grandi risultati ottenuti: deve scendere ed incazzarsi a morte perché alle dannatissime 07.33 del mattino quei deficienti - Sherry inclusa - hanno attaccato quest’odiosa canzoncina a tutto volume.
Dobbiamo imporre delle regole. E dobbiamo farlo subito.
Scende le scale con passo svelto ed eccoli lì: Sherry, il Quartetto, Bree, Domino, Becca e i due piccoli che addobbano casa mentre cantano e ballano tutti assieme.
«Life goin' nowhere, somebody help me
Somebody help me, yeah
Life goin' nowhere, somebody help me, yeah
I'm stayin' alive»
Micah e Bree ballano a tempo sul tavolo, Sherry ancheggia verso di lui e lo tira in basso dopo averlo “catturato” con un nuovo maledettissimo filo di lucine dorate - e Radish, a questo punto, si domanda quando il tutto prenderà fuoco - e lo bacia a fior di labbra mentre se la ride.
Il Saiyan non può far altro che giocare secondo le loro regole: si abbassa di scatto e se la carica in spalla a tradimento, mollandole una sonora e dolorosa pacca sulla natica che risuona per tutta la casa. E i loro amici ridono di questo. Ridono e Micah lo incita a riportarla in camera per farle capire chi comanda “a colpi di minchia”, alla quale segue la sua ignorantissima risposta.
«Il tempo di mangiare, lupo, poi la faccio piangere.»
Si domanda per quale ragione continua a fomentarli tanto se poi le loro reazioni il più delle volte si rivelano disturbanti, ma non vuole pensarci. Ci sono una valanga di cose, alla fin fine, alla quale non vuole mai pensare perché in realtà non sono importanti. Lui è felice in mezzo alla loro esuberanza. È felice, si sente apprezzato e ben voluto.
«Oh, CAZZO!»
Girano tutti la testa dopo l’urlo shockato di Becca, che tiene tra le mani il tablet con la copertina verde metallizzato di Major. Ha gli occhi fuori dalle orbite e Radish è sinceramente impaziente di godersi il sicuro spettacolino alla quale sta per assistere.
Perché Becca non si scandalizza mai. Come potrebbe, d’altra parte? Li conosce da quando ha 14 anni e sta con Maddox da quando ne ha 17, conosce i suoi ragazzi da troppo tempo per potersi scandalizzare di un loro atteggiamento. Sempre ammesso, ovviamente, che questo atteggiamento non possa rivelarsi in qualche modo dannoso per i propri piccoli.
Radish invece, per quanto sappia benissimo di avere a che fare con degli disadattati fuori controllo, può ancora sorprendersi dei loro atteggiamenti. La sera prima, per esempio, è rimasto ammutolito nell’apprendere che la sua proposta non era poi troppo più articolata di quella che fece Maddox alla sua veneratissima Becca.
Tre mesi ci ha messo. Negli anni le ha fatto credere in ogni modo possibile che non si sarebbero mai scambiati il Morso perché per lui non era assolutamente importante e poi, per tre maledettissimi mesi, ogni singolo giorno Becca ha ricevuto proposte di matrimonio di nascosto, senza accorgersene assolutamente. Maddox le prese un bellissimo anello di diamanti perché è così che le sarebbe piaciuta la proposta e continuò a “proporsi” in segreto nei momenti più disparati in attesa di trovare quello giusto per uscire allo scoperto. A prova di ciò c’è un montaggio video dove l’allora ventenne Maddox si scattava una foto ogni volta che teneva il prezioso gioiello per le mani, Becca sempre alle sue spalle, ignara di tutto. L’idea era quella di scattare tante foto in situazioni via via sempre più rischiose, fino a quando non avrebbe trovato l’attimo perfetto oppure non fosse stato scoperto. Sfidò pure la sorte per la foto “perfetta” - quella che tutt’ora è in bella vista sul di lei comodino -, posizionandole l’anello nel palmo della mano mentre dormiva. Alla fine, allo scadere del terzo mese e con un numero imbarazzante di fotografie, il Cacciatore ha semplicemente deciso di stamparle e attaccarle per tutta la casa, ognuna con la data ben in vista.
Amos e Maximilian sono stati concepiti quella sera stessa.
«Che c’è?!» Urla di rimando Major, riportando Radish con i piedi per terra. Nell’esatto istante in cui il lupo quasi strilla per la disapprovazione, Sherry, libera dalla sua presa da neanche cinque secondi, comincia a sventolare sotto al suo naso un invitante cornetto alla crema che il Saiyan addenta senza tanti complimenti.
«È pieno di porno!»
Le risate si scatenano, Radish si abbandona mollemente sul divano e Sherry si sdraia in parte su di lui.
Ahhh, quante volte ha assistito a scene del genere durante l’adolescenza. Adesso sta andando pure molto bene, perché in genere finivano col lanciarsi contro gli oggetti nel giro di venti secondi al massimo e a fare a botte in giardino nel giro di quaranta.
«Perché armeggi col mio tablet?!»
«Ci saranno almeno un centinaio di video! Per la puttana, ce n’è per tutte le categorie! Tu sei malato!» Strilla inviperita, gli occhi sempre più sgranati mentre Maddox, che decisamente non ha voglia di quelle scenate già di primo mattino, le sfila l’oggetto incriminato di mano, lo poggia sul tavolo e, con un pugno deciso, lo manda in frantumi.
«Mad, fuori. Ora.» Beh, forse non è andata in modo poi troppo differente… però hanno superato il minuto prima di uscire, quindi si può dire che c’è stato un miglioramento in tutti quegli anni.
Radish, col senno di poi, si domanda se la sua sia stata una buona idea perché è più che evidente che quella non è più una semplice casa. No, quella è ufficialmente una base dove il Quartetto bivaccherà spesso e volentieri - Dio gli è testimone, Radish gli farà passare la voglia trasformandoli in una versione più tragica di Cenerentola - e dove loro due avranno forse ancor meno privacy.
Però in fondo lo sapeva che con loro il termine privacy è molto relativo. Vogliono starle vicini perché temono che tutta la pressione alla quale è sottoposta possa in qualche modo schiacciarla, Radish lo sa, unico motivo per cui non li caccia malamente a pedate nel culo. Finché non sarà pienamente in grado di occuparsi di lei, di loro, del branco, di tutto ciò che ci sta nel mezzo ed anche di ciò che ci orbita attorno, non pretenderà che restino fuori da un sottile confine invisibile che, ovviamente, si appresterà a tracciare non appena la situazione attuale si sarà stabilizzata.
Per quanto non lo ammetterà mai ad alta voce, ha bisogno della loro esuberante forza per tenere la barca pari. Ma il sorriso dolce che adesso Sherry gli rivolge in qualche modo lo ripaga. Quando mai, in fondo, qualcuno lo ha guardato così? Quando mai qualcuno gli è stato riconoscente per qualcosa?
Lui di casini in quei due mesi ne ha fatti, in futuro ne farà ancora ed anche di più grossi, questo lo sanno entrambi così come sanno che li farà pure lei, quindi tanto vale sforzarsi a venirsi in contro.
Le stringe un braccio attorno alle spalle e porta il volto nell’incavo del suo collo, beandosi per qualche istante del profumo di limone che emana la sua pelle. È un odore un poco freddo, molto diverso da quello reale che tanto gli piace, ma in qualche modo riesce comunque a scaldarlo dentro.
«Oggi ti alleni con me?» Le mormora vicino all’orecchio, indeciso se caricarsela di nuovo in spalla per andare in camera da letto o se comportarsi per una volta come una persona adulta anziché come un adolescente arrapato.
Non hanno ancora affrontato la questione, ma anche questo suo costante desiderio ha un perché piuttosto semplice. I lupi vanno in calore una volta all’anno, come i cani. Gli Spettri, invece, sono come gli uomini, sempre in estro. Il loro desiderio è insaziabile. In fatto di sesso sono dei vampiri, ti prosciugano ogni volta e ne pretendono sempre di più.
Una relazione anche solo fisica con uno Spettro, soprattutto se Purosangue e già solo per questo aspetto, è profondamente devastante per una persona normale.
Radish, per sua fortuna, non è una persona normale: è un Saiyan grande e grosso abituato ai peggiori scontri all’ultimo sangue e, oltretutto, ha racchiusa dentro di sé una piccolissima ma potente traccia di Roman, che spiega chiaramente il perché di questi suoi atteggiamenti.
«Dipende a quale genere di allenamento pensavi…» Afferma maliziosa, rigirandosi lentamente tra le sue braccia per potersi poi sedere sulle sue gambe.
C’è una cosetta che Glover non gli ha detto, poiché per lui era scontata: Sherry non può accantonare velocemente il suo “gesto sconvolgente”, tutto in lei adesso è in subbuglio in modo non troppo diverso dal periodo del calore, e quindi si mostrerà molto ben disposta nei suoi confronti.
«Completo.» Nel ritrovarsela in grembo e col suo volto così vicino al proprio, non può più resistere: si allunga in avanti e la bacia davanti a tutti.
Le sue labbra sono morbide, giovani, piene. Nel sentirla ricambiare il bacio con una tale tenerezza, una tale passione, un tale bisogno, Radish geme appena senza neanche rendersene conto.
Malgrado la vita degli Spettri spesso e volentieri si dimostri decisamente molto distante da quella dei Saiyan, Radish è sicuro che nessuno se ne lamenterebbe troppo.
«E basta, per la puttana!»
Si separano e voltano contemporaneamente la testa verso la porta, assumendo due espressioni assai diverse: Sherry è allegra, piena di vita, Radish è in parte infastidito ed in parte schifosamente soddisfatto.
«Ma voi due parlate ogni tanto?!» Brontola a denti stretti River, che malgrado tutto ha comunque aiutato con il piano di Radish.
Per quanto una parte di lui ancora voglia Sherry al suo fianco, ad un’altra non importa poi più di quel tanto. Ha capito che il Saiyan ha vinto, se l’è aggiudicata in tempi da record a dispetto di ogni altro Spettro, lui compreso, e sa quanto sia solo masochistico continuare a tentare di riprendersela. Certo, starà sempre lì da un lato ad aspettare un suo irrimediabile scivolone per tornare alla carica in pieno stile “cavaliere dalla splendente armatura sul bianco destriero”, ma fino a quel momento si sta già adoperando per rifarsi una vita. Da una decina di giorni, infatti, lo si vede spesso e volentieri in giro con la solita Cacciatrice, Cloe, una giovane ventenne dalla chioma color sabbia e dei dolcissimi occhioni azzurri.
«Ti brucia eh?» Scherza con una punta di cattiveria Radish, le mani ben piazzate sulle natiche sode della compagna. In realtà pure lui ha capito che ormai è una mera questione di principio e che l’altro sta cominciando ad abbracciare l’idea di poterlo tollerare, però non ha alcuna intenzione di smettere di dargli fastidio. Le sue espressioni furiose e offese sono impagabili.
«Stronzo.»
«Mentre voi fate a gara per stabilire chi è più scemo, io mi prendo un altro caffè. Sono a pezzi stamani.» E detto questo Sherry si alza svogliatamente dal divano, dirigendosi a grandi falcate verso la cucina.
«Ehi, Riv! Indovina un po’ di chi è la colpa!» Alla gara chi è più scemo chi poteva voler partecipare se non Mordecai? Malgrado l’affetto sincero che da anni nutre nei confronti del bastardo del Sud, di certo non potrebbe mai sottrarsi ad un simile scambio di frecciatine. Uno come lui deve sempre dar sfoggio della propria sconcertante immaturità, sennò potrebbe risentirne a livello fisico.
«Taci, stronzo numero due.»
Sherry ridacchia appena nel sentirli bisticciare come bambini mentre Micah, giunto improvvisamente alle sue spalle, la scuote tenendola saldamente per le spalle prima di prendersi l’ennesimo cornetto.
Quella è un po’ l’atmosfera di quando erano ragazzini: Micah si strafoga di ogni cosa dolce gli capiti sotto tiro e ci tira giù almeno due red-bull, Major e Maddox bisticciano per delle scemenze e poi si stendono sul prato a parlare del più e del meno, Mordecai infastidisce ogni creatura vivente per il puro gusto di farlo, Bree tenta disperatamente di svegliarsi del tutto con la musica e lei si trascina da una parte all’altra finché non è totalmente sveglia.
Un tempo c’era Fern a tenerli uniti e a bacchettarli perché riuscissero a mettere in moto il cervello per le otto, adesso, in un certo senso, c’è Radish. Perché lui, per quanto ami cazzeggiare con tutti loro, è ben deciso a fargli sputare i reni durante gli allenamenti così che possano dirsi il più al sicuro possibile.
Mentre si trascina dalla cucina alla sala da pranzo per rispondere al cellulare, vittima di una nuova e folgorante ondata di stanchezza improvvisa, non può fare a meno di notare il suo fidanzato - e Dio solo sa quanto le faccia strano questa consapevolezza - sopportare in silenzio i due bambini mentre questi gli spiegano a malincuore che ancora non sono riusciti ad avvistare l’ircocervo ondulato. Sorride teneramente poi nel vederlo carezzargli le testoline e dire loro che non fa niente, tanto non lo vuole più e, in fine, di togliersi dai coglioni.
È molto più tenero e paziente di quanto non voglia dare a vedere, lo sa bene ormai. E sa anche altrettanto bene che questo suo atteggiamento da maschio alpha indisponente è dettato solo ed esclusivamente dall’educazione e dalle idee che gli hanno inculcato in testa da bambino. Tutte cose che, seppur a fatica, da anni sta in qualche modo tentando di scrollarsi di dosso assieme alla consapevolezza di essere un terza classe.
Tu sei molto più di questo, Radish. Datti un po’ di tempo e potrai vederti come ti vediamo noi.
Il numero che appare sul display non è salvato nella rubrica, ma di certo non è un problema. Quante volte i suoi ragazzi chiamano da telefoni rubati? Quante volte si lanciano addosso i cellulari e poi se ne procurano di nuovi? In pochi nel branco hanno davvero un numero stabile, quindi non si fa problemi a rispondere.
«Pronto?»
- Oggi ti alleni con me?
  Dipende a quale genere di allenamento pensavi…
  Completo.

Ci sono le voci dei suoi amici di sottofondo, le sente chiaramente, così come sente il rumore che divano ha fatto quando loro due si sono mossi, quasi fosse stato proprio l’oggetto inanimato a registrare la loro conversazione per poi telefonarle e farle ascoltare il suono delle loro voci.
Ma ciò non è possibile, anche un idiota lo capirebbe, ed è per questo che non impedisce ad un sottile velo di inquietudine mista a paura di avvolgerla. Paura, sì, perché una cosa del genere non può portare a niente di buono.
«Chi è?»
Il fatto che le sia mancato di colpo un battito, unito all’odore emanato dalla sua pelle e, forse in dose maggiore, l’incrinarsi improvviso della sua voce hanno destato immediatamente l’attenzione di Micah, ancora intento a sbranare l’ennesimo cornetto proprio dietro di lei.
- Buongiorno, mia piccola Sherry!
Adesso pure Radish è attento alla compagna. Come potrebbe essere altrimenti? Il fatto che tutti i presenti si siano bloccati e la fissino è già di per sé un profondo allarme per lui, ma il fatto che lei si sia pietrificata in mezzo alla stanza e si sia lasciata sfuggire di mano la tazza è un qualcosa di ancor più preoccupante.
Si alza di scatto dal divano e la raggiunge a grandi falcate, cercando poi i suoi occhi per provare a capire cosa stia succedendo. Perché non ci vuole credere, Radish, che quello sia così pazzo addirittura da chiamarla. Sa della sua esistenza, sa che stanno insieme, sa ogni cosa! Come può passargli anche solo per l’anticamera del cervello di tirare così tanto la corda?
«Non sono tua.»
Il fatto che le parole le siano uscite così incrinate, però, gli fa capire in pieno che sì, è così pazzo.
- Deve essere terrificante vivere ogni giorno nella paura… sapendo quanto sei debole in realtà.
Le strappa il telefono di mano mentre Bree la raggiunge e la stringe a sé, cercando di non far andare in blocco la sua mente. Rischia una reazione spropositata come quando lo sogna, lo sa perché riconosce i campanelli di allarme. E, come lei, li riconoscono anche gli altri: Micah si fionda sul divano e con gli artigli comincia a dilaniarlo in cerca della microspia che ha usato per registrare la conversazione, Domino e Major corrono fuori e danno l’allarme generale così che tutti pattuglino la zona e poi si riuniscano, Mordecai, fisicamente molto più forte di tutti loro, affianca l’amica e la stringe con forza per farle capire che va tutto bene, che nessuno di loro gli permetterà di toccarla. River, Becca e Maddox, invece, in barba a qualsiasi avvertimento, ordine o istinto di auto-conservazione, si sono catapultati fuori, esplodendo in enormi palle di pelo ribollenti di rabbia e si sono lanciati nella boscaglia. Lo scopo non è solo pattugliare a questo giro, no: cercheranno gli altri e ad uno ad uno controlleranno il loro sangue.
Tutto questo è successo nell’arco di tempo in cui Radish le ha preso il telefono di mano e se l’è portato all’orecchio, ringhiando a denti stretti una semplice frase: «Non mi sfidare.»
- No? Perché? Cosa fai, sennò?
«Ti prendo a calci nel culo talmente forte da fartelo arrivare in gola.» Sente il rumore delle macchine, Radish. Sente il vociare di tante persone, il rumore prodotto da un trapano a percussione, il rumore fastidioso delle tazzine di porcellana che impattano contro i piattini. È là fuori, nel bar di qualche città che non può identificare.
- Questo gioco è troppo divertente!
Sta giocando al gatto col topo… consapevole di avere un drago alle spalle. E non gli importa. È questo a destare un minimo la preoccupazione di Radish, il fatto che sappia e proceda lo stesso, indice che deve avere qualcosa di ben specifico in mente che lui, malgrado tutto, non può impedire.
«La sua vita non è un gioco!» È fuori di sé, sente la propria energia mista a rabbia montargli dentro fin quasi ad accecarlo. Se adesso se lo trovasse davanti, o se anche solo riuscisse ad individuarlo, farebbe capire una volta per tutte a tutti quanti gli Spettri chi è e che nessuno fotte con lui.
- Sì invece. E quando dico game over, lei perde.
Gli ha chiuso la chiamata in faccia e Radish è sul punto di impazzire davvero. Lo ha sfidato così apertamente che, in un altro frangente, potrebbe addirittura portargli rispetto. Sì, insomma: chi oserebbe mai sfidare un Saiyan, essendo inoltre consapevole solo di una parte del suo potere?
Se però non è ancora esploso è solo perché, dietro di lui, Sherry fatica sempre di più a respirare. E trema. E si sta di nuovo scorticando un braccio con gli artigli, quasi inconsciamente volesse riportarsi alla realtà. Radish non saprebbe dire se è per questo motivo o perché sta ancora tentando di togliersi quello sporco di dosso che gli ha detto aver sentito sulla pelle per anni, sa solo che è inconcepibile che soffra così.
La toglie dalle braccia di Mordecai e Bree e la stringe forte a sé.
«Riunisci il branco. Che tutti vadano dal proprio maestro e che la mia divisione si frammenti con gli altri due gruppi. Per l’ora di pranzo, gli Alpha dovranno essere di nuovo qui insieme a voi e pretendo di vedervi così a pezzi da dovervi raccogliere col cucchiaino. Sono stato chiaro?»
Mordecai annuisce fermamente e prende per mano Bree mentre Micah afferra i cuccioli visibilmente preoccupati, ed in pochi secondi sono tutti fuori di casa.
Potrebbero essere d’aiuto anche lì, Radish lo sa, ma sa anche di più che adesso devono sfogare la paura e la rabbia, altrimenti basterà un niente perché esplodano e riversino la loro ferocia su degli innocenti.
Sono animali, agiscono d’istinto, e la loro parte razionale e umana può reggere poco contro la bestia feroce che alberga dentro ognuno di loro. In quanto Capitano e maschio dominante compagno della Regina, lui ha il dovere di tenerli sotto controllo in qualche modo. E quale può essere il modo migliore se non facendoli combattere quasi a morte contro chi non si risparmierà minimamente pur di farli migliorare?
Chiamerà Vegeta, per quanto gli scocci, e gli spiegherà quanto accaduto. Ha bisogno del suo sangue freddo e delle sue capacità di comando per evitare il peggio e per Sherry, che trema come un topolino tra le sue braccia, può anche fare lo sforzo di chiedere il suo supporto.
La conduce in camera deciso a tenerla lontana da tutti. È lui, lì in mezzo a tutta quella moltitudine di lupi sanguinari, a doversi e volersi occupare di lei, è lui che la terrà al sicuro da tutto e tutti, ormai se l’è dato come obiettivo primario assieme al diventare sempre più forte e nessuno riuscirà facilmente a fargli cambiare idea.
Sherry, ridotta ad un fascio di muscoli tremolanti, continua a guardare dritto davanti a sé senza quasi rendersi conto di ciò che la circonda, a malapena pure delle braccia forti che la stanno stringendo mentre viene adagiata sul letto sfatto.
Sapeva che c’era una talpa nel branco. Era più che evidente ormai. Così com’era diventato evidente che fosse abbastanza abile da nascondere i propri ricordi. Jäger deve averla addestrata a questo, inculcandole inoltre in mente chissà quali dolce promesse in grado di spingere qualsiasi cuore pavido a cedere.
Il problema è che non si aspettavano che fosse tanto abile da non destare il sospetto di nessuno, tanto da potersi intrufolare tranquillamente in casa sua la sera precedente.
Ma chi è questa talpa? È solo una o sono in molti? Non saprebbe dirlo, assolutamente. Sta passando in rassegna tutti i volti ma nessuno di loro ha mai dato prova di non meritare la sua fiducia.
Ha paura, adesso. È da uno che poi si diventa cento. È da quell’uno che poi le teste cominciano a saltare.
Fern. Bree. Mordecai. River. Micah. Major. Maddox. Becca. Mimì. Domino. Sono tutti in pericolo, dal primo all’ultimo. E lo sono i piccoli Amos e Maximilian, lo sono tutti i membri del branco a lei davvero fedeli.
E, forse, lo sono pure alcuni amici di Radish. Non può escludere neanche questa possibilità. Se alcuni di quelli che pattugliato la casa di Chichi fossero dei traditori? Dio… potrebbero aver già escogitato Dio solo sa cosa e nessuno di loro avrebbe modo di saperlo.
Radish ne soffrirebbe immensamente…
Sgrana gli occhi, folgorata dall’idea.
Sarebbe colpa sua se le succedesse qualcosa.
Sarebbe colpa sua se qualcuno riuscisse ad isolarla e a farle del male.
Sarebbe colpa sua come è stata colpa sua se Leila è morta.
Perché la gente attorno a lei si fa male, molti muoiono. Come Rafe. Rafe è morto per dimostrarle il suo valore, per vincere il suo cuore. Rafe si è stupidamente buttato nelle sue spaventose fauci ed è morto. L’ha fatto per lei. È morto a causa sua.
La morte non le ha mai fatto particolarmente paura. A nessuno Spettro, in realtà. È parte della vita, vivere è morire, lo sanno da sempre. È per questo che si impegnano a vivere al massimo quei pochi anni che hanno a disposizione.
Ma l’idea che le persone a cui vuole bene possano morire a causa sua… questo è insopportabile.
«Non ti farà del male, okay? Non glielo permetterò.»
Lo so, Radish. So che non lo permetterai. Sei più testardo di me se ti ci metti… e non tolleri che venga toccato ciò che è tuo. Vale anche per me, sai? E loro, tutti loro, sono miei, sono parte di me. Non posso permettere che li tocchi. Quindi…
«Koba?»
Sorride appena nel sentire quel nomignolo, indice che la sua mente sta ricacciando indietro tutto quanto, che il blackout e il crollo emotivo sono stati schivati.
«Prendi il portatile, per favore?»
Okay, richiesta insolita, ma si tratta pur sempre di Sherry: può aspettarsi qualsiasi cosa, soprattutto in momenti in cui è turbata.
Abbandona il suo corpo nel letto e si alza controvoglia. Dio solo sa in quale sacca è stato ficcato. Bree e le altre hanno buttato tutto dentro totalmente a casaccio, poiché l’unica cosa importante era portare lì dentro tutti gli indumenti da porcona dell’amica. Ha anche sentito, la sera prima, che ne hanno presi di più nel pomeriggio, tra le altre cose, ed ora è incredibilmente curioso di vedere fin dove si siano spinte quelle tre pazze malate.
Pazze malate che, tutto sommato, sente di poter definire amiche.
Quando ha spiegato loro a grandi linee la sua idea lo hanno abbracciato così forte da fargli male. Male sul serio, tanto da essere momentaneamente incapace di respirare. A poco sono poi valse le sue parole quando tentava disperatamente di bloccarle e loro continuavano a berciare come aquile su cosa andasse preso e dove. È stata Becca, poi, a chiamare tutta trafelata il marito per ordinargli categoricamente che la cassettiera della camera da letto venisse trasportata con la massima cura.
Vuoi rendere infelici il Capitano e la Regina? Eh? È questo che vuoi?!
Radish la guardava con gli occhi sgranati al massimo delle sue capacità ed è poi arrossito fino alla punta delle orecchie quando gli ha messo sotto gli occhi il proprio cellulare, dove sullo schermo spiccavano chiaramente le immagini di altri possibili giocattoli.
Dovete per forza avere la croce! Guarda che bella! A Sherry piacerà un casino!
Certo, l’idea di legare la focosa compagna a quell’attrezzo gli è sembrata decisamente stuzzicante, ma il fatto che fosse Becca a dirglielo e di conseguenza pure ad immaginarselo lo ha messo un poco in crisi.
Finalmente poi il portatile salta fuori, rimpiattato in mezzo ai suoi vestiti sgualciti. Perché non li abbiano messi quanto meno piegati alla meglio non lo capisce, ma sa bene che è inutile farsi certe domande. Sono lupi, sono animali, spesso a certe cose non ci pensano neanche malgrado le apparenze suggeriscano ben altro.
«Vuoi guardare un film?»
«Voglio gli Happy Tree Friends.»
«Le bestie psicotiche che si ammazzano?» Non è poi troppo sicuro che sia una buona idea, non dal momento che il suo stato d’animo non è esattamente dei più idilliaci, ma come può negarle una piccolezza simile dopo quanto accaduto?
«Costante fonte di ispirazione!»
Seppur poco convinto le allunga l’oggetto ma, prima che abbia il tempo di potersi sedere al suo fianco per tenerle compagnia e, soprattutto, pisolare mentre è ben impegnata a fare altro, viene bloccato dalla sua voce.
«Aspetta! Me lo prendi un cornetto, per favore?»
La guarda come se fosse scema, ma dura poco. Non gli sta chiedendo la Luna, e quel poco che desidera è stato chiesto con tono gentile e occhioni da cucciolo bastonato.
Sbuffa forte e drizza di nuovo la schiena, roteando gli occhi al cielo. Ha fatto il diavolo a quattro il giorno prima e le ha chiesto di sposarlo di propria spontanea iniziativa, nessuna pressione esterna pur sapendo con chi ha a che fare. Come si suol dire, chi è causa del suo male pianga sé stesso.
Ma stanno insieme solo da due mesi, c’è tempo anche per sistemare queste piccolezze.
C’è tempo, Radish non abbandonerà mai quest’idea.
C’è tempo, Jäger non vincerà, gli farà passare la voglia di scherzare con un dannatissimo Saiyan.
«Hai intenzione di approfittarti molto a lungo della situazione?»
«In quale altra circostanza ti mostreresti tanto ben disposto nei miei confronti?»
Assottiglia lo sguardo e allunga di scatto la mano verso il comodino per afferrare il piccolo ciottolo rotondo che subito le mette davanti agli occhi.
«Vedi di tenere sempre a mente questo la prossima volta che pensi ad una puttanata del genere!» E detto questo rimette al suo posto il ciottolo e si dirige stancamente verso la porta. In fondo adesso è un po’ come un cucciolo ferito che ha bisogno di cure e attenzioni. Il suo cucciolo ferito. Può sorvolare senza problemi anche se è un Saiyan.
«Però ci vai, eh!»
«Perché lo voglio anche io, sempre ammesso che quei pozzi senza fondo ne abbiano lasciato almeno uno… sappi che nel caso è mio!» Ed è serio a questo giro: se fosse rimasto solo un cornetto se lo mangerebbe lui. In fondo a lui riempirebbe davvero lo stomaco, mentre lei lo tirerebbe giù solo perché le piace il sapore.
Prendili anche tutti, tranquillo.
Sherry, sicura che il compagno sia ormai per le scale, apre il portatile e con dita veloci apre subito la propria casella postale. Deve far veloce, deve mandare la mail prima che torni perché, ne è consapevole, il fatto che vada a chiedere aiuto a qualcun altro lo manderebbe in bestia.
Ma deve farlo: quel qualcun altro è ben ferrato sull’argomento, conosce l’avversario meglio di chiunque altro e l’ha fregato a più riprese durante tutti quegli anni.
Spero solo che sia veloce a rispondere…


Il branco è in fermento, tanto che a tutti loro risulta difficile anche solo stare seduti, e il massacrante allenamento con il Team Z non è servito poi a molto.
Si sentono fortemente minacciati e, ciò che forse è peggio, sentono che è minacciata la Regina.
In un branco davvero affiatato, unito e fedele, infatti, la sola idea che il capo venga anche solo minacciato verbalmente è intollerabile, scatena un forte istinto omicida di massa che rende difficile il controllo generale. Greywind, contro le aspettative generali ed in particolare quelle di Jäger, sta dando costante prova di essere capace di polso molto fermo e di una forza d’animo ben al di sopra della media poiché, e questo è risaputo, l’intero branco del Sud ha grandissima considerazione del proprio Re e le continue pressioni che riceve da anni non sono ancora riuscite a scatenarli.
Il branco di Sherry, malgrado l’ormai palese presenza di spie al suo interno, è decisamente molto unito. In brevissimo tempo sono riusciti a creare legami forti e sinceri, alcuni sono arrivati a considerarsi davvero come fratelli e sorelle di zanna, uno dei legami più stretti che si possano creare all’interno di un branco, e la considerazione che hanno di Sherry è tale da renderla ai loro occhi un qualcosa di superiore pure ad una semplice Regina. Ha dato prova in ogni modo di tenere alla loro sicurezza più che alla propria, ha dato prova di essere una maledetta rivoluzionaria che farà tutto ciò che è necessario per farli evolvere e fargli così ottenere più privilegi. La sua unione con Radish, inoltre, ai loro occhi è un qualcosa di forse fondamentale: se loro due avessero la possibilità e la volontà di unire i loro geni, ciò che ne verrebbe fuori sarebbe un qualcosa di incredibile e inarrestabile.
Tutti gli Alpha - alcuni pure con la famiglia -, il Quartetto, Bree e River si sono riuniti davanti alla loro nuova casa, in attesa.
Non sanno neanche loro cosa stanno attendendo, sanno solo che devono stare lì e fare muro. Glielo dice l’istinto.
Se qualcuno fosse tanto folle da provare ad avvicinarsi adesso senza essere stato invitato, la situazione potrebbe esplodere. È già tanto se hanno permesso a Vegeta e Bulma di avvicinarsi, così che la scienziata potesse provare in qualche modo a rintracciare il telefono con la quale ha chiamato. Ma è furbo, il maledetto, ed ha trovato facilmente il modo per far rimbalzare il segnale su tutti i ripetitori di più città distantissime tra loro. Poter dire con esattezza da dove sia partito è impossibile e questo, per Bulma, è insopportabile: un maledetto lupo psicotico può forse essere capace di fregare lei? Non esiste. Lo smaschererà, in un modo o in un altro, e di questo ne è fortemente convinta.
Radish e Vegeta se ne stanno sul portico sotto agli occhi attenti dei maggiori esponenti del branco mentre confabulano tra loro su quale sia la strategia migliore.
Hanno capito che Sherry non è ancora né fisicamente né psicologicamente pronta per uno scontro diretto, il suo corpo si immobilizzerebbe ed i risultati sarebbero ovviamente catastrofici, quindi devono capire come bloccarlo il tempo sufficiente per permetterle di superare questo ostacolo mentale.
Per Vegeta, alla fin fine, è chiaro che l’abbia violentata. Non è stupido, una reazione tanto estrema è indice solo di un trauma di dimensioni epocali e, visto che lei non ha mai avuto una famiglia da sbudellarle davanti agli occhi, cosa potrebbe mai averle fatto di tanto grave se non un abuso fisico? La sola idea lo disgusta semplicemente.
A lui, per quanto feroce e spietato, non è mai passato per la mente di farlo. Non gli interessava, avrebbe intaccato il suo orgoglio e il suo onore, e dentro di sé era disgustato dal fatto che invece i suoi compagni, talvolta, lo facessero. Per un brevissimo istante gli sarebbe quasi venuto da dire a Radish che lui stesso non era tanto meglio dell’uomo che vuole uccidere, ma quando ha visto il dolore nei suoi occhi mentre guardava Sherry… no. Non se l’è sentita di infierire.
Da un secondo all’altro, gli Spettri scattano sull’attenti, gli occhi rosso sangue puntati spasmodicamente verso Ovest, le zanne snudate mentre ringhiano ferocemente.
«Che succede?» Vegeta è pronto a menar le mani. È prontissimo malgrado quella non sia la sua battaglia.
Sherry corre fuori, lo sguardo incredulo che immediatamente attira l’attenzione del compagno.
Non c’è paura, per niente. Non finché guarda solo in avanti, verso quella che per tutti i presenti è una grandissima minaccia. Si palesa però non appena i loro occhi si incrociano e Radish già comincia ad innervosirsi.
«Ti posso giurare su tutto quello che vuoi che non c’entro niente!»
In un primissimo momento Radish vorrebbe afferrarla per i capelli e farle dire subito cosa intenda. Lo vorrebbe davvero fare perché solo dalle sue parole si sente preso in giro. Ha fatto qualcosa alle sue spalle, è palese. Ma poi si ricorda che anche lui ha fatto un qualcosa di più o meno grave alle sue spalle, ovvero chiamare dei rinforzi da lei non richiesti e che lei non ne ha fatto una tragedia. Non all’inizio, almeno. È andata in bestia quando si sono palesati alla tana.
Seguendo questa logica potrei anche incazzarmi a morte… ma poi non risolverei niente. Devo trovare un’altra strategia, con lei è necessario.
C’è un silenzio surreale attorno a quella casa e tutto pare mortalmente immobile quando infine ecco uscire dalla vegetazione la cosa che ha tanto attirato la loro attenzione, ovvero la Bugatti Chiron Pur Sport interamente nera che Sherry ha potuto ammirare qualche giorno prima. Un hypercar a tutti gli effetti capace di far girare la testa a chiunque, compresi gli Spettri.
Come se la siano procurata e, ancor di più, come abbiano fatto a guidarla fuori strada è un mistero che mai nessuno potrà risolvere. È un’auto quasi da pista, in fondo, non certo adatta a girare per i boschi.
«Ma che…?» Bree si porta avanti a tutti, gli occhi sgranati e la bocca dischiusa per la più che totale incredulità. Vorrebbe pure incazzarsi, ma non ci riesce.
«Non ci posso credere…» Gli occhi di Major seguono con attenzione il design dell’auto, e subito gli prudono le mani all’idea di provare a rubarla. La voglia però gli passa nel giro di un secondo, il tempo di alzare gli occhi e vedere attraverso il vetro scurissimo i volti di chi vi è seduto dentro.
«Per cento cazzi in culo!» Esclama Micah, gli occhi fuori dalle orbite e le mani nei capelli. Si aspettava decisamente di più di veder arrivare Jäger in persona con un infante sventrato tra le mani, non era decisamente preparato a questo.
Gli sportelli si aprono ad ali di gabbiano, Everett e Darko scendono dalla vettura trasudando una sicurezza invidiabile. A molti, in realtà, fanno davvero paura.
Camice nere e pantaloni scuri sembrano cuciti direttamente sulle loro figure slanciate, muscolose ed eleganti, i capelli ben sistemati e gli occhiali da sole conferiscono subito l’aria di chi può ottenere tutto e, non in dose minore, di chi ama stare al centro dell’attenzione ed è capace di fregarti la donna da sotto al naso per dispetto.
Non c’è infatti una sola donna o ragazza, lì in mezzo, che non si ritrovi improvvisamente col busto un poco inclinato in avanti e gli occhi languidi davanti alle loro imponenti figure, ed il sorriso sghembo di Darko dà solo il colpo di grazia.
«Per la puttana! Non si può proprio dire che non abbiano stile!» Mordecai volta subito lo sguardo verso Radish, come per cercare conferma, e si rabbuia un poco nel vederlo coì mortalmente serio al limite del furioso. È il fratello della sua donna, non ha cattive intenzioni e lo si capisce dal fatto che abbia trascinato le chiappe fino a lì in forma umana e disarmato. Perché guardarlo tanto male?
Maddox però non è dello stesso avviso dell’eccentrico fratellino e, senza dire una parola, si porta in avanti, piazzandosi a gambe larghe davanti ai due. Potrebbero ucciderlo e non ci metterebbero niente nel farlo, ma non gli importa: ai suoi occhi sono una minaccia per sé, per il branco, per i suoi amici e per la sua famiglia. Non vuole che si avvicinino oltre.
«Siete nel buco di culo sbagliato, zombie.»
Radish non dice una parola, limitandosi a serrare i pugni così forte da farsi male da solo. La figura di Everett per lui è assimilabile ad un biblico e punitivo sciame di locuste flagella cazzi, non ha alcun dubbio a riguardo, e gli risulta assolutamente insopportabile la sua sola presenza. Se non fosse che poi Sherry pianterebbe su un casino apocalittico e con alte probabilità gli infilerebbe il ciottolo dove davvero non andrebbe infilato, gli si sarebbe già avventato addosso per farlo fuori.
Dille quello che sei venuto a dirle, cane rognoso, e poi porta via le palle da casa mia!
Darko, malgrado abbia fiutato da subito l’arietta che tira, se ne frega e si porta senza paura vicino alla figlia. Le sorride come un bambino dispettoso che ha appena commesso una marachella e Bree, che non può competere con lui sotto nessun aspetto, non può far altro che provare ancora e ancora ad incenerirlo con la sola forza dello sguardo.
«Ciao Bree.» È allegro, non teme niente lì in mezzo. È più forte e più veloce, in 56 anni è stato battuto solo mentre dormiva. Anche in quel caso, comunque, non sono riusciti a toglierlo di mezzo. È lo Spettro più anziano vivente dopo Roman, quello che si è spinto più in là in assoluto, e non si lascerà mai mettere sotto da un branco di cucciolotti esagitati: con due colpi di coda li rimetterà al loro posto uno dietro l’altro.
«Dai, di’ ciao al tuo papà.»
Il fenomenale “sguardo inceneritore” è momentaneamente difettoso, Bree deve accettarlo. O forse ne è immune. Chissà di cosa è capace Darko, alla fine? Ha fregato tutti, dal primo all’ultimo, e l’ha fatto con una facilità preoccupante. A ben pensarci, lui stesso potrebbe essere considerato una pericolosa spia, ma se poi si pensa al suo morboso attaccamento ad Everett viene da sé che no, non può esserlo. È solo uno stronzo capace di fregarti a mani basse se solo lo vuole, e per questo non può essere sottovalutato.
«Sei sparito senza neanche salutarmi.» Ed è vero. Doveva andare a lavarsi, non doveva sparire nel niente senza lasciare traccia. Ecco, questo aspetto avrebbe dovuto preoccuparla più di quanto non abbia fatto: non ha lasciato alcuna traccia olfattiva, si è come dileguato nel niente. Loro, di certo, non ne sono capaci.
«Mandami pure al diavolo ma poi abbracciami!» Gli occhi chiari e maledettamente beffardi saettano di scatto alla sua sinistra, illuminandosi di un qualcosa che per Bree non è facile da catalogare. Ad un primo impatto potrebbe dire che è sovreccitato a morte, ma cosa potrebbe mai infervorarlo tanto?
«FERMI TUTTI!» Punta un dito contro Willem, facendolo pietrificare sul posto «Quella mela era mia, ve lo giuro, c’ho le prove, non è vero però dammela!»
L’Alpha si lascia strappare il frutto di mano senza emettere un fiato. E come potrebbe? Quello è Darko, l’ex Beta di Mezcal, uno degli Spettri più forti che ci siano mai stati e che è sempre stato capace di evitare la catastrofe col viziato, egocentrico, violentissimo ed irascibile Re. Chi mai avrebbe potuto anche solo ipotizzare che alla vista di una semplicissima mela potesse reagire così?
Ma qualcuno non è troppo accecato dalla remota ma intrinseca ammirazione nei suoi confronti, tanto da lasciarsi stupidamente andare ad un commento velenoso.
«Sembra anche più pazzo di lei.»
«Vedi di stare nel tuo, segaiolo!» Bree è abituata alle loro frecciatine da quando è piccola, in quanto non solo Mezzosangue ma anche omosessuale, ma è anche da sempre abituata a rigirarsi come una serpe non appena sente qualcosa di strano. Sentire adesso qualcuno offendere pure suo padre, qualcuno tra l’altro indegno anche solo di pulirgli le scarpe, non fa altro che mandarla ancor più in bestia.
«Ti prendo a calci in culo, leccafiga!»
«E vieni qui, cagasotto!»
«Va bene, calma, calma. Tu sbagli a parlare così a mia figlia. Ora calmati Bree.» Le mette la mela in mano e le sorride con un’aria così mansueta che per un istante Bree gli crede pure. Crede che non sia più vittima di scoppi d’ira degni di nota e di applauso, che non scatti più come una molla se si osa mancargli di rispetto, ma dura solo un attimo.
Darko scatta, tanto veloce e preciso da attirare l’attenzione del Principe dei Saiyan, e senza neanche pensarci si avventa sul povero folle che pensava di poterli sfottere tanto apertamente. Bree, in fondo, è roba sua e solo lui ha il diritto di poterla prendere in giro come e quando vuole. Lui, un Alpha senza valore, non ci deve neanche pensare, perché sennò…
«Ti spacco la faccia! Mi hai capito?! TI PRENDO A CALCI NEI DENTI! Ti faccio mordere il culo da dentro!»
Everett non dice una parola. Rimane fermo con le braccia conserte, lo sguardo indecifrabile e gelido, e semplicemente fa schioccare le due arcate dentali con un movimento minimo, appena percettibile.
«No, okay, sono calmo… sono calmo…» Darko lo sente, lo riconosce pienamente come ammonimento e di conseguenza ci prova a fermarsi, lo vuole davvero, però… «VIENI QUA, SUCCHIA CAZZI DI OGNI COLORE!»
Everett, non appena scorge il candore delle zanne del tutore ed anche lo spuntare del vello sul collo, si ritrova costretto addirittura ad emettere un breve ma chiaro ringhio. In un secondo Darko è di nuovo in piedi con le mani premute sul volto per calmarsi, l’avversario rimane steso sulla schiena col volto ridotto ad una maschera di sangue che tenta di ricomporsi per far tornare il naso nella posizione originaria.
Non ha neanche fatto sul serio, era solo contraddetto, eppure la forza che ha emanato in quei secondi ha stuzzicato sensibilmente la curiosità dei due Saiyan. Una forza combattiva pari a quella di Crilin e Tensing, i Terrestri più forti del pianeta. Una forza combattiva che potrebbe decisamente tornagli utile e che, ne sono sicuri, era ancora in parte imbrigliata.
Per un attimo si domandano se quei due soggetti - e con loro gli altri esemplari davvero forti - siano capaci di usare i ki blast, al contrario dei ragazzi che allenano, ma non ne sono poi troppo convinti. Sherry ha il sangue puro ed anche piuttosto pregiato, una delle linee migliori, eppure ci ha quasi lasciato la pelle nel provarci.
I loro pensieri vengono però interrotti da un più che nervoso River, immobile al fianco di Sherry.
«Ma che è ‘sto delirio?!» Urla con gli occhi vermigli che li squadrano da capo a piedi, i canini ben affilati che sbucano dalle labbra pennellate. Per lui altro non sono che un ulteriore pericolo per la sicurezza di Sherry, un ulteriore faro puntato dritto sulla sua testa. Non li vuole lì, spalleggerà di nuovo Radish se ciò servirà a farli allontanare.
«Si può sapere che cazzo ci fate qui?» Bree ancora non aveva ben accettato l’idea che il padre fosse vivo, complice anche il suo comportamento sfuggente, quindi trovarselo di nuovo di fronte è abbastanza sconvolgente. Oltretutto hanno parlato, seppur per pochissimi istanti, ed ha appreso che, seppur in modo differente, c’è dentro anche lui a tutta quell’orrenda storia e non è sicura di potersi fidare.
«Ho un bel regalo per mia sorella.»
«Per un folle istante ho pensato la chiamassi figlia.»
Everett si irrigidisce per qualche secondo, infastidito dal fatto che l’amico abbia detto ad alta voce una cosa del genere, ma poi lascia correre. Per quanto ne sa, tutti lì in mezzo potrebbero essere ormai a conoscenza del suo passato, quindi è inutile farne una tragedia.
«Non sarebbe… grottesco?»
«Hai fatto di peggio. Una prova sta nel portabagagli, tra l’altro.»  Risponde con un sorrisetto, togliendosi poi di tasca una piccola bustina sigillata al cui interno si nota il pezzo di un panno intriso di sangue. Apre appena l’involucro, quel tanto che basta perché quella particolare scia odorosa arrivi alle narici desiderate, e il ghigno si allarga maggiormente quando vede l’uomo scattare contro entrambi, accecato dalla rabbia.
Ma cosa può mai fare uno Spettro delle Terre di Nessuno contro il vero principe ereditario del Nord ed il Beta più talentoso della loro storia? Può prenderne, ecco cosa può fare.
Basta un semplice ed innocentissimo pugno dritto in faccia da parte del principe perché l’avversario voli ad una trentina di metri col volto totalmente accartocciato.
Una qualsiasi altra creatura sarebbe morta nel ritrovarsi pezzi del cranio nel cervello, ma loro sono fatti anche per riprendersi da danni del genere. Ci vuole solo più tempo.
Tutti i presenti adesso sono totalmente sconcertati: quello era quasi un buffetto, era evidente, eppure Jesse è più morto che vivo.
«Uhhh, deve fare davvero male.» Ridacchia Darko abbassando lo sguardo per provare a ricomporsi subito «Però non sei stato molto cortese…»
«Non sono stato cortese no, ma quando ci vuole, ci vuole.» Risponde con indifferenza mentre si avvicina con passo sicuro verso Sherry, ignorando in modo plateale la figura di Radish.
Se non fosse che, sotto sotto, sa che non mentiva riguardo il loro rapporto, si sarebbe già messo sotto per trovare un sistema ideale per farlo sparire. E di metodi ne conosce a bizzeffe, se si applica è capacissimo di ideare metodologie brutalmente geniali e tutte nuove. Però come potrebbe condannare qualcuno al suo stesso dolore? Neanche lui è tanto sadico. Forse neanche il suo caro e portentoso fratellino.
«Scrivere “aiuto che faccio Jäger ha chiamato cazzo mi spia”, senza usare neanche per sbaglio una virgola… è un po’ vago, sai?» Everett non lo fa a posta di comportarsi da stronzo. Lui è così, non fa particolari distinzioni quasi in nessun frangente. L’unica cosa che riesce a distinguere bene è chi gli è davvero simpatico da chi no e, di conseguenza, con chi poter essere un poco più aperto. Peccato solo che abbia gusti difficili, il principino, e che non arrivi mai a considerare quasi mai nessuno degno della sua totale attenzione. Sherry e Darko gli vanno benissimo, farebbe carte false per loro e l’ha pure fatto più volte senza battere ciglio, ma tutti gli altri che adesso lo circondano… no!
Sherry lo sa, non le ci è voluto niente per capirlo. Aver conosciuto tante persone in vita sua l’ha aiutata molto ad inquadrare gli altri, chi in tempi più brevi che con altri, e non ci voleva certo un genio nel rendersi conto che, a conti fatti, Everett non è cattivo. Gli sono accadute cose orribili più che a moltissimi altri e questo lo ha indurito ulteriormente, ma non è cattivo.
«Ha messo delle microspie in casa… e nessuno si è accorto di niente, io per prima.»
Everett pare pensarci per qualche secondo, un’espressione indecifrabile in volto. Suo fratello è capace di prometterti le galassie e farti pure credere a cuor leggero che manterrà la parola data, non lo sorprende particolarmente che in molti abbiano ceduto sotto al suo sguardo.
Lì in mezzo, oltretutto, ne ha già adocchiati parecchi di deboli, quindi non si sorprenderebbe di trovare un bel numero di voltafaccia.
«Apri il bagagliaio. Magari le restituiamo il sorriso.»
Le fa cenno col capo di seguirlo, più che intenzionato a far capire a tutti quanti gli Spettri lì presenti a chi hanno pestato la coda.
Per quanto odi ammetterlo, lui rimane comunque il primogenito di Mezcal, e i figli di Mezcal non sono mai stati dei docili agnellini. Farli incazzare implica solo una reazione: vendetta estrema.
Darko esegue con gioia, un sorriso perverso ad increspargli le labbra mentre si toglie la camicia onde evitare di sporcarla. Poi apre il bagagliaio, al naso di tutti arriva chiaramente l’odore di sangue, dolore e terrore, e poi, come se fosse un gesto normalissimo, prende tra le braccia il corpo di una donna e lo lascia cadere a terra con un tonfo.
Il volto è coperto di sangue, così come buona parte del corpo. Le gambe e le braccia sono molli, come se non vi fossero più le ossa all’interno.
Sherry guarda con un certo orrore l’operato del fratello e in un secondo si rende conto che la cara Randeen non si era fatta vedere il giorno prima. Una battuta di caccia, ecco a cos’aveva pensato, ma a giudicare da com’è ridotta deve essersi spinta un po’ troppo al Nord.
Non può più mutare, adesso. Il problema non è la paura che normalmente la immobilizzerebbe come accade anche a Sherry quando ha un incubo; il problema è che Everett conosce tutti i trucchi anche per evitare questo genere di inconvenienti: l’ha massacrata di colpi e poi, una volta incapace di mantenere la forma di lupo per il troppo dolore, le ha semplicemente estratto la settima vertebra cervicale. Lei continuerà comunque a sentire ogni cosa, ma il suo corpo non sarà più in grado di reagire in alcun modo.
Nessuno può permettersi una tale mancanza di rispetto con un figlio di Mezcal: la sua furia non conoscerà confini.
«Questa sciocca signora è una delle spie del branco. Con lei anche il demente del suo compagno che pensava di potermi attaccare.» Afferma con voce neutra, quasi la faccenda non fosse minimamente importante. Non è questo però a far venire loro i brividi: è il compiacimento nei suoi occhi, quel malcelato desiderio di continuare lì dove si era fermato.
Avrebbe voluto ucciderla non appena l’ha vista sgusciare fuori dall’ingresso della Tana durante la notte, ma sarebbe stato controproducente. Così l’ha semplicemente braccata, catturata, l’ha condotta nei Regno delle Fate, dove Jäger non ha più accesso da anni, e lì si è divertito un po’. Poi però Roman lo ha avvertito della mail e lui è scattato con Darko.
«È tenace, sai? Le ho tolto le ossa delle braccia e delle gambe eppure ancora non canta. Beh, eccetto che il nome del marito: quello l’ha sputato fuori non appena le ho strappato gli incisivi.» Gli brillano gli occhi nel dirlo, un piacere malato nelle iridi chiare. Ha sempre avuto un talento incredibile in quel genere di lavoretti, Mezcal ne era curiosamente fiero: non ha mai battuto ciglio neanche da piccolo, questo ai suoi occhi lo rendeva un futuro eccellente Re.
«Cosa ha fatto?!» Domanda Bulma sgomenta, stringendosi d’istinto al braccio forte del marito. Le ha strappato le ossa! Gliele ha strappate, dannazione!
«Perché?» Ringhia a denti stretti Sherry, gli occhi improvvisamente gelidi. Gli occhi di Mezcal che scrutano con odio l’avversario prima di finirlo, quelli che nessuno vorrebbe mai incrociare.
«Non è importante e comunque non vuole dirlo… ma sappiamo bene che queste sono state solo dolci carezze rispetto a ciò che potrei farle se mi incarognissi.»
Darko, che forse più di chiunque altro è consapevole del livello di malata perversione che può raggiungere Everett, punta con fermezza gli occhi su un bambino che guarda la scena con orrore.
Non può sbagliarsi: ha gli stessi identici lineamenti del padre. Un piccolo Jesse in miniatura, ecco cos’è, che però non riesce ad accettare che i suoi genitori abbiano fatto una cosa simile, lo si capisce dal disgusto che trasuda dai suoi occhi.
Darko lo fissa con aria feroce e poi, dopo aver afferrato la donna per i capelli, fa un cenno secco in sua direzione: «Quello è vostro figlio, vero? Sai che orrore se strappassimo le ossa anche a lui? Anche se, devo ammetterlo, poi sarebbe davvero spassoso inserirle nei tuoi arti flosci.»
Lo farebbero. Eccome se lo farebbero. È per questo che tutti tremano e nascondo di slancio il piccolo dietro ai propri corpi.
Sherry dovrebbe diventare davvero cattiva per impedire che gli venga torto anche solo un capello perché loro due fanno parte di un’altra “scuola di pensiero”, dove si deve essere disposti ad ogni cosa per raggiungere l’obiettivo, incluso uccidere dei bambini. Ma lei vuole cancellare totalmente quel modo di agire, non lo accetterà mai nei suoi territori ed è per questo che, se necessario, ordinerà proprio a Radish di togliersi un’enorme soddisfazione uccidendo il fratello e Darko.
«Shockante quanto si possa diventare crudeli e brutali, vero? E pensa che questo non è niente: in questi anni di inattività ho escogitato numeri tutti nuovi.» Everett non bada a lei, non ora. Si concentra su Randeen, gode dell’angoscia che sgorga dai suoi occhi «Ma su chi testarli? Su di te? Sul tuo sciocco compagno? O sul tuo innocente cucciolo?»
«Non conosciamo gli altri…» Latra a corto di fiato Jesse, gli occhi che scattano da una figura all’altra alla disperata ricerca di aiuto.
Ma nessuno lo aiuterà più, non ci pensano neanche. Se ancora non lo hanno fatto a brandelli è solo perché hanno paura della reazione di Everett, che pare proprio non aver finito con le due spie.
«Non ci hanno mai fatti incontrare… e ci mettevano addosso uno strano liquido prima di entrare, così che non sentissimo l’odore gli uni degli altri.»
Rotea gli occhi al cielo, Everett, e poi li massaggia con fare esasperato. Doveva pensarci subito, ci sarebbe arrivato chiunque. In fondo quella schifezza che ti fa pizzicare insopportabilmente la pelle e ti cancella l’odore di dosso l’ha inventata proprio Jäger! Figurarsi se non la buttava anche addosso a loro per non fargli lasciare alcuna traccia.
«Beh, questo è un vero peccato…» Si avvicina a Jesse con passo lento, strascicato, e si abbassa sulla sua figura tremolante per potergli prendere la testa tra le mani «Ora non ho più alcun motivo per tenervi in vita.»
Il rumore che ha prodotto la sua testa mentre veniva schiacciata come un pomodoro non se lo toglieranno facilmente dalle orecchie. Non che lì in mezzo abbiano fatto cose poi tanto meno violente in vita loro, ma non lo avevano mai fatto o visto fare così da vicino su quello che consideravano un amico.
Invece eccolo lì, il corpo senza vita di Jesse ai piedi di Everett. Ed è calmo, il principe. Calmo e soddisfatto come se avesse finalmente ucciso quella maledetta zanzara che gli aveva rovinato il sonno.
«Chi vuole occuparsi della traditrice?»
«Io.»
Potevano aspettarsi l’intervento di chiunque. Davvero, sarebbe stato perfettamente normale. Ma chi mai avrebbe potuto anche solo pensare che sarebbe stata Domino a farsi avanti? La gracile e spesso dolce Domino. Invece eccola lì, col ventre che si arrotonda sempre di più ed un risentimento inusuale nei suoi occhi verdi.
Non riesce a tollerare il loro tradimento e la rabbia che sta provando è qualcosa di incredibile.
È incinta, aspetta due bambine. Vuole farle nascere, vuole vederle crescere, vuole vedere Major impazzire di gelosia quando cominceranno a rapportarsi con l’altro sesso… e soggetti come Jesse e Randeen potrebbero distruggere tutto quanto.
«Beh, divertiti.» Everett la guarda con aria gelida mentre gli transita vicino, avvertendola subito dopo con tono mortalmente serio «Sappi che controlleremo anche te.»
Major ringhia ferocemente al maggiore per difenderla, più che consapevole che lei è totalmente fuori dalla questione. Non le passerebbe per l’anticamera del cervello neanche se non avesse rapporti con loro, è una creatura fedele per natura e il fatto che lui insinui l’opposto lo irrita terribilmente.
«Ret, parliamoci chiaro: ha la capacità guerriera da campionessa di sollevatrice di bicchieri di Spritz. Cosa vuoi che possa fare?» Scherza l’ex Beta, osservando con sguardo divertito la Mezzosangue che, con precisione chirurgica, sfonda la cassa toracica della donna e ne estrae il cuore a mani nude, stritolandolo poi tra le dita .
«Non serve che sia forte per fare la spia.» Lascia vagare per un istante gli occhi sul piccolo neo-orfano e si domanda cosa possa provare. Lui non ha mai versato una lacrima per i suoi genitori, neanche da piccolo. Suo padre era quello che era, nessuno sano di mente lo avrebbe mai pianto, e sua madre era una povera pazza che non mostrava mai un briciolo di empatia per i propri figli e a volte, quando la depressione si faceva troppo acuta e lei si spaccava di vino, si lanciava contro i muri per attaccare la propria ombra.
Non c’era rapporto tra loro. Tra nessuno di loro. Forse con Baileys, quel grosso ingenuo che pensava che accontentando sempre Mezcal le cose sarebbero andate meglio. Era poco sveglio, meno rispetto a tutta la figliata, e fu proprio per questo che venne scelto come nuovo erede: facilissimo da manovrare e controllare, un perfetto capro espiatorio sulla quale riversare ogni colpa dopo aver compiuto un qualsiasi orrore.
No. Everett non avrebbe mai pianto per loro. Non sa neanche cosa voglia dire soffrire per la perdita dei genitori ed è per questo che non riesce a comprendere lo stato d’animo del piccolo. Tutto sommato, però, spera che qualcuno lì in mezzo decida di prenderselo come figlio adottivo, sennò dovranno sbarazzarsene per evitare nuovi problemi.
Col la coda dell’occhio nota che l’uomo alla quale Darko aveva rubato la mela gli si sta avvicinando, e con lui la compagna. Gli mettono le mani sulle spalle e poi lo stringono, l’uomo lascia che pianga contro il proprio petto e gli sussurra parole dolci alle orecchie.
Ed anche questa è risolta. Ora occupiamoci della fottuta scimmia.
Guarda Sherry, la sua Sherry, cingere la vita all’uomo e per un istante pensa nuovamente a quanto tutta quella faccenda sia sbagliata, a quanto il Grande Spettro sia stato meschino non solo a portargli via Leila ma anche a mettere sul suo cammino una bestia come quella, ma la voce alterata di Bree lo distrae.
Sa di dover mantenere la calma, di non poter intervenire come realmente vorrebbe, ed aggrapparsi alle sue parole è la soluzione migliore. Anche perché, lo sa, Darko è sin troppo su di giri e potrebbe essere addirittura capace di strappargli una risata.
«Sono ancora indecisa se ucciderti o meno.» Afferma infatti con tono stizzito la bionda, anche se può comunque dirsi soddisfatta del loro operato.
Il branco da solo non si è rivelato capace di stanare neanche un traditore, loro ne hanno presi due in un colpo solo. È anche consapevole che la loro presenza farà desistere tutti gli altri dal fare mosse avventate e ciò permetterà loro di studiarli ancor più attentamente. Non voglio neanche immaginare cosa gli faranno…
«Tsk, patricidio! Una storia vecchia come il mondo! Sai tipo Edipo… Voldemort!»
Radish, che proprio non ha potuto fare a meno di ascoltare questo brevissimo scambio di battute, guarda a turno Darko, Bree e Micah per un paio di volte, per poi lasciarsi andare a sua volta.
«Adesso sono ancora più convinto che voi due siate fratelli.»
Darko non gli sembra male. Certo, non si fida neanche per sbaglio, ma non gli sembra male. Eccessivo un po’ come ogni Spettro, ma ha l’aria di uno con il quale si potrebbe parlare per ore di argomenti pesanti e filosofici senza che la conversazione risulti in qualche modo pesante.
Oltretutto si rende conto che non ha nessun interesse particolare per la sua fidanzata, al massimo si vuole impegnare a proteggerla anche solo per poter eliminare Jäger, quindi può tranquillamente accettarlo lì in mezzo. Lui, ma Everett…
«Dio me ne scampi! I figli maschi sono una tale rottura di palle… dopo la prima scopata si credono dei campioni in tutto e diventano davvero intollerabili.» È serissimo mentre lo dice, volendo far capire implicitamente che anche lui, ai suoi tempi, rientrava di prepotenza nella cerchia.
Dio, se solo ripensa alle colossali stronzate che fece dagli undici ai quindici anni, prima di diventare Beta…
Una volta, e questa curiosamente riesce ancora a ricordarla benissimo, lui, Mezcal e altri quattro uscirono dai loro territori per andare a festeggiare nella città più vicina. Si ubriacarono in modo davvero pesante e, quando si trovarono senza sigarette, lui disse che sarebbe andato a comprarle ed ancora oggi non saprebbe dire come sia finito sul traghetto che lo avrebbe condotto su un’isola parecchio lontana. Ci rimase per una settimana, fece tanto di quel sesso da fargli passare la voglia per almeno due mesi e poi tornò a casa, dove già lo davano per morto. Ahhh, bei tempi!
«Per questo non me li filavo.» Aggiunge dopo qualche secondo di silenzio durante il quale si era perso nei ricordi. Ricordi che si stavano pericolosamente spostando su quei piccoli ingrati dei suoi figli, ai quali davvero non vuol pensare. Lo farà quando ce li avrà di fronte e li massacrerà a suon di sberle, ma non certo ora.
«Ah, è per questo?» S’intromette prontamente Everett, avvicinandosi a tutti loro. Dio solo sa quanta voglia ha di cavare gli occhi a Radish, ma ancora si trattiene dall’esternare qualsiasi tipo di emozione. Sherry ne soffrirebbe e lui non può permettere che ciò accada. Se però sarà l’altro a farla soffrire… Ti prego, Dio, fa che ci provi!
«Sì.»
«E lei?»
«È un maschio mancato, andiamo! E sono anche abbastanza certo che in quanto a dimensioni straccerebbe pure i suoi fratelli, quindi…»
Bree lo fissa, incredula. Non sa davvero se incazzarsi a morte o meno, ma è abbastanza sicura che sarebbe inutile. Non lo scalfivano le sfuriate di Mezcal, anzi rispondeva a tono senza troppi pensieri, lei come potrebbero mai metterlo a cuccia?!
«Non so se essere offesa o meno… nel dubbio, comunque, vaffanculo
«Spero che tu abbia anche vestiti un po’ più sobri, ragazzina, perché ho tutta l’intenzione di portarti a cena fuori con la tua bella umana.» Come volevasi dimostrare, a Darko non frega niente delle sue parole. Sa benissimo che, tutto sommato, gli ha sempre voluto bene e gliene vuole ancora, quindi vuole provare a conoscerla.
Il problema fondamentale nel suo rapporto con tutti i propri figli alla fine è sempre stato solo uno: a lui non piacciono i cuccioli, malgrado li abbia fatti nascere tutti e se li sia sempre ritrovati tra i piedi. Non gli piacciono, li trova fastidiosi, chiassosi e petulanti, sempre pronti a far danni, quindi non ha mai nutrito interesse nello stargli vicino neanche se avevano il suo stesso sangue. Se Darren e Daryl non si fossero mostrati per quello che sono ci avrebbe stretto un rapporto ben diverso una volta adulti, ma sono due voltafaccia psicolabili, quindi è bene che continuino a tenerglisi alla larga.
«La mia bella umana si chiama Mimì. Millicent per te. Non devi neanche provare a pensarla, chiaro?»
«Voglio conoscerla e basta. In fondo è praticamente tua moglie, no? Ho il diritto di conoscerla! Crescerà i miei nipoti!»
«Mi stai prendendo per il culo?! Hai avuto dieci anni per fare il padre attento e premuroso e decidi di farlo solo ora? In un momento del cazzo come questo, poi!»
Ad un occhio esterno Darko sembra davvero riflettere sulle sue parole. Pure Sherry e Bree pensano che, forse, stia seriamente valutando ciò che gli è stato praticamente urlato in faccia, ma se davvero lo conoscessero saprebbero che non è così.
Everett lo sa bene, invece, così come sa che sta solo pensando a dove andare a cena. Ha gusti piuttosto sofisticati, quel vecchio Spettro, e conosce benissimo tutti i locali migliori. Non ha ancora capito come faccia a trovare sempre un buon tavolo, ma in realtà neanche gli importa.
«Scelgo il ristorante e poi passo a prendervi. Facciamo per le otto e trenta? Nove? Non so a che ora mangiate.»
Bree sbotta in un ringhio gutturale pieno di frustrazione e, avendo capito che è totalmente inutile, che pure parlare con Mordecai di argomenti che non lo interessano proprio è assai più produttivo, decide di lasciarlo fare. Non può certo rovinare il loro praticamente inesistente rapporto, no? Senza contare che la sua dolce Mimì ha già espresso il desiderio - che altro non è che un ordine perentorio detto con tono dolce - di vederli quanto meno chiarirsi e creare un qualcosa di perlomeno pacifico.
«Sher, io vado a casa prima di strappargli la faccia a morsi. Mandami un messaggio con le novità, okay?»
L’Alpha annuisce con un sorriso tirato, consapevole che non può fare niente per tenerla lì senza farle del male.
Lei sa quanto da piccola desiderasse con tutto il cuore avere le attenzioni e l’approvazione del padre e, per quanto sia un qualcosa che tutt’ora non riesce né a comprendere né a condividere, capisce che averlo di nuovo davanti non deve essere facile.
Mentre l’amica di tutta una vita se ne va, la sua mente le ricorda quasi dolosamente che Everett è lì e che la sta ancora osservando.
È così rigido, con la schiena incredibilmente dritta e lo sguardo fiero, che quasi le viene da ridere. Può dire con discreta sicurezza che non sia assolutamente a disagio, tutt’al più infastidito dalla presenza di Radish, e che se appare tanto rigido è solo perché è stato istruito sin dalla più tenera età a mostrarsi così.
Lo avvicina con un sorrisetto vittorioso e divertito, consapevole di essere tenuta mortalmente d’occhio dal compagno. Sa anche che muore dalla voglia di smolecolarizzarlo a furia di cazzotti, ma per adesso le pare ancora propenso a restatesene buono da un lato.
«Allora… sei venuto solo per traumatizzare il mio branco?»
«Sono venuto per accettare la tua ridicola proposta.»
Radish improvvisamente si rende conto che si sbagliava su Everett: più che ad uno sciame di locuste è chiaramente riconducibile ad un inarrestabile, straordinario, fosforescente cingolato asfaltacazzi.
Lo sta facendo a posta, ne è più che convinto. È rimasto isolato lontano da tutto e tutti per anni, ed è convinto che sarebbe rimasto così se non fosse che ora c’è lui al fianco di Sherry.
Scommettiamo che ti faccio passare la voglia, lurido rognoso?
«Ah sì?» Sherry, sforzandosi di ignorare il più che sfavillante malcontento del compagno e il panico che le sue parole hanno suscitato nel branco, sorride raggiante al maggiore, sempre gelido e composto.
«Non ho poi molto di meglio da fare e sicuramente tenendoti così sotto tiro posso proteggerti meglio che a lunga distanza.»
«Ammettilo che ti fa piacere.»
Si guardano negli occhi per quante istante ed un timido accenno di sorriso piega le labbra del maggiore, che però poi lascia scattare lo sguardo sulla figura avvolta dalla rabbia del Saiyan.
«Quello deve per forza stare qui?»
«Quello ha un nome, stronzo.» Ringhia in tutta risposta, ormai con un diavolo per capello. Se solo attaccandolo non si mettesse nei casini da solo, di lui adesso non rimarrebbe altro che un ammasso informe di carne, ossa tritate e sangue.
«Sorprendente! Sa articolare intere frasi senza sbagliare!» Sfotte prontamente l’altro, sorridendo con fare derisorio per poi voltarsi verso l’amico «Darko, hai una banana o delle noccioline? Sai, come rinforzo positivo.»
Sherry fa appena in tempo a mettersi di prepotenza in mezzo ai due, le braccia tese ai lati per toccare il petto di entrambi. Radish si blocca quindi con un pugno caricato in alto, Everett con le zanne esposte e gli artigli estratti per squarciargli l’addome.
«No, Radish, per favore! Non devi dargli ascolto, lo istighi solo ad insistere.»
«Non usare parole difficili, sennò lo confondi.» Non riesce a farne a meno, Everett, è più forte di lui, e ciò non può che sorprendere davvero Darko. Quando mai si è lasciato trascinare così? Neanche contro le persone che più aveva in antipatia o che addirittura odiava si tramutava in un tale agglomerato di stronzaggine e strafottenza, preferendo da sempre un assoluto silenzio altrettanto fastidioso.
«Ma io ti ammazzo!»
«Fatti sotto lurida scimmia!»
«Ma che problema avete voi due?!» Bercia Vegeta, più che stufo del loro teatrino. Neanche i bambini si comportano così e Radish, per quanto lo prenda da sempre in giro, rimane pur sempre un Saiyan e come tale dovrebbe comportarsi.
«Lui è il problema!» Gridano all’unisono i due, tornando poi a fulminarsi con lo sguardo e a ringhiarsi contro.
Sherry non è però disposta a questo loro atteggiamento: dopo di lei sono le cariche più alte e autoritarie del branco e mostrando tanto apertamente un simile astio perderanno solo il rispetto e il controllo del branco.
Senza alcun genere di avvertimento alza i pugni in aria e colpisce i due all’unisono sulla testa, facendoli piegare con un sonoro lamento.
Quando poi entrambi tornano a guardarla totalmente sbigottiti da un gesto tanto inaspettato, Sherry decide che adesso può anche esprimersi a parole.
«Mettiamo bene in chiaro una cosa: non ho alcuna intenzione di dover badare anche a voi due imbecilli in questo momento, quindi smettetela di comportarvi come bambini capricciosi e vedete di odiarvi silenziosamente. Sono stata abbastanza chiara?»
Everett non è abituato a sentirsi minacciare e dare ordini, e neanche la consapevolezza di averla scelta come Regina riesce a farlo trattenere dal mostrarle d’istinto le zanne.
Brutto, bruttissimo errore.
Radish sogghigna appena, consapevole che la compagna non reagirà proprio bene ad una cosa del genere, e quel sogghigno si trasforma poi in uno sfavillante sorriso soddisfatto quando la vede scattare per afferrargli un orecchio e tirarlo in basso con rabbia, al livello del bacino. Voglio morderti ora, subito, immediatamente!
«Se ci provi un’altra volta, una sola, giuro che ti do un cazzotto in bocca così forte da farti uscire i denti dai dotti lacrimali. Sono stata chiara?»
«Hai gli stessi modi gentili di tua madre, sai?» Sibila Everett con fare un poco stizzito ma pur sempre divertito. Gli fa piacere notare che la sua sorellina abbia un simile caratterino, anche perché gli rende le cose decisamente più semplici. Con una Regina debole, sennò, il branco sarebbe stato sempre troppo indisciplinato e lui avrebbe dovuto faticare molto di più.
«Se vuoi tenerti stretta la tua nuova carica e soprattutto continuare a vedermi, vedi di metterti in testa che lui è il mio compagno e che non ti devi azzardare a mancargli di rispetto un’altra volta!»
«Un vero zuccherino…» Borbotta divertito Darko, sobbalzando appena quando la giovane ed irascibile Regina lo incenerisce con lo sguardo.
«Occhio che ce n’è anche per te! Chiaro?!» Rizza poi la schiena dopo aver mollato la presa dall’orecchio di Everett e, imponendosi un’apparente calma, lascia di nuovo vagare lo sguardo prima su Radish e poi sul fratello, decisa a fargli mettere una pietra sopra a tutta quella stupida storia, anche se solo momentaneamente «Stringetevi la mano. Ora, davanti a me, subito.»
«Scherzi?»
«Se tu non vuoi finire a dormire sul divano e tu non vuoi diventare la balia dei cuccioli del branco, allora vi stringerete la mano immediatamente.»
I due si guardano, decisamente in crisi.
Non vogliono farlo nella maniera più assoluta, ma sanno di non avere altra scelta se vogliono evitarsi gli scenari da lei dipinti.
Radish non vuole assolutamente rinunciare a tutte le porcate con lei ed Everett non vuole avere niente a che fare con quei mocciosi piagnucolanti, oltre a voler tenere i due a distanza o almeno provarci.
«Allora? Non ho tutto il giorno.»
Assottigliano lo sguardo e, con uno sbuffo disgustato e frustrato, voltano la testa di lato mentre allungano all’unisono la mano in segno di tregua. Tregua che verrà rotta non appena saranno tutti distratti, questo è ovviamente implicito, ma pur sempre molto apprezzata dai presenti.
«Ecco, bravi. Vi sentite meglio? Spero di sì, ma in realtà non me ne frega un cazzo.» Sorride davvero soddisfatta e felice per poi rigirarsi verso gli amici che le sorridono di rimando.
Hanno scelto bene nel mettersi sotto di lei, ne sono sempre più convinti: chi altri avrebbe mai messo a cuccia un Saiyan e uno Spettro del calibro di Everett in un colpo solo?
«A lavoro gente: ci sono degli psicopatici da prendere a calci nel culo!» Afferma con una rinnovata sicurezza nella voce data dalla presenza del formidabile duo. Uno è sopravvissuto all’attacco malgrado gli orribili danni subiti, l’altro è tornato a gamba tesa dal mondo dei morti, ad entrambi si legge chiaramente negli occhi una folgorante voglia di vendicarsi. Senza contare, poi, che sanno tenere in riga un branco ben più numeroso ed irascibile del suo, cosa che darà a lei il tempo di respirare almeno un po’.
Il branco, che pare come essersi appena svegliato da un lungo e turbolento sonno, scoppia in un fragoroso boato di approvazione, e subito Glover e Maddox corrono allegri da Vegeta per riprendere gli allenamenti. Certo, il Principe pare tentare di ucciderli a più riprese ogni singola volta, ma per loro è davvero troppo spassoso. In fin dei conti, poi, è vagamente divertente pure per il grande Saiyan.
Darko si mette in mezzo ai due uomini e, sinceramente colpito dalla forza d’animo della ragazza e dal suo sapersi imporre sul branco senza dover mostrare le zanne, volta pigramente il capo verso Radish per togliersi un piccolo dubbio: «Ma è sempre così indisponente?»
«Spesso è peggio.»
«Non battete la fiacca, coglioni!»
Everett, ben deciso ad impartirle un minimo di educazione dal momento che pare esserne piuttosto carente, si schiocca sonoramente le nocche e s’incammina con passo lento verso la cara sorellina: «Col vostro permesso, vado a ricordarle chi tra noi due è quello forte.»


Li osservano da diverse ore ormai. Osservano come stiano assimilando gli stili di combattimento dei vari guerrieri che gli sono stati presentati, osservano come si rialzano quando vengono sbattuti violentemente a terra, osservano come urlano per il dolore ed alcuni si lascino pure scoraggiare da questo, quanto cerchino disperatamente il modo per far breccia, quanto lavorino singolarmente.
Li osservano poi mentre sono ormai senza fiato ed energie, mentre scherzano con i loro allenatori, osservano quanto siano allegri e prontissimi a giocare come cuccioli e, senza dirsi una sola parola, entrambi capiscono che sono quanto di più diverso da ciò a cui sono abituati da sempre, quasi fossero su un pianeta alieno che somiglia solo esteriormente a quello che conoscono.
Ed è proprio per questo che entrambi sentono che, forse forse, hanno una minuscola possibilità di vincere in uno scontro diretto: sono furbi, subdoli, da sempre costretti a sotterfugi e attacchi meschini per ottenere la vittoria, e al Nord non sanno fino a che punto sono capaci di spingersi.
Gli Spettri non combattono mai seguendo una logica precisa, seguono puramente l’istino del lupo. Seguono quello e spesso menano alla cieca, risultando sempre più pericolosi a mano a mano che la rabbia sale. E questi randagi sono arrabbiati. Hanno dovuto dire addio a troppo e adesso sono sotto stress. Alcuni si guardano in cagnesco, molti si sono attaccati con cattiveria perché timorosi di avere una spia al proprio fianco. Sherry li ha rimessi in riga, Everett ha scovato un Segugio; è stato facile, il suo cuore cantava e lui poi ha portato questo canto alle orecchie di tutti con metodi poco ortodossi.
Al Nord ormai avranno appreso molte cose su tutti loro, ma certo non si aspettano che vengano addestrati come i membri della guardia. È semplicemente impensabile conferire un simile onore a dei randagi e dei Mezzosangue, nessuno lo farebbe mai in alcun caso. Pure Sherry e Bree hanno ricevuto un qualcosa di molto più leggero, sia perché non considerate idonee sia perché ormai di due anni in ritardo rispetto ai tempi.
Ma Darko ha le zanne avvelenate adesso e, contrariamente a quanto abbia mai dimostrato, è un tipo rancoroso e disposto alle peggiori bassezze pur di vincere. I suoi figli non lo conoscono per niente, gli altri pure meno, quindi è sicuro di poter contare su un effetto sorpresa piuttosto sconvolgente.
Everett, dal canto suo, è disposto a tutto per tenere Sherry al sicuro. Se questo “tutto" comprende addestrare quei casinisti… beh, si rimboccherà le maniche anche lui e li metterà sotto con tutta la brutalità di un erede del Nord.
Creeranno qualcosa di diverso, mescoleranno violentemente i due mondi per crearne uno su misura e tutto nuovo. Inoltre la pressione psicologica che i due esercitano anche solo standosene di lato a fissarli in silenzio pare essere sufficiente per far vacillare le loro menti. Ovviamente, però, questa pressione non è ancora sufficiente.
Il punto è che non sanno, lì in mezzo, come funzionino gli addestramenti della guardia.
L’addestramento iniziale dei cuccioli presi come nuove leve, infatti, dura 9 settimane ed almeno il 35% non sopravvive all’inferno nella quale viene lanciato. Non appena vengono scelti all’età di tre anni, vengono lanciati negli ambienti più estremi ed ostili, e lì lasciati in piccoli gruppi. Devono mostrare di sapersi muovere in luoghi dove nessuno andrebbe a cercarli, di saper sopravvivere contro i randagi adulti che incontreranno sul loro cammino ed anche di essere capaci di riconoscere in autonomia la gerarchia dei vari gruppi, così da poter combattere in sincronia e seguire ordini precisi per tornare a casa tutti interi.
Questo trattamento, ovviamente, è reso più arduo per i figli migliori della coppia dominante. Quelli devono dar prova di essere capaci di restare in vita in luoghi atroci completamente da soli. Non sono rare le volte in cui il cucciolo viene strappato da proprio letto nel cuore della notte, viene ferito alle zampe da un adulto e poi abbandonato. Starà a lui riuscire a rimettersi in piedi, procacciarsi il cibo e tornare a casa.
Come seconda scrematura il Beta e i membri di spicco della guardia stanno in disparte, osservano i sopravvissuti lottare tra loro per capire a pieno il potenziale latente. Nella migliore delle ipotesi, i più forti tentano di far tirare su i più deboli, tentano di farli sforzare oltre ogni limite per tenerli al sicuro ma, se questi non si mostrano comunque all’altezza, vengono scartati.
Da quel momento, ai cuccioli rimanenti verranno messi sotto sforzo fiuto e udito, la vista verrà loro momentaneamente tolta con delle bende pesanti. Chi prova a barare, viene accecato almeno ad un occhio, così da far passare la voglia a lui ed anche agli altri furbetti.
Dovranno imparare ad essere perfettamente capaci di muoversi in una sanguinosa bolgia urlante senza aver la possibilità di vedere dove mettono le zampe, e dovranno essere capaci di farlo molto velocemente.
Non è insolito, poi, che gli allenamenti avvengano sotto estrema pressione, magari mettendo un membro della famiglia o un amico stretto in forte pericolo, così da poter eventualmente estirpare loro le emozioni a seconda del volere del Sovrano.
Dovranno poi apprendere tecniche di infiltrazione e ricognizione, dovranno apprendere a rallentare il proprio battito cardiaco per non essere scoperti. In pratica, dovranno imparare a rendersi praticamente invisibili.
Gli Spettri che seguono questo genere di addestramento dall’infanzia in poi, saranno capaci di compiere ogni cosa senza la minima paura o ripensamento. Avranno attraversato l’inferno, ci avranno vissuto nel mezzo e i loro cuori saranno ormai forgiati, le loro menti plasmate, i loro corpi non si lasceranno fermare da alcuna ferita.
Con un estenuante ed incessante lavoro fisico, diventano armi perfette e micidiali. Armi che non mollano l’obiettivo finché non vi hanno affondato le zanne. E il loro obiettivo adesso sono loro, gli scarafaggi delle Terre di Nessuno. L’obiettivo di Jäger, tornato molto prima del previsto dalla propria iniziazione, senza un graffio e con le zanne di un avversario appese al collo come accadde ad Everett, è Sherry.
Non molleranno mai la presa, niente farà cambiare loro idea, e il fatto che ancora non abbiano tentato un attacco diretto sta a significare che sanno con chi hanno a che fare, che stanno cercando sistematicamente un punto di cedimento e che, nel frattempo, continueranno a far pressioni psicologiche.
L’allenamento col Team Z è ottimo, di questo entrambi gli Spettri ne sono totalmente convinti.
Ma non è sufficiente.
Li stanno allenando su un piano puramente fisico, loro devono riuscire ad allenare i sensi e, soprattutto, la mente. Oltretutto li allenano in modo troppo individuale: devono imparare a muoversi come un unico individuo così che niente possa far breccia.
Hanno bisogno di costanti fonti di stress tali da scatenarli e, al tempo stesso, motivarli a non commettere un singolo errore. Perché se quell’errore tanto sciocco venisse commesso in un combattimento vero, la partita sarebbe chiusa.
Li addestreranno, seppur la faccenda sia molto più complicata poiché tutti loro sono ormai adulti fatti e finiti. Possono sicuramente migliorare, ma non possono raggiungere la perfetta preparazione psicofisica di Spettri cresciuti nel loro habitat.
C’è da puntare al massimo, non possono permettersi errori. Purtroppo però di veri campioni non se ne possono sfornare in massa, si abbasserebbe drasticamente il livello, e questo vale anche per questo bizzarro e chiassoso branco. Sarebbe quindi necessario anche in questo caso una massiccia scrematura per individuare chi, tra loro, può essere degno del nome che porta.
C’è però qualcosa che rema incessantemente contro di loro: il tempo.
Se per Radish infatti ce n’è a sufficienza, se per lui ci sarà indiscutibilmente un dopo, Everett e Darko non ne sono convinti per niente.
Jäger sarà furioso oltre ogni limite e Dio solo sa quanto possa diventare pericoloso quando anche solo contraddetto, figurarsi dopo un simile smacco.
Loro due lo sanno, così come sanno che sta escogitando qualcosa nella sua brillante mente malata. Lo sanno come se lo potessero vedere, ma non sanno dove andrà a parare.
Non sarà così folle da avvicinarsi a Sherry a viso scoperto, ma è sicuro che troverà un modo per allontanarla dagli altri, per chiuderla in un angolo e annientarla.
Lo sanno perché, a conti fatti, anche loro due farebbero così se sulla loro strada trovassero avversari pericolosi come Radish e Vegeta. È così che si fa proprio in natura, in una battuta di caccia: si individua il membro del branco più debole e lo si isola, così da non correre rischi inutili.
Il fatto che lei sia sotto costante una pressione quasi estrema, poi, non li aiuterà. Per quanto abituata al peggio, adesso ha troppo da perdere per riuscire a ragionare lucidamente, e ciò è solo vantaggioso per gli avversari.
«È una ragazzina in gamba, Ret, e lo scimmione ha tutta l’aria di uno che prenderebbe a cazzotti anche Dio in persona se questo volesse dire tenerla al sicuro.»
Volta pigramente lo sguardo verso l’amico mentre attorno a loro tutti si preparano a tornare alle proprie case o alla tana.
«Cosa intendi?»
«Che devi allentare un po’ la presa, ragazzo.» Prima che possa snocciolargli una serie di insulti e rivangare nel passato, alza subito una mano e gli punta contro un dito, così da poter continuare «Devi concentrarti sulle spie, devi stanarle una ad una e farle fuori. Questo è il tuo compito adesso.»
«Ha bisogno di aiuto nella gestione del branco e quel demente non è all’altezza.»
«Ha molti amici, possono occuparsene loro. Devi solo ordinarlo.» Lo ha addestrato a ben altro, ora non si sorprende per niente del suo sguardo un poco perso. Vorrebbe però una macchina fotografica, così da poter immortalare un momento così estremamente raro e prezioso, ma accantona il pensiero per spiegarsi meglio. In fondo lui è stato addestrato sin da piccolo a questo delicato compito e, usando il proprio intelletto, è stato poi capace di eclissare i nomi di tutti i suoi predecessori; ora deve vedere se riesce a forgiare un secondo Beta tanto abile. Ed Everett ha materia grigia, forza d'animo e furbizia da vendere, ne ha dato sin troppo prova negli anni, quindi deve solo mettere da parte un paio di cosucce per riuscire lì dove gli sembra tanto assurdo.
«Non hai mai notato che riuscivo a tenere sotto controllo tuo padre, te, i tuoi fratelli, i futuri Beta da voi scelti, i futuri membri della guardia e i membri adulti, a tenere sotto controllo le tensioni del branco ed anche a tenere sotto tiro Bree e Sherry e nel frattempo ad avere una vita mia? Facevo tutto questo perché sapevo chi era davvero fedele a me e a Mezcal, e quindi potevo delegare molte questioni ad altri per potermi occupare di faccende più urgenti. Se così non fosse stato, la Mezzosangue sarebbe morta, o peggio, in tempi molto brevi, perché io dovevo pensare dapprima alla tua formazione ed in seguito a quella di Baileys. Se non avessi avuto gente forte e fidata sotto di me, non avrei potuto seguire più da vicino tante questioni, come ad esempio trovare donne idonee a far superare loro la prima infanzia come tu stesso mi chiedesti, perché tuo padre mi avrebbe occupato a tempo estremamente pieno. Invece io c’ero sempre, sapevo districarmi tra i vari problemi e potevo risolverli. Questo è ciò che deve fare un vero Beta: non soddisfare i capricci del Re, non viziare un cucciolo, non ignorare tutto ciò che lo circonda solo per la famiglia reale, ma bensì occuparsi un po’ di tutto. Il branco deve diventare parte di te, devi conoscere tutto ciò che ti sta attorno con tutte le sue dinamiche e comprenderlo il più possibile. Se non hai menti malate come quelle che avevo per le mani io, il tuo compito sarà decisamente fattibile.»
L’espressione di Everett si fa sempre più attonita, tanto da risultare comica agli occhi del maggiore, e davvero si domanda come abbia fatto a fare tutto questo con tanta leggerezza.
A lui era sembrato ostico tenere al sicuro Sherry senza che nessuno se ne accorgesse, compresa lei, ed anche il modo di tenerla sotto tiro una volta evasa. Darko faceva lo stesso e, al contempo, si occupava di un’altra valanga di cose come se niente fosse.
Ovviamente Darko non gli dice che per i primi anni era un macello pure per lui, che aveva spesso crolli nervosi a causa del fortissimo stress alla quale nessuno lo aveva mai preparato e che Mezcal ci metteva sempre un nuovo carico di giorno in giorno con la sua violenta esuberanza. Dio, se solo ripensa al fatto che per quasi un anno Aisha non riusciva a rimanere incinta malgrado i tentativi… solo quello fu un qualcosa di così difficile da gestire che solo a ripensarci gli si drizzano i peli sulla nuca.
Ma Everett non lo sa. L’altro certo non è mai stato così stronzo da caricarlo di ulteriori pensieri, non se lo meritava secondo lui, così adesso si ritrova a fissare quel branco di esagitati che scherza e ride, quel grosso scimmione che tiene un braccio attorno alle spalle di sua sorella e la stessa che lo guarda con una tale adorazione negli occhi che gli fa salire un forte conato di acida bile in gola.
«Non sono stato addestrato a questo.»
«Sei un tipo sveglio, imparerai alla svelta. Prendi per esempio quei quattro idioti esagitati: quelli troverebbero il modo di fare qualsiasi cosa per quelle due teste calde perché li considerano come un’estensione di sé. Basterà solo che tu ordini loro di tenere le tensioni del branco sotto controllo e di comportarsi con minore esuberanza, soprattutto nelle ore notturne, e la faccenda già risulterà un po’ più semplice. Se non ti fidi di loro, puoi tranquillamente ripiegare sul bastardo del Sud ed anche su un paio di Alpha che ho già adocchiato.»
«Per farlo però dovrebbe esserci fiducia reciproca.»
Scuote un poco la testa con aria sconsolata, una ciocca di capelli biondi gli scende al lato del volto. Il suo ragazzone è sempre stato schivo anche quando Leila era in vita, ma lei almeno riusciva a farlo sciogliere un po’. Anche se, e di questo ne è abbastanza certo, neanche lei sarebbe mai riuscita a fargli sparire quel disprezzo dagli occhi ogni volta che incrocia la figura del Saiyan. È sempre stato protettivo e geloso, una figlia col suo sangue nelle vene avrebbe avuto una vita difficilissima. Chissà come si comporterebbero questi due imbecilli con una bambina per le mani? Beh, spero di campare abbastanza a lungo per vederlo! Sarebbe spassosissimo!
«Prova a vedere il mondo con i suoi occhi, Ret. Sono piuttosto convinto che ti farà bene!» Nel dirlo gli dà una lieve pacca affettuosa sulla spalla e si alza dal masso sulla quale stava scomodamente seduto da ore, sorridendo poi con aria affabile alla coppia dominante che si avvicina.
Non sa ancora se giurerà fedeltà al nuovo e bizzarro branco, non dopo essere dovuto sottostare per quasi tutta la vita agli ordini di qualcuno, ma è più che certo che darà man forte.
Sherry e Radish lo guardano con un poco di incertezza per qualche istante, finché lei non si scosta dal compagno per avvicinare senza problemi il maggiore. Gli sembra così mortalmente infastidito che le viene da ridere, ma pensa bene che sia molto meglio trattenersi per non indispettirlo. Per quello, pensa, c’è già Radish!
«Hai un posto dove stare?» Domanda con un sorriso dolce, che diventa poi assai timido quando incrocia il suo sguardo serio e gelido.
Lo vuole con sé, questo è certo, ma spesso le è difficile capirlo e questo la mette a disagio. Se un secondo le pare quasi di buon umore, quello dopo diventa un totale blocco di ghiaccio impenetrabile che ti fissa dritto nelle palle degli occhi e ti mette un poco a disagio.
Non lo fa con cattiveria, è sempre stato un osservatore attento sin da bambino e nessuno ha mai pensato di dirgli che questo suo lato fosse a tratti un poco inquietante.
«No.»
Radish sente l’inconfondibile brivido che prova ogni volta che Sherry sta per dire o fare qualcosa per lui insopportabile. A confronto con questi eventi purtroppo non sporadici, Jack e Rose avevano meno stress quando stavano scappando da morte certa.
Perché Radish sa benissimo che la sua cara e adorabile fidanzata, che se continua di questo passo lo resterà pure per poco, ha come un istinto innato dentro di sé, un qualcosa che, a conti fatti, possiedono inconsapevolmente un po’ tutte le donne: l’istinto di graticolare i testicoli del proprio compagno. Si tratta proprio di un desiderio insopprimibile che le brucia dentro e che spesso la porta a compiere azioni per lui fortemente lesive.
«Potresti stare da noi!»
Eccola lì, la nuova incudine che gli si abbatte sulle palle. Pure Darko la vede e per questo si spreca in una pacca confortante sulla spalla, che poi stringe un poco per fargli forza.
«Perché no? Mi pare abbastanza spazioso.»
E certo che ti sta bene, maledetto stronzo! Così puoi stare tra i piedi e rompermi le palle in modo costante!
«Tranquillo primate, non starò in casa.»
«Perché no?» In realtà Radish avrebbe voluto chiedergli se è capace di leggere nel pensiero, cosa che in realtà non lo sorprenderebbe più di quel tanto, ma Sherry lo ha battuto sul tempo, mettendo in campo anche due grandi occhioni da cucciolo alla quale lui non sarebbe capace di resistere. Ma Everett sì, e questo fa solo crescere tutti i possibili dubbi che Radish nutre nei suoi confronti.
«Perché solo l’idea che consumi il mio stesso ossigeno mi urta il sistema nervoso, pensa se dovessi pure vederlo appena alzato.» Beh, questo è vero, ma c’è anche da tenere molto di conto che Everett non è un tipo domestico. Sopportava a stento la vita alla Tana, gli andava a genio la convivenza con Leila, ma già nei territori di Roman non stava mai tra quattro mura. Ed è stato così per otto anni, mese più mese meno, quindi adesso per riuscire ad adattarsi ad una nuova casa avrà bisogno dei suoi tempi.
«Bisognerà fare qualcosa per migliorare questo tuo atteggiamento indisponente…»
«Ecco il bue che dà del cornuto all’asino.» Borbotta tra sé e sé Darko, strabiliato da quanto quei due siano inconsapevolmente simili. Perché pure Everett aveva cambiato atteggiamento dopo l’unione con Leila, solo per poi richiudersi a riccio con la sua morte. Sherry, e questo lo sa con buona certezza, era come il maggiore prima dell’arrivo del Saiyan, arrivando poi ad aprirsi fino a risultare piuttosto alla mano come adesso.
Ma in fondo l’amore, quello vero, ha sempre cambiato gli Spettri e sempre lo farà, è inutile sorprendersi troppo. Se d’ora in poi resteranno fianco a fianco come si augura, forse pure per il suo ragazzone c’è speranza di splendere di nuovo.
Sherry si volta di tre quarti verso Darko, pensando che no, non spetta decisamente a lei accollarsi anche lui e quindi porta subito le mani avanti.
«Dal momento che dubito che Bree abbia anche solo lontanamente intenzione di ospitarti, potresti andare a vivere nell’appartamento di Radish finché non trovi una sistemazione che ti piace di più.» E con questo è chiaro che casa loro è off-limits ed anche che sarebbe meglio se all’inizio evitasse la tana, spera che lo capisca senza il bisogno di dirlo chiaramente.
«Non mi piace quella zona, non ci voglio andare.»
«Perché no?» Nel momento esatto in cui Everett ha formulato la domanda, Sherry non ha potuto fare a meno di pensare che quella di Darko è stata decisamente una reazione da Bree. Pure l’arricciare di lato la bocca con fare infastidito è da lei, con l’unica differenza che l’amica avrebbe slanciato di scatto le spalle all’indietro e proteso il petto in avanti, sbattendoti sotto agli occhi il prosperoso seno.
«C’è un gatto… è folle! Lo hanno cresciuto i piccioni.»
«Hai paura di un gatto?»
«È un gatto-piccione. È pericoloso: doppio rischio di rabbia!»
Ma figurarsi: semplicemente ha trovato dopo anni qualcuno da poter infastidire con i suoi discorsi senza logica e vuole approfittarne. Everett lo sa bene, ne ha dovuti subire un’enormità negli anni, e proprio per questo sa anche altrettanto bene come zittirlo di colpo.
«C’è un fruttivendolo proprio davanti al palazzo.» Il fatto che lui sappia certe cose è giusto un po’ inquietante per la coppia che adesso lo fissa con occhi sbarrati, ma poi Radish ricorda le parole della compagna mentre gli raccontava che la sorvegliava grazie alle Fate e quindi bene così.
Inutile dire che in questo momento tutte quelle magnifiche ed aggraziate creature svolazzanti stanno festeggiando alla grande per esserseli tolti dai piedi poiché giusto un po’ terrificanti, soprattutto quando si piazzavano di fronte a loro, bloccavano loro le ali tenendole tra indice e pollice e chiedevano spesso ringhiando di mostrar loro ciò che volevano. Poter tornare a svolazzare senza la terrificante e costante paura di essere afferrate in così malo modo è senza ombra di dubbio motivo di grandi e lunghi festeggiamenti.
«Le chiavi sono in casa vostra, vero? Bene. Me le prendo da solo e poi vado. Ah, la macchina stasera la prendo io!»
Lo guardano con la stessa preoccupazione mal celata di quando si guarda uno psicopatico evaso dal manicomio che ti minaccia con una lampada rotta, ma pensano giustamente che sia molto meglio per tutti non sollevare alcun genere di argomento a riguardo.
Sarebbe inutile infatti, perché Darko è sì capace di atrocità innominabili a cuor leggero ma sempre e solo per uno scopo ben preciso. Se invece viene preso così, in un momento in cui è calmo e di buon umore, è capace di tirar fuori un lato infantile che in genere riesce pure a strapparti un sorriso.
È uno Spettro dal sangue davvero puro, Darko, e come ogni altro Spettro esistente ha la mente un poco confusa a causa di tutti i ricordi non propri che ha assimilato durante le centinaia di pasti che avevano come piatto forte animali senza pelliccia o con dei semplici scambi di informazioni tramite il sangue.
Un’altra cosa ancor più certa, comunque, è che è capacissimo di tirar su combattenti eccezionali, delle vere e proprie macchine di morte inarrestabili, e che farà tutto ciò che è in suo potere ed anche di più per riuscire in questa nuova impresa.
Quando ormai l’ex Beta è ben lontano da tutti loro e pure gli altri si stanno velocemente dileguando, Sherry si piazza di fronte ai due uomini con un sorriso entusiasta in volto: «Dai, andiamo anche noi… ho una voglia folle di pizza!»
Mentre lei scatta di corsa, carica di una nuova energia di cui non saprebbe spiegare l’origine, Radish ed Everett camminano con passo svogliato l’uno di fianco all’altra.
Sanno benissimo che per mantenere il quieto vivere nel branco, e quindi non mettere sotto ulteriore stress psicologico Sherry, dovranno mostrarsi quanto più calmi possibile l’uno di fianco all’altra, pur essendo consapevoli di non poterlo fare molto a lungo. Già un paio d’ore sarebbero probabilmente un traguardone!
Hanno bisogno di una soluzione veloce ed indolore per fare in modo che questa ostentata e falsa calma reciproca si consolidi sul serio… ma il dubbio che assilla davvero Radish, in questo momento, è di tutt’altra natura.
«Il tuo udito è buono come il suo?»
Everett lo guarda per un brevissimo istante, rimuginando sulla sua semplice domanda. Perché mai porgliela? Ci deve essere un motivo valido dietro, sennò sarebbe da idioti. Non che lo consideri qualcosa di meglio di un povero idiota, certo, ma è convinto che non gliene darebbe prova così alla leggera.
Ma poi eccola lì la risposta, chiara, semplice, forse addirittura scontata e fastidiosa come una zecca attaccata al capezzolo: vuole sapere se sarà capace di sentirli.
Il fatto poi che l’abbia domandato con un sorrisetto arrogante e divertito, gli fa capire che qualsiasi fosse stata la sua risposta, si sarebbe comunque impegnato per far sì che ciò accadesse in ogni caso per dispetto.
«Ti detesto.» E te ne farò pentire, lurida scimmia.




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Bentornati! Allora, partiamo subito con lo spiegare un attimo il titolo: è un modo di dire islandese che sta ad indicare una sorpresa inaspettata alla fine di qualcosa. E cosa poteva esserci di più inaspettato di 1- la chiamata di Jäger, 2- un simile arrivo con “regalo" annesso, 3 - Everett che va a vivere con loro, 4- … no. Le altre sorprese nella seconda parte :D
Ci stava troppo e mi divertiva un sacco, quindi bene così!
Comunque Jäger ancora non sapeva che i due sono vivi e vegeti, era ancora in giro per i fatti suoi, ma tranquilli che Apophis sta già rimediando a questo piccolo intoppo. Inutile poi dire che non la prenderà affatto bene…

Darko, non so perché, ma lo vedo un po’ come il Filottete della situazione! Ha sempre tirato su dei campioni - che poi si sono rivelati delle delusioni, seppur per ragioni un po’ diverse dal nostro Fil -, ha il suo campione massimo che però è stato sconfitto - un po’ un Achille, anche se lo si può mescolare anche alla figura di Herc - e adesso si lancia in una nuova sfida malgrado tutto remi contro di loro.
Boh, non chiedetemi come e perché partorisco simili cagate, perché tanto non lo so neanche io. Anzi, se conoscete uno specialista davvero bravo passate il contatto, potrebbe aiutarmi!

Beh, non ho altro da dire. Oltretutto mi sono strinata malissimo metà schiena e una spalla (per ben 3 giorni di fila, perché sono un genio clamoroso e ci tengo a dimostrarlo sempre), quindi adesso torno al mare perché abbiamo la pianta di aloe e devo prendermene tipo metà per avere un minimo di sollievo. Ovviamente mi butterò di nuovo in piscina, quindi l’ustione peggiorerà entro stasera :) Se non mi sentite più, sappiate che ho preso direttamente fuoco!

Alla settimana prossima!
A presto
Un bacione
Kiki🤙🏻

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Chimera__Celeste98 e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 17 💛

𝟚𝟞. 𝓛’𝓊𝓋𝒶 𝒶𝓁𝓁𝒶 𝒻𝒾𝓃𝑒 𝒹𝑒𝓁𝓁’𝒽𝑜𝓉 𝒹𝑜𝑔
(𝓟𝓪𝓻𝓽𝓮 𝟚)




Radish non è contento. Per niente.
Sherry non è sicurissima che sia una mossa troppo intelligente chiudersi tra quattro mura con il compagno ridotto ad un fascio di nervi, ma sa altrettanto bene che allontanarlo ora, anche se solo per fargli sbollire la faccenda, sarebbe un’idea pessima.
Così entra, lo guarda sfilarsi la maglia impolverata e sporca di sangue e buttarla da un lato - pur essendo consapevole che lei odia che lo faccia - e poi lo segue in cucina. Le pare che si sia già tranquillamente ambientato malgrado sia lì da meno di ventiquattrore e questo le fa piacere, ma poi lo sente grugnire un qualcosa di incomprensibile mentre apre una delle due ante del frigorifero per prendere un sorso di acqua gelata e quel dolce pensiero si eclissa.
Tamburella con le dita sul ripiano della cucina e lo guarda di sottecchi mentre si passa una mano sul volto stanco, gli occhi serrati con forza mentre riordina le idee.
C’è andato giù pesante durante l’allenamento. Li ha messi sotto sforzo per far vedere non solo agli amici ma soprattutto ai due estranei cosa è riuscito a fare in così pochissimo tempo, ma non è stato sufficiente. Quel cane borioso continuava a fissarlo con un’aria mortalmente infastidita e si scambiava continui pareri con l’altro cagnaccio, e questo gli ha dato la palpabile sensazione che tutti i loro sforzi non fossero per niente né apprezzati né sufficienti. Sensazione condivisa anche dai compagni, in realtà, ma nessuno se l’è sentita di fare battute, non dopo quanto gli era stato precedentemente detto. Ogni parola sarebbe stata solo inutile.
Infine è arrivato il colpo di grazia: l’altezzoso e indisponente cane rognoso vivrà lì.
Certo, non li ha seguiti in casa, rimanendo fuori a cercare chissà cosa, ma è sempre troppo vicino. E non ce lo vuole, davvero.
Di colpo si è ritrovato a pensare che trasferirsi in una casa tanto grande sia stato un errore madornale. Ma poi ha anche pensato che, in caso contrario, sarebbe entrato nell’appartamento, quindi sarebbero stati ancora più vicini… gira che ti rigira, comunque, la situazione sarebbe stata uno schifo proprio come ora.
«Non è andata tanto male, no?»
Volta di scatto la testa verso Sherry, trovandola con la testa un poco china e lo sguardo mortificato.
Non riesce ad evitare di guardarla con rabbia perché non ha pensato neanche per un istante di interpellarlo, ma poi si rende conto che l’avrebbe messa in una situazione difficile in cui davvero non vorrebbe mai metterla: scegliere.
Le avrebbe praticamente imposto di scegliere tra lui e il fratellastro, l’uomo che le ha fatto da scudo in ogni modo da quando è al mondo. L’uomo che ha involontariamente permesso che si incontrassero.
Le avrebbe chiesto di scegliere e le avrebbe fatto davvero male dentro, l’avrebbe messa in una posizione in cui lui non vuole immaginarsi.
Malgrado questa consapevolezza, però, non riesce a tenere a freno i propri pensieri.
Perché in effetti la giornata è andata piuttosto bene: le microspie sono state trovate, tolte e distrutte, sono state trovate e uccise ben tre spie e presto ne salteranno fuori altre - se ancora ce ne sono -, si sono allenati bene ed hanno trovato il tanto sospirato Beta, però…
«Hanno paura di lui. Presto si muoveranno solo perché spaventati dall’idea che gli si possa rigirare contro, non più perché ti rispettano.»
Sherry sa bene che se il maggiore non si darà una ridimensionata e non si sforzerà un minimo di farsi vedere vagamente più umano tutti gli altri lo temeranno e basta, ma è anche altrettanto consapevole che ha le capacità per fare tutto ciò che si prefissa. Deve solo riuscire a far capire all’uomo che ha di fronte, colui che il branco segue e di cui si fida, che non deve remargli contro tanto apertamente perché le cose funzionino.
«Everett non è cattivo. Davvero. Sai che non lo direi se non lo pensassi davvero.»
«Non lo conosci neanche!»
È vero, Sherry sa anche questo. Sa poco di lui, praticamente solo ciò che riguarda il suo rapporto con Leila e ciò che lega loro due, oltre ovviamente alle cose che ha sentito sul suo conto, ma tutto questo per lei è più che sufficiente.
Solo per le sue vaste conoscenze e per l’addestramento micidiale alla quale è sopravvissuto senza riportare alcun danno né fisico né psicologico è il candidato ideale per quella carica, anche per il trono in realtà, se in più ci si aggiunge la sua cieca fedeltà dimostrata in tutti quegli anni ci si può fidare ad occhi chiusi.
«Amava mia madre più di quanto si possa anche solo immaginare. Lei era tutto il suo mondo e le ha promesso di proteggermi prima che morisse.» Lo avvicina cautamente mentre dentro si sforza in tutti i modi di “liberare il lupo d’avorio” così da potersi comportare al meglio, e si ritrova a sorridere dolcemente quando il Saiyan si lascia avvolgere la vita dalle sue braccia «Quante volte avrebbe potuto abbandonarmi a me stessa? Quante volte avrebbe potuto lavarsene le mani? Tante. Troppe. Ma non l’ha mai fatto. Questo non te lo fa apprezzare neanche un pochino?»
Dall’espressione truce e al tempo stesso scazzata del compagno, Sherry capisce che no, non lo apprezza neanche per questo. In realtà sì, una parte dentro di lui in qualche modo gli è come riconoscente per i suoi sforzi, ma non riesce ad accettarla, figurarsi a portarla alla luce.
Abbassa lo sguardo e sospira, Sherry. Non può costringerlo ad accettarlo. Non vuole costringerlo. Con River ha calcato un po’ la mano da entrambe le parti, ma non li ha costretti a sopportarsi: se adesso si punzecchiano continuamente senza più il chiarissimo e sottinteso desiderio di strapparsi reciprocamente la testa dal collo, è solo perché hanno pattuito silenziosamente quella che può essere tranquillamente definita una tregua tutta loro.
L’unica cosa che può fare adesso, l’ultima carta che può giocarsi, è tentare un accordo. Un accordo sciocco che le si potrebbe ritorcere contro e che potrebbe scatenare uno scontro tra i due e che porterebbe ad una spaccatura violenta nel branco, ma è l’unica cosa che può fare.
«Okay, ascolta: facciamo un periodo di prova di, che so?, una settimana? Dieci giorni? Se entro questo lasso di tempo tu proprio non riuscirai a sopportare la sua presenza, allora gli dirò di andarsene.»
Sgrana gli occhi per la sorpresa, Radish, incapace di credere che abbia chinato così tanto la testa e che gli abbia davvero proposto quella sottospecie di accordo. E lo fa per lui, per non fargli del male, nella speranza che si diano una possibilità a vicenda e trovino un modo per non distruggere tutto quello che lei ha creato col sudore, il sangue e le lacrime.
«Lo faresti davvero?» Domanda titubante mentre lei allunga le braccia in alto per allacciarle al suo collo, tenendolo così più vicino.
«Certo.»
«Non voglio chiederti di scegliere…» Mormora sempre più vicino alle sue labbra. Pur essendo profondamente colpito dalla sua proposta, è come spaventato dall’idea che tra loro due non cambierà una virgola in dieci giorni, che continueranno a non tollerarsi e lei si troverà costretta ad allontanare uno dei due. Inoltre loro due avranno sì unito le anime, ma con l’altro ci condivide il sangue; in un modo contorto è sia fratello che padre per lei! Chi gli dà la certezza che non lo sceglierà? Chi gli può garantire che tutta quella situazione non gli scoppierà in faccia e lo lascerà a terra?
Beh, Sherry può.
«Non ce n’è bisogno. Sceglierei te e questo lo sa pure lui. Per quanto non ti sopporti, capirebbe la mia scelta.»
Quando due mesi prima lo incontrò per la prima volta, il primissimo incontro quando gli rubò la bottiglia di mano per bere un paio di sorsi di birra fresca, pensò che fosse davvero sexy e che fosse un vero peccato che non facesse parte della sua razza. Una quindicina di minuti dopo quel momento, dopo averla seguita nel bosco ed averla attaccata alla corteccia di un albero per baciarla a tradimento, pensò invece di volerlo vedere morto stecchito perché non poteva assolutamente fidarsi di una creatura potente e strana come lui. Il giorno dopo quel desiderio si è intensificato nel momento esatto in cui l’ha visto a braccia conserte davanti al portone di Bree.
Lo detestò profondamente quando la trascinò via e poi la abbandonò su quella maledetta piccola isola. Dio, avrebbe voluto farlo a brandelli! Purtroppo, però, nella sua mente si era già insidiata quella piccola - in realtà gigantesca - e mortale curiosità riguardo la sua natura.
Se qualcuno le avesse detto come sarebbe finita, che avrebbe perso completamente il lume della ragione per lui, che avrebbe dovuto faticare tanto per non far girare tutto attorno a lui e perdere così la propria identità, non ci avrebbe mai creduto.
E invece eccola qui, due mesi dopo quel fatidico incontro, stretta tra le sue braccia mentre spera con tutto il cuore che possa fare l’ennesimo sforzo per lei, che possa accettare questa nuova ed ingombrante estensione di sé.
«Facciamo un periodo di prova?» Il suo è quasi un sussurro perché davvero teme un rifiuto. Non crede alle parole di Everett secondo il quale si è disposti a qualsiasi cosa in un’unione come la loro pur di vedere felice l’altra. Doveva essere così tra lui e Leila, forse era normale poiché entrambi Purosangue, ma Radish non è uno Spettro e le cellule di Roman possono influire solo fino ad un certo punto.
La verità è che Radish è davvero disposto a fare un tentativo, malgrado non abbia assolutamente la più che ben minima idea di come possa far funzionare la cosa. A conti fatti però non sapeva neanche come ci si comportasse in una relazione e, tutto sommato, non sta andando male. Certo, gli scivoloni ci sono, ma sa pure che è normale, Maddox glielo ha ribadito fino alla nausea, quindi può dire con una buona dose di certezza che il loro modo di fare non è più tanto disfunzionale. Lo sarebbe sicuramente per un’altra coppia, ma un’altra coppia non sarebbe certo composta da un Saiyan e uno Spettro Alpha!
«Non mi piace. Non mi piace per niente.» Questo però ci tiene davvero a metterlo in chiaro, così che capisca fino in fondo lo sforzo mentale - probabilmente pure fisico - alla quale ha deciso di sottoporsi per lei.
Sherry gli sorride e, alzandosi in punta di piedi, lo bacia dolcemente, le dita ben intrecciate nei suoi capelli per impedirgli di spostarsi. Come se fosse necessario…
Lascia che l’odore della sua pelle le invada totalmente le narici. È un odore strano, il suo: c’è odore di legno bruciato, di sangue caldo, ma c’è anche una nota fredda come di oceano e… notte. Odore di notte. C’è una punta acida in tutto questo, quella emanata dal suo sangue decisamente poco gustoso per il suo palato.
«Lo so…» Mormora contro le sue labbra per poi passare la punta della lingua su quello inferiore.
«E dubito mi piacerà mai.» Sa bene a cosa portano queste sue attenzioni, ormai ha imparato, e sa altrettanto bene che non dovrebbe cedere così velocemente, che non dovrebbe farsi vedere così debole… ma il suo corpo non riesce a resistere alle sue carezze. Le mani si muovono da sole, le afferrano rudemente i fianchi senza che neanche se ne renda conto e la stringono con forza.
«So anche questo. Puoi però tollerare la sua presenza? Tollerarla e basta, un po’ come con Riv.» Non credeva che si potesse desiderare tanto qualcuno, tutt’ora le è difficile da credere e accettare, ma come ogni altra volta in cui lui anche solo la sfiora avverte una fitta tra le cosce.
Dal momento esatto in cui ha avuto la certezza assoluta di quello che c’è tra loro, qualcosa nella sua mente è come scattato. Da una parte le sono girate le palle all’inverosimile più perché Radish aveva ragione che per altro, dall’altra invece si è sentita come spinta a volergli stare più vicina. Questo cambiamento è dovuto solo alle parole di Everett, alla chiara nota di nostalgia e dolcezza nelle sue parole mentre le raccontava il suo passato con Leila, alla visione di quella casetta da lui costruita per il suo amore perduto. È grazie a lui - o per colpa sua? - se adesso accetta incondizionatamente Radish e tutte le sue stranezze, ed anche perché si mostra tanto arrendevole nei suoi confronti. Devo massacrare di botte qualcuno al più presto, possibilmente anche uccidere qualche povero scemo, perché sennò rischio di perdere credibilità ed anche il diabete fulminante!
«Palla di Neve a confronto è uno zuccherino.»
Un bacio caldo, suadente, dolce. Le labbra si sfiorano, poi Sherry gli succhia il labbro inferiore e vi passa sopra la lingua. A quel punto lo afferra di nuovo per la nuca e lo attrae contro la propria bocca. Gli infilai le dita tra i capelli. Quando incontra l’elastico, decide che è inaccettabile. Lo tira fino a strapparlo e i suoi capelli, folti e odorosi di limone gli ricadono sul collo e sulla schiena in un modo per lei davvero eccitante.
Gli azzanna il labbro con voracità animalesca, lo stringe con urgenza nutrendosi dei suoi gemiti soffocati e a lui non pare dispiacere proprio per niente. 

«Non mi incanti col sesso.» Mormora con respiro affannoso nel vago tentativo di darle un freno. Non sa perché lo stia facendo in realtà, è come se una vocina nella sua testa gli suggerisse che deve fermarsi prima della catastrofe. Ma quale catastrofe potrebbe mai avvenire in casa loro dopo che è stata perlustrata e ripulita centimetro dopo centimetro e col mastino da guerra fuori a sorvegliare?
«Ah no?» Lascia scivolare velocemente una mano in mezzo alle sue gambe, toccandolo così lascivamente da strappargli un forte gemito e fargli ripiegare la testa all’indietro per la sorpresa.
È abituato anche a questo ormai, in realtà hanno fatto davvero molto di peggio, ma ogni singola volta è come una folgorante scarica elettrica nel cervello che lo stordisce.
«Okay, forse un po’ sì…» Ammette con un sorrisetto malizioso, tentando di giocarsi l’ultima carta in suo possesso. C’è qualcosa nell’aria, lo sente, ma il suo corpo è ad un soffio dal mandare affanculo la sua mente, così le parole escono poco convinte dalle sue labbra «Però quello non mi piace lo stesso e non so se riuscirò a tollerarlo.»
«Vuoi pensare a mio fratello proprio ora?»
«Cazzo, no…»
Un bacio profondo.
Fluido.
Lungo.
Il corpo forte di Radish preme contro quello snello di Sherry finché non si trova intrappolata addosso al bancone della cucina. Alza le mani e comincia a toccarlo, a partire dal ventre. Addominali perfettamente scolpiti, ogni sporgenza una strada che vuole percorrere ancora e ancora con la lingua. I suoi pettorali sono dure pareti di muscoli. Quando raggiunge il collo, sale ancora di qualche centimetro e lascia che le dita si immergano nella sua chioma morbida.
Radish le fa inclinare la testa per arrivare più in profondità e le sue mani entrano in gioco in un modo che, decisamente, le fa ribollire il sangue nelle vene. 
Le accarezza il corpo come se stesse dipingendo su una tela. Carezze morbide qui, più decise lì. Tutto al solo scopo di sedurla. E ci riesce, eccome se ci riesce: l’unica cosa alla quale Sherry riesce a pensare lucidamente è che vuole le sue mani dappertutto, senza vestiti.
«If it hadn't been for Cotton-Eye Joe
I'd been married a long time ago
Where did you come from, where did you go?
Where did you come from, Cotton-Eye Joe?»
Si guardano dritto negli occhi, spaesati ed immobili. La mano destra di Radish è rimasta appoggiata sul seno di Sherry, la sinistra dietro la schiena per slacciarle il reggiseno.
Quell’odiosa canzoncina schifosamente irritante risuona a tutto volume per la casa, ma dentro non c’è nessuno. Everett ha ordinato a Mordecai e Micah di pattugliare la zona con River e a Maddox e Major di tenere sotto tiro i vari membri del branco assieme a Glover e Willem. Oltre a loro, chi potrebbe mai essere così stronzo scemo da entrargli in casa per mettere una canzone tanto idiota?
Beh, dopo qualche secondo di puro smarrimento, Radish lo capisce.
«Fanculo!» Bercia inviperito e, staccandosi repentinamente dalla compagna per uscire di casa, eccolo lì a guardarli dalla finestra con un ghigno schifosamente soddisfatto in volto.
Come abbia fatto non vuole saperlo, non gli interessa. Ci sono tre cose più urgenti a cui pensare, adesso.
«Tu non dargli corda, imbecille!» Fermare Sherry e la sua risata isterica sta sicuramente al primo posto, così da non dare l’impressione ad Everett che il suo simpatico scherzetto sia stato in qualche modo apprezzato.
«Guarda come gongola, quella merda!» Al secondo, ovviamente, pensare a come fargliela pagare. E quale modo migliore se non buttando in campo l’artiglieria pesante? Ha quattro pazzoidi al suo fianco che non aspettano altro che essere scatenati per mettere in piedi i dispetti più fastidiosamente imbecilli che si possano concepire, Everett ha firmato la sua condanna.
In ultimo ma non meno importante, c’è da passare al contrattacco immediato. Afferra Sherry per la vita e se la carica in spalla come un sacco di patate, dirigendosi a grandi falcate verso le scale che conducono al piano superiore. Poteva approfittare del tavolo da pranzo o del divano, magari proprio del ripiano della cucina, ma se vuole raggiungere il massimo risultato deve avere maggior spazio di manovra.
«Ma che fai?!» Urla tra una risata e l’altra Sherry, mentre con gli occhi non riesce a fare a meno di continuare a seguire i movimenti veloci, quasi inferociti, della coda gonfia del Saiyan, per poi ritrovarsi di punto in bianco a fissare il soffitto chiaro della loro camera dopo essere stata sbattuta sul letto.
«Lo ripago con la sua stessa moneta: facendogli sentire qualcosa che per lui è davvero insopportabile!»


Buio. Sonno. Fame.
Non vede niente. Non riesce a respirare.
Le coperte sono insolitamente pesanti, la soffocano.
Sente di dover alzare alzarmi, il bisogno di ritrovare la luce diventa impellente.
È tutto così buio. Troppo buio. I suoi occhi non riescono a vedere niente, neanche le sue stesse mani. Di colpo ha paura: lei ha sempre visto bene al buio, adesso non vede ad un centimetro dal naso.
Prova a spingere via le coperte, ma non è sicura neanche di star muovendo le mani.
Le manca l’aria, le manca la luce. Ne ha bisogno e per questo spinge. Sono così maledettamente pesanti, le ossa si spezzano e si rigenerano ad ogni nuovo tentativo di fare pressione per spostarle. Fanculo. Non m'importa. Io devo uscire da qui!
Una spinta. Deve dare una spinta, solo una. Le coperte si stanno muovendo, le sente. Deve solo dare una maledetta spinta.
Aria.
Aria fresca.
Aria fresca sulla pelle.
Aria fresca nei polmoni.
LUCE!
Stelle. Luna. Nuvole. Alberi.
Come si sta bene all’aperto. È questo il suo posto: fuori, sotto le stelle, con i piedi nudi nella terra umida.
Ma ha deciso che non sarà lì che starà.
Il suo posto adesso è un altro. È vicino a quel pazzo che ha fatto un casino clamoroso per proporsi come compagno di vita, quel pazzo che poche ore prima ha deciso di farle vedere che pure lui è un “fottuto fenomeno” in cucina ed ha preparato un qualcosa di indefinito e, in definitiva, immangiabile.
Il suo posto è accanto a quel pazzo che è riuscito a sfamarsi senza intossicarsi per anni e che le dimostra costantemente il proprio valore e quanto incondizionatamente tiene a lei, ecco dov’è il suo posto.
Ma adesso non c’è.
Non c’è neanche Everett.
Non c’è nessuno dei suoi ragazzi, non c’è alcuna difesa tra lei e ciò che la circonda. Non che generalmente ne abbia mai voluta una, sia chiaro, ma è consapevole che dopo una giornata come quella appena vissuta sia auspicabile avere qualcuno al proprio fianco per non impazzire.
Ma adesso non c’è.
È sola.
È sola in un posto che non riconosce.
È buio, per la prima volta ha difficoltà a vedere ciò che la circonda. Vede la terra, l'erba, le foglie cadute, una strada sottile di ghiaino. Ma dov’è casa mia?
Si alza, sente la terra umida sotto ai piedi nudi. Da dove sono uscita? Una fossa. Una fossa?! Come cazzo ci sono finita in una fossa?
La terra è smossa, il legno del coperchio della bara è a pezzi, una lastra di zinco giace a terra, con su inciso il suo nome e sotto: “Ognuno ha un suo compito nella vita e non è mai quello che avrebbe voluto scegliersi”.
Il panico l’assale di colpo.
Ha bevuto un bicchiere di vino più per sciacquarsi la bocca dall’abominio cucinato da Radish che per reale desiderio, e poi solo acqua. Non poteva certo ubriacarsi con Everett nei dintorni: lo avrebbe avvicinato ed infastidito, lui si sarebbe rigirato per togliersela di torno e rimproverata per un simile gesto e Radish ne avrebbe approfittato per attaccar briga.
Conosce abbastanza i suoi polli da poter dire con assoluta certezza che sarebbe andata così e che poi, per stare sempre allegri, come minimo si sarebbero spaccati le sedie addosso e lanciati contro la legna destinata al camino.
Se quindi era lucida, come c’è finita in una bara?
Una volpe dorata la osserva ai piedi di un albero, dietro quella maledetta bara sfondata. Le pare curiosa e calma, come se non avesse fiutato il chiaro odore che emana la sua pelle. Cos’hai da fissare, eh? Mai visto qualcuno uscire da una tomba?!
D’istinto Sherry le mostra i denti, ma la bestiola non si scompone di un centimetro. Pare quasi divertita, in realtà.
«Sono qui.»
La volpe volta di scatto il muso dietro di sé, le orecchie ben dritte sulla testolina, e poi torna a guardare lo Spettro. La guarda e le fa cenno di seguirla, di addentrarsi in quella boscaglia cupa per andare in contro a quel sussurro.
«Ti prego, vieni da me.»
Everett la ucciderà. O forse lo farà Radish. Finalmente avranno qualcosa in comune, almeno.
Non le importa. E perché dovrebbe? Non l’avrebbero fatta allontanare troppo né da sbronza né da sobria, Everett sorveglia la zona e lei comunque può fiutare una possibile minaccia. O sentire un qualche rumore. Ma non c’è niente all’infuori della stupida volpe.
Non c’è neanche l’odore di casa o di Everett, ora che ci fa caso, ma non le importa. Vuole raggiungere la voce e lo fa, nessuno può impedirglielo.
Si addentra sempre di più tra quei rami secchi che le strappano i vestiti, le graffiano la pelle, si intrecciano tra i suoi capelli e li tirano come in un ultimo e disperato tentativo di fermarla.
Di colpo poi le arriva un odore particolare alle narici. Odore di freddo, di neve, di fiumi ghiacciati e sangue frizzante.
I muscoli si paralizzano di colpo, un blocco le si materializza in gola impedendole di proseguire e respirare.
Non riesco a muovermi… NO, NO, NO!
Dei rami si spezzano. Qualcosa cade a terra.
Qualcuno sta ringhiando. Qualcuno di furioso.
Un secondo odore, più forte. Il suo sangue è più forte. Ha un odore caldo, penetrante. Odore di legno bruciato, oceano e miele. C’è dell’altro, ma quando sente il primo guaito il suo olfatto pare non essere più in grado di catalogare alcunché.
I lamenti si fanno più forti a mano a mano che i colpi aumentano di intensità. Si trasformano infine in urla così forti da squarciare l'aria. Dentro però non le smuovono alcun genere di compassione o tristezza: si sente sollevata, estasiata, euforica.
Avanza con passo incerto, l’oscurità si fa a mano a mano più pesante e avvolgente. Pure per i suoi occhi adesso è incredibilmente difficile distinguere una cosa dall’altra, e questo la destabilizza nel profondo.
Vede la volpe, però.
Sta lì, seduta composta da un lato di quella che pare un’arena improvvisata, e guarda al centro con occhi pieni di eccitazione.
C'è un uomo davanti a lei. È alto, muscoloso. Le spalle sono enormi, ma non può dire altro, i suoi capelli sono troppo lunghi e troppo scuri per vedere qualche altro dettaglio. Sono così scuri che deve compiere uno sforzo sovrumano per riuscire a distinguere la sua possente figura da ciò che lo circonda.
Ciò che sta ai suoi piedi, però, lo distingue bene: il cadavere di Jäger.
Sta steso sulla schiena, negli occhi ancora la furia e il terrore, il corpo nudo e martoriato, il petto sfondato.
«Non doveva sfidarci.» C’è qualcosa nella sua voce che le è insolitamente familiare, ma non riesce ad assegnarla ad alcun volto.
Il cuore improvvisamente le batte più forte nel petto, tanto che sente che potrebbe scoppiare da un secondo all’altro. Paura, eccitazione, panico, frenesia. Tutto insieme e tutto ampliato nel momento esatto in cui l’uomo si volta, pur non riuscendo comunque a vederlo. È tutto troppo buio, un buio davvero accecante e soffocante. Per la prima volta i suoi occhi non riescono a penetrarlo.
La paura aumenta nel momento esatto in cui sente dei ramoscelli spezzarsi alle proprie spalle. E poi a sinistra delle foglie venire calpestate.
Di nuovo, avanti, di lato, dietro.
Qualcosa si muove. Tanti “qualcosa” tutt’attorno ad un qualcuno che non riesce a vedere. Qualcuno che però ha un odore familiare… e una voce familiare… e dei capelli eccessivamente lunghi.
«Radish?» Vede qualcosa brillare sul petto dello sconosciuto.
Più di qualcosa.
Zanne.
Le zanne di Roscka pendono fieramente dal suo collo, oscillano sui pettorali scendendo fin sull’addome.
Le zanne di Roscka, le zanne destinate al Sovrano del Nord.
«Nessuno può sfidarci.»
L’odore muta, diventa strano.
Acido, per il suo olfatto. Un acido strano. Acido caldo. Le invade le narici e le fa sobbalzare il cuore.
Luce.
Vede una luce dietro le spalle di Radish.
Una luce caldissima e schifosamente splendente.
Ma non viene da dietro le sue spalle. Viene da lui. Viene dalla sua persona. È così intensa da costringerla a coprirsi gli occhi.
L’oscurità tutt’attorno a loro pare indietreggiare, ritirarsi in mezzo a quegli alberi. Scappa dalla sua luce accecante ed incandescente.
Un paio di forti braccia calde, un calore quasi insopportabile, le si serrano attorno alle spalle, tenendola stretta contro il petto marmoreo.
Non riesce a muovere un solo muscolo mentre le guance, di colpo, si fanno insopportabilmente umide.
Non fa in tempo a dire una parola, neanche una, che la sua voce profonda ed un poco roca le arriva dritta al cuore con una nota di dolore come una coltellata: «Il dolore della separazione è nulla in confronto alla gioia di incontrarsi di nuovo.»


Balza a sedere di soprassalto, la fronte imperlata di sudore e le guance rigate dalle lacrime inconsciamente versate.
Ha il fiato incredibilmente corto e il cuore le martella nelle orecchie, assordandola.
Non si è proprio resa conto di aver colpito Radish svegliandosi, ma lo intuisce nel momento esatto in cui lo vede mettersi a sedere per carezzarle i capelli arruffati.
«Che è successo?»
È successo che ho fatto un sogno assurdo che mi ha terrorizzata e pure fatta incazzare! Lo pensa, certo, ma non lo dice. Non è certo colpa sua se lo ha sognato mentre ammazzava Jäger e teneva al collo le zanne di Roscka. Non che lei le voglia, sia chiaro, ma non le piace neanche l’idea che le indossi lui perché per farlo dovrebbe aver effettivamente ucciso Jäger. Solo l’idea che possa portarle via la vendetta le fa ribollire il sangue nelle vene.
Il terrore, invece, nasce dal fatto che nelle narici sente ancora l’odore di Jäger, e questo pare ancora essere sufficiente ad immobilizzarla.
«Ehi, bambolina, che ti prende?» Le si avvicina un poco, Radish, incuriosito dalla mancata reazione. Poi però sente un leggero ma costante picchiettare alla finestra e, voltando lo sguardo, nota che Everett se ne sta appollaiato lì fuori, gli occhi vermigli che lo scrutano con una certa ostilità.
«Che vuoi?»
«Fammi entrare.»
«Sparisci.»
Torna a concentrarsi su Sherry, trovandola come paralizzata fin nelle ossa. La guarda con un pizzico di angoscia e si domanda perché continui a farsi male così, perché non lo lasci andare a briglia sciolta così da poter cancellare definitivamente quel maledetto problema che pare avere il potere di annientarla senza toccarla fisicamente. Capisce il desiderio di vendetta, lo capisce, lo condivide e lo rispetta, ma lui ha la capacità di ridurlo in poltiglia così che lei possa annientarlo se lo vuole. È il non volerlo a dargli fastidio. Un po’ come adesso gli dà fastidio la voce di Everett.
«O mi lasci entrare di tua spontanea volontà o sfondo la finestra ed entro lo stesso. Ti do cinque secondi per decidere, poi procedo.»
Sa che non mollerà mai. È molto più ostinato di Sherry, questo è palese, e non saranno né una finestra né la sua presenza ad impedirgli di entrare per rincuorarla come non ha mai potuto fare prima.
L’idea che però gli stia dando modo e tempo di accettarlo e di aprirgli lui stesso gli fa capire che, tutto sommato, sta compiendo uno sforzo per non ignorarlo e prevaricarlo del tutto, motivo che lo spinge ad alzarsi dal letto per andargli in contro.
Afferra pure i pantaloni della tuta sporchi di terra e sangue che Sherry stranamente aveva dimenticato di buttare nella lavatrice come fa con qualsiasi cosa le capiti sotto tiro quando è in casa, così da evitare di vederlo girare nudo per casa.
«Mettiti questi, cane rognoso.»
«Incredibile, riesci a far funzionare il cervellino se ti impegni! Sono davvero colpito.»
È veloce, Radish non può negarlo. Ha fatto giusto in tempo ad aprire la finestra e dargli i pantaloni che lui già era sgusciato dentro e li aveva indossati, sfoggiando ovviamente un’espressione oltremodo disgustata nel processo. Perché lui, in realtà, non è solo più ostinato di Sherry ma anche più schifiltoso. Il che è pure assurdo visto che passa quasi tutto il suo tempo su quattro zampe in mezzo ai boschi ed affonda il muso in prede ancora urlanti, talvolta pure nelle carcasse se non ha lo scazzo di cacciarsele.
«Se non la smetti immediatamente—»
«E falla finita. Non lo vedi che è spaventata?»
«Non ti facevo il tipo che si nasconde dietro la gonna della sorellina.» Colpo andato a segno, Radish non può fare a meno di gongolare. Vedergli quell’espressione infastidita, con gli occhi socchiusi con forza e le labbra serrate, è un vero piacere per lui. Se solo potessi colpirti…
«Attento, scimmione: neanche lei sa fin dove posso spingermi se voglio diventare… come dire? Dispettoso
«E tu non sai fin dove posso spingermi io.»
Si fronteggiano, pronti a difendersi non appena l’altro cederà sotto al peso delle loro velenose frecciatine.
Tutto questo astio nei propri confronti, però, Radish non lo capisce del tutto. Non capisce qual è il punto d’inizio, cosa possa smuoverlo così, cosa possa avergli fatto di tanto intollerabile. Okay, va a letto con la sua sorellastra, con la figlia di sua moglie, certo non si trattiene mai in quei frangenti e di questo gliene ha dato prova poche ore prima, ma non gli pare un motivo sufficiente per detestarlo fino a questo punto.
«Oh, sì che lo so. So tutto di te, sottoprodotto di Mezcal. Non dimenticartelo.»
Radish prende subito in considerazione l’idea - tra l’altro esatta - che dietro ci sia lo zampino di Roman, ma non fa in tempo a dire una parola. Il pigolare strascicato di Sherry attira l’attenzione di entrambi, facendo cessare di colpo il loro idilliaco scambio di opinioni.
«Basta, vi prego…»
Dopo un’ultima occhiata al vetriolo, Everett si avvicina a grandi falcate al cucciolo ferito nel letto e le sorride con fare paterno mentre si siede al suo fianco, cercando i suoi occhi tristi.
«Brutto sogno?»
«Più o meno…»
Non è sorpreso, per niente. Come poteva essere altrimenti? Jäger aveva trovato il modo di spiarla, probabilmente non è stata neanche la prima volta che faceva una cosa del genere, e lei si sente nuovamente violata. Se non è crollata psicologicamente - come in realtà sia lui che Darko si aspettavano e comunque prevedono - è solo grazie al duro addestramento ricevuto da bambina. Se non fosse stata messa tanto sotto torchio, se l’odio e la cattiverai di Mezcal non l’avessero forgiata negli anni, di lei ora probabilmente non resterebbe niente, forse giusto un guscio vuoto che Jäger sevizierebbe continuamente.
«Ascolta: Apophis avrà già mandato qualcuno ad informare Jäger del mio strabiliante ritorno dal mondo dei morti, quindi avrà le palle girate quel tanto che basta per farlo tornare a casa con la coda tra le zampe ed anche a farcelo rimanere per un po’. Non si avvicinerà. Puoi starne certa.» È sincero al cento per cento, crede fermamente in ciò che dice proprio perché lo conosce. Se c’era qualcuno a dargli da pensare è sempre stato lui perché non lo comprendeva e non riusciva a manipolarlo. Se non si è occupato personalmente del suo assassinio è solo perché più interessato a sbarazzarsi di Baileys in quanto erede designato.
Apprendendo che invece è vivo e gode di ottima salute, adesso sarà troppo occupato ad escogitare un nuovo piano di attacco capace di raggirarlo, cosa che, seppur per troppo poco tempo, un po’ lo terrà comunque occupato.
C’è un altro fattore che Everett certo non può escludere dall’equazione, e quel fattore se ne sta in piedi dall’altro lato del letto.
«Senza contare la presenza del qui presente sbuccia banane. A lui non si avvicinerà mai a cuor leggero.»
Sherry si passa le mani sul volto mentre una risatina le sfugge dalle labbra e Radish, con tutta la grazia che lo contraddistingue, gli mostra senza esitazione alcuna il dito medio come ringraziamento. Ma Everett lo ignora tranquillamente, abituato da sempre ai battibecchi poiché cresciuto con altri otto fratelli e sette sorelle minori.
«Vedi di dormire ancora qualche ora. Il branco ha bisogno che tu sia in forze.» Le passa dolcemente la mano sulla testa mentre si alza, ritrovandosi di colpo strattonato all’indietro per un polso. La guarda subito come se fosse diventata scema tutto in un colpo perché non abituato a questo genere di contatto fisico e Radish ne prende nota immediatamente. Potrebbe tornare utile a Mordecai quando glielo sguinzaglierà contro. In fondo Sherry non ha detto niente su questo punto, di conseguenza, secondo la logica stringente degli Spettri, non è un divieto. La legge è dalla mia stavolta: sei fottuto!
«Resta qui…»
«Cosa?» Domandano all’unisono, guardandosi dapprima l’un l’altro e poi tornando a fissare la ragazza nel letto che, di colpo, pare essersi fatta piccola piccola.
È rimasta turbata dal proprio sogno, l’odore di Jäger è ancora nelle sue narici e questo le ha semplicemente fatto ricordare quanto la sua minaccia si faccia di giorno in giorno sempre più reale e vicina.
«Solo per stanotte…» Volta la testa verso Radish, gli occhi grandi e tristi che lo supplicano di non arrabbiarsi «Per favore…»
È in questi momenti che Radish si accorge chiaramente di quanto lo abbiano cambiato, sconvolto, perché un tempo non si sarebbe mai fatto intenerire da un paio di occhioni lacrimevoli. Un tempo non avrebbe perso così la testa per una donna, non avrebbe fatto i salti mortali per attirarne l’attenzione, non si sarebbe ritrovato col batticuore ogni volta in cui gli curava le ferite, non avrebbe fatto il diavolo a quattro per farsi perdonare un’impeto di ira, non si sarebbe preoccupato tanto per la sua salute e non sarebbe stato accondiscendente come invece è adesso.
Ma lo hanno cambiato, gli hanno messo qualcosa dentro, lo hanno modificato… e queste modifiche hanno fatto in modo che si legassero in modo inscindibile, in un modo così forte e devastante da rendergli impossibile anche solo l’idea di farla soffrire in qualche modo. Se far entrare Everett nel loro letto distrutto per una notte significa farla sentire meglio e tenere a distanza gli incubi, allora sente di potersi sforzare.
Si passa una mano tra i capelli e, quasi con un grugnito, scosta poi le coperte con un gesto indispettito mentre fissa dritto negli occhi accigliati suo cognato. Perché sì, lui e Sherry non si saranno uniti in matrimonio né secondo le tradizioni degli Spettri o dei Saiyan né secondo quelle Terrestri, ma sanno entrambi che è solo questione di tempo. Arriverà il momento in cui saranno calmi, il momento in cui tutto lo stress e i problemi finalmente si eclisseranno e loro saranno liberi di fare tutto ciò che vogliono.
«Vedi di non sfiorarmi neanche con un dito, chiaro?»
«Tieni quell’abominio che ti esce dalla schiena ben lontano da me.» Everett non è poi troppo diverso dal Saiyan. Scontroso ed orgoglioso, un assassino spietato che ha fatto la sua prima vittima a tre anni quando venne iniziato al suo addestramento. Un assassino a sangue freddo che non si è mai fatto muovere a pietà da nessuno… eccetto che da Leila.
Leila aveva un potere su di lui. Ce l’ha ancora pur essendo morta da venticinque anni.
Lei avrebbe potuto chiedergli ciò che voleva, pure di risparmiare Jäger, e lui l’avrebbe fatto per renderla felice ed orgogliosa.
Leila vive in Sherry, e lui lo sa. La vede nei suoi grandi occhi d’ambra, nei suoi sorrisetti arroganti e nelle espressioni buffe o concentrare. La vede quando corre su quattro zampe e lascia la lingua ciondoloni tra i denti, quando si butta nella neve a pancia all’aria e quando gli porta il tartufo a pochi centimetri dal proprio.
Leila vive in lei, è l’unico aggancio che ha col proprio passato, l’unica cosa che gli permette di respirare un poco, una specie di balsamo lenitivo sulle sue ferite.
Se adesso c’è qualcuno capace di muoverlo a pietà e di fargli provare emozioni umane, quella è proprio lei, unico motivo per cui si lascia scivolare sotto le lenzuola quando lei lo incita sbattendo la mano sul materasso.
Esattamente come il Saiyan, poi, non riesce a trattenere un grugnito quando la minore li afferra tutti e due e se li tiene vicino, con un braccio del compagno avvolto attorno all’addome e le gambe poggiate sul fratello per non farlo allontanare.
Rimangono entrambi rigidi nel letto, gli occhi puntati quasi ossessivamente contro il soffitto come se, solo incrociando lo sguardo l’uno dell’altra, il mondo potesse implodere, finché dei lievi sussulti cominciano a smuoverli. Sussulti ai quali segue in breve una risata mal trattenuta da parte di Sherry, che in breve si ritrova con le mani premute sul volto per provare a trattenersi.
«Cosa ci trovi di buffo?» Borbotta a mezza bocca Radish, tenendo sempre gli occhi puntati in avanti. Non vuole vederlo, non lì nel suo letto.
«Se Jäger vedesse questo, imploderebbe per la rabbia!»

Dopo circa due ore di meritato riposo, alle 05.38 del mattino, è Radish a svegliarsi di soprassalto.
Senza spiegarsi come, è riuscito a sentire qualcosa che, visto l’andazzo delle cose, gli risulta a dir poco spaventoso: un guaito, forte, lungo. Qualcuno si è fatto male, qualcuno che stava girando vicino a casa.
«Che è stato?» Domanda alzandosi col busto, gli occhi puntati con rabbia contro la finestra. Chiunque si sia trascinato fino a lì per provare a farle del male sta per vivere un orrendo quarto d’ora. Anzi, degli orrendi cinque minuti. Gli ultimi della sua vita, per l’esattezza.
Ma in un paio di secondi si rende conto che Sherry dorme ancora, è rimasta calma, ed Everett è rimasto placidamente sdraiato con un braccio dietro la testa ed un libro nell’altra mano. Legge al buio?!
«Segugi. Pre-adolescenti. Stavano giocando, uno ha stretto troppo la mascella.» Borbotta con noncuranza, sospirando stancamente. Ha già letto quel libro. Più volte. Alcuni passaggi li ricorda a memoria. Devo procurarmi qualcosa di nuovo e metterlo nel suo comodino, alle volte le venisse in mente di farmi stare di nuovo qui.
«Ne sei sicuro?»
«Sento tutto ciò che mi circonda finché non mi rilasso totalmente. E ciò non avviene mai quando esco, quindi…» Con un dito riesce a voltare pagina, anche se nella sua mente sa già come prosegue il testo. È fastidioso, talvolta, avere una memoria buona come la sua. Anzi, lo è per la maggior parte del tempo così come lo è avere i suoi sensi. Dovrei provare di nuovo con la musica… quella aiutava.
Radish, dal canto suo, ha frainteso le sue parole. E come potrebbe essere altrimenti? La faida tra loro due è apertissima e conclamata, è normale che abbia colto un doppio senso nelle sue parole.
«Quindi pensi di mettermi a disagio? Sappi che la farò urlare ancora di più, d’ora in poi.» Afferma aspramente mentre si sdraia di nuovo, ignorando la compagna che si accoccola di nuovo contro al suo corpo. Potrebbe anche mettergli una mano nei pantaloni adesso, non riuscirebbe comunque a distrarlo dal suo obiettivo: urtare Everett.
«Quanta sfolgorante maturità…»
Il fatto che però lo ignori e che non risponda troppo acidamente alla sua frecciatina gli fa capire che FORSE e solo per qualche minuto o ora non ha intenzione di comportarsi in modo troppo meschino.
È per questo che, seppur non sia troppo convinto di tutta la situazione in generale, pensa che potrebbe essere il momento migliore per togliersi una piccola ma importantissima curiosità alla quale neanche Sherry ha saputo rispondergli.
«Mi togli una curiosità?»
«Forse.»
Rimane in silenzio qualche secondo, domandandosi se davvero vuole sentire la sua risposta, ed infine si lancia nel vuoto. Ormai, in fondo, c’è piuttosto abituato.
«Se lei non fosse scappata—»
«Sarebbe stato un bel casino.»
Ma leggi anche nel pensiero?! «Perché?»
Non mollerà la presa finché non sarà pienamente soddisfatto, è chiaro.
Sherry gli aveva detto che è di natura piuttosto curiosa, a volte proprio al limite dell’invadente, e che a modo suo pare tenerci a scoprire quante più sfaccettature possibili del loro mondo, così mette via il libro e pensa a come esporgli quanti più dettagli possibili di quella spinosa faccenda.
«Per due motivi molto semplici. Primo, il Morso si può scambiare solo una volta nella vita. Tra la mia gente non esistono il divorzio e le seconde nozze, c’è il tradimento o la morte, e in questo caso poi si rimane soli. Ti puoi riaccompagnare, ovviamente, ma un secondo Morso non ha alcun valore. Io, come immagino saprai, lo feci con Leila che avevo undici anni—»
«Undici?!»
Respira col naso per calmarsi ed impedirsi di fracassargli il naso con un pugno per essere stato interrotto, e poi risponde con quanta più calma può.
«Non è particolarmente insolito. Anche chi non unisce l’anima ma semplicemente si sceglie tende a farlo il prima possibile, in genere dopo il primo rapporto sessuale… e noi siamo molto precoci in tutto.» Precoci forse non è neanche la parola adatta per descriverli: sono fuori di testa come nessun altro, con una curiosità morbosa e malata, un’indole aggressiva in ogni senso possibile. A lui venne messa la lingua in bocca che aveva solo sei anni! Ecco, il suo caso è stato piuttosto estremo in realtà, ma non lo è vedere bambini di nove o dieci anni sbaciucchiarsi di nascosto quando sentono di aver trovato il proprio compagno.
Sono strani oltre il patologico, ma in realtà è sbagliato anche questo: sono semplicemente loro, è la loro specie, sono così di natura e, per loro, è giusto e normale agire così, seguendo puramente l’istinto.
«Comprendo che per qualcuno di esterno dal nostro mondo sia difficile da comprendere e accettare, ma credimi quando ti dico che è normale.»
Ci ragiona per qualche istante Radish, e decide di accettarlo. Per un misero e fugace istante nella sua vivace mente si è materializzata l’immagine di una bambina con la coda da scimmia e gli occhioni d’ambra che si sbaciucchiava con un ragazzino dall’aspetto indefinito, e gli si sono drizzati i peli sulla nuca. Ecco un altro motivo da aggiungere alla lista dei perché-è-meglio-non-avere-figli.
«Il secondo problema quale sarebbe stato?»
«Il sesso.» Ed eccolo di nuovo lì, quel conato di vomito che ha dovuto reprimere violentemente quando Mezcal annunciò la loro imminente unione «Non avrei mai potuto toccarla e la mancanza di progenie avrebbe sollevato non pochi problemi.»
«Beh, immagino…»
«No, non lo immagini.» Ed ecco anche arrivare la parte della conversazione alla quale mirava, quella che prima o poi dovrà spiegare meglio anche a Sherry. Non gli piace parlare dell’unione dell’anima, lo trova fastidioso ed invadente poiché lo riguarda davvero troppo da vicino, ma se ci pensa a lui avrebbe fatto piacere che qualcuno maledetto come lui gliene avesse parlato subito, così da evitarsi un sacco di grattacapi «Anche se lei fosse stata totalmente estranea a tutta la faccenda, io avrei avuto grandissime difficoltà ad andarci a letto. Difficoltà sia fisiche che mentali.»
«Perché? Vuoi farmi credere di averne avute di meglio?»
«Voglio che tu ora faccia un grande sforzo, scimmia.» Gli occhi di Radish scattano sulla sua figura per incenerirlo, trovandolo però incredibilmente serio mentre lo guarda a sua volta «Prova ad immaginare la donna più bella e sensuale dell’intero Universo. Voglio che tu la veda davanti a te, voglio che ti inebri del suo profumo, che focalizzi il suo sguardo, il sorriso che ti rivolge guardandoti, voglio che tu senta il calore della sua pelle quando ti tocca.»
È mortalmente serio. Le sue parole, per quanto calme, suonano come un ordine perentorio che, contro ogni logica, Radish sente di voler eseguire. Chiude quindi gli occhi e si concentra su quella donna da lui descritta, si sforza di vederla e di sentirla.
La prima cosa che riesce a sentire è l’odore. Limone. Limone caldo. Lo sente nelle narici, forte e delicato.
Sente una strana sensazione sui polpastrelli, come se stesse toccando una superficie morbida ma irregolare. E sente come un calore sul petto, come se qualcuno lo stesse accarezzando piano, quasi fosse un oggetto delicato e prezioso.
Prima che possa mettere a fuoco l’immagine, riesce a sentirne la voce: languida ma ferma, dolce ma canzonatoria.
Sente le sue parole, sente la sua risata, e di colpo vede un paio di grandi occhi d’ambra incorniciati da lunghe ciglia scure.
Vede ciocche bianche e nere ricadere su quegli occhi. Vede tre sottili cicatrici vicine a quello destro. Vede il naso piccolo e all’insù che si arriccia appena quando sorride. Vede quelle labbra piene e morbide che tanto adora baciare e mordere, leccare e succhiare.
Vede il volto della sua Sherry, vede il suo corpo forte e flessuoso, sente il calore delle sue mani sul petto, sente l’odore del suo bagnoschiuma nelle narici, sente la sua pelle morbida e frastagliata dalle cicatrici sotto i polpastrelli.
Gli occhi scattano velocemente sulla figura adesso rattristata di Everett, che più di chiunque altro sa bene a quale unico risultato possa portare tale ragionamento.
«Riesci a capire, adesso?»
È in presa male, Radish.
È in presa malissimo.
Non per sé però. A Sherry non succederà niente finché lui avrà fiato, se l’è ripromesso e fine della faccenda.
È in presa male per Everett.
L’uomo che tanto mal sopporta vede Leila da tutta la vita, è scolpita nella sua mente e nel suo cuore in un modo così radicato che solo adesso riesce a comprendere davvero. Quello che lui stesso prova per Sherry, lui l’ha provato e lo prova tutt’ora per Leila. Quell’amore così devastante che gli sta facendo fare le più assurde follie all’altro è stato strappato dalle mani, lo hanno fatto a pezzi sotto ai suoi occhi che era solo un ragazzino. Eppure è ancora lì, riesce a respirare mentre a Radish manca sempre il fiato quando pensa che possa succedere qualcosa alla giovane donna che dorme stretta contro il suo petto.
«Non sei più stato con una donna da allora?» Non sa perché glielo ha chiesto. Lui stesso non pensa neanche lontanamente ad andare con un’altra, non lo farebbe neanche se lei lo lasciasse perché, in quel caso, l’unica cosa che farebbe sarebbe ribaltare l’Universo per riprendersela.
Però non gli pare infastidito, anzi, potrebbe giurare di aver intravisto l’accenno di un sorriso divertito.
«Ci ho provato, ma non è soddisfacente neanche alla lontana e non vale lo sforzo. Richiede una costante concentrazione per sovrapporre le immagini e gli odori, e spesso il solo essere toccato lascivamente da qualcun altro dà la nausea.»
«Ma che vita di merda!»
Annuisce e sorride un poco, Everett, realmente sorpreso di trovarsi d’accordo con il Saiyan. Ma non potrebbe assolutamente dargli torto, ha detto una cosa terribilmente sensata e, già che sono in argomento, pensa bene di fornirgli anche un altro dettaglino per fargli capire meglio la situazione in cui, suo malgrado, si trova.
«L’unione dell’anima, o lo “zing", come lo chiama lei, è al tempo stesso sia una benedizione che una maledizione. Il tuo mondo si fonde col suo, diventa un qualcosa di unico dove tu sei perfettamente a tuo agio, dove tutto è fatto su misura, dove niente può toccarti… ma se quel mondo ti viene portato via non troverai mai altro che ti faccia sentire così bene. Talvolta la famiglia è capace di alleviare il dolore… ma il mondo continuerà ad andarti stretto, facendoti però sentire anche profondamente perso.»
«Pensi che lei possa darti questo conforto?»
«Quando mi arrivavano nuove voci sul suo conto ed apprendevo che stava bene, che era felice, io ero felice.» Certo, quando apprendeva che c’era un nuovo fidanzatino gli giravano le palle come le pale di un elicottero e Darko doveva mettersi giù duro per fargli entrare in testa che era normale che si divertisse, che era giovane e curiosa e che fosse tutto nella norma per un’adolescente, che se lui avesse potuto avrebbe fatto ben di peggio, ma questo non glielo dice. Potrebbe usarlo contro di lui in qualche modo e lo sa perché lui stesso lo farebbe. «Lei è tutto ciò che mi resta di Leila, quindi sì, mi dà un certo conforto starle vicino.»
Abbassa gli occhi, Radish, quando la sente mugolare e stringersi ancora un po’. Gli pare sempre così piccola quando dorme, così indifesa che gli si stringe sempre un po’ il cuore. In questo momento però quella lieve stretta non riesce a sopraffare i suoi pensieri.
Everett si è messo un poco a nudo, gli ha rivelato cose personali, in un certo senso lo ha messo in guardia su cosa li aspetterebbe se succedesse qualcosa all’uno o all’altra. Lo ha reso un poco partecipe del suo dolore ed anche della gioia che prova standole vicino, e di questo si sente un poco felice, un qualcosa di non troppo differente rispetto a quello che ha provato quando è stato accettato nel branco.
Forse, pensa, posso farti felice, ragazzina. Forse riuscirò a non detestarlo troppo. Ma, sappi, che pretendo una ricompensa in cambio.
«Beh, posso dire di tollerarti vagamente, adesso.» Alza di nuovo lo sguardo, cercandolo nella penombra.
Si è ripreso il libro, lo ha riaperto con estrema sicurezza alla solita pagina dov’era rimasto ed ha ripreso a leggere. Non è sicuro che lo abbia sentito - che l’abbia voluto sentire - ma il suo commento un poco acido gli fa capire che sì, lo ha sentito eccome.
«Buon per te.»


C’è un dettaglio decisamente non trascurabile che sia il branco delle Terre di Nessuno che quello del Nord non hanno mai preso in considerazione: la mente geniale di Bulma.
Il fatto Jäger sia riuscito in qualche modo a schermarsi anche ai suoi occhi, che abbia osato farla passare per una sciocca sprovveduta con i suoi giochini, l’ha fatta a dir poco imbestialire.
Non doveva permettersi di sfidare il suo genio, è stata una mossa a dir poco stupida.
Così com’è stato stupido fare la spia. Neanche questo le è andato giù. Per niente.
Ha passato la notte nel suo laboratorio a costruire sofisticati e potenti microchip che farà impiantare nei corpi degli Spettri che conosce per tenerli sotto tiro. Che lo vogliano o meno non le importa: lo faranno e nessuno potrà più pensare di fregarli.
Potrebbero toglierselo in qualsiasi istante” ha borbottato Maddox non appena ha proposto - o meglio, imposto - la sua idea, trovando supporto immediato nelle parole di Darko.
Certo che potrebbero, ma a quel punto confermerebbero qualsiasi dubbio e io abbatterei il soggetto e, se mi gira male, pure la sua famiglia.
Certo, l’ultimo punto Bulma non lo aveva considerato, ma non ha voluto ribattere. Come risolveranno la faccenda in caso di necessità è affare loro e poi pensa che si possa in ogni caso contare su Radish, che tutto le pare tranne che disposto a sfoltire le schiere inutilmente.
Li hanno così chippati tutti quanti, dal primo all’ultimo, ed hanno poi installato sia in casa di Sherry che in quella di Darko l’apparecchiatura per monitorarli. Un ulteriore apparecchio, in fine, lo terrà lei alla Capsule Corp in caso di necessità.
Come se questo non fosse stato abbastanza, la brillante scienziata ha fatto al numeroso e chiassoso gruppo un ulteriore regalo, che decisamente ha fatto storcere non poco il naso al marito. In realtà sono venute fuori anche un paio di liti più o meno feroci in quei giorni, ma la donna non ha voluto sentir ragioni: un domani potrebbero allenare dei validissimi guerrieri se sopravviveranno all’imminente scontro, così per lei è giustissimo che abbiano una camera gravitazionale tutta per loro.
Non è super accessoriata come quella che ha costruito a Vegeta, questo è ovvio considerato quanto poco tempo aveva a disposizione per metterla in piedi, ma servirà perfettamente allo scopo.
Alcuni però ci hanno tenuto davvero ad andare dall’orgoglioso Principe, che in qualche modo si è sentito come prevaricato e quasi tradito dalla moglie, per chiedergli se potevano continuare ad allenarsi con lui perché lo preferivano davvero. Per quanto siano solo delle bestie parlanti per il Saiyan, sentirsi tanto apprezzato al limite della venerazione ha smosso quel suo profondo senso di auto-compiacimento che l’ha spinto ad accettare.
Purtroppo però nessuno si è potuto allontanare per iniziare col proprio gruppo perché prima, a quanto pare, è necessario che venga mostrato qualcosa.
Nessuno sa cosa, neanche Sherry, ma il dubbio comincia a serpeggiare nelle loro menti non appena, in un vasto deserto dove tutti si sono riuniti, Radish ed Everett si portano in mezzo a tutti quanti.
Stanno uno di fronte all’altra, mortalmente seri e con i muscoli spasmodicamente tesi e frementi.
«Cosa combinano adesso?!» Borbotta infastidito Tensing, che sta cominciando a raggiungere dei risultati notevoli con i suoi Segugi. Deve battere C-18, deve riuscirci, e il fatto che manchi del suo fascino mortale capace di farli mettere sull’attenti come obbedienti soldatini con una sola occhiata è stato uno grave svantaggio iniziale. Ma non demorde proprio per niente: i lupi di C-18 mangeranno la polvere dei suoi!
«Assestano il branco.» Afferma con voce calma Darko, gli occhi attenti che scrutano i due contendenti.
Sherry non può e non vuole intervenire. Sa che dietro c’è lo zampino del fratello perché, essendo estraneo alla loro cultura, Radish non aveva preso in considerazione che con uno scontro “amichevole” il branco sentirebbe come smussata la loro tensione e potrebbe finalmente ritrovare un certo equilibrio. Non glielo aveva neanche detto perché, spinta da un certo egoismo, non voleva che nessuno dei due potesse ferire l’altra.
È infatti compito dell’esemplare dominante, del Beta e del Capitano trovare un equilibrio e fare da mediatori negli scontri del branco. L’Alpha deve essere capace di dar vita ad uno stato sociale basato sulla solidarietà poiché qualunque scossone o riassestamento gerarchico mina al benessere generale. Il Beta, essendo sottoposto a maggior pressione poiché gli altri mirano al suo rango, deve essere in grado di muoversi in stretto rapporto sia con il capobranco che col Capitano, che come lui deve mantenere salda la propria posizione. Prima di poterlo fare, però, i due devono riconoscersi come tali.
Everett, pur consapevole del rapporto che li lega, ancora non lo riconosce come suo “pari”. Uno scontro diretto e violento è l’unico mezzo a loro disposizione per fargli accettare, seppur in parte, questa idea.
Si guardano dritti negli occhi, adesso. Tutt’attorno a loro non c’è più niente, i loro sguardi attenti non li toccano. Ci sono solo loro due.
Nessuno saprebbe dire con esattezza chi sia scattato per primo. Il movimento è stato veloce e preciso, simultaneo.
Cercano di colpirsi con una combinazione di calci e pugni che però entrambi schivano reciprocamente con grande abilità e facilità. Non gli ci vuole niente a Radish per capire che non è solo bravo nelle arti marziali per i fatti suoi, ma che non è semplicemente il suo passato la sola cosa che conosce: sa anche le sue metodologie d’attacco.
Per saggiare quella che con grandi probabilità è quasi la sua forza massima, balza in aria per evitare una profonda artigliata all’addome ed un attimo dopo scende di nuovo in picchiata verso di lui. Everett balza a sua volta, gli occhi iniettati di eccitazione per quello che è forse lo scontro più interessante alla quale abbia mai partecipato. Nessuno, dalle sue parti, sarebbe mai capace di eccitarlo tanto.
I loro pugni si scontrano in aria, provocando un’onda d’urto tale da attirare definitivamente l’attenzione del Principe dei Saiyan. Non credeva assolutamente possibile che un semplice Spettro, che tra l’altro era stato pure assassinato anni addietro, potesse tenere testa ad un Saiyan, seppur in forma base. Ha la stoffa del guerriero, ce l’ha davvero, e non può fare a meno di domandarsi cosa sarebbe capace di fare in uno scontro mortale.
Radish, realmente preso da ciò che sta facendo, ghigna beffardo e subito gli assesta una ginocchiata nello stomaco che gli toglie il respiro per un breve istante. Segue subito un gancio destro al volto che lo spedisce lontano di una trentina di metri ma che, oltre ad ogni previsione, non pare averlo sconvolto o scalfito davvero. Come abbia fatto a rimanere in piedi non riesce a spiegarselo, così come non riesce a spiegarsi come e quando sia stato capace di aprirgli un braccio con gli artigli.
Dal momento che è evidente che con lui le semplici arti marziali non siano sufficienti, non in forma base comunque, Radish lancia un’onda energetica che lo raggiunge immediatamente ma che nuovamente non sconvolge l’avversario. Anni ed anni di addestramento inumano gli permettono adesso di mantenere il sangue freddo e la mente sgombra, e per questo riesce a piantare i piedi per terra e a contrastare l’attacco con la sola forza fisica, deviandolo di lato.
Radish, che davvero non si aspettava una cosa del genere, si distrae quel tanto che basta ad Everett per balzare verso di lui per poterlo prendere alle spalle, colpendolo con una ginocchiata in mezzo alle scapole. Lo afferra per la caviglia esposta, Radish, e con violenza lo spedisce di lato, sollevando un gran polverone. Comincia subito a riempilo di colpi di ki, costringendolo alla ritirata il tempo necessario per capire come vincere. Potrebbe trasformarsi, questo è ovvio, ma non vuole assolutamente dargli questa soddisfazione.
«È tutto qui, scimmione? Volendo potrei ucciderti.»
Radish sa che è vero. Lo sa perché, esattamente come sta facendo lui, anche l’altro si sta trattenendo. Potrebbe essere più veloce, molto, e se mutasse sarebbe solo peggio. Ma anche Radish potrebbe esserlo, in modo decisamente incontenibile.
Ma il punto di questo scontro non è ammazzarsi. È dar mostra di sé e della propria forza a tutti quanti, è mostrare che potrebbero fare ma che non vogliono farlo.
«Vuoi giocare, Hachiko?» Afferma con un sorriso beffardo mentre l’altro gli fa segno con un dito di andare verso di lui. Deve evitare i suoi artigli, il braccio ferito gli sta bruciando come l’Inferno e se lo prendesse di nuovo sarebbe costretto ad usare l’unica carta che davvero vuole evitare.
Una pioggia di ki scende giù dal cielo, confondendo lo Spettro col fumo. Ma è una confusione troppo breve, poiché abituato da cucciolo a combattere senza l’uso della vista. Gli basta l’udito per sentirlo avvicinarsi, così da poter parare il micidiale calcio che altrimenti gli avrebbe sfondato lo sterno.
Nel loro scambio di colpi non sembrano esserci né vincitori né vinti. Parano e rispondono quasi si leggessero nella mente, ma la verità è che Everett è più lento di Radish e deve dar fondo a tutte le proprie istintive abilità per riuscire a prevederlo, mentre Radish si sta lasciando invadere la mente dall’idea che Jäger gli è superiore per sua stessa ammissione, di parecchio oltretutto, e che se quindi avvicinasse Sherry, per quanto difesa dal resto del branco, non ci sarebbe storia.
Darko è oltremodo fiero del suo campione. Nessuno avrebbe potuto allenarlo e spronarlo meglio, e la sua tenacia lo ha reso così abile da poter reggere un simile scontro. Se ripensa a tutte le ore giornaliere in cui l’ha visto massacrarsi di allenamenti non si sorprende più di tanto dei risultati, ma poi si ricorda contro chi sta lottando e si deve ricredere. Pure lui si è allenato tanto, ma non riuscirebbe a reggere il passo.
Sherry, dal canto suo, muore dalla voglia di buttarsi nella mischia per separarli. Il sangue che stanno cominciando a versare le arriva dolorosamente alle narici e i suoi occhi si inumidiscono pericolosamente ogni volta che vede una nuova ferita aprirsi e il sangue vischioso colare nella terra smossa.
Ma il suo intervento non solo non è voluto, ma non è neanche necessario: da un secondo all’altro, così com’avevano cominciato, si bloccano all’unisono, il pugno di Radish ad un centimetro scarso dal viso di Everett, gli artigli dello Spettro ad un centimetro scarso dalla gola del Saiyan.
Rimangono fermi, occhi negli occhi, e capiscono che è per questo che devono deporre l’ascia di guerra per il momento. Separati non solo le tensioni nel branco e, peggio ancora, quella di Sherry arriverebbero alle stelle fino ad essere totalmente insopportabili ed ingestibili, ma non potrebbero assolutamente tenere sotto controllo né lei né il territorio in generale. Uniti, invece, avranno un dominio completo ed una visuale molto più ampia delle cose, oltre che la possibilità di allenarsi sul serio.
Deporranno quindi l’ascia di guerra, sì, ma ciò non significa necessariamente che smetteranno di mostrare i sentimenti che nutrono l’uno per l’altra in qualche modo.
«Togliti la maglietta.» Afferma con voce evidentemente scocciata lo Spettro mentre attorno a loro tutti gli altri si rianimano di colpo, come impazziti. Le voci che circolavano su di lui si sono mostrare maledettamente vere e questo è terrificante, ma proprio per questo adesso vogliono poter fare lo stesso, vogliono la sua forza, vogliono apprendere anche da lui.
«Eh?» Perde più sangue del previsto e sa che non l’ha fatto di proposito. Ha trattenuto la sua vera indole per quanto gli è stato possibile e lo sa bene perché sennò avrebbe provato in ogni modo a strappargli gli occhi. Quando Sherry lo mise al corrente di questa loro particolarità gli venne da pensare subito che fossero più gatti che lupi.
Everett un paio di volte ci ha puntato, Radish se n’è accorto, ma si è accorto anche che, tutto sommato, cercava di deviare il proprio braccio così da non riuscire a prenderlo.
Radish, dal canto suo, non ha mai mirato né al cuore né alla testa con gli attacchi energetici. Non una sola volta ed Everett ne è consapevole.
Una cosa che per entrambi ed anche per gli altri è ormai chiarissima, è che potrebbero uccidersi se lo volessero davvero.
«La mia tossina è molto più forte di quella di chiunque altro qui in mezzo, quindi solo io posso annullarne subito gli effetti.» Gli afferra mal volentieri il braccio e, dopo essersi conficcato gli artigli nel palmo, passa la mano sulla sua pelle così che il sangue penetri subito nella ferita senza però che ciò avvenga in dose troppo massiccia. Fa poi la stessa cosa con gli altri tagli e bastano un paio di secondi prima che Radish cominci a sentirsi strano davvero, tanto che per un attimo teme che l’infarto questa volta non glielo toglierà proprio nessuno.
Ma non arriva, il cuore continua a pompare come impazzito ma non esplode, e tutti i suoi sensi si amplificano come mai prima d’ora, e il maggiore sbuffa appena.
Certo, l’idea di ciò che sta per succedere lo manda in bestia come poche altre cose, ma avrà modo di vendicarsi. Per esempio con il Guttalax in gocce, come quando era un bambino dispettoso e giocava tiri mancini al suo migliore amico o, in dose assai maggiore e con molto più gusto, ai fratelli minori.
Radish adesso non è capace neanche di guardarlo in faccia. In realtà non riesce proprio a guardare nessuno perché nessuno conta assolutamente niente in questo momento. Ai suoi occhi tutti, amici più stretti inclusi, appaiono come ombre indefinite. Ai suoi occhi c’è solo lei. C’è lei che lo fissa come se fosse posseduto dal demonio e la sua mente la vede già nuda. Gli pare quasi di sentire il suo sapore sulla lingua tanto è fuori di sé e Sherry, per la primissima volta senza alcuna difficoltà, sente chiaramente ciò che prova.
«Tu! Vieni con me. Subito
Sherry non fa a tempo a rispondergli o a dirgli di calmarsi un minimo che lui già l’ha presa per la vita e l’ha portata via, sparendo lontano da lì in pochi secondi. Non che andranno troppo lontano, ora come ora il Saiyan riesce a distinguere con grande difficoltà la destra dalla sinistra, ma non c’è un solo Spettro lì in mezzo che non stia pregando perché raggiungano quanto meno una zona fuori dalla portata del loro udito perché, e questo lo immaginano alla perfezione, il loro stimato Capitano stavolta la spaccherà sul serio.
Everett li osserva con sguardo indecifrabile per una quarantina di secondi buoni. Li osserva e pensa che, tutto sommato, dare il proprio preziosissimo sangue all’uomo che tanto mal sopporta sia stata un’idea geniale. Per quanto acuto, i suoi sentimenti negativi e il suo risentimento gli avevano impedito di prendere davvero in considerazione che con un gesto simile sarebbero caduti nelle sue mani. In un certo senso prova quasi pietà per loro!
«La vostra Regina oggi non avrà modo di allenarsi assieme a tutti voi, quindi…» Un brivido gelido sale lungo la schiena dei presenti nel vedere quello strano e strafottente luccichio nei suoi occhi «Siete tutti miei.»
Alle loro orecchie queste parole suonano più o meno così: “Adesso vi spacco il culo.
«Piove sempre sul bagnato, eh?» Borbotta realmente divertito Darko, lasciando vagare lo sguardo su tutti quei cuccioletti esagitati che, di colpo, sembrano essere sul punto di scoppiare in lacrime.
Tranne quattro.
Quelli daranno sia delle rogne che delle soddisfazioni, lo hanno capito subito. Delle teste calde che non riconoscono nessuno sopra di loro all’infuori di Sherry e, in un certo senso, Radish. Loro li riconoscono, sì, ma in ogni caso non sempre fanno ciò che gli viene ordinato.
La sera prima Bree, dopo l’ennesimo calcio nello stinco sotto al tavolo da parte di Mimì, gli ha parlato un po’ anche di loro.
Gli ha raccontato della forza spropositata di Mordecai e del suo non arrendersi mai neanche di fronte all’evidenza e del suo riuscire sempre a tirarsi fuori dai casini in un modo o in un altro.
Gli ha raccontato della velocità e del fiuto fuori dal comune di Micah e del suo non guadare in faccia niente e nessuno, tanto che, secondo lei, prima o poi attaccherà anche loro due se Sherry o, forse in dose maggiore, Radish non glielo impediranno.
Gli ha raccontato della mente brillante di Major, della sua indole schifosamente sadica, del suo riuscire a creare sostanze non troppo legali e del non trascurabile fatto che sia riuscito ad estrarre notevoli dosi della loro stessa tossina e le abbia conservate per scopi non troppo chiari.
Gli ha raccontato della disarmante capacità di Maddox di ridurre in brandelli tutto ciò che tocca se scatenato, e che per scatenarlo basta parlar male di sua moglie. Gli ha pure detto che anche Becca non è una tipa da sottovalutare, ma purtroppo per loro è troppo svantaggiata dalla traccia umana nel suo sangue per essere considerata una reale minaccia contro gli Spettri del Nord.
Lui, come ricompensa per tutte le informazioni, le ha promesso di allenarla personalmente, affermando che escogiterà un qualcosa su misura per lei e per la sua delicata condizione e che, se lo vorrà, le insegnerà tutto ciò che sa sulla ginecologia così che, un domani, lei possa prendere il suo posto all’interno nel branco.
Sono stati bene tutto sommato e tutt’ora sogghigna nel ricordare il ringhio frustrato della figlia quando la nuora lo ha invitato a cenare da loro ogni volta che ne avrà voglia.
Ma adesso non è il momento per pensare che lo stanno facendo entrare nella loro famiglia, che lo vogliono rendere partecipe della vita dei due nascituri: adesso si può solo pensare al fatto che Everett è pronto ad iniziare a fare sul serio perché non hanno decisamente più tempo a disposizione.
«Oggi comincerete il vostro allenamento ufficiale. E sì, ho l’approvazione della Regina e anche del vostro simpatico bonobo domestico, quindi vi conviene collaborare pienamente se non volete pestare le code sbagliate.» Cammina come un generale di fronte a loro. Fiuta il loro disagio, la loro paura, ma non gli importa niente. Devono essere pronti al peggio e devono essere sereni all’idea perché sennò non avranno alcuna speranza di tenersi la pelliccia.
«Dal momento che ci è stato categoricamente vietato di mettere anche solo un dito sui vostri figli, abbiamo dovuto ripiegare su altre piccole cose che, a quanto pare, sono a voi care, e le abbiamo nascoste. Ovviamente questo banale ripiego non vi sottoporrà assolutamente al giusto livello di stress alla quale stiamo mirando, ma rimedieremo così: chi non riuscirà a riportarmi l’oggetto in questione entro tre ore, subirà una punizione.»
«Che genere di punizione?» Micah lo guarda con un’arroganza insopportabile, ma per sua fortuna Everett continua a dargli le spalle. Si rende conto che, forse forse, non è stata una mossa particolarmente intelligente quando sente l’alito caldo di Darko sul collo e, voltandosi, si ritrova con i suoi occhi rubino a fulminarlo.
«Trova l’oggetto, cucciolo. È meglio.»
«Ci sono meno di centocinquanta soggetti con un buon potenziale combattivo, in tutto il branco. Meno di centocinquanta che dovranno tener testa all’intero esercito del Nord. Immaginate la mia delusione.»
Si sentono improvvisamente mortificati. Tutti quanti.
Erano convinti di avere un valore, seppur magari minimo.
Erano convinti che, essendo sopravvissuti in tutti quegli anni, fossero in qualche modo da temere.
Invece no. Non sono da temere, per niente. Sono degli zimbelli, una barzelletta divertente ed anche disgustosa.
Centocinquanta hanno un buon potenziale ma non sono comunque all’altezza di niente.
Centocinquanta di loro dovranno sostenere tutti gli altri, dovranno fare da muro e combattere in prima linea contro chi è addestrato praticamente dalla nascita.
Centocinquanta di loro stanno per vivere il periodo più stressante, violento e mortalmente massacrante della loro vita. Non è detto né che lo superino né che, una volta sul campo di battaglia, saranno abbastanza e potranno un domani raccontare ai figli e i nipoti cos’hanno subito.
Una bella prospettiva generale, davvero. Se Everett e Darko avessero preso in considerazione anche questo lato per loro inesistente, avrebbero capito subito che di stress ce n’è già abbastanza senza che il principe li minacci tanto aspramente.
Uno ad uno gli Spettri “prescelti” sobbalzano quando vengono toccati, i loro cuori schizzano in gola di colpo e, dopo essersi lanciati una fugace occhiata con chi gli sta di fianco e talvolta pure con i loro allenatori, fanno un piccolo passo in avanti. Gli unici deficienti che se ne fregano di provare paura sono il Quartetto, con Mordecai che già si schiocca rumorosamente le nocche con un ghigno in volto, fremente all’idea di potersi misurare con uno Spettro del suo calibro.
Se solo sapesse cosa l’aspetta, non farebbe tanto lo spavaldo.
«Chi non verrà toccato da Darko, passerà tutto il pomeriggio ad allenarsi con loro, mentre gli altri si misureranno in combattimento dopo aver affrontato la prova, qualsiasi sia il risultato. Pretendo più del massimo da ognuno di voi. Molto di più. Se sorprenderò qualcuno a battere la fiacca in qualsiasi modo… beh… punizione
Ai guerrieri Z non piace troppo Everett. Lo trovano borioso, freddo, a tratti pure crudele, ma in fondo sanno che non lo sta facendo perché privo di altri passatempi. Lo sta facendo per renderli capaci di difendersi, per renderli capaci di combattere come combattono quelli come loro, per spronarli a fare molto di più di quanto non stiano già facendo.
«Sono stato abbastanza chiaro?»
«Tu non sorridi mai?»
Mordecai è simpatico, piace a tutti.
Mordecai spesso e volentieri non pensa prima di parlare, non è mai stato particolarmente necessario.
Mordecai non ha mai avuto a che fare con Spettri del calibro di Everett, che mai nella vita hanno tollerato che qualcuno facesse lo spiritoso in momenti inopportuni.
Mordecai non è mai stato colpito con questa forza da uno Spettro, non si è mai ritrovato con le braccia strette all’addome per fermare l’emorragia, non ha mai avuto davvero bisogno che i suoi fratelli lo sostenessero nell’attesa che i tagli si risanassero. Se Everett avesse spinto un poco più a fondo, sarebbe stato fuori dai giochi per parecchie ore e avrebbe avuto urgente bisogno di strettissimi punti e potenti antidolorifici.
Mordecai però è forte, è tenace. Sorride sfacciatamente al lupo, schiocca la lingua contro il palato e drizza la schiena. Se ha imparato una cosa nella vita, è che non bisogna cedere mai, che bisogna stringere i denti e rialzarsi sempre. È forse per questa nozione impressa a fuoco nella sua mente e nel suo cuore se uomini del calibro di Vegeta e Piccolo lo trovano più che accettabile.
Everett, dal canto suo, è ancor più deciso a spronare il giovane e vivacissimo Spettro oltre ogni limite: di soggetti come lui ne nascono sempre troppo pochi, occorre seguirli con più attenzione per non mandare il loro potenziale fuori dalla finestra.
«Il tempo scorre, cucciolotti: vi conviene correre se non volete scoprire cosa mi fa sorridere davvero.»


Da qualche parte nel deserto, ben lontano da tutti loro, Radish sanguina di nuovo.
Sherry sanguinerebbe parecchio per via dei tagli sulla schiena, ma il suo sangue le cura le ferite prima che possa diventare un problema.
È un amplesso selvaggio.
Violento.
Caotico.
Distruttivo.
Le grida si confondono le une con le altre.
Estasi pura.
Radish sogghigna contro la bocca della compagna mentre continua a colpirla con più ferocia che mai. Se fosse una semplice Terrestre, sarebbe già morta.
Dopo un’esperienza del genere, è addirittura scontato che prenderà di nuovo in sangue di Everett… anche a costo di ucciderlo!




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ecco spiegati gli altri punti che giustificano il titolo!
1- loro tre che dormono nello stesso letto senza provare ad accopparsi, 2- Everett che rivela a Radish cose tanto delicate e 3- gli cura le ferite al seguito di uno scontro dove risulta assai chiaro che la sua forza è ben sopra ad ogni aspettativa… e dove hanno fatto in modo di non danneggiarsi sul serio per una specie di tacito accordo come quello con River.
La loro non può ancora essere definita una vera e propria accettazione, questo è palese, ma sono sulla buona strada per una convivenza pseudo-pacifica e questo, senza dubbio, è un primo grandissimo passo.
Comunque sì: nelle scene di lotta FACCIO PENA. Ma pena davvero, una roba mostruosa… e mi viene da ridere un sacco all’idea che presto o tardi arriverà lo scontro vero!  😭
Ma forse - e io lo spero con tutto il cuore - sarà più gestibile perché saranno tantissimi nella mischia, non mi potrò soffermare sui singoli movimenti. Sarà il caos, una mischia di sangue, ossa rotte e pellicce…
Dai, speriamo. Sperate con me!

EEE… niente. Regà, niente.
In ‘sto periodo sono rincoglionita malissimo al limite del letargico. Oltretutto i miei mici mi stanno terrorizzando sul serio, devo stare sempre sul chi vive che neanche Sherry che passeggia da sola per i Territori del Nord! 🤯
La nota positiva è che ho cominciato a lavorare un po’. Sono istruttrice di nuoto per bambini piccoli, quest’anno sarà davvero durissima! Però ehi, tre sono già arrivati per tutta la stagione! Quindi daje con spalle e naso color tulipano e capelli sempre più chiari!
(PS: questa sono io —> 🍅)

Il prossimo capitolo, lo dico già, sarà impostato in modo diverso. Ci saranno infatti diversi mini (e questo lo spero davvero) capitoli racchiusi in uno che raccontano gli eventi di una settimana. Perché? Semplice: perché loro devono interagire e non posso pubblicare altri 136296 capitoli da 30/40 pagine l’uno di soli momenti transitori.
Ma non temete: è appunto un capitolo di passaggio, una specie di ponte… quel qualcosa di schifosamente folle e allegro che preannuncia l’imminente disastro! 😁
Forse ne dovrò fare un paio però, non lo so… penso di sì perché sennò finirei davvero col tagliare millemila giorni! BOH! Si vedrà.


Alla prossima settimana!
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo 💛

 

𝟚𝟟. 𝒰𝓃𝒶 𝓈𝑒𝓉𝓉𝒾𝓂𝒶𝓃𝒶 𝒹𝒾 𝑜𝓇𝒹𝒾𝓃𝒶𝓇𝒾𝒶 𝒻𝑜𝓁𝓁𝒾𝒶

 


𝒬𝓊𝒶𝓃𝒹𝑜 𝒾𝓁 𝓅𝓇𝒾𝓂𝑜 𝑔𝒾𝑜𝓇𝓃𝑜 𝓅𝒶𝓇𝓉𝑒 𝓂𝒶𝓁𝑒…
𝑒 𝒻𝒾𝓃𝒾𝓈𝒸𝑒 𝓅𝓊𝓇𝑒 𝓅𝑒𝑔𝑔𝒾𝑜!



Radish e Sherry erano davvero stanchi quando sono rincasati. Una cosa imbarazzante, con lei che sfoggiava un’acconciatura degna di una cavernicola e lui con un’espressione così beota e sconvolta da risultare tragicomico.
Lei è salita al piano di sopra, si è fatta una doccia e poi è crollata addormentata e dolorante nel letto con le molle saltate premute contro le costole.
Lui si è trascinato in cucina, il bacino così dolorante che per un attimo ha davvero preso in considerazione l’idea di essersi rotto qualcosa, ed ha mangiato le prime cose che gli si sono parate davanti. Ha bevuto anche il sangue della compagna durante i loro amplessi, troppo, e questo l’ha spinto a ripetuti rapporti tanto violenti e caotici da avergli tolto pure la voce.
Si è poi addormentato appoggiato al tavolo, completamente sfinito. Durante la notte si è svegliato spinto da un impellente bisogno fisico, cosa che gli ha fatto approfittare anche della doccia per togliersi di dosso sangue secco e sporcizia, solo per poi trascinarsi ancora bagnato nel letto e crollare nel giro di niente.
Svegliarsi è stato poi piuttosto traumatico. Non tanto per i postumi di quella faticosissima sessione di allenamento poco convenzionale quanto per il fatto che, in mezzo a loro due, ci stava Mordecai.
Nudo e coperto di sangue secco.
Teneva un braccio sulla schiena di Radish, una gamba intrecciata a quelle di Sherry e il suo viso era pericolosamente vicino a quello del Saiyan.
Se non fosse stato ancora mortalmente intontito dal sonno e col bacino e la schiena che lo imploravano di muoversi con cautela almeno per i primi cinque minuti, lo avrebbe fatto a pezzi. Una sberla con la coda però non gliel’ha tolta proprio nessuno.
Ma lo Spettro non se ne è lamentato, anzi: in tutta risposta gli si è avvinghiato addosso ed ha cominciato a piagnucolare che Everett è cattivo e lui deve fare qualcosa.
A Radish non è fregato niente, perché sentire il suo corpo nudo appiccicato al proprio - altrettanto nudo - davvero gli dava il voltastomaco, così gli ha mollato un pugno nel fianco, si è alzato, ha aperto la finestra, è tornato indietro, l’ha preso per le spalle e poi, con una grazia infinita, l’ha scaraventato di sotto ed ha richiuso la finestra, il tutto masticando qualche bestemmia nel durante.
Il caso ha voluto che lì sotto poltrisse proprio Everett, che da un secondo all’altro si è ritrovato col giovane lupo steso sulla schiena.
Un brutto inizio per tutti quanti, questo è fuor di dubbio, ma ancora non era niente.
Un nuovo carico di disagio è arrivato con Bree, tutta sorridente mentre poggiava sulla tavola da pranzo cornetti caldi e dozzine di grossi bicchieri di caffè da asporto. Radish gliene è stato davvero grato perché il suo stomaco era sul punto di inglobare gli altri organi interni pur di placarsi e la compagna gli stava sbavando addosso perché ancora mezza addormentata.
Adesso, al quarto cornetto farcito fino a scoppiare nello stomaco, Radish può dirsi un poco più calmo. I suoi lupi - esatto, suoi, non di Everett, suoi! - sono lì con loro che si lamentano del fatto che il dolce principino li abbia massacrati tutti di botte assieme a Darko perché hanno fallito nella loro missione di recupero.
Hanno usato pure dei ferri roventi per lasciargli impresse delle piccole cicatrici così da invogliarli a fare meglio, ma l’unico risultato è stato trasformarli in cuccioli piagnucolosi che si riparano dietro a mamma e papà per farsi proteggere dal dispotico fratello maggiore.
Radish, per quanto trovi quasi giusta la punizione al fine di spronarli nel riuscire in qualcosa che per gli avversari è tanto semplice, è deciso a prendere provvedimenti.
Provvedimenti da uomo adulto eh, non certo cose da ragazzini.
La cosa difficile sta nel fatto che deve escogitare provvedimenti da uomo adulto con cose che non coinvolgano l’olfatto e, almeno non sulle prime, l’udito o la vista del maggiore. E non è affatto un’impresa semplice perché quel fetente è una specie di maledetto prodigio e sorprenderlo non è cosa da niente.
Ma sono sei stronzi determinati contro uno, tra i quali ce n’è uno cresciuto con una valanga di fratellastri e sorellastre più o meno dispettosi. Sentono di potercela fare, insieme.
Si zittiscono di colpo e in modo decisamente poco sospetto non appena Satana entra nella stanza e, giusto per dare poco nell’occhio, si mettono a fissarlo insistentemente. Ed è calmo, totalmente indifferente a tutti loro, e Radish si domanda se non abbia già escogitato qualche tiro mancino prima di loro. Una cosa certa, però, è che d’ora in poi non berrà niente che non sia perfettamente sigillato e mangerà solo dopo che qualcuno gli avrà assicurato che niente sia stato manomesso. Fosse una persona comune, dovrebbe avere il terrore anche di guidare la macchina e lo sa.
Sherry, in mezzo a questo fuoco incrociato tra menti da premio Nobel, continua a fissare la tazza di carta che tiene in mano con sguardo assente, ridestandosi un minimo quando il fratello le fa una lieve carezza sui capelli.
Lo guarda nel disperato tentativo di capire in che anno siano, chi siano, perché si trovano lì e cosa diavolo li circondi, ma non trova alcuna risposta nel suo sguardo, che a sua volta è totalmente calamitato sul contenuto del bicchiere che lei tiene tanto gelosamente tra le mani.
«Il tuo caffè ha un aspetto davvero strano…» Afferma sniffando un poco l’aria per riuscire a capire che razza di intruglio stia ingurgitando, totalmente estraneo a moltissime cose. Certo, sa della loro esistenza, ma non vi si è mai ritrovato faccia a faccia. Troppo selvatico e schivo per averne la possibilità in passato, adesso si ritrova tutto sotto agli occhi e al sensibile fiuto.
«Questo non è un semplice caffè. Questo è un frappocappuccino caramellato con tripla panna.» Afferma con voce un poco eccitata Sherry, gli occhi che adesso divorano con adorazione quella bomba calorica che tiene tra le mani. È già il terzo che butta giù, mentre Micah, seduto dall’altro capo del tavolo e con gli occhi che trasudano una certa perfidia, è al quinto. Fossero comuni esseri umani, loro due non sarebbero morti da giovanissimi per i loro assurdi colpo di testa ma di diabete fulminante, questo è poco ma sicuro.
«Disgustoso.» Sibila semplicemente Everett, arricciando la bocca di lato.
«Lo è. E se fosse possibile fare l’amore con una bevanda sceglierei questa.»
«Sembra che io abbia trovato un degno rivale.» Borbotta Radish con tutta la sua maturità mentre le avvolge le spalle con un braccio, alle volte non fosse ben chiaro che fanno parecchio sesso.
«Voglio solo togliermi lo sfizio. Dopo che ci avrò passato una notte e la mattina lo vedrò con il caramello sciolto e la panna molle… ciao ciao bello
I loro discorsi gli sembrano decisamente fuori dal mondo.
Sono dei ragazzini immaturi che stanno giocando alla guerra e non se ne preoccupano realmente, quasi non fosse una questione mortale che li riguarda tutti personalmente.
Sono degli imbecilli, agli occhi di Everett. Degli imbecilli che verranno raddrizzati in un modo o in un altro, a partire anche dalla sua preziosa sorellina che sta cercando di leccare il fondo del bicchiere ormai vuoto.
Con quello che ha in mente di fare, in realtà, si sorprenderebbe davvero nel vederli ancora allegri e pronti a scherzare già a partire dalla quella sera.
Comincerà subito con una simpatica corsetta ad ostacoli dopo aver bevuto un caffè normale, sempre ammesso che in quella casa di spostati ce ne sia.
Vediamo poi se te la darà ancora dopo che avrò finito!

Una giornata orribile, ecco cos’hanno vissuto.
Ne hanno prese in modo imbarazzante da tutte le parti: i loro allenatori hanno deciso, seppur con non troppa convinzione, di seguire le indicazioni di Everett e Darko, così da velocizzare il loro processo di formazione, e questo li ha portati solo a fargli ancor più male; chi invece doveva recuperare gli oggetti - sia quelli del giorno prima che quelli nuovi - si è ritrovato con le trappole di Darko disseminate qua e là, e questo ha portato molti di loro non solo ad avere gambe/zampe rotte ma anche a paralizzarsi a causa di un potente veleno misto alla loro stessa tossina che si diffondeva nel loro sangue. Un qualcosa alla quale avrebbero dovuto pensare, secondo l’ex Beta, e quindi tenere in grande considerazione.
A Sherry non è andata meglio. Per niente.
Il fratello voleva allenarla nella corsa, voleva che andasse molto più veloce del normale, e per provare a raggiungere il proprio obiettivo è mutato con lei ed ha puntato per tutto il tempo alle sue zampe. Le ha rotte a più riprese, facendola capitolare a terra come una banalissima cucciolotta alle prime armi.
Quando poi Piccolo e C-18 hanno deciso di misurarsi direttamente con i due Spettri, rendendosi pienamente conto che sono proprio su un altro livello rispetto a tutti gli altri e che in futuro il simpatico principino potrebbe rivelarsi una risorsa preziosa, loro si sono tutti rintanati con la coda tra le zampe. Un primo vero giorno da dimenticare.
Peccato solo che le giornate non finiscano al tramonto.
Stare nella casa degli Shedish però era impensabile per tutti. La presenza di Everett era terrificante, soprattutto dopo che River, giustamente convinto di potersi prendere più libertà grazie al sangue nobile che gli scorre nelle vene, ha pensato molto saggiamente di aspettarlo sulla porta con un fucile ad aria compressa caricato con una cartuccia piena di farina. Non è stato un gesto molto gradito e adesso il bastardo del Sud sa al 100% che l’altro non sa stare al gioco manco per niente. Come facesse ad essere tanto amico del suo fratellastro, da lui considerato una testa di cazzo assoluta al pari forse di Mordecai, proprio non se lo spiega.
Rimasti così loro tre da soli, Sherry ha pensato, da vera furbona, di provare in qualche modo a farli un poco conoscere nella speranza di farli avvicinare.
Mai idea poteva essere più idiota.
Se ne rende conto ad ogni secondo di mortale ed imbarazzante silenzio mentre stanno seduti a tavola, ma è anche decisa oltre ogni limite a prenderli per sfinimento. Una tattica stra-usata nella sua vivace famiglia adottiva, dove ognuno si batteva come un indemoniato pur di ottenere ciò che voleva… e ne prendeva pure perché spesso e volentieri Fern non aveva poi troppa voglia dei loro capricci.
Ma loro due non possono colpirla.
Colpire un Sovrano è una cosa impensabile, un atto di tradimento imperdonabile che nel migliore dei casi comporterebbe l’allontanamento immediato. Quindi perché non cucinare una bella cena di più portate con l’aiuto di Maddox e costringerli a sedersi allo stesso tavolo?
Prima o dopo, secondo lei, dovranno rivolgersi la parola. Anche una sola andrebbe bene, la più banale, anche fanculo. Sarebbe un primo passo notevole. E invece no: se ne stanno trincerati nel loro mutismo, non si guardano in faccia neanche per sbaglio e mangiano senza neanche gustarsi davvero le pietanze.
Vogliono solo che questa tortura finisca per potersi allontanare l’uno dall’altra, entrambi con la speranza che Sherry li raggiunga e passi del tempo in loro stretta compagnia.
Sbuffa per l’ennesima volta, pungolando con la forchetta l’occhio cotto del pesce ancora integro nel piatto. Le stanno rovinando l’appetito la gola con il loro atteggiamento indisponente, ma in suo soccorso arriva la vibrazione del cellulare che tiene in tasca.
Come una liceale, osserva il messaggio da sotto al tavolo dopo aver sentito il grugnito di disapprovazione del fratello. Che tenesse a certe cose non poteva proprio immaginarlo, soprattutto in un momento dove non vogliono intavolare una conversazione neanche con lei perché potrebbe coinvolgere l’altro. E pensare che ieri sembrava essere andata tanto bene!
Dopo aver letto il nome di Bree, salvata come PolpoCandy💋 per un motivo che davvero non ricorda, spera con tutto il cuore che le abbia scritto una porcata delle sue così da strapparle un sorriso, e invece…
- CASINOCASINOCASINO √√
Momento di assoluto e disarmante panico.
Sgrana gli occhi e trattiene il respiro per un secondo, gli occhi del fratello la stanno studiando neanche potesse farle i raggi X e il panico pare quasi aumentare. Deve dirgli di provare a sistemare questa sua particolarità perché, davvero, prima o poi la farà piangere per la paura.
- Che è successo?! √√
- Darko ha visto il mio profilo. Non l’ha presa bene. √√
Per le foto da alcolista o per quelle con Mimì? √√

- Non ha preso bene i commenti… √√
- Che vuoi dire? √√
- Che sta per arrivare una nuova invasione di morti! √√
Ci pensa qualche istante cercando di capire il perché, finché non ricorda effettivamente le frasi patetiche e spesso volgarissime che le scrivono sotto a foto e post, fossero anche raffiguranti un’aquila che sbrana un coniglietto. Il 95% dei commenti sono di uomini che non conoscono e, con un rapido e spicciolo ragionamento, pensa che Radish avrebbe tirato giù intere città se li avessero scritti a lei.
- √√
  Per la puttana… √√
  CAZZO! √√
  Perché non l’hai fermato?! √√

- Perché non era qui!
  Mi ha mandato gli screen e questo √√
  💻💬👨🏻‍ NOPE! Ci pensa papà! 🔪☠️⚰️ √√
  Che cazzo devo fare?! √√

Stringe le labbra e arriccia il naso, lasciandosi sfuggire un breve grugnito. Non è l’idea di Darko che spulcia il profilo di Bree a farle uno strano effetto, neanche il fatto che si sia risentito per qualche motivo suo, quanto il fatto che si è messo a scrivere con le emoji.
Radish, notando quanto il simpatico e ben voluto cognato la stia fissando in cagnesco da qualche minuto mentre lei se ne sta con le mani sotto al tavolo e la testa china, decide finalmente di rompere questo surreale e fastidiosissimi silenzio.
«Pure io so che non è carino usare il telefono quando si sta seduti a tavola.»
Sherry lo ignora e si rivolge subito al fratello con la speranza che possa metterci una toppa ed evitare nuovi casini. Non ha certo voglia di una sfuriata di Crilin - o peggio del branco - perché quel vecchio pazzo ha massacrato dei patetici sfigati che scrivono porcate sul profilo praticamente inutilizzato di Bree.
«Darko ti dà ascolto, vero?»
«Perché?» Gli mette sotto gli occhi lo schermo del telefono e si morde con forza un labbro nel vederlo assottigliare gli occhi, dai quali trasuda un più che evidente fastidio. Gli aveva suggerito di comportarsi bene per dare l’esempio a quei cuccioli scalmanati, non pensava di doverlo proprio ordinare.
«Mh. Aspetta un secondo.» E detto questo si alza con fare stizzito e si dirige verso la porta di servizio in cucina, lasciando la coppia nella sala da pranzo a fissarsi nelle palle degli occhi.
A Radish non piace Everett, non può farci niente. In un certo senso i suoi modi altezzosi e il suo modo di rapportarsi col prossimo gli ricordano un po’ Vegeta.
A Sherry invece piace molto Everett. Probabilmente le sarebbe piaciuto in ben altri modi se non avessero avuto alcun legame nel mezzo. Le fa anche paura però, perché non ha idea di come possa muoversi e capire cosa gli passi per la testa è un’impresa assai ardua.
- Penso di aver risolto. √√
«Cosa fa?» Le domanda Radish mentre lei digita il messaggio, rizzando la schiena quando sente il potente e lugubre ululato dello Spettro. Pur non avendo mai sentito una tonalità del genere non gli ci vuole molto prima di capire che è un richiamo misto ad un brutto ammonimento, anche grazie a quella sottospecie di mostruoso ringhio che c’era dentro. Come abbia fatto ad unire le due frequenze sonore non lo sa e non gli interessa, l’unica cosa certa è che nella sua mente l’uomo è sempre più vicino ad una qualche mostruosa ed imprecisata figura mitologica.
Sherry gli sorride appena quando nota il suo sguardo farsi più duro e tagliente, indice che non ha gradito proprio per niente i modi del fratello. Ma loro sono così, usano i cellulari per motivi scemi e per mandarsi foto imbarazzanti o meme stupidi, se c’è bisogno di certi richiami urgenti usano la voce, anche se questo implica sfondare i timpani di chi ti sta vicino. A seconda della gerarchia, infatti, riescono a sentirsi anche a mostruose distanze, anche se ciò avviene quasi unicamente tra i membri dello stesso branco. È un qualcosa che hanno dentro, una specie di campanello d’allarme che scatta immediatamente e ti costringe ad interrompere qualsiasi cosa stessi facendo per rispondere al richiamo.
Fastidiosissimo ma profondamente efficace.
Quando Everett finalmente rientra, Radish gli rivolge le prime parole della serata, sputate con tanto astio da far salire un brivido gelido lungo la schiena di Sherry.
«Non farlo mai più.»
Nel momento esatto in cui sente un lieve sbuffo fuoriuscire dalle labbra serrate del fratello, Sherry si rigira inviperita senza neanche pensarci.
«Oh, andiamo! Mica ti ha mandato affanculo!» Difendere uno significa scatenare l’altra. Quando l’altra si scatena poi c’è da difendere il primo, e così via in un infinito circolo vizioso.
Di colpo le pare di avere a che fare con due figli piccoli e capricciosi anziché due uomini fatti e finiti. Per l’amor di Dio!
Il punto però è che non è stata la frase di Radish ad infastidirlo. Figurarsi, non l’ha neanche ascoltato!
No, il problema è ciò che ha sentito fuori.
«Abbiamo visite.»
Dei sonori “toc-toc-toc-toc” risuonano per tutta la casa, seguiti dalla voce squillante e acuta di Becca.
«Servizio in cameraaa!» Solo da questo capiscono che è ubriaca. Pericolosamente ubriaca. Un’ubriacatura molesta, tra l’altro, di quelle che i due uomini di certo non hanno voglia di sopportare proprio ora.
«Abbiamo avuto un reclamo su qualcuno che sta facendo il guastafeste qua dentro!» Un’ubriaca Sharon, mogliedrago di Glover, sta bussando alla loro porta. Sherry non è neanche sicura di averla mai vista sbronza, in tutti quegli anni. La vicinanza col Quartetto sta facendo più danni del previsto…
Avendo lasciato la porta aperta per eventualità del genere, non si sorprendono di vederle barcollare dentro casa dopo pochi istanti. Come facciano a reggersi in piedi su quei tacchi chilometrici non lo saprebbe dire nessuno.
«IIIHHH! Eravamo noi fin dall’inizio!»
«Perché glielo hai detto?! C’erano cascati!»
Gli occhioni color grano di Sharon si sgranano all’inverosimile, riempiendosi di una tristezza infinita. Sherry, non potendo davvero resistere alla tentazione, prende il cellulare e le fa una fotografia per sfotterla ogni qualvolta le verrà in mente.
«C’eravate cascati?»
«Sì.» Sherry si sta sorprendendo sempre di più della propria capacità di non scoppiare più a ridere in faccia alle persone. Un tempo sarebbe esplosa in tempo zero, adesso invece riesce a mantenere un’espressione pure credibile. Beh, credibile quantomeno per le due donne visibilmente ubriache fino all’ultimo capello.
«Mi dispiace tanto!»
«Sembra che vi stiate divertendo un sacco.» Afferma un poco perplesso Radish, osservando i loro micro-vestiti neri che lasciano davvero ben poco all’immaginazione, il trucco curato e la postura di chi riesce a stare in piedi per miracolo. Si domanda cosa debba fare data la propria posizione, ma poi capisce che non è quello il vero problema. L’unico problema sta nel fatto che continuano a comportarsi come adolescenti irresponsabili e lo sbandierano proprio davanti agli occhi di Everett.
«Da impazzire!»
«Indovina indovinello: chi ha vinto cinquemila zeni giocando ai dadi?» Sharon ondeggia verso Sherry e le butta sotto al naso una fiche colorata del casinò, sorridendo con aria orgogliosa.
«Quello è uno zeno.»
Sharon la guarda con sguardo perso per qualche secondo, poi fa spallucce e sorride di nuovo: «E chi ha selvaggiamente riempito di mance le cameriere?»
Sherry si sente di colpo una scema quando si rende conto di aver trascurato la presenza di Becca, che sa essere davvero molesta quando alza troppo il gomito. Adesso infatti le si è attaccata al braccio e la tira per convincerla a seguirle a far serata come facevano fino ad un annetto prima.
«Andiamo! Abbiamo trovato un posto dove ci sono degli spogliarellisti da urlo!»
«Sembra una cosa davvero fantastica, ma devo assicurarmi che questi due non si scannino come bambini.»
«Ah, sennò andresti?» Radish la sta fissando con un’aria che davvero non le piace. Certo, fosse lui ad andare per strip-club con i ragazzi del Quartetto in simili condizioni - ma forse anche da lucidi - non la prenderebbe poi troppo diversamente. Sicuramente non gliela darebbe per almeno un mese, questo è fuori discussione.
Decide però di sorvolare sulla sua domanda con un gesto stizzito con la mano, quasi volesse scacciare una mosca fastidiosa, ma a dar man forte al Saiyan arriva proprio Everett.
«No, no. Rispondi un po’, ragazzina!» Che sua sorella sia sessualmente attiva da tempo lo sa e negli anni lo ha accettato. Certo, quando gli arrivavano voci di qualche nuovo amichetto sentiva il fegato sfrigolare dolorosamente ed occorreva tutta la pazienza di Darko per fargli capire che era un’adolescente che si comportava come un’adolescente. Ma avere il dubbio che andasse o vada per strip-club ad ubriacarsi selvaggiamente mentre infila le banconote negli slip di sconosciuti ricoperti di olio e brillantini lo manda in bestia.
Fortuna vuole che Sharon sia così sbronza da non rendersi neanche conto che i due uomini sono sul punto di afferrare la ragazza per le orecchie per una sonora lavata di capo.
«E daaai! Vuoi restare qui a fare la mammina o vuoi vedermi arrampicare nel perizoma di un maciste come un baby canguro?!»
I due stavolta fissano lei, gli occhi sgranati al massimo.
Radish ci ha parlato qualche volta, e comunque l’ha sempre vista in compagnia dei membri del branco a chiacchierare o con i propri cuccioli e Glover. L’ha sempre vista posata e tranquilla, al limite vittima di esplosioni di rabbia contro il marito quando questi tirava troppo la corda, certo non si aspettava di scoprire un lato del genere.
«Mi piacerebbe davvero, ma come vedete sto ancora cenando, quindi divertitevi al club e fate le brave. Se poi vi trovate nei guai niente scazzottate, trovate un poliziotto… ma ricordate che se si sta togliendo i pantaloni non è un vero poliziotto.»
«Mi sembri piuttosto esperta.» Sibila velenoso Everett, guardandola così male da farle venire i brividi.
No, se avesse avuto una figlia, questa non avrebbe fatto vita.
La cosa orribile, per Sherry, è il constatare che questo discorso vale pure per il Saiyan, che ha messo su un broncio adorabile ma che non sa come rigirarsi. Sono cose successe prima del loro incontro ed hanno stabilito che quelle cose non potranno essere mai tirate in causa. Sennò addio alla compagnia di Mordecai e Micah e benvenuta Lunch mutilata e appesa ad un palo della luce.
«Okay, okay, abbiamo capito… prima si finisce la cena…» Becca, ovviamente, non ha capito - o accettato? - una parola e per questo le si avvicina con passo “furtivo” solo per poi sfilarle il piatto da sotto al naso e correre via «AH! Ti ho rubato il piatto! Ti ho rubato il piatto! Se lo rivuoi, vieni a riprendertelo allo strip-club!»
«Che fai, non la insegui?» Pigola tra una risatina e l’altra Sharon, i lunghissimi capelli biondi che oscillano in morbide onde ogni volta che muove la testa.
«Nel ripostiglio delle scope? Certo.»
La bionda schizza via, si chiude nel ripostiglio con Becca e confabula su qualche losco piano per portarla al club.
Sherry, con una lentezza disarmante, volta la testa per incrociare lo sguardo gelido del fratello. Non riesce a capire cosa stia pensando, se sia furioso, divertito, indispettito, un po’ morto dentro. Se non vuol lasciar trasparire le proprie emozioni, si può star certi che rimarrà totalmente di ghiaccio senza il minimo sforzo.
«Che c’è?» Pigola incerta, facendosi piccola piccola sotto ai suoi occhi glaciali. E pensare che, tra loro due, è lei quella che detiene il potere nel branco!
Everett si pulisce la bocca in un gesto educato e automatico, poi si alza, sparecchia la propria parte e, con un ghigno maligno in volto, si dirige in cucina borbottando: «Pensavo che domani mi divertirò davvero tanto…»
Ed eccolo di nuovo alla carica, il maledetto brivido gelido lungo la spina dorsale.
Volta repentinamente lo sguardo verso Radish, sperando con tutto il cuore che sbotti perché non digerisce il fatto che abbia più potere decisionale e che li torturi quasi gratuitamente, trovandolo però stranamente rilassato mentre mangia. 
«Non contare su di me, stavolta ha ragione lui.» Non per questo, però, non proverà in tutti i modi a giocargli quanti più scherzi riuscirà ad escogitare.
C’è solo un problema nel suo piano geniale e comincia a capirlo nel momento esatto in cui sente le prime insopportabili fitte all’addome, ovvero che Everett era il più grande di sedici figli, uno più stronzo ed infame dell’altro: ogni bastardata lui non solo l’ha già pensata, ma probabilmente l’ha pure messa in atto prima di te!


 

𝒫𝑒𝓇 𝓁𝒶𝓂𝑜𝓇 𝒹𝒾 𝒟𝒾𝑜, 𝓔𝓋𝑒𝓇𝑒𝓉𝓉: 𝒶𝓁𝓁𝑒𝑔𝑔𝑒𝓇𝒾𝓈𝒸𝒾!


Decisamente il secondo giorno di allenamento con l’erede del Nord e il suo fidato braccio dentro non è andato tanto meglio rispetto al primo.
L’esuberanza dei più giovani, unita al loro affetto quasi incondizionato per Radish che, in un certo senso, viene reso come più saldo dalla sua evidente reticenza ad accettare la presenza di Everett, ha fatto solo sì che non ascoltassero davvero ciò che gli veniva ordinato. Due di loro, in particolar modo, hanno pensato che fosse molto meglio fare di testa propria, risultando così due dei venti che anche a questo giro hanno fallito miseramente con la missione di recupero.
Sherry, per quanto sentisse il cuore spappolarsi dolorosamente, non ha fatto niente per evitargli la punizione. Anzi, ha detto loro che sono due imbecilli perché, per la puttana!, devono dare ascolto al loro Beta perché lo sta facendo solo per salvargli le chiappe.
Hanno quindi capito che okay, non si rema più tanto apertamente contro Everett, ma ormai era troppo tardi. Avevano fallito e di conseguenza un pestaggio generale non glielo avrebbe risparmiato nessuno.
Per evitarle lo spettacolo Radish ha deciso, assolutamente senza interpellarla neanche per sbaglio, di portarla a cena fuori.
Un primo vero appuntamento alla quale entrambi si sono sentiti un poco spaesati. Non erano mai usciti così, come coppia. L’unica vera uscita fu quel lontano e strano giorno al luna park, quando poi hanno fatto zing davanti al portone di Bree.
Ma si sono calmati quando il Saiyan, scoppiato a ridere da un momento all’altro, ha affermato che solo loro due potevano essere tanto strani da uscire insieme per la prima volta solo dopo aver fatto praticamente tutto ciò che viene dopo.
Sherry si è messa a ridere con lui e poi gli è salita sulla schiena, decisa a farsi portare a cavalluccio ed anche ad usare due ciocche dei suoi capelli come briglie, dando l’ennesima conferma al Saiyan sul fatto che si è legato ad una totale squinternata. Ma non le ha detto poi molto, l’ha lasciata fare e si è ritrovato ad un mercatino vintage.
L’obiettivo principale di Sherry non era acquistare qualcosa ma semplicemente gironzolare e osservare tutto. Questo genere di mercatini li ha sempre trovati divertenti perché ci puoi trovare mille oggetti di cui non immaginavi neanche l'esistenza, per non dire la funzione. Quando ci va si sente un po’ come Alice nel paese delle Meraviglie e si è sentita davvero bene nel condividere questa esperienza a prova di grasse risate col compagno.
Prima di andarsene, però, i suoi occhi si sono posati con adorazione su una vecchia polaroid perfettamente funzionante, munita pure di cartucce per ricaricarla. Non ha fatto in tempo a dire o fare qualsiasi cosa che il Saiyan l’ha afferrata con la coda ed è volato via con lei, mettendole poi tra le mani il tanto desiderato oggetto, prendendosi come premio un bacio così appassionato da mozzargli il respiro.
Subito dopo è stato trascinato ad un festival di street food, dove l'atmosfera li ha fatti sentire molto più a loro agio di quanto non farebbe quella di un ristorante elegante e dove Radish ha scoperto cibi che non conosceva. Alcuni gli hanno mandato a fuoco non solo la bocca ma anche l’intero apparato gastrointestinale, ma gli sono piaciuti lo stesso. Sherry gli ha detto immediatamente di non far sapere al Quartetto della sua propensione per il cibo piccante perché sennò lo tireranno in mezzo alla loro eterna sfida ancora aperta, ovvero chi mangia - masticandoli il più possibile - più peperoncini. Roba da lasciarci le papille gustative in modo permanente, roba malatissima.
Non sarebbero mai voluti tornare a casa. Avrebbero voluto andarsene lontano, solo loro due e lì rimanere isolati da tutto e tutti, amarsi tutta la notte fino al sorgere del Sole senza che nessun pensiero potesse disturbarli… ma sapevano di non poterlo fare. Hanno delle responsabilità adesso, delle grandi responsabilità verso tante persone. Quando la questione sarà finalmente tranquilla e stabile, hanno già deciso di rilasciare i vari piccoli branchi ai vari Alpha che a loro volta saranno controllati da Everett - se deciderà di restare con loro - e che lui dovrà seguire le loro direttive, aggiungendo delle riunioni mensili o cose di questo genere per tenerli sotto controllo. È stata un’idea di Radish in realtà, che vuole potersi godere la compagna in santa pace senza troppe persone sempre tra i piedi.
Un’idea davvero buona che Sherry ha adorato sul serio e che ha fatto guadagnare al Saiyan qualcosa di più di un bacio molto appassionato e che, alla fin fine, li ha ricondotti a casa col cuore un po’ più leggero.
Adesso, nel momento esatto in cui il Saiyan poggia i piedi sul prato di fronte casa, si pente di non averla rapita e condotta su qualche lontano pianeta totalmente disabitato.
Perché tornare a casa e trovare Everett mutato che pisola da un lato e Darko che urla contro un alterassimo Major, con Domino, Becca e Maddox ultra-furiosi alle sue spalle come supporto psicologico, non è certo ciò che si aspettava.
Si aspettava giusto Everett, che di dormire in casa ancora non ne vuol sentire parlare, ma di certo non tutto il resto. Si domanda se la sua bella idea sarà attuabile un domani mentre, visto l’andazzo, quella di prendere la maggior parte di loro e buttarli nelle fauci di Jäger per poi ucciderlo diventa molto allettante.
Non fa in tempo a dire una qualsiasi cosa che il ringhiare furioso di Sherry squarcia l’aria, attirando pure l’attenzione del fratello. Li guarda con quei suoi brillanti occhi rossi e non muove un muscolo, la grossa testa corvina ancora poggiata sulle enormi e forti zampe. Sa di aver esagerato, ma non è che gliene importi poi qualcosa in realtà…
«Si può sapere che cazzo è successo?! Sono stata via poche ore, per la puttana!»
«Quel coglione di tuo fratello li ha devastati totalmente!» Bercia in risposta Major, gli occhi dorati che brillano per la rabbia. Ma di colpo pare darsi una regolata, quasi avesse paura, e Radish capisce che qualcosa davvero non va quando lo vede grattarsi la nuca ed abbassare lo sguardo «Erano sfiniti ed incazzati, ho dovuto sedarli.»
«Cosa hai fatto?!»
«Gli ho dato un qualcosetta di leggero, non preoccuparti. È tutto tranquillo.»
Qualcosetta di leggero.
Non preoccuparti.
È tutto tranquillo.
Tre balle clamorose che fanno solo accapponare la pelle ai due.
Major non ha cosette leggere. Major ha delle bombe pazzesche che ti devastano malissimo il cervello. E le ha date ai due deficienti che volevano fare gli spavaldi con Everett!
«Beh, quasi tutto tranquillo…»
Ora più che mai Radish è convinto che Major sia un deficiente. Un colossale e totale deficiente a cui non affiderebbe neanche la vita di una pianta finta e che invece spesso e volentieri pattuglia attorno a casa sua.
Sherry sospira forte mentre tiene gli occhi chiusi. Si concentra su qualsiasi altra cosa pur di non strappargli un rene a mani nude - d’altra parte senza cuore morirebbe, bisogna arrangiarsi! - e dopo interminabili secondi, dove tutti i presenti già immaginavano un’esplosione di rabbia incontrollata, si volta finalmente verso Radish.
«Io mi occupo di Micah e tu di Mord, okay?»
«Devo proprio?» Borbotta a denti stretti mentre con lo sguardo fulmina per l’ennesima volta il maledetto guastafeste che è tornato a sonnecchiare di lato. Porta solo ed esclusivamente problemi ed ogni giorno pare aumentare pure il carico, altra prova degli stupefacenti talenti dei figli di Mezcal.
«Sei il loro Capitano, quindi sì.»
Vorrebbe mandarla al Diavolo e tornarsene al festival a mangiare altre leccornie, ma poi si ricorda che effettivamente è stato lui a volersi tenere la carica, che nessuno lo ha assolutamente obbligato in alcun modo, e quindi semplicemente borbotta insulti incomprensibili pure per il loro fine udito e si trascina dentro casa assieme a Sherry.
Mentre si dirigono al piano di sopra, inoltre, gli occhi del Saiyan non riescono a fare a meno di intercettare il secchio pieno d’acqua adesso sporca che Major ha utilizzato per pulire il vomito dei due amici, e nuove fantastiche idee gli invadono la mente.

Sherry ha visto spesso e volentieri Micah in condizioni estremamente discutibili, quindi non è rimasta particolarmente impressionata nel vederlo con i polsi legati alla testiera di quello che un tempo era il proprio letto. È stata però infastidita nel constatare che le manette con le quali era stato immobilizzato erano una di quelle che in più occasioni ha usato con e su Radish.
Ma non può badarci, non ora. Deve star vicina all’amico durante lo smaltimento di chissà quali sostanze Major gli ha somministrato per calmarsi e non badare al dolore.
Sfoggia una nuova cicatrice sotto l’occhio e nel constatare questo dettaglio sente una nuova ondata di disapprovazione: il viso di Micah è una maledettissima opera d’arte, rovinarlo con un cicatrice è inaccettabile!
Prima di salire lei e il compagno si sono muniti di grossi bicchieri pieni d’acqua - accompagnati con delle cannucce perché non si sa mai -, kleenex per le eventuali lacrime o sbavature e dei pacchetti di cracker. Dubita che riusciranno a farli mangiare, ma sperare non costa niente.
Notando poi che l’amico è così intontito che la sola idea che possa andarsene da qualche parte è pura fantascienza, lo libera dalle manette e si siede al suo fianco, psicologicamente pronta a tutti i suoi deliri.
«Questa stanza è fatta di Pepsi…» Ed ecco la prima, detta con tono sorpreso ma, al tempo stesso, sicuro. Afferra la scatoletta di kleenex e, senza avere idea di cosa sta facendo, ne estrae un po’ e allunga la mano verso lo scollo di Sherry.
«Posso metterlo nella tua maglia?» Annuisce appena, Sherry, e lo lascia fare. Meglio i kleenex delle lucertole morte, no? «Ora sei carina…»
Si sta trattenendo con tutte le proprie forze dallo scoppiare a ridere perché sennò con che faccia potrebbe dire a Major che è un idiota?
Vedere però Micah che fissa con occhi sgranati il pacco di fazzoletti e poi lo stringe al petto come se fosse una cosa meravigliosa certo non l’aiuta.
«…posso tenerlo?»
«Sì, puoi tenerlo.» Deve essere forte, deve comportarsi come una Regina. Quale Sovrano, in fondo, si lascerebbe trascinare tanto da una simile visione?
Però l’amico si sta infilando il pacchetto dentro la maglietta con fare goffamente furtivo, e la sua volontà vacilla di nuovo.
«Che stai facendo?»
«Lo porto a casa con me…» Qualcosa però non lo convince. Il prezioso bottino, ai suoi occhi, pare non avere abbastanza stabilità, potrebbe perderlo una volta in piedi, e questo è inaccettabile.
«Ho bisogno di un reggiseno… tu hai un reggiseno?»
«Non ora.»
«Tu indossi il reggiseno?»
«Non adesso.»
Non gli importa più. Terrà il pacco con le mani, non scapperà da nessuna parte.
Beh, con una mano. Con l’altra deve reggere il bicchiere per bere. Ma è così difficile, la cannuccia è lontanissima dalla sua bocca. Lo sfotte apertamente, la maledetta!
«Che stai facendo?» Quale Sovrano riuscirebbe a rimanere impassibile di fronte ad un Micah col cervello ridotto ad una poltiglia mentre, tenendo il bicchiere curiosamente lontano dal volto, allunga la lingua per leccare la cannuccia? Nessuno! Ecco perché, seppur trattenendosi ancora, la prima risatina esce di prepotenza dalle sue labbra.
«BEEEVO!» No, non beve. Non gli va più, non è importante: un nuovo pensiero preme con forza per essere portato alla luce immediatamente «Sono stato partorito su una scrivania?»
«Non ne ho proprio idea!» La risatina si fa più forte e, senza volerlo, non può fare a meno di domandarsi come stia andando a Radish, che adesso sta nella stanza che un tempo veniva occupata soprattutto da Maddox e Major.
«Perché… sì… sì… se metti i piedi… su una scrivania… partorisci meglio… e il bambino cade in un cestino.»
Beh, non fa una piega! Pensa mentre nuove risate premono per uscire, costringendola a tapparsi la bocca con la mano. Solo per assistere a scene del genere potrebbe anche andarle a genio l’idea di avere dei figli. In fondo essendo suoi faranno per forza delle stronzate di questo genere ed assistervi sarebbe esilarante, soprattutto perché Radish non reagirebbe poi troppo bene.
«Posso fartelo vedere… sono incinta?!»
«Sono abbastanza sicura di no!»
«NOOO!» Il fatto che sembri essere dispiaciuto dalla mancata gravidanza le fa chiedere a quale ancestrale livello sia arrivata l’abilità di Major di creare cose. Perché Micah si è sempre calato un po’ di tutto e mai una volta è arrivato ad un tale livello di confusione sia mentale che fisica.
Potremmo usare questa schifezza in guerra… magari finirebbero per scannarsi l’un l’altra preda di deliri incontenibili!
«Pepsi!» Da quando in qua a Micah piaccia tanto la Pepsi è un’altra domanda alla quale Sherry non troverà mai risposta. Nelle sue vene scorre il tè freddo alla menta, questa è cosa risaputa!
«Vieni qui!»
«Che vuoi?»
«Vieni qui!»
Non è convinta che sia il caso di dargli retta, per niente. Conoscendolo potrebbe provare a mettere le mani dove davvero non dovrebbe. Una volta hanno avuto un rapporto sessuale perché lei era su di giri per l’alcol, ma ancora in grado di intendere e di volere, e lui spaccato malissimo da uno strano miscuglio di droghe. Fu divertente, molto, ma è abbastanza sicura del fatto che Radish non gliela farebbe passare liscia se provasse a metterle la lingua in bocca neanche in questo frangente. A stento accetta le tentate effusioni di Mordecai e giusto perché, malgrado lo neghi strenuamente, gli è davvero affezionato. Con Micah, invece, potrebbe compiere gesti davvero poco carini.
Quando però lo vede allungare una mano “solo” per metterle un po’ di fazzoletti appallottolati alla meglio nella maglietta, capisce che le sue intenzioni sono innocue. Beh, innocue per lei, Radish probabilmente non gradirebbe neanche questo, ma non vuole pensarci.
«Che stai facendo?»
«Ti ingrandisco le tette!» Le pare estremamente fiero della propria idea ed anche molto soddisfatto una volta inseriti un numero imbarazzante di fazzoletti, quasi tutti a sinistra tra le altre cose, e tira un mentale sospiro di sollievo quando lo vede rigirarsi su un fianco, il pacco quasi vuoto di kleenex stretto al petto mentre borbotta: «Dobbiamo stare un po’ da soli…»
Ha davvero paura di quali siano le sue potenziali intenzioni con il povero oggetto inanimato, ma non vuole pensarci. In fondo Radis è alle prese con un fattissimo Mordecai: deve andare in suo soccorso!

Nel momento esatto in cui Sherry è andata da Micah, Radish è andato da Mordecai nella stanza in fondo al corridoio. Per quale motivo Fern non tirò giù le pareti per creare un’unica enorme stanza per tenerceli tutti non riesce a capirlo. In fondo un muro o una porta potevano forse evitare che si spostassero di notte per intrufolarsi l’uno nel letto dell’altra? Ovviamente no. Mordecai stesso gli ha raccontato, mentre era sbronzo, delle innumerevoli volte in cui è strisciato nel letto di Sherry per potersi divertire un po’ insieme. Ed anche Micah, in realtà. L’idea che lì dentro tutti abbiano fatto un po’ quel gran cazzo che gli pareva non gli è andata proprio a genio, motivo per cui ha spaccato di nuovo il naso a Mordecai. Da quel momento sta un pochino più attento a cosa gli racconta della loro infanzia.
Ora Radish rimane immobile ad osservare l’amico: l’hanno legato al letto con ogni singola cinghia o catena che tengono nel “mitico sexy shop con i cassetti”, bloccandogli per bene le braccia al corpo.
Non farà domande a nessuno, non stavolta. Non ha alcuna intenzione di giocarsi un altro po’ di salute mentale nell’apprendere cosa può aver o non aver fatto in gioventù per dover essere bloccato in questo modo.
«Non è ancora finito?»
Lo guarda senza capire e lo avvicina cautamente. Non gli va di picchiarlo, non quando è coperto di sangue secco dalla testa ai piedi e mostra un numero imbarazzante di nuove minuscole cicatrici dai lembi di pelle che non sono nascosti sotto i vari blocchi.
«Cosa?»
«No, dai!»
Sobbalza appena, decisamente impreparato a dover affrontare una cosa del genere. Sa cosa fare quando sgattaiola in casa che è ubriaco e si rimpiatta nel box doccia o va a rifugiarsi sul tetto per poi calarsi giù dal camino senza un perché, ovvero ignorarlo e fingere di non essersi assolutamente accorto di niente sennò ricomincerà a bere. La prima volta che è successo stavano facendo sesso in modo leggermente spinto e la cosa non gli è andata particolarmente giù, tanto che Sherry ha dovuto impedirgli con le cattive a non usare la fallica e glitterata arma sull’amico.
Questo ormai lo sa, lo ha imparato ed è oltremodo sicuro che in qualche modo riuscirà a fargli passare il vizio, ma in queste condizioni che deve fare? Assecondarlo? Stare zitto? Affogarlo con l’acqua mentre gli ficca i cracker in gola? Soffocarlo con i kleenx?
Dio… si è cacciato in una situazione davvero orribile.
«Rad!»
«Cosa?»
«Ti voglio bene!»
«Grazie.» Nel mentre che l’altro parla con un tono leggermente alto e mostra una notevole falsa lucidità, Radish trascina una sedia imbottita e cigolante vicino al letto e vi prende posto. La faccenda potrebbe andare avanti per un po’, tanto vale provare a stare comodi.
«Puoi vedermi?»
«Sì.»
«Io posso vederti?»
«Non lo so.»
«Perché?»
Forse perché stai fissando il soffitto, idiota? Potrebbe dirglielo, eccome se potrebbe, ma a quale scopo? Dubita largamente che si renda davvero conto di quello che si stanno dicendo, fargli capire perché non è nel suo campo visivo sarebbe solo stupido.
«Perché devi riposare.» Beh, è stupido anche provare a convincerlo di una cosa del genere, ma è un tentativo più che giustificato.
«So che devo riposare. Devo mettere giù le mani, la testa all’indietro e fare un pisolino. Ho ragione?»
«Sì.» Ora anche a lui viene da ridere. Mettere giù mani e testa quando è legato come un insaccato e già steso in un letto? Beh, si tratta di Mordecai alla fine: anche da lucido potrebbe decidere di cominciare a dar testate a destra e a sinistra pur di riuscire nella stupida impresa.
«Bene. È quello che volevo sentire. Buonanotte.»
«Buonanotte.» Sospira mentre lo vede chiudere gli occhi e tenerli strettissimi, come se così potesse effettivamente addormentarsi prima.
«Ti voglio bene.»
«Grazie.» Ridacchia in risposta, passandosi le mani sul volto stanco.
Beh, sì, si è cacciato in un casino notevolissimo e mai nella vita avrebbe preso anche solo in considerazione uno stile di vita tanto folle, talvolta proprio disastroso, ma adesso non riesce davvero più ad immaginarsi alle prese con una vita più semplice.
Il suo posto è lì, in mezzo a loro, a fare più o meno silenziosamente a cornate con Everett, a rotolarsi tra le lenzuola con la focosa e folle fidanzata, a bere, ridere e tenere sempre a bada quei chiassosissimi ragazzoni che, per chissà quale motivo gli abbia detto il cervello, lo vogliono a loro volta difendere da minacce e affronti di vario genere.
La sua vita è diventata caotica e chiassosa, non può voltarsi un secondo che è già successo qualcosa, a breve si unirà pure in matrimonio con la Regina dei Delinquenti e dei Drogati… e, cazzo!, se gli va più che bene così!
«Come va?»
Volta pigramente la testa verso Sherry, apparsa come per magia alle sue spalle. Le sorride appena e si volta di nuovo quando sente il vivace e acuto saluto del Cacciatore immobilizzato che ancora non muove neanche la testa. Cosa diavolo gli hai dato, Maj?!
«Mi pare che tu ti stia divertendo.» Afferma Sherry mentre prende posto sulle gambe del compagno. È stanca morta e la sua psiche è sempre più vicina al crollo per la moltitudine continua di problemi e preoccupazioni che le si accatastano sulle spalle, ma stare vicina a Radish in qualche modo la fa sentire meglio.
Se solo riuscisse ad andare d’accordo con Everett…
«Oh, io mi diverto sempre.» Cinguetta allegro Mordecai, gli occhi che sembrano aprirsi sempre di più assieme al suo sorriso entusiasta «Mostrami le tette!»
«Ehi, calma.» Radish gli picchietta appena la coda contro il braccio, non suscitando assolutamente la reazione sperata.
«Non posso, sto volando!» Ride, il pazzoide. Ride delle sue stesse parole pur non avendole neanche capite.
A Sherry si stringe il cuore nel vedere il materasso macchiato di sangue ed anche nel sentire l’odore delle ferite che si sono riaperte. Sa bene perché Everett e Darko ci vadano tanto pesante con lui, sa che hanno aspettative altissime per via delle sue straordinarie capacità ancora non del tutto sviluppare ed espresse, ma non vuole che gli facciano così male.
«Vado a scuola domani?»
«Penso proprio di no.»
Sherry continua a fissarlo in silenzio, domandandosi da dove gli sia uscita. Lui, esattamente come ognuno di loro, non c’è mai andato a scuola, se non di straforo per rubare delle scemenze, per fare cose decisamente fuori luogo durante la notte o per buttarsi nelle loro piscine al coperto. E fare cose anche lì.
«Forte, c’è la verifica di algebra e non ho studiato un cazzo, ma non ditelo a Gesù!»
Con quest’ultima uscita Sherry gli mette la propria maglietta sugli occhi nella speranza che si addormenti, ritrovandosi poi a roteare gli occhi al cielo quando lo sente fischiettare This is Halloween.
Il 24 sera, subito dopo cena, dovranno guardare tutti assieme The Nightmare Before Christmas come vuole la loro tradizione, e di colpo i brutti pensieri se ne vanno all’idea che Radish vi prenderà parte per la prima volta. Sarà divertente!
«Tuo fratello deve alleggerire un po’…» Borbotta infastidito mentre appoggia la fronte contro la sua spalla, stringendole le braccia attorno al petto nudo. Non sia mai che sbuchi qualcuno e veda qualcosa che proprio non deve vedere.
Sherry si rigira pigramente e si accoccola tra le sue braccia, mettendo le gambe sul suo braccio così che poi sia costretto a portarla a letto in braccio - che piano astuto e maligno! - e con un sorrisetto che va dal rassegnato al divertito afferma: «Ci conviene trovare le sfere e chiedere il miracolo al Drago!»


 

𝒟𝒾 𝒻𝒾𝓁𝓂 𝑜𝓇𝓇𝑒𝓃𝒹𝒾, 𝓆𝓊𝒶𝓁𝒸𝑜𝓈𝒶 𝒹𝒾 𝒻𝑜𝓇𝓉𝑒,
𝒮𝒸𝒶𝓁𝒶 𝟜𝟘 𝑒 𝓂𝓊𝓈𝒾𝒸𝒶 𝓅𝑒𝓈𝓈𝒾𝓂𝒶!


Radish, dopo ormai ben cinque lunghissimi giorni di convivenza forzata con Everett, è sicuro di poterlo tranquillamente paragonare alla stregua di un barboncino toy: riconosce soltanto un padrone e quel “padrone” è Sherry. Ed è evidente perché quando è vicino a lei è sereno, tranquillo, ma appena è qualcun altro ad avvicinarsi (lui in particolar modo), il maledetto barboncino toy che su quattro zampe supera i tre metri di altezza inizia subito ad innervosirsi, ringhia, e se poco poco incroci il suo sguardo muori un po’ dentro.
Anche quel pomeriggio si è domandato per un istante se l’intera dolce famigliola avesse questo straordinario potere che neanche Freezer ai tempi d’oro, ma i suoi pensieri sono stati interrotti violentemente dal sorrisino della sua dolce e carissima fidanzata. Stava sicuramente per uscirsene con un qualcosa che davvero non gli sarebbe piaciuto, lo sapeva, così si è concentrato al massimo delle proprie capacità per rimanere calmo mentre lei gli esponeva la propria geniale idea.
Sarebbe potuta andare peggio, tutto sommato, perché l’unica cosa che chiedeva era vedere un film.
Voleva vederlo tutti assieme sul divano, niente di sconvolgente. Bastava mettersi uno da una parte e uno dall’altra con lei nel mezzo, non ci sarebbero state grandi difficoltà. In fondo, malgrado lo neghi, è troppo stressata per dirle di no e negarle una piccolezza del genere; rischierebbero solamente di mandarle il cervello in pappa.
Così eccoli qua, seduti imbronciati sul divano con gli occhi ridotti a due fessure mentre guardano il film più oscenamente brutto che sia mai stato anche solo pensato.
Teoricamente sarebbe dovuto essere un horror di quelli che piacciono un po’ a tutti e tre, ma in breve si sono resi conto che no, non è un horror, bensì uno splatter disgustoso e senza una maledettissima logica che li sta disturbando a livello psicofisico.
Everett, seduto in modo sempre composto e con una mano a reggersi la fronte tanto è infastidito, si allunga in avanti senza emettere un suono, prende il telecomando e spegne, osservando poi la coppia. Radish se ne sta mollemente abbandonato, anche lui si regge la fronte ed ha un’espressione così sconvolta e disgustata in volto da risultare comico; Sherry se ne sta seduta a gambe incrociate, la schiena rigidamente dritta e gli occhi sgranati di chi davvero non ci sta capendo niente. Di certo neanche lei si aspettava un tale risvolto nella “trama”.
«Fatemi capire bene: lui uccide il padre della ragazza, gli taglia la pelle della faccia e poi la indossa come una maschera mentre limona con lei.» Fosse stata questa la parte peggiore…
«Se devo essere onesto, non sono affatto contento.» Non può fare a meno far scattare gli occhi sulla compagna, domandandole silenziosamente con quale criterio abbia potuto scegliere un simile abominio.
«Okay, ho scelto un pessimo film, ma guardiamo il lato positivo: siete stati vicini senza provare a colpirvi neanche una volta e non vi siete neanche insultati!» Ed è vero, i due si sono ignorati pure senza tenersi il broncio! Per Sherry è un traguardo notevolissimo, soprattutto se si pensa che Radish, la notte prima, aveva simpaticamente pensato che fosse molto divertente rimanere sveglio per poter lanciare una secchiata d’acqua su Everett. Che poi lo abbia mancato perché era già sveglio è un altro paio di maniche, il gesto in sé è stato più che sufficiente a fargli mettere un paio di dadi per il brodo nel soffione della doccia prima che il Saiyan vi entrasse. Inutile specificare le bestemmie che sono volate durante tutta la mattinata e per buona parte del pomeriggio.
Ma in questo momento lo Spettro pare troppo sconvolto per prendersela con lui. Gli hanno deviato la sorellina, l’hanno resa una deficiente che ha congelato delle Mentos nei cubetti di ghiaccio per fargli esplodere la Coca-Cola in faccia per gioco, spesso e volentieri pare totalmente incurante dell’orribile e pericolosa situazione in cui si trovano - lei in modo particolare - e lui pare non avere le capacità per darle una raddrizzata.
A conti fatti però un modo per farle almeno dare una calmata ci sarebbe anche. Un modo odioso, orribile ed intollerabile un po’ come la visione di quel film, ma se vuole che cominci a comportarsi un minimo come una rispettabile Regina e non come un’adolescente fuori controllo deve per forza scendere a patti.
Dopo un’attenta valutazione interiore si alza dal divano e rivolge la propria attenzione al Saiyan, che a sua volta lo guarda con aria sconsolata. Everett se lo volesse potrebbe anche prendere il suo regal didietro e andarsene, ma lui è inscindibilmente legato a lei: dovrà sorbirsi la sua esuberante idiozia finché campa!
«Birra?» Propone dopo lunghissimi ed imbarazzanti secondi passati a fissarsi dritto negli occhi.
Ne seguono poi altri, Radish lo fissa in silenzio ed infine scuote con fare sconsolato la testa, alzandosi a sua volta.
«Mi serve qualcosa di più forte dopo questo orrore.»
Sherry, rimasta sola sul divano, fissa lo schermo nero del televisore mentre tenta disperatamente di capire a cosa diavolo ha appena assistito: Everett gli ha proposto di bere qualcosa insieme di sua spontanea iniziativa e Radish ha accettato abbastanza di buon grado!
Salta sul divano come un gatto e atterra in ginocchio, tenendosi quanto più bassa possibile per poterli spiare da dietro lo schienale mentre il fratello e il fidanzato - questo pensiero le suona ancora strano, in realtà - si siedono al tavolo con una bottiglia di vodka ghiacciata e un mazzo di carte. Da quando in qua il più grande beva superalcolici e il secondo giochi a Scala 40 non saprebbe proprio dirlo, ma le va più che bene così.
Striscia giù dal divano tentando di non farsi vedere per non rompere quella strana magia e gattona il più silenziosamente possibile verso le scale, ma il pericoloso tentativo di lasciarli da soli era destinato a fallire in partenza.
«Tu non giochi?» La voce di Everett le arriva nitidamente alle orecchie e, quando la testolina striata fa capolino da dietro al muro, li trova entrambi insolitamente calmi a fissarla come se fosse pazza.
Con un colpetto di tosse annuisce distrattamente, cercando di recuperare un briciolo di dignità mentre si avvicina. Mentre le danno le carte, non riesce a fare a meno di sorridere nel vederli stranamente calmi pur essendo tanto vicini.
Tutto sommato, scegliere quell’abominio di film non è stata poi una pessima idea…

È ormai l’una di notte ed hanno perso il conto di quante partite hanno giocato. Hanno smesso da una ventina di minuti poiché pure l’irriducibile Everett si è ritrovato a sbadigliare sonoramente per la stanchezza, ma Sherry si è attaccata alle braccia di entrambi e li ha trascinati sul divano per fare quattro chiacchiere.
Non vuole che si rompa la magia. La paura che con qualche ora di sonno i loro progressi svaniscano nel niente le fa accapponare la pelle. E loro due lo sanno, lo hanno capito. Così come hanno capito che davvero devono smetterla di comportarsi come due ragazzini. Lei è sotto una pressione troppo grande, presto affronterà ciò che più teme al mondo e non possono rischiare di compromettere le sue capacità solo perché non si piacciono. Riprenderanno quando tutta quella faccenda sarà chiusa ed archiviata, quando avranno vinto.
Si sforzano quindi di scambiare quattro chiacchiere in modo civile davanti a lei, di non insultarsi e non guardarsi in cagnesco, sorprendendosi entrambi nel vederla sempre più sveglia e felice.
«Oddio, questo pezzo mi piace un sacco!»
La guardano dolcemente mentre si alza di scatto e corre verso lo stereo per alzare il volume.
Non potranno fare molto con lei, questa consapevolezza è sempre più chiara e quasi spaventosa: crescerà e maturerà con i suoi tempi, per adesso resterà una giovane donna di venticinque anni con l’esuberanza di un’adolescente che vuole solo divertirsi.
Una giovane donna follemente innamorata che si sta spaccando la schiena per tenere quante più persone possibile al sicuro, che sta rischiando la propria libertà per riuscire nei propri scopi e che ha un bisogno disperato del loro appoggio per non crollare psicologicamente. Del loro appoggio e di questi momenti di svago, dove balla e canta in salotto all’una di notte con gli uomini della sua vita.
«E quante volte te lo devo dire
Che non devi piangere?
E che il tuo viso proprio non è un posto per le lacrime?»
Sorridono senza neanche rendersene conto per poi guardarsi dritto negli occhi.
Decisamente dovranno deporre l’ascia di guerra, dovranno smettere con le secchiate di acqua gelida durante la notte, con i lassativi nelle bevande e con qualsiasi altro tiro mancino: dovranno unire sul serio le forze e sopportarsi perché nessuno dei due può pensare di allontanarla e perché neanche lei vorrebbe allontanare uno dei due.
Questo strano ma dolce momento viene però distrutto in una frazione di secondo: la porta viene spalancata di colpo e il Quartetto fa il proprio rumorosissimo ingresso al grido di “CAZZALARANDA!".
«Ecco i quattro figli di puttana più favolosi dell’Universo!» Urla poi Micah, due bottiglie di whisky strette nelle mani. Certo, Everett ha ordinato loro di tenere il branco sotto controllo e di non essere troppo esuberanti proprio di notte, ma non ha mai detto niente sul delegare a River, Glover e Willem e sull’essere esuberanti insieme a loro. Non ne ha mai fatto cenno, neanche per sbaglio.
Fosse stato meno preso da mille pensieri, o si fosse avvicinato prima a Radish, avrebbe capito subito che con loro c’è da essere molto specifici.
«Ma che è ‘sto mortorio?!» Le urla contro Maddox mentre si dirige a grandi falcate in cucina, un sorriso allegro sul volto in genere duro.
«Che ci fate qui?» Ringhia a denti stretti Everett, fissandoli trucemente.
«Eravamo nei dintorni.» Ovvio, palese. Che domande del cazzo fa il grande principino?!
«Ehi, giù le zampe!» Ringhia a sua volta Radish quando il lupo afferra Sherry per i fianchi per baciarla a fior di labbra, beccandosi poi un colpo di tacco molto vicino all’inguine. Ma al Cacciatore frega davvero poco, infatti scoppia a ridere di gusto.
«SHER! CHE TI HO DETTO?!» Le urla addosso Major, Micah dietro di lui che stappa la bottiglia con i denti e beve a canna.
«Ci risiamo!» Butta la testa all’indietro, Sherry, le mani sul viso per nascondere un sorriso divertito e colpevole.
Non è certo la prima volta che fanno una cosa del genere, motivo per cui Fern dormiva sempre con i tappi per le orecchie.
«Se vuoi sparare il volume a palla a quest’ora di notte… almeno spara una merda che ci piace!» Armeggia con lo stereo, Major, più che deciso a togliere quella lagna incredibile. Non ha certo lasciato il letto di Domino per ascoltare una cosa del genere!

If you not drunk ladies and gentlemen
Get ready to get fucked up
Let's do it, ha ha
LMFAO!

Elettropop a tutto volume, i bassi pompano così forte da vibrare nei loro petti.
Major afferra Sherry, ballano insieme in modo assai poco elegante. Micah prende il telefono, fa un breve video e lo manda alla sua Mamacita, incitando lei e la sua dolce metà a portare lì le chiappe.
Mordecai sale sul tavolo e balla mentre tiene la bottiglia di vodka precedentemente abbandonata sul tavolo ben ferma tra i denti, lasciandosi scendere il forte liquido giù per la gola quasi fosse semplice acqua.
Maddox beve il whisky che si erano portati e bestemmia sonoramente quando Micah tira un colpo al fondo della bottiglia e gliela sbatte sui denti.
Radish scoppia a ridere, contagiato dalla loro esuberanza. Beh, quella convivenza forzata sarà decisamente più facile se nel mezzo ci staranno queste teste matte. Almeno è quello che spera.
Di una cosa però è sicuro: se lo volessero, loro due insieme potrebbero controllarli davvero.
«Devo ricordarvi chi c’è là fuori pronto a staccarvi la testa a morsi?» Borbotta contrariato Everett, quasi sconvolto dall’improbabile spettacolo.
La sua vita non è mai stata così. Non ha avuto modo di avere proprio una vita, in pratica.
Per lui c’erano altre cose. C’era il dolore, una quasi totale solitudine, una sottospecie di esilio dall’unico posto familiare che gli era rimasto, e c’erano gli incessanti allenamenti giornalieri. Ecco com’era la sua vita prima di avere la Sherry.
Non sa proprio dire se questo stile di vita può andargli a genio o meno, ma sa che deve provare ad adattarsi un poco e, per citare Darko, provare a guardare il mondo con i suoi occhi.
Radish afferra il bicchierino che Mordecai gli sventola sotto al naso e, prima di buttare giù lo shot, si rivolge con arroganza proprio al principe, sorridendo con aria beffarda: «Che provi a venire ora: si ritroverebbe a novanta gradi ancor prima di capire quanto è stato stupido ad avvicinarsi!»


 

𝒫𝓇𝑜𝒷𝓁𝑒𝓂𝒾 𝒸𝑜𝓁 𝒷𝒶𝒷𝓎-𝓈𝒾𝓉𝓉𝑒𝓇!


Chichi decisamente non vorrebbe degli Spettri nei dintorni di casa sua a tenerla sotto tiro. Così come non vorrebbe essere affiancata ogni volta che va a fare la spesa. Ma che può farci? Sherry non le dà ascolto neanche per sbaglio e Radish pare non avere alcun potere per farle cambiare idea, quindi tanto vale accettarli… e sfruttarli.
Si sono dimostrati degli eccellenti tuttofare e dei pignoli insopportabili, tanto che sono finiti a pulire sotto ogni mobile presente in casa sua, frigorifero compreso. Hanno riparato tutto ciò che poteva esserci da riparare, hanno imbiancato, sistemato il giardino, revisionato il pick-up che Sherry e Bree le avevano regalato, rattoppato dei vestiti e più di una volta si sono messi ai fornelli. Fanno tutto quello che possono pur di tenersi occupati e renderla il più felice possibile perché non solo Sherry potrebbe indispettirsi se sapesse che Chichi è scontenta, ma Everett si indispettirebbe sicuramente molto di più se li trovasse sdraiati da qualche parte a pisolare. Far indispettire lui, tra l’altro, è sicuramente molto più pericoloso che far indispettire chiunque altro, Vegeta compreso.
Adesso Chichi è immersa fino al collo nei preparativi di un buon pranzetto per la famiglia, con in sottofondo il vociare continuo di Mordecai e Gohan. Non è per niente felice né di aver quel pazzo per casa, curiosamente libero dal proprio allenamento, né che il figlio trascuri gli studi, ma ha ben capito che non c’è niente da fare in questi casi. Ha pure capito che Gohan sa gestirsi da solo e che l’eccentrico Spettro pare in qualche modo ascoltarlo quando gli dice che ha da fare. Senza contare che si è dimostrato un baby-sitter favoloso per Goten! È riuscito pure a farlo addormentare totalmente sfinito… un dolce, come minimo, se lo merita tutto!
Mentre mescola il composto in una grossa bacinella, pensando distrattamente che loro hanno uno stomaco ancora più spaventoso di quello del marito, non può davvero fare a meno di ascoltare le particolari chiacchiere del ragazzone.
Se ne sta lì seduto sul pavimento con le gambe incrociate, il petto lasciato nudo e i capelli ancora bagnati che gli gocciolano sulle spalle e sulla schiena, in volto il solito sorriso luminoso che contagerebbe il più giovane anche senza dire una parola.
Si sta facendo raccontare delle scemenze che hanno fatto in gioventù, rimanendo davvero sorpreso nel constatare che malgrado ogni follia al limite della fantascienza abbiano mai compiuto sono ancora vivi e in perfetta salute sia fisica che psicologica.
«Quando eravamo piccoli spesso ci annoiavamo da matti. Sai, non avevamo molti altri Spettri con cui giocare, così dovevamo arrangiarci per passare il tempo, soprattutto quando pioveva. Ricordo benissimo la volta che, guardandoci attorno in preda alla noia più nera, notammo il telefono e delle Pagine Bianche con l’elenco delle persone—»
«Le pagine bianche erano le vostre menti…» Ride forte, Mordecai, nel sentire il mormorio acido di Chichi.
Ovvio, palese. Le loro menti erano più bianche del bianco, ci scrivevano ogni giorno e poi, tipo lavagnetta magica, le resettavano andando a dormire e i pochi insegnamenti appresi sparivano di colpo. Povera Fern, se non è impazzita o morta di crepacuore è solo un gigantesco miracolo!
«Comunque ci siamo detti “mettiamo su un’attività! Chiamiamo persone a caso e creiamo del caos!”»
Gohan si pregusta l’apocalittica minchiata che sta per ascoltare, consapevolissimo che sia tutto assolutamente vero. Non ci vuole certo l’udito di uno Spettro per capire se Mordecai sta raccontando balle, basta guardarlo in faccia.
«L’obiettivo era creare questa storia in cui noi eravamo dei bambini abusati. Come funzionava? Uno di noi chiamava un numero a caso e chiedeva tipo di una zia inventata e in sottofondo intanto sentivi il rumore degli schiaffi e di un altro che implorava il padre di smettere!» Non riesce a smettere di ridere mentre parla, emulando il rumore dei colpi sul proprio braccio per fargli capire meglio il concetto. E Gohan ride di gusto, le braccia muscolose strette attorno all’addome e le lacrime agli occhi. Gliene ha raccontate così tante che anche lui è rimasto davvero sorpreso dall’attuale sanità mentale di Fern. Lui, di certo, non ne sarebbe uscito così bene!
«Ma è orribile!» Urla alle loro spalle Chichi, gli occhi fuori dalle orbite mentre pensa che se fosse stato suo figlio a fare una cosa del genere, lo avrebbe massacrato di botte fino a ridurlo ad una poltiglia rossastra spiaccicata sui muri.
«Le persone che rispondevano dicevano “c’è qualche problema? Possiamo aiutarvi?” e noi “no, no, ho sbagliato numero!” e attaccavamo.» Ha le lacrime agli occhi solo nel ricordarlo, gustando di nuovo quel senso di puro divertimento e piacere che provavano nel burlare così stupidamente il prossimo «Il problema è che ancora non esisteva il numero privato e ci hanno pure richiamati, e un giorno ha risposto mamma! Lì è stato problematico!» Le botte che presero quella volta non se le scorderanno facilmente.
Ricorda che erano finalmente usciti in cortile perché aveva smesso di piovere - veniva giù a secchiate e a loro non piaceva per niente - e da un secondo all’altro Fern si materializzò sulla porta, gli occhi iniettati di sangue e i capelli dritti per quanto era furiosa. Brandiva in una mano un matterello e nell’altra una pentola a pressione.
Loro, consapevoli della cazzata fatta, non ebbero neanche il coraggio di scappare più di tanto: provavano a tenerla a distanza con le braccia tese in avanti e nel frattempo si lasciavano legnare di brutto implorando sia pietà che perdono.
«Poteva sembrare che stesse mentendo…» Mormora Chichi, cercando di immaginarsi nei panni della donna. Non ci riesce, proprio no, e davvero adesso le pare ancor di più una Santa con la S maiuscola. Ma anche tutto al maiuscolo, volendo, perché per riuscire a sopportarli, dargli una raddrizzata e sopravvivere è un’impresa che pochi o forse proprio nessuno potrebbe compiere.
«Esatto!» Ovvio, palese. Per lui la parte più divertente fu proprio quella, in realtà.
Lo guarda dritto nei suoi grandi occhi color caramello resi lucidi dalle troppe risate, e quattro semplici parole piene di veleno le escono prepotentemente dalle labbra: «Siete delle persone orribili

Chichi però non è l’unica che si è ritrovata con degli Spettri in giro per casa.
Bulma, a causa di tutto quello che ha creato e messo a disposizione a Vegeta per i suoi allenamenti, si è ritrovata a sua volta con un bel via vai per casa.
Certo, lì provano a comportarsi in modo un poco più civile perché sennò il Saiyan gli devasterà la vita a furia di pugni, ma comunque si tratta sempre di Spettri adulti a briglia sciolta.
Qualche giorno prima un uomo d’affari con il quale doveva concludere un accordo molto importante le ha scioccamente mancato di rispetto, alzando davvero troppo la voce e Willem stava passando di lì…
Per farla breve, per la paura che gli ha fatto provare l’accordo è stato concluso con dei grandi vantaggi per la scienziata, che sarebbe sì stata capacissima di farsi valere da sola ma che si è trovata piacevolmente sorpresa dalla cavalleria dell’uomo. Dopo gli ha offerto una buona merenda prima che ricominciasse ad allenarsi, promettendogli che non avrebbe detto a Vegeta o, molto peggio, a Radish del suo scoppio d’ira.
Ma c’è un altro Spettro che gira spesso per casa loro perché Vegeta lo trova abbastanza talentoso da meritare la sua attenzione e che da tre giorni si ritrova costretto a rimanere fino a tardi per colpa di due grandi occhioni blu che lo guardano pieni di tristezza ogni volta che si avvicina alla porta.
Ma adesso suddetto Spettro non può rimanere, ha una fame che non ci vede e pure un appuntamento in agenda, quindi stavolta è proprio l’aiuto di Bulma a farsi profondamente necessario.
«Bulma, ho un problema!» Urla infatti River, una mano sul viso e l’altra premuta contro la porta d’ingresso.
«Che problema?» Urla di rimando la donna, poggiando il proprio libro sul tavolo e voltando pigramente la testa. Con loro si urla sempre, ormai l’ha capito, e in realtà non gliene può fregare di meno. Le ricordano i giorni in cui, da ragazzetta, sua mamma o suo papà la chiamavano per cena o per altri motivi e finivano per urlare da una stanza all’altra interi discorsi.
«È meglio se vieni a vedere!»
Il suo tono di voce le pare insolito, uno strano miscuglio tra il divertito e il rammaricato, motivo per cui si alza svogliatamente per raggiungerlo. È stanchissima, è stata una giornata lunga e lei, che proprio non riesce a tenere a freno le idee, sta continuando a studiare un qualche marchingegno da far indossare agli Spettri per far sì che i loro pensieri vengano letti ed espressi per farsi capire anche su quattro zampe. Loro non gli sono sembrati poi troppo entusiasti, soprattutto all’idea di essere usati come caviette da laboratorio, ma poi lei ha detto chiaramente che avrebbe comunicato a Radish che si sono comportati male in casa sua e quindi tutti con la coda tra le gambe.
Lo spettacolo alla quale adesso sta assistendo Bulma, però, è assai più spassoso di quegli omini che tirano giù la testa e le fanno fare come vuole solo perché sennò farebbe la spia: suo figlio se ne sta aggrappato con tutte le proprie forze alla gamba di River per impedirgli di andarsene.
Anche la sera prima aveva fatto le bizze dal momento che con l’uomo si diverte davvero tanto e che gli dà tutte quelle dolci attenzioni paterne che non ha mai ricevuto prima, ma certo non si aspettava che si impuntasse in questo modo.
«Non mi sembrava carino dirlo ad alta voce.» Ed è vero, gli sembrava poco rispettoso nei confronti di Vegeta fargli vedere suo figlio comportarsi in questo modo nei propri confronti.
Bulma, seppur intenerita dalla scena, comprende che l’uomo ha una vita e non può passare sempre il suo tempo libero in compagnia del figlio, così si piega in avanti per prenderlo e staccarglielo di dosso, trovando però una notevole resistenza da parte sua.
«Trunks, tesoro, vieni.»
«Non tirarlo, per l’amor di Dio! Si è aggrappato così forte che rischia di strapparmi pure i legamenti!» La cosa forse più assurda di tutta quella faccenda è che anche quando torna a casa al Sud succede sempre così. I suoi nipoti gli si attaccano alle gambe e alle braccia - o alle zampe e alla coda - pur di non farlo andare più via e lui si trova sempre costretto a chiamare rinforzi per farsi liberare. Sua sorella e le sorellastre sono sempre ben disposte a dargli una mano, consapevolissime di quanto quei dentini aguzzi facciano male quando si conficcano nella carne, mentre i fratellastri se la ridono alla grande da un lato.
Come in quei casi, anche stavolta River si trova costretto un’altra volta ad abbassarsi per avvicinarsi al volto del bambino, che tutto pare fuorché incline a mollare la presa. Lui è suo amico e loro si divertono un sacco, no? Ecco: devono stare insieme e fine della faccenda!
«Nanetto, io torno domani, ora devo andare a mangiare.» Tenta così, usando il tono più dolce possibile per rabbonirlo, notando subito che non funziona neanche per sbaglio. Ha il sangue di Vegeta che gli scorre nelle vene, non poteva certo essere un frignone che molla subito la presa!
«Nano, non sto scherzando: pure tua madre sta cominciando a sembrarmi molto appetitosa, e non in senso buono.»
Se c’è una cosa però che è capacissima di smuovere il forte Alpha sono le lacrime di un bambino, siano pur queste delle palesissime bizze con annesse lacrime a comando. Non ce la fa, non lo sopporta. Sua sorella ce lo fregava tutte le sante volte da piccoli e, essendo il primogenito più stronzo di tutti gli altri, lo ha subito insegnato a tutti i cuccioli per farlo capitolare come uno scemo ad ogni labbrino tremolante. Cosa ci trovi di tanto esilarante davvero River non riuscirà mai a spiegarselo. Anche perché lui non ne è consapevole, ma il forte e cazzutissimo principe se la dà a gambe levate quando i suoi figli piangono perché gli si spezza il cuore e finirebbe col fare tutto quello che vogliono.
«Dai, lasciami, così vado a mangiare e domani torno. Ti porto pure delle caramelle, ti va?»
Trunks ci pensa, soppesa le sue parole per quanto la sua infantile mente glielo conceda, soffermandosi per interminabili secondi sulla parola “caramelle” ed infine cede.
Gli lascia la gamba e lascia che sua madre lo stringa al petto, sorridendo poi giocosamente quando il lupo gli passa una mano tra i capelli lilla in un gesto affettuoso. Sorriso che poi sparisce quando la porta si chiude e l’amico sparisce dal suo campo visivo.
Potrebbe anche non tornare più per quanto ne sa, ma i baci affettuosi di sua madre sulla guancia e il suo sorriso caldo e luminoso lo rallegrano di nuovo. Oltretutto adesso è l’ora della pappa, non c’è davvero tempo per dispiacersi.
«Mi sa che ti abbiamo trovato un baby-sitter con i controfiocchi, vero?»

 

 

𝒫𝒾𝒸𝒸𝑜𝓁𝒾 𝓈𝒸𝑜𝓃𝓋𝑜𝓁𝑔𝑒𝓃𝓉𝒾 𝒸𝒶𝓂𝒷𝒾𝒶𝓂𝑒𝓃𝓉𝒾.


Micah è ormai visto come il “capoclasse” tra i centotrentadue Spettri messi sotto ai riflettori da Everett e Darko. Dopo di lui, Mordecai.
Se all’inizio mostravano una profonda indifferenza mista ad insopportabile strafottenza, dopo la clamorosa batosta presa i due hanno deciso di mostrare il proprio valore pur di non prenderne più e, in egual misura, perché Sherry ha messo in campo l’artiglieria pesante per farli impegnare: Fern.
Vedere appena svegli il suo sguardo incazzato e deluso mentre scuoteva lentamente la testa è stato sufficiente per far scattare nelle loro menti l’interruttore giusto, tanto che Micah ha realmente sorpreso Everett e Darko. È infatti riuscito a recuperare ciò che gli avevano sottratto in ventidue minuti spaccati - il tempo di raggiungere il posto, ecco - ed ha poi aiutato gli altri, affermando con tono schifosamente annoiato che era una prova sin troppo facile e che si aspettava di più.
Il punto è che non era assolutamente facile, per niente. La traccia odorosa che i due avevano volontariamente lasciato era troppo debole per poter essere rintracciata e seguita così facilmente e a colpo sicuro, indice solamente che il ragazzo ha un olfatto ed una velocità davvero al di sopra della media. Mordecai, in seguito, ha dato prova di essere così furbo e tenace da essere capace di battere Darko, seppur con una certa difficoltà che sta via via scemando.
È solo per questo che sono riusciti a guadagnarsi un poco più di libertà. Almeno è ciò di cui sono fermamente convinti anche adesso, seduti al tavolo da pranzo della “base operativa”. Dio solo sa quanto Radish speri che tutta quella storia si chiuda velocemente così da poterli cacciare fuori a calci nel culo per potersi godere un po’ di pace assieme alla compagna!
Se ne stanno tutti lì a mangiare mentre parlottano svogliatamente del più e del meno. In genere il 16 Dicembre è un giorno di grande trepidazione in vista del giorno successivo, quando si festeggia il compleanno di Micah. Ogni anno c’è un tema e tutti vi si devono attenere fermamente. Ci fu l’anno “Film” - che tra l’altro fu forse quello più complicato ed in fine artistico -, l’anno “Wonderland” - quello più tossico -, l’anno “Pirati” - quello più alcolico -, l’anno “Casinò” - quello più costoso.
Quest’anno, invece, non ci sarà niente. Everett e Darko si sono impuntati malissimo ed hanno convinto Sherry, con l’appoggio di alcuni membri del branco, che non fosse il caso di fare troppo casino considerata la delicata situazione, e ciò ha portato a sopprimere ogni possibile idea e sostituirla con una cenetta veloce giù alla tana.
Non ne sono felici. Per niente.
Radish è più o meno preoccupato nel vederli così pacati. Non gli sembrano neanche loro!
Sono silenziosi, spenti, gli occhi sempre vivaci sono diventati quasi maturi e seri. Questa, almeno, è l’apparenza, ma lui sa che non è un qualcosa di reale: sono solo depressi. Tutto ciò che li teneva su di morale, che non faceva pensare loro che tutto potrebbe finire davvero da un istante all’altro, erano proprio le loro festine, i concerti, i giochi da ragazzini e le serate a ballare.
Non che a lui manchino poi troppo, sia chiaro, stare a letto con Sherry è sin troppo stimolante, ma non gli piace per niente vederli così. Non proprio per loro in generale, quanto per lei: i suoi occhi sembrano essersi fatti come più scuri, i suoi sorrisi meno luminosi. La stanno costringendo - lui compreso - ad essere un qualcosa che non è, lo capisce e non sa come aiutarla perché, seppur silenziosamente, appoggia la scelta di Everett. Al tempo stesso, però, non gli va a genio.
È una situazione orribile pure per lui perché sa che devono concentrarsi sull’obiettivo, che devono mantenere la mente sgombra per poter affrontare al meglio lo pressione e gli sforzi alla quale vengono sottoposti, ma sa anche che hanno fisicamente e mentalmente bisogno di comportarsi come sempre perché sennò potrebbero comunque perdere di vista quel maledettissimo scopo per il quale si stanno sforzando tanto.
È una situazione orribile che però si riscalda da un istante all’altro, il tempo sufficiente ad Everett di entrare dalla porta di servizio… seguito a ruota da Camila!
«Che cazzo ci fate voi due insieme?!» Ringhia inviperita Sherry, scattando in piedi con così tanto impeto da far cadere con un tonfo la sedia alle proprie spalle. E pensare che la testa stava per crollarle nel piatto tanto si stava assopendo!
Gli altri, pur non alzandosi, fulminano la donna con lo sguardo e le ringhiano contro più o meno rumorosamente. Ora sì che Radish li riconosce: aggressivi e pronti a menar le mani per un motivo stupido, spesso pure frutto della loro immaginazione.
«Te l’avevo detto che non la prendeva bene.» Borbotta stizzita la bionda, gli occhi carichi di disprezzo che la scrutano centimetro dopo centimetro. Non la può sopportare, non ci riesce: lei ha tutto quello che ha sempre voluto, ogni cosa, e potrebbe avere pure di più se lo volesse. Potrebbe avere quello che lei ha espressamente detto di volere circa sei anni prima, ciò che tutt’ora vorrebbe malgrado tutto e che le è stato aspramente negato.
Ma stavolta è proprio lei ad avere una cosa che l’altra non ha. Un qualcosa che, in cuor suo, spera non possa mai avere.
Everett, dopo essersi preso una fumante tazza di caffè, mette finalmente al corrente i presenti del perché Camila sia con lui ed anche perché non lo avevano trovato in cucina appena svegli, come invece accade di solito: «È corsa da me, stanotte. Una delle sue amiche era uno degli uccellini dei Jäger e, toccando i tasti giusti, ha fatto saltare fuori altri tre nomi.»
Guardano Camila, poi Everett. Everett, poi Camila.
Li guardano a turno, increduli, per circa cinque secondi, incapaci anche solo di pensare che Camila, la ragazza di facili costumi che tutti disprezzano, sia capace di far qualcosa all’infuori di aprire le cosce.
Guardano Everett e sentono le budella attorcigliarsi all’idea di ciò che può aver fatto per estirpare la minaccia.
«Sì, ho passato una nottata magnifica.» Dopo queste parole, dette con un’allegria disarmante, oltre alle budella attorcigliate tutti sentono chiaramente il gelo entrargli nelle ossa e farli rabbrividire. Radish e Vegeta sicuramente fanno paura, parecchia anche, ma Everett… lui è su tutto un altro piano.
«A quale scopo?» Sibila Sherry, portandosi davanti alla donna che da sempre le rema contro in ogni modo possibile.
«Scusa?»
«Perché l’avresti fatto? Disprezzi tutti e tutti disprezzano te. Perché mai aiutarci? Perché mai parare il culo a me? Pensi forse che così uno di loro si lancerà tra le tue braccia?»
Camila la guarda con odio. In realtà neanche lei riesce a capacitarsi della propria scelta. Avrebbe tranquillamente potuto tenere la bocca chiusa ed ignorare la shockante verità dell’amica davvero troppo ubriaca di cui sospettava già da un po’, avrebbe potuto trovare un modo per allontanarsi da tutti loro come spesso ha fatto in passato, avrebbe anche avuto qualcuno praticamente costretto a prenderla sotto la propria ala.
Invece no.
La Camila che loro conoscono, quella che è stata per ventisei anni, avrebbe potuto farlo. Ma questa Camila non può più. Ha qualcosa per cui combattere adesso, non può più sottrarsi se vuole arrivare al traguardo ed ottenere l’unica cosa che certo non sperava di ottenere tanto facilmente.
«Perché sono incinta.»
Gelo.
Gelo assoluto e silenzio tombale.
Pur considerando la sua lunghissima lista di precedenti, pensavano che fosse abbastanza sveglia da capire quando fosse il caso di fare marcia indietro prima del danno, invece…
«Come hai detto?» Gli occhi di Sherry sono sul punto di uscire violentemente dalle orbite e per Camila è davvero insopportabile.
«Inutile chiedere chi sia il padre, immagino…» Il commento di Radish però lo è di più, motivo per cui decide di concentrarsi su di lui.
«Ehi, stronzo!, so benissimo chi è il padre, okay?» Ringhia in risposta, bloccandosi sul posto non appena incrocia per sbaglio due grandi e vivaci occhi azzurri. Ecco, non aveva preso in considerazione l’idea che ci sarebbe stato pure lui, convinta infatti che fosse ancora a rotolarsi tra le lenzuola con la sua nuova amichetta. Non è tanto per il fatto che abbiano dei precedenti a sentirsi un poco a disagio, quanto per il fatto che lui conosca molto bene il diretto interessato.
«Sono di Timo…»
River sputa di prepotenza il sorso di caffè che stava bevendo e prende in pieno volto Maddox che, consapevole della gravità delle parole di Camila, se ne rimane in silenzio e si limita a ripulirsi.
«TIMO?! Stai scherzando, vero?!» Le urla contro River, gli occhi fuori dalle orbite anche più di quelli di Sherry. In realtà lei adesso sta trattenendo una sonora risata isterica, ma giusto perché ha pensato a cosa volesse dire trovarsi al suo posto. Ben ti sta, stronzo!
«Guai a te se gliene fai cenno, chiaro? Non lo sa e non voglio metterlo nei casini.»
Timo e Camila.
Camila e Timo.
No, River non vuole crederci.
Okay, il suo caro fratellastro non è mai stato una cima. Anzi, si è sempre mostrato piuttosto tonto, ma supponeva che i fratelli lo tenessero sotto tiro! È pur sempre un erede legittimo, per Dio!, e il futuro Re è stato piuttosto chiaro sul fatto che non vuol vedere bastardi disseminati a destra e a sinistra perché - e questa motivazione ha sinceramente colpito River - non vuol vedere altri ragazzini soffrire per colpa di un “coglione incapace di tenerselo nelle mutande”. Non ha mai capito se fosse un modo tutto suo di difendere i fratellastri e sorellastre o semplicemente un poco velato insulto al padre, ma neanche ha mai considerato importante la risposta.
«Camila che pensa al benessere di qualcuno all’infuori di sé stessa…» Borbotta sconvolto Mordecai mentre giocherella con la montagnetta di briciole di biscotti che ha sparso davanti a sé. Il suo sguardo poi scatta sulla figura di Sherry in un modo assai sospetto agli occhi del Saiyan.
«Il mondo sta per finire, ho capito. Andiamo a scopare prima che tutto precipiti nelle fiamme dell’Inferno?» Ed aveva ragione ad insospettirsi. Ovvio, palese. Con Mord c’è sempre da stare in guardia ed essere sempre prontissimi a tirargli un pugno nelle costole, proprio come adesso.
«Ehi, puoi partecipare anche te ovviamente, non ti preoccupare!»
Camila, stufa del loro teatrino, scatta in avanti e si porta a quindici centimetri scarsi da Sherry, non sorprendendosi per niente nel vederli irrigidirsi dal primo all’ultimo. Non la sorprende neanche il ringhiare sommesso di Everett. È la Regina, tutti - o quasi - sono più che disposti ad uccidere per lei.
«Senti, tu non mi piaci e io non piaccio a te. Anzi, in questa stanza mi state tutti sulle palle tanto quanto io sto sulle palle a voi… ma questi bambini non c’entrano niente. Per quanto possa suonarti strano o incredibile, sappi che voglio che crescano felici e al sicuro, e questo non sarà certo possibile se Jäger vincesse. Pensa a cosa farebbe a tre bastardi del Sud.
Sai… anni fa mi avvicinò e mi chiese di tenerti sotto tiro, di portargli informazioni sul tuo conto. Pensavo che volesse trovare un modo fantasioso per ucciderti facendoti prima soffrire fino alla follia, invece voleva solo tenerti sott’occhio per qualche motivo suo.» Già questo fu più che sufficiente per alimentare il suo già forte risentimento nei suoi confronti, ma non abbastanza per scatenare l’odio. Quello è nato circa dopo sei minuti di conversazione.
«Gli chiesi cosa me ne sarebbe venuto e lui mi chiese cosa volevo. La mia risposta penso tu possa immaginarla, così come puoi immaginare che me lo negò subito. Mi disse che il massimo che avrei potuto avere dal Nord sarebbe stato uno dei suoi cani della guardia, niente di più.»
Jäger.
Lei voleva Jäger come compagno di vita.
Voleva lui, la sua bellezza, la sua intelligenza, la sua forza mostruosa e il suo potere.
Voleva essere la sua Regina.
Apprendere che l’unica donna che voleva in quel momento e che avrebbe sempre voluto era, è e sarà solo Sherry fu più che sufficiente per far nascere un odio forte e viscerale nei suoi confronti. Il fatto che poi adesso abbia Radish come compagno, un uomo ancor più forte ed altrettanto affascinante, non può far altro che alimentare a dismisura quel sentimento.
«Gli dissi di sì, che era comunque qualcosa di allettante… Dio solo sa come ho fatto a convincerlo. Non ho mai corso così tanto in tutta la mia vita, mi sono allontanata e riparata dietro chiunque avesse le capacità di farmi da scudo per anni, girando spesso e volentieri attorno ai Territori del Sud perché sarebbe stato improbabile che arrivasse fin lì. Un paio di mesi fa poi le cose sono andate come ben sai, io sono rimasta incinta l’ultima notte della Festa del Fuoco ed ho deciso che avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerli. Se quel qualcosa significa chinare la testa dinanzi a te… beh, okay, mia Regina, chinerò la testa. Ma tu devi promettermi che farai qualsiasi cosa per permettere a questi bambini di venire al mondo.»
A Sherry non piace Camila. Non la sopporta proprio. Il fatto che volesse stare al fianco di Jäger - che probabilmente lo voglia ancora con tutta sé stessa - è aberrante per lei.
Ma ha ragione.
Camila, la donna che a più riprese è andata a letto col suo ex-ragazzo mentre ancora stavano insieme e che ci ha provato spudoratamente col suo fidanzato, ha ragione.
Quei bambini non c’entrano niente. Non hanno alcuna colpa e meritano più di una possibilità per mostrare che le scelte di vita dei genitori non pregiudicano ciò che si potrà essere una volta al mondo. In tal caso, lei si sarebbe dovuta suicidare non appena avesse avuto le facoltà per farlo: suo padre era quello che era e questo sarebbe stato già da solo un motivo più che sufficiente, mentre sua madre ha condannato senza troppi ripensamenti Everett per un qualcosa che tutt’ora non capisce del tutto. Lo ha condannato per la “portatrice del caos”. Per Sherry, tutto sommato, la madre biologica poteva anche essere paragonata ad una “pazza fanatica fuori di testa”, niente di più, niente di meno.
Se quindi si dovesse tenere tanto conto dei precedenti dei genitori di tutti i presenti e su questa base decidere se un bambino merita o meno di vivere… beh, nessuno di loro probabilmente sarebbe lì.
«Vedi di non allontanarti mai dai gruppi più numerosi e abbandona immediatamente gli allenamenti con Tensing. Saranno anche Purosangue ma non puoi rischiare che prendano colpi troppo duri.»
Camila si porta indietro di un passo mentre annuisce debolmente, chinando poi rispettosamente il capo in un modo che per Sherry è ancora assurdo. Non lo è il fatto che lo faccia lei in particolare, sia chiaro, ma proprio che qualcuno accenni ad un inchino di fronte a lei. Certo, ha sangue nobile nelle vene e via discorrendo, ma rimane sempre quella che punta un revolver in faccia a chi le va di traverso, che spellava i nemici più per spregio che per necessità e che si spacca di canne grosse come le sue dita ogni volta che ne ha la possibilità! Gli inchini proprio non le si addicono, no.
Prima di chiudersi la porta alle spalle e allontanarsi felicemente da tutti loro, Camila ci tiene davvero tanto a puntualizzare un paio di piccolezze all’Alpha del Sud, che ora pare essere quasi catatonico.
«Sì, River, io e Timo scopiamo da anni, ma non avevamo mai assolutamente parlato di mettere su famiglia, quindi muto. Chiaro?»
Radish ed Everett, che non sono minimamente turbati dalla grande rivelazione della donna anche perché decisamente poco interessati, aspettano pazientemente che quei cuccioli esagitati rimettano insieme i neuroni prima di dire una qualsiasi cosa. Ci vogliono circa due minuti, dove il Saiyan ha seriamente preso in considerazione la possibilità di un ictus collettivo tanta è la loro immobilità, quando poi Bree prende la parola in modo assai delicato e signorile.
«Porca puttana troia!»
«Puoi dirlo!» Bercia Maddox, cercando di immaginare il futuro dei nascituri. Certo, lui e Becca non si considerano assolutamente dei genitori modello - e chi lo è? -, ma quella… no, non vuole più immaginare.
«Come fa ad essere sicura che siano di Timo?» Borbotta Major, cercando davvero di capire come sia riuscita in un’impresa così grande. Secondo il suo modesto parere neanche col test del DNA uscirebbe un unico nome, soprattutto se si considera che, prima di collassare per l’alcol, l’ha vista entrare ed uscire dalla boscaglia con almeno sei partner differenti.
«Timo è un deficiente. Per davvero però, non come voi che ci fate: lui è un cretino. È un po’ il Baileys della famiglia reale del Sud, ecco, con la differenza che pare essere così scemo da seminare dei bastardi in giro.»
Everett per un misero istante s’immagina gli svariati danni che il gemello avrebbe potuto compiere se non avesse avuto lui come punto di riferimento, apparendo infatti ai suoi occhi come un qualcosa di inarrivabile e in definitiva incredibilmente perfetto, e giunge subito alla conclusione che in quel caso avrebbe finalmente avuto un qualcosa in comune col padre.
Ma poi si ricorda che non sta evitando di trascinarli fuori ad allenarsi senza un motivo ben specifico e abbandona subito il pensiero.
«Già che siamo in vena di chiacchiere…» I vari giovani Spettri lo guardano e lui subito legge nei loro occhi un discreto sgomento. Hanno paura di ascoltare la sua nuova brillante idea per metterli ancor più sotto torchio e Mordecai sbuffa perché sa che se non allenerà personalmente Sherry toccherà proprio a lui. Il braccio gli fa ancora male per tutti i morsi che si è preso ultimamente, quindi per un giorno passerebbe più che volentieri!
Ma stavolta Everett non ha niente di particolarmente doloroso da comunicargli, anzi: «Niente droghe alla tua festa, chiaro? Un po’ di alcol va bene, ma rimanete comunque abbastanza lucidi e tornate dal branco per le undici, così farete l’ultima bevuta tutti assieme come avevate programmato.»
Seconda ondata di gelo e assoluto silenzio, i loro sguardi sono ancor più sbalorditi e la novità “Camila mamma” è già volata fuori dalla finestra.
Pure Radish lo fissa con aria perplessa, non riuscendo a credere davvero a ciò che ha sentito. Sulla sua espressione, però, appare velocemente l’accenno di un sorriso riconoscente.
«Stai dicendo che possiamo festeggiare normalmente?» Domanda senza un minimo di convinzione Sherry, avvicinandolo fino a potergli toccare un braccio come a volersi assicurare che è davvero lì e non si tratti del mero frutto di un’allucinazione collettiva.
«Direi di no dal momento che vi ho vietato le droghe e le sbronze epocali.»
Micah scatta, veloce come probabilmente nessun altro, e gli serra con forza le braccia attorno al corpo in un abbraccio soffocante e assai invasivo che non piace neanche un po’ al maggiore.
«Lasciami subito o ti strappo le braccia a mani nude.»
Esegue senza remore e salta con entusiasmo sul tavolo, pronto ad urlare l’idea per il tema della festa, pensato in una frazione di secondo. Un tema orribile, discutibile per tantissime ragioni ma che, nella sua testa, suona davvero bene: «Pigiami orribili!»
Gli animi si accendono in una frazione di secondo, tutti urlano eccitatissimi, scattano in piedi e buttano lì idee completamente a caso. In un istante, i loro giovani e vivacissimi Spettri sono rinati.
«Abbiamo bisogno di qualcosa di adatto!» Urla Bree, nella cui mente già prendono forma i pigiami più orrendi e sobri che ha mai visto in giro. Ahhh, si divertirà un mondo a questo giro!
«Puoi dirlo! Quel poco che ho è da porcona!» La segue a ruota Sherry, paralizzandosi sul posto non appena avverte nuovamente quella strana colata gelata nella schiena. Voltandosi, poi, nota lo sguardo a dir poco furente del fratello «Da suora. Volevo dire da suora.»
Il suo sbuffo infastidito per lei è più che sufficiente per capire che sorvolerà sulla faccenda. Sa essere così incredibilmente geloso che, in realtà, ai suoi occhi risulta addirittura adorabile. Anche perché poi non fa niente di che, limitandosi a sbuffare come una locomotiva e a tenerti il muso, ed ogni volta riesce a rabbonirlo abbracciandolo forte e dandogli tanti velocissimi baci sulla guancia.
Non si sbagliava nel dire che Everett non è cattivo: va solo preso per il suo verso.
«Giuro che torniamo entro un’ora e poi ci ammazziamo di fatica!» Trilla felice prima di buttarsi sul compagno per mollargli un energico bacio e schizzare poi fuori di casa assieme all’esagitato gruppetto.
Era da giorni che non li vedeva così vivi ed era da altrettanto tempo che non lo baciava così e il suo sorriso non era tanto luminoso. Ora può dirsi decisamente più tranquillo pure lui, pur essendo più che consapevole di ciò che l’aspetta. In fondo Sherry è una chiacchierona, almeno con lui, e gli ha raccontato abbastanza nel dettaglio delle precedenti feste, mostrandogli anche con un certo orgoglio le fotografie. Ora che ci ripensa, forse, non sarebbe stato male evitarselo…
«Molli un po’ la presa?» Borbotta con una certa allegria nella voce quando l’altro gli si siede vicino, sorridendo soddisfatto nel constatare che pure oggi, per il secondo giorno consecutivo, non si irrigidisce poi troppo nel sentire la sua voce.
«Ha bisogno di svagarsi… e anche gli altri.» Non ha bisogno di dirgli che la sola idea di ciò che ha deciso di fare lo irrita su tanti di quei livelli da sembrare impossibile, è palese anche così, mentre beve il caffè e tiene gli occhi fissi sul mazzolino di fiori in mezzo al tavolo.
Però è vero, hanno bisogno di staccare un poco il cervello: non sono cuccioli del Nord, la loro mentalità è ben diversa, non potevano adattarsi e reggere adesso, non con tanti anni di abitudini troppo differenti sulle spalle. L’unica soluzione per tenerli in carreggiata era solo lasciarli un poco fare.
Tutto sommato, poi, non sarà affatto male rimanere una serata in casa per i fatti propri. Suonerà un po’ il pianoforte magari, e poi leggerà quei grossi libri che gli ha procurato Sherry.
«Ehi, Everett!»
Anche se fisicamente impossibile, ad Everett pare comunque di sentire la colonna sonora di “Lo Squalo”. La sente allo stesso modo in cui sente i passi pesanti di Mordecai mentre torna in sala da pranzo. Quando spunta la sua testa da dietro al muro, poi, nella sua mente si vede come una povera ed inerme foca che sta per essere stretta tra le fauci dell’enorme e possente squalo bianco.
«Preferisci Gizmo o Stitch?» Ecco, preso tra le fauci, stritolato e fatto a brandelli. Non può più uscirne.
«Come?»
«Ahhh, fa niente: scegliamo noi!»
Non riesce a parlare. Non è capace di emettere una sola sillaba. Il suo cervello in realtà non è capace neanche di comprendere a pieno ciò che gli è stato detto e certo non potrà chiedere spiegazioni a quel furetto tutto pepe che è già scappato alla stessa velocità alla quale era apparso.
In suo “soccorso” però arriva subito e con grande gioia un ghignante Radish: «Congratulazioni, principino: sei appena stato invitato al compleanno.»
Silenzio e falsa indifferenza. Non può far altro.
Se si rifiutasse, se mostrasse anche solo un decimo del fastidio e del disgusto che sta provando, Sherry ci rimarrebbe malissimo. Oltretutto andrebbe a piagnucolare proprio dal Saiyan che, dall’alto della sua grande maturità, potrebbe riaprire le ostilità usando le lacrime della più piccola come scusa.
No. Non può permettersi simili mosse false, non ora che non ha ancora inquadrato per bene i vari membri del branco. Gli ci vorrà del tempo, Darko glielo ha detto chiaramente, ed avrà anche bisogno di quanto più appoggio possibile se vuole viverla al meglio.
Quindi sì, andrà alla festa di compleanno di Micah e si comporterà in modo quanto più amichevole gli è possibile. Ci porterà anche Darko, dovesse trascinarlo per le orecchie e poi inchiodarlo alla sedia.
Una breve lamentela, però, adesso non gliela può togliere nessuno: «Sono sempre più convinto di aver fatto qualcosa di davvero orribile in una vita precedente.»
Radish ridacchia appena mentre si alza, pronto a raggiungere il proprio gruppo per una dura corsa di riscaldamento. Al contrario del cognato, però, lui la lamentela se la tiene nella testa per non dargli alcuna soddisfazione e, soprattutto, per evitare la solita presa in giro, ovvero tutto ciò che può riguardare la “scimmia mannara”.
A me lo dici?! Domani l’altro ci sarà Luna Piena e io per un solo fottuto giorno non posso evitarmelo!


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Temo che, dopo un capitolo del genere, qualcuno possa chiamare, che so?, la guardia medica per farmi prelevare da casa e farmi rinchiudere.
Nel caso non ci sentissimo più, qualcuno ha fatto l’infame… vendicatemi!😈

Okay. Mi calmo. Serietà!!! 🤡
Legnate sia fisiche che emotive da tutte le parti finché Radish ed Everett, rendendosi pienamente conto di star facendo più danni che altro, chinano un poco la testa l’uno all’altra e rialzano la delicata situazione. Andrà meglio d’ora in poi, ci sarà una risalita e dal prossimo capitolo lo vedremo a pieno. 🙂
A ‘sto giro, direi che è il caso di spendere due paroline su Camila. Sarò onesta, sulle prime era stata pensata come spia. Sarebbe stato scontato, sì, ma proprio perché tanto scontato forse non lo sarebbe stato poi così prevedibile (perché mi complico sempre la vita con ‘sti ragionamenti?). Ma poi mi son detta “no, dai, di casini in questa storia ce ne sono già un sacco e ne arriveranno ancora, evitiamo di infangare i personaggi ai quali, più o meno, ci si è affezionati… facciamoli piuttosto un poco redimere alla Vegeta, che è un qualcosa più in linea con la storia originale”. E quindi BOM!, Camila incinta di un principe del Sud. Non cambierà il proprio atteggiamento nei confronti degli altri, resterà la solita che conosciamo, ma farà uno sforzino per i figli, ecco.

Infine, adesso c’è pure da rivedere la classifica! 💪🏼
1- Jäger

2- Everett (ebbene sì, allenandosi con loro e con il Team Z è riuscito un poco a salire pure lui)
3 - Apophis - Principe del Sud (<—Blackwood)
4 - Sherry - Nike (moglie di Black) - Darko - Mordecai
5 - River (è quasi al livello di quelli sopracitati, diciamo che scarseggia in velocità) - Greywind - Daryl (tanto per essere chiari, tutti i membri della guardia del Nord hanno un livello di forza poco inferiore al suo, mentre al Sud hanno un numero più alto di combattenti ma sono meno forti)
6 - Glover - Maddox - Darren - Micah (con la sua velocità è pericoloso davvero) - Willem

Già, nelle Terre di Nessuno il branco comincia ad avere un che di temibile. Con almeno un altro mese minimo di incessante allenamento, potranno dare qualche problema.

Ora direi anche di chiudere qui anche questo sproloquio, che dopo 44 pagine di capitolo mi pare sin troppo eccessivo.
Quindi, nulla, corro al mare a fare lezioni ai bambini per poi rintanarmi di nuovo in casa con l’aria condizionata alla loro prima distrazione! (Boh, mi amano alla follia, non so più come nascondermi!)

Alla prossima settimana (se non chiamano l’ambulanza e se i cuccioli d’uomo non mi sequestrano prima)!
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 18. La tua è stata la centesima recensione! Non puoi capire l’emozione! 💛

Avvertenza❌Ci saranno delle parole sottolineate, suggerisco di cliccarci per poter sentire la canzone. E sì, quella canzone non è stata scelta a caso: il personaggio di Fern è stato pensato con l’aspetto di Jessica Lange di American Horror Story (1^ stagione, serie che amo!), quindi ho sentito che fosse praticamente necessario “omaggiarla” così.

Quanto cavolo è bella quella donna?!


 

𝟚𝟠

🍾🅃🄰🄽🅃🄸 🄰🅄🄶🅄🅁🄸 🄼🄸🄲🄰🄷!⃞🎉



Micah è uno stronzo.
Lo è sempre stato da che era piccolo, dandone prova quando, per esempio, metteva delle puzzole morte nel letto dei fratelli o quando metteva della vernice verde nello shampoo di Fern.
È sempre stato uno stronzo e ci ha sempre tenuto davvero tanto a dimostrarlo in ogni modo possibile ogni qualvolta gli si presentava l’occasione.
Solo così si spiega perché quel modaiolo dai gusti assai discutibili abbia deciso che il dress code alla cena del suo venticinquesimo compleanno dovesse essere per forza pigiami orribili.
Radish, non essendo però consapevole di tutte le marachelle del ragazzo, ha invece preso in considerazione l’idea di avergli fatto qualche grave torto senza rendersene conto. Avrebbe avuto la possibilità di vedere la compagna tutta elegante e con quei tacchi a spillo che gli infiammano il basso ventre e invece no!, perché quello stronzo, appunto, ha deciso diversamente.
Però vederla scendere le scale con quel maxi pigiama intero con stampa animalier zembrata l’ha fatto ridere un sacco. Non tanto per l’abbigliamento in sé, quanto per il fatto che il tutto riprendeva oscenamente il colore dei suoi capelli e l’ha trovato scioccamente spassoso.
Vederla così felice adesso gli fa pure dimenticare che indossa un paio di pantaloni a scacchi rossi e neri e una maglia con una renna. Può accettarlo, tanto è solo per una serata e, a quanto pare, lì in mezzo è pure quello più sobrio al limite proprio dell’eleganza.
Il festeggiato e Mordecai, infatti, stanno ballando in modo sexy - più o meno - attaccati a dei lampioni, il primo vestito con un maxi pigiama intero da scheletro, con le ossa piene di brillantini, e il secondo da Pikachu.
River, al suo fianco e con un maxi pigiama intero da squalo blu, si domanda per quale motivo continui a frequentarli di propria spontanea iniziativa malgrado lo facciano innervosire spesso e volentieri con trovate tanto cretine.
Bree, col pigiama intero da Minion, sta continuando a raccontare nel dettaglio a Sherry della nottata di fuoco che ha passato con Mimì. I dettagli sono così tanti che pure Radish la sta vivendo indirettamente, tanto che gli pare quasi di sentire il corpo della rossa contro il proprio per quanto sta minuziosamente scandendo ogni singolo particolare. E non gli piace, per niente, per questo si ritrova a ringraziare ogni divinità esistente quando finalmente arrivano Everett e Darko. Il primo viene praticamente spinto per le spalle dal secondo, che invece pare indifferente alla bizzarra situazione.
Tutti scordano sempre - o non lo sanno proprio - che da ragazzino era sinceramente amico di Mezcal e che ne ha combinate pure di peggiori. A ben pensarci trascinarlo alla festa non è stata una gran trovata perché i più giovani potrebbero davvero trovare grandi spunti per il futuro, ma Everett non ci ha pensato poiché troppo preso ad incazzarsi col mondo.
«Vogliamo entrare?» Ringhia a denti stretti il principe, gli occhi ridotti a due fessure mentre fissa in cagnesco dei passanti che, ovviamente, guardano con stupore lo strano gruppo.
Gli unici tre a non essere troppo eccentrici sono proprio loro, i più grandi e, almeno in teoria, più maturi degli altri. Radish col suo pigiama natalizio è adorabile, Everett con la maglia con su stampato Simba è esilarante e Darko con la scritta dorata sul petto “Drink Eat Sleep Repeat” ha forse un briciolo di classe in più mista a simpatia rispetto ai tre - e forse pure in generale.
Contro ogni aspettativa generale, poi, i tre sembrano essere quasi felici di ritrovarsi tutti assieme così da poter fare fronte comune per trattenere i più giovani, che entrano nel locale urlando come furie.
Li guardano, rimanendo in fondo al gruppo: hanno una Regina zembrata che scherza allegramente con lo squalo sulla sua nuova relazione, un dolce unicorno bianco e rosa con tanto di maxi pantofole fucsia che viene palpato in modo molesto da una Minion, uno scheletro che porta in braccio Pikachu, un’assai soddisfatto Batman che bacia lo Stregatto, Chewbecca stretta al braccio di Superman mentre porta sulle spalle due piccoli castorini.
In definitiva si sono mischiati volontariamente ad un enorme ed irrecuperabile accozzaglia di teste di cazzo.
E mancano ancora quattro persone!
Già, perché Pip e Jane sono andati a prendere Fern accompagnati niente meno che da Gohan, che ha avuto lo straordinario permesso di partecipare alla festa. Permesso che Mordecai ha strappato a Chichi con una lunghissima, inesorabile e punitiva rottura di palle tale che anche lei alla fine ha dovuto cedere. Ovviamente il ragazzo non deve fare troppo tardi e non deve fare niente di sconveniente, però, in compenso, Mordecai l’ha convinta a farlo dormire a casa dei più che responsabili zii, così da poterlo ovviamente traviare come meglio crede. O almeno provarci, ecco, perché il giovane mezzosangue è di indole davvero troppo buono e coscienzioso per poter compiere le scemenze che propone il maggiore.
Quando poi, dopo una decina di minuti, finalmente li vedono arrivare, Radish non riesce a smettere di ridere.
Stitch.
Suo nipote, il guerriero dal potenziale incredibile che ha sconfitto Cell, è Stitch, quella specie di sorcio alieno blu con la voce strana che sembra quasi far fare le fusa alla compagna.
Non ci vuole credere. Non ce la fa, è assurdo.
Ruba subito la macchina fotografica a (Chew)Becca e gli scatta una fotografia, deciso a far vedere in futuro al fratello come diavolo si è ridotto suo figlio in sua assenza.
Se mai un giorno qualcosa dovesse andare storto e si ritrovasse con un figlio tra i piedi, starà ben attento ad arginare il più possibile simili possibilità. Perché, tutto sommato, Radish i figli non li vuole proprio ma si rende benissimo conto che lui e Sherry dedicano davvero tantissimo tempo al sesso e che nessun preservativo al mondo riesce a reggere i loro amplessi, quindi sa che la possibilità che prima o dopo qualcosa vada male non è da escludere.
Spera di no, lo spera con tutto sé stesso, ma ha accettato che possa anche accadere, ecco.
Willem, tra l’altro, pare aver pure intuito la cosa e durante la settimana gli ha domandato a più riprese quando vedranno i piccoli Shedish e Raderry. Nomi orrendi che, contro ogni logica, hanno fatto immaginare al Saiyan la compagna con il pancione. Immagine che, tutto sommato, non gli è andata poi così di traverso.
I regali poi vengono consegnati in un grosso sacco di iuta da Fern, con un morbido pigiama da Mamma Natale, aiutata da Pip e Jane.
«La figa ha un potere incredibile!» Bercia Micah tra una risata e l’altra, alludendo ovviamente ai pigiami da folletti della coppia. La verità è che Pip non l’ha accontentata perché sotto minaccia o simili, quanto per il fatto che Jane c’è rimasta malissimo nell’apprendere che Camila è rimasta incinta prima di lei, malgrado ci stiano provando già da prima delle nozze.
«Tieni sempre a mente una cosa, Mezzosangue: esiste il sistema euclideo, il sistema tolemaico ed il più potente sistema vaginocentrico.»
Gohan guarda Major senza capire, e decide saggiamente di lasciar cadere l’argomento. Non si sente particolarmente a suo agio nell’affrontare certi delicati discorsi ed essendo solo ad inizio serata pensa bene che sia molto meglio evitare forti imbarazzi già di partenza.
Robin ha allestito il locale al meglio delle proprie possibilità malgrado lo scarsissimo tempo a disposizione: palloncini coloratissimi sparsi un po’ ovunque, i segnaposto sono fatti con copri occhi glitterati azzurri con sopra ricamati i loro nomi in corsivo, i tavoli sono stati spostati per far spazio ad una grande e rotonda tovaglia lucida accerchiata da futon pieni di cuscini dai colori vivaci, l’aperitivo è servito con piccoli assaggi decorati a festa e il vino viene servito in calici coloratissimi. Si è pure attrezzata per Gohan, prendendogli tanti succhi di frutta e bibite gassate, così da poter brindare a più riprese insieme agli altri con qualcosa che non sia semplice acqua.
Non appena tutti posano il calice dopo il primo brindisi della serata, Darko si lascia andare ad uno sbadiglio prepotente che attira immediatamente l’attenzione di Bree e, seppur in dose minore, di Mimì.
Ha cenato spesso con loro dal momento che la rossa pare tenerci davvero molto, e non è insolito che non appena si sieda a tavola - che sia nella loro nuova casa o in un ristorante - si lasci andare a qualche sbadiglio e, dopo essere sparito per qualche minuto, torni carico come una pila. Pure Mimì ha trovato bizzarro questo atteggiamento malgrado sia più che abituata agli Spettri, ma non ha decisamente il coraggio di chiedere delucidazioni. Anche se, in realtà, sospetta che la spiegazione sia solo ed esclusivamente una: cocaina.
«Che botta…» Biascica tra i denti il maggiore, passandosi stancamente una mano sugli occhi.
Everett sa benissimo quale sia il problema ed anche come l’amico vi porrà rimedio, per cui non si scompone di un centimetro. Stare lì in mezzo lo rende in qualche modo nervoso perché, a conti fatti, è davvero molto fuori da tutto ciò alla quale è abituato, quindi tenta faticosamente di adattarsi per veder felice e serena la sorella.
«Ma è mai possibile che a cena hai sempre sonno?!» Gli grida invece contro Bree, che ancora non vuole accettare l’idea che suo padre le piaccia. È intelligente, carismatico, ha un gran senso dell’umorismo e, come lei, non riesce mai a stare fermo. Il tempo in sua compagnia per lei pare come volare e questo, senza dubbio, le dà un fastidio incredibile. Vuole mostrarsi forte ed indipendente, incurante della sua vicinanza e quant’altro al fine di fargliela pagare, ma le sta risultando terribilmente difficile.
«Non so se è un problema solo mio, ma quando arrivo a cena ho sonno… e allora come la risolvo? Vado al bagno, mi poggio al muro e dormo due minuti. Esco come se avessi pippato la bamba, sto a mille!»
Ecco, adesso è Mimì quella davvero sorpresa. L’aveva inquadrato in un modo, era sicurissima che fosse esattamente come tutti gli altri, ovvero una specie di disadattato tossicodipendente, invece no. È solo strano, ha modi suoi di risolvere le cose, ma non è un tossico. Fuma qualche sigaretta di tanto in tanto, ma non si fa e non si sbronza da più di trent’anni.
«Metti un timer o aspetti che qualcuno bussi?» Scherza subito Fern che ancora sta cercando di inquadrarlo. Non le pare una brutta persona, soprattutto per i loro standard, ma non è certa che la sua presenza sia un bene per la figlia adottiva. Non vuole rischiare che soffra a causa sua, le si spezzerebbe il cuore.
«Il mio corpo nei bagni dei ristoranti, che tra l’altro adoro—»
«Lo fai nei bagni dei ristoranti?» A prendere la parola è River, che ora lo guarda tra il confuso e il disgustato.
«Certo, tu dove vai a cena? Io vado al ristorante, entro nel bagno, mi metto due minuti contro il muro—»
«Seduto?»
«No, in piedi, così.»
Nel vederlo mimare la propria faccia premuta contro la parete, River non riesce davvero a trattenere un’espressione oltremodo schifata. Okay, sono in parte animali e non mancano certo le volte in cui fanno tutto in mezzo ai boschi o simili, ma certo lui non si poggerebbe mai al muro di un bagno pubblico! Piuttosto si staccherebbe le gambe a morsi.
«Non ci credo, ma che schifo!»
«Mica vado nei bagni dove pisciano sui muri eh!»
Mordecai non riesce a smettere di ridere. Non ce la fa, è più forte di lui.
Non ha mai avuto niente contro Darko, avendo capito da subito che non sarebbe stato un problema per nessuno. E per “nessuno” lui intende quasi unicamente i fratelli e le sorelle e, non in dose minore, Radish. Lo guarda anche adesso, seduto al fianco di Sherry, e gli lancia contro delle noccioline nella speranza che raccolga l’offesa/sfida e ingaggi con lui uno spietato scontro a colpi di cibo. Ma Radish è stato avvertito, sa che la situazione degenererebbe in pochi secondi se osasse lanciargli contro anche solo una mollichina e che tempo un minuto volerebbero pure le sedie e qualcuno finirebbe sicuramente defenestrato, per questo finge la più che totale indifferenza.
In altre circostanze avrebbe risposto senza remore e, se ne avesse avuto la possibilità, gli avrebbe tenuto la testa dentro ad una pentola piena di zuppa bollente o simili, ma c’è Everett. Non può fare troppo l’idiota con lui nelle vicinanze, gli servirebbe su un vassoio un nuovo pretesto per comportarsi in maniera odiosa e non vuole rischiare di mandare a monte i pochi ma significativi progressi che hanno fatto.
Non si scannano più da qualche giorno, ormai, limitandosi di tanto in tanto e sempre ben lontani da orecchie indiscrete a qualche frecciatina più o meno perfida e non sentono più l’irrefrenabile impulso di farsi a pezzi nel sonno. Certo, il piatto colorato che ha di fronte ha tutta l’aria di un qualcosa che starebbe benissimo in frantumi contro la sua faccia, ma è un uomo adulto e sa trattenersi.
Se tutto va come spera che vada, in fondo, avranno tempo, modo e luogo per farsene quante vogliono. Devono solo portare pazienza e aspettare che, in qualche modo Jäger stiri le zampe.
Le portate cominciano ad arrivare e con loro chiacchiere più o meno leggere. È il compleanno di Micah più strano alla quale abbiano mai partecipato e non sanno bene come comportarsi, lui per primo.
In genere alle sue feste ci si devasta di alcol in modo così pesante che Fern, che per amor loro non beve mai più di un bicchiere di vino in quest’occasione, è poi costretta a reggere loro la fronte quando si piegano in bagno a vomitare a turno. Nel cuore della notte poi vanno sempre a giocare a “Crash-Car” in mezzo ai boschi e smaltiscono gli ultimi rimasugli della sbornia mentre trascinano le macchine ormai irrecuperabili dallo sfaciacarrozze. Infine, ormai quasi lucidi e profondamente stanchi, vanno sempre sulla solita collina a guardare il sorgere del Sole.
Ma stavolta non può andare così, Everett è stato categorico: avrebbero potuto festeggiare all’Alien come sempre e bere un po’, niente sbronze titaniche e niente droghe, fare un salto alla tana per le undici e poi tutti a letto. Neanche a tredici anni erano così calmi!
Non possono quindi far altro che chiacchierare amabilmente come un comune gruppo di amici a cena fuori con addosso dei pigiami improbabili. Per Gohan, comunque, è un qualcosa di assurdo che certo non dimenticherà facilmente.
Non avrebbe mai preso in considerazione che suo zio, l’uomo che tanto l’ha terrorizzato e che tutt’ora guarda con un poco di timore, avrebbe potuto portare tanto scompiglio anche nelle vite di tutti loro, in particolare nella sua. Era abituato a passare il proprio tempo sui libri, a volte in compagnia di Piccolo e con la madre, l’andare a cena fuori in un locale tanto esclusivo e partecipare a ben due feste ancora più esclusive non lo credeva proprio possibile. Come non credeva possibile che avrebbe stretto un’amicizia tanto sincera e preziosa come invece è successo con Mordecai. Ai suoi occhi, ormai, è al pari di un fratello maggiore, di quelli ribelli e fuori di testa che spesso fanno da nave scuola ai fratellini e gli insegnano, seppur a modo loro, come stare al mondo.
Non lo credeva possibile, non pensando neanche che esistessero davvero persone come loro, ma ne è davvero felice.
È felice di avere degli amici pazzi e allegri come loro, che lo ascoltano sempre e che provano ad essere utili in ogni modo.
È felice di vedere che sua madre non è più da sola, avendo adesso dei tuttofare e delle pseudo-amiche con la quale chiacchierare del più e del meno.
È felice di vedere quella nuova e calda luce negli occhi dell’uomo che un tempo lo ha rapito, di vederlo tanto allegro e affabile nei confronti un po’ di tutti.
È felice e vorrebbe poter condividere questa felicità col padre, vorrebbe che ne prendesse parte pure lui, ma sa che è solo questione di tempo. Un giorno tornerà, se lo sente, e quel giorno Mordecai lo sfiderà a chi mangia di più come si è già ripromesso di fare.
La cena in sé sarebbe quindi anche molto tranquilla, soprattutto se si considera chi è invitato e chi si sta festeggiando… il punto è che da un secondo all’altro, quando ormai stanno per finire i secondi, Sherry ha una nuova, brillantissima idea delle sue: fare un gioco.
Un gioco semplice ed un poco invasivo dove si rivisita un altro gioco e vi si cambiano un paio di regole.
Come funziona? Si prende una delle tante bottiglie vuote, la si mette al centro della tovaglia e si fa girare. Ma nessuno, lì in mezzo, ha voglia di rischiare botte inumane se per mal disgrazia si dovessero trovare “costretti” a baciare Sherry o Domino, tanto meno se la sentono di rischiare con Radish, Everett o Darko, che si è dimostrato sì piuttosto affabile ma di certo non abbastanza da abbassarsi ad una cosa del genere.
La modifica, quindi, sta proprio in questo: invece di baciare, chi gira la bottiglia chiede di raccontare un momento particolare della propria vita, un aneddoto si spera divertente, e se l’altro si rifiuta deve bere un boccale di birra alla goccia. Il piccolo Gohan, consapevole di non avere poi troppi aneddoti divertenti, è riuscito a far modificare la regola e se l’è cavata con un boccale di Coca Cola. Sicuramente poi rutterà a propulsione, ma è un prezzo che è disposto a pagare pur di sentire tutti i probabilissimi racconti assurdi del Quartetto, inconsapevole che la vera punta di diamante altro non è che Darko.
Se ne renderanno tutti velocemente conto però, perché il primo a dover parlare è proprio lui e Sherry gli chiede di raccontare un aneddoto divertente su qualche sbronza.
«Mh… di sbronze da ragazzo ne ho prese un sacco, ma ricordo ancora bene che una volta, quando avrò avuto forse quattordici anni, andammo di nascosto ad un festino in spiaggia e mi svegliai nel cuore della notte, ancora ubriachissimo. Volevo andare in un determinato punto e senza accorgermene pisciai addosso a Mezcal. Fortuna vuole che fosse così ubriaco da riderne e buttarsi semplicemente in mare!»
In un primo momento tutti lo fissano in religioso silenzio… poi le risate esplodono incontrollate, alcuni ridono così forte da ribaltarsi all’indietro. Becca stava bevendo un sorso di vino e, incapace di fermarsi, l’ha risputato tutto dal naso.
«Comincio ad apprezzarti sul serio!» Urla deciso Radish, cercando in ogni modo di non piangere tanto sta ridendo.
Il piccolo Gohan seduto al suo fianco, invece, non si fa di questi problemi e si lascia totalmente andare. Major, mentre gli sistemava un nuovo computer più potente e veloce nella sua cameretta, gli ha raccontato qualcosa sul conto del precedente Re del Nord, e lui non può far altro che detestarlo dal profondo. Sentire che Darko gliel’ha fatta addosso, seppur involontariamente, in qualche modo lo riempie di una soddisfazione incredibile.
«I nostri figli avranno un nonno pazzesco!» Urla Micah, guardando con un entusiasmo contagioso le due donne che, a loro volta, annuiscono mentre ridono.
«Dai, vediamo a chi tocca adesso…» Darko, nascondendo piuttosto bene la soddisfazione che solo il ricordo gli provoca,  allunga una mano per girare la bottiglia che però gli viene sottratta di scatto da un’eccitatissima Sherry.
«Fanculo ‘sto gioco da mocciosi e pure l’alcol! Racconta altri episodi dove bullizzi male Mezcal!» Nel dirlo lancia la bottiglia all’indietro, schiantandola contro il muro, e solo a quel punto Darko nota che Robin si è messa da un lato ad ascoltare. Da quando le Mezzosangue sono così carine?
Darko li guarda uno ad uno, non sapendo se sia effettivamente il caso di metterli al corrente delle scemenze compiute - e talvolta subite - in gioventù, ma quando nota che pure Everett sta sorridendo e che lo guarda con occhi attenti e curiosi, opta per il sì. Erano anni che non gli vedeva una simile espressione, gli ricorda terribilmente quei bei tempi andati in cui era solo un cucciolo e si emozionava sempre nell’apprendere cose nuove.
Sherry ti fa bene, lo sapevo. Avrei dovuto scucirti una qualche scommessa al riguardo, così avrei potuto prenderti per il culo in futuro! Vedi a volte la fretta cosa fa fare!
«Una notte sentii un rumore strano ed aprendo gli occhi me lo trovai nudo che pisciava nella mia stanza. Sulle prime ho avuto una reazione isterica e sono scoppiato a ridere come un idiota… la mattina dopo gli ho frantumato il bacino con un calcio.» Il pensiero generale, adesso, è questo: “beh, severo ma giusto!” «Tutt’ora non so se fosse sonnambulo o totalmente ubriaco… e spero ancora nella prima ipotesi perché avevamo otto anni.
Un’altra volta, a undici anni se non sbaglio, Mezcal mi rispose davvero male senza motivo. Per vendicarmi prima gli ho tirato un pugno al centro della testa, facendogli fiottare non so quanto sangue dal naso per diversi minuti, e dopo, durante la notte, gli ho tirato addosso un pollo morto e mezzo putrefatto mentre dormiva, svegliandolo con un sonoro “co-cooo”. Non la prese benissimo.
Poi… mhhh… ah, sì! Poco prima di diventare Re stava in fissa con una ragazza. Era davvero ossessionato… e io me la sono trombata nel suo letto. Così, per fare il burlone!»
Ridono senza alcun freno. Non respirano neanche più, tutti sono vicini al collasso.
Darko, che ad un primo impatto appare serio ed arrogante, altro non è che un burlone, come si è definito poc’anzi, che ne faceva di tutti i colori ad uno degli Spettri più crudeli, violenti ed odiati della storia della loro specie.
Si sta pure limitando nei racconti, non può snocciolare il peggio del peggio del suo repertorio perché, ehi, bisogna portare un briciolo di rispetto per i morti, siano pur stati questi delle persone orribili in vita. In realtà lo fa pure perché, se davvero sapessero dei suoi dispettini, potrebbero arrivare a non temerlo più ma a vederlo più come un amico e così non gli darebbero più ascolto.
Everett, seduto al suo fianco, ride. Meno degli altri, certo, ma ride. Questo fatto da un lato lascia quasi sotto shock i presenti che non lo credevano proprio capace di farlo, ma al tempo stesso in qualche modo li fa ridere più forte. È una risata allegra la sua, contagiosa. Nike, quella che forse è stata la sua più grande amica, anche più di Leila, la adorava e studiava costantemente nuovi modi per farlo ridere, anche se ciò comportava mettere in imbarazzo o direttamente umiliare Blackwood.
«Come cazzo fai ad essere ancora vivo?! A me, sangue del suo sangue, mi voleva uccidere perché osai dirgli che non doveva violentare una ragazzina, tu gliene hai fatte di cotte e di crude e non ti ha mai fatto niente?!» Altro shock: Everett, a parte in rarissimi casi con Sherry ed ancor più rari contro Radish, non dice mai parolacce. Non si lascia mai andare in questo modo, non si sbilancia neanche a pagarlo il suo peso da lupo in oro. Il massimo che fa per mostrare di avere emozioni umane è emozionarsi quando li massacra perché sbagliano o ammazza un traditore e, di certo, non è una cosa molto apprezzata da nessuno.
Vederlo e sentirlo ridere e dire parolacce, adesso, vedere il suo sguardo curiosamente acceso e i suoi occhi chiari brillare di una nuova luce, è una grandissima sorpresa generale assai gradita. Per Micah, in realtà, è un magnifico regalo di compleanno.
«Mi faceva i dispetti, ovviamente, e non aveva alcun senso della misura, ma non poteva né voleva liberarsi di me: mi considerava davvero un amico, per lui stavo ben al disopra dei suoi fratelli di sangue, ed ero l’unico che potesse gestire il branco al posto suo. Perché voi non lo sapete—» li guarda a turno, sperando che gli prestino davvero attenzione «—ma lui non aveva voglia di fare assolutamente un cazzo e dovevo fare tutto io. In pratica ero Re senza essere Re. Una situazione aberrante, davvero. Lui semplicemente combatteva contro tutto e tutti perché lo divertiva un sacco. Oltre a quello, al massimo, si scopava ogni donna gli stuzzicasse un minimo la libido.»
Nessuno è sorpreso da questa “rivelazione”, motivo per cui il timido Gohan, con stupore generale, incalza subito il maggiore così da non turbare le menti dei due Spettri che ne condividono il sangue nel sentire certe cose. O quella di Radish, che era allegro solo quando raccontava dei vari scherzi e spregi ma che si è di colpo come rabbuiato.
«Altre storie?»
«Vabbè, solite cose… per dirla delicatamente, sono venuto nel suo shampoo, balsamo e bagnoschiuma, e con una siringa gliel’ho messo anche nel dentifricio— che ridete? Non è una bella cosa! Ne vado fiero perché l’ho fatto contro di lui, ma non è una bella cosa!» Niente, può provare quanto vuole adesso a metterci una toppa, ma il danno è fatto: stanno singhiozzando per quanto ridono, alcuni stanno diventando quasi cianotici.
Beh, a questo punto, tanto vale buttare anche l’ultima carta sul tavolo per chiudere in grande stile la partita.
«Ah, a nove anni gli ho buttato un alveare in camera mentre dormiva. Queste penso fossero le peggiori.» Bugia clamorosa, non erano le peggiori, ma sono decisamente sufficienti. Magari un giorno, ma proprio magari, racconterà il resto ai piccoli Segugi che la figlia porta in grembo.
«Ora capisco perché era uno stronzo!» Everett si sta coprendo il volto per quanto ride. Non ha faticato ad immaginare un singolo evento e nella mente era vivida l’immagine del volto costernato e furioso del padre, con gli occhi chiari ridotti a due fessure che traboccavano lingue di fuoco e i lunghi capelli neri e bianchi praticamente ritti come avrebbe fatto col vello. C’era poco da scherzare con Mezcal, né lui né i fratelli hanno mai osato tanto, riversando al massimo i propri infantili dispetti sulla disturbata madre. Sapere che invece il tutore e amico di una vita non si faceva grossi problemi lo ripaga moltissimo.
«Potrei aver influito negativamente sulla sua formazione, sì…» Ridacchia appena e, con una semplicissima frase buttata lì quasi per caso, sposta repentinamente l’attenzione di tutti i presenti su qualcun altro «Mi chiedo se il ragazzo ha mai fatto qualcosa di stupido in vita sua…»
«Andare a combattere su un pianeta alieno quando puzzi ancora di latte non è una mossa poi così geniale eh…» Borbotta Maddox, sforzandosi con tutto sé stesso di ignorare i figli che se ne suonano di santa ragione alle sue spalle. Non ha capito quale sia stato il problema scatenante, ma sa bene che se sentirà un altro guaito o stillo isterico dopo che gli ha detto a più riprese di farla finita, gli darà lui stesso un motivo valido per frignare.
Mordecai, che zitto zitto è riuscito ad ingurgitare quasi il triplo dell’alcol rispetto agli altri, poggia un gomito sulla spalla di Sherry e si sporge in avanti, così da poter parlare con Gohan guardandolo negli occhi. Certo, gli risulta un poco difficile capire quale sia il vero Gohan e quale il doppio che la sua mente ubriaca gli sta mostrando, ma è assolutamente intenzionato a farlo. Uno dei due, comunque, è sicuro che gli risponderà.
«Hai mai fatto le puzze con l’accendino sul culo? Io non l’ho mai fatto! Vorrei tan—»
«Mica sei strano.» Per una frazione di secondo si è sentito quasi mortificato nel parlargli sopra, ma poi la sua brillante mente si accorge di un dettaglio non trascurabile: «Stavi per dire “vorrei tanto farlo”?»
«Sììì!»
Everett vorrebbe infilargli un braccio in gola e ribaltarlo come un calzino per vedere se all’interno è meglio, ma si limita a togliergli la bottiglia quasi finita di vino di mano e a metterla il più lontano possibile. Se poi proverà a strisciare sulla tovaglia per riprenderla, ce lo inchioderà con i coltelli.
«Però bisogna farlo con i jeans, perché sennò c’è il ritorno di fiamma e muori.»
«Ma è una cosa stupida!»
«Lo voglio fare troppo!»
«Ma hai venticinque anni!»
«E che vuol dire?!»
«Ti vuoi incendiare il culo?! Ma tu sei matto!» Gohan ci prova a farlo ragionare. Vorrebbe davvero fargli capire che molte delle cose che fa o che dice, pur trovandole spassosissime, sono talvolta davvero pericolose e talvolta davvero stupide. In molti casi, in realtà, entrambe le cose contemporaneamente.
«Perché? Pensa che bella fiammata blu! Che poi il metano c’ha dei colori strani, un po’ tipo aurora boreale del culo!»
Radish, che come ultimo tentativo per smettere di ridere si è messo a bere l’ennesimo bicchiere di vino, scoppia di nuovo e si lascia andare all’ennesimo commento capace di far come impazzire l’eccentrico Cacciatore: «L’aurora borettale!»
E con quest’ultimo commento, la situazione esplode in perfetto stile Quartetto per il sommo piacere di Everett.

