Qualcosa per cui vale la pena lottare

di Felpie
(/viewuser.php?uid=806708)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un nuovo coinquilino ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Calzino appeso alla maniglia ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Cosa voglio fare nella vita ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - È solo una festa, maledizione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Una sigaretta di troppo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - È bello ciò che piace ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Stomaco galeotto ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Sushi, italiano o messicano? ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Pezzi di Lego ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Sorridi, è l'ultimo dell'anno ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Elefante in appartamento ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Bella figura ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Patatine, birre e caramelle ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Citius! Altius! Fortius! ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Così speciale ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Abbracci speciali ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Stetoscopio tascabile di quinta categoria ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Capelli biondi e occhi azzurri ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - È una storia sai... ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Quotidianità ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo - Un nuovo coinquilino ***


La stanza è buia e silenziosa, in tutta la casa non si sente volare una mosca e le serrande fanno entrare solo dei piccoli raggi di sole all’interno, anche se il ragazzo è talmente tanto infagottato sotto le coperte che non se ne rende minimamente conto. Il rumore del vicino di casa che fa partire la lavatrice o quello del piano di sopra che sta correndo da una parte all’altra non possono nulla contro il sonno in cui è caduto da ieri sera, dopo aver fatto tardi a causa del grosso tomo di anatomia che deve assolutamente finire di studiare, vista la velocità con cui si sta avvicinando l’esame.
È una fortuna che si sia ricordato di impostare la sveglia, quantomeno, che inizia a rimbombare ad altissimo volume ed è l’unica cosa che può risvegliarlo dallo stato di trans in cui è caduto: salta letteralmente giù dal letto, rischiando di sbattere la testa contro l’angolo del comodino e si appresta a spegnere la sveglia il prima possibile, con il cuore che batte ancora a mille.

Perché diavolo ha dovuto impostare la sveglia? Sì, giusto, perché oggi viene quel ragazzo a vedere la stanza accanto alla sua. Il suo forse futuro coinquilino. Il ragazzo si trascina lentamente in bagno: è già il quinto ragazzo che viene a vedere la casa – e solo nell’ultima settimana – e non ha grandi speranze, visti come sono andati i colloqui con gli altri. C’è chi trovava spaventoso il suo disordine, c’è chi lui trovava spaventoso o che con qualcosa di assolutamente strano; ma questo colloquio deve andare bene, perché l’affitto sta diventando davvero caro e non ha più tanti soldi da usare così.

Il suo forse futuro coinquilino non sembra promettente, in realtà: da quanto ha capito, è un ragazzo ricco e viziato che sta cercando di “seguire la sua strada”, che tradotto vuol dire “sto cercando di capire cosa voglio fare nella vita, oltre che essere il figlio di mio padre e quindi come prima cosa devo diventare indipendente”. Il classico figlio di papà, insomma. Non ha molte altre informazioni su di lui, in realtà, ma nemmeno le vuole sapere: deve farselo andare bene.

Si sciacqua il viso rapidamente e si stropiccia gli occhi, guardandosi allo specchio: capelli mori – in disordine – occhi chiari, molto magro – sta letteralmente cascando nella maglietta che si è appena messo – aspirante medico, pessimo cuoco. Signori e signore, ecco a voi Merlino.

Il ragazzo sbuffa, cercando di dare un senso ai suoi capelli e di sistemarsi la maglietta: se proprio deve tenersi stretto questo possibile coinquilino, forse è meglio apparire presentabile e fare una buona prima impressione.

Buona prima impressione che invece non ci tiene a dare il visitatore, a quanto pare, perché dopo mezz’ora dall’orario dell’appuntamento non si è ancora presentato; Merlino sbuffa, infastidito: non sta partendo bene la cosa. Sta perdendo parecchio tempo, deve concentrarsi su anatomia o dovrà letteralmente dormire sui libri per arrivare all’esame preparato e invece sta in cucina ad aspettare qualcuno che forse ha deciso di non arrivare – senza nemmeno avvisare oltretutto, pensa, seccato.
Quando ormai sono passati quaranta minuti e Merlino si è rassegnato ad andare a prendere il libro per completare il capitolo lasciato in sospeso ieri, ecco che il campanello suona. Il padrone di casa sbuffa di nuovo, contrariato, e va ad aprire la porta, ritrovandosi davanti un ragazzo biondo che non sembra avere la minima voglia di trovarsi lì.

“Questo palazzo non ha un ascensore?” si lamenta il ragazzo: capelli biondi, occhi azzurri, fisico ben piazzato e vestiti firmati. Ecco a voi Artù.

“No. Ma siamo solo al terzo piano, non mi sembra questo grande problema” replica piccato Merlino. Di bene in meglio, insomma.

“Sono Artù” si presenta lo sconosciuto alla porta.

“Merlino”

“Sono qui per la visita alla casa” sottolinea il biondo, come se ci potessero essere dubbi.

“Accomodati”

Merlino si fa da parte e il ragazzo entra, dando un’occhiata intorno con aria di sufficienza.

“Questa è la sala” esclama Merlino, più per rompere quel silenzio imbarazzante che per altro “E lì c’è la cucina. Le nostre stanze e il bagno sono invece oltre quel corridoio”

“Tutto qui?”

Merlino si trattiene dallo sbuffare per l’ennesima volta perché, come ci tiene sempre a ricordargli il suo ragazzo Will, a volte sembra una locomotiva “Sì, tutto qui”

Artù assume un’espressione incredula, ma non commenta.

“Ci sono alcune cose che dovrai sapere, se vuoi vivere qui” continua invece Merlino, ormai sapendo il discorso da fare “Tendo a fare poche volte la spesa, ogni tanto lascio le luci accese, posso essere un tantino disordinato e se sono sotto esame tendo a non parlare e ad isolarmi in biblioteca”

“Che cosa studi?”

“Medicina” risponde il moro “Tu, invece?”

“Ancora nulla. Sto… valutando, ecco” dichiara Artù, laconico, avvicinandosi ai fornelli, prima di aggiungere “Io non so cucinare”

“Come?” chiede confuso Merlino

“Io non so cucinare” ripete Artù “E dormo spesso fino a tardi. Non mi piace essere svegliato, non amo chi mi parla la mattina e non amo trovarmi in situazioni imbarazzanti”

“In che genere di situazioni imbarazzanti?”

“Nel senso che potrebbe succedermi di invitare ragazze per la notte e cacciarle via la mattina, ma non voglio che pensi che siano le mie fidanzate. Non sono un tipo da legami” spiega Artù “E non sono nemmeno il tipo che si ricorda se tu hai una fidanzata o cose del genere”

“Su questo non avrai problemi, tranquillo” scrolla le spalle Merlino.

“Non hai una ragazza?”

“Ho un ragazzo” dichiara Merlino a bruciapelo.

“Sei gay?” certo che questo Artù non brilla per intelligenza.

“È un problema?”

Artù alza le spalle “Non mi ricorderò il nome del tuo ragazzo, sappilo”

Merlino sgrana gli occhi di scatto: questo Artù almeno un lato positivo ce l’ha. Il suo ultimo possibile coinquilino era uscito dalla porta nel momento esatto in cui gli aveva confessato la sua omosessualità; Artù non sarà la persona più simpatica di questo mondo, ma almeno non sembra uno che giudica.

“C’è altro?” Merlino viene risvegliato bruscamente dai suoi pensieri.

“Altro?” ripete.

“Sì, altre regole o altre cose da tenere a mente”

Il moro scuote la testa “Questo è quanto. Le bollette sono comprese nell’affitto, ma di questo ne dovrai parlare direttamente con il padrone di casa”

“Non sei tu?”

“Sono in affitto come te”

“Ottimo. Penso di trasferirmi fin da subito”

Merlino sgrana gli occhi “Non vuoi vedere la tua camera, prima? O il resto della casa?”

“Non penso ci sia granché nel resto della casa, no? Per la camera mi basterà un letto. Non sono uno che passa molto tempo in casa”

Ottimo, almeno lo avrebbe avuto fuori dai piedi.

“Vado a prendere le mie cose. Dammi il numero di telefono del proprietario, così mi ci accorderò per il pagamento” ordina Artù e Merlino si chiede un attimo se sia stata una decisione troppo affrettata quello di accasarselo così, senza rifletterci un momento.

“Un’altra cosa: questi sono per la spesa” Artù tira fuori una manciata di spiccioli e li lascia in mano del coinquilino

“Per la spesa?”

“Non so cucinare, ricordi?”

“E che c’entra con il fare la spesa?”

“Non ho mai fatto la spesa. Se dovrai cucinare per me devo almeno provvedere alla spesa” quand’è che si era proposto per cucinare per lui, esattamente?

Però a quanto pare quel ragazzo non è davvero mai andato a fare la spesa, perché quei soldi sarebbero bastati per almeno due spese belle abbondanti: è da parecchio che Merlino non ha così tanti soldi in mano da usare solo per comprare qualcosa da mangiare. Caratteraccio contro ricchezza: sarebbe sopravvissuto?

“Merlino?”

“Sì”

“Il numero?”

“Il numero?” ripete Merlino, confuso, facendo sbuffare Artù

“Ma ripeti tutto quello che dico? Il numero del proprietario di casa” scandisce lentamente e il moro si deve trattenere dal lanciargli contro il primo oggetto a tiro

“Sì, il numero. Te lo scrivo, un attimo”

Merlino scribacchia rapidamente su un post-it trovato lì vicino per caso e glielo passa; il biondo se lo mette in tasca senza nemmeno guardarlo

“Hai una copia delle chiavi?” chiede Artù, ma Merlino scuote la testa

“No”

“Allora valla a fare, insieme alla spesa. Sto morendo già di fame e devo trascinare la mia roba qui” Merlino non fa in tempo nemmeno a rispondergli che Artù è già uscito di casa, sbattendosi la porta alle spalle; così il ragazzo si ritrova da solo e totalmente incredulo: nel giro di nemmeno venti minuti ha trovato un coinquilino e ha ricevuto due ordini. La convivenza sarà davvero impegnativa…






Spazio autrice persona che si nasconde per salutarvi
Allora, intanto grazie per essere arrivati fino alla fine, spero che il prologo vi sia piaciuto. Non ho mai scritto una Merthur prima d'ora e credo che in realtà possa essere benissimo letta come una storia tra due ragazzi, ma in ogni caso spero che vi abbia un minimo interessato e che vi spinga a leggere il seguito! Non sono nemmeno una fan delle long, ma mi metterò di impegno per scrivere questa storia, a cui mi sono affezionata così, in un attimo, presa da uno schizzo di follia mentre studiavo - altro che Merlino che si addormenta sui libri. Insomma è un esperimento tutto nuovo, ma io parto propositiva e carica e spero di non star parlando totalmente da sola - Manzoni sperava di arrivare a 25 lettori, io mi accontento anche solo di uno ahahah.
Detto questo niente, voglio solo dire al mio unico lettore che aggiornerò presto e di farmi sapere se la storia gli è piaciuta.
Okay, ora basta sul serio.
Ciao,
Felpie

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Calzino appeso alla maniglia ***


“Cioè, fammi capire, lui è rientrato alle 4, totalmente ubriaco e tu lo hai scambiato per un ladro, tirandogli una scarpa in testa?” Gwaine sta ridendo da cinque minuti buoni, da quando Merlino gli ha raccontato ciò che gli era capitato quella mattina all’alba. Sono nel campus dell’università, dove Merlino studia medicina e Gwaine invece scienze politiche e sono entrambi in pausa, quindi sono andati a prendere un caffè insieme.

“Non c’è nulla da ridere, Gwaine!” sbuffa l’amico, bevendo un sorso di caffè dal bicchiere di carta. “Stavo per avere un infarto quando ho sentito quel baccano infernale provenire dall’ingresso”

“E tu volevi abbattere un ladro con una scarpa?” continua a sghignazzare l’altro “Se fossi stato il ladro e mi fossi fatto prendere così mi sarei vergognato ad essere arrestato”

“Finiscila o non ti racconto più nulla” dichiara Merlino “La mia pausa è quasi finita e l’ho passata a raccontarti del mio coinquilino reale”

“Vorrei davvero conoscerlo, Merl, perché non me lo presenti?”

“Non mi chiamare Merl, lo sai che non lo sopporto come soprannome”

“Sei davvero intrattabile questa mattina, lo sai? Hai avuto un brutto risveglio?” il sorriso di Gwaine va praticamente da un orecchio all’altro mentre dice queste parole e Merlino non si prende nemmeno la briga di rispondergli.

“E comunque non si è mostrato troppo contento di conoscere gente nuova, specie se sono miei amici” scrolla le spalle Merlino “Non ho mai portato nemmeno Will in casa”

“Sì, sicuramente con lui non andrebbe mai d’accordo”

“Che vorresti dire?” lo fulmina subito il moro.

“Che Will non è proprio una piacevole compagnia” commenta Gwaine “A chi ancora non lo conosce” aggiunge poi, rapidamente.

“So che Will non è socievole con la gente che non conosce, Gwaine, non c’è bisogno di rimarcarlo ogni volta”

“Non riesco a capire perché stai ancora con lui. Insomma, davvero, avevate una bella amicizia, lui ti ha baciato e tu ti sei messo con lui solo per non ferirlo, dicendo che forse con il tempo ti saresti innamorato”

“Ed è quello che è successo, infatti” Merlino è davvero stanco di quella conversazione: ogni suo amico gliel’aveva fatta, da Gwen a Freya o a Lancillotto. Mancava davvero solo Gwaine e a quanto pare ora è arrivato il suo turno.

D’accordo, si era messo con Will tre anni prima e non ne era realmente convinto di ciò che stava facendo. Ma era il suo migliore amico da una vita, lo aveva baciato così alla sprovvista – probabilmente mal interpretando dei segnali – e non se l’era sentita di spezzargli il cuore. E poi era affezionato a lui ed un ragazzo premuroso che era proprio quello di cui Merlino aveva bisogno, quindi non era una brutta relazione la loro. Ne è innamorato? Non lo sa, in realtà – e questo è il cavallo di battaglia di Freya, ogni volta che l’argomento esce fuori.

“Andiamo, Merlino, come fai a non sapere se sei innamorato di lui, dopo tre anni?” quella è la sua frase preferita e il ragazzo non sa davvero come rispondere alla cosa, quindi il più delle volte la ignora.

“Merlino, se io fossi gay, tu saresti più innamorato di me che di lui” dichiara Gwaine.

“Non credo proprio” lo sbuffo di Merlino, questa volta, è divertito “Te lo ha mai detto nessuno che hai un ego gigantesco?”

“Se fossi una persona maliziosa ti direi che non ho solo quello di gigantesco, ma comunque ci stiamo spostando dal fulcro del discorso: voglio conoscere il tuo fantomatico coinquilino!” esclama Gwaine, ormai infervorato “Andiamo, Merlino, sembra davvero il mio tipo: cioè uno che torna a casa alle 4 di notte è molto più simile ad un mio possibile coinquilino che al tuo”

“Non voglio che tu diventi il suo compagno di bevute fino alle 4 di notte, così che poi finisci per dormire sul divano di casa nostra”

“Ho dormito decine di volte su quel divano” gli fa notare Gwaine, prima di ghignare “Hai paura che potrei stargli più simpatico di te?”

“Gli staresti decisamente più simpatico di me” esclama Merlino, scoppiando finalmente a ridere insieme all’amico.

In quel momento vengono raggiunti da Gwen e Lancillotto, sorridenti e mano nella mano, che si accomodano al tavolino con loro.

“Di che parlate che vi fa ridere così tanto?” esclama Gwen, allegra come al solito, accomodandosi accanto a Merlino e dandogli un rapido bacio sulla guancia.

“Merlino ha tirato una scarpa ad Artù”

“Gwaine!” lo rimprovera il diretto interessato, mentre Lancillotto lo guarda divertito.

“Cos’è che hai fatto, Merlino?”

“Ma niente, è Gwaine che sta semplicemente amplificando un fatto da nulla”

“Tu tiri spesso scarpe alle 4 di mattina al tuo coinquilino?” domanda ironico Gwaine “Lancillotto, ti ha mai lanciato una scarpa in testa?”

“Non che io mi ricordi, no”

“Ovvio, Lancillotto era un coinquilino assennato” spiega Merlino, aggiungendo “E comunque non è successo nulla, ho scambiato Artù per un ladro e gli ho lanciato una scarpa”

“Prima o dopo esserti accorto che era Artù?” chiede Gwen.

“Probabilmente gliela avrei tirata in ogni caso, visto lo spavento che mi ha fatto prendere” ammette Merlino “Ma dobbiamo proprio parlare del mio coinquilino? Non c’è proprio nessun altro argomento più interessante? Non so, il tempo, l’esame che Gwen deve dare a fine mese, l’aumento del prezzo della birra al pub”

“Tu non bevi quasi nulla, come fai a conoscere i prezzi delle birre?” ride Gwaine.

“Ma è la giornata prendiamocela con Merlino?” sbuffa – sì, non ne può proprio fare a meno – il ragazzo preso di mira, facendo scoppiare tutti a ridere.

In realtà la convivenza con Artù non sta andando poi così male come Merlino non fa altro che ripetere ai suoi amici: certo, il ragazzo ha degli orari alquanto discutibili, torna a casa ben oltre mezzanotte, non si alza quasi mai prima dell’una, ogni tanto c’è qualche ragazza che gira per casa liberamente e spesso si lamenta della cucina di Merlino – nonostante lui non sappia cucinare – del sua abitudine di lasciare la porta del bagno aperta e del suo vizio di entrare senza bussare nella sua stanza. Ma Merlino ha imparato ad apprezzare i suoi modi bruschi e spesso poco piacevoli, anche perché in compenso Artù è sempre puntuale nel pagare l’affitto e a dargli i soldi per la spesa – anche troppi – non lo disturba mai mentre studia e non fa una piega quando sta al telefono per ore insieme a Will. Inoltre il biondo ha l’abitudine di comprare sempre il giornale la mattina e di leggerlo ad alta voce mentre Merlino prepara il pranzo o di dividere con lui le caramelle che ruba dal suo posto di lavoro.

Sì, perché la novità degli ultimi dieci giorni è che Sua Altezza Reale Artù – come ha iniziato a chiamarlo Merlino – ha trovato un lavoro come segretario in un ufficio; non è un lavoro molto ben pagato e il moro sospetta che sia sempre il continuo della sua ribellione verso il padre e il desiderio di trovare la sua strada, ma Artù è un tipo preciso e puntuale – almeno sul lavoro – e sembra averlo preso seriamente.

Questo ha suscitato non poche diatribe con il padre che, da quanto ha capito Merlino, ha un’importante azienda di… in realtà non sa bene cosa. In ogni caso non ha preso bene il fatto che il figlio lavori come un semplice segretario e che non abbia seguito le sue orme e i primi giorni Merlino aveva sentito urla e strepiti lanciati da Artù contro il telefono, nonostante si fosse premurato di chiudersi in camera per non disturbarlo.

Quindi, tutto sommato, la scelta così frettolosa ed improvvisa di avere Artù Pendragon come coinquilino non si era poi rivelata così disastrosa. Ma tutto questo il moro non lo avrebbe mai ammesso, ovviamente. Soprattutto quando, dopo essersi risvegliato la mattina, con la testa sul libro e i vestiti del giorno prima – ormai aveva perso il conto delle volte in cui si era addormentato così – era andato in cucina speranzoso di bere qualcosa di sostanzioso tipo una bella tazza di latte e aveva invece trovato solo la scatola vuota.
Si ritrova così a sospirare e a chiedersi quale sia il problema di Artù: già è lui a dover fare la spesa, che almeno il principino sistemi le cose usate e le butti via se sono finite.

Tutto intenzionato a dirgliene quattro si dirige a passo di carica verso la stanza del suo coinquilino e, senza premurarsi di bussare, spalanca la porta, ritrovandosi davanti Artù nudo ed avvinghiato ad una tipa bionda di cui Merlino è sicuro di non conoscere l’esistenza. E l’unica cosa che è in grado di fare in quel momento è rimanere imbambolato a guardare gli addominali scolpiti del biondo, cercando un modo di uscire da quella situazione imbarazzante – forse era questo che Artù intendeva quando diceva di odiare le situazioni imbarazzanti?

“MERLINO! Ma il verbo bussare?!” urla, infatti, arrabbiato “Dovresti aspettare il tuo turno”

“Scusate, Altezza, ma voi potreste anche mettere un calzino alla porta o una cosa del genere” replica Merlino, ricordandosi di essere lui quello arrabbiato.

“Che vuoi?”

“Vorrei che avessi la decenza di buttare via il cartone del latte, quando lo finisci e non lasciarlo nel frigo”

“Quel frigo era così vuoto che avevo paura che la birra si sentisse sola!” ribatte Artù.

“Potresti anche fare la spesa tu, lo sai?”

“Sai che non so cucinare”

“E quindi?” chiede Merlino, un po' allibito.

“Non so cosa sai cucinare, quindi non posso fare la spesa” Artù è il classico tipo con la risposta sempre pronta, nonostante sia nudo, con una tipa affianco che sta cercando di coprirsi con il lenzuolo.

Merlino alza gli occhi al cielo “Viviamo insieme da due mesi, Artù. Sul serio non hai imparato? Sei più testone di quanto credessi allora”

Solo in quell’istante il moro si ricorda della ragazza al suo fianco e sente le sue guance scaldarsi “Penso sia il caso che ne parliamo dopo, sono in ritardo”
Ed esce di corsa dalla stanza, senza che Artù abbia tempo di dire nulla.

Merlino non è ovviamente in ritardo per niente, ma ha bisogno di uscire di corsa da quella casa e quindi chiama Will al volo, dicendogli che sta andando al locale dove lavora per fargli un saluto. Ci mette un po' ad arrivarci con la bicicletta, ma Will lo sta già aspettando con una tazza di caffè scuro pronta per lui.

“Ehi” lo saluta, dandogli un bacio.

“Ehi” risponde Merlino, accomodandosi sullo sgabello.

“Hai dormito stanotte? Hai un aspetto orribile”

“Mi sono addormentato sui libri. Non riuscirò mai a preparare questo esame in tempo” dichiara il moro, bevendo il suo caffè “Poi sono anche incappato in una scena che avrei preferito evitare”

E gli racconta ciò a cui ha appena assistito, in attesa della risata sguaiata del ragazzo.

“Sei entrato nella stanza di Artù mentre lui era con una ragazza?” esclama confuso Will, contro ogni aspettativa di Merlino.

“Aveva finito il latte quell’asino reale ed io non avevo la minima idea che si fosse portato in casa un’altra tipa” scrolla le spalle il moro “Dovrebbe segnalarmele certe cose, non sarei mai entrato come una furia per rimanere come un pesce lesso a guardarlo”

“Sei rimasto come un pesce lesso a guardarlo?”

“Tu hai mai trovato il tuo coinquilino nudo mentre sta a letto con una tipa?” scoppia a ridere Merlino “Era l’ultima cosa che pensavo. Ha anche detto qualcosa sul fatto che dovevo aspettare il mio turno”

Ma l’espressione di Will non è così allegra come quella di Merlino “Non mi piace che scherzi in questo modo con il tuo coinquilino”

“Non stavo scherzando, sul serio avrebbe dovuto mettere un calzino alla maniglia” replica il moro con un sorriso.

“Non mi riferisco a quello!” ribatte più bruscamente Will “Insomma ti sembra normale che vivi con un ragazzo che non è il tuo fidanzato e che piombi così in camera sua?”

“Will ma di che stai parlando?” ora Merlino è confuso e non ha ben capito come sono arrivati a quel punto della conversazione.

“Perché non me lo hai mai presentato? Hai paura che non lo approvi?” il ragazzo continua imperterrito, ignorando i commenti dell’altro.

“Ripeto, ma di che stai parlando?” ripete Merlino “Non ho capito qual è il problema, sinceramente”

“Non mi piace Artù, ecco tutto. E visto che non piace nemmeno a te non capisco perché te lo sei messo in casa”

“Non ho mai detto che non mi piaccia Artù… cioè sì, è arrogante e prepotente ma è un bravo ragazzo. E paga l’affitto regolarmente, quindi non vedo quale sia il problema”

“Ma se non fai altro che lamentarti di lui! Adesso te ne esci dicendo che ti piace? Insomma, qual è la verità?!” sbuffa Will e Merlino lo guarda stralunato.

“Non è che mi piace, ma non è così tremendo. Certo, ci sono molti punti in contrasto tra noi, ma è una convivenza piacevole alla fine” cerca di spiegarsi meglio il moro “Ti dà fastidio che vada d’accordo con il mio coinquilino?”

“Volevo essere io il tuo coinquilino, Merlino” dichiara secco Will e Merlino si immobilizza ancora con la bocca aperta, mentre stava per dire qualcosa “E te l’avevo proposto, ricordi? Di andare a vivere insieme. Ma tu mi hai detto di no”

“Sì, ecco, me lo hai proposto due anni fa, stavamo insieme da poco… e tu lavori lontano dalla mia università, sarebbe stato difficile trovare una casa comoda per entrambi…”

Merlino si ricordava bene le settimane di discussione che aveva avuto con Will su quel punto, il fidanzato che gli chiedeva di vivere insieme, rimarcando che alla fine erano stati amici per tanto tempo, quindi non erano estranei o cose del genere.
Ma il ragazzo non se l’era sentita, era questa la verità che non aveva il coraggio di confessare all’amante: credeva che andando a vivere insieme avrebbero tipo sancito un accordo, si sarebbero impegnati troppo a fondo e lui non ne era pronto. Specie perché ancora non ne era sicuro. E quindi ognuno si era trovato una casa propria, Will vicino al suo lavoro e Merlino nella casa in cui ancora viveva ed ognuno si era sistemato. Il primo coinquilino del ragazzo era stato Lancillotto, da parecchio tempo amico di entrambi e Will non aveva fatto troppi problemi, anche perché spesso andava a trovarli. Poi però Lancillotto si era fidanzato con Gwen, che faceva Infermieristica all’università di Merlino, e aveva deciso di andare a vivere da lei, lasciando il coinquilino da solo. Merlino non aveva minimamente pensato di turbare la vita che Will si era costruito in casa sua proponendogli di vivere insieme – o forse ancora aveva dei dubbi, come i suoi amici gli avrebbero fatto gentilmente notare se avesse espresso quei pensieri ad alta voce – e quindi si era cercato un nuovo coinquilino.

Doveva immaginarselo che quella conversazione sarebbe ritornata alla luce, prima o poi.

“Perché non me lo hai proposto, quando Lancillotto è andato a stare da Gwen? È così che fanno le coppie normali”

“Tu ti trovi bene nella casa dove stai ed io nella mia. Ormai è una vita che ci siamo costruiti lentamente, non… non ci ho pensato, ecco”

“È proprio questo il problema, Merlino” sussurra Will, così piano che il ragazzo per un attimo crede di esserselo immaginato, prima di aggiungere, a voce più alta “Devo lavorare ora e credo che sia ora per te di andare a lezione. Ci sentiamo dopo”

“Will…” Merlino è perspicace – a volte – e conosce il suo fidanzato da parecchio tempo, quindi non gli ci vuole molto a capire che c’è qualcosa che non va. Ma a quanto pare l’altro non ne vuole parlare, perché è già sparito in cucina, senza aggiungere altro, e così il moro è costretto a riprendere la bici e a dirigersi all’università, dove spera che un’immersione totale nel genoma umano lo possa aiutare a distaccarsi per qualche ora dalla realtà.







Spazio autrice psicopatica mio
Ed ecco il primo capitolo della fantastica convivenza di Artù e Merlino! Che dire, burrascosa, sicuramente, ma ci saranno momenti seri e divertenti, state tranquilli, siamo solo all'inizio. Personalmente vedo Gwaine come un grande amico di Merlino, quindi piuttosto che come amico di Artù, ho preferito introdurlo come amico dell'aspirante medico... ma si conosceranno e si adoreranno fin da subito, comunque, non vi preoccupate. Non so se ci sia qualche fan di Will, personalmente l'ho sempre visto un po' geloso di Artù e  l'ho sfruttato tanto, quindi questa cosa verrà mooolto fuori in questa storia e lui sarà tra i piedi ancora per un po'. Ma chi sta sperando nell'amore tra Merlino e l'asino reale arriverà anche quella, a tempo molto debito. 
Ringrazio tantissimo chi ha recensito il prologo e chi ha letto in silenzio, aggiungendo la storia a preferite/ ricordate/ seguite, ho deciso di pubblicare così presto questo capitolo per voi, che avete apprezzato la storia. Spero che continuerete a farlo e aspetto le vostre fantastiche recensioni :)
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Cosa voglio fare nella vita ***


Il genoma umano svolge fin troppo bene la sua funzione e Merlino perde totalmente la cognizione del tempo, arrivando fino a sera chiuso in biblioteca e circondato da tomi. È la bibliotecaria che va a chiamarlo, dicendogli che stanno per chiudere e che se ne deve andare: ormai è abituata alla presenza di quel ragazzo magrolino che porta sempre più libri di quanti il suo fisico minuto possa sopportare e non la infastidisce più di tanto, visto che il ragazzo è sempre molto silenzioso – a meno che non venga a trovarlo quel suo amico dai capelli lunghi e dalla risata facile.

Merlino annuisce all’ordine e raccoglie in fretta le sue cose, sistemando i libri presi; è buio fuori e fa abbastanza freddo, quindi è costretto a infilarsi il cappello, la sciarpa e i guanti per non morire assiderato in bicicletta. Pedala come una furia verso casa, abbastanza affamato visto il misero panino che ha mangiato per pranzo, tra una pagina e l’altra, e non ha alcuna voglia di mettersi a cucinare. Si è totalmente dimenticato tutto ciò che è successo quella mattina con Artù, ma non appena apre la porta di casa e se lo trova seduto al tavolino, i ricordi riaffiorano velocemente e sente già le guance colorarsi.

Quello che invece non sembra farsi il minimo problema è Artù – e ti pareva – che lo accoglie con un urlo “Era ora! Dai, sbrigati che ho una fame da lupi e la cena si raffredda”

“La cena?” chiede confuso – e un po' preoccupato – Merlino, avvicinandosi alla cucina.

“Sì, la cena. Sai quella cosa che si fa di solito verso sera… hai presente?”

“So cos’è una cena, quello che non sapevo è che fossi in grado di cucinare” esclama il ragazzo, appoggiando lo zaino sul divano.

“Non l’ho fatto, infatti” risponde Artù “Ho ordinato del cibo cinese, visto che non tornavi ed immaginavo che non avessi voglia di cucinare a quest’ora”

Ora Merlino si trova parecchio disorientato e si avvicina al tavolo un po' titubante “Hai preso da mangiare anche per me?”

“Mi pare ovvio. Spero che ti piaccia il cinese… cioè dai, un po' di riso non ha mai ucciso nessuno”

“Sì, sì, mi piace…” mormora il moro, mettendosi seduto “E mi hai anche aspettato?”

“Merlino, hai battuto la testa, per caso?” domanda divertito Artù, afferrando le bacchette “Cosa dovevo fare, mangiare da solo?”

“È molto tardi” si limita a dire Merlino, scartando piano la confezione.

“Non mi piace mangiare da solo” scrolla le spalle Artù “E poi tu mi aspetti sempre, non mi sembrava un grande problema”

“Grazie…” mormora il moro, afferrando un involtino primavera “E mi dispiace per stamattina, non sarei dovuto piombare così in camera tua”

Artù alza le spalle “Nemmeno questo è un grande problema. Dopotutto quella ragazza non tornerà mai più qui probabilmente”

Merlino ridacchia “Credo che il tuo sia un vero e proprio talento”

“Sei tu che sei fastidiosamente fidanzato o lo potresti fare anche tu” gli fa notare Artù “A proposito, com’è che non ho mai avuto il piacere di incontrare la tua dolce metà? Hai paura che si possa innamorare di me?”

“Quanto ti credi bello, esattamente?”

“Parecchio” risponde a tono, subito, Artù “Dai, veramente, perché non ho mai incontrato nessuno dei tuoi amici? Va bene che studi sempre, ma un amico ce lo dovrai pur avere”

“Non mi hai sempre detto che non sei il tipo da ricordarsi nomi di ragazzi o cose del genere?” gli ricorda Merlino.

“Sì, ma non ho mai detto di non volerli almeno conoscere. Che razza di persona non invita mai i suoi amici a casa?”

“Nemmeno io ho mai conosciuto i tuoi, se è per questo” gli fa notare il moro e, solo per un attimo, gli sembra di scorgere un’ombra passare sugli occhi dell’altro. Ma solo per un istante.

“Non c’è nessuno di particolare da conoscere” dichiara semplicemente.

“Hai ragione, non sono sicuro di voler conoscere il tuo migliore amico: potrebbe essere un folle come te” ridacchia Merlino.

