Figli della guerra

di Roxanne Potter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Victoire Weasley - A different kind of bravery ***
Capitolo 2: *** Dominique Weasley - Why do all the monsters come out at night? ***
Capitolo 3: *** Louis Weasley - Beauty in peace ***



Capitolo 1
*** Victoire Weasley - A different kind of bravery ***


Victoire Weasley – A different kind of bravery

La piccola Victoire Weasley adora prendersi cura dei fiori e delle piante di Villa Conchiglia. È un modo piacevole di passare il tempo quando non ha voglia di giocare con i suoi fratelli e le permette di fare contenta sua madre, che da mesi cerca senza alcun successo di convincere Dominique a dare una mano in casa – “Hai nove anni, Nique, dovresti iniziare a fare almeno il minimo indispensabile!” – ricevendo in risposta solo smorfie e “no” secchi da parte della bambina.
In quel torbido pomeriggio di luglio, Victoire ha finito di annaffiare le piante sul balcone della camera dei genitori e ora si ritrova seduta seduta sul bordo del letto matrimoniale, a sventolarsi addosso un ventaglio color porpora recuperato dall'armadio. Le piacerebbe raggiungere sua madre in giardino per darle una mano, ma la calura estiva è diventata insopportabile e sta avendo la meglio sulle sue energie.
Victoire sbuffa e si scosta una ciocca di capelli biondi dalla fronte sudata. Mentre continua a farsi aria col ventaglio, il suo sguardo si posa sul comodino accanto al letto. Il ripiano è ricoperto di oggetti che lei conosce bene; una fotografia incorniciata del matrimonio dei suoi genitori, un paio di collane di conchiglie colorate create a mano da Dominique, una piuma d'aquila e una boccettina di inchiostro.
Si sente pizzicare da un'improvvisa curiosità; non ha mai aperto i cassetti di quel comodino e non ha idea di cosa sia contenuto al loro interno. Esita un attimo, consapevole che forse non dovrebbe mettersi a ficcare il naso tra le cose dei suoi genitori, poi scaccia via quel pensiero, si alza e spalanca il primo cassetto.
All'interno trova solo una pergamena impolverata sulla quale sono poggiate due grosse monete. Le raccoglie e le esamina; la prima è dorata e riporta lo stemma del Regno Unito. Sulla seconda, fatta di argento splendente, è inciso lo stemma della Francia.
Victoire poggia le monete sul comodino e prende la pergamena, spazzando via lo strato di polvere che lo ricopre. In cima al foglio capeggia lo stemma del Regno Unito, seguito da una scritta vergata in un elegante corsivo, l'inchiostro nero sbiadito dal tempo ma ancora leggibile.

Il Ministero della Magia Britannico conferisce tale medaglia al valore a Fleur Isabelle Delacour in Weasley, per aver coraggiosamente preso parte alla battaglia di Hogwarts tenutasi in data 2 maggio 1998