Hanno suonato, cantato e ballato fino a non poterne più, pervasi da una strana gioia mai provata prima.
L’idea che potrebbero morire l’indomani mattina, la settimana dopo, la mattina di Natale, che qualcosa possa andare male da un secondo all’altro e tutto precipiti inesorabilmente nell’oblio, ha come fatto in modo che tutto ciò che provano venisse ancor più amplificato.
Le loro giovani menti hanno capito e accettato da tempo che ogni momento è irripetibile e per questo se la sono sempre goduta al massimo. Perché alla fin fine, pensano, gli uomini sono tutti dei condannati a morte con rinvio indefinito. Ma la loro condanna stavolta potrebbe finalmente avere una data definita e all’improvviso tutto pare in qualche modo ancora più bello.
È per questo che continuano a cantare in mezzo alla strada mentre si tengono tutti a braccetto, talvolta staccandosi dagli altri per ballare sotto la luce pallida dei lampioni. Si godono i loro momenti, si stringono e scherzano, si spintonano un poco e giocano come se davvero dovessero addormentarsi e mai più svegliarsi.
Fern, tenendo a braccetto Mimì, segue il chiassoso gruppo in silenzio. La guardia attorno alla casa di riposo è diventata molto più massiccia, chiunque viene sorvegliato più da vicino e niente e nessuno entra senza che un Segugio abbia dato un’occhiata molto minuziosa.
Loro non lo dicono, non gliene verrebbe niente a dirlo e probabilmente alcuni neanche lo capiscono davvero, ma hanno paura e lei lo sa. I suoi piccoli hanno paura e lei, la loro Mammazzilla, non può far niente per difenderli o aiutarli.
Ha provato a convincere Sherry a lasciare campo libero a Radish. Ci ha provato davvero fino a scoppiare in lacrime all’ennesimo rifiuto. Vuol fare da sola, vuole vendicarsi con le sue stesse mani e non potrebbe mai più guardarsi allo specchio se si lasciasse aiutare anche così dal Saiyan. E non potrebbe più guardare lui, se osasse interferire.
Radish, dal canto suo, ogni volta che ci pensa muore un po’ dentro, poiché è un po’ come assistere impotente e disarmato alla proprio fine. Ormai è schiavo di e per Sherry, dei suoi baci, del suo corpo, del suo sapore inconfondibile, della sua allegria travolgente, del suo amarlo senza freni.
È schiavo di e per lei, la sola idea di perderla lo confonde e disorienta dentro. Sa bene, però, che se osasse interferire in qualche modo lei non lo perdonerebbe mai. Lo sa perché ne hanno parlato più volte, finendo col litigare ogni volta, ed anche perché ne ha discusso, seppur brevemente, anche con Everett. Ne hanno parlato un paio di notti prima quando nessuno dei due riusciva a dormire, quando pure il maggiore ha espresso il forte desiderio di poterlo uccidere, affermando subito dopo che Sherry glielo ha vietato categoricamente e che, se solo osasse portarle via la vendetta per tutto ciò che ha dovuto subire, per lei sarà come se non fosse neanche mai esistito. Quando arriverà il momento non potrà far niente se non, forse, mettersi nel mezzo per farle riprendere fiato e tenerlo occupato, e questo gli spezza il cuore. Morirebbe per lei, lo ha detto e lo farebbe sul serio senza pensarci un attimo, ed ha anche detto che è probabile che lo farà nel caso dovesse succederle effettivamente qualcosa.
Radish non capisce come possa parlare di vivere o morire con così tanta leggerezza, soprattutto se di mezzo c’è la vita di Sherry. Lui, invece che perdersi in tanti bei discorsi, pensa spesso e volentieri a come fare per aggirare il suo volere e poter agire quanto più indisturbato possibile.
Ma non è semplice, a questo giro Sherry è stata ben attenta a calibrare le parole e per questo non saprebbe dove metter mano. Un modo, però, deve esserci, basta solo sforzarsi un altro po’ e trovarlo.
«Come mai quel muso lungo?» Gli fa sempre un certo effetto quando gli cinge i fianchi con un braccio e si avvolge il suo, più grosso e muscoloso, attorno alle esili ma forti spalle. Non sa dire se l’effetto sia dovuto al fatto che lo fa di fronte a tutti con tanta naturalezza o se è per il fatto che ciò che prova per lei è un qualcosa di inimmaginabile. Potrebbe chiedere ad Everett visto che sa sempre tutto, ma significherebbe affrontare discorsi davvero troppo smielati e sentimentali… no. Si porterà il dubbio nella tomba!
«Sono solo un po’ stanco.» Malgrado lo strano effetto, però, non riesce a fare a meno di stringerla a sé, anche se questo comporta beccarsi un’occhiataccia dal cognato ed anche uno sguardo sorpreso dal nipote.
«La cosa incredibile è che sai che sento il tuo cuore ma comunque insiste nel dirmi balle!» Lo rimprovera bonariamente, consapevole che non sia comunque niente di grave. Sa che spesso si lascia trascinare da mille e più dubbi e paranoie, è fatto così di natura e più volte le ha detto che davvero non ha voglia di parlarne, che non potrebbe farci niente in nessun caso. Ed è vero, perché spesso e volentieri queste paranoie sono su cose assurde e così maledettamente ipotetiche da essere proprio fantascientifiche. Lo sa bene, Radish, se ne rende conto e l’ha spiegato a Sherry, che alla fine sta cominciando a mollare un poco la presa.
«Ma quali balle! Sono solo stanco, davvero!»
«Allora una bevuta al volo e via, okay? Anche Gohan ha l’aria stanca.»
«Già, è bene che riposi perché domani mattina si allenerà con noi.» Lo sottolinea con voce ben alta per essere sicuro di essere sentito, facendo ridacchiare il diretto interessato che è stato preso in spalla da Major il Cavaliere Oscuro, che tiene al tempo stesso per mano lo Stregatto. Per quanto agli occhi del Saiyan appaia quasi assillante, non c’è molta differenza dal Major-impegnato al Major-single: è affettuoso con gli amici, sempre, e dà sempre un sacco di attenzioni a tutti quanti. L’unica sostanziale differenza è che pare un briciolo più calmo quando in stretta compagnia della partner (in un’occasione del partner) e molto più violento quando si allontanano.
«C’è qualcosa che non mi torna.» Micah si ferma di colpo davanti all’ingresso della tana, gli occhi attenti che scrutano gli oscuri tunnel fin dove riesce ad arrivare «C’è troppo silenzio.»
Everett sorride soddisfatto nel vedere che, malgrado la singolare situazione, stiano mantenendo inconsciamente la concentrazione, tanto da far caso a questi piccoli dettagli. Se fosse stato più attento, però, avrebbe notato anche delle impronte ad un duecento metri di distanza, ma considerando quanto hanno bevuto tra tutti può sorvolare sulla grade svista. Tanto lui e Darko sono lì e sono lucidi, quindi a posto così.
«Dai, cazzone! Avranno pensato di urlarti “tanti auguri” e prenderti di sorpresa, e tu che fai?! LO STRONZO!» Come abbia fatto a riprendersi così bene dopo aver tirato giù circa tre litri di vino e Dio solo sa quanti altri superalcolici - ed anche come sia riuscito ad ingerirli tutti senza vomitare - è un altro dei grossi misteri che avvolgono perennemente la figura canzonatoria di Mordecai.
Scoppiano tutti a ridere di gusto e colpiscono con lievi schiaffi sulla schiena e sulla nuca il festeggiato, addentrandosi con passo veloce e sicuro. Come accade davvero troppo spesso ormai, Mordecai aveva ragione, ci aveva visto lungo.
Ma non abbastanza…
Non appena varcano la soglia della sala comune vengono investiti da un’esplosione heavy metal: la chitarra elettrica graffia, la batteria impone il tempo da tenere con mani e piedi fino a scuotere il terreno.
Un palco improvvisato, birra a fiumi, luci stroboscopiche che ti confondono le idee.
«Non ho mai detto che avremmo bevuto qualcosa senza un po’ di musica.»
Guardano Everett come se fosse Gesù risorto per redimere l’umanità e, già che c’è, organizzare un fottutissimo festino sotterraneo a base di musica a tutto volume e birra.
«Get your motor runnin'
Head out on the highway
Lookin' for adventure
And whatever comes our way
»
Con l’esplodere della voce graffiante e roca di Glover, pronto ad intonare una delle canzoni che più volte ha sentito cantare al portentoso Segugio, il giovane gruppo scoppia di entusiasmo e si lancia sulla figura composta del principe del Nord.
Lo stringono, lo strattonano, lo incitano a lasciarsi andare con loro, a ballare, bere, cantare, fare casino come “un vero figlio di puttana delle Terre di Nessuno”.
«I like smoke and lightning
Heavy metal thunder!!!
Racin' with the wind
And the feelin' that I'm under
»
L’euforia è al massimo, tutti saltano e cantano. Gohan viene portato via, trascinato in mezzo alla bolgia e fatto salire su un’escrescenza da quel gruppo di suoi coetanei che lo avevano avvicinato alla Festa del Fuoco. Gli gridano di cantare, di ballare, di saltare e di vivere.
«Like a true nature's child
We were born, born to be wild
We can climb so high
I never wanna die…

Born to be wild!»
Radish avvicina Everett, seduto in disparte ad osservare quella bolgia scalmanata. Una volta a tiro, gli porge una birra e si siede al suo fianco, un sorriso stupito e sinceramente amichevole in volto.
Non se lo aspettava. Nessuno se lo aspettava.
Everett, figlio di Mezcal, erede al trono del Nord, Spettro di una compostezza insopportabile e spesso arrogante e spocchioso come poche altre creature al mondo, ha organizzato una festa a sorpresa per Micah coinvolgendo tutto quanto il branco. L’ha fatto per la sorella, per vederla felice in mezzo agli amici di una vita, ma anche un po’ per tutti loro: hanno bisogno di tutto questo, hanno bisogno di sentire questa euforia incandescente che pulsa nelle vene al tempo della musica. Hanno bisogno di vivere davvero.
«Devo ammettere che mi hai stupito sul serio.» Beve un sorso e lancia un’occhiata a quel palco improvvisato. Hanno allestito il tutto mentre erano a cena, hanno tirato fuori un gran numero di strumenti e ora si stanno scatenando in una delle due cose che gli riesce meglio al mondo: fare festa.
Che Glover avesse una bella voce lo sapeva, avendolo già sentito canticchiare per i propri piccoli, ma non aveva idea che Viper picchiasse così duro sulla batteria e neanche che Sharon riuscisse a toccare tanto bene le corde di una chitarra. È agguerrita anche mentre suona, al contrario del marito che predilige suoni più dolci e melodici.
Un giorno, forse, potrei chiedere a Mord di insegnarmi qualcosa…
«Il mio migliore amico era anche più festaiolo di loro. Alla lunga qualcosa l’ho imparata anche io.»
Sorride ancora di più, Radish, nel sentirlo parlare. Sembra quasi che voglia giustificare la propria idea, come se avesse commesso un atroce crimine.
E lo capisce. Eccome se lo capisce.
Lui si è adattato alla svelta perché per anni non ha avuto altra scelta per sopravvivere. Everett, invece, è rimasto isolato dal mondo per quasi una decade, bloccato in un bosco lontano dalla civiltà, e prima ancora viveva nei Territori del Nord, posto gelido e ostile sotto ogni punto di vista.
La sua vita non si è mai svolta così. Dalle sue parti anche solo pensare di organizzare una cosa del genere portava come uniche conseguenze il linciaggio generale seguito dall’isolamento.
Ma qui, con loro, quelle regole non valgono niente e sta cominciando ad abbracciare questa idea.
Lo sta facendo come lo ha fatto Radish, che adesso riesce ad apprezzare spesso e volentieri i loro eccentrici colpi di testa e la loro esuberanza.
«Beh, hai imparato alla grande.»
Si guardano per qualche secondo, Everett abbozza pure ad un sorriso. Per quanto sia appena percettibile, Radish ne è comunque felice. È imbarazzato a morte, sta remando contro sé stesso per adattarsi ad un qualcosa di praticamente sconvolgente e, oltretutto, non gli ha risposto male.
«NON SO COME HO FATTO!» L’urlo eccitatissimo di Bree attira l’attenzione di entrambi, che voltandosi la trovano a saltellare sul palco col microfono ben stretto tra le mani, Mamma Natale alle sue spalle si copre il volto per l’imbarazzo mentre sorride emozionata «Ho convinto la nostra fantastica mamma a cantare per noi!»
La base parte non appena la donna dà il titolo, scatenando le urla generali. Pure Everett batte le mani a tempo, ascoltando con una certa nostalgia quella canzone tanto famosa: Heroes.
Andarono al concerto, loro quattro. Certo, dovevano stare parecchio in disparte perché quattro bambini da soli avrebbero attirato non pochi sguardi, però ci andarono. Stettero su un’impalcatura, su in alto, Leila e Blackwood ballavano col rischio di scivolare e spezzarsi le gambe al suolo, lui e Nike ridevano e bevevano birra ormai calda. Risero così tanto quella sera, decidendo infine di rubare liberare uno gnomo da un giardino per lasciarlo in un bosco.
Si ridesta quasi dolorosamente dai propri pensieri quando Sherry, arrivando alle sue spalle, gli allaccia le braccia al collo e lo bacia con energia sulla guancia.
«Sei stato grande!»
Non sono le sue parole a toccargli il cuore, assolutamente: è il suo sorriso, così luminoso, caldo e affettuoso, che gli fa sentire come se i brandelli del suo cuore e della sua anima si rimettessero faticosamente insieme. Succede ogni volta che gli sorride, in realtà; un minuscolo brandello gelido si riattacca, seppur a fatica, là dove si era strappato, ricucendosi come meglio può.
«Fossi in te, Sonic, darei uno sguardo al nano. Sta subendo attentati da circa dieci minuti da almeno tre ragazze diverse!» Scherza mentre lo avvicina, abbandonandosi tra le sue braccia. L’alcol sta facendo effetto, il corpo si fa sempre più molle, la mente più leggera. Con loro due al proprio fianco, sente che potrebbe spaccare il mondo.
«Andiamo! Ha sconfitto Cell, vuoi che non sappia tenere a bada un paio di mocciose?!» Controbatte prontamente, afferrandola come meglio può quando di slancio piega all’indietro la schiena, rischiando così una sonora testata per terra.
«Tu dici?»
Segue la punta del suo dito, uno strano presentimento gli picchietta sulla spalla. Non appena lo intercetta in mezzo a quella specie di baby-gang, capisce che il proprio destino è segnato: Chichi lo ucciderà.
Gohan, il piccolo e timido Gohan, il formidabile combattente che ha sconfitto un mostro del calibro di Cell, è stato catturato e buttato a terra dalla bella ragazzina coi capelli bianchi che alla Festa del Fuoco gli regalò un mazzolino di ortensie rosa. E lo sta baciando. Lo sta baciando sul serio, con le mani poggiate quanto più dolcemente sulle guance rossissime e le labbra ben premute sulle sue. Ad occhio e croce, Radish potrebbe anche giurare non solo che gli abbia messo la lingua in bocca un po’ di prepotenza, ma che il nipote stia pure rispondendo!
«Glov! Tiramelo giù!» Urla quasi in preda al panico e con gli occhi fuori dalle orbite, scatenando così le risate generali mentre l’Alpha esegue. Ashton, nel frattempo, si è arrampicato in fretta e furia per dire con calma e gentilezza alla figlia che no!, non può assolutamente fare così.
«Te l’avevo detto, Saiyan: noi Spettri siamo precoci.» Afferma con un sorriso il maggiore strafottente mentre si alza, gli occhi chiari illuminati da un’inconfondibile scia di allegria. Ormai ho fatto trenta, tanto vale fare trentuno.
Radish non lo guarda neanche mentre si allontana, rimanendo con il volto nascosto nell’incavo del collo di Sherry.
Dio… Chichi mi strapperà la faccia a morsi quando lo scoprirà! Perché lo scoprirà, è ovvio… questi fetenti avranno sicuramente immortalato l’evento e glielo sbatteranno sotto agli occhi nel giro di un paio di giorni al massimo! E se la prenderà con me perché non lo stavo sorvegliando o boiate del genere… CAZZO!
«Dai, è stato solo un bacio!» Scherza ridacchiando mentre cerca di spostargli la testa, immergendo a più riprese le dita nei suoi lunghissimi capelli «Oltretutto, non so se l’hai notato, ma Stitch la stava trattenendo per i fianchi!»
«Quando torniamo a casa, prepara le valige: espatriamo su un altro pianeta!»
«Ma è davvero così terribile?! Andiamo, che potrà mai farti?!»
Non escluderei neanche l’evirazione, in realtà…
«Pensi che permetterei mai ad un’altra donna di sfiorarti anche solo con un dito?» Nel dirlo gli afferra i capelli sulla sommità della testa e lo strattona all’indietro con forza, afferrandogli poi il mento con l’altra mano e portando il viso terribilmente vicino al suo «Tu sei solo mio.»
Il timore di una qualsiasi ritorsione da parte di Chichi, la sicurezza di Gohan e qualsiasi altra cosa vola violentemente fuori dalla finestra: c’è lei, adesso. Solo lei.
C’è il suo corpo forte e sinuoso che si preme contro il suo, ci sono le sue mani che lo tengono fermo, ci sono i suoi occhi d’ambra accesi da una smaniosa possessività, ci sono le sue labbra che voraci divorano le sue.
Non ci sono i fischi di approvazione, i volgari incitamenti ad andarsene in qualche cunicolo, non ci sono i dispettosi richiami ad Everett. Ci sono loro, adesso. E questo basta.
Bree, seduta da un lato, li guarda con un tenero sorriso a piegarle le labbra carnose. Non l’ha mai vista così innamorata, così felice… e il suo cuore non può fare a meno di stringersi dolorosamente.
«Andrà bene, vedrai.»
Volta di scatto lo sguardo, trovandosi a poca distanza dal sorriso caldo del padre. Il sorriso che ha sempre desiderato di ricevere, quello di un padre fiero di sua figlia, il sorriso per il quale avrebbe ucciso. Dovevo fare una cosa del genere per meritarmelo?
Nel momento esatto in cui sta per controbattere, ormai psicologicamente vicina al crollo, la musica e le luci si spengono di colpo ed un assordante silenzio cala di prepotenza tra tutti loro.
Certo, il buio non è un problema, ci vedono lo stesso, ma vista la situazione non gli va particolarmente a genio.
Quando poi delle dita impattano con energia sui denti del pianoforte che loro stessi avevano trascinato sul palco e le luci si riaccendono, tutti sentono un sonoro “crack” generale fatto dalle loro mascelle che si spalancano per la sorpresa.
Mordecai alla chitarra elettrica - e come faccia a suonare con quel che ha tirato giù è la nuova nota da aggiungere alla lunga lista di enigmi -, Micah alla batteria e Maddox al basso non sorprendono nessuno. Hanno cantato così tante altre volte che in realtà si sarebbero sorpresi nel non vederli sul palco in tempi brevi.
Ciò che sorprende davvero è Everett.
«You could never know what it's like
Your blood like winter freezes just like ice
And there's a cold lonely light that shines from you
You'll wind up like the wreck you hide behind that mask you use
»
Le sue dita si muovono da sole sui lucidi tasti del pianoforte, la sua voce è decisa ma melodica, allegra, e ci vuole davvero poco prima che tutti comincino a ballare a tempo.
«Don't you know I'm still standing better than I ever did
Looking like a true survivor, feeling like a little kid»

Sherry e Radish lo guardano sbigottiti, ma in pochi secondi un luminoso sorriso euforico si apre sul volto dell’Alpha, tanto potente da contagiare pure un confusissimo Radish.
«I'm still standing after all this time
Picking up the pieces of my life without you on my mind
I'm still standing
yeah yeah yeah
I'm still standing yeah yeah yeah»
Tutti si scatenano e ballano sulle note allegre e frizzanti, le coppie si formano in un batter d’occhio e le risate e i cori vengono liberati ogni secondo di più.
Non essendogli mai importato prima, Radish non credeva che la musica potesse arrivare a piacergli tanto. Talvolta riesce pure a distendergli la mente quanto è davvero su di giri. Questa canzone in particolare poi gli sta piacendo sul serio, tanto da spingerlo a tenere il tempo col piede e dondolarsi assieme alla compagna, ancora seduta sulle sue gambe e stretta a lui.
Un’altra cosa che non credeva assolutamente possibile è che potesse arrivare a rivalutare tanto l’adorabile cognato per delle cose simili. Aveva pensato che, al massimo, si sarebbero trovati un giorno a combattere fianco a fianco perché non ci sarebbero state altre opzioni e allora sì, si sarebbero rivalutati e avrebbero stretto una tiepida amicizia. Invece, come ogni altra cosa nella sua folle vita, anche questa sta prendendo una piega inaspettata.
«Don't you know I'm still standing better than I ever did
Looking like a true survivor, feeling like a little kid
I'm still standing after all this time
Picking up the pieces of my life without you on my mind
I'm still standing
yeah yeah yeah
I'm still standing yeah yeah yeah
I'm still standing yeah yeah yeah
I'm still standing yeah yeah yeah»
Salta in piedi non appena batte l’ultima nota, il fiato corto e un qualcosa che gli serpeggia nel petto dopo più di vent’anni. Un nuovo entusiasmo, un calore conosciuto ma che ormai credeva perso per sempre.
Tutti esultano, applaudono felici e gridano il suo nome. Per la prima volta da quando è lì, nessuno lo guarda più con estremo timore o con sospetto: lo stanno accettando allo stesso modo alla quale hanno accettato Radish.
Lo stanno accettando per quello che è, pregi e difetti, e lo stanno facendo perché gli ha lasciato un po’ di corda. Lo stanno facendo perché anche lui si sta divertendo come e con loro.
Lascia vagare lo sguardo da una parte all’altra con aria persa ed un poco confusa e lì li vede, a turno: Darko gli pare sul punto di piangere tanto è felice mentre tiene sulle spalle le euforiche Bree e Mimì, Radish fischia forte tenendo due dita tra le labbra e Sherry ulula con un’entusiasmo che gli ricorda terribilmente quel pazzo del suo amico. Fosse stato qui probabilmente avrebbe dato filo da torcere pure a questi scalmanati…
Scende non appena Major sale sul palco e l’intero Quartetto gli si avvicina pericolosamente per esultare a modo loro, raggiungendo con passo svelto i due coinquilini.
Sente il cuore battere all’impazzata nel petto e le orecchie sono sul punto di andargli a fuoco tanto si sente di colpo imbarazzato, e Sherry ci mette il suo solito carico saltandogli addosso come una molla e buttandolo all’indietro. Per la prima volta, probabilmente pure l’ultima, il fatto che Radish rida di lui non lo infastidisce particolarmente.
«E io che ti credevo fuori allenamento!»
Lascia schioccare la lingua contro il palato con fare stizzito mentre Darko lo rimette in piedi. Fuori allenamento, lui? Ma non diciamo sciocchezze. Anche se non suonava e non cantava da più di venticinque dannatissimi anni, non significa niente. Lui è Everett, mica un povero Spettro qualsiasi!
Riprende il proprio posto accanto alla coppia, alzando lo sguardo il tempo sufficiente per vedere Darko venire trascinato da un lato da una donna con almeno la metà dei suoi anni e con intenzioni a dir poco chiare.
Aggrotta un sopracciglio, domandandosi per l’ennesima volta cosa voglia dire essere liberi di fare ciò che si vuole un po’ in ogni ambito, ma il richiamo di Sherry lo riporta subito con i piedi per terra. Gli sta offrendo l’ennesima birra, ma a questo giro declina senza esitazioni.
Ma non c’è problema, non andrà certo sprecata: usa un artiglio per fare un piccolo buco sul fondo e giù di shotgun.
Vorrebbe dirle che fa schifo, davvero schifo, ma la voce tonante di Radish lo precede e sorprende, così come lo sorprende il sorriso divertito che gli rivolge.
«È stata una fortuna che non ti io abbia sventrato, scorticato e trasformato in un paio di stivali.»
Inarca un sopracciglio con fare scettico, per poi scuotere debolmente la testa. Certo non lo vuole come amico, non gli interessa proprio, ma prova un pizzico di piacere nel vedere che, alla fin fine, lo abbia accettato sul serio. Un domani, forse, potrebbe accettarlo davvero anche lui. Forse.
«E che io abbia evitato di ammazzarti e sbranati.»
«Ma che compagnia allegra!» Urla Sherry, ormai evidentemente sulla buonissima strada per una sbronza con i controfiocchi. Ma non le importa, non stasera, non con Radish che tamburella sulle sue gambe con le dita e con Everett che ha organizzato una cosa del genere. Stasera va tutto bene, i problemi sono lontani e sbiaditi, non possono toccarli.
Volta pigramente la testa quando sente la voce degli amici sovrastare le altre per richiamarne l'attenzione e nota subito l’espressione un po’ troppo entusiasta di Major. Ha in mente qualcosa, non può perderselo!
«Beh, io andrei dal momento che la mia presenza è evidentemente richiesta altrove, a patto che voi due riusciate a non ammazzarvi in mia assenza.»
«Ma per favore…» Borbotta Everett, un lieve broncio sul volto sempre serio.
«Non siamo bambini!» Gli dà subito corda Radish, spingendola un poco in avanti per mandarla via e darle prova che no, non si faranno più niente. Beh, più o meno niente, ecco.
«Rognoso sacco di pulci!» Scherza infatti non appena si è allontana abbastanza, sostenendo lo sguardo gelido del maggiore.
«Vai a farti fottere, sbuccia banane.»
Rimangono in completo silenzio, immobili, per circa tre secondi, poi entrambi ridacchiano appena.
Una tregua strana la loro, una convivenza non proprio semplice che però, tutto sommato, potrebbe anche funzionare. Hanno dei punti in comunque, anche se non lo vogliono ammettere, e potrebbero davvero ottenere grandi risultati se unissero pienamente le forze. Devono solo darsi tempo, scoprirsi un minimo e smussare quegli acuminati spigoli sulla quale si sfracellano continuamente.
Dopo una serata del genere, però, è evidente che potranno farcela.
«Okay, già che ognuno canta un po’ il cazzo che gli pare, adesso tocca a me!» I due uomini voltano pigramente lo sguardo verso il palco, notando che BatMajor ha uno sguardo strano. Uno sguardo che neanche Radish gli ha mai visto e che un po’ lo mette in allarme. Conoscendolo sa bene che è capace un po’ di qualsiasi cosa, quindi abbassare la guardia sarebbe da sciocchi.
Ma questa non è la serata giusta solo per la loro “tregua ufficiale”, no: stasera è la serata speciale un po’ di tutti e Major ha deciso di sfruttarla al meglio.
«Come on, y’all!» Micah batte il tempo con le bacchette per circa due secondi, poi una musica allegra li travolge in pieno. Anche di sfuggita, tutti conoscono la canzone e di colpo Domino si ritrova senza volerlo trascinata sotto al palco da Bree e Sherry, gli occhi verdi sgranati a più non posso nel guardare un più che entusiasta Major. La guarda per un brevissimo istante e poi si piega in avanti col busto, regalandole un sorriso raggiante «Then I saw her face
Now I'm a believer
-listen
Not a trace
Of doubt in my mind

I'm in love
I'm a believer
I couldn't leave her if I tried
»
Si tiene le mani sul volto, Domino, ridendo mentre delle lacrime di commozione le pizzicano gli occhi. Lui, Major, un ragazzo non fisicamente bellissimo ma con una mente brillante e con un gran senso dell’umorismo, allegro e leale, Spettro Purosangue parecchio ambito, le sta dando l’ennesima prova che non sta scherzando, che ciò che c’è tra loro l’ha preso più che sul serio e che, come dice lui stesso, davvero c’è rimasto sotto. Ma non c’è tempo per commuoversi, le amiche non glielo danno di certo: la alzano in alto tenendole le mani sotto le ascelle e la sospingono sul palco, dove viene subito fatta volteggiare da Major.
Le due la seguono subito a ruota, ballando insieme ed intonando la canzone assieme agli amici.
Radish ed Everett, da un lato, osservano la scena con un sorriso divertito: tecnicamente lei è la loro Regina, li dovrebbe tenere a freno, controllarli e comandarli, ma in pratica è amica loro, gioca e si diverte assieme a tutti. Per Everett, per quanto gli risulti comunque strano, in un certo senso è pure normale: il Sud, presto o tardi, cadrà nelle mani di un Re non troppo differente da lei.
Roman aveva ragione: i tempi stanno per cambiare del tutto.
«Then I saw her face!
Now I'm a believer
Not a trace
Of doubt in my mind
-one more time!
I'm in looove!!!
I'm a believer -come on
I believe, I believe, I believe, I believe,
I believe, I believe, I believe, I believe, I believe!

Y'all sing it with me!»
È scatenato forse più del solito, c’è un sentimento schifosamente vivo nei suoi occhi e nella sua voce e per Fern è più che sufficiente: il bracciale che aveva ritirato in banca tre giorni prima, il giorno dopo finirà al polso di Domino.
Non ha fatto niente per fargli perdere così la testa, non lo voleva neanche, e invece in un secondo sono completamente partiti di testa l’uno per l’altra.
«I believe
I believe
» I cori si scatenano, Darko sbuca alle spalle dei due uomini e li trascina a forza in mezzo alla bolgia saltante e urlante, spingendoli a tenere il ritmo.
«People in the back!»
Gohan è stato catturato di nuovo, ride come forse non ha mai fatto, si lascia andare. Salta, canta, si lascia spintonare da quelli che potrebbero davvero diventare suoi amici e lascia che la ragazza che gli ha rubato il suo primo bacio gli salga sulle spalle.
Radish lo vede e sorride. Era anche l’ora che quel ragazzino si comportasse finalmente come un ragazzino!
Allunga un braccio all’indietro e avvolge le spalle di Darko, saltando e dondolandosi a tempo con lui.
Non appena Everett lo nota, segue il suo esempio e per la primissima volta gli sorride sul serio. Un sorriso che, agli occhi del Saiyan, non è poi troppo differente da quelli giocosi della compagna.
«I believe
I believe
I believe
I believe!
»
Major fa appena in tempo a finire di cantare che Domino si lancia tra le sue braccia, lo stringe e lo bacia come se ne valesse della sua stessa vita. Poi, allontanandosi dalle sue labbra di pochi centimetri, gli prende una mano e se la poggia sul ventre. Gli occhi del lupo si sgranano oltre ogni limite perché con i loro sensi e con la bruciante euforia che gli scorre nelle vene, anche lui riesce a sentire per la prima volta le loro piccoline che, muovendosi appena, cominciano a palesare sul serio la loro esistenza.
Dopo un gesto così stucchevolmente dolce, la festa pare impennarsi ancora di più e per Radish ed Everett è lampante che non torneranno a casa prima dell’alba.



Chichi si sta innervosendo sempre di più ad ogni singolo secondo che passa: sono quasi le dieci del mattino e il suo Gohan non è ancora tornato a casa!
Devono aver festeggiato fino all’alba, già se lo immagina. E se lo vede, Chichi, il suo adorato bambino che, spronato da quel lupo fuori di testa e sicuramente anche da Radish, assaggia la birra o chissà che altro, magari addirittura fuma una sigaretta o peggio!
Ma la sentirà non appena rientrerà a casa, quello screanzato che pensa di poter folleggiare tutta la notte solo perché poi va a rintanarsi a casa degli zii. La sentirà e il cervello gli scivolerà giù dalle orecchie per quanto lo farà sgobbare sui libri!
Ma Chichi, in realtà, non ci ha preso proprio del tutto: hanno sì festeggiato fino alle cinque del mattino, ma Gohan non ha fatto niente di particolare, se non ballare con quei ragazzi ed anche con la zia acquisita fino a farsi sanguinare i piedi. Beh, è pure stato baciato a tradimento e poi ci è scappato pure un secondo bacio decisamente molto consenziente verso le quattro e mezza, ma non ha fatto proprio niente di strano.
Sono poi andati a casa, con le gambe che imploravano loro di fermarsi a riposare, e sono praticamente svenuti nel letto, così sfiniti da essersi svegliati attorno alle 08.30 col cervello che ondeggiava nel cranio tanta era la confusione; hanno mangiato qualcosa al volo e poi, giusto per non farsi mancare niente, sono andati nel deserto per un po’ di sano e distruttivo riscaldamento prima di allenarsi sul serio.
Vuole solo aiutarli, Gohan, ed ha approfittato dell’assenza dell’occhio vigile della madre per dar loro un piccolo aiuto con gli allenamenti nel corpo a corpo. Dire che Radish e Piccolo ne sono stati entusiasti è dire poco!
Ma Chichi non sa tutto questo. S’immagina il peggio del peggio, la sua mente continua a partorire film con trame sempre più deliranti e articolate al limite del catastrofico, tanto che il figlio rischia davvero di essere punito per l’eternità. Ma in suo soccorso, malgrado non lo sappia, sta per arrivare uno Spettro con un piccolo dono.
Quando sente bussare alla porta, Chichi scatta veloce come una gazzella e la spalanca quasi fino a scardinarla, trovandosi di fronte l’ennesimo membro del branco che la guarda come se fosse ammattita.
Esattamente come gli altri esemplari maschili della sua specie, anche questo mostra un’altezza assai elevata e un fisico muscoloso, tonico e slanciato, con i capelli acciuffati alla rinfusa sulla sommità della nuca. Gli occhioni chiari osservano la donna come in cerca di una qualche risposta, finché di colpo non vengono abbassati con timidezza.
«Scusi per il disturbo, mi ha mandato Sherry…»
S’intenerisce sempre quando li vede in difficoltà a parlarle. Temono che mancandole di rispetto o simili la loro Regina o il violentissimo Capitano possano fargliela pagare in qualche modo, tanto da arrivare a trattarla come un membro della loro specie di alto rango.
Nel vedere l’uomo tanto a disagio che continua a tamburellare con le dita sul pacco che stringe tanto gelosamente contro l’addome, accantona per un istante la propria rabbia per lasciarlo parlare. Se continuasse a sentirla tanto infuriata, in fondo, andrebbe solo più nel panico e non vuole farlo scoppiare in lacrime come ha fatto con un Mezzosangue pochi giorni prima. Non le pare carino, ecco.
«Che è successo?»
«Hanno stampato alcuni di questi, stamattina presto, e uno è per lei… sa, per ricordarsi dei bei momenti di suo figlio.» E detto questo le porge il grosso album fotografico, uno dei tanti che Mordecai, che proprio non ne voleva sapere di dormire, ha preparato tra le sei e le otto del mattino. Le sorride cordialmente, rimanendo però con il braccio a mezz’aria e l’oggetto ancora in mano.
«Perché non l’ha portato Gohan?»
«Beh, ecco…» Abbassa di nuovo gli occhi, grattandosi nervosamente la nuca con la mano libera «Promette di non arrabbiarsi con me e di non dire che ho fatto la spia?»
«Okay.» Calmati, Chichi, lui non c’entra niente. Non puoi e non devi farlo piangere. Però puoi costringerlo a mutare e portarti in groppa da quello screanzato di tuo figlio!
«Beh, è andato ad allenarsi con gli altri… non gliel’ha detto perché non voleva che si arrabbiasse o stesse in pensiero…»
Le pare sul punto di una crisi di nervi e se ne dispiace sul serio. Non ha colpe, si è ritrovato lanciato nel mezzo ad una faccenda che proprio non lo riguarda e sta cercando in tutti i modi di non scontentare nessuno. Non invidia la posizione degli Spettri gregari, proprio no.
Allunga quindi una mano e prende l’album, aprendolo a caso. Major tiene sulle spalle Gohan, stavano facendo la “lotta tra galli” contro Pip e Bree la sera del compleanno di Sherry. Sorride, suo figlio, era felice lì in mezzo, si divertiva sul serio.
Un sorriso dolce e materno si apre sul volto in genere accigliato della donna, la rabbia comincia a defluire dal suo corpo. Per vederlo così felice, in fondo, può anche passargli un ritardo. Uno, non di più, e se l’è già decisamente giocato.
«Ha anche detto che tornerà presto e studierà il doppio per rimediare. Sherry pensava che vedendo queste fotografie si sarebbe arrabbiata un po’ meno…» Aggiunge dopo qualche istante l’uomo, un sorriso meno teso sulle labbra pennellate.
«Dai, vieni dentro. Fa freschetto stamani, ti preparo un bel caffè, che ne dici…?» È in questi momenti che Chichi si sente un po’ a disagio con loro: non riesce mai a tenere a mente i nomi di tutti!
Il Quartetto è senza dubbio un qualcosa a sé nell’Universo, nessuno se li dimenticherebbe mai; alcune donne e un paio di Alpha li riconosce quasi a colpo sicuro anche su quattro zampe, ma gli altri…
«Adam!»
«Scusa, sono una frana con i nomi! Tutti i giorni arriva qualcuno di nuovo alla mia porta!» Gli fa spazio per lasciarlo entrare, seguendo velocemente il suo sguardo quando lo vede voltarsi di scatto per osservare la vegetazione. Le è parso di vedere come un lampo di agitazione sfrecciare per i suoi occhi chiari, ma non ne è poi troppo certa. Spesso e volentieri ha notato che esprimono a modo loro le emozioni, quindi di tanto in tanto le risulta difficile capire cosa possa passargli per la testa.
«Anche giù alla tana non è semplice ricordarsi di tutti… certe figuracce!»
«Immagino!» Si dirige a grandi falcate verso la cucina per preparargli il caffè - e sa di doverne preparare un barile perché presto arriveranno pure gli altri a scroccarlo - quand’ecco che l’uomo si volta di nuovo verso la finestra per guardare fuori. Se questo gesto non fosse sufficiente a metterla un briciolo in allarme, ci aggiunge anche un nuovo carico dirigendosi a grandi falcate verso suddetta finestra per aprirla, lo sguardo sempre ben puntato verso la lontana vegetazione.
«C’è qualcosa che non va?»
«Hanno fiutato una traccia estranea e sono andati a controllare. Finché non sento nessun ululato però non c’è di che preoccuparsi. Probabilmente si trattava solo di qualche randagio sbarcato da un’isola, a volte succede. Beh, almeno è quello che spero.» Volta di scatto la testa non appena un lieve tonfo dall’altra parte della piccola dimora gli arriva alle orecchie «Chi altro c’è in casa?»
«Mh? Oh, Goten deve essersi svegliato. Ti dispiace portarmelo?»
Inspira l’aria a pieni polmoni, storcendo un poco il naso nel fiutare la traccia del piccolo. Non sa se gli dà più fastidio la chiara nota acida del sangue paterno o il fatto che debba essere cambiato.
«Non c’è problema.» S’incammina con passo calmo fino alla stanza del bambino. Già che è lì, pensa bene di dare uno sguardo alle poche fotografie sparse in salotto e nel corridoio. Quasi gli viene da sorridere nel vedere quella del loro matrimonio o quella dove tengono in braccio un piccolo fagottino. Una bella famiglia dall’aria felice.
Prende il bambino tra le braccia e questi si ritrova ad osservarlo dritto negli occhi per qualche secondo in religioso silenzio. Lo guarda, come cercando di capire qualcosa, ed infine scoppia in lacrime quando Adam lo guarda con i suoi veri occhi.
Con un sorriso divertito s’incammina di nuovo verso la cucina, lasciandosi andare ad un commento un poco bizzarro: «Non mi avevano detto che c’era un secondo moccioso.»
Aggrotta le sopracciglia, Chichi, chiedendosi per un secondo se ha capito bene o meno. Come si permette?!
«Cosa?!» Il suo istino da mamma orsa si fa sentire e, senza pensarci, marcia con rabbia verso l’uomo che sta tenendo tra le braccia suo figlio e il sangue le si gela nelle vene non appena lo vede in volto: i capelli grigi sono stati sciolti all’elastico, ricadendo morbidamente sulle spalle forti, e gli occhi sono illuminati da un allarmante color ametista.
«Mi domando che sapore abbia.» Non appena finisce di parlare scoppia di colpo un boato di risate isteriche che le ricordano davvero tanto il pericoloso ed inquietante verso derisorio di un branco di iene.
Ed eccoli lì che sbucano dalla finestra lasciata aperta: Apophis, Daryl e altri sei membri della sua guardia, alcuni tra i peggiori Spettri del Nord, tutti sporchi di sangue fresco e denso sulla bocca, il petto e le mani.
«Hai un sangue forte, umana…» Un artiglio nero rimane a pochi centimetri dalla candida e delicata gola del suo bambino, che ancora piange disperato. Aveva capito che qualcosa non andava, in qualche modo sentiva dentro che non era una persona buona come quelle che spesso giocano con lui.
Chichi, incurante di quanto quegli uomini siano maledettamente più forti e veloci di quanto lei non potrà mai essere, prova il tutto per tutto per riprendersi il figlio, venendo però bloccata sul posto da un micidiale abbraccio alle spalle da parte di Apophis. Potrebbe ucciderla semplicemente stringendo un poco di più, ma così finirebbe il gioco senza averla terrorizzata a sufficienza.
Jäger si compiace sul serio del panico nei suoi occhi ed un sorriso sardonico gli increspa le labbra: «Vediamo se versandone un po’ la mia sposa capisce finalmente qual è il suo posto!»



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ebbene sì: sono ufficialmente una persona davvero orribile. Però dai, ho fatto accadere cose brutte a Mezcal, un pochino forse mi salvo… mh. Anche no, ve’?

ECCOCI DI NUOVO QUI! Stavolta non dirò un granché perché non appena premerò il tasto invio dovrò vestirmi di nuovo e uscire… e sono sfinita. Non sto più in piedi e anche domani ho diversi bimbi!
Sto in coma, ecco. D:
Quindi, niente… spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non mi odiate troppo per il finale. Era necessario, purtroppo…

A presto
Un bacione
Kiki

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 19 💛


𝟚𝟡. 𝒮𝒸𝒶𝒸𝒸𝑜 𝒶𝓁𝓁𝒶 𝓡𝑒𝑔𝒾𝓃𝒶



Se si esclude il suo riposo forzatissimo dopo l’incidente la notte del suo compleanno, Sherry non dormiva così profondamente da parecchio tempo.
Fino a qualche mese prima dormiva prevalentemente in mezzo al niente o in strutture abbandonate con parecchi Spettri prontissimi ad aprirle la gola nel sonno, dormire in questo modo certo non era pensabile. Ma adesso la situazione è differente: ha una casa dai confini quanto più protetti possibile, un qualcosa di assai simile ad un esercito prontissimo a farle da scudo e, non meno importanti, ha Radish ed Everett. Quei due sarebbero disposti a Dio solo sa cosa pur di tenerla al sicuro, tanto che le potrebbe addirittura dispiacere per un eventuale avversario troppo esuberante.
Ma adesso, mentre apre faticosamente gli occhi e mette a fuoco la stanza, si ritrova curiosamente da sola.
Il letto le pare improvvisamente enorme e gelido senza Radish, ma comunque non se ne preoccupa particolarmente. È assai probabile che sia in qualche stanza a lamentarsi di qualche scemenza fatta dai ragazzi o a guardarsi storto con Everett mentre prendono il caffè. Perché mai dovrebbe preoccuparsene?
Tutt’al più le dà un certo fastidio il tempo che c’è fuori. Il cielo è coperto, scuro, annuncia l’arrivo di un gran temporale. Non che abbia paura della pioggia o cose del genere, trovandosi tutt’al più infastidita dai tuoni, ma sono le conseguenze che può provocare a metterla in allarme: rumori e odori arrivano pesantemente distorti pure ai loro sensi, le tracce si cancellano e non è affatto insolito che la fauna circostante si agiti pesantemente anche sotto terra, portando solamente più confusione.
La pioggia, decisamente, non piace ad alcuno Spettro, che in genere approfitta di questo genere di momenti per pisolare in un luogo riparato, trascinandosi a caccia solo quando strettamente necessario.
Ma certamente non permetteranno a nessuno di loro di poltrire un’intera giornata, sicuramente non dopo la nottata appena trascorsa. Hanno folleggiato così tanto che sarebbe da pazzi anche solo pensarlo!
Quando finalmente si decide a mettersi quantomeno seduta sul materasso, nota un biglietto un poco stropicciato sul proprio comodino.
Gliel’ha lasciato Radish, lo capisce subito dalla calligrafia indecente al pari forse di quella di Mordecai, e sorride dolcemente nel leggere che le concedono un paio d’ore di sonno in più per spezzarle più ossa una volta in piedi. L’avverte anche che dovrà faticare parecchio in quanto dovrà pure recuperare alle mancate attenzioni del giorno precedente, e per questo decide di andare a far colazione con un gran sorriso in volto.
È una sorpresa continua, Radish.
Riesce a riempirle il cuore di una felicità incredibile con piccolissimi ma dolcissimi gesti che lui spesso neanche si rende conto di compiere. In caso contrario probabilmente entrerebbe pure in paranoia perché non sia mai che un Saiyan dimostri di avere un cuore!
Quando raggiunge il salotto, con una voglia folle di buttarsi tra le braccia dell’amato scimmione, una strana traccia odorosa le stuzzica le narici. Una traccia che non riconosce, una traccia estranea.
Si guarda furtivamente attorno, cercando qualsiasi cosa fuori posto, non trovando assolutamente alcunché, sobbalzando poi come un gattino quando qualcuno bussa con insistenza alla porta. Sente poi che si è messo a correre velocemente in avanti, in mezzo alla vegetazione, e questo le fa pensare solo ed esclusivamente a qualche stupido scherzo che va stroncato immediatamente. In altre circostanze non la prenderebbe poi troppo male, sicuramente lo farebbero Everett e Radish al posto suo, ma considerando come vanno le cose ultimamente non ha proprio voglia di questi giochetti infantili.
Va quindi ad aprire con l’unico scopo di mandare sonoramente a quel paese il gran genio, rimanendo stranita quando, al centro del portico, nota un pacchetto. Un pacchetto bianco dalla quale fuoriesce un velo arricciato di plastica trasparente e sulla cui sommità è stato attaccato un fiocco rosso che serve a tener fermo un biglietto.
Non le piace.
Non le piace per niente.
Ha un aspetto sinistro sotto tanti aspetti e, per una ragione che proprio non si spiega, sente un brivido gelido attraversarle tutto il corpo. Un avvertimento, un qualcosa alla quale non bada davvero.
Non emana alcun odore e questo le fa pensare solo ed esclusivamente al peggio.
Dovrebbe dare un qualche tipo di allarme, lo sa, ma c’è qualcosa a frenarla. Qualcosa che si scorda costantemente di portarsi dentro, un mostriciattolo sempre pronto a morderla e paralizzarla col suo veleno.
Con passo lento e leggero raggiunge l’indesiderato dono e, dopo averlo raccolto con mano incerta, apre il biglietto, non riuscendo a riconoscere sulle prima la calligrafia chiara e precisa. Non l’ha mai vista, certo, ma quella frase le basta e le avanza per riuscire a capire chiaramente chi sia il mittente.

Mia piccola Sherry, vorrei davvero donarti il mio cuore… ma dal momento che sarebbe poco conveniente, ti ho portato quello di un altro.
𝒥.


Una massa marrone molliccia e appiccicosa le mozza il respiro.
Un cuore.
Il cuore di uno dei suoi Cacciatori.
Questo certo non è sufficiente a farla sprofondare totalmente nel panico, ma ciò che c’è sul fondo del pacchetto sì: una piccola fotografia che ritrae Chichi fuori da casa sua a stendere i panni.
Questo è molto più che sufficiente per far sì che la sua mente si annebbi totalmente, mandando a spasso ogni capacità di giudizio.
Non pensa a cosa sia meglio fare, non pensa a quale sia la strategia più sensata. Pensa solo che deve correre, che deve raggiungerla adesso, subito, immediatamente.
Non si è accorta di aver lasciato cadere ciò che teneva per le mani, non si è accorta di aver mutato, non si accorge neanche della strada che sta percorrendo. Sa che deve correre verso il Monte Paozu, sa che deve portarla via.
Non pensa al fatto che nessuno abbia dato l’allarme, che nessuno, ma proprio nessuno, abbia ululato, segno di sole due possibilità, ovvero che le abbia fatto un orribile scherzo o che nessuno sia più in vita per poterli mettere in guardia. Non ci pensa, non è importante.
Deve portare via Chichi e Goten, deve trascinarli al sicuro anche dovesse farsi scoppiare il cuore per quanto sta andando veloce. Questo deve fare, la sua mente non le permette di far niente. Anzi, no, una cosa la sua mente l’ha fatta senza neanche rendersene conto: ha tirato su una barriera, si è schermata d’istinto perché tutto in lei le impone disperatamente di far tutto il possibile per tenere al sicuro Radish, malgrado non corra alcun rischio. È l’istinto del lupo a farlo, quello che vuole proteggere costantemente il compagno ad ogni costo. Lo sta schermando senza volerlo, non gli permette di sentire ciò che sta provando. Come fece Leila.
Non ci pensa però, il suo cervello è impostato solo su un unico obiettivo e quello segue. Se non sfrecciasse tra la vegetazione con un pesantissimo paraocchi a schermarla da tutto ciò che la circonda, si renderebbe anche conto che nessuno dei suoi è da quelle parti. Ci sono dei Segugi, però. Segugi del Nord a caccia di facili prede, che si assicurano che vada nella giusta direzione, che cada alla cieca nella trappola che le è stata tesa.
Provare sentimenti, avere degli affetti sinceri, è senza ombra di dubbio un difetto importante per loro. È sinonimo di debolezza, dà al nemico un vantaggio schiacciante, ti mette in una costante posizione di estremo svantaggio. Se si considera solo ed esclusivamente questo aspetto, Mezcal aveva ragione nell’estirpare loro un qualsiasi barlume di empatia e calore, facendoli diventare come delle fredde ed insensibili macchine.
Ma Sherry è sempre stata dura e testarda, i suoi insegnamenti non sono mai stati appresi del tutto, e per questo adesso corre alla cieca nelle loro fauci.

 

Continua a dimenarsi tra le braccia di Apophis per liberarsi dalla sua presa d’acciaio al solo ed unico scopo di togliere Goten dalle braccia di Jäger. Gli arti che la stringono sembrano essere fatti di puro ed indistruttibile acciaio, ogni movimento le procura solo ondate di dolore e le ossa sono sempre più vicine al punto critico per quanto vengono schiacciate. Come Sherry, però, neanche Chichi adesso riesce a ragionare. Sa solo che deve togliere suo figlio dalle sue mani e correre via. Non ha altre possibilità. L’unica variabile nel suo piano è quella di riuscire a prendere il telefono per chiamare gli altri. Se arrivassero in tempo, riuscirebbero ad ucciderli.
Jäger, che adesso sorregge il piccolo trattenendolo per il colletto della tutina con il rischio di strangolarlo, fa un cenno col capo ad Apophis così che la lasci andare. Ha una tempra notevole, sta tentando l’impossibile per riprendersi il suo cucciolo. Per quanto l’idea gli risulti assurda ed anche un poco disgustosa, apprezza da sempre gli individui forti e tenaci, motivo per cui prima di ucciderla potrebbe essere interessante giocarci ancora un po’.
Il Beta sogghigna, consapevole delle sue intenzioni, e con un gesto secco la butta di lato. Gli occhi gli si illuminano non appena fiuta il sangue caldo che le cola sulla fronte dopo aver impattato violentemente contro uno spigolo, e il ghigno si allarga ulteriormente nel vederla provare a rialzarsi. Non sa se lo diverte di più il fatto che insista tanto malgrado non abbia alcuna speranza di uscirne viva o il fatto che abbia raccolto da terra il telefono caduto.
«Cosa pensi di fare?» Domanda con tono divertito, non facendo assolutamente niente per impedirle alcunché. A che scopo tanto?
Quando Chichi porta l’oggetto all’orecchio dopo aver composto il numero di Radish, più vicino a loro e pure in compagnia del figlio, il cuore le sprofonda ancora un po’ nelle viscere: non c’è segnale, non può avvertire nessuno.
«Ohhh, povera stupida vedova…» Passa l’infante ad uno dei suoi Cacciatori, sorprendendosi sinceramente nel vederlo prendere tra le braccia con una certa cura «Pensavi davvero che non avrei bloccato la ricezione?»
«Ormai vi avranno fiutati e avranno dato l’allarme!» Sibila velenosa, gli occhi fermamente puntati sull’uomo che stringe suo figlio. È una donna intelligente, sa benissimo che se proverà a scattare adesso al suo bambino verrà tagliata la gola per spregio. Deve tenerli impegnati, deve guadagnare quanto più tempo può prima dell’arrivo di qualcuno. Ma come? Non le sembrano certo degli sprovveduti o degli stupidi.
Però una cosa l’ha notata. Una cosa fondamentale. Non stanno facendo assolutamente niente. Non stanno muovendo un dito per far loro del male, non ancora, come se stessero aspettando un qualche segnale.
«Lo avrebbero fatto, sì…»
Non può staccare gli occhi da suo figlio, non può davvero, ma con la coda dell’occhio la vede chiaramente la testa che le è stata lanciata davanti. Conosce quella donna, giusto il giorno prima hanno mangiato una fetta di torta assieme mentre sorseggiavano del tè.
Un conato di vomito le sale su per la gola, così potente che le ci vuole un discreto sforzo per ricacciarlo indietro. Non darà alcun genere di soddisfazione ai suoi aguzzini, neanche una. Si riprenderà suo figlio e correrà via, questa è l’unica cosa che vuole fare.
«Sono proprio curioso di sapere che sapore abbia un uomo-scimmia…»
Le viene da piangere sempre di più. Non sa cosa fare, non sa come mettere il suo bambino al sicuro e non riesce a perdonarsi di essere stata lei stessa ad averlo fatto entrare. A mente fredda si renderebbe conto che il suo permesso sarebbe stato quanto di più ininfluente possibile, ma ora come ora non può pensare altrimenti.
Si porta di scatto una mano sulla bocca per bloccare il forte urlo che stava per sfuggirle non appena uno di loro, giunto alle sue spalle, le ha poggiato un piede sul polpaccio e, con una lieve pressione, le ha spezzato in due l’osso.
Non vuol dar loro la soddisfazione di sentirla urlare, ne va del suo orgoglio. Non si rende però conto di star piangendo per la disperazione, poiché adesso ogni possibilità di fuga le è stata brutalmente tolta. Se solo sapesse volare…
«Il suo sangue è un richiamo molto più dolce…»
Sente un nuovo brivido lungo la spina dorsale quando sente il fiato di uno di loro sul collo.
Sente la sua barba corta ed ispida pizzicarle contro la pelle, sente le sue unghie che le entrano nel braccio al solo ed unico scopo di farla urlare. Non capisce se lo facciano per mero divertimento o per lanciare una specie di segnale, ma non le importa assolutamente: non urlerà mai per loro, non gli darà questa soddisfazione.
A giudicare dai loro occhi, poi, capisce che la cosa li urta parecchio. Per chi mi avete presa, eh?! Avete fatto male i vostri conti, luridi bastardi!
«Beh…» Il sorriso sul volto di Jäger si allarga un poco, mostrando una dentatura perfetta e brillante, e i suoi occhi trasudano una certa eccitazione che non può far altro che preoccuparla ancora di più. Non può finire così, non lo accetta!
«Direi che è giunto il momento di chiudere la partita.»
Nuovi brividi, nuove lacrime.
L’uomo che tiene suo figlio tende il braccio, lasciandolo sospeso a mezz’aria. Se lo lasciasse cadere adesso, rischierebbe di farsi molto molto male o peggio. Se invece lo lanciasse di lato, non avrebbe neanche la possibilità di provare a riprenderlo.
Non sa più come fare. La disperazione è tale che non riesce quasi più a respirare, figurarsi ad urlare di lasciarlo in pace.
Nel momento esatto in cui lo vede sogghignare ed infine lanciare suo figlio fuori dalla finestra con una violenza e cattiveria inumana, il suo cuore va totalmente in frantumi e stavolta non riesce davvero a trattenere un urlo disperato.
Quel che non poteva immaginare, che nessuno poteva immaginare, era di vedere Goten venire preso al volo.


Piccolo e Gohan si stanno allenando ad alta quota, giusto per rinfrescare la memoria al ragazzino mentre gli altri tirano giù imbarazzanti dosi di caffè per combattere il dopo sbornia e svegliarsi come si deve.
Sono pure in pochi, la maggior parte è in giro per la città a cercare gli oggetti nascosti o alla tana con i piccoli a sistemare l’imbarazzante macello fatto la sera prima, in quattro sono da Vegeta ed altri sono andati dai rimanenti allenatori così da non rischiare botte troppo pesanti da parte del Beta e del Capitano.
Darko, invece, è stato agguantato di prepotenza da Bree per fargli controllare i figli che porta in grembo quanto più attentamente possibile. Si sente troppo stanca, dice, e i calci che comincia ad avvertire le sembrano davvero troppo forti se si considerano le loro settimane. È stato inutile dirle che avendo il sangue di Micah saranno per forza ben più forti di lei e che, di conseguenza, le prenderanno molte più energie di quante non avrebbero fatto i figli di un altro Spettro più debole: lei voleva tutti gli esami possibili ed immaginabili e lui glieli farà, fine della discussione.
Radish, dal canto suo, osserva il nipote combattere col Namecciano con sguardo assente. Li vede e non li vede mentre dentro sente come uno strano senso di inquietudine avvolgerlo. Dev’essere Sherry che si è svegliata male, quale altra può essere la spiegazione? In fondo sa che i temporali non sono cosa molto gradita per loro, trovare un simile cielo appena sveglia deve averla fatta alterare.
Lo pensa davvero. Perché non dovrebbe pensarlo? Non ci sono pericoli, avrebbero dato l’allarme ed Everett lo avrebbe sentito.
Ma è proprio quest’ultimo a dargli davvero da pensare.
Si è messo seduto da un lato, le lunghe orecchie puntate in avanti e lo sguardo attento. I suoi occhi rubino trasudano un certo malessere, Radish lo ha capito subito, ma come ha chiesto spiegazioni la prima volta, l’altro si è limitato a scrivere con l’artiglio la parola “niente” per terra.
In quel momento gli ha ricordato davvero tanto Sherry, che con i suoi “niente” del cazzo riesce a mandarlo nel panico più di ogni altra cosa, ma ha pensato che fosse meglio non indagare oltre. Quando decide di non parlare, si può star sicuri che non lo farà.
Malgrado questa decisione, però, continua a lanciargli delle veloci occhiate, e così ha notato che fa pure River, altrettanto irrequieto a qualche metro di distanza.
Continua a sbuffare, ad agitare a scatti la coda. Non è un comportamento tipico per lui, sempre tanto calmo, strafottente e dall’apparenza gelida.
Decisamente c’è qualcosa che non va. Ma cosa? Il temporale imminente? Il dopo sbornia importante? Il temporale imminente unito al dopo sbornia importante? Gli pare davvero impossibile. Non reagiscono così quando si svegliano devastati, lo sa per certo, ma non sa come possono reagire per il tempo, quindi vuole credere che sia solo per quello.
Dentro, però, lo sente che non è così.
È come qualcosa di elettrico nell’aria. Qualcosa di elettrico che è ancora avvolto da una specie di velo che lo cela ai loro sguardi. Gli pare quasi di poterlo toccare con mano, di poter afferrare quel velo per scoprire cos’è che li sta inquietando tanto, ma al tempo stesso sente che quel maledetto velo gli sfugge dalle dita prima di poterlo afferrare.
È stressante, davvero. Forse lo è anche di più il non sapere cosa dover fare in questi frangenti. Dirgli di andarsene alla tana e calmarsi? Farli combattere ancor più duramente?
Cosa farebbe un buon Capitano?
La verità è che questo genere di decisioni non spettano più a lui. Sono decisioni che, in assenza di Sherry, spettano unicamente ad Everett. Il branco lo sa, riconosce la gerarchia, motivo per cui gli altri continuano a lanciargli delle occhiate. Cercano di capire cosa fare, aspettano un suo ordine. Lui per primo, però, non sa bene quale sia l’ordine migliore da dare.
Qualcosa non va… qualcosa davvero non va!
Non ce la fa più a stare fermo. È come un orribile déjà vu per lui, una sensazione maledettamente conosciuta capace di terrorizzarlo, ma non riesce a spiegarsi perché la provi. C’è tanta gente a fare da muro a Sherry, tanta gente che le vuol bene e nessuno ha dato l’allarme… perché allora la sente? Perché tutto dentro di lui gli suggerisce che c’è qualcosa di fuori posto?
La risposta arriva da sud-est, alle loro spalle.
All’inizio è solo una spaventosa traccia olfattiva che tutti loro conoscono bene: sangue. Tanto sangue. Sangue amico, sangue del branco.
Lo fiutano tutti e, voltandosi, arriva la risposta visiva: Camila corre verso di loro, corre come meglio può su tre zampe e con una violenta emorragia lì dove un tempo vi era la zampa anteriore destra, e i suoi occhi trasudato una tale disperazione da lasciarli per qualche istante come in trance. Ma poi scattano tutti insieme, la raggiungono e Maddox l’afferra al volo prima che impatti al suolo, le tiene la testa sollevata quando riprende sembianze umane e si fa spuntare il vello sul torace per provare a tenerla un poco al caldo.
È in stato di shock, a malapena riesce a respirare e a stento riesce a capire da chi è circondata. Sa solo che sono amici, che non le faranno del male come la spia che ha permesso ai Segugi del Nord di avvicinarli.
«Che diavolo è successo?!»
Mordecai fa appena in tempo a finire la frase che parte il primo ululato d’allarme: gli Alpha sono riusciti a liberarsi dalla loro morsa, Willem sta sforzando la voce per farsi sentire da tutti. Pure dai nemici se è possibile, così che sappiano della tempesta di merda che si stanno tirando addosso.
Il loro Capitano e compagno della Regina è Radish.
Il loro Beta è Everett.
Dalla loro parte hanno Vegeta, Piccolo, Tensing, C-18, Crilin, Muten, Yamcha e anche il piccolo Gohan. Hanno dei fottuti fenomeni pronti ad aiutarli, disposti a scendere in campo con loro per suonarle di santa ragione a chiunque osi alzare troppo la cresta allo stesso modo in cui farebbero loro. Giocargli un tiro tanto mancino in pieno giorno è stato davvero poco intelligente.
All’ululato di Willem seguono gli altri, anche dalla città. Ci sono i canti di Darko e Bree, ci sono le voci degli Spettri con Vegeta, che di conseguenza è appena stato avvertito della situazione.
Tutti adesso sanno, dal primo all’ultimo, e i Segugi si stanno ritirando. Hanno fatto danni incredibili, però. Hanno ucciso Purosangue, Mezzosangue, tutti i Freak che sono stati raggiunti e diversi cuccioli che non sono riusciti a rimpiattarsi in tempo.
Erano in troppi e sono arrivati dall’ombra, nessuno ha avuto il tempo di difendersi a dovere né di dare l’allarme. Ma poi gli Alpha sono riusciti a fare breccia. Sono riusciti a mettere in atto gli insegnamenti violentissimi di Vegeta e Radish, hanno copiato come meglio potevano il loro stile di combattimento. Hanno cercato di fare tesoro quanto più possibile degli insegnamenti di Everett e Darko, e la maggior parte dei cuccioli hanno seguito le direttive di Maximilian e Amos, rifugiandosi nei tunnel più angusti e lunghi, così da non poter essere raggiunti. Loro due poi si sono piazzati di fronte a tutti gli altri, un fucile stretto tra le braccia di ognuno e delle scatole di cartucce accanto ai piedini. I Segugi del Nord dovevano aspettarselo, però: per quanto buoni di cuore, non si fotte neanche con i figli di un membro del Quartetto!
Ma adesso loro non lo sanno. Sentono solo l’allarme, vedono solo Camila che annaspa in cerca d’aria mentre si aggrappa disperatamente al braccio di Maddox, che a sua volta non riesce più a pensare. Becca e i piccoli erano alla tana, erano andati lì prestissimo per aiutare a rassettare, e dei loro ululati non c’è traccia.
Ma poi il respiro gli si regolarizza: sente Amos, sente la sua voce. È forte il piccoletto, sa farsi rispettare ed è più furbo di quanto non dia a vedere. Se lui sta bene, sta bene anche il fratello. Poi si ricorda che sua moglie è Becca, una stronza assetata di sangue che non perdona certi atteggiamenti e che sarebbe capacissima di farsi rispedire sulla Terra pure da Satana per quanto sa scassare le palle, quindi si calma. Sarà così fuori di sé che probabilmente è pure sulle tracce dei Segugi per farli a brandelli. Un poco, forse, prova pure pena per loro.
D’improvviso, mentre tutti urlano bestemmie e cercando risposte dalla donna che a stento riesce a rimanere cosciente, Radish sente caldo sulla spalla. Lo sente chiaramente. È la stessa fastidiosa sensazione che prova quando Sherry lo graffia per un motivo o per un altro e la sua tossina gli entra in circolo. È lo stesso fastidiosissimo bruciore… solo che adesso nessuno lo ha toccato.
Geme per il dolore e si tocca la parte apparentemente lesa, la mente che macina velocemente per provare a capire cosa stia succedendo, senza successo.
«Radish?» Sente la voce di Major e vorrebbe dirgli che non ha niente, che sta bene, ma sarebbe una bugia clamorosa. Lui non sta bene, c’è qualcosa di profondamente sbagliato e sente un qualcosa di molto simile al dolore alla spalla. E poi al braccio. E ad una caviglia.
Lo sente, è reale, non lo sta immaginando. E solo ora, come uno sciocco, si rende conto che non sentiva più l’aura di Sherry non perché si era trasformata per raggiungerli, no: si era trasformata per combattere.
Incrocia per un solo, misero e fugace istante gli occhi con quelli color rubino di Everett ed entrambi scattano, il cuore in gola e il respiro sempre più corto.
Radish non sarà capace di trovarla, ma il fiuto dell’altro sì, ovunque lei si trovi. E adesso l’ascia di guerra non solo è sepolta a chilometri di distanza da loro, ma ad entrambi pare che non sia proprio mai esistita: sanno cosa fare, sanno di doverlo fare insieme, sanno di aver bisogno entrambi delle abilità dell’altra e per questo si muovono all’unisono, veloci come non lo sono mai stati.
Nessuno chiede niente. Non ce n’è alcun bisogno, non stavolta.
Il resto del branco sa da chi stanno andando, sa chi l’ha stanata con l’inganno e che stanno combattendo. Un’altra cosa che sanno tutti quanti, inoltre, è che devono obbedirgli.
River, grazie alla ferrea educazione ricevuta, sa come si agisce in determinate circostanze e per questo tira le fila: ringhia contro il Quartetto e i pochi Alpha con loro di raggiungere la tana, di ordinare a tutti quanti di dirigersi lì, di combattere se necessario e di dare immediato supporto ai feriti. Quando saranno quanto più stabili possibile, potranno raggiungerli, ma non prima di quel momento.
Non vorrebbero ubbidire, non lo vorrebbero davvero, ma sanno bene che lui parla per il volere di Sherry, che lei sarebbe la prima a volersi assicurare dello stato di salute di chi sta combattendo con e per lei, e quindi, con un ringhio carico di odio e frustrazione, corrono verso la tana mentre lui, con Piccolo e Gohan, corre dietro agli altri due.
Non ci vuole poi molto che a tutti si insinui nella mente il dubbio su dove stiano andando, tanto che, di colpo, la situazione si fa ancora più terrificante: nella migliore delle ipotesi, ci vorranno tredici minuti pieni prima di raggiungere la casa di Gohan.


Ha rimpiattato Goten al meglio delle sue precarie possibilità ed ha mostrato minacciosamente le zanne a Jäger non appena è uscito di casa.
Sentiva l’odore del sangue di Chichi, ma certo non poteva entrare per assicurarsi delle sue condizioni: avrebbe lasciato scoperto Goten e si sarebbe scoperta lei per prima.
Tutto ciò che le rimaneva da fare, a conti fatti, era ingaggiare uno scontro proprio col Re del Nord, l’uomo che l’ha violentata da ragazzina e che, in caso di vittoria, riprenderà proprio da quel punto una volta catturata.
Doveva ingaggiare uno scontro con lui così da calamitare sulle loro figure l’attenzioni degli altri Spettri, lasciando il tempo a Chichi di riprendersi il figlio e di allontanarsi quanto più possibile.
Avrebbe dovuto ululare. Avrebbe dovuto davvero, ma non c’è riuscita. Il fatto che riuscisse a ringhiargli contro e a sbattere i denti come ultimo segnale prima dell’inevitabile scontro è inspiegabile.
Non era pronta ad un confronto diretto. Non lo era assolutamente, eppure qualcosa dentro di lei ha rifiutato sin dal primo istante che loro due potessero morire per colpa sua. Non era accettabile e così è scattata, si è lanciata nelle sue fauci senza alcuna strategia, decisamente ben lontana dall’essere pronta ad uno scontro simile. Dio, neanche Everett sarebbe fisicamente capace di batterlo, non ora! Con qualche mese di indicibile allenamento forse sì, avrebbe delle possibilità, ma ora no. Lei, che certo non è all’altezza neanche del fratello più debole, come poteva anche solo pensare di spuntarla?
Beh, la verità è che non lo pensava affatto. Pensava solo a tirar Chichi e Goten fuori da quell’orrenda situazione.
Sulle prime le è sembrato strano vedere i suoi occhi color ametista anziché rossi, ma non vi ha badato poi più di qualche istante. Gli si è lanciata contro, ritrovandosi a rotolare nella polvere dopo un calcio nell’addome.
L’ha sbalzata senza fatica che ancora era umano e in quell’istante ha capito che non sarebbe durata più di qualche minuto. Ma non avrebbe ceduto, questo mai.
Lei, Regina delle Terre di Nessuno, talvolta definita Regina del Nord, Sherry Occhi di Brace, Sherry la Conquistatrice, figlia di Leila e Mezcal, non avrebbe mai ceduto niente a nessuno, figurarsi ad un soggetto marcio come Jäger.
Chichi doveva portare via Goten. Doveva chiamare aiuto, in qualche modo. E lei doveva prendere tempo e basta. Così ha combattuto, gli si è avventata contro a più riprese, il piccolo contingente faceva come da muro ed osservava il silenzio il combattimento. Una Regina debole non sarebbe tollerabile per gli standard del Nord, dovevano assicurarsi che avesse davvero il valore che Jäger e Apophis hanno tanto decantato negli anni.
Un colpo è andato a segno. Un colpo nella spalla con gli artigli. Dio solo sa quanto è stata paradisiaca la sensazione della sua carne che si apriva sotto il suo tocco. Avrebbe tanto voluto mettere in loop il momento per l’eternità e goderselo all’infinito, ma Jäger ha deciso di mutare per renderle il favore. E l’ha azzannata alla spalla. E le ha aperto l’avambraccio con gli artigli. Le ha azzannato la zampa posteriore per impedirle di rimanere in equilibrio.
Col senno di poi, ora si rende conto che la sua è stata davvero un’idea del cazzo.
Due zampe sono intorpidite, a stento riesce a reggersi in piedi. La testa le esplode, ogni ferita è un’esplosione di dolore che l’acceca.
Jäger è fottutamente mostruoso, i suoi sogni non gli hanno mai reso davvero giustizia.
Il vello grigio folto e lungo in qualche modo pare come evidenziare la sua stazza titanica, di una quindicina di centimetri buoni superiore persino a quella di Everett. I muscoli sono fatti di puro acciaio, le sue zanne sono lunghe come coltelli e affilate come rasoi. I suoi artigli sembrano lunghi e lucenti pugnali di ossidiana, resistenti come pochissimi altri materiali al mondo.
Malgrado la stazza mostruosa, è agile e veloce, forte e capace. Non c’è mai stato uno Spettro come lui in tutta la loro storia e guardandolo adesso, con le fauci che schioccano vicino al suo orecchio, Sherry si rende conto che da solo potrebbe uccidere pure Roman. Se non lo sa è solo perché non lo vede da quando era bambino, anche se in realtà non gli interesserebbe molto: lui mira ai loro veri territori, non a quelli in superficie.
«Direi che abbiamo giocato abbastanza, piccola Sherry…»
Il suo ghigno diabolico le mette i brividi, ma la sua volontà a non mollare non vacilla neanche di un millimetro. Se riuscisse ad aprirsi un varco verso il suo addome o la sua gola, poi forse riuscirebbe a portare via Chichi. L’ha vista, dietro a tutti gli altri, che si trascinava da Goten per stringerlo a sé. L’ha vista con la gamba rotta e le lacrime agli occhi mentre il piccolo si scorticava la gola per quanto urlava.
Se riuscisse ad aprirgli una ferita decente e poi riuscisse a correre da lei, potrebbe portarla via. Il problema più grande, però, non è ferire lui, non dal momento che la sta sottovalutando e sta solo giocando, ma il fatto che ha le zampe danneggiate. Come può seminarli in questo stato? Con una zampa fuori uso sarebbe stato fattibile con una generosa dose di fortuna, ma due zampe… è decisamente fuori questione.
Ma se riuscisse a ferirlo, la guardia andrebbe in confusione. Se andasse in confusione, qualcuno potrebbe azzardare ad una mossa avventata nei suoi confronti e questo distrarrebbe Jäger il tempo sufficiente per attaccarlo di nuovo, magari più gravemente. Volendo essere davvero tanto ottimisti, la sua distrazione l’aiuterebbe addirittura a mettere in atto il primo piano.
Comunque la rigiri, però, lei non finirà bene. Lo sa, sente che le farà del male per spregio… ma, forse, anche questo fattore potrebbe darle un significativo aiuto. Ferendola sul serio, rischierebbe di danneggiare gravemente il prezioso ed unico mezzo che ha per avere la prole alla quale aspira da sempre, e questo potrebbe portarlo a bloccarsi magari pure per un paio di minuti.
Ha sentito gli ululati, in fondo, i suoi stanno sicuramente arrivando. Come lo sa lei, però, lo sanno anche loro. Così come sanno che starà arrivando pure Radish… e con lui i suoi compagni. Ed anche Darko ed Everett. Daryl ha gli occhi puntati di lato, si aspetta di veder spuntare il padre da un istante all’altro e certo l’idea non gli va a genio.
La situazione è un disastro completo, non sa quale sia la decisione più saggia da prendere e il corpo le fa davvero un male d’inferno. Ma che altra scelta ha? Di certo non le daranno il tempo di far arrivare Radish senza provare a trascinarla via. Le pare già ottimo il fatto che stiano ancora ignorando Chichi, evidentemente non più degna neanche di essere uccisa. Non ora, per lo meno, quindi è bene continuare ad offrirgli uno spettacolo interessante per non far vacillare la loro attenzione.
«Ah sì? Allora chiudiamo la partita!» Fa forza sulle zampe posteriori e salta in avanti, il muso proteso verso di lui, le lunghe zampe riescono a far presa sulle sue spalle quando questi si alza sui posteriori per respingerla senza far troppi danni.
Lo ha fatto per un buon fine, tutto sommato, ma così facendo si rende conto di averle esposto la gola. Ma in fondo è solo la piccola Sherry, che male potrebbe mai fargli? Se si comporta così è solo perché è giovane ed esuberante, è cresciuta in mezzo a dei randagi perché lui, senza volerlo, l’ha spaventata e lei poi ha frainteso ciò che c’è tra loro. Un grosso fraintendimento che lui è ben disposto a chiarirle non appena saranno a casa. Deve solo smettere di comportarsi così, perché sennò poi sarà costretto a rigirarsi sul serio per farle capire che può fidarsi, che non vuole farle del male.
Perché accanirsi tanto con lei se non fosse serio e deciso? Se non l’amasse davvero? Lui la vuole al proprio fianco, non vuole farle del male. Lei deve solo capirlo e accettarlo, non deve fare proprio nient’altro. Ma perché non ci riesce? È questo che Jäger non riesce a capire. Eppure è così semplice ed evidente… basti vedere ciò che ha architettato per lei!
Troppo preso dalle proprie considerazioni, abbassa in qualche modo la guardia e si ritrova di colpo accecato da un profondo senso di ira, fastidio e risentimento non appena sente la sua mascella stringersi attorno al proprio collo.
Apophis, all’improvviso, non respira più. La gola gli si chiude completamente, il cuore gli cade nelle viscere e il sangue gli si gela nelle vene.
Non può intervenire, non farebbe in tempo neanche volendolo.
Sa cosa sta per accadere, lo vede chiaramente nella mente e tutto ai suoi occhi si muove come al rallentatore.
Riesce ad urlare il suo nome con la misera e vana speranza di riuscire a farlo rinsavire, ma è tutto maledettamente inutile: la sua zampa si muove in automatico, segue puramente l’istinto, e in una frazione di secondo le sfonda la cassa toracica, gli artigli le danneggiano il cuore, la sua tossina entra in circolo.
Jäger ha capito cosa stava facendo nel momento esatto in cui ha sentito il suo sangue caldo sulla punta delle dita, ma ormai era impossibile fermarsi. Dio solo sa quanto avrebbe voluto farlo, cos’avrebbe dato e cosa darebbe anche adesso pur di tornare indietro ed evitare una cosa del genere.
Sherry, in tutto questo, non capisce.
Non riesce a collegare, la sorpresa è tanta, l’incredulità è anche maggiore. Il dolore, invece, è insopportabile solo sulle prime, ma poi si affievolisce così tanto da mandarla totalmente nel panico. Quando con danni del genere non c’è dolore, in fondo, significa che la strada è solo ed esclusivamente una.
Perde ogni controllo sul proprio corpo, torna umana senza rendersene conto e con lei pure Jäger, che di slancio le avvolge il corpo con le braccia e l’accompagna all’indietro, gli occhi chiari annebbiati da un orrore così devastante che pure i suoi fedeli rimangono di pietra, incapaci di ragionare e capire cosa debbano fare.
Apophis, invece, riesce a ricollegare il cervello nel momento esatto in cui riesce a sentire la voce di Chichi urlare il nome della ragazza. Sbatte le palpebre un paio di volte, mette a fuoco in un secondo e scatta in avanti. Sente che stanno arrivando, sono in molti e sono furiosi, devono togliersi di mezzo immediatamente. Jäger non è davvero nelle condizioni di combattere, è evidente. Non fa altro che tenerla stretta e ripetere il suo nome come una nenia, i suoi occhi non vedono altro che il suo corpo mollemente abbandonato tra le sue braccia.
«Prendete il Re!» Scatta con loro, muta durante il tragitto e lo strattona all’indietro conficcandogli le zanne nella spalla. Non vorrebbe fargli male, è l’ultima cosa al mondo che potrebbe mai desiderare in assoluto, ma non ha altra scelta se vuole provare a riportarlo alla ragione.
Lo strattona, gli urla contro di mutare e correre, che devono andarsene subito, ma l’altro non riesce neanche a sentirlo. Sherry, la sua piccola Sherry, annaspa in cerca d’aria, il corpo è scosso da violenti spasmi, rivoli di sangue le sgorgano ai lati dalla bocca. I suoi occhi, i suoi grandi occhi scuri che un tempo ha trovato tanto piacevole osservare, fissano il cielo, ma è sicuro che non lo stiano vedendo davvero.
Non riesce a spiegarsi come e perché il suo corpo si faccia sempre più piccolo, sempre più lontano, finché di colpo tutto per lui non diventa nero.
Apophis, caricandoselo in spalla, corre via affiancato dal resto del branco. Hanno una via di fuga, ci hanno lavorato a lungo e con estrema fatica per non essere scoperti. Una volta raggiunto e fatti saltare i vari esplosivi che hanno disseminato lungo tutto il tragitto, potranno occuparsi della mente e del cuore feriti del loro Re.
Lui per primo ha una paura folle, adesso. Nessun Beta o Spettro in generale è mai stato preparato ad un qualcosa come il dolore che a breve proverà Jäger… e lui dovrà affrontarlo da solo.
Chichi, bloccata davanti alla porta di casa con Goten in lacrime tra le braccia, con fatica si trascina fino al corpo nudo, insanguinato e tremolante di Sherry.
Non doveva andare così. Niente doveva andare così.
Stava aspettando Gohan, doveva tornare a casa e lei si sarebbe arrabbiata perché era tornato tardi. Probabilmente nel pomeriggio avrebbe ricevuto visite dai alcuni membri del branco, avrebbe preso un tè caldo e mangiato qualche pasticcino in loro compagnia e avrebbe ascoltato i loro pettegolezzi, a cena poi si sarebbe finalmente fatta raccontare da Gohan della festa ed infine sarebbero andati a letto presto.
Spingendo lo sguardo un po’ più avanti, poi, vede tante altre cose che sarebbero dovute accadere. Vede pranzi e cene in famiglia, tutti loro riuniti attorno ad un tavolo a mangiare e scherzare insieme.
Vede il suo amato Goku che sfida Sherry in combattimento, vede Radish che s’impunta per tenerla al sicuro e che finisce con il fare amichevolmente a botte col fratello.
Vede una cerimonia, un qualcosa che sarebbe dovuto essere intimo e privato ma che poi sarebbe sfociato in una festa chiassosa e divertente. Vede dei bambini giocare con Goten e Gohan, magari delle femminucce e lei si sarebbe potuta sbizzarrire con dolci e buffi vestitini come non ha mai potuto fare con due figli maschi.
Sarebbero stati felici. Sarebbero stati davvero felici, sarebbero stati una famiglia e tutto sarebbe andato bene.
Ma ora? Non c’è nessuno ad aiutarle. Sono sole, lontane dalla civiltà e lei non può neanche provare a trascinarla al sicuro con la gamba in quello stato. Servirebbe comunque a qualcosa?
«Chichi…» La sua voce è così debole, il respiro è affannoso, gli occhi si stanno spegnendo.
Può uno Spettro essere riportato in vita con le Sfere del Drago? In fondo sa che nessuno ci hanno mai provato e che Leila è ancora nell’aldilà. Chi le dice che potrà funzionare?
«Ce la farai. Sei forte.» Le stringe con forza la mano, le lacrime le offuscano la vista.
«Non te ne andare…» Non ha mai avuto paura della morte, non Sherry. Arriva per tutti, inutile temerla. Ma adesso… adesso è terrorizzata. E si sente maledettamente sola.
Non doveva andare così. Dovevano vincere, dovevano sgomitarli tutti, dovevano sfangarla come al solito… e lei sarebbe stata libera. Si sarebbe tolta quel peso angosciante dal petto e dalla mente una volta per tutte. E sarebbe rimasta con Radish. Sarebbe rimasta al suo fianco, l’avrebbe supportato come lui ha fatto con lei. E ne avrebbero passate tante, loro due insieme
Ci sarebbe stato anche Everett con loro, con i suoi sguardi scocciati quando si scambiano effusioni e con i suoi commenti taglienti e sarcastici quando guardano un film o giocano a carte. Si sarebbero allenati, quei due capoccioni. Si sarebbero allenati insieme e lei si sarebbe infilata di prepotenza nel mezzo perché non avrebbe mai accettato di rimanere indietro.
Ci sarebbero stati i suoi fratelli. Loro ci sarebbero stati sempre, con la loro travolgente follia, le loro feste e le loro stupidaggini… e tutti insieme avrebbero preso in giro Major perché con due figlie sarebbe impazzito di gelosia.
Ci sarebbe stata Bree alle prese con i suoi cuccioli. Li avrebbero sicuramente spinti a fare gli svenevoli con Hana e Moira, così le prese in giro a Major si sarebbero amplificate. Dio… stava giusto cominciando a fantasticare sul suo possibile futuro matrimonio con Radish! Si divertiva così tanto a mostrarle improbabili vestiti da sposa degni solo di Jane… e lei, di nascosto, stava cominciando a pensarci per i fatti suoi.
Se proprio avessero optato per un qualcosa di più grande del semplice Morso, avrebbe voluto una cerimonia solo con gli amici più intimi ed i familiari. Un qualcosa in mezzo alla natura, di sera. Loro avrebbero avuto vestiti semplici, non ci sarebbe stato niente di sofisticato o eccessivo. Fern l’avrebbe accompagnata all’altare, Everett le avrebbe fatto da testimone assieme a Bree e magari a sposarli sarebbe stato Darko… o Piccolo. L’idea di lui, sempre tutto serio ed impostato, vestito come un Terrestre intento a sposarli la divertiva un sacco.
Invece non ci sarà niente di tutto questo. Lo sa, sente che dentro tutto sta cedendo, che il corpo si sta intorpidendo, diventa insensibile, che il cuore batte sempre con maggiore difficoltà.
Non le resta altro da fare che piangere per tutto ciò che ha perso e provare in tutti i modi a stringere maggiormente la mano di Chichi, in lacrime al suo fianco.
«Resta con me, dai. Coraggio, coraggio. Dai che ce la fai. Dai che ce la fai. Dai che ce la fai. Ce la fai. Ce la fai. Ce la fai.» Continua a ripete queste parole come un disco rotto, il cuore le batte così velocemente nel petto da farle male, lo stomaco si rovescia continuamente, causandole una forte nausea.
Ricorda di colpo la prima volta che l’ha vista, con i jeans strettissimi a vita bassa e la canottiera, lo sguardo scazzato e gli occhi rossi in modo sospetto. Aveva un’aria strana, a tratti pericolosa, e tutto quello che diceva o faceva non le andava poi a genio, come quando ha detto non troppo implicitamente di voler mangiare Oscar.
Già dal giorno dopo però qualcosa è cambiato. Si è sforzata, si è aperta con loro… e Goten voleva solo stringerla. Ha occhio il suo bambino, capisce le persone. E aveva capito lei. Aveva capito che sarebbe stata una parte importante della loro vita, che li avrebbe difesi ora che rischiano di rimanere scoperti senza Goku.
E lo ha fatto.
Lo ha fatto, li ha protetti con tutte le sue forze… e adesso sta morendo per questo.
Sussulta appena, Sherry, un lamento strascicato le esce dalle labbra, ed infine, con l’immagine di Radish che le sorride dolcemente impressa nella mente, si abbandona sul prato e gli occhi si chiudono.
Il primo tuono squarcia l’aria e, poco distante da loro, Radish sente che tutto ciò che lo circonda di colpo diventa totalmente grigio.





ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Beh, Cramisi, ti ho mentito due volte: non era Chichi quella che ci avrebbe lasciato la pelle, ma proprio Sherry! 🤭
Il livello di “brutta persona” sta toccando livelli inesplorati… non odiarmi!
E comunque è questo il problema di Apophis: Jäger per quasi tutta la vita ha avuto come obiettivo Sherry e adesso l’ha uccisa con le sue stesse mani… sarà totalmente ed incondizionatamente fuori controllo. Pure io ne avrei una più che giustificata paura.

Questo e il prossimo capitolo, comunque, sono stati scritti in pieno pre-ciclo, momento esatto in cui potrei piangere anche guardando i Teletubbies mentre corrono come dei coglioni per le verdi vallate di fanculo (ebbene sì, voi non lo sapete ma abitano proprio lì ed io ho improvvisi e pericolosi sbalzi di umore). Se poi ci aggiungete che di sottofondo tenevo roba del tipo Suona il Corno, Incomplete, Hellfire (che a breve userò di nuovo per un pezzetto che è nella mia testa da mesi), Salvami (ebbene sì, è nella mia raccolta da anni e tutt’ora mi piace un casino), Who Knew… beh, capite bene che ci ho buttato quanto più dolore possibile :3 Sarò una stronza sadomasochista?! 🙃

Oltretutto entrambi saranno capitolo più brevi del normale perché - e questo lo spero davvero - vorrei che si capisse a pieno la dinamicità e la velocità degli eventi, l’inarrestabile susseguirsi delle cose, i sentimenti che talvolta arrivano a cozzare tra loro e tutto il resto… sono abbastanza certa però di aver fatto un casino clamoroso su tutta la linea, ma va bene così!

Infine ci tengo a dire che può essere che gli aggiornamenti, ora in estate, rischino un ritardo di un giorno o due, anche se non è sicuro. Fate conto che vado al mare alle 9 del mattino, alle 10 attacco con le lezioni e passo dalle 4 alle 6 ore al giorno in acqua (non ci vedo più una ceppa!), le altre ore di luce le passo giù in spiaggia con un amico e quelle notturne in giro, torno a casa alle tre del mattino o giù di lì, mi addormento alle 4 e poi ricomincio… SONO COMPLETAMENTE FUSA!
🤯
Spero di riuscire a pubblicare con regolarità ma, ecco, non posso promettervelo. In tutto questo, poi devo anche prendermi sempre cura delle creaturine, nutrirmi di tanto in tanto e pulire casa! 😱

Alla prossima settimana, un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


PS: Non so perché continuo a lasciare i tag per le canzoni, davvero non saprei dare una spiegazione sensata, ma prendiamo per normale almeno ‘sta cosa e bene così.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, Chimera__ e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 20 💛

 

𝟛𝟘. 𝒜𝓅𝓅𝓊𝓃𝓉𝒶𝓂𝑒𝓃𝓉𝑜 𝒸𝑜𝓁 𝒹𝑒𝓈𝓉𝒾𝓃𝑜




Bianco. Bianco assoluto.
Nessun rumore rompe questa quiete surreale.
Nessun odore aleggia in quest’aria. Non credo neanche che sia necessario respirare, in realtà.
Non sento il mio corpo, è come se tutto fosse sospeso. Sto immersa in questo bianco con la fastidiosa sensazione di umido contro la pelle. Sono in acqua? No. Non posso essere in acqua perché non c’è. Ma allora cos’è questa sensazione?
«Ciao, Sherry!»
Tre luci d’argento ridacchianti.
Tre luci d’argento ridacchianti e parlanti che mi fluttuano attorno.
Okay, non sono stata una brava persona, questo è fuor di dubbio, ma davvero merito di passare l’eternità nell’acqua - che poi non è acqua - con queste tre cose che ridacchiano attorno a me?
Cazzo… esiste qualcosa di più spaventoso delle risatine dei bambini? Fanno venire i brividi. Non per niente le buttano spesso e volentieri nei film… soprattutto quelli che odio, quelli che Radish mi ha costretta a vedere per dispetto. Ti divertivi, vero? Soprattutto perché al primo vago segnale di paranormale mi stringevo a te… e puntualmente te ne approfittavi.
«Vieni con noi, Sherry!»
Io non vengo proprio da nessuna parte con voi tre lucine del cazzo. Anzi, vediamo di mettere in chiaro tutta la faccenda: mi girano le palle come mai in vita mia, sono sul punto di far esplodere questo cazzo di bianco con la mia fottuta rabbia, quindi toglietevi di mezzo e lasciatemi in pace!
Voglio restare sola a leccarmi le ferite.
Voglio restare sola a struggermi per la mia scelta, che ha comportato non solo la mia morte - non mi importa, in realtà, tutti dobbiamo morire prima o dopo - ma anche una condanna per lui.
Non volevo, te lo giuro.
Nella vita avrei potuto voler fare tante cose, anche di orribili, ma farti del male non rientrava certo tra queste. Dannazione… mi hai cambiata fin nelle ossa e neanche lo sai davvero. Non lo saprai mai, Radish…
«Puoi muoverti, sai?»
Okay, lucina numero due che presto divorerò se non si schioda tipo immediatamente da davanti al mio naso, vediamo se hai ragione.
Muovere una mano. Non dovrebbe essere difficile, no? L’ho sempre fatto. Prima di crepare come una scema ci ho pure graffiato Jäger!  Everett avrebbe ululato con tutto il fiato che ha nei polmoni nel saperlo…
No, okay. Concentrazione, devo alzarmi. Quindi, dai, muoviti mano!
Oh… ci riesco davvero. Posso muovermi malgrado non senta il corpo. Okay. Non ha senso ma lo accetto. Chi sono io per dire come ci si sente all’Inferno? Anche se, lo ammetto, me lo immaginavo un pelino differente. Magari pieno di fiamme da tutte le parti, lava e anime che urlano mentre vengono torturate. Ma forse questa è tipo l’anticamera dell’Inferno, una specie di giochetto mentale malato per farti abbassare la guardia e poi ZAC!, eccoti che bruci nelle fiamme e strilli come un maiale sgozzato. Non ci casco, non mi fregate!
Adesso devo muovermi. Se imparo a muovermi anche in queste condizioni, magari scappo dalle future torture. Magari mi eviteranno roba troppo pesante visto quello che ho fatto per Chichi e Goten… okay, bugia. Non l’ho fatto davvero per loro, non del tutto almeno. L’ho fatto per te, Radish. L’ho fatto per te, per evitarti un dolore simile… ed anche per non sentirmi nuovamente in colpa come un tempo. Invece indovina un po’? Mi sento pure peggio, adesso, perché mi rendo conto di averti fatto solo più male.
«Allora? Ti muovi?!»
Ora vi devasto, piccoli scassacazzo. Vi devasto così male da guadagnarmi pure un posto come torturatrice all’Inferno!
Per farlo, però, devo fare una cosa fondamentale.
Mi alzo, almeno credo. Già che ci sono tocco il petto per saggiare i danni di Jäger. Cioè, porto la mano sul petto, ma non sento il contatto. Bello schifo… passerò l’eternità come un qualcosa di insensibile ad ogni cosa. Fanculo!
Abbassando gli occhi però noto che la ferita non c’è più… ed anche che sono vestita. Beh, vestita, ho una specie di lenzuolo drappeggiato sulle spalle, chiamarlo vestito è decisamente troppo. Sono coperta, ecco. Ma perché coprirmi? Non sento né caldo né freddo. Non sento niente!
Cazzo… vuoi vedere che l’incubo con Radish che ammazza Jäger era solo un fottuto sogno premonitore? Sono finita nella fossa, alla fine… ora sicuramente lo ucciderà per vendicarsi. Così facendo, ovviamente, manderà a puttane il Nord.
Ho fatto un vero capolavoro, non c’è che dire.
«Sherry, tranquilla, va tutto bene.»
Una voce. L'ho sentita, sono sicura. O forse è uno dei trucchetti sopracitati prima di buttarmi nelle torride fiamme infernali? Non mi fottete mica, non ci casco.
Una voce così dolce e angelica deve essere un trucco, un qualche perverso trucchetto per far abbassare la guardia. Maledetti perversi malati!
Però qui c’è solo ‘sto fottutissimo bianco. Mi sta mettendo un’ansia incredibile… se ci fossero i ragazzi, probabilmente sarebbe già tutto macchiato di rosso. Saremmo tutti morti, in fondo, perché non massacrarci di botte per gioco? Non potrebbe certo andare peggio di così!
Questo lo direbbe senza dubbio Micah… e poi riderebbe prima di tirarmi un pugno.
Cazzo se fa male tutto questo…
«Non sarai mai sola, Sherry.»
No. Fanculo, no!
Il desiderio di distruggere le lucine d’argento si è eclissato solo guardandoti.
Da dove sbuchi? Con che coraggio ti presenti davanti a me? Con quale fottuto coraggio?!
Tu sei solo una fottuta maledizione, hai rovinato delle vite, le hai condannate per un qualcosa di astratto e stupido! Tu sei una maledetta menzogna!
«Quanto sei cresciuta…» Non osare toccarmi. Non osare!
Strano, però… dovresti essere più giovane. Perché dimostri la mia età? Cos’è, anche qui fai come vuoi e te ne fotti di ogni cosa?
E non sorridere. Non osare sorridere. Tu non hai alcun diritto di sorridere, di provare gioia o simili. Dovresti provare solo pena, dolore e rimorso per tutto ciò che hai fatto, per il dolore che hai provocato. Sai cosa? Te lo ricordo io spaccandoti quel bel visetto che ti ritrovi!
«Ti rendi conto di quello che hai fatto, eh?! Te ne rendi conto?!» Ecco, il tuo posto è lì, per terra! Beh, non so se ci sia una terra sulla quale cadere qui, ma il concetto è quello. Peccato solo che non te ne freghi niente.
Mi guardi, sorridi dolcemente mentre ti rialzi. Non ti fai piegare neanche qui, eh? Bene, piccolissimo quarto di punto a favore, te lo concedo.
«Everett non si meritava una cosa del genere! L’hai condannato ad una vita di sofferenze… ed hai condannato anche me! Per cosa, poi? Per farmi morire contro la bestia che mi ha reso la vita un inferno!» E smettila di guardarmi come se fossi una pazza irriconoscente. Pensavi forse che sarei scoppiata in lacrime, ti avrei abbracciata forte e ti avrei detto che ti volevo bene? Notizia dell’ultima ora: ti sbagli di grosso! Io non ti abbraccerò, non ti dirò che ti voglio bene, non te lo meriti assolutamente. Per quanto mi riguarda, cara Leila, tu non sei mia madre. Sei la donna che mi ha messa al mondo, tutto qui. Mia madre è solo Fern, la donna che mi ha amata, che mi ha aiutata, protetta e che mi ha voluto un bene smisurato.
Perché cazzo non ti scomponi però?
«Mi dispiace per tutto quello che hai subìto… ti chiedo solo di perdonarmi. So di non avere alcun diritto di chiederti una cosa del genere, ma sappi che tutto quello che ho fatto serviva per donare un futuro migliore alla nostra specie.»
Ogni parola che dici mi fa solo incazzare di più. Non bastava essere ammazzata da Jäger, perdere Radish, perdere Everett, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e i miei amici… no! Dovevo pure incontrare te, la donna che ci ha condannati tutti per un cazzo di motivo che non so ancora spiegarmi!
«Distruggendo Everett? Spingendo Radish ad uccidere Jäger? Così da lasciare poi il Nord senza Re, perché ovviamente né lui né Everett raccoglierebbero mai la corona dopo tutta la merda che li ha investiti nella vita, e quindi lasciandolo sprofondare nell’oscurità? Bel futuro migliore, sì.» Tu non ci hai pensato, vero? Dici di averlo fatto per tutti quanti, ma la verità è che sei una stupida egoista credulona che si è lasciata abbindolare dalle parole del Grande Spettro.
«Sono sicura che sai a cosa mi riferisco.»
«No invece, non lo so!» Colpita e affondata. Spero solo che il tuo udito qui sia diverso, o che il mio cuore non batta davvero più. Che poi non ho del tutto mentito, la mia è solo una mezza idea che mi frulla per la testa da un mesetto, però… «E poi che razza di posto è questo?! Cazzo!» Cambiamo argomento vai, è meglio. Non voglio dovermi incazzare ancora di più proprio adesso, rischierei un’embolia che mi porterebbe a morire per la seconda volta nello stesso giorno. Non mi pare il massimo, ecco. Anche perché poi passerei da pirla con tutti gli altri morti!
Leila, nel frattempo, non si è scomposta di un millimetro. Si è semplicemente rimessa in piedi, si è lisciata la tunica argentea con le mani e si è sistemata con fare sbrigativo i capelli.
È anche più bella che in quella foto col giglio in testa, questo devo ammetterlo, ma è un dettaglio decisamente ininfluente.
«Gli Spettri passano da qui prima di andare all’altro mondo, cosicché Papà Spettro possa giudicarli e smistarli. Noi quattro possiamo andare e venire anche qui, nel caso ci sia qualcuno da incontrare.»
«Fanculo, non me ne frega un cazzo!» È buffo, anche in questo momento non riesco a fare a meno di pensare che Radish mi avrebbe presa in giro per come parlo. Si sarebbe messo a ridacchiare sotto ai baffi sulle prime, poi mi avrebbe fatto una sottospecie di inchino chiamandomi “my Lady” e solo a quel punto sarebbe scoppiato a ridere sul serio. E io avrei provato a colpirlo, come sempre, e lui mi avrebbe stretta tra le braccia per impedirmelo.
Smetterò mai di pensarci? E lui smetterà mai? CAZZO!
«Lasciami passare e basta.» Perché non ti scomponi? Dannazione, sono a cinque centimetri scarsi dal tuo viso ed è evidente che mi sto trattenendo tantissimo per non colpirti più, giusto perché io voglio davvero bene ad Everett, e tu rimani calma, continui a sorridere. Qual è il tuo problema?
«Ne sei convinta?»
Okay, quando Everett morirà e potrò rivederlo, gli domanderò ogni secondo per tutta l’eternità cosa cazzo possa trovarci in te. Perché okay l’unione dell’anima, okay tutto quanto, ma con una come te saltano i nervi per forza!
«Sto per farti del male, Leila. Molto, molto male.»
«Puoi scegliere se passare oltre, Sherry.» Scegliere? Quando mai chi muore sceglie cosa fare? Forse quel Drago magico ti dà modo di farlo, un po’ come Kakarot o qualunque sia il suo nome, ma a cose normali la vedo alquanto improbabile la faccenda.
Tu sembri capire la mia confusione e sorridi ancor più dolcemente. Okay, lo ammetto, se le cose fossero andate diversamente avrei amato il tuo sorriso, ma adesso non è comunque sufficiente a riparare alla catastrofica serie di sventure che il tuo gesto ha causato.
«Puoi scegliere se tornare indietro dal tuo compagno, da Everett, dai tuoi amici… oppure puoi restare con noi.»
«Ma “noi” chi?! Ci siamo solo noi due, se non l’hai notato… e la tua compagnia non mi è certo gradita!»
Fai un cenno col capo alle mie spalle mentre guardi con amore le tre fastidiose lucine che si rincorrono tra loro. Perché? Cosa sono? Bestiole da compagnia per gli Spettri morti dato che in vita finiamo quasi sempre col mangiarceli?
«Timothy, Ash e Yuri…» Ad ogni nome, una lucina si blocca e fluttua verso di lei, giocando con la sua figura slanciata, insinuandosi tra i suoi capelli lunghi e lasciandoli poi fluttuare all’indietro «Sono i tuoi fratelli.»
Okay, questa non me l’aspettavo.
Quelle cose fastidiose che stanno provando di nuovo a toccarmi e che vorrei di nuovo colpire tipo palloni da beach volley sono i miei fratelli.
Fortuna che sono già morta, sennò per la sorpresa e lo shock mi sarebbe scoppiato il cuore. O forse il cervello… insomma, sarei morta.
«Prediligono questa forma, li fa sentire più a loro agio, ma possono mutare se lo vogliono. Papà Spettro glielo concede.»
Ogni cosa che dici mi pare sempre più sbagliata, più fastidiosa. Non so se è per quello che hai fatto, per il fatto che ti sembri tanto giusto o Dio solo sa per quale altro motivo, so solo che ad ogni singola sillaba mi verrebbe da tirarti uno schiaffo a mano aperta.
«Ma wow, che grande onore! Morti dilaniati a dieci secondi dal primo vagito e poi divorati per un suo stupido motivo utopistico, ma gli si perdona tutto se possono mutare a piacimento.» Non devi ridacchiare, scema! Ti sto prendendo in giro! E sto prendendo in giro Papà Spettro, e il vostro piano, e le tue scelte, e tutto quanto! Lo capisci, almeno?! «Come cazzo è possibile che Everett continui ad amare una come te?!»
Continui a non scomporti. Tua figlia, che tu tanto dicevi di amare ad Everett, quella per la quale hai dato la vita, ti sta dando contro in ogni modo possibile, ti sta mostrando apertamente risentimento e disprezzo, e tu non batti ciglio. Uno psichiatra con te non riuscirebbe a cavare un ragno dal buco, temo.
«Se deciderai di rimanere qui, magari lo capirai. Oppure torna indietro e tieniti il dubbio fino al giorno in cui ci rincontreremo tutti insieme.»
Vuoi davvero farmi credere che posso tornare indietro da Radish? Che posso evitargli quello che tu hai fatto ad Everett? Certo, questo implica anche ributtarsi in un mare di merda anche peggiore di prima, dove tutto il branco mi odierà fino al resto dei miei giorni e mi abbandonerà al mio destino senza neanche darmi il tempo di difendermi… probabilmente anche lui mi odierà per aver commesso un’impudenza simile, per averlo escluso e tutto quanto, ma se posso provare a metterci una toppa e farlo sentire meglio in qualche modo mi sta bene lo stesso. Per lui potrei affrontare ben di peggio a cuor leggero.
Prima, però, c’è da discutere di un piccolo dettaglio…
«Da piccola ho sentito parlare di un’antica leggenda, giù alla tana…» Guarda come sei attenta, adesso. E come sei seria!
Non pensavi che, alla lunga, avrei preso in considerazione anche questo dettaglio? Perché la sua ossessione malata non può essere nata per caso, non può essere stata solo la vaga attenzione di Mezcal nei miei confronti a fargli decidere che sarei dovuta diventare la sua compagna… deve essere qualcosa di più grande ad averlo spinto.
«Era un qualcosa che mormoravano i membri più anziani e che per me era solo una scemenza.»
Hai capito benissimo di cosa sto parlando. Lo hanno capito anche le tre anime - perché questo suppongo che siano - dal momento che sono scappate via. Devo ammettere che questo è strano. Perché scappare? Di cosa avete paura?
Tu però non mi sembri spaventata. Attenta, ma decisamente non spaventata. Al limite potrei dire che sei un poco nervosa, come se il fatto che ci abbia anche solo pensato possa in qualche modo crearti dei problemi. Beh, se questa supposizione è esatta, allora la faccenda si fa ben più grave di quanto immaginassi.
«Voglio sapere se tutto questo c’entra qualcosa con quell’antica leggenda, se è questo a cui mira Jäger… e, soprattutto, come poterla aggirare.»




Non capisce, Radish.
Non capisce davvero.
Andava tutto bene fino a venti minuti prima. Perché ora non più?
Sherry era a casa. L’aveva lasciata nel letto per riposare qualche ora in più. Credeva di farle un favore, che lo avrebbe abbracciato con forza e lo avrebbe baciato con quella sua dolcezza disarmante… ma sbagliava.
Lei non lo sfiorerà mai più. Non vedrà più i suoi grandi occhi scuri illuminarsi quando, senza neanche rendersene conto, le dice qualcosa di carino. Non vedrà più i suoi sorrisi allegri. Non la sentirà più accoccolarsi contro il petto prima di addormentarsi, convinta che lui possa tenerla al sicuro da tutto il male del mondo. Ti sbagliavi… io gli ho solo aperto la porta.
Non riesce a capire, però.
Andava. Tutto. Bene.
Perché adesso lei non si muove? Perché tutto si è fatto insapore, inodore e incolore? Perché è tutto piatto? Perché non sente più niente?Pure la pioggia non ha consistenza.
Attorno a lui c’è il caos, eppure non se ne rende conto. La sua mente fatica come mai prima d’ora per riuscire ad accettare la visione del corpo di Sherry lì steso a terra, nel sangue.
Lo vede, è sicuro di vederlo, ma non riesce a capire come ciò sia possibile. Sherry è una guerriera, ha sempre combattuto con le unghie e con i denti, si è sempre tirata fuori dai casini in un modo o in un altro. È anche intelligente, la sua Sherry. Non ne dà spesso prova, ma lui sa bene che è una con un bel cervello. È uno dei tanti aspetti che gli piacciono da impazzire di lei. Ma allora come c’è finita lì, tanto lontana da casa? Perché è andata da sola contro Jäger? Sapeva di non avere possibilità in uno scontro uno contro uno. Lo sapeva, allora perché è lì, immobile, in una pozza di sangue?
Chichi ha spiegato più di una volta cos’è successo. All’inizio ha solo pianto, anche se lui non se n’è neanche reso conto, ma poi l’ha raccontato con voce flebile e sguardo perso. Ripeteva lo stesso discorso come un disco rotto, incapace di credere che fosse morta per salvare lei e suo figlio.
Radish, però, non l’ha capito. Ogni suono gli arriva distorto e ovattato alle orecchie, nessuna parola ha un minimo di senso. È quasi del tutto certo di aver captato per un istante l’urlo disperato di Everett, ma chi può dire cosa sia reale e cosa no? Lui no di certo.
Potrebbero essere reali i suoi amici che cercando di farlo uscire dal suo stato di trance, ma potrebbe anche essere tutta una finzione. Magari anche il corpo nudo e morto di Sherry a qualche metro da lui è pura finzione. Magari è solo una delle sue tante paure che si è fatta solo più vivida del solito e l’ha come paralizzato. Magari sta solo dormendo. Può essere, no? In fondo non sente niente.
Non sente la pioggia fredda contro la pelle, non sentiva le braccia di Mimì che si stringevano a lui prima dell’arrivo di Bree e ora non sente la mano di Piccolo sulla spalla che lo scuote, non sente i suoi richiami. Non sente Vegeta che lotta contro Everett per tenerlo inchiodato a terra, non sente i lamenti disperati di quest’ultimo. Non sente i dolorosi ululati degli Spettri che cominciano ad arrivare e che rimangono impietriti non appena scorgono da lontano il corpo della loro Regina. Non sente l’abbraccio disperato di Chichi, non sente le sue scuse pur non avendo alcuna colpa.
Non sente niente, Radish. Non sente neanche il dolore, in realtà.
Sta solo cercando di capire. Perché andava tutto fottutamente bene, e invece ora no. Com’è possibile?
Non sente niente, guarda il corpo senza vita della donna che ama con ogni singola fibra del suo essere e cerca di capire cosa sia successo.
Andava. Tutto. Bene.
Forse troppo bene… può essere?
Non credeva che si potesse essere più maledettamente felici nella vita, che si potesse essere più amati. Era tutto giusto. Sarà anche un termine enorme e azzardato, ma era tutto perfetto, su misura per lui.
Ma lui è Radish. Lui è un Saiyan. Lui è un mostro che ha commesso indicibili atrocità per quasi vent’anni, che traeva piacere nell’uccidere e nel distruggere, che calpestava tutto ciò che si metteva sulla sua strada. Può un essere del genere meritare tutto quell’amore e quella felicità?
Però andava tutto così bene, dannazione… e ora è tutto sparito, distrutto, esploso, vaporizzato. Tutto è sbagliato, adesso. Ciò che lo circonda è sbagliato, l’aria che respira, i suoni.
È. Tutto. Sbagliato.
La pioggia maschera le lacrime che inconsciamente sta versando, ma i suoi amici le vedono lo stesso. Vedono i suoi occhi scuri vuoti, privi di qualsiasi barlume di vita. Qualcosa è morto con lei, annientandolo.
Lui, il Saiyan brutale, sarcastico e spesso cinico che hanno imparato a conoscere e apprezzare, sta piangendo per lei, annientato dal dolore.
Dolore che, in realtà, non è ancora arrivato per davvero. Il cervello prima dovrà processare l’informazione, dovrà accettarla. In alcuni soggetti che hanno unito l’anima ciò può avvenire anche dopo settimane, durante i quali continuerà disperatamente a cercare la propria metà. In quei casi, però, il soggetto morirà di stenti poiché l’unica cosa che la sua mente riesce a pensare è quella di trovare l’altra. Non c’è tempo per riposare o mangiare, si può solo cercare disperatamente di far uscire di nuovo quel calore che lo faceva sentire tanto bene.
Everett glielo aveva detto che quel genere di rapporto è anche una maledizione, ma Radish non lo aveva capito fino in fondo. E come avrebbe potuto, in realtà? O le provi sulla pelle certe cose, o non le puoi capire.
Non puoi capire quanto davvero possa essere devastante il dolore, non puoi capire quanto davvero il mondo cambi, quanto tutto diventi inconsistente, quanto assolutamente niente abbia più un minimo senso.
«Radish, raduneremo le Sfere, okay? Vieni a casa con noi a prendere il radar, dai.» Bulma può parlargli e tirarlo quanto vuole, lui non si accorge di niente.
Rimane fermo, le braccia stese lungo i fianchi e gli occhi inchiodati sul corpo di Sherry. Il corpo morto di Sherry.
Dio solo sa quanto vorrebbe credere che sia solo uno dei suoi scherzi imbecilli…
«Radish, devi ascoltarmi, ti prego!» Lo strattona più forte, non sapendo cosa fare. Nessuno ha mai reagito così, neanche lei quando vide Yamcha morire.
E Chichi… vederla in questo stato è come una coltellata per lei.
È sempre stata così forte, capace di rialzarsi anche dopo la batosta più dura. Invece adesso rimane lì, sostenuta dalle braccia del figlio mentre Crilin tenta in tutti i modi di far calmare Goten. Se ne sta tra le sue braccia con gli occhi fissi sul corpo della ragazza che hanno imparato ad apprezzare in così poco tempo. La fissa e piange, incapace di credere e accettare che sia morta per loro.
Ma ciò che forse le fa più male, a Bulma, è vedere suo marito che tenta di tenere Everett a terra. Urla con una disperazione tale che le dilania il cuore, si agita e contorce per liberarsi, latrando con quanta più forza può.
Ha perso Leila per una svista… ed ora ha perso anche Sherry per un’altra svista.
L’ha fatta scatenare malgrado fosse una cosa sciocca e poi l’ha lasciata da sola a dormire. Era convinto che ci fossero diverse barriere tra lei e Jäger, ma si sbagliava. Le ha raggirate tutte, l’ha spinta nella sua trappola e l’ha uccisa. E lui l’ha persa.
Ha perso tutto quanto, ormai. Perché non andare dietro a Jäger? Ucciderlo o essere uccisi non ha alcuna importanza. Gli basterebbe corrergli dietro, combatterlo e poi basta, fine di tutto. Si toglierebbe l’ultimo sfizio prima di raggiungerle entrambe… ma Vegeta glielo sta impedendo perché “non è lucido”, perché “non ne uscirebbe vivo”, perché “prima deve pensare”.
Ma come può pensare quando ha perso anche quest’ultimo barlume di vita e felicità?
Darko vorrebbe davvero aiutare il Saiyan a trattenerlo e calmarlo, ma il resto del branco e, soprattutto, sua figlia contano su di lui. Contano sulla sua forza, sulla sua esperienza e sul suo saper mantenere la mente lucida. Ne hanno bisogno ora più che mai, hanno bisogno che rimanga al loro fianco mentre si struggono per il dolore, hanno bisogno che gli mostri quelle dannate zanne così da non commettere errori sciocchi dettati dall’agonia e dalla sete di vendetta.
Bree ha bisogno che le stia vicino. Ha bisogno che le tenga le zampe ai lati del corpo e la protegga con la sua mole, che la isoli da tutto. Ed ha bisogno di Micah… ha bisogno del suo Micah, ha bisogno che continui a leccarle il muso mentre trattiene i guaiti e lascia silenziosamente scendere le lacrime.
Major, dietro di loro, rimane seduto e dondola su sé stesso mentre si lascia andare ad un pianto disperato. Gli aveva promesso che avrebbe fatto da madrina alle sue figlie. Dannazione, lo aveva promesso e lei ha sempre mantenuto le promesse, invece ha deciso di andare a morire da sola, ha deciso di lasciarli.
Yamcha gli si avvicina con cautela e gli mette sulle spalle la propria giacca scura. Cerca di calmarlo come meglio può, ma quei grandi occhi smeraldini pieni di lacrime incontrollabili sono una pugnalata per lui, e di slancio gli serra le braccia attorno al corpo tremolante e lo stringe quanto più forte può. Piange anche lui, adesso, contagiato da tutto quel dolore.
Quello che in realtà avrebbe davvero bisogno di essere abbracciato, però, è Mordecai.
Lui amava Sherry. L’amava come un’amante, come un’amica e come una sorella. Lei era una parte enorme di lui, era un pilastro fondamentale nella sua caotica vita. Ora tutto gli sta crollando sotto le zampe e nessuno se ne accorge davvero. E come potrebbero? Lui è Mordecai, lo schizzato che ride sempre e non si ferma mai. Come potrebbe mai crollare tanto?
Però lui sta crollando. Sta crollando inesorabilmente, non riesce quasi più a respirare, il cervello gli ondeggia nel cranio tanto è spaesato e sotto shock, e l’unica cosa di cui ha maledettamente bisogno è che qualcuno lo abbracci con forza, che gli dica che tutto andrà bene, che davvero tutto si sistemerà.
Ma nessuno lo fa. Nessuno capisce di cos’ha bisogno.
Così si avvina a Radish. Traballa come un ubriaco verso di lui e si butta ai suoi piedi. Si lascia andare, toglie ogni briciolo di energia dalle zampe e si accascia lì, immobile, in attesa.
Sa che sta soffrendo. Lo sa benissimo e vorrebbe sinceramente aiutarlo. Ma come può farlo ora che è lui, per una dannatissima volta, ad aver bisogno del sostegno di qualcun altro?
Dovranno anche dirlo a Fern… ma come? Con che coraggio riusciranno a presentarsi da lei per dirle che la sua dolce e furba Sherry si è praticamente suicidata? Che l’abbia fatto per un buon motivo o meno non è importante, non per loro.
Li ha lasciati e loro non hanno neanche potuto provare ad aiutarla o anche solo dirle addio.
River si trascina con zampe molli accanto ai due. Non saprebbe assolutamente dire come si sia mosso, dove abbia trovando la forza per avanzare, sa solo che da un secondo all’altro ha piazzato le zampe ai lati del corpo di Mordecai, lo sta proteggendo alla loro maniera, e lui stesso si sta un poco appoggiando a Radish.
Rimane fermo, poi, come congelato.
Ne hanno passate così tante, lui e Sherry. Credeva che la loro storia sarebbe durata per sempre, che si sarebbero amati per l’eternità. Ma lui non era giusto per lei, ormai l’ha capito. Seppur al solo scopo di proteggerla, lui la frenava. Le tarpava le ali e le impediva di splendere sul serio. Radish, invece… Radish l’ha spronata sempre, l’ha sostenuta come lui non ha mai fatto, l’ha fatta brillare più di qualsiasi stella.
Radish ha unito l’anima con Sherry.
Radish era destinato a stare con Sherry come lui non è mai stato.
Radish, per quanto diverso da loro, per quanto di una razza spietata talvolta anche più della loro, sta soffrendo con la stessa malata intensità di uno Spettro.
Può sentire il suo dolore, adesso. Può sentirlo e, senza neanche rendersene conto, piega la testa di fronte al suo sguardo perso, si sottomette totalmente a lui per scusarsi del proprio atteggiamento, di tutti gli svariati tentativi di portargliela via.
Lo seguirà, d’ora in avanti. Lo seguirà e, se glielo permetterà, proverà ad aiutarlo a combattere questo dolore, pur sapendo che non servirà a niente. Suo fratello Blackwood gli ha spiegato come funziona quel genere di rapporto, avendolo lui stesso con Nike, e gli ha detto che anche un semplice litigio diventa doloroso quanto un’artigliata lungo tutta la schiena. Quel paragone tanto sciocco adesso gli risuona dolorosamente nelle orecchie e la sola idea di ciò che potrebbe provare il Saiyan gli fa forse più male del lutto stesso.
Guaisce, si piega ancora di più, potrebbero cedere del tutto, ma Mordecai si sforza ancora una volta e alza il muso per strusciarglielo contro le zampe. Sono qui, ti aiuto io. Ecco cosa vuol dire per loro un simile gesto in certi frangenti.
Un altro pezzetto del cuore di River si spezza e di slancio porta il candido muso tra le zampe per strusciarlo contro quello color castagna dell’amico, leccandogli poi una guancia. Ci sono anche io, non ti lascio solo.
In mezzo a quel delirio di dolore e agonia, nessuno si è accorto dell’assenza di alcuni membri di spicco del branco.
Non si sono accorti dell’assenza di Glover, intento a curare al meglio delle proprie capacità e quasi fino al dissanguamento i membri feriti alla tana.
Non si sono accorti dell’assenza di Willem, intento a trasportare in un luogo più appartato della tana i cadaveri presenti.
Non si sono accorti dell’assenza di Viper, Sharon e Ashton, intenti a recuperare i cadaveri disseminati nei i boschi e in città, a caricarli sui furgoni per poi riportarli alla tana, dove verranno bruciati com’è nelle loro usanze.
Sono tutti più o meno feriti, hanno combattuto come furie pur essendo in netto svantaggio, ed hanno appreso dagli ululati che qualcosa è andato veramente male. Ma non possono mollare la presa. Non possono farlo per i cuccioli, non possono farlo per i sopravvissuti, non possono farlo per Radish.
Per quanto può valere, lui rimane ancora non solo il loro Capitano e il membro superstite della coppia dominante, ma rimane soprattutto un membro importante del branco a cui vogliono bene, rimane parte della loro enorme e disastrata famiglia e adesso sta soffrendo più di tutti loro messi assieme. Avrà bisogno di aiuto più che mai, avrà bisogno del loro sostegno e, almeno lo sperano, questo potrebbe dargli un minimo sollievo.
Non si sono accorti neanche dell’assenza di Maddox, corso dapprima alla tana su ordine di River e per recuperare i figli e poi a cercare Becca.
Stava dilaniando un Segugio quando l’ha trovata. C’erano organi e brandelli di carne sparsi ovunque attorno a lei, negli occhi aveva una tale furia e un tale dolore da spingerlo a mettersi come scudo davanti ai figli.
Ma l’ha riconosciuto, dopo avergli ruggito contro. L’ha riconosciuto e gli è corsa in contro, l’ha stretto come meglio poteva e poi si è lanciata sui piccoli, che piangevano e scodinzolavano come impazziti. Hanno provato una tale paura, in mezzo alla bolgia, che rivedere la propria mamma in piedi li ha riempiti di una gioia tale da destabilizzarli. Sapevano però che qualcosa nel loro equilibrio si era spezzato. Lo hanno capito dopo il primo disperato ululato, e per questo non hanno emesso un solo gemito quando sono stati presi per la collottola e portati verso l’epicentro di quegli ululati.
Maddox, che sotto sotto aveva ben capito cosa fosse successo, lascia di scatto la presa su Amos non appena scorge il corpo della sorella nel prato.
Non ci crede. Non ci vuole credere.
Quella è la loro fottutissima Sherry, la stronza fuori di testa che ha sempre massacrato tutti di botte per tenerli al sicuro, la stronza fuori di testa che ascoltava pazientemente i suoi sfoghi quando qualcosa andava male o quando semplicemente gli giravano, la stronza fuori di testa che malgrado tutta la merda che le è piombata addosso nella vita non ha mai ceduto.
Non può essere morta. Non esiste, non è possibile. Non può aver ceduto così tanto tutto in una volta.
«Sher!» Tuona una volta tornato umano, lanciandosi in scivolata fino al suo fianco. Gohan fa appena in tempo a spostare la madre prima che li travolga entrambi e le spezzi di nuovo le ossa, risistemate grazie al sangue di Bree. Sangue che la bionda non si è davvero resa conto di averle donato e che la mora non si è neanche resa conto di aver bevuto.
C-18 corre a coprire Becca con una delle coperte che erano rimaste stese fuori e di slancio stringe i due bambini che, a loro volta, piangono disperati per la perdita della zia. Li stringe, cerca di calmarli e poi allarga un braccio per far spazio a Becca, straziata quanto loro.
Maddox lascia vagare lo sguardo su tutti loro, dal primo all’ultimo: Vegeta tiene Everett a terra; Everett latra e guaisce mentre si dimena come un pazzo; Gohan sostiene Chichi, scossa dai singhiozzi, mentre Bulma tenta di rassicurarla dicendole che raccoglieranno subito le Sfere del Drago e Crilin, dietro di loro, tenta di far calmare Goten; C-18 si occupa di sua moglie e dei suoi figli, tutti e tre in lacrime; Pip stringe Jane e Domino, che piangono come vitellini ad un centinaio di metri di distanza; Darko fa da scudo a Bree mentre tenta in ogni modo di tenere in riga gli altri; Bree piange come non aveva mai fatto, Mimì la richiama tra un singhiozzo e l’altro mentre Micah tenta di calmarle entrambe, pur essendo il primo a piangere; Major si è liberato debolmente dalla presa di Yamcha per raggiungerlo; Mordecai, l’irriducibile Mordecai, guaisce e trema tra le zampe di River, che gli pare sul punto di crollare da un secondo all’altro; Piccolo tenta di far riprendere in qualche modo un catatonico Radish, che continua a fissare il corpo di Sherry, forse senza neanche vederlo davvero.
«Okay, forza.» Si sistema in ginocchio e si passa le mani sul volto, sospirando forte. Non può finire così, non può andare tutto a puttane in questo modo, non lo accetta assolutamente. Quante volte Fern gli ha detto e ripetuto che bisogna lottare nella vita? Quante volte gli ha detto che bisogna lottare per la propria felicità? Ecco, lui è un lottatore, è uno che non si arrende e ora più che mai è assolutamente intenzionato a lottare anche per tutti gli altri.
Posiziona le mani al centro del torace di Sherry e, con il palmo della mano, applica una pressione verso il basso, stando ben attento a non romperle ulteriormente le ossa. In fondo il buco si era quasi del tutto rimarginato prima che spirasse, magari anche le ossa hanno fatto in tempo a riattaccarsi, seppur precariamente.
«Uno, due, tre, quattro, cinque—»
«Che stai facendo?» Major cade in ginocchio davanti a lui e lo guarda con dolore, senza però capire il fine del suo gesto.
«La riporto indietro.» Così da poterla massacrare di calci nel culo per questa trovata del cazzo!
«Ma… il suo cuore…» Gli viene da piangere ancora più forte nel vederlo accanirsi tanto, ma si sforza con tutto sé stesso di non farlo in modo troppo rumoroso. Maddox è forte, lo è sempre stato, ma questa follia gli farà solo più male. «Non batte da più di quindici minuti. Non si può resuscitare qualcuno—»
«Lei non è qualcuno, è Sherry! Lei è un’Alpha, ed è troppo forte per morire così— ANDIAMO!» Glielo urla dritto in faccia malgrado sia morta. Sa che da qualche parte lo sta ascoltando, se lo sente. Tanto vale farle capire subito quanto lo abbia fatto incazzare ancor prima che riapra gli occhi, giusto per non crearle uno shock dopo.
«Apri gli occhi e guardami, dannazione!» Continua a premere, gli occhi scuri annebbiati dall’angoscia che si fa più forte di secondo in secondo. Se non lo stesse sentendo da nessuna parte? Se fosse andata troppo lontano? «Respira, forza!» Si abbassa di scatto e, dopo averle tappato il naso, posiziona la bocca sulla sua e, con un espirazione costante, effettua due insufflazioni, ognuna di circa un secondo.
Fanculo ogni dubbio, fanculo tutto, non se ne andrà da nessuna parte. Può continuare anche tutto il giorno, non è stanco ed ha fiato da vendere. Le conviene solo sbrigarsi a tornare indietro perché si sta incazzando sempre di più ad ogni secondo che passa!
«Mad, è—»
«Sta’ zitto!» Ora come ora, a Major conviene solo ubbidire se non vuole andare di persona a recuperare lo spirito di Sherry e prenderne anche di più una volta riportati entrambi indietro «È troppo forte per morire così. È troppo forte per morire così!»
Spinge ancora, gli occhi ormai quasi fuori dalle orbite a causa della moltitudine di emozioni devastanti che si porta dentro, per il dolore generale che percepisce sin troppo chiaramente, per il suono che fanno i suoi figli mentre piangono disperati, per l’involontaria pressione alla quale lo sottopongono gli occhi stanchi, malinconici e distrutti di Radish.
Ma non molla, non è nelle sue corde. Riuscirà, deve farlo. Deve farlo per lei, deve farlo per sé stesso, per Radish, per Mord, per i suoi fratelli e le sue sorelle, per Everett, per Fern, per la sua famiglia. Deve farlo per tutti, mollare non è proprio un’opzione valida.
«Forza Sher, ruggisci! Andiamo! Andiamo Sher: RUGGISCI!» Alza le mani e le abbassa con più forza al tempo del tuono che rimbomba alle sue spalle.
Quando poi il fulmine colpisce, le palpebre di Sherry scattano, gli occhi vermigli risplendono con ferocia e il suo ruggito squarcia l’aria, immobilizzando totalmente i presenti.
Ha scelto, è tornata indietro. Doveva farlo per Radish. E per Everett. E per i suoi fratelli, per le sue sorelle, per la sua mamma, per i membri del branco. Doveva farlo per loro e lo ha fatto, malgrado la scioccante verità appresa.
Il corpo poi si abbandona di nuovo al suolo e gli occhi si richiudono, il volto si rilassa e i cuori dei presenti cadono di nuovo in quell’orrenda tempesta di dolore dalla quale pensavano di essere miracolosamente usciti.
Maddox, che era sobbalzato all’indietro per la sorpresa, prova a ricominciare col massaggio cardiaco non appena riesce a mettere di nuovo insieme tutti i tasselli, convintissimo che se continuerà proprio adesso allora ce la farà una volta per tutte.
Per fortuna, però, Darko se n’è accorto per tempo e lo blocca immediatamente, mutando in un istante così che tutti possano capirlo.
«Non toccarla! Nessuno deve toccarla assolutamente!» Si inginocchia al loro fianco e si abbassa fin sul suo volto rilassato, tenendole due dita premute sulla gola.
Respiro debolissimo ed estremante lento e lo stesso vale per il battito cardiaco. Una lentezza disarmante e preoccupante che però sta ad indicare che, malgrado tutto, sta benone. Avrà solo bisogno di tempo per riprendersi, tempo perché il lupo dentro di lei si metta all’opera e le risistemi completamente l’organismo.
Di quanto tempo si parli però non è possibile da stabilire. Roman gli ha spiegato che per ogni soggetto colpito da questa benedizione nell’arco dei secoli, ovvero soggetti che ancora avevano un qualcosa di davvero importante da portare a termine prima del riposo eterno, i tempi erano sempre differenti. Per alcuni è stata questione di giorni, per altri anche di più di un mese. Le uniche cose che tutti loro hanno avuto in comune erano però le stesse: il corpo entra dapprima in una specie di diapausa, una fase di arresto spontaneo in cui l'organismo è inattivo, non si alimenta e non si muove, al fine del quale poi si ritroverà in uno stato davvero molto umano per un periodo comunque differente da un soggetto all’altro.
Everett rimase in questa specie di diapausa per quattro interminabili giorni e rimase intrappolato in un corpo schifosamente umano per altri nove, durante i quali divenne una totale ed impensabile spina nel culo.
Se riusciranno a tenerla al sicuro e al riparo, è convinto che pure Sherry si rivelerà un qualcosa di indecentemente fastidioso, ma lo accetta di buon grado. Il punto, però, è proprio come tenerla al sicuro.
«Qualsiasi mossa falsa, qualsiasi movimento anche vagamente brusco, rischia di spezzare il filo che la tiene in vita e dopo non avrà altre possibilità.» Si spiega così, con poche semplici parole. Non è certo il momento per parlarne in modo approfondito. Per quello, spera, ci sarà modo e tempo in seguito.
Radish rimane fermo al suo posto, immobile e confuso.
Si è mossa, l’ha vista.
Ed ha sentito il suo ruggito, ne è sicuro.
Ma allora perché gli sembra così maledettamente morta? Perché niente sembra cambiato? Eppure Darko sorride mentre le sposta i capelli dalla fronte, Maddox si è buttato sul prato e si tiene le mani sugli occhi mentre ripete come un mantra “ce l’ho fatta, non ci credo, ce l’ho fatta”, e i vari Spettri sembrano essersi paralizzati di colpo.
Non si rende neanche conto di muoversi, adesso. Non si rende conto di star mettendo un piede davanti all’altro, della ritrovata stabilità e forza dei possenti arti, ma si rende conto che di colpo fa freddo ed ha la pelle bagnata.
A mano a mano che si avvicina con passo mortalmente lento, prende consapevolezza di ciò che lo circonda. Si rende conto che sta piovendo forte, che è bagnato fradicio ed ha freddo. Si rende conto che tutti i suoi amici sono lì, che si sono radunati per loro, che Yamcha e Tensing stanno portando ai pochi Spettri che hanno ripreso sembianze umane teli e asciugamani per coprirsi le nudità. Si rende conto che i colori attorno a lui si stanno facendo di nuovo vivi e che, nel cuore, si sente improvvisamente strano. Strano davvero, forse anche più di prima, perché sente una nuova furia invaderlo mista ad una calma mortale.
Non sono sentimenti suoi, si rende conto anche di questo. È Sherry, tornata a gamba tesa dal mondo dei morti, ad essere furiosa, ma che il suo attuale stato le dona una qualche strana calma interiore. O che, forse, è qualcun altro a tenerla calma in qualche modo.
Everett lo affianca con passo altrettanto lento e strascicato, gli occhi sgranati pieni di sorpresa ed incredulità. Se fosse stato capace di mantenere la mente libera e lucida, si sarebbe reso conto che Leila non le avrebbe permesso di rimanere esattamente come ha fatto con lui. Il suo era un compito facoltativo, alla fine, perché la promessa l’aveva fatta a lei e non a Papà Spettro, l’unico ad avere un simile potere, ma Sherry ha un qualcosa di più grande da finire.
L’unica cosa alla quale riesce lucidamente a pensare, però, è che la sua cucciola non può restare lì. Per quanto decisamente non più scoperta neanche per sbaglio, perché certamente non la perderanno più di vista, non è certo fuori pericolo.
«Non può restare qui…» Il suo è un flebile sussurro, qualcosa che a stento gli altri riescono ad udire. Ma Radish, immobile e stralunato al suo fianco, l’ha sentito eccome e di colpo pare un minimo ridestarsi dal suo stato confusionario, ritrovando quella maledetta lucidità alla quale adesso proverà disperatamente ad aggrapparsi in ogni modo.
«Cosa?»
«Non può restare qui.» La voce si è fatta di colpo più ferma, la mente si fa sempre più lucida e gli occhi ricominciano a trasmettere di nuovo la sua forza interiore. Deve pensare, deve capire come muoversi non solo ora ma soprattutto dopo, quando lei tornerà lucida e dovrà sapere perché è stata ributtata nella mischia. Forse, e questo in un certo senso lo spaventa anche di più, già lo saprà e dovrà riuscire a contenerne la reazione sicuramente violenta.
«Jäger la crede morta… ma potrebbe mandare qualcuno per assicurarsene. Dobbiamo spostarla dove non può arrivare.»
Se non sarà Jäger, comunque lo farà di certo Apophis nella speranza di farlo calmare. Perché adesso Jäger sarà davvero ingestibile, accecato da una rabbia ancor più folle per essersi fatto sgusciare dalle dita la sua ambizione più grande, per essersi giocato da solo il risultato più ambizioso alla quale qualsiasi Spettro abbia mai potuto pensare.
Per un folle istante, Everett prova addirittura pena per Apophis.
In tutto questo, però, non sono solo i due uomini ad aver riacquistato lucidità. C’è anche Chichi, tra loro, che di colpo si sente come invadere da un istinto protettivo pari a quello che ha sempre provato per i suoi figli. Sherry è morta per lei, si è sacrificata senza pensarci un secondo, ha combattuto come una furia contro il suo incubo peggiore per permetterle di salvarsi, per salvare Goten!
Quanto è vero che adesso è lì, sotto la pioggia battente a fissare il suo corpo immobile, la proteggerà al meglio delle sue capacità e le darà tutto l’aiuto fisico e psicologico della quale avrà bisogno.
«L’isola di Muten.» Afferma con tono sicuro, guardandoli a scatti negli occhi «Non può arrivare nessuno senza essere visto, non c’è posto più sicuro per lei al momento.»
Trova immediatamente appoggio non solo negli amici ma anche nei due Spettri più anziani, che avevano preso in considerazione solo i territori di Roman. Qualcuno però avrebbe potuto capire qualcosa, avrebbero potuto smascherarli e Sherry si sarebbe trovata in una situazione pericolosa, quindi occorreva per forza una soluzione alternativa. Quale può essere ora un’idea migliore se non un’isola spersa dove non c’è modo di arrivare senza essere visti, oltretutto di proprietà di Muten?
«Come ce la portiamo? Non possiamo rischiare portandola in braccio.»
Radish è consapevole dell’affetto che Piccolo nutre nei suoi confronti, dopo tutti quegli anni l’ha capito abbastanza bene, ma ora certo non avrebbe preso in considerazione l’idea che anche lui si sarebbe buttato tanto dentro a quella faccenda. Okay allenarli, è vantaggioso anche per lui, ma preoccuparsi anche di queste cose?
«Questo non è certo un problema.» Bulma non è da meno del Namecciano. Certo, come lui non ha un grande rapporto con la ragazza, ma ha imparato ad apprezzare davvero la compagnia di alcuni di quei grossi e strani individui che, senza che venisse loro chiesto alcunché, si facevano comunque in quattro per aiutarla nelle sue faccende. Li ha capiti, Bulma, e per questo ha deciso che pure lei li aiuterà nel suo piccolo, e che aiuterà Sherry a vendicarsi.
Estrae dalla tasca uno dei suoi porta capsule dalla quale fa uscire in pochi secondi un piccolo aereo cargo, abbastanza capiente da portarli tutti a destinazione. C’è comunque un piccolo dettaglio di cui discutere, adesso: «Dobbiamo trovare un modo per caricarla senza che subisca contraccolpi.»
Scatta verso casa, Chichi, senza dire una sola parola a nessuno e si dirige a grandi falcate verso il tavolo da pranzo.
Lo ribalta con un gesto secco e deciso e, senza pensarci due volte, stacca il primo gambo con un calcio. Sarebbe andata bene anche una porta, ma avrebbe avuto più noie per scardinarla, il tavolo si prestava meglio.
Il figlio maggiore e pochi altri l’hanno seguita dentro e adesso la guadano come se fosse indemoniata mentre stacca i gambi del tavolo a calci, ridestandosi di colpo quando sentono la sua voce alterata dalla rabbia e dalla foga.
«Gohan, prendi delle lenzuola, una coperta pesante e un cuscino, forza!» Urla mentre trascina fuori l’asse di legno rimasta, trovando un veloce aiuto in Yamcha che, giustamente, è assalito da un dubbio evidente.
«Non era meglio un materasso?» Fa appena in tempo a finire la frase che subito lo sguardo furioso della donna lo fa pentire di aver parlato.
«Sì, se vogliamo che rischi di farsi male!»
Porta l’asse fino al fianco di Sherry e, non appena Gohan esce di casa, afferra i primi lenzuoli e comincia a strapparli in lunghe strisce quasi identiche l’una all’altra che poi lascia passare sotto all’asse rettangolare, dove infine viene stesa con estrema cautela la ragazza.
Dopo averle messo un cuscino morbido e pieno sotto al collo comincia a legarla con i brandelli di stoffa, fissandola quanto più saldamente possibile.
«Così non si dovrebbe muovere.» Afferma a corto di fiato e totalmente pervasa dall’adrenalina del momento, scatenata anche dal sangue di Bree. Sente che può tutto, adesso, che potrebbe addirittura spaccare il mondo in due con un pugno… e si sente pure curiosamente eccitata, in un certo senso.
Darko, colpito dalla risolutezza dell’umana, si lascia andare ad un breve sorrisetto soddisfatto prima di rivolgere la propria attenzione a Radish ed Everett, ancora piuttosto sconvolti. Li capisce e non li biasima di certo, motivo per cui evita qualsiasi rimprovero o presa in giro: si sono visti portare via il loro centro, glielo avevano strappato dal cuore con violenza e gli è stato restituito con altrettanta forza e brutalità, essere totalmente sfasati è il minimo.
«L’idea è buona, non dovrebbe correre rischi. Ora carichiamola.» Non appena li vede un poco incespicare nei movimenti li allontana con energia, rivolgendosi a Tensing e Yamcha.
Erano convinti che sarebbe stata una giornata come un’altra, che si sarebbero dovuti sorbire i racconti della festa nei momenti di pausa e che poi qualcuno si sarebbe in qualche modo auto-invitato a cena per passare un altro po’ di tempo in loro compagnia, di certo non potevano neanche lontanamente immaginare un simile risvolto.
Non per questo però perdono la concentrazione. Si apprestano infatti ad afferrare l’improvvisata barella di fortuna e la portano con cautela sul cargo, venendo seguiti prontamente da Chichi, che copre con la coperta pesante il corpo freddo e bagnato di Sherry, e Gohan col fratellino tra le braccia.
Non andranno con loro, malgrado lo vogliano. Il tempo trascorso in compagnia degli esuberanti e talentosi allievi gli ha permesso di apprendere tante piccole cose, e ciò gli dà modo di capire al volo che adesso la situazione è critica e assai pericolosa.
Si sentiranno senza guida e in pericolo, potrebbero tranquillamente sfogarsi l’uno contro l’altra o addirittura contro gli esseri umani. Non possono lasciarli soli, non possono permettere che esplodano per la rabbia e la paura e compiano disastri irreparabili, motivo per cui hanno deciso di immolarsi ed aiutare come meglio possono, anche se questo dovesse voler dire raccogliere e seppellire i morti.
Radish ed Everett, dopo una lieve spintarella, si dirigono di gran passo sul cargo, bloccandosi poi quasi in sincrono quando si accorgono che Darko non li sta seguendo.
«Tu non vieni?» Domanda prontamente Everett mentre lascia passare Bree e Mimì, che di certo non hanno alcuna intenzione di lasciarla da sola.
La Mezzosangue è totalmente dilaniata da un profondo senso di colpa, perché è solo a causa sua se è arrivata in città, è colpa sua se Jäger si è indispettito più del dovuto per via della relazione con Radish ed è colpa sua se è iniziata suddetta relazione. Non aveva preso in considerazione proprio mai che tutto sarebbe potuto esploderle nelle mani, che la situazione potesse diventare così orribile. Aveva sottovalutato il nemico, errore che mai prima aveva commesso così deliberatamente, e la sua migliore amica, sua sorella, ne sta pagando il prezzo più alto. Per cosa, poi? Perché si è lasciata convincere a prendere parte ad una cosa del genere!
Sono una stronza… una maledetta, stupida stronza. Non merito tutto quello che ho, non merito la tua amicizia e il tuo affetto… ti prego, ti supplico, ti scongiuro, Sher, perdonami!
«Devo prima occuparmi del branco, ragazzo. La mia assenza non sarà un problema per lei.» Nel dirlo tiene gli occhi puntati sulla figlia.
Si è rivelata una sorpresa, per lui. È più sveglia e forte del previsto, è furba e decisa come i suoi fratelli non sono mai stati. L’unica cosa che riesce a sperare adesso mentre la guarda, accovacciata in lacrime al fianco di Sherry, è che tutte queste sue qualità le tornino utili quando a breve verrà sbalzata in un nuovo vortice di problemi. Non potrò aiutarti neanche stavolta, ragazzina… ma ti starò vicino, per quanto vale.
«Col cazzo!» Radish si rianima in un istante e senza pensarci due volte allunga un braccio e lo afferra per i capelli sulla nuca, strattonandolo con violenza in avanti, portandoselo così vicino al volto «Tu sei un medico, no? Bene: resterai con noi finché non sarà completamente fuori pericolo!»
Preso in contropiede, Darko sulle prime non sa cosa dire. Cosa può fare lui per Sherry? Il suo processo non richiede alcun intervento esterno, deve fare da sola e fine della faccenda. Ma a che pro spiegarglielo? È un uomo pericoloso, violento, spaventato e terribilmente innamorato. Potrebbe dirgli qualsiasi cosa, spiegargli tutto anche nel più inutile e minuscolo dei dettagli, non gli darebbe mai retta.
River si porta dietro ai due, gli occhi vermigli che trasudano determinazione e, non in dose minore, un maniacale desiderio di vendetta. Li vuole vedere morti, tutti quanti. Vuole la disfatta del Nord, vuole vederli in ginocchio a supplicare per la loro vita. Hanno osato davvero troppo, hanno commesso un tragico errore senza tenere assolutamente conto delle conseguenze e lui non riesce a tollerarlo minimamente. Malgrado tutto questo, però, River ha un cervello, sa valutare e calcolare bene questo genere di situazioni e, al contrario di quasi tutti gli altri, è riuscito a ricollegare la mente in modo ottimale, di conseguenza sa bene che il branco adesso è scoperto e che ha bisogno di qualcuno di cui si fidano alla quale aggrapparsi in attesa della Regina, sa che né Radish ed Everett saranno capaci di staccarsi da lei e lo comprende, così ha deciso di immolarsi, di giocarsi quella libertà alla quale è tanto ferocemente attaccato e di prendere la situazione in mano per loro. Li terrà in riga, li obbligherà a mantenere la mente lucida, a non compiere scemenze e, soprattutto, a continuare ad allenarsi incessantemente e pattugliare con ancora più attenzione.
Se sarà necessario cercherà pure l’aiuto di Nike, anche se spera con tutto sé stesso di non dover ricorrere a tanto. Non sarebbe per l’orgoglio ferito dall’ammissione di non essere capace di tenere in riga un branco, no, sarebbe per il semplice ed elementare fatto che chiamandola si tirerebbe addosso pure l’eccentrico ed esuberante fratellastro. Oltretutto, poi, loro sono i futuri Sovrani del Sud ed è probabile che il branco non li accetterebbe come guide provvisorie.
«Ci pensiamo noi.» Afferma deciso, riferendosi ovviamente anche ai quattro amici con il quale ha trascorso tanti anni della sua vita.
Sembrano essersi come rianimati, gli occhi si sono accesi dei loro veri colori e solo con una brevissima occhiata si capisce in pieno che le loro reali personalità si sono come momentaneamente eclissate, lasciando spazio a forti e violenti Spettri disposti a tutto.
Tensing si avvicina a tutti loro, altrettanto infervorato. È stato un gesto così meschino il loro che davvero non riesce a mandarlo giù. Colpire una donna inerme con un bambino piccolo… come si può essere così vili? Non riesce a rispondersi, non riesce neanche ad immaginare il processo mentale che li ha spinti a prendere una decisione del genere, sa solo che non solo vuole dare una mano ai suoi brillanti allievi feriti, ma vuole anche vendicare Chichi, Goten, Gohan, Goku e pure Sherry.
«Per quel che vale, noi daremo una mano.»
«Ehi, biondino!» Gli occhi di Vegeta si incatenano duramente sulla figura slanciata e cupa di Micah, che a sua volta lo guarda con sguardo alterato «Tu sei un fenomeno nel rintracciare cose e persone, no?»
Ha capito, Micah. Ha capito alla grande cosa intende… e l’idea gli piace da morire.
Ma, proprio come lui, l’hanno capita tutti gli Spettri presenti.
Spettri offesi nel cuore e nell’orgoglio, ancora sotto shock per quanto successo alla loro stimata Regina e mortalmente decisi a farla pagare ai meschini colpevoli… ed anche a non lasciare tutto il divertimento al Principe dei Saiyan.
Becca mette le mani sulle spalle dei figli, li guarda con determinazione crescente dritto negli occhi, ed ordina con voce bassa e greve di seguire zia Sherry, di starle vicini e proteggerla mentre lei sarà ad occuparsi di una certa questione. C-18, al loro fianco, ora freme visibilmente dalla voglia non tanto di dare man forte in combattimento quanto di vedere quanto la sua eccentrica amica sia sinceramente pericolosa ora che è così incazzata a morte.
Micah, consapevole di tutto questo, semplicemente chiude gli occhi, apre le orecchie e respira profondamente col naso. Nella sua mente si srotola immediatamente una lunga e dettagliata mappa del circondario che si estende per chilometri; vede e sente ogni albero, ogni cespuglio, fiume, masso e fosso; vede e sente ogni insetto, volatile, roditore e mammifero; vede il percorso che hanno battuto, sente gli esplosivi che saltano sotto terra per chiudersi il passaggio alle spalle, li sente svincolare a destra e a sinistra per separarsi. Ma vede anche qualcos’altro, a sud-ovest. Ohhh, se lo vede: Darren con un piccolo contingente sta sfrecciando in tutt’altra direzione, la pelliccia macchiata del sangue di Sherry, qualche goccia di quello di Jäger e, soprattutto, quello di Camila. Lui ha attaccato, lui si è spinto così vicino alla tana, lui ha ammazzato dei suoi amici ed ha pure provato ad afferrare i suoi nipoti.
Ti conviene accelerare, bello, perché come ti metto le zampe addosso sei finito!
Scatta all’indietro, muta e mette in moto le zampe, un ululato squarcia il cielo plumbeo e avverte tutto il branco della loro decisione: catturare gli invasori, fargli pentire di essere nati in ogni singolo modo concepibile. La traccia è chiara, chi vuole può seguirli e far loro tutto ciò che vuole.
Vegeta è compiaciuto del risultato, vederli muoversi spinti da questo fervore in qualche modo gli riporta alla memoria i vecchi tempi dove anche lui stanava gli avversari e li massacrava con quella ferocia malata.
«Occupatevi di lei.» Afferma duramente a chiunque lo ascolti, scattando in avanti prima che i lupi lo stacchino troppo. Come loro non vogliono farlo divertire troppo, lui non vuole che siano solo loro a condurre i giochi. Quella non era la sua battaglia, ma adesso… adesso hanno osato troppo. Hanno attaccato a tradimento chi non c’entrava niente, persone a lui vicine tra l’altro, e per questo ne pagheranno il prezzo.
Non andrà direttamente al Nord giusto perché sa che sarà Sherry a volerlo radere al suolo, sarà lei a voler uccidere il Re. Lo sa perché è così che ragionerebbe anche lui, perché comprende la sete di vendetta e rispetta il suo volere. Rispetta lei, una giovane donna che dal niente si è presa tantissimo, una giovane donna combattiva e fiera disposta anche a troppo pur di vincere. Una giovane donna che si è rifiutata di morire ed è tornata in vita per stroncare quella del suo carnefice.
Radish, per quanto muoia dalla voglia di seguirlo, di volare nei Territori del Nord per metterlo a ferro e fuoco, sa che non può muoversi, non ora. Deve andare con lei, deve assicurarsi che non le succeda niente. Si era ripromesso di proteggerla da tutto ed ha fallito perché ha a che fare con un soggetto davvero troppo folle ed imprevedibile, ora non sprecherà la preziosa seconda occasione che gli si è presentata.
Volta appena la testa verso Piccolo, fremente dalla voglia di scuoiarli con le sue mani proprio come il pacifico nipote che però è costretto a rimanere al suo posto, e con voce dura afferma: «Vi aspettiamo alla Kame House.»
Non uccideteli tutti, portateli da me. Non lo dice, non ce n’è bisogno, è palese anche così.
Non sa cosa provare, adesso. Non sa se essere mortalmente felice perché Sherry è tornata indietro e, anche se non sa quando, potrà stringerla di nuovo a sé. Non sa se essere furioso per ciò che le è stato fatto o per ciò che lei stessa ha fatto proprio a lui, chiudendolo fuori da tutto. Non sa niente, adesso, eccetto che Jäger ha commesso un errore davvero stupido e che, prima o dopo, gliela pagherà molto cara.


Jägermeister, da tutti chiamato semplicemente Jäger, da pochi addirittura Jay, figlio di Mezcal e Aisha, conosciuto come Cuore di Ghiaccio e Furia Grigia, è sempre stato uno Spettro eccezionale.
La sua forza era notevole sin dalla prima infanzia e ne ha dato la sfolgorante prova a tre anni con la sua iniziazione, quando tornò dopo soli quattro giorni totalmente illeso e con le zanne degli avversari uccisi appese al collo. Ha percorso un tragitto mortale e lunghissimo in quattro miseri giorni, macchiandosi le piccole mani del sangue di dieci cuccioli, quattro adolescenti e un adulto. Gli occhi del Nord e del Sud si puntarono subito sulla sua figura, ammaliati e spaventati da quei magnifici occhi di ghiaccio privi di qualsivoglia emozione e che si animavano unicamente alla vista della violenza, del sangue e del dolore.
La sua furbizia ed intelligenza è sempre stata fonte di grandi preoccupazioni generali. Una mente brillante, unita ad una personalità complessa ed imprevedibile come la sua, non poteva essere sottovalutata, le sue conoscenze generali si spingevano davvero troppo oltre e la sua innata capacità di non provare praticamente alcunché gli hanno sempre dato vantaggi mostruosi su chiunque.
Si è mostrato sorprendentemente carismatico già in tenera età, tanto che sia i cuccioli che gli adolescenti lo seguivano come ombre per assicurarsi che niente gli recasse disturbo, tanto che molti sono arrivati a colpire a cuor leggero i membri della propria famiglia pur di attirare il suo sguardo e renderlo fiero.
Ma tutta questa idolatria estrema nei suoi confronti ha portato ad una idealizzazione collettiva che lo vuole come un qualcosa di realmente superiore al pari forse del divino.
Jäger, il formidabile Spettro che non si piega, il super-uomo senza paure o difetti, l’invincibile lupo che non conosce rivali. Nessuno ha mai anche solo preso lontanamente in considerazione che potesse commettere un errore, che qualcosa potesse in qualche modo turbarlo.
Apophis odia praticamente chiunque per questo, per averlo idealizzato così tanto, per averlo posto su un piedistallo davvero troppo alto. Pure Mezcal commise questo errore, arrivando infine a temerlo e a programmare il suo omicidio. Se non è mai riuscito a mandare in porto questo piano è solo perché c’erano davvero troppe persone alle spalle più che pronte a difenderlo da tutto e tutti.
Sa bene, Apophis, che tutto ciò che dicono e pensano sull’amico è in parte vero, che niente è mai riuscito a creargli reali problemi, che niente l’ha mai ferito o spaventato, ma sa anche che, alla fin fine, seppur sepolto da qualche parte, anche lui ha un cuore.
L’ha sempre tenuto ben lontano dalla luce, non lo ha mai minimamente nutrito, preferendo coltivare l’odio e la violenza estrema, ma non è neanche mai riuscito a sbarazzarsene del tutto. Ed è colpa di Sherry se ciò è avvenuto. È colpa sua se quel cuore ha continuato a battere, è colpa su se quel cuore, da sempre illeso e trincerato dietro ad una cortina impenetrabile, adesso è profondamente ferito. Sanguina, quel cuore maledetto, e Apophis lo sa, lo sente come se fosse stato lui stesso ad essere ferito.
Lo ha capito nel vederlo immobilizzarsi, lo ha capito dai suoi occhi ricolmi di un sentimento a loro sconosciuto. Lo ha capito nel vederlo prendere tra le braccia con tanta delicatezza il corpo dell’amata ormai prossimo al trapasso, lo ha capito chiaramente nel momento in cui l’ha dovuto colpire per fargli aprire gli occhi. Lo ha capito quando l’ha dovuto praticamente trascinare per tornare al Nord, quando la sua formidabile velocità ne ha risentito e le sue zampe si muovevano a fatica.
Lo capisce ora, mentre lo conduce nelle sue stanze in religioso silenzio. Gli pare quasi di sentire le urla di quel cuore ferito e agonizzante sepolto dentro di lui, quello che non può accettare i fatti, quello che ha perso tutto. Non sa se deve temere più quello o la sua mente offesa, quella che si è fatta sfuggire tra le dita la vittoria, il tanto sospirato premio finale.
Lo costringe a sedere sul bordo del letto e si affretta a portargli un calice di vino forte, nella vana speranza che un po’ di alcol possa annebbiare quel pericoloso dolore.
Per la prima volta in vita sua, Apophis ha davvero paura e rimpiange il giorno in cui ha deciso di uccidere Aisha ed Everett anziché Darko: occupandosi personalmente del Beta, in fondo, avrebbe appreso le sue strabilianti capacità.
Sherry…, il suo nome si ripete come un mantra nella sua mente.
Non capisce, Jäger. Non capisce come sia potuto accadere.
Certo, lui non è mai stato famoso per avere un grande autocontrollo durante gli scontri, anzi è risaputo che anche solo provare a morderlo gli chiude la vena e gli impedisce di ragionare lucidamente come al solito, ma era convintissimo che contro di lei ci sarebbe riuscito senza grandi sforzi.
Sherry…
Perché mai avrebbe dovuto farle del male? Era la sua piccola Sherry, la donna che aveva scelto come compagna quando aveva solo undici anni e Mezcal gliela tolse dalle fauci. Perché mai avrebbe dovuto farle del male?! Erano destinati a stare insieme, lei era sua, era nata per unirsi a lui, per mettere al mondo la stirpe più forte mai vista.
La voleva più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di quanto abbia mai voluto la corona. In realtà è proprio per lei che ha deciso che sarebbe divenuto lui il Re. Era il prezzo da pagare se voleva ottenere di più, se voleva riuscire lì dove tutti gli altri hanno sempre e solo fallito.
Ha fatto così tanto per lei, per renderla fiera e farle capire che lui è il compagno ideale. Chi mai avrebbe anche solo pensato di toccarla, con lui al suo fianco? Chi mai avrebbe osato mancarle di rispetto?
Sherry…
Non vuole accettarlo, non può.
Come può finire tutto così? Non è possibile, non ci crede.
Everett era morto, ne è sicuro. Apophis stesso si occupò di lui e si assicurò che fosse morto. Ma ora è vivo. Dannazione, ha fiutato il suo odore su Sherry, si portava dietro la traccia della sua forza.
Se lui è vivo, se è tornato indietro, potrebbe farlo anche lei, giusto? Certo che è giusto. Lui non è il tipo che sbaglia congetture tanto semplici.
Lei può tornare indietro, Papà Spettro gliela restituirà. Dovrà poi farle capire che è stato un incidente, che ha reagito così solo perché non poteva accettare le sue zanne attorno al collo. È stato un fottutissimo incidente, lui non voleva farle del male.
SHERRY!
«Manda dei Segugi.» Si alza in piedi di scatto, il calice di vino impatta violentemente contro la parete alla sua destra e le piccole schegge di cristallo si illuminano per un istante non appena vengono colpite dalle deboli fiammelle delle candele sparse per la stanza.
Apophis lo tiene a distanza perché quello che ha di fronte non è certo lo stesso Jäger che conosce. Questo è un altro uomo ed è più pericoloso ed instabile, e neanche lui può dirsi al sicuro dalla sua ira e dal suo dolore.
Alzarsi così di scatto, però, non è stata un’idea brillante. Sentiva già uno strano ritmo cardiaco ma non vi aveva dato alcun peso; perché mai preoccuparsene, in fondo? A loro non può venire un infarto o simili.
Adesso, però, avverte per la prima volta in vita sua una strana sensazione di vertigine, alla quale seguono in breve dei leggeri tremori nelle ossa che, da lì a breve, si trasformeranno in vere e proprie scosse.
Apophis lo guarda con aria persa. Non sa cosa fare, non sa come aiutarlo e alleviare il suo dolore, e il panico aumenta nel suo cuore non appena nota che l’altro ha evidenti difficoltà respiratorie.
«Jay…?»
Si porta una mano sul petto come se così facendo potesse bloccare e poi strappare quella strana sensazione di dolore, ed in breve l’altra mano si posa sull’addome. Nausea e dolori addominali gli tolgono ancora di più il respiro mentre nuovi brividi gli invadono le membra.
«Vattene…» Avverte di secondo in secondo uno strano formicolio nelle braccia e poi anche sul volto, nella zona delle labbra e del naso.
È tutto così assurdo. Gli sembra come di vedersi da fuori in questo stato così pietoso mentre tutto attorno alla sua figura si stringe per soffocarlo e annientarlo. E prova solo più rabbia.
«VATTENE!»
Apophis esegue l’ordine a malincuore, trascinandosi fuori dalla sua stanza. Non si sorprende per niente né di trovare i membri d’élite della guardi ad attenderli né, tanto meno, nel sentire l’amico esplodere in tutta la sua rabbia dentro la stanza.
Non sa come aiutarlo.
Non sa come tenerlo sotto controllo, come incanalare la sua ira e il suo dolore.
Non sa come tenere in piedi il Nord ora che lui è momentaneamente fuori dai giochi.
Non sa niente, Apophis, eccetto una: farsi una passeggiata dritto all’Inferno, ora come ora, sarebbe molto più auspicabile.




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Dai, ce l’ho fatta ad aggiornate in orario! 😁 Capitolo allegro, eh? Beh, sappiate che il prossimo non sarà da meno. Anzi, per un certo verso sarà peggio!!!

Povero Radish… mi sento una persona davvero orribile! 😢 E le brutte notizie per lui non sono mica finite! Proprio per niente! (Sappi, mio dolce scimmione, che giusto ieri stavo scrivendo un piccolo pezzetto per il finale… e che forse mi odierai ancora di più!)
Quello che ha provato, comunque, sono i sintomi della depersonalizzazione e della derealizzazione.
Nel primo caso il soggetto, infatti, può riferire di sentirsi fuori dalla realtà o come un automa, senza alcun controllo su ciò che fa o che dice e può sentirsi emotivamente o fisicamente insensibile. Un po’ un morto che cammina, ecco. Nel secondo può sentirsi come in un sogno o immerso nella nebbia, separato dall’ambiente che lo circonda. Il mondo gli appare senza vita, incolore o artificiale, oppure deformato.
Non è insolito che le due cose vadano a braccetto e si verificano spesso dopo aver subito la morte improvvisa di una persona cara.
Jäger, seppur in modo diverso, ha subito la stessa cosa con annessa crisi di panico molto violenta.
Ecco, per quest’ultimo non mi dispiaccio… mi pare decisamente il minimo!
Comunque Cramisi, è questo il problema clamoroso con il quale avrà a che fare Apophis: se già per i fatti suoi Jäger non è proprio un docile agnellino, immagina cosa può diventare adesso! E lui dovrà gestirlo totalmente da solo… ecco, provo più pena per lui! 😰 (forse!!!)

Beh, in tutta onestà direi che non ho proprio altro da aggiungere, solo che sono felicissima che il precedente capitolo sia tanto piaciuto! 😁
E ci tengo anche a ringraziare di nuovo per le bellissime recensioni che mi avete lasciato! Siete dei tesori! 🖤

Alla prossima settimana, un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 21 💛


𝟛𝟙. 𝒯𝓊𝓉𝓉𝒾 𝒾 𝓃𝑜𝒹𝒾 𝓋𝑒𝓃𝑔𝑜𝓃𝑜 𝒶𝓁 𝓅𝑒𝓉𝓉𝒾𝓃𝑒




Che gli Spettri fossero dotati di un’innata aggressività ben al disopra della media era una cosa risaputa ormai anche per il Team Z. Anche che fossero, chi più chi meno, piuttosto vendicativi era una cosa appurata. Quello che non sapevano, però, è che fossero così aggressivi e vendicativi.
Hanno subìto una batosta capace di spezzare nello spirito una normale persona neanche due ore prima ma se ne fregano. Continuano a correre dietro alle tracce di chi è rimasto fuori dai tunnel che hanno usato per arrivare e che sono stati fatti saltare per mettere al sicuro il Re. Stanno scavando come furie per provare a recuperare almeno qualcuno… o per tendere una trappola a chi, poco saggiamente, ha pensato di usare accessi secondari per rientrarci.
Crilin, Yamcha e Tensing sono corsi alla tana per dare il loro supporto a chi vi era rimasto. Donne incinte, adolescenti impreparati ad affrontare un simile scontro e bambini. Tanti bambini. Non sono pochi quelli rimasti orfani che hanno cercato un briciolo di conforto anche tra le loro braccia, ma quelli che gli hanno fatto più male al cuore, forse, erano quelli morti, ridotti in un tale stato da straziarli dentro. Non erano molti perché i gemelli hanno avuto la prontezza di farli rintanare praticamente subito, ma ce n’erano lo stesso.
Non sapendo cosa fare di preciso, li hanno aiutati pulendo e bendando le ferite che ci mettevano troppo tempo a rimarginarsi, hanno portato un po’ di acqua fresca a chi era rimasto mutilato e hanno provato a calmare i pianti disperati di chi era rimasto solo.
L’unico sollievo, per loro, immersi fino al collo in quella disperazione, è stato apprendere che hanno sì provato a portare via alcune ragazze per divertirsi in seguito, ma l’orribile svolgersi degli eventi non gliene ha dato il tempo.
Forse non è andata poi malissimo, tutto sommato, perché i più grandi, dopo un primo cedimento, si sono rimboccati le maniche ed hanno reagito al meglio delle loro capacità. Alcuni sono usciti a dar man forte, altri hanno aiutato alla tana.
C-18, andata con Becca e decisa ad aiutarla in campo, si è ritrovata a dover poltrire su un masso fuori da uno di quei maledetti tunnel. Pensava che si sarebbe dovuta sporcare le mani sul serio, che avrebbe combattuto in prima linea contro i Segugi rimasti “scoperti”, ma si sbagliava alla grande.
I loro furiosi Spettri, infatti, non hanno dato modo a nessuno di interferire; li hanno catturati da soli, mossi da una rabbia che neanche sapevano di poter provare. Al massimo li hanno consegnati nelle loro mani, dicendogli di tenerli sotto tiro e, soprattutto, in vita. Una prova concreta della fiducia che sono arrivati a riporre in tutti loro, senza dubbio. A Vegeta, per esempio, è stato consegnato proprio Darren, che non appena li ha visti sparire dal suo campo visivo ha tentato immediatamente la fuga. Al Principe non è piaciuto molto il suo gesto e l’ha massacrato di botte un po’ per spregio e un po’ per diletto. Se avesse avuto il via libera lo avrebbe ucciso col sorriso, ma ha capito anche senza spiegazioni che vogliono quante più informazioni da lui e che vogliono sentirgliele dire, magari usando proprio i fantasiosi metodi di Everett.
Rimanere seduta su una roccia senza nessuno da tenere sotto tiro, però, non è altrettanto stimolante. E non lo è neanche sentire il continuo rumore di sottofondo di ossa che si spezzano, di strilli acuti e di corpi che impattano contro le pareti.
Non solo non è stimolante, è proprio una noia mortale.
Quando però vede uscire diversi degli Spettri amici, riconoscibili dallo scodinzolare allegro che le rivolgono e dalle zanne nemiche che le abbandonano ai piedi come a volerle dire “Conservale bene che poi ci facciamo delle collane pazzesche e una sarà tutta per te!”, C-18 capisce che è ormai giunto il momento di scendere sotto terra per riprendere Becca. Se loro levano le tende, in fondo, significa che nessuno arriverà più.
Quando cade con un tonfo sul suolo smosso, quello che le si para davanti è uno scenario davvero raccapricciante. Per un istante si domanda se la lei dell’universo alternativo, dove ha devastato il mondo, abbia fatto cose del genere, ma non le ci vogliono più di una manciata di secondi per capire che no, non le ha fatte neanche lei. Perché quella C-18 avrà sì ucciso a sangue freddo chiunque le si parasse davanti, ma è abbastanza sicura di poter affermare che non le riducesse a brandelli usando denti e unghie, che non li decapitasse usando la sola forza della mascella, che non li spellasse a metà per rabbia e non gli staccasse i denti per crearci gioielli di dubbio gusto.
C’è di tutto, là sotto. Interiora, sangue, arti e pezzi di carne imbrattano non solo il suolo e le pareti circostanti ma anche il soffitto, alto almeno quattro metri e mezzo se non proprio cinque.
Una carneficina in piena regola, senza dubbio.
In questa circostanza erano assai avvantaggiati, dal momento che dovevano per forza passare da quel punto e non avevano modo di muoversi liberamente. Dovevano anche pensarci prima di ributtarcisi dentro perché chiudere alle strette l’avversario è una delle prime cose che vengono insegnate agli infanti.
Troppo spavaldi, pensa giustamente C-18, aggiungendo a quel pensiero anche l’idea che, con Sherry di nuovo in piedi, loro saranno abbastanza motivati per riuscire a contrattaccare come si deve e gli altri impreparati ad un loro attacco diretto.
Non si muove di un solo millimetro, stando ben attenta a non farsi colare niente addosso. Non che si impressioni per un po’ di sangue, sia chiaro, ma se può evitarlo è meglio.
«Becca?» La richiama a gran voce, impaziente di andarsene da quel tripudio di membra sanguinanti. Abbassando per un solo, misero secondo gli occhi, si rende poi conto di essere atterrata su un intestino.
Che. Schifo.
«Sì?»
Il suo cinguettio quasi allegro le mette i brividi. Anche volendo tralasciare il perché siano finiti a fare ciò che stanno facendo, come può essere così di buon umore mentre trascina per la collottola un uomo agonizzante e con parte dell’intestino fuori dall’addome? Ci vuole da essere malati per davvero e si rende conto solo ora che non ha mai provato a nascondere questo loro particolare lato ma che è lei a non avergli dato mai peso. Mossa sciocca, lo ammetto.
Accantona i propri pensieri quando nota il profondo taglio sull’addome e il sangue che denso le cola giù sulle gambe. Profondo taglio alla quale l’amica non bada minimamente, come se fosse una cosa assolutamente ordinaria. Se non lo conoscesse almeno un po’ e non lo avesse inquadrato piuttosto bene, arriverebbe addirittura a credere che sia così abituata perché si picchia col marito, ma Maddox potrebbe fare tantissime cose orribili tranne che torcere un solo capello a lei o ai bambini. Considerato questo, la cyborg capisce che la donna che è arrivata velocemente a considerare come un’amica piuttosto stretta non si cura della cosa perché abituata a fare a botte un po’ contro chiunque non le vada troppo a genio. Chi sono io per giudicarla?
«Ti fa male?»
«Sono stata peggio in passato.»
Si guardano per qualche secondo in silenzio e la bionda, attirata dal mugolare lamentoso dell’uomo che ancora tiene stretto con la mano, fa un cenno verso di lui con sguardo disgustato. Dio solo sa cosa può aver fatto giù alla tana, chi può aver toccato ed anche cosa può aver provato a fare. Creatura ignobile… RIFIUTO!
«Che vuoi fare con quello?»
Non le risponde a parole, non ci pensa proprio. Con uno strattone lo tira su, lo lascia e lo riafferra al volo per la testa, schiantandola con tutta la sua forza contro la parete.
Un pomodoro. Un pomodoro maturo che finisce sotto le ruote di un camion, ecco cose le ha ricordato.
«Scusa, era una domanda stupida.»
«Sì, molto stupida.» E detto questo si lascia prendere per un braccio per farsi portare in superficie.
La giornata è ancora decisamente lunga, anzi lunghissima e maledettamente pesante, ma si sente un po’ meglio grazie all’idea che può affrontarla al fianco di una donna che stima e che, lo sa, non si tirerà indietro davanti ad un po’ di schifo.
L’unica cosa che però riesce a far vacillare la sua mente e a distrarla, motivo principale per il quale tornerà a casa con un buon numero di ferite più o meno profonde, è la curiosità di sapere come stanno andando le cose agli altri, il voler sapere come sta Sherry ed anche come Radish sta vivendo tutta l’orribile faccenda.
Non devo preoccuparmi. Quei due sono tosti, possono tirarsene fuori senza troppi sforzi.
In circostanze normali Becca avrebbe pienamente ragione. Ciò che non sa, ciò che nessuno può anche solo immaginare, è che la situazione alla Kame House sta per precipitare senza alcun freno.


Muten certo non si è fatto trovare impreparato quando li ha visti arrivare, quasi tre ore prima. Bulma lo aveva chiamato, parlava con un tono allarmato che gli ha fatto capire davvero poco, ma qualcosa è riuscito ad afferrarlo. Qualcosa tipo “imboscata”, “Sherry” e “tenere al sicuro”.
Non ha fatto domande, neanche una, limitandosi a sistemare la stanza per farla riposare. Perché supponeva, giustamente, che avrebbe avuto bisogno di riposo, ma certo non si aspettava uno spettacolo come quello che gli si è parato davanti agli occhi quando hanno aperto il portellone del cargo.
Sherry, immobilizzata su una barella improvvisata, sporca di sangue e con una preoccupante cicatrice sul petto nudo all’altezza del cuore, è stata trasportata dentro casa da un ferocissimo Radish e da un Everett decisamente non meno furioso. L’unica differenza tra i due sta nel fatto che il maggiore è molto più capace di arginare e nascondere i propri sentimenti.
Chichi, che li seguiva a ruota, non gli è sembrata meno preoccupata e nervosa, motivo per cui non è stato a farle troppe domande. L’ha guardata da un lato mentre andava dietro ai due uomini e ripeteva con voce acuta e alterata che dovevano fare più attenzione, che dovevano muoversi piano.
È stato per i loro modi concitati e la rabbia cieca che trapelava dai loro occhi a non fargli fare neanche il minimo commento sul fatto che quel bel corpo scultoreo fosse totalmente in bella vita e neanche che non gli sembrasse il caso che suo fratello girasse con un telo appeso precariamente in vita. Lo sentiva dentro che se solo avesse osato dire una sillaba a riguardo, gli avrebbero mischiato le ossa a furia di pugni, e questo solo nella migliore delle ipotesi.
È stata poi Bulma a spiegargli come sono andate le cose e l’anziano maestro è rimasto davvero sorpreso nell’apprendere che quella ragazza spesso arrogante e scontrosa si sia sacrificata spontaneamente per tenere al sicuro Chichi e Goten. È rimasto forse anche più sorpreso nel sapere che sia poi tornata in vita per merito di qualcuno che non fosse Shenron.
Ha poi chiesto cos’altro potesse fare per dare una mano. Si è affezionato a quei ragazzini esuberanti che, per ringraziarlo alla meglio dei pochi ma preziosi insegnamenti che gli ha dato, gli hanno portato davvero tante cose per lui interessanti. Alcuni si sono dimostrati quasi più pervertiti di lui e questo lo ha un poco allarmato, ma è bastato uno dei loro raggianti sorrisi pieni di riconoscimento per fargli capire che non avrebbero mai fatto niente di brutto. Esuberanti su ogni fronte, questo sì, ma non così cattivi.
Prima che Chichi tornasse al piano di sotto e si attaccasse ai fornelli perché “sicuramente Sherry sarà affamata quando si sveglierà” e lei vuole prendersene cura, Muten ha chiesto alla scienziata dove fosse Gohan, sospirando di sollievo nel sapere che era andato a recuperare Lunch. Non si sentivano sicuri nel lasciarla da sola nella situazione attuale: se hanno mirato a Chichi per indebolirli in qualche modo, chi gli può dargli la sicurezza che non tenteranno anche con lei? In fondo è spersa tra le montagne, spesso da sola, e Tensing aiuta significativamente il branco. Lasciarla scoperta non era una buona idea.
Avevano ragione nel pensarlo, perché mentre planava verso casa sua Gohan li ha visti bene quei grossi lupi scuri che si avvicinavano furtivamente. Si è piazzato a gambe larghe davanti alla porta ed ha aspettato una loro reazione prima di decidere cosa fare, e questa decisione gli è stata servita su un vassoio d’argento quando hanno tentato la fuga.
Da buon padrone di casa, poi, Muten ha fatto accomodare Darko, e Bree, che teneva ancora tra le braccia Goten, mentre Mimì è rimasta fuori con i due gemelli per provare a farli svagare un po’ in mare, senza successo. È poi stato Oscar, seppur con una giustificata paura, ad avvicinarsi ai due per portargli dei biscotti e del latte caldo, perché i loro pianti gli spezzavano il cuore. Davanti a quei faccini tristi e umidi per le lacrime, pure l’idea che lo vedano come un tenero spuntino si è eclissata.
Lunch è scoppiata in lacrime tra le braccia di Chichi quando ha saputo come sono andate le cose. Da un lato le dispiaceva per Radish, che per lei decisamente non si merita un dolore del genere, da l’altra le si spezzava il cuore all’idea che Sherry, la stessa donna che non ha mai nascosto il desiderio di farle male, sia morta così, contro l’uomo che le ha rovinato la vita. E l’ha fatto per salvare Chichi e Goten, non ci ha pensato un istante di più, e lei, pur non avendoci scambiato più di una decina di parole in croce, sa bene che lo ha fatto per evitare un dolore al Saiyan. Fa tanto la dura ma poi ha un gran cuore, lo sapevo.
Dopo quasi tre ore dal loro arrivo, gli animi non si sono calmati poi troppo, e neanche la consapevolezza che a breve arriveranno anche gli altri riesce a distrarli. Vedere Radish sconvolto mentre veglia sul suo riposo troppo tranquillo è qualcosa di sconvolgente per loro, abituati da anni a vederlo reagire violentemente a ciò che non gli va a genio.
Ma in quelle ore non sarebbe stato troppo capace di reagire e Darko, una volta convinti a lasciare i due uomini da soli con Sherry, ha spiegato loro il perché.
Il suo mondo è stato squarciato dall’interno e ancora è in totale subbuglio. Ogni percezione esterna gli arriva in modo sballato e la sua mente ha bisogno di calma per riuscire a decifrare le varie informazioni che gli arrivano. Ogni suono, odore e anche semplice stimolo visivo è ovattato, confuso, distorto, e questo perché dentro sa che lei è tornata ma non riesce ancora a realizzarlo davvero perché non era stata totalmente accettata l’idea che fosse morta.
È una situazione orribile quella in cui si trova e gli ci vorrà qualche ora per riuscire a rimettersi in sesto. Un paio d’ore giusto perché è un uomo forte e pratico, perché sa stringere i denti e rialzarsi, altrimenti non sarebbe servito il più grande terapeuta del mondo per farlo riprendere.
Ha potuto dire con sicurezza tutto questo perché il suo Everett ha fatto allo stesso modo quando ha perso Leila. Aveva sì avuto tempo per processare l’idea che sarebbe morta per cinque lunghissimi ed orribili mesi, ma il sentirlo dentro è cosa ben diversa. Lui, un ragazzetto di neanche quindici anni, si è visto e sentito strappare via ogni cosa ma ha stretto i denti, si è ritirato su, e questo in sei ore dalla sua morte. Doveva portare avanti la sua volontà, doveva mantenere fede alla sua promessa e mai l’avrebbe delusa.
Se quindi ce l’ha fatta lui, così piccolo e maledettamente solo, non vede perché non debba farcela Radish. Ha un intero branco prontissimo a farsi carico del suo dolore e ad aiutarlo in ogni modo, un gruppo di amici formidabili altrettanto pronti a dargli man forte in una situazione tanto brutta e delicata. Ha una cognata con le palle che pare essere pronta al peggio pur di aiutare lei, la giovane donna che le ha salvato la vita e, soprattutto, quella del suo bambino.
Ha tutto questo, non è solo anche se è convinto di sì, quindi può farcela in tempi brevi. Ha solo bisogno di starle vicino, di rendersi conto che il suo corpo non diventa freddo come dovrebbe, che il suo colorito non cambia, che il suo cuore, seppur molto lentamente, batte ancora. Deve capire che sta dormendo, che il lupo sta facendo gli straordinari per rimettere in sesto l’organismo e la psiche ferita e che si sveglierà. Non sanno quando, certo, ma lo farà.
Aprirà di nuovo gli occhi, urlerà una bestemmia capace di far scendere il Signore in persona per scusarsi dell’inconveniente e comincerà a rompere subito le scatole perché vorrà fare come vuole ma non ne avrà le capacità; allora romperà ancora di più perché sarà umana, perché il suo lupo si sarà assopito per riprendersi e lei non sarà più capace di fare tutte quelle cose da sempre tanto semplici e naturali. Dovranno starle dietro, assicurarsi che non prenda freddo, che non si faccia fisicamente male, che mangi sano, che non metta le sue zampacce su alcolici o droghe e dovranno assicurarsi che continui a riposare quanto più possibile, senza però toglierle un po’ di movimento per riabilitarla.
In sintesi, Radish deve capire che sta bene, che sta dormendo e che quando si sveglierà sarà una piaga tale da fargli rimpiangere questo stato. Riuscisse a farselo entrare in testa, riuscirebbe a calmarsi anziché fissarla come un inquietante falco. E con lui anche Everett, che dovrebbe saperlo più di chiunque altro ma che pare non prendere niente in considerazione, preso com’è dall’assicurarsi che continui a respirare ogni volta che gli viene in mente.
Adesso, giù in sala, sono tutti a pezzi. Darko deve escogitare un modo per rimettere in riga il branco, non far trapelare la lieta notizia all’infuori di esso, scoprire cosa succede sia al Nord che al Sud ed anche spaccare le ossa agli eventuali prigionieri.
E pensare che è ormai in pensione, che i suoi giorni da Beta sono finiti e ormai lontani… forse essere stato tanto bravo nel suo lavoro non è una cosa poi tanto bella.
Mimì è tornata fuori per dare un’occhiata ad Amos e Maximilian, che proprio non ne voglio sapere di entrare. Ci sono le scie odorose del dolore e della rabbia dei due, non gli piace, gli fa male. Lo capisce, Mimì, e per questo esce spesso a controllarli, così da evitarsi lo sguardo devastato e vagamente catatonico di Bree.
Rimane in piedi vicina alle onde che talvolta le bagnano un poco la punta delle scarpe, i capelli rossi smossi dal vento che si fa sempre più forte e gli occhi chiari che scrutano l’orizzonte quasi dovesse arrivare qualcuno da un momento all’altro. Sbuffa per la frustrazione quando sente l’ennesima vibrazione del telefono in tasca, l’ennesimo messaggio. Le hanno detto chiaro e tondo di non rispondere, di evitare i contatti così da non divulgare la notizia che è tornata in vita, ma in cuor suo sente che non può nascondere una cosa del genere a Fern.
Certo, ancora è all’oscuro dell’intera faccenda, ma quanto ci vorrà prima che lo scopra? Una notizia simile potrebbe ucciderla.
No, decisamente non può tenerglielo nascosto. Magari uno di quei tanti messaggi e chiamate sono proprio suoi e adesso sta impazzendo per il dolore, oppure la casa di riposo sta cercando di contattarla per darle l’orribile notizia.
Non può più evitarlo. Tre ore di attesa sono  decisamente troppe.
Non appena prende il cellulare, però, si rende conto che quasi tutti i messaggi, e di conseguenza pure le telefonate, non erano per lei. Sono stati inviati tutti quanti da Roman e cercano solo ed esclusivamente Darko.
Rimugina sulla questione per qualche secondo, il cervello annebbiato da troppe informazioni sconvolgenti sulle prime fatica a mettere insieme i pezzi, ma poi comprende che lui aveva eseguito la muta e che non poteva avere il telefono con sé. Come abbia ottenuto il suo numero non riesce a spiegarselo, ma trattandosi di uno Spettro millenario poteva tranquillamente aspettarselo.
Entra quindi in casa dopo aver detto ai piccoli di stare fermi e buoni, trovando l’amata che si strugge sul divano. Non l’ha mai vista così, mai una sola volta in tutti quegli anni, e le si spezza il cuore. Sa bene che è coinvolta in qualcosa, lo ha capito da un po’, ed ora ha solo più paura di scoprire cosa possa aver combinato di tanto grave.
Si avvicina poi al suocero e gli porge l’apparecchio, tenendogli l’altra mano sulla spalla. Il contatto fisico con Spettri con i quali c’è un rapporto di fiducia è spesso consigliato perché, quando troppo turbati, possono trarvi un minimo di conforto. È come una piccola ma importante ancora di salvezza alla quale si aggrappano con le unghie e con i denti per riuscire a distogliere la mente dai brutti pensieri.
Ma Darko non ne ha bisogno, non ora. Ne avrà bisogno a breve però, e molto anche, perché ciò che Roman vuole mostrargli da quasi due ore è qualcosa di davvero sconvolgente pure per lui. Qualcosa che, col senno di poi, potrebbe portare ad ancora più guai.
«È per te.»
Come faccia Roman a fare certe cose, come faccia ad essere sempre pronto per eventualità tanto assurde, è un mistero, uno dei tanti che avvolgono la maggior parte degli Spettri su una marea di cose. Ognuno agisce alla propria maniera ed è eccezionale in qualcosa, questo Darko lo sa bene, ma proprio non si spiega Roman. Deve essere l’appoggio costante di Angelina.
Apre uno dei tanti messaggi alla quale è stato allegato un breve video e sente che tutto dentro di lui si è per un istante bloccato. Se è vero che gli Spettri non devono temere l’infarto, è anche vero che Darko è forse il primo a poter smentire la cosa perché è sicuro di esserci andato davvero vicino.
«Non è possibile…»
I presenti sentono solo delle urla provenire dall’apparecchio. Urla strazianti e furiose, niente di più, e questo accende la loro curiosità.
«Cosa?» Domanda prontamente Bree, rialzando finalmente la testa e dando prova di non essere caduta in uno stato catatonico come temevano. È vigile, si rende ben conto di tutto ciò che la circonda, solo che non riusciva a schiodare la mente dall’orribile consapevolezza che tra poco verrà violentemente smascherata. Era convinta di agire nel bene, di aver preso la decisione in assoluto migliore per tutti, ma ora ne dubita sempre più fortemente.
L’uomo però non le risponde, limitandosi ad aprire altri messaggi e guardare altri brevi video. Sono tutti uguali tra loro, le differenze sono minime e superflue, ma ognuno riesce a mandarlo sempre più in confusione.
Non può essere, non è vero.
«Darko, che succede?»
Non risponde neanche stavolta, in compenso però urla a pieni polmoni.
«EVERETT!!!»
Lo sente scendere velocemente ma non lo guarda. Non riesce a staccare gli occhi dallo schermo neanche per un istante e, in breve, lo stesso succede ad Everett.
Jäger piange.
Piange e urla come un disperato, distruggendo tutto ciò che lo circonda, facendosi fisicamente del male tanto è fuori di sé.
Si graffia, si scortica le spalle, tappezzando di sangue ogni superficie contro la quale impatta nel disperato tentativo di far uscire quelle orribili immagini dalla mente, impregnando le coperte e i cuscini quando viene sbattuto sul letto dai membri della guardia nel tentativo di calmarlo.
Li colpisce, non guarda in faccia a nessuno.
Li colpisce, si colpisce, urla e piange.
Jäger è totalmente e pericolosamente fuori di sé.
Jäger, per la prima volta in vita sua, è crollato.
Everett non riesce a capacitarsi di ciò che sta vedendo. Lui, Jäger, il pazzo furioso che non è mai stato neanche lontanamente sfiorato da un’emozione decente, che non si è mai lasciato accarezzare da una preoccupazione o un dolore, si sta disperando come lui fece per Leila. Anzi, sta facendo molto di più, sta perdendo completamente sé stesso come lui invece non ha fatto. Che sia stato perché aveva un compito da portare a termine o meno non fa differenza, non ora che lo shock è così potente.
«Non ha mai provato emozioni. È un sociopatico, non penso possa proprio provarle! Com’è possibile che stia reagendo così?!»
Roman doveva mostrarglielo. Era necessario perché fossero psicologicamente pronti alle probabilissime conseguenze che si scateneranno da lì a breve, ed è per questo che, con Angelina, ha infranto una regola delle Fate.
Hanno un’acqua mistica, infatti, dentro il quale riescono a proiettare ciò che vedono nei loro sogni o, in alcuni casi, farsi mostrare ciò che avviene fuori dalle loro terre. Ed è ciò che ha fatto Angelina mentre sorvegliava il Nord dopo che il marito si è accorto che qualcosa non andava. Lo ha fatto, rimanendo davvero stupita nel vedere il folle e spietato Re struggersi in quel modo, e Roman ha ben pensato di filmarlo con il cellulare per mostrarlo agli altri.
È assai probabile che passeranno dei grossi guai per un gesto simile, ma non gli è importato niente, non quando è anche a causa loro se la situazione esterna è quella che è.
Bree si è trascinata da loro e, da sopra la spalla del padre, ha osservato sbigottita le immagini. Conosce Jäger, l’ha visto ridere come un folle quando sua sorella, la stessa con la quale ha condiviso il grembo, venne massacrata di botte e si rese necessario l’intervento dei fratelli maggiori per evitare il peggio. La volta che per sbaglio ha assistito per circa due secondi ad un suo amplesso, mal infrattato non lontano dai loro alloggi, l’ha sentito ridere ed ha visto i suoi occhi pieni di orgoglio e godimento mentre la malcapitata urlava di smettere e piangeva impotente.
L’ha visto tante volte ridere, compiacersi e godere del dolore anche di chi gli era molto vicino e non riesce a credere che adesso sia in questo stato. Adesso posso dire di aver visto davvero di tutto…
«Dite che piange per lei o perché uccidendola ha mandato a puttane la profezia?»
«Quale profezia?»
Non si erano resi conto della presenza di Radish, sulle scale. Non ci avevano badato minimamente, ma avrebbero dovuto.
Sanno perfettamente che una sola parola di troppo potrebbe essere quanto di più deleterio possibile, ma la verità è che a Everett non frega più niente.
Sua sorella, quella carognetta piena di vita, con i suoi sorrisi luminosi e gli abbracci invadenti, la ragazzetta che senza volerlo lo ha fatto sentire tanto vivo anche quando non se ne rendeva conto, è stata ammazzata per tutta questa storia. Non è neanche questa la parte peggiore, ora che ci pensa: è per quel motivo assurdo che lei ha vissuto una vita difficile, è per quello che è sempre stata braccata, è per quello che ha subito una violenza atroce a neanche undici anni.
L’idea che sapendo tutta la verità possa sfumare ciò che viene architettato da venticinque anni, ciò per cui è morta Leila, non gli dispiace più come dovrebbe.
«Bel colpo, Mezzosangue.» Ringhia a denti stretti Darko, dando una lieve gomitata nelle costole alla figlia, immobile al suo fianco.
«Di cosa state parlando?»
Si sta riprendendo, Radish. I pensieri stanno tornando al loro posto, il cuore pare non stritolarsi più su sé stesso, la mente riesce di nuovo ad elaborare correttamente le informazioni che riceve. E riesce di nuovo a macinare idee proprie, riesce a mandare segnali concreti, e adesso gli sta imponendo di capire di cosa stanno parlando perché sente che si tratta di un tassello davvero importante.
«Radish non—»
Fanculo tutto quanto, davvero. Fanculo il loro piano, fanculo il suo sacrificio. Mi sono fatto convincere che fosse giusto, che fosse la cosa migliore per tutti quanti, ma solo ora mi rendo davvero conto di quanto fosse tutto maledettamente sbagliato. Sherry non è un mezzo, non è un dannato oggetto privo di sentimenti. Sherry è viva, è piena di speranze e sogni di cui non parla per la fottuta paura che le scoppino davanti agli occhi com’è sempre successo per il resto della sua vita, ma so bene che ci sono. So che spera in una vita diversa, che vorrebbe un qualcosa di più normale… il fatto che segretamente desideri davvero una famiglia non conta, non ora. E non conta neanche quello che li lega. Niente può contare adesso, eccetto tenerla al sicuro, eccetto dirle tutta la maledetta verità così che possa scegliere.
«Questa ossessione nei suoi confronti, perché di questo parliamo benché lui lo consideri amore, è scaturito tutto da un semplice evento: Sherry si addentrò incautamente nel territorio di caccia che lui e i suoi occupavano, finendo con l’avvicinarsi di un passo dall’essere divorata ma venendo salvata da Mezcal. Malgrado quest’ultimo la considerasse solo come un pezzo di carne da sfruttare al momento opportuno, Jäger vide in quel gesto un significato più profondo e cominciò ad interessarsi a lei in modo diverso. Poco dopo sentì parlare di un’antica profezia, un qualcosa che molti Spettri nei secoli hanno sognato ma, infine, dimenticato.» Non l’ha lasciata finire, Everett, deciso come non è mai stato ad andare contro a tutto ciò in cui ha sempre creduto, a tutto ciò per cui ha sempre lottato. Perché il prezzo da pagare è stato decisamente troppo alto e il dolore che pure lui ha dovuto sopportare un’altra volta è stato intollerabile.
Continuerà a starle vicino, se lo vorrà, e continuerà a proteggerla e spalleggiarla nelle sue scelte per il resto della sua vita… e dirà tutto ciò che sa, anche a costo di farsi odiare proprio da lei.
«La profezia vuole che un giorno, dalla passione e dal tormento, nascerà un principe— anzi, il Principe, che verrà incoronato da Papà Spettro come l’unico Re. Questo principe promesso dovrà avere una madre nata dal sangue e gli occhi di fuoco.»
«Quindi è per questo che la vuole? Perché è stata designata come madre di un futuro ipotetico bambino mistico solo perché nata da una donna che è stata stuprata ad ha gli occhi rossi?! Le decisioni le prendete così, a cazzo?!» Per quanto gli suoni assurdo, Radish in qualche modo lo capisce. È una giustificazione davvero sensata alla sua ossessione malata, al suo cercarla non per ucciderla ma per averla come compagna di vita.
Per quanto assurdo, ha un senso. Ma perché non dirlo prima? Perché non metterla al corrente di questo enorme dettaglio? Non che avrebbe cambiato la situazione, però avrebbe fatto chiarezza su un enorme punto interrogativo che si portava dietro dall’infanzia.
In tutto questo, però, c’è un qualcosa che non gli torna. Non sa dire cosa o perché, ma sa che c’è. È una sensazione non troppo diversa da quella provata fino a pochi secondi prima di veder arrivare Camila, prima del disastro. È di nuovo quel maledetto velo che gli cela la verità, lo stesso che sente di poter afferrare ma che gli sguscia sempre tra le dita.
«È quello che avrei pensato anche io, se Leila non mi avesse detto la versione che si era completamente persa più di mezzo millennio fa, e che a noi era giunta solo storpiata e a brandelli.»
«Cioè?»
Sente la voce di Chichi, ma non riesce neanche per sbaglio a distogliere gli occhi da quelli del Saiyan.
Ricorda quando Leila glielo disse all’orecchio, la voce così flebile che pure per lui fu difficile seguire il discorso. Discorso che, una volta terminato, gli ha fatto comprendere il perché di quel gesto folle, il perché non provasse il minimo rancore nei confronti di Mezcal ed anche perché durante l’atto gli sembrò così insopportabilmente tranquilla.
Apre la bocca a scatti un paio di volte ma le parole gli muoiono in gola. È una verità davvero difficile da apprendere e sa bene che, una volta svelata, tutto potrà tranquillamente cadere nel baratro in modo irreversibile.
Sospira appena ed infine si impone di parlare una volta per tutte perché il senso di colpa lo sta divorando, malgrado lui sia uno dei pochi quanto più contrari e probabilmente estranei alla faccenda.
«Verrà il giorno in cui una stella di sangue pioverà dal cielo e il respiro delle tenebre scenderà sul mondo. In questa ora terribile, un guerriero di terra straniera varcherà il Sacro confine per poter giacere con una figlia del sangue dagli occhi di fuoco. Dalla passione e dal tormento, nascerà colui che io riconoscerò come mio successore ed unico Re, e di fronte a lui le tenebre fuggiranno.»
Gelo totale, nessuno osa dire neanche una sillaba.
Rimangono immobili a guardare dapprima Everett, altrettanto fermo in mezzo alla stanza, e poi Radish, pietrificato sulle scale e con le braccia abbandonate lungo i fianchi.
«Papà Spettro ha visto il tuo arrivo, Radish: l’arrivo di un guerriero di una terra straniera.» Afferma con tono piatto e vagamente dispiaciuto Darko, mettendo d’istinto la figlia dietro al proprio corpo. In fondo se c’era qualcuno davvero coinvolto in tutta quella faccenda, se c’è stato qualcuno che ha tirato davvero dei fili, quella è stata proprio lei.
Radish, dal canto suo, si sta sforzando davvero di metabolizzare la notizia, di capirla e, allo stesso tempo, di non esplodere.
Esplodere di rabbia, paura, disagio, terrore, furia. In un certo senso, gli viene quasi da piangere perché, a conti fatti, quello che c’è tra loro, tutto quello che c’è stato a partire probabilmente dal loro incontro, è stato architettato a tavolino. Sono stati manipolati, magari non c’era niente di vero. Potrebbe essere stato tutto un’illusione, una magnifica e adesso dolorosa illusione. Pure lo “zing”. Potrebbero averli convinti che sia avvenuto davvero, potrebbe essere una finzione pure quella.
Se non è stata una bugia, invece, adesso diventerà solo un film dell’orrore.
Lui non vuole figli, non è mai stato nei suoi piani mettere su famiglia in quel senso. La sua famiglia sarebbe stata lei e basta, punto. Anzi, punto e virgola, perché avrebbe potuto tollerare, forse, un piccolo incidente di percorso, ma adesso come può anche solo pensare di toccarla ancora? E come potrà toccarlo lei, che pare allergica alle creature piccole e fragili? Come potrebbero continuare a stare insieme, ad essere incondizionatamente felici con questa maledizione a pendergli sulla testa?
Non dice una parola, non ce la fa. Vuole solo andarsene quanto più lontano possibile, vuole scappare da tutto questo disastro, mettersi al sicuro per leccarsi le ferite in solitudine.

«Asc—»
«Non mi toccare!» Dio, se solo gli si avvicinasse abbastanza, colpirebbe Bree con tutta la forza di cui dispone. Chi se ne frega della gravidanza, chi se ne frega dell’amicizia o di qualsiasi altra cosa: era complice, lo ha capito non tanto dal suo accennare alla profezia quanto al suo nascondersi e tremare dietro la figura del padre. Lei, che ha sempre avuto la faccia tosta di definire Sherry come sua sorella, ha giocato con le loro vite, fregandosene del loro volere.
Esce fuori dalla piccola abitazione sotto gli sguardi attoniti di tutti quanti, ma neanche l’aria fresca e salmastra riesce a giovargli un minimo. Inoltre alla visione dei due piccoli lupacchiotti accucciati accanto ad una palma smossa dal forte vento, sente come uno strano senso di vertigini che lo costringe ad appoggiarsi un secondo allo stipite del piccolo portico per non perdere del tutto l’equilibrio.
Troppe informazioni devastanti, una verità assurda, l’idea di non poter fare più niente, di essere schifosamente impotente.
Se ci pensasse un secondo, a Vegeta non è andata in modo poi troppo differente: è arrivato sulla Terra, è cambiato, ha incontrato Bulma ed hanno avuto Trunks. Nella linea temporale alternativa ciò è stato fondamentale ed anche per la loro, in realtà. Una cosa del genere, a quanto pare, è in qualche modo necessaria anche per gli Spettri… stavolta con un suo ipotetico figlio.
La differenza sostanziale tra loro, però, è che Vegeta non ne aveva la più pallida idea. Solo suo fratello e Piccolo ne erano a conoscenza. È venuto tutto da solo, niente minava neanche lontanamente al loro rapporto, nessuno gli stava col fiato sul collo per concepirlo. A loro invece sì e lui, adesso, si sente totalmente ed incondizionatamente sopraffatto, tanto che vuole solo andarsene il più lontano possibile. Forse pure in modo permanente.
«Radish, ascoltami, per l’amor di Dio!» La voce di Bree gli arriva come un pugno nello stomaco, doloroso ed insopportabile. Se lo avvicinerà ancora di un passo, è sicuro che la attaccherà. Bree lo sa e non lo biasima assolutamente, ma se non lo avvicina è solo perché Darko la tiene a distanza ed è sicura che con i suoi riflessi le eviterà danni importanti.
«Ho sperato fino alla fine che tu la mettessi incinta subito dopo averla conosciuta e poi ti eclissassi, così da far avverare la profezia e salvare il culo a tutti quanti. Ci ho pure messo del mio per far sì che accadesse, ma tutto è andato troppo diversamente e pure io alla fine me ne sono dimenticata perché convinta che ciò che c’era sarebbe bastato!» Le lacrime scendono incontrollate, la voce è pericolosamente incrinata. Non ha giustificazioni, lo sa, e adesso sta parlando “solo” con Radish. L’idea che, presto o tardi, dovrà rivelare tutto quanto a Sherry le fa ancora più male, oltre che a terrorizzarla sul serio.
«Non era assolutamente previsto che vi innamoraste, lo sai!» Tenta il tutto per tutto per non farlo scappare perché Sherry non si merita anche questa batosta, non si merita di riaprire gli occhi e scoprire, oltre a tutto il resto, che è scappato chissà dove per evitare un qualcosa di comunque evitabile. Perché se non fosse evitabile lei sarebbe rimasta incinta quasi tre mesi prima e fine della faccenda, fatto che invece non è accaduto. Un motivo deve pur esserci, no?
«E allora?!» Bercia fuori di sé, non provando alcun genere di pena di fronte al suo sguardo disperato e oltremodo pentito.
«Mi pare evidente, no? Potete scegliere voi se dare alla luce questo bambino o meno.» A prendere la parola è Darko, da sempre più che convinto che sia stata solo un’idea assolutamente del cazzo. Oltre a questo, è da sempre convinto anche che Leila sia stata un’egoista fuori misura.
«E pensi che questo basti a non far andare tutto a puttane?!»
«Cosa provi davvero per mia sorella?»
Le cose con Everett stavano cominciando a migliorare. Non c’era più quel più che palese disprezzo nei loro occhi, non c’era più la voglia quasi disperata di colpirsi con qualsiasi oggetto capitasse loro sotto mano. Si stava instaurando della buona sopportazione reciproca, ma adesso… adesso solo il suono della sua voce lo manda in bestia.
Passi che abbia tenuto nascosta una cosa del genere a lui, non lo tocca minimamente, ma l’ha fatto pure con Sherry, la stessa ragazza che lui tanto dice di voler proteggere e quant’altro. Non gli importa niente che lo abbia fatto per la promessa a Leila, che adesso pure lui sta cominciando a considerare come una stronza fatta e finita; le ha mentito alla grande, fregandosene del suo libero arbitrio e di qualsiasi altra cosa.
Non riesce a tollerarlo, soprattutto ora che è sopraffatto da ogni genere di sensazione negativa.
«Ti conviene stare zitto, cane, o finisce male per te.»
«Cosa. Provi. Per. Mia. Sorella?»
«Io ti ammazzo!»
Gohan e Darko si buttano nel mezzo senza neanche pensarci prima che sia troppo tardi. Li separano come meglio possono, li trattengono dal picchiarsi, dal portare ancora più problemi.
Gohan non capisce neanche del tutto il perché di questa reazione forse estrema. Sono innamorati, suo zio e Sherry, e questo è oltremodo evidente. Perché dare in escandescenze in questo modo? Perché spaventarsi tanto? Nella sua giovane mente è abbastanza scontata l’idea che, un domani, li avrebbe visti con un piccolo Mezzosangue stretto tra le braccia… perché reagire così? Adesso è solo più scontato che succederà, con la semplice aggiunta che il futuro cugino sarà sicuramente molto forte. Che c’è di male?!
«Il fatto che sia stato profetizzato un fottuto bambino è sufficiente a cancellare quello che c’è tra voi?! Dio, io sarò pure un uomo-lupo, ma tu… tsk: tu non sei assolutamente un uomo
Si allontana dalla presa del ragazzo per tornarsene da Sherry, ormai consapevole che lo farà da solo.
Lui, per quanto sarebbe rimasto sotto shock al posto suo, non avrebbe abbandonato Leila. Dio, non lo fece neanche dopo tutto ciò che è successo, non lo fa tutt’ora malgrado gli abbia fatto probabilmente più male che bene! Sherry non ha colpe, neanche una e neanche per sbaglio, eppure lui è più che intenzionato a lasciarla lì, in quel letto che non conosce, in una casa non sua, inconsapevole di quanto sia mentalmente devastante risvegliarsi dopo un trauma del genere. Certo, loro sono portati per natura a farsi scivolare le cose addosso o comunque a riprendersi in tempo brevissimi, ma una cosa del genere la si può affrontare “serenamente” solo con qualcuno a cui si tiene al proprio fianco. Se poi ci si aggiunge che o già dall’altra parte ha appreso la verità o lo farà non appena riaprirà gli occhi, viene da sé che la sua sola presenza non le sarà sufficiente.
«Jäger ricomincerà a darle la caccia non appena scoprirà che non è morta e non fallirà una seconda volta, agendo senza la minima percentuale di errore. Lui da anni sa solo che una figlia del sangue dagli occhi di fuoco partorirà quel dannato moccioso e che questi nascerà dalla passione e dal tormento, quindi adesso sarà ancora più convinto che si tratti di un figlio suo.» Gli dà le spalle mentre lo dice, giusto per fargli capire che la partita è tutt’altro che chiusa, che sono ancora in ballo e continueranno a muoversi freneticamente finché quell’orrenda musica non verrà interrotta per sempre. E ciò avverrà unicamente con la morte definitiva di uno o dell’altra.
«Vi ringrazio profondamente per l’ospitalità e la protezione che le state dando, ma non appena riprenderà conoscenza la porterò in un posto sicuro, così non sarà più un peso per nessuno.» Vorrebbe evitare davvero quel posto, così da scongiurare altri probabili problemi, ma capisce che non ha altra scelta. Dovrà trovare il modo di comunicare le novità ai membri di spicco del branco ed anche come muoversi, come mantenere un profilo quanto più basso possibile e, soprattutto, di mostrarsi mortalmente abbattuti da subito. Non si devono lasciare tracce di alcun genere, e vederli calmi e sereni porterebbe dei sospetti.
Dovranno mostrarsi abbattuti, spersi e letargici, pur essendo in realtà sempre in allerta. Dovranno trovare un modo e un luogo per continuare ad allenarsi in gruppi, così da non vanificare tutto il duro lavoro svolto.
Dovranno tenere duro e recitare per un periodo indefinito e l’unica cosa che può fare è sperare che ci riescano.
«Everett—» Lo richiama Darko non appena lo vede dirigersi verso la scalinata per il piano di sopra, immaginando il piano d’azione che ha in mente. Neanche a lui va particolarmente a genio la cosa, ma sa bene che le opzioni sono quelle che sono e quindi bisogna per forza farselo andare bene.
Sherry resterà al sicuro e protetta per quanto più tempo possibile, ben lontana dal mondo e questo darà loro un vantaggio notevole. Andrà lui stesso dal branco per impartire le nuove direttive e lascerà il comando nelle mani piuttosto ferme ed esperte di River ed anche in quelle di Glover e di Willem, che saranno oltretutto gli unici tre a poter sapere dove verrà scortata. Se Radish ora deciderà davvero di andarsene, se davvero riterrà meglio scappare e quindi lasciarla, allora vedrà di tenerlo ben celato anche a lui.
Everett, dal canto suo, non l’ha neanche ascoltato ed ha preferito dirigersi a grandi falcate verso il piano di sopra per controllare che la sorella non abbia subìto alcuna variazione in sua assenza. Per quanto ne sa potrebbe aver percepito la rabbia, la delusione e la paura del compagno e di conseguenza potrebbero essere insorte anche complicazioni cardiache o Dio solo sa che altro, è bene assicurarsene.
Mentre sale le scale, però, una parte di lui non può far altro che sperare che il Saiyan decida di accantonare momentaneamente la faccenda, che decida di parlarne con lei anziché fuggire, che decida di darle il suo appoggio quando aprirà gli occhi perché, per lei, sarà davvero dura. Ma poi sente il richiamo feroce e deluso di Chichi, la sente mentre urla il suo nome mentre vola via e di conseguenza decide che la porterà via non appena riprenderà conoscenza.
Se n’è andato, ha deciso cos’è meglio per sé, forse addirittura per loro, e non se la sente minimamente di andargli dietro per discuterne e dargli dell’idiota.
Ha deciso che una famiglia con Sherry sarebbe troppo solo ed esclusivamente perché sa che è in vita per concepire un bambino, e per questo non ha alcuna intenzione di fargli cambiare idea. Un bambino è già di per sé una responsabilità enorme e necessita di un numero spropositato di attenzioni e insegnamenti, ma un bambino che racchiude nel proprio corredo genetico le loro due formidabili razze lo sarebbe ancora di più. Necessiterebbe di costante attenzione, di costanti insegnamenti, di essere ferocemente allenato non solo per sviluppare la forza fisica ma anche per imparare a trattenerla, dovrebbe essere sempre seguito così da non fargli devastare un quartiere in preda ad un attacco di fame… e questo determinato bambino dovrebbe essere istruito alle usanze del Nord e del Sud, dovrebbe ricevere l’educazione che si addice ad un Re. Ma non un Re qualsiasi, no: l’unico Re.
Sarebbe difficile un bambino del genere, davvero difficile, e ora Everett non ha alcuna intenzione di far capire al Saiyan che non dovrebbero occuparsene loro due da soli perché avrebbero il suo appoggio, quello dell’intero branco e quasi certamente pure della famiglia reale del Sud e, di conseguenza, il loro branco. Non ne ha alcuna intenzione perché sarebbe solo una forzatura, questo bambino sarebbe condannato a nascere e crescere con un padre che probabilmente neanche lo sopporterebbe, un po’ come è successo a lui… e non vuole che quel ragazzone con i lineamenti duri che gli ha mostrato Leila nell’altro mondo, lo stesso che pare far indietreggiare l’oscurità stessa con la propria forza, possa in qualche modo provare un simile dolore.
Beh, mi spiace ragazzo, ma temo che non ci incontreremo mai… ed è un peccato, sai? Il vello del Sud ti avrebbe donato molto.




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
TAN TAN TAAAN!🤪
Ebbene sì, Radish non è tornato in vita solo per darle forza come gli ha detto Roman, ma proprio per mettere su famiglia!👪
Un piccolo ibrido, un meticcetto vorace e inarrestabile :3 Caruccio!
Ed ebbene sì #2! Il sogno di Sherry era premonitore, ma non proprio come l’avete capito voi…
Nel sogno si vede che sarebbe morta e risorta e che alla fine si trova davanti all’assassino di Jäger… che però non era assolutamente Radish!
Un secondo odore, più forte. Il suo sangue è più forte. Ha un odore caldo, penetrante. Odore di legno bruciato, oceano e miele. C’è dell’altro, ma quando sente il primo guaito il suo olfatto pare non essere più in grado di catalogare alcunché.” Qui sentiva l’odore di Radish misto al proprio.
C’è qualcosa nella sua voce che le è insolitamente familiare, ma non riesce ad assegnarla ad alcun volto.” La voce le ricorda giustamente quella di Radish, ma altrettanto giustamente non può assegnarla ad un volto perché non l’aveva mai sentita prima.
Sherry non vedeva in quell’oscurità, non riusciva a distinguere i colori e i contorni, per lei quella massa scura sulla schiena erano unicamente capelli, mentre invece si trattava del vello di Regan, che è in pratica la corona del Sud.👑
Papà Spettro glielo ha in un certo senso mostrato come per spronarla! Perché, e questo si capirà nel prossimo capitolo, lei i figli ha deciso - da non molto - di non volerli per una ragione ben specifica e ciò, ovviamente, è un bel problema.
In ultimo, specifichiamo che è proprio per questo motivo che pure Jäger la vuole, che è deciso ad averla come compagna. Che poi l’abbia in qualche modo idealizzata nella sua testa è un’altra faccenda, il tutto è partito per avere questo figlio fenomenale e destinato ad avere nelle mani tutto il potere che vuole. Sarebbe un qualcosa di davvero prestigioso per qualsiasi Spettro, qualcosa che ti conferirebbe potere smisurato, che farebbe incidere a fuoco il tuo nome nella loro storia… solo che non sa che con Sherry avrebbe sì un figlio fenomenale, ma non quello.
Bel casino, eh?😊
La cosa assurda è che tutta la storia, in qualche modo, girava attorno a questa profezia, è nata quasi unicamente grazie a questa idea (di merda).

Io ho sempre più problemi… ed ad ogni capitolo è sempre più mostruosamente evidente! AIUTATEMI!🤪😰

Cooomunque, analizziamo un piccolo punto: Radish da canon è un codardo e, per quanto possa non piacere come scelta, ho deciso di rimarcare questa sua caratteristica facendolo scappare.  🙊✈️🇲🇽 (Ma quanto sono SiMpY?1)
In fondo non lo biasimo: in 3 misere ore gli si è ribaltato totalmente il mondo, ha sofferto come mai prima d’ora ed ha scoperto che è tornato in vita perché sia lui che Sherry erano (e sono) praticamente visti come dei miseri mezzi. Se ci si aggiunge che di suo è assai restio a diventare padre… beh, che ci si poteva aspettare?
È terrorizzato adesso, sta malissimo e si sente in qualche modo tradito dalle persone che dicevano di voler loro bene. Ha bisogno di riordinare le idee, di capire cosa sia meglio fare, ha bisogno di calmarsi.

Nel prossimo capitolo, a Bree toccherà affrontare le conseguenze delle proprie scelte, quindi potete immaginare come si svolgerà… ma in qualche modo pure Everett c’è in mezzo, come andrà secondo voi? Infine— no. Questo non lo dico, lo vedrete tra una settimana. 🤭

Spero tantissimo che il capitolo vi sia un pochino piaciuto, ci ho lavorato un casino e con tutto quello che mi sta succedendo ora come ora è stato in qualche modo anche più difficile da tirare giù. 😰

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


PS, non necessario da leggere:❌

Verrà il giorno in cui una stella di sangue pioverà dal cielo (quando Radish arriva, la sua navicella lascia dietro di sé una scia rossa, dovuta immagino al calore) e il respiro delle tenebre scenderà sul mondo (pensate se avesse vinto… e comunque è col suo arrivo che poi Vegeta pensa bene di passare a salutare!). In questa ora terribile, un guerriero di terra straniera varcherà il Sacro confine (e quale sarà mai questo Sacro confine?) per poter giacere con una figlia del sangue dagli occhi di fuoco (e chi sarà mai questa fanciulla?). Dalla passione e dal tormento (non c’è bisogno di specifiche direi, la loro relazione parla da sé), nascerà colui che io riconoscerò come mio successore ed unico Re, e di fronte a lui le tenebre fuggiranno. (Papà Spettro considera il suo potenziale praticamente solo a favore degli Spettri, perché nascerebbe una creatura così forte da poterli sbaragliare e tenere in riga senza grande sforzo… ma anche il senso più ampio diciamo pure che il pargolo se la caverebbe egregiamente!)

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 22 e 23💛
 

𝟛𝟚. 𝓡𝒶𝑔𝒶𝓏𝓏𝑒 𝓈𝓊𝓁𝓁𝑜𝓇𝓁𝑜 𝒹𝒾
𝓊𝓃𝒶 𝒸𝓇𝒾𝓈𝒾 𝒹𝒾 𝓃𝑒𝓇𝓋𝒾




«Perché io? Davvero non riesco a capirlo… perché? Non ho niente di speciale.»
Non sa da quanto il suo cuore ha ripreso a battere e da quanto sia dormiente. Potrebbe essere così fisicamente immobile da minuti, ore, giorni o addirittura settimane, non lo saprebbe assolutamente dire.
Tutto scorre in modo differente adesso, tutto è sospeso.
Sa solo che si trova in un qualche sogno, in un paesaggio innevato dove però non sente assolutamente freddo e dove il Sole non tramonta mai. Vede dei pinguini di fronte a sé e, più avanti, l’oceano. Sarebbe tutto perfetto se non fosse per la costante presenza di Leila alle proprie spalle.
Le ha spiegato che Papà Spettro le ha permesso di starle vicina finché non si sveglierà così da poterle tenere compagnia, poter eventualmente dissipare i suoi dubbi e poter finalmente avere il tanto agognato contatto che brama da venticinque anni, ma per Sherry non è una bella cosa.
Non sopporta i ripetuti e disperati tentativi dove cerca un contatto fisico, non sopporta il suono dolce della sua voce, il profumo leggero che emana la sua pelle, i suoi occhi d’ambra che la guardano con amore. Non li sopporta perché è stata lei a condannarla, è stata lei a lanciare Everett nella disperazione e nella solitudine… è stata lei la causa scatenante, lei a dare la spinta iniziale che ha innescato una serie di eventi inarrestabili. Lei e la sua fede nel Grande Spettro.
Non li sopporta perché una parte di lei, quella che per venticinque anni l’ha pianta, quella che si è sentita in colpa per la sua morte ed ha desiderato di poterla vedere anche solo per cinque secondi, continua a raschiarle dentro, la implora di lasciarsi sfiorare, magari pure stringere.
Non può permetterlo, però. Non può permettere che si avvicini, che provi ad instaurare qualcosa, non dopo quello che ha scoperto e non dopo essere stata riportata in vita. Sarebbe tutto solo più difficile se la lasciasse fare.
«Niente di speciale? Sherry… tu sei speciale sotto ogni punto di vista.» La rimbecca bonariamente, lasciando vagare gli occhi sul panorama mozzafiato che la sua psiche ha prodotto che evitare sofferenze inutili. Ricorda che, in vita, passeggiò per uno scenario simile al braccio di Everett e che poi si lanciarono all’inseguimento di una mandria di caribù per il puro e semplice gusto di farlo.
«Tu nasci dal perfetto bilanciamento tra ebano e avorio. Nasci dall’odio e dall’amore, dal risentimento e dal perdono. Tu sei equilibrio, malgrado non te ne renda conto. In te ci sono ombre e luci nella stessa misura. Pensi che sia un qualcosa di comune, tra la nostra gente? Noi tendiamo o all’odio o alla pace, alla distruzione o alla serenità. Quanti ne conosci che vivono in bilico tra i due modi di essere senza che siano in qualche modo obbligati dal loro Sovrano? Nei nostri territori natali seguono il volere del Re, e per questo non conoscono altro che l’odio che lui comanda, le antiche tradizioni da lui mantenute… mentre nelle Terre di Nessuno seguono il tuo volere e per questo sono arrivati ad accettare l’uomo e a non attaccarlo più, se non in rare e giustificate occasioni. Quanti ne conosci che non scivolano né nell’uno né nell’altra? Tu non ti sei mai sbilanciata in nessuna delle due direzioni e—»
«Sì che l’ho fatto, invece.» La interrompe bruscamente, infastidita dalle sue insinuazioni. Parla come se la conoscesse da sempre, come se avessero vissuto davvero insieme, come se l’avesse cresciuta. La verità, però, è che non è andata così, al suo posto o non c’era nessuno o, dopo i tredici anni, c’era Fern, che ha dovuto combattere con le unghie e con i denti per farle dare una significativa raddrizzata. Anche dopo, però, non si è mai comportata come una brava persona. Il massimo che può aver fatto di davvero altruista in vita sua è stato condividere i propri pasti con i cuccioli rimasti soli, così da dargli una possibilità, ma niente più di questo. Anche in queste occasioni, comunque, li ha poi sempre abbandonati al proprio destino anziché portarseli dietro e offrirgli una reale protezione, convinta che pattugliare i propri territori fosse sufficiente.
Non ha mai fatto niente di buono, mossa sempre dall’egoismo e dallo spirito di sopravvivenza. Come può dire che sono equilibrata? Pazza malata…
«Ho massacrato innocenti senza battere ciglio perché mi veniva ordinato, ho ucciso perché volevo che le persone alle quali tenevo rimanessero al sicuro. Mi sono distrutta corpo e mente con sostanze stupefacenti, ho bevuto fino a perdere conoscenza. Ho fatto sesso senza sentimenti, ho rubato e distrutto. Dove sta il mio equilibrio?»
Leila si lascia andare ad una leggera risata mentre si sistema i capelli sciolti dietro le orecchie. È vero, sua figlia ha fatto questo e probabilmente pure di peggio, ma non è solo questo a definirla. Ma è spaventata e confusa, incapace di accettare una realtà tanto sconvolgente, incapace di accettare che sulle sue spalle penda un peso tanto grande.
È giovane, pensa, ma presto o tardi dovrà crescere e capire che ci sono una moltitudine di sfumature grigie nella vita e che, lentamente e senza volerlo, le ha sfiorate tutte quante senza però mai cadere né da un lato né da un altro. Non è facile, Sherry, e davvero vorrei poterti aiutare in qualche modo.
«Sta in quelle tante serate che hai passato in casa, in quei tanto dolci momenti con i tuoi amici, nei teneri gesti con gli uomini che hai amato. Sta nelle vostre risate, nel tuo volerli difendere a costo della tua stessa incolumità. Sta nell’aver dato la vita per difendere un’umana e il suo bambino.» Le si avvicina con passo lento, calcolato, fino a portarsi al suo fianco ma senza provare a toccarla. Sa che ormai il loro tempo sta per esaurirsi, lo sente chiaramente, e se la allontanasse adesso non potrebbe più finire di spiegarle quella delicata questione «Lo dimostri a modo tuo, questo è certo, ma sei perfettamente bilanciata e piena di sentimenti che molti Spettri ignorano. Sei capace di amore, di compassione, umanità e rispetto. Sei capace di perdonare e di aiutare.»
Le si spezza il cuore nel vederla tanto in difficoltà di fronte a questa realtà, come se le stesse dicendo unicamente delle assurdità.
Beh, senza ombra di dubbio la mancanza di autostima ti accomuna al tuo compagno, cara.
«Se Everett è quello che è, è solo grazie al rapporto che ci legava quando ero in vita, Sherry. Lui non era così, prima. Lui era una macchina da guerra, un assassino senza pietà, un bambino prodigio che traeva piacere dalla sofferenza altrui… proprio come Jäger. Ha trovato una parvenza di equilibrio in quello che eravamo e l’ha mantenuta grazie ai ricordi e grazie a te, traendo forza e vita dalla magnifica donna che sei diventata negli anni.» Già, Everett… ogni volta che ci pensa, e ciò avviene in continuazione, è come una coltellata dritta al cuore.
Gli ha detto chiaramente di non resuscitarla unicamente perché sapeva che il suo posto era al fianco di Papà Spettro e perché i suoi tre figli, quelle piccole ed innocenti anime che l’hanno dovuta seguire nell’aldilà, non volevano tornare nel mondo dei vivi. L’unica cosa che ha potuto fare è stata accettare che un giorno si sarebbero incontrati di nuovo, che un giorno sarebbero potuti tornare a correre liberi da ogni catena, si sarebbero potuti amare come un tempo.
Dio solo sa se la sua è stata una scelta sofferta, se non le si è spezzato ancora il cuore nel doverglielo dire quando l’ha rivisto, quanto avrebbe voluto tenerlo con sé per l’eternità. Ma Sherry aveva ancora bisogno di lui, della sua straordinaria forza, della sua mente brillante e del suo coraggio. E lui lo sapeva, eccome se lo sapevo, motivo per cui non ha fatto storie ma le ha semplicemente sorriso, chiedendo in cambio dei suoi preziosi servigi un unico e misero bacio. Bacio che lei non avrebbe mai voluto interrompere…
«In vita mia ho conosciuto solo un altro Spettro come te. Solo uno capace come te di sentimenti puri e sinceri, capace di mettere la propria indole bestiale da parte per donare un gesto gentile ad uno sconosciuto, per restituire il sorriso ad un bambino in lacrime…» Blackie… il suo adorato Blackie. Lo ha visto piangere quando ha saputo della sua morte, eccome se lo ha visto. Era disperato e Nike lo ha stretto forte per calmarlo, ed ha pianto ancora più forte quando ha saputo della dipartita di Everett. Per quale motivo non gli abbia detto niente, non gli abbia fatto sapere in qualche modo che era tornato, non lo sa e quasi ha paura di saperlo. Sa bene che in qualche modo c’entra pure lei e la sua richiesta di protezione nei confronti di Sherry, ma averne la certezza, in un certo senso, le spezzerebbe il cuore.
«Capisci quanto siete rari?»
«E allora perché non lo fa lui questo figlio del cazzo?!» Non le importa di niente a Sherry. Rimane barricata nella sua paura, nelle sue incertezze. Non capisce per quale ragione debba essere lei a dover portare un peso del genere, perché debba dipendere tutto da lei e da Radish. Anzi, in realtà proprio da lei e basta, perché non era assolutamente previsto che la loro relazione diventasse così seria e vincolante, quindi non era previsto che in qualche modo ci andasse nel mezzo.
Il problema di base è sempre stato solo suo.
«Perché lui era destinato ad un’altra donna, Sherry. Una donna incapace di donargli un figlio così speciale.» Ed anche perché il padre del figlio doveva venire dalle stelle, come ormai dovresti aver ben capito. Ma a questo punto immagino che tu stia cercando ogni pretesto per arrampicarti sugli specchi e cancellare il tutto, quindi è inutile ricordartelo.
«Primo, io non ero destinata a Radish, se non sbaglio. Doveva essere un errore di percorso e poi ognuno per la sua strada, no? Secondo poi, né lui né io vogliamo dei figli. Come la metti?»
«La metto che anteponi lui a te, Sherry.» E ti capisco, sai? Se la questione non fosse stata tanto grave, se non avessi saputo che il Nord avrebbe sofferto solo di più, che il Sud sarebbe stato schiacciato nel giro di trent’anni e che la nostra gloriosa specie sarebbe caduta nelle tenebre, pure io avrei mandato al diavolo Papà Spettro per Everett. Dio, ci ho pensato prima di immolarmi, sai? Volevo lui e solamente lui, ma poi ho capito che se non lo avessi fatto, sarebbero dovuti trascorrere un altro migliaio di anni prima che gli eventi si allineassero nuovamente… e che comunque sarebbe stato troppo tardi. «Ho sentito i tanti discorsi che in segreto facevi con Bree, sai? Ho sentito che un giorno, chissà quando, ti piacerebbe avere dei figli. Ma questo prima di incontrare Radish… e se la tua idea è cambiata, è solo perché lui non ne vuole.»
«Non ne voglio parlare.» Si rigira di scatto, dandole le spalle mentre si massaggia le tempie. Si sente improvvisamente stanca, svuotata, e di colpo tutto attorno a lei appare come diverso pur non essendo cambiato niente. Gli odori sono meno forti, così come i suoni, e le immagini le sembrano curiosamente meno nitide e dettagliate. Stranamente, poi, si rende conto di non essere più capace di vedere nitidamente su lunghe distanze, cosa mai successa prima d’ora. Ma che…?
«Parlane con lui, Sherry. Anche in un rapporto singolare e speciale come quello che vi unisce è importante la comunicazione.»
«Senti da che pulpito! Ipocrita!»
«Può essere, sì…» Senza ombra di dubbio questa è la traccia di Mezcal… accidenti se si sente!
Le sorride dolcemente e per un attimo sente il respiro morirle in gola. Sherry sta assottigliando lo sguardo per poter vedere più lontano, per poter distinguere una famiglia di pinguini dell’altra, e questo può voler dire solamente una cosa. Il lupo si sta addormentando…
«Temo che il nostro tempo sia giunto al termine, ormai…»
«Cosa?» È strano, davvero strano, ma non le suona bene come immaginava.
Era convinta che avrebbe esultato nello sbarazzarsi di Leila, anche perché avrebbe voluto dire svegliarsi e poter quindi riabbracciare Radish, Everett e tutti gli altri - ed anche sistemare una spinosa questione -, ma in qualche modo adesso non le va particolarmente a genio.
Si sente sempre più smarrita, come se tutto attorno a lei si facesse improvvisamente stretto e soffocante, e l’improvvisa consapevolezza che a breve non la vedrà più per chissà quanto tempo le stringe dolorosamente il cuore.
«Non essere triste, Sherry. Un giorno, spero tra molto tempo, ci incontreremo di nuovo tutti insieme… e sarà per sempre.» Le sorride dolcemente, volgendo poi lo sguardo verso l’orizzonte. Il Sole sta finalmente per tramontare, tingendo con toni caldi e dolcissimi quel gelido paesaggio. «Penso che farò un giro nell’oltretomba, dopo che ci saremo separate… così potrò ringraziare di persona Bardack e Gine per aver messo al mondo Radish, l’uomo che ha dato un motivo a mia figlia per continuare a vivere.»
Stringe con forza i denti mentre gli occhi si fanno insopportabilmente umidi, le palpebre incredibilmente pesanti.
Si sta come addormentando, ma in un certo senso sta avvenendo proprio il contrario: il suo corpo e la sua mente si stanno finalmente svegliando, tutto in lei sta tornando ufficialmente in vita, ma il lupo dentro di lei si sta assopendo, sfinito dagli straordinari che ha dovuto affrontare per aggiustare corpo e psiche.
«Sono Saiyan, Leila. Non penso che ne saranno poi troppo orgogliosi.» Borbotta contrariata, un poco infastidita anche per conto di Radish. Figuriamoci se andrebbe a sbandierare una cosa del genere proprio con suo padre!
«Sono due genitori che non vedono i loro figli da più decenni, Sherry. Qualsiasi buona notizia sul loro conto sarà motivo di orgoglio, pure se sono Saiyan.» Le sorride ancora, ma stavolta una lacrima solitaria le riga la guancia. È un “arrivederci” ben più doloroso di quanto immaginasse, al pari di quello con Everett.
Sa bene che un giorno li vedrà di nuovo entrambi, che potrà stringerli quanto vuole, che potrà correre con loro e che niente avrà più la possibilità di separarli, ma adesso… adesso è insopportabile doversi separare di nuovo da lei.
Fa un paio di passi in avanti mentre i suoi occhi si fanno sempre più stanchi e, prima che possa sottrarsi, le avvolge le braccia attorno al corpo e la stringe forte in un abbraccio pieno d’amore e dolore in egual misura.
«Ti voglio bene, piccola mia…»
«Addio…»


La schiena è percorsa da uno spasmo doloroso che la fa sobbalzare sul materasso mentre gli occhi si spalancano si scatto, accecandosi con la luce forte che filtra dalle tende chiare e leggere.
Prova subito a portare un braccio a proteggersi gli occhi, ma l’arto è incredibilmente pesante, a tratti le pare pure un poco insensibile, e quel semplice gesto tanto normale le risulta quasi impossibile e doloroso.
«Ehi, ehi! Ferma, non ti agitare!»
Sente un paio di mani forti appoggiarsi con forza e delicatezza sulle sue spalle per tenerla giù, e mentalmente si ritrova a ringraziare perché con la sua mole le sta facendo ombra.
Apre quindi gli occhi con calma, la bocca secca e un leggero fischio nelle orecchie. Si sente uno straccio, come se fosse finita sotto ad un camion, ma quei freddi occhi attenti ed emozionati le danno comunque la forza per sorridere.
C’è stato un momento in cui aveva davvero creduto che non avrebbe più visto i suoi occhi, un momento in cui pensava di aver perso tutto per sempre, invece eccoli lì che la osservano con un amore sconfinato, quello di un padre che finalmente può riabbracciare la figlia dopo un bruttissimo incidente. Perché lei è questo per lui, e per lei lui è questo, solo che dirselo a parole sarebbe un poco strano per entrambi, quindi la definizione “fratello-sorella” non viene in alcun modo messa in discussione.
«Everett…?»
Il suo sorriso… Dio, l’aldilà sarebbe stato incredibilmente spento senza il suo sorriso. Come un fulmine a ciel sereno non può fare a meno di pensare a Leila e al fatto che si sia privata per ben due volte del suo sorriso. Non capisco se sei incredibilmente forte o indecentemente stupida.
«Ben svegliata, topolino.» Le passa una mano tra i capelli, il sorriso commosso e sollevato che va ad allargarsi. Si macchia pure, però, mostrando involontariamente la preoccupazione che si porta dentro dal momento esatto in cui è tornata indietro.
«Da quanto sono fuori gioco?» Questo suo velo di preoccupazione, però, viene subito frainteso dalla minore, che in breve si allarma visibilmente di fronte al dolore che emanano i suoi occhi «Quanto?»
Sospira forte, passandosi una mano tra i capelli insolitamente spettinati mentre si siede al suo fianco.
«Sette mesi…» Ammette con un filo di voce, tornando ad incrociare il suo sguardo solo dopo qualche secondo. Nel momento esatto in cui ciò accade, però, non riesce più a resistere e scoppia una una fragorosa risata.
«Dovresti vedere la faccia che hai fatto!» Più o meno la stessa sua quando, una volta ripresa conoscenza, Darko gli disse che erano passati poco più di due anni. E fu schifosamente credibile, il bastardo, e ci marciò sopra per una decina di minuti buoni, per poi scoppiare a ridergli in faccia alla stessa maniera.
Tra una risata e un’altra, e mentre schivava tutti i vari oggetti che gli stava lanciando contro, ammise che non poteva assolutamente lasciarsi sfuggire un’occasione del genere e solo adesso pure Everett si ritrova a capirlo e dargli pure ragione.
«STRONZO!» Bercia in tutta risposta Sherry, ritrovandosi però con niente per le mani da potergli lanciare contro, dovendo così accontentarsi per forza di quello che, per lei, è un sonoro schiaffo sulla spalla. Sonoro schiaffo che però pare non toccarlo minimamente.
«Hai dormito per quattro giorni… e ora arriva il peggio.» Ammette a malincuore, senza però muoversi dal suo fianco.
«Se ti riferisci a ciò che mi ha raccontato la tua amata Leila, sappi che non ce l’ho con te. Se tu ne avessi avuto la possibilità, avresti stroncato tutta questa faccenda sul nascere. Ci sei finito in mezzo proprio come me… ed hai agito come io avrei fatto per Radish.»
Sul volto del maggiore si dipinge un’espressione realmente stupefatta, tanto che gli ci vogliono una buona manciata di secondi prima di riuscire ad articolare una risposta di senso compiuto.
Al posto suo non sarebbe stato tanto clemente in alcun caso, e ciò non fa altro che fargli apprezzare maggiormente il carattere sorprendentemente misericordioso della sorella. Per un misero istante si domanda se sarà tanto clemente anche con Roman e, soprattutto, con Bree, ma decide di non pensarci per il momento.
«Non puoi neanche immaginare quanto mi faccia piacere sentirtelo dire… ma il punto non era quello. Non il primo, almeno.» Ammette con un sorriso amaro, stendendosi con calma al suo fianco. Non dorme da quattro giorni, la sua provata mente sta cominciando pericolosamente a vacillare. Non che sia mai stato un gran dormiglione in generale, tanto da dormire sì e no un massimo di quattro ore per notte da che ne ha memoria, ma privarsi anche di quel poco in un momento del genere non è stata una trovata poi così furba.
Le avvolge le spalle con un braccio e la tiene stretta, costringendosi a guardare direttamente quei grandi occhi curiosi e spaventati. Sa che sta cercando di mascherarlo al massimo delle sue capacità, non ci vogliono neanche le abilità degli Spettri per capirlo subito.
«Sei umana, Sherry. Lo sarai per un po’, non saprei dirti quanto… Roman ha detto a Darko che, talvolta, è necessario un qualche tipo di stimolo extra perché il lupo si svegli prima del dovuto e tutto torni al suo posto, ma non saprei dirti quale sia.»
Il dubbio c’era, ovviamente. In fondo non captava più gli odori e i rumori come prima di morire, non vedeva più dei microscopici dettagli come è sempre stata abituata a fare, ma voleva credere con tutta sé stessa che fosse una cosa molto più momentanea di quanto evidentemente non sarà.
Sempre meglio, non c’è che dire…
Sbuffa sonoramente con fare frustrato e si passa stancamente una mano sul volto più pallido del solito, rendendosi di nuovo conto che questo semplice gesto le risulta incredibilmente difficile al limite del doloroso.
Il mio stesso corpo pare rifiutare questa misera fragilità…
«Dov’è Radish?» Domanda con voce stanca, senza però aprire gli occhi. Sa dov’è. O meglio, sa dove non è. Non sono assolutamente necessari i sensi sviluppati degli Spettri per rendersene conto, non per lei. Lo conosce, sa come avrebbe reagito ad una simile notizia e sa pure che l’ha ricevuta. Dopo quanto accaduto, in fondo, un simile dettaglio non poteva essere più taciuto e se ne rende perfettamente conto… ma per una masochistica ragione che non comprende, sente di volerlo sentire a parole che se n’è andato ben lontano da lì.
«È andato via, vero?»
«Sherry…»
La sua voce così triste, lamentosa, sono una conferma più che sufficiente per lei. Ma adesso non ha tempo per soffermarsi a pensarci davvero, deve prima assicurarsi di altre cose altrettanto importanti e, non in dose minore, deve occuparsi di una faccenda assai impellente.
«Il branco? Voglio un resoconto dei danni subiti. Ora.»
Cosa poteva aspettarsi da lei, Everett? Poteva forse credere che si sarebbe lasciata affondare subito, senza prima assicurarsi dello stato di salute di coloro che ha deciso di proteggere e che, a loro volta, vogliono proteggere lei? Certo che no. La sua piccola guerriera ha la stoffa della Regina, sa muoversi nella giusta direzione malgrado non se ne renda neanche conto e per questo decide che sì, per adesso possono anche archiviare la questione.
Ci sarà modo e luogo per approfondire il tutto, ormai è giusto questione di ore, motivo per cui la aggiorna sulla situazione attuale.
«Darko se n’è andato poche ore dopo essere arrivati qui, insieme a Bulma, Mimì e Lunch. Da quel che ho capito, le ospita alla Capsule Corporation assieme a Fern, così che nessuna di loro corra dei rischi.
Alla tana se la sono vista brutta, davvero brutta. I Freak che erano presenti sono stati tutti abbattuti, mentre in città ne saranno rimasti una ventina a dire tanto. I Mezzosangue sono stati dimezzati, i Purosangue feriti più o meno gravemente e alcuni non ce l’hanno fatta. È stata Camila a raggiungerci per dare l’allarme, è stata l’unica a riuscire a correre verso di noi malgrado fosse stata mutilata. Ora sta bene, malgrado sia sotto shock. Pensava di andare al Sud, magari di portarsi dietro i cuccioli e i più giovani finché le acque non si saranno calmate, ma le è stato fatto notare che il nostro caro fratellino sarà molto più predisposto a muovere guerra ora come ora, quindi è rimasta dov’era e sta aiutando come può. Se escludi il suo modo di porsi e non l’ascolti mentre parla, non è male.
Gli Alpha, in particolar modo River, stanno tenendo in riga l’interno branco, che sta sul piede di guerra. Attendono il tuo ritorno, ma ho già specificato che ciò avverrà solo ed esclusivamente quando ti sarai ripresa sul serio ed avremo almeno lo scheletro di un piano.
I tuoi amici mezzi matti stanno bene, hanno ucciso non so quanti Segugi e anche diversi Cacciatori. Sono in pochi, tra quelli rimasti indietro, ad essere stati risparmiati per essere interrogati, ed uno di questi è Darren. Credimi se ti dico che non sta bene per niente… sai, Darko l’ha fatto cantare come si deve, ma ciò che sapeva era davvero inutile. Se è in vita, è solo perché il suo caro paparino ha preso l’intera faccenda così tanto sul personale da aver deciso che lo lascerà in vita fin quando non implorerà sul serio di essere ammazzato. A quel punto, ha detto, escogiterò un modo fantasioso ma scientificamente utile per eliminarlo, o una cosa del genere.
E, tanto per concludere in bellezza, Bree è di sotto con Chichi, Gohan e Muten. Non si è mai mossa di qui.»
A quest’ultima notizia la vede ispirare con forza e stringere maggiormente i denti. E non gli piace neanche un po’. Perché mai arrabbiarsi se la sua migliore amica è rimasta qui ad aspettarla? Pensava forse che l’avrebbe lasciata sola come invece ha fatto la scimmia?
Quando poi la vede alzarsi a fatica col busto e buttare di slancio le gambe giù dal letto con una profonda smorfia di dolore, scatta in piedi come una molla.
«Ti ho detto di non agitarti neanche dieci minuti fa, Sherry!» Bercia nervoso, rendendosi conto già in partenza del fatto che avrà bisogno di tanta pazienza. Forse la stessa o addirittura di più di quella che Darko ha dovuto avere con lui, che era così nervoso da riuscire a far bestemmiare pure il Papa, e magari anche a menar le mani.
L’aiuta ad alzarsi, ignorando volutamente tutte le parolacce e le bestemmie che le sente masticare, e sospira con sollievo nel rendersi conto che riesce a reggersi sulle gambe da sola. Anche lui c’era riuscito giusto quando si era svegliato e solo perché era così furioso che nessuno sarebbe stato capace di fermarlo, un po’ come lei adesso. Peccato solo che questa rabbia è destinata a scemare abbastanza alla svelta per lasciar posto alla stanchezza, e di conseguenza le sue forze verranno inevitabilmente meno, costringendola a dover essere aiutata in tutto.
Per sicurezza, però, le avvolge la vita con un braccio mentre scendono le scale, giusto perché le basterebbe mettere un piede in fallo e scivolare per sbriciolarsi come una novantenne.
Il suo corpo adesso non può sopportare urti troppo forti e ripetuti, le sue energie sono troppo scarse e il suo intero organismo si regge in piedi solo grazie alla sua infinita voglia di vivere.
Ad attenderla, piazzata in fondo alla scalinata, Chichi sorride con aria commossa tanto è felice, con le mani giunte davanti al volto.
Dio solo sa se si sente debitrice nei suoi confronti. Non ha salvato solo la sua vita ma, soprattutto, quella di Goten! Certo, avrebbero potuto usare le Sfere del Drago e tutto sarebbe tornato alla normalità, ma sa bene che un trauma come quello di essere sbranato ancora vivo da quei lupi non glielo avrebbero mai tolto dalla testa, neanche se ora ha solo pochi mesi. Oltretutto dubita che Goku sarebbe stato facilmente indulgente con la razza che gli aveva ucciso moglie e figlio. Forse, a ben pensarci, in qualche modo si sarebbe sentito in colpa per averli lasciati scoperti, un po’ come si sente adesso Gohan.
Per giorni entrambi sono entrati ed usciti da quella stanza per domandare se serviva qualcosa, per lasciare abbondanti leccornie da sgranocchiare per ingannare l’attesa, tranci di carne ancora sanguinante per azzittire lo stomaco di Everett e, soprattutto, per assicurarsi che lei fosse ancora stabile e non si fosse svegliata senza di loro. Il fatto che ciò sia accaduto, invece, è solo a causa di Everett, che ha cacciato un ruggito davvero poco carino quando hanno provato ad entrare dopo che Bree ha annunciato che si stava svegliando.
«Non sai quanto sono felice di vederti in piedi!»
Sherry si lascia stringere dalle braccia sorprendentemente forti della donna, gli occhi stralunati per la sorpresa. Non ha la più pallida idea di cosa dire, non a lei, ma deve ammettere che è un calore piacevole quello che le sta donando. E sono piacevoli anche i sorrisi felici dei suoi figli, gli urletti di Goten e le sue piccole e paffute braccia che si allungano verso di lei per poterla toccare. Forse forse le è in qualche modo di conforto anche il sorriso intenerito di Muten.
Tutto questo però non è sufficiente a far eclissare la rabbia che le sta montando dentro. Non ha la sua vero forza adesso, lo sa, ha addirittura bisogno del sostegno del fratello che la tiene delicatamente per un braccio per restare in equilibrio, ma non le importa, non quando con sguardo severo ed impassibile finalmente incrocia gli occhi spenti e mortificati di Bree.
«Non sono mai stata il tipo che dà peso ai sogni, lo sai. Certo, sognare Jäger era un qualcosa di devastante per me, ma non ho mai pensato che uno qualsiasi di quei sogni potesse in qualche modo essere premonitore. Qualche settimana fa, però, ho fatto un sogno in particolare… un sogno a cui, ovviamente, non ho dato peso, ma che recentemente ha acquisito un significato molto chiaro.»
La vita è strana, folle, imprevedibile, ma questo Sherry lo ha capito da parecchio. Come poteva essere altrimenti? È stata risparmiata alla nascita perché non pianse, e giusto perché cercava di capire cosa le stava sfrecciando davanti agli occhi.
È stata buttata nel “reparto scarti” e tenuta in vita per volere di qualcuno che la proteggeva da lontano, senza saperlo o anche solo poterlo immaginare.
È stata prima odiata e poi desiderata da uno psicopatico violento che voleva i figli che lei avrebbe potuto dargli. Ha rischiato il peggio per colpa sua ed è stata salvata dalla solita persona che per anni ha vegliato silenziosamente su di lei.
Ha vissuto per strada, si è creata una famiglia malgrado tutto remasse violentemente contro di lei, ha trovato la parvenza di equilibrio nella pazienza e nelle premure di Fern, nella bruciante follia di Mordecai, nelle risate di Micah, nell’intelligenza di Major, nella forza di Maddox, nella dolcezza di Jane, nella schiettezza di Becca e nei teneri abbracci di Pip. In tutto questo c’era sempre un pilastro fondamentale a tenerla in piedi. Lo stesso pilastro che ha permesso ad Everett di intervenire e di salvarle il culo. Lo stesso pilastro che l’ha spronata ad andarsene dai loro territori, lo stesso che le ha dato la forza di stringere ancor più duramente i denti e di tirare avanti. Il pilastro che ha peccato con lei in ogni modo possibile, che come lei si è lasciato guidare dai propri demoni, che l’ha aiutata a spaccare il mondo per creare un qualcosa che le andasse meno stretto.
Con Bree ha condiviso il letto e il piatto, le lacrime e le risate. Si sono sempre considerate sorelle non di zanna ma di sangue, una specie di unica entità che non si sarebbe mai lontanamente sfaldata in alcun caso.
Non è stato semplice apprendere grazie a Leila che non la invitò a vivere insieme per via dell’amicizia che le legava da sempre ma perché, così facendo, avrebbe incontrato in un modo o nell’altro Radish.
«C’era una volpe, nel mio sogno. Una volpe dal vello dorato che mi spingeva letteralmente tra le braccia di una profezia millenaria.»
Aveva architettato tanti modi per farli incontrare il prima possibile, venendo aiutata dal Fato maledetto che l’ha spinta subito al Neon, ed aveva anche fatto in modo che, volenti o nolenti, concepissero al primo colpo. Non aveva preso in considerazione che non gliel’avrebbe data immediatamente, che si sarebbero in qualche modo studiati e che, seppur in modo involontario, così facendo si sarebbero legati in modo più profondo. Un bello smacco per una donna che da sempre ama pianificare questo genere di porcate.
In un primo momento non ha voluto credere a Leila. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Bree le vuole bene, le disse di stare attenta al calore… le regalò pure dei preservativi!
Preservativi che poi ha bucato, uno dopo l’altro, così da non lasciarle scampo alcuno.
La guarda dritto nei suoi grandi occhi chiari, adesso umidi per le lacrime che incontrollate le rigano le guance, e non prova altro che rancore.
«Tu sai che significato viene dato alle volpi nei sogni?» Il tono è piatto, un poco stanco. Certo che Bree sa del significato, come potrebbe non saperlo? Da ragazzi Jane fece una testa così a tutti loro con i significati dei sogni, divertendosi ad analizzarli la mattina a colazione.
«Sherry…» Pigola con un filo di voce, avvicinandosi di un passo alla sua figura per poterle prendere le mani come fa sempre quando i toni tra loro si riscaldano più del dovuto.
Ma Sherry è di tutt’altro parere e volta un poco la testa di lato. Una muta richiesta di intervento che viene subito accolta da Everett che, senza emettere un fiato, si porta al suo fianco e inchioda l’altra al suo posto con un semplice sguardo.
Lui ama Darko come se fosse suo padre, il suo migliore amico, il fratello maggiore che non ha mai avuto, ma non si farebbe alcun problema a massacrare di botte Bree se solo osasse fare una mossa falsa o se gli venisse ordinato da Sherry.
«Se provi anche solo a sfiorarmi con un dito, giuro che ti strappo quella camicetta di carne e ti mostro il tuo cuore.» Sibila velenosa, gli occhi scuri improvvisamente gelidi, impersonali. La guarda come se fosse una bestia rabbiosa, un soggetto instabile, un’estranea che la sta minacciando profondamente. Non l’ha mai guardata così, e Bree non pensava che sarebbe mai arrivata a farlo.
Era convinta che non avrebbe mai scoperto niente, di tutta quella storia. Perché, alla fine, niente doveva andare com’è andato: doveva incontrarlo e provare curiosità nei suoi confronti come infatti è successo, ma doveva andarci a letto subito. Doveva andarci a letto e, guarda tu la fatalità, il preservativo si sarebbe rotto, se mai l’avessero usato. E ci sarebbe rimasta fregata, il Principe sarebbe stato in arrivo e Radish si sarebbe tolto di mezzo, perché uno come lui, secondo lei e Roman, non si sarebbe mai accollato un bastardo concepito per sbaglio con una sconosciuta. Sarebbe sparito e lei si sarebbe presa cura di Sherry e, con Mimì e Fern, l’avrebbe condotta da Roman per trovare protezione. Il piccolo sarebbe cresciuto in sicurezza e sarebbe stato addestrato da loro e dalle persone a loro vicine, che negli anni avrebbero scoperto dell’esistenza di una creatura tanto potente e avrebbero cercato in lui un leader. Una volta raggiunta l’età adatta, poi, avrebbe ucciso Jäger e avrebbe raccolto le due corone, fondendole in una sola. Ma niente è andato come doveva andare. Loro si sono incontrati, incuriositi a vicenda e poi, contro ogni logica, si sono innamorati. Si sono innamorati, hanno unito l’anima, sono andati a vivere insieme prima in quel buco di appartamento e poi nella grande casa di Fern. Hanno instaurato il loro dominio come coppia dominante in un branco poco probabile e l’hanno reso una nuova potenza.
Hanno fatto tutto ciò che non dovevano fare, andando ben lontani dai piani di Papà Spettro. In realtà, però, Papà Spettro era stato poco chiaro su questo punto: lui aveva semplicemente detto che un guerriero di terra straniera avrebbe giaciuto con una figlia del sangue con gli occhi di fuoco e che dalla loro unione sarebbe nato il Principe, ma del loro legame non aveva mai parlato.
Questo non lo avevano preso in considerazione, la conclusione gli era sembrata così chiara e semplice che non ci hanno ragionato più di qualche minuto e solo con grande leggerezza.
Ma adesso la situazione è completamente esplosa e lei si ritrova a dover affrontare davvero la realtà: ha tradito la sua migliore amica, l’ha ingannata e manipolata - o almeno ci ha provato, fallendo per cause di forza maggiore - e, in ultimo, l’ha involontariamente allontanata dall’uomo di cui è innamorata. Un vero colpaccio, il suo.
Malgrado la consapevolezza di aver commesso un vero e proprio disastro, vuole comunque provare a giustificarsi, ma le parole le escono tremolanti ed insicure.
«L’ho fatto per la nostra razza.»
«Ohhh, ma davvero? Questo allora cambia tutto.»
«Perché pensi che mi sia creata una simile ragnatela di amicizie? Perché faccio tutto ciò che faccio? Pensi che mi piaccia?» Nell’esatto istante in cui Sherry inarca un sopracciglio con fare scettico, Bree annuisce vigorosamente mentre si sposta con fare nervoso e sbrigativo i capelli dal volto «Beh, sì, un po’ mi piace, ma non è questo il punto. Jäger è sempre stato quanto di più pericoloso ci fosse in circolazione e non ha mai accettato la tua fuga, così mi sono convinta che sarebbe stato necessario crearsi una rete di salvataggio come la mia. Quanto meno sarebbe stato un diversivo per una nostra eventuale fuga, ecco… ma poi mi ha convocata Roman, circa un anno e mezzo fa. Mi disse che dovevo far sì che tu incontrassi Radish entro un anno circa, così da poter concepire subito il bambino che avrebbe portato non solo all’annientamento di Jäger ma anche all’unità dei due Territori. È per questo che l’ho fatto: per la salvezza di tutti quanti noi, per un futuro migliore anche per i miei figli. Mai avrei pensato che potessi innamorarti di lui, mai avrei pensato che sarebbero sorti tanti problemi…»
C’è un silenzio surreale e doloroso nella stanza.
Chichi, che come Gohan trova scontato il fatto che un domani Sherry e Radish avrebbero avuto una curiosa progenie, non accetta che sia stata una persona tanto vicina a lei a farle un torto simile. Si domanda per quale motivo non l’abbia già attaccata, poiché è più che evidente che è furiosa e delusa, ma poi si accorge che Everett la sta ancora sostenendo per un braccio e così capisce che non ne ha fisicamente la forza. Si domanda poi se troverà mai quella di perdonarla visto che è grazie a lei se ha conosciuto Radish, ma non ne è troppo convinta. È pure più orgogliosa di un Saiyan… un torto simile non le andrà giù facilmente.
Muten, malgrado condivida il pensiero della donna un po’ come tutti quelli vicini alla coppia, non se la sente di concepire alcun tipo di giudizio. Ci sono davvero troppe variabili da ambo le parti che non possono essere ignorate, motivo per cui pensa sia semplicemente molto meglio distogliere lo sguardo e fingere indifferenza.
«Che ne dite di un giro di applausi, eh? Una bella standing ovation.» Batte lentamente le mani mentre lo dice, Sherry, lo sguardo torvo e derisorio che la travolge e la costringe ad abbassare il proprio «Sta calando il sipario, Bree: fa’ un bell’inchino e vattene.»
Le lacrime adesso scendono incontrollate e i singhiozzi si fanno sempre più rumorosi, non abbastanza però da coprire il rumore dei loro cuori che si spezzano.
«Non volevo farti del male, credimi…»
«Ti auguro di trovare un posto ben isolato, Bree, così da non incrociare più il mio cammino… perché se ciò dovesse accadere quando mi sarò ripresa, non esiterò un istante ad ucciderti.»
Everett abbassa per un istante lo sguardo, consapevole di quanto le sue parole siano piene di convinzione. È una fortuna che non ci sia nessun altro dei nostri o sarebbe già morta. Le conseguenze ad tradimento simile ai danni del Sovrano difficilmente potrebbe essere controllate.
«Ti prego, io—»
«Ora come ora preferirei nuotare tra le eliche di un fuoribordo anziché ascoltare anche solo un’altra parola detta da te.» Detto questo stringe un poco il braccio al fratello, così che la sostenga maggiormente mentre si volta per raggiungere la piccola isola della cucina. Ha una fame che non ci vede, una fame nera; la stessa fame di un tempo, quella che non pensava avrebbe mai più provato e che adesso le scatena solo una valanga di orribili ricordi che da anni tiene rinchiusi in un angolo remoto della propria mente.
Everett esegue, sostenendola con attenzione mentre le danno le spalle, e non può fare a meno di sentirsi profondamente fortunato dall’aver evitato la sua ira… ed anche a come poter aggiustare in seguito la loro tragica rottura. Perché è sì vero che il gesto di Bree non può essere ignorato, che è stato qualcosa di davvero enorme, ma la loro amicizia non può essere cancellata così, con un semplice colpo di spugna. Ci sarà tempo e modo per questo, spero… ma, per adesso, nasconditi Mezzosangue, è la tua unica possibilità.
Bree, dal canto suo, rimane immobile per qualche secondo, incapace di partorire un qualsiasi pensiero di senso compiuto.
Sherry l’ha appena esiliata.
Sherry, l’amica di una vita, sua sorella, non solo le ha tolto la sua preziosa amicizia ma l’ha anche implicitamente cacciata dal branco, rendendola così un’estranea e una minaccia agli occhi di tutti gli altri. Una minaccia che dovrà essere scacciata con violenza al primo avvistamento, senza alcun genere di minaccia verbale per allontanarla. Si domanda se suo padre le si rigirerà contro, nel caso lo vedesse, non tanto per il legame di sangue ma perché, in effetti, non ha mai giurato fedeltà a Sherry e di conseguenza al suo branco. L’ha però giurata ad Everett da quasi quarant’anni, in pratica, e per questo sa di non potersi avvicinare con leggerezza neanche a lui.
E i ragazzi? Dio, ha una tale paura di scoprirlo! In circostanze diverse si sarebbero incontrati clandestinamente, su questo non ci sono dubbi, ma adesso anche per loro la situazione è tesa, critica. La loro fedeltà a Sherry come Regina è assolutamente indiscutibile e questo può portare solo a risultati catastrofici, in qualsiasi eventualità.
Sicuramente sono più fedeli pure come amici…
Abbassa la testa, il respiro spezzato in fondo alla gola. Sente i polmoni bruciare in mancanza di ossigeno e solo a quel punto si ricorda di dover respirare, risultandole però difficoltoso.
Alza lo sguardo per guardare un’ultima volta la schiena di Sherry e poi si dirige verso la porta. Ad attenderla fuori è ancora ormeggiato l’hovercraft che Darko ha lasciato loro per eventuali spostamenti e, per un istante, l’idea di legarsi un peso ai piedi e poi lasciarsi sprofondare nelle profondità dell’oceano le pare assai allettante, ma il lieve movimento che avverte in grembo le fa ricordare che non può arrendersi più, né ora né mai.
Sherry, seduta su uno scomodo sgabello, sente il mezzo azionarsi ed infine allontanarsi, e solo a quel punto si lascia andare ad un sospiro carico di dolore e frustrazione, abbandonando pure la postura rigida che aveva assunto.
Si tiene la testa dolorosamente pulsante tra le mani finché non sente un miscuglio di odori invitanti che però, ad occhi chiusi, non riesce ad identificare.
Sono umana.
Questo pensiero le attraversa la mente come una dolorosa fucilata e, tutto in un colpo, si rende davvero conto di non essere più sé stessa. Pure il corpo che ospita non le sembra più il suo, così fragile e delicato, così debole.
Lei non ha mai avuto bisogno del sostegno fisico di qualcuno per reggersi in piedi, per fare le scale o anche solo per arrampicarsi su uno sgabello o scendere dal letto! Ha sempre fatto tutto da sola ed è mortificante, adesso, rendersi conto che per questo motivo Everett non la perde di vista neanche un istante come farebbe un falco con la propria debole preda.
Apre piano gli occhi, trattenendo a stento le lacrime e le urla isteriche che allarmerebbero ulteriormente i presenti che le stanno offrendo spontaneamente aiuto e protezione, e si ritrova davanti ad un branzino al forno e ad un’abbondante porzione di frittata di zucchine.
«Chichi è stata così gentile da preparare sempre cose buone e salutari da mangiare in questi giorni, e adesso potrai gustarle anche te.» Afferma con un sorriso timido il fratello, spostandole maggiormente il piatto sotto al viso «Piccoli bocconi e masticali il più a lungo possibile, mi raccomando. Il tuo stomaco potrebbe facilmente rifiutare il primo pasto.»
E ti pareva che pure i miei organi interni non si fossero indeboliti?! Cazzo… vale la pena vivere così?
Con un sospiro impugna controvoglia la forchetta e infilza di cattiveria il pesce, portandone un pezzo alle labbra. Deve ammetterlo, Chichi ci sa davvero fare ai fornelli. Davvero tanto. Non può certo competere con Maddox, ma è molto brava. Avrebbe sicuramente apprezzato di più se le sue papille gustative non fossero intorpidite e se non avesse dovuto ridurre ogni singolo boccone ad una poltiglia insapore prima di deglutirla, ma si decide ad accettarlo in silenzio.
Non ha voglia di ulteriori casini, non è il caso. Si sente stanca, le fa malissimo la testa e ogni movimento le risulta faticoso come mai prima d’ora. C’è anche l’idea di Radish là fuori, da qualche parte, da solo…
Non posso pensarci adesso. Dopo. Dopo penserò anche a questo, sì. Adesso devo concentrarmi per non rimettere per il dolore che solo muovere il braccio mi provoca. 
«Il tuo modo di reagire alle avversità mi sorprende ogni volta, sai?» Borbotta con un sorrisetto Everett, gli occhi chiari che seguono con attenzione ogni suo movimento, ogni sua nuova smorfia.
È una forza della natura, sua sorella. Non si sta lasciando trascinare nel baratro, sta stringendo i denti come non si aspettava sarebbe stata in grado di fare in queste circostanze. Pensava che l’allontanamento di Radish l’avrebbe turbata molto di più, che il suo coinvolgimento in quella faccenda e il forse più significativo tradimento di Bree l’avrebbero sconvolta maggiormente e che avrebbe avuto una reazione molto più incontrollabile. Lui stesso ebbe una reazione assai più violenta, mentre lei invece sta mantenendo un certo decoro, sta facendo affidamento su tutte le sue capacità mentali per mantenere il controllo di sé stessa, per non lasciarsi accecare dal dolore. Non capisco se la tua è solo la freddezza ereditata da Mezcal o il puro talento recitativo di Leila.
«Finita questa storia andrò sicuramente in analisi…» Borbotta in risposta prima di deglutire un pezzo di frittata. Prima di ficcarsene in bocca un altro, si lascia andare ad un secondo borbottio «…o mi darò all’alcolismo più estremo.»


Durante tutta quella lunga giornata ha sperato fino all’ultimo di vedere Radish apparire alla porta o alla finestra, con lo sguardo sconvolto di chi ha appreso una notizia sconvolgente come quella e con una confusione interiore incredibile, ma comunque intenzionato a rimanerle vicino per sfangarla insieme.
Ma non è successo.
È rimasta col fratello mentre questi si scambiava dei veloci messaggi con Darko dove si accordavano sul modo per spostarsi, ma nessuno dei suoi discorsi riusciva ad attirare minimamente la sua attenzione. Voleva solo ed esclusivamente vederlo tornare.
Non gliene fa comunque una colpa neanche adesso. Si è spaventato sul serio, si è sentito mortalmente in trappola, tradito, e per questo ha preferito rifugiarsi chissà dove per sgombrare la mente. Non può e non vuole neanche fargliene una colpa perché, alla fin fine, è quello che sta per fare pure lei.
Quando tutta quell’orribile faccenda si sarà finalmente conclusa, con la speranza che finisca bene al contrario dell’ultima volta, si ritroveranno per parlarne, di questo è sicura. Ed avendo vinto da sola, avendo allontanato l’oscurità con le proprie forze - e quelle del fratello e del branco - non sarà più necessario concepire quel bambino. Cavolo… neanche esiste ed è riuscito a portare più guai di un adolescente problematico!
In tutto questo sconforto è spesso riaffiorato il doloroso pensiero di Bree. Hanno passato la vita fianco a fianco, si sono difese sempre l’un l’altra, confidate ogni pensiero, supportate e spalleggiate nei momenti più folli. Ora è tutto finito, invece. Non avrà più la sua migliore amica, non avrà più sua sorella. Col senno di poi si rende conto di aver parlato di pancia, di non aver riflettuto minimamente sulle conseguenze della sua condanna, ma anche a mente fredda si domanda come avrebbe potuto agire diversamente. Come le ha fatto un torto simile una volta, chi le dà la certezza che non lo farà una seconda? Che non la tradirà nuovamente per un altro tornaconto personale?
Everett, sempre al suo fianco, distoglie lo sguardo dalla scura distesa d’acqua avvolta dalla notte e osserva con attenzione la sorella. Le è successo di tutto in poco meno di tre mesi, la sua vita è stata profondamente ed irrimediabilmente stravolta, eppure non molla.
Ma è probabile che lo farà, non appena la porterà nel loro personalissimo nascondiglio, e deve essere pronto all’evenienza, lo sa. Deve essere pronto a vederla crollare per Radish, all’idea che forse una cosa del genere, unita alla sua codardia, lo allontanerà in modo definitivo, all’idea che la sua amicizia con Bree potrebbe aver subito una battuta d’arresto irreparabile, ed anche all’idea che non hanno la più pallida idea di come agire contro la minaccia esercitata da Jäger.
Troppe incognite, troppi pensieri ingombranti. L’unica cosa che può fare per lei è rimanerle vicino, sempre, e provare a tirarle su il morale in qualche modo, o almeno a farla pensare un po’ meno. E al tempo stesso tenerla al sicuro, ovviamente.
«A volte bisogna commettere un grande errore per capire qual è la cosa giusta da fare.»
Potrebbe riferirsi a qualsiasi cosa, Sherry lo sa, così come sa che il maggiore riesce a capire in qualche strano modo a cosa stia pensando. Non in senso generico, così lo farebbe chiunque, ma in modo assai mirato: qualcosa in lui gli suggerisce qual è l’oggetto esatto dei suoi dolorosi pensieri.
«Quanta saggezza non richiesta…» Borbotta con un lieve sorriso ad incresparle le labbra, decisa a cambiare subito argomento «Chi altri sa dove andiamo?»
Dal suo sguardo improvvisamente più duro, Sherry capisce al volo che si è risentito. Le ha detto le solite cose per tutto il giorno ma lei non l’ha ascoltato, rimanendo trincerata nel dolore assieme ai suoi pensieri. E Everett non è il tipo a cui piace ripetere più volte le cose.
Ma poi sbuffa un poco, si passa una mano tra i capelli corvini e si sforza di ammorbidirsi, consapevole di quanto la sua attuale condizione le scombussoli la mente. Lui stesso non riusciva a tenersi stretto un particolare ragionamento o nozione per più di qualche minuto il primo giorno, ritrovandosi con la mente così affollata di pensieri contraddittori da non riuscire a stargli dietro.
«Darko ha detto al branco che verrai spostata per qualche tempo in una zona sicura ben lontana dal Nord, ma ha ritenuto più saggio non indicargli l’ubicazione esatta. Io l’avrei detto almeno a Glover e River, e magari anche alla tua madre adottiva.»
«Perché?»
«Perché basterebbe una parola di troppo, una qualsiasi parola di troppo, e la situazione rischierebbe di precipitare di nuovo.»
Con passo stanco le si avvicina e poi si sdraia al suo fianco, tenendo le mani mollemente appoggiate sull’addome granitico e gli occhi puntati sul soffitto chiaro.
«Stai serena, ragazzina: i tuoi lupi sono degli attori formidabili, sembrano davvero a lutto… anche se, a quanto pare, borbottano un po’ troppo spesso che non vedono l’ora di finirla con questa farsa per andare a devastare il Nord.»
Come volevasi dimostrare, Everett ha centrato il punto. Ci stava pensando, Sherry, domandandosi come se la passassero, se fossero capaci di tenere una notizia simile al sicuro, se fossero stati capaci di mantenere un profilo più che basso per mantenere la situazione quantomeno in stallo. E ce la fanno, i suoi ragazzi: le hanno giurato fedeltà sul serio e tutto ciò che vogliono adesso è la sua sicurezza, così che possa tornare al più presto e più incazzata che mai.
«Sei davvero un ottimo Beta, sai?»
«Ah sì?» Sorride compiaciuto, voltando un poco la testa per poterla guardare in volto.
«Mh-mh. Direi almeno un sette.»
Rotola su un fianco, l’espressione di nuovo dura ed impassibile. Non le ci vogliono i suoi rimpianti sensi da Spettro per poter capire che è solo una farsa, che sta giocando e che non c’è assolutamente rimasto male davvero. 
«Sette? Mi dai un misero sette anche se non hai termini di paragone?» Senza che lei abbia il tempo di accorgersene, lascia scivolare la mano sull’addome e inizia a farle il solletico. Sa dove toccare, il maledetto, perché l’ha osservata da piccola e poi l’ha messo in atto in un momento di serenità, e data la sua attuale scarsissima resistenza ci dà dentro finché non lo supplica di smettere.
«Ammettilo! Sono un dieci!» Rallenta e poi interrompe la tortura, un sorriso smagliante ad illuminargli il volto anche in quella oscurità.
«Okay, okay.» Un paio di sospiri di sollievo, giusto un paio, e poi… «Direi che sei un otto abbondante.» E lui muove di nuovo le dita «Okay, un nove!» Urla, incurante del fatto che gli altri stanno tranquillamente dormendo al piano inferiore, e lui torna alla carica «Nove e mezzo!» e finalmente si ferma. 
«Nove e mezzo, c’è spazio per migliorare...» I suoi occhi scintillano di buonumore. «Prima della fine del mese, diventerà un dieci!»
Seppur a fatica, dopo aver ripreso fiato, Sherry riesce a rigirarsi su un fianco per appoggiargli la testa sul pettorale. Sente il suo cuore, adesso, calmo e ritmico che pare volerle dire che va tutto bene, che è lì per lei e che non la lascerà più. E questo, in un certo senso, non va bene.
«Everett?»
«Mh?»
«Quando arriverà il momento… promettimi che mi lascerai decidere da sola.» 
Decidere da sola? La sua sorellina che fa qualcosa da sola. Senza di lui a guidarla, proteggerla, impedirle di sporcarsi di merda, di farsi del male. Si sente di colpo come un robot. “Errore di calcolo. Errore di calcolo.” Scuote con vigore la testa, si passa una mano sul volto con un sospiro frustrato e cerca al tempo stesso sia di mantenere la sua solita compostezza che di appoggiarla.
Avrei davvero bisogno di te, Kitty… con la tua acidità potrei impedire anche una cosa del genere. In fondo sei sempre riuscita a tenere a bada chiunque, figuriamoci se non ci riusciresti con questa sgallettata! Anche se, ora che ci penso, potresti essere un poco risentita anche con me… 
«Promettimi solo che prenderai in considerazione tutte le possibilità.»
Sorride dolcemente, Sherry, accoccolandosi maggiormente contro il suo fianco «Lo farò… e per questo ho già pensato ad un metodo scientificamente utile per far fuori Darren.»
«Del tipo?»
«Del tipo che lo scoprirai quando arriverà il momento. Voglio poterti sorprendere!»
Sherry e le sue sorprese del cazzo. A lui, e sicuramente anche a chiunque altro le voglia un minimo di bene, è bastata quella di quattro giorni prima.
Non capisce, Everett, se il suo sia un latente - e neanche troppo - istinto suicida a spingerla sempre verso nuove ed incontrollabili stronzate o la folle e spesso controproducente curiosità degli Spettri a spedirla a tutta velocità contro nuovi limiti nella speranza di distruggerli. Non lo capisce e non ci tiene neanche a scoprirlo. Le si appiccicherà così tanto alle costole da impedirle nuove scemenze, quindi è inutile raccapezzarcisi.
«Tsk, tu sei già una sorpresa continua senza che vai ad escogitare nuove pazzie, credimi.» Questo però deve dirlo, giusto per rimarcarle per l’ennesima volta che il suo stile di vita non gli va a genio.
«E mi adori proprio per questo!»
Potesse tirarle una pacca sulla testa con l’assoluta certezza di non provarle un’emorragia celebrale o simili, la colpirebbe con un gran sorriso in volto. Ad evitare che ci provi lo stesso in barba alle proprie paure, Everett sente un rumore inconfondibile provenire da lontano, motivo per cui si alza a sedere sul materasso.
«Bene, è arrivato.»
Si alza anche Sherry con una lentezza che non le appartiene neanche alla lontana e che la urta oltre ogni limite. Come si può pensare di vivere in questo modo? In questa schifosa fragile umanità? Everett le ha ribadito a più riprese che è una questione temporanea, sicuramente pure breve come è stato anche per lui, ma chi le dà la totale certezza che sia così? Potrebbe anche rimanere così per mesi, anni… magari pure per sempre! In fondo la sfortuna pare averla presa in simpatia, perché mai non temere una simile eventualità?
«Dio… mi muovo alla velocità di un vecchio in barella!»
«Non lamentarti tanto! Per me era necessario l’aiuto di Darko sia per alzarmi che per mantenere l’equilibrio per i primi trenta secondi, e comunque non poteva perdermi mai di vista. Credimi, da lattante mi muovevo molto meglio che non quando sono resuscitato!»
Ed era anche molto meno fastidioso che in quel frangente. Questo non glielo dice, ne va del suo orgoglio, ma proprio a causa del suo enorme orgoglio, della sua innata indipendenza e autonomia, per lui fu molto difficile ed imbarazzante dover essere accudito in quel modo.
Appena si svegliò fece più o meno come lei, tanto da convincere pure Roman e Darko di essere abbastanza forte da essersi evitato una simile scocciatura ma, una volta svanito il forte effetto dell’adrenalina che aveva nei tessuti e nelle vene, fu necessario il tempestivo intervento di Roman per fargli evitare una letale craniata contro una roccia dopo aver perso l’equilibrio. Da quel momento fu il calvario personale di Darko, alle prese con un uomo fatto e finito che non si reggeva più sulle sue gambe ed aveva bisogno che qualcuno lo aiutasse a muoversi e che lo nutrisse.
Rabbrividisce solo al ricordo, Everett, ma non per questo si mostrerà meno apprensivo nei suoi confronti. Ci fosse stata anche la stupida scimmia, a quest’ora avrei molti meno problemi! Almeno si occupasse un minimo del branco, ma no! Deve fare la dramaqueen di ‘sto cazzo!
Non appena sente i lenti e faticosi passi di Sherry dirigersi nella direzione opposta alla sua, la domanda gli sale spontanea: «Che fai?»
«Tu che fai?» Controbatte subito Sherry, non riuscendo a capire per quale assurdo motivo se ne stia davanti alla finestra aperta.
«Non penserai davvero di passare dalla porta, vero?»
«Se salto da un’altezza simile torno di sicuro da Leila e, credimi, vorrei evitarlo.»
Everett sente che sta per trasformarsi in una locomotiva a vapore per quanto sta continuando a sbuffare, ma non può farne a meno. Col senno di poi, non sarebbe stato poi troppo indicato come padre, perché ad ogni loro azione per lui “sbagliata” o “strana” avrebbe reagito sempre in questo modo, minando la loro autostima.
Non è però il momento di pensare se sarebbe potuto essere o meno un buon padre, soprattutto dal momento che non si presenterà mai l’eventualità, e per questo marcia verso di lei con passo veloce e silenzioso, mettendole poi tra le braccia lo zaino che aveva precedentemente preparato durante quel lungo pomeriggio.
«Non ti succederà niente, ti terrò io.» Se la carica quindi tra le braccia come se non pesasse più di un paio di chili, sorridendo divertito di fronte alla sua espressione preoccupata e, al tempo stesso, scocciata.
«Su, non fare quella faccia da gattino spaventato!» Afferma mentre raggiunge nuovamente la finestra, aggiungendo un sofferente “miao” per sottolineare il punto.
Gli uomini non sono proprio capaci di miagolare. Finiscono per assomigliare più a un animale morente che a una deliziosa palla di pelo.
Che Sherry odiasse le altezze elevate era cosa nota praticamente a tutti, fratello compreso, ma che questa sua riluttanza potesse raggiungere simili vette non lo immaginava neanche lei.
Non ha avuto il tempo di dire niente, neanche di cacciare un urlo pieno di terrore, che il fratello era già saltato giù e atterrato sulla sabbia morbida e fresca, facendo sì che dapprima il suo cuoricino provato smettesse di battere, poi salisse su in gola ed infine le precipitasse nelle viscere.
«Tutto bene?» Le domanda con un misto di preoccupazione e strafottenza nella voce, mollando finalmente la presa dalla sua testa, tenuta saldamente contro la spalla per evitarle il contraccolpo.
«Prima ed ultima volta che facciamo una vaccata simile.» Ringhia a denti stretti mentre si dimena dolorosamente per liberarsi dalla sua presa, capitolando poi nella sabbia quando i piedi toccano terra. Una parte di lei ancora non ha davvero capito di non potersi muovere come ha sempre fatto, mentre l’altra semplicemente ripudia questa fragilità e la spinge a comportarsi come al solito.
Prova a rialzarsi alla meglio, ritrovandosi a bestemmiare in tutte le lingue che conosce quando si sente tirare in alto dal fratello. Non voleva il suo aiuto, voleva riuscire in una cosa tanto semplice da sola, ma si rende conto che non hanno tempo.
«Dov’è? Non lo vedo.» Domanda sbrigativa mentre scruta l’infinita distesa d’acqua di fronte a sé, senza però riuscire a scorgere niente che possa farle capire che Darko è lì. In un altro frangente, avrebbe preso in giro il maggiore dicendogli che si è sbagliato, che ha preso un abbaglio, ma decisamente non è nelle condizioni di dire alcunché.
«Lo vedo io, tranquilla.» Nel dirlo estrae una lunga fune dallo zaino e poi, con un’insolita frettolosità, comincia a sbottonarsi la camicia scura «Due cose: primo, concentrati costantemente per tenere la tua aura quanto più bassa possibile come ti è stato insegnato; secondo, reggiti a me con tutte le tue forze, okay? Non farti problemi a strapparmi il pelo.»
Lo guarda senza capire per qualche istante finché la sua idea per la fuga non le diventa chiarissima, spaventandola non poco. Se avesse prestato attenzione durante il pomeriggio, ne avrebbero discusso e lui avrebbe avuto modo di calmarla subito, ma essendo troppo presa dai propri pensieri ora non ha più l’opportunità di farsi calmare come si deve.
«Per sicurezza ti legherò questa in vita, poi me la passerai attorno al collo un paio di volte.» E detto questo prima le mette in mano la fune e, subito dopo, muta davanti a lei.
Non si era mai resa veramente conto di quanto suo fratello fosse maledettamente enorme. Neanche con tutta la buona volontà di questo mondo riuscirebbe a stargli in groppa. Come potrebbe? Per stare seduta su quella schiena dovrebbe fare quasi la spaccata tanto è largo!
Ma non c’è tempo per dire niente, non quando qualcuno potrebbe uscire all’improvviso e bloccarli. Devono essere veloci e silenziosi, muoversi subito e sparire nel niente.
Dopo avergli avvolto la fune al collo arriva la parte più difficile: salire.
Everett si ritrova costretto a sdraiarsi totalmente a terra per facilitarle il compito, ma ci vogliono comunque più tentativi perché lei riesca ad alzare a sufficienza la gamba e a farla passare dall’altra parte, e quasi un minuto perché riesca a trovare il giusto equilibrio.
Nel momento esatto in cui la sente stringergli con forza le mani nel vello, tanto da tirargli fastidiosamente qualche ciuffo, Everett finalmente si rialza, costringendo la sorellina a serrare gli occhi. È a più di tre metri di altezza in un corpo schifosamente fragile e debole, una simile caduta le farebbe davvero molto molto male.
Ma poi ecco che arrivano i primi lievi brividi dovuti all’acqua ghiacciata che le bagna i piedi e, infine, le gambe. Non ci vogliono che una manciata di secondi e rimane giusto con le spalle e la testa fuori dall’acqua mentre il fratello nuota nell’oscurità più assoluta.
E le viene da piangere, a Sherry.
Le viene da piangere perché è stanca morta, perché ha un freddo polare che le fa male pure alle ossa, perché è spaventata all’idea di perdere la presa e andare sotto anche con la testa.
Vorrebbe pregarlo di andare più veloce, di abbreviare il più possibile questa agonia, ma nessun suono abbandona le sue labbra sempre più bluastre. L’unico rumore che emette è l’assordante sbattere dei denti.
Everett mette forza nelle zampe per muoversi quanto più velocemente possibile, ma sa bene che se esagerasse lei perderebbe la presa e si spaventerebbe solo di più.
Il panico di lei sta contagiando anche lui, che tutto vorrebbe eccetto che farle del male, ma il cuore torna a battere con regolarità non appena si rende conto che gli mancano giusto una ventina di metri per raggiungere il motoscafo rubato da Darko.
E lui è lì ad attenderli, l’espressione contratta dall’ansia, gli occhi rossi che li guardano con apprensione. Pur essendogli sembrata una buona idea quella di nasconderla nell’ultimo posto al mondo in cui qualcuno andrebbe mai a cercarla, non può fare a meno di pensare che buttarla nell’oceano in piena notte sia stata un’enorme stronzata.
Quando poi il mastodontico lupo si affianca all’imbarcazione e finalmente può vedere gli occhioni scuri e velati di lacrime di Sherry, la parte di lui che voleva chiedergli di modificare la sentenza di Bree si azzittisce totalmente.
Non è decisamente il caso, non dal momento che la ragazza pare essere a tanto così dall’ipotermia e sempre più vicina ad una crisi di nervi con i controfiocchi, motivo per cui allunga semplicemente le mani e l’afferra saldamente sotto le ascelle, sollevandola con la stessa facilità disarmante che ha mostrato anche Everett una decina di minuti prima.
«Ma ben svegliata, bimba!» Scherza con un raggiante sorriso in volto, poggiandola subito per terra ed aiutandola a togliersi i vestiti bagnati.
«Questi sono decisamente più pesanti.» Borbotta mentre le fa passare dalla testa non uno ma ben due maglioni morbidi che aveva precedentemente infilato uno dentro l’altra. Le infila poi altrettanti cappelli di cashmere così da evitarle problemi con i capelli bagnati, voltandosi un paio di secondi quando Everett, prese di nuovo sembiante umane, si issa a bordo. «Lì ci sono dei vestiti anche per te.» Afferma sbrigativo mentre aiuta la ragazza a mettersi un paio di pantaloni da neve e, infine, calzini pesanti e scarponi.
Il suo senso estetico sta urlando a pieni polmoni nella sua testa, lo sta implorando di svestirla di nuovo e metterle qualsiasi altra cosa, e riuscire a zittirlo non è compito da niente. Fortuna vuole che Everett voglia assicurarsi sempre delle cose.
«Nessuno sa dove andiamo, vero?»
«No, tranquillo.» Nel mentre ha preso Sherry e l’ha adagiata su un materasso portatile, l’ha imbottita bene con le coperte pesanti e le ha messo vicino una piccola stufa «E prego per aver scoperto i codici di sicurezza, non c’è di che!»
«Codici di sicurezza?» Domanda Sherry, mentre un brutto presentimento le serpeggia nella mente. Se il “luogo sicuro” fosse stato di loro proprietà non avrebbero dovuto scoprire proprio un bel niente, mentre adesso le pare evidente che stanno per commettere un’effrazione. Non che le cambi la vita eh, non avendo fatto ben di peggio in passato, ma nelle sue precarie condizioni preferirebbe evitare improvvise fughe o cose del genere.
«Ti porto in villeggiatura al mare, ragazzina.» Afferma con allegria il fratello mentre si friziona i capelli «Per farlo in tutta calma, però, era necessario scoprire i codici di sicurezza per evitare di far scattare l’allarme e mettere la pulce nell’orecchio del proprietario.»
«Che sarebbe…?» Se ha avuto bisogno di scoprire i codici anziché farseli dire, si evince che non si tratta esattamente di un amico e che, in tutta probabilità, non sarebbe neanche lieto di sapere che stanno per occupargli casa. Almeno tu, Ret, non fare casini per favore!
«Un umano schifosamente ricco con il quale strinsi degli accordi anni fa. La casa dove andiamo è stata il regalo di nozze del padre, ma in genere ci vanno gli amici della coppia durante la stagione estiva o a primavera.» Afferma mentre si mette a sedere al suo fianco, sistemandole maggiormente i cappelli sulla testa, calcandoglieli quasi fin sugli occhi, e rimboccandole ulteriormente le coperte. Se anche Sherry volesse muoversi per una qualsiasi ragione, anche solo per grattarsi il naso, adesso non ne avrebbe decisamente più modo. «Se non gli ho detto niente, è solo perché preferisco tenere anche lui all’oscuro dei miei movimenti. Un domani potrebbe tornarmi ancora utile, quindi è bene che rimanga in vita e al sicuro, non ti pare?»
Ha senso, sì, ma la verità è che ora come ora a Sherry non interessa neanche delle sue motivazioni. Le palpebre le sembrano improvvisamente come due pesantissime saracinesche che vogliono assolutamente abbassarsi, motivo per cui lascia cadere la discussione alla stessa velocità con la quale l’aveva tirata su.
«Sono troppo stanca per volermici raccapezzare, davvero…» Borbotta mentre tutto attorno a lei si fa sfocato, confuso. Il calore emanato dalla stufetta e il sobbalzare del motoscafo sull’acqua sono il colpo di grazia finale, una specie di ninna nanna che la fa sprofondare nell’oblio.
«Riposati, topolino…» Mormora dolcemente Everett, abbassandosi su di lei per darle un tenero bacio sulla tempia «Quando riaprirai gli occhi, ti troverai in Paradiso.»




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ragazzi, che direbbi? Mi ero scordata fosse venerdì! 😅
Me lo hanno ricordato oggi al mare…
“Giù, ma domani sera vieni alla festa, ve’?”
“Ma non è sabato?”
“Domani è sabato.”
“Ah.😨”
E niente, il mio cervellino ormai è andato per colpa del cloro e del Sole, che vogliamo farci? 🤣

Non ho niente da dire su questo capitolo, sono davvero troppo a pezzi… a malapena tengo gli occhi aperti! 🤣 Semmai dirò di più la prossima settimana, ma adesso l’unica cosa che voglio fare è morire nel letto per poter affrontare domani. Almeno il pomeriggio, ecco, perché domani sera striscerò senza dignità!😱

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Piccola avvertenza: alcuni dettagli e alcune scene saranno quanto più dettagliate possibile perché ci tengo a sottolineare delle piccole differenze — che forse giudicherete inutili. Boh, mi piaceva, quindi al limite provare ad ignorarle e via :)

Prima di cominciare, un grazie di cuore a Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo 💛 Un grazie particolare va inoltre a _Cramisi_ che ha segnalato la storia all’amministrazione per inserire la storia tra le scelte. Ti giuro, mi sono svegliata nel cuore della notte e, come sempre, ho dato uno sguardo alla pagina… sono rimasta così: 😱 GRAZIE GRAZIE GRAZIE! ✨
Grazie anche a tutti quelli che seguono la storia silenziosamente!💛


 

𝟛𝟛. 𝒟𝒶 𝓊𝓃𝒾𝓃𝓈𝑜𝓁𝒾𝓉𝒶 𝒱𝒾𝑔𝒾𝓁𝒾𝒶




Diversamente da quando si è addormentata, adesso sente davvero caldo. Un caldo piacevolissimo che l’avvolge totalmente, un caldo alla quale non è proprio abituata.
Mi hanno messa in un forno?, è il primo pensiero che la sua mente ancora mezza addormentata riesce a concepire, che viene prontamente smentito quando riesce ad aprire gli occhi.
È all’aria aperta, sdraiata su una superficie rigida ma comunque morbida e indossa un copricostume di seta con stampa animalier, uno di quelli che non toccherebbe neanche in un negozio per paura di rovinarlo. Non è mai stata fissata con i vestiti, non ha mai sentito la necessità di avere indumenti costosi e firmati, ma certamente non li ha mai disdegnati. Semplicemente non aveva modo di usufruirne considerando la vita che conduceva ma adesso, in questo preciso momento, dove per forza di cose deve stare lì buona buona, perché non goderselo?
Scostandolo un poco sul petto, nota che sotto le è stato infilato un bikini nero con bordo Greca giallo dorato.
No, aspetta. Bordo Greca?!
Non è mai stata una fissata dell’alta moda, certo, ma certe firme le riconosce facilmente pure lei, Becca gliele ha fatte praticamente imparare a memoria, e quella la riconosce di certo.
Ha rubate delle belle cosucce nei suoi atelier, ma è abbastanza certa che questo non sia stato rubato. Non ne ha ovviamente la certezza, ma qualcosa le suggerisce che è stato pagato fior di quattrini a cuor leggero.
Per togliersi ogni dubbio, capisce che farebbe prima a chiedere ad Everett, ma quando finalmente riesce ad issarsi a sedere ogni singolo pensiero viene sostituito brutalmente con l’immagine stampata a fuoco nelle retine del luogo in cui si trova.
Di fronte a lei è situata un’enorme piscina olimpionica, decorata con mosaici dorati e circondata da quattordici colonne di marmo con capitelli, da eleganti chaise longue in teak, piante rigogliose e, sulla sinistra, una piscina circolare, più piccola e a sfioro, con annesso un piccolo bar ben rifornito di liquori. Nota pure una piccola area barbecue e una discreta sala da pranzo all’aperto.
Ammira poi, non senza un certo stupore, lo splendore del giardino che si estende di fronte ai suoi occhi. Distingue senza grande sforzo una collezione unica di piante sia comuni che tropicali, che coesistono tra loro e creano una replica perfetta dell'Eden. Ad una delle estremità i tronchi di ulivo centenari si intrecciano e formano figure antiche e suggestive. In un angolo roccioso di corallo fossile si può notare un grosso laghetto artificiale, dimora di svariate specie di pesci tropicali e tartarughe d'acqua.
Scuote con forza la testa, provocandosi così un non indifferente senso di vertigine che la stenderebbe se fosse in piedi.
Dove sono finita?!
«Everett?» Malgrado il suo intento fosse quelli di farlo arrivare quanto prima, la voce le è comunque uscite debole, un poco timorosa.
Aggrappandosi a tutta la propria determinazione, scivola in avanti col sedere fino a toccare con i piedi per terra e, pur sapendo che il rischio di sfracellarsi di faccia al suolo sia molto alto, fa leva con le braccia e si alza. Il senso dell’equilibrio è assai precario, tanto che non ha assolutamente il coraggio di voltarsi per vedere dove ha passato la notte, preferendo saggiamente muoversi in avanti per raggiungere un punto migliore per osservare la spiaggia.
Domandandosi se per caso c’è qualcun altro lì oltre a lei, e nella speranza di trovare il fratello, volta la testa prima da un lato e poi dall’altro, notando un vasto campo da tennis alla sua sinistra, ad un centinaio di metri dalla piscina.
Deve essere divertente giocarci, pensa con una punta di rammarico. Questa sensazione non è dovuta alla sua attuale condizione, ma proprio alla sua natura: chi tra i suoi potrebbe giocare a tennis senza barare in modo vergognoso? Chi riuscirebbe a colpire la pallina senza sfondare la racchetta? Nel caso qualcuno ci riuscisse, chi non proverebbe ripetutamente a colpire l’altra per il puro divertimento di vederlo piegarsi in due?
Consapevole che le gambe non la reggeranno ancora a lungo, soprattutto a causa del dolore che ogni movimento le provoca, decide saggiamente di mettersi a sedere su una delle chaise longue vicine alla discesa rocciosa che delimita il tutto, che permette di avere la completa - o quasi - visuale della zona circostante. Ed è assolutamente magnifica.
Avevo capito che saremmo stati “ospiti” in una casa al mare, ma questo ha tutta l’aria di essere un albergo!
La spiaggia è candida come in una fiaba, l’oceano di un azzurro così intenso e brillante da sembrare quello di un dipinto. Se non fosse per il ritmico movimento delle onde agitate, penserebbe di avere di fronte un qualcosa di fasullo.
Aguzzando un po’ tanto la vista, scorge una figura solitaria fare surf al largo. La osserva prendere le onde con professionalità, inclinando la lunga tavola gialla in modo da accordarsi con esse. Scrutando per una seconda volta la spiaggia può dire con certezza che non c’è nessun altro.
Deve essere “l’amico” di Everett, il tizio ricco. Ma Everett dove cazzo sta?!
Guarda per qualche istante ancora il surfista mentre cavalca un’onda fino al bordo della spiaggia e saltare giù come se la tavola lo avesse comodamente portato a riva.
L’uomo si scioglie i capelli dall’elastico e poi li scrolla, staccandosi al contempo la cinghia che lega la tavola alla caviglia. Da quella distanza, non riesce a distinguere i suoi lineamenti. Anzi, per dirla tutta, è già buono se capisce che si tratti di un uomo anziché di una donna.
Come richiamato dal suo sguardo indagatore, lo sconosciuto si sfila le maniche e si tira giù la tuta aderente fino alla vita, poi solleva la tavola con un braccio e risale la spiaggia a passo veloce.
Inebetita, lo guarda muoversi nel paesaggio, e ad ogni passo i suoi pettorali e addominali tonici diventano più visibili. La sensuale porzione di pelle che affonda nella muta forma una deliziosa V punteggiata di sabbia e acqua di mare.
Mentre lui sale le scale che portano fino a lei, portandosi da un momento all’altro i capelli scuri all’indietro e rivelando così il volto, un senso di disagio e nausea la invade nel rendersi conto di aver trovato tanto sexy suo fratello.
Vorrebbe sprofondare, ma opta per la sua migliore espressione indifferente nella speranza di non emanare alcun odore in particolare. Anche se è improbabile che lui faccia domande a riguardo, preferisce comunque evitare ogni possibile motivo d’imbarazzo.
Quando finalmente la raggiunge e le sorride con una rinnovata allergia e vitalità, si sente improvvisamente meglio, come se con solo il suo stato d’animo potesse schermarla da tutti i suoi brutti pensieri e preoccupazioni.
«Farti svegliare con un panorama del genere è stata una buona idea o preferivi ritrovarti in una camera sconosciuta?» L’acqua gli gocciola dai capelli sulle spalle e lungo il petto divinamente scolpito, mentre quel sorriso non accenna a spegnersi neanche per un istante. Si sente sorprendentemente allegro da quando sono arrivati, malgrado l’ambiente gli fosse totalmente sconosciuto. La consapevolezza che nessuno verrà a cercarli lì lo rincuora in modo sorprendente.
«L’hai fatto perché non volevi restare dentro a far niente, ammettilo.»
«Beccato.» Poggia la tavola di lato, contro il muretto in pietra, e poi si siede di fronte a lei «Come ti senti?»
«Direi bene per tranquillizzarti, ma visto che ti accorgeresti della clamorosa bugia dico non troppo bene.»
«Riesci a muoverti meglio del previsto, comunque. È buon segno.»
«Perché mi sono spostata da là a qua?» Il suo sguardo è scettico non tanto per il dato di fatto in sé quanto perché solo ora si rende conto che potrebbe raccontarle una valanga di stronzate per tranquillizzarla e lei non se ne renderebbe minimamente conto.
«Io non ci riuscivo.»
Questa sua ammissione però le fa capire che no, non sta mentendo. Uno come lui non ammetterebbe mai con tanta leggerezza una cosa del genere solo per rincuorare qualcuno a cui tiene, il suo orgoglio non glielo permetterebbe mai.
«Vieni, ti faccio fare un tour della tua momentanea casetta!»
È allegro come lei è allegra quando va al luna park e davvero non riesce a capirne il motivo. Ad Everett non piace stare chiuso tra quattro mura, per lui è quasi innaturale e gli dà pure un vago senso di claustrofobia il più delle volte, quindi non capisce da cosa può scaturire il suo singolare stato d’animo.
Che sia la lontananza da Radish?
Sherry ci ha preso solo in una piccolissima parte e la risposta completa le si para davanti quando finalmente vede ciò che c’è alle sue spalle.
«Casetta
Lo sguardo quasi non l’abbraccia tutta, quindi quell’etta decisamente è quanto di più inappropriato possibile.
Si parla direttamente di una villa, di quelle di lusso da rivista, che si erge su tre livelli - più uno sotterraneo, dove sono situati l’home cinema e la palestra. Il piano terra è caratterizzato da due ampi soggiorni, uno dei quali accede direttamente sulla piscina, una sala da pranzo con grandi vetrate scorrevoli e una spaziosa cucina separata. Ai due piani superiori, infine, ci sono dieci camere da letto con bagno privato e terrazze annesse. Sul tetto, infine, è situata una terza terrazza semi-coperta con idromassaggio ed un piccolo bar.
Grazie all'accostamento di materiali naturali e moderni, ogni elemento contribuisce a creare un ambiente elegante ed esclusivo.
«Alla moglie del proprietario piacciono gli sfarzi, così il suo facoltosissimo suocero le ha fatto costruire un qualcosa all’altezza dei suoi gusti… dopo aver comprato l’isola.» Ammette con un sogghigno Everett, godendosi l’espressione un poco stralunata della sorellina.
«Come, prego?»
«Siamo su un’isola, piccola. Non grande, certo, ma pur sempre un’isola. Laggiù c’è il piccolo molo privato e il motoscafo che ci ha lasciato Darko. In genere loro usano uno yacht privato, ma quando sono lontani lo ormeggiano altrove.»
Sherry è sorpresa da tutto questo, anche perché per la sua mente casa di Fern sua è già da considerarsi più che lussuosa, questo genere di sfarzi non le hanno mai davvero accarezzato la mente, non dal momento che ha passato la vita il più lontana possibile dalla civiltà. Everett, invece, non capisce perché si sorprenda tanto: con le loro abilità e i loro agganci, questo è uno stile di vita facile da ottenere. Un paio di colpi grossi in banca, un paio di amicizie che per chiunque risulterebbero sconvenienti o pericolose e BOM!, il gioco è fatto.
«I domestici vengono la mattina presto a pulire e a rifornire la cucina, ma è stato ordinato loro di non importunare in alcun modo gli ospiti, quindi non ti accorgerai neanche della loro presenza. Sono persone piacevoli, comunque, e lo dice uno a cui gli umani non vanno particolarmente a genio, il che li rende sicuramente deliziosi ai tuoi occhi.»
Il cervello rischia di scivolarle giù dalle orecchie tanto è shoccata da tutte quelle novità, per quanto almeno stavolta siano piacevoli. A rendere più forte lo shock, poi, c’è il nuovo ma potente pensiero che ora come ora non vorrebbe essere in altro luogo che casa sua, possibilmente nel suo grande letto sfatto col materasso mezzo distrutto, accoccolata contro il petto massiccio di Radish.
Ma non può avere quello che vuole, stavolta meno che mai. Deve rimanere nascosta, lontana da occhi e orecchie indiscrete, finché non sarà tornata in forma, in modo tale che i nemici non trovino più un motivo valido per attaccarli nuovamente. L’idea che comunque il Team Z si sia in qualche modo legato al branco le infonde un discreto sollievo, perché sa che, se il loro piano dovesse rivelarsi inutile, non permetteranno una seconda strage.
«Dai, ti mostro il resto.»
Sa bene, Sherry, che il suo è solo un modo come un altro per farla muovere un poco e per tenerle la mente quanto più occupata possibile e gliene è profondamente grata, ma una parte di lei la supplica di arrampicarsi sul suo corpo forte per farsi trasportare. È solo a causa del suo orgoglio se stringe maggiormente i denti e s’incammina al suo fianco, ringraziandolo silenziosamente per la mano che le tiene poggiata sulla schiena.
Entrano in un’enorme stanza con il soffitto di travi scure e dal centro pende un elaborato lampadario di cristallo, i cui prismi catturano la luce del Sole proveniente dalle finestre e riflettono infiniti arcobaleni tutt’attorno. Un parquet di caldo legno di ciliegio costituisce il pavimento di quell’ambiente sontuoso, coperto qua e là da tappeti dai rustici colori scuri; i divani beige hanno un’aria morbida e vaporosa che invitano chiaramente a buttarcisi sopra. Il locale è arioso e pieno di luce, grazie alle finestre tutt’intorno. L’impianto audio e TV occupa un’intera, altissima parete. Ci sono mensole e scaffali pieni di libri e di DVD, e arazzi dai colori sgargianti rivestono i muri. Ovunque ci sono piante e quadri.
Decisamente non è la casa che si aspetta di occupare.
«È un posto incredibile!» Nel dirlo continua a camminare, entrando così nel secondo maxi-soggiorno, altrettanto sfarzoso e arredato col solito buon gusto. Si avvicina poi ad una portafinestra lasciata semiaperta ed esce sul balcone a strapiombo con la ringhiera in ferro battuto e la vista le toglie del tutto il fiato.
«Oddio» Mormora, sbalordita, fissando estasiata il panorama da rivista: davanti a lei, infatti, l’oceano si stende a perdita d’occhio.
Everett le si avvicina alle spalle e si china verso il suo orecchio, indicandole una zona sabbiosa protetta dalle rocce verso la loro destra.
«Quella è El Matador Bay Beach» Afferma, abbastanza vicino da farle sentire il suo respiro caldo sulla guancia.
«È...»
«Straordinario. Lo so» Conclude per lei, ma non in modo presuntuoso o arrogante. Sembra meravigliato lui per primo da quel panorama, il che la sorprende. Un uomo come lui, che per sua stessa ammissione in gioventù ha girato parecchio sia per ordine del padre sia durante le sue brevi fughe d’amore e con gli amici, abituato a quel genere di splendore grazie alla permanenza nel Regno delle Fate, ne rimane ancora ammaliato.
«Ti faccio vedere la camera.»
Malgrado l’idea di allontanarsi da un simile spettacolo non le vada particolarmente a genio, lo segue di nuovo dentro casa. Oltrepassano un numero forse imbarazzante di stanze senza che abbia nemmeno il tempo di guardarle. Quando infine arrivano davanti a una porta a due battenti, le lascia la mano per aprirla.
«Questa sarà casa tua per i prossimi giorni.» Afferma con un sorriso «Goditela!»
La stanza è un trionfo di bianco: i mobili, la biancheria, persino i quadri sono in varie tonalità candide, con appena qualche tocco di colore. Un netto contrasto con le tinte forti del soggiorno.
«Che ne dici?» Prima ancora che Sherry abbia il tempo di metabolizzare la sua domanda, stordita da quel lusso alla quale non è abituata, Everett va ad aprire un’altra porta, rivelando un’impressionante quantità di vestiti, in un’infinita gamma di colori, consistenze e tessuti.
«Per la puttana!» È l’unico e colorito commento che esce dalle sue labbra mentre ci si catapulta dentro ad occhi sgranati.
La cabina armadio è tanto grande che ci si può camminare dentro. Passa le dita sui vestiti appesi, molti dei quali con le etichette del prezzo ancora attaccate. La padrona di casa ha gusti davvero costosi!
«Avevo pensato ad un programma per la giornata che forse potrebbe interessarti…» Borbotta il maggiore, rigirandosi tra le dita una sofisticata cintura in pelle nera con minuscole borchie argentate «Ma forse preferisci riposarti e basta.»
Sherry lo guarda dritto negli occhi, impaziente di sentire la sua proposta. È un poco intimorita però, perché sa di poter fare davvero molto poco nelle sue condizioni, soprattutto a causa del dolore che i movimenti le provocano.
Ma Everett non è stupido, per niente, e certo non ha trascurato un simile particolare, motivo per cui allunga una mano su una delle sottili mensole bianche e afferra una piccola confezione arancione che ci aveva messo prima di uscire. Voleva che le cose andassero in questo preciso modo perché, così facendo, lei sarebbe stata sicuramente di umore molto buono.
«Scendiamo a mangiare qualcosa, così puoi prendere uno di questi antidolorifici, poi ti cambi e andiamo a fare quattro passi in città. È molto carina, davvero, e ci sono tanti ristoranti e negozi che potrebbero interessarti.» Sorride con aria furbetta mentre si addentra nel guardaroba, arrivando ad aprire uno degli ultimi cassetti in fondo alla stanza ed estraendone diverse mazzette di banconote di grosso taglio «Con queste convinciamo sicuramente i negozianti a venderci i loro addobbi natalizi. Se non sbaglio, ti piacciono parecchio.»
Non riesce neanche a parlare, Sherry. L’unica cosa che riesce a fare sulle prime è sorridere al massimo delle proprie capacità e, solo dopo qualche secondo di surreale silenzio, scoppiare in un urlo così acuto da dare fisicamente fastidio al fratello. Non le dice niente però, perché vederla così felice e, lo spera, un poco più spensierata era l’obiettivo.
«Però, come dicevo, magari preferisci ripos—»
«Dammi gli antidolorifici!!!»
Ridacchia pure Everett di fronte al suo rinnovato entusiasmo, pensando che forse ha già raggiunto il dieci pieno dopo questa trovata. Sicuramente però lo farà con quegli antidolorifici, capaci di dare un senso di allegria anche a chi ha appena perso l’intera famiglia nel più tragico degli incidenti grazie al particolare psicoattivo con il quale venivano prodotte prima di essere messe fuori mercato. Come se le siano procurate non lo sa, ma neanche non gli interessa se può usufruirne a piacere.
«Prima si mangia.» Afferma mentre la raggiunge e l’afferra di nuovo per la vita, trovando un minimo di resistenza. Vorrebbe fare a modo suo, ingurgitare le pastiglie subito, trafugare sicuramente un bell’abito e poi schizzare fuori di casa, e per questo Everett se la carica in braccio, fregandosene da subito delle sue lamentele. Dovrà lavorare ancora parecchio per ingabbiare un minimo questa sua cocciutaggine, ma è certo di riuscire anche in questo.
Lui è Everett, figlio dei Sovrani del Nord Mezcal e Aisha, può fare tutto quello che vuole!


Girare senza meta per cinque giorni, mangiare quando se lo ricordava in bettole discutibili, dormire all’addiaccio in rifugi di fortuna, sforzarsi così tanto per stare il più lontano possibile dalle persone che, malgrado tutto, gli vogliono sinceramente bene e vogliono aiutarlo, forse non è stata la migliore idea della sua vita. Un po’ come quella di voltare le spalle a Sherry e scappare perché incapace di affrontare una discussione tanto delicata e buttando di conseguenza le basi per una conversazione anche peggiore per farsi perdonare. Sempre ammesso che voglia farsi perdonare, ecco.
Malgrado quest’amara consapevolezza, però, sa che non avrebbe potuto fare altrimenti. Il carico che gli è stato messo sulle spalle era davvero troppo grande per impedirgli di scappare, ed anche troppo intimo e personale per impedire che nuovi e odiosi pensieri prendessero il sopravvento.
Voleva allontanarsi per non pensare più a quanto tutto fosse assurdo, per scrollarsi anche la sola idea di quella maledetta profezia che lo riguarda così da vicino, la causa scatenante se lui è tornato in vita, ma si è ritrovato presto a pensare che il Grande Spettro non solo è uno stronzo manipolatore ma anche un folle se davvero pensava che un figlio suo sarebbe mai stato capace di tanto prodigio.
Sì, insomma, cos’ha lui da offrire? Può ammetterlo, almeno con sé stesso: non ha la forza smisurata di Kakaroth, il suo buon cuore e la sua determinazione infinita; non ha neanche la forza di Vegeta, la sua mente acuta e la sua insopportabile fierezza, degna di un vero Principe dei Saiyan. Lui, un codardo che è scappato alla sola idea della paternità, cosa potrebbe mai generare? Un meticcio di infimo livello pronto a scappare davanti ad un ostacolo troppo grande. Bell’affare, sul serio, davvero un fuori classe.
Poco conta il fatto che Sherry veda in lui qualcosa di particolare, che tutta la sua gente lo faccia e gli si sia affezionata, che lo segua per questo motivo, lui non si riconosce in ciò che loro vedono, non ci riesce. È stato denigrato per quasi tutta la vita, e i pochi anni sulla Terra dove gli è stato mostrato che forse si erano precedentemente sbagliati non sono ancora sufficienti a fargli cambiare idea.
Un figlio è una responsabilità enorme, ti cambia totalmente e tu devi essere pronto a sostenere una nuova vita, a dargli tutto ciò di cui ha bisogno, essere una guida forte, un solido punto di riferimento.
Come potrebbe mai esserlo lui, che è scappato un’altra volta? Lui che ha abbandonato Sherry, la donna che ama e con la quale vorrebbe passare il resto della sua vita? La persona più importante di tutte, la stessa che da mesi gli sta dando tutta sé stessa, che gli ha rivelato cose profondamente intime, lui l’ha abbandonata senza pensarci due volte.
Si è sforzato davvero, in quei giorni di isolamento auto-imposto, di pensare che magari avrebbe potuto tentare, che avrebbe potuto fare uno sforzo, ma alla fine si è convinto di no. Diventare padre non è difficile, buona parte degli uomini ne sono capaci, ma essere padre è tutt’altra cosa e lui, di certo, non ha avuto un modello di riferimento alla quale ispirarsi. Come potrebbe crescere una creatura tanto speciale? Come potrebbe renderla felice, educarla, renderla capace di distinguere il bene dal male come lui non ha praticamente mai fatto? Come potrebbe renderlo un uomo fiero e degno della fiducia che dovrebbe avere quel principe? Se la profezia avesse detto chiaramente che sarebbe nato l’ultimo degli imbecilli o il più pericoloso pazzo criminale mai visto avrebbe anche potuto farci un pensiero, non sarebbe stato poi troppo difficile e non avrebbe deluso alcuna aspettativa… ma un principe designato poi come futuro ed unico Re di tutti gli Spettri?! No. Decisamente è una responsabilità davvero troppo grande.
È per questo che ha deciso di andarsene davvero. Dove non lo sa, non dal momento che Sherry o uno qualsiasi di loro sarebbe tranquillamente in grado di stanarlo con un po’ di impegno, ma sa che deve farlo. Deve allontanarsi dalla strana, frizzante e meravigliosa vita alla quale si stava tanto felicemente abituando, da quel gruppo di scalmanati che lo chiamano fratello, da quegli uomini e quelle donne che contano sulla sua forza anche per garantire un futuro migliore ai propri figli… deve allontanarsi da Sherry, la pazza furiosa che gli ha detto più volte di amarlo, la pazza incosciente che si è lanciata tra le fauci dell’uomo che tanto la terrorizza da tutta la vita e che le ha fatto tanto male per tenere al sicuro Chichi e Goten, così che lui non ne soffrisse. Deve andarsene dalla donna che ama più di sé stesso così da non rovinarle la vita.
Ma la terrà d’occhio, anche se da lontano, e la proteggerà al meglio delle sue capacità. Se fosse stato in grado di stanarli avrebbe già ucciso tutti gli Spettri del Nord, dal primo all’ultimo senza alcuna esclusione. Ecco, quest’ultimo pensiero ha fatto in modo che la sua scelta si rimarcasse ulteriormente: un uomo incapace di provare pietà verso chi realmente non c’entra niente, verso chi è rimasto coinvolto e al massimo è solo vittima di soprusi, unicamente perché la sua donna è stata ferita ripetutamente, come può educare la creatura che è stata designata come portatrice di luce? Non può farlo, ecco la risposta.
Per tutti questi motivi adesso sta finalmente tornando a casa. Quella grande, calda e accogliente casa che era arrivato in breve a considerare sua, loro. Doveva essere il loro rifugio, il loro porto sicuro, invece adesso si è violentemente e forzatamente trasformata in un’abitazione come un’altra e ci sta andando non per trovarci riparo e conforto ma per prendere le proprie cose.
La finestra di quella che era la loro camera da letto è aperta, indice che c’è qualcuno. Qualcuno che lui sicuramente non vuole vedere, perché sarà solo l’ennesima pugnalata al cuore. Vuole bene a quegli spostati, tutto sommato. Gli piace la loro energia travolgente, il loro non volersi arrendere, il loro rialzarsi anche quando la situazione è più che tragica, il loro stringere i denti e tirare avanti nella speranza di un futuro migliore. Gli piace la loro allegria, il loro volerlo coinvolgere nelle loro follie, il loro tenerci tanto ad un’amicizia nuova ed insolita come la loro.
Non lo credeva possibile, soprattutto perché li ha sempre considerati solo ed unicamente invadenti, ma adesso si rende conto che sono amici, che pure lui è affezionato a loro e che l’idea di dover troncare i rapporti gli fa più male del previsto.
Entra dalla finestra sforzandosi di non fare il minimo rumore. Prenderà giusto un paio di cose e poi scapperà di nuovo, magari rifugiandosi su qualche isola finché non sarà sicuro che avranno mollato la presa. La sola idea, però, gli fa rivoltare violentemente lo stomaco.
Un tonfo sordo sulle scale lo fa un poco trasalire, ma prima che abbia davvero il tempo di lanciarsi fuori dalla finestra per evitare ogni difficile contatto, la testa di Mordecai fa capolino dalla porta, i capelli castani più scompigliati del solito, gli occhi caramello sono incredibilmente stanchi, ma un sorriso raggiante gli increspa comunque le labbra.
Deludere lui sarà più difficile di quanto non immaginasse, soprattutto ora che gli sta sorridendo in quel modo.
«Ehi, bello! Come butta?»
Rimane in silenzio per qualche istante, Radish, col borsone ancora vuoto poggiato sul letto al suo fianco che parla per lui. Per un folle, misero istante spera davvero che il più giovane lo prenda e lo distrugga per impedirgli di andarsene, che s’impunti come solo lui sa fare e faccia una tragedia per trattenerlo. Ma è una speranza vana la sua, lo sa, perché Mordecai non è il tipo di persona che trattiene gli altri, neanche quando le ama con tutto sé stesso.
«Ho sentito un rumore strano. Che è successo?» Domanda con voce priva di emozione, gli occhi fissi sul borsone.
«Mi era caduta la maglietta.» L’ha notato pure Mordecai, lo si capisce dal tono curiosamente spento. Tutto il branco sa dei recenti avvenimenti, sanno del suo allontanamento - come l’ha definito Darko, mentre molti usano proprio il termine “fuga” -, sanno che ha lasciato Sherry da sola, ma almeno lui non gliene fa alcuna colpa. Non vuole immischiarsi, non vuole giudicare. Non lui, per lo meno. La faccenda di Bree gli preme molto di più di un suo momentaneo cedimento. Momentaneo, esatto, perché Mordecai non vuole credere che avrà veramente il coraggio di provare a rompere un rapporto come quello che ha con Sherry. Non ci vuole credere e non lo fa, in barba a ciò che dicono molti altri.
«A meno che la tua maglietta non sia fatta di piombo, non dovrebbe fare quel rumore.»
«È vero, ma c’ero io dentro!» Gli sorride più che può, cerca di mostrarsi il solito Mordecai di sempre, quello con la battuta pronta che strappa sempre un sorriso, ma si rende conto che serve davvero a poco. Radish a malapena lo sta ascoltando.
Micah, dal piano di sotto, si è trascinato stancamente da loro per sorreggere il fratello, sicuro che prima o poi avrà un vero cedimento. La morte di Sherry è stata per lui un qualcosa di davvero terribile da sopportare, tanto che ha voluto per forza passare la notte da Fern e dormire nel suo letto come quando era piccolo e sognava il suo gemello, Malacai. Ha avuto bisogno della sua mamma come forse non ne aveva mai avuto prima e questo, per Micah e gli altri, è stato un segnale molto forte. Segnale che si è trasformato in un sonoro e spaventoso allarme quando, dopo aver appreso quanto accaduto con Bree, è esploso per la rabbia e si è battuto ferocemente contro chiunque provasse a placarlo. Pure River, uno degli Alpha più forti della tana, c’è rimasto ferito e Darko, dall’alto della sua esperienza e con davvero pochissima pazienza a disposizione, ha dovuto quasi strangolarlo pur di fargli abbassare la cresta.
Mordecai non ha mai fatto così, Micah lo sa bene e per questo adesso non se la sente di lasciarlo solo. Oltretutto lui è rimasto senza Bree, non può raggiungerla senza che i più estremi lo seguano per farle del mare per vendicare il torto inflitto a Sherry, quindi è anche lui ad aver bisogno del fratello.
Quando poi si rende conto di cosa sta realmente accadendo in camera, prova a metterci una pezza a modo suo. Perché Mordecai non trattiene le persone, lo trova assai stupido e spesso controproducente, ma Micah un tentativo, di tanto in tanto, lo fa.
«Bro, hai un aspetto dimmerda!» Scherza con un ampio sorriso in volto, nascondendo così il proprio disagio e il proprio dolore di fronte a quel borsone aperto. Lo avvicina con passo svelto e gli avvolge le spalle con un braccio, strattonandolo in avanti «Vieni a mangiare qualcosa, su.»
Radish non vorrebbe farsi condurre al piano di sotto, verso la sala da pranzo, perché sa che sarà solo più doloroso allontanarsi, ma non riesce a farne a meno. Quella gente, in qualche strano e assai contorto modo, sono diventati parte di lui, della sua nuova, grande, chiassosa ed improbabile famiglia e per questo l’idea di voltar loro le spalle è estremamente difficile da mettere in atto.
Quando poi entra nella sala da pranzo e nota gli sguardi dei presenti, non può fare a meno di sentirsi una merda. Maddox e Major, pieni di nuove cicatrici e con l’aria di chi non chiude occhio e non si ferma da giorni, gli sorridono appena, troppo stanchi per qualsiasi altra cosa; River lo guarda con aria delusa, così come Glover e Willem. Quando poi i due abbassano gli occhi, incapaci di continuare a guardarlo senza sbottargli contro, per Radish è come un pugno in pieno viso. Un po’ come lo sono tutti quelli che, senza dire una sola parola, si alzano e se ne vanno. La vedono molto diversamente da Mordecai, sono convintissimi che li abbandonerà, che abbandonerà Sherry in un momento tanto delicato e triste, e per questo si sentono oltremodo feriti, tanto da non volergli stare vicini.
Mentre loro gli fanno male al cuore, c’è qualcuno che ha la capacità di metterlo come in allarme.
Non ha mai creato un grande rapporto con Pip, che in quei mesi è stato piuttosto assente, ma vedere il disprezzo vero nei suoi occhi gli fa lo stesso uno strano effetto. Non lo guardò in quel modo neanche al loro primo incontro, quando capì che sicuramente aveva una relazione con la sua amica fraterna pur non appartenendo alla loro specie.
«Che sono quei musi lunghi?» Butta lì Micah, prendendo una sedia e sedendosi in modo scomposto. È stanco morto, non ha quasi più le forze per reggersi in piedi e il riposo è ancora ben lontano.
Vegeta aveva proposto a loro quattro per primi di allenarsi a coppie nella Stanza dello Spirito e del Tempo, spiegando loro le sue uniche e utilissime particolarità, ma si sono trovati costretti a rifiutare l’offerta. Buttare una coppia di Spettri in un luogo simile, dove non potranno mai cacciare per un periodo tanto lungo, equivale semplicemente a portare il soggetto alla pazzia più profonda, a ridurlo davvero ad una bestia rabbiosa che attaccherà anche i propri piccoli una volta uscito e che non potrà mai più essere recuperato.
Il Principe ha dovuto per forza accettare la risposta e li ha allenati ancor più duramente perché non può sopportare che degli allievi suoi possano fallire. Ci sta mettendo davvero del suo nei loro allenamenti, li sta come plasmando a proprio piacimento in attesa di poter fare altrettanto col figlio, e un loro secondo fallimento è impensabile. Anche perché, tutto sommato, un poco gli vanno sul serio a genio e gli dispiacerebbe vederli morire.
A causa di tutto questo, il branco si ritrova a dover costantemente sorvegliare i territori, uccidere i pochi invasori che cercano informazioni e continuare ad allenarsi ancor più duramente, tutto insieme. Stanno pure affinando le loro doti recitative perché talvolta rimandano indietro un paio di Segugi gravemente feriti con notizie false, giusto per provare a pararsi ulteriormente.
«Stiamo aspettando la pizza da tipo cinquanta minuti… penso che avrei fatto prima ad impiantarmi un utero, fecondarmi e avere un bambino.» Borbotta Glover, che malgrado tutto non se la sente di voltare le spalle a Radish. Capisce che la notizia deve essere stata devastante per lui, soprattutto perché è stata uno shock clamoroso pure per loro che ne sono totalmente estranei, motivo per cui vuole dargli il beneficio del dubbio. Uno della sua razza non si sarebbe sforzato così tanto se non fosse più che pazzo d’amore per la sua compagna, quindi è strano che voglia allontanarla sul serio. Deve essere solo maledettamente spaventato, ma forse, tutti insieme, possiamo rimetterlo in carreggiata.
«Possiamo evitare l’argomento bambini?! E che cazzo…»
Ma forse mi sbaglio, pensa abbassando di nuovo la testa con un sospiro, alzando poi gli occhi su Major quando lo sente parlare con stizza e strafottenza.
«Oh, poverino! Ha scoperto che metterà su famiglia con una donna fantastica che lo ama più di sé stessa. Che brutto destino lo attende…» Mette su pure una faccia corrucciata e desolata per sottolineare la presa in giro, diventando poi di colpo serio e gelido come non era mai stato nei suoi confronti.
«Non sono in vena, Maj. Stai molto attento.»
Neanche lui è in vena però. Ha rischiato di perdere Dom, le sue bambine, sua cognata e i suoi nipoti, dannazione! Ha rischiato tanto, troppo, e dei suoi amici non hanno semplicemente rischiato, rimanendo con un vuoto atroce nel cuore, e lui ha pure la faccia tosta di comportarsi come sta facendo di fronte a tutti loro.
Radish in qualche modo lo capisce e molla subito la presa, abbassando per un istante lo sguardo e passandosi una mano dietro al collo. Deve separarsi da loro, è vero, ma per un motivo che non riesce a spiegarsi preferirebbe farlo senza prima prendersi a male parole.
«Lasciamo perdere… voi tutti come state?» Domanda stupida, probabilmente, ma cos’altro potrebbe chiedere? A giudicare dalle loro facce, comunque, sa già da sé che “bene” è da escludersi.
«Si tira avanti.» Afferma debolmente Willem, che vorrebbe solo rimanere rintanato in qualche buco con Viper e i cuccioli. Hanno perso Oliver, l’orfano di Jesse e Randeen che avevano da poco adottato, ed anche Giselle, la piccola Mezzosangue che aveva una folgorante cotta per Radish. Ha bruciato i loro corpicini martoriati come vogliono le loro usanze, ma non ha ancora avuto modo di piangerli come vorrebbe. E Viper, la sua adorata Viper, è rimasta sconvolta dal dolore, tanto che adesso risulta difficile farla mangiare.
«Sembra che tu abbia scordato chi siamo.» Afferma a denti stretti River, gli occhi azzurri ridotti a due fessure. Gli ha lasciato campo libero, ha deciso di mettersi sotto il suo volere per aiutarlo e la prima cosa che ha ben pensato di fare è stata pugnalare tutti quanti, Sherry in primis. «Ci sono due cose in cui tutti noi siamo davvero molto bravi: fare festa—»
«E rialzarci sempre.» Conclude per lui Maddox, cercando di annientare ogni emozione. È stanco e provato, non dorme da giorni e si sta spaccando le ossa per migliorare in tempi da record per non dover più rischiare così tanto, ma la sensazione che tutto stia per esplodere malamente per la seconda volta lo abbatte sempre di più.
«Non preoccuparti per noi, abbiamo avuto direttive molto precise, sappiamo come cavarcela.» Afferma con un sorriso tirato Micah, dopo aver bevuto l’ennesima tazza di caffè doppio.
Solo adesso Radish si accorge di quattro nuove e sottili cicatrici che dal collo gli scendono giù sul petto, indice che deve essersela vista brutta almeno per qualche istante.
«Se passi alla tana, fai un saluto a Darren. Sono sicuro che gli farà molto piacere rivederti!»
Mordecai gli mette sotto al naso una confezione di donuts con la glassa bianca, ma il Saiyan rifiuta senza neanche pensarci. In realtà ha fame, parecchia anche, ma in questo momento non se la sente neanche di mangiare, troppo preso da nuovi interrogativi.
«Perché non lo avete fatto fuori?»
«Volevamo qualche informazione, ma il coglione non sa niente. Lo teniamo in vita solo perché Sherry ha ordinato così.» A Major adesso fa davvero piacere vedere quell’ondata di dolore nei suoi occhi. Il suo piacere però non è dettato dalla cattiveria o dal suo innato sadismo ma dalla nuova e meravigliosa consapevolezza che no, il pensiero di Sherry non lo lascia affatto indifferente come molti hanno preso a sostenere. Soffre per lei, soffre in un modo che loro forse neanche conoscono, e si sta sforzando con tutto sé stesso sia per nasconderlo a loro sia per negarlo a sé stesso.
Qual è lo scopo, Saiyan? A cosa stai puntando?!
«Si è svegliata?» Domanda con voce un poco spezzata, il cuore che improvvisamente batte più velocemente. Perché non mi sono accorto di niente? Avrei dovuto sentire la sua aura… perché non la sento?!
«Già!» Trilla con allegria Mordecai, realmente entusiasta all’idea che tra poco, almeno lo spera, potrà finalmente riabbracciare la sua pazza e incosciente sorella-zombie «E se n’è andata dall’isola di Muten, ma non sappiamo dove. Questi stronzi non vogliono dircelo!»
Per quanto sia davvero felice di saperla fuori pericolo e al sicuro, Radish non riesce a sentirsi sereno come dovrebbe, perché sa che se dovessero incontrarsi lui non riuscirebbe più a separarsene come si è ripromesso.
«Quindi presto tornerà a casa…» Mormora più a sé stesso che agli altri, inconsciamente spaventato anche dall’idea che possano sentire l’assordante rumore del suo cuore che si spezza ancora di più mentre si rigira per tornare dal borsone abbandonato in camera da letto.
«Ehi, che ti prende?» Gli urla dietro Mordecai, il cui cuore è a tanto così dallo spezzarsi anche maggiormente di quello del Saiyan.
Da bambino ha perso i suoi genitori, suo fratello e tutto il loro piccolo branco. Li ha persi tutti, uno dopo l’altro, ed è sopravvissuto un po’ perché è tenace come pochi altri al mondo e un po’ perché ha avuto la fortuna di incontrare Maddox, Micah e Major. Con loro ha poi perso quello che, a conti fatti, era diventato come un padre adottivo, il marito di Fern. Non hanno potuto fare niente per lui come non hanno potuto fare niente per i loro fratelli e sorelle di sangue, motivo per cui si sono ripromessi di non perdere mai più un membro della famiglia, di lottare per essa a qualsiasi costo. Con Sherry è andata bene, tutti e quattro hanno tirato un gran sospiro di sollievo, ma perdere Radish…
Loro tre sanno che considerazione Mord ha del Saiyan, non l’ha certo mai nascosto a nessuno, e non vogliono assolutamente pensare a quanto soffrirà quando lo vedrà andare definitivamente via.
Si aspettavano di vederlo corrergli dietro, fosse stato anche solo per abbracciarlo un’ultima volta, ma Pip ha deciso di spiazzarli tutti quanti scattando in piedi con un tale impeto da ribaltare la sedia e gli è corso dietro come una furia, gli occhi accesi del giallo dorato dei Segugi.
Non hanno un gran rapporto loro due, lo sanno tutti e non è certo mai stato un problema, e Pip non è mai stato particolarmente impetuoso, per cui vederlo scattare così non ha fatto altro che incuriosirli, motivo per cui tutti e sette gli corrono subito dietro, trovandolo davanti alla camera da letto con le lacrime agli occhi.
«Sei un codardo del cazzo!» Urla con voce arrochita dal pianto e dalla rabbia, non indietreggiando di un millimetro neanche davanti all’espressione alterata del Saiyan.
«Come hai detto, prego?» Sibila a denti stretti, riuscendo a trattenersi dal prenderlo a pugni senza neanche sapersi spiegare come.
«Ho detto che sei un codardo del cazzo! La vita è fottutamente breve e tu preferisci negarti la bellezza di essere amato così profondamente e di amare così tanto a tua volta solo perché hai paura che nasca un bambino da questo amore! Cazzo, hai la fottuta idea di quanto diavolo tu sia fortunato?!»
Non lo hanno mai visto così fuori di sé. Di motivi per esplodere gliene hanno dati assai negli anni in cui hanno vissuto insieme, eppure Pip è sempre rimasto calmo. Il massimo che faceva era mostrare e sbattere i denti, per poi rigirarsi e correre via per farsela passare da solo. Non è attaccabrighe di natura ed è per questo che ha attirato subito lo sguardo di Jane e ne ha poi conquistato il cuore. Ma allora perché infervorarsi così tanto? Perché scoppiare proprio adesso? La risposta gliela dà proprio lui, che a stento riesce a trattenere le lacrime.
«Io non potrò mai avere dei figli miei, sai? L'ho scoperto qualche giorno e questo ha spezzato il cuore anche a mia moglie. Sennò perché adottare immediatamente tutti i cuccioli rimasti orfani dopo l’attacco?»
Questo non se lo aspettavano di certo, non dal momento che uno Spettro sterile è eccezionalmente raro. Succede unicamente con i Mezzosangue a causa del sangue talvolta “difettoso” della loro parte umana e non c’è rimedio. Non c’è neanche modo di capirlo se non tramite gli esami per l’infertilità che ovviamente avvengono solo in seguito allo scambio del Morso. Succede sia ai maschi che alle femmine e, qualsiasi sia stato il loro ruolo all’interno del branco prima del verdetto, verrà marchiato irrimediabilmente come Freak e, in genere, allontanato dal branco.
Questo ovviamente non sarà il caso di Pip, non con le nuove leggi di Sherry che aboliscono questo comportamento, ma possono capire benissimo quanto questi si senta male adesso, quanto il ripudio di Radish per la paternità lo offenda.
«Quindi cosa cazzo stai facendo?! Non sta scritto da nessuna cazzo di parte che dobbiate concepirlo tra una settimana, un mese o che so io! Lo farete quando sarete pronti perché è normale che le cose vadano così quando si hanno tutte le possibilità per farlo!»
«Sì, ma stai calmo eh!» Gli urla di rimando Radish, che non ha alcuna intenzione di lasciarsi intenerire dai discorsi strappalacrime di Pip. Gli dispiace per lui e sa che con grandissima probabilità sta facendo la più grande stronzata della sua vita, ma sa anche di non poter fare altrimenti. Non lo capite che rimanendo condannerei sia Sherry che quell’ipotetico moccioso?! Cazzo, sforzatevi!
«Fottiti!» Gli urla di rimando Pip, voltandogli le spalle di scatto e correndo via. Non ha intenzione di rimanere in mezzo a nessuno di loro, di sorbirsi i loro sguardi compassionevoli, non ora che ha solo ed unicamente bisogno di correre a perdifiato fino a non avere più la forza di stare in piedi.
«In effetti il suo è un problema assai peggiore del tuo.» Borbotta River mentre si avvicina con calma al Saiyan, porgendogli con poco interesse una delle sue tante magliette scure che usa soprattutto per gli allenamenti.
«Davvero, Fiocco? Vogliamo fare paragoni del cazzo proprio adesso?!»
«E tu vuoi davvero rovinarti la vita solo perché hai paura?»
È così schifosamente impassibile che Radish teme che abbia subìto un qualche danno neurologico. Sennò quando mai River lo guarderebbe con un’espressione tanto serena?
La verità è che l’Alpha ha capito le sue intenzioni, ha capito le sue paure e la sua convinzione che andandosene aiuterà anche Sherry, e sa bene che sarebbe inutile sforzarsi tanto per provare a convincerlo del contrario. Può fare solo due cose per lui, ovvero continuare ad aiutare e proteggere Sherry come ha sempre fatto e, non da meno, metterlo al corrente di un piccolo pensiero che gli ronza per la testa da quando ha appreso quella strana e sconvolgente notizia.
«Per quanto mi costi ammetterlo e per quanto possa valere, sappi che per me saresti un buon padre.»
Ormai Radish può dire di conoscerlo abbastanza. Sa quando dice qualcosa per ferire o per prenderti semplicemente in giro, ma non è questo il caso. È profondamente sincero, lo capisce da come lo sta guardando dritto negli occhi. Sta ammettendo un qualcosa in cui lui invece non crede, un qualcosa che, in altre circostanze, mai avrebbe detto ad alta voce.
«Tu non ti rendi conto di quello che sei e quello fai, vero? Consideri te stesso solo ed esclusivamente un guerriero perché quel paraocchi invisibile che indossi non ti permette di vedere tutto il resto. Ma io ho avuto modo di vederlo, malgrado ciò mi abbia fatto incazzare ed impazzire per anche troppo tempo.» Verità assoluta, non potrebbe essere più sincero. Pur sapendo che di fronte a lui compiva gesti o diceva cose studiate a posta per ferirlo e farlo corrodere totalmente dalla gelosia, River ha potuto osservarlo anche quando non se ne rendeva conto. Ed è in quei gesti e in quelle parole che ha potuto ammirare la verità, è in quei frangenti che ha capito davvero di non poter vincere. Ed è per quei momenti che non riesce veramente a credere che voglia abbandonarla sul serio.
«Sei attento e affettuoso con la tua compagna; sei anche fedele, sincero e premuroso. Sei forte e autoritario con i membri del branco, ma al tempo stesso sei loro amico. Li tieni in riga, ti assicuri delle loro condizioni, li proteggi con la tua forza e cerchi di insegnare loro come stare al mondo, come difendersi senza commettere errori stupidi. Questo è ciò che fa un padre, o almeno quello che dovrebbe fare.» Nel dirlo si ritrova un poco a sorridere perché, tutto sommato, quelli sono gli atteggiamenti che più volte ha visto compiere a suo padre. Perché, per quanti difetti Greywind possa avere, non ha mai fatto niente di meno di quello che ha elencato, trattando con amore e rispetto ogni figlio, bastardi compresi. Li ha addestrati, gli ha insegnato a stare al mondo, a difendersi, a valutare le situazioni così da evitare rischi inutili. Ed ha amato, seppur a modo suo, ogni donna con la quale è stato, rispettandola e mettendo con lei in chiaro i termini del loro rapporto sin da subito, non facendole mai mancare niente ed aiutandola anche una volta che la relazione è poi terminata. Greywind, alla fine dei conti, non è solo un buon Re ma è anche un buon padre… e River rivede qualcosa di lui in Radish, con la differenza che, forse forse, potrebbe pure fare di meglio.
Radish non era assolutamente preparato a tutto questo. Si aspettava delle sfuriate vere, di essere trattenuto magari con la forza, di veder volare i mobili assieme alle bestemmie, e invece si è ritrovato con gli occhi lucidi di Mordecai, i suoi sorrisi distrutti che tentavano di mascherarne il reale dolore, e una confessione inaspettata da River.
Non ce la fa, non più. Sente che rimanendo in quella stanza anche un minuto di più, manderà tutto al diavolo e non è minimamente certo che possa essere la cosa migliore. È per questo che molla la sacca e salta fuori dalla finestra, volando il più velocemente possibile. Non sa nuovamente dove andare, ma in questo momento ogni posto è sicuramente migliore di quella casa.
Ti prego, perdonami… perdonatemi tutti.


Sherry è sempre stata il genere di ragazza che gira in città con vestiti comodi, come jeans e t-shirt un poco anonime, anfibi ben stretti alle caviglie e, talvolta, una giacca di pelle. Niente fronzoli, niente gioielli o accessori che la valorizzassero. Il massimo che teneva come accessorio era un revolver nel retro dei jeans e un coltello negli anfibi, decisamente per il puro divertimento di poterli usare su qualcuno che non per eventuale difesa personale.
È sempre stata un poco anonima, non si è mai sentita a suo agio con gli abiti griffati, le scarpe luccicanti e vistose collane ad ondeggiare sul petto. Quella sottilissima di Fern le è sempre bastata e avanzata.
Ma oggi ha deciso di vivere la più bizzarra Vigilia di Natale della sua vita, in stretta ed unica compagnia del fratello maggiore e dei soldi dei suoi generosi, seppur ignari, ospiti.
Per la prima volta in vita sua si è divertita - anche grazie agli antidolorifici - a provare un numero imbarazzante di vestiti e a sfilarci per gioco davanti al fratello, arrivando alla scelta definitiva solo dopo una ventina di vestiti differenti. Un maxi dress in fantasia tie-dye che degrada dal rosa al magenta realizzato in pura seta, con una linea frusciante e sciolta con scollo all'americana e design a portafoglio che si allaccia sul lato. Con la sua lunghezza rasoterra va di pari passo con i sandali alla schiava dorati che ha scelto, anche per la scarsa varietà di scarpe senza tacco che aveva a disposizione; su consiglio del fratello, poi, ha aggiunto un bracciale e una collana dal design scultoreo e geometrico composto da quattro fili connessi tra loro con un gancio in ottone placcato in oro 22 carati. Come ultimo tocco ha aggiunto degli occhiali da sole squadrati con lenti fumé.
Decisamente una Sherry tutta nuova e tirata a lucido come forse non è mai stata.
Everett ha invece optato per un completo in lino composto da pantaloni kaki e camicia bianco panna, una cintura in pelle marrone, occhiali da sole scuri a goccia e un orologio d’epoca con cassa 42mm, con quadrante e bracciale in cuoio blu. Più semplice e discreto rispetto a Sherry, ma non per questo dà meno nell’occhio per le vie di El Matador Bay.
El Matador Bay Beach è infatti “solo” un tratto ininterrotto di 3 chilometri di sabbia bianca, acqua turchese brillante, palme da cocco e alberi di uva marina. I viaggiatori possono godersi il cielo azzurro e l’aria fresca, fare snorkeling tra le scogliere poco profonde e assaggiare del delizioso pesce fresco, tutto dal comfort di una tra le spiagge più belle del mondo.
El Matador Bay è invece la piccola cittadina adiacente alla spiaggia, non certo da meno in quanto a bellezza e notorietà: famosa per i locali notturni, i ristoranti e i negozi di lusso, ha un grande via vai di turisti facoltosi pronti a fare spese e a godersi la bella vita. Ed Everett non può essere certo considerato da meno.
Se nella vita non avesse sempre dovuto nascondersi, è piuttosto certo che avrebbe tirato su un vero e proprio impero malavitoso e avrebbe trascorso ciò che rimaneva della sua solitaria esistenza nel lusso e nell’agio più sfrenati. Li avrebbe certamente condivisi volentieri con la vivace sorellina, per quanto questa abbia dato prova di non essere poi troppo interessata a questo stile di vita. Sa però goderselo, e questo gli fa piacere.
Quelli come loro possono essere anche questo, ma in pochi l’hanno appreso in pieno: malgrado l’indole aggressiva, il loro essere schivi nei confronti di qualsiasi essere non appartenga alla loro specie, possono comunque fondersi e adattarsi perfettamente ad ogni ambiente gli si pari davanti, compreso quello di una facoltosa giovane coppia pronta a fare spese folli in vacanza.
Le loro però non sono spese normali, no: Sherry ha voluto quanti più addobbi natalizi possibili ed ha saccheggiato i più grandi negozi della piccola cittadina. Un albero incredibilmente grande e già addobbato, complementi di arredo di ogni genere e di dubbia utilità, due grandi schiaccianoci alti un paio di metri, ghirlande, bastoni di zucchero alti fino al suo fianco, un Babbo Natale con annesse slitta e renne, e molto altro. In fondo che Natale è senza addobbi?
Everett, dopo aver sventolato i soldi, ha ordinato che venissero portati direttamente alla loro abitazione, rimanendo indifferente ai mugugni infastiditi e ai piccoli ma coloriti insulti che gli hanno rivolto alle spalle. Indifferenza che sfogherà più in là, dal momento che la sua brillante mente ha registrato alla perfezione i loro volti e i loro odori. Impareranno a loro spese cosa significa insultare uno Spettro del suo calibro, soprattutto in un momento tanto complicato e delicato.
Adesso, dopo una veloce passeggiata in riva al mare dove hanno sorseggiato un rinfrescante cocktail analcolico e scattato diverse foto ricordo, siedono in un delizioso ed intimo bar sul limitare della spiaggia.
Per due Spettri del Nord, El Matador Bay Beach non è il rifugio ideale poiché ci sono sempre almeno 27°C e 320 giorni di sole all’anno, ma adesso è facilmente sopportabile grazie al lieve venticello che gli accarezza la pelle e per il gelato che stanno gustando. Soprattutto per quello, in realtà.
Sherry l’ha dovuto pregare non poco per riuscire a convincerlo, poiché la sua alimentazione dovrebbe essere quanto più salutare possibile in quel momento, ma sfoggiando la sua solita espressione da cucciolo bastonato alla fine ha vinto: tre palline di gelato allo yogurt e cocco guarnito con top al cioccolato servito direttamente in una noce di cocco per lei, tre palline di gelato al caramello con scaglie di cioccolato fondente e bianco su un biscotto di cialda con foglioline di menta per lui.
In un certo senso Darko è stato un tutore assai migliore per Everett perché non si lasciava convincere per niente al mondo, costringendolo ad un’alimentazione ferrea, quanto più movimento forzato possibile e, soprattutto, la totale assenza di antidolorifici. Il lupo dovrebbe poter agire senza alcuna interferenza esterna e certo dei medicinali umani lo sono. Ma Everett non poteva tollerare di sentirla soffrire, di vedere il suo volto contrarsi per il dolore che lui stesso ha dovuto provare anni prima, così ha ceduto.
È però stato molto cauto ed ha preso tutte le misure di sicurezza possibili prima di portarla fuori, a partire dal liquido capace di nascondere il loro odore a fiuti indesiderati e riempiendo entrambi di dolcissimi profumi dall’aria costosa. Per quanto a lui stesso piacciano le agiatezze sin da piccolo, non riesce ancora a capire perché gli esseri umani usino certi trucchetti per modificare il proprio odore. Passa il deodorante, ma il profumo? Non lo capisce. È così fastidioso per chi ha il naso sensibile come loro, possibile che per loro sia solo tanto piacevole? Chiaramente una razza inferiore sotto tutti gli aspetti.
Alza gli occhi quando Sherry, senza dire una parola, allunga la mano e gli ruba un cucchiaino di gelato, stando attentissima a prendersi pure una scaglia di cioccolato bianco.
Ha i capelli bicolore un poco arruffati dal vento, con gli occhiali scuri che glieli tengono lontani dagli occhi; il leggero trucco che si è applicata sul viso per “dare un tocco di classe in più” sta cominciando a sparire, lasciandole una lieve ombra scura attorno agli occhi e le guance sono un poco arrossate dal sole. Ha pure una piccola patacca bianca sul labbro superiore, ma non glielo dice. Le dà un’aria infantile per lui davvero carina.
«Sei uno splendore.» Afferma di slancio con un lieve sorriso ad increspargli le labbra.
Sherry ridacchia di rimando, reclinando la testa di lato: «Perché sono truccata.»
«Ti ho vista dormire con la bocca aperta, senza trucco, i capelli più incasinati delle nostre vite messe assieme e non ho notato nessuna differenza.»
Si guardano dritto negli occhi per qualche secondo, in silenzio, e Sherry alla fine si lascia andare ad un sorriso più luminoso del precedente e si siede in modo più composto, ringalluzzita. Decisamente Everett sa come tirare su il morale ad una ragazza, malgrado questa ragazza senta che tutto ciò a cui tiene si sta sgretolando nelle sue mani senza che abbia alcun modo per sistemarlo.
Non sono state rare le volte in cui ha pensato a Bree, durante la giornata, ed ogni volta è stata come una pugnalata dritta nello stomaco. Si domanda come stia, dove sia andata, se qualcuno dei suoi ha deciso di seguirla, se un domani troverà un modo per appianare la situazione e toglierla da un guaio simile. Non riallaccerà il rapporto, dubita di esserne capace dopo il suo operato, ma vuole comunque fare qualcosa per quella che può essere considerata una lunga ed infida condanna a morte, quanto meno in nome dell’amicizia che le ha legate per venticinque anni.
«Se l’intento è tirarmi su di morale, sappi che ci stai riuscendo.»
Giocherella un poco col gelato che, neanche troppo lentamente, si sta sciogliendo nel biscotto di cialda e, un poco a malincuore, decide di mettere fine alla loro piccola gita. Sherry ha bisogno di riposo, è chiaro pure dalla stanchezza che legge nei suoi occhi e che lei non ammetterà mai, così pensa bene di buttare lì un’innocua proposta che spera la convinca subito. Ricorda che anche Darko provava con questi sciocchi espedienti, ma anche che lui non ci cascava neanche per sbaglio. Al tempo sapeva benissimo che l’amico voleva unicamente aiutarlo e prendersi cura di lui in un momento tanto precario, ma il suo orgoglio gli impediva categoricamente di renderglielo facile.
Ora che ci faccio caso, pensa con una punta di sorpresa, i Beta sono molto più pratici e svegli dei Sovrani che seguono. Jäger e Apophis, Mezcal e Darko, Maekhong e Luther, Aberlour e Kob…
Storce un poco la bocca all’idea che non solo siano stati tutti Sovrani del Nord quelli da ricordare tanto negativamente, ma anche che siano tutti parenti suoi! Ma poi eccoli lì, due nomi che gli erano scioccamente sfuggiti: Blacklake e Cassius! Chissà se presto anche i vostri nomi si aggiungeranno alla lista? Beh, ovvio che sì, anche se in modo assai diverso rispetto ai vostri predecessori. Pure noi due ci finiremo sicuramente!
«Ho notato che nella villa c’è una cosa che so essere tipo una tua strana tradizione natalizia. Una cosa che non ho mai visto…» Meglio pensare a questa scemenza che agli Spettri del nostro orrido albero genealogico.
Fa appena in tempo a partorire questo pensiero che deve subito sostituirlo con la consapevolezza che la sua proposta è assai gradita. Lo capisce dal luccichio negli occhi della sorella, dal grande sorriso entusiasta che le si apre in volto e dalla strana sensazione che sta provando dentro. Non sa identificarla con precisione, ma sente di poterla ricondurre in qualche modo al disagio. In fondo quando uno di quei cuccioli tutti matti lo guardano in quel modo - lei in particolare -, significa che sta per affrontare un qualcosa da considerarsi in buona parte spiacevole.
«Che stiamo aspettando?!»