“Oh no, il mio migliore amico in realtà è molto assennato. Quasi come te. Però lui si sa divertire e a bere con me ci viene”

“Tu non mi hai mai chiesto di venire a bere con te”

“Perché, se te lo chiedessi, ci verresti?” gli occhi azzurri di Artù lo fissano, inquisitori e Merlino si sente un attimo a disagio.

“Bevo molto poco e non sono tipo da reggere fino alle quattro di mattina, ma non disdegno una serata al pub”

“Allora questa sera usciamo!” propone Artù.

“Come?”

“Questa sera usciamo” ripete il biondo “Dai, forza, fammi vedere che ti sai divertire e che non stai sempre su quei dannati libri”

“Io so divertirmi” dichiara Merlino, colpito nell’orgoglio.

“E allora qual è il problema?” il problema è che ha un esame a breve, non è ancora nemmeno lontanamente pronto e se esce questa sera domani mattina non studierà quasi nulla “Ci prendiamo una birra, facciamo due risate e torniamo a casa. Non dirmi di no”

“E va bene…” cede – piuttosto facilmente – Merlino.

“Puoi chiamare i tuoi amici e il tuo ragazzo, se vuoi”

In quel momento a Merlino torna in mente la discussione avuta con Will solo quella mattina e al modo brusco in cui si sono lasciati: forse non è proprio una buona idea uscire con Artù, questa sera, né soprattutto invitarlo, sbandierandogli in faccia il suo coinquilino. Il ragazzo sa che dovrebbe chiamare il suo fidanzato, scusarsi – anche se non è sicuro del perché si debba scusare lui, visto che non pensa di essere poi così tanto nel torto – e passare magari la serata con lui, invece che con Artù. Ma, per qualche strano motivo, non ne ha proprio voglia.

“Ehm… no, non c’è bisogno, tranquillo” si ritrova così a balbettare, mentre il suo coinquilino lo guarda un po' confuso. Così Merlino aggiunge “Questa mattina ho… mezzo discusso con il mio ragazzo, ecco. Non penso sia dell’umore”

Artù alza le spalle “Peggio per lui, allora. Come mai avete litigato?”

Merlino si sente a disagio, non è mai successo che Artù si interessasse così tanto alla sua vita personale e non sa se sia giusto mettere in mostra i suoi problemi di coppia con Will con una persona che è nella sua vita da sì e no due mesi e che è parte in causa della discussione.

“Non volevo intromettermi, scusa” aggiunge Artù, probabilmente visto che il moro ci stava mettendo decisamente troppo a rispondere.

“No… cioè abbiamo litigato perché lui vuole vivere con me” spiega Merlino, rimanendo sul vago.

“Cioè il tuo ragazzo vuole vivere con te e tu dividi il tuo appartamento con un altro?”

Il ragazzo davvero non ha alcuna voglia di mettersi a discutere anche con Artù sul perché di questa scelta – che sì, ammette che dall’esterno può sembrare folle – ma si ritrova comunque a dire “È una storia lunga. Diciamo che all’inizio non ero sicuro di voler fare un passo così grande e quando ho dovuto cercarmi un altro coinquilino lui viveva nella sua casa già da parecchio e non mi sembrava giusto chiedergli una cosa del genere”

“Meglio così” esclama Artù con un sorriso e Merlino lo guarda un po' confuso “Almeno ho avuto un fantastico appartamento in un’ottima posizione”

Al moro scappa un sorriso “Ma se dici sempre che questo appartamento ha una marea di problemi”

“Sì, è vero dovrebbe avere l’ascensore, almeno un altro bagno e molto più spazio vitale, ma poteva decisamente capitarmi di peggio, no?” il biondo lo dichiara in modo così naturale e spiazzante che le labbra di Merlino si aprono automaticamente in un sorriso, senza che lui ci faccia nemmeno caso.

“Quindi, dove vuoi andare questa sera?” Artù è davvero bravo a saltare da un argomento all’altro, come se nulla fosse e Merlino, dopo due mesi, è ancora totalmente destabilizzato da questa cosa.

“Non lo so, sei tu l’esperto”

“Allora ti porto in un locale che si trova ad una decina di minuti da qui” propone Artù “Vedrai, è una vera bomba, i drink costano poco e c’è della bella musica”

“Non sapevo dell’esistenza di un posto simile così vicino”

“Non me ne sorprende” ride Artù “E comunque non è poi così vicino, dovremmo prendere la moto”

“La moto?”

“Sì, la moto, Merlino, la cosa con due ruote e un motore. Hai presente?”

“Tu hai una moto?” chiede il moro incredulo.

“Davvero non lo sapevi? Come pensavi andassi al lavoro ogni mattina”

“In autobus?”

Artù lo guarda come a chiedergli se fosse fuori di testa e Merlino pensa che sì, un minimo lo deve essere per aver pensato che un tipo come lui potesse prendere i mezzi pubblici.

In pochi minuti finiscono di cenare, sparecchiano e si preparano per uscire; non che ci sia molto da preparare, in realtà, Merlino si cambia semplicemente la maglietta che ha tenuto tutto il giorno e si mette una felpa e la giacca pesante, prevedendo un freddo atroce in quel pericoloso mezzo a due ruote. Escono quindi quasi subito e Artù si dirige verso una moto nera e – all’occhio poco esperto di Merlino – molto grossa; toglie il cavalletto, si infila il casco e aspetta che Merlino salga dietro di lui.
Ma il ragazzo è ancora fermo, con il casco tra le mani a guardarlo.

“Che succede?” chiede Artù.

“Io… non sono mai salito su una moto…”

“Non sei mai salito su una moto? Stai scherzando?” domanda stupito Artù, prima di scoppiare a ridere “Dai, almeno infilati il casco, quello dovresti saperlo fare”

Merlino guarda il casco che tiene tra le mani e se lo infila rapidamente, stringendoselo bene.

“Ottimo, ora alza una gamba, scavalca la moto e siediti” spiega lentamente il biondo, come se stesse parlando ad un bambino, cosa che fa sbuffare l’altro. Nonostante questo, però, Merlino fa come gli è stato detto e si guarda intorno per vedere a cosa aggrapparsi per non cadere.

“Metti le mani sui miei fianchi” gli dice Artù, come se gli avesse letto nel pensiero “Così stai più tranquillo”

“Sei bravo a guidare, vero?” chiede nervosamente Merlino, aggrappandosi molto piano.

“Merlino, a volte fai veramente delle domande stupide, sappilo” risponde l’altro, accendendo la moto “E ti consiglio di tenerti più stretto o ti prenderà un colpo quando partiamo”

Il moro non è per niente convinto di quello che gli sta dicendo il coinquilino, ma lo asseconda e si stringe di più a lui, in tempo per sentire i muscoli della schiena guizzare con la partenza della moto; si stringe a lui, avendo freddo un attimo dopo la loro partenza e sente la voce di Artù che gli racconta del locale e di ciò che può bere, ma in questo momento non lo sta ascoltando, troppo spaventato di morire in modo orribile per preoccuparsi di quale sia il drink più economico.

“Merlino, siamo arrivati, puoi staccarti da me” il tono divertito di Artù risveglia il ragazzo dai suoi pensieri; apre gli occhi – che non si era nemmeno accorto di aver chiuso – e si allontana velocemente da lui, incespicando mentre scende.

“Certo che sei un vero imbranato” continua a ridacchiare il biondo, guadagnandosi un’occhiataccia.

“Vorrei vedere te alle prese con un autobus: quella sì che sarebbe una cosa divertente” replica rapidamente Merlino.

“Non succederà mai, non ti illudere” esclama Artù, scendendo e parcheggiando la moto “Andiamo, ho una sete assurda”

Il locale è pieno di persone e la musica si sente fin da fuori; appena entrano, Merlino sente subito odore di sudore, alcol e noccioline, ma segue Artù senza dire una parola, finché non si ferma al bancone, davanti ad un uomo grosso, ma dall’aria sorridente e bonaria.

“Artù! Il mio cliente preferito”

“Come va, amico?”

“Non c’è male, questa sera c’è il pienone” esclama l’uomo, facendo un cenno con la testa alla folla “Non sapevo che venissi questa sera, Leon non me l’ha detto”

“Non sono con Leon, oggi. E volevo farti una sorpresa, visto che dici costantemente che sei sempre tu a chiamarmi” ride Artù, lanciando poi uno sguardo a Merlino, visibilmente a disagio.

“Lui è Merlino, il mio coinquilino. Merlino, lui è Parsifal, un mio amico”

“E così sei tu il santo che se l’è preso in casa!” urla il barista per sovrastare le voci “Artù, aspetta che lo sappia Morgana: ha scommesso che fosse un vecchio triste, con la pancia e sull’orlo del suicidio”

“Credo che Merlino si ucciderà se non passa il suo prossimo esame, vale?”

“Guarda che io sono qui, eh” interviene Merlino “E sì, hai ragione, devo essere proprio un santo”

Parsifal scoppia a ridere “Che cosa vi offro?”

“Merlino non è uno che beve, quindi fai tu, ma ti prego non farmelo stramazzare al suolo subito che vorrei farci almeno due chiacchiere. Per me anche, scegli tu: sai che mi fido dei tuoi gusti”

Il ragazzo fa segno di attendere e sparisce, probabilmente andando a prendere qualcosa per loro. Merlino si siede sullo sgabello accanto ad Artù e si guarda intorno.

“Vieni spesso qui?”

“Sì, quel ragazzo è un mio amico e almeno gli faccio compagnia”

“È il tuo migliore amico assennato?”

“Eh?” domanda Artù “Ah, no. Quello è Leon, il ragazzo con cui di solito vengo qui”

“E Morgana?” chiede Merlino curioso.

“È mia sorella” dichiara il biondo “Cioè sorellastra. Ha la fastidiosa abitudine di scommettere contro di me e di vincere costantemente. Ma a quanto pare questa volta le è andata male”

Merlino scoppia a ridere “Lei sì che vorrei conoscerla, già mi piace”

“Invece tu hai un amico che potrebbe piacere a me o sono tutti noiosi come te?” si informa l’altro e Merlino non ci mette molto a rispondere.

“Gwaine ti piacerebbe di sicuro: se faceste una gara a chi è più ubriacone perderesti la faccia”

Artù assume un’espressione oltraggiata “Non è assolutamente possibile. Fammelo conoscere, vedrai come finirà il tuo amico”

“Preferirei non dovervi raccogliere da terra: sareste entrambi troppo testardi per arrendervi e io già lo so che finirebbe male” ridacchia Merlino, proprio mentre Parsifal torna con due boccali di una birra scura.

“Ecco a voi, ragazzi” esclama e, quando vede che Artù sta per tirare fuori il portafoglio, lo ferma “Offre la casa”

“Offre sempre la casa e prima o poi andrai in banca rotta. Oggi prendi i miei soldi e non accetto discussioni su questo punto” ribatte il ragazzo, infilando una banconota nella tasca della camicia del barista.

“Sai che quando fai così sei insopportabile, vero?” sbuffa Parsifal, guardando Merlino “Sai che ti sei messo in casa un idiota?”

“Me ne sono accorto dopo il primo minuto, sì. Ma il padrone di casa era così contento che non sono riuscito a cacciarlo e così mi si è piazzato in casa”

“Lo so, tutti mi adorano” interviene Artù “E anche tu mi adorerai”

Merlino, che stava appena iniziando a sorseggiare la birra, rischia di soffocare con la schiuma ed inizia a tossire.
Proprio in quel momento, delle voci più alte del normale attirano l’attenzione dei due ragazzi.

“Se vuoi baciare il tuo ragazzo andate da qualche altra parte: non c’è posto per quelli come voi qui” un uomo alto – eufemismo, in realtà sarebbe meglio dire energumeno – sta letteralmente afferrando per la camicia un ragazzo biondo.

“Che c’è? Hai paura di quelli che professano liberamente il loro amore mentre tu non sei in grado di farlo?” dichiara con voce un po' strozzata il ragazzo sospeso a mezz’aria.

“Dai, lascia perdere… andiamocene” mormora invece quello che deve essere il suo ragazzo, prima di rivolgersi all’uomo “Adesso andiamo via, lascialo stare, per favore”

“Non posso lasciarlo andare così, prima deve chiedermi scusa!” ringhia l’altro.

“Devo scusarmi perché io ho un cervello pensante e tu sei solo muscoli?” appena il ragazzo finisce di dire queste parole, l’uomo lo lascia andare, giusto un attimo prima di rifilargli uno schiaffo in piena faccia che lo fa volare all’indietro.

“Okay, gente, calmiamoci tutti ora” Parsifal è uscito da dietro il bancone ed ora si trova in mezzo ai due litiganti; il fidanzato del ragazzo a terra è al suo fianco e lo sta aiutando ad alzarsi “In questo bar sono ammessi tutti e non si accettano risse”

“Non importa, ora ce ne andiamo” ripete il ragazzo, trascinandosi dietro l’altro, sulla cui faccia sta già spuntando un livido. Escono praticamente di corsa dal locale, mentre sono tutti ammutoliti guardando la scena; anche Merlino ed Artù non hanno perso di vista nemmeno per un secondo i due ragazzi.

“Scusami, Artù” mormora il moro, alzandosi di scatto dalla sedia e seguendo i due ragazzi.

Esce fuori nella notte scura e vede i due che si allontanano lungo la via, quindi gli urla “Aspettate!”

Quei ragazzi si girano, mentre Merlino corre verso di loro.

“Che cosa vuoi?” domanda quello non ferito.

“Sono un medico… cioè, più o meno… posso dare un’occhiata al livido se volete” balbetta il moro “Ho visto tutta la scena”

“Non penso siano affari che ti riguardano” ribatte il ragazzo.

“Voglio solo aiutarti: si è già formato un livido, deve averti colpito forte” l’altro non risponde alle parole di Merlino, ma lo lascia avvicinare.

L’aspirante medico osserva il viso del ragazzo e, mentre sta per dire che avrebbe bisogno di un po' di luce, Artù appare alle sue spalle con la torcia del telefono.

“Artù!” esclama spaventato – e un po' sorpreso – il suo coinquilino.

“Potevi almeno aspettarmi, idiota”

Ma il ragazzo lo ignora, impegnato ad osservare il livido che si sta espande intorno all’occhio del ragazzo.

“Ti consiglio di metterci un po' di ghiaccio quando torni a casa, avvolto in una pezza di stoffa. Sei stato fortunato perché non penso che abbia colpito l’occhio in maniera pericolosa; domani avrai un bel livido violaceo e mi sa che ti durerà per parecchi giorni”

“Grazie” è il commento del fidanzato, prima che entrambi si allontanino rapidamente, probabilmente bisognosi di un po' di tranquillità, mentre Merlino e Artù rimangono lì.

“Come hai capito che volevi diventare medico?”

Merlino guarda un attimo Artù e poi alza le spalle “Volevo trovare uno scopo, nella mia vita. Qualcosa per cui valesse la pena studiare e che sarebbe stato d’aiuto agli altri”

“Io non so che cosa voglio fare” confessa il biondo.

“Non hai mai avuto idee? Scusa, che dicevi quando la maestra chiedeva cosa volevi fare nella vita? L’ubriacone?”

Artù ride piano alle parole del ragazzo affianco a lui “Una volta volevo essere come mio padre”

Merlino non parla, come se sapesse che l’altro stava solo aspettando l’occasione per parlarne con qualcuno; dopo pochi secondi è accontentato.

“Una volta ero fiero di mio padre, per il potente impero economico che aveva costruito, ma poi sono andato a lavorare con lui per qualche tempo: tutti gli impiegati non facevano altro che dire che terribile despota era, quando lui non li poteva sentire. Io ero per caso capitato nel corridoio e la porta era leggermente aperta: non sai quanto mi ero infuriato, sarei voluto entrare per dirgliene quattro, prima di correre da mio padre e farli licenziare. Poi però ho pensato che era davvero un cattivo pensiero e che se tutti ne parlavano così un motivo ci doveva essere, così ho iniziato ad osservare il suo comportamento con i dipendenti”

“E che cosa hai visto?”

“Ho visto rimproveri giusti, ma con metodi totalmente sbagliati. Ho visto persone licenziate solo per un errore e ho visto il terrore negli occhi dei tirocinanti, anche solo spaventati all’idea di portare il caffè sbagliato” il ragazzo scrolla le spalle “E ho capito che non era quella la vita che volevo. Non avrei mai voluto fare un lavoro del genere e avere così tanto odio intorno a me”

“E quindi hai deciso di scappare di casa e di trasferirti da me”

Artù ridacchia “Una specie, sì. Ho scelto di essere come sono e di decidere da solo cosa voglio fare, senza avere un percorso già impostato per me da qualcun altro”

“E hai avuto fortuna? Hai trovato qualcosa per cui vale la pena lottare?”

“Qualcosa per cui vale la pena lottare?” ripete Artù e Merlino gli fa un piccolo sorriso, annuendo.

“No, non credo di averlo ancora trovato” ammette il ragazzo “Ma ho trovato un buon posto da dove incominciare a farlo”

Il biondo sorride e per un attimo Merlino si sente davvero vicino a lui, in un modo che forse non gli era mai capitato nella vita e con nessuno.

“Ti va di tornare dentro? O preferisci fare due passi?” domanda Artù, rompendo il silenzio.

“Hai abbandonato così malamente il tuo amico, mi sento in colpa” ridacchia Merlino.

“Però così non vale, io ti ho raccontato molte cose di me e tu non mi hai raccontato nulla di te. Ora sei in vantaggio!” sbuffa divertito il biondo.

“Non sapevo che stessimo facendo una gara” commenta Merlino, mentre entrambi si incamminano verso il locale, ritornando ai loro posti, dove poco dopo riappare anche Parsifal.

“Scusatemi ragazzi, ma quando succedono cose del genere io davvero non le reggo” sbotta il barista “Guardatelo, quel deficiente, è ancora lì a bere e a ridere con i suoi compagni e ci scommetto che stanno ancora parlando di quei due poveri ragazzi che non stavano facendo assolutamente nulla di male”

“Quel tipo è stato molto coraggioso a rispondere” gli fa eco Merlino “In pochi avrebbero avuto l’audacia di farlo, quasi tutti si limitano ad incassare certi colpi in silenzio”

In quel momento Parsifal viene chiamato dal retro del locale e, con un cenno di saluto, si defila; Merlino beve il resto della birra rimasta nel suo bicchiere, accanto ad un Artù stranamente silenzioso e riflessivo.

“Merlino” lo chiama Artù dopo qualche minuto, in cui Merlino aveva rispettato il suo silenzio.

“Che c’è?”

“Ho appena trovato qualcosa per cui vale la pena lottare” dichiara Artù “Non voglio che la gente che si comporta da bullo e che maltratta i più deboli la faccia franca. Voglio che abbiano la punizione che si meritano”

“Non puoi fare il supereroe, Artù”

“Voglio diventare un avvocato”







Spazio autrice aspirante autrice persona speranzosa
Ehilà!
Intanto ci tengo tantissimo a ringraziarvi per le recensioni, per aver aggiunto la storia tra seguite/ ricordate/ preferite o per leggerla semplicemente in silenzio perché non mi aspettavo che il mio stile o la mia storia potessero subito piacere così.
Per il resto che altro dire, Morgana in questa storia fa parte dei buoni perché mi sembra un personaggio positivo che può affiancare Artù e perché mi sembra una da cui possono venir fuori molte cose divertenti (spero che il personaggio rimanga comunque IC come tutti gli altri). Poi niente, sprazzi di vita da coinquilini in pratica e Sua Altezza Reale che finalmente capisce cosa vuole fare da grande (ce lo vedo troppo come difensore dei deboli, piuttosto che come manager). Forse la storia di una rissa così è un pò cliché e un po' banale, anche se probabilmente sempre valida, ma il supereroe ha bisogno di una spinta per mettere maschera e mantello.
In tutto ciò Artù ancora non sa che gli piacciono i ragazzi e gli ci vorrà un po' per capirlo ed accettarlo, soprattutto perchè non sarà attratto da tutti ma solo dal nostro Merlino. (non mi sembra molto credibile se un ragazzo così tanto etero convinto da portarsi ogni giorno a casa una ragazza diversa si riscopre così magicamente gay, senza alcun motivo o situazione profonda creatasi tra i due). Però i due si stanno sicuramente affezionando l'uno all'altro e questo non lo si può negare.
Quindi niente, per la grande love story vi farò penare ancora per parecchio (tranquilli, Merlino soffrirà sempre sicuro più di voi ahahah), ma arriverà e nel frattempo ci saranno altre occasioni di shippare malamente i due coinquilini.
Finisco questo angolo che sta prendendo sempre più spazio per dirvi che mi dispiace se i capitoli non hanno una lunghezza proprio omogenea ma con la storia non posso dividerli in altro modo e che spero tanto che mi lasciate qualche altra bellissima recensione :)
A presto,
Felpie

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 - È solo una festa, maledizione ***


Merlino era rimasto sorpreso dall’affermazione di Artù, questa è una cosa sicura, ma gli ci sono voluti pochi giorni per capire che il suo coinquilino è un ragazzo davvero determinato e che se si mette in testa una cosa non c’è verso di fargli cambiare idea. Nonostante l’anno sia ampiamente iniziato, ha recuperato i libri necessari per lo studio e ha chiesto i moduli in segreteria per iscriversi nella seconda parte dell’anno; ha avvisato il padre – con tanto di discussione annessa, che era durata un paio d’ore – e sembra convinto della sua scelta. E il suo coinquilino sta iniziando ad imparare che, anche se sembra davvero uno dei ragazzi ricchi e viziati da copertina di riviste gossip, in realtà una gran parte di lui non la mostra.

Con l’avvicinarsi del Natale e l’aumentare dei giorni passati da coinquilini, i due sono arrivati ad una sorta di equilibrio del loro rapporto; chiedendoglielo, nessuno dei due risponderebbe di essere amico dell’altro, ma hanno instaurato alcuni momenti loro: la mattina Merlino esce e lascia del caffè pronto per il coinquilino o Artù la domenica accompagna il moro a fare la spesa, cercando di imparare dosi e quantità giuste per entrambi.

In tutto ciò, a parte Parsifal, nessuno dei due ha conosciuto i rispettivi amici, nonostante le forti insistenze che Merlino riceve – soprattutto da Gwaine. Per un motivo o per l’altro, non è mai successo, ma Lancillotto propone l’idea giusta, mentre è con gli altri sul prato in attesa che comincino le lezioni.

“Perché non porti Artù alla mia festa di compleanno?”

Merlino per poco non fa cadere il telefono che tiene in mano e con cui sta messaggiando con Will “Non penso sia una buona idea”

“Perché no? Ci saremo tutti, oramai siamo curiosi di conoscerlo questo coinquilino fantasma” esclama Freya, che quel giorno è riuscita a raggiungerli invece di svegliarsi tardi come al solito.

“Devi smetterla di cercare di tenerci lontani” concorda subito Gwaine.

“Non è per quello!” esclama subito Merlino “Ma ho già litigato con Will quando me lo sono messo in casa e l’altro giorno si è arrabbiato perché non gli ho risposto al telefono quando guardavo un film con Artù. Non mi sembra il caso di portarlo alla festa”

“Will è paranoico” sbuffa Freya, fermata subito da Gwen.

“Quello che Freya vuole dire è che Will è molto affezionato a te e ha paura che una persona di una persona con cui passi parecchio tempo e che ti vede nel tuo quotidiano. Cosa che invece lui non fa. Immagino che nemmeno lui abbia più messo piede in casa tua, vero?”

“La festa potrebbe essere l’occasione per farli conoscere così che Will diventi un po' meno apprensivo” afferma Lancillotto, subito affiancato da Gwen.

“Lancillotto ha ragione”

“Io già me lo sento che potrebbe essere un potenziale disastro” ribatte invece Merlino “Scusate poi io vivo con Artù e se non vi conosce devo per forza venire alla festa con lui: sono sicuro che già questo basterebbe per mandare storta la serata”

“Secondo me Will sa benissimo che tu meriteresti di più e quindi ha paura” dichiara maligno Gwaine, beccandosi subito delle occhiate storte da tutto il gruppo.

“Gwaine, Will è il mio ragazzo ed io tengo molto a lui… non voglio farlo soffrire” mormora Merlino.

“Però continui ancora a dire che tieni a lui, ma non che lo ami. Andiamo, dopo tutti questi anni uno terrebbe anche ad un pesce rosso visto in un laghetto ogni giorno” esclama con trasporto Freya.

“Piantatela di dire così. Will è comunque il ragazzo di Merlino” interviene Gwen, cercando di placare i toni, perfettamente consapevole che dei discorsi del genere mettono l’amico molto a disagio.

“Sì, ma…”

“Niente ma, Gwaine” lo blocca la ragazza “Se Merlino se la sente proporrà ad Artù di venire, ma se non se la sente pace, lo incontreremo un’altra volta”

Tutto questo ha chiarificato i pensieri di Merlino? Assolutamente no. E così il povero ragazzo se ne va, confuso, a lezione, dove non ascolta nemmeno una parola, troppo impegnato a cercare di capire se è effettivamente una buona idea portare Artù alla festa e presentarlo a tutti – cosa che, in realtà, gli piacerebbe davvero tanto – o fare il bravo ragazzo e stare con Will tutta la sera, evitando una situazione imbarazzate e probabilmente dolorosa per il fidanzato.

La cosa presumibilmente migliore da fare è di parlare con il diretto interessato e quindi, alla pausa pranzo, Merlino prende la bicicletta e pedala velocemente verso il bar dove lavora Will per parlargli. Con parole che avrebbe improvvisato probabilmente lì per lì.

“Merlino!” lo saluta sorpreso il suo ragazzo, vedendolo mentre lega la bici e avvicinandosi subito “Che cosa ci fai qui?”

“Ciao Will. Niente, avevo voglia di salutarti”

“A quest’ora? Ma non hai lezione tra poco?” chiede confuso il cameriere.

“Eh? Sì, hai ragione…” balbetta Merlino. Su che cosa sperava, esattamente? Puntava sulla sua grande capacità oratoria? Oh sì, la famosa abilità oratoria di Merlino. E infatti ora si ritrova senza alcun’idea su come affrontare il discorso.

“Lancillotto ti ha mandato l’invito per la festa?” chiede titubante.

“Sì, mi ha scritto un messaggio questa mattina” annuisce l’altro “Però ho il turno che finisce tardi, quindi arriverò un po' dopo, mi sa”

“Oh… okay” commenta Merlino, giocando con un laccetto del suo zaino “Uhm, senti… Lancillotto mi ha chiesto di invitare Artù”

“Artù?”

“Sì, esatto. È un problema per te?”

“Perché dovrebbe essere un problema per me?”

“Perché non ti piace molto…” sussurra Merlino.

“Non capisco, ma Lancillotto conosce Artù? Solo a me non lo hai presentato?” domanda un po' risentito Will.

“Che? No, no. Lancillotto ha appunto pensato che fosse l’occasione perfetta per fare conoscenza” spiega subito il moro.

“Invita alla sua festa un tipo che non conosce minimamente?”

“Will non è mica un estraneo totale, preso a caso da una folla. È pur sempre il mio coinquilino” gli fa notare, forse un po' bruscamente, Merlino.

“Non capisco perché tutti hanno questa gran voglia di conoscerlo”

“Will non hai risposto alla mia domanda… è un problema per te se lo invito?” chiede nuovamente il ragazzo, più gentilmente.

“Non voglio fare quello che rovina i piani, chiamalo pure se a tutti voi fa tanto piacere” sbuffa Will, chiaramente infastidito dalla piega degli eventi.

“Io ci terrei che tu lo conoscessi…” mormora Merlino “Così capiresti che è un bravo ragazzo”

“Io invece non ho proprio voglia di vedere se è un bravo ragazzo o meno”

“Non fare così…”

“Certe volte sei proprio cieco, Merlino” il moro sa che, quando Will è arrabbiato, spesso punta sulle cattiverie gratuite e non pensa a ciò che gli passa per la testa, limitandosi a sparare crudeltà, ma questo non gli impedisce di rimanerci male comunque alle parole sferzanti del ragazzo.

“Non voglio litigare, Will”

“Nemmeno io” dice subito anche l’altro.

“Ed ora devo andare, ho lezione” aggiunge Merlino, facendo adombrare il fidanzato.

“Sei venuto qui solo per dirmi questo?”

“Volevo vederti” Merlino prova a sorridere, ma non ottiene l’effetto sperato, perché l’altro comincia a pulire uno dei tavolini; il moro si avvicina a lui e gli afferra i polsi dolcemente “Ci sentiamo dopo, va bene?”

“Come ti pare” risponde bruscamente l’altro; il giovane studente di medicina si chiede se deve effettivamente aggiungere qualcosa, ma non gli sembra molto il caso, quindi annuisce, gli dà un bacio sulla guancia e va a riprendere la bici.

Dopo questo confronto è più tranquillo e può mettersi ad ascoltare la lezione in santa pace? Assolutamente no. E se è possibile è anche più confuso di prima, con una punta di senso di colpa che non sa nemmeno spiegarsi: non è normale che voglia presentare Artù agli altri? Non gli sembra che il suo coinquilino abbia poi così tanti affetti intorno a sé e passare una serata tranquilla ma comunque divertente non al solito pub non può che fargli bene, no? E allora perché si sente così in colpa a volerlo a tutti i costi alla festa?

Istintivamente fa una strada più lunga per tornare a casa, perché si sente agitato al pensiero di invitare il coinquilino alla festa, ma è inutile, perché quando torna non lo trova. Sospira di sollievo e si va a fare una doccia, sperando di togliersi di dosso la stanchezza e i pensieri; lascia gli asciugamani sparsi qua e là come al solito e si infila un paio di pantaloni di tuta puliti, prima di ricordarsi di accendere il forno per la cena. Proprio in quel momento, la porta si apre e Artù si rivela con un sorriso smagliante, che si trasforma in risata appena vede Merlino senza maglietta in cucina.

“Ma che stai facendo?” ridacchia.

“Sto preparando la cena per Sua Altezza Reale” sbuffa l’altro, ma con un tono divertito “Se non accendo il forno stasera non mangiamo”

“Sì, ma perché lo stai facendo senza maglia?” Merlino non va mai in giro senza maglietta, troppo preoccupato per decenza/ raffreddore/ vergogna.

“Perché questa è casa mia e posso fare quello che mi pare ti basta come risposta?” Merlino spera che Artù non si accorga che questa sicurezza è solo ostentata ed in verità è imbarazzato da morire per la situazione. Perché quel ragazzo riesce sempre a mandarlo in confusione prima, a farlo sentire un idiota dopo e a metterlo a suo agio dopo ancora?

“Tu invece che cos’hai da sorridere come un ebete?” cambia in fretta argomento il moro, spostando l’attenzione su Artù.

“Ho portato i moduli per la scuola di legge in segreteria e da Gennaio sarò ufficialmente uno studente” esclama il ragazzo, lanciando lo zaino sul divano e prendendo dei bicchieri per apparecchiare.

“Studente di legge quindi? Non ti ci vedo a studiare come un matto sopra tutti quei decreti” ridacchia Merlino.

“Tu studi sopra a delle ossa, non penso che mi puoi davvero giudicare” ribatte offeso Artù; un attimo dopo stanno entrambi ridendo.

“Senti, Artù…” Merlino deve davvero smettere di improvvisare i discorsi, non lo sa fare per niente.

“Sì?”

“Vuoi-venire-alla-festa-di-Lancillotto-con-me?” solo quando finisce di pronunciarle, Merlino si rende conto della pessima scelta di parole e sente le guance scaldarsi “Cioè, non con me, volevo dire insieme a me, cioè, insomma, i miei amici ti vogliono conoscere e, ecco, Lancillotto ha pensato che poteva essere una buona occasione e… cioè, quindi, se ti va, sei il benvenuto e, sì, mi farebbe piacere, ecco”

Sicuramente lui un avvocato che parla davanti ad una platea di persone non lo può diventare; si accorge di aver tenuto gli occhi bassi solo quando li rialza per incontrare quelli azzurri di Artù che lo scrutano.

“Mi stai invitando ad una festa, Merlino?” ripete Artù.

“Uhm… sì?”

“Cioè tu, Merlino, inviti me, Artù Pendragon ad una festa?” scoppia a ridere divertito “Siamo finiti in un universo parallelo?”

Le labbra di Merlino si aprono in un sorriso sincero e sbuffa divertito “Sì, idiota. Te l’ho detto, anche io so come divertirmi”

“Quando sarebbe la festa?”

“Tra quattro giorni, in un locale vicino al campus universitario” lo informa il moro “Quindi… ci verrai?”

“Ma certo che ci verrò, che domande fai? Ti pare che io possa perdermi una festa?” esclama il biondo “E poi voglio conoscere quel tuo amico che dici essere un gran bevitore”

“Anche Gwaine è impaziente di conoscerti” ridacchia Merlino.