Kingsley Shacklebolt
5 agosto 1998

Con mani tremanti, Victoire fa scorrere un dito sul foglio, incurante dei grumi di polvere che le sporcano il polpastrello. Guarda le due medaglie posate sul comodino e dentro di lei si agita un'emozione indefinita, un misto di orgoglio e di tristezza.
Fin da piccola, Victoire ha sentito parlare della guerra come se le sue ombre non fossero mai del tutto sparite dal mondo. Quelle ombre sono nelle pallide cicatrici che solcano il viso di suo padre, nella triste storia che sua madre le ha raccontato sui genitori di Ted, nelle vecchie foto dove suo zio George ride spensierato in compagnia del gemello perduto.
Eppure lei ha sempre pensato che i veri eroi di quegli eventi così lontani dalla sua realtà fossero stati i suoi zii, Harry, Ron e Hermione, i cui nomi sono sempre sulla bocca dell'intera società magica. Victoire ha sempre saputo che anche i suoi genitori avevano partecipato a quella famosa battaglia finale, ma mai aveva immaginato che sua madre fosse stata premiata per questo...
-Qu'est ce que tu fais, chérie?
Victoire sussulta e si volta; sua madre è in piedi sulla soglia della porta, i capelli raccolti in una coda alta e un grembiule bianco legato in vita. Il sollievo la investe quando si rende conto che Fleur le sta sorridendo, senza alcuna traccia di fastidio per averla scoperta a rovistare tra le sue cose.
-Scusa, mamma, stavo solo curiosando un po'.
Fleur si avvicina e si siede sul letto, lanciando un'occhiata alla pergamena che la figlia tiene tra le mani.
-Non mi avevi mai detto che avevi ricevuto una medaglia al valore per aver combattuto in guerra!- esclama Victoire, prima di sedersi accanto a lei. -Anche papà ne ha una, vero?
-Già.- Fleur annuisce. -Lui ne ricevette una, io ben due. Sia dal Ministero della Magia inglese che da quello francese.
-Wow.
Victoire si sente un po' in colpa per l'entusiasmo che sta mostrando; in fondo, stanno parlando di una guerra che ha lasciato dietro di sé decine di morti, tra cui suo zio Fred e i genitori di Ted, il suo migliore amico.
Torna a guardare la pergamena e dice; -Due maggio... la battaglia è avvenuta il giorno del mio compleanno. Che coincidenza, eh?
-È proprio per questo che ti abbiamo chiamata così, chérie.- Fleur allunga una mano per accarezzare i lunghi capelli della figlia. -Victoire, vittoria. Sei nata nell'anniversario della nostra vittoria, della nostra liberazione da tutto quel male.
Fleur non aggiunge altro; si limita a guardarla con i suoi occhi dolci, come se lei fosse la cosa più importante e preziosa dell'universo.
Per la prima volta nella vita, Victoire si sente investire da uno slancio di feroce orgoglio al pensiero di essere figlia di eroi di guerra e di portare un nome così bello e importante.
Perché questo significa che, nonostante tutte le perdite e tutto il dolore subito, la sua famiglia ha visto in lei il trionfo della luce, il rifiorire della vita, una rosa che sboccia dalla polvere e dalle macerie del passato.
-È una cosa bellissima.- mormora, mentre delle lacrime di commozione le pizzicano gli occhi. Poggia la pergamena sul cuscino e si avvicina a sua madre per abbracciarla, in uno di quegli slanci di affetto che per lei sono sempre stati così naturali dopo essere cresciuta circondata dal calore e dall'attenzione di innumerevoli parenti.
Fleur ricambia con forza l'abbraccio e Victoire sente di essere davvero, almeno per sua madre, la cosa più importante e preziosa dell'universo. In questo momento non ci sono le ombre del passato a incombere sulle loro spalle, non c'è la tristezza per le vite perse e distrutte; ci sono solo la luce del presente e la promessa di un futuro libero e felice.
-Tu e papà siete stati così coraggiosi.- dice Victoire, scostandosi da Fleur e guardandola con un ampio sorriso. -Pensi che saresti stata anche tu una Grifondoro, se fossi andata a Hogwarts?
-Penso di sì.- Fleur si stringe nelle spalle e accenna un sorriso. -Certo, ho sempre pensato che il sistema delle Case fosse un'idea un peu stupide, ma non mi sarebbe dispiaciuto essere a Grifondoro o Corvonero.
-Secondo me saresti stata benissimo a Grifondoro. Voglio dire, sei stata l'unica ragazza a partecipare al Torneo Tremaghi, no? Sai, anche io vorrei essere Grifondoro. Non posso non finire a Grifondoro.
Victoire Weasley ha undici anni e una sola certezza nella vita; il desiderio di essere come i suoi genitori, di renderli fieri di lei così come lei è fiera di loro.
Al suo arrivo a Hogwarts, meno di due mesi dopo quel torbido pomeriggio di luglio, Victoire è fiera di entrare a far parte della culla dei coraggiosi di cuore e di sentirsi accogliere al tavolo della sua Casa con un boato di applausi e urla entusiaste. C'è ancora una parte di lei che spera ingenuamente di poter soddisfare le aspettative altrui dimostrando di essere all'altezza delle imprese compiute della sua famiglia, di essere degna del nome e del cognome che porta.
Sarà solo a quattordici anni che Victoire inizierà a guardare lo stemma di Grifondoro appuntato sulla divisa con un orgoglio mischiato a una punta di amarezza. Perché nel corso del tempo si è resa conto che, nell'essere figli di eroi di guerra, non c'è poi così tanto di cui andare orgogliosi.
Perché, in questo mondo apparentemente libero e felice, le ombre del passato incombono come ferite che non si sono mai cicatrizzate.
Victoire non può fare nulla per quelle ferite. Non può fare nulla per le lacrime che scorrono sul viso di Ted, davanti al monumento ai Caduti che la McGranitt ha fatto costruire accanto alla tomba di Albus Silente. Non può fare nulla per il dolore che gli distorce la voce quando parla dei genitori e del nonno che non ha mai conosciuto.
Non può fare nulla per tutte quelle persone, amici e compagni di scuola, che le hanno confessato di aver perso qualcuno a causa della guerra; i nonni Nati Babbani della sua migliore amica, Dena, sono scomparsi prima che lei nascesse. Nessuno è mai riuscito a ritrovare i loro corpi o a scoprire cosa ne è stato di loro.
È stata sempre Dena a raccontarle perché Trudie Hammers, una ragazza di Corvonero del settimo anno, ha sempre addosso uno sguardo sfuggente e malinconico; da piccola ha visto sua madre morire, assassinata dai Mangiamorte. Trudie non è mai uscita del tutto dal baratro della depressione e probabilmente – pensa a volte Victoire con una stretta al cuore – non ci riuscirà mai.
Victoire non può fare nulla per i genitori di Neville Paciock – solo pensare al destino che hanno subito le fa correre dei brividi di terrore lungo la schiena – né per la cicatrice sul viso di suo padre né per lo zio George, i cui occhi a volte ancora tremano quando qualcuno nomina il suo gemello e la cui protesi all'orecchio le ricorda quanto la sua famiglia abbia perso e rischiato per permettere a lei e i suoi fratelli di vivere in un mondo migliore.