Per quale motivo si sia rifugiato al parco non lo sa. Tra tutti posti in cui poteva andare, in tutti i buchi più dispersi sul globo, lui è andato ad infilarsi in uno spazio aperto e rimane in bella vista su una panchina.
Non ha idea del perché e addossa tutta la responsabilità alla stanchezza che si porta dietro e che gli impedisce di fare altri grossi spostamenti, perché sennò si renderebbe troppo conto di essere lì in attesa di un qualche segnale, un qualcosa capace di fargli capire chiaramente che sta commettendo il più grande errore dell’Universo.
È ridicolmente assurdo come uno passi la vita a costruirsi barriere intorno per sentirsi al sicuro e poi basti una folata d’aria improvvisa per farle cadere. Di certo Radish non pensava che potesse capitare a lui.
Conquistava pianeti per lavoro, uccideva anche per divertimento, e ora gli sembrano cose lontane, stupide, quasi un passato che non gli appartiene veramente. Perché non si sente più quella persona ormai, quel Saiyan è morto anni fa. Lui ormai si sente davvero il Capitano degli Spettri delle Terre di Nessuno, il maschio dominante del branco, il compagno della loro Regina. Della sua Regina.
Ma ci sono due problemi con questa sua realtà. Problemi ai quali non ha idea di come porre rimedio.
Il primo riguarda sicuramente quella maledetta profezia. Come potrà vivere serenamente l’intimità con Sherry con l’idea che al minimo errore potrebbe nascere un bambino così tanto atteso e desiderato? Come potrebbe vivere serenamente con l’idea che questo bambino possa deludere le aspettative generali per colpa sua, per il suo non essere un buon padre?
Ma a questo problema potrebbe anche trovare una soluzione se ne parlasse con Sherry… solo che è proprio qui che sorge il secondo problema: vorrà parlargli ancora dopo averla abbandonata in un momento del genere? Non ne è per niente sicuro. Certo, ciò che li lega è un qualcosa che, da quel che ha capito, va ben oltre loro, un qualcosa che non possono controllare, ma dopo una simile cattiveria come potrebbe farlo rientrare nella sua vita? È orgogliosa e testarda, la sua bambolina, e certamente il suo comportamento non le sarà andato giù.
Deve anche mettere in conto, però, che avrà le palle assai girate per tutti i precedenti avvenimenti, che avrà la mente totalmente occupata dall’ingombrante pensiero di Jäger e, forse, sarà ben più affranta dal tradimento di Bree.
Forse, e questo lo spera davvero, potrebbe essere così giù di morale da non voler proprio badare al suo comportamento. Non in un primo momento almeno, cosa che gli darebbe il tempo necessario per rabbonirla quel tanto che basta per non farla esplodere per la rabbia in seguito.
Ma per testare questa ipotesi sa di aver bisogno di un piano d’azione efficace, un qualcosa che gli dia la possibilità di parlarle senza che, come minimo, provi a sparargli in faccia. Non che così sia capace di fargli del male, solo che lo urterebbe parecchio, finirebbero con lo scannarsi a vicenda e ogni proposito finirebbe fuori dalla finestra.
No, decisamente non può presentarsi così e sperare che tutto vada bene. Ma cosa fare? E poi cosa dire? Perché ormai l’ha capito, con le parole può rabbonirla quel tanto che basta da renderla quasi innocua e poi tutto si sistema da solo.
Ma non ha idea di niente, adesso, così rimane seduto in disparte, studiando l’umanità che lo circonda.
Il suo sguardo cade prima su due ragazzi forse ventenni, che si dividono un gelato, approfittando di ogni morso al cono per baciarsi, lasciandosi patacche in faccia a vicenda.
Li taglia fuori dal suo campo visivo e stavolta, in un certo senso, va anche peggio: ci sono due vecchietti che passeggiano, avranno ottant’anni, lui stringe un bastone e, da come gli trema il braccio, presume che abbia il Parkinson; lei è magrissima e piegata su sé stessa come una fronda di salice, il foulard in testa che le copre i capelli bianchi le fa sembrare il viso ancora più piccolo, ma si tengono per mano come due adolescenti e si guardano in un modo in cui tutti potrebbero dirsi fortunati ad essere guardati.
Dalle loro rughe, acciacchi e abiti dimessi si può dire che siano sopravvissuti a guerre, a malattie, a tempi duri, forse c’è stato un momento in cui non erano neanche più tanto sicuri di stare insieme, ma hanno superato tutto e ora sono qui, a tenersi stretti. È come se avessero chiuso una porta immaginaria per tagliare fuori il mondo dalla loro bolla, felici, nonostante tutto.
Nella sua impermeabilità emotiva, fino a qualche mese prima, queste scene gli sarebbero passate davanti senza che ci facesse caso, ma ora non può non sentirsi invidioso nel non avere ciò che loro hanno. È qualcosa che non si può toccare o vedere, ma ce l’hanno.
CHE CAZZO STO FACENDO?!
Scatta in piedi come se la panchina gli avesse ustionato il fondoschiena, ormai totalmente deciso ad andare a cercarla anche in capo al mondo senza nessun maledetto piano d’azione, senza nessun genere di discorso per la testa per rabbonirla. Andrà allo sbaraglio e proverà in ogni modo a convincerla ad entrare anche lei in una bolla con lui, ad allontanare tutto, compresa quella bizzarra entità che da secoli li vede genitori di un portentoso meticcio dal sangue blu.
Un clacson però riesce in qualche modo a bloccarlo, con i piedi già ad un paio di metri dal suolo. Le persone lo guardano come se fosse un mostro, ma a lui non importa assolutamente perché l’unica cosa sulla quale i suoi occhi riescono a concentrarsi sono i due sorrisi carichi di entusiasmo che Micah e Mordecai gli rivolgono.
Ennesima macchina da corsa rubata, ennesimo colore sgargiantissimo che pare urlare “guardatemi tutti, poveracci!”, ennesimo colpo di testa dei due svitati che lo aspettano trepidanti, prontissimi a mostrare a tutti che si stavano sbagliando.
Micah non voleva vedere il fratello tanto abbattuto e ha deciso di andare alla ricerca dei Radish. Aveva però bisogno di appoggio, così ha mobilitato i fratelli. Era necessario anche un qualcosa di più diretto, di più forte, qualcosa capace di far capitolare il prossimo, e quel qualcosa risponde al nome di Mordecai.
Sono saltati in macchina e sono schizzati in città seguendo puramente l’istinto. Fiutare la sua traccia odorosa era impossibile dal momento che era volato via, ma qualcosa suggeriva loro che, almeno sulle prime, si sarebbe rifugiato in un posto conosciuto. Una volta nei pressi del parco, Micah è riuscito a fiutarlo ed ha afferrato di scatto il volante, rischiando un frontale clamoroso. Ma a chi importa? A loro no di certo! Dovevano raggiungerlo prima che schizzasse via un’altra volta, dirgli che stava commettendo un errore e farlo ragionare come nelle volte in cui a loro veniva in mente qualcosa di stupido. E per “qualcosa di stupido” s’intende, per esempio, andare a cercare Jäger per ucciderlo.
Quello che però non si aspettavano era di vedere una nuova scintilla nel suo sguardo, e neanche di vederlo sorridere con aria così arrogante e strafottente.
Quando finalmente si avvicina abbastanza, l’andatura di nuovo terribilmente fiera e quel ghigno che tanto apprezzano appiccicato alla faccia, Micah lascia un poco scivolare sul naso gli occhiali a fiamma verdi, restituendogli il ghigno: «Quando si chiude una porta, si può aprire di nuovo, perché di solito è così che funzionano le porte.»
«Da quando sei così profondo?»
«Da mai, ho solo una buona memoria, la frase è di Einstein.»
Lascia ciondolare un poco la testa mentre si lega i capelli, segno che sta davvero per rimboccarsi le maniche e mettere su l’ennesimo dei suoi casini per riuscire nella propria impresa.
«Mi date un passaggio?» Non che ne abbia bisogno, sia chiaro, ma comprende che debba comunque farci davvero due chiacchiere prima di andare a cercare Sherry. In fondo è il maschio dominante, no? In quanto tale deve mostrare interesse per il branco ed ogni suo membro, malgrado ciò sia assai lontano dalla realtà. Senza contare, ovviamente, che un simile gesto potrebbe solo aiutarlo ad aggiustare il problema da lui creato.
«Salta su, Capitano!»


Se si sforza di tralasciare due grandi, enormi e fondamentali problemi, Everett si rende conto che la vita coniugale con Sherry non sarebbe stata poi una tragedia annunciata come se l’era immaginata.
È piena di vita e spiritosa, tenace, materna, dolce e vuole sempre evitare che si preoccupi sia per lei che per altri problemi. Lo protegge anche quando non ce n’è assolutamente bisogno perché è nella sua natura e lui non può far altro che apprezzarlo con tutto sé stesso. È pure riuscita a strappargli un paio di risate mentre guardavano quel film d’animazione che tanto le piace vedere la notte della Vigilia, The Nightmare Before Christmas.
La risata più grande è arrivata senza dubbio con una canzone: "Cos’è? Cos’è? Ma che colore è? " “IL TUO ZI’, BIANCO! PRENDI PER IL CULO?!”
Anche mentre legge un vecchio e grosso libro, adesso, gli viene di nuovo da ridere nel ripensare a quell’uscita, sputata con tanta enfasi. Se avesse voluto avrebbe potuto tranquillamente ridoppiare in quel modo tutto il film, ma per amor suo si è trattenuta, lasciandosi solo andare a qualche battuta stupida mentre gli passava le dita tra i capelli, come quelle che avrebbe detto con gli amici.
Avrebbe tanto voluto farglieli incontrare o almeno chiamare in una serata per lei tanto importante, ma non ha potuto accontentarla. Se una sola informazione di troppo trapelasse da quell’isola non solo lei dovrebbe essere di nuovo spostata, ma l’intero branco diverrebbe l’esca perfetta per farla uscire allo scoperto, e il numero di vittime stavolta raggiungerebbe sicuramente il picco massimo.
L’unica cosa che ha potuto fare per farla addormentare serenamente, è stato prometterle che presto quella situazione finirà e potrà tornare a fare la stupida con i suoi amici esattamente come prima. Gli ha scucito pure la promessa di andare a fare serata e ubriacarsi tutti assieme, ma è decisamente un prezzo che è ben disposto a pagare per renderla tranquilla e felice come lei fa con lui senza neanche accorgersene.
Ti piacerebbe molto, sai? Troveresti in lei il sorriso e l’allegria di Leila, e la forza e la tenacia di Mezcal. Ma è anche come noi due: sveglia, inarrestabile… e vivace come te. Spero di potertela presentare, un giorno o l'altro. Lo spero davvero…
Alza gli occhi dal libro e li punta sull’orizzonte, mentre un’ondata di puro e indiscutibile risentimento gli invade ogni singola cellula del corpo.
Addirittura sopravento?, pensa infastidito lasciando schioccare la lingua contro il palato mentre poggia il libro da una parte. Sapeva che sarebbe tornato alla carica, il legame che lo unisce a Sherry è inscindibile anche dalla più tragica e devastante delle notizie, ma in un certo senso sperava che ci mettesse più tempo, in modo tale da far maturare la rabbia e il risentimento nel cuore di lei così che lo distruggesse psicologicamente (con un po’ di fortuna, anche fisicamente).
Ma evidentemente il Saiyan si è fatto coraggio ben prima dei tempi che aveva immaginato e ora gli pare oltremodo mortificato mentre gli cammina incontro. I casi sono due, adesso: o Darko ha parlato, e gli pare assai improbabile, o Radish si è sforzato così tanto da riuscire a localizzarli malgrado abbiano sempre tenuto le loro aure al minimo proprio per evitare un inconveniente simile, soprattutto per via di soggetti come Jäger. Poi però ricorda che, entro un determinato raggio d’azione, può sentire sempre più nitidamente le sue emozioni, quindi avrebbe potuto fregarlo in ogni momento.
Dio solo sa quanta voglia ha di prenderlo a pugni fino a cambiargli i connotati, ma si trattiene. Si trattiene perché Sherry ne soffrirebbe e perché non ha scordato le sue minacce riguardo a questo punto, ma certo non si trattiene dallo sbarrargli la strada e guardarlo con un disgusto tale da farlo vergognare ancora di più di sé stesso.
Radish, dal canto suo, già immaginava che prima di poter affrontare lei si sarebbe ritrovato tra i piedi un ostacolo simile, ma non immaginava che potesse riservargli un simile sguardo. Neanche Freezer guardava così i suoi sottoposti, neanche quelli più deboli e inutili.
Sospira forte, come se così potesse liberarsi del peso che da giorni gli opprime il petto, ma non appena alza gli occhi e si ritrova nuovamente davanti a quel disprezzo e a quel disgusto, sente che il peso aumenta a dismisura. E se poi lei mi guardasse allo stesso modo?
«Mi dispiace.» Afferma con voce roca e bassa, sperando davvero che si concentri per un secondo anche sul suo battito cardiaco per rendersi conto di quanto sia sincero.
«Lo so, ma non ti perdono.»
Ecco il primo schiaffo della serata, più doloroso di quanto immaginasse. Perché, seppur non lo ammetta neanche con sé stesso, Everett è un tipo a posto, potrebbero diventare amici se mettessero da parte le loro stupide divergenze, ma adesso capisce che ha ben pochissime possibilità di recupero con lui. E se lui fosse riuscito a metterla davvero contro?
«Ma ho detto che mi dispiace!»
«Sì, e io ho detto che non ti perdono. Non pensare che con un semplice “mi dispiace”, seppur sincero, tu possa avere la mia assoluzione, perché non succederà. Dovrai vivere col peso di quella merda che sei per il resto della tua vita e sapere che non potrai mai metterci una pezza.» Il fatto che abbia detto la parola “merda” per Radish è solo il chiarissimo segno che no, non sta affatto scherzando, e che la situazione è davvero ai ferri corti tra loro, inconsapevole che sta per dirgli qualcosa di ben peggiore da ascoltare «Quello che mi serviva era qualcuno di cui mi fidavo che mi aiutasse, quello che serviva a lei era l’uomo di cui è innamorata, ma tu ci hai abbandonati senza pensarci due volte. Non ti perdonerò mai per questo.»
“Qualcuno di cui mi fidavo”. Cosa poteva dirgli di più doloro se non quello? Si era guadagnato inconsapevolmente un briciolo di fiducia da parte di un uomo perfettamente consapevole di ciò che era e ciò che faceva, e ora l’ha persa, distrutta, incenerita.
Avrebbe potuto dirgli un sacco di cose, ma certo non gli avrebbe fatto male allo stesso modo.
«Everett—» Lo richiama non appena lo supera, passandogli di fianco sui gradini di marmo.
«Ultimo piano, porta in fondo al corridoio. Sta dormendo, quindi vedi di non fare casino e di non spaventarla. E anche di non farle mangiare tutta quella roba.» Il tono della sua voce è mortalmente piatto, i suoi occhi non trasudano altro se non disgusto.
«Ma—»
«Io andrò a cena sulla terraferma, Sherry sa in che zona nel caso ci sia bisogno di me. Non fare niente di stupido.»
Beh, tecnicamente non ha mentito. Lui sta andando davvero a cena sulla terraferma, ma la verità è che, dal momento che Radish si è rifatto vivo, ne approfitterà per andarsene a caccia lì nei dintorni anziché nel bel ristorante che avevano scelto. Sua sorella non teme alcun male da parte del Saiyan, lo sa, così come sa bene che l’uomo non mollerà la presa tanto facilmente, anche a costo di piazzarsi su una chaise longue a bordo piscina finché lei non gli permetterà di avvicinarsi di nuovo.
Conosce sin troppo da vicino il tipo di rapporto che li lega, era solo questione di tempo prima che tornasse con la coda tra le gambe - dettaglio alla quale non ha fatto realmente caso, purtroppo - e lo stava attendendo giusto per potersi allontanare senza dover stare troppo in pensiero. Non lo perdonerà per ciò che le ha fatto - che ha fatto anche a lui -, ma si può dire apprezzi che momentaneamente il suo gesto.
Radish, dal canto suo, non riesce a fare a meno di seguirlo con lo sguardo e domandarsi cosa potrà mai fare per riconquistare terreno. Con Sherry forse sarà più facile, forse!, ma con Everett? Sherry potrebbe anche mettergli per iscritto le cose che gli piacciono di più e lui potrebbe portargliele tutte quante in dono, ma non otterrebbe assolutamente niente. Non è un tipo materiale, non abbastanza da poterlo comprare comunque, e purtroppo non è neanche il tipo che dimentica facilmente un torto. Può solo sperare di essere abbastanza abile in futuro da riuscire a rattoppare un minimo quello strappo clamoroso, anche solo per mantenere un equilibrio in quello che è ancora il suo branco. E per Sherry. Soprattutto per Sherry.
Una volta entrato in casa, si sente un poco a disagio. Non si è mai trovato a contatto con un simile sfarzo in vita sua, forse ha provato un qualcosa di simile andando alla Capsule Corporation, e l’idea che a lei possa piacere questo genere di vita lo mette un poco in ansia. Lui non si sentirebbe sé stesso in mezzo a tutto questo bianco, in mezzo a questi oggetti dall’aria pregiata e fragile. Si sentirebbe un po’ come un elefante in una cristalleria, ecco, completamente fuori dal suo ambiente.
Ma non ha tempo di pensare che forse presto dovrà adattarsi a questo stile di vita, non dal momento che ha finalmente raggiunto la camera indicatagli da Everett.
Il cuore gli fa una capriola nel petto quando, aprendo la porta, la vede dormire in un letto king size dall’aria sin troppo invitante. In un frangente diverso non si sarebbe trattenuto un secondo di più, le sarebbe saltato addosso nel giro di un paio di secondi e le avrebbe strappato di dosso le mutande senza darle modo di controbattere, ma adesso… adesso si sente solo felice di vederla stesa lì su un fianco.
È al sicuro, sta bene, Everett se ne sta occupando al meglio.
Everett, non lui.
Di colpo questa consapevolezza diventa intollerabile. Era compito suo starle vicino, rassicurarla e proteggerla. Suo e di nessun altro. Invece ha avuto paura di un qualcosa che potrebbe anche non accadere, qualcosa che, forse, potrebbe pure rivelarsi un qualcosa di accettabile e addirittura bello. Ha avuto paura e le ha voltato le spalle, l’ha lasciata sola. Lui, il suo uomo, il suo amante e migliore amico non ha avuto il buonsenso di starle vicino per paura.
Devi perdonarmi, ti prego… non posso perderti.
Si sdraia al suo fianco, ritrovandosi involontariamente a respirare il profumo che emana la sua pelle. Un profumo dolce e conosciuto che gli scalda il cuore, lo stesso che ha assaggiato con ogni bacio, lo stesso che ha respirato ogni notte passata insieme… lo stesso che rischiava di non sentire più per la sua codardia.
Le sfiora piano la pelle tenera del collo con la punta del naso mentre una mano automaticamente accarezza il lembo di pelle scoperta del fianco, intrufolandosi un poco fin sotto il tessuto leggero della canottiera.
Il suo lieve muoversi e mugugnare non lo ferma, ma bensì lo spinge ad stringersi maggiormente a lei. Dio solo sa quanto gli sia mancata.
«Ret, basta, dai…»
Che vuol dire? Forse che non è la prima volta che l’altro si prende questo genere di libertà? Spera di no, Radish, perché tutti i suoi buoni propositi volerebbero allegramente dalla finestra per lasciare spazio solo ed unicamente al desiderio malato di farlo fuori.
No, è impossibile dai. Everett non la toccherebbe mai, per lui sarebbe contro natura sotto ben due enormi aspetti, quindi deduce che abbia fatto il suo nome perché è l’unica persona al suo fianco, ora come ora.
Per averlo preoccupato tanto, però, l’unica punizione accettabile è quella di svegliarla sul serio, motivo per cui le stringe maggiormente il fianco per premerla contro il proprio corpo e, come ciliegina sulla torta, comincia a mordicchiarle collo e spalla in modo forse un tantino esagerato.
«Dio, ma che ti prende? Basta…»
Beh, perché non farle prendere un colpo a sua volta? In fondo ha fatto il nome del fratello mentre la stringeva a sé dopo essersi praticamente suicidata e dopo essere stati separati per giorni, gli pare proprio il minimo.
Nel momento esatto in cui Sherry allunga un braccio all’indietro per spostare il suo, Radish non ci pensa due volte ad afferrarle il polso e a mettersi la sua mano sull’inguine.
«Ma che ca—AAAHHH
Vederla schizzare in alto come un gattino spaventato e precipitare giù dal letto è quel qualcosa che mai e poi mai si toglierà dalla mente. Mai!
Già che c’è potrebbe addirittura raccontarlo all’eventuale figlio che ha messo in conto, così da dargli qualche idea per i sicuri scherzi idioti che farà a destra e a sinistra. Sarebbe figlio loro, in fondo, e i quattro imbecilli che lo hanno riempito di raccomandazioni e abbracci per buona parte del pomeriggio certo non lo lascerebbero crescere impreparato. Tanto vale pensare subito a quale carico personale metterci!
«Devo forse preoccuparmi di qualche strano atteggiamento del rognoso?» Domanda con tono calmo malgrado dentro stia per avere una crisi nervosa.
In soli tre miseri mesi la sua vita è stata stravolta totalmente, le sue abitudini cambiate, così come il suo modo di vedere le cose ed approcciarsi ad esse. Ma può forse dire che non gli vada bene così? No, certo che no. Gli risulta strano, ovviamente, ma ne è comunque felice.
È decisamente meno felice però nel vedere lo sguardo incredibilmente torvo della compagna. Ad occhio e croce, mi ammazzerebbe di botte se ne avesse la possibilità.
«Che diavolo ci fai qui?!» Ringhia a denti stretti mentre di colpo, contro ogni sua stessa aspettativa, sente montare dentro un risentimento incredibile. E rabbia, tanta, tanta rabbia che pare quasi volerla far esplodere.
«Secondo te?» Si sforza di sorriderle, di mostrarsi perfettamente calmo e a suo agio, e per rafforzare il concetto si allunga in avanti per afferrarle un polso per alzarla da terra «Dai, vie—»
«Stai fermo dove sei!»
Non sa come abbia fatto a scattare in piedi ed indietreggiare di ben tre passi senza schiantarsi rovinosamente a terra. Solo l’alzarsi così velocemente le ha provocato un forte senso di vertigine, il muoversi subito dopo senza neanche assicurarsi di aver trovato l’equilibrio è stata una mossa così azzardata che, se l’avesse vista Everett, ad andar bene l’avrebbe sotterrata a furia di insulti.
Ma la rabbia che sta provando adesso è tale che non le importa neanche di farsi del male, figurarsi di far arrabbiare il fratello.
Radish è davvero davanti a lei, è tornato e la sta guardando con una malcelata paura negli occhi mentre si alza dal letto per raggiungerla, e questo la confonde oltremisura.
Se n’era andato, l’aveva lasciata sola perché si era spaventato, e questo poteva anche accettarlo, con un po’ di sforzo. Ma aveva anche creato una sottospecie di piano che prevedeva la sua assenza e questo la teneva tranquilla. Non l’avrebbe fermata e, soprattutto, non l’avrebbe costretta ad un confronto diretto in un momento di tale fragilità tanto fisica quanto emotiva.
Non ha idea di cosa dire, da dove partire, e alla fine la sua mente decide semplicemente di togliere ogni freno. Se c’è qualcuno con la quale può sfogare tutto quanto, in fondo, quello è solo lui.
«Te ne sei andato! Te ne sei andato e mi hai lasciata da sola! Hai idea di quanta merda mi sia piovuta addosso?! Avevo bisogno di te! Avevo bi— Come hai fatto a far entrare quelli?»
Beh, col senno di poi, Radish ammette che forse quei pazzoidi la conoscono meglio di quanto la conosca lui. Per ora.
Afferra pigramente il mazzo di biscotti colorati che le ha portato come segno di resa e di pace, trovandolo improvvisamente meno idiota. Certo, ai suoi occhi rimangono pur sempre degli stupidi biscotti a forma di fiori e cuori colorati con la glassa, ma sembrano funzionare quindi può accettarli.
«Interessante: che ero io non te ne eri resa conto, ma i biscotti li intercetti subito.»
«Sul serio, come hai fatto? Everett li avrebbe bruciati immediatamente, ora come ora.»
«Evidentemente preferiva andare a mangiare.» Giocherella un poco con il nastro di raso magenta con la quale è stato legato il mazzo, per poi porgerglielo con un sorriso timido ad increspargli le labbra «Li vuoi?»
Sherry, ferma al suo posto, incrocia le braccia sotto al seno e lo fissa con aria circospetta «Tu non sei il tipo né che pensa a queste cose né che le va a cercare nei negozi, figurarsi se le fa con le proprie mani.»
Non voleva tenerle nascosto niente, ma non voleva neanche dirglielo, ecco. Doveva intuirlo silenziosamente e lasciar correre, ma capisce subito che non accetterà neanche questo piccolo pensiero se non vuoterà il sacco.
«Maddox.»
«Lo sapevo!» E detto questo glielo strappa rudemente dalle mani e si allontana di un paio di passi, cominciando nel mentre a rosicchiare un fiore.
«E come, scusa? Riesci a sentire il suo odore?!»
«Solo lui fa dei biscotti del genere. Tò, assaggia.»
Gli pare curiosamente più calma da quando ha quel bizzarro mazzo di scuse per le mani e non può fare a meno di chiedersi se l’amico li abbia preparati con l’aggiunta di qualche particolare sostanza, ma quando addenta il pezzo che gli è stato lanciato capisce che no, non c’è alcuna sostanza nociva o psicoattiva lì dentro, solo tanto, tanto, tanto gusto.
Dare ragione a Mordecai sta diventando davvero una bruttissima abitudine…
«Che c’è?» Borbotta Sherry con la bocca impastata dalla pasta frolla colorata, incuriosita dalla strana espressione del Saiyan.
«È abuso di potere se lo obbligo a vivere nella nostra cucina?»
«Nostra
E ora si comincia… «Certo.»
«Quella è la mia cucina, esattamente come questi sono i miei biscotti, quindi giù le zampe!» Ringhia a denti stretti prima di tirargli uno schiaffo sul dorso della mano non appena prova a prendere un secondo pezzo. Non vuole più condividerli con lui, non si merita una tale prelibatezza. Potrà tornare a godere di questi piccoli ma squisiti privilegi quando e se riuscirà a rientrare nelle sue grazie.
Ma Radish ha un difetto fastidioso che emerge sempre quando litigano: indipendentemente dal fatto che abbia ragione o torto, se ne esce sempre con delle battute capaci di far imbestialire ulteriormente la persona che ha di fronte.
«Forse è una buona idea farti ingozzare in questo modo, sai? Così diventerai grassa come una vacca da fiera e io non avrò più l’impulso di saltarti addosso.»
«Vattene, forza! Sciò!» Gli urla infatti Sherry, indicandogli la porta con nientemeno che il mazzo di biscotti.
«Sciò? A me?»
«Voglio che tu sparisca! Fuori di qui!»
«No! Voglio parlarne!»
Con tutti i suoi difetti, però, Radish non le ha mai alzato così tanto la voce. A ben pensarci magari l’ha pure fatto, ma non ha mai sentito questa nota di pura determinazione. E non l’ha neanche mai vista così chiaramente nei suoi occhi, non quando è tanto agitato o spaventato dall’idea che tutto possa essere andato irrimediabilmente a rotoli.
«D’accordo! Va bene! Comincia con lo spiegarmi perché sei scappato!»
«Perché tutta quella faccenda mi ha terrorizzato a morte e ho solo pensato che un bambino avrebbe rovinato la vita ad entrambi!»
Questo le fa decisamente più male del previsto. Già sapeva della sua avversione per i bambini, non è mai stato un segreto tra loro che non li volesse, ma in qualche modo sentirgli dire che un figlio loro gli avrebbe “rovinato la vita” è peggio di quanto non potesse mai immaginare.
Sarebbe così terribile se avessimo una famiglia?, non è però questo ciò che gli chiede, terrorizzata dalla sua eventuale risposta «E non hai pensato di parlarne con me, prima di filartela?!»
«No, perché ero fuori di me!»
«Lo ero anche io, e ho dovuto affrontare tutto quanto senza di te!»
Lo sa, eccome se lo sa. Non si scuserà mai abbastanza per averle fatto un torto simile, non a lei. Si fosse trattato di chiunque altro avrebbe detto “senti, mi sono scusato, ora smettila di rompermi i coglioni!”, ma lei è lei. Lei è diventata tutto malgrado Radish ripudiasse anche solo l’idea di un simile rapporto. La cosa più importante, forse, è che non è diventata solo quella che considera essere la sua compagna di vita, ma anche la sua migliore amica.
Quando gli succede qualcosa, anche la più banale, lui vuole condividerla con lei, sempre, e l’idea che possa esserci anche una sola possibilità che ciò gli venga negato lo fa impazzire di dolore.
«Sono pentito. Credimi, sono davvero pentito. Ero fuori di testa. Non credi che dovessi essere impazzito per fare una cosa del genere?» Non vuole più vedere quello sguardo deluso e sofferente, soprattutto se la causa scatenante è lui.
L’avvicina con passo lento, come se si stesse avvicinando di soppiatto ad un piccolo ed indifeso cerbiatto per poterlo sfiorare con la punta delle dita, e con quanta più delicatezza possibile le asciuga col pollice la lacrima ribelle che le era sfuggita.
«È vero, ho fatto una cosa orribile… e ora sono disperato, vorrei solo poter tornare indietro. Non voglio buttar via qualcosa che sappiamo essere così dannatamente buono.»
Esattamente come con Bree, chi le dà la certezza che al prossimo grande problema lui non scapperà di nuovo? Chi le dice che nelle future e sicurissime avversità non mollerà la presa, solo per poi tornare quando lei si sarà dovuta rialzare da sola? Anzi, non da sola: quando suo fratello si sarà fatto nuovamente carico di tutto e l’avrà aiutata a tirare di nuovo su la testa?
Non solo non vuole ritrovarsi in una situazione simile, ma vuole proprio evitare che Everett debba in qualche modo soffrire ancora. Non se lo merita, non lui, non dopo tutto il male che lo ha investito in pieno da sempre.
Radish, pur avendo tenuto ben fuori dall’equazione il fattore Everett, riesce in qualche modo a capire dove stia il problema. Sa che ha minato la fiducia che ripone in lui, sa che le ha lasciato una ferita che non scorderà mai, ma sa anche altrettanto bene che può risanarla più velocemente parlando in modo assai limpido.
«Sher… io sono davvero innamorato di te.» Non glielo aveva mai detto, non lo trovava necessario. Forse non sarebbe necessario neanche adesso, non dopo essersi quasi messo in ginocchio pur di farsi perdonare, non dopo essersi messo nuovamente a nudo emotivamente di fronte a lei, ma sicuramente non è una frase di troppo.
È un qualcosa che prima o poi sarebbe venuto fuori da solo, un ostacolo che i loro sentimenti avrebbero buttato giù andando avanti.
Consapevole di ciò, la decisione che ha precedentemente preso gli suona molto più dolce e giusta nella testa.
«Quello che provo… mi consuma, davvero. E se per avere te c’è da mettere in conto l’idea— anzi, la certezza che arriverà un figlio… beh, okay. Mi sta bene. Prima o poi arriverà e fine della faccenda.»
Lui…?
«Alla sola condizione che non voglio sentirmi rinfacciare niente se viene fuori una totale nullità, chiaro? Questo deve essere ben chiaro per tutti, compreso il fantasma che mi ha riportato in vita.» Questa era senza ombra di dubbio la clausola principale che aveva deciso di mettere ben in chiaro non appena aveva deciso che sì, un figlio non avrebbe portato problemi tra loro.
Portare problemi? Ma sei scemo, bro? Un figlio non porta problemi. Preoccupazioni durante la crescita sì, è normale preoccuparsene se gli vuoi bene, ma non problemi. Un figlio è come… non lo so. È come avere per sempre il tuo cuore in giro al di fuori del corpo. Così magari ti suona orribile, ma credimi se ti dico che è assolutamente bellissimo.
Ora come ora spera con tutto sé stesso che Maddox non sbagliasse nel dirlo, perché lui non potrà certo rimangiarsi ciò che ha appena lasciato tanto si sasso Sherry.
Non è certo uno stupido, Radish. Sapeva benissimo che a lei non sarebbero dispiaciuto mettere su famiglia prima o dopo, malgrado eviti sempre un contatto troppo prolungato con i piccoli che girano per la tana. Lo sapeva benissimo anche quando le ha chiesto di sposarlo. Semplicemente non ci voleva pensare, non voleva prenderlo davvero in considerazione.
Ma dopo averci pensato tanto duramente, dopo averci sbattuto così violentemente la testa e dopo aver ascoltato i discorsi strampalati di quei grossi e bizzarri Spettri durante il pomeriggio, l’idea di avere una famiglia gli pare meno terrificante. È vero, lui non ha un reale modello di riferimento sulla quale basarsi, ma non sarà mai solo, non con un branco più che ben disposto a dargli una zampa mano.
«Tralasciando il fatto che non verrà fuori proprio un bel niente, non dal mio corpo per lo meno, perché dovrebbe essere una nullità?»
Gli viene da ridere, adesso. Certo che verrà fuori, un giorno. Fanno sesso in continuazione e non esiste profilattico abbastanza resistente né un anticoncezionale abbastanza forte da abbattere le difese di lei. Prima o poi verrà fuori, ormai l’ha accettato. E lo sa anche lei, Radish ne è convintissimo, ma vuole remar contro a tutti come al solito e fare di testa sua. E calmarlo, ovviamente.
«Lascia perdere.» L’afferra per la vita e la costringe ad appoggiarsi un minimo a sé, desideroso solamente di poter tornare alla loro normalità, quella che chiunque altro considererebbe pura follia.
«No.»
«Sì, o giuro che butto i biscotti in mare.»
«Ti detesto, davvero. Anzi, penso proprio di odiarti!» Bercia come una bambina capricciosa, tentando inutilmente di sottrarsi dalla sua presa.
Radish però non ha alcuna intenzione di lasciarla andare, non ora che l’ha finalmente ripresa. Se si soffermasse a pensare che per un attimo davvero l’aveva persa, che davvero ciò che li unisce era strato stroncato violentemente da Jäger, gli viene in mente solo di stringerla con ancora più forza.
«Che hai da fissarmi tanto?»
Un dolce sorriso gli increspa le labbra davanti alla sua insopportabile arroganza. Vuole mostrarsi insensibile a ciò che è appena successo, vuole fare la super donna che non crolla mai, ma lui sa benissimo che se l’avesse tirata avanti per qualche altro minuto adesso sarebbe ben stretta a lui, in lacrime.
«Non riesco nemmeno a guardati, senza volerti baciare.»
Le parole di Sherry, che vorrebbe solo dirgli di non fare lo “stupido smielato”, le muoiono in gola quando con una mano l’afferra per la nuca. Le dita del Saiyan si intrecciarono nei suoi capelli e, prima che possa reagire, l’ha già catturata in un bacio violento. Le sua labbra sono schiacciate, il respiro rubato, e dopo pochi secondi la bocca viene invasa da una lingua forte, talentosa e dolcemente familiare.
Chiude istintivamente gli occhi mentre si perde in quella sensazione che, seppur per poco, ha temuto di non poter più provare. Il cuore le palpita nel petto con forza e il pavimento di colpo sparisce da sotto i suoi piedi. Considerate le sue condizioni, aveva pensato che il massimo che avrebbe osato sarebbe stato un bacio casto, uno di quelli che si danno di sfuggita prima di allontanarsi o prima di addormentarsi, non certo che l’avrebbe baciata a sangue.
Ma poi tutto finisce e Radish si ritrova col respiro pesante contro la sua bocca.
Forse l’unione dell’anima non è poi una maledizione troppo atroce…, pensa con un sorriso vittorioso sulle labbra quando avverte le sue braccia leggere avvolgergli il collo. Non dimenticherà mai la faccenda, forse la userà pure contro di lui per averla vinta durante qualche lite, ma sicuramente ha deciso di perdonarlo e di lasciarlo di nuovo entrare totalmente nella sua vita.
Deve però necessariamente trovare un modo per interrompere il contatto fisico quando la sente premersi maggiormente contro il suo corpo, perché altrimenti potrebbe farle male. Non la tocca da troppo, soprattutto per i loro standard, e non è certo di essere capace della calma e della delicatezza necessarie ora come ora.
«Che ne dici se ne domani approfondiamo la questione?» Domanda mentre, afferrandole le mani, si allontana lentamente all’indietro. Se le facesse male durante un amplesso si guadagnerebbe sicuramente delle vivaci prese in giro da parte dei quattro per il resto della vita ma anche una probabile - e forse meritata - evirazione da parte di Everett. No, meglio lasciar stare finché non capisco come muovermi.
Lo segue fin sul letto, spossata dal mal di testa che prepotentemente sta tornando a farsi sentire, e si raggomitola subito contro la sua figura forte e massiccia. Dio solo sa quanto le era mancato stare così, con la dolce sensazione di protezione assoluta e pace che riesce ad infonderle con questo semplice e tenero contatto.
Non era mancato solo a lei, però. Pure Radish bramava silenziosamente questo calore che riescono ad infondersi reciprocamente.
Perché malgrado ogni incomprensione, differenza e difetto, malgrado tutto, loro due si incastrano perfettamente, come lo Yin e lo Yang.
Loro sono due che si rivelano uno.



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Non so se essere soddisfatta del risultato, davvero. Ho paura che il tutto sia reso in modo superficiale, che il fatto che si siano ripresi tanto velocemente sia sbagliato… ma non avrei saputo gestirla altrimenti. Ciò che ho pensato per il loro rapporto prevede anche il volersi sempre difendere reciprocamente, il cercarsi, il desiderarsi. Pure per il fatto che Radish l’abbia trovata così a colpo sicuro c’è un perché, che però dubito si sia capito: lui ha girato tanto a vuoto, ma ad una certa si è reso conto delle emozioni di lei che piano piano cominciavano a fondersi con le sue, e semplicemente ha seguito quella scia.
Loro due, a causa della loro unione, sono destinati a trovarsi sempre, a capirsi e perdonarsi.
Spero che non vi abbia fatto storcere troppo la bocca, ecco :/ 😱

Ma ora passiamo a Radish: lui già in precedenza aveva messo in conto un figlio e non ripudiava più l’idea. Una famiglia con lei non gli sembrava un male, anzi l’idea di vederla col pancione lo inteneriva e attirava in un certo senso; ciò che lo ha terrorizzato non è realmente stata la paternità in sé - malgrado questa lo spaventi parecchio - ma l’eventualità non solo che il frutto della loro unione possa essere una “fregatura”, ma soprattutto che lui stesso faccia schifo come padre.
Non vuole far male ad una creatura col suo sangue, gli dispiacerebbe, e non vuole neanche che debba passare ciò che ha passato lui (o quello che ha passato la madre, volendo).
Lui si è terrorizzato perché questo bambino che aveva messo in conto, considerato il loro stile di vita piuttosto appassionato, a quanto pare regge già sulle spalle delle aspettative incredibili. Aspettative che potrebbero andare deluse perché lui non si sente all’altezza in niente.
Spero di averlo spiegato il meglio possibile, davvero… 😱

Non ho altro da dire a questo giro, penso proprio che tornerò a scrivere un altro po' prima di riaddormentarmi (ebbene sì, mi sto trasformando di nuovo nella donna ghiro supremo!) 🤣
Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Piccola avvertenza: Capitolo un po’ strano, ecco. Non saprei neanche come spiegarmi… sappiate solo che è strano! Ah, forse sarà anche un po’ smielato. Un po’ tanto, soprattutto per i miei standard, però dai, qui è il giorno di Natale, facciamogliela vivere alla meno peggio! (Sì, scusa banalissima, a chi la racconto?!)

ODDIODDIODDIODDIODDIODDIO! Pure Chimera__ ha segnalato la storia per essere messa tra le scelte! 😍 Ragazze, davvero, non so come ringraziarvi! Davvero, sono senza parole!!!
Un grazie di cuore, inolte, va a _Cramisi_, Chimera__ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo! Siete dei tesori! 💛

𝟛𝟜. … 𝓈𝑜𝓇𝑔𝑒 𝓊𝓃 𝒩𝒶𝓉𝒶𝓁𝑒 𝒾𝓃𝒹𝒾𝓂𝑒𝓃𝓉𝒾𝒸𝒶𝒷𝒾𝓁𝑒!



Bree era convinta che si sarebbe ritrovata sola. Mortalmente ed inesorabilmente sola.
L’appoggio e di conseguenza la compagnia di Roman e Angelina, di certo, non le ha considerate neanche quando l’hanno accolta a braccia aperte per proteggerla. Roman era moralmente obbligato dopo averle chiesto un simile “favore”, non poteva proprio lasciarla scorrazzare impunemente in giro.
Ma Bree non voleva loro, in quel momento. Voleva gli sguardi incazzati dei suoi fratelli che le dicevano a muso duro di aver commesso una cazzata atroce mentre escogitavano un modo per tirarla fuori dai casini, voleva poter tornare indietro e abbracciare Sherry fino a farle cambiare idea. Ma Everett era con lei, di certo non si sarebbe fatto problemi ad “allontanarla”, ed i suoi fratelli si sarebbero trovati in una situazione assai scomoda se l’avessero anche solo vista da lontano.
Darko poi era fuori questione: ha capito che le vuole sinceramente bene e che, un domani, estenderà la sua protezione anche ai piccoli, ma la sua fedeltà cieca ad Everett lo avrebbe gettato in una situazione che proprio vorrebbe evitargli. E non vuole questo per il loro legame, ma perché lei per prima vorrebbe che gliela evitassero se ci si dovesse trovare.
Così è andata da Roman, si è piazzata nella sua villetta sul mare ed ha pianto tutte le sue lacrime.
Chuck e Magnus non si sono fermati un secondo, nel suo ventre. Ha pensato che saranno dei bambini svegli perché già capaci di rendersi conto che qualcosa non andava, che la loro mamma era in pericolo. Anzi, forse tutte e due le loro mamme.
L’idea di Mimì esposta a tanti Spettri sulle prime l’ha terrorizzata, in effetti, ma sa bene che nessuno la toccherebbe. Potrebbe tranquillamente andare alla tana e nessuno le torcerebbe un solo capello perché totalmente all’oscuro di tutta la faccenda. Consapevole di questo, non è comunque riuscita a rimanere tranquilla finché, contro ogni aspettativa, non l’ha vista spalancare la porta della camera dove si era rintanata, il volto paonazzo stravolto dalla corsa e dal violento susseguirsi degli eventi.
L’aveva chiamata per avvertirla, per dirle di non farsi più avvicinare da nessuno per sicurezza, neanche dal Quartetto, di rimanere alla Capsule Corp e di tagliare i rapporti con chiunque, in modo forse solo momentaneo. Poi aveva attaccato, le aveva detto che le avrebbe spiegato meglio la situazione in un secondo momento, quando fosse stata in grado di liberare un poco la mente e calmarsi… certamente non pensava di vedersela davanti in così poco tempo.
Mimì, però, non l’avrebbe mai lasciata sola. Lei c’era per difenderla quando il suo ex-fidanzato la picchiava, c’era quando fece coming out con le amiche e con la famiglia, c’era quando è stata sbalzata fuori di casa da quest’ultimi ed ha sostenuto con lei gli sguardi di colpo diversi delle “amiche”. Lei c’era quando si è laureata, quando ha trovato lavoro, l’ha sostenuta sempre nelle sue scelte, l’ha supportata e l’ha aiutata in ogni modo per realizzare i propri obiettivi. Lei le ha ridato la vita, come poteva lasciarla sola?
Le ha detto senza rigiri di parole che ha fatto un’enorme, incommensurabile cazzata, che forse non ci sarà soluzione, che rimarranno fuori dal giro e che dovranno sempre stare attente a come si muovono, ma le ha anche detto di non preoccuparsi, che un modo per andare avanti lo troveranno lo stesso e che lo faranno insieme.
Bree a quel punto ha capito in modo chiaro e nitido due cose: primo, che Mimì ha una forza e una dolcezza nel cuore che lei neanche s’immagina; secondo, che i loro figli sono davvero svegli, perché avevano capito che aveva bisogno del suo amore per ritrovare un po’ di serenità e si sono accorti del suo arrivo, calmandosi subito.
Adesso rimane placidamente sdraiata in quel grande letto che non le appartiene, Mimì addormentata al suo fianco mentre il Sole che filtra dalla finestra riscalda loro la pelle. Sente il suono delle onde che impattano contro le rocce, il suono delle voci di Angelina e Roman, dei gabbiani che volano spensierati.
A lei e Sherry piaceva andare in spiaggia, un tempo. Fu il primo posto che decisero di visitare senza secondi fini quando scapparono dal Nord. Non lo avevano mai visto prima se non attraverso i ricordi di altre persone, e l’idea di poter toccare con mano la sabbia calda, di immergersi nelle correnti oceaniche e lasciarsi cullare gentilmente dalle onde era troppo forte.
Faticarono parecchio per arrivarci senza farsi notare, per trovare un pertugio lontano dagli sguardi umani, per cacciare senza sollevare un fastidioso polverone, ma alla fin fine ne valse la pena.
Sherry era sempre scossa per colpa di Jäger, a stento si nutriva e ancor meno riusciva a dormire, ma Bree non ha mai scordato la visione dei suoi muscoli e del suo volto che si rilassavano di fronte a quell’immensa distesa azzurra, il timido sorriso che le increspava le labbra quando, per la prima volta, poggiarono i piedi nella rena tiepida, il loro rimanere distese lì a crogiolarsi sotto al Sole con le mani sempre unite. Le faceva sentire bene quel contatto, protette in un certo senso. Era come dire che c’erano e ci sarebbero sempre state, che tutto sarebbe andato bene stando fianco a fianco.
Ciò che adesso vede dalla finestra, però, le pare così strano. Ha tutta l’aria di un ricordo lontano, sbiadito, un qualcosa che le sembrava bellissima ma adesso, a rivederla, non ha più alcunché di speciale.
Può l’oceano diventare mortalmente grigio?
Uno dei piccoli, nel suo grembo, si muove lentamente, quasi si stesse stiracchiando. Vi passa sopra una mano e si ricorda che no, malgrado sia la situazione e non l’oceano ad essere grigia, lei non può assolutamente mollare.
Quei piccoli diavoletti che porta in grembo meritano di potersi godere il mare, di poter giocare nelle onde, di inseguire i pesciolini vicino alla barriera corallina. Meritano di poter vedere il mondo, di poter vivere come lei non ha mai fatto. E meritano l’amore di Mimì, meritano di nutrirsene fino a scoppiare.
Chiude gli occhi e stringe un braccio attorno alla persona più importante per lei, la sua Mimì. Aveva paura— no, il terrore di svegliarsi e scoprire che non poteva sostenere il peso della sua scelta, del suo errore, e di dover così vivere in un mondo dove anche lei non è più al suo fianco, un mondo in cui la sua bellissima umana coi capelli color del fuoco non la amava più. Ma così non è stato, perché la sua dolce e tenace Mimì è lì, stesa accanto a lei, con una piccola mano pallida ferma sul ventre gonfio, quasi potesse proteggere i loro piccoli da ogni male esterno solo con questo contatto.
Che ne dici di farci sposare da Roman? In fondo è un po’ che ne parliamo ma non troviamo mai quel qualcosa in più che renda la nostra unione ancora più speciale… che ne dici di uno della Triade?
Con un lieve sorriso sulle labbra si impone di ritornare a dormire, di nascondersi dalla realtà ancora un altro pochino.
Anche se avrei voluto che fosse stata lei a farlo…


Nel momento esatto in cui Sherry ha cominciato a svegliarsi, ha avvertito un peso schiacciato contro di sé. Aprendo del tutto gli occhi si è ritrovata involontariamente a trattenere il respiro davanti alla tenera visione di Radish, ancora addormentato al suo fianco. Si è raggomitolato contro di lei nel sonno, il volto appoggiato contro la sua spalla, una lunga e massiccia gamba sistemata in mezzo alle sue e un braccio muscoloso sull’addome, con la mano che la teneva per la vita.
Non aveva mai fatto caso a quanto fosse bello svegliarsi con lui al proprio fianco e, a causa della moltitudine di pensieri, il giorno prima non aveva badato davvero a quanto fosse doloroso senza di lui. Con una mano gli ha spostato una ciocca di capelli corvini dagli occhi e Radish si è mosso senza svegliarsi. Ha però sorriso nel sonno, strofinando la punta del naso contro la sua spalla nuda.
Il corpo le faceva male esattamente come il giorno prima, tutto nel suo essere la implorava disperatamente di rimanere stesa lì e per una volta gli ha dato retta.
Riuscire a riaddormentarsi, però, non è stato semplice. Sulle prime si è infatti un poco spaventata all’idea che potesse essere  successo qualcosa di brutto ad Everett dal momento che non le pareva essere in casa, ma poi si è ricordata di due fattori non trascurabili: primo, di certo non avrà avuto alcuna voglia di ritrovarsi subito Radish tra i piedi; secondo, quello che è uscito in solitaria per cenare è Everett, non un povero sprovveduto qualsiasi. Preoccuparsi non era necessario, non per lui almeno.
Rimanendo ben stretta nella morsa di Radish, adesso non riesce a distogliere la mente dai due problemi alla quale non ha alcuna idea di come porre rimedio.
Quello che le ronza di più per la mente è quello di Bree, della brutta situazione in cui l’ha buttata senza riflettere e sul fatto che se le revocasse la condanna potrebbe passare per debole. Un Sovrano che si rispetti non dovrebbe fare sconti a nessuno, mai, e questa è cosa risaputa da sempre. Potrebbe fare qualcosa solo se spinta da tutto il branco e, soprattutto, con il chiaro e limpido appoggio del Beta e del Re. Sa di poter contare sul primo perché non le è parso molto convinto da subito, ma per quanto riguarda il secondo? Loro neanche ce l’hanno, un Re! Hanno un Capitano, ma non un Re. Non sa neanche se la stessa persona può ricoprire entrambe le cariche contemporaneamente, non ci aveva mai pensato e mai prima d’ora si era visto un evento simile.
Come non ci aveva mai pensato prima, però, non ha tempo di pensarci troppo neanche adesso perché il secondo problema che l’affligge non le dà tregua da quando era ancora in quella specie di dimensione onirica: Jäger.
Per quanto sono riusciti a capire, per adesso è “solo” in crisi e se la prende esclusivamente con sé stesso, riversando parte della sua furia e frustrazione contro chi gli è vicino da sempre e, di conseguenza, ha abbastanza coraggio da avvicinarlo. Ma per quanto andrà avanti? Quanto tempo passerà prima che la sua psiche faccia crack in modo definitivo e decida di fare qualcosa di davvero folle? Come invadere il Sud, per esempio. È questa la loro attuale preoccupazione più grande.
Al Sud infatti sono di più, il loro tenore di vita migliore ha permesso alla razza di proliferare in modo maggiore, ma la loro forza non è paragonabile a quella del Nord. La follia di ben sei Re consecutivi ha permesso lo sviluppo di una forza fisica superiore al normale, il loro continuo cercare di incrociare solo i geni migliori ha dato vita ad un esercito assai più feroce e pericoloso. Se poi si considera che l’attuale Re dispone di un seguito ciecamente fedele come mai prima d’ora, la situazione si fa solo più critica.
Devono capire come agire e come evitare un numero spropositato di perdite su ogni fronte. Anche su quello del Nord, perché sia Sherry che Everett sanno benissimo che ci sono molti Spettri che semplicemente si sono ritrovati nel mezzo, che non sono altro che succubi di un tiranno che non sono in grado di debellare.
In realtà hanno dovuto considerare anche un terzo problema non indifferente: per gli Spettri, uno degli onori più grandi in assoluto è poter morire sul campo di battaglia per mano di un nemico più forte, e ciò implica che difficilmente potrebbero desiderare di essere riportati in vita dopo la sicura guerra che sta per scoppiare.
Tutte e tre le fazioni si ritroveranno sicuramente dimezzate, come minimo. Anzi, se fosse il Nord a vincere, sia il Sud che le Terre di Nessuno verranno pressoché annientati e sorgerà un solo, nuovo e orribile Impero, e Radish, mosso dal furore e dalla disperazione, potrebbe decidere di sterminarli tutti quanti per vendetta e fine della loro specie.
Tutte queste considerazioni, adesso, non fanno altro che confonderla. Deve trovare il modo di difendere la propria gente, i lupi del Nord non realmente fedeli a Jäger e quelli del Sud. Ma come può entrare nel loro Territorio senza scatenare ulteriori problemi? Pure Everett correrebbe dei rischi avvicinandosi tanto apertamente, perché di certo le sentinelle non gli darebbero né tempo né modo di spiegarsi e lo attaccherebbero, spingendolo a contrattaccare, uccidere e quindi sollevare solo nuovi e ingestibili problemi.
Devono trovare un modo e devono farlo alla svelta, questo è chiaro, perché presto la mente di Jäger riuscirà a trovare un nuovo, terribile equilibrio e loro non avranno più modo di far nulla, se non muoversi alla cieca.
Il respiro regolare di Radish pare però avere l’insospettabile e straordinario potere di calmarla e cullarla, così, dopo un violento e doloroso arrovellarsi la mente, gli occhi le si chiudono di nuovo.


Apophis non è mai stato uno Spettro qualsiasi.
Suo padre era il Capitano della guardia, sua madre era una Cacciatrice formidabile; lui stesso ha dato prova di essere un esemplare assai notevole sin dalla più tenera età.
È stato adorato, coccolato e viziato, ma a lui non è mai importato alcunché di queste loro dolci attenzioni. Non considerava loro, non gli interessavano minimamente. Ambiva a qualcosa di più, ambiva ad una gloria superiore. Chi poteva donargliela se non Jäger? La sua potenza e la sua mente avevano lasciato tutti quanti a bocca aperta, il respiro moriva nelle loro gole al suo solo passaggio.
Lo trovò subito interessante al loro primissimo incontro. Non erano altro che due cuccioli in erba, due piccoli portenti che attiravano sulle loro piccole figure un sacco di sguardi curiosi.
Sarebbero diventati qualcuno, era scritto nei loro destini.
Era scritto che unissero le forze, che traessero energia l’uno dall’altra, che arrivassero a muoversi come un’unica, pericolosa entità.
Era scritto che la passassero liscia quando Jäger uccise una delle principesse del Sud per noia e lui ne occultò il cadavere come il più esperto e navigato tra gli assassini.
Era scritto che riuscissero a spodestare il Re, che riuscissero ad impadronirsi del Nord come sognavano da piccoli.
Era scritto che tutti gli Spettri più forti li seguissero e li venerassero.
Era scritto che dominassero, che imponessero la loro smisurata potenza con la forza che li ha sempre contraddistinti.
Era scritto che lo facessero insieme.
Evidentemente, però, era anche scritto che lui, ad un certo punto, si trovasse da solo, perché è così che si sente adesso.
Si è ritrovato solo, malgrado sia costantemente accerchiato da tutti i membri della guardia che da sempre lo guardano con ammirazione e timore.
È solo, costretto ad occuparsi di un qualcosa più grande di lui, costretto a tenere in piedi l’intero Nord perché il loro Re non riesce più a ritrovare la lucidità.
Il branco è timoroso, adesso. Temono che il Sud li invada ora che sono senza una guida salda, temono che il loro stesso Re gli si rigiri contro. E Apophis non ha le capacità per infondere loro la calma, non riesce più a tenerli in riga come si richiede ad un Beta.
Tante, troppe volte in quei giorni ha dovuto soffocare i loro timori con la violenza, decimando intere famiglie solo perché avevano provato ad andarsene. Non riconoscendo più l’assoluta autorità del Re, avevano pensato che fosse meglio disertare, magari addirittura unendosi a quel branco di randagi che venivano guidato da Sherry. Non poteva permetterlo, non poteva tollerarlo, così li ha uccisi e dato i loro corpi mutilati alle fiamme.
Jäger non gli sembra neanche più l’amico fraterno di tutta la vita, adesso. Gli si è rigirato contro per la primissima volta da quando si conoscono, lo ha fisicamente ferito aprendogli un pettorale. Non è più lui, non è più l’uomo imperscrutabile che conosceva, e la colpa è solo ed esclusivamente di Sherry.
È colpa della sua codardia che l’ha spinta a scappare, delle sue scarse ambizioni che non le hanno fatto cogliere al volo un’occasione come quella di divenire la compagna del Re, è colpa della sua mente malata che ha preferito un uomo-scimmia al migliore della loro gloriosa razza. È colpa sua se Jäger soffre, della sua debolezza e delle sue insensate paure. È colpa sua e, nel caso fosse veramente tornata in vita com’è convinto Jäger, la porterà lui stesso al suo cospetto, non prima però di averla ridotta in fin di vita per spregio. Col benestare di Jäger, poi, ucciderà alcuni dei loro figli davanti ai suoi occhi per farle capire quanto ha sbagliato, quanto il suo sia stato un errore madornale.
Non può farlo adesso, però. Non può neanche andare personalmente laddove nessuno oserebbe andare per controllare, perché sa che il suo amico fraterno ha bisogno di lui, adesso. Ha bisogno che continui a tirare le fila, ha bisogno che tenga il Nord unito al posto suo.
È stato però doloroso rendersi conto di non essere venerato e temuto come lui, un po’ com’è stato doloroso apprendere che non hanno minimamente il favore di Roman e, di conseguenza, forse neanche quello di Papà Spettro.
Ha mandato un paio di Segugi nei suoi territori per avere la certezza che non si fosse rifugiata lì, malgrado sapesse essere una cosa assai improbabile. Ciò che gli è stato fatto trovare, poi, è stato un agglomerato di membra sanguinolente. Un messaggio chiaro e conciso, per loro: state lontani.
A Jäger non farà piacere saperlo, quando si sveglierà. Se si sveglierà del tutto, a questo punto. Sono giorni ormai che non esce dalle sue stanze, che attacca chiunque osi avvicinarlo. Ma il Re deve nutrirsi e lui deve provare a farlo parlare, sfogare. Perché non mandargli a ruota libera tutte quelle povere illuse che ambiscono tanto ad avere un posto al suo fianco?
Le ha sentite urlare disperatamente, invocare un aiuto che non è mai arrivato, ed infine ha lasciato le loro carcasse lì a marcire. Solo una volta ha provato a portarle via, e ci è rimasto ferito.
Che rimangano lì, allora. Che rimangano lì con lui, avrà un pasto in più se gliene verrà voglia. Ed avrà anche una motivazione in più per dare il via alla guerra delle guerre.


Il Sole è già ben alto in cielo quando Radish si sveglia di soprassalto, scosso dai suoi stessi incubi. L’ha vista di nuovo morire, ha sentito di nuovo quel dolore dentro, ha sentito di nuovo che tutto gli veniva violentemente strappato dalle mani.
Per un terrificante secondo non riconosce la stanza dove si trova, non capisce come ci sia finito o perché, finché poi gli eventi della notte precedente gli ritornano in mente come un fiume in piena. La loro conversazione, la sua ammissione, il perdono, il bacio, loro due stretti in quel letto.
Il corpo si rilassa istantaneamente e il cuore gli si riempie fino a scoppiare per il sollievo. Non pensava che si potesse tenere così tanto a qualcuno, che la sicurezza di un’altra persona potesse diventare tanto importante, fondamentale. Ma Sherry, per lui, è fondamentale. Con lei al suo fianco, sente di poter fare tutto ciò che vuole, di poter raggiungere ogni obiettivo che si prefissa.
Non sa perché, non riesce proprio a capirlo, ma è così: quando erano separati si sentiva una schifezza, una nullità, un incapace, ma ora, con lei stretta tra le braccia e il suo respiro tiepido contro la spalla, gli pare tutto passato, superato e dimenticato.
Lei è la sua metà, è la forza che non aveva mai avuto prima, un qualcosa di salutare di cui riempirsi fino a scoppiare.
Osservandola ora, non può fare a meno di pensare nuovamente di aver rischiato di perderla sul serio, e non solo per colpa di Jäger. Anzi, il suo è stato sì un gesto atroce che non potrà mai perdonargli, ma di certo non sarebbe stato sufficiente per portargliela via, non con le Sfere a disposizione. È stato proprio lui con le sue stesse mani a rischiare tanto, ad arrivare ad un punto tanto pericoloso. Avrebbe potuto non perdonarlo, avrebbe potuto preferire tenerlo a distanza per chissà quanto tempo, forse persino per sempre… invece ha avuto la forza e la voglia di farlo tornare, di perdonarlo.
Invidia questa sua forza, questa sua capacità di scrollarsi lo schifo di dosso per rialzare la testa. Arriverà a farcela anche lui, a farsi scivolare le cose addosso con la sua stessa facilità, a riuscire a contenere e incanalare la paura, a combatterla. E lo farà con lei al suo fianco.
Le sfiora piano lo zigomo con la punta delle dita, mentre una nuova ondata di calore lo invade da capo a piedi. Un’altra cosa che non sa assolutamente spiegarsi, è come sia possibile che solo così, con lei addormentata al suo fianco, possa provare una tale ondata di eccitazione.
Ogni singola volta che la vede, la vuole. Vuole il suo corpo, vuole sentirlo premuto contro il proprio, vuole possederlo e marchiarlo continuamente.
Tutto in lei lo attrae ed è consapevole che sia così anche a parti inverse. Sa pure che tutto ciò è dovuto principalmente all’unione dell’anima, al fatto che possono considerarsi come una sola cosa, per quanto questo gli risulti smielato; sa che è così, lo sente dentro.
Si allunga di lato fino a posare le labbra sulle sue con delicatezza, stando ben attento a non svegliarla. Se lo facesse da una parte gli dispiacerebbe e dall’altra rischierebbe di non sapersi trattenere.
L’idea che ci sia Everett in giro per casa, con il suo disgusto a straboccargli dagli occhi ogni volta che per mal disgrazia incrocia anche solo di sfuggita la sua figura, lo aiuterà sicuramente a tenere le mani a posto.
Ma questa “lieta" speranza è destinata a vita assai breve.
Nel momento esatto in cui decide di alzarsi per fare una doccia, si rende conto che non sono soli come credeva. Il maggiore se ne sta infatti appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto e lo sguardo torvo, gli occhi chiari che fiammeggiano mentre lo guardano. Non ha idea da quanto tempo stia lì a fissarli e neanche vuole saperlo, non è di fondamentale importanza.
Ciò che invece è importante, per Radish, è la consapevolezza che dovrà faticare assai per guadagnarsi almeno una briciola del suo perdono, che ci vorrà tempo e impegno per potersi riconquistare almeno una vaga frazione della fiducia che si era altrettanto faticosamente guadagnato, ma è del tutto intenzionato a riuscirci. Everett l’ha tenuta al sicuro, si è preso cura di lei e le è stato vicino come lui non ha assolutamente fatto o anche solo pensato di fare. Lui ha immolato totalmente la sua vita a lei, farebbe qualsiasi cosa per la sua felicità e questo il Saiyan non riesce ad ignorarlo.
È più forte di lui, proprio non può. Il legame che li unisce non può tralasciare un simile dettaglio, non può ignorare una persona che nutre tanto affetto e porta tanta felicità nella propria metà, di conseguenza Radish si sente automaticamente spinto a provare a mettersi assieme a loro, ad unirsi al loro rapporto per trarne gli stessi benefici e bearsi del loro affetto.
Sono dinamiche strane e spesso complesse quelle che avvengono con l’unione dell’anima: nessuno dei due riesce ad escludere l’altra in ogni sua forma, arrivando spesso in tempi brevi ad accettare cose che prima gli sembravano intollerabili. Solo la sicurezza della prole può portare la madre a rigirarsi contro il compagno.
Everett, pur essendo perfettamente consapevole di questa assurda dinamica, non ha alcuna intenzione di farlo entrare nella loro personalissima bolla. Non c’è spazio per lui, secondo il suo modo di vedere. C’è spazio per loro due, per il loro rapporto strano, un poco contorto, sotto alcuni aspetti tragico, ma comunque bellissimo. Se non avessero unito l’anima, si sarebbe messo d’impegno per separarli definitivamente in barda pure alla profezia, e ci sarebbe sicuramente riuscito.
Ma adesso non ha tempo per occuparsi di lui, per pensare a quanto la sua sola presenza fisica sul pianeta Terra sia fastidiosa; ha una missione personale da compiere e deve riuscirci senza sollevare alcun genere di polverone. Nessuno sa, neanche Darko: deve essere la sua personalissima sorpresa al branco.
Sa di poterci riuscire, ne è più che certo. L’unica incognita sta nella reazione successiva, ma non gli interessa particolarmente.
«Devo assentarmi per un po’, sei capace di tenerla al sicuro e tranquilla fino al mio ritorno?» Domanda con tono piatto e basso, guardandolo sempre con sdegno. L’idea che sua sorella lo abbia perdonato gli fa ribollire il sangue, pur sapendo che era inevitabile. Dovevi fargliela sudare di più, sorellina… mi auguro che almeno tu abbia in mente qualcosa per farlo soffrire in seguito, sennò mi vedrò costretto a pianificare anche questo.
«Sì, certo…» Sostenere il suo sguardo non è affatto facile per Radish. Non lo credeva umanamente possibile, non dal momento che l’unica cosa che ha fatto da quando lo conosce è stata fissarlo dritto in quegli affilati occhi azzurri, ma ora gli risulta quasi doloroso a livello fisico. Deve essere una peculiarità familiare, a questo punto non ci sono più dubbi. «Dove andrai?»
«Penso che sia giunto il momento di riprendere lo gnomo.» E detto questo semplicemente si volta ed esce dal suo campo visivo, richiudendosi la porta alle spalle.
Non deve dargli alcuna spiegazione, non di certo a lui. Per come la pensa, ormai, niente di quello che fanno o hanno intenzione di fare lo riguarda più, non riesce più a riconoscerlo come membro del branco. Ai suoi occhi è sceso semplicemente a giocattolo sessuale della Regina, in modo non troppo differente da tutte le donne che si crogiolavano nelle attenzioni di suo padre.
Non sa dire se un giorno questa sua visione cambierà, non sa se sarà capace di riconquistare la sua fiducia, ma è abbastanza certo che per riuscire almeno a rivederlo come un membro del branco, come un qualcosa di simile ad un suo pari, sarà necessario il giudizio di un’altra persona.
Radish, rimasto col busto sollevato nel letto, osserva la porta chiusa e non può fare a meno di domandarsi cosa diavolo c’entri uno gnomo in tutta la loro strana situazione. Non ne ha neanche mai fatto parola, ora che ci ripensa. Uno gnomo è forse la soluzione ai nostri problemi?
«Radish…?»
Abbassa di scatto gli occhi su Sherry, ancora più addormentata che sveglia. Si sta stringendo maggiormente a lui, gli avvolge la vita con un braccio e lo tira a sé per tenerlo stretto, e lui non riesce a far altro che scivolare di nuovo su quel comodo ed integro materasso per baciarla ancora e ancora, per lasciarsi andare nuovamente a quel sentimento che ha sempre trovato disgustoso ed inutile e che ora, invece, pare addirittura dargli più forza e stabilità.
I suoi grandi occhi scuri, poi, sono come un balsamo per lui, per tutte le ferite che gli sono state inferte nello spirito durante gli anni, un qualcosa capace di alleviare quel dolore tanto radicato nel suo cuore e nella sua mente. Le basta uno sguardo, uno di quelli dolci e pieni di silenziose promesse, che lui si sente meglio, come se improvvisamente tutto cominciasse a girare nel verso giusto.
Col senno di poi, forse non sarebbe male avere qualcun altro capace di guardarlo allo stesso modo, magari qualcuno con il suo stesso sangue che gli scorre nelle vene.
«Dov’è Everett?»
Beh, sicuramente questo qualcuno romperebbe le palle alla stessa, identica maniera, forse sarebbe pure capace di raggiungere nuove ed inesplorate vette, ma se in cambio ricevesse quel tipo di sguardo potrebbe anche starci.
«È andato via un attimo fa, doveva fare delle cose. Mi ha detto di tenerti d’occhio…» Nel dirlo lascia scivolare una mano sotto la sua maglia leggera, sfiorandole con la punta delle dita dapprima l’addome e poi il seno. Ma è un contatto brevissimo e appena accennato, e dalla sua buffa espressione contrariata capisce di aver trovato un modo assai divertente per tenerla buona buona al proprio fianco.
Certo, non è sicuro di essere capace di resistere lui stesso a furia di insistere così, ma confida nel fatto di riuscirci il tempo sufficiente per capire come toccarla senza spezzarla in due. Kakaroth e Vegeta ci riescono, no? Perché mai io dovrei essere da meno?! In fondo Lunch non l’ho mai ferita! Certo, il sesso con lei non era neanche lontanamente paragonabile a quello con Sherry, però sono sicuro di non averle mai fatto del male.
«Voglio andare in mare!»
Come abbia fatto a svegliarsi così di colpo e pure scattare di lato per scendere dal letto, nelle sue condizioni, Radish proprio non riesce a capirlo. Per sua fortuna non era abbastanza preso dai propri pensieri, perché altrimenti non avrebbe avuto la prontezza di scattare a sua volta per afferrarla per la vita prima che cascasse di faccia.
Everett avrebbe potuto avvertirlo del fatto che la sua cara e adorabile sorellina non vuole accettare neanche per sbaglio la sua attuale condizione e che spinge come una matta per fare come vuole. Avrebbe potuto, ma non l’ha fatto. Neanche un cenno, zero.
«Tu non vai proprio da nessuna parte, hai capito?! Hai già provato a suicidarti una volta, non pensare di riuscirci una seconda!»
Sherry volta lentamente la testa per guardarlo dritto negli occhi, un profondo smarrimento nello sguardo nel sentire con tanta chiarezza quella traccia di risentimento nella sua voce.
Neanche Radish si capacita della cosa, non sulle prime almeno. Non ci aveva davvero pensato al fatto che si sia lanciata nelle fauci di Jäger senza avvertire nessuno, al fatto che abbia commesso una tale impudenza degna del più scemo del mondo. Era troppo preso da altri pensieri per poterci pensare, ma adesso gli è tornato dolorosamente in mente.
Pensa al fatto che si sia praticamente suicidata, che non abbia assolutamente pensato prima di agire, che lo abbia chiuso fuori da tutto un’altra volta, e senza volerlo sente un profondo senso di rabbia montargli dentro. Non vorrebbe arrabbiarsi, non ora e non con lei, non dopo che ha messo in salvo Chichi e Goten, non dopo averlo perdonato, ma davvero non ci riesce.
L’argomento Jäger è sempre stato un problema per loro, un qualcosa capace di scatenare liti furiose solo per un pensiero o una parola di troppo. È come una costante presenza tra loro, un qualcosa che non si vede ma c’è, qualcosa che Radish avverte sempre. Spesso riesce a non badarci, a rinchiudere quel qualcosa da qualche parte e quasi non sentirla più, ma ci poi ci sono gli altri momenti, quelli in cui una cicatrice o una parola glielo riportano alla memoria, e in quei frangenti scatta come una bestia rabbiosa.
«Mi sono fatta ammazzare per tenere al sicuro la tua famiglia e tu mi ringrazi così? Davvero, Radish? Senza contare che po—»
«E adesso?»
«Adesso cosa?»
«Adesso hai intenzione di suicidarti una seconda volta?»
Invece di rispondere, alza gli occhi al cielo. Non voleva affrontare la questione, quella sottospecie di scheletro mal assemblato di piano che si era costruita nella mente non prevedeva minimamente la sua presenza al proprio fianco, e adesso dovrà trovare un modo per tenerlo in disparte.
La sua non né di cattiveria né di protezione, non dal momento che non ne ha alcun bisogno. La sua è mera sete di vendetta, una sete che non potrà estinguersi con un suo intervento. Ha bisogno di farcela da sola, di uccidere con le proprie mani i propri demoni. L’unico intervento che può accettare è quello di Everett perché, come lei, ha un conto aperto con il fratello. Anche lui, però, dovrà accontentarsi unicamente di poterlo malmenare, perché l’omicidio in sé dovrà avvenire unicamente per mano sua.
«È una domanda semplice, Sherry.» Sibila lui a denti stretti, consapevole di quanto l’argomento sia delicato e pieno di insidie.
«È possibile che mi ammazzi di nuovo, è vero, ma è anche possibile che adesso abbia una qualche carta vincente nel mio mazzo, non ci hai pensato?» Possibile ma non certo, ovviamente. Pure lei non ha alcuna idea se il suo piano ha un qualche fondamento sensato, è ancora tutto da testare. Ma la cavia c’è, sta incatenata alla tana e viene continuamente malmenata per spregio in attesa del suo arrivo.
«Penso che hai ragione solo se ti riferisci a me.»
«Non ho bisogno che tu mi salvi, Radish. Non voglio più dover essere salvata da nessuno, la sola idea mi dà la nausea.» Ringhia a denti stretti, non riuscendo a capacitarsi del fatto che non capisca. Sa bene quante volte lui per primo abbia sognato la vendetta nei confronti di Freezer, quanto gli abbia dato fastidio non essere stato fisicamente capace di sconfiggerlo personalmente. Come puoi non capire ciò che provo? Come puoi non comprendere il mio desiderio di farcela da sola dopo tutto quello che mi ha fatto?!
«Quando, settimane fa, Jäger ha chiamato, ha detto una cosa. Ha detto che deve essere terrificante vivere ogni giorno nella paura, sapendo quanto si è deboli in realtà. Ed aveva ragione, eccome se ce l’aveva.» Prova così, nella speranza che possa capire. Lui per primo, in fondo, un tempo aveva paura perché molto più debole rispetto alle creature che lo circondavano, a partire da Vegeta e Nappa. Adesso può dirsi al sicuro, poche creature hanno la capacità di metterlo in difficoltà, di minacciare la sua sicurezza, ma lei è ancora ben lontana da quel traguardo. Sa pure che non raggiungerà mai la sua potenza o quella di Everett, ma vuole almeno riuscire in questo, seppur si tratti di un’impresa per lei forse titanica. «Io non voglio più vivere con questa paura.» E un tuo intervento distruggerebbe tutto quanto…
«E quindi io devo convivere con l’idea che potrebbe farti fuori da un momento all’altro? Perché quello è più forte di te, lo sappiamo tutti e due, ma di certo non è più forte di me!» In realtà Radish ha capito benissimo il punto, sa qual è il suo obiettivo e apprezza sinceramente la sua tenacia, ma non riesce ad accettarla. Lei era morta quando lui ha provato tutto quel dolore, quando ha capito cosa vuol dire sentire la propria anima venire strappata a metà e buttata alle fiamme. Lui sa, lei no, e non vuole più provare un simile dolore.
«Ce la fai a fidarti di me, per una cazzo di volta?!»
Non le risponde neanche, non è necessario. La sua non è assolutamente mancanza di fiducia, è più un qualcosa facilmente riconducibile al mero egoismo. Perché sì, Radish è egoista tanto quanto lei, lo sanno entrambi e non è mai stato un problema, almeno finora.
«Perché sei arrabbiato?»
Radish scuote la testa, frustrato. «Non sono arrabbiato.» Afferma stringendo i denti, la mascella contratta.
«Penso di conoscerti abbastanza bene da sapere quando sei arrabbiato.»
«Perché vuoi farlo?» Chiede infine, guadandola con un mix di rabbia e dolore negli occhi. Lui potrebbe aiutarla anche senza portarle via la vendetta, potrebbe donarle una vittoria più semplice, ma lei rifiuta anche questa misera idea. Non riesce ad accettarlo, Radish, davvero non ci riesce.
«Lo sai.» Il dolore che legge chiaramente nei suoi grandi occhi neri le stringe il cuore, ma non ha comunque intenzione di mollare la presa. L’unica cosa che può fare è addolcire lo sguardo e il tono di voce, nella speranza di tranquillizzarlo un poco «Perché continua a portarmi via tutto, Radish. Perché persone che conosco, troppe persone che conosco, sono morte per tutta questa storia. Voglio farlo perché sennò non potrò più andare avanti con la consapevolezza che è stato qualcun altro ad ucciderlo.» Afferma alzandosi a fatica dal letto, con la testa che improvvisamente fa di nuovo male. Non voleva affrontare l’argomento a priori, figurarsi ora che a stento riesce a rimanere in piedi per i fatti propri e con la testa che le pulsa dolorosamente in modo costante. «Voglio farlo per me, okay?»
«Non riesci proprio a pensare a cosa tutto questo significhi anche per me, vero?»
Si guardano negli occhi per istanti che sembrano interminabili, in silenzio. Non sanno esattamente come uscirne senza farsi del male, senza sfociare in un qualcosa che minerà pesantemente la loro relazione. Entrambi sono convinti della propria idea, entrambi non hanno intenzione di mollare e ciò li rende incapaci di provare a vedere una soluzione che li faccia incontrare a metà strada. 
«Tu smetteresti di allenarti, se io te lo chiedessi? Smetteresti di migliorarti, di rincorrere un nuovo livello? Smetteresti di combattere contro nuovi avversari solo perché io potrei non volerlo?»
No, non lo farebbe. Potrebbe anche allenare un poco i ritmi se si rivelasse necessario, non sarebbe un grande problema, ma non potrebbe mai abbandonare tutto. Andrebbe contro la sua stessa natura, lo sanno entrambi, esattamente come sanno che non gli chiederebbe mai tanto.
Ma la questione per Radish è diversa, adesso: lui è capace di valutare la situazione in modo più obiettivo, non si lancerebbe alla cieca in qualcosa che sa essere più grande di lui, cercherebbe una strada alternativa. Lei non la sta cercando, sta solo pensando a come e quando ributtarsi in campo e fine della storia. Si domanda se facendole provare lo stesso dilaniante dolore che ha provato lui cambierebbe idea, se in quel caso riuscisse a ragionare, ma non è così meschino da farle una cosa del genere.
Un dolore simile, in fondo, non lo augura a nessuno.
«Allora spiegami perché ti dà tanto fastidio anche la sola idea di coinvolgermi. Sono nato per la guerra, questo è un dato di fatto. Non capisco perché continuare ad escludermi.» Ultimo, disperato tentativo per riuscire almeno a starle vicino, così da poter intervenire immediatamente in caso di necessità.
Aveva già pensato di fare comunque di testa propria, di buttarsi nella mischia in ogni caso non appena si fosse un minimo distratta, ma sa bene che così la metterebbe in una brutta posizione: dare contro in modo così plateale ad un ordine del capobranco implica una punizione esemplare, che nella migliore delle ipotesi è in esilio. Ma lei non potrebbe mai punirlo così, non ci riuscirebbe, e di conseguenza perderebbe potere e fiducia, non riconoscerebbero più la sua autorità, il branco si sfalderebbe e tutto quello per cui ha tanto duramente lottato andrebbe in fumo.
Anche se prendesse il posto di capobranco al suo fianco in modo ufficiale la situazione non cambierebbe: l’autorità massima resterebbe lei, la sua voce arriverebbe ad essere quasi pari a quella di Everett, ma comunque molto più flebile di quella della Regina.
Per poter entrare in campo liberamente, sarebbe necessario il via libera di qualcuno al di sopra di lei, ma non conosce nessuno con tale potere decisionale.
Tutto ciò che gli resta in mano, quindi, è la speranza che abbandoni l’idea di fare da sola come ha sempre fatto per il resto della sua vita. La paura di appoggiarsi a lui e poi magari ritrovarsi di colpo senza tale appoggio un domani la terrorizza, Radish lo sa e può capirlo, ma in questo frangente proprio non può tollerarlo.
«Non chiedermi di cambiare la mia decisione, non farlo. Faresti del male a tutti e due.» E detto questo semplicemente gli dà le spalle ed esce dalla stanza, lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Quando si era svegliata pensava che sarebbe stata una bella giornata, che si sarebbero divertiti e rilassati, invece tutto sta continuando a precipitare senza alcun freno.
Buon Natale un emerito cazzo!
Vorrebbe Bree al proprio fianco, adesso. Vorrebbe poter urlare con lei, ballare senza logica sulle note sfrenate di qualche canzone punk-rock, tirarsi giù una bottiglia di whiskey per poi a vomitare da qualche parte, facendo poi le vaghe una volta beccate.
Ma Bree non ci sarà più in questi momenti. Non ci sarà più e basta, e la colpa è anche sua.
Perché deve essere sempre tutto così complicato? Perché non c’è un modo per risolvere tutte queste cose senza bisogno di tanti inutili discorsi?
Con quest’ultimo pensiero, ecco che le si accende nel cervello un’accecante e fantastica lampadina.
Micah, ti devo un favore!


Forse
piazzarsi nella palestra sotterranea fino al calar del Sole pur di starle lontano non è stata una scelta poi troppo saggia.
Forse però, perché la possibilità che si scannassero ulteriormente c’era, ed era anche alta. Quindi perché non sbollirla così? Anche se “sbollirla” è un parolone. Per quanto la sala fosse incredibilmente ben attrezzata e i pesi davvero considerevoli, soprattutto considerando che l’abitazione è di un essere umano, non è stato sufficiente a farlo scaricare del tutto.
Il metodo più efficace c’era eccome e con un po’ di attenzione sarebbe andato tutto bene, ma non voleva dargliela vinta andandola a cercare. Non sa neanche se sarebbe stato un “dargliela vinta”, in realtà, perché l’avrebbe cercata più per il sesso che per mettere una pietra sulla questione, ma non voleva comunque cedere per primo.
Ma adesso ha fame, sono giorni che non mangia come si deve e solo dopo essere arrivato al piano sotterraneo, in palestra, si è reso conto di aver trafugato dal frigorifero cose davvero troppo casuali. Ha provato a mangiarle anche così, ma era sin troppo disgustoso.
Non appena entra nel primo grande salotto, però, si rende subito conto che c’è qualcosa di diverso. Mancano delle cose, per la precisione: due di quelle brutte renne che si illuminano e Babbo Natale.
Spariti, dissolti nel niente. Non è possibile però che si smaterializzino così, esattamente come gli pare improbabile che qualcuno si sia introdotto in casa unicamente per rubare quelle cose sciocche, così pensa bene di guardarsi un poco attorno per capire dove possano essere finiti, e un brivido gli si arrampica su per la spina dorsale. Li ha sicuramente presi lei per portarli da qualche altra parte… e se nel farlo si fosse fatta male e lui non l’avesse sentita? Magari a causa del suo orgoglio non ha neanche emesso un fiato, ha provato a rialzarsi, è caduta di nuovo e si è spappolata la testa contro uno spigolo. Le probabilità sono alte, ora come ora.
No, è impossibile, dai. Sa per certo che è viva. Per forza, non ha sentito alcuno squarcio dentro, il mondo gli pare ancora normale, e lui sa bene che se la tragedia si fosse consumata niente sarebbe così.
Però la possibilità che si sia fatta molto male e si sia rifugiata da qualche parte c’è, non si può assolutamente escludere. In fondo lo ha chiuso fuori da tutto già una volta, chi gli dice che non abbia capito come fare e non lo stia facendo anche adesso?
Preso da mille dubbi e preoccupazioni continua a guardarsi freneticamente attorno, richiamandola a gran voce. A cose normali gli avrebbe già risposto, ma adesso non avverte un solo sibilo. Potrebbe essere svenuta da qualche parte con un trauma celebrale o potrebbe essere troppo offesa per palesarsi… oppure uno di quegli Spettri maledetti è arrivato mentre spostava i tre ingombranti addobbi e l’ha portata via!
Panico, panico più assoluto… finché non sente in lontananza un fischio, che gli arriva debolmente alle orecchie come un sibilo.
Abbassa di scatto lo sguardo e la voglia di prenderle la testa e conficcargliela nella sabbia dove sta seduta diventa insopportabilmente allettante. Quella cretina incosciente - perché di certo non può essere definita diversamente - ha portato le due renne e Babbo Natale fin sulla spiaggia, ha acceso delle candele che ha piazzato nella sabbia e lo sta aspettando comodamente seduta su una grande coperta color panna.
Io amo una demente. Perché? Va bene che ho fatto tante cose orribili nella mia vita, ma davvero meritavo una pena del genere?!
Vola letteralmente da lei e le si piazza davanti a gambe larghe, le braccia duramente incrociate al petto e lo sguardo severo che la incenerisce dall’alto. Ma a lei pare non importare assolutamente niente, non dal momento che gli sta rivolgendo quel sorriso furbo da bambina.
«Che roba è?» Ringhia a denti stretti mentre si osserva velocemente attorno, notando pure una pila di coperte e cuscini da un lato e un cestino di vimini.
Inarca un sopracciglio, scettico, e pensa velocemente a come comportarsi di fronte a questo suo bizzarro gesto di pace. Potrebbe continuare a tenerle il muso, continuare ad impuntarsi fino a farcela rimanere così male da costringerla a battere in ritirata e chinare dolorosamente la testa, o potrebbe sedersi vicino a lei e godersi questa sottospecie di strano appuntamento in “vacanza”.
Non ci vogliono che una manciata di secondi prima che sbuffi come una locomotiva mentre si mette a sedere, la schiena rigida e lo sguardo ancora severo. Lei gli ha perdonato cose ben peggiori, giusto il giorno prima gli ha fatto passare liscia un torto atroce, adesso può provare a passarle - più o meno - la sua decisione. Tanto troverà un modo per fregarla, scendere in campo e scatenarsi, quindi, col senno di poi, è inutile continuare a fare tanto il duro e rovinare una simile serata.
«Una cena al chiaro di luna? Beh, non sperare che così lascerò cadere la questione. Fammi indovinare: prelibato tacchino con hummus e verdure di stagione?» Borbotta fingendosi quanto più freddo possibile, facendola semplicemente ridacchiare in risposta.
Sherry allunga la mano verso il cestino e ne estrae un panino che subito gli porge con un sorriso speranzoso. «Prova di nuovo, fustacchione.»
«Burro di arachidi e marmellata?» Scuote la testa, incredulo e preso totalmente in contropiede, poi dà un morso. L’equilibrio tra il burro di arachidi e la confettura di more è perfetto e delizioso.
Sherry gli sorride con l’aria di chi la sa lunga e gli passa il thermos.
Non sa cosa aspettarsi, Radish, l’idea più gettonata nella sua testa è l’acqua, invece si tratta di latte freddo.
La perfezione.
«Latte? Sul serio?»
«Solo il meglio per te, Donkey.»
Ogni volta che pensa di essere arrivato al punto di poter prevedere le sue mosse, ogni volta che si convince che non può più far niente per sorprenderlo, lei s’inventa qualcosa di assurdo. Ma non un assurdo come quello che ha fatto lui per riconquistarla dopo aver perso il controllo, il suo è un assurdo più semplice, un qualcosa che lui mai avrebbe preso in considerazione ma che, a conti fatti, riesce a fargli sciogliere il cuore come un ghiacciolo al Sole.
«Sai, burro di arachidi e marmellata è la mia combinazione preferita.» Gli viene da ridere, davvero. Gli viene da ridere perché più che una cena gli ha preparato una merenda per bambini, e lui la trova assolutamente fantastica. Il panino, il latte freddo, gli stupidi addobbi alle loro spalle, le deboli onde che fanno da sottofondo, la luce delle candele e la moltitudine di brillanti stelle sulla testa… non poteva giocargli un tiro più mancino e più dolce per rabbonirlo. «Davvero. L’adoro. E adoro stare qui, con te, anche se il più delle volte mi fai incazzare come una bestia.» Si rende conto di ciò che ha detto solo dopo qualche secondo e dopo aver dato un altro morso al panino, e di colpo si pietrifica ed osserva la pietanza con sguardo sospetto «Aspetta! C’è della droga qui dentro?»
«Questo, mio caro, è l’infallibile metodo che usa Micah per rabbonire una persona con la quale ha litigato: panino con burro di arachidi e marmellata con latte freddo per contorno. Funziona sempre
Non sa perché non ha preso in considerazione l’idea che nell’equazione ci fossero pure loro. Era un qualcosa di così scontato che quasi si sente uno stupido.
«Tsk, per quanto mi riguarda c’è un solo metodo efficace per far davvero pace, ma se preferisci questo…» Borbotta mentre si sdraia all’indietro, sostenendo il busto su un gomito.
«Se ti giochi bene le tue carte…»
«A proposito di carte, mi spieghi quale potrebbe essere quella vincente nel tuo mazzo?»
«Kong, per favore, non stasera. Basta brutti pensieri, basta tutto. Sono stata sputata indietro dal mondo dei morti, ho parlato con mia madre e l’unico risultato è stato incazzarmi anche con lei; ho perso la mia migliore amica, il branco se l’è vista davvero brutta, molti stanno soffrendo tantissimo… davvero, per favore, non parliamone, almeno per stasera.»
«D’accordo.» Asserisce dopo qualche secondo speso a pensarci, bevendo poi un sorso di latte dal thermos. Odia ammetterlo ma ha ragione: ultimamente le cose sono andate a scatafascio, loro sono stanchi e ancora nervosi, provare a parlarne anche solo un altro minuto li porterebbe solo ed esclusivamente a litigare di nuovo. Meglio provare un poco a godersela finché ne hanno la possibilità, tanto un nuovo problema arriverà sicuramente in tempi brevissimi.
«Mi piace qui, sai? Non sono esattamente il tipo da questo genere di cose, lo sai, ma stare qui, sulla spiaggia, non mi dispiace per niente.»
«So cosa vuoi dire.» Gli passa delicatamente una mano tra i capelli, spostandoglieli all’indietro, incapace di trattenere un sorriso quando, dopo un bel morso, gli rimane un po’ di confettura all’angolo della bocca.
Radish punta lo sguardo in lontananza e Sherry osserva il suo profilo. Quanto ad avvenenza, Son Radish è primo in classifica. Non deve nemmeno sforzarsi di essere bello, gli viene naturale. Che sia con gli abiti da allenamento, vestito casual oppure “elegante”, e perfino quando si è appena svegliato e ha gli occhi cisposi, è comunque di una bellezza mozzafiato. Ma in questo momento, mentre condivide con lei un pezzo di spiaggia, mentre condivide con lei l’ennesimo pezzo di sé, è davvero irresistibile.
«Sai…» Le parole le muoiono in gola e per un istante sente di non essere capace di proseguire. Non è mai stata il tipo di ragazza che fa grandi dichiarazioni, che si perde in grandi discorsi smielati ma, per una volta e per lui, pensa che può anche fare uno sforzo, fosse anche solo per fargli capire in questo modo quanto conta per lei «Vivevo chiusa tra i miei muri. Tu li hai abbattuti e li hai ricostruiti con le finestre per fare entrare il Sole.»
Non mi sarei mai espresso meglio, bambolina. «Ti piace ciò che vedi dalle finestre?»
«Molto. Le regole che mi sono sempre data mi facevano sentire al sicuro, tu sei stato l’eccezione. Ed ora è l’eccezione ciò che voglio.»
L’afferra con delicatezza per un braccio e la tira in basso, lasciandole poggiare la testa sul petto. Ha l’aria stanca, organizzare tutto questo deve essere stato assai faticoso per lei, viste le sue condizioni, e per questo non può far altro che apprezzare di più e lasciarsi andare a qualche dolce effusione.
«Non ho mai neanche avuto idea di cosa fosse l’amore… lo ripudiavo, in realtà. Ma con te… non so, è come se ogni cosa andasse al suo posto.» E non è male per niente, sai? Però se riferisci questi discorsi a qualcuno, mi vedrò costretto ad ucciderti sul serio.
Annuisce appena, Sherry, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia forti e protettive «I pianeti, la Luna e le stelle che si allineano e tutto fila liscio?»
Scoppia a ridere, Radish, sorprendendosi di sé stesso. Stanno parlando di una cosa tanto smielata e non si sente davvero infastidito, decisamente un cambiamento notevole.
«Qualcosa del genere, sì.»
Si passa poi la lingua sulle labbra e le prende la mano, sfiorando delicatamente le varie cicatrici con il pollice. L’idea che sia una combattente gli piace, moltissimo, ma quella che abbia sempre rischiato così tanto nella vita decisamente no.
«Non voglio perderti. Non riesco neanche a concepire l’idea, dovresti saperlo. È per questo che non puoi chiedermi di lasciarti andare così.»
Gli stringe a sua volte la mano, cercando di accoccolarsi maggiormente contro il suo corpo come a volergli dire “Sono qui, non vado da nessuna parte” «Neanche io voglio perderti. È l’ultima cosa che voglio a questo mondo ma, per favore, rispetta la mia decisione. Puoi farlo per me? In futuro potrai farmela pagare andando ad allenarti per un tempo da stabilire da qualche parte e combattendo contro mostri assurdi, giuro che non dirò una parola. Può andare come accordo?»
«Affatto, ma immagino di dovermi accontentare.» Sbuffa in risposta prima di stringerla forte a sé. Un sorrisetto maligno poi si apre lentamente sul suo volto, fatto che non preannuncia niente di buono «Sappi, però, che ho appena escogitato un modo per fartela pagare immediatamente.»
«Co— NO!» Non fa in tempo a dire niente, Sherry, solo a stringersi davvero forte.
Radish è infatti volato in alto tenendola sdraiata sul proprio corpo, le mani ben salde sui suoi fianchi. Non la farà cadere, questo mai, la sua è solo una sciocca vendetta mista alla voglia di mantener fede ad una vecchia promessa.
«No, no, no, no, no! Radish, dannazione, portami subito a terra o giuro che ti strappo la faccia a morsi!» Si tiene stretta a lui, tanto da farsi male alle dita per quanto stringe la presa, il volto premuto contro il suo petto e le arcate dei piedi appoggiate sulle sue cosce muscolose.
«Calmati e apri gli occhi, forza.»
Non vuole, Sherry, non vuole davvero. Se già a cose normali le altezze elevate le fanno paura, adesso la terrorizzano proprio a morte. In un normale frangente, infatti, si farebbe sì male cadendo ma non morirebbe nell’impatto, ma adesso anche solo scivolare ed essere ripresa al volo potrebbe esserle fatale o quasi.
Sono però le carezze delicate di Radish sulla schiena e la sua coda saldamente stretta attorno alla coscia a convincerla a fidarsi per l’ennesima volta, a dargli retta.
Decisamente non poteva scegliere meglio.
Le case, i palazzi, i ristoranti, i negozi, il teatro, il parco giochi…  e poi, più in là, le minuscole luci delle altre cittadine, dell’autostrada, tutti quei grandi e sconfinati spazi verdi dove ha corso a perdifiato quando ancora era lei, le montagne sulle quali si è arrampicata… sono tutti così piccoli da poterseli infilare in tasca.
Con le mani ancora appoggiate sul suo addome e con la sicurezza della coda stretta alla gamba, non riesce a fare a meno di cominciare a voltarsi a destra e a sinistra per avere una visuale maggiore, e per la prima volta non sente più la potente sensazione di poter spazzare via le stelle con un colpo di coda, ma di poterle toccare con mano come se fossero tanti minuscoli e splendidi diamanti.
«È magnifico…»
«Proprio come ora, nella vita, passeremo momenti in cui saremo in alto, altri in cui saremo in basso. Non sarà facile, ma ne varrà la pena… insieme.»
Si slancia in avanti per baciarlo, e la sua bocca la accoglia calda e appassionata.
«Negli alti e nei bassi…» Sussurra sulle sue labbra, rabbrividendo quando sente le sue mani calde sfiorarle le cosce, i fianchi, la schiena. Non l’avrebbe mai detto quando l’ha conosciuto, neanche per sbaglio, ma Radish è davvero una certezza.
«Negli alti e nei bassi…» Ripete con un lieve sorriso, gli occhi torbidi, velati di eccitazione.
La bocca di Sherry si posa sulla pelle dietro il suo orecchio e vi lascia un dolcissimo, impalpabile bacio. Rimane poi immobile, sentendo l’eccitazione irradiarsi ovunque, ogni nervo in spasmodica attesa della sua mossa. Quando le sfiora la guancia con il mento ruvido, un brivido le percorre la schiena e un’ondata di calore si scatena tra le sue cosce.
«Tempo fa ti avevo promesso una cosa, ma quel fottuto spirito mi ha rovinato i piani…» Mormora prima di darle un piccolo bacio sull’angolo della bocca, un vortice di passione repressa negli occhi d’onice «Penso che sia il momento di rimediare.»
Senza preamboli, le sfila dalla testa il vestito leggero, sogghignando di fronte al suo corpo nudo. Se in molti frangenti questa sua avversione per la biancheria intima lo disturba, in questi momenti la trova assai eccitante.
«Tocca a te. Via la maglia.»
Forse non è stata la cosa migliore da dire, non dal momento che sono sospesi per aria ed il suo equilibrio dipende quasi unicamente dai movimenti del Saiyan steso sotto di lei, ma la visione di quel busto e quelle braccia muscolosissime e la sensazione dell’erezione premuta contro l’inguine la ripaga per la paura provata.
Gli posa le mani sul petto sodo e si china a leccargli un capezzolo. Lui geme, poi emette un verso gutturale quando lo mordicchia leggermente e le affonda una mano tra i capelli, costringendola ad avvicinare il viso al suo. Sherry però si ferma ad un centimetro dalla sua bocca e si limita poi a baciarlo sull’angolo.
«Vuoi giocare?» Geme divertito, sfiorando con un dito la zona umida. Un gemito le sfugge dalle labbra quando lascia scivolare il dito sulla coscia, facendo vibrare le sue terminazioni nervose.
«Niente danni, fustacchione…»
«Niente danni.»
Per quanto sforzare così tanto i muscoli le faccia male, non le interessa. Si sostiene bilanciando il peso un poco sulla mano poggiata sul suo addome ed un poco sui piedi appoggiati sulle sue cosce, decidendo di rimanere ferma così, in bilico tra l’estasi e il dolore.
«Che ne dici di buttare in campo il biondo?» La sua voce è come un ringhio sensuale e possessivo e Radish non riesce a fare a meno di obbedire. È una sensazione diversa farlo in quel modo, pure per lui è strano. Uno strano positivo però, un qualcosa che non sa spiegare a parole e che ogni volta gli fa pensare che gli altri - quelli del suo pianeta che non ci riuscivano - si perdevano un qualcosa di grandioso.
La guarda mentre affonda un centimetro dopo l’altro, in una tortura deliziosa. Un gemito più forte gli sfugge dalle labbra prima di lasciar cadere la testa all’indietro.
Il tempo di riconnettere un minimo il cervello e le labbra di Sherry toccano le sue in un bacio rovente, umido e travolgente.
Sherry non pensava che il sesso ad alta quota potesse essere così divertente. E doloroso. Ogni muscolo le brucia da impazzire, la schiena le fa male per quanto si sta sforzando, ma non riesce a smettere. Il mondo le pare come capovolgersi in quel mix devastante di dolore e piacere, il corpo le vibra come una corda tesa e pizzicata da dita esperte.
Lascia scivolare le gambe prima in basso, liberandole nel vuoto, per poi stringerle attorno ai suoi fianchi quando si mette “seduto”. Non ha mai capito come faccia a muoversi così, come il suo corpo riesca ad aggiustarsi in assenza di sostegni, ma non le importa assolutamente più. L’unica cosa importante, d’ora in avanti, è che ne approfitterà senza ritegno.
Radish affonda le dita nei suoi capelli e le piega la testa di lato, ansimandole forte sul collo mentre con l’altra mano le stringe dolorosamente il fianco. Sono entrambi senza fiato, persi nel loro reciproco piacere finché di colpo la frizione diventa insopportabile e l’orgasmo li travolge, devastante.
In quel momento la mente Radish non solo riesce a ricordargli di fare marcia indietro prima di fare danni, ma anche a decidere che sì, per loro non c’è momento migliore per avanzare ancora.
Affonda i denti nella sua clavicola con forza, il sangue caldo gli bagna le labbra e la lingua. Non sente niente di nuovo, niente di particolare, fino a quando non avverte a sua volta i suoi denti affondargli nella carne. Affondano molto, squarciano ciò che trovano sulla loro strada, la mascella stringe in modo doloroso, ma non gli importa assolutamente, non quando sente quel sangue caldo invadergli i tessuti in quello strano modo capace di mandarlo in orbita.
Ma stavolta non va in orbita, bensì si rilassa. È come se avesse corso fino in capo all’Universo e fosse anche tornato indietro, il corpo è immensamente soddisfatto ma terribilmente sfiancato.
Riesce però a tornare a terra, sulla coperta color panna, il fiato corto e il cuore che pare sul punto di scappargli dal petto tanto batte forte.
Sherry, stretta a lui, rotola su un lato, totalmente spossata. Sicuramente il momento non è dei più indicati, sicuramente non risolverà assolutamente niente per quanto riguarda le discussioni in sospeso, ma… perché no? Perché aspettare ancora? La vita è così imprevedibile, troppe volte pare più che intenzionata a metterti i bastoni tra le ruote, perché non approfittare di questi momenti, dove tutto pare andare per il verso giusto?
Passano qualche minuto a coccolarsi come adolescenti, avvolti dalla notte e cullati dal rumore delle onde. La perfezione, o poco ci manca.
«Buon Natale, Radish…» Mormora con un filo di voce, gli occhi sempre più stanchi, il corpo intorpidito e la piacevolissima fragranza di oceano e sesso sempre più forte nelle narici.
«Buon Natale, Sherry…»
Gli occhi si chiudono, i corpi si abbandonano, i morsi sulle clavicole si chiudono e cicatrizzano velocemente, come chiaro e folgorante simbolo della loro eterna unione.


Si rigira nel letto per l’ennesima volta, le coperte pesanti sembrano volerlo stritolare ad ogni movimento.
Non sa neanche più da quanto sta dormendo e non appena apre gli occhi sente una nuova ondata di confusione nella mente.
C’è qualcosa di strano nell’aria, una strana scia odorosa così maledettamente fuori luogo da risultare fastidiosa. Zenzero e cannella. Biscotti. Biscotti con zenzero e cannella. Chi diavolo prepara biscotti con zenzero e cannella? Lì nessuno cucina quella robaccia da umani.
Sente delle deboli risate allegre giungergli flebilmente alle orecchie.
Chi osa manifestare allegria adesso?! Hanno perso la loro Regina, il loro Re sta soffrendo e loro ridono?! Questo è assolutamente imperdonabile.
Si alza con un po’ di fatica dal letto e s’incammina verso quelle odiose risate infantili. Che siano cuccioli o adulti fa poca differenza in realtà, ucciderà chiunque stia osando tanto.
L’odore dei biscotti si fa più forte ad ogni passo. C’è odore anche di latte caldo e miele, adesso. Lo sente benissimo. Così come sente diversi odori nuovi, qualcosa di mai fiutato prima. Chiunque siano, comunque, hanno un sangue davvero forte. Quasi gli dispiace doversi sbarazzare di soggetti con un simile potenziale, ma se la sono cercata.
Gira per i vari corridoi avvolti nell’oscurità finché non giunge finalmente nel grande salone principale del maniero. Ma è diverso, non è lo stesso luogo che conosce: fiori rossi, candele, luci dorate, decorazioni di vario genere sono sparse in ogni dove. In fondo alla sala, inoltre, svetta imponente un grande abete addobbato con piccoli oggetti colorati, luci, festoni e dolciumi, sotto al quale poi si vedono tanti regali impacchettati ad arte.
Nove bambini giocano allegramente rincorrendosi per la sala, incuranti della sua presenza.
Si assomigliano tra loro, questo è innegabile: in sei hanno i capelli totalmente neri, altri due li hanno striati di grigio ed uno, quello che emana un odore più forte rispetto agli altri, li ha di un grigio un poco più scuro del suo.
«Finalmente ti sei svegliato!»
Il cuore gli fa una dolorosa capriola nel petto nel sentire quella voce e la pelle del braccio gli pare andare a fuoco non appena viene toccato.
Volta di scatto lo sguardo, il sorriso luminoso di Sherry lo investe in pieno.
«Biscotto?»
Non sa cosa fare o cosa dire.
Lei è morta. L’ha uccisa lui. Come può stargli di fronte?
«Jäger…?» Lo avvicina piano, la mano sempre ferma sul braccio nudo.
Nessuno lo ha mai guardato così, prima d’ora. Neanche Apophis ha mai mostrato una tale preoccupazione nei suoi confronti per quel che ricorda. Ma lei sì: lo sta guardando ed è preoccupata, gli carezza la guancia come per riportarlo dolcemente alla realtà e farsi spiegare cosa stia succedendo.
La sua mente non riesce a spiegare cosa stia succedendo. Che sia stato tutto un incubo? Che nell’incubo l’abbia uccisa per errore? Gli sembra così strano…
«Jäger, ti senti bene?» Gli passa dolcemente le dita tra i capelli e non ha alcuna strana reazione quando lui le afferra il polso, bloccandola. Gli sembra abituata alla cosa, come se tra loro sia una cosa del tutto normale.
«Papà! Papà!» Abbassa di scatto lo sguardo, gli occhi ancora pieni di confusione. Non riesce a capire, la sua brillante mente non riesce ad accettare davvero che il suo sia stato solo un incubo. Era così reale…
«Questo lo abbiamo fatto per te!» Il ragazzino con i capelli grigio scuro gli sta porgendo un pacchetto incartato in una brillante carta rosso scuro, sulla quale svetta un grosso fiocco dorato. I suoi occhi chiari straboccano di una felicità che lui non conosce e non capisce, ma il suo corpo pare non far caso a tutto questo. Senza neanche accorgersene, infatti, ha allungato una mano ed ha preso la scatola rettangolare e subito ha tolto la carta che l’avvolgeva per scoprire cosa contenesse.
Un coltello.
Un grosso e magnifico coltello con la lama incisa con articolati ghirigori più scuri e con il manico abbellito con filamenti dorati.
Chi mai gli ha fatto un simile regalo, prima?
Apre la bocca più volte ma non una sola parola riesce ad uscirne.
Il cuore gli sta battendo incredibilmente veloce per la prima volta in vita sua, sente come un qualcosa di strano serpeggiargli dentro, lento e bollente.
«Si sono impegnati molto, vedi di sorridere perlomeno!» Afferma con tono scherzoso Sherry, passando poi il vassoio pieno di biscotti ancora caldi nelle mani di una bambina che subito schizza di lato per gustarli assieme ai fratelli e le sorelle.
Subito dopo allaccia le braccia al collo di Jäger e si avvicina senza alcuna paura al suo volto, venendo però bloccata prima di poter fare qualsiasi cosa.
«L’uomo-scimmia?» Ringhia a denti stretti Jäger, stringendole dolorosamente i polsi per allontanarla. Qualcosa non torna, ma non capisce cosa. Ora come ora, in mezzo a quel calore, gli sembra tutto così normale
«Quale uomo-scimmia?» Sherry aggrotta le sopracciglia e lo guarda come se fosse impazzito, allontanandosi di un passo «Amore, sei sicuro di stare bene?»
Sgrana gli occhi, colpito in pieno da quella semplice e comune parola tanto potente da scardinarlo completamente.
Le lascia i polsi senza neanche accorgersene, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Per un istante gli pare quasi che il pavimento sia fatto di gelatina e che le pareti ondeggino come se fossero onde, e Sherry si accorge immediatamente del suo smarrimento più totale.
«Vado a chiamare Apophis…» La blocca per un polso prima che abbia il tempo di uscire dalla sala e lei lo guarda con lo sguardo di chi veramente si sta preoccupando per te e, con fare dolce e materno, prende le sue mani per condurlo verso uno dei tanti comodi divani scuri per farcelo sedere.
«Cerca di non preoccupare i bambini, io vado a chiam—» Non le dà il tempo né di finire la frase né di allontanarsi.
La sua mente pare essersi convinta grazie al calore che sente sulla pelle e ai vari odori che il suo olfatto percepisce che è tutto maledettamente vero, e il colpo di grazia arriva quando sente finalmente le sue labbra morbide contro le proprie, la sua lingua umida che si intreccia alla sua in una battaglia che sembrano conoscere alla perfezione.
Era un incubo, non le ha mai fatto del male.
Lei è sua, è diventata la sua Regina e gli ha dato i figli che voleva. Gli ha dato il principe tanto ambito, quel piccolo Spettro che prima gli ha portato il coltello.
Ha vinto, ce l’ha fatta.
Non pensava certo che sarebbe stato così bello, però. Non credeva che il cuore gli si potesse animare in questo modo, non credeva che esistesse una tale e pura gioia. Invece c’è, esiste eccome: lei è seduta sulle sue gambe, si lascia baciare con urgenza e risponde con passione e dolcezza. Non lo odia come l’incubo gli ha fatto credere, non lo disprezza e non lo rifiuta. Non esiste l’uomo-scimmia, non esiste niente di niente. Esistono loro due però, esistono i loro figli, i suoi eredi. Esiste quel sentimento che tutti tanto decantano e desiderano e che lui reputava solo un’idiozia, un qualcosa per chi non è in grado di ambire a cose più grandi.
Quando quel lungo e bruciante bacio viene interrotto e Sherry gli rivolge di nuovo quel sorriso dolce e luminoso, sente che tutto è come deve essere, come sarebbe sempre dovuto essere. Lo capisce maggiormente quando vede il proprio Morso sulla sua pelle chiara.
Vi passa sopra le dita con tocco leggero, osservandolo con occhi pieni di orgoglio.
«Ho avuto solo uno strano incubo, non ti preoccupare.» Le sorride per rincuorarla, notando però che non è del tutto certa delle sue parole. Gli viene di colpo da sorridere ancora di più di fronte a quello sguardo attento, quello di una madre che deve capire se i figli hanno fatto o meno proprio ciò che lei gli aveva vietato categoricamente di fare e di slancio la bacia di nuovo, stringendola a sé come se ne valesse della sua stessa vita.
Sentirla ridacchiare contro le proprie labbra mentre gli immerge le dita nei capelli è un qualcosa di così bello, per lui, che il cuore pare sul punto di esplodere tanto è felice.
«Papà!» Si separa a malincuore dalle labbra di Sherry per dare la giusta attenzione al bambino di prima. Dio, non ricorda come si chiama però! Se lo dicesse ad alta voce probabilmente ne seguirebbero dei problemi…
«Posso indossare le zanne di Roscka, oggi?»
«Solo se ci abbini anche il vello di Regan!» Sherry parla per lui, come se fosse consapevole della sua momentanea difficoltà «Dai, vai a metterli!»
Mentre la sua piccola Sherry, la sua Regina, osserva con occhi attenti e dolci il ragazzino che, seguito dai più piccoli, scatta verso la loro camera da letto per prendere gli antichi e preziosi cimeli, lui guarda lei.
La guarda e sente uno strano brivido nella schiena quando torna a fissarlo e gli punta contro un dito, parlandogli con tono assai stizzito: «Se andrai ad ubriacarti un’altra volta come ieri sera, giuro che te ne farò pentire.»
Scoppia a ridere, Jäger. Dio, si è ubriacato a tuono! Ecco perché è così scombussolato, ora gli sembra tutto più sensato!
Certo, non pensava che a lei potesse importargliene qualcosa considerando i suoi trascorsi, ma potrà fare lo sforzo di regolarsi per tenerla tranquilla. In fondo gli ha dato ciò che voleva, se evita certe cose con Apophis e gli altri cani di certo non ne soffrirà. Alla fine può sempre rimediare passando il tempo tra le sue cosce.
Già che c’è, pensa di recuperare il tempo perso la notte precedente infilandovi subito una mano, trovandola umida e pronta ad accoglierlo. Ma lei lo blocca ridacchiando, consapevole che non possono proprio permettersi certe calde effusioni quando i loro figli stanno per tornare per continuare ad aprire i vari doni.
«Dopo…» Mormora contro le sue labbra, sussultando visibilmente e reclinando la testa all’indietro quando Jäger continua a toccarla con movimenti decisi.
«Ora.» Ringhia contro il suo collo mentre prova a denudarla lì, sul divano, venendo però nuovamente bloccato.
La consapevolezza che non lo tema per niente gli riempie il cuore di gioia. Chissà quanto ci ha messo per farle capire di non doverlo temere? Beh, ora come ora non saprebbe dirlo. Devono aver esagerato non solo con l’alcol e questo immagina sia molto meglio che lei non lo sappia.
«Prima si scartano i regali, dopo si fa tutto quello che vuole il mio Re…»
Mugola contro le sue labbra e la lascia alzare non appena i figli sono di ritorno.
Ora che vede il primogenito indossare il vello di Regan capisce che il Sud è caduto ai suoi piedi, che ora è lui l’unico Re. Gli dispiace davvero non essere capace di ricordarlo adesso, ma a quanto pare i suoi figli trovano molto spassoso raccontare tra loro le gesta del genitore mentre saltano sui divani e fanno la lotta tra loro.
A quanto pare scese in guerra su richiesta proprio della moglie, che voleva che i piccoli potessero crescere in sicurezza senza la costante minaccia del Sud sulle loro teste, e Belmont, l’agognato primogenito, è nato durante lo scontro, nell’istante esatto in cui lui strappava il cuore a Greywind. Doppio colpo mandato a segno per Jäger, che non riesce a fare a meno di guardare quel piccolo branco di scalmanati mentre urlano gioiosi e si passano i regali.
Sherry lo avvicina con passo lento mentre si rigira un fiocco rosso tra le dita.
«Anche io ho un regalo per te…» Si siede di nuovo sulle sue gambe mentre lo dice, allacciandogli un braccio al collo e sorridendogli con aria sia dolce che maliziosa.
«Ah sì?» Si allunga di nuovo in avanti per strapparle un altro bacio poiché non riesce a saziarsene, e quando si separano Sherry si avvicina lentamente al suo orecchio, mordendogli il lobo in un modo per lui davvero troppo eccitante.
È sul punto di sbatterla sul divano e farla sua lì, davanti ai loro figli, quando le sue parole lo investono come un fiume in piena: «Sono di nuovo incinta…»
Jäger non è mai stato davvero felice, nella sua vita. Qualcosa si frapponeva sempre tra il suo cuore e la felicità, era l’unico ostacolo che non riusciva a superare. Secondo Apophis era dovuto al fatto che, loro due, sono superiori alle persone normali, che questo loro distacco dai sentimenti è stata quella particolare marcia in più che li ha spinti verso la grandezza e la fama. E andava bene, non gliene importava davvero qualcosa di provare quei luridi sentimenti tanto ingombranti che hanno sempre portato alla disfatta dei più grandi campioni del passato; lui stava bene nella sua quasi apatia, la violenza e la rabbia erano le sue uniche compagne e lo hanno reso il più forte.
Ma questa gioia è qualcosa di forse migliore.
Sente che, con questa carica dentro, potrebbe spaccare in due il mondo, potrebbe divorare la Luna e spazzare via le stelle. Sente che potrebbe fare qualsiasi cosa, adesso. Perché ha vinto, su tutta la linea. Ha conquistato tutto ciò che ogni Spettro ha sempre desiderato conquistare, ha portato alla realizzazione di una profezia millenaria, sta esercitando un potere assoluto sulla loro formidabile specie. Quando suo figlio sarà cresciuto, potrebbe anche pensare di tentare una rappresaglia sul mondo esterno, potrebbe essere divertente sia da programmare che da mettere in atto, ma ora non è importante.
Ora è importante Sherry, la sua piccola e magnifica Sherry, che lo guarda con un amore che non ha mai conosciuto prima.
Ora sono importanti i suoi figli che lo guardano con adorazione e rispetto, che lo invitano ad andare da loro per consegnare il regalo alla madre. E lui si lascia trascinare, permette a quei bambini di toccarlo, di farlo alzare dal divano, di allontanarsi da Sherry. Glielo permette e non prova neanche l’impulso di far loro del male. Non che gli passi per l’anticamera del cervello di proteggerli, dei figli suoi non devono aver bisogno di protezione, ma non pensa neanche di massacrarli di botte.
Va verso l’albero e prende tra le mani quel grosso pacco pesante dall’involucro sgargiante e lucido, ma di colpo i suoi sensi iper-sviluppati lo mettono in allerta.
Pericolo, una minaccia per sé stesso e per ciò che ha costruito.
Fiuta l’aria in cerca di qualcosa fuori posto, ma l’unica cosa che riesce ad avvertire è l’improvvisa assenza di odori. Niente più odore di ghiaccio e gelo, niente profumo di biscotti, niente odore di sangue forte, niente odore di miele, magnolia e fresia. Non c’è più niente.
Fuori dalla finestra tutto diventa improvvisamente più buio, come se un velo nero si fosse abbassato sulle sue terre, spegnendo ogni rumore, e poi arriva il freddo. Un freddo strano, un qualcosa che non gli dà fisicamente fastidio ma che, in un certo senso, gli dà i brividi.
«Jäger…»
La voce preoccupata di Sherry gli arriva nitidamente alle orecchie e, mosso da quello stato d’allerta che lo ha sempre avvertito del pericolo imminente, si volta a guardarla. Ciò che vede, poi, gli dilania l’anima. Il suo sguardo dapprima terrorizzato si fa sempre più vuoto, morto, ed infine la sua figura comincia a sgretolarsi, tramutandosi in cenere. Si piega come un girasole sotto la grandine, dischiudendo le labbra in un ultimo, muto e disperato richiamo di aiuto.
«Pa-pà…» Uno dei suoi figli rantola, ad un paio i metri di distanza, con una voce così rauca da essere dolorosa da ascoltare. Proprio come Sherry, pure i loro figli si dissolvono, trasformandosi in un mucchietto di cenere sparsa sul pavimento.
Non riesce a muoversi, malgrado lo voglia disperatamente. Non riesce neanche a parlare, non riesce a richiamare la guardia, ad urlare il nome della sua Regina. Non riesce a fare niente, tutto attorno a lui lo sta come stritolando in una morsa invisibile e letale finché, di colpo, tutto diventa di un nero accecante.
Non c’è niente attorno a lui, solo il vuoto e il silenzio, finché non nota in lontananza una specie di luce dall’alto, come un faro.
Non si rende conto di muoversi, anzi è certo di non aver neanche provato a flettere un dito, ma da un istante all’altro si trova vicino a quella luce, che punta dall’alto su un grande specchio dalla cornice invisibile. Non saprebbe dire fin dove si estenda quello specchio o anche solo se effettivamente sia uno specchio, l’unica cosa certa è che vede sé stesso, adesso.
Vede sé stesso, da solo in quell’oscurità che pare volerlo stritolare, annientare, soffocare.
Il segno del Morso sulla spalla non c’è più, la cicatrice si è dissolta con Sherry, con la sua stessa vita.
In mano si materializza il pugnale, quello che i loro figli morti gli avevano donato. Lo tiene saldamente tra le dita, lo stringe come se fosse la sua sola àncora di salvezza, come se il contatto tra la sua pelle calda ed il metallo freddo potesse farlo ancora respirare.
Sarebbe anche così, forse, finché non alza di nuovo gli occhi e si scontra con l’ultima immagine che mai vorrebbe vedere.
Un uomo alto dalla stazza imponente ed i capelli lunghi oltre le ginocchia lo guarda con arroganza, un ghigno maligno ad increspargli le labbra sottili.
Rimane immobile, in silenzio, guardando solo di sfuggita quell’orribile coda da scimmia che ondeggia alle sue spalle.
Stava sognando. La vita che voleva, la vittoria e la gloria che gli spettavano di diritto. Stava sognando, quel lurido alieno deve averglielo mostrato per sfotterlo, per infierire del suo dolore.
Gli ha mostrato l’amore che gli spettava di diritto dalla donna che aveva scelto, gli ha mostrato i loro figli, gli ha mostrato un futuro che non potrà più realizzarsi.
«Ho vinto.» Afferma con voce strafottente, puntandosi con un dito il segno del Morso sulla spalla. Si erano già morsi prima del suo arrivo e non vi aveva neanche badato. Deve averle fatto un lavaggio del cervello incredibile per convincerla a scendere così in basso, per convincerla ad unirsi ad una bestia inferiore come lui…
Lo odia con tutto sé stesso.
Lo odia perché è più forte di lui.
Lo odia perché esiste e si è intromesso in una faccenda che non lo riguardava.
Lo odia perché gli ha tolto ciò che era suo.
Lo odia con un odio feroce che lo obbliga a pugnalarlo dritto al cuore con quel pugnale che mai riceverà davvero.
Ma quel pugnale non trapassa il cuore di Radish, no: trapassa il suo. Affonda nella sua carne, nel suo cuore, lo squarcia nel profondo, gli strappa quel vago rimasuglio di sentimenti che vi erano all’interno, incenerendoli assieme ai suoi sogni.




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Questo capitolo è stato un dannatissimo parto, davvero! Una fatica allucinante, roba mai provata prima, e non sono neanche sicurissima del risultato.😭
Mi affiderò al vostro parere, non posso fare altro e sono piuttosto certa che non sarei riuscita a fare meglio di così.
La volete sapere un’altra cosa brutta? Ma brutta forte eh: mi sono resa conto che, se una cosa mi piace o in quel momento attira la mia attenzione, io me la ricordo anche a distanza di anni e ogni tanto cito involontariamente! Me ne sono ricordata guardando Hook: interi dialoghi a memoria di un film che non guardavo da ALMENO vent’anni!😐
Non so se considerarmi tipo intelligente o simili per questo… penso di no però, trovo più probabile pensare che ho sculo e basta. Al liceo e all’università, se qualcosa non mi interessava, potevo anche tatuarmela sul braccio, me la sarei scordata uguale! (Una prova? Mi scordo i miei stessi tatuaggi, pur essendo in bella vista!)🤗
Ma veniamo a discorsi più allegri: EBBENE Sì! QUESTI DUE PAZZI SI SONO SPOSATI!🤵 👰
Hanno fatto tutto di fretta da quando si conoscono, non vedo perché non fargli fare anche una pazzia di questo genere.

Jäger, invece, soffre come una bestia.
Bene.
Ma neanche troppo.
Uno come lui, abituato sin dalla nascita a vincere, disposto a rimandare suddetta vittoria solo perché reputava il gioco divertente, si è visto strappare tutto dalle mani. Non concepisce neanche più che la colpa sia sua, che abbia fatto tutto con le proprie mani: per lui la colpa è di Radish, che le ha fatto il lavaggio del cervello, e di tutti quelli che le sono sempre stati vicini e l’hanno spinta su una strada per loro inconcepibile.
Uno come lui, dopo uno smacco del genere, è assolutamente pericolosissimo! Non hai idea di chi andrà ad attaccare per primo per vendicarsi, non puoi proprio prevederne le mosse! Un po’ alla Vegeta contro Beerus quando tira una pizza a Bulma, con la differenza che lui può fare molti più danni.

E ora come evolverà la situazione?
Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

PS: si sono sposati il giorno di Natale… chissà se Radish sarà capace di scordarsi un anniversario!

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore Chimera__, Celeste98 e _Cramisi_ per aver recensito lo scorso capitolo e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 24 e 25💛

𝟛𝟝. 𝒰𝓃 𝓈𝑜𝓉𝓉𝒾𝓁𝑒 𝑒𝓆𝓊𝒾𝓁𝒾𝒷𝓇𝒾𝑜 𝓈𝓅𝑒𝓏𝓏𝒶𝓉𝑜




Radish non si era mai svegliato sulla spiaggia.
Si era svegliato in anfratti usati come rifugio di fortuna in mezzo alla boscaglia, o magari sdraiato in alto su un ramo per sicurezza; si era svegliato anche in mezzo alle macerie dopo aver distrutto tutto ciò che lo circondava in uno scontro. Mai una sola però si era svegliato sulla spiaggia, col Sole caldo che gli riscaldava la pelle e il rilassante rumore dell’oceano di sottofondo.
Deve ammettere che tutto sommato non è una brutta sensazione. Forse ciò è dovuto anche al fatto che si sente mezzo stordito, pur non capendone il motivo.
Cosa ha fatto di tanto faticoso da ridursi così? Cosa può aver mai combinato di tanto devastante per corpo e mente da non riuscire neanche a trascinarsi in casa a dormire? Di certo non si è ubriacato, non è il tipo. Anzi, forse lo sarebbe pure considerato quanto tempo passa anche col Quartetto ma, considerando tutti i casini che sta vivendo ultimamente, non può permettersi di abbassare la guardia in quel modo.
Ma allora perché si trova a pancia in giù su una coperta chiara, il corpo nudo coperto da una seconda coperta dalla vita in giù e col cervello che ondeggia nel cranio?
Ha discusso con Sherry il pomeriggio prima. Hanno discusso un po’, si è risentito parecchio ed è andato a sfogarsi in palestra, lo ricorda. È poi andato a cercarla, gli è venuto un infarto perché era sparita e l’ha poi trovata in spiaggia. Gli aveva preparato una bizzarra cena a base di panini con burro di arachidi e marmellata e latte freddo per far pace, e lui l’ha adorata. Era un qualcosa di infantile ma anche incredibilmente dolce da parte di una donna che non è poi troppo capace di mostrare affetto, come poteva non adorarlo?
Poi si sono come dichiarati nuovamente l’uno all’altra, lo ricorda. Così come ricorda la loro passione sbocciata ad alta quota, i suoi baci voraci e bollenti che per poco non gli facevano perdere completamente il lume della ragione, e poi…
Ecco, ora si spiega il dolore che prova alla spalla. Anzi, non dolore, è più un forte intorpidimento.
Pensandoci un istante, Radish si rende conto che sì, in vita sua è sempre stato parecchio impulsivo ma che la situazione gli è come sfuggita di mano con l’arrivo di Sherry. Prima di lei non avrebbe mai pensato di comportarsi come ha fatto.
L’ha conosciuta quasi tre mesi prima e subito ha pensato bene di seguirla nel bosco e sbatterla contro un albero per baciarla, giusto perché lei poco prima aveva sgozzato un uomo col collo rotto di una bottiglia e stuzzicarla gli pareva un’idea divertente. Poi l’ha seguita ancora, l’ha messa alle strette per avvicinarla e, dopo esserci quasi uscito di testa, c’è andato a letto. Doveva essere solo sesso, ma non lo era neanche per sbaglio; in pratica vivevano insieme, malgrado lei lo negasse. Tempo un mese da quando si sono conosciuti e sono andati a vivere davvero insieme, solo per poi trasferirsi in una casa più grande e fidanzarsi in modo ufficiale. Ed ora eccolo qui, steso in spiaggia con il cervello che gli scivola giù dalle orecchie dopo essersi scambiati il Morso, vincolo matrimoniale degli Spettri, un qualcosa per la quale non esiste assolutamente il divorzio. E tutto questo in circa tre mesi da quando la conosce! Se non è essere impulsivi questo, davvero non sa cosa possa esserlo.
Ma, forse, non è solo una questione di impulsività. È innamorato, follemente innamorato, e non voleva più perdere tempo, voleva che tutti potessero sapere dopo un primo sguardo che si appartengono e, forse, voleva pure fare un qualcosa che non fosse stato profetizzato dal lupo fantasma, qualcosa che gli desse la certezza che la sua vita non è stata programmata a tavolino, che quello che li lega è vero.
Può essere tutto plausibile, ma può anche essere solo impulsività. Non gli interessa, però. Sotto al Sole sta troppo bene, il rumore delle onde lo rilassa davvero; perché raccapezzarsi su questa faccenda? Ormai è fatta, inutile rimuginarci tanto, dal Morso non si può proprio tornare indietro.
Spera che pure sua moglie sia dello stesso parere, perché calmarla adesso potrebbe essere alquanto ostico e il suo simpaticissimo cognato potrebbe usarlo come pretesto per giocargli un colpo basso. Letteralmente basso, tipo l’evirazione mentre dorme. Sarebbe pure capacissimo di aspettare per mesi - forse anche anni! - il momento adatto, quello in cui ha finalmente abbassato un minimo la guardia solo per fargli una cosa simile.
No, meglio controllare subito che Sherry sia tranquilla e felice della loro scelta, se così la si può definire, e poi escogitare un metodo per comunicarlo anche a lui senza mandarlo troppo in bestia.
Allunga un braccio all’indietro, incapace di compiere altri movimenti tanto si sente spossato, ma quando non la trova al proprio fianco le energie gli tornano tutte in un colpo. Scatta quindi a sedere e si volta, trovando il posto accanto a sé vuoto.
La sua capacità di sparire nel niente è sorprendente, oltre che frustrante.
Sente uno strano senso di inquietudine irradiarsi dolorosamente nel petto quando nota degli strani segni nella sabbia smossa, come se fosse avvenuto un feroce combattimento.
Il senso di inquietudine lascia velocemente posto alla paura più nera da un secondo all’altro: lui era K.O., Everett era in giro chissà dove, se l’avessero portata via?
«SHERRY!»
Non si è neanche reso conto di essere scattato, semplicemente un secondo prima era seduto sulla coperta, quello dopo era in piedi a cercarla freneticamente con lo sguardo.
La richiama ancora a gran voce ma, prima che abbia il tempo di alzarsi in volo per ampliare il raggio di ricerca, delle fresche goccioline d’acqua gli cadono sulla testa. Non c’è però neanche l’ombra di una nuvola, neanche in lontananza, il che lo porta automaticamente ad alzare la testa.
«Ma che…?»
Zanne.
Enormi zanne bianche a pochi centimetri dagli occhi.
Alle enormi zanne bianche segue un tartufo scuro ed umido, poi due grandi e conosciuti occhi color rubino.
Si volta, incredulo, ritrovandosi di fronte il corpo mastodontico di un lupo nero e bianco che lo fissa con aria attenta e, ne è oltremodo sicuro, divertita.
«Peggy!»
Sherry scatta, salta su tutte e quattro le zampe con fare euforico, gira su sé stessa tenendo il posteriore quasi a terra, le orecchie che si appiattiscono contro la testa e poi scattano in alto in continuazione.
Si è svegliata circa due ore prima, il corpo più dolorante del normale, la testa che pareva sul punto di esplodere ed un assai conosciuto ronzio nelle orecchie.
Era una sensazione piacevolmente conosciuta, un qualcosa che non pensava di poter provare di nuovo tanto velocemente, così si è trascinata di lato per sicurezza. Poteva essere solo un’illusione ma comunque non poteva rischiare di mutare e spiaccicare Radish sotto la sua mole mentre dormiva.
Si è trascinata nella sabbia, la meravigliosa sensazione delle ossa che fremono prima di spezzarsi, della pelle che si tende fino oltre il limite… ha pensato che sarebbe stato bello mutare, ed eccola a rotolarsi nella sabbia appena tiepida, le lunghe zampe bianche e nere che si tendevano verso il cielo.
Non ha capito più niente, è schizzata in avanti ed ha cominciato a correre, facendo più e più volte in giro dell’isola, buttandosi in mare, saltando ovunque.
Aveva pensato di andarsene a caccia sulla terraferma, ma prima era necessario che anche Radish la vedesse, che gioisse con e per lei. Ha provato quindi a svegliarlo con un paio di musate contro la schiena, ma non ha sortito alcun effetto. Fino a pochi minuti prima, quando ha cominciato a grugnire infastidito dalla luce, non dava proprio alcun segno di vita.
Ma adesso è sveglio e la sta guardando con un sorriso così sfavillante da accecarla.
Spinta dall’entusiasmo, carica il peso sulle zampe posteriori, balza in avanti e lo spinge in acqua, facendolo cadere di schiena. Poi salta, lo schizza, salta ancora e si rotola nell’acqua fredda.
Non riesce a stare ferma, il cuore le batte così forte nel petto da essere quasi doloroso, ed è la sensazione più bella di tutte.
Radish, euforico tanto quanto lei, si alza di scatto e l’afferra per il collo non appena gli è possibile, atterrandola. È vero, la sera prima hanno fatto una cosa assurda e sicuramente troppo affrettata, ma dove sta il problema quando è capace di renderlo così felice?
Giocano in acqua, si schizzano e si rincorrono anche a nuoto, sempre più a largo. Radish si piazza pure sulla sua grossa e forte schiena, immerge le dita nel vello, le tira giocosamente le orecchie e non smette di sorridere neanche quando la lupa si immerge.
È come trovarsi in un sogno, adesso. I corpi sono sospesi nell’acqua fredda, tutto si muove lentamente, i problemi sono lontani, dimenticati. E tutto cambia ancora quando Sherry riprende sembianze umane e fluttua in cerchio con lui, le dita intrecciate ed infine le labbra unite.
Riemergono solamente quando ormai sono totalmente a corto di ossigeno e i polmoni cominciano a bruciare dolorosamente, ma anche a quel punto Radish non ci pensa proprio a lasciarla andare. Può farle tutto ciò che vuole adesso, senza più il rischio di farle fisicamente male e, soprattutto, senza più quell’angosciante problema della gravidanza. In fondo finché non entrerà in calore non potrà fisicamente concepire, lo sanno per certo anche perché in caso contrario adesso al dolce pupo della discordia mancherebbe giusto un mese e mezzo circa per venire al mondo.
Può farle tutto, ora. Può stringerla, morderla, graffiarla, strattonarle la testa all’indietro tirandole i capelli, spingersi in lei fino a farla urlare e poi ricominciare da capo, mescolare e unire i singoli gesti. Può dimostrarle a livello fisico, quello che sicuramente gli riesce più spontaneo e semplice, ciò che prova per lei.
Escono infine dall’acqua quando le dita cominciano a raggrinzirsi ed impallidirsi sul serio, spinti più dalla fame che dalla reale voglia di andarsene da lì. Sicuramente per entrambi l’acqua non è il posto preferito per consumare, ma non possono proprio lamentarsene.
Fanno appena in tempo a raggiungere la sabbia più calda, stretti in un abbraccio dove si scambiano dolci e poco caste effusioni, che uno schiarirsi di voce piuttosto scocciato li riporta alla realtà.
Everett se ne sta lì sulla scalinata, gli occhi ridotti a due fessure sono nascosti dagli occhiali da sole e Sherry, malgrado il ritrovato olfatto, non ha la più pallida idea di ciò che stia provando. Le pare così strano che possa essere arrabbiato dal momento che si è ripresa, ma la sua totale immobilità e i muscoli curiosamente rigidi le suggeriscono proprio quell’opzione.
Non perde neanche tempo a coprirsi con una delle coperte, al contrario di Radish, che subito gli si avvicina spavalda e allegra, mettendogli sotto gli occhi gli artigli scuri e sorridendogli con le zanne in bella mostra.
«Hai visto, Ret? Hai visto ch—»
Impazzito. Everett è totalmente ed irrimediabilmente impazzito.
Quale altra spiegazione potrebbe trovare Radish di fronte alla scena che gli ha appena offerto? Ha colpito Sherry in pieno volto, l’ha ribaltata all’indietro con un pugno e l’ha fatto senza battere ciglio né prima né dopo.
«Ma che cazzo ti dice la te—»
Forse più che impazzito è risentito per qualcosa, sennò perché colpire pure lui allo stomaco? Oltretutto, quello ad essere in qualche modo impazzito è proprio Radish perché, stupidamente, non aveva preso in considerazione la prevedibile possibilità che potesse rigirarglisi contro.
Cerca di darsi una risposta ed anche di non scattare a sua volta per ucciderlo a mani nude, non dopo quello che ha fatto e che deve provare a farsi perdonare, ma tempo un paio di secondi e ci pensa proprio Everett a chiarirgli il punto.
«Così tu impari a suicidarti e tu a non farti gli affari tuoi.» Pure lui fu colpito da Darko, anche se la sua fu solo una sberla. Lo fece perché non si era difeso davvero, non ci aveva neanche provato, e questo per il maggiore era inaccettabile.
«L’altro picchia più duro di te?» Bofonchia il Saiyan mentre si rimette in piedi, l’addome assai dolorante. Si era dimenticato della sua forza a causa di tutti i recenti e bizzarri avvenimenti, ma ora sicuramente se ne ricorderà.
«Oh, sì…» Afferma Sherry al posto del fratello, una volta che le si sono rimesse a posto le gengive. Allunga poi una mano al compagno per farsi aiutare a tornare in piedi, guardandolo con aria un poco scettica. Certo che Jäger picchia più duro, che domande sono? In caso contrario che motivo avrebbe avuto Everett per non andare subito ad ucciderlo? Un modo per portarlo allo scoperto lo avrebbe trovato, quindi se non l’ha fatto è ovvio che l’altro è più forte.
«Sempre meglio…» Borbotta in tutta risposta, lanciandole contro una coperta mentre la spinosa conversazione del giorno prima riprende forma nella sua mente.
«Non hai niente da dirci?»
Si ridesta dai propri pensieri al cinguettio della compagna - della moglie! -, ed un sorriso gli increspa le labbra del vederla mostrargli con tanto orgoglio la nuova cicatrice sulla clavicola. È più rosea delle altre, come se dovesse rimanere sempre ben in vista.
Beh, lei l’ha sicuramente presa benissimo!
«Vuoi le congratulazioni per aver sposato un idiota?»
Lui un po’ meno…
«E anche un regalo, se è per questo.» Sherry non si fa certo rovinare l’umore dalla riottosità del fratello, tanto meno si azzarda anche solo ad abbassare un poco lo sguardo. Lo tiene bensì puntato fermamente nel suo, un sorriso arrogante a curvarle le labbra carnose.
Che lo voglia o no, adesso anche sono parenti, prima se lo mette in testa meglio è!
«Vedrò di inventarmi qualcosa.» Sibila velenoso, cosa che non fa capire troppo bene ai neo-sposi se si riferisse al regalo o, forse più probabilmente, ad un modo per separarli. O per uccidere Radish.
Con Everett non si sa mai, è sempre meglio stare sul chi vive quando è nervoso, sopratutto è bene che lo faccia chi non solo va a letto con sua sorella - la stessa che considera coma una figlia - ma che se l’è pure sposata.
«Ora rivestitevi, lasceremo casa entro mezz’ora al massimo.»
In un normale rapporto tra Sovrano e Beta, questo genere di confidenze non sono ammesse di fronte a nessuno. Loro due da soli possono dirsi e farsi ciò che vogliono, anche comportarsi come due bambini se la cosa li rende felici e li diverte, ma anche di fronte alla famiglia reale il comportamento dovrà sempre essere quanto più esemplare possibile, e di certo ciò non prevede che sia il Beta a dare ordini. Suggerimenti sì, ordini no.
È per questo, probabilmente, che non ci sono mai stati livelli di parentela o relazioni amorose tra i due, per non minare a questo sottile equilibrio da sempre rispettato. Ma loro stanno facendo come meglio credono su tanti di quei piani che la metà basterebbero, quindi perché non anche in questo caso? Senza contare, inoltre, che pure i futuri Sovrani del Sud hanno mandato a gambe all’aria questa tradizione: lui sarà Re e Nike si era prefissata di divenire la sua Beta dal giorno in cui è venuto al mondo. Voleva essere la prima donna a farcela, voleva surclassare tutti quanti con la propria potenza e c’è faticosamente riuscita; il loro legame di certo non l’avrebbe ostacolata, malgrado abbia sollevato più lamentele. Lamentele che il caro ed esuberante principe ha deciso di alimentare ulteriormente scegliendo un fratello bastardo - Hurricane - come futuro Capitano della guardia, lasciando tutto il Sud di stucco.
«Non possiamo rilassarci almeno fino all’ora di pranzo?» Domanda subito Sherry con tono lamentoso, rimanendo ben al fianco del Saiyan. L’idea che siano ufficialmente marito e moglie la confonde assai, non le sembra vero, un misto tra un sogno e una barzelletta.
«No. Dobbiamo intensificare il tuo allenamento.»
«Non possiamo farlo nel pomeriggio?»
«Non abbiamo tutto questo tempo da perdere. Quando Jäger riacquisterà lucidità, deciderà quale delle due fazioni attaccare per prima, e sono abbastanza sicuro che punterà al Sud. Dovrai essere pronta per dare man forte.»
«Perché?» Radish ha ragione: perché? Lei non ha mai avuto alcun tipo di rapporto con loro. L’unico legame che ha - che il branco ha - con il Sud e la famiglia reale è dovuto a River, che però non ha mai dato alcun segno di volersi immischiare nelle loro questioni. Vuole bene alla sua famiglia, questo è ovvio e scontato, ma non ha mai sentito un reale attaccamento a quei territori, a quella vita. Si sente uno di loro da anni, tanto da scordare spesso e volentieri di far parte lui stesso della famiglia reale.
Perché mai dovrebbe essere proprio Sherry quella che si immischia nelle loro faccende, se non lo fa lui per primo? Certo, Greywind la fece transitare, è anche merito suo se ha ottenuto la tanto agognata libertà, ma ha ripagato il proprio debito non uccidendo il suo bastardo quando invase il suo territorio.
«Perché se riuscisse a conquistarlo sarebbe una tragedia.» La risposta è assai scontata, ed Everett si ritrova a roteare gli occhi al cielo quando si rende conto che i due non riescono a capire «Metti caso che tu riuscissi a batterlo solo dopo la sua conquista del Sud, sorellina: ti ritroverai per le mani un territorio vastissimo che mai ti riconoscerà come reale Regina perché, a quel punto, sarà evidente che avresti potuto evitare il peggio ma non l’hai fatto di proposito.»
Non hanno mai affrontato la questione, ma dal velo gelido che di colpo le ricopre gli occhi entrambi capiscono che no, non vuole parlarne ancora.
Lei ufficiale Regina di un vero Territorio come può esserlo il Nord. Non lo aveva mai preso in considerazione in vita sua. Neanche voleva la carica che ha ottenuto mesi addietro! Ma ora può davvero rifiutare? Se riuscirà ad uccidere Jäger e di conseguenza a spodestarlo, a chi potrà cedere la corona? Everett non la vorrebbe assolutamente, quel posto è pieno solo di ricordi orribili per lui, probabilmente anche più che per lei, e il fatto che non avrà mai eredi legittimi creerebbe solo più problemi. Oltre a lui, però, chi potrebbe mai andare bene? Di certo sono da escludersi gli eredi del Sud, la sua gente non li riconoscerebbe mai e le rivolte sarebbero continue. Ad uno dei suoi, magari? No, decisamente da escludersi. Chi altri resta all’infuori di lei? È l’unica lì in mezzo, oltre a River, ad aver ricevuto l’educazione e l’addestramento necessario. Accettare, però, comporterebbe il dover vivere lì, tra quelle mura maledette e insanguinate…
«Abbiamo bisogno di un alleato forte per evitare danni inutili, e questo alleato non può che essere il Sud.»
«E come la stringiamo l’alleanza se non possiamo avvicinarci a loro?» Il suo tono è scettico, ma l’idea in realtà non le dispiace molto. Un tempo suo fratello ed il principe Blackwood erano legati da una solida amicizia, si volevano sinceramente bene e, per quanto ne sa, l’erede del Sud condivideva in pieno le idee rivoluzionarie di Leila; se riuscissero davvero a sancire un’alleanza, se riuscissero a seppellire l’ascia di guerra ed il principe accantonasse il sicuro risentimento per essere stato tenuto all’oscuro della resurrezione dell’amico, potrebbe pensare ad un qualcosa che calzi loro come un guanto.
Tuttavia ci sono troppi “se” e tanti “ma” in tutto questo, e ciò non l’aiuta di certo a far chiarezza e prendere una posizione solida.
Per sua fortuna, però, in tutta questa confusione c’è sempre Everett, punto solido al quale far sempre riferimento, anche se i suoi modi sono ancora da perfezionare.
«Grazie a Dio hai me, Sherry, sennò non dureresti un quarto d’ora.»
«Adoro queste infusioni di autostima da parte tua, sul serio.»
Le sorride dolcemente, Everett, non troppo sorpreso dalla sua capacità di mantenere i piedi per terra. Per quanto la sua vita sia stata sconvolta negli ultimi tempi, lei è sempre stata una lottatrice, una guerriera che è riuscita a scrollarsi tutto quello schifo e quel dolore di dosso, che ha rialzato la testa e si è ripromessa di non chinarla più. È una donna che si è fatta spazio ed è riuscita a dominare in un mondo dominato dagli uomini, una donna che non ha più intenzione di cedere alcunché a nessuno.
Non abbasserà la cresta neanche con lui, cosa che però non lo farà smettere di tentare di rieducarla. Non abbasserà mai lo sguardo, non abbandonerà il proprio orgoglio, il proprio onore, la propria posizione.
Il suo lavoro, il suo vero lavoro, comincia sicuramente adesso.
«Senti, adesso non pensare a come fare e come non fare, okay? Pensa a rimetterti in forze sul serio e ad allenarti fino a sputare le ossa. Al resto penserò io.»
«In tutto questo non hai fatto le congratulazioni anche a me.» Radish gli si avvicina spavaldo con la vana speranza che provi ad attaccarlo un’altra volta. Non si farà trovare impreparato, non stavolta, e lo rimetterà a cuccia così da smussare un poco quell’ego grande come un pianeta. Ma Everett non ci pensa proprio a malmenarlo ancora, a malapena lo guarda, senza però nascondere rassegnazione, sdegno, disgusto e delusione, e questo gli fa pure più male del pugno nello stomaco di poco prima.
C’è solo un pensiero che adesso attraversa dolorosamente la mente del maggiore: L’unico che, senza neanche rendersene conto, ha la capacità di farla barcollare è solo lui. Bisognerà porvi rimedio.
«Implodi, scimmia.»
Beh, poteva anche andare peggio, pensa con un minimo di sconforto il Saiyan, senza però perdere l’occasione per afferrare per un fianco Sherry e portarsela vicina. Non sa neanche lui cosa lo spinge a compiere gesti di una tale stupidità, l’unica cosa certa è che è un impulso irresistibile.
Non lo sa, certo, nessuno ha mai perso tempo a spiegargli anche questa dinamica, ma non è assolutamente insolito che tra i maschi più dominanti del branco la rivalità sfoci in simili dimostrazioni di potere. Come direbbe Micah, stanno semplicemente facendo a chi ce l’ha più lungo.
I neo-sposi lo guardano allontanarsi, entrambi attenti a qualsiasi più piccolo ed insignificante movimento. Il linguaggio del corpo, in fondo, è importante, osservandolo bene magari riusciranno a prevederne le mosse.
Ma è un trucchetto inutile, l’altezzoso e fiero principe non darà mai loro la possibilità di smascherarlo. Sa che sta facendo seppur, forse per la prima volta, entro un limite piuttosto ridotto e guidato principalmente dalla speranza che, almeno stavolta, la Dea Bendata non abbia intenzione di spostare la benda giusto per sputargli ancora dritto in un occhio. Direi che con quest’ultimo tiro mancino hai già dato a sufficienza almeno per i prossimi cinque anni, che dici?
Sherry, dal canto suo, ormai sa bene che il fratello ha un carattere difficile, spesso chiuso e altezzoso, e che si dimostra buono, gentile e quasi tranquillo unicamente nei suoi confronti, ma sa anche altrettanto bene che Radish non è da meno. È sì cambiato tanto da quando si conoscono, un po’ proprio come lei, ma rimane pur sempre un Saiyan con la miccia corta, e ciò comporta che dovrà tenerli separati quanto più a lungo possibile per evitare una nuova esplosione di rabbia da parte di uno dei due e, forse in dose maggiore, per aver maggior raggio di azione per riuscire nei propri piani.
«Lascio cadere del tutto la nostra discussione di ieri se me lo lasci massacrare di botte, che ne dici?»
Si lascia andare ad una lieve risata e gli allaccia le braccia. Dio… è così sexy!, nel pensarlo il sorriso si allarga e, senza neanche rendersene conto, si appoggia ulteriormente al suo corpo granitico.
«Dico che la nostra sarà una convivenza estenuante!» Sghignazza prima di dargli un tenero bacio, sciogliendosi tra le sue braccia. Quando sono così, in questi teneri momenti di tenerezza e intimità, della Sherry che è esistita per venticinque anni non rimane decisamente più traccia.
Quando si separano, si perde per qualche istante nei suoi occhi neri, ritrovandosi involontariamente a reggersi alle sue spalle.
«Negli alti e nei bassi?»
Sorride anche Radish, intenerito da quei grandi occhioni da cerbiatta che lo fissano speranzosi.
Sono strani, loro due: un momento si saltano alla gola, quello dopo non riescono a trovare la forza per togliersi le mani di dosso, e non sempre ciò è dovuto all’innegabile e strabiliante attrazione fisica che li ha legati all’inizio.
Sono strani, lo saranno sempre, forse arriveranno anche i momenti in cui penseranno di non farcela… ma non per questo Radish ha la minima intenzione di allontanarsi da lei.
«Negli alti e nei bassi.»


Che Sherry fosse una ragazza vorace lo sapevano entrambi. Radish ha più volte affermato che per chiunque sarebbe più economico portarla a fare shopping che non a cena fuori, ed ha sempre trovato l’appoggio di tutti quelli che la conoscono. Ma stavolta ha davvero superato ogni limite.
Un orso.
Si è tirata giù un intero orso nero di circa 140 chili.
Se l’è tirato giù con tutte le ossa, i denti e gli artigli, lasciando giusto qualche ciuffo di pelliccia qua e là.
Everett è rimasto da una parte shockato dalla straordinaria capacità del suo stomaco di dilatarsi oltre ogni limite, e dall’altra disgustato proprio da ciò. Non che lui ci andò più leggero durante il suo primo pasto dopo essersi ripreso, ma di certo non trangugiò 140 kg di carne.
Gli Spettri mangiano molto, è vero, ma in genere tirano giù non più di 50/60 kg di carne quando sono davvero affamati, ma 140 kg è una cosa fuori dal mondo pure per il più ingordo e affamato esemplare mai visto prima.
Quando, durante il loro pranzetto, Everett ha allungato il muso per divorare una parte di interiora che erano fuoriuscite come in più di un’occasione aveva già fatto con lei, si è dovuto ritrarre assai velocemente per evitare che le sue zanne gli si conficcassero nel setto e forse anche nell’orbita.
Gli ha pure mostrato i denti, qualche secondo dopo, fulminandolo con gli occhi vermigli senza però allontanare neanche per un secondo le fauci dalla carcassa.
Ha sbuffato, Everett, si è ripulito con la lingua il labbro superiore da un rivolo di sangue ed è poi andato a prendersi un altro piccolo mammifero nelle vicinanze, lasciandola sola con Radish.
Chiunque al mondo, forse proprio nell’Universo e solo con rarissime eccezioni, sarebbe rabbrividito nel vedere la propria donna con il muso conficcato nel ventre di un orso, sollevare e reclinare la testa all’indietro per lasciarsi scivolare enormi tranci di carne giù per la gola, lappare all’interno del corpo martoriato o per terra le pozze di sangue versato, ma non Radish. A lui non ha fatto particolarmente effetto, al massimo si è ritrovato a pensare, per la prima volta, che era addirittura buffa.
Ai suoi occhi non era più il mastodontico lupo scuro capace di fracassargli il cranio con la mandibola tipo tagliola, no: era come un grosso e vivace cucciolo affamato che dopo tanti giorni di digiuno ha finalmente la possibilità di riempirsi lo stomaco come si deve.
Ora, dopo tanto tempo, Radish ha di nuovo la possibilità di rivederla correre su quattro zampe, di sfrecciare tra la vegetazione, saltare sui fianchi scoscesi delle montagne, farvi presa con gli artigli e poi saltare più in alto. Può sentire e nutrirsi di quella gioia infantile che la anima, quella libertà che le fa vibrare il cuore e le ossa.
Se pensa che stava per buttare tutto alle ortiche perché spaventato da una semplice idea, gli viene quasi da prendersi a pugni da solo. Non posso rinunciare a lei.
Giocano insieme, mentre tornano a casa. Lui vola, talvolta anche troppo in alto o troppo veloce, e lei gli corre dietro, balza in aria per spingerlo di nuovo a terra, salta per evitare che lui l’afferri, corre a zig zag per evitare gli attacchi leggeri che le scaglia contro. Sanno bene tutti e tre che non la colpirà mai, tutto in lui gli impone categoricamente di non farlo neanche per sbaglio, ma è l’idea quella che conta adesso.
In tutto questo, però, nessuno di loro ha davvero pensato che presto saranno a casa, che i ragazzi saranno tutti lì e che impazziranno di gioia nell’averla di nuovo tra loro, e neanche che forse questa gioia potrebbe sfociare nel delirio vero e proprio non appena apprenderanno del loro gesto impulsivo.
Ma che importa? Lei vuole tornare dal suo branco, dai suoi fratelli  e, non certo in dose minore, vuole abbracciare la sua mamma. Everett, prima di separarsi momentaneamente dai due, le ha detto che per lei è stato un colpo duro ma che è una donna forte, che non si è lasciata spezzare e che ha mantenuto una dignità tale da riuscire ad impressionarlo.
Il primo ad apparire nel campo visivo del branco è Radish, con l’aria più tranquilla al limite dello scazzato che è riuscito a trovare. Teme di essere beccato però, che si accorgano del bluff, ma dai loro sguardi capisce che il suo stato d’animo è proprio l’ultimo dei loro pensieri. Ad occhio e croce, potrebbe giurare che gli preme molto di più aggrapparsi disperatamente alla vita per sopravvivere ai massacranti allenamenti che ai quali i suoi amici - Vegeta in particolare - li stanno sottoponendo da giorni.
Ora però si riposano anche loro, lo salutano quasi con incertezza perché, dopo aver saputo della profezia ed anche della sua reazione, non sanno bene come comportarsi. Possono chiedergli liberamente delle condizioni di Sherry? Possono chiedergli se sa dove si trovi, così da poterle portare un saluto e un augurio di veloce guarigione? Se lo facessero lui sarebbe lieto di rispondere o, in qualche modo, ne soffrirebbe? Difficile a dirsi, soprattutto davanti a quella faccia tanto calma al limite dell’annoiato.
«I biscotti hanno funzionato?»
«Che domande del cazzo, Mad! Ti pare che spariva per più di un giorno se non avessero funzionato?! Guardalo! Quella è la faccia di chi ha scopato di brutto, mica di uno che è stato mandato affanculo!» Ovvio, palese. Possibile che i suoi fratelli siano così ingenui?! Andiamo, ha ancora il suo odore addosso, lo avrebbe sentito a chilometri di distanza. Ma è un odore davvero molto fresco e animalesco.
Sgrana gli occhi, gli punta contro un dito ed apre la bocca a scatti un paio di volte, attirando su di sé gli sguardi dei presenti. Sguardi che poi scattano quasi con timore su Micah, dopo il suo a dir poco elegante “EDDAJE, CAZZO!” e la successiva espressione da schizofrenico esaltato.
Lui, in qualche modo, li tiene sempre in allarme. Difficile capire cosa gli passi per quella bellissima testolina bionda che si ritrova, terrificanti le sue risposte quando chiedono delucidazioni. Pure Vegeta c’è rimasto ammutolito una volta o due, sbigottito dal suo esporre pensieri a dir poco osceni ed impronunziabili con la stessa naturalezza con la quale una persona potrebbe dirti che ore sono.
Nessuno chiede però, un po’ perché spaventati dalla sicura sequenza di porcate che il biondo può snocciolare in pochi secondi e un po’ perché non ce n’è alcun bisogno. La risposta si materializza infatti dietro a tutti loro dopo una manciata di secondi.
«Vi sono mancata, puttanelle?»
Everett le aveva detto che i suoi riflessi sarebbe potuti essere un poco intorpiditi per le prime dodici ore, ma non credeva fino a questo punto. Da quando in qua Mordecai è così veloce da riuscire a placcarla e buttarla a terra senza che lei abbia neanche il tempo materiale per alzare le braccia per difendersi? Devono averlo messo sotto torchio in modo pazzesco!
Non lo dice però. Non dice proprio niente sulle prime, rimanendo con gli occhi così sbarrati da rischiare di mandarli fuori dalle orbite e i polmoni totalmente svuotati da ogni singola molecola d’ossigeno. Ma poi riesce di nuovo a respirare, il dolore al costato è sparito e lei, con una delicatezza sconfinata, molla un sonoro pugno nel fianco dell’amico per intimargli di spostarsi dal suo corpo. Ritrovandoselo spalmato addosso, può dire con assoluta certezza che sono riusciti a fargli mettere su diversi chili di muscoli. Se non si danno una calmata, lo faranno diventare più grosso di Radish e addio tenero cucciolone…
«Cazzo, credo che tu mi abbia rotto un paio di costole…» Mormora mentre a fatica si rimette a sedere, venendo accerchiata in tempi da record da un numero imbarazzante di Spettri e, seppur ad un minimo di distanza, pure dal Team Z. La salutano, le dicono che sono felici di rivederla, le chiedono come sta, ridono ed esultano tutti assieme. Un vero e proprio delirio e, in dose assai maggiore, una tortura per il ritrovato finissimo udito.
Anche se non sentisse le sue emozioni, Radish saprebbe che è felice. La conosce, sa leggere le emozioni nei suoi occhi, così come sa che quell’espressione alterata è solo una facciata, un qualcosa che usa da sempre per non far vedere che, sotto quella corazza, ha un gran cuore. Ed anche che è molto dolce, caratteristica che la sua razza non sempre apprezza.
Alcuni cuccioli stanno arrivando come furie dalla boscaglia, gli occhioni pieni di lacrime di gioia e dei gran sorrisoni sui visetti magri. Urlano il suo nome, richiamano la sua attenzione, alcuni le hanno raccolto qualche fiorellino sul tragitto per regalarglielo. Due di loro in particolare poi attirano la sua attenzione.
«Ehi, nanerottoli, venite qui.» Si piega sulle ginocchia per arrivare alla loro altezza, lascia che Amos giocherelli con la punta della sua coda come ogni volta che lo vede mentre sussurra alle loro sensibili orecchie un qualcosa che da troppo aspettano di sentirsi dire.
Fa appena in tempo a ritratte viso e coda che i due saltano in aria ed esplodono a mezz’aria come petardi, attaccando subito a correre come trottole impazzite da una parte all’altra, latrando un qualcosa di incomprensibile alle orecchie degli umani ma che, per lui, stavolta hanno un senso.
«CHE AVETE FATTO?!» Urla Becca con voce curiosamente stridula, gli occhi quasi fuori dalle orbite mentre, dopo aver strattonato Micah all’indietro ed avergli causato una probabile commozione celebrare, abbassa la spallina del vestito leggero di Sherry per vedere la cicatrice.
«MA SIETE DUE FIGLI DI TROIA!» Bercia Maddox, incapace di decidere quale dei due guardare.
«DOVE CAZZO STANNO GLI ALCOLICI BUONI?!» La voce di Glover sovrasta le altre, tuonando e rombando così forte da sorprenderli.
Tensing, pur non essendo particolarmente chiacchierone e neanche incline al gossip, non riesce a trattenersi, contagiato da quell’assurda euforia dilagante, e chiede delucidazioni al primo che gli capita sotto tiro, attirando però anche l’attenzione di Mordecai che, senza tanti complimenti, salta addosso a Radish, atterrandolo.
Si piazza poi sul suo bacino a cavalcioni, i palmi delle mani premuti sui pettorali ed il volto assai entusiasta anche troppo vicino al suo, decisamente più sconvolto da questo contatto troppo ravvicinato.
«SI SONO SPOSATI!!!»
Qualcuno balza su Mordecai, si ruzzolano per terra, sollevano la polvere e le risate.
Sono così felici che non riescono più a trattenersi, le energie si sono rinnovate tutte in un colpo e le zuffe amichevoli sono proprio inevitabili.
Il Team Z si avvicina con un gran sorriso al Saiyan e, mentre lo aiutano a rimettersi in piedi, gli fanno le dovute congratulazioni, malgrado siano un poco straniti dal loro voler correre così sparati verso nuovi traguardi che, in genere, si raggiungono dopo anni. Ma come possono dirgli che hanno esagerato? Che un matrimonio non è una sciocchezza o un gioco? Quei due ragionano secondo una loro non troppo precisa logica, dirgli una cosa del genere provocherebbe solo un gran risentimento generale.
Da quello che hanno capito, inoltre, lui e Sherry sono stati proprio lenti sia per le normali unioni tra gli Spettri che si scelgono sul serio - ad eccezione giusto di Maddox e Becca, e in un certo senso Bree - sia e soprattutto tra quelli colpiti dal “lampo d’argento”.
«Ah, un piccolo promemoria…» Mordecai gli si piazza di nuovo davanti e gli avvolge il collo taurino con un braccio, fregandosene dei suoi ripetuti tentativi di toglierselo di dosso. Punta poi un dito contro Sherry e, con voce alta e chiara, afferma: «Cazzo in culo non fa figli, ma fa male se lo pigli!»
Che potevano aspettarsi da un nuovamente allegro Mordecai? Neanche le botte di Vegeta potranno smorzare questa sua nuova divampante energia.
Beh, forse le botte di Vegeta no, ma sicuramente il placcaggio di Major possono zittirlo per qualche secondo.
«Hai finito di dire stronzate?!» Gli ringhia bonariamente contro, arruffandogli i capelli come quando erano piccoli. Si lascia poi spingere di lato, finendo a pancia all’aria e con una ciocca nera di capelli a ricadergli scompostamente su un occhio.
Quando poi torna a sedere e sorride in modo beffardo a Sherry, un brivido attraversa la schiena degli sposi e del rimanente Team Z.
Lui viene allenato sia da Tensing che da C-18, addetti ai Segugi, e non sono poche le volte in cui anche l’androide si è ritrovata a prenderlo a pugni in testa dopo qualche uscita strana. Non sconcia o offensiva, strana.
«Rimanendo in tema “sesso”, prima ho letto su un settimanale di uno studio che dice che le donne che fanno tanti pompini vivono più a lungo. Ci tenevo un casino a fartelo sapere.»
Sherry scoppia a ridere come una matta, fatto che le permette di non affermare di rimando che allora è sicuro che camperà almeno un paio di secoli.
«Mi offro come volontario, nel caso tu desiderassi l’immortalità!»
Dopo averlo detto, Mordecai si rende conto che forse potrebbe essere una buona idea cominciare a tenere a freno la lingua di fronte a Radish. Sa bene che non dà realmente peso alle sue parole, che non lo considera una minaccia e mai lo ha fatto, che è consapevole che non gli farebbe mai una cattiveria come quella di provarci con lei, ma sa anche altrettanto bene che è anche più geloso di uno Spettro Purosangue, fatto che gli rende difficile trattenersi, ed anche che lo diverte un mondo stringerlo dolorosamente dietro al collo, tanto da rischiare di spezzargli la colonna vertebrale, alzarlo da terra e scuoterlo un po’. Sta pure andando bene, perché in genere gli fracassa la faccia contro qualcosa.
«Che ti avevo detto?»
«LASCIAMI SUBITO!»
«No, che ti avevo detto?!» Rafforza la presa sul collo, lo strattona un paio di volte per fargli capire che se prova a liberarsi dalla sua mano è peggio, e poi lo avvicina di nuovo al proprio volto. Se riesce ad educare un minimo lui, tirare su un figlio sarà una passeggiata.
«Non lo faccio più.» Si allontana di un paio di passi non appena viene liberato e assottiglia lo sguardo mentre si massaggia la parte lesa, non riuscendo a trattenere un sorrisetto maligno «Forse!»
Pur senza convinzione o impegno, Radish scatta di lato e allunga un braccio per riafferrarlo, consapevole che, così facendo, lo allontanerà.
Lo sente berciare qualcosa di astruso ma, prima di avere il tempo di chiedergli delucidazioni, sente la voce canzonatoria di River giungere alle sue spalle: «Non sperare che adesso mi rivolga a te chiamandoti “mio Re”.»
Non c’è più l’insopportabile arroganza con la quale lo ha guardato per tutto quel tempo, neanche quel senso di disgusto ad indurirgli i lineamenti. Lo guarda come guarda quelli del Quartetto, come guarda i membri del branco: lo guarda come un amico e un suo pari.
Entrambi sanno che le frecciatine tra loro non cesseranno mai, non dal momento che ci hanno realmente preso gusto, ma che senso avrebbe adesso continuare a darsi battaglia? Per Radish era inutile ormai da un po’ di tempo, era divenuto un passatempo come un altro, ma solo ultimamente la mente dell’Alpha si è ampliata, riuscendo finalmente a raggiungere nuovi confini che non prevedevano necessariamente Sherry al proprio fianco. Proverà sempre qualcosa di più di una semplice amicizia per lei, questo è piuttosto scontato, ma non per questo eviterà di costruirsi un futuro, una famiglia tutta sua.
Cloe, al suo fianco, sorride timidamente al Saiyan. Non è tanto il fatto che si siano scambiati il Morso a renderla felice però, quanto il fatto che ciò allontanerà ulteriormente l’ingombrante figura della Regina dalla mente dell’uomo che, seppur non a parole, ha scelto come compagno di vita. Erano anni, in fondo, che gli aveva messo gli occhi addosso, ma non si era mai esposta in alcun modo per una semplice questione di rispetto nei confronti della donna. Quando Radish è subentrato tra loro, quando si è messo nel mezzo con tanta tenacia ed irruenza, ha colto subito la palla al balzo e da allora tenta di tenerselo quanto più stretto possibile.
Nel momento in cui però River lascia la sua mano e s’incammina verso Sherry, sente come se il cuore le cadesse nelle viscere. Le fa male vederli vicini, le fa male sapere che, in qualche modo, sarà sempre tra loro due, che un suo fischio potrebbe mandare tutto a monte.
«Se sapevo che dovevi morire e resuscitare per deciderti a sposarti, ti avrei accoppata tanti anni fa.» Scherza con un sorriso realmente felice River una volta di fronte all’Alpha.
Si guardano dritto negli occhi e finalmente, dopo davvero troppo tempo, nei loro occhi non c’è più rancore o sofferenza. Si stavano annientando a vicenda, la loro relazione li stava intossicando con quell’amore malato che li ha tenuti insieme per anni, ma adesso… adesso sono liberi. Si vorranno sempre bene, in un certo senso si ameranno sempre, ma non avranno più quel senso di oppressione sul petto a soffocarli. Lui voleva qualcosa che lei non voleva dargli e sfogava il rancore e la sofferenza andando a letto con altre donne, lei non voleva separarsene perché convinta che con l’arrivo di tempi migliori tutto si sarebbe sistemato, tutto sarebbe andato al suo posto. Ma niente poteva andare al suo posto e mai avrebbe potuto dargli ciò che voleva, non dal momento che quel posto sul piedistallo nel suo cuore era destinato ad un altro.
Lo hanno capito ed hanno deciso di dimenticare tutto il male che si sono reciprocamente fatti nel corso degli anni, decisi a ripartire da quella forte amicizia che li aveva legati all’inizio, curiosi di vedere cosa serberà per loro il futuro.
«Sappi che lo uccideremo se ti farà soffrire di nuovo.»
«Tu pensa alla tua bella Cacciatrice, al Saiyan ci penso da sola.»
Sorridono appena e, di slancio, Sherry gli allaccia con forza le braccia al collo in una muta richiesta a raggiungerla in seguito per parlare di ben altre cose. Se lì in mezzo c’è qualcuno che può aiutarla a fare pace con sé stessa per quanto accaduto con Bree, quello è senza ombra di dubbio lui, che da giovane ha assistito a più di un esilio, anche di persone alle quali era legato.
«Mi hai fatto davvero spaventare, sai?» Mormora vicino al suo orecchio, stringendole le braccia attorno alla vita. Le era mancata davvero, sulle prime temeva pure che non si svegliasse più e, dopo, che la sua mente facesse crac dopo aver saputo della profezia. Ma poi si è ricordato delle parole di Blackwood, del suo ribadire che un legame come quello che la lega a Radish ti spingerà sempre e comunque a fare di più, a stringere i denti anche a costo di spaccarteli e che per questo non avrebbe ceduto. Forse è proprio per questo loro legame che continuerà ad invidiare il Saiyan, ma non vuole pensarci proprio adesso, non quando lo sta stringendo con tanto sentimento dopo un tempo che gli era sembrato infinito.
Abbassando un poco gli occhi, nota finalmente quel segno sulla clavicola che lui tanto avrebbe voluto imprimerle, ma non prova quel senso di dolore che si era immaginato poco prima, sentendo la lieta notizia. Non prova niente in particolare, in realtà, se non una reale nota di felicità per lei, che finalmente ha qualcosa di davvero solido nella sua vita.
«Congratulazioni, bimba.»
«Grazie, Riv…»
Si stringono ancora un po’, ignorando gli sguardi attorno a loro. È come se si fossero isolati da tutto e tutti, come se si fossero spostati in un luogo lontano dove esistono solo loro e dove possono tenersi stretti quanto vogliono, dove non feriranno nessuno mentre buttano le basi per una rinnovata e più solida amicizia.
C’è qualcuno che però ha il potere di invadere questa loro dimensione, ma di certo non dà alcun fastidio ai due.
«Sherry…»
Per quanto dolore possa investirla in pieno, travolgerla, masticarla e sputarla in basso, Fern è il tipo di donna che non mostrerà mai in alcun modo la propria sofferenza, ed una prova concreta di ciò è il suo aspetto sempre impeccabile, con i capelli biondi e vaporosi ben acconciati, gli abiti sempre curati ed il trucco leggero ed elegante. È una donna tenace, una donna che non ci sta ad abbassare la testa e scoppiare in lacrime di fronte agli altri. Se c’è da piangere, se c’è da disperarsi sul serio, lo fa in disparte, lontano da qualsiasi sguardo. Neanche davanti ai suoi ragazzi ha mai pianto, tentando inoltre di mostrarsi sempre quanto più impassibile di fronte alle notizie più orrende. Davanti ai suoi cuccioli non mostrò neanche il reale dolore che la attanagliò quando morì suo marito. Non lo ha dimostrato neanche stavolta, rifiutandosi inoltre di restare con le mani in mano alla Capsule Corporation. Ha aiutato come poteva i coniugi Brief e ha dato supporto in ogni modo a Bulma e Mimì; ha cucinato tutto ciò che poteva essere cucinato per la gioia di Vegeta, che per qualche strana ragione non se la sentiva troppo di respingerla; ha ascoltato pazientemente le sfuriate isteriche di Major; ha consolato i pianti disperati di Mordecai; ha tenuto la testa di Micah quando, troppo ubriaco, vomitava con la testa nel water; ha tenuto Amos e Maximilian quando Maddox e Becca erano davvero troppo sfiniti; si è poi occupata di Goten quando Chichi ha deciso di raggiungerli. Non è mai stata ferma e, per quanto le è stato possibile, non è neanche mai stata sola. Alla sola idea rabbrividiva, perché ciò che era successo alla sua Sherry era il suo più grande terrore che aveva finalmente preso forma. Da quel pensiero, poi, passava a quello di Radish che l’aveva abbandonata, ad Everett che si era fatto carico di tutto ed era solo esattamente come la figlia, e poi ancora quello del disastro combinato da Bree e il successivo esilio. La sua mente in effetti ha rischiato il crollo più tragico ed irrecuperabile possibile, ma la sua forza e la sua determinazione hanno scongiurato il peggio.
Quando si è alzata, quella mattina, era già di buon umore perché quel pettegolo di Major l’aveva già avvertita che Radish era tornato sui suoi passi ed era andato a scusarsi - non essendo poi tornato indietro, a regola le cose dovevano essere andate bene - e quando poi ha parlato al cellulare con Bree per poco non le scoppiava il cuore dalla gioia. Non pensava certo che le cose potessero andare meglio, ma quando Everett è apparso alla Capsule Corp si è dovuta ricredere. Se lui era lì, doveva esserci per forza anche la sua bambina e, di conseguenza, doveva anche stare bene.
Non gli ha dato il tempo di dire una sola parola e, assieme a Bulma, Chichi e Lunch, è saltata in macchina per precipitarsi nella sua vecchia casa, ora quartier generale degli Spettri delle Terre di Nessuno.
Vederla lì, con quel grande sorriso luminoso in volto, la riempie totalmente di una gioia difficile da descrivere. La sua bambina sta bene, è fuori pericolo e dai suoi occhi traspare una felicità nuova, genuina, un qualcosa che non l’aveva mai davvero sfiorata.
Cammina con passo svelto e leggero verso di lei, le braccia protese che la stringono con forza non appena riesce a toccarla. Aveva davvero creduto di averla persa, in qualche modo. Pur sapendo che era fisicamente tornata dal mondo del morti, chi le dava la certezza che l’avesse fatto anche la sua mente? La sua vita è costellata di traumi, di dolore e paura, morire per mano di Jäger e vedersi strappare tutto quanto dalle mani deve essere stato un colpo terribile. Chi le dava la certezza che, dopo una cosa del genere, la sua mente non si fosse irrimediabilmente rotta? Certamente non sarebbe rimasta sola neanche in quel frangente, non con lei e i ragazzi a farle da supporto e da scudo, ma per una donna col suo orgoglio essere incapace di ritrovare sé stessa deve essere più che atroce.
«Dimmi che non lo avvicinerai mai più, Sherry. Per favore, dimmi che te ne terrai alla larga e lascerai fare a Radish…» Le sue parole hanno un suono così flebile e carico di dolore da fare fisicamente male, ma non per questo Sherry si lascia convincere.
Non è neanche intenzionata a mentirle però, motivo per cui decide semplicemente di rimanere in silenzio e stringerla ancora, poggiando il mento sulla sua spalla.
Fern non si merita altro dolore, di questo ne è pienamente consapevole e di certo non vorrebbe essere lei la causa della sua sofferenza, ma non può accontentarla. Ciò che ha deciso di fare è un qualcosa che difficilmente può essere capito. Un qualcosa che addirittura lei stessa fatica a comprendere del tutto.
Non pretende il suo appoggio, non si azzarderebbe neanche a chiederglielo, così come non pretende il consenso e la benedizione di Radish. Non pretende neanche il loro perdono, in realtà. L’unica cosa che silenziosamente prega di avere è la loro capacità di voltare la testa dall’altra parte al momento opportuno, per quanto si renda conto non sia una cosa facile. Se provasse per un istante a mettersi nei panni di Fern capirebbe che no, lei non riuscirebbe a voltare la testa se in quella situazione ci fosse un figlio suo.
Fern, dal canto suo, si separa a malincuore con l’unico intento di tirare uno schiaffo così forte a Radish per ciò che le ha fatto da rompersi il polso, ma quando gli occhi si posano sulla cicatrice che svetta sulla sua clavicola ogni sua brutta intenzione vola fuori dalla finestra.
È successo, quello che già da un po’ sapeva che sarebbe successo e sperava semplicemente accadesse il prima possibile: quei due testoni hanno mollato la presa e chinato la testa di fronte alla totale e chiarissima realtà che sono fatti per stare insieme.
Caccia un urlo carico di euforia e subito prova a coprirsi la bocca con le mani, gli occhi brillanti saettano veloci da uno all’altra. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi quando è partita dalla Capsule Corp, avendo come unica certezza che avrebbe rivisto la sua bambina di nuovo in piedi sulle sue gambe e che il Saiyan sarebbe stato di nuovo al suo fianco, ma certo non si aspettava tanto.
Si allontana velocemente dalla figura sorridente ed un poco stordita di Sherry per avvicinarsi a braccia tese e ben aperte verso Radish, non sorprendendosi né curandosi minimamente del vistoso disagio che dipinge la sua espressione non appena comprende davvero le sue intenzioni. Ormai fa parte della famiglia, per lui sarà bene abituarsi alla svelta anche a questo genere di effusioni.
Chichi, Bulma e Lunch si avvicinano velocemente a Sherry, una volta che questa rimane finalmente libera, e non rimangono sorprese nel ricevere da parte sua un semplice sorriso e un “come va?” di circostanza. Il bentornato è stato - ed è tuttora - soffocante, soprattutto per una coma lei, poco avvezza a questo genere di cose; se si aggiunge anche il fatto che con le tre non ha mai stretto un grande rapporto, viene da sé che già che non abbia mostrato le zanne a Lunch è un traguardone. In realtà, però, Sherry sta pensando a tutti i più macabri metodi che conosce per poterla far fuori e farlo passare come un incidente come ha sempre fatto vedendola e come sempre farà, pur non considerandola più una minaccia in alcun modo. Potrei farlo per far capire a Papà Spettro e Leila che non sono speciale come credono, che non ho un animo buono… prenderei due piccioni con una fava, in effetti!
Di colpo, però, si ritrova costretta a mettere da parte l’allegria alla vista del volto serio di Darko.
L’uomo non ce l’ha con lei, anche se Sherry non ne è particolarmente convinta, solo che il veloce susseguirsi degli eventi lo hanno un poco destabilizzato. Uno dei suoi figli è tenuto prigioniero alla tana, viene massacrato di botte un giorno sì e l’altro pure di più, ha un chiodo conficcato nella settima vertebra cervicale per impedirgli di mutare - chiodo che lui stesso gli ha conficcato dentro e che continua costantemente a risistemare, poiché il suo organismo tenta disperatamente di porre rimedio al danno. Per quanto ne sa l’altro figlio - o la sua compagna, poiché ha notato la cicatrice sulla clavicola - potrebbe essere così pazzo da presentarsi da un momento all’altro per toglierlo da quella situazione, e ciò lo vedrebbe costretto ad ucciderlo. Come ciliegina sulla torta, Bree è stata esiliata e si è giustamente rifugiata in quello che per tutti loro è un territorio assolutamente neutrale, dove non potrà essere toccata.
Sapeva, Darko, che un giorno avrebbe dovuto uccidere i suoi figli, lo aveva messo in conto da parecchio e non gli era mai importato davvero, sopratutto perché loro stessi hanno cospirato per ucciderlo, ma sentire le invocazioni disperate di Darren gli ha fatto un poco effetto. In quei momenti non fa altro che balenargli in mente l’immagine di quel vivace cucciolo con i grandi occhioni azzurri pieni di ammirazione che lo supplicavano silenziosamente di dargli attenzione, delle sue piccole imprese fatte al solo scopo di attirare il suo sguardo. L’avere sempre troppo da fare per occuparsene e lo scarso istinto paterno non gli hanno mai fatto vedere che queste sue disperate richieste non accolte lo stavano spingendo inesorabilmente verso una direzione oscura.
Si sente in colpa, in definitiva. Si sente in colpa per non aver badato davvero a nessuno di loro, per essersi preso la briga giusto di istruirli e di renderli capaci di combattere contro tutto e tutti come si richiede ad uno Spettro di alto rango; si sente in colpa perché il suo volersi dedicare a ben altro ha fatto sì che loro due perdessero totalmente la capacità di ragionare con la propria mente e che Bree si mettesse in una situazione davvero pericolosa.
Purtroppo però non è nuovo a questo genere di avvenimenti: quanti amici ha visto ignorare i figli? Quanti di loro li hanno combattuti, spesso uccisi? Idee contrastanti, caratteri impossibili da accostare e infiammabili, talvolta cibo troppo scarso. E le guerre interne! Ahhh, quelle non sono mai mancate con Mezcal. In realtà non sono quasi mai mancate in generale, saranno stati tre o quattro i Re - sia del Nord che del Sud - che hanno saputo mantenere il controllo ed il quieto vivere. Lui, però, non è nato sotto la guida di uno di loro e quindi ha dovuto combattere tante, troppe volte. Non aveva mai davvero pensato che in guerra non esistono più parentele e relazioni, poiché l’unica cosa che conta è rimanere in vita e vincere, ma adesso il concetto è diventato davvero molto chiaro.
Non si dicono una parola, Darko e Sherry. Semplicemente s’incamminano quando Everett esce di casa, il volto serio come sempre che non esprime alcun genere di emozione. Per un breve istante ad entrambi è però parso di vedere un velo di preoccupazione nelle iridi chiare, ma è stato solo un istante e per questo non vi badano. Pure lui, per quanto solido e in genere imperscrutabile, avrà pur qualche pensiero nella vita!
Si avviano da soli verso la tana con passo svelto. Sentono la voce di Radish che ordina agli altri di rimanere dove sono, dare il suo sbrigativo consenso per stappare gli alcolici per i festeggiamenti, e subito dopo i suoi passi pesanti alle loro spalle. Non gli interessa di festeggiare quanto accaduto, non è assolutamente in cima alla lista delle priorità ora come ora, ma sa altrettanto bene che, dopo l’intensa e tragica settimana appena trascorsa, niente potrà fermarli dal togliersi questa piccola soddisfazione per staccare il cervello.
«Dal suo sangue ho potuto vedere delle cose. Non molte in realtà, solo i loro momenti tranquilli, alcune conversazioni… hanno una buona opinione di te, sai? Anzi, immagino che l’avessero, dal momento che pure lui è convinto che il dolore di Jäger sia colpa tua.» Non c’è un reale bisogno di fare conversazione, Darko ne è pienamente consapevole ma qualcosa lo spinge a provarci. Forse è quel senso di colpa che ogni tanto fa capolino nella sua mente, forse è la volontà di togliere Bree dai guai malgrado non abbia idea di come fare, o forse è solo per non pensare davvero che, tra poco, vedrà uccidere Darren davanti ai suoi occhi «In ogni caso, ho potuto fare qualche test per passare il tempo, seppur non perfettamente attendibile poiché non ho avuto modo di approfondire direttamente con i diretti interessati.»
«Che test?» Pure Sherry è consapevole che, ora come ora, la conversazione è assolutamente superflua, ma trova che sia un modo come un altro per tenersi distratta. Non le sono mai andate a genio le condanne a morte, le trova un qualcosa di “solenne” che le dà unicamente fastidio, senza contare poi che la vicinanza di Darko le dà in un certo senso l’ansia, come se le stesse silenziosamente urlando di revocare la condanna di Bree a cuor leggero appellandosi unicamente alla loro amicizia. Non posso, lo sai, non così.
«Una valutazione nella scala di Hare. Darren è piuttosto basso in graduatoria, mentre Daryl sta ben più in alto, assieme ai membri più forti della guardia. Apophis ha ottenuto un bel trentasette su quaranta, mentre vostro fratello sta di prepotenza sul podio. È un po’ come se la loro follia li avesse in qualche strano modo contagiati, tramutandoli a poco a poco negli spietati mostri che sono.»
Radish, che di psichiatria e psicologia ne capisce davvero ben poco, si sente curiosamente spinto a chiedere delucidazioni, pur trattandosi di un qualcosa per lui assai irrilevante e superfluo, un qualcosa che sicuramente dimenticherà da lì a cinque minuti. Pure lui però dà fiato alla bocca unicamente per alleggerire quello strano senso di oppressione che li avvolge.
«La scala di Hare, detta anche PCL-R, è un questionario che viene usato da molte prigioni e ospedali psichiatrici per le diagnosi delle tendenze sociopatiche. Non è una cosa così semplice da individuare, sia chiaro, ma può essere d’aiuto. Fornisce certi tratti che sembrano essere comuni tra gli psicopatici.»
«Sarebbero?» Avevo capito che eri ginecologo o una roba del genere, non anche questo!
«Fascino superficiale, promiscuità, insensibilità, mancanza di autocontrollo, negazione della realtà, rifiuto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, delinquenza giovanile… e la lista prosegue.» Ripensa a Jäger, ai segnali che inviava già da piccolissimo: diverso dagli altri, misteriosamente privo di compassione, distaccato, incline a dare problemi sin da subito. Per l’ennesima volta si domanda se Mezcal lo ascoltasse quando glielo diceva ma non volesse prendere provvedimenti per chissà quale assurda ragione, o se semplicemente non reputasse la cosa rilevante.
«Molti dei ragazzi hanno alcuni dei tratti. Pure voi tre, in realtà, e penso proprio anche io.»
«Gli Spettri sono spesso in bilico tra la psicopatia e la reale sanità mentale. Il vivere al limite tra i due mondi o crescere direttamente in un ambiente incredibilmente ostile ha fatto sì che le nostre menti si plasmassero in questo modo per difesa. La differenza sostanziale sta tra chi sopprime le emozioni per necessità, o perché gli viene imposto, ma ha comunque una morale ed un senso di empatia pronto a fuoriuscire, e chi invece non riesce proprio a provare alcunché.» Everett lo guarda di sfuggita, tornando poi a guardare la via che mano a mano scende in basso nella tana, con l’odore del sangue che gli arriva alle narici sempre più nitidamente.
«Tutti nella vita, chi magari solo in alcuni momenti della giornata mentre altri sempre, portiamo una maschera. Per gli psicopatici la maschera è più come uno specchio. Riflettono quello che pensano tu voglia vedere, perché dentro hanno il vuoto.» Afferma con una certa ovvietà Darko, non riuscendo davvero a capire come mai la conversazione si sia fatta tanto seria. Non che manchino questo tipo di conversazioni più impegnative tra loro, soprattutto quando rimangono più isolati, ma è di certo una piega insolita che non si aspettava di avere proprio col Saiyan, che ora gli pare curiosamente interessato.
«Non il vuoto.» Lo corregge Everett, stando attento a dove mette i piedi. Malgrado abbia girato più e più volte per quei cunicoli stretti, ancora rischia di inciampare «Trovo che il concetto di vuoto sia troppo vicino alla neutralità, all’inoffensività. Sanno mescolarsi alla gente, sanno apparire coinvolti a livello emozionale come quelli che li circondano, ed è per questo che possono causare tanto dolore e tanta distruzione. Non sono pazzi, come spesso diciamo in quanto definizione molto semplice da capire. Sono narcisisti che manifestano comportamenti antisociali a livelli estremi, ma per la legge e la psicologia sono sani di mente.»
«Per quanto mi riguarda, chiunque provi un tale desiderio malato di stuprare la sorella e di ingravidarla è un pazzo.» Afferma a denti stretti il Saiyan, la mano ben salda sul muro per accompagnarsi in quella quasi totale oscurità. In questi momenti darebbe qualsiasi cosa per poter vedere al buio come loro.
«Jäger è privo di coscienza, ed anche Apophis, ma tutti loro non sono uomini che sentono voci che ordinano loro di uccidere. Semplicemente non sanno cosa siano le emozioni, non riescono a stabilire rapporti veri con gli altri essere viventi. Fanno quello che li avvantaggia, quello che è nei loro interessi, e si sentono perfettamente giustificati. Il vero problema è che in giro ci sono più psicopatici di quanto si creda, circa il quattro per cento della popolazione.»
«Un individuo su venticinque?» Domanda incredula Sherry, che nella vita si è sì interessata all’argomento ed ha letto alcuni libri a riguardo ma non si è mai fermata davvero a pensarci.
«Non tutti gli psicopatici sono assassini seriali. Alcuni sono casi subclinici, nel senso che non sempre infrangono la legge. D’altra parte, non si fanno molti problemi di etica. Sono bugiardi e manipolatori, spesso abusano delle loro mogli, sono prepotenti e disonesti se non addirittura truffatori, rapinatori e stupratori. E si lasciano tutti dietro una scia di dolori e angosce.
In genere comunque si comportano come se i loro atti non fossero così gravi, come se chi li trova orribili stia esagerando. Minimizzano l’omicidio con la stessa facilità con cui altri possono minimizzare il fatto di essersi dimenticati di inviare un biglietto di ringraziamento.
Pur avendo la percezione cognitiva delle emozioni, e pur avendo imparato rapidamente a imitare gli altri, riuscendo così a nasconderne l’assenza, fanno fatica a reagire normalmente a certi stimoli. Per esempio, di tanto in tanto ridono parlando dei loro crimini, controllandosi solo quanto gli interlocutori fanno capire loro che stanno agendo in modo inappropriato. Oppure sostengono di provare rimorso per un delitto e un attimo dopo ridacchiano descrivendo nei dettagli l’espressione “stupida” della vittima in punto di morte. I veri psicopatici arrivano a picchi di egocentrismo tali da provare dolore solo per sé stessi. È inoltre incredibile come sanno essere persuasivi. Non c’è da stupirsi che ci caschino in tanti: genitori, mariti, mogli, figli, amici e ignari sconosciuti. È un problema complesso, c’è ancora molto da imparare a riguardo.»
Radish e Darko non sono sconvolti da quanto detto da Everett, Darko men che mai poiché già piuttosto ferrato  sull’argomento, ma dal fatto che abbia parlato così tanto.
Non è mai stato particolarmente loquace neanche con Leila. Per tirargli fuori un lungo discorso è sempre stato necessario non solo essere in pieno nelle sue grazie ma anche puntare su un argomento che davvero potesse interessargli, ma anche in quel caso non era poi scontato che discutesse troppo a lungo.
La verità, però, è che di questo particolare argomento ne aveva già parlato con qualcuno, quando era giovane. La conversazione era partita da un argomento assai spinoso, un qualcosa di cui loro avevano dei sospetti più che fondati ma che nessun altro voleva davvero né vedere né tanto meno accettare, e poi semplicemente era sfociata in tutto questo, sollevando innumerevoli curiosità da parte di entrambi. Erano pure scappati dai loro Territori per poter indagare un minimo insieme, armandosi di polverosi e soporiferi tomi di psichiatria rubati per poter in qualche modo riempire quella grande lacuna e togliersi finalmente quella curiosità che turbava loro pure il sonno.
È proprio a causa di ciò che Everett non riesce a fare a meno di pensare a Blackwood. Ricorda quanto fosse capace di impuntarsi in modo decisamente fastidioso, di quanto fosse impaziente di crescere per raggiungere il suo livello nella speranza di superarlo, di quanto fantasticasse sulla pace tra i loro Regni una volta saliti entrambi al potere. Ricorda anche con un sorriso quelle sue zampe lunghissime, un poco sproporzionate rispetto al resto del corpo, e al fatto che a causa di queste spesso e volentieri si ritrovava ad inciampare su sé stesso e a cadere addosso agli altri. Succedeva quando era molto piccolo, certo, ma succedeva. In realtà è proprio a causa di un suo capitombolo se poi sono diventati segretamente inseparabili: lui passeggiava tranquillamente per il bosco in uno dei pochi momenti in cui le due famiglie reali dovevano forzatamente incontrarsi, e Blackwood gli ruzzolò addosso, travolgendolo. Batté pure una sonora testata contro un albero, ora che ci ripensa, mentre l’altro già si era rialzato e gli scodinzolava con entusiasmo. Voleva degli amici, quel vivace principino da strapazzo, e aveva deciso che lui lo sarebbe diventato. Everett, dal canto suo, non voleva assolutamente neanche stargli a meno di cinquanta metri di distanza, figurarsi diventargli amico, ma l’altro, con la sua perseveranza, alla fine è riuscito a convincerlo.
Ricaccia con forza quei ricordi da qualche parte nella sua mente, uno di quei posti lontani e segreti dove tiene gelosamente raccolti tutti i momenti più felici della sua vita, e subito dopo si concentra su ciò che gli si para davanti.
Darren sta seduto per terra, le braccia tese ai lati incatenate alla parete. Tiene le lunghe e forti gambe stese in avanti, abbandonate, ed indossa unicamente uno straccio intriso di sangue a coprirgli le nudità. Non ha neanche alzato lo sguardo quando le sue guardie si sono tolte di torno. Non ne ha alcuna voglia, non dal momento che ormai ha capito che nessuno verrà a portarlo via da lì, che davvero è inutile come gli ha spesso ribadito Daryl, che in quanto Segugio non ha un valore davvero apprezzabile. Però poi sente una scia odorosa davvero conosciuta, un qualcosa che non sapeva per certo se avrebbe più risentito.
Alza quindi la testa e i suoi occhi chiari la fissano con l’intensità di quelli di un falco, scintillando di una follia indotta dalla rabbia e dalla disperazione.
Se lui è incatenato lì, se è stato sconfitto e viene costantemente umiliato e malmenato, è solo per colpa sua e della sua perversione che l’ha spinta tra le braccia dell’uomo-scimmia che adesso rimane ben piazzato al suo fianco.
«Ahhh, la donna per la quale il mio Re vuole muovere il suo esercito… quante vittime innocenti per la tua stupidità, non trovi?»
Gli pochi psicopatici che ha incontrato in vita sua, quelli veri e non dei “semplici mattacchioni” come i membri del suo branco, le sono sempre sembrati attori in una commedia, tanto rapidamente escono ed entrano nel personaggio che più conviene loro. Darren adesso deve mostrarsi sicuro di sé, la sua intera vita lo ha plasmato in modo che la sua reazione al reale pericolo fosse questa, ma Sherry ha visto e fiutato bene la disperazione nel suo corpo abbandonato a terra pochi istanti prima.
«A proposito del tuo Re, perché non ci risparmiamo un sacco di noie e mi dici subito quali sono le sue intenzioni?»
«Succhiami l’uccello, lurida puttana infame! Per quanto ne so, è una cosa in cui sei davvero brava… probabilmente pure l’unica!» Perché mai trattenersi dall’insultarla? Non sarà presente quando Jäger distruggerà ogni cosa e la porterà al Nord come sua Regina, quindi non potrà punirlo. Tanto vale togliersi almeno uno sfizio prima di essere ammazzato.
«Forse sarò fuori luogo, ma il tuo monologo di poco fa mi ha come… illuminato
Lo sguardo folle ed esasperato di Darren si sposta repentinamente su Radish e d’istinto gli mostra i denti. Secondo il suo modo di vedere le cose, non deve immischiarsi in questioni che non lo riguardano, non dovrebbe neanche trovarsi lì.
«Hai detto che c’è molto da imparare sui pezzi di merda come questo qua, no? Bene, un’idea per un piccolo esperimento forse l’ho trovata.» Afferma con una nota di ilarità nella voce mentre sposta lo sguardo su Everett che, malgrado sia un poco incuriosito dalle sue parole, rimane fermo al proprio posto, gli occhi puntati sul prigioniero.
«Che intendi dire?»
«Quello che ho in mente riguarda il suo… equipaggiamento.» Risponde enfatizzando la parola perché non ci siano dubbi sul suo significato, ed un lieve sorriso sghembo fa capolino sulle sue labbra quando incrocia lo sguardo preoccupato dello Spettro «Hai mai sentito parlare della castrazione? Riduce drasticamente i livelli di testosterone, diminuendo la propensione alla violenza nel maschio. Lo ammetto, la trovo una barbarie e una terapia discutibile, ma magari nel tuo caso si dimostra efficace e ti decidi a dire qualcosa di utile.»
«Stronzate! Non potete tagliarmi le palle! Sarebbe una cosa crudele e inumana!»
«Beh, se non vuoi trascorrere il tempo che ti resta senza una parte tanto preziosa di sé, forse è meglio se diventi un po’ più collaborativo ed eviti certe stronzate. Non credi, cane?» Nelle sue parole è abbastanza implicito il fatto che, se dovesse permettersi un’altra volta di insultarla o se dovesse fare un minimo cenno a ciò che Jäger vuole farle, non si farà alcun problema ad intervenire personalmente, in un modo o in un altro. In fondo, chi mai tra loro potrebbe davvero fermarlo?
Sherry, dal canto suo, reprime a fatica un risolino divertito di fronte all’arrogante ed inutile protezione del Saiyan, e dopo qualche istante si piega sulle ginocchia, portando il volto all’altezza di quello di Darren.
«Io non so niente.» Lo dice con noncuranza, una frase che senza dubbio ha già ripetuto fino alla nausea e che per Sherry suona tanto come una fastidiosa presa in giro.
In tutta risposta, sferra un colpo nel suo fianco, dove vi pianta gli artigli in profondità, facendogli ripiegare la testa in avanti e scatenandogli urla agonizzanti.
«Perché non provi a metterti in quella testolina malata che ti ritrovi che morirai, in un caso o nell’altro? Non c’è più bisogno di far loro da scudo, quindi dimmi tutto quello che sai suoi piani di Jäger. Ti prometto una morte veloce e indolore, se collabori.»
«Non volevi tagliarmi le palle? Credevo sapessi bene dove si trov—»
Muove le dita, immerse fino alle nocche, nelle sue viscere. Tocca tutto quello che può, lo recide con gli artigli, sogghignando malignamente nel sentirlo urlare di nuovo e nel vedere quella sua espressione arrogante e derisoria stravolta dal dolore. Dio, quanto mi era mancato farlo…
Darren lancia una veloce e velenosa occhiata al padre, tornando poi a concentrarsi sul suo nuovo carnefice. Non è certo la prima volta, da quando è lì, che gli riservano un simile trattamento, ma stavolta è più doloroso. La tossina rilasciata dai suoi artigli è più forte e il suo organismo non è in grado di contrastarla come le altre.
«I più cattivi sopravvivono Sherry, la regola non l’ho stabilita io.» Che può fare se non continuare a parlare nella vana speranza di guadagnare tempo? Lui non sedeva al concilio del Re, non lo lasciavano avvicinare come praticamente succedeva anche a tutti gli altri, quindi non può dire loro niente di rilevante per salvarsi la pelle. Immagina che il suo adorato e spietato Re volesse dapprima prendere lei, sterminare nel mentre il suo branco e forse prendersi i membri più forti che si fossero sottomessi, ed in seguito, ovviamente, invadere i territori di Greywind. Considerando però che le cose sono andate assai diversamente, non ha idea di come agirà adesso.
«Avere una coscienza molesta come la tua ti rende debole. Il successo? Il vero successo? È essere disposti a fare le cose che gli altri non sono disposti a fare.» Davvero ami la tua gente come tanto vuoi far credere in giro? Bene, lurida bastarda, allora vai tu stessa ad inginocchiarti al mio Re!
«Non sono tutti malati come voi.»
«Ohhh, andiamo! Prima di prendere le pietre e cominciare a lapidarmi, guarda se le tue mani sono sporche di sangue.»
Niente. Le sue parole non hanno sortito alcun effetto, la determinazione nel suo sguardo non è stata minimamente scalfita. Guardandola ora, inoltre, gli pare quasi di star conversando con Mezcal, tanto i suoi occhi sono gelidi.
Lancia una veloce occhiata a Darko e sorride con aria stanca, un poco derisoria. È vero, ha provato a salvarsi la pelle urlando disperatamente il suo nome, ma per lui non prova alcun genere di attaccamento. È uno Spettro come un altro, ai suoi occhi.
«Ho divagato, dov’eravamo? Ah, sì: stavi per uccidermi.»
Piega la testa di lato, esponendole il collo, e muove pigramente le braccia per far tentennare le catene per sfidarla, ma a Sherry non importa. Non lo ucciderebbe certo così, aprendogli la gola. Se proprio dovrà giustiziarlo - e lo farà - avverrà in tutt’altro luogo e modo. Non sa ancora quale dei due metodi applicare, è vero, ma ciò non cambia i fatti.
«Non ancora, Darren. Non ancora.» Si alza lentamente, gli occhi sempre inchiodati alla sua figura, e poi semplicemente gira sui tacchi e si allontana con passo calmo, seguita a ruota dai tre uomini. Non capiscono perché se ne stia andando, non dal momento che Darren è ancora vivo e incatenato al muro, intento ad urlarle dietro minacce e oscenità.
Rimangono in religioso silenzio per tutto il tragitto che li riconduce alla casa, dove ad attenderli c’è buona parte del branco, pronto a festeggiare le frettolose e inaspettate nozze, ma Sherry non vi bada, preferendo prima di tutto entrare nella camera gravitazionale che Bulma ha costruito per loro, non prima però di aver chiesto a Vegeta di seguirla.
Radish, stretto nella presa di Major e Maddox, entusiasti per quanto accaduto e più che decisi a brindare assieme allo sposo, promettendo ed esigendo comunque un addio al celibato in ritardo ma pur sempre degno di nota, la osserva a distanza prima che si chiuda il portellone alle spalle. Per quanto la tentazione di andare ad afferrare Vegeta per i capelli e buttarlo fuori, così da obbligarla ad allenarsi insieme come aveva già programmato di fare, si astiene dallo spostare il pesante braccio del Cacciatore, consapevole che l’umore della neo-mogliettina si è fatto improvvisamente nero.
Troppe cose a cui pensare, troppi pensieri scomodi che non vogliono darle tregua, come potrebbe essere diversamente? Radish è in realtà sorpreso che non abbia già avuto un violento crollo nervoso. Al suo posto non sa se sarebbe riuscito a rimanere tanto calmo, quasi inflessibile.
L’unica cosa che può fare al momento, evitando così nuove ed inutili discussioni che le darebbero solo altro materiale sulla quale arrovellarsi il cervello, è pensare in disparte a come aggirare il suo volere per buttarsi in campo quando - ed ormai è convinto manchi davvero poco - arriverà il momento.




ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ebbene sì, in questo capitolo avviene ben poco. Più o meno. 😏
Come mai Sherry è tornata quella di prima in così poco tempo? Beh, avevo accennato, qualche capitolo fa, che “talvolta è necessario un qualche tipo di stimolo extra perché il lupo si svegli prima del dovuto e tutto torni al suo posto”; beh, direi che lo stimolo extra l’ha ricevuto eccome.
In ogni caso, per quanto poco entusiasmante poiché quasi puramente transitorio, era necessario per lanciare delle basi per ciò che sta per avvenire. Si stanno per rimescolare le carte in tavola, nel prossimo capitolo la sanità mentale e la tranquillità di Radish - che già di per sé stanno ad un passo dallo spezzarsi irrimediabilmente - verranno nuovamente sconvolte. Con esse, anche la calma - se ce n’è mai stata - ed l’autostima di Sherry. 🤭
Incuriositi? Lo spero, anche se dubito di essere in grado di sorprendervi davvero. 😢
Dal momento che non è strettamente necessario per la trama - mi piaceva dare un briciolino di spazio a Bree e Mimì - vi lascio uno special qui sotto, per chi avesse voglia di leggersi la bellezza di altre 9 pagine.
Detto questo vi saluto e torno a scrivere un capitolo che, per qualche strana ragione, mi sta prendendo un casino.🤩

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

PS: gente, è normale che la mia cagnolina sia ossessionata dai post-it? Chiedo perché la situazione sta diventando un po’ strana! 😂

 

𝒮𝓅𝑒𝒸𝒾𝒶𝓁

𝒫𝒾𝒶𝒸𝑒𝓋𝑜𝓁𝓂𝑒𝓃𝓉𝑒 𝒾𝓃𝑔𝒾𝓊𝓈𝓉𝑜

 

Perché abbiano imposto loro di trascorrere la notte separate e poi prepararsi nel pomeriggio in due camere distinte, Bree davvero non lo sa.
L’unica cosa che sa, in compenso, è che ha accettato di prestarsi a questa pagliacciata non tanto perché le stanno facendo un favore (che poi, quale favore? Il debito che Roman ha nei suoi confronti non si potrà certo dire saldato con una simile sciocchezza!), quanto per il fatto che alla sua dolce Mimì l’idea piaceva. Dava un tocco classico, secondo lei, ed anche un tocco più umano.
Più umano, dice… tsk. Più umana di così la nostra unione non poteva certo essere! Sì, insomma: vestiti bianchi, qualcuno ad unirci e niente Morso! Dovevamo anche fare questa pagliacciata?! Abitiamo insieme da più di sette anni, cazzo!
Sbuffa per l’ennesima volta, sistemandosi distrattamente i lunghi capelli biondi semiraccolti e con una morbida treccia laterale. Angelina le ha dato in prestito qualche articolata e preziosa spilla da infilarvi nel mezzo, ma ha preferito non usarle. Le sembrano tutte cose assurde se non proprio ridicole.
Le cose sarebbero dovute andare assai diversamente. I suoi fratelli e le sue sorelle sarebbero dovuti essere lì con lei, Micah e Mordecai si sarebbero lasciati andare alle loro solite battute pesanti nel vederla così ben truccata, con l’abito bianco generosamente scollato e il ventre sempre più gonfio. Jane avrebbe piagnucolato come al solito, Pip avrebbe fatto di tutto ed anche di più per trattenersi per evitare le prese in giro dei fratelli, ma avrebbe fallito miseramente e lo avrebbero riempito di amorevoli schiaffi sulla nuca. Maddox e Becca si sarebbero dati i turni con i bambini, così che non facessero danni, e l’avrebbero guardata come a volerle dire “presto, stronzetta, ti troverai nella stessa situazione!”. Major, da sempre poco avvezzo a qualsiasi tipo di cerimonia, avrebbe gironzolato come un’anima in pena, domandando sia a lei che a Mimì quanto tempo mancava prima che la “pagliacciata” finisse. Sherry l’avrebbe aiutata a prepararsi, malgrado il profondo disprezzo per quel genere di cose, e poi le avrebbe sposate. Era una cosa sulla quale erano d’accordo già da un po’, perché un membro della famiglia reale ha pure questo genere di potere e quindi, almeno agli occhi degli Spettri, il tutto sarebbe risultato comunque piuttosto valido.
Avrebbero bevuto, nel frattempo, e Fern l’avrebbe accompagnata all’altare, sostenendola perché visibilmente alticcia. Mimì avrebbe riso sotto ai baffi nel vedere il suo sguardo un poco annebbiato dall’alcol, e poi si sarebbero finalmente unite in quel dolce vincolo.
Ma loro non sono lì, probabilmente neanche lo sanno. Certo, l’ha detto immediatamente a Fern, in modo tale da farla arrivare in tempo per assistere, ma non ha potuto dire niente agli altri. Avrebbe davvero voluto, anche solo per sentire l’entusiasmo nella voce di Micah e lo scazzo in quella di Major, pronto a dirle che il loro era solo uno spreco di tempo e di energie, un qualcosa di inutile a confronto col Morso, e invece non ha potuto. Le probabilità che almeno uno di loro quattro decidesse impunemente di raggiungerla era troppo alta, così ha tenuto nuovamente la bocca chiusa.
Quando Fern l’ha vista, una decina di minuti prima, per poco non piangevano entrambe. Ci sarebbero state così tante cose da dire, ma non ne hanno avuto né la forza né il coraggio. Parlarne, in fondo, renderebbe il tutto troppo reale.
L’unica cosa che Bree ha avuto la forza di chiederle, è stata quella di fare da testimone ad entrambe. Nei piani delle due spose, in realtà, il compito sarebbe dovuto ricadere su Becca e Maddox per Mimì e su Micah e Fern per Bree, ma anche su questo si sono dovute arrangiare ed accontentare.
Si passa delicatamente una mano sul ventre quando avverte il lieve calcetto di uno dei piccoli, ed un tenero sorriso le si apre sul volto. Ha combattuto e “complottato” perché pure loro potessero avere una vita migliore, perché non dovessero crescere con il timore che qualcuno li potesse attaccare in ogni momento, e invece ha fallito. Dovranno sicuramente accontentarsi di vivere lì, nel Regno delle Fate, lontani dalla loro gente, lontani dal mondo reale. Mi dispiace davvero tanto…
«Fern ha davvero un carattere niente male, sai? Fosse stata più giovane…»
Sgrana gli occhi per la sorpresa e si volta di scatto, sbiancando un poco nel vedere di Darko mollemente appoggiato allo stipite della porta con una spalla, il suo solito sorrisetto arrogante sulle labbra.
Scatta subito in piedi, un velo di paura nei grandi occhi azzurri all’idea che sia stato mandato per scopi tutt’altro che amichevoli. No. Impossibile. Sherry non è sadica o cattiva fino a questo punto.
«Che ci fai qui?»
«Fern aveva bisogno di un passaggio… ed oggi pensavo che avrei visto morire un figlio, così ho pensato che sarebbe stato carino vederti.» Per quanto gli risulti bizzarro, gli fa un certo effetto vederla fasciata in quel candido abito, pronta a sposarsi in modo molto insolito con una donna umana.
È sempre stata diversa, Bree. Una Mezzosangue coraggiosa, furba e spesso meschina, capace di una lealtà a molti sconosciuta. Non è del tutto certo che il suo muoversi nell’ombra per portare al concepimento del Principe sia stato un reale tradimento; per come la vede lui, la ragazza conosce Sherry molto più a fondo di chiunque altro, tanto che forse era consapevole che un figlio non le sarebbe dispiaciuto.
«Prima che ammazzino anche me?»
«Non ti ammazzerà nessuno, tranquilla.» Rotea gli occhi al cielo, un poco scocciato. Forse non la conosce come credevo…
«Perché? Ci penserai tu a difendermi?»
L’arroganza e l’ostilità nella sua voce sono assai fastidiose per Darko, ma non per questo le si rigirerà contro. Sta passando un brutto periodo ed è incinta di due maschietti dal sangue piuttosto forte, cos’altro poteva aspettarsi? Ci fosse stata almeno una femminuccia, lì dentro, sarebbe stata sicuramente più gestibile.
«Ci penserà Sherry e lo sai.»
Bree lo osserva circospetta mentre si addentra nella stanza, curiosando qua e là. Non riesce a credere che sia venuto fin lì solo per assicurarsi che stesse bene perché Darren è ormai al capolinea, implicherebbe che in fondo le vuole realmente bene. Ciò la costringerebbe quindi ad ammettere che sì, pure lei gliene vuole, che gli si è affezionata sinceramente in quel poco tempo passato assieme, durante tutte quelle cene dove ha dato prova di un carattere spigliato e allegro che non pensava proprio potesse avere.
Non vuole crederci e non vuole ammetterlo perché renderebbe tutto solo più duro e difficile.
«Dopo il casino che ho fatto? No, non penso proprio.» E detto questo si risiede, tornando ad osservare con aria critica il proprio riflesso nel grande specchio ovale.
«Sei testarda come tua madre.»
«E come te.»
«Allora hai dei buoni geni.»
Le sorride con aria piuttosto dolce, soprattutto per i suoi standard, e poi afferra un’intricata ma fine spilla d’argento con piccoli zaffiri e cristalli incastonati, mettendola con sorprendente delicatezza tra i capelli chiari della figlia «Tua madre ti voleva bene, sai?»
«Mia madre era solo un’egoista del cazzo. Non le fregava niente di noi, voleva solo provare l’ebrezza della gravidanza prima di tirare le cuoia.»
Sorride appena, Darko, rivedendo effettivamente sé stesso in quella sprezzante affermazione, un qualcosa sputato velenosamente per proteggersi da una possibile verità scomoda.
Le aveva già proposto di mostrarle dei ricordi riguardanti Adriel, ma lei si è rifiutata categoricamente, snocciolando una lunga serie di insulti più o meno stravaganti. Probabilmente l’idea di vedere quel volto radioso a lei tanto conosciuto quanto estraneo che sorrideva teneramente nell’accarezzarsi il ventre, o quello stravolto dai dolori del parto ma sempre illuminato da quel sorriso carico di amore per i suoi piccoli, sarebbe stato troppo per lei.
«Libera di pensarla come vuoi.»
Le rivolge un nuovo dolce sorriso prima di voltarsi, consapevole che Everett sarà sicuramente in apprensione ora come ora. Non tanto per la sua sicurezza, non dal momento che sa badare perfettamente a sé stesso e che conosce percorsi decisamente poco battuti dalla maggior parte degli Spettri, tanto per la necessità di sapere il responso di Roman.
Prima che abbia modo di andarsene per la sua strada, la voce acuta ed un poco agitata di Bree lo immobilizza sul posto.
«Dove vai?»
«Ho accompagnato Fern, ho avuto l’informazione che mi serviva e ti ho salutata, quindi torno alla tana.»
Già il fatto che lo abbia bloccato prima che aprisse la porta gli è sembrato bizzarro, un po’ quanto è sembrato bizzarro a lei farlo senza neanche pensarci, ma il rimanere a fissarsi così, in silenzio, è decisamente più bizzarro.
«Bree?»
«Ti andrebbe…»
Ma che cazzo sto facendo?!
Si copre stancamente il volto con le mani e sospira forte, sempre più frustrata. Vorrebbe solo uscire da quella stanza e correre fino a farsi scoppiare i polmoni, ma non può farlo. Il mondo le va di colpo stretto, ora che si sente praticamente costretta a vivere solo in quello umano, e l’influenza dei gemelli non la sta aiutando a superare questa riottosità. Tanto svegli quanto velenosi, i piccoli Impuri.
Quando trova di nuovo la forza di guardare il padre, però, sente che forse le porte del suo mondo non si sono realmente chiuse. Lui è lì, si sta assicurando della sua sicurezza e, in un certo senso, si sta mostrando molto attaccato alla sua persona. Non pensava proprio che lui, il grande, possente, autoritario e freddo Darko, potesse volerle bene.
Sorride appena mentre si alza in piedi e, con non poco imbarazzo, domanda a denti stretti una delle poche cose che davvero Darko non si sarebbe mai aspettato di sentirsi chiedere: «Ti andrebbe di accompagnarmi all’altare?»
Sgrana gli occhi, preso in contropiede, e con fare nervoso comincia a massaggiarsi il mento.
«Non sarebbe strano?» Immagino di sì.
«Lo sarebbe?» Cazzo, sì!
Si guardano in silenzio per qualche altro secondo, incapaci di credere a quello che sta succedendo. L’ha ignorata per quasi undici anni, tenendola sott’occhio a distanza sia durante quel lasso di tempo che dopo, non mostrando alcun senso di attaccamento se non allenandola fino a farle sputare sangue… e lei comunque gli sta chiedendo una cosa tanto dolce ed intima, mal celando il profondo desiderio del suo consenso.
Si passa una mano dietro al collo, Darko, sospirando forte. Si è infilato di prepotenza nella sua vita, l’ha stravolta malgrado fosse già un mezzo delirio; se le dicesse di sì la stravolgerebbe ancora di più e butterebbero una solida base per un qualcosa che poi non potranno più troncare facilmente, ma se dicesse di no la perderebbe per sempre, distruggendo quella delicata felicità che le è rimasta.
«In fondo ho del tempo libero…»

Il bosco è un luogo idilliaco che crea un'opportunità unica per sposarsi in mezzo alla natura. È come vivere il momento più bello della vita in un ambiente incantato e intimo. Sembra di essere il protagonista di una favola, di quelle che iniziano con la famosa frase “c'era una volta”.
Le Fate che hanno organizzato il particolare e lieto evento, tutte con fiori e trecce nei capelli, svolazzano allegre tra i diversi chandelier appesi agli alberi.
Una nuvola di glicine bianco ingentilisce il bosco, cascate di profumati fiori pendenti fanno da fondale alla cerimonia, un tappeto di petali bianchi per l’incedere della sposa sono il perfetto allestimento della navata. In fondo c'è un enorme arco fiorito coperto di fiori bianchi tra cui delphinium e fiori di ciliegio.
Roman, elegante e sobrio in un completo verde petrolio e nero, conversa amabilmente con una giustamente preoccupata Fern, che sembra straordinariamente giovane con il vestito color pesca che le evidenzia le dolci curve.
La loro fitta conversazione dai toni poco allegri però cessa quando, con le dolci note dei flauti suonati dagli Elfi, Mimì fa il suo ingresso, tenuta a braccetto da Angelina.
La Fata non è del tutto certa che il loro gesto sia dettato unicamente dall’amore reciproco che le lega ma bensì dalla paura dettata dal momento, dal timore di non avere più un domani per poterlo fare circondate da amici e parenti, ma non si è permessa di aprire bocca. Lei e Roman hanno fatto anche troppo convocando Bree, dire loro che forse stavano agendo in maniera troppo affrettata non le è parso proprio il caso.
L’abito di Mimì, fornitole da Angelina, è lungo, tanto da coprirle i piedi, con una gonna larga e una scollatura a cuore senza bretelle che le solleva i seni e le mette in risalto l’esile busto.
Il cuore le batte all’impazzata nel petto mentre l’ansia la divora. Malgrado non abbia detto alcunché a riguardo, pure lei un poco pensa che Bree le abbia proposto con una certa urgenza ed insistenza di farsi sposare subito da Roman, di fare quel grande passo che stavano in realtà programmando già da un po’, solo perché teme di non avere più molto tempo a disposizione.
Avevano adocchiato una villetta in campagna, vicina a Ginger Town; avevano sfogliato un paio di riviste di abiti da sposa, parlottato sui vari stili che avrebbero potuto adottare in generale. Stavano cominciando a pianificare, ma avevano deciso che l’avrebbero fatto dopo l’arrivo dei gemelli. Per essere precisi, avevano pensato di farlo quando i piccoli sarebbero stati capaci di camminare, così che potessero portare una fede a testa.
Ma capisce l’urgenza della compagna, il suo voler realizzare i propri obiettivi ora che rischia di non averne a lungo la possibilità, così l’ha baciata con forza ed ha urlato che sì, l’avrebbe sposata immediatamente. Se tutto dovesse andar bene come continua a suggerire Roman, avranno modo di ripetere l’esperienza con tutti gli altri.
Di colpo, in lontananza, sente il rumore dei suoi passi. Voltandosi non riesce a reprimere un sorriso carico di emozione e stupore nel vedere Darko che, elegantissimo con dei pantaloni scuri e una camicia inamidata, l’accompagna all’altare tenendola a braccetto, per concedergliela in sposa come da tradizione. A quel pensiero, Mimì sorride tra sé e sé, pensando che gliela strapperebbe volentieri dalle mani anche subito.
Darko, dal canto suo, si sente curiosamente felice. Non sa se è dovuto al fatto che percepisce la felicità generale e quindi ne viene irrimediabilmente contagiato, o se è la mano di Bree che si poggia con tanta naturalezza sulla sua, come se il contatto fisico tra loro fosse la normalità. Non lo sa, non saprebbe proprio stabilirlo, sa solo che gli piace.
Mentre si avvicina con passo calmo ma solenne, Bree non si sente più ansiosa come poco prima, riuscendo a percepire adesso solo un caldo bagliore di felicità nel cuore. Mimì, sotto quel magnifico ed intricato arco, è splendida, con gli occhi verde mare che brillano dalla felicità e le labbra che si piegano in un ampio sorriso.
Non si rende neanche più conto di cosa sta facendo, mentre la osserva.
Quel corpo, quelle mani… non hanno avuto paura a toccare e farsi toccare da un mostro. Non hanno mai tremato mentre la sfioravano, la pelle si è ricoperta di pelle d’oca solo quando le dava piacere.
Quegli occhi, invece, non l’hanno mai guardata urlando silenziosamente la parola “mostro”, come invece lei stessa talvolta si definisce. All’inizio l’hanno guardata con stupore, poi con un giustificato timore quando fece a pezzi il suo violento fidanzato, ma subito dopo cominciarono a guardarla con curiosità. Curiosità che si è tramutata velocemente in attrazione, affetto ed infine amore.
Quelle labbra che pronunciano con enfasi il fatidico “sì” le hanno sempre rivolto parole gentili, le hanno sempre donato baci carichi di passione e dolcezza, mai una sola volta l’hanno definita mostro.
Mimì è una creatura pura, in fin dei conti. Una creatura di luce che ha deciso spontaneamente di unirsi ad una creatura partorita dall’oscurità e che, nella vita, non ha mai realmente provato a discostarvisi.
Lo ha deciso da tempo e ora ha semplicemente sigillato il patto, mettendole al dito una fede che dovrà trovare il modo di indossare sempre senza distruggerla. Magari tenendola al collo, con qualche tipo di catena allungabile così che non si spezzi con la muta.
«Millicent…» Aveva un poco dubitato della propria scelta, quel pomeriggio.
Pensava di star facendo un qualche tipo di errore, che avrebbe rovinato la vita ad entrambe buttandosi in qualcosa di tanto insolito, ma adesso si rende conto che non succederà mai. Nessuna di loro due lo permetterà, così come sa che non lo permetterà quella roccia della madre che singhiozza al fianco di Roman - giurerebbe di aver visto una lacrima pure all’angolo del suo occhio giallo-verdognolo - e neanche suo padre, che sorride fiero di lei. Non è disgustato dalla sua scelta di sposare un essere umano né del fatto che questi sia una donna. È fiero della donna forte che è diventata, del folle coraggio che ha dimostrato nel mettersi contro ad una donna assai più potente e pericolosa per il bene della loro razza, malgrado non ne condivida l’idea.
«Giuro di essere la tua compagna fedele, in salute e in malattia. Prometto di onorarti e rispettarti, di darti sollievo nei momenti di difficoltà e di proteggerti.» Le infila la fede con dita ferme e sicure, prendendole poi le mani tra le sue con delicatezza «Prometto di amarti incondizionatamente… finché morte non ci separi.»
Una lieve risatina lascia le labbra di entrambe quando i singhiozzi di diverse Fate si fanno davvero rumori, ma la voce baritonale di Roman le riporta all’ordine.
«Allora, vi dichiaro moglie e moglie. Puoi baciare la tua splendida umana.»
Bree non ha certo bisogno di alcuna incitazione. Porta Mimì verso di sé, china la testa e la bacia, dovendo far velocemente appello a tutta la propria forza di volontà per fermarsi dopo un minuto.
Per quanto riguarda il loro futuro, se non verrà uccisa per il suo enorme errore - che a questo punto è stato pure vano -, Bree sa che non sarà facile, ma anche che il loro amore è abbastanza forte, abbastanza reale da poter sopravvivere a qualsiasi ostacolo.



Note finali: ve l’avevo detto, non succede niente in particolare, era giusto un qualcosa di un po’ smielato che serviva per dare un attimo di tregua a Bree e Mimì, una piccola soddisfazione a quella povera donna che l’ha allevata, ed anche per dare una sbirciatina al rapporto che è venuto a crearsi tra padre e figlia.
Potevo anche non metterlo, soprattutto perché non mi convince particolarmente, ma ormai era scritto e l’ho attaccato come special. Non linciatemi! 😢

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Prima di cominciare ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo! 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite💛 ; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️.
Ringrazio tantissimo anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚

𝟛𝟞. 𝒩𝓊𝑜𝓋𝒾 𝑜𝓇𝒾𝓏𝓏𝑜𝓃𝓉𝒾
(𝒫𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟙)




Non ci aveva mai pensato Radish, soprattutto perché estraneo alla questione, ma riflettendoci un istante si rende conto che non è certo in quel modo che pensava di passare la prima notte da sposato. Neanche di sposarsi in realtà, tanto meno in quel modo, pur essendo consapevole da qualche mese che con Sherry non sarebbe certo stato necessario l’abito bianco, la cerimonia e via discorrendo.
Semplicemente non immaginava che si sarebbero scambiati il Morso a mezz’aria mentre erano percorsi da un orgasmo degno di nota e neanche di passare la prima vera notte da neo-sposi a dormire.
Quando gli altri se ne sono tornati alla tana o alle rispettive abitazioni, con Everett che sonnecchiava riparato nel capanno, lui ha fatto appena in tempo a farsi una doccia veloce che lei già era crollata nel letto mezzo distrutto. Ha un poco provato a smuoverla per passare un’oretta di fuoco, così anche da alleviare un poco la tensione e lo stress di entrambi, ma ha dovuto lasciar perdere quando ancora dormiente si è arrotolata tra le lenzuola fino a diventare un involtino umano. Solo a quel punto si è steso vicino a lei, riuscendo miracolosamente a riottenere un po’ di coperte, ed infine è crollato a sua volta.
Era stata una giornata piena di emozioni a partire dal risveglio, forse un poco di riposo non era sconsigliato dal momento che, con una guerra alle porte, li attendevano tante ore di duro allenamento.
Non è stato però un sonno tranquillo per nessuno dei due, immersi in sogni non troppo idilliaci. Mentre Sherry continuava a vedere l’immagine di Bree farsi sempre più lontana fino ad essere inghiottita da un’oscurità che la faceva strillare disperatamente, Radish vedeva la compagna combattere contro un uomo senza volto che sa che non può battere.
Adesso, svegli da una ventina di minuti ma ancora decisamente poco propensi dall’alzarsi dal letto, rimangono stretti l’uno tra le braccia dell’altra, in silenzio.
C’è qualcosa di molto pacifico in quel momento, con la brillante e calda luce del mattino che filtra dalle tende chiare.
Per entrambi non è facile realizzare - né tanto meno accettare - quanto la loro relazione sia stata tumultuosa sin dal primo incontro. È un po’ come stare sulle montagne russe, con molta passione, drammi ed entusiasmo, ma pochi momenti come quello, in cui possono trascorrere del tempo insieme senza che il cuore corra a un miglio al minuto per l’eccitazione sessuale o qualche altra forte emozione.
La cosa peggiore per Radish forse sta nel fatto di non essere in grado di imporle in alcun modo il proprio volere. Riesce a farle abbassare spesso la cresta, riesce a farla ragionare come forse nessun altro riesce a fare, ma non riesce a farsi del tutto largo nella sua vita. Continua imperterrita ad escluderlo dall’unico punto che gli preme davvero, l’unico in cui si sentirebbe davvero utile.
Lui è nato per gli scontri e per la guerra. È un Saiyan, uno degli ultimi, tutto in lui è programmato per distruggere e conquistare, eppure lei non vuole capirlo. O più probabilmente lo capisce benissimo ma se ne frega, troppo decisa a farcela da sola. Non sa dirlo con certezza, sa solo che l’idea che Jäger gliela strappi di nuovo dalle mani è intollerabile.
«Qualcosa ti turba.»
Abbassa lo sguardo su Sherry, incrociando i suoi grandi occhi d’ambra che lo studiano con curiosità. Gli pare quasi di guardare un’altra donna rispetto a quella che ha conosciuto tre mesi addietro, ma non può certo dire che gli dispiaccia. Questa Sherry è più aperta nei suoi confronti, si fida seriamente di lui, morirebbe per lui.
Morirebbe, sì, ma forse non vivrebbe…
Con la punta delle dita sfiora la nuova cicatrice sulla spalla, i segni dei denti di Jäger impressi per sempre nella sua carne, ed una nuova ondata di disagio e rabbia gli invade la mente.
In pochi minuti l’ha messa K.O.
In pochi minuti l’ha ammazzata per errore.
Se lo volesse, potrebbe farle molto di peggio senza il minimo sforzo, e lei comunque non lo vuole vicino per farle almeno da scudo.
Per quanto abbia dato più e più volte prova di fidarsi davvero di lui, tanto da inserirlo nel branco, di portarlo alla Festa del Fuoco, di renderlo Capitano e, ripensando alle parole di River, Re, non si fida comunque abbastanza da portarlo in campo per farsi unicamente difendere.
Beh, non posso darle tutti i torti. Basterebbe un niente e lo ucciderei, e questo lo sa.
Sospira rumorosamente e si inumidisce le labbra, non sapendo bene come esprimere i propri dubbi. O trova un modo differente per convincerla, o ogni singola parola che uscirà dalle sue labbra sarà solo fiato sprecato.
Purtroppo per lui però, non ha ancora escogitato alcunché per riuscire a scendere in campo senza scatenare un casino clamoroso che non potrebbe più sistemare, quindi può e deve limitarsi al solito discorso, che ormai tra loro si ripete come un disco rotto. Per variare un poco, prova ad usare come scusa del suo turbamento il discorso del giorno prima.
«In alcuni momenti mi tornano in mente le parole di tuo fratello sui disturbi mentali e tutta quella merda…» Per sua fortuna poi questo è in parte vero, perché sennò si ritroverebbe costretto a dirle che sta cercando sistematicamente un qualsiasi cavillo a cui aggrapparsi per poter combattere con loro.
«E pensi che io non possa farcela contro Jäger anche per questo? Dai, ne abbiamo già parlato, perché insistere? Inoltre qualcuno deve pur farlo, no?» Si porta in ginocchio sul letto mentre lo dice, sorridendogli per provare un poco a tranquillizzarlo.
Se avesse la totale certezza che non interverrebbe in alcun modo nel suo personale scontro, che mai e poi mai si metterebbe nel mezzo, sarebbe più che lieta di farlo scatenare in campo, anche solo per il semplice ed elementare fatto che potrebbe salvare un numero considerevole di vite, ma sa bene che si rimangerebbe la parola al primo sangue.
«Penso che dovrebbe occuparsene un uomo.»
E con questa frase gliene dà l’ennesima prova.
«Non dirmi che sei diventato così sessista…»
«Sono solo concreto. Uno così dovrebbe trovarsi a fronteggiare qualcuno delle sue stesse dimensioni e con un ego altrettanto smisurato.» Borbotta piccato, passandosi le mani tra i capelli un poco arruffati.
«La concretezza non è sempre tutto.» Afferma con un lieve sorriso ad incresparle le labbra, mentre i pallidi raggi del Sole le segnano i tratti del volto.
Vorrebbe chiederle a cosa si riferisce, cosa le passi per quella bella testolina che vorrebbe rudemente afferrare per fini poco casti, ma il suo sgranare repentinamente gli occhi e il voltare di scatto la testa verso la finestra stroncano ogni suo intento sul nascere.
«Che c’è?»
Sherry si alza di scatto dal letto e afferra da terra una delle grandi e comode t-shirt del Saiyan, indossandola in fretta e furia mentre afferma nervosamente «Abbiamo visite.»
Scatta a sua volta e, senza neanche prendersi la briga di indossare qualcosa all’infuori degli sformati pantaloni della tuta con la quale si era coricato, si affretta ad uscire di casa assieme a lei.
L’intero branco li sta raggiungendo, Darko in testa a tutti loro. Esattamente come gli altri, Sherry inclusa, non capisce il senso dell’allarme che è stato lanciato: intrusione, questo è lampante, ma è anche chiaro che i Segugi di guardia non hanno neanche provato ad attaccare.
Avrebbero pensato subito all’arrivo di Jäger con la sua guardia, dal momento che dei semplici Segugi in ricognizione non avrebbero avuto alcuna possibilità in uno scontro diretto, ma è sembrata loro una possibilità assai strana e remota. Perché mai trascinarsi da loro alla luce del Sole? Sono consapevoli che il Re del Nord è a conoscenza della pericolosità dei guerrieri che li affiancano, ed anche che non è così folle da pensare di sfidarli in modo tanto aperto e sfacciato.
Chi altri però potrebbe volerli avvicinare?
«Sher…»
L’Alpha volta lo sguardo verso River, che a sua volta la fissa con espressione stralunata, incredula. Ad una possibilità lui avrebbe anche pensato, ma gli pare assurdo. Per quale assurda ragione infatti il Re del Sud potrebbe volerli incontrare? A conti fatti River è al sicuro con loro tanto quanto lo sarebbe al Sud, dal momento che non hanno idea di chi Jäger intenda attaccare per primo. Anzi, con il branco di Sherry ha addirittura più possibilità, visto che Radish non pare avere la minima intenzione di perderla di vista neanche per un misero istante.
L’unica altra ragione che può venirgli in mente, è che voglia formare un’alleanza. Anche questa ipotesi però gli pare assurda. Suo padre, per quante buone qualità possa avere, non ha mai considerato le donne come delle pericolose combattenti, malgrado abbia Nike tra le sue fila, addestrata al fianco del futuro Re e designata da quest’ultimo come futura Beta, oltre che Regina. Pure sua moglie non è da sottovalutare, soprattutto se di mezzo ci sono la sicurezza dei suoi figli e della gente che ha giurato di proteggere. Malgrado tutto questo, però, le considera troppo deboli per essere davvero viste come una minaccia o, in questo caso, come un alleato in guerra. Che poi effettivamente le loro femmine siano generalmente inferiori sia in quanto a stazza che a forza fisica rispetto agli esemplari maschi è un altro discorso, per lui è proprio il genere femminile in generale ad essere poco dotato di forza combattiva.
Se conoscesse C-18, forse cambierebbe idea!, pensa con un sorrisetto tirato River, tornando serio in una frazione di secondo. Non può pensare a quanto suo padre potrebbe o meno rimanere sconvolto dalla forza dell’androide femmina, non ora che forse si sta avvicinando con intenzioni assai poco chiare.
Si porta quindi al fianco di Sherry, convinto di poterle fare da scudo da eventuali scatti del padre. Non gli si è mai rigirato contro in fondo, e dubita che mai lo farà. Dovrebbe dargli una grave motivazione solo per prendere in considerazione l’idea.
La tensione è così forte che l’aria pare essere elettrica, e Radish sente ogni muscolo fremere dalla voglia spasmodica di attaccare chiunque stia osando avvicinarsi alla sua donna, alla sua casa, al suo branco, al suo territorio. Ormai è il maschio dominante a tutti gli effetti, per un certo verso è il loro Re, e non permetterà più a niente e a nessuno di toccare ciò che è suo.
Il suo feroce desiderio aumenta in modo pericoloso quando vede avanzare tra il folto della boscaglia una decina di grossi lupi, e diventa decisamente insostenibile quando sente il loro lieve ringhiare in lontananza.
Prima che però possa dar loro la chiara dimostrazione di ciò che porta un comportamento del genere nei confronti di sua moglie e del suo branco, la mano fresca di Sherry si stringe debolmente alla sua, più grande e calda.
Abbassa per un secondo gli occhi su di lei, trovandola immobile, gli occhi attenti che scrutano i rivali che lentamente si avvicinano. Malgrado non possa affermarlo con certezza, è abbastanza sicuro che non si stia fermando a tenere sotto controllo loro quanto a sentire cosa c’è dietro.
Vorrebbe dirle di lasciarlo per dare loro il benvenuto in stile Saiyan, ma poi si ricorda della delicata posizione che ricopre e si astiene dal fare qualsiasi cosa possa nuocerle. È la prima donna ad avere il comando di un intero branco dopo Roscka, la progenitrice di tutti quanti loro, e per non perdere autorità e fiducia negli altri è necessario che il controllo della situazione rimanga nelle sue mani.
Questa volta passi, ma prima o poi parleremo anche di questo.
«Hurricane…»
Gli occhi del Saiyan dapprima si posano brevemente sulla figura sempre più sconcertata di River, fermo al fianco di Sherry, e poi saettano verso la boscaglia.
Uno Spettro più grande degli altri, col vello color ocra e gli occhi grigio madreperla, si è portato in mezzo al gruppo, che ora lo affianca in due gruppi da cinque. Tiene la testa un poco chinata in basso e le orecchie appiattite, il mantello è irto in mezzo alle scapole e la coda ben tesa in alto. Mostra loro le zanne per rimarcare che non li teme e non distoglie mai lo sguardo da Radish. Ha sentito delle voci riguardanti un formidabile guerriero con la coda da scimmia, un uomo di carne che ha massacrato Darren senza battere ciglio e che, non da meno, è compagno della Regina delle Terre di Nessuno e Capitano della loro guardia. Dopo un velocissimo esame preliminare, ora può affermare con sicurezza che è recentemente divenuto il loro ufficiale capobranco.
«Che sei venuto a fare?» Sibila a denti stretti River, portandosi avanti di un paio di passi verso il fratellastro.
Non hanno mai avuto un grande legame, non dal momento che il maggiore ha sempre avuto un’indole troppo aggressiva e bellicosa per i suoi gusti. In passato lo ha non poco sorpreso apprendere che un giorno sarebbe divenuto il Capitano del Sud, ma in fondo la sua forza fisica non poteva proprio né essere messa in discussione né ignorata, quindi ha accettato la cosa molto più velocemente di molti altri.
Hurricane, le cui zanne non sono state ancora ritirate, latra con sprezzo al fratellastro che deve farsi gli affari suoi, e ciò non fa che ricordare al minore il perché non siano mai andati davvero d’accordo. Per quanto riesce a ricordare, non lo ha neanche mai visto sorridere; anzi, non ha proprio mai visto un’espressione diversa sul suo volto, tranne quella seria, quasi apatica, che si porta dietro sin da bambino o quella furiosa che sta sfoggiando pure adesso. Al massimo un barlume di strafottenza negli occhi, ma non ne è del tutto certo.
Per un istante gli occhi azzurri ricadono sulla moglie al suo fianco, e come ogni altra volta si domanda cosa abbia mai potuto trovarci in un uomo tanto freddo, indolente e spesso aggressivo e dall’aspetto tanto anonimo come lui, ma poi ripensa al fatto che Sherry ha preferito un alieno mezzo scimmia agli esemplari della sua specie e si ripete mentalmente che i gusti sono gusti, inutile rimuginarci troppo sopra.
I membri del branco sono in buona parte mutati e si stanno piazzando in semicerchio alle spalle della coppia dominante. Sono pronti allo scontro, sentono di poter fare ciò che vogliono con loro due fianco a fianco, soprattutto perché la rabbia di Radish se gli toccassero la compagna li porterebbe ad una violentissima vittoria.
I rivali però, per quanto minacciosi, stanno lasciando intendere che non attaccheranno, non per il momento almeno, e ciò non fa altro che confonderli. Perché mai portarsi tanto allo scoperto se poi non hanno intenzione di fare niente se non mostrare le zanne? Un gesto indecentemente avventato e privo di logica, non riescono a capirlo.
Uno di loro però qualcosa l’ha intuita.
«Ordina loro di non fare gesti avventati.»
Le parole che Darko le sussurra all’orecchio non hanno un gran senso, ora come ora. Perché mai i suoi dovrebbero fare qualche gesto avventato? Sono sì in attesa di attaccare, ma non sono così scemi da scatenare una guerra anche contro un’altra fazione. In realtà, spera che pure Radish ci abbia già pensato e sappia quindi trattenersi. A giudicare però dal suo odore, capisce che sta solo aspettando di capire chi è meglio attaccare per primo.
L’-ex Beta si porta davanti al trio, rivolgendo al primo bastardo del Sud il sorriso più cordiale del suo repertorio «Immagino che la tua non sia una mera visita di cortesia, Hurricane. Non sei mai stato il tipo che si perde in questi convenevoli.»
«Lui segue me.»
Gli occhi dei presenti scattano in alto con un certo sgomento. Come hanno fatto a non rendersi conto di niente?
Con un balzo agile, l’intruso che ha sollevato tante preoccupazioni tra tutti loro atterra ad una quindicina di metri scarsi da Darko, un astuto sorrisetto a piegargli gli angoli della bocca carnosa, sotto la quale si possono scorgere denti bianchissimi.
È molto alto di statura, ben fatto, con muscoli forti come se fili d’acciaio vi fossero stati intrecciati, la pelle è leggermente abbronzata, solcata qua e là da cicatrici di varie dimensioni, con un tatuaggio raffigurante una mezza Luna e un Sole sul pettorale sinistro. Il volto dai lineamenti energici e dall’espressione sfacciata è incorniciato da lunghi e mossi capelli d’ebano con vivaci riflessi castani, che gli ricadono con pittoresco disordine sulle robuste spalle. Gli occhi verdi sono di una fulgidezza senza pari, espressivi, magnetici, vivaci e attraenti.
Blackwood non è conosciuto solo per la sua energica potenza o per la sua mente acuta e vivace, ma anche per la sua particolare bellezza, che molti hanno tentato di definire come viva. Secondo River, che nel dirlo avrebbe trovato l’appoggio di Everett, è nato col fuoco e l’argento vivo che gli scorrono con prepotenza nelle vene.
Si passa lentamente la lingua sulle labbra, assaporando così involontariamente quella miscela disgustosa che ha copiato senza vergogna da Jäger. Per quanto odi ammetterlo, forse anche più di quanto odi lui stesso, ha una mente affascinante e delle capacità intellettive che lui, purtroppo, sa di non poter eguagliare.
Adesso però non può permettersi di pensare a quanto quello psicopatico sia fastidiosamente intelligente o quanto quello strano unguento mangia-odori abbia un sapore sgradevole; può e deve solo concentrarsi sulla giovane donna che ha di fronte.
In realtà muore dalla voglia di arpionarsi alle costole di Radish per sapere quanto più possibile sulle sua razza, sul suo pianeta, sui possibili pianeti che ha visitato in generale, su cosa faceva prima di arrivare lì, come sia arrivato lì, perché, quando, tutto. Si trova pur sempre di fronte ad un alieno, un fottutissimo extraterrestre, come può rimanere indifferente?
Il sorriso sghembo si riapre sul suo volto nel momento esatto in cui sente un profondo e gutturale ringhio provenire da Sherry, che lo guarda con una tale ferocia da fargli pensare che, forse forse, sua moglie non è così tremenda come tutti - lui compreso - pensano: «Devo ammettere che non mi aspettavo di trovarti qui tutta pimpante, ma se sei masochista solo la metà dei tuoi—» Sgrana gli occhi quasi dolorosamente non appena intercetta la sua figura slanciata che si avvicina da un lato. Non si era accorto di niente perché il bastardo ha sempre saputo nascondere bene le sue tracce e, pur essendo certo che lo avrebbe trovato in vita, tutto attorno a lui si riaccende, come se per tutto il circondario fossero stati accesi dei silenziosi ma luminosissimi fuochi d’artificio. «… LOSAPEVOPEZZODIMERDA!»
Everett sogghigna assai divertito dall’espressione comica e stralunata del minore. Sapeva che avrebbe avuto una delle sue solite reazioni esagerate, ma pensava più ad un qualcosa di isterico e/o violento. Lui sicuramente lo avrebbe picchiato, sia per sfogare l’emozione sia per fargli capire che lo aveva fatto soffrire troppo.
Vederlo però adesso con quei grandi occhi verdi quasi fuori dalle orbite mentre quel sorriso a trentadue denti da pazzoide gli si apre sul volto… beh, gli fa un grand’effetto.
«Ti sono mancato?»
«Lurido figlio di un cane maledetto!»
Silenzio.
Nessuno osa dire una sola sillaba tanto è lo shock. Blackwood il Valoroso (Dente Azzurro per la sua famiglia, per la sua abitudine di strafogarsi di mirtilli), prossimo Re del Sud, lancia insulti piuttosto pesanti ad Everett l’Implacabile, che se la ridacchia da una parte con le possenti braccia incrociate al petto, neanche si trovasse di fronte ad un innocuo cucciolo scalmanato anziché una macchina da guerra come può essere l’altro.
«Hai idea di quello che mi hai fatto patire?! EH?!»
«Non arruffarti il pelo, pan di zucchero
Il sorriso si allarga sul suo volto, e questo lascia ancora più shockati i presenti. Solo in pochi lo hanno visto sorridere in modo così allegro e genuino, ma stavolta la situazione è ben più strana e pericolosa di quelle rare occasioni. Pure Sherry, che si sta aggrappando al polso si Radish per evitare un qualche tracollo nervoso, fissa ad occhi sbarrati il fratello, non riuscendo a capire più niente.
«Anzi, sì: sei adorabile quando lo fai.»
Sobbalzato tutti, Spettri del Sud compresi, quando l’erede si lascia andare ad un urlo isterico ma comunque allegro. Hurricane, dietro di lui, non riesce a smettere di fissarlo con un chiarissimo smarrimento negli occhi madreperla. Aveva capito che il fratellastro che tanto rispetta un tempo fosse amico del principe del Nord, ma non pensava che fossero arrivati ad un tale livello di confidenza.
Blackwood però non è mai stato il tipo che si lascia contagiare facilmente da ciò che possono o non possono pensare gli altri. In linea di massima, a lui non è mai fregato proprio mezzo cazzo dell’opinione altrui, preferendo ignorare il più possibile tutto ciò che provavano ad inculcargli in testa sin dalla più tenera età. Assimilava solo ciò che la sua mente sapeva potesse tornare utile in un secondo momento… come le parolacce, ad esempio.
«Abominevole sacco di merda pulsante che non sei altro! Ho pianto come un disperato per te, ho fatto in modo che la ragazza non rimanesse scoperta e tu neanche hai pensato di avvertirmi che eri ancora vivo!»
Se da un lato c’è Everett che trattiene a stento le risate, da un altro Darko che si massaggia stancamente gli occhi con le dita, da un altro ancora Sherry e Radish che si guardano per un istante negli occhi alla disperata ricerca di una possibile spiegazione a quel delirio, in ultimo c’è pure River che ribolle di rabbia nel vedersi piombare tra capo e collo l’unico fratello che proprio non avrebbe voluto vedere da quelle parti.
«Cos’avresti fatto tu per Sherry, eh?!» Sbotta tutto in un colpo, azzardando un passo in avanti. Non che abbia davvero qualcosa da temere da Blackwood, essendo lui per natura più giocoso che iroso, ma non si sa mai, non ora che è così su di giri e, soprattutto, con Hurricane sul piede di guerra a pochi metri di distanza.
Quando poi il maggiore lo pietrifica sul posto con un’occhiata al vetriolo, River si pente di aver dato fiato alla bocca prima di riflettere sul serio.
«Pensi davvero che papà ti abbia mandato in giro tutto tranquillo solo perché facevi le bizze come una fighetta? No, carino: io ho dovuto intercedere per te, io ho dovuto combattere contro nostro padre per farti uscire, io ho fatto sì che tu potessi andare e tornare ogni qualvolta ti venisse in mente! Quindi è solo grazie a me se sei riuscito ad infilarti tra le cosce della ragazza per la quale avevi una strana cotta da anni! Solo ed esclusivamente grazie a me!»
«Quindi è solo ed esclusivamente grazie a te se mia sorella si è ritrovata con un mastodontico palco di corna sulla testa e col cuore spezzato?»
I due si guardano dritto negli occhi con un’aria così mortalmente seria, quasi offesa, che alla maggior parte dei presenti si drizzano i peli sulla nuca. Se decidessero di combattere, quanto ci metterebbe la loro precaria situazione a colare definitivamente a picco? Nel momento esatto in cui, nelle loro menti, li vedono l’uno con le fauci attorno alla gola dell’altra, non possono fare a meno di chiedersi se Bulma può fornire loro un’astronave per espatriare su qualche lontano pianeta.
Sherry, sempre ancorata al polso di Radish nel disperato tentativo di non cadere nello sconforto più totale, continua a far saettare lo sguardo dal fratello al principe invasore. Lei stessa sfidò la pazienza di Greywind transitando per il suo territorio quando scappò con Bree, e dubita altamente che si mostrerebbe clemente per una seconda volta se a farne le spese fosse il suo adorato primogenito. Per la morte di Ivy le cose non esplosero per un pelo, e giusto perché entrambi i Re erano consapevoli che darsi guerra sarebbe stato troppo per i rispettivi regni, ma a questo giro è certa che niente lo tratterrebbe.
«Quella è colpa di River.» Controbatte prontamente Blackwood, l’espressione corrucciata e colpevole di un bambino che è stato beccato con le mani nella marmellata «Perché mi guardi così?»
Si muove piano, Everett, con i potenti muscoli del busto e delle braccia esposti che sembrano vibrare per quanto tesi; gli occhi ferini fissano con insistenza il principe, un lieve ma lugubre ringhio d’avvertimento gli sale su per la gola «Programmavo di sbarazzarmi del bastardo una volta che le acque si fossero calmate…» Basta un battito di ciglia e i suoi occhi azzurri si macchiano di rosso sangue, spettrali e minacciosi «Ma quasi quasi prima faccio fuori te!»
Difficile capire chi sia scattato per primo, chi sia mutato prima o anche solo se Everett dicesse sul serio riguardo a River. L’unica cosa certa è che quei due mastodontici lupi sono ora dritti sulle zampe posteriori, gli artigli di quelle anteriori conficcati nelle spalle per tenersi bloccati, e le fauci di Everett sono serrate attorno al collo di Blackwood, che tenta disperatamente di afferrargli l’orecchio ripiegato all’indietro per liberarsi. Lo schioccare dei suoi morsi per aria e il loro ringhiare furioso sono un qualcosa di orribile da udire, ma l’immagine di quei colossi che si sbattono a terra e se ne danno di santa ragione è assai peggio da vedere.
«Ma sono impazziti?!» Urla Sherry mentre prova ad intervenire, venendo prontamente bloccata da Darko. Il maggiore ha tenuto per tutto il tempo gli occhi fissi sul Capitano avversario, riscontrando unicamente in lui una qualche minaccia. In fondo non è noto solo per il carattere chiuso ed artico, ma anche per essere un tipo con la miccia estremamente corta. Osservandolo anche ora però, si rende conto che è stato in qualche modo informato dal fratellastro, fatto che gli concede un minimo di margine di movimento.
Per prima cosa devo bloccare Sherry. Se lei intervenisse, Radish la seguirebbe a ruota e di conseguenza ci ritroveremmo in guerra anche col Sud. Bloccata lei, vediamo come muoversi…
Si volta repentinamente e l’afferra per le spalle, cercando con insistenza i suoi occhi cremisi. Quando finalmente li trova, ha già fiutato nuove scie odore che preannunciano solo l’avvicinarsi di uno spettacolo assai… interessante.
«Aspetta.» Ordina con tono sicuro, facendola indietreggiare fino a condurla tra le braccia del Saiyan.
I due Spettri si fronteggiano spietatamente, le zanne in mostra l’uno contro l’altra, il pelo irto dalla sommità della testa fino al centro della schiena. Blackwood ha un profondo taglio nella spalla sinistra che però si sta già rimarginando, mentre Everett sfoggia un diabolico ghigno arrogante grazie all’idea di essere ancora più che capace di riportare a casa tutta la pelliccia contro il più giovane, grande orgoglio del Sud.
Ma poi la situazione si gela per un breve, assurdo istante: qualcosa salta in mezzo a loro, ad una decina di centimetri scarsi di distanza da quelle enormi fauci che stavano per scontrarsi nuovamente.
«Ah!»
Ginocchiata sotto al mento di Blackwood.
«Ah!»
Gancio nella mascella di Everett.
«Ah!»
Dopo averli afferrati entrambi per un orecchio, fa scontrare con violenza le loro teste l’una contro l’altra.
«IDIOTI!» In mezzo ai due si erge, come un'immagine divina, la splendida figura di Nike, conosciuta da qualsiasi Spettro come Venere Nera. Tutta la sua figura, di una tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti, è capace di tenerti in silenzio a fissarla per ore e ore, come un dipinto prezioso: lunghi capelli mossi di un delicatissimo bianco ghiaccio, pelle d’ebano e magnifici occhi intensi, di un colore che sfiora probabilmente quello che si ottiene unendo il blu cobalto dell'oceano al festoso azzurro del cielo; il corpo formoso e tonico, evidentemente baciato dalla Dea Bendata, è messo in risalto da un sottile e candido abito che le arriva appena sopra al ginocchio.
Tutti i presenti rimangono completamente imbambolati di fronte a tale visione, nel suo strano e perfetto mix di bellezza e potenza. Giusto River e Darko non mostrano alcuna reazione apprezzabile dal momento che la conoscono da tempo.
«Possibile che non siete capaci di comportarvi da uomini?! Siete due stupidi PAGLIACCI
Darko si lascia andare ad un risolino divertito, accompagnato da un teatrale e lento applauso. China pure un poco la testa quando la donna si volta finalmente a guardarlo, tornando a sorriderle dopo pochi secondi. Ricorda la prima volta che la vide, così incredibilmente fiera per la giovanissima età, così tanto che non riuscì a non pensare che il suo adorato ragazzo, un giorno, avrebbe anche potuto pensare di prenderla in moglie pur essendo del Sud, non sapendo che Everett si fosse già vincolato ad un’altra da un paio di settimane (e neanche che da lì a poche ore l’avrebbe fatto anche lei con un piccolissimo Blackwood).
«Nike, meravigliosa Venere Nera! Sono lieto di vedere che non hai perso smalto.»
Sherry sente un fremito alla bocca dello stomaco quando incrocia quei grandi e voluttuosi occhi azzurri, per la prima volta insicura sul proprio aspetto. In fondo ha sentito chiaramente che Radish non le è rimasto indifferente sulle prime, malgrado adesso la guardi con freddezza e diffidenza.
«Qualcuno deve pur tenerli a bada.» Ogni suo movimento le ricorda una tigre della giungla che si avvicina sinuosamente ad una gazzella, e questo davvero non le piace «Non temere, Occhi di Brace, imparerai anche tu sia a tollerarli che a contenerli.»
Se già per il suo aspetto si sentiva in qualche modo minacciata e per questo non le è andata particolarmente a genio, nel sentirle pronunciare quell’orrendo soprannome sente davvero di volerla colpire su quel magnifico faccino che si ritrova. Non che l’abbia detto con cattiveria o derisione, ma l’ha detto e questo le basta.
Radish, consapevole dello stato d’animo della compagna ma anche di non poter intervenire senza sminuirla, non riesce più a tenere ferma la coda per il nervoso. L’idea di stringerla attorno a quel lungo collo d’ebano diventa improvvisamente allettante, ma è quasi certo che Sherry sarebbe capace di fraintendere pure quel gesto.
Quando poi quei brillanti occhi chiari si soffermano sulla sua figura come per studiarlo, Radish non può fare a meno di compararla a Bree. Malgrado voglia Sherry e solo Sherry nel suo letto, sa bene che la bionda è oggettivamente più bella di lei. Ed anche C-18, se proprio vuole allargare il paragone. Nessuna delle due donne però potrebbe mai reggere il confronto con lei, con il suo portamento, con la sensualità disarmante che emana la sua figura, con quello strano mix di gelo e lava che si scatena dai suoi occhi.
«Tu devi essere l’uomo-scimmia che ha portato tanti dispiaceri a Jäger… non so perché, ma onestamente mi aspettavo di più.»
Stavolta Sherry ringhia, gli occhi rubino che risplendono per la rabbia. A cose normali non reagirebbe mai così contro un’avversaria capace di portare tante rogne all’intero branco, unione dell’anima o meno, ma per un misero secondo ha davvero perso il controllo di sé e una bestia feroce ha preso il sopravvento, minacciando immediatamente l’avversaria.
Nike è indubbiamente più bella, probabilmente più colta e sicuramente raffinata di lei, ma Sherry è abbastanza certa che in combattimento riuscirebbe a farla fuori, in un modo o in un altro. Potrei testare uno dei due metodi proprio su di lei… no, aspetta: COSA?!
La maggiore la guarda con un sorrisetto arrogante, per poi farsi seria tutto in un colpo, con un qualcosa negli occhi che i suoi interlocutori non riescono a capire se da catalogare come “fastidio” o “allarme”.
«Mamma! Light mi ha strappato il vestito!»
«Non è vero!»
«Mamma! Set prova a bruciarmi i capelli!»
«Spiona!»
«Vi consacro tutti!*»
Cinque voci acute ed infantili - ed anche un poco adirate - attirano l’attenzione generale, seppur in modo più debole con Sherry. Non riesce a staccare gli occhi da Nike, davvero troppo vicina a Radish per i suoi gusti.
«Vogliate scusarmi, ma devo andare a ricordare alla mia adorabile progenie che se impongo il gioco del silenzio è perché non voglio sentire neanche un fiato.» Sorride in modo cordiale come le è stato insegnato da bambina per poi voltarsi, dando così prova di non temere nessuno di loro.
Ancheggia in modo veloce verso la boscaglia, dove ad attendere il suo ritorno (o quello di Blackwood o Hurricane) vi è il resto del piccolo contingente con il quale sono partiti e, soprattutto, i suoi cuccioli.
«La maternità le dona, è magnifica.»
Quando quei due abbiano ripreso sembianze umane, ed anche quando qualcuno abbia dato loro qualcosa per coprirsi le nudità, Sherry non saprebbe proprio dirlo. Neanche Radish in realtà, non tanto perché impegnato a seguire i movimenti della donna che non riesce ancora a capire se da catalogare come amica o nemica, quanto per il fatto che teme che la sua dolce sposina possa avere un qualche ingiustificato atteggiamento violento anche nei suoi confronti. In fondo sente quanto è nervosa, pur non capendone a pieno il perché, ed uno scatto inteso per far male non lo sorprenderebbe troppo. Stando quindi attento a qualsiasi piccolo gesto, sa di poterla bloccare subito, forse addirittura calmare.
«Si è pure ammorbidita un casino!»
Stanno seduti su l’erba con le lunghe e possenti gambe stese in avanti, i busti leggermente piegati all’indietro sostenuti dai palmi delle mani puntellati al suolo. Sono calmi, rilassati, e questo agli occhi dei presenti è assurdamente folle, soprattutto se si pensa che si stavano picchiando fino a pochi minuti prima.
La verità però è che quello è sempre stato il loro modo di giocare sin da bambini, dove Blackwood diceva o faceva qualcosa che gli avrebbe dato indubbiamente fastidio e l’altro lo batteva in uno scontro amichevole. Buona parte delle cicatrici in realtà se l’è rimediate proprio così, ed è per questo che ha sempre spinto tanto per migliorarsi: voleva batterlo una volta cresciuti.
Se stavolta però non ha neanche provato davvero a fargli versare del sangue come invece sarebbe stato finalmente capacissimo di fare, è perché sapeva bene che la donna che adesso lo fissa come se fosse pazzo non l’avrebbe presa nel verso giusto.
«Ammorbidita?» Radish non è riuscito a tenere a freno la lingua, non dal momento che ha ammirato sin troppo la perfetta forma fisica della donna, non trovando alcuna forma di morbidezza di troppo, dandosi poi mentalmente dell’idiota per non aver capito subito a cosa l’altro si riferisse.
«Nike non è mai stata quel che si può definire esattamente uno zuccherino.» Mentre lo dice Blackwood si alza da terra e si avvicina quasi trotterellando al Saiyan, che dal canto suo non riesce a trovare il suo stesso entusiasmo.
Everett però lo richiama subito, consapevole forse più di chiunque altro di quanto l’amico sappia essere insopportabilmente assillante e loquace quando trova qualcosa di interessante, e lo stare faccia a faccia con un guerriero alieno certamente lo è molto per lui.
Il principe però non demorde e continua la sua avanzata, fino a ritrovarsi dolorosamente strattonato all’indietro per i capelli.
«Non sei più un cucciolo, pan di zucchero. Non farmi ripetere sempre le cose.»
Sherry vorrebbe essere in qualche modo arrabbiata con Everett, soprattutto perché non le pare minimamente sorpreso della visita, ma non ci riesce. Il sorriso allegro che Blackwood le rivolge la incuriosisce di più, soprattutto quando lo vede avvicinarsi ulteriormente a loro con la testa ripiegata di lato.
Li sta evidentemente studiando e non tenta minimamente di nasconderlo, ma pure Radish capisce che non sta tentando di capire quanto possano essere forti anche presi singolarmente, no. La sua mente sta macinando su qualche altro pensiero, e il velo malizioso che velocemente gli ricopre gli occhi vispi li mette un poco in allarme.
Ma poi si volta di nuovo verso Everett, gli gira attorno come farebbe un cucciolo dispettoso che vuole dar noia al fratello maggiore, e dopo qualche secondo cinguetta allegramente: «Ti prego, pasticcino, dimmi che non li hai lasciati scopare nel mio letto!»
Mentre il branco degli Shedish, spinto dalla curiosità, si avvicina sempre di più alle loro spalle ed Hurricane snuda nuovamente le zanne per intimare a tutti loro di stare indietro - trovando subito Mordecai pronto allo scontro -, Sherry sente un insopportabile brivido gelido lungo la schiena.
«Il… il tuo letto?»
«Sì!» Stringe con forza le labbra per impedirsi di scoppiare a riderle in faccia e, non appena è sicuro di non correre più il rischio, si volta con un sorrisetto arrogante verso Everett «Non sapeva di alloggiare abusivamente in casa mia?»
Altra ondata gelida nella schiena, seguita da una cocente rabbia che quasi le annebbia la vista.
«È lui il tuo “collaboratore umano”?!» Strilla a tanto così da una crisi isterica, scatenando una risatina nel principe che, senza tante cerimonie, allaccia un braccio al collo dell’amico e porta il volto davvero molto vicino al suo.
«Collaboratore umano? Mhhh… è così che mi definisci in giro?»
«Non hai nessun altro da importunare?!»
Blackwood si era mostrato fastidiosamente invadente sin da piccolissimo, tanto che Everett non ha mai neanche lontanamente preso in considerazione l’idea che crescendo sarebbe cambiato. Quello è il suo carattere, non c’è niente da fare. Al limite può aver imparato a trattenersi quando necessario, cosa che da bambino gli risultava assai ostica.
È proprio per questa sua consapevolezza se non scatta come una vipera o si irrigidisce per il fastidio. Alla fin fine ha imparato ad apprezzare sinceramente anche questa sua caratteristica.
«Tecnicamente c’è un sacco di gente che potrei torturare con la mia brillante parlantina, ma negli ultimi anni ti ho scioccamente creduto morto, pasticcino: è ovvio che darà noia a te, per primo.»
Pasticcino, Pan di zucchero, Kitty e Fiorellino. Perché cominciarono a chiamarsi con questi appellativi imbecilli davvero non lo sanno, ma si abituarono praticamente subito a come suonava buffo quando a pronunciarli era Everett e così se li sono tenuti.
Sono tanti i ricordi che li stanno travolgendo, ora che sono di nuovo insieme. Hanno sofferto immensamente quando, con l’omicidio di Ivy, hanno dovuto cominciare a vedersi molto di meno per non peggiorare la situazione già mortalmente tesa, e quel dolore non ha fatto che peggiorare dopo quanto accaduto a Leila.
Avevano trovato il modo di tenersi in contatto con delle lettere settimanali che si lanciavano al di là del ponte crollato, ma vedersi era assai problematico perché per farlo Everett avrebbe dovuto lasciare Sherry scoperta. Blackwood sapeva che la teneva sotto tiro in quanto unica figlia superstite di Leila - che certo non avrebbe voluto che rimanesse abbandonata a sé stessa -, e per questo ha fatto in modo che non rimanesse totalmente scoperta una volta uscita. In un primo momento aveva convinto semplicemente alcuni Spettri di basso rango ad uscire momentaneamente, rintracciarla e lasciare qualche preda nei suoi dintorni, poi ha sguinzagliato River. Non ci voleva certo un genio per capire che l’unico motivo per cui voleva tanto uscire era per rivederla, tanto valeva approfittarne.
Per Blackwood poi la situazione è colata a picco quando ha appreso della sua morte. Pensava di averlo perso per sempre e la disperazione che attanagliò sia lui che Nike fu tale che si isolarono per qualche settimana sulla loro nuova isola, lontani da tutto e tutti, e lì rimasero a piangere insieme e a rileggere tutte quelle lettere che si erano scambiati.
Dopo tutto questo dolore e questa nostalgia, è piuttosto normale che Blackwood, da sempre molto più espansivo e affettuoso rispetto agli altri due e, probabilmente, anche rispetto a molti altri Spettri, si lasci andare a lunghi e soffocanti abbracci. Se non piange e non s’infuria per essere stato tenuto all’oscuro di tutto è solo perché l’ha già fatto quando uno dei Segugi ricognitori gli ha messo tra le mani quell’orribile gnomo tanto simile a quello che avevano “liberato” in gioventù, che teneva legato al quasi inesistente collo uno dei foulard di Nike con su scritto a pennarello “LENB”, la stessa parola senza apparente significato che incidevano spesso sugli alberi e che lui e Nike si sono tatuati dietro l’orecchio destro in memoria dei due amici defunti.
Everett lo tiene stretto a sé, lascia che nasconda il volto nell’incavo del suo collo senza fare nessun commento sarcastico, domandandosi mentalmente se riceverà un trattamento simile anche da Nike.
«Non ero sicuro che ti saresti ricordato dello gnomo, sai? È per questo che ci ho legato il foulard. Ah, per curiosità, come hai convinto tuo padre del fatto che sono ancora vivo?»
Mentre nella testa di Radish si accende una lampadina nel sentir nominare lo gnomo, Sherry non ci sta, non più. Non capisce a cosa si riferiscano, non capisce cosa ci facciano lì, per quale strana ragione abbiano pensato che fosse una buona idea invadere il suo territorio. Non capisce più niente e l’invidia e la rabbia provate poco fa non l’aiutano a ragionare lucidamente.
È proprio a causa di tutte queste forti emozioni negative se li lascia andare ad un forte urlo isterico: «MA CHE CAZZO DITE?!»
Mentre Everett la guarda con sguardo colpevole, chiedendole silenziosamente scusa e promettendole al tempo stesso di spiegarle tutto quanto in un secondo momento, Blackwood si gratta distrattamente il mento, puntando lo sguardo in un punto imprecisato alla sua sinistra. Grazie a questi due piccolissimi gesti, il maggiore capisce che ha fatto qualcosa di più o meno stupido.

Non capisco. Cosa cazzo c’è da indurre una riunione urgente del concilio?! Se vengo da te e ti dico che il principe Everett è vivo e che potrebbe essere un alleato importante nella guerra che sta per investirci, e con lui pure la sorellastra, il suo branco e l’uomo-scimmia che ha tanto turbato la mente di Jägermeister, vuol dire che è così!
Perché nessuno di voi riesce a capire che non sto sbagliando manco per niente? Perché mi guardate come se fossi fuori di testa? Ho ragione, so di avere ragione! PORCA PUTTANA! C’è scritto LENB su uno dei foulard di Nike, come potrei mai sbagliarmi?!
«È una cosa molto importante questa, Blackwood. Hai altre prove, oltre allo… gnomo?» Pa’… perché vuoi farmi incazzare?
«Le prove? Ma che davvero, le prove?! Le prove sono che in tipo ventotto anni compreso questo, quando dico una cosa, si rivela essere quella— e voi non mi credete mai! Dai tempi di Ivy!
A meno che voi non abbiate informazioni in più a riguardo, eh?!
Capito perché non c’è bisogno di altre prove, oltre allo gnomo?! Perché sono l’unico, in questa merda di posto, che capisce quando succede qualcosa! VECCHIACCI DIMMERDA
No, Nike, stai indietro, non tirarmi. Sai che non colpirei mai mio padre, non è nelle mie corde. Però, cazzo, se tuo padre non la smette di ciondolare la testa e guardarmi in quel modo, giuro che ti rendo orfana in dieci secondi scarsi!
«Vecchiacci dimmerda?»
Che mi fai il verso, ma’? Serio? Bene, questo è troppo: sbatterò in faccia a tutti voi la prova definitiva per mostrarvi che ho ragione come sempre!
«Sì!»

«Non ce n’è stato bisogno.» Risponde così alla sua precedente domanda dopo qualche secondo di silenzio, sorridendo sornione al solo ricordo della faccia scocciata dei genitori e degli altri vecchiacci del concilio.
«Sei scappato?»
«Scappato è un termine forte, pasticcino. Diciamo che sono andato a fare una gita in famiglia e con la mia guardia al seguito nei territori di un altro branco senza aver ricevuto alcun invito.» Snocciola la risposta tutto in un fiato, sghignazzando soddisfatto. Nike ha provato a convincerlo a non andare tanto contro al volere del Re, ma il tentativo è durato forse due minuti, giusto per fare un po’ di scena e non sentirsi in colpa in seguito. Quando Blackwood si impunta su qualcosa, non c’è quasi mai modo di distoglierlo dai suoi intenti.
«Mi sorprende sempre constatare che Greywind non si sia suicidato nel corso degli anni.»
«Tsk, il vecchio è tenace, ma sono sicuro che mi manca davvero poco per riuscire nell’impresa!»
Ovviamente scherza essendo molto attaccato alla famiglia ed anche molto protettivo nei confronti di ogni singolo membro, questo però non gli ha mai impedito di stressare i genitori - in modo particolare il padre - con discorsi senza logica ed improbabili supercazzole che sfociavano spesso e volentieri in scherzi più o meno fantasiosi.
Gli occhi allegri e chiari del principe saettano nuovamente sulla figura stupita ma sempre alterata del Saiyan, studiandolo minuziosamente nel dettaglio. Si aspettava un qualcosa di diverso, nella sua mente doveva essere molto più scimmiesco, animale, ma la delusione scema velocemente al pensiero che si tratta in ogni caso di un alieno.
Prova ad avvicinarlo nuovamente, incurante del reale pericolo che il Saiyan rappresenta, ma viene bloccato per la seconda volta da Everett. Per quanto il solo pensiero dell’amico che lo bombarda di domande anche scomode gli piaccia da impazzire, si rende conto che non è il momento adatto, non con Sherry pronta a scattare.
«To’, guarda qui.» E detto questo allunga un braccio verso il suo viso e si fa un profondo taglio sul polso per donargli i ricordi che lo riguardano.
Blackwood, dal canto suo, preferirebbe sentire direttamente le parole dell’alieno, ma capisce che il maggiore non mollerà e deve quindi accontentarsi di caotici ricordi.
Sherry, con un gesto secco e scocciato, si libera dalla presa di Radish con la chiara intenzione di portare Everett da un lato e discutere civilmente di quanto sta accadendo, ma ogni suo proposito si disintegra quando Nike fa il suo ritorno in scena, seguita a ruota da una quindicina di nuove persone, tra i quali i cinque piccoli eredi al trono del Sud.
Stanno in fila indiana in ordine decrescente e, quando la madre si ferma a qualche metro di distanza da loro quattro, si mettono ordinatamente l’uno di fianco all’altra accanto alla madre.
Ognuno di loro, seppur in piccola parte, mostra chiaramente reazioni piuttosto differenti l’una dall’altra. Il primo, un bambino dai brillanti capelli color dell’oro che gli ricadono sulle spalle olivastre, sprizza aggressività da ogni poro, e i suoi occhi chiari trasudano la voglia di attaccare più per il gusto di farlo che per reale necessità. Il secondo, che differisce dal maggiore solo per il colore dei capelli, avendoli infatti argentei, pare invece totalmente indifferente alla situazione, concentrato com’è sullo sgranocchiare praline al cocco una dietro l’altra. Dopo di lui, una bambina dai brillanti capelli color miele si tortura le manine per il nervoso, tenendo lo sguardo basso. La bambina con i capelli rossi come il sole che tramonta, invece, osserva con gran curiosità prima Radish e poi Sherry, come se tentasse di capire qualcosa di particolare su quest’ultima. L’ultima della fila, invece, tenta disperatamente di sistemarsi i capelli biondo fragola dopo che la sorella maggiore glieli ha terribilmente arruffati prima di tentare di dargli fuoco.
Si assomigliano tutti e cinque per la lucente pelle olivastra, le boccucce pennellate, i nasini drittissimi e gli zigomi alti, tratti ereditati chiaramente dal padre, e per gli intensi occhi azzurri della madre.
Everett, che trova assai spassoso lo sguardo bellicoso del piccolo primogenito, si avvicina con passo calmo a Nike, fino a poterla stringere tra le braccia. Questa sulle prime rimane stoica ed impassibile, ma non appena lo sente mormorare “ciao Kitty” si lascia andare, stringendolo quasi dolorosamente.
Ha sempre amato Everett, scherzando tranquillamente sul fatto che, se non fosse stato per il suo inscindibile legame con Blackwood, avrebbe sicuramente scelto lui come compagno di vita, trovandolo assai d’accordo.
I due si separano giusto quando il piccolo principe gli ringhia contro come ammonimento, essendo per natura assai geloso nei confronti della madre.
«Questi devono essere i vostri piccoli aborti non riusciti.»
Nike gli pizzica debolmente il fianco, sorridendo sotto ai baffi. Non era molto convinta di voler avere dei figli, non con i tempi burrascosi ed incerti che stanno vivendo, ma ormai era diventato impossibile trattenere la voglia di paternità del marito e quindi ha ceduto, ritrovandosi così costretta ad ammettere che non poteva fare scelta migliore, per quanto i piccoli si siano mostrati sin troppo vivaci pure per lei, crescita fianco a fianco con un uomo che si muove sempre come un furetto tutto matto. Oltretutto credevano che sarebbero stati “solo” quattro! Cinque cuccioli in una volta sola non si era mai verificato nella loro storia, e ciò è bastato per far cadere ogni singola fantastica di Blackwood di allargare la famiglia.
«Golden Lux, Moonlight, Sunshine, Sunset e Sunrise.» Afferma con orgoglio Blackwood mentre si avvicina al gruppo, facendo un fischio a Light per farsi lanciare una pralina al volo. Fanno spesso questo gioco decisamente poco gradito dalla rigida madre, e li diverte sempre un sacco. Ingordi e voraci come sono in fondo, ogni pretesto è buono per giocare e studiare metodi sempre più acrobatici ed improbabili per alzare il punteggio. Che poi entrambi barino indecentemente sparando numeri a casaccio è un altro discorso, l’importante è continuare a divertirsi.
«Alla faccia! Ti sei sforzato con la fantasia.»
«Come sai che sono stato io a dargli i nomi?»
«Sono nomi orribili, chi altri poteva sceglierli se non un minorato mentale come te?»
Mentre i piccoli sgranano gli occhi per l’offesa e puntano gli sguardi scocciati sulla figura di Everett, Blackwood si lascia andare ad una sonora risata.
«Mi sei mancato davvero un casino, sai?»
«Tu sei un principe del Nord?»
L’intero branco di Sherry, ancora fermo in attesa di eventuali ordini, si ritrova ancora più sorpreso nell’udire la voce acuta ma ferma del primogenito. Non sono certo sorpresi nel sentire un bambino di neanche tre anni parlare tanto chiaramente, in quanto ogni Spettro sviluppa questo genere di capacità entro il secondo anno di vita, quanto per il fatto che mostri una tale sfacciataggine nei confronti di quello che, lì in mezzo, è lo Spettro più forte e pericoloso in assoluto.
Everett è l’unico a non esserne minimamente sorpreso. Sono figli di Blackwood e Nike, come altro potevano essere se non bellissimi e con un stravagante carattere di merda?!
Si avvicina al piccolo e si piega sulle ginocchia per raggiungere il suo livello, guardandolo con un certo divertimento misto a rispetto.
«Sì.»
«Allora sei un nemico?» La sua non è cattiveria e neanche discriminazione, semplicemente non gli è chiara la faccenda. Stanno per entrare in guerra col Nord, questo lo sanno pure loro, come sanno che una sorella del padre è stata uccisa da piccola da qualcuno di loro. Però i suoi genitori hanno un atteggiamento confidenziale e fraterno nei suoi confronti, quindi cosa deve pensare? Che atteggiamento deve assumere, così che anche il fratello e le sorelle capiscano? In fondo seguono lui in quanto primogenito ed erede designato dopo Blackwood, deve imparare a capire al volo come comportarsi in questi frangenti.
«Assolutamente no, anzi! Io sono forse l’unico reale amico che avrete nella vita, perché non me ne frega niente del vostro sangue blu e vi tratterò sempre come gli insetti fastidiosi che siete.»
Ora è ancora più confuso. Gli ha appena dato dell’insetto fastidioso - ed anche agli altri quattro - ma ha pure detto che gli è amico. Cosa deve pensare? Deve credergli o lo sta prendendo solo in giro? Difficile giungere ad una conclusione attendibile a soli due anni e tre mesi di vita!
È Moonlight a decidere per lui, sorridendo divertito all’uomo e facendo uno spavaldo passo in avanti «Okay!»
«Lui mi piace.»
«Te lo regaliamo, se vuoi.» Borbotta Nike, fulminando con lo sguardo il secondogenito. Si era raccomandata di starsene buoni, buoni in silenzio e di lasciar fare ai grandi, e invece già cominciano a fare come meglio credono.
«No, grazie. Me lo godrò quelle poche sporadiche ore settimanali, meglio ancora mensili, che non me lo faranno prendere in antipatia, così da non provare l’impulso di ucciderlo.» Afferma passando una mano tra i setolosi capelli argentei del bambino, che dal canto suo si è già rimesso a mangiare le praline.
«Che ne dite se vi presento la futura Regina del Nord?»
Ecco, adesso per Lux è un poco più chiara la situazione: questo comportamento rispettoso e l’intercedere a favore di uno Spettro di rango superiore è più o meno quello che fanno anche la sua mamma o il nonno materno, di conseguenza è necessario abbandonare le ostilità e sforzarsi di indossare l’espressione più rispettosa del suo repertorio. Espressione che in realtà non esiste, non dal momento che non si è mai ritrovato a doverla sfoggiare proprio con nessuno. Tuttavia il padre lo fa con i più anziani, quindi pensa che basterà giusto provare a copiarlo.
S’incammina dietro ad Everett, seguito a ruota dagli altri quattro, e in neanche cinque secondi si ritrova di fronte a Sherry e Radish.
Se da un lato lei riesce un poco a metterlo in soggezione per la sua posizione e per le tante voci che ha sentito sul suo conto, Radish lo mette proprio in un forte stato di ansia. È enorme ai suoi giovani occhi, ha una coda non da lupo che si muove pigramente alle sue spalle e anche un odore nuovo e stranissimo, potente.
L’unica, tra loro cinque, a non provare questo genere di timore nei suoi confronti è solo Sunset, che continua a studiare Sherry con interesse. Non appena i loro sguardi si incrociano, decide che un giorno vorrà essere proprio come lei: forte e temuta, con un grande potere tra le mani e, perché no?, un uomo forte e dall’aria tanto truce come il suo strano compagno.
«Maestà, ho il piacere di presentarvi il principe Golden Lux, suo fratello Moonlight e le sue sorelle, Sunshine, Sunset e Sunrise.»
Sherry non riesce a reprimere un sorriso divertito e materno di fronte a quei visetti curiosi e un poco frastornati e, senza neanche pensarci, si abbassa al loro livello, scatenando nuovamente un profondo ringhio da parte di Hurricane, assai protettivo nei loro confronti.
«Anche la nonna è Regina e presto lo sarà anche mamma.» Afferma un poco soprappensiero Sunrise mentre con gli occhi segue come ipnotizzata i movimenti della coda del Saiyan. Ha l’aria tanto morbidosa!
«Ah sì?»
«Loro sono sposate col Re. Tu sposerai Jäger?» La domanda è sorta spontanea per Lux. Ogni Regina è sposata col Re, che è poi quello che detiene il potere. Se lei è la futura Regina del Nord, significa che sposerà Jäger, lo Spettro contro il quale stanno per scendere in guerra. Se le cose stanno così, viene da sé che la donna che hanno di fronte non è un’amica come aveva pensato poc’anzi.
«Io lo ucciderò, principino.»
Ecco, ora la faccenda comincia ad avere un qualche tipo di senso. Suo padre e sua madre li hanno portati lì per conoscere un’altra persona che vuole la disfatta di Jäger, e uccidendolo lei diverrebbe la Regina del Nord come ha detto l’amico di suo padre. Ma chi sarà il suo Re?
«Poi possiamo mangiarlo?»
Radish sgrana gli occhi per la sorpresa e li punta con un certo orrore su Moonlight, che sorride con un malato entusiasmo all’idea.
Il piccolo sa che non è una cosa né strana né nuova che i nemici vengano divorati dai vincitori, per rifocillarsi e apprendere tutto ciò che sanno, ma a lui non è mai capitata l’occasione ed è curioso di provare.
«Hanno le idee molto chiare, vedo.» Borbotta con un mal celato disgusto sia nella voce che nello sguardo, attirando così la totale attenzione del piccolo. Attenzione che però si sposta su un secondo soggetto nel giro di qualche istante, ed in breve anche il fratello e le sorelle si accorgono che sta puntando con una certa insistenza un bambino che sporge la testa da dietro la grossa zampa di quello che presumono esserne il genitore.
È una cosa nuova per loro incontrare bambini che non fanno parte del branco. Le poche volte che sono usciti dai loro territori è stato per delle brevi battute di caccia lì nei dintorni o per andare sull’isola dei genitori per passare qualche settimana di vacanza, ma non hanno mai interagito davvero né col mondo esterno né con altri Spettri. Quello in particolare, però, a Light non pare una minaccia. Tuttalpiù potrebbe esserlo il padre che lo fissa, ma non certo lui.
Se papà è amico del principe e della Regina, allora io posso essere amico suo!, e con questo semplice e puro pensiero allunga una manina in avanti, tendendo la scatola di praline al cocco all’altro bambino.
I loro antenati e un poco anche i loro genitori si sono dati guerra gli uni contro gli altri per un millennio, hanno provato ad insegnare ai piccoli che non si deve dare mai confidenze a qualcuno estraneo al branco… ma sono bambini, loro. Sono bambini che vogliono comportarsi come bambini, che vogliono giocare, esplorare, conoscere. Se adesso sono lì tutti insieme e non si sono ancora attaccati, limitandosi a qualche chiacchiera e a fissarsi a distanza, non vedono perché non dovrebbero interagire tra loro come farebbero con i membri del proprio branco.
Logan, seppur con grande incertezza, sguscia fuori dalla protezione fornitagli da Glover, e azzarda qualche passo in avanti. Solo quando ormai è totalmente esposto e a metà strada lancia una veloce occhiata al padre, giusto per essere certo di non star facendo danni; trovandolo relativamente tranquillo, ricomincia poi a camminare fino a giungere a pochi passi dal principino e, stavolta senza troppe incertezze, allunga una manina pallida fin dentro la scatola e ne estrae una pralina che, senza tanti complimenti, si ficca subito in bocca.
«Io sono Light! Tu come ti chiami?» Nel sentire la sua voce tanto carica di entusiasmo, gli altri quattro si animano di colpo e si avvicinano tempestivamente a quello che potrebbe essere un nuovo amico, suscitando così un’ondata di curiosità a catena tra i vari piccoli, spingendo pure Amos e Maximilian a farsi avanti.
«Logan…» Il braccio del principe è sempre ben teso verso di lui e così il piccolo Cacciatore allunga di nuovo la mano, prendendo stavolta ben cinque praline tutte insieme per darle anche alle sorelline giunte alle sue spalle «Mord ha portato la Playstation in casa di Sherry e Radish, volete giocarci con noi?»
Non c’è un solo adulto, lì in mezzo, che abbia anche solo lontanamente il coraggio o la forza di dire o fare qualcosa. L’unico che riesce a sorridere con una fierezza incredibile è Blackwood, che rivede tanto di sé stesso in quei bambini ancora incontaminati dallo schifo che invece ha macchiato gli adulti.
Non hanno dei veri pregiudizi, loro. Non gli importa che uno sia di casata nobile e uno un randagio o Mezzosangue. Per loro sono tutti uguali, sono tutti bambini, e di conseguenza si comportano da pari l’uno con l’altra. Presto stabiliranno da soli i loro equilibri, daranno ascolto al più forte e, se non sono dei pazzi violenti e sadici, tenteranno di rafforzare i più deboli. È nel loro sangue il voler fare gruppo, la necessità di unirsi come tanti piccoli tasselli di un puzzle, così da dare vita ad un nuovo gruppo capace di resistere alle avversità.
Blackwood lo sa bene, perché lui stesso era così. Lui cercava amici, cercava alleati, e ne trovò uno in Everett, poi un altro in Leila. Tutto sarebbe potuto andare assai diversamente se fossero rimasti assieme. Leila era il fuoco e la passione, la vita e la rivoluzione. Nike in qualche modo era come una madre autoritaria che li teneva in riga. Everett era la forza e l’astuzia, indispensabili per riuscire in ogni impresa. Blackwood, invece, incarnava l’eccentrica scoppiettante follia di un ragazzino che mai avrebbe voluto il trono e che aveva tutta l’intenzione di liberarsi da ogni catena per dar vita a qualcosa di nuovo, brillante e fresco.
Insieme avrebbero potuto fare qualcosa, avrebbero potuto creare un nuovo mondo, ma le cose sono andate diversamente e questo sogno utopistico si è sbiadito negli anni, diventando un lontano ricordo che però ha ripreso un poco di vita dapprima con l’idea di Sherry ed ora con la consapevolezza che vincendo questi bambini potrebbero davvero fare la differenza.
«Zio Rad?»
Sgrana gli occhi al limite delle proprie capacità nel sentirsi chiamare così, non essendoci proprio abituato, e quando abbassa lo sguardo si ritrova con il faccino speranzoso di Maximilian illuminato da un grande sorriso.
«Possiamo andare in casa a giocare alla play?»
Chiede il permesso a me?!
Lancia una veloce occhiata a Sherry, che a sua volta lo guarda in attesa di una risposta, e poi annuisce in modo sbrigativo, così da toglierseli tutti dai piedi.
Sherry, smossa da tutta quella bizzarra ma tenera situazione, cinge la vita del Saiyan con entrambe le braccia, ridacchiando appena nel sentirlo irrigidirsi. È arrivato a sopportare bene questo genere di effusioni di fronte al Quartetto e a pochi altri “eletti”, ma di certo non ci riesce di fronte a dei completi estranei.
Abbassa la testa giusto per dirle di smetterla, che lo sta mettendo in imbarazzo, ma nel farlo si frega da solo: lo sta guardando con quel maledetto sguardo che lo fa capitolare tutte le volte, in quel modo così maledettamente dolce e pieno di evidente eccitazione che gli impedisce sempre di essere brusco. Anzi, come spesso accade deve pure far ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non lasciarsi andare ad effusioni di ben altro tipo.
Tu, bambolina, sei un dannatissimo problema!
«Lux, lavati le mani prima di mettere le dita negli occhi a tua sorella!»
Quest’ammonimento li riporta entrambi con i piedi per terra, spingendoli pure ad una lieve risatina. Che razza di rimprovero è? Avrebbero ben compreso “non mettere le dita negli occhi a tua sorella”, avrebbe avuto pienamente senso, ma quello no!
Mordecai, in barba a tutti quanti ed anche al continuo lieve ringhiare di Hurricane di sottofondo, si avvicina con passo svelto alla coppia, ma si ritrova a doversi bloccare di nuovo quando il ringhiare del futuro Capitano si fa forte ed insopportabile.
Hurricane infatti non può tollerare che un randagio con la sua nota potenza si avvicini a Blackwood, va contro a ciò per cui è stato addestrato, e per questo gli si chiude del tutto la vena quando l’altro gli mostra le zanne in segno di sfida. Fa quindi per scattare in avanti, più che deciso a giocarsi il tutto per tutto attaccando pure Radish se davvero provasse ad intervenire come sta dando a capire, ma pure lui si ritrova a dover rivedere i propri piani.
«NO!»
Tutti si voltano con sguardo un poco sconvolto e Sunshine se ne sta lì in piedi sul portico, le piccole manine un poco ossute puntellate sui fianchi e lo sguardo severo indirizzato contro l’enorme  lupo che la fissa con aria sbigottita ed incredula. In fondo Hurricane sa di dover obbedire alla casata principale composta da Black, Nike e progenie, ma proprio non si aspettava che la timida Sunshine tirasse fuori un caratterino simile. È tale e quale a sua madre… ha pure lo stesso sguardo da brividi! Non vorrei proprio essere lo Spettro che un giorno se la sposerà.
«Seduto!»
Al comando stridulo della piccola, Hurricane non può far altro che dapprima sgranare gli occhi e poi chinare la testa, cacciare un paio di guaiti per la vergogna e il disagio, ed infine poggiare il posteriore a terra.
«Che è successo?» Radish non si è mai ritrovato a non capire tante cose in una sola mattinata, ed una bambina che ordina “seduto” ad uno Spettro adulto e questi esegue è decisamente la ciliegina sulla torta che gli manda in tilt il cervello.
«Credo che Sunshine abbia rotto mio fratello…» Borbotta River, ancora al suo fianco, guardando la nipote come se fosse una strana allucinazione. Dobbiamo installare delle telecamere, così da poterci godere questi momenti fino alla morte!
«Bravo zio!» E detto questo la bambina gira sui tacchi e rientra in casa soddisfatta. Se decidessero di lottare, loro non potrebbero più giocare con quei bambini che le sembrano tanto simpatici. C’è una ragazza più grande, lì in mezzo, che le ha messo il suo nastrino di raso rosa attorno polso mentre parlava con le sue amiche del Mezzosangue che le piace, e la faccenda le interessa anche più del dovuto: non devono proprio azzardarsi a rovinarle la festa!
Nike però non ha badato più di quel tanto allo spettacolino offerto da Sunshine, troppo presa dall’osservare una donna in particolare da poco sbucata dalla vegetazione. La trova obiettivamente molto bella, non lo nega di certo, ma non è questo ad attirarne lo sguardo: è la sua aria da porcona a metterla in allarme.
Non che tema qualche tiro mancino da parte sua, non dal momento che, da quando ha poco più di due miseri anni, Blackwood non ha mai guardato una donna all’infuori di lei, ma sa bene che quello è esattamente il prototipo di bambolona che fa tanto girare la testa di uno dei suoi tanti cognati, mandando a spasso quei pochi neuroni che si ritrova.
A giudicare poi dal suo odore, capisce che l’ultima volta che si sono visti deve averli proprio ammazzati, quei neuroni.
«Tu devi essere l’amica di Timo.» Afferma sibillina, assottigliando lo sguardo ed attirando involontariamente anche l’attenzione di Sherry.
«Problemi?» Camila di colpo sfoggia l’espressione più altezzosa e spavalda del suo repertorio, non suscitando alcuna reazione nella donna. Per una frazione di secondo lascia saettare gli occhi su Sherry, che le osserva con attenzione per valutare la situazione, chiedendole silenziosamente di intervenire subito. Non ha alcuna possibilità di spuntarla da sola contro Nike e lo sa bene, ma Sherry potrebbe tenerla occupata quel tanto che le basta per sferrarle un attacco a tradimento.
«Di te non me ne importa mezzo cazzo, dolcezza, ma dei bastardi che porti in grembo sì.»
Da un istante all’altro Blackwood smette di scherzare e ridacchiare con Everett, puntando lo sguardo sul Segugio che ora si tiene la mano sulla pancia appena accennata, celata sotto una maglietta leggera.
«Cosa?» La sua voce non è più allegra, i suoi occhi si sono fatti attenti e spietati.
Camila non ha più il coraggio di parlare. La rabbia che trasuda dal suo sguardo le mette semplicemente i brividi.
«Hur, portami Timo.»
«Lui—»
«Tu fa’ silenzio, la faccenda non ti riguarda.»
Sherry rimane al proprio posto, pronta ad intervenire se provassero ad attaccare Camila. Le ha promesso di difendere i figli che porta in grembo e così farà, soprattutto se così facendo avrà la possibilità di attaccare Nike. La sua presenza è come la più grande delle minacce per lei e proprio non ne capisce il perché. Non ha dato l’impressione di volerle nuocere in alcun modo, preferendo di gran lunga concentrare la propria attenzione su figli, marito ed Everett, ma la percepisce ugualmente come una minaccia.
Radish, con la speranza di riuscire a strapparle almeno un sorriso e quindi smussare un poco quella rabbia che percepisce scaturire da lei, le avvolge le spalle con un braccio e si avvicina al suo orecchio.
«Vedi? Quello ha capito tutto: lei coi piccoli mostri e lui con gli amici. Potrei prendere spunto, sai?»
Col senno di poi, la sua non è stata una mossa poi troppo intelligente ed arriva a sospettarlo nel momento esatto in cui lo fulmina col lo sguardo e si scrolla il suo braccio di dosso con fare stizzito.
«Tu azzardati a sparire un’altra volta e poi vedi che ti combino.»
Sbuffa forte e, pur non sentendosi particolarmente a proprio agio poiché di fronte a troppe persone, le avvolge le braccia attorno alla vita, stringendola con energia a sé, così da avere libero accesso al collo che comincia a mordicchiare per gioco.
«Ma stai zitta, finiresti col perdonarmi appena tornato.» Mormora con voce roca prima di stringerle di nuovo la pelle tra i denti.
Sherry si lascia un poco andare tra le sue braccia, decidendo di ripagarlo con la stessa moneta. Volta la testa per poterlo guardare languidamente negli occhi e poi mormora: «È vero, ma prima mi scoperei River per spregio.»
«Come hai detto?!»
Sherry lo allontana con un plateale e giocoso colpo d’anca, sorridendogli con aria un poco meschina mentre gli punta contro il dito: «Ora sai cosa rischi, fustacchione.»
In tutto questo Blackwood è rimasto immobile, le braccia stese lungo i fianchi, i pugni chiusi e lo sguardo accigliato. Everett si è fatto indietro di un paio di passi, quel tanto che gli bastava per fare da ostacolo tra lui e Sherry per evitare che, nella foga del momento, uno dei due possa provare ad attaccare l’altra. Darko lo ha raggiunto subito e gli ha sorriso con aria soddisfatta, più che consapevole che sotto ci sia il suo zampino, e Nike poi si è aggregata al duo, decisa a godersi lo spettacolo in compagnia del suo prezioso pasticcino.
Dopo qualche ulteriore secondo di silenzio pieno di tensione, Timo fa finalmente capolino. I lineamenti del volto e la corporatura sono simili a quelli di Blackwood, ma il colore degli occhi e dei capelli sono ben diversi, entrambi grigio piombo. Ha un incedere energico e un’espressione serena in volto, come se il cipiglio del fratello maggiore non fosse assolutamente un problema.
Hurricane, dietro di lui, gli lancia un’ultima occhiata vagamente sconsolata prima di tornare in mezzo ai suoi Cacciatori.
«Il perimetro è sicuro, Black. Quei nordisti bastardi non provano ad avvicinarsi da almeno tre giorni, devono crederla davvero morta.» Niente, l’espressione sempre più contrita del fratello non gli fa né caldo né freddo. Tuttalpiù pare essere sorpreso nel vedere quella che con grande probabilità è la sua amante più longeva. La cosa atroce, probabilmente, sta nel fatto che non è sorpreso del braccio mancante ma proprio per il fatto di averla trovata lì, in mezzo al suo branco!
«Oh, ciao Cam!» Afferma con un gran sorriso, salutandola con un cenno della mano. Prima che però abbia il tempo di avvicinarlesi anche solo di un passo, Blackwood lo butta a terra con un clamoroso gancio.
«Perché diavolo l’hai fatto?!» Bercia in tutta risposta il secondogenito, tenendosi la mano sulla guancia mentre sputa a terra il sangue. In fondo il fratello non alza mai le mani se non ha un motivo valido per farlo, e a lui non pare di avergliene dato uno salutando Camila. La rabbia di Blackwood però non è dovuta al fatto che anche al Sud la donna abbia la fama di “troione militare da conflitto internazionale”, come l’hanno definita un paio delle sue sorelle minori, ma bensì al fatto che il fratello si sia lavato le mani della gravidanza. Lo disse chiaro e tondo anni addietro che non avrebbe tollerato che venissero seminati bastardi in giro, non quando lui stesso ha dovuto combattere personalmente contro altri Spettri perché questi denigravano i bastardi di suo padre, paragonandoli spesso a delle nullità e a della mera carne da macello.
Sapendo però che questo non è un motivo valido non uccidere suo fratello, pensa bene di massacrarlo di botte come monito anche per tutti gli altri, con in aggiunta la speranza che così decida di prendersi cura della prole.
Senza quindi pensarci due volte, gli si piazza a cavalcioni sull’addome e, dopo avergli spostato la mano dal volto, lo colpisce ripetutamente, seppur non con la reale forza che vorrebbe imprimere. Non riesce a far seriamente male ai suoi fratelli, gli risulta impensabile.
Lo afferra poi per i lunghi e spettinati capelli grigi e se lo avvicina al volto, le zanne snudate e gli occhi vermigli a pochi centimetri dai suoi occhi.
«Cos’avevo detto sul seminare bastardi in giro, eh?! Cosa, Timo?! Possibile che tu sia così stupido?!»
«Ma quali bastardi?!»
«Lui non lo sa!»
Camila è sbiancata di colpo, Blackwood è rimasto immobile con un pugno sollevato in alto, Nike rivolta gli occhi al cielo, Radish pensa che sia un idiota fatto e finito. Pure Blackwood si dà dello sciocco, ma solo per mezzo secondo: la sua è stata una piccola svista, soprattutto perché il fratellino ha sempre avuto la tendenza a fare le cose di nascosto (solo per poi essere beccato in tempi brevissimi).
«Non so cosa?»
Neanche Mordecai riesce a ridere della sua stupidità. Pure quando è fatto fino al midollo ragiona meglio di lui, e questo gli pare davvero molto grave.
«Ah… colpa mia allora! In piedi fratellino, forza.» Si slancia all’indietro per tornare in piedi e subito porge una mano al fratello che, assai frastornato sia dalle botte ingiustamente ricevute che dalla shockante notizia, si rialza solo ed esclusivamente per dirigersi verso Camila e nessuno poi bada ai due mentre si allontanano con passo spedito verso la boscaglia.
«Penso che Amber e Jolene non la prenderanno affatto bene, soprattutto se decidono di restare insieme!» Scherza ridacchiando mentre corre a riabbracciare Nike.
Amber, settima figlia di Greywind, non ha mai tollerato le “brutte” compagnie del fratello maggiore, incitandolo più e più volte ad unirsi proprio a Jolene, sua grande amica d’infanzia da sempre cotta e stracotta del principe. Blackwood ora non riesce a fare a meno di sghignazzare al solo pensiero delle loro facce contrite, offese e ricolme di odio quando scopriranno quanto accaduto.
A Sherry però non interessano i suoi problemi familiari, sono decisamente l’ultimo dei suoi pensieri e lo sarebbero pure in condizioni ottimali. Vuole sapere cosa l’ha spinto tanto lontano da casa, quale ragione si cela dietro al suo pericoloso allontanamento dal loro esercito ora che Jäger potrebbe attaccare in qualsiasi momento.
«Adesso basta con queste stronzate.» Si porta un paio di passi in avanti, i muscoli tesi per il nervoso «Voglio sapere perché sei qui, e vedi di parlare molto chiaro.»
Vede tanto di Mezcal in questo suo atteggiamento, in quel portamento fiero al limite del derisorio. Lo rivede in quegli occhi gelidi che lo scrutano minuziosamente. Pure la straordinaria forza che emana riesce in qualche modo a rievocare l’immagine del precedente Re del Nord, e questo, in un certo senso, lo rallegra. Per quanto le volesse bene, Leila non aveva né l’aspetto né la tempra ideale per diventare Regina, mentre lei… beh, ai suoi occhi ha decisamente ereditato i giusti geni.
«Non è chiaro, Sherry Occhi di Brace?»
Blackwood è di natura allegra e spigliata, questo è un dato di fatto. Ciò che pochi però sanno, è che può diventare altrettanto gelido e spietato, seppur non gli piaccia in modo particolare. Sa mettere da parte sé stesso se la situazione lo richiede, e tirare fuori la fierezza e l’impassibilità che si richiede ad un vero guerriero e ad un vero Re.
I movimenti precedentemente fluidi e spavaldi del suo corpo adesso sono più duri, attenti. Soppesa ogni passo mentre l’avvicina, rivelando solo dagli occhi quanto la situazione in realtà lo ecciti.
«Sono qui per stipulare un’alleanza tra Nord e Sud.»
Assottiglia lo sguardo ma non si muove di un passo. Indietreggiare anche solo di un paio di centimetri implicherebbe mostrare quanto la sua affermazione non le piaccia. Se avesse detto che vuole un’alleanza con lei, col suo branco, con quelli delle Terre di Nessuno, allora si sarebbe sentita in qualche modo sollevata, ma ha esplicitamente detto “Nord” e, data la situazione, non le va pienamente a genio.
Vorresti che mi piegassi a Jäger per tenere le tue terre al sicuro? Andiamo… sapevo che eri intelligente, realmente credi che avrei un tale ascendente su di lui da convincerlo a non darvi più battaglia?
«Per questo dovresti rivolgerti a Jäger. Se non ti è sfuggito, è lui il Re del Nord.»
Si lascia andare ad una lieve risatina, Blackwood, chiedendosi se la paura per ciò che presto accadrà le abbia in qualche modo annebbiato la mente. Mai e poi mai chiederebbe un’alleanza a quel folle, neanche se ciò significasse salvare l’intero pianeta.
Dovresti essere un poco più lungimirante, stellina.
«Ma sarai tu la Regina… quando ti avrò aiutata ad ucciderlo.»




*Già, il principino del Sud è fan di Berserk! Il suo caro paparino ha pensato che non fosse una cosa grave quando trovò i manga nella sua stanza… forse si è sbagliato.


ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ebbene sì: Blackwood è un Mordecai che ci ha creduto meno! 🤪
Bah, oddio, in realtà ci ha creduto anche di più, ma avendo Nike, Everett, Greywind e compagnia cantando a tenerlo a freno da quando è venuto al mondo, viene da sé che sappia regolarsi molto di più.
Sarò onesta: da dove mi sia uscita la descrizione di Blackwood e Nike perché le abbia rese tanto dettagliate non lo so neanche io. Penso perché Black è un personaggio che mi va sinceramente a genio, qualcuno alla quale si può volere facilmente bene malgrado spesso e volentieri non sappia (o meglio, non voglia) trattenersi dal dire la sua, qualsiasi sia l’argomento o il momento.💥
Un tipo tutto pepe che sa da sempre che un giorno si sarebbe trovato con una corona in testa (seppur qui in senso piuttosto metaforico) e che l’ha accettato solo per poter cambiare le carte in tavola. Sperava di farlo con Everett, sperava che con la loro amicizia i due regni avrebbero finalmente potuto vivere in pace, ma gli è andata male. Perché non provarci adesso con Sherry? In fondo, e questo lo sa, non vedono le cose in maniera troppo differente.
Nike, invece, è come se fosse la sua controparte, una creatura molto opposta al suo essere ma che ha imparato a conviverci in totale armonia. E no, non è così cattiva, acida e odiosa come sembra, deve solo riscaldarsi. 😇

L’età dei gemelli è stata cambiata più e più volte nella mia mente, probabilmente avevo detto qualcosa di diverso a Cramisi, ma solo in questo capitolo è stata definita del tutto. Diciamo che, in quanto Spettri, è plausibile per il loro sviluppo mentale e non creerà troppi problemi in futuro.

Purtroppo sì, parte 1. Tenete presente che questo malloppo di 33 pagine riguarda solo il loro primo incontro! Non potevo attaccarci anche tutto il delirio che ne consegue, non vi pare? Anche perché nel prossimo capitolo arriveranno anche gli altri componenti del Team Z… come reagirà il nostro caro Blackwood di fronte a tanti nuovi alieni? 🤯 La loro alleanza verrà fondata? Eventualmente a quali termini? 🤔 E Jäger?! Quale sarà il piano d’azione? 😨 Quante domande ad minchiam! 🤣
Spero non solo che questo delirante capitolo vi sia piaciuto ma anche di avervi messo un poco di curiosità per il prossimo! (Vi avverto: il delirio non è assolutamente finito con questa prima parte! 🤣)

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


PS: momento chiarezza che nessuno ha richiesto o penserebbe mai di richiedere (ma io sono pignola e scema nel cervello quindi lo metto uguale!), la pelle di Nike è scura come quella di Naomi Campbell, mentre quella dei piccoli è più simile a quella di Rihanna.
Sì, sono esempi del cazzo e probabilmente qualcuno griderà alla discriminazione o che so io, ma credetemi se vi dico che a me di carnagione, orientamento sessuale e religioso non me ne sbatte un cazzo di meno. 🤗 Se chiarisco anche queste piccolezze è solo perché mi piacerebbe che le immagini che ho io nella testa fossero quanto più chiare possibile anche a voi. 💕

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


𝟛𝟞. 𝒩𝓊𝑜𝓋𝒾 𝑜𝓇𝒾𝓏𝓏𝑜𝓃𝓉𝒾

(𝒫𝒶𝓇𝓉𝑒 𝟚)



Sono stati accesi così tanti fuochi, in quei giorni…
Erano anni che il Nord non ne vedeva tanti tutti insieme.
In genere se ne vede qualcuno quando il Re è in qualche modo turbato, quando alle sue orecchie giunge una notizia poco gradita, ma stavolta non è stata opera sua.
Non che lo svolgimento degli eventi sia cambiato poi molto, non dal momento che la guardia rideva sguaiatamente da un lato dopo aver massacrato di botte chi tentava di fuggire o, cosa più rara, di intervenire, ma in genere Apophis non procedeva senza aver ricevuto un ordine specifico. Stavolta invece è stato proprio lui a scagliarsi contro quelli che ai suoi occhi erano dei traditori, a picchiarli davanti a tutti, a trucidare i piccoli davanti agli sguardi sconvolti, doloranti ed impotenti dei genitori, ad uccidere quest’ultimi solo quando, ormai stremati, imploravano la morte.
Gli altri ridevano da una parte, lo incitavano e lo aiutavano, ma qualcuno potrebbe giurare che qualcosa sia cambiato. I loro movimenti brutali sono apparsi come vagamente incerti, le loro risa forzate, come se dentro temessero qualcosa. Ma cosa? Jäger di certo non avrebbe alzato un dito per difendere chi sta in fondo alla catena, non dal momento che è a malapena cosciente della loro esistenza.
Di cos’altro potrebbero aver paura però? Di Apophis? Certo, pare cambiato in qualche modo, molto più violento e meno indulgente di quanto già prima non fosse, ma perché temerlo? Fanno gruppo da quando sono bambini, hanno assassinato insieme l’intera famiglia reale.
No, il motivo deve essere un altro, ma nessuno riesce a capirlo.
La guardia però si è resa ben conto dello strano stato d’animo generale, e ne hanno discusso senza però giungere ad alcuna conclusione. Alcuni li accusano di essere dei codardi timorosi della guerra che presto si scatenerà, altri che stanno tramando alle spalle del Re per scappare da quei randagi guidati dall’uomo-scimmia.
Rimangono tutti nei pressi dell’imponente magione reale, sempre in attesa di poter finalmente rivedere il loro venerato Re di nuovo in forze. Dover assistere al suo dolore, vederlo cadere e chiudersi in sé stesso a quella maniera è stato un duro colpo al cuore per tutti loro, che da sempre lo idolatrano neanche fosse una divinità.
Seppur in pochi, alcuni sono addirittura arrivati a mormorare che sia stato proprio Apophis a fargli qualcosa. Sono stati prontamente zittiti, ovviamente, ma il dubbio ormai si era insinuato nelle loro menti, facendo nascere il sospetto nei confronti del loro stesso Beta.
Pare troppo calmo ai loro occhi, come se l’intera situazione fosse un qualcosa di calcolato, come se tutto stesse andando secondo un suo piano ben preciso.
Niente di più lontano dal vero. Apophis è solo meglio addestrato e più capace di loro a sopprimere le proprie emozioni, tanto da essere arrivato a non rendersi realmente conto della sofferenza che lo circonda, dell’agonia che ha stritolato quel che rimaneva del cuore dell’amico d’infanzia. La sua percezione delle cose è diversa non solo perché qualcosa nella sua mente non va nella direzione giusta, ma anche perché è stato plasmato sin da bambino ad essere così, a sapersi adattare subito anche alle peggiori situazioni, a sapervi far fronte in qualsiasi modo e sistemarle come meglio crede. Il problema, con lui, nasce dal fatto che nella sua mente è la violenza l’unico modo per non far crollare tutto quanto.
Ma quelli che si sono definiti suoi fedeli amici per anni adesso non lo capiscono, non quando nella loro mente serpeggia il dubbio che abbia tradito il Sovrano.
Bruce, il più anziano tra tutti loro con i suoi trentasei anni ed anche il primo ad essersi domandato se il tradimento di Apophis fosse una cosa possibile, non sopporta più il suo assordante silenzio e finalmente decide di affrontarlo.
Gli si piazza di fianco a gambe larghe e muso duro, studiandolo attentamente.
«Si può sapere che gli è successo?» Ringhia a denti stretti, mentre la sua espressione pare farsi ancora più truce grazie al gioco di luci ed ombre che gli sottolineano le varie cicatrici sul volto.
Apophis non lo guarda neanche, tenendo gli occhi fissi su un piccolo gruppo ad un centinaio di metri di distanza. Il modo in cui li hanno guardati, la loro paura, il loro odio, non fanno altro che alimentare la sua sete di sangue, la sua volontà di estirpare ogni minaccia o anello debole.
Questo suo atteggiamento indifferente però non fa altro che infuocare ancora di più lo Spettro avversario, che senza pensarci un istante di più lo avvicina ulteriormente e gli snuda contro le zanne «Dov’è Jäger?!»
Non fa però in tempo a toccarlo che Apophis, facendo leva sul piede sulla quale poggiava il peso, scatta in piedi e lo attacca al muro, conficcandogli gli artigli nel ventre. Non morirà per un colpo simile, è stato ben attento a non colpire organi vitali, ma di certo gli farà un gran male.
«Vedi di ricordarti qual è il tuo posto, lurido cane!» Dopo una sonora gomitata nel setto nasale che lo ha ribaltato a terra, si volta lentamente verso tutti gli altri, guardandoli con aria minacciosa «C’è nessun altro?»
«Cos’è questo baccano?»
Si voltano tutti di scatto eccetto Apophis, fermo a fissare i possibili nuovi rivali da abbattere, e i loro volti sembrano come illuminarsi quando incrociano la sua figura. Come ogni altra volta, non possono fare a meno di osservarne gli occhi, così belli e magnetici da sembrare l’opera perfetta di un grande artista. Al contrario di ogni altra volta però, sembrano essere stati spenti della loro vitalità ed accesi di un nuovo, malato furore.
«JÄGER!»
Non sono poche le Cacciatrici che lo avvicinano, pur consapevoli di ciò che ha fatto in quell’atroce settimana. Di quante amiche hanno udito le urla disperate? Quante di loro non hanno fatto più ritorno, dopo essere state seviziate e massacrate? Non lo sanno neanche più con certezza, non dal momento che preferivano rimanere nell’ombra, lontane dagli occhi di Apophis quando usciva a cercargli compagnia. Neanche lo stesso Jäger ne è del tutto certo, non dal momento che l’ultimo dei suoi pensieri era proprio occuparsi di questo genere di cose. Se ne doveva occupare Apophis, in fondo. Lui è il Beta, a lui le decisioni quando è indisposto. Il problema però nasce dal fatto che forse non stato all’altezza del compito.
«Via tutti.»
I suoi Spettri rimangono immobili, fissandolo senza capire davvero. Perché allontanarli? Sono lì per lui, vogliono dargli il loro appoggio, la loro forza, e magari anche capire come si muoveranno in seguito. L’affronto subito da quei randagi è stato insopportabile per tutti quanti, uno smacco impensabile, ma non possono andare in cerca di vendetta contro il suo volere.
«ORA!!!»
Dall’odio e dalla rabbia che trasudano i suoi occhi ametista, capiscono che devono mollare subito la presa. Capiscono anche, con grande gioia generale, che il loro adorato Re ha ritrovato tutto il suo vigore.
Dopo avergli mostrato il collo in segno di sottomissione, tutti quanti si allontanano con passo svelto, lasciandolo solo con Apophis.
Si guardano per un breve istante e poi Jäger riprende a muoversi, camminandogli in contro con passo lento e calcolato: «Vi lascio soli qualche giorno e questo è il risultato? Un branco sperso, sfaldato…» Prende un calice di vino da terra, lo stesso dalla quale prima beveva il Beta, e beve un breve ma pieno sorso. Storce un poco la bocca, infastidito dal pessimo retrogusto della bevanda che certo non viene dalle sue cantine, e subito dopo torna ad osservarlo con sguardo irridente: «Non era compito tuo tenerlo in riga?»
«E così ho fatto, Jay.»
«Allora perché, dalla mia finestra, ti ho visto sventrate e scuoiare della gente?» Non che questo sia mai stato un problema in realtà, ma potrebbe anche diventarlo se ciò comportasse il disperdersi del branco in un momento del genere. Se invece lo avesse fatto in seguito non ci sarebbero stati problemi, non dal momento che fa parte del suo nuovo e tragico disegno.
«Perché altrimenti sarebbero scappati in superficie.» Non aveva preso in considerazione l’idea che il suo operato potesse non andargli a genio, ma non per questo lo teme. Non più, non ora che è di nuovo lucido, che è di nuovo capace di intendere e di volere. È proprio per questo se insiste con la sua spiegazione, che altrimenti lo avrebbe condannato «Ti hanno percepito debole, fratello. Per un attimo hanno pensato di poter fare come volevano, e io gli ho ricordato che un tradimento nei tuoi confronti si paga con la vita.»
«Spero per te che non fossero soggetti utili.» In realtà era solo questo che gli premeva, e pure Apophis ne è consapevole. Perché mai preoccuparsi degli altri? Un soggetto debole è solo uno spreco di risorse, ci si dovrebbe quasi vergognare a dargli la possibilità di esistere, secondo il loro modo di vedere le cose.
«Quelli li avrei massacrati e gli avrei ammazzato un familiare per fargli comprendere l’errore.» Afferma con una non indifferente ovvietà, come se da sempre e per tutti fosse un comportamento normale e accettabile. La verità è che neanche Mezcal seguiva questa logica: per quanto intollerante verso qualunque forma di vita per lui inferiore e decisamente non incline al perdono o alle seconde possibilità, se qualcuno, chiunque, tentava la fuga, faceva la stessa fine.
Ma Jäger questo non lo capisce. Per lui esiste solo la legge del più forte, la legge della Natura. Ed è lui il più forte, lì in mezzo, quindi è la sua legge quella che conta.
Sorride con aria vagamente divertita all’amico e, con un gesto secco del capo, indica la brutta e grande cicatrice che lui stesso gli ha lasciato sul pettorale, lasciandosi poi andare ad un breve commento: «Ha tutta l’aria di aver fatto un male del cazzo.»
«Non ci si può certo aspettare di meno da te.»
Il primo non voleva il suo perdono, il secondo non ha mai pensato di doverglielo dare. Un brevissimo scambio di battute leggero il loro, quel qualcosa di strano che ha sempre fatto venire i brividi a chi li guardava da lontano.
Pure adesso a molti vengono. Al gruppo che sta transitando in disparte di sicuro, tanto che affrettano subito il passo e chinano la testa con paura non appena gli occhi chiari del loro Re si posano sulle loro figure. Non vorrebbero trovarsi davanti a lui, non dopo la sua cocente sconfitta e il sicuro risentimento che gli serpeggia dentro.
Sono stanchi, tutti loro. Sono stanchi, affamati, doloranti, di questo passo i loro piccoli probabilmente non arriveranno neanche alla primavera, e sanno che incrociare Jäger adesso potrebbe scrivere la parola fine alle loro faticose e tristi vite.
Lui li guarda a sua volta con aria criptica, suscitando la curiosità dell’amico fraterno. Quante volte in fondo gli ha sentito esprimere il disprezzo nei loro confronti ed anche il represso desiderio di ucciderli tutti quanti, così da creare una nuova razza superiore?
«Sono stato fin troppo indulgente, Apophis. Questa storia adesso deve finire.»
«Cos’hai intenzione di fare?» Sente già il sangue bagnargli la lingua e scivolargli sulle mani. Sente la frenesia scaturita dalla battaglia, le urla strazianti dei nemici feriti, l’odore della disperazione e della morte. L’eccitazione si fa largo in lui, accendendone lo sguardo in genere serio.
Camminano con passo svelto verso sud-ovest, dove sono situati i campi di allenamenti della guardia e tutti, al loro passaggio, si spostano con timore, tenendo gli occhi bassi.
«Voglio che i migliori si allenino mentre gli altri andranno nelle fonderie.»
«Perché nelle fonderie? Non mi pare che ci manchi qualcosa.»
Certo, al Nord non sono mai stati particolarmente produttivi in questo senso, non dal momento che ai loro Re non interessavano certi lussi e per questo non li permettevano neanche agli altri, ma non si sono mai fatti mancare niente, soprattutto se ciò riguardava le armi. Di quelle ne hanno sempre avuto una collezione invidiabile, malgrado non fossero quasi di alcuna utilità.
«Una cosa sì, fratello… una cosa sì.»
C’è un antico modo di dire che pure loro conoscono, che afferma che ogni mattina una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. In questo caso, ogni Spettro del Nord sa che dovrà stare ben attento a non intralciare né la strada né lo sguardo del Re, specie se questi è sul piede di guerra, o verrà ucciso.
Julius però non ha fatto in tempo.
Non ha fatto in tempo per tante cose, in realtà.
Non ha fatto in tempo a frenare la propria corsa verso la famiglia, non a fatto in tempo ad abbassare lo sguardo, non ha fatto in tempo a buttarsi sulla schiena per mostrare il ventre nella speranza di essere risparmiato. Non ha fatto neanche in tempo a crescere abbastanza per poter dire di aver davvero vissuto.
Julius semplicemente non ha fatto in tempo, e ora giace a terra con il collo piegato in un angolo innaturale, attaccato per un lembo al resto del corpo, l’osso spezzato che spunta dalla carne squarciata.
Le urla strazianti della madre e delle sorelle non toccano minimamente il Re, concentrato ad osservare il sangue caldo e vischioso che gli cola sulla mano, giù fino al gomito.
«Mi era davvero mancato…»
Apophis ride diabolico di fronte alla scena, allungando un braccio fino ad avvolgere le spalle al ritrovato amico. Non era certo al 100% che lo avrebbe rivisto tanto in forma e su di giri in così poco tempo, non dopo la morte di quella sottospecie di depravata corrotta. Invece eccolo di nuovo di fronte a lui, con tutta la sua devastante e vibrante energia che fuoriesce da ogni poro.
S’incamminano ridendo, parlottando di qualche dettaglio che però nessuno vuole ascoltare. Preferiscono avvicinarsi cautamente a Julius, così da poterlo portare lontano per essere cremato.
Sua madre continua a tenergli la mano mentre i suoi stessi vicini lo tengono in alto e lo portano via. Lo aveva detto così tante volte a suo marito che era pericoloso vivere nel territorio centrale dove vive la famiglia reale. Lo aveva detto e ripetuto, ma lui voleva restare lì, nella speranza che Mezcal lo notasse. Ma Mezcal non l’ha mai notato, non gli interessava avere uno Spettro deboluccio e di basso rango tra le proprie fila, tantomeno poteva interessare a suo figlio.
Voleva andarsene dopo la sua morte, avvenuta sei anni prima, ma sarebbe servito a poco: i fedeli del Re si erano stanziati ovunque, avevano messo radici anche nei territori più lontani, così da poter controllare la situazione per lui e soffocare nel sangue ogni possibile rivolta. L’unico motivo per cui ancora mormorava piagnucolando che dovevano trasferirsi per almeno un anno in qualche territorio a nord-est, dove il clima è peggiore, è perché laggiù la guardia è ai minimi e, grazie a qualche vecchio tunnel in disuso, forse avrebbero avuto modo di andarsene.
Il suo dolce Julius, da un mese a questa parte, non faceva altro che ripeterle che si era accesa una nuova speranza anche per loro. Diceva di aver sentito mormorare Darren, il forte Segugio figlio di Darko, che là fuori c’era una strana creatura capace di massacrare uno Spettro senza sforzo, ed anche che suddetta creatura era vincolata alla Regina delle Terre di Nessuno.
Julius… il suo dolce Julius. Non desiderava altro che diventare più forte per unirsi alla guardia, così da poter aiutare e difendere chi come lui aveva sempre vissuto nella miseria e nel terrore, per mostrargli che con la perseveranza si può vivere meglio. Ti sei sbagliato, dolce cucciolo…
I loro vicini adagiano il corpo esanime del ragazzo su una pira già accesa e si allontanano di qualche metro, così da lasciare spazio alla madre e alle sorelle.
Uno di loro, Claude, ha il figlio piccolo stretto alla gamba. È ridotto a pelle e ossa ormai, e spesso si ripete che, se fosse un buon genitore, porrebbe fine alle sue pene anziché continuare a guardarlo arrancare infreddolito e sempre più debole. Ma non ci riesce, non dopo aver perso la donna della sua vita. Voleva solo cacciare per il suo piccolo, quella notte, e si era allontanata di nascosto perché secondo lui era una follia andare in quel terreno di caccia… e aveva ragione, eccome se ne aveva.
Guarda con occhi pieni di odio il Sovrano sempre più lontano con Apophis, e per un folle istante pensa di provare un attacco alle spalle. Sarebbe bello farlo almeno sanguinare… ma a che pro provarci? Non mi ucciderebbero neanche subito… mi bloccherebbero e mi costringerebbero a guardare mio figlio che muore di fame, come hanno fatto con Peter. No, non posso attaccarli, non così…
«Cosa pensi che gli sia successo?»
Volta lo sguardo verso Andrina, tremolante al suo fianco. Le sue ferite non sono guarite, ma sa che non sono quelle a farle male e ad averla piegata tanto nello spirito, non dopo l’attacco di Bruce per farle passare totalmente la voglia di tentare la fuga.
«Come?»
«Non era così prima di uscire dalla Tana, era un'altra persona. Di sicuro non una di buon cuore o raccomandabile, forse neanche una persona, ma di certo non era così…» Da quasi un mese a questa parte la sua voce un tempo acuta e vivace è ridotta a poco più di un sussurro, ma Claude è sicuro che vi sia ancora un briciolo di speranza «Adesso è solo un mostro privo di sentimenti, animato da ciò che di più oscuro può esserci dentro un cuore vuoto… morto.»
«Temo che presto non sarà più il suo cuore l’unica cosa morta, da queste parti…»
Quante madri private del figlio hanno sentito parlare in questo modo? Tante, troppe, ma mai una sola volta hanno preso davvero in considerazione che molto presto ne avrebbero davvero condiviso la tragica idea.
Claude afferra subito il corpicino scheletrico del figlio e lo stringe con forza, come se qualcuno avesse provato a portarglielo via. Gli passa una mano sulla schiena e il cuore gli si stringe quando con i polpastrelli tocca una ad una le vertebre.
Sente che in fondo la donna ha ragione, che ormai il giro di giostra è quasi finito e che ad attenderli c’è il Cupo Mietitore, pronto a portarli tutti a cospetto di Papà Spettro per il giudizio finale, ma non per questo vuole togliere anche quell’ultima briciola di speranza dai cuori di coloro che li stanno accerchiando.
«Non dire così! Ricordi cosa diceva Julius? C’è ancora speranza!»
La donna, i cui occhi marroni sono ormai vitrei, spenti, senza vita, volta appena lo sguardo rigato di lacrime e lo fredda lì sul posto, zittendolo prima di affermare con voce piatta: «All’Inferno non esiste speranza… e il nostro destino è nelle mani del Diavolo.»