“Non sarebbe il caso che ti andassi a vestire? Se no alla festa mi sa che ci andrò da solo e tu rimarrai a casa con una tisana e molti fazzoletti”

Merlino abbassa lo sguardo e si ricorda solo in quel momento di essere senza maglietta: ma che cosa diavolo ha in mente? Si defila, cercando di non risultare così ridicolo come si sente in quel momento e tornando poco dopo ben bardato, ma sentendosi stranamente leggero.

O almeno, si sente leggero finché non mancano solo due ore alla festa tanto attesa e si rende conto che sta per presentare Artù ai suoi amici: quando realizza la cosa, inizia a sentire caldo e ha bisogno di aprire le finestre per prendere un po' d’aria. Si dà dello stupido per questo comportamento: quando ha detto agli altri che il suo coinquilino sarebbe stato dei loro, quando Gwaine ha fatto come al solito il cretino dicendo che non vedeva l’ora di metterlo al tappeto e quando Gwen si era dichiarata entusiasta di conoscerlo era stato tutto perfettamente normale, senza ansie e paranoie stupide. Ora invece, mentre rilegge per l’ennesima volta come sono fatti il radio e l’ulna si rende conto che vuole che i suoi amici siano all’altezza delle aspettative di Artù e viceversa. E che lui non può farci niente, deve solo sperare che la serata vada bene.

Ma poi, perché deve andare bene? Che cosa gliene importa a lui? Forse perché Parsifal si è rivelato un tipo davvero alla mano e spera che anche Artù pensi la stessa cosa dei suoi amici. Perché se ne sta preoccupando? È Artù ad aver insistito per conoscerli, qualsiasi cosa si trovi davanti dovrà farselo andare bene. No?

Eppure Merlino è costretto a sistemarsi due volti i bottoni della camicia a scacchi che sta indossando perché li ha allacciati storti, e continua a sistemarsi i capelli, cercando di renderli meno disordinati – o meglio, disordinati ma in maniera cool – di quanto non siano. In compenso Artù è comodamente seduto sul divano, già pronto con la sua camicia blu scura, sta guardando i risultati delle partite e non sembra minimamente sotto pressione. E perché dovrebbe? È una festa, Merlino, maledizione. Non c’è nulla da temere, nulla di cui aver paura.

Il moro cerca di sembrare naturale mentre gli si avvicina, ormai a pochi minuti dall’inizio della festa “Ehi, sei pronto?”

“Guarda che sei tu che ti sei chiuso in bagno per ore, principessa” ridacchia Artù, prendendolo in giro “Credevo che il ragazzo ce l’avessi, non che dovessi conquistarne uno”

“Spero che la tua simpatia uscirà una volta fuori di casa o ti lascerò da solo per tutta la sera” lo minaccia il moro, colpito sul vivo.

“Ti va di andare a mangiare un panino, prima di andare?” propone Artù, a bruciapelo “Se ho capito qual è il posto in cui andremo ci dovrebbe essere un camioncino che li vende lì vicino”

Merlino alza le spalle, prima di chiedere spaventato “Qualcosa mi dice che andremo in moto, vero?”

“Dai, Merlino, ormai sei diventato un centauro!”

“Veramente muoio di paura ogni volta che fai un sorpasso o che ti fermi bruscamente” gli fa notare il coinquilino “E lo sai benissimo perché mi appiccico a te ogni volta e ti sento ridere”

“Se sei un fifone io non ci posso fare davvero nulla” commenta Artù, alzando le spalle, con un sorriso che gli attraversa tutto il viso.

“Ripetilo un’altra volta e ti troverai le ruote a terra, così sarò io a divertirmi” lo minaccia Merlino, infilandosi la giacca e seguendo Artù fuori dalla porta.






Spazio autrice passante in più
Ehilà!
Perdonate il capitolo un po' di passaggio ma ho dovuto per forza dividerlo in due parti o sarebbe stato troppo lungo. Sì, perché il prossimo capitolo sarà una super festa! Ne vedremo delle belle? Ovviamente. Tutto ciò è una cosa tremendamente cliché? Assolutamente sì (ma spero che abbiate capito che in questa storia di cliché ce ne saranno molti). C'è qualcuno di tremendamente geloso? Neanche a dirlo. Qualcuno assurdamente imbarazzato? Immancabile.
Tradotto: un mix esplosivo.
Nell'altro capitolo mi sono dimenticata di dirvelo, ma ricordatevi di questa fobia di Merlino per le moto perché la ritroveremo spesso nella storia (e presto scoprirete anche quella di Artù, non preoccupatevi) e soprattutto il fatto che è andato spesso in moto con il suo fantastico coinquilino (ma solo con lui), nonostante il terrore (e ritornerà più avanti questo particolare, ve lo assicuro).
Non so se in qualche università sia effettivamente possibile entrare così a metà anno, ma mi serve questa cosa, quindi facciamo che Artù ha dei permessi speciali - è impossibile che non li abbia, dai. Inoltre non ho idea di quando possa essere nato Lancillotto, quindi secondo la mia licenza poetica è nato a Dicembre ed è quasi il suo compleanno.
Niente, lasciatemi una recensione se il capitolo vi è piaciuto così non penso di parlare proprio totalmente da sola :) e preparate i drink per la prossima volta, che non si può non fare festa per il compleanno di Lancillotto.

A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Una sigaretta di troppo ***


So raise your glass if you are wrong,
In all the right ways,
All my underdogs,
We will never be never be, anything but loud
And nitty gritty, dirty little freaks
Won't you come on and come on and raise your glass,
Just come on and come on and raise your glass
(P!nk - Raise your glass)


Ormai ha preso pratica su come salire su quel dannato aggeggio – non che ci voglia poi un genio per salire su una moto, ma Merlino un po' imbranato lo è davvero – e per fare lo spavaldo prova anche a salire in velocità, rischiando solo di scivolare e cadere. Sente Artù ridere ed il moro è davvero contento di avere davanti a lui la schiena del ragazzo, in modo tale che l’altro non possa vedere le sue guance tingersi di rosso; si aggrappa piano a lui e partono nella notte.

Il biondo ha ragione, c’è effettivamente un tipo che vende panini unti a poco prezzo da un camioncino e i due si fermano in un tavolino allestito lì davanti; sono da soli, perché fa freddo e la gente preferisce rimanersene a casa piuttosto che congelare per un panino, ma Merlino – per una volta – non ha freddo e si sente bene. Il pane è caldo sotto le sue dita e, anche se da medico sa il potenziale pericolo costituito da quel cibo così pieno di olio, mette da parte le sue solite lamentele per gustarselo per bene, mentre Artù lo guarda divertito.

“C’è qualcosa che dovrei sapere dei tuoi amici?”

“In che senso?” biascica Merlino, con un boccone ancora in bocca.

“Nel senso ci sono argomenti tabù, cose che è meglio evitare di dire o qualcosa del genere?”

Il moro lo guarda un attimo, prima di scoppiare forte a ridere “Sei nervoso?!”

“Non sono nervoso!” si affretta a negare l’altro “Sono semplicemente uno che ci tiene a fare bella figura in ogni circostanza”

“Sei nervoso” ribatte Merlino, con un sorrisetto “Non ci posso credere: Artù Pendragon in ansia per una festa!”

“Merlino, se non stai zitto impenno la prossima volta che salirai in moto con me” ringhia il ragazzo, prima di toccarsi i capelli.

“Guarda che puoi dirmelo se sei nervoso di conoscere i miei amici, eh” lo rassicura l’altro.

“Non è… nervosismo. È solo che non conosco spesso gente nuova con cui devo andare d’accordo per forza” sussurra Artù.

Merlino torna improvvisamente serio “Artù… tu non devi sforzarti per andare d’accordo con i miei amici. A parte che sono sicuro che ti adoreranno, ma non è che sono dei giudici: sono semplici ragazzi come noi”

“Tu non… eri in ansia di conoscere Parsifal?”

“Ti ricordo che mi hai trascinato davanti a lui senza che io me ne sia minimamente reso conto” gli sorride Merlino “E poi no… cioè è un ragazzo come me e te”

“Non voglio dire frasi sconvenienti, ecco” confessa Artù.

“Non esistono frasi sconvenienti tra amici” replica Merlino “Se si è veramente amici si sa cosa dire”

“E io e te siamo amici?”

Merlino si blocca, con il panino a mezz’aria, e guarda gli occhi celesti di Artù, che in quel momento lo stanno scrutando impazienti, in attesa di una risposta; e il moro davvero non capisce il perché di una domanda del genere, ma non gli sembra educato chiedere il motivo di tale quesito. Così tossicchia e dichiara con un sorriso “Lo devo ancora decidere: hai conquistato punti con la cena cinese, ma ne hai persi parecchi quando mi hai lanciato l’asciugamano”

“Quell’asciugamano era sullo schienale del divano da quattro giorni” gli ricorda Artù, ma sta sorridendo, anche senza accorgersene.

E Merlino si sente tremendamente a disagio guardando quel sorriso, perché sente una specie di stretta allo stomaco a cui non sa dare il nome. Per cui si limita ad archiviarla come “momento di contatto con il coinquilino altrimenti freddo e distaccato”. E mentre addenta nuovamente il suo panino, Artù ha già ricominciato a parlare di… in realtà il moro si è totalmente perso nel suo discorso – dovrebbe riguardare il farlo bere parecchio quella sera – ma in ogni caso Merlino si sente di nuovo molto leggero.

Quando finiscono di cenare – e il biondo termina di blaterare, come gli dice il coinquilino – decidono di lasciare la moto lì e andare a piedi al locale poco distante. Merlino rimane stupito dalla quantità di persone che vede all’ingresso, pensava che fosse una cosa più ristretta, ma è contento di rivedere persone che non incrocia da parecchio tempo. Il problema ora però non sono i suoi vecchi compagni di scuola o cose del genere, perché sente l’enorme presenza di Artù al suo fianco e sa che deve prima togliersi quel grande peso dal petto e presentarlo agli altri.

Quindi fa solo cenni di saluto qua e là, chiedendo dove sia il festeggiato e trascina il coinquilino nel bel mezzo del locale, alla ricerca dei suoi amici; dopo aver fatto il giro del pub, scorge i capelli ricci di Gwen affianco alla porta – ma come ha fatto a non vederli prima? – e, sentendo Artù sbuffare e mormorare qualcosa tipo “Merlino, ma che stai facendo?”, si avvina agli altri.

“Merlino!” è Freya la prima a vederlo e ad abbracciarlo con slancio “Ce l’hai fatta, finalmente”

“Pensavo mi stessi abbandonando: non te lo avrei mai perdonato. Gwen può testimoniare che stavo per mandare Gwaine a cercarti” si inserisce Lancillotto con un sorriso, prima di abbracciare l’amico.

“Scusateci se ci abbiamo messo una vita, ma Sua Altezza aveva fame” esclama Merlino, all’improvviso molto più tranquillo in mezzo ai suoi amici “Lui è Artù”

“Non mi pare che il tuo panino sia avanzato, sbaglio?” replica il ragazzo chiamato in causa, prima di specificare “Io sono il suo fantastico coinquilino”

“Te la suoni e te la canti da solo?”

Si girano tutti e si ritrovano davanti Will fermo sulla porta a fissarli e lo sguardo che lancia al fidanzato lo fa raggelare sul posto; si avvicina al gruppetto e dà un lungo bacio a Merlino – che è preso totalmente alla sprovvista vista l’occhiata che gli è arrivata giusto un attimo prima.

“Sono Will” si presenta poi, guardando l’elemento estraneo al gruppo.

“Artù” risponde l’altro, mantenendo lo sguardo fisso su di lui “Sono contento di conoscervi, finalmente”

Merlino, affianco a Will, guarda un po' stupito il suo coinquilino per quel rapido cambio di tono: da uno sempre allegro e un po' spaccone non si aspettava tanti formalismi per una semplice presentazione. Si ritrova a chiedersi – per l’ennesima volta – se sia stata una buona idea quella di portarlo lì quella sera.

Fortunatamente è Gwaine a rompere quella fastidiosa tensione che il ragazzo avverte intorno a sé, battendo una mano sulla spalla del biondo “E così sei tu il famoso Artù! Devo dire che sei proprio come ti avevo immaginato”

“Fammi indovinare… sei Gwaine, giusto?”

“L’unico ed inimitabile!” esclama l’altro con il suo solito sorriso “E Merlino mi ha detto che sei un ottimo compagno di bevute, quindi che ne dici di avvicinarci al tavolo per dare veramente inizio ai festeggiamenti?”

“Gwaine, ti prego, non esagerare” mormora Merlino, subito zittito.

“Merlino sei una noia” lo liquida in fretta l’amico, prima di tornare a concentrarsi su Artù “Allora, ci stai?”

Il moro guarda il suo coinquilino, senza più immaginarsi minimamente come può comportarsi in una situazione del genere, ma Artù e la sua espressione da “niente mi può scalfire” sono pronti a darsi alla pazza gioia.

“Non sono mai stato in questo locale, fammi strada”

E mentre Gwaine sorride furbescamente e Freya scoppia a ridere apparentemente senza motivo, Gwen esprime ad alta voce un pensiero probabilmente comune “Vi prego, ditemi che non abbiamo appena trovato un nuovo Gwaine”

Merlino perde quindi rapidamente di vista il suo coinquilino, che si allontana nella folla insieme a Freya e a Gwaine, e si ritrova con Lancillotto, Gwen e Will ad ascoltare distrattamente i loro discorsi: è il suo fidanzato in questo momento a raccontare qualcosa del suo posto di lavoro, ma il moro è totalmente preso da… in realtà non sa da che cosa sia preso, ma sicuramente non riesce a concentrarsi sulle parole di Will, né sulle risposte dei suoi amici.

“Sei d’accordo, Merlino?” il ragazzo chiamato si risveglia di scatto dai suoi pensieri, sbattendo un paio di volte le palpebre e fissando gli altri.

“Come?”

“Ti ho chiesto se pensi anche tu che il mio capo sia un vero bastardo” ripete Will, sbuffando – ora chi è quello che sbuffa sempre? “Non ci stavi ascoltando?”

“Scusami, mi ero un attimo perso” cerca di rimediare in fretta Merlino “Comunque, sì, hai ragione. Quell’uomo è davvero orribile”

Will fa una piccola smorfia con la bocca, prima di riprendere il discorso; dopo un po' decidono di raggiungere gli altri tre per bere qualcosa e vengono accolti da chiassose risate. E soprattutto c’è una persona che Merlino non conosce tra loro.

“Morgana!” esclama invece Gwen, che a quanto pare la conosce “Sono contenta che tu sia riuscita a venire”

Le due amiche si abbracciano “Ciao Gwen, ti stavo cercando quando mi sono imbattuta in questi tre folli che sembrano essere usciti da una maratona di solletico da quanto stanno ridendo e cercavo di capire cosa trovassero così esilarante”

“Morgana, ti sei persa la scena, non potresti capire…” cerca di spiegare Artù tra una risata e l’altra.

“Io già non riesco bene a capire che cosa ci fai tu qui” dice la ragazza, scuotendo la testa “Sei diventato una specie di tester per tutti i locali della città?”

“Ti sbagli, questa volta giuro di essere stato invitato”

“Ma voi vi conoscete?” chiede Lancillotto.

“Oh sì, Artù è il mio fratellastro” ride la ragazza, scompigliandogli i capelli “Solo che ultimamente non si è praticamente fatto mai vedere. Diamine, Artù io mi preoccupo per te”

“Non ci provare, Parsifal mi informa delle vostre scommesse alle mie spalle” ribatte Artù “E mi dispiace per te, ma Merlino non è un vecchio pancione in crisi, vero Merlino?”

“È sempre divertente scoprire di essere oggetto di scommesse” ridacchia il ragazzo “Ciao, io sono Merlino”

“Il coinquilino di Artù? No, non ci credo! Ora devo sul serio offrire una bevuta a Parsifal” sbuffa la ragazza.

“Era questa la scommessa? Ma se Parsifal lavora in un locale!” ride il biondo “Che razza di scommessa è? Lui lì mica paga”

“Infatti dobbiamo andare in un altro posto, c’era anche questo negli accordi della scommessa” aggiunge tristemente la ragazza, prima di sorridere “Non importa, comunque. Sono molto felice di conoscerti, Merlino: se riesci a sopportare mio fratello devi essere davvero un santo”

Merlino si tocca i capelli, sorridendo “Mi è stato già detto… a quanto pare anche Parsifal la pensa così”

“Lo hai conosciuto? È un tipo simpatico, vero?” Morgana non smette un attimo di parlare “Ti ha raccontato di come si è conosciuto con mio fratello?”

“Morgana, non…” prova a fermarla Artù, ma viene zittito malamente.

“Praticamente mio fratello a 13 anni aveva una vera e propria ossessione per la lotta e i combattimenti e andava in giro dicendo di essere il più forte. Ora, effettivamente era un ragazzino robusto, ma quando si è trovato davanti Parsifal è stato messo al tappeto praticamente con una sola spinta e quindi Artù ha deciso che un tipo tanto grosso poteva essere un suo amico”

Merlino scoppia a ridere appena Morgana finisce il racconto, insieme a Gwaine e Freya “Ma dai, che motivo assurdo è?”

“Non ti sei mai accorto che mio fratello non fa cose propriamente intelligenti?” si limita a commentare la ragazza.

“Scusate, se ho ben capito c’è un tuo amico che lavora in un locale: che cosa ci facciamo ancora qui?” si intromette Gwaine.

“Anche io lavoro in un locale” gli fa notare Will, in tono saccente.

“Sì, ma tu non ci offri mai nulla perché ti senti in colpa” ribatte l’altro “Devo ad ogni costo trovarmi un amico che lavora in un locale e che non soffra di sensi di colpa. La prossima volta devi assolutamente portarlo, Artù”

Prossima volta? Perché ci sarebbe stata una prossima volta? Eccola di nuovo, la stretta allo stomaco. Merlino la avverte chiaramente, non appena sente le parole dell’amico; per evitare di scendere in pensieri troppo profondi e che non ha assolutamente voglia di fare ora come ora, questa volta viene classificata come “che bello, Artù ha fatto amicizia con i miei amici”.

Dopo un po' tutti si disperdono: Lancillotto deve stare un po' anche con gli altri invitati e, ovviamente, Gwen lo segue, Morgana ha trovato una piacevole compagnia in Freya e le due si lanciano in pista, mentre Artù e Gwaine rimangono al tavolo del bar. Merlino e Will si siedono poco lontani, per stare un po' tra loro.

“Che ne pensi?” domanda il moro.

“Di che cosa?” Will fa finta di non capire, ma Merlino gli lancia un’occhiata, così l’altro aggiunge “Non mi sembra niente di speciale: è identico a Gwaine, solo più ricco”

“Gwaine ti è sempre stato simpatico, mi sembra”

“A volte è troppo esuberante, dovrebbe stare più tranquillo”

“Parli davvero come un vecchio di 80 anni” ridac
chia Merlino, dandogli una piccola botta sul braccio.

“E tu da quando non ti comporti più come un vecchio? Nemmeno tu sei mai stato un tipo da festa” ribatte Will.

“A me piacciono le feste, dai. Ci vado spesso”

“Quando gli altri ti invitano”

“E che c’è di male?” domanda Merlino.

“Niente, niente” ma la risposta di Will non lo convince.

“Che ti succede? Sei strano ultimamente” il moro appoggia una mano sulla sua “Sai che mi puoi dire tutto, vero?”

“Ho detto che non è successo niente” sbotta il fidanzato, un po' bruscamente e Merlino non aggiunge altro, così tra i due cala per qualche minuto il silenzio.

Non riprendono a parlare finché Artù e Gwaine non li raggiungono, chiacchierando animatamente di qualcosa.

“Che sta dicendo la mia coppietta preferita?” esclama Gwaine, appoggiando un braccio sulle spalle di Merlino.

“La tua coppietta preferita sono Lancillotto e Ginevra, non ci provare” ribatte Merlino “Quindi tu vuoi qualcosa da noi o non saresti così simpatico”

“Sono semplicemente di buon umore, malfidato” replica l’altro “Sai che ho appena scoperto che Morgana è single?”

“A proposito, Artù, come fanno la tua sorellastra e Gwen a conoscersi?” domanda il moro al coinquilino, che scrolla le spalle.

“Non ti fare certe domande: Morgana ha certe conoscenze che farebbero spaventare qualsiasi agente della CIA”

Merlino ridacchia divertito, mentre Gwaine commenta “La ragazza ha davvero stile”

“Stavamo andando a fumare una sigaretta, comunque. Vi unite a noi?” propone Artù “Gwaine mi ha detto che ogni tanto ti concedi una sigaretta, non ti facevo così ribelle!”

“Ehm… io non…” balbetta il ragazzo, guardando nervosamente Will. Merlino aveva iniziato a concedersi delle sigarette con l’inizio dell’università perché si sentiva parecchio stressato per gli esami, ma era arrivato a fumare davvero tanto sotto sessione e Will se ne era sempre lamentato perché odiava l’odore di fumo e non era d’accordo sul fumare come modo di scaricare la tensione. Aveva sempre aggiunto perfino che era un medico e che avrebbe dovuto conoscere i rischi del fumo sui suoi polmoni; così Merlino aveva ridotto le sigarette drasticamente, almeno quando doveva vedersi con il fidanzato, fino ad arrivare quasi a perdere la voglia di fumarle per non rischiare di scatenare una lite e ormai fumava davvero molto raramente e solo quando c’era Gwaine sufficientemente ubriaco.

“Io non fumo più” dichiara dopo un attimo di incertezza, ma sente comunque il fidanzato sbuffare accanto a lui.

“Se vuoi andare con loro vai pure, io me ne torno a casa” il ragazzo si alza di scatto, ma Merlino lo prende per un braccio.

“Will… te l’ho detto, non fumo più. Ti prego, non andartene”

“Mi sto davvero stancando di continuare a dirti ciò che è meglio per te e ad essere comunque ignorato” borbotta il ragazzo “E domani devo lavorare presto, quindi visto che questa festa non è granché me ne vado a dormire”

“Non… non fare il bambino”

Will assottiglia lo sguardo alle parole di Merlino “Io non faccio il bambino, sei tu che ti ci stai comportando”

“Che cosa sta succedendo qui?” interviene Lancillotto, appena apparso alle spalle di Artù e Gwaine, che stanno in silenzio ad osservare la scena.

“Ah, Lancillotto, sei qui. Buon compleanno, io vado. Buonanotte a tutti” saluta Will, prima di liberarsi dalla debole stretta di Merlino e farsi largo tra la folla, in direzione dell’uscita.

“Will, aspetta!” gli urla dietro Merlino, provando a seguirlo; ma il tempo che raggiunge la porta e si guarda intorno di fuori, il fidanzato è già sparito, probabilmente in direzione di casa sua e il moro non ha alcun mezzo per seguirlo. Così torna dentro, con il morale a terra e un peso sul petto – mentre cerca di scacciare la fastidiosa vocina che gli dice che avrebbe dovuto parlare chiaro con Will già da tempo – con l’intenzione di andare dai suoi amici e chiedere ad Artù di tornare a casa.

“Ma stanno passando un brutto periodo?” è proprio la voce di Artù a farlo fermare, in mezzo a un gruppo di persone che balla, molto vicino ai suoi amici.

“Sono in un brutto periodo da mesi” sbuffa Freya “Ma Merlino non se ne accorge. O non lo vuole ammettere”

“Freya, lo sai che non è facile” interviene Gwen, comprensiva come al solito “Non si può lasciar perdere una relazione che dura da così tanto, con una persona che si conosce da una vita”

“Sì, ma siamo tutti d’accordo che Merlino potrebbe avere decisamente di più?”

“Gwaine, il punto non è questo” ribadisce la ragazza “Il punto è che Will è sempre stato vicino a Merlino e lui ci è davvero affezionato”

“Dico e ripeto che Will non è un animaletto da compagnia a cui essere affezionato, ma il suo fidanzato che dovrebbe, almeno teoricamente, amare” esclama Freya e Merlino, a queste parole, sente un’altra morsa allo stomaco, decisamente meno piacevole di quelle sentite per Artù e, prima che lo assalga una brutta sensazione di nausea, decide che è meglio mettere fine a quella sciocca conversazione e si avvicina agli amici.

“Merlino!” esclama Lancillotto.

“Mi dispiace, non sono riuscito a fermarlo, Lancillotto” si scusa il ragazzo “Non volevo che succedesse una scenata così alla tua festa”

“Non mi interessa della scenata, Merlino. Tu stai bene?”

Il moro annuisce, prima di rivolgersi ad Artù che non ha detto una parola, ma non gli ha staccato gli occhi di dosso “Senti, mi dispiace strapparti così ad una festa, ma ti va di tornare a casa? Non mi sento troppo bene e vorrei evitare di vomitare nel bagno di questo locale”

Artù si alza, appoggiando una mano sulla spalla del coinquilino “Certo, non c’è problema. Ce la fai a salire sulla moto o preferisci fare due passi un attimo?”

“No, no, ce la faccio. Tu sei abbastanza sobrio?”

“Sì, mi sento bene, ho bevuto solo una birra” lo rassicura “E poi andremo piano, non preoccuparti”

Merlino gli fa un piccolo sorriso tirato di convenienza, prima di rivolgersi di nuovo a Lancillotto “Scusami, amico”

“Ci mancherebbe. Facci sapere se ti senti meglio”

Gwen abbraccia il moro, mentre Gwaine gli appoggia un braccio sulla spalla “Ti saluteremo Freya”

Dopo pochi convenevoli, i due coinquilini escono dal locale e, montati a cavallo della moto, si dirigono verso casa, con una lentezza esasperante e un silenzio assordante.

È solo quando Artù parcheggia e Merlino va di corsa verso il portone che il biondo si decide a parlare “Come ti senti?”

“Bene”

“Merlino?” il biondo lo raggiunge, tenendo aperta la porta con un braccio.

“Uhm?”

“Tu hai detto che tra amici si possono fare domande imbarazzanti, vero?”

“Non mi sembra di aver detto proprio così, in realtà”

“Perché stai con Will?”

“Non mi sembra nemmeno di aver detto che noi siamo amici” risponde laconico, iniziando a salire le scale.

Entrano in casa in assoluto silenzio e Merlino va dritto filato in camera, senza aggiungere più nemmeno una parola.






Spazio autrice per scusarmi che chissà se verrà letto prima che la storia venga rimossa dalle seguite
Ciao a tutti!
Intanto per incominciare voglio ringraziare chi sta leggendo la storia e dirvi che sono molto fiera di voi lettori fedeli, a chi recensisce e a chi ha messo la storia tra le seguite/ ricordate/ preferite. Mi date davvero una carica in più per scrivere.
Passiamo alla nostra super festa! Lancillotto festeggia in grande, lo vedo molto come persona amata e benvoluta da tutti, quindi locale ovviamente strapieno e Gwaine felice come un bambino con le caramelle. Morgana è un personaggio che mi piace molto e mi sembra la persona che può stare al fianco di Artù, con cui il ragazzo possa scambiarsi uno sguardo complice tipico di chi è cresciuto insieme. Invece so che Will si comporta in modo orribile (e mi dispiace se qualcuno tra di voi è un suo fan, io vi assicuro che non lo odio, anzi) ma per la storia mi serve che sia tremendamente geloso e, quindi, molto impulsivo, nervoso e a tratti irascibile. Bisogna che si lascino o la love story Merlino - Artù non può iniziare.
Ho davvero paura che l'incontro tra Artù e la banda sia un po' banale (ma tanto questa è una storia fatta di cliché, no?) ma cerco sempre di immaginarmeli come ragazzi, come se fossero parte del mio gruppo di amici e quindi non voglio inserire troppe cose particolari o poco credibili, insomma.
In conclusione, devo davvero cercare di essere meno prolissa in questo spazio perché a voi è la storia che interessa, ma devo pur sfogarmi alla fine di un capitolo :)
Spero che la festa vi sia piaciuta!
A presto,
Felpie

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 - È bello ciò che piace ***


Quando indietro non si torna
Quando l'hai capito che
Che la vita non è giusta
Come la vorresti te
Quando farsi una ragione
Vorrà dire vivere
Te l'han detto tutti quanti
Che per loro è facile
(Ligabue - Il giorno di dolore che uno ha)



Se c’è una cosa che Merlino davvero non sopporta è l’orribile sensazione che prova quando si alza al mattino ogni volta che la sera beve troppo: ha un cattivo sapore in bocca, la testa gli pulsa da morire e sente lo stomaco sottosopra. Ma quando il giorno dopo si sveglia e fissa il soffitto con un braccio sopra la fronte, non sente niente del genere – com’è anche normale, visto che ieri non ha bevuto quasi nulla e che la nausea che aveva non c’entrava assolutamente nulla con l’alcool – ma solo un gran peso sul petto ed uno spiacevolissimo non-so-ché che lo ha accompagnato per tutta la notte.

Di una cosa però è sicuro: deve scusarsi con Artù. Dovrebbe scusarsi con tutti, a dire la verità, a partire da Lancillotto, per aver fatto tanto trambusto alla sua festa, continuando con Will per non essere il fidanzato che desidera e terminando con Artù per come lo ha trattato ieri. Sì, forse Artù è quello che merita delle scuse più di tutti: non solo l’ha portato ad una festa e non è stato con lui per niente, abbandonandolo nelle mani di Gwaine – non che a lui probabilmente sia dispiaciuto, ma il moro pensa non sia stata una cosa troppo carina – ma lo ha anche costretto ad assistere ad una discussione pietosa, seguita dal suo malumore. Lo ha fatto tornare a casa dicendo di non sentirsi bene – cosa vera, almeno quello – e quando aveva provato a mostrarsi gentile con lui lo aveva trattato malissimo e aveva detto che non erano nemmeno amici. Non è vero, loro sono amici. Non si conoscono molto, questo è vero, ma le amicizie da qualche parte dovranno pur incominciare.

Quindi la prima cosa da fare è scusarsi con lui.

Merlino sospira, prima di scostare le coperte e dare un’occhiata alla sveglia: le 11.47, è tardissimo. Aveva deciso che avrebbe studiato tutto il giorno ma a quanto pare gran parte del giorno è già bello che andato e lui non sa spiegarsi nemmeno il motivo visto che ha passato la notte a rigirarsi nel letto e non si è nemmeno accorto di essersi addormentato. Vede una lucina del telefono che lampeggia ad intermittenza, segno che gli sono arrivati dei messaggi, ma decide di ignorarli, almeno per il momento: si immagina già chi glieli ha mandati.

Si alza e va in bagno a sciacquarsi il viso, dove due occhiaie da manuale capeggiano ben in vista, prima di andare in cucina; sta per prepararsi un caffè, pensando che dovrà andare anche a fare la spesa o il pranzo sarebbe saltato, quando sente la chiave nella toppa e Artù appare con le braccia cariche di buste di plastica del supermercato. Merlino lo guardo stupito, con una mano ancora al barattolo di caffè, mentre il viso del coinquilino si apre in un sorriso.

“Buongiorno! Come ti senti?”

“’Giorno… sei andato a fare la spesa?” chiede sorpreso, dando un’occhiata ai sacchetti che Artù ha appoggiato sul tavolo.

“Se voglio mangiare, qualcuno deve andare a prendere le cose essenziali” dichiara lui, come se fosse ovvio.

“E da quando sai fare la spesa?”

“Sono uno che impara in fretta” risponde il biondo con un sorriso “Ho comprato il pane, il latte, le uova…”

“Mi dispiace per ieri sera” lo interrompe bruscamente Merlino e Artù si ferma a guardarlo; il moro, invece, si impegna per tenere lo sguardo fisso sul barattolo di caffè che tiene tra le mani “Tu hai provato ad essere gentile con me ed io ti ho risposto in maniera orribile. Ti ho detto che non siamo amici, ma non lo penso sul serio”

“Eri arrabbiato”

“Non si dovrebbero mai dire certe cose, nemmeno se si è arrabbiati” Merlino si siede sulla sedia – o meglio, si lascia cadere – e anche Artù lo imita, affiancandolo “Non è vero che non siamo amici”

“Lo so” commenta semplicemente Artù e a queste parole Merlino alza lo sguardo.

“Come fai a saperlo?”

“Perché sono un coinquilino fantastico ed un ragazzo meraviglioso, tutti vogliono essere miei amici”

Merlino, che si aspettava qualcosa di totalmente diverso, forse più serio e filosofico, scoppia a ridere all’istante – e pensa che forse è molto meglio così, senza troppa filosofia tra i piedi “Sei davvero un idiota”

“Perché stai con Will?”

Eccolo, il solito modo di fare di Artù, il passare da un argomento all’altro come se nulla fosse e il suo voler sapere le cose più scomode e fastidiose.

“Perché tengo a lui e con lui sto bene ti basta come spiegazione?”

“No” risponde il biondo, prima di sorridere “Sono un futuro avvocato, devo sapere ogni dettaglio del mio cliente”

“Io non sono il tuo cliente” gli fa notare Merlino, prima di aggiungere con un sospiro “Io e Will stiamo insieme da tre anni e siamo amici da una vita: non voglio perderlo. Lui ci è sempre stato per me”

Artù non aggiunge nulla, ma continua a guardare il coinquilino negli occhi che, al contrario, si ritrova nuovamente molto interessato al caffè nel barattolo.