Victoire vive in un tempo in cui il passato è ancora troppo vicino, continua a incombere sul presente, a inquinarlo, a deteriorare i suoi apparenti equilibri. Ed è attraverso il presente che il passato si mostra per quel che è stato, facendole capire che quelli vissuti dalla sua famiglia non sono stati affatto giorni di gloria.
Forse c'è qualcosa di eroico nell'aver avuto il coraggio di combattere per la libertà, ma quell'eroismo si accompagna alla morte, all'orrore, alla devastazione, alla terribile ingiustizia di essere stati costretti a impugnare le armi e macchiarsi le mani di sangue.
Non c'è nulla di poetico nell'essere figlia di due guerrieri che hanno ricevuto delle medaglie al valore solo per lasciarle a prendere polvere in un cassetto, nella terrificante consapevolezza che la minima casualità avrebbe potuto far girare la storia in modi completamente differenti.
Un'esitazione di troppo nel corso della battaglia e forse Victoire non sarebbe mai nata, o forse sarebbe cresciuta senza un padre, o forse frequenterebbe una Hogwarts dove solo i colori della Casa di Serpeverde decorano le pareti di marmo della Sala Grande.
La guerra si è conclusa con la loro vittoria ma ci sono ancora troppo cose che non sono andate per il verso giusto, troppe crepe che non possono essere riparate e ferite per le quali non esiste cura.
A sedici anni, Victoire decide che forse c'è ancora qualcosa che può fare – non per dimostrare al mondo di essere la degna figlia di eroi di guerra, ma per dimostrare unicamente a se stessa che il coraggio Grifondoro che le scorre nelle vene, quel desiderio di compiere imprese eroiche e di ardito coraggio, può avere tante sfumature.
A diciotto anni, Victoire veste per la prima volta il camice verde dei Guaritori Tirocinanti.
A venti, tiene la bacchetta puntata sulla spalla ricoperta di croste e sangue secco e raggrumato di un ragazzino, che giace lungo disteso su un letto del San Mungo. Victoire mormora la formula di un incantesimo di guarigione e il ragazzino, pallido come un cencio, trema leggermente e si lascia sfuggire un gemito di dolore mentre le ferite iniziano a rimarginarsi.
-Stai calmo, Ryan.- dice Victoire in tono dolce, ritirando la bacchetta. -Tra poco non sentirai più niente.
Ryan annuisce, abbozzando un sorriso debole. Victoire osserva con aria soddisfatta la sua spalla; le croste sono sparite e il sangue è stato risucchiato via dall'incantesimo, lasciando la pelle nuda liscia e lucida.
-Come ti senti?- dice, alzando di nuovo lo sguardo sul ragazzino.
-Meglio.- risponde lui. Il sorriso è già sparito e i suoi occhi sono appannati da una tristezza profonda, incontenibile.
Victoire si sente stringere il cuore in una morsa insopportabile. Ryan è arrivato al San Mungo la sera prima insieme al fratello di sette anni, entrambi sanguinanti e quasi in fin di vita tra le braccia dei genitori dopo un'esplosione accidentale nel laboratorio di pozioni di famiglia. Lei ha passato tutta la notte al suo fianco, mentre il suo unico altro collega rimasto al San Mungo si è occupato del piccolo Hernie.
Ryan ha riaperto gli occhi solo verso le sei del mattino. Appena un'ora dopo la morte del fratello, i cui polmoni hanno ceduto a causa della cappa di fumo tossico che aveva invaso il laboratorio dopo l'esplosione.
-Vuoi che vada a chiamare i tuoi genitori?- dice la ragazza a Ryan, che annuisce piano.
Victoire non vuole neanche immaginare cosa stia provando. Prova a mettersi nei suoi panni, a figurarsi se stessa a dieci anni mentre tiene tra le braccia il corpo senza vita di Dominique o del piccolo Louis, e si trova a reprimere un brivido di orrore.
Tiene le spalle ben dritte e si stampa in viso un'espressione imperturabile mentre esce dalla stanza. I genitori di Ryan la aspettano in corridoio, seduti fiano a fianco su una panca di legno. Entrambi sono di un pallore spettrale, con lo sguardo assente e gli occhi cerchiati da occhiaie profonde.
-Allora?- dice Jack, guardando Victoire con aria speranzosa. -Come sta?
-Lo terremo qui almeno un paio di giorni, per essere sicuri che si sia ripreso del tutto. Ma come già vi ho detto stamattina sta bene, le sue condizioni sono stabili, non dovete preoccuparvi per lui...
Ella Martens si alza di scatto dalla panca e Victoire rimane senza parole quando la donna le getta le braccia al collo, stringendola a sé.
-Grazie, signorina Weasley. Ha salvato nostro figlio.- mormora la donna, con la voce rotta e tremante, sporca di dolore ma al tempo stesso vibrante di un'emozione diversa, qualcosa che assomiglia alla speranza, al senso della vita che rinasce. -Se non fosse stato per lei... se anche Ryan... non immagina neanche quanto le siamo grati...
-Ho fatto quel che dovevo fare. Mi dispiace per Hernie. Mi dispiace davvero tanto.
Victoire non è sicura che sia molto professionale da parte di un Guaritore abbracciare la madre di un paziente – dopotutto è la prima volta che si ritrova in una situazione del genere – ma in quel momento non le interessa. Non può fare a meno di ricambiare l'abbraccio della donna, prima di allontanarsi lentamente e provare a rivolgerle un sorriso di incoraggiamento.
-Entrate. Ryan vi sta aspettando.
Ella e Jack le rivolgono un ultimo sguardo colmo di gratitudine prima di entrare nella stanza di Ryan. In quello sguardo Victoire legge un dolore ancestrale che la colpisce allo stomaco nella sua intensità, una ferita fresca e sanguinante che le fa pensare alle sofferenze di un passato ormai messo da parte – un passato in cui anche la sua famiglia ha portato su di sé quello stesso dolore e quelle stesse ferite. Un passato che lei non ha mai conosciuto e toccato con mano ma che in qualche modo ha sempre fatto parte di lei, è sempre stato intrecciato alle sue radici e ha finito per aderirle addosso, per darle forma e renderla la persona che è adesso.
Ma davanti a quell'accenno di gratitudine e speranza che hanno interrotto il dolore nello sguardo di Ella e Jack, anche se solo per un fugace istante, Victoire si sente per la prima volta nella sua vita davvero fiera del suo nome e all'altezza di ciò che hanno fatto i suoi genitori. Si sente fiera di essere stata artefice di quella luce, per quanto flebile, nel mezzo dell'oscurità. Artefice della vita che rifiorisce, nutrice della rosa che sboccia tra le polvere e le macerie.
Fiera di essere lei stessa guerriera e salvatrice – anche se animata da un coraggio e da un onore diversi da quelli di chi scende nel campo di battaglia – e di aver preservato quell'unica fonte di felicità per due anime dilaniate da ferite che forse mai troveranno cura.