Sherry avrebbe davvero voluto rispondere a Blackwood e dirgli che avrebbe volentieri discusso i termini di un’alleanza tra i due branchi, ma non ne ha avuto modo, non dal momento che Gohan e Piccolo sono atterrati in giardino, attratti e messi in allarme dalla potente aura sprigionata dal principe.
È bastato un misero istante, giusto il tempo di poggiare i piedi a terra, che lo Spettro è esploso per l’entusiasmo nel ritrovarsi di fronte ad un secondo alieno ed uno che lo è per metà.
Piccolo non ha avuto neanche il tempo di reagire che il lupo gli si è piazzato addosso, atterrandolo malamente. Ha fiutato il suo odore con forza, gli ha tastato le braccia verdi e rosa, gli ha tolto il copricapo per vedere cosa celasse ed ha cacciato un urlo a dir poco entusiasta nel vedere le sottili antenne. Gohan forse avrebbe anche avuto modo e tempo di nascondersi se non avesse chiamato con incertezza il nome dell’amico, attirando su di sé lo sguardo sovreccitato del lupo che, senza tanti complimenti, lo ha afferrato saldamente per le spalle ed ha cominciato a scuoterlo con vigore urlando “si possono riprodurre!”, ed altre frasi simili.
Il fastidio di Sherry di fronte ad una simile scena è stato surclassato alla grande dal più che evidente imbarazzo di Nike, sulle prime pietrificata da una parte e poi con le lacrime agli occhi, dal momento che ogni tentativo di rimettere guinzaglio e museruola al marito falliva assai miseramente. Se infatti è poco gestibile a cose normali, in simili circostanze diventa assolutamente incontrollabile.
Piccolo, quando è stato ripreso d’assalto da quella locomotiva impazzita ed incontenibile, ha battuto in ritirata rifugiandosi sul tetto, pur essendo consapevole che avrebbe potuto seguirlo con estrema facilità. Ciò non è avvenuto solo perché in suo soccorso sono arrivati gli altri membri del Team Z, incuriositi da quelle potenti auree tanto quanto lo erano stati loro due.
Panico e delirio dilagante a quel punto, dove Crilin è arrivato a rimpiattarsi dietro la mole di Maddox, l’unico lì in mezzo che considera più o meno come un amico.
Tensing, grazie al terzo occhio, è finito per essere oggetto di morboso interesse da parte dei piccoli principini, schizzati fuori di casa dopo aver udito troppo a lungo gli schiamazzi del padre.
Vegeta, dopo un breve primo assalto da parte di Blackwood (poi placato dai malvagi attacchi di Everett, munito di una delle cerbottane dei piccoli e palline di carta), si è ritrovato accerchiato da tre sospiranti principesse che lo guardavano come si può guardare il più meraviglioso e prezioso dei miraggi.
Pure C-18 non se l’è vista benissimo per qualche istante, dal momento che si è ritrovata con il grosso muso di Hurricane a pochi centimetri dal volto. È stato dopo il latrato dell’enorme lupo color ocra e la conseguente risposta un poco scocciata di Nike che l’androide ha capito il perché di tanta curiosità: hanno visto suo fratello girare non troppo distante dall’entrata del loro territorio e la loro più che evidente somiglianza fisica ha destato la curiosità del futuro Capitano.
L’unico tra tutti loro che non ha suscitato alcun genere di curiosità da parte dell’eccentrico principe è stato Yamcha. Un poco offeso per le mancate attenzioni ha poi avuto il coraggio di fare un poco lo splendido, venendo liquidato con un assai vago “sì, come vuoi te, mezzo utensile”. Sulle prime non ha capito assolutamente cosa volesse dire ma Micah, riprese sembianze umane, ha avuto la gentilezza di spiegargli che gli ha delicatamente dato della mezza sega.
Vegeta, poco propenso a tutto quel caos, ha semplicemente richiamato gli Spettri che di solito allena ed ha ordinato loro di seguirlo, tirandosi involontariamente dietro pure Hurricane dopo che questi ha mostrato una sorprendente curiosità nel loro allontanamento ed aver di conseguenza ricevuto il permesso di seguirli. Inutile dire che il fatto che abbia mostrato un sentimento all’infuori della collera è stata una sorpresa sia per i familiari che per gli amici.
Mentre ora tutti provano a calmare la situazione, con il piccolo contingente del Sud che mostra una curiosità quasi malsana nei confronti di quei guerrieri che credevano frutto di leggende, ed il branco di Sherry che tenta di tenerli a distanza e spiegare loro le cose impedendo che vengano toccati i loro amici, Radish si ritrova ad indietreggiare per evitare che Sunrise gli si avvicini troppo. Arriva pure ad usare Sherry come scudo umano, tenendola saldamente per le spalle davanti al proprio corpo.
Le viene quindi da ridere, non riuscendo a capacitarsi del fatto che un omone grande e grosso come lui si spaventi di fronte a quei vivaci occhioni azzurri, che adesso sembrano quasi spruzzare cuoricini mentre lo guardano con curiosità e adorazione. Vorrebbe dirgli di farla finita, di darle un contentino mostrandole più da vicino la coda come lo sta tanto incitando a fare, ma l’arrivo di Blackwood alle loro spalle glielo impedisce.
«Mi togli una curiosità?»
Sobbalza appena e lo guarda storto quando mette le mani sulle sue spalle, proprio sotto a quelle di Radish, come in uno strano e stupido gioco che non riesce a comprendere. La verità è solo che li ha presi in simpatia, il loro riuscire a coesistere tutti insieme senza tante tragedie lo affascina e attrae un mondo, e di conseguenza sono finiti nella sua personalissima lista dei “potenziali grandi amici”.
Everett, notando lo smarrimento dei due ed avendo finito la carta da sputare sul collo e nelle orecchie dell’amico, li avvicina, si carica la bambina su un fianco e poi, con un gran sorriso, avverte i due delle conseguenze che possono riscontrare con un soggetto come Blackwood: «Fallo. Non smetterà di assillarti finché non lo renderai felice.»
Suo fratello, l’uomo tutto d’un pezzo che pare avere serie difficoltà a divertirsi in modi che non prevedano la tortura, è davvero amico di un soggetto come Blackwood, che pare avere la nitroglicerina al posto del sangue? Le pare una cosa altamente impossibile. Se non lo avesse visto con i suoi occhi sorridergli con quell’aria così allegra e fraterna non ci avrebbe mai creduto.
«Chiedi pure.» Sospira con rassegnazione mentre Radish, in mezzo ai due, sente che potrebbe compiere una carneficina a mani nude da un momento a l’altro tanto è imbarazzato. Lo sguardo adorante e curioso di Sunrise poi non fa che peggiorare la situazione.
«Sono simili ad un essere umano in tutto?»
Vorrebbe tanto non aver capito la domanda, Sherry, un po’ come avrebbe tanto desiderato non sentirsela porgere. Per sua fortuna però è il suo evidente imbarazzo a parlare per lei, perché l’uomo si lascia andare ad una sonora risata mentre molla la presa.
«Ahhh!! Che delusione… anche se, lo ammetto, ti avrei considerata una pervertita se tu ti fossi sposata con un alieno che ha tipo un tentacolo al posto del pisello… anche la madre del piccoletto e quella coi capelli buffi sarebbero state da ricovero!»
Bulma, seduta in disparte sui gradini del portico con Yamcha, continua a guardare lo Spettro con occhi sbarrati, non riuscendo a decidere il da farsi. Pensava di averle viste tutte con loro, di essere più che preparata al peggio e di essere ormai capace di gestire con tranquillità certe uscite infelici, ma a questo punto le pare evidente che si sbagliava. Sì, insomma: neanche Mordecai si era lanciato tanto alla leggera in direzione di Vegeta!
Qualcuno dovrebbe davvero studiare la loro specie…
Blackwood la osserva per qualche secondo, inspira velocemente col naso un paio di volte e poi volta di scatto lo sguardo di lato, scattando in avanti come una molla.
Everett, ancora al suo fianco, sobbalza appena e solo ora rammenta che, quando erano piccoli, non erano poche le volte in cui affermava con un briciolo di fastidio che stare con lui era come stare con un chihuahua isterico.
«Ri-Ri!» Bercia con forza, facendo sobbalzare il fratellastro.
River, che stava velocemente spiegando a Crilin e C-18 la generale situazione familiare ed elencando le principali cose da sapere per interagire con Blackwood ed uscirne cerebralmente sani, volta lentamente la testa, gli occhi iniettati di sangue e le zanne esposte.
«VATTENE!»
Per un solo, brevissimo istante Radish non può fare a meno di pensare che non sarebbe stato male avere il principe a portata di fischio fino un mese e mezzo prima, quando la loro faida era più che aperta, ma ricaccia velocemente il pensiero quando si rende conto che avrebbe avuto tra i piedi un Mordecai 2.0. No, decisamente meglio Fiocco di Neve in piena fase mestruale!
«Siamo sicuri che sia normale di testa?» Borbotta all’orecchio di Sherry mentre lo osserva camminare allegro e spigliato in mezzo al suo branco, diretto senza alcun pensiero verso River che, dal canto suo, pare sul punto di prendere Crilin per un braccio per lanciarglielo addosso.
«È un po’ come avere un figlio piccolo formato gigante: se gli dai ciò che vuole, puoi continuare felicemente con la tua vita.»
Quando Nike sia apparsa al loro fianco non lo sa e non lo vuole sapere, soprattutto perché il nervosismo di Sherry è salito nuovamente a livelli preoccupanti. Si può sapere che diavolo ti prende? Non mi pare che ti abbia fatto qualcosa di male…
«Ri-Riii…»
Mentre Radish è alle prese con uno dei suoi principali incubi, ovvero una Sherry tutt’altro che di buon umore per le mani, River è faccia a faccia col suo, un Blackwood selvatico ed esagitato che lo punta come un falco.
«Non chiamarmi così.»
«Riii-Riii!!!»
«Stammi lontano!»
È assai sbagliato dire che loro due non sono mai andati d’accordo: è River a non averlo mai fatto.
Troppo intelligente, troppo carino, troppo forte, troppo veloce, troppo spigliato, troppo vivace… Blackwood è troppo troppo!
Ma per il maggiore non sono mai stati un problema i suoi ripetuti tentativi di liberarsi dalla sua morsa. Anzi, li ha sempre trovati assai spassosi! Così come trova spassoso il fatto che, mentre gli altri si sono resi conto che più gli remano contro ed urlano più lui si diverte, lui non ha mai abbandonato la propria idea e continua tutt’ora imperterrito a strillargli addosso e a provare a prenderlo a schiaffi.
«Dai, ti faccio due coccole!» E detto questo allunga un braccio in quel modo troppo veloce che tanto dà fastidio al minore, glielo avvolge attorno al collo e lo tira a sé per spettinargli i capelli con veloci ed energiche carezze per farlo innervosire.
«Leva ‘ste mani!» Si libera goffamente dalla sua presa e ringrazia ogni divinità esistente per l’assenza di Hurricane, che sennò lo avrebbe guardato con quell’insopportabile scintilla derisoria negli occhi, ma non appena esprime il pensiero un lontano tuono attira la sua attenzione: «Ti rendi conto che è arrivato dopo che mi hai toccato? È un evidente segno che devi starmi alla larga!»
Ciò che in pochi sanno, è che far ridere tanto Blackwood spesso porta ad una conseguenza che ti costringe a ridere a tua volta: attacca a fare un verso che ricorda tantissimo una specie di ragliare asmatico!
Nike da ragazzina spingeva tanto anche per ridurlo in questo stato, perché puntualmente poi scoppiava anche Everett, proprio come adesso. Se infatti non ha bloccato il marito dall’infastidire River, che se ne stava buono buono da una parte, è stato solo per sentire di nuovo la sua risata.
«Come mai così acido? Cos’è, la tua nuova amica ti tiene a stecchetto?» Insiste ancora un poco, giusto per vederlo dare in escandescenze. Ma il bastardo - in tutti i sensi ai suoi occhi - non vuole dargli questa soddisfazione, così si limita a mostrargli duramente il dito medio.
«Vai a farti fottere!»
«Solo se mi guardi.»
Mordecai, intento come sempre a lamentarsi con Piccolo prima di iniziare l’allenamento perché sentirlo sbuffare come una locomotiva ed infine incazzarsi è troppo spassoso per rinunciarci alla leggera, si ammutolisce e punta gli occhi sulla figura forte e slanciata del futuro Re, ed in pochi istanti un brillante sorriso gli si apre in volto: «Cazzo, ti adoro già!»
Sulle prime Blackwood non vi bada particolarmente, non dal momento che tornare alla carica contro i tanto indispettiti Everett e Radish gli pare assai più interessante, ma poi una lampadina gli si accende nella mente.
«Aspetta, so chi sei!» Gli punta contro un dito mentre sghignazza annuendo lentamente, esaminandolo da capo a piedi. Occhi vispi, capelli castani rasati ai lati, tatuaggi discutibili, corporatura imponente e un odore che ricorda curiosamente quello dei biscotti appena sfornati. No, non può proprio sbagliarsi. «Tu sei quello che è stato con Rose, vero?»
«In persona, principino.»
Nessuna paura, belloccione? Bene, mi piaci!
«Hai commesso un erroraccio, sai? Quella ha la bocca larga.»
«Sai che mi sto trattenendo con tutto me stesso per non fare qualche battuta pesante?»
Tu ti trattieni? Non hai idea di quello che sto urlando nella mia testa! «Beh, su quel fronte non lo so e non mi interessa neanche saperlo, anche se lo spero per te. Mi riferivo al fatto che cinguetta in giro che sei il suo compagno.»
«Ma non diciamo puttanate!»
«Spiegalo a lei, non a me. Sai quanto me ne frega?!»
Radish non sa davvero cosa pensare. Ormai aveva quasi del tutto imparato a gestire Mordecai e Dio solo sa se gli piaccia la sua scoppiettante compagnia - le idee per il suo addio al celibato posticipato sono assai interessati, questo lo ammetterebbe anche davanti a Sherry -, ma adesso come può anche solo pensare di poter gestire qualcuno forse anche più instabile? Sì, insomma, almeno Mord ha ammesso che non gli andavano a genio la moltitudine di smidollati che ronzavano attorno alle sue sorelle, pur non avendoci un reale legame di sangue. Blackwood invece ha appena ammesso che non gli frega niente se uno schizzato come Mordecai si sbatte la sorellina minorenne e poi la “abbandona”! Come lo gestisce uno così? Lui, dal canto suo, non sa bene come si sarebbe comportato nei confronti di una sorella, ma è abbastanza certo che non se ne sarebbe lavato le mani in questo modo.
Devo forse picchiargli i figli per fargli dare una calmata? E la moglie, poi?! Quella ha tutta l’aria di una che 1- non le manda a dire, 2- ti si rigira contro se la fai incazzare. Un po’ come Sherry, solo più austera… e poi che cazzo ha Sherry?! Lo sento chiaramente che è nervosa e che qualcosa le fa— boh, male? Non lo so. Non lo capisco. Una cosa però la so: con tutti questi Spettri tra le palle, andrò sicuramente in analisi!
Le preoccupazioni di Radish sono quanto di più fondato al mondo. Già interagire con gli Spettri non è semplice, non dal momento che devi sapere le regole di base per non urtarli e poi devi essere anche capace di capire ogni soggetto così da potertici rapportare senza creare problemi, ma come si fa a farlo con persone tanto sopra le righe? Con Mordecai ci sono voluti tre mesi per capirne solo una piccola parte, e per questo gli altri membri del Quartetto rimangono ancora avvolti da un certo alone di mistero; i membri di spicco del branco ormai li conosce abbastanza da sapere come comportarsi, mentre i gregari tendono a rimanere più in disparte e a seguire gli altri.
Sa gestire queste dinamiche, le ha imparate e molte le sta velocemente scoprendo proprio grazie all’amicizia che li lega, ma come ci si comporta in questi frangenti? Nessuno gli ha mai spiegato come ci si rapporta con un branco estraneo, come ci si rapporta con la famiglia reale del territorio opposto e da sempre visto come rivale. Non gli hanno neanche mai spiegato del tutto come si sarebbe dovuto comportare lui stesso una volta arrivato a ricoprire la carica attuale. Pure con i piccoli che adesso girano indisturbati per casa, ha fatto bene a dare loro il permesso? Doveva dirgli di rimanere fermi da un lato e di stare muti? Non lo sa. Nessuno ha avuto neanche il mezzo pensiero di spiegarglielo e di colpo si ritrova per le mani troppe incognite e responsabilità. L’unica cosa sensata che può fare è stare quanto più in silenzio possibile per studiarli a distanza, così da provare a capire con che soggetti ha a che fare.
Proprio come lui li sta studiando, come sta cercando di capire come agire, pure Nike sta studiando loro. Blackwood è come avvantaggiato per natura su questo fronte, avendo l’innata capacità di capire una persona in circa un minuto, ma lei no. Lei fatica assai a rapportarsi col prossimo, essendo per natura capace più che altro di dare ordine e di tenere in riga il branco senza però ricorrere ad un’ingiustificata violenza, motivo che le ha fatto guadagnare una gran fiducia generale.
Guarda Radish e Sherry, tentando quasi disperatamente di capire con chi ha a che fare, con chi il marito vuole creare un legame tanto profondo e delicato.
Ad un primo impatto, Radish non le piace. Non le piace quella sua aria dura, quell’aura di pericolosità che lo avvolge da capo a piedi. Tutto in lui, ai suoi occhi, è un’incognita e un pericolo, esattamente come Vegeta. Non le piacciono, le trasmettono vibrazioni confuse e per questo sente di doverli tenere sotto tiro.
Sherry invece… Dio solo sa quanto muoia dalla voglia di stringerla a sé.
Lei e Leila erano legate in modo molto profondo, seppur contorto. Sulle prime non le piacque, aveva un’aria quasi svampita che le dava sui nervi. Poi si sono ritrovate a dover stare a stretto contatto perché i loro giovanissimi compagni avevano legato, perché Blackwood adorava allenarsi col suo fratellone ed Everett sembrava averlo preso sinceramente in simpatia. Si sono ritrovate col tempo a confidarsi pensieri scomodi ed intimi, a stringersi durante la notte quando dormivano all’agghiaccio, ad abbracciarsi con felicità quando, dopo settimane passate separate, potevano finalmente rivedersi.
Leila si era come trasformata nella più preziosa e speciale delle amiche, una specie di sorella maggiore molto dolce che l’ascoltava senza pregiudizi, che non la guardava mai come la bambina prodigio da sempre sotto ai riflettori. La guardava come si guarda una bambina che ti parla dei suoi segretucci, che ti chiede consigli, che si lamenta dei genitori che provano a frenarti, dei grandi e ambiziosi sogni alla quale nessuno dà realmente valore.
In Sherry rivede molto di Leila. L’ha visto in quel caldo sorriso che ha rivolto al Saiyan, nel modo in cui l’ha abbracciato, dalla gelosia che ha notato nei suoi occhi d’ambra, dall’attenzione che mette nell’osservare i gesti generali. C’è anche la forza di Mezcal in lei, sfolgorante e chiara com’era in lui. Pur non essendo la sua parte predominante, è proprio quella che le fa capire con che donna ha a che fare: una donna forte che si è sempre tolta dai casini a modo suo contando unicamente sulle proprie forze, che ha sempre lottato per sé stessa e per i suoi grandi affetti, e che non si fermerà mai, che si stenderebbe sul fuoco per far passare in sicurezza la sua gente.
Anche se non lo vorrai, avrai sempre il mio aiuto, il mio appoggio e la mia protezione. Spero che, ovunque ti trovi, tu possa apprezzarlo…
I Cacciatori del Sud sono tornati tutti da un lato, guardinghi. La curiosità nei confronti di quei guerrieri è passata in secondo piano, lasciando spazio solo alla tensione che un simile incontro può provocare.
Il branco di Sherry, dal canto suo, è tornato compatto dalla parte opposta, tenendo gli occhi su quelli che potrebbero comunque rivelarsi dei rivali e con le orecchie tese per tenere sotto controllo i piccoli chiusi in casa. Loro sembrano passarsela bene, non è volato neanche mezzo insulto ed anzi sembrano essere nate delle squadre miste per battersi ai videogiochi.
Bulma, in disparte con l’ex-fidanzato, si lascia andare a qualche dubbio riguardo questo incontro e sulla situazione in cui si trova Vegeta, che si è ritrovato Hurricane nel gruppo. Teme che uno dei due possa creare qualche problema in generale, che la scarsa pazienza del marito lo porti ad attaccare lo Spettro o che questi, che aveva tutta l’aria di mal sopportare la situazione, si rigiri contro qualcuno del gruppo dopo una qualche battuta.
Yamcha, al suo fianco, tenta svogliatamente di rincuorarla, affermando a malincuore che si tratta pur sempre di Vegeta e che non corre alcun genere di rischio e che non permetterà certo ad un “cane troppo cresciuto”, come lui stesso spesso li definisce, di portare rogne. Quando però la donna gli risponde in modo un po’ acido a causa del nervoso che quella nuova e inaspettata situazione le ha creato, l’uomo non ci pensa due volte a scherzare malignamente sul fatto che sia così acida poiché indisposta. Non è certo la prima volta che si lascia andare a questo genere di battute con lei, che mai una volta gli ha risposto in alcun modo se non alzando gli occhi al cielo, ma stavolta non ha tenuto conto delle tante, troppe sensibili orecchie che lo circondano. In particolar modo non ha tenuto conto di quelle del prossimo Re del Sud, che certo non potrebbe mai perdere una simile occasione tanto succosa per dar sfoggio della sua parlantina.
«Sta perdendo sangue dalla figa, coglione, se tu ti tagli un dito con la carta svieni immediatamente!»
«Black!» Lo rimbecca immediatamente la moglie, più che conscia di come l’intera discussione possa prendere una piega per loro spiacevole.
Ma l’uomo non ha alcuna intenzione di demordere, non quando gli occhi di tutti sono puntati sulla sua figura. È giunta l’ora di shoccarli tutti quanti! Sennò che divertimento c’è?
«A te sono venute a nove anni la prima volta, me lo ricordo perché eri nel mio letto… e ricordo anche che appena svegliato ho pensato che se fossi stato al tuo posto, con il pene che sparava fiotti di sangue, mi sarei ammazzato immediatamente. Sul serio, sarei sceso nelle cucine e mi sarei soffocato con un trancio di carne a pugno in gola!»
Non sono in pochi quelli che si lasciano andare ad una risatina divertita. Pure diversi cuccioli, incitati dai principini, si stanno affacciando alle finestre per sentire meglio.
Radish, con ancora una confusa e pensierosa Sherry tra le braccia, non riesce a fare a meno di concordare con lui: se le mestruazioni fosse toccato agli uomini, lui si sarebbe ammazzato immediatamente e fine della faccenda.
«Ogni tre mesi dovete patire ‘sta roba! Voi umane ogni mese, da quando siete piccole! Come cazzo fate a non ammazzarvi tutte? Come si spiega questo attaccamento alla vita?! Agli uomini basterebbero le mestruazioni una volta all’anno e al mondo non si parlerebbe d’altro!»
Nike si sta vergognando immensamente, non tanto per l’argomento trattato quando perché è il futuro Re a parlarne con tanta allegria e leggerezza di fronte a dei perfetti estranei. Grey prenderebbe a sberle pure me se fosse qui… cazzo, Sherry! Non potevi unirti a qualcuno che non fosse un alieno?! Ora chi lo tiene Black?!
«L’arrivo di ‘sti qua sulla Terra non se lo sarebbe inculato nessuno! Esattamente come il giorno prima ed anche tutti quelli dopo, ogni quotidiano nel mondo sarebbe uscito titolando la stessa cosa: “Mestruazioni dell’uomo: non abbiamo una cura”! E a pagina quindici, in un trafiletto a bordo pagina: “Alcuni alieni sono arrivati sulla Terra ed hanno ammazzato una fracca di gente, probabilmente avevano le mestruazioni”.»
Le timide risatine si trasformano velocemente in risate forti e chiare, ed anche Radish si ritrova un poco a ridacchiare. Non lo trova poi tanto male, malgrado sia sin troppo eccentrico e vivace. Uno così, in fondo, è un toccasana per la situazione di merda che si è creata con Everett: dovendo stare dietro ai suoi probabilissimi colpi di testa e a questo genere di discorsi ad ombrello, non potrebbe più avere tanto tempo o energie per concentrarsi unicamente su di lui.
«Uhhh, come sei permalosa! Hai le tue cose? L’unica risposta socialmente valida e accettabile, quando un uomo fa il bulletto sulle mestruazioni, è estrarre un coltello a scatto, CLACK! Vuoi sanguinare un po’ anche te, coglione?!»
Yamcha di colpo non ride più, non dal momento che il temibile lupo - perché di certo non gli lascerebbero tutti i Territori del Sud se così non fosse - gli ha avvicinato le dita artigliate alla gola. Certo, lo fa per gioco, questo pure lui lo ha capito, ma non è comunque una bella sensazione.
Blackwood, che come sempre la tocca pianissimo e si ritrova sempre più coinvolto dall’argomento affrontato con tanta ironia grazie alle risate generali, si volta finalmente verso Bulma e si poggia una mano sul cuore, guardandola con sguardo falsamente supplichevole: «Però questo ce lo dovete concedere, per noi è estremamente difficile immedesimarci, okay? Fondamentalmente nessuno ce l’ha mai spiegato e non c’è niente, nella vita di un uomo, che sia anche lontanamente paragonabile alla rottura di coglioni, alla ripetitività e al dolore delle mestruazioni… che cazzo c’è nella vita di un uomo?! Nonostante questa incredibile ingiustizia biologica, ci sono comunque degli uomini che non ti scopano se hai le mestruazioni.» E con questa chiusura scoppia a ridere da solo, evitando con invidiabile maestria le innumerevoli sberle che la moglie prova a dargli.
«Non sono uno di loro.»
Nike già sapeva, grazie alle tante voci che le sono arrivate, che c’erano quattro Spettri al fianco di Sherry che non erano poi troppo semplici da gestire ma, presa com’era dallo sproloquio del marito, non aveva preso in considerazione l’idea che uno di loro potesse intromettersi.
«Se una mi dice “ho le mestruazioni”, l’unica cosa che capisco, l’unica, è sborrami dentro. È l’unica cosa che capisco, davvero!» Per quanto generalmente schivo nei confronti degli estranei, soprattutto se questi non hanno la migliore delle reputazioni a precederli, Major stavolta non si è fatto problemi di alcun genere. Quel tipo tutto pepe gli va a genio, potrebbero addirittura stringere una tiepida se non buona amicizia.
«È il sesso migliore possibile, diciamolo!»
A questo giro, una sonora sberla sulla nuca non gliela toglie nessuno, e neanche lo sguardo furente di Nike.
«Ma ti rendi conto che questa gente non la conosci?» Bercia a pochi centimetri dal volto sempre sorridente del marito, lasciandosi andare ad un ringhio frustrato. Tra tutti gli Spettri che ci sono, proprio ad un pazzo del genere dovevi legarmi?!
«E che presto, perché ormai ci siamo quasi, diventerai Re?!» Le dà man forte Everett, strattonando l’amico tenendolo saldamente per un braccio, gesto decisamente non apprezzato dai suoi Cacciatori, improvvisamente ringhianti e pronti all’attacco.
«Le mestruazioni sono una cosa normalissima, proprio come il sesso. Perché mai vergognarsi a parlarne? Vanno abbattuti questi tabù del cazzo.» Nel dirlo azzittisce pure la futura guardia reale con un gesto vago della mano, sgusciando poi via dalla presa di entrambi. Tra tutti i ricordi che li vedevano insieme, aveva stupidamente rimosso quelli dove lo accerchiavano nel disperato tentativo di farlo calmare.
In tutto questo Sherry è rimasta vicina a Radish ad osservarli.
Osserva i movimenti veloci e sicuri del fratello quando lo afferra, come se stesse riprendendo un adolescente troppo vivace appartenente al branco e non il futuro Re del Sud.
Osserva come Nike prende nota mentale dei presenti, di come memorizzi i loro odori, di come tenga d’occhio i loro movimenti per non essere presa alla sprovvista.
Osserva come i Cacciatori del Sud li tengano sotto tiro e come i suoi lupi - eccetto pochissime eccezioni - facciano lo stesso, tenendo il pelo irto in mezzo alle scapole.
Osserva come Blackwood sia totalmente a suo agio lì in mezzo, come non provi neanche una minima traccia di paura.
Li osserva, prende nota e, dopo attenta riflessione, decide di liberarsi dallo scudo che rappresenta Radish allontanandosi di qualche passo dalla sua figura. Solo qualche passo però, perché mettere lui in allarme significherebbe far innervosire troppo la guardia, che di conseguenza metterebbe in allarme e agitazione pure i suoi. A quel punto diventerebbe difficile gestirli tutti, ed uno scoppio di rabbia violenta sarebbe inevitabile.
Rimane quindi a qualche passo di distanza, tenta di calmare quella strana rabbia che la pervade e di tenere il corpo rilassato, così che il marito capisca che va tutto bene, che niente la minaccia e che può rimanere tranquillo.
«Per quanto tutto questo delirio sia divertente anche per me, vorrei capire cosa intendi davvero per alleanza.»
Blackwood torna finalmente a concentrarsi davvero su di lei, e le sorride cordialmente. Se ha fatto tanto il Diavolo a quattro un motivo c’è: voleva che capisse che non ha brutte intenzioni nei suoi confronti, che è venuto davvero con un fine più che amichevole. Vuole che capisca che non è un suo nemico, che non lo è mai stato, e quale modo migliore se non mostrandosi per quello che è e strappandole una risata?
«Secondo te?»
«Per quanto ne so potresti anche volere il nostro aiuto in battaglia e poi darci un calcio nel culo una volta sconfitto Jäger. In fondo non so niente di te.»
Annuisce appena, Blackwood, pensando che ci aveva preso, che l’aveva re-inquadrata bene. Se un tempo aveva capito che era sì una bambina dall’animo forte e difficile da spezzare, e che aveva subìto qualcosa di davvero atroce per sfidare la sorte saltando il ponte, adesso può dire con assoluta certezza che la donna che ha di fronte lo salterebbe continuamente, quel ponte, e che ha una determinazione e una forza interiore davvero invidiabili. Rivedo così tanto di tua madre nel tuo sguardo… ma c’è anche Mezcal, in quegli occhi. C’è la sua forza, la sua tenacia, la sua sete di sangue e la determinazione a vincere.
«Beh, che dire? Mi chiamo Blackwood e sono il primo figlio di Greywind e Yvonne. Ho trentasei anni, sono nato il dieci Aprile e sono dell’Ariete - e mi ci rivedo pure molto in realtà. Ho—»
«Hai finito con le stronzate, buffone
«Non è colpa mia, giuro! Da piccolo ho avuto una brutta malattia che ha ucciso quasi tutte le mie cellule della serietà.»
«Black.»
Volta appena lo sguardo verso Nike, trovandola mortalmente seria. Basta giochi, basta battute: è il momento di mettere le carte in tavola, di esporre quel sogno lontano e sbiadito per scoprire una volta per tutte se mai potrà prendere davvero vita.
«Quanti Spettri hanno perso la vita combattendo la solita battaglia? La nostra terra si è tinta sin troppo di rosso, ha ribollito troppe volte del nostro sangue. Gli spiriti di quegli Spettri ci parlano ad ogni Festa del Fuoco, non li hai mai sentiti? “Ho ucciso mio fratello con l’odio nel cuore”, questo dicono… perché è stato l’odio a distruggerli.»
Un sogno, un’utopia che più volte ha sfiorato tante menti ma che nessuno ha mai avuto davvero il coraggio di esprimere a voce alta, tantomeno ha mai avuto il coraggio di provare a realizzarla: la pace tra i due regni, l’unione tra i figli di Regan e i figli di Roscka.
Blackwood lo sogna da quando non era altro che un bambino. Sognava di poter attraversare il ponte a cuor leggero, di poter visitare le terre del Nord come amico anziché come invasore. Lo sognava con una tale forza e un tale dolore da piangerne la notte, trovando sollievo solo negli occhi freddi di Everett. L’influenza di Leila su di lui lo aveva spinto a desiderare lo stesso destino, ma è stato proprio quest’ultimo a decidere che non avrebbero potuto realizzarlo. Ora ripone tutto nelle mani di Sherry, la stessa che presume possa essere la donna che un giorno realizzerà l’antica profezia del loro popolo.
«Tutti quei morti ci danno un insegnamento: se non abbattiamo il muro che ci divide, adesso, qui… l’odio distruggerà anche noi, come distrusse loro.» L’avvicina senza alcuna paura, una nuova scintilla di speranza negli occhi si accende quando le prende delicatamente una mano «Non mi importa se adesso non ti piaccio, se a loro non piaccio o non piace il mio branco, se al mio stesso branco non piacete te e tuo marito, m’importa che impariamo a rispettarci a vicenda e forse, chissà… a fidarci reciprocamente.»
Sherry, fino ad un paio di mesi prima, aveva un sogno simile, un qualcosa che è riuscita a realizzare: creare e guidare un nuovo branco, una fazione a sé capace di difendersi e di vivere con quanta più serenità possibile.
C’è riuscita grazie a Radish, grazie alla forza e alla determinazione che trae da lui. Perché non prenderne un altro po’, adesso? Perché non prenderne ancora per sé e per l’eccentrico uomo che la guarda con un’intensità tale da renderle difficile respirare, così da realizzare con lui un nuovo sogno?
Non avrebbe mai voluto essere Regina di niente, solo del cuore del Saiyan, ma qualcosa dentro le dice che sì, è quella la cosa giusta da fare: stipulare davvero un’alleanza col Sud e prendersi con la forza le terre dalla quale è scappata, così da poter mettere la parola fine a quei lunghi secoli di sofferenza.
Dovranno però esserci dei cambiamenti sostanziali, dopo la loro unione. Dovranno esserci limiti ben chiari per entrambi, dovranno esserci progetti solidi da portare a termine entro un tempo prestabilito, dovrà nascere qualcosa di nuovo che possa unire le vecchie usanze a quelle che loro due decideranno di portare. In tutto questo, per Sherry è assolutamente necessario che anche Radish, Everett e Nike siano presenti e dicano la loro.
«Che ne dici se noi cinque entriamo in casa e ne discutiamo davanti a un caffè?»
Dopo qualche secondo di silenzio, Blackwood le offre il braccio e le sorride con un’aria davvero felice e, chinando un poco la testa in segno di rispetto, mormora: «Dico che è un’ottima idea.»


Col senno di poi, Radish ha fatto un’enorme stronzata.
Forse no, dai. Magari me la cavo!
«Non so perché continuo a sorprendermi della tua abissale stupidità, davvero!» Sarà la decima volta che Everett glielo ripete, con gli occhi iniettati di sangue e l’espressione di chi si sta trattenendo con ogni fibra del proprio essere dall’ucciderti a suon di sberle. La cosa atroce, per lo Spettro, è che il suo rango glielo permetterebbe pure poiché ha disobbedito apertamente all’ordine della Regina, ma il legame che li unisce gli fa sempre da scudo. Tutto sommato però, di pro c’è il fatto che adesso anche Nike ammetterà che suo cognato è un coglione e potrà dare libero sfogo a tutte le cattiverie che la sua brillante mente può partorire.

«Ancora qui stai, lurido mostro? Tsk… no, non m’interessa.
Mi preme di più sapere dov’è finita la tua puttana

È tutta colpa di Blackwood!
In realtà non è così, Radish ne è più che consapevole, ma provare a scaricare la colpa su di lui è più semplice che ammettere che non ha la capacità di mantenere il controllo.
L’altro voleva giusto visitarlo per provare a capire se Jäger avesse o meno intenzione di attaccare prima il Sud o le Terre di Nessuno, una curiosità più che giustificata. Il problema forse non sarebbe neanche sorto se non si fosse impuntato così tanto di seguirli.
Pensandoci anche adesso, non ha assolutamente idea del perché volesse così ardentemente accompagnarli. Neanche Darko e Nike sono voluti andare. Forse, ma non ne è certo, qualcosa dentro di lui gli ha semplicemente suggerito di tenersi buono il sudista anche per provare a riprendersi la fiducia del cognato. In ogni caso però la sua è stata una scelta del cazzo.
Se Sherry fosse rimasta con loro, anziché piantarli tutti in asso per seguire Fern in città - anche se, deve ammetterlo, che altra scelta aveva davanti alla faccia tanto perentoria della madre? -, non sarebbe successo proprio niente. Sarebbe rimasto con lei e avrebbe provato a capire il perché di quel malumore tanto ingiustificato dopo aver sancito un’unione tanto preziosa, e invece no: lei è andata in città con Fern e lui ha mollato tutti per aggregarsi a quei due.
È meglio se non gliela metto giù così… mi darebbe del moccioso incapace che ha bisogno della balia, e la cosa peggiore è che probabilmente avrebbe anche ragione!

«Quando Jäger la prenderà, e credimi succederà, non hai idea di ciò che le farà. Neanche nelle tue fantasie più estreme lo potresti immaginare… l’unica cosa certa, è che pure da qui sentirai le sue urla!»

«Andiamo, Ret! Pure tu eri a tanto così dallo scattare!»
Per quanto avesse intuito di andargli a genio, di certo non avrebbe mai preso in considerazione che prendesse le sue difese, non quando anche sua moglie si è aggiunta alle urla contro di lui.
In un altro frangente, se ad essere a tanto così dalla lapidazione di gruppo non ci fosse proprio la sua testa, gli verrebbe da ridere: Darko, Everett e Blackwood hanno tanto borbottato su quanto Nike possa essere spaventosa, ma a lui pare una bambina a confronto di Sherry quando davvero s’incazza!
«Non avrei mai fatto una puttanata di questa portata, cazzo!»
Perfetto, è diventato volgare: sono fottuto!

«Sai che ti dico, stronzo? Quando quella lurida puttana mi ucciderà e andrò all’Inferno con tutti gli altri, mi rimboccherò le maniche ed andrò a cercare quella gran troia di tua madre. Non appena l’avrò trovata, la—»

Un attimo prima Darren stava seduto per terra, le braccia bloccate alla parete alle sue spalle, lo sguardo per metà vuoto a causa della disperazione dovuta alla tragica situazione e per metà furente nei suoi confronti mentre sputava insulti e minacce una dopo l’altra… un attimo dopo la sua bella testolina bionda era spalmata sulla parete, col sangue che bagnava un po’ la roccia e un po’ il suo volto.
Non ci ha neanche pensato, Radish. Era al fianco di Everett, Blackwood era inginocchiato davanti al prigioniero per provare ad estrapolargli qualsiasi informazione utile, e poi di colpo è scattato in avanti e con un singolo pugno gli ha fatto esplodere la testa.
Ha sperato per qualche istante che gli si rigenerasse, ma niente: Darren era morto stecchito, ma proprio che più morto di così non sarebbe potuto essere manco per niente.
Sono rimasti in silenzio per un po’ a fissarlo, poi Blackwood è scoppiato a ridere di gusto di fronte alla macabra scena mentre lui tirava indietro la mano pregna si sangue e materia celebrale, ed Everett attaccava con insulti più o meno fantasiosi. Ci ha pure tenuto un sacco a ribadire che non lo avrebbe difeso neanche per sbaglio, il tenerone.
Ora sono in cucina, Radish si ripulisce con movimenti duri e frettolosi dal sangue nemico, Blackwood infastidisce moglie e amico con il mocio per provare un poco a distrarli, Everett gli ripete quanto sia idiota e privo di una qualsivoglia traccia di autocontrollo, Nike d’un tratto urla contro Light che sta cercando di strangolare Lux con delle stringe e Darko li fissa uno per uno come se fossero una strana accozzaglia di psicopatici evasi dal manicomio. In un frangente diverso, Radish lo troverebbe a dir poco esilarante!
«Eccomi tornata!»
La situazione si gela di colpo: Black rimane col mocio a mezz’aria a pochi centimetri dal volto di Nike, che si è ammutolita con Everett, Radish stringe tra le mani un panno per asciugarsi e Darko pare una statua, tanta è la sua immobilità. L’unico rumore di sottofondo è quello dei rantoli di Lux e dei suoi colpi al fratello per liberarsi.
Dal canto suo Sherry, che era entrata con un gran sorriso in volto dopo una giornata tanto dura ma comunque assai soddisfacente, diventa di colpo torva in volto e la sua voce cambia tonalità: «Chi me lo spiega?»
Dal momento che nessuno lì in mezzo pare avere la minima intenzione di rispondere, Radish fa ciò che ultimamente gli riesce meglio in assoluto: si butta senza pensarci, totalmente alla cieca!
«Chi me lo spiega cosa? È tutto a posto! Pensavi che in tua assenza avrebbe regnato il caos? È tutto a posto!» Le si avvicina velocemente con un gran sorriso a trentadue denti in volto, ma proprio quando sta per toglierle le buste di mano - così che non gliele possa lanciare contro - Nike pensa bene di sputtanarlo.
«Tuo marito ha ammazzato Darren.»
«Che hai fatto?!»
Che altro può fare, Radish, se non allontanarsi quanto più velocemente possibile? Oltre a questo può giusto sperare con tutto il cuore che uno di quei piccoli mostriciattoli sfrecci in cucina, così da afferrarlo al volo per usarlo come un microscopico ma utilissimo scudo umano.
«La testa gli è esplosa come un pomodoro troppo maturo. Una figata, sul serio!»
Fottiti, Blackwood! «È stato un incidente! L’ho appena sfiorato e lui si è rotto, giuro!»
Per quanto gli sembri incredibilmente assurdo, Radish non aveva provato questo genere di paura agghiacciante davanti a Freezer, agli androidi o a Cell. Certo, aveva una voglia di defilarsi che la metà bastava, ma di certo non provava questo genere di terrore. Ora so come si sente Kakaroth con Chichi…
Nel vano tentativo di rabbonirla e di salvarsi le palle la pelle, l’avvicina e le avvolge la vita con le braccia, stringendola quanto più amorevolmente possibile «Vuoi andare a cena fuori? Al luna park? A commettere una strage o una rapina? Magari vuoi farle tutte, meglio uscire subito!»
Fa appena in tempo a prenderle una mano per trascinarla fuori per darle tutto quello che potrebbe mai lontanamente desiderare che la sua voce oltremodo furiosa lo gela sul posto.
«Voi, fuori di qui. Adesso!»
Non capisce, Nike. Come si può rimanere mentalmente stabili dopo tutto ciò che ha subìto nella sua vita? Come si può essere capaci di mantenere un simile autocontrollo quando solo negli ultimi dieci giorni la tua vita è andata totalmente a gambe all’aria? Davvero non capisce, non ci riesce. Al posto suo già non sarebbe stata tanto stabile dopo i sicuri traumi che immagina abbia subìto, figurarsi se sarebbe capace di evitare un’esplosione di cieca rabbia funesta dopo l’ennesimo colpo.
Qualsiasi sostanza tu assuma, ragazzina, vedi di passarla anche a me, ne ho un disperato bisogno! Prende in braccio Lux mentre lo pensa e, dopo aver preso per la mano Light, esce velocemente da quella calda abitazione che ha ospitato il primo di quella che tutti sperano essere un lungo susseguirsi di riunioni amichevoli tra le due fazioni.
Aspetta per qualche secondo Everett e Blackwood, che è praticamente spinto fuori dall’amico e da Darko, ed un sorriso le increspa le labbra carnose al solo pensiero di tutto quello che si sono detti. Le idee dei due sono quanto di più assurdo uno Spettro possa mai anche solo sognare, ma non può negare che siano comunque ottime. L’unica incognita, adesso, è se avranno o meno modo di dar loro vita.
Una volta rimasti soli in casa, con Radish appoggiato con le spalle al frigorifero mentre si massaggia il collo con una mano, Sherry fa un velocissimo ripasso mentale, giusto per capire se le fosse sfuggito qualcosa che possa aver spinto il Saiyan a compiere un simile gesto.
Si sono riuniti ed hanno parlato per ore, tanto che sono stati i lamenti dei principini affamati a ricordare loro che era il caso di mangiare. Sono giunti a conclusioni ottime ed hanno suggellato la loro alleanza unendo il sangue, cosa che nessuno prima d’ora aveva mai pensato davvero di fare. Poi è arrivata Fern, incuriosita dopo la telefonata con Bulma. È arrivata ed ha messo subito a stare pure Nike, che si è ritrovata con gli occhi sbarrati per qualche secondo ed ha poi ammesso che l’umana le andava a genio. Dopo questo, ed una generosa tazza di tè con biscotti al burro, la donna ha preteso di andare a fare un giro in città assieme, così da cercarle un bel regalo di nozze. Glielo voleva far scegliere, diceva, ma la verità era molto più subdola: voleva convincerla a replicare le nozze, stavolta in modo molto più umano e decisamente meno intimo, tanto da trascinarla quasi di peso dentro un atelier di abiti da sposa. Come ne sia uscita dignitosamente non lo sa per certo, ma è abbastanza sicura che c’entri col fatto che le abbia detto che “prima di scegliere il vestito, è meglio valutarne altri”. Col senno di poi, la sua è stata davvero una brutta mossa.
Ricorda che alla fine, dopo averle inutilmente ripetuto fino alla nausea che non volevano niente, per disperazione l’ha convinta che andava più che bene un bel set da cocktail, soprattutto se consideravano il loro assai movimentato stile di vita, e la madre ha finalmente trovato pace. Cioè, più o meno… ne ha voluti vedere un’infinità e ne ha scelti due schifosamente simili, che variavano giusto per dettagli infinitesimali, con poi annessi un set di bicchieri dall’aria molto fragile e delle bottiglie per inaugurarli subito con la dolce metà.
Sherry non ha fatto poi domande quando, all’interno di una delle buste, ha trovato un grazioso sonaglio in argento. Se avesse anche solo pensato di indagare, probabilmente gliel’avrebbe spaccato in testa.
È poi tornata a casa con tutta l’intenzione di sbattere Nike fuori di casa a calci nel culo e di ricordare a Radish quanto il sesso con lei sia bello e quanto lei sappia essere porca a livelli da competizione olimpionica - lei, non Nike! -, ed ora eccola a fissare Radish, che non pare avere alcuna intenzione di incrociare il suo sguardo neanche per sbaglio.
No, decisamente non ha lasciato trapelare proprio niente che potesse anche solo lontanamente fargli pensare che uccidere Darren potesse essere una buona idea.
Sente di essere ormai ad un passo dal più tragico ed irrecuperabile tracollo nervoso della storia. È morta e resuscitata, ha scoperto di avere una specie di maledizione che le pende sulla testa, la sua migliore amica incinta è esiliata, sua madre le regala un sonaglio, una donna bella come una Dea è andata a piazzarsi nel capanno con i figli, la guerra che deciderà le sorti degli Spettri potrebbe scoppiare da un momento all’altro, suo fratello ha chiamato alle sue spalle quell’altro pazzoide ed ora ci è andato a correre da solo, ed infine Radish ha fatto esplodere la testa a Darren. Non ce n’è una che vada per il verso giusto, porca puttana!
Inspira con forza dal naso e s’impone nuovamente di calmarsi. Un cocktail ora come ora sarebbe l’ideale, ma le buste sono proprio accanto ad un preoccupatissimo Radish, quindi lascia subito perdere l’idea.
«Si può sapere che cazzo ti ha detto il cervello?! Se lo tenevo in vita era perché dovevo testare una cosa!»
«Cosa?»
«A questo punto niente!»
Ecco che la crisi si avvicina ancora di più. Sente che, se allungasse un poco una mano, potrebbe addirittura toccarla. E Radish è assolutamente mortificato di ciò. L’ultima cosa che vorrebbe fare in vita sua è proprio farle male in qualche modo. Per quanto non ne parlino, sa bene che tutto è un vero macello e causa di forte stress per lei, e di certo non voleva aggiungersi a sua volta a quella moltitudine di pensieri e problemi.
«Non pensavo di fare un danno così grande… non volevo, sul serio… scusami…»
Se c’era una cosa che teneva Sherry e River uniti, era il sesso riparatore. Dopo qualsiasi lite, anche la più dura, finivano sempre per provare a riallacciare il rapporto con del sano sesso.
Radish non lo sa, non vuole che Sherry gli parli di ciò che faceva con gli altri uomini, non lo sopporta. In realtà non sa neanche l’effetto che le fa la sua sola presenza. Non ha infatti idea che le basti vederlo bere un semplice bicchiere d’acqua e seguire con gli occhi il pomo d’Adamo che va su e giù per mandarla su di giri. Aveva un vago sospetto di questo suo particolare potere, diverse situazioni glielo avevano suggerito, ma adesso il sesso non gli sembrava proprio un qualcosa di contemplabile. Invece Sherry gli ha immerso una mano nei capelli, tirandoli in modo quasi doloroso per abbassarlo alla sua altezza ed ha cominciato a baciarlo con una foga particolare. Non se ne lamenta di certo, sapendo a che genere di amplesso può portare una simile foga, ma gli pare comunque un poco strano.
«So che ti piace quando ti chiedo scusa, ma questa reazione mi pare esagerata.» Scherza mentre le sfila frettolosamente la t-shirt.
Venendo però ignorato deliberatamente ed avvertendo come uno strano turbinio nel petto, si ritrova come costretto a fermarla. La stacca a malincuore e la tiene saldamente per le spalle, sforzandosi di impedirle di afferrarlo di nuovo.
«No, sul serio: che ti prende?! È da stamani che ti comporti in modo strano.»
Sherry lo guarda in un modo che non riesce a capire. Gli sembra furiosa, tanto che potrebbe provare ad ucciderlo a mani nude, ma anche eccitata in modo sconvolgente ed infine, e questo lo mette in allarme, preoccupata.
«Figlio di puttana, vieni qui!»
Questo strillo lontano ed assai inviperito spera contro un figlio disobbediente gli fa come accendere una lampadina. «Aspetta… è perché è arrivata quella?! Sei gelosa, forse?»
Mio marito è un completo deficiente… ora ci arriva? Davvero?!
Il suo sguardo a dir poco piccato gli fa capire che sì, ci ha preso: è stata strana per tutto il giorno a causa della gelosia per Nike!
Quante donne mezze nude gli sono passate accanto in quei mesi? In quante si sono pavoneggiate per attirarne l’attenzione? Non ha mai fatto davvero storie, limitandosi in genere a mostrar loro i denti per farle smettere una volta per tutte. Perché adesso comportarsi così? È una bella donna, questo è innegabile, ma per lui non ha valore. Per lui c’è Sherry e basta, e questo dovrebbe saperlo benissimo.
Malgrado lo pensi con tutto sé stesso ed una lontana vocina nella testa gli suggerisca di farglielo presente per calmarla, Radish non riesce a fare a meno di scoppiare a riderle in faccia. Sherry, che vuole sempre comportarsi da super-donna inaffondabile, si è ridotta ad un fascio di nervi perché nel loro radar è entrata una donna oggettivamente bellissima. Non sa perché, davvero, ma la faccenda lo diverte davvero un mondo!
«Oddio! Tu sei gelosa!»
Avesse dato retta alla lontana vocina nella testa, si sarebbe evitato un calcio nello stinco. Ma non l’ha fatto, quindi se lo tiene e sta pure zitto, limitandosi a trattenere male le risate mentre la segue su per le scale.
Con tutta l’intenzione di farle capire quanto sia lei l’unica donna capace di mandarlo su di giri, si sfila la maglia di dosso quando ormai sono ad un paio di metri scarsi dalla camera da letto, e questo semplice gesto fa in modo che il secondo colpo basso di Sherry vada a segno: essendosi momentaneamente privato della vista, la dura porta di legno lo colpisce in pieno volto.
Una bestemmia gli sfugge di prepotenza in un grugnito, ma si astiene dal dire qualsiasi altra cosa. Se si è preso un calcio nello stinco e una porta sul naso per così poco, non osa immaginare cos’altro sarebbe capace di fargli se tirasse ancora la corda.
Deciso così a farsi perdonare per tutto nell’unico modo che conosce fa per aprire la porta, trovandola però chiusa a chiave. Rimane interdetto per qualche istante, provando un altro paio di volte ad abbassare la maniglia.
«Questo che significa?»
«Che stanotte dormi sul divano!»
Capisce di aver fatto l’ennesimo errore idiota, un qualcosa di irrimediabile questa volta, ma non ha alcuna intenzione di farsi sbalzare fuori dal letto solo perché l’ha fatto ridere la sua gelosia. Quante volte lei lo ha stuzzicato, pungolandolo con la sola idea che River le girasse ancora attorno? È vero, lo faceva sempre e solo quando voleva del sesso più brutale, che per una qualsiasi altra persona sarebbe risultato sicuramente letale, ma lo faceva comunque.
«Io non credo proprio, bambolina…»
Con una spallata decisa rompe la serratura della porta, che per lui altro non è che l’ennesimo effetto collaterale della loro passione. Se continuiamo di questo passo, distruggeremo tutta casa… un po’ come abbiamo distrutto il mio appartamento, ora che ci penso!
Sherry, rimasta in piedi di fronte al letto con solo la canottiera nera per la notte in mano, lo guarda con occhi furenti, nuovamente sorpresa dalle proprie capacità di autocontrollo. Che si stia inconsciamente imponendo di comportarsi bene per non fare figuracce con gli ospiti è ininfluente ora come ora, l’importante è solo riuscire a non strappargli quella faccia maliziosa a morsi.
«Tu sei scemo per davvero! Che cazzo rompi la porta?!» Ringhia a denti stretti, mentre ogni fibra del suo corpo la prega di mandare a quel paese i buoni propositi e prenderlo a cazzotti. Preghiera che si trasforma in un urlo assordante nella sua testa quando le stringe i fianchi con le mani e le bacia languidamente il collo, spingendole lascivamente il bacino contro il sedere.
«Giù le zampe, brutto bonobo!»
Se la rigira tra le braccia come una bambola e la stringe di nuovo, tenendole il mento tra indice e pollice per costringerla a guardarlo dritto negli occhi. Questo suo lato feroce e attaccabrighe lo ha sempre eccitato in modo indecente, quasi malato.
«Ahhh, piccola, non penso che tu abbia capito: stanotte il brutto bonobo ti farà urlare come mai prima d’ora!»


Quei cinque piccoli impiastri non si chetano più e Radish ormai è a tanto così dall’andare nel capanno per porre fine a tutte le loro possibili sofferenze.
Sono quasi due ore che ad intervalli regolari uno attacca ad ululare disperatamente e viene poi seguito dagli altri, in un coro straziante. Non ha idea, Radish, che questo è un tragico - ed anche esagerato - tentativo di richiamare il padre, un qualcosa di generalmente insopportabile per qualsiasi genitore che non sia consapevole essere più che altro una bizza.
Ha sentito il ringhiare furioso di Nike per calmarli e zittirli, ma quei mocciosi petulanti non si sono dati per vinti neanche una volta. Si zittiscono per un limite massimo di sette minuti e dodici secondi, poi ricominciano ed insistono per circa quattro-cinque minuti, non dando alcun cenno di volerla smettere finché non avranno ottenuto ciò che vogliono.
Le sta provando tutte quante per non sentirli più e godersi il meritato riposo, ma niente pare funzionare minimamente. Ha pure provato ad usarli come scusa per riprendere possesso del letto al fianco di Sherry, ma l’unico risultato è stato uno dei suoi anfibi dritto in faccia.
Si rigira per l’ennesima volta in quel letto che non gli appartiene, lo stesso che, se non sbaglia, un tempo apparteneva a Maddox, e una nuova serie di insulti e maledizioni gli attraversano la mente. Ma poi, da un secondo ad un altro, si blocca assieme ai disperati ululati. Sente giusto un ultimo latrato più basso e forte, e poi il tanto sospirato silenzio.
Sospira forte e si passa stancamente le mani sul volto, scoppiando poi in una risata isterica: «Seconda notte da sposati e sono finito sbalzato in un altro letto… non c’è che dire: questo matrimonio promette benissimo!»



ᴀɴɢᴏʟᴏ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
La prima parte non è stata messa a caso, e neanche per far vedere nuovamente quanto Jäger sia marcio fino al midollo e quanto la sua mente ormai sia in caduta libera. Serve per mostrare la sostanziale differenza tra come vivono nelle loro vere terre e come invece vivano quelli che sono cresciuti come reietti. Si nota un lieve miglioramento nel tenore di vita?
E sì, la parte della loro chiacchierata riguardo l’alleanza manca… sennò che gusto ci sarebbe nello svelare subito ogni cosa?!

Beh, che altro aggiungere? Black sta fuori come un culo, Everett si è sicuramente pentito di aver chiamato in campo un soggetto come lui, Nike prima o poi si strapperà tutti i capelli per la disperazione, i cuccioli se la spassano, Fern spera in un bel nipotino o due in tempi brevi, Sherry sta a tanto così da una crisi con i controcazzi e Radish ha commesso l’ennesima stronzata. È fortunato però, il nostro ragazzone: se non ci fossero tanti altri problemi e Sherry non lo amasse alla follia, come minimo sarebbe entrato di prepotenza nel coro delle voci bianche!

Cazzate a parte, come vi è sembrato questo nuovo capitolo? Jäger è sufficientemente crudele come villain? E quale potrebbero essere le sue intenzioni? 🤔 Beh, per questo ci sarà da aspettare ancora un pochino temo. 🙃

Mo’, visto che mi pesava il culo anche solo per pensare di mettermi le scarpe, prendere la macchina ed andare al ristorante, vado a piazzarmi il salotto in attesa che arrivi il rider di Just Eat 😍 Dopo una giornata di gallette di riso perché cucinare mi sapeva fatica (se non si era capito, sono sfaticata come pochi altri al mondo), tra poco mi sfonderò di sushi!
Prima di salutarvi del tutto, ci tengo a ringraziare di cuore _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo e e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 26 e 27! 💛

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼




Piccola nota che si può tranquillamente ignorare (sono una rompiballe, lo sapete!)
Ariete: l’Ariete prende spesso iniziativa, anche se delle volte non è completamente consapevole di ciò che lo attende. L’elemento del fuoco rende i nati sotto il segno dell’Ariete dei combattenti sagaci e intraprendenti. Le prime difficoltà arrivano quando impazienza e aggressività prendono il sopravvento.
È una persona dinamica con un spiccato fiuto per gli affari. Di indole impetuosa, avanza a tutta forza senza guardarsi alle spalle. Tuttavia se incontra un ostacolo non esita a fare marcia indietro e imboccare una strada alternativa. Indipendente e impulsivo, difficilmente riesce a controllarsi. 
Per un Ariete tra il dire e il fare non c’è di mezzo il mare, al massimo una pozzanghera. Porta a termine i suoi progetti e le sue idee con un’efficacia disarmante. D’indole coraggiosa, raramente hanno paura di affrontare prove complesse o di prendersi dei rischi. Tende a prendere le dovute precauzioni per ridurre al minimo il margine di errore.

Già che ci siamo, Everett è del Capricorno: riflessivo, prudente, saggio e morigerato. Spesso più maturo dell’età che dimostra, ha un senso della logica spiazzante e ragione e intuizione guidano le sue azioni. 
Quando si fissa un obiettivo da raggiungere non c’è ostacolo che tenga, va dritto per la sua strada con determinazione e tenacia. Nonostante ciò non ama il cambiamento. Così come suggerito dal suo simbolo, il Capricorno può essere parecchio testardo, ed è la sua testardaggine a spingerlo a raggiungere le vette più alte. Serietà e indipendenza gli assicureranno il successo. Fa parte dei segni più scontrosi dello zodiaco. Può avere infatti difficoltà ad accettare e tollerare le diversità altrui, a fidarsi dell’altro e tende quindi ad imporre con forza le proprie idee. Se impara a perdonare il prossimo ed accettarlo senza giudicarlo, vivrà una vita più tranquilla e felice. 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare _Cramisi_, Chimera__ e Celeste98 per le bellissime recensioni dello scorso capitolo, e  Teo5Astor per aver recensito il capitolo 29! 💛

𝟛𝟠. 𝓡𝒶𝓅𝓅𝑜𝓇𝓉𝒾 𝒹𝒾𝒻𝒻𝒾𝒸𝒾𝓁𝒾


Un tempo Radish dormiva abbastanza bene la notte.
Non mancavano certo incubi turbolenti riguardanti il suo passato, che lo costringevano a svegliarsi di soprassalto, ma in genere dormiva abbastanza bene.
La mattina poteva pure poltrire un po’ nel letto, malgrado non lo facesse quasi mai. È sempre stato un uomo energico, un uomo che ha bisogno di muoversi e di fare per sentirsi appagato, e per questo erano rare le mattine dove oziava un po’ nel letto sfatto e ancora caldo, rimuginando su tutto e niente.
Adesso gli sembrano momenti di un’altra vita, un qualcosa di lontano e un poco sbiadito. Talvolta si domanda quasi se quei momenti siano mai davvero esistiti, se davvero si rilassava così tanto e se davvero gli piacessero. Da quando Sherry è piombata nella sua vita, stravolgendola con la sua energia, non ha più avuto tanti di quei momenti.
Ormai va a letto quasi sempre ad orari improponibili e di dormire comunque non se ne parla poi molto, spesso proprio per colpa sua, perché la vicinanza della compagna gli fa venir voglia di fare tante cose eccetto che di dormire.
I risvegli poi non sono più quelli di un tempo. All’inizio lo svegliava lei con delle dolci e calde attenzioni che ora un poco rimpiange, e finivano con il rotolarsi tra le lenzuola finché non erano così affamati da trovare appetitosi pure i cuscini, mentre adesso si svegliano troppo spesso allarmati e nervosi, talvolta costretti a catapultarsi fuori di casa per qualche nuovo imprevisto.
È stanco, Radish. Stanco di non potersi più rilassare, di non potersi godere in pace la donna che gli ha tanto sconvolto la vita, stanco di non poterla vedere serena e appagata della vita che si stanno costruendo insieme.
Per quanto lo riguarda, sarebbe anche abituato a questo genere di routine dopo tutti gli anni passati nell’esercito di Freezer, ma lei… lei gli pare sul punto di spezzarsi, e questo è intollerabile. Forse lo è addirittura di più il non sapere cosa fare per aiutarla, come metterci una toppa. Tutto ciò che gli viene in mente è distruggere Jäger e i suoi a livello molecolare, ma sa bene che non glielo permetterebbe. Farlo contro la sua volontà sarebbe solo peggio, la allontanerebbe e la renderebbe infelice per il resto dei suoi giorni, quindi non se ne parla neanche.
Un tempo, prima di arrivare sulla Terra, la sua vita era molto più semplice. In genere terrificante, sì, ma più semplice. Si allenava, si riposava e andava in missione su qualche pianeta; uccideva, conquistava e poi tornava ad allenarsi e a riposare. Ogni giorno scorreva mortalmente simile al precedente, e di queste preoccupazioni non c’era neanche l’ombra.
Adesso invece è tutto così difficile…
Vive col rischio di perdere l’unica persona che gli abbia mai mostrato un affetto smisurato ed incondizionato, che gli ha perdonato ogni cosa e che sicuramente gli perdonerà ogni errore in futuro, qualcuno che lui stesso vuole e brama più di ogni altra cosa nell’Universo, che gli fa battere il cuore lentamente e velocemente al tempo stesso. Come rischia di perdere lei, rischia anche di perdere tutto il resto. Rischia di perdersi quei rari momenti in cui può godersi la silenziosa e rilassante compagnia degli amici più calmi come Maddox, quelli dove può ascoltare e apprendere cose nuove e in genere interessanti come con Glover, e quelli dove può ridere fino alle lacrime con quelli più esagitati come Mordecai. Rischia di perdere tutti quegli sguardi amichevoli, speranzosi e talvolta pure grati di tutti quegli Spettri che, seppur all’inizio costretti dalle circostanze, hanno deciso di seguirlo e di fidarsi a lui.
Rischia di perdere tutto quanto, di perdere tutte quelle stranezze che hanno reso la sua vita un vero caos, un qualcosa di imprevedibile e sfiancante… un qualcosa alla quale sente di non poter più rinunciare.
Se Sherry per lui rappresenta la vita in sé, se è lei adesso il suo centro esattamente come lui lo è per lei, tutti gli altri sono quel qualcosa in più che all’inizio rifiutava e che poi ha tollerato, ma che adesso riconosce come importante, come suo, come qualcosa dalla quale non vuole più separarsi.
La sua vita è irrimediabilmente cambiata sotto ogni punto di vista e i combattimenti sono diventati solo una parte di sé, adesso lo capisce. Non sa neanche quanto siano fondamentali, adesso. È diventato un capo, che lo voglia o no, e ciò comporta necessariamente il doversi assumere responsabilità mai avute o anche solo pensate prima. Significa pensare alla sicurezza di tante persone, di assumersi responsabilità, di sacrificarsi, di assicurarsi che niente mini all’equilibrio che hanno costruito ma anche che nessuno sgarri.
Quel pomeriggio, quando tracannavano tazze su tazze di caffè e discutevano su tutte le novità alla quale vogliono dar vita con la loro ascesa, sentiva come un pesante groppo in gola che non ne voleva proprio sapere di andare giù. Erano tutte le idee che ha taciuto per il timore di dire qualche idiozia - malgrado non siano state poche quelle dette da quei due e subito stroncate dai due Beta -, erano le modifiche che, per una ragione che non riesce a spiegarsi, vorrebbe che venissero applicate. Loro quattro non le hanno neanche menzionate, sembravano non pensarci assolutamente, e alla fine ha semplicemente stretto la mano ai due poco prima che arrivasse Fern.
Sa di far parte di loro, anche molto di più di quanto non gli piaccia ammettere per colpa di Roman e del Grande Spettro, ma in quel momento si sentiva come un estraneo, una forma di vita inadatta per quel genere di possibilità. La cosa strana, è che neanche Everett ha voluto trasmettergli quel genere di vibrazioni e lui lo sa bene.
Si passa stancamente le mani sul volto, consapevole che di dormire non se ne parla proprio. Ogni volta che riesce a prendere sonno non fa altro che trovarsi di fronte al solito freddo e magico paesaggio ghiacciato, con chilometri e chilometri di distese innevate che si estendono a perdita d’occhio, ma per quanto cammini non riesce ad avvicinarsi alla fonte di quello strano richiamo. A tratti gli pare una specie di disperata richiesta d’aiuto, e a tratti gli pare come il più dolce ed attraente canto di una sirena. È frustrante alla lunga, ma essendo ormai le cinque e mezzo del mattino trova inutile fare un altro tentativo.
Dopo un lungo sospiro frustrato decide infine di alzarsi e di andare in cucina a prepararsi una tazza di caffè forte e, perché no?, magari anche di andare alla tana per svegliare almeno gli Alpha ed iniziare con l’allenamento. Se lui non può dormire, non vede perché debbano farlo loro.
La porta della loro stanza è curiosamente semi-aperta e, incapace di trattenersi, allunga un poco la testa per controllare che niente sia fuori posto, trovandosi così di fronte ad uno scenario che proprio non immaginava. Sherry dorme appallottolata sui cuscini con una sua maglia tra le mani vicina al volto, Major ciondola una gamba giù dal letto mentre Domino gli dorme praticamente addosso, e Micah russa alla grande mentre occupa lo spazio rimanente.
Per quanto vorrebbe essere lui l’unico uomo ammesso in quel letto, si ritrova a sorridere bonariamente di fronte a quella scena. Scorda sempre il loro lato tenero ed infantile, quello di un bambino smarrito che ha un bisogno disperato del calore della propria famiglia, e quando si trova davanti a questo genere di scene si scioglie sempre un po’.
Prima di scendere al piano terra, da dove sente arrivare delle deboli urla prodotte dalla TV, rimbocca loro le coperte, prendendone pure una seconda per coprire la giovane moglie. Vederla distendere la fronte un poco corrugata al suo tocco lo fa sentire di colpo indispensabile, fatto alla quale proprio non vuole rinunciare. Troverò un modo per aiutarti, bambolina, che tu lo voglia o no.
Scende svogliatamente fino a trovarsi nell’ampio e caldo salotto, un poco incuriosito di sapere chi si è preso la libertà di bivaccarvi per guardarsi un film, ed il risultato un poco lo spiazza: Blackwood se ne sta seduto lì con la testa mollemente abbandonata all’indietro e le lunghe gambe distese in avanti. Nota pure che sul tavolo giacciono un numero considerevole di buste ormai vuote di merendine e di patatine.
È vero che abbiamo parlato di condivisione qualche ora fa, ma così mi pare un po’ eccessivo!
«Fa’ come se fossi a casa tua eh…» Borbotta stancamente, trascinando un poco i piedi mentre lo raggiunge. In fondo le sue chiacchiere sono decisamente più stimolanti di qualsiasi caffè, quindi tanto vale approfittarne.
«Lo so, ma grazie comunque per averlo detto.» Non lo guarda nemmeno, continuando a seguire il film dalla trama banale in cui si è imbattuto facendo zapping. Tra le braccia tiene un finalmente addormentato Moonlight, che stringe ancora in una manina una girella mezza finita.
Radish la nota mentre prende posto al loro fianco, e da lì capisce che il maggiore probabilmente non ha toccato alcunché di tutte quelle schifezze, così da non toglierle di bocca all’adorato piccino, che adesso pare avere un sorriso di cioccolata disegnato sul faccino olivastro.
«Non smette mai di mangiare?» Domanda ridacchiando appena mentre lo vede portarsi d’istinto il dolcetto alla bocca, pur essendo ancora profondamente addormentato. Sulle prime non capisce, ma in pochi istanti capisce che ne ha risentito l’odore e d’istinto ha compiuto il gesto.
Sono strani, davvero strani… però sono buffi. Così piccoli poi, sono ancora più buffi!
«Mh? Ah, Light? No. È un pozzo senza fondo. Mangia sempre e di tutto. Qualsiasi cosa, davvero! Quando, verso i sei mesi, cominciò a mettere i denti, gli diedi il cerchione di una macchina per farlo stare zitto e lui lo rosicchiò fino a metà… poi arrivò Nike e addio alla magia.» Col senno di poi forse non è stata una buona idea raccontarglielo, ma è sempre meglio della storiella che vede come protagonisti Light ed un pollaio nel cuore della notte. I pochi che ne sono a conoscenza non si sorprendono per niente del fatto che Nike non gli permetta più di portarli singolarmente a caccia senza la sua supervisioni, mentre gli altri non possono far altro che fare congetture sul possibile motivo.
«Tu hai il cervello disabitato…» Borbotta un poco interdetto Radish, lasciandosi un poco andare sul morbido divano. E pensare che dovevamo viverci in due, qui dentro…
Il futuro Re gli sorride debolmente, cercando nuovamente una posizione comoda dopo che il piccolo si è risistemato, piantandogli un gomito nell’addome. Per quanto sia sempre stato sopra le righe in modo talvolta imbarazzante e/o preoccupante, è un padre attento, premuroso e amorevole, che sì gioca molto con i figli e gli permette forse anche troppe libertà ma che li tiene comunque in riga e li educa al meglio. Se adesso si trovano su quel divano, è solo perché il piccolo non riusciva a dormire serenamente senza la madre, andata in ricognizione con alcuni membri della guardia ed Everett. Non si sentiva sicuro, stava diventando troppo irrequieto al limite delle lacrime, e così ha ordinato ad Hurricane e sua moglie di rimanere con gli altri quattro e se l’è portato in casa, dove il piccolo sapeva trovarsi Radish, e gli ha permesso di dormirgli addosso. Non è un comportamento tipico neanche per lui, non dal momento che teme che troppe attenzioni simili possano in qualche minare alla sua formazione, ma si rende conto che le sue sono quel genere di preoccupazioni che nessun bambino dovrebbe mai provare ed ha quindi deciso di chiudere un occhio.
Gli ha dato un po’ di dolci, che tanto non possono intaccargli né la salute né il fisico, ha acceso la TV ed ha aspettato che si assopisse, continuando sempre a tenerlo stretto con un braccio e ad accarezzargli dolcemente la testa come Nike faceva anche con lui quando erano bambini, gesto che lo ha sempre fatto sentire meglio nei momenti di sconforto.
È particolare Blackwood, lo è sempre stato in tutto, ma solo conoscendolo sul serio ci si può rendere davvero conto di che genere di persona sia, ed a quel punto non si ha più scampo poiché ti avrà conquistato.
«A proposito di cervello disabitato, ben arrivato Timo!» Esclama con un gran sorriso, reclinando la testa di lato per incrociare lo sguardo stanco ma soddisfatto del gemello.
A Radish non servono neanche i loro sensi sviluppati per capire che le cose con Camila si sono sistemate al meglio, i suoi capelli disordinati e quel sorrisetto beota e beato parlano da soli.
«Che film è?»
Il fatto che pure lui si comporti con tanta nonchalance in casa sua un poco lo turba. O si tratta di un individuo davvero idiota, o l’allegria e la spensieratezza di Blackwood hanno un potere calmante sugli altri. Non ne è certo, non dal momento che l’uomo coi capelli grigi ha dato apertamente prova di poco acume mentale, ma alla fine decide che è semplicemente l’unione delle due cose.
«L’ultimo squalo.»
«Di cosa parla?»
Trattiene a stento una risata di fronte allo sguardo di Blackwood. È sia scocciato che allibito, e gli occhi così tragicamente sgranati mentre si volta a guardarlo sono davvero comici.
«Di un cavallo che vuole diventare un cantante.»
«Ma dov’è il cavallo?»
Inspira rumorosamente con le narici e scuote la testa, borbottando con rassegnazione: «Ed hai pure sparso il tuo seme in giro…»
Il minore non fa caso all’acido commento e, dopo una veloce scrollata di spalle, si allontana con passo calmo verso la cucina per portare una bottiglia d’acqua fresca ai nipoti. Sa di doversi sbrigare, perché se per mal disgrazia dovessero svegliarsi del tutto poi diverrebbero difficili da gestire, soprattutto in assenza di Nike.
Radish lo segue con gli occhi per qualche secondo e per poi tornare a concentrarsi sul film, malgrado non lo interessi minimamente.
«Credevo che voi aveste un massimo di quattro figli per volta…» La voce è stanca, strascicata, ma la sua mente rimane sin troppo vigile. Sente che c’è qualcosa di sbagliato, gli pare quasi aleggiare nell’aria, ma non riesce a comprendere di cosa si tratti. Non è una sensazione strana ed orribile come l’ultima volta, ma questo di certo non lo calma: sente che sta per succedere qualcosa e non è certo di voler sapere di cosa si tratti.
«Infatti. Credo che siamo stati la prima coppia ad averne cinque.» Risponde pacatamente, abituato a sentirselo chiedere. «La pancia di Nike era incredibilmente grande, ma nessuno si era accorto del quinto. I gemelli omozigoti hanno il battito cardiaco perfettamente sincronizzato in grembo materno, sai? E nessuno ha mai preso in considerazione l’idea di un’ecografia, non usa proprio tra gli Spettri. Pensavamo che fossero semplicemente un po’ più grandi del previsto… e invece c’era Light.»
Erano anni che desiderava dei figli. Tanti anni, ma la situazione non sembrava mai essere a loro favore. Prima Mezcal con la sua follia, lo stupro di Leila e la nascita di Sherry, la seguente ossessione di Jäger, la fuga della piccola e poi ancora la morte di Everett, con annessa ascesa al trono del nuovo folle Re, che da sempre vuole la disfatta del Sud. Nike non si sentiva tranquilla a mettere al mondo dei figli in quel momento, ma poi si è resa conto di avere ormai trentacinque anni e che quindi la possibilità di mettere al mondo dei figli forti si stava abbassando sempre di più, e così ha ceduto.
Mentre lei si limitava ad un sorriso così tenero da scioglierti il cuore al solo pensiero che dentro al ventre le stessero battendo dei cuoricini, lui sembrava quasi brillare tanto era felice.
Li ha amati incondizionatamente dal momento esatto in cui gli ha annunciato di essere incinta, e quando finalmente li ha potuti vedere e stringere tra le braccia… non c’è descrizione per ciò che ha provato in quel momento. L’inaspettata vista di Light poi gli ha fatto straboccare il cuore di gioia e amore pulsante, un qualcosa che lo ha fatto inconsapevolmente piangere come un vitellino per la commozione.
Li considera la parte migliore di sé, farebbe qualsiasi cosa per loro, anche la più folle o atroce, e s’impegnerà sempre per permettergli di realizzare i loro sogni.
«La cosa assurda, sta nel fatto che abbiano il vello diverso… e i capelli, ovviamente. Da qui i loro nomi: Golden Lux e Moonlight. Mi piaceva anche Morningstar, ma era troppo pretenzioso, e il diminutivo “Star” mi sapeva un po’ da femminuccia.»
Ridacchia anche Radish, contagiato dallo Spettro. Non aveva mai visto qualcuno così innamorato. Il modo in cui parla dei suoi figli, il modo in cui guarda il bambino assopito tra le sue braccia, la tenera delicatezza che usa nell’accarezzargli i capelli…
Dev’essere davvero bello.
Lui non ha mai conosciuto questo tipo di amore. Il più bel ricordo che ha di suo padre, è quando gli lanciò la fascetta rossa che tiene al braccio. Per quanto riesce a ricordare, fu l’unico gesto davvero affettuoso che ha avuto da lui.
Malgrado tra i Saiyan fosse normale tutto ciò, abitando sulla Terra è arrivato a chiedersi come ci si debba sentire in certi frangenti per lui tanto estranei, e questo certamente è uno di quelli. Come ci si sente ad essere tanto amati dal proprio padre? Come ci si sente a non dover temere una sua mano quando si avvicina alla tua testa? Come ci si sente a potergli dire di aver fallito in qualcosa sente temere orrende e spesso brutali reazioni?
Malgrado in quegli anni si sia ritrovato spesso ad osservare le persone che lo circondano, talvolta per noia e talvolta per reale interesse, non aveva non aveva mai fatto caso prima ad una cosa in particolare, ma  stavolta i suoi occhi non riescono a fare a meno di osservare con interesse padre e figlio.
Moonlight è così piccolo, fragile. Si domanda come faccia a non rompersi, con tutte le follie che sicuramente compie. Si domanda pure come Blackwood e Nike possano essere così calmi, avendone ben altri quattro alla quale badare. Come fanno a dormire sonni tranquilli, con loro cinque? Come fanno a mantenere la calma quando si allontanano, considerando che il mondo è pieno zeppo di rifiuti ambulanti pronti a fargli del male?
Guarda quel volto piccolo e delicato, con i lineamenti ancora infantili dolcemente distesi. Assomiglia decisamente al padre ma, anche da addormentato, si può vedere chiaramente un’innocenza che l’altro ha perso da tantissimi anni.
Guarda quella manina piccolissima che stringe inconsciamente quella grande del padre, quelle piccole dita sottili artigliate a quello grande e solcato da una cicatrice del genitore.
Guarda quelle gambe magre, ancora acerbe, e non riesce a non paragonarle a quelle di Black, grosse, slanciate, forti, perfette per correre per chilometri e chilometri senza sforzo, per sferrare calci micidiali e, volendo, pure per strangolarti.
Li guarda, stretti in quell’abbraccio che lui non ha mai ricevuto, e non riesce a smettere di pensare che Blackwood ha un coraggio incredibile. Si è volontariamente calato in una cosa simile, li ha voluti con tutto il cuore e adesso li proteggerebbe a qualsiasi costo, rimanendo oltretutto deciso a dargli una vita piena e felice. Per quanto abbia detto di sì anche a Sherry, per quanto si sia ripetuto mentalmente che potrebbe farcela, si domanda se ne sarebbe davvero in grado. A lui sarebbe mai venuta la voglia di stare alzato perché il figlio non riusciva a dormire? Lo avrebbe guardato con lo stesso amore negli occhi se gli avesse detto di aver paura di qualcosa? Potrebbe avere quella complicità con un figlio suo?
«Lux…»
Sobbalza appena al debole pigolio del bambino, che inconsciamente cerca il calore del gemello, non essendo abituati a stare separati per tanto tempo.
Blackwood gli toglie di mano la girella e la poggia su una delle cartine, borbottando che tornerà a pulire non appena lo avrà rimesso con gli altri, e si alza dal comodo divano con la testa del figlio poggiata contro la spalle e il corpicino mollemente abbandonato tra le braccia.
«Ah, un’ultima cosa…» Si volta di nuovo prima d’incamminarsi verso la porta, sorridendo con aria furbetta a Radish «Palloncini.»
«Come?»
«Palloncini e trombe da stadio attaccate dietro le porte.»
Per quanto sia sveglio già da un po’, il cervello non riesce ad afferrare il senso della sua affermazione. Stavano parlando dei suoi figli e ora di palloncini e trombe da stadio: quale potrebbe mai essere il nesso tra le due cose?
«No, non ti seguo.»
«Abbiamo un udito molto sensibile, lo sai. Se vuoi fare qualcosa per ripagare Everett con la stessa moneta, fai scoppiare dei palloncini quando non se lo aspetta o fissa delle trombe da stadio dietro le porte.» Non lo dice solo perché effettivamente molto fastidioso da sopportare, ma anche perché ricorda bene quanto si divertiva lui stesso a farlo. In realtà la tromba dietro le porte le ha usate contro i genitori da che era un lattante, ma è abbastanza sicuro che pure con Everett sortirebbero lo stesso effetto esilarante.
«Magari è la volta che abbassa un po’ quella fottuta cresta e ti lascia vivere sereno con la tua innamorata!» Scherza infine, prima di essere troppo lontano da costringerlo ad urlare per farsi sentire, rischiando così di svegliare il piccolo terremoto che tiene tra le braccia.
Radish lo guarda pigramente mentre si allontana, scuotendo la testa un poco sconsolato.
Mai nella vita avrei pensato di dover escogitare degli scherzi tanto scemi per potermi godere mia moglie!
Curiosamente non gli sembra affatto strano pensare a lei con questo termine, anzi gli sembra la cosa più giusta e normale al mondo.
Gli viene quasi da ridere però, adesso. Come ha fatto a ridursi così? Conduceva un’esistenza relativamente tranquilla, per lo più piacevole. Col senno di poi, si rende conto che però non stava realmente vivendo appieno la sua vita. Mancava qualcosa che i membri della sua specie hanno sempre reputato inutile, che lui stesso reputava da deboli, qualcosa alla quale ora non è minimamente disposto a rinunciare.
Eppure lei è così lontana dalla persona che avrebbe mai potuto immaginare al proprio fianco! È spesso arrogante, testarda quanto può esserlo un Saiyan ma in un modo spesso più fastidioso, con una determinazione spaventosa che la conduce su sentieri troppo pericolosi, talvolta si impone pure su di lui con prepotenza senza neanche rendersene davvero conto… eppure è l’unica donna in grado di farlo sentire così. L’unica che gli fa vibrare il cuore con un solo sguardo, che lo incendia dentro con un misero tocco, che gli risolleva il morale con uno di quei suoi sorrisi luminosi ed infantili.
Vorrebbe ardentemente negarlo almeno con sé stesso, poter dire che la vita gli stava assai bene anche prima, che al massimo gli manca giusto la smodata attività sessuale di una decina di giorni prima, ma sa bene che mentirebbe spudoratamente a sé stesso.
Perché l’ama, così tanto che fa male, così tanto che riesce a malapena a concentrarsi su altro che non siano le possenti emozioni che gli riempiono il petto. A un certo punto, nell’arco di quei mesi, è passata dall’essere una strana e potenzialmente pericolosa estranea a qualcuno senza la quale non può immaginare di vivere. E per quanto detesti quella specie di perdita di libertà, per quanto odi il non aver avuto libero arbitrio quando hanno deciso di riportarlo in vita per concepire un ipotetico principe, ama le innumerevoli premure che gli riserva quotidianamente, il modo in cui lo fa sentire vivo.
Mentre si assopisce lentamente davanti a quell’orrendo e insipido film, capisce che, malgrado tutti i possibili aspetti negativi, non era mai stato così felice prima di conoscerla.


Era da tanto che non dormiva con i suoi fratelli… e ora ricorda pure il perché.
Major ha sempre avuto la fastidiosa tendenza a stritolarti nel sonno, quasi avesse inconsciamente paura di perderti o pretendesse il tuo affetto pure da incosciente, mentre Micah russa come un trattore e, per non farsi mancare niente, scalcia come un mulo. Per queste ragioni, nelle poche occasioni in cui dormivano insieme, lei si rifugiava in alto, sui cuscini, dormendo rannicchiata e scomoda, ritrovandosi sempre con fastidiosi dolori al mattino.
Col senno di poi, sarebbe stato assai meglio permettere al marito almeno di dormire sul pavimento, così da evitare che gli altri sgusciassero in camera durante la notte. Purtroppo però non solo si sarebbe rifiutato di fare una cosa simile, ma lei stessa avrebbe avuto fortissime difficoltà a lasciarlo lì, dal momento che la sua sola vicinanza è più che sufficiente a smuoverle pericolosamente gli ormoni.
Dopo una doccia veloce, si dirige con passo svelto giù in cucina, dalla quale sente provenire degli sfiziosissimi profumi.
È di buon umore, malgrado la nottata poco piacevole e il casino combinato da Radish il pomeriggio precedente. L’idea di aver gettato le basi per un qualcosa come quello che vogliono fare lei e Blackwood la riempie di eccitazione, seppur un poco la preoccupi anche. In fondo, se nessuno l’ha mai fatto prima, un motivo dovrebbe pur esserci. Ma vuole pensare che siano gli altri ad essersi sbagliati, che la loro sia un’idea geniale e così farà. In realtà ha pure ragione a pensarla così, dal momento che le cose potrebbero migliorare per tutti se cessassero le reciproche ostilità e unissero finalmente le forze; basterà solo avere la pazienza e la determinazione necessaria per convincere pure gli altri e sopportare i probabili colpi di assestamento. Di certo però a loro due non manca né l’una né l’altra, per cui, almeno sotto questo aspetto, può dirsi tranquilla.
Propio come quando era una ragazzina, entra con energia in cucina, senza aver fatto alcuna attenzione a chi avrebbe potuto trovarvi dentro. In genere ci sono Radish, i suoi fratelli o i membri di spicco del branco, quindi perché mai preoccuparsene? Beh, considerato il contingente del Sud che gironzola indisturbato per i suoi territori e per i futuri Sovrani che si sono piazzati nel suo capanno, forse avrebbe dovuto.
Ad attenderla infatti non ci sono i volti che tanto conosce e apprezza, ma bensì quello di Nike, intenta a togliere una teglia di grossi cinnamon rolls dal forno. Quando poi volta la testa ed incrocia il suo sguardo, le rivolge il primo caloroso sorriso da quando si sono incontrare, un qualcosa di profondamente materno di cui non la credeva capace.
La cosa forse più fastidiosa di tutto ciò, è che anche adesso sembra essere uscita dalle pagine di un catalogo di Victoria’s Secrets - se avessero ritoccato l’immagine, ovviamente.
«Buongiorno, bell’addormentata.» Cinguetta disinvolta, poggiando i grossi e deliziosi dolci su un piatto, che poi sistema sull’isola della cucina.
Con la coda dell’occhio, Sherry nota che in effetti sono quasi le dieci del mattino e, pur non sapendo perché, si sente in un certo senso sia in colpa che mortificata. L’ultima cosa che voleva, malgrado non le sia mai particolarmente importato il giudizio degli altri, era proprio fare una qualche brutta figura con loro.
«Non pensavo di aver dormito tanto, mi spiace…»
Nike la guarda con occhi sbarrati per qualche secondo, realmente sorpresa dalla sua affermazione, e poi un nuovo sorriso le piega gli angoli della bocca carnosa. «Non ti devi scusare di niente, dolcezza. Black dorme pochissimo ed io avevo tanti arretrati con tuo fratello, così non me la sono sentita di dormire e ho avuto tempo per altro.» Spiega velocemente, mentre mette sul bancone forchetta e coltello «Su, siediti e fai colazione, forza. Queste sono con le mele e queste con le gocce di cioccolato.»
Sherry si siede, seppur con fare incerto. Se possibile, ai suoi Nike è diventata di colpo sia più accettabile che tremendamente insopportabile. Ti pare che non fosse pure una cuoca provetta?!
«Non ti facevo il tipo che prepara la colazione.»
«Mh? Ah, no, ho comprato tutto e poi l’ho riscaldato.» Ammette senza alcun problema, mettendole sotto al naso una grossa tazza piena di caffè. «Sono negata in cucina. Non ne azzecco una neanche se m’impegno! Eppure ho anche divorato uno chef, una volta!»
«Io non lo sopporto proprio. È tutto così lento…» Si irrigidisce un poco, dopo averlo detto. Se già per i fatti suoi non è particolarmente loquace appena sveglia - preferendo trascorrere un mezzora buona a contemplare il nulla cosmico -, parlare con lei è proprio una cosa che non farebbe a priori, malgrado la fresca alleanza.
«Vero?» Nike se lo immagina, non è nuova a questo genere di reazione nei propri confronti. Sa di avere un carattere spesso chiuso, talvolta proprio artico, di essere molto autoritaria ed in genere poco elastica, ma sa anche altrettanto bene che, con un po’ di tempo, quelle reazioni in genere spariscono per lasciar spazio a delle tiepide amicizie. Oltretutto quella che ha di fronte non è una ragazzetta come un’altra, non per lei e non dopo tutto quello che ha scoperto sul suo conto, quindi le viene spontaneo sia accettare le sue reticenze che provare a comportarsi in modo più espansivo.
«Everett ed io abbiamo parlato molto, durante la notte.» Afferma cautamente mentre si siede al suo fianco sull’alto sgabello, stando attenta ad ogni sua possibile reazione.
La vede serrare con forza la mascella, irrigidire le spalle ed anche contrarre per un istante le sopracciglia, socchiudendo appena gli occhi.
Pure lei non vorrebbe che certe cose, soprattutto tanto intime e dolorose, venissero scoperte da chi neanche ti conosce e a pelle non ti va a genio, ma non per questo ha biasimato Everett quando gliene ha parlato. Era così a disagio, così ferito, così frustrato, con l’anima e il cuore infranti che mai e poi mai gli avrebbe negato il suo ascolto. E se ne ha avuto bisogno lui, che non ha dovuto subire quel genere di cose sulla propria pelle ma che comunque ne soffre a distanza di tanti anni, non osa immaginare come possa sentirsi lei.
«Ah sì?» Non la guarda neanche, limitandosi a punzecchiare con la punta del coltello il dolcetto ancora caldo nel piatto.
Per quanto le sembri assurdo, non ce l’ha con lei. E neanche con Everett.
Non ce l’ha proprio con nessuno, adesso. Si sente solo mortalmente stanca, con una parte di lei che vorrebbe solo scoppiare a piangere per tutto quello che ha dovuto sopportare in passato e per tutto quello che le sta succedendo negli ultimi tempi. Vorrebbe rinchiudersi in una delle sue vecchie tane, una di quelle più remote in assoluto, e lì piangere fino ad addormentarsi.
«Sì.» Non solo l’uomo le ha chiarito dei punti di cui già aveva il forte sospetto, spezzandole il cuore e aizzando il suo odio, ma le ha anche fatto sorgere una preoccupante supposizione, che pure l’altro condivide. Sono infatti piuttosto certi che, se riuscissero a vincere e loro si stabilissero di nuovo nel Nord, avrà a breve un crollo psicologico che potrebbe addirittura rivelarsi assai violento. Ma non le vuole mettere altre pressioni, non è decisamente il caso adesso. Oltretutto, quella questione le ha anche fatto decidere che nessuno, all’infuori di lei, potrà avere l’onore di ammazzare quel maledetto, dovesse frantumare le ossa pure a Black.
«Non voglio essere invadente o altro, neanche spacciarmi per una psicologa o che so io… ma sono brava ad ascoltare.» Cerca il suo sguardo per darle un briciolo di conforto, e non si sorprende minimamente del suo essere così schiva, motivo per cui si azzarda a mettere una mano sulla sua «So che la tua vita non è mai stata semplice, per usare un eufemismo, e che adesso è un casino più che mai, ma sappi che, se avrai bisogno di sfogarti, confrontarti o quello che vuoi, io sarò sempre a disposizione.»
«Non mi conosci neanche e non mi devi niente, perché mai farlo?» Le si rigira contro come una vipera, allungando un poco le zanne nella bocca e lasciandosi sfuggire un basso ringhio.
A Nike però non importa, occorre molto di più per impressionarla. Si limita a continuare a guardarla con quei grandi occhi chiari sorprendentemente materni.
«Perché nessuno dovrebbe subire cose del genere… ed anche perché hai riacceso la speranza nel cuore di mio marito.»
Il sorriso che Nike le rivolge è sincero, grato, e Sherry si ritrova a sorriderle di rimando, prima di addentare finalmente la pietanza. Se non l’aveva ancora fatto, era solo perché non voleva farle capire quanto la sua premura fosse gradita.
Sospira appena Nike, sentendosi un poco strana. Non è certo la vicinanza di Sherry a darle questa sensazione, quanto il fatto che, per la prima volta da tanto tempo, i suoi figli sono impegnati altrove.
Quando si sono svegliati ed hanno appreso che il padre sarebbe andato con Everett e Radish per un allenamento mattutino, si sono tutti rianimati. Mentre i due maschietti volevano osservarli - e non hanno sentito ragioni a riguardo, le piccole hanno ben pensato che avrebbero potuto approfittarne per farsi accompagnare dal burbero zio da tutte quelle simpatiche amichette del giorno prima.
In genere le stanno sempre appiccicati alle chiappe, con il lupo dentro di loro affascinato dalla sua potenza e con il naturale istinto di un bambino che vuole la mamma, e per questo lei non ha molto spazio per godersi questi momenti di assoluta calma.
Ripensando al fatto che è proprio grazie alla proposta di Radish se è riuscita a scollarseli di dosso, ed anche spinta da una certa curiosità, si lascia andare ad una domanda molto personale: «Quand’è stato il momento in cui hai capito che Radish era l’uomo della tua vita? Il momento preciso intendo, escludendo ovviamente quando avete visto il lampo d’argento.»
Non serviva che specificasse, per Sherry. Lei non si era accorta proprio di un gran cazzo di niente quella volta, e c’è arrivata solo dopo averci rimuginato per ore… ed aver dato una sbirciata nei ricordi del Saiyan.
«Non saprei…» Ed è vero, non ne ha idea.
Potrebbe essere stato quando l’ha fatta rientrare nel suo letto dopo avergli aperto un braccio la notte precedente; quando gli ha raccontato in lacrime del ricordo di Everett, che al tempo non sapeva essere suo, e lui l’ha fatta piangere tra le sue braccia e poi hanno passato la serata accoccolati nel letto; quando se n’è andato dopo il suo compleanno, e l’idea di non vederlo più è stata più dolorosa di un migliaio di pugnalate; quando è tornato e gli ha raccontato del suo passato, dopo che lui si era messo a nudo con lei. Di momenti importanti con Radish ce ne sono stati davvero tanti, pur conoscendosi da soli tre mesi scarsi. In un certo senso, aveva capito che avrebbe portato degli sconvolgimenti nella sua vita già quando la seguì nella foresta dopo il Neon, non potendone però immaginare la portata.
«Blackwood è sempre stato un forsennato.» Afferma con tono calmo la maggiore, viaggiando con la mente per i ricordi. Sono cresciuti fianco a fianco, loro due. Lo vide che aveva appena mezzora di vita e lei fu la prima persona alla quale rivolse il suo primo sorriso, e per quello decise seduta stante che lo avrebbe seguito e protetto sempre. Di certo però non immaginava che sarebbe stato il suo compagno di vita, soprattutto in quei due anni di costanti dimostrazioni di estrema eccentricità e vivacità. La vita però è imprevedibile, e di certo non se ne può lamentare. Non ora, perlomeno.
«Malgrado avessimo unito l’anima già da un paio d’anni, non riuscivo a pensare che un giorno sarebbe stato il mio compagno… non riuscivo a gestirlo. Ad un punto, nessuno sapeva più cosa fare con lui. Poi, un giorno, ho sentito questo splendido canto provenire dalla soffitta della magione. Semplici scale musicali ripetute più volte, ma erano incantevoli. Mentre salivo in soffitta, ho capito che non era un canto. Era un violoncello. Ho continuato a salire… e l’ho visto. Se ne stava seduto lì, immobile, del tutto sereno. E suonava quelle scale in modo perfetto. Ricordo… le sue graziose manine che sapevano da sé come accarezzare sulle corde, quanto bastava per creare il più armonioso e fragile dei vibrati. Fu in quel preciso momento che qualcosa si smosse, dentro di me, e non riuscii a fare a meno di pensare che non avrei mai tollerato che quelle preziose mani toccassero qualcun’altra, all’infuori di me.»
Sherry la osserva un poco divertita con un sopracciglio inarcato, attenta alle sue parole. Pensava di essere lei quella strana, che aveva mandato a puttane il millennio di sangue perfetto del padre scegliendo un compagno alieno, ma evidentemente non è stata poi la più strana delle strane: Nike ha scelto volontariamente Blackwood perché sapeva stare calmo e perché le piacevano le sue mani sulle corde di un violoncello!
Poi quelli matti siamo noi, ve’?
Le sorride dolcemente Nike, sentendo distrattamente le chiacchiere dei tre uomini a lunga distanza. Sente il marito che rompe incessantemente i coglioni ad entrambi come solo lui sa fare, e poi lo sente imprecare dopo il giustificato colpo di Everett, che bercia di doversi allontanare e che deve smettere di stressarlo, ed infine la risata cavernosa di Radish.
Ti aspettano tempi complicati, alieno. Quasi mi dispiace per te… però sì, Everett ha ragione: sarà decisamente esilarante!
«Non farlo dannare troppo, quel povero diavolo. È pazzo di te. Assolutamente pazzo. Non ho mai visto niente del genere. Ti guarda come se volesse divorarti, e come se fosse disposto a tutto per renderti felice. Sembra davvero ossessionato da te.» Ammette con una nota di incredulità nella voce, rizzando di slancio la schiena e puntando gli occhioni chiari in direzione della porta. Bastano una manciata di secondi e questa viene spalancata con una certa irruenza da un esagitato Blackwood.
«Mia Dea! Mia Musa! Mia ispirazione!»
I due principini entrano per primi, correndo a rotta di collo dalla madre, sporchi di polvere e fango dalla testa ai piedi. E menomale che dovevano solo assistere, eh?
«Buongiorno, caro.» Afferma a denti un poco stretti e con un tono vagamente piatto che fa provare un piccolo brivido all’uomo. Non fa però in tempo a dirgli altro che Lux le picchietta debolmente sul braccio, facendole gesto con la manina di abbassarsi per dirle qualcosa nell’orecchio. E sorride Nike, intenerita dal suo atteggiamento. Vuol sempre mostrarsi forte, quasi rifiutasse l’idea di essere solo un bambino di poco più di due anni, ma alla fine questo è: un bambino che spesso non riesce a mantenere la facciata che si è imposto, e si comporta come un bambino.
«Devi chiederlo a lei, non a me. Non è casa nostra.»
Il piccolo si volta tutto impettito verso Sherry e, dopo aver gonfiato il petto e le guance per darsi delle arie, domanda con voce forzatamente ferma, ma pur sempre cortese e rispettosa: «Possiamo usare la doccia, per favore?»
«Certamente.» Risponde con un sorrisetto, seguendoli con lo sguardo mentre scattano all’unisono verso la porta girevole per correre al piano di sopra.
«È fantastico non dover più andare al bar sotto casa per fare colazione!»
La voce profonda di Radish è come un improvviso balsamo per le sue orecchie. Voltandosi verso di lui, non riesce a trattenere un sorriso dolce, mentre lo osserva addentare senza cerimonie uno dei dolci ancora caldi.
Lo sa benissimo che non è del tutto a suo agio, adesso. Sa che teme un qualche suo tipo di reazione negativa dopo il disastro del giorno precedente, ma Sherry non ne ha davvero la forza. Sa che dovrebbe infuriarsi, che dovrebbe fargli una tale lavata di capo da spingerlo quasi a piangere, ma sente di non averne più le forze. Ci sono troppe cose alla quale pensare, ogni volta che parla con qualcuno ha il timore che ne venga fuori un’altra, per questo preferisce archiviare almeno momentaneamente la faccenda. Se le cose andranno bene, avrà tutto il tempo di incazzarsi come una bestia!
Non appena riesce finalmente ad incrociare lo sguardo del compagno, allunga una mano e la seppellisce nella massa scura dei suoi capelli, piegandogli la testa verso di lei e baciandolo, con la bocca calda ed esigente, strofinando la lingua con la sua, finché Radish non dimentica tutto, pure di essere di fronte ad altre persone, tranne le incredibili sensazioni che gli sta provocando. Riuscendo a malapena a respirare, geme appena, sciogliendosi impotentemente.
Per quanto non sia di natura arrendevole, Radish non può mai togliersi dalla mente alcune delle caratteristiche della di lei specie, tra cui quello di essere creature molto territoriali e poco predisposte alla condivisione di ciò che considerano strettamente loro. Per lei, lui gli appartiene - come lei appartiene a lui -, e la vicinanza di Nike scatena involontariamente il suo istinto territoriale, portandola ad atteggiamenti atipici. Se lui le remasse contro, potrebbe scatenare qualche brutto pensiero nella sua più che turbata mente, motivo per cui evita e si lascia baciare tanto appassionatamente.
Alla fin fine poi, tanto male di certo non è.
«Di nuovo di buon umore?» Le domanda ironico una volta lasciato libero di allontanarsi, passandole le dita sul braccio e accarezzandolo dolcemente.
Gli piace farlo, ha notato Sherry; gli piace toccarla in modo casuale durante le conversazioni. Qualsiasi altra persona rischierebbe di rimetterci almeno le falangi nel cercare un contatto fisico non desiderato, malgrado nel tempo abbia imparato a controllarsi, ma non lui. È quella chimica che li ha legati sin dal primo sguardo, prima dell’unione dell’anima.
«Goditelo finché dura!» Scherza a sua volta, rilassandosi quando avverte il tocco caldo e confortante della sua mano sulla schiena.
In questi momenti, dove la guarda con quei grandi occhi liquidi, attenti e pieni di un sentimento tanto sincero, Sherry si sente sempre un po’ in colpa. L’ultima cosa che avrebbe mai pensato e desiderato era proprio quella di trascinarlo in una situazione del genere. In un certo senso, si sente poi anche peggio quando le lascia silenziosamente capire che non gliene fa assolutamente una colpa, ma che anzi è felice lo stesso.
Pur non essendo abituato a simili problemi a livello familiare e non avendo mai dovuto pensare a nessun altro all’infuori di sé stesso, non è certo nuovo alle guerre; l’unica cosa che gli dà fastidio, è solo il fatto che lei continui a voler fare da sola. Ma lo sa Radish: la scappatoia esiste, deve solo riuscire a trovarla prima che sia tardi.
Rizza lentamente la schiena quando la porta viene di nuovo aperta ed Everett fa il suo ingresso. Pur non essendo generalmente un uomo dalle espressioni particolarmente vivaci o allegre, quella che sta sfoggiando in questo momento non fa altro che concretizzare l’idea del Saiyan, secondo la quale c’è qualcosa che non va.
«Ehi! Perché quel muso lungo?» Domanda più allegramente Sherry, quasi non si rendesse conto delle emozioni negative del compagno.
Everett appare quasi confuso, forse per la prima volta pure per i futuri Sovrani del Sud. Ha le sopracciglia aggrottate e dagli occhi si capisce che sta furiosamente ragionando su qualcosa. Il fatto che respiri più lentamente poi, non fa altro che mettere i quattro un poco in allarme.
Se non sapessero per certo che a Darko è fregato relativamente poco della morte di Darren, tanto da affermare di non avercela minimamente con Radish, penserebbero che il suo strano umore sia dovuto a quello. Ma Darko sta bene, malgrado le molteplici preoccupazioni, quindi non riescono proprio a capire cosa possa turbarlo.
«Penso che sia il caso di prepararci. E in fretta, anche.»
Ce l’ha sempre avuto questo fastidioso vizio di parlare poco, di dire le cose a metà, ma mai come ora ha dato loro tanto fastidio.
«Perché?» Nike sa bene che l’assai poco gradita presenza del Saiyan non fa altro che farlo chiudere ulteriormente, così come sa che non c’è modo di cambiare il suo carattere, ma non può fare a meno di sperare che parli ugualmente senza dovergli strappare le parole di bocca.
«Perché Roman ha richiesto la vostra presenza il prima possibile.»
Nel sentire quel nome, Sherry e Radish si irrigidiscono senza neanche accorgersene. L’ultima cosa che volevano, era proprio rivederlo tanto presto. Sherry non ha mandato giù il suo muoversi alle sue spalle ed il tentativo di muoverla come una marionetta, a Radish invece non è andato giù il fatto che gli abbia in qualche modo incasinato il DNA.
Pur sapendo che prima o poi lo avrebbero per forza rivisto, sia per la sua importante posizione che per provare a risolvere in qualche modo la situazione spinosa di Bree, non pensavano certo che lo avrebbero rivisto tanto presto, tanto meno per aiutarlo.
«Da quando t’importa cosa dice Roman?» Scherza Blackwood, il cui sorriso sparisce velocemente quando incrocia finalmente gli occhi severi e freddi dell’amico. «Cazzo, è così grave?»
«Preparatevi e basta. Darko si sta occupando di muovere il resto del branco ed Hurricane i vostri.»
Se già l’idea di doversi muovere velocemente dopo una tanto insolita convocazione li aveva messi un poco in allarme, l’idea di dover muovere tutti quanti fa capire loro che la situazione è ben più grave del previsto e, con alte probabilità, pure pericolosa.
«Devono venire anche loro? Perché
«Non ha specificato niente, ma posso dire con sicurezza che la situazione si è aggravata ancora, in un modo che nessuno di noi aveva neanche considerato possibile.»


Non è stato facile muovere tutti quegli Spettri, non alla luce del Sole.
Un conto sarebbe stato muoversi a piccoli gruppi nella notte, ma così… così occorreva per forza l’ennesimo aiuto esterno.
Bulma non ha fatto troppe storie quando Radish le ha chiesto un veicolo abbastanza grande da poterne trasportare la maggior parte, volendo in cambio giusto la promessa di far sapere a lei e Chichi lo svolgersi delle cose non appena ne sapranno di più. Avrebbe voluto dirle di no Radish, soprattutto perché consapevole di quanto la compagna sia mentalmente fragile in questo momento, ed anche quanto sia normalmente poco predisposta a far sapere i fatti suoi in giro, ma ha ceduto alla svelta. Ed è stato proprio per colpa di Sherry se l’ha fatto, perché quella screanzata non ha voluto sentire ragioni ed è partita da sola.
Quando ha provato a farla ragionare, arrivando pure a strattonarla per un braccio per bloccarla, si è ritrovato costretto a dover indietreggiare velocemente col busto e bloccarle pure l’altra mano, così da evitare il suo tentativo di attaccarlo.
Non se lo aspettava minimamente. Le ha dato tante ragioni per rigirarglisi contro, ormai non tiene neanche più il conto delle volte in cui l’ha fatta incazzare sul serio, eppure si era sempre limitata a ringhiargli contro e ad inchiodarlo severamente sul posto con quei diabolici occhi rossi. Stavolta, invece, ha provato ad artigliarlo al volto, con quella cattiveria tipica della sua razza che lui stesso aveva come dimenticato.
In un certo senso, Radish aveva proprio dimenticato con chi ha a che fare, aveva dimenticato quanto la sua Sherry sia pericolosa. Non per lui in realtà, ma per tutti gli altri sì. Per quanto possa sembrare in genere civilizzata dall’esterno, sotto sotto è una predatrice. Una predatrice con una natura violenta, spesso autoritaria e talvolta ribelle, con un istinto animale profondamente radicato.
Non ha avuto altra scelta se non quella di lasciarla andare, con il resto del branco che la guardava quasi con disperazione ed il fratellastro che ribolliva dalla rabbia, mal trattenuto da Blackwood e Nike. Non ha avuto scelta perché tutti, lì in mezzo, si sono resi conto che ormai sta ad un punto critico, e che darle contro ed impedirle di fare ciò che sentiva meglio per sé, l’avrebbe solo spinta nella direzione peggiore.
Dopo aver quindi lasciato il controllo del veicolo a Micah, che sorprendentemente sapeva dove mettere le mani, ha osservato i pochi gruppi rimanenti allontanarsi di corsa, chi su due zampe e chi su quattro. Solo River è rimasto con lui, incapace di pensare di seguire il fratellastro.
Sulle prime pensava solo di partire con molto svantaggio, di arrivare probabilmente per ultimo, col solo ed unico scopo di evitarlo, ma alla fine Radish ha deciso che era meglio se era lui a trasportalo, così da guadagnare tempo. Avendolo con sé, non avrebbe neanche avuto bisogno di stare al passo degli altri per essere sicuro di dove andava.
Mentre lo teneva svogliatamente - ed anche con un certo imbarazzo - stretto tra le braccia ad alta quota, River si è lasciato andare alle proprie preoccupazioni.
Gli ha detto che in tutti quegli anni, mai una volta ha visto Sherry comportarsi in quel modo. È sempre stata sì aggressiva, ma mai una volta si è rigirata così male neanche contro di lui dopo che emergeva un nuovo tradimento, figurarsi se si aspettava che si rigirasse contro Radish per così poco.
Gli ha detto pure che il suo bizzarro appetito di quei giorni non gli piace. Secondo il suo parere, sta mangiando davvero poco, come se la carne non avesse più la stessa attrattiva ai suoi occhi. Radish gli ha detto subito dell’enorme bestia divorata prima di tornare dal branco, ma secondo l’Alpha non è sufficiente, considerando i suoi sforzi. Gli ha pure detto che l’ha beccata a mangiare dei fili d’erba, che per loro è un atteggiamento rarissimo che indica un qualche malessere fisico.
Gli ha detto che è stata anche assai bizzarra la sua mancata reazione dopo l’omicidio di Darren. Non sta infatti né in cielo né in terra che una come lei, per giunta col suo rango, lasci perdere così.
Col cuore in mano, alla fine gli ha chiesto se per caso Everett o Darko gli avessero accennato di un qualche possibile - e spera momentaneo - squilibrio emotivo e/o mentale dopo la resurrezione, ed il recupero della sua reale natura in così breve tempo, ma Radish gli ha detto che, per quanto ne sanno, è tutto a posto e non ci sono quel genere di rischi.
Già che erano in vena di chiacchiere un poco scomode, Radish gli ha chiesto se fosse bizzarro pure il suo atteggiamento cauto e passivamente aggressivo nei confronti di Nike, ma il lupo gli ha detto subito di no. Gli ha inoltre spiegato un piccolo dettaglio che d’ora in poi dovrà tenere a mente per evitare rogne inutili. Pur avendo ovviamente già notato ed intuito qualcosa, ha scoperto che in realtà è considerato altamente offensivo per un maschio di Spettro toccare la compagna di un altro, con la sola eccezione per chi ha vincoli familiari, o per un Re poco affabile come può esserlo Jäger. È dovuto alle loro origini territoriali. Sono molto liberi quando si tratta di sesso, tuttavia, quando si impegnano in una relazione, nessun altro uomo può toccare la donna in questione senza l’esplicito consenso del maschio. In alcuni casi, la violazione di questa regola può addirittura portare ad una violenta conclusione.
Ci ha pure tenuto a specificare che, in questo frangente, le loro femmine tendono sì ad essere più permissive, non irritandosi particolarmente se qualche altra donna ha un innocente contatto fisico col compagno, ma che sono anche molto più subdole: non è infatti insolito che fingano indifferenza, soprattutto di fronte ad atteggiamenti più invasivi e poi, una volta in disparte, massacrino l’avversaria o, ancor più spesso, se ne lamentino con qualcuno, così da aizzarglielo contro.
Lì per lì Radish non ha capito il perché di tali specifiche, ma River non ha fatto attendere una spiegazione assai ovvia: nelle Terre di Nessuno, per quanto incredibile, sono più civili e passano facilmente sopra a quelle che possono considerare come sviste innocenti, ma al Sud e al Nord no. Dovrà stare ben attento a come si rapporterà con Nike o le altre donne, e dovrà dire subito a Sherry o Everett - anche a lui, se lo vorrà - se qualche donna andrà a fargli discorsi strani su qualcun’altra, così da evitare pericolose esplosioni di rabbia.
A quel punto, Radish si è un poco preoccupato. Perché mai andare a lamentarsi proprio da lui? Non fa neanche parte della loro specie!
Anche stavolta, la spiegazione è arrivata veloce e chiara: dopo Sherry ed Everett, è lui quello con la carica più alta in assoluto, non solo in quanto Capitano ma perché consorte della Regina. Ha potere, adesso, e questo potere non farà altro che aumentare significativamente se riusciranno a prendersi il Nord. In molti arriveranno a cercare la sua simpatia e a chiedere i suoi favori, e dovrà stare ben attento sia a non mancare di rispetto né alle tradizioni né al branco, che anche a non essere né troppo rigido né troppo morbido.
Non aveva assolutamente preso in considerazione una cosa del genere. Non pensava neanche che per gli Spettri volesse dire tanto, essere il Sovrano. Eppure è così: ha un significato profondo, e l’intero andamento del branco dipende da quanto riesce ad essere solida e buona la loro guida. È così pure per i piccoli branchi di gregari che fanno affidamento ai loro Alpha, solo che un Sovrano ha sotto di sé tutti quanti.
River, sorprendendosi di sé stesso, si è ritrovato a provare compassione per il Saiyan. Seppur l’ascia di guerra sia ormai sepolta, non pensava che potesse provare qualcosa di simile per lui. È però successo perché sulle prime si è ritrovato a pensare a quante rogne porti un titolo del genere, a quanto possa essere talvolta svernante e tutto il resto, motivo per cui né lui né gli altri bastardi hanno mai pensato di chiedere di essere riconosciuti come figli legittimi, così da evitarsi qualsiasi tipo di fastidio. Poi si è ritrovato a pensare che sì, Radish sarebbe anche capace di farcela, soprattutto considerando tutte le incredibili novità che entrerebbero in vigore durante il suo atipico mandato. Però non sa niente, sulle casate nobili. Manca dell’istruzione che lui e altri pochi bastardi hanno voluto ricevere - pentendosene dopo poco. Pur essendo consapevole di tantissimi aspetti della loro bizzarra specie, Radish manca proprio delle basi per poterla guidare in sicurezza. È per questo che ha provato compassione e, con grande sorpresa da parte di entrambi, gli ha promesso che troverà il modo di istruirlo su quelle basi.
Come farà, considerando quanto dovrà allenarsi, non lo sa, ma un modo è sicuro di poterlo trovare. Magari si avvarrà delle conoscenze di alcuni suoi parenti presenti e di Darko, sperando di trovarli ben disposti a fare da insegnanti.
Adesso non possono far altro che restare al limitare del confine col Regno delle Fate, in attesa che arrivino anche tutti gli altri. Quelli che erano montani sul velivolo di Bulma, che hanno pure avuto la premura di portare con sé dei vestiti per i compagni che hanno eseguito la muta, adesso si guardano nervosamente attorno con i nervi a fior di pelle.
Gli ha velocemente detto che Roman non si era mai preso il disturbo di convocare nessuno, malgrado la loro storia abbia visto tiranni crudeli e spietati come forse nessun altro. Se stavolta li ha convocati tutti lì, significa solo che è successo qualcosa di grave, qualcosa che può minare anche ai suoi territori e che, di conseguenza, ha bisogno del loro intervento se vuole evitare la totale chiusura della barriera che rende i suoi territori invisibili agli occhi degli umani.
Quando finalmente vede arrivare Sherry, col volto imperlato di sudore e le gambe pesanti quando cammina, molto affaticate dopo la corsa volontariamente prolungata, Radish si sente di colpo meglio. Sa bene di non poterle fare costantemente da balia, non lo vuole neanche in realtà, ma il saperla praticamente da sola con tutta quella situazione lo ha reso assai nervoso. Se non ha fatto niente che potesse farla innervosire di più, è solo perché in fondo sapeva bene che gli altri tre non si sarebbero mai fatti staccare troppo. Infatti arrivano non molto dopo, sfoggiando però delle espressioni meno stanche rispetto a lei.
Le si avvicina e le porge uno dei vestiti che gli altri hanno portato, avvolgendole poi un braccio attorno alla vita e stringendola un poco a sé.
«Per quanto il momento suggerisca l’esatto opposto, penso davvero che tu debba allentare un po’ la presa.» Mormora vicino al suo orecchio con un sorriso, mostrando la fossetta che lo fa sembrare molto più cordiale. Ce l’ha solo sulla guancia sinistra - una leggera imperfezione che non fa che potenziarne il fascino agli occhi della compagna.
Avendo però i nervi troppo a fiori di pelle, l’ultima cosa alla quale potrebbe pensare è proprio riposarsi e rifocillarsi a dovere. Per quanto la riguarda poi, il suo malessere è puramente emotivo, fisicamente si sente perfettamente in grado di affrontare qualsiasi cosa.
Senza dirsi una parola di più, i due si incamminano con passo sostenuto verso l’abitazione di Roman, affiancati da Everett, Nike e Blackwood ed infine seguiti dal resto del gruppo.
Sono tutti nervosi, chi più chi meno. C’è chi teme principalmente per la propria sicurezza, chi per quella dei piccoli che fremono dalla voglia di andare a correre e giocare tutti insieme, e chi invece si sforza di ampliare i propri orizzonti e si preoccupa per tutti quanti. Se il branco di Sherry mantiene adesso una parvenza di serenità, è solo per la rassicurante presenza del Saiyan. Per quanto qualcuno abbia sviluppato l’idea che Roman possa volerli trarre in trappola, sanno bene che con l’extraterrestre non corrono particolari rischi.
I cinque in cima la gruppo camminano silenziosamente, mantenendo una formazione compatta. Nike, di tanto in tanto, lancia veloci occhiate alle proprie spalle, giusto per assicurarsi che i figli abbiano capito che in questo caso non possono essere commessi errori di alcun genere.
C’è qualcosa di particolare nell’aria. Non è il consueto odore dolce ed invitante del sangue fatato, non è neanche quello che nasce durante un inseguimento ed il successivo spargimento di sangue. È un insieme di nuovi odori sconosciuti, scie di sangue giovane e, indubbiamente, di tanto dolore.
«Attento che ti trasformo eh!» La voce allegra e potente di Mordecai, che assieme agli altri si sta avvicinando al gruppo per dare man forte, attira involontariamente la loro attenzione.
«In cosa?»
«In un petardo che non scoppia.»
«Pensavo peggio.»
«Così ti danno fuoco continuamente.»
Blackwood non riesce a trattenere una lieve risata nell’ascoltare il battibecco tra Mordecai ed un alterato Maddox, che adesso sbuffa come una locomotiva.
Nel sentire la sua risata, Mordecai si discosta ulteriormente da quel senso di paura generale che sta provando a contagiarlo e, puntandogli un dito contro, afferma: «A te invece… in maniglia interna di cesso dell’autogrill!»
«Ma che schifo, dai!»
«Sapete in cosa vorrei trasformare Jäger? In mulo parlante! Poi lo metterei in un recinto di cavalli finocchi per sentire che cosa dice.» Cos’altro potevano aspettarsi da Micah, se non un commento simile? In fondo è ben risaputo che lui e la delicatezza vivono su due pianeti opposti.
«Sono sempre stata dell’idea che se la intende con quell’altro sadico bastardo.» Borbotta a denti stretti Nike, irrigidendo istintivamente i muscoli quando avverte Roman avvicinarsi.
«Magari! Non avrebbero avuto gli interessi morbosi che invece hanno.»
Freddo, gelo mortale.
Sherry volta repentinamente la testa, attirata da quella voce allegra sin troppo familiare, e Bree è ad una buona distanza da tutti loro, guardinga.
Per quanto voglia mostrarsi calma, rabbrividisce visibilmente per il disprezzo glaciale sul suo volto mentre la scruta. Vede le pericolose striature cremisi nei suoi occhi, e la sua bocca è tirata in una linea piatta e crudele. Pure l’espressione di Radish le mette i brividi, essendo un qualcosa di diverso da qualunque altra abbia mai visto, un mix di gelida furia ed estremo disprezzo.
Sa bene di non poter essere attaccata, non in quei territori, ma sicuramente non può dirsi tranquilla. Troppi sguardi inferociti la stanno puntando adesso, e l’arrivo di Mimì alle proprie spalle non aiuta di certo.
«Mamacita!»
Il caldo sorriso di Micah però la conforta un poco. Le era mancato davvero tanto, il suo pazzo fratello.
Major, tenendo sempre Domino dietro le proprie spalle in segno di protezione, si avvicina cautamente a Sherry e, non senza un briciolo di incertezza, le poggia una mano sulla spalla per attirarne lo sguardo.
«Sher…?» Non c’è bisogno di aggiungere altro. Riconoscendola come loro Regina, sanno bene di non potersi avvicinare amichevolmente a Bree senza rischiare violente ripercussioni da terzi o essere proprio bollati come traditori ma, dopo il suo semplice cenno col capo, sanno di potersi comportare in modo più sciolto.
Le si avvicinano tutti e quattro con passo svelto e la stringono in soffocanti abbracci, facendo pure un veloce saluto ed una carezza alla pancia sempre più grossa.
«Mamma ci ha detto che ti sei messa il cappio al collo, eh?» Scherza Maddox, sorridendo bonariamente quando avverte un calcetto contro il palmo aperto.
«E brava la mia sorellina!» Micah le avvolge un braccio attorno alle spalle e la strattona un poco, sperando con ancor più intensità che la loro spiacevole situazione si stabilizzi e risolva. In fondo anche per lei c’è da organizzare qualcosa!
Major, una volta lasciata andare la bionda, rivolge un’intensa occhiata all’umana dietro di loro. «Tu non ce lo dai un po’ di zucchero?» Le sorride con quell’aria innocente e gentile capace sempre di infondere un briciolo di sollievo.
Sicura che non le verrà fatto alcun male - è abbastanza certa che nessuno dei loro lo abbia anche solo mai pensato - butta le braccia al collo dello Spettro, stringendolo con forza.
«Si sistemerà tutto, vedrai.» Mormora vicino al suo orecchio quando la sente tirar su col naso, incapace di sopportare le sue lacrime «Ricordati sempre di chi siamo figli, okay?»
L’insopportabile e avvilente stanchezza che accompagna Sherry da qualche giorno, di colpo sparisce. Al suo posto prende vita uno strano mix di risentimento, nostalgia e dolore. Vorrebbe poterla abbracciare, assicurarsi che i cuccioli e Mimì stiano bene, dirgli di tornarsene a casa o in qualsiasi nascondiglio migliore finché la bellicosa situazione non si sarà chiusa, ma sa bene di non poterlo fare.
Si limita quindi ad intrecciare le dita con quelle di Radish, e a trattenere con forza le lacrime.
Il Saiyan sente il suo dolore e, stavolta senza alcun imbarazzo o fastidio, rafforza la presa con la mano, come se così potesse risucchiarle via quel maledetto dolore.
«Vi ringrazio immensamente per essere venuti così in fretta.»
Nel sentire la calda e gentile voce di Roman, Sherry avverte una nuova ondata di cieca furia travolgerla. Vorrebbe attaccarlo, vorrebbe staccargli la testa dal collo a morsi, vorrebbe farlo soffrire… ma Radish glielo impedisce, continuando a tenerle le dita ben strette alle sue.
«Che cosa vuoi?» Ringhia a denti stretti, parlando pure per la compagna. D’istinto le si piazza in parte davanti, così da farle da scudo ed anche per impedirle movimenti azzardati, per quanto pure lui muoia dalla voglia di fargli del male.
«Intanto farvi le congratulazioni, direi.»
Blackwood piega le labbra per un sorriso cupo, privo di umorismo. «L’odore è una grande forma di comunicazione…» Afferma con tono insolitamente piatto, lo sguardo nei suoi occhi è freddo e distante «Come mai sento un così forte odore di vaffanculo
«Black!» Gli ringhia contro Nike, venendo bellamente ignorata.
«Sempre il solito cucciolo arrogante.»
«Non immagini quanto.» Sa bene di non poterlo battere, ma che gli importa? Toccando lui, scatenerebbe non solo tutti gli Spettri presenti, ma anche l’ira di tutto il Sud. Per quanto lui possa difendersi a dovere, quante Fate perirebbero nello scontro? La loro magia può solo fare del bene, al massimo occultarle, ma dubita altamente che possa molto contro la potenza di quello speciale Drago magico di cui gli ha parlato Everett.
«Avevamo di meglio da fare, bello.» Sibila Micah, assottigliando lo sguardo e gonfiando istintivamente i muscoli. Certo, sta proteggendo Bree, ma il colpo basso a Sherry e Radish di certo non se l’è scordato.
«Perché ci hai fatti venire qui con tanta urgenza?» Domanda cautamente Maddox, senza mai permettere a moglie e figli di passargli davanti. È il più forte, tra loro, e farà sempre loro da scudo di fronte ad ogni pericolo.
Roman non risponde neanche. Abbassa per qualche secondo gli occhi, e per tutti è evidente che sta soffrendo.
In un contesto diverso, Sherry ne sarebbe dispiaciuta e si preoccuperebbe un minimo per lui, ma adesso… adesso avverte un gelido piacere grazie alla sua sofferenza. Prova lo stesso una certa preoccupazione però, ma non per lui. Ci sono troppi odori fuori luogo, provenienti da quella che può essere considerata la sua tana principale, proprio di fianco all’ingresso del reale Regno delle Fate.
Everett, Blackwwod e Nike si portano al fianco della ragazza, consapevoli di quanto la situazione sia atipica. Da quelle parti c’è sempre e solo l’odore di Roman e dei pochi Spettri che, di tanto in tanto, vi transitano, ma quelli li conoscono tutti. Questi odori sono nuovi ed in breve comprendono che non fanno parte di alcuna fazione conosciuta.
Roman fa loro segno di seguirli, rimanendo sempre in silenzio, e i due branchi si muovono cautamente dietro all’antico Spettro. Radish non si allontana di un centimetro dal fianco di Sherry, tenendo la guardia alta e i sensi amplificati più che può. Sente di non potersi fidare di Roman, per quanto dia costantemente prova di essere apertamente dalla loro parte.
Una volta usciti dalla boscaglia, si ritrovano di fronte ad una scena che davvero non si potevano aspettare.
Giovani Spettri tra i quattro e i quindici anni, forse giusto un paio hanno raggiunto la maggiore età, ovvero quelli “fieramente” in piedi in fondo al gruppo. Tanti, tantissimi giovani Spettri.
Sono evidentemente terrorizzati, ammassati l’uno sull’altra. Sui corpi magri sono ben visibili i segni di ferite molto recenti, molti hanno ancora il sangue secco sparso qua e là. Le poche vesti che indossano sono lise e sporche, i capelli arruffati.
Si stringono l’un l’altro man mano che il numeroso gruppo si avvicina. Piegano le teste, le nascondono tra le braccia o tra le ginocchia. Piagnucolano, chiedono pietà e aiuto, in pochi tendendo con crescente timore e angoscia un braccio magrolino col palmo della mano rivolto in alto, in segno di sottomissione.
Non riescono a parlare davanti a questa scena straziante. In molti si ritrovano pure a trattenere il respiro. Per quanto la vita non sia stata particolarmente gentile per nessuno dei presenti, non riescono a ricordare di essere mai stati tanto disperati e terrorizzati da piegarsi così tanto. Non ricordano neanche l’ultima volta in cui hanno visto un gruppo tanto numeroso composto unicamente da bambini e ragazzini, non dal momento che tutti gli Alpha - o quasi - hanno combattuto e ucciso il precedente Alpha del branco per prenderne il comando.
«Chi sono?» Mormora con voce un poco incerta Hurricane, giunto al fianco del fratellastro per poter osservare meglio.
«Non tutti i branchi si erano uniti a te, Sherry. Loro sono ciò che ne è sopravvissuto dopo che Daryl e alcuni dei suoi li hanno trovati.»
Di colpo Sherry sente come se il petto potesse esploderle dalla forza del suo cuore che martella nella cassa toracica, e la calda bile le risale in gola. Sente che è solo colpa sua; se non avesse fatto quello che ha fatto, non sarebbe successo niente. Se avesse continuato a mantenere un basso profilo, se non avesse riunito i branchi sotto al proprio comando, se non avesse tanto sbandierato la sua relazione, Jäger non si sarebbe scatenato, e i suoi fedeli non sarebbero mai usciti a pattugliare quante più terre possibile per stanarla; non ci sarebbe stato nessun attacco, e tutte quelle persone sarebbero rimaste al sicuro, vivendo la loro vita, invece di morire e lasciare da soli tutti quei giovani. Ora ha altre centinaia di vite sulla coscienza.
«Sher…» Non si era accorta dell’arrivo di Micah alle sue spalle, della sua mano sulla spalla e del suo alito caldo sulla guancia.
Volta di scatto la testa per incrociare gli occhi cristallini dell’amico fraterno, che però non la stanno guardando, troppo presi dalla figura di un bambino di circa dieci anni.
Sherry segue il suo sguardo, e ad un primo impatto non nota niente di particolare. Lo esamina con attenzione a partire dall’altezza elevata per la giovane età, col corpo un poco più muscoloso rispetto a quello dei compagni, i liscissimi capelli lunghi quasi fino alla vita di un dolce castano ramato, il naso un poco aquilino e leggermente storto verso destra, le labbra sottili attraversate da una sottile cicatrice. Niente in lui potrebbe risultarle più anonimo e sconosciuto, se non fosse per un dettaglio assai importante: gli occhi. Se già l’eterocromia dell’iride è assai rara, quante possibilità esistono che abbia pure gli stessi colori, nella stessa percentuale e sempre nell’occhio sinistro?
Volta di nuovo lo sguardo verso Micah, trovandolo incredibilmente serio mentre la osserva di rimando. Poi annuisce, mormorando: «Si chiama Tristan… è figlio di Rafe.»
«Ma co— no, aspetta. Lui…?»
«Abbandonò la ragazza quando scoprì che era rimasta incinta e, avendo già sentito alcune voci, è venuto a cercarci.»
A cercarmi, pensa Sherry. Il misterioso passato di Rafe li aveva sempre un poco incuriositi, un po’ come li aveva insospettiti il suo spropositato interesse nei confronti dell’Alpha, ma non avevano mai davvero indagato. Aveva detto chiaramente che era successo qualcosa di orrendo, che aveva commesso “uno stupido errore del cazzo” e per quello aveva preferito andarsene, ma di certo non avevano mai preso in considerazione l’idea che “lo stupido errore” potesse comprendere dei figli, complice anche la tenera età che avevano al tempo.
A Sherry si spezza il respiro in gola.
Nella sua mente, tutti loro sono orfani solo per colpa sua, e chissà in quanti non ce l’hanno fatta. Quel bambino in particolare è cresciuto senza la figura paterna anche per colpa sua, della sua maledetta fama che si era diffusa a macchia d’olio anche tra gli Spettri randagi.
Non ha idea di come agire, stavolta.
Delle fastidiose macchioline nere le appaiono davanti agli occhi per la mancanza di ossigeno e, d’istinto, li chiude, come se così i problemi potessero svanire, come se tutto potesse sistemarsi.
Senza volerlo poi, lascia riaffiorare l’ultimo ricordo che ha di Rafe…

«Andiamo, perché non vieni qui a prenderti cura del tuo uomo? Partirò tra poche ore, lo sai. Non vorrai mica che le tue mancate attenzioni mi portino sfortuna?» Fa leva sulle sue strane inclinazioni superstiziose per convincerla, con un tono così derisorio ed arrogante che è un miracolo se non gli strappa la lingua a mani nude.
Si limita però a sospirare, continuano a guardare davanti a sé. Il Sole sorgerà tra meno di un’ora ormai, e tutto attorno a loro è avvolto dal silenzio. C’è giusto il rumore di alcuni insetti a far loro compagnia, e di questo Sherry ne è davvero felice. A parte Fern, trova la presenza umana un qualcosa di davvero fastidioso. Malgrado in parte lo sapesse, si è rivelata una specie incredibilmente distruttiva, con la tecnologia che si sta evolvendo molto più velocemente rispetto alla moralità e al buon senso. Ogni generazione è più avida della precedente, e con ogni progresso tecnologico fa sempre più danni. Ragionando in termini di decenni, non si preoccupano per il futuro. Li considera ormai come un bambino che rompe un giocattolo per divertirsi, senza preoccuparsi che l’indomani non potrà più giocarci.
La sua, di specie, non è perfetta, anzi ormai non tiene neanche più conto dei difetti, ma almeno tendono a devastare solo loro stessi. Le loro terre sono prive di inquinamento, l’aria è pulita…
Se solo riuscissimo a migliorare anche il resto…
«Credimi, il sesso non cambierà l’esito di questa tua scelta idiota.»
Troppo stanca per muoversi, si limita ad ascoltare il rumore prodotto dal suo spostamento, e a trattenere la voglia che ha di frantumargli le ossa quando si inginocchia al suo fianco. Non sa bene cosa ci trovi in lui, con quella sua insopportabile arroganza e la superba convinzione di valere molto più di chiunque altro, e pensa di poter attribuire questa attrazione più che altro al suo aspetto. Rafe è indubbiamente un bel ragazzo, con il fisico possente, i capelli scuri sempre spettinati che gli ricadono sull’occhio bicolore. Trova affascinante questa sua caratteristica, che invece lui pare non tollerare.
Rimane indifferente anche quando, stringendosi possessivamente a lei, le preme l’erezione contro il fianco. Non reagisce neanche quando si china a baciarle la zona sensibile del collo, nella speranza di riaccendere il suo desiderio. Fare sesso è l’unica cosa che li tiene uniti in fondo, ma a lui basta e avanza. Un esemplare come lei è troppo raro e prezioso per lasciarlo andare “solo” perché caratterialmente incompatibili.
«Pensi forse che non possa batterlo?» Ridacchia, divertito dalla sua malafede, piegandosi poi velocemente per poter raggiungere uno dei piccoli seni, succhiandolo avidamente ed un poco dolorosamente.
«Non lo penso affatto, Rafe.» Risponde quasi seccata, indifferente alle sue attenzioni, malgrado il suo corpo con quei muscoli potenti coperti dalla pelle abbronzata e con quella lieve striscia di peli sull’addome che conducono al grosso membro non l’abbiano mai lasciata indifferente. Purtroppo per lui però, non riesce a provare attrazione nei confronti di quello che considera ormai come un morto che cammina. «Lo so per certo.»
Colpito nell’orgoglio dalla sua dura affermazione, la spinge con forza all’indietro, infilandosi con prepotenza tra le sue gambe. Le tiene una mano attorno alla gola e le mostra le zanne, incapace di accettare che non lo creda all’altezza del compito che si è prefissato.
«Non mi piace questo tono.»
«Ti consiglio caldamente di lasciarmi andare, o non arriverai neanche al momento della partenza. Non tutto intero, almeno.» Tiene un artiglio premuto sulle sue palle, fissandolo trucemente con i suoi veri occhi.
Per quanto spesso si comporti come uno stronzo altezzoso, non lo vuole morto. Rafe ha probabilmente più difetti che pregi, questo è vero, ma non merita di morire, tanto meno merita l’orrenda fine che Jäger gli riserverebbe prima di esalare l’ultimo respiro.
Facendo leva sulle braccia, si slancia all’indietro e rimane ritto sulle ginocchia a fissarla, reso cieco ed eccitato da un potente mix di rabbia, lussuria e superbia.
«Quando lo avrò ammazzato, non potrai più parlarmi così. Non lo tollererei mai dalla mia Regina.» E detto questo si rimettee in piedi. Dal momento che di fare nuovamente sesso non se ne parla proprio, vuole bere un po’ d’acqua prima di andarsene, magari anche mangiare ciò che rimane del procione che hanno preso come spuntino prima di andare alla sua tana.
«Prova a ragionare per un cazzo di secondo, una buona volta!» Gli ringhia contro, frustrata per la sua cocciutaggine. Pure i suoi fratelli adottivi hanno abbastanza sale in zucca da capire che lanciarsi contro Jäger è una mossa idiota, il fatto che lui invece non ci arrivi la destabilizza ed urta all’inverosimile. «Per quale motivo, secondo te, è tanto temuto sia al Nord che al Sud? Perché non sapevano di chi preoccuparsi e, completamente a casaccio, hanno puntato il dito contro il primo stronzo che passava?»
Sulle prime pare anche pensarci su, ma poi un sorrisetto arrogante gli increspa gli angoli della bocca, e Sherry capisce che sta solo sprecando fiato.
«Sono dei coglioni.»
«Tutti, eccetto te?!»
«Esatto.»
Non può fare molto per convincerlo a rinunciare, se non parlarci. Se lo massacrasse di botte e lo umiliasse, rimanderebbe solo l’inevitabile. Le basterebbe perderlo di vista per poco e lui partirebbe, ancor più deciso a volerlo affrontare per dimostrarle che si sbagliava. Soggetti simili non possono essere contenuti, motivo per cui Mezcal decideva di eliminarli subito.
Sospira, frustrata, e gli rivolge il miglior sguardo gentile del suo repertorio, con risultati discutibili.
«Rafe…»
«Non ti rende felice il pensiero che sto per realizzare il tuo sogno, Sherry?» Le prende il viso tra le mani, e la guarda con una tale eccitazione negli occhi che le dispiace solo di più per lui. La sua passione e determinazione sono ammirevoli, ma la sua superba arroganza lo rendono davvero cieco e stupido.
«Nessuno eccetto me realizzerà mai quel sogno, Rafe. Non lo permetterei a nessuno, pure tu dovresti arrivarci.»
Lascia scivolare un braccio attorno alla sua vita e la stringe a sé, sfiorandole il labbro inferiore col pollice mentre sfoggia un sorrisino sghembo che, per un secondo, le fa temere di doverlo davvero uccidere. Sarebbe certamente una fine più clemente rispetto a quella che gli donerà Jäger, ma non è il tipo che uccide i membri del suo stesso gruppo.
«Se non hai intenzione di usare questa bella bocca per succhiarmi il cazzo, allora puoi anche stare zitta. Non m’interessa il tuo inutile parere. Andrò al Nord e lo ucciderò, ecco quanto. Quando sarò Re, tornerò a prenderti, e tornerai buona, buona al Nord con me, come mia Regina.»
Malgrado non abbia più intenzione di provare a convincerlo in alcun modo a rinunciare, non dopo questa uscita infelice e maligna, le pare doveroso rammentargli un fondamentale dettaglio che pare sfuggirgli.
«Pur quanto tu sia forte, non sarai mai al suo livello. Io stessa sono in grado di ucciderti, e lui è su tutto un altro livello, un qualcosa che tu non puoi neanche immaginare.»
Le regala il suo sorriso più luminoso, prima di darle un appassionato bacio sulla bocca. Stuzzica per una manciata di secondi la sua lingua e poi, dopo averle strizzato volgarmente una natica nuda, si dirige verso l’uscita della tana con passo veloce e sicuro.
«Quando tornerò, riparleremo di questo tuo atteggiamento indisponente nei miei confronti, okay? Fino a quel momento, vedi di non dare a nessuno ciò che è mio.»
Andato, perso per sempre.
Non può fare niente per bloccarlo. Sarebbe tutto inutile, uno spreco di energie preziose, le stesse che dovrà sempre impiegare per proteggere la sua famiglia.
Nel momento esatto in cui sparisce per sempre dalla sua vita, un’idea folle prende forma nella sua mente: un giorno, chissà quando, avrà la forza necessaria per tenere al sicuro quanti più Spettri possibile, anche a costo di rompersi ogni singolo osso in corpo e di sudare sangue per riuscirci… e troverà il modo di cambiarli, plasmando così una nuova generazione di Spettri. Una più intelligente, più evoluta e pacifica, una che saprà far fronte comune di fronte al nemico.
Un giorno…


Questi ragazzini hanno perso tutto, sono soli al mondo.
Il suo branco ha sofferto troppo in tutti quegli anni.
Al Sud sono sul piede di guerra, pronti ad inzuppare la terra col sangue degli avversari tanto quanto con il loro.
Tutto questo è assolutamente intollerabile.
Apre di nuovo gli occhi, il respiro si è fatto forte e regolare.
I vari orfani le sembrano sul punto di una violenta crisi di pianto, mentre alle sue spalle un paio di Spettri stanno cominciando a parlarsi con toni un po’ troppo vivaci per i suoi gusti. Ad occhio e croce, capisce che lo stesso vale anche per Blackwood, che volta la testa per guardarli storto e ammonirli con un profondo ringhio.
Ma non basta. Non può bastare, non quando quei due sembrano fermamente convinti di ciò che stanno dicendo, non quando stanno cominciando a ringhiarsi contro di essere degli stupidi ed inutili animali rabbiosi.
In-tol-le-ra-bi-le.
Non sa dove stia trovando la forza per muoversi, neanche come sia riuscita a liberarsi dalla presa che Radish esercitava sulla sua mano, sa solo che si sta facendo spazio tra la folla, fino a ritrovarsi di fronte ai due. Ashton la guarda con timore e abbassa repentinamente il capo, consapevole del proprio errore, ma questo non è sufficiente. Lui, esattamente come l’altro ed anche tutti i presenti, orfani compresi, devono capire davvero qual è la maledetta posta in gioco.
Prima che riescano ad allontanarsi, li afferra con forza per i capelli e li picchia l’uno contro l’altro, lasciandoli poi cadere a terra con aria confusa e dolorante.
«Noi. Non siamo. Animali.» Sente una nuova rabbia montarle dentro, ed un sottile velo rosso le scende sugli occhi mentre li guarda, sconvolti dal suo scatto ed impauriti dalla possibile reazione di Blackwood. «Volete essere i loro giocattoli, il loro divertimento? Volete continuare a nascondere la coda tra le zampe, finendo poi con lo scannarci tra di voi? ALLORA, È QUESTO CHE VOLETE?!»
Il corpo è leggermente scosso dalla rabbia e dalla trattenuta violenza che le sta facendo bruciare i muscoli, ed anche Radish si sente come infiammare nel vederla così. Questa è la Sherry che gli ha fatto perdere la testa, quella che voleva sbattere su bancone del Neon la sera che la vide massacrare quei balordi. Malgrado non sia la Sherry con la quale avrebbe passato
troppo volentieri il resto della vita, è senza dubbio quella che gli ha fatto girare la testa all’inizio, quella che gli ha fatto affluire buona parte del sangue all’inguine in un istante e che, anche adesso, vorrebbe scopare spietatamente di fronte a tutti.
«È tutta la vita che vivo nella paura… e per cosa? Per essere trattata come un animale? NON LO SIAMO! POSSIAMO ANCORA SCEGLIERE!»
Gli occhi dei vari Spettri cominciano ad illuminarsi, di colpo affascinati, eccitati e mortalmente attratti dalla sua furia, sedotti dalle sue parole sputate con ferocia. Sono stanchi proprio come lei di quella vita, di doversi nascondere, di doversi sempre guardare le spalle.
Pure Blackwood segue i suoi movimenti felini con attenzione, sogghignando. Aveva sì capito che sarebbe stata un’alleata più che valida, ma certo non si aspettava che tirasse fuori una tale grinta. Essendo a conoscenza di più cose di quante forse vorrebbe, pensava che di fronte a tutti quegli orfani si sarebbe irrimediabilmente spezzata. Invece eccola lì, che fronteggia pure i suoi lupi, che li scruta con attenzione, che li ammalia senza doppi fini e senza menzogne, sbattendogli con forza la verità in faccia. Non è del tutto certo che sarebbe riuscito a fare altrettanto.
È deciso: con mio padre, ci parlerai te!
«Cos’hanno loro più di noi?! Sono dei CODARDI! Si nascondono dietro ad un folle! SANGUINANO, dalle vene, proprio come noi!»
Non ha mai provato una tale voglia di uccidere, non ha mai desiderato il sapore del sangue con una tale intensità. Per una volta però, non se ne preoccupa affatto. «COM-BAT-TE-TE! COMBATTETE PER L’ONORE! PER LO SPETTRO AL VOSTRO FIANCO! PER LA MADRE CHE VI HA MESSO AL MONDO! PER I VOSTRI FIGLI! PER IL VOSTRO FUTURO! PERCHÈ IL VOSTRO NOME SOPRAVVIVA!»
Ululati e ruggiti sovreccitati si levano con forza in aria. Tutti si sentono stimolati e caricati, adesso bramanti di sangue tanto quanto lei. Ashton ed il Cacciatore del Sud si stringono la mano, e si promettono di allenarsi in coppia, di insegnarsi l’un l’altro le proprie metodologie d’attacco.
Sherry, con passo lento e sguardo assassino, si dirige alla postazione originaria, rimettendosi così al fianco di Radish.
«Però, ci sai fare con i discorsetti…»
Sente la sua mal trattenuta eccitazione sessuale nella voce bassa e roca, sente il suo sangue scorrergli bollente e veloce nelle vene. Prima di poterlo afferrare malamente per un polso e trascinarlo in un luogo appartato però, è necessario spendere un altro minuto per non “mancare di rispetto alle buone maniere”. Mentre viene affiancata da un orgoglioso e sorridente Everett, si volta verso Blackwood e Nike e, dopo essersi squarciata il palmo con gli artigli ed aver portato il pugno chiuso in mezzo a loro, domanda: «Ho l’appoggio del Re e della Regina del Sud?»
Non che ce ne sia realmente bisogno, non quando loro lo vogliono morto da ben più tempo e per motivi altrettanto validi, ma non è cosa buona trascinare in guerra una fazione senza il suo consenso esplicito. Oltretutto, fare un accordo di sangue è un impegno non troppo differente da quello che ci si assume col partner scambiandosi il Morso, fatto che rende il tutto molto più potente.
Con un’impercettibile movimento, Everett allunga una mano di lato e, con l’ausilio di un artiglio, apre una piccola ferita nel palmo di Radish. In quanto Re consorte deve mettere per secondo il pugno insanguinato sul suo, malgrado gli venga negata la possibilità di battersi.
Per Radish non è certo un problema, abituato com’è ai loro graffi, e senza neanche pensarci porta il pugno su quello della moglie. In fondo se Blackwood l’avesse fatto prima di lui, alcuni avrebbero potuto vedere quell’ennesimo contatto fisico come una provocazione, e Radish sa bene che è meglio evitarlo.
Una volta fatto, Blackwood si muove in automatico, con un grande sorriso emozionato in volto: «Andiamo a spaccargli il culo.»
Nike mette poi a sua volta il pugno, seguita infine da Everett. Senza neanche volerlo, si sono effettivamente segnati dal più giovane al più grande.
«La nostra sarà una vendetta monumentale, dolcezza.» Gli occhi di Nike si macchiano di rosso sangue, un sorriso malevolo le si apre in volto.
Facendo un passo indietro, i quattro Spettri piegano la testa all’indietro e liberano i loro ululati, ed il gioco è fatto: di fronte ad un numero assai considerevole di testimoni, hanno sancito col sangue un’alleanza contro un nemico comune e, se non fosse sufficiente, gli hanno dichiarato guerra come unica fazione.





ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma ben ritrovati, amici lettori! 😘
In questi giorni sono andata a corre - non so tutt’ora dove abbia trovato coraggio e voglia, so solo che me ne sono pentita tipo subito -, e mi sono ritrovata a pensare “Cazzo, certo che la storia è lunga. Ma lunga davvero! Dove la trovano la voglia di continuare a leggerla? Madò, si fosse trattato di un libro, non lo avrei mai preso. Troppo lungo!” 😱 Poi però ho anche pensato che ultimamente sto leggendo un libro abbastanza grosso - che, malgrado tutto, mi garbicchia pure -… ma la verità è che non è un libro solo: è l’intera trilogia in uno!
E lì ho avuto l’illuminazione: fossi stata un po’ più intelligente, avrei diviso in più storie pure questa - probabilmente approfondendo alcuni punti che, spero di no, sono poco chiari! Invece sono una deficiente conclamata ed ho fatto tutto insieme.
Sarò stronza? Sì. 🙃
Suppongo che la prima parte - il primo “arco”, se vogliamo - si sarebbe potuta concludere (ovviamente modificando e/o approfondendo un sacco di cose), con Radish che viene inserito nel branco dopo aver massacrato Darren. La seconda parte si sarebbe potuta aprire introducendo Jäger, che scopre dell’esistenza del Saiyan, e concludersi o con la morte di Sherry, o con l’arrivo di Blackwood. L’ultimo “arco”, se così vogliamo chiamarlo, avrebbe visto infatti la guerra che tra poco scoppierà (e, badate bene, non sta scritto da nessuna parte che sarà una guerra luuunga, okay? Lì come cadono i Re, l’esercito è sconfitto, intendiamoci!**) e, soprattutto, il dopo. Perché ci sarà un dopo… eccome se ci sarà!😈

Perché vi ho mollato uno sproloquio sui miei pensieri? Non lo so. Non ne ho davvero idea e, in tutta onestà, avrei pure paura ad indagare, quindi prendiamo anche questo per una cosa normale e bene così! 🤪
Comunque, non so perché, ci tengo a dirvi chiaramente che sto scrivendo in modo abbastanza strano e che per questo gli aggiornamenti potrebbero - spero di no - subire dei brevi ritardi. La verità è che il mio cervellino si è impuntato su capitoli futuri, e se non scrivo quelli ora non riesco a scrivere questi come vorrei.
È un casino!


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


** tra l’altro, ho pure già deciso come intitolare il capitolo/i capitoli (a seconda di come mi gira, lo sapete)… e, boh, nel deciderlo mi sono pure sentita stupida a non averci pensato prima!

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 29! 💛

𝟛𝟡. 𝒜𝓇𝒾𝒶 𝒹𝒾 𝓉𝑒𝓂𝓅𝑒𝓈𝓉𝒶


L’idea di rimanere nel territorio di Roman non è piaciuta in modo particolare a nessuno. Per quanto più che abituati e più che ben disposti a dormire in mezzo alle fratte, il luogo in sé non li faceva sentire a casa, né troppo al sicuro. C’è qualcosa, in quel posto, che li infastidisce. Niente di reale, solo un qualcosa a livello mentale a causa della vicinanza col Nord, che gli impedisce tuttora di rilassarsi come vorrebbero.
Alla fin fine però, hanno stretto i denti, ingoiato quel boccone amaro, e si sono piazzati lì. Bisognava decidere che farne degli orfani, trovare più e più soggetti disposti a prendersene cura e, i due capobranco in primis, dovevano decidere in quali fazioni smistarli. Trattandosi poi di soggetti giovanissimi e, nella maggior parte dei casi, col sangue sporco, si sono pure rivelati delle pesanti zavorre, delle bocche in più da sfamare in un territorio che non avrebbe mai offerto abbastanza sostentamento per tutti. Ma come potevano voltargli le spalle? Soli al mondo ed indifesi, non avrebbero avuto una vita lunga, né una morte misericordiosa, così hanno deciso che, per il momento, se ne sarebbero occupati un po’ tutti, per poi decidere in seguito chi si prenderà cura di chi - sempre ammettendo che ci sarà un seguito. Darko ha pure avanzato l’idea che, volendo, potrebbero costruire degli edifici appositi per loro, e spronarli poi a contribuire come meglio potranno al branco che li prenderà, vivendo autonomamente. In fondo non sarebbe insolito che un bambino venga su per i fatti suoi, Sherry e Bree ne sono la prova lampante, e per questo nessuno ha controbattuto, decidendo unicamente di pensarci in un secondo momento e con più calma.
Rimaneva comunque il problema di come procurarsi il cibo sufficiente per sfamare tutti quanti, ed è stato Radish a trovare la soluzione. Dopo essersi legato frettolosamente i capelli, è letteralmente volato in mare, sotto gli sguardi attenti e curiosi dei presenti, e ne è riemerso con un giovane esemplare di capodoglio, del peso di circa sei tonnellate. Glielo ha mollato in spiaggia, affermando che optare per le grosse creature marine era la soluzione ideale, considerata la loro mole. L’idea non è piaciuto particolarmente, non dal momento che preferiscono ben altri tipi di carne, però alla fine hanno accettato con una smorfia simile ad un sorriso e, senza tante cerimonie, si sono catapultati tutti quanti a divorare quell’enorme creatura, non lasciandone neanche le ossa. Per quanto a Radish non dispiaccia osservare la compagna quando si nutre, vederli tutti insieme a crogiolarsi in quel fiume di sangue e viscere lo ha non poco disgustato.

Nei cinque giorni seguenti, sono tutti caduti in una sfiancante routine. Faticosa e quasi intollerabile sia per il corpo che per la mente, ma necessaria a non fargli pensare ossessivamente che stanno per buttarsi in uno scontro mortale come la loro razza non ne aveva mai visti prima.
Ogni singolo Spettro si è ritrovato a dover affrontare sessioni di combattimento estreme, riportando sempre più e più ferite. In genere queste venivano inflitte dai Guerrieri Z, che hanno la possibilità di entrare e di uscire praticamente a piacimento. Vegeta più degli altri si è lasciato andare a quella che più si avvicina alla sua reale ferocia, così da preparare al meglio i suoi allievi a ciò che li attende, attirando su di sé sia la curiosità dei combattenti migliori, desiderosi di apprendere il più possibile da lui, che delle poche donne single, che desideravano ben altro. Inutile dire che a Bulma la cosa non è andata particolarmente a genio, e neanche che le è bastato davvero poco per corrompere alcuni Spettri “amici” per far abbassare loro la cresta.
Pure Chichi, seppur senza una particolare convinzione, si è ritrovata coinvolta. Talvolta sfogava un po’ della frustrazione accumulata dando qualche lezione di combattimento corpo a corpo ai più giovani, ritrovandosi spesso e volentieri a doverli prendere a pugni quando si facevano troppo audaci a parole o con i fatti, ma per la maggior parte del tempo ha preferito prendersi cura degli orfani assieme a Fern e Lunch. Quest’ultima poi, ha provato sulla propria pelle un momento di estremo pericolo e terrore: dal momento che alcune ragazze avevano adocchiato Tensing, e che lei aveva malauguratamente starnutito, aveva imbracciato un’arma per allontanarle dall’uomo, ritrovandosi in un istante schiacciata dal peso di una di quelle creature. Le ha rotto le ossa delle braccia a causa del suo peso, ed è stato solo l’intervento nientemeno che di Sherry ad evitare la catastrofe. Se Radish poi non fosse stato tanto apprensivo da aiutare la ex amante a rimettersi in piedi e sincerarsi delle sue condizioni, l’Alpha le avrebbe pure dato un goccio del proprio sangue per rimediare alle ferite, ma il Saiyan è stato poco furbo e si è beccato lui stesso una ringhiata degna sia di nota che di applauso. Giusto Domino, che in passato aveva lievemente legato con la donna, ha voluto farlo, tenendosi poi ben alla larga dall’irascibile amica.
In verità però, quello che si è trovato più in difficoltà in assoluto è stato Muten, che ha raggiunto gli altri per offrire il suo aiuto negli allenamenti. Nessuno gli aveva chiesto niente in realtà, neanche i ragazzi che aveva precedentemente allenato avevano osato disturbarlo, ma è stato proprio per quei bizzarri ragazzini se ha sentito l’impulso di trascinarsi fino a lì. Di certo non è stata l’idea migliore che gli sia mai venuta in mente: se già di per sé l’anziano maestro è stato messo in crisi dalla moltitudine di donne spesso poco vestite, ritrovarsi faccia a faccia con la futura Regina del Sud è stata un’esperienza unica… e terrificante. Già sulle prime ha rischiato il collasso di fronte alla sua sfolgorante bellezza, quando poi ha osato allungare una mano verso il marmoreo ed invitante fondoschiena, in un istante si è ritrovato inchiodato alla corteccia di un albero, con la mortale presa di Blackwood attorno alla gola. Non se lo aspettava, non ci aveva proprio pensato, preso com’era dallo sbavare per Nike, ed è stato solo l’intervento di Radish ad evitare che serrasse maggiormente la presa e gli spezzasse l’osso del collo.
Pure il Saiyan, in un certo senso, è caduto vittima di una strana routine. Per quanto stanco e impegnato, ha sempre trovato abbastanza tempo per allenare quanti più Spettri possibile, arrivando a sorprendersi nuovamente per l’incredibile potenza - sempre trattenuta - di Everett, ed infine anche per quella di Blackwood. Quando lo ha attaccato per liberare Muten - a cui poi ha spiegato che è davvero necessario che tenga la lingua e le mani a freno se non vuole scatenare la loro mortale gelosia - si è reso conto che non solo l’uomo è sveglio, non solo è fuori di testa come un culo, non solo è premuroso e attento con la famiglia, no: è pure dannatamente forte e veloce!
In un certo senso, è arrivato a capire il fastidio che River nutre nei suoi confronti, un qualcosa di non troppo differente da quello che non troppo raramente nutre lui stesso per il fratellino.
Il problema di quella nuova - e spera breve - routine non era certo quello, anzi in realtà spera ardentemente che sopravvivano tutti - o quanto meno il 95% dei combattenti - per potersi divertire ancora in futuro. Il problema è nato nel momento in cui River, la sera stessa che si sono stabiliti nel Regno delle Fate, gli ha comunicato con un gran sorriso che Hurricane e Darko sarebbero stati i suoi personalissimi tutors. I due lo hanno così tenuto spesso occupato per un intenso “corso di approfondimento” sulle loro tradizioni, la loro storia e tutto ciò che deve sapere prima anche solo di pensare di mettere piede sia al Sud che al Nord.
Hurricane, in particolare, si è dimostrato indispensabile come tutore, tanto che Radish si è ritrovato ad essere grato a River per averlo convinto a dargli una mano - pur sapendo che l’abbia fatto con la latente speranza che lo infastidisse con il suo carattere poco trattabile. Darko certo non è da meno, con la sua sconfinata cultura, ma manca della sorprendente pazienza che invece ha dimostrato il più giovane. Pazienza che Radish attribuisce senza alcun dubbio a Roxane, sua moglie. La seconda sera che hanno passato lì, lo ha pure “costretto” a cenare vicini a lui e Sherry, rimasti sorpresi dal suo essere tanto accomodante nei suoi confronti. La giovane - e sfinita - Regina non è riuscita a trattenersi dal chiederle come lei, tanto dolce, solare ed espansiva, riuscisse a stare con un uomo tanto duro, glaciale e aggressivo.
Fin dal primo momento in cui l’ho visto, a dodici anni, ho capito di volerlo” ha confessato loro, con i grandi occhi scuri che brillavano “Non mi importava della sua reputazione, non mi importava della forza e della violenza che usava contro chiunque lo guardasse storto o gli parlasse alle spalle. Sapevo che non poteva essere così malvagio come dicevano, era troppo gentile per poterlo essere” ha aggiunto subito dopo, con un sorriso da un megawatt. Entrambi si sono rivisti molto nelle parole della donna e, senza neanche rendersene conto, Radish le ha avvolto la vita con la coda.
Malgrado la sua presunta gentilezza, però, non sono mancate le volte in cui, raggiunto il limite di sopportazione, Hurricane gli ha mollato un sonoro schiaffo sulla nuca, fissandolo con quegli inquietanti occhi perlacei. Non faceva altro, al contrario di Darko che gli urlava contro che era un asino ignorante ed altri vari insulti assai coloriti. Radish ha capito subito che si tratta solo di un suo strano e fastidioso modo per “resettarsi”, così da poter ricominciare lì dove l’aveva perso, e permettergli di assimilare più informazioni possibile.
Il Saiyan si è ripromesso silenziosamente che, in un modo o nell’altro, gliele farà scontare tutte quante.
I primi due giorni, Radish si sentiva così sopraffatto dalla moltitudine di informazioni da ritrovarsi, alla sera, con una tale emicrania che gli faceva quasi venir voglia di piangersi l’anima dal corpo. Se poi ci si aggiunge che Sherry era ad un livello di stanchezza pure superiore, e che entrambi crollavano addormentati mentre ancora si stavano baciando… beh, diciamo che gli prendeva solo peggio.
Ma poi, in qualche modo che non riesce ancora a comprendere, ma che vuole giustificare con l’irriducibile tenacia della giovane moglie, è riuscito ad adattarsi a quei ritmi, arrivando pure ad apprezzare i momenti con Darko e Hurricane, e sviluppando/rafforzando silenziosamente le migliorie che vorrebbe apportare ai due regni, una volta vinto lo scontro. Perché Radish vuole credere con tutto sé stesso che vinceranno, che quei quattro visionari fuori dal mondo la spuntino quanto più indenni possibile. La sola idea che le cose possano invece andare diversamente, che lei possa non farcela, è più dolorosa di una coltellata in mezzo alle spalle.
Durante le sue lezioni private, si è sorpreso di saperne sì parecchio, su quella bizzarra specie, ma solo sul livello comportamentale. In realtà, ha capito con sconcerto che non ne sapeva poi neanche troppo, perché i suoi, di Spettri, sono diversi da quelli cresciuti nel loro vero habitat.
Sono infatti pochi i lupi del Nord e del Sud che tollerano la presenza umana, e Blackwood è l’unico che invece ne è sinceramente incuriosito. Se gli altri però li tollerano, è solo perché hanno inventato cose utili, cose di cui possono appropriarsi senza sforzo e, talvolta, anche migliorare, così che abbiano un impatto minore sul loro ambiente. Ha scoperto che a quest’ultimo ci tengono molto, non sorprendendolo in realtà più di quel tanto. Insomma, vivono a strettissimo contatto con la natura, costruiscono le loro case nella roccia, usano i detriti che ricavano proprio da quelle per farne altre, ed hanno un fiuto e un udito molto superiori a quello che lui può anche solo immaginare: un ambiente caotico e sporco come quello di una metropolitana, per loro è praticamente intollerabile.
Un’altra cosa che ha scoperto, togliendosi così un piccolo dubbio che ronzava in testa da un paio di giorni, è che la maggior parte dei Re ha accumulato considerevoli ricchezze per il puro gusto di farlo e, talvolta, per abbellire i propri territori. Ha pure scoperto che Greywind si è cimentato in investimenti molto fruttuosi in quegli anni, fatto che gli ha permesso di acquistare l’isola e costruire la lussuosa abitazione per la coppia. A quanto pare è stato spinto a farlo proprio dal figlio, per un motivo che nessuno - Blackwood compreso - sa. Alla fine, suppongono sia stato semplicemente per noia.
Allo stesso modo, in un certo senso, pure Mezcal aveva accumulato una ricchezza assai considerevole, soprattutto se si considerava tutto ciò che aveva ereditato dal padre e via discorrendo. Le teneva nascoste però, così da evitare che i figli ci mettessero sopra le mani e le sperperassero nel mondo umano. “Non si fidava molto di loro” gli ha detto, con un sorrisetto Darko. “In realtà, non si fidava proprio. Se aveva fiducia in qualcuno, quello ero io. Comunque tutta quella roba dovrebbe essere dove l’aveva messa, a meno che Jäger non l’abbia trovata. Ne dubito però, così come dubito che ci sia ancora molto del vecchio arredamento. Sai, lui disprezza sinceramente gli umani. Se non li ha mai attaccati, penso che sia unicamente perché questo ambiente non gli interessa. Lui vuole i nostri territori e basta, altrimenti stai certo che non solo sarebbe uscito, ma sarebbe anche entrato in possesso delle Sfere. Grazie a Dio pare non esserne interessato, o forse ne è addirittura all’oscuro… non hai idea di quanto sia illimitata la sua ambizione!
Essendo comunque entrati nell’argomento “ricchezze”, ed anche dal momento che al Saiyan ribolliva il sangue solo per aver sentito quel nome, Darko gli ha spiegato che hanno il concetto del denaro, seppur in un modo un poco differente. “Lavoriamo e siamo pagati per i contributi che apportiamo alla società. Maggiore è il contributo, maggiore è la retribuzione, indipendentemente dal campo. Tuttavia, la ricchezza non è importante per noi quanto lo è per gli umani. Serve giusto per potersi prendere un piccolo territorio, ancora non rivendicato da nessuno, e per costruirci una buona tana per la famiglia. Persino il più pigro o scarso può farlo, non esistono i senzatetto dalle nostre parti. Significherebbe essere davvero inutili, e non lo tolleriamo. Per avere però qualcosa oltre ad un riparo e alle necessità quotidiane, devi fare qualcosa di produttivo nella tua vita. Le ricompense finanziarie infatti sono solo una parte del motivo per cui gli Spettri lavorano. Le motivazioni principali sono il buonumore, diciamo, del Sovrano, e la necessità di essere rispettati, di essere riconosciuti per i nostri risultati. Nessuno vuole vivere la vita, venendo guardato dall’alto in basso. Vedi, per noi avere una posizione bassa equivale ad essere degli emarginati… come lo sono i Mezzosangue e gli invertiti, modo dispregiativo con cui spesso vengono definiti gli omosessuali — anche se, e questo va detto, non sono pochi quelli che sperimentano finché non trovano il proprio compagno. In ogni caso, chi non ha mai fatto niente di utile nella propria vita, alla fine verrà trattato con disprezzo dagli altri, spesso pure ucciso. Avere una posizione elevata è molto più importante dell’essere ricchi, anche se le due cose di solito vanno di pari passo. In realtà, va di pari passo pure con la forza fisica. A partire dai primi due Sovrani - e se non ti ricordi i nomi, giuro che ti massacro - ognuno è stato libero di scegliere liberamente con chi condividere la vita, oltre che il letto. Malgrado fossero tutti consanguinei, dal primo all’ultimo, alcuni incroci genetici non andavano bene, e da lì sono nati velocemente gli ordini sociali, che si sono irrimediabilmente riflessi anche sui vari lavori possibili. Chi sta in fondo, è perché risulta troppo debole per entrare a far parte della guardia, così si ritrova a coltivare i campi, talvolta prostituirsi, e, al Nord, ad impedire che la popolazione degli axarat scenda sotto il livello ottimale. Più in alto ci stanno invece gli addestratori degli infanti, poi i membri della guardia e, in senso più esteso, dell’esercito, il Beta, che è praticamente al livello della famiglia reale, ed il Sovrano. Tutto chiaro?
A Radish quasi è colato il cervello giù dalle orecchie, in quel momento. Una valanga di informazioni dette con una nonchalance incredibile, come se anche per lui fosse tutto ovvio e scontato. Per grazia divina però è riuscito a non perdersi ed assimilare le varie informazioni.
Gli sono sorte spontanee anche un paio di domande, che hanno fatto illuminare il volto dello Spettro: “Cosa sono gli axarat? E cosa coltivate? Credevo che foste carnivori!
Ebbene sì, gli Spettri si occupano pure di coltivazione e allevamento. Al Nord si occupano principalmente degli axarat, creature dall’aspetto simile a quello di enormi insetti e dal sapore molto pieno e gustoso, ricchi delle sostanze nutritive che necessitano. Hanno anche altre creature, là sotto, alcune le hanno pure importante per “ampliare il menù” - anche se difficilmente sono sopravvissute allo stato brado, costringendoli ad allevarle in cattività. Hanno anche una flora diversa, dalle loro parti. Darko gli ha rivelato che al Sud cresce più rigogliosa grazie al clima più mite, ma anche al Nord possono dirsi relativamente ben messi, soprattutto grazie alle serre che si sono creati, così da non far morire tutto il coltivato durante i periodi più rigidi. Gli esemplari adulti non ne hanno bisogno, non dal momento che sono ormai perfettamente formati, ma alcuni le trovano gustose e le abbiano alle portate principali, così da variare un po’ con i sapori. Le loro femmine in dolce attesa, invece, tendono a mangiarle spesso durante i cinque mesi di gestazione, così che ai piccoli non manchino quelle sostanze nutritive, e, una volta svezzati, saranno introdotte nella loro alimentazione almeno fino ai tre anni. Però quel piccolo lusso ha un costo, e non per tutti è accessibile, così come non è accessibile una grande riserva d’acqua potabile. Al Sud pare di sì invece, almeno dall’ascesa di Greywind, ma Darko è certo che tutto il suo impegno e buon cuore non siano stati sufficienti a creare dei combattenti capaci e feroci come quelli del Nord, plasmati invece da climi più rigidi e venuti su solo con lunghe generazioni di incroci pressoché eccellenti alle spalle.
Specificando questo piccolo particolare, Radish ha capito una volta per tutte come mai buona parte degli Spettri, quelli fisicamente idonei al combattimento, siano così simili l’uno all’altra, con i corpi forti e muscolosi, l’altezza elevata e l’aspetto in generale molto gradevole: spesso sono frutto di unioni tra consanguinei!
Questa cosa dell’incesto verrà assolutamente abolita e proibita! Dio, che schifo…
Se queste notizie non fossero state abbastanza, Darko gli ha pure rivelato che ognuno dei due territori ha una superficie di circa 15 milioni chilometri quadrati. Di questo ne è rimasto non poco shockato, essendo infatti convinto che si trattasse sì di un territorio esteso, ma non fino a questo punto!
Gli ha spiegato anche che, volendo, ogni territorio si può considerare come diviso in cinque fazioni da enormi pareti rocciose, e vengono definite come “centri” - che, volendo usare un termine umano, possono essere definite come le loro metropoli. In quello più vasto - il primo nella quale ci si imbatte - è situata la famiglia reale, così che il Re abbia la possibilità di intervenire immediatamente in caso di invasione - com’è successo in passato. Dista infatti non troppi chilometri di distanza da dove si trova il ponte crollato, che un tempo univa i due regni. Ci sono poche costruzioni lì attorno perché è anche da quella zona che si accede al mondo esterno, e di certo non vogliono che qualcuno possa pensare di fare il furbo. Poi c’è il territorio riservato esclusivamente alle abitazioni e agli allenamenti della guardia - che però bivacca spesso e volentieri attorno alla tana del Re - e buona parte del resto dell'esercito. Altre due fazioni, invece, sono destinate alla restante popolazione, e l’ordine dei piccoli branchi deve essere mantenuto dai vari Alpha. L’ultimo centro, infine, è situato in mezzo agli altri due, ed è riservato agli edifici per la coltivazione nelle serre e per l’allevamento del bestiame, soprattutto quello importato dal mondo esterno.
Ha concluso il suo discorso affermando che, malgrado la posizione che si può raggiungere, l’aspettativa di vita in genere non supera - e spesso non raggiunge - i quarant’anni, poiché i più giovani sfidano i più anziani per poterne prendere i territori e la posizione. Giusto nei ranghi più bassi c’è la vaga aspettativa di campare un poco di più, visto che nessuno potrebbe volere niente da te, ma che a causa del pessimo tenore di vita è difficile anche in quel caso.
Sherry l’aveva messa giù molto più semplice…

Sono strani sotto diversi aspetti, per lui. Non necessariamente complessi, ma strani.
A parte alcuni tratti però, è arrivato a comprenderli davvero, non essendo poi troppo diversi rispetto alla sua specie. Sono combattenti, amano la lotta e bramano il sangue come poche altre cose, e trovano un grande sollievo sia fisico che mentale nei combattimenti.
Una differenza sostanziale però sta in un piccolo, ma non trascurabile dettaglio. Quando decidono di vincolarsi a qualcuno, quando davvero lo vogliono e perdono la testa l’uno per l’altra, niente e nessuno sarà mai capace di separarli. Sulle prime ha pensato che Hurricane si riferisse a quel tipo di legame che unisce lui e Sherry, ma lo Spettro ha specificato che quella è una cosa a sé, e che nella loro storia non sono stati in molti ad esserne colpiti. Anzi, per quanto ne sa, non è mai successo che si formassero ben tre coppie in meno di quarant’anni, e che lui dovrebbe considerarsi oltremodo fortunato.
Certo che mi considero fortunato! Anche se Sherry è una pazza incosciente, e che spesso questo legame pare più una maledizione che altro, mi sento davvero fortunato! In quanti possono dire di essere amati come lo sono io? In quanti possono dire di potersi davvero fidare della persona al loro fianco?
Hurricane, che nel frattempo stava tenendo sotto tiro uno Spettro di forse vent’anni che faceva lo splendido con Roxane, gli ha spiegato che sono di natura monogama, malgrado tutte le eccezioni conosciute dal Saiyan facciano presupporre l’opposto, e che sono disposti a qualsiasi cosa pur di tenere saldo il rapporto e al sicuro la propria metà.
Per quanto riguarda il discorso “figli”, Radish già sapeva che si trattava di un argomento un poco complesso e ambiguo, ma lo Spettro è arrivato a spiegargli, seppur svogliatamente, anche questo punto, dopo aver visto la curiosità nei suoi occhi quando hanno notato una giovane ragazza incinta rigirarsi brutalmente contro il compagno, che voleva unicamente farle un innocente scherzo.
Come Radish già sapeva, i loro maschi reagiscono in due modi differenti: o sono lieti della gravidanza della compagna e, di conseguenza, restano con lei e si occupano poi dei piccoli, o se ne risentono e la abbandonano, come fece Rafe, facendo nascere anche la possibilità che li attacchi, qualora prendesse troppo male la notizia. Lo sapeva e quindi non ne è rimasto affatto sorpreso, come non è rimasto sorpreso delle possibili reazioni delle femmine. Ciò che però non sapeva, è ciò che succede più nel dettaglio.
Le loro femmine in dolce attesa, infatti, possono essere vittime di notevoli sbalzi di umore a causa degli ormoni, e non è insolito che si rigirino contro il compagno se, per un qualsiasi motivo, in quel momento lo percepiscono come un pericolo. Stando a sentire Hurricane, pure sua madre allontanò Greywind a più riprese durante la gravidanza poiché lo percepiva come una forte minaccia per i piccoli che portava in grembo, ma l’uomo non se l’è mai presa. Fu proprio sua moglie, Yvonne, a calmarla ogni volta, così anche da tenersi il giovane e vivace marito fuori dalle palle mentre lei si faceva i comodi suoi. Che lui volesse allargare la famiglia era cosa risaputa, ma la giovane Regina ancora non se la sentiva particolarmente, e spingerlo tra le braccia di altre donne era la soluzione ideale per non farlo avvicinare al proprio letto. Meglio le altre che lei, no?
Un’altra cosa che Radish non sapeva, era del cambiamento radicale nella personalità del maschio quando accetta con entusiasmo la gravidanza della compagna. Diventa infatti iperprotettivo nei suoi confronti, tanto che non è insolito che le impedisca di allontanarsi per più di qualche metro e che sorga il grande rischio che tenti di attaccare ferocemente chiunque l’avvicini. Quando poi i cuccioli vengono alla luce, il neo-papà riesce di nuovo a lasciare più libera la compagna, poiché sarà molto più concentrato a proteggere i piccoli.
Il Saiyan, che non era decisamente interessato all’argomento, gli ha chiesto per quale ragione glielo stesse raccontando, precisando che bastava che gli dicesse che l’atteggiamento della futura giovane mamma fosse normale e non richiedesse alcun intervento, e Hurricane, facendo spallucce, ha candidamente risposto che ha sentito delle voci molto insistenti su lui e Sherry e, già che erano in argomento, gli era sembrato giusto metterlo in guardia per il futuro. Come per volerlo rincuorare, lo ha avvertito che comunque i piccoli necessitano di cure costanti solo fino ad un anno, massimo due, mentre dopo si muovono abbastanza in autonomia, e che in ogni caso prediligono lo stretto contatto con la madre, cosa che lo renderebbe di fatto molto libero.
Lo avrebbe volentieri eviscerato, perché il solo pensiero ancora gli mette i brividi e lo fa cadere in uno strano stato ansioso, ma si è limitato a chiedergli come, eventualmente, fanno fronte agli scatti d’ira dei maschi. Perché, a detta del Saiyan, non è possibile che lascino correre così, che permettano a qualcuno di attaccare per un mero istinto, un qualcosa che, sempre secondo lui, qualcuno potrebbe anche simulare per avere campo libero.
Con un luccichio quasi perverso negli occhi, Hurricane gli ha spiegato l’ennesima cosa di cui Sherry lo aveva tenuto all’oscuro. Non lo ha fatto per cattiveria, Radish alla fin fine lo sa: semplicemente non pensava che avrebbe mai messo piede nelle loro terre e quindi reputava il tutto trascurabile.
Siamo nati come cacciatori, Saiyan. Siamo predatori. Abbiamo bisogno della violenza, la desideriamo. Affinché la società rimanga quanto più pacifica possibile, abbiamo bisogno di uno sfogo, di un modo per risolvere i disaccordi che altrimenti porterebbero a conflitti e guerre. Ormai noi della guardia facciamo affidamento solo sugli allenamenti, mentre gli altri la risolvono in altri modi, fatto che ci porta spesso e volentieri a combatterli violentemente per raffreddare gli animi, ma un tempo usavamo l’Arena.
Arena?
È lì che ci recavamo per risolvere alcune divergenze inconciliabili. Se, ad esempio, qualcuno mi avesse fatto un danno irreparabile, potevo sfidalo nell’Arena, e doveva accettare la mia sfida o perdere gran parte della sua posizione sociale.
E cosa succedeva? Combattevate?” Questo nuovo argomento, per Radish, era assai più interessante di tutti gli altri messi assieme, dove gli venivano elencati i vari Re, cosa avevano fatto, chi aveva ucciso chi, i vari fratricidi/patricidi e via discorrendo.
Senza ombra di dubbio, Hurricane aveva la sua più totale attenzione.
Esatto. Non erano ammesse armi, ma tutto il resto sì. L’obiettivo era vincere, sottomettere completamente il nemico, mentre tutti gli altri guardavano.
Quando noi combattiamo, e sai che succede spesso, occorre avere un auto-controllo notevole per evitare di…
finire il lavoro. Come ti ho detto, siamo predatori, e il nostro istinto ci dice di distruggere l’avversario a tutti i costi. Ecco perché i combattimenti nell’Arena erano considerati tanto pericolosi, perché il risultato era quasi sempre fatale.  A dirla tutta, non era permesso uccidere in quel frangente, ma nessuno è mai stato perseguitato per averlo fatto. Anzi, finiva sempre col prendersi di diritto i suoi territori e, nel caso si trattasse di un Alpha, pure il suo branco, quindi ti puoi immaginare quanto volessero trattenersi! In ogni caso, ormai non ha importanza. Purtroppo non esistono più da quasi quattro secoli.
"
Perché?
Alla nostra Regina del tempo non piaceva l’idea dell’Arena, la considerava una barbarie - anche se, a parer mio, era solo amareggiata dal fatto che due figli suoi fossero stati massacrati in una sfida -, e così convinse il Re ad abolirla. Adesso non è altro che un enorme edificio in disuso. Facendo due chiacchiere in giro, è emerso che pure al Nord è andata così, ma l’hanno chiusa circa mezzo secolo dopo di noi. La cosa peggiore, forse, sta nel fatto che in genere un tempo risolvevano lì anche le delicate questioni della successione…
Te l’ha spiegato Darko, no? Si diventa Re o quando il precedente ti elegge o quando lo ammazzi. Un tempo pure i fratelli del Sovrano potevano rivendicare il trono, e per farlo dovevano sfidarlo nell’Arena. Chiudendola, è finita solo con l’immediata eliminazione della famiglia reale una volta che il nuovo Re sale al trono, così da evitare eventuali tradimenti in futuro. A mio avviso, è peggio questo… ma forse mi sbaglio, boh!

Non potreste riaprirle?” Perché non avrebbe dovuto chiederlo? Sarebbe così divertente massacrare tutti loro di botte dopo essere stato sfidato per qualche scemenza!
Tecnicamente sì, ma sarebbe necessario avere qualcuno disposto ad indagare un minimo sulle varie sfide, qualcuno che magari ha avuto la pazienza di studiare un minimo di giurisprudenza, così da essere certi che non abbiano usato la scusa dell’Arena per motivi idioti, come la noia o il gioco. Se non avessi già una posizione notevole ed impegnativa sulle spalle, potrei anche prendere in considerazione l’idea di farlo io stesso, ma anche la mia indole non mi renderebbe troppo idoneo.
Sentendosi in un certo senso smascherato, Radish ha tentato di mostrarsi pensieroso, come se realmente gli impostasse di ridare vita a quell’usanza per il loro bene, anziché per proprio diletto. “Porterebbe a dei vantaggi considerevoli? Riaprirle, voglio dire.
Di sicuro la violenza sarebbe più contenuta e meglio controllata. Se qualcuno avesse un problema con me o volesse il mio territorio, potrebbe sfidarmi anziché provare a prendersela con chi mi sta a cuore per spregio. Le vendette si verificano occasionalmente, soprattutto se si fa parte della casata reale, ma ci sono. E finiscono sempre molto male!
Beh, col senno di poi, a Radish non dispiacerebbe per niente se venisse riaperta almeno al Nord. Terrebbe sotto controllo le varie tensioni, eviterebbe scontri inutili alle loro spalle, e con i suoi riflessi e la sua forza avrebbe le carte in regola per evitare un sacco di morti inutili. Oltretutto, a ben pensarci, potrebbero essere anche il luogo ideale per mettere in atto anche altre piccole idee che gli sono balenate nella mente in quei giorni.
Non ha però espresso il proprio parere, limitandosi ad ascoltare lo Spettro che aveva ricominciato con spiegazioni più noiose. Ne avrebbe poi parlato con Sherry, qualora avesse trovato il momento adatto. Le pare così stanca e debole in quei giorni, pure più pallida del solito. Pur non mettendoci la mano sul fuoco, è abbastanza certo che abbia anche perso peso, e questo non gli piace.
Lei continua a dirgli di stare bene, si diverte pure a mangiare sotto al suo naso per rincuorarlo, ma lo sa bene che non è vero, lo sente. Sente la sua stanchezza, vede spesso il tremolio nelle mani e nelle gambe, vede che, quando sono lontani, si massaggia le tempie con fare esasperato e dolorante, e si è accorto che, il più delle volte, giocherella con la stessa porzione di cibo anche per mezz’ora, mangiandone solo piccolissimi bocconi per fargli vedere che non ci sono problemi.
Darko lo ha rassicurato, dicendogli che si tratta solo di nervoso a livelli stratosferici, e che presto tutto tornerà al suo posto. In quel momento avrebbe davvero voluto colpirlo, molto più delle volte in cui gli urla in faccia. Certo che si tratta di nervoso, non è un totale deficiente come s’immagina lui, ma seguendo quell’andazzo come potrà sostenere uno scontro mortale? Ai suoi occhi, soprattutto adesso, è troppo fragile e vulnerabile, malgrado la parte razionale del suo cervello sappia essere proprio il contrario. Se fosse per lui, non andrebbe mai da nessuna parte, rimanendo sempre al sicuro al suo fianco. Ma Radish sa che lo odierebbe, se solo ci provasse, se limitasse in qualche modo la sua indipendenza. Ha così provato a parlarne direttamente con lei, a trovare una sorte di compromesso, ma ogni singola volta in cui tentava di sollevare l’argomento, lei trovava anche più velocemente un modo per zittirlo.
Già che abbiamo parlato dell’Arena, penso che sia il caso che ti parli anche del Concilio, soprattutto perché, se le cose andranno bene, ne prenderai parte a breve.
Il modo in cui Hurricane tocca i vari argomenti, con quell’evidente distacco, nonchalance e scazzo nella voce, sorprende ogni volta il Saiyan. Darko non gli parla così delle loro faccende, se non quando l’argomento è per lui leggero e di poco valore. Questo è un altro motivo che lo sta portando ad apprezzare il più giovane, malgrado i ripetuti schiaffi in testa.
È una vostra sottospecie di Governo?
Sì, puoi vederla così.
E tu ne fai parte?
Sì, malgrado non sia un fan della politica. Talvolta, purtroppo, è inevitabile.
Tu sai che non abbiamo una democrazia; la tua stessa posizione lo rende a dir poco lampante. I membri del Concilio ne fanno parte in base alla posizione generale nella società.

In che senso? Si deve nascere nell’alta società o qualcosa del genere?
Non necessariamente, no. Come ti ha spiegato Darko, la posizione si guadagna col tempo, anche se c’è da tener conto del fatto che, chi nasce nei bassi fondi, nove volte su dieci non ha le capacità fisiche per alzarsi di rango… in ogni caso, si guadagna un posto grazie ai nostri traguardi e da quanto contribuiamo allo sviluppo e alla difesa del branco. Il concilio è inteso come oligarchia, poiché tutti quelli che ne fanno parte hanno un certo potere decisionale, e possono dire la loro al Re. Oligarchia che però si basa sulla meritocrazia— cazzo! Quanto la facciamo complicata!
Radish non sarebbe potuto essere più d’accordo con lui. Avrebbe anche voluto dirgli che, il più delle volte, sono dei rompicoglioni pluripremiati, ma lo scoppio di uno scontro tra due ragazzini lo ha dissuaso dall’offenderlo. In fondo, per quanto per lui possa essere innocuo, non è piacevole vedere Hurricane incazzarsi sul serio, soprattutto quando caccia fuori una voce che pare provenire direttamente dal mondo dei morti.
L’ha così guardato con un briciolo di noia mentre interveniva per separarli, sogghignando appena nel sentire i guaiti disperati dei due e le risate sguaiate di Blackwood e Lux, seduti da una parte.
Forse anche più di prima, l’idea di riaprire le due Arene gli è sembrata incredibilmente ottima e sensata.


Sherry, in quei giorni, non ha certo trascorso momenti migliori.
Per quanto la presenza del Saiyan riuscisse in qualche modo a distenderle i nervi, gli allenamenti intensivi alla quale viene costantemente sottoposta le stanno prosciugando ogni singola goccia di energia in corpo.
È stanca, sfinita, ogni muscolo le fa un male del Diavolo. Solo quando l’adrenalina entra davvero in circolo riesce a non percepire più niente, a lottare come se davvero ne valesse della sua vita, e ciò avviene solo quando si allena con Everett. Non che gli altri compagni d’allenamento siano troppo inferiori - Piccolo e Vegeta di certo non lo sono! -, ma c’è qualcosa nei movimenti feroci e brutali del fratellastro che accendono di prepotenza il suo istinto di sopravvivenza e di lotta.
Con lui riesce a migliorarsi e, soprattutto, a muoversi molto più velocemente. Per quando la stretta della mascella di Blackwood sia incredibilmente salda e dolorosa, non ha niente a che vedere con quella del maggiore. Sono proprio diversi, loro due: Everett è significativamente più feroce e si muove lasciandosi guidare quasi unicamente dall’istinto, Blackwood usa di più il cervello, tenta disperatamente di trovare i punti di cedimento e fa leva su quelli. Ciò lo rende indubbiamente un avversario assai temibile, soprattutto se si pensa alla sua naturale intelligenza e furbizia, ma per un allenamento non è il massimo. Potrebbe invece essere perfetto da scagliare contro un avversario davvero spietato e forte come può esserlo Apophis, cosa di cui, tra l’altro, hanno già discusso.
Perché loro hanno un piano d’attacco. O meglio, hanno un’idea.
Ne hanno parlato in privato dopo che si sono stabiliti controvoglia da Roman, dopo che Sherry era tornata tutta gongolante in mezzo a loro e Radish si occupava di rimettere in riga il numeroso branco. Dopo che Everett l’ha pungolata con una frecciatina al vetriolo, Nike ha assunto il comando della conversazione, indirizzandoli verso l’unico argomento della quale dovevano assolutamente discutere, soprattutto dal momento che erano finalmente da soli.
È stato un momento insopportabilmente teso e doloroso, perché davvero non avevano idea di dove mettere le mani. Rimanere da Roman era senza ombra di dubbio la mossa migliore, così da spingere Jäger verso un’unica direzione, ovvero il Sud, ma da lì come potevano muoversi? Tornando a casa in quel momento, addio effetto sorpresa e Jäger avrebbe velocemente escogitato una trappola mortale per tutti loro; rimanendo rinchiusi lì invece, rischiavano di non poter intervenire per tempo.
È stato Everett, con un’arroganza insopportabile nella voce, ad affermare che Roman è loro debitore, e che il minimo che può fare è proprio avvertirli in tempo, così che possano sbucare a tradimento sul campo di battaglia, tagliar loro la ritirata e picchiarli duramente sui fianchi.
Costatato questo, hanno poi dovuto pensare ad un modo efficace per poter elevare il loro livello di potenza. Occorrerebbero mesi di duro e incessante lavoro per far sì che i loro Spettri arrivino ad un livello sufficiente da tener loro testa con una discreta sicurezza, e di certo non hanno a disposizione tanto tempo. Ipotizzando si avere a disposizione al massimo una decina di giorni, si sono dovuti arrangiare diversamente, escogitando una manovra offensiva totalmente nuova.
Dopo che Nike ha affermato con un certo fastidio che dalla loro non hanno il numero sufficiente di Purosangue, gli unici davvero in grado di poter pensare di fare muro contro la ferocia del Nord, Sherry ha pensato ad una cosa che è riuscita a stupire e zittire tutti e tre.
È vero, loro hanno tanti Mezzosangue, e pure tra i Purosangue di notevoli ce n’è davvero pochi… ma se barassero? Se barassero in modo pesante, come erano soliti fare lei e i fratelli adottivi da bambini, per accaparrarsi nuovi territori in tutta sicurezza? In fondo è una guerra, e in guerra non ci sono regole. L’unica sua speranza, in realtà, era - ed è tuttora - che pure il loro odiato avversario non arrivi a pensare ad una cosa del genere.
Seppur quindi con una certa preoccupazione a causa di quella piccola specifica, le hanno chiesto con interesse a cosa avesse pensato. E la risposta è stata per loro assai eccitante: proiettili ad espansione riempiti con la loro stessa tossina e con i veleni che Major ha collezionato nel tempo. Non saranno sufficienti per trapassargli le ossa e quindi raggiungere il cuore o il cervello, questo è vero, ma saranno abbastanza per indebolirli e buttarli a terra, dando così modo e tempo agli altri di finirli. E saranno proprio i Mezzosangue a farlo, che arriveranno dopo tutti loro ed avranno così modo di ripararsi quanto più in alto possibile per sparare a tutti i lupi del Nord, che lei ed Everett faranno loro conoscere grazie ai loro ricordi. O comunque ordineranno loro di abbattere tutti coloro contro la quale combatteranno direttamente; per quanto la riguarda non c’è alcuna differenza, l’importante è solo fargli tanto, tanto, tanto male.
Nike l’ha guardata con una certa ammirazione mista a preoccupazione, dal momento che tutto poteva pensare tranne che fosse così meschina da usare simili sotterfugi, mentre Blackwood, con una scintilla malvagia negli occhi, ha affermato che non era decisamente abbastanza… e che dovevano procurargli quanto più diaurum possibile. Pur non avendo la totale certezza che un misero proiettile, seppur in quella lega, abbia la capacità di frantumare e trapassare le ossa del cranio o della cassa toracica, Blackwood è abbastanza sicuro che possano comunque penetrare abbastanza da incastrarvisi, rendendo così la possibilità di riprendersi in tempi brevi molto più scarsa.
Felici di questo, erano prontissimi ad andarsene per raggiungere tutti gli altri, ed ordinare così a Micah e Major di tornare indietro col veicolo di Bulma per recuperare le scorte. Purtroppo però Everett ci ha tenuto a ricordare loro che non combatteranno solo contro la guardia del Nord, ma anche con i loro flagelli: Apophis e Jäger.
Se per il primo si è offerto immediatamente Blackwood, affermando sprezzante che non ha mai potuto sopportare la vista di quella “faccia da cazzo”, per il secondo sono sorti più di un problema. I due futuri Sovrani del Sud sono ben a conoscenza del fatto che è Sherry a volerlo uccidere e che Everett le ha promesso che così sarebbe stato, solo dopo averlo malmenato il più a lungo possibile… ma come potrebbero fare loro due, se da solo è tranquillamente capace di farli fuori anche in coppia?
La potenza del Re è assolutamente fuori da ogni dubbio. Nessuno Spettro è mai stato al suo livello, nessuno ha acquisito un tale potere distruttivo come ha fatto lui, e di certo non si sarebbe lasciato fregare da un proiettile, quindi occorreva pensare e ripensare a tutto quello che sapevano sul suo conto, nella speranza di trovarne il punto debole. Alla fine, in realtà, non occorreva neanche pensarci troppo: se nella vita ha commesso degli errori noti a tutti, è stato sempre e solo quando di mezzo c’era Sherry.
Lei è il suo punto debole, lo è sempre stata.
Ma come usarla, senza esporla ad un pericolo maggiore? In fondo tutti proveranno a fermarla, tutti le saranno addosso. Uccidendo il capo, gli altri Spettri saranno costretti a chinare la testa al vincitore, in quanto nuovo capobranco.
Sherry però ha insistito: se, in qualche modo, riuscissero ad isolare il Re, giusto quel tanto che basta da esporlo alle zanne di loro quattro? Lei dovrebbe solo dargli il colpo finale, Everett non sarebbe stato costantemente in ansia, e tutti si sarebbero vendicati per i suoi torti riprovevoli.
Ma come allontanarlo? Non è un idiota, purtroppo, e capirebbe subito l’inganno. Occorrerebbe mandarlo davvero in bestia, offuscargli la mente al punto tale da renderlo incapace di capire davvero cosa sta accadendo.
Anche se ci riuscissimo… a quel punto? Inseguirà te e solo te, Sher.
Nessuno dei tre è riuscito a capire se Everett volesse unicamente distruggere il loro entusiasmo e le loro speranze, o se fosse solo così meticoloso e calcolatore da voler per forza pensare a mille scenari differenti e trovare una soluzione a tutti quanti. Sherry si è domandata a che pro, dal momento che basterebbe mettere fuori combattimento uno di loro quattro per rischiare seriamente di mandare tutto in malora. Non era però il caso di pensare a quell’eventualità disastrosa, non quando l’ennesimo conato di vomito rischiava di piegarla in due. Aveva bisogno di mangiare, un bisogno disperatissimo, ma in qualche modo il suo stomaco era ancora dolorosamente chiuso e la sola idea di provare a placare la nausea con del cibo le faceva provare solo più nausea.
Si è così alzata, pensierosa, e si è piazzata sul limitare della piccola piazzola isolata dove erano sono rifugiati. Poteva vedere tutti gli altri, da lì: poteva vedere i suoi amici fraterni che si affaccendavano per sistemare sé stessi, gli altri e per tenere al sicuro Bree; le donne più gentili del branco che avvicinavano con dolcezza il gruppo di orfani per farli calmare; il branco del Sud che si sforzava di avvicinarsi a quello dei randagi, così da poter interagire e legare un minimo; vedeva Radish che, con la sua sola presenza, li teneva in riga e discretamente calmi.
Se non avesse avuto la dolora sicurezza che il Saiyan non sarebbe stato in grado di controllarsi, lo avrebbe non solo fatto partecipare al loro piccolo dibattito strategico, ma lo avrebbe proprio fatto scendere in campo. Ma Radish non saprebbe trattenersi, la sola idea di lei che fronteggia il nemico lo riempie di una rabbia brutale.
Ha così spostato lo sguardo, tornando anche a concentrarsi su quella parvenza di piano - pieno zeppo di falle - che stavano costruendo, e gli occhi le si sono posati su un piccolo gruppo di cuccioli intenti a giocare alla lotta. I cinque principini del Sud si erano divisi in due gruppi distinti, con Sunshine che faceva la telecronaca con grande entusiasmo, ed ognuno degli improvvisati capobranco si era diviso il resto dei piccoli. Sherry non lo sapeva, ma erano arrivati quasi alle mani per potersi aggiudicare i figli di Maddox, e solo la principessina ha evitato il peggio, incenerendoli con i suoi occhi di fuoco.
Li guardava stancamente, pensando e ripensando quasi fino a fondersi il cervello, quando un’azione di Logan e il conseguente contrattacco della sorellina l’ha come illuminata.
La sua poteva essere un’idea stupida come poche altre, ma era anche l’unica che tutti loro avevano avuto. Per metterla in atto però, era assolutamente necessario che i due Spettri del Nord conoscessero perfettamente il territorio dove andranno a scontrarsi. Ancor più necessario, in realtà, era trovare la giusta escrescenza.
Ha spiegato loro la propria idea, con la voce che andava a mano a mano incrinandosi di fronte al loro scetticismo. Per qualche secondo ha temuto di aver detto la più grande vaccata del secolo, ma poi Nike le ha teso un braccio, invitandola a bere tutto il sangue di cui aveva bisogno per conoscere la morfologia delle loro terre.
La tua idea è folle, forse una delle più assurde che abbia mai sentito… ma può funzionare. Cazzo, può davvero funzionare! Pensateci un attimo! Mettendo Apophis fuori combattimento, lui rimarrà scoperto e non avrà la meglio su tutti e tre con tanta facilità. Se riuscissimo ad arrivare fino a quel punto, poco importerà del resto: non appena lei gli sarà addosso, non appena riuscirà ad affondare i denti nella sua carne e riuscirà a toccare il tasto giusto per fargli chiudere del tutto la vena, noi dovremmo solamente spianarle la strada, e il gioco sarà fatto! Sarà troppo danneggiato fisicamente per tenere il suo passo, e tutto filerà liscio.
Tecnicamente Nike aveva pure ragione, il suo ragionamento era lineare e preciso, ma i due Spettri sapevano sin troppo bene che in uno scontro come quello non si possono prevedere con facilità quel genere di cose.
Non avevano altra scelta che assecondarle però, perché quello era davvero l’unico piano con una buona percentuale di riuscita, così hanno deciso il da farsi: procurare a Blackwood tutto l’occorrente per forgiare quanti più proiettili avvelenati possibile, radunare i migliori cecchini Mezzosangue delle Terre di Nessuno - ed avvertire Major che sarà lui a capitanarli, non avendo mai sbagliato un colpo in più di vent’anni -, ed infine cominciare con gli allenamenti più intensi e distruttivi alla quale si siano mai sottoposti in vita loro. Avevano qualche dubbio su quest’ultimo punto, perché arrivare così esauriti al fatidico momento potrebbe rivelarsi fatale, ma Everett ha rimarcato la portata del debito che Roman ha nei loro confronti, e così ha tranquillizzato sé stesso e gli altri tre affermando che donerà loro il suo preziosissimo sangue. Ha più di mille anni sulle spalle in fondo, nessuno ha proprietà curative migliori.

È così cominciata anche per lei la sessione di allenamenti più intensi di tutti, dove è arrivata fisicamente a sputare sangue per migliorarsi. Il suo intero organismo la pregava disperatamente di smetterla, l’avvertiva in ogni modo che aveva raggiunto e superato il proprio limite e che, provando a superarlo ulteriormente, avrebbe rischiato solo l’autodistruzione. Ma Sherry non riusciva a fermarsi, non riusciva ad ascoltare neanche sé stessa. Le uniche cose che aveva fisse nella mente erano la vittoria finale, col cuore grondante di sangue di quel bastardo stretto nella mano, e la voglia malata di stare quanto più tempo possibile con Radish.
Se non si è però allenata direttamente con lui, non è per una questione di forza fisica o cose del genere, ma perché entrambi non ne sarebbero stati capaci: se lui infatti non sarebbe stato in grado di farle del male, lei non sarebbe stata in grado di tenere le mani a posto.
È infatti diventata particolarmente insaziabile, in quei giorni. Il suo desiderio per lui sembra non conoscere più alcun limite, e si ritrovano così a scopare finché non sono completamente sfiniti, quasi svenuti l’uno sull’altra. Non importa a nessuno dei due del luogo ormai, è sufficiente stare un poco lontani da occhi indiscreti e poi va bene tutto.
Alla fin fine però, questo loro appartarsi ad ogni minima occasione non ha stupito o infastidito nessuno. Tutte le coppie presenti tentano disperatamente di ritagliarsi momenti intimi, mentre per quelli ancora single è l’occasione migliore per darsi all’amore libero più sfrenato. Non sono infatti poche le volte in cui, mentre rimanevano accoccolati e mezzi sfiniti per terra, pure Radish riusciva ad udire in lontananza gemiti inconfondibili. Tanti, troppi gemiti. Sulle prime ne ridevano, domandandosi pure se i due scapestrati membri del Quartetto ancora su piazza arriveranno a concepire qualche bastardo in quelle orge, ma alla fine si ritrovavano semplicemente a rotolarsi di nuovo insieme, unendosi poi a quel coro di urla e gemiti incontrollati.
Ora come ora, davanti al fuoco scoppiettante che hanno acceso per arrostire un po’ di carne tutti assieme, Sherry non riesce a smettere di sorridere mentre guarda il compagno.
Malgrado tutti i problemi e le discussioni scaturite da quell’orrenda situazione, le pare in qualche modo rilassato, felice.
In questi momenti, non riesce mai ad evitare di osservarlo. È bello vederlo parlare con gli altri, interagire con loro come se lo facesse da sempre, vedere il loro rispetto nei suoi confronti. Ed è bello vedere che pure lui li rispetta, che non si considera solo come delle specie di animali sorprendentemente forti ed intelligenti: li considera ormai come un’estensione di sé, esattamente come dovrebbe fare un capobranco - o un Re - degno di questo nome.
Le piace poi osservarlo muoversi, con quei movimenti fluidi e predatori che sembrano riuscire sempre ad incendiarla da dentro. Vederlo poi in questo frangente, con i giochi di luci creati dalle lingue di fuoco che si muovono tanto sinuosamente, la situazione potrebbe facilmente sfuggirle di mano.
Anche se, pensandoci un istante, non potrebbe certo sfiancarlo più di quanto non ha fatto il giorno prima, all’alba. I festeggiamenti per l’ultimo dell’anno infatti si sono tenuti in ogni caso, con la speranza di poter alleggerire un poco la tensione e distendere i nervi, ed è stato proprio dopo il brindisi della mezzanotte, quanto per la stanchezza tutti stavano per crollare a terra più morti che vivi, che Mimì, desiderosa solo di abbracciarla e di farle gli auguri, le ha dato la notizia più bella che potesse sentire: essendo finito l’anno, era quindi scaduto il tempo massimo previsto da Papà Spettro per concepire il fantomatico principe. È stato in quel preciso istante che Radish si è trovato in difficoltà come poche altre volte in vita sua, con la compagna che, dopo un placcaggio impressionate, tentava di togliergli i vestiti davanti a tutti per festeggiare, ritrovandosi così costretto a scappare in volo con lei ben avvinghiata addosso. In un certo senso, tutto il sesso che ne è seguito può essere quasi paragonato ad un’esperienza pre-morte.
Malgrado la lieta notizia, il Saiyan le chiede sempre se per caso fosse entrata in calore, volendo poi la conferma da almeno un Segugio, così da non correre rischi.
«Se continui a fissarlo così, uno dei due rimarrà gravido.» Scherza con un sorrisetto Becca, dandole una lieve spallata. Sente che, in realtà, dovrebbe starsene di molto in silenzio, considerato tutto quello che sta facendo a Maddox in quei giorni, ma non poteva proprio perdere l’occasione di punzecchiarla così apertamente.
Sherry, seppur rendendosi conto che non sia proprio dignitoso fissare così il compagno, con lo stesso sguardo di un San Bernardo davanti ad un’enorme e succulenta bistecca, proprio non riesce ad evitarlo.
Il Saiyan, poi, in genere non si rende neanche conto che lo fissa. Se ne accorge solo quando sente il suo desiderio farsi così forte da causargli un’erezione totalmente ingiustificata, ed anche non poco imbarazzante. Solo ed esclusivamente a quel punto si accorge dei suoi occhi d’ambra che lo fissano, che lo studiano, che lo spogliano e gli fanno anche di peggio, e, senza dire niente a nessuno, l’afferra per un braccio e la porta lontano da sguardi indiscreti. Che poi siano perfettamente capaci di sentirli, non gliene può fregare di meno.
Se però non se ne accorge, è perché tutti lì in mezzo tendono a guardarlo molto. Ormai non ci fa neanche più caso, non dopo che ha scoperto che gli Spettri non considerano maleducato ricevere occhiate; al contrario, è un segno di rispetto guardare qualcuno direttamente. Per lui è ovviamente fastidioso, ma può passarci sopra senza troppi problemi.
Ma stavolta si accorge di qualcosa. Sente qualcosa montargli dentro, e non è più semplice desiderio. È un qualcosa di più profondo, quella stessa cosa che avverte quando sono calmi e isolati, stesi da qualche parte a non fare e dire niente. Succede quando la tiene stretta a sé, o quando è lui a rimanere mezzo sdraiato sul suo corpo, a bearsi del suo tocco leggero e delicato, inarcandosi come un grosso gatto che viene accarezzato.
Voltandosi verso di lei, la trova intenta ad osservarlo con un tenero sorriso sulle labbra, e sente che le gambe, seppur per un misero istante, hanno di colpo la stessa consistenza della gelatina.
Più trascorrono il tempo insieme, più il loro legame pare consolidarsi sempre di più, tanto che Radish si è reso davvero conto di non essersi mai sentito così magicamente vivo in presenza di un’altra persona. Va oltre il desiderio sessuale, oltre il semplice bisogno fisico. È come se ogni parte di lui desiderasse stare con lei, immergersi nella sua essenza. La vuole con una disperazione che non ha senso, con una passione che fa quasi paura nella sua intensità.
Si è domandato spesso se sia normale il modo in cui la brama continuamente. Ha sempre avuto una forte carica erotica, ma non aveva mai sentito l’impulso di avere una donna più e più volte. Con Sherry semplicemente non ne ha mai abbastanza, e non è sicuro che gli piaccia essere così dipendente dall’esuberante e testarda ragazza-lupo.
In generale, la sua ossessione per lei talvolta lo infastidisce in diversi modi. Per quanto lo renda felice, la profondità dei suoi sentimenti per lei è inquietante - secondo alcuni lo è davvero, malgrado il legame che li unisce. Se la dovesse mai perdere… Radish non riesce nemmeno a pensare a quella possibilità, con il petto che si stringe dal dolore ogni volta.
«Vedo che stavolta hai mangiato sul serio.» Afferma con una certa allegria mista a soddisfazione, mettendosi seduto al suo fianco.
In effetti stavolta ha davvero finito la propria porzione e, con sua enorme sorpresa, il suo stomaco pare averlo accettato senza obiezioni.
«Direi che merito un premio, allora!»
Il fatto che sia così di buon umore, lo rallegra non poco. Ultimamente è poco in vena di scherzare, malgrado si sforzi sempre di farsi vedere al massimo e piena di vita. Pur non mettendoci la mano sul fuoco, Radish è abbastanza certo che lo faccia non tanto per rincuorarlo, ma per fargli capire che non ha commesso un madornale errore a legarsi così a lei. Pensiero che, tra l’altro, non l’ha mai neanche sfiorato.
«Penso che si possa fare…» Sghignazza vicino al suo volto, lasciandosi baciare teneramente. Un tempo una simile effusione in pubblico, davanti a quella moltitudine di occhi che troppo spesso seguono i loro movimenti, lo avrebbe infastidito oltre ogni limite. Ma adesso, con lei, tutto gli pare normale. Anche essere baciato così, sentire il suo corpo stremato che si stringe al suo… è tutto dannatamente giusto.
«Che ne dici di fare una passeggiata lungo la spiaggia?»
Per quanto non abbia neanche bisogno di sentire la sua stanchezza per rendersene conto, sa bene quanto le piaccia fare due passi prima di addormentarsi. O comunque prima di attaccarsi l’uno all’altra come ventose fino a perdere i sensi.
Afferrando distrattamente un paio delle tante coperte fornite al branco dalle Fate, si alza di slancio, come se non avesse minimamente faticato durante la giornata, e l’aiuta ad alzarsi a sua volta, prendendola distrattamente per mano, giusto per rimarcare il suo possesso agli occhi degli altri maschi, conducendola poi con passo calmo verso la spiaggia.
È una serata particolarmente fresca, ma a nessuno dei due dà minimamente fastidio. Immersi nel loro rilassante silenzio, ascoltano le lontane chiacchiere del numeroso gruppo, il ronzio di alcuni insetti e il fruscio delle foglie nella profumata brezza.
C’è qualcosa di molto pacifico in quel momento, dall’oscurità della notte che li avvolge al quieto ruggito dell’oceano in lontananza.
Una parte del Saiyan vorrebbe disperatamente tentare nuovamente di convincerla a farlo andare con loro, mentre l’altra vorrebbe come minimo che gli spiegasse il loro piano d’attacco, senza limitarsi a quel fastidiosissimo “Gli faremo il culo tutti insieme, poi io gli strapperò il cuore!”. Purtroppo però sa bene che tentare di convincerla di qualcosa è l’equivalente di sbattere la testa contro il muro - inutile, doloroso e molto pericoloso. Oltretutto rovinerebbe la serata, e non può proprio permetterselo. Se avesse tante certezze adesso, come quella di avere a disposizione ancora più e più notti insieme prima dello scontro, non si farebbe poi troppi problemi nel tentare di nuovo, ma la possibilità che debba partire da un momento all’altro è troppo alta.
Sherry, avvolta dal grande e potente braccio del compagno, respira a pieni polmoni il caldo profumo della sua pelle. È felice, lì con lui, e l’idea che il delirio vero possa scoppiare da istante all’altro le fa solo apprezzare di più il momento. Sente ovviamente i sentimenti negativi che scaturiscono da lui, li avvertirebbe chiunque, ma non vuole indagare, non con la consapevolezza che gli farebbe nuovamente male e finirebbero solo con il litigare. Talvolta si domanda come facciano Blackwood e Nike ad andare d’accorso, a stare insieme da più di trent’anni senza alcun apparente sforzo, ma il principe stesso le ha detto che si scannano spesso e volentieri. "Ci sta, in un rapporto. Anche uno particolare come il nostro! Abbiamo sentimenti e idee come chiunque altro, e spesso possono non andare d’accordo. Basta solo entrare nell’ottica che, se lo si vuole, le cose si possono sempre rivolvere, usando il dialogo. Tranquilla, stellina, col tempo imparerai.
«Ti va una nuotata?» Le domanda con voce un poco roca, e Sherry riesce a scorgere la sensuale curva delle sue labbra nella debole luce della Luna.
Non si prende neanche la briga di rispondere, limitandosi a sfilarsi dalla testa il comodo e leggero vestito chiaro, per poi abbandonarlo sulla sabbia fresca. Per qualche ragione, di colpo sente molto più caldo, come se il Sole ardente stesse ancora splendendo su di loro.
Radish lo percepisce chiaramente, e quel ghigno diabolico che gli spunta quando sono soli si allarga ulteriormente. È vero, l’acqua non è il loro ambiente preferito per consumare, ma è certo che almeno lì non possono fare danni considerevoli, come quando hanno sradicato un albero nella foga. Al solo ripensarci, si sente un poco in imbarazzo: avevano grosse schegge conficcate nelle braccia, nelle spalle e nella schiena, e lo sguardo scocciato di Roman, giunto a controllare cosa fosse successo, non se lo scorderà mai. Probabilmente, non scorderà mai neanche tutti i fischi di ammirazione e di scherno ricevuti la mattina dopo.
Facendo qualche passo indietro, stende alla meglio una delle coperte, e poi si toglie i vestiti e getta via le scarpe, spargendo tutto in modo negligente sulla sabbia. Nel vederlo, a Sherry accelera il respiro: il corpo alto e muscoloso dell’alieno è ormai completamente nudo, e la luce della Luna rivela la dura erezione tra le gambe.
Non vuole però dargliela vinta, come ormai accade sempre più spesso. Per quanto il risultato sia sempre più che gradevole, l’idea di cedere come una ragazzina di fronte al suo corpo scultoreo di tanto in tanto non le va giù. Per questo corre subito in acqua, rabbrividendo silenziosamente. Forse fare il bagno di notte nell’oceano non è stata la migliore delle idee…
«Dove pensi di andare?» Le afferra rudemente i fianchi e la tira con forza a sé. «Io sarò sempre più veloce…» Mormora subito dopo, lasciando scivolare le mani in basso fin sulle natiche, facendola sollevare finché non gli stringe le gambe attorno alla vita. Prima che possa controbattere con qualche frecciatina, la zittisce per un bacio appassionato, spingendole la lingua nella cavità della bocca, ed in pochi secondi la sente sciogliersi contro di lui, con le mani aggrappate alle spalle.
«Sei mia…» Nel dirlo, la guarda con una tale intensità che Sherry non aveva mai notato prima. Non può certo dubitare delle sue parole, non con lui sepolto così in profondità dentro di lei, dentro il suo cuore. Malgrado quello che li unisce la faccia spesso sentire assai vulnerabile, la rincuora in qualche modo sapere che pure lei ha uno spaventoso potere su di lui.
Di colpo poi non riesce più a pensare a niente, solo a provare emozioni, mentre lui comincia a muovere i fianchi in un modo maledettamente lento ed esasperante. Non ci vuole niente che la tensione diventa insopportabile, e Sherry non riesce a fare a meno di implorarlo, chiedendogli di fare qualcosa per farla venire.
«Non ancora…» Mormora con soddisfazione, continuando a muoversi a quel ritmo follemente lento che la tiene ad un livello di intensità agonizzante. Ogni volta che sente il suo orgasmo avvicinarsi, rallenta ulteriormente, per poi spingere più forte quando la sensazione si riduce. È una vera e propria tortura, ma Sherry comprende, seppur a fatica, che la sta punendo per la sua ostinazione ad andare senza di lui.
«Radish, ti prego…» In qualsiasi altra posizione, sarebbe riuscita a fare qualcosa, a muovere i fianchi in modo tale da poter raggiungere l’orgasmo più rapidamente. Ma tenuta ferma in quel modo, con le sue braccia potenti a stringerla, può solo ringhiare dalla frustrazione.
Poi la vista le si oscura per un secondo, con i baci di Radish che la privano dell’ossigeno, finché non immerge le dita nei suoi capelli e le strattona la testa all’indietro, permettendole di riprendere fiato, lasciando svanire la sensazione di stordimento. Aumenta poi il ritmo, martellando i fianchi contro di lei, finché tutti i muscoli del corpo della ragazza sembrano stringersi contemporaneamente, per un piacere così forte da essere insopportabile… e poi può solo urlare, quando l’orgasmo la travolge con la forza di una marea.
Man mano che la sensazione orgasmica svanisce, Sherry si accascia tra le sue braccia, seppellendogli il viso nell’angolo del collo. Anche lui trema, e può sentirne il gemito roco mentre l’asta le pulsa dentro.
C’è qualcosa di incredibilmente intimo nello stare con lui in quel modo, sentendo la sua pelle nuda contro i seni e il membro dentro di lei. Sembra che voglia possederle più del semplice corpo, che voglia qualcosa di più del sesso.
Superati i postumi dell’orgasmo, Sherry riapre gli occhi e lo guarda. La sta fissando con un tale desiderio sul volto che il respiro le si blocca nella gola e lo stomaco si chiude nuovamente dal desiderio.
«Hai l’aria stanca sei stanca…» Mormora contro il suo orecchio, stringendo d’istinto le braccia attorno a quel corpo che, ne è sicuro, è decisamente più magro «Andiamo a stenderci?»
Sherry annuisce appena, lasciandosi trasportare sulla riva tra le sue braccia, e sospira debolmente quando la poggia delicatamente sulla morbida coperta. Non è certo la prima volta che dormono lì, anche se, in realtà, per stanotte avevano pensato di dormire in casa, giusto per non far sentire il Saiyan un completo animale selvatico.
Troppo stanca per muoversi e ricordarglielo, Sherry rimane lì, guardandolo mentre raccoglie da terra la seconda coperta per riscaldare entrambi. Il suo corpo è davvero bellissimo, tutto muscoloso, ricoperto da quella pelle liscia, calda e abbronzata, e la luce gelida della Luna riesce in qualche modo a valorizzarlo. Si sorprende ogni volta nel rendersi conto che probabilmente richiede immensi sforzi convivere con l’enorme forza fisica che si porta dietro. Gli Spettri, almeno in forma umana, sono assai avvantaggiati, seppur più vulnerabili.
Poi basta uno sguardo. Uno solo.
Se da una parte lei sente di non aver assolutamente più bisogno di una coperta per riscaldarsi, Radish si domanda se sia il caso di seguire l’istino o la logica. La parte razionale del suo cervello sa bene che è oltre ogni limite della stanchezza, che il suo organismo ha bisogno di molto più riposo di quanto non si conceda ultimamente, ma quella irrazionale… quella vede solo quel corpo forte e slanciato languidamente sdraiato su quella coperta dai colori sgargianti, e i suoi occhi lussuriosi che lo divorano.
«Interessante…» Mormora con eccitazione lo Spettro, abbassando sfacciatamente lo sguardo. Non che i maschi della sua specie abbiano qualche problema con i tempi di ripresa, ma ai suoi occhi nessuno può eguagliare il compagno neanche su quel fronte.
«Che tu ci creda o meno, non volevo che succedesse questo.» Afferma con un sorriso autocritico che gli fa piegare le labbra. Si inginocchia poi tra le sue gambe, il corpo teso e fremente dalla voglia malata di averla ancora e ancora «Sinceramente, non so perché non riesco a controllarmi con te. È come se dovessi entrare dentro di te tutte le volte che posso…»
Sherry si inumidisce le labbra, allungando un braccio verso di lui per farlo abbassare e stringerlo. «Dovrebbe forse dispiacermi?» Mormora poi contro le sue labbra, sogghignando quando le sbatte la bocca sulla sua, baciandola con un’aggressività trattenuta a stento, e in un istante è di nuovo dentro di lei, facendola gridare per la potenza della sua entrata.
È implacabile nella sua passione, con il fallo che spinge dentro di lei a un ritmo selvaggio e spietato, fino a trasformarla in pura sensazione, con la sua essenza ridotta all’essenziale e la sua persona sconvolta dal rapimento totale.
Per quanto adori svisceratamente questi momenti e queste sensazioni, Radish sa di non poter far durare il tutto quanto vorrebbe. Lei non ha più forze, pure la stretta delle sue braccia attorno alle spalle e quella delle gambe attorno al bacino sono ormai al minimo. Con la speranza che, una volta conclusa tutta quell’orrenda situazione, potrà finalmente recuperare tutto il possibile tempo perso, si lascia andare un’altra volta, stringendosi a lei quasi disperatamente.
Per un minuto rimangono così, con i corpi uniti, mentre il loro respiro torna alla normalità e i battiti cardiaci rallentano. Sherry non si è mai sentita così legata ad un’altra persona in vita sua. È come se avessero cessato di essere individui separati, come se l’atto sessuale li legasse in un modo che va ben oltre la fisicità. Riesce a sentire il cuore dell’uomo che batte in sintonia col suo, con il calore e il profumo del suo corpo che la circondano, coccolandola mentre la stringe nel suo abbraccio, piacevolmente pesante sopra di lei.
Rendendosi però conto del suo respiro un po’ affaticato, Radish si trascina stancamente di lato e la tira a sé, abbracciandola da dietro.
«Non voglio che tu vada.» Mormora piano Radish, stringendola un poco di più a sé. La sola idea che le possa succedere qualcosa è devastante, soprattutto da quando, un paio di sere prima, tutti gli Spettri hanno convenuto sul fatto che, qualora non dovessero farcela, non vogliono essere riportati in vita con le Sfere. “È una cosa contro natura”, dicono, “Se dovessi essere sconfitti in combattimento, è perché evidentemente doveva andare così, perché il mio tempo qui era finito”.
Sentendola stringersi contro di lui, sentendo la sua piccola mano che si aggrappa disperatamente alla sua nel vano tentativo di calmarlo, decide di tentare qualcosa che finora aveva ignorato, qualcosa che potrebbe sinceramente tranquillizzarlo.
«Promettimi solo che, se andasse male… non farai come mio fratello.»
Non c’è bisogno di dirsi una parola, non adesso. Lo sguardo ricolmo d’amore che gli rivolge ed un tenero bacio a fior di labbra sono sufficienti per entrambi.
Nel giro di un paio di minuti, crollano poi in un sonno profondo e privo di sogni.



A questo punto della sua vita, Greywind è fermamente e profondamente convinto di aver fatto qualcosa di davvero inumano, in una vita precedente. Deve essere così per forza, perché sennò non si spiega come gli sia potuta capitare una disgrazia come il suo primogenito.
Che fosse un bambino vivace, lo avevano capito che aveva giusto tre mesi, quando scavalcò nel cuore della notte e senza particolare sforzo la barriera della culla che condivideva con i fratelli, e si schiantò di faccia sul pavimento. Non gliene importò niente e cominciò a gattonare in giro, per poi pensare bene di mutare e andare ad infrattarsi in un buco dentro il quale non sarebbe neanche potuto entrare, tanto era piccolo.
Hanno poi capito che era molto vivace quando cominciò a saltare da una parte all’altra, pur essendo consapevole di non essere fisicamente in grado di coprire certe distanze o che sarebbe inevitabilmente finito in mezzo ai rovi.
Blackwood è sempre stato agitato, mosso da una vitalità che nessuno si è mai spiegato e una curiosità al limite dell’auto-distruttivo.
Le hanno tentate tutte con lui, e sicuramente la costante presenza di Nike al suo fianco ha contribuito a fargli trovare una parvenza di equilibrio… ma adesso è lampante che ogni sforzo è stato assolutamente e miseramente vano.
Scappare così, all’alba di quella che sarà una guerra devastante, per quanto sicuramente breve, è stata una mossa che non si sarebbe mai aspettato da lui. Per cosa, poi? Perché si era convinto che un principe del Nord, con il quale aveva una sottospecie di rapporto amichevole, era tornato in vita!
Mio figlio è un demente conclamato… ma come gliela faccio pagare, stavolta? Figuriamoci se alla mia età devo arrivare a pensare a come punire un cretino di trentasei anni! E non solo lui, ora che ci penso, ma anche l’altro cretino!
«Grey!»
Massaggiandosi stancamente le tempie, si volta verso Arus, amico d’infanzia, migliore amico, fratello di zanna, Beta e pure consuocero. Se c’è qualcuno che potrebbe mandare affanculo per sfogarsi, senza creare nessun risentimento, quello è senza ombra di dubbio lui.
Ma c’è qualcosa nella sua voce, una nota di assoluto allarme che gli impedisce di dar sfogo a tutta la frustrazione.
«Dei Segugi del Nord sono entrati nel territorio. Non seguono alcuna formazione, corrono ovunque e rimangono quanto più separati possibile.»
Doveva immaginarselo. Le sfighe, d’altra parte, non vengono mai da sole.
Giuro che se sopravvivo anche a questo, quando poi ti ribecco…
«Un diversivo?» Domanda dirigendosi a grandi falcate verso di lui, ignorando la presenza di una piccola parte della sua guardia nel corridoio. I più giovani, tra l’altro. Ciò non lo sorprende minimamente: i più veloci sono andati dietro ai Segugi del Nord, così da poterli spingere tra le fauci di quelli più forti, mentre i più anziani staranno già evacuando le zone abitate, radunando i combattenti e allontanando tutti gli altri.
Sono cresciuti assieme, lui, Arus e i membri più anziani della guardia; sanno benissimo come vuole che si agisca in determinati momenti, così come sanno che l’allontanamento dei due figli e della portentosa Alpha lo ha non poco turbato.
«È probabile, ma come proviamo ad avvicinarci al ponte, altri ci sono subito addosso.»
Beh, è normale. Ma non troppo, in realtà… perché mandare avanti dei validi combattenti, sapendo che così verranno decimati, anziché entrare in campo per primo? Nessuno dei suoi può tenere facilmente testa a lui e allo psicopatico violento che sta sempre al suo fianco, questo lo sa pure lui.
Perché, quindi, non attaccare per primi? A cosa mira? Qual è il suo piano? Non può neanche sapere della mancanza di Blackwood, non quando sono stati attentissimi a non far trapelare neanche una parola al di fuori della famiglia reale.
«Molti di loro sono riusciti a spingersi molto a Sud, mio Re. Stanno puntando a qualcosa, ma non riusciamo a capire cosa.»
L’uomo che gli ha parlato è più giovane di molti dei suoi figli. Se non sbaglia, ha compiuto venticinque anni da poche settimane, e da un paio di mesi è diventato papà per la seconda volta, di nuovo di due bambine. Greywind davvero non se lo perdonerebbe mai se dovesse provare l’agghiacciante dolore di perdere una figlia…
«Yvonne!»
È bella, la sua Yvonne. Ed è anche una donna con la quale, in genere, è bene misurare le parole, così che non dia in escandescenze e ti scaraventi addosso qualcosa. Lui lo sa bene, dal momento che sin da piccoli si divertiva un mondo a farle perdere la pazienza. Col senno di poi, Blackwood non si è mai risparmiato proprio perché l’ha visto fare a lui.
La donna lo raggiunge con passo svelto, i lunghissimi capelli d’ebano ondeggiano ad ogni movimento, e negli occhi verdognoli c’è un chiaro velo di rabbia mista a terrore. Sa bene cosa sta per accadere, ne hanno parlato parecchio in quei giorni, e sa altrettanto bene che Greywind non le permetterà di scendere in campo.
«Prendi le donne, i bambini e tutti quelli inadatti al combattimento, e portali subito al tunnel a Sud. Ricordi quale intendo, vero? Lo usavamo da bambini per andare in superficie senza essere seguiti, lo abbiamo chiuso alla meglio quando mio padre cominciò a sospettarlo. Te lo ricordi, vero?»
Non vuole ascoltarlo. Non ci riesce. In ballo ci sono troppe vite. La sua, quella dei loro figli, dei loro nipoti e di tutti gli Spettri che hanno giurato di guidare e proteggere il giorno che sono ascesi al trono.
«Grey…»
«Dovete andare tutti laggiù, uccidete qualsiasi lupo del Nord vi si presenti davanti. Sbarrate l’entrata e, se sentirai l’ululato di Jäger, scappate in superficie. Ti basteranno un paio di spallate per tirare giù la parete, lo sai. Dovrai poi condurli da Roman, mi raccomando.»
«Non puoi allonta—»
L’afferra con forza per le spalle e la scuote con vigore, costringendola a sopprimere il turbinio di emozioni che le stavano per offuscare la ragione. Le femmine di Spettro sono notoriamente più deboli dei maschi, e gli Spettri del Nord sono capaci di una ferocia che loro immaginano a stento. Lo sa perché lo ha visto di persona, in uno di quei rari momenti in cui lui e Mezcal dovevano confrontarsi su terreno neutrale, anche per scambiarsi un paio di cose a favore unicamente dei territori. Ricorda bene quei cuccioli che si azzannavano non per gioco ma per pura cattiveria, per una sete di sangue che in pochi avevano sviluppato prima. Ricorda anche la potenza disarmante di quel cucciolo dal vello grigio, e la perfidia intrinseca del suo giovane gregario col vello corvino.
Greywind ha sperato fino all’ultimo che il giovane ed instabile Re del Nord abbandonasse il suo folle desiderio di conquista, arrivando lo stesso e col cuore in mano a chiedere al suo stesso popolo di stringere la cinghia e di allenarsi più duramente, nel caso fosse stato necessario contrastarlo.
Col senno di poi, avrebbe dovuto ucciderlo da piccolo, quando ancora non poteva rappresentare una vera minaccia… Mezcal sarebbe stato più semplice da affrontare. Ma come avrebbe potuto uccidere un cucciolo? La sola idea gli faceva stringere a pugno lo stomaco.
Sente di aver sbagliato tutto quanto, dal non aver trovato una soluzione per tempo alla minaccia esercitata da Jäger, al non aver creduto alle parole di Blackwood. Se magari gli avesse dato retta, se non gli avesse remato contro così apertamente…
«Yvonne, non posso combattere al meglio, sapendovi in campo.»
Sua moglie, la donna che ha giurato di proteggere e alla quale ha disperatamente cercato un compagno che potesse adattarsi alla loro bizzarra situazione per renderla felice, la donna che gli ha dato dei figli vivaci, forti e che lui adora più di ogni altra cosa, la donna della quale si fida di più in assoluto e l’unica alla quale ha mai chiesto consiglio, ha gli occhi ricolmi di lacrime. Per lui, questa è come una pugnalata nello stomaco.
Non vuole lasciarlo, non vuole abbandonarlo al suo destino. Non è il mero istinto predatorio che è in lei a parlare, è il suo cuore, quello che spesso tiene celato a tutti perché sennò si sentirebbe vulnerabile.
Lascia che lo stringa forte, che si aggrappi a lui probabilmente per l’ultima volta e, carezzandole dolcemente la testa, le mormora all’orecchio: «Adesso vai, dolcezza. Sii cauta e muoviti velocemente. Conto su di te.»
Con la morte nel cuore la guarda allontanarsi, con le loro figlie che fanno capolino da dietro una porta. Sono spaventate, sente i loro cuori battere a mille mentre stringono con forza i corpicini dei loro piccoli. I loro compagni le sorpassano con enorme sofferenza, e Hart, compagno di Yvonne da almeno vent’anni, lo affianca dopo aver salutato con un bacio fugace l’amata.
Pure i suoi figli maschi arrivano velocemente, allarmati da quegli ululati fuori posto che hanno precedentemente udito. Sono pronti ad immergere il muso nel sangue, la paura non li tocca realmente e per questo Greywind vorrebbe avere la possibilità di prenderli a pugni ripetutamente.
È vero, tutti affermano ripetutamente che la paura non frutta niente, ma invece è un qualcosa di necessario nella vita, poiché manda gli impulsi e gli stimoli necessari per poter reagire al meglio in un combattimento, se saputa tenere sotto controllo.
«Vorrei che Blackwood e Nike fossero qui…» Mormora Hart, con una malcelata tensione nella voce.
«Non penso che farebbero molta differenza.» Arus, pure per Greywind, diventa indecifrabile nei momenti di reale tensione, e questo è solo un bene. Un Beta che si lascia prendere dal panico prima di uno scontro, sarebbe la più tragicomica delle barzellette.
Oltretutto Greywind lo sa bene quanto sia incazzato a morte con la figlia, scappata senza lasciare traccia assieme agli altri. Quasi, quasi, adesso spera di sopravvivere unicamente per sentirli litigare.
Uno strano suono attira però la sua totale attenzione, spezzando con forza ogni suo pensiero. Un rumore come di un oggetto metallico che impatta contro una superficie dura, ma non riesce a capire cosa l’abbia provocato.
Il lugubre ululato che ne segue, gli fa semplicemente gelare il sangue nelle vene.
«Sperate solamente che tornino in tempo… e che il principe Everett e la bastarda di Mezcal siano al loro fianco.»



 

ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma ben ritrovati, amici lettori! 😘
Ce l’ho fatta! Non so come, ma ce l’ho fatta! Certo, è tardi eh, ma è sempre venerdì! 😄
Sappiate inoltre che ho un disturbatore ufficiale, che mi impedisce di scrivere in tutta calma.
Il suo nome è Felix, ed altri non è che il mio gatto ciccione (avrei voluto chiamarlo Champa - ed il fratello secco Beerus -, ma mia madre mi ha battuta sul tempo… 🤬). Con lui, il discorso che i gatti sono anaffettivi non vale una ceppa, perché non mi si stacca dal culo neanche due minuti. Ora ha anche deciso che è necessario - penso proprio per la sicurezza mondiale - che lui dorma al mio fianco, appiccicato al mio braccio o direttamente sul petto (e sei chili di gatto schiaffati sulle tette non sono il massimo). Viene da sé che scrivere al pc lo infastidisce alquanto, e quindi prova a boicottarmi in ogni modo possibile.
È violento, il piccolo stronzo.
Ma parliamo del capitolo, anziché del gatto di Satana!
Voi non immaginate - e se lo fate, mi spiace un casino per voi - le difficoltà che ho avuto nel creare tutta la loro società. E non è tutto (quando mai?!), perché sto pure creando un minimo di fauna e flora, simile ma comunque diversa per i due habitat!
Ma quanti problemi posso avere nel cervello? Eh? QUANTI?! 🤪
Comunque sì: sia il Nord che il Sud contano una superficie poco inferiore a quella della Russia. Niente male, eh? (Di certo non potevo piazzarli in una pineta, non quando hanno le dimensioni che hanno e necessitano di spazi piuttosto vasti per poter correre tranquilli)

In tutto questo, da una parte abbiamo Radish sì preoccupato per lei, ma anche discretamente a suo agio nel suo mondo - nel suo vero mondo -, dall’altra invece abbiamo lei che rimane in piedi con lo sputo, e col cervello che ormai è a tanto così dall’andare irrimediabilmente in frantumi. Pensate un po’ quanto potrebbe farle bene tornare al Nord, luogo dove sono disseminati ricordi traumatici ad ogni passo! 😍

Beh, direi anche basta. Oltretutto Felix il maligno mi sta arpionando la spalla, perché io sono una brutta persona cattiva e continuo a battere sui tasti del pc, infastidendolo… (AIUTO!😥🔫😾)

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 30! 💛 Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite 💛; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Mirwen, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️. Ringrazio in ultimo (ma non certo per importanza) anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚
Ed ora… cominciamo!

 

𝟜𝟘. 𝒪𝒸𝒸𝑜𝓇𝓇𝑒 𝓊𝓃𝒶 𝓂𝑜𝓈𝓈𝒶 𝒹𝒾𝓋𝒾𝓃𝒶!



Se c’è una cosa che Karin ha sempre desiderato con tutto il cuore, è essere apprezzata dal suo Re. Un’altra cosa, decisamente più improbabile se non proprio impossibile, è essere desiderata da lui.
Quando li ha riuniti nella piazza principale, essendo ormai pronti allo scontro, non ha esitato un solo istante prima di offrirsi per guidare i Segugi oltre il ponte, servendo così non solo come primo diversivo ambulante, ma anche per piazzare i riproduttori.
Non ci ha neanche pensato, la sua fedeltà e l’istinto di protezione verso il Re sono troppo radicati nel suo cuore e nella sua testa, ma una parte di lei, una piccolissima e assai dolorosa parte di lei, non ha fatto altro che sperare che lui abbassasse gli occhi sulla sua figura, che per una volta non la guardasse con indifferenza, rabbia, fastidio o addirittura disgusto. Ha sperato che la guardasse, magari addirittura che le sorridesse, e che le dicesse che non doveva andare lei, che sarebbe stata molto più utile al suo fianco. Desiderava che la tenesse con sé fino alla fine, e che poi la conducesse nelle sue stanze, per tenerla ancora più vicina…
Ma lui non ha abbassato gli occhi su di lei. Non l’ha degnata neanche di un misero sguardo, continuando a concentrarsi sugli Spettri più forti per schierarli a piacimento. Neanche Apophis, al suo fianco, ha pensato per un solo istante di darle davvero attenzione, limitandosi a fare un gesto vago con la mano per indicare agli altri Segugi di seguirla.
Ha sentito il cuore infrangersi ancora, mentre correva verso il ponte crollato. Da quanto il dolore era forte, non si è neanche resa conto di aver saltato, di aver corso a perdifiato per i territori rivali. Da bambina si chiedeva come fossero, le sarebbe piaciuto esplorarli, scoprire tutte le possibili differenze. Mentre correva, invece, non ha guardato niente. Non riusciva a concentrarsi a dovere sui nemici che l’accerchiavano, e non aveva neanche la reale intenzione di combatterli. Li avrebbe tenuti occupati correndo qua e la, questo è fuor di dubbio, ma non li avrebbe combattuti, non quando le loro zanne e i loro artigli le avrebbero fatto meno male dei suoi sentimenti.
Mentre Yvonne, la glaciale regina del Sud, la placcava brutalmente e le affondava gli artigli nella coscia, si è domandata se fosse proprio la sua incapacità di sopprimere davvero le emozioni ad averla resa tanto repulsiva agli occhi di Jäger. In fondo è sempre stata una buona combattente, e l’occhio mancante non ha mai creato alcun disturbo a tutti gli altri corteggiatori. Perché rifiutare le sue avance? Perché non prenderla in considerazione?
Mentre i riproduttori venivano accesi tramite connessione remota, facendo così disperdere le forze del Sud, ignare dell’inganno, ed Yvonne le stringeva la mascella attorno alla gola, si è ricordata che il suo amatissimo Jäger ha praticamente sempre fatto entrare nel suo letto lo stesso genere di donna. Le ha sempre volute piuttosto snelle, con un seno piccolo e la carnagione pallida, i capelli neri e gli occhi scuri. Voleva giovani donne che potessero in qualche modo ricordargli lei, quella bastarda maledetta che gli è entrata dentro con la forza di un uragano… Dio solo sa quanto la odia.
Avrebbe dovuto occuparsi di lei quando era piccola, ma non ne ha mai avuto davvero occasione. Gli altri erano fedeli al loro principe e non l’avrebbero mai toccata davvero, non senza un suo ordine diretto e preciso, mentre le ragazze temevano ripercussioni troppo gravi per un simile affronto. Lei da sola non aveva la sua ferocia in combattimento, quindi sarebbe stata solo brutalmente umiliata.
Le ha rovinato la vita. Da quando è venuta al mondo, venendo risparmiata da Mezcal, per il suo Jäger è diventata come un’ossessione, e a lei è stata definitivamente tolta la possibilità di entrare nelle sue grazie.
All’inizio voleva capire perché vivesse, perché Mezcal la tenesse in vita, e lei sarebbe stata ben lieta di spiegarglielo, se lo avesse scoperto per prima. Poi però ha sviluppato come dei sentimenti, per lei. Lei che non lo ha mai voluto, al contrario suo che si sta facendo ammazzare per aiutarlo nella sua gloriosa impresa.
Voleva solo poter stare al suo fianco, le sarebbe andato bene in qualsiasi modo. Voleva che la guardasse senza traccia di disprezzo, almeno una volta prima di morire.
Ma adesso sta morendo, con la tossina di Yvonne in circolo e un’emorragia inarrestabile che le toglie sempre più forze.
L’unica sua dolorosa soddisfazione, è andarsene col suono dei primi nemici che vengono abbattuti per soddisfare l’ambizione del suo grande desiderio…


Se la situazione non fosse quella che è, Radish chiederebbe più che volentieri a Jane quale potrebbe essere il significato del sogno che da più di una settimana lo perseguita.
Freddo, distese innevate, un paesaggio che pare finto tanto è perfetto… e quel maledettissimo richiamo di sottofondo.
Non riesce a capire cosa sia né mentre lo sogna né dopo, ricordandolo perfettamente, neanche lo stesse ancora sentendo in lontananza. Sa solo che lo attrae e mette in allarme al tempo stesso, spingendolo a cercare qualcosa di sconosciuto per quelle lande desolate.
Ma la situazione attuale non permetterebbe alla giovane Mezzosangue di ascoltare a dovere le sue parole, figuriamoci se le permetterebbe di analizzarle. Verrà lasciata indietro, lei. Verrà lasciata lì con i bambini, gli adolescenti e le donne incinte, poiché tutti incapaci di sostenere uno sforzo simile.
Radish non riesce a fare a meno di osservarla adesso, illuminata debolmente dalle prime luci dell’alba. Trema come una foglia, non si rende neanche conto di star piangendo. Lui capisce bene il suo dolore e i suoi timori, perché li sta provando sulla propria pelle.
Pip andrà con gli altri. Niente e nessuno avrebbe mai potuto convincerlo del contrario, non quando di mezzo c’è la sicurezza della sua Jane, di tutti quei piccoli che hanno deciso di prendere con sé. E non solo: di mezzo ci sono anche i suoi fratelli adottivi, quei pazzoidi che già sono in prima linea, ci sono tutti quegli Spettri con la quale ha stretto amicizia, e c’è l’onore di sua sorella.
Lo invidia, Radish, perché lui può scendere in campo, può combattere con ogni mezzo a sua disposizione, può fare qualcosa. Lui, invece, è costretto a rimanere lì, a guardarli allinearsi mentre Sherry e Blackwood parlano con Roman.
«Non era necessario che veniste anche voi.» Mormora a denti stretti quando Gohan e Chichi lo affiancano. Non sa né come abbiano saputo dell’inizio dello scontro, né perché siano venuti fin lì, dal momento che non possono aiutare, ma in un certo senso gli fa piacere. Non dovrà affrontare tutto quello da solo, e qualcuno potrà trattenerlo quando l’odio e il risentimento per Roman si farà insopportabile, quando il dolore lo accecherà totalmente.
«Ha salvato la vita di mio figlio e la mia, Radish. Se posso aiutarla in qualche modo, qualsiasi modo, lo farò.» Risponde duramente Chichi, osservando quei mastodontici animali che si mettono ordinatamente in linea. Come faranno ad arrivare in tempo non lo sa, ma è certa che abbiano un piano d’azione. «Ho contattato anche Bulma, stanno arrivando anche gli altri.»
Radish vorrebbe davvero dirle che è fatica sprecata, che tanto nessuno di loro potrà fare assolutamente niente per aiutare… ma a che pro? Cosa gli verrebbe nel ribadirlo nuovamente?
Vorrebbe essere vicino a Sherry, adesso. Vorrebbe solo andare da lei, prenderle una mano e guardarla nei suoi occhi adesso gelidi e pieni di una ben mascherata paura per dirle che andrà bene, che crede in lei e che ce la farà, ma sa che non è il momento di perdersi nei sentimentalismi. Ha un esercito di Spettri incazzati a morte che bramano solo la guerra e la morte dei loro avversari a cui badare, le sarebbe d’intralcio. Per dirle tante smancerie avranno tempo dopo la battaglia… almeno è quello che spera.
Gli è però difficile crederci a pieno, dopo ciò che ha visto. Perché Roman ha mostrato ai quattro Spettri al comando e a lui quanto stava succedendo, e in quel momento si è sentito un po’ morire dentro.
Sono tanti. Davvero tanti. E la loro forza è spaventosa, Roman lo ha dolorosamente ammesso. La parte razionale di Radish, per quanto in quel momento non fosse poi troppo capace di farsi sentire, ha pure un poco ammirato la furbizia di Jäger, capendo perché negli anni abbia investito tanto sui suoi lupi, perché li abbia nutriti tanto bene, perché li abbia costretti ad allenamenti impensabili: la forza del branco dipende da chi ne fa parte. Più forti sono le singole parti, migliore è il risultato. Il capobranco stesso acquista sempre più potere, tanto che la forza dei singoli elementi cresce. Glielo ha spiegato Darko, ma allora non aveva badato davvero a quel velo di timore che gli copriva gli occhi chiari. In quel momento però lo ha capito in pieno: Jäger ha aumentato a dismisura il proprio potere, aumentando quello dei suoi combattenti.
L’unica cosa che ha potuto fare in quel momento, è stata sperare con ogni fibra di sé stesso che Sherry riesca ad uscirne quanto più illesa possibile.
Sentendo qualcosa di morbido premergli contro la spalla, si volta, incrociando i grandi occhi perlacei di Mordecai. Non gli pare particolarmente impaurito, e in realtà non se ne sorprende molto.
Inutile arrovellarsi, bro: o la spuntiamo o stiriamo le zampe. Così è la vita, in fondo!
Seppur lo faccia incazzare a morte ammetterlo - ovviamente solo con sé stesso -, quel grosso bestione con la pelliccia color castagna ha ragione: la vita è così. Tutto è veloce e frenetico, non puoi sapere dove vai a cascare, non puoi sapere quando e come arriverà la tua ora. In un certo senso, fa bene a non preoccuparsene - anche se, col senno di poi, andare così calmi in battaglia non è poi troppo normale.
Senza grandi esitazioni, gli passa una mano sulla testa, passandosi quel grande orecchio peloso tra le dita. Sa che agli Spettri non dispiace per niente, arrivando anzi a fare delle specie di fusa quando vengono grattati proprio in quella zona. Non si metterà certo a fargli i grattini però. Non li ha mai fatti neanche a Sherry, figuriamoci se comincerà proprio con lui!
«Vedi di riportare a casa la pelliccia, chiaro? Abbiamo ancora una festa in sospeso.»
Ecco, mostrarsi premurosi proprio nei suoi confronti forse non è una gran mossa, e lo intuisce da genuino entusiasmo malatissimo che gli accende gli occhi in un secondo. Fortunatamente però non fa niente di strano o imbarazzante, limitandosi semplicemente ad abbassarsi fino a poter strusciare la testa contro Gohan e ripetendo poi il procedimento con Chichi. Si è affezionato anche a loro due, era ovvio che andasse a salutarli. Un po’ meno ovvio, è che li salutasse come se dovesse partire per una delle sue devastanti vacanza e non per una guerra, ma trattandosi di Mordecai nessuno pensa di controbattere le sue scelte.
Lo osservano poi in silenzio mentre va a posizionarsi in cima al branco, prendendosi di prepotenza un posto tra Glover e River.
I Mezzosangue, trattenuti nelle retrovie, osservano silenziosi i movimenti dei compagni, mentre lasciano passare davanti quella che viene definita la “Punta”, composta dagli Alpha e dai migliori Cacciatori, seguita poi dagli altri meno talentosi ed infine dai Segugi. Prima di partire, saliranno in groppa a quest’ultimi e salteranno giù prima che varchino il confine, così da potersi arrampicare dove gli è stato indicato per sparare fino all’ultimo colpo. Una volta finite le munizioni, scenderanno in campo e proveranno ad uccidere chiunque gli sbarri la strada.
Adesso rimangono tutti spalla a spalla, sbuffano e agitano la testa, stufi dell’attesa, con i possenti muscoli che tremano dallo sforzo di trattenersi.
Hurricane, ansioso di affondare le zanne nelle gole nemiche - se Dio lo volesse, magari proprio in quella del loro odioso Capitano -, si volta indietro a osservare i suoi compagni d’armi, e vede musi contratti dalla rabbia, volti grondanti di sudore, occhi che brillano di rabbia e paura, membra contratte nella spasmodica attesa dell'attacco. È il momento in cui ognuno di loro guarda da vicino la morte, il momento in cui il desiderio di vivere è più forte di qualunque cosa.
È l'ora di liberarli dalla morsa dell'angoscia e di gettarli all'assalto.


Jäger non riesce a comprendere perché nessuno, prima di lui, abbia mai pensato ad un piano così maledettamente semplice per invade l’altro territorio.
Sì, insomma, era tutto sotto ai loro occhi, non c’è voluto alcuno sforzo per riuscire nel proprio intento. Modificare dei riproduttori generalmente usati dagli esseri umani durante le battute di caccia, così da fargli emettere il loro richiamo, non è stata una pensata poi così assurda. E costruire un’assai spessa lastra d’acciaio per ricongiungere i due ponti? Banale e, secondo il suo parere, schifosamente scontato. Certo, forse è stato un poco ostico capire come fissarlo alle due estremità, dal momento che o sarebbe caduto per le vibrazioni prodotte dai loro movimenti o lo avrebbero tirato giù i cani del Sud, ma chiunque con il suo acume mentale e, soprattutto, con tanti soggetti disposti a morire atrocemente per lui, avrebbe velocemente risolto. E infatti eccolo lì che, con una noia mortale negli occhi, osserva quegli inutili scarti del suo popolo saltati dall’altra parte che, dopo aver scavato grossi e profondi buchi nella roccia, lo stanno fissando quel tanto che basta perché non possa essere tolto facilmente.
Si aspettava una difesa migliore da Greywind. In particolar modo, si aspettava che almeno quel folle esagitato di Blackwood capisse l’inganno, falciasse brutalmente chiunque gli sbarrasse la strada, e poi accorresse a liberarsi della maledetta congiunzione che permetterà una facile invasione. Invece no, non si è mostrato.
A ben pensarci, non ha neanche udito il suo ululato per radunare la sua guardia personale.
Ha scoperto che Everett è ancora vivo ed è corso a cercarlo… che carino.
Ma, se è così - e lui sa bene che è così -, perché non sono arrivati entrambi? Ed Hurricane? Quello attaccherebbe anche il suo riflesso nello specchio quando di umore davvero nero, da quel che si dice. Perché non provare ad intervenire? Che Greywind glielo abbia impedito? No, impossibile. Greywind non ha il potere sufficiente per trattenere Blackwood in un simile frangente, figurarsi se sarebbe in grado di trattenere Everett!
Loro due non ci sono. Sono al piano di sopra… e quel pazzo si è portato dietro i suoi. Ma perché? Per radunare quei buoni a nulla che seguivano la mia piccola Sherry? A quale scopo? Cosa possono fare un branco di randagi contro dei cani così ben addestrati? E, soprattutto, perché non sono ancora tornati?
«Qualcosa non va, Jay?» Apophis, fermo al suo fianco destro, è incredibilmente calmo. Credeva che sarebbe stato più euforico il giorno in cui avrebbero messo in atto quel piano sulla quale fantasticano sin dall’infanzia, e invece, per adesso, non sente niente di particolare. Le poche urla di dolore che ha udito in lontananza non hanno ancora acceso il suo istinto predatorio, non hanno innescato la sua reale bramosia di sangue. Può solo sperare che la situazione migliori non appena le prime fila della guardia attraverseranno il ponte.
«Proveranno a chiuderci su un fianco.»
«Chi?»
Gli Omega che non verranno usati in battaglia, poiché dovranno mettersi a lavoro non appena loro avranno finito e donare fino all’ultima goccia di sangue qualora fosse davvero necessario, riattraversano in fretta e furia il ponte ricongiunto e, con la coda tremolante tra le lunghe zampe magre, sono costretti a passare davanti a tutti gli altri per tornare alle loro abitazioni. Si lasciano andare a degli acuti guaiti quando vengono morsi per spregio, affrettando il passo non appena li superano tutti. Vogliono solo rintanarsi nelle loro piccole tane con la speranza che, chi tornerà vincitore, non andrà a cercarli per sfogare l’ultimo barlume di follia scatenata dalla violenza e dal sangue.
«Resta al mio fianco, Apophis. Ed anche tu, Daryl.» Si volta appena solo verso l’amico, trovandolo attento e pronto a tutto «Stiamo per ricevere una bizzarra sorpresa.» E detto questo, reclina il muso all’indietro e libera il suo ululato, che ha come scopo quello di lanciare alla carica il suo esercito.
Mentre li vede sfrecciare davanti a sé, con il pelo irto in mezzo alle scapole, le orecchie basse e le zanne snudate, non riesce a trattenere un ghigno malevolo e carico di eccitazione: «UCCIDETELI TUTTI!»


Sono accorsi il più velocemente possibile, nella speranza di poterli seguire per dare man forte, ma è bastato vedere lo sguardo spento e addolorato di Radish per capire che no, non sono ben accetti in casa loro. Il che, in realtà, è assai sbagliato, dal momento che non sono in pochi lì in mezzo a volergli mostrare da dove provengono.
Fern, che come Bulma e Chichi è ancora in pigiama e si stringe una coperta leggera sulle spalle per tenersi al caldo, non riesce a smettere di piangere. Si stringe con forza alla scienziata mentre guarda quei giovani e impavidi Spettri che ha cresciuto con tanto amore adesso disposti in una fila ordinata, pronti a scendere in campo, a rischiare le loro vite come se non fossero niente di importante.
Vorrebbe gridare a tutti loro di fermarsi, di ragionare, di non andare da soli, di farsi aiutare almeno un po’, ma sa bene che non l’ascolterebbero mai. Se questo motivo non fosse sufficiente, Amos e Maximilian si sono messi dietro le sue gambe, poiché la considerano a tutti gli effetti come la loro nonna e di conseguenza la loro tutrice in assenza dei genitori. Se adesso si mostrasse debole, anche loro cederebbero di nervi. Non può permettere che accada. Non esiste.
Deve tenere duro per i suoi nipotini adorati, deve smettere di piangere immediatamente e ricomporsi, riassumere il suo solito portamento fiero e così rincuorare i suoi piccini. Deve farlo anche per Tristan, che l’anziana signora ha deciso di prendersi come nuovo figlio adottivo, con grande gioia del piccolo orfanello. Se quella donna è riuscita a crescere dei soggetti simili, vuol dire che anche per lui c’è la reale possibilità di diventare qualcuno, un giorno.
Nike, nel frattempo, sta passando davanti ad ognuno di loro, e gli sta mettendo in bocca un piccolo pezzo di carta imbevuto nel sangue di Roman, e le strabilianti conseguenze sono visibili ad occhio nudo: tutti loro si stanno animando ulteriormente, i muscoli sembrano gonfiarsi, il vello farsi più lucido, e un alone oscuro pare avvolgerli uno dopo l’altro.
Roman, prima del fatidico incontro con Angelina, non era l’uomo che conoscono. Reprimeva il suo reale carattere ed esprimeva unicamente il lato animale, quello feroce e selvatico, che lo ha portato a continue lotte contro chiunque gli si parasse davanti, facendo così crescere il suo potere. Non erano insoliti pure gli scontri col fratello e la sorella, che mai una volta sono riusciti a batterlo.
È sempre stato astuto, capace di individuare velocemente il punto debole dell’avversario e su quello fare leva per una vittoria più veloce, e un tempo era senza ombra di dubbio lui lo Spettro più forte in assoluto, fattore che gli ha permesso di tenere tutti gli altri costantemente sotto scacco. Il fatto che, con Angelina, si poi arrivato anche a collezionare più di un migliaio di anni di vita, rende il suo sangue ciò che di più prezioso e potente si possa trovare.
Non vi sono contenuti i suoi ricordi però, dal momento che è più che capace di nasconderli perfettamente dal primo all’ultimo se necessario, ma questo è irrilevante: la carica di energia e forza che poche gocce sono capaci di scatenarti nell’organismo sono tutto ciò di cui si può aver bisogno.
Avranno poche ore a disposizione prima che l’effetto svanisca e siano così costretti a fare affidamento solo sulle proprie energie, ma a nessuno di loro interessa. Gli scontri tra Spettri non durano mai a lungo, non dal momento che la mossa decisiva è ammazzare il capo. Fatto quello, il resto del branco sarà fisicamente costretto ad abbassare la testa e sottomettersi al vincitore, in quanto sarà quello il loro nuovo leader. Se, per esempio, Greywind dovesse cadere sotto le zanne di Jäger, tutto il Sud sarebbe fisicamente costretto ad arrendersi a lui, almeno sulle prime. Il giuramento di fedeltà dovrebbe avvenire subito dopo, ma è abbastanza evidente che, in questo particolare caso, nessuno di loro lo farebbe; diverrebbero quindi tutti dei traditori, e ciò segnerebbe la loro condanna a morte immediata.
Non c’è un solo Spettro, tra i presenti, che non sia consapevole di ciò, e per questo si ritrovano sorpresi nel vedere quanto Blackwood, Timo, Nike, River e Hurricane riescano a mantenere i nervi saldi. Al loro posto, forse nessuno ne sarebbe capace.
In realtà, però, nessuno dei cinque ha alternative. Se si lasciassero andare al panico e ai sentimenti, non ne uscirebbero vivi. Devono per forza mantenere il sangue freddo e la mente sgombra, così da potersi organizzare il più velocemente possibile.
Angelina, seppur ciò vada apertamente contro il volere delle altre Fate, si sta impegnando con tutta sé stessa per creare un passaggio nel terreno che possa condurli fino ai Territori del Sud. Non è un compito semplice, perché non solo deve creare un qualcosa di abbastanza grande da farci passare almeno una decina di Spettri adulti rigorosamente fianco a fianco, ma deve anche abbreviare il tragitto. La parte peggiore è senza ombra di dubbio quella: ampliare un territorio è semplice, essendo una magia molto più facile e comune, ma ridurlo, soprattutto con l’estensione che ha, non è affatto semplice. Se però lo lasciasse così com’è, per loro ci vorrebbe troppo tempo per scendere dapprima nelle viscere della terra, e poi gliene occorrerebbe altrettanto per arrivare al Sud.
Per fare tutto questo, pure lei si è piegata a bere il sangue del marito, per quanto la cosa la disgusti. Se solo tutte le altre Fate non avessero deciso di astenersi da tutta quella faccenda… avrebbero potuto teletrasportali quanto più vicini possibile e tutti insieme! Invece no, non vogliono entrare nelle spinose e sanguinare faccende degli Spettri, tuttora considerati una razza troppo primitiva e violenta per i loro gusti. Se in quei giorni gli hanno permesso di rimanere, è solo grazie all’alta posizione di Angelina nella loro società e per i ripetuti sforzi di Roman di tenerli sempre al sicuro.
Il Team Z, avvicinatosi ad un tesissimo Radish per fargli percepire la loro vicinanza, non riesce a smettere di osservare il bizzarro spettacolo che gli si presenta davanti.
Sono circondati da occhi luminosi. Troppi occhi luminosi, accesi da un’implacabile desiderio di sangue, violenza e vendetta. Per quanto ormai sappiano da mesi della loro esistenza, poterli vedere tutti insieme è un qualcosa di quasi shockante, perché dà la completa consapevolezza che quelli non sono altro che una piccola porzione di ciò che realmente c’è sotto ai loro piedi, che porta così alla totale presa di consapevolezza che effettivamente loro vivono sopra ad un altro mondo.
È strano, a pensarci. Vivono sopra ad una razza cosciente di sé, intelligente e pensante, che ha costruito, conquistato e ampliato nel corso dei secoli, che ha usanze, costumi, regole e gerarchie ben precise. Vivono sopra ad una società ben organizzata che il resto dell’umanità ignora totalmente possa anche solo esistere.
E quella piccola fazione che loro hanno imparato a conoscere ed apprezzare, in cui ci sono soggetti che hanno pure imparato a chiamare amici, sta per immergersi nelle viscere della Terra per tornare a casa, per andare a liberarla da un tiranno sanguinario e fuori controllo… e molti non torneranno indietro.
Sanno che, in caso di sconfitta, non vogliono che vengano utilizzate le Sfere del Drago per essere riportati in vita. Secondo loro, è un qualcosa che potrebbe minare all’equilibrio cosmico, e non c’è stato modo per convincerli del contrario. È proprio per questa consapevolezza che sono preoccupati: molti amici potrebbero non tornare mai più. Pure Sherry potrebbe non tornare, per quanto ne sanno, e questo pensiero li fa cadere nello sconforto. L’ultima cosa che vogliono vedere, è la straziante espressione che hanno già potuto scorgere sul volto del Saiyan.
Vorrebbero poter intervenire in qualche modo, ma sanno benissimo che non gliene daranno la possibilità. Si rigireranno pure contro di loro se necessario, perché chi li guida ha deciso che non devono intervenire, e Radish ha spiegato che le cose potrebbero andare diversamente solo se qualcuno al di sopra di Sherry e Blackwood decidesse il contrario. Il problema, ovviamente, nasce dal fatto che non conosce nessuno che sia al di sopra di loro due, tranne Greywind e Jäger, in quanto Re in carica.
Everett, che con la coda dell’occhio tiene sempre sotto tiro il Saiyan, non essendo infatti del tutto convinto di potersi fidare a causa del suo temperamento, rimane adesso con le zampe ben puntate a terra di fronte allo schieramento. I lupi in prima fila sono su quattro zampe, mentre quelli che stanno dietro tendono a rimanere dritti sulle zampe posteriori. Lascia vagare lo sguardo su tutti loro, trovandoli per la maggior parte tesi come corde di violino. Sono molti quelli che non torneranno a casa, lo sa. Sono molti quelli che non vedranno sorgere la Luna, e gliene dispiace sinceramente. Per quanto lo riguarda, non avrebbe mai voluto trascinare nessuno nei loro atroci problemi familiari, ma a ben pensarci sa bene che non la questione non si ferma affatto a quello. Jäger, in qualche modo, ha fatto del male a tutti quanti loro, dal primo all’ultimo, ed essendosi finalmente presentata la possibilità di vendicarsi nessuno ha più intenzione di tirarsi indietro. Non ne hanno motivo, a questo punto, perché comunque la si guardi è evidente che il suo adorabile fratellino farà in modo che muoiano tutti quanti, uno dopo l’altro.
Una parte di lui vorrebbe dire loro che andrà tutto bene, che ne usciranno indenni, ma sa bene che sarebbe una bugia enorme. Tanto vale, quindi, provare a fomentarli un altro po’.
«Ricordate questo giorno, Spettri! Perché questo giorno è vostro, e lo sarà per sempre!»
Il loro addestramento non è certamente dei più completi, gli avverasi sono decisamente tanti, troppi, e sicuramente il loro livello combattivo è un qualcosa che la maggior parte dei presenti può solo sognare, ma la cosa non li spaventa più del dovuto: hanno letteralmente sputato sangue per prepararsi a questo momento, ci sono arrivati per vincere e, per Dio!, vinceranno, costi quel che costi!
Quando finalmente Sherry e Blackwood raggiungono fianco a fianco l’entrata del passaggio che Angelina ha creato e ultimato per loro, il messaggio arriva forte e chiaro pure a Radish: il tempo è ufficialmente scaduto.


L’orda di Spettri che si è abbattuta su di loro ha colpito con la forza di uno tsunami.
Come i suoi siano riusciti a non spezzarsi irrimediabilmente sotto quella forza spaventosa, Greywind non saprebbe dirlo con totale certezza. I suoi lupi sono sì forti e preparati, gli anni di addestramenti e lotte li hanno resi indubbiamente dei combattenti temibili, ma nessuno era pronto a questo livello di ferocia e potenza.
Il problema poi non è stato solo quello. La situazione sarebbe stata incredibilmente rosea se fosse stato così…
No, i problemi sono sorti subito dopo il primo impatto.
Mentre lui e la sua guardia più stretta si sono ritrovati schiacciati dal loro peso e dalla loro brutalità, con del sangue forse proprio o forse nemico che gli bagnava il vello e gli annebbiava la vista, tutti gli altri si sono ritrovati schiacciati sui lati dalla seconda ondata. Li hanno stretti in una morsa che non potevano prevedere, non dal momento che nessuno, prima di Jäger, aveva mai creato un esercito di simili dimensioni.
Mentre poi il sangue bagnava oscenamente il terreno, rendendolo fastidiosamente scivoloso ed instabile, Greywind ha potuto scorgere, con la coda dell’occhio, qualcosa che gli ha fatto accapponare la pelle e gelare il sangue nelle vene: i Segugi che li avevano invasi, altro non erano che una piccola fazione di quelli che l’altro in realtà possiede tra le sue fila. Erano così tanti quelli che correvano in giro, che si diramavano per il territorio in cerca di chi si era riparato…
Infine, come se tutto questo non fosse stato sufficiente, sulle prime non è neanche riuscito ad individuare il pericoloso trio formato da Jäger, Apophis e Daryl. Era velocemente arrivato a pensare che fossero andati dietro ai Segugi per stanare Yvonne, per massacrare lei, fare Dio solo sa che cosa alle sue figlie e alle altre donne, e per trucidare tutti i cuccioli… ma poi eccoli lì, su un’escrescenza rocciosa.
Non si erano allontanati dal punto dalla quale erano arrivati, rimanendosene in alto per controllare la situazione. Dallo sguardo attento del giovane e spietato Re, Greywind ha capito immediatamente che stava cercando qualcuno in particolare tra la folla, e che non si trattava assolutamente né di lui, né di Arus: stava cercando - e cerca tuttora - suo figlio. Ma perché volersi battere contro di lui? E perché mettersi a cercarlo tutti e tre insieme?
Pure il figlio maggiore di Darko è rimasto lì, fermo al suo fianco. Perché? È risaputo che quello psicopatico non ha bisogno di protezione, tanto meno della sua. Oltretutto, è piuttosto comune che i due Capitani si sfidino immediatamente in questi casi, così che le il morale di una delle due fazioni crolli con lo Spettro sconfitto, ma quel pazzo dal vello biondiccio non ha degnato di uno sguardo Beckett, il suo Capitano.
Greywind non riesce a capire. Non riesce a collegare il cervello come si deve, non quando centinaia di zanne e artigli gli stanno martoriando la carne per buttarlo a terra. Sulle prime non capiva neanche il perché di questi attacchi quasi infantili, non dal momento che il suo sangue è ben più forte degli altri e gli permette di rimarginare ogni ferita che gli viene inflitta, finché di colpo poi non è stato tutto chiaro: Jäger sa che Blackwood arriverà, e sa pure che probabilmente non sarà da solo. Vuole quindi che l’attuale Re sia sfiancato al limite, per poterlo uccidere sotto ai suoi occhi. Gli altri due sono rimasti al suo fianco anche per questo, per poter mantenere le energie al massimo prima dell’arrivo di avversari che considerano più interessanti.
Sente sempre più rabbia montargli dentro il cuore, annebbiargli la mente e il giudizio, rendendolo incapace di capire realmente cosa stia facendo, dove stia mettendo le zampe. In realtà, ormai non avverte neanche più la consistenza del terreno. C’è qualcosa di molliccio e umido al suo posto, che talvolta poi emette degli scricchiolii sotto al suo peso.
Non vuole però vedere su quanti corpi si stanno muovendo. Non vuole vedere quanti di quei volti conosce, non vuole assicurarsi se ce ne siano più dei suoi o più dei loro, lì per terra. Non vuole e non può. L’unica cosa che deve fare adesso, l’unica, è stringere ancora i denti, combattere finché ne ha le forze… tenere duro finché gli ormai evidenti rinforzi tanto attesi non arriveranno.


Sa bene, Everett, che non sono davvero pronti ad affrontare ciò che li aspetta. Sa che il livello degli avversari è qualcosa di nuovo per loro, che la loro brutalità non lascia scampo. Lo sa perché lui stesso faceva parte di quel mondo, un tempo. Lo sa perché è stato addestrato sin dall’infanzia per diventare la loro guida, perché doveva esserci lui al posto di Jäger. Sarebbe anche stato così, se non fosse stato per Leila. Col senno di poi, forse sarebbe stato anche più crudele…
Consapevole di ciò e della mancanza di tempo a disposizione, può fare solo tre cose. La prima è senza ombra di dubbio pensare che, forse, forse, l’aiuto del poco tollerato cognato e della sua formidabile combriccola potrebbe anche non essere il male per eccellenza, se vogliono che per la maggior parte sopravvivano. Se solo tu sapessi controllarti, Saiyan…
Secondo, respirare. Deve respirare, svuotare la testa e ficcarci dentro un solo obiettivo: uccidere. Non ferire, non rallentare, solo uccidere. Dovrà tirare fuori tutto il peggio che si porta dentro, tutto il rancore e la rabbia che lo hanno tanto indurito, e dovrà riversarli su qualsiasi avversario gli si avvicini. Tanto non potrà certo terminarlo con loro, non dal momento che si parla di quasi quarant’anni di odio e rancore, quindi non deve temere che non gliene resti a sufficienza per il caro fratellino.
Terzo ed ultimo, occuparsi di Sherry.
Vede quanto è determinata e sicura di sé, quanto stia fremendo dalla voglia di falciare tutti quelli che le taglieranno la strada, di mettere in atto tutte le atrocità che le sono state insegnate sin da piccola da loro padre, di buttare a sua volta fuori tutto quel rancore e dolore… ed è suo compito, in quanto Beta, fratello, confidente e amico, rimetterle la mente sui binari, così che non si lasci offuscare da niente. Perché lui lo sa che, se la sua mente dovesse deragliare, il panico potrebbe arrivare tutto in un colpo e paralizzarle i muscoli.
L’afferra quindi saldamente per la collottola e la tira verso di sé, stringendole il muso attorno al collo.
«Ricordati ciò che abbiamo pianificato.» Afferma duramente, mentre si lascia invadere le narici dal suo odore tanto intenso. Non lo fa per mero affetto, ma perché sarà proprio questo odore a permettergli di individuarla sempre… ed anche la causa dello scoppio di collera di cui hanno tanto bisogno.
«Sei ripetitivo!» Lo sfotte prontamente, tutt'altro che spaventata. Il sangue di Roman è stata come un’iniezione di adrenalina dritta nel cuore… o come se avesse pippato l’inverosimile.
Prima che la giovane lupa abbia però la possibilità di liberarsi, Everett la blocca, serrando la presa attorno al suo collo. Tanto, alla fin fine, un po’ tutti stanno salutando chi rimarrà, quindi qualche secondo può prenderselo pure lui.
«Stai attenta, chiaro? In battaglia i colpi arrivano da tutte le parti.»
«Ci starò attenta, sì…» Borbotta in risposta, alzando gli occhi al cielo per un istante. Come se io non avessi mai combattuto!
Blackwood e Nike li avvicinano, con passi decisi ed involontariamente sincronizzati. La mole del maschio è sorprendente, ma per le sfumature calde del manto appare come più mansueto rispetto ad Everett. Nike, invece, pare un’enorme creatura incantata uscita direttamente da una favola grazie al candido vello; guardandola negli occhi, invece, si può pensare a lei come ad una furia infernale.
Sono tesi più che mai, ma non possono darlo a vedere. I loro figli si sono fatti impauriti tutto in un colpo, e vedere i loro grandi occhioni chiari riempirsi di lacrime è stato peggio di una pugnalata dritta al cuore. Dovranno quindi mostrarsi quanto più calmi possibile, finché saranno di fronte a loro… subito dopo, però, potranno dar sfogo a tutta quella moltitudine di rabbia, disprezzo e preoccupazione che li corrode da dentro.
Blackwood guarda per qualche secondo Sherry, come a volerle dire di muoversi a salutare Radish, che non possono più attendere, ma il suo silenzio e la sua immobilità gli fanno capire che no, non lo saluterà.
Non può andare da lui, non adesso. Se lo facesse, il Saiyan non sarebbe più capace di farla andare via, i suoi buoni propositi andrebbero a farsi benedire e dovrebbe tentare di ferirlo per liberarsi. Anche in quel caso, però, sa bene che non riuscirebbe a fare più di un balzo, prima di ritrovarselo addosso.
Non può salutarlo, malgrado sia l’unica cosa che desidera fare. Vorrebbe davvero mutare forma e lanciarsi tra le sue braccia, stringerlo fino a fargli male e lasciarsi stringere altrettanto forte, baciarlo con quella strana passione che li anima al minimo tocco. Vorrebbe farlo, davvero, ma tutto ciò che fa è girarsi col muso verso l’entrata del loro personalissimo tunnel.
Gli altri tre imitano il suo gesto, e lì rimangono per qualche lunghissimo ed interminabile secondo.
Prima di lanciare il loro ululato, però, Blackwood ci tiene con tutto il cuore a dire la sua opinione, alla quale ha intenzione di restare fedele comunque vadano le cose: «Qualunque sia la sorte… insieme fino alla morte.»
Un ringhiare basso, roco, profondo e spettrale.
Ululati che risuonano in lungo e in largo, che scuotono dentro, una scarica elettrica dritta al cuore, qualcosa che ti fa vibrare pure l’anima.
Radish, sentendoli, avverte come una smossa nel petto. Sente anche che i muscoli si scuotono dalla loro stanchezza, tendendosi e vibrando nell’angosciante attesa di essere messi sotto sforzo. Ma non può farlo. Lei lo odierebbe per il resto dei suoi giorni se la seguisse, se infrangesse il suo ordine. Non essendo riuscito a trovare per tempo una scappatoia, l’unica cosa che adesso può fare è guardarla sparire in quel buco.
Le basta un balzo in avanti, le forti zampe fanno il resto, e in un solo istante sparisce dalla sua vista. Gli altri Spettri si lanciano subito dopo, alzando un polverone incredibile, tanto spesso da rendere difficile capire con chiarezza cosa sta succedendo davanti ai loro stessi occhi.
Mentre il cuore gli si spezza dolorosamente nel petto, avverte una leggera pressione sulla mano. Per la prima volta in vita sua, capisce davvero come si debba essere sentita Chichi tutte le volte che ha visto gli uomini che tanto ama andarsene via, buttarsi a capo chino contro avversari pericolosi, con quell’angosciante e opprimente terrore di non avere poi la possibilità di poterli veder tornare a casa.
Stringendo un poco la sua presa, abbassa lo sguardo per cercare un minimo di conforto da chi, ormai, c’è già passato. Però non era affatto Chichi a stringergli la mano, ma Bree.
Malgrado tutto ciò che ha fatto, anche lei sta guardando la sua famiglia sia biologica che adottiva buttarsi tra le fauci di un nemico che, con grande probabilità, non sono realmente capaci di battere, e adesso ha una paura nera a stritolarle carne e ossa, tanto che le risulta difficile pure respirare.
Per quanto nutra rancore nei suoi confronti, per quanto la sola vista del suo bel volto gli dia fisicamente fastidio, Radish può capire il suo stato d’animo. In un certo senso, è come se potesse sentirlo, e per questo non lascia la sua mano, finché non diventa assolutamente necessario.
«Papà!»
Abbassa d’istinto gli occhi al suono della voce squillante di Lux, e, senza neanche rendersi conto delle proprie azioni, si piega sulle ginocchia per bloccarne la corsa. Ha una tale disperazione nei grandi occhi azzurri che il cuore, per un attimo, gli si stringe dolorosamente nel petto.
«Papà! Papà, aspetta!»
Si dimena furiosamente tra le sue braccia, prova a liberarsi con tutte le sue forze per poter raggiungere i genitori ormai lontani, mentre grandi lacrime gli sgorgano dagli occhi.
Radish è certo di non aver mai reagito così ad una delle partenze del padre. Perché mai avrebbe dovuto? Per i Saiyan era normale che le cose andassero in un certo modo, che se ne andassero spesso e stessero via a lungo, e non era neanche insolito che non facessero più ritorno. Malgrado ciò, riesce comunque a capire cosa sta provando il bambino che si dimena tra le sue mani, che tenta di seguire gli adulti in battaglia con una disperazione sconvolgente. Lui, come gli altri quattro ed anche gli altri piccoli, non sono abituati a rimanere soli, non sanno cosa sia la guerra. Pur essendo consapevoli che la situazione era brutta, pur sapendo che sarebbe scoppiato uno scontro tra le varie fazioni e che i loro genitori sarebbero partiti, non riuscivano davvero a comprendere ciò che stava accadendo, non riuscivano a tener realmente conto del tempo che scorre inesorabilmente.
«Lasciami! Devo andare con loro!» Non riesce a smettere di fissarlo mentre gli prende a schiaffi le mani, mentre le graffia per essere liberato «Sono forte! Posso farcela! Lasciami, posso farcela!»
«E io poi come faccio qui, senza di te?» Non sa da dove gli sia uscita. Davvero, non ne ha alcuna idea. La frase è uscita spontaneamente, spinta da qualcosa che non comprende. «So che sei forte, Lux. Lo so bene, credimi. È per questo che ho bisogno che tu resti qui, con me. Altrimenti chi mi aiuterà con tutti gli altri, eh? Guardali, Lux. Guardali bene: hanno paura adesso, ed hanno bisogno che il loro principe li rassicuri. Hanno bisogno che tu gli faccia capire che andrà tutto bene e che sarai al loro fianco per aiutarli. È un compito davvero difficile questo, molto più di un combattimento. Pensi di esserne in grado?»
Lo hanno ascoltato tutti, e tutti sono rimasti assolutamente stupefatti. Da quando Radish sa interagire così con un bambino? Da quando ha la capacità di calmarlo? Con Gohan non si è mai comportato così. Al primo incontro lo ha terrorizzato, nei seguenti lo ha tenuto a distanza, e solo nell’ultimo anno ci ha un po’ fraternizzato. Con Trunks, invece, non ha proprio mai interagito, preferendo ignorarlo, e Goten lo ha tenuto tra le braccia un paio di volte e solo per qualche secondo, restituendolo alla madre neanche fosse una bomba pronta ad esplodere.
Quando ha imparato, quindi? Che si sia così amalgamato agli Spettri da sviluppare una tale empatia? Che abbia imparato davvero cos’è la pietà? Che abbia scoperto una tale gamma di emozioni tanto estranee ai Saiyan? A tutti loro sembra decisamente improbabile, ma non del tutto impossibile. In fondo, pure Vegeta ha mostrato dei piccoli ma significativi cambiamenti dal Cell Game, perché per lui dovrebbe essere diverso?
«Torneranno, non è vero?» Le lacrime sul volto olivastro del piccolo non accennano a fermarsi, ed i tremori che gli scuotono il corpicino cominciano a farsi sempre più forti. Dietro di lui, Light tiene per mano Set, mentre Shine e Rise rimangono alle loro spalle, tutti e quattro stritolati dalla paura e dal dolore.
«Certo che torneranno.» Spera davvero di essere credibile, che non ascolti il suo cuore che batte furiosamente. Per quanto voglia credere con tutto sé stesso che sì, torneranno sani e salvi, è ben consapevole che ci sono buone probabilità che si verifichi proprio l’opposto. «Torneranno e saranno molto fieri di te, vedendo quanto sei stato forte e coraggioso. Okay, Lux? Ci sarà bisogno anche di tuo fratello e delle tue sorelle però, ma tu sai che non lo faranno senza di te. Che dici? Mi aiuterete tutti quanti?»
Una lacrima solitaria riga il volto pallido di Chichi, quando vede il piccolo allacciare le braccia al collo del Saiyan, scoppiando poi in lacrime contro l’incavo del suo collo. Se questa scena non fosse sufficiente per generare un forte senso di commozione, vedere quell’uomo grande e grosso, spesso cinico ed arrogante, passargli un braccio sotto le gambe e poggiargli una mano sulla schiena per tirarlo in alto e tenerlo stretto, sicuramente lo è.
Radish non era neanche sicuro di sapere come si tenesse in braccio un bambino. Sì, insomma, l’ha visto fare una marea di volte, ma non l’ha mai fatto di persona. Pure con quei vivaci bambini che da una decina di giorni lo chiamano ripetutamente “zio” non l’ha mai fatto, limitandosi ad afferrarli o per le caviglie o per la collottola quando andavano bloccati.
Non era per niente convinto di riuscire in un gesto tanto semplice ma, al tempo stesso, complicato… invece eccolo lì, con Lux stretto tra le braccia che si sfoga sulla sua spalla, mentre gli altri quattro lo avvicinano velocemente e gli si attaccano alle gambe.
Hanno scelto lui come attuale figura di riferimento. Hanno deciso che sarà lui la loro guida, finché i genitori non saranno di ritorno, perché li ha trattati bene, umanamente e con rispetto, e li sta mettendo su un livello praticamente pari a quello di un adulto, affidandogli un compito evidentemente importante. Se dice che ha bisogno del loro aiuto, non può che essere così.
Questo però Radish non lo aveva calcolato. Considerando che si tratta di Spettri - Purosangue e appartenenti alla casata reale, tra l’altro -, non pensava certo che potessero mostrarsi così fragili e vulnerabili. Non aveva proprio considerato, in quel momento di poca lucidità, che si tratta pur sempre di bambini.
Non appena il suo cervello elabora tutta la moltitudine di sentimenti ed eventi in corso, quando finalmente capisce sul serio cosa il suo irrazionale istinto gli ha ordinato di fare, non può fare a meno di irrigidirsi, voltando di scatto la testa alla disperata ricerca di qualcuno che lo aiuti immediatamente. I suoi amici, però, o non lo capiscono o non lo vogliono capire, perché nessuno di loro muove un solo dito, e lo sconforto del Saiyan arriva a toccare vette mai esplorate prima.
L’unica, lì in mezzo, a riuscire a capire il suo stato d’animo, è Fern. È lei che, dopo aver messo le manine dei gemelli in quelle tremolanti di Tristan, gli si avvicina con passo svelto e deciso, prendendogli dalle mani il piccolo principe, che ha finalmente smesso di piangere.
«Che ne dici di aiutarmi a scegliere un bel film da guardare? Il tuo papà mi ha detto che ve ne ha fatti vedere tanti ed anche che ve ne intendete molto, quindi perché non ne andiamo a scegliere uno? Sono convinta che tutti questi bambini lo apprezzeranno tanto.»
Lux ci pensa su per qualche istante, non riuscendo neanche a comprendere perché un’umana non solo abbia l’ardire di toccarlo, ma proprio di stringerlo, decidendo infine di non scervellarsi su questo punto ma di focalizzare la propria attenzione sul compito che gli è stato assegnato. Deve tenerli occupati, deve tenerli calmi. Ha visto tanti Spettri adulti farlo, con i piccoli branchi dei cuccioli, e forse l’idea di un film tutti insieme non è male. Dopo una veloce occhiata con i fratelli, si lascia quindi rimettere a terra e, assieme agli altri, va verso tutti loro. Ognuno ne prende uno a caso per mano, guidandolo verso la villetta di Roman, per poter stare più comodi e riparati. Non ha la più pallida idea di cosa stia facendo, non dal momento che voleva solo buttarsi in campo al fianco del suo papà, ma quando il bambino che ha afferrato gli stringe di rimando la mano e gli sorride timidamente capisce che, forse, non sta sbagliando. È davvero difficile essere un principe!
Sono soli, adesso. Gli Spettri sono spariti in quel buco e Angelina ha chiuso il passaggio alle loro spalle, come le era stato ordinato dai due capobranco, così da non essere seguiti.
Se ne sono andati, forse per sempre.
Radish avverte tutto in un colpo una morsa glaciale attorno al cuore, e le budella gli si attorcigliano dolorosamente. Il respiro si fa di colpo più corto, a tratti gli risulta proprio difficile prendere fiato.
Che cazzo ho fatto? Perché sono ancora qui? Devo andare da lei, subito!, pensa quasi con disperazione, mentre il cuore batte sempre più furiosamente. Devo andare da lei e proteggerla, devo impedire che le venga fatto del male! Ma come ci vado? Ha fatto chiudere il passaggio perché sapeva che le sarei corso dietro. Come la raggiungo? Come supero la barriera che queste fottute Fate hanno eretto anche attorno ai loro Territori? Non farei in tempo a cercare le Sfere per ordinare a Shenron di buttarla già. Avrei dovuto farlo prima, dannazione! Come ci arrivo? Come la raggiungo? Devo andare da lei. Devo, cazzo! Non posso restare qui. Non respiro qui! Come ci vado? Non so dov’è, non riesco più a sentirla. Cosa posso fare?!
Chichi e Bulma sentono ciò che prova. Lo hanno provato anche loro, in un certo senso. Hanno provato quel dolore e quella paura, hanno dovuto affrontare lo straziante dilemma “Tornerà da me? Potrò abbracciarlo ancora?”, e sanno che pure per lui adesso è lo stesso. Anzi, è peggio, perché loro non hanno la fortuna/sfortuna di avere quel tipo di legame.
Prima che però possano avvicinarlo, con l’intenzione di provare a calmarlo almeno un poco, Roman le supera a grandi falcate. Una volta che gli è praticamente accanto, gli poggia una grande mano sulla spalla, riportandolo alla realtà.
Malgrado nessuno se ne accorga, Roman è davvero indeciso adesso. Non ha ben chiaro cosa fare, il sussurro di suo padre, che ha avvertito durante la notte, stavolta non è stato particolarmente chiaro. Ha una gran confusione dentro, un qualcosa alla quale non è decisamente più abituato da tempo. Quando però incrocia gli occhi scuri del Saiyan, riesce a prendere almeno una decisione. Forse gli si ritorcerà contro, forse dovrà pagarne le conseguenze, ma sente che è la cosa migliore da fare.
Non gli dice niente però, limitandosi a rafforzare la presa sulla sua spalla per qualche secondo. Poi si volta, incrociando gli sguardi di quel valoroso gruppo giunto per aiutarli, e su quegli Spettri rimasti con loro.
Pure loro sono tesi, ed una parte di loro smania chiaramente dalla voglia di sapere cosa sta succedendo. Beh, su questo punto posso accontentarvi senza problemi.
«Se può interessarvi…» Ed è ovvio che è così, non lo dice questo, perché non gli pare proprio il caso di essere sgarbato. È solo il suo lupo a volerlo fare, soprattutto ora che sta provando disperatamente ad emergere, essendo stato contagiato da tutta quella rabbia generale.
S’incammina verso Angelina che, muovendo lentamente e sinuosamente le graziose mani davanti ad una piccola bacinella d’acqua, sta creando per tutti loro quello che potrebbe essere definito come uno speciale specchio sul mondo esterno. Si mette alle sue spalle, risultando involontariamente ancora più imponente, e con un espressione seria, un poco lugubre, afferma: «Da qui potrete vedere lo scontro.»


Correre.
L’unica cosa che riescono a fare, l’unica cosa che vogliono fare, è correre.
Le zampe martellano il terreno, attorno a loro tutto pare tremare tanto è forte l’impatto.
Il sangue scorre nelle vene come lava incandescente ed elettrica, i cuori battono così forti e veloci che, ormai, non sono più in grado di capire alcunché. Sanno solo dove sono diretti, sanno solo che vogliono il sangue degli avversari.
Fiutare lo stato d’animo di chi ti circonda, soprattutto in questi casi dove la mente non è lucida, comporta un veloce contagio a catena, dove in breve tutti quanti arrivano a provare le stesse emozioni, amplificandole oltre ogni limite. Se quindi già per i fatti loro sentivano il desiderio di combattere, adesso, che si muovono spalla a spalla e con i cuori che battono all’unisono, non sono proprio più capaci di capire altro.
Non hanno neanche pensato di guardarsi indietro, neanche una volta.
Hanno continuato a scendere, cominciando poi l’avanzata quando il terreno ha perso la sua ripida inclinazione. Per creature come loro, con organismi predisposti ad adattarsi velocemente a qualsiasi cambiamento sia esterno che interno, una discesa così repentina non ha comportato assolutamente niente.
Battono il terreno con ferocia, tentando disperatamente di raggiungere velocità sempre più elevate. Sono pronti e, al tempo stesso, non lo sono affatto. Cosa succederà, se resteranno in vita? Che ne dovranno fare dei nemici ancora in piedi, qualcosa davvero Jäger cadesse? Dovranno ucciderli tutti? Dovranno dargli una seconda occasione, sottoponendoli ad un percorso riabilitativo? Non lo sanno, nessuno ci ha davvero pensato. Tutto ciò che sanno, è che a breve la terra verrà macchiata anche col loro sangue.
Chi sta in prima fila, finalmente vede l’unica parete che li separa dal campo di battaglia. Non sentono alcun rumore, così come loro non possono sentire i loro. Angelina lo ha fatto a posta, così da concedergli l’ennesimo piccolo vantaggio. Oltretutto ha reso la parete piuttosto sottile, e grazie a ciò basterà un’unica spinta decisa per buttarla giù.
Il cuore per un attimo si blocca, il respiro si spezza mentre piegano in bassa la testa.
Manca poco, davvero poco. Presto non esisterà niente, per loro, solo l’attimo. In battaglia è tutto ciò che hai, un unico istante che decide la tua vita. Prima di quel momento non c’è niente. Dopo, quel momento, il nulla.
Niente è paragonabile a quell’unico istante, e non c’è un solo Spettro, tra tutti loro, che non lo sappia.
Una falcata, un’altra ancora. Serrano i denti mentre caricano tutto il peso sui posteriori, slanciandosi poi in avanti, impattando con tutta la loro forza contro la parete.
Sentono la roccia infrangersi contro la loro pelle dura, e un’improvvisa ondata di sangue, dolore, rabbia, furia e follia di colpisce come un fiume in piena.
Le fauci si spalancano, le zampe sono sospese nel niente mentre liberano i loro ruggiti.
Polvere e detriti piovono su chi sta a terra, in pochi hanno la prontezza e/o la possibilità di spostarsi, prima che quegli enormi corpi ancora intatti e carichi di energie planino a terra.
Nuovi ululati, nuovi ruggiti. Gli occhi saettano da una parte all’altra, cercando improvvisamente di capire chi va attaccato e chi no. Al Sud conoscono solo il nome di alcuni di loro, ma non li hanno mai visti di persona. Come potranno attaccare senza sbagliare? Beh, è semplice: si rigireranno contro chiunque li attaccherà e difenderanno chi conoscono.
«A qualcuno piacciono le entrate a effetto…» Jäger, dall’alto della sua posizione, non si è scomposto di un millimetro quando la parete è stata sfondata. È rimasto lì, ritto sulle zampe, ed ha giusto voltato pigramente lo sguardo, individuando all’instante il fratellastro. Come avrebbe potuto non farlo? Assieme a Blackwood, è in assoluto il più grosso tra di loro. Anche un idiota l’avrebbe notato subito.
La bocca ricolma di zanne muta in uno strano ghigno divertito, non appena Daryl libera il suo ruggito. Ha visto Hurricane e il padre, e adesso brama ferocemente di scendere in campo per eliminarli. Sono entrambi pericolosi, non può permettere che si avvicinino a Jäger.
Apophis, invece, non ha badato particolarmente ai lupi scesi in campo, no: lui guarda quelli che non hanno eseguito la muta e che si stanno arrampicando come odiosi insetti sulle pareti. Li vede bene, mentre strisciano e poi si appiattiscono a terra, nascondendosi. Loro e quei fucili.
Non ha senso. Perché portarsi delle armi? Cosa pensano di ottenere?
Non fa neanche in tempo ad esprimere il proprio dubbio, perché Becca, spinta dall’odio e dalla contagiosa follia scatenata dalla guerra, ha subito provato a colpire uno di loro tre. Poco importava chi beccava per primo, l’importante era provarci. Apophis ha udito il colpo - uno dei primi - ed ha anche fiutato una traccia insolita. Con una spallata decisa, ha spostato da un lato il Re, ringhiando ferocemente non appena ha notato il materiale di cui è composto il proiettile… ed anche il suo contenuto.
Caccia la testa all’indietro ed ulula, richiamando l’attenzione dei loro combattenti: «In alto, idioti!»
Non era necessario dirlo, non quando i grilletti hanno cominciato ad essere premuti a ripetizione e i primi guaiti sono cominciati a volare. Adesso Nord e Sud li hanno notati, ed i primi hanno tutta l’intenzione di buttarli giù dai loro rifugi. Pure i loro Segugi, quelli che non si erano allontanati troppo e sono riusciti a tornare subito indietro, hanno come unico obiettivo il loro immediato annientamento.
Major fa appena in tempo a rigirarsi per sparare dritto nella bocca di un Segugio che, usufruendo di uno dei ponti di pietra, che aiutano a spostarsi velocemente da un livello all’altro, stava per avventarsi su uno di loro.
«Porca puttana troia!» Bercia mentre imbraccia il fucile e si alza di scatto, deciso a tirare giù chiunque provi ad avvicinarli. Dal momento però che non sono pochi quelli che riescono ad avvicinarsi al gruppo di cecchini, non si fa più scrupoli e muta all’istante, così da poter combattere alla vecchia maniera. Non lo sorprende poi notare che pure Becca, dalla parte opposta alla sua, ha buttato il fucile a Pip ed ha cominciato a menar le mani. Beh, il piano era decisamente un altro, ma ‘sticazzi?!
Loro però, al contrario di chi sta nell’enorme spiazzo a terra, non se la stanno passando particolarmente male. I ponti non sono abbastanza larghi, bastano pochi di loro su quattro zampe per tenere al sicuro il resto dei cecchini. Chi è sotto, invece… loro stanno vivendo un incubo.
Non c’è modo di capire niente. Tutto è confuso, il cervello è troppo offuscato da una miriade di odori e ricordi estranei, da tutto quel sangue e tutte quelle urla.
Darko, da un istante all’altro, si ritrova muso a muso con Daryl. È in forma, suo figlio. È in forma ed è incazzato. Ora ci divertiamo, piccolo voltafaccia.
Arus li ha notati, e adesso si tiene nelle vicinanze per poter intervenire, qualora l’ex-Beta fosse in reale difficoltà. Sa bene che il giovane Capitano ha una marcia in più, in quanto più giovane e suo primogenito, ma sa anche troppo bene quanto Darko non possa essere mai e poi mai sottovalutato. Proprio per questo, in realtà, ha deciso di intervenire se fosse necessario: le sue zanne possono tornare troppo utili.


«Vedi quello con le orecchie bianche? Quello lì, quello che è saltato via quando si è avvicinata Nike. Lo vedi, Gohan? Ecco, quello è Raoul, uno di quelli che ha attaccato la tua famiglia. Per essere più precisi, è quello che ha spezzato una gamba a tua madre e poi le ha artigliato il braccio.»
Quello che stanno osservando, da un tempo che ormai pare loro infinito, è un agglomerato quasi indistinguibile di pellicce e sangue. Hanno serie difficoltà a seguire il combattimento, ed hanno difficoltà anche nel distinguere i loro amici. Sono in pochi quelli davvero distinguibili in realtà: c’è Major, ancora in alto sul ponte sospeso ed inconfondibile grazie alla pelliccia bicolore; ci sono Blackwood ed Everett, schifosamente più grossi del normale; c’è Micah, con la pelliccia che pare dipinta d’oro e con la criniera foltissima; c’è Maddox, con quella buffa freccia sul fondoschiena. Oltre a questi, Radish riesce a distinguere Sherry giusto perché nella mente ha come una specie di radar, che gli permetterebbe di identificarla anche in mezzo ad un esercito di cloni.
Ma adesso, in quella moltitudine di corpi che si aggrovigliano, che si azzannano, che si lacerano con gli artigli, che si buttano a terra e si strappano a morsi interi lembi di carne, col sangue che rende sempre più difficile distinguerli… Gohan riesce a riconoscerne bene un altro.
Lo vede chiaramente in mezzo alla bolgia, segue con precisione i suoi movimenti, i suoi balzi e i colpi che mena a destra e a sinistra. Lo vede quasi fosse l’unico a combattere lì in mezzo, ed una sensazione a lui assai conosciuta comincia a serpeggiargli pericolosamente nel petto…


Ci sono così tanti Spettri stesi a terra. Greywind ha intravisto pure gli occhi vitrei di Thunder, suo quartogenito. Era un uomo forte e sicuro di sé… forse troppo. Un attimo prima lo aveva visto che si avventava su una Cacciatrice, l’aveva visto stringerle le fauci attorno al ventre e strapparle via la carne, aveva sentito le sue urla… un attimo dopo invece eccolo lì, per terra, con le fauci spalancate piene di sangue, la lingua ciondoloni e la gola squarciata.
Vorrebbe urlare per il dolore. Vorrebbe piangere per la perdita di un altro figlio. Vorrebbe avere la possibilità di raggiungere Jäger per combatterlo, vorrebbe provare in ogni modo a buttarlo a terra, a strappargli il cuore, ma i suoi fedeli costituiscono un muro troppo solido. Pure gli imprevisti alleati non sembrano in grado di fare breccia, rimanendo praticamente chiusi nel loro cerchio.
Non vede vie d’uscita, non vede punti ciechi. Pure i loro cecchini sono davvero in difficoltà, essendo stati chiusi sui fianchi ed ormai con sempre meno munizioni. Hanno avuto un grande impatto, questo è certo, ma le forze del nemico non hanno subito comunque abbastanza danni.
Per un solo, misero istante sente la testa girare e le zampe cedere. La pelliccia è totalmente pregna di sangue, ed in buona parte non è neanche suo. Nella mente gli sfrecciano un numero impressionante di immagini che lo confondono, ricordi che non gli appartengono.
Sta sprecando il suo attimo, lo sa, ma la mente pare non volersi ricollegare, non gli permette di tornare in campo.
Impatta a terra, si ritrova muso a muso con un uomo che non aveva mai visto prima, qualcuno gli è subito sopra. Non capisce se è stato permesso a chiunque di loro di eliminarlo o se vuole farlo Jäger per prendersi il suo branco, ma una cosa è certa: non riesce momentaneamente a rialzarsi, la sua mente è ancora scollegata.
Gli serrano la mascella attorno alla gola, non riesce a respirare. Oltre alla moltitudine di corpi e code che gli ondeggiando davanti agli occhi, e alla sensazione spiacevole che qualcuno gli sia caduto sopra e lo stia così schiacciando, adesso vede anche dei fastidiosi puntini neri davanti agli occhi ed avverte un insopportabile ronzio nelle orecchie.
Devo reagire. Devo alzarmi. Devo continuare a combattere. Rimanere qui, lasciarmi strozzare da questo Nordista, non mi ridarà mio figlio!
Ci prova a toglierselo di dosso. Ci prova davvero. Il peso morto sul corpo non lo aiuta, e il nemico gli ha bloccato le zampe anteriori. Se provasse a mutare adesso, è certo che l’altro serrerebbe la mascella attorno all’esile collo umano.
Prova a respirare ancora, prova a mettere quanto più ossigeno può nei polmoni, ma è inutile. Perché rimaniamo così? Cosa stai aspettando?!
Vorrebbe urlare, vorrebbe liberarsi, affondare i denti nella sua, di gola, ma proprio non riesce ad alzarsi da terra. È stato come chiuso in un cerchio, i suoi non riescono ad entrarvi. Sente i latrati di Hurricane, sente il suo richiamo furioso, seguito da un guaito. Sente i richiami di Arus, altrettanto bloccato da qualche parte. Stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per toglierlo di lì, per liberarlo da quella morsa letale, ma non riescono a penetrare le loro difese.
Se non dovesse odiare Jäger per ciò che ha fatto, per ciò che sta facendo e per ciò che farà qualora riuscisse a vincere, stimerebbe sinceramente le sue capacità ed il suo essere riuscito a creare un simile esercito.
I pallini neri davanti agli occhi si fanno sempre più grandi. Non respira a dovere da troppo, sa bene che sta per perdere i sensi. Era troppo ferito quando questo Cacciatore, sbucato da chissà dove, gli è saltato addosso, ed ora non riesce più ad alzarsi. Ho bisogno di respirare, dannazione!
«CORRI, CAZZO, CORRI!»
Una voce di donna. L’ha sentita chiaramente. Com’è possibile che riesca a distinguere così bene una singola voce, in tutto quel caos? Mentre le forze continuano a scemargli via dal corpo, un lieve sorriso gli arriccia il muso. Non invidio affatto suo marito… questa strilla anche più di Yvonne!
Di colpo poi, come un fulmine a ciel sereno, quell’odiosa e mortale mascella si stacca dalla sua gola. Respira di nuovo, si riempie i polmoni fin quasi a farli scoppiare.
Prova dolore, tanto. Nel lasciarlo lo ha graffiato in profondità. Anzi, gli ha quasi strappato un lembo di carne! Se ci fosse riuscito, non è del tutto certo che sarebbe poi stato in grado di rialzarsi.
Nuovi denti lo afferrano per la collottola e lo tirano in alto con forza. Voltandosi, si ritrova muso a muso con un Cacciatore sconosciuto di notevoli dimensioni, che lo guarda con un briciolo di pietà.
«Togliti di mezzo, se non ti reggi sulle zampe!» E detto questo lo guarda voltarsi di scatto e serrare, senza tante cerimonie, le fauci attorno al muso di un avversario, chiudendole di scatto a mo’ di tagliola. Prima di vederlo sparire in mezzo alla folla e ricominciare ad uccidere a sua volta, nota una bizzarra striscia bianca sulla coda, che termina con quella che pare una punta di freccia sull’altezza del coccige.
«Black!»
«Black, aiutaci qui!»
«Black, corri!»
«Black, di chi possiamo fidarci?»
«Uccidili tutti, Black!»
Pensano troppo a lui. Si appoggiano troppo a lui. Non può seguire il piano, se continuano così. Come può lasciarli soli, come può correre da quel bastardo che ghigna sulla roccia, se loro non lo mollano un secondo?
Pa’, scommettiamo che ti faccio incazzare di nuovo? «Oi, cognatino!»
Nel dirlo indietreggia, ritrovandosi senza neanche rendersene conto con le fauci strette attorno alla gola di un Cacciatore che, stupidamente, pensava di poterlo buttare a terra. Lui è Blackwood, futuro Re del Sud, primogenito di Greywind e Yvonne: nessuno di quei poveri idioti potrà mai tirarlo a terra! E come non saranno mai capaci di buttare giù lui, di certo non potranno buttare giù neanche lo Spettro più esagitato che la loro specie abbia mai visto.
«Cognatino un paio di palle!» Salta, Mordecai, e atterra su un Segugio. Stringe le zanne attorno alla sua gola, penetra la carne e, quando ormai ha lacerato tutto ciò che poteva lacerare, ed ha iniettato la sua tossina, strappa. La sensazione del sangue bollente e della carne ancora viva e fresca nella bocca è qualcosa di sublime…
«Coprimi la gola per dieci secondi. Ci riesci?»
«Dieci secondi? Tu stai male di testa!»
«Ci riesci o no?»
«Fa’ quello che devi fare, stronzo!»
Non sanno neanche quanti colpi hanno menato, durante quella breve conversazione. Hanno aperto i musi e le gole di chiunque gli si avvicinasse, ed hanno ringhiato con dolore e odio ogni volta che qualcuno li azzannava tra le scapole o sulla schiena. Proveranno continuamente a buttarli giù, loro due sono sicuramente in cima alla classifica dei più pericolosi. Blackwood lo sa, eccome se lo sa… ecco perché ha deciso, in barba al volere del padre, di buttare in campo chi sarà capace di rabbia anche maggiore. In fondo, non hanno mai voluto una donna a capo di un branco mica per niente!
Caccia la testa all’indietro ed ulula. Ci mette tutto sé stesso, ci mette tutta la rabbia e la disperazione, lasciando uscire anche la traccia capace di pizzicare una particolare corda delle loro femmine: quella materna.
Se c’è qualcosa da non sottovalutare, è proprio il feroce istinto materno che possono tirar fuori le loro femmine… e Yvonne non è certo da meno. Una prova? Il suo ruggito di risposta, che riecheggia nei muri praticamente dall’altra parte dei Territori del Sud.
«Che carino, ha chiamato la mamma!» Scherza con un ghigno Apophis, continuando a seguire con lo sguardo il suo bersaglio. Avrebbe tanto voluto ucciderlo quando non era altro che un cucciolo vivace e petulante, trattenendosi solo perché il suo omicidio avrebbe sollevato un polverone troppo grande per un cucciolo… ma adesso «Ti spiace se vado a giocare un po’ col principino?»
«Verrà lui, basta aspettare.»
«Dici?»
«Non lo vedi? Lui e il mio resuscitato fratello stanno provando ad aprirsi un varco, proprio in questa direzione.»
«Mh. Vero, vero… anche la bella Nike pare diretta qui. Non ricordo, Jay: lei la facciamo fuori o la teniamo come trofeo?»
Non gli risponde, stavolta. Ed è strano. Perché mai non dovrebbe rispondergli? Hanno sempre scherzato su ciò che avrebbero o non avrebbero fatto, una volta attuato il piano, e di certo non hanno mai escluso Nike dai loro discorsi. Perché quindi non dargli alcuna risposta?
«Dimmi una cosa.»
Reclina un poco il capo di lato con curiosità, rizzando bene le orecchie. È vero, il loro udito è formidabile, ma parlare tenendo la bocca quasi chiusa in quel frangente non gli rende le cose semplici.
«Tu sei certo che Sherry sia morta, vero?»
«Abbastanza, sì. Niente ha lasciato intendere che fosse viva, tutt’altro.» Sente come un brivido freddo lungo la colonna vertebrale mentre parla, soprattutto quando nota il pelo grigio dell’altro rizzarsi sempre di più sulla schiena, fino a formare una foltissima cresta.
«Allora spiegami per quale cazzo di motivo la mia Regina è in mezzo alla bolgia!»
Furioso. Non c’è altro termine per spiegare l’attuale stato d’animo di Jäger. È assolutamente furioso.
Lei è lì. Non sa come abbia fatto ad accorgersene solo adesso, ma cazzo è lì! Sta combattendo contro avversari ben più grossi di lei, li sta decimando uno dopo l’altro… e la trova assolutamente incantevole, nella sua estrema brutalità. Ma cos’altro poteva aspettarsi da lei? Non l’ha mica scelta perché delicata come un fiorellino!
Non vede altro che lei, adesso. Non vede quei corpi che si ammassano a terra, non vede chi sta in piedi e combatte fino a non poterne più. Non vede e non sente altro che lei.
C’è lei, la sua ferocia, la sua determinazione, la sua sete di sangue. C’è il suo corpo forte che si muove veloce, c’è il suo vello macchiato di sangue - e Dio abbia pietà di coloro che hanno osato ferirla! -. Vede lei, la sente. Sente i suoi ruggiti, i suoi guaiti. Sente poi anche il suo odore, è riuscito a seguire la sua scia anche a quella distanza. Ma è strano, adesso. Gli risulta amaro, in un certo senso.
Aguzzando la vista, cerca quindi qualche segnale evidente, qualcosa che gli suggerisca perché il suo odore è improvvisamente diverso. Se non avesse già fiutato le tracce di Everett e Darko, identiche a come le ricordava, avrebbe giurato che fosse legato al suo essere resuscitata.
La guarda attentamente, non riuscendo a scorgere alcunché a causa dei movimenti veloci e furiosi, ed un dubbio atroce gli si insinua nella mente. Se l’uomo-scimmia è stato capace di farle un lavaggio del cervello tale da farle ripudiare il suo sangue, chi gli dice che non abbia fatto di peggio?
Il cuore gli batte più velocemente, la rabbia gli monta dentro… ed il cuore gli si spezza quando finalmente trova la sicura causa del suo odore bizzarro.
Le cicatrici che riportano dopo i combattimenti si notano appena quando mutano, poiché il vello le maschera. Ma c’è una cicatrice che rimane sempre evidente, anche quando sono su quattro zampe, e quella determinata cicatrice lui adesso la vede sul suo corpo.
Apophis, al suo fianco, se ne accorge a sua volta, ma sa che non è il momento adatto per pensarci. L’amico in fondo sarà più che capace di tenere testa a chiunque, lì in mezzo, ma lui dovrà un poco impegnarsi per tirare giù uno come Blackwood, quindi è necessario che rimanga concentrato.
Nel momento esatto in cui poi vede Yvonne a capo di altri Spettri giungere in campo e, guidate da quella strana rabbia che solo le loro femmine sono capaci di tirare fuori, schiantarsi contro un fianco del loro esercito, capisce che è giunto il momento di smettere di osservare e basta.
«Blackwood e Everett sono ormai ad un passo dal liberarsi, Jay.»
Lo sente a malapena, adesso. È così vicino al lasciarsi invadere totalmente dalla rabbia e dal risentimento da non essersi neanche reso conto dell’arrivo dell’altra fazione del Sud. Giusto il ruggito di Everett riesce a farlo tornare al presente.
«Uccidi Blackwood. Ad Everett penserò io, e dopo…» Dopo. Quel dopo, adesso, è ancora più spaventoso, per Sherry. Se già ogni suo possibile piano per lei fosse da considerarsi agghiacciante, ciò che la sua mente sta partorendo in questo momento è infinitamente peggio. Perché quando un individuo ossessivo non riesce ad ottenere l’oggetto dei suoi desideri… allora sceglierà di distruggerlo.
Il Beta del Nord balza in basso, il Re sale in alto. Rimarranno su di livelli ben differenti, così che il primo possa continuare a fare muro, ed il secondo abbia la possibilità di far vedere a tutti quanti ciò che sta facendo. Così che lei possa vedere, e disperarsi delle conseguenze delle sue pessime scelte.
Everett e Blackwood, che nel frattempo sono riusciti a liberarsi dalla ressa, che sono riusciti ad uccidere così tanti lupi del Nord da riuscire a crearsi finalmente un passaggio, si ritrovano in breve a doversi separare.
Secondo il piano, infatti, Blackwood si sarebbe dovuto scontrare contro Apophis, che adesso sta sventrando una delle lupe da poco giunte sul campo.
Il principe la conosceva, eccome se la conosceva. L’ha vista crescere, spesso giocava con la piccola Rose. Dio, se ripensa anche a lei, sente di poter anche impazzire. Non è mai stata una buona combattente, ma è stata comunque così folle da raggiungerli assieme alla madre. L’ha vista, quando sono arrivate, ed ha anche visto che non c’è voluto niente prima che la buttassero a terra. La fortuna ha voluto che Micah fosse proprio lì vicino e gliel’abbia tolto immediatamente di dosso, sennò…
«Toglimi una curiosità, principe: la tua carne è buona come quella di tua sorella Ivy?»
Basta questo, e in un istante si sono già saltati alla gola.
È stanco, Blackwood. Lui ha prima corso a perdifiato per chilometri e poi combattuto come un ossesso, senza mai un secondo di recupero. È veramente stanco, il sangue di Roman pare non avere più nessun effetto, malgrado non sia così, e ciò è dovuto unicamente a tutto il sangue che lui stesso ha versato.
Ma non mollerà, non ci pensa neanche. Il suo compito è far fuori Apophis, liberarsi della guardia del corpo di Jäger, così che poi possano massacrarlo tutti insieme. Quanto cazzo ci mettete a liberarvi, voi due?!
Everett, dal canto suo, ha continuato ad arrampicarsi, con le zampe indolenzite per tutti i ripetuti morsi e le artigliate che ha ricevuto. Lui è una forza della natura, questo è sempre stato fuori di dubbio per tutti e l’ha apertamente dimostrato uccidendo chiunque lo toccasse, ma pure per un fenomeno è difficile uscirne illeso quando si è totalmente accerchiati, quando per ogni nemico che butti giù ne sbucano altri due.
Ne ha prese, in campo. Ne ha prese, ma non si è lamentato. Ha stretto i denti - possibilmente attorno alla gola di qualcuno - ed ha continuato la sua avanzata, fino a ritrovarsi adesso faccia a faccia col fratello minore.
È più grosso di come lo ricordava. È incredibilmente grosso. Il pelo è lucente e folto, indice che segue un regime alimentare perfetto, e gli occhi ametista mettono i brividi. Sarà un vero piacere chiuderteli per sempre.
Piantando con forza le zampe a terra, rizza d’istinto il pelo ed irrigidisce i muscoli mentre gli ringhia contro, non facendolo smuovere di un solo millimetro. Guardandolo meglio, Everett è ormai quasi certo che sia divertito, più che intimorito.
«Oh, andiamo. Rinfodera gli artigli, fratellone.» Sogghigna con aria beffarda, per quanto la sua attuale forma glielo conceda «Rappresenteresti una minaccia solo se io fossi cieco, sordo e tetraplegico.»
Ha sempre avuto la folgorante capacità di farlo incazzare a morte senza alcuno sforzo. Volendo fare un paragone, gli riesce pure meglio che al Saiyan!
«Oltretutto, hai dato prova di essere un Beta totalmente inutile, permettendo a quella cosa di morderla. Che minaccia potresti mai essere, se non sei neanche capace di allontanare una scimmia?»
«Ti aspetti che dica qualcosa di spiritoso?»
Finalmente, dopo un tempo che gli è sembrato infinito, Jäger ha sentito la voce che voleva. È preoccupata, la sua Sherry, ed ha urlato il nome dell’altro. Cosa sperasse di ottenere non lo capisce, ma non gli importa neanche. Adesso sa che sono l’uno contro l’altro, così sarà distratta e verrà trascinata via, in modo che possa farle capire in seguito la gravità del suo errore. Ancora un po’, piccola Sherry, ed urlerai solo il mio nome.
«Oh, andiamo. Tu non sei spiritoso.»


«Ora arriva il bello!» Crilin non pensava certo di poter essere tanto impaziente di osservare uno scontro tra lupi giganti. Non pensava neanche fosse una cosa possibile, ma vedere Everett raggiungere Jäger, vederli l’uno di fronte all’altra, vedere quelle enormi bestie che si scontrano a mezz’aria come primo attacco… beh, adesso può dire che è emozionante.
Dando una veloce occhiata generale, può dire anche che non è l’unico a pensarlo. Gli unici che si mostrano freddi davanti a ciò che stanno vedendo, sono Vegeta e Piccolo, ma sa bene che loro sono così di natura ma che, sotto sotto, stanno prestando attenzione.
L’unico sguardo davvero fuori posto, adesso, mentre quei due prendono di nuovo le distanze e si girano attorno con la pelliccia irta sulla schiena e le zampe rigide, è Roman. Lui non li sta guardando come gli altri, nei suoi occhi c’è solo una più che evidente preoccupazione.
«Che c’è? Perché quella faccia?»
Alza gli occhi su di lui per qualche secondo, tornando poi a concentrarsi con grande attenzione sui due sfidanti.
«Everett può batterlo facilmente, giusto? Insomma, tutti l’abbiamo visto combattere! È un fenomeno! Quindi, perché quella faccia? Può batterlo!» A prendere la parola stavolta è Yamcha, che ha dato fiato alla bocca senza neanche pensarci. È convintissimo di avere ragione perché ha assistito ai vari allenamenti del lupo, arrivando in un istante alla conclusione che, se lo volesse morto, per lui non ci sarebbe scampo.
«Non esserne così sicuro.»
Queste parole, dette con un dolore palpabile, sono come una secchiata d’acqua gelida per tutti. Pure Vegeta si era ormai convinto che Everett fosse come un’anomalia tra la loro gente, che fosse un soggetto unico e con una forza unica, tanto da arrivare anche lui a considerarlo come un possibile alleato per il futuro. Come può essere possibile che ci sia uno Spettro più forte? Quello riesce a combattere con dei Saiyan!
«Sta facendo il suo gioco. E mentre Everett cerca di capire come muoversi, Jäger è già dieci mosse avanti, pronto a fare scacco matto.» Come volevasi dimostrare, basta un istante ed ecco il primo sangue, con Everett che barcolla dolorante «Non potrà fare molto da solo, soprattutto finché l’altro rimane così lucido.»
Radish non riesce a parlare. Non ci riesce da molto, in realtà.
Non sa inoltre capire se prova più dolore o rabbia, soprattutto nel vedere da una parte Sherry presa d’assalto da troppi avversari, e dall’altra Everett che si tiene una zampa grondante di sangue vicina al corpo. L’unica nota positiva che è riuscito a trovare, sforzandosi con tutto sé stesso per riuscirci, è stata quella di poter dare finalmente un volto - seppur animale - allo Spettro che tanto odia.
Un’altra persona che sta provando forti sentimenti violenti però è Gohan, che non riesce a smettere di stringere la mano a pugno, conficcandosi le unghie corte dei palmi in modo doloroso. C’è la figura di Raoul nella sua testa, e già quella gli fa ribollire il sangue, se poi ci si aggiunge tutto il resto, se ci si aggiungono anche i lamenti strazianti di tutte quelle persone che è arrivato ad apprezzare sinceramente, alla quale si è legato…
«Se sta giocando, vuol dire che c’è per forza una mossa vincente che possono fare.» La voce gli esce come distorta dalle rabbia, più bassa e gutturale, quasi stesse ringhiando anche lui. Vuole disperatamente aiutarli, togliere gli avversari di dosso a Mordecai, lasciare il tempo a Major e Becca di respirare, trascinare Sherry e Nike da una parte così che possano farsi guarire le ferite come si deve… e vuole anche immergere le dita nella pelliccia nera di Apophis, sollevarlo sopra la testa e lanciarlo contro una parete, così che smetta di mordere Blackwood. Jäger, invece, lo lascerebbe a suo zio per una questione di rispetto.
«Già, ma il punto è: quale?» Pure Bulma è su di giri. Com’è possibile che uno Spettro, un lupo, sia tanto più furbo di lei? È vero, lei non è una stratega militare, ma è una delle persone più intelligenti di tutta la Terra! Com’è possibile che non riesca a metterlo nel sacco usando l’astuzia? Com’è possibile che non sia riuscita a capirlo? Solo ora le è chiaro il perché lui e Apophis siano rimasti immobili: sapevano, in qualche strano modo, che sarebbero arrivati anche loro, e li hanno aspettati lì, rimanendo perfettamente in forze! E io che pensavo che i nostri avessero escogitato un piano intelligente e subdolo…
«Dipende da quale gioco si considera.» Aggrotta le sopracciglia, Roman, assumendo un’aria ancor più pensierosa, e, come se avesse avuto una particolare illuminazione, alza di scatto gli occhi, puntandoli su un gioco di strategia alla quale aveva visto giocare in precedenza un paio di ragazzi.
«A loro occorre… una mossa divina.»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori! 😘
Prima di cominciare con i miei soliti sproloqui insensati, ci tengo a precisare che, per curiosità, ho fatto due calcoli… Cristo! Stiamo a 1253 pagine! 😱 CHE CAZZO RAZZA DI MATTONE HO SCRITTO?! 😱 E, probabilmente, un’atra decina di capitoli ci stanno tutti eh… (ecco, ad una certa ho il terrore non solo di essere mandata a quel paese, ma anche che abbandoniate in tronco la lettura perché, mi rendo conto, è una roba infinita! PLZ RESTATE CON ME! 😢)

Beh, che altro dire? Mo’ si menano. Si sono buttati tutti in campo, i colpi arrivano da tutte le direzioni, il sangue scorre come un fiume in piena… si cammina letteralmente sui corpi di chi è morto, ed anche di chi è rimasto troppo ferito e non riesce più ad alzarsi! È un macello!😭😱
Chi morirà? Chi tornerà a casa? Qual è la mossa divina? E come potranno spiegarla a loro, che sono tanto lontani?
Spero di avervi un poco incuriositi, ed anche che questo capitolo un po’ confusionario (forse) vi sia piaciuto. Non è stato affatto facile scriverlo! 🤯

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, Teo5Astor per aver recensito il capitolo 31 e Kiira_kun per le bellissime parole spese per il capitolo 17! 💛

 

𝟜𝟙. 𝓛𝒶 𝒷𝒶𝓉𝓉𝒶𝑔𝓁𝒾𝒶 𝒹𝑒𝓁𝓁𝑒 𝒸𝒾𝓃𝓆𝓊𝑒 𝒶𝓇𝓂𝒶𝓉𝑒


«Una mossa divina? Che vorresti dire?» Dopo un primo momento di smarrimento, è C-18 a prendere la parola, facendo saettare gli occhi da Roman allo strano specchio d’acqua che sta mostrando loro i vari avvenimenti. Vorrebbe intervenire, vorrebbe aiutarli. Sa bene che ce ne potrebbero essere alcuni, lì in mezzo, con una forza pari o addirittura superiore alla sua, anzi, ora che sono su quattro zampe è sicuro. Però la consapevolezza che una delle poche donne al mondo che può definire amica è in seria difficoltà, la carica quel tanto che basta da farle desiderare ardentemente solo di buttarsi in campo. Oltretutto sa bene di avere la concreta possibilità di metterli nel sacco, dal momento che, al contrario loro, ha la capacità di volare.
«Vuoi forse che ci inginocchiamo tutti e cominciamo a pregare forte, forte, forte?!» Domanda acidamente Bree, ormai quasi del tutto incapace di trattenere la muta. Se ancora si è limitata a far cambiare gli occhi, e a sfoderare zanne e artigli, è solo perché al suo fianco ci sono Mimì e Fern. La vista di suo padre che combatte furiosamente con Daryl, però, le sta facendo ribollire il sangue come mai prima d’ora. Non puoi morire, è chiaro? Tu. Non puoi. Morire!
Roman però non si scompone. Si limita ad avvicinarsi al goban lasciato incustodito, per poter così prendere una delle piccole pedine bianche e posizionarla in modo corretto e vincente.
«Nel gioco del Go, viene chiamata così una mossa ispirata, assolutamente originale.»
«Stai davvero paragonando una battaglia ad uno stupido gioco da tavolo?» Borbotta stizzito Vegeta, che di tutta quell’assurda faccenda comincia ad essere veramente stufo. Se ha portato le sue nobili chiappe in quel posto, è solo perché era fermamente convinto che avrebbe avuto la possibilità di sgranchirsi le ossa contro qualche enorme lupo rabbioso. Invece eccolo qui, impossibilitato dallo scendere in campo, a parlare di un gioco da tavolo con un vecchio Spettro, che a questo punto reputa pure un po’ rimbambito.
Ma Roman è tutto fuorché rimbambito. Se si è attaccato al Go, è solo perché spera ardentemente che la conversazione prenda la piega sperata. Non posso muovermi apertamente, la mia posizione me lo impone, quindi… svegliati! «Jäger finora ha avuto il sente, il vantaggio. A loro serve una mossa divina per ribaltare la situazione.»
Rimangono tutti in silenzio per qualche istante, che sanno potrebbe risultare fatale ai loro amici, finché Tensing, con tono beffardo, prende la parola: «Qualcuno si sente divinamente ispirato?»
«Possiamo trovare tutte le mosse divine che vogliamo, ma sarà comunque inutile: noi siamo qui, e loro sono lì!» Controbatte Chichi, a dir poco stizzita. Sua cognata, la donna che senza alcuna esitazione è corsa da loro ed ha salvato la vita al suo preziosissimo bambino, sta rischiando tantissimo. Se ci pensa, poi, si rende conto che la morte, per lei, in realtà è l’ultimo dei problemi, e questo le mette i brividi.
«Tuo padre non può fare niente per aiutarli? In fondo è qualcosa di riconducibile ad una divinità, se non sbaglio.» Domanda Bulma, prendendo il coraggio a due mani ed avvicinandosi con passo di carica allo Spettro, che adesso ha un’aria tutt’altro che amichevole.
Radish, in tutto questo tempo, non ha emesso un fiato, osservando dolorosamente le varie immagini che gli passano sotto agli occhi, con l’orribile sensazione di una lama incandescente che gli trapassa le carni ogni qualvolta un membro della sua nuova e bizzarra famiglia allargata viene ferito. Ma quelle parole hanno come lo strabiliante potere di risvegliarlo dal suo torpore, rianimandolo con forza e, al contempo, stordendolo profondamente.
«Come hai detto…?»
«Che forse suo padre può—»
«No, non quello.» Il cervello macina velocemente l’informazione, giungendo ad una conclusione maledettamente ovvia e lampante, che finora gli era però totalmente sfuggita «Tuo padre è una divinità per voi, e tu sei il suo unico discendente diretto ancora in vita.»
«Dove vuoi arrivare, Radish?» Gli domanda un poco confuso Piccolo, sorpreso da questo suo strano cambio d’umore.
«Tu sei la massima autorità. Tu, non i due Re in carica!»
Bingo! «C’è qualcosa in particolare che mi vuoi chiedere?» Assottiglia lo sguardo e reclina un poco il capo di lato, sorridendo con aria arrogante. Il suo accordo con le Fate non gli permette di scendere in battaglia o, più in generale, di impicciarsi negli affari degli Spettri, e questo è un fatto risaputo da tutti. Il problema, per le Fate, è che lui rimane pur sempre uno Spettro - il primo Spettro della storia, per essere precisi -, e gli Spettri, si sa, trovano sempre un modo per aggirare le loro stesse regole.
«Non ti chiederò niente, vecchio. Tu mi porterai lì, e lo farai anche alla svelta.»
Angelina vorrebbe davvero mandare a quel paese il Saiyan, dirgli di stare al suo posto e di trovare un’altra soluzione che non preveda l’intervento del marito, ma non lo fa. Ne avevano parlato, quando si sono svegliati nel cuore della notte, e sono giunti alla conclusione che non potevano proprio escludere questa spiacevole piega degli eventi.
In fondo suo padre gli ha sussurrato di pensare, e lui lo ha fatto. Ha pensato a tutti quei cuccioli che potrebbero rimanere orfani, a quelle giovani donne che potrebbero rimanere vedove, a quei simpatici sbruffoncelli che conosce da anni e che stanno combattendo al fianco di una giovane donna decisa a porre fine alla tirannia di un Re ormai totalmente privo di giudizio. Ha pensato che intervenendo direttamente avrebbe infranto l’accordo con le Fate e sarebbe stato cacciato, e che Angelina lo avrebbe seguito con dolore. Ha pensato furiosamente per ore, valutando i pro e i contro, confrontandosi anche con la moglie, finché non ha capito cosa voleva davvero fare: aiutarli. Quei due scellerati però non sembravano proprio volerlo, il suo aiuto, ed hanno anche vietato categoricamente al Saiyan di intromettersi. Per poter intervenire senza pestare platealmente la coda - o le ali - a nessuno, era necessario un piccolo sotterfugio: lasciarli fare per un po’, il tempo necessario per far emergere il dislivello di forza… ed anche quello per far usare la testa a Radish.
Se non avesse chiesto niente, se fosse rimasto lì a guardare… non vuole davvero pensare a ciò che sarebbe successo, a quante vite sarebbero andate sprecate. La fortuna ha però voluto che quell’uomo di cui ha tanto dubitato in quegli anni si mostrasse più sveglio e furbo del previsto!
L’unica cosa che rimane da fare, è decidere dove andare e cosa fare per prima cosa. Anche adesso non riesce a fare a meno di sperare con tutto il cuore che quel contorto alieno pieno di sorprese prenda la decisione più saggia. Un vero Alpha non deve pensare solo ai propri interessi, Radish. Deve sempre mettere la sicurezza del branco di fronte alla propria, ti è stato spiegato, lo so. Quindi, forza! Mostrami che hai molto di più da offrire, oltre al tuo seme!
«Davvero? Tu puoi fare come vuoi? Porterai Radish laggiù?» Yamcha si sente di colpo carico come una pila. Da quando li conosce, brama la possibilità di mostrare a tutti loro che non è una persona inutile, come si sono immediatamente convinti. Vuole mostrargli il suo valore, e forse a breve ne avrà la possibilità.
«Esattamente. Pensi che, in caso non fossi stato io la massima autorità, come Radish mi ha definito, sarebbero corsi qui subito dopo averglielo chiesto? O che Sherry mi avrebbe chiesto il permesso, prima di venire qui per la Festa del Fuoco? Quei quattro non chiedono il permesso a qualcuno, eccetto che a me.»
«Allora porterai anche tutti noi.»
Per quanto Chichi non sia esattamente entusiasta della scelta del figlio, per una volta non controbatte assolutamente. Vuole la disfatta di quel mostro, vuole che quel futuro roseo che si è immaginata più volte si realizzi sul serio. Vuole che tutti loro diventino un’enorme, bizzarra e assurda famiglia, e se per ottenere ciò suo figlio dovrà scendere ancora in campo, se ne farà una ragione.
Peccato solo che Radish non sia particolarmente d’accordo.
«Non se ne parla, la faccenda non vi riguarda ed io non ho bisogno del vostro aiuto!»
«Non lo stiamo facendo per te.»
Lo sguardo determinato del giovane Mezzosangue li lascia sbigottiti. Gohan non è quel genere di persona che risponde a tono, tantomeno è il tipo di persona che si rigira contro Radish in modo così sfrontato. Non che adesso lo tema davvero, non dal momento che, seppur a modo suo, si è mostrato premuroso nei suoi confronti, ma il trauma seguito dal loro primo incontro è pur sempre nella sua mente.
Il ragazzino si rende immediatamente conto di aver risposto con tono duro e un poco arrogante, e con un poco di imbarazzo riprende velocemente la parola, rivolgendosi però a Roman. «So che gli Spettri possono essere ostinati… e capoccioni… e… difficili. Sono sospettosi e riservati con chi è di un’altra specie, hanno le peggiori maniere che si possano immaginare, ma sono anche coraggiosi… e gentili… e leali fin troppo. Io, come gli altri, mi sono affezionato a loro, e vorremmo aiutarli, già che possiamo.»
È sempre molto piacevole, per Roman, notare che là fuori ci sono ancora persone tanto buone e pure. Il mondo è estremamente pieno di cattiveria, ma lui, malgrado tutto ciò che ha dovuto affrontare, non si è lasciato contaminare.
Hai un potenziale enorme, Gohan. Un domani potresti davvero fare grandi cose.
Annuisce appena, non sorprendendosi minimamente nell’avvertire un cambiamento in quei guerrieri: se prima avevano il timore che la situazione potesse colare irrimediabilmente a picco, adesso sono come eccitati dall’idea di potersi misurare con quei feroci Spettri che hanno portato tanti problemi. Pure Vegeta, sempre fermo da un lato, adesso ha un pericoloso scintillio negli occhi d’onice.
Prima di compiere un gesto forse un poco estremo ma necessario, ci tiene a mettere in chiaro un piccolo ma proprio non trascurabile dettaglio con Radish.
«Molti di quelli che vivono meritano la morte, e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di valutare, Radish? Non essere troppo ansioso di elargire morte e giudizi.»
Non lo capisce. Davvero non lo capisce. Stanno per scendere in guerra contro degli enormi lupi famelici e letteralmente assestati di sangue. Cosa c’è da valutare? Cosa c’è da pensare se qualcuno merita o meno di morire? In battaglia non si pensa a queste cose. In battaglia si colpisce con l’intento di uccidere chiunque provi ad uccidere te, è così che ha sempre funzionato e che sempre funzionerà.
Non volendo però fare la figura dell’idiota che deve sempre chiedere delucidazioni a qualcuno, rimane in silenzio, guardandolo dritto negli occhi, cercando non solo di mostrarsi sicuro di sé e pienamente consapevole delle sue parole, ma anche di trovare da solo una spiegazione che abbia un senso.
Spiegazione che poi arriva, dopo secondi che gli sono sembrati lunghi un’eternità: quei corpi agonizzanti a terra, quei guaiti disperati, quegli uomini e quelle donne che si trascinano il più possibile da una parte per non farsi calpestare, che si stringono le parti lese nel disperato tentativo di non morire dissanguati, tutti con quella paura angosciante negli occhi…
Se davvero deve dare un senso alle sue parole, non può che essere questo: Jäger, Apophis e i suoi veri fedeli vivono, ma meritano la morte per le atrocità commesse, mentre molti che meritano di vivere sono morti o stanno morendo. E lo faranno, se non verranno portati via di lì, se non verranno medicati al meglio e subito. Ma come toglierli di mezzo e combattere al tempo stesso? Se vogliono aiutare i loro amici, se vuole togliere Sherry dai guai e aiutarla, deve trovare un modo, e deve farlo pure molto in fretta.
Con un bonario sorriso vittorioso in volto, Roman si allontana per raggiungere la moglie, ferma da una parte. È più che lieto che il Saiyan abbia capito e che stia ragionando su un modo per salvare chi non c’entra niente, chi si è visto trascinare in una battaglia all’ultimo sangue per le mire espansionistiche di uno squilibrato, ma vedere gli occhi tristi di Angelina gli spezza il cuore.
A lei piace vivere lì, in mezzo a tutte quelle creature che conosce da sempre, in quella foresta dove ha svolazzato per secoli, e proprio non vorrebbe andarsene, lui lo sa. Ma come potrebbero continuare a vivere felici e spensierati se lui lasciasse stare? Sin dal primo momento in cui si sono incontrati, sapevano che ruoli ricoprivano tra la loro gente, sapevano che il primo figlio del Grande Spettro avrebbe sempre avuto delle responsabilità e dei doveri, quindi, alla fin fine, avevano messo in conto pure un’eventualità del genere.
«Con un’altra goccia del mio sangue, dovresti essere in grado di portarci e di tornare illesa. Mi farai questo piacere?»
Gli prende il volto tra le mani e lo bacia teneramente. La sensazione della barba corta e pungente contro la pelle è sempre piacevole ed eccitante per lei, e, senza neanche rendersene conto, gli sta avvolgendo le braccia attorno al collo per tenerlo più stretto.
Certo che gli farà questo piacere: lui ha rinunciato ad ogni cosa per lei, e lo ha fatto senza mai lamentarsene neanche per sbaglio. Dopo più di mille anni vivendo secondo le regole delle Fate, adesso è il suo turno di chinare la testa e rimboccarsi le maniche. Se solo riuscissi a rintracciare quel buono a niente di mio fratello, forse potrei aiutarti anche di più!
«Spero che tu abbia già in mente un bel posto dove trasferirci.»
Le sorride bonariamente per poi allontanarsi con passo svelto. Deve mantenere una buona distanza da ognuno di loro ora più che mai, perché il suo lato animale, quello che un tempo lo portava ad attaccare qualsiasi creatura vivente gli transitasse attorno, adesso è sovreccitata a causa non solo di tutta la situazione, ma proprio per la folle ondata di emozioni che ha percepito in mezzo a tutti gli altri membri della sua specie.
Si porta quindi ad una decina di metri da tutti loro, e pianta con forza i piedi a terra. Una volta che si è denudato, ritrovandosi quasi del tutto incapace di sentire i pudici ammonimenti delle donne presenti, chiude gli occhi ed inspira profondamente col naso. La pelle gli prude per lo spuntare del manto grigio, e come sempre è una sensazione magnifica.
Sorride appena quando sente il primo tremore nelle ossa. I muscoli delle braccia e delle gambe si tendono, tanto da strappargli letteralmente la pelle. Sgrana gli occhi, percorso da uno spasmo, e le ossa nelle ginocchia scrocchiano. Le gambe si piegano e si allungano, assumendo una forma diversa.
Si piega in due e geme di dolore quando la cassa toracica si allarga di colpo, e sospira quando sente il breve dolore della spina dorsale che si spezza, per poi rilassare il corpo.
È sempre stato un Spettro di dimensioni assai notevoli ma, da quarant'anni a questa parte, non è più sul podio, dato che Apophis, Everett, Blackwood e Jäger hanno raggiunto dimensioni superiori alle sue. Un altro che è andato assai vicino a raggiungerlo, è Mordecai.
La mascella si frantuma e si ricompone velocemente, allungandosi col resto del cranio fino a donargli la classica forma da canide. Si passa la lingua lunga sui denti affilati, facendo finalmente saettare gli occhi di sangue sul gruppo che ha di fronte, guardandolo con aria famelica e pericolosa. Dio solo sa quanto il suo lupo voglia avventarsi su di loro, quanto brami il loro sangue forte, la loro carne e i loro muscoli…
Angelina, pur essendo ben consapevole di non correre reali rischi con lui, rimane comunque a debita distanza per una manciata di secondi, e lo osserva con attenzione mentre emette un basso ringhio ed arriccia un poco il labbro superiore, così da mostrar loro i denti.
«È molto nervoso…» Mormora con poca convinzione, domandandosi cosa gli stia passando per la testa… ed anche quanto il lupo sia attivo e ricettivo.
Quanti anni sono che non combatte? Che non combatte sul serio, che non scende in campo per dimostrare cosa vuol dire essere Roman il Saggio? Angelina neanche lo ricorda più…
Nessuno Spettro, dopo il suo ultimo combattimento contro Regan per far capire a tutti che no, non dovevano avvicinarsi al suo territorio con intenzioni anche solo vagamente ostili, si è più azzardato a combatterlo. Giusto Everett, ma i loro erano allenamenti, e Roman era tranquillo. Combattere per uccidere è una cosa che si è ritrovato a provare solo ultimamente dopo quasi un millennio, e la Fata non è certa che gli sia tanto dispiaciuto.
Quel fuoco nei suoi occhi, quella rabbia feroce che trasuda ad ogni respiro… quanto c’è adesso del suo Roman, in quella bestia? In realtà, molto più di quanto lei immagini.
Tenendo gli occhi fissi su Radish, l’enorme Spettro compie un gesto che di certo Angelina non aveva calcolato. Che nessuno aveva mai anche solo preso in considerazione. Si porta una zampa vicino al muso e, grazie alle dita prensili, si afferra un canino… e tira. Uno strattone deciso e la zanna si stacca, seguita da un fiotto di sangue che bagna il mento dell’animale e il terreno.
«ROMAN!» Angelina scatta subito, corre da lui per soccorrerlo. Non che ce ne sia bisogno, dal momento che la zanna ricrescerà in tempi piuttosto brevi - processo, tra l’altro, piuttosto fastidioso al limite del doloroso -, ma l’amore che nutre nei suoi confronti le ha impedito di rimanere ferma a guardarlo.
Ascolta i suoi latrati, guarda con attenzione i suoi occhi un poco più calmi e mortalmente decisi. Se fino ad un secondo prima era preoccupata per lui, adesso vorrebbe solo prenderlo a pugni. Quante zanne nemiche ha collezionato nella sua gioventù? Proprio una delle sue doveva staccarsi?! È mai possibile che ti sia bastato uno scontro più acceso del solito per tornare un cucciolo impulsivo?!
Prima che possa sibilargli che è un cretino, e che è sul punto di frantumarlo a furia di calci nel suo culo lupesco, lui latra spensierato che era necessario. Nel mentre, si è pure messo ad armeggiare con la zanna che ancora tiene tra le lunghe e micidiali dita artigliate, creando due piccoli forellini.
Pur vivendoci fianco a fianco in quel loro mondo isolato, Angelina aveva come dimenticato con cosa aveva a che fare, a quali strane usanze continuano ad attaccarsi, malgrado abbiano una traccia primitiva non indifferente. È infatti da tradizione che il capobranco, l’Alpha degli Alpha, indossi o le zanne o il vello dei due primi Sovrani, così da affermare visivamente il loro dominio sulle rispettive terre. Una sorta di corona, ecco. Non esiste però una corona per quelli che vivono nel mondo esterno, non ce n’è mai stato bisogno, non dal momento che ci vive Roman, che è vivo e gode anche di buonissima salute. Con questo gesto però, staccandosi la zanna e legandola ad un sottile laccio a mo’ di ciondolo, Roman sta ad indicare la propria “sottomissione” ad un nuovo capobranco, ad un nuovo Alpha. Un Alpha che, in assenza di quel cimelio, non avrebbe mai avuto reale potere su quegli Spettri.
Mentre Roman si passa ripetutamente la lunga lingua sulla ferita per bloccare l’emorragia, Angelina fluttua velocemente verso il Saiyan che ha portato tanti cambiamenti e, in un certo senso, danni. Lo guarda duramente, quando sono faccia a faccia, e ancora una volta cerca di capire cosa il Grande Spettro abbia visto in lui, cosa, ai suoi occhi, lo renda adatto a creare un ibrido di immenso prestigio e potere.
Durante quegli anni ha avuto non pochi rimorsi per aver aiutato a resuscitare un uomo con il suo passato e la sua ferocia, ma adesso… adesso le sembra giusto.
Le sembra giusto perché non c’è più solo la rabbia, la disperazione e l’odio, nei suoi occhi. C’è qualcosa che, per quanto ne sa, quelli della sua razza non conoscono, o che comunque non reputano importante conoscere. Vede la disperazione di un uomo follemente innamorato, pronto a fare tutto ciò che è in suo potere ed anche di più per salvare la sua innamorata. Lo sguardo di un uomo che, senza volerlo e senza accorgersene, è diventato capace di forte empatia per i propri cari.
Vede un uomo fiero e determinato, che potrebbe davvero fare la differenza per creature che per troppo tempo hanno vissuto nella paura e nel dolore.
«Finora si sono fidati di te, Saiyan, e non li hai mai delusi.» Gli passa le mani attorno al collo, stando attenta a non tirargli i capelli mentre lega tra loro le estremità del cordino. Lo guarda dritto in faccia anche mentre poggia una piccola e delicata mano su quell’enorme zanna insanguinata che ora gli pende sul possente petto «Non cominciare proprio adesso.»
Per quanto gli sia stato spiegato in modo assai sbrigativo da Hurricane, dopo avergli chiesto perché portasse una zanna al collo, Radish fatica a comprendere. Perché staccarsene una? Perché farla indossare a lui? Vorrebbe davvero chiederglielo, capire il perché di un simile gesto, ma il suo forte latrare glielo impedisce.
«Chiede se siete pronti.»
I vari guerrieri annuiscono con convinzione, mentre Bulma, Chichi, Riff e Puar rimangono fermi da una parte, accerchiati da quelle giovani lupe in dolce attesa, che ancora fissano con stupore e meraviglia la zanna che Radish si rigira tra le dita.
La parte più irrazionale ed istintiva del Saiyan, quella che arde al solo pensiero di Sherry, adesso scalpita per poter correre in suo soccorso, per metterla al sicuro e sbaragliare i suoi nemici. Quella razionale, invece, non solo gli urla a gran voce che così facendo rischierebbe di creare una situazione più che spiacevole tra loro due, ma continua a macinare incessantemente per trovare una soluzione a tutto quanto che gli calzi come un guanto.
Deve tenere al sicuro lei senza che le pesi, non deve e non può uccidere Jäger, ma non può neanche permettere che ammazzi Everett, e, oltre a tutto questo, deve anche trovare un modo per portare via i feriti, ed anche qualcuno a cui affidarli, così che si riprendano. Lui però ha solo due mani, non può fare così tante cose contemporaneamente.
Gli altri, che ora sono al fianco dell’enorme Spettro ad attenderlo, possono certamente portarne molti da una parte, magari anche far loro da scudo per un po’, ma così non potrebbero piazzarsi al fianco dei lupi che conoscono per aiutarli direttamente. Ed è ovvio che dovranno fare così, dal momento che non hanno modo di distinguere i Nordisti dai Sudisti.
Cosa diavolo devo fare?!
Gli manca il respiro, e il cuore improvvisamente accelera.
Lui è nato di infimo livello, dopo tutto, l’ultima cosa che si sarebbe mai potuto aspettare in vita sua era proprio doversi fare carico di una popolazione intera! Neanche quando hanno cominciato a frequentarsi pensava che si sarebbe ritrovato con un qualcosa di simile per le mani, quindi non ci aveva realmente fatto i conti.
Ma adesso deve farlo, ed è costretto a farlo pure alla svelta.
Deve difendere Sherry, e non deve uccidere Jäger.
Deve difendere il suo branco, e deve anche trascinare via i feriti. Quest’ultimo punto, in realtà, lo eviterebbe a cuor leggero, se non fosse che, in fondo, sa bene che a Sherry farà enormemente piacere. E se le farà enormemente piacere, poi, ovviamente, lo ricompenserà enormemente. Sì, devo farlo. Ne varrà sicuramente la pena… Ma come?!
Non sa se qualche forza ancestrale gli ha appena dato una spintarella per giungere alla conclusione, ma di colpo c’è. La sta tenendo tra le dita, la sta letteralmente toccando.
Per uno Spettro come me, indossare la zanna di un forte avversario sconfitto, sta ad indicare la propria forza combattiva. Un Sovrano, invece, non porta con sé le zanne dei vari avversari affrontati durante la propria vitaa, ma solo la zanna del precedente Re, perché così viene sottolineato il suo potere. Quando hai una sua zanna, che sia donata o conquistata, l’intero branco arriva a riconoscerti come vero Alpha, e ti seguirà per timore e ammirazione, talvolta proprio venerazione. Sta all’Alpha in sé decidere che via seguire.
È con queste parole di Hurricane nella testa che, abbandonando momentaneamente ogni rancore, si gira verso Bree e l’afferra saldamente per le spalle, scuotendola un poco.
«C’è molta distanza tra un Territorio e l’altro?»
«Non particolarmente, tra i due centri principali. Perché?»
Non le risponde, non ha davvero più tempo da perdere, così si volta di scatto verso Angelina e la raggiunge a grandi falcate: «Puoi insonorizzare momentaneamente tutto il Nord, così che dall’altra parte non si accorgano di niente? Una roba come quella che è qui, per intenderci.»
«Certo…» Che cos’hai in mente?
«Se non ti scoccia spiegarlo anche a noi poveri imbecilli, di cosa non dovrebbero accorgersi?» Insiste la Mezzosangue, non venendo calcolata di striscio. Se la situazione generale non fosse tanto grave, lo insulterebbe senza problemi. Insultare Radish, in fondo, è sempre una gioia per lei.
«Portaci al Nord, nella piazza centrale del primo centro.»