“Quando ho fatto coming out ero l’unico gay dichiarato nella mia scuola” gli racconta Merlino “Speravo di… non lo so, cambiare il mondo partendo dal piccolo, diciamo. Mi sarebbe piaciuto che altri seguissero il mio gesto e non avessero paura di rivelarsi per ciò che sono davvero, ma non ho avuto granché successo, in realtà. In compenso ci ho guadagnato un bel po' di scherzi spiacevoli, dispetti e occhiatine: non so cosa sinceramente i ragazzi pensino dei gay, ma credo abbiano paura che siamo pronti a saltargli addosso appena abbassano la guardia. Mi sembrava di essere nel Medioevo!”

A quelle parole, il ragazzo rialza lo sguardo ed osserva gli occhi celesti del coinquilino, che domanda “Vi conoscete da tanto tu e Will?”

“Siamo cresciuti insieme, abitavamo nello stesso condominio in una piccola città un po' lontana da qui. Giocavamo sempre insieme e passavamo giornate intere a chiacchierare; siamo venuti a studiare qui, perché i nostri genitori volevano che avessimo una buona istruzione ma erano spaventati di mandarci in giro da soli. Insieme invece avevano detto che ci saremmo presi cura l’uno dell’altro. E Will non si è mai fatto problemi sul mio essere gay. Mi ha sempre difeso, non mi ha mai lasciato da solo. È sempre stato un vero amico per me, insomma. E quando mi ha baciato, tre anni fa, mi sembrava che ricambiare il suo amore fosse un po' come… ricambiare tutto ciò che lui aveva fatto per me, ecco”

“Non puoi vivere per accontentare gli altri” ribatte Artù e a Merlino torna in mente ciò che gli ha raccontato del suo rapporto con il padre, il primo giorno al pub insieme: sembra una vita fa, in quel momento.

“Non so perché ti sto raccontando certe cose, magari non ti interessano nemmeno…”

“Te l’ho chiesto io. Non l’avrei fatto se non mi fosse importato. Come hai detto tu siamo amici, no?”

“Io so che mi pentirò di questa cosa dell’amicizia” entrambi i ragazzi scoppiano a ridere, prima che Artù chieda di nuovo.

“Quando hai capito di essere gay?”

“Lo so da sempre credo, come tu sai che ti piacciono le ragazze” risponde il ragazzo “Ne ho avuto la conferma quando sono andato con Lancillotto a guardare una partita di calcio della scuola dove giocava Freya. Quando mi ha chiesto chi mi piaceva di più gli ho risposto l’arbitro”

Artù scoppia a ridere “L’arbitro?”

“Sì, era uno dell’ultimo anno, biondo e con un sorriso smagliante” racconta Merlino, lasciandosi andare ad un sorriso.

“Un po' tipo me, insomma” ridacchia il coinquilino.

“Non so, non ci ho mai parlato. Non so se fosse un idiota come te”

Merlino si sente leggero. Non sa come altro spiegare quella sensazione se non con la parola “leggero”: come se non avesse passato una nottata orrenda, come se non fosse in un litigio folle con il suo ragazzo, come se non avesse mille messaggi da parte dei suoi amici che gli chiedono come stia. Si sente come se fosse una semplice mattina in cui si sta preparando il caffè e in cui sta chiacchierando amabilmente con il suo coinquilino. E la cosa lo rende… felice.

“Merlino!” esclama allibito Artù, ma si lascia andare ad un sorriso, prima di aggiungere “È bello vederti sorridere”

Il moro non si era nemmeno accorto che sul suo viso si fosse disegnato un sorriso e la cosa gli fa abbassare lo sguardo.

“Allora, che ne pensi della spesa?”

Merlino sbatte un attimo gli occhi, prima di capire di cosa il coinquilino stia parlando, poi si alza, si avvicina alle buste e commenta “Direi che venti uova sono leggermente troppe e che mezzo litro di latte è troppo poco, ma ci possiamo lavorare”

Artù gli lancia contro una scatola di fazzoletti, prima che entrambi scoppino a ridere.

Scusami per ieri, ho esagerato. Vieni a prendere un caffè?

Merlino sospira, leggendo il messaggio di Will. Ha ignorato i messaggi preoccupati di Gwen, quelli curiosi di Freya e quelli da ubriaco di Gwaine, ma quello del fidanzato l’ha letto, anche se un po' in ritardo. Sa che dovrebbe andare da lui, nonostante il suo turno sia quasi finito. O forse, proprio perché il suo turno è quasi finito. Dovrebbe andare da lui e passare il resto della giornata insieme, ignorando il tomo di anatomia che continua ad essere un monito per l’esame sempre più vicino. Dopotutto, lo zio Gaius gli ripete sempre di vivere il presente e concentrarsi sulle cose che può controllare piuttosto che su cose che potrebbero avere mille variabili – tradotto l’esame su un libro da più di mille pagine.

Ho letto ora, stanotte non ho dormito molto. Invito ancora valido?

Ma sì, è la risposta giusta. Se lo continua a ripetere mentre va in bicicletta, mentre Will lo bacia e mentre si siedono al tavolino. È giusto essere lì con lui, il suo ragazzo, e non con Artù a guardare una stupida partita di rugby: a lui poi il rugby nemmeno piace.

“Com’è finita ieri la festa?”

Merlino scrolla le spalle “Sono andato via poco dopo, in realtà”

“Non volevo rovinare così la serata”

“Non ti preoccupare, Lancillotto non se l’è presa” il moro non ha più voglia di fare certi discorsi, vuole pensare a qualcos’altro, vuole essere leggero come si è sentito quella mattina con Artù “Tra un po' è Natale, comunque. Vuoi qualcosa di particolare per regalo?”

“Natale? Tu fai i regali un po' troppo in anticipo” ridacchia Will “Non lo sai che si fanno il giorno prima di solito?”

“Mi piace essere organizzato” si giustifica Merlino – e voglio anche disperatamente cambiare argomento, vorrebbe aggiungere “Quindi, vuoi qualcosa di specifico?”

“Sbizzarrisciti, i tuoi regali sono sempre azzeccati. Ma non dovresti concentrarti su anatomia?”

“Se oggi vedo un altro osso penso che potrei vomitare”

“Un medico dallo stomaco di ferro, insomma”

Merlino ride e non può fare a meno di chiedersi perché non sia più tutto così con Will, come quando erano agli inizi, una risata dopo l’altra e nessuna pressione.

“Un po' come con Artù” gli sussurra una vocina fastidiosa nella sua mente, che viene rapidamente messa a tacere.

Tutto sommato, l’uscita è piacevole e il ragazzo riesce ad accantonare la fastidiosa sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato, che qualcosa non sia esattamente come dovrebbe essere e che non dovrebbero andare così le cose. Almeno finché non saluta Will un po' di sfuggita, mentre il fidanzato risponde al telefono, e non riprende la bicicletta per tornare a casa. Perché subito gli torna in mente che non va tutto bene, che quelle semplici scuse non possono bastare per giustificare tutti quei periodi storti tra loro e perché riflette che non ha pensato alla cena per lui e per Artù.

Non sa perché ma questo pensiero è quello che gli mette più ansia di tutti in quel momento e il fatto che vuole vedere Artù sorridergli, dicendogli che ha cucinato malissimo, ma poi mangiando tutto comunque non c’entra assolutamente nulla, si ripete. Sì, non c’entra nulla. E per dimostrarlo si ferma a prendere due pizze da asporto, perché così non dovrà cucinare nulla.

Ma quando apre la porta di casa e si trova davanti Artù con solo un asciugamano intorno alla vita, mentre beve una birra comodamente seduto sul divano, non può far altro che lasciar cadere le pizze a terra e urlare “Cazzo”.






Spazio autrice mio ehilà questa volta c'è un'anticipazione
Ciao e ben arrivati alla fine di questo capitolo (ma qualcune le legge davvero queste note?).
Intanto grazie a chi sta leggendo la mia storia, a chi recensisce, a chi ha aggiunto la storia tra preferiti/ ricordate/ seguite e a chi vuole questa Merthur (che arriverà, davvero, prima o poi).
In questo capitolo ho cercato di mostrare che Will non è un personaggio così orribile, perché mi sono resa conto di averlo proprio bastonato (e il prossimo capitolo sarà davvero tremendo) quindi voglio ripetervi che io non lo odio... semplicemente tra loro due non può funzionare (anche perchè Merlino deve stare con Artù, insomma). E sì, Merlino si sta davvero rendendo conto di che persona fantastica è Artù (amici? Ma dai, chi ci crede, Merlino?).
Inoltre Merlino ce lo vedo molto come ragazzo che vuole salvare il mondo partendo dal piccolo, anche su una causa come l'omofobia, quindi ho cercato di farlo un po' paladino della giustizia. E poi, dai, Merlino paladino e Artù supereroe sono una grande accoppiata.
Siccome mi sento un po' in colpa per questi capitoli così un po' spezzati e perché spero di farvi appassionare alla storia, questa volta vi lascio un'anticipazione del prossimo capitolo (ho deciso di farlo per i capitoli un po' meno... d'azione, insomma, giusto per farvi capire che prima o poi qualcosa succede, ecco).
Spero che il capitolo vi piaccia :)
A presto,
Felpie


“Macché! Oppure possiamo passarlo solo io e te” cambia di nuovo idea Artù “Ed invitare gli altri solo per un giorno nelle vacanze”

“Vedo che hai le idee chiare” ridacchia il moro.

“Mi verranno più chiare con l’avvicinarsi del giorno, non preoccuparti” esclama il coinquilino, prima di abbassare un po' la voce “Però sarebbe un… costruirci le nostre tradizioni natalizie, ecco”

Merlino lo guarda “Lo sai che una tradizione è tale solo se viene fatta più volte, vero?”

E quando il biondo scrolla le spalle e risponde semplicemente “vorrà dire che passeremo più Natali insieme”, il giovane medico sente un’altra morsa allo stomaco – l’ennesima, in compagnia di Artù – a cui questa volta non sa proprio dare un nome.



E l’unica cosa che riesce a fare in quel momento è girarsi di botto, correre fuori dal locale sotto lo sguardo confuso del proprietario e andare a slegare la bici dal palo in tutta fretta. Vuole solo andarsene da lì e mettere quanta più distanza possibile da quello stupido locale.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Stomaco galeotto ***


Perdono si quel che è fatto è fatto io però chiedo
Scusa regalami un sorriso io ti porgo una
Rosa su questa amicizia nuova pace si
Posa perdono
Con questa gioia che mi stringe il cuore
A quattro cinque giorni da Natale
Un misto tra incanto e dolore
Ripenso a quando ho fatto io del male
E di persone ce ne sono tante
Buoni pretesti sempre troppo pochi
(Tiziano Ferro - Perdono)


 
“E che cosa hai fatto dopo?”

“Che altro potevo fare? Gli ho detto che mi aveva fatto prendere un colpo e l’ho buttata sul “mi hai fatto rovinare la cena”. Non potevo certo dirgli che pensavo fosse davvero bello”

“Quindi pensi che sia davvero bello?”

A queste parole, Merlino fulmina con lo sguardo Lancillotto. Hanno appena finito le lezioni e stanno aspettando l’arrivo degli altri tre ragazzi per andare a bere qualcosa insieme prima di cena e il moro è esploso ad un semplice “come va”: doveva raccontare a qualcuno quello che gli era successo il giorno prima.
Non che fosse successo niente, come continua a ripetersi, ma non è da persone normali e razionali far cadere la cena solo perché il coinquilino ha deciso di bersi una birra mezzo nudo.

“Non penso che sia bel… non è questo il problema!” esclama Merlino, sentendo già le guance scaldarsi.

“E allora qual è? Veramente, fare la parte di Gwen in questo momento è davvero difficile”

“Il problema è che ho appena fatto in tempo a dirgli che i gay non saltano addosso ad ogni maschio che respira e già mi sento il latte alle ginocchia solo perché quel somaro gira senza maglietta in casa. In casa sua” specifica Merlino “E per il fatto che io sono fidanzato da tre anni”

“Sono assolutamente convinto che Gwen o Freya in questo momento ti sarebbero molto più utili di me, lo sai, vero?”

“Non posso dirlo a loro! Quindi tu dovrai mantenere il mio segreto, come hai tenuto per te il fatto che ero gay quando ancora nessuno lo sapeva”

“Esattamente, qual è il segreto che dovrei mantenere?” Lancillotto sta davvero faticando a star dietro ai pensieri dell’amico, che è talmente agitato che non smette di gesticolare.

“Che per un attimo, ma solo per un attimo, ho pensato che Artù sia un bel ragazzo e mi sono temporaneamente dimenticato di essere fidanzato” Merlino è così agitato che non si accorge nemmeno di risultare assolutamente incomprensibile al povero Lancillotto, che sta cercando di fare del suo meglio.

“Sì, ma, oggettivamente parlando, Artù è davvero un bel ragazzo. Non mi sembra un segreto poi così grande…”

“Non devi dirlo a nessuno, Lancillotto. A nessuno, capito? Gwen mi psicanalizzerebbe all’istante e Gwaine e Freya insulterebbero Will e mi direbbero di lasciarlo per Artù”

“E non pensi che potrebbe essere forse…?”

“La scelta giusta? No, non lo è. Punto primo, Artù non è gay. E poi è una scelta totalmente sbagliata, come lanciarsi da un burrone senza paracadute, sperando di non farsi troppo male spiaccicandosi al suolo. È una scelta assolutamente da non fare. Sistemerò le cose con Will, ormai ci conosciamo da troppo perché io non sappia come fare”

“Stai parlando di…?” mormora l’amico, un po' a disagio – dopotutto, tra loro, di quelle cose non ne parlano mai.

“NO! Ma cosa hai capito… no, no, semplicemente so cosa piace a Will e posso trovare un modo per farmi perdonare”

“Ma perdonare di cosa, esattamente? Di aver sbavato mezzo secondo dietro ad Artù nudo?”

“Per non essere stato presente nell’ultimo periodo e per non avergli fatto sentire il mio affetto. Probabilmente è per questo che ha dato di matto alla tua festa e che non facciamo altro che litigare” o almeno, è quello che la mente di Merlino è riuscita a trovare come giustificazione per il comportamento del ragazzo nell’ultimo periodo. Anche quella mattina era stato strano, augurandogli buongiorno come non faceva da mesi… era evidente che stava provando a riavvicinarsi e Merlino doveva mettercela tutta per ricambiare la cosa e fargli sentire la sua vicinanza.

“Merlino… tu sei stato presente per Will nell’ultimo periodo. Tu sei sempre presente per lui, è lui che non è contento di come sei tu e che vorrebbe che lo venerassi come lui venera te”

“Sono sicuro che queste vacanze di Natale ci serviranno per sistemare il nostro rapporto e ripartire l’anno prossimo più carichi che mai”

“Dovresti davvero concentrarti su anatomia, Merlino, e smetterla di pensare sciocchezze simili”

Il moro guarda l’amico, prima di sbuffare, un po' divertito “Quando fai la Gwen della situazione sei davvero insopportabile, Lancillotto. E ti prego, parliamo di qualsiasi cosa ma non di anatomia… ne parlo già a sufficienza con me stesso, senza bisogno del tuo aiuto. Tra un po' ne esco matto”

L’altro scoppia a ridere “Tu sei davvero incontentabile, Merlino”

E questa conversazione – per quanto sia stata più un monologo che un vero e proprio dialogo – aiuta parecchio Merlino, perlomeno nel decidere come comportarsi nei giorni successivi e con l’avvicinarsi delle vacanze: si è ripromesso di ricucire quel rapporto lacerato con il fidanzato, quindi si mette d’impegno per concentrarsi sulle due cose importanti della sua vita in quel momento, Will e l’anatomia.

E sì, si sente contento quando Will dimostra di apprezzare le sue sorprese sul lavoro e i suoi messaggi la mattina, con baci dolci e carezze affettuose, ma ogni tanto, mentre Artù gli legge il giornale o quando guardano un film, Merlino si ritrova a chiedere come sarebbe baciare lui, scuotendo la testa un attimo dopo e maledicendosi per simili pensieri. E gli fa piacere che il fidanzato lo vada a prendere a lezione e che facciano lunghe passeggiate, ma quando Artù torna a casa e gli porta le caramelle non si accorge nemmeno del sorriso che gli va da un orecchio all’altro.

Ed è convinto di crollare appena uscito dall’esame di anatomia, totalmente confuso e incapace di dare un giudizio su come sia andato, ma il suo coinquilino è lì ad aspettarlo con la moto – Will è ancora al lavoro – e gli dice che vuole portarlo a festeggiare al pub. E lui ci prova davvero a dire che non ha voglia di festeggiare perché non sa minimamente se l’ha passato o no, ma Artù non vuole sentire ragioni e, senza nemmeno accorgersene, Merlino si ritrova davanti ad un boccale di birra e alla faccia sorridente di Parsifal.

Vengono raggiunti anche da Morgana e Leon, che finalmente il moro riesce a conoscere: è un ragazzo simpatico e ride di continuo insieme ad Artù. Ma la morsa allo stomaco che Merlino sente mentre li vede scherzare insieme viene rapidamente archiviata come “ansia post-esame” e il ragazzo fa ostinatamente finta di nulla.

E il fatto che, a causa di una tormenta di neve, non può tornare a casa sua per le vacanze di Natale, non gli pesa poi così tanto come aveva immaginato: certo, non potrà vedere la madre o lo zio Gaius fino ad anno nuovo, probabilmente, ma passerà il suo primo Natale a casa con Artù – con Will, Merlino, lo passerai con Will che rimarrà qui perché bloccato al lavoro – e la cosa non gli dà più così tanto fastidio.

Che Artù sarebbe rimasto lo sa per certo e già da un bel po', perché il padre ancora non gli ha perdonato questa sua voglia di indipendenza e il lavoro come segretario. Nemmeno l’idea del figlio futuro avvocato l’ha smosso, perché è convinto che mollerà dopo poco perché troppo impegnativo o solo per fare un’altra sciocca ribellione. E quindi il biondo si è rifiutato di tornare a casa per le vacanze di Natale, preferendo rimanere a casa sua, dove ha appunto iniziato a costruire la sua indipendenza.

“Che cosa vuoi mangiare per Natale?” gli domanda Merlino, mentre fa la lista della spesa.

“Tu che mangi di solito?”

“Io?” chiede stupito il moro “Carne e patate in gran quantità”

“Allora va bene quello” Artù ha una voce stranamente poco allegra e il coinquilino si domanda se ci sia qualcosa che non va; così si alza dal tavolo e lo raggiunge sul divano.

“Va tutto bene?”

Il biondo annuisce.

“Sei sicuro? Puoi dirmelo se qualcosa ti turba” mormora Merlino senza staccargli gli occhi di dosso “Vorresti passare il Natale con la tua famiglia, vero?”

Artù non risponde.

“Guarda che è una cosa perfettamente comprensibile, eh” aggiunge quindi il moro “Solo perché sei in lite con tuo padre non vuol dire che non ti debba mancare molto”

“A te non manca la tua famiglia? Non ne parli mai”

Merlino si trattiene dal fargli notare che nemmeno lui parla molto della sua, se non per dire che suo padre è un gran tiranno, e si limita a scrollare le spalle “Mi manca, certo. E anche se è parecchio tempo che non vivo a casa mia ne sento la mancanza ogni giorno. Ma ormai sono innamorato di questa vita e non tornerei nella mia cittadina”

“Da quanto vivi lontano da casa?”

“Da quando ho iniziato il liceo” racconta il moro “Ho vinto una borsa di studio per stare in un dormitorio studentesco e quindi sono sempre tornato a casa poche volte, a Natale e nell’estate. Ultimamente le visite si stanno riducendo davvero parecchio, però”

“Perché?”

“Perché la mia vita è qui” spiega paziente Merlino “Perché ho i miei amici, la mia casa e la mia università. Ma uno si costruisce la sua vita con calma, non puoi pretendere di andartene da un giorno all’altro da casa tua e non sentirne la mancanza”

“Dici che dovrei tornare per Natale?”

“Dico che è una cosa che devi decidere tu, io non posso sapere come ti senti a riguardo. Però aggiungo che sei fortunato e che puoi tornare a casa anche all’ultimo momento, senza particolari preavvisi o viaggi da prenotare, quindi hai tutto il tempo di deciderlo”

Artù incastra lo sguardo negli occhi di Merlino e lo guarda profondamente, immerso in chissà quali pensieri; il moro, però, non si sente a disagio, nonostante la vicinanza e nonostante l’intensità dello sguardo di Artù. Si sofferma invece a pensare che ha davvero degli occhi ammalianti: tutto in Artù lo è, dal sorriso quando è stanco allo sguardo furbo di quando ha combinato qualcosa e non lo vuole dire.

“Sai che c’è?” esclama dopo un po', con un tono decisamente diverso dal precedente “Non ci torno a casa, rimango qui con il mio coinquilino che senza di me non sopravvivrebbe un giorno”

Merlino sorride “Guarda che sei tu che non sai cucinare, asino”

“Sì, ma tu senza di me non ti sai divertire” e il moro non può ribattere a questa cosa perché è vero che da quando c’è Artù in casa lui si diverte molto di più. Più di quanto si divertiva con Lancillotto – nonostante lui sia il suo migliore amico e adori stare in sua compagnia – più di quanto si diverte con Freya quando è ubriaca, più di quanto si divertirebbe probabilmente con chiunque. E il continuo punzecchiarsi ed insultarsi per poi tornare seri un attimo dopo non fa che migliorare questo rapporto che stanno formando e che ha un che di unico.

“Tralascio dal commentare quella che forse è la più grande idiozia uscita dalla tua bocca e ne approfitto per chiederti nuovamente cosa vuoi da mangiare a Natale” sbuffa Merlino, ma in realtà il suo cuore sta sorridendo. Può un cuore sorridere? Il ragazzo non lo sa, ma non saprebbe nemmeno come altro descrivere quella sensazione.

“Potremmo sbizzarrirci!” dichiara il biondo, con un luccichio negli occhi che fa rabbrividire il coinquilino “Potremmo chiamare Gwaine e Leon, Freya, Lancillotto, Parsifal e Gwen! E anche Will, ovviamente”

“Non facevi prima a dire chiamare tutti?” ridacchia Merlino “E che cosa dovremmo mangiare?”

“Quello che cucinerai tu, ovviamente”

“Quindi devo mettermi a lavorare il giorno di Natale, in pratica”

“Ti aiuterei io, ovviamente” ora anche il sorriso di Artù è inquietante e Merlino è davvero spaventato all’idea di vederlo anche solo avvicinarsi ai fornelli, ma il pensiero di un Natale così allegro lo fa divertire.

“Basta che non diamo fuoco a casa…”

“Macché! Oppure possiamo passarlo solo io e te” cambia di nuovo idea Artù “Ed invitare gli altri solo per un giorno nelle vacanze”

“Vedo che hai le idee chiare” ridacchia il moro.

“Mi verranno più chiare con l’avvicinarsi del giorno, non preoccuparti” esclama il coinquilino, prima di abbassare un po' la voce “Però sarebbe un… costruirci le nostre tradizioni natalizie, ecco”

Merlino lo guarda “Lo sai che una tradizione è tale solo se viene fatta più volte, vero?”

E quando il biondo scrolla le spalle e risponde semplicemente “vorrà dire che passeremo più Natali insieme”, il giovane medico sente un’altra morsa allo stomaco – l’ennesima, in compagnia di Artù – a cui questa volta non sa proprio dare un nome.

Ma, per la miseria, non la dovrebbe sentire. Anche se è una cosa così piacevole, anche se lo fa sentire così bene, non dovrebbe provare una sensazione del genere con Artù, il suo coinquilino, l’asino reale, l’idiota a tempo perso. Dovrebbe provarlo per Will, il suo ragazzo. Merlino ha urgente bisogno di provarla con lui, prima che il suo cervello combini picche con quadri e ottenga un bel casino ed un mal di testa da manuale.

Non sa come, quindi, ma si ritrova sulla bicicletta e di certo ha superato il supermercato dove va a fare la spesa di solito e la strada è fastidiosamente simile a quella per andare al bar dove lavora Will; le sue gambe si stanno muovendo da sole e la mente di Merlino registra dove si trova solo quando è partito da parecchio. E allora tanto vale andare fino in fondo e salutare il suo ragazzo, o avrà preso un freddo cane in bicicletta per nulla.

Parcheggia la bici, ripetendosi che si sentirà meglio una volta che avrà visto Will e disperso quei dannati dubbi – che ormai lo stanno assalendo sempre più spesso, ma a cui preferisce non fare caso – e apre la porta del locale. Lo incuriosisce un po' il fatto che lui non sia lì, visto che è sempre dietro al bancone, ma saluta educatamente il capo e gli chiede dove sia; l’uomo gli fa cenno di andare sul retro.

“Magari è in pausa” pensa il moro, avviandosi verso la piccola porta di legno vecchio che conduce ad un piccolo cortile esterno.

Sente la voce di Will prima ancora di abbassare la maniglia, una risata che è da molto che non sente più, non così sguaiata e piena di vita comunque. E il sorriso che si ritrova davanti, quando varca la soglia lo spiazza all’istante, perché è rivolto ad un ragazzo che non conosce e che ora sta baciando Will – il suo ragazzo – dolcemente e senza farsi troppi problemi.

Come reagire ad una situazione del genere Merlino sicuramente non lo sa. Non ne ha proprio la minima idea e non sa nemmeno quale processo biologico sia quello che gli sta prendendo a pugni lo stomaco, perché è davvero quella la sensazione che prova, ma non si ricorda di averlo letto in nessuno libro di medicina. Si accorge che sta ancora stringendo tra le mani la maniglia solo perché avrebbe davvero voglia di tirargli contro qualcosa, la prima cosa a portata di mano, solo per dire “Ehi, sono qui, sono il tuo ragazzo, ti ricordi?”

E in quel momento si maledice davvero per aver pensato ad Artù in qualsiasi senso vagamente romantico, perché se Will l’avesse saputo probabilmente si sarebbe sentito come lui in quel momento. Artù… lo vorrebbe tanto vicino a lui, in questo momento. Vorrebbe un suo abbraccio. Non che si siano mai abbracciati, in realtà, più pacche sulle spalle e cose simili, ma se lo immagina come qualcosa di caldo, protettivo e molto, molto confortevole.

Chissà se Will avverte questa forte presenza di Artù – pur non essendo fisicamente lì – perché proprio in quel momento si stacca dal ragazzo, come se avesse sentito un rumore – o avesse avvertito una presenza – e i suoi occhi si spalancano quando incrociano quelli del fidanzato.

Merlino, dal canto suo, è grato a quella piccola maniglia che lo sta sorreggendo o è sicuro che sarebbe finito a terra, lungo e disteso, senza possibilità che le ginocchia lo reggessero.

“Merlino…” mormora Will, avvicinandosi di un passo. E Merlino in risposta cosa fa? Chiude di scatto la porta, come se quel semplice pezzo di legno tra loro potesse sistemare tutto e farlo tornare indietro nel tempo, come se fosse stato solo un monito del futuro di una cosa ancora non successa. Come se potesse fermare Will dal raggiungerlo, una stupida porta senza nemmeno la chiave.

E l’unica cosa che riesce a fare in quel momento è girarsi di botto, correre fuori dal locale sotto lo sguardo confuso del proprietario e andare a slegare la bici dal palo in tutta fretta. Vuole solo andarsene da lì e mettere quanta più distanza possibile da quello stupido locale.






Spazio autrice persona amante dei cliché ehilà
Ehm, ehm... ehilà? C'è ancora qualcuno? Spero vivamente di sì. Non vorrei aver perso i miei venticinque lettori manzoniani con un semplice capitolo. Lo so, è una cosa crudele, un grandissimo cliché e Merlino non se lo meritava per nulla. Ma io amo i cliché (vi prego, ditemi che qualcuno li ama come me) e quei due hanno davvero bisogno di qualcosa che li separi o nessuno prenderà mai l'iniziativa. E sì, Merlino non se lo meritava, ma preferisco considerarla come una debolezza di Will piuttosto che qualcosa nato dalla cattiveria (spero di non aver perso tutti i fan di Will in un colpo). Non vuole far soffrire Merlino, ma è evidente che nessuno dei due ce la fa più e lui è stato il primo a cedere.
Ma la buona notizia è che almeno ora Merlino ha la strada spianata per Artù! (No, non è vero, non gliela renderò così facile, ma il super coinquilino saprà davvero esser incredibile, senza essere supereroe).
Non avevo mai provato a scrivere una scena del genere, spero non sia stata troppo banale o scritta in maniera penosa. Fatemi sapere che ne pensate!
Nel prossimo episodio vedremo un battaglione schierato al fianco di Merlino, ognuno a modo suo :)
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Sushi, italiano o messicano? ***


A parte che i sogni passano se uno li fa passare
Alcuni li hai sempre difesi, altri hai dovuto vederli finire
Niente paura, niente paura
Niente paura, ci pensa la vita, mi han detto così
Niente paura, niente paura
Niente paura, si vede la luna perfino da qui
Tira sempre un vento che non cambia niente
Mentre cambia tutto sembra aria di tempesta
Senti un po' che vento, forse cambia niente
Certo cambia tutto sembra aria bella fresca
(Luciano Ligabue - Niente Paura)


Stupido, dannato lucchetto.

A Merlino tremano le mani, mentre cerca di infilare la chiave nel verso giusto: maledetta vecchia catena che lega quella maledetta bicicletta scassata.

“Merlino! Aspetta…” il ragazzo è in un attimo affianco a lui, che ancora è impegnato a trafficare con il pezzo di metallo, ma non ha intenzione di alzare lo sguardo.

“Lasciami spiegare, almeno”

Il click del lucchetto che finalmente si apre è il suono che risveglia Merlino dai suoi pensieri e gli fa alzare la testa “Che cosa vuoi?”

“Avrò il diritto di spiegarmi, no?”

“No, non ce l’hai, Will” risponde bruscamente Merlino, più di quanto abbia mai fatto con chiunque probabilmente “Lasciami andare a casa, per favore”

“Ti aspetta Artù?”

L’occhiata che il moro gli lancia gli fa cambiare tono rapidamente “Senti, avrei dovuto dirtelo, okay? Lo so, ho fatto una cazzata…”

“Tu dici?”

“Sì, io dico. È vero, lo so, ma quando sono andato via dalla festa di Lancillotto ero così… arrabbiato. Con te, con Lancillotto, con il tuo stupido coinquilino… Sono venuto qui, era il primo posto che mi è venuto in mente… E l’ho incontrato, il locale stava per chiudere e…”

“Aspetta, aspetta, aspetta: dalla festa?” lo interrompe Merlino, con un gesto della mano, e il ragazzo abbassa lo sguardo; il moro fa per spostare la bici, ma Will gli ferma il manubrio.

“Lasciami andare, per favore”

“Merlino, ti prego, urlami contro, dimmi qualsiasi cosa, insultami o quello che ti pare. Ma ti prego, parlami” lo implora Will “Mi sento uno schifo e davvero, davvero in colpa”

Il ragazzo stringe più forte il manubrio tra le mani, prima di salire sulla bicicletta, un piede ancora a terra per tenersi in equilibrio “Will… voglio andare a casa. Voglio solo andare a casa”

Il cameriere fa per aggiungere qualcos’altro, ma poi ci ripensa, richiude la bocca, lascia andare il manubrio e si fa da parte; non appena ha campo libero, Merlino parte e sfreccia più veloce che riesce giù per la strada, con l’unico desiderio di tornare a casa e rinchiudersi in camera per sempre.

Non ricorda né il viaggio in bicicletta, né di aver lanciato la giacca sul divano, le scarpe qua e là e di essersi barricato nella sua stanza. In realtà non si è proprio barricato, ha semplicemente sbattuto la porta dietro di sé, non l’ha nemmeno chiusa a chiave, ma nel buio della stanza, con le serrande tirate giù e la porta chiusa, si sente meglio. Non tanto, ma si sente un po' meglio.

Si lancia sul letto e a niente servono le urla di Artù dall’altra parte della porta che gli chiedono se va tutto bene e che è successo; in quel momento Merlino vorrebbe semplicemente sparire e far finta di non esistere, anche se ha freddo, tutto solo nel letto, e vorrebbe anche disperatamente un abbraccio. Ma non vuole aprire la porta o sarebbe come spalancare i cancelli di tutto ciò che è appena successo e il moro invece vuole far finta che lì, nella sua stanza, sia tutto come deve essere.

Non sa se si addormenta o se cade in una specie di dormiveglia, ma qualcosa lo desta dai suoi pensieri, un campanello che suona: è tardi, chi può essere? Ma non si prende la briga di alzarsi per andare a controllare e fortunatamente ci pensa il suo coinquilino. Non gli ci vuole molto però per riconoscere la voce di Gwen.

