CANTI DI NATALE

di Andrea Di Bernardino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL FALCO ***
Capitolo 2: *** CADERE IN AUTUNNO ***
Capitolo 3: *** LA BAITA ***
Capitolo 4: *** LA LUCE CHE PENETRA DALLE FINESTRE DEGLI OSPEDALI ***
Capitolo 5: *** FINO ALL'ALBA ***
Capitolo 6: *** STANCO DAL NATALE ***
Capitolo 7: *** VERSO CASA ***
Capitolo 8: *** LUCI DI PERIFERIA ***



Capitolo 1
*** IL FALCO ***


Novembre è un mese di preparazione. La gente aspetta che arrivi Natale, aspetta con una cioccolata calda in mano il fischio dei suoni natalizi: la tombola, il cenone, scambiarsi i regali e fingere l'allegria che nel cuore è già difficile trovare. Io non sono così, la mia maschera cade tra i passi innevati della natura. Per questo mi sono preso una casa al centro del mondo. Ho costruito delle mura che spero reggano oltre i festeggiamenti e la poesia di questo periodo. E per sentirmi ancora puro e libero, ho iniziato questa cura da Ottobre. Malgrado faccia veramente freddo, cammino ancora come un barbone a piedi scalzi con la natura, per cercare di capire cosa voglia dirmi. Il cielo quest'oggi è vuoto, ma c'è un falco che gira senza meta nelle campagne di Fiano Romano. Qui non c'è nulla ma c'è tutto per me stesso. Cercherò di tornare alle origini, cercherò spazio nel cuore con un salto profondo kilomentri. Rischierò la vita per amare e finalmente volerò libera nell'aria, senza meta, come quel falco.

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Capitolo 2
*** CADERE IN AUTUNNO ***


Si può. Restare fermi ad osservare la natura mentre cambia e cerca di impadronirsi del mondo e della mia mente. Si può cambiare e vedere il mondo in un'altra prospettiva, forse dovevamo farlo prima, forse dovevamo reagire e interagire con essa, invece di dominarla. Tipico vizio umano, non abbiamo limiti. Cammino tra gli alberi e accarezzo la loro corteccia per trarre esperienza. I colori delle foglie sono quelli che si avvicinano di più al mio stato d'animo. Si può sprofondare, uscire di senno, morire dentro. Siamo opposti al vento, per un passo ben fatto, si indietreggia di cento. Resta il vuoto. Cerco tentativi nel buio. Si può cadere in autunno.

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Capitolo 3
*** LA BAITA ***


Rientrai a casa. O almeno nel luogo a cui davo il concetto di casa. A piedi scalzi e sporco di terra con i sogni sporchi sul pavimento. La mia piccola baita, dove non sarebbe mai potuto entrare nessuno ad infettarmi, qui le mie speranze erano e lo sono ancora, pure. Dalla stanza fuoriusciva un odore di legna bruciata, di un camino costruito con il tempo e la fatica, che riusciva a bruciare ogni sorte di malinconia. Non avevo cibo con me, non l'avrei mai portato. Tenevo in mano libri, preparandomi alla cultura che forse mai si sarebbe per davvero affacciata a quest'universo. Dalle finestre fatte di legno intravedevo i primi fiocchi di neve. La strada fuori iniziava a diventare gelata. Il calore del camino invadeva la stanza e la mia anima, fino al punto che volevo esplodere per diventare un tuttuno con il mondo. Sparire. Nell'istante in cui comincia a crederci. Un silenzio dolcissimo, composto dai passi fieri della consapevolezza di chi non giudica, ma ama, si avvicinò verso la mia baita con parole di comprensione. La porta era chiusa. Ma anch'io, anima peccatrice di questo universo, avevo bisogno d'amore. L'aprì. Con la consapevolezza, che da quella meravigliosa malattia, non ci sarebbe mai stata la cura definitiva. E la lasciai entrare.

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Capitolo 4
*** LA LUCE CHE PENETRA DALLE FINESTRE DEGLI OSPEDALI ***


Chiudemmo la porta e si sentì l'odore della legna svanire lentamente, la fiamma a poco a poco si consumava. Eri piena di brina quasi che sembravi fatta di pensieri più che di ossa e carne. Ci fu un abbraccio che durò una vita, quella vita che avevamo perso prima che tutto ciò accadesse, ci fu un abbraccio che duro la nostra vita. Ricordo che ti sedetti su una sedia a dondolo fatta di legno e fissai per un breve secondo una corona natalizia appesa alla porta. Ti sentivi magica e amata, ma non da me, da quello che nei giorni a seguire sarebbe arrivato. Ti chiesi da dove venivi e mi risposi che il posto dove eri stata, non era così bello da raccontare. Mi parlai del dolore, del male, dei sogni persi nell'ultimo secondo di vita, degli sguardi allontanati e della paura che prevale sull'amore, del sentirsi soli e senza respiro. Quel posto si chiama ospedale. Ma nel buio più profondo di quell'angolo di solitudine, eri riuscita a trovare gioia. L'attesa di buone notizie e la luce del sole, che dopo ogni notte penetrava dalle finestre degli ospedali. Mia cara Hope, sapevo benissimo perché fossi lì. Eri la lancetta del mio orologi, eri venuta a prendermi per farmi vedere come vivere un natale diverso. Prima di andare però ero preso dalla paura e ti dissi "morire si può", mi risposi con quella luce nei tuoi occhi che era stata raccolta da una finestra di quel'ospedale, "anche amare si può". E chiudendo ogni pensiero, mi avviai verso il resto dell'umanità.