Con gli occhi incollati sul proprio avversario, Everett continua a girare lentamente attorno a Jäger, cercando l’opportunità migliore per colpire. Sente il cuore battergli più forte, con il sangue che circola più velocemente nelle vene. La sua mente è lucida e affilata, concentrata completamente sul nemico. Gli ha gentilmente regalato un grosso taglio nella zampa anteriore destra, e questo minerà pesantemente sulla possibilità di scattare con la giusta energia e potenza, ma non per questo si lascia abbattere.
Jäger, per niente allarmato dalla potenza del maggiore, reagisce muovendosi in un cerchio altrettanto lento, con gli occhi ametista che bruciano all’odio. Everett, ai suoi occhi, è sempre stato fastidioso. Sin da quando era un cucciolo è sempre stato forte, veloce, intelligente, difficile da comprendere… ed anche ammirato. Molto ammirato. Doveva diventare il Re, in quanto primogenito… ed anche in quanto, in realtà, apprezzato dal loro popolo. Non ha mai capito se ciò fosse dovuto alla sua straordinaria potenza - che ora impallidisce, di fronte alla sua - o per il suo carattere chiuso, riservato e, per quegli inutili Omega, giusto. Jäger non lo sa, non lo ha mai capito, perché uno Spettro deve essere forte, non giusto, ma l’unica cosa che è riuscito a capire sin da piccolissimo, è che lui è fastidioso. Erano fastidiosi i suoi brillanti risultati, i traguardi raggiunti senza apparente sforzo, l’ammirazione forse eccessiva e morbosa di Darko, l’affetto che Baileys nutriva nei suoi confronti, gli apprezzamenti di Margarita alle sue spalle, gli odiosi sospiri delle lupe, e quello strano sguardo che gli riservava Mezcal. Se dovesse indicare il momento in cui ha sinceramente cominciato ad odiarlo, direbbe senza sforzo che ciò è avvenuto nel momento esatto in cui Mezcal lo risparmiò, dopo la sua scenata per Leila.
Ed ora è lì davanti a lui, con il pelo irto in mezzo alle scapole, e la saliva mischiata al sangue nemico che gli cola fuori dalla bocca socchiusa. In un certo senso, lo fa quasi ridere, poiché davvero convinto di poter vincere contro di lui. Ma questo divertimento svanisce non appena la mente viene attraversata dal pensiero che sia venuto lì con lei, che in qualche modo le sia vicino in un modo a lui da sempre negato.
Se non posso averla io…
Serra la mascella, con il muscolo vicino all’orecchio che si contrae.
Non l’avrà nessuno!
Scatta, apre la bocca e la serra con violenza attorno al collo del fratello. Lo strattona un paio di volte, poi lo scaraventa di lato, col dolce sapore del suo sangue che gli carezza la lingua.
Everett, malgrado il dolore, riesce a rimettersi subito sulle zampe. Deve trovare il modo di guadagnare tempo, lo sa. Potrebbe anche riuscire a mandare a segno qualche colpo, ma è consapevole di non avere la possibilità di fare molto più di questo. Il divario tra loro è imponente.
Non ci aveva pensato, prima di ritrovarcisi faccia a faccia, ma quando ha ucciso Sherry, ha preso parte della sua potenza, fondendola con la propria. È così che succede quando si ammazza l’Alpha del branco, quando si elimina il capo. Non ci aveva stupidamente pensato, non del tutto almeno. Quella sciocca parte ottimista che alberga dentro di lui, quella che Leila gli ha istillato dentro con forza, voleva credere disperatamente che, essendo Sherry resuscitata, quell’assorbimento si fosse annullato. Ma non si è annullato proprio un bel niente, e Jäger è più forte e in forma che mai.
Quando lo vede scattare di nuovo, riesce non solo a schivare di lato, ma anche ad affondargli gli artigli nella schiena. Le immerge più che può e tira forte, aprendogli una lunga e profonda ferita che parte dalla spalla sinistra fin quasi alla radice della coda. Anche adesso, come quando lo morse per far scappare Sherry e Bree, non si lascia andare a nessun lamento, limitandosi a stringere i denti e ringhiare più forte.
Beh, in fondo volevamo farlo incazzare quanto più possibile…
Il nuovo colpo non riesce però a schivarlo. Non credeva neanche che riuscisse a muoversi in modo così veloce e umano, in questa forma. Ora però lo crede più che possibile, dal momento che, con il calcio che gli ha sferrato, ha sentito l’articolazione della zampa posteriore frantumarsi, andando in briciole. Ed è un problema: una normale frattura, per quanto scomposta possa essere, si rimargina in pochissimo tempo, ma quando l’osso deve praticamente ricrearsi del tutto…
Gli balza addosso, Jäger, inchiodandolo a terra. Potrebbe anche ucciderlo, se lo volesse. Gli ha esposto la gola un istante di troppo, mentre cadeva gemendo per il dolore, e affondarci le zanne sarebbe stato semplice. Troppo semplice.
Deve soffrire per tutto quello che ha fatto.
Deve soffrire per averlo messo in ombra da piccolo.
Deve soffrire per avergli rubato l’ammirazione paterna, per avergli tolto la dolce sensazione di sentirsi offrire spontaneamente la corona.
Deve soffrire per essere stato promesso a lei, per aver avuto la possibilità di averla… e forse anche averla avuta.
Il pugno si schianta sul viso di Everett, una volta, poi ancora, con ogni movimento rapido come un lampo. Allo stesso tempo gli colpisce il fianco, danneggiandogli gli organi interni.
Ma poi lo lascia andare, togliendoglisi di dosso e allontanandosi di qualche metro, in un gesto umiliante come pochi altri, per uno Spettro. “Sei così debole che ti do il tempo di rialzarti, sennò non mi diverto”, questo vuol dire, per loro.
Per quanto però possa essere umiliante, e per quanto Everett possa essere orgoglioso in modo disturbante… non gliene può importare di meno. Ha sentito un guaito di Sherry, e pure Blackwood non se la sta passando nel migliore dei modi. L’unica che gli pare messa meglio è Nike, che combatte con le due sorelle e i due fratelli. Quando li ha scorti in mezzo a quel delirio, schiena contro schiena, intenti ad azzannare chiunque gli si avvicinasse, ha provato un vago senso di compassione per gli avversari, poiché è abbastanza risaputo, sia al Nord che al Sud, che toccare il piccolo Voret non sia la più brillante delle idee. Quello scassa coglioni di massimo livello rimane pur sempre il piccino della figliata, anche adesso che ha 28 anni, e difficilmente gli Spettri prendono bene che il più piccolo venga toccato. La famiglia di Nike in particolar modo.
Nel momento in cui riesce a tirarsi in piedi, con le zampe che tremano visibilmente per lo sforzo di sostenersi, il cuore gli si gela per un breve, ma vitale istante: Darko è a terra.
Darko, l’uomo che lo ha cresciuto, che gli ha dato l’amore e la protezione di un padre, di un fratello e di un amico, l’unico alla quale ha sempre sentito di poter dire ogni cosa, è a terra. Daryl gli sta sopra, gli sta aprendo il petto con gli artigli mentre lo blocca a terra, serrandogli le mascelle attorno alla gola. Per quanto l’altro continui a provare a scrollarselo di dosso, affondandogli ripetutamente gli artigli nei fianchi e nel ventre, non riesce a spostarlo. Preferirebbe morire, Daryl, anziché abbandonare la presa per il troppo dolore causatogli proprio dal padre, e lo sta mostrando apertamente.
Distrarsi in combattimento è senza ombra di dubbio l’errore più grande e stupido che si possa commettere… ed Everett ne sta pagando il caro prezzo.
Schiacciato dal peso del fratello sulla schiena, stringe furiosamente i denti per non urlare neanche quando, con un morso preciso ed insopportabile, gli stacca l’orecchio destro, divorandolo.
Il sapore del suo sangue caldo sulla lingua, la consistenza della sua carne che si strappa grazie alle sue zanne, il boccone che scende giù per la gola… non poteva neanche immaginare che quello scontro potesse essere così sublime.
Tenendogli la testa inchiodata a terra con una zampa, avvicina il muso all’orecchio superstite, ghignando famelico.
«Sarebbe stato meglio per te se fossi rimasto morto!»


Freddo. Freddo quasi insopportabile per loro, che non hanno abiti idonei per ripararsi e tenersi almeno tiepidi. Se non fosse per Angelina e per la sua magia che un poco li scherma - e che li aiuta inoltre a non risentire del repentino cambio di pressione -, di certo adesso non potrebbero godersi lo straordinario paesaggio che gli si apre davanti.
Ghiaccio cristallino a perdita d’occhio con cumuli di neve qua e là, alti fuochi disseminati ordinatamente, alberi dai colori bizzarri, una sottile striscia rossa che s’interra nei pressi di un enorme maniero dall’aspetto lugubre e, al contempo, maestoso. Tutto, in quel bizzarro luogo, si mescola e si fonde in un potente mix tra un paesaggio fiabesco, che ricorda in un certo modo il “villaggio di Babbo Natale”, ad uno più selvatico, antico e pericoloso.
Odori e suoni lontani li sfiorano delicatamente, dando loro la più che bizzarra sensazione di terrificante calma, come quella che può provare un qualsiasi erbivoro che cammina libero e sereno in un territorio vivono enormi e feroci predatori.
Roman, muovendosi silenziosamente, si porta in cima all’escrescenza vicina al largo arco di pietra, che segna l’inizio del tunnel per arrivare al ponte crollato. Il piano di Radish gli suona bene, davvero tanto bene, ma non può negare di avere un piccolo dubbio: considerando che si tratta pur sempre di lui, non è del tutto certo che il nemico non si accorgerà di niente. Purtroppo, però, non hanno grandi alternative, così decide di procedere, e si drizza su due zampe.
Nessuna bestia è imponente e regale come lo è lui, nessuno emana le sue stesse contrastanti vibrazioni… nessun Alpha ha gli occhi di un rosso così vivo e penetrante.
Ritto su quelle possenti zampe, lascia scivolare la testa all’indietro a mano a mano che il suo ululato si intensifica, richiamando tutti gli Spettri rimasti nel territorio. E nessuno può sottrarsi al suo richiamo, nessuno avrebbe il coraggio di mancargli di rispetto tanto apertamente. Oltretutto è un onore incredibile che si sia portato fino a lì, in casa loro, non avendolo mai fatto prima.
«Questo posto… è…»
Radish non capisce perché Yamcha sia andato con loro. Cosa può fare uno come lui contro bestie come quelle? Potrebbero stenderlo con una zampata e divorarlo non appena riprende un minimo di conoscenza, così da fargli provare quanto più dolore possibile.
«Bellissimo…»
Ecco, la presenza di Tensing la capisce maggiormente. Ha combattuto - ed è sopravvissuto - contro Cell al secondo stadio. Sicuramente può prendere a calci nel culo molti Spettri, prestando ovviamente le dovute attenzioni.
Pure Vegeta, fermo a braccia conserte al fianco del compagno Saiyan, ammira silenziosamente ciò che lo circonda. Hanno visto tanti mondi e tante realtà diverse, loro due, ma è abbastanza certo che non ne abbiano mai visto uno simile… soprattutto se pensa che questo mondo in particolare, è nascosto all’interno del mondo che ormai pensava di conoscere.
Sotto alcuni aspetti sono l’uno molto simile all’altro, ma dall’altra sono profondamente opposti. Già unicamente l’aria che sta respirando, così incredibilmente pulita, è tutto l’opposto di ciò che si può respirare in città.
Con la coda dell’occhio, nota dei movimenti lontani. Qualcosa che si aggira per la neve, che salta sulle pareti, che corre su quegli enormi ponti in pietra… sbucano ovunque, correndo ad una velocità impressionante, muovendosi come se danzassero in tutto quel gelo.
Non appena poi si fanno più vicini, si sorprende nel constatare che sono diversi dagli Spettri che, suo malgrado, ha imparato a conoscere. Per quanto possa sforzarsi, nessuno di loro gli ricorda le figure nobili, slanciate e possenti di Sherry, Glover, Willem, River…
Le creature che ha di fronte sono davvero magre, le loro pellicce appaiono come più opache e meno folte, ed ogni singolo pelo è più sottile e corto rispetto al normale.
Pur essendo Radish, tra di loro, quello con una maggior cultura su quella razza, pure per il Principe dei Saiyan non è difficile comprendere il perché di quelle evidenti differenze. Come nella natura selvaggia che pure lui conosce, i lupi dominanti hanno un comportamento che si manifesta con specifici atteggiamenti e importanti privilegi, come ovviamente l’accesso alle prede in anticipo e quindi la possibilità di nutrirsi molto di più rispetto agli altri. Questo fattore, lo sa, influisce anche sullo sviluppo fisico e sulla salute del soggetto in questione, e questa si manifesta apertamente anche grazie a come appare il vello. Per i membri del branco che invece stanno in fondo, gli Omega, la situazione è decisamente più ardua, poiché si limitano a promuovere il momento del gioco o, più frequentemente, a sedare gli animi in caso di conflitti, sopportando al contempo la scarsa considerazione del branco.
Pur non avendo mai perso tempo a studiarli, Vegeta immagina e capisce che, malgrado conflitti e crudeltà, la ricerca del branco è fondamentale per dare un senso all’esistenza stessa dell’animale, poiché un lupo solitario è in realtà destinato a fare una brutta fine per motivi di mera sopravvivenza.
Tutti gli esemplari che si stanno radunando davanti a loro, sia in forma umana, animale o, in pochi casi, ibrida, altro non sono che Omega, costretti a rimanere in un luogo ostile che li vuole vedere schiacciati al massimo, se non addirittura morti. Sono un qualcosa di inferiore pure ai terza classe dei Saiyan, ma, curiosamente, questo non gli fa provare quel solito senso di fastidio che ha sempre provato di fronte a forme di vita per lui inferiori. Pur non essendone completamente certo, pensa di provare per quei reietti stanchi e terrorizzati un senso di pietà.
Che mi sta succedendo?!
Radish, al contrario dell’amico/rivale, è certo di star provando un senso di pietà, seppur non particolarmente acceso e per motivi suoi. Gli fa pena la situazione in cui si trovano, gli fa pena vedere quelle profonde e vistose cicatrici che solcano i loro corpi, quelle pellicce fini e arruffate, quelle ossa sporgenti di chi non ha la possibilità di mangiare decentemente da troppo - e forse neanche l’ha mai avuta. Gli fanno pena, ma gli fanno anche male, perché gli ricordano la foto che gli ha mostrato Fern, quando trovò Sherry e Bree nel capanno.
Gli tremano un poco le mani per la rabbia che improvvisamente lo sta attanagliando con forza, ma si impone di mantenere la calma. Deve farlo, in ballo ci sono troppe cose, e se si lasciasse accecare dalla collera, manderebbe tutto a puttane, lo sa.
Dopo un breve respiro profondo, così da imporsi silenziosamente la calma, si porta con passo sicuro e fermo al fianco di Roman, e lì rimane in silenzio per qualche secondo. Vuole che vedano la zanna che gli oscilla sul petto, vuole che tutti loro capiscano che Roman lo vede sia come un pari che come capobranco. Vuole che capiscano che come l’antico lupo si è fidato, possono farlo anche loro.
«Voi tutti sapete cosa sta succedendo oltre quel ponte, non è vero?» Non era poi troppo sicuro che sarebbe riuscito a parlare con tono tanto fermo, soprattutto senza apparire come un violento conquistatore, un tiranno al pari di Jäger, ma a quanto pare aveva sottovalutato le proprie capacità oratorie.
Tutti quegli Omega, per quanto terrorizzati dalla presenza di quegli strani intrusi dall’odore tanto pericoloso, oltretutto affiancati da Roman, annuiscono appena, non sapendo a quali possibili conseguenze questo gesto possa condurli. E se quello strano uomo li attaccasse per questo? Se stesse approfittando dell’assenza del loro esercito per schiacciarli? Hanno vissuto nella paura e nella violenza per tutta la vita, nessuno ha mai preso le loro difese, e colui che li sta interpellando ha una coda da scimmia, proprio come l’uomo di cui hanno tanto sentito mormorare dai membri della guardia. Per quanto ne sanno, potrebbe essere lì per ucciderli tutti e vendicarsi della morte della compagna.
«Ma certo che lo sapete. Siete stati voi a fabbricare quella lastra, così che il vostro Re potesse inseguire le sue folli ambizioni. E lo avete fatto per paura, immagino. Non vi sto biasimando, in realtà capisco molto bene la vostra scelta. Ma la volete sapere una cosa assurda? Oltre quel ponte, c’è una giovane donna che si è buttata nella mischia per liberare i vostri culi. Non vuole niente da voi, dopo: vuole solo liberarvi dalla tirannia del vostro schizzatissimo Re.» Il discorso che si era preparato velocemente in testa non doveva prendere una simile piega. Sarebbe dovuto essere molto più impostato, ricco di belle parole altisonanti che dessero molto più valore alla moglie, che mettessero il branco ed anche i presenti sotto una bellissima e calda luce. Invece sta parlando loro un po’ come parlerebbe con i suoi amici, buttandoci in mezzo termini piuttosto “bassi”.
Ma forse, e questo lo spera davvero, non sta sbagliando, perché loro lo guardano con attenzione, seppur sempre con estremo timore. Stanno ascoltando ciò che ha da dire senza che debba infiocchettarli con tante belle paroline rassicuranti, o incazzarsi per farsi sentire.
«Ora che ci penso, immagino che la conosciate tutti quanti: si tratta di Sherry. Si tratta di lei, e di tutti quegli Spettri liberi che hanno deciso spontaneamente di seguirla, di combattere con lei.» Cazzo, sì! So cosa vuol dire quando drizzate così le orecchie! Siete attenti, siete interessati! AH! Tu scodinzoli pure, l’ho notato! Sto andando alla grande! Alla faccia tua, Everett! «Tutti voi avete cercato disperatamente un modo per sopravvivere in questo branco, di guadagnarvi un poco del suo rispetto o della sua ipotetica clemenza, riducendovi a qualcosa di peggio di uno schiavo. Ma avete sempre sbagliato: non ci si schiavizza per un leader, non si combatte neanche per un leader, ma per la sua causa!»
«Quale causa?»
Nessuno del Team Z pensava che quegli Omega tanto spaventati avrebbero avuto il coraggio di parlare, non quando è già buono se in pochi hanno il coraggio di incrociare il loro sguardo. Nel sentire però quella giovane voce femminile, si sono dovuti ricredere.
Un magrolino lupo poco più che adolescente scatta e ringhia contro la sorellina che, contro il suo volere, li ha raggiunti per seguire il richiamo di Roman. Si piazza poi a zampe larghe sul suo corpicino stanco, la coda tremolante tra le zampe, mentre rivolge uno sguardo supplichevole al piccolo gruppo che li osserva dall’alto. Lui sa cosa comporta interrompere un combattente d’élite quando sta parlando, da quelle parti. Suo padre trovò la morte proprio per questo, e sua madre non ha poi fatto una fine migliore, anzi…
Si stringe loro il cuore nel vederlo appiattire le orecchie contro la testa, nel sentirlo guaire spaventato. Teme che gliela portino via perché ha fatto loro una domanda, e ciò è possibile solo perché Jäger - e sicuramente anche i Re prima di lui - hanno instaurato in loro questa terrificante convinzione.
Gohan, per quante cose orribili abbia visto e vissuto nella sua breve vita, non ha mai dovuto aver paura di fare una domanda. Si chiede come si possa essere tanto crudeli da riuscire ad instillare negli altri una simile paura, ma la sua voce da vita a ben altre parole. Parole che, almeno lo spera, possano fare capire a tutti loro che si può vivere in modo diverso, ed anche dargli la giusta spinta motivazionale.
«Ciò a cui Sherry tiene di più, è tenere al sicuro la sua famiglia, ed il branco è la sua famiglia.» Vorrebbe davvero scendere in mezzo a loro, avvicinarsi a quel lupo e alla bambina, dire loro che andrà tutto bene, che sono lì per aiutarli, ma sa bene che, adesso, li spaventerebbe solo di più «Farebbe il possibile e l’impossibile per salvare le persona a cui tiene, tanto che ha combattuto da sola contro Jäger e i suoi scagnozzi pur di salvare mia madre e mio fratello!»
«Se non c’è modo di vincere, lei continua a lottare. Quando non c’è più niente da fare, lei trova un altro modo. Quando è a terra ferita, si rimette in piedi!» Lo pensa davvero, Radish. È convinto di ogni singola parola, perché la conosce come nessun altro. Conosce la sua folle e cieca determinazione, la sua grinta, il suo desiderio malato di riuscire in ciò che si prefissa. Quando l’ha conosciuta forse non era così, forse le sue paure erano troppo grandi e non voleva davvero affrontarle, ma lui sa bene che è cambiata.
Vegeta, però, per quanto potrebbe anche trovarsi d’accordo con lui, non può credere che voglia buttare in campo quegli Spettri pelle e ossa.
«Radish, cosa stai facendo?! Guardali! Sono allevatori, maniscalchi, coltivatori! Non sono soldati!»
«Vegeta ha ragione, Radish. Molti hanno visto troppi inverni, o troppo pochi.» Gli dà man forte Angelina, che dovrà rimanere con loro fin quando non entreranno in campo. Non capisce il perché della scelta del Saiyan, ma soprattutto non la condivide. Troppo sangue è già stato versato, buttarli in campo significherebbe solo mandarli al macello.
«Loro non vi credono all’altezza del compito che voglio chiedervi… ma io sono fermamente convinto del contrario. Non pensate però che vi trascinerò in campo contro la vostra volontà, l’idea non mi sfiora nemmeno. Io sono qui per chiedervi di portare via i feriti, così da portarli qui per le prime cure! Vi chiedo di lasciare indietro chi sapete essere davvero dalla parte di Jäger, chi davvero lo crede nel giusto, e di fare un grande sforzo per aiutare gli altri, che come voi si è solo trovato in mezzo.»
Se già il Team Z e Angelina sono stupiti dalla sua richiesta, gli Omega del Nord lo sono molto di più.
Radish glielo sta chiedendo, non ordinando. Sta dando a tutti loro la possibilità di scegliere se tornare a rifugiarsi nelle loro tante o scendere in campo per aiutare. Radish li sta trattando come esseri coscienti e pensanti, non come oggetti semoventi privi di umanità.
L’unica cosa che sta comunque remando contro di lui, è la loro enorme paura.
«Jäger non vi ha mai degnati di un briciolo di pietà. Vi ha umiliati in ogni modo possibile, vi ha costretti ad una vita miserabile, a spaccarvi le ossa per un qualcosa in cui neanche credete! Vi ha però tolto anche l’ultimo grammo di dignità che avete?»
Possibilità di scelta. Dignità. Onore. Libertà.
Non credevano assolutamente che un uomo con una potenza come quella che emana quello straniero, che un uomo con una zanna di Roman al collo, potesse offrirle loro con tanta semplicità.
«Vorrei che adesso rispondeste ad una semplice domanda: voi dovete aiutarla a sconfiggerlo… o volete farlo?»


Avevano fatto tante considerazioni, in quei giorni di allenamento intensivo. Tante, tantissime considerazioni… eccetto una. L’idea che quei tre, considerati non proprio positivamente come “i flagelli del Nord”, se ne sarebbero rimasti ai margini, non li aveva neanche lontanamente sfiorati. È infatti impensabile, per un super-predatore del loro calibro, rimanere ai margini quando c’è tanta violenza e tanto sangue nei dintorni. È più forte di loro: a meno che la situazione non sia davvero troppo svantaggiosa, si butteranno sempre nella mischia.
Loro tre, invece, no. Sono rimasti in alto ad osservare lo svolgersi degli eventi. Sono rimasti ad aspettarli. Come abbia capito che sarebbero arrivati, soprattutto tenendo in considerazione che la credevano morta stecchita, non riesce a capirlo.
Ma ora non ha proprio modo di pensarci, non quando i suoi amici e i suoi fratelli stanno morendo.
In quanti sono caduti? In quanti sono lì lì per farlo? In quanti non ce la fanno più, lacerati da troppe ferite e col fiato davvero troppo corto? Pure lei, femmina Alpha con una forza fuori dal comune, è vicinissima al proprio limite. Non è inferiore a nessuno degli Spettri che l’ha attaccata e la sta attaccando, ma sono davvero troppi. La stanno schiacciando ed isolando dai compagni, mordendola ripetutamente sulla schiena, sul collo e alle zampe. Come unica consolazione, può dire che la loro tossina non è sufficientemente forte da non permettere alle ferite di rimarginarsi velocemente, così come non sarà capace di lasciarle delle significative cicatrici. Beh, qualora sopravvivesse, ovviamente, ma visto come sta proseguendo lo scontro non ne è poi troppo convinta.
L’ho promesso a Radish, dannazione! Con che faccia mi mostrerò in giro, quando verrò resuscitata dopo essere stata battuta? Che umiliazione…
Le tremano le zampe. Le tremano davvero, e non più solo per la fatica e per il dolore.
La verità è che adesso è terrorizzata. Ha sentito le urla dei suoi fratelli, le ha sentite chiaramente. Ha visto Mordecai combattere spalla contro spalla con River, così da pararsi almeno un fianco a vicenda, ed entrambi erano così piedi di ferite che per poco non si è messa ad urlare. Spera solo di aver preso un abbaglio, quando ha visto la coda mezza mozzata di Mordecai…
Ha visto Micah saltare da una parte all’altra come una cavalletta impazzita, così da poter aiutare un po’ in ogni gruppo alleato. Il problema sorge dal fatto che lui è sì veloce come forse nessun altro, ma in quanto Segugio manca della forza fisica necessaria per fare danni davvero considerevoli. Quell’enorme alone di sangue attorno al collare di pelo, per lei è stata come una dolorosa pugnalata nelle budella.
Major e Becca non riusciranno a fare muro ancora a lungo, non nelle loro precarie condizioni. Quando ha visto il fianco oscenamente aperto di Becca, nella mente ha avuto un doloroso flash dei volti dei suoi piccoli in lacrime…
Maddox è finito col combattere al fianco nientemeno di Greywind. Come e quando quei due si siano trovati, in mezzo alla bolgia, ed abbiano deciso di unire le forze, è un piacevole mistero. Non se la passano certo bene, ma la brutale ferocia da troppo trattenuta del Cacciatore fornisce ad entrambi un prezioso vantaggio.
Un’altra alleanza impensabile - seppur assai breve - era quella nata tra Darko e Hurricane. Quando il primo era ormai ad un passo dal venire soffocato e sventrato dal figlio, il primo bastardo del Sud è riuscito a scrollarglielo di dosso, dando così il via al fatidico scontro tra Capitani - anche se, in realtà, il Capitano del Sud è un altro.
Se ne sono date di santa ragione, col futuro Capitano del Sud che si trascinava dietro una zampa posteriore ormai inutilizzabile tanto era malridotta, e il Capitano del Nord che grondava sangue in modo osceno. Era come se nessuno fosse lì con loro, tanto che sono riusciti pure a girarsi attorno in un piccolo cerchio per almeno un paio di giri.
Sherry non è a conoscenza dell’esito dello scontro, dal momento che i due sono spariti, tenendosi stretti l’uno all’altro fino a formare un’enorme e ringhiante palla di pelo e sangue.
Glover, Willem, Viper e Sharon combattono in cerchio, ma ormai sono vicini al collasso. Nel momento esatto in cui anche solo uno di loro cederà, entrerà in azione un effetto domino che non lascerà scampo agli altri tre.
Nike, lì in mezzo, è quella che indubbiamente se la sta passando meglio, accerchiata com’è da quella che presuppone essere la sua famiglia. Hanno un taglio d’occhi davvero troppo simile l’uno all’altra per non essere così, lo si nota dopo una brevissima occhiata anche in questo frangente. Il problema, per lei come per tutti loro, è che non riesce assolutamente ad aprirsi un varco per raggiungere Everett e Blackwood.
Le pare assurdo, ma è come se per ogni nemico che buttano giù ne saltassero fuori altre tre, sempre più agguerriti, feroci ed ubriachi di sangue e violenza. Se la condizione non fosse per loro tanto critica, scherzerebbe citando un vecchio film, dicendo “Vengono fuori dalle pareti! Vengono fuori dalle fottute pareti!”, ma, considerato che gli stanno facendo il culo a strisce, non solo è probabile che nessuno l’ascolterebbe, ma nel remoto caso in cui invece qualcuno le prestasse pure ascolto, farebbe pure una figuraccia clamorosa.
Oltretutto, poi, non è che sia poi troppo in vena di fare battute, per quanto queste possano pure rivelarsi azzeccate. Perché lei ha visto bene in che condizioni versano anche Blackwood ed Everett.
Il primo non è nelle condizioni migliori e non pare avere esattamente la vittoria in pugno, ma può dirsi ancora piuttosto ben messo. Senza contare inoltre le condizioni di Apophis, la cui rabbia per le ferite ricevute ed il sangue versato sta raggiungendo vette per lui ancora inesplorate.
Il secondo, invece… Perché voi due testoni arroganti non ci avete aspettate? Perché non siete rimasti al nostro fianco, aprendovi un varco con noi?!
Sherry ha ben capito ormai che Everett non reggerà ancora a lungo. Per quanto si stia evidentemente sforzando di non urlare ad ogni colpo sempre più brutale, è oltremodo evidente che stia soffrendo in modo indicibile. Pure a quell’assai considerevole distanza, e anche malgrado il vello corvino, le vede bene quelle enormi ferite grondanti di sangue che gli ha disseminato lungo il corpo, le vede le due zampe a destra che non riescono più a sostenerlo, lo vede l’orecchio mancante.
Dal canto suo, Everett non vuole mollare la presa, malgrado la situazione sia oltremodo tragica ed evidentemente segnata. Non può, il suo orgoglio non gli permetterebbe mai di accettare del tutto l’evidente superiorità del fratellino e la propria imminente sconfitta. Se poi anche riuscisse ad ingoiare l’orgoglio, la voglia di vivere per lei, di continuare a starle vicino e continuare così a proteggerla, gli impediscono categoricamente di rimanere a terra.
Continuerà ad alzarsi, continuerà a colpirlo ogni volta che ci riesce… almeno è quello che il suo spirito ha intenzione di fare. Il problema sta nel corpo: le zampe non reggono, il sangue perso è decisamente troppo ed anche le energie sono ormai agli sgoccioli.
Riesce giusto a rialzarsi per quella che - almeno la sua parte razione - sa essere l’ultima volta, e ad attaccarsi con i denti alla sua spalla, strattonandolo un poco mentre il suo sangue gli schizza in gola. Ma poi è di nuovo a terra, steso sulla schiena, con la forte e ancora sana zampa grigia del fratello che gli preme sulla gola, mozzandogli il respiro.
«Sei arrivato tardi, Jäger…» Rantola tra un tentativo di spostarlo e l’altro «Non sarà mai tua!»
Jäger ha sentito più volte parlare di un qualcosa di buffo e bizzarro che ti frena, in questi frangenti. Secondo molti, già l’idea di uccidere è spaventosa, ma quella di uccidere un fratello è addirittura impensabile. Lui, però, non prova proprio niente. Neanche la soddisfazione che pensava avrebbe provato. L’unica cosa che prova, forse, è un vago senso di disgusto nei confronti della sua debolezza. E pensare che abbiamo lo stesso sangue!
Si abbassa lentamente su di lui, portando le brillanti e candide zanne a pochi centimetri dal suo muso: «Ohhh, non preoccuparti per me: sono certo che mi divertirò lo stesso!»
Finire divorato dal fratello minore non è esattamente la morte che si era immaginato. Non che l’avesse esclusa del tutto in realtà, però, giunto a questo strano punto della sua vita, aveva preso in considerazione la più probabile idea di stirare le zampe per aiutare il cognato contro qualche strano mostro. Non che si consideri al livello suo o dell’altro Saiyan, sia chiaro, ma è abbastanza consapevole della propria forza e sa che avrebbe potuto contribuire, facendo guadagnare loro tempo prezioso.
Se era arrivato a pensare una cosa del genere, è solo perché sa bene che, se non fosse sceso lui in campo, lo avrebbe fatto Sherry, e questo è impensabile per lui. La sua sorellina che corre un simile ed inutile rischio? No. Non l’avrebbe mai permesso.
Sarebbe morto per aiutare quella scimmia parlante, questa era l’idea. E gli stava pure bene, in realtà.
Invece eccolo qui, steso sulla schiena, ricoperto di sangue e polvere, col corpo che non riesce praticamente più a muoversi tanto è sfinito e dolorante, e con le zanne del fratello che tra pochi istanti gli si serreranno fatalmente attorno alla gola.
Devi correre via, Sherry. Richiama quanti più Spettri possibile ed andatevene nei Regno delle Fate attraverso il tunnel. Lì Jäger non può entrare, lo sai, e Roman vi darà asilo e protezione. Devi farlo, superstar… non lasciarmi morire per niente.
E mentre si aggrappa disperatamente al ricordo del sorriso di Sherry, con la speranza che riesca davvero a fuggire, vede come una luce. Una luce calda e dorata, che si fa sempre più luminosa ed avvolgente.
L’ultima volta non ha visto alcuna luce. Non ha visto proprio un accidenti di niente… e non ha neanche fiutato questo fastidioso odore acido.
Di colpo poi, Jäger non è più su di lui, non lo sta più schiacciando. Non è neanche al suo fianco, no: è per metà incastrato nella parete rocciosa a circa cinquanta metri di distanza. Incastrato bene eh, tipo cartone animato, con un espressione così tragicamente stupita da essere oltremodo comica.
Ma che cazzo…?
«Che dici, Everett, adesso mi perdoni?»
Per quanto si muova male e lentamente, riesce comunque a far scattare la testa all’indietro, e lui è lì, con quella sua faccetta arrogante che, non meno delle altre volte, vorrebbe strappargli a morsi. In un certo senso, vedere quei capelli ridicolmente lunghi e biondi, e quegli occhi stranamente azzurrognoli, stranamente intensifica pure quel desiderio.
Però, e questo deve concederglielo, gli è grato per avergli tolto di dosso l’avversario. Per quanto non lo ammetterà mai, era curioso di vedere come si sarebbe comportato qualora fosse sceso in campo, ed essendosi limitato ad un magistrale calcio nel costato all’uomo che tanto vuole morto…  Forse non sei idiota come pensavo.
Vedere delle persone che volano, era proprio l’ultima cosa che potevano aspettarsi. Già il fatto che siano riusciti ad entrare è assurdo oltre ogni limite, ma vederli anche volare!
«E con questo siamo pari!»
Raoul, senza capire chi, come, cosa e quando, si ritrova a volare a sua volta, con la mascella che dondola tragicamente da una parte all’altra, totalmente in frantumi. Non solo non l’ha visto arrivate, ma non se n’è proprio reso conto! L’unica cosa certa è che dopo quel pugno, le sue probabilità di poter tornare a mangiare - e parlare - correttamente sono assai scarse.
«Sììì, Gohan! Vai, fratellino!» Mordecai invece, che ancora sbatacchia la testa di un Cacciatore fino a sotterrarlo a mo’ di struzzo, l’ha visto. Ohhh, se l’ha visto!
Se già per uno Spettro tutta questa violenza è eccitante, vedere quel ragazzino tanto tenero e per benino sferrare un colpo simile, e con quella cattiveria incredibile, è qualcosa di assolutamente sublime. Bene, adesso posso anche morire felice!
I Nordisti - e in realtà anche i Sudisti - non capiscono. Non capiscono davvero da dove diavolo siano saltati fuori, chi siano, cosa vogliano, come cazzo facciano a volare e da dove stracazzo tirino fuori quella potenza allarmante.
L’unico che non si sta lasciando prendere dal panico è Jäger, troppo accecato da un odio puro e avvolgente - oltre che da una rabbia atroce per via dei suoi Omega che stanno aiutano gli invasori. Si libera dalla parete rocciosa e corre sull’estremità del grande spiazzo sulla quale si trova, e li guarda combattere in aria per qualche secondo. Decisamente questo non lo aveva calcolato.
«Prendeteli!!!»
I suoi cani sono forti, questo è fuor di dubbio, tanto che è certo siano in grado di abbattere anche alcuni dei nuovi e odiosi avversari, ma evidentemente sono così imbecilli da non aver compreso l’ordine.
Stanno provando ad attaccare gli Omega infatti, così che non possano trascinare via i feriti. Per quale ragione dovrebbe volerli morti adesso, quando ci sono quei fottuti problemi volanti?!
Maledetti IDIOTI!
«No! Prendete loro, non gli Omega! Loro! Seguite il dito: loro!» Qualcosa di curiosamente simile ad un cerchio luminoso gli passa vicino, smuovendogli la pelliccia. A giudicare da come riduce poi la parete alle sue spalle, comprende che, qualsiasi cosa fosse, avrebbe potuto fargli male.
«Gli idioti svolazzanti…» Ringhia a mezza bocca, rizzando ulteriormente il pelo sulla schiena.
Sente uno degli intrusi - una donna - berciare ad un certo Crilin di non perdere tempo e di darsi da fare sul serio, e non gli ci vuole che un istante prima di identificarlo: è un ometto piccolo e pelato, ed ha lo sguardo beota ed imbarazzato di chi ha fatto una scemenza.
Piccolo sgorbio mal riuscito, come hai osato?!
Dopo essere riuscito, senza capire come, a non attirare degli sguardi di troppo, Vegeta decide di fottersene alla grandissima di Radish e di affrontare uno Spettro in particolare. Sa bene che vorrebbe ucciderlo lui, che vorrebbe togliersi almeno questo sfizio, ma il Principe dei Saiyan è lui e quindi dovrà farsene una ragione, anche se adesso quelle bestie lo considerano come il loro Re. Si vede che in fondo sono degli animali: chi altri potrebbe mettere quell’idiota al comando di qualcosa?!
Non si avventerà però su Jäger solo ed unicamente perché, seppur a modo suo, rispetta la forza e la determinazione di Sherry, e comprende che voglia vendicarsi - un po’ come lui voleva vendicarsi di Freezer. Ma questo qui, invece…
Un calcio nel fianco e la bestia rotola di lato con un sonoro guaito.
Blackwood, in piedi di fianco a lui - ed oscenamente alto -, lo guarda con sorpresa, per poi rivolgergli quello che suppone essere un sorriso tra il divertito e il grato.
«Vai da Everett, forza.» A questo ci penso io.
Ha sentito qualche chiacchiera sul conto dello Spettro che Blackwood avrebbe affrontato. Il Beta del Nord, Apophis.
Ha sentito che non si è mai fatto problemi di alcun genere nel far male in tutti i modi possibili, che si diverte ad umiliare chiunque, che ha usato la sua posizione per portarsi a letto - spesso anche con la forza - qualsiasi bella ragazza gli orbitasse attorno e che, infine, ha fatto fuori senza pensarci tutti i piccoli che aveva involontariamente generato, spesso ammazzando pure la povera malcapitata.
Ha sentito quanto sia schifosamente marcio fino al midollo, ad un livello che neanche Nappa ed il vecchio Radish messi assieme avrebbero mai potuto raggiungere.
È per tutto questo che sarà lui ad ucciderlo. Per questo e perché, dopo Jäger, è l’avversario più forte.
Nei suoi occhi arancioni c’è un odio che Vegeta ha scorto poche altre volte in tutta la sua vita. Odio e cattiveria pura, qualcosa di simile allo sguardo che lui stesso aveva - e che talvolta pensa rivorrebbe -, ma comunque assai peggiore. Forse quella malvagità pura l’ha vista solo nello sguardo di Freezer.
«So che il tuo capo non potrà essere ucciso da nessuno all’infuori di Sherry… ma di te non hanno detto niente.» Colpito e affondato. Se l’avessero detto a lui, che nessuno si era preso minimamente la briga di calcolarlo, sarebbe andato su tutte le furie. E quella mastodontica bestia che gli sta ruggendo contro, con quelle enormi fauci spalancate e le zanne acuminate in bella vista, pare esserci cascato in pieno.
«Sai, in realtà mi infastidisce molto l’idea di prendermi il merito di averti fatto fuori, considerando come sei ridotto…»
Apophis scatta, accecato dall’ira, ma viene sbalzato all’indietro dal violentissimo pugno dell’avversario. Ma che cazzo— QUESTO È BARARE!
«Per tua sfortuna, però, so accontentarmi!»
Vegeta però non è certo l’unico che si sta divertendo dando da fare.
Mentre Crilin e Yamcha sudano sette camice per tenere gli Omega al sicuro a furia di calci, pugni e ki blast, ricevendo in breve l’appoggio di Yvonne e delle sue compagne, sorprese dalla loro presenza ma pur sempre incazzate a morte con gli avversari, in alto C-18 combatte fianco a fianco con Becca… e si sta divertendo un mondo.
Possono fare la differenza, possono sfogare ogni tipo di frustrazione accumulata massacrando di botte chi li vuole morti, e stavolta non c’è neanche l’odioso senso di terrore per le sorti del pianeta. Nessuno mai saprà del loro scontro, il mondo continuerà ad andare avanti senza neanche immaginare cosa sta accadendo sotto ai loro piedi, e questo di certo aiuta.
Un altro pro, è sicuramente la certezza che i loro amici si sono come rianimati. Becca era agli sgoccioli, C-18 l’aveva visto, ma adesso le pare di nuovo carica e pronta a massacrare chiunque le si avvicini, e per il letale cyborg è come una carica in più.
Tensing, dal basso della sua posizione, si è ritrovato senza sapere come, quando o perché a saltare da uno Spettro all’altro mentre li prende a pugni. In realtà ha in mente tutt’altro colpo da sferrare, ma deve prima ricevete il segnale di Micah, così da essere sicuro di non fare più danni che altro. Lo aveva già detto agli altri e, per la prima volta, ha ricevuto una pacca sulla spalla da Radish, seguito da un commento davvero elegante: “E bravo bastardo a tre occhi!”
Il graffio che ha nella gamba sta bruciando in modo insopportabile, ed il sangue che ne sgorga un poco lo mette in allarme, ma decide di accantonare la preoccupazione quando vede quell’enorme lupo dorato schizzare in alto ed ululare tre volte in rapida sequenza. Scatta anche lui, lo afferra a mezz’aria e lo porta in alto, su uno di quei ponti. Hanno pochissimo tempo a disposizione e lo sa bene, soprattutto perché gli sono quasi addosso, ma quando il lupo ulula nuovamente, e tutti gli Spettri di quell’improbabile alleanza si buttano di scatto a terra, agisce: «Taiyoken!»
Se avessero la possibilità di capire la loro lingua, adesso sentirebbero le peggiori bestemmie mai dette da essere vivente. Bestemmie, insulti, maledizioni e chi più ne ha più ne metta.
Non ci vedono, non capiscono cosa stia succedendo, com’è possibile che, da un misero istante all’altro, la situazione si sia tanto ribaltata. Stavano vincendo, stava andando tutto alla grande, e adesso sono loro a fargli il culo a strisce, a reagire con una forza che, a conti fatti, non dovrebbero più avere. Se tutto questo non fosse sufficiente, il loro Re è stato colpito. È stato colpito davvero, è stato buttato da una parte e non è riuscito ad evitare il colpo.
Se prima erano colmi di arroganza e spavalderia, adesso cominciano a temere che la situazione possa non essere più tanto rosea. Giusto la guardia più stretta di Jäger non accetta l’evidenza, continuando ad attaccare chiunque si muova nel loro raggio d’azione, continuando disperatamente a tenere duro. Quando però è Radish a scendere in campo, a piazzarsi di prepotenza al fianco di Sherry… beh, capiscono che forse la situazione è un po’ bruttina.
Il Saiyan, che all’inizio era del tutto convinto di poter evitare il sicuro sguardo furente e offeso della giovane ed irascibile moglie, dopo neanche un minuto non regge più, e si volta a guardarla. Per quanto gli sembri improbabile, gli è parso di scorgere come un sorriso su quel muso macchiato di sangue, ed una minuscola scintilla negli occhi rubino. Scintilla che però scompare totalmente, quando torna a guardare in alto.
Radish segue il suo sguardo, seppur non voglia realmente farlo. Sa bene dove sta guardando, chi sta guardando… e davvero non vuole vedere ciò che invece potrebbe probabilmente trovare.
Sulle prime ha scorto Vegeta lottare come una furia contro Apophis che, malgrado i ripetuti atroci colpi incassati, non molla assolutamente. Se Radish avesse avuto modo di soffermarsi di più su di loro, non solo avrebbe notato lo stupore sullo sguardo del compagno, ma l’avrebbe anche visto ricorrere al Garlick Cannon, mettendoci una potenza tale da tagliare letteralmente in due l’avversario.
Non si è però bloccato su di lui, continuano ad alzare gli occhi, ed eccoli lì. Everett, ancora bloccato a terra, sta vomitando sangue, mentre Blackwood, che di certo non è arrivato fino a lì esattamente in forma, sta subendo attacchi sempre più violenti da parte di Jäger.
Neanche lui urla, si rifiuta categoricamente, ma il suo corpo non reggerà ancora a lungo le sue zanne. Quando poi il minore gli si attacca alla zampa posteriore, e comincia a triturarla con le fauci, capisce che non potrà più fare molto. Quelle anteriori già erano state danneggiate da Apophis, ma ancora poteva muoversi con una certa autonomia, invece adesso non potrà neanche più sostenere il peso su quelle posteriori.
Radish sgrana gli occhi con orrore quando vede quella cosa che tanto odia sferrare una potente zampata sul muso dell’eccentrico principe, ma non ha momentaneamente la possibilità di muoversi per dargli man forte, perché in troppi si stanno improvvisamente avventando su Sherry.
Quanto bisognerà essere stupidi per compiere un azzardo simile? Cazzo, io sono qui!
Jäger è ormai a tanto così dal perdere del tutto la ragione, ma la palese possibilità di uccidere sia Blackwood che Everett in una volta sola gli permette di mantenere la lucidità.
Non li aveva previsti. Lui, che è sempre riuscito a prevedere le mosse dell’avversario, non ha previsto il loro arrivo. In realtà non avrebbe proprio potuto farlo, non dal momento che Roman non si era mai schierato prima, e che nei loro Territori non possono proprio accedere altre creature, a meno che non sia uno Spettro a portarcele - o meglio, trascinarcele.
Mentre continua a colpire Blackwood, pensa che deve trovare un modo per sbarazzarsi di loro. Ma come? Come può lui da solo - perché ormai gli è evidente che dovrà farlo da solo -, occuparsi di tutti loro insieme? Gli è parso di scorgere una particolare informazione nel sangue dei due principi, ma non ci ha badato sul serio. La rabbia che sta provando adesso non gli sta permettendo di ragionare come al solito.
Prova a concentrarsi sul serio, a ripescare quel fastidioso ma forse utile ricordo, ma l’arrivo nientemeno di Roman in campo lo deconcentra ancora di più.
Lo vede, quel bastardo traditore del suo stesso sangue, che salta e si lancia in mezzo alla mischia, che attacca i suoi stessi discendenti, mentre dietro di lui arrivano gli Omega del Sud. Prima di tirarsi in campo è andato a chiamare anche loro, così che portassero via i feriti per metterli al riparo.
Lurido traditore…, il pelo gli si drizza ancora di più, il sangue gli ribolle follemente nelle vene. Abbassando per un istante gli occhi, vede inoltre la carcassa dell’unico amico che abbia mai avuto.
Non appena mi sarò sbarazzato di loro, verrò personalmente anche da te, Roman, e ucciderò la tua maledetta compagna sotto ai tuoi occhi! Eccome se verrò, sì… ora so anche come fare. E me lo sta dicendo proprio il tuo protetto, sai? Tutto sommato, Everett, non sei poi così inutile! Guarda di quante cose fastidiose potrei sbarazzarmi con il minimo sforzo? Mi basterebbe uscire da qui e correre alla Capsule Corporation. A quanto vedo, l’umana di quel tappetto che ha ucciso Apophis ha un radar apposito. Lei la ucciderò per te, amico. Prima, però…
«Ehi, Greywind!»
Il lupo, spinto da un’orribile sensazione che gli attanaglia le viscere, alza lo sguardo. Basta meno di un secondo prima che liberi il suo ruggito, che attira inevitabilmente gli sguardi di tutti i presenti.
Lo sta tenendo appeso per il collo, le zampe che ciondolano nel vuoto si agitano debolmente, ed un profondo squarcio parte dal fianco e sale fin sul petto, passando per l’addome.
«BLACK!» Nike ci prova ancora di più a liberarsi, fosse anche solo per riuscire a prenderlo al volo, ed evitargli l’umiliazione di schiantarsi a terra.
Per quanto ci provi però, la sua mente non riesce più a ragionare. Suo marito, l’uomo che ha amato per tutta la sua vita, è ad un passo dall’essere ucciso sotto ai suoi occhi, e lei non può fare assolutamente niente per intervenire. Se questo non fosse sufficiente a mandarle completamente in tilt il cervello, Everett le pare ormai più morto che vivo, tanto che non è decisamente più certa della seconda possibilità.
Ci prova, però. Ci prova e ci riprova, azzanna tutti quanti, i suoi fratelli e le sue sorelle le danno man forte fin oltre lo stremo, ed in breve pure l’intera alleanza fa ancora più forza per lasciarla passare. E per intera alleanza, si intende proprio tutta. Gli Omega, che ormai hanno portato via chiunque non si trovasse troppo nel mezzo, si fanno coraggio e cominciano a mordere zampe e code per farsi inseguire. Il Team Z mena calci e pugni contro chiunque gli venga indicato, mentre C-18 e Crilin, dall’alto della loro posizione, mirano ai ponti per farli crollare, così che da terra debbano necessariamente spostarsi. Tutti loro vorrebbero poter colpire nel mezzo, ma sanno di non poterlo fare: potrebbero uccidere troppi alleati.
Scivolano tutti sul sangue, i movimenti sono sempre più goffi ed impacciati, le forze ormai li hanno quasi del tutto abbandonati. Se riescono ancora a muoversi, è solo per la loro folle determinazione nel riuscire nella propria impresa.
Sherry, tanto è piena della tossina degli avversari, ormai non avverte quasi più niente. È oltre ogni proprio limite, ed ha perso così tanto sangue che è un miracolo se ancora riesce a reggersi sulle proprie zampe. Ma non gliene frega niente. Deve avanzare, deve arrivare in cima e deve portarlo su quel maledettissimo ponte. Deve farlo per forza, deve salvare Everett e Blackwood, e deve ucciderlo.
«Non farmene pentire!»
Cosa voglia dirle Radish con quelle semplici parole, Sherry non ne ha la più pallida idea. Non le avrebbe capite neanche in un altro contesto.
Quando però le afferra la pelliccia su due punti ben distinti della schiena e la solleva in aria, un’idea comincia a farsela. Idea che poi si rivela giusta, perché il compagno davvero ha deciso di lanciarla su Jäger.
La guarda giusto per un secondo, Radish, prima di doversi rigirare per colpire con un cazzotto dritto sul naso qualcuno che pensava scioccamente di poterlo attaccare alle spalle. Se non si concentrerà su tutti loro adesso, non riuscirà ad evitare di andarle dietro. E non può farlo, lo sa. Deve lasciarle sconfiggere i propri demoni, deve farle realizzare il proprio sogno, e deve farlo senza di lui. È già intervenuto abbastanza, potrebbe addirittura non perdonarlo per tutto questo… se intervenisse anche ora, neanche Shenron potrebbe aiutarlo.
Sherry tende le zampe in avanti, estrae maggiormente gli artigli e spalanca le fauci un istante prima di atterrargli addosso.
Gli è sopra, adesso, è riuscita ad inchiodarlo a terra, a morderlo alla spalla, e a conficcargli in profondità gli artigli. Ma il suo sforzo non è sufficiente, non quando la sua rabbia ha raggiunto ormai il picco che loro stessi avevano sperato di fargli raggiungere.
Il tuo sangue…
Riesce ad azzannarla alla spalla e, senza neanche pensarci un istante di più, la strattona via, infischiandosene se così lui stesso si farà del male, a causa delle sue unghie conficcate nella carne.
Il tuo odore…
Reso cieco e folle dalla gelosia e dalla collera più assolute, agli occhi di Sherry appare improvvisamente come più grosso, ed i muscoli di colpo non le rispondono. È sfinita, dolorante come non lo era mai stata, con più tossina che sangue in corpo, e questa visione è decisamente il colpo di grazia.
Prima che però riesca a raggiungerla, a stringerle per l’ultima volta le fauci attorno alla gola per ucciderla in maniera totalmente consapevole, una zampa artigliata gli afferra dolorosamente la zampa posteriore.
«CORRI!»
Si rigira immediatamente contro Everett, tirandogli un manrovescio dritto nel muso che lo fa ribaltare dall’altra parte.
Mentre il fratello, ormai incapace di mantenere la muta a causa dell’estremo dolore, riprende sembianze umane, Sherry si volta fulminea, cominciando a correre con quanta più forza può mettere nelle zampe.
Il cuore le martella furiosamente nel petto, e l’improvvisa nuova ondata di adrenalina mista a determinazione non le fa più sentire il dolore agghiacciante che la stritolava fino a pochi istanti prima.
Non è lontano, posso farcela!
Jäger si è però lanciato furiosamente all’inseguimento, mentre quell’immagine scorta tra i ricordi del fratello gli si marchia a fuoco nella mente, rendendolo incapace di ragionare.
Maledetta puttana!
Lo schioccare dei denti vicini alla sua coscia sono come una frustata dritta al cuore, così potente e vibrante da farle accelerare ancora di più la propria corsa.
È dietro di lei, lo sente. Gli basterà un ultimo sforzo e la butterà a terra. Non può evitarlo, non ha modo di scattare da nessuna parte per seminarlo, non può fare niente, se non provare ad accelerare ancora.
Major, invece, qualcosa la può fare.
Dopo essersi trascinato con le ultime energie rimaste fin sul margine del ponte, afferra un fucile. Ha un solo colpo a disposizione, uno solo.
Dovrò farmelo bastare.
La tossina che contiene non avrà alcun genere di effetto su una bestia di quel calibro, tanto meno il veleno, ma se riuscirà a colpire nel punto giusto…
«Cosa pensi di fare?!» Un paio di forti mascelle lo stringono in vita, con una forza tale che, lo sa, presto si spezzerà in due come un ramoscello.
Urla con forza, sforzandosi comunque di prendere la mira. Ha un solo colpo in canna, gli altri fucili sono scarichi e, nella maggior parte dei casi, distrutti, dopo essere stati usati come armi contundenti per togliersi gli avversari di dosso.
Mad… prenditi cura di Dom e le bambine per me…
Per quanto stia provando a mutare di nuovo, così da impedirgli di segarlo in due, il suo corpo è davvero troppo stanco per riuscirci, ed ormai rifiuta il comando, lasciandosi praticamente andare.
Aspetta, Major. Aspetta che la bocca si chiuda attorno a lui, che lo spezzi del tutto… ma quella non si chiude.
«Spara, che aspetti?!»
Riconosce la voce di Piccolo, ed un moto di sollievo gli permette di respirare di nuovo. Sta tenendo quell’orribile bocca aperta, si sta ferendo alle mani per far sì che non si chiuda e non l’ammazzi. Non può assolutamente deluderlo.
Un colpo, uno solo.
Ispira, prende la mira, espira.
Un colpo, uno solo, e Jäger perde l’equilibrio quando il proiettile si schianta contro la sua zampa sinistra. Perderà anche la sua solita falcata, adesso, perché quel solo proiettile gli si è incastrato nella rotula. Corri adesso, bastardo!
Gli occhi di Sherry saettano veloci da una parte all’altra. Di colpo ha troppi sguardi addosso, perché per tutti quanti è evidente che sarà il loro personale scontro a decidere le sorti del Nord.
E mentre Sherry scorge Major e Piccolo, capendo grazie a quest’ultimo che la sua idea è tutt’altro che infondata, Radish ha recuperato Nike ed è salito nella piccola "arena privata”, dove si trovano ancora Blackwood e Everett. Il primo, dopo essersi ri-arrampicato quando è stato lasciato all’improvviso da Jäger, si sta trascinando verso il secondo, che giace immobile per terra.
Una nuova ondata di panico assale il Saiyan, tanta è la sua immobilità, e subito gli solleva il busto e lo scuote un poco, dandogli infine qualche pacca sul viso per fargli aprire gli occhi.
Loro due non si sopportano, questo è palese, ma non per questo lo vuole morto. Tutto sommato, può dire di essersi addirittura affezionato alla sua spocchia e al suo carattere impossibile, a quegli sguardi al vetriolo e alle frecciatine pungenti. In fondo, avrebbe anche potuto ignorarlo, togliergli definitivamente la parola, trovare addirittura il modo di allontanarlo da Sherry, soprattutto dopo tutto ciò che è successo… ma non l’ha mai fatto, limitandosi a trattarlo come un moccioso stupido e fastidioso.
Non vuole rinunciarci, per quanto gli sembri strano. Non vuole e non può, perché un lutto simile sarebbe troppo per la psiche già assai provata di Sherry. Vaffaculo, maledetto arrogante del cazzo! Sappi che, anche se non vuoi, ti riporterò in vita con le Sfere! Non ti libererai di nessuno di noi così facilmente, soprattutto di me!
«Non ti azzardare a morire, hai capito?!» Bercia contro il suo volto preoccupantemente pallido. Dopo uno schiaffo più forte, finalmente lo vede riaprire debolmente gli occhi, pieni di una stanchezza e di un dolore infiniti. E di arroganza. Quindi non eri del tutto incosciente, eh? Stronzo! «Mi servi per quella parte di lei che ancora non so gestire, quindi vedi di restare vivo!»
Senza volerlo, Everett gli tossisce addosso un preoccupante fiotto di sangue, alla quale ne segue subito un altro, e un altro ancora. Non riesce a fermarsi, e il suo organismo non riesce più a combattere tutta la tossina che ha in corpo.
«No, no, no!» Panico assoluto, quasi non riesce più a respirare. Non può perderlo, non può permettere che accada. Ma non può neanche curarlo, non ne ha le capacità.
Pensa furiosamente a come fare, a quanto tempo impiegherebbe a portarlo al riparo dagli Omega per farlo curare, finché qualcuno non gli tira con forza i capelli.
«Zendor, smettila di fare lo stupido e aiutami qui, forza!»
Riconosce la voce di Angelina, ma non riconosce quell’altra creaturina piccola e pallida che gli svolazza vicino. Suppone essere un Elfo, l’equivalente maschile delle Fate, ed ha pure ragione: Zendor, infatti, altro non è che il fratello minore di Angelina. Come pochi altri di loro, si è lasciato convincere ad usare le loro abilità per curare i feriti. In fondo, Roman per loro ha sempre fatto tanto, anzi tantissimo, e un piccolo sforzo possono farlo pure loro, per una volta. Per gli Elfi, inoltre, l’idea è risultata tutto sommato assai divertente, perché quel prepotente di Jäger si sentirà malissimo nel subire uno smacco simile da creature per lui tanto inutili.
«Radish!»
Seguendo il dito della piccola Fata, che ha urlato con una paura incredibile, Radish si sente improvvisamente congelare fin nelle ossa.
Lei sta correndo, ma lo sa che non ce la fa più. Se non riesce a sentire né ciò che prova né il suo dolore, è perché è totalmente annebbiato dall’adrenalina che ha in circolo e dal terrore di perderla. Però lo sa che non ce la fa più a correre, che ogni singolo limite possibile è stato abbattuto di prepotenza, e che il suo corpo è ormai ad un passo dal collasso. Mentre Jäger, a meno di un paio di metri dietro di lei, gli pare tutt’altro che stanco. Gli sembra solo incazzato a morte, e assolutamente deciso ad ucciderla.
Ma non è questo a fargli veramente paura, quanto il fatto che la via scelta da Sherry è ormai finita. Per quale ragione si sia lanciata verso un ponte crollato, anziché scegliere una qualsiasi altra diramazione, non lo capisce, ma non è certo il momento adatto per lambiccarsi il cervello e capire quale disturbo mentale possa averla spinta a prendere una tale decisione.
Le due creature fatate gli hanno ormai tolto il corpo di Everett dalle mani, e, senza riuscire assolutamente a trattenersi, scatta a sua volta in avanti. Non gli ci vorrà niente a raggiungerli, lo sa. L’unica cosa difficile sarà lanciarsi verso di lei per aiutarla, anziché lanciarsi su di lui per farlo a pezzi.
Senza neanche vederlo, Sherry in qualche modo riesce ad intuirlo.
No! No, Radish! Fermo, non lo fare! Non avrò una seconda occasione!
Più forza nelle zampe, ancora di più. Manca così poco, e potrà mettere in atto la sua idea. Idea che è nata guardando dei bambini giocare.
Ma è così che loro imparano, da piccoli: giocando.
Il gioco serve non tanto per stancarli e tenerli allegri, quanto per fargli imparare come dovranno muoversi una volta adulti. Serve per capire quanta forza usare nella mascella per evitare di fare del male e viceversa, quando è il caso di mostrare il ventre e quando no. Il gioco è un po’ come la base del loro addestramento.
Logan si stava lanciando sulla sorellina, quella volta. Era più in alto rispetto a lei, e si è esposto totalmente.
«Fine della corsa, puttana!»
Ahhh, puoi dirlo forte!
Pianta le zampe anteriori sul bordo del ponte crollato. Ai loro lati, ci posiziona con più fermezza quelle posteriori, e subito carica tutto il peso in basso.
Non è necessario saltare troppo in lungo, né particolarmente in alto. È lui che deve andare più su, ed è ovvio che lo farà. Tutto il suo corpo è schifosamente più potente, ed è ancora carico di preziosissime energie. Entrambi fattori che, anche a causa della folle rabbia che lo sta divorando, adesso gli si ritorceranno contro.
Nota Radish con la coda dell’occhio, è sempre più vicino. Ancora pochi secondi, e le sarà addosso.
Non farlo, Radish! Aspetta, dannazione!
Salta, il corpo viene attraversato da un’ondata di dolore che per poco non le fa perdere i sensi.
Non ancora!
Jäger salta dietro di lei, le fauci sono orribilmente spalancate, mettendo in mostra tutte quelle terrificanti zanne.
Non ancora!
Un altro piccolo sforzo, e Sherry riesce a piegarsi su sé stessa, ribaltandosi. Adesso è a testa in giù, sospesa ad un’altezza incredibile, e Jäger è proprio sopra di lei, che si protende per afferrarla e farla a brandelli.
Chiude gli occhi, e rivede velocemente tutto il male che le ha fatto. Rivede i suoi morsi alle zampe, l’artigliata all’orecchio. Risente la sua voce melliflua, risente quelle orribili parole che le rivolse quel lontano gioco da dimenticare. Sente di nuovo le sue mani sul proprio corpo, lo sente mentre la viola brutalmente, godendo del suo dolore e della sua umiliazione.
Ricorda tutto quanto, ogni dettaglio, tutto quel dolore atroce che l’ha quasi fatta impazzire…
Di scatto apre occhi, fissa il punto, e finalmente spalanca le fauci. Si era in un certo senso ripromessa di non fare mai più una cosa del genere, e, soprattutto, l’aveva promesso a Radish, quel giorno in cui provò ad insegnarle questo genere di attacco. È però convinta che, considerate le circostanze, non glielo farà pesare.
Game over, stronzo!
E in un istante, un solo, sfavillante ki blast nero e blu viene lanciato dritto contro il suo cuore.




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori! 😘
Mi scuso infinitamente per il ritardo! Ci ho sperato fino all’ultimo di tornare a casa in tempo, ma alla fine ho fatto tardi e quindi ho pubblicato oggi. 😖
La verità è che ho fatto un salto in ospedale, e poi sono rimasta a cena dai miei per far sorridere un po’ mio papà. Suo fratello infatti ha avuto un infarto pochi giorni fa, ed in pratica per poco è proprio morto. Ora si sta riprendendo bene, quindi tutto a posto, però babbo ha perso sua mamma a Marzo, quindi lasciarlo solo adesso me ne sapeva troppo male, e allora sono stata un po’ a casa con loro.

😰😰😰😰😰😰

Passiamo al capitolo vai, lasciamo fuori tutti questi problemi.
Il capitolo è stato un parto. Davvero. Fate conto che, problemi personali a parte, qui piove da tipo dieci giorni, e con la pioggia a me viene mal di testa e non riesco a dormire! Sto a pezzi, davvero! Il cervello mi cola giù dalle orecchie ormai.😢😫
Il titolo…🙄 "La battaglia delle cinque armate”… OOOOHHH! Suona così bene, eppure il capitolo è una schifezza! 🤪
Ebbene sì, sono una gran fan de Il Signore degli Anelli e de Lo Hobbit. Ricordo che al liceo ci fu proprio un periodo in cui tutti in classe (eravamo in 13 quell’anno, mi pare) eravamo fissatissimi, tanto da farci le supercazzole ad una professoressa. Povera donna 😛
Comunque, cinque armate: Nord, Sud, Terre di Nessuno (con Roman annesso), Team Z, e le Fate!
Ci sono voluti 4 “eserciti” per buttare giù il Nord! Saranno stati cazzuti?

Ebbene sì, Cramisi, ci avevi visto giusto: la soluzione ai problemi di Radish, altro non era che Roman! Tra l’altro, ironia della sorte, fu proprio Sherry, nel capitolo 4, a dirgli che lui sta sopra a tutti quanti! (e te ne eri pure ricordata!💛)
Tra l’altro, qual è la chiave del suo sotterfugio? Semplice: Radish è più forte di lui, e si è imposto come nuovo Alpha. Roman, semplicemente lo ha accettato davanti a tutti come suo superiore - in quanto a mera forza fisica -, e ciò gli impone di seguirlo e di obbedirgli. Le Fate sanno bene di non potergli impedire una cosa simile, perché andrebbe contro alle loro regole più sacre.
In sintesi, piegandosi a Radish, Roman ha fottuto tutti quanti!
In fondo, gli deve un favore non da niente.

Piccolo chiarimento: La parte dove viene affermato che “uccidendo l’Alpha, si prende il suo potere”, vale solo se suddetto Alpha ha un branco sotto di sé. Se l’Alpha in questione è un solitario, è come da considerarsi un comune Spettro. La forza del lupo, viene dal branco.

Comunque vi chiedo davvero scusa se il capitolo non ha raggiunto le vostre aspettative. Se già di mio non sono buona per niente a scrivere scene di questo genere - che però erano inevitabili -, questo capitolo ha subito le conseguenze dei problema di cui vi ho parlato. Ora va meglio, sono più tranquilla, ma il capitolo rimane comunque quello che è. Sorry!☹️
A meno che in settimana non succeda qualcosa (e, cazzo, spero davvero di no!), venerdì prossimo ci sarà il solito aggiornamento 😁 e, a proposito dell’aggiornamento… Sherry sarà uscita ad riuscita ad uccidere Jäger?

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 32! 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, Kiira_kun, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite 💛; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; A l e x a n d r a, ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Mirwen, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️. Ringrazio in ultimo (ma non certo per importanza) anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚


𝟜𝟚. 𝒜𝓅𝓇𝒾 𝑔𝓁𝒾 𝑜𝒸𝒸𝒽𝒾 𝑒 𝓇𝑒𝓈𝓅𝒾𝓇𝒶



Quando comincia a riprendere i sensi, Sherry non sente nulla. Non riesce neanche a vedere. Evidentemente l’impatto della caduta e il suo ultimo disperato attacco, uniti al corpo ormai stremato, sono stati troppo da sopportare.
Per quanto ne sa, potrebbe anche essere già morta. In realtà, è quello che si aspettava dal momento in cui sono partiti: sentiva che, a differenza di molti altri, non sarebbe riuscita a tornare. Il suo corpo era davvero allo stremo, e la sua mente troppo provata… e non ci ha voluto badare. Per quanto considerasse umiliante anche solo l’idea, aveva promesso a Radish di farsi resuscitare senza storie, quindi non doveva preoccuparsi troppo. L’unica cosa che sapeva di dover fare, era aiutare i nuovi alleati e uccidere quanti più avversari possibile, prima di stirare le zampe.
Eppure, l’idea di essere davvero morta non ha molto senso. Lei sa cosa succede, quando si muore. L’ha vissuto sulla sua pelle - o sul suo spirito?
Magari ho solo sognato tutto quanto. È così? È stato solo un sogno?
Presto si sveglierà, e comincerà un’altra giornata di allenamenti. Aprirà gli occhi tra le braccia di Radish, e gli racconterà di aver sognato la guerra contro il Nord, del fatto che Jäger aveva previsto il loro arrivo, che li aspettava, e che poi, senza sapere come, era arrivato anche lui, assieme ai suoi amici. Lui le farà scivolare un braccio attorno alla vita, la addosserà maggiormente al suo corpo, e proverà a convincerla a farlo scendere davvero in campo, per poi stringerla ancora un po’ e baciarla.
Ha senso, adesso. Ha davvero senso, quindi le pare quasi sciocco pensare ad altre possibilità.
Da un istante all’altro avverte un lieve torpore cominciare ad invaderla, ed una strana pressione attorno alle spalle. Le pare strano solo sulle prime però, perché è così che generalmente si sente quando si sveglia e Radish è lì a stringerla.
L’olfatto riesce poi a catturare i primi odori. Ma sono strani, fuori posto, e presto arriva anche la dolce fragranza del dolore, il delizioso sentore del sangue, quello pungente della rabbia… e questo è decisamente troppo strano. Nel Regno delle Fate, in fondo, aleggiano odori assolutamente differenti.
Okay, non sto sognando. Roman non avrebbe mai permesso una cosa del genere… e neanche Radish. Senza contare che me ne sarei resa conto, se ci avessero attaccato durante la notte! Quindi che succede?
Non sta dormendo, e non è ancora morta. Se può sentire gli odori, se può sentire quel lieve calore contro la pelle, allora il buio è dovuto al semplice fatto che non riesce ad aprire gli occhi. Mentre il cervello le si riaccende faticosamente, mettendo insieme i pezzi e ricostruendo con sempre maggiore stupore i vari eventi, il corpo pare non avere più alcuna capacità di movimento.
Deve combattere la pesantezza che le ghermisce braccia e gambe, quella che pare rallentarle il cuore. Deve lottare ancora un po’, perché di certo non può lasciare i suoi alla deriva, non se lo meritano assolutamente. Senza contare che i suoi fratelli diventerebbero ingestibili, se la credessero di nuovo morta e lei aspettasse tanto per fargli sapere che, anche se non ne è poi troppo certa, sta bene. Solo un altro piccolo sforzo, coraggio!
Nel momento esatto in cui riesce a flettere un dito, comincia il dolore. Prima di avere il tempo di realizzare qualcosa, la travolge sbucando dal nulla. Nell’istante in cui poi riesce ad aprire gli occhi e a muovere un poco la testa, con tutto il corpo che le sembra urlare una protesta… Dio, per poco non perde di nuovo conoscenza.
Stringe i denti, il corpo si pietrifica totalmente nel tentativo di respingere tutto quel dolore, ed il respiro le muore in gola. Tutto, tutto, le fa un male d’inferno, la testa le pulsa insopportabilmente, e si rende conto che di sangue in corpo ormai ne ha poco, ma che di tossina ne ha da buttare. Così non va. Così proprio non va!
All’improvviso, si rende conto di sentire come una voce lontana chiamarla. Una voce che le scalda il cuore, e la spinge a sforzarsi per girare la testa. Se non la testa, almeno gli occhi.
«Ehi, bambolina…»
È la sua voce a chiamarla, sono le sue braccia attorno alle spalle ad infonderle un po’ di calore.
Prova a sorridergli, ci prova davvero malgrado le faccia male, ma dalla sua espressione addolorata capisce che il risultato deve essere più che pessimo. Ma perché le pare così triste? Perché le pare tanto sul punto di piangere? È viva, no?
Radish, che è successo? Dove sono gli altri? Come stanno? Che è successo? Respiro così male… ho tanto freddo… e mi fa male tutto quanto. Non muovermi più da qui, ti prego…
Vorrebbe davvero dirglielo, così come vorrebbe stringersi a lui. Vorrebbe tenerlo stretto a sé, sussurrargli all’orecchio che, alla luce degli ultimissimi sviluppi, si era sbagliata, che non avrebbe mai dovuto escluderlo, e che gli è infinitamente grata per essere arrivato in loro soccorso. Vorrebbe anche chiedergli come siano arrivati fin lì, ma su questo dettaglio può anche momentaneamente sorvolare.
Radish, dal canto suo, sente che è davvero sul punto di scoppiare in lacrime. Lo sente con ogni fibra del suo essere, e la vista sempre più appannata ne è la prova lampante. Ma come potrebbe essere altrimenti? L’ha vista letteralmente precipitare prima di sensi da un’altezza che l’avrebbe ridotta ad una frittata, visto che il suo aspetto stava tornando velocemente a quello umano.
Non aveva preso in considerazione che fosse così stupida, autolesionista e pazza da ricorrere ad una mossa del genere. Il suo organismo, già terribilmente provato e stremato, non è in grado di sferrare quel genere di attacchi, e le conseguenze sono decisamente disastrose.
Non ha capito niente in quel momento, e la mente gli è andata totalmente in panne. Per fortuna, però, il suo corpo sapeva cosa doveva fare, e si è mosso autonomamente, scattando in avanti il più velocemente possibile ed afferrandola al volo.
È rimasto per un po’ sospeso per aria, stringendola gelosamente al petto, mentre gli Spettri rimanevano come pietrificati lì dov’erano. Non avevano mai visto una cosa del genere, non sapevano neanche che uno Spettro avesse la possibilità di fare una cosa del genere, fosse anche per una volta sola nella vita… e non pensavano proprio che una randagia come lei potesse colpire con tanta forza Jäger.
Hanno seguito con attenzione la figura massiccia del Saiyan che tornava a terra, con la giovane ancora stretta tra le braccia, e poi i fedeli del Re del Nord hanno ricominciato ad attaccare furiosamente. Solo la guardia però, perché il resto dell’esercito ha capito come stava cambiando la situazione, e si sono quindi accucciati a terra con la testa tra le zampe, in attesa del verdetto: chi tra loro due riuscirà ad uccidere l’altra, sarà lo Spettro dominante.
Molti dei loro però hanno provato subito ad attaccarli, urlandogli contro che erano dei traditori, e non è stata poca la sorpresa quando sono stati proprio i randagi delle Terre di Nessuno a far loro da scudo.
Radish però non lo sa. Non aveva e non ha tuttora alcuna intenzione di distogliere lo sguardo da Sherry, per quanto vederla in queste condizioni gli faccia fisicamente male.
Sta perdendo sangue da tutte le parti. Dalle ferite ancora aperte, impossibilitate dal chiudersi a causa di tutta la tossina che le circola in corpo, al sangue denso che le cola giù dalle labbra, dal naso e dalle orecchie. Pure in mezzo alle cosce si sta allargando una macchia scura e preoccupante.
«Devo portarti via da qui…» Mormora con un filo di voce, non riuscendo però a muoversi. Per quanto voglia davvero portarla via da quel delirio di violenza e sangue, per quanto desideri solo metterla su una superficie comoda e scaldarla in ogni modo possibile, non riesce a muoversi. La paura di spezzare definitivamente quel sottile filo che la tiene ancora in vita, è così forte da paralizzargli i muscoli e le ossa.
Non riesce a smettere di guardarla, di tenerla stretta a sé, e di pregare ogni possibile divinità perché si rimetta subito come per miracolo.
Più passano i secondi però, più si rende conto che il miracolo non avverrà. Ma come la può portare via? Lo sente dentro quanto stia realmente soffrendo, ora che quella bizzarra barriera che li separava pare essersi finalmente abbassata.
Qualcosa gli si sta avvicinando alle spalle, riesce ad avvertirlo. Non si prende però neanche il disturbo di controllare chi possa essere, non ne ha alcuna intenzione. In realtà non ce n’è neanche bisogno, non solo perché Piccolo è lì in alto a vegliare su di loro come un falco, ma perché si tratta di Arus e Hurricane, così doloranti e sfiniti da piangersi l’anima dal corpo ad ogni minimo movimento. Si sono messi alle sue spalle per fargli da scudo, ed è stato nientemeno che lo stesso Greywind a dare loro l’ordine, prima di lanciarsi contro un avversario con quelle poche energie che gli erano rimaste in corpo.
Sherry, che davvero sente che è sul punto di crollare di nuovo, sentendosi oltretutto profondamente tentata di lasciarsi andare a quel dolce oblio che le impedirà di sentire tanto dolore, si sforza un altro pochino, così da potergli stringere un dito. È così in pena per lei, che il cuore le si stringe dolorosamente nel petto.
Vorrebbe dirgli di calmarsi perché ormai il peggio è passato, che da adesso in poi andrà tutto bene… ma sarebbe una bugia enorme. Non è tutto passato, e la parte peggiore, forse, arriverà proprio ora.
In quanti sono caduti? In quanti non riabbracceranno più i loro cari? E non pensa solo al proprio branco, no, pensa anche agli Spettri del Nord e del Sud, a tutti quelli che sono caduti e a quelli che sono rimasti soli. Senza contare, poi, i danni fisici che hanno riportato! In quanti, d’ora in poi, saranno menomati? Quanto dovranno soffrire per espellere tutte le vari tossine che hanno in circolo? In quanti non saranno più capaci di muoversi come un tempo? Come si comporteranno gli uni con gli altri, dopo tanti secoli di diffidenza e disprezzo?
No, il peggio non è passato, e lei non è neanche lontanamente nelle condizioni di affrontarle. Al solo pensarci, sente le lacrime pungerle con forza gli occhi.
«No—n… hai… an… ra…»
Il cuore le cade violentemente nelle viscere, nell’udire la sua voce. Pensava di averlo centrato in pieno, ne era sicurissima, ma evidentemente non è così. Com’è possibile?!
«…vinto…»
Radish non ha mai avuto un tale odio feroce negli occhi.
È a terra, ad una ventina di metri da loro, con il corpo pallido esposto, il petto ricoperto del sangue che sgorga dall’enorme ferita che Sherry gli ha inflitto. Sperava che gli avesse centrato il cuore, che glielo avesse disintegrato…
È impossibile che non sia così! Dannazione, basta guardarlo! Che gli si sia già ricreato?!
Sente il sangue ribollirgli nuovamente nelle vene quando, con un’arroganza che non aveva mai visto prima, l’altro gli sorride. Si era sempre chiesto, Radish, che aspetto avesse, tanto che più volte aveva preso in considerazione l’idea di chiedere a Micah di raffigurarglielo grazie alla sua spiccata abilità nel disegno. Se l’era infine immaginato in molti modi, ma mai così. Si immaginava un corpo molto più sfregiato, un volto molto più duro, e invece è tutto l’opposto: il volto ora è sicuramente deformato da tutto quel sangue, ma è indubbiamente bello. Una bellezza superiore a quella di Micah, River, Everett e Blackwood, una bellezza autentica, quasi angelica. Gli occhi, in particolar modo, Radish se li immaginava crudeli e freddi, mentre anche a quella distanza gli appaiono incredibilmente vivaci, intelligenti, arroganti e, sì, bellissimi.
«Ma è immortale?!» La vocetta per lui insopportabile di Crilin lo riporta alla realtà, facendolo voltare con curiosità verso di lui per capire cosa intenda «Gli ha centrato il cuore, lo vedo anche da qui!»
Beh, in teoria Crilin avrebbe anche ragione, dal momento che Sherry è riuscita a centrarlo in pieno… peccato solo che, all’insaputa di tutti, Darko e Apophis inclusi, Jäger sia nato con una particolare condizione detta situs inversus, dove gli organi sono invertiti in modo speculare rispetto alla loro usuale posizione. In parole povere, Jäger ha sempre avuto il cuore a destra, anziché a sinistra. Darko non lo sa non perché non sia un buon medico, ma semplicemente perché da loro non è mai usato fare dei controlli particolari ai neonati, poiché l’olfatto dice subito loro se il piccolo ha qualcosa che non va.
Fu proprio Jäger a rendersene conto, per puro caso: era disteso con una mano sul petto, e si rese conto che batteva dalla parte “sbagliata”. Non l’ha mai detto a nessuno però, non tanto perché quella condizione non lo avrebbe mai intaccato in alcun modo, ma proprio perché sapeva che si sarebbe potuta rilevare un’ulteriore difesa. Ed aveva ragione, perché in caso contrario sarebbe già morto.
Tuttavia il colpo è stato più che importante pure per lui, che si è ritrovato col dover affrontare un dolore lancinante come quello e a dover concentrare tutte le proprie energie per mantenere la muta fino all’ultimo. La forma umana non avrebbe mai potuto tollerare un simile impatto, e lui lo sapeva benissimo.
Una volta a terra, però, non ha resistito ed ha cambiato forma, così da dare al lupo la forza necessaria per rimarginare quanto prima il polmone ormai collassato ed il foro che lo attraversa da parte a parte. Il problema nasce dal fatto che ci sta mettendo più del previsto, e che lui sta continuando a sanguinare. Se perdessi i sensi adesso…
«Ra—dish…»
Per quanto gli risulti difficile distogliere lo sguardo dall’uomo, che con estrema fatica e dolore sta cercando di girarsi su un fianco per issarsi su un gomito, torna comunque a concentrarsi sulla compagna. Pure lei sta guardando Jäger, e l’improvvisa fiamma che le ha riacceso gli occhi lo fa un poco preoccupare. Cosa pensi di fare in queste condizioni?
Sherry, dal canto suo, non capisce come faccia l’altro a parlare ancora, nelle sue condizioni più che estreme. Ha un dannatissimo buco da parte a parte, grosso poco più di un pugno del Saiyan, e non solo non muore, ma parla pure, e mantiene quell’arroganza incredibile, quasi non avesse niente di più di uno sciocco graffietto.
La terrificante idea che magari sia davvero immortale l’assale tutto in un colpo, ma non vuole crederci. Non può essere immortale, non esiste assolutamente. Gli Spettri sono tantissime cose, e ne sanno fare altrettante di impressionanti, ma non sono immortali. Resistenti oltre ogni limite sì, ma non immortali!
«Aiu—tami… ad… alz—armi…» Nel dirlo flette i muscoli delle braccia, dell’addome e delle gambe per far leva e mettersi in piedi, in barba al dolore insopportabile che l’attanaglia anche solo respirando. Ogni singola fibra del suo essere la sta implorando di rimanere ferma, di lasciarsi andare all’oblio per riposarsi e riprendersi, ma lei non ci vuole stare: è arrivata fino a lì per un unico scopo, lo stesso che ha in mente da praticamente tutta la vita, e non ci rinuncerà perché il suo corpo si sta sgretolando per il dolore.
Radish vorrebbe davvero afferrarla per le spalle e ributtarsela tra le braccia, tenerla stretta a sé per tutto il tempo necessario per riprendersi, ma si rende conto che non potrà fare alcunché per fermarla. Non ha mai avuto questo potere su di lei, nessuno lo ha mai avuto. A pensarci bene, in realtà, è anche questo suo lato che lo fa tanto impazzire.
Così, con un braccio saldamente avvolto attorno alla sua vita, si alza con lei, e la sostiene durante quel tragitto apparentemente tanto breve. Ad entrambi però non sembra breve per niente, e il dolore fisico c’entra solo relativamente adesso. Ogni singolo passo li sta conducendo verso qualcosa che mai avevano considerato davvero, qualcosa che forse li cambierà nel profondo.
Ogni singolo passo in avanti, è un passo più vicino alla realizzazione di un sogno e, al tempo stesso, alla sovranità del Nord.
Sherry si era convinta di essere pronta anche a quello, pur di uccidere Jäger. Era convinta che le andasse bene, che sarebbe stato un prezzo davvero molto piccolo da pagare, ma adesso non ne è più tanto convinta. È arrivata fino a quel punto muovendosi puramente seguendo l’istinto, senza avere mai davvero la piena consapevolezza di ciò che stava facendo. Magari le cose le sono andate bene perché ha avuto sotto il proprio controllo dei randagi, Spettri senza arte né parte che non avevano mai vissuto sotto il reale comando di qualcuno e sono cresciute in un mondo diverso. Ha guidato creature libere che hanno scelto di seguirla nel bene e nel male… ma tutto gli altri? Il Nord è così vasto…
«Puoi farcela.»
Sherry non sa se vuole incitarla ad uccidere il mostro agonizzante ad un paio di metri da loro, o se in qualche modo ha capito cosa le passa per la mente e voglia solo calmarla… ma sa che ha ragione. Cioè, in realtà non lo sa, ma si fida di lui, e vuole farlo anche adesso, anche mentre sente il suo tocco farsi più leggero per permetterle di avvicinarsi da sola.
Jäger è riuscito ad issarsi su un gomito, e la guarda con un tale odio negli occhi che le mette sinceramente i brividi. Malgrado questo, però, non si ferma. Non può più fermarsi, è impossibile ormai.
Il chiasso alle loro spalle si sta affievolendo sempre di più, poiché ormai non c’è un solo Spettro che non voglia assistere all’esito del loro breve ma titanico scontro. In una manciata di secondi, pure la guardia più fedele al Re si blocca, puntando gli occhi luminosi e stupiti verso di loro.
S’inginocchia davanti a lui con una fatica incredibile, e rimane assolutamente immobile per qualche secondo. Pure respirare adesso le risulta assai ostico, figurarsi camminare così tanto ed avere pure la forza di mettersi in ginocchio, anziché buttarsi a peso morto.
Si guardano dritto negli occhi, e Jäger si lascia andare ad un sogghigno.
«Allora è… così che finisce…» Ad ogni parola, del sangue denso e scuro le cola giù per la bocca, mentre altro le gorgoglia in gola.
Per quanto l’odio e il disprezzo nei suoi confronti sia quasi accecante, una parte di lui, una parte che non sapeva neanche di avere, si aggrappa quasi disperatamente a quel sentimento che ha nutrito per quasi vent’anni, a quel futuro alla quale si è disperatamente aggrappato, illudendosi.
«Non è… detto… po—ssiamo… an—cora…»
Sherry fa giusto in tempo a rispondergli con un’espressione disgustata, che l’altra parte di Jäger, quella più forte, più determinata e pericolosa, prende nuovamente il sopravvento.
Accade tutto in un istante, tanto che neanche Radish fa in tempo a muoversi in suo soccorso.
La mano scatta in avanti, veloce, letale e precisa, e gli occhi si dipingono del loro spettrale viola ametista.
Il respiro si mozza nelle gole di tutti quanti, e Radish non si è neanche reso conto di essersi mosso, ritrovandosi come per magia al loro fianco con gli occhi sbarrati.
Il sangue vischioso scorre lentamente sul polso pallido, gli occhi si sgranano ulteriormente per la sorpresa, mentre il dolore comincia ad affievolirsi in modo allarmante.
«Alla fine…» Le parole sono appena un sussurro, ma loro due riescono comunque a sentirsi. Il terrore sparisce a poco a poco dai loro occhi, lasciando spazio ad uno stupore quasi stordente. «Mi hai davvero… donato il… tuo cuore…»
Lo sente, Sherry, che pulsa contro i polpastrelli. Potrebbe stritolarlo, conficcarci dentro gli artigli, lacerarlo in modo profondo ed irreparabile, ma non lo fa. Il corpo urla di protesta per l’ondata di dolore improvviso, quando ha fatto scattare una mano ad afferrargli il polso e l’altra nel buco nel petto.
Jäger non si aspettava assolutamente che fosse capace di tirare fuori una simile grinta, che fosse capace di muoversi così, considerate le sue allarmanti condizioni. Per quanto abbia capito che ormai è finita, che la donna che ha amato e desiderato per tutta la vita lo sta uccidendo, che ha perso tutto… non si sente furibondo o offeso come pensava. In fondo, pure lui è riuscito a prendersi qualcosa.
Abbassa per un istante gli occhi, il fiato ormai nullo, la vista sempre più appannata. Le energie lo stanno abbandonando ad una velocità che neanche credeva possibile, e nella mente già pregusta il momento in cui si ricongiungerà alla sua famiglia, a tutti i vecchi Re, al momento in cui incontrerà Regan e Roscka, quando dirà a tutti loro che Roman li ha traditi… e che lui ha fottuto Papà Spettro.
Con un lento sorriso derisorio che gli si allarga sulle labbra alla vista di quella macchia di sangue, alza di nuovo gli occhi e sibila: «Beh… siamo pari.»
Stringe. Stringe forte, affonda le dita in quell’organo, lo trafigge con gli artigli.
Sobbalza appena, Jäger, per poi accasciarsi al suolo con un tonfo sordo, gli occhi chiusi e, finalmente, senza quel maldetto ghigno sulle labbra.
Mentre si lasciava andare a terra, mentre chiudeva definitivamente gli occhi, Sherry ancora teneva la mano nella sua cassa toracica, ed ora, dopo il suo involontario ma inevitabile movimento, può osservare quel maledetto cuore morto tra le dita. E vorrebbe urlare. Vorrebbe urlare per tutta la moltitudine di sentimenti che la stanno invadendo, per tutto il dolore che sta sopportando. Vorrebbe piangere tutte le sue lacrime per quanto è incredibilmente felice, per quanto il suo organismo sia così tanto vicino dal collassare a terra per il dolore.
Non fa niente, invece. Rimane accovacciata a terra, il cuore stretto tra le dita, gli occhi che lo fissano insistentemente, come se una parte di lei volesse accertarsi realmente dell’incredibile evento.
Ho vinto…
Quando si uccide un capobranco, si assimila buona parte della sua potenza. In questo caso specifico, Sherry sta inconsapevolmente adoperando parte di quella nuova forza per rimettersi in piedi.
L’ho ucciso…
Quando si uccide un capobranco, si assimila buona parte della sua potenza… e si assume il controllo del suo branco. In questo caso specifico, Sherry ha appena assunto il controllo dell’intero branco del Nord.
Ce l’ho fatta!!!
Quando si uccide un capobranco, si assimila buona parte della sua potenza e si assume il controllo del suo branco. In questo caso specifico, Sherry ha appena ucciso il Re del Nord, ed ha di conseguenza conquistato anche i suoi immensi territori e la sua corona.
Voltandosi verso tutti quei guerrieri stremati e sanguinanti, stringe maggiormente il cuore morto tra le dita, e lentamente se lo porta alle labbra, mordendolo con forza.
Per quanto non sia assolutamente un gesto insolito per gli Spettri, a tutti loro fa un certo effetto. Sono in pochi a non aver avuto la possibilità di conoscerla, tra gli Spettri del Nord, e tutti loro ricordavano solo una bambina tremolante, una carcassina tutt’ossa che continuava a vivere solo perché disperatamente attaccata alla vita. Nessuno avrebbe mai anche solo immaginato di vederla così, con quel corpo maturo e forte ricoperto di sangue, con quella determinazione allarmante negli occhi. Oltretutto, in generale assolutamente nessuno si sarebbe mai immaginato di vedere i suoi occhi di sangue tingersi di quella tonalità violacea.
Vorrebbe mutare, Sherry. Vorrebbe mutare del tutto, e ruggire con tutto il fiato che ha nei polmoni, mettendo così fine ad ogni possibile attacco, ma non ne ha più la forza.
Radish lo capisce al volo e, mettendo momentaneamente e con grande fatica da parte tutta l’ammirazione e l’orgoglio per la giovane e pazza moglie, si porta al suo fianco, e le avvolge la vita con un braccio per sostenerla di nuovo.
Così facendo, poi, mostra involontariamente due cose: la prima è che la cicatrice che la nuova Regina del Nord sfoggia sulla spalla è opera sua, e la seconda è la zanna che gli pende dal collo.
Mentre Sherry non l’ha ancora notata, non essendo neanche più in grado di distinguere una forma dall’altra tanto le si è annebbiata la vista, Greywind finalmente la nota. La nota e capisce in modo chiaro e semplice che il loro trovarsi lì insieme, il fatto che la strada di una giovane ribelle come Sherry si sia intrecciata con quella di un uomo tanto potente, il fatto che lui abbia una zanna di Roman sul petto e lei abbia avuto la forza necessaria per battere Jäger, non è un caso.
Cose del genere non capitano mai per caso. C’è uno schema dietro, una serie di eventi specifici che hanno portato ad un incastrarsi di piccoli tasselli, che hanno dato vita ad un enorme e preciso disegno. E chi studia questi disegni, se non Papà Spettro?
Con questa consapevolezza nel cuore, lascia scivolare una zampa anteriore sotto al corpo, sbilanciandosi così all’indietro, fino a portare il muro a pochi centimetri dal suolo, in un chiarissimo segno di rispetto.
Con un gesto simile, Greywind dichiara non solo che sono loro due a detenere il vero potere e che sono i veri vincitori, ma anche che li riconosce apertamente come i nuovi Sovrani del Nord.
I membri della guardia di Jäger però non ci stanno, non si sognano neanche lontanamente di riconoscerli come propri capobranco, così tentano un’ultima offensiva… venendo prontamente buttati a terra proprio dagli altri Spettri del Nord, che invece li hanno accettati di buon grado. In fondo, quei due non potranno certo essere più spietati di Jäger, e di conseguenza non potranno rivelarsi una scelta poi eccessivamente sbagliata.
Con l’ultimo latrato di protesta, che lentamente si spegne sotto la pressione della mascella di uno sfinito e dolorante Mordecai, la guerra finalmente si conclude, lasciando spazio ad una nuova era.



Radish, da tre giorni a questa parte, non ha la minima idea di cosa sta facendo.
Dal momento esatto in cui Sherry gli è svenuta tra le braccia, con il battito cardiaco così debole da lanciarlo nel panico più paralizzante, lui non ha capito assolutamente più niente. Se è riuscito a fare qualcosa oltre allo starle accanto e vigilare sulla sua figura dormiente, è solo per il provvidenziale intervento di Vegeta.
Per quanto gli dia tuttora fastidio l’idea che Radish abbia a tutti gli effetti una carica nobiliare, per quanto ai suoi occhi di poco valore, non lo avrebbe comunque lasciato allo sbando. In fondo sono pur sempre cresciuti insieme, e l’altro davvero non si meritava che gli voltasse le spalle in quel momento, dove era così spaventato e fragile da fare quasi pena. Gli si è quindi avvicinato, lo ha afferrato per una spalla e gli ha praticamente ordinato di calmarsi, di usare il cervello. Tutti quegli Spettri, che uno dopo l’altro stavano cadendo a terra privi di sensi, conteranno su di lui da quel momento in avanti. Si affideranno alla sua forza, alla sua capacità di giudizio, alla sua esperienza, alla sua capacità di mantenere il sangue freddo, e lui non poteva tirarsi indietro e lasciarli lì.
Ed aveva ragione, Radish lo sapeva perfettamente. Ma che poteva fare? Lui non è nato per guidare nessuno, figurarsi un intero popolo tanto particolare!
Se però Sherry era ridotta in quello stato, era anche per loro, per la loro libertà. Voltandogli le spalle, avrebbe voltato le spalle pure a lei, e questo era fuori discussione… ma cosa fare? Non aveva mai preso in considerazione di dover pensare anche a un “dopo”.
Roman gli si è avvicinato cautamente, seguito a ruota da Angelina, e lo ha guardato dritto negli occhi, come per accertarsi di non aver preso un abbaglio, quando gli ha donato la sua zanna.
Cosa devo fare?” Chiedendogli un parere con così tanta umiltà, mostrandosi sì vulnerabile ma pur sempre deciso a fare del suo meglio, Roman ha capito di averci visto giusto, che quel qualcosa in più che aveva scorto dentro di lui non era un’allucinazione, così si è voltato verso Angelina, che ha poi dato il segnale alle altre Fate e agli Elfi per mettersi all’opera.
Avvicinandosi singolarmente a dei piccoli gruppi, li hanno fatti fluttuare nell’aria, avvolgendoli nella loro magia. Avrebbero alleviato il loro dolore, e avrebbero regolato loro la temperatura corporea, così da facilitare l’impresa ai lupi che vivono dentro di loro per espellere le tossine e rimarginare le ferite.
Li hanno fatti levitare lentamente, come se fossero delicatissimi e fragili tesori di cristallo, fino a condurli nelle aree riservate alle cure mediche, e li hanno poi adagiati dove veniva loro indicato dagli Spettri appena giunti in campo.
Gli addetti ai soccorsi, infatti, non vengono mai usati sul campo di battaglia, poiché il loro intervento è richiesto unicamente dopo, così da non lasciare al loro destino gli altri. Almeno, così funziona al Sud, mentre al Nord questa importante fazione è stata eliminata nell’ultimo secolo. Per loro, infatti, chi si feriva così profondamente in campo aveva solo due opzioni: farcela da solo o morire. Doversi fare carico di uno Spettro non idoneo al combattimento non era tollerabile, per loro.
Conscia di ciò, ed anche consapevole della nuova alleanza grazie al breve discorso di Roman, è stata Alana a dividere la loro piccola equipe medica, così da poter prestare i primi soccorsi a tutte le fazioni nel minor tempo possibile. Per quanto ostica si presentasse la situazione, la Cacciatrice non si è mai persa d’animo, così da poter finalmente eguagliare le assai più note abilità di Darko. Quando poi, tra tutti gli altri, lo ha visto privo di sensi in mezzo alla mischia, si è sentita animare maggiormente: lui aveva una fama incredibile alle spalle, e la sua più grande ambizione segreta - che pensava ormai irrealizzabile - è sempre stata sentirgli dire che ha davvero un grande talento, così ha deciso di occuparsene in prima persona.
Radish, con il cuore in gola, si è lasciato togliere Sherry dalle braccia, seguendola unicamente con lo sguardo poiché Roman gli aveva sbarrato la strada.
Pensa, Radish. Pensa a cos’hanno bisogno adesso, forza!
Non pensava di volere l’aiuto di Vegeta, di aver bisogno della sua arroganza insopportabile per rianimarsi, ma alla fine era proprio così. Senza di lui, senza il suo sguardo beffardo e accusatore a trafiggerlo, non sarebbe mai stato in grado di ragionare e giungere subito alla conclusione più ovvia: cibo. Avevano bisogno di cibo, tantissimo cibo, e doveva essere portato il prima possibile. Ma come procurarglielo, senza creare qualche tipo di problema al loro personale equilibrio? Anche a questo dilemma, la soluzione è arrivata velocemente. Sicuramente non sarà stata la soluzione migliore in assoluto, ma tuttora è abbastanza sicuro di aver evitato di incrementare i danni.
Servendosi dell’aiuto di Piccolo e Vegeta, e facendosi accompagnare dal fratello minore di Angelina, Zendor, ha riutilizzato l’idea già brevettata nel Regno delle Fate, pescando quindi enormi cetacei e trasportandoli fino a lì. Non la migliore delle idee, certo, ma sicuramente una delle più efficaci. Oltretutto, poi, è stato davvero gratificante vedere gli sguardi ricolmi di adorazione e gratitudine degli Omega, che mai prima di quel momento avevano visto tanto cibo in una volta. Cibo alla quale avevano pure accesso!
Si è raccomandato con loro di non finirlo assolutamente, perché serviva per sfamare anche tutti gli altri, quelli che per primi hanno reso possibile la loro liberazione, e loro hanno annuito con un gran sorriso, adoperandosi subito per dividere le enormi bestie in porzioni precise, estrarne quanto più grasso possibile da utilizzare in altri modi, ed ammassando poi le ossa da una parte.
Tutti i membri del Team Z poi si sono sentiti non poco in imbarazzo nel ricevere dei piccoli ma evidentemente preziosi doni da tutti loro. C’era chi li supplicava di accettare la loro razione di cibo, chi si ritrovava sul punto di piangere quando li vedevano rifiutare le pellicce o quei pochi, piccoli gioielli tramandati di generazione in generazione che gli offrivano. In fondo hanno fatto così tanto per aiutarli, rischiando la loro stessa vita… non poterli ripagare in alcun modo spezzava loro il cuore e li faceva sentire solo più miserabili.
È stato Crilin, mosso a compassione da quei volti affranti e vicini alle lacrime, a prendere una grossa pelliccia e buttarsela sulle spalle, sorridendo con gioia mentre li invitava a mangiare quel pezzo di cetaceo assieme a lui. “In realtà non ho molta fame, adesso”, diceva, evidentemente in difficoltà, “Perché non mi aiutate? Sarebbe un peccato se andasse sprecato, no?”. Malgrado si rendessero pienamente conto delle sue reali intenzioni, hanno accettato di buon grado l’offerta, piangendo dalla gioia di non essere stati rifiutati, di aver trovato qualcuno così gentile con loro da fare tutto il possibile per non togliergli quel poco che avevano.
Ma Radish sapeva bene che i suoi compagni non potevano rimanere a lungo, sapendo come reagiscono gli Spettri più forti, quelli che, senza dubbio, hanno un istinto predatorio e territoriale molto più marcato e violento degli Omega, abituati invece a mantenere in quieto vivere in ogni modo. Oltre a questo, poi, Radish non aveva certo scordato l’atteggiamento di Sherry all’inizio della loro relazione, e a quanto la presenza degli esseri umani la mettesse a disagio per il dolce odore del loro sangue.
Tenendo bene a mente questi fattori, ha pensato bene che fosse meglio per tutti se per il momento si allontanassero, per poi tornare una volta che la situazione si sarebbe stabilizzata.
Senza ombra di dubbio, non poteva prendere una decisione migliore. Quando infatti tutti quei feroci combattenti riprenderanno i sensi, si ritroveranno tutti completamente spaesati, costretti ad affrontare una nuova realtà e tutte le nuove regole che essa comporterà. Senza contare che dovranno anche rapportarsi gli uni con gli altri, pur essendosi dati battaglia per secoli.
Saranno intontiti, doloranti, spaventati e nervosi: costringerli ad un incontro ravvicinato con tutti loro, malgrado li abbiano aiutati significativamente, non è certo la più brillante delle idee.
Si sono quindi salutati, e Piccolo, dopo avergli poggiato con decisione una mano sulla spalla, gli ha rivolto un lieve sorriso d’incoraggiamento, affermando con sicurezza che tutto andrà per il meglio. Incoraggiamento alla quale Radish, tra l’altro, continua ad aggrapparsi con tutte le proprie forze.
Quando poi se ne sono andati, si è reso conto di quanto assordante silenzio ci fosse attorno a lui. Un silenzio tombale, di quelli che ti mettono i brividi. Fino ad una mezz’ora prima era il caos più totale, tutti urlavano e ringhiavano, affondavano i denti e gli artigli nella carne, strappavano lembi di pelle, trituravano ossa, impattavano contro il terreno e contro le pareti, si buttavano di sotto dai ponti… in quel momento, invece, più niente.
Un Elfo gli ha detto poi timidamente di seguirlo, così da condurlo all’alloggio privato di Sherry, e lui non se l’è fatto ripetere due volte.
Una parte di lui, quella più ottimista, pensava che si sarebbe concentrato molto su ciò che lo circondava, una volta messo piede in quelle terre sconosciute al mondo, e che avrebbe volentieri perlustrato quei territori per scoprirne tutte le possibili differenze, ma in quel momento non riusciva a guardare altro che i volti di tutti quegli uomini e quelle donne che ha imparato a conoscere.
Le Fate, usando la loro magia, li stavano spostando in un luogo decisamente poco frequentato dagli Spettri, un qualcosa di riconducibile ad una specie di antica ecatombe, vasta ed ormai inutilizzata, così da poter evitare i loro sguardi spenti, il diffondersi di cattivi odori, ed in ultimo per prepararli alla cremazione, com’è usanza per loro.
Li ha guardati, Radish, ed ha riconosciuto davvero troppi volti. Con alcuni ci aveva parlato solo di sfuggita, talvolta neanche si ricordava i loro nomi, però gli hanno provocato tutti lo stesso dispiacere, perché erano comunque coloro che lo avevano accolto nel loro mondo, che gli avevano lasciato un po’ di spazio per poterci vivere tutti insieme.
In quel momento, di colpo, ha sentito di avere come troppo spazio a disposizione…


Le ore si sono susseguite una dietro l’altra, e quel silenzio veniva rotto di tanto in tanto dal calmo vociare di quei pochi Spettri che si stanno tanto affaticando per rimetterli tutti in sesto.
Il secondo giorno, quando Alana è nuovamente tornata nella loro momentanea stanza per controllare Sherry, ancora preoccupantemente priva di sensi, gli ha comunicato con un grande sorriso che cominciavano a vedersi dei generali miglioramenti, e Radish li ha ascoltati con estrema gioia, malgrado non mostrasse alcun genere di emozione.
Mentre Blackwood e Nike sono ancora fuori gioco, Greywind e Arus, i loro rispettivi padri, hanno trovato la forza sufficiente per alzarsi già dalla notte precedente, ed hanno deciso di tenere privatamente i funerali, appuntando nella roccia i nomi di tutti quanti i caduti, così che gli altri possano poi piangerli.
Radish l’ha trovata una buona idea, sopratutto perché la sola idea di rivedere quel maledetto volto lo urtava profondamente.
Darko aveva finalmente riaperto gli occhi, e aveva anche provato a rimettersi in piedi per dare una mano, mollando un notevole gancio dentro dritto nella mascella del ragazzo che, incautamente, aveva provato a rimetterlo giù quando era ancora troppo agitato. Purtroppo per lui però, le ferite riportate gli imponevano di rimanere fermo, calmo e buono per minimo, minimo, minimo un altro giorno. Secondo Alana, è solo per il suo folle attaccamento nei confronti di Everett se è riuscito a reagire così bene, malgrado abbia una gamba fuori uso, forse pure in modo permanente.
Per quanto riguarda Everett, poi, pare che pure lui sia stato capace di riprendere conoscenza, seppur per una decina di minuti scarsi, e che abbia chiesto notizie riguardanti Sherry, Blackwood, Nike, Darko e, dulcis in fundo, proprio di Radish. La dolce dottoressa, mentre esaminava la dormiente Regina del Nord, si è lasciata andare ad un tenero sorriso, rivelandogli che gli era parso molto più tranquillo quando gli aveva detto che pure lui stava bene, e che se la stava pure cavando egregiamente.
Per quanto Radish non abbia mostrato alcun genere di reazione, dentro di sé gongolava come un bambino, felice di sapere che, seppur in un modo assolutamente tutto suo, pure l’altro gli si è un poco affezionato.
Gli ha poi comunicato che la sua decisione di mischiare i randagi ai Nordisti e ai Sudisti, e di tenere separati i maschi dalle femmine, è stata una trovata assai azzardata, ma comunque ben pensata. Che poi, non era assolutamente una sua decisione, in quel momento l’ultimo dei suoi pensieri era proprio come schierare i feriti, ma ha capito alla svelta che è stata una decisione di Roman, che però l’ha spacciata per sua. Non ne ha capito il motivo, ma non gli è importato assolutamente: voleva sapere solo ed esclusivamente come stavano quegli imbecilli a cui si è tanto legato!
Gli ha fatto direttamente i nomi, dal momento che non poteva sapere con certezza di chi volesse le informazioni, e le sue risposte lo hanno risollevato, almeno in parte. Certo, venire a sapere dei problemi fisici di ognuno di loro è stata una pugnalata dritta al cuore, ma è stato sempre meglio di saperli morti!
River ha riportato un numero allarmante di ferite, in particolare una alla gola che non l’ha ammazzato per miracolo, e non ha ancora ripreso conoscenza. Oltretutto non sono poi troppo certi che riuscirà a muoversi bene come un tempo, considerate le gravi lesioni al bacino, ma sono tutti concordi che, tutto sommato, abbia avuto una fortuna sfacciata.
Glover ha perso un braccio e, malgrado tutti gli altri danni, le sue funzioni vitali fanno presagire che si riprenderà molto alla svelta, tanto che la donna non dubita che potrebbe essere capace di rimettersi ad inseguire una preda entro un mesetto al massimo.
Viper e Sharon, invece, hanno riportato ferite importanti lungo tutto il corpo, ma sono state capaci di riprendere conoscenza in più di un’occasione, seppur per poco tempo. Sharon ha pure borbottato che ora più che mai vuole altri figli, e per Radish è stato sufficiente per capire che sì, tutto sommato sta bene.
Willem, che ha grossi squarci per tutto il corpo ed ha anche perso un occhio, è riuscito a stare sveglio addirittura per un’oretta, chiedendo qualche informazione senza scordarsene subito dopo, come invece avevano pensato sarebbe accaduto, considerato il trauma alla testa. Ora tutto sta nel vedere come reagirà quando si sveglierà di nuovo, ma sono ottimisti.
Hurricane, che ha più cicatrici sul collo e sul busto che pelle sana, è parecchio ricettivo, tanto da averli mandati affanculo perché stavano disturbando il suo riposo.
I vostri ragazzi sono dei veri duri, sai? Dico davvero! Ce ne sono un paio che sembrano avere dei Titani in corpo!”, con queste parole tanto spensierate, Radish è riuscito pure a scordarsi, seppur per qualche secondo, che Sherry non aveva ancora riaperto gli occhi neanche una singola volta.
Chi mai, tra tutti quegli Spettri, poteva avere dei Titani in corpo? Ma quei quattro imbecilli che non sentono davvero gli effetti dei sedativi poiché abituati a roba assai peggiore, che sono stati necessariamente legati ed hanno reso indispensabile chiudere a chiave gli ingressi, chi altro?!
Major, che ha rischiato significativamente di essere segato in due, è quello che ha dato fisicamente meno problemi, visto che non può proprio alzarsi senza gli si riaprano le ferite, ma non si è fatto tanti problemi ad afferrare tutto ciò che aveva sottomano per lanciarlo addosso ai fratelli. A quanto pare, ha lanciato pure il frullato proteico che gli avevano gentilmente offerto, scatenando le risate di quelli momentaneamente svegli.
Maddox, che si è letteralmente buttato di sotto dalla sua branda per correre dalla moglie, ha perso tre dita nella mano sinistra - e ci ha tenuto pure un sacco a scherzarci su, affermando che tanto è destrorso e quindi potrà ancora farsi le seghe -, ed ha inoltre un numero spaventoso di ferite lungo tutto il corpo. Per come lo avevano trovato, sono stati costretti a fargli pure una trasfusione, cosa necessaria solo per pochi altri soggetti. “Quello è una roccia! Greywind ha detto che gli deve la vita, e per questo ha intenzione di donargli un’abitazione qui, qualora volesse rimanere, o anche solo venire di tanto in tanto.
Non ha commentato, Radish, perché gli premeva di più sapere degli altri due. Major e Maddox sono “facilmente” gestibili, lo sa, ma gli altri due… un poco quasi gli è dispiaciuto per quei poveracci che se li devono sorbire!
Infatti è emerso che Micah è stato trovato in giro. Come e quando fosse uscito non lo sanno, l’unica cosa certa è che se ne stava in giro completamente nudo, mentre provava a fiutare una traccia. Considerate però le condizioni in cui lo hanno trovato, era normale che i suoi sensi, tra cui il finissimo olfatto, sarebbero stati terribilmente offuscati almeno per un paio di settimane, ma all’eccentrico biondino l’idea non lo aveva proprio sfiorato, tanto da saltare addosso ad un Cacciatore perché “mi avete iniettato qualche strana merda e ora non fiuto più la traccia di mio fratello! Sì, mio fratello! Vi crea problemi che è un cazzo di alieno e che si scopa mia sorella? Beh, siete dei bacchettoni retrogradi di merda!”. Sono riusciti poi a calmarlo, convincendolo pure a rientrare per riposarsi, ma il Segugio si è reso conto di una lunga cicatrice sulla natica sinistra, e lì si sono visti costretti a sedarlo in modo pesante. “Il mio culo! Il mio bellissimo culo! Me lo avete rovinato, figli di puttana! Io vi inculo con la sabbia, stronzi!
Beh, poteva andare peggio. Questo è stato l’unico commento mentale del Saiyan, che non ha faticato proprio per niente ad immaginarsi la scena.
Ed aveva anche ragione nel pensarlo, perché poi è andata peggio!
Quando infatti è arrivata a raccontargli di Mordecai, Radish si è sentito sprofondare per la vergogna, davvero, un po’ come un padre che ai colloqui viene a sapere delle allucinanti vaccate compiute dal figlio e si sente in qualche modo responsabile, pur non entrandoci niente.
Dopo essere riuscito ad evadere, infatti, ha ben pensato non solo di devastare un paio di stanze perché “oh, mi annoiavo, qualcosa dovevo pur fare per passare il tempo!”, ma è anche riuscito ad intrufolarsi nella zona dove sono state portate le donne… e ne è uscito con Rose!
La neo-diciassettenne non si è fatta pregare, tutt’altro. Nel momento esatto in cui lo ha visto entrare, è saltata giù dal proprio lettino e gli è corsa in contro, infischiandosene del dolore e della stanchezza. In fondo, ehi, se Mordecai era lì, doveva essere solo per vedere lei, la sua compagna. Mica perché si era perso e, una volta fiutata per caso la scia di feromoni, ha pensato di seguirla per “svuotarsi le palle”, come invece ha specificato a più riprese. L’ha detto chiaramente anche a lei, ma la principessa non l’ha neanche sentito, troppo presa a baciarlo, toccarlo e leccarlo ovunque.
Li hanno trovati attaccati ad una parete, col Cacciatore che la teneva sollevata da terra a gambe spalancate, e, per sua fortuna, li hanno separati proprio quando ormai aveva finito. “Ahhh, siete lenti da queste parti, eh? Saranno quaranta minuti che sono in giro! È così che ci occupiamo dei moribondi, al Sud? Scriverò una lettera di protesta! E ora, accompagnatemi a letto! Ho sete e sonno, e voglio anche un’altra dose di quella merda che ci state iniettando! Su, su, camminare, svelti!
Sì, Radish si sarebbe voluto sotterrare.
Malgrado le cicatrici e il dolore un po’ ovunque, quell’incredibile idiota è riuscito a scappare e a godersi una sveltina! Si è domandato se esiste o meno qualcosa in grado di fermarlo, ma non ha voluto davvero pensare ad una soluzione, perché sarebbe senza ombra di dubbio terrificante.
Quando la dottoressa ha poi ricoperto Sherry, sfoggiando sempre quella strana espressione tra il pensieroso e il terrorizzato, Radish ha tirato un mentale sospiro di sollievo. Se non ci sono novità, vuol dire che comunque non sta neanche peggiorando, e Radish si aggrappa disperatamente a questa idea per non cadere nello sconforto. Inoltre l’ha pure vista sorridere un paio di volte, quindi la situazione non poteva certo essere così tragica.
Andrà bene, Re del Nord. Quei ragazzoni sono tenaci forse la metà di lei, questo ormai è evidente a tutti quanti. Prova a farti una dormita, ti farebbe davvero bene, e poi vedi di mangiare qualcosa di sostanzioso. Domani Roman tornerà a casa con Angelina, e Greywind vorrebbe incontrarti. Vista la delicata situazione, trovo saggio e opportuno che i due Re si incontrino e si mostrino in pubblico in rapporti amichevoli, anche quando uno dei due sta per abdicare in favore del figlio… senza contare che uno dei vostri si è scopato una delle sue figlie!
Per quanto avrebbe voluto pacatamente dirle di farsi gli affari suoi, si è limitato giusto ad annuire mentre la guardava uscire.
Re del Nord. Dio solo sa quando gli fa strano sentirselo dire…
Non ci ha ancora davvero pensato però, non dal momento che Sherry è ancora stesa lì, con una flebo per nutrirla attaccata al braccio, con il respiro leggerissimo, ed un battito cardiaco ridicolmente lento, un po’ come quando era resuscitata. Si è lamentato in più di un’occasione con Alana delle sostanze nutritive che le stanno dando, perché è palese che non la stanno nutrendo abbastanza, non dal momento che è evidentemente dimagrita, ma la donna lo ha rassicurato, affermando che sa bene ciò che sta facendo.
Anche mentre si stendeva al suo fianco, stando maniacalmente attento a non farle del male, Radish non ha potuto fare a meno di pensarci nuovamente, rinnovando la sua silenziosa promessa di fargliela pagare assai cara, qualora si fosse sbagliata.
Forse non avete capito: Jäger era un grandissimo figlio di puttana, ma se fate del male a lei… beh, lo rimpiangerete amaramente!


In circostanze diverse, incontrarsi con Greywind e Arus non gli farebbe né caldo né freddo. Sì, insomma, ha servito per anni un tiranno intergalattico! Perché mai temere loro due?
Beh, è semplice: perché adesso ci sono di mezzo sia la sua nuova e ancora poco chiara posizione, sia - e soprattutto - quella che Sherry si è guadagnata dopo anni di sofferenze e sacrifici!
Se dicesse qualcosa di stupido? Se facesse la figura del coglione? Se arrivasse ad offenderli in modo pesante senza neanche rendersene conto? È vero, è stato istruito da Hurricane e Darko, ma non ha la più pallida idea con quale genere di Spettri sta per rapportarsi.
Dal momento, però, che nella notte Sherry si è finalmente mossa nel sonno e ha mugugnato il suo nome, riempiendogli il cuore di una gioia pura e genuina, si è svegliato relativamente di buon umore, e sente di potercela più o meno fare. In fondo dovrà solo farsi vedere in giro con loro, dovrà ascoltare quello che potrebbero avere da dirgli e basta. Non sta scritto da nessuna parte che anche lui si lasci andare a tante chiacchiere, no? Potrebbe anche essere schifosamente taciturno di natura, per quanto ne sanno, quindi sente di non avere poi troppo da temere.
Quando però è rende conto che non avere la minima idea di dove andare, perché non si è mai mosso da quella stanza, un po’ di panico comincia a picchiettargli fastidiosamente sulla spalla.
Eh, e adesso dove cazzo dovrei andare?! Non poteva venire qualcuno?!
Dopo un sospiro frustrato, si affaccia ad una delle ampie finestre di quel lunghissimo corridoio dalle pareti che sembrano fatte di alabastro, e tenta di farsi almeno un’idea. Non ha assolutamente guardato niente prima d’ora, e deve ammettere che non gli dispiace ciò che vede.
Le poche costruzioni che intravede sono prevalentemente chiare, come il muro alla quale sta appoggiando distrattamente una mano, mentre le pareti rocciose, che delimitano tutto quanto il territorio, tendono più al rossiccio con delle venature dorate.
Malgrado i recenti eventi, si respira comunque una sensazione pacifica. Non c’è caos, tutto è calmo, sereno, lontano dalla continua frenesia delle città umane. Di sicuro, le Fate hanno pulito tutto quanto con la loro magia, così da non rattristarli una volta in piedi, ed hanno fatto un ottimo lavoro.
Il terreno ha colori vivaci e vividi, dal rosso al giallo, che si mescolano tra loro in perfetta armonia. A quella distanza, Radish non saprebbe dire cosa sia, ma presume giustamente che si tratti sia di semplice terreno che della loro erba. In fondo, anche gli alberi sono piuttosto strani: hanno grossi e robusti tronchi talvolta scuri, talvolta chiarissimi, pieni di venature rossicce o ricoperti di rampicanti dai colori più sgargianti. La vegetazione in generale gli pare strana, aliena, ma non può certo negare che abbia un suo fascino.
Malgrado abbia dato una semplice occhiata preliminare ad entrambi i Territori, sente di poter affermare con una certa sicurezza che predilige di gran lunga il clima caldo e secco del Sud, e il panorama glaciale, primitivo e fiabesco del Nord.
Decisamente due cose che non ci azzeccano niente l’una con l’altra, due mondi lontani… un po’ come lui e Sherry.
«Hai tutta l’aria di uno che si è perso!»
Preso alla sprovvista, il Saiyan si volta di scatto verso la giovane giunta silenziosamente alle sue spalle, che adesso lo guarda con un’aria che oscilla tra il malizioso e il divertito.
«Non mi sono affatto perso.» Forse essere sempre sgarbato con chiunque gli rivolga la parola non è la migliore delle scelte, ma gli viene istintivo. Qualcosa dentro infatti gli impone di mantenere la guardia alta, e stavolta non si tratta del suo istinto Saiyan: è quello del lupo di Roman, che gli impone categoricamente di non fidarsi perché potrebbero mettere in pericolo la compagna.
La giovane però lo sa, essendo uno Spettro al 100%. A dirla tutta, è una delle poche ad avere un sangue incredibilmente puro, ritrovandosi, con la famiglia, dietro solo ad Everett e alla pari con Sherry.
«Allora diciamo che non sai dove andare.» Cinguetta infatti con spensieratezza, arricciandosi una ciocca di capelli castani attorno al dito «Anche perché sennò non saresti qui, ma da mio padre e Arus. Se vuoi, ti accompagno.»
No, non voglio che mi accompagni, perché sei una lattante e mi guardi in modo strano! Sei inquietante!
«Dai, mica ti mordo!» S’incammina davanti a lui, quasi saltellando mentre avanza «Il mio fidanzato parla tantissimo di te, sai?»
«Non ho capito chi sei.»
«Mi chiamo Rose, e sono la decima figlia del Re.» Per quanto possa suonare bizzarro, è normale per uno Spettro dire questo genere di cose, soprattutto se fa parte della casata reale. A Radish, comunque, non frega niente. Ai suoi occhi si tratta solo di una ragazzina un po’ svampita, che lo guarda come se fosse una succulenta bistecca.
Poi, però, l’illuminazione: «Il tuo fidanzato sarebbe…?»
«Mordecai! Non ti ha parlato di me?»
Una parte di lui, quella stronza che si è sempre divertita un sacco nel mettere gli altri in difficoltà, vorrebbe davvero dirle che no, a Mordecai di lei frega meno di niente, che non è lontanamente diversa da tutte le altre ragazze con le quali passa il tempo quando ne ha voglia, ma si astiene dal farlo. In fondo, pure quella ragazzina innamorata ed illusa è appena uscita da una guerra - pur avendola combattuta per modo di dire, essendo stata sbalzata di lato dopo poco -, ed è giusto che un poco sogni anche lei. Tanto, se li conosco almeno un po’, ci penseranno da soli a farle capire come stanno le cose.
Mentre camminano, Radish rimane un poco meravigliato dalla bellezza che lo circonda. Verde, giallo e rosso sono i colori dominanti anche per le piante, e in alcuni punti riesce a vedere anche delle brillanti foglie viola, che fanno capolino in mezzo ad una distesa erbosa simile a un prato che ricopre il suolo. Qua e là, fiori di ogni sfumatura dell’arcobaleno aggiungono un tocco festoso.
Anche i tronchi degli alberi sono di vari colori. Il marrone è comune, ma lo sono anche il bianco e il nero. Uno in particolare attira la sua attenzione, con il tronco bianco come la neve e le foglie rosse come il sangue, con il centro giallo vivo.
«Bello, vero?» Cinguetta al suo fianco Rose, sorridendo allegra «Evita che la linfa entri in contatto con la pelle. È corrosiva.»
«Davvero?» Di colpo, Radish si ritrova ad osservare l’ambiente circostante con cautela. Non aveva preso in considerazione neanche per un istante che potessero esserci dei simili pericoli.
«Già. Qua è quasi tutto velenoso, in realtà. Ma è pericoloso giusto per i cuccioli, perché ancora non hanno sviluppato tutte le caratteristiche di uno Spettro adulto. Però forse lo è anche per te, visto che non sei come noi… vedi quella pianta là? Ama mangiare tutto ciò che gli si posa addosso, ed è noto per consumare animali piuttosto grandi.»
Mentre lei gli parla, con quella cadenza quasi melodica, qualcosa gli vola vicino all’orecchio, e Radish la schiaccia di riflesso, ansimando quando avverte un improvviso pizzico leggero. Abbassando la mano, la fissa incredulo «Che roba è?»
Una creatura blu-verde è in mezzo al suo palmo, e lo fissa con gli enormi occhi grandi quasi la metà delle dimensioni del suo corpo di sette centimetri. Ha solo quattro zampe, ma sembra avere centinaia di dita su ognuna, tutte affondate nella pelle del Saiyan. Ha anche delle piccole ali con delle vivaci venature arancioni.
«È una virta.» Afferma con un sorriso la ragazza, sollevando delicatamente la creatura dal suo palmo e gettandola via «È una delle poche creature innocue per chiunque. L’hai spaventata e lei ti ha afferrato, tutto qui. Si nutrono di foglie e di mirat.»
«Mirat?» Quante cose non mi avete detto, voi due “tutors”?!
«Sì, mirat.» Asserisce indicandogli uno dei tronchi d’albero marroni.
Quando Radish lo osserva meglio, vede che quello che aveva scambiato per il legno solido era in realtà un tipo di sostanza gelatinosa, che trema e si muove, espandendosi e contraendosi in modo inquietante.
«Sono simili alle api degli umani, ma non pungono.» Gli spiega Rose, mentre riprende la propria falcata «Sono insetti socievoli, e costruiscono quelle complesse strutture attorno agli alberi. È meglio se non li tocchi, però: se disturbati, rilasciano un fluido che causa bruciore e prurito. È quello che piace tanto alle virta!»
Mentre avanzano, Radish non riesce a fare a meno di chiedersi quali altre stranezze nasconda quel mondo tutto nuovo, domandandosi fino a che punto possano rivelarsi un problema per sé e, soprattutto, per Sherry. Ha un aspetto così debole, lì sdraiata in quel letto, che solo a pensarci si sente male lui stesso, soprattutto per averla lasciata da sola.
Nel mentre che lui rimugina sulla possibilità di fare dietrofront per tornare a vegliare su di lei, Rose non si azzittisce mezzo secondo, parlottandogli di quanto sia bello Mordecai, di quanto sia forte e coraggioso, di quanto tenga a lui, di quanto spera che rimanga lì ma che è tranquillamente disposta a seguirlo in superficie, di quanto saranno belli e forti i loro cuccioli…
«Quell’uomo non ti vuole come compagna, Rose. Com’è che non riesci a capirlo?»
È evidente, a questo punto, che da Sherry potrà andarci solo dopo.
Anche se non li ha mai visti prima, Radish non fatica per niente nel capire chi ha di fronte. L’uomo dalla pelle ambrata e gli occhi di un azzurro così intenso da mozzarti il respiro, è indubbiamente Arus, il padre di Nike e Beta del Sud. Hanno lo stesso portamento fiero, lo stesso sguardo attento, indagatore, e quell’alone gelido ad avvolgerli. Malgrado Radish ancora non lo sappia, hanno anche lo stesso caratteriaccio.
Greywind, invece, nei lineamenti ricorda parecchio Blackwood, ma il suo viso notevolmente pallido appare decisamente più maturo e severo, in un certo senso estenuato da una grande fatica. Emana un odore particolare, quasi animalesco, e una ferocia disarmante lo avvolge in un profilo ombroso. È di corporatura massiccia, come praticamente tutti gli Spettri, e supera di poco il metro e novanta di altezza. Nel complesso ha un aspetto forte, regale e attraente, anche se in modo assai diverso rispetto ai due figli che Radish ha conosciuto.
«Ma cosa ne vuoi capire tu, eh?!» Controbatte inviperita Rose, ricordando così al Saiyan la sua presenza.
«Più di una cucciola inesperta, fidati.» Per quanto il tono sia duro, di quelli che non ammettono repliche, Radish lo sente dentro che non vuol essere cattivo o sgarbato «Ti hanno permesso di uscire per andare a salutare i tuoi fratelli, se non sbaglio. Perché sei qui?»
«Voret mi ha chiesto di andare a prendergli la sua chitarra.»
«Non vedo nessuna chitarra.»
«Eh, lo so, ma ho visto lui un po’ in difficoltà e me ne sono dimenticata! Vado a prenderla ora e gliela porto, va bene?»
Prima che abbia il tempo materiale per rigirarsi e correre via, il padre la riprende immediatamente, emettendo un breve ma significativo ringhio «Torna da tua madre, Rose. Ha bisogno che tutte voi le stiate vicine.»
Non controbatte più, Rose. Non ce n’è motivo. Per quanto non voglia pensarci, sa bene suo fratello Thunder non c’è più, ed anche quanto ciò abbia ferito la madre.
Gli Spettri, per natura, sono abituati ad arginare questo tipo di dolore, a sfogarlo a comando, lontani da occhi indiscreti, e per questo non c’è da sorprendersi se Greywind appare così calmo, come se non fosse successo niente. La sua posizione, in particolare, gli impone di non mostrarsi mai debole, mai sofferente. Yvonne, invece, può permettersi un leggero margine di cedimento, poiché non è lei a guidare il branco, e per questo le sue figlie le sono tutte vicine.
La guardano trottare via, con i lunghi capelli castani ed ondulati che le oscillano sulla schiena, finché non sparisce dal loro campo visivo. È solo a quel punto che Greywind si volta di nuovo verso quello che, ormai, è il nuovo Re del Nord. Non ha ben chiaro il potere effettivo che deterrà da lì in avanti, ma è una questione che dovrà affrontare Blackwood. Ormai, infatti, aspetta solo che si svegli e sia di nuovo capace di reggersi in piedi per abdicare in suo favore… e, Dio, davvero non vede l’ora!
«Se vuoi seguirci, vorremmo condurti dai tuoi Spettri.»
È assai strano per Radish che gli si rivolga con quel tono attento e rispettoso, e non è sicuro che gli vada particolarmente a genio. Da una parte gli pare quasi di essere preso in giro!
Si è però imposto di non fare figuracce, di evitare in tutti i modi qualsiasi tipo di danno, così si limita ad annuire appena e seguirli quando si mettono in cammino.
Avrebbe così tante domande per la testa… eppure non gli importa davvero di avere delle risposte. Per quanto sia curioso, tutto in lui si sente a tratti come paralizzato e intontito, lontano.
«Rose ti ha messo in guardia sui pericoli di queste terre?»
La voce baritonale di Greywind lo riporta con i piedi per terra, ricordandogli che non è proprio il momento di distrarsi.
«Ha accennato qualcosa, sì.»
«Bene.» Guardandolo di sottecchi, Radish non può fare a meno di pensare che Blackwood sia stato adottato, tanta è l’evidente differenza tra i due, ma abbandona il pensiero quando l’altro ricomincia a parlare «Gli Spettri sono in cima alla catena alimentare anche qui, e gli unici a correre qualche rischio sono i cuccioli. Almeno finora: per un Mezzosangue può rivelarsi un posto letale, e ciò mi porta a pensare che possa esserlo anche per te, per quanto forte tu abbia mostrato di essere.»
«Me la caverò.»
«Non ne dubito.» Si volta appena per guardarlo in volto, incuriosito dalla sua natura. Se la situazione non fosse tanto delicata da richiedere tante attenzioni e precauzioni generali, non gli dispiacerebbe prenderlo da una parte, magari in un luogo dove anche lui può starsene stravaccato malamente su una superficie morbida, e bombardarlo di domande. Purtroppo per lui, però, la situazione adesso richiede tanti accorgimenti, ed è bene che anche l’altro li tenga a mente. «Quando richiamerai i tuoi compagni d’armi, prima comunicalo ad uno di noi. Molti combattenti adesso saranno sovreccitati e potrebbero attaccare per un niente di fatto, se si sentissero minacciati. È anche per questo motivo che abbiamo trovato molto saggia la scelta di dividere i maschi dalle femmine.»
Radish vorrebbe davvero chiedergli cosa intende, quale tragico problema potrebbe mai scaturire nel lasciarli tutti insieme come sono sempre stati, ma capisce che rischierebbe di mostrarsi ridicolo, poiché troppo impreparato, e con loro due di certo non può rischiare tanto. Peccato solo che Arus capisce i suoi silenziosi dubbi.
«La violenza e il sangue sono stimolanti, per noi. Se li avessimo lasciati insieme, ci saremmo ritrovati con una notevole ondata di cuccioli, quasi tutti indesiderati… ma questo già lo sapevi, giusto?»
Vede così tanto di Nike in lui. Stessa spocchia, stesso modo di guardarti con superiorità, stesso gelo negli occhi e nella voce, stessa arroganza insopportabile. Ora lo stendo!
«Mi verrebbe quasi da chiederti se hai qualche problema con me, ma sono sicuro che non sia tra le tue priorità sfidarmi. Dico bene?»
Arus è pronto a controbattere, così da mettere subito a cuccia il ragazzone che pensa di poter entrare in casa loro e comportarsi come meglio crede, ma Greywind interviene subito. Sa bene che il Beta non è cattivo, non lo è mai stato, ma sa altrettanto bene che ha un carattere difficile, per così dire, e che è assai poco tollerante verso gli estranei.
«Smettetela. Non ci sono stati abbastanza morti, forse?»
Per quanto al Saiyan Arus non vada particolarmente a genio, si rende conto che le parole del Re sono più che fondate, ed anche che ha involontariamente evitato un argomento in particolare.
«Spero che non abbiate avuto troppe perdite personali.» Afferma infatti con voce ferma, non sentendosi particolarmente a suo agio. Quei due non sono Spettri qualsiasi, non sono gli ultimi degli scemi: sono Greywind e Arus, Re e Beta del Sud! Hanno tenuto la barca pari per anni, hanno affrontato ogni avversità con maestria, sono riusciti a tenere duro di fronte ad un avversario infinitamente più forte, e sono anche gli unici due in grado di non lasciarsi andare al dolore e ai propri istinti in un momento tanto delicato.
No, decisamente non si sente particolarmente a suo agio.
«Poteva andare peggio. Sai, essere come noi ha degli importanti vantaggi, tra cui riuscire a sopportare e gestire bene il lutto.» Ed è vero, eccome se è vero. Mentre uno Spettro comune può scegliere se mettere al mondo dei piccoli, ed anche quanti, nella casata reale è impensabile non metterne al mondo minimo quattro, cosicché non ci siano troppi rischi per la successione, e ciò li mette automaticamente più a rischio durante scontri violenti come quelli.
Se infatti ogni Re è strettamente imparentato con quello precedente, e nessuno è mai riuscito a detronizzare la famiglia, è solo perché ogni discendente aveva una linea di sangue molto più pulita e forte delle altre, e questa linea andava difesa strenuamente, motivo per cui sono richiesti più cuccioli possibili.
«Quei pazzoidi che stanno con voi—»
Che si senta a suo agio o meno, però, Radish non riesce a tollerare che Arus parli male dei suoi lupi. Può anche passargli che si mostri tanto insopportabile nei suoi confronti, c’è abituato e quasi non se ne rende neanche conto, ma, dannazione, quei pazzoidi si sono buttati in campo per salvargli il culo, e questo si permette pure di offenderli? Alle spalle, oltretutto!
No, per Radish è assolutamente inaccettabile.
«Attento a come parli.» Sibila infatti a denti stretti, guardandolo così duramente da metterlo un poco in allarme.
«Stavo per dire che si stanno rivelando un toccasana per gli altri.» Afferma onestamente, piegando appena gli angoli della bocca in un lieve sorriso. È consapevole dei propri modi difficili, ma non riesce lo stesso a trattenersi. «Con le loro scemenze li tengono piuttosto su di morale e— come hai fatto ad uscire di nuovo?!»
Nei Territori del Sud, questo giovane Spettro in particolare era già conosciuto, sia per la sua strabiliante forza fisica che per l’esuberanza estrema. Gli avevano permesso di transitare più e più volte, poiché si era rivelato un buon alleato a più riprese, ma mai si erano immaginati di ritrovarselo tra i piedi per un periodo così lungo. Tantomeno si erano immaginati che potesse rivelarsi così esagitato anche nelle condizioni in cui si ritrova…
Ma Mordecai è così, lo è sempre stato. Lui non si ferma, non ci riesce, e di sicuro non basteranno i loro sedativi, le loro resistenti cinghie e le loro serrature tanto elaborate per tenerlo inchiodato in una stanza.
Adesso li guarda con gli occhi accesi da un malsano e preoccupante entusiasmo, e in breve li avvicina con passo svelto, quasi danzante.
Per un brevissimo istante Radish pensa pure di mollare una sberla sulla nuca ad Arus o a Greywind, riprendendoli duramente sul fatto che non si dovrebbe mai somministrare niente a soggetti simili, ma lascia stare, deciso a godersi lo spettacolo. In fondo, anche se non lo dirà mai ad alta voce, aveva davvero temuto di non poter più assistere alle sue folli sceneggiate, e ora ne è davvero felice.
«Sono in grado di trasformarmi in nebbia, e così riesco ad infilarmi in tutte le fessure! State a vedere!»
Se fossero su quattro zampe, non solo avrebbero indietreggiato un poco col muso, ma avrebbero anche appiattito le orecchie contro la testa e nascosto la coda in mezzo alle zampe, tanto è il disagio che stanno provando nel ritrovarselo così vicino.
Ma Mordecai se ne è sempre sbattuto degli spazi personali, figurarsi se ci bada proprio con loro!
Dopo aver assunto una stranissima espressione per concentrarsi, ed aver emesso strani versi gorgoglianti, si rigira di scatto e, con un bel saltello, si schianta contro una porta, ritrovandosi così a fissare il soffitto.
«Mi domando come faccia ad apparire sempre all’improvviso… sembra come un pop-up umano!»
Greywind, che non sa se essere più turbato dal pazzo che si è messo letteralmente a strisciare come un verme per terra o dall’esclamazione di Radish, si volta lentamente per guardarlo in faccia, sgranando gli occhi. «Questo invece non ti turba minimamente?»
«Questo non è niente, se paragonato a ciò che fa di solito.» Pensavi che fosse difficile gestire Blackwood? Pff! Robetta! Prova a passare una serata con questo deficiente, e poi ne riparliamo!
«Stammi ad un palmo dal culo!»
Radish riconosce subito questa voce, e un’inaspettata gioia gli riempie il cuore.
«River si è svegliato…» Borbotta un poco sconsolato Greywind, poggiandosi le dita sul ponte del naso e chiudendo gli occhi. Ha sempre voluto un gran bene a River, lo ha sempre trovato brillante e con una personalità particolare, e il suo essere diverso dagli altri lo ha sempre reso interessate. Per quanto irascibile, infatti, non è mai stato particolarmente avvezzo alla violenza, preferendo di gran lunga risolvere i conflitti a parole. Il problema, è che ha questo temperamento fumino che spesso lo rende insopportabile.
«Mi domando con chi ce l’abbia, stavolta.» Ridacchia appena Arus, consapevole di quanti piccoli ma fastidiosi problemi sia capace di dare il bastardo. La sua ilarità però muore nel momento esatto in cui riesce a sentire la voce del momentaneo “avversario” del suddetto bastardo. «Cazzo…»
Greywind e Radish rimangono indietro, mentre Arus scatta in avanti per correre subito verso lo stanzone dove sono stati sistemati gli altri, portandosi dietro un mezzo incosciente Mordecai.
Gli Spettri sono infatti stati messi quasi tutti nella stessa stanza, mentre loro due, Blackwood, Nike, Sherry e Everett sono stati sistemati in stanze private, così da evitare delle possibili esplosioni di ira o cedimenti di nervi. Dopo quello che hanno dovuto passare, gli è parso proprio il minimo. Pure Yvonne era sistemata nei suoi alloggi privati, ma lei stessa ha ordinato di essere portata con gli altri, così da non sentirsi sola.
«A quanto pare c’è di mezzo Voret, il più piccolo dei suoi figli. È un cretino patentato, e River non lo sopporta particolarmente.» Lo informa Greywind, già pregustando tutte le possibili liti che presto nasceranno tra l’amico e la sua vivace ed irascibile prole. Al Sud, infatti, sono assai note le loro sfuriate, in particolare quelle con Nike, e non sono in pochi quelli che adorano assistervi.
«River non sopporta quasi nessuno.» Controbatte soprappensiero Radish, mordendosi poi la lingua per la paura di averlo offeso. Devo imparare a stare zitto!
Ma per il maggiore non è un problema, non dal momento che si tratta di una verità inconfutabile. «Credo che abbia un qualche complesso di inferiorità o una cosa del genere… anche se questo non giustifica molti dei suoi atteggiamenti indisponenti, soprattutto nei confronti dei fratelli. Penso che comunque si calmerà con l’arrivo dei cuccioli.»
«Già, dove sono? Non ne ho visto né sentito nessuno. Oltretutto ci sono i nostri, da Roman, e—»
«Tranquillo, ci abbiamo già pensato.» Malgrado non lo dia a vedere, poiché naturalmente predisposto a non mostrare quasi mai ciò che prova o pensa, è piacevolmente sorpreso del fatto che non solo se ne sia accorto, ma anche che se ne preoccupi «Cuccioli e Mezzosangue si riuniranno ai loro cari quando loro si saranno stabilizzati, così da non fargli correre rischi inutili.» Potrebbe spiegargli che non sarebbe affatto sorprendente se scoppiassero delle violente zuffe, ora che sono tutti tanto nervosi e sulla difensiva, ma vuole pensare che anche l’altro ci arrivi senza il bisogno di specifiche. «Ah, così che tu possa poi comunicarlo alla tua giovane Regina, sappi che siamo più che disposti ad accettare nel nostro territorio i cuccioli rimasti orfani, anche i Mezzosangue, a patto che trovino almeno un adulto disposto a prendersene cura.»
«Penso che sia più opportuno parlarne tutti insieme durante il prossimo Concilio.»
Ecco, stavolta Greywind non riesce a trattenere un’espressione davvero sorpresa. Roman, tra le altre cose, gli aveva sì detto che era stato informato ed istruito il più possibile da Darko e Hurricane, ma certo non immaginava che accettasse il tutto con così tanta leggerezza, né che si comportasse di conseguenza in modo tanto spontaneo. Forse Arus si sbaglia. Forse non sei solo un bestione tutto muscoli.
Non appena arrivano di fronte alla lunghissima parete a vetri, Radish può finalmente rivedere i suoi Spettri.
I più malandati sono stati sistemati - e spesso legati - su dei lettini, e sfoggiano più e più tubi attaccati alle braccia, mentre gli altri sono stati sistemati per terra, sopra a dei materassi sottili. E lì se ne stanno la maggior parte dei suoi, intenti a scherzare. Le altre due fazioni, invece, risultano ancora un poco divise tra loro, ma non mancano quelli più coraggiosi che si lasciano andare a chiacchiere leggere con chi, fino a pochi giorni prima, era in guerra.
Uno Spettro a lui sconosciuto, un ragazzo di forse vent’anni, pare più preso degli altri, e urla una frase che apparentemente non ha senso: «Furti da bambini!»
«Tu sei uno stronzo!» Ecco Micah, legato come un insaccato sul pavimento. Lo vede ridere allegro, pensare a quanto gli è stato detto per qualche secondo e poi rispondere «Io rubavo la frutta.»
«Chi sei, Aladdin?» Afferma di rimando Timo, sorridendo allegro al più giovane. Per quante botte abbia preso, agli occhi dei tre uomini fuori dalla stanza non pare poi troppo mal messo.
«Sono uno straccioneee!» Canticchia in automatico Micah, facendo un poco ridacchiare anche il Saiyan. Se pensa che poteva non avere più la possibilità di assistere a queste scemenze… «Praticamente quello che facevo io, era rubare i singoli chicchi d’uva. Passavo, rubavo un chicchetto—»
«Sei un cretino!»
Hurricane! Non credeva che sarebbe stato tanto felice di vederlo vivo, invece gli fa immensamente piacere. Non sarà forte come Everett o Blackwood, e di certo non avrà la simpatia dei suoi “fratelli”, ma ha un che di interessante, e non gli dispiacerebbe avere modo di misurarsi anche con lui.
«Zio, guarda come stiamo tra tutti! Se volevi conversazioni intelligenti, andavi alla consegna dei Nobel!» Bercia con la sua solita eleganza Micah, spostandosi con un gesto secco della testa una ciocca di capelli ribelli dall’occhio «Comunque penso di aver rubato circa cinquanta chili di uva, più o meno…»
«C’hai fatto una diga davanti al fruttivendolo!»
Ridacchia in modo sommesso, Radish, e nel frattempo ringrazia ogni divinità esistente per non essere scoppiato davvero a ridere. Non sarebbe stato molto dignitoso per il Re del Nord ridere a crepapelle come un deficiente di fronte agli altri due, sempre così seri, no?
«Mi pare che vada tutto bene, no?» Si sforza ancora di più per non ridere loro in faccia, soprattutto quando si mettono a fissarlo come se gli fosse sbucata di colpo una seconda testa.
«Se lo dici te…»
«YO! BRO!»
Micah striscia, Major lancia cose, Maddox tenta di liberarsi dalle cinghie che lo immobilizzano, Glover si schianta a terra, Willem si sveglia di soprassalto. Panico e delirio solo perché lo hanno visto, Greywind ed Arus - che ancora tiene a terra un rincoglionitissimo Mordecai - di certo non si aspettavano una reazione tanto spropositata.
Gli Spettri del Sud lo fissano con curiosità, e Radish sa bene essere una cosa normale, mentre quelli del Nord, con suo enorme stupore, dopo un istante di incertezza piegano la testa verso il basso, e gli espongono il collo.
Rimane immobile per qualche istante, fissandoli sbigottito, per poi ricomporsi alla meglio e mostrarsi quanto più sicuro di sé possibile.
«È normale che si sottomettano subito?» Per quanto voglia apparire sicuro, però, questo doveva per forza chiederlo, perché gli è parso davvero bizzarro. Anche se, se ci avesse pensato qualche secondo di più, si sarebbe ricordato che pure i suoi Spettri si sono comportati allo stesso modo con Sherry, dopo che ha vinto l’Ordalia.
«Sì. Per quanto vedano Sherry come la vera Sovrana alla quale obbedire, sanno di doverti temere e rispettare allo stesso modo.»
Ci pensa, Radish, per istanti che gli sembrano infiniti.
Per quanto abbia ragionato a lungo su quale potesse essere la sua nuova posizione, e quanto valore potesse avere, di colpo se ne rende un poco più conto, e non può certo dire che gli dispiaccia. Dovesse mai succedere qualcosa, qualsiasi cosa, potrei ordinare a tutti loro di fare da scudo a Sherry, e avendo anche il totale appoggio di Everett per una scelta simile, loro lo farebbero senza pensarci un secondo… molto, molto bene!
«Buono a sapersi.»
Alcuni sono riusciti a raggiungere la vetrata, e l’idea che siano così primitivi e stupidi da sfondarla a pugni pur di raggiungere il loro amico si fa allarmante. Radish, inoltre, non è poi troppo sicuro di essere capace di farli smettere, non ora che hanno un’aria tanto spiritata, con zanne e artigli esposti, e quegli occhi luminosi a fissarlo.
Per sua fortuna però, la loro attenzione viene catturata quasi istantaneamente dalle forme generose ed un poco esposte di Alana, che corre verso il trio. Non sono infatti in pochi ad averle messo gli occhi addosso, più che consapevoli che la bella Cacciatrice è tornata sul mercato da qualche anno.
Greywind è il primo ad accoglierla, rivolgendole un sorriso amichevole e curioso, poiché è piuttosto insolito vederla correre e agitarsi tanto.
«Mi spiace interrompere, ma porto delle buone notizie.» Sorride velocemente ai due uomini con i quali è cresciuta, soffermandosi poi per un istante sulla figura immobilizzata di Mordecai. Come sia riuscito ad evadere un’altra volta è decisamente un mistero, ma a questo punto è più che certa di non voler sapere più niente sul suo conto.
Infine, dopo aver scosso velocemente la testa, incrocia lo sguardo dell’uomo che ha portato tanto scalpore - e che ha involontariamente attirato gli sguardi di tante donne -, ed un luminoso sorriso le solleva gli angoli della bocca carnosa: «Sherry si è svegliata.»





ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori! 😘
Io vi ringrazio davvero tantissimo per le dolci parole che avete speso per la brutta situazione che si è creata in famiglia. Vi ringrazio davvero tanto!
E sì, zio sta meglio. I medici sono stupefatti per la sua ripresa, considerando che ha il 50% del cuore lesionato…
Comunque sta bene, è tornato giusto oggi a casa (e ci ha tenuto pure un sacco a far vedere a tutti quanto è dimagrito, quindi a posto), quindi suppongo che si possa dire tutto a posto. 😊

Beh, che dire? Ce l’abbiamo fatta! 🍾 Jager è stato finalmente tolto di mezzo, e per farlo c’è voluto tutto l’impegno possibile. Di certo non se lo scorderanno mai!
Radish poi, tenerello, si ritrova sempre in casini assurdi, ed ogni volta vanno sempre più peggiorando. Mi fa una tenerezza infinita, dico davvero! 🤣 Dai Rad, che presto - o tardi? - le cose andranno meglio anche a te!

Il pensiero di Greywind, sul fatto che gli Shedish siano ciò che sono per volere di Papà Spettro, non è del tutto errato eh. Diciamo che all’entità fregava meno di un cazzo se Radish diventava Re del Nord o meno, però non aveva mai scartato del tutto l’ipotesi.

E mo’ voi direte “Daje, Jager ha stirato le zampe, quindi i problemi so’ finiti”… NO!Non ci pensate proprio! Con me i problemi non finiscono mai!
L’unica differenza, è che si tornerà ai toni più allegri che c’erano all’inizio, ecco. L’unica nota positiva è questa. 😆


Prima di salutarvi, ci tengo con tutto il cuore a condividere con voi la bellissima fanart disegnata da Kiira_kun! Non hai idea di quanto cavolo l’adoro!!! 😍

image host

Questa è la sua pagina Twitter: https://twitter.com/nora_okami/status/1317909363760287745?s=20

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 33, e Kiira_kun per aver recensito il capitolo 22! 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, Kiira_kun, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite 💛; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; A l e x a n d r a, ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Mirwen, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️. Ringrazio in ultimo (ma non certo per importanza) anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚

𝟜𝟛. 𝓘𝓁 𝒹𝑜𝓁𝒸𝑒 𝓈𝒶𝓅𝑜𝓇𝑒 𝒹𝑒𝓁𝓁𝒶 𝓁𝒾𝒷𝑒𝓇𝓉à



Si può avere paura di rivedere la persona che si ama, dopo che ha davvero rischiato di morire? Sì, si può, soprattutto se si ha il pensiero fisso che possa aver preso male il tuo intervento non autorizzato.
Radish, da quando ha saputo da Alana che Sherry si è svegliata, non ha fatto altro che pensare incessantemente che, una volta aperta la porta, ci sarà l’altissima probabilità che la trovi, per usare un eufemismo, molto arrabbiata.
L’idea gli è risultata così spaventosa ed insopportabile da rallentarlo inesorabilmente durante il tragitto, tanto da arrivare a bloccarsi nel corridoio.
Non vuole litigarci, non ora, non lo sopporterebbe. Così come non sopporterebbe neanche il sentirsi accusare di qualcosa, non dal momento che i fatti parlano da soli, dandogli ragione: se lui non fosse intervenuto in tempo, se non avesse fatto tutto ciò che ha fatto, avrebbero perso.
Se lei però non avesse pensato a tutto questo? Se fosse comunque infuriata perché è riuscito a trovare una scappatoia? Riuscirà a darsi una calmata, in quel caso, o finiranno col litigare in maniera davvero pesante? Potrebbero volare parole davvero grosse, lo sa, e potrebbe tranquillamente rinfacciargli anche di averla abbandonata nel momento del bisogno. Perché Radish non è tanto stupido da non sapere che, prima o dopo, tirerà di nuovo fuori la questione e la userà contro di lui, anche se non c’entrerà niente col problema. Chi gli dice che non lo farà proprio adesso, facendolo sentire nuovamente in colpa?
Non vuole litigare con lei, non lo sopporterebbe, ma non può neanche più reprimere la smisurata voglia di rivederla in piedi, di rivedere quei grandi occhi scuri, di risentire quelle braccia forti che lo stringono, e per questo, senza più pensarci, spalanca di scatto la porta.
«SHER!»
Lo Spettro rimane immobile, un morbido asciugamano ad avvolgerle il corpo ancora caldo e umido, i capelli bagnati che le gocciolano sulle spalle. Lo guarda come se fosse impazzito, complice anche quell’espressione da pazzo esaltato e l’entrata un po’ irruente.
Rimane immobile anche quando lui si mette a fissarla, gli occhi sgranati pieni di dubbi e paure, ed attende in silenzio una sua qualsiasi reazione. Perché se ha agito in questo modo, se le appare così inquieto, qualcosa sotto deve esserci per forza. Tipo, per voler fare un esempio, la sua totale incoscienza nello sferrare un colpo come quello che ha usato contro Jäger.
Essendosi fraintesi come spesso accade, nessuno dei due muove un muscolo, timoroso della possibile reazione che potrebbe avere l’altra, e così si fissano dritto negli occhi per secondi che sembrano loro interminabili.
È poi Radish a prendere la parola, bloccando così tempestivamente qualsiasi possibile cosa volesse dirgli la compagna.
«Non avercela con me… io— Sherry, davvero, non—»
Alana si è espressamente raccomandata di non fare alcuno sforzo. Pure scendere velocemente dal letto per farsi una doccia calda le è sembrata una trovata pessima, ma non è riuscita a farsi rispettare ed ha per forza lasciato correre, confidando che avesse comunque capito che non doveva fare alcun genere di sforzo eccessivo, nessun movimento improvviso, niente di niente. Il suo corpo è ancora molto fragile, i danni che ha subìto sono stati molti e di assai notevole entità, quindi è necessario, per una buona e veloce ripresa completa, che riposi e stia tranquilla il più possibile.
Questo Sherry non l’ha capito manco per sbaglio, non dal momento che si è lanciata come una furia in braccio al Saiyan, stringendogli le gambe attorno ai fianchi e le braccia attorno al collo, così da tenerlo il più stretto possibile, baciandolo con quanta più passione può.
Radish non se lo aspettava, per niente. Pensava che come minimo gli avrebbe tenuto un po’ il muso, che gli avrebbe fatto il terzo grado per capire nel dettaglio tutto il processo mentale che l’ha portato a capire come scendere in campo, tutto il piano che ha escogitato, come si sia stato capace di trascinarsi dietro tutti gli Omega… e invece gli sta immergendo le dita nei capelli e gli sta mettendo la lingua in bocca.
Quando poi lo lascia andare, rimanendo a pochi centimetri dalle sue labbra, Radish non riesce a trattenere un sorrisetto, mentre rafforza maggiormente la presa sui suoi fianchi.
«Allora non ce l’hai con me…» Mormora con una punta di stupore, mentre il sorriso gli si allarga maggiormente quando lo bacia di nuovo, stavolta più teneramente.
Non lo credeva possibile, davvero, e adesso sente che non potrebbe essere più felice di così. Sbagliandosi.
«Mi sono sbagliata, Radish… e mi dispiace. Dico sul serio.»
Cosa avrebbe mai potuto renderlo più felice, se non sentirle dire una cosa simile? Lei, la sua dispotica e spesso prepotente Sherry, una donna che non chiede mai scusa, si sta invece scusando, sta ammettendo di essersi sbagliata, ed è oltremodo sincera nel farlo.
Col senno di poi, potrebbero esserci tante cose capaci di renderlo anche più felice, ma adesso non gli vengono assolutamente in mente.
«Dimmi che in questa stanza c’è un qualche tipo di videocamera, ti prego! Voglio potermi riguardare questo momento ogni volta che voglio!»
Non credeva che sentirla ridere gli fosse mancato così tanto, non ci aveva realmente pensato, ma non appena la sente, avverte come se il cuore gli si gonfiasse a dismisura nel petto, tanto si sente felice.
Lasciando scivolare le mani in basso, così non solo da palparle il fondoschiena ma anche per sostenerla, si lascia andare anche lui ad una cavernosa risata, sospirando di sollievo quando si stringe nuovamente a lui, nascondendo il viso nell’incavo del collo.
Potrebbe restare così anche per l’eternità, tanto si sente bene. Dopo mesi di pensieri e preoccupazioni, e dopo l’ultima ventina di giorni dove hanno dovuto attraversare il loro personalissimo Inferno, finalmente è tra le sue braccia, sta bene, è fuori da ogni pericolo, e loro potranno finalmente godersi la vita assieme senza preoccupazioni. Cosa potrebbe volere di più? Certo, di punto in bianco hanno ancor più responsabilità di prima, e molto presto si ritroveranno a dover affrontare un nuovo numero di pensieri e possibili problemi, ma finalmente sono fuori da pericoli reali e mortali. Qualsiasi cosa si parerà sul loro cammino, Radish è oltremodo certo di poterla affrontare senza grandi difficoltà.
«Ehi, bimba…» Non appena incrocia i suoi occhi, che a loro volta lo guardano luminosi e innamorati, ci tiene davvero a ricordarle un piccolo, ma non trascurabile dettaglio «Ce l’hai fatta.»
Sherry, che dal momento esatto in cui ha capito che non ce l’aveva in alcun modo con lei, ma che anzi aveva paura che fosse lei quella arrabbiata, non ci ha capito più niente. Nella sua testa c’era solo ed esclusivamente lui, la voglia di stringerlo, di baciarlo, di chiedergli scusa e poi stringerlo anche più forte.
In realtà, è stato il suo primo e praticamente unico pensiero dal momento esatto in cui ha aperto gli occhi. Ha chiesto sì come stavano i suoi amici, com’erano le condizioni generali, ma nella sua mente risuonava solo il nome del compagno, e la voglia di rivederlo le ha fatto dimenticare ogni altra cosa, in parte anche il perché si trovasse in quella stanza a lei tanto estranea, con una donna che non aveva mai visto prima che si occupava di lei.
Ma adesso, mentre Radish la guarda in trepidante attesa di una sua reazione, ogni altro pensiero e ricordo riprende forma, paralizzandola per lo stupore.
«Ce l’ho fatta?»
«Sì.» Gli viene da ridere da morire, e solo per la felicità. È riuscita nella sua personale impresa, è riuscita a vendicarsi, e quella parte l’ha ottenuta usando le proprie forze. Certo, lui le ha dato un paio di piccoli aiuti lanciandola sull’avversario ed anche prendendola al volo, ma per il resto ha fatto tutto da sola. Ha usato l’astuzia per sopraffare il divario di forza tra loro, ed ha vinto.
Non credeva davvero possibile che si potesse essere tanto fieri ed orgogliosi dei risultati di qualcun altro. Mi stai insegnando davvero un sacco di cose, lo sai? E ti sono grato anche per questo.
«Davvero ce l’ho fatta?!» Non riesce a crederci, le pare impossibile. Ha battuto Jäger, lo Spettro da tutti ritenuto imbattibile. Lo ha battuto, è riuscita laddove tutti gli altri hanno e avrebbero fallito, e sa che non ci sarebbe mai riuscita senza l’appoggio di Radish. Tu non hai idea di tutto quello che hai fatto per me, vero? Tu sei ossigeno, Radish… il mio ossigeno.
«Sì!»
Per un solo, misero istante, Radish teme giustamente che possa avere un qualche crollo nervoso, ora che non deve più necessariamente mostrarsi forte ed imperscrutabile per proteggere gli altri. Lo capirebbe, perché ciò che sicuramente sta provando adesso deve essere qualcosa di davvero potente e destabilizzante, ma lei lo sorprende nuovamente, staccandosi da lui e cominciando subito dopo a saltellare da tutte le parti ed urlare per l’entusiasmo.
Se lo sente dentro, Radish, che tutta questa brillante felicità non durerà a lungo. Lo sente con ogni fibra del proprio essere, ne è oltremodo convinto, e per questo, malgrado si renda conto che non è decisamente il caso che adesso si agiti tanto, la lascia fare, guardandola con un grande sorriso pieno di felicità e orgoglio.
Merita di godersi questi momenti di spensieratezza, merita di staccare la mente da tutto quanto, di assaporare la vittoria schiacciante, la libertà e il successo nato da tutto il suo dolore e le sue fatiche.
Arriva però a pentirsi un poco della propria scelta quando la vede bloccarsi ed ondeggiare un poco, con una mano sulla fronte. Considerando che è rimasta priva di sensi per circa tre giorni, e che è stata nutrita con una flebo, non poteva certo aspettarsi un risultato diverso. Anche dicendoglielo, però, cosa avrebbe ottenuto? Sherry non è il tipo di donna che ascolta e obbedisce docilmente, e probabilmente si sarebbe comportata allo stesso modo solo per dispetto.
Sorride divertito, mentre scuote un poco la testa con fare sconsolato. Che me ne faccio di un figlio, quando già ho a che fare con una sconsiderata simile?
«Sarà il caso che ti calmi un po’? Non tanto, giusto un po’.»
Contro ogni sua aspettativa, Sherry si lascia andare a peso morto all’indietro, atterrando sul grande e sfatto letto. Si aspettava che protestasse in qualche modo, uno qualsiasi, invece eccola lì che se la ride, le mani sugli occhi per attenuare il forte giramento di testa, e quel corpo sinuoso che lo fa tanto andare su di giri in bella mostra.
Vorrebbe davvero toccarla, stringerla, morderla, baciare e leccare ogni centimetro di pelle chiara, ma si astiene dal farlo. Teme di poterle fare male in qualche modo, teme che il sesso adesso possa essere troppo nelle sue condizioni, così si limita unicamente a raggiungerla, senza mai abbandonare quel bonario sorriso, e poi sedersi al suo fianco.
«Ho vinto, Radish! L’ho fatto fuori, ho vinto, ce l’ho fatta!»
Il Saiyan si sdraia al suo fianco, sostenendosi su un gomito, e la osserva mentre esulta a pieni polmoni, ride e si agita come una bambina. È totalmente euforica, fuori di sé, e ciò stranamente non fa altro che alimentare il desiderio che nutre nei suoi confronti.
La sua parte istintiva, quella che brama costantemente il suo corpo, il suo calore, il suo sapore, il suo tocco infuocato, non vorrebbe far altro che allungare una mano per tirarsela addosso, stringerla con forza contro il proprio corpo, ed infine possederla per ore, farla urlare fino a lasciarla completamente senza fiato. La parte razionale, invece, la stessa alla quale si aggrappa disperatamente da ormai troppo per i suoi standard, quella che gli ha impedito finora di mettere un piede in fallo, lo costringe a rimanere dov’è, a non sfiorarla neanche con un dito per la semplice paura di poterle fare del male.
Il problema, però, nasce dal semplice fatto che Sherry non solo può avvertire le sue emozioni, ma può anche più semplicemente fiutarle. E adesso lo sente, quell’odore sublime di eccitazione sessuale, e il suo corpo sovreccitato risponde velocemente a questo nuovo stimolo, anche grazie all’elettrizzante confusione che ha in mente.
Se non fosse così eccitata per la vittoria, si sarebbe potuta soffermare su tutto il resto, sul fatto che adesso ha preso il posto di Jäger, che tutto il Nord è sotto di lei, e, soprattutto, che sarebbe decisamente il caso di fare visita a tutti gli altri. In modo particolare, forse, si renderebbe pure conto che presto non potrà più stare nei caldi Territori del Sud, poiché dovrà prendere in mano la situazione nei suoi, e ciò implica necessariamente il doversi trasferire - probabilmente in maniera definitiva - nello stesso luogo che l’ha tanto segnata e oppressa per quasi undici anni.
Ma non ci pensa, non ci riesce. Tutto ciò che la sua mente un poco sconnessa riesce a pensare adesso, è che Radish è al suo fianco, che odora di sesso, e che vuole ringraziarlo per il suo intervento in ogni modo possibile.
Gli occhi del Saiyan si aprono di scatto, quando lo Spettro si rigira di scatto e, dopo averlo spinto con la schiena sul materasso troppo morbido, preme la bocca sulla sua. Dopo pochi istanti di esitazione, però, risponde con entusiasmo al bacio, portando la mano tra i suoi capelli scuri e tirando gentilmente le ciocche corte per inclinarle la testa, in modo da avere un angolazione migliore.
In fondo, è un uomo adulto e maturo, capace di trattenere i propri istinti, e di certo sarà capace di trattenersi adesso, malgrado la disarmante passione della compagna. Questo, almeno, è ciò che si sta debolmente ripetendo per convincersi, perché tutto in lui sta rispondendo in modo assai feroce alle sue attenzioni. Quando poi Sherry spinse i fianchi contro la sua erezione, guadagnandosi un dolce gemito in risposta, Radish si rende davvero conto che forse non ha davvero tutto questo grande autocontrollo, almeno con lei, e per questo si decide ad interrompere il contatto.
Sherry però non vi bada particolarmente, continuando infatti a muovere lentamente i fianchi, mentre lascia scivolare le mani sotto la sua maglietta leggera. C’è qualcosa di strano sul petto, qualcosa di lungo e appuntito, ma, considerato il momento, non ha alcuna intenzione di scoprire di cosa si tratti.
«Non mi pare il caso…»
Sherry non lo ascolta, accarezzandogli la pelle calda, baciando prima le guance e poi le sue labbra in maniera provocatoria, per poi scendere e soffermarsi a leccargli l’addome scoperto, centimetro per centimetro. Compie tutto questo lentamente, come in una lasciva tortura, finché non sente le sue braccia sollevarla e stringerla, il corpo che s’incolla al suo, per poi ritrovarsi completamente sotto di lui, con il suo corpo forte, caldo e muscoloso a schiacciarla dolcemente.
«Ti voglio da impazzire…» Gli soffia nell’orecchio, stuzzicandolo con il tono dolcemente supplichevole che sa piacergli tanto, abbandonandosi infine tra le sue mani.
«Sei debole, adesso… potrei farti del male…» Malgrado questo, però, non fa niente per fermarla. Lascia che lo stringa, che gli graffi la schiena, che lo spogli frettolosamente, che lo baci con urgenza.
Seppur per un breve istante, aveva seriamente pensato che non avrebbe più avito la possibilità di toccarla e di farsi toccare, che non avrebbe più sentito il calore del suo corpo contro il proprio, che tutto sarebbe tornato di colpo incolore, inodore ed insapore. Sentirla adesso, invece, così vulnerabile sotto di sé, così eccitata, così viva, lo accende di un nuovo implacabile desiderio.
«Non mi faresti mai del male…» Mentre lo dice apre di più le cosce, offrendosi alle sue carezze, e s’inarca maggiormente verso di lui «Ti voglio subito, Radish… subito, ti prego…»
La penetrazione è bruciante, appassionata e irruente,  e d’istinto Sherry, con i talloni piantati nelle coperte leggere, serra le cosce attorno ai fianchi del Saiyan, come se fossero il suo unico appiglio alla vita.
Involontariamente un paio di lacrime le sfuggono dagli occhi, e Radish si ritrova ad inspirare bruscamente, come se avesse trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Non si è controllato, non c’è riuscito. L’ha presa subito con forza e urgenza, e adesso non ha idea di cosa deve fare. Non sa se provare ad andare avanti, o se raccogliere tutta la forza di volontà che possiede per fare retromarcia. Anche in quel caso, comunque, teme che potrebbe farle male lo stesso.
«Sher…?» Prende un paio di lunghi respiri profondi per calmarsi, abbassandosi poi per avvicinarsi all’orecchio dello Spettro, sussurrando con voce roca «Stai bene? Vuoi che smetta?»
«No!» Radish non aveva ancora visto i suoi nuovi occhi, non ci aveva neanche pensato in realtà, ma vedendoli adesso, che lo guardano con feroce lussuria, sente una nuova ondata di eccitazione scorrergli come lava nelle vene «Non ti azzardare a smettere, o giuro che ti ammazzo!»
Si stringono in un abbraccio incandescente, muovendosi ad un ritmo confuso, sfiorandosi, palpandosi, graffiandosi e mordendosi. Si baciano senza scollarsi, in un reciproco scambio di sussurri e gemiti, mentre il peso del Saiyan le leva il respiro, e i loro corpi vibrano a ogni movimento.
È un amplesso assai diverso dai precedenti, soprattutto sul livello emotivo, perché entrambi sentono di poter sfogare al meglio tutte le loro paure in questo modo, rimarcando al contempo i forti sentimenti che nutrono l’uno per l’altra.
In modo brusco, inatteso e impensabile godono entrambi quasi simultaneamente, sciogliendosi in un grido liberatorio, sfacciato e senza pudore, rimanendo poi senza respiro.
Un capogiro fortissimo la pervade, ed il suo corpo accaldato e umido è all’improvviso come senza peso, né resistenza, e Radish si ritrova come ammutolito mentre la osserva dall’alto. Sherry non è mai stata la più bella tra le belle, pur avendo indubbiamente un bell’aspetto e un suo fascino, ma per Radish è qualcosa di eccezionalmente attraente ed eccitante. Ai suoi occhi pure la bellezza di Nike non ha alcun valore, ed è abbastanza certo che ciò non sia dovuto unicamente al loro legame particolare. Per lui è così perché la conosce, perché conosce il suo vero io, lo stesso che ha conosciuto prima che unissero involontariamente le loro anime. Conosce la sua arroganza, la sua simpatia, la sua testardaggine, la sua dolcezza, la sua infantilità, il suo lato materno e attento. Conosce la sua mente, e di certo non ha scordato che si era trovato bene a parlare con lei anche prima.
Guardandola ora, con il corpo umido di sudore, scosso da leggeri spasmi, si domanda nuovamente cos’abbia fatto di davvero buono in vita sua per poterla avere.
«Sicura che stai bene?» Domanda, abbandonandosi al suo fianco. Le avvolge pure un braccio attorno alle spalle, così da poterla avvicinare a sé e tenerla al caldo.
«Non stavo così bene da un sacco di tempo.» Nel dirlo, lascia scivolare le dita fra le sue, e si porta la sua mano alle labbra. Bacia delicatamente il palmo e il polso, sorridendogli poi con dolcezza, rivelandogli uno sguardo soddisfatto e sonnolento.
«Quanto sei sdolcinata…» La sfotte prontamente, buttando fuori tutta l’aria quando lo colpisce con forza sul petto. Scordo sempre quanto sia manesca!
«Non è vero! Sono solo scombussolata dagli eventi, tutto qui!»
Prima che possa controbattere con qualche frecciatina, giusto per annientare definitivamente la dolcezza atipica che si è venuta a creare, Sherry lo zittisce premendo le labbra sulle sue, ed il cuore del Saiyan si gonfia a quel tenero tocco. Per quanto detesti essere zittito, questo suo particolare metodo non è che gli dispiaccia poi troppo.
«Questa non l’avevo proprio notata…» Borbotta vicino alle sue labbra, rigirandosi tra le dita la zanna che gli pende dal collo. Per quanto sia curiosa di sapere come l’abbia ottenuta, prendendo pure in considerazione l’orribile idea che effettivamente lo abbia massacrato di botte, è felice di vederla lì, perché è la prova concreta che non abbia disubbidito apertamente al suo volere, ma che semplicemente abbia convinto Roman a concedergli di scendere in campo.
«Mi dona molto, non trovi?»
«Non male… ma non è niente a confronto a tutte le zanne di Roscka!» In realtà non è che muoia esattamente dalla voglia di indossarle, l’idea non l’ha mai entusiasmata particolarmente, ma è anche vero che non vuole perdere il confronto con lui.
Radish ridacchia appena, continuando a sfiorare con la punta delle dita il costato della giovane ed evidentemente stanca moglie. Ciò che tocca, per la prima volta, non gli piace: la pelle pare essersi maggiormente tesa sulle ossa, rendendole insopportabilmente più sporgenti.
«Che ne dici se vado a procurarti qualcosa da mettere sotto alle tue, di zanne? Hai perso davvero parecchio peso.»
«E ti dispiace?»
«Sì, e non solo perché così rischi di rovinarti quel magnifico culetto, ma anche perché potresti avere dei problemi di salute. Anche se, devo ammetterlo, così le tette sembrano in qualche modo più grosse!»
«Sei un cretino!» Lo colpisce di nuovo, non riuscendo però a metterci la stessa forza di prima. Ogni cellula del suo corpo, infatti, sembra quasi addormentarsi a mano a mano che i secondi passano, intorpidendola.
Radish se ne accorge, e senza tante cerimonie la sposta da un lato per potersi alzare. L’unico reale problema, dal momento che i suoi pantaloni sono mezzi sbrindellati sul pavimento, è capire dove può rimediarne altri, sempre ammesso che li possa prendere liberamente senza “pestare la coda” a qualcuno.
«No! Resta qui con me…» Lo afferra per il polso e lo tira debolmente all’indietro, rivolgendogli quella che sa bene essere un’arma infallibile: lo sguardo da cucciolo triste.
Pure le sue amiche se ne sono rese conto, e Domino non ha resistito dal commentare che, se un domani avranno davvero dei figli — peggio ancora delle figlie —, se lo rigireranno che è un piacere.
Com’era prevedibile infatti, Radish sospira con rassegnazione, per poi stendersi di nuovo al suo fianco, permettendole di accoccolarsi contro il fianco. Non l’ha mai detto a nessuno e mai lo farà, ma gli piace da impazzire quando lo fa, quando si fa piccola piccola contro di lui e si addormenta con la testa sul suo pettorale. E pensare che un tempo lo odiavo a morte!
«Mi è mancato tanto poter stare così…»
Anche a me, bambolina. Lui però non è smielato come si sta sorprendentemente mostrando lei, così non glielo dice. Non ce n’è bisogno, esattamente come non c’è mai stato bisogno di tanti discorsi zuccherosi tra loro. Il massimo di gesto affettuoso che pensa di rivolgerle, è quello di coprirla con le coperte leggere.
«Adesso che succederà?»
Succederà che dovremo discutere seriamente, davanti ad un sacco di persone scomode, di tutte le novità che vogliamo apportare io e Blackwood.
Succederà che dovremo ricompattare tutto il branco del Nord, unendolo a quello delle Terre di Nessuno, oltre alla delicata questione degli orfani.
Succederà, amore, che dovremo tornare al Nord almeno per un po’… e l’idea mi fa paura.
«Penso che mi addormenterò di nuovo… sono tanto stanca.» Non vuole rovinare il dolce momento che si è creato tra loro, non ci pensa neanche. Vuole poterlo avere al proprio fianco senza dover necessariamente discutere di tutto il resto, senza che tutti quegli ingombranti pensieri si mettano tra di loro.
Vuole solo stare lì con lui.


Nella loro bizzarra relazione, ci sono delle piccole cose che Radish vorrebbe eliminare. Piccole, piccolissime, tanto che, alla fine, se ne dimentica pure, rendendosi così conto che in realtà non è davvero necessario eliminarle.
Ce n’è però una che non può ignorare, perché è così fastidiosa da urtarlo a livello psicofisico. E questa cosa odiosa sta avvenendo anche in questo momento, costringendolo per forza di cose a svegliarsi.
Apre gli occhi e li strizza per la troppa luce che filtra dalla finestra, mugugnando per il fastidio. L’idea, in realtà, non era esattamente quella di crollare addormentato, ma qualcosa deve essere evidentemente andato storto, poiché, dalla luce, capisce che sono trascorse parecchie ore da quando si erano placidamente sdraiati.
Malgrado non fosse l’idea principale, Radish può dire che non sia stato un male, perché finalmente quello strano sogno, dove qualcuno in lontananza lo richiama con strani versi, si è fatto meno strano. Certo, se ne stava sempre in una landa ghiacciata, ma quei richiami non gli sono sembrati angosciati come prima, anzi, gli sembrano quasi allegri.
Quando sente nuovamente l’insopportabile rumore che lo ha svegliato, si mette a sedere, puntando lo sguardo contro la porta.
«Che cazzo è?» Mormora, stropicciandosi la faccia, mentre Sherry si stiracchia al suo fianco, rimanendo sempre ben sepolta sotto le coperte.
«Qualcuno alla porta.» Biascica con ovvietà, lasciando emergere una piccola porzione del volto per poterlo guardare.
Radish, che davvero non dovrebbe mai essere contrariato in alcun modo quando si sveglia, alza gli occhi al cielo con un grugnito «Questo lo so, Capitan Ovvio! Vorrei solo sapere chi cazzo a bussare a quest’ora!»
Dire “a quest’ora” è un poco assurdo, visto che non ha idea dell’orario, ma è abbastanza sicuro di poter dire che non è accettabile. In fondo, da quanto non si faceva una simile dormita? Da quanto non si rilassava in questo modo? Andarlo a disturbare proprio adesso è un’idea davvero pessima.
«Non importa.» Il borbottio di Sherry è quasi incomprensibile, ma Radish, immobile come una statua al suo fianco, riesce comunque ad afferrare le parole seguenti «Li ammazzo comunque tra dieci secondi.»
«Ce la fate ad alzarvi?!»
Da un istante all’altro, i due si ritrovano a trattenere il respiro. Pur essendo entrambi consapevoli che aveva superato la fase critica e che era in rapida ripresa, non pensavano davvero che si sarebbe presentato da loro in tempi tanto brevi.
«Sono tipo cinque minuti che busso! Ora entriamo!» Ecco, questo spiega il tono vagamente alterato: Everett odia aspettare.
«Noi?» Mormora Sherry nel cuscino, mentre Radish scivola fuori dalle coperte e cerca di recuperare almeno le mutande. Non che da quelle parti siano particolarmente pudici, anzi, ma il Saiyan è ben consapevole che all’altro certe cose non vadano proprio a genio, e lui di certo non ha voglia di rotture di palle appena sveglio.
Non appena la porta si apre, Everett appare loro in tutto il suo splendore, con la sua solita postura rigida e fiera, e quella luce arrogante ad illuminargli lo sguardo. Malgrado si stato ridotto in fin di vita solo pochi giorni prima, appare lo stesso in gran forma.
Darko, dietro di lui, non li degna invece di uno sguardo, leggendo velocemente una grossa pila di fogli, così da sapere subito tutto ciò che hanno fatto Alana e la sua equipe. Non che la donna abbia mai dato anche solo da pensare di non essere all’altezza, ma lui non si fida lo stesso, motivo per cui sta cercando incessantemente il minimo errore.
Sherry, emersa da pochi secondi dalle coperte, sorride con aria raggiante al fratello, che le sorride di rimando con una certa eccitazione ad illuminargli gli occhi.
«Ti mostro il mio, se mi mostri il tuo.»
Radish, che stava disperatamente cercando dei vestiti che gli possano entrare, si blocca con le mani immerge in un cassettone, e si volta verso il cognato.
«Scusa?» Spera davvero di aver capito male, di avere un qualche danno all’udito perché magari mentre dormiva è stato mozzicato da qualche bestiola strana che vive da quelle parti, ma è abbastanza certo che non sia possibile.
Sherry, che invece sa bene di cosa stia parlando, lascia che gli occhi si illuminino del loro nuovo coloro ametista, emozionandosi come neanche credeva possibile quando quelli del fratellastro diventano di un caldo arancione brillante.
“Ti mostro il mio, se mi mostri il tuo", infatti, non si riferisce ad altro che al colore degli occhi del lupo, e non è per niente insolito che se lo dicano scherzosamente in questi frangenti.
«Ti dona parecchio, sai? Il viola è decisamente il tuo colore.»
Radish, che ormai ha l’assoluta certezza che prima o poi finirà col picchiarli l’uno contro l’altra, sbuffa e rotea gli occhi al cielo, ritornando poi alla sua ricerca. Gli sembrano tutti così stretti e piccoli, che l’idea di dover girare nudo si fa sempre più vivida e preoccupante.
Darko, che non si sente poi troppo a proprio agio da quelle parti, soprattutto considerato il suo rapporto burrascoso con Arus, poggia la pila di fogli da una parte e si dirige con passo svelto verso il Saiyan.
«Tu vai a far visita a quegli altri esagitati, prima che distruggano tutto, e tu, invece, in piedi, forza.» Nel dirlo, afferma un caftano chiaro e lo butta senza tanti problemi sul petto del Saiyan, giusto per sottolineare il fatto che deve togliersi dai piedi. Ha da fare, parecchio anche, e la sua presenza è unicamente fastidiosa, adesso.
«Non ci penso neanche ad andarmene.» E neanche ad indossare un vestito da donna!
«Devo parlarle di una questione molto delicata e, già che ci sono, controllerò nuovamente le sue condizioni. La tua presenza non è proprio necessaria.» Controbatte prontamente il maggiore, spingendogli di nuovo tra le braccia l’indumento. Non si tratta infatti di un vestito da donna, ma di un abito di uso comune sia per i maschi che per le femmine lì al Sud. La tinta chiara e uniforme sta ad indicare che è un abito da tutti i giorni, al contrario di quelli pieni di colori e ricami che vengono indossati, in genere, durante le cerimonie. Per gli Spettri nati e cresciuti in quell’ambiente, infatti, gli abiti difficilmente sono particolarmente elaborati — a meno che non vengano indossati in particolari circostanze —, perché finiscono col distruggerli spesso e volentieri a causa delle mute. Al Sud usano questo genere di abiti, freschi e traspiranti, mentre al Nord i più usano pesanti vesti più stretti, così da scaldarsi e mantenere la temperatura corporea senza inutili dispendi energetici.
«Già, ma voglio restare lo stesso, guarda un po’!»
Per quanto Darko riconosca la sua posizione, per quanto possa rispettarlo e tutto il resto, sente all’improvviso il fortissimo impulso di fargli del male. Non che sia un sentimento nuovo, giacché l’ha provato in svariate occasioni e per i motivi più disparati, ma in questo momento è assai più forte del solito.
«Radish, sul serio, fuori dai coglioni.» Ringhia infatti, snudando le zanne e fulminandolo con i suoi occhi vermigli «Non voglio parlare dei problemi della mia famiglia davanti a te, chiaro?»
È ufficiale: Radish non capirà mai del tutto gli Spettri.
Hanno tutti un carattere assurdo, e tendono a rigirarsi contro chiunque senza particolare ragione. Vorrebbe solo stare vicino a sua moglie che, e questo è evidente, non è nella migliore delle condizioni. Vorrebbe starle vicino e ascoltare ciò che lui ha da dire perché, se lo sente, lei gliela metterebbe giù molto più soft per non farlo preoccupare.
Invece no, niente da fare, perché la sua adorabile dolce metà gli sorride con quell’aria da bambina ingenua e dispettosa, la stessa che in più occasioni l’ha fatto capitolare come l’ultimo dei coglioni, e poi cinguetta spensierata che non c’è bisogno che stia lì, e che forse è davvero meglio se va a controllare gli altri.
Borbottando insulti sconnessi a mezza bocca, si infila con riluttanza l’abito ed esce, sbattendosi con forza la porta alle spalle, alle volte non avessero capito che questo gesto non gli è piaciuto.
Ecco, senza dubbio anche questa è una cosa che davvero dovrà cambiare, perché non sta né in cielo né in terra che lo sbalzino fuori da camera sua — il fatto che quella camera in particolare non sia sua non conta.
Che poi, era davvero necessario? In fondo li ha sentiti parlare di cose ben peggiori dei problemi famigliari di Darko! Che si vergogni a mostrarsi premuroso e preoccupato nei confronti della Mezzosangue? Beh, per quanto gli sembri assurdo, sa di non poterlo escludere a priori. Se c’è una cosa che ha imparato, oltre al palese fatto che gli Spettri sono strani e che spesso, come direbbe Fern, ragionano col culo, è che un figlio Mezzosangue non è un qualcosa di cui andare fieri. Seguendo questo ragionamento, quindi, viene da sé che da quelle parti, dove si attaccano molto di più alle loro vere tradizioni e usanze, sia bene avere quanti meno spettatori possibili per certe delicate conversazioni. Per quanto gli sembri assurdo pensarci, non può proprio fare a meno di chiedersi come prenderebbero un ibrido tra la sua razza e la loro. No, non m’importa, non ora. Ci penserò quando arriverà il momento… e penso che farò piacere a tutti l’idea a furia di cazzotti nei denti.
Volendo assolutamente allontanare lo scomodo pensiero, si rende inoltre conto che Darko potrebbe averlo allontanato per il suo complicato rapporto con la bionda. Beh, a questo punto Radish spera con tutto sé stesso che la moglie gli ringhi in faccia un cattivissimo e secco “no!”, perché così potrà rinfacciare al vecchio Beta che la sua presenza lo avrebbe unicamente aiutato. Perché per quanto gli stia antipatica e le porti un certo rancore, sa bene che è solo per il suo intervento se adesso lui si sente appagato e felice, malgrado tutti gli improbabili e snervanti problemi che sono sorti in quei mesi.
Cammina con passo svelto per quella terra straniera che, seppur solo in parte, lo affascina, stando ben attento a non toccare niente. L’ultima cosa che vuole, è proprio dover scoprire sulla propria pelle che quelle strane creature sono nocive pure per lui, costringendolo a farsi curare da degli estranei che, per quanto non lo trattino male, lo guardano comunque con diffidenza.
Avvicinandosi velocemente a quella grande costruzione che funge da ricovero, sente sempre più distintamente il vociare degli uomini. Ha visto e superato pure il reparto dedicato alle donne, che invece erano intente a parlottare fitte fitte tra loro. Avendolo però freddato con lo sguardo non appena si è avvicinato di un passo di troppo, ha ben pensato di tirare dritto senza salutare proprio nessuno. Infondo anche Becca, che si è sempre mostrata amichevole nei suoi confronti, gli ha scoccato un’occhiata al vetriolo, lasciandogli così intuire che stessero sicuramente escogitando un qualche piano malefico ai danni dei rispettivi compagni — o li stessero più semplicemente sputtanando l’una con l’altra.
Possibile che loro siano così calme e pacate, e questi imbecilli invece strillino come dei pazzi? È imbarazzante, davvero!
La verità, è che le femmine di Spettro spesso fanno gruppo, riuscendo curiosamente a calmarsi l’una con l’altra, mentre non è insolito che i maschi, quando riuniti in gruppi troppo numerosi, si agitino a vicenda a causa di tutto il testosterone che avvertono nell’aria. Se poi ci si aggiunge che sono tutti nervosi, che in molti sono sulla difensiva, e, non meno importante, che sono chiusi tra quattro mura col Quartetto… che altro ci si poteva aspettare?
Alana, che non aveva proprio più voglia di rincorrerli da una parte all’altra dopo ogni evasione, ha fornito loro un grosso televisore, ed ha saccheggiato la collezione privata di DVD di Blackwood, così che potessero tenersi occupati in qualche modo. Ha pure fornito loro dei mazzi di carte, dei giochi da tavolo e dei libri, ma la prima opzione è stata più che sufficiente, poiché prendere in giro ogni scena pare essere un passatempo apprezzato praticamente da tutti.
Non appena Radish entra, si accorge immediatamente di uno strano particolare, soprattutto dopo la breve ma significativa conversazione con Greywind del giorno precedente.
Due bambine di circa sei anni, infatti, se ne stanno appollaiate sul materasso di Hurricane, vicine alle sue gambe. A Radish ci vuole meno di niente per capire che si tratta delle sue figlie, malgrado non sapesse neanche se ne avesse o meno, e lo capisce per i tratti duri e spigolosi del viso delle piccole, tanto simili a quelli dell’uomo, e per il particolare color ocra dei lunghi capelli ondulati.
Ignorando volutamente il caos nato dal suo arrivo, ed anche il fatto che Mordecai sia stato bloccato al muro con delle catene, il Saiyan si avvicina cautamente a quello che a breve diventerà il Capitano del Sud, stando ben attento a non compiere alcun gesto avventato neanche con la coda. L’ultima cosa che vuole, infatti, è che scoppi il caos, soprattutto per colpa sua!
«Credevo che i bambini non dovessero avvicinarsi.» Afferma con tono involontariamente duro, spaventando così le due piccole, che hanno appreso dal nonno lo svolgersi degli eventi e sono quindi a conoscenza pure della sua potenza.
Una delle due, infatti, si rannicchia maggiormente contro la gamba del padre, stringendosi le ginocchia al petto per ripararsi, mentre l’altra scavalca il genitore momentaneamente inadatto al combattimento per nascondersi tra le braccia di Timo, che se la ride sotto ai baffi.
«Glielo vuoi spiegare tu?» Con una semplice carezza sulla testa, l’uomo lascia capire alla piccola che può stare tranquilla, che non si tratta affatto di una minaccia, e questa in pochi secondi si scioglie, sdraiandosi placidamente al suo fianco con tanto di ventre esposto, segno evidente di calma e fiducia.
Micah, che è nuovamente riuscito a liberarsi dalle varie costrizioni, si avvicina quasi saltellando all’amico, e gli allaccia senza pensieri un braccio al collo, sotto gli sguardi attoniti dei lupi del Nord.
«Com’è che non sei seppellito in mezzo alle cosce di Sherry?»
Non ha pensato minimamente che una simile uscita, per lui tanto normale, potesse sollevare un qualsiasi tipo di problema, ma se ne rende conto quando un uomo sulla trentina o poco più gli snuda contro le zanne, berciando: «Ehi, ragazzo! Stai parlando della Regina!»
«Ma non mi rompere i coglioni!»
Radish sa che dovrebbe almeno provare a calmare gli animi, magari spiegando loro che non è un problema e tutto il resto, ma alla fine non è che gliene importi poi qualcosa. Sono abbastanza grandi e svegli da poterne discutere da soli. Beh, perlomeno lo spera.
«Allora? Come mai stai nei bassi fondi anziché in Paradiso? Anche se, ad occhio, ci sei stato eccome…» Insiste il biondo Segugio, sorridendo sornione all’amico. Fosse per lui, infatti, non si sarebbe schiodato dal letto della compagna neanche se glielo avesse ordinato Dio in persona!
«Darko voleva parlarle, mentre la visitava.»
«Quel vecchio stronzo proprio non si fida del mio operato, eh?»
Alana è sempre carina e gentile, lo è di natura, ma se c’è una cosa che non tollera assolutamente, è che vengano messe in discussione le sue capacità di medico. Certo, Darko ha dato più e più volte prova di essere naturalmente portato per quel settore, tra le tante altre cose, e nessuno è mai stato lodato più di lui, ma di certo lei non è l’ultima tra le sceme, e la sua totale e plateale mancanza di fiducia la fa non poco alterare.
Radish, dal canto suo, la guarda con una punta di divertimento mentre si dirige con passo spedito dalla parte opposta alla sua, evitando volutamente qualsiasi commento.
Non appena la donna poi sparisce dal suo campo visivo, si avvicina a River, ancora parecchio intontito sia dagli antidolorifici che dalle troppe ore di sonno arretrate.
«Come sta?» Domanda stancamente, mentre sistema un foglio un poco stropicciato sotto al cuscino. L’ultima cosa che vuole, infatti, è che qualcuno lì dentro legga le dolci parole che gli ha scritto Cloe.
«Meglio di voi, Fiocco di Neve.»
Quando Alana gli passa di nuovo davanti, qualcosa attira immediatamente la sua attenzione. Si tratta di un esserino bluastro, dall’aspetto buffo e innocuo, dal lungo e sottile muso marroncino. Ha dei piccoli e piatti arti anteriori, un corpo allungato non troppo differente da quello di un serpente e un ciuffo di lunghe piume giallognole sulla sommità del capo.
«Che roba è…?» Si alza involontariamente, spinto dalla curiosità e dalla voglia di toccarlo, malgrado non abbia mai provato in modo particolare l’impulso di toccare tutto ciò che gli risultasse nuovo.
«Un mezma.» Risponde con un sorriso allegro la donna, rigirandoselo tra le mani per farglielo osservare meglio «È riuscito ad intrufolarsi in qualche modo, probabilmente attirato il sangue.»
Malgrado le sue ultime parole, Radish non si fa particolari problemi ad allungare una mano per toccarlo, venendo però bloccato dal tempestivo urlo di Timo.
«Non lo toccare, ohhh!»
«Perché?»
«È velenoso!» E lui lo sa bene. Ohhh, se lo sa bene! Blackwood e Laurel*, il più piccolo tra loro tre, a sei anni riuscirono a catturarne uno, e per burla glielo buttarono addosso di notte, creando così in lui una specie di fobia per le cose striscianti, soprattutto per il dolore agghiacciante al braccio dopo essere stato morso. L’unica sua soddisfazione, fu che sia il padre che la madre li massacrarono di botte.
«Anche questo?!»
«Qui tutto è velenoso!»
«Strano che sia da queste parti, però. In genere evitano gli adulti…» Borbotta stranita Alana, osservando la creatura che continua a gonfiare le piume sulla testa per mostrarsi minaccioso.
«Perché?» Domanda stupida, me lo sento.
«Perché li mangiamo. Sono spesso letali solo per i cuccioli.» E infatti…
Dalla nascita fino ai cinque anni, uno Spettro è esposto a diversi rischi, soprattutto se questi è nato senza un sangue abbastanza forte. Dai cinque ai dieci, età in cui generalmente entrano nella maturità sessuale, il loro organismo comincia a svilupparsi in modo significativo, tanto che il loro sangue diventa poco allettante per i parassiti, che, in precedenza, spesso si ritrovano nel vello. Una volta raggiunta quella che viene considerata fisicamente l’età adulta, ovvero attorno ai sedici anni, lo Spettro in questione non avrà più alcunché di cui preoccuparsi, eccetto Spettri più forti.
«Dio, che ansia vivere qui…» Lo sguardo del Saiyan, così come quello degli Spettri più curiosi, si sposta velocemente sulla figura un poco ricurva di un uomo alla sua destra, che osserva la bestiola tra le mani di Alana con un certo disgusto «Da noi farà anche un freddo assurdo, ma almeno non è pieno di bestie velenose!»
Non a tutti è andata giù la sua uscita, poiché alle loro orecchie è suonata come un insulto bello e buono, oltre che ad un velato pavoneggiarsi per le proprie origini nordiche.
Hurricane, invece, non vi bada particolarmente, anche perché ben consapevole che anche dall’altra parte del ponte le cose non siano poi tanto semplici. È vero, dalle loro parti praticamente tutto può risultare letale per un cucciolo, soprattutto se questi ha il sangue debole, ma il freddo del Nord — che può arrivare tranquillamente a -75°C — non è certo una cosa da sottovalutare. Da quel che ha capito, adesso sono invece nella stagione calda, dove si raggiungono talvolta i 10°C. Uno Spettro adulto, anche un umile Omega, può resistere bene a temperature tanto estreme, tanto che molti Purosangue, alla lunga, non se ne rendono neanche più conto, mentre un cucciolo… o ha modo di scaldarsi durante la notte, o difficilmente arriverà all’adolescenza.
«Mi domando in quale territorio ci sia il maggior tasso di mortalità infantile…» Borbotta pensieroso, osservando i corpicini acerbi delle figlie. Per quanto si stiano mostrando all’altezza delle aspettative generali, è abbastanza certo che non durerebbero a lungo in un clima così mortalmente rigido.
«Dipende dalle cause che si osservano, immagino.» Gli risponde pacatamente l’uomo che ha involontariamente sollevato l’argomento «Ma penso da noi. Gli ultimi due Re non sono stati proprio il massimo e—»
«Come vedete il sottostare al volere di una donna, adesso? È forse un problema per voi?»
L’uomo volta repentinamente lo sguardo verso il Saiyan, ed un brivido freddo gli attraversa la spina dorsale. L’ultima cosa che voleva, era sollevare questo argomento, che nessuno di loro ha ancora affrontato.
Per quanto lo riguarda, non può proprio dirlo con certezza. Sherry ha indubbiamente mostrato di sapersi battere a dovere, di saper guidare un branco di scalmanati, di saperli proteggere e farsi da loro rispettare… ma sarà sempre così? Le loro femmine spesso e volentieri cambiano molto con l’arrivo dei piccoli, diventando assai più territoriali e feroci a seconda di quanto è forte il loro istinto materno. Per questo motivo non è mai stata messa una donna al potere, perché ritenuta incapace di scindere le due cose e continuare a governare in modo imparziale.
Essendo però lui cresciuto sotto il dominio prima di Mezcal e poi di Jäger, sente anche di poter dire con una discreta sicurezza che non potrà andar loro peggio. Al limite, si è detto, finiremo totalmente allo sbando!
«Difficile da dire…» Si limita a rispondere così, facendo spallucce per rafforzare il concetto.
«Penso che si potrà dire con certezza solo col tempo.» Gli dà manforte un secondo, più giovane, sorridendo con aria amichevole al Saiyan. Non che si fidi di lui, anzi si sente a dir poco intimorito da quello sguardo severo, a tratti feroce, ma preferisce comunque tentare un approccio cordiale per prevenire eventuali problemi generali. «E dopo la prima cucciolata.» Aggiunge subito dopo, sfoggiando di colpo un’espressione tra l’attento e l’infastidito, in un certo senso pure allarmata, che un poco insospettisce anche Radish.
«Dio, quanto sei grosso! Solo a guardarti, sono già stanco!» E con questa semplice frase, detta con totale sincerità, Voret si presenta a Radish. Si tratta del fratello più piccolo e perdigiorno di Nike, capace di far uscire dai gangheri il padre solo palesandosi. Tutti i torti, alla fin fine, non li ha, poiché malgrado abbia dato più volte prova di possedere un’assai importante forza fisica ed una mente discreta, oltre ad avere ben 28 anni, è talmente pigro da passare quasi tutto il proprio tempo oziando con gli amici, strimpellando il più delle volte la chitarra giusto per evitare di addormentarsi.
È decisamente di bell’aspetto come la sorella maggiore, pur avendo una carnagione più chiara e i capelli di un nero inteso, corti e sfilati sul collo, con una folta frangia laterale che gli ricade un poco su un’occhio. La cosa che fa capire al volo che sono imparentati, sono proprio gli occhi, di quella tonalità azzurra molto intensa.
Rivolge adesso al Saiyan un’espressione sbigottita, a tratti pure ebete, poiché per lui è assurdo che un essere umano - o anche un alieno, non conoscendo nel particolare la sua specie - possa raggiungere una stazza come la sua. Gli risulta assai improbabile, infatti, che possano esserci altre creature come loro, fisicamente predisposte a mettere su una notevole massa muscolare in maniera veloce e senza particolare fatica.
La sua curiosità e i suoi dubbi sono però destinati ad una vita molto breve, perché, purtroppo per lui, non è stato per niente capace di seminare la seconda sorella maggiore.
«Oh, tranzolla, Ellett! Vola bassa!»
Radish, che non ha poi troppo capito le parole del più giovane, si volta di scatto per capire con chi stia parlando, ed un solo, unico pensiero gli attraversa la mente: Ma in questa famiglia hanno fatto tutti una sorta di patto col Diavolo?!
Pur non raggiungendo i livelli ancestrali della sorella maggiore, Ellett viene definita come un’autentica pantera, per lo sguardo tagliente e penetrante, per il suo passo lento, morbido ma felino, per i suoi occhi cangianti, per il colore della pelle scura, spesso lucidata con oli profumati, per i brillantissimi capelli neri e selvaggi. Malgrado su Radish non provochi l’effetto desiderato, l’uomo si rende facilmente conto che stia suscitando negli altri desiderio, deferenza e rispetto.
Ormai è chiaro: con questa famiglia non legherò mai.
Per quanto però appaia gelida, al pari forse di Nike, è una donna più sciolta, allegra, pure infantile, se presa per il verso giusto, ed è forse l’unica capace di rasserenare gli animi in famiglia. Oltretutto, è forse l’unica in generale a saper comunicare bene con l’eccentrico fratellino.
«Papà sta sfasando di brutto, Voret. Che hai combinato?»
«Eh, è sempre lì che insiste che lui alla mia età aveva già fatto questo e quello, che aveva una posizione più che invidiabile, e che ora io mi devo sbattere… cioè, capisci? Lui ha i soldi e tutto, e io mi devo sbattere? Non capisce che le due cose si escludono?»
Per quanto ci comunichi bene, e per quanto di natura ben disposta a placare i loro animi turbolenti, ci sono delle volte in cui anche lei alza le mani e si arrende, poiché sennò li prenderebbe a sberle uno dopo l’altro.
È vero, Arus ha un brutto temperamento e Voret non ha voglia di fare niente manco per sbaglio, ma è mai possibile che dopo ventotto anni non siano ancora in grado di venirsi un poco in contro? Magari il primo molla un poco la presa, lo stressa meno, e il secondo s’impegna davvero in qualcosa che gli piace, smettendo di oziare come un ragazzino fannullone!
È un concetto semplice per Ellett, che però pare sfuggire costantemente ai due, motivo per cui, per stavolta, alza le mani in segno di resa, scuote la testa con fare rassegnato, e se ne va senza aggiungere una sola sillaba.
I vari Spettri e Radish rimangono per qualche secondo in completo silenzio, non sapendo bene come reagire di fronte ad un simile spettacolino. Al Nord, infatti, non si era mai vista una scena simile! Gli eredi del Nord si facevano vedere assieme giusto se obbligati, in genere, mentre i figli del Beta mai e poi mai si sarebbero fatti vedere in atteggiamenti tanto infantili. Loro due, invece, figli del Beta ed ormai imparentati da anni con la famiglia reale, lo hanno fatto in totale scioltezza, oltretutto di fronte anche a dei completi estranei.
Non lo capiscono, non ci riescono. Tutto ciò che stanno affrontando adesso appare ai loro occhi come incredibile, assurdo e, al tempo stesso, fantastico. Chi, tra loro, poteva anche solo immaginare che si potesse vivere in un modo simile? Che si potesse scherzare liberamente con tutti, che si potesse addirittura fare qualche follia senza rimetterci come minimo un arto? Chi pensava che si potesse scherzare liberamente sulla e con la coppia dominante, mettendo pure le mani addosso al Re?!
Se prima erano curiosi ma pur sempre timorosi di sapere come si sarebbe evoluta la situazione, adesso sono sì curiosi, ma anche molto entusiasti.
«Ammazza, che pezzo di gnocca!»
Con questa delicata uscita di Maddox, che si è subito pentito di aver dato fiato alla bocca per paura di prenderne dalla moglie, la situazione si fa improvvisamente più leggera e allegra.
Pip, bloccato su una barella da una parte, invita con un gran sorriso Radish e chiunque ne abbia voglia a giocare ad uno dei pochi giochi di società che sono stati loro forniti.
Contro ogni aspettativa generale, contro ogni logica, in barba pure a quella strana sensazione spiacevole che sta cominciando ad avvertire nel petto, Radish scrolla le spalle e si avvicina al rosso capellone, affermando però un qualcosa che li lascia tutti nuovamente sbigottiti: le squadre dovranno essere obbligatoriamente miste.
Così, dopo secondi di stordimento ed incertezza, un giovane del Nord si alza da terra e si avvicina con fare titubante verso il primo Spettro del Sud che vede, facendogli poi un vago cenno col capo per fargli capire che vuole partecipare con lui.
In definitiva, Radish ha lanciato del tutto una base per unificare i due Territori.


Tutto sommato, Radish non può dire di essersi annoiato.
Il gioco di società è durato meno di venti minuti, questo è vero, ma non gli è dispiaciuto particolarmente. E questo non perché stava perdendo, sia chiaro — anche perché era in squadra con degli incapaci, secondo lui —, ma perché qualcuno ha avuto la brillante idea di mettere un film, che ha avuto la sorprendente capacità di attirare l’attenzione di tutti. Beh, non il film in sé, di quello non fregava niente a nessuno, ma le prese in giro del chiassoso Quartetto sì! Anche perché a chi potrebbe mai interessare la storia di un ragazzino orfano con poteri magici che combatte il male insieme ad altri due mocciosi? A nessuno, ovviamente! Ma quelle prese in giro, il loro galvanizzarsi in modo quasi imbarazzante, le urla generali di chi aveva pure detto i libri — di cui Radish ignorava allegramente l’esistenza — e se la prendeva per le troppe differenze…
Sì, Radish si è divertito davvero!
Quella strana gente non è male, per quanto un po’ troppo ingessata per i suoi gusti. Li capisce però, perché per nessuno di loro deve essere facile adattarsi alle grandi novità che li stanno investendo come uno tsunami.
Quando poi anche Everett è andato a far loro visita — più che altro per recuperare Alana e portarla da un finalmente sveglissimo Blackwood —, Radish si è sentito pure meglio. Anche se non lo ammetterà mai, neanche sotto le più atroci e spaventose paure, gli ha fatto piacere rivederlo in forze, ed un poco gli si è stretto il cuore nel notare le nuove cicatrici sul collo, le spalle e i polsi. Quando infine si è reso conto che non ha più un orecchio…
Adesso, dal momento che tutti sono impegnati a mangiare, pensa bene che non ci siano più problemi a tornare da Sherry. Per quanto gli altri lo abbiano distratto, riuscendo a non fargli pensare troppo a quelle strane fitte al petto e a quella sensazione di dolore generale, Radish non se l’è certo dimenticato, e per questo vuole capire cosa possa esserle successo.
Mentre cammina con passo moderatamente svelto verso la loro stanza, non riesce proprio a fare a meno di immaginarsi tutte le atrocità che farà ad Alana quando, ne è convintissimo, Sherry gli dirà che a quanto pare non è stata curata a dovere.
Lo dicevo, io, che non la nutrivano abbastanza! Cazzo, lo dicevo! E quella cretina, invece, “ma no, stai tranquillo! So quello che faccio!”… so quello che faccio un cazzo, stronza! Sappi che sarai la prima a morire!
Non appena entra, trova Sherry acciambellata sul letto con un grosso libro tra le mani. Dall’espressione corrucciata e dal volo che gli fa fare non appena chiude la porta, capisce che non era per niente interessante.
«Allora, che ti ha detto Darko? Tutto a posto?» Per quanto voglia mostrarsi tranquillo per rincuorarla, il suo tono di voce lo tradisce subito. Se già le sensazioni che aveva provato prima lo avevano messo in allarme, quel velo di tristezza nei suoi occhi d’ambra lo manda proprio nel panico.
«Più o meno.»
Alana sventrata. Alana scorticata. Alana squartata.
Ci sono così tante metodologie a disposizione, Radish non sa assolutamente quale scegliere, ma niente gli vieta di sceglierne una, poi cercare le Sfere, resuscitarla e ucciderla di nuovo in un altro modo.
Sherry però capisce al volo lo stato d’animo del compagno, e non fatica neanche ad immaginare cosa gli passi per la testa, così lo blocca subito, scattando in ginocchio sul letto e allungandosi in avanti per afferrarlo per un polso: «Ehi, tranquillo! A quanto pare ho subito parecchi danni, e tutte le tossine che mi sono entrate in circolo non sono state ancora eliminate dall’organismo. Dovrò stare solo un po’ più calma di quanto vorrei, ed evitare come la peste eventuali nuovi danni, o la faccenda si farebbe molto più lunga e noiosa. Tutto qui.»
Alana sopravviverà. Per ora.
Certo, Radish era sicuro che non fosse tutto passato, non con i danni subiti e non dopo il suo folle attacco finale, però sentirglielo dire è diverso, gli fa quasi male.
Questo spiega in parte pure la tua tristezza…, pensa mentre si siede al suo fianco, rilassando un poco il corpo quando lo abbraccia da dietro, poggiandogli il mento sulla spalla.
«Se ti può interessare, ha detto che possiamo continuare a fare sesso senza alcun problema!» Nel dirlo gli passa languidamente le mani sul petto, facendolo ridacchiare.
«In effetti, questo mi rende molto felice.» Scherza di rimando, abbandonandosi di secondo in secondo alle le sue dolci attenzioni. L’idea che, presto o tardi, potranno tornare ad una vita più serena, una vita dove saranno finalmente loro due, dove non avranno più una valanga di problemi da risolvere per le mani, lo tira nuovamente su, portandolo ad abbandonarsi quasi completamente a lei.
C’è solo un pensiero a trattenerlo, alla quale dà subito voce: «Gli hai per caso chiesto tra quanto andrai in calore? Sai, per giocare sul sicuro.»
Per un istante, solo uno, Radish avverte come una punta di fastidio. Non saprebbe assolutamente dire perché, soprattutto perché non c’è niente di cui infastidirsi nel suo volersi accertare di non correre rischi, però è certo che in qualche modo la domanda non le sia piaciuta.
«Non ne è certo, probabilmente ormai è questione di giorni, ma dopo essere morta e resuscitata, e dopo i danni riportati nello scontro, non è così facile da stabilire. A quanto pare mi sono scombussolata un po’ l’organismo, ma ha detto che mi avvertirà immediatamente quando fiuterà un odore diverso.» Non è certo l’argomento che avrebbe voluto affrontare in questo preciso momento, ma decide di non badarci.
Arriverà il giorno in cui dovranno affrontare un delicato argomento che si lega pericolosamente alla sua domanda, ma di certo non è questo il momento migliore. Senza contare che Radish ha un altro piccolo dubbio da togliersi.
«E per quanto riguarda Bree? Immagino che ne abbiate parlato.»
«Sì, un po’.» Non vorrebbe parlare neanche di questo, Sherry. In realtà, non vorrebbe parlare proprio di niente. L’unica cosa che in realtà vorrebbe davvero fare, è raggomitolarsi in un angolo, lontana da tutto e tutti, e lì piangere tutte le sue lacrime fino ad addormentarsi. «Non è stata una conversazione piacevole, in realtà. Per nessuno. Darko non ha mai fatto davvero parte del nostro branco, rimanendo solo per la sua fedeltà verso Everett, e questo complica la faccenda. Gliel’ho fatto notare, e così siamo giunti ad un accordo vantaggioso per entrambe le parti: se lui entrerà ufficialmente a far parte del branco, giurando fedeltà alla nuova coppia dominante e aiutando con l’istruzione di un nuovo gruppo di medici, Bree potrà essere riammessa senza conseguenze. Certo, tra noi la situazione non cambierà, non dal momento che non mi sento pronta a discuterci a quattrocchi, ma sarebbe al sicuro. L’ultima parola, però, spetta a te, quindi pensaci e poi fammi sapere.»
Radish non la capisce. Non che in genere riesca a seguire i suoi contorti percorsi mentali, ma questa volta realmente non capisce cos’abbia nella testa. La ragazza con la quale ha trascorso tutta la vita ha la possibilità di salvarsi le chiappe e vivere al sicuro — che poi non sia ancora arrivato per loro il momento di affrontarsi faccia a faccia è un altro discorso —, il suo branco sta bene, lui stesso si sta comportando egregiamente e li sta tenendo uniti e di buon umore. Perché allora gli sembra così triste? È da quando è entrato in camera che ha la netta impressione che ci sia qualcosa che non va, ma proprio non riesce a capire cosa. L’unica cosa che sa, è che non è disposta a parlarne, almeno non adesso. Non è qualcosa di grave perché sennò me lo diresti… però sono curioso! Beh, mi spiace per te bambolina, sai? Perché ho tantissime nuove spie da testare e sfruttare!
«Non c’è bisogno che pensi proprio a niente, bambolina. A me sta bene, non c’è problema. Basta che sia ben chiaro per tutti che non tollererò una cosa del genere una seconda volta.» Vivere a strettissimo contatto con gli Spettri, alla fine, ha dei grandi vantaggi, soprattutto se si è molto ricettivi. Sennò come farebbe Radish a mostrarsi tanto calmo? Semplicemente perché ha imparato da loro. Perché è così che quei bastardi ti fregano: danno a vedere che riescono a tenere a mente un solo problema per volta, quando in realtà sono pronti a farti scacco matto in ogni istante, avendo segretamente studiato tutti gli altri possibili problemi e le eventuali soluzioni.
«Riesci sempre a stupirmi, sai?»
Il problema, però, è che Radish non è ancora molto avvezzo a questo genere di cose, e distrarsi non è difficile, lasciando involontariamente perdere tutto quanto. Gli basta infatti quel sorriso dolcissimo che gli sta rivolgendo adesso per capitolare, dimenticandosi di ogni altra cosa.
In fondo ormai sa bene con che tipo di donna ha a che fare, così come sa che ancora non è realmente in grado di gestirla a pieno, quindi, forse, è inutile lambiccarsi troppo il cervello. Alla fine arriva sempre a parlargli dei suoi problemi, e la soluzione più ovvia è quindi aspettare che ceda. Se poi l’unica cosa che deve fare nel frattempo è lasciarsi coccolare come sta facendo adesso, beh… può anche starci.
«Ti ho già ringraziato per il tuo intervento?» Lascia scivolare lentamente le mani sul suo addome, studiando minuziosamente i muscoli scolpiti, scendendo con calma studiata fin sul basso ventre. Per quanto trovi comodi i vestiti che sono stati loro forniti, soprattutto considerato quanto sono morbidi e ampi, tutto d’un tratto le risultano assai fastidiosi ed ingombranti.
«Non credo, no…» Malgrado sia ben consapevole che Sherry dovrebbe risposare, sente di non aver realmente intenzione di resistere, e quindi si lascia scivolare all’indietro, così da darle campo libero.
Se deve preoccuparsi per qualcosa, in fondo, è bene che lo ripaghi in qualche modo.
«Vedrò di rimediare subito…»



*Laurel = Alloro


ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘
Anche per la stesura di questo capitolo ho avuto non pochi problemi, e adesso vi spiego pure il perché: come prendo il computer ed apro la pagina, puntualmente il cane o uno dei due mici (sempre a turno, sono organizzati ‘sti stronzetti), mi si piazza di fianco e mi guarda tipo cucciolo malmenato e abbandonato. Ora, un po’ io resisto anche, ma alla lunga come faccio a continuare con la scrittura senza sentirmi una persona orribile? Capite in che situazione mi trovo?! 😭 AIUTATEMI!

Un altro problema, è il fatto che Sherry mi pare sempre di più una Mary Sue. Spero di sbagliarmi, davvero. Facendo il test per la terza volta (d’altra parte, in un anno il personaggio si è sviluppato sempre di più, e ci ho tenuto a verificare di nuovo), sembrerebbe di no, con un margine di “bassa probabilità” nell’ultimo risultato… ma io me la faccio sotto davvero.
Secondo voi?

Comunque no, non sto tentando di allungare il brodo, anzi!, solo che non posso proprio tagliare certe parti, la storia ne risentirebbe e non avrebbe molto più senso.
Per quanto mi renda conto che sia noioso, adesso si dovranno sviluppare le conseguenze di tutta la faccenda, e prestissimo il Team Z andrà a far loro visita. In fondo, oh, hanno contribuito anche loro, quindi mi pare più che lecito che vogliano almeno vedere cos’hanno aiutato a salvare (senza contare che, alla fin fine, anche loro hanno degli amici, là sotto). Volete poi che una come Bulma non sia curiosa di vedere cos’è c’è sotto ai loro piedi?!
Insomma, ci sarà da vedere quello, il ritorno dei piccoli a casa, il primo Concilio, il ritorno a casa nel Nord e, dulcis in fundo, un secondo Concilio voluto proprio da Radish! 🤭
Non so ancora con esattezza come suddividerò i vari eventi, ed anzi mi prende pure male perché ho davvero paura che venga fuori la storia infinita e vi rompiate giustamente le balle, però ormai ci sono dentro, e tagliare troppe cose sarebbe come buttare via più di un anno di storia, e non mi pare carino.

Prima di salutarvi, vi lascio una seconda bellissima fanart disegnata da Kiira_kun, che questa volta ha deciso di raffigurare Everett! 😍😍😍

image host

Non puoi capire quanto mi piaccia! GRAZIE GRAZIE GRAZIE!!!🧡
[Questa è la sua pagina Twitter: https://twitter.com/nora_okami/status/1317909363760287745?s=20 ]


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 45
*** Capitolo 44 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Celeste98,  _Cramisi_ Chimera__per aver recensito lo scorso capitolo! 💛

 

𝟜𝟜. 𝓕𝒶𝓉𝑒 𝓁𝒶𝓇𝑔𝑜: 𝓈𝓊𝒷𝑒𝓃𝓉𝓇𝒶𝓃𝑜 𝒾 𝑔𝒾𝑜𝓋𝒶𝓃𝒾!



Malgrado l’apparenza assai fredda ed impostata, Greywind è sempre stato un padre attento, dolce e premuroso, disposto a fare tutto ciò che era in suo potere ed anche di più per crescerli nel modo più giusto.
Non ha mai fatto mancare loro niente, e li ha riempiti tutti quanti delle attenzioni di cui avevano bisogno, trattandoli tutti allo stesso modo, cosa che invece suo padre Blacklake non fece. Greywind infatti è sempre stato convinto che se il genitore li avesse messi tutti sullo stesso piano, e non li avesse trattati in modo tanto differente l’uno dall’altro, i suoi fratelli e le sue sorelle non gli si sarebbero rigirati violentemente contro quando salì al trono, e sarebbero ancora tutti in vita.
Malgrado però tutti i suoi buoni propositi, un cucciolo in particolare è sempre riuscito a tirar fuori il suo “lato peggiore”. Non si tratta certo di quello che sfoggia contro un avversario, ma è comunque un qualcosa che si discosta terribilmente dalla sua vera natura.
Questo cucciolo in particolare pare infatti essere venuto al mondo con il solo ed unico intento di farlo “tirare scemo”, come spesso gli ha detto tra una risata e un’altra, e c’è sempre riuscito egregiamente. Scherzi idioti a non finire, fughe assolutamente improvvise, studiati dispetti, discorsi senza logica fatti unicamente per farlo innervosire. Gli ha sempre fatto di tutto.
L’uomo si è reso conto in tempi brevissimi che punirlo non era la soluzione adatta, soprattutto perché poi faceva di peggio per vendicarsi. Ma come calmarlo, allora? Come impedirgli di fare cose evidentemente da idioti e, non da meno, come evitarsi dei mezzi infarti ogni volta? Beh, la risposta è semplice: non si calma e non gli si impedisce niente. Tanto non si può, non con tutti gli altri giovani Spettri ad appoggiarlo, quindi è inutile lambiccarsi il cervello in cerca di una soluzione. L’unica cosa sensata da fare, è sempre stata massacrarlo di schiaffi per provare a fargli capire l’errore e, non da meno, sperare che non lo commetta una seconda volta.
Questa volta però le intenzioni di Greywind erano un po’ più pacifiche, e non pensava neanche fosse necessario specificarlo quando è andato a trovare suddetto figlio e la moglie, finalmente in piedi. In fondo stavolta la sua bravata — e la conseguente preoccupazione stellare — è servita a qualcosa. Anzi, Greywind sa bene che è solo per quella se sono arrivati alla vittoria, però…
«Andiamo, Obsoleto! Non c’è bisogno di guardarmi così. Perché non ne parliamo civilmente?»
Già il fatto che insista strenuamente a chiamarlo “Obsoleto” da quando ha sette anni gli ha ampiamente rotto le palle, se poi ci si aggiunge quella faccetta arrogante quasi insopportabile, quel sorrisino strafottente ed anche il fatto che gli stia appoggiando la mano sulla spalla a mo’ di presa di culo, beh…
«Va bene. Parliamo.» A modo mio!
Blackwood non è al massimo della forza, e comunque non si permetterebbe mai di alzargli le mani, se non in casi davvero estremi (come quando s’impuntò che River poteva tranquillamente uscire a vagabondare nel mondo esterno), quindi Greywind non si fa alcuno scrupolo a rispolverare il vecchio metodo d’insegnamento. Stavolta si limita giusto ad una spinta, e l’irruenti figlio vola dolorosamente contro la porta, sfondandola con la schiena e ritrovandosi così mezzo tramortito nel corridoio.
Blackwood sapeva benissimo che suo padre non avrebbe preso bene la sua piccola ma necessaria fuga. Come sarebbe potuto essere altrimenti? Sul piede di guerra col Nord, lui ha preso e, senza dire una parola, se n’è andato in cerca di Everett. Chiunque l’avrebbe presa male, giustamente. Non ha però realmente pensato alle conseguenze, non finché non ha aperto gli occhi. Lì sì che ci ha pensato, consapevole però di essere relativamente al sicuro finché i medici non lo avessero giudicato completamente fuori pericolo. Ed è avvenuto circa un quarto d’ora prima che suo padre lo andasse a trovare, con la solita espressione fredda e severa in volto, la stessa che non permette di capire cosa gli passi per la testa. Considerato ciò, come poteva anche solo immaginare che non fosse andato lì con l’intenzione di fargli il mazzo, ma semplicemente perché gli vuole un bene immenso e voleva anche avvertirlo che, da lì a poche ore, i suoi figli sarebbero tornati a casa? Non poteva, semplicemente.
Ora, mentre a fatica e con un discreto dolore si rimette in piedi, non può fare a meno di pensare a due cose: se suo padre ha reagito così, anche sua madre lo farà — e con quella c’è poco da scherzare, soprattutto se per caso ha scoperto ciò che ha fatto Timo; secondo, ma non meno importante, pensa a dove potersi riparare immediatamente.
«Vieni qui, Black, che l’Obsoleto ha ancora un altro paio di cosucce da dirti!» Bercia alle sue spalle, mentre l’altro corre via a gambe levate. Dove stia trovando la forza per muoversi così, dopo giorni immobile in un letto, non lo sa, e gli fa giusto temere che anche i suoi piccoli, un giorno, si riveleranno delle incontenibili pesti. Beh, sai cosa, Blackie? Spero tanto che sia così, almeno potrò attuare al cento per cento il mio piano!
«Non mi avrai mai, vecchiaccio!»


Vorrebbe davvero che il tempo si fermasse in questo momento.
Vorrebbe che qualcosa, in quel delicato equilibrio invisibile ed intangibile, si bloccasse per sempre, così da poter passare l’eternità in questo dolce momento.
Il corpo forte del Saiyan sotto al suo, la sua pelle calda a contatto con la propria, le sue mani forti e un poco ruvide che le carezzano distrattamente la schiena, la sua espressione rilassata, gli occhi dolci e ricolmi di quel dolce sentimento che prova per lei.
Vorrebbe davvero congelare questo istante, e loro due insieme ad esso, chiudendo fuori tutte le preoccupazioni e i problemi.
Hanno trascorso la notte avvinghiati, talvolta facendo sesso e talvolta coccolandosi semplicemente, insaziabili e incapaci di separarsi. Ad ogni carezza, ad ogni sorriso, ad ogni sospiro, sentiva il cuore riempirsi di una gioia pura e genuina. Una gioia che, probabilmente, presto non proverà più.
Non ha voluto però concentrarsi su quel pensiero, scacciandolo violentemente dalla mente ogni volta che faceva di nuovo capolino. Non era il caso di soffermarcisi neanche per un solo istante, perché avrebbe reso tutto solo più difficile. “Poi ci penserò”, continua a ripetersi mentre si lascia avvolgere dalla grosse e forti braccia del marito.
Quando pensa che sono sposati, che sono marito e moglie, le fa ancora un certo effetto. Non credeva che si sarebbe mai legata così a qualcuno. In un certo senso, non voleva proprio. Era infatti convinta che da soli si stesse meglio, e certo non perché pensava che così sarebbe stata più felice. Lo pensava perché se avesse amato un uomo come ora ama Radish, e poi fosse finita male — come non esclude più di tanto che possa andare —, poi avrebbe potuto non farcela. Una volta che impari che hai bisogno dell’amore, che ti piace e ti ci appoggi, e poi di colpo non lo hai più, tutto crolla. Perdere l’amore è come una lesione fisica, è come morire. L’unica differenza è che la morte è un attimo, mentre quel tipo di dolore può andare avanti anche per sempre.
Ma non vuole pensarci. Non vuole pensare a niente, tranne a quanto è felice così tra le sue braccia. Sarebbe inutilmente doloroso farlo, quindi si gode in silenzio le sue carezze delicate sulla schiena, mentre ascolta il battito calmo e ritmico del suo cuore.
Pure Radish vorrebbe rimanere così, lontano da tutto e tutti. Vorrebbe continuare a non doversi preoccupare del “dopo”, a non pensare più del dovuto a tutto quello che dovranno ancora affrontare prima di potersene tornare felicemente a casa. Vorrebbe inoltre continuare a tenerla così, con la dolce consapevolezza che con lui è felice, un po’ come all’inizio della loro assurda storia.
Gli sembrano momenti così lontani, dove potevano passare anche una giornata intera chiusi in casa da soli. Esistevano solo loro, in quel periodo iniziale. Non c’era Bree e il suo tradimento, non c’erano il Quartetto e la loro mordace esuberanza, non c’era la reale minaccia di Jäger, non c’era il dominio del Nord… non c’era niente, solo loro due.
Se un qualche Spettro però glielo chiedesse, e lo “costringesse” così a dire la verità, non potrebbe proprio negare che tutta quella follia non gli piaccia. Si è affezionato a quei quattro bamboccioni, ai membri del branco, ai piccoli Amos e Maximilian, all’esuberanza generale, al loro modo strano di approcciarsi al prossimo, alla loro unicità. Si è affezionato e, escludendo tutte le preoccupazioni generali e il dolore di Sherry, ripeterebbe tutto quanto dall’inizio, perché è stata proprio tutta quella bizzarra storia a portarlo dov’è ora, a trasformarlo tanto velocemente nell’uomo degno di tanta fiducia che sta diventando.
Beh, ripercorrerebbe tutti gli eventi, ma escluderebbe senza alcun dubbio quello che sta vivendo in questo preciso istante. Non si erano accorti di niente, complici il dolce momento e le pareti quasi insonorizzate pure per il sensibile udito dei lupi, e si sono quindi ritrovati a sobbalzare come gattini nel letto quando la porta è stata spalancata di botto. Poi tutto è successo in un paio di secondi scarsi, e adesso Radish fissa trucemente l’erede del Sud, saltato in ginocchio al loro fianco.
«Cosa. Diavolo. Ci fai. Qui?!» Ringhia a denti stretti, non riuscendo a capire come stia facendo a trattenersi tanto. Certo, avere a che fare con Mordecai sbronzo è un allenamento incredibile, che ti rende capace di sopportare quasi ogni cosa, ma ritrovarsi Blackwood nel letto mentre si è nudi ed avvinghiati alla propria compagna, altrettanto nuda…
«Mi nascondo! Il vecchio maledetto non si sognerebbe mai di entrare qui dentro senza il vostro permesso! Sono intoccabile!»
«Intoccabile, dici?» Penso che sia arrivato il momento di stabilire chiaramente chi, tra noi due, è il maschio dominante!
Spostando Sherry da un lato, e stando inoltre ben attento a non mostrare all’altro neanche un centimetro di pelle di troppo, Radish si alza sospirando dal letto, lo afferra delicatamente per i capelli, lo fa gentilmente scendere dal letto e lo accompagna educatamente fino alla porta. Tutto questo elegante procedimento viene però rovinato nel momento esatto in cui lo lancia come un sacco dell’immondizia contro la parete, ma per Greywind, che se ne stava lì fuori ad attenderlo, il punteggio rimane comunque un bel 10 su 10.
«Adesso sei mio.» Afferma con voce greve, allungando distrattamente un foglio al Saiyan, per informare lui e consorte che i figli di Black e quelli dei loro lupi a breve si ricongiungeranno ai loro genitori, ormai in grado di contenersi, mentre gli altri piccoli potranno entrare nei vari Territori quando loro torneranno al Nord, così da essere sicuri che tutti i lupi siano nelle condizioni mentali ideali. In fondo hanno già rischiato molto con il primo forzatissimo inserimento, tentare una seconda volta senza le dovute precauzioni sarebbe da stupidi incoscienti.
Radish, che non ha alcuna intenzione di assistere al probabile scontro padre-figlio, sbatte con forza la porta e poggia il foglio sul primo mobile a portata di mano, con l’unica intenzione di richiudersi con Sherry nella loro personalissima bolla.
«Quei due sono fuori di testa! E sai qual è la cosa peggiore? Che finora non ho ancora incontrato uno Spettro lontanamente normale!»
«Che ci vuoi fare, fustacchione? Siamo una razza vivace!» Risponde semplicemente, facendo spallucce. Di certo non può dargli torto, non quando gli unici ad aver mostrato un carattere più pacato e ragionevole sono stati circa in cinque, e tutti comunque con dei picchi di follia non indifferenti. Che sia per questo che non riusciamo a legare bene con gli esseri umani?
«Vivaci il cazzo, Lessie! Voi siete pazzi!» Non che in realtà gli dispiaccia, sia chiaro, soprattutto considerando che gli strappano sempre delle grandi risate, ma se si sofferma a pensare che prima o dopo metteranno su famiglia, un poco si sgomenta. Come lo gestirà un figlio — o, Dio non voglia, più di uno — così tanto incontrollabile?
Ecco, forse di questo dovrebbe parlargliene, così da togliersi qualche dubbio, ma non gli pare decisamente il momento migliore per tirar fuori un simile argomento. Anche perché, facendolo, dovrebbe ammettere che un po’, all’incirca, vagamente, ipoteticamente, per colpa di tutta quella gente che gli orbita sempre attorno, un minimo di attrattiva gli è venuta anche a lui. Certo, non muore esattamente dalla voglia di diventare padre, però…
«A proposito di pazzi, andiamo a trovare i ragazzi, forza!»
Anche stavolta, il proiettile è stato magistralmente schivato da entrambi. Radish preferirebbe assai rimettersi a letto, per poltrire un po’ e soprattutto riprendere da dove sono stati interrotti, ma si rende conto di ben due fattori che rendono la sua idea una mera fantasia irrealizzabile: in quanto nuovi Sovrani, devono per forza occuparsi di quelle faccende, soprattutto se non vogliono essere paragonati negativamente ai precedenti Re; secondo, e certo non meno importante, Sherry è già schizzata in piedi, è corsa in bagno, si è chiusa a chiave la porta alle spalle ed ha aperto il getto della doccia. Qualsiasi cosa le dica per farle cambiare idea, non avrà il minimo spessore, lo sa, quindi tanto vale cercarsi qualcosa da indossare che non sembri un orrendo vestito da donna.


Quando sono apparsi sulla soglia del reparto femminile, hanno ricevuto un benvenuto assai caloroso. Tutte hanno chiesto loro come stavano, come stava procedendo la situazione, come stavano i compagni, e, con maggiore enfasi, quando avrebbero potuto ricongiungersi ai loro piccoli. Non appena Sherry ha detto loro che si trattava ormai di una questione di poche ore, le varie mamme si sono illuminate per l’entusiasmo.
Da una parte a tutte quante loro ha fatto più che piacere passare qualche giorno senza le loro urla di sottofondo, senza quei “mamma!mammaaa!” urlati in continuazione, ma a questo punto vogliono solo stringerli di nuovo al petto.
Appresa quindi la bella notizia, le donne delle Terre di Nessuno, sconcertando profondamente le varie lupe del Nord e del Sud, hanno afferrato per le spalle i due Sovrani e li hanno sbattuti fuori, borbottando che dovevano preparasi mentre discutevano di alcuni loro dettagli. Pure le principesse del Sud sono rimaste di sasso di fronte a questa scena, poiché neanche loro si sono mai permesse di afferrare i genitori davanti a qualcuno per allontanarli. Come novità, però, devono ammettere che non è poi troppo male.
Essendo stati sbalzati dal reparto, Sherry e Radish si sono quindi diretti di gran passo dai maschi, e lo Spettro non ha potuto fare a meno di continuare a meravigliarsi per tutto ciò che vedeva durante il tragitto. Pur essendo già passata per i Territori del Sud da piccola, ed anche avendoli visti più e più volte attraverso i ricordi di River, i suoi occhi abbracciano ciò che la circonda con rinnovato entusiasmo, perché finalmente non è più circondata da pericoli. Adesso sono semplici novità colorate, odori nuovi, creature dall’aspetto buffo e bizzarro che vorrebbe tanto assaggiare. Quest’ultimo punto è stato poi aizzato dalle parole del compagno, che in quei giorni si è ritrovato per forza a dover assaggiare alcuni piatti tipici del luogo.
Non sai quanto cazzo è buona la loro roba!” il Saiyan non è certo uno schifiltoso in fatto di cibo, ed è solito assaggiare un po’ tutto quello che gli viene messo davanti — ed anche poi finire tutto ciò che ha nel piatto —, ma sentirgli dire una cosa simile le ha fatto solo aumentare la curiosità. L’appetito no, il suo stomaco è infatti rimasto rigidamente chiuso, ma è abbastanza decisa a riaprirselo a forza di ingurgitare cose nuove.
Adesso, mentre si dirigono al reparto maschile con passo calmo, avvolti dal silenzio, Sherry si rigira tra le dita un fiore, simile ad una calla ma ben più grosso, di una colorazione quasi turchese con i bordi rosso fuoco. Ha un odore che risulta assai dolce e delicato anche per il suo olfatto ancora intorpidito, ed anche per questo non è riuscita a trattenersi dal coglierlo: a Fern piacerebbe davvero tantissimo, e adesso vuole che lo abbia come souvenir.
Rallentano poi involontariamente il passo quando avvistano un piccolo gruppetto fuori dalla porta. Malgrado stiano bene, infatti, è ancora vietato uscire, poiché i medici prima vogliono fare un ultimo controllo generale, soprattutto per valutarne il temperamento. Una rissa appena usciti, in fondo, sarebbe assai poco gradita, e nessuno ha più voglia di occuparsi dei moribondi.
Con un insolito picco di rabbia a smuoverla, Sherry digrigna i denti ed emette un basso ringhio di ammonimento, che li fa sobbalzare. Sembrano un branco di ragazzini beccati dalla madre a fare qualcosa che gli aveva categoricamente vietato, e a Radish quest’idea fa un po’ ridere. Se ripensa che fino a qualche giorno prima si stavano scannando a morte, senza mostrarsi particolarmente turbati, gli fa quasi strano vederli in quello stato così innocuo.
La verità, però, è che non stavano assolutamente tentando di scappare, ma stavano unicamente facendo la guardia. Si stavano infatti assicurando che nessuno facesse chiasso lì nei dintorni, tantomeno che si avvicinasse per entrare, perché una mezzora prima è finalmente avvenuto Il Miracolo: Mordecai e Micah sono crollati addormentati!
Se qualcuno avesse fatto baccano, o fosse entrato con troppa foga, avrebbero solo rischiato di svegliarli, scatenando di nuovo il caos. In realtà apprezzano quei momenti di follia, soprattutto perché hanno tenuto loro compagnia come non pensavano neanche possibile, però, dopo giorni ad urlare e fare casino, avevano bisogno anche loro di un minimo di calma, e adesso sono disposti a tutto pur di difenderla. Beh, tutto, eccetto che negare l’ingresso a loro due. L’unica cosa che i lupi del Nord si sentono di fare, è chiedergli di fare piano, così da non distruggere la magia, ed è assai evidente che questa richiesta gli costi molto. Chi di loro, infatti, si è anche solo mai sognato di chiedere una cosa simile a Mezcal o Jäger? Volendo stare più bassi, non si sono mai permessi neanche di chiederlo ai membri stretti della guardia, poiché gli si sarebbero rigirati subito contro ed il Re avrebbe poi dato loro ragione.
La meraviglia nei loro occhi nel vederli semplicemente annuire, prima di superarli, è così genuina e forte da strappare un lieve sorriso pure al Saiyan. Lui in fondo sa bene come ci si senta ad essere oppressi da un tiranno, capace di schiacciarti come una formica per capriccio. Se una piccola parte di lui in un certo senso vorrebbe comandare col pugno di ferro giusto per avere una personalissima rivincita, l’altra è più che decisa a fare le cose per bene perché anche sua moglie ha dovuto subire quel trattamento.
Una volta dentro, tutti i loro amici si sbracciano per salutarli, rimanendo però in assoluto silenzio. Neanche Major e Maddox se la sentono di far svegliare i vivaci fratelli, che sembrano costantemente imbottiti di stupefacenti tagliati con degli integratori energizzanti, e così si limitano a loro volta a sbracciare convulsamente. Il Segugio, che ancora deve tenere un solido busto per essere totalmente sicuri che non rischi una qualche brutta ricaduta, si appresta anche a raggiungerli, zoppicando rigidamente. Nel vederlo così, non sono in pochi rischiare il soffocamento per trattenersi dallo scoppiare a ridere sonoramente, Radish incluso.
I lupi del Nord, al contrario di quelli già da tempo fedeli a Sherry, non si sognano assolutamente di alzarsi per stringerla, lo trovano quanto più irrispettoso possibile. Ed anche assai pericoloso, in realtà, considerato che con i vecchi Re bastava intralciargli per mal disgrazia la strada per finire all’altro mondo. Si limitano così a mostrarle il collo, tentando poi in tutti i modi di incrociare direttamente il suo sguardo per ripetere il gesto. Nelle loro menti, infatti, se lei li vedrà direttamente, sarà più ben disposta a trattarli bene, quando in realtà a Sherry non passa neanche per l’anticamera del cervello di malmenarli o simili, non senza una motivazione più che valida. Quando però si rende conto di quanto si emozionino ad un suo sorriso o anche un vago cenno col capo, ha una specie di illuminazione: loro sono felici della sua ascesa perché sta dando prova di non volergli fare niente di male, e ciò faciliterà maggiormente la messa in atto delle sue idee.
Quando ormai tutti si sono un poco calmati, con i due scalmanati ancora ben addormentati per terra, Sherry si lascia andare ad un poco di sentimentalismo, andando a sdraiarsi al fianco di River. In realtà,  non si tratta solo di mero sentimentalismo, motivo per cui Radish non si altera più di tanto. Quando sono stati nell’altro reparto, infatti, hanno scambiato un paio di parole pure con Cloe, e lei gli ha mostrato con fierezza un fiore molto simile ad una gaillardia, i cui colori spaziano dal camoscio al rosso brillante, con annesso un piccolo messaggio — “Il pensiero va sempre dove vuole il cuore” — e questo non ha fatto altro che scatenare le risate incontrollate dei due. Che faccia di culo bisogna avere per riuscire a fare una cosa del genere, quando fino ad un mese prima ci si dichiarava follemente innamorati di un’altra?
«Dove sono adesso i tuoi pensieri?» Lo sfotte infatti con voce bassa, facendolo sghignazzare. Non ha niente contro la sua relazione, anzi, però questo dettaglio la fa veramente ridere. Se poi pensa che, a quanto pare, stanno già cominciando a parlare di mettere su famiglia… Guarda tu con chi ho passato sette anni di vita!
A sua discolpa, però, River può affermare sinceramente di trovarsi insolitamente bene con Cloe. È una donna molto dolce, attenta, premurosa, che ha mostrato di saper badare a sé stessa, e, per lui non meno importante, assai passionale. Oltretutto ci parla bene, e si è sempre mostrata leale nei confronti di Sherry, fatto per lui non trascurabile. Gli è venuto naturale, un paio di giorni prima dello scontro, di tirar fuori l’argomento, anche se non ne è del tutto certo. Staremo a vedere come si metteranno le cose a breve…
C’è una calma surreale nella stanza, dove tutti mormorano con voce appena udibile mentre sistemano i pochi effetti personali, e Radish, dopo anche troppo tempo in disparte, va a prendere posto a sedere al fianco di Glover, che ha un’aria incredibilmente rilassata per uno che ha perso un arto.
Lo informa che a breve rivedrà i suoi figli e poi gli domanda quali sono le sue intenzioni per il futuro. Per quanto gli sia affezionato, e anche per quanto potrebbe essere utile alla Tana, anche il Saiyan si rende conto che se rimanesse al Nord sarebbe un ottimo appoggio. L’Alpha però lo informa che ancora non lo sa, perché prima dovrà discuterne con moglie e figli, ed ammette che vorrebbe anche un loro parere. In fondo se è vivo, se potrà riabbracciare la sua famiglia, è anche grazie al Saiyan e al suo tempestivo intervento.
La conversazione però muore prima che possa entrare nel vivo, perché entrambi avvertono uno strano cambiamento nell’aria. Non sanno di cosa si tratti, non riescono a capirlo, ma si rendono perfettamente conto che c’è qualcosa che non va.
Un pericolo imminente, questo è chiaro, e viene velocemente captato da tutti i presenti. Lo avvertono come un brivido gelido che li attraversa, come se si trattasse di una forza oscura che viene a prenderli… e, per uno di loro, è realmente così.
«TIMO!»
«Cazzo…» Il diretto interessato, che non ha ancora recuperato la totale mobilità e comunque da sempre incapace di combattere questo antico mostro, tenta il tutto per tutto scattando verso Radish, l’unico, secondo lui, che non si farebbe problemi a combattere la demoniaca creatura «Oi, Maciste! Aiutami a scappare!»
«Eh?»
Gli Spettri del Sud conoscono questa creatura e la sua ferocia, motivo per cui adesso guardano con compassione il giustamente terrorizzato principe, domandandosi inoltre cosa possa aver combinato per scatenare la sua furia.
La porta viene violentemente spalancata, e la bestia demoniaca fa il suo spettrale ingresso: gli occhi sono illuminati del loro inquietante color madreperla, i capelli scuri si sono gonfiati sulla cute, conferendole un’aria ancor più spiritata, e le zanne si sono già allungate fin oltre le labbra carnose.
«Tu!» Tuona con rabbia, tremando visibilmente nello sforzo di trattenersi.
Laurel, una volta raggiunto il fratello, pensa velocemente ad un modo per parargli le chiappe con la furiosa madre, senza però trovare niente di adatto. Già di per sé non ha particolarmente voglia, poi è anche privo del fondamentale appoggio di Blackwood, quindi, alla fin fine, suppone sia assai meglio stare ancora un po’ in silenzio e poi tentare con un approccio differente.
«Incinta? Davvero, Timo?! Hai messo incinta quella poco di buono?!»
Maddox, che si è già catapultato dai vivaci fratellini per tenerli inchiodati a terra, non può davvero fare a meno di sfoggiare un’espressione molto ammirata, che pare quasi voler urlare “mecojoni!”, mentre pensa che l’adiratissima donna sia molto distinta, raffinata e forse anche un po’ ingenua. Chi mai potrebbe definire Camila una semplice “poco di buono”?!
«Ti rendi almeno conto di quello che hai fatto?!»
«Non credo. Lui sa solo che voleva giocare a trotta trotta cavallino.»  Butta lì Laurel, sfoggiando un sorriso ironico «Voglio dire, dai, guardalo un attimo, poverino!»
Yvonne, vicina all’ennesimo esaurimento nervoso a causa dei vivaci cucciolotti, si lascia andare ad un ringhio furioso contro il terzogenito, per poi massaggiarsi stancamente le tempie: «Non ci voglio credere. Ventidue ore di travaglio per partorire un buffone, un paraculo e l’anello di congiunzione tra l’alga e il plancton!»
«Dai, su! Diventerai di nuovo nonna! Un po’ di entusiasmo!» Insiste Laurel, avvicinandola senza alcun timore. Ormai il peggio è passato, con la sua uscita l’ha distratta dal problema principale. Ora tutto sta nel farla allontanare, così da poter trascinare lui stesso il fratello da una parte e riempirlo di mazzate.
«Ma che entusiasmo devo avere di fronte a questo deragliamento delle facoltà intellettive?!» E detto questo, si scrolla con forza il braccio del figlio dalle spalle ed imbocca nuovamente la porta, pronta ad andare a lamentarsi con Hart.
«L’ha presa bene, dai.» Sghignazza River, tornando così a dar segni di vita. Di fronte ad un’adiratissima Yvonne, infatti, non sono in pochi quelli che si immobilizzano totalmente per passare inosservati.
«Anch’io mi aspettavo di peggio.» Ammette con un risolino Timo, abbandonandosi sul primo letto vuoto.
Sherry, adesso seduta a gambe incrociate sul letto di River, si lascia andare ad un sorrisetto quando incrocia lo sguardo del Saiyan, che, dopo questo singolare siparietto, è ormai assolutamente ed incondizionatamente convinto che gli Spettri siano dei completi ed inarrestabili fuori di testa… e che un giorno, quando decideranno di mettere anche loro su famiglia, lui avrà almeno una decina di orribili esaurimenti nervosi.


Vedere le varie coppie riunirsi, a Radish non ha fatto particolarmente effetto. In realtà, non gli è proprio importato, malgrado ormai sia ben consapevole di cosa debbano aver provato nello stare separati.
Li ha guardati giusto per pochi secondi, mentre prendevano la rincorsa e si saltavano addosso, stringendosi e baciandosi con un’entusiasmo disarmante.
La verità è che sentiva qualcosa di poco chiaro dentro. Poco chiaro e sicuramente poco piacevole, che l’ha tenuto tutto il tempo sulle spine, tanto da rovinargli pure il buon pranzo che gli era stato preparato. Uno dei loro piatti tipici in realtà, uno di quelli che aveva già assaggiato e gli era tanto piaciuto, che consiste in un grosso ortaggio a forma di lacrima con la buccia viola, il cui sapore assomiglia ad un incrocio tra un pomodoro e una zucchina, farcito con granelli al gusto di nocciola dalla strana consistenza simile a bollicine.
Si sentiva teso come una corda di violino, e avvertiva una punta di rabbia e sospetto ogni qualvolta qualcuno si avvicinava a lui e Sherry. In un paio di frangenti, in realtà, sentiva come la voglia di attaccare chiunque gli stesse vicino, Sherry inclusa!
Le ha accennato la cosa, sentendosi in quel momento sia in colpa che sciocco per averla preoccupata inutilmente. Con tutte le cose alla quale deve pensare, davvero non vorrebbe mettercisi anche lui con le sue bizzarre paranoie.
Lo Spettro lo ha poi tranquillizzato, affermando che pure lei non si sente tranquilla all’idea di lasciare così tante teste calde in giro e, soprattutto, a quella di dover tornare al Nord. L’ha quindi abbracciata con forza, mormorando vicino al suo orecchio che andrà tutto bene, che niente e nessuno potrà più farle del male, e ricordandole poi che resteranno giusto il tempo necessario prima di tornarsene a casa loro. Ancora non hanno ben chiaro come poter gestire tutto a quella mostruosa distanza, ma sono certi di avere abbastanza materia grigia da poter giungere ad una soluzione ideale.
Adesso, dopo un pranzetto da leccarsi i baffi decisamente rovinato da tutte quelle insensate paranoie, si dirigono con passo calmo e lento verso la grande piazza dove hanno precedentemente combattuto, osservando pigramente i vari danni. Le Fate hanno risistemato, certo, ma non si sono prese la briga di aggiustare i ponti e le varie strutture, lasciando così il noioso compito agli Spettri.
«Kong, guarda!»
Le verrebbe quasi da dirle di chiamarlo King Kong, ma si astiene. Sarebbe oltremodo stupido da parte sua darle altri nomignoli per prenderlo in giro.
Spinto dalla curiosità, si abbassa così al suo livello, notando dopo pochi secondi l’oggetto del suo entusiasmo.
«È un syth!» Afferma allegra e stupita, indicando una grossa creatura gialla simile a un ragno con quelle che sembrano centinaia di zampe «Ce l’abbiamo anche noi al Nord. Tranquillo, Donkey, puoi toccarlo! Sono assolutamente innocui! Estraggono il nutrimento dal terreno, quasi come le piante. Ai cuccioli piace giocarci, perché fanno cose divertenti quando li spaventi.» Batte subito le mani accanto alla creatura, così da dargli una dimostrazione, e questa si gonfia, con ogni zampa che raggiunge quasi il triplo dello spessore e il busto che diventa rosso vivo.
Radish, con un sorrisetto divertito, allunga una mano per toccarlo, ma la bestiolina scivola via, sembrando una goffa palla dai colori vivaci. Non fatica neanche un po’ ad immaginarsi una piccola Sherry che corre dietro a quelle creature, ma non è del tutto certo che questa immagine gli piaccia, poiché non può fare a meno di rivederla scheletrica e affaticata.
Si drizza di scatto in piedi, scuotendo vigorosamente la testa nel tentativo di scacciare quell’orribile immagine dalla mente, mentre lei rimane accucciata a terra, ad osservare qualche strano insettino che transita vicino al suo piede, finché dei rumori lontani non attirano la sua attenzione.
«Uhhh! Forte!»
Radish non fa neanche in tempo a chiederle a cosa si riferisca, che la compagna lo afferra saldamente per un polso e lo trascina in avanti. Sebbene i suoi modi siano un tantino da rivedere, il Saiyan è comunque felice di vederla di nuovo così piena di energie e vitalità, anche se l’evidente dimagrimento continua a dargli non poco fastidio.
Corrono a rotta di collo per qualche minuto, finché non giungono alla fonte dell’entusiasmo della ragazza: uno scontro padre-figlio.
Greywind e Blackwood si stanno girando attorno, vestiti unicamente con un paio di pantaloni leggeri, ed impugnano entrambi una coppia di pugnali da duello a due tagli e punta, la cui elsa è formata da braccia piegate verso la lama, perfette per disarmare l’avversario senza dovergli necessariamente tagliare le dita.
«Dopo quanto accaduto, hanno ancora tanta voglia di scannarsi?» Domanda una certa riluttanza alla moglie, senza però perdersi neanche un movimento dei due. La velocità, la grazia e la forza con la quale si stanno battendo è qualcosa di davvero affascinante ai suoi occhi, soprattutto se considera le loro imponenti stazze.
«Mh? No, stanno solo giocando.» Lo informa Arus con poco entusiasmo, tornando poi a concentrarsi sulla propria lettura.
«Quello tu me lo chiami giocare?!» Controbatte prontamente il Saiyan, incapace di distogliere lo sguardo dal bizzarro spettacolo. Aveva sì capito che Blackwood si sarebbe potuto trovare nei guai col padre per quanto aveva fatto, ma arrivare addirittura ad aprirgli il pettorale con un pugnale gli pare esagerato.
«È così che giochiamo con i nostri figli, una volta che sono cresciuti abbastanza. Per quanto Black si sia sempre mostrato un fenomeno in tutto, coi pugnali il migliore rimane ancora Greywind.»
Radish è riuscito ad ascoltarlo solo a metà, perché nella sua mente ha cominciato a risuonare con forza un pensiero inaspettato: Anch’io! Anch’io! Anch’io! Voglio farlo anch’io!!!
Per quanto ne sa, generalmente i padri fanno cose banali con i propri figli, magari tipo andare a vedere qualche partita, e la cosa non lo ha mai entusiasmato in modo particolare — anche se, tutto sommato, non gli sarebbe dispiaciuto fare anche cose così banali con suo padre —, ma questo… questo sarebbe uno spasso! E, ora che ci pensa, non rischierebbe di far danni di alcun tipo, perché il loro organismo ripara velocemente danni di questa portata, come Blackwood gli sta involontariamente ricordando.
Se fino a poco tempo prima, Radish non pensava ad altro che ad aggiungere voci alla lunghissima lista di “perché è bene non avere figli”, mentre ultimamente si è ritrovato ad aggiungere più voci a quella “perché no?”, e la colpa, per buona parte, può essere imputata a quelle piccole canaglie che stanno arrivando di corsa dall’ingresso improvvisato che gli altri hanno usato per lo scontro.
Amos e Maximilian, buffissimi su quelle quattro lunghe zampe scure, corrono senza neanche guardare dove mettono i piedi, finendo con lo schiantarsi contro i genitori. Scodinzolano come impazziti, lanciando di tanto in tanto qualche stridulo guaito, e la loro emozione pare salire di secondo in secondo con i genitori che li stringono e li riempiono di baci.
Logan e gli altri figli di Glover e Sharon entrano a loro volta, catapultandosi fuori dal buco senza alcuna paura. Vogliono solo rivedere mamma e papà, il resto, per loro, non ha alcuna rilevanza.
Tutti gli altri bambini/cuccioli che ha imparato più o meno a conoscere, e che gli hanno fatto capire che no, non romperebbe un bambino solo toccandolo, arrivano dietro a loro, con gli occhioni pieni di lacrime di gioia e le code impazzite per l’emozione, e stavolta Radish si chiede invece che genere di emozione si possa provare.
Non è mai stato un tipo emotivo, Radish. Non gli è mai importato niente di questo genere di cose, trovandole al limite inutili e a tratti ridicole, ma stando con tutti loro, ascoltando le loro storie, lasciandosi infettare da tutti loro — Sherry in primis —, è arrivato a chiedersi molte cose.
È arrivato a chiedersi cosa volesse dire, per lei, stare in un branco, cosa volesse dire ritrovarsi con delle responsabilità simili, cosa volesse dire essere tanto apprezzato e rispettato. Era arrivato a chiedersi come si sentissero gli altri a doversi separare, come ci si sentisse una volta morsi dalla gelosia, cosa si provasse con il cuore infranto... ed ora sta arrivando pure a domandarsi cosa si provi a stringere un esserino tanto piccolo ed indifeso tra le braccia, a sentirsi travolgere dall’amore smisurato che nutre nei tuoi confronti, a farsi guardare dai quei piccoli occhi sognanti.
Si domanda un sacco di cose, Radish, e non si sente più tanto terrorizzato dall’idea di poter, un domani, ricevere quelle risposte. In fondo gli Spettri sembrano apprezzarlo e accettarlo, il suo forzatissimo inserimento non sembra creare particolari problemi a nessuno, e, volendo seguire puramente la logica, gli pare improbabile anche la sua vecchia idea di poter mettere al mondo un completo incapace.
«Nonno! Nonno!»
Guardando quei cinque piccoli terremoti, che hanno educatamente chiuso la fila, non può fare a meno di pensare che sì, adesso hanno un aspetto innocuo, ai suoi occhi appaiono proprio come dei piccoli impiastri con gli stomaci sfondati, ma che, almeno il primo, è biologicamente destinato a diventare ben più forte pure del padre e della madre. In fondo è così che funziona con i loro primogeniti, e questo pensiero in qualche modo lo rincuora. L’unico “problema”, potrebbe essere il suo sangue sporco unito al titolo nobiliare…
«Ecco i miei tesori!» Urla pieno di felicità Greywind, schivando con incredibile nonchalance un fendente del figlio e facendogli al contempo un esemplare sgambetto per toglierselo di torno.
Si piega sulle ginocchia ed allarga le braccia, accogliendo con un caldo sorriso Lux, Shine e Set, mentre Light e Rise si buttano tra quelle di Arus, altrettanto felice di vederli. Felicità che addirittura aumenta all’idea che d’ora in poi avranno davvero un sacco di tempo libero da dedicargli, così da trasformarli in vivacissime spine nel fianco per i genitori. Vendetta dolce vendetta!
«Vi siete comportati bene?» Non possono cominciare subito però, perché sennò quel fetente del Blackwood mangerebbe la foglia e li fregherebbe per primo, così si limitano a comportarsi in modo quanto più normale possibile.
«Sì!»
«Questo giovanotto si è davvero mostrato all’altezza del suo titolo.»
Il cuore di Radish sobbalza violentemente. Quand’è che Roman gli si è piazzato di fianco? Quand’è che è arrivato? Com’è possibile che non se ne sia reso conto neanche per sbaglio? L’idea che non avrebbe mai mandato a zonzo dei bambini tanto piccoli da soli avrebbe dovuto almeno sfiorarlo, invece…
«Però che noia!» La vocetta acuta ed un poco sofferente del principino gli impedisce di fare domande, e voltandosi lo trova con le sottili braccia incrociate al petto e lo sguardo imbroccato rivolto verso il padre «Dovrò diventare Re per forza, papà?»
Blackwood si rivede molto in lui: è capace, sveglio e non ha la minima voglia di addossarsi la corona. Per lui non c’è stata altra via, e l’ha accettato da tantissimo tempo — motivo che l’ha portato a crearsi da solo una soluzione ideale —, ma per Lux, invece, potrebbe ancora esserci una scappatoia. Porta pazienza, nano, può essere che la sfanghi!
«Quando sarai più grande ne riparleremo, okay? Per adesso pensa solo a crescere e divertiti.»
Lux, seppur non particolarmente convinto delle parole del padre, fa semplicemente spallucce mentre annuisce appena. Che altra scelta ha, in fondo? Malgrado la tenerissima età, suo fratello ha già dato prova troppe volte di essere più interessato a curare gli altri, anziché comandare il branco. In realtà ci sarebbe una delle sue sorelle interessata alla carica, ma i suoi nonni non hanno fatto altro che ripetergli che una donna al comando non è ideale per via dei cuccioli — dettaglio che, in realtà, non gli è molto chiaro. È per questo che, nella sua brevissima vita, non ha fatto altro che allenarsi più duramente degli altri, e mostrare di essere capace di tenere in riga gli altri cuccioli: ci sono delle aspettative molto alte su di lui, e non vuole deludere nessuno.
«Guardate un po’ papà!»
Rialza pigramente gli occhi sul genitore, e nella sua testa si domanda cosa ci sia di tanto fantastico nell’avere gli occhi di un colore diverso. Potere, onore e gloria, questo è chiaro… ma cosa c’è di davvero bello? Quando guarda i suoi nonni, non vede certo due adulti che si divertono…
Radish, al contrario dei cinque piccoli principini, è invece più colpito, perché i suoi occhi ametista stanno ad indicare unicamente una maggiore stabilità tra i due Territori. Anche se non capisce quando se li sia procurati, né come. La verità è che i due lo hanno fatto ben lontano da occhi indiscreti, perché Blackwood non sopportava l’idea che suo padre gli si inchinasse in segno di sottomissione di fronte ad altre persone. Non che a lui sarebbe pesato, tutt’altro, ma convincerlo del contrario era assolutamente impossibile, quindi si sono dovuti arrangiare.
«Sì, carini, okay.» Il falso entusiasmo di Lux, unito al sorriso di circostanza, sono come una pugnalata nello stomaco unito ad uno schiaffo in pieno volto per Black, ma l’attenzione del piccolo ormai è proprio altrove: «Logan! Vieni, ti faccio vedere la mia camera!»
«È anche mia!»
«La nostra camera!»
Mentre loro scattano tutti felici, le sorelline li seguono a ruota, attaccandosi alle braccia degli altri.
«Forza Max, andiamo!»
«Vieni Amos!»
«Vieni Aileen, vieni con me!»
E fine anche al commovente amore per i loro genitori: ora che sanno che tutti stanno bene, meglio concentrarsi sui giocattoli e tutte le strane bestie che i cinque hanno loro descritto in quei giorni da Roman. Se pensano che tra un giorno o due arriveranno anche tutti gli altri, e potranno allargare ancora di più il loro nuovo gruppo con tutti i cuccioli del Sud e del Nord… non stanno più nella pelle solo all’idea!
Un pesante silenzio grava su tutti gli adulti, adesso rimasti di nuovo soli.
Si guardano l’un l’altro, spaesati, cercando di capire in quale momento sono arrivati a contare forse quanto uno sputo. Pure Greywind c’è rimasto di sasso, essendo infatti abituato ad avere il numeroso gruppo di nipoti attorno. Da quando lui è meno interessante di un giocattolo?!
«Vai a farti una doccia, bestia, non si deve mai far attendere il Concilio.» Borbotta infine, nascondendo la cocente delusione. Anche i miei figli si sono staccati così alla svelta? Oppure sono strani loro?
«Verrò così, non m’importa. Anche perché, diciamolo, molti membri del nuovo Concilio devono ancora essere individuati, quindi questa è solo una formalità preliminare.» A Blackwood invece è già passata. Alla loro età già scappava da tutte le parti e preferiva passare quanto più tempo possibile a giocare con i suoi coetanei, quindi non trova strano che pure i suoi figli preferiscano fare lo stesso. «Vero, Superstar?» Aggiunge subito dopo, rivolgendo un grande sorriso a Sherry.
«Ho un nome, e certamente non è Superstar.»
Everett, che solo adesso ha deciso di scendere in mezzo a loro, rotea appena gli occhi al cielo. Te l’ho già detto, ragazzina: contieniti, o la situazione si complicherà a basta!
«Sai essere anche più noiosa di tuo fratello!» Scherza prontamente Blackwood, che certo non si lascia impressionare da un aspro tono di voce «Beh, per questa volta direi che parteciperanno solo le tre cariche massime e ‘sti tre vecchi, dal momento che non è ancora ufficiale da chi ci faremo appoggiare. Che ne dici?»
«Dico di muoverci, perché già non ne posso più.» Borbotta in tutta risposta la neo-Regina, sfoggiando nuovamente un’espressione per lei insolita, al limite proprio dell’insofferenza. Quando però si accorge che Arus la sta fissando con aria di giudizio, l’espressione cambia, diventando non poco alterata «Che c’è?»
«Mi ricordi molto Mezcal, ragazzina.»
«Tanto per cominciare, Arus, questa ragazzina è la nuova Regina del Nord, quindi vedi di portarle rispetto. Secondo poi, ti sbagli: certo, Mezcal mal sopportava il Concilio, ma lui difficilmente vi partecipava senza far saltare i denti ad almeno un paio di Spettri della guardia.»
Col senno di poi, Darko farebbe meglio a rimanersene in silenzio da una parte, soprattutto se nei paraggi c’è Arus… ma è davvero più forte di lui: più vede la sua faccia, più sente il viscerale bisogno di farlo incazzare.
È sempre stato così tra loro, poco da fare: l’esuberanza e la furbizia di Darko si sposano troppo male con la rigidità e l’arroganza di Arus, e ogni volta sono finiti col prendersi a sberle. Se il Sudista dovesse indicare l’evento che l’ha tolto dalla sua personale lista delle “persone poco tollerate”, e l’ha sbalzato di prepotenza in cima a quella delle “persone odiate”, è quando l’altro si prese la verginità della Cacciatrice con la quale flirtava da anni. Poco importa che a conti fatti poi scelse lui e ci abbia pure messo su famiglia, Darko lo fece di proposito, non tanto per potersi vantare con tutti di aver preso la verginità della bella Nerissa, ma proprio per far dispetto a lui!
«Vuoi litigare, Darko?»
«Lui no, ma io sì.» Interviene prontamente Everett, più che consapevole del loro delicato rapporto. Certo, aveva detto chiaramente che tutti gli Spettri del Nord dovessero trattenersi il più possibile per non alimentare la diceria che sono delle bestie brutali incapaci di contenere la rabbia, ma di mezzo ora ci sono sia Sherry che Darko. Beh, se l’è cercata!
«Siamo in due, allora.» A Radish, Arus non va particolarmente a genio. Lo trova forse più arrogante ed insopportabile del cognato — forse addirittura di Vegeta! —, e se adesso può liberamente dargli contro senza passare per l’idiota che ha cominciato la disputa, perché mai tirarsi indietro?
«Lasciatele a me le liti con questo vecchio.» S’intromette Blackwood, arricciando appena il labbro superiore per mostrargli un canino come ammonimento. Non che questo sia sufficiente per fermare l’adorabile suocero, ma almeno può finalmente togliersi lo sfizio. Snudare le zanne al Beta, infatti, è una grande offesa, pure se a farlo è il principe ereditario, ed è sempre bene evitarlo, così da scongiurare inutili lotte che porterebbero solo un sacco di rogne. Ma adesso la Beta è Nike, e Arus è ufficialmente solo un vecchio Alpha brontolone in pensione… perché mai trattenersi?
«Tutto questo è molto carino, davvero, ma avete rotto i coglioni. E ve lo dice una che è cresciuta a stretto contatto col Quartetto, quindi che ne dite di finirla con questa pagliacciata?» Ecco, il perché lo spiega Sherry, la più giovane lì in mezzo e forse anche quella con la miccia più corta.
Detto questo, s’incammina verso la reggia della famiglia reale, ritrovando una parvenza di calma e affabilità quando viene affiancata da Nike. Quando le due abbiano vagamente legato, Radish non lo sa, ma non gli interessa neanche troppo. Ciò che più gli interessa adesso, è la sua preoccupante inclinazione a rigirarsi contro chiunque senza battere ciglio. E menomale che quello che non sa trattenersi sono io!
«Ha un bel caratterino, non c’è che dire.» Borbotta con un lieve sorriso Greywind, osservando la giovane ed irruente Regina che si allontana con passo deciso. Per essere più precisi, le osserva con discreto interesse il fondoschiena. Se non ci fosse di mezzo l’alieno…
Neanche l’avesse evocato col pensiero, Radish si piazza al suo fianco e lo guarda con un’espressione così truce da fargli provare un brivido gelido lungo la spina dorsale.
«Tu non ne hai idea.» Ringhia semplicemente a denti stretti, prima di incamminarsi con Everett e Darko dietro alla moglie. Dopo questo è ufficiale: ti farò ingrassare come una vacca da fiera!!!


Greywind, Arus e Darko hanno preso parte ad un numero davvero impressionante di Concili, sia quando erano dei semplici cuccioli di grande talento — ovviamente al fianco dei loro padri —, che da adulti, ognuno con un’alta carica sulla testa.
Questo però è il primo Concilio da “esterni”. Se le nuove leve hanno deciso di farli partecipare, è solo per l’affetto e la stima che nutrono nei loro confronti, ma tutti e tre si rendono ben conto che non staranno tanto ad ascoltarli, almeno non questa volta. Vogliono dimostrare di essere capaci di farcela da soli, di essere in grado di riuscire nei loro intenti senza dover chiedere aiuto a nessuno, esattamente come hanno fatto loro. E, dall’alto della loro lunga esperienza, la reputano una scelta assai imbecille: loro tre non avevano nessuno su cui fare affidamento, ero orfani da poche ore la prima volta che hanno dovuto tenere un Concilio per amministrare il Territorio, ma avrebbero pagato per avere qualcuno a guidarli un minimo.
Tutto sommato, Greywind non può fare a meno di guardarli tutti con orgoglio.
Hurricane, da cucciolo iroso e rissoso qual era, ora è un uomo fiero e rispettato, e siede al tavolo come nuovo Capitano del Sud.
Nike è la prima donna ad avere la carica di Beta, oltre ad essere sicuramente la prima Regina del Sud con un discretissimo potere decisionale.
Blackwood… Dio, lui era una piaga, da piccolo. Era un cucciolo esagitato che a malapena dormiva tanto era carico di energie e entusiasmo, che crescendo si è un po’ calmato giusto per l’amore che nutre per la compagna e per i figli. Ed ora eccolo lì, in mezzo a Nike ed Hurricane, come nuovo Re, fiero e determinato nel realizzare i suoi sogni.
E poi ci sono i bizzarri Nordisti, che hanno superato un numero impressionante di difficoltà per emergere dall’oscurità in cui erano stati gettati.
Everett è sempre stato un giovane silenzioso e ombroso, costretto in una famiglia atroce che ha provato in ogni modo a piegarlo. Quando Roman gli ha detto del suo passato, in particolare di Leila, non ha potuto fare a meno di pensare che quello è indubbiamente lo Spettro più tenace e maledettamente onorevole che abbia mai incontrato prima.
Sherry, con la sua invidiabile voglia di vivere, è riuscita a sbaragliare tutti quelli che le hanno intralciato la strada, e si è rialzata a testa alta dopo ogni batosta e umiliazione. L’invisibile ma indelebile marchio che le ha impresso Jäger è un qualcosa di aberrante per lui, e per questo si è convinto che ci sia andata anche troppo leggera. Pur non volendosi sbilanciare a parole o gesti, dentro confida molto in lei, nella sua forza spirituale e nella sua voglia di risollevare il Nord dall’oscurità in cui è caduto.
Ed infine c’è Radish. Non sa molto di lui, solo ciò che gli ha riferito   Roman prima di andarsene. Non sa bene come potrà gestire la difficile situazione in cui si sta involontariamente ed inesorabilmente calando, ma a questo punto è abbastanza certo che sia un uomo così maledettamente ostinato da potersela anche cavare. Avrà sicuramente bisogno di tanto aiuto esterno, ma gli è parso di capire che ci siano dozzine e dozzine di Spettri pronti a tutto per lui, quindi può dirsi relativamente tranquillo.
L’unica figura che forse un poco stona, adesso, è quella di Lux, seduto tra il padre e la madre. Ha un’espressione così imbronciata ed annoiata sul faccino che gli si stringe il cuore, e solo ora, guardandolo, si rende conto di quanto deve essere stata dura per Black, alla sua età. In fondo gli eredi al trono devono prendere parte il prima possibile alle riunioni del Concilio, così da essere più preparati in futuro, e Arus deve aver fatto una testa tanto a Nike per convincerla. Devo essermi perso la litigata… che palle.
Dal momento che, dopo quasi cinque minuti, continuano a parlottare solo dei fatti loro come se si trovassero al bar, decide che è giunto il momento di dargli una spintarella, così da finire il prima possibile.
«Direi che, prima di tutto, sarebbe il caso di parlare della vostra unione e, non di meno, del fatto che uno straniero ricopre ben due cariche tanto importanti.» Non che abbia realmente qualcosa in contrario, dal momento che riguarda solo la purezza del sangue del Nord, però sarebbe bene chiarire anche questo punto.
«Ehi, almeno hai idea di chi è?»
Sa bene che non dovrebbe dargli corda, quella scintilla perversa negli occhi glielo sta proprio urlando, ma non riesce proprio a concedergli l’ultima parola.
«Roman e i loro lupi me ne hanno parlato a lungo, sì.»
«Io non penso che tu abbia capito davvero. Sappi che ti trovi davanti a Radish! Sai almeno cosa vuol dire il suo nome? Deriva dal latino, vuol dire Bogianga!»
«Mister Bogianga?» Arus, lo so che scherzi, ma perché cazzo gli dai corda?!
«Non esiste in latino! Non cominciare!»
«Sinonimo di “fatti i cazzi tuoi, vecchio!”»
«Non posso credere di aver lasciato l’intero Sud ad un cretino come te…» E la cosa più atroce, è che mi viene pure da ridere!
«Tu sai chi ha ucciso chi e perché? E perché chi ha ucciso chi non sa come e quando? Chi è perché? Dov’è? Se sì, basta? Ma fino a quando?»
«BLACK, BASTA!»
«Okay, però la sbarra delle mozzarelline.»
«Eh?» Cazzo, no!
«’STOCAZZO!»
Greywind e Arus non possono far altro che fissare Blackwood e Golden Lux che se la ridono fino alle lacrime, mentre dall’altra parte Everett continua a massaggiarsi il mento e la bocca per impedirsi di scoppiare a sua volta. Sherry, dal canto suo, si sta mordendo la lingua, mentre Radish stringe il labbro inferiore tra i denti con una tale forza da essere assai vicino a spaccarselo. Darko lascia saettare gli occhi su tutti loro, per poi soffermarsi con stupore su Arus: se lo avessero affidato a lui, sicuramente lo avrebbe fatto fuori da piccolo, facendolo passare per un tragico incidente.
«Non so mai se ridere, o chiamare un centro di igiene mentale.» Afferma Nike con una nota sconsolata nella voce, mentre Hurricane tenta disperatamente di fingere la più totale indifferenza. Per quanto stimi sinceramente il fratellastro, alle volte gli pare davvero impossibile che sia così fuori di testa.
«La seconda.» Afferma duramente Radish, stupendosi di essere riuscito a riprendersi tanto velocemente. In realtà, però, se si è ripreso è solo perché è l’umore nuovamente plumbeo della compagna a contagiarlo.
«La nostra relazione» afferma infatti con un certo fastidio «e tutto ciò che essa comporta, non deve interessare nessuno dei presenti. Qualora sorgessero dei problemi o dei dubbi, ne discuteremo noi due, al massimo interpellando giusto Everett. Nel caso ad alcuni dei presenti fosse sfuggito, infatti, siamo qui per discutere in fase preliminare dei cambiamenti che entreranno in vigore  con l’alleanza tra Nord e Sud, non della nostra unione.»
Il silenzio che segue è un qualcosa di quasi surreale, ma non è questo ad insospettire il Saiyan, quanto gli sguardi improvvisamente attenti e, forse, un poco sconsolati dei presenti. Ci tenevate così tanti a discutere del nostro matrimonio?
«Roman però ci ha informati di una cosa importante, Sherry, e di questa bisognerebbe discutere, poiché riguarda anche il futuro di Lux.» A prendere la parola stavolta è Arus, che è rimasto realmente confuso riguardo questo punto. Se infatti Lux non volesse abdicare in favore di questo principe promesso, allora non è da escludere che i due dovrebbero sfidarsi, e lo Spettro è abbastanza certo che un Mezzosangue con le abilità dell’alieno potrebbe avere la meglio sul nipote, e questo vorrebbe davvero evitarlo.
«Non c’è niente di cui discutere, papà. Io e Blackwood già ne avevamo discusso, e siamo giunti alla conclusione che la delicata questione della successione al trono verrà discussa a tempo debito assieme ai due eredi.» Lo rincuora però Nike, carezzando dolcemente la testolina dorata del piccolo che pare sul punto di strapparsi la pelle dalla faccia per quanto si sta annoiando.
«Senza contare che ormai abbiamo passato il tempo limite, che renderà quindi un futuro figlio nostro un semplice erede del Nord.» Aggiunge subito Radish, così anche per mettere la parola fine ad un’argomento che non ha neanche affrontato come si deve con Sherry.
Perché va bene, l’idea della paternità gli va a genio, è vero, ma prima vorrebbe comunque parlarne un po’ con la moglie, capire a grandi linee cosa aspettarsi e, soprattutto, sapere cosa ne pensa lei a riguardo, ora che si è chiusa l’enorme parentesi di Jäger. In fondo Radish mica è scemo, e sapeva benissimo anche prima della loro brutta discussione che lei vorrebbe dei figli, un giorno!
Greywind si lascia andare ad un forte sospiro e, dopo un breve ma intenso sguardo con Sherry, si arrende all’evidenza e molla l’osso, pronto a cambiare argomento: «Molto bene. Quindi di cosa vorreste disc—» La pesante e spessa porta in legno di noce cigola appena mentre viene aperta, interrompendolo di colpo «Moonlight? Cosa ci fai qui?»
Il piccolo entra con un grande e allegro sorriso in volto, reggendo tra le manine un vassoio chiaro con due piatti fondi di porcellana.
«Vi ho preparato un brodino buono, buono!»
Perché mai Light dovrebbe portare del “brodo” a Greywind e Arus, che si alimentano quasi unicamente con la carne? Beh, ma è semplice: perché Blackwood gli ha detto e ripetuto che loro sono vecchi, e che i vecchi si nutrono con il brodino!
Entrambi ne sono più che consapevoli — anche perché glielo hanno sentito espressamente dire più volte —, ma non per questo rifiutano la gentilezza del piccolo. Ora che sono in pensione, in fondo, avranno tempo e modo per ripagare il nuovo Re con la sua stessa moneta!
«Ohhh, ma che tesoro! Grazie.» Arus, sorprendendo il quartetto del Nord, si lascia andare ad un caloroso sorriso mentre prende il piatto, attirando poi del tutto la loro attenzione quando la sua espressione si fa di colpo confusa. «E questo cos’è?» Domanda con un sorriso quasi spaventato, mentre estrae da quella che è evidentemente della semplice acqua fresca un piccolo elefante di plastica, mentre a Greywind è toccato un rinoceronte.
«Ci ho messo una sorpresa!»
«Wooow!»
«Assaggiatelo!»
I due si guardano negli occhi per un lunghissimo secondo, mentre il panico li assale. Quando hai tanti figli, sei abituato a questo genere di cose — quante torte di fango o simili gli hanno propinato, tra figli e nipoti? —, ed è proprio per questo che Greywind vuole accertarsi di un piccolo ma decisamente non trascurabile dettaglio: «Quest’acqua l’hai presa dalla tazza del bagno come l’ultima volta?»
«No, sciocchino!» Moonlight è assolutamente sincero, e per questo i due uomini decidono di accontentarlo, portandosi un cucchiaio alla bocca per fargli vedere quanto apprezzano il suo dolce gesto, e il piccolo è così ingenuo e gentile da volerli informare sul suo specialissimo ingrediente segreto: «Dall’acquario dei pesci!»
I due si pietrificano e lentamente allontanano il cucchiaio dalla bocca, cercando nel mentre di risputarci sopra quel poco di “brodo” che avevano già ingerito.
«Mhhh! Buono!» Alle parole di Arus, il faccino olivastro del piccolo s’illumina, ma l’uomo lo stoppa ancor prima che abbia il tempo di aprire bocca «La finiamo più tardi, va bene? Adesso abbiamo proprio da fare.»
«Però io voglio che la finiate subito…»
«Ti facciamo una promessa: quando ci vediamo a riunione finita, le ciotole saranno vuote! Andata?» Tecnicamente Greywind non sta mentendo, perché le ciotole saranno davvero vuote, ma il contento di certo non sarà nei loro stomaci.
«Va bene!» Cinguetta infatti il bambino, scattando verso la porta per tornare dagli amici.
«Vai con lui, Lux. Qui tanto ti annoi, no? Vai a giocare!»
Il più grande scatta con gioia alle parole del nonno paterno, sorridendo felice al fratellino. Decisamente queste cose da adulte non fanno per lui, sono davvero troppo noiose! Come mai loro non lo capiscono e non mettono qualche videogioco in quella stanza così spoglia? Lux proprio non lo capisce.
«Bel colpo.» Afferma con un sorrisetto Black, mentre con gli occhi segue la figura austera di Arus mentre va a svuotare il contenuto dei due piatti in una pianta nell’angolo della stanza.
«Pensi forse che sia il nostro primo rodeo, ragazzino?»
Con il terrore che possa attaccarsi anche a questa frase per sparare uno dei suoi sproloqui insensati, Greywind lo precede subito, sorridendo con aria cordiale ai loro ospiti «Allora, dov’eravamo rimasti?»
«Stavamo per dire che, prima di accompagnarli nei loro Territori, verrà stilata la prima bozza del “codice di condotta” che ogni Spettro dei nostri branchi dovrà sempre rispettare.» Afferma Nike con una certa fierezza nella voce. È abbastanza certa che ai due le loro idee non piaceranno particolarmente, non dal momento che ci sono davvero troppi punti per loro strani o addirittura impensabili, ed è proprio per questo che si sente così eccitata.
«Se questo codice dovesse essere violato, si dovrà superare la Prova delle Zanne, per essere riammessi nel branco. Ovviamente la pena potrebbe essere maggiore qualora il crimine fosse di entità molto grave, ma dubito che a qualcuno verrà la voglia.» Spiega con ovvietà Sherry, attirando nuovamente i loro sguardi.
«Con l’extraterrestre pronto a farli a pezzi? Non credo proprio.» Le dà man forte Hurricane, che è assai a favore della sua trovata.
La "Prova delle Zanne” consiste infatti nel passare in mezzo ad un buon numero di membri del branco in piena muta, con tutti che possono morderti, ma come punizione venne abolita dopo pochi decenni dalla sua invenzione poiché considerata spesso troppo dura. Ed è vero, come punizione può essere considerata addirittura inumana, ma è proprio per questo che era tanto efficace: bastavano un paio di “esecuzioni”, e tutti abbassavano docilmente la cresta anche per un decennio. Per quanto ne sanno, però, ci finì in mezzo qualcuno di importante, e per questo venne abolita.
Se però c’è un modo sicuro per evitare che si verifichino troppi problemi, è in assoluto la soluzione ideale, almeno per i primi anni. Una volta che tra i due branchi ci sarà reale fiducia e simpatia, si potrà pensare ad un qualcosa di più leggero.
«Dal momento che molti vorranno tornare a vivere nel mondo degli umani, e che alcuni vorranno almeno visitarlo, è necessario imporre delle regole. Come immagino sappiate, non sono pochi, tra i lupi delle Terre di Nessuno, ad avere “lavori” poco raccomandabili, e noi due abbiamo deciso che non verrà loro negato di continuare, a patto che non venga fatto del male a degli innocenti. Chiunque invece si sia macchiato di gravi crimini, verrà prelevato e portato qua, così che anche gli altri possano svagarsi nella caccia.» Continua Everett, con la speranza che non vogliano pure che elenchi i crimini in questione. Sarebbe una mossa troppo sciocca per loro due, perderebbero punti e credibilità ai suoi occhi.
«L’idea è di tenere incarcerati fino ad un massimo di venti individui, per poi liberarli e lanciargli dietro chi si sarà prenotato, mentre gli altri umani non dovranno essere toccati. Solo i criminali che hanno commesso determinati crimini però, gli altri umani saranno lasciati stare.» Blackwood, in realtà, aveva proposto un numero ben più alto, ma poi gli hanno ricordato che un minimo dovranno sfamarli per tenerli in forze per non rendere la caccia troppo fiacca, e così si è dovuto accontentare di un misero venti.
«Vendere prodotti illegalmente e praticare il contrabbando nel piano di sopra sarà quindi perfettamente lecito, ed il modo con cui tali azioni verranno commesse sarà a totale discrezione degli interessati, purché la vostra natura rimanga un segreto.» Afferma infine Radish, che certo non è minimamente contrario a queste pratiche. Lui ha deciso di difendere il pianeta Terra, è vero, ma non per questo ha intenzione di intromettersi in queste faccende.
I due ci pensano per qualche secondo, in silenzio, per poi annuire distrattamente e far cenno con la mano di continuare. Non saranno certo modifiche di questo genere a portare dei problemi, per quanto non siano del tutto convinti della Prova delle Zanne.
«I membri ufficiali del futuro Concilio comprenderanno almeno due Cacciatori e due Segugi Omega, così che possano essere i portavoce della loro numerosa fazione, ed inoltre ogni membro verrà eletto con un voto popolare.»
Ecco, stavolta ai due l’idea non va a genio. Da quando in qua agli Omega è permesso partecipare al Concilio? Pur non avendo niente contro di loro, non li considerano assolutamente degni di una cosa del genere, non essendo infatti capaci di soddisfare i requisiti minimi come, per esempio, la difesa del branco.
Sono certi che questa decisione porterà dei problemi e del malcontento, perché appunto la posizione è sempre stata sudata con grande fatica, ma Blackwood li interrompe ancor prima che abbiano la possibilità di aprire bocca.
«Ogni riunione avrà una caduta trimestrale e sarà tenuta solo in presenza di entrambe le fazioni, così da evitare fraintendimenti o altre situazioni spiacevoli.» Notando lo smarrimento nei loro occhi, ci tiene anche ad aggiungere un altro dettaglio che gli sta a cuore «Già che stiamo dicendo qualcosa che pare creavi dei disagi, ci tengo ad aggiungere subito che ogni Spettro avrà egual diritto a provviste fresche, a meno che la situazione non renda necessario porre un limite per il bene comune.»
Quante volte lui si è tolto da mangiare di bocca per darlo agli Omega che non ce la facevano da soli? Quanti Spettri in difficoltà hanno sfamato anche Nike, Hurricane, Sherry ed Everett? Tutti loro hanno fatto la propria parte, si sono privati di qualcosa per dare una spintarella a chi non era proprio in grado di farcela da solo, e adesso vorrebbero solo evitare che si debba ripresentare quella spiacevole situazione. Sherry in primis sa bene cosa voglia dire avere fame, doversi ridurre a rosicchiare le ossa per placare l’insopportabile ruggito dello stomaco tragicamente vuoto, ed è più che decisa a porvi rimedio. I loro Territori sono incredibilmente vasti, questo è un dato di fatto, e non sono neanche particolarmente abitati, poiché le zone più interne sono ancora selvagge ed incontaminate; niente vieta loro di provare ad inserire nuove specie animali, ed è disposta anche a ricorrere alle Sfere del Drago per incrementare quelle già presenti, se necessario.
«Oltre a tutto questo, io e Nike abbiamo intenzione di assimilare alcune regole in vigore nel del precedente branco di Sherry: si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti e i doveri; non si devono creare ostilità all’interno del branco; si devono proteggere i cuccioli a costo della vita; si deve dire subito la verità; non si può mai violentare una donna; i piccoli non si toccano. Queste ultime due regole, se non ho capito male, si estendono senza eccezioni pure agli esseri umani.» Aggiunge infine il nuovo Re, con un lieve sorriso a tendergli gli angoli della bocca.
Non che siano novità particolari o assurde, ma le ha trovate comunque interessanti. Prima, su molti punti, si poteva fare un po’ come si credeva, mentre adesso i limiti saranno ben definiti.
Sin da piccolo, infatti, si era convinto che occorresse un bel colpo di coda per riorganizzare un po’ tutto quanto, perché era evidente che molte cose non andassero bene. In troppi venivano lasciati indietro, e l’idea di mettere al mondo tanti cuccioli per non doversi preoccupare troppo di quelli che sarebbero inevitabilmente morti gli dava la nausea. Si sono sempre considerati superiori ai comuni esseri umani, e adesso è giunto il momento di darsi da fare per poter pensare di avere davvero ragione.
Loro hanno la possibilità di fare qualcosa di nuovo, di aggiustare il tiro e creare un nuovo mondo più luminoso, con più opportunità, e lui di certo non ha alcuna intenzione di rinunciarci. Ovviamente tutto ciò che stanno dicendo adesso è solo una bozza, di idee ne verranno dette ancora molte altre — e Dio solo sa quanto spera che anche Radish dica la sua, prima o dopo —, ma era importante buttare subito le basi, così da rendere assolutamente inconfutabile il fatto che sono alleati a tutti gli effetti.
«Per quanto in un certo senso mi costi ammetterlo, le vostre idee mi piacciono. Certo vi renderete conto che per molti non sarà facile abbracciare a pieno uno stile di vita tanto nuovo, ma penso che, con la vostra determinazione, si potranno evitare troppi problemi.» Ammette con sincera ammirazione Greywind, sorridendo orgoglioso a tutti loro. Si stanno mostrano più preparati di quanto si aspettasse, malgrado sia ben consapevole che in ogni caso si stanno muovendo un po’ a tentoni. Per quanto infatti si possa essere preparati a questo momento, quando ci si ritrova sul serio dentro è tutto nuovo e spaventoso.
«Basta che pure voi abbiate la capacità di sopportare, ed ancor di più la pazienza per istruire e guidare.» Aggiunge poi Arus, che forse più dell’amico ricorda quanto si trovarono in difficoltà loro due all’inizio. C’è anche da dire che avevano appena 15 anni quando si ritrovarono nella loro situazione, e che i rapporti col Nord erano tesi al massimo, ma per l’ex-Beta è necessario che pure le nuove leve siano perfettamente consapevoli dei possibili problemi alla quale stanno andando in contro, soprattutto perché c’è di mezzo la sua adorata Nike. «Quando Greywind salì al trono ed io divenni il suo Beta, da queste parti le cose non erano come sono adesso, ed è stato necessario un duro lavoro per poter risollevare il Sud dal clima di paura in cui era sprofondato con Blacklake.»
«Entrambi i Sovrani del Nord hanno dovuto sopportare un’infanzia difficile, segnata da molteplici traumi, e ciò li rende in qualche modo più umani agli occhi degli altri.» E con questo, Everett spera di avergli definitivamente chiuso la bocca. Per lui, infatti, li sta unicamente sminuendo, rimarcando che non saranno capaci di gestire una situazione tanto delicata, dimenticandosi però che dalla loro parte c’è anche lui, lo Spettro più forte e sicuramente più preparato di tutto il Nord, amico d’infanzia del nuovo e assai benvoluto Re del Sud. Se pensi che lascerò crollare tutto a picco, Arus, ti sbagli di grosso!
«Dal momento che la mia precedente affermazione riguardante mio marito pare non esservi piaciuta molto, spero che con questa vi sentiate meglio. Abbiamo infatti deciso che se verranno tempi in cui la nostra esistenza sarà messa a repentaglio, sarà il Re del Nord a prendere le decisioni, che saranno poi seguite senza esitazione o repliche, perché è quello con più esperienza.»
Radish, di colpo, non capisce.
Si volta di scatto verso Sherry, guardandola come se all’improvviso le fosse spuntata un’altra testa, chiedendole silenziosamente spiegazioni. Non avete mai parlato di una cosa simile, me lo ricorderei!
«La funzione del Re del Nord è quindi quella di Capo stratega e, in caso di reale pericolo, Capitano dei due eserciti. Se lui dirà di scendere in campo, noi tutti scenderemo a dare man forte. Se lui dirà che dobbiamo restare nascosti, noi resteremo nascosti.» Le dà seguito Blackwood, con un’espressione così mortalmente seria e convinta in volto da impressionarli e far loro capire che no, non stanno affatto scherzando: in caso di necessità, metteranno la vita di tutti nelle mani del pericoloso alieno. Oltre a questa sconcertante verità, apprendono anche dalla sua espressione che no, non c’è assolutamente niente da discutere a riguardo, perché la scelta è stata presa e non verrà modificata in alcun modo.
«Beh… dire che non possiamo far altro che augurarvi buona fortuna, e metterci a vostra disposizione per eventuali dubbi o problemi futuri.» Si arrende infatti Greywind, che decisamente non è convinto neanche per sbaglio della loro scelta. Radish ha sì dato prova di avere talento, di essere capace di occuparsi di molte cose, di avere una specie di marcia in più… ma può davvero essere considerato all’altezza di un compito simile?
«A questo punto…» Si alza lentamente, Blackwood, lasciandosi infine andare ad un luminoso sorriso carico di impazienza ed emozione verso i quattro lupi del Nord «Ci incamminiamo?»
Sherry, per un secondo abbondante, trattiene il respiro. Affrontare questa prima riunione non sarebbe stato piacevole, lo sapeva, ma affrontare ciò che sta per arrivare adesso
Annuisce con poca convinzione, abbozzando un sorriso tirato mentre tutti, assieme a lei, si alzano dai propri posti, dirigendosi verso la porta.
Per quanto abbiano discusso delle modifiche che volevano apportare, per quanto lei da sola ci abbia pensato e per quanto possa anche aver fantasticato un po’ assieme a Radish, non aveva mai accettato del tutto l’idea che sarebbe ritornata a casa. Tutto si fermava prima, si bloccava con il suo faccia a faccia con Jäger, al loro scontro, alla sua ipotetica vittoria. La sua mente non riusciva davvero ad abbracciare il dopo, a lasciarsi toccare dall’idea che, uccidendolo, sarebbe dovuta tornare laddove ha subìto ogni genere di violenza sia fisica che psicologica. Sapere invece che ormai è questione di forse venti minuti al massimo prima di rimettere piede al Nord, la destabilizza nel profondo, facendole provare un tale senso di angoscia che quasi le impedisce di respirare.
«Perché non me ne hai parlato prima?»
Non vorrebbe avere paura di lui, dell’uomo che mai potrebbe o vorrebbe farle del male, ma tutto in lei adesso è sottosopra, e il suo corpo è sul punto di tremare quando le avvolge un polso tra le dita.
Lo guarda dritto negli occhi, tentando disperatamente di tenere alta la barriera che separa la percezione reciproca delle loro emozioni ed anche di nasconderle al suo sguardo attento, abbozzando infine un timido sorriso.
«Volevo farti una bella sorpresa…» Deglutisce a vuoto nel disperato tentativo di liberarsi da quel pensante groppo in gola che quasi la smaschera, ritrovando un briciolo di lucidità quando sente la mano calda del fratello sfiorarle l’avambraccio «Sei arrabbiato?»
Radish però non è uno sciocco, ed ormai è in grado di rendersi conto quando c’è qualcosa che la turba. E adesso, purtroppo, gli pare ben oltre l’essere semplicemente turbata, ed è abbastanza certo di sapere anche il perché. Se solo potessi toglierti quei ricordi dalla testa, se potessi cancellarli… «No, certo che no, solo che non me l’aspettavo minimamente, ed ho paura di aver fatto la figura del coglione.»
«Tranquillo, ET, quella la fai a cose normali.» S’intromette prontamente Everett, cogliendo la palla al balzo ed attirando su di sé la sua attenzione. Per quanto Darko si sia ritrovato per le mani una bomba ad orologeria come poteva essere Mezcal, ed Apophis abbia dovuto affrontare la violentissima crisi di Jäger, è comunque piuttosto certo di poter dire che nessun Beta, prima di lui, si sia ritrovato in una situazione tanto spinosa, con una Regina a tanto così da un drammatico crollo di nervi e ad un passo dal dover tornare nel luogo che l’ha tanto segnata da piccola. Di bene in meglio, non c’è che dire…
«Devo forse ricordarti che ti ho salvato il culo?» Gli ringhia subito contro Radish, che ormai pensava di potersi considerare nuovamente nelle sue grazie.
«Non mi sovviene niente.»
Ti rode, vero, cane rognoso? Sappi che allora mi giocherò questa carta ogni volta che farai lo stronzo!
La verità, è che Radish è sì rientrato un minimo nelle sue grazie, ma pure Everett adesso sta con i nervi a fior di pelle. Se il Saiyan, e chiunque lo veda, non se ne rende conto, è solo perché è particolarmente bravo a non mostrare assolutamente niente che non voglia.
Anche per lui “casa” non è un bel posto. Non ha neanche un bel ricordo, laggiù. Ovunque si volterà, rivedrà e rivivrà solo momenti pieni di dolore, solitudine e angoscia.
Per loro due però non ci sono più alternative, adesso: devono attraversare di nuovo il ponte.



ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘
Sarò onesta, questo capitolo volevo chiuderlo con l’ingresso nel Nord, ma essendo già lungo 30 pagine ho deciso di spezzarlo. Quindi nel prossimo entreranno ufficialmente nelle loro terre, uniranno i lupi del Nord con quelli delle Terre di Nessuno, e poi faranno scendere gli orfani, Bree e le altre poche donne rimaste con loro, Fern e Mimì, e, ovviamente, il Team Z! 🎉
Però, diciamolo, sono già un paio di capitoli che la storia ha ripreso una piaga quasi spensierata… perché non spezzarla brutalmente con un po’ di sana sofferenza?! 😈
A questo punto penso davvero che sarebbe necessario uno studio approfondito sul “perché gli scrittori torturano i propri protagonisti?”😐 Poverini… non se lo meritano!

Beh, a questo giro non ho altro da dire… strano, vero? Logorroica come sono! 😅

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 46
*** Capitolo 45 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, , e Teo5Astor per aver recensito i capitoli 34 e 35! 💛

❌Avvertenza❌: Mi dispiace davvero tantissimo, non potete capire quanto, ma ho dovuto spezzare il capitolo. Solo così sono 36 pagine! Come potevo attaccarci anche un altro evento importante? Spero tanto che non me ne vogliate e che possiate apprezzare comunque il risultato. Ve lo dico subito: tristezza a palate!
Buona lettura!

 

𝟜𝟝. 𝒟𝒾𝓈𝒸𝑒𝓈𝒶 𝒶𝓁𝓁'𝓘𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜



«Secondo voi com’è dall’altra parte?»
Non dovremmo stare qui, lo sapete, vero? A Mezcal non piace che qualcuno si avvicini al ponte crollato, teme che possa provare a saltare per scappare. Tsk, stronzate. Quando mai, un sano di mente, potrebbe pensare di invadere il Territorio rivale per evadere? Tanto varrebbe buttarsi direttamente nelle fauci del nostro Re!
«Ahhh, dall’altra parte c’è la vita!» Non fomentarli, Bree! Dannazione, non posso parare il culo a tutti quanti, non ce la faccio! Ti devo forse ricordare a cosa mi sottopone Mezcal? Senza contare che, quando siamo arrivati, ho fiutato una vecchia scia di Jäger. Se dovesse venire con la sua compagnia?
«La vita, dici?»
«Ma sì, per forza! Pensate forse che esista un posto peggiore di questo? Scommetto che laggiù c’è più cibo, più acqua… e caldo! Tanto caldo!» Da quando sei così ottimista, Bree? Da quando ai tuoi occhi il Sud appare tanto meraviglioso? Non è da te elogiare tanto qualcosa o qualcuno… è forse successo qualcosa di cui sono all’oscuro? Ti hanno fatto del male? A seconda di chi è stato, sai bene che posso fare qualcosa.
«E se ci volessero andare anche loro?» Siete un branco di bambini stupidi! Possibile che non riusciate a far funzionare un minimo il cervello? Non possono guidare da soli l’esercito, solo il Re può. Se quindi Jäger arrivasse a muovere l’esercito, essendo quindi il nuovo Re del Nord al posto di Baileys, significherebbe solo che per noi sarebbe comunque finita. Sempre ammesso che qualcuno di noi arrivi a quel momento. A meno che…
«La vita non è né qui, né laggiù. La vita è lassù.»
«In mezzo a quei deboli umani? E perché, scusa? Che c’è di interessante, lassù?»
«È proprio perché sono tanto deboli che la faccenda si fa interessante.» Non capite. Perché non capite? Cosa c’è di difficile in quello che ho detto? «La loro fragilità li rende prede ideali, malgrado Papà Spettro non voglia che li cacciamo. Senza contare le loro città! Con tutta quella puzza sarebbe più facile trovare un buco dove rintanarsi e sparire.»
Già, sarebbe facile. Il difficile è arrivarci. Dall’ingresso principale non si può uscire, dal Sud non si può passare, le nostre uscite secondarie sono sorvegliate.

Deve esserci un modo, dannazione! Un modo per arrivarci, un modo per nascondersi, un modo per vivere.
«Andiamo a cercare qualche osso, vi va? Io sto morendo di fame!»
Sai una cosa, Bree? Noi due ci prenderemo quella vita, un giorno.
Riusciremo ad andarcene da qui, e non potranno più farci del male. Troveremo il nostro posto al Sole, troveremo il nostro piccolo angolo sicuro. Poi lo proteggeremo, insieme.
Un giorno, Bree, noi due saremo libere, e potremo finalmente vivere davvero.


Il ponte, dopo quasi due secoli, è finalmente ricollegato grazie all’enorme e spessa placca costruita per volere di Jäger. Non la si potrà certo tenere così, fissata in modo tanto sbrigativo, ma non è il loro primo pensiero. Se in fondo è riuscita a reggere l’intero esercito del Nord — ed in seguito anche gli Omega —, non avrà problemi a sorreggere anche il loro peso da umani.
Sherry però sta odiando davvero questo ponte. Forse, in realtà, non si tratta neanche del ponte, ma del luogo dove la sta conducendo passo dopo passo.
I Sovrani del Sud li affiancano, e lei sa che non è solo per la loro alleanza. Per quanto Nike non lo dia a vedere, proprio come il marito ha un gran cuore, e l’affetto che nutre per Everett si sta velocemente estendendo anche a lei. Come potrebbe lasciarli tornare nel loro personalissimo inferno da soli? In un momento simile, poi.
Gli odori le arrivano sempre più nitidamente alle narici, e con essi i suoi dolorosi ricordi.
Quante volte lei e gli altri si spingevano fin sul bordo del ponte per poter fantasticare su ciò che avrebbero potuto trovare dall’altra parte? Quante volte hanno fantasticato su ciò che sarebbe potuto accadere se avessero trovato il coraggio di saltare? Parlavano di correre a tutta velocità per il vasto Sud, fino a potersi spingere una volta per tutte al piano di sopra, tra gli umani, dove avrebbero vissuto mirabolanti avventure in terre ancora selvagge, procacciandosi da mangiare e fondando il loro personalissimo branco.
Andavano sul bordo per sognare la libertà lontani da occhi e orecchie indiscreti, dove il freddo e la fame che non potevano più stritolarli perché, in quel piccolo angolino isolato, la loro vita miserabile veniva stravolta dalla fantasia.
La mano calda di Radish cerca la sua, sfiorandola appena, e per un istante Sherry riesce ad isolare di nuovo la mente come quando andavano su quel bordo frastagliato.
Yvonne e le sue figlie hanno dato loro delle pellicce, seppur un po’ troppo leggere per il vero freddo del Nord, e ai suoi stanchi occhi tristi Radish appare come più bello, con quel lungo cappotto scuro di pelliccia.
So che le temperature sono più sopportabili adesso, ma forse al tuo compagno potrebbero dar fastidio. E anche tu, Sherry, dovresti indossarla.
Stringe di scatto la mascella, ripensando alle parole della donna. Per quanto la parte razionale del suo cervello sapesse bene che il suo era unicamente un gesto gentile, dettato un po’ dalla singolare circostanza e un po’ dal suo spiccato istinto materno che la spinge a volersi prendere cura anche dell’orfana dai tragici trascorsi, la parte irrazionale ed istintiva le ha fatto solo desiderare di farle sparire quel dolce e caldo sorriso con un pugno, e adesso prova di nuovo la stessa sensazione. Perché quella parte, ora più che mai, non vuole la carità e la pietà di nessuno, e la sta spingendo inesorabilmente verso una via pericolosa, oscura e solitaria.
«Sono qui.» Mormora Radish con un filo di voce, sperando che possa sentirlo chiaramente malgrado non si sia ancora ripresa del tutto. E Sherry lo sente, ritrovandosi così a mordersi la lingua per non rispondere, perché altrimenti gli direbbe che lo sa, ma che non vorrebbe.
Ti farà del male…
Serra la mano libera a pugno, conficcandosi a sangue gli artigli nel palmo. Quella maledetta frase le risuona nelle orecchie per l’ennesima volta, malgrado non sia mai stata detta. È il suo lupo, avvolto dalla paura, a sussurrarglielo continuamente, e lentamente sta cominciando a convincerla che sia vero.
Perché anche il lupo sa chi era Radish, cos’ha fatto nel suo passato, non lo scorderà mai, ed ora ci si sta attaccando con le unghie e con i denti, incapace di allontanare quei tragici ricordi… e cominciando pian piano a sovrapporli ai propri traumi.
Scuote la testa, cercando in ogni modo di arginare quel fiume di ricordi dolorosi e, senza neanche rendersene conto, si ritrova ferma a metà del ponte, Everett alla sua destra e Radish alla sinistra.
Voltando un poco la testa, nota che gli Spettri del Nord che erano rimasti nel loro territorio si sono radunati dall’altra parte, in attesa del loro arrivo. Sono curiosi di vederli, fremono dalla voglia di abbracciare i loro cari, ma sono anche spaventati. Non saprebbe dire, Sherry, cosa li spaventi di più: la presenza dei Sovrani del Sud e dei loro Spettri, la presenza di Radish, la cui fama ormai lo precede di gran lunga, o se hanno più paura proprio di lei. In quanti, tra tutti loro, l’hanno derisa e maltrattata? In quanti, per paura di Jäger, si sono voltati pigramente dall’altra parte quando veniva umiliata e picchiata?
Blackwood allunga con sicurezza una mano verso di lei, cercando il suo sguardo. Fiuta la sua paura, vede nei suoi muscoli tesi, i riflessi ametista nelle sue iridi d’ambra, e gli si spezza il cuore nel sapere di non poter fare niente di davvero concreto per aiutarla, e neanche per aiutare Everett. L’unica cosa che sa di poter fare, è quella di alleggerirli un po’, occupandosi al meglio anche dei loro Spettri finché non avranno chiarito. Dovresti parlare con tuo marito, Superstar. Continuando su questa via, la situazione si farà solo più difficile… e di certo non merita il tuo silenzio.
Sherry, dopo secondi che sembrano ore, si volta verso di lui, sorridendogli nel modo più cordiale e dolce che può, ed allunga poi la mano a sua volta, stringendo con decisione quella del Re, per poi chinare un poco la testa e, una volta mollata la presa, fargli cenno col braccio di proseguire. Un gesto importante il suo, che mai prima d’ora uno Spettro del Nord aveva compiuto per uno del Sud, e viceversa. Un gesto che sta ad indicare il crollo del loro invisibile muro, che segna chiaramente la loro alleanza: d’ora in poi, ogni Spettro potrà liberamente superare il ponte ed interagire con gli Spettri dell’altro Territorio.
Con un sorriso entusiasta, Blackwood prende sottobraccio Nike e s’incammina, venendo seguito a ruota da tutti gli altri. Dio solo sa quanto ha fantasticato in tutti quegli anni, quanto la curiosità di scoprire sulla propria pelle cosa ci fosse dall’altra parte lo abbia divorato. Everett e Leila gli avevano mostrato tante cose, talvolta lei gli aveva portato pure dei fiori che crescono solo da solo, ma non è mai stato abbastanza. Voleva sentire quel freddo sulla pelle, voleva che gli entrasse nei polmoni e gli mozzasse il fiato. Voleva vedere le strane creature che vi abitano, fiutare tutti quei nuovi odori. Voleva scoprire, esplorare e, non da meno, voleva vedere fino a che punto le loro culture potessero mescolarsi.
Radish, per quanto in genere restio alle effusioni in pubblico, per una volta vorrebbe anche lui comportarsi come fanno le coppie normali e prendere a sua volta a braccetto Sherry, accompagnandola in quello che sa essere un cammino doloroso, sostenendola e abbracciandola con forza quando, sa anche questo, i ricordi si faranno troppo dolorosi, ma lei non glielo permette. Rimane con le braccia rigide lungo i fianchi, e, seppur con movimenti minimi, gli lascia capire anche che non gradisce alcun genere di contatto fisico.
Cerca quindi lo sguardo di Everett, per provare così a capire se questi gesti debbano preoccuparlo più di quanto non stiano già facendo, ma pure il maggiore pare in qualche modo assente, perso in un mondo lontano.
«Non adesso, Radish.» Lo riprende sottovoce Darko mentre lo affianca, lasciandogli intendere solo con uno sguardo che è meglio che aspetti di essere loro due da soli.
Il freddo comincia a farsi pungente, malgrado siano nella stagione calda. Non è infatti insolito che, anche in questi periodi, le temperature di tanto in tanto rasentino o scendano sotto lo zero, come in questo caso.
Si sente sempre più irrequieto, Radish, e stavolta non è solo colpa del turbinio di emozioni di Sherry. Sono i loro sguardi invadenti, il loro provare ad avvicinarsi per poterlo osservare più da vicino, i loro mormorii, ed un poco anche il loro chinargli rispettosamente la testa quando incrocia i loro sguardi. Non tutti loro gli danno l’idea di essere unicamente rispettosi, poiché decisamente non sono poche le giovani che accennano appena il gesto e poi incatenano di nuovo gli occhi nei suoi, sorridendogli languidamente e, talvolta, facendogli l’occhiolino.
Per quanto consapevoli che sia il compagno della Regina, ormai tutti sono abituati all’idea che il Re vada a letto con chiunque lo aggradi, e non sono rari i casi in cui concepisca qualche bastardo. Inutile dire che in molte farebbero a pugni per accaparrarsi le sue attenzioni, inconsapevoli di quanto questo potrebbe indispettire la nuova Sovrana.
A Radish decisamente non piace questa piega, non tanto perché quelle ragazze rischiano di prendersi delle sonore bastonate sulle gengive, quanto per il fatto che Sherry potrebbe rigirarsi anche contro di lui. In fondo già lo ha fatto in passato, spinta dalla gelosia e dalla paura di perderlo, e visto quanto è tesa e nervosa in questo momento di certo non lo sorprenderebbe affatto. In ogni caso, è sicuro che riuscirebbe a ferirlo in ogni caso.
Non sarà però l’unico a ricevere attenzioni indesiderate. Le gesta di uno Spettro in particolare, infatti, si sono diffuse a macchia d’olio tra i lupi del Nord, e adesso non sono certo poche le signorine interessate alla mercanzia.
«Tu devi essere il Segugio che ha sparato a Jäger…» Cinguetta una, sorridendogli con aria seducente.
«Certo che è lui, non riconosci i capelli?» Tuba un’altra, tentando di avvicinarlo maggiormente.
«Non ho mai visto qualcuno con un simile vello… ti va di mostrarmelo più da vicino?» Flirta una terza, passandogli lentamente una mano tra i capelli bicolore e portandoglieli tutti all’indietro.
Major, pur non essendo nuovo a ricevere certe attenzioni, indietreggia dapprima col busto, per allontanarsi dal non desiderato contatto fisico, ed infine tenta di allontanarsi di un paio di passi con le mani protese in avanti per farsi da scudo, continuando a ripetere di essere già felicemente impegnato.
Le signorine però non demordono neanche per idea, e quindi continuano la propria avanzata. A nessuna di loro interessa assolutamente che abbia già una compagna, soprattutto perché non vedono neanche l’ombra della cicatrice che dovrebbe sfoggiare un maschio realmente impegnato, ma a far loro da scudo invalicabile ci pensa Becca, che si piazza a braccia conserte di fronte a Major, sfoggiando poi un’espressione così truce da ammutolirle all’istante. Subito dopo prende Maddox per un braccio e se lo tira vicino, giusto per mettere ben in chiaro che, se non vogliono farla incazzare sul serio, dovranno tenersi ben alla larga anche da lui.
«Mia Regina…» Una Cacciatrice Omega, con il cuore che le batte con violenza nel petto per l’emozione, si avvicina cautamente a Sherry, porgendole su un piatto leggermente sbeccato un trancio di carne fresca che le aveva precedentemente preparato. Non sono in pochi quelli che sono pronti ad accogliere lei e tutti gli altri con dolci leccornie, ma lei ci teneva davvero a donarglielo di persona, soprattutto dopo ciò che ha sentito mormorare in giro.
Sherry, non poco frastornata, ci mette qualche secondo per girarsi, e i suoi occhi appaiono di colpo come assenti mentre fissa la pietanza.

«Ehi, Bree! Guarda un po’ cos’ho qui!» Ti mostro con orgoglio il trancio di carne che mi è stato dato, e tu sgrani gli occhi per lo stupore.
È vero, è solo un chilo e non è evidentemente il taglio migliore… però, ehi, è cibo vagamente fresco! Se ti impegni un po’ puoi ancora sentire l’odore del sangue. Se ti impegni un po’ tanto, ecco, però lo senti, dico davvero!
«Dove lo hai preso?! Come?!»
Dove? Come? Beh… non è una bella storia, Bree. Non lo è per niente. E sai cosa significa? Che stanotte non chiuderò occhio.
A quanto pare, dei randagi hanno avuto il coraggio di avvicinarsi all’ingresso della tana, e a Mezcal non è andato molto a genio. Sembravano stremati, davvero… erano un adolescente e un cucciolo, erano rimasti soli. Lassù si ammazzano facilmente quanto i nostri, sai? Ed è stupido, perché loro lo fanno giusto per una questione territoriale, non perché muoiono di fame. Come avrebbe detto Luke, fanno a chi ce l’ha più lungo!
Dio… mi sta passando la fame. Questo pezzo di carne ricorda in modo atroce quello che hanno strappato dalla sua schiena quando si è permesso di difendere quel poco che i suoi genitori erano riusciti a racimolare…
«A quanto pare ho lavorato bene. Mezcal mi vuole più in forze per la prossima volta.» E non guardarmi così! Se non ti racconto i dettagli, è solo per non spaventarti. Non hai idea di quello che molti vorrebbero fare a voi Mezzosangue.
«E quella ferita all’orecchio te la sei fatta nello scontro?»
Sì, come no. Se contro un randagio mi procurassi una ferita del genere, stai pur certa che Mezcal non mi darebbe da mangiare!
Sai qual è la cosa assurda? È che non gli avevo fatto assolutamente niente. Niente, Bree, NIENTE! Stava passando con i suoi, io ero di lato e mi sono accucciata subito a terra. Non l’ho guardato neanche di striscio, perché so quanto lo detesta. Lui stava parlando con uno dei tuoi fratellastri quando di colpo ZAC! Un’artigliata nell’orecchio. Dovevi sentire come rideva, subito dopo!
«Mangia, forza. Non vorrai mica schiattare e lasciare a secco le zecche?» Sta tornando il vero freddo, Bree. Se non ci sforziamo di tenerci in forze, non vedremo la nuova stagione.
Non ho ancora capito come portarti via da qui… ma sono sicura che ci sia un modo. Tu ascolti sempre tutto e tutti, non hai sentito niente che possa aiutarci almeno un pochino?
«Vieni via da lì, Sher. Sai che è bene non farsi vedere, se non si vuole attirare compagnie indesiderate.»
Dobbiamo andarcene, Bree…


Per un istante, solo uno, le pare quasi di avvertire realmente quel freddo mortale, quelle che le spingeva a rannicchiarsi in gruppi per superare la notte, ed anche le fastidiose punture dei parassiti, che puntualmente tornavano fin quando non hanno compiuto gli otto anni ed il sangue ha cominciato a diventare per loro poco invitante, tanto da fare da repellente naturale.
In ultimo, ma non meno importante, avverte di nuovo quel dolore accecante all’orecchio. Le pare quasi di sentire il rumore dell’aria che viene spostata con violenza, della carne che viene squarciata, e con essa l’odore del sangue che le colava sulla mascella.
«Ti ringrazio…» mormora con un filo di voce, abbozzando un lieve sorriso «Ma non ho appetito, al momento. Quel ragazzino, invece, ha l’aria affamata: dallo pure a lui.»
Il piccolo pare illuminarsi, come un bambino la mattina di Natale. In quei giorni ha mangiato tanta di quella carne da convincersi di essere morto ed andato in Paradiso, poiché per lui era impossibile anche solo pensare che al mondo ci fosse così tanto cibo.
Radish, alle sue spalle, la osserva attentamente, sforzandosi di immaginare cosa le stia passando per la testa, cosa stia rivivendo. Le emozioni che percepisce gli stanno facendo provare un tale senso di impotenza, angoscia e smarrimento da riuscire quasi a stordirlo, ma la vicinanza di Mordecai, in fuga dalle poco gradite attenzioni di Rose, gli permette di potersi concentrare su altro.
I lupi del Nord, i suoi lupi, si stanno ricongiungendo alle proprie famiglie, perdendosi in dolci effusioni con le compagne e, soprattutto, in soffocanti abbracci con i propri piccoli. Non sono poi in pochi quelli che richiamano a gran voce i Sudisti con i quali hanno stretto una tiepida amicizia, così da poterli presentare e farli interagire.
Bravi, continuate così. Toglierete un bel pensiero alla vostra Regina… e a me.
«Cos’è quell’affare?»
Volta pigramente la testa verso Glover, notando poco più in là una recinzione di metallo scuro, che ad un primo impatto gli pare quasi una specie di recinto per il bestiame o, maggiormente, per gli equini. È evidentemente in disuso, un poco consumato dal tempo, e il cancello è lasciato aperto.
Non è però questo ad attirare realmente la sua attenzione, quanto l’imponente struttura che si erge tetramente a qualche chilometro di distanza. È un’opulenta magione dallo stile bizzarro, un misto tra il rinascimentale e il gotico, composto da pietra lavica, marmo nero, bronzo e alabastro rosso. È imponente, tetra, con quei colori scelti unicamente per contrastare con il bianco che la circonda e per richiamare il colore del sangue, e ad ogni secondo che passa a guardarla si sente sempre più a disagio, infastidito. Di certo non potrei abitarci. Non so neanche se riuscirò a dormirci stanotte!
Darko, in completo silenzio, lo avvicina e segue poi il suo sguardo. Lui c’è cresciuto, là dentro. È cresciuto tra quelle mura, ha corso e giocato per quei corridoi, ha dormito in quei letti, è scappato da quelle finestre. Quanti strani nascondigli trovavano, lui e Mezcal, per rimpiattare i propri bottini umani? Quante ricchezze sono riusciti a nascondere in quelle pareti, così che Maekhong e Cesira non glieli sequestrassero? Il principe del Nord non doveva avere niente a che fare con gli umani, non aveva bisogno delle loro cianfrusaglie, e lo stesso il suo futuro Beta… ma loro le volevano troppo, e così nascondevano tutto quanto.
Mi domando quanto sia riuscito a trovare quel pazzo… peccato per lui che lì ci nascondessimo solo le cose piccole! Chissà a quanto ammonta il vero malloppo?
Si lascia andare ad un lieve sorriso a quel pensiero, domandandosi come gli esseri umani non si siano mai resi conto che due ragazzini si intrufolavano nel cuore della notte in musei e quant’altro per portarsi via le opere più preziose, lasciando sempre delle fedelissime riproduzioni fatte dai loro amici più stretti. L’uomo è indubbiamente intelligente, ma manca di troppe capacità necessarie per sbaragliarci. Quasi, quasi mi ributto in quel ramo. A Bree potrebbero far comodo dei soldi in più.
Darko e Sherry però non sono gli unici alle prese con i propri pensieri e i propri ricordi. Per quanto infatti Everett si fosse ripromesso di non farsi toccare da essi, di non farli uscire dall’angolo dove li aveva rinchiusi, non riesce a rimanere immune alle emozioni che quel recinto maledetto recinto gli scatena dentro. In fondo è proprio a quello che sono legati i più bei ricordi della sua prima infanzia. A lui, e a ciò che un tempo conteneva: gli Tsagon.
Se per un essere umano — o un Saiyan, o qualsiasi altra creatura — gli Spettri potrebbero essere la più nobile e fiera delle cavalcature, con quei loro muscoli possenti, la stazza imponente e lo sguardo orgoglioso, per un qualsiasi Spettro del Nord sono gli Tsagon. Corpi  di quasi due metri al garrese, lisci e scolpiti di colore grigio-bianco, con otto lunghe e possenti zampe, le cui quattro anteriori dotate di artigli retrattili di quasi quindici centimetri, lunghissimi filamenti setolosi simili al palladio per criniera, lunghissima coda piatta capace di stordire l’avversario con un colpo, muso leggermente uncinato con lunghe e sottili orecchie d’ebano, e due grandi e brillanti occhi color smeraldo. L’unico tratto che diversifica i maschi dalle femmine è la punta della coda, che per i maschi, invece di mantenere la solita colorazione grigio-bianco, è di un rosso brillante. Più il colore è vivo e acceso, più l’esemplare risulta in salute, fatto che gli permetterà di attrarre un numero maggiore di partner durante la stagione degli amori.
Sono creature con un temperamento mite una volta addomesticati, e si lasciano cavalcare solo da una persona per tutta la loro vita, ma il problema sta nell’avvicinarli: con i loro artigli sono capaci di staccarti un braccio con un solo colpo, ed una volta saltato in groppa sono capacissimi di sbalzarti a lunghe distanze, spesso colpendoti a mezz’aria con la coda. Ed Everett questo lo sa benissimo.

Darko dice che non è vero che siete voi a sceglierci, ma che ci scegliamo entrambi, come gli innamorati.
Tsk, mi pare una grandissima stronzata. Un po’ come innamorarsi: è una stronzata! Perché mai legarsi tanto a qualcuno? Renderebbe solo deboli.
Però voglio uno di voi. Voglio riuscire a stare sempre in groppa ad uno di voi, galoppare in quelle lande dove nessun’altra va mai… voglio avere qualcosa che sia solo mio, per una volta.
«Ah-Ah! Stavolta non mi batti!»
«Tu dici?!» Guardati, Baileys! Dove pensi di andare? Non riesci neanche a metterti seduto! Fai appena in tempo a saltare dalla recinzione che subito ti allontanano con la coda! Strano però, non sembrano volerti uccidere. Che si siano resi conto che sei solo un cucciolo? Mi sembra strano. Darko dice che non si fanno scrupoli pur di difendersi. Un po’ come noi, immagino.
Vabbè, non ho tempo da perdere dietro a questi pensieri. Devo trovare il mio Tsagon e domarlo. Ma quale scegliere? Mi sembrano tutti uguali…
Forse tu potresti fare al caso mio. Te ne stai da una parte ad osservare gli altri, ed hai tutta l’aria di uno disposto a tutto pur di non farsi mettere sotto, pur di sopravvivere. Insieme a me non ti toccherebbe più nessuno, sai? Saresti lo Tsagon del futuro Re del Nord, nessuno potrebbe più toccarti.
Da come mi guardi, sembreresti aver capito qualcosa. Sembri quasi riflettere sui pro e i contro, valutare tutte le opzioni, ma Darko dice che non siete così intelligente, quindi è più probabile che sei semplicemente sulla difensiva.
Lui non vi trova interessanti. Secondo lui sono più divertenti quegli altri bestioni perché hanno più forza fisica, ed è quindi più stimolante provare a rimanere su di loro. Non capisco perché, però: basta guardarvi per capire che siete voi i migliori.
Beh, non importa, non ora, perché ho scelto te, Tsagon solitario. Sarai tu il mio destriero, d’ora in poi. Tutto adesso sta nel fartelo capire…
Va bene, conosco le basi per la doma, posso farcela. Per prima cosa è necessario avvicinarvi guardandovi dritto negli occhi, e questo non mi pare un problema, soprattutto perché gli altri si stanno allontanando.
Secondo passo: riuscire a confondervi e saltare velocemente per salire in groppa. Beh, non mi pare difficile… così come mi pare che tu me lo stia lasciando fare. È un gioco, forse? Una prova? Pensi forse di potermi prendere in giro? Sappi che non sono un cucciolo come gli altri, io!
«Everett, smettila di fare l’idiota!»
Non ora, Darko. Non vedi che sto lottando per rimanere in groppa a questo demonio? Da lì non puoi capire la forza che sta impiegando per disarcionarmi. Mi sa che dopo avrò male alla schiena, al collo e pure alle chiappe!
Se non mi rompo il bacino questa volta, non me lo romperò mai.
«Lascialo fare.»
Guardami, padre! Guardami! Sono in groppa ad uno Tsagon da quasi due minuti! Non cado, vedi? Chi altri, alla mia età, ci riesce, eh? Guardami, padre! Guardami!
«Ma se cadesse—»
«Imparerebbe la lezione.»
Come imparerei la lezione? Non ti importerebbe se mi facessi male? Tu stesso ti facesti davvero male, da piccolo, Darko me l’ha detto. Non t’importerebbe se anche io mi facessi male come te? Se mi rompesse quasi tutte le costole, una spalla, un braccio ed un paio di vertebre?
Conto davvero così poco, padre?
CAZZO!
«EVERETT!»
Tranquilla, madre. Non fa così male…
Immagino che sia stato un bello spettacolo, considerato quanto sta ridendo Mezcal.
Non riesco a rialzarmi, non sento più la solita forza nelle braccia. La testa mi gira da morire, lo stomaco si ribalta completamente e sento che potrei vomitare da un momento all’altro.
Tutto questo sangue… è mio?
«Visto? Non si è fatto niente. La prossima volta vedrai che non cadrà più.»
Hai ragione, padre. La prossima volta cavalcherò lo Tsagon che ho scelto davanti a te, ti mostrerò di esserne all’altezza, e non cadrò mai più. Credimi, padre: non ti darò più la possibilità di ridere di me!
«Ancora tutto intero?» È forse preoccupazione quella che sento nella tua voce, Darko? Ohhh, andiamo! Da quando ti preoccupi? Di sicuro non quando mi prendi a calci.
«Se non ho la testa divisa in due, sì.» Mentre tu mi aiuti a rialzarmi, io continuo a fissare te, mio Tsagon. Per stavolta hai vinto, te lo concedo, ma domani mattina vedrai che non mi butterai giù!
Sembri divertito… era una prova, questa? Volevi assicurarti di essere stato scelto dallo Spettro giusto? Si capisce che non sei come gli altri, che sei diverso e speciale. Volevi qualcuno che potesse comprenderti? Qualcuno che non si arrendesse di fronte alla tua forza? Qualcuno che ammirasse il tuo isolarti dagli altri? Beh, eccomi qui! Sono tutto tuo!
Ehm… come ti chiamo? Non lo so… ma stai pur certo che per domani di avrò trovato un nome adatto a te!
«Andiamo, cucciolo. È l’ora di fare sul serio.»
Beh, mi sono aperto la testa in due, direi che ho già fatto sul serio. Perché in questi ultimi giorni mi alleni tanto di più, Darko? C’è forse qualcosa di particolare in programma?
Dio, quanto non ho voglia oggi… vorrei solo stare col mio Tsagon.
Ehi, ma che Diavolo…? Brutta mocciosa, allontanati subito dal mio Tsagon! Lui è mio, chiaro? Vattene, e smettila di dargli da mangiare quelle schifezze, gli rovinerai la linea!
«Darko?» Meglio se mi concentro su di te, va’, che sennò la spezzo in due a quella stramba. Sai cosa dice agli altri cuccioli? Che gli umani non sono male, che non sono troppo diversi da noi! Quella è tutta matta… non rimbecillirà mica il mio Tsagon con le sue scemenze?!
«Che c’è?»
«Se fossi morto, dici che si sarebbe dispiaciuto?» Beh, puoi anche non rispondere, non importa più. La tua espressione parla da sola. Ma sai cosa? Non gli darò questa soddisfazione!
Conquisterà il mio Tsagon, diventerò il migliore in tutto, e lui potrà solo guardarmi con timore e rispetto quando gli aprirò la gola.