“Che succede? Merlino ci ha mandato un SOS con il telefono, roba che ci prende un accidente!”

“In realtà ve l’ho mandato io, non so bene come funzionino queste cose, ma Merlino è di là che piange e non… maledizione, non ho davvero idea di che cosa dirgli. Ci ho provato, davvero, ma… non… avevo paura di far peggio, qualsiasi cosa dicessi o gli chiedessi”

Sta piangendo? Il ragazzo si tocca gli occhi e li sente umidi di lacrime: non se ne era nemmeno accorto. Come non si è accorto che Artù gli abbia parlato. Non sarebbe cambiato molto, in realtà, ma la sua vicinanza gli fa… piacere. Sì, piacere, non c’è niente di male a dirlo. È contento che Artù si sia preoccupato per lui, che abbia addirittura chiamato i suoi amici perché non sapeva cosa fare.

“Ma che è successo?” questa è invece la voce di Lancillotto, Merlino la riconosce subito.

“Non lo so, è questo il problema. Non parla, si è messo a letto con le coperte fin sopra le orecchie e non sembra aver intenzione di muoversi per il resto della sua vita”

“Così dal nulla?” si informa Gwen.

“No, cioè è uscito ed è tornato come una furia. Non so nemmeno se mi abbia sentito mentre lo chiamavo”

“E dov’è andato?”

“Gwen, è ovvio dov’è andato!” la voce di Gwaine è, come sempre, più alta del normale e anche se non avessero muri così sottili Merlino la sentirebbe senza problemi “È andato da Will e avranno litigato perché lui è un deficiente e Merlino è troppo buono”

A quelle parole, il moro si stringe ancora di più sotto le coperte, mentre sente gli occhi che pizzicano (di nuovo).

“Gwaine…” prova a riprenderlo la ragazza, ma lui la interrompe.

“Niente Gwaine. Vogliamo sul serio rimanere qui a speculare o possiamo andare a chiederlo al diretto interessato? Anche perché, se ricordo bene, queste pareti sono sottili come la carta e sono sicuro che Merlino sa benissimo che siamo arrivati” c’è un momento di silenzio in cui nessuno aggiunge nulla “Va bene, allora vado io”

“Gwaine…” ma Gwen non riesce a fermalo e dopo pochi istanti il ragazzo apre la porta della stanza, dove il fagotto – Merlino è sdraiato malamente sul letto.

Però il moro è quasi più contento che sia entrato Gwaine, in quel momento la psicanalisi di una persona calma e pacata come Gwen è l’ultima cosa di cui ha bisogno. Ma fa comunque finta di dormire – ignorando perfino il ragazzo che va a sbattere contro il suo letto ed impreca malamente, almeno finché l’amico non apre le persiane di scatto facendo entrare un freddo polare e zero luce, visto l’ora tarda.

“Ma che cazz… Gwaine!” si lamenta infatti subito.

“Allora sei vivo, già è un ottimo punto di partenza” Gwaine accende la luce “Per poco non mi uccidevo per venirlo a constatare”

Il ragazzo lo squadra – o meglio, squadra quella parte di lui che è fuori dal letto, ergo i suoi capelli e mezza faccia – prima di dichiarare “Hai un aspetto orribile”

“E tu il tatto di un tricheco!” lo riprende Lancillotto, entrato in quel momento nella stanza insieme a Gwen.

“Merlino non le capisce le cose se non gli vengono dette con una certa grinta” ribatte l’altro, prima di togliere via bruscamente le coperte.

“Gwaine… chiudi quelle dannate finestre o ridammi immediatamente la coperta” sbuffa, alzandosi di scatto, Merlino, che in quel momento si sente davvero troppo esposto e vorrebbe solo nascondersi di nuovo nell’oscurità e nel suo letto.

Gwen si siede accanto ai piedi di Merlino “Ci vuoi dire cos’è successo?”

“No” risponde, gettandosi sul letto, con una mano sugli occhi.

“Dobbiamo chiedere a Will?” prova a rallegrare l’atmosfera Lancillotto.

“No”

“Possiamo tirare ad indovinare allora?” ci riprova.

“Potete lasciarmi in pace, se volete”

“Merlino, ti prego, dì qualsiasi cosa!” sbuffa Gwaine, dopo aver chiuso le finestre “Qualsiasi cosa, questa situazione mi sta facendo saltare i nervi e ho davvero voglia di prendere a pugni il tuo fidanzato”

“Sarete tutti contenti di sapere che non è più il mio fidanzato” alle gelide parole di Merlino, tutta la stanza piomba nel silenzio.

È Gwaine a rompere il silenzio “Posso dire che ne sono contento o passerei per maleducato?”

“Mi accodo” interviene Lancillotto “Cioè, Will è un mio amico e tutto, ma era davvero ora”

“Ragazzi, smettetela di fare gli insensibili” li rimprovera la ragazza.

“Oh no, hanno ragione” ribatte Merlino, appoggiando le mani dietro la testa “Solo che non me ne ero accorto, ecco. Will era… una certezza. Will era lì e c’è sempre stato”

“Anche noi ci siamo sempre, non dimenticartelo” gli fa notare Lancillotto, avvicinandosi “Per che cosa avete litigato questa volta?”

“Non penso si possa definire proprio litigare…” mormora il moro, prima di tirarsi leggermente su e guardarsi intorno “Dov’è Artù?”

I tre amici si guardano intorno, ma è Gwen a rispondere “Credo sia rimasto di là, per lasciarci parlare con te”

“Non… avrebbe dovuto. Anche lui è un mio amico. Lo potete chiamare, per favore?”

Dopo poco, il ragazzo appare sulla soglia, ma rimane comunque appoggiato alla porta, come se avesse paura di disturbare, avvicinandosi troppo.

“Ehi… come va?” chiede piano e Merlino scrolla le spalle.

“Will mi ha tradito. Non so sinceramente come mi dovrei sentire”

Il silenzio scende di nuovo nella stanza e, questa volta, non è Gwaine a romperlo con una delle sue solito battute, ma Gwen, che si avvicina ancora un po' a Merlino e gli appoggia una mano sulla sua.

“Ma ne sei proprio sicuro o è più un sospetto?” chiede Gwen “No perché magari hai capito male o…”

“L’ho visto” sospira Merlino “Vi prego, non concentriamoci sui se e sui ma. È successo davvero, sì, e so che vorreste insultarlo, ma… no. Per favore”

“Sai che non è colpa tua, vero?”

“Questa sembra proprio la classica frase cliché che si dice quando uno viene mollato” sbuffa Merlino “È ovvio che deve essere colpa mia. Cioè, insomma tu tradiresti Lancillotto se ci stessi bene?”

“Diciamo che io parlerei con Lancillotto se non ci stessi bene, non farei la vigliacca, nascondendo i problemi” risponde Gwen all’istante e il moro non può fare a meno di notare che è probabilmente la prima volta che l’amica parla male di Will “E non guardarmi così, si è comportato da codardo, non è che ci si può girare troppo intorno”

“Quindi, in sostanza, non è colpa tua, ma sua che non ha un briciolo di coraggio. Tu hai fatto del tuo meglio per sistemare le cose, ma è evidente che non potessero essere sistemate e che serviva ad entrambi un modo per staccarvi l’uno dall’altro”

E Merlino sa che quel “modo” di cui parla Lancillotto si chiama Artù e si trova a pochi passi da lui. Perché lui in primis ha iniziato a pensare a come sarebbe stato stare con qualcun altro – come sarebbe stato stare con lui – e a divertirsi di più con il coinquilino che con il fidanzato. E perché Will si è innervosito ed è arrivato al punto di rottura dopo averlo conosciuto alla festa di Lancillotto, dopo essersi accorto che un’altra persona era entrata nella sua vita.
Lo stesso Artù che è rimasto in silenzio, senza dire nemmeno una parola, ma senza nemmeno staccare gli occhi di dosso a Merlino.

“Avrei davvero evitato che il modo fosse questo, sinceramente” commenta Merlino, prima che il suo coinquilino prenda la parola.

“Ma forse è meglio così, no?” tutti gli sguardi si girano verso di lui, così aggiunge “So che è orribile detto in questa maniera, ma ti è servito, vero? Ti ha fatto aprire gli occhi”

E il moro fa per ribattere qualcosa, per dirgli che è totalmente fuori di testa, ma poi, per qualche strano motivo richiude la bocca. Dopotutto Artù ha ragione e lui sarebbe probabilmente rimasto con Will finché lui non lo avesse lasciato o fino ad una situazione del genere.

“Non voglio essere cattivo…”

“No, lo so” lo interrompe Merlino e dopo poco scende il silenzio nuovamente.

“Okay, Will non è più il tuo fidanzato, ma io posso comunque andarlo a picchiare? Qualunque etichetta gli vogliamo dare?” esclama Gwaine a sorpresa; Gwen lo fulmina con lo sguardo, ma cambia subito espressione quando vede un piccolo sorriso spuntare inatteso sul viso del moro. Il giovane medico infatti sta pensando a quanto si senta al sicuro ora, con l’affetto delle persone a lui care intorno.

Lancillotto deve trattenere una risata, mascherandola con uno sbuffo e anche Artù si ritrova a sorridere; il suo coinquilino vorrebbe tanto sapere i suoi pensieri in quel momento. Gli fa davvero piacere che lui sia lì e che gli voglia stare accanto.

“Io… ragazzi, per cena non ho assolutamente nulla, ma non è che vi andrebbe di fermarvi qui?” mormora Merlino, guardando gli amici “Sempre che a te vada bene, Artù”

“Ovviamente” risponde subito lui “Siete i benvenuti e potete fermarvi quando vi pare”

“Non servono gli onori di casa, probabilmente conosciamo i segreti di questo appartamento meglio di te!” esclama Gwaine “Forza, andiamo a vedere cosa possiamo imbastire per cena. Lancillotto, fai strada!”

Gwen prende dolcemente la mano del moro e tutti si spostano di là, ad esplorare la dispensa; Merlino in realtà viene fatto sedere al tavolino e bloccato dal fare qualsiasi cosa, mentre Lancillotto, Gwaine e Artù si mettono a discutere sul miglior modo di cucinare un piatto di pasta.

Lo sente ancora, Merlino, il peso sul petto, ma per qualche strano motivo, mentre vede i suoi amici insultarsi per un semplice sugo si sente meglio. Si sente a casa. E in quel momento non potrebbe volere nient’altro.

“Ma che state combinando?” interviene Gwen, bloccando la discussione “Ordiniamo qualcosa e basta, che se ci mettiamo a cucinare facciamo notte”

“Sushi”

“Messicano”

“Pizza”

Ovviamente Artù, Gwaine e Lancillotto dichiarano contemporaneamente tre cucine completamente diverse e Gwen si ritrova a sospirare, prima di domandare a Merlino se abbia qualche preferenza.

Il ragazzo scrolla le spalle, ancora scosso e travolto da una valanga di emozioni contrastanti: rabbia, delusione, tristezza, un po' di paura per qualcosa che non sa nemmeno spiegare, felicità e sensazione di sicurezza con gli amici vicino.

“Prima mi ha chiamato Freya, Merlino” gli racconta Gwen e il ragazzo la guarda stupito: e quando? Non se ne era minimamente accorto “Ha detto che le dispiace molto di non essere qui, ma da quando è tornata a casa la nonna la sta tenendo in ostaggio, in pratica, quindi non è riuscita a venire. Ma appena tornerà a dormire al campus si precipiterà qui. Si è raccomandata di dirti che ti saluta tanto e che ti dà uno dei suoi abbracci speciali”

Il ragazzo annuisce, totalmente riportato alla realtà, e si accorge solo in quel momento che sono tutti seduti al tavolino; non ha idea di come la discussione sia finita e cosa abbiano deciso di ordinare, né perché lo stiano tutti fissando come in attesa di qualcosa. Come se si aspettassero che possa scoppiare a piangere da un momento all’altro, che possa esplodere o cose del genere.

Fortunatamente poco dopo suona la porta e il corriere porta un ottimo profumo; si siedono tutti a tavola e del cibo greco viene servito. Merlino non si spiega come da sushi, messicano o italiano siano arrivati a questo, ma osserva il suo spiedino con aria non troppo convinta, giocandoci un attimo prima di lasciarlo lì.

“Possiamo guardare il lato positivo!” esclama Gwaine, mentre Merlino lo fissa come se fosse fuori di testa – ma forse dovrebbe aspettarselo, dopotutto è Gwaine.

“Perché, ce n’è uno?”

“Siamo finalmente riusciti a tornare in questa casa”

E anche Merlino non può trattenersi dal sorridere, almeno un po'.

In quella strana e un po' surreale serata, ognuno dei quattro si ritaglia un pezzetto di tempo da solo con il moro; se sia stata una casualità o ci abbiano fatto apposta lui non sa davvero dirlo, anche perché gran parte del tempo è trascorsa davanti ai suoi occhi senza che lui ci facesse realmente caso.

La prima è stata Gwen, ovviamente, forse quella meno a disagio in un certo senso; gli si è avvicinata dopo cena – che poi cena quella di Merlino in realtà non era proprio, visto che ha lasciato tutto sul piatto – e si sono seduti sul divano insieme. La ragazza gli appoggia la testa sulla spalla e lui le circonda con un braccio le spalle.

Rimangono così, Merlino in silenzio e Gwen che parla di cose di tutti i giorni, del Natale con la neve, del Capodanno, di un regalo stupido da fare a Gwaine e di come potersi vedere quei giorni e di cosa poter fare. Ha davvero tante proposte, ma in quel momento al ragazzo niente lo convince più di tanto; però è contento che la sua migliore amica sia lì accanto a lui, a parlare di cose così normali. Si fanno perfino una foto con il cellulare e la mandano a Freya, che si fa promettere che durante quelle vacanze organizzeranno qualcosa di tranquillo per stare un po' tutti insieme decentemente.

Il secondo che si avvicina a Merlino è Lancillotto, che lo affianca mentre il ragazzo sta andando in camera a prendere una coperta in cui avvolgersi perché sta iniziando ad avere freddo.

“Sai, non lo ammetterò mai, nemmeno sotto tortura, ma Gwaine ha ragione: è bello essere tornati in questa casa” esclama, appoggiato alla porta “Anche se speravo in circostanze più piacevoli… mi ero dimenticato di quanto piccolo, ma accogliente fosse questo appartamento. E perennemente senza cibo, aggiungerei”

Non è una risata quella che Lancillotto strappa all’amico, più una specie di sbuffo divertito, ma per lui è già una grande vittoria e se ne accontenta.

Il terzo è Gwaine, quando Merlino gli apre la porta del bagno mentre si sta lavando le mani.

“Hai ancora il vizio di non bussare, eh?” ridacchia l’amico, asciugandosi.

“Mi dispiace…” si scusa subito Merlino, ma Gwaine gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla, con un sorriso.

“Merlino… non ti accorgi che ti prendo in giro? Cioè pensi che io possa sul serio vergognarmi se per caso ti capitasse di vedere il mio fisico da urlo, così, casualmente? Certo che mi conosci male”

“Te l’ha mai detto nessuno che sei una primadonna, Gwaine?” assomiglia quasi ad una battuta, quella che Merlino rifila all’amico.

Gwaine, dal canto suo, ghigna e gli batte la mano sulla spalla “Sono la prima delle primedonne, amico mio. Non mi sminuire”

E, come se fosse un’uscita di gran classe, fa un sorrisone enorme e si chiude alle spalle la porta del bagno, lasciandoci Merlino dentro.

L’ultimo con cui il ragazzo parla è Artù e lo fa solo alla fine della serata, quando entrambi, da bravi ospiti, accompagnano i tre amici alla porta di casa, augurandogli la buonanotte.

“Tornerò a dormire su quel divano, ne sono sicuro!” esclama Gwaine, mentre la porta si chiude alle sue spalle “Ormai ha la forma del mio fantastico corpo!”

“Certo che Gwaine è proprio un idiota” ridacchia Artù, girandosi verso il coinquilino, una volta rimasti soli.

“Sarà per questo che siete così amici?” domanda Merlino, mentre inizia a sistemare le ultime cose lasciate sul tavolo della cucina.

“Merlino!” esclama allibito il biondo, prima di fare un sorriso e lanciare all’amico un bicchiere di carta caduto a terra.

“Ehi!” si lamenta subito l’altro.

“È solo un bicchiere, non farla tanto lunga” lo prende in giro Artù, prima di iniziare ad aiutarlo a buttare via le cose.

Sparecchiano senza parlare, finché Artù non rompe il silenzio una volta chiuso il sacco della spazzatura “Come ti senti?”

Merlino scrolla le spalle “Non so rispondere a questa domanda, sinceramente”

“Non ho… non mi è mai successo, ecco, quindi non… so cosa dire e cosa no” gli confessa il biondo “Non voglio essere indelicato, comunque. Sappilo”

“Lo so” annuisce il ragazzo “Ti ringrazio, davvero. È stato… hai fatto una bella cosa. Non eri obbligato a preoccuparti per me, chiamare gli altri ed invitarli a rimanere…”

“L’ho fatto volentieri” taglia corto Artù “E tu avresti fatto lo stesso per me”

“Perché tu hai mai questi problemi?” chiede un po' sarcastico il moro, ma si pente subito del tono usato; fortunatamente il coinquilino non sembra farci caso.

“No, hai ragione. Ma non ho mai avuto nemmeno una vera relazione, quindi non penso possa valere” ammette il biondo “Non ho mai… tenuto a qualcuno in quel senso”

“Davvero?”

Nel loro parlare si sono spostati sul divano, senza nemmeno accorgersene.

Artù scuote la testa “No… sai penso che ci voglia comunque coraggio per legarsi così ad una persona e soprattutto molto, molto impegno”

“Sì, ecco, anche questa deve essere una cosa per cui vale la pena lottare” commenta Merlino, un po' imbarazzato probabilmente. Il suo coinquilino pensa che sia coraggioso? Era un complimento quello? “Come la storia di quello che vuoi fare da grande”

Il biondo ci pensa un attimo “Non l’avevo mai vista sotto questo punto di vista. Sei proprio un tipo strano, Merlino”

“Perché?”

“Perché un attimo prima sembri un idiota e poi dici frasi che ti fanno sembrare… saggio”

Il moro abbassa lo sguardo ed è Artù a parlare di nuovo “Comunque, non so… se ti va… stavo pensando una cosa. Se ti fa piacere ovviamente… quell’idea di invitare tutti qui e passare la serata tra noi… potremmo farlo, sai? Tipo l’ultimo dell’anno. Così facciamo una cosa intima e rimaniamo tra noi, insomma”

E finalmente Merlino fa il primo vero sorriso della serata, mentre risponde “Mi piacerebbe molto”






Spazio autrice fuori di testa ops
Ehm... uh, ehi? Fan di Will siete ancora qui? Vi prego, datemi un cenno. Non volevo dipingerlo in maniera così orribile, ma in compenso gli amici di Merlino sono dei veri amici e al richiamo corrono subito in soccorso del ragazzo. E anche Artù è dolce, a modo suo, nel consolare Merlino - il suo amico Merlino - specie perché non lo ha mai fatto per nessuno (e si sa, la prima volta è speciale).
Sono molto di fretta ma ci tenevo ad aggiornare la storia oggi: volevo aggiornarla ieri perché è stata una giornata importante per me ma non ci sono riuscita e volevo aggiungere il prima possibile questo capitolo che secondo me è bello nella sua semplicità (ma io sono l'autrice, quindi sono un po' di parte, probabilmente). Quindi in sostanza perdonate errori che potrebbero essere sfuggiti ad una rilettura molto veloce.
Spero che la storia vi stia piacendo: vedo che il numero di persone che la seguono/ la ricordano/ la preferiscono ogni tanto aumenta, quindi vuol dire che i venticinque lettori stanno ancora qui con me. Grazie ad ognuno di voi. E grazie a royal_donkey che la recensisce costantemente con dei commenti divertentissimi (vi prego, leggeteli, fanno davvero ridere). 
Inoltre spero che il "momento di consolazione" tra amici sia quanto più vero e simile ad una possibile realtà. E se volete dare anche voi il vostro consiglio personale a Merlino scrivetemelo in una recensione, lui ne sarà contento :)
A presto, Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Pezzi di Lego ***


Merlino può dire tante cose su Artù: è un ragazzo pigro, prepotente, a tratti un po' arrogante, gli piace dare ordini e lamentarsi di qualsiasi cosa lui faccia, specialmente se riguarda il cibo, sbuffa anche solo a guardare un libro – chissà come farà con davanti uno di quelli universitari – e lascia sempre le cose finite in giro, dal cartone del latte alle lattine di birra. Però Artù è sempre attento e ha sempre una specie di occhio di riguardo per lui: non solo per il giornale e le caramelle che gli porta di continuo – ha iniziato anche a comprarle, oltre a rubarle sul posto di lavoro – ma anche una semplice coperta quando lui si addormenta sul divano o la privacy quando gli arriva un messaggio sul telefono – di Will – che lui puntualmente ignora.

Sì, perché Artù non può non sapere che siano di Will quei messaggi: il telefono vibra e suona, Merlino ci lancia un occhio e ignora la cosa, spesso girando anche il telefono. Il tutto è quindi abbastanza esplicito, ma Artù non chiede e spesso e volentieri lancia al coinquilino la prima cosa che gli capita tra le mani. Lui dice di farlo perché Merlino ha di nuovo sbagliato a fare qualcosa – troppo sale, troppo olio, troppa verdura – ma il moro non sa dargli davvero un motivo se succede quando nessuno dei due sta facendo nulla. Sembra come se lo facesse per distrarlo, per dirgli che non è da solo e che quindi non si può lasciare andare a stupidi pianti, perché “Sua Maestà Artù” è lì con lui e quindi deve per forza essere contento.

E anche se Merlino pensa che Artù è egocentrico e pieno di sé – una primadonna degna di Gwaine – non riesce a fare a meno di sorridere quando l’ennesima ciabatta gli arriva addosso, dopo che il suo telefono ha squillato.

Se qualcuno, solo qualche mese fa, gli avesse detto che avrebbe passato il Natale a casa sua con il suo coinquilino, semplicemente loro due, probabilmente Merlino lo avrebbe preso per pazzo. E anche Artù, la cui vita era cambiata così tanto nel giro di così poco. Ma loro due insieme, in cucina a preparare il pranzo di Natale – o meglio, Merlino cucina e Artù lo disturba – sembra davvero una cosa che si incastra così bene che il moro pensa di essere diventato un pupazzo di Lego e di essere finito in una cucina di plastica. Un Lego incastrato bene, messo al posto giusto, insomma.

Ma un attimo dopo si dà dello stupido per aver pensato una cosa del genere: cioè, lui un pezzo di plastica che si incastra alla perfezione con Artù? Che idea ridicola. Tanto per cominciare lui non è un pezzo di plastica e questo è poco ma sicuro.

Secondo, Artù è il suo coinquilino. Terzo – ma probabilmente non per ordine di importanza – non è gay. Quarto, non è il tipo da rapporti seri, a quanto ha detto. Quinto – sì, Merlino ha fatto sul serio una lista, in un giorno di noia – anche se fosse gay, che cosa mai potrebbe volere da lui, un ragazzo pelle ossa con le occhiaie un giorno sì e l’altro pure e un carattere probabilmente totalmente opposto al suo? Ne potrebbe avere a centinaia… quante probabilità ci sono che sceglierebbe lui? Non ci vuole un genio matematico per dire che sono davvero, davvero, davvero basse. Soprattutto perché Artù è il più bel ragazzo su cui abbia mai messo gli occhi.

Merlino si maledice nell’esatto momento in cui pensa questa cosa, mentre sta impastando un dolce seguendo una ricetta alquanto improbabile – ovviamente trovata da Artù – e guarda di sottecchi il coinquilino che sta leggendo il modus operandi, concentrato.

Ma come diavolo fa ad essere sporco di farina anche lui, che ai fornelli non ci si è avvicinato nemmeno con il binocolo?

In ogni caso il moro deve davvero smettere di pensare a quanto è sexy il suo coinquilino, anche con quella vecchia felpa grigia sporca di bianco, e reprimere questo stupido istinto decisamente suicida che lo spinge a constatare quanto sia bello Artù e cosa sarebbe baciarlo. Meglio smettere all’istante, prima di riuscire a farsi male da solo, e portare il segreto nella tomba.

Un pacchetto di fazzoletti – l’ennesimo – gli arriva in testa e lo fa risvegliare dai suoi pensieri.

“Merlinooo, ti sei incantato?” esclama Artù, muovendogli la mano davanti alla faccia. Il moro sbatte le palpebre e scuote un attimo la testa. Ma perché quel somaro ha il vizio di tirargli contro gli oggetti? Ha paura che si dimentichi che anche lui è in quella stanza? Cosa alquanto improbabile, visto ciò a cui pensava.

“Scusate, Vostra Altezza, ma sono sicuro che potrete resistere se non vi degno della mia attenzione per cinque minuti” sbuffa “E stavi per far finire i fazzoletti nell’impasto. Allora sì che potevamo dire addio alla torta. Già non sono minimamente sicuro di ciò che sto facendo”

“Sei davvero noioso a volte, Merlino”

“E tu veramente fastidioso”

“Può essere, ma mi sto annoiando”

“Ed io cosa ci posso fare? Sto preparando la torta per voi, principino” e per rimarcare le sue parole solleva la ciotola.

“Non pensavo fosse una cosa così lunga” si limita a dire il biondo “Su, forza, fai qualcosa di buffo”

Merlino lo guarda incredulo “Non sono mica un pagliaccio” e, quando vede che l’altro sta per aggiungere qualcosa, lo precede “Non ci provare nemmeno”

“Non è colpa mia se il naso rosso ce l’hai”

“È colpa del raffreddore!”

“Posso chiamarti Rudolph?”

“Come?”

“Rudolph, la renna con il naso rosso di Babbo Natale” vedendo che il moro lo sta guardando totalmente confuso, Artù alza le braccia “Non conosci Rudolph? Ma come sei cresciuto, esattamente? Che guardavi a Natale?”

“Non lo so, il Grinch come tutti i bambini normali?”

“Il Grinch? Che roba è?”

Merlino lo guarda con tanto d’occhi “Fammi capire: sai come si chiama la renna di Babbo Natale e non sai chi è il Grinch?”

“Ma qualcosa di normale la fai tu, Merlino? Che fanno tutti gli altri intendo”

“Guarda che questo dovrei dirlo io a te…” ribatte il ragazzo, riuscendo finalmente a terminare l’impasto e spostandolo nella teglia per il forno, prima di aggiungere “Comunque, ogni Natale sentivamo anche il racconto del Canto di Natale di Dickens”

“Quello dei tre spiriti del Natale?”

Merlino annuisce “Quello. E mi faceva sempre paura, avevo il terrore di non essere bravo abbastanza e che quei tre spiriti sarebbero venuti a trovarmi”

Artù scoppia a ridere “Certo che sei proprio un fifone”

Il moro si offende subito, sentendo la risata dell’amico “Tutti hanno paura di qualcosa”

“Tu hai paura di parecchie cose”

“E il grande re Artù di che cosa ha paura, invece?” chiede Merlino e non si aspetta la risposta seria che invece l’altro gli dà.

“Non sopporto gli ospedali”

“Hai paura degli aghi e delle siringhe?” insiste, non capendo il tono così quasi triste di Artù.

“No, proprio degli ospedali. Chi ci entra non esce più ed è una cosa che mi spaventa tremendamente” spiega il biondo “Tu che vuoi fare il dottore sei… davvero coraggioso per me. Entrare in un posto così pieno di desolazione… non ce la farei mai ad affrontarlo tutto il giorno, tutti i giorni”

Il suo coinquilino sembra davvero avere qualcosa da raccontare, ma non aggiunge altro e Merlino non chiede, rispettando il suo silenzio, ma gli fa un sorriso “Non pensiamo a queste cose, oggi è Natale. Hai sentito i tuoi genitori?”

“Mio padre” lo corregge Artù “No, non ancora. Mi ha chiamato Morgana, prima, per ringraziarmi del regalo”

“Che cosa le hai fatto?” chiede curioso il moro.

“Un set di intimo. Voleva dirmi di averlo adorato” risponde l’altro e Merlino sgrana gli occhi “Non guardarmi così, conosco mia sorella”

“È la copia di Gwaine, solo al femminile. E probabilmente un po' più intelligente” scoppiano entrambi a ridere alle parole del moro.

“Sai, stavo pensando ad una sorpresa e presentarmi a casa”

“La sorpresa è per lei o per tuo padre?”

Artù non dice nulla e già questa è una grande risposta per Merlino, che aggiunge “Penso che ne sarebbe felice”

Non specifica a chi si sta riferendo, lo lascia interpretare ad Artù, a seconda del suo desiderio.

“Vieni con me?”

“Come?”

“Vieni con me” ripete Artù, con più decisione.

“A casa tua?”

“Non voglio lasciarti qui da solo il giorno di Natale. E voglio presentarti a mio padre”

Merlino si sente un attimo in imbarazzo a quelle parole – chissà poi perché – e cerca di buttarla sul ridere “Parti proprio subito in quarta tu, eh”

“Sei un idiota, Merlino” Artù sembra pentirsi all’istante della proposta “Fa come se non ti avessi detto nulla”

E il moro si dispiace per la sua battuta sciocca, quando sembra chiaro che il coinquilino è parecchio in difficoltà in quel momento “Ehi, aspetta, certo che vengo con te”

Il biondo lo guarda.

“Ora mangiamo, dammi il tempo di mettermi qualcosa di pesante addosso e di togliere la torta dal forno e poi andiamo”

Artù prova a nascondere un sorriso, che però il moro nota comunque e sente una delle solite strette allo stomaco: ormai stanno diventando sempre più frequenti e la cosa lo preoccupa.

“Ho una condizione, però” aggiunge Merlino.

“Quale?”

“Non prendiamo la moto”

Il biondo lo guarda come se si stesse chiedendo se è fuori di testa o cosa “Scusa, come vorresti arrivarci?”

“In taxi, in autobus, perfino a piedi se è necessario. Ma quella dannata moto oggi rimane a casa. Voglio riuscire a tornare vivo per mangiare la mia torta per merenda”

“Ripetimi perché la torta non fa parte del pranzo di Natale come dovrebbe essere normale?”

“Perché se mi chiedi di fare una torta un’ora prima di pranzo è impossibile che si cucini in tempo” è la spiegazione paziente di Merlino, come se stesse parlando con un bambino.

Pranzano poco dopo e il loro tono è tornato allegro come quello di prima; il biondo scherza e prende in giro l’altro, lamentandosi della sua cucina – il pollo secco, le patate bruciacchiate, troppe verdure – ma mangia tutto e prende pure il bis, terminando tutto ciò che c’è nelle pentole. E Merlino si sente fiero di ciò che ha fatto.

È quando finisce il pranzo che Artù inizia a mostrare cenni di ansia: non che lo dica esplicitamente a parole, quello è ovvio, ma inizia a fissare l’orologio insistentemente, si sistema il colletto della camicia in continuazione e gioca con i bottoni dei polsini. Non fa nessuna pressione a Merlino per uscire di casa, ma il moro si sbriga a mettere in ordine la cucina e a coprirsi per non morire di freddo fuori.

“Andiamo?” è tutto ciò che gli dice dopo pranzo e, quando Artù annuisce, escono di casa.

Merlino non è mai stato nella zona della città in cui vive il padre di Artù: è una zona ricca, piena di verde e di ville imponenti e quella dei Pendragon è la più imponente di tutte. Ha un giardino enorme, dietro al cancello di ferro battuto e la casa è bianca e in pieno stile inglese. Il ragazzo rimane un attimo meravigliato e totalmente spaesato da tutta la ricchezza e lo sfarzo che vede intorno a lui. Le siepi sono perfettamente tagliate e gli alberi curati alla perfezione, non c’è ombra di spazzatura o imperfezioni e tutto sembra uscito da un film dell’Ottocento.

Non si accorge nemmeno che Artù ha dato i soldi al tassista, che è appena ripartito.

“Ti sei incantato?” commenta il biondo, avvicinandosi.

“Tu sei cresciuto qui?”

Artù scrolla le spalle alla domanda, limitandosi ad aprire il cancello “Solo d’inverno”

“Stai scherzando”

In questo momento Merlino si sta chiedendo come ha fatto il suo coinquilino a passare da tutto quello al loro minimo appartamento; lui ama il suo appartamento, ovviamente, ma la sua casa era più o meno delle stesse dimensioni e forse persino con qualche comfort di meno. Artù viene sul serio da un altro mondo.

“Merlino, per favore, non complicare le cose” si limita a rispondere Artù, facendogli cenno di entrare e chiudendogli poi il cancello alle spalle. Il moro lo segue in silenzio fino all’enorme portone; dopo un attimo di esitazione, il biondo suona.

“Credo sia meglio… non posso… semplicemente apparire” mormora, probabilmente più per sé stesso che per Merlino, che non ha detto una parola.