Note

Faccio abbastanza schifo a scrivere introduzioni per cui spero che questo primo capitolo abbia chiarito qual è la linea tematica della raccolta.
La mia intenzione è quella di scrivere un capitolo per ogni personaggio della Nuova Generazione, inclusi Teddy Lupin e Scorpius Malfoy, concentrandomi sui momenti in cui i figli dei sopravvissuti si rendono conto di che cosa la guerra abbia significato per le loro famiglie. Alcuni capitoli saranno molto più brevi di altri, alcuni saranno un misto tra narrazione e introspezione, altri incentrati principalmente sul lato introspettivo.
Ci tenevo a partire con Victoire, è un personaggio di cui ho in mente il background e la caratterizzazione anche se non sono mai stata molto ispirata all'idea di scrivere di lei. Per cui ho avuto finalmente una possibilità di approfondire e dare vita alla mia Victoire Weasley. Ho voluto giocare con il concetto di "ferite", intese sia a livello letterale che metaforico, e con l'idea che Victoire, non potendo ovviamente rimediare alle ferite che la guerra ha lasciato dietro di sé, decida di dedicarsi a una carriera che le permette comunque di salvare delle vite e diffondere bene nel mondo.
Grazie a chiunque abbia letto e voglia lasciare una recensione, spero di aggiornare presto :)


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Capitolo 2
*** Dominique Weasley - Why do all the monsters come out at night? ***


Dominique Weasley – Why do all the monsters come out at night?