Decise di chiamarlo Crono, come il mitologico signore dei Titani. Lo trovava un nome adatto a lui, così fiero e possente, ma non ha mai avuto la possibilità di comunicarglielo. In realtà, non ha proprio più avuto la possibilità di vederlo.
Il giorno dopo averlo scelto, infatti, sarebbe stato il suo terzo compleanno, e per lui arrivò inevitabilmente il momento di iniziare il suo vero allenamento. Quando poi riuscì a fare ritorno, sorprendendo tutti quanti per il poco tempo impiegato e per le vittime che si lasciò alle spalle, scoprì con dolore che forse a suo padre sarebbe dispiaciuto se fosse morto, perché, in sua assenza, lo Tsagon che si era scelto e che l’aveva disarcionato era finito sulla sua tavola.
Quel recinto vuoto e dimenticato adesso non fa altro che ricordargli quel brevissimo momento di felicità, quando trovò qualcuno che, agli occhi di un bambino di soli tre anni, poteva comprenderlo perché simile a lui. Il solo ricordo di quegli occhi smeraldo che lo fissavano intensamente, che lo sfidavano a domarlo, gli fanno battere un poco il cuore, per poi pugnalarlo dolorosamente.
Per un brevissimo istante sente che potrebbe vomitare, tanto è forte ed improvviso quel dolore antico, ma è giusto un istante.
Respira a fondo con il naso e drizza maggiormente la schiena, mentre lo sguardo gli si indurisce involontariamente. Deve mantenere la calma, altrimenti potrebbe non avere le capacità di occuparsi di chi, forse, ha traumi ben peggiori dei suoi.
Rivolge quindi lo sguardo a Sherry, trovandola intenta ad avanzare con sguardo vuoto. Lui, al contrario di Radish, non ha bisogno di alcuno sforzo per capire a cosa stia pensando, perché la maggior parti di quegli strazianti eventi li ha visti di persona. Quante volte ha silenziosamente fatto sparire qualcuno che le aveva mancato di rispetto o l’aveva attaccata? Quante volte ha immerso il muso nel sangue per vendicarla e difenderla? Non che ne avesse realmente bisogno, poiché capace di difendersi a dovere praticamente da tutti… ma quante volte transitava casualmente sulla via di Jäger per farlo smettere, per indurlo a cambiare strada? Quante volte ha dato parte del suo cibo a chi si occupava di lei, così che non morisse di fame? Lei non lo ha mai visto, non sospettava assolutamente di nulla, ma adesso sa che i suoi interventi sono stati a dir poco decisivi.
Ma adesso come può difenderla? Non ha accesso alla sua mente, non ha modo di estirparle quei dolorosi ricordi. Può solo provare a lenire quel dolore standole vicino, aiutandola al massimo delle sue capacità lungo questo nuovo percorso, ma sa bene che non sarà sufficiente. L’unica persona che potrebbe realmente fare la differenza, che potrebbe realmente calmare il suo cuore in subbuglio, è solo Radish, ma lei non vuole dargli ascolto. Non costringermi a farlo per te, Sherry.
La ragazza, dal canto suo, lascia che tutti quanti la sfiorino mentre avanza, continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Un numero angosciante di volti le passano davanti agli occhi come un fiume in piena. Volti giovani, volti allegri, volti provati, volti morenti. Erano tutti accomunati da un unico sogno: vivere un altro giorno. Per molti è un qualcosa di sciocco, forse addirittura insensato, ma loro sapevano quanto fosse alta la probabilità che la loro vita venisse stroncata in qualsiasi momento, quanto fosse probabile che chiudessero gli occhi e poi non li riaprissero mai più.
Rivede il volto di Olivia. Era così gentile, la piccola Olivia…
Il più delle volte si rannicchiava contro la sua schiena durante la notte, così da provare a scaldarsi. Ricorda che si metteva spesso e volentieri una sua ciocca di capelli attorno alla gola, quando il freddo diventava insopportabile.
Era gentile, la piccola Olivia… troppo gentile, incapace di farsi rispettare, di reagire sul serio, di non farsi portare via ciò che si era guadagnata.
Era una fredda mattina di fine Agosto quando svegliandosi Sherry la trovò morta di stenti contro la propria schiena. Aveva chiuso gli occhi per l’ultima volta, ed il suo sogno era andato in frantumi.
Rivede il volto di Sai. Era così buffo e vivace, provava sempre a far ridere gli altri. Sembrava scioccamente convinto che con una risata i loro problemi sarebbero volati via, ma la verità è che si sentiva solo e voleva farsi accettare in ogni modo. Abitava nel piccolo alloggio sopra al suo, ed ogni singola mattina scendeva in tutta fretta per chiamare lei e Bree.
Morì tentando di saltare il ponte. Non riusciva più a sopportare gli abusi, la fame ed il vuoto lasciato dai suoi genitori, così decise di andare a cercare fortuna in superficie. La freccia di Daryl però fu più veloce, e lo trafisse al ventre prima che riuscisse a saltare. Sherry lo vide da lontano mentre precipitava in basso, urlando con una disperazione tale che non riuscì più a dormire per i giorni seguenti. Fu solo la volontà di portare avanti il proprio sogno, quello di vivere un altro giorno, se alla fine si convinse a dormire di nuovo.
«Ti prego, aspetta!»
Ricorda anche Brigitte. Quanto era carina… Bree aveva una cottarella per lei, lo ricorda bene. Era tanto carina quanto avventata però, e la sua ossessione di sopraelevarsi a tutti loro l’ha portata a compiere un errore madornale.
«Sherry, aspetta!»
Successe ad una ventina di chilometri da dove si trova adesso, nei pressi del territorio di caccia che Jäger spesso occupava con i suoi. Sherry andò lì per vedere se per caso ci fossero degli avanzi in giro — che lasciassero incustodito a lungo il territorio, infatti, era anche più improbabile —, e sentì le sue grida. Non era decisamente al massimo della forma, e Bree, che l’aveva voluta seguire ad ogni costo, stava anche peggio, ma decisero comunque di dare un’occhiata, alle volte si fosse trattato di qualcuno semplice da battere.
Non lo era. Anzi, non lo erano.
Glielo avevano detto chissà quante volte di tenersi alla larga da loro, che mai e poi mai avrebbero nutrito abbastanza interesse per un Segugio dei bassi fondi, ma Brigitte non li ha mai ascoltati, e loro due si sono ritrovate a vedere il frutto dei suoi sforzi.
Tra i sei che le erano addosso, riconobbe solo il volto di Bruce, uno tra i più grandi nel piccolo branco ed anche uno dei più ossessionati da Jäger. Il bel volto di Brigitte, invece, non riuscì a vederlo. Riusciva solo a sentirne le urla e i lamenti di dolore.
Di lei, alla fine, non rimasero che dei brandelli…
Con lo stomaco che le si ribalta al ricordo di quel fragile corpicino dilaniato da quelle bestie, qualcuno le afferra con decisione un polso, pentendosene però subito dopo ed indietreggiando goffamente davanti al suo sguardo.
«Io… io non— non so se ti ricordi di me, Sherry…» È una donna poco più grande di lei, con dei brillanti capelli biondi lunghi fino alla vita e dei dolci occhi castani resi lucidi dalle lacrime mal trattenute. È per la lunga cicatrice lungo la linea della mascella se la riconosce, facendole così ricordare l’ennesimo brutto momento vissuto nelle sue stesse terre.

«Guardate come si dimena, la stronza!»
Ho sentito le tue parole per puro caso, ed ora non riesco a distogliere lo sguardo. Non conosco quella ragazza, ma come potrei? È umana, lo capisco dall’odore del suo sangue terrorizzato.
Non posso fare a meno di provare una pena infinita per lei. Cosa vi ha fatto? Cosa vi può mai aver fatto?! Ha rifiutato le vostre attenzioni? Ha capito che siete bestie dell’Inferno ed ha preferito la compagnia dei ragazzi della sua specie? COSA?!
Non la smette di scalciare, mentre tenta disperatamente di non lasciarsi invadere la gola dall'acqua e soffocare come un topo.
Cosa vi ha fatto? E voi, là della guardia, perché non intervenite? Dannazione, guardateli! La stanno affogando! Perché non fate qualcosa?! È una fottutissima umana, e questa non è una caccia! Questo è un gioco sadico e perverso, perché non fate qualcosa?! Papà Spettro non vuole che li uccidiamo, che li schiacciamo come insetti. Perché non fate niente?!
«Ehi, ragazzi, abbiamo compagnia.»
Pensate di farmi paura? Voi, miseri scarafaggi, pensate davvero di spaventarmi? Tsk… ho a che fare col Diavolo in persona da sempre. Pensate forse di essere più spaventosi?
Dolore vicino all’occhio.
Umido.
Caldo.
Il dolore sparisce.
Il calore rimane.
C’è un sasso, vicino al piede destro.
La vostra amica, da quella sporgenza, mi ha tirato un sasso. Sicuramente mirava all’occhio, ma è evidente che abbia ancora molto da imparare.
«Vattene, bastarda! Questa è roba nostra!»
Non posso salvarti, ragazza. Se anche riuscissi ad ucciderli tutti, tu non usciresti comunque da qui. C’è però una cosa che posso fare per te, anche se mi rendo conto non sia molto. Mi basterà questo sasso spigoloso. Spero che tu, ovunque andrai, potrai apprezzare il gesto…
«Brutta stronza!»
«Le hai trafitto il cuore, maledetta! Ora non è più divertente!»
Già, ora non è più divertente… ma quando lo è stato?


Non fu certo l’ultima volta che se si rigirò contro. In genere aspettava il momento più propizio per infierire in qualche modo, e le si teneva poi alla larga quando non era in compagnia della sua cricca. Faceva parte dei giovani lupi di alto lignaggio, e non erano in pochi i ragazzi che le davano attenzioni. Guardandola adesso, però, Sherry capisce che quelli sono solo tempi andati, e che negli ultimi anni non ha contato niente.
La fissa dritto negli occhi, cercando di ritrovare la sua arroganza, riuscendo però a scorgere solo una profonda angoscia. La teme, è evidente, ma Sherry capisce in pochi secondi quale sia la reale fonte di tale timore.
«So di non essermi comportata bene con te, Sherry… mi dispiace, io—ti supplico, ti scongiuro! Loro non c’entrano niente! Ti prego! Apophis li avrebbe uccisi non appena venuti al mondo, almeno tu dammi la possibilità di crescerli!»
Apophis aveva assunto il vizio di sbarazzarsi dei bastardi che disseminava in giro in modi creativi, fantasiosi e sorprendentemente macabri, e non erano rare le volte in cui eliminava pure la madre dopo essersi divertito. Aveva una specie di harem in realtà, ma erano davvero poche le ragazze che si offrivano volontariamente a lui. Lei, per quanto da piccola avesse provato un tiepido sentimenti nei suoi confronti, non era tra quelle, ed ha passato gli ultimi due mesi nel terrore di vederlo arrivare nella sua piccola tana per sbarazzarsi anticipatamente di tutti e tre.
Sherry è a conoscenza di questa sua abitudine, sia perché era riuscita ad azzannarlo, sia per il fatto che queste sono il genere di voci che si spargono più in fretta, e adesso non può fare a meno di chiedersi non tanto che genere di Spettri stanno crescendo nel suo grembo, tanto come reagirà una volta che verranno al mondo. Se non li accettasse e li uccidesse? Non le andrebbe certo bene. Se invece li scartasse e basta? Qualcuno sarebbe disposto a prendersi cura dei figli bastardi di un demonio come Apophis?
«Ti prego…»
Spera di non sbagliarsi, lo spera davvero, ma da come si avvolge la pancia con le braccia, da come piange e supplica per loro, le pare di capire che l’idea di separarsene non l’abbia mai sfiorata.
«Da quanto non dormi? Non dovresti affaticarti troppo.»
«Ehm— I-Io—»
«Vedi di farti una dormita. Quando avrò un compito adatto a te, ti manderò a chiamare.» S’incammina di nuovo, inconsciamente diretta verso l’unico luogo che dovrebbe solo evitare.
«Posso tenere i miei bambini?» Domanda con voce sorpresa la donna, mentre nuove lacrime le rigano le guance. Non riesce a credere che le stia davvero dando la possibilità di scegliere, che stia affermando di fronte a così tanti testimoni di voler lasciare in vita i figli di un uomo che tanto odiava. Se fossero stati i figli di un nemico di Jäger, o anche solo di una persona che a pelle non gli andava particolarmente a genio, non avrebbero avuto neanche una minima possibilità.
«È una tua scelta, lancia pietre.» E con queste parole, che un poco la fanno rabbrividire, Sherry si allontana definitivamente da tutti loro.
Non vuole vedere nessuno.
Non vuole sentire nessuno.
L’unica cosa che sente di volere, adesso, è di isolarsi dal mondo intero proprio come da ragazzina, quando tutto diventava troppo da sopportare e lei si rifugiava in qualche angolo, con la vana speranza che almeno qualcosa si sistemasse.
Ma lei sa bene che niente si sistemerà, stavolta. Non c’è più nessuno a minacciare la sua incolumità, non c’è più nessuno da temere, da respingere o uccidere. La sua parte razionale lo sa, e tenta di convincere anche la parte istintiva. Glielo urla con forza, prova disperatamente a farglielo capire, ma questa non ascolta, non ci riesce, e, seppur a fatica, continua a far sentire la propria voce, instillandole il dubbio e la paura.
Ti farà del male. Sai che è così. Sai chi è. Ti farà del male, lo farà senza neanche pensarci. Loro si sbagliano. Tu ti sbagliavi, non ti saresti dovuta fidare. Ti farà del male! CACCIALO!
Si porta di scatto le mani attorno alla testa, stringendola con forza nel disperato tentativo di bloccare il flusso di pensieri, ed inconsciamente accelera la falcata. Sente in lontananza la voce di Everett, che afferma con tono affabile che ha bisogno di acclimatarsi e che lui, Radish, Blackwood, Nike e Darko, risponderanno con piacere ad ogni loro domanda.
Non credeva davvero di potergli essere ancora più grata, ma evidentemente si sbagliava.
Una scossa le attraversa la spina dorsale, su fino al cervello, folgorandola.
La gola le brucia come se ci fossero dei tizzoni ardenti nell'esofago che le impediscono di respirare correttamente. Il suo cuore vibra, le ossa le fanno male, la pelle si tende e i denti si fanno sempre più lunghi e acuminati.
Non lo controllo più!
Si butta in avanti, protendendo le braccia, e quando tocca di nuovo il suolo ghiacciato è su quattro zampe, e subito si lancia all’inseguimento di qualcosa di indefinito.
Corre senza guardare dove mette le zampe, senza sapere chi la stia vedendo, cosa possano pensare di lei. Se fosse lucida, penserebbe che in ogni caso hanno avuto Re assai peggiori di lei, che semplicemente si sta facendo una corsa nel suo territorio.
Dopo un periodo di tempo che non è decisamente in grado di definire, trova quello che il suo lupo stava ardentemente cercando: una cavità all’interno della parete rocciosa. Con i loro sensi non sono cose difficili da trovare, ed è proprio così che sanno perfettamente dove andare a scavare e quanto, ogni volta senza causare problemi.
Mettendo quanta più forza può nelle zampe posteriori, spicca un salto in alto, riuscendo ad aggrapparsi alla roccia con l’ausilio degli artigli, e da lì prosegue arrampicandosi senza particolare sforzo. Va sempre più in alto, sempre più lontano da qualsiasi possibile forma di vita e, una volta giunta all’altezza desiderata, non le ci vuole molto per aprirsi un varco.
Un tempo deve essere stata la tana di qualcuno, considerando che all’interno trova delle pesanti, vecchie e logore coperte usate come giaciglio, ed un lungo coltello un poco arrugginito.
Qualcuno deve aver avuto i miei stessi problemi… e deve anche essere stato beccato dallo Spettro sbagliato, pensa mentre osserva l’alone scuro di sangue versato sia sul suolo che sulla parete alla sua destra, ed un leggero brivido le attraversa la schiena. Il suo istinto, in fondo, non sta facendo altro che urlarle che sarà proprio quella la sua fine.


Le opzioni, per Everett, erano ormai più che scarse: o alzava le sue nobili chiappe e andava a recuperare di persona Sherry, o ci avrebbe pensato Radish. La seconda opzione non era di certo raccomandabile. Lo sapeva lui così come lo sapeva il Saiyan, che da ore è costretto a sentire a distanza quel tumulto di preoccupazione e dolore che avvolgono il cuore della sua compagna, senza poter fare niente per aiutarla, mentre la sua nuova — e non troppo gradita — posizione gli impongono di rimanere ad ascoltare ciò che hanno da dirgli tutti gli altri, così che possano un minimo conoscerlo ed abbassare le loro giustificate difese.
Ma adesso, con la luce che si fa sempre più flebile, Everett non può più aspettare, ed ha convinto Radish ad andare in quella che d’ora in poi, quando vorranno passare del tempo nel loro territorio, sarà la loro stanza.
È meglio se ci vai adesso, non pensi? Il tuo è un odore piuttosto forte e, dal momento che gli altri sono stati così gentili da cambiare le imbottiture dei mobili e la biancheria, dovrebbe essere più semplice, per te, sovrastare quel che rimane di quello di Jäger. Pensaci, Saiyan: quanto potrebbe giovarle entrare nella vostra nuova camera da letto e trovarla impregnata del suo odore?"
Non che fosse davvero necessario convincerlo, non quando pure lui pareva sul punto di una crisi — che fosse nervosa o di pianto, Everett curiosamente non avrebbe saputo dirlo —, ma si è sentito più tranquillo nell’affidargli un compito preciso. Un po’ come Radish si è sentito più tranquillo che fosse lui ad andare a gestire quello che sente bene essere un problema non indifferente.
Radish però aveva ragione solo per metà. Se infatti è sì vero che non sarebbe stato realmente in grado di gestire una simile situazione, soprattutto una volta capito dove è andata a rifugiarsi, è anche vero che pure Everett non la prenderà particolarmente bene. Non si tratta però del luogo in sé, lo stesso in cui corse ad una velocità che neanche sapeva di poter raggiungere pur di salvarla, ma per come la trova. E con cosa.
Un’ondata di rabbia lo travolge in pieno, e per trattenersi si conficca d’istinto gli artigli nei palmi delle mani, stringendo i pugni con una tale forza da farsi sbiancare totalmente le nocche. Si impone però di calmarsi immediatamente, perché arrabbiarsi adesso sarebbe quanto di più controproducente possibile.
Deve però fare qualcosa, perché questa particolare vista gli sta facendo battere il cuore in modo allarmante. Se fosse venuto Radish, penso che la situazione sarebbe davvero degenerata…
«Sherry…» La richiama con voce gentile ed un poco incerta, continuando la sua avanzata.
Lei però non si scompone, rimanendo immobile sul grosso sasso sulla quale si è appollaiata da quasi un paio d’ore, il grosso coltello un poco arrugginito stretto in una mano, lo sguardo vuoto che continua a fissare ossessivamente un particolare punto per terra.
«Tranquilla, piccola Sherry: non ti farò male.» Quelle parole lascive le risuonano nuovamente nelle orecchie, stordendola e terrorizzandola proprio come allora «Non ho intenzione di lasciare a quel rammollito di Everett la possibilità di averti per primo.»
Stringe di nuovo le ginocchia al petto, mentre con le dita della mano libera si sfiora lentamente il labbro inferiore. L’ultima persona alla quale avrebbe mai pensato o desiderato di dare il suo primo bacio era proprio lui… e invece è successo proprio il quel punto.
«Dammelo, forza.»
Pensava che le avrebbe fatto molto più male quel posto. Pensava che, in qualche strano modo, avrebbe avuto la forza di schiacciarla e annientarla, ma stranamente si rende conto che non ha più tutto questo potere. Forse era proprio lui a non avere più tutto questo potere, non dopo l’arrivo di Radish.
Stringe la mano sull’impugnatura del coltello, adirata e amareggiata dall’idea che sia stata la sola presenza dell’uomo che tanto ama a determinare il suo destino. La presa di Everett sulla sua mano però si fa più forte, costringendola a mollare la presa.
«Preferirei non vederti più maneggiare un coltello, dopo l’altro giorno. Soprattutto se sei da sola.»
Sospira forte, Sherry, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Vorrebbe davvero controbattere qualcosa di pungente e arguto, ma si rende conto di non averne alcun diritto.
«Falla finita, Ret.» Si limita a questo, sperando che capisca da solo che non vuole ancora affrontare la questione.
Il fratello, però, non è decisamente dello stesso parere. E come potrebbe? In un certo senso è riuscito a provare più paura in quel momento che non durante lo scontro. Allora sapeva che sarebbe potuta correre via e che tutti le avrebbero fatto da scudo senza pensarci un attimo, ma in quel determinato frangente tutto dipendeva solo ed esclusivamente da lei, insopportabilmente a pezzi. Non si vergogna per niente ad affermare che ha pianto, non si vergognerebbe neanche davanti a Radish, Vegeta o chicchessia.
«Come posso farla finita, dopo quello che hai fatto? Spiegamelo, forza.»
«Everett, sono seria: basta. Ho avuto un piccolo crollo emotivo, ora sto bene.»
«E io sono un docile agnellino.» Brontola a mezza bocca, lanciando il coltello nella tiepida pozza scarlatta davanti a loro. Non sono soliti disperdere le cose nell’ambiente, ma per una volta sente di poter fare un’eccezione.
«Se non la smetti, ti sacrifico a qualche divinità pagana!» Scherza prontamente Sherry, sperando di riuscire un poco ad ingannarlo e quindi calmarlo. Ma Everett non è uno che si lascia facilmente abbindolare da un dolce sorriso, di sicuro non quando è con i nervi tanto a fior di pelle, e per questo Sherry tenta un approccio diverso, più diplomatico «Il branco è tranquillo?»
«Tranquillo è un parolone, però non ci sono problemi.» Ammette con sollievo, ancora sorpreso dalla loro incredibile capacità di adattamento. Per quanto alcuni si siano mostrati poco lieti di avere uno straniero come Re e di dover interagire amichevolmente con quelli che hanno sempre considerato dei nemici, nessuno ha fatto storie. In fondo, pensa, per loro deve essere una novità troppo bella non essere governati da pazzi sadici privi di pietà e autocontrollo, quindi non si sogneranno neanche di alzare la cresta, col rischio di ricaderci. Se ce la giochiamo bene, potremmo anche pensare di togliere le tende in tempi molto brevi! «Sono molto incuriositi da tuo marito, ed un po’ anche da Blackwood. Senza contare quei Sudisti che si sono legati ad alcuni dei nostri e adesso interagiscono con le loro famiglie. Immagino poi che sia inutile dirti che quei quattro screanzati si stanno dando da fare per controllare tutto ciò che li circonda, neanche fossero dei cuccioli sotto anfetamine. Tutto sommato, però, è uno spettacolo interessante, ti divertirebbe.»
Per quanto riguarda il Quartetto, non è affatto sorpresa. Quelli riuscirebbero a trovare qualcosa di interessante ovunque, ed anche ad usarlo come nuovo improbabile passatempo in attesa di qualche nuovo stimolo, quindi era inevitabile che adesso si esaltassero così tanto. Inoltre, per quanto riesce a ricordare, i genitori di Mord e i nonni di Maj erano proprio del Nord, quindi non la sorprenderebbe sapere che si sentono particolarmente a loro agio.
In realtà, neanche la generale curiosità nei confronti di Radish la sorprende più di tanto, non dal momento che si tratta certamente della creatura più forte con la quale si siano mai rapportati, oltre ad essere l’unico ad aver mai dato una possibilità di scelta agli Omega. Per quanto potranno mai essere spaventati da te, penso proprio che si getterebbero volentieri tra le fiamme anche solo per saperti felice e fiero di loro… bel colpo, fustacchione.
«Ascolta, non voglio che ti preoccupi di niente, capito? Finché non sistemeremo questa situazione, mi occuperò io di tutto, come abbiamo già stabilito.» Afferma poi Everett, incatenando lo sguardo nel suo.
«Ti devo ricordare che sono io la Regina, qui?» Risponde a denti stretti, mentre gli occhi le si tingono del loro nuovo color ametista come ammonimento.
«E io sono tuo fratello maggiore, Sherry. Non pensare di impressionarmi così, perché con me proprio non attacca.» Controbatte senza remore, accendendo d’istinto i propri occhi per sottolineare il concetto. Se ne pente immediatamente però, perché l’ultima cosa della quale Sherry può aver bisogno adesso è proprio che le si dia contro. Ha bisogno di calma, di spazio per riflettere e capire come muoversi. Quando imparerai a darmi ascolto, ragazzina? «Hai mangiato?»
Si lascia andare ad un profondo sospiro, stufa di sentirsi porre tanto spesso la solita domanda. È vero, ha perso parecchio peso, ma ciò non vuol dire proprio niente. Ha faticato tantissimo negli ultimi tempi, non ha riposato abbastanza ed era così nervosa da arrivare a chiudersi dolorosamente lo stomaco. Chi, nelle sue condizioni, non avrebbe perso peso? Ora sarà solo questione di tempo, checché ne dica Darko!
«Prima. Qualcosa.»
«Mi pare evidente che non sia sufficiente.» Borbotta infastidito mentre le osserva il costato leggermente sporgente. Se sapesse che il branco la considera un po’ troppo gracile cambierebbe qualcosa, o peggiorerebbe solo la situazione? «Andiamo, forza. Devi mangiare e poi riposare.»
«Non—»
«Si sono dati molto da fare per il tuo arrivo, non sarebbe carino da parte tua rifiutare le loro premure.»
Colpo basso. Colpo bassissimo, veramente da carogna.
Per quanto infatti sia loro reale intenzione comportarsi al meglio con il branco, così da risollevarlo dal baratro in cui l’intero Nord è stato gettato e costretto per secoli, Everett ha suggerito — anche a Radish — di sforzarsi al massimo delle loro capacità per rendere il loro ingresso quanto migliore possibile, così da non sollevare il minimo malcontento, che non solo in futuro renderebbe le cose più difficili, ma anche — e soprattutto — darebbe ragione a troppi dubbi generali.
Sherry non ha alcuna intenzione di guardare tutti loro negli occhi e di scorgervi quel senso di appagamento per aver avuto ragione, misto alla compassione che arriverebbero a provare per lei, e per questo ha affermato con sin troppa convinzione che non avrebbe dato a nessuno anche solo un motivo per poterla paragonare ai precedenti Re. Se adesso si mostrasse troppo fredda ed indisponente nei loro confronti, si darebbe solo la zappa sui piedi da sola.
In silenzio, quindi, scende dalla roccia e s’incammina col fratello al proprio fianco, chiudendosi sul petto la lunga giacca di pelliccia che le ha appoggiato sulle spalle. Se qualcuno vedesse quanto effettivamente il suo corpo sia provato e stanco, potrebbero sorgere dubbi e preoccupazioni che davvero preferirebbe evitare.
«Pensi che riusciremo a riposare là dentro?» Domanda con voce incerta dopo una decina di minuti, continuando ad osservare l’imponente magione della famiglia reale. Aveva pensato di farla abbattere, di liberarsene una volta per tutte e di costruire per loro una diversa abitazione per le volte in cui decideranno di passare del tempo da quelle parti, ma le è stato caldamente suggerito il contrario.
Se proprio non ci vuoi abitare, potresti farla diventare qualcos’altro. Le magioni sono il simbolo della casata reale: abbattendole, abbatteresti anche ciò che esse rappresentano. Un domani forse sarà un qualcosa di attuabile, ma voi volete portare già troppi cambiamenti, ed è quindi bene che alcune cose rimangano invariate.” Sente di colpo l’insopportabile desiderio di correre da Greywind per prenderlo a pugni al solo ricordo di quello sguardo indagatore e, almeno un poco, accusatore, quasi la situazione lo riguardasse direttamente, ma la voce del fratello riesce a farla calmare.
«Sì, perché ho chiesto ad Alana qualcosa per dormire. Va preso a stomaco pieno perché faccia effetto, quindi ti toccherà mangiare.»
Sulle prime gli scocca un’occhiataccia, trovandolo insopportabilmente serio e composto come sempre, ma bastano un paio di secondi perché entrambi si lascino andare ad una risata, che finisce poi con Everett che la stringe dolcemente a sé con un braccio.
È così che vorrebbe sempre vederla, felice, allegra e quanto più spensierata possibile. È solo il suo ostinarsi a credere ad un qualcosa che lui non è certo possa accadere se non ci riesce. Non costringermi, ragazzina. Davvero, non farlo!
«Sai essere davvero odioso, te l’hanno mai detto?»
«Mh, forse qualcuno.»


Per quanto poco tempo abbia trascorso qui dentro, devo ammettere che casa mi era mancata.
Mi era mancato il letto mezzo rotto, mi erano mancati gli stupidi addobbi natalizi — che spero spariscano alla svelta —, mi era mancato il salotto pieno di gente, la cucina dove c’è sempre qualcuno ad abbuffarsi…
Mi era proprio mancato questo posto, il calore che emana, il suo odore.
Però, dannazione, c’è questo rumore di sottofondo che mi urta il sistema nervoso… e mi mette anche in uno strano stato di agitazione.
«Lo sentite anche voi?» Tanti occhi luminosi cominciano a fissarmi di colpo, neanche avessi detto la più grande idiozia del mondo. Micah infine scuote la testa in segno di diniego, guardandomi davvero come se fossi pazzo. Non me lo sto immaginando, dannazione! Lo sento, viene da lontano. Perché voi non lo sentite con i vostri stupidi sensi da lupo? Riuscite a sentire sempre tutto quanto, e ora non sentite questo… questo… non so, richiamo? Non capisco cosa sia in realtà, ma ha tutta l’aria di essere uno dei vostri richiami.
«Vado a controllare.» Già, ma controllare cosa? Non so neanche da dove provenga… e non riconosco neanche questo posto. Dov’è il bosco? Da dove arriva tutta questa neve? Mi sono spostato solo di una cinquantina di metri… dove sono finito? E da dove viene questo maledetto rumore? Dove sono finiti gli altri? Sher, dove ti sei cacciata?
Neve. C’è neve dappertutto. Solo ed esclusivamente neve a perdita d’occhio. Però non sento freddo. Perché non sento freddo? Dovrei congelare a queste temperature, no?
Ehi, Willem! Dove stai andando? Dove state andando tutti? È impossibile che non vi siate accorti di me, niente può nascondersi al vostro fiuto. Perché non mi guardate?
Non riesco a chiamarvi, non riesco a parlare. Perché non parlo? Dannazione, guardatemi! Sono qui, non mi vedete? E dove state andando così di corsa?
Aspetta… perché quelli che sono passati per primi, adesso non li vedo più? Dove sono spariti? Non c’è un posto dove nascondersi, qui… non c’è proprio niente, solo la neve.
Aspetta… cos’è questo odore? È buono… è davvero buono. È questo che state seguendo? Sapete dirmi cos’è? Cosa emana un odore del genere? Cristo… è come se mi andasse a fuoco il cervello, e il cuore mi batte così forte da farmi male. È fantastico! Ditemi dov’è, ne voglio di più!
Dal momento che non mi volete guardare o parlare, vi seguo. Da qualche parte andrete per forza, e sicuramente mi condurrete a questo odore. Non ve lo lascerò tutto a voi, ingordi bastardi!
Non ci avevo mai fatto caso, ma è davvero bello correre. Mi fa sentire insolitamente libero, come sei avessi avuto la forza di spezzare ogni possibile catena. La sensazione del vento sulla faccia, del cuore che pompa più sangue, dei muscoli che si contraggono per spingermi sempre più avanti, sempre più veloce… perché non l’ho mai provato prima?
E perché voi non mi guardate ancora? Che vi ho fatto? Dai, sono qui in mezzo a voi, come potete non vedermi?
Aspetta… come faccio a stare in mezzo a voi? Non si può semplicemente correre in mezzo a voi, non con questa facilità.
Ma che cazzo… Ragazzi?!
Non è vero. No. Non potete essere spariti. Non è possibile, cazzo! Eppure un attimo prima c’eravate, e l’attimo dopo siete spariti, dileguati, dissolti. Non ci capisco più niente… che sta succedendo? Sto forse sognando? Aspetta, che mi aveva detto Pip sui sogni? Dovrebbe essere facile da ricordare, considerato quanto poco abbiamo parlato da quando ci conosciamo…
Okay, niente panico, va tutto bene. Devo respirare, calmarmi e pensare. Cosa ha detto Pip? Quando ha degli incubi, deve riuscire a fare una cosa, e con quella cosa capisce se sta sognando… ma cosa? Cosa fa di particolare? Ricorda dei numeri, credo…
Il richiamo si fa sempre più forte, e con lui anche l’odore tanto buono… no, devo concentrarmi. Pip controlla una cosa, e riguarda anche dei numeri. Ma cosa? Dai, forza… forza… che diceva Pip? “Negli incubi in genere se ne ha uno in più”… ma cosa?! Pip, dannazione! Fatti vedere e ripetimelo un’altra volta. Solo una, dai!
DOVE CAZZO SIETE?! HO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO, DATEMI UNA MANO!
Aspetta… sì! SÌ! La mano! Devo controllare il numero delle dita, perché di solito se ne ha uno di più! Grazie, Pip, ti devo un favore.
Mh… forse non occorreva controllare il numero delle dita. Anche se non penso di poterla considerare davvero come una prova. Le dita sono sempre cinque, anche se adesso sono davvero molto diverse. Questa stranezza però potrebbe spiegherebbe perché non mi hanno calcolato: non mi hanno riconosciuto e si sono semplicemente tenuti alla larga. In fondo chi mi assicura che uno di quei quattro imbecilli non mi abbia voluto fare "lo scherzone”? In passato li ho sentiti borbottare che “sarebbe un sacco forte” chiedere a Shenron di trasformarmi per un giorno, quindi no, non è una prova del tutto accettabile.
Dannazione! Che sta succedendo? Non ci capisco più niente, e questo odore mi sta fottendo il cervello.
«Radish…»
SHERRY! Sei qui, grazie a Dio!
Guardami, Sher! Guardami! Sono io! Sono come te! Non me ne ero accorto, ma sono come te! Guardami! Sono bello, vero? Ammettilo, forza! E vedi anche di esagerare quando lo racconterai agli altri, soprattutto con River! Voglio che schiatti d’invidia sapendo quando sono bello su quattro zampe!
Ehi, perché non mi sembri felice? Andiamo, possiamo fare tutte quelle cose che fai con gli altri! Vuoi correre con me, Sher? Una bella corsa solo io e te verso quell’odore tanto buono, che ne dici? Sai, ora capisco perché ti piace tanto andare a correre, ti fa sentire così libero… ehi, dove vai? Non ti piaccio così? Non ti piace la mia idea?
«Sherry…?»
Corri via, e io corro con te, ma stavolta non mi sento più libero. Sento anzi che queste strane zampe affondano nel terreno, rallentandomi, mentre tu sembri quasi volare.
Aspettami, ti prego! Non puoi lasciarmi indietro, non a questo punto!
L’odore si fa sempre più forte, e con lui il richiamo. Mi stai conducendo lì? Hai bisogno del mio aiuto per qualcosa?
Smettila di correre così, cazzo! Non lo vedi che sto rimanendo indietro?!
Oddio… che razza di suono ho appena emesso? Dio… sembrava una bestia morente… anche se, a conti fatti, sono una bestia. Ho le zampe, la coda, il mio corpo è ricoperto di peluria nera. Mi domando come sia la mia faccia — il mio muso! — adesso…
«Aspetta, cretina!»
Oh, andiamo! Non dirmi che te la sei presa perché non ci credo. In genere usiamo vezzeggiativi assai più coloriti, e non mancano le volte in cui a letto dico di peggio. Per uno stupido “cretina” te la prendi così tanto? Okay, mi spiace, non te lo dirò più, ma adesso smettila di comportarti come una mocciosa suscettibile e viziata, e vieni qui!
Aspetta, cos’è quella nebbia? Perché è così grigia? Per caso si trova al Nord, o nelle distese ghiacciate sulla Terra? In questo caso non le avevo notate, prima… tu, però, vedi di starci lontana, okay? Non mi piacciono, hanno un che di sinistro.
«SHER!»
Ti fermi, finalmente, e ti volti a guardarmi. E, giuro su Dio, non potresti farmi più male di così. Cos’è quello sguardo? Perché mi guardi come se fossi un orribile mostro pronto a farti a pezzi? Lo so, è strano vedermi così, ma sono io! Possibile che tu non mi riconosca? Sono io, dannazione!
Mi ringhi contro, snudi le zanne, e nel frattempo indietreggi. Stai andando verso la nebbia… stai andando verso quei richiami.
So che sei orgogliosa, ma voglio aiutarti. Lasciami vedere cos’è che ci sta chiamando, cos’è che pare aver richiamato tutto il fottuto branco. Giuro che ti lascerò fare da sola, se non correrai dei rischi seri. Contro quell’altro psicopatico ti ho lasciata fare come mi avevi chiesto, no? Sai che posso trattenermi, se m’impegno!
Più avanzo, più tu indietreggi, lasciandomi comunque capire che non ti faresti problemi a saltarmi alla gola. Lo faresti davvero, bimba? Perché? Sai che non ti farei mai del male, in nessuna circostanza. Perché tu invece sembri pronta a staccarmi la testa a morsi? Che ti ho fatto?!
Quella strana nebbia ormai ti ha inglobata totalmente, e io non riesco più a vederti. Pensi forse di aver vinto? Pensi che ti lascerei andare così, senza lottare? Beh, ti sbagli di grosso! Per quanto non mi piaccia, ti seguirò anche all’interno di quella strana nebbia, e, che tu lo voglia o no, mi dirai cosa ti prende!
Perché non riesco ad entrare? La nebbia non può essere solida, no? O forse al Nord sì? No, non è possibile e basta. È nebbia, cazzo! Non un fottuto muro! E allora perché non riesco a passare? Cos’è, per caso sei tu che mi stai tenendo chiuso fuori? Non è possibile, non puoi controllare una cosa simile… però come mai sento le voci degli altri, oltre a questa specie di barriera? Perché loro sono lì dentro con te, mentre io sono costretto qui fuori?
«Mi fai entrare?»
L’odore mi sta invadendo pure il cuore, tanto è dolce e invitante. Mentre quel richiamo si è affievolito. Strano. Adesso mi sembra come… non lo so. Non riesco a capirlo. Un suono allegro, direi, come se la creatura che lo stava emettendo fosse di colpo felice, al sicuro. Chi c’è lì con te, Sher?!
«Bambolina, non è divertente. Fammi entrare!»
Se qualcuno mi vedesse adesso, dritto su queste strane zampe a graffiare con gli artigli questa strana barriera… quanto mi prenderebbero in giro? Tanto. Troppo. E non potrei neanche difendermi, perché pure io mi rendo conto che sia un’immagine esilarante.
Ma questo non conta, non ora. Voglio solo entrare qui dentro, quindi se qualcuno passasse di qui e mi vedesse, andrebbe anche bene, perché lo spingerei ad aiutarmi ad entrare. Dov’è quello stronzo di Vegeta quando mi serve? ‘Fanculo…
Ehi! Cosa stridula dietro la barriera! Lo sento che sei più vicina adesso, lo capisco dal tuo odore! Perché non mi aiuti e mi lasci entrare? Devo scambiare quattro chiacchere con quella cerebrolesa che pensa davvero di potermi seminare!
Sì, bene, così, continua ad avanzare! Però, cazzo, quanto sei lento… che fai, ti trascini tipo lombrico? Un po’ di vita, su! Muoviti e fammi entrare, veloce!
Ah, bene, ti stai decidendo ad uscire, finalmente! Basta con questa scemenza, ne ho davvero piene le palle. Vieni qui e dimmi perché ti sei comportata così. Ti prometto che non m’incazzerò, okay? So che sei stressata e tutto, così mi farò bastare una spiegazione breve, okay? Forza, ti aspetto.
E dai! Smettila di mostrarmi le zanne, cretina! Vieni qui, siediti vicino a me e parliamone da adulti quali siamo.
«Sh—»
«CAZZO!» Urla con rabbia, Radish, sobbalzando nel letto per poi issarsi a sedere, massaggiandosi con energia il fianco. Non è la prima volta che Sherry gli fa involontariamente male a causa di qualche incubo, ma è di sicuro la prima volta che, svegliandosi, non è più al suo fianco.
Si volta per cercarla nell’oscurità di quella stanza per lui tanto estranea, trovandola raggomitolata in un angolo. Lo sta fissando a sua volta, sfoggiando i suoi nuovi ed un poco inquietanti occhi, e questo lo mette un poco in allarme. Mai una sola volta lo ha guardato così, come se fosse una feroce bestia pronta ad aggredirla, neanche quando le mostrò ciò che aveva sognato che la vedeva come vittima sua e di Nappa. Come nell’incubo
Accende la debole abat-jour per poterla vedere meglio, si alza lentamente dal letto, senza mai interrompere il contatto visivo esattamente come si dovrebbe fare con un animale pericoloso, e le si avvicina poi con cautela per provare a calmarla. Ad ogni passo gli pare sempre più evidente che abbia pianto, probabilmente mentre dormiva e veniva assalita da chissà quale spaventosa realtà partorita dal suo provato subconscio, e il cuore gli si stringe nel vederla raggomitolarsi maggiormente su sé stessa. Il modo in cui stringe le ginocchia al petto, poi, è come uno schiaffo in piano volto, perché gli dà la totale certezza che teme delle ripercussioni fisiche da parte sua.
«Ehi, bambolina…» Si inginocchia a poco meno di un paio di metri di distanza, in attesa che rimetta insieme i pezzi, capisca chi ha realmente di fronte e che non corre alcun pericolo. In fondo non è la prima volta che vive un episodio di questo genere, quindi sa riconoscere la gravità della situazione ed anche come agire.
Sperava che, con la morte di Jäger, gli incubi sarebbero finalmente cessati, che non si sarebbero più dovuti trovare in questi spiacevoli frangenti e che, finalmente, avrebbero potuto dormire sogni tranquilli fianco a fianco. Lo sperava davvero, ma una parte di lui sapeva di non poterci sperare troppo.
Durante tutta questa pesantissima giornata non ha avuto altro che prove su prove che le cose non sarebbero tornare al loro posto da un secondo all’altro, che quel luogo maledetto non le avrebbe permesso facilmente di vivere in modo spensierato e felice come entrambi desiderano, e che ci sarebbe voluta pazienza e forza per non lasciarsi scoraggiare. Gli bastava vedere il suo sguardo vuoto, sentire il dolore che le stritolava il cuore… come avrebbe potuto dormire sogni tranquilli?
Un’ulteriore prova, poi, l’ha avuta proprio prima di andare a dormire.
La cena si era svolta in modo piuttosto calmo, con una moltitudine di Spettri che andavano e venivano da tutte le parti per portare loro — ed alla numerosa famiglia reale del Sud, loro ospite — doni di accoglienza, che per lui altro non erano che subdole tangenti per comprarsi la loro benevolenza. Il Quartetto, assieme a dei poveri malcapitati finiti tra le loro tossiche grinfie, sono riusciti a rimediare dei vecchi strumenti musicali, e non hanno perso tempo per provare a ravvivare un po’ la serata e strappar loro una risata. Mordecai, in particolar modo, è riuscito involontariamente a conquistarsi la simpatia di Greywind, rimbalzando Rose con una delicatezza inumana: “non sono gay, ma posso sempre imparare”. Le lacrime della ragazza, sulle prime, hanno fatto temere al trio che l’alleanza potesse incrinarsi subito, ma quando hanno sentito la risata di Greywind e il successivo “te l’avevo detto!”, hanno tirato un sospiro di sollievo, e la serata è proseguita tra una bevuta e un’altra.
Sherry gli era sembrata insolitamente distante, quasi infastidita qualora entrassero fisicamente in contatto, ma non ci ha voluto badare.
È nervosa”, si diceva, “è stanca, ha bisogno di risposare e staccare il cervello”. Così si è lasciato trascinare da quegli esuberanti Spettri che ormai davvero considera amici, così da farsi presentare a tutti quelli con cui sono riusciti a legare, tranquillizzandosi a sua volta. Di tanto in tanto le lanciava qualche occhiata, trovandola intenta a parlare con Everett, Blackwood, Nike e qualche Spettro abbastanza coraggioso da avvicinarsi a loro, e gli dava l’impressione di essere quasi in pace. Questo, decisamente, gli ha fatto male, ma non quanto il momento in cui sono andati a dormire.
La loro stanza è qualcosa che Radish neanche s’immaginava. Spaziosa quanto il piano terra di casa loro, con una mobilia assai scarsa ed un numero impressionante di pellicce di ogni genere, colore e dimensione. L’unica cosa che ha trovato vagamente allettante sono state le candele. Un numero imbarazzante di candele poggiate sul cornicione della finestra, sui comodini, su appositi elaborati candelabri, sopra al letto. Ovunque. Sulle prime ha pensato che Jäger non sapesse di avere la corrente elettrica e che non avesse idea che, con un numero tanto elevato di candele e pellicce, rischiasse di appiccare un incendio, ma alla fine ha semplicemente sorvolato.
Quando si sono trovati finalmente da soli, non ha pensato che sarebbe stato meglio darle i suoi spazi, non quando fino al giorno prima si rotolavano tra le lenzuola, e quindi l’ha tempestivamente catturata tra le braccia per potersi godere quel contatto che bramava da tutto il pomeriggio. L’ha stretta a sé, l’ha baciata lentamente e con passione, sfiorandole la schiena fino a raggiungerle le natiche, ma si è ritrovato costretto ad interrompersi quando lo ha un poco allontanato perché aveva bisogno di una doccia.
Non l’ha capita, ma si è voluto aggrappare all’idea che quel luogo l’avesse scombussolata più di quanto avesse immaginato, e così ha pensato bene di sfruttare una parte di quelle candele per creare un’atmosfera più intima, con la speranza non tanto che si lasciasse andare a dolci effusioni quanto che semplicemente gli permettesse almeno di abbracciarla senza irrigidirsi. Quando però è uscita dal bagno, ha capito chiaramente che la sua è stata solo fatica sprecata.
«Attento alla manovella della doccia. Basta un millimetro di troppo e passi o alle temperature della fusione del tungsteno, o allo zero assoluto.» Credeva che si fosse calmata, dal momento che era in vena di scherzare, ma non appena le ha sorriso e l’ha presa per un fianco per poterla baciare ancora, si è ritrovato con le sue mani premute sul petto mentre voltava la testa dall’altra parte, con una tale insofferenza nello sguardo da fargli fisicamente male.
«Non stasera. Sono davvero stanca.» Così, con da una parte la voglia di costringerla in un modo o in un altro a parlare, e dall’altra quella di implorarla di dirgli dove avesse sbagliato, quando l’abbia ferita tanto, si è semplicemente buttato sotto la doccia indemoniata e poi si è coricato al suo fianco.
Sapeva quindi che la possibilità che avesse uno dei suoi spaventosi incubi era elevata, gli sarebbe anzi sembrato strano il contrario, ma non capisce perché lo guardi così.
«Perché non torni a letto? Il pavimento non mi sembra molto comodo.» Tenta così, abbozzando un lieve sorriso che però muore nel momento esatto in cui, accecata da chissà quale timore, arriccia il labbro superiore per mostrargli i denti come avvertimento.
Una delle cose che più gli dà fastidio in questo momento — o, più in generale, in tutti questi momenti —, è che un tempo non si sarebbe fatto tanti problemi a mandarla affanculo, sbarazzandosi così di un qualcosa di evidentemente tanto, troppo problematico. Probabilmente avrebbe retto al massimo un mese, giusto il tempo di essere sufficientemente appagato sessualmente, e poi l’avrebbe allontanata dalla propria vita per sempre. Perché è difficile stare con lei. Sono tanti, forse troppi, i momenti in cui è difficile capirla, seguirla, sopportarla. Adesso, invece, non è tanto che non possa allontanarsi da lei, perché dopo ben due fughe sa bene di poterlo fare, ma è proprio che non vuole. Non vuole rinunciare a lei, a quello che gli dà in quei dolci momenti in cui le cose vanno bene, a quel futuro che sa deve ancora arrivare, a quei momenti di folle felicità che devono ancora vivere. Non vuole rinunciarci come invece ha spesso rinunciato a tante cose, perché sente che ne varrà la pena.
Per quanto vada contro alla sua indole Saiyan, decide di arrendersi di fronte ad una terrificante evidenza, ovvero che la sta spaventando e che non gli darà modo di avvicinarla, e che di conseguenza c’è solo una persona alla quale chiedere aiuto.
Ho faticato troppo per mandare tutto a puttane e vanificare ogni sforzo con qualche avventato colpo di testa!, pensa mentre esce dalla stanza, dirigendosi a grandi falcate verso la zona dove sono situate “le stanze del Beta”. Da quel che ha capito, non solo il Beta ha degli alloggi privati dove può vivere assieme alla famiglia, ma in realtà per il Re e la Regina non era una pratica poi troppo comune quella di dormire insieme, e che erano poche le coppie realmente monogame che condividevano il letto. E lo ha scoperto grazie a quegli Spettri che gli hanno gentilmente e minuziosamente mostrato la sua nuova seconda abitazione, come gli ha più volte ribadito, finanche le stanze private della Regina. Nel momento esatto in cui gliele hanno mostrare, inconsapevoli di ciò che loro potevano o meno volere, si è sentito avvolto da una non indifferente ansia: e se lei volesse davvero stare lì, anziché con lui?
«Sono le tre passate, Radish.» Sobbalza appena nel sentire la voce di Everett e, voltandosi, lo trova seduto a cavalcioni sul cornicione di una finestra, mentre Blackwood armeggia con un grosso secchio «Come mai non sei a letto?»
«È meglio se vai da Sherry. Credo che abbia qualcosa che non va.»
A causa dell’oscurità Radish non può essere sicuro della propria impressione, ma gli pare davvero che sia un poco sbiancato. Di sicuro, però, lo ha messo profondamente in allarme, perché non ha fatto in tempo a finire la frase che già era tornato con i piedi per terra e si stava incamminando.
Tutto in lui vorrebbe andargli dietro, fosse anche solo per vedere come fa a calmarla per sapersi muovere in futuro, o per sentirgli dire con la sua boccuccia velenosa che lui non le farebbe mai del male, ma sa bene che è meglio se evita. Lo sente dentro che la cosa migliore che può fare per lei, per loro, è proprio starsene lontano per qualche ora, così da farla calmare come si deve.
Potrei andare nelle stanze della Regina, anche se la sola idea mi dà il vomito…
«Nottataccia, eh?» Domanda con un sorriso gentile Blackwood, pulendosi le mani con uno straccio. Radish sa che il fatto che vi lasci sopra una traccia color vomito dovrebbe come minimo insospettirlo, ma l’ultima cosa alla quale riesce a pensare adesso è proprio cosa possa avere o meno intenzione di fare.
«Tu non dormi mai?» Preferisce infatti rispondergli così, domandandosi se sono i membri del suo branco originario ad essere strani e dormire troppo, o se sono lui ed Everett ad avere qualcosa di strano.
«Poco. La vita è troppo breve per passarla a dormire, non trovi?»
Gli viene da sorridere, perché gli sembra davvero tanto una delle classiche uscite di Mordecai. Se ci ripensasse un poco di più, si renderebbe conto che è una cosa che davvero gli ha detto, il giorno che si è ricongiunto con Sherry dopo la loro “rottura”.
«Anche per passarla chiuso in qualche istituto perché sei uscito di testa.» Controbatte poi con gli angoli della bocca leggermente piegati in alto, lo sguardo un poco più morbido. Per quanto gli sembri assurdo, soprattutto considerando quanto sono diametralmente opposti, la sua compagnia non gli dispiace per niente. Pare sempre sul punto di fare qualcosa di irrimediabilmente assurdo e/o stupido, e questo certo lo mette in un leggero stato d’ansia, ma è comunque un uomo brillante, a suo modo gentile, e sicuramente disponibile ad ascoltare e dispensare consigli laddove gli è possibile. Di sicuro è quel genere di persona che a Radish può fare comodo, oltre a strappargli una risata quando l’unica cosa che vorrebbe fare è spaccare tutto quanto per la frustrazione.
«Dai, forza! Dammi una mano qui.» Afferma con entusiasmo, mentre si affretta a sollevare da terra il misterioso secchio ed incamminarsi verso la stanza prescelta. Pure in quell’oscurità Radish riesce a notare che all’interno potrebbe esserci qualsiasi cosa all’infuori di semplice acqua, e questo un poco lo allarma.
«Cosa vorresti fare?» Domanda non poco titubante, senza però smettere di seguirlo. In fondo deve passare il tempo fino al momento di mettersi a tavola per la colazione, e sicuramente dopo saranno tutti tesi per l’atteso arrivo dei suoi amici, quindi tanto vale provare a svagarsi un minimo.
«Niente di particolare, solo svegliarli.»
«Passo.» Ecco, svagarsi sì, ma rischiare di compromettersi tanto gli pare una mossa un poco azzardata. Anche se, volendo attaccarsi a qualche stupido cavillo, sono entrambi Re, quindi è improbabile che qualcuno avrà troppo da ridire.
«Scherzi? Non puoi perderti mia madre! In questi momenti prende le sembianze di Morticia Addams dopo essersi spaccata di crack!»
«Non ti viene mai in mente che, un giorno, i tuoi figli potrebbero fare lo stesso a te e Nike? E poi scusa, tu non rompi le palle solo a tuo padre?»
«Cosa? No, certo che no. Mamma e Hart sono delle vittime perfette!» Sia chiaro, a Blackwood e ai suoi fratelli Hart piace, ha insegnato loro tanto e li ha sempre trattati con una dolcezza incredibile, quasi fossero anche figli suoi, ma questo di certo non lo tiene al sicuro dai loro scherzi. Sono le “squinzie di papà”, quelle molto giovani degli ultimi anni, ad essere totalmente fuori dal loro radar, perché proprio non le considerano degne neanche di una banale conversazione.
«Per quanto riguarda i miei figli, invece, è ovvio che lo faranno anche loro, visto l’esempio che gli do costantemente, e a quel punto sarà una guerra a furia di colpi bassi come questo qui. Che vuoi che sia?» In realtà lui e Nike non vedono l’ora, e già stanno preparando la controffensiva, come, per fare un esempio, le loro fotografie più imbarazzanti.
«Forza e coraggio, Re del Nord! Tanto che hai da fare di meglio?»
Di meglio sicuramente niente, dal momento che i suoi amici si stanno godendo del meritato riposo con i loro cari, e lui non conosce il territorio — e neanche ha voglia di visitarlo così, da solo e di notte —, ma di certo qualcosa da fare potrebbe anche trovarla.
«Pensavo di fare un qualcosa che possa sollevare l’umore generale.» Cosa non lo sa, non ne ha assolutamente idea, ma è certo che qualcosa ci sia. Gli basterebbe pensare a come Sherry ed Everett soffermavano con dolore gli sguardi su determinati posti, per esempio, e su quelli cominciare a lavorare in qualche modo.
«Quello generale o quello di Sherry?»
Nella sua famiglia la toccano sempre pianissimo, non c’è che dire.
Vorrebbe dirgli di farsi gli affari suoi — o “stare nel suo”, come ha sentito spesso dire al Quartetto —, ma qualcosa dentro gli suggerisce di sfogarsi un minimo con un uomo che, almeno lo spera, ha più esperienza nelle relazioni amorose, nel matrimonio, e così si lascia un poco andare: «Non capisco cos’abbia… e non so cosa fare.»
Per l’imbarazzo non lo guarda neanche in faccia mentre lo dice, tenendo gli occhi fissi fuori dalla finestra e sul paesaggio da cartolina adesso placidamente addormentato che gli si presenta. Sherry non sbagliava di certo quando diceva che qui tutto appare enorme…
«Ti sembrerà un consiglio stupido, ma ti conviene aspettare.» Ammette con amarezza il maggiore, più che consapevole di quanto questa situazione possa fargli male. Seppur per motivi assai diversi, pure lui e Nike hanno passato momenti di crisi.
«Aspettare, dici?»
«Esatto.» Blackwood e Nike, alla fine fine, non sono poi troppo diversi da Radish e Sherry, con lui più predisposto alla conversazione e al confronto, e lei troppo orgogliosa, dura e chiusa da preferire il silenzio per risolvere i propri problemi da sola. La differenza sostanziale tra loro, è che Blackwood e Nike si sono ritrovati legati sin da piccolissimi e sono cresciuti fianco a fianco, fatto che li ha resi capaci di smussare meglio e più velocemente quegli spigoli sulle quali Radish e Sherry, invece, continuano ad andare contro di faccia.
«I casi sono due: o l’assilli finché non scoppia, o riesci a capirlo da solo. In ogni caso, ne parlerete. Basta solo scegliere se pungolarla fino a mandarla davvero fuori di testa, e così rischiare di peggiorare davvero la situazione, o aspettare che i nodi vengano al pettine.»
Ci pensa su per qualche secondo, e di colpo si rende conto che c’è qualcosa che non va. Può sorvolare sul fatto che non gli abbia chiesto alcun approfondimento, sia perché non sono particolarmente legati sia per semplice educazione, ma non sul fatto che gli sia sembrato tutt’altro che sorpreso dalla presenza di problemi alla quale non sa far fronte.
«Perché ho l’impressione che tu sappia qualcosa che io non so?»
«Perché sto con Nike da quasi tutta la vita, amico. Semplicemente ci sono già passato.»
A questo non avevo pensato. Mi scordo troppo spesso da quanto tempo ci conosciamo, cazzo! «E tu ogni volta hai semplicemente aspettato?»
«Con una donna col temperamento di Nike è la soluzione migliore, se non si vuole fare a botte. E Sherry non mi pare poi troppo differente… giusto più focosa.»
«Come hai detto?!»
Nel vederlo scattare così, nel vedere i suoi occhi accendersi di ira e di purissima gelosia, a Blackwood viene quasi da ridere. Si domanda inoltre se anche gli altri Saiyan reagirebbero allo stesso modo per la propria donna, ma non ci metterebbe troppo la mano sul fuoco, non dopo quanto appreso su suo fratello.
«Dio, quanto sei suscettibile! Non te la prendere per ogni cosa, o non farai vita da queste parti!»
Ecco un’altra cosa della quale Radish si sorprende sempre: le sue reazioni spesso spropositate se in mezzo c’è lei. Gli basta un niente, una parola detta in modo strano, e dentro gli si attiva una specie di interruttore che lo fa scattare come una molla. Il mio amore per te continua a crescere senza che io riesca a prenderne il controllo…
«Ed ora muovi il culo, forza! Devi aprire la porta senza far rumore.»
Radish, per quanto decisamente poco convinto, ma anzi abbastanza certo di star facendo una stronzata colossale, prende un respiro profondo ed esegue, aprendo la porta lentamente, trattenendo pure il fiato quando questa scricchiola leggermente. In vita sua tutto avrebbe pensato di fare, tutto, qualsiasi cosa, eccetto che mettersi a fare questi scherzetti da idioti alle tre del mattino. Sono sempre più convinto che siano in qualche modo infettivi… Bulma dovrebbe fargli qualche esame.
Blackwood, con fare molto furtivo ed inquietantemente silenzioso, si addentra nella stanza, adesso leggermente illuminata dalla pallida luce che filtra dalla finestra ed illumina un poco il corridoio, dentro la quale Radish riesce a scorgere due figure placidamente addormentate e strette in un dolce abbraccio. Quasi gli dispiace per loro. Quasi.
Blackwood, con velocità e precisione, salta sul letto e rovescia il secchio sulla madre e il compagno, svegliandoli di soprassalto. Si dimenano per qualche secondo come anguille, annaspando in un micidiale mix di coperte fradice, capelli appiccicati alla faccia e puro schifo, finché Blackwood, con una soddisfazione ed ilarità decisamente mal trattenute, urla loro a pieni polmoni: «HA PAREGGIATO IL SANTOS, STRONZI!» Non sa neanche se sia una squadra esistente, non gli interessa e di certo non è questo il punto, che invece è, ovviamente, l’avergli fatto il verso nel loro ultimo Concilio in famiglia.
«Queste erano le news delle tre e venti, torno più tardi!»
Yvonne, dopo aver sputato qualcosa, fissa inorridita il primogenito che saltella verso la porta come un adorabile caprino felice, ed un’ondata di pura, cieca e devastante rabbia la invade da capo a piedi.
Il neo-Reo del Sud fa appena in tempo a chiudersi la porta alle spalle ed afferrare il nuovo compagno di scorribande per un braccio, prima che il suo mefistofelico urlo risuoni come un orrendo presagio di morte per tutta la magione.
«CORRI, CAZZO!»
Dal momento però che sente la porta spalancarsi, capisce che non c’è tempo per raggiungere civilmente la porta al pian terreno, e così fa ciò che gli è sempre riuscito magnificamente da che ne ha memoria: apre la finestra e salta giù, totalmente incurante su cosa potrebbe attenderlo a terra.
Radish, che certo non deve farsi di questi problemi, lo segue a ruota con una sonora risata liberatoria, improvvisamente felice di aver scelto di passare il tempo in sua compagnia. Con la sua esuberanza riuscirà di certo a non fargli pensare a quanto il freddo atteggiamento della compagna lo stia ferendo.
«Forza, Saiyan, andiamo a vedere cos’ha da offrire di bello questo congelatore gigante!»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘
Non potete capire quanto sto in presa a male… davvero tanto! E mi scuso con tutto il cuore per aver spezzato il capitolo. Ero convinta— no, speravo di riuscire a mettere tutto in uno, ma sarebbe venuto fuori una qualcosa di davvero troppo grande — e troppo triste (mica pensate che il nel prossimo capitolo le cose andranno poi troppo meglio, ve’? Cominciate pure a pensare al peggio).
Quindi vi chiedo ancora e ancora scusa, avrei tanto voluto evitarvi un capitolo in più 😢
Comunque, per quanto riguarda il capitolo… Sherry sta al limite. Anzi, direi che ormai sta già con un piede dall’altra parte. Se non c’è ancora caduta del tutto, è solo perché si sta aggrappando con le unghie e con i denti ai ricordi più belli, al suo stesso cuore.
Radish, in tutto questo, è quello che forse ne sta pagando il prezzo più salato, ritrovandosi sbalzato in un mondo nuovo, con regole nuove, con una posizione sociale che mai avrebbe pensato di ottenere e, soprattutto, senza la persona alla quale ha davvero imparato ad appoggiarsi.
Vogliamo poi spendere due paroline anche per Everett? Sarò onesta, sono affezionata a lui in modo particolare, forse — tra i miei OC — è addirittura il mio preferito… ma allora perché gliene faccio succedere di ogni? Madonna, poverino!
Già il suo presente oscilla tra il “mai ‘na gioia” e “uccidetemi, vi prego!”, ma anche il suo passato…
A proposito, chi sarà mai stata la bambina che dava qualche leccornia al suo Tsagon?😍
E perché non vuole più vedere Sherry con un coltello in mano? Che può mai aver fatto per instillare in lui questa paura?🤔
Anche se la vera domanda è… quale sarà il peggio del prossimo capitolo?😰😈  Tenete 
anche conto che (stavolta davvero, sto già scrivendo la parte) arriverà il Team Z e co!


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 47
*** Capitolo 46 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 36! 💛 Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! 🧡
 

𝟜𝟞. 𝒜𝓃𝒾𝓂𝑒 𝒾𝓃 𝒸𝑜𝓁𝓁𝒾𝓈𝒾𝑜𝓃𝑒



Il Territorio del Nord è vasto, vastissimo, gelido e sorprendentemente incantevole.
Radish adesso lo sa, perché ha passato tutta la notte e la mattina ad esplorarlo sia in compagnia di Blackwood che da solo.
Sulle prime l’idea era più che altro scappare, con la speranza che Yvonne non li raggiungesse, ma alla fine si sono messi semplicemente a gironzolare neanche fossero due adolescenti che non vogliono tornare a casa dopo una serata a folleggiare.
Blackwood, mentre si arrampicavano su una parete rocciosa per avere una visuale migliore, ha provato un poco a chiedergli della sua infanzia e della vita sul pianeta Vegeta, ma il Saiyan non era molto in vena di rivangare nel proprio passato, così sono finiti col parlare distrattamente di tutto ciò che potrebbero fare per migliorare la situazione generale.
Costruire, per esempio, qualche struttura umana è sembrata loro una buona idea, anche per poter incrementare il lavoro e così dare a tutti quanti qualcosa di concreto da fare, così come quella di ampliare le piccole e rudimentali abitazioni degli Omega. È stato proprio Radish a suggerire una soluzione ottimale per tutti, ambiente incluso: la magia delle Fate. Come sono infatti riuscite ad ampliare il loro Regno e a restringere i tunnel che conducono loro al mondo esterno, teoricamente potrebbero anche ingrandire le loro abitazioni senza che ciò intacchi minimamente il resto dell’ambiente. Volendo, secondo Radish, potrebbero anche riscaldarlo un minimo come Angelina ha tenuto loro al caldo quando sono scesi in loro soccorso.
Dopo un po’ hanno però preferito lasciar perdere anche questo argomento, perché Radish, oltre a sentire sempre più chiaramente la stanchezza accumulata, si è trovato di colpo affascinato nell’osservare i pochi Spettri già in circolazione.
Erano generalmente famiglie abituate da troppi anni a dover girare di notte, quando l’aria diventa più fredda, per non incappare così nell’ira di qualche lupo di alto rango, e Radish, che in quel momento si trovava in una posizione più elevata rispetto a loro, non riusciva a smettere di osservare i loro movimenti.
Nelle famiglie che avevano eseguito la muta, Radish ha notato che la madre stava in cima ed il maschio in fondo, così da poter controllare meglio gli spostamenti dei piccoli e di occuparsi di eventuali minacce alla loro sicurezza, mentre i cuccioli giocavano lì in mezzo, rotolandosi nella neve e facendo bonariamente la lotta. In quelle con ancora sembianze umane, invece, è riuscito a vedere anche a quella distanza la felicità di essersi ritrovati, di essere finalmente al sicuro, e di potersi godere in pace quei momenti di tranquillità. Ha pure notato un lupacchiotto ed una bambina giocare con qualcosa di piccolo che li faceva tanto divertire, che ha velocemente identificato come un syth, come quello che ha visto al Sud assieme a Sherry.
Quando poi li hanno visti, rimpiattati su una delle stradine scavate in alto nella roccia, Radish si è realmente sorpreso nel vederli sorridere felici, di sentire i loro richiami, dei loro inviti ad entrare nelle loro assai modeste abitazioni per qualcosa di caldo. È stato Blackwood a smuoverlo, incitandolo ad accontentarli anche se era stanco e di pessimo umore.
Secondo te come hanno fatto mio padre, mia madre ed Arus a calmare gli animi del Sud? Si sono mostrati gentili, li hanno assecondati, per quanto gli era possibile, e non si sono mai rigirati contro qualcuno se non era davvero necessario. Se tu adesso rifiuterai, loro lo capiranno ma ne resteranno lo stesso feriti, mentre se accetti, se gli permetti di avvicinarti, loro vorranno aiutarti. Sherry non te l’ha detto che gli Spettri, quando fanno davvero branco, si comportano come un’enorme e stramba famiglia?
Ci ha pensato un poco, Radish, e si è ritrovato improvvisamente con l’immagine di Freezer nella mente. Ricordava tutto il male che ha fatto alla sua gloriosa razza, a come li ha spazzati via, a come umiliava lui, Vegeta e Nappa, a quanto loro lo odiassero, a quanto tutti, in realtà, lo odiassero e temessero. Pensandoci, ha capito che non vuole quel genere di rispetto, quello nato dal terrore che anche lui ha dovuto sopportare, e che forse era il caso di dare retta a chi ha molta più esperienza nel settore.
Sono così scesi in mezzo a loro, e si è ritrovato a gongolare interiormente quando lo hanno guardato neanche fosse una divinità unicamente perché capace di volare, ma si è anche subito immobilizzato quando quei bambini, sovreccitati proprio dalla sua abilità, lo hanno accerchiato, cinguettando felici di insegnarlo anche a loro.
I loro genitori gli sono apparsi immediatamente terrorizzati per via dell’estrema vicinanza e della loro invadenza, e Radish ne ha approfittato immediatamente per far capire che no, non farà mai loro del male. In realtà non li calcolerà proprio, assicurandosi giusto che non subiscano maltrattamenti o muoiano di fame come vuole la compagna. Se mai baderà a dei bambini, quelli saranno solo i suoi.
La nottata è quindi trascorsa in modo calmo e pacifico, con quegli Spettri di cui non ricorderà mai il nome che offrivano loro qualcosa di caldo da bere e dei piccoli frutti dall’aspetto simile ai mirtilli ma dal sapore molto più dolce e delicato. Sulle prime, quando verso le 05.30 Blackwood si è congedato per andare dai propri figli, pensava che sarebbe anche potuto tornare alla magione per constatare come si era evoluta la situazione per Everett, ma poi ha deciso di continuare ad esplorare ancora un po’.
Per quanto gli è sembrato strano, non voleva tornare da Sherry. Voleva rimanere lì, in quel niente incontaminato, ad ascoltare i rumori che lo circondavano, ad osservare quelle strane creature che mai avrebbe pensato di vedere su quel piccolo pianeta. Uccelli a quattro e sei ali, insetti dalle dimensioni di un piccolo roditore, e bestie più grosse dai colori improbabili, come quella che gli è sembrata una specie di tartaruga con un guscio ricoperto di scaglie brillanti, simili a pietre preziose. Sul ramo di un albero a pochi metri dal suolo, parzialmente nascosto da bizzarre foglie rosso sangue con delle venature azzurre, c’era una piccola creatura pelosa che sembrava un incrocio tra un lemure e un gatto, con enormi occhi blu e una coda corte e soffice. Ad un certo punto, quando il loro “Sole” era ormai sorto e lui aveva finalmente deciso di tornare indietro, ha quasi calpestato una creatura simile ad un serpente che gli ha urtato contro ed è rotolato via, con il corpo lungo e stretto che si muoveva come un mattarello.
In tutto quel tempo ha pure scorto quelle grandi distese d’acqua rossa di cui aveva parlato Sherry. Avevano davvero un buon odore come aveva detto, ma non può ancora dire se le loro proprietà curative hanno effetto anche sugli altri. Di certo l’acqua non è tossica per tutti, perché ha intravisto una specie di bislacco cavallo ad otto zampe che ci si abbeverava.
L’idea era quella di tornarsene al maniero da Sherry per parlarle, per scoprire cos’avesse sognato di tanto sconvolgente da volerlo allontanare, ma una serie di improvvisi e dolorosi crampi nella zona addominale e soprattutto pelvica gli hanno praticamente impedito di proseguire. È durato poco, ma è stato sufficiente a lasciarlo assai spossato e a spaventarlo davvero.
Solo quando alcuni Spettri che non conosceva gli si sono avvicinati per accertarsi delle sue condizioni, si è scostato dal grosso masso alla quale si era appoggiato per riprendere fiato, e si è poi ritrovato a dover mangiare un boccone in una delle abitazioni lì vicino, così da calmare gli animi generali. Non avrebbe mai pensato che la sua salute potesse in qualche modo turbarli, ma non si è perso in tante domande, non dal momento che gli stavano offrendo un’ottima colazione.
È rimasto per un po’ con loro ad ascoltare distrattamente ciò che gli dicevano, ed ha capito che non hanno assolutamente perso tempo per le votazioni dei nuovi membri del Concilio.
La Regina e il Beta hanno voluto i ricordi dei membri più forti dell’esercito, e con quelli hanno stilato la lista dei vari candidati ideali. Hanno poi individuato anche gli Omega e i Mezzosangue per loro più adatti, anche se non capisco perché dare anche a loro tutto questo potere. Vabbè, se lo ritenete tanto importante, un buon motivo deve esserci, e se questo è necessario per uscire dall’oscurità in cui abbiamo vissuto per tutti questi anni… beh, okay!
Comunque, stiamo tutti votando. Entro un paio di giorni avremo i nomi ufficiali. Vorrei un tuo parere, però: di Spettri in gamba da queste parti ce ne sono assai, ma ho come avuto l’impressione che ce ne siano di più in gamba tra quelli venuti dal mondo umano, e così ho dato il mio voto all’Alpha senza un braccio, Glover. Da quel che ho scoperto, guida il proprio branco da quando era solo uno sbarbatello! Dici che ho fatto bene?

Ha annuito debolmente, realmente convinto che l’amico sia una scelta ottimale. Se però non è apparso molto convinto agli occhi dello Spettro tanto gentile da ospitarlo e nutrirlo, è solo perché si è sentito nuovamente escluso da Sherry. Aveva infatti capito che anche lui avrebbe contribuito in qualche modo alla selezione, per quanto si sia reso conto da subito che la sua incapacità di vedere i ricordi attraverso il sangue fosse di grande svantaggio.
Dopo essersi rifocillato, ed una volta arginato quello strano senso di panico, ha finalmente ripreso il proprio cammino, sempre senza fretta. Da quel che è riuscito a capire, pare che siano già state date delle direttive per l’arrivo dei suoi amici, e sono inoltre stati avvertiti che dovranno presentarsi nei pressi della magione se vorranno provare ad essere scelti dagli orfani che arriveranno a breve.
Dopo tutto questo, si sente incredibilmente stanco e fuori posto, malgrado tutte le gentilezze che gli hanno riservato. Per la prima volta da quando frequenta gli Spettri, gli pare davvero di essere uno straniero, qualcuno unicamente di passaggio destinato a togliersi di mezzo in tempi brevi.
Pure adesso, mentre cammina per quella che può essere definita la strada principale, non può fare a meno di sentirsi osservato come mai prima d’ora. Non appena incrocia i primi sguardi che lo circondano, poi, si rende conto che non è solo una sciocca impressione: lo stanno fissando, ed hanno un’aria davvero turbata. Quelli che non conosce però non lo preoccupano particolarmente, non dal momento che gli pare sensato che temano la sua forza, ma gli altri… gli altri gli fanno proprio male. Sono diventati amici, ormai. Beh, almeno lo credeva. Da come lo stanno guardando anche loro, abbassando subito lo sguardo quando incrociano il suo, capisce che forse si era sbagliato a considerarli “amici”. In fondo sono più animali che uomini, Mimì glielo disse subito, e lui stesso sa bene quanto siano attaccati alle loro tradizioni.
C’è una sottospecie di tradizione in particolare di cui però si era come scordato, negli ultimi tempi. Un qualcosa che un tempo, dopo la Festa del Fuoco per essere precisi, lo aveva assai preoccupato, e adesso si ritrova a ripensarci con lo stesso orrore.
Sherry, la sua Sherry, un tempo era destinata a Everett, ed è abbastanza certo non solo che pure gli altri lo sappiano, ma soprattutto che ancora sperino nella loro unione. In fondo lui non serve più a niente, ha passato il tempo massimo concesso da Papà Spettro, il principe promesso è fuori discussione. Chi altri potrebbe dare al Nord un vero erede? Chi altri potrebbe offrire loro uno Spettro eccezionale?
«Così non si nota la menomazione, vedi?»
«Come se me ne importasse qualcosa.»
«A breve riceveremo degli ospiti, Ret. Non vorrai urtare la loro sensibilità, vero?»
«Sì, come ti pare.»
Eccolo lì, l’uomo che potrebbe portargli via tutto.
Darko sta vicino a lui, sistemandogli i capelli secondo le loro usanze, ovvero con sottili trecce abbellite con piccoli ninnoli argentati. Come il minore indossa dei pantaloni neri di pelle e una lunga tunica scura con delle placche sulle spalle di un rosso cupo, simili a scaglie di rettile. Sulle sedie vicine a loro, ci sono due cappotti neri con la pelliccia.
In realtà neanche al Nord badano molto ai loro abiti, preferendo generalmente dei semplici e comodi abiti più o meno pesanti, ma per gli eventi più formali o le feste tirano fuori indumenti piuttosto specifici. Sicuramente l’arrivo di guerrieri del calibro del Team Z può essere visto sia come una festa, in quanto alleati, sia come un evento formale, soprattutto per la presenza di Vegeta.
Radish adesso non può fare a meno di guardare il cognato quasi con odio. Da quando è entrato nella vita di Sherry, qualcosa è cambiato. Gli si è avvicinata troppo, si è lasciata trasportare dalle sue parole, si è lasciata contagiare dalla sua personalità e dai suoi modi, e adesso sente che lo sta allontanando per lasciargli anche troppo spazio.
Se la sera prima pensava che fosse l’unico in grado di aiutarlo, l’unico che potesse calmarla così che lui potesse starle di nuovo vicino come un tempo, adesso sente che l’unica cosa che sta facendo è proprio portargliela via.
Era questo il tuo intento sin dal principio, vero? Volevi che ti si avvicinasse, così da mettere me in un angolo ed averla tutta per te! Volevi lei, quello che può darti e tutto ciò che avrebbe conquistato anche grazie a me!
Vorrebbe davvero attaccarlo, picchiarlo così forte da ridurlo ad una poltiglia irriconoscibile, ma sente che sarebbe solo controproducente. Se vuole allontanarlo da lei e riprendersi così il proprio posto al suo fianco, se vuole che le cose tra loro due tornino come prima, dovrà essere subdolo e meschino quanto lo è stato lui, o Sherry finirà unicamente col correre in suo soccorso e la perderà definitivamente.
«Si può sapere che è successo?» Ringhia a denti stretti mentre lo avvicina, fissandolo con aria truce. Per quanto voglia imitarlo per poterlo battere al suo stesso gioco, la sua indole non glielo permette facilmente, rendendolo così più aggressivo di quanto dovrebbe essere.
«Come, scusa?» Everett, per quanto sappia di doverlo controllare, non riesce a mantenere la concentrazione. La sua mente è altrove, lontana e preoccupata, e a malapena era riuscito a fiutare la sua traccia, non riuscendo comunque a badarci.
«Sembrano tutti sul punto di scoppiare in lacrime, mi guardano strano, e prima mi sono sentito male dal niente. Che è successo?»
«Non lo so, non ci avevo fatto caso.» Afferma con tono piatto, senza mai staccare gli occhi dai suoi. La sua carica è fortemente vincolante, questo già lo sapeva, ma non aveva mai preso in considerazione che lo avrebbe messo in una posizione tanto scomoda. In realtà, considerando come andavano le cose, non pensava neanche che la situazione potesse evolversi in questo modo.
Si alza lentamente dalla propria sedia, sospirando con forza prima di bere un sorso di acqua nel disperato tentativo di mandare giù quel pesante groppo che da un paio di giorni sente costantemente ad ostruirgli la gola. «Se ti sei sentito male, fatti visitare da Darko. Chissà cos’hai mangiato e toccato.»
«Sherry sta bene?» Domanda a bruciapelo non appena l’altro finisce di parlare, studiando con attenzione ogni sua possibile reazione. Stringe appena la mascella, lo vede, e negli occhi gli pare di scorgere per un brevissimo istante una scintilla di panico. Hai capito che ti ho beccato?! Non ti fai schifo da solo? Io ti ho salvato il culo!
«Sì. Stamani mattina presto ha avuto qualche problema di stomaco, ma adesso riposa calma e beata.» Non vorrebbe alzare la cresta, non stavolta. Per quanto gli sembri assurdo anche solo da pensare, sa bene che l’altro non ha fatto niente di male, che sta subendo qualcosa di davvero cattivo, e che lui per primo dovrebbe provare in qualche modo a consolarlo. Tutta quella situazione, però, con l’aggiunta ovviamente delle particolari circostanze e del luogo carico di tragici ricordi, lo spingono ad alzare nuovamente le proprie barriere, tanto da rigirarsi contro chi, a conti fatti, gli ha salvato la pelle.
Quando però lo vede scattare di lato per andare da lei — gesto che lui stesso avrebbe compiuto senza pensarci un istante di più —, lo blocca con forza per un braccio, strattonandolo appena all’indietro e guardandolo poi aspramente.
«Ho detto che sta riposando, Radish. Non svegliarla.»
«Se permetti, voglio assicurarmi di persona che mia moglie stia bene!»
«Te lo assicuro io.» S’intromette con un certo nervosismo Darko, che decisamente non approva niente di ciò che sta succedendo, primo tra tutto che le sue raccomandazioni vengano tanto deliberatamente ignorate. Stavolta è andata bene, ma una seconda volta potrebbe risultare fatale. Vediamo di non fare altre stronzate, ragazzina! «Sta bene, ha solo bisogno di molto riposo, cosa che finora pare non aver capito. Lasciala riposare il più possibile, okay? Vedrai che per l’arrivo dei tuoi amici sarà in piedi, fresca come una rosa.» Occhio però, Saiyan: le rose hanno le spine! «Ora dimmi cos’avevi, forza.»
Sulle prime Darko si sorprende davvero nel sentire i sintomi elencati dal Saiyan, pur non mostrando alcun genere di reazione per non creare giustificati allarmismi che complicherebbero ulteriormente la situazione. Dopo qualche secondo in silenzio a fingere di riflettere, però, gli viene realmente da ridere, e trattenersi è una delle cose più difficili che gli sia mai successa. Questo proprio non l’avevo calcolato!
«Che ci trovi di divertente?» Ringhia pericolosamente, alterato dal suo mal trattenuto sorriso beffardo. Per quanto ne sa, pure lui potrebbe essere coinvolto nel piano dell’altro. Anzi, gli pare assolutamente certo! Lui non ha mai detto niente sul fatto che il suo amico Mezcal se la facesse con la figlia, quindi perché mai dovrebbe impedire al suo protetto di farsela con la sorellastra?
«Che non era niente e ti sei agitato per niente. Non dovresti girare troppo leggero da queste parti, sai? Potresti sentirti davvero male, anche se sei grande e grosso.»
«Ma cosa c’entra?!»
«Ti assicuro che non era niente, Radish.» E smettila di rompermi i coglioni! Ma dimmi te se alla mia età doveva capitarmi una cosa del genere, dannazione! «Ora vai a farti una doccia e cambiati, tra un paio d’ore al massimo gli altri saranno qui.» Detto questo fa per allontanarsi, recuperando nel mentre il proprio cappotto.
«Credevo di non dovermi avvicinare alla nostra stanza.» Afferma con una certa strafottenza ed ironia Radish, osservando i due con sguardo attento e accusatorio. È stanco, la situazione sta prendendo una piega che decisamente non aveva calcolato, si sente preso in giro, tradito, e l’unica cosa che vorrebbe fare adesso è stare con lei da qualche parte, da soli. Non vorrebbe neanche fare niente di particolare, semplicemente stare con lei, lontani da ogni possibile problema anche per cinque miseri minuti.
Ciò che non può proprio sapere, è che lo vorrebbe ardentemente anche lei.
«A lei, Radish, e lei non è nella vostra stanza, quindi puoi andare tranquillo.» Risponde quanto più pacatamente Everett, massaggiandosi debolmente gli occhi. Speriamo solo che la Mezzosangue non le scateni qualche crisi, perché ora proprio non ce la possiamo permettere.
«E dov’è?»
«Non ti cambierà niente saperlo, okay? Semplicemente non è lì!» Una piccola parte di lui si pente immediatamente della reazione esagerata, dettata unicamente dal suo istinto paterno protettivo, ma l’altra, adesso, vorrebbe solo scattare per saltargli alla gola. Non gli piace il suo tono, non gli piace la rigidità dei suoi muscoli, non gli piace l’odore aggressivo che emana la sua pelle. Se l’avvicinasse adesso, in queste condizioni, potrebbe anche verificarsi una tragedia irrimediabile.
«Perché ti scaldi tanto?» Lo fronteggia arrogantemente, guardandolo dall’alto in basso con le braccia incrociate al petto. Dopo questo suo scatto improvviso, è sempre più certo di averci visto davvero giusto.
Everett, dal canto suo, si limita a serrare maggiormente la mascella, lasciandosi sfuggire giusto un breve e basso ringhio. «Ho di meglio da fare, ora. Con permesso.» Sibila poi a denti stretti, voltandosi di scatto per andarsene. Stai gestendo malissimo tutta la faccenda, dannazione! Per quale assurdo motivo non vuoi darmi retta?!
Radish, che sulle prime pensava di seguirlo per continuare l’aspra discussione, rimane invece immobile in mezzo all’ampia stanza, fissando con sguardo truce il punto in cui l’altro è sparito. Sente che tutto quanto gli sta scivolando tra le dita, che sta perdendo tutto ciò per cui ha tanto faticato, e questo annebbia inevitabilmente il suo giudizio.
«Si calmeranno entrambi, Radish. Da’ loro un po’ di tempo, ti assicuro che non te ne pentirai.» Nel dirlo gli poggia una mano sulla spalla, sforzandosi di sorridere. Per quanto emotivamente estraneo a questo genere di situazioni in quanto mai stato innamorato o particolarmente legato a nessuna donna, riesce comunque ad immaginare cosa stia provando e gliene dispiace immensamente. Purtroppo però non può aiutarlo in alcun modo, poiché facendolo rischierebbe di mettere in pericolo la sicurezza di Bree. «Su, forza, adesso vai a prepararti. Ci sono tanti dettagli da sistemare prima del loro arrivo, ed è bene non far attendere gli altri. Non hai idea di quanto possa rompere i coglioni Arus, e vorrei proprio evitare di doverlo prendere a calci nel culo davanti a tutti!»


Non pensavano che avere la possibilità di visitare il Regno degli Spettri potesse emozionarli tanto. Ma, alla fine, come non avrebbe potuto? È qualcosa di simile ad un nuovo pianeta, con la differenza che si trova all’interno del loro e neanche lo immaginavano. È forse questo aspetto ad elettrizzarli tanto, ed anche ad innervosirli un poco.
Per quanto ormai conoscano gli Spettri liberi, quelli cresciuti — e spesso anche nati — nel loro mondo, per loro stessa ammissione hanno qualcosa di diverso rispetto a quelli cresciuti là sotto, che mai hanno interagito con gli esseri umani se non per mangiarseli. Sono diversi perché sono più affabili, dal momento che hanno imparato a mimetizzarsi tra la popolazione, mentre quelli che stanno per incontrare sono più selvatici, e non sono del tutto certi che li accoglieranno proprio a braccia aperte. In fondo hanno dato un bello spettacolo l’ultima volta che sono stati da quelle parti, e per i loro combattenti, adesso di nuovo in forze e vicini alle proprie famiglie, potrebbe non essere poi troppo piacevole vederli girare liberamente nel loro territorio.
Roman, che cammina assieme a loro, pare però molto rilassato, al contrario di Angelina che, con loro stupore, ha l’aspetto di chi non chiude occhio da giorni. Non hanno però capito quale sia il problema, perché la bella Fata ha incrociato le braccia al petto e si è voltata stizzita ed imbarazzata quando glielo hanno chiesto, facendo un poco sghignazzare lo Spettro. La verità è che lo scontro lo ha reso un tantino vivace, e la delicata Fatina non era più abituata.
«Tristan! Non correre, caro!» Fern guarda con rinnovato amore materno il vivace bambino che scorrazzava insieme agli altri, che adesso invece la guarda con lo stesso affetto. Si è rivelato sorprendentemente dolce, a tratti fragile, e molto, molto affettuoso. La madre non gli dava l’affetto di cui aveva bisogno, tanto meno il padre adottivo, e per lui Fern è stata una benedizione venuta direttamente dal cielo. Lei lo abbraccia sempre, gli carezza i capelli, gli bacia la fronte prima di andare a dormire, e si preoccupa sempre dei suoi spostamenti. Senza contare poi che lo nutre e gli ha trovato un bel posticino dove riposare senza pericoli — anche se, questo lo ammette, è un po’ strano stare in mezzo a tanti vecchietti!
«Arriveremo tutti insieme, non c’è bisogno di fare tanto i matti!»
I vari piccoli si guardano tra loro un poco spaesati, per poi riprendere il cammino. Hanno sentito così tanto parlare di quel posto, dei vasti terreni in cui correre liberi, di quei climi spesso estremi, delle strane creature che lo popolano, dell’enorme branco che lo domina. Adesso non stanno più nella pelle all’idea di poterlo finalmente visitare. Anche se non sono in pochi, lì in mezzo, ad avere però il timore di non venire scelti da nessuno, e di ritrovarsi di colpo ancor più soli.
«Ehi, cos’è quel faccino triste, mh?» Crilin si piega sulle ginocchia per poter guardare negli occhi un giovane Mezzosangue, che si era precedentemente staccato dal gruppo per ripararsi dietro ad un masso, e lì lasciarsi andare ad un silenzioso pianto. L’uomo gli passa delicatamente le mani sul visetto pallido per asciugargli quelle tristi lacrime, e poi si lascia andare ad un caldo sorriso mentre se lo carica in braccio «Sono sicuro che là c’è qualcuno che non vede l’ora di incontrarti, sai? Ne sono sicurissimo!»
C-18, che nel frattempo si è ritrovata con un cucciolo per mano, osserva con sguardo rapito e sempre più innamorato il marito, sentendosi nuovamente una delle donne più fortunate al mondo per averlo al proprio fianco.
«Anche io troverò qualcuno?»
Abbassando lo sguardo, trova un altro orfano che la segue diligentemente, stando pure ben attento a rimarcare quando più possibile i suoi passi.
«Certo che sì! Tutti voi troverete una nuova famiglia, ne sono sicura.»
«Ma io ho il sangue sporco…»
Quante volte hanno sentito questi discorsi, in quei giorni in cui sono stati loro vicini? Quante volte hanno visto quei bambini scoppiare in lacrime per la paura di essere scartati per quel motivo? In quanti si sono disperati tra le loro braccia, non sapendo poi dove poter andare?
Chichi, che si è sentita stringere il cuore ad ogni lacrimone di quei bambini che non hanno evidentemente più niente e nessuno al mondo, si piega per carezzare la testolina ramata di una bambina, sorridendole con fare materno ed incoraggiante.
«Quando vi vedranno, non gliene importerà più niente. Sono pronta a scommettere che sarà così.»
«Poi, ehi, ci penseremo noi a dirgli quanto siete bravi e forti! Quindi non avete di che preoccuparvi, va bene?» Le dà subito man forte Yamcha, carezzando la guancia della piccola che ancora tira su col naso. Questo suo tenero gesto, però, non passa proprio inosservato, e subito un’altra si pianta al suo fianco e fa sentire con forza la propria voce.
«No, io, io
«Ah, già! Scusa!» Ride forte, Yamcha, mentre si carica in braccio la bambina che, come se fosse la cosa più ovvia e giusta del mondo, gli allaccia le braccia al collo e poggia la testolina sulla sua spalla, attirando così gli sguardi un poco perplessi degli amici.
«Mi spiace Tensing, ma è fidanzata con me adesso!» Afferma scherzosamente, lasciandosi andare poi ad una risata contagiosa quando la micro-fidanzatina annuisce convinta. Anche dii bambini che hanno deciso, senza voler sentire alcuna obiezione, di essere fidanzati con alcuni di loro non è più una cosa tanto bizzarra da sentire. Pure Vegeta e Piccolo si sono limitati ad un grugnito infastidito mentre delle piccoline gli lasciavano vicino ai piedi un mazzolino di fiori.
Una volta calmati i più insicuri, riprendono il cammino con passo più svelto e deciso, ormai incapaci di attendere oltre per poter finalmente vedere ciò che tutto il resto del mondo continua ad ignorare.
Solo una persona, lì in mezzo, non è per niente felice di andarvi. Anzi, più precisamente, di farvi ritorno.
«Tesoro…?»
«Sto bene, tranquilla.» Sorride dolcemente Bree, così da calmare la neo-mogliettina, per poi avvolgerle le spalle con un braccio e sospingerla un poco in avanti. Sa bene che adesso non ha più di che temere in mezzo agli altri, non dal momento che suo padre si è praticamente immolato per farla riammettere nel branco, ma l’idea di dover tornare a quella che per troppi anni è stata casa sua le fa comunque male.
Dopo l’ultimo, breve tratto, finalmente intravedono qualcosa. Intravedono un paesaggio che pare come sospeso nel tempo, congelato, incantato. Cominciano ad avvertire le temperature sempre più basse, e per questo ringraziano mentalmente Roman per aver suggerito loro di vestirsi a strati, così da non soffrire né da una parte né dall’altra.
Gli Spettri adulti che erano rimasti con i piccoli affrettano involontariamente il passo per poter tornare a quello che sentono essere il loro posto. Alcuni sono sotto spoglie di lupo, altri sotto forma umana, ma in entrambi i casi è più che evidente l’emozione nei loro luminosi occhi.
Radish è all’entrata ad aspettarli, con in dosso i tradizionali abiti di pelle scura con le scaglie rosse e la pelliccia nera sulle spalle, la zanna di Roman che pende fieramente dal suo collo come inconfondibile ed indiscutibile segno di regalità. Per quanto in realtà di pessimo umore, per quanto realmente preoccupato per le sorti del suo rapporto e per la salute della compagna, non ha voluto tirarsi indietro. Se adesso tutti loro sono lì, se adesso la situazione è stabile, se tutti hanno la possibilità concreta di cambiare in meglio la propria vita, è anche merito suo, e vuole che lo guardino negli occhi adesso, che gli mostrino anche per un solo, misero istante la loro gratitudine. Con al pessima situazione che si ritrova a dover vivere, gli pare decisamente il minimo.
Dietro di lui, in quell’enorme piazza innevata, gli Spettri del Nord, ed alcuni del Sud, si sono riuniti in loro attesa. C’è chi vuole rivedere la propria dolce metà, chi vuole salutare un amico, e soprattutto chi vuole essere visto per primo da quei piccoli che stanno per arrivare. Sono in troppi, infatti, ad aver perso qualcuno di caro, e l’idea di poter avere di nuovo qualcuno da amare al proprio fianco gli è sembrata un’idea troppo allettante. Da quello che hanno capito — erroneamente — non riceveranno alcun tipo di aiuto esterno dopo essersi fatti carico di loro, ma non gli importa. Si arrangeranno come hanno sempre fatto, e torneranno ad avere qualcosa di concreto per cui continuare a sorridere.
Radish, fermo e statuario, si lascia andare ad un lieve sorriso quando gli Spettri si bloccano davanti a lui, in attesa del suo segnale per passare oltre, ed è con grande orgoglio che sussurra: «Benvenuti a casa.»
Ululati e urla di gioia di liberano in un secondo, e i vari Spettri si lanciano in avanti per ricongiungersi con i propri cari. Saltano da una parte all’altra, si stringono con braccia e zampe, si leccano dietro le orecchie e si baciano sulle guance e sulla bocca, piangono per l’incapacità di trattenere tutta quella gioia.
Jane, la piccola e delicata Jane, ha preso una tale rincorsa da travolgere letteralmente Pip, facendolo schiantare come un peso morto al suolo. Subito dopo di lei arrivano i vari piccoli che hanno preso con loro, che si lanciano felici sul padre.
Timo, pur essendo consapevole che l’intera famiglia non approva neanche alla lontana quella che può definire più o meno come la propria compagna, si lascia lo stesso abbracciare e baciare, non riuscendo a trattenersi dal toccare la pancia che comincia timidamente a farsi notare.
«Ma guarda un po’ che figurino!» Sfotte prontamente Piccolo, avvicinando Radish con un amichevole e strafottente sorriso. In realtà, seppur mostrandolo a modo suo, è sinceramente felice per l’amico e per tutto ciò che è riuscito a conquistare in quei pochi mesi.
«Sempre meglio di te, Muso Verde!» Controbatte prontamente il Saiyan, pietrificandosi poi sul posto quando sente le braccia calde di Fern avvolgerlo con gioia.
«Non sai quanto sono felice di rivederti!» Afferma con un gran sorriso mentre gli accarezza delicatamente la guancia, allo stesso modo di una madre più che orgogliosa del figlio «Mi sorprende vederti da solo… dove sono i miei ragazzi?»
«Tranquilla, arriveranno.»
Si voltano tutti al suono della voce di Darko, che li raggiunge con passo calmo, quasi canzonatorio, e con un gran sorriso allegro in volto. Dietro di lui, con la loro solita compostezza glaciale quanto il paesaggio che li circonda, Greywind e Arus si apprestano ad avvicinarsi al numeroso gruppo, così da poter conoscere coloro che hanno contribuito alla loro vittoria e, non certo da meno, a Roman.
«Ho il piacere di presentarvi Greywind, padre del Re del Sud Blackwood, e Arus, padre della Regina e Beta del Sud Nike.» Li presenta prontamente il maggiore, non riuscendo a nascondere un’infinita arroganza quando incrocia lo sguardo con Arus. Se la situazione non fosse così delicata e non lo assorbisse tanto, è sicuro che troverebbe un modo per fargli uno dei suoi dispetti, giusto per vederlo di nuovo andare in bestia come solo lui sa fare.
«È un piacere avervi qui. Spero che il viaggio non sia stato troppo faticoso.»
L’educazione che Greywind sta mostrando, assieme alla sua compostezza, li sorprende non poco. Malgrado siano ormai più o meno abituati ad Everett, fa sempre un certo effetto constatare che non tutti gli Spettri sono fuori controllo come i ragazzi che invece si stanno velocemente lanciando su tutti loro.
«Oi, ma’! Dici a questi cazzoni che nessuno si scoperà le mie figlie?!»
Il cuore di Fern fa una violentissima capriola nel petto nell’udire la voce beffarda di Major, che si sta avvicinando da un lato, con Domino ben stretta al proprio fianco.
«MAJOR!» Urla piena di gioia mentre si lancia tra le sue braccia, infischiandosene anche della possibilità di scivolare sul ghiaccio. Niente e nessuno adesso potrà impedirle di stringere a sé quegli screanzati che tanto adora.
«E certo, no?! Abbraccia solo lui, mi raccomando!»
«Fuori dai piedi, coglione!»
«È inutile che vi affannate tanto, lo sapete benissimo che sono io il suo preferito!»
Voleva darsi un contegno, Fern. Voleva mostrarsi a quel popolo di guerrieri come la donna forte che è sempre stata, limitandosi ad un forte abbraccio con i suoi ragazzacci, ma vederli adesso, vivi, è una gioia davvero troppo grande da contenere.
Maddox, con le sue nuove cicatrici e le dita in meno, le sorride con quell’aria tenera e affabile che fa sempre sciogliere il cuore, spingendola a versare non poche lacrime di pura gioia.
Micah, con la sua bellezza sfolgorante, la solleva da terra come a volerla mostrare a tutto quanto il Nord, come a volersi vantare che quella straordinaria donna è la sua mamma.
Mordecai, l’irriducibile Mordecai, la stringe con energia a sé, baciandola sulla guancia e lasciando che gli scompigli maggiormente i capelli, facendo poi le fusa mentre struscia la testa contro la sua. Le mormora pure qualcosa nell’orecchio che pare stupirla, emozionarla ed un poco pietrificarla, ma nessuno vi bada particolarmente.
L’emozione di essersi ritrovati, la consapevolezza che più niente potrà separarli, è così forte e travolgente da far dimenticare a tutti loro ogni possibile ritrosia nel ritrovarsi in casa così tanti umani e, forse in dose anche maggiore, dei Mezzosangue.
Becca, dopo essersi liberata dalla stretta della suocera, si lascia andare ad un luminoso sorriso non appena intercetta l’amica, e, senza pensarci un istante di più, corre ad abbracciarla con forza, non sorprendendosi nel sentirla tanto impacciata ed imbarazzata. Sa bene che non è da C-18 lasciarsi andare a questo genere di cose, ma non le interessa: durante lo scontro aveva temuto davvero di non avere più la possibilità di fare tutte quelle cose che si erano ripromesse di fare assieme, e ora è decisamente troppo felice di poterla rivedere.
Gohan, che era timidamente rimasto al fianco della madre e di Piccolo, si lascia trasportare in mezzo alla folla da Theodora e il suo gruppo, curioso sia di sapere se quegli sfortunati Omega che gli avevano fatto tanta tenerezza adesso vivono in condizioni migliori, che soprattutto di esplorare quelle immense terre che mai prima d’ora sono state visitate da un estraneo.
Chiunque tra loro avesse in precedenza stretto un rapporto col Team Z, adesso li avvicina senza remore per poterli presentare a quei piccoli gruppi con i quali hanno stretto una tiepida amicizia, così da integrarli nel branco. Perché ormai, in un modo assolutamente impensabile e assurdo, pure loro ne fanno parte, seppur a modo loro.
Roman invece, dall’alto della sua posizione, controlla tutti quanti con un sorriso bonario in volto, lasciandosi poi andare con Radish e dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla. Lo sguardo sinceramente orgoglioso che poi gli rivolge, è un qualcosa che riesce sorprendentemente a lenire un poco le ferite che l’alieno si porta dentro da troppo tempo, e che in quei giorni sembravano aver pure ripreso a sanguinare.
«Sembra che stiate facendo un ottimo lavoro. I miei complimenti.»
Il Saiyan annuisce appena, accendano anche ad un sorriso, quando poi la sua attenzione viene attirata dalla voce curiosamente acida di Rose. Oltre alla sua, di attenzione, la ragazzina è riuscita ad attirare un po’ quella di tutti, che adesso osservano con curiosità la numerosa famiglia reale del Sud.
«Non potevi trovare qualcosa di meglio, Timo? Questa zoccola vale meno del mio sputo!»
«Ho sentito dire che è così cagna che è sempre a gattoni.» Le dà man forte Amber, settima figlia di Greywind e Yvonne, lasciandosi poi andare ad un ghigno beffardo ed un poco maligno.
«Sei vai in qualche piazza, rincorre i piccioni.» Aggiunge velenosa Silene, sorella gemella di River, che molto più della altre ha sempre avuto un’assai pessima opinione della bionda. Non che del fratello sia generalmente migliore, almeno per quanto riguarda la sfera sentimentale, ma almeno lui non si è permesso di andare a concepire a destra e a manca per motivi egoistici. Sa bene, infatti, che se Sherry avesse deciso di accontentarlo e avessero messo su famiglia, non si sarebbe mai più permesso di guardare un’altra donna per il resto della sua vita, ma Camila…
«Vedete un po’ di abbassare la cresta!» Urla questa alle strette, mantenendo il contatto fisico con Timo che però pare non avere alcuna intenzione di intromettersi. Ed è così in realtà, perché ben consapevole che più si dà loro corda, più queste la useranno per impiccarti. Se invece le si lascia sbollire da sole, presto o tardi semplicemente si stancheranno, tornando così a farsi i dispetti tra loro e ad occuparsi dei propri adoratissimi piccoli.
L’unica in tutta la sua famiglia ha fare eccezione è sua madre, che infatti si è silenziosamente quanto inaspettatamente piazzata a muso duro davanti alla donna che sta portando tanto rumore «E tu togliti dalla testa di poter vantare qualche strano diritto a poter entrare nella famiglia reale. Il fatto che porti in grembo i miei nipoti non vuol niente, cara.»
Camila vorrebbe davvero controbattere qualcosa di arguto per togliersi da quella orribile situazione, ed anche specificare che non le interessa particolarmente il loro titolo quanto che accettino semplicemente i bambini, ma la donna la precedere, zittendola ancor prima che abbia il tempo materiale per aprire bocca: «Ah, giusto per essere chiari, se dovesse succedere qualsiasi cosa a quei bambini, non ci sarà nessuno a difenderti. Quindi, cara, pensaci bene: vuoi davvero tenerli, o pensi che ti convenga lasciarli a noi e sparire per sempre?»
Camila non è mai stata coraggiosa, mai una volta in vita sua, arrivando costantemente ad usare gli altri come scudo e poi dileguarsi. Ma stavolta le scatta qualcosa dentro, che la spinge a mostrarle immediatamente le zanne e gli occhi dorati per minacciarla: «Prova a mettere anche solo un dito su uno di loro, e credimi se ti dico che finirai peggio di me!»
Greywind, dall’alto della sua posizione, osserva la scena in silenzio. Il fatto che stia reagendo con rabbia sta ad indicare unicamente che non ha alcuna intenzione di lasciare che qualcuno sfiori i suoi piccoli, e questo, per adesso, è più che sufficiente perché venga lasciata in pace. Con un breve ma significativo ringhio, le figlie e la moglie le si allontanano cautamente, mentre dentro muoiono dalla voglia di farle saltare i denti.
«È mai possibile che ovunque vai c’è sempre qualcuno che ti vuole morta? Sarà il caso di farsi due domande?» Domanda ironicamente Maddox, beccandosi un’occhiataccia dalla diretta interessata e scatenando le risate dei fratelli.
«Vieni, ti faccio fare un giro.» Afferma invece Timo, prendendole delicatamente la mano. Lei non è certo abituata ad essere trattata così da un uomo, ad avere questo genere di premure, ed il cuore comincia a sfarfallarle dolcemente nel petto, facendo pure una capriola quando le sorride in quel modo dolce ed infantile che sa aver fatto vacillare molte ragazze.
Non è giusto, pensa con invidia Radish mentre li guarda allontanarsi mano nella mano. È così che doveva andare per me, non per quella puttanella, dannazione! Dov’è che ho sbagliato? DOVE?!
«Timo.»
Al richiamo di Greywind, lo Spettro si blocca sul posto, voltandosi unicamente per capire dove sia l’errore. Non ha mai dovuto aspettare niente e nessuno, perché mai adesso dovrebbe invece fermarsi?
Quando il genitore alza di scatto gli occhi, puntandoli fermamente su qualcosa alle loro spalle, per Timo la risposta diventa chiara come il Sole. Non è più Greywind il Re, non è più lui che deve attendere, non è a lui che deve rivolgere la propria totale lealtà, non è la sua posizione che deve rimarcare: è quella di Blackwood, adesso.
Voltandosi a sua volta, il corpo gli si muove in automatico. La testa si piega leggermente in avanti in un cenno rispettoso, e nel mentre porta il piede destro dietro il sinistro di circa 5 centimetri, appoggialo poi completamente a terra. Durante il movimento, la maggior parte del peso viene spostato sul piede anteriore.
Questo semplice movimento viene eseguito da tutti gli Spettri del Sud presenti non appena scorgono la possente figura di Blackwood, che cammina in cima alla colonna della guardia. A discapito delle loro tradizioni che la vorrebbero qualche centimetro indietro, Nike è al suo fianco, fiera ed orgogliosa com’è sempre stata, mentre i piccoli rimangono dietro di loro. Ai lati la nuova Guardia Reale del Sud, capitanata da Hurricane.
Si dirigono verso di loro con passo calmo ma deciso, indossando i colori del Sud: bianco avorio, sabbia e oro. L’unico, tra tutti loro, a indossare una pelliccia scura sulle spalle è Blackwood, che finalmente può sfoggiare con orgoglio il pesante e spesso vello di Regan.
«Scusi la domanda, Roman, ma cosa dobbiamo fare?» Domanda educatamente Gohan, che come gli altri non è stato informato di questo dettaglio.
«L’inchino non è necessario, ma non tenete la testa troppo alta quando lo guardate. Indicherebbe una sfida diretta, ed è decisamente l’ultima cosa che vogliamo.» Mormora in risposta, abbandonando momentaneamente il solito “rimprovero” per avergli dato nuovamente del “lei”, per poi rivolgersi a Radish con tono più duro «Tu invece alza un po’ il mento. Un Sovrano non deve mai mostrare sottomissione nei confronti dell’altro.»
Vegeta aveva il timore che si sarebbe ritrovato a contorcersi dalla gelosia, giacché la sola idea di Radish Re di qualcosa gli dava un fastidio indescrivibile, ma vederlo così in difficoltà su cose tanto semplici e banali glielo impedisce, facendogli pensare unicamente che lui sarebbe stato un Re decisamente molto più capace, e che quindi non ha proprio niente da invidiargli.
«Entro la fine della giornata, voglio sapere qual è, secondo voi, il Territorio migliore!» Afferma Blackwood non appena li raggiunge, sorridendo amichevolmente al gruppo «Anche se non c’è bisogno di dirlo. È ovvio che il Sud sia più bello!»
«Tu dici, cagnolino
Nel sentire quella voce così mortalmente fastidiosa, Radish serra subito le mani a pugno. Sente che potrebbe scattare in qualsiasi momento per toglierlo di torno una volta per tutte, riconquistando così tutto ciò che è suo. Se non ha ancora mosso un dito, è solo per la consapevolezza che così facendo, perderebbe invece tutto quanto.
«SHERRY!»
Il cuore gli fa una veloce capriola nel petto, per poi cominciare a battere con più forza. Odia l’effetto che riesce a fargli ogni volta che la rivede, il potere che esercita su di lui senza neanche volerlo, ma ogni pensiero vola lontano quando la vede arrivare.
Indossa un lungo e abbastanza stretto abito grigio scuro, tendente al nero, sotto il quale si intravedono dei pantaloni del medesimo colore, ed una pesante pelliccia nera sulle spalle. Sul petto oscilla una lunga collana fatta di candide zanne, alternate con piccole e lucide pietre perlacee. I capelli sono acconciati all’indietro e trattenuti in piccole trecce, che si raccolgono poi tra loro dietro la testa per formare una sorta di chignon rivisitato, il tutto abbellito con piccole placchette argentate.
Non lo credeva possibile, soprattutto essendo ormai abituato a vederla sempre piuttosto svestita, ma ai suoi occhi appare come più bella adesso, con quell’aria mortalmente fiera, l’incedere sicuro, gli abiti pesanti… ecco, forse, in qualche modo, sono proprio questi ad aver magnetizzato il suo sguardo, perché hanno qualcosa di particolare, le calzano decisamente in modo “bizzarro”. Il seno, infatti, gli pare curiosamente più grosso e pieno, ed è certo che tutti quegli strati di indumenti scuri riescano in qualche modo ad illuminarle il volto.
«Sei uno schianto, bambolina…» Mormora vicino al suo orecchio non appena è alla sua portata, stringendole gelosamente un braccio attorno alla vita per tenerla stretta a sé «Come stai?»
UNAMERDAFANCULOVOGLIOMORIRE! «Una seta.» Sorride al meglio delle proprie capacità, malgrado in realtà voglia solo piangere. La situazione è ormai ingestibile, e lei non era minimamente preparata a doverla affrontare. Neanche chi le sta tanto vicino lo era, in realtà, e adesso non sono pochi a dover stare sempre ben attenti ad ogni movimento o parola.
Incrocia per un brevissimo istante lo sguardo con quello di Bree, e la confusione che si porta dentro aumenta tutto in un colpo. Vorrebbe davvero prenderla per mano e correre via, sfrecciando per quelle terre come quando erano piccole, giocando a rincorrersi proprio come allora, con la sostanziale differenza che stavolta non rischierebbero di essere aggredite da nessuno. Vorrebbe anche attaccarla al muro e poi colpirla ripetutamente, così come vorrebbe piangere tutte le sue lacrime. Ciò che forse desidera più di ogni altra cosa, però, è solo svegliarsi in quella estranea stanza della magione del Sud, ancora dolcemente  stretta tra le braccia protettive di Radish, non dover poi sentirsi dire niente da nessuno ed infine andarsene semplicemente a casa loro, lontani da tutto quel dolore che li sta stritolando.
Ma non può, perché il suo non è più un semplice orrendo incubo. Questa è la realtà, ed ancora non sa quale sia la cosa migliore da fare.
«È bello rivedervi.»
A nessuno di loro sfugge la stanchezza nella sua voce, così come non passa inosservata la rigidità del suo corpo. Neanche la prima volta che si sono incontrati era così dura e fredda, al punto che non sembra neanche più la stessa persona.
«Sherry, tesoro mio…» Mormora in un dolce lamento Fern, mentre l’avvicina a braccia tese per poterla stringere con forza a sé. Vorrebbe tanto prenderla per un braccio e portarla da qualche parte, così da poterle parlare in privato e provare a farla un poco ragionare, ma sa bene quanto sia impossibile adesso. Non tanto per la sua nuova posizione sociale, non dal momento che ogni Sovrano, alla fine, fa un po’ quello che vuole, quanto per il fatto che dalle poche parole di Mordecai ha capito che qualsiasi parola sarebbe sprecata in questo momento, che il dolore e la paura che sta provando le impediscono categoricamente di ragionare lucidamente. Si limita a sussurrarle poche parole vicino l’orecchio, così che solo lei possa sentirla, per poi separarsi e sorriderle quanto più dolcemente possibile.
Per quante decisioni sbagliate potrà mai prendere in vita sua, per lei rimarrà sempre la sua bambina, quella che trovò nel capanno ricoperta di sporco e sangue, la stessa che aveva un disperato bisogno di aiuto.
«Questa arzilla vecchietta ti tratta bene, Tristan?»
Il bambino sobbalza vistosamente nel sentirsi chiamare, e subito abbassa timidamente il capo, borbottando parole poco chiare pure il loro sensibile udito. Per quanto riescono a capire, sì, lo tratta bene ed è felice, e Micah non perde tempo per abbassarsi accanto a lui, con le ginocchia sul ghiaccio, e ad avvolgergli le spalle per scuoterlo con forza, affermando poi con un certo entusiasmo che gli scrolleranno questa sua “fottuta timidezza del cazzo” a furia di shottini, facendo così riemergere tutto in un colpo il vero carattere infuocato di Fern.
«Sei un cretino!» Bercia infatti, dandogli un sonoro pugno sulla testa «E non vi azzardate assolutamente a deviarlo, chiaro?! O giuro che ve ne farò pentire amaramente!»
Per quanto il Quartetto se la rida di gusto, è evidente dal loro indietreggiare con le mani un poco protese in avanti per pararsi che hanno capito l’antifona e che, almeno un po’, le daranno ascolto. Il rispetto che gli Spettri potevano già nutrire nei confronti della famosa umana che da sola ha cresciuto sin dalla più tenera età quattro Spettri, e ne ha poi accolti anche altri, è di colpo aumentata, toccando vette inesplorate. Pure Arus, che non ha mai avuto simpatia per gli umani e, in realtà, non li ha mai realmente cacciati poiché considerati troppo inferiori, sbarra gli occhi per la sorpresa, annuendo inconsapevolmente per la vaga ammirazione che invece lo sta contagiando. Chissà se sarebbe capace di rimettere in riga anche Voret?
«Prima di accompagnarvi in un esclusivo tour, trovo che sia giusto porre fine alle loro pene.» Afferma dopo qualche secondo Sherry con un tono realmente più pacato, mentre accenna col capo agli Spettri adulti in attesa e con un vago gesto della mano agli orfani.
Malgrado la nottata non sia stata delle migliori, soprattutto considerando che non ha fatto quasi altro che piangere contro il petto di Everett, e che la mattinata sia partita decisamente nel peggior modo possibile, averli tutti quanti lì le risolleva un poco l’umore. In fondo adesso Radish sarà almeno un po’ preso da loro, e la presenza di Fern potrebbe anche rilevarsi un ottimo deterrente per tenerlo a distanza, poiché ora più che mai la scusa “mamma vuole tenermi tutta per sé” non può considerarsi una balla.
Separandosi così dal marito, si porta al fianco di Blackwood e, dopo un forte sospiro, annuncia fieramente: «Chi se la sente davvero di prendere in custodia alcuni di questi bambini, e di crescerli come figli propri, faccia un passo avanti. Non occorre che siate una coppia, l’unico requisito richiesto è quello di non fare alcun genere di protesta se a scegliervi sarà un Mezzosangue. Esatto, a scegliervi. Saranno loro a venire da voi, quindi vi chiedo di pensarci davvero bene prima di proporvi.»
Dopo qualche secondo di tentennamento generale, dove le coppie si sono guardate negli occhi con un certo smarrimento, i primi audaci si fanno avanti, piazzandosi a gambe larghe di fronte a tutti. I primi sono esemplari ormai soli, che hanno perso tutto quanto e sentono il disperato bisogno di colmare quel vuoto prendendosi cura di qualcuno altrettanto solo. Certo, potrebbe non essere la motivazione migliore, ma gli Spettri tendono ad essere mortalmente seri in questi casi, e quindi i due Sovrani si muovono a cuor leggero grazie alla consapevolezza che non stanno mandando nessuno di loro al macello.
«I bambini che condividono un legame si sangue stretto andranno insieme.» Afferma con decisione Blackwood quando ormai tutti si sono schierati ordinatamente, con gli occhi così pieni di speranza da strappargli un sorriso «Quindi adesso, in modo ordinato, vi prenderete per mano e sceglierete chi, secondo voi, potrebbe formare la vostra nuova famiglia.»
I bambini, per quanto desiderino con tutto il cuore una famiglia adottiva, rimangono pietrificati al loro posto, intimoriti dalla possibilità che gli adulti possano respingerli. In fondo quasi nessuno, lì in mezzo, ha il sangue forte, molti lo hanno contaminato dalla traccia umana, e quindi ai loro giovani occhi appare come una possibilità sin troppo reale.
Dopo qualche minuto di imbarazzante e stressante silenzio, C-18 sospinge delicatamente in avanti una coppia di fratelli, e questi, seppur assai intimiditi, avanzano verso una giovane donna rimasta sola, che pare illuminarsi non appena si rende conto che l’hanno scelta. Si piega sulle ginocchia, mentre grosse lacrime di commozione le si formano agli angoli degli occhi, ed infine si lascia andare ad un caloroso abbraccio ai due non appena le si sono avvicinati abbastanza. Sussurra dolci parole alle loro orecchie, carezza amorevolmente le testoline biondicce, ed infine si alza in piedi per prenderli per mano e condurli così alla loro nuova casa.
«Prima di andarvene, gradiremmo che vi registrasse presso quei due signori laggiù, così da evitare possibili problemi in futuro.» Afferma con voce un poco greve Nike, fissando intensamente la donna «E gradiremmo anche che aspettaste, prima di andarvene. Questi bambini hanno passato molto tempo a stretto contatto, meglio evitargli una separazione così forte.»
La donna annuisce e, tenendo sempre ben salde quelle piccole manine nelle sue, li conduce dove le è stato indicato. Non credeva di poter essere di nuovo così felice dopo essere rimasta così tragicamente sola, ma quel semplice contatto le sta riempiendo il cuore di una gioia incredibile. Quando poi cominciano a parlarle, a raccontarle le loro cose, sente che il cuore potrebbe davvero scoppiarle nel petto tanto è felice.
Volendo seguire il loro esempio, tutti quei bambini, convinti di essere destinati ad una vita di solitudine e tristezza, si fanno coraggiosamente avanti, correndo in contro a tutti quegli adulti — o quasi — che li accolgono a braccia aperte, talvolta pure incitandoli con ampi gesti per essere scelti.
Non ci aveva pensato davvero, Radish, tanto meno lo avrebbe creduto possibile, ma la trova una scena incredibilmente dolce e tenera, tanto che la sua mente si distacca per qualche secondo, viaggiando lontana ad un ipotetico incontro con i suoi genitori. Di tanto in tanto si è domandato come sarebbe, cosa proverebbe e, anche di più, cosa proverebbero loro nel vedere l’uomo che è diventato, nel sapere cos’ha fatto.
«Ehm, Sherry?»
Scuote un poco la testa per tornare al presente, e si volta a sua volta verso Bulma, che sorride alla compagna con una certa indecisione. Il che è strano su di lei, motivo che gli fa temere qualcosa di brutto.
«Noi avremmo portato qualche piccolo presente.» Afferma invece la scienziata, che però non è del tutto certa che possano accettare qualcosa da parte di estranei senza risentirsene per qualche strano motivo da lupo. Niente di più lontano dal vero in realtà, anzi! Agli Spettri fa sempre incredibilmente piacere che gli venga donato qualcosa, ed è anche uno dei metodi più semplici e sicuri per tenerseli buoni. Se poi si tratta di qualcosa per i loro piccoli — che sia da mangiare o qualcosa per intrattenerli —, allora il gioco è fatto, ti prenderanno inevitabilmente in simpatia… e nascerà pure la possibilità che in seguito ti vengano a cercare anche a casa.
Sherry, dal canto suo, è rimasta di sasso. Non si aspettava certo che potessero anche solo pensare di potare loro qualcosa! Perché mai farlo, dopotutto? Hanno già aiutato sul campo di battaglia, quelli in debito, al massimo, possono essere loro, motivo che li ha spinti a volerli far entrare nel loro personalissimo mondo.
«Non dovevate…» Afferma con voce un poco incerta, per poi lasciarsi andare ad un caloroso sorriso. Il suo lupo, da quando sono arrivati, è rimasto non poco sul chi vive, ma ha velocemente capito che alcuni di loro non deve assolutamente temerli. Tutt’altro, ha proprio intuito che ci sono alcuni candidati ideali per rimanere protetta dall’ira del compagno.
«Grazie!» Aggiunge poco dopo, mentre viene presa a braccetto da Chichi prima di incamminarsi.
«Occorrerà un po’ di spazio!» Afferma infatti l’umana, sorridendole raggiante. È ufficialmente sua cognata, passeranno sicuramente molto tempo insieme, e sicuramente al suo amato Goku farebbe piacere vederle così. Senza contare, poi, che è una donna con tutti i mezzi necessari per darle un aiutino per dare la miglior istruzione possibile ai suoi figli.
«A lei gli onori!» Esclama allegramente Bulma, porgendo una capsula a Fern. La sua capsula, quella che ha espressamente richiesto e pagato. Ad un prezzo stracciato, in realtà, ma questo lei non lo sa. A Bulma infatti la sua idea era piaciuta davvero troppo, soprattutto dopo essersi fatta raccontare da Gohan cosa avesse visto nelle loro terre. Sono bastate le sue parole tristi per far aderire un po’ tutti, e adesso non vede l’ora di vedere la loro reazione.
Fern, però, le fa un cenno delicato per farle capire di lasciare spazio a lei, e subito dopo si avvicina a Sherry, prendendole dolcemente una mano tra le sue «Spero che ti piaccia!»
La Capsula Hoi Poi numero 32 viene premuta e lanciata con gran eccitazione sotto gli occhi attenti degli Spettri, e dopo pochi secondi, in quella grande piazza, appare un altrettanto grande costruzione vagamente sferica dalle tinte pastello. Non vi sono particolari dettagli, secondo Bulma avrebbero tolto l’effetto sorpresa che volevano, e per questo i vari Spettri rimangono piuttosto incerti ad osservarla. Lungi da loro rifiutare una possibile nuova abitazione, ma in cuor loro preferiscono di gran lunga le loro attuali abitazioni nella roccia viva.
«Per primi i più piccoli!» Afferma con un gran sorriso Mimì, che ha partecipato più che volentieri al finanziamento. Quando infatti Gohan le ha raccontato ciò che ha visto, le condizioni in cui versavano gli Omega, le si è stretto così forte il cuore che, per un attimo, ha pensato davvero di sentirsi male.
Sulle prime gli adulti si bloccano, per poi lasciarsi andare a dei lunghi e perplessi sguardi ai loro Sovrani. Non sanno se possono fidarsi al 100%, non dal momento che non riescono a capire cosa possa esserci all’interno — anche se, se non si sbagliano, gli pare di fiutare una traccia molto zuccherosa nell’aria —, ma decidono poi di lasciar andare i piccoli quando i due annuiscono con un lieve sorrisetto.
Ciò che si para davanti ai loro giovani occhi non appena le porte si aprono, è qualcosa che mai pensavano di poter vedere. Gli unici a non ritrovarsi con la bocca dolorosamente spalancata sono giusto i vari eredi del Sud, che invece hanno già avuto la possibilità di vedere simili spettacoli.
Giocattoli.
Giocattoli su giocattoli.
Ed anche cabinati arcadeflipper, tavoli per il biliardocalcio balillahockey da tavolo e pesca verticale, e poi ancora vestiti, coperte pesanti, dolciumi a perdita d’occhio, un reparto pieno di carne surgelata ed altri possibili piatti sfiziosi che possono cucinarsi anche da quelle parti.
Certo, quelle cose avrebbero potute procurarsele in qualsiasi momento ed hanno evitato unicamente perché temono che quei materiali possano inquinare troppo e quindi intaccare il loro prezioso ecosistema, ma non glielo diranno. Il loro pensiero è stato così dolce e puro da strappare un sorriso commosso pure ad ossi dure come Greywind, Nike e Arus.
I più giovani entrano dentro senza pensarci un istante di più, guardando e toccando tutto con manine incerte, timorosi di poter rompere qualcosa che non sono neanche certi gli appartenga davvero, mentre da fuori gli adulti se la ridono di gusto. I vari Spettri poi si avvicinano a tutti loro con enormi sorrisi riconoscenti, talvolta pure in lacrime. Per natura non hanno bisogno di tutte quelle belle cose, non sono mai state assolutamente necessarie, ed alcuni neanche sapevano della loro esistenza, ma averle lì, poterle toccare con mano, avere la consapevolezza di possedere quei piccoli lussi che i precedenti Re hanno sempre vietato categoricamente, li riempie di una rinnovata gioia così forte da stordirli.
«Con queste ci dobbiamo picchiare?» Domanda innocentemente un bambino a chiunque lo stia ascoltando, sventolando per aria una mazza da baseball. Non sono infatti in pochi i genitori che spesso e volentieri decidono di non passare loro alcune informazioni, così che non debbano sentire la mancanza di qualcosa che mai potranno avere.
Beh, mai, finora!
«No, aspetta! Quella serve per giocare a baseball, non per darsela in testa!» Interviene subito Yamcha, riuscendo a prendere l’oggetto prima che venga schiantato con violenza su un secondo bambino. In realtà sperava molto che qualcuno sollevasse l’argomento, o almeno che lo invitassero a giocare come durante dal Festa del Fuoco. Quella sera, in fondo, è riuscito a passare del bei momenti in dolce compagnia proprio perché si era messo a giocare a palla con dei ragazzini, quindi perché non sperare in un bis?
«Baseball?» Domanda la quasi vittima, guardando l’uomo come se avesse detto una cosa decisamente assurda. Da loro non usano tanti giochi: ci si rincorre, si fa la lotta, si va a caccia in gruppo. Solo alcuni tra i più grandi ne hanno sentito parlare, ed ancora meno hanno addirittura avuto modo di provarli.
«E come si gioca?»
«Se volete, ve lo posso insegnare io.» Si offre prontamente l’umano, sorridendo allegro ai più piccoli che di colpo lo guardano neanche fosse Gesù Cristo sceso sulla Terra per redimere l’umanità. Così facendo, poi, ha anche calamitato su di sé l’attenzione di diverse ragazze ancora senza compagno, che lui però non riesce a capire se già maggiorenni o meno. Se gli altri non mi danno un aiutino, potrei finire in casini belli grossi… «Ehi, voi quattro! Qualcuno ha voglia di fare due lanci?»
«Cavatela da solo.»
«Solo perché diventiamo dei grossi canidi, non vuol dire che ci piace giocare con la palla.»
«Fossi in te mi terrei addosso le mutande. Non vorrai mica pestare la coda sbagliata?»
Maddox è l’unico a non commentare niente, limitandosi a guardarlo con apprensione e scuotere debolmente la testa. Si è stupidamente calato in un gran casino, e ora non potrà uscirne senza fare la figura dello stronzo supremo, e questo solo perché voleva fare lo splendido con le loro donne. La bastonata di Robin non deve essergli proprio bastata… povero coglione!
«Allora, che dite? Iniziamo il nostro tour?» Domanda allegramente Blackwood, porgendo una mano a Bulma per aiutarla ad incamminarsi senza scivolare sulla lastra di ghiaccio. Prima di ogni cosa, è fondamentale portarli nella magione per far indossare loro delle calzature più adatte per quelle terre, così che non rischino di scivolare continuamente e rompersi come minimo il coccige.
Chichi, mentre il numeroso gruppo s’incammina verso quella tetra ed enorme abitazione, assiste involontariamente a qualcosa che, con sua sorpresa, le fa davvero male dentro: Sherry, per un motivo che lei ovviamente non può sapere, ha appena allontanato bruscamente Radish, lasciandolo indietro. Non pensava di poter provare compassione proprio per lui, l’uomo che ha comportato la morte di suo marito dopo aver rapito suo figlio, e invece è proprio così. Le è bastato vedere lo smarrimento nei suoi occhi, seguito poi da un dolore sin troppo vivo e reale, perché le si stringesse il cuore nel petto. Che è successo?
Loro due però non sono gli unici che adesso stanno soffrendo. Ad una buona distanza da tutti, infatti, qualcuno sta osservando con angoscia qualcosa che sperava rimanesse solo un vecchio e orribile ricordo.
Respira lentamente, Bree, mentre con le dita sfiora l’arcata scavata nel fianco della parete rocciosa. C’è un qualcosa di non troppo diverso da un enorme futon umido e rovinato a terra, con delle coperte logore e rattoppate, un tavolo che sta in piedi per miracolo in un angolo e qualche cuscino ormai piatto come la suola di una scarpa.
«Cos’è questo buco?» Domanda Lunch, giunta assieme a Tensing alle sue spalle. L’uomo in realtà non era molto dell’idea di raggiungerla, anzi gli pareva indelicato, ma secondo la compagna non era il caso di lasciarla sola. Hanno parlato un po’ in quei giorni, e l’umana si è ritrovata pure a volerla abbracciare con forza nel percepire quella nota sofferente nella sua voce, trattenendosi giusto perché in fondo sapeva che, per quanto le parlasse amichevolmente, non avrebbe mai tollerato un contatto fisico.
Sulle prime Bree non le risponde, né si volta. Rimane immobile ad osservare l’interno di quella piccola grotta incapace di riparare dal vero freddo del Nord, fissando soprattutto il piccolo triangolo inciso in un angolino. Passato, presente, futuro. Nascita, vita, morte.
«Questa era casa mia.» Mormora poi dopo qualche secondo, senza però incrociare i loro sguardi. Per quanto abbia sempre odiato quel posto, è pur sempre stata casa sua per quasi undici anni, e ritrovarcisi ora le fa un certo effetto, che però non riesce catalogare.
«Bree…?»
Stavolta si gira, vedendo con piacere un vecchio volto amico.
Ha l’aria sciupata proprio come al tempo, con le guance terribilmente scavate, il corpo piuttosto fragile, quei lunghissimi capelli castani che le ricadono fin dopo il fondoschiena e i grandi occhi a palla un poco infossati. Avendo vissuto nel mondo esterno, non può trattenere un sorrisetto nel pensare che, eccetto per i capelli, le ricorda terribilmente Gollum.
«Ciao, Anita.»
«Oh mio Dio, sei viva!» Anche il sorriso è sempre lo stesso, con quel buffo ed insolito spazio tra gli incisivi superiori, e quella straordinaria voglia di vivere che ti trasmette «E sei anche in dolce attesa! Ma… aspetta… a te non piacevano le…?»
«Le donne? Sì. Quell’umana con i capelli rossi è mia moglie, Mimì.» Afferma poi dopo un lieve sospiro iniziale, facendo un cenno in basso verso la compagna, che parla amabilmente con una coppia che lei, però, non conosce. Un breve ringhio le risale su per la gola e gli occhi le si accendono d’oro, ma non appena nota la figura del padre a pochi metri da Mimì, riesce a calmarsi un poco.
«Inseminazione artificiale. Il padre è il bel biondino laggiù, Micah.» Afferma subito dopo, dandole poi le spalle per addentrarsi in quell’angusto spazio che un tempo chiamava casa. Lo ricordavo molto più grande…
«Immagino che verranno fuori due Segugi eccezionali, allora!»
Anita non ha mai avuto problemi con i Mezzosangue, per questo erano tanto amiche. Dormiva nel buco accanto al loro assieme ad altri tre cuccioli e una coppia di adulti. Ciò che Bree non può proprio sapere, è che le ha appena tirato involontariamente una coltellata dritta al cuore, poiché da sempre infatuata di lei.
«Come va da queste parti?» Domanda con reale interesse la bionda, tamburellando con le dita affusolate sull’arco d’entrata. Guardando in basso, le tornano in mente tutte quelle volte in cui si affacciava di nascosto per veder transitare la figura possente e autoritaria del padre, con la vana speranza che, almeno una volta, alzasse a sua volta gli occhi per poterla vedere.
«Loro…?»
«No, ma io sì.» La interrompe subito, incrociando duramente il suo sguardo per rimarcare il concetto, e l’altra annuisce con vigore prima di abbassare lo sguardo con un briciolo di timore. Da quelle parti, in fondo, far innervosire qualcuno più forte di te è una mossa assai stupida e pericolosa.
Tensing, rimasto lì perché Lunch non vuole lasciarla sola in un momento di evidente sconforto, fa saettare a sua volta gli occhi su di lei, comprendendo che probabilmente c’è ancora qualcosa di non detto.
«In ogni caso, non è ciò che ti ho chiesto.»
«Beh, sono tutti più felici da quando Sherry è salita al potere. Molti sono ovviamente straniti, ma sono comunque felici. Non dobbiamo più avere paura di incrociare un membro della guardia, abbiamo tutti del cibo, la possibilità di avere sempre a disposizione dell’acqua fresca, i cuccioli non rischiano più di essere divorati per spregio… è tutta un’altra vita, adesso! Appena la vedi, potresti abbracciarla per me? Sai, non sappiamo ancora bene quali siano i nostri limiti, e adesso comunque non mi pare dell’umore migliore per essere oppressa da tutti noi!»
Sapevo che ce l’avresti fatta, ma speravo di stare al tuo fianco… e di poterti abbracciare in un momento simile.
«Ragazzi, venite o no?!»
Il quartetto abbassa lo sguardo verso gli amici, che sorridono loro con rinnovato entusiasmo. Pure a quella mostruosa distanza sono abbastanza certo di poter dire che pure Vegeta non ha più la solita aria profondamente scocciata ed annoiata.
Mentre Tensing afferra la compagna per la vita e vola giù, Bree si prende ancora un paio di secondi per poter guardare nuovamente quel vecchio e freddo buco, e ricordare un’ultima volta i volti di tutti coloro che vi sono passati.
S’incammina poi con un sorriso amaro sulle labbra carnose e, dopo una veloce carezza affettuosa sul braccio pallido, se ne va.


Per tutti la giornata non poteva decisamente andare meglio.
Hanno parlato e scherzato con gli uni con gli altri come se le loro differenze non fossero mai esistite, come se da sempre fossero tutti membri dello stesso, enorme branco, e le ore sono trascorse ad una velocità che neanche si erano immaginati.
Sulle prime c’era un minimo di imbarazzo, dettato proprio dalle evidente differenze tra tutti loro, ma qualcuno ha deciso di spazzare via quella tensione a modo suo. Voret ha infatti ben pensato che sarebbe stata una cosa fantastica tirare una grossa palla di neve contro la testa del burbero padre, giusto per vedere se anche lui sapeva divertirsi come una persona normale. La faccia dell’uomo, dopo l’impatto, è stata così incredibilmente esilarante da far scoppiare tutti quanti in una sonora risata, aumentata quasi fino alle lacrime quando lo Spettro si è lanciato all’inseguimento del figlio, che nel frattempo continuava a ridere come se avesse davvero fatto la cosa più buffa del mondo.
La situazione è poi semplicemente esplosa, con Voret che correva in mezzo a tutti loro per salvarsi, Arus che lo inseguiva per seppellirgli la testa sotto almeno due metri di neve, Revaz, gemello di Voret, che da una parte aveva preso a bombardare le sorelle con gelide palle di neve, con il Quartetto che gli dava man forte. Dopo essere stati colpiti, poi, sono partiti anche Crilin, Lunch, Bulma e Tensing, dando così il via alla più improbabile ed esilarante battaglia che si fosse mai vista da quelle parti.
Tutti correvano da una parte all’altra, creando in breve alleanze decisamente improbabile, e non c’è voluto molto che pure i bambini si buttassero nella mischia, pretendendo fermamente di avere Yamcha dalla propria parte. Se in fondo era tanto bravo nel baseball, non avrebbe dovuto avere alcun genere di problema pure in una banalissima battaglia di neve, no? Ecco, no. Con enorme sorpresa generale, è stato Vegeta a scagliargli contro un’enorme montagnetta di neve, e solo perché poco prima lo aveva quasi lisciato.
Quando sono finalmente riusciti a calmarsi, hanno visitato separatamente quei vasti territori, chi optando per il gelido Nord e chi per il caldo Sud.
Si raccontavano un sacco di aneddoti, spiegavano il particolare funzionamento di determinate cose, talvolta scendendo nei dettagli per quanto riguarda le strutture sociali, i rapporti famigliari ed infine anche come costruiscono le loro abitazioni o riparano quelle già esistenti. Bulma, a seconda dell’argomento toccato, era oltremodo rapita dalle loro parole, tanto da prendere pure in considerazione l’idea di fare un qualche tipo di collaborazione con alcuni soggetti evidentemente dotati di un’intelligenza superiore ed una voglia di scoprire e apprendere forse superiore anche alla sua.
Una delle cose che forse li ha affascinati di più, sono stati i vari animali che popolano quelle terre selvagge. Se si fossero trovati semplicemente su un altro pianeta sarebbero sì rimasti sorpresi ed affascinati ma in un modo diverso, perché è proprio la consapevolezza che tutto ciò esista dentro al loro mondo a lasciarli davvero a bocca aperta. C-18, ad ogni nuova e bizzarra creatura che si ritrovava davanti, non riusciva a fare a meno di pensare per qualche istante al fratello, che sicuramente sarebbe stato oltremodo entusiasta di poter vedere tutto quello.
Quando poi Gohan è riuscito a toccare con mano un cucciolo di Tsagon, senza che questi provasse a staccargli le dita a morsi o a colpirlo con la spessa e forte coda, gli Spettri adulti hanno capito in modo chiaro e assoluto che da quel momento dovranno sorbirsi tanti, troppi sospiri da innamorati da parte delle figlie, che lo hanno sempre seguito come ombre e guardato come se fosse la più incantevole delle creature. Il secondo pensiero generale è poi stato: “Scappa ragazzino! Le nostre femmine sono diverse dalle umane, e sanno scassare le palle anche dieci volte di più! Dileguati finché sei in tempo!
Adesso se ne stanno tutti nell’ampia piazza del Sud a cenare, con una musica allegra di sottofondo, che però viene sovrastata dalla moltitudine di chiacchiere. Sulle prime erano solo gli Spettri a parlare tra loro, talvolta cacciando qualche urlo demoniaco ai figli più scalmanati, ma poi sono intervenuti anche gli altri. Se non parlavano però un motivo c’è, ed è molto semplice: il cibo che hanno offerto loro è mille volte più buono di quanto potessero anche solo immaginare!
Si sono dati da fare per loro, per fargli vivere un’esperienza unica e indimenticabile, e di certo ci sono riusciti alla grande. Cibi, vini, liquori, tutto ciò che possono desiderare! In fondo, hanno pur sempre aiutato in guerra, e loro mal sopportano sentirsi tanto in debito.
Essendo ormai al dolce, ed essendo ormai anche sul punto di esplodere come petardi, rimangono seduti sulle proprie comode sedie ad ascoltare i più vivaci ancora carichi di energie, che dibattono tra di loro su ipotesi assurde, alcuni volendo pure avere ragioni su faccende che non li riguardano neanche alla lontana. Per esempio, alcuni si sono messi a discutere animatamente su come i Saiyan possano o meno diventare Super Saiyan. Inutili gli interventi piccati di Vegeta, che è stato bellamente ignorato mentre continuavano imperterriti a snocciolare ipotesi strampalate.
Revaz, ubriaco fino alla punta dei capelli, si è messo pure a litigare con Timo, perché quest’ultimo ha affermato che se lui fosse stato un Saiyan non si sarebbe potuto trasformare, in quanto privo di un cuore puro.
«Il mio cuore è puro!» Urla il più giovane con convinzione, saltando in piedi sul tavolo mentre sventola per aria un boccale pieno di birra scura «Pura e autentica cazzimma!»
Arus, profondamente indeciso se lanciargli in testa il proprio boccale o un qualsiasi coltello in mezzo alle scapole, si lascia andare ad un ironico commento che fa subito ridacchiare Greywind, seduto al suo fianco: «Tsk, direi piuttosto “puro e autentico ego”.»
«Ti ho sentito, fossile!»
«Siamo permalosi, eh?»
Revaz, che a causa dell’alcol non è poi troppo sicuro con quale delle tre distorte figure paterne stia parlando, si limita ad incenerirlo con lo sguardo e snudargli per qualche secondo i denti, per poi berciare: «Senti, fa’ una cosa: vaf-fan-cu-lo!»
Voret, dopo un brevissimo sguardo d’intesa con Nike, che sta a tanto così dall’alzarsi per massacrare a suon di sberle il fratello, afferra un cosciotto di carne ancora un poco tiepido e, con la precisione di un cecchino, lo tira in pieno contro la sua faccia, facendogli così perdere l’equilibrio e planare poco delicatamente di sotto.
Le risate si liberano un’altra volta, tanto forti che neanche i due fratelli che si azzuffano nuovamente riescono a placarle. C'è solo una persona che però non ride. Non ride ora, come non ha riso quasi tutto il giorno.
Se ne sta da una parte a guardare la scena a distanza, con lo stomaco insolitamente chiuso per il nervoso.
Doveva essere una giornata allegra, quella. Dovevano spassarsela, respirare, e invece lui si è ritrovato col morale sempre più atterra, mentre una sola domanda gli ronzava costantemente per la testa: Dove ho sbagliato?
Perché, per Radish, deve essere così. Deve per forza aver fatto un qualche tipo di grosso errore, sennò perché evitarlo così? Perché tenerlo a distanza, e addirittura allontanarlo qualora le si avvicinasse un centimetro di troppo?
Pensa che, forse, ha davvero sbagliato ad intervenire durante lo scontro, che il suo gesto dettato dal folle sentimento che nutre per lei sia stato effettivamente troppo. O forse il suo destreggiarsi con i feriti, il suo occuparsi di tante piccole faccende, il suo piacere alla maggior parte del branco…
Non lo sa. Non ne ha davvero la più pallida idea.
Potrebbe essere stato tutto come niente. Magari, e questo davvero spera sia solo una folle supposizione dettata dalla sua insicurezza, si è semplicemente stancata di lui. Magari si è accorta di non amarlo davvero, di non voler realmente passare la vita con lui.
Però c’è il loro legame di mezzo. C’è lo zing tra di loro, e quello non può mentire, di questo ormai ne è più che sicuro, soprattutto dopo tutte le volte che gli è stato ribadito quanto sia stato fortunato e quanto sia invidiato proprio per questa fortuna. Ma se Everett, dall’alto di tutta la sua esperienza ed aiutato dalla sua mente brillante e acuta, avesse trovato un modo per arginarlo? Se avesse trovato un modo per sopprimere quel sentimento, e l’avesse insegnato anche a lei? In fondo lui è sopravvissuto per più di 25 anni senza Leila, quindi potrebbe anche essere possibile, secondo Radish.
Senza contare, poi, il modo in cui rimangono vicini anche adesso, i loro sguardi complici, le braccia forti del maggiore che la stringono, il sorriso brillante e allegro di lei. Tutto in loro gli fa pensare unicamente che sia successo proprio ciò che più temeva, e il cuore gli cade dolorosamente nelle viscere. Se avessimo fatto realizzare la profezia in tempo, le cose sarebbero diverse? Se lei fosse rimasta incinta o avesse già partorito, Everett sarebbe rimasto chiuso fuori? Cazzo… e io, stronzo, che avevo paura che un figlio potesse rovinare le cose! Sono un idiota, dannazione!
«Che succede?»
Sobbalza appena nell’udire la voce un poco rauca e profonda di Maddox, ma riacquista subito il controllo di sé. Può fidarsi di Maddox, adesso? Può fidarsi di tutti loro? Per quanto possano dire di volergli bene, di considerarlo un membro della famiglia e tutto il resto, chi gli assicura che non gli daranno un calcio in culo non appena Everett e Sherry usciranno allo scoperto? Ti prego, Sher… non farlo! Ti prego!
«Niente.»
«Non sono un idiota. Riconosco quando c’è qualcosa che non va.» Afferma un poco infastidito mentre si siede al suo fianco. Possibile che siate così tanto incapaci a parlare, voi due? Non che io sia un campione, ma almeno con mia moglie parlo!
Radish, per quanto non sia sicuro di potersi fidare proprio più di nessuno, decide comunque di vuotare un poco il sacco, complice anche la generosa quantità di alcol ingerito proprio per non sentire più tutto questo dolore.
«Vedi come lo guarda?» Sibila con rabbia, facendo un cenno stizzito verso la moglie e Everett «È da quando sono stato tanto pazzo da morderla che non mi guarda più così!»
«Un rapporto richiede impegno. Non puoi arrenderti così facilmente.»
Se già le sue parole gli danno fastidio, e gli fanno anche domandare perché, a quanto pare, solo lui debba impegnarsi tanto, la rabbia sale ancora di più quando nota Nike e Blackwood avvicinarsi ai due, con le mani strette l’una all’altra e un amore puro e genuino quando si guardano.
«Ciò che provano loro è reale, sincero. Il nostro rapporto è tutto un’ill—»
«Mi sa che Everett non si sbaglia troppo, su di te: sei davvero un idiota.» Lo interrompe subito, guardandolo forse per la prima volta con quell’aria severa ed intransigente che di tanto in tanto ha sfoggiato giusto con i fratelli, e solo nei casi più gravi. «Quei due sono cresciuti insieme, Radish. Si conoscono letteralmente da tutta la vita. Pensi che loro non abbiano avuto momenti di screzio? O che non ne avranno in futuro? Pensi che quando si coricano la sera, non abbiano mai niente di cui discutere? Loro semplicemente hanno capito nel corso di anni di relazione come smussare gli angoli per non farsi male. Gli stessi angoli che voi due, invece, continuate a prendere a testate.»
Maddox è famoso principalmente perché dotato di una forza fisica ben al disopra della media, ma in pochi sanno che sia capace di fare anche più male solo con le parole. Perché Maddox è sincero, diretto, indorare la pillola gli urta il sistema nervoso.
Radish, adesso, lo capisce in pieno, perché finora non ha mai davvero accettato l’idea che loro due, alla fin fine, continuano a scivolare sempre per lo stesso, identico, stupido errore.
«Non sai di cosa parli.»
«Amico, sono sposato. E conosco Becca da quando eravamo appena due ragazzini, se è per questo.» Vorrebbe davvero essere più diretto, lo desidera con tutto sé stesso, ma il giuramento alla quale si trova vincolato — oltre al forte affetto che nutre nei suoi confronti — gli impedisce categoricamente di fare di più. In realtà, teme che pure questo possa ritorcerglisi contro, ma sente che è in assoluto la cosa migliore da fare per loro.
«Voi due vi siete trovati legati in un modo più profondo di quanto si possa immaginare che già eravate adulti, entrambi con un passato difficile con la quale convivere e due caratteri ben delineati. Quando siete calmi, quando niente vi minaccia, state bene assieme, o sbaglio? Dovete sforzarvi di imparare a non farvi divorare dai momenti in cui, invece, qualcosa vi fa sentire minacciati.»
«Cosa può farla sentire minacciata adesso?! Non c’è più niente!»
«Questo posto è pieno di ricordi orribili, Radish—»
«E perché allora prendersela con me? Perché sono l’unico contro il quale si rigira?!»
Il dolore che Maddox scorge negli occhi d’onice dell’altro è come una pugnalata. Non vorrebbe vederlo soffrire tanto, vorrebbe poterlo aiutare sul serio, ma tutto rema contro entrambi. L’unica cosa che lo fa sentire vagamente meglio, è il poter constatare nuovamente quanto il DNA di Roman si sia profondamente legato al suo. Perché tu non lo noti, Sher? Cazzo, basta guardarlo negli occhi per capire che, almeno su questo fronte, non è troppo diverso da me! E a te piaceva questa cosa, anche se mi ci sfottevi. Perché non riesci a vederlo?
«Vorrei tanto poterti aiutare, davvero…»
«Almeno dimmi cosa fare. Qualsiasi cosa, davvero, purché non si tratti di aspettare.»
Se già il dolore nel suo sguardo è come una pugnalata, sentire questo tono quasi sottomesso è peggio. Radish non è così, Maddox lo sa benissimo, e sentirlo tanto distrutto da un qualcosa che non può controllare lo fa quasi piangere.
«Mi dispiace…» Ti prego, Rad, ti prego! Non fare idiozie quando arriverà il momento. Ti prego, ti supplico! Mostra a tutti loro di che pasta sei fatto, dimostragli che si sbagliano su tutta la linea. Mostragli ciò che vedo io! «Prova comunque a tenere a mente che l’amore, quello vero, non è una cosa facile. Devi lottare per esso, perché quando finalmente lo trovi, nulla può più sostituirlo.»
E detto questo si alza, dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla, e poi si allontana, lasciandolo nuovamente solo. Non lo perderà di vista, questo è certo, ma, se fosse al suo posto, vorrebbe rimanere solo per pensare.
Ed ha ragione, perché Radish sente di poter in qualche modo respirare di nuovo, senza il suo sguardo penetrante a scrutarlo fin dentro l’anima. Questa sensazione di sollievo però sparisce in fretta, perché tutte le sue preoccupazioni tornano prepotentemente a farsi sentire.
Se è così bello, perché fa così male?


Che Sherry se ne sia andata prima degli altri, ovviamente con Everett al seguito, non l’ha stupido per niente. La stanchezza nei suoi occhi era più che evidente, così non ha detto niente al riguardo, neanche quando lo ha salutato con un gesto vago della mano.
Semplicemente l’ha lasciata andare, deciso a darle i suoi spazi. Alla fine, infatti, la soluzione che lo terrorizzava meno era proprio quella di aspettare. Cosa non lo sa del tutto, non ne è certo, ma vuole continuare a sperare con tutto sé stesso che le cose si sistemino lo stesso.
È rimasto nei Territori del Sud fino all’ultimo ed ha poi salutato un po’ freddamente i pochi che sono rimasti lì a dormire, ovvero Vegeta, Piccolo, Tensing e Gohan. Sono infatti stati invitati ad uno scontro amichevole il giorno successivo, e non si sono certo fatti pregare. Greywind è stato poi abbastanza sveglio da usare la scusa che il piccolo Mezzosangue potrebbe imparare tante cose interessanti per convincere maggiormente Chichi, che invece è tornata nel mondo esterno con gli altri, così da tornare da Goten e dal padre che se n’è occupato per tutto il giorno.
Una volta salutati tutti, però, non aveva più scuse per restarsene in giro, ed è quindi tornato alla magione.
Ha sperato fino all’ultimo istante di trovarla addormentata nel loro letto, di vederla appallottolata nelle coperte come al solito, ma è stata una speranza vana. Non appena aperta la porta, infatti, la stanza era insopportabilmente vuota e buia, con quell’enorme letto dolorosamente vuoto e intatto.
L’idea di lasciarla perdere fino a quando non fosse stata pronta è così volata dalla finestra, sostituita da una a conti fatti più fattibile. Pensava infatti di essere capace di lasciarle i suoi spazi, di essere capace di stringere i denti almeno fino al sorgere del Sole, così da provare a parlarle con la speranza che fosse un minimo di buon umore, ma proprio non ce l’ha fatta. Quella stanza estranea era troppo da sopportare, si sentiva opprimere e soffocare, così ha deciso di andare alla fonte del problema.
Considerando come in genere gli vanno le cose, era abbastanza certo che avrebbe incontrato qualcuno sul suo tragitto, qualcuno come Everett, che lo avrebbe inevitabilmente rallentato o, peggio, fermato.
Invece niente, nessuno. Tutti ancora troppo presi dall’ondata di novità dalla quale sono stati travolti, sovreccitati dalle nuove, bizzarre amicizie, invogliati da tutta quell’inaspettata allegria a farsi un giro per fare quattro chiacchiere in compagnia.
Da una parte si è sentito assai sollevato sulle prime, ma adesso, dopo una veloce riflessione, sente che forse sbagliava. Se Everett non è per quei corridoi con Blackwood, e non sta neanche pattugliando il corridoio che porta alle stanze della Regina, dove altro potrebbe essere se non proprio con suddetta Regina? Magari, pensa, dopo una giornata ad evitarmi, è riuscito nel suo intento.
Un’improvvisa quanto intensa ondata di feroce gelosia lo travolge tutto in un colpo, facendogli affrettare il passo, ed in pochi secondi è finalmente davanti a quelle grandi e pesanti porte scure che tanto voleva evitare. Sei un povero idiota se pensavi davvero che ti avrei lasciato campo libero tanto facilmente!
Spalanca con forza le porte e subito punta gli occhi sull’enorme letto al centro della stanza, che però è fortunatamente vuoto. Non che Sherry sia il tipo di donna che si fa tanti problemi a fare sesso anche appiccicata ad una finestra, ma in qualche modo non trovarli lì, sdraiati sotto quelle calde coperte, lo rincuora subito.
«Che ci fai qui?»
Il cuore accelera improvvisamente, e la rabbia e la gelosia si mescolano ad un improvvisa paura. Non sa esattamente se sia sua o della compagna, che dall’angolo della stanza lo fissa con una strana espressione in volto, ma neanche gli interessa. La cosa importante è che è lì da sola, che Everett non sia ancora riuscito nel suo odioso piano.
Si ricompone al meglio delle proprie capacità e, seppur con discreta difficoltà, riesce momentaneamente ad arginare tutto il turbinio di emozioni che lo stanno facendo impazzire, così da provare a chiarire quella strana ed insopportabile situazione.
«Si può sapere che ti prende?» Domanda a bruciapelo, mentre l’avvicina con rinnovata cautela. A tradire il suo nervosismo però è la voce, troppo rabbiosa per lasciar spazio a qualche dubbio.
Il fatto poi che Sherry stia bevendo quello che gli sembra whisky, e che abbia tutta l’aria di una che si è già scolata almeno un paio di bicchieri, gli puzza incredibilmente. Non che di norma non beva, anzi, solo che non lo fa mai da sola.
«Mh?»
Gli pare davvero che non capisca, come se non fosse successo niente di strano o vagamente diverso dal solito. In un certo senso, però, gli pare anche che lo guardi con una certa diffidenza.
«È tutto il giorno che mi ignori e mi eviti… e poi puzzi come una distilleria.» Nel dirlo le prende il bicchiere di mano e lo poggia da una parte, non sorprendendosi particolarmente nel sentirla sbuffare contrariata. Se non lo avesse fatto, sarebbe partito immediatamente alla ricerca delle Sfere, perché sarebbe stato oltremodo evidente che davanti a sé non c’era più la stessa Sherry.
Invece il fatto che lo allontani bruscamente non appena prova ad avvicinarla, e che lo guardi poi con rinnovato astio, è strano. Strano ed insopportabilmente doloroso per lui, che senza volerlo allenta un poco quella fragile valvola che gli permette di trattenersi.
«Si può sapere che cazzo succede, eh?!»
Cammina piano, Sherry, allontanandosi da lui senza però dargli mai le spalle. Il lupo è estremamente vigile adesso, probabilmente come non lo è mai stato prima, e grazie all’alcol riesce pure a sovrastare quasi totalmente i suoi sentimenti. Perché lì, impaurito e nascosto da qualche parte, splende ancora con forza l’amore folle che nutre nei suoi confronti.
«Dobbiamo trovare il modo di annullare questo collegamento. I miei stati d’animo mi creano abbastanza problemi senza che vengano influenzati anche dai tuoi.» Ringhia a denti stretti, senza mai interrompere il contatto visivo. Sente ogni fibra del corpo reagire e vibrare per la rabbia che proviene da lui, e di colpo si rende contro che la porta è troppo lontana per tentare la fuga. Non che potrebbe comunque sfuggirgli molto a lungo, ma è abbastanza certa che, scappando, Everett riuscirebbe in qualche modo a frapporsi tra loro, dandole così modo e tempo di rimpiattarsi in qualche buco a lui inaccessibile. Se solo riuscissi a distrarlo!
Radish, dal canto suo, non capisce. Gli sembra davvero troppo assurdo che abbia preso ad evitarlo perché sente le sue emozioni, ma a sentirla invece è proprio così. Ma perché adesso dovrebbero darle fastidio? Perché le ha donato il suo cuore? Perché la desidera costantemente come non ha mai desiderato altro in vita sua? Forse perché di colpo invece è lei a desiderare altro e non vuole che lo sappia? Non capisce, non ci riesce proprio, e per questo sente solo la rabbia aumentargli dentro, tanto da offuscargli sempre di più la mente.
«E sarebbe colpa mia?!» Sbotta, avvicinandosi a grandi falcate fino a troneggiare pericolosamente su di lei, ora con le spalle al muro «Ma che cazzo, ti pare una risposta sensata?! Cosa cazzo ti passa per quella testa, eh?!»
«Non ne voglio parlare.» Lo interrompe immediatamente, provando a sgusciare di lato per sottrarsi al suo fiammeggiante sguardo indagatore.
La reazione che però ottiene è proprio quella che in fondo si aspettava, e al tempo stesso l’ultima che voleva.
Radish l’afferra infatti per un polso, strattonandola all’indietro prima che possa fare anche un solo passo in più verso la porta: «Col cazzo che te ne vai, prima—»
«Perché non te ne vai tu invece?!» Gli urla contro, ora con una cattiveria che Radish neanche immaginava potesse avere.
«Tu non puoi pensare di entrare nella mia vita, sconvolgerla completamente, farmi sentire maledettamente felice e poi buttarmi via come un giocattolo rotto!» Urla di rimando, neanche rendendosi conto delle parole che gli escono dalla bocca. Il maledetto terrore di perderla, di vedersi scivolare tra le dita quel maledetto futuro in cui tutti lo hanno spinto a credere, ha abbassato tutto in un colpo il prezioso filtro pensieri-parole, facendolo parlare di getto.
«Non capisci che la tua felicità è altrove?!»
Non ci provare! «Tu sei la mia felicità!» Urla ormai in preda ad un profondo smarrimento misto a pura disperazione. Dentro di sé sente qual è la piega che ha preso la conversazione, qual è il punto che sta inesorabilmente raggiungendo, ma non vuole crederci neanche per un istante. Non può fargli una cosa simile, non può, non vuole crederci assolutamente.
Col cuore che si stringe dolorosamente nel petto e la voglia disperata di stringerla a sé fino a convincerla a non arrivare assolutamente a dire qualcosa che li condannerebbe, si sforza di fare un respiro profondo e tenta invano di avvicinarla, guardandola con tutto il sentimento che può, malgrado la vista si stia facendo pericolosamente appannata.
«Rimettiamo insieme i pezzi della nostra vita e andiamo avanti. Possiamo farlo, lo sai.»
«Ma non voglio, Radish.»
La voce è piatta, impersonale, insopportabilmente fredda, e lo sguardo è duro, imperscrutabile, come se tutta questa faccenda non la riguardasse minimamente. Eppure lo sente il suo dolore. Lo avverte dentro che si mescola al proprio, creando un qualcosa di così atroce da sopportare che sente davvero di essere sul punto di esplodere.
«Ma—»
«La nostra è una storia distruttiva, non lo capisci? È per questo che dovremmo allontanarci per un po’.»
Di colpi duri, nella vita, Radish ne ha incassati tanti e in tanti modi diversi. Se ci pensasse, si renderebbe conto che ad un certo punto quasi tutto gli si è rigirato contro, scoppiando rovinosamente davanti ai suoi occhi. Sherry però non doveva farlo. Non era possibile, a sentire gli altri. Ciò che li lega è qualcosa di unico, irripetibile, qualcosa che ti segna nel profondo, ti incatena e ti piega a quel dolce sentimento che mai prima Radish aveva pensato di poter provare. Ed era felice di provarlo, con lei. Per quanti problemi si siano mai potuti presentare in quei mesi, per quanto lui stesso abbia fatto in modo di incrinare la situazione, mai una volta è stato capace di pensare realmente la sua vita senza di lei. Gli sembrava assurdo anche solo doverlo immaginare, perché per loro non doveva proprio essere neanche un’opzione!
E invece gli ha appena detto che dovrebbero allontanarsi per un po’. L’ha detto come una semplice quanto terrificante ipotesi, un qualcosa puramente da prendere in considerazione, ma non è suonata per niente così.
Sente il corpo farsi di colpo gelido e pesante, e le braccia si abbandonano di colpo lungo i fianchi. Gli risulta difficile persino respirare tanto è stordito, tanto è stato insopportabilmente duro ascoltare quelle fredde parole. Tutto in lui si rifiuta di crederci, faticando inesorabilmente per dargli un senso diverso.
«Cosa stai dicendo…?» Mormora con un filo di voce, mentre il cuore si sgretola in tanti piccoli pezzi.
Sherry, immobile davanti a lui, si sforza con tutta sé stessa di trattenere le lacrime, di non crollare proprio adesso, mentre la voce del lupo le sussurra che sta prendendo la decisione migliore, che per il momento è l’unica scelta sicura per tutti, convincendola così a pronunciare le ultime parole che Radish mai avrebbe voluto sentirsi dire da lei: «Che le nostre strade si dividono qui.»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘
Beh… ecco il peggio! 😰😈
Ve l’avevo detto di prepararvi. In quanti lo avevano preso in considerazione?
Poi, che dite, le paure di Radish sono giustificate o no? E come reagirà adesso?🤔

Comunque anche a questo giro, 36 pagine! Capite perché non l’ho messo nel precedente? Ed è stato pure tagliatissimo, sennò si andava a 60 e passa pagine facile, facile!
Devo decisamente imparare a scrivere meno, sì, lo so.

Vi lascio subito perché Felix, il gatto ciccione perennemente a dieta come me, reclama di cattiveria le mie attenzioni, e se mi trattengo per un solo minuto di troppo… 💀

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 48
*** Capitolo 47 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 37! 💛 Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! 🧡
 

𝟜𝟟. 𝓘𝓃 𝓊𝓃 𝒶𝓉𝓉𝒾𝓂𝑜 𝓉𝓊𝓉𝓉𝑜 𝓅𝓊ò 𝒸𝒶𝓂𝒷𝒾𝒶𝓇𝑒



Con un dolorosissimo flash ad attraversargli la mente, Radish rivede tutto in un colpo i tanto preziosi momenti passati con lei.
Rivede quell’arroganza estrema nei suoi occhi quando, la prima volta che si sono trovati faccia a faccia, gli tolse di mano la bottiglia di birra e vi si attaccò a canna.
Rivede lo stupore e la ferocia di quando si presentò davanti a casa di Bree, e la sorpresa e l’entusiasmo nel vedere per la prima volta la sua coda.
Rivede quel sorriso felice da bambina quando lui non fece una piega per il fatto che beva sangue per avere informazioni, la paura quando la beccò prima che tornasse umana, e il sollievo quando accettò senza esitazione alcuna la sua vera natura.
Rivede la sua genuina felicità quando erano al luna park, sente le sue risate, avverte lo stesso calore della prima volta che si è volontariamente stretta a lui.
Rivede la sua sorprendente calma davanti ai pinguini, e quella strana, dolce scintilla negli occhi quando poi guardava lui.
Rivede la prima volta che si sono baciati sul serio, nel suo letto, ed ha poi scoperto che involontariamente l’aveva scelto come suo compagno. Ricorda di essersi spaventato quella volta, anche se dentro, in realtà, era felice come non credeva di poter essere. Felicità che poi è aumentata con la loro prima volta nel capanno, con tutti i suoi teneri abbracci, con i suoi scherzi, col raccontargli del suo tragico passato, il suo aprirsi poco a poco, il suo volerlo consolare, il suo impegno per rimarginargli le vecchie ferite.
Rivede quell’amore sincero, folle ed irrazionale, la sua gioia più pura e commovente del momento in cui, con non poca fatica, le ha chiesto di sposarlo.
Rivede anche quel momento di assoluta follia del loro matrimonio ad alta quota, quanto si sentì tragicamente bene in quel momento, quanto desiderasse rimanere in quel dolce momento il più a lungo possibile.
Negli alti e nei bassi”. Questa è stata la loro promessa, l’unica che davvero sentivano di doversi fare. Sarebbero dovuti rimanere insieme sia in quei momenti in cui tutto va bene, in cui le preoccupazioni sono lontane, ma anche in quelli dove tutto sembra volerli annientare, in cui tutto pare remarti contro.
Per te erano solo parole?
Non si rende neanche conto di avere la mano saldamente stretta al suo polso, di star stringendo con davvero troppa energia, e neanche che lei, in lacrime, stia urlando per farsi aiutare.
Non si rende conto di niente, adesso.
Il dolore che gli attanaglia il cuore è tale da mozzargli pure il respiro, mentre dentro sente che tutto sta cadendo rovinosamente in pezzi.
È un uomo forte e pratico, Radish, lo è sempre stato, ma il pensiero che lo stia lasciando, che non lo voglia più, che non provi più i suoi stessi sentimenti, è così devastante da sconvolgerlo totalmente.
Sapeva che avrebbero litigato. Era assolutamente inevitabile e lo sapeva, ma mai aveva davvero creduto che potesse arrivare a tanto. Era proprio il loro particolare legame a farglielo credere, a farlo vivere relativamente tranquillo.
Invece lei vuole dividere le loro strade, vuole proseguire senza di lui al proprio fianco.
Non mi vuole più. Non mi ama più.
«LASCIALA SUBITO!»
È proprio da quando è apparso lui che le cose, per Radish, si sono fatte strane. Non se ne era neanche accorto, non ci aveva fatto caso, ma è sicuramente così. Più adesso lo guarda negli occhi, mentre qualcuno prova a tirarlo indietro, più si convince che sia tutta colpa sua.
Stava facendo tutto giusto, si era messo totalmente in gioco, ci aveva creduto con tutto sé stesso, e poi lui è arrivato tra loro. Senza che lo notasse le si è fatto sempre più vicino, si è fatto sempre più spazio nella sua mente e nel suo cuore, e adesso lei non lo vuole più, in barba pure a quello che dovrebbe essere un legame indistruttibile.
Una nuova ondata di cieca rabbia gli permette di riacquisire la vista, e solo adesso vede Sherry tra le braccia di Nike, il polso premuto contro l’addome e grosse lacrime che le solcano le guance. È terrorizzata, non ha neanche il coraggio di guardarlo negli occhi.
Vegeta è sull’uscio con Gohan alle spalle, ed entrambi lo guardano come se fosse un terribile mostro. Dietro di loro, scorge pure gli altri volti familiari di coloro che sono accorsi per aiutarla, e tutti guardano lui con una tale dolorosa sorpresa negli occhi da risultargli davvero insopportabile da sostenere. Gli unici che si sono fatti avanti per costringerlo ad arretrare di un paio di passi e poi trattenerlo sono Piccolo, Greywind e Tensing, che lo guardano con una tale attenzione mista a rabbia da farlo agitare solo di più.
Everett, invece, sta davanti a lui, gli occhi tetramente illuminati del loro nuovo brillante colore e le zanne esposte, mentre Arus e Blackwood si sforzano di tenerlo indietro. Di occasioni per fare a botte ne hanno avute tante in quel breve lasso di tempo, ma mai una sola volta lo ha guardato con questo disprezzo.
Nike, alle spalle dell’amico, tenta di calmare Sherry con dolci parole sussurrate direttamente nell’orecchio, e poco dopo l’aiuta a rimettersi in piedi per accompagnarla altrove. Sapeva, Nike, che la sua strategia le si sarebbe potuta facilmente rivoltare contro, immaginava una brutta reazione — che lei stessa ha ammesso avrebbe pure trovato giustificata —, ma mai, neanche un misero istante, aveva creduto che le avrebbe davvero fatto del male.
Radish non perde un loro singolo movimento, e si ritrova con il braccio stretto con maggiore forza dalle mani di Piccolo e col braccio di Tensing maggiormente serrato attorno al collo quando, spinto dall’irrefrenabile desiderio di aiutarla e difenderla, prova a muoversi un poco in avanti.
«No, Radish. Non adesso, dico davvero.» Afferma con voce perentoria Greywind, cercando per qualche secondo lo sguardo del figlio. Vederlo così vicino ad un più che furioso Everett lo mette non poco in agitazione. Non è infatti un segreto che il nuovo Beta del Nord sarebbe capacissimo di ucciderlo, ed ora sente che l’unica cosa che lo tiene saldamente attaccato alla vita è in pericolo. Dobbiamo allontanarli subito, tutti e tre!
Dopo aver allontanato con una certa fatica tutti coloro che volevano assicurarsi che non fosse successo niente di grave, Darko finalmente li raggiunge, e con il cuore in gola si avvicina subito a Sherry per accertarsi che questo nuovo carico di emozioni negative non abbia aggravato una situazione già di per sé poco stabile.
Quando però Radish lo vede afferrarle i polsi per aprirle le braccia, infrangendo così quel debole scudo che si era creata attorno al corpo, qualcosa nella sua testa scatta, facendo cortocircuito.
Lui la sta toccando. La sta toccando e lei non vuole, continua a piangere, ha paura, e lui la sta forzando a non chiudersi di nuovo, a non proteggersi.
Non riesce a sopportarlo un secondo di più.
Scatta in avanti, alla cieca, e senza neanche rendersene conto butta semplicemente altra benzina sulla già infiammata situazione.
Di colpo in tre non bastano più per reggerlo, così come un bastano più Arus e Blackwood per bloccare la bestia rabbiosa e assetata di sangue. Gohan si precipita quindi in avanti e preme sul busto dello zio, tentando in ogni modo di farlo arretrare, mentre Vegeta si lancia su Everett, serrandogli un braccio attorno al nerboruto collo ricoperto di pelliccia, cosicché non possa staccare con un morso la testa dell’amico. Non che sia del tutto certo che ci riuscirebbe, non ora che l’altro, per la disperazione e la rabbia, si è trasformato a sua volta, ma è abbastanza certo di non volerlo scoprire. E pensare che ero rimasto solo per potermi allenare in mattinata…
Sherry, dietro il possente corpo del fratello e stretta tra le protettive braccia di Nike, pronta a sua volta ad attaccare, non riesce a smettere di piangere. Il dolore che l’attanaglia è qualcosa di nuovo, tanto forte da essere terrificante. Niente doveva andare com’è andato. Assolutamente niente.
Per un breve istante sente di essere stata una vera idiota ad aver sottovalutato ciò che il Saiyan veramente prova per lei, a pensare che l’avrebbe lasciata andare senza lottare con tutte le sue forze, ma poi si ricorda del motivo per la quale l’ha fatto, ed una nuova ondata di panico l’assale, facendola tremare sin dentro le ossa. Se ha reagito così per questo, come reagirà dopo?
Tutti urlano. C’è chi prova disperatamente di far rinsavire Radish, che per loro appare ormai cieco e sordo ad ogni stimolo, ed intenzionato unicamente a raggiungere la propria donna, mentre dall’altra c’è chi prova a far dare una calmata a Everett, perché non solo non aiuterà nessuno attaccando il Saiyan, ma provocherà invece solo un dolore ancora più forte proprio a colei che vuole tanto disperatamente proteggere.
«Black!»
Alza per poco gli occhi, incrociando quelli di Alana che, con gesti veloci e precisi, gli indica la figura di Major che, con una siringa tra i denti, sta sgusciando dentro la stanza da una finestra alle loro spalle. Per quanto gli sembri una soluzione ideale, si rende conto che sia anche un gesto suicida/omicida. Se infatti il Segugio mettesse anche un solo piede in fallo o esitasse per un misero istante, uno potrebbe ucciderlo; se invece il colpo andasse a segno, lo sfidante non si farebbe scrupoli ad uccidere l’avversario finalmente a terra. Lo sa perché, mettendosi nei panni del Saiyan — cosa che in questo preciso frangente gli riesce benissimo —, farebbe esattamente la stessa cosa.
«Arus, quando ti dirò di lasciare la presa, dovrai allontanare anche lui. Chiaro?»
«Non fare stronzate!» Ringhia in tutta risposta il maggiore, continuando a trattenere con tutte le proprie forze Everett. Se fosse lucido, se percepisse anche solo una minima percentuale in più di pericolo per Sherry, niente e nessuno sarebbe più capace di trattenerlo dall’aprire la gola a chiunque lo circondi. E lo capisce, Arus. Eccome se lo capisce. Per i suoi figli farebbe lo stesso, ed era così anche per sua moglie, i suoi fratelli e le sue sorelle. Quante volte Greywind ha dovuto bloccarlo? Quante volte ha dovuto impedirgli con la forza di fare qualcosa di davvero stupido? Ma Greywind poteva farlo. Greywind è sempre stato più forte di lui, poteva incassare i suoi colpi senza morirne e non avrebbe mai fatto sul serio contro di lui, ma Blackwood non ha la potenza fisica di Everett, non potrebbe mai calmarlo da solo.
Consapevole di non avere alcuna possibilità di fargli cambiare idea, lancia prima una velocissima occhiata al Saiyan, che annuisce e si prepara a liberare la bestia, per poi lanciarsi uno sguardo d’intesa con l’amico di una vita, cosicché capisca che dovrà scattare non appena lo faranno loro, per impedire che l’altro gli faccia a pezzi il figlio.
La situazione pare pure farsi più tragica, se possibile, quando Radish aumenta a dismisura la propria potenza per potersi liberare. Darko la sta toccando ancora, e si sta avvicinando a lei in un modo che davvero non riesce a tollerare.
Lei piange, è spaventata, in pericolo, e lui non riesce più a capire niente di niente. Sente solo che ucciderà chiunque si frapporrà tra loro, chiunque proverà a portargliela via, chiunque oserà spaventarla in questo modo. Perché lo sente, Radish, che questa nuova, acutissima paura non è più solo causa sua e di Everett: lei è terrificata dalle mani di Darko che continuano ad avvicinarlesi.
Prima che l’immensa figura di Blackwood gli oscuri la vista col suo vello scuro, Vegeta è sicuro di aver visto qualcosa di strano in Radish. Ne è più che sicuro, ma gli sembra una cosa decisamente assurda ed improbabile. Per quale assurdo motivo, infatti, i capelli dell’amico avrebbero dovuto allungarsi?
Radish, che sta provando disperatamente a liberarsi per correre da Sherry, per metterla al sicuro e farle così capire che con lui al suo fianco nessuno potrà mai torcerle un capello, lancia un ruggito potente nel momento esatto in cui qualcosa gli pizzica il collo.
Fa appena in tempo a voltare appena la testa ed incrociare gli occhi smeraldini stranamente cupi di Major, che un improvviso giramento di testa gli appanna la vista. Il corpo si fa velocemente leggero, mentre le palpebre sono di colpo pesanti, impossibili da mantenere sollevate, e la testa si libera di secondo in secondo da ogni possibile pensiero.
Vegeta non può capire il potente latrato di Blackwood, ma capisce che è arrivato il momento di mollare la presa quando vede Arus scattare all’indietro. Lascia il collo di Everett, e gli occhi gli si sgranano per la sorpresa quando vede le zanne di Blackwood prendere il posto del suo braccio. Sta mordendo il suo migliore amico, sta puntando a fargli realmente del male per poterlo distrarre, per indurlo a seguirlo fuori da quella stanza, e per il Principe è una cosa assurda da vedere. È a conoscenza della loro amicizia, di ciò che hanno dovuto sopportare, degli innumerevoli sforzi che facevano per potersi vedere quanto più possibile… e adesso lo sta mordendo. All’improvviso, un pensiero assurdo gli attraversa dolorosamente la mente, pietrificandolo per qualche istante: lo avrebbe fatto anche lui al posto suo, e probabilmente avrebbe sofferto allo stesso modo. Dannazione, che mi succede?!
Everett, pur avendo sempre ben chiaro nella testa che il suo obiettivo è annientare Radish cosicché non possa nuocere in alcun modo alla sorella, prova a rigirarsi contro l’amico di una vita a causa del dolore, che in breve tempo lo spinge anche a inseguirlo fuori dalla stanza sin troppo affollata. Non bada neanche a Greywind e Arus che gli vanno dietro, non bada a niente: in questo momento di assoluta follia, Black gli si è rigirato contro, si è schierato dalla parte di Radish, e lui deve assicurarsi che non possa fare alcun tipo di danno.
Nike, sicura che Everett non tornerà indietro in tempi troppo brevi, afferra Sherry per le spalle e la porta fuori dalla stanza, consapevole che adesso l’unica cosa della quale ha davvero bisogno è isolarsi da tutto e tutti. E come lo sa Nike, lo sa anche tutto il resto del branco, che la guarda transitare con il cuore in mano e gli occhi tristi. Non che tra loro si sia già creato chissà quale tipo di rapporto, ma sanno per certo che se adesso sono al sicuro è proprio per merito suo, della sua determinazione e il suo folle coraggio, e vederla così è l’ultima cosa che vorrebbero. In realtà, però, non vorrebbero neanche dover tradire l’ipotetica fiducia che Radish può avere in loro.
«Non. Fare. Cazzate.» Ringhia a denti stretti Maddox a pochi centimetri dal volto contratto Mordecai. Sa bene cosa gli stia passando per la testa, lo conosce troppo bene per non saperlo, e teme davvero che un suo intervento non richiesto peggiori unicamente le cose. Senza contare, poi, che Radish potrebbe gradire la sua compagnia più di quella di chiunque altro quando si sveglierà.
Quando si sveglierà, esatto, perché Radish è collassato a terra come morto, col respiro debole e regolare come unico segnale di vita. Piccolo ha provato a più riprese di farlo svegliare, dandogli anche dei sonori schiaffi in faccia, ma è stato tutto inutile. Il suo amico è totalmente fuori gioco, e adesso lui si ritrova a sorreggerlo per le spalle per non lasciarlo del tutto inerme sul pavimento.
Vederlo tanto fuori di sé lo ha sicuramente spaventato, facendogli sentire qualcosa di simile a ciò provò al loro primissimo incontro, ma di certo non avrebbe voluto vederlo k.o., non in questo modo.
«Che gli hai fatto?!» Urla contro Major, col timore che gli abbia iniettato chissà quale schifezza capace di segnarlo anche una volta risvegliatosi. Sempre ammesso che riesca a svegliarsi, visto e considerato che dietro c’è il suo zampino.
«Gli ho iniettato una dose massiccia di benzodiazepine mista a qualche sostanza che si trova da queste parti. Si riprenderà, non temere, anche se non so quando.» Afferma candidamente in risposta, lasciandosi poi andare ad un sospiro di sollievo e aggiungendo «Per fortuna la vena del collo sporgeva bene, sennò col cazzo che ci riuscivo!»
«Si può sapere che cazzo è successo?!» Bercia subito dopo Vegeta, che tutto voleva tranne che essere tirato giù da quel comodo letto perché il grosso demente iracondo adesso privo di sensi sul pavimento aveva perso le staffe. Che poi, perché perdere le staffe? Con Sherry, poi! A lui personalmente danno la nausea insieme, così schifosamente affiatati e pronti a saltarsi addosso in ogni singolo istante. Sia chiaro, pure lui è mostruosamente attratto da Bulma e, per quanto lo disgusti ammetterlo, prova sentimenti sinceri nei suoi confronti, ma mai nella vita si sognerebbe di comportarsi come Radish!
«È successo che ha agito in modo sbagliato perché Sherry non vuole dare ascolto a nessuno…» Afferma con tono sorprendentemente irritato Mordecai, in piedi alle loro spalle. Tiene le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi con forza, mentre l’intero corpo è debolmente scosso da forti brividi che preannunciano solo il peggio. Mordecai però non è un completo idiota come gli altri credono, sa controllare la muta e sa anche come sfogare parte delle proprie forti emozioni senza far male a nessuno. Con un movimento improvviso, infatti, si rigira e scaglia un potente pugno nella spessa e dura parete, creando così un bel buco insanguinato che sbuca quasi dall’altra parte. Per fortuna non si è ancora ripreso del tutto dallo scontro e i materiali da quelle parti sono più resistenti di quelli umani, altrimenti avrebbe tirato giù tutta la parete.
«PORCA PUTTANA!» Urla poi in preda alla collera, snudando le zanne contro Maddox quando lo afferra per una spalla per provare a farlo calmare un minimo.
«Ehi, ehi! Datti una regolata! Ci manchi solo te, adesso!» Gli bercia infatti contro, ringhiando con forza quando lo spintona all’indietro per superarlo. E chi l’avrebbe mai detto che il mio pazzo fratellino sarebbe diventato più forte di me?!
«Mord, dove cazzo credi di andare?!» Gli urla dietro Micah, incapace di decidere cosa fare. Restare con Radish e assicurarsi che nessuno, Everett in primis, possa nuocergli in qualche modo, o andare a fare da scudo alla sorella? Certo, lei ha Nike, ed è abbastanza sicuro di aver notato una furia omicida nei suoi occhi arancione brillante capace di far indietreggiare qualsiasi possibile aggressore, ma rimane pur sempre sua sorella…
«Vedo se riesco a farla ragionare almeno un po’!»
River, che è finalmente riuscito a calmare gli animi degli irrequieti nipoti e a raggiungerli, guarda confuso l’amico che dissemina i propri abiti lungo il corridoio mentre cammina con passo insolitamente agitato «Mor—»
«NON MI ROMPERE I COGLIONI!»
Lo guarda con sconcerto prima che muti e salti giù dalla finestra, lanciandosi all’inseguimento. Sa anche dietro chi sta andando, perché non gli ci è voluto molto a fiutare le tracce di Nike e Sherry, ed anche tutto il dolore che quest’ultima si è lasciata dietro.
Le aveva detto che stava sbagliando, che il suo era un piano folle, che non avrebbe mai e poi mai potuto funzionare, ma non ha voluto dargli ascolto.
Consapevole di non poter fare niente per lei, decide di dedicarsi a Radish. Gli sembra assurdo vederlo steso lì sul pavimento, con Piccolo che gli sostiene la testa, e Major che gli controlla la frequenza cardiaca. Ormai, infatti, era arrivato quasi a credere che niente potesse buttarlo a terra.
Si inginocchia al fianco di Gohan, ed osserva con dispiacere l’uomo che per troppo tempo ha considerato inutilmente come un rivale. Nel corso degli anni passati nelle sue terre, ha visto in più di un’occasione eventi del genere e non lo hanno mai toccato particolarmente, non dal momento che per la sua gente non è un qualcosa di così raro o sconvolgente, ma non pensava assolutamente che potesse capitare anche a chi ha unito l’anima.
«Aspettiamo che Everett si sia dato una calmata, dopo lo portiamo a casa nostra.» Afferma a bassa voce, senza neanche sforzarsi di nascondere una nota di dolore. Se già gli dispiace per Radish, per Sherry gli si spezza proprio il cuore. Ne ha passate troppe nella vita, non meritava anche tutto questo. Ti prego, Radish, ti prego: falle capire che si sbaglia!
«Perché?» Anche Gohan è sconvolto. Avendo ormai passato parecchio tempo in compagnia del Quartetto, pure lui sa cosa voglia dire avere un legame come quello che suo zio ha con Sherry, e tutta quella situazione gli sembra solo surreale. Suo zio non era una bella persona, questo lo sa benissimo, ma è sicuro che non le torcerebbe mai un capello. Gli basta ripensare a come reagì alla sua morte per dire con assoluta certezza che nei suoi confronti nutre un sentimento incredibile!
«Perché è ciò di cui adesso hanno entrambi bisogno.»
«Ma—»
«Uno dei due arriverà ad uccidere l’altro se resta qui! Riesci a capirlo?!» Non vorrebbe urlare contro Gohan, non se lo merita assolutamente ed immagina anche quanto tutto questo possa turbare la sua giovane mente, ma trova anche necessario che capisca quanto possa diventare grave l’attuale situazione se loro abbassassero un minimo la guardia.
«Questo non ha senso!» Controbatte Vegeta, attirando su di sé gli sguardi dei presenti per qualche secondo «Questi due sono disgustosi tanto sono uniti, e questo grosso coglione non le farebbe mai del male—»
«Intanto le ha spezzato un polso.» Mormora con una certa tristezza Major, seppur non se la senta davvero di dargli troppe colpe. Aveva capito che Sherry volesse allontanarlo, lo avevano capito tutti quanti alla fin fine, e il dolore deve essere stato accecante per il Saiyan. Non che la consideri una giustificazione, ma la sua teoria, che tutti screditano senza pietà, adesso ha sempre più senso. Se ho ragione io, e cazzo se ce l’ho, presto la situazione diventerà davvero assurda.
«CHE COSA?!» Tutti e quattro sono assolutamente sconcertati, ed anche River per un attimo ha serrato maggiormente la mascella per il nervoso.
«Non era in sé. Non se n’è neanche reso conto… e non dovrà mai saperlo.»
«Ma—»
«Gohan, dammi retta: non deve sapere di averle fatto del male. Non se lo perdonerebbe mai.» Interviene Maddox, poggiando una mano sulla spalla del ragazzino. Non che lui approvi una cosa del genere, ma riesce a rimanere calmo poiché consapevole di molte cose. Se ripensa a come spingeva per attaccarli tutti non appena Sherry si è messa ad urlare per non farsi toccare da Darko…
Forse Maj ha davvero ragione… ahhh, come la vedo brutta!
«Io e Radish non siamo particolarmente uniti, ma lo conosco abbastanza da poter dire con certezza che l’ultima cosa che vorrebbe mai fare è proprio farle del male. Basta vedere come la guarda per capire cosa prova per lei! Quindi cosa è successo?» Domanda Tensing, cercando poi la reale risposta nei loro occhi. Non è uno sprovveduto, ed ha capito chiaramente che c’è qualcosa che si stanno tenendo dentro, ed è anche abbastanza certo che adesso gli rifileranno la solita ed inutile mezza verità.
Ma come non è uno sprovveduto lui, non lo sono neanche loro, che rimangono in silenzio per qualche secondo a fissarlo. Gli ordini sono più che chiari, è vero, ma c’è un piccolo cavillo a cui attaccarsi che li scagiona totalmente. Se non vi hanno ancora fatto ricorso, è solo perché hanno sperato fino alla fine che risolvessero la cosa da soli.
Dopo un veloce ragionamento, è infine River a prendere la parola: «Adesso potrebbe essere troppo ricettivo e non voglio rischiare, ma appena saremo soli ne parleremo, promesso.»


Voleva tenersene fuori, Nike. Voleva farlo davvero, e si è sforzata fino all’ultimo per riuscirci, ma quando, mentre parlava con Everett, l’ha sentita invocare disperatamente aiuto, ed ha poi visto con i suoi stessi occhi il Saiyan che le stritolava il polso… non ce l’ha più fatta.
È scattato qualcosa dentro di lei, che adesso la spinge a fare la guardia — seppur a distanza — al momentaneo riparo di Sherry.
Aveva detto a Blackwood che non potevano stare lì al Nord. Glielo ha detto e ripetuto, ma lui non solo era convinto che sia lei che l’amico dovessero un minimo affrontare subito i propri demoni, ma si è addirittura parato dietro alla scusa che adesso anche loro hanno altro alla quale pensare. Quanto avrebbe voluto farlo a pezzi in quel momento…
Leila, la loro dolce e pazza Leila, la loro migliore amica, quella che si è sacrificata per tutti quanti, la stessa per la quale si sono disperati come neanche credevano possibile, si sarebbe fatta in quattro per aiutarli in un momento del genere. Non si sarebbe mai tirata indietro, si sarebbe privata di qualsiasi cosa pur di tirarli fuori dal baratro in cui è caduta Sherry. E Sherry è la figlia di Leila! È un po’ come se fosse la figlia adottiva di Everett e, di conseguenza, la loro figlioccia! Senza contare che è anche colei che li ha aiutati a liberarsi dalla più grande minaccia di tutti i tempi, colei senza la quale non avrebbero potuto far altro che soccombere. E lui, invece, ha deciso che dovevano cavarsela da soli, che dovevano tenersi a distanza, così da aiutarli a crescere e maturare.
Tutte stronzate!, pensa con rabbia, mentre rizza maggiormente il pelo quando, da lontano, scorge una figura che si avvicina sin troppo velocemente.
Non vuole che nessuno le si avvicini adesso. Ha bisogno di calmare i nervi e riposarsi, di rimettere insieme i pezzi, e qualsiasi intervento esterno adesso potrebbe solo complicare la sua già delicata situazione. In fondo, quanto potrebbe mai essere difficile? Ha già dovuto affrontare un qualcosa di analogo, malgrado stavolta il quadro generale sia decisamente peggiore, almeno a detta di Darko.
C’è solo un dettaglio che non le quadra. Pur essendo consapevole che difficilmente avrebbe reagito in modo differente da quello di Radish se Blackwood l’avesse lasciata — Dio… non voglio neanche pensarci! —, non capisce perché abbia reagito con così tanta violenza quando gli altri l’hanno soccorsa. La stavano aiutando, era più che evidente, così com’era evidente che Darko volesse unicamente accertarsi delle sue condizioni… perché allora nei suoi occhi era così chiaro un istinto omicida senza pari?
«Togliti di mezzo.»
Arriccia il naso e snuda per qualche secondo i denti contro Mordecai che, dopo averla raggiunta, la sfida senza alcuna paura. Non è ancora riuscita ad inquadrarlo del tutto, tanto da farle domandare se stia sottovalutando la sua forza o se, più semplicemente, non gliene freghi niente.
«Non mi sfidare.» Ringhia con un filo di voce, mentre tutto il possente e massiccio corpo è scosso da leggeri tremori. Ha promesso a sé stessa di proteggerla, ma non riesce a capire se il lupo che ha davanti sia o meno una minaccia. Becca le ha parlato delle loro dinamiche, dell’intensità dei sentimenti che li legano, e sa bene che tra la sua protetta e Mordecai c’è un rapporto molto stretto e particolare… così come sa che si è creato un legame assai stretto anche tra lo Spettro e il Saiyan. E se fosse un suo qualche piano contorto per riuscire a farlo avvicinare senza problemi? Commettere un errore del genere adesso potrebbe comportare il peggio per tutti, e lei non se lo perdonerebbe mai.
«Tu non mi sfidare!» Si fa avanti Mordecai, lo sguardo determinato e folle pare essere più che sufficiente per farla indietreggiare di un passo «Io andrò lassù, che tu lo voglia o no. Sta solo a te decidere se per farlo devo prima spaccarti il muso.»
Niente lo terrà lontano da lei. Niente e nessuno adesso potrebbe convincerlo a fare marcia indietro, a tornare ai margini ad aspettare che risolvano questo problema da soli.
Sherry è stata la prima ragazza che abbia mai amato, la prima a fargli battere davvero il cuore. Anche se la loro relazione amorosa è finita da un sacco di anni, lei è rimasta comunque quella ragazza. È la sua Sherry, la sua scontrosa e premurosa sorella adottiva, la sua migliore amica, la pazza fuori di testa che non lo giudica, che appoggia senza problemi il suo sregolato stile di vita, che è sempre più che disposta a tirarlo fuori dai casini o a consolarlo quando qualcosa lo turba.
Lei è Sherry, una delle colonne portanti della sua vita, e non le permetterà di mandarsi a puttane la vita da sola. Non può farlo, non lo sopporterebbe. Le ha già concesso troppa libertà di movimento, e solo perché ha sperato fino alla fine che tornasse sui suoi passi, che tirasse fuori le palle come ha sempre fatto. La situazione nella sua testa però è troppo caotica perché possa farcela da sola, ormai gli è chiaro, e per questo non può certo biasimare le sue pessime scelte. Può aiutarla però, rimettendo insieme qualche pezzo e spianare così un poco la strada a Radish.
In famiglia, in fondo, ci si appoggia e aiuta sempre, no?
«Se le fai del male—»
«È probabile che io sia l’unico, in questo buco di culo, capace di farla ragionare come Cristo comanda. Le farà male? Forse— anzi, sicuramente, ma è necessario e tu lo sai.»
Si guardano in silenzio per secondi che sembrano durare ore, ed infine Nike cede, spostandosi di qualche passo di lato per lasciarlo transitare.
Quel lupo è una specie di enorme pericolo pubblico, una calamità naturale, ma l’affetto che nutre per la ragazza è puro e sincero. Non le farà del male, e di certo non può incrinare maggiormente la situazione. Se anche solo riuscisse a farle capire che deve ricominciare a mangiare in modo più abbondante e regolare sarebbe qualcosa di assolutamente grandioso.
Col suo benestare — seppur decisamente non necessario —, Mordecai si affretta a scalare con gli artigli il fianco della parete rocciosa per raggiungere il piccolo pertugio dove si è nascosta l’amica. Entrare però non è semplice neanche in forma umana, perché il suo corpo è decisamente molto massiccio, ma non ha alcuna intenzione di fermarsi perché la roccia viva gli apre nuove ferite nella carne. In fondo, a lui cosa può mai importare? Si rimargineranno immediatamente, e di certo se ne fa costantemente di peggiori con i suoi fratelli!
Una volta dentro, si rende però conto che il dolore di quelle ferite non è niente se paragonato a quello al cuore non appena la vede.
Se ne sta rannicchiata in un angolo, gli occhi arrossati dal pianto, il volto smunto, stanco e triste, le ginocchia strette al petto come se potessero farle realmente da scudo contro ogni pericolo, e l’intero corpo è scosso da brividi di paura. In un certo senso, gli ricorda il giorno in cui la trovarono con Bree nel capanno, con la differenza che in quel momento era anche prontissima ad aprir loro la gola.
Inspira profondamente col naso per farsi forza e poi avanza in quel piccolo buco illuminato a stento, fino a potersi inginocchiare davanti a lei. Provare a stringerla adesso potrebbe urtarla o spaventarla, quindi è necessario che prima comprenda a fondo che non ha alcuna intenzione di nuocerle in alcun modo. Beh, più o meno, perché sotto, sotto è lì per darle della stupida.
«Ti va di affrontare l’argomento?»
Quale? Quello dove ho deciso da sola, e questa decisione mi si sta ritorcendo contro? Quello dove Everett si è rigirato anche contro il suo migliore amico per suddetta scelta? O quello dove Radish andrà fuori di testa una volta che aprirà gli occhi? «No, per niente…»
Annuisce distrattamente e si morde un poco il labbro per trattenersi, perché l’unica cosa che vorrebbe fare adesso è urlarle in faccia che sta commettendo un errore più idiota dell’altro, e tutti in rapidissima successione.
«Vuoi restare da sola?»
«No, per niente…» Nuove lacrime le riempiono gli occhi. Il dolore dovuto alla perdita di Radish le accartoccia il cuore. Poggia la fronte sulle ginocchia, sforzandosi nel frattempo di respirare il più regolarmente possibile. Ma anche respirare è doloroso, i polmoni non sembrano neanche volersi più espandere e, presa dallo sconforto, comincia a colpirsi il petto per provare a risolvere il problema.
Dopo qualche colpo però, un paio di grosse mani calde le afferrano le sue, bloccandone i movimenti.
Alzando gli occhi trova lo sguardo dolcemente preoccupato dell’amico, che abbozza con una certa difficoltà un sorriso mentre le si avvicina con cautela.
Le avvolge le spalle con un braccio e la tira a sé, tirando un mentale sospiro di sollievo quando la sente premere la testa contro la sua spalla. Lo ha accettato, si lascerà avvicinare e sarà più disposta ad una conversazione, per quanto adesso lo possa essere.
«Perché lo hai fatto, Sher? Perché gli hai detto una cosa del genere?»
«Ho solo seguito il mio istinto…»
«Beh, mi pare che non sia molto affidabile.» Dio solo sa quanto vorrebbe dirle di peggio, quanto vorrebbe essere molto più brutale, ma essendosi trovato faccia a faccia col suo reale dolore non se la sente più «Per curiosità, come proseguiva il tuo brillante piano? Perché la faccenda non sarebbe certo finita lì, e tu lo sai bene. Quel povero Diavolo ti seguirebbe fino in capo all’Universo, in un caso o in un altro.»
Ed ecco che arriva un altro colpo al cuore. Cos’avrebbe fatto dopo? Anche sforzandosi di immaginare che avrebbe accettato la sua scelta senza fare storie, sforzandosi di immaginarlo da qualche parte là fuori, lontano da lei, sa che non ci sarebbe stato comunque modo di fargli mollare la presa. Sarebbe tornato, magari dopo un giorno, una settimana, un mese o un anno, ma sarebbe tornato. Lo avrebbe fatto anche lei, senza dubbio. E a quel punto? Come se la sarebbe giostrata? Cos’avrebbe potuto fare per contenere la sua ira? In definitiva, ogni sua scelta è stata quanto più controproducente ed insensata possibile.
«No… non ci ho pensato…»
Mordecai annuisce sconsolato, senza però riuscire a trattenere un sorrisetto. Il suo istinto le urla di allontanare Radish per chissà quale assurda ragione, ma il suo cuore non è realmente capace di accettare questo desiderio, tanto da non riuscire a farle ideare un piano a lungo termine. Se fosse stata lucida, se il suo amore non fosse stato così forte, e se davvero non avesse un briciolo di fiducia in lui, sarebbe stata capacissima non solo di lasciarlo senza farsi torcere neanche un capello, ma anche di fargli perdere le sue tracce una volta per tutte.
Invece eccola qui, che si strugge per il dolore, incapace di pensare ad una qualsiasi mossa perché senza di lui non ci vuole stare.
«Che ne dici di tornare in quell’orrenda baracca, farti una bella doccia calda, magari pisolare un paio d’ore, e poi andare a chiedergli scusa una volta che si sarà svegliato?»
«No! No, Mord, no! Deve andare via! Mi farà del male, lo sai! Lui—»
«Lui ti venera, Sher.» Afferma un poco piccato, interrompendola «Farebbe qualsiasi cosa per te, e lo sai benissimo. Perché non vuoi accettarlo? Di cosa hai paura per davvero?» In realtà lo immagina proprio perché li conosce entrambi, ma vuole provare a farla ragionare usando le sue stesse parole contro di lei. Peccato solo che Sherry non abbia più alcuna intenzione di proseguire questa delicata conversazione.
«Sono tanto stanca, Mord…» Si appoggia maggiormente contro il suo corpo caldo, sentendosi protetta come quando sta con Everett, ed un minimo i suoi muscoli si rilassano a quel contatto «Rimaniamo un pochino qua, va bene? Solo un pochino, poi vediamo cosa fare…»
In circostanze normali, Mordecai non si farebbe alcun genere di problema a romperle le palle fino a costringerla a vuotare il sacco, così da spingerla a trovare la soluzione ideale — che poi è anche l’unica —, ma questa non è decisamente una circostanza normale, e quindi lascia perdere. Senza contare che nel momento esatto in cui ha un poco abbassato le difese e si è stretta a lui, è riuscito a percepire qualcosa che per poco non lo fa scoppiare in lacrime.
Di una cosa è però certo: il suo cuore ha sfarfallato molto dolcemente quando le diceva quelle parole. Mi devi un grosso favore, fratello. Un favore davvero grosso, perché probabilmente non scapperà più!


Per la prima volta da settimane, il sonno di Radish è stato assolutamente privo di strani sogni.
È la primissima cosa alla quale riesce a pensare quando, con grande fatica, apre gli occhi. Niente distese ghiacciate, niente richiami, niente odori particolari che gli provocano dipendenza in un istante, niente Sherry che lo allontana con gli occhi pieni di paura. Niente di niente, solo un dolce e rilassante oblio.
Questo effimero sollievo però svanisce non appena si accorge di non trovarsi nella sua stanza. Abituato ormai a luoghi quasi prettamente monocromatici, adesso è curiosamente circondato dal rosso, il giallo, l’arancione, il verde e da tinte fluorescenti, tutte mescolate assieme. La presenza del metallo poi è devastante: dai singoli oggetti di decorazione, alle cornici, i complementi d’arredo, le mensole fino ad arrivare alle sedie, ai tavoli e i tavolini. Il rivestimento delle sedute è prevalentemente in pelle, e da una parte scorge, seppur in modo un poco offuscato, un angolo bar con un ampio bancone dalle linee squadrate, con un impressionante assortimento di liquori. Sul pavimento in pietra chiara vi è un grande tappeto a scacchi rosso e nero, neanche si trovasse di una bizzarra pista da ballo di una discoteca degli anni ’70. Alle pareti, poi, poster ed immagini dei più grandi del mondo della musica. Infine, sparsi qua e là vari oggetti di memorabilia in bella vista, come modelli di chitarre prestigiose, mentre al posto dei tradizionali comodini vi sono  casse musicali.
«Questo è sempre stato il nostro rifugio.»
Il suono della voce calma e profonda di River è come una martellata nel cervello per Radish, che d’istinto si porta le mani a coprirsi gli occhi.
Non riesce a capire cosa sia successo, gli manca un pezzo. Com’è finito lì? Perché? Non ha bevuto fino al punto di dimenticarsi le cose, ne è più che sicuro.
«L’idea era di portarti alla magione, ma i cuccioli avrebbero potuto darti fastidio, così ti abbiamo sistemato qui.» Continua River, abbandonato mollemente su un grosso pouf rosso fuoco a qualche metro di distanza da lui «Qui non li facciamo entrare finché non imparano a tenere davvero le zampe a posto. Certo, non ci sono letti, ma direi che il divano è un buon compromesso per evitare le loro vocette stridule, non trovi?»
Non lo ascolta più, Radish. Adesso gli viene unicamente da piangere.
Sherry ha deciso di lasciarlo, di non volerlo più al suo fianco. Per un solo, misero istante si domanda se anche lei abbia provato il suo stesso dolore quando si allontanò in malo modo la sera del suo compleanno, o quando l’ha abbandonata perché terrorizzato da quella stupida profezia, ma è abbastanza certo di no. Per quanto lo riguarda, nessuno nell’Universo può mai aver provato questo tipo di dolore. Ogni respiro è una forzatura, il pensiero di lei felice senza di lui al suo fianco è come una raffica di pugnalate.
C’è anche quell’insopportabile immagine di lei che prova disperatamente ad allontanarsi dalle mani di Darko, che inesorabili si protendono in avanti fino ad afferrarle i polsi per tenerla ferma, con Nike alle sue spalle che la blocca e sospinge in avanti. Lei era terrorizzata ed indifesa, e loro le stavano facendo del male. Devo eliminarli subito!
«Calmati, Radish. Respira profondamente.»
Non riesce proprio a calmarsi, tutto in lui glielo sta impedendo categoricamente. Il corpo è però troppo pesante, i movimenti sono lenti e faticosi, e ciò gli impedisce di esplodere in tutta la sua potenza per distruggere ogni ostacolo, per eliminare ogni pericolo.
«Radish, dico davvero, calmati. Peggiorerai la situazione sennò. Non costringermi a farti un’altra iniezione, il tuo fisico potrebbe risentirne.» Nel dirlo si alza dal pouf per recuperare la siringa abbandonata su di un tavolino da fumo. In realtà non è poi troppo convinto che il suo fisico possa davvero risentirne, ma considera controproducente drogarlo una seconda volta prima di farlo tornare da Sherry. Sua sorella Silene gli ha dato dell’idiota quando l’ha detto, perché secondo lei il Saiyan non possiede sufficiente autocontrollo per gestire in sicurezza questa delicata questione, e lui per poco non le tirava un pugno sui denti. Se si è trattenuto, è solo perché poi ci sarebbe stato da litigare ulteriormente, e tutti erano già abbastanza tesi — se non proprio sul piede di guerra — quando hanno visto tornare zoppicando Blackwood.
«Quello che ha detto…» Si blocca per qualche secondo, rivivendo tutte quelle volte in cui sono state rivolte a lui dopo ogni errore troppo grande per potervici sorvolare. Ricorda quanto gli facessero male, quando si sentisse annegare ogni volta, e adesso si domanda quanto possano fare male a lui, che condivide con Sherry un legame che lui ha sempre e solo potuto sognare. «Quelle parole le ho già sentite più volte, Radish, e ti assicuro che stavolta non lo pensava davvero. Neanche un po’.»
«Tu non eri lì…» Mormora con un filo di voce, mentre a fatica si mette a sedere sul comodo divano rosa antico, con un nuovo senso di vertigine a ribaltargli lo stomaco «Tu non hai visto i suoi occhi mentre lo diceva. Credimi, era seria.»
«Ed è qui che ti sbagli.» Ammette con un sorrisetto colpevole il lupo, avvicinandolo con un bicchiere d’acqua fresca in mano «Conosco quella ragazza da molto più tempo di te. Se permetti, so bene quando fa sul serio e quando no. Quella che hai visto, era l’espressione disperata di chi non ha più la minima idea di come agire per difendersi.»
Radish, per quanto l’intontimento estremo glielo permetta, soppesa con attenzione le sue parole ed un dubbio atroce gli si insinua nella mente.
«Che vuol dire che mi sbaglio? Ci spiavi, forse?» Se fosse lucido, penserebbe a tante, tantissime altre cose, come, per esempio, il fatto che possa essere finalmente riuscito nella sua vecchia impresa, e che in realtà Everett non abbia veramente qualche colpa, se non quella di averglielo taciuto. Ma il cervello è mezzo fuso a causa della bomba che Major gli ha iniettato qualche ora prima, quindi l’unico pensiero logico che riesce a concepire è che li stesse spiando.
«Più o meno…» Arriccia un poco la bocca, guardandolo da sotto un ciuffo di candidi capelli con un certo divertimento «Diciamo che ho avuto modo di conoscere lo svolgersi delle cose secondo il tuo strettissimo punto di vista.»
Altri lunghissimi secondi per metabolizzare, altre lente e dolore operazioni mentali per riuscire a fare un semplicissimo 2+2, ed infine ecco l’ovvia soluzione: «Hai bevuto il mio sangue!!!»
Radish non vuole che lo facciano. Non lo vuole nella maniera più categorica. Per quanto si renda conto che tutti loro, alla fin fine, riescano ad immaginarsi abbastanza bene cosa possa o non possa aver fatto in passato, non vuole che lo vedano. Non vuole che scoprano con assoluta certezza che tipo di persona era, ed ora più che mai sente che sarebbe stato molto meglio se non l’avesse saputo neanche Sherry.
Con quest’ultimo pensiero, poi, si rende conto che River ha avuto la possibilità di vederli anche in intimità. Non che per il bastardo del Sud sia una novità, tutt’altro, ma l’idea non gli va per niente a genio lo stesso.
Lo afferra saldamente per la collottola con un movimento veloce e preciso, sorprendendosi automaticamente per esserci riuscito ora che tutto gli sembra muoversi al rallentatore.
«Mi ha sorpreso molto scoprire che hai effettivamente un lupo dentro al cuore, sai? Un po’ come noi. Certo, il tuo è più un feto mal formato, ma c’è lo stesso.»
Vorrebbe davvero strangolarlo — o spezzargli l’osso del collo, dipende tutto da quanto velocemente riuscirebbe a muoversi —, ma il luccichio nei suoi occhi azzurri gli suggerisce di non farlo.
«Quel sogno che fai spesso da qualche settimana a questa parte…» Afferma con tono quasi divertito, attirando totalmente la sua attenzione ed inducendolo anche a liberarlo dalla sua presa «Cazzo, quella schifezza che ti ha instillato dentro Roman è molto più ricettiva di quanto potessimo immaginare. Penso che neanche lui ne avesse idea… e, mi duole ammetterlo, Major ci aveva pure preso. Ecco, quest’ultima parte in realtà mi fa proprio incazzare! Sì, insomma, da quando quello scoppiato è più intelligente di me?!»
«Di cosa stai parlando?!» Sbotta con rabbia, mentre qualcosa dentro gli si riaccende. Non sa dire cosa sia, non ne ha idea, ma adesso suppone che possa essere quel “feto mal riuscito di lupo” che, a quanto pare, si porta dentro.
«Del fatto che il tuo intero organismo si è reso conto che c’era qualcosa di strano in Sherry. Se n’è accorto subito, ed in breve ti ha portato ad agire di conseguenza.» Spiega vagamente, mentre il sorriso si allarga di secondo in secondo «Togliti quella faccia stranita, Saiyan. Non ti dirò una parola di più, ma puoi stare tranquillo. Se riesci a metterti in quella testa dura che devi parlarle nel modo più tranquillo e pacifico possibile, tutto filerà liscio come l’olio. Fidati di me per una cazzo di volta!»


Mentre River e Radish parlano nella tana privata della figliata reale, che viene passata di generazione in generazione cosicché i cuccioli possano provare a legare tra loro ed abbiano uno spazio tranquillo dove riposare la mente, nella piazza centrale è stato montato un ampio gazebo per Vegeta, Piccolo, Gohan e Tensing, così da potergli spiegare in tutta comodità la situazione mentre gustano qualche leccornia.
Tutto si può dire di Yvonne, tranne che non sappia come intrattenere i propri ospiti. In realtà, lei e Nerissa si divertivano alquanto con queste piccole cose, escogitandone di ogni pur di poter mettere in atto nuove idee. Pure i tè con le bambole delle loro figlie erano occasioni preziose per sbizzarrirsi. Greywind e Arus, mentalmente presi da ben altre cose ma comunque intenzionati a rendere felici le compagne, non hanno mai fatto storie a riguardo.
La conversazione, seppur interessante per i quattro ospiti, è stata interrotta a più riprese da tutti coloro che non riuscivano proprio ad astenersi dal passare a salutarli, a domandare loro quanto si sarebbero fermati, se la situazione al Nord si fosse un poco appianata, e se Blackwood adesso stesse bene. Infatti il loro nuovo Re si è ritrovato con una bella ferita dall’anca destra fin quasi al ginocchio, ma non si è rivelato niente di grave. Adesso zoppica in modo abbastanza evidente, ma vedere lo sguardo affranto di Everett gli basta e gli avanza per passarci sopra.
Finita l’abbastanza dettagliata spiegazione fornitagli da Greywind, che ne aveva le scatole piene dei discorsi astrusi del figlio e si è quindi unito a loro, il quartetto ci rimugina su per quasi un minuto abbondante, cercando di capire se è stata rifilata loro qualche strana bugia. Alla fin fine, però, capiscono che no, tutta quell’assurda situazione che è venuta a crearsi è totalmente vera.
«Per quanto possa essere assurdo, ha senso.» Afferma infatti Piccolo, non invidiano neanche un po’ la situazione in cui si trova l’amico. A conti fatti, poi, non invidia neanche Sherry, che ormai è così mentalmente provata da rischiare di spezzarsi in due da un istante all’altro.
«Ma il rapporto che li lega non dovrebbe impedire anche questo genere di cose?» Domanda un poco confuso Tensing, che ancora non riesce a mettere insieme proprio tutti i tasselli. L’unione dell’anima è un qualcosa che abbatte tutto il resto, che lega due persone in un modo così profondo da superare qualsiasi problema o conflitto, e che rende l’idea di separarsi assolutamente intollerabile… ma allora perché adesso queste “regole” non valgono più? Per quanto tutta la situazione sia assurda, è solo questo il punto che non riesce proprio a comprendere.
Darko, seduto quanto più lontano possibile da Arus, prende finalmente la parola mentre continua a giocherellare distrattamente con le briciole sparse davanti a sé: «Per quanto ne so, il trisavolo di Everett e Sherry, Everclear, ricevette lo stesso trattamento da sua moglie Vistoria, con la quale aveva unito l’anima in tenera età.»
I due Sudisti si fanno improvvisamente molto attenti, incuriositi dai possibili racconti della potente famiglia reale del Nord. In fondo, per quanto sia più che altro una specie di pettegolezzo, è comunque parte di un pezzo della storia degli Spettri del Nord che mai prima d’ora avevano potuto sapere. Le uniche notizie che sono giunte anche a loro, su quella determinata coppia di Sovrani, erano quelle riguardanti l’accesa brutalità di Everclear e il sadismo di Vistoria, che secondo le voci infatti adorava guardare il marito mentre massacrava e/o torturava gli avversari. Da una coppia del genere, non poteva nascere niente di meno di un soggetto pericoloso come Mekhong.
«Si amavano in maniera assolutamente folle, ma di colpo lei cominciò ad allontanarlo, tanto che arrivò a non tollerare più neanche di fiutare la sua traccia. Così, senza dare alcun genere di spiegazione a nessuno, si barricò nelle sue stanze. La reazione di Everclear, che non era esattamente un uomo paziente e tollerante, fu incontrollabile. Attaccava chiunque gli si parasse davanti, e solo perché, nella sua testa, li percepiva tutti come una minaccia per la sicurezza della donna che tanto amava e venerava.» Mentre lo dice non può fare a meno di domandarsi come abbiano fatto Everett e Sherry a schivare l’enorme proiettile rappresentato dai cattivissimi geni del loro albero genealogico «Quindi sì, queste reazioni sono possibili anche con un rapporto come il loro. Tieni conto che lei adesso è costantemente bombardata dalle orribili vibrazioni che percepisce dal suo stesso territorio.»
«E come si è risolta tra Everclear e Vistoria?» Solo dopo aver fatto la domanda, Gohan capisce che sarebbe stato più indicato chiedere se il problema di Sherry con quelle “orribili vibrazioni” può risolversi in qualche modo, ma ormai è tardi.
«Come vuoi che si sia risolta? Hanno parlato, come fanno tutte le creature dotate della facoltà di parola e con un briciolo di cervello!» Risponde con sin troppa ovvietà, dimenticandosi di colpo di star parlando con un ragazzino con zero esperienza con questo genere di cose ed anche totalmente estraneo alle particolari dinamiche che si svolgono tra gli Spettri «’Sti due, invece, sono dei cacasotto incapaci di affrontare le proprie emozioni.»
«Stai parlando dei tuoi Sovrani, Darko.» Interviene Arus con tono piccato, fulminando l’altro con lo sguardo.
Greywind, al suo fianco, rotea platealmente gli occhi al cielo, mentre dentro si prepara a separarli quando proveranno a darsene di santa ragione.
«Chiudi quella fogna, che ho già abbastanza cose a cui pensare senza che tu mi faccia incazzare con le tue stronzate!»
Per quanto una rissa tra due Spettri di questo calibro possa anche stuzzicare l’interesse di Vegeta, soprattutto perché pensa bene che lo chiamerebbero ad intervenire e potrebbe sgranchirsi davvero le ossa, decide comunque di sedare i loro animi rissosi con una domanda piuttosto seria: «Quindi Radish voleva far fuori tutti quanti perché era realmente convinto che avremmo fatto del male a Sherry?»
È questo che forse lo ha colpito di più: il suo non riuscire più a riconoscere un alleato o un amico da un pericoloso estraneo. Non che Radish sia sempre stato capace di grande autocontrollo, dopo tanti anni a lavorare fianco a fianco lo sa bene, ma finora non si era mai rigirato contro nessuno. E lui quante volte gli ha servito su un vassoio la scusa perfetta per farlo, con tutte le sue frecciatine e prese in giro varie?
«Esatto. E la cosa potrebbe anche peggiorare, soprattutto se non si parleranno entro tempi brevi.» Gli risponde pacatamente Greywind, che come tutti gli altri ha puntato sul possibile esito di tutta la faccenda. Arus e Yvonne, come la maggior parte dei suoi figli e delle sue figlie, gli hanno dato del folle per la sua bizzarra convinzione, ma ciò non è servito a fargli cambiare idea, soprattutto non dopo ciò che ha visto.
«Gli hai spiegato per bene quanto è delicata la questione?» La voce allegra e canzonatoria di Blackwood attira l’attenzione dei presenti, che adesso lo guardano mentre zoppica verso di loro con Everett al seguito.
Una volta che sono riusciti a calmare il principe del Nord, i due si sono ritirati per discutere il da farsi. Ci sono volute ore prima di giungere ad una conclusione, che poi, alla fin fine, non poteva essere che una: parlare nel modo più calmo e delicato con Radish, ed arginare la sua reazione, se necessario. Solo in seguito lo faranno andare da Sherry, che secondo Nike e Mordecai ormai è davvero troppo a pezzi. Inoltre secondo il Cacciatore la vicinanza del compagno — consapevole e quanto più calmo possibile — è l’unica cosa che potrebbe rimmetterla in sesto.
Una volta che i due raggiungono il primo gruppo, il maggiore viene subito attirato da un odore per lui anche troppo familiare. Voltando poi lo sguardo, serra istintivamente la mascella mentre i muscoli del corpo gli si tendono involontariamente.
«Ma guarda chi si vede!» Cinguetta invece con allegria il Re, trattenendo una sonora risata nel vedere la sua espressione più che frastornata dalla bomba di tranquillanti e oppiacei che gli hanno iniettato. Malgrado l’obbligata dormita, ha decisamente l’aria di uno che non riposa come si deve da secoli.
Mentre lui e River si avvicinano, con il Saiyan che pare quasi voler incenerire con lo sguardo Everett, che a sua volta lo guarda con un assai malcelato astio, il Quartetto si avvicina dalla parte opposta. Aspettavano con ansia che si riprendesse, così da potergli stare vicini come hanno sempre fatto anche l’uno con l’altro… ed il resto del branco aspettava con ancor più ansia perché così si sarebbero finalmente tolti dai piedi!
Tutti i lupi del Nord, dopo poco più di 48 ore che li conoscono, hanno stabilito con sorprendente unanimità che è molto più semplice gestire un intero branco di cuccioli sotto anfetamine che non uno solo di loro, specie se agitato per qualcosa.
«Hai un’aria davvero di merda!» Urla Micah con la sua eleganza leggendaria, affrettando il passo per poterlo raggiungere. Non si sforza neanche di nascondere lo spinello che tiene gelosamente tra pollice e indice, poiché consapevole che, con tutti i suoi attuali pensieri per la testa, non gli dirà niente di particolare.
Infatti Radish ignora l’oggetto che in genere tanto lo infastidisce, limitandosi a camminare fino a raggiungere il gruppo. Sulle prime aveva pure pensato di divorare pressoché ogni cosa commestibile presente sulla grande tavola imbastita, ma il profondo senso di nausea dovuto  ai sedativi gli ha suggerito di evitare.
Dopo essersi poi piazzato di fronte a Blackwood, affamato, mezzo stordito e con le palle così girate da sembrargli impossibile, incatena gli occhi nei suoi con un’aria sin troppo di sfida.
«Lei dov’è?»
«Ra—»
«Non voglio dovermi ripetere una terza volta. Lei dov’è?»
Blackwood non fa neanche in tempo a chiamare il suo nome, ma curiosamente non s’infastidisce. L’unica cosa che al massimo lo turba è il più che evidente astio tra lui ed Everett, che di certo non ha del tutto abbandonato l’idea che potrebbe risultare pericoloso per Sherry. Ora come ora, ci sono ben poche altre cose tanto nocive per lei come un possibile scontro tra i due, e per questo è ben determinato ad evitarlo in ogni modo.
«Non puoi vederla in questo stato.» A rispondere è proprio Everett, con un tono quanto più pacato possibile, ancora non particolarmente certo di come convincerlo a seguirlo per potergli parlare. È abbastanza sicuro, infatti, che provare a portarlo da una parte adesso porterebbe solo ed unicamente ad una scazzottata con i controfiocchi.
«Tu fatti i cazzi tuoi, chiaro?! È colpa tua se è scoppiato questo casino! SOLO COLPA TUA!» Si è rigirato quasi senza volerlo, spinto da quell’idea malsana che gli ha invaso la mente. Gli è bastato guardare per un solo istante la sua faccia troppo calma, quasi indulgente, per far sì che si chiudesse la vena. Se Mordecai e Maddox non fossero stati tanto pronti coi riflessi, gli si sarebbe sicuramente avventato addosso.
«Guarda, neanche con tutta la fantasia di questo mondo potrebbe essere colpa sua.» Ridacchia Major, sforzandosi con tutto sé stesso sia per non scoppiare a ridere, sia per non vomitare dopo essersi immaginato la scena. Per quante porcate possa mai aver fatto in vita sua, quella l’ha sempre ripudiata con tutto sé stesso. Quest’orribile immagine però scivola velocemente fuori dalla sua mente, sostituita dall’immenso piacere di aver evidentemente vinto la scommessa. Sono un cazzo di genio!
«Non sono in vena, Maj. Chiudi quella fogna.» Sibila a denti stretti, non riuscendo a smettere di immaginare uno scenario terribile dietro l’altro. Vede le sue mani forti che le accarezzano la pelle, le labbra e la lingua che giocano con lei, i denti che affondano nella sua carne, i loro corpi che si uniscono in modo decisamente poco fraterno. Vorrebbe davvero allontanare questa malsana idea, ci sta provando con tutto sé stesso, ma davvero non ci riesce.
«Ha ragione, Radish. L’unica colpa che può avere, al massimo, è quella di essere così attaccato a lei da rigirarsi anche contro di me per proteggerla da te a causa dal tuo casino.» Interviene Blackwood, frapponendosi con poca decisione tra i due. Malgrado il tono sia gentile e un poco condiscendente, negli occhi si può vedere chiaramente una scintilla di rabbia mista a paura. Dobbiamo portarlo via da qui, ma come?
«Il mio casino?! E sentiamo, sapientone, che cazzo di casino avrei mai fatto, eh?! Non ho fatto altro che appoggiarla e aiutarla in ogni modo da quando la conosco, non ho fatto altro che spingerla a realizzare i suoi obiettivi, e da quando sono qui non ho fatto altro che aiutarla per non farla stressare troppo! Che cazzo di casino avrei fatto, eh?! L’ho forse aiutata troppo? L’ho forse protetta troppo? COSA?!» Così dicendo, si libera implicitamente di un pensiero che da giorni lo sta logorando: è stanco, sfinito, sente di non avere più abbastanza energie per continuare a lottare. È vero, lui è scappato due volte, ma poi è anche tornato con la coda tra le gambe, le ha sempre chiesto scusa e poi si è impegnato per farsi perdonare. Ma adesso è sicuro di non aver fatto niente, di essersi comportato nel migliore dei modi — soprattutto per uno come lui —, e la sua determinazione ha cominciato un poco a vacillare. Se non l’ha mandata affanculo è solo perché è troppo orgoglioso per rinunciare a tutto così facilmente. Da solo, però, come può continuare a combattere? O qualcuno finalmente si decide a dargli il beneficio del dubbio e gli dà una spintarella per farlo avanzare, o lui potrebbe davvero trovarsi costretto a gettare la spugna.
Darko, che non riesce ad immaginare tutto questo essendo piuttosto inesperto in questo campo, si preme una mano sulla bocca per trattenere una lieve risatina, ritrovandosi però con gli occhi color sangue di Arus e Greywind a trafiggerlo come ammonimento.
«Scusate, è esilarante…»
Radish si sente all’angolo, non sa più come rigirarsi. Non solo questi maledetti Spettri gli stanno dando nuovamente contro, ma pure gli altri quattro lo guardano con una certa apprensione, neanche fosse un povero idiota mentecatto.
«Cosa ci sarebbe di esilarante? Il rendersi conto che non ho fatto assolutamente niente e che la colpa è davvero del tuo adoratissimo Everett?!»
«Mi spiace zi’, ma il casino è davvero tuo.» S’intromette con poca convinzione Micah, ormai pronto a scattare per bloccarlo qualora scoppiasse.
«Ma di cosa stracazzo parlate?!» Stanco, distrutto, sfinito. Vuole andarsene, non importa dove. Se non gli daranno un fottuto aiuto, un qualsiasi fottutissimo aiuto, e non lo faranno subito, si metterà il cuore in pace e si allontanerà da tutti. Se River diceva il vero, in fondo, sarà lei a tornare strisciando da lui in tempi brevi, no?
Per fortuna però, l’aiuto arriva. Perché anche Blackwood è stanco. Ha considerato questa faccenda come una grandissima stronzata sin dal principio, tanto da arrivare a dirle in faccia che è “una codarda testa di cazzo”. Senza contare, poi, che pure Nike gli ha urlato contro, sputando parole che ancora non è riuscito a decifrare e capire, quindi fanculo tutto il bel piano che si erano fatti lui ed Everett: «Oh, andiamo! Davvero non ci arrivi?! Il fagiolo è nel baccello!»
Lo guarda come se fosse scemo — cosa di cui, in realtà, non è che dubiti poi del tutto —, per poi arrivare a pensare giustamente che lo stia prendendo solo in giro.
«Che c’entrano i legumi, adesso?!»
«Ohhh, al Diavolo! Attiva il cervello, Saiyan!» Urla a sua volta Everett, che mai e poi mai si è mostrato così vicino ad una crisi di nervi in pubblico «Sherry è incinta!»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘

Ebbene sì, lo avevate sospettato e ci avevate preso: Sherry è il dolce attesa!🤰🏻🤯

Ricordate i dubbi di Greywind su di lui nel capitolo 44? Era più che altro a questo che si riferiva! Lui, proprio come gli altri Spettri, sapeva della gravidanza (nel prossimo capitolo vi spiego meglio, tranquilli), e di conseguenza sapeva anche che la situazione sarebbe diventata difficile.
Mentre il ricorrente incubo di Radish? Beh, si riferiva proprio a questo!
Mo’ vi spiego il contorto ragionamento che mi ha portato a partorire un’idea del genere: a cose normali gli Spettri avvertono questo genere di cambiamento nella compagna, e ciò avviene con maggiore intensità nelle coppie legate come loro due (quindi sì, Blackwood si rese conto tipo immediatamente che era andato a segno). Radish, però, ha solo qualche cellula di Roman, quindi non poteva proprio rendersi conto di cosa stesse succedendo. Lui sentiva che c’era qualcosa di strano in lei, come se qualcosa si stesse mettendo in mezzo, ma non aveva idea di cosa potesse essere, mentre inconsciamente, invece, le cellule di Roman si erano come attivate, facendo così a cazzotti con tutto il resto. Quell’incubo/sogno, altro non era quella minuscola percentuale da Spettro che tentava disperatamente di metterlo in guardia, di fargli capire cosa ci fosse “in mezzo”, ed anche per metterlo in guardia su ciò che Sherry stava facendo, ovvero allontanarlo.
Quanto sarò stronzapazzafuriosa🤪 per aver concepito una roba simile? Quante botte in testa devo aver preso da piccola, per ridurmi il cervello ad una tale poltiglia contorta? Non lo so. Posso solo sperare che questa mia assurda pensata non vi faccia storcere troppo il naso!

Adesso però non resisto dal citare un pezzetto della recensione di Celeste98 (capitolo 44): […] “Ammetto di non aver compreso il motivo del successivo nervosismo (ingiustificato) di entrambi i sovrani del nord, ma se non è importante credo che me lo spiegherai più avanti.” La verità, è che non era ingiustificato. Nel prossimo si capirà meglio, però diciamo che Sherry, consapevole di essere in dolce attesa, non si sentiva al sicuro in mezzo agli altri, compreso Radish, e per questo stava sulla difensiva, prontissima ad attaccare chiunque per difendere il proprio cucciolo. Hurricane lo disse chiaramente che le loro femmine talvolta diventano molto paranoiche e aggressive anche nei confronti del compagno, soprattutto se sentono che la vita dei propri cuccioli è a rischio.

Bah, direi di aver detto abbastanza, quindi forse è il caso di eclissarmi!🤣


Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 49
*** Capitolo 48 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo! 💛 Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! 🧡
 

𝟜𝟠. 𝓔𝓂𝑜𝓏𝒾𝑜𝓃𝒾 𝒾𝓃 𝓂𝑜𝓋𝒾𝓂𝑒𝓃𝓉𝑜



Radish non si è mai considerato questo gran genio, ma neanche un completo imbecille.
È per questo che adesso si domanda perché non riesca a reagire in alcun modo. In realtà si domanda pure se lo stiano prendendo in giro, se gli abbiano detto una cosa simile un po’ per farlo incazzare poiché tenuto all’oscuro da Sherry, e un po’ per rabbonirlo. Sì, rabbonirlo, perché pur non essendo pronto a diventare padre, sente decisamente di non potersi dire davvero dispiaciuto. Aveva messo in conto già da un pezzo che i figli sarebbero arrivati, prima o dopo. Sarebbe ovviamente un bugiardo clamoroso se dicesse che non sperava nel “dopo”, però…
Beh, non può dirsi realmente dispiaciuto. In fondo quanti orribili scenari si era immaginato? Quanti tragici motivi si era creato nella mente per spiegarsi il progressivo allontanamento di Sherry? Di certo un figlio non può essere peggio di lei che per davvero non lo vuole più!
Per quanto l’idea di Sherry incinta non gli dispiaccia come evidentemente pensavano tutti — e come anche lui stesso pensava —, c’è un piccolissimo dettaglio che proprio non gli quadra. Vorrebbe anche esprimerlo, così da sentirsi dire una cosa tipo “dai, scherzavamo, in realtà si tratta di X, vedi che poteva andare peggio?”, ma le parole escono con una discreta fatica dalla sua bocca.
«Non— no, non è possibile, no. Ma figuriamoci, no.»
Ma infatti, non è possibile. Blackwood ed Everett volevano solamente indorargli la pillola. Che genere di pillola non lo sa, ma dev’essere sicuramente così. Anche se, concentrandosi per qualche secondo sulle loro espressioni deluse e preoccupate, forse può essere che dicano il vero.
«Direi proprio di sì, invece.»
Quando Everett gli disse di non aver più fiducia in lui, l’effetto non fu troppo differente da adesso. Una specie di insopportabile secchiata d’acqua gelida in piena faccia assieme ad un poderoso cazzotto nello stomaco. L’unica sostanziale differenza, è che questa sua affermazione non ha la capacità di fargli più male con il passare dei secondi. Lo lascia semplicemente attonito, col cervello che macina faticosamente per mettere insieme i pezzi, sforzandosi di accettare la notizia.
Che poi, alla fin fine, non è solo quella a destabilizzarlo tanto, quanto la dolorosa consapevolezza che non è stata lei a dirglielo. Perché?
Questo pensiero viene però velocemente scavalcato da un secondo, che gli fa di nuovo sospettare che stiano solo recitando. Per quanto ne sa, quei quattro deficienti che lo stanno fissando in modo maniacale potrebbero aver anche nascosto qualche telecamera lì attorno per fargli uno “scherzone”. In questo caso, Radish è oltremodo sicuro che per loro sarebbe stato assai meglio morire in campo.
«Non è ancora andata in calore, ci siamo stati attenti!» O forse è andata in calore e tu ne hai approfittato, Everett? Perché mi ricordo com’era l’ultima volta, si sarebbe lasciata fare qualsiasi cosa pur avendomi a malapena in simpatia! Figuriamoci cos’avrebbe fatto adesso!
Se per Everett questa situazione era già a dir poco assurda, adesso quasi si pente di averla difesa la sera precedente. Come cazzo ti è saltato in mente di non dirgli nulla?! Guarda in che situazione mi hai messo, maledetta imbecille! Ed anche tu, Blackwood, non potevi seguire il maledetto piano?! Dovevamo portarlo da una parte e parlarci con calma!
Non dice niente di tutto questo, però, limitandosi a chiudere con forza le palpebre ed inspirare a fondo col naso per calmarsi. Prima o poi, chissà come e quando, gliela farà sicuramente pagare.
«Quando vi siete scambiati il Morso era umana e a pochi giorni dal calore. Di conseguenza, in quelle condizioni era particolarmente fertile.» Spiega con una certa ovvietà, mentre gli occhi dei presenti si spostano nuovamente su Radish. Sono tutti in attesa di una sua reazione, una qualsiasi, così da poter intervenire, ma il Saiyan non sta facendo niente di particolare. Rimane ritto ed immobile, con gli occhi sbarrati, il volto più pallido del solito, e i muscoli decisamente più rigidi del normale. A parte questo, però, non sta facendo niente. Pure per il fine olfatto degli Spettri è così, dal momento che non stanno captando niente in particolare, fatto che li fa temere che realmente l’intruglio che Major gli ha iniettato gli abbia in qualche modo procurato una qualche danno neuronale.
Radish, dal canto suo, pensa incessantemente da una manciata abbondante di secondi alla sua spiegazione… e non la trova poi così insensata. In fondo era umana, quindi non sarebbe stato così impossibile, a parte per il fatto che… «Ma non le sono venuto dentro!»
Gohan, adesso, vorrebbe essere in qualsiasi altro posto. Uno qualsiasi, andrebbe bene tutto! Pure tra le grinfie di tutte quelle ragazzine che attentano alle sue labbra — e, secondo i suoi “fratelli acquisiti”, anche a ben altro.
Greywind, pur captando la vergogna del ragazzino, non può davvero fare a meno di approfondire un poco l’argomento, così da chiarire completamente le idee a quel poveruomo che sta evidentemente per collassare tanta è la sorpresa.
«Il coito interrotto non è un metodo contraccettivo sicuro, Radish. Anche presupponendo che tu sia un campione di tempismo e che la manovra riesca perfettamente, prima dell’eiaculazione si può presentare una fuoriuscita pre-eiaculatoria di liquido seminale altrettanto fertile che rende il “salto” inefficace.» Afferma con tono calmo e gentile, per poi rigirarsi come una biscia quando, per il puro piacere di rompergli i coglioni, Blackwood gli lancia contro un piccolo frutto scuro «È così che sei saltato fuori te!»
In realtà erano voluti, ormai si sentivano quasi pronti ad allargare la famiglia e creare così una solida discendenza, ma non avevano pensato che sarebbe successo subito dopo averne discusso una volta.
«Dai creatori di “Non mi piace usare il preservativo” e “Vengo fuori”, arriva in 3D: “Fatemi gli auguri, diventerò padre!”» Scherza prontamente Black, strappando una lieve risatina quasi a tutti.
Radish, invece, non ha idea di cosa stiano dicendo. Potrebbero anche parlare di unicorni da clonare e lui non lo saprebbe. Il suo cervello si è totalmente chiuso, ed il cuore gli batte con una tale forza contro le costole da fargli fisicamente male.
Incinta.
Sherry è incinta.
È incinta, aspetta un bambino.
Qualcosa le sta crescendo dentro.
È incinta e non mi ha detto un cazzo!

Non sa se è più incazzato, deluso o addolorato. Non saprebbe dirlo neanche se ne valesse della sua vita. L’unica cosa che sa è che lei, per chissà quale assurda ragione, non gli ha detto nulla. Non solo! Ha pure provato ad allontanarlo, a farlo uscire totalmente dalla sua vita!
Un’altra cosa che adesso non saprebbe dire con certezza, è che non non sa se lo faccia più incazzare il fatto che glielo abbia taciuto, o il fatto che abbia provato a togliergli la possibilità di conoscere suo figlio.
Sente di non essere realmente pronto a diventare padre, la sola idea lo terrorizza, ma considerando quanto tempo dedicano al sesso era inevitabile che accadesse, e dentro sapeva che ci avrebbe fatto i conti in tempi non particolarmente lunghi. Senza contare tutta la curiosità che gli altri gli hanno messo sulla paternità, sulla gioia che ti può dare un bambino… e su quanto anche lui sia arrivato a volere qualcuno che dipenda in tutto e per tutto da lui, che gli voglia incondizionatamente bene malgrado qualsiasi possibile errore. Alla fine, Radish non si sente realmente pronto a diventare padre, ma l’idea che da lì a qualche mese succederà non gli dispiace per niente.
Qualsiasi cosa le stia crescendo dentro, è anche sua. Anzi, a conti fatti è la prima cosa ad essere veramente sua, e l’idea che abbia provato ad impedirgli di conoscerlo lo manda completamente in bestia.
Senza dire una parola a nessuno, s’incammina in avanti per tornarsene al Nord. Potrebbe anche volare, farebbe certamente prima, ma forse è meglio per tutti se prima sbollisce un po’ in solitaria, e questo lo sa anche da solo. Peccato solo che tutti gli altri non sembrino esattamente della sua idea — o non sembrino capirlo —, perché Micah non ci mette niente ad afferrarlo per un braccio e tirarlo all’indietro.
«Dove vai?!»
«Prova un po’ ad indovinare!!!» Forse per la prima volta da quando li conosce, non si fa alcun tipo di problema a colpirli senza che abbiano realmente fatto qualcosa di stupido. La sua parte più razionale infatti si rende pienamente conto che vogliono solo calmarlo anche per la sicurezza di lei, ma la parte istintiva gli urla a gran voce che vogliono separarli e, soprattutto, che potrebbero far loro del male.
Solo guardandolo, Greywind si rende conto che aveva pienamente ragione, ed anche che se Sherry adesso fosse nei paraggi, lui potrebbe reagire in maniera assai più violenta. Così, senza dire una parola e senza farsi notare, si allontana da tutti loro.
Se nessuno lo nota, però, è solo perché pure un altro si è mosso, piazzandosi duramente davanti al Saiyan.
«Togliti di mezzo. Subito.» Di colpo ricomincia a serpeggiargli nella mente quell’orribile idea che gli ha fatto perdere completamente il lume della ragione. Everett, in fondo, potrebbe anche avergli mentito, per quanto ne sa. Potrebbe essersi inventato tutto per qualche contorto e perverso piano per fargli ancora più male.
«Prima parlerai con me.»
«Ho detto—»
«Ho sentito, e non mi interessa minimamente. O fai come voglio io, o ti assicuro che la situazione prenderà una piega irreparabile. A te la scelta.» Si domanda, Everett, se anche lui fosse così irragionevole quando si trattava di Leila, e magari se pure lui si sarebbe comportato in modo tanto folle e rabbioso qualora avessero avuto dei figli. Beh, di certo non sono particolarmente obiettivo se si tratta di Sherry…
«Perché prima dovrei parlare con te, eh?! Cos’è, il figlio è tuo, per caso?!» Non avrebbe voluto dirlo. La sola idea di esporre la sua irrazionale paura a qualcuno lo imbarazzava a morte, ma proprio non è riuscito a trattenersi.
Col senno di poi, però, forse sarebbe stato davvero meglio se avesse taciuto, perché dall’espressione disgustata e furente del lupo intuisce non solo di aver detto una scemenza, ma anche di averlo offeso parecchio.
«È un’immagine così disgustosa da farmi pentire totalmente di averti difeso.» Parla a denti così stretti e con un tono così rabbioso, ostile e disgustato da fargli capire in pieno non solo che si sbagliava alla grandissima, ma anche che la possibile considerazione che ha di lui potrebbe essere scesa ulteriormente.
Rimane ammutolito per qualche istante, mentre la fastidiosa sensazione di essere trafitto da troppi occhi va scemando di secondo in secondo. Lui difenderlo? E in che modo? Perché? Può credere ad un sacco di cose, ma questa gli sembra decisamente la più assurda di tutte.
«Difeso?»
«Esatto, Saiyan, ma ho promesso molto tempo fa che più di ogni altra cosa avrei sempre protetto lei. E sì, anche da te, qualora risultasse necessario. Adesso mi pare evidente che sia necessario, perché tu non sei minimamente lucido.»
Non che gli abbia schiarito particolarmente le idee — non che Radish lo credesse davvero possibile —, ma tutto in lui è così fermo e deciso da rendergli quasi impossibile credere che gli stia mentendo. Per quanto potrebbe tornargli utile per chissà quale ragione sua, Radish sente di conoscerlo quel tanto che basta da poter dire con sicurezza che non è il tipo da dire simili bugie.
Quando poi gli appoggia una mano sulla spalla, facendo una lieve pressione per farlo avanzare, non oppone alcuna resistenza. Lo sente dentro che non è necessario, così come, di colpo, non lo percepisce più come una minaccia. Anzi, quel “lupo” che River gli ha detto di avere dentro, gli sta come suggerendo proprio il contrario, identificandolo adesso come una risorsa utile. Avendo infatti dimostrato una tale ferocia per difenderla — per difenderli —, ai suoi occhi si è come tramutato in un prezioso scudo umano disposto a tenerli al sicuro in sua assenza.
«Forza, andiamo.»
Se anche il suo istinto gli dice che no, Everett non è più una minaccia, lo stesso non si può dire per chiunque lo circondi. Gli basta sentire il leggero odore dello spinello che Major tiene in mano per farlo scattare. Rigirandosi verso i quattro, infatti, glielo prende dalle mani e lo butta a terra, calpestandolo senza pietà, per poi afferrare il Segugio per i capelli e strattonandolo un po’ prima di avvicinarlo a sé.
«Questa merda deve sparire, sono stato chiaro?! Non dovrà mai più girare da queste parti, o credimi se ti dico che non vi darò mai la possibilità di avvicinarvi a loro!» Detto questo lo lascia andare, rigirandosi dall’altra parte per affiancare Everett. Avrebbe potuto fare di peggio, molto, ma la sua parte razionale è emersa di prepotenza per impedirglielo. Non sarà facile per lui controllare questo nuovo e pericoloso lato di sé, soprattutto qualora Sherry abbassasse le proprie difese e si lasciasse di nuovo avvicinare, ma per fortuna è un qualcosa che in molti, da quelle parti, possono insegnargli un minimo a gestire.
Rimasti ormai soli, Micah scrolla le spalle e si mette a tavola, seguito a ruota da Major.
Blackwood, Maddox e Darko lanciano prima una veloce occhiata a loro, poi al duo che si allontana, finché alla fine cedono e si uniscono ai primi. Finché i due non si saranno confrontati, in fondo, non hanno proprio niente di meglio da fare se non continuare a mangiare, magari facendo qualche altra domanda ai singolari ospiti. Blackwood in realtà potrebbe anche andare dai suoi vivaci cucciolotti per farli scatenare un po’, ma… i nonni servono anche a questo,  no?
Mordecai, invece, è rimasto in piedi al suo posto, lo sguardo rivolto a terra dove giace ciò che rimane della canna.
«L’avevo rollata con così tanto amore…» Afferma con tono affranto, per poi portarsi la prima cosa commestibile in bocca e divorarne metà con un solo morso mentre raggiunge Gohan. Se le cose andranno bene — e lui è certo che sarà così —, lascerà volentieri al piccolo il piacere di comunicare tutto a sua madre, che di certo potrebbe risentirsi se venisse tenuta all’oscuro ancora a lungo. Non che non lo diverta vederla incazzarsi e trasformarsi in una specie di mostro mitologico, anzi!, ma non vuole rischiare stavolta: Sherry ha salvato la sua vita e quella del suo adorato figlio minore, come potrebbe reagire ad una qualche notizia che la riguarda e che le è stata taciuta per così tanto tempo? Come, per puro esempio, che sta male. Mica si è scordato che ha praticamente ringhiato che l’avrebbe aiutata in qualunque modo pur di sdebitarsi.
Se non avesse perso a morra cinese per decidere chi avrebbe accompagnato Gohan, di certo non si sarebbe preso un tale disturbo. Non sono tanto pazzo da andarci  disarmato… prima passiamo a prendere mamma!
L’unico che ancora non si è mosso, rimanendo immobile a fissare il punto esatto in cui le due potenze del Nord sono scomparse dalla sua visuale, è Arus.
«L’ho sentito solo io o ha davvero detto “a loro”?» Domanda con un certo sconcerto, sbuffando poi con forza quando l’esuberante genero annuisce con un sorrisetto beffardo. Non che non mi faccia piacere… però, cazzo! Ho perso la scommessa!


Non sa né dove lo stia portando, né quanto voglia ancora tirarla per le lunghe, ma, dopo dieci minuti di cammino alle sue spalle in assoluto silenzio, è deciso a non volergli concedere altro tempo.
Era convinto che gli avrebbe detto ogni cosa, e invece non fa altro che camminare con quella sua aria insopportabilmente rigida ed arrogante. Come se avesse altro tempo da buttare!
Punta quindi i piedi a terra, fregandosene pure della possibilità che attorno a loro possa esserci qualcuno ad ascoltarli. Vuole delle risposte e le vuole subito, altrimenti, per quanto lo riguarda, può anche andare a farsi fottere.
«Perché non me ne ha parlato?»
Si blocca anche Everett, col cuore che un poco accelera tutto in un colpo. S’impone però di calmarsi, perché l’argomento che stanno per trattare non è certo dei suoi preferiti.
Sa che Hurricane l’ha messo in guardia su ciò che può accadere alle coppie durante la gravidanza, ma come poteva dirgli — o anche solo immaginare — che ciò che lei ha vissuto al Nord avrebbe estremizzato il tutto?
«Mio padre… era soddisfatto ogni volta che mia madre rimaneva incinta. Nuovi figli uguale nuovi soggetti ideali per incrementare la potenza del Nord. Lei, invece…»
L’unica persona con cui ha parlato di questo argomento, l’unica con la quale abbia mai sentito di potersi sfogare senza essere giudicato, è Blackwood. Leila sapeva perché del Nord come lui, e Nike sicuramente l’ha saputo in qualche modo, ma solo a Blackwood ha detto tutto, solo a lui ha confidato quanto lo ripugnasse avere il suo stesso sangue. Solo con Blackwood si è messo a nudo, piangendo per la prima volta in vita sua.
«Lei provava in ogni modo a tenerlo lontano, perché sapeva che avrebbe continuato a farle tutto ciò che voleva, così come sapeva che poi avrebbe fatto del male anche ai figli, in un modo o in un altro. Ma non le è mai andata bene, non aveva nessuno a difenderla. Come provava ad allontanarlo, lui la gonfiava di botte, intimandole di non provarci più, e poi…» Che i suoi genitori avessero rapporti consensuali solo fino a poco dopo la sua nascita non è mai stato un segreto per nessuno. Mezcal non si faceva certo problemi a riguardo, soprattutto dal momento che considerava Aisha una sua proprietà, un giocattolo da usare ogni qualvolta gli venisse voglia o qualora volesse altri figli. Non gli è mai importato niente di lei, né si è mai addossato la responsabilità della sua follia, scoppiata nel momento esatto in cui le vietò categoricamente di potersi prendere cura dei suoi figli. Solo anni dopo, quando ormai per lui era impossibile sviluppare un qualche senso di affetto nei confronti di un qualsiasi membro della sua famiglia, scoprì che Mezcal le diede un manrovescio impressionante quando provò a prenderlo, in un ultimo e disperato gesto di protezione.
«Darko provò a fermarlo, un paio di volte… ma sapeva che non sarebbe servito a niente. Poteva anche dargli ascolto in un primo momento, ma avrebbe trovato sempre un modo per tornare alla carica alle sue spalle. Per tenere calma lei, quindi, la imbottiva di tranquillanti per tutta la durata della gravidanza.» Non lo capiva quando era un ragazzino, ma crescendo tutto gli si è fatto più chiaro: per quanto i bambini non gli piacessero, non poteva comunque tollerare che venisse fatto loro del male così a caso, così interveniva come poteva. Se lui stesso si fosse impuntato troppo, sarebbe stato ucciso e loro sarebbero finiti tra le grinfie di uno Spettro raccomandabile tanto quando Mezcal, così si sforzò per trovare una possibile via di mezzo. «Darko ci teneva nascoste le nuove gravidanze… non voleva che in qualche modo quel mostro ci contaminasse. Ma, alla fine, tutti sapevano. E nessuno poteva intervenire in favore di Aisha, perché nessuno aveva la forza necessaria per fermarlo. Io e mio fratello gemello, intorno ai cinque anni, volevano parlargli. Volevamo sapere perché nostra madre spesso si mettesse ad urlare e si nascondesse da tutti, o perché a volte la vedessimo aggredire la sua stessa ombra o il suo riflesso negli specchi. Darko ce lo impedì per un pelo, e ci ordinò di non provare mai e poi mai a fare una cosa del genere. Lui forse sarebbe anche sopravvissuto, perché a modo suo Mezcal gli voleva bene, mentre noi non avremmo avuto scampo.»
Per quanto anche la vita di Radish sia segnata da ricordi orribili, gli risulta assai difficile riuscire a credere che possa mai essere esistita davvero una famiglia del genere. Lui stesso non ha mai fatto tanto male ad una sola persona, né è mai riuscito anche solo ad immaginare di farlo. Come ci si può accanire tanto contro una persona che, tecnicamente, hai promesso di amare, rispettare, onorare e proteggere? Come si lo si può anche solo pensare? Anche sforzandosi di pensare di alzare le mani su Sherry, di farle del male, o più in generale di far del male alla sua famiglia, si sente fisicamente male.
Quando però riesce a scorgere una scia umida sulla guancia di Everett, si rende conto che non sta inventando niente. E che si sta aprendo con lui, gli sta rivelando qualcosa di realmente doloroso, qualcosa che, immagina, vorrebbe tenere quanto più nascosta possibile.
«Perché me lo dici?» La voce è flebile, la paura della sua possibile risposta lo terrorizza. Dimmi che non mi credete capace di tanto… ti prego, dimmi che non è così.
«Per farti capire quanto anche quei momenti che sarebbero dovuti essere i più belli, nella mia famiglia siano sempre stati distrutti dal dolore e dalla follia.» Si passa frettolosamente il dorso della mano sulla guancia, così da cancellare ogni traccia di quella ribelle lacrima solitaria. Non riesce ancora a provare un reale dolore per sua madre, non dopo tutto quello che ha fatto e per quel ghigno soddisfatto mentre Mezcal violentava Leila, ma la consapevolezza di avere un sangue così marcio a scorrergli nelle vene lo deprime sempre. Il nome di suo padre è utile per darsi coraggio, per rendersi conto di essere capaci di ogni cosa, ma non è certo un vanto.
«Prima che ti racconti anche il resto, voglio che tu mi prometta—»
«Non sei nelle condizioni di farmi promettere niente.» Lo interrompe prontamente Radish, pur non desiderando realmente essere sgarbato o aggressivo. Se non riesce a trattenersi come vorrebbe, è solo per l’impazienza di raggiungerla per parlarle a quattrocchi.
La determinazione nei suoi occhi chiari, però, gli suggerisce di dargli ascolto, non tanto perché, magari, non capirebbe il senso delle sue parole, quanto perché sennò non andrà avanti. E se non andrà avanti, non potrà andare da Sherry. Anzi, potrebbe, ma Everett tornerebbe sicuramente alla carica, lui andrebbe in bestia e lei di nuovo nel panico. No, decisamente non è la strada ideale.
Annuisce con energia, mettendosi poi a sedere al suo fianco quando gli fa un cenno con la mano. Perché debba sedersi non lo sa, ma l’insolita angoscia nei suoi occhi gli lascia intuire che la breve conversazione appena avuta non è stata la parte peggiore.
«Prometti che terrai a mente questo, il dolore che Sherry ha dovuto sopportare quando era appena una bambina… ed anche tutti i tuoi ricordi che lei ha visto.»

Incinta.
Lo sguardo stralunato di Sherry rimbalza da quello di Everett a quello di Darko e viceversa da quasi due minuti ormai. Non riesce a parlare, nella sua mente c’è una tale confusione da impedirglielo in modo categorico, e le parole che le sta dicendo Darko non la stanno aiutando a ragionare più lucidamente.
Incinta.
Sulle prime avrebbe davvero voluto dire “in che senso?”, ma lo sguardo apprensivo e attento di Darko ha fatto in modo che non fosse necessario.
Incinta.
Lo sapevano già da qualche giorno prima della guerra, a quanto pare. Sapevano e sono rimasti in silenzio, perché, secondo loro, saperlo l’avrebbe resa solo più apprensiva e distratta, cosa che avrebbe segnato inevitabilmente l’esito dello scontro. Vorrebbe urlargli che sono due stronzi, che avrebbero dovuto avvertirla immediatamente visto che lei non lo sospettava neanche lontanamente, ma un piccolo dettaglio le ha fatto capire che, invece, hanno fatto bene: se qualcuno le avesse impedito di scendere in campo per questo, o avrebbe trovato il modo di sbarazzarsene immediatamente, o sarebbe finita con l’odiare il nascituro con ogni fibra del suo essere. La sua determinazione ad uccidere Jäger era troppo solida, radicata in ogni fibra del suo essere da troppi anni, e neanche l’idea di diventare mamma l’avrebbe fermata.
Incinta.
Mentre loro la chiamano dolcemente, un pensiero le attraversa la mente, doloroso, veloce e potente come uno sparo: Radish non vuole figli.
Non li vuole, non ora. Ha detto “prima o poi”, ma sa bene che il “prima” non era neanche da pensare. Sarebbero arrivati “poi”, quando entrambi sarebbero stati pronti, quando la situazione fosse stata stata migliore. Questo, di certo, non contempla neanche lontanamente un “ora”.
Non è pronta per fare la mamma, forse non ne ha neanche la stoffa, non con lo stile di vita sgretolato che conduce, e non può imporre a Radish di diventare papà. Non può. Condannerebbe tutti quanti ad una vita di sofferenze e ad un affetto fasullo… seguito poi da un inevitabile disprezzo.
«Sher…?»
La voce di Everett le arriva debole alle orecchie mentre si alza. Non ha tempo per badare a lui, adesso, né per ascoltare Darko che si raccomanda in ogni modo di non fare sforzi perché pericoloso. Come se muovermi adesso possa essere più pericoloso di mettere al mondo questo meticcio indesiderato!
Non può costringere nessuno, è fuori discussione. Non può costringere neanche sé stessa, e lei questo bambino non lo vuole. Non lo voglio…?
Con passo deciso va verso la parete opposta, dove sono appese delle armi di mirabile fattura, evidentemente tenute lì puramente come decorazioni. Per quanto questo sia evidente, ai suoi occhi è evidente anche che vengano tenute con gran cura, e che le lame siano state lucidate e affilate di recente. Perfetto!
Presa dallo sconforto e da un impeto di pura follia, afferra il primo pugnale che vede. Lo tiene con forza con entrambe le mani e, senza alcuna esitazione, avvicina la punta al basso ventre.
«SHERRY!»
«No, ehi, ehi! Troveremo una soluzione, va bene? Te lo prometto! Adesso mettilo giù, da brava!»
«Sherry, sul serio, mettilo giù!»
«Dacci retta, okay? Mettilo via, così possiamo parlarne! Dai, forza, buttalo!»
Non li sente realmente. Tutto in lei adesso è focalizzato unicamente sulla quella punta acuminata che preme contro la pancia. Uno Spettro sopravvive senza alcun problema ad un attacco del genere, non se ne renderebbe neanche conto… ma un feto Mezzosangue così piccolo no. Un colpo del genere sarebbe troppo da sopportare, soprattutto adesso che è così debole. Non sa se lei stessa sopravviverà, anzi ne dubita altamente, ma non le importa davvero.
Devo solo spingere…
«Sherry… ti prego, no…»
Non sente la voce del fratello, non si accorge che sta piangendo per lei. Ma come potrebbe dargli ascolto? Se decidesse di tenerlo, costringerebbe Radish ad assumersi delle enormi responsabilità che ancora non è pronto ad avere, e ciò lo spingerebbe a desiderare unicamente che quella creaturina indifesa e inattesa non fosse mai venuta al mondo. E lei sa come ci si senta a non essere desiderati, a doversi guardare le spalle dalla stessa persona che, in un secondo, l’ha messa al mondo. Con che coraggio potrebbe condannarlo ad una fine del genere?
«Sherry, ti prego, mettilo giù!»
Senza volerlo, la sua mente le fa vedere nuovamente un’immagine che aveva rimosso dai propri ricordi.
All’inizio era arrivata a pensare di aver semplicemente sognato Radish con le zanne di Roscka al collo, fin quando non è poi arrivata a comprendere che quell’uomo che l’abbracciava con forza e la faceva sentire tanto bene tra le sue braccia non era suo marito. Era un qualcosa che, forse, la sua mente aveva prodotto dopo averci segretamente fantasticato, ovvero il risultato della loro unione.
Che glielo avesse voluto mostrare
Papà Spettro per realizzare la sua perversa profezia, o solo perché, alla fin fine, voleva una famiglia con Radish, non lo sa, ma è sicura che quell’abbraccio e quel calore nel cuore erano qualcosa di così intenso che, adesso, l’idea di continuare ad affondare la lama le sembra la più grande follia mai concepita nell’intera storia di tutto l’Universo.
«Puoi sempre darlo a qualcuno se non lo vuoi, anche se mi pare una follia. È comunque un’ottima alternativa al suicidio.»
Inorridita dalla parole di Darko, Sherry rimane a bocca aperta. L’idea di vedere il suo bambino tra le braccia di qualcun altro è impensabile. Come non riesce ad affondare la lama nel ventre, non sarebbe neanche capace di cederlo a qualcun altro.
«Sher…»
Le tremano le dita, con i palmi madidi di sudore, e sente gli occhi bruciarle a causa delle solite stupide e sgradite lacrime. Sente caldo e freddo, lo stomaco in subbuglio per la nausea.
«È mio…» Sussurra con un filo di voce, senza preoccuparsi di sembrare troppo supplichevole o debole. Lei è venuta al mondo in circostante orribili, non ha avuto la possibilità di conoscere il calore di una madre quando ne aveva più bisogno, non ha avuto la possibilità di essere protetta e coccolata dall’amore paterno. Lei è nata e cresciuta sola, e mai aveva pensato di poter desiderare una famiglia propria con tanto ardore. Realizzandolo, sente che potrebbe fare qualsiasi cosa pur di proteggere da ogni pericolo la creaturina che le sta crescendo dentro.
Le lacrime escono fuori incontrollate, rigandole le guance, e abbassa il pugnale senza neanche pensarci un istante di più, lasciandosi poi cadere a terra con le gambe tremanti che non possono più sostenerla. Seppellendo il viso tra le mani piange con forza, amareggiata per il pessimo senso dell’umorismo del Destino. Avrebbe potuto aspettare, lasciarle gustare un momento felice in santa pace, ed invece ha deciso di tirarle l’ennesimo colpo basso.
Con ogni cellula ancora angosciata e terrorizzata dal suo orribile gesto, Everett la raggiunge e l’abbraccia con forza, sollevandola dal pavimento e portandola verso il letto, usando una delicatezza che poco si addice alla sua truce e glaciale figura.
«Shhh, tesoro» le sussurra dolcemente all’orecchio «Andrà tutto bene, te lo prometto.» Le accarezza i capelli, mentre le sue lacrime gli inzuppano la maglia leggera.
Dopo qualche minuto stretti l’uno all’altra, con Darko che si assicura che nessuno si stia avvicinando, i singhiozzi finalmente cominciano a placarsi e loro due si separano un poco. Everett, ora come ora, non è decisamente dell’idea di lasciarla andare, così si limita giusto a mettersi più comoda sulle sue gambe.
«Sherry…» Darko l’avvicina cautamente, le mani protese in avanti per farle capire che non le farà del male, e poi si inginocchia davanti ai due per poterla guardare meglio negli occhi «Cosa ti ha spinto a reagire così? Devi dirmi ogni cosa, chiaro? Ti seguirò personalmente, quindi devo essere informato su ogni cosa. Come ti ho già detto, la tua è una situazione molto delicata, quindi niente può essere lasciato al caso.»
Le braccia di Everett si stringono automaticamente attorno al suo corpo non appena la sente tremare di nuovo, come se all’improvviso un orribile e pericoloso mostro le si fosse parato davanti. Inevitabilmente si domanda a sua volta cosa possa realmente indurla ad una reazione tanto grave, perché nessuna delle loro donne reagisce così male ad una gravidanza indesiderata — e lo sono almeno 8 volte su 10.
«Non lo vuole…»
Darko ed Everett si guardano immediatamente negli occhi, sperando e pregando di non aver capito dove sia andata a parare la sua mente. In quel caso, già sanno che la situazione non potrà far altro che peggiorare.
«Io so come ci si sente… e voglio dargli ciò che non ho mai avuto davvero.» Tira su col naso e si passa il dorso di entrambe le mani su guance e occhi, cercando disperatamente di allontanare quell’orribile timore che, invece, pare non avere alcuna intenzione di abbandonare la sua mente provata.
Dal canto loro, i due Spettri non riescono a trattenere un sorriso intenerito. Ha dovuto sopportare tantissime ingiustizie e atrocità nella sua breve vita, così tante da portarla ad erigere un muro attorno a sé nel disperato tentativo di non farsi più toccare da nessuno e quindi proteggersi. Muro al di là del quale solo in pochi sono riusciti a sbirciare, e solo uno è stato fatto entrare dopo tanti sforzi ed incomprensioni. Questa creaturina, invece, non è ancora venuta al mondo e l’ha già totalmente conquistata, abbattendo quello stesso muro senza il minimo sforzo.
Per quanto entrambi si rendano conto che la situazione potrebbe cadere in picchiata libera anche nel giro di poche ore, non possono che rallegrarsi all’idea che quel bambino sarà amato incondizionatamente sempre e per sempre.
«Ma Radish non lo vuole… non lo accetterà.»
Esattamente come temevano, il suo istinto le sta ordinando di allontanarlo per la sicurezza del piccolo. Darko già lo aveva avvertito che sarebbe potuto accadere, ma Everett non aveva alcun dubbio del contrario. “Lo ama con tutta sé stessa” diceva, seppur senza particolare entusiasmo “figurati se lo allontanerà mai! Al massimo mi preoccuperei proprio di lui! Per quanto è protettivo nei suoi confronti, pensa a come diventerà una volta che lo saprà! Non vorrei essere nei tuoi panni, quando la farai partorire!.
Darko però ha più esperienza nel settore. Ha visto tantissime coppie ritrovarsi a dover affrontare un problema del genere, e solo in una non è mai risultato un problema. In quell’unica coppia, però, è stato possibile solo perché al maschio non importava mezzo cazzo della volontà della compagna, costringendola così a vivere nel terrore più nero per mesi. Qualora non riuscisse ad avvicinarla, sarà necessario calcare la mano per dividerli. Potrebbero compiere gesti estremi, e Dio solo sa quanto ne soffrirebbero…
«Non dire scemenze, andiamo! Quello scimmione diventa innocuo come un agnellino quando si tratta di te. Scommetto quello che ti pare che, quando gli darai la lieta notizia, non ti si staccherà più di dosso per quanto ne sarà felice!» Per quanto possa sembrare assurdo, Everett è davvero convinto di ciò che sta dicendo. È vero, Radish non gli piaceva prima, non gli piace ora e forse non gli piacerà mai, ma non per questo non si rende conto delle cose.
I suoi trascorsi sono a dir poco discutibili, e Dio solo sa come faranno a tenere il nascituro all’oscuro, ma è più che certo che nei loro confronti non diventerebbe mai pericoloso. Per quanto violento e spietato se la situazione lo richiede, Everett se lo sente dentro che non farebbe mai niente per nuocergli in qualche modo, così come sente che, per quanto potrà spaventarsi, non gli dispiacerà sapere che la famiglia sta per allargarsi.
Sherry, invece, non è del suo stesso parere. Per quanto in genere si fidi delle sue parole, per quanto il suo cuore voglia disperatamente credergli anche adesso, nella sua mente sono troppo vividi i ricordi che ha assorbito tramite il suo sangue, e questo le impedisce di scostarsi da quell’orribile idea.
«No! Non deve saperlo! Nessuno deve dirglielo, sono stata chiara?! NESSUNO!»
Darko, nel vederla agitarsi così, scatta subito. Una delle prime cose che ha imparato, proprio perché si ritrovò a seguire la gravidanza di Aisha e si rese conto di quanto fosse necessario che al futuro erede al trono non accadesse niente di niente, è che lo stress, in particolare quello emotivo, sembra aumentare di quasi tre volte il rischio di aborto spontaneo. E Sherry c’è già andata troppo vicina pochissimi giorni prima…
«Calmati, Sherry. Fai un respiro profondo e calm—»
«No! No! Nessuno deve dirglielo! N—»
«Va bene, va bene! Non glielo diremo, va bene? Adesso respira, con calma. Così, da brava…» Everett la stringe immediatamente a sé, tenendole la testa contro il petto e cullandola dolcemente nel disperato tentativo di farla calmare. L’ultima cosa che avrebbe voluto, però, era proprio prometterle una cosa del genere.
«Dal momento che anche gli altri non dovranno dire una parola, magari è il caso se gli diamo una spiegazione più accurata quando daremo l’ordine, non trovi? Quindi, con calma, dimmi perché non deve saperlo. È solo per spiegarlo meglio, fidati.» Non posso aiutarti se non mi vieni in contro, cazzo!
Gli occhi scuri di Sherry, resi lucidi e un poco arrossati dal pianto, si spostano debolmente sulla figura accovacciata di Darko, che la guarda con insolita apprensione.
«Lui non vuole un bambino. Gli farà del male non appena lo saprà. Se ne sbarazzerà subito.»
«Sherry…» Non lo aveva calcolato, Everett. Mai, neanche per un secondo, aveva preso in considerazione che avrebbe reagito così. Gli bastava vedere come lo cercasse, come si stringesse a lui e come si lasciasse toccare. Il suo corpo sapeva che c’era qualcosa in atto, se n’era reso conto, ma la sua mente era troppo concentrata su altro per potervi badare, e questo ha impedito al suo istinto di lupo di prendere il sopravvento. Ma adesso quel lupo è vigile e pare non avere la minima intenzione di lasciarsi avvicinare dal Saiyan. L’unico modo che ha per placarlo, è quello di convincerlo del contrario, e non sempre è semplice come si può pensare. «Non è una brutta persona, lo sai. Forse un tempo lo era, anzi, lo era e basta, ma non lo è più e—»
«Non lo sai. Non lo conoscete!»
A giudicare dall’angosciante paura nei suoi occhi lucidi, entrambi capiscono che non sarà per niente facile stavolta. Possono provare ancora per poco, magari facendo leva sui suoi sentimenti e sulla sua ragione, altrimenti Darko si vedrà costretto a ricorrere all’unico trucco disponibile nel proprio mazzo. Ecco perché le coppie miste sono sconsigliate! Qualcuno diverso da noi, biologicamente incapace di percepire le cose come noi, non può rendersi conto da solo di determinate cose, e adesso tocca a noi due stronzi pagarne le conseguenze!
«Forse neanche tu, allora.» Afferma un poco stizzito Everett, che davvero sta arrivando a prendere in considerazione l’idea di metterla da parte per correre da Radish e spiattellargli tutto quanto. Fosse al suo posto, in fondo, lo spererebbe con tutto il cuore.
«Tutti hanno un lato oscuro.»
«Sì, è vero, ma tra avere un lato oscuro e commettere una cosa così cattiva ce ne passa. Non è da lui.» Non pensava che sarebbe mai arrivato a difenderlo così, ma sente che non potrebbe essere altrimenti. Per quanti difetti possa avere, Everett è sicuro che non sarebbe mai capace di fare una cosa del genere.
«Oltretutto pensi davvero che lui, io, quei pazzi scatenati che ti chiamano sorella, Bree o chiunque altro, gli permetteremmo mai di fare una cosa del genere?» Facendole presente questo piccolo ma non trascurabile dettaglio, Darko spera giustamente di farle capire che nessuno al Nord, al Sud e probabilmente anche in superficie, gli permetterebbero di compiere un gesto simile, ma involontariamente le mette solo un nuovo carico di paure sulle spalle.
Scatta infatti in piedi, le braccia serrate attorno all’addome, come se così potesse fare da scudo al piccolo da qualsiasi minaccia. «E tu pensi davvero che non ucciderebbe chiunque provasse a sbarrargli la strada?!»
A questo punto, è oltremodo chiaro che a parole non risolveranno un bel niente. In normali circostanze, il maschio, che grazie al fiuto è già consapevole della gravidanza della compagna, le si avvicina gradualmente, si lascia mordere qualora la spaventasse in qualche modo, e si sottometterebbe qualora gli mostrasse le zanne; nei casi più estremi occorrono un paio di settimane prima che la compagna lo riaccetti di buon grado al proprio fianco, ma in questo particolare caso neanche Darko saprebbe dirlo. Se le paure e paranoie di Sherry dovessero diventare troppo forti da gestire, potrebbe anche provare a recidere il loro legame con ogni mezzo a disposizione, e anche stavolta è abbastanza certo che al Saiyan non andrebbe particolarmente a genio.
Devo farle dare una calmata, in un modo o in un altro. «Nel tuo particolare stato, non ci si dovrebbe stressare come invece stai facendo.» Nel dirlo si avvicina alla cassettiera, dove aveva precedentemente abbandonato un piccolo astuccio scuro.
Anche Sherry però scatta in piedi, seguita a ruota da Everett, pronto ad intervenire immediatamente alle volte avesse un malore o un minimo mancamento.
«E cosa dovrei fare, eh?! Dirglielo?! Così magari lo prende lui il pugnale, mi sventra come un branzino e fine della discussione. Che dici? Faccio così?!»
«Voglio che tu ti sforzi il più possibile di comportarti normalmente con Radish.» Risponde francamente il maggiore, voltandosi verso la sua nuova Regina con lo sguardo di chi non ammette repliche «Sforzati di non pensare al bambino, ma solo a come ti senti con tuo marito al tuo fianco. Concentrati su come ti fa sentire, su quanto ti abbia resa felice finora. Se lo farai, capirai che non ci penserà mai a farvi del male. Se mi prometti che lo farai, ti concederò questa. Serve a distendere i nervi, e in questi casi rende molto più sopportabile la vicinanza del compagno. Solo per stavolta però, perché la tua gravidanza non è particolarmente stabile adesso, e non trovo sicuro un uso prolungato di farmaci. Allora, abbiamo un accordo?» Nel dirlo le mette sotto al naso una piccola pillola giallognola, attirandone completamente l’attenzione e, ovviamente, rabbonendola un minimo. Dalle loro parti non sono abituati a farmaci o cose del genere, non avendone infatti bisogno, ma non per questo non si sono dati da fare per creare qualche piccolo trucchetto per rendersi le cose più facili.
Sherry, prima di prendere la pillola, pensa velocemente ma con attenzione ai pro e ai contro. Per quanto convinta che Radish reagirà nel peggiore dei modi, vuole provare comunque a dare una chance a Darko e alle sue parole. In fondo sarebbe tutto più semplice con Radish al proprio fianco... senza contare che la sola idea di doverlo allontanare le spezza dolorosamente il cuore. Tra noi orfani o reietti, non ce n’è mai stato uno che non desiderasse l'amore e la protezione di una famiglia unita…
«Va bene. Ci proverò.»
Di tirare dei sospiri di sollievo non se ne parla proprio. Non solo sarebbe inutile, considerando la delicata situazione, ma potrebbe pure portare sfortuna. Dal momento che come una cosa va bene e altre tre sembrano andare a scatafascio, alla fine è meglio provare a tutelarsi in qualsiasi modo!
Darko può però dirsi soddisfatto, perché far ragionare e convincere delle proprie idee un discendente di Mezcal non è proprio cosa da poco. Se poi questo discendente sta toccando livelli di stress agghiaccianti ed ha pure appena scoperto di essere in dolce attesa…
«Prova a riposarti un po’, va bene? Noi staremo qui di guardia, così nessuno potrà entrare e disturbarti.» Everett l’accompagna con attenzione al letto, rimboccandole subito dopo le coperte. Se già prima di dirglielo si sentiva sotto pressione, adesso sente che, forse forse, non sarebbe poi troppo sbagliavo svuotarsi il caricatore di una sparachiodi nel cervello. Sicuramente farebbe meno male.
Quando però, prima di chiudersi la porta alle spalle, scorge la figura della sorellina, che si è liberata dalle coperte per sfiorarsi il ventre piatto, un tenero sorriso gli ammorbidisce il volto, permettendogli nuovamente di respirare a pieni polmoni.
«Qualsiasi cosa accada, nessuno ti farà del male…»
Con questa frase appena sussurrata a sfiorargli le orecchie, il nuovo Beta del Nord si chiude la porta alle spalle, mentre la sua mente si mette in moto per trovare sia un modo per guadagnare tempo, sia uno per convincerla a dirlo al padre. Noi siamo stati messi alla prova per tutta la vita… e lo stesso dovrebbe valere anche per te, Saiyan. Adesso vedremo davvero di che pasta sei fatto!



Non sa cosa dire, Radish. Non sa neanche cosa gli faccia più male: l’idea che Sherry — o almeno la parte più animale di lei — sia arrivata a temerlo così tanto per il suo passato, l’idea che si sia convinta che potrebbe far loro del male, o la consapevolezza che abbia pensato, anche solo per poco, di compiere un gesto tanto estremo.
A conti fatti, sono comunque tutte cose ugualmente dolorose per lui, ma solo l’ultima è l’unica che non riesce davvero ad accettare. Sforzandosi di mettersi nei suoi panni, non può fare a meno di pensare che, in fin dei conti, il suo sia realmente un passato spaventoso, soprattutto se visto attraverso gli occhi di una donna. Donna che, a neanche undici anni, ha subìto una violenza tanto orribile.
Non sono poche le volte, in quei mesi, in cui si è sorpreso che in qualche modo lo accettasse, che non la disgustasse o spaventasse la sua vicinanza, il suo tocco, ma evidentemente il suo lato animale non l’aveva minimamente dimenticato.
In realtà non accetta del tutto neanche l’idea che lei possa essersi convinta che potrebbe far del male non solo a lei, fatto già impensabile per lui, ma anche al bambino. Un tempo non si faceva problemi a far loro del male, ad ucciderli, tanto che lo fece pure al suo stesso nipote, ma è cambiato, non gli passerebbe più per l’anticamera del cervello di alzare un dito contro un bambino. Figurarsi un figlio suo! Come unica attenuante, si sforza di pensare che lui aveva accettato di buon grado l’idea della paternità, che anzi ultimamente si era ritrovato proprio incuriosito dai cuccioli di Spettro, e che però non glielo aveva detto. Non ci aveva neanche pensato in realtà, non dal momento che era arrivato a pensare che prima o dopo un bambino sarebbe arrivato e basta, e fosse quindi inutile starlo a programmare.
«Alla fine coloro che amiamo di più, ci possono causare i dolori più grandi.» La voce compassionevole di Everett lo riporta con i piedi per terra, e per la prima volta lo vede per quello che, sotto sotto, è: un uomo che sta facendo tutto ciò che è in suo potere per proteggere l’ultimo barlume di felicità della sua vita.
«In questo io e te siamo uguali .»
Vorrebbe davvero odiarlo, dirgli che in comune non hanno niente, ma mentirebbe. In comune hanno più di quanto vogliano ammettere, e Radish, seppur con un po’ di sforzo, riesce a capire il perché delle sue azioni. Al suo posto avrebbe fatto lo stesso, perché il suo egoismo non avrebbe mai permesso a nessuno di portargli via ciò che lo rende felice.
Malgrado tutto, però, non sa ancora cosa dire.
Una parte di lui vorrebbe urlare per la frustrazione, e distruggere tutto ciò che lo circonda per scaricarsi, ma si rende conto da solo quanto sarebbe controproducente. Già lo spettacolo che ha offerto la notte precedente potrebbe aver dato al resto del branco l’idea sbagliata, se adesso si mettesse a polverizzare tutto ciò che ha attorno cosa otterrebbe, se non il loro terrore? Dopo davvero che dovrebbe menar le mani per potersi avvicinare a lei. Senza contare, ovviamente, che anche lei fraintenderebbe il tutto, si chiuderebbe ancora di più e allora sì che ci sarebbe da scannarsi e disperarsi.
No, decisamente non è la via ideale. Meglio rimanere ancora un poco con Everett, provare a parlare prima con lui, vedere se ha qualcosa di utile da dirgli, o se quanto meno ha la capacità di alleggerirlo un poco prima di andare da Sherry.
Si passa stancamente le mani sul volto e sospira forte, provando a sgombrare un po’ la mente. Involontariamente si ritrova però a pensare che la profezia lo mise in fuga a gambe levate, che lo spaventò così tanto da fargli pensare che Sherry sarebbe stata meglio senza di lui, che avrebbe risparmiato tanti problemi anche a questo ipotetico bambino, mentre adesso andarsene è proprio l’ultimo dei suoi pensieri. L’aveva preso in considerazione prima di sapere, è vero, ma adesso non si azzarderebbe proprio.
Non lo farebbe mai, perché vuole lei al proprio fianco, vuole quel futuro che sa deve arrivare, quella felicità che, finora, ha appena assaggiato. Potrebbe andarsene, potrebbe anche vivere senza di lei, ma non vuole. È questa presa di coscienza a fargli capire che, in fin dei conti, ha sempre voluto anche tutto il resto, compreso questo bambino piombato nelle loro vite senza alcun preavviso.
Se fosse una femmina, però, sarebbe un bel problema…, a questo pensiero si ritrova a ridacchiare appena tra sé e sé, attirando così inevitabilmente anche l’attenzione del maggiore, che ora lo osserva in attesa che dica qualcosa. In fondo non gli è particolarmente chiaro cosa gli stia passando per la testa, anche se, finora, ha reagito molto meglio del previsto. Una crisi isterica comunque non lo sorprenderebbe affatto.
«La nota positiva, è che non si tratta del principe promesso, quindi abbiamo fregato tutti, compresa la vostra divinità!» Scherza poi con una certa allegria, seppur si stia evidentemente sforzando di stare su di morale.
I problemi però sono tutt’altro che finiti, e la parte difficile deve ancora arrivare: Sherry, infatti, potrebbe rimanere della propria convinzione e continuare ad allontanarlo.
È anche per questo che Everett sente che sarebbe alquanto sbagliato lasciarlo nella sua bella illusione.
«No, ti sbagli.»
«Non ha più gli occhi rossi, quindi non è lui!» Per la prima volta, a Radish non dà neanche fastidio lo sguardo che l’altro gli rivolge. Lo sta infatti guardando come se fosse l’ultimo degli scemi, ma non gli importa: hanno fregato Papà Spettro, quindi a posto così.
«Sherry li ha dalla nascita, Radish. Lei rimane pur sempre un’Alpha, e i suoi occhi torneranno ad essere rossi quando un domani abdicherà. Oltretutto è stato concepito quando i suoi occhi non erano ancora cambiati, quindi…» Si morde appena il labbro inferiore per evitare di scoppiargli a ridere in faccia «Mi spiace, scimmia, ma quello che porta in grembo è il bambino della profezia. Non avete fregato proprio nessuno.»
Rimangono in silenzio per una manciata di lunghissimi secondi, durante il quale il Saiyan riesce a pensare solo ed unicamente ad una cosa, che poi espone pure al cognato: «Cazzo
Vorrebbe lasciargli più tempo per assimilare la notizia, ma si rende anche conto di non averne poi così tanto a disposizione, e che è assolutamente necessario che, prima di andare da Sherry, sappia quanto la faccenda sia realmente delicata.
«Secondo Darko c’è qualcosa che non va.» Afferma infatti dopo qualche secondo, tornando di colpo serio e affranto come prima di raccontargli quanto accaduto.
«CHE COSA?!»
Everett certamente non si aspettava che facesse salti di gioia, lo avrebbe eliminato una volta per tutte se solo gli fosse sembrato in qualche modo sollevato, ma di sicuro non si aspettava neanche che scattasse così. Fosse stato uno Spettro, e fosse stato su quattro zampe, probabilmente avrebbe avuto il pelo completamente irto e pure la bava alla bocca per quanto si sta agitando.
«Il suo organismo sta tentando disperatamente di accettare il feto, ma ancora non ci riesce del tutto. La carne non le basta, neanche le altre sostanze nutritive sono sufficienti, e noi non sappiamo di cosa possa aver bisogno, non avendo mai affrontato una gravidanza del genere. Senza contare, poi, che il suo allontanarti non ha fatto altro che farle del male, e questo di certo non sta aiutando.»
Di colpo un altro tassello va al suo posto: in quei giorni era sorpreso di vederla sempre più pallida e magra, e ciò era dovuto a quella creatura che le sta crescendo dentro. Strano… le donne incinte di solito non dovrebbero essere tipo radiose? Fanculo, no. La porterò anche in capo all’Universo se necessario, ma staranno entrambi bene!
«Perché non siete intervenuti subito?!»
«Come, Radish? Come?! Sai bene che le nostre femmine non possono abortire senza andare in contro alla morte!»
Non intendevo questo, coglione! Intendevo trascinarla tipo da qualche medico! Anche se, a conti fatti, dubito che là fuori ci sia qualcuno più ferrato di Darko in materia… «Le Sfere! Chiedi a Bulma il radar cerca Sfere e andate a cercarle!»
«Pensi davvero che non abbia preso in considerazione anche questa idea?! Lei non vuole separarsene, Radish. È questo il problema.»
Per una frazione di secondo gli si chiude a scatto la vena, e senza pensarci lo afferra per la maglia scura e se lo porta vicino al volto, con una tale rabbia negli occhi che, seppur solo sulle prime, l’altro pensa che proverà ad attaccarlo sul serio. Non ne capisce il motivo però, che in realtà è assai semplice: stanno continuando a pensare di sbarazzarsi del bambino, e lui non riesce a concepirlo.
«No, il problema è che non me ne avete parlato! Che lei non me ne ha parlato! Questo è il fottuto problema! L’avrei aiutata, le sarei stato vicino! Cosa credi? Cosa cazzo credevate tutti?! Non sono il mostro che vi siete creati nella testa, dannazione!» E detto questo lo lascia andare di scatto, allontanandosi per evitare di farlo a pezzi. A questo punto gli è infatti chiaro che lui fosse contrario al tenerlo all’oscuro, ed anche i motivi per cui invece l’ha fatto, e per questo vorrebbe davvero evitare di farlo fuori. In fondo, quando quel Mezzosangue verrà al mondo, avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile!
«Ricordi quando ieri hai detto di esserti sentito male?»
Un brivido gelido gli attraversa la spina dorsale, paralizzandolo.
Era una cosa che aveva totalmente dimenticato, e adesso un orribile presentimento gli si abbatte addosso con forza. Era sicuro che non fosse una scemenza, che non fosse stata una frescata come gli aveva detto Darko. Se poi ci aggiunge l’espressione oltremodo assente e abbattuta di Everett, e tutti gli sguardi addolorati e preoccupati che gli lanciavano gli altri…
«Sì…»
«Ha rischiato un aborto spontaneo.»
Radish non si sente pronto ad avere figli, malgrado adesso sappia che uno è in arrivo. Non si sente pronto, e in realtà non credeva neanche che avrebbe reagito in questo modo… ma il dolore che prova adesso nel petto è tale da impedirgli pure di respirare.
«Che cosa…?»
«Il secondo, in realtà.» Se ripensa al momento in cui Darko glielo disse, una mezzora dopo aver ripreso i sensi e averlo pressato per sapere tutto, sente di nuovo il cuore congelarsi e cadere nelle viscere. Lui non ha mai avuto un particolare debole per i bambini, gli sono sempre stati piuttosto indifferenti, ma questo ha dalla sua parte due elementi particolari che gli hanno già fatto guadagnare il suo affetto e la sua protezione: è figlio di Sherry, ed è per lui che Leila si è sacrificata. «Quando ha sferrato quel ki blast contro Jäger, il suo organismo ha rischiato di collassare, ed il primo a pagarne le conseguenze sarebbe stato proprio lui — o lei, ancora non lo sappiamo. Se non avesse ammazzato Jäger in tempo, non ci sarebbe stato niente da fare. Ieri, invece, ha avuto delle abbondanti perdite per tutto lo stress accumulato.»
«Lui.»
Aggrotta un poco le sopracciglia, Everett. Non capisce cosa voglia dire, ma comincia ad averne un vago sentore quando ricambia il suo sguardo con un leggero rossore sulle guance.
«È un lui.» Ripete poi con più sicurezza, cercando di ricomporsi.
Lei non si stresserà più, questo è poco ma sicuro. Per quanto lo riguarda, non muoverà più un muscolo fin quando non avrà partorito. L’unico problema adesso sarà non tanto farglielo capire e accettare, quanto farle capire che non alzerà mai un dito su di loro. Al limite alzerà ben più di un dito su chiunque proverà anche solo a pensare di far loro del male, ma questo di certo non è un problema che la riguarda.
«E tu che ne sai?» Domanda con un lieve sorriso lo Spettro, adesso più tranquillo sul lasciarlo andare. Anche perché, in effetti, dubita altamente di riuscire a trattenerlo ancora a lungo.
«Lo so perché potrei impazzire se fosse femmina, e andrei a cercare personalmente le Sfere del Drago per porvi subito rimedio.» La cosa tragica, è che ne sarebbe davvero capace. Uno dei primi pensieri che gli ha involontariamente attraversato il cervello non appena gli ha detto “Sherry è incinta”, è stata proprio “e se fosse una femmina?”. Impensabile, assolutamente. Lui la adorerebbe incondizionatamente, questo non lo mette in dubbio, ma poi dovrebbe trovare delle soluzioni un tantino estreme per toglierle di torno tutti quei lumaconi che ci proverebbero e che vorrebbero farle tutte le cose che lui stesso ha fatto — e continuerà a fare — a Sherry. No, decisamente non è cosa. Sarà un maschio e fine della discussione.
«Mi sorprendi, Saiyan. L’hai presa molto meglio del previsto.» Ammette con un bonario sorriso, forse il primo che gli rivolge senza volerlo sfottere in qualche modo.
Malgrado non sia poi molto, Radish si sente improvvisamente meglio. Quando però lo vede tornare di colpo serio, come se quello strano ma dolce momento non fosse mai esistito, si sente nuovamente sotto pressione. Ha già cambiato idea?!
«Ascoltami attentamente, perché non lo ripeterò una seconda volta: se c’è qualcuno che ha il potere di calmarla e farla ragionare, quello sei solo ed esclusivamente te. Ti chiedo solo di non essere troppo duro, okay? Non credo che sarebbe capace di sopportarlo, e sai quali potrebbero essere le conseguenze. Comportati come farebbe qualsiasi altro uomo: conserva il momento per ottenere qualcosa in futuro.»
Se già la notizia della gravidanza l’ha scombussolato, sentire Everett ammettere che lui è migliore in qualcosa e, oltretutto, sentirlo dargli uno scherzoso consiglio subito dopo lo sta scioccando a morte. Si è sempre rivolto a lui in modo altezzoso e strafottente, non nascondendo mai una certa riluttanza, mentre adesso si sta comportando in modo insolitamente affabile. Per uno come lui, si potrebbe addirittura usare il termine “tenero”! Vuoi vedere che tutto il suo astio nei confronti del prossimo fosse nell’orecchio che gli ha staccato l’altro psicopatico?!
«Credevo che tu mi odiassi.» Afferma dopo qualche istante, sorridendogli appena.
Quando ha aperto gli occhi neanche un’ora prima, era quasi del tutto certo che avesse una relazione con sua moglie, che fosse tutto un suo perverso piano per allontanarlo… tutto questo è decisamente l’ultima cosa che avrebbe mai potuto immaginare.

«Io non ti odio affatto.»
«No?»
«No. Implicherebbe nutrire un forte sentimento nei tuoi confronti. Anche se ammetto di aver pensato ad almeno venti sistemi diversi per decapitarti.» Sorride a sua volta Everett, mentre già pensa a come potrà tenersi occupato mentre loro due parleranno, giusto per non rischiare di intervenire a causa del suo implacabile istinto.
«Posso sapere qual è il migliore?» Gli domanda Radish per guadagnare ancora qualche istante. Non sa se è del tutto pronto ad affrontare quella che, a questo punto, è decisamente la conversazione più stressante, difficile e spaventosa della sua vita.
«Grosse tronchesi arrugginite.» Risponde secco Everett, senza neanche pensarci e facendo ridacchiare appena il Saiyan.
«Sicuro? Sarebbe una faccenda un po' lunga.»
«Esattamente.» Gli sorride come un bambino dispettoso, lasciando intendere che no, stavolta non sta affatto scherzando. «Le cose si sistemeranno, fidati. Dovete solo imparare a comunicare, ma col tempo vi verrà decisamente più naturale.»
Gli poggia una mano sulla spalla con fare fraterno e si lascia andare ad un nuovo sorriso, uno di quelli che a lui di certo non ha mai rivolto e che Radish non pensava avrebbe mai visto così da vicino: il sorriso incoraggiante di un fratello, il sorriso di chi davvero crede in te e ti augura il meglio.
«Vi lascio soli.»
«Eh?» Seguendo con lo sguardo il maggiore, si accorge che alle loro spalle, ad una decina di metri di distanza, c’è Greywind, un’espressione indecifrabile in volto e la postura rigida. Li fissa in modo abbastanza insistente, e questo gli fa presagire che la chiacchierata per convincerlo ad accettare una cosa che ha già accettato, ed anche per convincerlo a non fare gesti avventati che mai si sarebbe sognato di fare, non è ancora finita.
«Permetti due parole?»
Se già vedendolo si era sentito montare dentro un lieve fastidio, adesso invece si sta tramutando in pura rabbia. Greywind neanche lo conosce, eppure si è trascinato fino a lì per sparare giudizi. Troverò il modo di farvela pagare!
«Veramente sarei un po’ di fretta, sai com’è.» Risponde con tono vagamente astioso, senza però suscitare in lui nessun genere di reazione sperata. Anzi, gli pare di scorgere l’accenno di un sorriso.
«Due parole non portano via molto tempo.» Controbatte infatti, piegando un poco la testa di lato «Dai ascolto a uno che già da tempo sa cosa voglia dire diventare padre.»
«Sono quasi del tutto certo che qualsiasi cosa dirai mi farà incazzare di brutto.» Lo avverte così, assottigliando lo sguardo e chiudendo d’istinto le mani a pugno. Senza neanche accorgersene, rizza pure la coda alle proprie spalle, esattamente come farebbero loro.
Neanche stavolta, però, riesce ad ottenere il risultato desiderato.
«Tutt’altro. So che non faresti del male né a lei né al bambino, non mi sembri proprio il tipo. Al massimo hai tutta l’aria di uno che se la fa sotto alla sola idea di diventare padre.»
«C—»
«Ma per chi non è così?»
Il suo sorriso sincero lo disarma completamente. Greywind non è il tipo che si lascia andare spesso, figurarsi se mostra tanto apertamente il proprio stato d’animo di fronte ad un estraneo. Suo padre gli ha insegnato a non farlo mai, arrivando a picchiarlo brutalmente ogni qualvolta fallisse, e ciò lo ha segnato profondamente. Se però ha imparato a fare il contrario non è tanto per le sue amicizie o perché si è reso conto di quanto fosse una cosa sciocca: c’è riuscito grazie ai suoi figli.
Ignorando lo sguardo vigile del Saiyan, che non si perde neanche un suo movimento, si siede stancamente su un grosso masso ad un paio di metri da loro, per poi estrarre qualcosa dalla tasca dei pantaloni. È uno dei suoi tesori personali, qualcosa che non permetterà mai a nessuno di portargli via finché avrò vita in corpo.
Lo guarda con attenzione per qualche secondo, come ogni altra volta che se lo ritrova per le mani, ed infine lo allunga all’altro, intimandogli solo con lo sguardo di stare ben attento a non rovinarlo in alcun modo.
Radish, seppur con poca convinzione, lo prende e lo osserva, ammutolendosi totalmente.
Poteva aspettarsi davvero tante cose da lui, ma non certo una fotografia tanto intima e personale. L’immagine ritrae infatti un giovane Greywind, forse appena ventenne, sdraiato su un fianco tutto sorridente e gongolante, con tre piccoli infanti appoggiati contro il busto. Impossibile non capire anche chi siano i tre piccoli, che ad occhio e croce avranno avuto sì e no un paio di settimane: quello calmo e concentrato sul proprio giocattolo è Laurel, quello che guarda dritto in camera con espressione dolce è Timo, e quello che sta cercando di ficcarsi in gola due dita del padre, e che pare pure un sacco divertito nel farlo, è Blackwood.
Gli sembra incredibile che quei tre bestioni assetati di sangue e pressoché indistruttibili un tempo fossero così piccoli ed indifesi… e il sorriso che l’uomo sfoggia nel guardarli è così potente da stordirlo.
«Avevo diciannove anni da tipo una settimana quando sono nati. Da un momento all’altro mi ritrovai con un territorio immenso da controllare e amministrare, la problematica esistenza di Mezcal alla quale pensare, e, soprattutto, con tre esserini alla quale badare. Che dici, Re del Nord, sarò stato terrorizzato
Non ci aveva pensato. Non ci aveva davvero pensato. Era convinto che, dal momento che sicuramente fossero voluti, non avesse avuto alcun genere di preoccupazione a riguardo, ma non ci vuole certo un genio per capire che è mortalmente serio.
«Non mi sembri uno che si lascia spaventare da una cosa simile.»
«Beh, ti sbagli. Non ci dormivo la notte, e avrei dato qualsiasi cosa per avere qualcuno che mi dicesse più o meno cosa aspettarmi. Arus non è molto a suo agio a parlare di certe cose, esternare tanto apertamente i suoi sentimenti lo mette un po’ in crisi, quindi alla fine potevo basarmi unicamente su ciò che avevo visto. Dal momento, però, che tuo fratello e Vegeta, per quanto ho capito, non hanno vissuto la paternità in modo molto comune, vorrei poterti dare qualche piccola dritta.»
Radish, non abituato al fatto che qualcuno voglia aiutarlo né che lo si tratti con modi tanto paterni, si mette istintivamente sulla difensiva, sicuro che presto arriverà la mazzata emotiva. In fondo perché mai uno come Greywind, un uomo che dalla vita ha ottenuto tutto ciò che poteva desiderare, dovrebbe trattarlo così, se non per giocargli un brutto tiro o per un misero tornaconto personale?
«Queste sono più di due parole.» Per quanto vorrebbe mostrarsi duro ed impassibile, le parole gli escono un poco incerte, e ciò non fa che accentuare il sorriso dello Spettro.
«Ti va di sentirne altre?»
La verità pura e semplice, è che Greywind non vuole far altro che dissipargli un minimo queste giustificare paure, esattamente come ha fatto con tutti i suoi figli. Con le sue signorine — saranno anche madri, ma saranno per sempre le sue signorine — ci parlò Yvonne invece, perché il primo ad essere in fibrillazione era proprio lui e quindi non sarebbe stato di nessun aiuto.
Sa come può sentirsi Radish, adesso. Immagina pure come possa sentirsi per il silenzio della compagna, perché successe la stessa cosa anche al marito di una delle sue figlie. Un uomo brutale in campo ma buono come il pane con la propria amata, che da un giorno all’altro si trovò sbalzato fuori di casa senza una parola, e che, come gli pare stia succedendo anche al Saiyan, si lasciò scivolare tutta la questione addosso quando scoprì il perché di tanta cattiveria. L’unica cosa che Greywind adesso spera, è che non diventi come il genero, che diventò così protettivo nei loro confronti da provare ad attaccare pure Alana quando la visitava!
Quando, dopo una manciata di secondi di silenziosa riflessione, Radish rilassa un poco i muscoli delle spalle ed ammorbidisce l’espressione fino a quel momento truce, lo Spettro capisce che può proseguire in tutta calma.
«Tanto per cominciare, i cambiamenti più evidenti a livello superficiale per entrambi i genitori sono le profondissime occhiaie, i capelli spettinati, le strisciate di bava sui vestiti all'altezza della spalla, il dondolare continuamente anche se non si sta cullando il bambino, il canticchiare le ninne-nanne in momenti spesso inopportuni… e sì, è peggio di quel che sembra.» Esattamente come successe con i suoi figli, anche Radish si lascia andare ad una lieve risatina. Per quanto non necessariamente scontate, sono cose che bene o male uno può aspettarsi di sentire, e che sicuramente non scalfiscono minimamente le paure e i dubbi del futuro papà. Per questo c’è la seconda parte del suo discorsetto, quello che in più di un’occasione ha provocato una lacrimuccia di commozione al sol pensiero.
«Una delle prime cose di cui ti renderai conto da neo-papà, è che verrai automaticamente declassato ad ultima ruota del carro: tutti chiederanno di te solo dopo essersi accertati di come stanno il piccolo e la mamma. Sarà lei il genitore che nel primo periodo instaurerà un rapporto più viscerale con il piccolo, mentre tu, agli occhi di tutti, sarai solo quello che si è divertito un po' con la mamma. Per gli Spettri però la musica cambia radicalmente verso il secondo mese, il terzo al massimo, quando torna l'equilibrio e il papà può vendicarsi diventando il compagno di giochi preferito del figlio. Comincerà infatti ad affacciarsi al mondo, a provare reale curiosità per ciò che lo circonda, e d’istinto vedrà la figura paterna come colui che può mostrarglielo in sicurezza.» Questo pensiero indubbiamente può togliere diversi dubbi, e soprattutto prepara a quel delicato momento in cui ci si sente messi in disparte, ma non è assolutamente la parte che ha sempre convinto ogni futuro papà che sta per gettarsi nella più grande, difficile e meravigliosa delle avventure.
Greywind non fu preparato da nessuno, non aveva idea di cosa aspettarsi e cosa no, ma lo capì in un momento preciso. Un momento, gli bastò quello, e creò con i suoi piccoli un legame che nessuno mai sarebbe stato in grado di recidere in alcun modo.
«Ci sarà poi un, anzi no, il momento, quando te lo ritroverai per la prima volta tra le braccia, dove ti renderai conto che quella cosina piccola e indifesa dipende totalmente da te e che la sua vita è nelle tue mani. Ti darà una forza che neanche pensavi di poter avere, sentirai come di trasformarti in una specie di super-eroe pronto a sopportare qualsiasi cosa, a difenderlo ad ogni costo e a fare di tutto affinché stia sempre bene. Ti basterà guardarlo un istante per capire che per te è la persona più importante di tutte.» Lo ricorda come se fosse successo pochi minuti prima. Yvonne era sfinita, ma in volto era assolutamente radiosa mentre teneva tra le braccia Timo e Laurel. Li guardava con un tale amore incondizionato che Greywind si sentì stranamente geloso di loro, poiché nessuno l’aveva mai guardato in quel modo… ma poi Alana gli mise il suo primogenito tra le braccia. Ricorda che era stato avvolto in una coperta di lino bianca, che la sua pelle morbida era stata pulita con acqua di rose, e che aveva gli occhi più belli e puri che avesse mai visto. Fu un devastante colpo di fulmine.
Rimase in piedi, immobile, per quasi dieci minuti prima che Yvonne lo convincesse ad avvicinarsi a loro. Non riusciva a smettere ad osservare quel fagottino che lentamente si assopiva tra le sue braccia, ad ascoltare il suo respiro calmo e regolare, il battito ritmico del suo cuoricino. Quando poi toccò con mano gli altri due, quando Timo gli strinse inconsciamente un dito, capì che mai avrebbe potuto far loro del male, che mai avrebbe fatto mancare loro qualcosa, che mai li avrebbe trattati come fu trattato lui da Blacklake. Li avrebbe protetti da quel momento fino al suo ultimo respiro, ed è esattamente ciò che sta continuando a fare, malgrado non abbiano più alcun bisogno della sua protezione.
Radish, profondamente colpito dalle sue parole, si domanda se anche per suo padre si sia sentito così, quando lo vide la prima volta. Si domanda se anche lui fosse altrettanto felice, se anche lui sentisse quelle dolci e potenti sensazioni… e capisce che, in fin dei conti, non gli importa davvero. Lui non sarà come suo padre, non terrorizzerà suo figlio, non gli farà temere di poter essere ammazzato per un fallimento.
Lui sarà lì per rialzarlo quando cadrà, per togliergli ogni peso dalle spalle quando la vita gli sembrerà troppo difficile. Lui sarà al suo fianco per guidarlo, sempre. È questo che Sherry deve capire… perché dovrà farlo con me.
«Spero di averti fatto capire che ne varrà la pena. Per i miei ragazzi è stato molto d’aiuto.» Mentre lo dice, mantenendo quel tono calmo, paziente e caldo di poco prima, si alza in piedi, ormai rassegnato all’idea che adesso, volente o nolente, dovrà andare dalle sue nipotine per una corsa, che finirà inevitabilmente con tutti loro che fanno bonariamente la lotta e si rotolano nella terra dopo aver fatto il bagno. Chissà quale di loro verrà cazziata di più?
«Sono fortunati ad avere un padre come te.» Ammette a bassa voce Radish, prima che l’altro si allontani troppo.
Greywind, che poteva aspettarsi tante cose da lui eccetto un complimento, gli sorride con quell’aria giocosa che hanno ereditato i suoi figli «Lo so. Vedi di farlo presente anche a Black la prossima volta che ti convincerà a tirare secchiate di schifo a qualcuno che dorme!»


Sherry non ha mai desiderato colpire qualcuno tanto ardentemente come ora. Qualcuno che non fosse Jäger, ovviamente. La cosa buffa, poi, è che vorrebbe colpire a morte proprio un altro consanguineo!
Perché Micah è corso ad avvertirla, e non si è fatto poi troppi problemi a dirle che era stato proprio il suo caro Beta a spifferare tutto al marito.
In un certo senso avrebbe voluto colpire anche lui, più per il sogghigno alla “pappapero” che aveva stampato in faccia che per altro, ma è stato abbastanza sveglio da scappare subito a gambe levate.
Sulle prime ha pensato di scappare a sua volta, ma alla fin fine ha capito che non solo sarebbe stato controproducente, ma proprio impossibile. Se adesso Radish vorrà vederla — che sia per parlarne semplicemente o per smolecolarizzarla a furia di sberle  —, non ci sarà un solo luogo dove non andrà a cercarla.
Consapevole così che fosse molto più semplice farsi trovare, si è comunque rinchiusa in bagno, troppo stanca e provata per provare a trovare qualcosa di meglio a farle da scudo, ed assolutamente incapace di sostenere il suo sguardo. Perché quel brandello di razionalità alla quale tenta ancora di aggrapparsi, e che ogni tanto riemerge a fatica, le ha fatto capire sin dal principio quanto la sua idea fosse stupida, quanto fosse inutile provare a nascondergli una cosa del genere, e il senso di colpa per avergli fatto tanto male le dà ogni volta un nuovo colpo al cuore.
Il lupo, però, si è imposto con maggior energia e potenza, riuscendo a schiacciare quel brandello di volontà che aveva per dirglielo subito. In fondo, reagire male per reagire male, tanto valeva che succedesse subito, senza rimanere per giorni con questo terrore agghiacciante a spappolarle un neurone dopo l’altro.
Non appena sente il rumore della porta di camera che si apre, d’istino si rannicchia maggiormente sotto al lavandino di pietra, stringendo subito le ginocchia al petto per farsi da scudo. Pur sapendo che non sia il momento migliore per ripescare i dolorosi ricordi d’infanzia, non riesce a cancellare l’immagine di lei rimpiattata dentro ad un buco mentre Jäger le urlava di uscire, così da poterla torturare ed infine divorare. Al tempo intervenne Mezcal, ma stavolta chi potrebbe frapporsi tra lei e un uomo furioso e ferito come Radish?
«SHERRY!»
Quando lo sente bussare con forza alla porta, soffoca una risata isterica. Se qualcuno le avesse mai detto che un giorno si sarebbe ficcata sotto ad un lavandino per nascondersi dall’uomo che tanto ama, tutto perché ha avuto paura di dirgli che era rimasta incinta, non ci avrebbe mai creduto.
«Che stai facendo? Apri la porta ed esci fuori.»
Dal suo tono di voce non riesce a capire se è più irritato o deluso, e il fatto di non riuscire più a capire neanche cosa prova lei stessa non le è certo d’aiuto.
Si limita a non rispondere, con gli occhi fissi sulla porta neanche dovesse entrare il Diavolo in persona.
«Apri questa fottuta porta.»
Aspetta ancora, immobile, alle volte la fortuna volgesse dalla sua parte e lui si stancasse.
«Non obbligarmi ad aprirla!»
Per quanto qualcosa le suggerisca di comportarsi più docilmente, si rifiuta di farlo, limitandosi a stringere ulteriormente le ginocchia al petto.
La porta poi si stacca dai cardini, schiantandosi a terra. Pur aspettandoselo, sobbalza per quell’azione così violenta.
Radish sta sulla porta, furente ed un poco incuriosito. I suoi zigomi alti sono arrossati e gli occhi le sembrano quasi liquidi.
«Ti stai davvero nascondendo da me nel bagno?» Domanda con tono pericolosamente calmo.
Sherry annuisce, stringendo maggiormente le gambe al petto. Non riesce a dire una sola sillaba però, perché teme che la voce potrebbe tremarle, o addirittura non uscire proprio. Nonostante le sue migliori intenzioni però, delle grosse lacrime cominciano a rigarle le guance.
Radish, che adesso sa anche meno come gestire la delicata conversazione, le si avvicina cautamente e s’inginocchia davanti a lei, senza però toccarla.
«Dovremmo parlarne, non pensi?» Parla con tono misurato, come se la stesse convincendo a indietreggiare dal ciglio di un burrone, come se stesse cercando di calmare un animale terrorizzato. Sherry prova imbarazzo e paura, ma l’insolita gentilezza della sua voce le è vagamente di aiuto.
Sollevando cautamente la mano, le strofina le nocche sulla guancia, con un tocco che le brucia la gelida pelle, e lo sguardo dello Spettro, per un attimo, spazia dalla paura alla sfida. Però poi si ricorda della situazione pericolosa in cui si trova, del fatto che Radish potrebbe reagire violentemente alla notizia appena appresa in qualsiasi istante, magari pure lasciando emergere quella pericolosa parte di sé che il suo lupo tanto teme.
«Quanto sei arrabbiato?» Il suo è un mormorio appena udibile, tanto che Radish, sulle prime, non è del tutto certo di aver capito bene la domanda.
«Arrabbiato è un termine riduttivo per quello che provo in questo momento.» Afferma calmo, non pensando neanche quanto le sue parole possano avere un senso diverso per lei. Oltretutto per Sherry, adesso, è proprio difficile decifrare i pensieri di Radish. La studia con una tale intensità che alla fine si sente costretta a distogliere lo sguardo.
«Sciacquati il viso e poi vieni di là, così possiamo parlare stando un po’ più comodi.» Afferma lentamente prima di alzarsi, camminando intorno alla porta rotta sul pavimento prima di andarsene.
Lei rimane lì, seduta con le ginocchia strette al petto e il cuore indolenzito per la forza con la quale sta palpitando. Le gira la testa, le tremano tutti i muscoli del corpo e di colpo sente lo stomaco contorcersi per una nausea improvvisa. Fa appena in tempo a raggiungere la toilette prima di riversare i contenuti dello stomaco, in una miscela di carne, succhi gastrici e puro terrore residuo che sono risultati eccessivi per il suo organismo.
Mortificata, si inginocchia davanti al gabinetto, tremando in maniera incontrollabile. Tirando lo scarico per sbarazzarsi di quel disgustoso disastro, utilizza la forza residua per togliersi il morbido vestito di dosso ed entrare nella cabina della doccia, rabbrividendo dal sollievo quando il flusso d’acqua calda le scorre sul corpo.
Quel forte calore compie un mezzo miracolo, visto che, dopo qualche minuto, Sherry si sente abbastanza bene da alzarsi dal pavimento. Una volta sicura della propria stabilità, chiude il getto ed esce, indossa un grosso accappatoio morbido e spazzola due volte i denti per rimuovere il sapore spiacevole dalla bocca. Non si sente decisamente pronta ad affrontare Radish, ma sa di non avere scelta ormai, sebbene l’unica cosa che vorrebbe fare è svenire e dormire almeno per le dodici ore successive.
Lo trova ad aspettarla seduto sul bordo del letto, i muscoli rigidi per il nervoso e la testa stretta tra le mani. Lo raggiunge con cautela, preoccupata e spaventata, ed infine si siede ad una buona distanza, senza mai incrociarne lo sguardo.
Sente il caldo bruciore delle lacrime dietro le palpebre e le chiude forte, non lasciando uscire l’umidità. La mente continua a frullare, a lavorare incessantemente, cercando una soluzione. Anche se è innamorato di lei, anche se sono legati da qualcosa di davvero profondo e indissolubile, nel tempo quei sentimenti si trasformeranno in odio per una paternità indesiderata. Quante volte l’ha visto accadere? Quanti Spettri ha conosciuto che hanno fatto quella fine? Dannazione, pure Rafe l’ha fatto, eppure, per quanto stronzo, non le sembrava proprio il tipo da abbandonare la compagna e i figli.
Ho solo pensato che un bambino avrebbe rovinato la vita ad entrambi!” Quante volte ha risentito quella frase nella testa, in quei giorni? Quante volte ha pure sognato di sentirsela sputare in faccia, una volta scoperta la verità? La consapevolezza di essere una cosa ormai inevitabile la paralizza totalmente.
«Bene…» Inizia Radish, sempre con quel tono preoccupantemente calmo «Ora, con calma, parliamo.»
Sherry deglutisce nervosamente, sforzandosi di non ripiegare nuovamente le gambe contro il busto.
Si gira verso di lei e le prende una mano nella sua, accarezzandole delicatamente il palmo. Se c’è una cosa che infatti ha imparato su di loro, è che determinati gesti in determinati momenti possono risultare molto distensivi per loro, e nel suo caso sa che questo, in genere, l’aiuta a calmarsi almeno un poco.
«Tu sei mia.» Afferma, accarezzandole l’interno del polso con il pollice «Sei stata mia fin dal primo momento in cui ti ho vista al Neon quella notte. Per quel che ricordo, io non ti ho mai tenuta all’oscuro di un qualcosa di così importante… anzi, non l’ho proprio mai fatto in generale. Saresti quindi pregata di non farlo mai più neanche te. Mai.» Potrebbe anche dirle di avergli fatto più male lei di tutte le creature che ha mai affrontato in vita sua messe insieme, ma evita. Il suggerimento di Everett, in fondo, è molto più interessante rispetto all’infuriarsi adesso, con anche il rischio di sentirsi rinfacciare di essersene andato per ben due volte. Ahhh, ma prima o poi metterai di nuovo un piede in fallo… ed io sarò pronto! Col tuo silenzio, mi hai regalato forse uno dei più grandi “bonus esci di prigione” che possano esistere in un matrimonio!
Sherry continua a fissarlo, terrorizzata ed ipnotizzata, sentendosi come un coniglio catturato da un serpente. Sa bene che tutti, là fuori, sarebbero più che ben disposti a frapporsi tra le e Radish, nel caso questi avesse un violento scatto di ira come quello di qualche ora prima, ma a quanto servirebbe? Ha già dato ampiamente prova di non essere un tipo che può essere facilmente trattenuto.
«Hai intenzione di lasciarmi?»
Radish la fissa con lo sguardo che assume una tonalità un poco più fredda e decisamente sconcertata. «Lasciarti? Ma hai sentito quello che ti ho detto meno di un minuto fa?» Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, le sta sicuramente rubando ogni singolo neurone, se è arrivata davvero a pensare ad una cosa simile. Cazzo, sono o non sono venuto qui per parlarle?! Potevo benissimo andarmene! Su, svegliati bambolina!
Sherry punta di scatto gli occhi in quelli del compagno, incredula, incapace di capire le sue reali intenzioni. Di colpo poi, un nuovo terrificante pensiero prende vita nella sua mente, facendola tremare con più forza e portandola a stringere un braccio attorno all’addome.
Radish nota il gesto, ma si impone di rimanere calmo e di fingere di non averlo notato. È infatti abbastanza certo di aver capito qual è il suo più grande timore e non vuole crederci.
«E allora che succede adesso?»
«Adesso…» La sua voce è stranamente calma e distante, e quell’espressione amareggiata continua a torcergli le labbra «Dovremmo discutere del tuo orrendo pregiudizio nei miei confronti.»
«Ti conosco…» Piagnucola Sherry con voce tremante, mentre una lacrima sfugge al suo controllo «Perché il mio spavento ti sorprende tanto?»
«Molte, anzi tantissime persone possono dire tranquillamente di dovermi temere.» Scende dal letto e s’inginocchia davanti a lei, cercando di ri-catturare il suo sguardo «Tu, invece, non hai nulla da temere. Ti ho mai voluto fare del male?»
È vero. Non ha mai voluto farle volontariamente del male, e con lei è sempre molto attento alla sua forza. Beh, tranne la sera prima, ma non ci voleva certo un genio per capire che era così sconvolto e fuori di sé da non essere in grado neanche di distinguere la destra dalla sinistra, quindi si sforza con tutta sé stessa di non contarlo.
«Tu hai bisogno di me tanto quanto io ho bisogno di te. Ciò che abbiamo insieme è raro e speciale, anche se abbiamo fatto il massimo per dividerci. Se fossi un ragazzino stupido e sprovveduto, lascerei al dolore e alla rabbia di avere la meglio su di me, e ti abbandonerei, pieno di amarezza. Ma sono abbastanza grande e intelligente da sapere che quando trovi una bella cosa, la tieni stretta, non la butti via per un imprevisto.»
Il lato animale di Sherry è terribilmente sull’attenti e sospettoso, ma è anche altrettanto concentrato ad analizzare con attenzione le sue parole e il suo linguaggio corporeo. Non riesce però a capire del tutto, non riesce a fidarsi, arrivando quasi a convincersi che stia mentendo, che sia una tattica meschina e perversa per farle abbassare la guardia e poi colpire. In fondo fece una cosa simile anche con suo fratello, quando si scontrarono. Suo fratello, sangue del suo sangue, tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, e lui l’aveva ingannato subdolamente per poterlo uccidere una volta abbassata la guardia. Secondo il lupo, niente gli impedirebbe di fare lo stesso adesso contro un bambino che non vuole.
È solo per la parte più umana e sensibile di Sherry, quella che sta disperatamente tentando di scindere i loro tragici trascorsi da quello che sono diventati adesso, ad impedire all’altra parte di prevalere totalmente, e quindi di non ascoltarlo nemmeno.
Ed è proprio questa parte tanto innamorata del Saiyan a parlare: «Io non volevo che ti arrabbiassi… non volevo deluderti…»
Vederla abbassare nuovamente la testa per evitare il suo sguardo, vedere quel braccio esile e pallido stringersi ulteriormente attorno all’addome, sentire quel tono triste e supplichevole, è insopportabile per Radish. Questa donna non è Sherry, non è la stessa donna che si è buttata a capofitto nel suo personalissimo Inferno per difendere chi in passato l’aveva ignorata e/o maltrattata. Questa donna così fragile e disperata è solo il risultato di tutto il male e la paura che quel maledetto posto le sta facendo ricordare, schiacciandola in un momento in cui si sente sola, fragile ed esposta.
Sentiva che tornare al Nord non sarebbe stato semplice, e la loro inaspettata situazione non ha fatto altro che rendere tutto più difficile e doloroso, ma dentro sente anche che ora può cambiare la situazione. Una volta che riuscirà a farle entrare in testa ciò che prova, una volta che le farà capire le sue intenzioni, potrà starle vicino come avrebbe voluto fare dall’inizio, e questo posto diventerà semplicemente uno come un altro, dove potranno andare ogni volta che vorranno senza più alcuna preoccupazione.
Dopo tutta la fatica di quei mesi, in fondo, non ha decisamente alcuna intenzione neanche di rinunciare a nuovo titolo e al territorio appena conquistato. Esattamente come tutto il resto, adesso anche quello è suo, e non ci pensa neanche a rinunciarci tanto alla leggera, soprattutto perché così facendo darebbe ragione a tutti coloro che in passato lo hanno giudicato un debole.
«Deludermi?! Sher, no, non hai capito: non mi hai deluso perché sei rimasta incinta. Un po’ lo sono perché non mi hai detto niente e mi hai ferito come neanche pensavo fosse possibile essere feriti, e mi sono anche arrabbiato quando ho saputo quello che hai pensato di fare… ma va bene, okay? È passato, basta. Senti… so che proveniamo letteralmente da due mondi diversi, ma alcune cose sono universali. Pensi che potrei mai torcerti un capello così, senza rimorsi?» Nel dirlo le afferra il mento tra indice e pollice per incrociare il suo sguardo, cercando di farle entrare in testa questo semplicissimo quanto importante concetto «So che voi diventate strane e paranoiche anche nei confronti del vostro compagno durante la gravidanza, Hurricane me l’ha spiegato, ma io non sono il mostro che hai dipinto nella tua testa. Non ti farei mai del male, in nessuna circostanza. E neanche a lui. Hai capito?» Nel dirlo prova d’istinto a mettere una mano su quella che tiene ancora sulla pancia, ritrovandosi però costretto a ritrarla quando la vede sussultare con paura.
«Tu pensi che ti rovinerà la vita…» Piagnucola in tutta risposta, mentre dentro il lupo comincia sensibilmente a cedere. Il cuore di Radish sta urlando, e le parole che riesce ad udire sono ben più forti e potenti di quelle che gli stanno uscendo dalla bocca, tanto da riuscire finalmente a toccarlo nel profondo.
L’unico problema, però, è abbattere questa sua ultima convinzione, nata dalle sue stesse parole di quella ormai lontana Vigilia di Natale.
«Cosa?»
«L’hai detto tu stesso… ti rovinerà la vita…»
Ci pensa qualche secondo, Radish, per poi capire a cosa si riferisca. E si sente un coglione per non esserci arrivato prima, per non essere riuscito a capire immediatamente cosa potesse realmente averle fatto credere che avrebbe potuto reagire male alla notizia che, tra meno di cinque mesi, diventeranno genitori. Shockare lo avrebbe shockato senza ombra di dubbio, ma di certo non avrebbe reagito come si è immaginata lei!
«Andiamo bambolina, era un modo di dire che mi è venuto fuori in quel momento. Ero spaventato quella sera, non ho neanche pensato di dover soppesare le parole. Non penso che, qualsiasi cosa ci sia lì dentro, mi rovinerà la vita. Sarà un gigantesco casino, non lo metto in dubbio e di certo non lo nego, ma non la rovinerà.» Le prende di nuovo il mento tra le dita, spingendosi in avanti col corpo fino ad appoggiare un gomito sulla sua gamba, con la mano che, lentamente, striscia fino al suo fianco «Ti prego, dimmi che almeno un po’ credi a quello che ti sto dicendo.»
«Sì…» Sussurra inghiottendo un singhiozzo, sentendosi come se un pugno di ferro le schiacciasse il cuore.
«Ti vuoi mettere in quella testa dura che sei importante per me? Che voglio che tu sia felice e che farò il possibile per far sì che sia così?»
Ogni sua parola sembra trafiggerla al cuore con un coltello, finché non riesce più a trattenersi. Nasconde il viso tra le mani e si chiude di nuovo a riccio, premendo con forza le ginocchia contro il petto mentre tutto il corpo viene scosso dalla potenza dei singhiozzi.
«Sherry?» La sua voce suona nuovamente incerta, come se il dubbio di aver detto una lunga sequenza di cavolate lo stia dolorosamente attanagliando «Che cosa… perché piangi?»
Piange ancora di più, con il senso di colpa come acido nel petto che la consuma da dentro.
Senza il bisogno che dica una sola parola, Radish capisce che il lupo si è calmato, che gli crede, che si è fatto da parte. Ha vinto.
Le tocca la schiena, la accarezza con fare rilassante, mormorandole parole di affetto per calmarla. Vedendo che non sembrano aiutare, si slancia in avanti e la prende tra le braccia, sedendosi a sua volta sul bordo del letto e lasciando che seppellisca il viso nella cavità del suo collo, lasciandola piangere mentre le accarezza i capelli.
Qualche minuto dopo, quando i singhiozzi cominciano a calmarsi, le porge il fazzoletto che si era intascato durante il tragitto, lasciando che si asciughi il viso e soffi il naso.
«Scusami…» Pigola con un filo di voce, senza avere né la forza né il coraggio di sostenerne lo sguardo.
«Per cosa?» Non capisce davvero: di cosa scusarsi? Sono cose che si fanno in due e credevano pure di averla fatta correttamente, non pensando neanche per un istante che qualcosa potesse andare storto. Invece è successo, hanno perso contro lo Spettro Maledetto e fine della discussione. Le aveva già detto che sì, un figlio non sarebbe stato un problema — anche se pensava che sarebbe arrivato ben più in là. Perché scusarsi?
«Tutto.»
Esita un secondo, chiedendosi giusto per una frazione secondo se sarà così emotivamente scossa e piagnucolosa per i prossimi mesi.
«Non hai niente di cui scusarti, lo sai vero?» Le sorride con aria rassicurante, stringendola ulteriormente a sé «Oltretutto questo genere di cose si fanno in due. Tu vuoi che io mi scusi?» In realtà immagino di sì ma, ti prego, non dirlo. Manderesti a puttane tutte le mie convinzioni e cadrei nel panico più assoluto!
«Scusami per essere un enorme sbaglio piombato nella tua vita.»
Il cuore gli si scioglie completamente tutto in un colpo. Se prima c’era ancora una punta di risentimento per il suo comportamento, adesso non gliene importa più niente. Gli sono bastate queste parole, dette con assoluta sincerità, per allontanare tutto quanto.
Senza esitare un solo istante, le stringe con più decisione le braccia attorno al corpo mentre le bacia dolcemente la guancia. Dio solo sa quanto vorrebbe approfondire il contatto, quanto gli manchino i suoi baci e le sue carezze, ma adesso sente che, prima di tutto, c’è una cosa che vuole fare.
«Sbaglio o no, resti la cosa più bella che mi sia mai capitata. E a quanto pare…» Lascia scivolare finalmente la mano dove voleva poggiarla dal momento esatto in cui l’ha vista, facendo una lieve pressione come a voler rimarcare che quel bambino è suo e che lo proteggerà a qualsiasi costo, sempre «Presto saremo in tre.»
Il sorriso che subito dopo gli regala è sufficiente a riaccenderlo totalmente, e di slancio porta la mano libera sulla sua nuca per spingerla in avanti e finalmente baciarla.
Un bacio lento, lungo e profondo, mentre una mano di Sherry scivola su quella che le tiene saldamente sulla pancia, i cuori che battono con rinnovata forza e ardore.
Ora che il lupo si è finalmente acquietato, Sherry si rende pienamente conto di quanto abbia rischiato, di quanto non voglia assolutamente stare senza di lui. Potrebbe, sa che in qualche modo entrambi potrebbero, ma semplicemente non vuole, esattamente come non vuole lui. Sarebbe potuto andare via dopo il suo comportamento, avrebbe potuto voltarle le spalle e provare a rifarsi una vita più semplice e tranquilla, ma ha deciso spontaneamente di restare al suo fianco. Ancora non ha la più pallida idea di come rimediare ai propri errori, né di come possa fargli capire quanto sia importante per lei e quanto realmente lo ami, ma è sicura che, prima o poi, in un modo o in un altro, riuscirà a dimostrarglielo.
«A proposito di questo…» Mormora poi Radish sulle sue labbra, sorridendo con quell’aria dolce ed infantile che tanto la fa impazzire prima di prenderla delicatamente per i fianchi, e stenderla sul letto. Fino al giorno prima l’avrebbe scaraventata come una bambola di pezza, perché consapevole che anche per lei sarebbe stato divertente, mentre adesso è attento e delicato, neanche stesse maneggiando un prezioso e fragile tesoro di finissimo cristallo.
Si adagia poi col busto tra le sue gambe e, senza pensarci un istante di più, le apre l’accappatoio per potersi avvicinare col viso lì dove loro figlio si sta formando. In realtà gli riesce assai difficile credere davvero che ci sia una persona lì dentro, che stia crescendo cellula dopo cellula.
Piantando saldamente i gomiti ai lati dei suoi fianchi, poggia la guancia sul bassoventre e con le dita di una mano le sfiora appena la pelle, mormorando: «Ehi, lì dentro, sarà il caso che la lasci mangiare? Sennò la vedo male anche per te, sai?»
Nuove lacrime sfuggono al suo controllo, ma stavolta di commozione. Neanche nelle sue più sfrenate ed improbabili fantasie Radish si comportava in questo modo tanto adorabile.
Gli passa le dita tra i capelli, carezzandolo dolcemente, mentre si sforza con tutta sé stessa di non scoppiare in lacrime. Tentativo che però fallisce miseramente non appena il Saiyan alza lo sguardo, mostrandole involontariamente il dolore residuo nei suoi occhi misto alla rinnovata, sfolgorante felicità.
«Non voglio che tu prenda le distanze da me. Mai più. Mi conosci meglio di chiunque altro, e non puoi non far parte della mia vita.» Allunga piano una mano fino a carezzarle la guancia, asciugandole così le lacrime «Devi promettermelo, Sher. Voglio sentirtelo dire, ne ho bisogno.»
Annuisce vigorosamente, trattenendo malamente i singhiozzi che le spezzano la voce «Te lo p—prometto. M—mai più, gi—giuro.»
Soddisfatto, le sorride teneramente prima di appoggiare di nuovo la guancia sulla pancia, per la prima volta senza più pensieri per la testa. Beh, eccetto uno.
Da quando Greywind l’ha lasciato solo, e lui si è incamminato verso il maniero, non è proprio riuscito a scacciare un’immagine tanto divertente quanto disturbante, che adesso pensa bene di condividere con la moglie che, nel frattempo, continua a coccolarlo come se fosse un enorme e docile gatto.
«Sarà una cosa da pazzi, ma non riesco a smettere di immaginare quell’altro deviato che gioca con nostro figlio…»
A quale deviato potrebbe mai riferirsi, se non a Mordecai? In fondo sa bene che quello schizzato tallonerà molto da vicino il nascituro, così da insegnargli immediatamente come rompere i coglioni anche mentre dorme.
Sherry, al contrario suo, non ci aveva invece pensato neanche per un misero istante a questa possibilità, troppo occupata a pensare a come nascondergli la gravidanza il più a lungo possibile, ma adesso si ritrova a dover affrontare questa agghiacciante verità. Non che Mordecai non ci sappia fare con i bambini, tutt’altro, ma i suoi metodi educativi talvolta possono comprendere cose un tantino poco indicate. Nessuno nel gruppo ha ancora scordato quando Becca e Maddox gli affidarono — stupidamente — per un’ora i figli, che al tempo avevano quasi tre anni, e che li trovarono ubriachi di birra fino all’ultimo capello perché “prima o poi lo avrebbero fatto, meglio se imparano subito con me vicino”.
Tra i bambini che vomitavano a spruzzo stile Esorcista e Maddox che gli spaccava sulla schiena l’asse da stiro, la scena era così tragicomica da entrare a gamba tesa non solo nella storia, ma anche nella leggenda!
«È un’immagine shockante!» Ridacchia in tutta risposta Sherry, che per adesso preferisce evitare di dirgli fino a che punto può effettivamente spingersi l’altro, giusto per evitare qualche attacco preventivo.
Un pensiero dolce il suo, che però è totalmente inutile dal momento che l’esuberante Spettro non solo si era piazzato fuori dalla porta per origliare tutta la conversazione, ma adesso è pure entrato in camera senza annunciare in alcun modo il proprio ingresso.
«Proprio così!» Ovvio, palese. Diventerà di nuovo zio, e gli zii devono tassativamente viziare e far scatenare i nipoti. Oltretutto il nipote in questione sarà figlio nientemeno degli Shedish. Ci sarà da divertirsi!
Nel momento esatto in cui tutto il corpo di Radish si tende per il nervoso dovuto non alla sua semplice presenza ma al fatto che è vicino a loro, sente un’ondata di soddisfazione ed euforia invaderlo da capo a piedi, mentre già pregusta il bottino che ha ufficialmente vinto.
«Lo sapevo! LO SAPEVO!!!» Li guarda con un gran sorriso soddisfatto in volto mentre si appoggia con le spalle al muro, incrociando le braccia al petto. «Ahhh, che spettacolo. La calma dopo la tempesta!»
«Avevo chiuso a chiave!» Urla Radish in preda ad un mix di collera e disperazione, pentendosi di non aver messo qualcosa, qualsiasi cosa, sul letto da poter lanciare contro un eventuale intruso. In fondo conosce Mordecai quel tanto che basta da sapere che non si sarebbe perso il lieto evento per niente al mondo.
«Beh, io apro le serrature… mia sorella le cosce!»
«Mord!»
«AAAAHHH!!!»
Lo guardano come se fosse un pazzo pericoloso evaso dal manicomio, rimanendo nel mentre perfettamente immobili. Non che non abbiano niente da dire, e neanche che Radish non desideri con tutto il cuore alzarsi per fargli molto, molto, molto male, ma proprio non ci riescono. L’incoscienza che ha appena dimostrato entrando nella loro stanza, perfettamente consapevole che Radish avrebbe potuto reagire in maniera estrema, li disarma totalmente.
«TUTTO A POSTOOO!»
Un boato di ululati e urla di gioia si leva in aria dopo l’urlo del Cacciatore, che è stranamente scappato a gambe levare subito dopo. Scappato sul serio, neanche si fosse accorto della presenza di Satana in fondo al corridoio.
«Se non la smette, giuro che gli farò rimpiangere amaramente di essere sopravvissuto.» Sibila in tutta risposta il Saiyan, tornando alla sua comoda e protettiva posizione, deciso inoltre a godersi ancora un po’ le carezze della compagna. Una parte di lui vorrebbe fare di più, ma prima dovrà parlare sia con Darko che con Alana, giusto per essere sicuro di non poter fare alcun danno. A conti fatti, però, si sono già dati da fare — hanno sradicato un albero! — e non è mai successo niente di niente, ma adesso, per lui, la sicurezza non può essere troppa.
Neanche l’avesse invocato con la sola forza del pensiero, l’ex-Beta appare sulla porta, una piccola scatola bianca sotto un braccio e l’espressione decisamente più serena che gli abbiano mai visto finora.
L’unico problema, è che Radish adesso non lo vuole lì, e non certo perché Sherry smetterà di coccolarlo. Darko è uno Spettro forte, potrebbe rivelarsi una minaccia, e questo Radish non può tollerarlo.
Ma Darko non è certo un povero sprovveduto! Con tutta l’esperienza che si porta dietro, sa benissimo che in questi casi il maschio diventa insopportabilmente aggressivo — nel caso di Radish, anche spropositatamente pericoloso — quando si supera un determinato limite.
Il problema però sorge dal momento che suddetto limite non è lo stesso per tutti, e che in genere si scopre per caso dopo che qualcuno si è incautamente avvicinato un passo di troppo. Talvolta, infatti, si tratta di una distanza comprensibile come un metro o poco più di distanza dalla gestante, mentre talvolta si arriva a parlare anche di cinque-sei metri. In questi casi, la faccenda si complica assai, perché alla mammina in questione occorre molta più pazienza per far capire al dolce paparino che tutta questa apprensione non è necessaria.
Darko però è un professionista, e sa come gestire anche questo genere di situazione. O almeno è quello che spera, perché non c’è mai stato un futuro papà Saiyan con tracce di DNA di Spettro!
Dalla porta al letto ci sono circa sette metri, e adesso l’unica cosa che può fare è scoprire, un passo alla volta, quando si avvicinerà troppo a quell’invisibile confine che Radish ha già stabilito nella sua testa.
«Dal momento che è tutto sistemato, ecco un piccolo presente.» Esclama con tono spensierato, cominciano a camminare lentamente verso di loro. Sei metri, ancora niente.
«Che cos’è?»
Cinque metri, e il suo sguardo è cambiato. Si sta innervosendo sul serio.
«Un doppler fetale per farvi sentire il battito cardiaco. Avendolo percepito con chiarezza ieri sera, ho pensato che vi avrebbe rallegrati. In genere è così.» Quattro metri, e il suo corpo si è irrigidito completamente. Ha serrato la mascella, i muscoli sono pronti a scattare e la coda si è gonfiata. Ecco il suo confine. «Posso avvicinarmi, o mi staccherai la testa al prossimo passo?»
Non sta scherzando per niente, Radish lo sa e Sherry lo capisce con stupore. Nella sua testa, Darko non ha alcun motivo per farle male, non dal momento che le ha parato le chiappe sin dal principio e che, lo sa, teme per la sicurezza di Bree. Poi, però, ecco l’illuminazione: Radish è prontissimo ad attaccarlo proprio come farebbe uno dei loro maschi!
Che mi sono persa?!
«Non lo so. Devo ancora decidere.» Afferma poi sinceramente il Saiyan, senza staccargli gli occhi di dosso neanche per un misero istante.
Lo sorprende il non riuscire a contenere questa nuova ondata di aggressività immotivata… ma in realtà non è che se ne dispiaccia. Da quelle parti si saltano addosso per un niente di fatto, il suo strano atteggiamento non solleverà certo tante polemiche, soprattutto sapendo che in queste circostanze è considerato piuttosto normale.
«Radish, ascoltami: nessuno può seguire la gravidanza meglio di me. Se vuoi che stiano tutti bene, devi permettermi di avvicinarla e visitarla ogni volta che lo riterrò necessario. Lo capisci, vero?»
Se sulle prime pensava che la situazione stesse curiosamente volgendo a suo favore, ecco che gli viene sbattuta in faccia una nuova scomoda verità. Perché Darko ha pienamente ragione e lui lo sa, così come sa che non permetterebbe a nessuno con meno esperienza di lui di occuparsi di una cosa tanto importante e delicata.
Annuendo con riluttanza, si solleva e si sposta un poco in avanti col busto per coprire alla vista di Darko una delle cose che, in fin dei conti, ha visto anche troppo in vita sua. Radish però non riesce a prendere in considerazione questo piccolo dettaglio, né il fatto che tra qualche mese gliela guarderà molto da vicino per farla partorire, e per questo agisce in modo totalmente istintivo. Senza contare, poi, che così facendo può anche fare immediatamente da scudo al piccolo qualora la situazione dovesse sembrargli strana… e Dio solo sa se non stia già morendo dalla voglia di abbassarsi per allontanare la mano che regge il flacone del gel che le sta spargendo sulla pelle. Stai molto attento a quel che fai, medicastro, perché mi sto già incazzando!
«Okay, ci siamo.» Prima di appoggiare lo strumento sul ventre della ragazza, si assicura che Radish, pur non sapendone niente di quel settore, osservi abbastanza l’oggetto. Un qualsiasi movimento brusco o troppo veloce potrebbe essere percepito come una minaccia, e una lotta per una scemenza di questo genere non farebbe certo bene a Sherry.
Una volta sicuro di non rischiare più di quanto non stia già facendo, appoggia la punta del doppler sul bassoventre e comincia a muoverlo lentamente, così da poter trovare il suono desiderato.
«Non si sente niente.» Borbotta Sherry con impazienza, cercando di spostare il braccio che Radish le tiene sul petto per tenerle chiuso l’accappatoio. Il fatto che dovrà controllarle pure il seno non l’ha neanche sfiorato, e per questo è convintissimo che così facendo riuscirà a celare al suo sguardo almeno questo suo lato… che l’altro, invece, ha già visto dopo ogni singola muta.
«Aspetta un secondo.»
Dopo altri cinque secondi è Radish ad intromettersi, ormai curioso tanto quanto la compagna. «Sicuro di saperlo usare?»
Lo sguardo che gli rivolge in risposta è più che sufficiente a fargli capire che lo ha appena offeso, ma non abbastanza da farlo pentire. Gli sta dando la possibilità di stare vicino a Sherry e a suo figlio senza conseguenze, quindi, per quanto lo riguarda, l’insulto se lo prende e se lo fa pure andare bene!
Un istante prima che Radish perda la pazienza e gli dica molto gentilmente di allontanarsi subito, eccolo lì, quel ritmico sfarfallio che stavano aspettando e che, in una frazione di secondo, li cattura totalmente.
Il sorriso splendente di Sherry è proprio quello che Darko sperava di vedere, perché è il chiaro segno che d’ora in poi sarà molto più collaborativa con tutti loro. Se le cose andranno come spera, non ci vorranno più di una decina di giorni prima che la pancia cominci a farsi vedere.
«C’è davvero una persona lì dentro…» Mormora con rinnovato stupore Radish, mentre la vista gli si appanna di colpo.
Suo figlio è lì dentro, al caldo e al sicuro, e lui sta sentendo il suo microscopico cuoricino che batte.
Non credeva di poter provare una sensazione anche solo lontanamente simile a quella che sta provando adesso, né pensava che si sarebbe ritrovato così vicino a piangere di gioia per una cosa del genere, e invece…
«No.» Lo sguardo di entrambi scatta subito con preoccupazione su Darko, ma prima che uno dei due abbia il tempo materiale di chiedere cosa voglia dire, l’uomo sposta velocemente il doppler con un gran sorriso «Ce ne sono due.»
Il silenzio surreale che è venuto a crearsi è interrotto unicamente da questo secondo battito, veloce e regolare come il primo.
Rimangono immobili, soprattutto Darko che ora è anche più preoccupato delle possibili reazioni del Saiyan. Si stava mostrando già abbastanza pericoloso per un bambino, non vuole immaginare cosa sarebbe in grado di fare per proteggerne due.
«Come, scusa?» Domanda Sherry, a dir poco sbigottita. Già apprendere del primo — che per lei è una bambina — è stato abbastanza uno shock, ma un secondo?! Entrambi, esattamente come molti altri, nutrivano addirittura dei dubbi sul fatto che le due specie potessero procreare, e invece ci sono già due ibridi in arrivo. Fossero stati gemelli monozigoti avrebbe pensato subito che già lei poteva averne visto il corredo genetico, e magari pure lui, ma questi battiti non vanno perfettamente a tempo, e ciò sta ad indicare, per gli Spettri, che si tratta di due diverse cellule-uovo fecondate da due diversi spermatozoi.
Beh, una cosa adesso le è perfettamente chiara: le loro specie possono procreare benissimo.
«Vi lascio un po’ da soli.» Si alza sempre lentamente, Darko, stando ben attento a non sfiorare neanche un capello del Saiyan, che ancora fissa con maniacale insistenza la pancia della compagna, neanche vi potesse trovare scritte sopra tutte le risposte ai grandi misteri della vita.
Per un momento si domanda se non abbia preso male la notizia, ma quando lo vede allungare il braccio di lato per prendere la trapunta, ed usarla poi per ripulirla prima di sdraiarsi di nuovo, capisce che no, non l’ha presa male. È rimasto giustamente shockato, ma va tutto bene.
«DOPPIETTAAA!»
E con questo delicatissimo urlo di Mordecai, che si era messo nuovamente ad origliare alla porta, Darko decide di mandare al Diavolo tutta la sua cautela e, richiuso il doppler nella scatola, scatta in avanti per riuscire a prenderlo.
Il furbetto però non ha proprio alcuna intenzione di farsi catturare, così si mette a correre a rotta di collo per i corridoi, ridendo sguaiatamente.
«Ehi, brutto moccioso! Vieni subito qui, che ti spiego quanto è sbagliato origliare!»
Una volta rimasti soli, i due non riescono a spiaccicare una parola. In realtà non riescono neanche a mettere insieme un pensiero che abbia un senso logico, perché l’unica cosa sensata che riescono a concepire è: due figli. Non uno, due. Due ibridi Spettro-Saiyan, razze pericolose ed energiche già prese separatamente.
Una coppia comune si preoccuperebbe principalmente del lato economico sulle prime, perché indubbiamente già un figlio costa parecchio, figurarsi due; loro, invece, si preoccupano di più per gli ingenti sforzi che dovranno fare per tenerli a bada.
Un’ulteriore preoccupazione di Sherry è quella che riguarda la loro forza. Per un cucciolo non è semplicissimo, all’inizio, imparare a contenerla ed incanalarla, tanto che non sono rari gli incidenti quando imparano a dosare quella micidiale delle mascelle. Due bambini come loro, uno dei quali biologicamente destinato ad avere una forza fisica ben superiore anche a quella del padre, come faranno ad imparare le basi senza staccare un arto ad un altro cucciolo? Senza contare il problema del ki, che gli Spettri non sono in grado di usare.
«Radish…» Lo richiama con un filo di voce, facendosi piccola piccola contro il suo corpo quando, sempre con questa nuova attenzione a non urtarla neanche per sbaglio, le si sdraia accanto «Dimmi a cosa stai pensando. Ti prego.»
Rimane in silenzio a riflettere per un periodo che, ora come ora, le pare durare delle interminabili ore, per poi avvolgerle il corpo con un braccio e posarle di nuovo la mano sulla pancia, stavolta con molta più sicurezza.
«Penso che ti verrà una pancia pazzesca!» Scherza, non riuscendo a smettere di immaginarsela. Ciò che la sua mente riesce a ipotizzare, inoltre, gli piace molto più di quanto non avrebbe mai pensato. Di solito sei tu quella con la macchina fotografica in mano, pronta ad immortalarmi anche nei momenti più assurdi, ma penso proprio che adesso i ruoli si invertiranno.
«Radish…» Lo riprende bonariamente, lasciandosi andare ad una lieve risata quando la sua grossa mano si sposta di scatto dalla pancia al seno.
«E le tette! Dio, diventeranno enormi
«Sono seria, Radish.» Borbotta un poco imbronciata dopo aver soppresso quella genuina risata, cercando poi il suo sguardo con fare allarmato. Se già aveva paura per un solo bambino, è inevitabile che si senta di nuovo impaurita e vulnerabile dopo quanto appreso.
«Lo vuoi sapere davvero?» Lo sa che non dovrebbe farle questo tipo di dispetti, non dal momento che gli hanno non troppo implicitamente spiegato che lo stress, soprattutto nel suo debole stato, potrebbe portare ad un aborto spontaneo, ma proprio non riesce a trattenersi. Con tutto il male che gli ha fatto più o meno volontariamente, trova più che giusto tenerla un po’ sulle spine per fargliela pagare.
Quando però si rende conto che i suoi occhi scuri si stanno nuovamente riempiendo di lacrime, molla la presa, riportando la mano calda sulla sua pancia.
«Penso che siamo i bastardi più stupidi e fortunati di questo maledetto mondo.»
Per quanto un poco suoni assurdo anche per lui, ne è realmente convinto. Ci sono persone sfortunate come Pip e Jane che avrebbero dato qualsiasi cosa per avere la possibilità che hanno loro, che invece non si sono minimamente sforzati per ottenere una cosa del genere.
Senza contare il fatto che, alla fin fine e con grande sorpresa personale, il pensiero di una famiglia con Sherry gli sta piacendo da impazzire, e che avere due figli anziché uno solo non cambierà troppo la situazione. In fondo hanno uno schiavo tuttofare a loro costante disposizione, quindi perché mai impanicarsi adesso? Ormai sono già in arrivo!
Si abbassa su di lei e le deposita un bacio vaporoso sulle labbra, stringendola con cautela a sé. Non ha idea di come toccarla adesso, se un abbraccio più energico può darle qualche problema o meno, ma non vuole certo rischiare.
«Vieni qui, forza. Hai bisogno di riposare.»
«Ma è mattina!»
‘Sti cazzi, io ho sonno lo stesso! «Non è importante. Tu sdraiati qui, chiudi gli occhi e vedi di non pensare a niente di niente, okay?»
«Ma—»
«A niente di niente.»
È sfinito e si sta finalmente rilassando, Sherry lo capisce, così smette di controbattere. Dopo tutto il casino che ha messo su, le pare decisamente il minimo, anche se adesso muore dalla voglia di vedere Fern per darle quella che, a giudicare anche dal baccano che proviene da fuori la magione, è una lietissima notizia per tutti. Malgrado questo fortissimo desiderio, non vuole comunque separarsi dal corpo forte e caldo dell’uomo che ha tanto sconvolto la sua esistenza, e con questo pensiero riesce a rilassare i muscoli.
Contro ogni probabilità, si addormentano pochi secondi dopo aver chiuso gli occhi, sentendosi confortati dal calore dei loro corpi nuovamente uniti e, non in dose minore, dalla grande e forte mano del Saiyan appoggiata dolcemente sul ventre della sua Regina.




ᴀɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ben ritrovati, amici lettori!😘

Attacco subito col mio solito sproloquio!
In quasi ogni libro/film/telefilm che ho letto/visto in vita mia, è sempre la madre la figura idolatrata, mentre il padre non conta pressoché una cippa. Un esempio lampante, a parer mio, è Harry Potter! Son sempre le madri a fare tutto, mentre i padri ‘sticazzi. La madre di Harry si è sacrificata e gli ha dato la protezione, il padre — che si è sacrificato per primo per dargli una possibilità — non contava quasi una minchia (perché lui la protezione non l’ha data? Se l’era scordato?!).
L’ho sempre trovata una cosa ingiusta.
Io amo i miei genitori allo stesso modo, malgrado mi rapporti con loro in modo ovviamente diverso, e mi pare assurdo che la figura del papà non conti quasi mai un cazzo.
È per questo che ho dato tanto spazio all’idea della paternità di Radish. Pure Greywind, che è un personaggio marginale, ha avuto una bella fetta di spazio.

L’idea di Radish “bravo e dolce papà” viene anche da Dragon Ball R&R, dove è effettivamente un marito affettuoso e un padre molto tenero (c’è pure una scena dove, dopo essersi chiesto cosa i suoi genitori penserebbero di lui nel vederlo così, in modo particolare Bardack, Piccolo gli dice che è un bravo padre e che questa è l’unica cosa importante).

Sappiate che i nomi dei principini (così come i loro caratteri, il loro aspetto, i loro futuri rapporti e via discorrendo) sono già stati pensati da mesi. Erano già perfettamente pronti da una vita!!!

Beh, direi che non ho altro da dire. Dopo quasi 45 pagine, è decisamente meglio chiudere qui.
Alla prossima settimana!
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 50
*** Capitolo 49 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Celeste98, _Cramisi_ e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito i capitoli 38 e 39! 💛 Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! 🧡

Piccolo avvertimento❌: capitolo molto lungo, 44 pagine.

 


𝟜𝟡. 𝒵𝒾𝓉𝓉𝒾 𝓉𝓊𝓉𝓉𝒾, 𝒶𝒹𝑒𝓈𝓈𝑜 𝓅𝒶𝓇𝓁𝑜 𝒾𝑜!




Non ricorda neanche più l’ultima volta in cui si è svegliato così rilassato e in pace.
Tutto attorno a lui appare finalmente al suo posto, niente pare volerlo schiacciare, e Sherry è ancora al suo fianco, serenamente addormentata tra le sue braccia.
Pure il sonno è stato finalmente tranquillo e privo di angoscianti incubi. Anzi, dopo tanto tempo è finalmente riuscito a sognare qualcosa di bello, e adesso non vorrebbe più abbandonare quelle immagini e tutte le sensazioni che gli ha fatto provare il suo subconscio.
Era di nuovo in quella distesa ghiacciata, ancora su quattro zampe, ma finalmente gli altri Spettri non lo ignoravano più. Ululavano per lui, lo lasciavano passare in mezzo a loro, correvano con lui, e Dio solo sa quanto sia stato dannatamente liberatorio. Da cosciente si rende conto di quanto realmente gli piacerebbe poter provare davvero quelle sensazioni, sentire quel senso di profonda e viscerale libertà mentre corre, con le zampe che sembrano sfiorare appena il terreno mentre avanza a tutta velocità. A conti fatti gli sembra una sensazione simile al volo, con la differenza che farlo in gruppo, col branco, regala una sensazione diversa, qualcosa che non sarebbe mai in grado di definire a parole.
Nel sogno poi si trovava stavolta a dover scalare un’enorme montagna. Enorme davvero, non riusciva a vedere la cima, e scalarla con le zampe non è stato facile come s’immaginava. In realtà a tratti era pure doloroso, con le ferite che si aprivano ogni qualvolta metteva una zampa in modo sbagliato o applicava una pressione eccessiva. Ma quel dolore e quella fatica sono state ampiamente ricompensate una volta giunto in cima. Imponente e fiero come non si era mai reso realmente conto essere, Everett lo stava aspettando, con un’insolita calma negli occhi arancione brillante. Lo stava aspettando, ma faceva anche la guardia, osservando con attenzione l’immenso paesaggio innevato che, per la prima volta, gli è sembrato quasi paradisiaco.
Ma non è stato quello a farlo andare in Paradiso.
Alle spalle dell’enorme lupo nero, Sherry pisolava tranquilla su un giaciglio di foglie secche all’interno di un’intima caverna, proteggendo con l’imponente mole i loro cuccioli. I loro versetti acuti mentre provavano a mettersi sulle zampette per raggiungerlo e l’odore che emanavano lo hanno riempito di una tale euforia mista a pura gioia che per poco non si metteva a piangere.
Invece di lasciarsi andare a questi sentimentalismi, però, si è trascinato stancamente in avanti, fino a raggiungere il dolce quadretto. Dio solo sa se adesso vorrebbe sapere se, in qualche strano modo da lupo, in sogno fosse riuscito a scoprire il loro sesso, ma alla fin fine gli basta potersi tenere stretta quell’ultima immagine che riesce a ricordare. In sogno era come se osservasse il tutto dall’alto, e così poteva vedere sé stesso che si accucciava alle spalle della compagna, incespicando un poco nelle enormi e lunghissime zampe per riuscire a mettersi sdraiato. Sporgeva poi il muso oltre la sua spalla, così da poter osservare più da vicino i due cuccioli. Erano così incredibilmente piccoli, col pelo scurissimo ed arruffatissimo, le boccucce prive di denti, i nasini umidi puntati in alto per fiutare la sua traccia…
No, forse è meglio se smette di pensarci, perché sennò il cuore potrebbe finire con lo spiaccicarsi dolorosamente contro le costole tanto gli batte forte.
Si muove lentamente nel letto caldo, non riuscendo a capire come e quando si siano infilati sotto le coperte. Anzi, la cosa più strana è che Sherry non è più avvolta nell’accappatoio ma in un morbido pigiama di seta.
È entrato qualcuno!
Spostando freneticamente gli occhi per la stanza, dopo una manciata di secondi nota finalmente un biglietto sul comodino. Non appena lo apre, non ha neanche bisogno di leggerne il contenuto per rilassarsi, perché, con sua grande sorpresa, riconosce subito la calligrafia.
La prima volta che la vide lo fece rosicare in modo imbarazzante, perché erano insieme all’insolito regalo che aveva tanto scosso Sherry, ovvero una fiala di sangue contenente alcuni dei suoi personalissimi ricordi con Leila. Sulle prime pensò di essere diventato irrimediabilmente pazzo, perché non riusciva a spiegarsi altrimenti una tale gelosia scaturita da un semplice “Con sincero affetto”. Passava infatti la gelosia nei confronti di River, che aveva passato con lei interi anni, che le aveva chiesto di sposarlo, che voleva una famiglia con lei, ma un perfetto nessuno come poteva mandarlo così in bestia? Per fortuna ha poi capito che non era realmente impazzito, ma era — ed è — solo follemente innamorato della donna che tanto gelosamente continua a stringere a sé.
Nel biglietto c’è scritto che era passato a controllare come stavano, che è stato lui a cambiarla perché temeva che prendesse freddo, che ha lasciato loro un po’ di frutta per quando si sveglieranno, assieme ad un thermos col caffè e una brocca di latte fresco. Infine scrive di prendersela con tutta calma e che si occuperà lui di tutto finché non saranno pronti, e per questo Radish non solo si appunta mentalmente di ringraziarlo in seguito, ma si rende ancor più conto di non essersi precedentemente sbagliato: quando i suoi figli nasceranno, loro avranno a loro completa disposizione un babysitter/tuttofare a tempo pieno.
In un certo senso però lo scombussola non poco ripensare che, da lì a qualche mese, nasceranno i suoi due figli. Due in un colpo solo, gli pare assurdo.
Mentre ci rimugina, si accorge con stupore che la mano gli è tornata automaticamente lì dove era anche al suo risveglio, e dove probabilmente è stata anche per tutta la notte. Inconsciamente, infatti, non ha fatto altro che proteggere i minuscoli cuoricini che battono nel grembo di Sherry.
Anche questo gli sembra assurdo: ci sono due cuori, due persone, nella sua pancia. Sono lì dentro, si stanno formando piano piano, e in un certo senso lui le sta toccando. Si domanda se ne siano consapevoli, se lo sentano in qualche modo, e all’improvviso sente come la folle necessità di salutarli, di fargli sapere che è lì con loro e che li sta già proteggendo.
Un’altra cosa assurda? All’inizio di Ottobre si sentiva solo, sperso, e non riusciva a capire cosa suo fratello ci trovasse di tanto bello in questo pianeta da decidere di rimanervi e difenderlo da ogni minaccia. Ora invece, 10 Gennaio, è follemente innamorato di sua moglie e, entro fine Maggio a regola, diventerà padre di due bambini. Oltre a questo, poi, ora è il Re e il Capitano degli Spettri del Nord, ha un intero branco alla quale badare e da proteggere, un numero incredibile di amici che gli vogliono bene, e tutto ciò che una persona potrebbe desiderare.
Per quante incredibili avversità abbia dovuto attraversare, per quanti folli problemi abbiano provato a schiacciarlo, sente di aver vinto tutto, arrivando anche a capire — o almeno lo spera — le motivazioni del fratello.
Ripensando a lui, si sente andare un po’ giù, perché vorrebbe potergli parlare di tutto quanto. Vorrebbe potergli dire che non è più solo, e che non lo sarà mai più. Vorrebbe dirgli che ha un sacco di responsabilità, e che presto aumenteranno in modo esponenziale. Vorrebbe dirgli che ha una famiglia tutta sua adesso, e che è indubbiamente folle ed unica e che lui l’adora.
Più di tutto, però, vorrebbe presentargli Sherry, fosse anche solo per togliersi quel piccolo sassolino dalla scarpa. Vuole infatti accertarsi una volta per tutte di non avere alcunché da temere facendoli incontrare, che il suo fenomenale fratellino non abbia realmente alcuna possibilità di catturare l’interesse della moglie. Lei potrà ripeterglielo quanto vuole, potrebbe pure tatuarselo in fronte per ricordarglielo ogni volta che la guarda, ma non servirebbe a niente. È sempre stato insicuro, malgrado dimostri apertamente il contrario, e sotto sotto sente di aver bisogno di questa conferma.
Dovrà però attendere ancora prima di poterla avere, lo sa, e per questo sposta i propri pensieri proprio su di lei, che ancora dorme serena tra le sue braccia. Gli sembra così incredibilmente piccola, adesso. Piccola e indifesa.
Ha attraversato l’Inferno e ne è uscita a testa alta.
Ha subìto alcune delle cose peggiori che si possano mai subire — forse addirittura tutte — e non si è lasciata abbattere.
Ha sempre stretto i denti ed è andata avanti, abbattendo un ostacolo dietro l’altro, eppure gli sembra così piccola, fragile, indifesa…
L’abbraccia con più intensità, immergendo il volto nella curva delicata del suo collo, ispirando a pieni polmoni il suo profumo, beandosi del calore del suo corpo. Per quanti difetti possa avere — e Dio solo sa se ne ha tanti —, lui è profondamente convinto che non ci sia una donna migliore là fuori, che nessuna potrebbe mai dargli tutto quello che gli dà lei solo respirando, che nessuna potrebbe mai farlo sentire così vivo.
Ora più che mai, non desidera altro che coccolarla e stringerla tra le braccia senza fare altro. Prova una soddisfazione più grande di quella che gli procura il sesso nel fornirle forza e protezione. La cosa anche migliore, è che finalmente gli permetterà di prendersi cura di lei, di essere l’uomo che non potrebbe essere per nessun’altra donna.
«Radish…?»
Si ritrova a sorridere contro la sua pelle calda a quel debole richiamo, e poi riemerge per poterla guardare in quei grandi occhi d’ambra che tanto gli fanno battere il cuore.
«Ehi, buongiorno. Ti ho svegliata?»
Rimane in silenzio, Sherry, ripensando velocemente ai recenti avvenimenti, ed un brillante sorriso le si apre in volto. Le pare come di sentire ancora le sue parole nelle orecchie, di rivedere il suo volto incredibilmente rilassato appoggiato sulla pancia, la felicità nei suoi occhi quando hanno sentito il loro battito cardiaco, la sicurezza e semplicità nella voce quando li ha definiti i loro figli.
Non risponde, pensando che sia molto meglio baciarlo con tutto l’amore che nutre nei suoi confronti. Sa di poter abbassare del tutto la guardia, con lui. Per una volta, può fare affidamento su qualcun altro.
Trovandosi però scomoda con la schiena appoggiata al suo petto, si rigira nel suo abbraccio, così da poter approfondire il contatto e stringerlo a sua volta.
Radish è un uomo complicato quanto semplice, e lei adora questa sua caratteristica. È complicato perché si contraddice o cambia idea in un secondo su tante cose, è semplice perché una volta che ha davvero preso una decisone, non si tirerà più indietro. È complicato perché è insicuro ma vuole mostrarsi indistruttibile, è semplice perché, come uno Spettro, ti dà tutto sé stesso una volta stabilito un vero contatto.
Radish sa essere snervante anche più di lei, codardo e meschino, ma con lei è maturato, ed è dolcemente buffo vederlo sforzarsi tanto per mostrarle ciò che prova, riuscendoci in genere quando invece è soprappensiero con gesti delicati e spontanei.
Radish, per lei, è il perfetto esempio del “tutto può succedere”. Perché con lui è successo che si è innamorata davvero, che si è aperta, che ha donato la sua vita ad un altro. Con lui è successo che un uomo malvagio diventasse uno dei più forti difensori del pianeta. Con lui è successo che una specie schiva, strana e generalmente chiusa come la sua si sia invece lasciata avvicinare, si sia lasciata conquistare e adesso si lasci pure guidare e comandare. Con lui è successo che tutto quanto è cambiato, anche la cosa più sciocca, e lei non riesce più ad immaginare una vita senza la sua unicità.
C’è solo un piccolo problema, adesso, ovvero che le sta tenendo ferme le mani.
Per quanto lei provi a liberarsi per continuare a toccare i suoi muscoli granitici, per poi arrivare ad un’altra parte del suo corpo adesso altrettanto granitica, lui continua a bloccarla, afferrandole piano i polsi e riportandole le mani sul petto.
Anche sforzandosi con tutta sé stessa, non riesce a ricordare una sola volta in cui abbia fatto una cosa simile. Se fosse in vena di scherzarci su, potrebbe dire che anche questo fa parte del “tutto può succedere”, ma al momento scherzare non è esattamente in cima alla sua lista di cose da fare.
«Puoi provare quanto vuoi, non ci penso neanche a toccarti…» Mormora contro le sue labbra, sghignazzando.
«Ma infatti voglio toccarti io!» Controbatte prontamente prima di riprovarci, ritrovandosi nuovamente bloccata dalle sue grosse mani. Se sulle prime poteva quasi trovarlo un giochetto divertente, adesso è unicamente frustrante.
«Se ti lasciassi fare, poi non riuscirei a resistere…»
«Lo scopo sarebbe quello, sai?» Gli morde piano il labbro, spingendosi ulteriormente contro il suo corpo. È da troppo che non entrano in intimità, e le manca da impazzire. Senza contare, poi, che vuole approfittare di ogni possibile momento prima che la pancia diventi un ostacolo troppo ingombrante, motivo che sicuramente non la farà più sentire attraente e quindi in vena di tante effusioni.
«Ed è proprio quello che voglio evitare.»
Indietreggia un poco col busto, guardandolo come se fosse completamente pazzo, incapace di capire quale sia il problema. La pancia neanche si vede, quindi non può essere quella. Ma allora cosa? Il suo essersi comportata da stronza per via del proprio istinto animale? Potrebbe anche essere, ma è abbastanza certa di poterlo escludere; ogni volta che si comporta da stronza per un motivo o per un altro, lui pensa bene di metterci una toppa con del sano sesso al limite del violento. Se quindi non sono questi due motivi, per cos’altro potrebbe essersi impuntato?
Con un movimento veloce ma sempre cauto, Radish si porta sopra di lei, schiacciandola con la schiena contro il materasso. Dio solo sa se ha voglia di farla sua subito, proprio su quel letto appartenuto a quei mostri che tanto l’hanno fatta soffrire, e poi anche su qualsiasi altra superficie disponibile finanche a spostarsi poi all’esterno e battezzare ogni angolo, ma c’è un problema che proprio non può trascurare. Anzi, due problemi.
Le blocca le braccia sopra la testa con una mano, usando l’altra per fare leva e non gravarle addosso. La sola idea di poterli schiacciare gli manda in tilt il cervello, e adesso non riesce a fare a meno di pensare che, forse, pure stare sdraiata a pancia sotto potrebbe dar loro fastidio. Dovrò informarmi… anzi, no, fanculo: non ci starà più e basta!
«Hai rischiato troppo, e non ho alcuna intenzione di fare sesso finché non sarò sicuro che state tutti bene.»
Sherry rimane profondamente stordita dalle sue parole. Aveva sì capito che avesse preso assai bene l’idea di diventare padre, che in qualche assurdo modo si fosse come già attaccato a loro, ma non avrebbe mai immaginato che si sarebbe mai comportato così.
«Kong…» Mormora con tono dolce, abbozzando un sorriso. La sua capacità di sorprenderla continuamente è incredibile, e non fa altro che farla sentire ogni volta straordinariamente fortunata.
«Senza contare che mi fa un po’ impressione l’idea di scoparti quando nella tua pancia ci sono loro!» Ammette subito dopo, riassumendo la solita espressione un poco strafottente e spazzando via ogni traccia di dolcezza dallo sguardo della compagna, che ora lo sguardo con occhi sbarrati e bocca un poco dischiusa.
«Vuoi dire che non faremo più sesso fino a quando non mi sarò ripresa dal parto?!» Quasi lo strilla, divincolandosi nella sua presa per liberarsi. Quale sia la mossa seguente non lo sa neanche lei, magari colpirlo a sangue o magari legarlo al letto e fare tutt’altra cosa.
«Non lo so.» Ammette candidamente in risposta il Saiyan, non riuscendo a reprimere un sorrisetto divertito di fronte alla sua espressione più che addolorata.
«Tu scherzi…» Non sa neanche dire se sia più angosciata, allarmata o incazzata adesso, l’unica cosa certa è che la sola idea la sta facendo impazzire «Questo è molto peggio di qualsiasi cosa potessi mai fare io!»
Ci pensa su per qualche secondo, Radish, non riuscendo ad evitare di guardarle il seno che intravede dallo scollo del pigiama. Lo trova come più sodo e più voluminoso, sicuramente ancor più invitante del solito, e di colpo l’idea di non toccarla per chissà quanto tempo diventa assurda, angosciante e impensabile.
«Sì, in effetti è troppo…» Vorrebbe abbassarsi su di lei, adesso. Vorrebbe abbassarsi a divorarle le labbra, prendere possesso della sua lingua tagliente, e nel mentre tastare quegli invitanti sensi che sembrano quasi urlare il suo nome. Solo a pensarci sente il pene farsi ancor più duro, e le proprie convinzioni vacillare assai pericolosamente.
Le lascia così andare i polsi, facendo scivolare la mano dapprima fino al collo che bacia lentamente, sempre stando attento a non gravarle addosso, per poi aprirle un paio di bottoni del pigiama. Non appena libera un seno, si sente improvvisamente combattuto: le darebbe fastidio se adesso le prendesse in bocca il capezzolo e ci giocasse? Beh, quale modo migliore per scoprirlo se non facendolo?
Nel sentirla gemere sommessamente, capisce che no, non le dà alcun fastidio. Anzi, nel momento esatto in cui immerge una mano nei suoi capelli e lascia scivolare l’altra lungo la schiena per attirarlo di più a sé, capisce che è proprio l’opposto.
«E se, per ipotesi, il più delle volte mi scopassi il tuo bel culo? Così sarei più tranquillo, e ci divertiremmo entrambi!» La butta lì come una battuta, vagamente spaventato dall’idea di poterle adesso tirar fuori ricordi dolorosi, ma in realtà è serissimo.
Non l’aveva mai provato con una donna prima di lei, ed è una cosa che gli piace più di quanto immaginasse. Per sua fortuna, poi, ha capito già dalla seconda volta che piace pure a lei, fatto che gli ha permesso di continuare indisturbato a farle tutto ciò che gli passava per la testa.
«Quanto sei romantico!» Vorrebbe rimanere seria, davvero, ma proprio non ci riesce, soprattutto perché tutto in colpo si rende conto nel letto di chi si trova, su quale materasso si sta eccitando a morte e lasciando toccare… per quanto le sembri assurdo, lo trova davvero esilarante. Anche perché, in un certo senso, questa presa di consapevolezza la fa come eccitare ancora di più, tanto che, se il suo delicatissimo maritino si decidesse, potrebbe tranquillamente mettersi subito carponi e lasciargli fare tutto ciò che vuole.
«Lo prenderò per un sì.» Mentre lo dice lascia scivolare una mano in mezzo alle sue gambe, sentendo il calore attraverso la stoffa leggera dei pantaloni. Mai come in questo momento ha desiderato di vedere Darko, così da chiedergli cosa possono fare e come, perché davvero sente di essere a tanto così dal mandare a quel paese ogni proposito e strapparle quei sottili indumenti ora tanto fastidiosi.
Essendo poi incapace di ragionare lucidamente in questi frangenti, lascia pure che la mente si sposti su dei ricordi che, ora più che mai, dovrebbe proprio tenere nascosti in qualche angolino buio.
«Sai cosa mi manca? Legarti al letto e toccarti senza farti venire. Cazzo, non hai idea di come sei in quei momenti!» Lei no, ma lui sì. Per un secondo gli pare quasi di rivederla con il corpo nudo e accaldato, i polsi legati sopra la testa e le gambe oscenamente spalancate, con lui che la tocca come vuole, che la porta vicina all’orgasmo più e più volte usando i loro giocattoli senza però concederglielo, facendola implorare per avere sempre di più.
L’idea che tra un po’ non potranno più divertirsi così lo sfiora appena, perché viene subito abbattuta dalle parole che un tempo gli disse Maddox: “In branco ci si aiuta anche con i cuccioli, e tutti sono sempre disposti a badare a quelli della coppia dominante. Per voi sarebbe un po’ come non averli, in un certo senso… penso che a quel punto vi odierò.
«Tu però non puoi farmi ricordare cose simili e poi lasciarmi a secco! Sei uno stronzo!» Brontola in tutta risposta Sherry, provando comunque a farlo capitolare allargando maggiormente le gambe e strusciandosi contro il suo bacino. Non vuole ammetterlo, probabilmente ora non lo farebbe neanche sotto tortura, ma l’idea di non essere già più attraente ai suoi occhi sta lentamente prendendo forma, perché mai prima d’ora ha dovuto faticare così tanto per convincerlo.
Radish, seppur non sia sicurissimo di poterlo fare, si abbandona maggiorente sul suo corpo, schiacciandosi così i suoi seni contro il petto, e giurerebbe di riuscire a sentire i suoi capezzoli indurirsi. Non è lontanamente vero che non la trova attraente, tutt’altro, solo che è spaventato dall’idea di poter fare qualche danno. Tutti i loro devastanti amplessi di quelle ultime settimane, nella sua mente, sembrano come non essere mai avvenuti, perché adesso ci sono ufficialmente quei due minuscoli cuoricini nel mezzo. E se li colpissi col cazzo? Oddio, no, non ci voglio neanche pensare.
«Perché, mancano anche a te quei momenti?» Mormora contro il suo orecchio, sospirando pesantemente quando la sua piccola mano si insinua tra le sue gambe.
«Un po’…»
«Soprattutto quando poi ti facevo venire con la lingua, immagino…»
Se qualcuno adesso entrasse e li interrompesse, Radish gliene sarebbe infinitamente grato, perché il suo autocontrollo sta vacillando sempre più pericolosamente.
«Direi più che altro quando, da vero gentleman, venivi davanti a me per scoparmi la bocca.»
«Sapevo che sposarti era la scelta giusta!»
Loro sono così, insieme: imperfetti, spesso incapaci di comunicare sulle cose importanti come vorrebbero, ma follemente innamorati. La consapevolezza di dover affrontare in futuro un numero sicuramente imbarazzante di difficoltà non è un problema, né adesso né mai. Vogliono stare insieme, e questo è tutto ciò che conta per entrambi.
«Radish…?» Non è sicura di chiedergli proprio niente adesso, non quando le sta vezzeggiando il collo e palpando un seno, sempre più vicino a cedere e darle ciò che vuole, ma la situazione, per lei, sta diventando davvero fastidiosa.
«Mh?»
«Metti fuori la roba da mangiare? L’odore mi dà la nausea.» Subito dopo averlo detto, scorge un sorrisetto sul suo volto «Che cosa c’è di tanto divertente?» Sbotta senza pensarci, senza però ferirlo in alcun modo.
«È carino.»
«È carino che mi viene da vomitare?»
«È carino che tu abbia i sintomi della gravidanza.» Incluso il cambio d’umore da matta!
È a tanto così dal mandarlo affanculo nel modo più acido possibile, quando un lieve bussare alla porta attira la loro attenzione.
Non fanno neanche in tempo a chiedere chi sia, e poi eventualmente dare il permesso per entrare, che le pesanti porte si spalancano, e Fern e Chichi fanno il loro ingresso, tutte trafelate e cariche di borse ben sigillate. Alle loro spalle seguono Gohan, con in braccio il fratellino, uno stanco e preoccupato Juma, ed Everett. Vedere quest’ultimo per Radish è insolitamente piacevole. Per la prima volta in assoluto, ha la sensazione che la loro famiglia — più che altro loro due — sia davvero unita. Ciò non significa che si apprezzino a vicenda, non sempre per lo meno, ma i loro livelli di tolleranza sono sicuramente più alti.
Le due donne, avvertite da un entusiasta Mordecai di primo mattino, strillano per la felicità mentre si avvicinano, ma solo Fern ha il coraggio di allontanare con uno spintone deciso il Saiyan per poter abbracciare la figlia.
Sapeva della gravidanza da quando è stato permesso a tutti loro di visitare i Territori del Nord, ma non aveva potuto fare niente di più che supplicare Sherry di abbassare le difese e dirlo a Radish. Mordecai, in quel breve momento in cui le aveva sussurrato l’intera faccenda nell’orecchio, l’aveva avvertita che non le avrebbe dato ascolto, ma non poteva non farlo. Ha provato anche durante il resto della giornata a farla ragionare, e, tornando a casa, era arrivata pure a temere il peggio… e invece eccola qui, con una rinnovata felicità negli occhi d’ambra.
Ci sarà tanto da fare, adesso. Avrà bisogno di tantissime cose, ed anche di darsi una regolata con tutte le scemenze da ragazzina ribelle. E poi c’è Radish! Non si è certo scordata di lui. Per quanto sia stata follemente entusiasta nell’apprendere della sua gioia riguardo la gravidanza, non può certo mandarlo al patibolo impreparato. Una donna può subire un numero impressionante di cambiamenti sia fisici che psicologici durante la gestazione, e lui avrà bisogno di tutto il supporto possibile. Ad essere incinta, in fondo, è Sherry, che già a cose normali non è esattamente un tenero agnellino.
«Tua cognata è stata così adorabile da prepararti qualche leccornia, prima di venire qui!» Esclama tutta felice, meditando su come ripagarla dei suoi sforzi. Sa che tiene all’istruzione dei figli in modo singolare, fatto che gliela fa ammirare anche di più, quindi pensa che un qualche tipo di regalo al riguardo non potrà che farle piacere. Chissà se Bree o gli altri quattro hanno agganci anche in quell’ambiente?
«Non dovevi, davvero…» Pigola un poco imbarazzata Sherry, tenendo a freno quello strano senso di agitazione e rabbia che le serpeggia nel cuore. Non capisce se questa emozione negativa venga dal marito, che si sta sdraiando dietro il suo corpo, premendo così involontariamente — o almeno lo spera — l’erezione contro il fianco, o se la rabbia sia dovuta proprio al fatto che siano stati interrotti. Mi mancava tanto così, dannazione!
Everett, consapevole del limite del cognato, ha già detto a Juma e Gohan di non avvicinarsi se non sarà proprio il Saiyan ad invitarli a farlo. La cosa che gli sembra più assurda, è che capisce e condivide il suo pensiero, perché pure per lui è impensabile che qualcuno con la forza del ragazzino, o semplicemente pene-munito come Juma, le si avvicini.
Un istinto pericoloso il loro, che si rende conto non potrà durare a lungo. Sherry adesso glielo permetterà, non farà alcun genere di storia nell’essere accerchiata e isolata dal branco, ma è una concessione destinata ad aver vita breve. Dovremmo accordarci in qualche modo, Saiyan, o la vedo male per tutti e due.
«Non dire sciocchezze, Sherry! Siamo una famiglia, no? E tu hai un’aria troppo sciupata!» Cinguetta tutta allegra Chichi, sistemandole sul letto le varie pietanze. Quando infatti Gohan e Mordecai le hanno dato la lieta notizia, il suo primissimo pensiero è stato: “è troppo magra”. Lei ha già affrontato due gravidanze, sa che non è un buon segno una tale perdita di peso, e quindi si è decisa immediatamente di rimediare in qualche modo. E quale modo migliore se non preparandole un sacco di cose buone e adatte al suo delicato stato?
Pasta integrale alla carbonara di zucchine, petto di tacchino ai ferri al rosmarino, branzino al forno con patate, grigliata di verdure, insalata di tonno con salsa allo yogurt, e molto altro ancora. In casa aveva quasi tutto, ma ciò che le mancava l’ha ordinato allo Spettro, che nel giro di una ventina di minuti glielo ha procurato. Il fatto che lo avesse sicuramente rubato, non ha avuto alcun peso.
«Mordecai ci ha detto che ultimamente non hai molto appetito, ma adesso devi fare un piccolo sforzo e buttare giù. È buono, davvero, fidati! Fallo per i bambini!» Appena Gohan l’ha informata che si tratta di due gemellini, per poco non le scoppiava il cuore dalla felicità. A lei come a Fern, che durante il tragitto non ha fatto altro che fantasticare su quanto saranno carini. Chichi ha poi involontariamente dato vita ad una specie di micro-dibattito a quel punto, cinguettando sognante che spera davvero che siano due bambine. Non che a Fern l’idea non vada a genio, anzi!, ma è ben consapevole che, per il quieto vivere, è bene se il primo a nascere sarà un maschio. Una femmina con una forza tanto smisurata? No, decisamente sconsigliabile, soprattutto considerando la sicura gelosia del papà!
«Non mi sembra roba indicata per la colazione…» Si lamenta con poca convinzione Sherry, che non riesce a staccare gli occhi dall’insalata di tonno. Ed è strano, perché non le sono mai piaciuti né il tonno né l’insalata, e poco anche lo yogurt, figurarsi tutti e tre insieme!
«Veramente è ora di pranzo.» L’avverte Everett, che continua ad osservarla con attenzione, tenendo sempre le orecchie tese. Vuole monitorare il battito un po’ troppo debole dei piccoli, le possibili variazioni cardiache di Radish, ed infine anche accertarsi che nessuno si avvicini di soppiatto.
«Quanto abbiamo dormito?!»
«Tanto
Avrebbe tante cose da chiedere, come, per esempio, se è arrabbiato o anche solo scocciato per avergli scaricato addosso tante responsabilità, ma l’improvvisa fame ha la meglio sul resto.
Basta un boccone per spalancarle totalmente lo stomaco, spingendola a fagocitare velocemente tutto ciò che le capita sotto tiro, compresa la frutta che Everett aveva precedentemente lasciato e che, fino a poco prima, le provocava la nausea.
«Ti piace?» Domanda con un tenero sorriso Radish, sentendosi improvvisamente più leggero. Nessuno le si sta avvicinando, lei finalmente mangia come dovrebbe. Niente potrebbe rovinare la sua calma… eccetto l’arrivo di nuovi sgraditi ospiti.
Non che abbia qualcosa contro Darko e Alana, soprattutto pensando che faranno tutto ciò che è in loro potere ed anche di più per estirpare ogni possibile problema, ma proprio non riesce a tollerarli, adesso.
Sono in troppi, lì dentro. Troppe persone che potrebbero farle del male, troppi occhi che la osservano con interesse. È tutto troppo, e lui vorrebbe solo ed esclusivamente allontanarli malamente. Se ancora non l’ha fatto, è solo perché Everett è davanti a loro, fornendogli un muro sia fisico che mentale capace di farlo respirare.
«Sono venuto per un piccolo prelievo del sangue, così magari riusciamo a capire dove sta il…» La giustificazione dell’Alpha muore sul nascere, e i suoi occhi si puntano sul pavimento, pensierosi. C’è qualcosa nell’aria che gli suona diverso, ed anche incredibilmente fantastico. «Lo senti?» Domanda ad Alana, pur essendo più che sicuro di non sbagliarsi.
«Cosa?» Domanda Everett, già in allarme. Se qualcosa andasse anche solo vagamente male, Darko sarebbe senza ombra di dubbio il primo a rendersene conto.
La risposta però arriva da Alana, il cui sorriso si allarga sempre più mentre prende consapevolezza della bella novità: «Il battito ha acquisito un po’ di vigore…»
Che il ritrovato equilibrio emotivo e mentale della madre potesse giovare ai due feti non lo metteva in dubbio, esattamente come sapeva che avrebbe influito la vicinanza paterna, ma ciò non spiega perché quei cuoricini, in poche ore, battano improvvisamente con più forza. L’unica cosa “fuori posto”, adesso, sono solo i contenitori ormai quasi vuoti sparsi sul grande letto della coppia.
«Che roba è, quella?»
Chichi gli spiega velocemente cosa le ha portato, giustificandosi aggiungendo che, quando lei era incinta, erano cose che le piacevano molto e, il più delle volte, le placavano anche la nausea. L’espressione di Darko mentre parla cambia poco a poco, facendole incrinare e affievolire la voce. Non dirmi che ho fatto una sciocchezza, per favore! Non me lo perdonerei mai!
«Ma certo…»
«Cosa?» Radish si sta agitando molto più di Sherry, che, al contrario di ogni logica, continua a mangiare. Tutto in lei le dice di continuare a farlo, mentre tutto dice a Radish di preoccuparsi anche più del dovuto.
«Come abbiamo fatto a non pensarci subito?!»
«Sì, mi sento un’idiota anch’io.»
Mentre i due medici si guardano con una punta di disprezzo reciproco, dandosi silenziosamente degli sciocchi, la rabbia di Radish si fa sempre più forte, tanto da spingere Gohan a mettere il fratellino tra le braccia del nonno e afferrare per un braccio la madre, così da farla allontanare. Il ricordo dello zio che perdeva totalmente il controllo è ancora sin troppo vivido nella sua mente per rischiare.
«Darko, mi sto spazientendo sul serio. Parla. Subito
Lo Spettro si costringe a ricomporsi, e indirizza la sua totale attenzione sul Saiyan. Non può permettersi di perderlo di vista o ignorarlo adesso, potrebbe costargli molto caro.
«Di norma i Mezzosangue non risentono della traccia umana. I cuccioli, per quanto risulteranno più deboli rispetto agli esemplari col sangue puro, saranno influenzati quasi unicamente dal nostro corredo genetico—»
«Molto interessante, ma questo come dovrebbe aiutarci?»
«Ci sto arrivando!» Bercia in tutta risposta, essendo infatti intollerante alle interruzioni. Si ricorda subito dopo con chi sta parlando, e in quale stato di massima allerta sia la sua mente, così abbassa immediatamente e molto docilmente la cresta, riprendendo con la spiegazione. «Ci siamo basati solo su questo ragionamento finora, no? Ecco, era sbagliato. A quanto pare, il DNA di un Saiyan è ben più forte di quello di un comune essere umano, ed ho il grande sospetto che quelle creature siano perfettamente bilanciate a livello genetico.»
«Sarò pure ripetitivo, ma questo come dovrebbe aiutarci?» Non gliene potrebbe importare di meno a Radish del loro “bilanciamento genetico”. L’unica cosa che gli preme, l’unica, è che tutti e tre stiano bene, il resto è irrilevante. Potrebbe anche partorite due rane alate per quanto gli riguarda, a patto che siano in perfetta salute.
«Ad una gestante della nostra specie tecnicamente non serve altro che la carne per sostenere sé stessa e i piccoli che porta in grembo. Al massimo, se ne ha la possibilità, può incrementarne lo sviluppo dei piccoli assumendo altre poche sostanze nutritive presenti da queste parti. Sherry, invece, avrà bisogno anche di tutte quelle che servono a te.»
L’attenzione della diretta interessata si sposta, seppur non del tutto, dalla pasta integrale con le zucchine allo Spettro, che a debita distanza la osserva con interesse e allegria. Il fatto che lui sia allegro però non conta niente, non dal momento che un terribile dubbio si sta insinuando nella sua mente. «Oddio… Dovrò cucinare?!»
«Ci penserò io.» Afferma con un sorriso dolce Everett, mentre tutti gli altri tirano un mentale sospiro di sollievo e si lasciando andare ad una lieve risata «Tu finiresti col fare solo dolci e biscotti.»
«Io finirei col non fare un bel niente, è diverso.» E questa roba è quasi finita, cazzo! Io ho fame! Noi abbiamo fame!
Radish, sentendosi più tranquillo, si appoggia come può sul corpo rilassato della compagna, facendole sentire la propria vicinanza. Non sa perché lo stia facendo, ma sente che è la cosa migliore da fare.
«Comunque, dal momento che adesso anche lui sa e pare pure molto felice, penso che sia il caso di parlare anche di un altro possibile problema.»
In questo preciso istante, cinque metri di distanza sono decisamente pochi per Darko, perché Radish è a tanto così dal saltargli al collo per strangolarlo. E tu hai aspettato giustamente che io fossi felice, vero?!
«Ancora non sono nati, e già non li sopporto più…» Borbotta Sherry, con la bocca mezza piena.
«Voi Saiyan possedete una caratteristica unica nel suo genere, ovvero la Forza dei Saiyan. In pratica, a sentire Vegeta, quanto più un Saiyan si avvicina alla morte e le sue ferite sono gravi, maggiore è l'incremento di potenza che questa Forza vi garantisce una volta guariti.»
«Dimmi qualcosa che non so.» Sibila a denti stretti Radish, più che stufo dei suoi rigiri di parole. Vuole sapere cosa non va con i suoi figli e con sua moglie, e, soprattutto, vuole sapere come porvi rimedio immediatamente.
Mentre lui non capisce quale sia il punto, però, Everett lo capisce al volo.
«Oh, cazzo…»
Se lui dice una parolaccia, è evidente che c’è qualcosa di grave di mezzo — o che è davvero furioso. Gli occhi di Sherry quindi scattano come molle sulla figura turbata del fratello, che ha mollemente abbandonato le braccia lungo i fianchi e strabuzzato gli occhi. «“Oh, cazzo”? Perché “oh, cazzo”?!»
«Perché tu sei quasi morta, Sherry. E loro ci sono andati vicini per ben due volte. Ora, non so se questa Forza si può estendere anche a due feti, ma in quel caso la gravidanza potrebbe essere un po’ più preoccupante del previsto.» La sua preoccupazione però non si limita certo a questo. Ne aveva già parlato con Darko, ed aveva tutta l’intenzione di spiegare per bene la situazione anche ai due una volta che si fossero calmati e riposati come si deve, ma ormai sono in argomento. «Senza contare un secondo fattore…»
«Un altro?!»
Fratello e sorella si guardano dritto negli occhi, in silenzio e con un leggero timore ad avvolgerli, incapaci di aggiungere una sola parola. A dar loro un piccolo aiuto c’è però Darko, che prova molto cautamente ad avvicinarsi alla coppia. Radish, però, non glielo permette, pietrificandolo sul posto con un’occhiata al vetriolo.
«Come ti avevo già detto, l’attacco che hai usato contro Jäger, viste le tue condizioni, avrebbe dovuto ucciderti, ma tu lo hai ucciso per prima. Così facendo, ti sei presa la sua forza, che ti ha quindi tenuta in vita. Il problema qual è? Tu avresti dovuto assimilare quasi tutta la sua potenza, tanto da risultare ben più forte anche di Everett, ma questo non è successo.»
«Il più forte rimango sempre io, ragazzina!» Scherza subito il Beta, per smorzare un poco la tensione. E ci riesce, perché Sherry non perde tempo per fargli una linguaccia assai poco regale.
«Quel che voglio dire, è che qualsiasi cosa stia crescendo lì dentro, si è fagocitata almeno la metà di quella potenza.» Conclude Darko, col tono di voce inizialmente risentito per la nuova interruzione. E pensare che ti ho educato meglio di così… spero che quelle due creature ti ripaghino con la stessa moneta!
«Perché cazzo non avete detto niente, prima?!» Sbotta dopo un paio di secondi Sherry, accendendo involontariamente i propri occhi in segno di minaccia — seppur non reale.
«Perché stavi a tanto così da una crisi isterica ed esistenziale, e perché avevi già minacciato di fare qualcosa di davvero stupido! Con che coraggio potevamo dirti una cosa del genere, prima che la scimmia ti calmasse?!» Le risponde a tono Everett, con un lieve ringhio che gli risale su per la gola. Perché lei è sì la sua Regina, ma è anche sua sorella minore, nonché una specie di figlia adottiva; non le permetterà mai e poi mai di mancargli di rispetto in alcun modo, soprattutto ora che è praticamente fuori pericolo.
«Ehi, Radish?»
Il Saiyan si volta svogliatamente verso Darko, che è ormai al limite del suo confine mentale. Lo guarda dritto negli occhi, tenendo le mani ben in vista. La sinistra è ben aperta, mentre nella destra tiene un laccio emostatico, delle provette ed altri materiali. Gli sta chiedendo di avvicinarsi, gli sta chiedendo il permesso di toccarla.
Non vorrebbe, il suo istinto — o il suo lupo — gli urla a gran voce di cacciarlo di camera a pedate, ma la sua parte razionale sa che vuole unicamente accertarsi della sicurezza di sua moglie e dei suoi figli.
Con riluttanza, infine, accetta.
«Dammi il braccio.» Afferma con tono fermo, allungano la mano libera verso Sherry. Lo sguardo pieno di puro panico che gli rivolge subito dopo è qualcosa che lo sorprende come un pugno nello stomaco.
«Perché?»
«Perché devo farti il prelievo. Non pensare che, visto che probabilmente abbiamo capito dove stava il problema, smetterò di monitorarti. Non ci pensare proprio, soprattutto alla luce di questi dettagli!»
Gli occhi di Sherry scattano da quelli chiari di Darko agli strumenti che tiene saldamente in mano, ed un brivido le scorre lungo la schiena.
«Se il mio sangue è nelle mie vene, vuol dire che è lì che deve stare. Non in quella fiala!»
Il silenzio che piomba nella stanza è surreale, e tutti gli occhi sono puntati su Sherry. Tranne Fern, più che consapevole di questo suo assurdo limite, nessun altro lo immaginava neanche alla lontana. Alla fine è Radish a prendere la parola, con il tono che oscilla tra l’incredulo e il divertito: «Hai paura di un prelievo del sangue? Sul serio?»
«Mi fa impressione che mi venga bucata la vena da un corpo estraneo. Secondo te perché non mi sono mai iniettata niente? Mi fa senso!»
Ride, Radish. Ride come non faceva da tempo, riempiendo tutta la stanza con il suono forte della sua voce. Si tiene una mano sugli occhi, e ride anche più forte quando Sherry, contrariata, gli batte un pugno sul pettorale.
Chichi e Fern, allibite dal comportamento idiota del nuovo Re di quella pericolosa specie, e dal fatto che la nuova Regina sembri più che disposta ad amputarsi un braccio anziché farsi fare un forellino con un minuscolo ago, prendono Everett da un lato e cominciano ad elencargli tutto ciò che potrà o non potrà mangiare durante la gravidanza. I suoi tentativi di farle smettere e di cacciarsi fuori da quella conversazione per lui inutile falliscono miseramente, tanto che, alla fine, si poggia con le spalle al muro e si limita ad ascoltare. Sa cosa possono mangiare le donne umane quando aspettano, non è un idiota, ma comprende la loro apprensione.
Quando però le due toccano un particolare punto, l’attenzione di Sherry si sposta dall’ago indesiderato nel braccio a loro: «Come sarebbe a dire niente carne cruda? Niente caccia per i prossimi mesi?! STIAMO SCHERZANDO?!»
«Non preoccuparti, superstar. Quando Darko ha fatto tutto quello che deve fare, finisci di mangiare e poi… boh, fa’ quello che ti senti di fare, anche se penso di sapere di cosa si tratti.» Le ultime parole escono in modo assai forzato dalle sue labbra, e ciò non fa che accendere l’ilarità del Saiyan. Aveva dimenticato il loro fiuto eccezionale e la loro conseguente capacità di fiutare l’eccitazione sessuale nell’aria.
«Voi tutti, fuori.» Ordina subito dopo, sforzandosi di ignorare l’ormai ufficialissimo cognato, che adesso carezza dolcemente i capelli di Sherry per farla calmare. Se non fosse tanto importante per la sua salute — sia fisica che mentale —, non si farebbe problemi a farlo sparire almeno per un paio di mesi.
Una volta che tutti quanti sono fuori dalla stanza, si impone nuovamente la calma. Lo scatenato Quartetto è in giro per i corridoi, stanno urlando minacce assurde e pure rompendo qualcosa. Prima mi sbarazzo di questi qua, prima posso occuparmi di loro.
«Preferiremmo che non parlaste con nessuno di questi dettagli.» Afferma duramente una volta allontanati a sufficienza dai loro alloggi.
«Come? Perché?» Domanda prontamente Chichi, che invece pensava di avvertire subito Bulma della lieta notizia. La scienziata, in realtà, già sa che Sherry e Radish sono in dolce attesa grazie a Vegeta, ma non sospetta né che i futuri eredi siano due, né che abbiano tutte le carte in regola per diventare delle serie minacce.
«Perché ciò che avviene qua sotto non è affare loro, soprattutto se si tratta di cose tanto delicate e personali.» Risponde con un tono leggermente piccato il Beta, che nella mente aveva dato per scontato che lo capissero da soli «Voi avete il diritto di sapere solo perché i ragazzi condividono il sangue con Radish, e tu sei sposata col fratello. Già lui per noi è estraneo e non dovrebbe sapere, ma chiuderemo un occhio. Tu, invece, hai cresciuto Sherry come madre adottiva, e questo conta molto più di quanto si possa pensare. Per questi semplicissimi motivi, verrete sempre considerati come membri della casata reale, malgrado ciò non vi conferisca alcun genere di autorità. Riceverete sicuramente delle agevolazioni, qualora fosse necessario, ed avrete sempre un paio di stanze a vostra disposizione qui al Nord, ma non avrete alcun tipo di potere decisionale, mai. Quello spetta unicamente alla coppia dominante e a me, sono stato chiaro?»
La sua spiegazione non fa una piega, e non la fa soprattutto perché il suo tono pare suggerire che non ha più né tempo né, soprattutto, voglia di stare lì a parlare con loro. Ha tante responsabilità e tante cose da fare, tante cose da organizzare e poca voglia di stare con le mani in mano, e loro lo stanno unicamente rallentando.
«Limpido.» Afferma con un sorriso tirato Gohan, per chiudere subito la discussione. Dopo i recenti avvenimenti, ha solo voglia di mangiare qualche buon piatto tipico e poi buttarsi a letto con un buon libro a rilassarsi, se non proprio per dormire per almeno dodici ore filate.
«Se volete seguirmi, vi mostrerò le vostre stanze, poi sentitevi pure liberi di andare dove preferite.»
«Dovresti davvero toglierti la scopa dal culo.» Borbotta stizzita Fern, prima di cominciare a seguirlo. Sa bene che potrebbe ucciderla senza il minimo sforzo, ma sa anche altrettanto bene che nessuno, neanche il più incazzato, folle o stupido, le torcerebbe mai un capello. Ha cresciuto la loro Regina, l’ha salvata dal baratro; ha tirato su degli Spettri dalla forza eccezionale, salvando anche loro; ha dato la sua casa alla coppia dominante, ha fornito loro una tana sicura. Lei, sia al Nord che al Sud, verrà sempre rispettata al pari di una Regina.
«Tuo zio non ce la faceva proprio a trovarsi una donna più comune, eh?» Borbotta invece Chichi, più che infastidita dai modi scontrosi del lupo. Non che siano una novità, dal momento che ha mostrato più volte di accettare la loro presenza solo per le particolari circostanze, ma le risulta comunque difficile abituarvisi.
«Però ha un’aria davvero felice!» Controbatte allegramente Gohan, che sotto sotto è elettrizzato all’idea di avere un cugino. Anche se, in realtà, spera che si tratti di una cuginetta, un esserino piccolo e fragile da proteggere e alla quale voler bene. Non sa perché, ma spera davvero che almeno uno dei due sia bambina, gli piacerebbe davvero da morire.
Juma, dietro di loro e carico delle cose per Goten, si stringe nuovamente nelle spalle. Non gli piace particolarmente il posto, soprattutto perché non conosce molto bene chi vi abita, ed Everett lo mette non poco in soggezione. Ha un’aria pericolosa, tutto in lui suggerisce che potrebbe ucciderti sia lentamente e dolorosamente che in modo veloce e pulito, e a lui, decisamente vulnerabile, mette i brividi. «Forza, andiamo a dare un’occhiata, prima che perda davvero la pazienza!»

Un volta che Darko ha terminato con il prelievo, Sherry ha finito di lucidare tutti i contenitori portati da Chichi, e Radish si è tirato giù un paio dei grossi frutti lasciati da Everett ed una grossa tazza di caffè ancora abbastanza caldo, e adesso rimangono spaparanzati nel letto.
Liberarsi di un peso tanto enorme li rende quasi letargici, adesso, e Radish sente di non avere alcun briciolo di energia per uscire ad occuparsi di qualsiasi cosa, e Sherry anche meno. Per loro enorme fortuna, nessuno criticherà la loro pigrizia, sia perché il Sovrano non è assolutamente obbligato a fare alcunché, tranne proteggere il branco da eventuali minacce, sia perché, di colpo, si sono fatti tutti apprensivi per la delicata condizione della neo-Regina. Non solo apprensivi in realtà, perché sono anche euforici ed entusiasti all’idea del nuovo erede al trono, consapevoli che si tratti del tanto sospirato principe.
La fortuna, per la prima volta, pare sorriderli, e questo non fa altro che spingerli ad abbandonarsi ancora di più al totale riposo.
Le tiene un braccio attorno alle spalle, Radish, sfiorandole la spalla coperta, mentre un profondo senso di pace lo avvolge.
«Pensavo…»
«Dovresti imparare a bloccare il flusso di pensieri, sai? Almeno una volta ogni tanto, vivresti molto meglio.» Ecco quello che per Radish è un altro difetto di Sherry: non riesce a godersi del tutto il momento, il suo brillante cervello non riesce a fermarsi neanche nei momenti di totale calma. Hanno capito con grande probabilità quale fosse il problema con i bambini, hanno due interi branchi di Spettri disposti a ingoiare le fiamme dell’Inferno per la loro sicurezza, e tra loro le cose sono di nuovo a posto, anche più di prima; perché mai non abbandonarsi sul materasso a fissare il soffitto, finché non sopraggiunge il sonno? Non riesce a capirlo.
«Non sono mica come te. Il mio cervello è sempre in movimento!»
«Sì, e ti fa sparare un sacco di stronzate!» Ridacchia appena quando lo colpisce sul petto, bloccandole la mano nella sua. I suoi polpastrelli freschi che gli sfiorano il palmo, adesso, sono sin troppo distensivi «A cosa pensavi?»
«E se…» Si inumidisce le labbra, incerta su come proseguire la conversazione. Non vuole che gli si rovini l’umore, non quando lo vede finalmente tanto rilassato e felice, ma sente che sia davvero sciocco tenersi dentro un simile dubbio a lungo. Ormai, in fondo, è chiaro: prima parlano, prima risolvono. «E se non fossero forti come te? Voglio dire… se non potessero usare il ki, come me?»
«Impossibile.» La sua risposta è secca e lapidaria, sputata con una tale ferrea convinzione da lasciarla di sasso per un paio di secondi.
«Perché?»
«Perché dei figli nostri avranno le capacità di fare tutto ciò che vorranno.» Lo dice come se fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo, e il suo sguardo arrogante non fa altro che far pensare alla compagna che stia in qualche modo scherzando.
«Sono seria.»
«Anche io.» Consapevole che non mollerà la presa finché non si convincerà a sua volta, si gira su un fianco e la stringe contro il petto, guardandola dritto negli occhi. «Bimba, credimi: qualsiasi cosa stia crescendo lì dentro, non sarà da meno a nessuno. Saranno addestrati ed educati, sani e forti, e niente potrà mai fermarli. Ehi, perché quella faccia?»
Per quanto le sue parole le abbiano scaldato il cuore, riempiendolo di una nuova rosea speranza, sul suo volto si è dipinta un’espressione incerta ed un poco triste. «Forse sarà anche come dici, ma non lo sapremo se non trovo un modo per mantenermi abbastanza in forze.»
«Non cominciare con questi discorsi del cazzo, chiaro?! Non voglio sentirli neanche per sbaglio!» Sbotta con nervosismo Radish, stringendo con forza la mascella. Non vuole arrabbiarsi, non con lei, ma la sola idea che qualcosa possa andare storto gli fa ribollire il sangue nelle vene, facendogli desiderare solo di distruggere tutto ciò che lo circonda.
«Andiamo, Radish. Guardami! Avrò perso dai sei agli otto chili da quando sono rimasta incinta.» Ed è vero, pure Radish lo sa. Quando le accarezza la schiena o la stringe a sé, sente sempre le costole sotto le dita. Di colpo, come un fulmine a ciel sereno, la dolce immagine di lei con un enorme pancione si inclina, facendolo raggelare. Non ha però alcuna intenzione di farsi condizionare dalla propria fantasia e dai propri timori, così ricaccia indietro quell’orribile immagine.
«Abbiamo trovato una soluzione, tranquilla. Ora non dovrai far altro che ingozzarti come un maiale! Inoltre c’è sempre Shenron, no? Stai in una botte di ferro.» E detto questo la bacia, zittendola prima che possa uscirsene con qualche altro catastrofico dubbio.
Non potrebbe sopportare il dolore se capitasse loro qualcosa, lo annienterebbe. Quei due cosini, che secondo Darko hanno ormai le dimensioni di due ciliegie o poco più, sono insopportabilmente importanti per lui, e la sola idea di perderli lo fa star male fisicamente. Perdere Sherry, invece, è unicamente impensabile.
«Sei sorprendentemente ottimista.» Mormora con un tenero sorriso, rimanendo vicina alle sue labbra.
Non ho scelta, bimba. Perdervi sarebbe qualcosa di molto peggio della morte. «Già… e pensare che avevi detto di esserlo tu.»
«Quando lo avrei detto?»
«La sera che ho vinto la scommessa, al rave.» Un caldo sorriso gli si apre in volto, perché ormai ha completamente deragliato la sua attenzione su tutt’altro argomento. L’idea che forse quelle creature le stiano portando via i neuroni si fa sempre più forte, perché fino a qualche settimana prima non era così semplice.
Deciso a cavalcare l’onda e allontanarla ulteriormente da ogni possibile preoccupazione, che poi toglierebbe il sonno più che altro a lui, si lascia scivolare delicatamente sul suo corpo, e giocherella poi con una ciocca bicolore vicino alla mascella.
«Stava per scoccare la mezzanotte, e tu sei stata così avventata da bere e farti sollevare in aria, e io ti ho vista. Sei entrata dentro quella sottospecie di fabbrica fatiscente per sfuggirmi, ma ti ho ripresa subito. Ti chiesi tipo se pensavi davvero di potermi sfuggire… e tu dicesti di essere un’inguaribile ottimista.»
Non è il peso di Radish a toglierle il fiato, stavolta. «Davvero ti ricordi tutto questo?» Quando annuisce distrattamente, con gli occhi attenti che le osservano le cicatrici, Sherry sente ogni cellula del proprio corpo vibrare insopportabilmente per lui. Non conosce molti modi per far capire i propri sentimenti, tanto da arrivare in più occasioni ad usare il sesso per fargli capire come si sente dentro, ma sa non essere sufficiente. Lui, talvolta impegnandosi e talvolta spontaneamente, riesce a mostrarle molto di più in molti modi diversi, mentre lei non riesce ancora a trovare il modo ideale. Regali? No, Radish non è un tipo materiale. Lettere d’amore? Decisamente no, lo farebbero ridere. Dirglielo ogni singolo giorno? Forse, chissà…
«Ricordo anche che poco dopo mi hai baciato… e che morivo dalla voglia di farti mia immediatamente.» Gli viene quasi da ridere a ripensarci, soprattutto perché, per quanto sono state frenetiche le cose tra loro, gli sembrano tutte cose accadute una vita fa.
«Non ho mai capito cosa ti ha fatto trattenere, sai?»
«Volevo che tu lo volessi allo stesso modo.» Quando Sherry gli accarezza la guancia, per un momento si scioglie contro il suo palmo, sospirando con fare liberatorio. Prima ancora che fosse ufficialmente sua per la vita, l’idea di averla era diventata quasi un’ossessione. Tutto in lei gli aveva fatto capire subito che era una donna per la quale valesse la pena faticare, che gli avrebbe dato quello stimolo che cercava tanto disperatamente. Dio, avevo fottutamente ragione!
«Guarda a cosa ti ha portato una simile scelta…»
Alza gli occhi, puntandoli nei suoi, ed un solo, semplice pensiero gli attraversa la mente: Sì, sta diventando irrimediabilmente scema.
«Dovrebbe forse dispiacermi?»
Ed eccolo lì, il sorriso che Radish vuole vederle in volto per il resto della sua vita, quello dolce, felice, spontaneo ed incredibilmente luminoso che gli fa battere il cuore con tanta forza. È il sorriso che ha per lui e solo per lui, quello che lo fa impazzire e sciogliere, quello che lo spingerebbe a mettere l’intero Universo ai suoi piedi per un suo capriccio.
La bacia di slancio, spingendosi d’istinto contro il suo corpo… che di colpo si riaccende quasi dolorosamente.
La vuole, e lei vuole lui anche di più, ma non è sicuro di poterla avere. Darko, poco prima, ha detto che non ci sono problemi — a patto che nel mentre non decidano di picchiarsi a sangue —, ma non si sente sufficientemente tranquillo per farlo. Il reale problema, però, è tutt’altro: si sente troppo eccitato, tanto da desiderare di farla piangere per il piacere, di farle perdere i sensi come è già riuscito a fare, e sente che non è decisamente il caso. Meglio sfogarsi in un altro modo, prima…
«Hai l’aria stressata, bambolina… e Darko si raccomandato di non stressarsi.» Mentre il sorriso di Sherry cambia, diventando lussurioso e civettuolo, la mano gli scivola lentamente in mezzo alle sue gambe, sotto la sottile barriera dei pantaloni, e un sospiro eccitato e frustrato gli sfugge dalle labbra quando la trova già bagnata e pronta ad accoglierlo. Non subito, no. Non posso, non così.
Le bacia un’ultima volta mordicchiandole appena il labbro inferiore, prima di mettersi in ginocchio per far sparire quegli odiosi pantaloni.
Non appena gli apre le cosce in un chiaro invito, esponendosi totalmente ai suoi occhi lussuriosi, deve far appello ad ogni rimasuglio di autocontrollo per non fare qualcosa di cui potrebbe poi pentirsi. Prima ci sfoghiamo un po’… poi fanculo tutto!
Si inumidisce le labbra quando incontra i suoi occhi ormai liquidi, e, mentre si abbassa, mormora: «Vediamo se riesco a farti rilassare un po’…»
Inconsciamente, Radish sta ufficialmente firmando la propria condanna.

 

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Malgrado l’intero Team Z — e i pochi fortunati che gli orbitano attorno — sappiano di non avere niente da temere dagli Spettri, sanno anche altrettanto bene quanto non sia decisamente il caso di entrare nei loro territori senza la loro approvazione. Vederli impazzire per qualche motivo e scannarsi di botte solo perché hanno preferito far di testa propria non è certo augurabile, soprattutto se vogliono mantenere il quieto vivere. Perché sì, loro non hanno di che doversi preoccupare e lo sanno, ma niente potrebbe impedire agli Spettri di riversare il proprio malcontento su altri, il tutto senza farsi beccare.
No, decisamente non è augurabile.
Però ormai devono vederli. Da una parte vorrebbero fare le congratulazioni ai futuri genitori, dopo aver ricevuto la conferma della lieta notizia, dall’altra vorrebbero chiedere gentilmente se per caso c’è il loro zampino dietro i recenti incidenti. Perché fuori dal loro mondo segreto stanno succedendo cose, e Crilin lo trova giusto un po’ strano. Loro tornano calmi e senza preoccupazioni, e il mondo viene travolto da una bizzarra ondata di crimini? Troppo strano per essere una semplice coincidenza.
Ed hanno pure ragione a pensarlo, perché dietro ci sono proprio loro. Tra il Nord e il Sud ora c’è la pace, sono alleati, quindi perché non tornare ad occuparsi dei propri affari? In fondo, non sono certo pochi, lì in mezzo, a tenere le mani un po’ ovunque. Pure Bree, malgrado la gravidanza, sta ricominciando ad occuparsi dei propri affari!
Stanno cominciando ad uscire in gruppi adesso, anche per far capire che ora sono più in forze di prima, e che non hanno mollato un cazzo.
Strozzinaggio, spaccio di stupefacenti ed altro, estorsione, e chi più ne ha più ne metta. Tutti loro hanno ripreso in mano le proprie attività per arricchirsi — e per arricchire il nuovo Territorio —, e molti altri si sono uniti per aiutare e rendersi utili. Pure gli Omega sono finalmente usciti, scoprendo un mondo tutto nuovo che li ha come stregati. Non vogliono abbandonare casa loro, ma certo non si tireranno mai indietro quando ci sarà da uscire per qualche lavoretto.
Due cose in particolare li hanno colpiti nel profondo: il frozen yogurt e il circo. In entrambi i casi, si sono strafogati malissimo.
Perché il circo, ai loro occhi, è qualcosa di inconcepibile, e ciò li ha portati ad appartarsi nelle loro prossimità, per poi colpire nel cuore della notte e compiere delle vere e proprie stragi. Alcuni animali, quelli che per loro avevano qualche speranza, sono stati rilasciati, altri buttati nei rifugi ed altri ancora mangiati.
Tutti gli Spettri usciti, inoltre, ora non fanno altro che gironzolare casualmente nei pressi del maniero del Nord — cosa mai accaduta prima —, nella speranza così di incontrare almeno uno dei tre membri della famiglia reale e raccontargli quanto sono stati bravi, avendo infatti seguito le nuove regole. Donne e bambini non sono stati toccati — eccetto le donne che, purtroppo, si erano macchiate di crimini troppo gravi da ignorare —, e con questo sperano di entrare nelle loro grazie. Purtroppo per loro, però, la nuova coppia dominante si vede assai di rado, ed è praticamente impossibile avvicinarli. Con Everett, in genere, è più semplice, ma il suo sguardo gelido li mette sempre un po’ in soggezione, quel tanto che basta dal fargli passare la voglia di interagire.
Crilin, però, tutto questo non lo sa. Sa solo che tante, troppe persone sono sparite nel giro di quasi settantadue ore, e che altrettante sono state trovare in stati così osceni da essere irriconoscibili. L’unica cosa che può fare, adesso, è chiedere a loro se c’entrano qualcosa e, nel caso, mettersi l’animo in pace. Tanto, che gli vuoi dire? Come gliela fai cambiare idea? Con Blackwood non si può discutere civilmente, fa come vuole punto e basta. Con Sherry e Everett? Con la loro arroganza è anche peggio, senza ombra di dubbio. Gli rimarrebbe giusto Radish, ma non è del tutto certo che sarebbe poi troppo disposto a dargli ascolto.
Dopo aver quindi contattato Roman, hanno fatto in modo di ottenere il permesso per entrare di nuovo nei loro Territori, e adesso l’antico Spettro li sta docilmente accompagnando.
Lo sa bene, Roman, che è bene che vada a sua volta perché i futuri genitori stanno meditando una qualche vendetta, malgrado siano felici della piega che hanno preso gli eventi. Lo faranno un po’ per dispetto e un po’ per una sorta di ripicca infantile, ma a lui sta più che bene ed è disposto a dar loro ciò che chiederanno.
Malgrado però un po’ tutti vogliano andare nei Territori del Nord, un po’ per rivedere le facce amiche e un po’ per Radish e Sherry, sono momentaneamente diretti al Sud.
Per quanto l’umore generale sia incredibilmente alto, ed anche che praticamente tutti siano tornati in forze ai propri lavori, non si può rischiare di portarli direttamente dai nuovi Sovrani. Prima, infatti, è bene che Everett trovi le forze per allontanarsi da loro e li accolga di persona, perché altrimenti i due uomini potrebbero reagire in modo un tantino scortese.
Roman non si è infatti sorpreso neanche del fatto che pure il Beta sia diventato molto protettivo nei confronti di Sherry, molto più di quanto già non fosse. Secondo Darko, infatti, ha assunto lo stesso atteggiamento di Radish, che già per i fatti suoi è una specie di mina vagante pronta ad esplodere. Se non ci sono ancora stati spiacevoli incidenti, è solo perché non c’è un solo Spettro, sia al Nord che al Sud, che non sappia di questo particolare, e quindi tutti si tengono ben alla larga.
Fanno appena in tempo ad entrare nei Territori del Sud, che un groviglio urlante e ringhiante di braccia, gambe e capelli taglia loro la strada.
Non saprebbero neanche dire che età abbiano i vari sfidanti, a malapena in quanti siano, ma la cosa certa è che se ne stanno dando di santa ragione. Botte serie, cose dolorose, e le urla e gli insulti che volano sono quasi shoccanti per tutti loro. Pure Vegeta, che comunque proviene da un pianeta dove la violenza si sprecava, rimane abbastanza attonito di fronte alla scena.
«OHHH! E BASTA!» Non conoscono l’uomo che, dall’alto di una piccola insenatura nella roccia, ha berciato con tanta rabbia, riuscendo a bloccare, seppur per poco, i tre ragazzini.
Ma ai tre frega poco o niente di lui, esattamente come non gli frega degli altri. Al limite del padre e del nonno, se proprio devono indicare qualcuno, ma loro adesso non ci sono e il detto parla chiaro: quando il gatto non c’è, i topi ballano. E adesso è il lupo a non esserci, e così i tre topetti pensano bene di rizzarsi in piedi giusto per risaltarsi addosso, affondando i denti nella carne l’uno dell’altra e riprendendo a tirarsi cazzotti nei reni e nell’inguine.
Il gruppo li guarda ruzzolare da una parte alla stessa velocità alla quale sono apparsi, e proprio non si spiegano come abbiano fatto a scordarsi della follia che dilaga da quelle parti. L’unica che non viene neanche lontanamente toccata da tutto questo è Fern, abituata a cose ben peggiori di una piccola baruffa tra cuccioli.
«Sono quasi del tutto certo che abbiano qualcosa che non va.» Questa voce invece la riconoscono: Laurel.
Lo notano apparire sulla stradina principale, affiancato dal padre e Arus, e con Timo ed Hurricane alle loro spalle
«Non hanno niente che non va, Laurel. Rompono le palle proprio come facevate voi tre.» Controbatte prontamente Greywind, osservando i tre a distanza. Per quale ragione se ne stiano dando questa volta non lo sa, ma non vuole neanche saperlo. Per loro è sufficiente che uno dica una parola con un tono più duro del solito per scattare.
«Noi non ci massacravamo di botte!»
«Ah, quindi non eri tu a lanciarli addosso le pietre per accecarli, non era Timo a provare a strangolarvi nel sonno, e non era Blackwood a provare ad incendiarvi con le boccette d’alcol?»
Il terzogenito, per niente a disagio nel far sapere queste faccende private anche agli ospiti, risponde con una scrollata di spalle: «Ma non ci massacravamo di botte.»
L’ennesimo urlo rabbioso di uno dei tre combattenti, però, ha il potere di far cadere la piccola discussione, catturando la totale attenzione dell’Alpha. Si piega infatti sulle ginocchia, afferra un grosso sasso e, con una precisione invidiabile, lo lancia, colpendo in testa una delle ragazze.
«Avete. Rotto. I. Coglioni!!!»
Due ragazzine e un ragazzino adesso lo guardano, gli occhioni sgranati per la sorpresa, ed infine un grande sorriso colpevole appare sui visetti ambrati. Secondo ammonimento del giorno da papà, non ce ne sarà un terzo, meglio spostarsi il più lontano possibile.
«Se penso che stanno per nascerne altri tre, mi viene da strapparmi le palle da solo.» Borbotta stizzito, mentre viene affiancato dal fratello «E comunque buon pomeriggio e ben arrivati!»
I sorrisi allegri, infantili e dispettosi dei due li mettono per un istante sulla difensiva, temendo inconsciamente qualche tiro mancino dei loro, ma la presenza di Greywind e Arus scaccia subito quella sensazione. Se vogliono davvero far qualcosa di stupido, lo faranno proprio a loro.
«Prima di accompagnarvi dai vostri amici, c’è una cosa che dovete vedere.» Afferma con voce un po’ troppo severa Greywind, lasciando però capire con gli occhi di non avere niente contro nessuno. È solo il suo essere, questo.
«Cioè?» Domanda svogliatamente Vegeta, che in realtà si sarebbe volentieri evitato il viaggio. Se è lì, è solo perché Bulma ha insistito davvero tanto, giocandosi, tra l’altro, un paio di argomenti molto interessanti.
La risposta dello Spettro però si limita ad un cenno col capo per essere seguito, ed ogni possibile buona intenzione comincia a vacillare. Non gli è mai piaciuto neanche un po’ essere ignorato e, malgrado a modo suo gli abbia risposto, per lui è comunque una mancanza di rispetto nei propri confronti.
Quando però Bulma, col figlio stretto in un braccio, gli accarezza dolcemente la schiena per incitarlo a procedere, si rilassa un minimo. Ha potere quella donna, su di lui. Ha un potere enorme che lui accetta con difficoltà, ma che non può proprio ignorare.
Seguendo quindi i passi del piccolo contingente di Spettri, il gruppo può nuovamente ammirare ciò che li circonda. È totalmente diverso dai Territori del Nord, come se l’uno fosse il negativo dell’altra, ma esercita lo stesso fascino, malgrado la consapevolezza che tutto può rivelarsi mortale.
Dopo una ventina di minuti di cammino a passo svelto, dove hanno potuto ammirare un sacco di creature per loro aliene, e sono pure stati avvertiti sull’eventuale pericolosità di ognuna, arrivano ad uno dei grandi laghi rossi. Il colore è più tendente ad una gradazione ciliegia rispetto al Nord, dove è decisamente più scarlatto, ma la fragranza dolciastra che emana è la stessa, deliziosa. Non sanno ancora se possono immergersi, ma confidano di poterlo scoprire in tempi brevi.
Sulla riva, seduti a gambe incrociate, una giovane donna sta intrecciando i capelli al figlio, aggiungendo dei piccoli ninnoli turchesi nelle ciocce castane. Se anche ai loro occhi appare insolito un bambino con i capelli lunghi ed intrecciati a quel modo, trovano la scena decisamente tenera, anche di più quando notano il ventre piuttosto gonfio della donna.
Dietro di loro, immersi in quell’acqua rossa e tiepida, un paio di cuccioli giocano a rincorrersi e tirarsi la coda, rimanendo sempre ben vicini alla donna. Si bloccano per qualche secondo quando li notano, per poi riprendere con i propri giochi.
«Quando vedete una scena del genere, non avvicinatevi mai, neanche se siete in buoni rapporti.» Li avverte prontamente Greywind, attirando su di sé i loro sguardi.
«Perché?» Domanda prontamente C-18, non riuscendo a capire dove sia il problema. Forse, pensa, potrebbe reagire male perché ci sono i figli tanto vicini, ma Becca non ha mai fatto niente di strano.
«Perché spesso, quando in giro c’è una futura mamma, nei paraggi c’è anche il futuro papà, e…» Arus lancia un ciottolo precedentemente raccolto vicino a lei e, da un nascondiglio in alto, il compagno scatta immediatamente, mettendosi a protezione della famiglia. Snuda le zanne pur sapendo chi ha di fronte, deciso a scontrarsi in ogni caso se dovessero avvicinarsi. Se non ha ancora fatto niente, è solo perché la sua parte razionale si rende conto che questa altro non è che una dimostrazione, e che nessuno ha lontanamente intenzione di nuocere alla compagna.
«E vi ucciderebbe subito per tenerla al sicuro.» Termina Greywind, facendo un debole cenno col capo per chiedere scusa.
Non appena lo Spettro riesce a ricollegare il cervello, dà loro le spalle e si sdraia attorno alla moglie e al figlio, rimettendosi a pisolare. La pelliccia, però, è ancora irta in mezzo alle scapole, e con questo capiscono che è meglio togliersi di torno.
«Non credevo che foste così protettivi nei confronti della compagna e della prole.» Pensa ad alta voce Tensing, raggelandosi nel momento esatto in cui si rende conto che forse ha detto qualcosa di sbagliato. «Senza offesa.» Si affretta infatti ad aggiungere, sospirando mentalmente quando si accorge che sono rimasti perfettamente calmi e a loro agio.
«Nessuna offesa. Semplicemente anche noi abbiamo reazioni diverse, e in quel caso la notizia è stata molto gradita.» Laurel più di tutti preferirebbe evitare l’argomento, perché quando sua moglie Isabel rimase incinta, furono assolutamente inavvicinabili per quasi due settimane, tanto il suo lupo divenne protettivo. Le prese in giro che ne seguirono tuttora lo mettono in imbarazzo.
«Arriverebbe a rigirarsi contro chiunque, anche un parente, e sempre con l’intento di uccidere.» Li avverte Timo, pizzicando il braccio del fratellino. Se non fosse più veloce e fisicamente più forte, probabilmente avrebbe rimediato qualcosa di più di un semplice graffio sulla spalla quando, per farlo incazzare, saltò all’improvviso accanto ad Isabel.
Per quanto si renda conto che sia un atteggiamento dolce, per quanto probabilmente “malato”, Bulma non può fare a meno di domandare una cosa di un certo spessore: «Pensate che Radish potrebbe reagire alla stessa maniera?»
«Non lo pensiamo affatto. Lo sappiamo per certo.» Risponde pacatamente Arus, domandandosi internamente perché quei loro cuccioli sembrano tanto impazienti di farsi prendere in braccio da uno di qualsiasi di loro. «Il vostro amico ha accettato la gravidanza con sorprendente entusiasmo, e potrebbe arrivare a compiere gesti davvero estremi se avvertisse una qualche minaccia.»
«E non scordiamoci di Everett!»
Un brivido gelido attraversa la schiena di Arus, seguito poi da un forte tremore nelle mani. È sicuro che non riuscirà mai ad accettare la vicinanza di Darko, e vederlo arrivare adesso, così spigliato e strafottente com’è sempre stato da che ne ha memoria, glielo fa credere solo di più.
Il Team Z invece è arrivata ad apprezzare la sua compagnia, poiché notevolmente intelligente e carismatico, capace di conversazioni estremamente serie ed impegnative quanto di futili e divertenti. Darko è decisamente un uomo assai poliedrico.
«Quello sarebbe capace di avvelenarvi se solo sospettasse che da qui a vent’anni possiate fargli qualcosa di nocivo!» Sorride in modo diverso, stavolta, come se si fosse tolto un gran peso dalle spalle. Pure per chi non possiede gli sviluppatissimi sensi degli Spettro è evidente che, prima di arrivare da loro, fosse a divertirsi.
«Non ce lo facevo.» Ammette senza problemi Timo, che non si è mai perso dietro questi pensieri. Lui segue Blackwood, se c’è da attaccare attacca e fine della questione.
«Non sembra, vero? Invece è uno stronzo impareggiabile!»
«Mi domandavo una cosa…» La voce acuta ed incerta di Crilin attira però la loro attenzione, evitando così ogni possibile battuta «I vostri primogeniti sono sempre più forti dei genitori, giusto?»
«Giusto.» Asserisce Darko, piegando un poco la testa di lato. Non riesce a capire cosa C-18 ci trovi in lui, non tanto per l’aspetto fisico quanto per la scarsa forza fisica. Tra gli Spettri non avverrebbe mai un’accoppiamento con un simile dislivello. Chissà che con questa assurda ondata di novità, non cambi pure questo aspetto?
«Quindi questo… ehm… ibrido diventerà per forza sia più forte di Sherry che di Radish, giusto?»
Fosse questo a doverti preoccupare! «Sì. Qual è la vera domanda?»
In realtà ci pensava dal momento esatto in cui Bulma ha dato loro la lieta notizia, ma adesso non è del tutto certo sul come porsi. Sa bene quanto possano essere insopportabilmente permalosi, e Dio solo sa come potrebbero reagire se i suoi pensieri sul prezioso e chiacchierato nascituro non dovessero andar loro a genio.
Ma alla fine si butta, attaccandosi all’idea che finora si sono sempre mostrati amichevoli nei loro confronti.
«Una creatura per metà Saiyan e per metà Spettro non potrebbe rivelarsi una specie di minaccia?» Nessuno gli risponde, e neanche pare aver voglia di farlo, ma neanche gli si rigirano contro in alcun modo. Rimangono con i piedi ben piazzati a terra, gli sguardi curiosamente attenti che, dopo un paio di secondi, si spostano proprio alle sue spalle.
Con un orribile presentimento a fargli tremare le ginocchia, si volta lentamente fino a ritrovarsi faccia a faccia con una delle due persone che proprio non vorrebbe mai e poi mai far incazzare, da quelle parti.
I suoi occhi chiari sembrano capaci di scavargli fin dentro l’anima, e poi pure dilaniarla per spregio. A lui decisamente non è piaciuta la sua domanda.
«Ehm… c—ciao, E—Everett!»
Non si era accorto della sua presenza, per niente. Nessuno, in realtà, se n’era accorto, se non gli Spettri grazie al fine olfatto.
Se ciò è stato possibile, è solo perché Everett ha già imparato a gestire perfettamente la propria aura, riuscendo quasi ad azzerarla a proprio piacimento. Il fatto che riesca in cose tanto innaturali per la sua specie, fa capire con maggiore chiarezza quanto sia uno Spettro ben poco comune.
Senza staccare gli occhi dai suoi, si abbassa al suo livello, sibilando tetramente: «Questa volta lascerò correre, ma se dovessi sentire un altro discorso del genere, ti farò fuori
«È un dubbio legittimo, non credi?» S’intromette bonariamente Hurricane, che, al contrario di quanto ci si possa aspettare da lui, non subì nessun particolare cambiamento comportamentale prima di diventare padre.
«Ce n’è anche per te!»
Fern, che non ha decisamente più voglia di questi loro discorsi sciocchi, prende la parola con tono deciso e postura fiera, attirando così su di sé la totale attenzione dei predatori. «Lei come sta? E Radish?»
Impiega un paio di secondi per ricomporsi, Everett, ma poi il suo aspetto ritorna quello serio e arrogante di sempre, indice che si è dato una bella calmata. «Sono tranquilli. Certo, sapere che sono due è stato un po’—»
«DUE?!»
«Sì, due. Non lo sapevate?» Gli occhi freddi gli ricadono di slancio su Chichi e Gohan, riempiendosi di sorpresa per il loro silenzio. Non tanto per Gohan in realtà, che ha già inquadrato come un bambino capace di farsi ampiamente gli affari suoi, ma per Chichi nutriva dei seri dubbi. «Comunque stanno tutti bene. Il battito dei piccoli sta acquisendo sempre più vigore, e ciò implica che presto avranno la classica impennata della crescita che hanno i nostri piccoli, e ciò ci permetterà di vedere la pancia. Non avete idea in quanti si stanno mangiando le mani nell’attesa di vederla!» Tra tutti loro, lui sta in prima fila con Radish. Anzi, loro due ormai sono arrivati a rosicchiarsi pure i gomiti, tanto sono impazienti, ed il numero di volte in cui Radish si è appropriato del doppler per sentirli nuovamente.
L’atmosfera un poco tesa viene poi completamente smorzata dall’arrivo dell’unico essere vivente sul piante Terra capace di distrarre veramente il Beta.
«Giorni celesti! Guarda un po’ chi ci degna della sua presenza!» Batte con forza le mani, cercando di attirare l’attenzione di quanti più Spettri possibile.
I figli lo seguono con faccette stanche, senza però voler ammettere neanche sotto tortura che stare in piedi fino alle sei del mattino, dormire un’oretta e poi tornare a giocare non è stata una mossa molto brillante. Nike, dietro di loro, li osserva come un falco, prontissima a cazziarli davanti a tutti non appena metteranno un piede in fallo.
L’idea di Blackwood in fondo potrebbe non essere stata troppo marcia: non vogliono dormire? Bene, che facciano come credono, però poi devono rispettare la tabella di marcia senza lamentele o interferenze. Inutile dire che Nike non vede l’ora che si appisolino da qualche parte, così da svegliarli in modo brusco e costringerli a rimanere svegli fino all’ora della nanna, giusto per rimarcare che lei sa cos’è meglio fare e loro no. Forza, piccole canaglie, cedete! CEDETE!
«Hai finito?» Lo rimprovera bonariamente Everett, lasciandosi avvolgere le spalle dall’altro.
«Sono solo sorpreso! Ormai passi ogni secondo appiccicato al culo di quei due, e non c’è verso di avvicinarvi.» Non che con lui fosse poi troppo diverso in realtà, poiché orbitava attorno a Nike senza sosta, ma non per questo non lo prenderà in giro!
«Sì, ci dobbiamo ancora lavorare.» Che poi non è del tutto vero, però si rende conto che, in effetti, loro tre passano davvero troppo tempo assieme. Lui e Radish una volta hanno provato ad affrontare l’argomento quando Sherry si assopì in mezzo a loro, ma non hanno trovato alcuna buona idea. Verrà tutto col tempo, un passo alla volta. «Comunque sono qui per informarvi che il Re vuole un Concilio entro metà pomeriggio. Ci sono delle cose delle quali vuole discutere con molta urgenza.»
«Direi che si è ambientato davvero molto bene!» Scherza con un ampio sorriso Yamcha, che sente nuovamente quella spiacevole sensazione di decine di occhi che lo puntano. Ed ha ragione, perché rimpiattati lì attorno ci sono un sacco di bambini pronti a sequestrarlo per giocare ancora. Di ragazze, purtroppo, no.
«Io sono più sorpreso del fatto che riesca ancora a parlare!» La voce allegra di Micah, con le risate dei fratelli a fare da sottofondo, li fanno voltare tutti. Loro sono quelli che meno di tutti si fanno problemi ad andare da una parte all’altra, ad esplorare e interagire. «Cazzo, non vorrà scoparla, ma l’odore che emanano entrambi non mente!»
«Dammi una buona ragione per non farti a pezzi, forza.» Ringhia di rimando Everett, senza neanche spiegarsi il perché. In fondo non ha detto niente di pesante su Sherry, insinuando qualcosa — per altro di vero — solo sul cognato. «Stai molto attento, cucciolo, perché la prossima volta non sarò tanto clemente.»
«A me mica davi tutti questi avvertimenti!» Lo sguardo di Blackwood passa dall’oltraggiato al desolato in pochi secondi, e finte lacrime gli riempiono gli occhi furbi. Esattamente come quando erano piccoli, non serviranno assolutamente a niente, però gli viene comunque d’istinto provarci, avendoci infatti fregato più e più volte i genitori. «Sono ufficialmente offeso a morte, vaffanculo!»
«Se avete finito col vostro teatrino idiota» sibila Greywind, lanciando una veloce occhiata ai nipoti che se la ridacchiano sotto ai baffi «direi che possiamo già dirigersi nella sala riunioni del Nord, visto che dubito che Radish le permetterà di muoversi troppo.» Si volta poi verso gli ospiti, un poco dispiaciuto per il loro probabile viaggio a vuoto. Probabile, ma non sicuro però, perché in fondo hanno stretto dei rapporti tra la loro gente, e niente gli impedisce di rimanere. «Temo che la faccenda andrà per le lunghe, quindi potete rimanere qui, rilassarvi, oppure tornare a casa e ripassare domani. A voi la scelta.»
Gli Spettri hanno tutto ciò di cui si può aver bisogno, lo sanno. Se invece qualcosa manca, niente gli impedisce di procurarselo in tempi assai brevi, in un modo o in un altro.
Non gli manca niente, hanno dell’ottimo cibo e sono ben disposti ad ospitarli per sdebitarsi del loro aiuto in battaglia. Ci sono però diversi adolescenti che martellano loro l’anima per avere un qualsiasi tipo di notizia su Muten, che ancora giustamente non se la sente di addentrarsi in un luogo tanto pericoloso, e loro non sanno più come tenerli a bada. Non ne hanno neanche più voglia in realtà.
Indecisi su come agire, è la voce incerta ma speranzosa di Gohan, che finalmente ha trovato dei possibili amici della propria età, a far capire loro che, forse forse, potrebbero anche trovarsi qualcosa da fare e rimanere per la notte.
«Beh, ormai siamo qui…»
Dopo un velocissimo passaparola, pure Theodora viene informata, e Asthon e consorte si ritrovano costretti a mettere su il bollitore per offrire loro un buon tè.

 

Non ha la minima idea, Radish, da dove sia saltato fuori il coraggio di richiedere un Concilio urgente, né tantomeno da dove gli sia uscita tutta quella determinazione e sicurezza nella voce.
Erano su una delle ampie terrazze a riposarsi su dei grossi cuscini, sorseggiando una bevanda calda. Sherry ed Everett giocavano a Scarabeo, e Sherry si stava innervosendo perché perdeva. Lui rideva ad ogni suo scatto rabbioso, trovandola adorabile, e l’ha poi stretta al petto e avvolta nelle coperte pesanti quando si è rifugiata da lui, farfugliando parole incomprensibili. È in quel momento, senza una maledettissima ragione, che ha alzato gli occhi su Everett e ha dato l’ordine, alla quale l’altro ha eseguito senza la minima esitazione.
Non appena ha realizzato quanto fatto, si è sentito gelare.
È vero che ha un sacco di idee per la testa, ma non è minimamente preparato ad esporle a qualcuno. Non ne ha parlato neanche con Sherry, in realtà, perché temeva di sentirsi dire che si tratta di sciocchezze.
Ora, invece, si ritrova seduto in cima ad un lungo tavolo di legno scuro, con la moglie al proprio fianco, e l’idea di scappare fuori dalla finestra è insopportabilmente allettante. Se però non muove neanche un muscolo, è solo perché la sua dolce metà ha paura di volare, e lui non ci pensa neanche a sottoporla ad un simile inutile stress. I suoi figli potrebbero risentirne, e lui non se lo perdonerebbe mai.
Quando poi tutti arrivano e prendono posto, rimanendo a debita distanza da loro ad eccezione di Everett, sente il sangue gelarsi totalmente ed il cuore accelerare. Ci sono troppi occhi ad osservarlo, troppe orecchie pronte ad ascoltare ciò che ha da dire e troppe bocche ancor più pronte a demolirlo.
Non si è mai interessato alla politica, non ha mai neanche lontanamente pensato che un giorno si sarebbe ritrovato in una posizione simile, ed ora è totalmente e ridicolmente impreparato.
Sono tutti lì: Blackwood, Nike, Arus, Greywind, Yvonne, Hart, Timo, Hurricane, Laurel, Silene, Maddox, Major, Micah, Voret, Darko, Alana, Willem e Glover. Ci sono anche tanti volti a lui sconosciuti, che ora hanno un’aria spaesata tanto lui. Tra tutti i nuovi membri, è forse Maddox quello che si ritrova nella posizione più di rilievo e che dovrà prestare maggiore attenzione, poiché riversa la sua fedeltà a Sherry ma ha un terreno con una casa in costruzione nel Sud.
Dopo qualche secondo passato ad osservarli, nota anche Lux, intento a disegnare qualcosa mentre sta sulle ginocchia di Yvonne, che a sua volta gli carezza delicatamente i capelli dorati. Vorrebbe trovarsi ovunque tranne che lì, e i suoi occhi stanchi ed infastiditi lo rivelano a gran voce.
Prende infine fiato, e si costringe poi a parlare, con un tale macigno sul petto da sorprendersi da solo nel riuscire ad emettere dei suoni.
«Come tutti voi sapete, qui siamo in dolce attesa.» Parte così, pentendosene subito. Bell’inizio, sì.
Lux, in una frazione di secondo, pare invece attentissimo al Saiyan, con una speranza luccicante negli occhi. Certo che lo sanno, lui ha esultato come un pazzo quando l’ha saputo. Il Principe Promesso sta per nascere, e ciò vuol dire che lui potrebbe schivarsi un proiettile enorme. I suoi cugini più grandi però lo hanno avvertito che neanche lui potrebbe volere il trono, o che Blackwood potrebbe non essere dell’idea di cedergli il Territorio, facendolo cadere per qualche minuto nello sconforto. Qualche minuto e basta però, perché la mente vivace del principino ha escogitato immediatamente una scappatoia: se sarà un maschio, lo farà innamorare in un modo o in un altro di una delle sorelle, e li costringerà così a sposarsi e prendersi tutto di conseguenza; se sarà una femmina, se la sposerà lui, le scaricherà tutto il potere, e vaffanculo!
Un piano infallibile agli occhi di un bambino tanto piccolo, che adesso gli fa battere forte il cuore. Per quanto ne sa, Radish potrebbe averli riuniti tutti proprio per proporre un simile accordo, e lui deve essere prontissimo a battersi con le unghie e con i denti per avere il consenso generale.
Arus, invece, non prova neanche un briciolo dell’entusiasmo del nipote, e subito si fa sentire. «Hai riunito il Concilio per discutere di questo? Per quanto ci possa rallegrare l’idea che stiate per mettere su famiglia, non è esattamente un qualcosa da discutere qui, Radish.»
«Tu fa’ silenzio.»
Nessuno emette più un fiato, tanta è la sorpresa. Chi, oltre alla sua defunta moglie, si è mai azzardato a zittirlo? Agli occhi dei più, in ogni caso, il Saiyan ha appena guadagnato un bel punto.
«Immagino che siate tutti a conoscenza di quella stupida profezia, no? Ecco, perché non provare ad anticiparla? Voi due avete deciso già da un po’ che avreste unito le forze, quindi non dovrebbe essere poi troppo difficile.» Continua con falsa sicurezza Radish, messo in soggezione da quella moltitudine di occhi che lo fissano con attenzione. Se la voce gli risulta comunque credibile, è solo perché Sherry, da sotto al tavolo, continua a tenergli saldamente la mano.
«Cos’hai in mente?» Domanda con reale curiosità Blackwood, abbandonandosi sulla grande sedia per far spazio a Lux, che ha ben pensato di spostarsi. L’argomento potrebbe ancora essere scottante, e deve essere sicuro di avere gli occhi del Re su di sé.
Tante cose, davvero, e non so neanche da quale partire… «Tanto per cominciare, due cose: quella merda che tanto vi piace e vi fa guadagnare tanto bene, non dovrà girare da queste parti. Chiaro? E niente alcolici ai minorenni.» La prende abbastanza larga, profondamente intimorito dal sentirsi ridere in faccia per tutto il resto.
«Ma non ci fa un cazzo di niente.» Commenta con una certa ovvietà Micah, beccandosi uno scappellotto da Glover, che poi lo guarda di traverso. Si trovano pur sempre al Concilio, il primo dopo che sono stati eletti, e l’ultima cosa che devono fare è mettere tanto in luce le loro vere personalità. Mi farò fare una protesi pazzesca solo per poterla staccare e lanciartela addosso a piacimento!
«Non me ne potrebbe fregare di meno, va bene? Non voglio dei figli tossicodipendenti o alcolizzati già a dodici anni!»
«Stai sicuro che troveranno il modo per sgarrare, come tutti gli altri.» Lo avverte con tono indecifrabile Hurricane, che già sta meditando su come punire le figlie quando succederà. L’unica cosa sulla quale non potrà dire niente di che, è quando arriveranno anche loro a leccare quella specie di rospo che secerne sostanze psicoattive. Non c’è niente di più naturale ed innocuo di quello, ed ormai è praticamente un rito di passaggio tra i più giovani.
«E allora verranno puniti di volta in volta! Non m’importa! Qui non dovrà più girare, intesi? Voglio che tutti si ripuliscano, fine della discussione.» La verità è che non lo esige solo per il futuro dei cuccioli, ma anche perché è emerso che Sherry, per tutta la durata della gravidanza e dell’allattamento, non potrà toccare niente di niente per sicurezza. Considerando poi quanto ha dovuto fisicamente faticare per farle passare l’incazzatura, arrivando ad avere dolorosissimi crampi alla lingua e al braccio, non vuole più sentir ragioni.
«L’hai presa molto seriamente, eh?»
Non è per cattiveria se non risponde a Nike, e lei lo sa, motivo per cui si limita ad un risolino e ad un’occhiata d’intesa con Sherry. La trova molto più rilassata e luminosa, e la maggiore è ben consapevole che, quando le cose vanno bene in gravidanza, le gestanti possono diventare un tantino voraci. Lei, per esempio, non lasciò uscire Blackwood dal letto per una settimana intera, fin quando, stremato, non rischiò di collassare per terra. Hart, invece, collassò e si schiantò su un cactus, fatto che portò Yvonne ad allentare il ritmo. Se adesso Nike è riuscita ad inquadrare un minimo Sherry, è certa che non stia reagendo poi troppo diversamente.
I suoi pensieri, che si stavano velocemente e pericolosamente spostando sulla figura possente e attraente del marito, vengono riportati alla realtà dalla voce bassa e forte del Saiyan.
«Ricordo che Darko disse qualcosa riguardo dei test psicologici o una cosa del genere, per valutare se uno è pazzo o meno.»
«Psichiatrici, Radish. E non tanto per vedere se un soggetto è pazzo, ma per vedere se è psicopatico. È diverso.» Lo riprende bonariamente, arrivando a pensare che, forse forse, è ben più sveglio di quanto non dia a vedere. Di sicuro, comunque, è più attento di quanto si possa immaginare.
«Sì, come ti pare. Voglio che venga eseguito su tutti, specialmente sui bambini. Per quanto riguarda i provvedimenti non ci ho pensato, ma immagino che quello possiate farlo da soli.»
«Non mi pare niente di particolarmente irragionevole. Ci vorrà del tempo però, spero che tu te ne renda conto.» Tutti annuiscono alle parole di Darko, approvando liberamente la proposta del Re. In realtà è un qualcosa che avrebbero già voluto fare da tempo, ma che è sempre stata rimandata a causa di tante piccoli problemi che richiedevano la loro totale attenzione.
«Bene. Nel frattempo, voglio che venga registrato ogni Spettro, sia del Nord che del Sud, con annesse tutte le parentele.» Afferma poi Radish, che si sta a mano a mano rilassando. Era partito assai prevenuto, ma il loro venirgli in contro lo sta velocemente ammorbidendo. Esattamente come lui, vogliono che le cose cambino, e per il Saiyan è quindi chiaro che saranno ben disposti di fronte alle sue prossime idee.
«Scusa, ma questa non la capisco.» Afferma senza peli sulla lingua Maddox, attirando su di sé gli sguardi dei presenti «Perché schedarci? Vuoi essere certo del pedigree per eventuali mostre canine?»
Sorride pure Radish, adesso. Non vuole dargli contro, è uno dei pochi che non l’ha mai voluto fare. Vuole unicamente capire a fondo le sue idee, e vuole che gli altri facciano lo stesso. «Perché voglio essere certo che non si verifichino più incesti. Mai più.»
«Anche per questo ci vorrà tempo, ma non c’è problema.» Greywind ed Arus sono più che d’accordo su questo punto. E come potrebbe essere altrimenti? L’idea che i loro padri possano essersi “innamorati” delle cugine ha sempre dato loro il voltastomaco, portandoli a temere per i figli. Arus, in particolar modo, si è sempre dovuto guardare anche dai parenti della moglie, che era stata adocchiata sin da giovane da uno dei fratelli maggiori e da un paio di cugini.
Su questo delicato punto, Radish avrà sempre il loro assoluto appoggio.
«Altro?» Domanda Blackwood con un sorriso furbetto sulle labbra, consapevole che non sia tutto lì. Lo capisce dai suoi occhi, da quel fuoco che li anima, ed è certo che la parte migliore debba ancora arrivare. Mi spiace, Pasticcino, ma tuo cognato ha tutta la mia simpatia e il mio appoggio!
Si guardano negli occhi per un misero secondo, durante il quale Radish si sente invadere da una strana forma di nuovo coraggio. Sente di potercela fare, di poter raggiungere i propri scopi, soprattutto l’obiettivo finale: tornare a casa entro la fine del mese.
«Voglio che vengano riaperte le due Arene—»
«Per permettere a tutti di massacrarsi senza conseguenze? Bell’idea, davvero.» Sullo schedarli tutti Arus è più che d’accordo, anzi è pronto a mettersi in prima linea per farlo di persona, ma su questo punto ha da controbattere. Anzi, avrebbe, perché Radish non ha alcuna intenzione di farsi trattare in modo tanto sgarbato di fronte a tutti.
«Che ti ho detto, due minuti fa?» E se hai qualcos’altro da dirmi, porta il culo in una di quelle Arene!, vorrebbe aggiungere, ma si astiene. Ha bisogno anche del consenso di Nike, e minacciarle il padre potrebbe essere controproducente. «Ho visto quel che rimane delle Arene, e penso che potrebbero essere usate anche per secondi scopi.» Afferma infatti, riprendendo l’attenzione generale che si era persa in una risatina dopo la sua alzata di cresta. Ora che tutti lo guardano con attenzione, e che anche Sherry si è messa maggiormente comoda e lo guarda con ammirazione e curiosità, procede con la parte per lui più delicata.
«Tanto per cominciare dovremo trovare soggetti idonei a giudicare i vari casi, persone competenti che siano in grado di lasciare fuori del contesto i possibili legami con chi gli si presenterà davanti. Siamo d’accordo fin qui?» Tutti annuiscono con convinzione, senza però perdersi in tanti pensieri «Bene, la seconda funzione: rimettendo in sesto le Arene, e magari aggiungendo degli spalti, potrebbero anche ospitare eventi sportivi.»
«Eventi sportivi?» Hart si sporge in avanti, preso in contropiede. Per loro gli sport umani sono difficili da praticare, e dubita che il Saiyan si riferisca unicamente alla lotta libera.
«Sì. Siete creature piene di energie e spesso molto competitive, quindi perché non impiegare queste caratteristiche in competizioni sportive? In fondo avete rubato un sacco di cose agli esseri umani, perché non anche gli sport? Non dovrebbe essere poi troppo difficile apportare le modifiche necessarie per adattare il tutto alla vostra forza.» La loro attenzione aumenta di secondo in secondo, tanto che per Radish è difficile non mettersi a gongolare. «Major, tu che ti diverti sempre un sacco a giocare con i tuoi veleni e quella roba lì, pensi di essere capace di creare un qualcosa in grado di annebbiarvi i sensi, o una cosa del genere? Per mettere più pepe al tutto, non saprei.»
«L’alieno non ha tutti i torti…» Mormora Yvonne, guardando dapprima Radish e poi il marito con una nuova luce negli occhi «Pensa a quanti grattacapi in meno avremmo avuto se Blackwood avesse avuto la possibilità di sfogarsi in quel modo.»
Blackwood, anche se vorrebbe dirle che non era solo lui il rompicoglioni della famiglia e che anche i fratelli minori hanno sempre messo il loro carico, afferma semplicemente di proseguire con un gran sorriso. Per quanto sua madre abbia la fastidiosa tendenza di puntare il dito su di lui e di elevarlo a piaga universale, ha afferrato il concetto: i cuccioli, più degli adulti, sarebbero occupati nel migliorarsi per emergere, senza però essere costretti ad ammazzarsi gli uni con gli altri, e gli adulti stessi troverebbero una sana valvola di sfogo.
«So che in ognuno dei due Territori ci sono due aree ben distinte per l’allenamento della guardia, ognuna situata nella zona o più fredda o più calda, così da mettere i vari combattenti sotto maggiore sforzo. Ecco, dal momento che la stagione più calda e quella più fredda, tra i due territori, è in periodi perfettamente opposti, l’idea è che nel periodo più caldo in assoluto, anche gli Spettri del Nord si allenino da voi, così da poter meglio sopportare le temperature più elevate, mentre nel periodo più freddo, saranno i vostri a venire al Nord, così da poter imparare a tollerare le temperature più estreme.»
«Perché?» In realtà Everett ha capito benissimo qual è il punto e lo condivide in pieno, ma vuole che tutti quanti sentano le sue motivazioni. Vuole che possano capire non solo l’utilità della cosa, ma anche quanto il Re del Nord si stia scervellando per migliorare il tutto… ed anche il reale perché lo stia facendo. Bel lavoro.
«Perché voglio che i combattenti di entrambe le fazioni siano perfettamente in grado di resistere al peggio, che possano davvero opporre resistenza in caso di reale minaccia. Nessuno di voi sarebbe in grado di battersi contro gli avversari che mi sono trovato ad affrontare io. Forse ci possono essere un paio di eccezioni, ma non di più. Qualora il mondo si trovasse in una situazione pericolosa, voglio che voi, qua sotto, abbiate la possibilità concreta di fare muro, difendervi e sopravvivere, cosa che non sarà possibile se non lavorerete fianco a fianco.»
Radish non se ne rende conto, non lo può neanche immaginare, ma non appena le sue parole verranno riferite in giro — e ciò avverrà nel giro di cinque minuti da quando avranno finito —, la sua popolarità andrà alle stelle, ed ogni piccolo seme piantato dai suoi amici a sua insaputa sboccerà di botto.
«Ah, e voglio anche che venga abolita quella stronzata assurda alla quale sottoponete i bambini per farli entrare nella guardia.» Nel dirlo, gli occhi gli ricadono per un istante su Lux, che è tornato a disegnare con grande impegno. L’idea che quel cucciolotto tanto orgoglioso si ritrovi a dover patire la fame, a dover vedere morire degli amici, o addirittura a doverli uccidere, non gli piace. Non gli piace minimamente, soprattutto perché, involontariamente, la sua mente sta deformando la sua immagine, dandogli sembianze a lui molto più familiari.
«Ne abbiamo già parlato tra noi e siamo già d’accordo, va solo messo agli atti.» Lo informa con un sorrisetto allegro Sherry, che realmente si era dimenticata di dirglielo. Non la considerava proprio una cosa importante.
Senza neanche pensarci, Radish allunga un braccio di lato e le poggia la mano sulla pancia, rimarcando così di fronte a tutti che lì dentro stanno crescendo due vite e che lui le difenderà ad ogni costo. Inconsapevolmente, in realtà, lo ha fatto come per tranquillizzarli, come se loro stessero seguendo e capendo ciò che accade fuori dal corpo materno.
«E se, per ipotesi, i nostri figli dovessero avere idee opposte, e spaccassero così l’alleanza?» Nel dirlo Nike accarezza i capelli a Lux, che scaccia la sua mano con fare stizzito. Sta disegnando un triceratopo che, saltando, addenta uno pterodattilo, e non vuole assolutamente essere deconcentrato.
«Non succederà.» Afferma con solida sicurezza Radish, che ancora non riesce a distogliere lo sguardo dalla moglie, che gli sta sorridendo in quel modo. Quando finisce questa rottura di palle?
«Okay, i nostri figli no, ma i loro figli?» Ecco, ora Radish è di nuovo attento. Sollevare questo argomento lo butta in uno strano stato d’ansia, perché ancora non ha idea del sesso dei nascituri, e parlare di loro e del loro futuro da un punto di vista sentimentale lo manda ai matti. Non sono ancora nati, cazzo, e già parlate dei loro figli?! Che ansia infinita!
«Non puoi escludere questa possibilità, Radish.» Insiste la donna, che da sotto il tavolo si diverte a pizzicare debolmente la gamba del figlio. Vederlo roteare gli occhi al cielo e sentire i colpi che tira sotto al tavolo per essere lasciato stare è troppo divertente, e continuerà finché non le darà ciò che vuole, ovvero un bacio sulla guancia come invece non ha fatto quella mattina.
«Posso perché verrà insegnata a tutti loro la vostra storia. E da qui, uno degli altri punti più importanti…» Nuova ondata di incertezza, nuovo panico mal trattenuto. Se già gli altri punti potevano venire aspramente criticati, con questo potrebbero insultarlo in maniera molto pesante «Voglio che venga fondata una specie di accademia.»
Rimangono tutti in silenzio, stavolta, interdetti.
«Un’accademia?» Domanda incerto Blackwood, preso in contropiede. Dalle loro parti sono cose che non usano, non dal momento che hanno la possibilità di imparare dal sangue altrui, e fondarne una potrebbe essere inutile proprio per questo punto.
«Sì, esatto.» Inchioda lo sguardo nel suo, cercando nuovamente il suo appoggio. Se Blackwood desse il suo consenso, la strada sarebbe già spianata. «Anche se non ho pensato a nessun dettaglio, voglio che venga creato un luogo apposito dove tutti i ragazzini possano ricevere un’istruzione adeguata ed uguale per tutti. Voglio che vengano mischiati tra loro, soprattutto per quanto riguarda il luogo di provenienza, e che non ci siano discriminazioni da parte degli adulti per il loro rango.»
Il loro silenzio stavolta non gli piace per niente. Sono interdetti, non riescono a capire come possano fare una cosa del genere. Il problema, però, nasce dal fatto che ci sia in atto un enorme incomprensione: se loro non capiscono come metterlo in atto proprio per via dello scambio di informazioni tramite il sangue, lui teme che si stiano attaccando unicamente alla gerarchia.
«Al contrario di molti dei presenti, so cosa vuol dire nascere e crescere in una posizione di totale svantaggio, e vorrei evitarla ad altri. Con questo non voglio che distruggiate da un giorno all’altro tutto ciò che conoscete, ma vorrei che vi sforzaste tutti di vedere questi mocciosi per quello che sono: il futuro della vostra specie.»
«Chiamarli “mocciosi” non è esattamente il massimo, eh…» Per una volta, non c’è alcuna cattiveria nelle parole di Arus. Il suo voleva essere un semplicissimo intervento per fargli capire che, malgrado sia in mezzo ad amici e alleati, dovrebbe scegliere termini più adatti per la sede in cui si trova. Poi, una volta fuori, può anche chiamarli “scarafaggi”, non gliene potrebbe importare di meno. Purtroppo per lui, però, il suo tono duro viene frainteso.
«Ti vuoi chetare?!»
«Ti ho appena rivalutato del tutto, amico!» Trilla allegramente Nike, ridacchiando quando il padre ribalta gli occhi al cielo e si abbandona nella sedia.
Mentre alcuni si lasciando andare a qualche commento superfluo, Sherry lascia scivolare un bigliettino ripiegato nella mano del compagno, che riesce a mantenere la serietà solo per un qualche fortuito intervento divino.
Dopo ti lego al letto e ti faccio godere così tanto da farti perdere i sensi!
Non lo mette in dubbio, non più. È riuscito a tenere a bada la sua smania sessuale anche troppo a lungo, ed ormai la sua ripresa è più che evidente. Ogni sua possibile scusa per non fare sesso ormai non reggerà più, e lo sa bene. Può solo sperare di riuscire a trattenersi come adesso si sta trattenendo dallo sbatterla sul tavolo e scoparla di fronte a tutti.
«Non dovrebbe essere vostro figlio il “portatore di luce”?» Scherza allegramente Blackwood, per poi abbassare gli occhi quando il figlio gli tira il colletto della camicia, ed annuire con entusiasmo di fronte al suo disegno. Come e perché il triceratopo sia avvolto da fiamme rosa non lo sa e non è neanche certo di volerlo sapere.
«È tanto un male spianargli un poco la strada?» Scherza a sua volta Radish, anche se è abbastanza evidente il suo implicito obiettivo: renderli tutti più indipendenti, incanalare le loro forze e le loro energie in obiettivi più pacifici e personali, così da doversi poi occupare quasi unicamente della loro sicurezza. «Allora, cosa ne pensi? Abbiamo il tuo appoggio?»
Si dondola un poco sulla sedia, Blackwood, con aria anche troppo pensierosa. Ma poi sorride con quell’aria da bambino che tutti loro conoscono, indice che l’intera faccenda gli va a genio e sta già pensando a come muoversi senza intoppi: «Per questa cosa dell’accademia, occorrerà lavorarci molto e con attenzione. Andrà trovato il luogo ideale, dovranno essere studiati gli orari più adatti, così da venire in contro a tutti senza creare troppi disagi, e andrà trovato il corpo docenti. Sarà un lavoro enorme, e temo che una struttura non basterà, ma non è niente di impossibile. Per il resto, direi che il problema più grande sarà trovare quelli che, a questo punto, potranno essere definiti come i giudici dell’Arena ed i futuri docenti dei cuccioli.»
Hurricane, che a sua volta si era concentrato più che altro su questi punti, si schiarisce appena la voce e poi prende la parola: «Se, per ipotesi, donassimo il nostro sangue ad un gruppo di Omega? Con tutte le informazioni che vi sono contenute, potrebbero essere impiegati come docenti all’accademia, e ciò non intaccherebbe in alcun modo la forza del branco.»
«Non pensavo che l’idea ti andasse a genio, sai?» Gli sorride con gratitudine, Radish, perché alcune idee gli sono venute proprio durante le sue intense lezioni.
«Scherzi? Un luogo controllato dove mollare le mie figlie per ore senza che mi diano dello stronzo snaturato? Cazzo, ci metto la firma anche subito!»
«Vedo che hai capito.» Annuisce, orgoglioso e gongolante, felice di vedere che, da un istante all’altro, tutti coloro che hanno dei figli o stanno per averne si illuminano, comprendendo uno dei fini impliciti della sua idea. In fondo, sta per avere due figli in un colpo solo, e, per quanto già senta di adorarli, non ha intenzione di rinunciare a niente, e averli sempre tra i piedi potrebbe essere un problema.
Nike, sbattendo le mani sul tavolo, si alza di scatto in piedi con un grande sorriso, ed esclama a gran voce: «Deve diventare immediatamente la priorità assoluta di entrambi i Territori!»
Voret, che dall’inizio si dondola sulla sedia con sguardo annoiato, domandandosi silenziosamente perché abbiamo votato per lui, si lascia ricadere in avanti. Gli è scattato qualcosa nella testa non appena ha sentito la parola “accademia”, e adesso vuole esprimere un piccolo ma fondamentale dubbio che gli preme particolarmente. «Se davvero verrà creata un’accademia dove istruire i più giovani in più campi, allora immagino che ci sarà anche il ramo artistico.»
Una nuova ondata di gelo e perplessità li attanaglia: Voret che si interessa a qualcosa che non sia la sua ragazza o la sua chitarra? Decisamente assurdo.
«Immagino di sì…?» Non è sicuro di aver dato la risposta giusta, Radish, soprattutto perché teme che il più giovane possa avergli semplicemente tirato uno strano colpo basso per metterlo in difficoltà, ma davanti al suo sorriso entusiasta, capisce di non aver sbagliato proprio niente.
«Figata! Io sono bravo con la musica e anche con la danza, potrei anche insegnare quello… in fondo, non mi sembra poi troppo uno sbattone!»
«Voret che si offre spontaneamente di fare qualcosa?» Arus sta per sentirsi male, ne è sicuro. Gli viene quasi da piangere in realtà, tanto è immensamente felice. Non che della musica o simili gli freghi qualcosa, ma è pur sempre meglio di niente! Ti metterò a disposizione tutto quello che vuoi purché non molli anche questo!
«Di preciso, quand’è che saresti arrivato su questo pianeta? Quel giorno va proclamato festa nazionale subitissimo!» Afferma con un gran sorriso Nike, allungando un braccio di lato per poter stringere il fratellino. Ora che ha espresso un reale interesse per qualcosa di concreto, sarebbe disposta anche a costruirgli personalmente un enorme edificio per vederlo all’opera. Anche mamma amava la musica… sarebbe fiera di te, Voret.
«Scusa se mi permetto, ma non hai pensato che potrebbe essere un problema per quelli che decideranno di abitare fuori, come noi e voi? I cuccioli dovrebbero svegliarsi all’alba, e tornerebbero a casa ad orari assurdi. Se poi ci metti che, magari, si ritroverebbero anche con qualcosa da studiare a casa, capisci che sarebbe un bel problema.» S’intromette Major, che non può ignorare questo dettaglio. In fondo anche lei sue figlie andranno in questa futura accademia, e non vuole certo che si affatichino più del dovuto per lo studio… o che siano così tanto lontane dal suo radar e troppo vicine a quello dei possibili idioti che penseranno di sfilar loro le mutande.
«Primo, è ovvio che avranno qualcosa da studiare anche a casa. In quanto futuro genitore, voglio che siano occupati quanto più tempo possibile, e voglio anche avere delle scuse standard per punirli.» Sherry, dopo questa sua uscita, è a tanto così da saltargli addosso. Ogni cellula le vibra dal desiderio impellente di averlo dentro di sé e di vederlo perdersi nel piacere che lei riesce a dargli.
Radish, dal canto suo, lo sente, e quindi non può far altro che sperare che la riunione finisca il prima possibile. Gli pare infatti poco carino alzarsi, prenderla per un polso, trascinarla da qualche parte per una sveltina e poi tornare. Poco professionale, ecco.
«Togliendoteli così dalle palle…» Gli scuri occhi di Maddox si illuminano al sol pensiero, soprattutto perché Becca ha già cinguettato che “non sarebbe male avere altri figli”. Quella di Radish potrebbe rivelarsi la soluzione migliore di tutte. «Geniale!»
«Secondo, vi devo forse ricordare che era Roman in primis a volere questo bambino? Perfetto, io gliene ho forniti due, quindi dovrà darmi una mano, soprattutto se non vuole che rada al suolo il suo boschetto fatato.» Afferma poi Radish, che nel frattempo sente di star per impazzire quando Sherry, in barba alla decenza, gli ha lasciato scivolare una mano sul cavallo da sotto al tavolo «Non è forse vero che per entrare e uscire è già in uso la magia delle Fate, che oltre che a rendere il tragitto più breve, vi scherma al resto del mondo? Perfetto, la useremo anche alla tana delle Terre di Nessuno, che verrà schermata allo stesso modo ed avrà un tunnel che si legherà a questo posto.»
«Da quanto ragionavi su tutta questa roba?» La domanda di Blackwood, che gli sorride con l’aria di chi la sa lunga, gli arriva debolmente alle orecchie, ma si sforza comunque di rispondergli.
«Molte cose mi sono venute in mente ascoltando voi quattro, altre quando mi avete obbligato a studiare con quei due, e il resto quando ho scoperto che sarebbero stati due.»
Il Re del Sud, che ha notato la disperazione negli occhi di Radish, decide di aiutarlo come meglio può, tentando di escluderli in qualche modo dalla riunione. «Beh, a questo punto direi che sarebbe opportuno buttare giù qualcosa di scritto, così da avere delle linee guida ben precise e delineate, ed anche di trovare qualcuno capace di fare dei progetti precisi per le varie costruzioni. Che dici, Obsoleto, vai tu ad avvertire Roman delle nostre scelte, chiedendogli anche di raggiungerci?» Basterà questo, e loro due saranno liberi di fare quello che vorranno. Con il benestare di Roman, lui ed Everett potranno supervisionare il tutto anche solo con Darko e Greywind, e poi manderanno a chiamare di volta in volta coloro che potrebbero tornargli utili.
«Ma vedi te se una volta in pensione, devo ritrovarmi a correre da una parte all’altra per portare i tuoi messaggi!» Malgrado abbia capito il suo intento, un po’ come tutti in realtà — Sherry inclusa, che infatti non ha perso tempo per mormorarlo nell’orecchio del marito —, non riesce comunque a trattenersi. Gli viene in automatico, ormai.
«Ti accompagno…» Borbotta in tutta risposta Arus, ancora intontito da Voret. Poteva aspettarsi tantissime cose, ma quella assolutamente no.
«Già che ci sei, usciresti a prendere dei lamingtons, per favore?» Gli domanda però Nike, mandando in frantumi la sua nuvola di beatitudine.
«Ti sembro forse un fottuto fattorino?!»
«Ehi! I principini hanno bisogno di nutrimento umano! Vuoi forse farli soffrire?! Ricordati che il loro arrivo è volere del Grande Spettro!»
Il fatto che tutti, di punto in bianco, si siano fatti così attenti, insospettisce pure Radish e Sherry, che ultimamente si sono ritrovati parecchio fuori dal mondo. Senza saperlo, stanno per assistere ad uno dei famosi litigi tra padre e figlia.
«Bisogno di nutrimento umano sì, ma non di dolciumi pieni di grassi!»
«Non puoi saperlo!» La voce di Nike è salita di due ottave in un attimo «Oltretutto mi vanno da morire, quindi lagnati meno e fa’ come vuole la tua Regina!»
«Dovevo affogarti da piccola.»
«Stai attento a te, vecchio, perché se perdo la pazienza ti spezzo in due e ti butto in un cespuglio!»
«Ahhh, mi piacerebbe solo vedertici provare…»
Basta una frazione di secondo, e i due si attaccano verbalmente in un modo assolutamente incomprensibile. Non si capisce una sola parola, niente. È un turbinio di urla che solo loro due comprendono, con frasi ed insulti lanciati anche in lingue diverse.
Il loro scannarsi così ferocemente, con gli occhi che cambiano colore e le zanne che si allungano, lasciano non poco attoniti i due Sovrani del Nord, mentre Blackwood e Lux si sforzano per non scoppiare a ridere. In realtà, il problema è abbastanza collettivo: loro due sono sempre  così composti, rigidi e gelidi che vederli così fuori di sé per niente è decisamente assurdo ed esilarante.
Ma il meglio viene quando, dopo circa un minuto di urla incomprensibili ed una sedia volante, si ammutoliscono e, fissandosi negli occhi, Arus domanda dolcemente: «Erano quelli con la confettura di fragole o d’arancia che ti piacevano di più?»
«Arancia.» E detto questo gli dà un fugace bacio sulle labbra come quando era una bambina, tornando a sedersi comodamente. Sofferma poi lo sguardo su Sherry, mettendo su un’espressione corrucciata «Hai l’aria stanca, dolcezza. Dovresti proprio andare a risposare. E tu, alieno, dovresti accompagnarla, non sia mai che inciampa e cade.»
Una parte di lui vorrebbe davvero tanto mandarla affanculo, magari anche raccogliere la sedia da terra e lanciargliela in faccia, ma i suoi ormoni imbizzarriti gli suggeriscono di rimandare l’attacco ad un secondo momento, inconsapevole che ad averlo appena colpito e affondato è stata proprio la Regina del Sud.
Ci vediamo tra una settimana, Saiyan… sempre ammesso che tu sopravviva!




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma buon salve a tutti!😘

Ormai siamo in dirittura di arrivo, gente!
Si parla infatti di 5 capitoli rimanenti, ovvero un capitolo che racchiuderà più mesi e più eventi assieme, ovviamente il parto, un’occhiata su ciò che avviene dopo, l’arrivo di Goku e, dulcis in fundo, l’epilogo.
Vi devo però fare una domanda: “ciò che avviene dopo” può benissimo essere tolto, non modificherà alcunché, quindi che dite? Mettiamo anche quello, o evitiamo l’ennesimo papiro non necessario? Perché lì semplicemente si saprebbe più nel dettaglio come vivranno le loro frenetiche vite con l’arrivo di due bambini (due maschi? maschio e femmina? due femmine? un terzo nascosto che Darko non ha notato? Chissà!). Per questo forse ci sarà un sequel spin-off, dove si vedranno alcuni scorci di quotidianità nella famiglia Son (e di coloro che gli gravitano attorno). Anche questo, però, vedrà la luce solo se ci sarà qualcuno interessato a leggerlo.
In tutto questo, vi avverto subito che sto già pensando alla trama della prossima storia, che avrà come protagonisti un OC (con me è obbligatorio, sappiatelo e mettetevi l’anima in pace), sicuramente Radish e probabilmente anche Broly (uno dei due sicuramente avrà un ruolo più marginale, ma muoio dalla voglia di sfruttare un personaggio tanto bisognoso di affetto come Broly!).
Il raiting sarà rosso a questo giro, e non escludo che, in questa o in una prossima, possano entrarci anche Bardack (che, grazie a Teo5Astor è diventato Baldraccone) e/o Turles. Non so perché, ma l’unico a non piacermi è Goku, anche se sono tutti uguali!


Beh, direi che non ho altro da dire. Dopo 44 pagine, direi che è meglio chiudere qui.
Alla prossima settimana!
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 51
*** Capitolo 50 ***


Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare in particolare _Cramisi_, Celeste98 e Chimera__ per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 40! 💛 Grazie anche a tutti quelli che leggono silenziosamente! 🧡
 

𝟝𝟘. 𝒬𝓊𝒶𝓃𝒹𝑜 𝒶𝓈𝓅𝑒𝓉𝓉𝒾…


…𝑒 𝒹𝑒𝒸𝒾𝒹𝒾 𝒹𝒾 𝓇𝒾𝓋𝑜𝓁𝓊𝓏𝒾𝑜𝓃𝒶𝓇𝑒 𝒸𝒶𝓈𝒶!


Come Radish aveva programmato — e soprattutto sperato —, sono riusciti  a tornare a casa entro la fine del mese.
I lavori, giù nei territori degli Spettri, sono partiti molto alla svelta, grazie soprattutto all’entusiasmo generale. Non è stato infatti difficile trovare i soggetti adatti alla progettazione, e Micah si è sorprendentemente rivelato uno di quelli. Anzi, non uno di quelli, ma proprio chi li guida. Con la sua fantasia, le sue conoscenze, il suo occhio attento e la sua capacità di non dormire anche per sei giorni di fila senza ripercussioni, è riuscito a riprogettare non solo le due Arene, ma anche a trovare lo spazio adatto per creare l’enorme Accademia.
Quest’ultima struttura ha dietro di sé tantissime menti brillanti, che hanno studiato al meglio la collocazione, la suddivisione, il futuro corpo docenti — ancora non del tutto completo —, e la scelta delle materie che verranno trattate. Quest’ultimo punto comprende una gamma talmente ampia di scelte da far impallidire i più grandi atenei umani.
Hanno deciso di costruire il tutto nell’enorme — e di conseguenza spaziosissimo — muro che divide i due Territori, e lì creeranno una specie di nuova cittadina. L’accademia, infatti, verrà suddivisa in diverse costruzioni, una più grande dell’altra, e i cuccioli le frequenteranno tutte a rotazione continua, così da non lasciare indietro niente, fin quando, una volta cresciuti, potranno autonomamente scegliere un indirizzo specifico.
Per comodità, inoltre, verrà costruito anche una specie di enorme spogliatoio, dove i cuccioli che vivono nel mondo esterno potranno cambiarsi, qualora mutassero di forma per sbrigarsi ad andare e venire, ed anche per le varie uniformi per i vari sport che verranno praticati. Perché è ovvio che avranno delle uniformi, la sola idea di privarsene pareva far venire l’orticaria ad un numero esagerato di mamme e future mamme.
Sulle prime ai tre era giustamente venuto il dubbio di non poter coprire la propria parte delle spese, ma Darko ha fatto scoprire loro un piccolo ma decisamente inaspettato dettaglino: loro sono ricchi. Ricchi sul serio, in modo schifoso ed imbarazzante.
Mezcal, a quanto pare, ha involontariamente lasciato loro un’eredità pazzesca, una somma tale che mai riusciranno a spendere neanche se si metteranno sotto d’impegno. Oltre a Mezcal, poi, è emerso che pure Jäger avesse dei piccoli tesori personali, sicuramente destinati come malvoluto dono di nozze per Sherry, e quello è stato il primo ad essere speso — almeno in parte. Per tutto il resto dell’immenso patrimonio… i loro bis-bis-bis-nipoti avranno sicuramente il loro bel da fare per riuscire almeno a dimezzare le finanze.

Quando alla fine l’ancora piccola famiglia del Nord ha tolto le tende, decisa più che mai a tornarsene a casa propria anche per occuparsi di tutte le modifiche che dovranno apportarvi, tutti gli Spettri erano indaffarati o con le nuove costruzioni o con il reperimento di tutti i possibili materiali di cui avranno bisogno. Secondo i loro piani, ogni struttura sarà operativa da lì ad un anno, al massimo un anno e mezzo se vogliono prendersela con calma.
Ma per Radish quello è diventato un pensiero secondario nel momento esatto in cui ha varcato la soglia di casa.
Tralasciando la polvere accumulata in quel lungo periodo di assenza, c’erano ancora i maledetti addobbi sparsi per tutta la casa. E chi, se non lui ed Everett, che li detesta anche più di lui, si doveva occupare di smontarli ed imballarli con cura? Che Sherry facesse qualche inutile sforzo e poi si ritrovasse dolorante o peggio per colpa delle stupide lucine natalizie era assolutamente impensabile. Così, armandosi di tantissima pazienza e altrettanta buona volontà, si sono messi uno a disfare gli addobbi e l’altro a pulire casa da cima a fondo, mentre Sherry, immersa sotto un numero imbarazzante di cataloghi di oggetti per bambini, strappava una pagina dietro all’altra per ricordarsi ciò che voleva.
È stato proprio il vederla tanto impegnata sul divano, con la pila di oggetti da procurarsi che aumentava in maniera preoccupante, che entrambi si sono calmati, svolgendo le proprie mansioni senza giustificati nervosismi.
Lei era calma, radiosa, con la pancia che cominciava a farsi vedere sotto la maglietta stretta, e per loro è stato sufficiente per stamparsi in faccia un sorriso soddisfatto e sgobbare in silenzio come due schiavetti.

A distanza di una decina di giorni dal loro rientro a casa, è arrivata la volta di scegliere la vernice per la camera dei cuccioli. Ci sarebbero in realtà tante altre cose alla quale pensare, come il Quartetto che gli si è piazzato in giardino per costruirgli una piscina, o per i vari Spettri a qualche metro sotto casa loro che stanno scavando con estrema attenzione altri piani, che poi collegheranno al seminterrato e al capanno, o a quelli che berciano mentre costruiscono la dependance per Everett, ma qualcosa ha messo loro uno strano senso di urgenza per il colore della cameretta. E il qualcosa, in realtà, è facilmente identificabile con il fatto che diverse amiche loro sono ormai vicine al tempo limite, e ciò ha come messo fretta anche a loro.
Per quanto Radish muoia dalla voglia di sapere il sesso, ritrovandosi pure con l’appoggio di un più che insistente Everett, Sherry si è impuntata categoricamente. Si è rigirata come una biscia contro entrambi per far cessare le loro insistenti richieste, ed ha poi puntato un dito contro Darko, che ha già intuito sia quello che il loro futuro grado, intimandogli di non lasciarsi sfuggire la notizia con nessuno. L’uomo ha fatto semplicemente spallucce e si è sigillato le labbra. Ha davvero troppe cose alla quale badare, come, per esempio, la figlia che sta per dare alla luce i gemelli, per star dietro alle loro dinamiche da manicomio.
Dinamiche che sarebbero pure peggiorate se non fossero riusciti a togliersi di torno Fern. Perché la futura nonna stava cominciando a star loro troppo tra i piedi, secondo i due uomini, e così sono arrivati a corrompere Tristan, che, per rendere felici i nuovi energici e terribili fratelli maggiori, si sta fingendo un povero ed indifeso cucciolotto bisognoso di tantissimo amore e attenzioni. Niente di più lontano dal vero, dal momento che il piccolo si è già adattato bene alla nuova vita, ma quando Maddox ti mette con le spalle al muro e ti dice che devi farlo, tu lo fai senza storie. Corrompendo lui, e convincendolo a chiedere alla nuova mamma di trovare un appartamentino solo per loro due, la donna trascorre molto meno tempo in casa loro, dando così modo ai due di comportarsi come meglio credono.
Adesso ci sono un numero di campioni imbarazzanti appesi alla parete più illuminata, e fratello e sorella li osservano tutti con occhio critico, cercando di demolire le preferenze degli altri.
Sherry avrebbe infatti optato per colori neutri quali il bianco avorio, il grigio, il beige, il nocciola e il tortora; Everett per un colore che richiama la tranquillità della natura, come il verde cedro e oliva, o per qualcosa di più vivace come il giallo senape. Radish, invece, vorrebbe qualcosa di molto più energico, ovvero il rosso.
Ma arrivare ad una scelta quando si è in tre con idee tanto diverse non è proprio una cosa da niente, ed il Saiyan ha quindi saggiamente deciso di andare a parlare un po’ con i pazzi fuori da casa loro per guadagnare tempo. Se loro due si scanneranno l’un l’altra, infatti, sarà più semplice per lui spuntarla contro uno solo. Perché lo sa bene, ormai, che quei due fetenti si coalizzerebbero per ottenere il suo stesso risultato, ovvero un 1vs1, e così ha ben pensato di auto-escludersi per una buona mezz’ora. Al limite, al suo rientro, si saranno imbrattati di vernice e dovrà battersi psicologicamente contro entrambi.
Fuori casa, momentaneamente libero da quel soffocante istinto di protezione che ha sviluppato, si gode una birra ghiacciata sotto i tiepidi raggi del Sole. Per essere la prima settimana di Febbraio, infatti, le temperature sono insolitamente tiepide.
Non lo avrebbe mai pensato, ma i suoi fratelli — perché ormai ha ben capito quanto sia inutile remare contro questa loro convinzione — hanno fatto davvero un lavoro impressionante con la piscina, che lui, tra l’altro, neanche voleva.
Hanno infatti creato una specie d’oasi acquatica dalla forma rettangolare, ricavata in un angolo tutto particolare: hanno infatti alzato delle pareti attorno ai muri di confine del salotto, con gli stessi materiali del resto della casa. È come una nuova stanza a cielo aperto, collegata tramite la portafinestra che avrebbe condotto sul portico, e presto il tutto sarà circondato dai rampicanti che hanno già abbondantemente concimato.
La piscina in sé è ampia quindici metri per sei, e la profondità varia da ottanta centimetri fino a due metri, con bordo a sfioro. Il color grigio ardesia del rivestimento interno risalta le cromie dell’acqua, mentre il rivestimento esterno, in travertino e legno di Ipè, mantiene un forte legame con la natura e l’ambiente circostante. Si completa poi di una scala interna in muratura, che favorisce un graduale e sicuro accesso in acqua e può trasformarsi in una piacevole area di sosta e relax. Come ultimo tocco, Mordecai ha insistito per installare sei fari subacquei a led colorati.
Segue con lo sguardo soprattutto Major, che con i fratelli sta finendo di piastrellare diligentemente la piscina, domandandosi come si senta. Il fatto che guardi continuamente il cellulare gli mette addosso uno strano senso d’ansia, e gli fa anche domandare se pure lui, quando si avvicineranno alla fatidica data, sarà ridotto ad un tale fascio di nervi.
Gli sembra comunque assurdo comportarsi così adesso però, perché pure lui sa che a Domino manca ancora qualche settimana prima che il tempo finisca, e non può far altro che sperare con tutto il cuore di non finire come l’amico. Ciò che però non sa, è che non è assolutamente insolito che gli Spettri nascano anche con una decina di giorni d’anticipo rispetto al tempo stabilito. Malgrado abbiano provato a capire perché succeda, non c’è assolutamente un motivo. Semplicemente alcuni piccoli sono pronti per il mondo prima del previsto, esattamente come in pochi lo sono una settimanella dopo.
C’è un motivo se lui non lo sa, ed è perché diventerebbe troppo ansioso. Già adesso, quando si allontana da Sherry, diventa insopportabilmente nervoso, figurarsi se sapesse questo dettaglio.
«Oi! Lancia una lattina!»
Sobbalza appena nel sentire la voce baritonale di Maddox, ridestandosi così dai propri pensieri. Major, nel frattempo, controlla ancora una volta il telefono.
Proprio quando sta per lanciare l’ennesima frecciatina sulle sue figlie, e di conseguenza riceverne a sua volta anche di più pesanti, la voce di Sherry lo raggiunge, con un tono così isterico che, per un solo istante, si pente dell’assenza di Fern che, forse, sarebbe stata in grado di farle dare una lieve calmata. È anche per volere suo se non è più una presenza quasi fissa in casa, quindi, per evitare che le urla peggiorino, si decide a fare l’immane sforzo di alzarsi dalla comoda chaise longue per andare a controllare e, se ci riesce, a farla calmare senza dover necessariamente ricorrere al sesso. Non che gli dispiacerebbe più di tanto, ma se dovesse capire il suo trucco, finirebbe sicuramente col fingere di andare in bestia ogni dieci minuti. È diventata infatti giusto un poco insaziabile, soprattutto da quando lui ha ricominciato a concedersi, e la paura di poter fare una mossa falsa gli impone sempre di darsi una calmata.
Avere sempre qualcuno che gira per casa, ormai, per lui è la norma. Avendo tante persone che lavorano alle migliorie sia per casa che per la Tana, è infatti impossibile non trovare qualcuno che passa per il soggiorno o che si prende un meritato spuntino in cucina. Così come non è neanche insolito trovarli carichi di buste della spesa per rifornire suddetta cucina, prima di lasciarli soli per la sera.
Gli fa sempre uno strano effetto avere tante persone che si occupano di loro, che li viziano e proteggono. Lui è sempre stato solo, ha sempre dovuto badare a sé stesso, e invece ora viene servito e riverito, ed anzi pare offenderli mortalmente ogni qualvolta esprima il desiderio di fare qualcosa per i fatti propri.
«Qual è l’emergenza, stavolta?» Domanda bonariamente uno Spettro del Sud, che si è velocemente legato a Willem durante la sua permanenza nei loro Territori. Perché Willem sia lì anziché al ranch —che per tutti altro non è che una nuova fonte di reddito ed eventuale cibo extra, oltre che una buona opportunità per praticare eventualmente altri sport — non lo sa, ma non gli interessa neanche saperlo. In fondo non è un segreto che Viper sia in dolce attesa da un paio di settimane, così come non è un segreto che lui se ne tenga alla larga per evitare i suoi primi furiosi sbalzi ormonali.
«Emergenza colore. Vuoi andare tu?»
Un’altra cosa che non si sarebbe mai immaginato, era proprio il ricevere tanto appoggio da tutti quegli uomini. Pure questo, di cui non ricorda neanche il nome, lo guarda con comprensione e compassione mentre scuote la testa, ed infine gli fa dei sinceri auguri quando lo sorpassa per andare al piano di sopra.
Non si aspettava un numero imbarazzante di cose, Radish, ma, alla fin fine, non può certo dire che gli dispiaccia.
Ha tanti nuovi amici che stravedono per lui, tantissime persone che vogliono aiutarlo, sempre qualcuno con cui parlare, una bella casa accogliente che stanno modificando anche per lui, una seconda casa più grande dove passare il tempo quando ne ha voglia — e che sta subendo altrettante modifiche —, e, soprattutto, una famiglia tutta sua.
Ha Everett che, malgrado non lo ammetterà mai ad alta voce, è sempre lì pronto a sostenerlo ed aiutarlo, ad impedirgli di cadere. Per quante frecciatine acidissime si lancino, e per quanto possano battibeccare anche per le cose più sciocche e banali, sa bene che non lo lascerebbe mai solo.
E poi ha Sherry… e lei da sola gli basterebbe per essere molto più che felice.
Presto avrà anche due figli. Dovrà badare a loro, capire come prendersene cura e renderli felici, e, a sentire Sherry, il colore delle pareti della loro cameretta aiuterà proprio per questo. Non ci crede  neanche alla lontana, ma gli pare inutile litigare per una tale scemenza. Gli è bastata la litigata perché per sbaglio aveva appoggiato le scarpe sul letto, per capire che contro una donna incinta c’è ben poco da discutere.
Una volta al piano di sopra, si dirige a grandi falcate alla camera destinata ai due attesissimi eredi. Hanno scelto quella davanti alla propria, che un tempo apparteneva a Sherry, Bree e Jane. Pure un estraneo capirebbe che, da lì a poco, lì dentro ci saranno dei bambini: la porta — come le pareti all’interno — è tappezzata di tutte le immagini che Sherry ha strappato dalle riviste. Perché le abbia appese lì, non lo sa nessuno, Sherry inclusa.
La prima cosa che nota quando entra, è la vernice rossa sui capelli di Everett e quella senape sul braccio di Sherry, ma capisce con dolore che la loro battaglia non è finita. Anzi, probabilmente era giusto iniziata, ma Darko si è raccomandato di non agitarsi, e lui non vuole sapere quale sia la sua idea di “agitarsi”.
«Avevo capito che dovevamo dipingere le pareti… che mi sono perso?» Domanda con un sorriso strafottente in volto, non sorprendendosi dell’occhiataccia che i due gli rivolgono di rimando.
«Tua moglie non ha minimamente gusto, ecco che è successo! E non è neanche capace di trattenersi, evidentemente, perché sennò non mi avrebbe tinto i capelli quando le ho fatto notare il primo punto!»
«E perché lei ha un braccio giallo?»
Everett rimane in silenzio giusto per qualche secondo, preso in contropiede dalla sua domanda. «Perché doveva capire come ci si sente.»
«E quella infantile ed incapace di trattenersi è lei, mh?»
«Io non ho mai usato la parola infantile!»
Senza ombra di dubbio, Radish sarà già ampiamente preparato quando i piccoli nasceranno, visto e considerato che ha costantemente a che fare con dei bambini formato gigante. Che Everett avesse anche un lato del genere, però, non lo immaginava.
«Tu non provi neanche a difenderti?» Domanda un poco sconsolato alla moglie, realmente sorpreso dalla sua mancata reazione. Quando però la trova con lo sguardo perso nel vuoto, e con gli occhi avvolti da un evidente senso di smarrimento, le si avvicina cautamente «Ehi, bambolina, tutto bene?»
Il pennello sporco le scivola a terra, e di slancio porta entrambe le mani sulla pancia, come a volersi proteggere da qualcosa. Lo sguardo, nel frattempo, si fa sempre più spaventato, mandando in crisi i due.
«Qualcosa non va.» Afferma angosciata, con gli occhi scuri pieni di lacrime «Qualcosa. Non. Va.»
Prima che Radish abbia il tempo materiale per catapultarsi fuori di casa per far chiamare Darko, Everett lo afferra saldamente per un braccio. Avrebbe avvertito qualche cambiamento negativo anche senza l’esperienza di Darko e Alana. L’unica cosa che ha vagamente captato, è stato un lievissimo accentuarsi del battito cardiaco delle due creaturine quando Radish è arrivato, ma è durato solo un istante e, di certo, non sta ad indicare niente di brutto.
«Dicci che succede.»
«C’è un movimento e… non è una cosa bella.»
Se da una parte c’è Radish a tanto così da una crisi, dall’altra c’è un più che stupefatto Everett, che con cautela allunga una mano fin sulla pancia della sorella. Lui è infatti l’unico a potersi permettere questo gesto come e quando vuole senza far innervosire Sherry e/o infuriare Radish.
Dopo qualche istante di smarrimento, poi, un sorriso smagliante gli illumina il volto. «Superstar… questo… non è per niente brutto.»
«Come? No?»
«No, va bene. Va molto bene…» Afferra senza pensarci un istante di più la mano di Radish, posizionandola vicino alla propria. Gli viene da piangere per l’emozione e non se ne vergogna, e lo dimostra apertamente con un tono di voce sempre più incrinato «Si stanno muovendo.»
Nessuno riesce a muoversi o dire alcunché. L’unica cosa che riescono a fare, è sorridere come mai prima d’ora mentre avvertono quei lievi movimenti, che vanno via via affievolendosi di secondo in secondo.
La consapevolezza della loro esistenza, all’improvviso, si fa ancora più solida, perché adesso si fanno sentire, li avvertono che stanno crescendo, che si stanno formando e, seppur a modo loro, che sono molto più consapevoli di ciò che succede al di fuori del loro comodo riparo di quanto si possa immaginare.
L’unico a prendere la consapevolezza di quest’ultimo punto è Everett. Darko, in fondo, sin da quando era un ragazzino gli spiegava come funzionava il suo secondo mestiere — che lui stesso definiva più come un hobby —, e all’improvviso alcune di quelle spiegazioni dette quasi soprappensiero gli tornano in mente, instillandogli un dubbio bizzarro.
«A questo punto dovrebbero essere in grado di percepire la luce e, credo, anche i suoni…» Afferma pensieroso, per poi rivolgersi a Radish, che, dal canto suo, non ha ancora staccato le mani dalla compagna e gli occhi dalla sua pancia «Prova un po’ a parlare.»
«Come, scusa? Ehm… okay… la stanza la facciamo rossa?»
Una botta.
Quella che hanno sentito è stata senza ombra di dubbio una botta, non più un movimento appena accennato. Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, si è sforzata con tutta sé stessa per potersi muovere molto più di quanto potrebbe fare in questa fase dello sviluppo. Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, avrà sicuramente lo stesso caratterino deciso e poco accondiscendente di entrambi i genitori.
«Woah…» Ma Radish non pensa a tutto questo. Non gliene potrebbe fregare proprio di meno! L’unica cosa importante è che ha reagito alla sua voce. Lo ha sentito e si è mosso per lui.
«Penso che possiamo prenderlo per un sì.» Singhiozza commossa Sherry, posando una mano su quella del compagno e l’altra su quella di Everett.
Sono una famiglia, loro tre. Sicuramente non una convenzionale, ma lo sono lo stesso. E, di certo, non potrebbero esserne più felici.

 

… 𝑒𝒹 è 𝑜𝓇𝒶 𝒹𝒾 𝒻𝒶𝓇𝑒 𝓅𝒶𝒸𝑒.

Non sono rare le volte in cui Sherry va nei suoi Territori ad interagire col resto del branco. Sta instaurando un buon rapporto con loro, in modo assolutamente spontaneo e reale, e ciò non fa altro che rafforzare la lealtà che nutrono nei suoi confronti.
Non sia mai però che la vedano stanca… tragedia! Tutti che si affannano per convincerla a sedersi da qualche parte per mangiare qualcosa di nutriente, e a coprirla con pesanti pellicce per evitare che prenda freddo, in attesa ovviamente che riescano a mettersi in contatto con Radish o Everett per farla venire a prendere.
Le sue proteste sono completamente inutili, tanto che è arrivata a provare anche con le minacce per fare come vuole, ma niente: se solo sospettano che sia stanca, dolorante o Dio sa che altro, non le danno più ascolto. L’idea di perdere lei e gli eredi è così spaventosa per loro da renderli totalmente sordi e ciechi ai suoi comandi, ed ancor più vicini al Re e al Beta.
Il 18 Febbraio, proprio quando aveva finito un veloce controllo con Alana — Darko non si fida del suo giudizio? Bene, allora lei non si fida del suo e la controlla a sua volta, col totale benestare di Radish ed Everett —, Pip è arrivato da lei più veloce che poteva, tanto da non riuscire ad arrestare per tempo la corsa e schiantarsi in un muro, per avvertirla che a Domino si erano rotte le acque e “a breve” avrebbe partorito su alla Tana.
Presa dall’entusiasmo, ha provato a correre fuori dall’edificio, venendo quasi placcata sia dal Mezzosangue che dalla dottoressa, che le ribadivano nuovamente che con il marito o il fratello poteva anche pensare di mettersi a correre, saltare, schiacciarsi le dita con un martello, picchiare la testa negli spigoli o qualsiasi altra cosa, ma con loro non ci doveva neanche pensare. Figurarsi se qualcuno si assumerebbe mai una simile responsabilità, quando a proteggerla ci stanno due belve come quelle!
Così l’hanno costretta a stare lì buona e tranquilla fino all’arrivo di Radish, che, malgrado la paura di farle del male, l’ha portata in braccio fino alla nuovissima e singolarissima “clinica” all’interno della Tana, situata in un piano intermedio.
Perché adesso hanno anche quella, nella Tana nel piano umano, perché in tanti hanno preferito spostarsi “al piano di sopra” e volevano essere attrezzati per ogni evenienza. Oltre a questo, hanno anche pensato di costruire una seconda Tana quasi dall’altra parte del continente, per sicurezza, e di collegare le due costruzioni ed i Territori con i loro passaggi sotterranei protetti dalla magia delle Fate. Agli esseri umani — e gli alieni — a conoscenza di ciò è venuto da ridere, soprattutto all’idea che il resto del mondo ne è bellamente e totalmente ignaro.
Malgrado tutto, poi, Domino è stata piuttosto veloce, soprattutto per essere al primo parto, ed ha dato alla luce le piccole Hana e Moira entro otto ore.
Otto ore durante il quale sono volate bestemmie e minacce inenarrabili, dove Major è stato sedato perché assolutamente incontrollabile, e Sherry ha sfiorato una crisi isterica quando, spinta da qualche istinto masochista, ha ben pensato di provare ad avvicinarsi alla sala parto. Un’idea assolutamente imbecille la sua, che le ha messo addosso un’ansia e una paura superiore anche a quella provata per Jäger.

Urla, Domino.
Urla come se la stessero sventrando in modo insopportabilmente lento.
E lei sta lì fuori, le braccia stese lungo i fianchi ed un insolito pallore in volto.
Radish, alle sue spalle, vorrebbe davvero dire di essere pronto a tutto, adesso, ma non è pronto proprio a niente. Non ha mai sentito così da vicino le urla di una donna mentre partoriva, e, soprattutto, non l’ha mai fatto con la moglie incinta davanti a sé. E sua moglie è capace anche a cose normali di reazioni assurde per delle scemenze, figurarsi adesso con tutti gli ormoni imbizzarriti.
«Radish, ti dispiace ricordarmi per quale motivo ho deciso di venire proprio qui?»
Finché resta così calma, può ancora gestirla. Anche se, in realtà, sa bene che calma non è. Forse “sotto shock” è il termine più adatto, ma vuole convincersi lo stesso che sia realmente calma.
«Perché Major è tuo fratello e Domino è tua amica?» Questo non risponde alla sua domanda, ma di certo non poteva dirle che si sono trascinati fin lì solo perché la sua curiosità rasenta la follia ed è inoltre pregna di un masochismo allarmante. Sarebbe stato poco carino.
«Ma senti quanto strilla! La senti?! Dio… farà così male?! No, fanculo. Io non li partorisco, a ‘sti due. Vivranno dentro di me per sempre, ci puoi giurare!»


Poi ha frignato un po’ tra le sue braccia… e poi si è incazzata. Per cosa e con chi non era chiaro neanche a lei, sapeva solo di essere oltremodo furiosa con qualcuno che le aveva fatto qualcosa. Per fortuna di Radish, non sembrava ricordarsi di essere incinta dei suoi figli, altrimenti, forse, si sarebbe preso pure un calcio nel culo.
La situazione però è drasticamente cambiata quando Darko, calmo ed insolitamente solare, è uscito dalla stanza per far entrare Major, che si è catapultato dentro ancor prima che finisse la frase. A quel punto sono rimasti tutti zitti ed immobili, con la curiosità di sapere e vedere alle stelle, fin quando Major, con le lacrime agli occhi, ha fatto capolino dalla porta e li ha fatti entrare.
Hana e Moira erano così piccole, delicate e fragili, che a tutti si è sciolto il cuore. Per essere delle Purosangue Impure erano effettivamente troppo piccole, ma Darko li ha rassicurati dicendo che non intaccherà in alcun modo la loro salute, e Major ha scherzato dicendo che sono le sue Polly Pocket. Soprannome durato circa due minuti, perché poi Mordecai le ha ribattezzate prontamente a modo suo. Secondo il Cacciatore, infatti, il colore e la pezzatura dei loro capelli — e quindi del vello — è davvero molto simile a quello delle volpi di fuoco, e da lì sono diventate ufficialmente “le Volpine”.
Per Radish è stato emozionante vedere l’amico prendere tra le braccia una delle due, stringerla a sé con un’insolita delicatezza e piangere per la felicità. Era così felice da far battere forte il cuore pure a lui, che non si è neanche azzardato a sfiorare le piccole, e gli ha fatto pensare a quando sarà il suo turno, a quando sarà lui a tenere tra le braccia suo figlio… o sua figlia. Inutile negare la solida possibilità che almeno uno dei due sia una femminuccia, ma non è certo inutile continuare nel tentativo di convincere Sherry a cercare le Sfere qualora quell’ipotesi diventasse un’assoluta realtà.
Adesso, a distanza di dieci giorni da quell’assurdo pomeriggio di bestemmie ed emozioni indimenticabili, Sherry dorme beata nel letto della magione.
Dal momento che Radish ed Everett hanno preso ad allenarsi insieme nella camera gravitazionale o nel deserto, costretti a farlo dopo l’ennesima sfuriata di Sherry perché troppo opprimenti, lei può tornare a vivere in modo più normale, malgrado sia spesso molto stanca.
È tornata a correre su quattro zampe, a cacciarsi da mangiare, ad aiutare come meglio può — e quanto le permettono di fare. Però, come già detto, è spesso stanca, e durante la mattinata non ha fatto altro che andare avanti e indietro per consegnare materiali leggeri a chi ne aveva bisogno, ed ha poi pensato pure di catturare un grosso mammifero per sfamare un gruppetto di adolescenti che sta contribuendo alla ricostruzione dell’Arena. Se non è crollata prima, è solo per il suo orgoglio e la sua determinazione a mostrare a tutti che è sempre la stessa, e che una “semplice” gravidanza non può fermarla.
Però poi hanno minacciato di chiamare lo strano duo che l’avrebbe obbligata anche per giorni a letto, se non si fosse andata a riposare entro dieci minuti, e così si è ritrovata mollemente abbandonata a letto, circondata da un numero imbarazzante di cuscini.
Gli incubi che l’hanno sempre tormentata non si sono più presentati, ma non è insolito che il suo sonno sia comunque agitato. Tra quelle piccole creaturine che scambiano la sua vescica per un tappeto elastico — o che, una volta al buio, pensano bene di scatenarsi con della sana attività fisica — e i vari pensieri che le affollano la mente, accade di rado che dorma un sonno profondo e prolungato. Al contrario di Radish, che quando viene beccato a dormire beatamente si trasforma puntualmente nel “porco bastardo”.
Stavolta, però, niente salti carpiati sulla vescica, niente calci volanti, e niente pensieri scomodi, a parte la strana sensazione che ci sia qualcosa di strano che si porta dietro dall’alba. Era quasi una settimana che non dormiva così, sognando unicamente di correre in un meraviglioso campo privo di pericoli, ad inseguire coniglietti e saltare i fossati.
Ma la vita le ha insegnato che non può assolutamente abbassare mai le difese, perché altrimenti le giocherà l’ennesimo colpo basso. Essendosene scioccamente dimenticata, ci pensa Radish a ricordarglielo.
Si è infatti sdraiato contro la sua schiena da quasi un minuto, e la stringe con la sua solita nuova delicatezza, scuotendola leggermente mentre chiama il suo nome.
«Se insisti…» Biascica in risposta, tenendo ancora gli occhi chiusi «… ti toglierò tutte le interiora, ti farcirò con salvia e cipolla, e ti metterò in un forno preriscaldato a duecento gradi per almeno cinque ore, fino a che non sarai ben cotto.»
La sua capacità di lanciare insulti e minacce a dir poco articolate quando è ancora nel dormiveglia, è un qualcosa che non smette mai di stupirlo e divertirlo. Soprattutto divertirlo.
«Mi sembra di capire che hai fame, mh?» La stringe a sé, totalmente incurante della fantasiosa minaccia appena ricevuta. In fin dei conti, tanto, ne ha ricevute di peggiori per cose molto più banali.
La nota positiva di suddetta minaccia, comunque, è il sottotesto, che sottolinea il suo ampiamente ritrovato appetito. Ha pure ripreso tutti i chili persi… con gli interessi.
Ogni volta che Radish la stringe a sé, si sente sempre sollevato nel sentire la nuova morbidezza del suo corpo. Sollevato ed eccitato, anche se si sforza di non darlo troppo a vedere.
«Perché mi hai svegliata? Stavolta erano calmi…» Borbotta, con la voce impastata dal sonno. Fa giusto in tempo a terminare la frase, però, che le due piccole pesti tornano a farsi sentire, picchiettando contro la grossa mano del Saiyan. «Perfetto. Oggi si danno alla break dance.»
Di colpo, però, un odore conosciuto le stuzzica le narici, interrompendo i suoi farfugliamenti. Ci sono note di anice stellato, pompelmo, arancia, clementina, legno prezioso, fiore di eliotropio e fiore di tabacco. C’è solo un posto, per quanto ne sa, che è stato impregnato di questo profumo tanto fruttato, morbido e sofisticato.
«Come mai eri in clinica?» Domanda, rigirandosi pigramente tra le sue braccia. Quando nota uno strano senso di smarrimento nei suoi occhi d’onice, il cuore le batte per qualche secondo più veloce. Anche stavolta, il suo sesto senso ci aveva visto giusto. Dovrei proprio imparare a capire di cosa si tratti di volta in volta.
«Ero in clinica perché…» Non sa bene come dirglielo, in realtà. Perché era lì? Perché c’è rimasto per qualche ora? Perché si è messo a dare conforto ad un’altra donna? Beh, è semplice, in realtà: perché suddetta donna ha sempre fatto il tifo per lui, lo ha sempre trattato bene, e vederla così preoccupata gli ha fatto pena. In senso buono però, e, in un certo senso, è come riuscito a comprenderla a pieno, riuscendo a calarsi nei suoi panni. Come poteva ignorare tutto questo e andarsene?
Prende un respiro profondo e, sperando nel meglio, vuota il sacco: «Ero in clinica perché Bree sta per partorire.»
Quanto gelo può venirsi a creare con una semplice frase.
Hanno già affrontato l’argomento, un paio di volte. Radish ha provato inutilmente a fargliela almeno chiamare, così da smorzare quell’insopportabile tensione che viene a crearsi ogni qualvolta Sherry fiuti l’odore dell’altra da qualche parte. Ha sempre buttato in mezzo la carta della loro ventennale amicizia, del loro essere letteralmente cresciute fianco a fianco, di essersi sempre perdonate dopo ogni possibile litigata, ma lei non ha voluto sentire ragioni, rimanendo trincerata dietro il suo risentimento.
A cose normali, a Radish non interesserebbe neanche più di tanto. Sono le sue amicizie, ed è abbastanza grande da sapere da sola come gestirsele, ma c’è un qualcosa, sotto tutta quella faccenda, che in qualche modo gli preme.
Senza sapere come, si è infatti ritrovato a provare pena per Bree, ad immaginarsi come debba sentirsi adesso, relegata ai margini, lontana da quella che ha sempre considerato come una sorella. Si è ritrovato come a capirlo e, ancor più curiosamente, a pensare che la sua non sia una situazione poi troppo diversa da quella che lui stesso ha vissuto in passato. Appena arrivato sulla Terra, picchiò subito il fratello e rapì il nipote, tenendo sotto scacco il primo con un orribile ricatto. Fece un macello clamoroso, ma, alla fin fine, è stato perdonato, gli è stata data una seconda possibilità. Perché loro non dovrebbero farlo anche con Bree? II fondo possono sempre ucciderla, se in futuro dovesse rifare un qualcosa di tanto grave alle loro spalle.
Senza contare tutto questo, poi, Radish è ben consapevole che Sherry soffra la sua mancanza. Quante volte avrebbe voluto chiamarla per dirle qualche novità? Quante volte si è bloccata a metà frase, quando stava per citarla in qualche modo? Troppe volte, ed ogni volta il Saiyan ha avvertito il suo dolore nel petto.
Se c’è un momento adatto per far pace, secondo lui, è proprio questo, dove entrambe saranno frastornate ed disarmate.
Sherry, però, è rimasta totalmente impassibile, come se non avesse appena lanciato una bomba enorme.
«E perché ci saresti andato?»
«Ma come perché? Andiamo! La tua amica sta per partorire, sta in un lago di sudore e bestemmie, ed è nel panico più assoluto. E Mimì non se la passa poi troppo meglio. Che dovevo fare, quando ha chiamato a casa? Mandarla affanculo e riattaccarle in faccia?!»
«Ma lei—»
«Lei ha fatto una stronzata, sì, ma non mi pare che suddetta stronzata adesso ti dispiaccia, no?»
«Hai appena definito i nostri figli una stronzata?!»
Ci sono delle volte, poche ma ci sono, in cui Radish davvero vorrebbe avvolgerle le mani attorno al collo e strangolarla, ma si fa forza e si astiene, consapevole che, se sopravviverà a questa gravidanza, potrà sopravvivere a qualsiasi cosa il futuro gli riserbi. Inclusi, ovviamente, i suoi figli, che di certo non potranno essere più cocciuti di lei. O, almeno, questo è ciò che crede e spera.
«Se vuoi litigare, lo faremo dopo, okay? Ora devi alzare il culo e andare almeno a salutarla.»
«Non ci voglio andare!» Se non si alza di scatto e marcia fuori da Nike per avere il suo supporto, è solo perché con la pancia che cresce a vista d’occhio è piuttosto impraticabile.
«E ‘sti cazzi?!» Talvolta si sorprende e spaventa da solo, perché diventa di giorno in giorno sempre più evidente l’influenza che gli altri hanno su di lui «Alzati e andiamo, o ti prendo in braccio e ti ci porto di peso.»
«Da quando ti frega qualcosa di Bree, eh? Non eri forse tu a chiamarla PsycoBarbie? Cos’è cambiato, eh?» Bercia inviperita, snudando le zanne. Non che ce l’abbia realmente con lui, non dal momento che lo tiene accuratamente fuori dal problema, ma gli ormoni spesso e volentieri la portano a scattare contro chiunque per le ragioni più impensabili. Per tenerla un poco sotto controllo, però, è sufficiente sventolarle sotto al naso qualcosa di gustoso.
«Mi frega da quando sei mia, okay? So che ci stai male, e so anche che sei orgogliosa da far paura, ma è arrivato il momento di fare una scelta. Vuoi continuare a stare male, o per una volta puoi fare lo sforzo di ingoiare l’orgoglio?»
Non s’impunta mai, Radish. Non gli interessa, non con tutte le cose che ha sempre per la testa, ma stavolta non vuole sentir ragioni. La sua donna, in fondo, ha evidentemente ancora dei grossi problemi a capire sé stessa e ad affrontare le proprie emozioni, soprattutto se non riguardano lui, ed ormai è evidente che lo ascolta, seppur a pezzi e bocconi. Se però impuntandosi così fermamente può farle del bene — ed anche guadagnarsi un’altra persona disposta a tenergli i figli quando vorranno starsene da soli — allora ben venga, si impunterà e le farà capire che è lui ad avere ragione. Potrebbe anche giocarsi la carta più forte del suo mazzo, ma vuole tenersela per quando sarà lui a fare qualcosa che la manderà davvero in bestia. Figurati se me la gioco per te, Chucky!
La guarda rimuginarci su con attenzione, e Dio solo sa se vorrebbe che ad osservarli ci fosse pure Everett, giusto per fargli vedere per l’ennesima volta che ha più potere di lui. Tu mi servi ancora per gestirla nei casi di emergenza, ma cazzo se sono più capace io!
«Almeno quello non ha calorie…»
E con queste semplici parole, Radish sa di aver vinto ancora. Ogni volta si sente incredibilmente potente, soprattutto sapendo con che tipo di donna ha a che fare. Se non gli piacesse tanto combattere, è abbastanza certo che sarebbe capace di risolvere ogni genere di conflitto intergalattico solo a parole.
«Così mi piaci, Macallan*!» Sa di non doverla chiamare così, sa quanto la faccia incazzare a morte, ed è per questo che riesce a schivare con facilità l’abat-jour che gli ha lanciato contro, inviperita.
«Come mi hai chiamata?!»
Considerando la pubblicità di quel whisky, con la botticella enorme con le braccina e le gambine, il fatto che lei stia levitando di giorno in giorno, e quello che nella casata reale del Nord si porti il nome di un alcolico, cos’altro poteva aspettarsi, Sherry, se non un nomignolo tanto stronzo? Niente di meglio, ovviamente… così come lui non può non aspettarsi delle vendette degne sia di nota che di applauso una volta recuperata la forma. Ti distruggerò, Koba… di distruggerò sia nel corpo che nello spirito!

Ha maledetto tutti, Bree. E per tutti, s’intende proprio tutti. Parenti, amici, sconosciuti, oggetti e divinità.
La cosa peggiore? Non è ancora arrivata alla parte peggiore. Secondo Darko c’è vicinissima, ormai, e già pregusta le imprecazioni che voleranno.
Mimì, invece, non si pregusta proprio niente, rimanendo vicina alla moglie, con un cuoricino piccolo così per la paura. Se le succedesse qualcosa? Se succedesse qualcosa ai piccoli? Il solo pensiero le fa attorcigliare le budella e gelare il sangue… e anche rimarcare la propria scelta di non partorire mai.
Bree, dal canto suo, cerca di ricordarsi invece perché abbia insistito tanto per allargare la famiglia. I bambini le piacciono molto, è vero, ed ama Mimì con ogni fibra del suo essere, ma i dolori delle contrazioni le stanno facendo pensare da ore che, forse forse, la sua è stata una decisione del cazzo.
Ucciderò Micah. È colpa dei suoi geni del cazzo se sto morendo di dolore! Solo colpa sua, pezzo di stronzo!
«Tesoro, respira, forza. Ricordati quello che dicevano al corso pre-parto!» Vorrebbe tenerle la mano, Mimì, ma è abbastanza sveglia da sapere che, come minimo, le frantumerebbe involontariamente ogni singolo osso. L’unica cosa che può fare, è tamponarle la fronte con un panno fresco.
«Ricordo che pensavo “che cose stupide”, e AVEVO RAGIONE!» Malgrado questo, si sforza davvero di respirare come le è stato insegnato, con l’unico risultato di imprecare tra i denti.
«Vuoi che chiami tuo padre o—?»
«NO!» Strilla, inviperita «Se un’altra persona si azzarda a mettere le dita vicino al mio utero, INCROCIO LE GAMBE E GLIELE SPEZZO!»
Ha gli occhi fuori dalle orbite dalla paura e per il dolore, e Mimì è seriamente preoccupata che muti da un momento all’altro e distrugga tutto ciò che la circonda, compresa lei. In suo aiuto, però, arriva proprio l’ultimissima persona che pensavano di poter vedere in questo momento.
«Allora, ragazzi, se non vi spiace, dovrei farvi una domanda.»
Voltano di scatto la testa, e a Bree si blocca il respiro in gola.
«Sherry?!» Urla invece Mimì, piena di gioia. Dio solo sa quanto avrebbe voluto parlarle in quei mesi, quanto avrebbe voluto abbracciarla, averla spesso in giro per casa.
Lo Spettro però non le degna di uno sguardo, continuando a camminare lentamente per l’ariosa sala parto, con in mano i due inanimati interlocutori: un pupazzo a forma di giraffa e uno a forma di procione. Sono gli animali preferiti di Bree — un po’ in tutti i sensi —, e quando li aveva visti in vetrina li aveva subito comprati per regalarglieli, senza neanche pensare che non si parlavano da mesi e che non l’avrebbero fatto per chissà quanto tempo. Una decisione istintiva la sua, che, come ogni altra cosa che riguardi l’amica, in quel momento l’ha fatta soffrire.
«Voi sapete che qui c’è una certa persona estremamente scema che mi ha fatta davvero incazzare. Alla luce del fatto che, però, questa pancia sempre più grossa e il culo altrettanto grosso mi donano un casino, forse potrei sorvolare sulla sua incommensurabile puttanata, che mi ha spinta a desiderare di ucciderla in modi decisamente discutibili.»
Per la prima volta dalle cinque del mattino, Bree sorride. Sorride come non faceva più da un po’, con quella rinnovata e sincera voglia di fare che l’ha sempre contraddistinta, e a Mimì si scioglie il cuore. Sherry, la stessa Sherry capace di portare rancore per tutta la vita anche per delle scemenze, sta seppellendo l’ascia di guerra.
«Voi che dite, lo faccio o no?»
L’umana non ci pensa un istante di più: scatta in piedi e le avvolge con forza le braccia al collo, stringendola forte a sé. Sherry, dal canto suo, le picchietta i musetti morbidi dei pupazzi sulla testa, sorridendo allegra.
«Occhio, che questi piccolo mostri potrebbero ucciderti attraverso di me.» Scherza con tono dolce, mentre viene finalmente lasciata andare.
«Che ci fai qui?» Domanda col fiato corto Bree, abbandonandosi all’indietro per qualche istante.
Si guardano poi negli occhi, in silenzio.
Bree è a corto di energie, ma gli occhi sono tornati incredibilmente vivaci dal momento in cui l’ha vista. Malgrado tutto, sente di poter spaccare il mondo, adesso che ce l’ha vicina.
Sherry, invece, si sente da una parte entusiasta all’idea che da lì a breve vedrà i nipoti, mentre dall’altra si sente in preda al panico all’idea che tra qualche mese sarà al suo posto.
«Secondo te? Sono pur sempre la madrina.» E detto questo, le si avvicina senza esitazioni.
C’è una specie di regola non scritta con Sherry, che chi le è più vicino conosce bene: se per un colpo di fortuna decide di perdonarti, o se comunque una lite viene chiusa, il tutto dovrà essere archiviato e mai rimembrato.
Per sbaglio uno dei due ha fatto del male all’altra e questo ci ha portato a scannarci, ma poi facciamo pace? Non ne dovremo parlare mai più.
Uno dei due ha tramato alle spalle dell’altra, ma poi facciamo pace? Fingeremo che non sia mai successo.
Un regola non scritta molto semplice, che, finora, non ha mai portato alcun problema. La fiducia dovrà essere ovviamente riguadagnata col tempo, ma ciò non toglie che, almeno all’apparenza, tutto tornerà come prima del fattaccio.
Bree lo sa da anni, ormai, e per questo, dopo l’ennesima dolorosissima contrazione, si lascia andare ad un sorrisetto ironico.
«Per curiosità… come pensavi di uccidermi?»
«Affogandoti nel cesso sporco di un autogrill.»
«Ahhh, questo è troppo crudele! Ti revoco l’amicizia!»
«Non puoi revocarmi l’amicizia: c’è e basta. Come i Comandamenti scritti sulla pietra: ci sono e basta.» Afferma fiaccamente, mettendo in atto le nuove manovre studiate appositamente per potersi sedere comoda. Il fatto che la pancia già adesso le crei simili disagi un poco l’allarma ogni volta, ma alla fine finge che sia tutto regolare. Tra il marito e il fratello, sennò, non sa chi la farebbe impazzire di più.
«Hai appena paragonato la nostra amicizia ai Dieci Comandamenti? Sul serio?»
«Evidentemente.»
«Andrai all’Inferno» Dice, impassibile, irrigidendo ogni singolo muscolo del corpo quando la contrazione arriva di nuovo. Ormai c’è, i piccoli sono più che pronti a venire al mondo. Quella a non essere pronta, invece, è lei. Sedateli subito, magari restano dentro ancora un po’!
«Se ci vado, meglio che il tuo brutto culo venga a tenermi compagnia!»
Bree ride, e Sherry sorride, stringendole la mano.
Darko entra proprio in quel momento, e finalmente tira il tanto atteso sospiro di sollievo. Perdonandosi a vicenda, infatti, pure lui può dirsi più tranquillo: mentre la figlia sarà più calma con i figli e si impegnerà di più nelle lezioni con lui, Sherry sarà decisamente meno nervosetta, e ciò gioverà anche ai due omaccioni che vogliono entrare per assicurarsi che non si stia sforzando eccessivamente. Sono circondato da un branco di stupidi cuccioli troppo cresciuti!
«Ci puoi scommettere il tuo brutto culo.»
«Tutto molto carino, ma ora è proprio il caso di far nascere questi bambini.» Le interrompe Darko, avvicinandosi con passo sicuro e un sorrisetto sotto la mascherina. Tra gli Spettri difficilmente si usano tutti gli strumenti umani quando si medicano i feriti o si fanno partorire le gestanti, perché per loro le infezioni sono fuori discussioni, ma non è neanche insolito che, chi aiuta durante il parto, indossi una mascherina protettiva con cucito dentro un pezzetto di menta. Avere un odore così forte e pungente dritto nel naso, curiosamente, li aiuta a rimanere concentrati sull’obiettivo.
«Rimarrai qui fuori?» Le domanda prontamente Bree, col cuore che le martella sempre più forte nel petto.
«No. Sarò qui accanto a te, se lo vorrai.»
Eccetto il dolore e il terrore agghiacciante, per Bree è tutto perfetto. Mimì è da una parte a tamponarle la fronte, suo padre si assicurerà che niente vada storto, Alana sta lì pronta a prendere i piccoli per pulirli, e Sherry le sta prendendo la mano per farle forza. Niente potrebbe farla sentire più al sicuro e più felice, adesso.
«Preparati, bastarda, perché ti spezzerò tutte le ossa della mano.»
Rafforzano entrambe la presa con rinnovata energia. Ci vorrà del tempo prima che il rapporto torni lo stesso, e saranno necessari molti sforzi da parte di entrambe per non mettere un piede in fallo e riaprire così la faida, ma questo inizio, secondo entrambe, promette assai bene.
«Vediamo a cosa sto andando in contro, dai!»

Quarantatré minuti per partorirli ed altri dieci per espellere la placenta. Bree non ne può assolutamente più, tanto che, dopo un primo dolcissimo contatto, ha smollato un figlio a Mimì e l’altro a Sherry, soprattutto perché Darko non ne voleva sapere, non dal momento che, per quanto lo riguarda, per adesso ha già dato troppo.
Magnus e Chuck sono assolutamente adorabili, con l’aspetto di due piccoli e delicatissimi putti di quasi tre chili. Hanno i capelli più chiari dei genitori, e gli occhi della stessa tonalità azzurra del padre, mentre le boccucce carnose e i nasini delicati sono indubbiamente quelli di Bree.
Mimì, con Chuck tra le braccia, non riesce a trattenere le lacrime di commozione, mentre un fiume bollente d’amore le trabocca dal cuore. Bulma glielo aveva detto, ma non pensava che si potesse amare così tanto un esserino così piccolo dopo averlo toccato una sola volta.
Magnus, invece, stringe le dita piccole e paffutine attorno all’indice sfregiato di Sherry, e le osserva con occhi attenti l’unghia.
I cuccioli di Spettro, infatti, riescono a mettere a fuoco da subito le immagini, cosa che permette loro di riconoscere da chi e cosa sono circondati, così da poter dare eventualmente l’allarme.
Micah è il primo ad entrare nella stanza, seguito poi da Fern e Radish. Sarebbero decisamente in troppi se si facessero avanti anche gli altri, e Bree potrebbe avere una qualche brutta reazione che, ora come ora, davvero non si può permettere. Deve rimanere quanto più tranquilla e ferma possibile per recuperare le forze e auto-curarsi i danni.
Mentre Mimì posa delicatamente Chuck tra le braccia di Micah, che gli sorride con gioia mentre già pensa a tutte le stronzate che gli potrà far fare, Sherry mostra con orgoglio Magnus a Fern e Radish. Mentre la prima si protende in avanti senza pensarci un solo istante, Radish rimane stoico e a distanza. Non riesce a toccarli quando sono così piccoli, gli fanno impressione e l’idea di spezzarli in due come grissini lo terrorizza assolutamente.
«Guardate quanto è bello!»
Non lo guarda più, il bambino. I suoi occhi ora sono fissi sul volto di Sherry. È radiosa tanto è felice, e il cuore di Radish comincia a battere più velocemente, contagiato anche dalla sua felicità. Quando poi gli sorride, mostrandogli maggiormente il nipote, si avvicina ai due senza neanche pensarci, circondandole le spalle con un braccio per tenerla più vicina.
Ai suoi occhi, adesso, appare come la sintesi perfetta tra un raggio di Sole e un uragano. Ma l’effetto svanisce alla svelta, perché Sherry non può certo risparmiargli una delle sue subdole frecciatine.
«Ahhh, non vedo l’ora che crescano, così gli facciamo bombare almeno una delle mie!» Afferma infatti con una punta di malignità negli occhi, sghignazzando perfidamente quando lo sente irrigidirsi da capo a piedi.
«COSA?!» Non è tanto l’idea che quel minuscolo lattante possa anche solo toccare sua figlia a terrorizzarlo, ma il fatto che abbia appena detto che entrambi i feti siano femmine. Una può accettarla, anzi è quasi sicuro che la lascerebbe vivere senza farle pesare particolarmente la propria già preoccupante gelosia… ma due?! No, due figlie non farebbero vita. Le rinchiuderebbe in un bunker al centro del pianeta in assoluto più lontano di tutti, e circonderebbe il bunker con trappole mortali, che potranno essere disinnescate solo con delle password, che ovviamente conoscerà solo lui, il tutto con la promessa di dare suddette password ai due fortunati che riusciranno a batterlo in un combattimento uno contro uno (dopo aver ovviamente battuto anche amici e parenti vari). Promessa che, in realtà, non manterrebbe assolutamente. Devo convincere Everett ad aiutarmi, e devo farlo subito!
«Idea geniale.» Asserisce con un ghigno altrettanto malefico Bree, ridestandosi tutto in un colpo. Allunga poi una mano verso Chuck, e gli sorride con aria follemente innamorata. «Ahhh, quante cose dovrò insegnarvi! Come farsi un bong artigianale, come rollarsi una canna quando ormai sei completamente scoppiato, come farsi uno shotgun di birra…»
«Scherzi, ve’? Kong ha proibito ogni sostanza “nociva”.» Non che Bree non lo sapesse, dal momento che tutti gli Spettri hanno ormai appreso con dolore il nefasto ordine, ma ha preferito ribadirlo lei stessa per lasciarlo nella convinzione che la nuova generazione, che comprende ovviamente i loro figli, gli daranno retta. Povero scemo!
«Ma che stronzo!»
«La cosa peggiore, è che dà retta a tuo padre! Per me niente alcol, canne e sigarette fino a che non avrò finito di allattare!» Ed eccola lì, la solita espressione imbronciata e lacrimevole da bambina alla quale sono state negate le caramelle.
«Siete due mostri!» Strilla inviperita Bree, allarmando un poco i cuccioli che, d’istinto, cominciano ad agitarsi e frignare tra le braccia di Micah e Sherry. Tra quelle di quest’ultima, però, Magnus ci dura circa due secondi, prima di essere abbandonato tra quelle più pazienti di Fern, dove può scatenarsi in un pianto isterico di tutto rispetto.
Radish, frastornato dai loro rinnovati deliri, si pente tutto in un colpo di essersi intromesso, e si appunta mentalmente di non mettere mai e poi mai bocca nei problemi delle figlie — cosa che non potrà mai avvenire, visto che saranno rinchiuse nel bunker.
Quando poi Bree, con gli ormoni totalmente impazziti, comincia a singhiozzare assieme ai neonati, e viene seguita a ruota da un’emotiva Sherry, sente come se un’incudine enorme gli si abbattesse di schianto sulla testa.
Oddio… ma che ho fatto?!

 

… 𝑒 𝓋𝒶𝒾 𝒹𝒶𝓁 𝓂𝑒𝒹𝒾𝒸𝑜

Essendo ormai ad un passo dal quarto terrificante mese, Radish ed Everett hanno imparato una cosa fondamentale per sopravvivere in pace: prima di qualche visita per lei troppo invasiva — ovvero tutte —, si deve andare giù pesante di shopping.
Hanno comprato di tutto ormai, anche cose di assai dubbio gusto e di scarsissima utilità. E non solo per i bambini! Anche i loro guardaroba, per esempio, sono carichi di cose che non metteranno mai.
Niente ha mai importanza: quando lei punta il dito, o semplicemente osserva per un secondo di più qualcosa, quella cosa viene portata in cassa e fine della discussione.
Solo adesso, osservando quelle scarpine orribili, si rendono conto che forse la stanno viziando un po’ troppo, e che probabilmente la faccenda sia sfuggita loro di mano.
«Non sarà un po’ esagerata la quantità di scarpe per i primi tre mesi?» Domanda infatti Radish, osservando confuso il numero imbarazzante di scarpine — e tutine, cappellini e qualsiasi altra cosa nella cameretta.
Ce n’è per tutti i gusti, tutti davvero, tanto che potrebbero aprire loro stessi un negozio abusivo per la prima infanzia. Ma anche un bar, volendo, visto il numero spropositato di bottiglie di liquori, vini e distillati che gli hanno propinato per aiutarli con la scelta dei nomi.
Nomi che, tra l’altro, Sherry vorrebbe che fosse Radish a scegliere. Scelta che in realtà per tradizione spetta alla donna, cosa che lo ha fatto sentire in qualche modo onorato, soprattutto dal momento che gli ha dato apertamente la possibilità di mettergli un nome Saiyan.
Per quanto onorato, però, l’ha anche un po’ messo in crisi, dal momento che un nome non è proprio una cosetta da niente. È anche per questo che non vuole ancora scegliere, soprattutto finché non sarà certo del loro sesso. Quando infatti Sherry disse quella nefasta frase a Bree, gli è nato dentro un orribile dubbio, che viene costantemente messo in discussione dai vestitini da maschietto nei cassetti.
Potrebbero essere uno e uno, o potrebbe anche divertirsi ad illuderlo che avrà almeno un maschio e quindi il suo calvario non sarà totale. Non lo sa, ma lo vuole sapere ad ogni costo, e per questo si rifiuta categoricamente di metterla al corrente di ogni opzione.
«Soprattutto considerando che sicuramente non le metteranno?» Gli dà poi manforte Everett, reprimendo con la forza l’impulso di prendere quante più cose possibile e dar loro fuoco in giardino.
«Ma quelle a coniglietto le avete viste? Non potevo non prenderle!»
Quelle sarebbero sicuramente le prime a finire nella sua pira, ma si astiene dal dirlo. Un qualsiasi commento, e non avrebbe più la possibilità di farle sparire una volta distratta, e di certo non vuole giocarsi quest’opportunità.
«Beh, ora che abbiamo comprato l’inverosimile ed è tutto sistemato, possiamo andare da Darko? Sai che diventa una spina nel fianco quando qualcuno è in ritardo.»
Darko e la sua rinnovata mania della puntualità sono effettivamente qualcosa di insopportabile, e tutti e tre vogliono evitarlo ad ogni costo. Con le gestanti rimane più morbido, soprattutto quando sa che le gravidanze possono essere a rischio, ma con gli uomini… con loro diventa di una cattiveria unica, e tutti sanno bene che, con la collezione di veleni e tossine a sua disposizione, potrebbe diventare anche assai pericoloso.
Con questo pensiero, quindi, si dirigono con passo deciso verso la Tana. Manca ancora una mezzora al loro appuntamento, ma i due omaccioni preferiscono arrivare in largo anticipo, alle volte li facesse entrare prima o cose del genere. Perché questa visita sarà un po’ particolare, e ad entrambi preme particolarmente.
C’è infatti una piccola anomalia nella gravidanza. Essendo sicurissimi che il concepimento sia avvenuto il 25 Dicembre, è oltremodo chiaro che i due bambini abbiano qualcosa di bizzarro. O che siano in tre. Perché la pancia è troppo grossa, molto più di quanto una normale gravidanza gemellare preveda alla sua settimana, e questo li mette fortemente in allarme.
In realtà, non sanno se li spaventa di più la possibilità che abbiano qualcosa che non va o che siano realmente in tre!

Lo studio, malgrado sia stato scavato sotto terra, è molto arioso e fresco, e ciò è possibile solo grazie alla mente di Darko che, non volendo sentir ragioni, se l’è fatto costruire secondo un proprio piano preciso. Se infatti dovrà dare lezioni ai novellini, e al tempo stesso occuparsi di un numero esagerato di gestanti, allora lo farà a modo suo, con i mezzi che vuole e nell’ambiente che preferisce. Considerando le sue indiscutibili abilità, ed anche la somma esagerata che hanno ereditato, gli hanno concesso ciò che voleva senza troppe storie.
In realtà a Radish non dispiace troppo quel posto. Non che vi accadano mai eventi particolarmente elettrizzanti come dai normali ginecologi o cose del genere, ma non gli dispiace.
Si respira una buona aria, si ricevono vibrazioni positive, un po’ come in quei sofisticati centri yoga e meditazione che, di tanto in tanto, ha visto nei film e nelle serie tv.
Lui e Sherry hanno però un dolce ricordo, in quella piccola ed ariosa clinica privatissima. Un dolce ricordo segreto che forse in molti hanno scoperto grazie al fiuto, ma che nessuno ha avuto il coraggio di diffondere in giro.
C’è infatti una stanzetta, la cui porta è mezza nascosta da una grossa composizione di fiori finti di mirabile fattura, dove sono tenuti tutti i prodotti per le pulizie che usano gli Omega — se vogliono guadagnarsi un briciolo di simpatia da parte di Darko e dare così una possibilità ai propri figli di essere presi sotto la sua ala, è infatti bene tenergli quel posto tirato a lucido, sempre.
Al secondo mese erano andati da soli ad un controllo, mentre Everett si occupava di alcune questioni nei loro Territori. Robetta da poco, ovviamente, che però ha permesso loro di andare a quel controllo — che in realtà è stato più una specie di seduta terapeutica — per i fatti loro… e così sono finiti nella stanzetta. Non saprebbero dire neanche adesso cosa li abbia scatenati, se gli ormoni imbizzarriti di Sherry o la libido trattenuta a fatica del Saiyan, fatto sta che sono entrati ed hanno fatto sesso in piedi, appoggiandosi alla parete. Una cosa veloce, giusto per sfogarsi un minimo prima del rientro a casa, che però ha lasciato loro una soddisfazione assai notevole, e che adesso sta facendo tornare la stessa malsana voglia al Saiyan.
«Cosa fai?» Cinguetta allegra Sherry, seduta alla meglio su una delle poltroncine. Se da una parte c’è Everett che legge uno dei suoi noiosissimi libri, dall’altra c’è Radish che, contro ogni aspettativa, si è messo a leggere una delle tabelle scritte da Darko.
Il Saiyan potrebbe anche dirle che si sta concentrando su qualsiasi cosa per non pensare alle porcate che hanno fatto in quella stanzetta, ma non vuole né metterle strane idee in testa, né sorbirsi i rimproveri di Everett sulla loro condotta discutibile, quindi snocciola una seconda motivazione abbastanza veritiera: «Mentre aspetto, leggo i dati di Darko sulla gravidanza… a quanto pare, a questo punto, avresti dovuto prendere dagli undici ai tredici chili e mezzo. Tu quant—»
I fogli volano per tutta la stanza, e gli occhi infuocati di Sherry suggeriscono che, forse, ha toccato un tasto molto dolente.
«Cos’è che dicono adesso i tuoi dati del cazzo, eh?!»
Non la capisce, Radish. Cosa c’è di male nel dire che durante una gravidanza gemellare ha preso dei chili? Darko ha detto a tutti e tre che ne dovrebbe prendere dai sedici ai venti entro la fine, quindi davvero non capisce dove abbia sbagliato.
Senza contare, poi, che ai suoi occhi lei era, è e rimarrà sempre una bomba, chilo in più o chilo in meno, e che potrebbe aver preso anche venticinque chili ma le farebbe di tutto lo stesso.
«Sei un cafone! Un brutto ed insensibile cafone! Mo’ vedi di tenere chiusa quella cloaca, o giuro che stanotte dormi sul divano!»
Non sono nuovi, loro due, alle sue minacce e ai suoi improvvisi scatti d’ira, ed ogni volta ormai si limitano a lanciarsi un’occhiata carica di compassione e sostegno reciproci. Stavolta, invece, ci sono anche una silenziosa domanda e la conseguente risposta: Ma che problemi hanno le donne? A me pare stia benissimo!
Non chiedere a me, su questo argomento mi trovi impreparato!


Stesa sul lettino con il morbido vestito tirato in alto a coprirle il seno, Sherry si osserva la pancia con sguardo corrucciato.
Secondo lei, i piccoli Diavoli devono aver organizzato per forza un festino abusivo nel suo ventre, con tanto di luci stroboscopiche, alcol a fiumi e un sacco di amichetti, sennò non si spiega il delirio che avverte tanto chiaramente.
Il fatto poi che siano così attivi già adesso la preoccupa parecchio. Come saranno una volta cresciuti? Si daranno una significativa calmata o distruggeranno tutto ciò che toccheranno?
Dopo l’ennesimo calcio, però, non importa più. L’unica cosa che le preme, adesso, è pensare al numero di punizioni che gli infliggerà non appena emetteranno il primissimo vagito.
«Figli di puttana…» Biascica nervosa, massaggiandosi la parte lesa. Che vi ho fatto di male? Vi fornisco vitto e alloggio gratuito, piccoli ingrati! Almeno evitate di distruggere l’alloggio a pedate!
«La madre saresti te, sai?» Scherza divertito Everett, parlando anche per il Saiyan. Dopo la minaccia ricevuta, infatti, presterà la massima attenzione a ciò che dirà almeno per la prossima ora.
Vorrebbe uscirsene con una qualche risposta decente, Sherry, ma un secondo calcio le fa uscire solo questo: «Dopo questo, è evidente che mi considerano una gran troia!»
«È incredibile come siano sempre tutti in anticipo!» Scherza Darko non appena entra nella stanza, con un gran sorriso in volto. Alle sue spalle, cinque assistenti osservano ogni sua mossa come falchi, i taccuini alla mano per appuntarsi ogni singola parola e movimento. Per loro, che desiderano intraprendere una carriera sfavillante almeno la metà della sua, lui è una specie di Dio sceso in Terra, e tutto ciò che può dirgli o mostrargli è oro colato.
Sherry non si sente poi troppo a proprio agio con loro presenti, soprattutto perché teme che il marito o il fratello gli si rigirino contro in qualche modo, ma alla fine poggia semplicemente la testa all’indietro e ricomincia a tamburellare con le dita sulla pancia. Ogni tanto, infatti, pare avere il potere di fargli dare una calmata. Ogni tanto, ma sicuramente non stavolta.
«Via le mani, mia Regina, così possiamo dare una sbirciatina dentro.»
Se Everett è riuscito a darsi una calmata in tempi relativamente brevi, Radish ancora fatica parecchio nell’accettare che qualcuno le si avvicini. In realtà è pure bizzarro questo suo “strascico”, ma nessuno, per ovvie ragioni, glielo fa notare.
«Come lo capisco se sono maschi o femmine?» Si limita a domandargli questo, costringendosi a soffocare l’impulso di staccargli le mani quando le avvicina al grembo della moglie.
Nella sua mente è infatti in atto una lotta furiosa: una parte di lui si rende pienamente conto che li vedrà per la prima volta in assoluto, seppur su uno schermo, ma l’altra parte continua ad urlargli che potrebbe ucciderla con quel piccolo oggetto che le sta strusciando sulla pancia. Un pensiero totalmente irrazionale, lo sa anche da solo, ma che proprio non ne vuole sapere di togliersi di mezzo.
«Ohhh, ma guardate un po’ chi si vede!»
Ecco, ora si è tolto di mezzo. Si è tolto di mezzo nel modo più assoluto, ed è stato sostituito alla grande dall’immagine in 4D. Perché Darko mai e poi mai avrebbe rinunciato ad avere anche questo apparecchio, figurarsi! Lui ha tutto.
Se già il medico abbozza un sorrisetto soddisfatto nel vedere per la prima volta quei due faccini, per gli altri tre è qualcosa di assolutamente incredibile. Sherry si issa su un gomito, ed allunga l’altro braccio per sfiorare l’immagine con la punta delle dita; Everett si protende in avanti, osservando con estrema attenzione le immagini che l’altro mostra; Radish sente che il cuore potrebbe esplodergli come un petardo da un istante all’altro. Quelli sono i loro cuccioli, i suoi cuccioli. Uno sta sbadigliando, l’altro si succhia il pollice… ed il primo, forse sentendosi osservato, ha appena sferrato un altro calcio.
«Per rispondere alla tua domanda di prima, Radish, non lo capisci, perché si sono messi in modo che non si capisca.» Li avverte Darko, continuando ad osservare le immagini e a fare calcoli.
«Sono già insopportabili quanto te.» Borbotta con un sorrisetto Everett, afferrando la mano della sorella quando si allunga all’indietro per prendergliela. Il fatto che lo coinvolga tanto in una questione del genere, lo riempie di un calore che non pensava avrebbe mai più provato.
«Sono belli grossi, eh… questo qui in modo particolare.»
«Quindi sono maschi?»
«Non va bene?»
Li guarda per qualche secondo, Darko, trattenendosi dal ridere di fronte alle loro opposte priorità. Nella sua vecchia cerchia non c’erano molti padri che si stressavano tanto all’idea che, un domani, qualche baldo giovane avrebbe sfilato le mutande alle figlie, mentre lui pare ossessionato da quest’idea.
«Mi riferisco a loro come a due feti senza un sesso, Radish. E no, Sherry, non particolarmente.» Ed eccoli lì, gli odori che non vorrebbe mai sentir provenire da un futuro papà — in questo caso anche dal futuro zio — di fronte ad una futura mamma: rabbia.
A questo punto della gravidanza potrebbe rivelarsi quanto di più pericoloso possibile, perché lei potrebbe innervosirsi a sua volta e, a seconda dell’intensità e dagli scatti seguenti, ciò potrebbe portare ad un’ipertensione con conseguente preeclampsia. Essendo la gravidanza di Sherry partita già in modo preoccupante, ed essendo i feti evidentemente ben fuori dal comune, Darko vuole evitare ad ogni costo ogni possibile complicazione.
«Tranquilli, sono sanissimi, solo che tu hai il bacino un po’ stretto. Sarà una bella impresa farli uscire. Soffrirai davvero tanto, temo.» Non poteva evitarle questa notizia, però. Si tratta pur sempre di Sherry, la pazza fuori controllo che si è lanciata contro Jäger per ben due volte, col cazzo che si mette a sfidare la sorte evitando di darle simili notizie.
«Ma stanno bene, vero? Non hanno qualche anomalia, vero?»
Come immaginava, del dolore non le frega proprio un bel niente. L’unico suo interesse è la salute dei suoi piccoli. Ne riparliamo quando dovrai farli uscire…
«Sono sanissimi, te l’ho detto.» Le passa affettuosamente una mano sulla testa, sorridendo con fare rassicurante e dolce. Notando però che non è del tutto convinta, le ricorda un piccolo ma cruciale dettaglino, che farà definitivamente luce sul perché quei due sembrino già belli e pronti ad affrontare al mondo «Su quattro zampe tu sei più grossa del normale, e il papà… beh, guardalo!»
Credeva di essersi ormai perfettamente abituato a quell’insopportabile brivido gelido lungo la schiena, ma non è così. Ogni brivido è diverso dall’altro, anche se, generalmente, vengono scatenati tutti dallo sguardo torvo e minaccioso della giovane moglie.
«Vedi? È colpa tua se sono enorme, non mia perché mangio sempre!»

 

… 𝑒 𝑜𝓇𝓂𝒶𝒾 𝓈𝑒𝒾 𝒶𝑔𝓁𝒾 𝓈𝑔𝑜𝒸𝒸𝒾𝑜𝓁𝒾



Credeva di essere al sicuro, Radish.
Credeva veramente di potersi buttare a peso morto sul divano, e lì collassare per qualche ora.
Credeva sinceramente di essere fuori pericolo, di potersi evitare qualsivoglia rottura di palle, soprattutto perché Sherry aveva deciso, per chissà quale fortuita ragione partorita dalla sua mente, di andare a pisolare un po’ con Everett nella dependance. Con lei impegnata col fratello, lui avrebbe potuto poltrire allegramente senza il rischio di qualche assalto da parte sua. Perché ormai riceve continuamente degli assalti, tutti mirati a strappargli i vestiti di dosso, ma ha imparato a resistere, a respingerla senza rischiare di farle male, e a correre prontamente dal cognato, lieto di poter interferire nella loro vita sessuale.
La cosa che gli pesa in tutto questo, è che malgrado tutti i chili presi, il pancione enorme, le poche e sottili smagliature sul bassoventre e sui fianchi, la trova comunque pericolosamente attraente! Vorrebbe poterla toccare come al solito, farle tutto ciò che vuole, ma è proprio quell’enorme pancia, che a volte si muove pure, a bloccarlo. Se già prima temeva che potesse fare del male ad uno dei tre in qualche modo, figurarsi adesso, che mancano circa due settimane allo scadere del tempo.
Per correttezza, è già da una settimana che ha deciso di non farsi fare niente a propria volta, anche se si sta dimostrando una scelta assai difficile.
Il suo piano di rilassarsi, però, era destinato a fallire in partenza. Non è lui l’unico stanco, in casa. Pure Everett è assai provato dall’attuale situazione, dagli allenamenti e dai lavori che lui stesso porta avanti nel loro territorio, e quindi il futuro papà doveva pensare immediatamente di non poterci fare troppo affidamento.
Doveva pensarci, ma non l’ha fatto, e adesso Sherry lo fissa con insistenza maniacale da dietro il divano. Non che abbia particolarmente voglia di fare sesso, adesso, ma vederlo dormire così calmo e beato dopo che l’ha messa incinta — perché sì, a volte la colpa è di entrambi, ma all’occorrenza è solo ed esclusivamente sua — è inaccettabile.
«Radish, dormi?» Il tono è sorprendentemente dolce, ma è solo un bluff. È una tattica ormai strausata, dove si mostra carina e adorabile solo al primo colpo, per poi dare libero sfogo a tutta l’infida malvagità che i piccoli diavoli che si porta dentro le forniscono costantemente.
«OH, SVEGLIATI!» Ed infatti ecco il secondo colpo. A cose normali verrebbe accompagnato da un colpo fisico a casaccio sul busto o sulle braccia, ma piegarsi è diventato praticamente impossibile e quindi deve per forza rinunciare.
«Eccomi, sono pronto! È il momento?!»
Sono tre giorni, ormai, che risponde così per qualsiasi cosa. Lei chiama dalla cucina? “Eccomi, sono pronto! È il momento?!”. Lei si sveglia nel cuore della notte per andare in bagno e lui se ne accorge? “Eccomi, sono pronto! È il momento?!”. Lei si massaggia la schiena con espressione sofferente? “Eccomi, sono pronto! È il momento?!”. Dopo il falso allarme che li ha tanto destabilizzati, per lui ogni motivo per cui viene interpellato indica solo ed esclusivamente che è il momento, che sta per diventare padre… e che non si sente pronto neanche alla lontana.
«Che? No!»
Sente che potrebbe ucciderla, adesso. Lo sente con tutto sé stesso, perché stava dormendo davvero bene, e lei lo ha svegliato sicuramente per una stronzata, come la volta in cui non riusciva ad arrivare al ripiano più alto della credenza dove qualche idiota aveva piazzato i cereali, ed aveva dato in escandescenze, svegliandolo. In piena notte!
«Allora, che c’è?» Si limita però a questo, perché si rende conto — più o meno — di come si possa sentire. Ogni movimento è un problema, stare sdraiata è un macello se non è sostenuta da un milione di cuscini, ogni due minuti deve correre al bagno — tanto che, per disperazione, la notte prima ci ha proprio dormito —, si sente fiacca e pesante, si vede enorme e teme di non tornare più in forma. Senza contare, poi, che tutti l’hanno trattata con i guanti per mesi, perché aveva rischiato di abortire due volte, e lei adesso si sente spersa anche per questo.
In ultimo, ma non meno importante, gli basta guardare il suo faccino curiosamente tondo e paffutello per sciogliersi come un cubetto di ghiaccio al Sole. Per quanto si renda conto che è sempre lei, con l’aggiunta di una vagonata di ormoni extra, la trova assurdamente adorabile — aggettivo che lei, tra l’altro, odia.
«Non riesco a dormire, perciò non mi sembra giusto che tu te ne stia qui a russare beato.»
«Sai che ho ucciso per molto meno, vero?»
«Ma se non vuoi neanche scoparmi perché hai paura di farci del male! Figuriamoci se alzeresti mai anche solo un dito!» Mentre lo dice, fa il giro del divano per andare a sedersi tra le sue gambe, accigliandosi non appena lo sente ridacchiare «Cosa c’è di tanto buffo?»
«Che all’inizio mi avevi scaricato proprio perché pensavi che ti avrei fatto del male, mentre adesso affermi l’esatto contrario come se niente fosse.»
«Ero giovane ed ingenua, al tempo.» La sicurezza con la quale gli risponde è incredibile, e, solo per un istante, Radish spera con tutto il cuore che le due creaturine non ereditino questa sua incommensurabile faccia da culo. Dio solo sa come potrebbe gestirli altrimenti.
«Non parliamo di qualche anno fa, Sher, ma di qualche mese.» La stringe a sé, e le mani gli scivolano automaticamente su quella pancia grossa come una mongolfiera.
È sempre un’emozione sentirli reagire al suono della sua voce o al suo tocco, avvertire contro i palmi i loro calci e le loro testate. Un po’ meno emozionante è vedere la pancia che si muove. Quello gli fa proprio impressione, soprattutto dopo che Sherry, scherzando, ha detto che le sembravano due Xenomorfi che si scavavano una via d’uscita a morsi. In quel preciso istante, ha deciso una cosa: lui non assisterà al parto. Contro ogni sua aspettativa, Sherry gli ha detto che non c’era neanche bisogno di dirlo, e che se solo si fosse avvicinato, gli avrebbe sicuramente strappato lo scroto per vendetta.
«Senti, sono incinta ed ho ragione io, quindi smettila di lagnarti.» Per quanto si possa rigirare anche contro di lui, non c’è mai ombra di vera cattiveria nella sua voce, e questo impedisce lo scatenarsi di inutili liti. Malgrado questo, però, non vede veramente l’ora di riavere il totale controllo di sé, senza l’influenza demoniaca dei cuccioli, ai quali ha già dato con piacere la notifica di sfratto. Sperando che si muovano, ‘sti mostri!
Accoccolata contro il suo petto, finalmente si rilassa un po’. Se c’è qualcuno capace di tenerla calma è proprio lui, ed è per questo che non lo vuole tra i piedi quando, e ormai ci siamo quasi, arriverà il fatidico momento di metterli al mondo. In quel momento sarà completamente fuori dalla Grazia di Dio, e non vuole rischiare né di ricoprirlo di insulti fino ad ucciderlo, né di staccargli un braccio per il dolore e la paura.
«Com’è che non ti sei ancora preparato?»
Sorride contro la sua spalla, Radish, gongolando interiormente per il suo repentino cambio d’atteggiamento. Con Everett non fa così, e neanche con i suoi fratelli e le sue sorelle. Con loro volano pure oggetti contundenti quando la fanno innervosire, mentre con lui diventa un docile agnellino.
«Per cosa?»
«Hai la serata coi ragazzi, stasera. Pure Everett va da Black.»
Sospira forte, adesso. Come risponderle senza che le venga qualche strano senso di colpa o simili? Già quando le ha spiegato perché non vuole fare sesso lei è scoppiata in lacrime, e niente sembrava rassicurarla in alcun modo. In quell’occasione ha dovuto dar fondo a tutti i discorsi più dolci e adulatori che gli consentivano il suo repertorio, e ne è uscito per il rotto della cuffia. Come può dirle, adesso, che non vuole andare ad una serata a cui in realtà muore dalla voglia di andare, perché sennò lei rimarrebbe da sola? Non potrebbe sopportare un’altra cascata di lacrime…
Come per ogni cosa, però, l’unico modo per risolvere il problema è parlargliene, usando il tono più calmo e gentile possibile. Se solo avessi una torta sotto mano, dannazione!
«Te l’ho già detto, non me la sento. Se succedesse qualcosa? Non posso lasciarti qui da sola.»
«Sei davvero dolce quando sei così premuroso, ma non hai di che preoccuparti. Mamma e Tristan vengono qui, stasera, e rimarranno per la notte. Era tutto organizzato, ricordi? Oggi imbiancavano l’appartamento e quindi dormivano qui, così tu e Ret potevate andare tranquillamente a godervi una serata tra amici. Guarda che, quando nasceranno, non ne avrai più occasione!» Perché col cazzo che mi ci lasci da sola, non ci pensare proprio!
«Sì, ma—»
«Sul serio, va’. Starò benissimo. E per qualsiasi cosa c’è Tristan. Non sembra, ma il ragazzino è forzuto!» Ed è vero, Tristan si sta mostrando uno Spettro di talento, e lo sta facendo soprattutto perché vuole guadagnare l’affetto e il rispetto dei fratelli maggiori, che invece sembrano divertirsi un mondo nel trattarlo come l’ultimo degli scemi. Non c’è cattiveria però, solo un po’ di sano nonnismo che termina sempre con una carezza o un’abbuffata. Se il piccolo mollasse la presa e cedesse al loro sfavillante lato oscuro, avrebbe sicuramente una vita più facile.
«Lo so, lo sto allenando io!» Non sa neanche perché lo stia facendo, in realtà. Tristan gli è piuttosto indifferente, e non può certamente rivelarsi un degno compagno di allenamenti, ma, per qualche assurda ragione inspiegabile, vuole dargli una spintarella per farlo emergere.
«E stai facendo un lavoro eccezionale.» Terminata la frase, lo bacia dolcemente, sorridendo contro le sue labbra quando lo sente abbandonarsi a lei. Lo guarda poi dritto negli occhi, e, capendo la sua battaglia interiore, prova a distrarlo con una questione ormai piuttosto urgente «Alla fine hai deciso i nomi?»
«Apprezzo davvero che tu mi abbia dato la possibilità di scegliere, ed anche quella di mettergli un nome Saiyan… ma penso che bisognerebbe rispettare almeno una tradizione, dal momento che stiamo rivoluzionando tutto quanto.» Ammette un po’ a malincuore, omettendo casualmente che, in realtà, non ha ancora scelto proprio un bel niente. Ha delle preferenze, è vero, ma niente di definitivo.
«Davvero?» Questa non se l’aspettava proprio, soprattutto sapendo quanto la sua gente sia orgogliosa e quanto ci tengano alle loro origini. Capendo ed appoggiando la sua scelta, pensa comunque di provare ad accontentarlo in un altro modo. «E se gliene mettessimo due? Con la virgola magari, così vinciamo entrambi e loro, crescendo, potranno scegliere quale preferiscono.» Non che come scelta le piaccia particolarmente, ma è il modo migliore per accontentare tutti.
«Due nomi, dici? Mh… ci può stare, sì.» Le sorride felice, adesso, e subito la sua mente comincia a fare i più svariati abbinamenti possibili… ovviamente senza riuscire a scegliere quale gli vada più a genio. Non credevo che scegliere un nome fosse tanto complicato!
«Allora? A cosa avevi pensato?»
«Non te lo dico finché non mi dici il sesso.»
Tecnicamente, questo li rende pari: un’informazione per un’altra, entrambe di uguale importanza. Peccato solo che a Sherry del “tecnicamente” importi meno di niente.
«Stasera ti conviene andare con i ragazzi, perché sennò giuro che ti faccio molto, molto male!»
Radish potrebbe anche ricordarle che, per quanto possa impegnarsi, non riuscirebbe neanche a sfiorarlo con un dito se lui non volesse, soprattutto adesso con quella pancia gigantesca, ma si astiene. Non tanto per non offenderla, sia chiaro, quanto per il fatto che è tra le sue gambe, e niente le impedirebbe di strizzargli le palle per fargli chiedere scusa.
A salvarlo, ci pensano quei pazzi scriteriati che lo chiamano fratello, che si sono messi a suonare fastidiosamente il clacson fuori casa. Se a cose normali un gesto simile farebbe guadagnar loro una scarica di sberle, stavolta li grazia a tal punto da fargli addirittura guadagnare un bonus per non prenderne in futuro. Che poi Radish si dimenticherà di suddetto bonus nel giro di un’ora è un’altra faccenda.
«Salvato in extremis, lurida scimmia rognosa.» Sibila a denti stretti, mentre prova ad alzarsi da sola dal comodo divano.
Radish vorrebbe aiutarla, o quanto meno farsi usare come appoggio per sollevarsi da sola, ma sa bene quanto un simile gesto la offenderebbe. Ormai sia lui che Everett si sono rassegnati su questo punto, perché tanto non c’è alcun modo di convincerla a farsi aiutare.
Si alza quindi a sua volta, lasciandola indietro a bestemmiare tra i denti, e si dirige a grandi falcate verso la porta, anche se non è ancora del tutto certo di poter andare. Insomma, Sherry neanche riesce ad alzarsi dal divano, con che coraggio la si può lasciare da sola? E no, per lui Fern e Tristan contano meno di niente se di mezzo c’è la sicurezza di sua moglie e dei suoi cuccioli.
«Andiamo, paparino!» La voce allegra di Micah lo ridesta di prepotenza dai suoi pensieri.
Non appena apre la porta, poi, eccola lì, la cosa più tamarra e pacchiana che abbia mai visto: una limousine Hummer argentata da sedici posti.
Ma, alla fin fine, cos’altro poteva aspettarsi da quei pazzoidi? Gli hanno organizzato una festa di addio al celibato unita alla pre-paternità — che lui dubita altamente che esista — e alla sua nuova carica. Che tirassero fuori il peggio del peggio dal loro repertorio era giusto un po’ scontato.
La testa di Mordecai spunta da un finestrino abbassato, e al Saiyan si gela il sangue nelle vene: il lupo indossa infatti una lunga, riccia ed appariscente parrucca biondo platino, ed è truccato in maniera assai vistosa.
Il peggio del peggio, si ripete, ma non può negare che adesso lo spaventi. Se è così carico, forse quel “peggio” non se l’è immaginato come si deve.
«Stasera festeggerò spaccandomi di alcolici e molestando tutti!»
Sherry si appoggia al fianco del compagno, sorridendo felice ai fratelli. Aguzzando un poco lo sguardo, poi, nota che dentro la macchina non ci sono solo i quattro dell’Ave Maria, ma anche Pip al volante, River e Hurricane. Quest’ultimo, poi, sfoggia la classica espressione di chi è stato praticamente trascinato a forza e che vorrebbe essere in tutt’altro posto, e Sherry non ci impiega molto a capire che non è tanto per la presenza dei quattro terremoti ad essere nervoso, quanto per quella del fratellastro.
«Lo fai praticamente ogni giorno.» Si limita a dire questo, strabuzzando gli occhi quando il fratello esce dalla macchina per poterci trascinare dentro Radish.
«Già, ma stavolta lo farò vestito da donnina allegra!» Sandali trasparenti altissimi, un abito stretto di lustrini azzurri che gli lascia la schiena scoperta, un boa di piume bianche che ondeggia ad ogni movimento, gioielli finti ed abbaglianti, e lunghissime unghie finte glitterate.
In un secondo, un dubbio atroce si insinua nella mente di Sherry, che la porta di conseguenza a sfoderare zanne e artigli in un istante: «Credevo di essere stata chiara quando ho detto niente donne e niente porcate!»
Il loro accordo infatti parla chiaro: niente persone dell’altro sesso, e niente spettacoli osé o cose del genere alle loro feste. È stato così che hanno convinto Radish a farla andare in santa pace alla festicciola tra donne che le amiche le hanno organizzato un paio di settimane prima, che si è svolta in una spa di lusso a loro completa ed unica disposizione, cocktail analcolici, dolci e, non da meno, shopping fino alla nausea. Pure Bulma, Chichi, C-18 e Lunch sono state invitate, e si sono pure divertite più del previsto.
Adesso, però, è il turno di Radish di passare un’ultima giornata da solo con gli amici a far baldoria, ma come lei non ha potuto godersi la vista di un bell’uomo che balla su un palco, ricoperto di oli e con pochissimi centimetri di tessuto a coprirgli le nudità, di certo non può farlo neanche lui.
«L’unica donna sarò io, stasera, ed ho il dubbio che al tuo maschione non interessi ciò che ho da offrire!» Mordecai è sincero, lo è sempre, e per questo Sherry molla immediatamente la presa.
Il gruppo ha scelto qualcosa di molto classico e semplice per l’amico, che non prevede in alcun modo la presenza del gentil sesso. Anzi, è proprio quel tipo di serata che prevede che le dolci donzelle se ne stiano a chilometri di distanza, una di quelle dove parleranno di tutti i fatti loro, berranno fino a farsi uscire l’alcol anche dai dotti lacrimali, giocheranno ai videogame violenti… e faranno in sintesi tutto ciò che alle loro compagne piace di meno. Il tutto condito con dosi estreme di testosterone.
Per un tale evento, hanno affittato una baita sul lago per una notte da un loro amico.
Che, poi, affittato è un parolone… amico anche di più. Diciamo tipo un conoscente.
No, è una bugia. Il tizio con la baita è un debitore di Micah, che per anni gli ha venduto la cocaina. Quando questo povero tossico pensava di averci ormai instaurato un rapporto di “amicizia” — parola tra l’altro sconosciuta tra pusher e tossici —, ha pensato bene di chiedergli un prestito per un suo affare personale, il tutto con la convinzione che, anche se avesse tardato con la restituzione, non gli avrebbe fatto niente di che. Insomma, è Micah! Con la sua età e il visetto d’angelo, che potrebbe mai farti di male? Beh, potrebbe, per puro esempio, falsificare delle prove di omicidio ed usarle per ricattarti in modo piuttosto pesante. O, per fare un altro esempio, potrebbe farti capire che conosce gli spostamenti di tutti i tuoi cari. O, sempre per puro esempio, unire le due cose, e tenerti così per le palle.
Ma a Radish tutto questo non importa. Figurarsi se con tutti i suoi problemi, ha pure voglia di indagare sulla vita da delinquente di Micah!
«Ragazzi, io—»
«Tu vai.» Lo interrompe immediatamente Sherry, dandogli una lieve spallata. Non vuole che si privi di una serata come questa, dove, forse per l’ultima volta da lì a diversi anni, potrà comportarsi come l’ultimo degli imbecilli senza dare il cattivo esempio. Perché Radish stesso si è impuntato sul fatto che, una volta nati i cuccioli, entrambi dovranno darsi una regolata, così da non far venire loro strane idee.
Se lui adesso invece ci rinunciasse per lei, si sentirebbe davvero in colpa. Sa che gli piace la loro compagnia, malgrado se ne lamenti spesso, ed anche che muore dalla voglia di staccare il cervello e comportarsi come un ragazzino. Mica se l’è scordata la sua espressione più che allegra quando si sono ritrovati a casa, dopo la sua di festicciola. Ricorda che era rilassato, ed anche che le disse che aveva ancora i muscoli della faccia indolenziti per le risate che si era fatto nei loro Territori, assieme agli uomini rimasti o da soli o, ancor meglio, con la prole.
Ricorda tutto, Sherry, e adesso è più che decisa a farcelo andare, dovesse trascinarlo lei stessa per la coda.
«Kong, mamma e Tris arriveranno a momenti, e fino ad allora Everett sarà ancora qui. Vai e divertiti, io starò benissimo. Lo sai che tanto mangerò un po’ e poi mi butterò a letto, quindi cosa rimarresti a fare? Per farti fare il culo a poker da Ret? Su, non fare lo stupido e vai con loro. Domani mattina mi troverai qui a bestemmiare perché non riesco ad infilarmi le scarpe, come al solito.» Ha parlato velocemente, perché sa che lo stordisce sempre un po’, ed alla fine gli smolla un veloce bacio a fior di labbra e lo spinge fuori, chiudendo la porta.
Radish, dal canto suo, ha seguito solo in parte il flusso di parole, ed ora si ritrova a pensare che non gli ha neanche dato il tempo di mettersele lui, le scarpe!
«Dai, non fare la fighetta e porta il tuo brutto culo in limousine!» Lo incita Mordecai, allacciandogli il boa bianco al collo per tirarlo all’indietro.
«La puttanella ha ragione.» Bercia Hurricane, nascondendo la punta di divertimento che gli provoca quell’assurda scena «Se ci devo andare io, ci vieni pure tu! Ho rinunciato alle mie figlie e a mia moglie per questo!»
«Ma che tenero!» Urla con sorpresa Pip, evitando per un pelo il bicchiere lanciatogli addosso da River.
«E tu anche gli credi? È tutta scena la sua, non perde mai l’occasione di staccarsi da loro!»
Forse è meglio se mi muovo davvero, prima che vengano alle mani. Pensa bene il Saiyan, consapevole che la dolce mogliettina si intrometterebbe immediatamente per sfogarsi un po’, e che, di conseguenza, lui perderebbe totalmente la ragione. Uccidere degli amici per un errore tanto scemo gli dispiacerebbe davvero molto.
Sale quindi in macchina, non prima però di aver mollato un calcio nel culo di Mordecai — o Phoebe, ancora non gli sono ben chiare le dinamiche di quando si traveste.
Una volta a bordo, poi, si ritrova con una bottiglia di birra ghiacciata in mano, e l’unica cosa sensata che sente di fare è quella di pregare ogni singola divinità esistente affinché non gli collassi il fegato entro fine serata. In fondo, le intenzioni di Mordecai non lasciano spazio a molti dubbi.
«Mi spiace, King Kong, ma è necessario che tu ora ci dica i nomi! È una questione di sicurezza nazionale, fidati!»
«Oh, guarda quanto mi fido!» Potrebbe anche dirgli che non si fida troppo neanche di bere una birra già aperta, ma evita. In fondo, cosa potrebbero mai fargli?!
«Dai, non scassare il cazzo!»
«Non dirgli niente.»
«Tu zitto, nessuno ti ha interpellato.»
Per Hurricane ancora non è chiaro se quello di Micah sia folle coraggio o mera stupidità. Non sono infatti in molti a rispondergli così. Anzi, oltre ad alcuni dei suoi fratellastri, non lo fa proprio nessuno!
Radish, che non ha voglia della loro ennesima discussione priva di senso, ripensa velocemente ad alcune delle bottiglie che gli sono state regalate proprio da loro quattro e si mette a snocciolare nomi a caso.
«Mateus, Fernet, Malibù, Sambuca, Gin, Vermouth, Caipirinha… questi vanno per la maggiore.» Bugia. Bugia clamorosa, ad eccezione forse di un paio di nomi. Figurarsi se li va a dire proprio a loro! Lui e Sherry hanno deciso da mesi che per tutti dovrà essere una sorpresa, quindi figurarsi se glielo spiattella adesso.
Ad essere del tutto onesti, Radish ha ufficialmente deciso, circa cinque minuti prima, di non pensarci più. Ha una lista in mente, ma li sceglierà nel momento in cui li guarderà in faccia per la prima volta. Vuole che gli si addicano in qualche modo, che siano davvero adatti a loro.
«Quindi Zombie no, eh? Peccato. Sarebbe stato unico e indimenticabile!» Sono quasi due mesi che Micah lo assilla col nome di questo cocktail, con un’eccitazione e una speranza negli occhi che mettono i brividi.
Radish, però, ormai non gli risponde neanche più, perché ha capito essere assolutamente inutile. Al suo posto, tanto, ci pensa sempre Maddox.
«Ma ti pare che chiama uno dei figli Zombie?! Ma come ragioni?!»
«Niente nome Saiyan, quindi?» Gli domanda invece con più gentilezza Hurricane, che col linguaggio del corpo esprime chiaramente quanto questa situazione, per lui piuttosto inusuale, sia stressante.
In tutta risposta, gli rivolge un sorrisetto che potrebbe voler dire qualsiasi cosa. L’altro lo sa, ormai lo conosce abbastanza da capirlo, e per questo molla la presa, abbandonandosi sul comodo sedile. Sarà una nottata mooolto lunga, più di quelle con i suoi fratellastri, e deve aggrapparsi già da adesso a tutto il suo autocontrollo per evitare di sbroccare male.
«Ora mi spiegate perché è tanto importante saperlo?»
«È molto semplice.» Mordecai già biascica, e gli occhi sempre allegri, quasi indemoniati, adesso sono un poco socchiusi e decisamente appannati. Sono le cinque del pomeriggio, e lui è già vistosamente ubriaco. «Adesso ci fermeremo a comprare qualche altra bottiglia… quelle che hai elencato! EEE… le beviamo tutte! Una di ognuna a testa!»
«Ma figurati.» Lo dice, ed in parte lo pensa pure, ma sa bene che, ora che è stato detto, la decisione sarà irrevocabile. Alla fin fine, però, non riesce neanche a dispiacersene sul serio.
«Figurati un paio di palle! Tu le bevi!»
«Tra poco non potrai più farlo.» A dar man forte al biondo è Major, che ormai sfoggia con orgoglio un paio di occhiaie da competizione. Moira e Hana, infatti, non è che dormano poi molto, al contrario di Magnus e Chuck, e i due sposi novelli ne portano gli evidenti segni. Malgrado questo, però, Domino si è impuntata di cattiveria per farlo uscire di casa, così da non ritrovarsi le figlie nel letto almeno per una notte.
«E lo dici proprio te?!»
«Ma io non faccio testo, zi’. Io faccio parte del Quartetto, ricordi? Se smetto di sbronzarmi, perdo il titolo di scoppiato!»
Potrebbe controbattere, Radish. Potrebbe puntare i piedi e costringerli, in un modo o in un altro, a cambiare idea, dirottando la serata verso qualcosa di decisamente più salutare e tranquillo… ma non lo fa. In realtà, non ci pensa proprio a farlo. Non che muoia dalla voglia di scolarsi un numero imbarazzante di bottiglie e sbronzarsi così tanto da non ricordare neanche la propria intera esistenza, ma sa bene che su determinati argomenti e in determinati momenti le probabilità di spuntarla in una discussione con loro sono le stesse di perdere a morra cinese contro uno specchio.
Lui è un Saiyan, è vero, uno degli ultimi, ma ciò non toglie che si voglia divertire, che voglia provare cosa significhi vivere come loro, provare a toccare il loro limite. Da quando è entrato in contatto col loro mondo, in fondo, non sta facendo altro che scoprire un sacco di cose nuove, e adesso vuole scoprire anche questa. Tra l’altro, poi, ha pure il totale consenso della moglie, quindi sa che è meglio approfittarne.
Non appena lo vedono ribaltare gli occhi al cielo con uno sbuffo, e poi abbandonarsi sul sedile e portarsi la bottiglia alle labbra, un generale ululato entusiasta si leva in aria.
Micah, poi, si infila a forza nel divisore per allungare una bottiglia di champagne a Pip, che accetta con entusiasmo.
«Verso una sbronza epica… ED OLTREEE!»
Così anche Radish decide di lasciarsi contagiare a sua volta, di viverla come un incosciente come loro e, alzando la birra in alto, urla con loro: «Giù i pensieri e su i bicchieri!»



*https://www.youtube.com/watch?v=xaf5L0FE4ps Questa è la pubblicità che, un tempo, fece guadagnare il soprannome nientemeno che a mia mamma, incinta di mio fratello. Mio zio è un gran burlone, eh?

ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma ben ritrovati a tutti, gente!

Sono certa che sappiate tutti quanti cosa succederà nel prossimo capitolo. Ohhh, se lo sapete!!!
Che, tra l’altro, la pubblicazione dovrebbe avvenire proprio il 25… e quando sono stati concepiti ‘sti due?! C’è per forza una qualche Forza che mi guida, dopo questo è evidente .___.

Sarò sincera, avrei tanto voluto mettere uno Special con la serata di Radish, ma non ho avuto il tempo. Tra le duemila cose che bisogna fare perché sì, la disperata ricerca dei regali per i miei e il compleanno del cane (sì, sappiate che mia madre ha voluto pure fare una cena in famiglia per questo!), ‘sta settimana è stata un po’ un delirio.
Ma ho intenzione comunque di mettere dei piccoli “stracci” nel prossimo, così da far capire un po’ l’andazzo (anche se non è difficile immaginare come possa essere andata!)

Beh, direi di chiuderla qui, perché non so ancora che farmi da cena, non ho la più pallida idea di cos’ho a disposizione e sto schiantando dalla fame!

Alla prossima settimana
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 52
*** Capitolo 51 ***


🎄🎁𝔹𝕌𝕆 ℕ𝔸𝕋𝔸𝕃𝔼!🎁🎄

(in ritardo)


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 41! 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, Kiira_kun, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551 e The Big Dreamer per aver messo la storia tra le seguite 💛; Chimera__, Nhirn9001 e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate🧡; A l e x a n d r a, ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Mirwen, Noemy 1551, Teo5Astor e _Cramisi_ per aver messo la storia tra le preferite ❤️. Ringrazio in ultimo (ma non certo per importanza) anche tutti coloro che leggono silenziosamente! 💚

 

𝟝𝟙. 𝓘𝓁 𝓅𝒶𝓈𝓈𝑜 𝒹𝒶 𝓊𝓃𝒶 𝓋𝒾𝓉𝒶 𝑜𝓇𝒹𝒾𝓃𝒶𝓇𝒾𝒶
𝒶𝒹 𝓊𝓃𝒶 𝓈𝓉𝓇𝒶𝑜𝓇𝒹𝒾𝓃𝒶𝓇𝒾𝒶





Il suo letto puzza di vomito. Puzza davvero tanto di vomito. Ma perché? Non ricorda di aver vomitato. In realtà, non ricorda neanche di essere andato in mare… Come ci sono finito in mezzo al mare?
Ma, forse, quella non è neanche la domanda giusta. Forse, ma in modo molto ipotetico, quella giusta è: perché sente distintamente il rumore dei bombardamenti? Che lui sappia, sul pianeta Terra non ci sono guerre particolari, al momento. Di sicuro non ce n’erano alla bella casetta dove lo hanno portato al calar del Sole.
Ma forse adesso sta in mare aperto, quindi, chissà, magari stanno costeggiando qualche posto dove è effettivamente in atto una qualche guerra, ma lui era collassato su un materasso che puzza di vomito e non poteva certo rendersene conto.
Sente delle sonore bestemmie, da qualche parte.
Qualcuno sta urlando, è un uomo, lo sente chiaramente. La testa però gli fa un male d’Inferno, e a stento riesce ad alzarsi dal fetido letto. Ahhh, la mia testa! Ma dove sono?!
Per quanto si stia impegnando con ogni singolo neurone superstite e attivo, non riesce davvero più a rimettere insieme i pezzi. Niente, blackout assoluto.
Si trova in una stanza che non conosce, e fuori dalla finestra rotta — che spiega così anche il freddo — intravede in lontananza degli alberi. Più vicino, un lago.
Non sono in alto mare, quindi la sensazione di mal di mare è riconducibile alla più straordinaria e devastante sbronza che abbia mai preso in vita sua. E pensare che si è sbronzato altre volte, ma mai una sola volta ha provato un qualcosa di simile ad ora.
Lo stomaco è rivoltato come un calzino, la testa esplode e gli pare quasi che dentro vi sia un picchio — o un martello pneumatico —, sente curiosamente umido sulla schiena… ed è in mutande.
Cosa CAZZO è successo?!
Si porta una mano sulla testa, come se così potesse impedirle di girare, e capisce perché sente umido sulla schiena: i capelli sono bagnati. Quando mi sono fatto la doccia?
Il rumore del bombardamento non finisce, ed alle sue orecchie pare anzi aumentare di secondo in secondo. Guardando fuori dalla finestra, però, è evidente che non siano sotto attacco.
Per un misero istante pensa che adesso potrebbe essere comodamente nel suo letto caldo e pulito, stretto alla donna che gli ha stravolto la vita, che starebbe dormendo alla grande, e la vena gli si chiude di scatto.
Deciso a capire cosa stia succedendo, esce dalla stanza con delle notevolissime difficoltà. Se volesse fare a botte adesso, sarebbe sicuramente un problema.
River è in salotto, riverso a terra, sotto al tavolo da fumo di legno scuro. Attorno a lui, un numero imbarazzante di bottiglie e lattine tragicamente vuote, oggetti rotti che, probabilmente, prima stavano sul tavolo, e dei tacchi indecentemente alti e appariscenti. C’è anche qualcosa di rosso in mezzo ai fiori distrutti, ma a quella distanza non capisce di cosa si tratti. Sopra al tavolo, Pip si sta sedendo lentamente, la testa rasata a zero e un pisello scarabocchiato in fronte. Ora si spiega la roba rossa insieme ai fiori.
Hurricane barcolla vicino a lui, con la classica espressione di chi, davvero, non ci sta capendo più un cazzo. Sente un rumore assurdo — che alle sue orecchie è pure più insopportabile —, e si sente totalmente disorientato, con quel mal di testa bastardo che non gli lascia fare neanche due più due.
Si guardano per un paio di secondi negli occhi, ma non riescono a trovare nell’altro alcun genere di risposta. Non ricordano assolutamente niente.
Mordecai entra dalla porta finestra distrutta, bagnato fradicio. Ma forse, a giudicare dalla sua faccia, sta semplicemente sudando tutto l’alcol che ha in corpo. La nota positiva nel vederlo adesso, è che qualsiasi sia la causa del trambusto, lui non c’entra.
«Ma cos’è ‘sto casino?!» Maddox, dopo essere ruzzolato giù per le scale, pare essere a tanto così dall’esplodere per il disappunto. Neanche lui ricorda più niente di niente, e ciò gli suona strano. Si sbronza con i suoi fratelli da quando non avevano decisamente l’età per bere, e non è mai arrivato ad un livello tale da non ricordarsi un cazzo di niente. Adesso, invece, lui si ricorda anche meno, di un cazzo di niente!
Major esce dal divano. Non ci stava sdraiato sopra, era proprio dentro. Come ci sia entrato, dal momento che i cuscini sono tutti al loro posto ed intatti, non lo sanno ora, non lo sapranno dopo e va anche bene così. Viste le condizioni della casa, che sta ben oltre il disastroso, sono tutti sicuri di non voler sapere niente. Fossero capaci di pensare lucidamente, però, si renderebbero conto che molte risposte potrebbero essere nei loro cellulari… anche se valli a trovare, in quel caotico porcile.
«Regà… credo di essere svenuto.» Guardano Major, che li guarda a sua volta senza capire. Poi guardano River, che striscia da sotto al tavolo, ma che non riesce poi a mettersi in piedi neanche con tutto l’impegno del mondo, e poi tornano a guardare Major, che vomita sui suoi stessi piedi.
«Ma che cazzo è successo?» Domanda subito dopo, come se non si fosse appena vomitato addosso.
«No, che cazzo è ‘sto rumore?!» Hurricane non è decisamente uno Spettro da prendere sotto gamba, e sicuramente non è neanche il tipo che gradisce essere svegliato in questo modo — anche se, in realtà, chi lo è?
Per evitare il peggio, è quindi necessario capire cosa stia succedendo. È solo l’alcol che sta annegando le loro più o meno brillanti menti a non far capire loro l’ovvio: sono tutti lì, uno in uno stato peggiore dell’altro, tranne uno. Di chi sarà mai la colpa?
«Scusate tanto, ragazzi.» Micah sorride con aria spersa, gli occhi ridotti praticamente a due fessure. Ha una scritta sul petto che recita “vorrei essere un Treccani”, e nessuno saprebbe assolutamente spiegarne il significato.
«Pensavo fosse il momento giusto per ascoltare tutti insieme il mio nuovo disco a settantotto giri intitolato “Effetti sonori di morte e distruzione”.» Lo spiega come se fosse assolutamente ovvio, con una tale innocenza che potrebbe addirittura essere difficile arrabbiarsi. Potrebbe, ma in realtà non lo è manco per niente.
«Bello, ve’?» Insiste pure, facendo un cenno al gira dischi alle proprie spalle. Nel vederlo si maledicono un po’ tutti, perché è uno dei pochi oggetti che hanno evidentemente risparmiato.
«Me lo fai vedere?» Non sa, Radish, come riesca a mantenere la calma. Non sa neanche come faccia a sorridere, ma è abbastanza certo che lo stia facendo lo stesso. Se si vedesse allo specchio, vedrebbe che più di un sorriso, sta sfoggiando l’espressione di chi sta per vomitare. Micah, però, è talmente messo male da non rendersene conto.
«Certamente!»
«Ti ringrazio…»
Annuisce con convinzione, mentre prende il disco tra le mani. Nel giro di due secondi, lo spacca con tutta la cattiveria di cui dispone contro il muro, mandandolo in frantumi. Avrebbe potuto spaccarlo sulla testa del Segugio, ma era più lontano, così si è dovuto arrangiare. Già con questo movimento improvviso, comunque, si è guadagnato un impressionante giramento di testa.
«Non sarai un po’ troppo severo?» Piagnucola Micah, osservando l’oggetto infranto al suolo. Non era neanche suo, l’aveva trovato Dio solo sa come mentre, sbronzo fino all’ultimo capello, strisciava contro una parete per non cadere a terra, eppure gli era piaciuto. Ora è andato, perso per sempre.
«Non direi. Avrei potuto ficcartelo così a fondo su per il culo, che avresti dovuto ingoiare la puntina per suonarlo.» Per quanto sia una minaccia molto reale, è evidentemente a vuoto. Non ci riuscirebbe neanche volendolo, non quando pure tenere in alto la coda gli risulta assai difficoltoso. La verità nuda e cruda, è che adesso non riuscirebbe neanche a distinguere uno spazio vuoto da un muro senza prima esserci andato a sbattere contro.
«Beh… riprendiamo a bere e a giocare?» Butta lì Major, che, dopo la settima vomitata della serata, si sente decisamente meglio. Una tattica sempre valida, la sua: vomitare e ricominciare. Se poi non riesce a dare di stomaco da solo, si ficca due dita in gola e via.
I presenti ci pensano per qualche secondo, neanche stessero valutando il piano migliore per salvare l’intero creato, ma non riescono a pensare proprio a niente. La testa fa malissimo a tutti, esattamente come per tutti sono presenti dolori fisici di vario genere ed un profondo senso di smarrimento e nausea. Non hanno idea di cosa sia successo prima di svegliarsi in quelle condizioni tanto tragiche, né hanno idea di quanto abbiano effettivamente dormito. Ma ormai ci sono, ed è evidente che sia inutile mettersi a cercare risposte proprio adesso. Un po’ com’è evidente anche il fatto che le mogli — o qualsiasi altro essere senziente dotato del dono della parola — non dovranno mai sapere niente.
Scrollano le spalle, ma, prima di potersi effettivamente muovere per tornare al pericolante divano per giocare ai terrificanti videogames ancora in funzione, sentono un rumore sordo provenire da un’altra stanza, seguito poi da quello forse più preoccupante di un numero elevato di oggetti di vetro che vanno in frantumi.
«Cosa è stato?» L’idea di tornarsene da Sherry a gambe levate lo accarezza sempre di più, fosse anche solo per chiederle come sia sopravvissuta ad un gran numero di serate del genere, ma si sforza di scartarla. Non può dirle che non ha idea di cos’ha fatto e che si sente fisicamente male come mai prima d’ora. Sarebbe imbarazzante, oltre che potenzialmente pericoloso.
«Sembrava una donna molto grassa sui tacchi a spillo che è scivolata su un budino alla banana, ed è franata su un set di bicchieri di cristallo.» Butta lì Mordecai, completamente a suo agio mezzo nudo, fradicio e con i piedi sporchi di terra «Ma potrei anche sbagliare.»
«Sei la persona più irritante che io abbia mai conosciuto.» Non si piegherà mai a vomitare, Hurricane, non lo ha mai fatto. Dio solo sa, però, se ne abbia un disperatissimo bisogno.
Suddetto bisogno pare però diminuire drasticamente nel momento esatto in cui Micah, senza alcun genere di preoccupazione, gli avvolge un braccio attorno al collo e se lo tira addosso, venendo infatti sostituito da un bruciante fastidio.
«Ti voglio bene un casino, sai?»
«Ho parlato troppo presto…»
A cose normali, Radish apprezzerebbe sinceramente un simile spettacolo, fosse anche solo per l’espressione sofferente ed incazzata del Cacciatore, ma la curiosità di capire cos’abbia provocato quell’allarmante rumore ha la meglio, così si dirige come meglio riesce verso la cucina.
Gli altri lo seguono con passo altrettanto malfermo, e Major perde pure terreno quando inciampa nei suoi stessi piedi — umidi e scivolosi per il vomito — e cade a terra. Per sua fortuna, però, non ha picchiato contro niente di eccessivamente doloroso, quindi riesce a rimettersi in piedi abbastanza velocemente.
Lo spettacolo alla quale assistono ora, tutti assieme, è qualcosa che Hurricane spera sinceramente di non dimenticarsi mai. È infatti evidente che River sia riuscito a mettersi in piedi, così come è anche evidente che non sia riuscito a restarci.
Prendendo per buona l’ipotesi di aver precedentemente costruito una specie di piramide di lattine, bottiglie e bicchieri, si può prendere per buona anche quella che vede River così malconcio da esserci malamente franato sopra. Solo così si spiegano il numero imbarazzante di oggetti sopracitati sparsi per tutta la cucina, quasi tutti rotti in mille pezzi. Pezzi che, tra l’altro, sono per buona parte conficcati nel corpo dello Spettro che sanguina assai copiosamente. Non si lamenta però, limitandosi a rimanere fermo a fissare il soffitto con espressione sia corrucciata che pensierosa.
«Tutto sommato, questa serata è davvero uno spasso!» Biascica Hurricane, di nuovo calmo e di buon umore. In realtà vuole bene a River, lo difenderebbe da ogni pericolo, ma la sua spocchia e quel suo sentirsi superiore praticamente a tutti gli rendono quasi impossibile il rimanerci assieme per periodi troppo lunghi — già un’ora da soli è troppo per entrambi. Vederlo quindi così, ubriaco marcio, in mutande, sopra ad un cimitero di cocci rotti, con una pozza di sangue che gli si allarga sotto la schiena, è davvero esilarante per lui. Magari questo agli altri lo dico.
Radish lo osserva con attenzione, senza pensare più a niente. In fondo, adesso a cosa potrebbe mai pensare? Non sa cosa sia successo dal momento esatto in cui sono arrivati lì, la casa è devastata, ci sono sangue e vomito su troppe superfici, nel lago ha visto galleggiare qualcosa, il bidone dell’immondizia all’esterno è avvolto dalle fiamme, lui sta morendo di freddo, ha un tornado nel cervello e lo stomaco che implora pietà. Rimuginare su una qualsiasi cosa sarebbe solo peggio.
Constatato questo, gli rimangono unicamente due opzioni: rigirarsi lentamente ed andare a cercare una superficie pulita per dormire, così da avere un aspetto quanto meno accettabile l’indomani mattina, prima di tornare a casa; rigirarsi lentamente e andare a cercare una bottiglia, trascinarsi sui rimasugli del divano e ricominciare lì dove evidentemente avevano interrotto.
Alla fin fine, dopo una lunga e stressante riflessione interiore durata ben cinque secondi, decide: «Dove cazzo sta la tequila?!»


Per quanto non le piaccia particolarmente andare a dormire senza Radish al proprio fianco, non può certo dire che le sia dispiaciuto poi troppo avere finalmente del tempo solo per sé stessa, soprattutto considerando che, a breve, non ne avrà più per un bel po’.
Non lo credeva possibile, ma l’idea di diventare madre le piace. In vita sua non aveva mai realmente pensato che sarebbe successo, che avrebbe avuto una famiglia tutta sua, non con la moltitudine di problemi che la costringevano sempre sull’attenti e sulla difensiva con chiunque, ma adesso… adesso sì. Per quanto sia consapevole che già Everett e Radish sarebbero stati per lei una famiglia tutta sua, l’idea che presto potrà finalmente conoscere quei due terremoti le scalda sempre il cuore.
È curiosa di sapere cosa nascerà dalla loro unione, che tipo di persone verranno fuori, ma anche come diventeranno loro stessi, come si trasformeranno per crescerli al meglio. Si chiede anche se ne saranno in grado, se riusciranno a renderli felici come la sua famiglia biologica non è mai riuscita a fare con lei, ma è abbastanza sicura di poter dare una risposta affermativa. Sicuramente sbaglieranno tante volte come qualsiasi altro genitore, ma sa che faranno del loro meglio, che daranno loro tutto ciò di cui avranno bisogno, e che li ameranno come ogni bambino merita.
Essendo del tutto sola per una delle prime volte da mesi, Sherry se la prende con calma. Vuole rilassarsi al massimo, distendere i nervi il più possibile, soprattutto perché a breve Radish tornerà a casa per il suo allenamento con Vegeta, e la bombarderà di parole prima di chiudersi nella camera gravitazionale. Subito dopo è assai probabile che tornerà pure Everett, più per accertarsi delle sue condizioni che per altro, ed è abbastanza certa che, non appena avrà finito di armeggiare in giardino come una forsennata, Fern tornerà alla carica per passare altro tempo insieme. Tristan si è rivelato molto più furbo del previsto, ed ormai ha imparato bene come giostrarsi la donna per potersi allontanare senza offenderla. La scusa di oggi la sa pure lei, perché le ha avvertite la sera precedente; il ragazzo sarebbe infatti andato di primo mattino dal piccolo Gohan, con il quale pare aver stretto un sincero rapporto di amicizia. Ed è un bene per entrambi, considerando quanto sono di natura timida e con un passato pieno zeppo di traumi.
Appena ha aperto gli occhi, Sherry ha infatti deciso di concedersi un bel bagno caldo. È stato piuttosto strano non stare appoggiata alla schiena di Radish, ma non spiacevole; per la prima volta, infatti, non si è ritrovata con le mani bloccate dal compagno che ha egoisticamente deciso di fare il prezioso, e si è quindi evitata la solita frustrazione. Per quanto questa scoperta sia stata piacevole, però, i piccoli demoni hanno continuato ad infastidirla assai dolorosamente come hanno fatto per tutta la notte, e lei si è quindi trovata costretta ad uscire.
Non che non ci sia abituata ormai, ma qualcosa le ha suggerito di lasciar perdere l’idea di un lungo bagno caldo, e così, per una volta, ha assecondato il proprio istinto senza pensarci due volte.
Una volta in camera, si è ricoperta tutto il corpo con quel buon olio alle mandorle che le ha consigliato Becca, che in effetti ha impedito uno spuntare eccessivo di smagliature. È un’abitudine questa, ormai, ma stavolta non è stata poi troppo piacevole. Di solito, infatti, è Radish a passarglielo sulle gambe, massaggiandola delicatamente mentre le parla del più e del meno. Fa parte della loro routine ormai, e pensandoci le mancherà, una volta che i piccoli saranno nati. In realtà prova una leggera paura che qualcosa tra loro si spezzi, che le cose non cambieranno in meglio come immagina, che la situazione si evolva in qualcosa che mai e poi mai vorrebbe. Gliene ha pure parlato, una notte che non riusciva a dormire, e lui l’ha zittita con un semplice bacio e poi l’ha stretta a sé. Ha anche mormorato contro la sua testa “smettila di dire cagate”, ma non è che l’abbia rincuorata poi troppo. Purtroppo, però, ha scoperto che è inutile provare a parlargli di questo, perché si chiude inevitabilmente a riccio, essendo infatti timoroso quanto lei. Non possiamo fare altro che provare…
Una volta finito con l’olio, è arrivata la parte tragica: vestirsi.
Ormai ha rinunciato da un po’ al reggiseno, che tanto le dava noia proprio come quando le tette erano di una taglia e mezzo di meno, ma al resto non può rinunciare. In realtà potrebbe tranquillamente, ma l’ultima cosa che vuole è un esaurimento nervoso del marito, che proprio non vuole accettare che, come ogni altro Spettro, giri nuda senza alcun problema. Chissà come reagirai con loro due?
Che poi, in realtà, le basta un vestito largo da infilare dalla testa ed è a posto, ma le scarpe… Dio, le scarpe sono il suo incubo. Ha imparato a metterle da sola, ma ogni volta risulta un’impresa incredibile, e le imprecazioni si sprecano sempre.
Come ogni volta, però, anche questa è riuscita ad infilarsele, impiegando quasi tre minuti in meno rispetto al solito, e così può scendere in cucina con un gran sorriso in volto. Questa sarà sicuramente una giornata positiva!
Il suo sorriso aumenta quando, una volta davanti alla credenza, si rende conto che stavolta nessuno starà lì a controllare cosa mangia e cosa beve, così opta per un caffè doppio, ciambelle, pancetta e un peperoncino. Il cibo piccante, ormai, è diventato quasi un’ossessione, e Dio solo sa se non capisca come sia possibile.
Mentre mangia e si massaggia contemporaneamente la schiena, infastidita dai soliti dolori che la perseguitano da prima di coricarsi, qualcuno suona il campanello.
«Chi cazzo è?!» Ringhia a denti stretti, improvvisamente pronta ad aprire la testa a chiunque le si pari davanti. Però poi si ricorda che nessuno, tra i suoi, suona mai il campanello, e quindi la rabbia viene sostituita dalla curiosità.
In casa, infatti, è sempre un grande via vai di amici e parenti, ed alcuni di loro neanche si annunciano più, sbucando semplicemente dal niente. Come Nike, per esempio.
Il tragitto però le risulta più faticoso del solito, neanche qualcosa le avesse prosciugato buona parte delle energie durante la notte, ma quando arriva la curiosità viene ripagata.
Vegeta se ne sta lì sul portico, la solita buffa espressione corrucciata e le braccia incrociate al petto, neanche l’avesse fatto aspettare per ore o gli avesse fatto qualche altro torto.
Arriccia le labbra, Sherry, e lo guada con aria curiosa e attenta, fatto che lo mette silenziosamente in allarme. Per quanto poco interagiscano, pure lui ormai sa riconoscere certi suoi atteggiamenti, ed è ben consapevole che, quando ti guarda così, è perché sta rimuginando su qualcosa. Attenta a te, donna.
«Tanto per sapere, tu sei uno che prende male i ritardi?» Gli sorride con aria furbetta, pregustandosi la sicura scenata che il Principe farà al marito quando arriverà. In genere se ne tiene alla larga, poiché abbastanza ripetitive pure per lei, ma stavolta sarà accanto a Vegeta per suggerirgli altri validi motivi per sfotterlo. In fondo, neanche a lei piacciono i ritardatari.
«Molto.»
«Beh, sai cosa? Per stavolta sorvolerai, perché vi sto offrendo un favoloso servizio di baby-sitting gratuito, compreso anche di tirapugni viventi per te. Quindi da bravo, entra in casa, siediti e prendi un caffè per ingannare l’attesa. Quell’altro bonobo arriverà presto.»
Potrebbe controbattere qualsiasi cosa, Vegeta, ma non lo fa. Sa che non ce n’è realmente bisogno, perché normalmente loro non si vedono e, quando invece accade, le loro interazioni sono assai limitate. Stavolta è lui ad essere a casa sua, quindi può sorvolare sui suoi fastidiosi vaneggiamenti… ed anche accettare il caffè.
In fondo, ma molto in fondo, pure a lui va vagamente a genio, per la sua tenacia e la sua testardaggine, quindi non sarà poi così male stare lì qualche minuto, il tempo sufficiente a Radish di raggiungerli.
Se solo entrambi sapessero che Radish è ben lontano dal tornare a casa…
«Allora, come lo prendi il caffè?»
«Normale.» Nel dirlo si siede sul comodo sgabello alto davanti all’isola della cucina, in attesa. Non sa neanche perché l’abbia seguita fino a lì, anziché rimanere in salone sul comodo divano.
Si tratta in realtà di mera curiosità, dal momento che lui, per Bulma, non è stato presente. Solo ora, guardandola muoversi con quella pancia ridicolmente enorme, si domanda se pure lei fosse così, quando aspettava Trunks. Si domanda se avesse lo stesso aspetto radioso, se anche lei emanasse una strana aura, una specie di alone di calore.
Alla fine, però, lascia stare tutti questi quesiti che mai avranno risposta, così da lasciar spazio ad un’unica domanda: dovrei forse aiutarla?
Le è infatti caduto un cucchiaino a terra, e si sta visibilmente innervosendo per riuscire a recuperarlo. La pancia, ovviamente, le impedisce di piegarsi in avanti col busto, ed è evidente che pure piegarsi sulle ginocchia non sia proprio una passeggiata.
Se ne sta lì, a reggersi con una mano al ripiano della cucina ed allungando l’altra verso terra, le ginocchia piegate per quanto le è possibile.
Dopo un minuto buono a sforzarsi, abbandona infine l’impresa. Fissa per qualche secondo il maligno oggetto inanimato, per poi puntargli contro un dito: «Hai sfidato la stronza sbagliata, bastardo maledetto.»
Vegeta, ora più che mai, non sa cosa dire. Non sa se dirle che è fuori di testa come una piccionaia, chiederle se vuole una mano, se dirle di sedersi e che il caffè se lo può fare anche da solo, se alzarsi e biascicare tra i denti che tornerà più tardi, così da non trovarsi più vicino ad una pazza furiosa.
Lo squillo del suo cellulare lasciato in soggiorno, però, gli evita il problema di scegliere. Si alza dallo sgabello senza dire una parola e cammina con passo svelto verso la cucina, mentre lei torna a concentrarsi sulla macchinetta del caffè finalmente pronta.
Se però lo squillare del telefono gli ha evitato un problema, gliene sta creando un’altro. Il numero, infatti, risulta sconosciuto. Non riuscite a fare proprio niente di normale, voi altri?!
«Non sono Sherry.» Non lo dice tanto per, ma per evitare qualche eventuale nomignolo smielato che gli darebbe il voltastomaco.
E che ci faresti a casa nostra, Vegeta?
Everett, perfetto. Lui gli va sinceramente più a genio, malgrado il carattere poco trattabile. È quel tipo di persona con cui non sono necessari tanti discori, un uomo d’onore, qualcuno in cui si può riporre fiducia. Senza dimenticare, ovviamente, che è anche un guerriero degno del suo nome. «Devo allenarmi con Radish, ma è in ritardo.»
«Vegeta? Vieni?»
Mentre avverte distrattamente l’altro che la situazione è sotto controllo e che può prendersela comoda per il ritorno, si dirige con passo calmo verso la cucina. In fondo, non è che abbia poi molto di meglio da fare che stare lì. Con Radish si allena meglio che con chiunque altro, e, per quanto non gli piaccia ammetterlo, ultimamente è sensibilmente migliorato, quasi come se l’idea di diventare padre lo stesse spronando a dare sempre di più. E lo può capire, tutto sommato, perché anche lui, malgrado non si dimostri affettuoso, è pronto a tutto pur di impedire che qualcuno faccia male alla sua famiglia.
Quando però entra in cucina, il cuore gli si blocca per un secondo.
Sherry lo guarda con un’aria indecifrabile, con un sorrisetto in volto che potrebbe voler dire un milione di cose diverse. Quando poi parla, per il Saiyan è solo peggio.
«I casi sono due: o me la sono fatta addosso, o mi si sono rotte le acque.»
«La prima. Dimmi che è la prima.»
SHERRY?!
Gli occhi dello Spettro scattano sull’oggetto in mano al Saiyan, ma non si agita più del dovuto. Finché è lontano, non può stressare anche lei col suo, di stress. Perché si stresserà, l’imperscrutabile Beta del Nord, e potrebbe anche rivelarsi una rottura di palle più grande di Radish.
Pensandoci un istante, la presenza di Vegeta è assai meglio di quella di chiunque altro.
«Tranquillo, Ret. Sto bene, tutto alla grande. Non sono neanche nel panico, vero Vegeta?» Gli sorride in modo tirato e sbarra gli occhi, mentre annuisce vistosamente con la testa, suggerendogli di darle ragione. Se per mal disgrazia Everett percepisse il nervosismo di entrambi, potrebbe diventare ancor più intrattabile.
Arrivo!
«No! Tu ora vai a cercare quel gran faccia di merda di mio marito, poi vieni qui. Sono stata chiara?!» Nessuna risposta, solo il fugace rumore della chiamata che viene interrotta «Prega per lui che mi abbia sentita, perché sennò giuro che gli strappo anche l’altro orecchio e glielo ficco in gola!»
Il problema in realtà è un altro: Everett non ha idea di dove siano andati, quindi prima dovrà per forza chiedere in giro, e poi dovrà correre a cercarlo. A voler essere davvero ottimisti, gli ci vorrà almeno una mezz’ora. E neanche sa in che stato lo troverà…
«Qual è la procedura, adesso?» Non pensava che si sarebbe mai trovato in una situazione del genere. Mai nella vita! E invece eccolo qui, in piedi in una cucina per lui estranea, di fronte ad una giovane donna alla quale si sono appena rotte le acque. A mente lucida, saprebbe cosa fare, ma è tutto troppo improvviso per riuscire a pensare a mente lucida. Lui è un guerriero, mica un’ostetrica!
«Io… devo pulire qui.» La situazione non è poi troppo migliore neanche per Sherry.
Non che ci avesse pensato poi tanto, non volendo neanche lontanamente pensare al parto, ma di sicuro non si aspettava che le cose andassero così… e che fosse tanto imbarazzante. Se anche lei riuscisse a pensare lucidamente, si renderebbe però conto del risvolto comico della faccenda: un giorno racconterà ai suoi figli di essere entrata in travaglio davanti al terribile Principe dei Saiyan e di averlo così mandato nel panico!
Un’altra cosa che capirebbe, poi, è che i fastidiosi dolori che ha avvertito per tutta la notte, altro non erano che l’inizio delle doglie.
«Ma lascia stare qui, ci penserà qualcun altro. Che devi fare, adesso?» Le bercia contro in tutta risposta Vegeta, maledicendo tutto e tutti — compreso sé stesso — per aver anche solo pensato di allenarsi con l’amico.
Sherry, dal canto suo, rimugina con attenzione sulle sue parole. La sua mente tenta disperatamente di attaccarsi da una parte al sarcasmo e all’ironia, e dall’altra di percorrere pensieri logici e pratici. L’improvviso terrore, però, non l’aiuta a fare il tutto velocemente.
«La borsa. Per prima cosa, c’è da prendere la borsa.»
«E dov’è?»
«Fuori, nel capanno.»
Capendo che non muoverà un muscolo, rotea gli occhi al cielo, innervosito, e decide di prendere in mano le redini della situazione. In fondo, è tutt’altro che stupido, ed ha affrontato ben di peggio di un parto gemellare di due potenzialmente pericolosi ibridi. Lui è Vegeta, mica Yamcha!
«Okay, ti aiuto io, forza.» L’avvicina con passo sicuro, pronto a fare ciò che va fatto. Dio solo sa se vorrebbe evitarlo!
«Grazie, davvero, ma non mi si sono rotta le gambe.»
«Ahhh, sta’ zitta!»
«Non osa— VEGETA!»
Un braccio dietro le ginocchia, uno a circondarle le spalle, ed ecco che Sherry è sollevata per aria, nella sua presa d’acciaio. Potrebbe mai andare peggio? In realtà, la risposta è affermativa, perché ancora nessuno sa in che condizione versa il futuro papà.
A Vegeta ci vuole meno di un minuto per raggiungere il capanno, anche se i suoi movimenti sono resi impacciati dallo strabiliante peso della donna, ed anche dall’improvviso timore di poter fare qualcosa di sbagliato e, perché no, fatale.
«Dov’è?» Le domanda duramente, cercando l’oggetto per la stanza. Si lascia guidare da lei, e si piega poi sulle ginocchia per fargliela afferrare «Perché l’hai messa qui e non in casa? Mi pare poco intelligente. Aspetta, non dirmelo: l’ha pensato Radish, vero?»
«No, idea mia. In casa c’è quella fasulla, qui ci sono i loro veri vestiti.» Spiega malignamente, ripensando divertita alla piccola litigata che hanno fatto Radish, Everett e Fern per farle la borsa. Uno ci voleva una cosa, per un altro era inutile, la toglieva e ne metteva un’altra, il tutto sotto lo sguardo critico dell’anziana signora, che proprio non ce la voleva quella vestaglia leggera lì in mezzo.
Il fatto che non sarebbe stato necessario tutto l’armamentario che loro ci ficcavano dentro, non è interessato a nessuno.
«Voi donne avete una mente contorta e strana.»
«Non dirmi che hai avuto solo ora l’illuminazione, ti prego.» Pure Vegeta capisce che si stia sforzando di fare battute e di sorridere, ma che in realtà vorrebbe solo urlare e spaccare tutto. Contrariamente a quanto lui stesso si aspettava, in realtà lo capisce molto facilmente, perché, sforzandosi di calarsi nei suoi panni, pure lui agirebbe allo stesso modo.
«Ora dove dobbiamo andare?»
«Alla tana. Nasceranno lì, in bilico tra i due mondi.» Non ha idea del perché gli dica certe cose, ben consapevole che non gli interessino, ma conversare con lui ha una specie di effetto catartico sulla sua mente, che le impedisce di pensare troppo a cosa sta per accadere.
«Quando sei poetica!»
«Hai finito di prendere in giro?! Già la situazione è abbastanza delicata senza che ti ci metti pure tu con la tua spocchia!» In realtà le va benissimo, non volendo in alcun modo che si mostri comprensivo e compassionevole nei suoi confronti perché sta per partorire. Se c’è qualcuno capace di non trattarti come una specie di invalido per questo, è proprio Vegeta.
Poi, ecco che la situazione prende una piega poco piacevole.
«Sherry? Che succede?!» Fern, con i suoi abiti da giardinaggio e i guanti gialli sporchi di terra, appare nel suo campo visivo. Ha un’espressione così spaventata e stralunata da farle tenerezza. Di sicuro, non avrebbe voluto averla tra i piedi in questo momento, perché vederla andare nel panico potrebbe mandare ancor più nel panico anche lei, e questo è di sicuro da evitare. Fatemi incazzare, per l’amor di Dio! Non spaventare, incazzare!
«Niente, tranquilla ma’! Mi si sono rotte le acque, e il buon Vegeta mi accompagna in clinica!» Cinguetta con falsissima spavalderia, che però la donna pare bersi avidamente. Ma non è sufficiente, Sherry lo sa, così calca ancora un po’ la mano, sfoggiando il suo solito carattere un poco arrogante «Non ti agitare, dai! Non vedi che sto bene? Su, tu fai quel palloso giro di chiamate per avvertire il resto dell’allegra combriccola, e calma Radish se dovesse tornare qui prima di vedere Everett. Okay? Okay! Su, nobile destriero, andiamo!»
Vegeta rimane in silenzio giusto il tempo di seminare l’anziana, così da evitarsi un probabile attacco isterico, ma, una volta nel fitto della vegetazione, le lascia capire che la sua uscita non gli sia piaciuta.
«Non ti ammazzo solo perché presto soffrirai molto di più.»
«Non è questo il motivo migliore, sai?»
«Tu dici?»
«Oh, sì— cazzo!» Ed eccola lì, la prima vera contrazione. Le sembrava troppo bello che fossero dei dolorini tanto accettabili, sarebbe stato troppo facile. Non pensava neanche, però, che potesse fare così male, tanto da essere arrivata a credere che Bree e Domino stessero un po’ esagerando. E questa è solo la prima… oh, merda!
«A posto?» Non le dice che gli ha fatto non poco male quando gli ha stritolato l’avambraccio, ne va del suo orgoglio… ma, cazzo, se gli ha fatto male!
«Sai qual è il motivo migliore, Saiyan? Che quel porco bastardo di Radish soffrirà con me!»


Una mano.
Per terra c’è una mano umana.
Everett sa bene che non ha tempo da perdere, che deve entrare in quella casa per trascinarci fuori Radish, e poi correre da Sherry… ma non ci riesce. Rimane fermo di fianco ad un cassonetto fumante, a fissare una mano mozzata abbandonata sul terreno.
«Ma che Diavolo hanno combinato…?»

Dan non pagava i suoi debiti. Non pagava i suoi debiti, ed andava pure in giro a dire di aver fatto il culo a Maddox, e di essersi preso i suoi “territori di spaccio”.
Inutile dire che, una volta tornati in pista, a Maddox questa faccenda non è piaciuta molto.
Così, portandosi dietro i figli, armati con dei piedi di porco, è andato a spezzargli le gambe. Un lavoretto fatto come si deve stavolta, non tutto alla rinfusa come al solito, perché i piccoli dovevano cominciare ad apprendere questo mestiere, per quanto poco raccomandabile. Anche se loro — teoricamente — non possono più farsi, tra gli umani resta comunque un mercato molto ben retribuito.
Una volta terminato il lavoro, ha dato loro dei soldi per andare a comprarsi un gelato prima di tornare dalla madre, e lui ha impacchettato il corpo di Dan, privo di sensi. Stavolta però il lavoro è stato fatto non alla rinfusa, ma proprio alla cazzo di cane, perché Dan è giunto esanime alla festa. Voleva solo terrorizzarlo un altro po’, fargli capire che c’è ben poco da scherzare con lui, o in generale con la gente come lui, ma qualcosa nel processo è andato evidentemente storto.
Inutile piangere sul latte versato — o sul cadavere di un pezzo di merda solo al mondo —, così, tutti gli altri a cazzeggiare, e tutti con un’intera distilleria in corpo, lo ha smembrato con l’aiuto di Pip, ed ha buttato il tutto nel grande cassonetto che stava lì fuori. Più che un cassonetto, probabilmente serviva per conservare la legna o qualcosa del genere, ma non era importante.
L’ha poi inondato di benzina proprio mentre Radish dava di stomaco prima la prima volta — ridendo —, ed ora si sono riuniti silenziosamente in cerchio.
«Forse dovrei dire qualche parola…» Borbotta il Cacciatore, cercando di mettere a fuoco le immagini. Fare tutta questa faticaccia dopo essersi scolati ben due bottiglie di tequila negli ultimi venti minuti, e Dio solo sa che altro prima, non è stato per niente semplice.
«Mh, forse sì…» Radish a cose normali avrebbe piuttosto detto che sono dei deficienti, che quel genere di cose dovrebbero evitarle come la peste, ma adesso gli risulta tutto così semplice, giusto, carino. Perché mai prendersela?
«Se proprio devi.» Pip, accanto a lui, ancora frigna per i capelli da poco perduti.
«Fermate gli orologi—»
«Cazzo, no! Così non la finisce più!» Sbotta Major, rigirandosi per riuscire ad entrare in casa, ma finendo solo con lo scivolare per il troppo alcol e sbattere la faccia contro il muro.
«Tagliate i fili del telefono. Lui era il mio Nord, il mio Sud, l’Oriente e l’Occidente.—»
«D’accordo, ho capito.»
«Basta, me ne vado!»
Radish e River sono i primi a rientrare, già largamente stufi delle solenni, noiose e false parole dell’amico. Per quanto i loro cervelli non riescano a ricordare cosa stessero facendo prima di uscire, sentono che dentro casa c’è qualcosa di più divertente.
«I miei giorni di lavoro e i miei giorni di festa.»
«Ciaooo!» Mordecai afferra Micah per la vita e lo trascina con sé, diretto in cucina. Perché è impossibile che abbiano finito tutte le scorte di cibo, quindi è di sicuro il posto migliore in cui andare.
Maddox, fermo davanti al cassonetto, guarda per qualche secondo Pip, che ancora frigna. «Da quando non va più di moda il sentimentalismo?»
Conscio che non riceverà dal fratello alcuna risposta, e neanche alcuna attenzione, scrolla semplicemente le spalle, accende un paio di fiammiferi e li butta sui resto tagliuzzati nel cassonetto.
«Vabbè, ciao, Dan!»

Ma Everett tutto questo non lo sa, non può neanche lontanamente immaginarlo. Per loro fortuna, però, neanche gli interessa davvero. Un essere umano in meno è un problema ben da poco, a confronto con il travaglio di Sherry.
Si fa quindi coraggio ed entra, rimanendo però pietrificato sulla soglia.
Tutto ciò che vede gli mette i brividi: mobilia distrutta o attaccata in qualche modo al soffitto, vomito, sangue, cocci di vetro da tutte le parti, un lampadario incastrato nella finestra, imbottiture sparse qua e là… e ben due imbecilli collassati sul pavimento.
Prima di partire in quarta per farli a pezzi, nota un cellulare sul pavimento, vicino al proprio piede. Potrebbe appartenere anche a Mano Mozza, ma vuole comunque accertarsene. A giudicare dall’immagine delle due neonate usate come salvaschermo, è ovvio che invece si tratti del cellulare di Major. Per sua fortuna, non usa alcuna password, così lo sblocca, alle volte all’interno ci fosse qualche indizio per capire cosa cazzo sia successo. Deve fare alla svelta, perché la batteria è ad un soffio dalla morte. Per fortuna, però, riesce ad aprire almeno un video.


Stanno davanti ad un videogioco violento, e tutti urlano di fare qualcosa. Alcuni urlano pure per gli spaventi, e subito dopo scoppiano a ridere e bevono.
Sono tutti così schifosamente ubriachi da non riuscire fisicamente a stare in posizione eretta.
Hurricane è l’unico che sta mangiando qualcosa, mentre tutti gli altri hanno delle ciotole vuote davanti a sé. Dentro ci sono giusto dei rimasugli di latte annacquato e qualche fiocco di mais superstite.
«Oddio, sta succedendo di nuovo!» Esclama il Capitano del Sud, portandosi le mani alla testa, vicino ad una crisi isterica. Con i suoi fratellastri niente è mai degenerato così… o meglio, è successo più volte, ma lui se n’è sempre andato prima.
«Cosa?» Domanda stancamente Micah, senza muoversi di mezzo millimetro.
«Comincia con un fremito alla bocca dello stomaco, ma poi sgorga nell'apparato digerente e si deposita in gola. Arriva al cervello attraverso le narici, oppure sfruttando gli occhi, poi tutto si fa buio e vedo Demoni selvaggi brillare agli angoli della stanza!» Risponde tutto in un fiato, cercando di appiattirsi contro il divano.
Mentre Major ride dietro il cellulare, Radish, al fianco del Cacciatore, pare improvvisamente molto interessato.
«Demoni?» Domanda stranito Pip, lanciando delle occhiate confuse ai fratellastri. Un brutto presentimento lo assale, ma prima di lanciare accuse decide di ascoltare quello che l’altro ha ancora da dire.
«Gli occhi mi si appannano, la lingua si secca e poi si appiccica tutta al palato!»
«Questa potrebbe essere… la paura!» Afferma con una certa ovvietà Major, attirando così lo sguardo degli altri.
«La paura?»
«Sì. Per caso si apre un pozzo senza fondo dove brucia un fuoco torrido nel mezzo della stanza?» Domanda con voce curiosamente seria, agitando il telefono.
«Sì…»
«La paura! A quel punto vedi conigli giganti che spuntano da sotto il tappeto, che tengono una rivista di giardinaggio fai da te in una mano e una grossa falce nell'altra?» Insiste, mentre i due poveri “verginelli” entrano sempre di più nel panico. Gli altri, invece, ridacchiano in maniera isterica.
«Oddio, sì! Allora anche a te viene la paura!» Urla Radish, senza però muoversi dal divano.
«Sì.» Risponde semplicemente il Segugio, decidendo di vuotare il sacco «Può dipendere da un calo di zuccheri, stress... o dall'LSD che abbiamo preso prima.»
«LSD? Quale LSD?!» Sbotta il Saiyan, mentre Hurricane assume un'espressione a dir poco sconcertata. A parte le sostanze psicoattive che secerne il famoso rospo, non ha mai fatto uso di droghe pesanti, e non aveva neanche intenzione di farlo. Invece l'ha fatto in pieno, seppur involontariamente.
«Non era mio, tranquillo. L’ho trovato in un comodino, e ho pensato di condirci i Korn Flakes.» Risponde un più che pacato Major, come se non avesse fatto assolutamente niente di niente.
«E per quale cazzo di motivo l'avresti messo nei Korn Flakes?!» Gli urla contro Radish, a tanto così dal panico. Vorrebbe saltargli addosso e disintegrarlo a furia di pugni, ma il corpo è insolitamente pesante.
«Così, per movimentare un po' la serata.» Risponde onestamente il lupo, lanciando il cellulare addosso a Maddox.
«E ora che faccio?!» Strilla di sottofondo Radish, portandosi le mani tra i capelli.
«Ti godi lo sballo?»

Suo cognato, che letteralmente sta per diventare padre, ha passato la notte a bere in preda ai deliri di un acido. Adesso, Everett ha sinceramente paura di poter scoprire il resto.
Non può neanche aiutarsi a calmarsi con la respirazione, perché l’aria è mefitica e pesante, così opta per l’unica opzione rimasta: entrare e cercarlo.
Mentre Pip e Maddox giacciono sul pavimento, il primo sfoggiando pure scritte volgari e disegni fallici sulla schiena e sul viso, Major sta appollaiato sul tavolo della cucina a rosicchiare ciò che era rimasto nella credenza. Non pare neanche rendersi conto della sua presenza, restando in quella posizione con gli occhi fissi sul pavimento lercio.
Come siano riusciti a fare un tale macello in meno di dodici ore, davvero non riesce a spiegarselo. Pure lui, quando Leila era viva, si scatenava in serate a base di alcolici, ma non faceva mai danni di questa portata! Al limite distruggeva il letto con la compagna, ma per il resto non ricorda di aver mai raggiunto un simile livello di indecenza.
«Non starò qui a chiederti che è successo—» gli occhi smeraldini di Major scattano, e di colpo si rende conto della sua presenza, e, più di ogni altra volta, la trova assai preoccupante «Ti chiederò giusto dove si trova quel sottosviluppato di mio cognato.»
Il sorrisetto ambiguo che gli rivolge, gli fa accapponare la pelle. Per quanto Major non abbia effettivamente niente contro di lui, e per quanto sappia che l’altro non gli serbi alcun genere di rancore, lo trova a dir poco spaventoso.
«Non ricordo dov’è…» Ed è vero, perché Major ancora non ricorda niente di quello che hanno fatto. L’unica cosa di cui è certo, è di aver vomitato molto. «Posso chiederti perché lo cerchi?»
«Anche se la faccenda non ti riguarda, Vegeta è a casa nostra ad attenderlo. Non vorrei che facesse innervosire Sherry, rischiando così di farla entrare in travaglio.» Può permettersi di mentire, ora. A Major sta colando il cervello giù dalle orecchie, non baderà assolutamente al suo battito cardiaco.
Infatti annuisce, tornando a concentrarsi su quelli che al maggiore sembrano bastoncini di pesce congelati.
Everett riprende così la propria ricerca, stando più che attento a non toccare niente.
Sul suo breve ma intenso tragitto trova: Mordecai addormentato contro una parete, con in dosso solo un paio di slip neri e del vomito secco sullo stinco sinistro; Micah, con una scritta che non capisce sul petto, che dorme sotto al lavandino del bagno; Hurricane sotto ad un materasso; e River ricoperto di sangue secco davanti all’ultima porta, nudo a pancia in giù, un rivolo di saliva che gli cola giù per la bocca dischiusa, ed infine la chicca delle chicche: sopra ad una freccia disegnata sulla spina dorsale, puntata verso il fondoschiena, svetta la scritta “Glory Hole”.
Passerà questa immagine a tutti, così da distruggere quell’immagine di uomo meraviglioso che le donne hanno di lui. Non ha potuto impedire che Sherry si ritrovasse piena di corna e col cuore infranto a più riprese, ma forse così può evitare la stessa sorte alla dolce Cacciatrice che tanto stravede per lui.
Apre la porta e scavalca lo Spettro, disgustato e disturbato, ed eccolo lì, l’oggetto delle sue ricerche. Ad occhio e croce, non sta decisamente meglio degli altri, ma almeno ha ancora i boxer addosso, non è coperto di vomito e/o di sangue, e non ha scritte imbarazzanti.
Però puzza. Cazzo, se puzza! Toglierebbe il naso anche ad un essere umano. È un mix tra sudore, vomito e tutte le sostanze nocive che il suo corpo tenta disperatamente di espellere da ore.
«RADISH!» Urla il suo nome con una tale forza e una tale rabbia, che al Saiyan per poco non viene un infarto.
Si guarda freneticamente attorno, cercando di rimettere insieme i pezzi alla meglio… ma non si ricorda un cazzo.
Ricorda vagamente che il Sole stava tramontando, quando sono arrivati, e che erano già sulla buona strada per definirsi molto sbronzi. Poi comincia il vuoto: ha degli scorci di momenti di totale idiozia, dove era totalmente ubriaco, e poi di essersi svegliato in un momento imprecisato della notte perché Micah aveva messo a tutto volume quell’assurdo disco, che poi ha rotto. Ma poi? Che altro è successo dopo? Cos’è successo nel durante?! Non lo ricorda assolutamente, e adesso vorrebbe solo piangersi l’anima dal corpo, tanto si sente male. La testa gli sta per esplodere, gli viene da vomitare anche i reni, si sente fisicamente a pezzi e, ciliegina sulla torta, ha pure mal di pancia.
Quando poi incrocia gli occhi gelidi e furiosi di Everett, si sente solo peggio. Avrebbe preferito di gran lunga farsi trovare in questo stato da Sherry, che sicuramente sarebbe stata ben più comprensiva di lui, che invece lo sta evidentemente giudicando.
«Non mi interessa come farai, ma esigo che tu ti lavi, ti vesta e ti presenti fuori di qui con un’aria vagamente accettabile entro dieci minuti. Muo-vi-ti!»
In circostanze normali, la sua presenza lo insospettirebbe a tal punto da gelargli il sangue e farlo schizzare fuori di casa nel giro di tre secondi scarsi, ma adesso… adesso vuole unicamente fare come ha detto e seguirlo fuori di casa immediatamente, senza emettere neanche un fiato, con la piccola ma preziosa speranza che tenga la bocca chiusa con la moglie.
Quando poi vede il proprio riflesso nello specchio, non può fare a meno di domandarsi nuovamente e con più insistenza cosa cazzo abbia fatto per ridursi in uno stato tanto pietoso.


«Ah.»
Vegeta non è mai stato così in imbarazzo, per quel che riesce a ricordare, e ciò gli fa domandare vagamente come faccia Darko a rimanere tanto calmo, come se non stesse fissando la vagina di una donna che, solo per capriccio, potrebbe fargli staccare la testa dal collo. Non solo ci guarda, ma ci mette pure le mani! E lo fa come se non fosse realmente niente, come le stesse tastando un dito rotto della mano o una cosa del genere.
Lui, di certo, non riuscirebbe a rimanere tanto impassibile, soprattutto considerando che la ragazza è in travaglio.
«“Ah?” Che cazzo significa “ah”?!» Gli urla contro Sherry, senza mollare neanche per un secondo la mano del Saiyan, che sennò sguscerebbe fuori dalla stanza in un istante.
Stanno arrivando in molti, ma nessuno ha il coraggio di avvicinarsi alla stanza. Il motivo è anche abbastanza chiaro: se per mal disgrazia Everett o Radish — o, peggio ancora, entrambi — arrivasse e trovasse uno di loro vicino a lei, potrebbero reagire in maniera un poco esagerata, e nessuno potrebbe contrastarlo. Vegeta, invece, non avrebbe grandi problemi, e per questo si ritrova stretto nella morsa d’acciaio di Sherry. Che fosse forte lo sapeva bene, ma non aveva mai preso in considerazione che, a causa delle contrazioni, potesse arrivare a fargli così male. Non ne ha colpe, me ne rendo conto… però tu, Radish, sconterai ogni stretta del cazzo!
L’unica persona, oltre a lui, che ha il coraggio di entrare ed uscire da quella stanza è solo Bulma, che proprio non riesce a resistere all’impulso di vedere il marito trattenere gemiti di dolore ed espressioni di pura sofferenza a causa dell’orgoglio. Nn riesce comunque a rimanere troppo a lungo per via di quel demone con le sembianze di Sherry, che, se lo sente, potrebbe anche saltarle alla gola tanto è fuori di sé.
«“Ah” significa che sei già parecchio dilatata, dolcezza.» Risponde con un sorriso allegro ed incoraggiante «Qualcuno evidentemente ha fretta di venire al mondo!» E detto questo sparisce, lasciandola sola col Saiyan, che è sul punto di esplodere per il nervoso. Era andato a casa loro per un maledettissimo allenamento, e invece si ritrova con la mano stretta nella sua morsa. Vaffanculo!
«Posso chiederti un favore?» Annaspa Sherry, cercando di non abbandonarsi totalmente al panico e al dolore.
«Ancora?!» Bercia in tutta risposta Vegeta, guardando con orrore le dita della mano sempre più rosse, quasi violancee.
«Solo uno, giuro…» Non appena riesce ad intercettare il suo sguardo contrariato e dubbioso, si lascia andare ad un lieve sorrisetto diabolico «Tira un calcio nel culo a quell’altro idiota da parte mia, quando arriva!»


«Dio, hai davvero un aspetto orribile!» Ringhia a denti stretti Everett, non appena il cognato esce di casa con passo traballante. Vorrebbe provare un minimo di compassione per lui, perché è chiaro che stia provando un minimo del dolore di Sherry, fatto più che innaturale per un uomo, ma proprio non ci riesce. L’unica cosa che prova, è la voglia di tirargli un pugno.
«Sì, lo so. Perché sei qui?» Il cervello si sforza disperatamente di funzionare già da qualche minuto, e finalmente comincia a fare due più due. Con un mentale sospiro di sollievo, il caffè forte che l’altro gli porge pare avere la capacità di aiutarlo a ricomporsi.
«Non potevi almeno raderti? Sembri uno scappato di casa!» Lo rimprovera ancora, sperando che sia in grado di muoversi come sempre. Sono già in ritardo di quasi cinquanta minuti, e ad ogni secondo che passa si sta incazzando sempre di più.
«Non ho trovato niente in quel bagno, okay? È già un miracolo se c’era del sapone!»
«Quello che hai usato non era sapone per il corpo, idiota.»
«Come?»
Annusa velocemente un’altra volta, giungendo così alla conclusione «Hai usato un detersivo per pavimenti. La nota positiva è che l’odore almeno è buono!»
No, la nota positiva è che non era quello per il cesso, sennò mi guadagnavo almeno un mese di prese per il culo! Vorrebbe dirglielo, ma si astiene. Per quanto gli scocci ammetterlo, è in una posizione di totale svantaggio e non può permettersi di fare troppo l’arrogante, soprattutto perché sta cominciando a sentirsi sempre più male.
È un male strano, però, perché va ad intervalli piuttosto regolari, e aumenta di intensità ogni volta. Gli verrebbe quasi da pensare che si tratti di appendicite, ma gli pare impossibile, perché il dolore proprio non corrisponde.
«Seguimi, chiaro? Niente corse esagerate, tieni il mio passo e basta. Se ti senti mancare o qualsiasi altra cosa, dimmelo, così mi fermo finché non ti riprendi.»
Anche se non lo ha detto chiaramente, il messaggio gli arriva limpido e devastante: devono fare svelti, ma non possono, e non perché lui ha dei postumi orribili, ma perché presto starà davvero male per un altro motivo.
Il cuore gli si ferma nel petto, e tutto comincia ad ondeggiare. Un nuovo conato gli sale su per la gola, e trattenersi stavolta è impossibile.
«Niente scenate, non con loro vicini.» Il tono è cambiato radicalmente: da contrito e stranamente offeso, è gentile e comprensivo.
Gli tiene anche i capelli all’indietro mentre dà di stomaco, e Radish gliene è profondamente grato.
Se già immagina quanto sia spaventata lei, lui sente di poter dire di esserlo molto di più, oltre che in colpa. Non era lì, l’ha lasciata sola, e adesso si trova a dover affrontare una realtà tanto spaventosa da sola. Lui, invece, non è solo. Everett è lì, lo sta ritirando in piedi e lo sospinge piano in avanti, sostenendolo tutto il tempo. Non è giusto, non lo merito. Dovresti essere lì a tenerle la mano, non con me ad aiutarmi a vomitare!
«Cammina come se niente fosse finché non te lo dico io, dopo puoi anche dare di matto.»
Gli viene da piangere, a Radish.
Sa cosa sta succedendo, la sua mente annacquata nell’alcol l’ha capito chiaramente, e lui non si sente pronto. Non vorrebbe neanche più avanzare, tanto ha paura.
Si era giusto abituato a quel pancione enorme, a tutti quei movimenti interni, ed era arrivato quasi ad adorare la loro nuova, calma routine… e adesso le carte in tavola cambiano ancora. I cuccioli sono pronti per il mondo, non hanno più tempo da perdere e vogliono uscire; Sherry è là da sola, lui ha un’aspetto da schifo, si sente uno schifo, e tutto gli pare andare solo nel peggiore dei modi.
«Okay, stammi a sentire.» Si concentra con tutto sé stesso, Radish, per concentrarsi sulla sua espressione oltremodo imbarazzata, così da non pensare a ciò che sta succedendo a chilometri di distanza e non cedere totalmente al panico «So che hai paura. Non mi serve neanche il tuo odore per capirlo, e questo perché avrei paura anche io. La tua vita, la vostra vita, sta per cambiare radicalmente, e tu non ti senti pronto. Ma andrà bene, perché avete la tenacia e la forza per far sì che sia così.»
Prima che possa continuare, Radish lo interrompe, per specificargli un punto che pare essergli sfuggito.
«È la nostra.»
«Eh?»
«È la nostra vita che sta per cambiare, di tutti e tre. Non pensare neanche per un solo istante di poterci lasciare soli, hai capito? Non te lo permetterò.»
Everett già lo sapeva, e neanche ci ha mai pensato a togliersi di mezzo, ma sentirlo dire da lui gli fa un certo effetto. Una specie di lieve torpore dentro, che per un misero istante gli fa battere il cuore più velocemente.
Ma è appunto questione di un istante, poi si ricompone. «Sei anche più insopportabile, così.»
Sorride, malgrado non ne abbia alcuna voglia. Sono questi rarissimi e brevissimi momenti assieme che gli fanno apprezzare davvero il loro strano rapporto, che gli fanno capire che, per quanto possa essere freddo, arrogante e spesso insopportabile, gli è affezionato. Volergli bene forse no, ma affezionato sicuramente.
«Ora non sei nelle condizioni migliori, e temo che la situazione peggiorerà da qui a poco, quindi…»  Riprende dopo qualche secondo Everett, con l’imbarazzo che torna con prepotenza, tanto da risultargli difficile sostenere il suo sguardo «Ti porterò io.»
Non capisce, sulle prime, ma poi tutto diventa chiarissimo quando si sfila di dosso la camicia e gliela mette tra le braccia. Prima che si sfili i pantaloni, gli poggia una mano sulla spalla, guardandolo con riconoscenza.
Lo porterà in groppa, cosa che loro non fanno mai, trovandolo infatti quanto di più umiliante ed imbarazzante possa esserci. Quando si piegano a farlo, però, sta ad indicare che, in realtà, ti considerano a pieno un membro della loro famiglia, e che sono disposti anche a questo pur di proteggerti. E a farlo, adesso, è Everett, che si scrolla subito la sua mano dalla spalla con fare stizzito.
Suo cognato sa essere l’essere più indisponente, antipatico, fastidioso, gelido, seccante e stronzo del creato, ma Dio solo sa se, sotto quella scorza artica, non si celi un cuore immenso.
«Raccontalo a qualcuno, e giuro che neanche il drago o chicchessia potrà rimediare a quel che ti farò!» Un cuore immenso, avvolto costantemente dal sadismo.


La Tana, in circa mezzora, si è riempita.
L’idea era quella di dare spazio a Sherry, di non stare tutti lì ai posti di blocco in attesa di vedere il tanto sospirato principino, ma Mordecai, giunto circa dieci minuti dopo l’improbabile duo, e in uno stato decisamente discutibile, ci ha messo un carico davvero eccezionale, sventolando sotto agli occhi di tutti qualcosa di davvero troppo, troppo allettante.
È bastato un breve video via messaggio, dove in sottofondo si sente Darko affermare con divertimento mal celato “Non avevo mai fatto partorire un uomo!”, per farli accorrere in massa
Un semplicissimo video di pochi secondi, e adesso lo spettacolo alla quale assistono — solo alcuni però, gli altri si devono accontentare unicamente di sentirlo — è quanto di più esilarante abbiano mai visto in vita loro. Pure Vegeta e Piccolo continuano a girare per i corridoi nel disperato tentativo di non ridere come pazzi, pur avendo già superato da un pezzo il punto delle lacrime.
Risate isteriche, urla indemoniate, parolacce, bestemmie e posizioni esilaranti. Radish sta offrendo loro il più incredibile spettacolo che potessero anche solo sognare.
«Respira, Radish, respira!» Tenta nuovamente Alana, bestemmiando come mai prima nella sua mente quando il Saiyan, rigido come un pezzo di legno, le stritola la mano.
Avevano preso in considerazione che anche lui avrebbe sofferto dei dolori del travaglio, ed hanno così escogitato un modo per evitargli quelli del parto vero e proprio, ma non avevano tenuto conto, neanche per un secondo, che sarebbe stato così divertente.
«VAFFANCULONONRIESCO!»
Chichi e Fern, appena fuori dalla porta, si reggono l’una all’altra, ormai molto oltre il livello delle lacrime. Non ce la fanno più, non hanno più fiato, e gli addominali fanno male come se avessero fatto un milione di serie, senza contare poi i muscoli facciali. L’emozione di dare il benvenuto a due nuovi membri della famiglia è decisamente passata in secondo piano.
«Dammi la mano!» Urla Sherry, con gli occhi ametista che fulminano il marito agonizzante «Te la devo rompere! È tutta colpa tua!»
«Sono disposto a strapparmi le palle anche subito, se ti rende felice!» Risponde sinceramente, guardandola con aria affranta non appena il dolore si affievolisce.
Secondo Darko ormai non manca molto, perché i due piccini hanno davvero moltissima fretta di venire al mondo, ma per Radish si tratta comunque di un tempo infinito. E gli dispiace da morire per lei, che lo sta vivendo in modo molto più intenso, che lo sente molto più di quanto lui possa immaginare.
Lei è così piccola, in quel letto. Piccola, indifesa e preda di dolori che lui sta provando solo in parte, e sente che è solo colpa sua, del suo non essere stato in grado di evitarlo.
Si alza a fatica dalla barella sulla quale l’hanno praticamente buttato, e le si avvicina con passo malfermo. Si sente a pezzi un po’ per tutto, ma niente, neanche la folle paura che gli sta dilaniando anche le budella, gli impedirà di tenerle la mano.
«Scusa, scusa, scusa! Mi dispiace!» Le bacia la fronte, si stringe a lei, cerca di infonderle un po’ del coraggio che lui, adesso, proprio non ha.
Quando è arrivato, su suggerimento di Everett, ha cercato di mettere una toppa al suo aspetto decisamente eloquente con una scatola di cioccolatini e un pacco di biscotti burrosi con scaglie di cocco, come piacciono a lei. Le avrebbero dato un po’ di energia, e Darko, mangiata la foglia, ha cinguettato allegro che aveva avuto proprio una bella idea, per poi dileguarsi alla velocità della luce.
Stava per scoppiare in una giustificata crisi isterica ed esistenziale quando lei l’ha guardato. Una punta di fastidio nei grandi occhi d’ambra per il suo stato, una di paura in vista del parto imminente, e un amore sconfinato tutto per lui. Il suo terrore, seppur in piccola parte, si è dissolto, lasciando spazio alla bruciante felicità del momento.
Si è tranquillizzata come l’ha visto, e lui lo sapeva, perché ha sentito quell’insopportabile nodo allo stomaco che si allentava un poco, e per questo le ha preso la mano e se l’è portata alla bocca. Ne avesse avuto la capacità, le avrebbe tolto tutto il dolore all’istante.
Ora fa lo stesso, baciandole ogni nocca, mentre le carezza i capelli umidi per il sudore.
Sono entrambi spaventati, non si sentono pronti a ciò che sta inevitabilmente per succedere, per l’enorme cambiamento che sta per sconvolgere le loro già turbolente vite, ma insieme riescono a farsi forza, a stringere i denti ed affrontare il tutto con una marcia in più.
«Radish, è il momento di farti l’iniezione.»
Presi com’erano dal tenersi stretti l’uno all’altra, non si erano neanche resi conto che Darko, per l’ennesima volta, la stava controllando. È preoccupato anche lui, perché il tutto sta succedendo in modo troppo veloce anche per gli standard degli Spettri, ma non lo dà a vedere. L’ultima cosa di cui i due hanno bisogno, è proprio un medico spaventato per le sorti della partoriente.
«Cosa? Eh?!» Urla in preda al panico Radish, senza però lasciare la mano della compagna. Sa cosa vuol dire, sa cosa gli vogliono fare ed è totalmente d’accordo, ma se è arrivato il momento di farsela fare, vuol dire che è anche arrivato un altro momento.
«Sei dilatata quasi di dieci centimetri. Non possiamo più aspettare, dopo pure lui potrebbe risentirne. È meglio giocare d’anticipo, credetemi.»
Hanno preso in considerazione un numero imbarazzante di farmaci per stenderlo, senza che debba necessariamente dormire. Se lui andasse troppo K.O., lei potrebbe non essere più in grado di spingere, e il tutto porterebbe ad un numero immenso di complicazioni che davvero è bene evitare. Così, per stenderlo senza però esagerare, gli faranno un’iniezione massiccia di una sostanza simile alla morfina, che gli permetterà quindi di non sentire tutto il dolore e di rimanere sveglio, per quanto intontito e fuori fase, e lei non risentirà troppo del suo stato.
«Kong...» Lo richiama con un filo di voce Sherry, tirandolo per il colletto della maglietta. Nel suo sguardo c'è paura, tanta, e Radish non riesce a trattenersi: si abbassa al suo livello e la bacia con tutta la passione che ha in corpo, stringendole una mano nella sua.
Non vuole più lasciarla, non vuole più muoversi da lì, ma è ben cosciente che non lo vuole tra i piedi, non in un momento tanto delicato.
«A dopo gli sbaciucchiamenti, ora è tempo di partorire!» Darko gli prende un braccio senza più alcuna esitazione, perché sa che ora il suo ultimo pensiero è quello di rigirarglisi contro. Pure il suo inconscio è consapevole che lui è l’unico in grado di farla partorire senza intoppi, che è l’unico che può far sì che, una volta ripresosi dagli oppiacei, potrà restituirgli una famiglia.
Una volta presa la vena, inietta con quanta più attenzione può la sostanza, facendosi aiutare da Alana, Bree, Everett, Piccolo e Vegeta per tenerlo fermo, preda dei dolori di una nuova contrazione. In realtà è un bene che sia avvenuta proprio in quel momento, perché gli permette di regolare subito il dosaggio.
«Everett—»
«Sto io con lui, non preoccuparti.» Se lo carica infatti addosso, tenendosi un suo braccio massiccio attorno alle spalle. Prima di dileguarsi, però, si piega in avanti e le dà un veloce bacio sulla fronte, sorridendole poi con aria fiera e affettuosa.
«Ci vediamo dopo, superstar.»
Darko attende da un lato per permettere alla figlia, nonché nuova allieva, di accostasti per prima a Sherry, perché una donna preferisce essere toccata da un'altra donna nel momento in cui mette al mondo suo figlio: solo una donna si rende conto del dolore e della solitudine in cui si genera una nuova vita.
«Bene, signore: diamoci da fare!»


Fuori dalla porta attendono con pazienza e un briciolo di ansia i membri del Team Z, i membri di spicco del branco sia del Nord che del Sud e, ovviamente, i membri della famiglia di Sherry. Sono tutti lì, pronti ad accogliere due nuovi componenti in quell'enorme e bizzarra famiglia.
Il Quartetto ha già pronte per le mani grosse bottiglie di spumante, Nike ha confezionato al volo dei mazzolini di fiori non appena ha ricevuto l’allarme, i prìncipi e le principesse tengono per le mani piccoli pupazzi e palloncini bianchi con delle stelline dorate, Fern e Chichi sono ai posti di blocco per poter scattare anche prima del padre dentro la sala parto, e Radish è mezzo collassato in un’altra piccola stanza, sorvegliato da Everett.
Quest’ultimo sospira forte, stanco morto. Ha dormito poco o niente assieme a Blackwood, avendo infatti preferito passare quasi tutta la notte a correre come ai vecchi tempi, a fare la lotta, ascoltare la musica mentre fumavano erba, e parlare, parlare, parlare. Si sono raccontati di tutto, hanno sragionato su questioni assurde, hanno commentato film e libri, si sono presi a sberle quando si trovavano in disaccordo, per poi ributtarsi a terra e ricominciare a parlare.
È stata una bellissima nottata, per lui, simile a quelle della sua gioventù, quando per loro quattro il futuro sembrava già scritto. Gli era mancato il suo amico, gli era mancata la sua allegria e la sua semplicità, e gli è sinceramente grato per essere là fuori, a tenere la barca pari con la sua sola presenza.
Abbassando gli occhi, si ritrova costretto a mettere una mano sulla spalla di Radish, che, aggrappandosi a tutte le sue forze e alla sua determinazione, si stava alzando. Come riesca a muoversi con la bomba che gli hanno iniettato è inspiegabile, ma non per Everett. Fosse al suo posto, farebbe lo stesso per raggiungere la metà della sua anima, soprattutto in un momento del genere.
Come succede spesso da venticinque anni a questa parte, si ritrova a pensare a Leila.
Gli manca ogni singolo giorno, ma da qualche mese è diventato più sopportabile tollerarlo. È stata quella giovane e tenace guerriera a permettergli di continuare a respirare, ed è stata sempre lei a restituirgli il sorriso.
Ma poi è successo qualcosa di imprevedibile: si è ritrovato accerchiato.
Tutti quei pazzi esagitati nel corridoio, seppur con una più che giustificata esitazione, gli hanno teso una mano, e adesso sembrano più che decisi a non lasciarlo più andare. Senza volerlo, si è ritrovato davvero nel loro branco, stritolato nel loro bizzarro affetto… e non è del tutto certo che gli dispiaccia troppo.
Senza contare il bestione che ancora lotta per alzarsi. Lui è indubbiamente quello che gli si è come legato di più, quello che ha deciso di volerlo. Magari non l’ha fatto subito, ma l’ha fatto.
Loro due litigano, probabilmente lo faranno sempre, ma qualcosa li tiene uniti. Un legame strano, ma che ha comunque uno strano sentore di famiglia. Non come quel qualcosa di marcio che costringeva la sua famiglia biologica a rimanere assieme, no, qualcosa di puro, genuino, vero.
«Stringi i denti, Radish.» Gli darà una piccola goccia del suo stesso sangue per farlo riprendere, perché vuole che si goda a pieno il dolce momento che sta per arrivare, lo stesso che a lui è stato negato.
Avrebbe voluto dei figli con Leila. Voleva una famiglia con lei, voleva un futuro. Invece ha avuto loro due, con quello strano legame che li tiene insieme. Che sempre li terrà insieme.
«Se te ne stai fermo e buono, ti rendo un po’ più presentabile. Non vorrai mica spaventarli subito con la tua brutta faccia, mh?»
Si alza per cercare qualcosa per raderlo, e magari anche un elastico per i capelli, ma l’altro lo blocca per un polso. La presa, però, si indebolisce velocemente, perché i farmaci non gli permettono altrimenti, ma non molla lo stesso.
«Sarai con me, vero?» Mormora con un filo di voce, sorprendendolo «Non so come fare…» All’ennesima insopportabile fitta, si porta una mano nei capelli, con l’unica speranza che non ci siano complicazioni. È una razza nuova quella che sta cercando di nascere. È un incrocio genetico alla quale nessuno aveva mai anche solo pensato, i due piccoli hanno già una forza notevole, la sente, e quella forza è in qualche strano modo superiore a quella della madre stessa.
Se soffrire in questo modo per una settimana consecutiva, o anche più, fosse sufficiente a scongiurare l’atroce idea che qualcosa possa andar male, ci metterebbe la firma anche subito.
«Ho paura, dannazione…» Credeva di essersi abituato al pancione della sua donna, credeva di essere pronto ad affrontare la paternità, ma ora si rende conto di avere una paura fottuta.
Sarà un buon padre?

Sarà in grado di crescere ed educare non uno ma ben due figli?
Sarà in grado di proteggerli, di insegnargli a combattere e a stare al mondo?
Sarà in grado di renderli felici e sereni come non è mai stato per lui?
Sono queste la domande che incessantemente gli rimbombano nella testa. Insieme a queste, poi, quella più angosciante di tutte: starà andando tutto bene?
«Ascoltami bene, Radish, perché non lo ripeterò: per quanto tu abbia fatto schifo in passato, so che uomo sei diventato… e non sei del tutto da buttare. È normale che tu abbia paura, soprattutto perché quelli che stanno per nascere non sono bambini comuni, ma vedi anche di tenere a mente chi sei, chi è lei… e che ti starò attaccato al culo anche quando la situazione ti sembrerà insuperabile.»
Lo guarda e sorride, Radish. Avrebbe tanto voluto una telecamera a riprenderli, sia per potergli rinfacciare un momento di tale dolcezza, sia per avere l’inconfutabile prova che anche lui, nascosto da qualche parte, ha un cuore… e che dentro quel cuore c’è pure il suo nome.


La presenza del Quartetto, con i cellulari miracolosamente recuperati e ricaricati, riesce a mantenere la situazione più leggera e allegra.
Stanno scoprendo cose, ed anche traumatizzando tutti quelli che guardano i video che passano in rassegna per colmare i vuoti. In realtà anche chi sta solo ascoltando rimane abbastanza sotto shock, ma ormai tutti sanno che è inutile insultarli o rimproverarli. Fingere indifferenza è l’arma migliore a loro disposizione per evitare traumi anche peggiori.
Micah ha pure scoperto il perché della scritta trovata sul petto. A quanto pare Pip non ricordava il significato di una parola — a provare, stava ubriaco marcio! —, e Hurricane gliel’ha pazientemente spiegata — biascicando così tanto da farsi capire a stento. Major è intervenuto alla fine, etichettandolo come un “Treccani ambulante”, e Micah ha commentato con convinzione che se lui fosse stato un Treccani, avrebbe fatto delle “leccate di fregna incredibili”.
Nel sentire questo, C-18 gli ha scoccato un’occhiata oltre il disgustato. In verità, però, era disgustata anche da sé stessa, perché seguendo chissà quale strano percorso mentale aveva immaginato subito che c’entrasse un significato simile. Sono contagiosi!!!
«Starà andando tutto bene?» Domanda apprensivo Yamcha, lasciando vagare lo sguardo sui vari Spettri che puntano la porta in maniera ossessiva e preoccupante.
«Sta urlando molto.» Afferma con tono greve River, che ormai ha rinunciato a tenere a bada gli altri quattro. Come si siano ripresi così in fretta dallo stato pietoso in cui versavano, non riesce proprio a spiegarselo. Se lui non avesse avuto Cloe e la damigiana di caffè che gli ha praticamente rovesciato a forza in gola, probabilmente adesso non sarebbe così lucido e composto.

«Quando li possiamo vedere?» Domanda candidamente Sunshine, venendo stretta amorevolmente dalle braccia paterne. Pure lei, come il fratello maggiore, vorrebbe vedere il piccolo erede al trono e accertarsi delle condizioni della donna che ha tanto aiutato i suoi genitori, ma capisce che è molto meglio se nessuno entra in quella stanza. Sua madre ha un’aria assai più gelida e letale del solito, e lei non ha alcuna intenzione di sentirla strillare come una matta.
«Entreremo quando ci verrà dato il permesso.» Le risponde con un dolce sorriso Blackwood, rompendo il silenzio prima che un urlo di Sherry squarci l'aria «E penso che non manchi molto.» Nel pronunciare quest'ultima frase, porta una mano su quella di Nike, guardandola poi con adorazione. In tutta questa faccenda, non può fare a meno di ripensare a quando sono nati i cinque diavoletti che tanto adorano, e a quanto si sentiva grato a lei per avergliene fatto dono. Non smetterò mai di ringraziarti per il tuo enorme sforzo, amore mio…


«In che senso “vedo la testa”? No! Non sono pronta! Ributtalo dentro!»
È un parto difficile e molto doloroso, perché Sherry ha i fianchi stretti e i due piccoli le stanno portando via più energie del previsto per poter uscire.
Bree, sempre al suo fianco, le asciuga costantemente il sudore ripetendo spesso: «Fatti forza, Sher, spingi! La vista dei tuoi figli ti consolerà di tutto il male che devi patire in questo momento.»
Le bagna le labbra con acqua fresca, ma quando il dolore diventa così acuto che quasi le fa perdere i sensi, Darko interviene; guida le mani di Bree e le ordina di spingere sul ventre dell’amica perché lei non ha più forza e i bambini soffrono.
«Spingi più forte che puoi!» ordina severamente «Devono nascere subito!»
Bree, con le lacrime agli occhi e il cuore che le martella nelle tempie, si appoggia con tutto il peso sull’amica che, con un grido più forte, quasi un ruggito, riesce finalmente a far nascere il primo.
Mentre Sherry riprende fiato a fatica, tutti si bloccano per qualche secondo: tra le mani salde e sicure di Darko vi è adagiato il tanto atteso e agognato Principe promesso.
Veloce e preciso come è sempre stato, l’Alpha afferra con maggior sicurezza il piccolo e lega il cordone, che poi recide con le forbici, e disinfetta la ferita. Ed è proprio quando il disinfettante tocca la ferita che il bambino si mette a piangere, dando la prova di avere dei fortissimi polmoni. Lo mostra velocemente alla madre per qualche secondo, lasciandole intendere che non potrà approfondire il contatto prima di aver fatto nascere l’altro.
«Sei stata bravissima, davvero!» Bree le bacia con trasporto la guancia, mentre calde lacrime di pura felicità le bagnano le guance, infrangendosi nei sudati capelli corvini dell’amica, che ancora non riesce a credere a ciò che ha appena visto.
Darko cede il piccolo alle cure di Alana perché lo lavi e lo vesta, che a sua volta lo tiene saldamente tra le braccia e gli sorride dolcemente non appena ne incrocia i vispi occhi scuri.
Con grande sorpresa generale, ad esclusione di Darko, il secondo piccolo viene fuori molto più facilmente nel giro di tre minuti, essendosi trovato la strada spianata.
Cuccioli insoliti, decisamente troppo grossi per un normale parto gemellare. Anche per gli Spettri è insolito che i loro gemelli raggiungano i tre chili, ma questi… ad occhio e croce il secondo è forse mezzo chilo meno rispetto al primo, che pesa ben quattro chili e uno. Due vitelli, ecco cosa ha partorito Sherry: due vitelli con dei polmoni d’acciaio e quella che già pare essere una bella presa con quelle minuscole manine.

Se tutto va bene, il nostro caro principino diventerà pure più grosso del padre, pensa con un sorriso Darko, lasciando Bree ad occuparsi dell’espulsione della placenta. In fondo vuole imparare il suo mestiere, vuole prendere il suo posto e farsi un nome, quindi è bene che impari proprio sull’amica d’infanzia. Quale altro incentivo potrebbe stimolarla a fare il meglio?!
Mentre si avvicina ad Alana per aiutarla, avverte un’ondata di calore nel petto nel vedere i due piccoli cercarsi con gli occhi e allungare una manina non appena riescono a captarsi. Sono stati insieme per cinque mesi, è normale che adesso si cerchino, ma è comunque qualcosa che da sempre lo smuove un poco.
«Non sono una meraviglia?» Domanda Alana mentre deterge i loro visetti con un batuffolo di cotone imbevuto d'olio.
Darko non riesce a trattenere un lieve moto di stupore mentre avvolge il primo con una tunica di lino «Hanno la chioma di un bambino di sei mesi… anche di più, forse.»
«Non so se l’hai notato, ma il padre ha una massa di capelli spaventosa! Cosa ti aspettavi da loro?!»
Bree intanto si occupa di Sherry, esausta ma comunque impaziente di vederli. Non sa neanche se il secondo è una bambina o meno, ha quasi perso i sensi prima di poterlo vedere.
Bree la calma come può, aiutandola a metterle un braccio attorno alle spalle per darle una ripulita veloce, per trasportarla poi nella stanza adiacente alla loro, precedentemente preparata appositamente per lei.
Di norma l’avrebbero semplicemente trasferita in una delle stanze create apposta per le neo-mamme, così che possano riposarsi almeno un giorno, ma tutti sanno bene come funzionano questi momenti per la famiglia reale: i membri di spicco del branco le faranno visita, e a breve lei stessa, assieme a Radish, dovrà presentare i piccoli al resto del branco — anzi, dei branchi!. Hanno quindi pensato che fosse meglio farla trovare in condizioni quanto meno accettabili e in una stanza molto più intima e ariosa.
Seppur fatichi a reggersi in piedi, Sherry si fa aiutare da Bree a cambiarsi e a darsi una sciacquata veloce con spugne morbide imbevute d'acqua di rose. Si sente come se le fosse cascato addosso un meteorite, e il contatto con il materasso morbido e pulito sotto di sé è una vera e propria manna dal Cielo. Mai più… mai, mai, MAI più!
«Reggiti forte, Sher, perché stai per volare!» Scherza dolcemente Bree prima di allontanarsi con passo quasi danzante, tornando dopo una manciata di secondi con stretto tra le braccia un fagottino urlante, che Sherry guarda con stupore. Dopo qualche secondo di silenzio, la Mezzosangue le presenta il suo piccolo tesoro.
Sherry si solleva leggermente sui gomiti per appoggiare la schiena ai cuscini, e finalmente lo vede davvero. Ed è bellissimo, proprio come il suo papà.
L’idea che le sia cresciuto dentro è così assurda che davvero fatica a capacitarsene, tanto da non ricordarsi praticamente più quanto dolore abbia provato fino a poco prima. Tutte le bestemmie, le imprecazioni e le urla, non appena lo stringe al petto, non hanno mai avuto motivo di esistere.
«E…» Alza velocemente lo sguardo, Sherry, e Bree torna con un secondo fagotto tra le braccia.
Il Segugio, intenerito da tutta la faccenda, abbassa lo sguardo e sorride con amore a quel faccino tanto carino, ed una ciocca ribelle sfuggita dall’elastico. Ciocca che viene prontamente afferrata e strappata con violenza.
Voleva solo osservare meglio quegli occhi curiosamente furbi, e invece eccola lì, a cacciare un urlo sorpreso e sofferente, con la testa ripiegata da un lato ed una sottile ciocca di capelli in meno.
È forzuta la creatura!
Sherry non riesce a trattenere le lacrime nel vedere il suo sguardo attento, forse pure divertito, che poi si sposta su di lei. La guarda con attenzione, la studia, e lei si rende conto che quegli occhi non sono né i suoi, né quelli di Radish: sono gli stessi di Everett, occhi furbi che ti sfottono anche senza volerlo.
Allunga di slancio un braccio per prenderlo e, una volta stretto al petto, li stringe con fare materno e protettivo a sé. Non pensava di esserne capace e, soprattutto, non pensava di volerlo, non avendo mai considerato la maternità come un qualcosa di necessario per una donna, ma adesso le sembra la cosa più bella del mondo.
Non c’è poi bisogno che dica niente, Bree la capisce con un solo sguardo e in silenzio l’aiuta a denudarsi i seni per allattarli, lasciandosi andare ad un fischio quando si attaccano voracemente.
«Sembrano avere anche più appetito dei miei… auguri!» Scherza con un sorriso divertito mentre Sherry, decisamente non abituata a questo genere di contatto, li osserva con fare interrogativo. Le fanno addirittura male per quanto suggono forte, ma certamente non li staccherà proprio adesso. Anche se… Il vostro periodo di punizione si è appena prolungato di un mese!
«Congratulazioni, mia Regina.» Darko le passa dolcemente una mano tra i capelli scompigliati, per poi uscire dalla stanza assieme ad Alana, trovandosi così di fronte almeno una trentina di persone.