È un signore anziano, magro e molto alto ad aprire la porta “Signorino Artù, non l’aspettavamo”

“Sono venuto solo per salutare. Mio padre e Morgana sono in sala da pranzo?”

“Sì. Immagino che lei conosca la strada”

Artù annuisce ed entra, subito seguito dall’amico, che fissa un attimo sbalordito l’uomo che ha aperto la porta.

“Hai un maggiordomo?”

“Un maggiordomo, una cuoca e parecchie donne di servizio. A mio padre piacciono molto le cose vecchio stile e non ha capito che non è poi una cosa così normale nel XXI secolo” risponde, facendo strada “Vieni, da questa parte”

“Chi era alla porta?” è una voce profonda quella che parla dall’altra parte della porta che, dopo qualche secondo e un bel respiro, Artù apre.

“Ciao papà. Buon Natale”

“Artù…” mormora l’uomo, riconoscendo subito il figlio.

Merlino, intanto, non può fare a meno di guardarsi intorno: la sala da pranzo rappresenta in pieno lo stile del resto della casa, senza troppe decorazioni e con un enorme camino, davanti al quale è posizionato un divano in pelle e due poltroni uguali. Un lungo tavolo di legno apparecchiato con una tovaglia bianca ricamata occupa l’altra metà della sala, ma solo due persone sono accomodate intorno ad esso: Morgana, che ha un’espressione sorpresa, ma riserva comunque un sorriso ad entrambi, ed un uomo con i capelli brizzolati, vestito in giacca e cravatta.

La ragazza si alza e corre ad abbracciare il fratello “Buona Natale, Artù. Ben arrivato”

“Buon Natale, figliolo. Ti faccio portare un caffè? Non sapevo saresti passato” l’uomo si alza e si avvicina ai due nuovi arrivati.

“Abbiamo deciso all’ultimo…” risponde il ragazzo “Lui è Merlino, il mio coinquilino”

“Sono Uther Pendragon” si presenta l’uomo e in quel momento il moro riconosce una faccia vista spesso sui giornali e sulle riviste “Che cosa ci fai qui, Artù?”

“È Natale, non mi sembrava il caso di non passare solo perché non ti sta bene ciò che faccio nella vita” il tono del biondo è un po' brusco e Merlino si sente parecchio a disagio in quella stanza, nonostante la presenza di Morgana e del suo coinquilino: sicuramente ora capisce perché Artù aveva tanti dubbi sul passare ed era così nervoso.

“Io voglio solo che tu faccia scelte sagge e non dettate da un puro desiderio di ribellione sciocco”

“Non è una ribellione sciocca!” esclama Artù “Sto imparando molte cose e diventerò un ottimo avvocato”

“Ti ho detto che ne avremmo riparlato quest’estate, dopo che avrai davvero iniziato l’università e avrai incominciato a dare i tuoi esami. Vedremo se reggerai” risponde Uther “È ancora troppo poco che stai fuori casa, non sai che vuol dire avere delle responsabilità ed impegnarsi sul serio in qualcosa”

“Papà, penso che sia il caso di smetterla con questi discorsi, almeno per oggi” interviene Morgana “Artù è venuto a trovarci ed è un giorno di festa. Potrete ricominciare a punzecchiarvi da domani, ma ora fatemi bere il mio caffè in pace, senza drammi”

“Morgana ha ragione, sediamoci al tavolo e passiamo qualche ora piacevole, papà” concorda il fratellastro.

All’inizio l’atmosfera è un po' tesa e, per Merlino, anche un po' imbarazzata, soprattutto nelle prime domande di Uther Pendragon sulla sua vita, la casa, l’università e la famiglia. Non che ci sia nulla di cui vergognarsi, ma si sente comunque a disagio in quello che gli sembra un vero e proprio interrogatorio. Fortunatamente l’attenzione su di lui dura poco e si sposta rapidamente su Morgana, un futuro da avvocato, l’azienda e parecchie altre cose da cui lui è malamente tagliato fuori – cosa che lo fa sentire decisamente meglio.

Sono da poco passate le cinque – segnate da un tè all’ora esatta per il padrone di casa – quando Uther si alza da tavola e afferma di avere dei documenti da controllare. Appoggia un braccio sulla spalla del figlio.

“Buon Natale, figliolo. Sono contento che tu sia passato per un saluto”

“Buon Natale a te, papà” risponde il biondo, prima che l’uomo si allontani dalla sala da pranzo. Dopo qualche secondo da quando si chiude la porta alle spalle, Merlino sente di ricominciare a respirare normalmente.

“Non avrei mai pensato che saresti comparso così sulla porta, Artù” esclama Morgana; anche lei, come il fratello, in presenza del padre è molto più rigida, diversa dalla ragazza allegra che conosce Merlino – anche se qualche tratto di esuberanza e intraprendenza non le mancano.

“Nemmeno io, in realtà. È stato Merlino a convincermi”

“Allora, che ne pensi di nostro padre?” chiede la ragazza con un sorriso “Non deve essere stato un pomeriggio facile”

“Ammetto che pensavo che sarei stato a casa a guardare un film di Natale e che non avrei mai fatto una cosa del genere” si ritrova a dire il moro, con un sorriso “Ma posso raccontare di essere stato in una villa. Avete una casa pazzesca”

“La vostra è più confortevole, se te lo devo dire, almeno dalle foto che mi ha mostrato Artù” ribatte Morgana “Molto più… piccola. Ma familiare”

“Spero che sarai dei nostri a Capodanno, Morgana” interviene Artù.

“La vostra mi sembra un’idea eccellente: staremo tra noi, ma ci divertiremo, senza fare nulla di troppo esagerato” commenta la ragazza “Ci saranno anche i tuoi amici, quindi, Merlino?”

“Dal primo all’ultimo” annuisce il ragazzo.

L’idea era venuta ad Artù, ma a Merlino aveva subito fatto piacere, probabilmente perché non erano decisamente un periodo di festa per lui quei giorni: il coinquilino gli aveva proposto di fare la serata in casa insieme agli amici la notte dell’ultimo dell’anno, in modo tale che avrebbero risolto il problema di cosa fare, dove andare e si sarebbero comunque divertiti. Inutile dire che Lancillotto, Gwen, Freya e Gwaine avevano accettato all’istante, così come Leon, Parsifal e Morgana, tutti interessati alla festa semplice ma potenzialmente molto piacevole.

“Non vedo l’ora di rivederli” commenta Morgana, con un sorriso “Ha fatto piacere a tutti la tua visita, Artù. Anche se Uther è sembrato come al solito freddo e distaccato”

“E non ha mancato di farmi notare le mie pessime scelte” aggiunge il biondo, prima di guardare l’amico “Sei sopravvissuto al terzo grado, comunque, c’è da farti i complimenti. Ad un certo punto temevo fossi lì per crollare”

“Hai davvero una scarsa fiducia in me, Artù, è sempre bello averne la conferma” risponde piccato il ragazzo – anche se, in effetti, ad un certo punto stava davvero andando nel pallone con quella serie di domande una dietro l’altra – ma il coinquilino gli dà un pugno scherzoso sul braccio, sorridendogli. Ha decisamente un’altra aria ora che il padre è andato via, mentre sa di aver fatto la sua parte.

“Credo sia ora di tornare a casa, voglio mangiare quella torta” esclama il biondo.

“Siete in moto?”

“No, Merlino si è rifiutato di salirci” sbuffa Artù, ma la ragazza fa un sorriso soddisfatto.

“Bravo Merlino, mio fratello a volte è un vero incosciente”

“Solo a volte?” commenta l’altro e i due scoppiano a ridere, sotto lo sguardo offeso di Artù.

“Bravi, bravi, coalizzatevi pure contro di me. Merlino, non ti lascerò nemmeno una fetta di torta”

“Quella torta l’ho fatta io” sottolinea il moro “Ho il diritto di averne un pezzo”

“Sì, ma io sono più forte, quindi comando io”

“Artù, il coltello dalla parte del manico ce l’ho io. Letteralmente, visto che sono io che provvedo al tuo sostentamento”

Morgana scoppia a ridere “Ma sentitevi, sembrate una coppia sposata!”

A quelle parole Merlino abbassa lo sguardo imbarazzato – ormai non fa nemmeno quasi più caso alle strette allo stomaco, ma, porca miseria, deve smetterla di pensare certe cose – mentre Artù ridacchia, scuotendo la testa “Io e Merlino? La coppia più improbabile della storia, Morgana. Ma ti farò fare la sua damigella d’onore e Gwaine farà il prete”

“Intanto perché sarei io quello con la damigella d’onore?” interviene allora il moro “E poi chi ti dà il permesso di sceglierla tu per me?”

“C’è qualcuno di più adatto di Morgana?” chiede Artù con un sorrisetto “Mica le posso far fare il prete!”

“Il problema non si pone visto che nessuno potrebbe mai sposare un asino come te. E già devo sopportati come coinquilino, non sono così folle da prenderti come marito”

“Sareste una coppia fantastica” continua a ridacchiare la ragazza.

“Possiamo tornare a casa, per favore? Questo posto mi ha fatto venire un mal di testa tremendo” si lamenta il moro “Morgana, vuoi venire a mangiare un pezzo di torta da noi?”

“Ti ringrazio, ma mi vedo con Parsifal, che dobbiamo entrambi fare il regalo a Leon e vogliamo pensare a qualcosa così quando riapriranno i negozi saremo pronti”

“Allora ci vediamo a Capodanno, credo” la saluta cortesemente Merlino “Buon Natale”

“Anche a te, Merlino” risponde l’altra, prima di abbracciare il fratellastro.

Il viaggio in taxi per tornare a casa è silenzioso, entrambi i ragazzi guardano fuori dal finestrino, immersi nei loro pensieri; c’è una neve leggera che cade ed imbianca le strade – fortuna che non hanno preso la moto – e Merlino ha freddo, su quei sedili di pelle un po' rovinata, e non vede l’ora di mangiare un pezzo di torta con una bella cioccolata calda, magari sotto la coperta e con un film di Natale in televisione.

La prima cosa che fa, appena rientrato nel caldo tepore della sua casa, è spogliarsi dai vestiti bagnati di neve e mettersi un pile caldo addosso, prima di controllare la torta – non c’è voluto molto perché si raffreddasse, visto il clima rigido – e mettere su un pentolino con latte e cioccolata.

“Ne vuoi un po' anche tu?” domanda educatamente al coinquilino che è appena tornato dalla sua camera, anche lui con dei vestiti asciutti.

Artù annuisce “Che fai tu adesso?”

Merlino alza le spalle “Pensavo di guardare un film di Natale alla televisione. Tu?”

“Mi sa che lo guardo con te” si limita a dire il biondo, mentre l’altro mescola la cioccolata per non farla attaccare “Posso?”

“Certo. Accendi la televisione, adesso arrivo con le cioccolate e con la torta”

Quando Merlino va verso il divano, con un vassoio con dei pezzi di torta e due tazze fumanti, vede Artù già sdraiato con metà della coperta sulle gambe e si siede accanto al lui, coprendosi con l’altra metà, si sente davvero di essere al posto giusto. Spengono le luci e fanno partire il film, ma Merlino ci si concentra molto poco, troppo occupato ad avvertire sotto le dita il calore della tazza e affianco a lui quello del coinquilino, così impegnato a guardare il film da non accorgersi minimamente degli sguardi confusi che ogni tanto il moro gli lancia.

“Non sei un Lego, Merlino” si ripete per l’ennesima volta il ragazzo, prima di darsi dell’idiota e di rilassarsi, almeno in quel momento. E riporta la sua attenzione sulla cioccolata tra le sue mani.

“Merlino” lo chiama Artù nell’oscurità.

“Sì?”

“Grazie per avermi accompagnato”

Il moro sorride, anche se sa che Artù non può vederlo, perché è buio e perché è ancora girato verso la televisione “Avresti fatto lo stesso per me”






Spazio autrice Rudolph che bello il Natale

Scusate il ritardo, volevo pubblicare l'altro giorno, poi mi sono imbattuta in una storia bellissima ma lunghissima e il tempo libero che avevo l'ho impiegato per leggerla tutta d'un fiato. Oggi da me piove - macché piove, volano chicchi di grandine che mi hanno fatto prendere un accidenti - quindi di tempo libero ne ho parecchio e posso pubblicare senza problemi.
Voglio ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite/ ricordate/ seguite e un grazie anche a NorwegianWoodFields e royal_donkey per aver recensito lo scorso capitolo perché una storia non è nulla se nessuno la legge.
Questo è un capitolo un po' di passaggio ma ultimamente ho letto una storia in cui l'autrice scriveva nelle note dell'autore che un capitolo di passaggio, se scritto bene, serve come i capitoli importanti. Ora, non so se questo sia scritto bene o meno, ma sicuramente quella frase mi ha ispirato a scrivere al meglio e la condivido pienamente. E poi, dai, il primo Natale di Artù e Merlino andava scritto per forza! E lo so che è Agosto e il capitolo è sul Natale, quindi sembra un po' un controsenso, ma visto il diluvio universale che c'è appena stato da me sembra tutto molto possibile.
E abbiamo scoperto anche la paura di Artù - evvai! - quindi ricordatevela insieme a quella di Merlino perché ritornerà più avanti anche questa.
Conosco diversi nomi dati alla renna di Babbo Natale, c'è chi la chiama Rudolph e chi la chiama Blizzard, ma io sono affezionata a Rudolph, forse perché l'ho sempre chiamata così da bambina (mi sa che c'era tipo un film sulle renne di Babbo Natale).
Comunque il prossimo capitolo sarà su Capodanno e si sa, ciò che succede a Capodanno succede tutto l'anno... ;) royal_donkey sei ufficialmente invitata, visto che all'altra festa mi avevi chiesto un invito ahahah Capodanno in casa di Artù e Merlino u.u
Chiunque voglia venire è ben accetto, ovviamente! Accorrete numerosi e non ve ne pentirete.
Okay, faccio basta, vi aspetto al prossimo capitolo :D
A presto,
Felpie

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Sorridi, è l'ultimo dell'anno ***


Spazio autrice uuuh uno spazio prima del capitolo per augurarvi buon Ferragosto
Mi sembrava doveroso aggiornare la storia con il capitolo di Capodanno il giorno di Ferragosto, così, giusto perché non c'entra assolutamente nulla. 
Non ho mai scritto le note prima del capitolo, ma voglio farvi godere al meglio il Capodanno della nostra Allegra Brigata (che in realtà era quella di Robin Hood, ma anche questa mi sembra molto allegra e molto brigata). Che dire, divertitevi alla festa, la casa di Merlino e Artù è casa vostra!



 


A Marco,
perché, anche se ci vediamo poco,
mi ricordi sempre che ne vale la pena






“Merlino sorridi, per la miseria! È l’ultimo dell’anno, devi ripensare a tutte le cose belle che hai fatto” Artù gli compare davanti interrompendo i suoi pensieri – a che stava pensando, esattamente? – vestito con un maglione verde da cui spunta una camicia e pronto per fare festa.

“Non che ne abbia fatte molte, nell’ultimo periodo” gli fa notare il ragazzo.

“Hai finalmente passato anatomia. E hai anche preso il massimo”

“Sì, quello è stato davvero un bel regalo di Natale…” ammette Merlino, lasciandosi andare ad un sorriso.

“Il regalo di Natale più bello che hai ricevuto è il mio, non osare negarlo”

“Mi hai regalato un maglione rosso con le renne!”

“Ed è appunto in perfetto tema natalizio”

“È tremendamente cliché”

“Cliché o no mi aspetto di vederlo a Natale prossimo, sappilo”

“Lasciatelo dire, hai davvero un pessimo gusto nel fare i regali” commenta il moro, ma questi dialoghi con il suo coinquilino ormai lo divertono davvero tanto. E il maglione è caldo e, tralasciando la fantasia orribile, è un bel regalo. Soprattutto perché non era sicuro che Artù gliene avrebbe fatto uno; certo, lui ci aveva pensato, ma più per caso, perché Gwaine gli aveva parlato di quel set di birre provenienti da tutto il mondo che si potevano comprare a poco prezzo in un negozio in centro. Merlino aveva semplicemente pensato che sarebbe stato un bel regalo per Artù e che non era niente di impegnativo. Quindi era rimasto piacevolmente sorpreso trovando un altro pacchetto sotto l’albero la mattina di Natale.

“Penso che dovresti disquisire di meno sui miei gusti e pensare un po' di più a vestirti. Hai intenzione di passare l’ultimo dell’anno con quella maglietta orribile e quei jeans?”

“Che cos’hanno i miei jeans che non va, esattamente?” sbuffa Merlino, dando un’occhiata al suo outfit.

“Sono sporchi del sugo che abbiamo mangiato tre giorni fa” risponde rapidamente Artù “Quindi ora smetti di star sul divano ad autocommiserarti, ti vai a fare una bella doccia, ti metti dei vestiti puliti e ti stampi in faccia un bel sorriso, che tra un po' arrivano gli altri”

“E da quando qualcuno di loro fa caso a come mi vesto?”

“Sei davvero un pessimo padrone di casa”

Merlino si trattiene dal fargli notare che lui vive in casa da solo da anni, mentre Artù ha sempre vissuto nella sua enorme villa con il maggiordomo ed è perfettamente in grado di accogliere gli amici, perché probabilmente anche Gwen gli direbbe una cosa del genere, quindi forse è il caso che vada sul serio a farsi una doccia.

Così si va a lavare, si infila un paio di jeans puliti senza macchie di pomodoro, un maglione scuro – non quello con le renne – e torna in salotto, proprio mentre il campanello suona.

I primi ad arrivare sono Gwaine e Freya e il moro non si stupisce quando vede le loro braccia cariche di birre e bottiglie varie: pensare che l’amico avrebbe portato qualcosa di diverso sarebbe stato assolutamente ridicolo. Per fortuna anche Gwen sembra aver pensato la stessa cosa, perché si presenta con Lancillotto con una serie di vassoi e contenitori sicuramente ricchi di cibo.

“Ciao Merlino, come va?” lo saluta Gwen, abbracciandolo dopo aver appoggiato ciò che aveva in mano.

Il ragazzo scrolla le spalle “Sono contento che siate venuti”

“Ehi” interviene anche Freya, abbracciando il moro a sua volta “Avevo davvero bisogno di fuggire da casa: non mi lasciano un attimo da sola per respirare! Devo assolutamente tornare al dormitorio”

Merlino ridacchia “Tua nonna non ti vede mai, è ovvio che voglia passare il suo tempo con te”

La ragazza lo guarda malissimo “Lo dici solo perché lei ti adora: oh, Merlino, il ragazzo assennato”

“Ho solo apprezzato i suoi biscotti e ho parlato con lei un pomeriggio”

“Lasciatelo dire, Merl, tu hai davvero un alto livello di pazienza” dichiara Freya e, prima che l’altro possa ricordarle di non chiamarlo Merl perché non lo sopporta, si è già dileguata per andare a salutare gli ultimi arrivati.

“Leon!” esclama Artù, andandoli ad accogliere e battendo una mano sulla spalla di Parsifal “Ragazzi, ce l’avete fatta, finalmente”

“Dillo a Morgana, Artù, non si voleva staccare dallo specchio” ridacchia Leon.

“Questo lo dici tu. Io ho espressamente detto di avvisarmi mezz’ora prima perché dovevo farmi trucco e capelli. Non è colpa mia se la playstation ti aveva conquistato a tal punto da rispondere “va bene” a qualsiasi cosa” ribatte prontamente la ragazza, prima di abbracciare Merlino “Voglio assolutamente un tour della casa, dalle foto non rende minimamente!”

“Non c’è molto altro da vedere” sorride Merlino “Ma fai pure, vai dove ti pare e fa’ come se fosse casa tua”

Il primo momento è di presentazione per chi ancora non si conosce e di racconti per chi non si vede da qualche giorno. Parsifal dichiara di aver già visto Gwaine, che a quanto pare è andato nel suo locale e si è scolato una quantità di drink impressionante – cosa di cui nessuno sembra particolarmente sorpreso – e l’altro afferma di non ricordarselo e quindi di dover assolutamente tornarci per valutarlo e vedere se poterlo inserire tra i suoi locali di fiducia.

Freya racconta di come sia stato un banchetto dietro l’altro a casa sua e del fatto che non ha praticamente fatto altro che mangiare e trova subito compagnia in Morgana – accompagnatrice ufficiale di Uther ai pranzi di lavoro – e di Lancillotto – la cui ragazza ha paura che possa morire di fame e quindi lo fa mangiare il triplo del normale. Scoppiano tutti a ridere, soprattutto guardando la quantità di cibo che si trova sul tavolo, ma nessuno se ne lamenta quando cenano e tutti apprezzano la cucina di Gwen. Di pietanze ne rimangono davvero poche alla fine e solo perché altrimenti i dolci portati da Morgana rimarrebbero intoccati ed hanno un aspetto così delizioso che tutti sono curiosi di assaggiarne almeno un pezzettino.

Le risate si sovrappongono e le chiacchiere sono su argomenti quanto più disparati; nonostante alcuni non si fossero mai visti prima di quella sera, ciò non si nota minimamente e in breve tempo tutti si sentono come parte di un gruppo unico da tempo. Solo Merlino ogni tanto si ritrova a trattenere una risata o a sospirare un po' di più del normale, incantandosi a guardare gli amici che ballano e bevono.

Sente la mancanza di Will, in quel momento la avverte proprio chiaramente nella stanza: lui sarebbe stato sicuramente seduto sul divano a sbuffare che c’era troppa confusione e un volume troppo alto, ma poi sarebbe stato il primo ad alzare il bicchiere a caso per proporre un brindisi totalmente assurdo – agli arcobaleni, alle mani di Gwen e alla loro abilità in cucina, a Lancillotto – e fare ancora più disordine di prima.

Non che in questo momento Merlino vorrebbe vedere l’ex fidanzato, ora sarebbe tutto diverso e non sa per quanto potrebbe rimanere nella sua stessa stanza senza avere una gran voglia di prendere fiato, ma ne sente la mancanza. E pensa che sia inevitabile: non ricorda da quant’è che non passa un Capodanno lontano da lui, nemmeno quando erano piccoli erano separati l’ultimo dell’anno.

“Chissà se anche lui, in questo momento, ci sta pensando” si chiede il moro ripetutamente nella serata; effettivamente, non sa nemmeno con chi sia in quel momento, ma è meglio non addentrarsi in un simile pensiero.

“Merlino, smettila con quella faccia da funerale!” esclama Gwaine, apparendo magicamente al suo fianco e riempiendogli il bicchiere dalla bottiglia di birra che ha in mano “Forza, è l’ultimo dell’anno e bere un goccio può solo che farti bene”

“Io ho bevuto, Gwaine” gli fa notare il moro.

“Andiamo, quel minimo non può essere considerato bere” gli mette una mano sulla spalla “Sei il mio migliore amico e il coinquilino di Artù: è impossibile che in te non ci sia un minimo di fare da festaiolo”

“Non sono molto dell’umore…” prova a dire l’altro, ma viene bruscamente interrotto.

“Sciocchezze. Non voglio vederti così, non stasera, né domani: sai come si dice, “tristi a Capodanno, tristi tutto l’anno”. Quindi preferisco che tu sia ubriaco, in modo tale che nel prossimo anno ti ci vedrò spesso!”

Merlino ha fatto un po' fatica a stare dietro al discorso dell’amico – che è palesemente ubriaco, anche se non lo ammetterebbe mai perché “deve essere quello che regge di più lì in mezzo” – ma il sorriso enorme sul viso di Gwaine lo rallegra e fa nascere un sorriso anche in lui: Gwaine è sempre stato bravo a farlo sorridere, anche quando non ne ha voglia.

“Senti, io devo andare a chiedere a Morgana di ballare con me e di staccarsi da Gwen, che non ha minimamente la mia classe. Torno tra poco e voglio vedere il bicchiere vuoto, così potrò riempirlo di nuovo!” non aspetta nemmeno una risposta, si alza e va verso le due ragazze, iniziando a ballare.

Merlino non fa troppo caso al fatto che probabilmente l’amico non tornerà più affianco a lui, troppo impegnato a fare festa o talmente fuori da non capire più come raggiungere il divano, e schianta il liquido nel suo bicchiere sentendo subito l’alcol raggiungere il suo cervello.

“Ma sì, diamoci alla pazza gioia” pensa, prima di appoggiare il bicchiere vuoto sul tavolino davanti al divano, alzarsi e raggiungere gli altri nella pista improvvisata.

Quando mancano pochi minuti alla mezzanotte, Gwaine prende la parola, battendo un cucchiaio su uno dei vassoi ormai vuoti, e tutti si girano curiosi a guardarlo.

“Bene, gente, vorrei dire un paio di parole prima che l’anno finisca, quindi fate silenzio ed ascoltate” inizia “Innanzitutto, voi sì che sapete fare festa. Sul serio, Merlino avrebbe dovuto presentarci prima, ho trovato le mie anime gemelle. Merlino, sei un amico terribile”

Il moro non si prende la briga nemmeno di rispondergli e l’altro continua “Poi volevo dire che è bello festeggiare in questa casa, che di avventure ne ha viste tante”

“E tu c’eri in ognuna di quelle, Gwaine” interviene Lancillotto, facendo scoppiare a ridere tutti.

“Sì, hai ragione, mio fedele compare, e ne vado fiero. Ammettetelo che la vostra convivenza non sarebbe stata la stessa senza la mia fantastica compagnia praticamente ogni weekend quando dormivo sul quel divano”

“Mai nella vita” rispondono quasi in coro i due ex coinquilini.

“Siete degli ingrati. Comunque non ho finito ancora il mio discorso strappalacrime e strappa – applausi” taglia corto il ragazzo “Volevo dirvi che la nostra tradizione dell’ultimo dell’anno deve essere fatta anche quest’anno e che la insegneremo anche ai nostri nuovi amici”

Si gira verso i quattro che lo guardano confusi e aggiunge “Ora, non so se lo sapete, ma noi abbiamo l’usanza di dire cosa vogliamo dal nuovo anno. Si può dire qualsiasi cosa, ma poi deve essere vero durante l’anno. Vi facciamo vedere noi come si fa, voi potete accodarvi quando volete”

Si schiarisce la voce, prima di dichiarare solennemente “A un anno pieno di alcol, risate, cose sconce e verso l’illegalità, in cui Merlino finalmente smetterà di studiare solo e Lancillotto si ricorderà ancora che si può uscire tra maschi senza la propria metà. Senza offesa, Gwen” aggiunge con un sorriso, dopo l’occhiataccia della ragazza, prima di alzare il bicchiere “Cheers”

“Ma è mai possibile che metti sempre prima l’alcol?” si lamenta Merlino “E poi le regole sono che devi dire quello che vuoi fare tu, non quello che pensi che dobbiamo fare noi”

“Io voglio fare in modo che succedano certe cose e mi ci impegnerò” si limita a rispondere Gwaine “E ho detto “cheers” quindi avanti il prossimo”

“Ad un anno pieno di amicizia e amore…”

“Gwen, lasciatelo dire, sei davvero noiosa, dici ogni anno la stessa cosa” sbuffa Gwaine.

“E tu lasciami finire” ribatte l’altra, prima di continuare “E a Gwaine, che possa smettere di essere un idiota totale e mettere la testa a posto. Cheers”

“Anche questo mi sembra molto ripetitivo” replica l’altro “Lancillotto, ti prego, riprendi in mano la situazione”

“Anche io farò in modo che Gwaine metta la testa a posto…” Lancillotto ignora l’occhiata dell’amico “E tornerò spesso in questa casa, che è davvero pazzesca nella sua semplicità, quindi Artù e Merlino preparatevi perché mi avrete tra i piedi. Per il resto, concordo con l’alcol e le risate, anche se faccio a meno delle cose illegali. E sono d’accordo che Merlino dovrebbe lasciarsi andare di più e studiare di meno, per quanto sia assurdo essere d’accordo con Gwaine. Cheers”

Merlino capisce rapidamente che è il suo turno e che deve prendere in mano la situazione “Io farò in modo di ignorare qualsiasi cosa mi diciate voi due folli e mi affiderò a Freya e a Gwen che mi sembrano molto più assennate di voi. Cioè diciamo che almeno le ascolterò e poi valuterò se fare come mi dicono o meno” si corregge subito, conoscendo l’entusiasmo delle amiche, quando ci si mettono “Poi… non lo so. Forse cercherò di farmi meno problemi, credo, e di provare a fare ciò che penso sia meglio per me”

Nessuno commenta alle ultime parole del ragazzo e lui ne è davvero contento, soprattutto quando Freya prende la parola e distoglie l’attenzione da lui.

“Io farò in modo che Merlino viva al meglio la sua vita e continuerò a bere con te, Gwaine. Mangerò a casa vostra, Gwen e Lancillotto, e sarò la migliore amica che tutti voi possiate desiderare. Non vi libererete così facilmente di me e questa è una promessa. Cheers” esclama la ragazza con sicurezza, alzando il bicchiere.

Gli altri quattro ragazzi si guardano ed è Parsifal a prendere la parola “Immagino che tocchi a noi, ora. A un anno pieno di prosperità per il mio locale, adesso che spero di aver trovato altri cinque clienti di fiducia, con poche risse e molta musica. E a questo strano gruppo nato per caso. Cheers”

“Mi associo allo strano gruppo, dicendo che è bello finalmente avere anche altre ragazze oltre a me intorno e non solo tre maschi tutto muscoli, che guardano le partite ogni dannato weekend e che non sanno distinguere tra un eye-liner e un mascara. E mi associo anche al tanto alcol di Gwaine, nel mio locale preferito, caro Parsifal. Cheers” si accoda Morgana, con un sorriso.

“Ad un anno pieno di… Artù che mette la testa a posto, trova un lavoro e smette di trascinarmi qua e là, sperando che Merlino abbia un qualche influsso positivo su di lui. Non lo so, somministragli di nascosto della camomilla o una qualsiasi droga per farlo calmare con un dosaggio da cavallo, insegnagli poesie o ricamate all’uncinetto, insomma qualsiasi cosa. E insegnagli come comportarsi con l’università, così che non mi tormenti più per farmi uscire quando ho un esame il giorno dopo “per rilassarmi”. E poi sì, amore, amicizia, risate e alcol. Cheers”

Tutti si girano verso Artù, che sospira, prima di alzare il bicchiere “Immagino che tocchi a me… Non avrei troppe speranze sul fatto che io metta la testa a posto e non ti coinvolga nelle mie idee meravigliose, ma mi metterò di impegno per diventare un grande avvocato e voi non vi ricorderete più minimamente del ragazzo che non sapeva cosa fare nella vita. Ormai ho capito per cosa voglio lottare…” il biondo si gira un attimo verso il coinquilino, prima di continuare “E vi aiuterò a far sì che Merlino non stia sempre in casa e lo trascinerò ovunque mi verrà in mente, così che capisca quant’è bella la vita e come dovrebbe viverla”

“Io ho capito solo che devo espatriare molto lontano da qui, cambiare vita, amici, nome e forse anche volto… altro che Mattia Pascal e il suo Adriano Meis!” commenta il ragazzo, facendo ridacchiare gli altri.

“E vi farò venire in questa casa tutte le volte che vorrete, perché davvero la conoscete meglio di me e non si può dividere un amore tanto grande” aggiunge Artù, prima di terminare “E poi sì, alcol, risate e cose da non dimenticare. Cheers!”

A quel punto tutti fanno cin cin con i bicchieri, prima di bere insieme.

“Okay, gente, manca davvero poco a mezzanotte, quindi tutti ai vostri posti” fa notare Lancillotto, mostrando l’orologio. Accendono la televisione in un programma che fa un countdown e si accodano.

“Dieci, nove, otto…”

“Gwaine, vieni qui! Porta spaventosamente male non baciare qualcuno a mezzanotte” urla Morgana e il ragazzo si avvicina in un attimo, tutto contento.

“Sette, sei, cinque…”

Gwen si stringe di più a Lancillotto, che le prende le mani tra le sue.

“Quattro, tre…”

Merlino si guarda intorno e la sensazione di essere da solo quell’anno – e di ricordarsi perché è da solo – gli stringe lo stomaco in una morsa.

“Due…”

Artù si avvicina al coinquilino e gli mette un braccio intorno alle spalle; al moro scappa un sorriso involontario, pensando a quanto Artù sappia essere dolce, a modo suo – e senza nemmeno saperlo.

“Uno... auguri!”

Si sentono dei botti fuori dalla finestra e degli urli nel piccolo appartamento, dove tutti si stanno abbracciando con il bicchiere in mano e il sorriso sulle labbra; Merlino viene stritolato da Freya ed è sicuro che Gwaine gli abbia lussato una spalla, mentre Lancillotto è decisamente più calmo nel suo abbraccio fraterno. Gwen e Morgana gli stampano un bacio sulla guancia ciascuna, mentre Artù si limita ad un sorriso e ad una stretta sulla spalla – fortunatamente quella ancora sana – così come Parsifal e Leon – entrambi di gran lunga più tranquilli rispetto all’irruenza dei suoi amici.