Dominique ha appena otto anni e già le piace ammirare il suo riflesso allo specchio.
Alle sue spalle, la camera è immersa nella luce soffusa e ambrata di un'unica lampada accesa sul comodino, e lei deve aguzzare lo sguardo per individuare e contare una a una le pallide lentiggini che le ricoprono gli zigomi e la punta del naso.
Ignora i rumori del vento che fa sbattere le imposte delle finestre e il fragore della pioggia contro i vetri, mentre inarca le sopracciglia in un'espressione sfrontata e si arriccia una ciocca di capelli intorno al dito.
A Dominique piace pensare di somigliare a suo padre, per quanto una bambina possa somigliare a un uomo che ha superato la quarantina; dopotutto, pensa con orgoglio, lei è l'unica tra i suoi fratelli ad aver ereditato i caratteristici capelli rossi dei Weasley.
Anche i suoi occhi castani sono identici a quelli di Bill, splendenti dello stesso sguardo aperto, vivace e luminoso.
Poi c'è il suo viso. Un viso aggraziato, dalla pelle lattea e delicata, simile a quello di una bambola – come le ripetono spesso Andromeda Tonks e le amiche di sua madre.
Un viso che non è mai stato martoriato e sfigurato dalla guerra.
Dominique pensa alla cicatrice ormai sbiadita dal tempo che solca la guancia di suo padre. Quando gli ha chiesto come se la fosse procurata, lui si è limitato a stringersi nelle spalle e a rispondere; -Una vecchia ferita di guerra.
Lei ha scoperto la verità solo qualche mese dopo, origliando una conversazione tra Victoire e Ted. Una verità che le ha fatto venire i brividi. Adesso, mentre se ne sta in piedi davanti allo specchio, Dominique non può fare a meno di immaginare che quella stessa cicatrice sia lì a sfigurare il suo viso così perfetto e immacolato, rendendolo ancora più simile a quello del padre.
Forse è colpa della poca luce che illumina la stanza, o del sibilio sempre più forte del vento, delle imposte che sbattono e della pioggia che continua a battere contro i vetri, ma Dominique si ritrova immersa di colpo in uno stato quasi ipnotico, incapace di distogliere lo sguardo dal suo riflesso. Un brivido freddo le percorre la schiena; non riesce a smettere di pensare ossessivamente a quella cicatrice né a frenare l'ansia e l'inquietudine che hanno iniziato a contorcerle lo stomaco senza alcuna ragione apparente.
Dominique detesta avere paura. È sempre stata convinta di avere un carattere troppo forte per potersi abbandonare a un sentimento così blando e vergognoso.
Lei, che non ha mai compreso la fobia del buio degli altri bambini. Lei, che parla e ride sempre durante i pranzi di famiglia e ama attirare l'attenzione su di sé e risponde a tono alle prese in giro di James, che per i suoi sei anni ha già una parlantina fin troppo svelta. Lei, che incoraggia continuamente Victoire e Molly ad arrampicarsi sugli alberi e tuffarsi dagli scogli più alti.
Una come lei non può avere paura di nulla e di nessuno.
Ma nella quiete della notte, nell'intimità e nella solitudine della sua stanza, Dominique non può fare a meno di abbandonarsi a un senso di terrore sempre più crescente e paralizzante che le sta serrando la gola in una morsa dolorosa.
È a quel punto che la vede.
La vede davvero, quella cicatrice. Non il suo pallido fantasma, ma una vera e propria ferita, brandelli di carne divelta e rivoli di sangue vermiglio che colano piano sulla sua guancia.
Il terrore la colpisce allo stomaco come un pugno, il respiro le si ferma. Pochi istanti di terrore crudo e primordiale, poi la cicatrice scompare di colpo e Dominique si ritrova ad ansimare, le mani tremanti, gli occhi fissi sul suo volto di un pallore spettrale ma liscio e perfetto come è sempre stato. Il battito del suo cuore è talmente forte da essere udibile persino sopra il rumore della pioggia. Una voce dentro di lei le sta urlando di girarsi e correre verso il letto ma il suo corpo si rifiuta di muoversi, le sue gambe sono come inchiodate lì sul posto.
Nella sua mente irrompe prepotentemente l'immagine delle zanne di un lupo mannaro che lacerano la guancia di suo padre e per un attimo Dominique sente davvero l'odore acre del sangue impregnare l'aria, come una macabra premonizione dello spettacolo che sta per presentarsi davanti ai suoi occhi.
Il suo viso allo specchio inizia a tremare, si deforma, si scompone e si ricompone fino a diventare il viso di Bill, con lo sguardo sconvolto dal dolore e dalla paura e la guancia scarnificata, un ammasso di sangue e pelle a brandelli.
Alle sue spalle, la stanza si fa buia. Dominique vede due pupille dorate risplendere nell'oscurità e degli artigli iniziare a chiudersi lentamente intorno alla sua gola.
Un ringhio basso nel buio, un respiro caldo e pesante sul collo, e l'incantesimo si spezza, l'orrore che finora l'ha paralizzata le fa spalancare la bocca e Dominique urla, urla con tutto il fiato che ha in gola, urla di un urlo agghiacciante che rimbomba tra le pareti della stanza e sembra risuonare all'infinito, all'infinito...
Tutto questo non è reale.
I suoi occhi si chiudono e poi si riaprono di scatto, restituendole l'immagine delle venature del legno del soffitto della sua camera. Si rende conto di star davvero urlando, le mani che artigliano la coperta, gli occhi lucidi di lacrime e il corpo scosso da fremiti incontrollabili.
-Nique, Nique! Che succede?
La voce di suo padre. Dominique smette di urlare e si rigira su un fianco, ancora tremante.
I suoi genitori sono lì accanto al suo letto, entrambi in vestaglia e con i visi devastati dalla preoccupazione. Bill si china verso di lei, posandole una carezza sui capelli, mentre Fleur ripete; -Mon Dieu, Nique, che cosa succede? Stai calma. Era solo un brutto sogno, vero?
Dominique accoglie come una benedizione la carezza confortante del padre. Il cuore che le batte all'impazzata nel petto inizia pian piano ad frenare la sua corsa e il calore familiare delle coperte la fa sentire finalmente al sicuro.
È stato solo un sogno. Un sogno terrificante, talmente palpabile da sembrare reale, ma pur sempre un sogno.
-Sì.- mormora Dominique. -Ho sognato... una cosa brutta.
-Non preoccuparti, ci siamo noi qui.- risponde Bill prendendole una mano. -Vuoi che rimaniamo un po' con te?
Dominique sta già iniziando a vergognarsi delle lacrime che le velano gli occhi. Sbatte le palpebre e guarda il viso di suo padre. La cicatrice che è stata protagonista di quell'incubo così insensato non è altro che un segno pallido, spento, quasi indistinguibile dal resto della pelle di Bill. Il mero fantasma di un passato che non tornerà mai più e di cui è inutile avere paura.
Una parte di lei vorrebbe dire ai suoi genitori che va tutto bene, che possono tornare a dormire, perché lei non ha paura di rimanere da sola – così come non ha paura di niente e di nessuno. Eppure in questo momento Dominique sente più che mai di essere ancora solo una bambina che, come tutti, ha il terrore di perdere i suoi genitori. Si rende conto di aver disperatamente bisogno di loro, anche se solo per una manciata di minuti, per ricordare a se stessa che gli incubi della guerra non appartengono più alle loro vite.
Lei è al sicuro. Sua madre e suo padre sono al sicuro. Sono lì per lei – saranno sempre lì per lei.
Dominique pensa a Ted, che non potrà mai godere della sua stessa fortuna, e un misto di tristezza e dolcezza le stringe il cuore mentre ricambia la stretta della mano di Bill e mormora; -Rimanete qui con me.