«Andiamo, Saiyan, è il momento di tornare in sé.» Dopo aver preso una siringa piena per metà di fisiologica, con dentro anche una goccia del suo stesso sangue, gli prende il braccio e glielo inietta, osservandolo con attenzione mentre si riprende di secondo in secondo. Avevano preso in considerazione l’idea di prendere il sangue da chiunque altro ad eccezione di Blackwood, poiché il sangue di entrambi è un tantinello troppo forte per poterlo dare così alla leggera, ma alla fine hanno deciso di usare lo stesso il suo. Meglio tenere questo genere di cose in famiglia, secondo un loro contorto ed incomprensibile ragionamento.
Più il cervello di Radish si riattiva, più gli sembra di poter sentire dei leggeri gemiti giungergli alle orecchie. Curiosamente, poi, gli sembra un rumore davvero familiare, troppo familiare. Gli sembrano quasi gli stessi suoni del suo sogno ricorrente, quando ancora non sapeva della gravidanza. E in quel sogno, quei gemiti lontani erano i suoi figli, e se adesso li sente…
«CAZZO!» Scatta in piedi come una molla e prova ad uscire in corridoio, ma viene bloccato prontamente dal cognato. Per fortuna, tra l’altro, perché un simile scatto dopo essere stato fuori gioco per più di mezz’ora non è proprio una mossa geniale.
«Con calma, respira.»
«Stanno bene?»
Stringe con forza le labbra, reprimendo un insulto che tenta disperatamente di rotolargli sulla lingua. «Direi che ti accorgeresti se così non fosse, no?»
Annuisce senza neanche rendersi davvero conto di ciò che gli è stato detto, desideroso solo di correre da Sherry. Vuole vederla, rincuorarla, baciarla fino a consumarle le labbra, e farla riposare tra le sue braccia.
Finché non esce, finché non vede Darko e Alana con un gran sorriso in volto, finché non scoppiano gli ululati generali, neanche gli viene in mente che, varcata quella porta, non ci sarà solo lei ad aspettarlo.
Rimane immobile, adesso, gli occhi fissi sui due medici che vengono bombardati di domande. Pure il piccolo Lux si è lanciato nel mezzo, domandando insistentemente se dovrà immolarsi personalmente o se toccherà ad una delle sue sorelle, mentre Light, al suo fianco, preme per sapere quando potranno correre tutti insieme.
Radish li sente tutti, pure gli ululati che provengono da lontano, ma non riesce ad interagire. Improvvisamente sente le gambe farsi come di gelatina. Una gelatina stranamente irremovibile.
In quelle ore di attesa, e soprattutto nel periodo sotto oppiacei, si è convinto che sì, è pronto a vedere i suoi figli… ma adesso non ne è più tanto sicuro.
Everett, pur non avendo mai avuto un figlio suo, riesce ad immaginare lo stato d'animo del Saiyan, e per questo lo avvicina, mettendogli una mano sulla spalla.
Si guardano negli occhi per qualche istante e Radish, senza sapere perché, gli sorride e torna poi a concentrarsi sui suoni striduli che sente provenire da dietro la porta spessa.
Per tutta la vita sono sempre stato solo io... ma da oggi sono padre, da oggi dovrò rendere conto ad altre persone oltre che a me stesso. Da oggi divento responsabile di voi, del vostro futuro e di tutte le possibilità che posso offrirvi. Qualunque cosa accada, io dovrò essere sempre pronto… e lo sarò.
«Andiamo, Re del Nord, ci sono un paio di persone che ti vogliono incontrare.» Esclama allegramente Darko, sorridendo appena ed allungando poi un braccio per sospingerlo per una spalla. Non è nuovo a questo genere di reazioni dai neo-papà, che da truci assassini si riducono a dei vitellini tremolanti all’idea di incontrare per la prima volta i figli e, ancor di più, a tenerli tra le braccia.
Vorrebbe rimanere lì dov’è, o in alternativa scappare a gambe levate, ma la mano del maggiore non si smuove di un millimetro dalla sua spalla, continuando a spingerlo in avanti fino a quando, inevitabilmente, si ritrova a varcare quella soglia tanto temuta.
Nella stanza c’è un odore che non riesce a catalogare, distinguendo come unica nota conosciuta quella del gelsomino. Gli sembra tutto strano, assurdo, fuori posto, almeno finché non la vede. Se ne sta seduta su un grande e comodo letto, radiosa in volto come non era mai stata prima… e tra le braccia tiene i loro figli.
Non si muove più, Radish, rimanendo con i piedi ben piantati a terra ad almeno tre metri e mezzo di distanza dalla compagna, neanche avesse per le mani delle piccole bombe termonucleari pronte ad esplodere. Ora come ora, neanche se tutti quelli che conosce provassero a spingerlo in avanti si muoverebbe di un solo millimetro.
«Come stai, bambolina?» Le domanda con un filo di voce, comunque incapace di raggiungerla. Lo vorrebbe, eccome se lo vorrebbe, ma il timore di fare del male ad uno dei tre lo manda totalmente in tilt.
«Ah, da Dio! Pronta a ripetere l’esperienza anche un migliaio di volte!» Risponde sarcastica, rivolgendogli poi un sorriso raggiante mentre lo vede allungare un poco lo sguardo per poter vedere i piccoli.
Sa bene che non ci sarà modo per farlo avvicinare, non ora che è così in crisi, così pensa bene di avvalersi dell’aiuto di Bree. Col senno di poi, il suo intervento non richiesto è stato solo positivo, ma si è promessa di fargliela pagare in qualche modo e così farà.
Già le aveva detto che poteva presentarsi una simile eventualità, anzi le aveva detto di esserne quasi del tutto certa, così le basta una semplice occhiata e la bionda le si avvicina con passo leggero, quasi svolazzante.
Non vede l’ora di andare da Mimì per raccontarle tutto, per dirle quanto si è sentita emozionata ed importante, quanto era terrorizzata, e quanto si è sentita maledettamente felice quando ha sentito il principino emettere il primo vagito. Non lo credeva possibile, ma forse ha trovato un lavoro vero e legale che le piace sul serio.
Prende con cura il piccolo erede al trono tra le braccia, stando ben attenta a non lasciarsi sfuggire alcuna ciocca di capelli per evitare di ripetere lo spiacevole incidente di prima, e poi si avvicina con passo più svelto verso il neo-papà. Vederlo indietreggiare come se avesse per le mani un’arma di distruzione di massa è alquanto esilarante, di certo non lo scorderà mai e ce lo prenderà pure in giro per il resto dei suoi giorni, soprattutto quando farà troppo lo spavaldo, ma adesso vuole solo dargli suo figlio. Non sarebbe strano, infatti, se di colpo gli si chiudesse la vena e le si avventasse contro per difenderlo, e proprio non ci tiene a sfidare tanto la sorte.
Radish, dal canto suo, è ad un soffio dall’afferrare la maniglia della porta e chiudersi fuori, ma Bree è più veloce e più furba, e, giocando abbastanza d’astuzia, finge di volerlo quasi lanciare contro di lui, costringendolo così ad allungare le braccia in avanti per impedirglielo.
Senza volerlo, Radish si ritrova così col prezioso fagotto tra le mani… ed il suo mondo si capovolge.
Con il cuore che gli batte all’impazzata, Radish lascia che Bree glielo sistemi meglio, e si ritrova così con quel corpicino sull’avambraccio. D’istinto porta l’altra mano verso l’esterno, per impedire che caschi, e se lo appoggia delicatamente contro il petto.
Nel momento esatto in cui il piccolo si sente stringere dalle possenti braccia paterne, smette di agitarsi e spalanca i dolci occhi scuri, come se si fosse accorto solo in quel momento di essere venuto al mondo.
«È così… piccolo…» È tutto ciò che Radish è in grado di dire.
Aveva già visto dei neonati in vita sua, aveva pure tenuto Goten in braccio qualche giorno dopo la sua nascita, ma stavolta… Dio, trovarsi per le mani quest’esserino così piccolo, indifeso e delicato lo impressiona non poco.
«Ti assomiglia da far paura! Tranne per gli occhi, forse… il taglio sembra più quello della mamma.» Cinguetta felice Bree, osservando da sopra la spalla del Saiyan il tanto sospirato principino, che a sua volta fissa il padre dritto nelle palle degli occhi, quasi cercasse di capire qualcosa.
Radish abbozza un sorriso, un’espressione intenerita in volto e una grande felicità che gli strabocca dal cuore. Quello scricciolo è davvero perfetto, ai suoi occhi è il più bello del mondo.
«Non stai dimenticando qualcuno?» Cinguetta dolcemente Sherry, ottenendo così la quasi totale attenzione del compagno, che adesso li guarda con l’espressione di chi davvero non ci sta capendo più un cazzo.
Vederlo così perso e felice con il loro bambino tra le braccia, è un’immagine che mai e poi mai si toglierà dalla testa e dal cuore.
Si avvicina con cautela, Radish, come se ad ogni passo il figlio che tiene tra le braccia possa spezzarsi in due come un fragile ramoscello, e con altrettanta cautela si siede al suo fianco sul bordo del letto.
Allungando un poco il collo, poi, ecco che incrocia finalmente anche un altro paio di occhi che subito gli strappano il cuore dal petto.
«È un maschio…» Mormora, felice come neanche credeva si potesse mai essere «Sono entrambi maschi!» Gli viene da piangere, da urlare, ma non riesce a fare niente. Ciò che sta provando è qualcosa che non può essere descritto a parole.
Non sa come toccarlo, però. Non sa se può allontanare una mano dal primo senza che si faccia male, così, incapace di posticipare ancora il primo contatto fisico, allunga la coda per sfiorarlo quanto più delicatamente può.
Pessima scelta.
Davvero una pessima scelta.
Sherry non fa neanche in tempo a dirgli che, col senno di poi, sventolargli qualcosa davanti agli occhi non è un’idea troppo brillante perché, non appena la coda gli sfiora il minuscolo e delicato palmo della mano, le dita si serrano con energia, facendolo sussultare per il dolore.
«Cazzo!» Non si muove, però. Gli lascia la coda in mano, lascia che se la porti alla bocca e la stringa tra le gengive, e nel frattempo li compara per annotarsi le evidenti differenze fisiche. Entrambi sfoggiano una chioma corvina degna di un bambino di sei mesi o poco più, il primo con una specie di frangetta che gli ricade un poco sugli occhioni neri, mentre il secondo, proprio al centro della fronte, ha quella che viene definita "la leccata del vitello”, ovvero un ciuffetto di capelli sollevati e spartiti in due. Il primo ha la bocca sottile di Radish, il secondo gli occhi affilati e chiari di Everett, con un’ombra cupa che li fa sembrare un poco più scuri. Uno pare attento e curioso a ciò che lo circonda, il secondo cerca di biascicare la coda del Saiyan mentre con l’altra manina tenta di spostare il camice leggero della madre per poter mangiare di nuovo.
Agli occhi dei neo-genitori, in ogni caso, appaiono come le due creature più belle e splendenti dell’intero universo.
«Ti piace il risultato, papà
Sentire quella parola lo fa sentire incredibilmente bene, e lo mette a suo agio come non pensava fosse possibile. Tutto il panico di pochi minuti prima è scivolato via, se n’è andato lontano, eclissandosi. Guardandoli, si rende conto di non essersi mai sentito più pieno di energie di così, che non si è mai sentito più pronto a fare qualsiasi cosa.
«Sei stata bravissima, mamma.» Si abbassa su di lei come meglio può, cercando sia di non urtare in alcun modo il primo, né di togliere la coda di mano/bocca al secondo. Non appena riesce a raggiungerla, seppur scomodamente, la bacia con tutta la gratitudine e l’amore che nutre nei suoi confronti.
Si domanda come, uno come lui, un uomo che ha distrutto, ucciso ed altre atrocità imperdonabili, possa meritarsi tutto questo. Una donna come Sherry, che lo ama con tutta sé stessa, che gli ha dato tutto e continuerà a dargli anche di più, e adesso anche due figli, che ai suoi occhi appaiono come le creature più belle e splendenti di tutto l’Universo.
«Ti amo, bambolina…» Non è solito dirglielo, preferendo infatti di gran lunga dimostrarglielo come meglio crede, ma stavolta non riesce e non vuole trattenersi. Vuole che sappia ancora di più cosa prova per lei, quanto significhi per lui, quanto sia incommensurabilmente felice.
«Ti amo anch’io, fustacchione.»
La bacia ancora, si appoggia delicatamente contro il suo corpo, finché non si ritrova costretto a staccarsi. Il cucciolo che tiene tra le braccia ha cominciato ad agitarsi, e l’idea di avergli fatto male in qualche modo gli spezza il cuore.
«Tranquillo, vuole solo il fratello.» Lo informa gentilmente Sherry, che trova finalmente una nota positiva della sua orribile infanzia: non ricorda affatto quei momenti di solitudine estrema che provano gli infanti che rimangono soli.
Si sposta un po’, Radish, così da poterle far scivolare il bambino tra le braccia, ma lei si muove per prima, spostandosi su un fianco. Vederle quell’espressione sofferente è atroce per lui, ma gli basta sentire i versetti acuti del piccolo che ancora si muove tra le sue braccia per distrarsi. Non vuole che soffra per qualcosa, gli sembra insopportabilmente ingiusto.
Osservando con attenzione i movimenti attenti e delicati di Sherry, lascia scivolare un po’ impacciatamente il piccolo accanto all’altro sul materasso, e sorride nel vederli calmarsi non appena entrano in contatto l’uno con l’altro.
Due maschi.
Sherry gli ha dato due maschi.
Considerando tutti i contrattempi e i problemi degli ultimi dieci mesi — o, più in generale, della sua vita —, non pensava proprio di poter avere tanto culo.
«Non hanno la coda.» Lo informa con tono cauto Sherry, timorosa che possa prenderla male.
Perché quel tono strano? Non mi frega un cazzo se non hanno la coda. Guardali! Sono perfetti!
«Secondo Darko è un tratto genetico recessivo, e—»
«Lessie, non è importante. Anzi, pensaci: per loro è un problema in meno! Anche per noi, penso… sai quante guerre ci evitiamo per le notti di Luna piena?» Questo non è un pensiero suo, ma di Timo. Quando sono nati i suoi due figli e la preziosissima principessina di papà, gli ha espresso questo dubbio: “Come farete se avranno la coda? Voglio dire, per quando vorranno uscire la sera con gli amici. Sappi che avverrà abbastanza alla svelta, ti conviene cominciare a pensarci da subito!Prendi questa, Timo! Niente coda, niente rotture di palle!
«Perché non vieni qui con noi?» Non riesce a smettere di sorridergli, Sherry. È così rigido, sul bordo del letto, da farle tenerezza.
«Tu meglio di chiunque altro dovresti sapere che non sono molto delicato.» Risponde con ovvietà, facendosi però coraggio ed allungando una mano verso il secondogenito, che tenta disperatamente di liberarsi dalla coperta in cui è stato avvolto. Mentre il primo guarda tutto ciò che lo circonda con apparente curiosità, il secondo pare avere tutta l’intenzione di fare come vuole, in barba ai suoi venti minuti scarsi di vita. Questo sicuramente mi farà incazzare. Ma sicuro, sicuro! Tra gli occhi di Everett e il carattere simile a quello della madre, ci sarà da fare a cornate in continuazione.
«Sappiamo già cosa sono?» Non la guarda neanche mentre glielo chiede, completamente ipnotizzato dal bambino che gli studia le dita. Tiene il suo indice e il suo medio nelle minuscole manine e le fissa, come se avesse appena scoperto qualcosa di meraviglioso… e Radish sente che, se il piccolo lo volesse, se le potrebbe anche staccare con un morso per dargliele.
Sherry, senza che lui se ne renda neanche conto, muta i propri occhi, inviando così un silenzioso messaggio ai figli, che d’istinto le rispondono allo stesso modo.
Radish, ancora intento a fissarli, sente il cuore fargli una violenta capriola nel petto.
«Alpha?! Due Alpha?! Come cazzo è possibile?!»
La sorpresa, per lei, non è così forte. Beh, non ora almeno, ma quando Darko glielo disse, durante una delle loro visite, non riuscì a proferire parola per i cinque minuti successivi.
«Pare che buttare in campo il biondo si sia rivelata una scelta eccellente.» Questa è la teoria di Darko, l’unica che possa effettivamente spiegare il perché tutto in loro sembri urlare “Guardami, sono fottutamente speciale!”.
«Vuoi davvero dire che concepirli da Super Saiyan ha influito?!»
«A quanto pare. Sono i primi Mezzosangue ad essere Alpha naturali…»  Scosta un ciuffetto di capelli dagli occhi del primogenito, sorridendo amorevolmente per quel semplice ma intimo contatto. Sembrano fatti di raso. «Se nascevano femmine, facevi prima a suicidarti.» Ci tiene davvero tanto ad aggiungerlo, sghignazzando quando sente un’improvvisa ondata di nervoso investirlo in pieno.
Due femmine Alpha con questa forza già dalla nascita? Altro che pianeta in culo all’Universo, avrebbe trovato il modo di creare un altro Universo solo per loro due e ce le avrebbe segregate in eterno!
Non lo dice però, così da mantenere il quieto vivere. Tanto sono maschi, il problema non si pone e non si porrà mai!
Dopo qualche minuto in silenzio ad osservare i piccoli, qualcuno bussa alla porta, e dopo pochi secondi fa il suo ingresso Everett, con un sorriso smagliante in volto.
È al Beta che è consentito l’ingresso per primo, dopo il Re. Qualora poi lo volessero, potranno entrare anche gli altri membri della famiglia e, in questa particolarissima circostanza, la famiglia reale del Sud.
«Ma guarda che bei principini…» Afferma soddisfatto, osservando i due piccini. Il fatto che uno dei due lo stia fissando dritto nelle palle degli occhi, come per sfidarlo, gli fa già presagire il peggio. «Due vitelli, eh? Darko ha detto che sono belli pesanti.»
«Direi che si nota abbastanza…»
Vuole provare una cosa, Radish, ma non è certo che sia una buona idea. Teme di poter sbagliare un qualche movimento, di poter fare del male ad uno di quei fragili corpicini, ma alla fine decide di farsi coraggio e, con una delicatezza mai avuta prima, lascia scivolare un braccio sotto al corpo di uno dei piccoli, sostenendogli sempre la testa, e poi lo adagia tra le braccia più sicure di Everett. Può fidarsi di lui, lo sa, non farebbe loro del male neanche se ne valesse della sicurezza dell’intero pianeta, e quello sguardo adorante glielo fa capire più che chiaramente.
«Ti somiglia un po’, non trovi?» Gli domanda con un sorriso, distraendo l’altro cucciolo con la coda. È curiosamente più delicato sulle prime, ma poi l’afferra con sicurezza, strappandogli qualche pelo. Occhio, nano, perché ti stai avvicinando ad una punizione eterna!
«Gli occhi, sì… ma il naso è decisamente il tuo.» Sono proprio quegli occhi luminosi e sorprendentemente furbi a fargli capire che, crescendo, sarà ben più problematico dell’altro… ma con quel sorriso sdentato, ogni pensiero passa in secondo piano. Beh, tutti, tranne uno: «Allora, chi è chi?»
«Già, non mi hai ancora detto i nomi.»
Perché me l’ero dimenticato… cazzo! Come vi chiamo?!
Li fissa con insistenza ad intervalli regolari, passando in rassegna tutti i nomi a cui aveva pensato. Ce ne sono sempre stati due, da maschio, che gli ronzavano maggiormente in testa, e guardandoli adesso gli sembrano decisamente adatti a loro, quasi ce li avessero scritti in fronte.
Allunga una mano verso il bambino che Everett tiene tra le braccia, e gli carezza la guancia paffuta con la punta delle dita, annunciando il primo nome: «Son Gorlick Jerez… o Jerez Gorlick… insomma, Jerez.»
Jerez, una variante di Sherry. Gli ronzava per la testa dal momento esatto in cui l’ha scoperto, ma non riusciva a decidersi con l’altro nome che aveva pensato. Ma adesso l’uno non esclude più l’altro, così, abbassando gli occhi, battezza ufficialmente il primogenito: «Questo, invece, è Shiraz… Son Daikon Shiraz.» Ed è per far nascere te se io sono vivo…
«Mi piacciono, sai?» Il piccolo reagisce alla voce dolce della madre, dimenandosi con forza nella copertina fino a liberarsi, così da poter allungare le manine delicate verso di lei «Anche a te piace, Shiraz?»
«Certo che gli piace, che domande fai?!» Scherza allegramente Radish, trovando il coraggio di appoggiarsi con le spalle alla testiera del letto e di allungare le gambe sopra il materasso, mentre la coda torna nelle mani del piccolo, che stava ricominciando a fissarla con una certa insistenza.
«Fuori stavano schiumando dall’impazienza. Dite che è il momento di farli entrare?» Domanda un poco incerto Everett, senza mai accennare ad allentare la presa dal nipote. Non li lascerà mai soli, li proteggerà ad ogni costo, e li allenerà al massimo delle proprie capacità in ogni campo possibile. Saranno degni delle loro origini e, ne è sicuro, entreranno entrambi nella leggenda.
Il Beta fa appena in tempo a terminare la frase che la porta si spalanca, e Chichi e Fern fanno il loro ingresso, spedite come furie verso di loro.
Gohan e Tristan, dietro di loro, rimangono immobili sulla soglia, indecisi se seguirle per vedere a loro volta i piccoli, o se scappare a gambe levate. Sono amici ormai, e insieme sarebbero ben capaci di cavarsela anche da soli, quindi non è una scelta poi troppo da scartare.
È solo per la spinta alle spalle da parte del Quartetto se avanzano, mandando in frantumi ogni possibile futuro da vagabondi giramondo.
Mordecai, un istante dopo essere entrato, è già accalcato sul corpo di Radish, così da poter studiare più da vicino il nipote. Poteva anche andare a vedere l’altro, ma non gli sembrava saggio avvicinare tanto il volto agli artigli di Everett.
«Ma guarda che carino!» Tuona felicissimo, sorridendo al piccolo, che, dal canto suo, lo guarda come se fosse la cosa più strana e assurda dell’intero creato. Ciò che non può sapere, è che non è neanche andato troppo lontano dalla verità.
«Mord!» Sbotta Radish, afferrandolo per i capelli per poterlo allontanare «Se ti fai vedere subito così, gli disturbi la crescita!»
Sherry, intanto, sorride dolcemente al piccolo, che ha cominciato ad emettere versetti divertiti di fronte a quel bizzarro spettacolo. Evidentemente la violenza gratuita gli va a genio.
«Lui è Shiraz, Mord… ti piace?»
«Certo che mi piace!» Annuisce vigorosamente il Cacciatore, sempre più euforico. Si gira poi di scatto e solleva senza pensarci un istante di più le tre principesse del Sud, che stavano pazientemente aspettando dietro le sue gambe. Non appena le tre lo vedono, sembrano come illuminarsi di una potentissima luce. Shiraz è così piccino ai loro occhi, così prezioso… un vero bambolotto che si muove!
«Hai schivato un bel proiettile tu, eh?»
Lux alza gli occhi su Radish, e poi gli allunga le braccia. Vuole essere preso in braccio, vuole vedere anche lui, ed un sorriso a trentadue piccoli denti gli si allarga sul faccino bronzeo quando il Saiyan l’accontenta con uno sbuffo, mettendoselo sulle gambe.
Quello è il Principe promesso, l’erede al trono di “tutta la pagnotta”, come gli ha detto lo zio Voret, e lui adesso non solo deve assicurarsi che una delle sue sorelle si arrenda alla sua idea e se lo sposi il prima possibile, ma anche che stia sempre bene. Se per qualche strano motivo dovesse mai succedergli qualcosa, quell’enorme dramma ricadrebbe di nuovo sulle sue spalle. Non succederà mai, principino! Ti proteggerò io, fidati!
Everett, consapevole che Blackwood sia più che affidabile se si tratta della sicurezza di un bambino, glielo lascia scivolare delicatamente tra le braccia, così da rafforzare ancora di più l’idea di alleanza. In fondo è assai probabile che almeno l’altro piccolo dovrà essere educato anche alle loro usanze, quindi è bene che fraternizzino da subito.
Light, tra le braccia della madre, si sporge in avanti per vederlo meglio. Gli sorride con quell’aria dolce e pura che, più degli altri quattro, riesce a tirare fuori, e senza pensarci gli poggia addosso il pupazzo a scimmietta che avevano preso per loro. Gli piace, a Light, ha una luce negli occhi che lo attira già da adesso. Quando muterai, ti porterò in un pollaio! Vedrai, sarà divertentissimissimo!
Blackwood, però, lo sposta dallo sguardo attento e felice del figlio, così da lasciarlo scivolare accanto al fratellino. È lì che deve stare, adesso, fianco a fianco come sono stati per mesi, protetto dal calore dei genitori.
Radish, per quanto intenerito dalla visione di sua moglie che accarezza i loro figli, pensa incessantemente a tutte le possibili varianti di cui dovrà tener conto d’ora in poi. Dovrà pensare al benessere di quelle creaturine, dovrà tener conto che molto presto cominceranno a muoversi da soli e, di conseguenza, rischieranno di sfracellarsi continuamente, che prima o dopo dovranno seguire un addestramento estremamente mirato ed intenso… e deve pensare anche a Sherry!
Major gliel’ha detto che, talvolta, nelle neo-mamme può presentarsi il fastidioso “Baby Blues” che, se non trattato in tempo, può sfociare nella depressione post-parto, e che a quel punto sono cazzi amari. Sa che lui se l’è scampata con Domino perché non la lasciava mai sola, la coccolava e la viziava in modo quasi morboso; ma se a Sherry non succedesse, e lui le risultasse solo invadente?
Sente un moto di ansia e paura montargli velocemente dentro, tanto veloce da stordirlo, ma poi, attirato da un colpetto di tosse, incrocia lo sguardo Everett.
È rimasto al suo posto, non si è spostato di un millimetro, e continua a vegliare su di loro come un falco.
Il nodo che gli si stava formando nel petto si scioglie subito, sostituito dalla calda consapevolezza che non li lascerà mai, che non permetterà mai che succeda loro qualcosa, che li difenderà ad ogni costo. Tutti loro, pure lui.
Sorride appena, ricevendo un lieve sorriso di rimando.
Saranno ufficialmente alleati, da adesso in poi. Ogni loro possibile screzio verrà messo in secondo piano per loro, così da poter far fronte comune. Soffermandosi su questo punto, Radish capisce anche che presto dovranno affrontare un argomento importante e che dovranno trovarvi subito una soluzione efficace. Ma non adesso, non quando il suo piccolo e prezioso Shiraz gli sta tirando una ciocca di capelli.
«Lasciamoli soli, adesso.» Afferma con tono deciso Everett, facendo capire a tutti che è meglio togliersi di torno «Gli altri hanno preparato un sacco di cose per festeggiare, quindi potete andare lì, nel caso vogliate divertirvi un po’ e rivedere loro più tardi.»
In realtà la maggior parte dei presenti vorrebbe rimanere nella stanza, osservare meglio i principini, magari prenderli in braccio, farsi conoscere subito, ma dallo sguardo del Beta è chiaro che non sia un’opzione. Così, seppur controvoglia, salutano la coppia, lasciandosi andare ad altre congratulazioni, per poi uscire. Giusto Gohan e Tristan appaiono quasi indifferenti, camminando fianco a fianco verso l’uscita mentre parlottano animatamente tra loro. Non è da tutti i giorni trovare un amico che, come te, ha un acceso interesse per lo studio proprio, tanto meno non è da tutti i giorni trovarne uno anche così simpatico, gentile e fisicamente capace di sopportare la tua forza!
Prima di andarsene, Everett si piega sulla sorella e la bacia tra i capelli, poggiandovi poi sopra la fronte.
«Sei stata bravissima, superstar.» Alzando gli occhi, poi, sorride in modo più dolce anche a Radish «Congratulazioni.»
Rimangono così da soli, stretti nel loro nuovo calore, felici.
Sherry è stanca morta, completamente sfinita, ma ancora non vuole cedere, non vuole abbandonarsi ad un sonno dove loro tre non possono accedere, e così si sforza di tenere gli occhi aperti.
Radish la osserva dall’alto mentre le accarezza delicatamente i capelli, senza mai smettere di sorridere dolcemente.
È tutto perfetto, adesso: Sherry sta bene, presto tornerà l’esuberante e passionale rompi coglioni di sempre, e i gemelli sono perfettamente sani, al sicuro in mezzo a loro. Ha pure rafforzato il suo strano e precario rapporto con Everett, malgrado non riesca a capire come ciò sia possibile. Aveva sentito dire che i bambini portano con sé un bagaglio immenso di gioia, ma non pensava davvero che potesse essere abbastanza da rabbonire così tanto quel fastidioso e pungente pezzo di ghiaccio.
Di punto in bianco, però, una smorfia compare sul visino di Shiraz, che poi comincia a piangere con quanto fiato ha in gola.
«Oh, cazzo, lo sapevo!» Grida Radish, ritraendo di scatto la mano dalla compagna e quasi catapultandosi di sotto dal letto «L’ho schiacciato! Gli ho fatto male!»
«Ma che dici, cretino…» Lo rimprovera bonariamente Sherry, osservando poi per qualche secondo il cucciolo urlante. Non che di suo abbia un istinto materno particolarmente forte, ma con i suoi sensi sviluppati capisce dove stia il problema. Con i sensi sviluppati e, soprattutto, con tutto ciò che ha appreso osservando le amiche alle prese con figli.
«Ha solo bisogno di essere preso in braccio, tutto qui.» Potrebbe anche dirgli perché ne abbia tanto bisogno, ma perché rinunciare a tutto il divertimento? «Forza, prendilo e poggialo sulla spalla.»
Radish esegue senza obiettare, tenendolo nel modo più deciso e delicato che può malgrado la paura e l’incertezza. Vedere le proprie mani enormi e ruvide — le mani di un assassino —, toccare un corpicino tanto delicato, gli mette quasi i brividi.
«Ora dagli dei leggerissimi colpetti sulla schiena.»
Seppur timoroso, prende a fare quanto indicatogli, con colpetti leggerissimi su quella schiena tanto fragile, finché qualcosa di viscido e caldo prende a colargli giù dalla spalla dove sta appoggiata la sua testolina.
«Oh merda, merda, merda!» Urla, terrorizzato «Dimmi che non è sangue, ti prego!»
Sherry comincia a ridere di gusto, malgrado il corpo provato la supplichi di rimanersene quanto più buona e calma possibile.
«Ma che sangue! Ha semplicemente rigurgitato, è normale. Il loro sistema digestivo non è ancora sviluppato del tutto, ed oltretutto lui si è ingozzato come un porco. Vieni, dammelo e vai a pulirti, dai…»
Gli porge il bambino e, una volta sicuro che sia stato appoggiato nel modo giusto sul materasso, corre verso il lavandino all’angolo per darsi una pulita veloce. Si sente parecchio disorientato, adesso, con così tante cose da sapere in così poco tempo…
Oltre che disorientato, si sente anche un coglione, perché in effetti era stato avvertito praticamente di tutto dai suoi amici, ma lui non aveva mai prestato davvero attenzione. Ad ogni loro avvertimento, lui pensava ingenuamente che un esserino così piccolo non potesse fisicamente aver bisogno di così tante attenzioni e premure, che non potesse portare con sé un numero così alto di pensieri e problemi. Evidentemente, però, si sbagliava.
Mentre si sciacqua la spalla come meglio può, usando pure la maglietta ormai inutilizzabile per ripulirsi la schiena, prende come la totale consapevolezza di ciò che sta succedendo.
Sono sentimenti nuovi, qualcosa alla quale non riesce ancora a credere davvero: è diventato padre!
Ora quei due lattanti piccoli e indifesi dipenderanno in tutto e per tutto da lui, e dalla sua compagna. Dipenderanno da lui, avranno bisogno di lui, si fideranno ciecamente di lui, cercheranno protezione in lui. Lui, non Kakarot, lui. Questo pensiero lo attraversa come un fulmine a ciel sereno, e gli lascia dentro una sensazione dolcissima. Per una volta, si sentirà il numero uno.
Una volta pulito, trova Sherry ad un passo dal crollare addormentata, con i due bambini che dormono beati, protetti dal suo braccio. Ed è una nuova sensazione assurda per lui, qualcosa che davvero non pensava si potesse provare.
Con un sorriso debole e dolcissimo, si avvicina alla sua famiglia, e si sdraia sul bordo del letto.
Non ha mai avuto tanto a che fare con i neonati, e già questo primo approccio è stato abbastanza traumatico… ma non gli importa. Per quanto lo riguarda, possono farlo ancora e ancora, possono anche urlare come indemoniati proprio mentre lui sta per addormentarsi, possono buttarlo di sotto dal letto a furia di calci, a lui non cambierà niente finché staranno bene e saranno felici. Non appena saranno abbastanza cresciuti, però, gliele farà scontare tutte quante e con gli interessi!
Rimangono a lungo a guardarsi negli occhi, lei stanca e affaticata, coi capelli scuri e scompigliati abbandonati sul cuscino, lui ad accarezzarle il braccio, incapace di prender sonno perché significherebbe perderli di vista, lasciarli.
«Riposati un po’, bambolina, ne hai bisogno.» Visto il tenero momento, gli sembra la cosa migliore cominciare a prendersi cura direttamente di lei, che, per una delle primissime volte da quando la conosce, gli dà pure retta, accucciandosi maggiormente sul letto, col braccio sempre a protezione dei piccoli.
La osserva mentre chiude gli occhi, piombando in un sonno profondo nel giro di pochi minuti.
In quell’intima stanza si sentono solo i suoni leggeri dei loro respiri, e Radish, prendendo a due mani una buona dose di coraggio, si lascia scivolare in basso e si stende su un fianco, stando più che attento a non schiacciare in alcun modo il piccolo Shiraz, così vicino al suo corpo.
Quelli sono i loro figli, sono il sangue del suo sangue, e lui non si è mai sentito così felice e completo in vita sua, anche se ancora non gli sembra vero. Anche se sono davanti ai suoi occhi, anche se li ha presi in braccio, anche se ha sentito il suo suono delle loro voci e la loro pelle delicata sotto le dita, anche se uno gli ha rigurgitato sulla spalla e l’altro ha provato a mangiarli la coda, gli sembra tutto ancora troppo bello per essere vero.
Come sentendosi osservato, Shiraz apre debolmente gli occhi, incrociando quelli un poco lucidi del padre… e subito gli stringe il grande dito nella piccola mano, riassopendosi felice e protetto.
«Siamo una famiglia…»



ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma buon Natale a tutti quanti, anche se in ritardo! 🎅🎄 Spero che sia stato un giorno sereno e quanto più allegro possibile! Io l’ho passato sola come una spia in casa, perché il pre-ciclo maledetto mi ha tipo spezzato le gambe.😊🔫  Volevo pubblicare ieri, ci tenevo davvero tanto, ma appunto stavo veramente a pezzi, così alla fine sono crollata nel letto, tipo morta stecchita. Mi dispiace un sacco! 😢
Ricevuto qualche bel regalo? 🎁 E il più orribile? 😰 Qui non si è battuto un precedente record — credo —, ma ci siamo andati mooolto vicino!

Per gli Shedish, comunque, immagino che il regalo sia stato apprezzato (anche se per loro è il 12 Maggio)  🐺🍼🐺
Shiraz e Jerez
Jerez e Shiraz.
Due piccoli ibridi già con una forza notevole, due polmoni anche più notevoli, e con un’evidentissima fretta di venire al mondo (per distruggerlo? chissà!).
Che ci crediate o no, tutto in loro era già stato scelto da mesi! Dai nomi all’aspetto fisico, dal carattere alle manie, dalle amicizie ai rapporti amorosi! Tutto!
E sì, a Radish è andata bene. Forse troppo bene… ma è così per davvero? In fondo, ‘sti due bambini già è evidente che non saranno poi troppo comuni, né particolarmente facili da gestire (un conto sono i primi anni di vita, dove i bambini prendono le sberle pure dai lombrichi… ma poi crescono!).
Nel prossimo capitolo, i gemelli avranno due anni e mezzo circa, e si svolgerà durante il 39° compleanno di Radish (oppure 38° compleanno e 17 mesi per i nani malefici, devo solo decidere se voglio mettere più cose o meno). Come vi ho già detto, è un capitolo molto transitorio, giusto per far capire un minimo come la loro vita sia cambiata e quanta energia abbiano in corpo i due eredi. Lo ripeto, se non vi interessa e preferite direttamente il capitolo dove arriva l’unico e inimitabile Son Goku, ditelo ☺️

Per il discorso della coda, la scelta è stata presa ufficialmente quando — non so né come né perché — mi sono imbattuta in questo articolo: https://anime.everyeye.it/notizie/dragon-ball-perche-goten-trunks-non-cresciuta-coda-spiegato-chiaramente-447598.html
E niente, loro non ce l’hanno… ma avranno davvero risolto il problema? 🤔

Alla prossima settimana — stavolta di venerdì!
Un bacione e auguri per il nuovo anno (sperando che vada un pochino meglio)! 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 53
*** Capitolo 52 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 41! 💛 
Tra l’altro, la tua è stata la duecentesima recensione… dillo che lo fai di proposito! Anche la centesima è stata la tua! 😍

Ringrazio inoltre anche tutti coloro che leggono silenziosamente e chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Siete dei tesori!💚

 

𝟝𝟚. 𝓛𝑒 𝓅𝑒𝓇𝓈𝑜𝓃𝑒 𝒸𝒽𝑒 𝒹𝒾𝒸𝑜𝓃𝑜 𝒹𝒾 𝒹𝑜𝓇𝓂𝒾𝓇𝑒 𝒸𝑜𝓂𝑒 𝓊𝓃 𝒷𝒶𝓂𝒷𝒾𝓃𝑜𝓃𝑜𝓃 𝓃𝑒 𝒽𝒶𝓃𝓃𝑜 𝓊𝓃𝑜!



Essere padre tutto sommato non è affatto male, e Radish ormai può dirlo con estrema sicurezza.
Tralasciando l’affetto incondizionato che quei piccoli esserini tutto pepe riescono a dimostrargli costantemente, è proprio divertente! Col senno di poi, non è sicuro di poterlo affermare per le persone che hanno figli “normali”, bambini comuni che piangono per un ginocchio sbucciato o ai quali viene il fiatone dopo due minuti di corsa, ma con i suoi lo è sicuramente.
Quante volte lui si è scompisciato dalle risate con loro? Tante, troppe. Praticamente sempre!
Tutti gli ribadiscono costantemente che presto o tardi queste risate incontrollate si trasformeranno in urla furiose a causa dei colpi di testa da adolescenti sconsiderati quali probabilmente diventeranno, ma non gli interessa assolutamente. Per dimenticarsene, gli basta vedere Jerez che fa gli sgambetti al fratello o agli amichetti in ogni singolo momento — sopratutto in cima alle scale —, o Shiraz che affronta ogni singolo ostacolo che gli si para davanti usando la testa. Letteralmente. Ricorda ancora chiaramente quando, a soli quattro mesi, tirò una sonora craniata alle sbarre della culla per potersi liberare, rimanendo totalmente indifferente alla maschera di sangue che gli ricopriva il volto. Almeno uno indifferente in quel caos di urla, in fondo, doveva pur esserci, no?
In realtà neanche Jerez pareva particolarmente turbato dalla cosa. Infastidito, al massimo, ma non turbato. Perché guai disturbare il permaloso principino, in qualsivoglia modo. Ricorda, per esempio, la volta in cui, a quasi cinque mesi, per mettere in chiaro che è un vero piccolo demonio Alpha, l’ha sfidato in modo apertissimo quando erano a tavola. Buttava continuamente la sua tazza col beccuccio per terra senza alcun motivo, giusto per innervosirli, e quando alla fine gli ha alzato davvero la voce, dopo che Everett gliel’aveva rimessa sul seggiolone, lui l’ha guardato dritto in faccia con i suoi occhietti chiari e, con una mossa lenta, calcolata e malefica, l’ha ri-spinta di sotto, senza mai distogliere lo sguardo dal suo. Se non avesse dovuto per forza imporsi e quindi fare la voce grossa, avrebbe riso a crepapelle; cosa che in realtà ha fatto Everett, vanificando così qualsiasi suo sforzo.
Uno è permaloso e vendicativo, l’altro pare essere in qualche modo più subdolo, tanto da riuscire sempre — o quasi — a far ricadere la colpa su altri. In ogni caso, per lui sono una fonte inesauribile di risate.
È stata una sorpresa incredibile vederli mutare entro il terzo mese di vita di loro spontanea iniziativa. Nessun ordine esterno, nessuna pressione: hanno visto gli amichetti cominciare a mutare e correre, e così hanno pensato che fosse molto più divertente fare come loro anziché continuare a gattonare. Se da una parte per il trio è stato un sollievo, dall’altra è stata anche un’ulteriore fonte di preoccupazioni, perché a quel punto era più che palese che avrebbero cominciato a gironzolare da soli.
Quella volta, però, quello che l’ha vissuta effettivamente peggio è stato proprio Radish, a cui è venuto qualcosa di molto simile ad un infarto. Erano sulla spiaggia di Roman a rilassarsi tutti insieme dopo una riunione, e di punto in bianco i suoi figli — soprattutto la loro aura — erano spariti, dissolti nel niente.
Infarto secco per un paio di secondi, seguito dal panico più nero perché Sherry glieli aveva affidati prima di allontanarsi con Nike, e lui li aveva persi. È stato Everett, con la sua spocchia insopportabile, a dirgli che erano proprio lì davanti, in mezzo a tutti gli altri. Al panico è ovviamente seguito l’imbarazzo per non essere capace di riconoscere i suoi stessi cuccioli, almeno sulle prime; con un’occhiata più attenta lì ha poi riconosciuti, con il pelo più corto rispetto agli altri e i muscoli più sottili.
Non avevano mai corso, non avevano mai fatto niente che potesse davvero incrementare la loro massa muscolare, ma è stata sufficiente una settimana per far sì che quei corpicini quasi pelle e ossa si trasformassero significativamente, dando loro l’aspetto più di una coppia di giovani pitbull col muso appunta anziché lupi. Per fortuna, però, è chiaro che il collare di pelo attorno alla testa spunterà pure a loro con l’avanzare dell’età, fatto che ha scongiurato delle sicure e giustificate crisi isteriche ed esistenziali.
Da quel momento, per riuscire a farli scaricare un po’ — con la chiarissima speranza che dormissero quanto più possibile senza tentare la fuga —, Radish ha cominciato ad alzarsi presto ogni singola mattina, così da portarli fuori a correre. Senza volerlo, ha lanciato una moda tra i papà che vivono nel mondo umano, che possono essere visti con piccoli lupacchiotti al guinzaglio mentre fanno footing per i boschi, i parchi, o direttamente per le strade delle città. Per Mimì è stata la spinta giusta per perdere quei maledetti cinque chili che da anni le si erano ancorati alle cosce!
È stata inoltre una grande sorpresa, per Radish, scoprire quanto un cucciolo — sia in una forma che nell’altra —, attiri un numero imbarazzante di sguardi adoranti. Prima non aveva particolari problemi a trovarsi della dolce compagnia, ma non aveva mai avuto un simile successo! È così che ha scoperto che i suoi figli sono anche più gelosi della madre, e a pagarne le spese è stata un’avvenente trentenne che si era avvicinata un po’ troppo per i loro gusti… e che se n’è andata in ospedale con due dita in meno.
Ed ancora non avevano i denti, a quel tempo!
Stavano proprio sotto le gengive, Radish stesso l’aveva scoperto quando gli aveva messo le dita in bocca e loro avevano stretto più del solito. Fu proprio dopo quello sfortunato incidente che è iniziato il loro secondo vero calvario: lo svezzamento.
Non c’era modo di contenerli nella loro stanza, anche perché poi dovevano per forza cambiare le porte sfondate dalle testate del dolce principino o dalle fatte a pezzi dopo varie artigliate, e quindi subivano attentati notturni non da poco. Svegliarsi di soprassalto a causa di quei fetidi dentini aguzzi conficcati nella carne non era il massimo, e Radish stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di strapparglieli uno ad uno con un paio di tronchesi, quand’ecco il miracolo: nel bosco vicino casa, i due mostri hanno scoperto un piccolo nido di topi. Li hanno fatti a brandelli e, avendo capito che la caccia era assai più entusiasmante dell’attaccarsi al seno materno, hanno mollato la presa, trasformandosi in piccoli ma letali predatori.
Il primo calvario, invece, continua tutt’ora a far loro visita una volta al mese. Anche questo, inoltre, è stato Radish a scoprirlo sulla sua pelle.
Voleva fare il tenero, il marito premuroso che si preoccupa della moglie stressata, e invece la situazione gli è esplosa in faccia.
Il primo mese Sherry era infatti al limite, passando quasi tutto il suo tempo assieme ai piccoli scavezzacollo e divincolandosi come meglio poteva per star dietro a tutte le questioni del branco e dei vari lavori, ed ovviamente al marito e agli amici. Non andava più a correre, a cacciare, non faceva più niente che indicasse che stesse bene, che il suo mondo non si stesse sfaldando proprio come temeva, e così Radish, in classico stile principe azzurro con la splendente armatura sul cavallo bianco, è corso in suo soccorso.
Pure lui sapeva dare il biberon e cambiare i piccoli, proprio come sapeva metterli a letto dopo il bagnetto e farli dormire, così l’ha convinta ad andare fuori per una notte col fratello — altrettanto stressato ed anche più rompicoglioni del solito —, per cacciare con lui e dormire poi in una delle sue vecchie tane. Mica se l’era dimenticato che per loro è praticamente necessario farlo una volta o due al mese!
Le ha fatto tirare il latte necessario e poi, quasi a forza, l’ha buttata fuori di casa. In realtà la sua idea era di mollare i preziosi eredi allo zio e portarla a cena fuori da qualche parte, o a fare qualsiasi cosa volesse, ma fuori c’era la Luna piena, e quindi era per forza da escludersi.
Una serata da solo con i suoi figli, cosa poteva mai andare storto? Senza Mordecai tra i piedi, niente, no? Ecco, no. Di storto c’era qualcosa nel DNA dei due piccini, che già appena svegli avevano un’aria quasi insofferente, neanche qualcuno stesse lì a pungolarli continuamente per farli esplodere dalla rabbia. Col sorgere della Luna, poi, la situazione è degenerata, con quei due che urlavano come ossessi, gli tiravano i capelli e la coda, e volevano distruggere tutto ciò che gli capitava sotto tiro.
Per quanto sia suonato — e suoni tutt’ora — assurdo al trio, è come se avessero una specie di coda fantasma, un qualcosa che non si vede ma che si scatena col plenilunio e fa perdere loro la testa. Se non entrano in contatto diretto con la luce lunare va meglio, restano unicamente nervosi, ma se per qualche malaugurato caso invece ci entrano in contatto… il Quartetto li ha scherzosamente battezzati i mezzi-mannari!
Radish riuscì a scamparsela riempiendoli di latte caldo e miele fino a scoppiare, per poi piazzarli al proprio fianco sul materasso di cuscini e coperte che aveva creato in salotto, così che incanalassero l’attenzione verso quegli stupidi cartoni animati che Sherry gli metteva quando era presa con le faccende.
È stato trovato il giorno dopo dai due, collassato su quell’improbabile materasso improvvisato, con i piccoli addormentati rannicchiati contro il suo busto.
Per quanto Sherry ed Everett continuino ad uscire una o due volte al mese con suo più che totale benestare — quale scusa migliore per fare cagnara con gli amici e spennarli a poker? —, nessuno si muove più di casa quando c’è la Luna piena.
Adesso Radish rimane pigramente abbandonato nel letto, le lenzuola aggrovigliate attorno alle gambe ed un braccio sugli occhi per ripararli dalla fastidiosissima luce che filtra dalle finestre.
Non hanno dormito molto la notte appena trascorsa, perché i due adorabili prìncipi non erano stanchi neanche alla lontana e rimanere nella loro cameretta piena di giocattoli gli pareva insopportabile, così sono riusciti a sgattaiolare fuori con il chiaro e simpatico intento di devastare la cucina. Perché lo abbiano deciso e cosa ci abbiano trovato di tanto esilarante non lo sanno e neanche vogliono saperlo. Fosse la prima volta che lo fanno, poi…
Quella che si prospetta è una giornata davvero pesante e per questo l’idea sarebbe quella di dormire il più a lungo possibile. In fondo, ormai sa bene quanto siano devastanti i festeggiamenti per il compleanno del Sovrano del Nord, e vorrebbe evitare di arrivare a metà pomeriggio e crollare addormentato. Non tanto perché qualcuno potrebbe rimanerci male, non fregherebbe niente a nessuno, quanto perché una festa così grande, con così tante persone che stravedono per lui e la sua famiglia, è la scusa migliore in assoluto per scaricare i piccoli impiastri a qualcuno e sgattaiolare da qualche parte, e lì darci dentro fino a rimanere completamente senza energie. Due anni prima hanno fatto così, non riuscendo a regolarsi, e Radish non si vergogna neanche ora di non essere riuscito a spegnere le candeline, tanto era spompato.
Ma i suoi figli non sono d’accordo, per niente.
Li sente mentre grattano alla porta, non riuscendo a spiegarsi perché. In fondo, sanno aprire benissimo le porte senza distruggere niente da quando hanno otto mesi — lui, Sherry ed Everett lo scoprirono a loro spese quando li trovarono intenti a svuotare il frigorifero nel cuore della notte —, quindi perché mai grattare? Beh, la risposta è decisamente scontata: vogliono che lui si alzi ed apra, magari mostrandosi pure innervosito se non proprio incazzato, così da sgusciare in mezzo alle sue gambe e catapultarsi sul letto per dispetto gioco.
Subdoli, meschini, perfidi!
«Papà!» «Papà!» Ripetono come dischi rotti con le loro vocine acute ed infantili, e Radish, come ogni mattina, rimpiange il giorno in cui non solo hanno imparato ad esprimersi a parole ma, soprattutto, quando hanno imparato quella parola. Lo rimpiange ora che ne abusano in continuo, ma quando Shiraz la cacciò fuori con un sorriso, per poco non gli rotolò giù una lacrima per quanto era felice. La sua prima parola, la primissima parola del cucciolo per cui è tornato in vita, è stata “Pa-Pa”… seguita da “NO!”.
«PAPÀ!»
Come volevasi dimostrare, i piccoli impiastri si sono arrampicati l’uno sull’altra per arrivare alla maniglia e sono entrati.
Una particolarità dei cuccioli di Spettro, che lui apprezza moltissimo, è che crescono velocemente. Malgrado non dimostrino molto di più di quanto abbiano, il loro corpo sviluppa prima del tempo i muscoli necessari per reggersi in piedi, per correre, cacciare e difendersi, e l’intero scheletro si fortifica entro una settimana di vita perché il piccolo deve necessariamente reggersi sulle proprie zampe in tempi brevissimi per sopravvivere, e la loro mente deve seguire lo stesso precoce sviluppo per permettergli di esprimersi al meglio e per poter escogitare velocemente tattiche di lotta e di difesa. E di gioco. Soprattutto di gioco. La lotta tra i piccoli è infatti vista soprattutto come un gioco che dà la possibilità di imparare a gestire in tempi brevi la forza che devono o non devono imprimere nella mascella con gli altri.
I suoi figli non fanno certo eccezione su questo punto, ma hanno riscontrato — e riscontrano tutt’ora — qualche difficoltà in più rispetto agli amichetti. Shiraz, per esempio, ha appreso totalmente a sette mesi di non essere un cucciolo come gli altri, di essere molto più forte e di dover stare molto più attento. Si stava asciugando il vello corvino davanti casa dopo un bagno in piscina quando arrivò Sunset, spedita come una furia ed intenzionata a giocare col principe tanto amico di suo fratello. Gli saltò sopra e cominciò a tirargli le orecchie in un chiaro invito a giocare, ma il piccolo non ne voleva sapere; così, dopo l’ennesimo scatto con la testa, le piccole fauci spalancate ed annesso strillo per farle capire di doverlo lasciare in pace, si è rigirato e l’ha morsa nel fianco. Il problema è nato nel momento esatto in cui è arrivato al sangue, poiché non era riuscito a contenersi, e la bambina si è ritrovata a piangere per il dolore. Shiraz ne fu sinceramente affranto, tanto da piagnucolare con lei e darle tutti i suoi giocattoli per farsi perdonare.
«Papà! SVEGLIATI!»
Li sente, quei piccoli mostriciattoli che si arrampicano sul letto. Li sente ma non li guarda, alle volte la tattica “fingiti morto” funzionasse. Ma non funziona manco per sbaglio, lo capisce quando quattro fresche manine si poggiano sul suo braccio per poterlo spostare.
«Papà!» «Papà!»
Per quanto identiche, lui distinguerebbe quelle acute vocine tra mille. No, non mille, tra milioni, miliardi, tutte!
C’è un qualcosa in loro che gli scatena dentro una specie di strano movimento, un qualcosa che ancora non è capace di definire con chiarezza. L’unica cosa certa, però, è che ucciderà chiunque osi far loro del male anche solo per sbaglio.
Lascia quindi scivolare un poco il braccio all’indietro, gli occhi ancora chiusi per la troppa stanchezza, e lascia che quelle due piccole bocche delicate si poggino a turno sulla sua per svegliarlo. Solo a quel punto apre debolmente gli occhi, sentendosi invadere da un amore sconfinato e stordente quando incrocia gli occhi scuri di Kahlúa e Alaska, le sue principesse adoratissime.
Anche loro sono state un incidente — che poi, ora come ora, né Radish né Sherry se la sentono ancora di definirli “incidenti” —, avvenuto a sei mesi quasi precisi dalla nascita di Jerez e Shiraz. Per essere puntigliosi, sono state concepite il giorno in cui i due principini sono tornati a casa con un bel tasso a testa tra le fauci, cacciato da soli sotto la supervisione dell’attento zio. Furono così felici e fieri di loro da non pensare più a niente quella notte, neanche che l’organismo di Sherry era pronto a una nuova gravidanza. L’unico pensiero, al massimo, era quello di aver messo al mondo degli Spettri eccezionali.
Così, il giorno del suo trentasettesimo compleanno, Sherry gli ha annunciato che sarebbe diventato di nuovo padre, ed il 7 Aprile, dopo ben dieci ore di travaglio, sono venute al mondo le due principesse del Nord.
Quando gliele hanno messe tra le braccia, ha sentito come se tutto il suo mondo si rigirasse sottosopra e si dipingesse di colori accesissimi e caldissimi. È stato in quel preciso istante che si è ritrovato a pensare una cosa che l’ha fatto sorridere: prima di loro due, prima di toccarle con mano, si sarebbe preso un ki blast devastate dritto nel petto per proteggere la sua famiglia, avrebbe in qualche modo riparato sua moglie e i suoi figli da un attacco termonucleare col suo stesso corpo, ma nel momento esatto in cui le ha guardate negli occhi ha capito che, se mai si fossero trovati sotto attacco, avrebbe usato sua moglie come scudo umano per proteggerle.
L’ha bonariamente detto a Sherry che, con un risolino, gli ha detto chiaramente che lo avrebbero “fottuto alla grande” da lì all’eternità. Ed è vero, eccome se è vero! Basta una lacrimuccia — regolarmente a comando — che lui crolla come l’ultimo degli scemi. Con lui anche Everett, che si è mostrato assai protettivo e dolce nei loro confronti.
Prima che nascessero, però, c’era una lieve tensione in casa, sia perché stavolta si sapeva che sarebbero state due signorine — problema dei due uomini di casa, non certo di Sherry —, sia perché i gemelli erano ancora molto piccoli. Se con Shiraz si aspettavano che prendesse bene l’arrivo di una nuova coppia di sorelline, lo stesso non si poteva dire per Jerez, che ha sempre mostrato un’indole più aggressiva e a tratti gelosa del maggiore.
Invece, non appena i suoi occhietti furbi hanno visto per la prima volta i volti piccoli e paffuti delle sorelline, si è sciolto come neve al Sole. Si è messo al fianco della mamma stanca e lì è rimasto, accarezzando con una delicatezza infinita la testolina di Alaska. Ogni volta che poi si doveva allontanare da loro, che fosse per un motivo o per un altro, prima le baciava sulla fronte, rassicurandole che sarebbe tornato. “Subito, subito!”, e poi correva via, così da ridurre il tempo della separazione.
L’aggressività però è effettivamente aumentata, perché guai orbitare vicino alle piccole senza la sua benevolenza. Per stare più tranquillo, poi, ha insegnato loro a mutare, provando ad instillare in loro l’istinto di mordere tutti quanti, così che nessuno potesse mai sfiorarle anche solo con un dito. Se non ci fosse stato Shiraz a mitigare gli animi, probabilmente ci sarebbe pure riuscito.
Loro due si prendono cura delle sorelline — il più delle volte. Ai loro occhi appaio sia come dei giocattoli divertenti che come dei preziosissimi tesori da proteggere, e Radish è grato ad entrambi per questo. Lui non potrà esserci sempre durante la loro crescita, non potrà vegliare costantemente su di loro, ma quei piccoli scavezzacollo sembrano già detenere un invidiabile dominio su tutti gli altri giovani Spettri, e ciò gli conferisce già un grande potere, oltre che delle spie sempre pronte a riferire ogni mossa delle due.
Se solo Sherry non si mettesse sempre nel mezzo, avrebbe già impiantato nelle loro malleabili testoline l’idea di picchiare a sangue qualsiasi ragazzo proverà mai ad avvicinarsi… ma è solo questione di tempo, lo sa. Neanche lei potrà essere sempre presente!
Le cose sono state come più semplici con loro. Sono buffe e a tratti eccentriche, certo, ma anche molto più pacate dei fratelli maggiori. Più pacate, ma decisamente non meno testarde. A tratti dimostrano di essere già due piccole serpi, ma a lui sta bene così. Un domani si avvicineranno meno lumaconi se continueranno su questa strada, e lui non può far altro che sperarci con tutto il cuore. La sola idea che qualche bellimbusto possa fare a loro tutto quello che lui fa a Sherry lo manda semplicemente in bestia!
Il loro arrivo è stato accolto con estrema felicità da tutti quanti, un po’ come i due gemelli ma con un qualcosa di diverso, una specie di nuova allegria mista a frivolezza che all’inizio non riusciva a capire. Ma poi l’ha capita, eccome se l’ha capita!
Casa è stata invasa da un numero imbarazzante di vestitini, scarpine, cappellini e piccoli, luccicanti, disgustosi e frivoli accessori. Una cosa mostruosa ai suoi occhi, che innumerevoli volte si è ritrovato a tenere in braccio un qualcosa che ricordava molto di più una preziosa bambola di porcellana anziché una bambina.
Pure Chichi si diverte un mondo a vestirle con completini pieni di pizzi, fiocchi e merletti, con il totale consenso della madre e l’aiuto di tutte le donne dei due branchi che le vedono come giocattoli semoventi. Pure le principessine hanno tutta l’aria di chi apprezza profondamente questi premurosi gesti, che agli occhi del Saiyan sono una subdola ed imbarazzante forma di bullismo.
Se non è mai intervenuto personalmente, però, un motivo c’è, e si può ricondurre facilmente alla sera in cui, a cena, si permise di farlo notare a Sherry, stranamente supportato pure da Everett, e lei si rigirò contro entrambi affermando che è divertente e che loro due “non capiscono un emerito cazzo di niente” e che dovevano stare muti. Probabilmente anche a lei sarebbe piaciuto ricevere quel numero imbarazzante di attenzioni da piccola, o più semplicemente avere dei vestiti caldi e puliti, e trova sinceramente divertente poterle viziare in un modo che non ha potuto mettere in atto con i due maschietti. “Un paio di pantaloncini e una maglietta, sai che spasso? Con loro ci si può sbizzarrire!
C’è poi un altro motivo se quei vestitini gli danno tanto fastidio, ed è perché molti bambini fanno già gli splendidi con le sue piccine. Non che sappiano effettivamente cosa stiano facendo, non lo capiscono neanche cosa voglia dire essere “fidanzati” — come spesso scherzano i genitori, che lui vorrebbe uccidere —, ma l’istinto del lupo già suggerisce loro di mettersi in mostra con due bambine di un anno e mezzo dalla notevole forza… e sempre vestite come microscopiche e altezzose Lady.
A rafforzare quest’ultimo punto, poi, si aggiunge anche il fatto che le piccine sono di palato fino, al contrario dei fratelli maggiori, che in più di un’occasione hanno sgranocchiato anche le ossa di carcasse così mal ridotte da far venire la nausea pure ad Everett. Ma non le sue figlie, nossignore! Loro mangiano solo prede fresche e già spellate, preferendo di gran lunga mangiare quando se ne stanno a tavola con le porzioni già tagliuzzate nel piatto. Non sia mai che si sporchino con un po’ di fango!
Piccole, schizzinose e bizzarre le sue gemelline, capaci di regalargli tante risate quanto Raz e Rez.
La settimana prima, per esempio, Kally si è appropriata senza ripensamento alcuno di un giocattolo di Moira, che come tutti gli altri cuccioli spesso gioca in casa loro, nel loro giardino o giù alla Tana. Era un pupazzo di Kermit, e lei lo ha legato con una sciarpa ad un passeggino giocattolo abbandonato sul portico. Ce lo ha legato e poi via di autoscontro contro i mobili, arrivando poi al punto di frignare perché si era fatto “la bua”. Ma è durato circa cinque secondi, subito dopo giù di rally per casa con gli amici e i fratelli, tutti armati di passeggini. Malgrado non fosse stato detto in modo esplicito, l’intento era schiantarsi contro il maggior numero possibile di spigoli per vedere chi era il più resistente — o meglio, il più cazzuto. I gelati che sono stati divorati in cambio del loro silenzio con le mamme non si contavano più dopo neanche cinque minuti di gioco.
In realtà non tengono neanche più il conto delle volte in cui, tra tutti e quattro, si sono aperti gli zigomi contro oggetti contundenti… ed anche le volte in cui hanno tirato giù cose che davvero non dovevano tirare giù. Come Jerez e Chuck, secondogenito di Bree, che senza tanti pensieri si sono scolati un paio di sorsi di candeggina. Ecco, in quell’occasione anche alle due donne è venuto un infarto, ma ficcargli due dita in gola per farli vomitare non è stata un’idea troppo geniale: il rutto di Chuck fu così forte da far rizzare e sbiancare loro i capelli.
In realtà, però, per Bree e Mimì gli infarti sono all’ordine del giorno, perché i due piccoli demoni sembrano trovare molto più che spassoso farsi male in modo acrobatico, motivo che gli ha fatto guadagnare il soprannome “Baby-Jackass”.
«Papà! Devi svegliarti, forza, su!»
Già con un solo anno di vita sulle spalle Shiraz parlava discretamente bene, ma adesso, a due anni e cinque mesi, risulta a tratti insopportabile per quello che riesce a fare e dire. Quando poi articola lunghe frasi senza sbagliare e a scandire senza sforzo parole spesso lunghe e complesse, a Radish viene quasi voglia di soffocarlo con un cuscino. Perché lo sa che è colpa di Everett se a volte se ne esce con parole che non aveva mai sentito prima, ed è sempre colpa sua se, di tanto in tanto, gli lancia contro qualche citazione assurda in qualche lingua morta, al solo ed unico scopo di zittirlo e confonderlo. Ovviamente il piccolo difficilmente sa il significato di tali frasi, ma il suo piccolo ma brillante cervello gli permette di imparare tutto a pappagallo, e via di supercazzole a papà!
Di certo l’acume mentale non l’ha preso da me.
Quando alla fine si decide ad aprire del tutto gli occhi, consapevole che di dormire un altro paio d’ore non se ne parla assolutamente, sorride bonariamente nel vederli in fila sul letto.
Shiraz, con i capelli neri che gli ricadono un po’ sugli occhi scuri e un po’ sulle piccole spalle forti, è la sua fotocopia in miniatura. In realtà il piccolo ha i capelli più lisci dei suoi e gli occhi più dolci, più simili a quelli della madre, ma non si può negare assolutamente che gli somigli in modo quasi allarmante. Caratterialmente, invece, non si capisce a chi somigli di più, poiché molto più calmo e a tratti razionale di quanto non siano entrambi i genitori — e sicuramente molto più sano di quanto non lo siano 9 membri su 10 della famiglia materna!
Jerez, con i capelli altrettanto neri sempre sparati di lato quando si sveglia, e gli occhi affilati di un azzurro intenso, ha sempre una strana espressione, un bizzarro mix tra due idee contraddittorie: guardando solo gli occhi si può pensare facilmente che stia meditando un piano malvagio per assoggettare il popolo della Terra, mentre se si guarda il sorriso allegro ed infantile si evince che sia uno dei bambini più pacifici e felici del globo. Una cosa però è certa: Jerez, in qualche modo, ti sta prendendo per il culo.
Lui gli somiglia caratterialmente di più, dal momento che basta davvero un niente per infiammarlo. Dio non voglia, poi, che non ottenga subito ciò che vuole: s’incazza come una belva e ti strappa l’anima finché non lo ottiene! A conti fatti, il marmocchio urla anche più di Vegeta nei suoi momenti no.
Vorrebbe quasi chiedere ai due dove siano finiti i pigiami che la sera precedente lui stesso ha tanto faticato a fargli indossare, e che ancora avevano nel cuore della notte quando li hanno trovati in cucina a scompisciarsi dalle risate, ma si astiene. È inutile discutere con dei selvaggi, e deve accumulare quante più energie fisiche e mentali possibili, non tanto per la festa che lo attende quanto per la loro sicura turbolenta adolescenza. Con due soggetti del genere, con uno che riuscirebbe a far assolvere Caino per insufficienza di prove con la sua faccia da culo, e l’altro che ti porterebbe al suicidio per quanto può mostrarsi odioso e vendicativo, cos’altro può aspettarsi?!
Alaska e Kahlúa — che di solito tutti chiamano Ally e Kally —, al contrario dei fratelli maggiori sono assolutamente e spaventosamente identiche, a partire dai pigiamini rossi di Betty Boop. Hanno gli stessi capelli grigio perla con le stesse sfumature scure, gli stessi occhi scuri, più chiari di quelli del padre ma più scuri di quelli della madre, dolcissimi, attenti e furbi. Hanno le stesse bocche a bocciolo di rosa dall’aspetto delicatissimo ma che, già dagli otto mesi, disseminano dei non indifferenti “facculo!”, imparati da un soggetto ancora non identificato.
C’è solo una persona all’infuori della razza degli Spettri e di Radish capace di distinguerle. A dirla tutta, in realtà, per questa persona la distinzione è ancor più immediata che non per gli Spettri, che malgrado il sensibilissimo fiuto riscontrano comunque qualche difficoltà, vista la somiglianza mostruosa pure degli odori, e questa persona è Goten. Come faccia non si sa, l’unica cosa certa è che indovina a colpo sicuro quale delle due è Alaska, indubbiamente la sua preferita tra i quattro cugini. Ogni volta che la vede infatti le corre subito in contro e la riempie di baci, ritrovandosela poi appiccicata addosso come una cozza allo scoglio.
Si amano, loro due, di un amore così puro e innocente che strappa sempre un sorriso. Radish è abbastanza certo di poter contare anche sul suo futuro aiuto per proteggere la purezza della sua signorina, ma  se si mostrasse tonto come il padre dovrà lavorarci un pochino di più. A voi due non vi toccherà mai nessuno… morirete da sole!
«Oggi ci dici cosa ci nascondi?» Ed ecco che Shiraz torna a martellare sul solito, identico punto.
È abbastanza uomo da ammettere che stato un suo errore, perché loro sono curiosi di natura e lui è stato così scemo da avere una reazione oltremodo esagerata quando hanno scovato il suo segretuccio nel cassetto del comodino. Anzi, a voler essere precisi, l’errore vero e proprio è stato quello di non disfarsi immediatamente di quel maledettissimo album fotografico contenente i ricordi di quell’ormai lontana serata all’insegna dell’alcol e del delirio, che continua a non ricordare. Quelle foto oltremodo imbarazzanti sono tutto ciò che gli rimane come ricordo e, se fosse stato furbo, non le avrebbe conservate… o almeno non le avrebbe conservate ! Perché era scontato che prima o dopo ci avrebbero messo le zampe, ed è stato solo un fortuito caso se in quel momento era con loro ed ha evitato che le vedessero.
Però, ovviamente, quei mostri mica se lo sono scordato, e da ormai due mesi non fanno altro che chiedergli se glielo mostra. Il semplice “no” non funziona manco per niente, non lo accettano — o non lo capiscono proprio —, quindi ha dovuto giocare d’astuzia, con la mera speranza che si stanchino e lascino perdere.
«Te l’ho detto, quando diventate più grandi.»
«Ma siamo cresciuti stanotte! Vedi?!»
Sono figli suoi e di Sherry, d’altra parte. Con quale ingenuità può anche solo pensare che lascino perdere qualcosa che stuzzica così tanto al loro curiosità?
Mentre le gemelle, come di consuetudine, gli si stravaccano addosso, consapevoli di poter fare di lui tutto ciò che vogliono senza alcun genere di ripercussione, i due principini mostrano fieramente i muscoli, come se così potessero convincerlo a cedere.
Radish, che davvero vorrebbe mostrarsi molto più serio, scoppia a ridere come sempre. Non c’è modo, mai, di convincerli del contrario quando si convincono, ma c’è un modo subdolo — e sicuramente sconsigliato dagli esperti — per fargli dimenticare quale fosse l’argomento principale: sfotterli!
«E quelli me li chiamate muscoli?! Ahhh, siete solo due cucciolotti! Questi sono muscoli!» E detto questo contrae il braccio, facendoli immediatamente accigliare. Se c’è una cosa che davvero non sopportano — tra le tantissime —, è essere considerati dei cuccioli ed essere sminuiti. Sono ben consapevoli della loro forza, delle loro capacità, del fatto che tra i giovani Spettri sono assolutamente dei fuori classe, e sentirsi dire che invece no, sono solo due cucciolotti, è qualcosa di inammissibile.
«Sì, vero, questi sì!» Gli dà man forte Ally, sghignazzando malefica quando Jerez la incenerisce con lo sguardo. Sta tra le braccia di papà, non può farle niente!
«Ti calpesto?!» Tranne minacciarla, ecco. Il problema è che molto spesso le sue minacce si trasformano in fatti. Non l’ha mai calpestata davvero, ma quando davvero lo spinge al limite della pazienza, la butta a terra e le mette un piede in testa, sibilando “ti calpesto?”. La sola idea pare essere sufficiente per raffreddare l’animo della dispettosa principessa, che adesso si rigira per nascondere il viso nell’incavo del collo del padre.
«Nessuno calpesterà nessuno, oggi.»
Una cosa che Radish non riesce a capire, è perché con lui — ma anche con Everett, il più delle volte — facciano il Diavolo a quattro, mentre con lei si trasformino in dolci e adorabili agnellini coccolosi. Non lo capisce, non c’è verso neanche di farselo spiegare, fatto sta che non appena lei entra in una stanza, loro cambiano, e prendono a guardarla con adorazione. Se non li amasse così tanto, sarebbe sicuramente geloso delle loro dolci interazioni e di tutte le attenzioni che gli vengono sottratte.
«Tanti auguri, papà!»
Lei non è cambiata, per Radish, rimanendo la solita ragazza tutto pepe capace di accenderlo con un misero sorriso.
Gli unici cambiamenti, se proprio si sforza a trovarli, sono le tette di una taglia in più, e i capelli, che curiosamente sono ancora lunghi fino alle scapole. ‘Curiosamente’ perché in genere, quando arrivano a questa lunghezza, le diventano come insopportabili e se li ritaglia corti. È anche per questo che lui se li gode quanto più possibile finché durano, perché lo fa impazzire afferrarli e tirarli quando la prende da dietro.
Non devo pensarci, non ora!, si impone duramente mentre lo bacia, sorridendo come di consuetudine.
La loro vita insieme è stata un caos sin dal primo momento, ed ora, dopo tre anni che si conoscono, non è certo da meno. Sono spesso di corsa, hanno sempre da fare, ma riescono comunque a ritagliarsi più momenti possibile al giorno da dedicarsi, e questo lo fa sempre sorridere. Questo e il fatto che, malgrado quattro figli piccoli, riescano comunque ad avere rapporti quasi tutti i giorni, al contrario di tante coppie che conosce. Non potranno urlare liberamente come un tempo, ma questo non ha tolto niente alla loro passionalità. Anzi, in un certo senso il dover fare le cose di nascosto li eccita pure di più, fatto che ha sollevato qualche preoccupazione qua e là; dandosi tanto da fare, infatti, molti temono una nuova cucciolata, e nessuno sarebbe mentalmente pronto ad accogliere altri piccoli Shedish.
«Mamma, dopo possiamo andare da zio Willem?» Domanda Kahlúa, usando il tono più dolce che può. Il fatto che Willem non sia parente di nessuno di loro non è importante, perché tanto per loro quattro sono tutti zii e zie.
Sherry ama i suoi figli. Li ama come non credeva fosse possibile, e vederli felici la rende più che felice. L’idea di dover dire loro di no per qualcosa le va sempre stretta, anche se questo non le impedisce di farlo. Vuole che vengano su forti, indipendenti e con la testa sulle spalle, così da diventare poi uomini e donne capaci di assumersi tranquillamente le proprie responsabilità e vivere una vita più serena di quella che ha avuto lei.
Non è però semplice destreggiarsi, perché sono in quattro e sono uno più pieno di energie dell’altro, con interessi diversi ed un numero imbarazzante di amichetti da vedere. Per questo, per quanto li ami, non vede l’ora che raggiungano l’età per entrare all’accademia!
«Sììì! Chiamiamo i migliorini!» Urla Jerez, ricevendo subito man forte dal gemello. Il loro essere tanto complici in tutto, è a dir poco spaventoso.
Ogni singola volta che sentono la parola “migliorini”, ai due viene da ridere in modo quasi isterico. Everett è l’unico ad aver imparato a trattenersi un minimo, ma è stata una lotta interiore assai difficile.
È partito tutto poco prima che compissero un anno, ed erano in vena di bizze. Volevano infatti che Chuck, Magnus, Lux, Light, Julian e Adrian — figli bastardi di Apophis — rimanessero a dormire da loro, ma era ovviamente una cosa impossibile. Passavano un paio di cuccioli, ci potevano anche stare, ma sei cuccioli iperattivi era semplicemente impensabile. Così bizze isteriche, urla demoniache, peluche decapitati a morsi perché loro volevano stare con i loro “migliorini”. Quando, confusi, chiesero cosa fossero, loro si placarono per qualche istante e spiegarono con una certa ovvietà che erano i loro migliori amici; loro scoppiarono inevitabilmente a ridere, offendendoli e intensificando così le grida. Poi volarono un paio di sculaccioni da parte di Sherry, Everett mostrò loro i denti, Radish gli negò il dolce dopo cena, e fine della discussione.
Migliorini, però, è rimasto.
«Dopo si guarda, okay?» Può essere che dopo, sul ritorno a casa, si fermeranno davvero a bere un caffè al ranch di Willem, un po’ come succede spesso, ma non è detto. Saranno tutti stanchi — se le cose andranno bene, loro due in modo particolare —, e pure Willem avrà il suo bel da fare con la personale orda di cuccioli strasonnati che faranno le bizze perché “ma no, non sono stanco, voglio continuare a giocare”, mentre i loro occhi saranno in fiamme per la stanchezza.
Sarà tutto da vedere, ecco, un po’ come al solito. Magari con la scusa che le galline e i cavalli saranno stanchi — o, meglio ancora, a nanna — stavolta se la scamperanno.
«Ma mammaaa…» Quando attaccano ad urlare così in coro, e soprattutto a fare il labbrino tremolante, Sherry capisce come si senta Radish ogni volta che provano a fregarlo — riuscendoci il più delle volte. Ma lei non è Radish, e già era preparata a queste vili tattiche grazie ai figli degli amici, così riesce a non farsi intenerire troppo.
Però adesso non ha tempo da perdere in tante spiegazioni. Vuole dare il suo regalo a Radish, e provare a spiegare ai piccoli che forse andranno al ranch dopo cena sarebbe solo tempo sprecato.
Conscia di ciò, butta in campo l’arma di distrazione per eccellenza: «Perché non andate dallo zio, adesso? Se glielo chiedete per favore, magari vi prepara le frittelle con lo sciroppo!» Già, Everett. Davvero non ha idea di come avrebbero fatto senza di lui!
Non che sia più paziente, più dolce o più attento di loro, solo che è un alleato preziosissimo nella loro continua lotta per la supremazia. Anche se, e questo va detto, era una lotta difficile già quando erano tre contro due; adesso pare semplicemente una causa persa, essendo pure in minoranza.
Non hanno però intenzione di arrendersi contro quattro energici poppanti, ne andrebbe pure della loro salute mentale oltre all’orgoglio, quindi si limitano a serrare maggiormente le fila e ideare piani di difesa, d’attacco e di contrattacco da usare in qualsiasi frangente.
Come volevasi dimostrare, i quattro cuccioli scattano giù dal letto, dimenticandosi pure dell’affetto che nutrono per il padre e del fatto che sia il suo compleanno. Niente può reggere il confronto con un’abbondante colazione a base di zuccheri — meglio ancora se cucinata dallo zio.
«Come mai ho l’impressione che ti volessi sbarazzare di loro?» Domanda con falsa innocenza Radish, sedendosi più comodamente con la schiena contro la testata del letto.
La conosce, probabilmente più di chiunque altro, e sa bene come ragiona, il più delle volte. Sentendo poi il familiare calore nello stomaco e la sensazione crescente nei lombi, capisce di averci totalmente preso. Sherry ha quello sguardo, e la sua erezione si sveglia completamente tutto d’un tratto.
«Perché il tuo regalo è bene che venga aperto lontano dai loro occhi innocenti.»
Contro ogni sua aspettativa, anziché spogliarsi come immaginava si china ed estrae da sotto al letto una scatola confezionata con carta nera lucida, con sopra un fiocco argentato.
«Innocenti? Loro?!» Lui ama i suoi figli, davvero, con tutto il cuore, ma non c'è niente di innocente in loro, e solo dirlo è quasi una blasfemia! Neanche un mese prima sono andati a pranzo fuori, e Shiraz, con una calma e naturalità invidiabile, ha chiesto alla cameriera una “bella birra ghiacciata” assieme alla sua cotoletta. Il problema è che la voleva sul serio.
Quei bambini non sono innocenti, non lo sono manco per niente, ed è bene che sia chiaro pure a lei, così da evitarle cocenti delusioni in futuro.
Quando però apre il pacchetto, capisce che forse stavolta un po’ di ragione ce l’ha. Perché sì, i loro figli non saranno innocenti neanche alla lontana, ma ancora sono quasi del tutto ignari di cosa sia il sesso e di tutto ciò che comprende. Soprattutto sono ignari delle continue porcate che fanno mamma e papà!
I loro giocattoli, infatti, non sono stati gettati. Non ci hanno pensato neanche per un secondo a sbarazzarsene, limitandosi infatti a nasconderli in una specie di doppio fondo nell’armadio. Finché non saranno cresciuti abbastanza da pensare a sotterfugi simili, loro due saranno ancora relativamente al sicuro.
Radish si era raccomandato sul fatto di non fargli regali, non li voleva. Ha già tutto ciò che può desiderare, che se ne fa di altre cianfrusaglie? Niente, ecco cosa. Ma queste cianfrusaglie gli vanno benissimo, e ora non si sogna neanche lontanamente di dirle alcunché.
Una fibbia incrociata da farle indossare, di quelle che piacciono tanto a lui per sottometterla ma che, purtroppo, non arrivano mai ad un secondo round, e tanti altri gingilli divertenti da usare in seguito. La fibbia, però, ha tutta l’intenzione di usarla subito.
«Tanti auguri, paparino.» Mormora vicino al suo orecchio, ridacchiando sommessamente quando una sua grossa mano corre velocemente a slacciarle la leggera vestaglia di seta. Sapeva bene che avrebbe reagito così, e per questo ha ben pensato di farsi trovare totalmente nuda sotto la vestaglia. «Preferivi aprirlo davanti a loro?»
«Preferisco metterti subito questo.» Risponde prontamente, mettendole sotto agli occhi il piccolo plug anale con una gemma a cuore fucsia. Ne hanno diversi, in realtà, ma non gli dispiace di certo aggiungerne un altro alla collezione… così come non gli dispiace troppo quando, di tanto in tanto, le permette di usare cose del genere anche su di lui.
«Chissà perché immaginavo che ti sarebbe piaciuto…» Si aspettava in realtà che usasse per prima cosa la fibbia, ma è abbastanza certa che, in ogni caso, non arriverà a fine giornata.
Radish le lascia scivolare tra le labbra il plug, così da lubrificarlo con la sua saliva, e nel frattempo la stimola delicatamente con le dita.
«Koba, non possiamo far rumore, sono tutti giù.» La sua lamentela è così priva di una qualsivoglia convinzione che, per un istante, Radish pensa di non risponderle neanche. Sarà anche diventata mamma di quattro splendidi bambini, ma non è cambiata più di tanto, la sua smania infinita ne è una prova più che lampante… e cazzo se lui l’adora!
«Vorrà dire che ti terrò chiusa questa bella bocca, mh?» Nel dirlo le inserisce il plug, sogghignando languidamente quando la sente aggrapparsi maggiormente alle sue spalle.
«E io che pensavo di usarli dopo…» Mormora con un sorriso, mentre un bel rossore le scalda le guance. Lo fissa negli occhi con lo sguardo caldo e adorante che gli dice che lo ama per quello che è, e che nonostante tutto, sarà sempre lì per lui.
Le sorride, Radish, con quell’ormai familiare gioia che gli scalda il cuore, per poi baciarla con foga mentre la fa stendere sulla schiena, incastrandola con la propria mole contro il materasso.
«Ora, dopo… stasera, domani! Tu non ti preoccupare…» La prende con una spinta decisa, tenendole una mano sulla bocca per attutire il più possibile il forte gemito che le è scappato «Ho intenzione di scoparti in ogni modo per il resto dei miei giorni!»


Non è un giorno dei più freddi nei Territori del Nord, ma per Radish è più che necessaria una spessa pelliccia sulle spalle per poter banchettare all’aperto assieme agli altri.
Per i suoi figli, invece, non è assolutamente necessaria. Sembrano non sentirlo proprio il freddo, soprattutto perché non stanno fermi dieci secondi.
Corrono da una parte all’altra con il numeroso gruppo di amici, i migliorini sempre alle calcagna. Giocano a pallone adesso, ma è probabile che nel giro di dieci minuti cambino idea. Questo genere di giochi li esalta per poco, perché non sentono una vera competizione, come invece avviene con acchiapparella, dove usano tattiche assai discutibili per vincere, come lanciarsi dei sassi addosso.
Stavolta però il motivo per cui sicuramente in molti molleranno presto il gioco, è per la spaventosa eccitazione che li anima. Ad occhio e croce, non riusciranno facilmente a rimanere concentrati su una cosa sola per almeno qualche ora, quando avranno un poco smaltito la notizia.
Non sa se averne paura o meno, in realtà.
Col senno di poi, lasciarsi convincere — ma neanche tanto — a portare la sera seguente i vivaci eredi al loro primo concerto non è stata una buonissima idea, tantomeno lo è stata dirglielo. Ora sono sovreccitati come non pensava neanche potessero essere, e ciò gli fa temere che l’indomani sera potrebbero anche esplodere come petardi, tanto saranno euforici.
Ma gli altri ci andranno, i loro papà ce li porteranno e se li terranno in spalla per tutta la durata del concerto… che fai, li privi di una simile esperienza? Certo che no, sarebbe crudele. E sarebbe ancora più crudele privarsene da soli! Non poteva, però, andarci da solo e mollare Sherry da sola con i quattro, come minimo gli avrebbe strappato le palle e gliele avrebbe poi fatte ingoiare.
Vederli però scorrazzare da tutte le parti con le corna da Diavolo distribuite da Mordecai, e sentirli cantare a squarciagola come ossessi, gli insinua il dubbio atroce che forse non sia stata una trovata poi troppo intelligente. Però, questo deve ammetterlo, li ammira sempre un poco di più per i loro gusti musicali: heavy metal e hard rock!
Scoprire che sparare determinate canzoni a tutto volume un po’ li calmava, è stata una gioia immensa per lui, che quasi tremava all’idea di doversi sorbire quelle stupide lagne da poppanti come succede in genere.
«Goten, aspettami!»
Dubita ardentemente di riuscire a convincere Chichi a lasciar andare anche i suoi figli, ma ci proverà comunque. Magari giocandosi la carta ‘Tristan’ potrebbe ammorbidirsi, così come la consapevolezza che anche Everett sarà con loro… il problema, però, è il resto della comitiva! Micah con Chuck e Magnus, Blackwood con Lux e Light, Julian e Adrian con l’adorato padre adottivo Russell, Maddox con Amos e Maximilian, Tristan con Major e Mordecai, ed Everett a tenere in riga tutti quanti. Forse — quasi sicuramente — verranno pure River con Axel, e Timo con Kit e Reid, e non è certo che questo giocherà a favore dei nipoti. Tentar, comunque, non nuoce.
Un altro possibile problema, di cui tutti gli “adulti” sono sicuri, è che riceveranno un sacco di storie per dei bambini tanto piccoli, ma il Quartetto ha agganci un po’ ovunque, e nessuno rompe troppo le palle con loro, a meno che non voglia subire un pestaggio in piena regola.
Ma non vuole pensarci adesso, Radish. Sarebbe stupido da parte sua lambiccarsi il cervello più che stanco con questi pensieri, soprattutto dopo tutto il sesso sfiancante della giornata e, non da meno, i litri di birra artigianale che producono da quelle parti. Se già quella degli umani gli piace parecchio, per questa rischierebbe di diventare proprio un alcolista se non fosse per la moglie e il cognato.
«Tra poco arriva la torta, pensi di farcela?»
Ci sono momenti, pochi ma ci sono, in cui Everett gli mostra una certa gentilezza. Il più delle volte poi si chiude a riccio subito dopo e gli lancia qualche frecciatina pungente, ma a lui sta bene così. Ormai lo sa benissimo che, in fondo in fondo, gli vuol bene. A modo suo, certo, ma è così. Sennò perché mai prendersi il disturbo di domandargli se ha uno stomaco sufficientemente elastico da poter ingurgitare altro cibo?
«Hai dei dubbi, forse?» Beh, in realtà sarebbero pure fondati perché il suo stomaco sta per esplodere, ma non vuole ammetterlo. Mica può farsi battere da un branco di lupi scalmanati! Senza contare, poi, che è assai probabile che finiranno col tirarsi buona parte dell’enorme torta gli uni contro gli altri.
«Non sfondarti troppo, scimmia, o domani ti sfonderò io qualcosa.»
Per quanto gli scocci ammetterlo, sa che ha ragione. Da quando è riuscito ad insegnargli a volare, e soprattutto a farlo in forma ibrida, è diventato ancor più pericoloso.
Dovevano essere sicuri che i piccoli ne avrebbero avuto le capacità, così al Concilio hanno deciso di sfruttare lo Spettro più forte per fare qualche esperimento.
Idea di merda, davvero.
Da quando ci riesce, per quanto lo disgusti e faccia sempre storie perché gli risulta innaturale, lui si è ritrovato con un numero maggiore di cicatrici. Certamente nessuno dei due fa sul serio, però Everett non riesce mai a frenare del tutto il proprio istinto. ‘Del tutto’ perché, se lo seguisse pienamente, gli avrebbe già strappato gli occhi da anni.
Vorrebbe tanto che anche Sherry imparasse, più che altro per permetterle di stare più al sicuro di quanto già non sia, ma ogni volta che prende il coraggio a due mani e decide di “imporglielo”, si ricorda di come ne uscì dopo l’ultimo ki blast. Pur sapendo che sono due discipline diverse, e che per il volo il suo problema più grande rimarrebbero le terribili vertigini, non riesce comunque ad andare fino in fondo.
La sola idea di farle del male in qualsiasi modo possibile, gli blocca il cuore.
Per riuscire a scacciare questo genere di pensieri, però, gli basta guardarla, qualsiasi cosa stia facendo. La sua forza, la sua allegria, la sua luce, riescono sempre a tranquillizzarlo.
È serena da anni, ormai, e i suoi incubi sono diventati una spiacevole rarità. E lui lo sa che, almeno per metà, è anche merito suo.
Il lavoro che ha svolto e il suo impegno per rendere la vita migliore a tutti quanti è encomiabile. Dopo aver aiutato come poteva nella costruzione di nuove e vecchie strutture, ha cominciato a rimettere i soldi nell’enorme comunità soprattutto per aiutare chi soffriva, chi veniva da dove veniva lei. Non sorprende che quelle persone la amino e la venerino anche più di chi, invece, già da prima godeva di un buon tenore di vita — per quanto Jäger lo rendesse possibile.
In meno di tre anni è riuscita a ribaltare totalmente la tragica situazione del Nord, portando ordine e stabilità tra i suoi abitanti, che non sono più costretti a vivere alla giornata, ma che invece adesso possono dirsi tutti utili a far girare come si deve la ruota, il tutto con il costante appoggio del Sud, che ha seguito la sua stessa strada ed ha giovato degli stessi risultati.
La sua bambolina è una leader forte, leale e compassionevole. Non ci vuole uno scienziato per capire che è nata per questo, malgrado lei stessa credesse — e talvolta creda tutt’ora — il contrario.
Tutti i suoi — i loro — amici più stretti, in realtà, sono riusciti a maturare in quel breve lasso di tempo, trovando a modo loro la strada giusta.
Bree è una specie di astro nascente dell’ostetricia, e il suo istinto materno l’ha spinta ad adottare uno stile di vita più sereno che la tiene fuori dai guai.
Major, malgrado gli sia stato offerto un posto nell’accademia — che sta andando sorprendentemente bene —, ha preferito aprirsi un piccolo studio come investigatore privato nel mondo umano. Considerate le sue innate capacità e tutte le possibili attrezzature sulle quali può mettere le zampe, è inutile dire che sia molto richiesto.
Maddox, rimasto a vivere per la maggior parte del tempo nei Territori del Sud con la famiglia, è diventato qualcosa di riconducibile ad un giudice per le Arene assieme a Glover, che invece è rimasto con la famiglia al Nord. Becca e Sharon, invece, hanno trovato un modo tutto loro per incanalare il proprio carattere bellicoso, ovvero addestrando in combattimento i Mezzosangue.
Willem ha messo su una scuderia di tutto rispetto, che fornisce un buon giro di clienti e, di conseguenza, di soldi. Senza contare, poi, che non sono in pochi i cuccioli affascinati dagli equini, e che quindi si è trovato pure con un secondo lavoretto per le mani. E pensare che il tutto è partito da una battuta sul suo bizzarro incontro con Viper quando erano poco più che bambini; si rimpiattarono infatti in una stalla per ripararsi da un violento temporale, e da quel momento non si sono più separati. Ricordandoglielo, ha pensato di prendersi quel terreno e di ripartire in quel bizzarro modo.
Dopo essersi sposati, Cloe ha convinto River a prendere un appartamento in centro e a rilevare una clinica di chirurgia estetica che stava chiudendo. Beh, le cose sono andate così bene che a Satan City è diventata un punto di riferimento nel settore con una crescita così fenomenale che stanno aprendo la quinta filiale. Il numero di uomini che si è fatto scolpire gli zigomi uguali a quelli di River, ormai, non si conta neanche più.
Micah, affezionato della sua creatura e poco disposto a spaccarsi troppo la schiena dopo tutto ciò che aveva già fatto, ha preso un posto come insegnate di belle arti, ed in meno di un anno è già uno dei professori più amati in assoluto di tutta l’enorme accademia. Cos’altro ci si poteva aspettare da uno col suo talento, la sua allegria e, soprattutto, la sua bellezza?
Mordecai, invece, lavora principalmente per e con Radish.
Tutte le persone sopracitate non hanno neanche lontanamente pensato di mollare i propri loschi affari, ma spesso e volentieri delegano all’eccentrico e iperattivo Cacciatore, che riesce sorprendentemente a mantenere tutto in ordine. Per farlo, poi, si avvale dell’aiuto proprio di Radish, poco propenso a vivere una vita alla Disney. Poter andare in certi posti a picchiare gente di un certo tipo, si è rivelato incredibilmente divertente per lui, e di certo ci alza molti più soldi di quanto non facesse con i combattimenti del Neon.
Oltre a questo, tutti i figli adottivi di Fern hanno aperto una piccola catena di night-club di discreto successo, più che altro per avere in futuro un ulteriore modo di controllare i turbolenti figli e le loro uscite. Perché andranno lì, sarebbe da idioti non farlo, e così potranno star certi che non facciano i loro stessi casini apocalittici.
Radish adesso guarda la donna che gli ha sconvolto l’esistenza, che l’ha ribaltata, fatta a pezzi e rimessa insieme come più l’aggradava, dandole un senso tutto nuovo, un calore sconosciuto e preziosissimo, e il cuore gli batte improvvisamente più forte nel petto.
Lei è il suo centro, così come lui è il suo.
Conducono una vita frenetica, tra lavori più o meno legali e quattro figli piccoli, ma Radish non la cambierebbe per niente al mondo.
«Papiii, Julian mi ha tirato una palla di neve in testa!»
Conosce quel tono lamentoso. La sua piccola Alaska è stanca, presto comincerà a fare le bizze e ad urlare in modo isterico. La prende tra le braccia e l’appoggia con sicurezza sulle gambe, carezzandole delicatamente la schiena per calmarla.
Un tempo pensava che sarebbe scattato come una bestia rabbiosa contro il piccolo Julian, ma adesso si limita a questo. Sa bene che quei bambini se ne fanno di ogni senza cattiveria, così come sa che spesso le sue figlie esagerano per piccole cose, soprattutto quando sono troppo stanche. Le mie piccole Drama Queens!
«Tra poco si torna a casa, va bene?» Le sussurra all’orecchio, sorridendo orgoglioso quando la piccola si stringe maggiormente a lui.
Pur avendo sentito l’odore di Vegeta in passato, pur sapendo che ha uno zio fenomenale nell’aldilà che un domani potrebbe tornare nel mondo dei vivi, per lei — per loro — è lui il vero supereroe, l’uomo più forte dell’Universo, l’unico in grado di proteggerli da ogni pericolo, e questo lo fa sentire sempre incredibilmente bene.
Sobbalza appena quando una mano morbida gli sfiora l’orecchio, e voltandosi si ritrova vicino al sorriso tenero di Sherry.
«Riesci a cavartela?»
«Sempre!» Risponde con un sorriso allegro, allargando un braccio quando l’altra figlia corre verso di lui, decisa a farsi prendere in braccio a sua volta.
«Sei un bravo papà.»
Le ruba un bacio, attento a non disturbare le principessine sul punto di crollare addormentate tra le sue braccia. «Lo so!»
In realtà non ne ha idea, si muove sempre alla cieca. Come si fa a sapere se si sta svolgendo bene un compito tanto difficile, quando non si hanno modelli da imitare? Tutto ciò che fa è seguire l’istinto, evitare che soffrano inutilmente, insegnargli quali sono i limiti da non superare mai, come rapportarsi col prossimo, il tutto tenendo sempre ben a mente che sono per metà Saiyan e per metà Spettri, e che di conseguenza per loro ogni cosa appare in modo diverso dal normale.
Però, a quanto sembra, non stanno venendo su male. Sono agitati ed esuberanti, certo, ma quale cucciolo di Spettro non lo è? La strada è ancora lunghissima e tutta in salita, lo sa, ma per adesso sente di poter dire di non star facendo proprio un disastro.
Quando i due piccoli Diavoletti corrono verso di loro, cantando a gran voce “Thunderstruck”, capisce che sono ormai a tanto così dal poter finalmente tornare a casa. Perché mai tornare dal padre quando ci sono tutti i loro amici, se non per mangiare la torta?
In fondo l’ora di cena ormai è passata, tutti sanno che non vogliono tardare troppo per via dei piccoli, e non appena vede da lontano la torta — quella piccola, che servirà unicamente per farlo soffiare sulle candeline —, tira un mentale sospiro di sollievo.
Shiraz e Jerez si fanno prendere in braccio dalla madre, così da poter vedere da sopra le spalle del padre — ed avere un accesso più veloce al dolce. A Shiraz, in realtà, i dolci piacciono sì e no, preferendo infatti il cibo piccante da quando ha potuto cominciare ad assaggiare qualcosa che non fosse il latte materno, ma niente e nessuno gli impedirà di spiaccicare la sua fetta in faccia al fratello.
«Che dite, mi aiutate a soffiare?» Prende il dolce per avvicinarlo il più possibile alle quattro bocche e, non appena le candeline vengono tutte spente, con la coda afferra Shiraz per il collo e lo trascina in avanti, spiaccicandogli la faccia nella panna e nel cioccolato.
«Correte, via, via!» Incita le figlie, mentre Jerez, alle sue spalle, si spancia dalle risate, e Shiraz mastica minacce sconnesse a mezza bocca.
Come si aspettava, la battaglia a colpi di torta ha inizio, e lui stesso si ritrova con una quantità esagerata di panna appiccicata ai capelli nel giro di pochi minuti.
Shiraz, dopo un gran numero di tentativi, riesce finalmente ad assalire il padre, spalmandogli sulla guancia e sul collo ciò che gli era rimasto, ridendo a pieni polmoni. E Radish lo lascia fare, così come lascia che gli altri tre gli saltino addosso per aiutarlo.
Non voleva figli, non li ha mai desiderati, ma adesso non riesce ad immaginarsi senza. Sono ossigeno, loro quattro. Sono energia, risate, dolcezza, amore puro e incondizionato.
Presto o tardi saranno anche preoccupazioni e allenamento, perché niente e nessuno gli toglierà la soddisfazione di addestrare i due piccoli ma portentosi Alpha, che un domani si ritroveranno per le mani delle responsabilità incredibili, e dovranno avere non solo le capacità mentali per occuparsene ma anche quelle fisiche.
Per quanto riguarda i due piccoli Segugi, invece, è ancora incerto il loro destino. Non sembrano dare alcun peso alla lotta, prediligendo infatti passare il loro tempo a giocare con le costruzioni e i dinosauri, a disegnare o a sguazzare nella piscina dietro casa, ma è davvero troppo presto per dirlo. Inutile specificare che spera in un loro cambiamento, così da potersi allenare pure in loro compagnia.
Per quanto all’inizio si sentisse insicuro riguardo la loro nascita, riguardo tutte le responsabilità e i problemi che possono portare, ma adesso non più. Gli sembrano anzi tutte idee stupide, pensieri che, adesso, non riesce a credere di aver pensato.
Loro sono davvero il suo cuore che si muove al di fuori del suo corpo… e lui non potrebbe esserne più felice ed orgoglioso di così.


Quando si è svegliato, quella mattina, sapeva che sarebbe stata una giornata faticosa. Ci sarebbero stati i festeggiamenti del suo compleanno, i suoi folli amici pronti a trascinarlo in qualche loro trovata discutibile come un concerto rock, il sesso con Sherry, e i sensi sempre vigili per i loro piccoli scavezzacollo.
Ciò che non aveva preso in considerazione, però, era la fatica che avrebbe dovuto fare una volta tornato a casa!
Quella la dimentica sempre, quando decidono di uscire per far qualcosa di particolare. Anche se, questo va detto, non è che a cose normali le loro serate in casa siano poi molto più tranquille.
Mentre si aspetta la cena, si deve o giocare a qualcosa o guardare qualche film d’animazione — nelle ultime due settimane si guarda solo ed esclusivamente “Le follie dell’imperatore”, e lui ormai sta cominciando a sognarselo la notte —; a cena si parlotta con più calma, mentre si tenta di non far comportare come delle bestie selvagge i piccoli prìncipi; dopo cena, infine, si esce un po’ in giardino per qualche gioco al chiaro di Luna, come per esempio acchiapparella o la ricerca di rane e rospi, poi si rientra, si fa il bagnetto alle quattro bestioline di Satana, ed infine si guarda tutti assieme un film finché non si assopiscono abbastanza. Dopo, una volta piazzati nei loro letti, si passa alle coccole tra mamma e papà.
Quando però la cena avviene fuori, vanno sempre un po’ a passeggio, fanno quattro chiacchiere mentre i cuccioli giocano tra loro, e quando si torna a casa bagnetto e poi tutti a nanna.
Sherry si occupa sempre delle bambine, decisamente più propense a farsi coccolare con tutti quei saponi profumati, mentre dei bambini si occupa Radish, che il più delle volte ne esce bagnato quasi quanto loro. Però si diverte, è sempre una sfida, e poi rimane cinque/dieci minuti nella loro stanza finché non si arrendono all’evidenza e, stremati dall’ennesima giornata piena e sfiancante, si addormentano nello stesso letto.
Stavolta, però, ha mandato avanti Everett, rinunciando così al suo piccolo ma prezioso rituale.
Se un tempo gli avessero detto che avrebbe tenuto così tanto ai loro momenti, che gli sarebbe piaciuto tanto passare il tempo con dei bambini piccoli, avrebbe dapprima riso a crepapelle e poi spaccato la faccia al povero pazzo convinto di tale sciocchezza. E invece è proprio così: lui, uno degli ultimi Saiyan puri nell’Universo, un uomo che ha le mani grondanti di sangue e l’anima a brandelli per tutti i crimini commessi, adora passare il proprio tempo con la sua bizzarra famiglia, ed ama i momenti che i suoi vivaci bambini gli regalano.
Adesso, però, c’è una cosa in particolare che vuole fare. Una cosa che le bambine chiedono loro ormai da qualche mese, con quei faccini supplichevoli che lo spingerebbero a fare qualsiasi cosa. Se glielo chiedessero in quel modo, sarebbe capace di radunare le Sfere per chiedere a Shenron di materializzargli il famoso ircocervo ondulato, qualsiasi sia il suo ipotetico aspetto.
Dal momento, però, che hanno chiesto loro qualcosa di più semplice e decisamente fattibile, ha ben pensato di fare da solo.
Forse non è il momento più adatto, dal momento che sono tutti stanchi, e che loro devono ancora farsi la doccia prima di poter anche solo pensare di coricarsi, ma non gli interessa.
Dopo aver finito di armeggiare col trapano come gli è stato detto di fare da Micah, si sfila di dosso almeno i vestiti sporchi di dolce e Dio sa che altro, rimanendo così in boxer. In casa tanto non è insolito vederli girare in biancheria, quindi non shockerà nessuno.
«Sono crollati?» Domanda con un sorriso ad Everett quando lo vede passare per il corridoio. Non è ancora del tutto addomesticato, ma si sforza di dormire nella dependance almeno tre/quattro volte a settimana.
«Se Dio vuole…» Pure lui adora i piccoli, malgrado lo facciano non poco dannare. Per loro è dovuto andare contro alla propria natura, varcare un limite che l’ha lasciato mezzo distrutto per settimane, ma sente che ne vale la pena. Sono molto vivaci, sicuramente lontani dal tipo di personalità che preferisce, questo è vero, ma sono anche svegli ed educati, capaci di capire quando è il momento di mollare la presa o quando sono nel torto, e, considerata la loro età, è un risultato davvero apprezzabile.
Senza contare, ovviamente, che non lo temono né giudicano mai, ma che anzi sembrano volere il suo bene in modo costante, forse anche più di quanto non abbia mai voluto Darko.
«Domani slittiamo di un’ora?» Domanda prima che sparisca giù per le scale, sorridendo con riconoscenza al cielo quando l’altro gli mostra il pollice in segno di assenso. Riuscire ad allenarsi con lo stomaco che ancora tenta disperatamente di digerire le mostruose quantità di cibo e birra ingerite, in fondo, non sarebbe proprio il massimo.
Dopo pochi istanti, poi, un’altra porta si chiude, e Sherry appare nel suo campo visivo.
È visibilmente stanca, tanto che ha rischiato di addormentarsi lei stessa mentre leggeva loro la favoletta della buonanotte, ma non le pesa. Per quanto si sorprenda da sola, le piace fare la mamma, occuparsi di qualcun altro in modo costante, assicurarsi che abbia tutto ciò di cui ha bisogno, che sia felice. Ed è oltremodo felice che quei piccoli combina guai siano figli di Radish, dell’uomo che tanto le ha stravolto la vita, e che ora la guarda con un amore sconfinato negli occhi.
Ma c’è anche qualcos’altro nei suoi occhi d’onice, qualcosa che non riesce a catalogare. In genere significa che ha combinato qualcosa, e non sempre le sue trovate le vanno particolarmente a genio. Di sicuro non le vanno a genio quasi alle undici di sera dopo una giornata di festeggiamenti.
«Ho una piccola sorpresa per te.» Annuncia con orgoglio, allungando in avanti un braccio per poterla afferrare e tirarsela addosso.
«Tu fai una sorpresa a me il giorno del tuo compleanno? Sai che non è così che funziona, vero?» In realtà da una parte muore dalla curiosità di sapere cosa possa essersi inventato, mentre dall’altra è terrorizzata dall’idea che possa aver fatto qualcosa di veramente stupido, soprattutto perché si è messo a trafficare col trapano proprio in camera loro.
«Non hai ancora capito che faccio come mi pare, vero?»
«Continua pure a ripetertelo, Donkey.»
Non sono cambiati, loro due.
Sono sempre i soliti attaccabrighe innamorati che sono stati sin dal principio, continuano a litigare per delle scemenze, e a fare pace nell’unico modo che conoscono, sono sempre pronti a prendersi in giro e a farsi scherzi tanto quanto di prendersi cura l’uno dell’altra.
Loro sono così, e diventare genitori non li ha cambiati. Al massimo, si sono trovati ancora di più uniti.
Sempre con quell’espressione strafottente ed orgogliosa, Radish apre la porta di camera loro, rivelandole il suo interno.
Non ci sono modifiche, i mobili sono sempre tutti intatti e non è crollata alcuna parete. Al massimo i vestiti sporchi sono stati messi diligentemente nella cesta dei panni da lavare, ma a parte questo non nota niente di particolare.
«Dopo tre anni hai imparato a mettere i panni nella cesta? È questa la sorpresa?»
Non le risponde, malgrado la voglia di dirle che si sbaglia, visto che è una cosa che ha imparato a fare quasi sempre dopo circa un anno, così come ha imparato a riabbassare la tavoletta. Sarebbe inutile puntualizzarlo, però, lo sa, perché tanto lei si aggrapperà sempre e comunque a tutte le volte in cui invece lo scorda, così si limita a spegnere la luce.
La stanza, di colpo, rimane debolmente illuminata da un’insolita luce azzurrina da sopra il grande armadio a parete.
«Ma che…?»
Eccola lì, la sua sorpresa, luminosa e dolcissima come non si aspettava assolutamente: l’insegna del Neon.
Radish le arriva silenziosamente alle spalle, e le circonda la vita sottile con le braccia possenti, stringendola a sé.
«Ha chiuso un paio di settimane fa, ricordi? Forse per i morti che ci scappavano di tanto in tanto, non lo so.»
«E perché avresti rubato la scritta?» Lo sa bene perché l’ha fatto, non è certo stupida.
Perché Radish, seppur generalmente a modo molto suo e molto raramente, è capace di gesti molto romantici, di quelli che la lasciano senza fiato e la spingono a volergli dare ancora di più di quanto non faccia a cose normali.
«Non sperare che lo dica.»
L’ha presa perché è lì che si sono conosciuti, perché è lì che le loro vite sono cambiate in modo irreparabile, e lui non poteva tollerare che venisse buttata in una discarica.
«Ti sei meritato un altro regalo…» Mormora languidamente in risposta, allungando la testa all’indietro per poterlo baciare.
«Lo immaginavo… ma non ho ancora finito.» Non si allontana dalle sue labbra, sussurrando le parole sulla paffuta curva del labbro inferiore.
È però lei a doversi separare, quando le mette davanti al petto il palmo aperto della mano destra. Lì in mezzo, un piccolo cerchio d’oro bianco con uno zaffiro e piccolissimi diamanti a circondarlo.
Fern gli aveva già rotto i coglioni in più occasioni perché, secondo lei, doveva regalarle almeno un gioiello. Stando a sentire lei, sarebbe stato un gesto da fare già dopo la nascita dei gemelli, ma lui non è mai stato a sentirla. La sua Sherry non è tipo da gioielli; è già tanto se indossa saltuariamente la catenina d’oro che la donna le regalò anni addietro, figurarsi altre cose.
Ma poi è successo che, dopo aver visto le fotografie a casa di zia Chichi, le loro figlie abbiano cominciato a chiedere di vedere le loro foto del matrimonio, per poi insistere che anche loro si sposassero come avevano fatto la zia e tante, tante altre coppie a loro vicine.
Hanno cominciato ad insistere, a chiedere ripetutamente loro di sposarsi con una bella cerimonia, con tutti i fiori e il vestito bianco, e i loro faccini imbronciati quando rispondevano “si vedrà, un giorno” o simili, gli stritolava il cuore. Perché mai negare loro qualcosa che, alla fine, a loro non dispiacerebbe? Non dovranno neanche stressarsi per l’organizzazione, perché tanto hanno decine su decine di persone più che disposte a farlo al posto loro. Al massimo, se proprio vogliono trovare un problema, sarà l’evitare che facciano le cose troppo in grande o che, più probabilmente, si prendano a mazzate pur di avere più cose da organizzare.
Così si è deciso, Radish.
Si è deciso a fare le cose in modo più tradizionale, a darle un qualcosa che, secondo lui, merita: una cerimonia con tutte le persone che le vogliono bene, che vogliono bene ad entrambi.
«Mi vuoi sposare, di nuovo?» Scherza con un sorrisone, divertito dalla sua espressione stralunata. Non è del tutto certo che gli dirà di sì, non dal momento che ha un’espressione molto simile a quella che ha quando la fa incazzare in qualche modo, ma capisce che decisamente non lo è quando, con un movimento fulmineo, si rigira e gli allaccia le braccia al collo, baciandolo con bruciante trasporto.
«È un sì?»
«Sì, cazzo, sì!»
La solleva tra le braccia, facendosi allacciare le gambe alla vita, e la conduce come meglio riesce verso la porta del loro bagno, senza mai interrompere il bacio.
Quale modo migliore di festeggiare, adesso, se non insaponandosi a vicenda sotto il getto rilassante dell’acqua calda? Beh, forse niente, peccato solo che non avranno modo di scoprirlo, perché…
«MAMMAAA!!!»




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma buon nuovo anno a tutti quantiii! 😄🎊🎉
Come avete festeggiato ieri sera? Sbronza epica sul divano, o a dormire? Qui non ho avuto grandi possibilità di scelta: da sola in casa con il cane e i miei che dormivano, e sono astemia. A parte provare a buttar giù una one-shot rossa con Radish protagonista (che potrebbe anche diventare l’inizio di una nuova storia, ma non saprei come svilupparla🤬), non ho avuto davvero nient’altro da fare. Che vita triste… 😢
Anyway, che ve ne pare di questo capitolo transitorio? Ammetto che non sia esattamente tra i miei preferiti, poiché davvero tanto di passaggio, però, boh… diciamo che mi ha intenerita scrivere delle loro scene. Non so perché, ma un eventuale Radish resuscitato, secondo me, sarebbe diventato un buon papà. Ho problemi, lo so 🤪
Spero che comunque un pochettinoinoinoino vi sia piaciuto!

Alla prossima settimana col penultimo capitolo
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼


PS: Piccole informazioni extra! 🤓
• I nomi completi delle gemelle sono: Son Alaska Sarada e Son Kahlúa Chaya. (Alaska è un tipo di vodka, mentre Kahlúa è un liquore al gusto di caffè)
• Per essere puntigliosi fino alla fine, ecco gli attuali cuccioli (e quelli che nasceranno a breve) amici dei piccoli Shedish:

Bree(+Micah) e Mimì
Magnus e Chuck (Segugi)
River e Cloe
Axel e Giselle (Cacciatori)
Maddox e Becca
Amos e Maximilian, e in arrivo Monet e Zelena (tutti Cacciatori)
Major e Domino
Hana e Moira (Segugi)
Camila e Timo
Kit, Reid e Wendy (Alpha, Cacciatore, Segugio)
(Aphophis+)Zara e Russel
Julian e Adrian (Alpha)

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Capitolo 54
*** Capitolo 53 ***


Prima di iniziare, ci tengo a ringraziare in particolare Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 42 e Kiira_kun per aver recensito il 29! 💛
Ringrazio inoltre anche tutti coloro che leggono silenziosamente e chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Siete dei tesori!💚

Avvertenza❌Capitolo lunghissimo, 59 pagine. Prendetela con calma!

 

𝟝𝟛. 𝒬𝓊𝒶𝓃𝓉𝑒 𝒸𝑜𝓈𝑒 𝓅𝑜𝓈𝓈𝑜𝓃𝑜 𝒸𝒶𝓂𝒷𝒾𝒶𝓇𝑒 𝒾𝓃 𝓈𝑒𝓉𝓉𝑒 𝒶𝓃𝓃𝒾



Quella mattina, che adesso gli sembra maledettamente lontana e remota, Radish si era svegliato davvero di buon umore. No, non buono, ottimo.
Le cose andavano bene da mesi, ormai; non solo non c’erano più state scaramucce con Sherry, ma addirittura solo una decina di battibecchi più o meno pesanti con Everett! Solo per questo poteva dirsi già soddisfatto.
I suoi figli poi sono cresciuti forti e vivaci, i risultati e le soddisfazioni da parte loro non sono tardate ad arrivare, e questo, oltre a renderlo molto più che soddisfatto, lo ha reso incredibilmente fiero.
Non erano però questi due importanti traguardi raggiunti nel tempo a tenerlo tanto su di giri, quando l’imminente ritorno di suo fratello. Seppur consapevole che sarebbe rimasto solo ventiquattro ore, un po’ come del fatto che sicuramente Chichi se lo sarebbe tenuto tutto per sé il più possibile — fatto che ha portato moglie e amici a scherzare sul probabile arrivo di un terzo nipote —, Radish si è sentito terribilmente felice alla sola idea di poterlo rivedere. Voleva presentargli Sherry e i suoi figli, raccontargli in breve come la sua vita sia drasticamente cambiata, e magari anche presentargli Everett, Mordecai, Blackwood e tutti gli altri, tanto curiosi di conoscerlo. Sicuramente presentarlo ad Everett sarebbe stato un grosso errore, poiché il maggiore non avrebbe certo perso tempo per fare paragoni per farcelo rimanere quanto più male possibile, ma la consapevolezza che Sherry gli sarebbe saltata alla gola e lo avrebbe rimesso in riga come un ragazzino lo avrebbe ripagato alla grande.
Il suo umore è però drasticamente sceso con quella che è stata la prima vera lite con Sherry da circa due anni. Una lite seria, un qualcosa che lo ha ferito dentro e che lo ha portato a dirle delle cattiverie pesanti, ad andarsene di casa senza salutare nessuno sbattendosi la porta alle spalle.
Il problema è sorto quando non gli ha permesso di portare i bambini al Torneo Tenkaichi.
Si è impuntata come forse non aveva mai fatto nei suoi confronti, si è messa a gambe larghe a fare da scudo alla prole impaurita e rattristata dalle loro urla, e poi lo ha colpito con uno schiaffo a mano aperta quando ha provato a spostarla. Solo a quel punto Everett è scattato, si è piazzato tra i due ed ha ordinato ai piccoli di andare nella sua dependance ad aspettarlo. Li ha tenuti a distanza, loro due, intimandogli di andare ad urlarsi addosso da un’altra parte, lontani dai figli, ed è a quel punto che Radish l’ha mandata al Diavolo e se n’è andato, quasi scardinando la porta d’ingresso tanto è stato violento.
Prima di volare via ha visto i visetti tristi dei bambini attaccati alla finestra, i volti delle piccole rigati di lacrime, e questo lo ha solo fatto infuriare di più. Non gli avrebbe mai permesso di portarli da nessuna parte solo perché aveva un brutto presentimento.
Un brutto presentimento del cazzo gli ha impedito di portare i suoi figli a conoscere suo fratello! Non gliel’avrebbe fatta passare liscia, non l’avrebbe perdonata facilmente, anche se la soluzione al problema era assai semplice e pure lei gliel’aveva proposta, usando un tono quanto più ragionevole e pacato possibile, un po’ come quello che usa in genere con i bambini per spiegargli un qualche concetto per loro un poco più ostico.
L’ha davvero detestata come non pensava potesse mai fare.
Quando poi i suoi amici hanno notato l’alone furente che lo circondava, si è limitato ad un grugnito scocciato in risposta. Pure la voglia di parlare col fratello era scemata, soprattutto perché l’aura della sua famiglia e del resto del branco era di colpo sparite. Li aveva fatti mutare e in quel momento qualcosa gli ha suggerito che non fosse per portarli a caccia.
C’era un qualcosa dentro di lui che gli urlava a gran voce che la situazione non era affatto idilliaca, che tutto sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro, ma non ha voluto badarci.
Solo ore dopo si è reso conto che quella altro non era che la voce di Sherry. La sentiva nella testa e nel cuore, sentiva la sua paura, quella di una madre, una moglie e una Regina che deve preoccuparsi per la sicurezza di tante, troppe persone tutte assieme, e che si rende conto quando la situazione sta prendendo la piega sbagliata. Un istinto innato il suo, un qualcosa che Radish non ha mai avuto e alla quale non ha mai badato troppo. La riteneva semplicemente paranoica, di tanto in tanto, probabilmente anche a causa di tutte quelle diverse coscienze e personalità che ha ingurgitato nel corso di quasi venticinque anni, ma ha dovuto dolorosamente ammettere con sé stesso che il cretino è stato lui, che è stato lui a sbagliarsi e a sottovalutare la situazione, a non voler dare peso alle sue preoccupazioni.
Ne ha avuto il dubbio durante il Torneo, quando le cose hanno cominciato a farsi strane, e ne ha poi avuto la totale certezza quando Vegeta è impazzito ed ha ucciso dei civili.
Malgrado lo stupore e l’angoscia, però, è riuscito a mantenere la mente abbastanza lucida da mandare un breve ma significativo messaggio ad Everett. Gli ha infatti ordinato di rimanere tutti nei loro Territori, di non muoversi da lì fino a nuovo ordine, e di farci rientrare tutti quanti. Un piano semplice di cui avevano già discusso in una notte in cui entrambi non riuscivano a chiudere occhio, e che poi hanno perfezionato negli anni.
Consapevole così di non doversi preoccupare anche per loro, poiché era un piano ben studiato nel tempo, ha potuto concentrarsi su ciò che stava succedendo attorno a lui. E ne è rimasto quasi terrorizzato.
Già vedere Vegeta in quelle condizioni, rendersi conto di ciò che si portava segretamente dentro, doverlo combattere per ucciderlo, è stata una delle peggiori esperienze che potesse vivere, ma trovarsi anche di fronte ad un mostro che non poteva battere, qualcuno che li ha messi tutti in ginocchio, è stato sicuramente peggio.
Ma non si è tirato indietro, non poteva. C’erano troppe cose in ballo per poter anche solo pensare di tirarsi indietro.
Da un momento all’altro, poi, ha cominciato a sentirsi sinceramente male, tanto da dover lasciare deliberatamente campo libero ad redento Vegeta per potersi un poco riprendere, per riuscire ad abbassare la maledetta e faticosa barriera tra lui e Sherry, e potersi così concentrare di nuovo.
Sperava sinceramente che questo fosse l’unico problema, soprattutto perché non si trattava di certo di qualcosa da niente, ma la Dea Bendata ha voluto tirargli l’ennesimo colpo basso, perché a quel punto si è ritrovato con Shiraz e Jerez tra i piedi.
Cosa abbia fatto pensare ai due bambini che buttarsi nella mischia fosse una buona idea, proprio non lo capirà mai. E pensare che si sono sempre mostrati svegli, che Shiraz ha dato più volte prova di un gran cervello e un discreto auto-controllo, che lo ha reso capace di ingabbiare e controllare anche l’indole assai aggressiva del fratello e degli amici più grandi, che sennò avrebbero provocato un numero abbastanza consistente di danni. Cosa abbia fatto credere proprio a lui, il piccolo genietto della cucciolata, che fosse una buona idea scappare per combattere contro Majin Bu, davvero non lo capirà mai.
Mentre gli adulti combattevano al massimo delle loro capacità ed anche di più, i gemelli, dopo una sonora batosta iniziale, hanno ben pensato di dare una sbirciata nel sangue di Goten e Trunks, così da poter imparare la loro stessa tecnica. Perché se loro potevano farlo, non c’era motivo per cui non dovessero riuscirci a loro volta! Sono per metà Spettri e per questo hanno più difficoltà nel padroneggiare il ki, ma questa non è certo una scusa, non per i prìncipi del Nord. Così, in barba al furioso ordine del padre che prevedeva il ritorno a casa con la coda tra le gambe, hanno dato vita a Shirez. Che la loro fusione sia stata d’aiuto questo è decisamente fuori discussione, che li abbiano lasciati di stucco trasformandosi in Super Saiyan per la prima volta anche, ma la loro giovanissima età, l’insufficiente forza fisica dovuta proprio a quest’ultima, e la difficoltà ad incanalare il ki per via del loro sangue, ha impedito loro di uscirne bene.
Radish non ha capito più niente nel vederli a terra, privi di sensi. Non sapeva come allontanarli da lì, come metterli al sicuro, come farli rintanare di nuovo al Nord, al sicuro e lontani da ogni pericolo, finché non son corsi in suo soccorso Everett e Blackwood.
Il Beta è assai migliorato negli anni, dando un’ulteriore prova di capacità fisiche ben al di sopra della media della sua gente, soprattutto grazie ai suoi immani sforzi per riuscire a mantenere una forma ibrida durante il volo, cosa che l’ha reso ben più potente di un mostro del calibro di Piccolo.
Lui e Radish hanno così unito le forze, spingendosi ancora più oltre i propri limiti. Sapendo entrambi i movimenti necessari, ed essendosi allenati fino allo stremo per combattere in modo quanto più preciso e simultaneo possibile, hanno pure tentato il tutto per tutto sperimentando la fusione.
Che potesse nascerne qualcosa di significativamente buono, davvero non se lo aspettavano, eppure è stato così. La potenza distruttiva del Saiyan, amplificata dalla visione dei figli in serio pericolo e dal pensiero della compagna sofferente, unita al sangue miracoloso di Everett e alla sua incrollabile tenacia, hanno dato vita a Everish.
Blackwood, che si riprendeva dai violenti attacchi subiti e pensava al contempo a come portare via i piccoli eredi, ha potuto assistere, seppur per poco, a ciò che un giorno diventeranno separatamente quei due piccoli combina guai… e gli ha messo i brividi. Ma non c’era tempo per star lì ad osservare quella bestia feroce combattere contro il maledetto mostro rosa big bubble, doveva portare via i gemelli, tornare a casa per calmare come meglio poteva il branco e, soprattutto, la disperatamente preoccupata famiglia del Nord. Il suo unico pensiero sensato, in quel momento, è stato: Avrete anche compiuto dei miracoli, voialtri… ma cazzo se vi trascinate dietro un numero assurdo di drammi!
Quando poi Everish ha visto il Re con i piccoli stretti ancora uniti dalla fusione tra le possenti fauci, è riuscito a tirare il primo vero sospiro di sollievo. Con i cuccioli al sicuro, era certo di poter fare ogni cosa.
C’era però quel dolore sempre presente che non riusciva in alcun modo ad arginare a distrarlo, ma col senno di poi non è stato neanche un problema troppo grande. Il problema che li ha buttati a terra, infatti, è stato di tutt’altra natura: il tempo della fusione si è esaurito, con esso le energie dello Spettro e, ciliegina sulla torta, la Terra è stata distrutta da Majin Bu, e con lei pure la sua intera famiglia.
Radish è rimasto a corto di fiato, incapace di muoversi, di reagire alle provocazioni di Vegeta fatte al solo scopo di dargli una smossa. Già la consapevolezza di aver perso ciò a cui teneva di più in assoluto gli stritolava il cuore in una morsa insopportabile, se poi ci aggiungeva l’idea di aver pure dovuto lasciare indietro Everett si sentiva soffocare.
Ma doveva farlo, doveva trovare un modo per stringere i denti e uccidere quel maledetto mostro che gli aveva portato via tutto, così da poterselo riprendere. Non poteva certo permettere che tutto finisse così, che la sua famiglia gli venisse strappata dalle mani, che i suoi figli non potessero crescere, che Everett avesse ragione quando gli dava scherzosamente dell’incapace. Non poteva permettere che le ultime parole rivolte a Sherry fossero tanto piene di bile e risentimento, che l’ultima immagine del suo viso fosse distorta dalla rabbia. Dovevano vincere, doveva impegnarsi ancora di più per farcela così da poterle chiedere scusa una volta risolta la situazione, per poterla abbracciare di nuovo, per poter stringere ancora una volta i suoi figli.
Quando ripensa che non li voleva, che la paternità da un lato lo terrorizzava e da un lato quasi lo disgustava, non può fare a meno di darsi del cretino. Loro sono la parte migliore di lui, sono una parte enorme del suo cuore, quello che gli è uscito dal petto per poterli accompagnare sempre. Doveva vincere per loro, doveva permettergli di avere quel grande futuro che lui stesso gli aveva promesso il giorno della loro nascita, e per questo si è battuto ancora più duramente, si è fatto spezzare quasi tutte le ossa che ha in corpo assieme a Vegeta, così da permettere a suo fratello di distruggere quel maledetto mostro una volta per tutte.
Quando poi sono infine tornati sulla Terra, al Tempio di Dio, si è sentito strano. Non bene, non male, unicamente strano, come se la consapevolezza che, una volta tornato a casa, avrebbe potuto trovare un’accoglienza tutt’altro che calorosa da parte della moglie lo paralizzasse anche a livello emotivo.
Ma questa paralisi era destinata ad avere vita molto breve: vedere le famiglie riunite, le mogli che piangevano di gioia nel rivedere i propri mariti, i figli che quasi scoppiavano tant’erano felici, gli ha fatto capire che no, Sherry non avrebbe provato a fargli del male. Non troppo, almeno. Sicuramente gli avrebbe tenuto un po’ il broncio, esattamente come ogni altra volta in cui ha ragione e lui torto.
«Ah, Radish? Adesso puoi spiegarmi chi erano quelli che prima ci hanno aiutati in combattimento? Anche il grosso cane!»
Alle parole del fratello minore, ogni singolo dubbio scivola lontano, disperdendosi nel vento.
Suo fratello, il suo prodigioso fratellino, non ha capito un cazzo. Okay non potersi fare alcuna idea su Everett, come avrebbe potuto? Non gli ha chiesto niente neanche quando hanno avuto la possibilità di interagire un poco, comportandosi come se fossero vecchi amici — infastidendo così il maggiore, sia momentaneamente poco disposto a fare amicizia, che naturalmente poco propenso ad interagire con chicchessia.
Sforzandosi, però, capisce che sul suo conto possa farsi delle domande, soprattutto ora che la situazione è tranquilla… ma i bambini?! Passa — più o meno — Jerez, che non gli assomiglia particolarmente, ma Shiraz! È uguale a lui, solo più piccolo e con i muscoli ovviamente ancora acerbi. Come ci si può chiedere chi fossero? Si sono pure trasformati in Super Saiyan! Di cos’altro può mai avere bisogno ‘sto rincoglionito per riuscire a mettere insieme i pezzi?!
Non vuole saperlo, è sicuro che qualsiasi risposta gli suonerebbe assurda e lo farebbe preoccupare per i loro geni in comune.
Che anche io risulti tanto scemo agli occhi degli altri?, a questo pensiero rabbrividisce vistosamente, trovando di colpo ancor più imbarazzante l’idea di dover poi incrociare lo sguardo di Everett. Lo guarderà con quella sua insopportabile falsa incredulità mista a strafottenza, che vuol unicamente dire: “Vedi che avevo ragione, idiota?
Di colpo, poi, l’idea di prendersi dei meritati calci nel culo dalla moglie diventa molto più allettante del dover sostenere lo sguardo del cognato. Dai, magari è rimasto morto… mh, non credo che così mi andrebbe troppo meglio. Come minimo spargerebbe voci sulla mia idiozia per tutto l’aldilà. Cazzo… dopo tutti questi anni, ancora non ho trovato un suo fottuto punto debole per ricattarlo!
Sospira con forza, arrendendosi all’evidenza: per un motivo o per un altro, verrà perculato. Tanto vale, quindi, affrettare i tempi e scoprire il prima possibile quale sarà tale motivo, così da risparmiarsi pure l’angoscia dell’attesa. Prima o poi ti frego, stronzo.
«Se vieni con me, te lo faccio capire.» Afferma con un sorriso beffardo, portandosi sul limite della piattaforma. In realtà, eviterebbe più che volentieri di portarsi dietro anche uno solo di loro, volendo più di ogni altra cosa isolarsi con la propria famiglia, ma conosce sin troppo bene la sua gente. Se vedranno suo fratello — e Mister Satan, Videl e quel mostro-non mostro — con lui, li accetteranno più di buon grado nel gruppo, si lasceranno avvicinare e capiranno, anche senza il bisogno di dirlo, che ci sono nuovi piccoli limiti da non superare.
Si volta con un sorrisetto verso Piccolo, fissandolo con insistenza.
Il Namecciano, che dentro sa cosa vuole, finge di non rendersi conto del suo sguardo invadente. Per quanto negli anni si sia abituato agli Spettri, arrivando pure ad apprezzarne qualcuno, non è che muoia troppo dalla voglia di andare ad infilarsi nella loro tana. Non ha neanche particolarmente voglia di vedere i quattro vivaci principini, che sembrano averlo preso anche troppo in simpatia. Simpatia che poi sfocia sempre in curiosità morbosa riguardo il suo sapore. La prossima volta che mi chiedono di staccarmi un braccio, lo faccio e ce li massacro!
Alla fine però cede, ricambiando lo sguardo dell’amico.
«Beh?»
«Non penserai davvero di rimanere qui, ve’?»
Sapeva che sarebbe andata così, era scontato. Più persone conosciute andranno con Radish, più saranno distratti. E Dio solo sa se è necessario che siano distratti, quando gli entreranno in casa!
«Cosa ti ho fatto di male?!»
«Muoviti, forza.» Ridacchia appena, prima di voltarsi verso Gohan.
In quegli anni il loro rapporto si è vagamente rafforzato, ma non quanto quello tra il Mezzosangue e Tristan. Loro due sono diventati sinceramente migliori amici, hanno un rapporto praticamente fraterno ormai. Ma non per questo Radish adesso lo vuole con sé.
Lo vuole con sé perché non è scemo, ha capito benissimo cosa sta venendo a crearsi tra lui e la bella ragazzina al suo fianco… e di certo è bene che sia un concetto chiaro anche agli altri.
«Oi, Nerd! Conviene che vengano anche loro, sai? È bene che tutti apprendano subito la faccenda, così da evitare problemi in futuro.»
Arrossisce di colpo, Gohan, irrigidendosi da capo a piedi. Certi argomenti ormai li affronta solo con lo Spettro, che sotto questo aspetto è ben più avanti di lui.
«Ma—»
«Theo.»
Se fino a mezzo secondo prima era convintissimo ad evitare di scandalizzare la giovane e il padre con altre shoccanti novità, di colpo è strettamente convinto che sì, debbano assolutamente sapere subito.
Non che abbia parlato con Videl del loro rapporto, non ce n’è stato tempo, ma è abbastanza ferrato in campo “Spettri” da sapere che, nel suo caso, è bene che li vedano insieme il prima possibile.
«Sì, forse è meglio se venite con noi, giusto un paio di minuti…»
Nessuno, in realtà, ha veramente voglia di trascinarsi fin nei Territori del Nord — o anche solo a casa di Radish —, ma le particolari circostanze li spingono a seguirlo quando il Saiyan salta giù dalla piattaforma.
Alcuni vogliono scambiare quattro chiacchiere con Everett, così da capire quando abbia imparato a muoversi in quel modo, quando sia riuscito a tenere il passo di un Saiyan, quando sia diventato così preoccupantemente forte; alcuni vogliono assicurarsi che i nipotini stiano bene; alcuni vogliono rivedere gli amici, tanto pazzi e sprezzanti del pericolo da buttarsi in campo con la stessa facilità e spensieratezza con cui si butterebbero in piscina. Marron rientra a pieno titolo in quest’ultima categoria, dal momento che ogni volta non vede l’ora di poter rivedere Jerez. Lei, nella sua ingenua mente di bambina, pensa che sia un segreto, ma la verità è che tutti si sono resi conto della sua cottarella.
Radish, nel frattempo, non ha ben chiaro dove andare.
Portarli subito al Nord, senza prima assicurarsi che in casa non ci sia nessuno? O andare prima a casa, rischiando così di perdere tempo?
Per quanto si mostri calmo, quasi scazzato, dentro sta urlando a pieni polmoni. Vuole rivedere la sua famiglia, vuole riabbracciare i suoi figli, vuole stringere a sé Sherry, implorarla di perdonarlo per il suo comportamento e baciarla fino a consumarle le labbra — non necessariamente in questo ordine.
Nel momento esatto in cui sta per virare per dirigersi al Nord, avverte per un breve istante un’aura a lui molto familiare, e questo gli basta per volare a tutta velocità verso casa. Perché si trovi lì anziché al Nord a terrorizzare anche i sassi con il suo sguardo incazzato, non lo sa, ma non ci tiene veramente a saperlo. L’unica cosa alla quale vuol pensare, adesso, è come rabbonirlo dopo averlo lasciato indietro come l’ultimo degli stronzi.
«Ehi, Radish! Dove stiamo andando?» Gli domanda ingenuamente Goku, non avendo neanche la più pallida idea di quanto le cose siano cambiate in quegli anni.
Non ha infatti idea che suo fratello si sia sposato, che abbia messo su famiglia, che abbia un numero impensabile di amici… che sia diventato il Re degli Spettri del Nord!
A conti fatti, non gli è neanche chiaro cosa sia uno Spettro. Per quanto ha visto, sa solo che una persona che suo fratello conosce sa prendere in parte l’aspetto di un lupo, e sa anche parlare con un lupo alto più di tre metri.
«A casa.» E mentre lo dice, plana verso il basso.
Gli fa sempre un certo effetto la parola “casa”, perché mai ne aveva avuta una per davvero.
Non aveva mai avuto un posto in cui fosse felice di tornare, un posto che lo facesse sentire bene, un posto dove poter essere sé stesso al cento per cento. E invece eccola lì, grande e sicura, con il capanno da una parte e la dependance di Everett dall’altra.
Il portico, dove davvero ha mangiato più volte con la famiglia e/o in compagnia degli amici proprio come aveva immaginato la prima volta che la vide, è pieno dei vasi di geranio di Fern. Stanno evidentemente morendo non solo perché Sherry non ha il pollice verde e non si sogna neanche di perdere tempo a prendersene un minimo cura, ma perché i loro figli ci hanno pisciato dentro in più di un’occasione. Perché lo abbiano fatto e perché le botte che ci hanno preso sopra non gli abbiano fatto capire che non dovevano più farlo, Radish non lo capisce. Bah, saranno masochisti!
I muri in mattoni chiari a vista sono sempre più coperti dal rampicante sempreverde, che curiosamente regge ancora. Non che sia del tutto certo che le due piccole calamità ambulanti abbiano provato ad uccidere anche lui, ma non è neanche del tutto certo che non si stiano adoperando per farlo. È sempre difficile capire cosa passi loro per la testa, soprattutto perché uno ha sempre quella finta aria innocente in volto, e l’altro è sempre troppo preso dal distruggere un po’ tutto ciò che gli capita sotto mano. Tranne i dinosauri col tutù delle sorelle. Quelli nessuno si sognerebbe mai di toccarli, soprattutto dopo che gli viene messo addosso il piccolo ed orribile tutù fatto con le loro perfide manine.
Durante il breve tragitto verso la porta, Radish ne raccoglie pure uno sulle scale del portico. Lo stegosauro col tutù tigrato di Kahlúa.
Guardandolo, con le due piastre in meno che la piccola gli ha staccato con un morso, gli si stringe il cuore. Potrebbe non essere tornata, potrebbe non essere tornato nessuno, potrebbe pure essersi immaginato di sentire quell’aura tanto distintiva.
Potrebbe aver perso ogni cosa.
Col cuore che gli batte all’impazzata nel petto, spalanca con forza la porta ed entra a cercarli. Se l’aura l’ha sentita davvero, qualcuno in casa deve esserci per forza.
Il resto del gruppo, alle sue spalle, si addentra in casa con poca convinzione. Pure per un estraneo sarebbe stato più che palese lo stato d’animo del Saiyan, e a nessuno verrebbe voglia di infastidirlo in qualche modo.
Pure Goku è rimasto stranito dalla bizzarra reazione del fratello, ma non tanto quanto dalla casa in cui sta entrando. Non aveva una casa sua, per quanto riesce a ricordare, e non aveva neanche la possibilità di prendersene una del genere.
Che poi, ad occhio e croce, non gli pare neanche nel suo stile. Da quando in qua, in fondo, a Radish piacciono i giocattoli da bambini?
Addentrandosi così con passo incerto, nota le fotografie incorniciate alle pareti e sui mobili di legno. Tante, tantissime fotografie, e qualcosa comincia a capirla sul serio.
Vede suo fratello circondato da persone che non conosce, tutte sorridenti e scherzose. Lo abbracciano, lo sollevano da terra, fanno la lotta come ragazzini, fanno improvvisate battaglie col cibo o stanno stravaccati in mezzo al prato o in piscina con delle birre in mano. In alcune ha alle spalle un paesaggio gelido e innevato, e in una sta seduto con una donna in groppa ad una strana bestia scura ad otto zampe.
Lo vede poi con in braccio dei bambini piccoli, tutti con uno sguardo sorprendentemente attento e vivace, e talvolta i loro occhi appaiono curiosamente di colori diversi.
Ce n’è una in particolare che lo colpisce, dove suo fratello tiene tra le braccia un neonato che pare la sua fotocopia in miniatura. Il braccio piccolo e delicato dell’infante è teso verso il suo viso, i suoi occhioni spalancati sembrano studiarlo con attenzione come se stesse tentando di capire qualcosa, e il Saiyan gli sorride con aria commossa quasi fosse sul punto di scoppiare a piangere.
Lo vede ritratto seduto in un salotto pieno di addobbi natalizi, il bambino che tanto gli somiglia che prova ad afferrargli la coda sulla quale è stato annodato un fiocco rosso, un altro che si arrampica sulle sue gambe mentre un paio di corna da renna gli scivolano sugli occhi, e due bambine più piccole con dei graziosi vestitini rossi tra le sue braccia, una che gli bacia la guancia e l’altra che gliela lecca.
C’è spesso una donna in tutte quelle foto, la stessa che adesso vede stretta tra le braccia di suo fratello. Ci sono solo loro due in questa foto particolarmente grande, alle loro spalle dei fuochi d’artificio, loro due vestiti con abiti semplici e bianchi, con una sottile catenina al collo con una piccola fascetta dorata come ciondolo; sembrano sul punto di baciarsi, e si guardano con un amore ed una felicità sconfinata negli occhi.
La sua attenzione viene poi catturata dalla visione di volti a lui davvero tanto familiari: vede Piccolo, un poco imbarazzato, che tiene sulle spalle i due bambini che sorridono felici all’obiettivo; vede la sua Chichi che tiene stretto tra le braccia un fagottino rosa, e lo guarda con le lacrime agli occhi; vede Gohan quasi del tutto seppellito sotto la sabbia, due bambine che ridono alla fotocamera mentre lui si scompiscia; vede Goten e Trunks mascherati da dalmata assieme ad altri bambini, tutti tenuti al guinzaglio da una Bulma mascherata da Crudelia De Mon per Halloween; vede la piccola e sorridente figlia di Crilin in groppa ad un lupo nero, che a sua volta ne tiene tra i denti uno più piccolo con la pelliccia marroncina; li vede tutti assieme, ma proprio tutti, dietro le spalle di Radish mentre questi, con espressione imbarazzata, soffia su quaranta candeline, “aiutato” dai due bambini e le due bambine, la donna delle altre foto stretta al suo collo che gli bacia con entusiasmo la guancia.
Vede la vita di suo fratello in tutte quelle fotografie: pranzi pieni di amici, talvolta anche con la sua famiglia e con Piccolo, feste in mezzo a delle radure con dei fuochi ad illuminare il circondario, quei quattro bambini che lo stringono e lo leccano sulle guance, i due maschietti tenuti in aria per le caviglie, le bambine che pisolano sul suo petto, lui stesso che dorme appoggiato ad un mastodontico lupo nero e bianco sotto l’ombra di un albero.
Chichi gli si affianca, aggrappandosi al suo braccio, mentre i ricordi di tutti quei bei momenti le ritornano in mente. Non avrebbe mai pensato che proprio Radish sarebbe stato in grado di regalare loro tanti bei momenti, ed invece ne è stato più che capace, dopo l’incontro con Sherry.
I rapporti con la cognata si sono fatti più accesi, tanto che non sono poi troppo rare le volte in cui l’altra riesce a ritagliarsi una mezzora per andare a farle visita. Negli ultimi mesi l’ha solo sentita per telefono perché “aveva qualcosa di grosso per le mani” e proprio non riusciva a ritagliarsi del tempo neanche per sé stessa, ma generalmente quando va a trovarla l’aiuta pure con le faccende, talvolta le porta la spesa e dei bei libri per i bambini — anche una console per i videogiochi, che lei però non ha apprezzato davvero. Le ha pure detto che, se un domani ne avrà bisogno, le terrà volentieri i ragazzi. Al tempo non ci aveva dato troppo peso, soprattutto perché i suoi figli sono praticamente la sua unica compagnia, ma ora che Goku è tornato…
«Sono cambiate un sacco di cose, tesoro mio, e adesso è il momento che anche tu entri a farne parte.» Mormora dolcemente al marito, notando solo in quel momento una fotografia che le fa aggrottare la fronte.
È più piccola delle altre, scattata con una polaroid, ed è stata messa ad incastro in un’altra cornice. Ciò che le fa aggrottare la fronte però non è certo questo, quanto il fatto che i due soggetti in questione stanno mostrando un qualcosa di a dir poco bizzarro.
Non fa però in tempo a domandare niente quando Radish scende di nuovo le scale, perché il Saiyan si catapulta senza dire una parola fuori di casa. Non ci vuole un genio per capire che sia a tanto così dallo strapparsi i capelli tanto è in crisi, e lei non ha alcuna intenzione di pungolarlo chiedendogli qualcosa.
Ormai ha spesso reazioni simili a quelle degli Spettri, e anche solo chiedere ad uno di loro come sta quando è evidentemente agitato quanto Radish, è un’idea assai pessima.
«Radish?» Lo richiama invece Goku, ovviamente inconsapevole che, senza volerlo, potrebbe rigirarglisi contro.
E in effetti è così, a Radish passa davvero per la mente di aggredirlo per potersi scaricare, ma un brontolio basso a lui tanto familiare riesce sorprendentemente a riportarlo con i piedi per terra.
Si volta così verso il gruppo, non sorprendendosi affatto di vedere Vegeta in posizione di difesa. Pure il Principe, infatti, è ormai anche troppo consapevole del carattere infiammabile degli Spettri, ed ora più che mai si rende conto di quanto starebbe male se pensasse che è successo qualcosa di male alla sua famiglia.
Radish, però, non gli dice alcunché, limitandosi infatti a rivolgersi a Mister Satan, probabilmente per la prima volta da quando lo conosce.
«Tu, baffone, occhio al cane. Sta arrivando Nuggets.»
Alcuni dei presenti ovviamente non possono sapere chi sia Nuggets, ma gli altri sì che lo sanno. È per questo che C-18 si affretta a richiamare la figlioletta, che invece continuava ad osservare con attenzione il fitto della vegetazione circostante. I suoi amici — Jerez! — giocano spesso ad acchiapparella, ed ormai anche lei è abituata a vederli sbucare da lì, sia in una forma che nell’altra.
«Marron, vieni qui, da brava.»
Un nuovo brontolio, ben più forte del primo, attira l’attenzione generale, e da dietro il capanno appare il tanto chiacchierato Nuggets. Dio solo sa quante volte hanno suggerito alla coppia che quello non sia esattamente un tenero animale domestico…
Loro, in realtà, se ne rendono pure conto, ma dopo che Radish ha dato il suo benestare per tenerlo — inconsapevole di cosa fosse —, come potevano toglierlo dalle braccia dei bambini? Beh, non potevano… ma Radish ha potuto dormire sul divano per tre giorni!
«Ma quello non è un puma?» L’uomo, in un lampo, si carica il cagnolino in braccio, mentre con lo sguardo segue i movimenti felpati del giovane felino. Ha ancora le chiazze sulla pelliccia, indice che si tratta di un cucciolo, ma sente che non sia una buona idea lasciare il povero ed indifeso Bee alla sua mercé. Ed ha ragione a pensarlo, perché Nuggets è il tipo di puma che va a caccia con gli eredi del Nord, mica un povero felino qualsiasi!
«Per noi è il gatto, va bene?! Credimi, qui non è certo la cosa più strana che vedrai.» Lo avverte con non poco nervosismo Radish, permettendo al gatto di strusciarsi un po’ contro la gamba.
Lo fa spesso perché gli vuol bene, e lui davvero non se ne capacita. Tende ad evitarlo il più possibile, e se può allontanarlo lo fa senza pensarci un istante di più; eppure quella bestiolina tanto amata dai suoi figli insiste.
«E togliti dai coglioni, su!» Non gli fa mai male, però, non se lo sogna neanche. È il gatto dei suoi figli, ed è certamente meglio questo che un cane come quello di Bree e Mimì.
Ormai in molti di quelli che vivono in superficie stanno prendendo bestie in casa. I bambini rompevano perché gli umani lo fanno, e così, esasperati, i genitori si sono diretti in massa in canili e gattili e si sono portati a casa delle bestioline. Ciò che sorprende di più, in realtà, è che nove bestiole su dieci siano ancora vive e in perfetta salute.
Nuggets, ovviamente, non è stato preso in quel modo. Anzi, erano stati pure categorici, di animali in casa non ne sarebbero dovuti entrare perché non avevano il tempo per occuparsene… eppure!
«Lascia stare, Nuggets. È solo una scimmia scema.»
Non credeva possibile che la voce di Everett potesse suonargli tanto meravigliosa, e invece è proprio così. Ora come ora, gli pare forse il più bel suono mai sentito prima d’ora.

«Everett
Per Radish è il suono della sua voce la cosa più bella, ma per le signore presenti… diciamo che di bello, nel vederlo con indosso solo un paio di pantaloni neri di cotone, c’è altro.
I suoi muscoli sono diversi da quelli dei guerrieri Z. Per quanto possa essere possente ed intimidatorio, risulta come più armonioso e slanciato. Il suo sguardo di ghiaccio incandescente, poi…
«Hanno lasciato un biglietto» afferma mentre si avvicina a Radish, ignorando volutamente i presenti «dicono di stare bene ma che usciranno solo quando ci saremo entrambi. Credo che si siano resi conto della scemenza che hanno fatto e vogliano tentare di spuntarla in un colpo solo.»
Il cuore di Radish si fa di colpo più leggero, tanto da convincersi che stia fluttuando beatamente nella sua cassa toracica. Stanno bene, pensa con enorme sollievo, sorridendo involontariamente. I suoi piccoli Diavoli incoscienti stanno bene, l’hanno sfangata, sono tornati indietro. Sicuramente sono tornati tutti indietro.
C’è solo una cosa che non gli torna, adesso: Everett sta evitando non solo lo sguardo dei presenti, ma anche il suo!
«Senti, io—»
«Non una parola.» Lo interrompe bruscamente, incenerendolo con lo sguardo «Sono troppo arrabbiato con loro due per potermi concentrare anche su di te.» Bugia, enorme e spudorata. La verità è che si vergogna come un ladro per quella danza ridicola che hanno dovuto fare per la fusione, e la consapevolezza che Blackwood, finito chissà dove, l’abbia sicuramente già raccontato in giro, lo manda in crisi. Considerati già morto!
Radish, però, non lo capisce.
Come potrebbe? Quando combattevano, l’ultimo suo pensiero era proprio quello di apparire ridicolo nel compiere quei movimenti. In ballo c’era davvero troppo per poterlo pensare anche un solo istante.
Quando, però, sarà di nuovo tranquillo e glielo faranno presente, perché è scontato che lo faranno, si vergognerà tanto quanto il cognato.
Esattamente come recitava il bigliettino trovato da Everett, un fischiettio allegro annuncia in lontananza l’arrivo del turbolento duo.
Un motivetto allegro di una canzone country che è entrata loro in testa per colpa di Chuck, e che adesso provano inutilmente ad esorcizzare fischiettandola. Ma è un espediente inutile, soprattutto per Shiraz. Con la memoria che si ritrova, infatti, è capacissimo di ricordarsi tutto ciò che legge, vede e ascolta. Una volta, per estrema noia, si era messo a leggere un quotidiano trovato nella casa dello zio; dopo una settimana, ricordava ancora perfettamente prima pagina, cronaca, recensioni, critiche musicali, tutto. Pure i necrologi! Ricordò il nome della prima moglie di un morto per più di un mese. E questo perché l'aveva letto una volta sola. Se per caso l’avesse letto due volte, avrebbe saputo elencare tutti i suoi nipoti in ordine alfabetico anche dopo anni.
Per colpa di Chuck è quindi costretto a risentirsi all’infinito nella testa Hillbilly Shoes. La nota positiva, almeno, è che si tratta di una canzone piacevole.
Per il duo il tempo pare essersi fermato.
Everett non sente neanche la voce di Goku che, dopo essersi portato al suo fianco, gli chiede e gli richiede chi sia. Ma non lo sente, non ora, non quando il suo udito è focalizzato totalmente sul rumore di piedi nudi sulla terra smossa, sul rumore dei salti contro le cortecce, su quello meraviglioso dei loro forti cuori che battono regolarmente.
Da un istante all’altro, poi, eccoli che sbucano dalla vegetazione.
Si tengono vicini, come sempre, ed hanno il solito passo sicuro, come se non fossero nei guai fino al collo. Shiraz tiene una lepre mezza spellata in una mano, e Jerez affila il proprio coltello da caccia col manico sporco di sangue fresco.
Per ingannare l’attesa erano andati a cercare qualcosa da mangiare un po’ per sé e un po’ per Nuggets, ma, di colpo, non hanno decisamente più fame. Il bel gattone, quindi, si beccherà la succulenta lepre tutta intera.
«E che cazzo! Con questa sono tre le volte in cui siete scappati, in un solo anno!» Urla Radish, che di colpo ha ritrovato tutta la propria forza e vitalità.
Ora che è sicuro che stiano davvero bene, può tranquillamente incazzarsi quanto vuole ed urlare tutto il suo disappunto.
«Sì, sono stufo anche io! La prossima volta compriamo un guinzaglio e li leghiamo, ‘sti dannati bastardi!» Gli dà man forte Everett, che però non può intromettersi come vorrebbe.
È vero, è come un secondo padre per i due, ed ormai ha perso il conto di quante volte si è preso cura di loro anche per giorni al posto dei genitori, ma in questi momenti si impone di mantenere una certa distanza. Lui è lo zio e il loro Beta, ma Radish è il padre e il loro Re. La differenza è assoluta e abissale.
«Siete tanto arrabbiati?»
Jerez non apre bocca, non ci prova neanche. Col suo carattere più che infiammabile, sa bene che non solo attaccherebbe ad urlare assieme a loro fino a scorticarsi la gola, ma probabilmente proverebbe pure a lanciare il coltello contro uno dei due. Piccolo si risentirebbe molto nel vedere una scena del genere, dopo tutti gli sforzi che ha fatto — e sta facendo — per fargli controllare la rabbia, senza contare l’ovvia e meritata punizione che si beccherebbe subito dopo. Meglio quindi lasciare campo libero a Shiraz, che da sempre è molto più capace di mantenere il sangue freddo e, forse anche in dose maggiore, di dire la cosa giusta al momento giusto. È sempre lui, infatti, a tirarli fuori dai casini.
«Arrabbiati?! Cazzo! Siamo furiosi! Avete idea di quello che mi— ci avete fatto passare con la vostra trovata?! E a vostra madre?! Aveva bisogno che le steste vicini, e invece avete preso il culo e vi siete buttati contro un mostro che poteva farvi fuori! Ma lo capite almeno cosa c’è in ballo? Lo capite?!» Sì, Radish è decisamente furioso.
Non che non sia fiero della forza e del talento che hanno dimostrato, sia chiaro, ma l’ordine di rimanersene buoni e nascosti era rivolto a tutti, compresi loro. Invece hanno fatto come volevano, gli hanno disobbedito, si sono messi in pericolo. Per quanto possa essere maledettamente fiero di loro — e cazzo se lo è! —, non può passarci sopra così facilmente.
Everett, di poco dietro di lui, non può far altro che sperare che continui su questa strada, che non si lasci abbindolare da quei faccini falsamente pentiti, e più di ogni altra cosa, non può far altro che sperare che il furbo principe non se ne esca con qualche sparata delle sue, di quelle capaci di rabbonire il padre in un nanosecondo.
«Noi volevamo solo essere forti e coraggiosi come te…»
E l’ha fottuto…
Non lo dice, Everett, ma il suo sospirare rassegnato e le braccia che gli ricadono pesantemente lungo i fianchi lo fanno per lui.
Perché è ovvio che adesso Radish mollerà la presa. L’ha appena toccato nel suo punto debole, elogiandolo indirettamente, e l’ha fatto con un’espressione così dolce e pentita che pure per lui è difficile credere che, in realtà, stia fingendo alla grande.
Perché lo conosce, Everett, e sa bene che a Shiraz non dispiace per niente ciò che ha fatto, figurarsi a Jerez! Piccole carogne bastarde…
«Siete troppo piccoli per essere come me!» Bercia Radish, cercando di non abbandonarsi alla disperata voglia di stringerli a sé.
Hanno rischiato davvero troppo, hanno fatto una scemenza enorme… eppure, guardandoli, non riesce più a trattenersi.
Per un solo, misero istante gli è sembrato come di rivedere i due lattanti sdentati che si affannavano tanto per andargli in contro quando tornava a casa, che gli sorridevano felici, che si addormentavano sul suo petto, che si sforzavano per comunicare con lui.
Ma loro non sono più due lattanti sdentati. Sono bambini forti e sorprendentemente indipendenti, svegli e già disposti a tutto pur di tenere al sicuro la loro famiglia.
Si china in basso, poggiando il peso su un ginocchio, e senza pensarci un istante di più allunga le braccia per afferrarli, stringendoseli al petto.
Non è solito farlo, soprattutto perché i due non sono tanto per gli abbraccia con lui o con lo zio, ma stavolta è inevitabile.
«Ma un giorno sarete molto meglio. Questo posso garantirvelo.» Quando si separa, non riesce a smettere di sorridere. Stanno bene, stanno benissimo… e sanno trasformarsi in Super Saiyan!
La cosa che lo fa godere anche di più, è che siano più piccoli sia di Trunks che di Goten e ci siano riusciti lo stesso. Ammira i figli del terza classe, Vegeta!
Passa le mani nei capelli di entrambi, spettinandoli. Beh, spettina Jerez e la sua sciocca cresta, ma per Shiraz è uno sforzo inutile. Ha i capelli così lisci che, anche dopo averli smossi, tornano sempre al loro posto!
«Promettetemi che non scapperete più.» Ordina, pur con scarsa convinzione.
I due rimangono in silenzio per qualche secondo, per poi guardarsi un breve istante gli occhi. I gesti che fanno subito prima di rispondere, fanno poi sospirare con rassegnazione il padre.
«Va bene.» Pigolano in coro, anche se dentro pensano: “Ma non cagare il cazzo, pà!”. E, in fondo, ma molto in fondo, hanno pure ragione: i loro genitori — ma più in generale quasi tutta la loro enorme famiglia — non gli forniscono proprio i migliori modelli di comportamento alla quale ispirarsi. Senza contare che hanno quasi sei anni, e a quell’età gli Spettri sono praticamente progettati per non dar retta ai genitori.
Radish, però, non è scemo, e anche senza l’udito degli Spettri ha capito che stanno mentendo. «Prima di mentire, tu ti sposti i capelli dietro l’orecchio destro, e tu ti mordi il labbro inferiore.»
«Grazie, padre, per queste informazioni. Ora non lo faremo più e riusciremo sempre a prenderti per il culo.» Lo sfotte apertamente Everett alle sue spalle, per poi aggiungere con più enfasi «Possibile che devo insegnarti proprio tutto?! Non si devono mai svelare le cose ai rivali!»
Per quanto, soprattutto alla luce dei recentissimi eventi, sappiano che dovrebbero temere il feroce zio, loro non lo temono proprio per niente. Un poco quando erano cuccioli e gli rompevano l’anima per giocare quando riposava, ma ora non più. Ora, per loro, è come un affascinante giocattolo formato gigante che li insegue per prenderli a calci nel culo… e sfuggirgli è davvero troppo divertente!
«Scusa, Radish ma… sono figli tuoi?!» Domanda titubante Goku, osservando i due bambini.
Di quello un poco più alto ne è quasi sicuro — sì, insomma, assomiglia davvero troppo al fratello per essere una coincidenza —, mentre l’altro… l’altro lo sta guardando con un’espressione che proprio non capisce. Non ci metterebbe la mano sul fuoco, ma è quasi del tutto certo che stia pensando ad un qualche modo per riuscire lì dove ha fallito Majin Bu.
«Ora ci arrivi?!» Gli bercia in risposta il maggiore, sgranando gli occhi per lo stupore e lo sgomento. Li ha visti combattere, li ha visti trasformarsi, due secondi prima Everett lo ha scimmiottato definendolo “padre”! Possibile che tu sia così scemo?!
Goku, però, non se la prende per il suo tono troppo acceso. Semplicemente si abbassa al livello di quelli che, ormai è chiaro, sono i suoi nipoti. Sorride felice, mentre un nuovo entusiasmo lo invade da capo a piedi.
Sono i figli di suo fratello, l’uomo che non riusciva ad apprezzare la vita sulla Terra, che non riusciva ad apprezzarne gli abitanti. Sono i suoi figli e, per quanto ha visto finora, li ama alla follia.
Ora vuole conoscere anche loro due, vuole sapere come sia successo, chi sia stato in grado di fargli cambiare idea, di far cambiare lui.
Gli occhietti chiari del nipote più basso, però, lo riportano alla realtà. I suoi occhi curiosi e indagatori, ed il fatto che gli si sia avvicinato per annusarlo.
Dopo un velocissimo esame preliminare, poi, il piccolo dà voce ad un dubbio che si porta dietro già da un po’: «Tu non dovresti essere tipo morto stecchito?»
«È una lunga storia.» Risponde per lui Radish, sorridendo bonariamente al figlio, che tutto è tranne che soddisfatto dalla sua risposta.
A giudicare dall’espressione corrucciata dell’altro, è evidente che non sia stata sufficiente neanche per lui. Preparati, Everett, perché sarai tu a dover rispondere alle domande di tutti, che io avrò troppo da fare per rabbonire tua sorella.
«Un riassunto veloce?» Incalza infatti Shiraz, inclinando un poco la testa di lato.
«Era morto e ora è vivo.»
«Woah, con calma, sennò mi perdo!» Esclama sarcastico Jerez, con quella sua faccetta da culo che torna a farsi sempre più prepotente.
La sua unica, mera distrazione, è la piccola Marron che corre ad abbracciarlo, felicissima di vederlo.
Vorrebbe tanto farsi portare in groppa, adesso, ma non è certa che chiederglielo sia una buona idea. Ogni volta che lo fa, in fondo, lui in tutta risposta le mostra le zanne!
L’unica cosa che può fare, quindi, è sperare che sia così di buon umore da farlo di sua spontanea iniziativa, cosa ormai sempre più rara.
Pure Trunks e Goten si avvicinano velocemente ai due, e cominciano subito a parlottare fitti fitti tra loro sul combattimento, su quello che hanno e non hanno fatto, su quanto sono stati veloci e forti… ed anche su quanto potrebbe essere interessante tentare nuovamente la fusione mischiando le coppie e vedere quale risulta più forte.
Mentre Radish spiega a Goku e ai terrestri — ed anche ad un poco attento Bu — le cose base che devono sapere, rimarcando per ben due volte al fratello il concetto che mai e poi mai devono essere definiti lupi mannari o licantropi, ad Everett sorge un nuovo dubbio.
I nipoti erano stati portati via da Blackwood, lo ricorda bene… eppure nei dintorni non c’è la sua traccia odorosa. Come possono essere finiti lì, senza di lui? E perché mai li avrebbe lasciati liberi di scorrazzare in libertà, considerando la minaccia che incombeva sul pianeta?
Un atroce dubbio si insinua nella sua mente, ma non vuole crederci, aggrappandosi disperatamente all’idea di essere troppo prevenuto nei confronti dei due nipoti.
«Per curiosità, come siete arrivati qui?»
Silenzio assoluto, di quelli che lasciano intuire chiaramente che la risposta non è proprio delle più positive.
I due prìncipi rimangono fermi al loro posto, rimuginando su come risponde senza mandarli totalmente in bestia. Peccato solo che, ovviamente, questo modo non esista, perché ciò che hanno fatto è decisamente molto più grave di quanto i due si possano anche solo immaginare.
«Per farla breve» Inizia Shiraz, mostrandosi quanto più calmo possibile «La prima volta abbiamo origliato la conversazione del Concilio, poi abbiamo ordinato ai Segugi di spargere il nostro odore in giro, mentre i Cacciatori e gli Alpha facevano crollare tutti i tunnel secondari per fare da ulteriore diversivo. La seconda volta, invece, abbiamo fatto franare noi il tunnel dietro a Black.»
«Oh mio Dio, avete corrotto anche tutti gli altri…» Sulle prime a Radish viene pure da ridere. Una risata di quelle isteriche, che però muore sul nascere quando, in pochi istanti, riesce ad assimilare quanto hanno detto. A quel punto, solo panico: «Oddio, ma siete scemi?! Vostra madre mi ammazzerà! E poi ammazzerà anche voi!»
Pure Piccolo, che volente o nolente ha passato parecchio tempo in loro compagnia, sa quanto i loro gesti siano stati stupidi. Se un Sovrano dà un ordine ben preciso, non puoi fare una cosa del genere, neanche se hai il suo stesso sangue… e loro due non solo lo hanno fatto, ma hanno coinvolto un numero impressionante di altri cuccioli! Infine, ciliegina sulla torta, hanno “assalito” il Re del Sud. Siete senza speranze…
«Se mostrassero rimorso?» Tenta così, ignorando volutamente gli sguardi confusi dei due bambini.
Il problema è che Jerez è sinceramente confuso dalla sua proposta, e così pensa bene di chiedere delucidazioni, shockando gli altri.
«Che cos’è?»
«Di’ che sei dispiaciuto.» Gli risponde il fratello, che ha provato il senso del rimorso solo pochissime volte in vita sua. Stavolta, decisamente no.
«Non è vero.»
«Menti!» Ringhia esasperato Everett, già a lambiccarsi il cervello su come mettere un’enorme pezza a tutta quella faccenda.
Lascerà che Radish si occupi di Sherry, ed è abbastanza sicuro di poter dire che se la caveranno tutti con niente, ma per Blackwood ha bisogno di un diversivo, qualcosa che non gli faccia pensare troppo di essere stato messo nel sacco da una coppia di cucciolotti. Per quante cose orrende possa aver fatto in vita mia, non mi meritavo una simile fine…
«Facciamo che è tutta una fuga unica?» Scherza con un gran sorriso Shiraz, beccandosi un duro colpo sulla nuca. Non che questo genere di cose gli diano fastidio, a stento se ne accorge, ma quando è il padre a colpirlo con la coda, si sente sempre un poco umiliato. Aspetta che cresco, poi ti ci prendo io a codate!
Se Everett pensa a quante cose dovrà dire ai nuovi arrivati, quanto dovrà faticare per mantenere il branco — ma facciamo anche tutti e due — in riga, gli ci viene quasi da piangere.
Fino a meno di sette anni prima viveva come un recluso nel territorio delle Fate, osservava il mondo con distacco per proteggere l’unica cosa alla quale tenesse, e adesso si ritrova con una famiglia sempre più grande alla quale badare e annessi e connessi.
Una famiglia che, però, lui adora con tutto sé stesso.
I suoi problemi sembrano voler aumentare ancora, perché alla loro sinistra, dal fitto della boscaglia, sbuca timidamente una testolina coperta di brillante pelliccia dorata. È come un brillante spruzzo di Sole in quel verde, in quell’oscurità, ed il cuore del grande Spettro fa una capriola nel petto prima di ricadergli nelle viscere.
«Ma in quanti siete scappati?» Domanda un poco angosciato, senza però far niente per far capire al nuovo arrivato se farsi avanti o andarsene. Per quanto lo riguarda, quella è solo una sua scelta. Se sei abbastanza grande da decidere di scappare, lo sei anche per fare una scelta simile.
«Mh?» Si volta incuriosito, Shiraz, ed anche il suo giovanissimo cuore fa una capriola.
Era stato piuttosto categorico quando aveva detto che nessuno avrebbe dovuto seguirli, ma, in fondo, aveva già preso in considerazione che sarebbe andata così. Neanche lui sarebbe riuscito a trattenersi, e già riuscire a scappare una seconda volta è stata una prova durissima.
Si abbassa quindi su sé stesso, mutando mentre si sfila i pantaloncini leggeri, e si scuote un poco il vello sotto gli occhi incuriositi dei presenti. Il fatto che il suo nuovo zio si sorprenda e faccia ancora domande, gli fa pensare che non sia particolarmente sveglio, ma ora ha ben altro su cui concentrarsi. Una di queste cose, per esempio, è riuscire a gonfiare quanto più possibile il pelo un poco più lungo attorno al collo.
«Ehi, che ti prende?» Domanda Radish, preso in contropiede. Non è da lui fare così, mettersi in mostra in questo modo. Ma proprio mettersi in mostra in generale, non rientra nelle sue corde, preferendo da sempre lasciare la scena al più energico fratello minore.
Quando però il lupacchiotto non volta neanche il capo, né latra qualcosa in risposta, si sente sinceramente sorpreso. Neanche questo è da lui, dal momento che sembra godere fisicamente nell’avere l’ultima parola.
«Shiraz?» Prova così a richiamarlo, senza ricevere alcun genere di risposta.
Il cucciolo continua semplicemente a camminare, la coda che ondeggia leggera alle sue spalle, il manto nero che risplende alla luce del Sole ad ogni falcata.
Ed è proprio lì che sta andando, il giovane principe: dal suo Sole.
Cala uno strano e surreale silenzio mentre lo osservano avvicinarsi, così sicuro, così improvvisamente forte, deciso e adulto, e finalmente vedono chiaramente il secondo giovane lupo sbucare interamente dalla boscaglia.
Agli occhi dei nuovi arrivati è un esemplare sorprendentemente bello e aggraziato, col ventre snello e le zampe lunghe, la pelliccia chiarissima, accecante quando viene colpita dalla luce. Un vero e proprio raggio di Sole.
Non sono timidi gli Spettri, lo sanno. E sanno anche che questo giovane Spettro in particolare non lo è, malgrado spesso i suoi modi calmi e gentili suggeriscano il contrario, quindi non riescono a capire perché sia rimasto nascosto, anziché sbucare come una furia come fanno di solito.
Tutto pare immobile attorno a loro, sospeso, finché il lupo d’ebano non si avvicina quel tanto che serve all’altro per strusciargli la testa contro la sua, per stringersi al suo corpo sorprendentemente grosso e forte, per sedersi al suo fianco e lasciarsi coccolare a sua volta.
Le code si muovono velocemente dietro di loro, smuovendo l’erba, e il portentoso erede del Nord compie infine un gesto che, agli occhi di Everett, ha un significato davvero molto importante: seduti fianco a fianco, a strusciarsi le teste l’una contro l’altra, porta la zampa anteriore davanti al corpo dell’altra, poggiando appena le dita artigliate sulla sua zampa un poco più piccola, in un chiaro e folgorante segno di protezione e adorazione.
Sulle prime Radish cerca lo sguardo di Everett per avere risposte, ma quando lo trova totalmente pietrificato e con la bocca dischiusa, ripiega sul quella che è forse la fonte migliore.
«Tu! Parla.»
Non è sorpreso né dal comportamento dei due adulti, né da quello del fratello, per niente. L’unica cosa che lo sorprende, in realtà, è la sua assurda capacità di trattenersi dallo sparare prese per il culo a raffica.
«Mh? Ah, loro? Hanno fatto come te e mamma. E come i suoi genitori. E come te e nonna!» Risponde con una certa ovvietà, lasciando che Nuggets gli si strusci addosso.
«Lo— oddio…»
«Vuoi dire che…?» S’intromette Chichi, mentre il dubbio le si insinua velocemente nel cervello. Non ci credo!
«Oh, boia merda…» Commenta con un risolino isterico Everett, che finalmente ha trovato il tanto desiderato diversivo.
«Scusate, ma cosa succede?» Domanda Crilin, cercando di allontanare la figlia dal puma. Non che le farebbe mai niente, per carità, ma preferisce che eviti di giocare con animali selvatici più del dovuto.
«Hai detto una parolaccia! Paga!» Trilla allegro Jerez, riferendosi al barattolo delle parolacce che tengono in cucina. Lo svuotano in continuazione, e ci vanno sempre o a mangiare fuori o al luna park. Avere una famiglia scurrile a volte è un vero dono!
Radish si sta sforzando di mettere insieme un pensiero coerente tanto quanto si sta sforzando per dar loro una risposta.
«Succede che mio figlio, che compirà sei anni tra più di un mese, è ufficialmente fidanzato.» Non sa neanche come sia riuscito a dirlo tanto chiaramente, visto che nella sua testa suona in modo decisamente più assurdo.
«Cosa?!» Urla scandalizzata Bulma, scandalizzandosi poi ancora di più proprio per essersi scandalizzata per loro. Dopo tutti quegli anni, ormai, credeva di sapere tutto, di aver visto tutto… e invece ha appena assistito all’ufficializzazione di un fidanzamento reale tra due cuccioli. Pur non avendolo capito a pieno, in realtà ha appena assistito all’ufficializzazione di uno zing.
«Beh, così si spiega chiaramente l’unione col Sud…» Ridacchia Everett, che già si pregusta il dolcissimo momento in cui dirà al suo migliore amico che Sunshine, la più grande delle sue figlie, ha unito l’anima con suo nipote. Cazzo se ci sarà da ridere!
Radish, non appena il cervello gli si riconnette a sufficienza, scatta verso Jerez, afferrandolo duramente per le spalle e puntando gli occhi nei suoi: «JJ, devi promettermi due cose.»
«Cosa?» Non ci conterei troppo, sul serio.
«Primo, dovrai massacrare di botte tutti i ragazzi che proveranno ad avvicinarsi alle tue sorelle.»
«Perché?» Domanda confuso, aggrottando le sopracciglia. Pure i suoi amici, i suoi migliorini, giocano spesso con le sue sorelle, e lui non si è mai sognato di picchiarli per questo. Loro per primi picchieranno chiunque oserà avvicinarsi a loro con cattive intenzioni, perché mai rigirarglisi contro?
«Ricordi il film che hai visto da nonno Muten? Quello dove provano a fare i bambini?»
«Ti riferisci al film porno dove facevano sesso?» Ghigna malefico, godendosi lo shock negli occhi del padre. Solo perché sono piccolo pensi che sono scemo? Tsk!
Rimane in silenzio per qualche secondo, Radish, ammutolito, per poi ingoiare quell’enorme groppo in gola e proseguire: «Il fatto che tu sappia di cosa stai parlando mi turba tantissimo, ma sì, il sesso. Un giorno in molti vorranno farlo con le tue sorelle, e tu dovrai impedirlo, chiaro?»
«Okay.» Beh, più o meno. Dipende da chi ci proverà, immagina. Anche perché, in realtà, per lui nessuno si avvicinerà mai a loro in quel modo; perché sono noiose, le sue sorelle, urlano sempre e a volte fanno le spocchiose. No, secondo lui decisamente nessuno sarà tanto scemo da avvicinarsi alle sue sorelle in quel senso. È già un miracolo se hanno degli amici!
«Secondo, ma non meno importante, voglio che tu ti diverta il più a lungo possibile prima di sistemarti come Shiraz, va bene?»
«Divertirmi?» Ecco, stavolta non capisce. Lui già si diverte sempre, e di certo non ha alcuna intenzione di smettere. Shiraz da adesso smetterà di divertirsi? Oddio, poverino!
«Vuole che tu spezzi quanti più cuori possibile, cucciolo.» S’intromette Everett, lasciandosi andare ad un sorriso sghembo «Per quanto ne so, sei già sulla buona strada, mh?»
«Ah sì? Siamo sulla buona strada?» Ridacchia a sua volta Radish, spettinandolo ulteriormente.
«Non hai mai notato che è circondato da un sacco di bambine?»
«Sono le mie amiche.» Puntualizza stizzito, sistemandosi di nuovo la cresta con le mani.
«Io alle mie amiche non do baci sulla bocca.»
«Cosa fai tu?!» Strilla Crilin, facendo salire la voce di due ottave. Sua figlia, quando può, gli ronza sempre attorno, ed ora viene fuori che, a quanto pare, il permaloso principino si sbaciucchia con le sue amiche. Come potrebbe non cadere nel panico?!
Quando però il cucciolo lo guarda come se fosse scemo, con la sua dolce Marron che lo guarda a sua volta senza capire cosa sia stato detto di tanto assurdo, decide di lasciar cadere l’argomento, giusto per poi riprenderlo in privata sede.
Jerez, dal canto suo, decide semplicemente di ricominciare ad ignorarlo. Non ha niente contro di lui, né contro nessuno di loro in realtà, ma semplicemente non gli interessa. Ciò che gli preme di più adesso, è tornare al Nord vedere che piega hanno preso gli eventi. L’idea di rivedere la madre, però, lo riempie da una parte di puro entusiasmo, ma dall’altra di nero terrore.
Padre e zio non riusciranno mai a terrorizzarlo quanto lei, malgrado sappia bene che sia fisicamente più debole di entrambi… quando s’incazza sul serio, però, gli mette sinceramente i brividi, anche perché spesso neanche Shiraz riesce a fregarla con la sua parlantina. Speriamo sia stanca… o che la stanchi papà!
Radish, che a fatica sta accettando quanto appena scoperto, si avvicina stancamente al fratello e gli avvolge il braccio attorno alle spalle, scuotendolo un poco. Se pensa che la parte difficile e stressante deve ancora arrivare…
«Che ne dici, fratellino, ti va di conoscere il resto della mia famiglia?» Meglio non pensarci, ma concentrarsi su di lui. Gli pare entusiasta di tutto ciò che sta vedendo, e questo lo rende a sua volta felice.
Quante volte, in fondo, aveva desiderato che s’incontrassero? Quante volte aveva desiderato di mostrargli il suo regno, di fargli vedere e toccare con mano tutte quelle stranezze? Quante volte si è fatto male pensando al suo incontro con sua moglie?
«Volentieri!»
Adesso ci sono, è il momento di mostrargli tutto quanto, di fargli conoscere nuovi guerrieri straordinari, che lui continuerà a proteggere strenuamente; è il momento di fargli conoscere il resto della sua famiglia, di fargli incontrare la donna che ha reso l’impossibile possibile.
«Forza, andiamo. Prima, però, è bene mettersi dei vestiti un po’ più caldi.» E detto questo, semplicemente s’incammina verso la Tana col fratello stretto nella sua morsa.
Gli esseri umani non vi possono accedere normalmente, non senza essere accompagnati da uno Spettro o, in alternativa, senza esservi condotti direttamente dal Re del Nord. Riuscire anche a realizzare questi piccoli ma fondamentali dettagli di difesa e occultazione è stata una vera impresa per le Fate, che hanno dovuto dar fondo a tutto il loro impegno per riuscirci, ma è decisamente la cosa migliore. Se qualche povero sventurato vi si addentrasse per curiosità, o per qualsiasi altro motivo, verrebbe immediatamente catturato e poi servito in tavola.
È silenziosa la Tana, adesso, e per Radish è insolitamente angosciante.
Tutti vanno e vengono anche da lì, alcuni vi abitano, altri la usano per il lavoro, altri ancora solo per transitare o per incontrare un amico.
Ma adesso è vuota e silenziosa, si sentono solo il rumore dei loro passi e il lievissimo chiacchiericcio di Videl e Mister Satan che chiedono informazioni a Gohan.
La piazza principale, così tragicamente deserta, gli evoca ricordi lontani. Per essere precisi, lo costringe inesorabilmente a ripensare alla prima volta che vi ha messo piede.
Non era così attrezzata, non c’era la luce elettrica, non c’erano comodità di alcun genere. C’era solo un enorme branco spaventato dalla presenza di Darren, c’erano le sue minacce, i suoi orribili sproloqui  su ciò che Jäger avrebbe fatto a tutti loro, a Sherry. E poi è arrivato lui, fregandosene di ogni avvertimento e richiesta. È arrivato lui e l’ha massacrato di botte, lasciandolo in vita col solo ed unico scopo di farlo tornare dal suo folle Re per fargli capire che le carte in tavola erano cambiate, e che ora pure lui avrebbe giocato con loro quella partita malata e decisiva.
Gli sembra quasi di rivederla, adesso, in cima a quell’escrescenza, il corpo nudo e forte, lo sguardo fiammeggiante di rabbia e eccitazione.
Gli sembra passata una vita da quel momento, da quando massacrò Darren per difenderla e poi andò da lei, sfilando in mezzo al branco come nuovo maschio dominante… gli sembra passata una vita eppure gli sembra passato appena un giorno.
Perché con lei il tempo scorre in modo bizzarro, per lui. È come se sentisse il passare di ogni secondo, ma tutto rimanesse come immobile, sospeso, incantato. Ogni risata è sempre stata vera, ogni parola che si sono detti aveva un suo significato, ogni tocco ha lasciato un segno in entrambi, e ogni bacio che si sono scambiati ha trovato un posto nelle loro anime.
Non ci sono mai stati momenti sprecati o banali.
Ogni singolo momento contava.
Ogni secondo gli ha dato nuova vita.
Affretta il passo, dirigendosi verso il tunnel che li collega ai Territori del Nord. Prima di entrarvi, con la consapevolezza che non sia stato fatto crollare poiché uno dei principali e quindi più sorvegliato, si cambia gli abiti, suggerendo anche ai nuovi arrivati di farlo. Gli altri già sanno quanto sia fondamentale farlo, soprattutto ora che le temperature stanno ricominciando a scendere, ed anche quanto sia saggio indossare quei piccoli amuleti delle Fate che terranno un poco più stabile le loro temperature corporee, parandoli da tutto quel gelo. Funzionano anche al Sud, in realtà, tenendoli più freschi e proteggendoli da quel caldo infernale.
Una volta indossati quindi abiti più appropriati, si incamminano verso il basso.
Shiraz e Sunshine hanno ripreso sembianze umane, ma, come Jerez ed Everett, si solo limitati ad indossare vestiti quanto più normali possibile, poiché per loro né il caldo né il freddo è un reale problema. I loro stessi organismi perfettamente sani e forti li schermano da ogni genere di clima, permettendogli di stare a loro agio sempre.
La piccola Alpha tiene saldamente la mano del Mezzosangue, che pare piuttosto indifferente alla faccenda malgrado sia di fronte ad un buon numero di persone. Ma lui per natura non è un tipo che si scompone per queste cose, rimanendone generalmente indifferente finché non si fanno troppo esagerate e plateali. Girare mano nella mano, però, non rientra in questa categoria.
Per lui, perché per Jerez è abbastanza impensabile.
È proprio un qualcosa di strano nella sua testa, perché non gli dispiace il contatto fisico ma al tempo stesso lo urta. Passano i membri della sua famiglia, ma con chiunque altro spesso si rivela qualcosa di pericoloso. Toccarlo troppo equivale, per lui, a metterlo all’angolo, e alla lunga arriva a rigirarsi violentemente pur di allontanare chiunque lo infastidisca con un contatto indesiderato. Sunset lo sa bene, perché è uno dei suoi giochi preferiti.
È forse per questo loro rapporto strano se Radish e Sherry pensavano che, un domani, forse i due sarebbero potuti finire insieme, e invece la famiglia del Sud è toccata a Shiraz… che ora gli pare quasi indifferente.
Si può sapere da chi hai preso?!
Ascolta distrattamente le chiacchiere degli altri alle proprie spalle, seguendo con attenzione i movimenti dei tre cuccioli davanti a sé. Sono così sicuri di loro, così sprezzanti del pericolo da risultargli addirittura folli… e gli piacciono da impazzire.
Avesse avuto lui stesso la loro sfolgorante sicurezza, la loro inesauribile voglia di fare, il loro illimitato coraggio, niente e nessuno l’avrebbe mai e poi mai fermato.
Solo ora, però, si rende conto che Sherry gli ha dato la forza necessaria per sviluppare quelle qualità. Se non fosse stato per lei, per il suo stesso desiderio folle di proteggerla, che poi si è esteso a quei piccoli Diavoli, lui adesso non sarebbe l’uomo che è, e probabilmente alla fine avrebbe battuto in ritirata davanti a Majin Bu. Invece ha retto il colpo, ha incassato ed ha proseguito a testa alta, superando i propri limiti ancora una volta.
Lei è la sua forza, e Dio solo sa se ora non muore dalla voglia di ringraziarla anche per questo.
«Che ci fai qui, Mag?»
Alza lo sguardo, capendo a chi si sia rivolto Shiraz. Sentirgli una tale autorità nella voce gli fa sempre uno strano effetto.
«Le mamme sono incazzate con Chuck perché si è bucato ancora le orecchie, e Micah… Micah è Micah.» Difficilmente lo definisce papà, ma non per cattiveria; semplicemente a lui viene più spontaneo chiamare le persone per nome. Se dice “mamme”, è solo perché è più veloce.
Radish, alle spalle del figlio, sogghigna appena. Ricorda bene la prima tragedia di Bree e Mimì quando videro lui, Magnus, con il lobo sinistro forato. Usò una zanna per farlo, una di quelle rese sottili come spilli per, appunto, forarsi la pelle in modo irreparabile per orecchini e tatuaggi.
Si infuriarono entrambe perché aveva appena tre anni, ma la tragedia vera e propria scoppiò quando il bambino, candidamente, si parò il culo affermando che il fratello lo aveva fatto ad entrambe le orecchie.
Che poi la tragedia si sia estesa anche a casa loro per colpa di Jerez, è un’altra storia.
«Perché sei coperto di sangue?» Domanda invece Jerez, riportando il Saiyan con i piedi per terra. Pensando ai fatti propri, non si era infatti reso conto che il biondino ha il volto pieno di sangue, che cola un poco anche sul petto.
«Julian mi ha tirato un pugno.»
«E perché lo avrebbe fatto?»
«Perché avevo provato di nuovo a barare a carte, e lui ha perso la pazienza. Non sa stare al gioco, quel bastardo
Il bambino, poi, piega di scatto la testa, massaggiandola mentre geme di dolore.
Un piccolo sassolino rotola fino al piede del Saiyan, e poco dopo entra nel suo campo visivo Julian, figlio bastardo di Apophis.
All’inizio temevano che potesse rivelarsi un pazzo sadico al pari del padre, ma dopo attenti esami si è rivelato essere ben distante da lui. Ha certamente l’aggressività intrinseca degli Spettri, e tendenzialmente reagisce con violenza quando si prova a prenderlo troppo in giro, ma a cose normali è un cucciolo tranquillo.
Ha in genere uno sguardo stranamente malinconico, malgrado da anni ormai non abbia più delle reali preoccupazioni. Un tempo, infatti, gli altri bambini lo schifavano e allontanavano per via del suo sangue, e lui ne soffriva immensamente. Non era come il padre biologico, non aveva niente a che fare con lui ed anzi ripudiava il suo nome e il suo ricordo, eppure gli altri non lo capivano. I suoi figli e il loro stretto giro di amici sì, ed anzi se ne fregavano di chi fosse figlio, ma gli altri… gli altri lo guardavano come se fosse l’Anticristo.
Lo trovarono in lacrime lui e Tristan dopo un loro allenamento, e lì scoprirono cosa stava succedendo. Lui e il fratello Adrian venivano allontanati, spesso presi a sassate quando gli adulti erano lontani, e lui stava cominciando a pensare davvero di avere qualcosa di sbagliato.
Radish gli fece capire che loro non scelgono chi li mette al mondo, e che non sono come loro; Tristan gli asciugò le lacrime e lo prese sotto la sua ala. Da allora, sotto la sorveglianza del forte Cacciatore, i due piccoli conducono una vita più tranquilla… e non è insolito che passino la notte con i due principini!
Casa loro, infatti, talvolta ricorda uno strano incrocio tra un asilo nido e un hotel.
«Occhio, Impuro, che ti faccio ingoiare i denti con un secondo pugno.» Ha gli stessi occhi grigi del padre, gli stessi capelli neri, lo stesso portamento fiero, e su quattro zampe è già notevolmente grosso per la sua età, ma manca decisamente della sua cattiveria e del suo sadismo. In realtà, al piccolo piace da impazzire giocare a carte e fare puzzle. Il fratello, invece, esce scemo per i treni.
Dopo la decisamente non velata minaccia, che in realtà non ha alcun fondo di verità, Magnus prende una bella rincorsa e gli salta in braccio, allacciandogli con forza le gambe alla vita, e poi lasciandosi scivolare all’indietro con il busto.
Lo fa sempre e con chiunque, e nessuno, neanche i suoi genitori, riescono a capire il perché.
«Non vi capirò mai, voi altri scalmanati!» Afferma infatti Fern, dando voce al pensiero generale.
Gli anni sono trascorsi anche per lei, che adesso appare come più fragile e delicata, malgrado sia rimasta la solita irriducibile signora di sempre. Se non fosse così, col cazzo che riuscirebbe a star dietro alla valanga di nipoti esagitati che le girano sempre per casa!
«Radish, caro, vieni qui e fatti abbracciare!» Non aspetta neanche una risposta, semplicemente lo afferra e lo stringe a sé. Gli vuole sinceramente bene, perché è grazie a lui se tutto è cambiato. A lui e alla sua perseveranza, che ha permesso che quel dolce sentimento che lo tiene legato a sua figlia potesse solidificarsi.
«Non dovresti sforzarti troppo, lo sai.» La rimbecca invece lui, consapevole più di lei della sua fragilità. È però anche consapevole che sia tutto assolutamente inutile, perché, proprio come Sherry, Fern non ascolta nessuno.
«Pensi che, visto che sono anziana, starò seduta in poltrona ad aspettare con pazienza che la morte venga a prendermi?» Sorride con aria ferina, e la discussione muore immediatamente. Provare a ragionare, soprattutto su questo argomento, è totalmente infruttuoso.
Gli occhi da lince dell’anziana signora poi si spostano su Goku, squadrandolo per qualche secondo con attenzione. Ha ripetuto fino alla nausea al genero che no, la sua bambina non si sognerà mai di guardare un altro uomo, per quanto questo possa essere più forte di lui, e ora più che mai non capisce cosa tema tanto. Goku non passa di certo inosservato, con quella mascella forte, i muscoli potenti e l’aria allegra, ma manca proprio di quel qualcosa che ha sempre fatto girare la testa a Sherry: la prepotentissima aria da stronzo!
Radish, a questo punto, dovrebbe averlo capito, ma è evidente che la sua insicurezza è ben più forte della ragione.
«Questo dev’essere tuo fratello, immagino. Non ti somiglia particolarmente, sai? Ma noto un’estrema somiglianza con un bambino che, ne sono sicura, vorrebbe tanto queste caramelle…» Dalla tasca della pesante giacca, estrae un paio di caramelle avvolte in un incarto rosso rubino, con la scritta dorata. Per quanto ne sanno tutti i bambini, le crescono proprio nelle tasche!
Goten, che essendoci cresciuto vicino la considera al pari di una nonna, scatta velocissimo e afferra felice la caramella, sfoggiando un gran sorrisone.
«Grazie mille, Fern!»
«È un piacere, tesoro.» Gli carezza dolcemente la guancia paffuta con il dorso della mano, poi si volta e allunga la mano verso Trunks, che non si è ancora mosso solo perché vuole mostrarsi un duro davanti al padre. Dentro, in realtà, muore dalla voglia di prendersi immediatamente la caramella.
«E questa, invece, è per il bellissimo principino dei Saiyan.»
«Ti ringrazio!»
«A noi niente?» Cinguetta allegro Magnus, facendole gli occhi dolci. Il problema, però, è che non ne è capace! È forse l’unico bambino al mondo incapace di fare gli occhi dolci, risultando sempre vagamente inquietante.
«Voi vi stavate ingozzando fino a cinque minuti fa!» Fosse per lei darebbe loro sempre tutto ciò che vogliono — è la nonna, in fondo, ed è programmata per questo —, ma sa che non è consigliato rifilargli troppi zuccheri.
La sua attenzione, poi, viene velocemente calamitata da una figura barcollante nel buio. Figura barcollante che, da un momento all’altro, si appiattisce contro la parete e ci striscia contro.
«Ma sta bene?» Domanda, cercando di nascondere l’imbarazzo.
Chi non conosce il soggetto, adesso si ritrova in parte preoccupato per la sua salute, dal momento che pare tutto fuorché star bene, ed in parte per la propria incolumità, perché man mano che si avvicina i suoi occhi azzurri appaiono sempre più inquietanti e spiritati.
Magnus, al contrario della nonna, non ci pensa proprio a nascondere il proprio imbarazzo e fastidio, e con un sibilo domanda: «Tutto a posto?»
«Avete mica visto il mio cucciolino? Sììì, eccolo, Spindle! Bello, cucciolino mio, tutto coccoloso lui!» Micah, in tutto il suo tragico splendore, sbarra maggiorente gli occhi, e si lancia senza problemi su Goten. Lo tiene fermo con forza e gli carezza la testa come farebbe col bastardino che Bree e Mimì hanno adottato quasi un anno addietro.
Il bambino, dal canto suo, non muove neanche un muscolo. Potrebbe toglierselo di dosso facilmente, ma non lo fa. Le rarissime volte in cui l’ha visto in uno stato alterato è sempre stato troppo divertente.
«Lui decisamente non è Spindle…» Sghignazza Shiraz, mentre Sunshine nasconde il viso contro la sua spalla per trattenere una sonora risata.
«Sicuro di vederci bene?» Domanda Piccolo, scioccamente preoccupato. Si sorprende pure di sé stesso, perché ormai ha capito alla grande quanto sia inutile preoccuparsi per loro quattro, che negli anni si sono calmati solo in apparenza.
Quando poi il portentoso Segugio alza lo sguardo, sente un brivido lungo la spina dorsale. È andato!
«Ma mamma, stai scherzando? Ci vedo benissimo! Ho leccato un rospo venti minuti fa, ma credo di vederci ancora benino!»
Rimangono tutti in religioso silenzio per qualche secondo, meditando sulle sue parole tanto convinte, finché Piccolo non decide di fargli presente il suo minuscolo errore.
«Non sono tua mamma.»
«Io sarei qui, adorabile idiota.»
Micah, che non è del tutto convinto delle loro parole, si alza di scatto, gli occhi ben puntati sulla figura severa del Namecciano.
«Sostieni davvero che non ci vedo un cazzo?» Domanda, scettico «Cioè, mi stai insinuando un dubbio davvero sottile… allora che posso aver ficcato nel culo dell’axarat al posto del ripieno?»
«I miei raudi.» E pensare che, prima di prendersi il pugno, gli aveva pure urlato contro di smettere di mettere le sue zampacce nella scatola, perché glieli stava finendo e a lui servivano. La cosa che lo preoccupa forse di più, in realtà, è che il gemello mostri di giorno in giorno di essergli molto simile.
«Forte! Andiamo a cercare qualcosa da far scoppiare?! Mi sento carico abbestia!»
Radish, mentre lo osserva andare via a passo di carica con i due bambini saldamente trattenuti per i polsi, si sente morire un poco dentro.
Sapeva che il primo approccio non sarebbe stato dei più semplici, proprio come non lo fu per lui, ma non aveva preso in considerazione quei rospi del cazzo!
Li ha provati anche lui, in realtà, ma anche questa è un’altra storia. Di certo, comunque, né lui né Sherry se ne sono andati in giro ad importunare gente a caso, preferendo infatti una sessione sfiancante di sesso mistico, un qualcosa di così al limite che, per quanto meraviglioso, non è poi troppo certo di voler riprovare.
«Oi, bei capelli!»
Adesso è certo di voler davvero sprofondare nel terreno, giù giù fino al centro della Terra.
Mordecai, che non pare poi troppo più lucido del fratello — ma è appunto Mordecai, la sua espressione pare sempre sballata —, sta ad una spanna di distanza dalla faccia del fratello.
Il fatto che debba piegarsi in basso per poter stare faccia a faccia, in un frangente diverso, lo farebbe ridere, ma ora è solo preoccupato di cosa potrebbe fare. Non che suo fratello sia un attaccabrighe, né uno che se la prende per le scemenze, ma preferirebbe davvero evitare ogni possibile problema.
Ma si parla pur sempre di Mordecai, i problemi sono inevitabili come la morte.
«Ti sfido ufficialmente a chi mangia più orsetti gommosi.»
Col senno di poi, però, è andata alla grande, e Radish tira un mentale sospiro di sollievo.
«Mordecai, porta via il culo da qui o giuro che mi ci trovi!» Sibila nervosa Fern, avvicinando l’indisciplinato figlio per farlo allontanare dalla parte opposta. Il fatto che, per chissà quale assurda ragione, continui a temere le sue botte malgrado sia il quarto Spettro più forte in entrambi i Territori lo sconvolge continuamente.
«Mi sento in dovere di chiedervi già scusa per tutto quello che potrebbe accadere d’ora in avanti…» Afferma Everett, il tono piatto ed impersonale. In realtà dentro muore dalla voglia di vedere la faccia di Blackwood quando apprenderà la lieta notizia.
«Mi associo.» Gli dà man forte Radish, lasciandosi andare stavolta ad un sospiro vero e proprio.
Vivere con loro, rapportarcisi, controllarli è quanto di più faticoso si possa immaginare. Con la loro forza, la loro passione bruciante, la loro energia quasi illimitata, tutto può trasformarsi in una lotta sia fisica che mentale… ma lui ormai ci si è abituato. Ad essere del tutto onesti, ora gli è decisamente chiaro quanto non potrebbe più farne a meno.
Sospingendo leggermente Jerez con la coda, riprendono il loro cammino.
La luce in fondo a quel lungo ed oscuro tunnel si fa sempre più forte, e l’aria che respirano più pulita e fresca. Ad un certo punto, poi, diventa proprio fredda.
Il panorama che si apre infine davanti ai loro occhi è qualcosa di sconvolgente.
Con tutte le loro modifiche e le loro migliorie, entrambi i Territori hanno assolutamente perso quella traccia primitiva di orrore e ferocia, diventando realmente qualcosa di molto più riconducibile ad un sogno antico, qualcosa di incantato e prezioso.
Mister Satan e Videl, in particolare, rimangono a bocca aperta e col fiato spezzato in gola di fronte a tutta quella candida magnificenza, non riuscendo a capacitarsi di quell’assurda realtà: sono stati appena catapultati in un mondo da sempre nascosto dentro al loro mondo!
C’è però un secondo pensiero che serpeggia nelle loro menti frastornate, ovvero quello che, da adesso, sono totalmente circondati da creature che si trasformano in giganteschi lupi capacissimi di usarli come stuzzicadenti dopo averli masticati per bene.
Decisamente non si sentono molto tranquilli.
«PAPÀÀÀ!»
Doveva aspettarselo. Radish doveva aspettarselo e così prepararsi, invece si è lasciato andare alla superbia, lanciando un’occhiata piena di orgoglio al fratellino, e adesso si ritrova col culo per terra. Anzi, non solo il culo, sta proprio tutto per terra, con le figlie che l’hanno malamente placcato stese sul petto.
Non vuol dare a vedere che questa botta gli abbia fatto male, ne andrebbe del suo orgoglio ammettere che con quei magri corpicini gli hanno sinceramente fatto male alle costole, così si limita a stringere i denti e a circondarle con le braccia.
Sono crescite anche loro, diventando decisamente troppo carine per i gusti di Radish. In realtà lo sono anche per quelli di Everett, ma si sforza di non fare commenti, giusto per far passare solo Radish come quello insopportabilmente geloso.
Quando però Kahlúa gli si lancia con un balzo tra le braccia, si sente sciogliere dentro e vaffanculo a tutta quell’aria gelida ed impassibile che ha di solito. Quelle due sono anche le sue principessine, e Dio abbia in gloria chiunque oserà sfiorarle.
«Ma guarda chi è di ritorno! Quasi non ci speravo più!»
Il sorriso di Everett si affila, trasformandosi più che altro in una specie di ghigno malefico. Non bada neanche alla nipotina che scalcia tra le sue braccia per farsi rimettere a terra; l’unica cosa importante, adesso, è demolire emotivamente quella faccia di culo di Blackwood.
Ma al Re del Sud non passa neanche per la testa che possa essere successa una cosa tanto grande alla sua bambina, così indirizza la sua attenzione allo straordinario guerriero che si erge al fianco di Radish.
Per quanto lui, così come chiunque altro, non si sognerà mai di mettere in discussione la sua assoluta potenza, dentro sente che non si sentirebbe mai di mettersi nelle sue mani come fa con Radish. Perché pure il rapporto tra loro due si è solidificato molto negli anni, ed ormai lo considera in tutto e per tutto non solo un amico stretto, ma proprio un suo pari.
«E così questo è il tanto chiacchierato Kakarot… mh. Aspetterò un giorno o due per rispetto, e poi—»
«E poi un cazzo! Prima dovrà battere me!» Come Mordecai abbia fatto ad arrampicarsi sull’escrescenza sopra alle loro teste senza farsi notare, non se lo spiegano e neanche vogliono chiedere. Se si mostrassero troppo incuriositi da ciò che fa, sanno bene che se lo ritroverebbero in casa, come una sottospecie di orribile apparizione divina decisamente non richiesta.
Se però risulta difficile staccargli gli occhi di dosso, è per quei due adorabili bambolotti paffuti che tiene con attenzione tra le braccia.
Bree e Mimì, infatti, da qualche tempo parlavano della possibilità di allargare la famiglia, così stavolta si sono rivolte all’ultimo membro del Quartetto senza figli, ed infine sono saltati fuori Mason e Klaus, due Cacciatori Impuri dai grandissimi occhi color cioccolato e i capelli biondo caramello. Inutile dire che sono già stati usati per rimorchiare dai loro amici single, ma meno inutile specificare che siano riusciti a calamitare sulle loro piccole e deliziose figure tutta l’attenzione esattamente come avrebbe fatto il padre.
Quelle due piccole fabbriche di bava hanno già un brillante futuro da rubacuori davanti a sé.
«Mi credi se ti dico che saresti stato più felice se non fossimo tornati?» La voce beffarda di Everett, però, li riporta con i piedi per terra. Dopo una simile affermazione, infatti, non sarebbero troppo sorpresi di vederli mutare per lottare.
«Perché?»
La spiegazione non arriva da Everett, non subito almeno. A volersi prendere il disturbo di avvertire il Re della lieta notizia, sono gli altri cuccioli, tra cui i suoi stessi figli e le due dispettose principesse del Nord.
Per farlo hanno pensato ad uno spettacolino speciale, che il piccolo Shiraz si sarebbe evitato molto volentieri. Stanno canticchiando una canzoncina nota, infatti, e lentamente si stanno avvicinando tutti in semicerchio, bloccando loro le vie di fuga. No, no, no, NO!
«La-la-la-la, la-la-la-la
Go on and… kiss the girl!»
«EH?!»
«Sha-la-la-la-la-la
My, oh my
Looks like the boy's too shy
Ain't gonna kiss the girl»
Shiraz non credeva davvero che si potesse desiderare con tale ardore di sparire dalla faccia della Terra, ma è proprio ciò che sta facendo.
Vorrebbe eclissarsi, evaporare, venire inglobato nel terreno. Tutto andrebbe bene allo stesso modo, l’importante sarebbe solo sparire da lì ed evitarsi così una simile umiliazione.
D’altro canto Sunshine, seppur ignara di questo piano malefico fatto per annunciare in modo ancor più ufficiale ciò che è successo, non si sente troppo a disagio. Se lo sarebbe evitato? Ovviamente. Si vendicherà in qualche modo con le sorelle e i fratelli? È probabile. Vorrebbe che Shiraz seguisse il loro consiglio? Assolutamente sì.
«Sha-la-la-la-la-la
Ain't that sad
It's such a shame, too bad
You're gonna miss the giiirl!»
Dal momento, però, che il giovane principe non si muove di un solo millimetro, decide di prendere lei, ormai ufficiale futura Regina di tutti gli Spettri, la situazione in mano.
Letteralmente.
Lo afferra infatti con una mano per la manica della maglietta e lo rigira, poggiando con decisione le labbra morbide e carnose su quelle più sottili di lui, scambiandosi così il loro primissimo bacio di fronte a tutti.
«Go on and kiss the giiirl!!!»
Blackwood, dal canto suo, sente di essere ufficialmente morto dentro, tanto quanto sente che è a tanto così dal compiere un gesto orribile. Non gli è chiaro su chi dei due, se sul piccolo lurido bastardo che se ne sta impalato a baciare sua figlia con gli occhi sgranati, o proprio quella piccola poco di buono che l’ha costretto a farlo.
«MA IO TI STACCO LE PALLE!» Meglio prendersela con lui, all’inizio. Lei è sua figlia, ha tutto il tempo di questo mondo per farla pentire di un gesto simile.
«Non sei felice che siamo parenti?» Ridacchia Radish, trattenendosi a stento.
Shiraz, nel frattempo, è riuscito in qualche modo a liberarsi senza essere brusco, e adesso osserva i due adulti con la stessa espressione che sfoggia il padre ogni volta che viene preso alla sprovvista e non capisce più nulla. Fosse su quattro zampe, però, scodinzolerebbe parecchio..
«Parenti il cazzo, ET! Lei è una zoccoletta e tuo figlio è momentaneamente un fottuto zombie!» Nessuno, mai, ha visto Blackwood così sconvolto e fuori di sé. Neanche quando apprese della morte di Leila, quella di Everett e neanche quando scoprì che invece era vivo e vegeto.
È completamente sottosopra, non sa cosa dire e cosa fare, neanche cosa pensare, e questo lo manda ai matti. Sua figlia, la sua adoratissima bambina, è fidanzata! Presto andrà a letto con quel futuro mostro che, se non sarà capace di trattenersi, la spaccherà in due!
Decisamente non era pronto a dover pensare a simili, catastrofici eventi.
«Se fai del male a lui, sempre ammesso che tu ci riesca, lo fai anche a lei. Dovresti saperlo tanto quanto noi due.» Insiste Everett, con quel ghigno malefico che non accenna a volersene andare. Dire che sta godendo da matti è dire decisamente poco.
«Cosa…?»
«Hanno unito l’anima anche loro.»
«MA CHE CAZZO DICI?!» Quest’urlo probabilmente lo hanno sentito anche in superficie, tanto è stato furioso «IO TI CASTRO, PICCOLO MOSTRO!»
Sunset, con quel suo faccino adorabile e falsamente innocente, si porta senza esitazioni al fianco del fidanzato di sua sorella — nonché fratello dell’altro rompicoglioni —, ed incrocia le braccia magre al petto con fare stizzito.
Gli occhi di tutti si posano di colpo su di lei e su quella sua espressione contrariata ed arrogante.
«Stai esagerando, papà. Sembra una delle mie reazioni! Come quando mia cugina mi ha rubato i pastelli, e io le ho tagliato la coda di cavallo e l’ho indossata per un mese.»
«Che cazzo hai fatto?!»
«Lui vuole castrare tuo figlio, concentrati su quello.» Risponde arricciando poi la bocca di lato e muovendo la mano come se stesse scacciando una mosca.
Per quanto gli abbia dato un buon motivo per tornare a concentrarsi su Blackwood, però, Radish non riesce a staccarle gli occhi di dosso. Così piccola, così minuta, così graziosa… e così pazza furiosa!
Poteva aspettarsi tantissime cose anche da lei, soprattutto considerando il caratterino che si ritrova, ma non una pazzia simile.
Mentre tutti sono presi dallo strano teatrino messo su da Blackwood, con tutti quei cuccioli sghignazzanti che osservano il tutto con molto mal celato divertimento, il piccolo Goten si ritrova a subire lo stesso attacco che poco prima ha dovuto sopportare lo zio. L’unica differenza, è che a placcarlo stavolta è solo la sua Alaska.
«Mi sei mancata tanto!» Cinguetta felice, mentre le stringe con forza le braccia al corpo.
«Anche tu!»
«Gohan!»
Neanche lui riesce a salvarsi dall’energica dolcezza delle cugine, e neanche si è mai sognato di farlo. Quando le vide la prima volta, ricorda che si sciolse come neve al Sole, e che sentì il cuore sfarfallargli dolcemente nel petto non appena gliele misero tra le braccia.
Se le due si mettessero sotto, potrebbero portargli via anche le mutande.
«Ehi, dolcezza! Guarda un po’ chi c’è! Lui è tuo zio Goku!» Afferma con un gran sorriso, tenendo saldamente la bambina in braccio.
Il Saiyan si abbassa su di lei, desideroso di conoscerla, di parlarci, di poter creare un legame d’amicizia come con gli altri… ma lei, per usare un termine della psicologia moderna, non se lo incula di pezza.
«A me interessa di più lei.» Afferma infatti con un sorrisetto furbo, fissando una più che imbarazzata Videl «Sai che hai degli occhi bellissimi?»
«Ehm, io— grazie?» Arrossisce fino alla punta delle orecchie, non tanto per il complimento quanto perché, dopo che la piccola l’ha tirata in mezzo, sente davvero troppi occhi a trafiggerla. Un paio in particolare le danno fastidio, che sembrano quasi volerla incenerire lì dove si trova.
«Io sono Kally. Lei è Ally.» Afferma con orgoglio e dolcezza, per poi lanciare un’occhiata più che velenosa a Theodora, rimpiattata in alto con le amiche «E tu sei morta se ti avvicini ancora a mio cugino!»
«Kally!» La rimprovera subito Radish, mentre si sforza di tenere fermi Blackwood e Everett. L’ultima cosa di cui hanno bisogno, è proprio uno scontro, per quanto amichevole. Sherry è già incazzata come una bestia, lo sento; se vi ci mettete pure voi, io non potrò fare niente!
Ma alla bambina importa poco o niente del “severo” rimprovero del padre, perché qualcosa di molto più interessante ha appena attirato la sua totale attenzione: «UH! UN CUCCIOLO!»
Basta questo, e tutti i cuccioli si riversano su Mister Satan e Bee, decisi a fare una dolce carezza a quest’ultimo. Se poi magari ci scappa pure una partitella con la palla con “l’uomo coi baffi buffi”, tanto meglio.
Anni prima nessuno aveva preso in considerazione che la decisione di smettere di attaccare — e divorare — indiscriminatamente tutto ciò che si muove, e di provare a comportarsi in modo un poco più umano, avrebbe portato ad un cambiamento così profondo, che avrebbe reso i loro cuccioli effettivamente tanto più felici e spensierati.
Nessuno, comunque, se ne pente minimamente.
«Zampe a posto, terremoti.» La voce è dura e severa, ma loro sanno che non è arrabbiato. È solo un ordine che deve necessariamente essere rispettato, così smettono di accalcarsi come dei pazzi e aspettano pazientemente che il cagnolino vada da loro.
I due terrestri, nel frattempo, rispondono pazientemente alle loro infantili domande, mentre uno stanco Tristan raggiunge l’amico.
Gli sorride con fare ammiccante, dicendogli silenziosamente “E tu che negavi che ti piacesse, coglione! Chi pensi di poter fregare?!”, e l’alto pare quasi rispondere allo stesso silenzioso modo, “Sì, avevi ragione, mi piace molto! Contento?”.
La verità è che Tristan si era accorto da un pezzo che all’amico piacesse la bella terrestre, soprattutto dal momento che il tiepido rapporto mai del tutto decollato con Theo si era del tutto congelato, ma anche che lo imbarazzava troppo ammetterlo. La cosa assurda, è che invece non si imbarazza mai quando parlano delle sue, di conquiste. Perché Tristan, zitto zitto, ci sa fare parecchio col gentil sesso, e da quasi tre anni a questa parte salta da una relazione all’altra con ragazze sempre più grandi di lui. Pure adesso arriva da una sessione di dolce amore con una Cacciatrice di ventuno anni.
Inutile dire che sia diventato l’orgoglio dei suoi autoproclamati maestri, nonché fratelli maggiori.
Goku, stralunato da tutte quelle persone che non aveva mai visto che si avvicinano ai suoi amici, interagendo con loro in modo allegro e affabile, e da tutto quel nuovo mondo da esplorare, osserva ciò che lo circonda con occhi sbarrati. Pure sua moglie e i suoi figli sembrano felici lì in mezzo, a casa.
Quando Radish gli avvolge di nuovo il grosso braccio attorno alle spalle, si ritrova a sorridergli involontariamente con aria spersa e meravigliata.
«Avevo detto che c’era tanto da vedere, no?» Gli sorride, Radish, come mai aveva fatto prima.
Moriva dalla voglia di fargli vedere tutto questo, di renderlo partecipe del suo mondo, ed ora non potrebbe esserne più felice.
Beh, oddio, in realtà c’è ben altro che vorrebbe fare ora, come correre a tutta velocità da Sherry, assicurarsi delle sue condizioni, stringerla a sé per non lasciarla più… ma l’idea che possa staccargli la testa con un pugno non gli pare poi troppo improbabile, così continua scioccamente a rimandare.
«SEI UNA GRANDISSIMA TESTA DI CAZZO!»
Ovviamente, però, ci pensa lei a farsi sentire, urlando dalla finestra della magione.
Non sono troppo lontani, è vero, ma neanche così vicini da farsi sentire tanto bene. D’altro canto, però, la potenza delle sue urla è cresciuta esponenzialmente con l’arrivo dei cuccioli, e in quegli anni è diventata un vero portento. Anche nel mirabolante lancio delle scarpe e dei mestoli è diventata una vera e propria campionessa.
«Stavolta ce ne andiamo in vacanza, altro che luna park!» Borbotta ridacchiando Alaska, ripensando al magnifico barattolo costantemente pieno almeno per metà.
«Se spingiamo un po’ di più, penso che di questo passo ce lo compreremo!» Le dà man forte Kahlúa, sghignazzando.
«Ci stiamo lavorando, dateci ancora un anno.» Conclude Jerez, sorridendosi complice col fratello.
Radish, in tutto questo, è rimasto totalmente immobile, col braccio ancora saldamente ancorato al collo del fratello.
Sente chiaramente i suoi occhi trafiggerlo a lunga distanza, e l’idea di darsela a gambe levate diventa molto più che allettante. Ma, in fin dei conti, dove potrebbe mai scappare? Quella squinternata lo ripescherebbe ovunque, e a quel punto sì che sarebbero calci nel culo.
Così, costringendosi a prendere il coraggio a due mani, sospira forte e si gira in direzione del maniero, un falso e sfavillante sorriso in volto.
«Luce dei miei occhi! Visto chi c’è?!» Prova a pararsi così, afferrando Goku per un braccio e strattonandolo al proprio fianco. Non c’è bisogno che urli anche lui, non ora che è talmente concentrata su di lui da riuscire a sentirlo anche se mormorasse.
L’unica cosa che spera, è che non avverta la nota più che terrorizzata che serpeggia in ogni parola, altrimenti perderebbe davvero troppo terreno. In genere diventi molto più dolce, che è successo stavolta?! Ahhh, lo sapevo, io, che Bree non è buona a un cazzo!
«NON ME NE FREGA UN CAZZO, COGLIONE!» È fuori di sé come non pensava potesse essere con lui, è evidente a chiunque, ma per tutti è anche lampante il perché non sia corsa in mezzo a tutti per affrontarlo a quattrocchi. O per massacrare di calci nel culo i dolci principini, che notando il suo sguardo spostarsi sulle loro piccole figure, pensano bene di provare a rimpiattarsi dietro agli altri. Se con papà la si sfanga abbastanza facilmente, con mamma non è poi troppo scontato. L’unica cosa che possono fare, è sperare che qualcun altro l’addolcisca quel tanto che basta per non ricevere una punizione più che esemplare.
«E VOI DUE! DIO! SE VI METTO LE MANI ADDOSSO, VI ALLUNGO!» Sparisce dalla loro vista così com’era apparsa, richiudendosi la grossa finestra alle spalle.
Radish sa bene dove sta andando, e malgrado si sia mostrata molto più furiosa del previsto, non ha mai desiderato così tanto di raggiungerla.
Sta bene, ha la solita carica devastante che l’ha portato ad amarla più di sé stesso, e se adesso è così fuori di sé, è solo perché era molto più che in pensiero per lui, per loro. Non poteva scendere in campo, il suo stesso corpo glielo ha reso impossibile, e sa che per questo si sta maledicendo in ogni modo perché avrebbe voluto difenderli, tenerli al sicuro come ha sempre fatto e sempre proverà a fare. Probabilmente sta maledicendo pure lui, perché se non ha potuto aiutare in alcun modo, la colpa è principalmente sua.
«Ancora qui stai?! Muovi il tuo brutto culo da scimmia e vai a rimediare immediatamente!» Lo spinge con forza Everett, facendolo incespicare nei piedi.
Vorrebbe andare, lo vorrebbe più di ogni altra cosa, ma allo stesso tempo pensa che non sia l’idea migliore di tutte.
Sta piangendo adesso, lo sente, e lui potrebbe morirne. Non voleva farla soffrire, e sa di averlo fatto con la sua folle sfuriata, con le sue orribili parole che lei ricorderà per anni.
«Sicuro di non voler andare tu?»
«Se volevo delle simili rotture, me la sposavo io, non credi?» Controbatte prontamente, combattendo al tempo stesso contro sé stesso per non fargli lo sgambetto e correre da lei. Sarà pure madre, moglie, una Regina e tutto ciò che vuole, ma ai suoi occhi rimane sempre il suo topolino tremolante bisognoso del suo affetto e della sua protezione, e così rimarrà per sempre. La cosa buffa, è che per Radish sarà sempre così con le sue figlie, ma ancora non lo capisce. «Forza, va’.»
Goku, che adesso riesce a capire cosa sta succedendo con ancor più fatica del solito, segue con lo sguardo il fratello che vola verso quella lontana finestra. Le parole dell’altro tizio, di cui non ricorda già più il nome, gli risuonano poi in testa, e un dubbio atroce lo folgora.
«Ma non è tua sorella?» Non che abbia ancora del tutto chiaro come funzionino quel genere di cose, la faccenda per lui è ancora avvolta in uno strano alone di mistero, ma gli pare di aver capito che sono cose che proprio non si devono fare tra fratelli e sorelle.
«Se non lo faranno loro due, ti racconterò tutta la storia quando avrò tempo e voglia, okay? Adesso vedi solo di non fare casini.» Non ha niente contro di lui, assolutamente, anzi lo considera un potenziale strumento utile per potenziarsi ancora di più, solo che non ha la minima voglia di perdersi in tante chiacchiere.
Ci stanno sua sorella e quel demente di suo cognato in crisi mistica ed esistenziale, i nipoti pronti a scatenarsi con le loro stronzate — una folle e devastante gara con gli Tsagon non lo stupirebbe per niente —, e poi ci sta Blackwood che lo dilania con lo sguardo. Nike, dove cazzo stai?!
«Casini come quelli fatti da tuo nipote?» Sibila nervoso il Re, assottigliando maggiormente lo sguardo quando incrocia quello del piccolo. In fin dei conti sa bene che non è una cosa dipesa né da lui né da lei, succede e basta, non può essere controllata in alcun modo… però cazzo se gli girano le palle!
«Ma ti pare che l’ha fatto a posta?!»
«Scommetto che sei stato tu a farlo a posta.»
«Sei pazzo.» Sentenzia infine, massaggiandosi gli occhi per la stanchezza. Non ha mai avuto un bisogno tanto disperato di buttarsi in un letto comodo e caldo, e dormire anche per dodici ore di fila. Ha superato a gamba tesa ogni confine degli Spettri, ci si è buttato oltre ad occhi chiusi, ed ora il suo organismo lo implora disperatamente di riposarsi il più a lungo possibile.
Con tanti nipoti scalmanati e un branco in fermento, però, ti puoi permettere il lusso di riposare giusto da morto.
Blackwood può trasformarsi in una dolorosissima spina nel fianco se indispettito, e lui lo sa alla grande, quindi la cosa più urgente è trovare un qualche escamotage per indirizzare la sua attenzione su altro, magari facendolo in qualche modo divertire. Ma cosa può fornirgli un diversivo simile? Cosa può usare per rabbonirlo e deconcentrarlo, se neanche la presenza di un nuovo alieno non troppo sveglio e un demone obeso ci riescono? Beh, difficile da credere, ma si tratta proprio del piccolo Lux, che continua a scherzare allegro con suo cognato. Dio solo sa quanto gli piaccia quella parola, forse tanto quanto l’idea di essersi schivato un proiettile enorme, e che adesso tutto cadrà sulle spalle della sorella.
Se solo sapesse che non si è schivato poi troppo…
«Dove l’hai presa?» Sibila a denti stretti Everett, riferendosi ovviamente alla maglietta scura col disegno della copertina di quello che è considerato uno degli album più importanti della storia del rock, nonché uno dei più venduti di tutti i tempi. È troppo grande per il suo corpo, ed ha un’aria vecchia in modo per lui assai sospetto.
«Me l’ha data papà, perché?» Neanche Lux teme più di tanto Everett, soprattutto perché non l’ha mai visto incazzato. Non personalmente, almeno, perché gli amichetti glielo hanno mostrato a più riprese. Finché non se la prenderà con lui, comunque, non lo temerà.
«Oh, mio Dio! Tu! Ladro! Sei uno sporco ladro, bugiardo e pezzente!»
«Cosa?» Sobbalza appena, Blackwood, abbandonando così il suo freschissimo astio nei confronti del piccolo genero. Gli occorrono un paio di secondi per fare 2+2, ma poi capisce a cosa si stia riferendo, ed un subdolo sorrisetto gli increspa subito le labbra.
«Quella è la mia maglietta dei Guns N' Roses, Appetite for Destruction! Mi manca da più di trent’anni! Ti avevo anche chiesto se l’avevi tu! Ti ho guardato dritto negli occhi e tu hai negato!» Curioso ma vero, ad Everett rode seriamente. Non era un regalo di nessuno, se l’era presa per i fatti propri durante una delle sue ronde con Darko, ma comunque ci teneva.
Sparì da un giorno all’altro come per magia, e la colpa ovviamente ricadde prima sull’amico, e poi su uno dei fratelli minori, che come lui apprezzava molto il gruppo.
«Ho mentito.»
«Ahhh, hai mentito?! Sai per quanto tempo l’ho cercata?! Ho accusato Baileys di avermela rubata e l’ho pure picchiato! Lui mi disse di no, e io da quel momento l’ho odiato a morte, chissà che rapporto avrei avuto con lui se tu non me l’avessi rubata!»
«La rivuoi?» Domanda con uno sbuffo Lux, prendendo i bordi della maglietta e facendo per sfilarsela. A lui neanche piace, il logo è troppo sbiadito e comunque non apprezza il gruppo.
«No, ormai non mi entra più.» Borbotta in risposta il Beta, incrociando le possenti braccia al petto con fare offeso. Adesso è lui a folgorare con lo sguardo l’amico, tenendolo strettamente sotto tiro. Basterà una parola detta in modo strano o un gesto brusco, e lui scatterà come una bestia rabbiosa.
I nipoti lo sanno bene, perché in casa hanno visto questo genere di dinamiche più volte, così pensano benissimo di intromettersi. Non che gliene possa fregare qualcosa di meno di loro due che se ne danno, non sarebbe certo la prima volta e neanche l’ultima, però vogliono davvero andare dalla madre, farsi coccolare da lei e poter finalmente vedere ciò che ha scatenato tantissime chiacchiere e altrettanti pensieri in casa loro.
«Possiamo andare da loro?»
Everett non può prendere il culo e lasciare tutti quei visitatori lì da soli, non quando ci sono soggetti ancora sconosciuti a tutti e dalla forza evidentemente mostruosa. Sarebbe un gesto sconsiderato e assai stupido.
In suo soccorso, però, giunge Nike, bella come sempre e sorprendentemente rilassata. Ha passato non sa neanche quante ore a badare ad un numero improbabile di cuccioli, cercando di intrattenerli e di non far pensare loro a quanto la situazione fosse tragica, il tutto cercando di non pensare lei stessa a tutto ciò che stava passando Sherry.
L’idea di doversi occupare adesso di persone delle quali non le frega niente la urta, ma per Everett può fare uno sforzo. Sarà questione di poco, comunque, perché i due Sovrani sono evidentemente calmi adesso, si stanno godendo la loro intimità, quindi è ovvio che a breve pure il resuscitato fratello del Re — e Dio solo sa se le suona curiosamente strano — potrà raggiungerli.
«Andate tranquilli, gli offro qualcosa di caldo da bere e ve li porto su tra cinque, dieci minuti, sani e salvi.» Fa giusto in tempo a finire la frase che i quattro piccoli scattano in volo, diretti verso la finestra dalla quale hanno visto la madre. Everett li segue pochi secondi dopo, subito dopo averle regalato un sorriso riconoscente.
«Sai che tua figlia è una zoccola?» Esclama Blackwood, riattaccandosi immediatamente al fastidioso problema che, d’ora in poi, gli turberà irrimediabilmente il sonno.
Nike già sospettava qualcosa, perché la figlia continuava a scrivere il suo nome e quello di Shiraz circondati da cuoricini, così non si scompone di un millimetro. Si limita ad abbassare lo sguardo sulla terzogenita e a farle l’occhiolino: «Ti sei trovata un bel campione, eh?»
«Ma le dai anche corda?! AHHH! Sono circondato da mentecatti!»
Lo guarda allontanarsi con un sorrisetto perfido sulle labbra, decidendo saggiamente di posticipare ancora di dirgli che pure Sunrise, la piccola e sognante cucciolina di papà, si è presa una sbandata cosmica per Amos — e che è pure ricambiata. Decisamente non è il momento migliore, non se vuole godersi meglio la sua crisi. Dopo tutti i possibili scherzi fatti nella vita, questo è un modo fantastico per vendicarsi, pure con gli interessi.
Una volta sparito, e una volta fatto capire con i suoi modi gentili che tutti dovevano eclissarsi, l’avvenente Regina del Sud invita gli ospiti a seguirla, così da offrire loro qualcosa per rifocillarsi. Da quelle parti tanto c’è sempre qualcuno che sta cucinando qualcosa, soprattutto nella magione, quindi non dovrà neanche impegnarsi in prima persona. Se lo facesse, forse intossicherebbe involontariamente pure Bu!
C-18, nel tempo, ha stretto un rapporto abbastanza buono con la donna, e per questo non ci pensa un istante di più ad affiancarla. La loro passione smodata per lo shopping e tutto ciò che di costoso c’è al mondo, le ha portate più volte ad uscire, talvolta pure ad andare alle sfilate più importanti dell’alta moda, e l’androide è arrivata a considerarla sinceramente un’amica quando l’ha ricoperta di bei vestiti premaman e altrettanti per la piccola Marron.
L’unico intoppo nelle loro uscite, sono i lumaconi che pensano di poterle abbordare. Intoppo più per Crilin in realtà, che ormai non sa più che scuse inventare quando sopraggiunge sul luogo per raccattare col cucchiaino suddetti lumaconi.
I cuccioli, in barda all’ordine della donna, continuano a seguire come ombre Bu e Mister Satan, attratti dal loro aspetto insolito e dalla loro disponibilità. Potrebbero anche diventare dei nuovi compagni di giochi, per quanto ne sanno, quindi meglio osservarli da vicino quanto più a lungo possibile.
Una volta nella magione, Goku non solo rimane stordito dall’enormità del luogo e dal gran numero di persone che vi trova al suo interno, ma quasi perde la testa per il cibo che gli viene offerto. Tanto, tantissimo cibo squisito che non pensava potesse esistere.
Pure gli altri mangiano di gusto, godendosi ogni boccone. Tra tutte le novità che hanno scoperto grazie agli Spettri, neanche il loro sangue miracoloso può reggere il confronto con la loro strabiliante cucina. Pure il frutto più banale è ricco di sapore, figurarsi quando viene mischiato con qualcos’altro, come la carne degli axarat. Assaggiandolo la prima volta, hanno capito perché stiano tanto attenti a non abbassarne mai il livello della popolazione: sono maledettamente squisiti.
Una volta finito di rifocillarsi, poi, arriva il momento di andare a conoscere colei che ha reso possibile tutto questo.
Non c’è un solo Spettro che non la rispetti con tutta l’anima, perché è solo per la sua inestimabile forza di volontà e tenacia se adesso possono vivere, anziché continuare ad arrancare per sopravvivere. Ora tutti hanno una concreta possibilità di fare, di avere di più, e per questo non c’è da sorprendersi se si sono verificati giusto una ventina di incidenti in circa sei anni.
Un numero tanto basso di problemi non si era mai e poi mai verificato prima, e tutti sono più che decisi a difendere questo stile di vita con le unghie e con i denti.
«Urrrcaaa! Questo posto è gigantesco!»
Nike guarda con sorpresa Goku, non riuscendo a capire come una stupida botta in testa lo abbia reso così. Non ha niente del fratello, se non una forza mostruosa ed uno stomaco schifosamente flessibile.
«Ma Radish non vive nella casa che abbiamo visto prima?»
«A volta là, a volte qua. Dipende dalla mole di impegni che hanno sul momento, in genere.» Risponde senza interesse, continuando a camminare per quei corridoi ormai tanto conosciuti. Poi, però, si volta verso il gruppo, congelando sul posto coloro che non sono abituati a lei. Perché ci vuole un non indifferente allenamento per sostenere e sopportare quegli occhi tanto magnifici quanto gelidi, oltre che per capire i suoi ben mascherati stati d’animo.
«Un piccolo avvertimento per i nuovi arrivati: non fate movimenti bruschi e non avvicinatevi a nessuno se non vi invitano a farlo. È importante.»
«Per cosa si è arrabbiata così tanto?» Le domanda con un timido sorriso Gohan, che come praticamente chiunque subisce sempre il suo fascino. In passato si è vergognato tantissimo in sua presenza, perché aveva avuto non pochi pensieri su di lei, ma Tristan gli ha detto che non deve sentirsi in imbarazzo. Quale uomo eterosessuale o donna omosessuale — o anche albero o sasso — non farebbe almeno una minuscola fantasia su una creatura con la sua bellezza? E lei lo sa, eccome se lo sa, solo che non gliene frega niente; per Nike, infatti, l’importante è che Blackwood non smetta mai di sbavarle dietro come un adolescente arrapato.
«Avevano litigato, prima che Radish venisse da voi e poi scoppiasse il casino, ma non è per questo che lui, e la Big-Bubble lì dietro, devono stare particolarmente attenti. Un po’ anche l’umano, penso, ma non ci metterei la mano sul fuoco.»
La sua è una spiegazione praticamente inutile, qualcosa che non li aiuta a capire proprio un bel niente sul perché Sherry o Radish dovrebbero reagire in modo strano contro uno di loro, ma è chiaro che non dirà altro. Nike è così, ormai lo sanno, e per questo non se la prendono.
Mentre avanzano, Goku continua a sbirciare fuori da quelle grandi finestre.
È tutto nuovo e bello, là fuori, tutto da scoprire. E la gente che ci abita… Dio, gli sembrano davvero interessanti! Quel tipo che sembra tanto in confidenza con Radish, poi, dovrà assolutamente sfidarlo in combattimento. Per quanto si renda conto di essergli fisicamente superiore, è certo che sarebbe comunque interessante e divertente.
Senza contare, poi, che vuole sinceramente anche accettare l’altra sfida che gli è stata lanciata, per quanto si renda conto essere una sciocchezza. Quel tipo tutto matto, infatti, non gli è sembrato affatto male, e certo non gli sono sfuggiti gli sguardi complici che si è scambiato con Gohan.
Quando infine si fermano davanti ad una doppia porta, il Saiyan si sente curiosamente agitato. Non si era reso conto di quanto fosse realmente curioso di conoscere la persona che ha fatto tanto cambiare suo fratello, che gli ha tanto ammorbidito i lineamenti e il cuore. Ad occhio e croce, può dire di averlo reso anche molto più forte e coraggioso, e di questo non può che esserle grato.
Nike bussa delicatamente, ed apre poi le porte. Non c’è bisogno che entri, non adesso, quindi semplicemente si fa di lato, lasciandoli passare.
La stanza è avvolta dalla una luce calda ed un poco soffusa delle candele, e tutta la famiglia è riunita sul grande letto, con la sola eccezione di Everett, che ha preferito piazzarsi a sedere sul comodino per non sentirsi troppo soffocato… e per non crollare addormentato proprio in mezzo a loro. Non che non sia mai successo prima, solo che sente che stavolta neanche delle cannonate lo sveglierebbero più.
Radish appare ai loro occhi come estremamente felice, radioso e fiero mentre se ne sta con le spalle appoggiate alla testiera del letto, le gambe allungate sul materasso ed un braccio avvolto attorno alle spalle della moglie, che a sua volta si mostra molto più calma rispetto ad una ventina di minuti prima.
Ma era normale che andasse così, che si calmasse alla vista del marito, dei figli e del fratello. Riavendoli tutti con sé, dopo che tutto è stato risolto e la situazione è di nuovo tranquilla, lei non poteva far altro che abbassare le difese, così da godersi veramente il lieto momento.
Momento che adesso verrà condiviso anche con gli altri, che sono stati tenuti sistematicamente all’oscuro.
«Sorpresa!» Esclama a voce non troppo alta Radish, sorridendo con aria assai divertita e felice al gruppo, che invece li guarda come se a tutti loro fosse spuntata una seconda testa.
Anche se, in realtà, ci sono realmente tre testoline in più.
«Oh mio Dio…» A Chichi viene sinceramente da piangere, tanto è felice ed emozionata.
Le era venuto il dubbio che fosse di nuovo incinta quando erano a casa loro, grazie a quella foto che la ritraeva sorridente, pancia a pancia con Bree. Quella di Sherry era molto più piccola rispetto a quella dell’amica, alla quale mancava ormai poco tempo prima del lieto evento di cui pure lei era a conoscenza, ma avendone tre in grembo compensava abbastanza.
Per quanto desideri avvicinarsi a loro, per quanto desideri sinceramente osservare i nuovi nipoti di cui non sapeva niente, si astiene dal farlo. Mai avvicinarsi ad una neo-mamma se questa — o il compagno — non ti dà il suo benestare.
«Ma voi due non fate altro?! Santo Cielo, vi riproducete come conigli!»  Bercia giustamente Vegeta, senza però un briciolo di cattiveria. Tanto è lui quello che verrà svegliato nel cuore della notte, che dovrà cambiare pannolini, sopportare i rigurgiti sulla spalla, ed insegnare nuovamente tutto quanto a tre nuove creature, quindi perché mai arrabbiarsi?
Al massimo si preoccupa un poco. Se piazzassero due coppie di Spettri su un pianeta deserto, entro cinquant’anni al massimo il pianeta sarebbe completamente ripopolato.
Nel frattempo, Videl e Mister Satan si sentono assai a disagio, ritrovandosi infatti in mezzo ad un momento così delicato e intimo alla quale non erano neanche lontanamente preparati.
«Come l’ha presa Theo?» Domanda scherzosamente Sherry, attirando così l’attenzione anche della bella moretta. Radish le ha infatti raccontato la faccenda a grandissime linee tra un bacio e l’altro, e lei per poco non si soffocava tra saliva, lingue e risate. Col senno di poi, forse era meglio raccontarsi tutto e poi baciarsi, anziché fare tutto insieme alla come viene viene.
Inutile rimuginarci troppo sopra, perché tanto continueranno sempre su quella caotica strada.
«Zia…» Si passa nervosamente una mano dietro il collo, Gohan, imbarazzatissimo. A cose normali gli piace parlare con lei, ci si trova piuttosto a suo agio, ed ha pure scoperto che è capace di dargli dei buoni consigli su tante questioni, ma non se la sente ancora di parlarci di ragazze. Per quello, basta il molto meno invadente Tristan.
«A me è sembrata davvero arrabbiata…» Afferma Kahlúa, storcendo un poco le labbra «Tranquillo! Le farò passare subito la voglia di fare la dura!»
«Lascia che se la vedano tra loro, Kally.» La riprende prontamente Radish, senza però riuscire a staccare gli occhi da quella minuscola creaturina che Sherry tiene tra le braccia.
Tenerezza, orgoglio, istinto protettivo e amore gli fanno male al petto.
Allunga una mano e lascia che gli stringa il pollice con il pugno, con una presa sorprendentemente forte.
Ha indubbiamente gli occhioni della madre, tali e quali, un poco coperti da una folta zazzera bianca. Tiene il minuscolo pollice nella boccuccia rosea, e Radish si sente sciogliersi dentro ogni volta che i loro sguardi si incontrano.
Gli fa fisicamente male quando deve staccare le sue minuscole dita dal proprio, ma rimedia subito lasciandoselo scivolare con attenzione tra le braccia, tenendolo ormai con sicurezza. Di esperienza, infatti, ormai ne ha fatta più che abbastanza, ed è perfettamente capace di maneggiare un bambino. Si sente addirittura tranquillo nel farlo, come se tutte le sue vecchie paure non fossero neanche mai esistite.
Shiraz, che tiene tra le braccia l’altro maschietto, non riesce a smettere di sghignazzare. Dei nomi precedentemente scelti per loro se ne sbatte, per lui saranno per sempre Yin e Yang. Come potrebbe essere altrimenti?! Il cucciolo tra le braccia del padre ha i capelli bianchi con un piccolo ciuffetto nero vicino alla tempia sinistra, mentre il gemello è il suo esatto opposto.
Yin e Yang, appunto, i nuovi fratellini che lui e Jerez dovranno plasmare come meglio credono, come suggeritogli dagli amici che già hanno dei fratelli più piccoli.
Kahlúa e Alaska, invece, tengono tra loro la nuova sorellina, vezzeggiandola e carezzandole la testolina. Ha gli occhi simili a quelli di Jerez — e quindi dello zio Everett —, un poco più chiaro e decisamente più dolci, e i capelli nerissimi. Ai loro occhi non è tanto la nuova sorellina, quanto un giocattolo.
Quando Radish ha scoperto che in arrivo c'era un’altra femmina, al contrario dell’entusiasmo dei piccoli, per poco non collassava a terra morto stecchito. Poi, però, ha semplicemente accettato la cosa, e si è messo giù a pensare ai possibili nomi. Perché non poteva proprio permettersi di fare storie, non quando era stato lui a pressare tanto Sherry per convincerla ad avere altri figli.
Se un tempo non li voleva proprio, di colpo si è reso conto che invece quelli che si era ritrovato tra capo e collo stavano crescendo, che stavano cominciando a non avere più il costante bisogno della sua presenza, che stavano cominciano a cavarsela da soli… e lo ha fatto sentire strano. Uno strano che non gli è piaciuto per niente, che lo ha disturbato nel profondo.
Così, dopo attente riflessioni interiori, ha cominciato a dire a Sherry che non sarebbe stato male allargare la famiglia, che quei piccoli mostri urlanti li rendevano sempre più felici, e con un po’ di fatica è riuscito a farle dire di sì.
Il problema, però, è nato dal momento che lei non restava incinta.
Ci hanno provato e riprovato per quasi due anni, arrivando ad uscire devastati e stanchi dopo ogni calore, ed infine anche davvero addolorati quando puntualmente le mestruazioni si ripresentavano.
Quasi due anni di tentativi andati falliti, che li hanno portati infine ad arrendersi. Era evidente che dovessero rimanere com’erano, che non era destino che arrivasse qualche altro cucciolo a stravolgere le loro frenetiche vite, e che lui dovesse rassegnarsi all’idea che i suoi figli stessero crescendo, che non avrebbe più avuto la possibilità di sentire una prima parola, di assistere a dei primi passi, che non si sarebbe più divertito un mondo nel far scoprire loro il mondo esterno. Doveva accettare che avrebbe potuto “solo” continuare a prendersi cura degli altri quattro, e così aveva anche deciso di fare… quand’ecco che, con grande sorpresa generale, Sherry invece c’è rimasta.
Avevano smesso di tentare, avevano ripreso a vivere senza quell’idea per la testa, a fare sesso normalmente e senza più pensieri, e lei un giorno è tornata a casa e gli ha detto di essere di nuovo in dolce attesa.
Non poteva esserne più felice, Radish. Altri due bambini, altre due creature che l’avrebbero adorato, altri due esserini a riempire un po’ di più le sue giornate, a regalargli tutte quelle dolci emozioni dalla quale non riesce più a staccarsi.
Peccato solo che non fossero due, ma tre.
Una bambina e due gemelli omozigoti. Un piccolo intruso che è stato scoperto con un’ecografia, perché la pancia cresceva ad un ritmo davvero troppo singolare e quindi aveva insospettito Darko e Bree.
È stato un bel colpo, un enorme boccone da tirare giù, perché già occuparsi di due neonati non era proprio una passeggiata, figurarsi di tre, ma poi è semplicemente scoppiato a ridere, felice, ed ha baciato Sherry con tutto l’amore che aveva inc corpo.
«Lei è Sherry, Kakarot.» Afferma con un sorrisetto compiaciuto, godendo da matti quando si rende conto che alla moglie non frega meno di niente del fratello. Non da un punto di vista sessuale almeno, perché per il resto è felice di conoscerlo, malgrado la stanchezza attuale lo nasconda abbastanza.
«Questo, invece…» Anche se il minore gli pare piuttosto goffo e arrugginito nel prendere tra le braccia un infante, si fida abbastanza da continuare, fino a cedergli totalmente il suo settimogenito «È Cìroc.»
Shandy Cassa è stata la prima dei tre a venire al mondo, seguita poi da Balkan Nion ed infine Cìroc Ruco. Tre Cacciatori forti e in salute, voraci tanto quanto sono stati i fratelli e sorelle maggiori, i primi tre membri della casata reale fatti nascere da Bree direttamente nei Territori del Nord.
Goku, che dopo tanti anni tiene di nuovo un infante tra le braccia, si lascia andare ad un grande sorriso commosso. Quello che sta stringendo è suo nipote, il figlio di suo fratello, lo stesso che sembrava tanto odiare i bambini, e che invece adesso è più che disposto a morire per loro.
«Siamo un po’ di più rispetto a sette anni fa, ma è davvero bello…» Sussurra Chichi, avvicinando il marito per osservare meglio il piccolo. Le pare come più sveglio degli altri, ma non nel senso di più intelligente. È una sensazione che non riesce a capire neanche lei, ma quei grandi occhioni scuri che la osservano con così tanta attenzione le fanno pensare solo che sia, in qualche modo particolare, più sveglio. O forse più ricettivo, più sensibile… più qualcosa.
Ora che Radish ha silenziosamente dato il suo benestare, gli altri si avvicinano ad una più che stanca Sherry. Non dorme da giorni, mangia poco, ha partorito tre bambini mentre suo marito, i suoi figli e suo fratello stavano combattendo, rischiando la vita. Nessuno le starà troppo addosso, non ci pensano proprio, ma le congratulazioni sono d’obbligo.
Pure Piccolo si abbassa al suo livello per un breve abbraccio, irrigidendosi ed arrossendo fino alla punta delle orecchie quando gli chiede se vuole essere il padrino di Cìroc.
Annuisce appena, pur sapendo che, dovesse mai succedere una qualsiasi cosa, sarebbe comunque Everett a prendersi cura del piccolo. Se ciò non fosse possibile, lui in ogni caso non si farebbe problemi a prendersi carico di tutti e sette, essendo ormai più che abituato ad averli attorno.
In fondo è lui quello che allena spesso Jerez, che lo aiuta con la meditazione e si sforza tanto per fargli trovare il suo “centro”, quel qualcosa che lo aiuti a non lasciarsi accecare sempre dall’ira.
Ha anche partecipato ad ogni compleanno, è stato alle loro nozze, li ha sposati! Insomma, alla fin fine non dovrebbe neanche sorprendersi troppo di quella richiesta, ma invece si sorprende lo stesso.
Si abbassa poi su Jerez quando questi lo chiama. Ormai si rivolge sempre a lui chiamandolo “zio”, ed ha ben capito quanto sia inutile dirgli che non è suo zio, che non dovrebbe chiamarlo così. Quel piccolo Diavolo ha deciso anni addietro che il Namecciano fa parte della loro grande e assurda famiglia, e niente e nessuno gli farà cambiare idea, Piccolo in primis. Tanto vale, quindi, lasciarlo fare.
Gli vuole mostrare il fratellino, glielo vuole mettere tra le braccia, e lui lo asseconda, stringendo quel corpicino più o meno fragile tra le braccia, dando poi modo a Gohan di avvicinarsi a sua volta.
Quante volte anche lui ha passato il tempo in loro compagnia? Li ha visti crescere, li ha aiutati nei loro primi passi, li ha accompagnati nelle loro corse nei boschi, ha riso con loro fino alle lacrime. Per quanto siano “strani”, diversi dai bambini comuni, lui non li cambierebbe con niente al mondo. Sono parti di lui, della sua vita fuori dall’ordinario, e gli vuol bene così come sono.
Adesso spera solo che anche Videl, la bella e coraggiosa Videl, possa accettarli per quello che sono senza giudicarli e senza temerli, perché sennò la faccenda si farebbe davvero difficile.
Le sue cugine, però, sembrano come capirlo, così si adoperano per prendere in braccio la sorellina e, con attenzione, la portano fino al cospetto dei due umani, mostrandogliela con fierezza.
Mister Satan, malgrado l’imbarazzo di trovarsi in mezzo ad un simile momento, si lascia andare ad un tenero sorriso di fronte a quei tre faccini, rivedendo qualcosa dell’adorata figlia in quei dolci occhioni azzurri. Si abbassa in ginocchio, e lascia che le due piccole gli parlino, gli raccontino le loro cose.
Sherry, sempre seduta a gambe incrociate sul letto, attenta a non perdersi nessun movimento, non riesce a fare a meno di chiedersi dove abbia già visto la ragazza. È sicurissima di averla già fiutata, di aver già visto quei grandi occhi azzurri che tanto hanno stregato il timido nipote, finché di colpo, come un fulmine a ciel sereno, ecco che rivede quella piccola bambina strappata appena in tempo dalle grinfie di quel maledetto porco, che poi ha simpaticamente affidato alle cure di Major.
Ricorda anche la fine che gli fece fare, nascondendo i suoi arti e la sua testa all’interno del busto. Quando le spiegò con fierezza come ce li fece entrare, per poco non diede di stomaco, e solo ora si rende conto che è quel genere di cose che suo fratello, che adesso tiene sul fianco Shiraz e si lascia raccontare nell’orecchio tutte le sue cose, avrebbe sbadigliato di fronte ad un simile scempio.
«Ehi, bambolina…»
Alza di scatto gli occhi su Radish, che ora la sovrasta con la sua mole.
Le carezza delicatamente la guancia con il dorso della mano, avvicinandosi al suo viso. Sa che è pentito di ciò che le ha detto, di quelle cattiverie gratuite, ma non pretende altre scuse. Per quanto lo negasse, lei sa bene quanto fosse nervoso per la gravidanza ormai a termine, quanto temesse il momento del parto, e vederlo scoppiare in quel modo non l’ha sorpresa più di quel tanto.
«Sarà il caso che ti riposi un po’?» Mormora a bassa voce, guardandola con apprensione.
«Veramente vorrei conoscere un po’ tuo fratello, se permetti. Oppure sei ancora convinto di quell’enorme cazzata?» Insinua con un sogghigno, assottigliando lo sguardo.
«Assolutamente no, nessuno è meglio di me!»
«Sicuramente non più scemo.»
Le tira giocosamente una ciocca di capelli di lato, sorridendo debolmente. Se pensa che hanno sinceramente rischiato di non vivere più questi momenti, di non bearsi più in questo magico calore che li unisce, sente il cuore congelarsi e poi sgretolarsi. Dovrò intensificare di molto gli allenamenti, non posso permettere che vi succeda di nuovo qualcosa.
«Mh, tu intanto te lo sei sposato due volte questo scemo, e ci hai pure fatto sette figli!» Controbatte poi dopo qualche secondo, poggiando la guancia contro il palmo della sua mano quando lo sfiora appena.
Odia doverlo ammettere, ma ha bisogno di lei, ne è totalmente dipendente. L’unica cosa che lo tranquillizza, è che lei ne ha altrettanto bisogno.
«Ci piace chi è come noi, immagino.» Non esiste nessuno in quella stanza, adesso. Ci sono loro due nella loro personalissima bolla, quella dove niente può sfiorarli.
Tanto Everett è lì al loro fianco, per qualche istante può tenere lui i cuccioli sotto tiro. Anche se ormai è evidente che quelle piccole canaglie non abbiano più gran bisogno della protezione di nessuno.
«Tu riposati un po’ okay? Avrai tutto il tempo di questo mondo per conoscere mio fratello.»
«Ra—»
La zittisce con un bacio che sentono entrambi fin nel midollo, e quando si stacca ha un’espressione di completa soddisfazione. Il bastardo conosce il potere delle proprie labbra, e sa perfettamente come usarle a suo vantaggio.
«Riposa tranquilla, Sher. Non hai mai avuto gli occhi così stanchi.» Le sposta la ciocca bicolore dietro l’orecchio, ignorando volutamente tutti quegli sguardo invadenti che gli trafiggono la schiena.
Quando è tra gli Spettri, a nessuno frega meno di niente se loro si baciano o si abbracciano, perché per loro non è niente di cui vergognarsi, ma i suoi amici… per loro è diverso. Vegeta e Goku, in particolar modo, non sono decisamente avvezzi a questo genere di effusioni in pubblico. A Radish, però, ora come ora importa meno di niente.
Ha imparato da tempo che è la sua vita e che la può vivere come meglio crede, e se ciò include baciare sua moglie davanti agli altri, nessuno deve rompergli le palle in alcun modo.
«Torno presto, va bene?»
Sta per mettere il broncio, lo vede, e sa bene che non riuscirà a dirle di no in quel caso, ma Jerez si mette fortuitamente nel mezzo. Allaccia infatti le braccia al collo della madre e le dà un casto ed innocente bacio sulle labbra, come ogni altra volta in cui il padre osa toccarla di fronte a lui — è infatti bene che sia chiaro a tutti che mamma è sua e solo sua —, e poi borbotta che rimarrà lui con lei, che si metterà nel lettone con lei e la proteggerà.
Per quanto in genere non siano mammoni, hanno di tanto in tanto dei momenti in cui vogliono stare soli con lei, in cui vogliono godersi le sue attenzioni il più possibile, stringersi a lei e lì rimanere il più a lungo possibile. Ora che sono nati tre nuovi cuccioli, era inevitabile che questo loro latente istinto si risvegliasse.
Guardandosi attorno per un paio di secondi, poi, Radish si rende pienamente conto che il desiderio del secondogenito è condiviso anche dagli altri tre, ed un debole sorriso gli arriccia gli angoli della bocca.
«Chiamo qualcuno che si occupi dei più piccoli, va bene?» Le dà un altro bacio veloce, e scompiglia poi i capelli a Jerez prima di scostarsi da loro.
Suo fratello lo sta fissando con un’espressione assai sorpresa, come se non avesse mai visto due persone baciarsi, e per questo si ritrova a roteare gli occhi al cielo. Immaginava che gli avrebbe regalato dei momenti simili, ma non pensava che anche un misero bacio potesse stupirlo a tal punto. Cazzo, sei sposato anche tu e hai due figli! Li hai concepiti col pensiero?!
Chichi, però, adesso nota un qualcosa di adorabile nel cognato: la riluttanza di allontanarsi dalla sua famiglia.
Non li vuole lasciare, il suo corpo sembra quasi soffrire di quel breve distacco, e per questo si frappone tra lui e il marito, sorridendo con l’aria di chi la sa lunga.
«Non ti scomodare a chiamare qualcuno che si occupi dei tuoi figli, Radish, non ce n’è bisogno. È tardi e vogliamo tornare a casa, cosa credi?» In parte ciò che dice è vero, perché desidera ardentemente passare un po’ di tempo con suo marito, scoprirlo di nuovo, avere modo di ricostruire il loro strano legame, ma è anche vero che, sotto sotto, le piacerebbe restare lì con loro.
Radish la guarda con un certo smarrimento. Sa qual è il suo scopo, ma non è sicuro di volerlo accettare.
Non vede suo fratello da sette anni, e sotto sotto gli è mancato più di quanto ammetterà mai. D’altra parte, però, per un po’ ha perso la sua Sherry, ha rischiato di non poterla più stringere a sé, di non potersi più crogiolare nel suo affetto, in quello più vivace dei suoi figli…
Vuole stare con suo fratello e recuperare il tempo perso? Assolutamente sì. Vuole farlo e rinunciare al calore di Sherry e dei suoi figli? Assolutamente no.
È una scelta difficile per lui, ma il sorrisetto furbo della cognata gli fa capire che non ha molta scelta. Proprio come lui, anche lei vuole rintanarsi nella sua bolla finché ne avrà modo e tempo.
«Appena ve la sentite, venite a pranzo da noi, okay?»
Sherry le sorride debolmente, con gli occhi che ormai sono a tanto così dal chiudersi.
Non ce la fa davvero più, e se riesce a rimanere ancora vigile è solo perché sono tutti lì e vorrebbe goderseli il più possibile; vorrebbe conoscere il tanto chiacchierato Kakarot/Goku — per lei è indifferente, lo chiamerà semplicemente Diddy, in onore dell’omonimo personaggio dei videogiochi —, vorrebbe ascoltare il loro racconto… vorrebbe tante cose, ma adesso sente che, tutto sommato, non sarebbe neanche in grado di dare loro l’attenzione che meritano.
«Perché non li accompagni? Io metto a letto loro, nel frattempo.»
Radish si volta verso di lei, rigido, ed infine abbandona le braccia lungo il corpo, sospirando rassegnato. Se quelle due uniscono le forze, non c’è mai scusa che tenga, ed ormai ha imparato a non controbattere più. Sarebbe come sbattere la testa al muro: inutile, doloroso e pericoloso.
«Scoprirai che è orribile quando fanno comunella.» Afferma semplicemente, prima di riafferrare il fratello per condurlo fuori.
Dovrà fare tutta la strada fino al mondo esterno, perché sennò è probabile che impazzirebbero per trovare l’uscita dalla Tana e per questo potrebbero far dei danni, e deve anche rimettere nell’enorme spogliatoio i vestiti che ha dato loro e tutto il resto. Vivere con gli Spettri per tanto tempo, ti spinge inesorabilmente a diventare molto più preciso e ordinato.
Durante il tragitto, però, ha modo di parlare un po’ con Goku, di raccontargli a grandi linee come si sono conosciuti, come si è evoluta la loro storia. Gli racconta anche di Jäger, del male e dell’orrore che ha portato, sorvolando però sulla violenza che ha inferto alla moglie. Non che sia poi un grande segreto, ma preferisce risparmiargli questo genere di dettagli tanto quanto preferisce non pensarci lui stesso.
Goku rimane meravigliato del suo racconto, di come si sia fatto davvero una vita, di come sia cresciuto, di quanto sia riuscito a guadagnarsi. Un tempo temeva che sarebbe rimasto solo ed infelice — che lo fosse, infatti, non era certo un segreto neanche per lui —, e invece si è riscattato, è riuscito a scrollarsi il suo brutto passato dalle spalle… e lui stesso, ora, non vede l’ora di poter fare amicizia con quella donna tanto forte e tanto speciale da esserci riuscita.


Malgrado stavolta non si sia trattato assolutamente di un addio, per Radish è stato comunque strano vederlo andare via.
I loro mondi sono vicini, ma comunque distanti, in un certo senso.
Non ci aveva mai pensato, perché non aveva mai dovuto rapportarsi con questa realtà, ma stavolta se ne rende conto.
Kakarot appartiene ad una realtà più semplice, ad una vita più tranquilla fatta di poche e semplici regole.
Lui appartiene ad una realtà più oscura, ad una vita ricca di regole, una vita segnata da tradizioni, da una gerarchia precisa… e piena zeppa di vivacità e follia.
I loro mondi si sfiorano spesso, a volte sembrano pure collidere l’un con l’altro tanto da potersi fondere, ma ogni volta è chiaro che, ancora, questo non sia possibile.
Gli Spettri sono ancora legati al loro passato, alle loro tradizioni, non sono in grado di abbandonarle del tutto, e lui si è legato a loro e a tutto ciò che comprendono.
Un giorno, forse, i loro mondi potranno fondersi sul serio, il mondo umano e quello oscuro degli Spettri diventeranno un tutt’uno, ma per adesso gli sta bene di lasciarlo andare.
Prima di andare da Sherry, però, pensa bene di dirigersi verso la stanza di Shiraz e Jerez. La condivideranno finché lo vorranno come da tradizione, e lui sa bene che, in genere, pure le più dispettose sorelle vanno a dormire con loro. Per quanto non vogliano ammetterlo per una questione d’orgoglio, si sentono estremamente protette tra le loro braccia. Tengono lontani i brutti sogni, secondo Alaska.
Non appena apre silenziosamente una delle due porte, li trova infatti tutti accoccolati nel grande letto dei due, coperti con spesse pellicce chiare.
Le bambine sono al centro, Jerez sta a sinistra, con un braccio sulle spalle magre di Kahlúa, e Shiraz a destra, con la manina di Alaska poggiata sul petto.
Sono così piccoli eppure così grandi e coraggiosi, già in grado di mettere da parte sé stessi per il bene comune. Alla loro età, col cazzo che lui si sarebbe mai buttato a capo chino contro un mostro come Majin Bu!
Rimbocca loro le coperte con movimenti leggeri, attento a non svegliarli, quando la vocetta assonnata di Shiraz lo fa un poco sobbalzare.
«Non volevamo farti preoccupare e arrabbiare, papà. Davvero.»
È anche troppo grande per la sua età, e questo gli dispiace.
Non sa se sia a causa del fatto che già sappia qual è il suo posto, a cosa sia destinato, o se il problema si possa imputare alla sua mente forse troppo ricettiva e acuta, fatto sta che, di tanto in tanto, gli si stringe il cuore nel rendersi conto di quanto sia grande.
«Lo so, e sappi che, malgrado tutto, sono davvero molto fieri di voi.» Gli carezza la testa, spostandogli i capelli corvini dagli occhi. Ogni volta che gli rivolge quello sguardo, quello di un bambino innamorato e orgoglioso del suo papà, si sente invadere da una gioia indescrivibile. «Ora vedi di dormire, campione, che poi dovrai aiutarmi con i tuoi nuovi fratelli!» Scherza mentre gli porta la pesante pelle fin sotto al mento.
«Sono così piccoli.»
«Come lo eravate voi…» Li guarda, adesso, e si rende conto che davvero stanno crescendo. Non sono più i lattanti che di notte piangevano per la fame, che si buttavano di sotto dalle culle perché non erano più stanchi. Stanno crescendo, i loro orizzonti si stanno velocemente ampliando, e presto non lo guarderanno più come un supereroe. Prima di quanto immagini, e sicuramente prima di quanto voglia, saranno pronti per abbandonare il nido.
Con il dorso della mano gli carezza piano la guancia, senza smettere di guardarlo con un amore sconfinato negli occhi.
«Non crescere troppo in fretta.»
«Ci proverò.» Sorride, Shiraz, felice.
Sa chi e cosa è, sa chi diventerà.
È nato per quello, e l’idea gli piace.
Senza contare, poi, che si sente quanto più fortunato si possa essere ad avere la possibilità di apprendere dai suoi genitori, di avere una famiglia come quella, di avere tutto quello che ha. Pochi possono vantarsene, e lui ne è sin troppo consapevole.
Con un sospiro stanco, piega la testa di lato e chiude gli occhi, lasciandosi cullare dal respiro dolce e regolare del fratello e delle sorelle, mentre Radish lancia loro un’ultima occhiata prima di lasciarli soli.
I suoi figli hanno combattuto seriamente per la prima volta, hanno dato prova di avere una forza superiore alla maggior parte degli Spettri adulti, di essere capaci di cose che nessuno si poteva aspettare da loro.
Per quanto sia immensamente fiero di loro, non può fare a meno di pensare a quanto le loro vite cambieranno, d’ora in avanti.
Dovranno essere allenati di più e più duramente di chiunque altro, dovranno cominciare a pensare da soli da chi si vorranno davvero intorno, dovranno cominciare a creare la loro guardia. Hanno l’età, ormai. Anzi, in un certo senso l’hanno pure superata.
Lui, Sherry e i Sovrani del Sud, invece, dovranno cominciare a pensare seriamente a ciò che è successo tra i loro figli. Dovranno parlarne, pensare a come agevolare il loro percorso, la loro ascesa, ed anche capire come funzionerà la delicata questione del futuro Beta.
Ma c’è tempo per tutto questo. Il Sole sorgerà un altro giorno, e loro potranno pensare ad ogni cosa con calma e lucidità.
L’unica cosa che davvero vuole fare adesso, è andare da lei.
Camera loro è avvolta nel silenzio, ed ormai è quasi del tutto in penombra.
I tre neonati sono nella loro grossa culla, e dormono calmi e beati. Deve essere stato un bel carico di emozioni anche per loro, non abituati a fiutare così tante tracce ed emozioni nuove, e per questo Radish non si sorprende minimamente quando non si smuovono minimamente una volta che li ha avvicinati.
Li copre meglio con la copertina chiara di cashmere, e poi si dirige con passo stanco verso il bagno. Ha un bisogno più che disperato di buttarsi a letto con lei e dormire, ma sa che prima è meglio parlare, farla sfogare. Per quanto si ostini a mostrarsi sempre forte, la conosce quel tanto che basta per sapere esattamente quando qualcosa la turba, anche senza doversi basare sulle sue emozioni che percepisce nel cuore.
La trova sotto la doccia, con la testa reclinata all’indietro, gli occhi chiusi ed una soffice nube di vapore ad avvolgerla.
La raggiunge velocemente, spogliandosi durante il tragitto, ed entra senza dire una parola. Le insapona poi delicatamente le spalle tese, massaggiandole appena prima di far scivolare le mani sul petto, sul ventre e sui fianchi, stringendosi a lei mano a mano che i secondi passano.
«Dio, sei bellissima.»
«Ho molto grasso di cui sbarazzarmi.»
«Non hai niente di cui sbarazzarti.» Le mani gli scivolano sui suoi fianchi, che subito stringe con fare possessivo «Sei perfetta.»
Sherry si rigira con un sorrisetto tra le sue braccia, e gli passa le dita tra i capelli folti «Sei un bugiardo.»
«Mai, quando si tratta di te.» Continua ad accarezzarle il corpo, a massaggiarlo e vezzeggiarlo, stando sempre ben attento a non farle male in alcun modo. Malgrado siano passati un paio di giorni dal parto, e quindi il suo organismo si sia ormai ripreso, non vuole rischiare in alcun modo. Per quanto gli riguarda, hanno sofferto più che a sufficienza.
«Questo fantastico corpo mi ha dato sette bellissimi figli… non c’è assolutamente niente di cui sbarazzarsi.» Le afferra delicatamente il volto tra le mani, costringendola a guardarlo negli occhi.
Non vi leggeva dentro un tale smarrimento e una tale paura da anni, e Dio solo sa quanto gli faccia male. Sperava di non doverci mai più fare i conti, ma la verità è che entrambi si erano come scordati di quanti pericoli si annidino fuori dalla loro preziosa bolla.
«Perché piangi?» Domanda con un filo di voce, vicinissimo alle sue labbra.
«Non sto piangendo…»
«Sì, invece. Che succede?»
Un insopportabile groppo pare ostruirle improvvisamente la gola, e di slancio nasconde il volto nel suo petto forte.
Se solo ripensa a quello che è successo, a quello che ha rischiato, al dolore che ha dovuto sopportare… e poi ci sono andati anche i gemelli ed Everett!
Credeva di impazzire. Le sembrava di riuscire a sentire tutto il dolore che doveva sopportare l’altro, ogni singolo colpo; unito ai dolori del travaglio, non riusciva più a tenere in piedi il muro, e così avvertiva anche la sua paura, il suo terrore. Sentiva tutto.
Quando si sono trovati tutti in quell’orribile bianco infinito che già una volta aveva visto, ha davvero creduto di averli persi tutti quanti, di aver perso ogni cosa.
Se non si è lasciata andare ad un pianto disperato, è stato solo perché Leila non si era ancora fatta vedere. Se lei non c’era, era ovvio che pure il Grande Spettro fosse in attesa. Probabilmente osservava lo scontro da lontano con il suo solito distacco e l’innata curiosità, e così si è come dimenticato di doverli giudicare per lasciarli passare.
Sono rimasti tutti lì, sospesi, in silenzio.
Lei si teneva stretta alla sua enorme famiglia, provava a nutrirsi della forza e del coraggio del fratello, si aggrappava con le unghie e con i denti al calore che si davano l’un l’altro, e nel frattempo cercava di calmare i piccoli.
Erano così spaventati… non facevano altro che chiedere del padre, non smettevano di piangere perché lui non arrivava, perché non poteva raggiungerli, e loro si sentivano come abbandonati, persi.
Ma poi sono tornati indietro, lì dov’erano prima che tutto sparisse.
Sono tornati, e lei ha dovuto reggere ancora, perché le sue bambine non meritavano di vederla andare in pezzi, di vederla in lacrime, distrutta.
Radish era vivo, lo sentiva, seppur in modo labile e quasi indistinto, ma sarebbe tornato? Ce l’avrebbe fatta? Non poteva dirlo con sicurezza, e i bambini erano ancora là fuori. Loro sapevano che sarebbe tornato, ne erano più che convinti, e così hanno preferito rimanere lì ad aspettarlo. Everett è semplicemente rimasto lassù con loro, ha aspettato a sua volta, forse perché, malgrado non lo ammetta, non avrebbe avuto la forza sufficiente di vederla andare in pezzi.
Ma adesso Radish è lì, la sta stringendo con forza, le sta baciando la testa, la sta lasciando sfogare tra le sue braccia.
«Ho avuto così tanta paura…» E ne ha ancora, in realtà. Un incubo simile potrebbe ripresentarsi anche l’indomani, dopodomani… e potrebbe perderlo in qualsiasi momento.
È un’idea che mai prima l’aveva sfiorata, perché ai suoi occhi lui è indistruttibile, è la sua roccia, l’uomo che le ha dato tutto senza chiederle niente in cambio, che le ha messo il cuore nelle mani con la consapevolezza che sarebbe stata davvero dura, che il suo tragico passato avrebbe ferito a più riprese quel cuore tanto fragile.
Ma ora, purtroppo, non è solo un’idea: è una consapevolezza orribile.
«Anch’io, bimba… anch’io.»
Dopo un paio di minuti sotto al getto caldo, poi, Radish la conduce fuori dalla doccia e l’avvolge in un grosso e morbido telo, per poi darsi un’asciugata veloce. In quelle stanze, in fondo, è abbastanza caldo da poter girare nudi in tutta tranquillità.
Quando la raggiunge in camera, la trova accoccolata sul materasso, lo sguardo insopportabilmente triste e pensieroso. Non avevano mai discusso seriamente della possibilità di una simile minaccia, non l’hanno mai voluto fare. Pure per Radish era doloroso e terrificante pensare ad una simile eventualità, e quindi ha sempre preferito evitarlo come la peste.
«È finita, bambolina. È finita, e andrà tutto bene. Credimi quando ti dico che non permetterò mai più a nessuno di farvi del male.» Afferma sicuro, avvicinandosi a lei e gettando l’asciugamano da una parte.
Rimane nudo e duro di fronte a lei. Il corpo sfregiato è terrificante nella sua brutale bellezza. Ogni cicatrice, inclusa quella più grande sul petto, non ne intacca la perfezione fisica. Per lei aggiungono solo ulteriore fascino, rendendolo incredibilmente perfetto in un modo contorto.
Si siede davanti a lei, e le prende una mano tra le sue, cercando poi il suo sguardo.
«Mi allenerò di più, supererò ogni dannato limite, e vi terrò sempre al sicuro. Te lo prometto.» La voce è dura, ferma, di quelle che non ammettono repliche.
Ma una piccola replica Sherry gliela deve fare per forza, perché le pare assurdo che non tenga in conto della cosa forse più importante.
«Io voglio che sia tu quello al sicuro. Non voglio stare senza di te, e neanche i bambini lo vogliono. Se vuoi combattere va bene, non te lo impedirò come tu non l’hai impedito a me, ma non devi combattere per difendere noi, ma per resistere sempre, per non lasciarci.» Adesso è lei quella dura, quasi rabbiosa, e Radish non può trattenere un dolce sorriso.
È sempre così, la sua Sherry. Vuole mostrarsi forte, indistruttibile, una vera Regina instancabile ed imperscrutabile, perché le è intollerabile l’idea che, visto che è una donna, che è una moglie e una madre, possa essere vista più debole di quanto non sarebbe un Re. In verità, però, ha un cuore immenso, e lui l’ha conquistato tutto quanto, ci ha impresso a fuoco il suo nome, e mai potrebbe anche solo pensare ci rinunciarvi.
«Questo è sott’inteso. Mica sono così scemo da farmi scivolare dalle dita una bambolina come te!» Si lasci scivolare in avanti, costringendola ad arretrare fino a sdraiarsi sul letto, intrappolandola così sotto al proprio corpo.
«Sono seria.»
«Anche io! Credimi, non ti sbarazzerai mai di me… e non ci sarà mai neanche un dannato luogo in cui potrai nasconderti!»
Ridacchiano appena, attenti a non disturbare i tre piccini che riposano beati, e Radish si lascia poi stringere tra le sue braccia.
È uno sforzo immenso per entrambi farsi scivolare di dosso tutte quelle orribili paure che li hanno tanto scossi.
«Anche se non portiamo anelli, questo è l’indelebile segno che dice che tu sei mia, e che io sono tuo. Per sempre. Non te lo devi mai scordare.» Afferma poco dopo, sfiorandole la cicatrice sulla clavicola con le labbra.
«Cosa ho fatto per meritarmi uno come te?»
«Qualcosa di davvero orribile in una vita precedente, sennò non si spiega.» Le porta velocemente una mano sulla bocca, così da attutire le sue risate, e subito si sente meglio. Se è riuscito a farla ridere, vuol dire che si sta calmando sul serio «Vieni qui, ragazzina. Dammi un po’ di zucchero!»
E poi la bacia. La bacia finché nient’altro esiste a parte loro e quel momento. Diventano due corpi che fluttuano nella tempesta di desiderio e amore, una tempesta di cui non si vede la fine. La bacia fino a farle dimenticare il suo nome, quello che è e tutto ciò che è successo, ma soprattutto… che tutto questo non avrò mai fine.




ᴀɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Ma ben ritrovati a tutti quanti! ! 😄

Vi chiedo immensamente scusa per aver ritardato con la pubblicazione, solo che in casa ci sono dei problemi belli grossi ultimamente, ed ho faticato non poco per stare in pari con tutto.
Mi dispiace, davvero. Scusatemi!

La parte di Majin Bu spazia decisamente nel fantascientifico ed è scritta effettivamente sul culo, ma non avevo proprio il tempo per andarmela a rileggere/vedere tutta, così mi sono un po’ arrangiata alla meglio.
Spero che non vi abbia fatto storcere troppo il naso… volevo dare almeno una soddisfazione pure al nostro Ravanello adorato!

Ebbene sì: la famiglia si è allargata di nuovo!
Volevate Radish papà di una bambina? Bene, sappiate che è da quasi un anno che sono state pensate tutte e tre! 😄😄😄
Dopo stavolta, però, basta. Sherry preferirebbe chiudere per sempre le cosce piuttosto che affrontare una nuova gravidanza!
Se in futuro ci saranno altri cuccioli, sarà per merito dei mini-Shedish. E sì, alcuni ce li avrei già in mente in realtà, ma chissà se appariranno mai!

Shiraz ha fatto zing con Sunshine, nel momento in cui stava per andarsene con Jerez.
Erano già molto amici, lei voleva bene ad entrambi, e la paura di non vederli più tornare, unita a tutte le forti emozioni del principe, ha fatto sì che scattasse quel meccanismo.
Povero Blackwood…

Ma già che parliamo di cuccioli e delle loro future storie d’amore, secondo voi chi finirà con chi?
Vi ricordo la lista (aggiornata):
- Jerez
- Alaska
- Kahlúa
- Shandy
- Balkan
- Cìroc
- Trunks
- Bra
- Pan
- Goten
- Marron
- Lux
- Light
- Sunset
- Bree(+Micah) e Mimì
Magnus e Chuck (Segugi)/  (+Mordecai)
Mason e Klaus (Cacciatori)
- River e Cloe Axel e Giselle (Cacciatori); Liam, Taylor, e Cruz (Alpha, Cacciatori)
- Maddox e Becca Amos e Maximilian; Monet e Zelena (tutti Cacciatori)
- Major e Domino Hana e Moira (Segugi)
- Camila e Timo Kit, Reid e Wendy (Alpha, Cacciatore, Segugio); Derek e Danielle (Cacciatore e Segugio)
- (Aphophis+)Zara e Russel Julian e Adrian (Alpha)

Ci si può sbizzarrire con una lista del genere! E non è assolutamente detto che verranno usati tutti, figuriamoci!

No, il significato dei nomi Saiyan il più delle volte non lo so ^^” Uso questo generatore https://www.fantasynamegenerators.com/db-saiyan-names.php, quindi chiedete a lui! XD

Direi anche basta con il mio sproloquio, direi che ho scritto decisamente troppo.

Alla prossima settimana con l’ultimo capitolo!
Un bacione 😘
Kiki 🤙🏼

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Capitolo 55
*** Epilogo ***


𝟝𝟜.  𝓔𝓅𝒾𝓁𝑜𝑔𝑜




Stare tutti riuniti nella stessa stanza, felici ed emozionati, per Radish è sempre incredibile.
Non era abituato a vincere nella vita, non dal momento che tutto, dalla sua nascita, gli ha sempre remato contro in qualche modo. Ma poi è successo qualcosa, nella sua vita tormentata e noiosa al tempo stesso. Qualcosa di tanto banale quanto incredibile, che ha stravolto ogni cosa: ha conosciuto Sherry.
L’ha conosciuta in una lurida bettola, nel modo meno convenzionale possibile. Ma cosa, in tutta la loro storia, è mai stato poi troppo convenzionale?
La cosa certa, però, è che non pensava, quell’ormai lontana sera, che sarebbero arrivati a festeggiare venticinque anni di matrimonio.
Venticinque.
Metà della sua vita l’ha donata a lui, permettendogli di poter finalmente vivere come si deve.
E non gli ha donato solo la sua, di vita.
Gliene ha donate altre sette.
Sette energici ragazzi che l’hanno fatto impazzire nel corso di tutti quegli anni, e che ancora non sembrano proprio accennare a smettere di sorprenderlo e fargli battere forte il cuore.
Sette energici ragazzi che in venticinque anni lo hanno fatto sospirare, pieno d’orgoglio, e soffrire, pieno di dubbi e sensi di colpa.
Sono tutti lì, adesso. Stanchi e silenziosi, quasi assenti, ma ci sono, e lui non riesce a staccarli gli occhi di dosso.
Sono così maledettamente cresciuti, ormai… dei giovani adulti, ognuno con la propria vita, le proprie passioni, i propri doveri. Li ha accompagnati mano nella mano finché glielo hanno permesso, fin quando non lo hanno staccato e sono corsi in avanti, fin quando non hanno preso le loro vite in mano e ne hanno fatto ciò che volevano. Lui, però, resterà sempre vicino ad ognuno di loro, e sarà lì per afferrarli quando scivoleranno, a prendersi la loro fatica quando il mondo gli peserà troppo, ad addossarsi tutto lo schifo così che possano risplendere e respirare.
Lui sarà lì, sempre.
Con gli occhi stanchi, passa di nuovo in rassegna il volto di ognuno di loro, da sinistra a destra, ed un fiume di ricordi sia belli che brutti lo investe.
Balkan se ne sta sdraiato su diverse sedie, mezzo addormentato, con la testa sulle cosce della sorella maggiore; i capelli scuri lunghi fino alle spalle adesso sono legati in un piccolo codino alto, tranne per il ciuffo bianco sulla tempia sinistra, che come sempre gli scende libero sul collo. Li vicino, sbuca con arroganza il tatuaggio che condivide con tutti gli altri: un piccolo pianeta che viene raggiunto da una piccola astronave stilizzata, e accanto la scritta 6/7. Tra tutti quelli che ha — e che hanno uno dei fratelli e delle sorelle —, è sinceramente quello che apprezza di più.
Dal momento che non si è mai tolto gli occhiali da quando è arrivato, presume che abbia fatto follie fino a metà pomeriggio.
Da un paio d’anni a questa parte, ormai, ha perso il conto delle sbronze epiche che si è preso, ed incazzarsi a morte è diventato decisamente inutile. Con vent’anni sulle spalle ed una carriera avviata, figuriamoci se gli darà ascolto sui pericoli dell’alcool. Quando poi farà qualche casino serio, magari giocandosi suddetta carriera, lo alzerà di dieci centimetri a furia di calci nel culo.
Lui è l’artista di casa. Per essere più precisi, è il cantante e il musicista. Ha mostrato uno spiccato interesse per il pianoforte sin dalla più tenera età, e il fatto che dormisse poco ha come aiutato lo sviluppo di questa passione e del suo innato talento. Rompeva un po’ le palle sulle prime, ma poi è diventato piacevole ascoltarlo.
Una passione preziosa la sua, che l’ha aiutato non solo a controllare il suo temperamento spesso molto aggressivo, ma anche a crearsi un futuro, a farsi un nome.
Ancora gli viene da sorridere al ricordo della prima volta che, mentre passeggiavano per strada, un gruppetto di ragazzine lo accerchiò per farsi una foto con lui, per avere un suo autografo.
Con tutti i suoi scazzi ed il poco impegno che mostrava per la maggior parte delle cose, tutto pensavano tranne che potesse fondare un gruppo di successo. E invece ce l’ha fatta: frontman e chitarrista degli Stage Dive, il cui album d’esordio è diventato velocemente un disco di platino.
Gli viene però da sorridere un po’ meno se ripensa ai problemi nati dalla cotta che la piccola Bra pare nutrire nei suoi confronti.
Non che abbia destato una grande sorpresa, poiché pure Vegeta si rende che Balkan è oggettivamente un bel ragazzo, un tipo dalla risata contagiosa, sempre ben disposto ad ascoltare e dispensare consigli, ma giustamente non ha apprezza lo stesso. Troppo grande per la sua bambina, con una vita caotica che non vorrebbe mai e poi mai per lei. Che lui nutra per lei solo una sincera amicizia è importato poco a tutti. Bra è infatti troppo carina ed ostinata per potersi permettere di prendere sotto gamba la faccenda.
Shandy, con la testa reclinata mollemente all’indietro, continua a rigirarsi attorno all’indice il ciuffo chiaro del fratello minore. Si è scorciata un po’ i capelli, sfoggiando un pixie cut davvero grazioso sul suo visetto dai lineamenti dolci e delicati. Peccato che sia anche meno dolce e delicata della madre, la sua Shandy. Non per niente è diventata uno dei due nuovi Capitani. La prima donna — ragazza — Mezzosangue con una carica del genere sulle spalle. Dopo averla vista allenarsi per anni, però, nessuno ha avuto alcunché da ridire, né ne è rimasto particolarmente sorpreso. Al massimo alcuni si sono interiormente disperati perché li avrebbe messi sotto torchio, ma niente più di questo.
Tosta, orgogliosa… ed innamorata del suo papà. Fino ai sei anni, almeno. Dopo disse che non voleva più sposare lui. Glielo spiegò a muso duro dopo avergli preparato una spremuta, e scoppiò poi in lacrime perché pensava di averlo ferito. Si rannicchiò sulle sue gambe, un po’ come aveva spesso visto fare alla madre dopo una qualche lite o semplicemente perché voleva stargli più vicino, e lì rimase per una ventina di minuti abbondanti.
Mentre le carezzava la testa corvina, le disse che andava bene così, che un giorno sarebbe cresciuta e, purtroppo, si sarebbe innamorata di qualcun altro, ma che lui sarebbe sempre rimasto lì per lei… e che avrebbe ammazzato a mani nude qualsiasi lumacone l’avesse fatta soffrire anche solo per sbaglio. Provò a ricordarle che non si sarebbe mai dovuta avvicinare ad un ragazzo fino alla sua morte, ma fu tutto inutile. Quella piccola spaccaculi è inevitabilmente cresciuta, si è fatta grande… ed ha ben pensato di seguire le orme della madre, fidanzandosi con Liam, terzo figlio niente meno che di River e Cloe. Dire che lo fece incazzare è dire poco, ma la piccoletta aveva già la strada spianata da quegli esagitati dei suoi fratelli e sorelle maggiori, quindi si è dovuta sorbire un muso meno lungo.
Muso meno lungo anche perché Liam non ha niente del padre, se non la bellezza. È dolce e attento, sempre in prima linea per lei, e — pare — biologicamente incapace di guardare una ragazza all’infuori di lei. Ed è bene che continui su questa strada, perché tra lui, Everett, Shiraz, Jerez Balkan e Cìroc — e la lista potrebbe tranquillamente continuare — non avrebbe alcuna possibilità di spuntarla. Ma anche contro la stessa Shandy la situazione sarebbe ben oltre il tragico, quindi…
«Ma dove sono finiti gli altri tre coi caffè?»
Cìroc, il piccolo di casa.
Ha un occhio di riguardo per lui, anche se lo nasconde. Sa bene che, se non lo facesse, lo offenderebbe e basta.
Non ha bisogno di protezione o attenzioni extra, il suo cowboy, sa cavarsela alla grande da solo. Però…
Diciamo che finché lo vedeva anche con qualche ragazza lasciava correre di più, ma da un paio d’anni fa coppia fissa con Klaus, quindi per lui è naturale preoccuparsi che qualcuno possa permettersi di fare battute. Il fatto che Cìroc sia il primo a farle, ovviamente non conta.
Se ripensa al giorno in cui, a dodici anni, gli disse che gli piacevano anche i ragazzi… si sente ancora una merda, davvero. Non perché reagì male venendo a conoscenza del suo orientamento sessuale, non gliene è mai potuto fregare di meno se preferiva i maschi, le femmine o i tostapane, ma perché lui stesso non aveva capito quale fosse il problema, e suo figlio glielo disse in lacrime, terrorizzato di poterlo disgustare, di perdere il suo affetto, di deluderlo. Gli chiese scusa tra i singhiozzi, incapace di sostenere il suo sguardo, e a lui si spezzò il cuore.
Ogni volta che ci ripensa, si sente uno schifo come in quel momento, dove si rese conto che tutti i possibili pregiudizi che la sua razza — come quella della madre — si portava dietro, stavano massacrando il cuore e lo spirito di suo figlio.
Lo strinse a sé, quella volta. Lo strinse a sé e pensò di non lasciarlo mai più andare, di tenerlo al sicuro tra le sue forti braccia per l’eternità, perché lì nessuno avrebbe mai potuto osare schernirlo o altro.
Ma poi lo lasciò andare, perché doveva fargli capire che non importava chi gli piacesse, chi si portasse a letto, con chi decidesse di dividere la sua vita. Per lui le uniche cose importanti sono solo la sua felicità e la sua salute, mentre tutto il resto non conta niente.
Da quel momento si è sforzato come meglio poteva di dargli più attenzioni, di seguirlo di più, tanto da non perdersi mai le sue competizioni equestri, tanto da fingere interesse per tutti i suoi cavalli e i suoi Tsagon, non capendo però che così lo faceva sentire diverso, quasi inadeguato. Ci pensò Sherry a fargli capire che doveva smetterla, che non aveva niente di diverso dagli altri, che era il solito ragazzino sensibile ed empatico che era prima del coming-out, e così la situazione, nei mesi successivi, si è appianata a tal punto da non essere proprio mai esistita.
Se però non si fosse innamorato ‘sto piccolo stronzo — del figlio di Bree e Mordecai, gliene sarebbe stato riconoscente. Ma no, i suoi figli sono biologicamente programmati per accoppiarsi proprio con le ultime persone che non dovrebbero calcolare, e lui non può far altro che farsene una ragione.
Per lo meno loro due non sono stati un maledettissimo dramma come gli altri, questo lo riconosce.
Sono amici da sempre, e un giorno si sono resi conto — senza drammi — di provare non solo una forte attrazione l’uno per l’altra, ma anche un tiepido sentimento che sentivano essere meglio approfondire. Hanno troncato ogni altra conoscenza, hanno cominciato ad uscire, e quando erano certi dei loro sentimenti, hanno semplicemente annunciato alle famiglie che stavano insieme da qualche mese e che la cosa era seria.
Fine, niente problemi.
Anche adesso, che stanno cercando un posto dove vivere insieme, non ci sono drammi. Cercano, valutano, esaminano, e nel frattempo vivono serenamente le loro vite in casa con i genitori.
Mica come gli altri sei!
Quella che gli ha fatto provare il primo vero infarto da papà è stata Alaska, che ora controlla con poco interesse le e-mail di lavoro sullo smartphone.
Ricorda ancora, Radish, che quel lontano giorno in casa c'erano solamente lui, Alaska e Moira. Le due al tempo avevano quattordici e quindici anni, e da perfette teenager si erano chiuse nella camera della ragazzina per parlottare dei fatti loro. Niente a cui non fosse già abituato da un po’, quindi non se ne preoccupò minimamente. Quando però le due scesero per andare a fare un giro in città, in volto erano bianche come lenzuoli. Questo non era normale, per niente.
Provò con tutto sé stesso a rimanersene buono in salotto, a riposarsi come voleva e soprattutto meritava, ma dentro tutto gli urlava che stava succedendo qualcosa di grosso, qualcosa che non gli sarebbe piaciuto, qualcosa di grave, così fece ciò che non avrebbe mai voluto fare: andò in camera delle figlie a curiosare.
Si sentì una merda, perché mai avrebbe voluto invadere così la loro privacy, mai avrebbe voluto frugare tra le loro cose… ma quando trovò quel test di gravidanza positivo, si sentì decisamente meno una merda.
Doveva agire, e doveva farlo immediatamente, così chiamò Sherry. Che altro avrebbe potuto fare? Per quanto ne sapeva, sua figlia neanche era attiva! E invece quel test maledetto segnava esito positivo.
Voleva morire, in quel momento. Portandosi ovviamente dietro il sudicio cane che non solo aveva violato la sua bambina, ma l’aveva pure messa incinta!
Ripensandoci adesso, quella giovane donna forte ed indipendente, che con la sorella si è creata un marchio di moda e cosmetici, non si sarebbe mai fatta “fregare” da nessuno. Non che quel genere di incidenti non possano avvenire, o che debbano necessariamente rovinare la vita, ma lei non l’avrebbe mai tollerato. Troppo ambiziosa — e a tratti egocentrica — per farlo, così è sempre stata più che attenta.
Al tempo, però, Radish non poteva saperlo.
Credeva di morirne, davvero, perché una cosa del genere avrebbe portato dei guai enormi, tantissime preoccupazioni… e gli avrebbe anche dato la totale certezza che la sua bambina non era più una bambina.
È stata però Sherry a farlo ragionare, ricordandogli un particolare che, in quel momento, lui aveva completamente dimenticato.
La loro bambina — perché questo era e questo è anche ora — non faceva ancora sesso, non aveva il fidanzatino — malgrado l’interesse reciproco con Chuck non fosse un segreto per nessuno —… ma Moira sì. Era fidanzata con Maximilian da qualche mese, e lo shock sia di Maddox che, soprattutto, di Major aveva suscitato un buon numero di esilaranti prese per il culo alla quale lui aveva partecipato in primissima fila.
Aggrappandosi disperatamente a questo pensiero, aspettò che la figlia tornasse. L’aspettò fuori, lontano da casa, così da poter affrontare di persona quello spinoso argomento senza che uno dei fratelli o la sorella si mettessero nel mezzo, così da evitare ad entrambi lo sguardo di Everett.
Però lei non tornò da sola, quella volta.
Tornò mano nella mano con Moira, perché voleva che lui le parlasse, che le facesse capire che scappare di casa era un’idea assurda, che poteva fidarsi dei suoi genitori tanto quanto lei si fidava di loro.
Si sentì ancor più una merda per aver frugato tra le sue cose… e risolse il problema.
Parlando a quattrocchi con quella ragazzina, la stessa che aveva visto crescere, che aveva visto appena nata, le fece capire che c’erano cose peggiori e più gravi nella vita di un bambino imprevisto, che doveva parlarne con i suoi genitori prima di prendere in considerazione il peggio, che il loro amore nei suoi confronti era più forte di una cosa del genere, e che doveva parlarne con Max, che probabilmente era spaventato allo stesso modo. Le fece vedere le cose da un altro punto di vista, le fece capire che non poteva più pensare solo per sé stessa… e che nessuno le avrebbe mai torto un capello finché c’era lui.
Si sentì benissimo, in quel momento.
Sua figlia non era incinta, quella ragazzina aveva come ritrovato il sorriso, la speranza… e Major si sarebbe strappato pure la pelle per la gelosia. Si preannunciava un periodo divertentissimo, per lui.
Peccato che, con sette figli, anche i momenti più divertenti possono eclissarsi in un secondo, soprattutto quando vedi quella stessa bambina che si sbaciucchia in piscina con una sottospecie di bomba inesplosa con troppi orecchini.
Dire che ha goduto anche fisicamente quando lo scaricò, è dire davvero poco… peccato solo che Chuck fu mandato a spasso per far spazio al tenebroso Julian!
Tempo un mese, infatti, e in casa sua girava un nuovo ragazzo — che poi, in realtà, ci girava da sempre, solo che prima non metteva le mani nelle mutande di sua figlia. E non solo le mani, purtroppo. Sarebbe stato troppo bello se a quel bestione non fosse interessato il sesso.
La nota positiva, però, è che è un tipo a posto, maturo per la sua età ed anche relativamente tranquillo per un Alpha Purosangue.
Nel “male”, a Radish è andata anche discretamente bene.
Fino a qui.
Kahlúa, infatti, non è stata certo da meno della gemella, figuriamoci.
Se da una parte Alaska — che adesso sorride raggiante al fidanzato che, con Klaus e Liam, sta portando l’ennesimo giro di caffè a tutti quanti — gli ha dato problemi e preoccupazioni con quei due ragazzi, lo stesso non si può certo dire per Kahlúa.
È sempre stata più estroversa, sotto quel punto di vista, e le è sempre piaciuto un sacco attirare gli sguardi maschili. Che poi in genere non facesse niente con loro, limitandosi ad uscirci per devastarli emotivamente, questo è un altro discorso.
Radish si è dovuto sorbire l’immagine di sua figlia che faceva la civetta con troppi giovanotti più che intenzionati a sfilarle le mutande, e questo gli è bastato per farsi il sangue marcio per almeno tre vite.
Ovviamente, poi, quella piccola sciagurata, che con il suo maledetto lavoro ha tirato su una tale somma da farle permettere già a ventidue anni un bell’attico nel centro della Città dell’Ovest, non poteva scegliere di portare tante grane con un ragazzo qualsiasi, no, figurarsi.
Son Kahlúa, principessa del Nord, non poteva scegliere niente di meno di Trunks!
I loro scherzi e i loro sguardi per quasi tutti loro erano solo un giochetto tra ragazzini, un qualcosa di innocente… ma quando li trovò a letto insieme, nudi e con l’involucro aperto di un preservativo sul comodino, capì che di innocente, tra quei due, non c’era proprio un cazzo di niente.
Dio solo sa se non ha davvero provato ad ucciderlo, quella volta.
Ci ha provato sul serio, con Sherry che tentava di bloccarlo mentre schiumava dalla rabbia. Poi ci si aggiunse ovviamente Vegeta, seguito da un ignaro Goku, convinto che si volessero allenare senza di lui, ed infine Piccolo, allertato dai gemelli.
Venne fuori un macello allucinante, e le prese per il culo che ne sono seguite per entrambi i Saiyan furono devastanti.
Se proprio si vuole trovare una nota positiva in quest’odiosa faccenda, è che, dopo svariate rotture, i due Mezzosangue adesso sembrano più uniti che mai, tanto che non sorprenderebbe nessuno se Trunks si trasferisse ufficialmente nell’attico della ragazza, dal momento che ci dorme ogni singola notte da mesi.
Guardandole adesso, così grandi e belle, gli sembra decisamente assurdo. Il giorno prima erano due adorabili bambine che stravedevano per lui, che si facevano continui dispetti con i fratelli, che mettevano i tutù ai dinosauri, che piangevano davanti alla Tv per la morte di Malefica e per quella della mamma di Piedino — che lui allora odiava ed odia pure adesso —, ed ora sono donne in carriera, innamorate e felici.
Alaska che bacia Julian quando le passa la sua tazza di caffè, Trunks che tiene un braccio sulle spalle di Kahlúa per tenerla stretta, guardandola come se fosse la creatura più bella e pura di questo mondo… quando è successo? Come? Perché? Quelle due erano solo delle bambine fino a poco prima…
Sforzandosi di passare oltre, non può fare a meno di pensare che, malgrado ogni possibile preoccupazione possano avergli dato loro due, neanche se unite possono raggiungere i livelli di Jerez.
Se ne sta con i gomiti poggiati sulle ginocchia, sfoggiando così la pelle tatuata delle braccia. Perché a quel bestione di due metri passati piace davvero molto imbrattarsi la pelle d’inchiostro, tanto da essersi riempito entrambe le braccia, le mani, un pettorale, parte della schiena ed anche dell’addome. Se da un paio d’anni a questa parte ha però smesso anche di bucherellarsi le orecchie, e si è tolto quel maledettissimo anellino dal naso, è solo perché alla compagna aveva rotto. “Ormai ti saranno rimasti forse dieci centimetri di pelle pulita, Rez. Anche basta, che dici?!
Una piccolezza alla quale poteva rinunciare tranquillamente, pur di tenersi stretta quella tanto agognata calma e felicità. Che però lo ha fatto incazzare a morte, perché quando erano lui, Sherry ed Everett a dirglielo, neanche se ne rendeva conto.
Al contrario delle possibili preoccupazioni che hanno potuto dare i fratelli e le sorelle, lui ha dato dei sinceri problemi a partire dai dodici anni. Non che Shiraz, tanto buono ed intelligente, si sia rivelato poi più semplice da gestire, ma di certo non eguagliava il fratello in quanto a preoccupazioni.
La verità, però, è che forse lo avrebbe anche fatto, anzi lo avrebbe proprio superato, ma non poteva perché doveva occuparsene. Malgrado tutto, Radish è davvero grato al figlio maggiore, perché è stato solo grazie a lui se la situazione non è precipitata in un orribile abisso di merda e lacrime ininterrotte, ed è solo grazie a lui e alla sua tenacia se a Sherry non si è spezzato del tutto il cuore.
In ogni caso, i problemi di Jerez si dividevano principalmente in due categorie. La prima riguardava senza ombra di dubbio le ragazze, e i principali nomi che sono stati sulla bocca di tutti sono due, ovvero “Sunset” e “Maron”. Ad essere del tutto puntigliosi, pure anche altri tre nomi sollevarono un polverone bestiale: Fleur, Belle e Dolly. Nomi che per lui non avevano niente di rilevante, ma che, a conti fatti, erano piuttosto noti nel mondo del porno.
Come uno sbarbatello di sedici anni sia riuscito a rimorchiarsi tre giovani e sexy pornoattrici non lo sa nessuno, neanche lui. Il suo secondo problema — oltre alla sua incommensurabile faccia da culo ed un documento falso — lo aveva aiutato in modo inspiegabile, e ha fatto sì che per una notte di follia scoppiasse un macello. Come? Beh, semplice: il giorno dopo era in rete il video amatoriale di suddetta notte!
Ma hanno dovuto lasciar perdere, perché non era il video il problema principale.
L’inizio dei suoi problemi, comunque, è stato in un caldo pomeriggio di primavera, quando stava cacciando da solo in montagna. Col fratello tanto preso dalle nuove dolcissime attenzioni della fidanzata, non era neanche troppo insolito.
Insolito era, invece, che pure Sunset fosse lì senza né fratelli né sorelle.
Gli si avvicinò per prendersi parte della sua preda, lui le mostrò i denti per scacciarla, e lei glieli mostrò di rimando, folgorandolo. La lasciò avvicinare, sconvolto da quella nuova, bizzarra ed eccitante scarica che avvertiva come lava nelle vene… e Dio solo sa come si sono poi ritrovati a rotolarsi tra gli arbusti.
Da quel momento è partito il loro calvario, fatto di interminabili tira e molla, di liti furiose e di sesso infuocato.
Maron, dal canto suo, ha sempre provato qualcosa per lui. Sempre, da che era poco più di una lattante, anche nei momenti in cui lui era tutto fuorché un ragazzo per bene, uno di quelli su cui fantasticare. Tutto in lui l’attirava, come una falena viene attirata dalla luce.
Dopo anni di tormento interiore, di lacrime versate nel cuscino perché quel grosso idiota non sembrava accorgersi che non le bastava più la sua sola amicizia, il principe e futuro Beta del Re la notò.
È stata una relazione intensa e passionale la loro, malgrado non particolarmente lunga.
Erano diversi sotto troppi punti di vista, e lei non era abbastanza “cazzuta” per poterlo gestire. Ma non voleva vederlo, perché ciò che provava per lui era troppo forte, troppo vivo. Così tanto che, alla fine, convinta anche di poterlo salvare, si è messa a nudo con lui, non più solo col corpo ma anche con la sua fragile anima.
Gli disse di amarlo guardandolo dritto negli occhi, mettendogli il suo cuore pieno di speranza e dolci sentimenti in mano… e lui gliel’ha ridato indietro, con i segni dei suoi artigli ben in vista.
Le disse di non amarla, di non poterla amare… perché lui amava Sunset.
Glielo disse in lacrime subito dopo la sua dichiarazione, perché solo in quel momento si rese conto di ciò che realmente provava, che aveva sempre provato, e lei ne rimase devastata.
Il suo primo amore, il suo primo vero ragazzo, quello con la quale aveva condiviso le prime esperienze, che aveva voluto sin da bambina, quello a cui aveva donato tutta sé stessa, quello per cui aveva affrontato innumerevoli liti con i genitori contrari alla loro relazione, le aveva detto di amare un’altra subito dopo avergli detto di amarlo.
Nessuno la prese bene, sia perché lei non meritava una simile cattiveria, sia perché lui non era stato educato in quel modo. Ma cosa potevano farci? Massacrarlo di botte fino a fargli cambiare idea? Evocare Shenron e chiedergli di far sparire la Cacciatrice e di far entrare l’umana nel suo cuore? Non avevano alcun potere, non su quello. Potevano solo dispiacersi per lei, e sperare che il dolore se ne andasse quanto prima.
Per quanto non gli sia piaciuto lo svolgersi degli eventi, a distanza di anni Radish può dire che il figlio sia finalmente calmo e felice. Lui e Sunset vivono ufficialmente insieme da quattordici mesi ormai, e tutto pare andare a gonfie vele. Certo, continuano a litigare per delle stronzatine, ma niente sembra comunque più in grado di mettersi davvero tra loro.
Il secondo grosso — e tragico — problema di Jerez, poi, si chiamava “gesso”. O “bianca”. O “coca”, “polvere di stelle”, “bamba”.
Sì, insomma: dai quindici ai diciannove anni, Jerez è stato un cocainomane.
Shiraz, Lux e Light all’inizio, avendo sniffato a loro volta per curiosità, non si erano realmente resi conto di quanto l’altro ci fosse rimasto sotto, di quanto gli piacesse, e così avevano lasciato correre. Quando, però, anche Light ha cominciato a rimanerci sotto, a sentire fisicamente il bisogno di farsi sin troppo spesso, è corso ai ripari, raccontando quanto stava accadendo al gemello e all’amico fraterno.
Da quel momento, Shiraz, che si era reso conto di colpo di un sacco di cose davvero dolorose, si è messo sotto per proteggerlo, per aiutarlo a smettere, e soprattutto a tenere la madre e lo zio all’oscuro di tutto. Con tutti i loro pensieri, secondo lui, non se lo meritavano, ed il fratello non meritava una simile umiliazione.
Carico di buoni propositi, così, ha provato a modo suo, dovendo però arrendersi all’evidenza quando la situazione gli è esplosa in faccia.
Lui, invece, l’ha scoperto dopo. Molto dopo.
Era appena tornato da uno dei suoi allenamenti sul pianeta di Lord Beerus con Vegeta e Goku, ed era felice di riunirsi alla famiglia, di riabbracciarli tutti, ed anche curioso di sapere le novità, come per esempio la vita da “nonno” di Major… e Jerez crollò giù per le scale, momentaneamente incapace di muoversi e respirare.
Se fosse stato un essere umano, sarebbe stata la sua seconda overdose.
Ma non è un semplice umano, Jerez. Il suo corpo non si poteva deteriorare per la cocaina, glielo impediva sistematicamente, e così nessuno poteva accorgersi di ciò che stava accadendo. Lui rimaneva sempre il solito adolescente tutto muscoli e con gli occhi belli e vispi, quello che con un sorriso abbagliava le coetanee, quello che cambiava una ragazza a settimana, che a scuola non s’impegnava ma era un drago con i numeri. Chi poteva anche solo sospettare che si spaccasse di cocaina da più di un anno?
Lui scoprì così del problema del figlio poco più che sedicenne, quel problema che Sherry aveva scoperto da troppo poco e non aveva ancora avuto modo di raccontargli perché lui non c’era… quel problema che Shiraz imputò essere da attribuire solo ed esclusivamente a lui e alla sua “mania” per gli allenamenti, che lo portavano quindi lontano da casa per lunghi periodi.
Ne scaturì quella che è certo di poter indicare come la più grande, feroce e dolorosa lite di tutta la sua vita.
Il figlio sedicenne lo accusava con cattiveria, gli occhi iniettati di sangue fuori dalle orbite, le zanne che non accennavano a ritirarsi, e lui non sapeva se ammazzarlo di botte o provare a calmarlo in qualche modo.
Gli disse che era colpa sua perché non c’era mai, perché pensava solo ai suoi allenamenti, e Jerez stava provando nel modo più sbagliato possibile a farsi notare, proprio perché lui non c’era. Una scusa del cazzo, lo sapevano allora come lo sanno adesso, ma abbastanza sottile e potente da fargli più male di tutte le botte prese in vita sua.
Non si parlarono per mesi. Non un ciao, non un nome sibilato con astio. Neanche più uno sguardo.
Nessuno dei due voleva cedere, troppo orgogliosi per ammettere entrambi i propri possibili errori, finché Jerez, che ormai non riusciva a stare più di qualche ora senza farsi una striscia, e che ormai aveva escogitato ogni possibile modo per procurarsi una dose malgrado fosse più che sorvegliato, li pregò di smetterla, perché la tensione che si stavano portando dietro per colpa sua lo stava inesorabilmente spingendo ancora più a fondo.
È stato un percorso difficile, e tutti, in qualche modo, hanno provato ad aiutarlo ad uscirne, a ripulirsi totalmente. Ci sono voluti anni prima che riuscisse a smettere del tutto, e Sunset è sempre stata in prima fila, riafferrandolo pazientemente per i capelli ad ogni ricaduta. Non le importava se poi le urlava in faccia di odiarla perché faceva la spia; voleva riavere il suo Jerez, quel ragazzo dagli occhi brillanti che tanto aveva a cuore, che tanto voleva al suo fianco, e per farlo avrebbe sempre fatto la spia.
Fu solo grazie a Shiraz che, ormai a pezzi per il fratello e con il cuore sanguinante per tutte le volte che aveva sentito piangere la madre, a diciannove anni lo afferrò per i capelli e lo trascinò nella Camera dello Spirito e del Tempo.
Gli Spettri, lì dentro, non ci durano perché non possono cacciare, ne uscirebbero impazziti, fuori controllo, tanto da essere ciechi anche di fronte a chi amano, ma al principe appena diciannovenne non fregò niente. Doveva salvare suo fratello, doveva farlo smettere, riportarlo in vita, perché era ormai pericoloso per chi gli stava vicino, perché stava facendo del male alla madre e, di conseguenza, all’intera famiglia. Così, più che stufo di tutte le sue ricadute e di quei metodi comuni che non sembravano funzionare per più di qualche mese, tentò il tutto per tutto: un anno lì dentro, solo loro due.
Dio solo sa se ha una forza di volontà oltre lo straordinario, perché non solo l’ha fatto disintossicare, ma ha pure soppresso — seppur momentaneamente — l’innato e potentissimo istinto della caccia intrinseco negli Spettri, tanto che, una volta fuori, sono potuti girare per le strade affollate della città senza il minimo disagio.
Ora, a ventisei anni, è totalmente pulito da quasi sei anni, e pare decisamente rinato e del tutto fuori da quell’orribile vortice.
Se ne sta seduto tra Light e Set, e vicina a quest’ultima ci sono Sunrise e Amos. Parlottano tra loro, sorridono spensierati e, al tempo stesso, emozionati. Amos tiene sulle ginocchia una delle due figlie di un anno e mezzo, e Rise culla dolcemente l’altra.
Sono così cresciuti, anche loro... così adulti, così indipendenti. Gli sembra assurdo anche questo.
Quand’è successo che sono diventati così? Quand’è successo che hanno smesso di guardare i cartoni in TV e di giocare ad acchiapparella in giardino? Quand’è successo che sono diventati pronti a tutto questo? Quand’è successo che il mondo può dirsi è al sicuro nelle loro forti mani?
Radish ha sempre ovviamente paura che qualcosa possa spingerlo di nuovo giù, che un possibile dispiacere troppo forte possa ributtarlo a terra, ma sotto sotto è consapevole che le sue nuove responsabilità da Beta non glielo lasceranno fare. È troppo attaccato alla sua carica, e troppo gonfio di un nuovo orgoglio per ricaderci.
Senza contare, poi, che a breve queste responsabilità aumenteranno ancora, con esse la sua personalissima gioia, e non permetterà mai a quello schifo di sfiorarla.
E poi c’è sempre Shiraz.
Quello col cazzo che permetterà al fratello di ricaderci. Non lo fa neanche bere più di un bicchiere di vino e solo durante i pasti, il resto glielo ha proibito.
Può sembrare un gesto cattivo da fuori, da tiranno, ma la verità è che lui più di tutti lo ha visto, lui più di tutti sa, e di certo non lascerà che si presenti mai una sola opportunità di ricascarci. Quello sarebbe cattivo, da vero stronzo.
Gli ha lasciato giusto le sigarette, ma un pacchetto deve farselo durare due giorni. Se gli ha permesso un simile “lusso”, è solo perché lui stesso fuma da quando ha quindici anni, e gli sembrava da ipocrita vietarglielo.
Pure adesso sta tornando tra loro dopo l’ennesima sigaretta, che tutto pare tranne che calmarlo.
Quante litigate sono scaturite da questo suo vizio? Non che avrebbe potuto in qualche modo danneggiarlo, questo non è proprio possibile, ma semplicemente a Radish non piaceva — e non piace — l’idea. Con tutto quello che poteva fare, lui proprio le sigarette si era andato a prendere, fumandosi anche un paio di pacchetti in un giorno quando stava sotto esami.
La verità, però, è che a Radish sono serviti anni per riuscire a capirlo. Si domandava sempre perché un ragazzo come lui, un ragazzo che aveva avuto tutto dalla vita, e che poteva tranquillamente ottenere molto di più, dovesse perdere tempo dietro a simili stronzate, perché facesse tanto il cretino sbronzandosi nei club e nelle discoteche, perché si mostrasse tanto arrogante e spesso freddo nei suoi soli confronti.
La verità pura e semplice, è che pure Shiraz, che mai ha mostrato il minimo segno di preoccupazione riguardo ciò che lo avrebbe atteso una volta adulto, in realtà ne soffriva. Non se ne rendeva neanche conto, ma la paura di fallire e di non essere all'altezza delle aspettative generali era sempre lì, pronta a farlo scattare rabbiosamente.
Tutti si aspettavano grandi cose da lui, da sempre. Tutti vedevano in lui qualcosa che ancora non poteva essere, qualcosa che non era pronto ad essere, e ciò lo ha sempre spinto a voler essere il migliore in ogni cosa.
Voleva essere il migliore negli studi, e così è stato.
Voleva essere il migliore nelle arti, e così è stato.
Voleva essere il migliore in combattimento, e così è stato.
Lui si è massacrato in ogni modo possibile per riuscire in ciò che si era prefissato, malgrado dall'esterno sembrasse non fare alcuna fatica. Sembrava naturalmente portato per il successo, un vero e proprio vincente sotto un punto di visita biologico e sociale, ma la verità è che anche lui era un ragazzino che voleva comportarsi come un ragazzino. La sua cieca ambizione, unita alla paura di portare delle delusioni a chi amava, lo ha spinto a non chiedere mai, né a sé stesso né agli altri, se stesse facendo la cosa giusta, se anche lui potesse permettersi le stesse follie che pure la madre si era largamente concessa in gioventù.
Non voleva deluderla. Il solo pensiero gli stritolava dolorosamente il cuore.
Quante volte, dopo che si spargeva la voce di una sua scazzottata all’accademia, dopo che lo vedeva tornare a casa che puzzava come una distilleria, o che lo trovava coi nervi a fior di pelle perché doveva prendere il massimo negli esami, lui si rifugiava nel suo letto? Le si avvicinava e lì rimaneva, stringendola a sé per tutta la notte.
Si beava del suo calore, e provava anche a toglierle di dosso quel dolore che lui avvertiva chiaramente, quello di una madre che sa che qualcosa turba la felicità del figlio, ed anche quello di una donna che si ritrova senza l’uomo che tanto ama — con la quale ha unito l’anima — per lunghi periodo. Ecco quest’ultimo punto, poi, non ha fatto altro che accentuare i problemi nel loro rapporto.
Quando era un bambino stravedeva per lui, lo adorava, lo vedeva come il più forte e valoroso tra tutti gli eroi mai esistiti nell’intera storia dell’Universo, ma crescendo…
Radish sapeva che continuava ad amarlo allo stesso modo, che quello non era cambiato, ma sentiva lo stesso il suo astio continuo, il suo respingerlo con freddezza, la sua competizione.
Poi semplicemente tutto esplose con la seconda overdose di Jerez.
Shiraz lo voleva rimpiazzare, lo stava sbalzando fuori dalla famiglia perché non capiva per quale ragione spesso stesse tanto lontano dalla famiglia, perché li “trascurasse”, e così sentiva che doveva essere lui a tenerli uniti; lui, un ragazzino, a doversi caricare delle sue responsabilità di padre. Per qualche ragione, non voleva che lo zio si facesse carico anche di questo, lo trovava ingiusto.
Inutili sono state le parole della madre e di Everett per fargli capire che stava sbagliando, che lui non li avrebbe mai abbandonati, e che se si stava spaccando il culo con quegli allenamenti estenuanti, era solo per loro, per essere certo di poterli proteggere da ogni minaccia.
Non lo capiva, non ci riusciva. Per lui semplicemente li stava lasciando indietro come inutili e pesanti zavorre, e questo gli era intollerabile. Dapprima suo fratello gemello a quindici anni finì sotto la cocaina, e non riusciva più a toglierci le gambe; poi Shandy e Balkan hanno cominciato a struggersi per il dolore perché Cìroc, il loro fratellino più piccolo, non parlava più con nessuno. Era un caso se tutto ciò avveniva proprio dal momento in cui lui si era “lavato le mani” di tutti loro? Impossibile, secondo la sua mente da adolescente preoccupato.
Malgrado tutto, però, Radish era ed è estremamente fiero di lui, di quel ragazzino che si è fatto in quattro per tenerli uniti. È stato lui a far disintossicare più volte il fratello, lui a convincere le sorelle che il loro sogno non erano una stronzata, lui a spronare Shandy a diventare Capitano, lui ad aiutare Balkan con le sue canzoni, a trovargli una sala prove adeguata e poi un manager che impedisse a chiunque di provare a fregarlo in qualche modo, lui a stringere Cìroc tra le braccia e dirgli “Tu sei mio fratello, Rocky. Che tu ami un uomo, una donna, un unicorno e quel che vuoi, rimarrai sempre mio fratello, e l’amore che nutro per te— che tutti noi nutriamo per te, non cambierà mai.
Come Sherry sia poi riuscita a farlo ragionare, come lo abbia convinto della verità, Radish davvero non lo sa, ma non vuole neanche saperlo, non gli importa. Ciò che sa, ciò che importa, è che suo figlio ha ricominciato a farlo avvicinare, l’ha riammesso nel suo mondo, ha ricostruito con lui quel legame tanto prezioso… tanto che il giorno della sua incoronazione gli ha chiesto, con la voce rotta dall’emozione, di non lasciarlo.
Mai” gli ha risposto “Io non lascerò mai né te, né tua madre, né i tuoi fratelli o le tue sorelle. Neanche tuo zio. Io sarò sempre lì, in ogni momento, anche quando voi non potrete vedermi. Io non potrò mai lasciarvi, Shir”.
E adesso eccolo lì a parlare con Lux, che tenta in ogni modo di strappargli un sorriso.
È così teso, il suo ragazzo. Il suo Re.
Non credeva che sarebbe mai arrivato il giorno in cui lo avrebbe visto così teso. A confronto l’incoronazione, avvenuta tre anni prima, è stata una passeggiata di salute in riva al mare!
Non credeva neanche, però, che quel bimbo magrolino sarebbe diventato più alto di lui di quasi venti centimetri, ed anche ben più pesante. Non voleva neanche credere che sarebbe potuto diventare fisicamente più forte, e invece…
Sunshine lo sta faticosamente convincendo a seguire i suoi stessi allenamenti, così da poter splendere com’è destino che faccia, ma lui non ne è troppo convinto. Non vuole lasciarla indietro, non vuole lasciarla da sola com'è successo alla madre, non vuole scaricarle addosso anche tutte le sue responsabilità.
Non sarà una cosa facile, Radish se ne rende conto, ma quella donna tanto tenace riuscirà a convincerlo, e lui avrà modo di vedere suo figlio, quel portentoso uomo per il quale lui stesso è tornato in vita, superare ogni possibile limite.
«Se continui a fissarli così, li consumi.»
E poi c’è lei…
Si domanda ogni santo giorno se sia normale amare così tanto un’altra persona. Gli sembra folle! Eppure è così. Ogni volta che la guarda, anche da lontano, il cuore gli batte più veloce e più lento allo stesso tempo.
Si domanda anche cos'abbia fatto di tanto buono per meritarsela, per meritarsi la sua pazienza, la sua devozione. Il loro legame indissolubile. Doveva nascere Shiraz dalla loro unione, lo sa… ma non ci crede che sia solo per questo se adesso può ancora tenerla stretta, se può ancora crogiolarsi nella loro personalissima bolla.
Qualcosa di buono, alla fin fine, deve averla fatta pure lui, immagina.
Non è cambiata molto in quegli anni, proprio come lui.
È stata una sorpresa piacevole e terrificante allo stesso tempo, che gli Spettri invecchino lentamente quanto i Saiyan.
Piacevole lo è stato praticamente solo per lei, che è si tolta quell’orrenda paura di apparire più vecchia di lui, di perdere quel fascino che continua a mandarlo tanto su di giri.
Terrificante lo è stato per lui, che dovrà fare i conti ancora per molto con gli sguardi concupiscenti che in molti le rivolgono quando sono per strada assieme. Non che a lui manchino, lei glielo ha fatto notare in più di un’occasione, ma di quelli non si accorge proprio. Tutto ciò che nota sono quegli uomini che la spogliano con gli occhi, che s’immaginano per pochi istanti di poterle fare cose consentite solo a lui.
La gelosia, però, è sempre reciproca tra loro.
Non scorderà mai la preoccupazione nei suoi occhi una volta finito il Torneo del Potere. Dio, il fatto che, in un altro Universo, esistessero delle donne Saiyan l’aveva mandata completamente nel panico. Temeva che potesse andarsene, che potesse preferire una donna della sua stessa specie aliena a lei.
Gli è sembrata la più grande assurdità mai sentita.
Per lui, lei è tutto. È a lei che si appoggia, è a lei che chiede consiglio, è di lei che si fida ciecamente, è lei che gli dà la forza di andare avanti, di fare meglio ogni giorno. Ed è sempre lei quella che gli fa infiammare il sangue, quella che lo manda in orbita con un semplice bacio, che con una carezza lo eccita come un adolescente in piena tempesta ormonale.
Dopo lunghe spiegazioni, dove le faceva capire in ogni modo possibile quanto e cosa significasse per lui, alla fine ha ceduto, si è calmata, e gli ha ribadito nuovamente quanto intensamente lo amasse.
Si sentiva lusingato da queste sue paure, sentiva che niente e nessuno gliel’avrebbe mai portata via, che niente sarebbe mai stato in grado di togliergli questa dolcissima consapevolezza… ma poi è spuntato lui.
Non solo quello stronzo lo ha fatto sentire inferiore su un livello di forza, non solo lo ha preso a calci nel culo come forse non era mai successo prima, ma gli ha pure instillato l’orribile ed insopportabile dubbio che lei avrebbe trovato il modo di raggiungerlo su quel pianetucolo sperduto in culo all’Universo.
Broly.
Solo il nome gli fa ribollire il sangue.
Non che abbia fatto o detto alcunché su sua moglie, a malapena forse si è reso conto della sua presenza o di quella di Bulma, però a lui ha dato proprio fastidio. Un fastidio sfociato praticamente subito in un odio mai provato prima, forse superiore anche a quello provato per Jäger. Quello era marcio dentro, bramava Sherry più di ogni altra cosa, le aveva fatto così male che tutt’ora porta dentro e fuori i segni… ma anche lei lo odiava.
Broly, invece…
Lui sa capire in una frazione di secondo ciò che prova grazie alle sue espressioni, anche senza doversi basare sulle emozioni che percepisce. Le riconosce e basta, e questo nel tempo gli ha dato modo di gestire al meglio il suo carattere esplosivo. E anche quella volta la riconobbe subito, purtroppo per lui.
Lo trovava eccitante.
Non le rivolse la parola, una volta tornati a casa. Non una sola parola.
Più lei provava a farlo parlare, più lui si chiudeva a riccio, tanto che alla fine uscì di casa per andare a sfogarsi altrove. Non poteva affrontarla in quel momento, se la sarebbe mangiata viva, e Dio solo sa come sarebbe precipitata male tutta la situazione.
Gliene parlò la mattina dopo, che lei stava anche più incazzata di lui. Non l'avesse mai fatto…
Non appena le disse che si era accorto di tutto, lei esplose, dicendogli che, fino a prova contraria, aveva gli occhi per guardare esattamente come celi aveva lui. E che lei non gli aveva mai detto niente quando suddetti occhi gli cascavano sul bel culo di Nike.
Colpito e affondato subito.
Non sapeva come controbattere, e sapeva anche che sarebbe stato stupido provarci, così le disse qual era il vero problema, qual era la sua paura… sono state poche le volte in cui hanno scopato così duro.
A ben pensarci, potrebbe casualmente farsi tornare quell’orribile dubbio anche una volta tornati a casa, e farsi scivolare un po’ di soldi di tasca per far capire a Cìroc e Shandy che devono togliersi dalle palle per qualche ora.
Purtroppo sa che stavolta è meglio evitare una tattica tanto vile, perché entrambi saranno piacevolmente molto scossi una volta rincasati, ma si appunta mentalmente di rifarlo in settimana. Se la fortuna lo assisterà, i due cucciolotti saranno fuori per i fatti loro come al solito, e lui non ci rimetterà niente.
«Pare incredibile, ma quel ragazzino pare pure più ansioso di te, adesso.»
Neanche Everett è cambiato molto. Gli occhi rivelano la sua vera età, ma fisicamente si difende ancora alla grandissima. Anche troppo, a parer suo. A sentire i racconti delle figlie, non sono poche le ragazzette che hanno fantasticato pesantemente su di lui, arrivando pure a frignare perché tanto non le avrebbe mai e poi mai degnate neanche di uno misero sguardo.
Il fatto che abbiano fantasticato più su Everett anziché su di lui all’inizio lo infastidiva, ma poi si è reso conto di un qualcosa che ha dell’assurdo: lui vuole solo che sia Sherry a fantasticare pesantemente su di lui.
«È figlio mio, doveva essere ansioso per forza.» Scherza con un sorrisetto, ricevendone uno di rimando.
Ormai è rarissimo che si punzecchino, si sono come rassegnati. Ci sono voluti più di quindici anni prima che si dessero una calmata degna di questo nome, ma alla fine è successo.
Tutto sommato, però, non poteva essere altrimenti: con un adolescente tossicodipendente, uno che si rigirava come una biscia per niente, ed uno con delle profonde e dolorose crisi esistenziali per il proprio orientamento sessuale, che altro potevano fare se non unirsi davvero?
Ma sono tutti problemi passati ormai. Dimenticati no, perché quelle sono cose che non si dimenticano mai, ma passati.
La verità è che, malgrado tutto, a loro non è andata davvero male.
Gli Spettri sono diversi dagli umani, tutto in loro si accende alla svelta, il mondo lo scoprono prima, le esperienze vengono vissute quando di norma neanche ci si dovrebbe pensare, e la curiosità è così forte da non fargli mai porre dei veri limiti. Questo è anche spiegabile grazie al fatto che il loro organismo non può essere danneggiato come succede agli altri, e che di conseguenza non rischiano malattie o peggio.
Vivono in modo più estremo, scoprono sulla loro pelle ciò che li interessa, e non si fanno particolari problemi nel farlo. Chi non ha a che fare in modo così stretto con loro non può capirlo, i suoi stessi amici non potevano, rimproverandogli di aver permesso loro di far cose inadatte a dei ragazzini tanto piccoli, ma a lui non interessava.
Sapeva allora come sa adesso di non aver sbagliato, non secondo gli standard degli Spettri. Semplicemente i suoi ragazzi hanno seguito il loro istinto, così come avevano fatto tutti quelli prima di loro e come faranno quelli dopo. Che poi questo istinto fosse particolarmente mordace, o che i loro intimi problemi li abbiano portati su sentieri pericolosi, sono un altro paio di maniche.
Dal momento che non era solo Jerez, nel suo circolo più intimo, quello con problemi tanto gravi, che non era l’unico a ricaderci — sue testali parole — “come uno stronzo”, negli ultimi tredici anni hanno fondato un grande centro dove affrontare le varie dipendenze.
Che poi lo abbiano fatto più per rendere felice lui, per andare in contro a ciò a cui lui era abituato, a ciò che lui inconsciamente continuava a reputare normale e giusto, poco importa. Qualsiasi motivazione si voglia trovare per la costruzione del centro va bene, perché ha permesso ad un gran numero di ragazzini e non di tirarsi fuori dai guai.
C’è chi ci finiva perché, per un motivo o per un altro, stava sotto agli alcolici, chi all’eroina, chi alla coca, chi un po’ a tutto.
Magnus, per fare un esempio, aveva preso l’orribile vizio di bucarsi. Non c’era un motivo reale se lo faceva, semplicemente gli piaceva quella sensazione. Per tirar fuori lui ci sono voluti diversi sforzi, ma ormai anche lui è pulito e se ne tiene ben alla larga.
Un altro, invece, era Light. Lui e gli Speedball andavano a braccetto quando aveva circa diciassette anni. Ora è un altro di quelli più che puliti, che non sfiora neanche più l’alcol o le sigarette, che si sta costruendo una carriera come medico degna sia di nota che di applauso, e che, come gli altri, aiuta quando può nel centro.
Sono tutti ragazzi che, chi per noia, chi per curiosità, chi per problemi personali, si sono lasciati abbindolare da quelle momentanee sporche gioie, che ne hanno poi pagato il prezzo, e che infine ne sono usciti.
Negli ultimi quattro anni i casi sono curiosamente diminuiti, questo è vero, ma tutti sanno bene che non spariranno mai. Il loro essere teoricamente invincibili li spingerà sempre ad addentrarsi nell’oscurità, anche se solo per una volta.
Ma oggi non c’è tempo per pensarci davvero.
Non c’è tempo per fare battute sul fatto che festeggeranno con spumante analcolico.
Oggi è un giorno in cui si può pensare solo a quanto la vita vada assurdamente veloce, quanto non stia a guardare in faccia nessuno, quanto sia maledettamente eccitante.
Oggi, 15 Gennaio, Shiraz sta per diventare papà… e lui stesso sta per diventare nonno per la prima volta.
Gli sembra così assurdo… il giorno prima festeggiavano in famiglia — tutta la famiglia — il compleanno di Everett, e adesso si stanno mangiando le mani fino ai gomiti in attesa di vedere i tanto sospirati eredi al trono degli Spettri.
Se ripensa a quando Sunshine, ad una cena di diversi mesi prima, disse alle due famiglie che non solo stavano pensando di mettere su famiglia, ma che entro i prossimi mesi sarebbe effettivamente successo… non sa spiegare neanche adesso come si sentì.
Orgoglioso, felice, spaventato, euforico. Tutto insieme, in un mix devastante che lo lasciò senza parole per dieci secondi abbondanti. Un po’ come quando scoprì che stava per diventare padre la prima volta. E la seconda. E la terza.
Ed ora ci sono, Sunshine sta partorendo davvero.
Ad attendere il lieto evento ci sono solo i familiari più stretti e i partner, su volere della nuova Regina. Per quale motivo, poi, abbia deciso di partorire nei più freddi Territori del Nord, anziché farsi trasportare in quelli del Sud, o in qualsiasi altro posto, non si spiega. Aveva tutto il tempo per farsi portare in tutta calma pure sull’isola privata dei genitori, volendo, ma il panico le ha fatto puntare i piedi, e quindi ora sono lì, ad attendere. Inutile specificare che fuori dalla struttura siano tutti in attesa allo stesso modo ormai da ore.
Bree, il sala parto a prendersi tutte le sue minacce mentre la fa partorire, non ha detto una parola a nessuno su questa gravidanza, ovviamente sotto richiesta della giovane. Quella PsycoBarbie del cazzo non ha fatto altro che lasciar credere di tutto a tutti, e questo li ha mandati nel pallone. Neanche del numero sono sicuri! C’è chi dice che siano in tre, chi è certo che siano quattro, chi è assolutamente certo che siano due, grossi come il padre alla sua nascita.
Tutti hanno una teoria… e Sherry e Nike sanno ma stanno zitte!
Quattro stronze, ‘ste carogne.
Pure Shiraz non sa niente. La sua amatissima Shine ha sempre avuto un caratterino tutto particolare, quindi la gravidanza e gli ormoni in eccesso non gli hanno dato molti indizi. Ma gli sta bene il suo silenzio, a patto che non faccia sforzi di alcun genere. Dire che in quei mesi l’abbia viziata più del solito, è davvero un eufemismo.
E adesso eccolo lì, il suo ragazzo, il suo cucciolo, che si lascia sballottare un po’ da Blackwood, mentre ascolta i discorsi mezzi sconclusionati di Lux, Beta della Regina. Se ripensa a quanto quel ragazzone fu entusiasta all’idea di essersi schivato la corona, ed invece è finito in una posizione poco inferiore per volere della sorella…
Osserva il figlio come se lo vedesse per la prima volta.
Non è più quel tenero bambino intelligente di un tempo, con il faccino magro e il corpo esile, gli occhi quasi sempre coperti da un ciuffo corvino di capelli ed il sorriso furbo e luminoso.
È un uomo, adesso.
È un uomo adulto, grande e forte, con gli occhi pieni di orgoglio e forza, di autorità e sicurezza.
Lo guarda e pensa, esattamente come quando se ne andò di casa per vivere la sua vita in modo totalmente indipendente, che il cerchio si sta chiudendo, che ormai i suoi giorni pieni di emozioni forti sono andati, finiti.
Ormai sono loro — i suoi figli, quelli del fratello e quelli di Vegeta — ad avere il mondo in mano, a dominarlo, a proteggerlo. Loro resteranno sempre in prima linea per proteggerli e aiutarli, ma ormai sta diventando sempre più evidente che non sia più così necessario.
Hanno fatto il loro dovere come guerrieri e come genitori, hanno tirato su una nuova feroce e potente generazione di combattenti, e ciò che sente rimanergli da fare, è mettersi in disparte a godersi lo spettacolo.
Lo farà con Sherry al proprio fianco, e lascerà che Everett si unisca a loro, gli farà spazio come sente essere giusto che sia.
Ripenseranno a tutto ciò che hanno passato, e probabilmente lo faranno sorridendo con nostalgia.
Ne hanno passate così tante, insieme. Dalle battaglie ai momenti di estrema dolcezza, dalle crisi di pianto alle risate incontrollate.
Per un istante ripensa al loro secondo matrimonio.
Ripensa a quanto gli batteva forte il cuore quando se ne stava sotto quell’arco di fiori bianchi ad aspettarla, a quanto si sentì maledettamente felice ed orgoglioso quando la vide camminare sulla navata, a quel momento di intesa e pace con Everett quando la lasciò al suo fianco, stringendogli la mano con un sorriso tenero in volto, a come sorridevano tutti quando i loro figli, tutti assieme, portavano loro le fedi, le stesse che poi hanno sempre tenuto al collo.
La sfiora adesso, sentendo la fascetta dorata sotto al tessuto leggero della maglietta, ed un sorriso soddisfatto gli increspa debolmente gli angoli della bocca.
Ripensa a quelle sere in cui si buttavano tutti sul divano, e si mettevano a prendere in giro ogni possibile film, telefilm, o programma di qualsivoglia genere. Ridevano fino alle lacrime in quelle occasioni, e generalmente si scofanavano un numero imbarazzante di gelati e patatine.
Ricorda quando andavano in vacanza con gli amici, a quanto ridevano tutti assieme, a quanto si prendevano bonariamente in giro, a quanto si scatenavano tutti assieme ogni volta che ne avevano l’occasione.
Ripensa a quando, otto anni prima, Tristan gli ha presentato quelle due adorabili canaglie che lo chiamano zio. E lui si sente tale, per loro. Sente che sono i suoi nipoti, che gli vuole bene, che li vuole tenere al sicuro, che gli piace quando gli corrono in contro per raccontargli di tutti quei piccoli traguardi che stanno raggiungendo giorno dopo giorno.
Ricorda, però, anche quando Fern si è spenta.
È successo quasi tre anni prima. Una mattina, semplicemente, non si è più svegliata. Aveva novantasei anni, quella roccia.
Era arrivato a volerle bene sul serio, ad avere di lei la considerazione che si ha di una madre, tanto da non voler appesantire il suo cuore stanco parlandole delle cose brutte che succedevano in famiglia. Non meritava altre preoccupazioni, e lui non si sarebbe mai azzardato a dargliele. Voleva proteggerla, ecco la verità.
Secondo molti, compreso lui, alla fine era come in attesa di veder realizzare quella tanto sospirata profezia, di vedere l’ascesa al trono dell’adorato nipote, lo stesso che, quando aveva tempo, la portava a spasso per i musei o alle mostre d’arte che le piacevano tanto.
Adorava i suoi figli. Adorava tutti i nipoti che quel gruppo di scalmanati le avevano dato, e con ognuno di loro aveva una specie di usanza, un qualcosa di speciale che condividevano solo loro due.
Il funerale fu un qualcosa di immenso.
Tutti gli Spettri e le Fate, il Team Z con le rispettive famiglie, Lord Beerus e Wish si riunirono su quello strapiombo sul mare dove sono state sparse le sue ceneri, ed i lupi hanno ululato al cielo il loro dolore. Hanno poi intonato un canto che alla donna piaceva molto, Amazing Grace. Lo hanno cantato tutti insieme, creando così un coro straziante e delicatissimo.
Teneva Sherry tra le braccia, quando la prima lacrima gli scivolò sulla guancia, e poi si lasciò andare quando Cìroc si strinse a lui, col cuore in mille pezzi. È sempre stato sensibile il suo ragazzo, e forse fu anche per questo se sentì di potersi lasciare andare.
Un altro lutto importante è stato senza ombra di dubbio quello di Nuggets, avvenuto all’incirca due anni prima.
Era così vecchio, quello stupido gattone… ed è stato così stronzo da morire ai suoi piedi. Perché gli voleva bene, quel maledetto perdi-pelo, gliene ha sempre voluto, e così voleva stargli vicino.
Lo hanno seppellito dietro al capanno, dove spesso si metteva a pisolare sotto al Sole. Quello era il suo posto, si sono detti, ma tutti hanno concordato silenziosamente che il suo posto era in casa, in mezzo a loro.
In famiglia sono stati malissimo per giorni. Pure Everett sembrava abbattuto proprio nello spirito, e questo gli ha fatto provare ancora più male.
Non sa esattamente quale percorso mentale l’abbia portato poi a fare ciò che ha fatto, ma ormai è più che certo di aver fatto la cosa giusta quando, dopo tre giorni di piagnucolii e occhi lucidi, se n’è tornato a casa con un’adorabile pallina di pelo bianco e nero.
Lo hanno chiamato Oreo, il loro nuovo micio, e stavolta non lo allontana con un grugnito scocciato quando gli si struscia alle gambe.
Penseranno anche a tutto questo, sdrammatizzando con delle battute quando sicuramente Sherry, magari preda di qualche possibile sbalzo ormonale o Dio solo sa quale suo altro scazzo mentale, si metterà a guardare i filmanti delle loro recite, delle loro partite, dei loro spettacoli, sfilate e concerti… ridacchieranno, faranno battute, e torneranno con la mente a quei momenti che, al tempo, sembravano così scontati.
Se ne staranno quindi ai margini con i loro ricordi, e li guarderanno muoversi liberamente, prendere le loro scelte senza più il bisogno di interpellarli, di avere la loro approvazione. Non è più necessaria, e lo capisce maggiormente quando, col rumore della porta che finalmente si apre, suo figlio non ci pensa proprio a cercare il suo sguardo.
Nessuno di loro lo fa, perché ormai sono cresciuti.
Per quanto possano averlo fatto involontariamente preoccupare, per quando non volendo possano averlo ferito, e per quanto talvolta possa avergli urlato contro di crescere, sperava che non succedesse mai.
Quelli che si stanno rianimando — incluso il ragazzone col sicuro dopo sbornia che quasi si schianta a terra dopo lo scatto improvviso di Shandy — non sono più dei bambini, non hanno più bisogno che lui li protegga, che gli spieghi le cose, che insegni loro come stare al mondo.
Quelli che si stanno rianimando ormai sono indipendenti, sono cresciuti.
Per un brevissimo istante gli si stringe un poco il cuore, ma è questione quasi di niente. Non può stare a pensare a questo, non ora che Bree, diventata anche lei nonna circa un anno prima, li sta raggiungendo con un grande sorriso in volto.
La guarda mentre con sicurezza mette le mani sulle spalle di Shiraz, scuotendolo un poco.
«Andiamo, ragazzaccio! C’è qualcuno che ti vuole conoscere!»
Quella maledetta non ci pensa proprio a dare qualche informazione utile, a parte un semplicissimo “stanno tutti bene”.
Vorrebbe andarle dietro, afferrarle quella lunghissima coda di cavallo, e costringerla a vuotare il sacco, ad eliminare o consolidare i suoi più atroci dubbi, ma quando Sherry si stringe al suo braccio e gli sorride felice, tutto passa in secondo piano.
Non importa quanti sono, non importa cosa sono; importa che Sunshine sta bene, che i cuccioli stanno bene… e che, da adesso, sono nonni.
Stringe la moglie con forza, la solleva da terra e la fa roteare in aria per qualche secondo, mentre per quella grande stanza si scatenano le risate e le esultanze.
La loro felicità è così contagiosa che, senza rendersene neanche conto, in pochi secondi si ritrova con gli occhi lucidi.
Prende con mano quasi incerta il bicchiere di plastica con dentro lo spumante analcolico, e brinda con tutti loro. Pure Blackwood, che in quei mesi ha alternato continui momenti di euforia a preoccupante gelosia mista quasi a rancore, adesso sembra essersi come dimenticato di colpo di tutto ciò che poteva preoccuparlo.
Per un secondo si domanda se anche lui si comporterà tanto da pazzo quando una delle sue figlie annuncerà di essere in dolce attesa, ma quando Nike lo abbraccia ridendo felice, se ne dimentica.
Ora come ora, in realtà, non riesce a tenersi stretto un solo pensiero che non sia “cazzo, sono diventato nonno!”.
Guarda i suoi figli che si scatenano tra loro, che berciano nomi completamente a caso, che bisticciano nuovamente tra loro sull’eventualità di almeno una nipotina, su quello che permetteranno o meno di fare — e fanculo i genitori, ovviamente —, che già si mettono d’accordo su chi li terrà e quando, su dove li porteranno, su cosa gli regaleranno.
È una gara senza esclusione di colpi, e Dio solo sa quanto potrà diventare pesante.
Pure Blackwood ed Everett sembrano prontissimi a fare a gara, come al solito, ma non è del tutto certo che il cognato faccia sul serio. Ha già avuto sette calamità ambulanti per le mani, figuriamoci se ne vorrà altre.
Abbassando lo sguardo, poi, si ritrova a guardare negli occhi l’amore della sua vita, colei che ha preso la sua vita tra le mani e gli ha restituito qualcosa di molto più grande.
Senza dire nessuna parola, che adesso gli suonerebbe come vuota, le solleva il viso prendendole il mento tra indice e pollice, e prima che lei stessa possa dire qualsiasi cosa, la bacia, stringendola ulteriormente a sé.
Nella vita può anche aver rinunciato a tante piccolezze, può anche aver segretamente rinunciato a quell’assurda idea di poter diventare, un giorno, più forte di quel fenomeno del fratello, ma non potrà mai rinunciare a lei.
«E chi lo immaginava che diventare nonno ti rendesse così dolce?» Mormora contro le sue labbra, facendolo sorridere.
Non le risponde, limitandosi ad avvolgerle nuovamente le braccia attorno al corpo, poggiandole il mento sulla testa quando poggia la guancia sul suo petto. È una cosa che segretamente adora, che lo fa sentire indispensabile e potente.
Se Bree non stesse facendo cenno a loro due, ad Everett e ai genitori della neo-mamma di farsi avanti, non ci penserebbe proprio a lasciarla andare. Anzi, se non fosse per l’assurdo pensiero che Shiraz possa aver bisogno di averlo vicino, non lo farebbe lo stesso.
Ma quel pensiero si è subito insinuato nella sua mente, e così lascia scivolare le braccia dal suo corpo caldo e forte, finché una delle sue piccole mani non si stringe alla sua.
Non appena varcano quella soglia, per Radish è come un incredibile déjà-vu: gli sembra di sentire nelle narici quell’insolito odore con le note del gelsomino, di essere scaldato da un nuovo calore, e sconvolto da una serie di emozioni sconosciute.
Gli sembra esattamente come il giorno in cui quell’uomo grande e grosso, che tanto gelosamente nasconde ai suoi occhi uno dei suoi cuccioli, venne al mondo.
Vederlo lì, adesso, con un neonato tra le braccia, è a dir poco sconvolgente, tanto che a fatica sente le parole della bellissima Sunshine, che afferma vivacemente che sono tre maschietti Alpha.
Per quanto sia stato fisicamente faticoso sentirla, però, l’ha sentita.
Si guarda negli occhi con Blackwood per qualche secondo, ripete l’operazione con Everett, i due poi si guardano a loro volta, ed infine tirano tutti e tre un pesante sospiro di sollievo.
Tre maschi.
Shiraz e Sunshine hanno fatto loro l’immenso piacere di concepire tre maschi!
Dio, i suoi fratelli non hanno fatto altro che massacrarlo dicendogli di come avrebbero corrotto i loro nipoti per convincerli subito a scoparsi quanto prima la nipotina — o, Dio non voglia, le nipotine — in arrivo. E invece tre maschi!
«È permesso?» Sfotte con un sorrisone Blackwood, prima di avvicinarsi alla figlia. Non sia mai che al giovane Re scatti qualche istinto omicida nel cervello, nessuno riuscirebbe a fargli rinfoderare le zanne prima di aver trucidato tutti.
Ma Shiraz è calmo adesso, in pace con tutto e tutti. Li guarda di sottecchi quando si avvicinano all’adorata moglie e ai due preziosi cuccioli che tiene in braccio, e che con amore e fiducia lascia poi scivolare tra le braccia delle due neo-nonne.
«Questo è Skiren…»
Skiren, il nome di quello che viene considerato come il Re più giusto del Nord, il nome dello Spettro che riuscì a scongiurare una guerra atroce, il nome dello Spettro alla quale tutt’ora pensano con grande rispetto.
«Lui, invece, è Amarantos.»
Amarantos, il nome del Primo Re del Sud, dello Spettro che coraggiosamente e dolorosamente mise fine alla tirannia di Regan, il nome dell’uomo che ha gettato le solide fondamenta per una società forte e duratura.
Sono così piccoli, così innocenti…
Hanno la pelle bronzea, un po’ più chiara di quella della madre, le bocche delicate e carnose, gli occhioni di un insolito blu scuro, i nasini piccoli e delicati, e dei folti capelli castano scuro. Sono identici in tutto e per tutto, e sembrano aver ereditato ben poco dal padre.
Tutti e cinque li guardano con adorazione, cercando di attirare i loro sguardi un poco appannati e spersi.
Vorrebbe allungare una mano per toccarli, così come ha sempre potuto fare con i suoi figli. Ma quelli non sono suoi, non ha più il diritto di fare come vuole.
Anche se non sono suoi, però, niente e nessuno gli toglierà la soddisfazione di iniziarli alle arti marziali, di gettare le basi per quella nobile e faticosa arte… e neanche di viziarli, così da rendere la vita un po’ più difficile ai neo-genitori.
«Pà…»
Neanche avesse preso la scossa, rizza la schiena di scatto e si volta, incuriosito dalla strana dolcezza nella sua voce. Non che Shiraz non sia capace di mostrare affetto o cose del genere, ma lui sa bene che difficilmente si lascia tanto andare nei suoi confronti. Non vuol farsi percepire come debole, lo sa e se ne dispiace, ma non ha intenzione di criticarlo per una piccolezza simile, soprattutto in un momento simile. Tanto sa che gli vuole un bene incommensurabile, quindi non ha di che lamentarsi o preoccuparsi.
Senza accorgersene, si ritrova a sorridergli orgoglioso e commosso, faticando ad accettare che ciò che sta vedendo sia reale.
Shiraz, il suo cucciolo, tiene tra le braccia il suo terzo figlio. O meglio, il primo.
Non lo sta guardando, però, rimanendo concentrato sullo sguardo ora addolcito del genitore… e poi, senza dire una parola, glielo porge, adagiandolo con attenzione tra le sue braccia, dove lui stesso si sentiva tanto protetto e sicuro.
E Radish lo prende, lo stringe delicatamente a sé, si bea di quella sensazione a lui tanto cara e conosciuta, ma anche così lontana ed ormai creduta persa per sempre.
È più grande dei due gemellini... e per lui è come un dolcissimo déjà-vu.
Un primogenito più grande, già fisicamente più forte, e che assomiglia in modo strabiliante al padre.
Forse, pensa, è una qualche strana caratteristica di famiglia.
Sorride al piccolo, che pare come ridestarsi da un lunghissimo sonno a mano a mano che i secondi passano. E lo fissa negli occhi, gli guarda fin dentro l’anima, e poi sorride con quella boccuccia delicata e sdentata, cercando di liberarsi dalla copertina che lo tiene stretto. Tutto suo padre, non c'è che dire.
«Allora, come avete deciso di chiamarlo?» Dio, quanto può essere difficile parlare in certi momenti. E quanto può essere difficile nascondere il fatto che ti viene da piangere quando sei così assurdamente felice!
«Bardack.»
Per un momento infinito, sente il cuore fermarsi e il respiro morirgli in gola.
Suo figlio, quello che per un periodo per lui lunghissimo ed atroce lo voleva allontanare, che era arrivato a credere che non li amasse, che volesse sbarazzarsi di loro, ha deciso di dare il nome di suo padre al suo primogenito.
Un segno sfolgorante di rispetto, di accettazione assoluta, e di indiscutibile e profondo affetto.
Lo ha fatto per ricordare a tutti che appartengono anche loro a quel ramo tanto lontano ed ormai estinto, e che sono fieri di ciò. Sono fieri del loro sangue sporco, delle loro origini sanguinarie. Lo ha fatto perché gli vuole bene, perché ancora oggi lo considera il suo supereroe, e perché vuole che anche tra mille anni vengano ricordati i loro nomi stranieri, che venga ricordato il suo nome, e con esso tutti gli strabilianti cambiamenti che hanno portato la loro nobile razza a splendere come il fuoco del Sole.
Si guardano negli occhi per un brevissimo e dolcissimo istante, e Shiraz gli regala uno dei suoi sorrisi abbaglianti, di quelli che gli rivolgeva spesso da bambino, con quell’adorabile fossetta che gli si forma sulla guancia sinistra.
Il resto della scatenatissima famiglia entra proprio in quel momento, e Shiraz si volta verso di loro, lasciandosi stringere con entusiasmo. Tutti vogliono far le congratulazioni alla dolce coppia, e vogliono ancor di più osservare i bei nipotini tanto attesi… e Radish, stringendo quel corpicino fragile e delicato tra le braccia, si rende conto di una semplice quanto meravigliosa verità.
I giorni in cui dovrà occuparsi di qualcun altro non sono finiti.
I giorni in cui dovrà preoccuparsi per qualcun altro non sono finiti.
I giorni in cui riceverà e donerà amore, sentimento che reputava da smidollati e alla quale ora è invece perdutamente legato, non sono finiti.
Stringendo Bardack, suo nipote, Radish capisce che niente è finito, non ancora.
Capisce che, finché ci sarà anche solo uno di loro da amare e proteggere, finché il tempo non avrà fine, non sarà mai finita.




ɴɢᴏʟ ᴅᴇʟʟ’ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Sì, eccoci al capolinea.
Il cerchio si chiude proprio come si è aperto, con Radish che osserva tutti i cambiamenti attorno a sé, che tira le somme della sua vita, che ripensa al proprio passato, con l’enorme differenza che, finalmente, ha tanto, troppo, tutto da perdere, e che ha trovato il suo tanto sospirato posto nel mondo.
Non è più solo, le sue giornate non sono più una uguale all’altra. Si sente amato, sente di non essere più un misero Saiyan di infimo livello.
Finisce com’è iniziata, ma in modo del tutto opposto.
Spero che vi sia piaciuto almeno la metà di quanto a me è piaciuto scriverlo. 🖤

Mi ero ripromessa di dire tante di quelle cose in queste righe… mentre in questo momento non mi viene in mente nulla.

Sento però di dover ringraziare alcune persone.
Prima di tutto, ci tengo a ringraziare in Chimera__, _Cramisi_ e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo, e Teo5Astor per aver recensito il capitolo 42 e per aver recensito il 29! 💛 Ma anche Kiira_kun, Giadastales, The Big Dreamer, Il corsaro nero e siero al mic per aver lasciato almeno un segno durante questo viaggio. 💛
Ringrazio anche Achiko, Chimera__, ComeleOndedelMare, Elfosnape, Girl_Hufflepuff, Kiira_kun, LadyTsuky, moony_1906, M_B_V, Noemy 1551, The Big Dreamer e Whisper of the Wind per aver messo la storia tra le seguite 🧡; Chimera__, Nhirn9001, Whisper of the Wind e wicapiwakan per aver messo la storia tra le ricordate ❤️; A l e x a n d r a, ariel17, Celeste98, Chimera__, Lady Devonne Isabel, Mirwen, Noemy 1551, Teo5Astor, Whisper of the Wind e _Cramisi_  per aver messo la storia tra le preferite 💚
Ringrazio molto anche tutti coloro che hanno letto silenziosamente. 💙
Un secondo ringraziamento poi è doveroso farlo sempre a Kiira_kun per le bellissime fanart, che ho sinceramente adorato! 💜
Siete stati dei tesori, dico davvero! 🖤
Ebbene: grazie a tutti per avermi seguita in questo lungo, lunghissimo viaggio. Ogni commento, ogni segno di vita che mi avete regalato, mi ha dato la piacevole certezza di non star scrivendo solo per me stessa, ma anche per voi.
Il fatto di avervi divertito, stupito, sconvolto o commosso è stato l’enorme guadagno che ho tratto da questa esperienza.

Questa storia mi ha accompagnata per più di un anno (19/10/2019  – 15/01/2021) e ora è difficile separarsene. 😔
Scrivere la parola fine a questo racconto mi dà una sensazione davvero strana... tristezza ed euforia al tempo stesso. Probabilmente è proprio in previdenza di ciò che ho cominciato a pensare ad un sequel già qualche mese fa. Con quest’ultimo capitolo direi che, volendo, ci sarebbero ancora tante cose da approfondire e raccontare… ma questo dovete deciderlo voi.
C’è una storia in particolare che vorreste leggere? Abbiamo Trunks e Maron con una storia di cui si conosce la fine, ma non l’intermezzo… ed una possibile storia per Bra che mi ronza nel cervellino, ma che oserei dire non poco avventata, considerando di chi si parla. 😨
Oppure vorreste un qualcosa di più “sconclusionato”, una specie di raccolta — con possibili capitoli song-fic —, in attesa di una nuova storia? In ogni caso, temo che con tutte si andrà sul raiting rosso questa volta.
Beh, non posso che chiedere il vostro parere e poi agire di conseguenza!
Per una storia ex novo, invece, ci sarà da attendere un pochetto di più, perché ho davvero troppe trame in testa e non so quale andare a sviluppare. Come ci provo, poi, mi sembrano tutte delle incredibili cagate 😥

Bene, temo sia giunto il momento di salutarci e credo sia meglio farlo di colpo, come quando si toglie un cerotto da una ferita. Inoltre sto iniziando a prendermi troppo sul serio con tutte queste dediche e ringraziamenti… rischio di sentirmi una vera scrittrice e non mi pare proprio il caso!
Quindi… alla prossima storia, gente! Non so se il 22 riuscirò già a pubblicare qualcosa, ma spero ardentemente di avere qualcosa di pronto almeno per il 30.


Un bacione a tutti 😘
KikiShadow93 🤙🏼

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