E il moro davvero non se lo spiega come, in un momento così felice e vivace, i suoi piedi si siano mossi e lo abbiano fatto spostare in camera sua, nell’oscurità, dove si siede sul letto senza neanche accorgersene e si mette a fissare il vuoto – cioè il muro, mentre sente gli occhi inumidirsi.

A quanto pare il muro è più interessante di quanto possa sembrare, perché Merlino non si accorge dei minuti che passano ed è il suo coinquilino ad andarlo a cercare dopo un po'.       

“Ehi, ma allora sei qui!” esclama Artù, entrando nella stanza “Gwaine ti cerca come un matto, ha detto che almeno lo spumante a mezzanotte lo devi bere o porta male”

Si avvicina al letto, prima di aggiungere più serio “Va tutto bene?”

Merlino si asciuga rapidamente gli occhi con la manica, prima di annuire “Sai, era da un po' che non baciavo nessuno alla mezzanotte del nuovo anno”

“Davvero?” domanda Artù stupito e il tono sorpreso con cui lo dice, invece che irritare l’altro e farlo sentire offeso, stranamente lo diverte. Gli fa sentire come se Artù lo guardasse per la prima volta.

“Ho avuto altre storie prima di Will, per quanto ti possa suonare strano” gli racconta Merlino “Tutte molto a caso, in realtà, però per un motivo o per un altro ero sempre impegnato a Capodanno. Quest’anno è la prima volta da tanto tempo che non lo sono”

“Sei della stessa opinione di Morgana? Che porta male non baciare qualcuno a Capodanno?” ridacchia Artù, sedendosi accanto a lui “Non crederei a queste dicerie: io, a Capodanno, non bacio mai nessuno e mi sembra che non mi vada poi così male”

“Se cambiare ragazza ogni giorno vuol dire che non ti va così male, sono d’accordo con te” risponde Merlino, un tono decisamente più allegro di quanto pensasse.

“Tu dovresti prima provare e poi giudicare, non pensi? Guarda che questo è l’anno in cui ti lascerai andare e questo implica anche storielle leggere e cose rapide e senza impegno”

“Non ho mai detto questo, ho solo detto che mi lascerò un po' andare” Merlino rimarca sulle ultime parole.

“Sei fastidiosamente attaccato alle parole, Merlino, ti dovresti focalizzare più sui concetti”

“Comunque forse hai ragione” commenta il moro, alzando le spalle “L’anno scorso, l’ultimo dell’anno, l’ho baciato un ragazzo e non è proprio finita bene”

“Ma la tradizione dice che porterà bene o male, non che rimarrai con il ragazzo che baci!” gli fa notare Artù con entusiasmo “E tu quest’anno hai conosciuto me, ti è andata decisamente bene”

“Credo sia andata molto meglio a te, visto che hai trovato un cuoco provetto”

Il biondo liquida la cosa con un gesto della mano, prima che scenda il silenzio tra i due.

“Sai, l’altro giorno ho incontrato Will…” gli confessa Merlino, piano, dopo qualche istante.

“Lo so”

“Lo sai?” Merlino guarda il coinquilino confuso.

“Merlino, andiamo, chi è che ci mette due ore per fare la spesa, tornando poi solo con un pacco di biscotti e della birra?”

“Magari c’era fila alla casa” gli fa notare il moro, ma già sta sorridendo – cosa che non credeva possibile, visto il magone che sente dentro.

“Merlino… anche se non so fare la spesa, mi accorgo se il frigo è pieno o no” commenta Artù, con un sorriso che fa subito attorcigliare lo stomaco a Merlino – che ovviamente finge di non notarlo.

Il moro scrolla le spalle “Erano giorni che mi chiedeva di vederci per potermi parlare… e alla fine ho accettato”

“E…?”

“E niente” risponde il ragazzo “Ha provato a spiegarmi perché ha fatto quello che ha fatto, mi ha detto per l’ennesima volta che gli dispiace e che non voleva rovinare tutto tra di noi perché mi ama”

“Ti ha detto che ti ama?!” esclama Artù.

“Diciamo che me lo ha urlato, per essere più corretti” specifica l’altro “Il problema è che mi potrebbe dire qualsiasi cosa ma… io non so se riuscirò mai più a fidarmi di lui. Non…”

“Lo capisco, è naturale” lo aiuta il biondo, appoggiandogli una mano sulla spalla.

“E ci siamo lasciati. È… finita sul serio, insomma. Gli ho detto che non ci riuscivo, non al momento e non nel futuro più prossimo” conclude il moro, facendo scendere il silenzio per qualche secondo.

“Qualcuno ti ha mai detto di amarti?” domanda Merlino e i suoi occhi si vanno ad incastrare – così bene, direbbe qualcuno – con quelli azzurri del coinquilino, che esita un attimo prima di rispondere.

“No. O almeno, nessuna che lo pensasse sul serio”

“Come lo sai?”

“Perché non mi conoscevano minimamente. Tu credi che un “ti amo” detto al primo appuntamento da una che hai conosciuto per caso in un locale può essere vero?”

Merlino storce il naso “No, suppongo di no”

E il silenzio ripiomba di nuovo nella stanza, prima che Artù lo rompa.

“Hai voglia di tornare di là?”

“Non tanta, sinceramente” ammette il moro.

“Vuoi rimanere da solo?”

“No…” mormora Merlino prima ancora di rendersene conto, così aggiunge in fretta “Cioè, se tu vuoi tornare di là fai pure, non c’è problema, veramente”

“Merlino, non so come sia possibile, ma anche questo tuo mettere sempre gli altri davanti a te è fastidioso” dichiara Artù, prima di sospirare “Ascolta, immagino che tu ti sia accorto che io non ho molti amici. Forse è stata colpa mia perché sono sempre stato selettivo, nell’ansia di tenere lontani gli opportunisti, o forse non tutti riescono a rimanere miei amici per il mio carattere. Quindi non so bene come consolare un amico che soffre, forse perché non mi è mai successo. Tu sei… più emotivo e più sensibile di tutti quelli che conosco e ho paura di dire una cosa sbagliata con te. Soprattutto in questo momento”

“Mi pare di averti già detto che tra amici non si dicono mai cose sbagliate” gli fa notare l’altro.

“Merlino, sono io che sto consolando te, puoi lasciarti confortare per una volta, senza interrompere i miei tentativi?” sbuffa Artù, ma sta sorridendo mentre lo dice.

“Sei davvero un arrogante prepotente, Artù”

“E tu sei davvero un idiota, Merlino”

E si baciarono.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Elefante in appartamento ***


A Riccardo,
perché sei coraggioso






Merlino ha mal di testa. Un gran mal di testa, per essere precisi, e non è sicuro che sia totalmente colpa dell’alcol.
Sì, ha bevuto un po' più del solito, ma si ricorda benissimo ogni momento della serata e, di conseguenza, anche il bacio. Soprattutto il bacio.

Il ragazzo non riesce davvero a spiegarsi che cosa sia esattamente successo e cerca di ricostruire la scena, mentre fissa il soffitto bianco e poca luce entra dalla finestra.

Artù lo stava provando a consolare, Artù gli aveva detto che erano amici, che lui era sensibile e che aveva paura di dire qualcosa di sbagliato, Artù che lo aveva insultato e infine le labbra morbide di Artù sulle sue. Oh, miseria, erano davvero morbide le labbra del suo coinquilino e avevano qualcosa di… ammaliante? Tutto in Artù è ammaliante, questo Merlino lo ha già capito e accettato, ma dopo quel bacio… non riesce davvero a togliersele dalla testa.

Poi cos’era successo? Ricorda il suo corpo che reagisce al bacio e che lo ricambia prima ancora che la sua mente ragionasse sul significato di tutta quella situazione assurda. Quando aveva finalmente ricominciato a pensare con la testa e non con l’istinto – per non dire altro – si era leggermente scostato e aveva visto il sorriso di Artù nell’oscurità, prima che il coinquilino si alzasse e uscisse dalla stanza, urlandogli “Forza, Merlino, di là ti aspettano tutti”

Maledetto, maledetto Artù.

Ancora totalmente confuso si era alzato e aveva raggiunto gli altri che erano ancora nel pieno dei festeggiamenti; Gwaine gli aveva riempito il bicchiere e Lancillotto gli aveva chiesto se gli fosse per caso caduto un libro in testa perché aveva un’espressione totalmente stralunata.

“Ho appena baciato il mio coinquilino” avrebbe voluto dirgli, ma voleva evitare che l’amico si strozzasse con lo spumante che stava bevendo – cazzate, Merlino, la verità è che non avevi il coraggio di ammetterlo ad alta voce – e quindi era rimasto zitto.

In quel momento però avrebbe voluto averglielo detto perché è sicuro che il mal di testa sarebbe stato un minimo più debole.

Il resto della serata era passato così velocemente che il moro non sa davvero bene cosa sia successo: Artù che si comportava come se nulla fosse successo, Parsifal e Freya che si erano lanciati in una nuova serie di cocktail da poter brevettare, Gwaine e Morgana erano spariti e Lancillotto e Gwen avevano ballato. E Merlino era rimasto ad osservarli in uno stato catatonico sul divano. Tutti erano andati via – fortuna che la sua amica l’aveva aiutato a sistemare – e Artù era andato a dormire, dopo avergli augurato una buona notte e un buon anno. E ora lui era lì a fissare il soffitto. Sicuramente come inizio del nuovo anno non c’era davvero male.

No, no, no, Merlino, che stai dicendo. C’è molto male, hai baciato il tuo coinquilino – o lui ha baciato te? – che è, ricordiamolo, il più bel ragazzo su cui hai mai messo gli occhi e che è un etero convinto. Come si può dire che l’anno non è partito male?

Però il bacio era stato davvero bello, anche se corto: se era vero il detto di ciò che succede a Capodanno…

Merlino, smettila.

Il ragazzo sospira: deve assolutamente parlare con Gwen. O forse sarebbe meglio Lancillotto. Non che non si fidi dei consigli della sua amica, che generalmente sono i migliori, ma ha idea che l’amico potrebbe prendere la notizia in maniera più tranquilla.

Ma non può certo scrivergli un messaggio dicendogli: “Ho baciato Artù, che devo fare ora?” perché probabilmente a Lancillotto verrebbe prima un colpo e poi si sarebbe precipiterebbe come una furia in casa e Merlino vuole davvero evitare che il coinquilino sappia che parla di lui – cioè, della sua bellezza e delle sue labbra – con Lancillotto.

Quindi opta per un più semplice: Caffè?

E non appena l’amico gli risponde in maniera affermativa, si precipita fuori di casa, in modo da evitare di incontrare il coinquilino.

“Tu hai fatto che cosa?!”

Merlino ringrazia di trovarsi in un bar sconosciuto, senza persone che lo conoscono intorno, perché Lancillotto letteralmente urla non appena sgancia la notizia bomba.

“Lancillotto, ho perso un timpano!” si lamenta il ragazzo.

“E io ho perso qualche passaggio” replica l’altro “Ma da quando Artù è gay?”

“Da mai”

“E perché ti ha baciato? O sei stato tu a baciarlo?”

“Non ne ho la minima idea, Lancillotto” sospira Merlino, prendendosi la testa tra le mani “Ma so che ho un mal di testa da manuale ed una confusione pazzesca”

“Non faccio fatica ad immaginarlo… ed ora?”

“Ed ora?” ripete Merlino.

“Sì, ed ora che succede?”

“È per questo che sei qui. Ti prego, aiutami”

“Come faccio ad aiutarti, esattamente?”

“Che faresti tu?”

“Io? Credo che parlerei con Artù, no? Voglio dire, almeno per mettere in chiaro ciò che pensate” Lancillotto si tocca i capelli, prima di ridacchiare “Certo che quando hai detto che avresti fatto un po' di più ciò che volevi non pensavo che ti riferissi proprio a questo. Il mio obiettivo di aiutarti a scioglierti sembra più facile del previsto”

“Lancillotto se volevo questi commenti chiamavo Gwaine”

“Sai che sto scherzando… ma ammetterai con me che la situazione è strana e parecchio comica!”

“Non c’è nulla di com… okay, sì, ammetto che potrebbe far ridere” dichiara Merlino “Ma io sono la persona in causa, quindi dal mio punto di vista è tutto decisamente meno divertente”

“Secondo me in questo momento sei solo sconvolto perché è successo ieri sera e non hai ancora avuto tempo di metabolizzarlo” continua Lancillotto “C’è caso… non so, che sia stato un malinteso, dettato dall’alcol e tutta la situazione… perché è questo che speri, vero?”

“Io…” mormora Merlino, prima di aggiungere rapidamente “Sì, voglio solo che la situazione con Artù non sia strana”

“Allora dovresti parlarci… vedrai che lo vorrà fare anche lui”

E a queste parole, Merlino si sente un minimo – molto minimo – rassicurato e, con un sospiro, finisce il suo caffè, annuendo.

“E ti prego, la prossima volta chiama Gwen” aggiunge Lancillotto “Sono davvero onorato che hai così tanta fiducia nei miei consigli, ma i suoi sono decisamente meglio e si sente molto più a suo agio a dispensarli”

Finalmente il moro riesce a lasciarsi andare ad una risata e si ritrova a pensare che non ha mai avuto un primo giorno dell’anno così strano.

Ma Lancillotto ha decisamente troppa fiducia in Artù, che sembra essersi totalmente dimenticato di ciò che è successo solo qualche ora prima, perché Merlino lo trova tranquillamente in cucina che beve una tazza di latte come se nulla fosse e gli fa un mega sorriso non appena si chiude la porta di casa alle spalle.

“Ehilà, Merlino! Ma è possibile che sei mattiniero anche il primo dell’anno? Nessuno ti ha mai insegnato a dormire?”

“Ho preso un caffè con Lancillotto” si giustifica l’altro, avvicinandosi e sedendosi nella sedia di fronte.

“Voi prendete davvero il caffè all’alba”

Merlino gli lancia un’occhiata non del tutto convinta e guarda l’orologio “Ma è mezzogiorno”

“E ieri abbiamo fatto le 4. Quindi ora è l’alba”

“Sono comunque otto ore” gli fa notare l’altro.

“Tutti questi calcoli di mattina sono davvero… fastidiosi. Come gran parte di ciò che fai” esclama Artù, con un sorriso, continuando a bere il latte come se nulla fosse – e facendo saltare tutti i nervi a Merlino.

“Vogliamo parlare dell’enorme elefante che c’è nella stanza?” dichiara il moro.

“Quale elefante?” il coinquilino, con le labbra sporche di latte, non è davvero credibile.

“È una metafora, idiota” sbuffa Merlino “Parlo del nostro bacio”

“Ah, quello. Senti, non so come funzioni la cosa per te, ma per me un bacio dato da ubriachi, mentre tu eri triste perché Will è uno deficiente, è tipo un abbraccio. Può succedere”

“Ma davvero? Non ti facevo così esperto di situazioni in cui devi consolare le persone”

“Io volevo solo che la smettessi di piangere per quel cretino e se il bacio ha funzionato ne sono contento. Non vedo cosa ci sia da dire oltre questo” Artù alza le spalle, come a dire che davvero non ha nulla da aggiungere. Merlino vorrebbe avere il superpotere di leggergli nella mente, in questo momento, perché vorrebbe davvero sapere se questa è la verità o se c’è qualcos’altro che il biondo non gli dice.

“Cioè per te non è stato un… non so un problema? Diamine, baci dei ragazzi tutti i giorni?”

“No, ma tu sei un mio amico e non voglio che tu stia male. Quando incontro una ragazza che si è appena lasciata di solito il bacio scappa, quindi l’ho fatto anche con te”

Se c’è una cosa che Merlino sta capendo è che Artù è davvero pessimo nel dare spiegazioni e che certi ragionamenti non hanno davvero senso: ma come fa a non farsi problemi per aver baciato un ragazzo così a caso?

“Sarei diventato una ragazza?”

“Merlino, dai, non volevo dire questo e lo sai benissimo. Solo che non so di che cosa dobbiamo parlare”

“Lasciatelo dire, a volte dai davvero delle spiegazioni strampalate” dichiara il moro, prima di aggiungere “Io non voglio che la situazione tra noi sia strana”

Cioè la verità è che vorrebbe che Artù sotterrasse totalmente ciò che è successo, di modo che anche lui ci possa mettere una bella pietra sopra – ma che pietra, qui serve proprio un macigno, o Merlino è sicuro che non dimenticherà mai un bacio del genere. Ma perché il suo coinquilino deve essere così bello, così sensibile e deve averlo baciato da ubriaco? E perché deve baciare così maledettamente bene?

“La situazione tra noi è strana ora perché hai tirato fuori un elefante dal nulla” ribatte Artù “E poi mi sembrava che ci tenessi a ricevere un bacio a Capodanno, non volevo che ti lamentassi che avresti avuto sfiga tutto l’anno senza”

“Fammi capire, mi hai baciato perché pensavi mi sarei sentito meglio?” il mal di testa di Merlino, invece che diminuire, sta aumentando.

“Esattamente” afferma Artù “È l’unica cosa che mi è venuta in mente. È stato un problema per te?”

“No!” esclama in fretta in coinquilino, mentre reprime quella vocina onnipresente nella sua mente che risponde in modo totalmente diverso.

“Assolutamente no” rimarca, per sembrare più convinto “Ma hai parecchio da imparare sui metodi di consolazione: non si risolve mica tutto con un bacio!”

“Ieri ha funzionato, la prossima volta mi inventerò qualcos’altro” dichiara con un sorriso il biondo – facendo leggermente rabbrividire il coinquilino, non molto sicuro di voler sapere cosa sia il qualcos’altro.

“Quindi… tutto okay tra di noi?” mormora Merlino.

“Ovviamente, Merlino” risponde Artù, alzandosi “E sono felice di averti insegnato la prima lezione sul lasciarsi andare”

“Quale sarebbe, scusa?”

“Lasciarsi andare”

La persona precisa che è in Merlino vorrebbe dirgli che c’è davvero qualcosa di strano nella sua frase, che c’è davvero qualcosa di strano in lui, ma c’è una piccola parte del moro che invece lo spinge a fidarsi delle parole del coinquilino e a prenderle così come sono, senza farsi – per una volta – così tante domande.

“Che mangiamo per pranzo?” urla Artù dal divano e Merlino scoppia a ridere, divertito del fatto che il suo coinquilino è sempre lo stesso e si preoccupa delle cose importanti della vita, nonostante abbia appena finito la sua tazza di latte.

Quindi il moro pensa che la storia sia finita così? Sì – a fatica, ma sì. È finita sul serio? Ovviamente no. Perché Lancillotto è davvero un amico fidato e che sa mantenere i segreti, ma la sua ragazza – alias Gwen, alias la migliore amica di Merlino – ha un sesto senso per certe cose e, dopo aver visto l’amico sparire subito dopo la mezzanotte e riapparire insieme ad Artù, con Lancillotto che è uscito di casa di corsa la mattina dopo, non può non immaginare che deve essere successo qualcosa.

E quindi, visto che dal fidanzato non ha ottenuto niente, manda un messaggio innocente a Merlino, supportata da Freya – solidarietà tra ragazze, insomma – in cui chiede gentilmente di sapere ciò che sta succedendo. O meglio, gentilmente è quello che vi direbbe lei, il povero ragazzo avverte tutta la velata minaccia e così si ritrova ad uscire anche quel pomeriggio per incontrare le due amiche e Gwaine – perché se per caso lo venisse a sapere per ultimo potrebbe infuriarsi e offendersi a vita.

Rispiega da capo la storia e gli occhi a cuore di Freya lo avvertono fin da subito del pomeriggio impegnativo che lo aspetta – il mal di testa è già dietro l’angolo.

“Non iniziate a saltare su o organizzare il matrimonio. È stato solo… come un abbraccio” le ammonisce il moro con le parole del coinquilino, pur sapendo che è tutto inutile.

“Ma che vuol dire come un abbraccio? Avanti, Merlino!” è il commento ovvio di Gwaine “Anche se sono leggermente offeso che tu sia attratto da lui e non da me”

“Io non sono attratto proprio da nessuno, tantomeno da Artù!” replica l’amico “E poi è stato lui a baciarmi”

“Certe volte credo davvero che voi gay abbiate la vita più facile, poi ti guardo e capisco che non è assolutamente vero” ridacchia Gwaine, prima di essere ripreso da un’occhiataccia di Gwen.

“Cerchiamo di essere ragionevoli, per favore… come ti senti ora, Merlino?”

“Mi avete fatto venire mal di testa”

“Quello non è importante! Gwen intende in relazione ad Artù: senti qualcosa per lui?” taglia corto Freya.

Il moro sospira e pensa che come primo giorno dell’anno è veramente, veramente strano “Sentite, so quello che volete sapere, siete davvero prevedibili. Ed io ammetto che Artù è un bel ragazzo e tutto ma non è gay e non è interessato a me. E anche se vorrete la mia confessione riguardo al fatto che sarebbe un sogno se invece mi stessi sbagliando… non la avrete. Perché io mi sono lasciato con Will da poco e non ho alcuna voglia di impegnarmi con nessun altro, in questo momento, né di scervellarmi e farmi film mentali che non saranno mai veri”

“Sei davvero un caso senza speranza” dichiara Gwaine, scrollando le spalle “Ma se hai deciso di tagliarti le ali da solo…”

“Sì, è proprio quello che voglio. Domani mattina voglio svegliarmi e dimenticare totalmente ciò che è successo, anche se è stato sicuramente bello. E ve l’ho detto perché dovevate saperlo, non per farvi partire per la tangente”

“Quindi non vuoi nessuno dei miei fantastici consigli? Guarda che mi ci sono impegnata davvero tanto in questi pochi minuti” commenta Gwen, con un sorriso, subito ricambiato dall’amico.

“No, ti ringrazio. Sai che adoro i tuoi consigli, ma tienili per la prossima volta, d’accordo?”

“Merlino, dovresti sapere che sono consigli ad personam e per situazioni specifiche, quindi non li saprai mai se non li ascolti ora”

“La nostra Gwen sta imparando l’arte di essere subdola!” ridacchia Freya “Niente da fare, gente, Merlino ormai ha deciso e dovremmo ri-impacchettare le cose tirate fuori per il matrimonio”

“Apprezzo i vostri sforzi, Freya, in ogni caso” ridacchia il moro.

“Lo so. Come so che sai che ti organizzerò sul serio il matrimonio quando sarà o potrei non parlarti più”

“Sarai la prima che avviserò, va bene?”

Il sorriso della ragazza e il suo bacio sulla guancia di Merlino sono la risposta e poi i quattro amici ricominciano a chiacchierare di come rendere il nuovo anno indimenticabile.






Spazio autrice persona ritardataria buon anno?
Sembrava troppo bello per essere vero, eh? E invece no. Ops. Chissà cosa avrà pensato Artù di questo bacio… purtroppo non lo sapremo mai! O meglio, io lo so, devo ancora decidere se rivelarvelo o no muhuhahah
Spero che il capitolo di Capodanno vi sia piaciuto - non potevo mettere delle stupide note dopo il primo bacio di Artù e Merlino - così come spero che vi sia piaciuto questo. Se anche voi, come Freya, avevate già tirato fuori le cose per il matrimonio, rimpacchettatele, almeno ancora per un po'.
Ringrazio royal_donkey e NorwegianWoodFields per aver recensito lo scorso capitolo e i nuovi che hanno aggiunto la storia alle preferite/ ricordate/ seguite: mi fate aver voglia di non smettere mai di scrivere (infatti, piccolo spoiler, sto lavorando ad una nuova storia, più lunga, più impegnativa e probabilmente con un rating diverso, ma la pubblicherò solo dopo aver finito questa). Siamo esattamente a metà, il capitolo 10 segna l'inizio del nuovo anno e della svolta (che sarà molto lenta, come al solito, perché né a Merlino, né ad Artù, né a me piace correre troppo). Però, chissà perché, mi ritrovo sempre di fretta e sempre a correre, anche adesso, quindi se vedete qualche errore fatemelo sapere.
A presto,
Felpie

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Bella figura ***


A Filippo,
perché non ti stanchi mai
di fare bella figura con tutti



E il moro davvero riesce a tornare alla sua solita vita – per quanto dubitasse fortemente di poterci riuscire.

Certo, ogni tanto si ritrova a fissare Artù quel minimo di troppo, ma distoglie subito e prontamente lo sguardo per evitare che l’amico lo veda; sì, amico, perché la loro amicizia va davvero alla grande: Merlino non si ricorda se anche con Lancillotto si divertisse così tanto, in ogni minima parte della loro vita da coinquilini.

Ormai è diventato quasi un gioco quello di Artù, lanciargli contro qualsiasi cosa gli capiti tra le mani: guanti, cappelli, fazzoletti, bottiglie di plastica vuote, ogni cosa che ha sotto tiro. E Merlino evita ormai con grande maestria, prima che entrambi finiscano per ridere e dividersi una birra. O quando Artù entra in bagno, il moro si intrufola in camera sua e gli ruba i vestiti, nascondendoglieli in ogni parte della casa, per poi ridere come un matto mentre il coinquilino cerca i calzini nella dispensa o i pantaloni tra i cuscini del divano.

Artù sta anche imparando a fare la spesa – ora compra decisamente meno uova e più latte – ma il moro ha ancora paura di farlo avvicinare ai fornelli, però è rimasto piacevolmente sorpreso quando, poco prima dell’inizio dell’università, il biondo ha iniziato a svegliarsi presto la mattina, in modo tale da prendere il ritmo per frequentare le lezioni. Ed è piacevole fare colazione insieme alle otto di mattina, quando entrambi hanno ancora troppo sonno per dire qualsiasi cosa: Artù, poi, è proprio buffo con quell’anonima maglietta grigia che usa come pigiama, i capelli sparati e gli occhi pieni di sonno e Merlino inizia sempre la giornata meglio quando lo vede inveire in quello stato contro un pacco di biscotti che non si apre o contro il bacon bruciacchiato. Gli sembra qualcosa di così… familiare, in un certo senso.

E, a proposito di famiglia, Merlino non sta più nella pelle perché a fine mese lo verranno a trovare sua madre e lo zio Gaius, visto che a Natale non si erano riusciti a vedere. In realtà sono davvero venuti poche volte a trovarlo, perché il moro ha sempre preferito tornare a casa, anche per una questione economica, ma soprattutto per rivedere la sua cameretta e il posto in cui è cresciuto. Però visto che le lezioni sono riprese non si può proprio allontanare e Hunit e Gaius sono stati felici di prendersi qualche giorno per andare da lui.

C’è solo un piccolo, insignificante, ma non tanto trascurabile dettaglio: non ha ancora detto a nessuno dei due che si è lasciato, che non sta più insieme a Will. E quando la madre lo aveva chiamato per comunicargli l’orario preciso di arrivo, Merlino aveva capito che prima o poi glielo avrebbe dovuto dire, soprattutto perché Hunit aveva avuto l’idea di andare a cena loro quattro e… l’idea era alquanto improbabile, ecco.

Perché non glielo ha ancora detto? Merlino non lo sa. Non vuole che si preoccupino per lui, perché entrambi hanno quel vizio spettacolare di sapergli leggere dentro e capire i suoi sentimenti prima ancora che lui abbia ragionato di provarli. Non vuole che pensino che lui possa essere stato male, non vuole che anche loro sappiano come si è comportato Will, perché lui è pur sempre il ragazzino che andava ogni giorno a far merenda da lui e che Hunit lodava tanto per il suo appetito. E quindi Merlino non sa proprio cosa inventarsi per questa cena.

Ma quando vede il frigo totalmente vuoto gli viene l’illuminazione: potrebbe portare Artù. Intanto eviterebbe che il biondo debba ordinare qualcosa o – assolutamente no – cucinare e poi sarebbe l’occasione perfetta per presentare il suo coinquilino. E Merlino è perfettamente consapevole di che bella figura riesca a fare Artù ad una cena, di quanto sappia ben tenere il tono con persone che non conosce e che sua madre e suo zio ne rimarrebbero sicuramente colpiti. Ma il suo coinquilino potrebbe accettare una proposta simile?

Quando mancano poche ore all’arrivo dei familiari – e ancora il moro non ha detto nulla della rottura con Will, né annunciato al coinquilino che quella sera si sarebbe dovuto arrangiare per la cena se non fosse andato con lui – Merlino prende definitivamente coraggio e, dopo essersi sistemato il colletto della camicia allo specchio, va in camera di Artù – senza bussare, come al suo solito.

“Merlino! Sul serio, la tua è una patologia” esclama Artù, chiudendo la rivista che sta leggendo.

“Scusa… che fai?”

Artù lo guarda confuso, prima di sventolargli la rivista davanti “Ma ci sei?”

“Sì, hai ragione, mi sono espresso male. Intendevo stasera”

“Stasera? Nulla, credo, perché? Hai dei piani particolari? Come mai sei vestito così?”

“Ti ricordi che ti ho detto che venivano mia mamma e mio zio a trovarmi?”

“Sì…?”

“Stanno arrivando” dichiara Merlino, prima di aggiungere a voce più bassa “Ti andrebbe di… venire a cena con noi?”

“Io? A cena con la tua famiglia? Perché?”

“Ecco… potrei aver omesso di dir loro di aver rotto con Will e non vorrei… andare lì da solo, insomma”

“Devo fingermi il tuo fidanzato?”

Merlino sbatte le palpebre “Che? No! Ma che hai capito… semplicemente non vorrei essere solo, così eviteranno di fare quella cosa che mi leggono dentro senza che io abbia pronunciato mezza parola. O meglio, lo faranno ma non potranno dirmi troppe cose”

“Sì, ho capito a cosa ti riferisci, anche Morgana lo fa continuamente con me. Credo sia per questo che vinca tante scommesse” concorda il biondo, prima di ridacchiare “Mi stai usando così malamente, Merlino?”

“Ti sto invitando a cena, veramente” il moro ignora il tono divertito del coinquilino “Ma se hai da fare non importa, chiederò a Gwaine”

“Pensi sul serio che Gwaine sia migliore di me per una cena?” Artù si sistema più comodamente, con un braccio dietro la testa e la schiena appoggiata al muro “Andiamo, lo sai che sono un fenomeno in certe cose”

“Guarda che mamma e zio già lo conoscono, eh. E allo zio Gaius piace molto, perché dice che è sempre allegro”

Lo sguardo di Artù si incupisce “Allora questa è proprio una sfida: non permetterò a Gwaine di essere più simpatico e di miglior compagnia di me, puoi starne certo. Dammi cinque minuti che mi preparo e ti faccio vedere chi è il miglior amico che puoi portare a cena”

Merlino lo guarda un po' stupito e anche Artù sembra accorgersi delle sue parole, perché si corregge “Cioè, non che tu sia il mio migliore amico – anche se, ammettiamolo, io sono il miglior amico che potresti desiderare – però sono la persona migliore che puoi portare a cena. Questo volevo dire. E tu lo sai benissimo”

“Io so solo che sei un vero idiota” Merlino scoppia a ridere “Va bene, allora ti lascio al tuo vestiario e ti aspetto di là”

“Arrivo”

Il moro si siede su una sedia della cucina e dopo poco più di cinque minuti si vede apparire davanti un Artù tutto profumato e preparato a regola d’arte.

“Sicuramente” si ritrova a pensare Merlino “Artù sa come fare bella figura”

Il coinquilino ha infatti messo una camicia così bianca da essere quasi accecante e un cardigan blu scuro che gli fascia il fisico scolpito e che si intona alla perfezione con i pantaloni eleganti; si sta ancora allacciando il polsino della camicia, quindi non si accorge dello scanner che Merlino gli rifila: è davvero un bel ragazzo.

Merlino scuote la testa per risvegliarsi da quei pensieri e commenta “Ti sei messo di impegno, eh. Ci tieni proprio a fare bella figura”

“Non posso permette che qualcuno apprezzi Gwaine più di Artù Pendragon” si limita a dire il biondo.

“Sei davvero competitivo” Merlino scoppia a ridere, prima di fare un gesto verso la porta e seguire il coinquilino nel buio della sera.

Questa volta il moro ha perso, non è riuscito a convincere il coinquilino a lasciare a casa la moto: nonostante gli abbia dato dell’incosciente circa una dozzina di volte, si sia lamentato del freddo e delle strade buie, alla fine si è ritrovato a salire dietro Artù e a stringersi a lui – stritolarlo – come ogni volta che provava anche solo a dire la sua su quell’aggeggio infernale. Non sa esattamente come faccia Artù a vincere ogni volta quella discussione, ma se sarà un avvocato così non perderà mai nessuna causa.

Almeno non si lamenta ogni volta che Merlino lo stringe più forte che può per evitare di cadere e rompersi il collo – e anche se Freya glielo ha chiesto, in tono malizioso, il moro le ha assicurato che non è una scusa per abbracciare Artù. E vista la sua paura per le moto non è troppo difficile da credere.