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Capitolo 3
*** Louis Weasley - Beauty in peace ***


Louis Weasley - Beauty in peace

Una lieve brezza autunnale scompiglia i capelli biondi di Louis, accompagnata dal profumo di salsedine e dal leggero scroscio delle onde che si infrangono sulla spiaggia.

È una bella giornata di fine settembre, con un cielo luminoso e un sole pallido che gli accarezza la pelle. Louis ha deciso di portare i suoi libri sulla cima della collinetta che sovrasta Villa Conchiglia e di starsene lì a leggere, lanciando di tanto in tanto delle occhiate alla spiagga, al mare che si distende davanti a lui, alla strada che da casa sua si inoltra tra una coltre di alberi e conduce al villaggio di Tinworth.
Nonostante cerchi di concentrarsi sulla lettura, ogni tanto Louis si sente stringere il cuore da un quieto senso di malinconia. Da quando anche Dominique è partita per Hogwarts la vita è diventata molto più noiosa; è strano cenare senza le chiacchiere incessanti della sorella nelle orecchie o passeggiare in spiaggia senza lei che insiste per farsi un bagno nonostante l'acqua sia gelida. Gli mancano persino la musica a tutto volume sparata dalla stanza di Dominique e le urla di Fleur che minaccia di buttarle lo stereo giù dalla finestra.
Non che a Louis piaccia così tanto il caos. Lui è un tipo troppo sulle sue per prenderne parte, a meno che non si tratti di lanciarsi in un monologo sulle cose che ha appreso dai suoi libri – pur essendo consapevole che alla maggior parte della gente non interessa poi così tanto sapere come vengono lavorati i legni delle bacchette o come funzionano i sistemi di luce elettrica sviluppati dai Babbani.
Ma il caos è sempre stata una parte integrante della sua vita e solo adesso inizia a rendersi conto di quanto gli manchi esserne circondato.
Louis chiude il libro e incrocia le gambe, spostando lo sguardo sulla piccola lapide di pietra che si erge a pochi passi da lui. Ancora una volta si ritrova a leggere la scritta “Qui giace Dobby – un elfo libero” e a chiedersi quale storia vi si celi dietro.
Un'altra folata di vento gli scompiglia i capelli, stavolta fredda e pungente sulla nuca. Louis alza lo sguardo e rimane stupito nel vedere che il sole è sparito dietro una coltre di nubi grigiastre che si ammassano nel cielo.
Recupera i suoi libri, si alza e, dopo un'ultima occhiata alla lapide di Dobby, si incammina svelto verso casa.
La pioggia inizia a cadere proprio nel momento in cui Louis imbocca il vialetto che conduce alla porta d'ingresso, già spalancata; sua madre lo sta aspettando sulla soglia, le sopracciglia contratte in un cipiglio severo.
-Entra, Lou, altrimenti ti prenderai un accidente!
-Sì, ma'.
Louis si stringe i libri al petto e segue sua madre dentro casa, sospirando di sollievo quando si ritrova davanti al caminetto già acceso del salottino. Fleur ha già ripreso posto sul divano accanto a Bill, che sta sfogliando la Gazzetta del Profeta.
Mentre si siede sul divanetto dirimpetto a quello dei genitori, Louis pensa tristemente che tra qualche settimana anche suo padre partirà per tornare a lavorare in Egitto e probabilmente starà via fino a Natale. In casa rimarranno solo lui e sua madre – senza contare Andromeda, che gli fa da babysitter quando Fleur ha i turni alla bottega di Madama McLan.
Louis sistema i libri sul bracciolo del divano mentre Fleur parla tenendo una mano poggiata sulla spalla di Bill, che ha appena messo via il giornale.
-Ti rendi conto che Archer...
-Chi sarebbe Archer?
-Il prozio di Madama McLan! Quel poverino ha quasi centoquarant'anni, ormai sta andando fuori di testa. Ha preso la febbre ed è convinto di essersi beccato il vaiolo di drago...
-Lo sapete che la cura per il vaiolo di drago è stata inventata nel 1594 da Gunhilda de Gorsemoore?- interviene prontamente Louis, guadagnandosi le occhiate ammirate dei suoi genitori.
-Ma bravo, Lou.- sorride Fleur. -Hai visto quante cose sa nostro figlio, Bill?
-Con tutti i libri che legge, non mi stupirei se venisse su come Hermione.- risponde Bill divertito. -O magari finirà in Corvonero. Ti piacerebbe finire in Corvonero, Lou?
-Perché no?- risponde lui, metitabondo. Entrambe le sue sorelle e sua cugina Molly sono state smistate in Grifondoro, come il resto della famiglia Weasley, ma a lui non dispiacerebbe essere l'eccezione che conferma la regola; a differenza di cosa dicono James e Rose, non pensa affatto che Corvonero sia la casa della gente noiosa.
Ma mancano ancora quattro anni alla sua partenza per Hogwarts e Louis non ha intenzione di pensare adesso allo Smistamento. Adesso ci sono domande più importanti che gli girano nella testa.
-Devo chiedervi una cosa. Perché abbiamo un elfo seppellito in giardino?
Fleur e Bill si scambiano uno sguardo sorpreso e Louis si rende conto che forse avrebbe fatto meglio a porre una domanda meno macabra come “Chi è Dobby?”.
-Beh, Dobby era un elfo domestico morto durante la guerra...- inizia suo padre.