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Capitolo 5
*** FINO ALL'ALBA ***


Ce n'eravamo andati dal tempo, ed era tutto appannato come se stessi sognando, lontano dagli sguardi ed eravamo quasi soli, quasi umani. Eravamo nella sera del giudizio universale. Dove tutto è vero, dove tutto è lecito. Tra i lampi e la pioggia che a piedi scalzi ci portavano verso la città, vedevamo una Roma mai vista prima. Camminavamo con i fiocchi di neve negli occhi e non c'erano giochi che non avevi già raccontato. Strada era ghiacciata ma le buche erano nei nostri pensieri non sull'asfalto, cavalcavamo fulmini e non cavalli davanti le colonne della piazza di San Pietro. Lì vuoto e silenzio, prima di raccontarci ancora. Non so neppure io come c'ero arrivato li nel tempio della fede e cristianità, infatti mi sembrava tutto così strano. Un bacio lungo l'eterno. L'universo esplose e poi diamanti e certezze divennero un sogno confuso come questo racconto di carezze. Mi svegliai. Ed era tutto un sogno. Ma dalla finestra di casa mia nevicava davvero e decisi di trasmettere sogni alla mia felicità.

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Capitolo 6
*** STANCO DAL NATALE ***


Mi risvegliai con la gola secca, i piedi nuovamente scalzi e lontano da te che eri e che sei nei miei sogni. Avevo immaginato questo folle viaggio fino a Roma, questo folle incontro con te. Ero ancora nella mia baita solo. Era il momento di alzarsi e tornare sui miei passi. Ci misi un po' ad accorgermi che le feste erano passate, avevo sognato per giorni. Il mio viaggio iniziava da quella casa da solo. Mangiai qualcosa e soprattutto mi misi a bere acqua, tanta acqua per colmare la sete e il desiderio di viverti ancora. Uscì incontro al freddo invernale, stanco dal Natale che era passato. Lascia la baita del mio cuore e mi avviai verso la mia vera casa. Con la speranza che il sole a braccia tese mi avrebbe accolto. Il cielo era chiaro come nella mia mente il colore delle spighe del grano e il loro odore, che sapeva di te, di campagna.

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Capitolo 7
*** VERSO CASA ***


Ma il sole non c'era. Vivevo momenti di armonia mischiati a momenti di pieno dolore. Era tutto così scuro e così chiaro. La strada verso casa era fatta di sassi e cemento, c'erano pini spogli agli angoli di un inverno che non passava mai. Camminavo con il vento addosso, sembrava così presente che ad un certo punto non era più freddo ma anche fungeva da sciarpa, ma per coprirmi da cosa? I miei pensieri? Ero malato d'amore. In cerca di ristoro, un luogo dove fermarmi per sempre e vivere felice, in armonia con il mondo. C'erano ragioni per cui ero scappato, ragioni per cui camminavo nel buio di questa luce che non riscaldava neppure le speranze. Una certezza c'era, ed era confusa nei miei occhi. Da lontano ombre di case, ero tornato dopo mesi. La solitudine a tratti iniziava a scomparire, tornavo nel mondo e c'erano cascate negli occhi che non conoscevo e c'erano profumi che da tempo non odoravo. In quel posto fatto da Dio in persona, i sogni erano fuochi e i fuochi erano il sogno.

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Capitolo 8
*** LUCI DI PERIFERIA ***


Le nubi scomparvero. Mi diedero modo di vedere i volti delle persone che mi erano intorno. La mia mente attraverso vari viaggi mentali non era più sola ed era arrivato nell'immediato il momento di svelare il mio nome a tutte le persone che mi avevano da sempre accolto, senza sapere neppure chi fossi. La notte nel frattempo si faceva spazio nel silenzio dei volti che aspettavano con veemenza che la situazione si sbloccasse. Non ero in una baita al freddo, ma in una strada distrutta e piena di buche, con le cartacce sui marciapiedi. Erano presenti vari lampioni, tutti rovinati dalla pioggia e dalla ruggine, ce n'era uno in particolar modo che non funzionava bene, si accendeva e spengeva in continuazione. La torre alle mie spalle era il punto da dove sarei partito per mostrare al mondo chi ero pronto a diventare. E alla fine del viaggio mi presentai, senza altre storie se non le mie. Un vento di sentimenti avvolse tutti i presenti con nuovi odori, avrei combattuto per tutta la vita su quella via, la mia speranza era come quei lampioni, luci di periferia. Portavo ancora avanti quei valori, nella sera in cui il cielo mostrava nuovi colori.

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