-Quindi era il vostro elfo domestico?- lo interrompe Louis, sgranando gli occhi. Per un attimo immagina un gruppo di maghi incappucciati che fanno esplodere la porta di casa sua con un colpo di bacchetta, irrompono in cucina e uccidono un piccolo elfo intento a lucidare i fornelli. -Per questo poi non ne avete più voluto prenderne un altro? Perché stavate troppo male per Dobby?
-Oh, no, non era il nostro elfo domestico. È una lunga storia, mon chére. Davvero una lunga storia.
-Forse potremmo dirgli qualcosa a riguardo.- dice Bill, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della moglie.
-Bill, ha sette anni!
-Quasi otto.- ribatte Louis.
-Hai ragione.- Bill sorride e Louis sa che suo padre sta per svelargli qualcosa di quel periodo lontano e oscuro di cui non si parla mai in famiglia – la guerra.
Non che lui abbia bisogno di farsi raccontare i suoi eventi più salienti; per quello gli è bastato trovare i suoi zii Harry, Ron e Hermione sulle figurine delle Cioccorane, leggere una copia di Storia della magia contemporanea per giovani maghi e streghe (in cui viene citato anche il resto della sua famiglia) e sentirsi additare per le strade di Diagon Alley quando va a fare acquisti con i suoi genitori.
-Devi sapere che Dobby ha salvato la vita dei tuoi zii.- esordisce Bill. -Zio Harry, zio Ron e zia Hermione. Insieme riuscirono a scappare... beh, da una brutta situazione durante la guerra. Vennero qui per trovare rifugio. Ma quando arrivarono Dobby era ammalato ed è morto quasi subito. Tuo zio Harry decise di seppellirlo scavando la fossa senza l'uso della magia.
-È stato un gesto bellissimo da parte sua.- mormora Fleur, i cui occhi si sono velati di un'espressione triste e remota, come se una parte di lei fosse improvvisamente tornata indietro di anni.
-Di cosa si era ammalato?- dice Louis, sempre più curioso. Sa già che suo padre non gli svelerà mai da che tipo di “situazione” i suoi zii sono riusciti a scappare durante la guerra.
Bill esita prima di rispondere; -Era vecchio, molto vecchio, e non stava bene da tempo.
Louis annuisce, sentendosi improvvisamente molto triste per questo elfo che non ha mai conosciuto ma che ha salvato la vita dei suoi zii.
-Perché lo zio Harry ha scritto “elfo libero?”- dice, consapevole di star facendo come sempre troppe domande. Ma dopotutto Louis è sempre stato così; ha iniziato a bombardare gli adulti di domande sul mondo sin dal momento in cui ha imparato ad articolare delle parole semicoerenti.
-Perché anni prima lo zio Harry l'aveva liberato dalla famiglia di maghi per cui lavorava.- risponde Bill. -Vedi, gli elfi domestici non sono sempre stati trattati bene. C'erano delle famiglie che tendevano a vederli come schiavi, esseri inferiori che non meritavano alcun diritto.
-Davvero?
-Già. Devi ringraziare tua zia Hermione se oggi gli elfi domestici lavorano solo sotto contratto e ricevono uno stipendo più che dignitoso. Una volta non era affatto così.
-Ma è una cosa terribile.- mormora Louis, aggrottando le sopracciglia in un'espressione costernata. Lui non riuscirebbe mai a immaginare di trattare Ditty – l'elfa domestica di Andromeda e Ted – come se fosse una schiava o una creatura non degna di rispetto.
-Per fortuna oggi le cose sono completamente diverse.- dice Fleur con un sorriso teso. Louis sa bene che a sua madre non piace rimuginare troppo sulle cose tristi del passato, così si limita a ricambiare il sorriso e afferra uno dei suoi libri dal bracciolo del divano, pronto a immergersi nella lettura almeno fino a ora di cena. Lo apre e lo sfoglia fino al capitolo che ha lasciato in sospeso, mentre i suoi genitori riprendono a chiacchierare. Sta per iniziare a leggere, quando un pensiero improvviso lo punge nel profondo; suo padre ha detto che Dobby ha salvato la vita dei suoi zii. Ma se Dobby non ci fosse stato? Forse i suoi zii non sarebbero più in vita. Forse la guerra non sarebbe mai stata vinta.
È la prima volta che Louis pensa concretamente alla morte, che per lui rappresenta ancora una dimensione troppo astratta e troppo distante dalla sua realtà. La tristezza si trasforma di colpo in qualcosa di più pesante e soffocante, e Louis si trova quasi spaventato mentre cerca di scacciarla via, di aggrapparsi alla bellezza e alla semplicità del presente che lo circonda.
Non pensarci. Non pensarci e basta., dice una voce nella sua testa che lui decide di assecondare.
Il calore del fuoco che lo riscalda mentre la pioggia batte dolcemente contro i vetri. Il chiacchiericcio dei suoi genitori. Il profumo dei mazzetti di rose e gelsomini che sua madre ha appeso alle pareti del salotto, la consistenza della carta liscia sotto i suoi polpastrelli e il profumo dell'inchiostro che gli pizzica le narici, un profumo che lo inebria fin da quando ha memoria.
È anche grazie a Dobby se, adesso, questo è tutto ciò a cui il piccolo Louis Weasley può permettersi di pensare.

La primavera è in fiore il giorno in cui Winky viene trovata morta nei suoi alloggi nei sotterranei di Hogwarts. Il parco è pregno del profumo di rose appena sbocciate e il sole illumina i visi rigati dalle lacrime degli elfi domestici che sono stati radunati sulle rive del Lago Nero dalla preside Thorne, pronti a dare l'ultimo saluto a quel corpicino avvolto in un panno bianco, destinato a essere seppellito ai margini della Foresta Proibita.
Il buio è già calato sul castello quando un tredicenne dai lunghi capelli biondi e gli occhi cristallini raggiunge l'angolo del parco dove una croce di legno è stata piantata nel terreno.
Louis Weasley torna con la mente a un pomeriggio piovoso di molti anni prima. Pensa a Dobby, a quel piccolo eroe che da decenni riposa nel giardino della sua casa, a tutto ciò che quella figura dimenticata dalla storia ha significato per la sua famiglia; se non fosse stato per Dobby, forse lui in questo momento non esisterebbe neanche.
Louis tira fuori dalla tasca del mantello un mazzo di primule appena raccolte ai margini di un sentiero e le poggia sul terreno. Le lacrime gli pizzicano gli occhi e lui si sfrega le nocche sulle palpebre per scacciarle via, senza riuscire tuttavia ad allontanare la tristezza viscerale che l'ha invaso.
Pensa alla prima volta che ha visto Winky, quando è entrato nelle cucine di Hogwarts insieme ad Albus e l'elfa è corsa loro incontro, li ha invitati a prendere una cioccolata calda e li ha intrattenuti per ore con le sue storie sul passato, sull'eroismo di Dobby, su quella terribile battaglia che ha cambiato per sempre le sorti del mondo magico.
-Grazie alla vostra famiglia noi non viviamo più come schiavi.- aveva detto Winky, gli occhi ricolmi di lacrime, stringendo le mani di Albus e Louis. -Grazie a Harry Potter e alla ragazza, la Granger. Per tanto tempo non l'ho capito ma adesso so che finalmente siamo trattati come meritiamo, come esseri umani, non come mostri.
Le primule violette sembrano risplendere nella penombra. Louis afferra la sua bacchetta e la scuote finché sul legno chiaro della croce non compare una scritta incisa nel fuoco dorato; A Winky e alla libertà di tutti gli esseri umani.

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