Il ristorante che Merlino ha scelto per la cena è piccolo, ma molto elegante, un genere che è sicuro che possa piacere molto a sua madre; lui e Artù arrivano per primi e vengono fatti accomodare da una giovane ragazza ad un tavolo un po' isolato, in modo che possano passare la cena in intimità. Non fanno però in tempo ad ordinare nulla da bere, né a dirsi qualcosa, perché l’anziano Gaius entra, tenendo al braccio Hunit e chiacchierando amabilmente.

“Merlino!” esclama la donna, appena riconosce il figlio, che si alza e corre ad abbracciarla.

“Mamma, buon anno. È andato bene il viaggio?”

“Lungo, devo dire. Fortunatamente Gaius era insieme a me o sarebbe stato davvero faticoso”

“Ragazzo mio, che bello rivederti. Buon anno” il vecchio signore abbraccia vigorosamente il nipote, con uno dei suoi soliti sorrisi bonari.

“Buon anno, zio. Anche se con quasi un mese di ritardo in pratica” risponde Merlino, prima di girarsi verso il biondo “Lui è Artù, il mio coinquilino”

Artù, che si è alzato in piedi appena ha visto l’amico abbracciare la donna, si avvicina e stringe la mano di entrambi “Molto piacere”

“Così sei tu il famoso Artù!” le labbra di Hunit si aprono in un sorriso gentile “Merlino ci ha parlato tanto di te. Grazie per avergli fatto compagnia a Natale, ci sarebbe dispiaciuto molto se fosse rimasto da solo in un giorno così di festa”

Artù sembra essere preso un attimo in contropiede da quel ringraziamento e sorride un po' nervosamente.

“Perché non ci sediamo, Hunit? Avremmo tempo di chiacchierare con i ragazzi, ma sto iniziando a sentire la fame e la stanchezza del viaggio” interviene Gaius.

“Hai scelto davvero un posto carino, Merlino” commenta Hunit mentre tutti prendono posto a tavola.

“Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Ci sono venuto con Gwen e Freya qualche settimana fa e ti ho pensato subito” Merlino sorride felice, facendo una piccola carezza sulla mano della madre “Si mangia anche molto bene”

“Tu c’eri mai stato Artù?”

Il biondo, che probabilmente non si aspettava di essere interpellato con una domanda così semplice, sembra ancora più a disagio e si ritrova a scuotere la testa.

“Non è molto il mio ambiente”

“Spero comunque che sarà di tuo gradimento” il sorriso non abbandona mai il viso di Hunit, mentre inizia a sfogliare il menù “È così bello essere qui con te, figliolo. Si sente la tua mancanza nel nostro vecchio palazzo”

“Cosa avete fatto per Natale?” si informa il ragazzo.

“Tua madre ha colmato la tua mancanza con la cucina e mi ha rimpinzato di cibo come se non mangiassi da mesi” risponde Gaius, facendo scoppiare a ridere Merlino, mentre Artù si limita ad un sorriso tirato, che al moro non sfugge: avverte chiaramente la rigidità dell’amico al suo fianco, come se fosse ad un esame e dovesse fare bella figura per forza. Non riesce davvero a capire perché faccia sempre così, come se non concepisse l’idea di non risultare perfetto davanti ai suoi amici o, come in questo caso, alla sua famiglia.

“Anche io ho cucinato” esclama il moro “Ma le cose non penso fossero buone come le tue, mamma”

“Hai imparato tutti i miei trucchi, sono convinta che alcune cose tu le sappia preparare meglio di me” ribatte la donna.

“Effettivamente abbiamo perfino fatto una torta con una ricetta improbabile, ma alla fine, tutto sommato, mi è sembrata buona, vero Artù?”

“Sicuramente è durata poco: credo che già il 27 non ce ne fosse più” dichiara il coinquilino e sia Gaius che Hunit ridono divertiti.

“Ce la rifarai la prossima volta, allora” Merlino annuisce alle parole della madre, che si gira verso Artù e gli domanda “Tu che cosa fai nella vita? Studi o lavori?”

“Ho iniziato da un paio di settimane l’università di legge” risponde Artù, subito interrotto da Gaius.

“Un futuro medico e un futuro avvocato nella stessa casa? Non vorrei mai passare nel vostro appartamento quando si avvicinano i vostri esami! Per favore, avvisateci, così resteremo ben lontani”

“Non so se ti sei accorto, Artù, ma Merlino sotto esame tende ad essere un po' stressato” commenta Hunit, guardando il figlio con una punta di orgoglio “Anche se dopo riesce sempre benissimo”

“Non iniziate a coalizzarvi, ora” si lamenta subito Merlino “Già ho Lancillotto e Gwen che sono fantastici come coach motivazionali, non me ne servono altri”

“Sì, signora, ho avuto il piacere di seguire Merlino nel suo studio dell’anatomia… ogni tanto avevo paura che venisse nella notte ad analizzare le mie ossa solo per avere una cavia umana” risponde invece il biondo, facendo scoppiare a ridere tutti.

“Oh, Artù, chiamaci pure per nome e dacci del tu. Non servono questi formalismi con noi” lo incoraggia la donna, con un sorriso, che subito viene ricambiato dal ragazzo.

Con l’andare avanti della cena, Merlino vede l’amico rilassarsi sempre di più: i muscoli sono meno in tensione, il suo sorriso è più spontaneo come anche le sue parole e sorride educatamente, mentre si informa della vita di Merlino a casa o dei lavori e degli hobby di Hunit e Gaius. Quando arrivano al dolce il moro finalmente ha ritrovato il suo coinquilino solare e alla mano che vede tutti i giorni e Hunit sembra davvero catturata da lui.

“Siamo così contenti di vedere che stai bene, tesoro, e che hai un amico che vive con te” dichiara la donna “Sai, eravamo un po' preoccupati per te”

“Sì?” domanda il moro, abbassando rapidamente lo sguardo e giocherellando con il cucchiaino con il dolce.

“Ci fa piacere vedere che Artù sia un così bravo ragazzo e hai fatto bene ad invitarlo a cena con noi, questa sera” aggiunge Gaius “Dopo Will avevamo paura che ti fossi un po' chiuso in te, ogni tanto tendi a farlo”

“Io non tendo a fare nul… aspettate, sapevate che io e Will non stavamo più insieme?” esclama incredulo il ragazzo “Ma avete proposto di andare a cena tutti e quattro!”

“In realtà non sappiamo proprio tutti i dettagli, se avete passato solo un brutto periodo o se la rottura sia stata definitiva. Quando abbiamo visto che avevi portato il tuo coinquilino abbiamo immaginato che eravate in un punto di non ritorno” dice Hunit, guardando verso Gaius.

“Come facevate a saperlo?”

“La mamma di Will è ancora la nostra vicina di casa, non scordartelo. E lui è tornato a casa a Capodanno: è venuto a salutarmi e ha detto che avevate avuto alcuni problemi” gli spiega la madre “Non ti abbiamo chiesto nulla al telefono perché volevamo aspettare di parlarti dal vivo, se ne avevi bisogno”

“No… insomma, ci hanno già pensato ampiamente i miei amici, non… non c’è bisogno di riaprire il discorso” risponde in fretta il ragazzo.

Gaius annuisce “Ma certo, ragazzo. L’importante è che tu sappia che la tua famiglia è dalla tua parte, in ogni caso”

“Lo so, zio, non preoccuparti. Grazie”

“Bene, lasciate che vada a pagare, così possiamo fare due passi” esclama Gaius, alzandosi e subito Merlino sente Artù irrigidirsi nuovamente al suo fianco, come agli inizi della cena.

“Aspetta! Lascia che paghi la mia parte” prova subito a dire, ma viene fermato da Hunit.

“Nemmeno per idea, Artù. Sei nostro ospite, lascia che ti offriamo la cena”

“Ma mi avete conosciuto solo stasera…”

“Non vedo quale sia il problema. Sei comunque un amico di Merlino” interviene lo zio “Rimani pure seduto, non preoccuparti”

Il biondo fa per replicare qualcosa, ma Merlino gli fa un cenno con la testa e ci ripensa.

“Allora vi ringrazio” commenta solo infine.

I quattro escono nella notte fredda e camminano un po' stretti nei loro cappotti pesanti, prima che sia Hunit che Gaius inizino a mostrare cenni di stanchezza visto il viaggio e la giornata lunga e quindi si congedano dai due coinquilini, dopo aver abbracciato Merlino e preso accordi per il giorno dopo. Artù ringrazia nuovamente e poi si dirige con il moro a riprendere la moto.

“Fa un freddo cane, non capisco perché dobbiamo prendere questa cosa quando potremmo benissimo andare in taxi” si lamenta Merlino, infilandosi il casco.

“Io ho te che mi stai così appiccicato che è come se avessi non una ma tre giacche addosso” ridacchia Artù, montando e scavallando la moto “Forza, muoviti, così te ne potrai tornare nel tuo bel lettino caldo”

Merlino non si prende la briga di rispondergli e sale dietro, stringendosi nuovamente ad Artù per cercare di racimolare quanto più calore possibile; l’altro, però, non accenna a partire.

“Che succede? Perché siamo fermi e al gelo?” chiede subito il moro, ma l’altro non gli risponde all’istante.

“Mi piace la tua famiglia” commenta, dopo qualche secondo.

“Cosa?”

“È… accogliente. Sì, accogliente. Piccola ma accogliente” mormora Artù “Un po' tipo il nostro appartamento…”

Merlino si sporge un po', per poter guardare il profilo del viso del biondo “Ti sei trovato bene?”

“Sì…” è quasi un sussurro la risposta del ragazzo “Tua madre è molto dolce. E anche tuo zio, si preoccupano per te. Devono tenerci molto”

“Siamo una famiglia, è normale preoccuparsi l’uno dell’altro” risponde il moro, con un sorriso che però Artù non può vedere.

“Tu hai davvero tante persone che si preoccupano per te”

“Anche tuo padre si preoccupa per te” commenta il moro “In maniera diversa, forse, ma si preoccupa del tuo futuro e del tuo avvenire. E anche Morgana, Leon e Parsifal vogliono solo il meglio per te”

Il ragazzo sente l’amico sbuffare divertito, ma invece Artù non sente un “E anche io” sussurrato da Merlino, perché il rombo della moto che parte sovrasta la sua voce già flebile.






Spazio autrice ehilà che belli che sono Gaius e Hunit

Ora, ditemi che non sono l'unica che ama Gaius perché, davvero, io lo vedo come un mentore straordinario. E volevo davvero inserirlo ad ogni costo, insieme ad  Hunit, perché mi sembrano due figure importanti nella vita di Merlino anche se, purtroppo, con la storia c’entrano poco. Però li ho voluti mettere e basta (uuuh quanto potere) e l'ho un po' sfruttato come modo per vedere le molte insicurezze di Artù e il modo dolce con cui Merlino inizia a guardarlo. Perché sì, anche se ancora non lo ammette, Merlino inizia a guardare il suo coinquilino ed anche Artù, sotto sotto, lo fa.
E appena ho pubblicato il capitolo scorso ho deciso che saprete il punto di vista di Artù su quel bacio, ma ovviamente non sarà così facile e vi farò aspettare (uuuh quanto potere pt.2). Per ora accontentatevi della quotidianità dei nostri due piccoli coinquilini amorevoli, perché secondo me è il primo segno di amore.
Ringrazio, come sempre, royal_donkey per la recensione allo scorso capitolo, per farmi ridere con ogni suo commento o messaggio, per ricordarsi sempre di me e per essere così legata alla mia storia, e ringrazio MAAE_8830 per la recensione allo scorso capitolo perché è sempre piacevole scoprire lettori/ recensori nuovi e perché scalda il cuore sapere che qualcuno aspetta i miei aggiornamenti.
Spero che non ci siano errori, come sempre sono di fretta e spero che le mie precedenti riletture siano state sufficienti a correggere ogni cosa.
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Patatine, birre e caramelle ***


Qualora ti andasse la pizza, ed i cd in macchina senza nome sopra che si confondono tutti. Qualora ti andassero litigate coi piatti che volano, partite alla playstation, il divano sotto il condizionatore mentre in TV ricomincia il campionato o la moto gp, le lenzuola contese e la spesa fatta male con molte caramelle gommose e poche cose importanti.
Qualora ti andassero i barbecue con gli amici in cui tu pensi alle bruschette, metti caso sentissi il bisogno impellente e irrefrenabile di un weekend sulla neve, di una sbronza colossale, di un centinaio di foto stupide, di tortellini fatti in casa la domenica e di farina tra i capelli.
E a proposito dei tuoi capelli mi permetto di dire, vostro onore, che quei capelli sciolti hanno causato più danni dei fast food e delle trivelle per il petrolio e delle band emergenti, a tal proposito, dicevo, se ti andasse pure di lasciarli così come sono e farli svolazzare fuori dal finestrino in macchina alle due di notte vicino al Colosseo e ai Fori Imperiali, si insomma se tu volessi queste cose e magari anche altre mille, fammelo sapere, che passo a prenderti alle otto"
(Tommaso Fusari)



La vita da coinquilini di Artù e Merlino sembra ormai consolidata: certo, ogni giorno è una nuova avventura – vuoi perché il biondo si è messo in testa di preparare dei pancakes e per poco la loro casa non è andata a fuoco, vuoi perché Merlino si ostina ad aprire la porta della camera del coinquilino senza bussare ed ogni volta si ritrova scene di ogni genere davanti agli occhi, o vuoi perché Gwaine e Lancillotto hanno preso bene il ritorno in quella casa ed ogni volta che ne hanno l’occasione si presentano senza annunciarsi minimamente sulla porta, con mille idee in mente.

Artù ha iniziato la sua vita all’università e sembra molto soddisfatto della scelta fatta: si impegna al massimo per essere in pari con le lezioni e per recuperare quelle perse, in modo da poter affrontare gli esami in estate nel migliore dei modi. Merlino ha un po' il terrore di come potrà confrontarsi il suo coinquilino con gli scritti che lo aspettano, non sa minimamente come supportare un Artù sotto esame, ma sa che gli vuole stare accanto perché pensa che la legge e la giustizia siano davvero la strada giusta per lui. E poi perché, anche se Artù non l’ha sentito, il moro gli ha più o meno confessato che vuole il suo bene.

Non che significhi qualcosa, questo è ovvio – o almeno, è quello che si continua a ripetere sempre Merlino – solo che stanno legando molto come coinquilini e come amici ed è normale volersi supportare a vicenda. Come Lancillotto che gli porta il caffè mentre studia o Gwaine che cerca di distrarlo almeno cinque minuti mentre è in biblioteca. O Freya che gli manda dei messaggi carichi di incoraggiamento da perfetta life coach, con Gwen che ogni tanto prepara merende per tutti, in modo da affrontare al meglio lo studio.

E il moro ha notato subito quanto anche gli amici di Artù – che ormai sono diventati anche amici suoi – ci tengano a supportare il ragazzo e la sua scelta e sembrano contenti che finalmente abbia capito cosa fare nella vita.

Le cene tutti insieme si sono moltiplicate – spesso a casa dei due ragazzi – ma la costante è che non sanno mai scegliere cosa mangiare. Inoltre tutti si stanno interrogando sul rapporto di Morgana e Gwaine, dopo il loro bacio di Capodanno, ma nessuno dei due dà una risposta chiara, fin troppo bravi ad evitare le domande e a non cadere in allusioni. Ogni tanto continuano ad isolarsi per confabulare tra loro durante le serate e Freya ha rivelato a Merlino di averli visti insieme da soli più di una volta, anche senza tutto il resto del gruppo.

E così quindi passano tutti i restanti mesi invernali e quelli primaverili, mentre l’amicizia tra Artù e Merlino si rafforza sempre di più. Il moro, dal canto suo, non ha più incontrato Will – non l’ha più cercato e forse anche un po' evitato – e non può fare a meno di pensare al fatto che tutte le sue abitudini e le sue routine con il biondo siano esattamente ciò che cerca in un ragazzo. Vorrebbe questo genere di quotidianità mai monotona che vive ogni giorno con il suo coinquilino, i film stupidi la sera e i litigi per il telecomando, la coperta, l’ultima birra. Vorrebbe lamentarsi dei libri lasciati sempre sul divano – ma come si fa a studiare sul divano? Cioè la concentrazione come fa a trovarla quell’asino reale? – su cui puntualmente si siede, sperando di trovare il morbido, e poi scoppiare a ridere dopo pochi istanti perché Artù dichiara di aver cercato tale libro dappertutto – libro che era, appunto, rimasto sotto il suo naso, o meglio, sotto il sedere di Merlino. Vorrebbe le torte cucinate insieme la domenica – dove lui cucina e Artù legge pigramente la ricetta, riuscendo comunque a sporcarsi – e le spese totalmente a caso, con patatine, birre e caramelle.

Vorrebbe queste e molte altre cose, ma Merlino sa che non potrà averle. Perché queste cose sono speciali perché condivise con Artù e con qualcun altro non avrebbero lo stesso sapore. E quindi solo con lui funzionano. E quando il suo stomaco continua ad attorcigliarsi a certi pensieri, il moro si limita ad archiviarli come “non voglio distruggere la mia routine”. Ma non riesce proprio a spiegarsi perché si sente sollevato quando nessuna ragazza va a trovare Artù la notte e perché si sente così bene quando non può fare a meno di constatare che il numero è drasticamente diminuito rispetto a solo pochi mesi fa.

“Probabilmente è solo perché vuole studiare” pensa subito dopo il moro, ma non può smettere segretamente di pensare al fatto che forse non gli interessino più così tanto.

Ma le pareti dell’appartamento sono davvero sottili e il pensiero sparisce rapidamente quando è costretto a bussare sul muro per chiedere al coinquilino di fare piano, perché lui vuole disperatamente dormire.

Però sono diventate innumerevoli le volte che sono usciti insieme, da soli o accompagnati da Leon, Gwaine o Morgana, e spesso queste uscite sono finite con Merlino costretto a riportare a casa il suo coinquilino – anzi, a riportarlo proprio a forza – arrancando per le strade abbracciati e barcollanti. Ma al moro non dispiace poi così tanto ed Artù, da ubriaco, lo fa proprio ridere. E mentre il biondo ride, Merlino si sofferma ogni tanto un attimo di troppo a guardare le sue labbra, ricordandone la morbidezza; si è chiesto spesso se Artù ci abbia mai ripensato, ma le sue possono essere solo congetture perché non ne hanno più parlato ed entrambi sembrano averlo dimenticato sul serio.

E, all’ennesima volta, ormai Merlino ha capito come trattare l’amico quando è ubriaco ed è quasi diventato un vero professionista nella sua assistenza.

“Merlino, ho caldo!” si lamenta sempre Artù quando il moro lo accompagna fino a letto.

“Se dormi senza maglia con questo freddo, domani ti svegli con 39 di febbre” gli risponde paziente il coinquilino, aiutandolo a levarsi i vestiti e a coprirsi in qualche modo, prima di nasconderlo sotto le coperte.

“Sembri una balia” ridacchia il biondo ubriaco, mentre l’altro sistema le cose a casaccio nella stanza.

“A te serve una balia, Artù, o saresti rimasto di nuovo a dormire sul bancone” anche Merlino non può nascondere un sorriso divertito.

“È successo solo una volta” biascica Artù, girandosi a pancia in sotto per prendere la posizione comoda “E Morgana non avrebbe mai dovuto dirtelo”

“Sei il mio coinquilino: devo sapere tutti i tuoi più torbidi segreti”

“Allora anche io voglio sapere i tuoi!” esclama subito Artù, muovendosi velocemente e mettendosi seduto.

“Artù, per piacere, sono le 3 di notte e domani devo terminare una tesina” sbuffa Merlino.

“Non mi scappi, conoscerò il tuo più grande segreto, prima o poi!”

“Va bene, va bene, ora dormi però. Ne riparliamo domani” il moro si avvicina e gli appoggia le mani sulle spalle per farlo rimettere giù e l’altro, dopo uno sbadiglio, si stringe al cuscino.

“Non mi scapperai così facilmente…” sono le ultime parole di Artù e il coinquilino sente un brivido corrergli lungo la schiena; anche a questo, come ad alcune strette allo stomaco, non sa proprio dare un nome.

Se Merlino può anche solo provare a pensare che una sbornia del genere possa far desistere Artù dal bere per un po' di tempo lo ha decisamente sopravvalutato: non passano che una manciata di giorni da quest’ultima – ennesima – volta che lo ha messo a letto, che il biondo decide di aggiungersi a Gwaine in una “seratina tranquilla”, che in un attimo è diventata una “seratina di ritrovo con tutti”.

Per questo il moro si ritrova di nuovo appiccicato alla schiena di Artù, mentre l’altro sfreccia nel buio della notte per raggiungere il locale.

“Merlino, smetterai mai di essere così fifone?” lo prende in giro come al solito il biondo, mettendo il cavalletto alla moto.

“E tu smetterai mai di essere così antipatico?” replica l’altro, sfilandosi il casco “Ancora non hai mai preso l’autobus insieme a me, quindi non puoi sul serio farmi la predica”

“Ho una moto, perché dovrei prendere i mezzi pubblici?” Artù sorride e gli appoggia un braccio sulle spalle, mentre entrambi si incamminano verso il locale.

“Hai delle argomentazioni davvero banali, non farai grande strada come avvocato, lo sai?”

“Ti tirerò fuori di galera quando ci finirai, ne sono sicuro”

“Finirò in galera per il tuo omicidio, credo sarà improbabile che tu possa tirarmi fuori”

La discussione termina rapidamente – come tutte quelle tra i due – perché il moro apre la porta ed entra nel locale chiassoso, subito seguito dall’altro, e inizia a guardarsi intorno. Al posto di vedere però qualcuno del loro gruppo, individua qualcosa – anzi, qualcuno – che non pensava di incontrare così.

I capelli castani di Will sono di un colore e di un taglio molto comune, ma Merlino li riconoscerebbe ovunque: troppe volte li ha scompigliati, ci ha giocato, li ha visti arrivare da lontano – una volta ha perfino dovuto tagliarli perché si erano impiastricciati di fango e schifezze, dopo che il ragazzo era caduto in un bosco. Per un momento si sente spaesato, confuso e ha un gran desiderio di prendere una boccata d’aria – nonostante sia appena entrato nel locale – ma un attimo dopo Will si gira ed incrocia il suo sguardo: i suoi occhi traspaiono titubanza e disagio e fanno sentire Merlino un po' più sicuro. Incerto sempre, ma un po' più sicuro.

Così il moro si ritrova a tirare la manica di Artù, che si sta guardando intorno per cercare un tavolo.

“C’è Will” dichiara semplicemente.

“Dove?” domanda subito il biondo, guardandosi intorno.

“Laggiù” risponde Merlino, facendo un cenno con la testa.

“Tutto bene? Vuoi andare via?” si preoccupa Artù, ma l’altro scuote la testa.

“No. Anzi, credo che andrò a parlarci, invece. Puoi cercare un tavolo? Gli altri saranno qui tra poco”

“Anche Leon mi ha scritto che è per strada” aggiunge Artù, annuendo “Allora vado a cercare un posto per tutti. Se hai bisogno…”

“Lo so. Non preoccuparti” lo interrompe Merlino; l’altro annuisce, allontanandosi nella folla, e il moro, dopo un sospiro, si incammina verso Will, che nel mentre non gli ha staccato gli occhi di dosso.

“Ciao” lo saluta Merlino, affiancandosi a lui.

“Ciao Merlino…” mormora Will “Sono… contento di vederti”

Il moro annuisce, mentre l’altro aggiunge “Ti trovo bene…”

“Sto bene, Will” lo rassicura il ragazzo: nonostante tutto, gli dispiace per Will.

Era arrabbiato con lui, deluso da lui e si era chiesto varie volte come avesse potuto, ma dopo tutte le morse allo stomaco provate per Artù – dopo aver capito di cosa ha davvero bisogno, anche se non ha il coraggio di ammetterlo ad alta voce – pian piano il dolore è scemato, lasciando posto solo a tanti ricordi.

“Sei con gli altri?” si informa l’ex fidanzato.

“Sì, dovrebbero arrivare tra poco” conferma Merlino “Se dopo li vuoi salutare…”

“Non… ce l’hanno con me?”

Merlino storce la bocca in una smorfia “Forse un po', sì. Ma sei comunque un loro amico da tanto tempo”

“E tu non ce l’hai con me?” aggiunge in fretta Will e l’altro è colto di sorpresa.

“Ce l’ho avuta con te, Will, lo sai benissimo. Ho ignorato i tuoi messaggi, le tue chiamate e ho tagliato ogni contatto. Ma ora va meglio, sono passati dei mesi e sono riuscito ad andare oltre”

“Ti… vedi con qualcuno al momento?” sussurra piano il ragazzo “So che non ho alcun diritto di chiedertelo, ma…”

Merlino scuote la testa “No, mi sono preso del tempo per me, in un certo senso… ho preferito non conoscere nessuno. Non me la sentivo. Tu?”

“Io… sto con Cenred, ora… sai, quello…” Will non termina la frase, ma Merlino ha già capito come si conclude; però la stretta che sente non è forte né così dolorosa come si aspetta: certo, brucia pensare al tradimento ma… per qualche strano motivo è passato avanti. È davvero andato avanti.

“Sì, ho capito” dice in fretta il moro “Sono… contento”

“Sei contento?!” esclama incredulo l’altro e Merlino scrolla le spalle.

“Cioè… se tu sei felice così… io sono contento. E mi fa piacere che non sia stata… solo una cosa di quel momento, insomma. Mi fa sentire… meglio…”

“Merlino, io… davvero, non mi andranno mai via i sensi di colpa…” prova a dire l’altro, sinceramente dispiaciuto.

“Lo so, Will” lo interrompe il moro “È che… probabilmente era ciò che doveva succedere. Per sbloccare la nostra situazione. Era il segnale finale. E non ce l’ho con te per esserti lasciato andare, perché hai solo capito prima di me di cosa entrambi avevamo bisogno”

“Di cosa avevamo bisogno?”

“Di aprire gli occhi”

Will sospira “Sei il ragazzo più buono del mondo, Merlino, e ti auguro tutto il bene possibile. Non smetti mai di ricordarmi perché siamo diventati amici, tanto tempo fa, perché ho pensato che eri il bambino più simpatico che avessi mai incontrato e che sarei voluto diventare tuo amico”

“Ma se siamo diventati amici perché ho diviso il mio panino al tonno con te” ridacchia Merlino, lasciandosi andare ai ricordi “E perché eravamo gli unici bambini del palazzo”

“Non eravamo gli unici, c’era anche quella bambina sempre tutta in tiro con gonna e ballerine” ribatte Will “Non ricordo nemmeno come si chiamava”

“Non voleva mai giocare con noi” annuisce Merlino, prima che entrambi tornino silenziosi; Will gioca con il manico del boccale di birra, perdendosi un attimo nel frastuono del locale.

“Sono contento di averti rivisto, Merlino, e lo sono ancora di più per il fatto che parli ancora con me” mormora.

“Magari mi ci vorrà un attimo per ricominciarti proprio a parlarti come se nulla fosse…” ammette l’altro “Però prima o poi tutto tornerà ad una specie di normalità, credo. Ma sei sempre stato il mio migliore amico, non posso… chiuderti in faccia il portone, insomma. Specie perché è il portone della casa affianco alla mia, almeno nella nostra vecchia città”

“Spero tanto nella normalità” concorda l’ex, lasciandosi andare ad un sorriso, mentre i suoi occhi vengono catturati da un ragazzo che si sta avvicinando nella folla; anche Merlino lo vede con la coda dell’occhio e non ci mette molto a capire di chi si tratta. Nonostante abbia parlato con Will, non è ancora pronto ad incontrare Cenred, quindi preferisce dileguarsi.

“Ti lascio al tuo drink, ora. Buona serata”

“Anche a te”

Ma le parole di Will Merlino le sente già da lontano, mentre va alla ricerca di Artù e della sua nuova normalità.

Lo trova poco dopo, in un tavolo tondo all’angolo del locale, dove ci sono già tutti tranne Gwen e Lancillotto; Merlino saluta con un sorriso, sedendosi nel posto accanto al coinquilino, che subito gli rivolge un’occhiata.

“Ti senti bene?” sussurra, cercando di non farsi sentire dagli altri.

Merlino annuisce “Non hai detto… nulla, vero?”

Fa un piccolo cenno verso gli amici e Artù scuote la testa “Ho pensato che avresti preferito farlo tu, se lo desideravi”

“È stato meno peggio del previsto” confessa il moro “Certo, non... non è stato piacevole e anche quell’aria tesa e di tensione mi pesava parecchio, ma… sono contento di averlo fatto. Di averci parlato”

“Come dici sempre a me, parlare è meglio, no?” esclama Artù con un sorriso, battendogli una pacca sulla spalla.

Merlino sorride “Non te l’ho mai detto”

“No? Lo avrò interpretato da una delle tue continue chiacchiere, allora” il biondo scrolla le spalle “Forza, che abbia inizio la serata. Sappi che ti ho ordinato una birra perché senza un minimo di alcol in corpo sei tremendamente noioso”

Merlino gli sorride, mentre archivia la morsa che sente allo stomaco come “il mio coinquilino è davvero una brava persona” – ma per quanto potrà davvero andare avanti con queste stupide scuse?

I drinks arrivano insieme a Gwen e Lancillotto, che si scusano per il ritardo, mentre gli amici si stringono per far posto anche a loro e la loro serata inizia.

Nonostante l’iniziale partenza un po' in salita, anche Merlino si diverte e si lascia convincere da Gwaine a prendere la terza birra – cioè in pratica si dà alla pazza gioia – con la scusa del “lasciarsi andare” dichiarato a Capodanno. Così si avvicina al bancone – dove non vede più né Will, né il suo accompagnatore – ed ordina.

Si guarda intorno per vedere se riconosce qualcuno, ma i suoi occhi si posano in fretta sul tavolo dal quale si è appena alzato; scorge Artù tra la folla: sta ridendo per qualcosa e le sue labbra sono inarcate, lasciando scoperti i denti bianchi. Invece i suoi capelli biondi scivolano costantemente sulla sua fronte e vanno a coprire gli occhi – benedetti occhi – subito però scostati dalla mano impaziente del ragazzo.

Huston, smettila di guardare quel figo del tuo coinquilino e torna sull’ordinazione o il problema diventerà enorme.

Mentre il barista gli prepara la sua bionda alla spina, si ritrova a pensare a quanto è cambiata la sua vita nell’ultimo periodo e gli viene da sorride a pensare che se qualcuno gli avesse predetto una cosa del genere solo un anno fa lo avrebbe preso totalmente per matto: andiamo, lui che prende la sua terza birra, in un giorno normale, quando domani dovrà andare all’università, facendosi peraltro convincere da Gwaine? Improbabile, no? E ritrovandosi ad essere il coinquilino – e un amico – del ragazzo più bello che abbia mai visto? Quasi impossibile detto così, no?

“Scusa, è libero questo?”

Merlino viene risvegliato dai suoi pensieri da un ragazzo con gli occhi scuri e la camicia celeste che lo fissa, indicando lo sgabello affianco a lui, e si ritrova ad annuire. Lo sconosciuto si accomoda, girandosi poi verso di lui.

“Sono Alator, piacere” continua lo sconosciuto, allungandogli la mano; il moro la osserva un attimo, prima di stringerla.

“Merlino”

“Posso offrirti qualcosa?”

E al sorriso gentile del ragazzo, complici anche le due birre già bevute, e con il pensiero della sua nuova vita, Merlino annuisce con un sorriso, facendo poi cin cin con il bicchiere dell’altro e bevendo un lungo sorso di birra, mentre la schiuma gli solletica le labbra.






Spazio autrice per cercare di riconquistare i fan di Will amante della quotidianità
Anche se può sembrare un capitolo non troppo rilevante per la storia ci tenevo parecchio ad inserirlo per vari motivi:
1) perché Merlino per come lo vedo io sogna una quotidianità ed una normalità semplici, non eccessive e senza troppe promesse d'amore eterno, ed è un aspetto che mi piace molto.
2) per far capire ai suoi fan che anche a me piace Will come personaggio e che non volevo farlo passare come il cattivo della storia. Semplicemente le cose erano destinate ad andare così e nessuno dei due poteva farci nulla: spero che anche il fatto che stia ancora con Cenred lo faccia capire. Volevo lasciare un bel ricordo di lui, ecco (perdonatemi per averlo dipinto come mostro, anche perché sono convinta che è vero che chi tradisce sbaglia, ma che a volte bisogna andare un po' più in fondo e vedere le ragioni alla base e quindi in questo caso non gli voglio dare il 100% di colpa).
3) perché è apparso Alator (e sarà da tenere d'occhio). Artù non può avere vita troppo facile e, poverino, bisogna tirargli parecchi pezzi di prosciutto in testa prima che si renda conto di ciò che ha di fronte agli occhi azzurri - bellissimi occhi azzurri.
4) perché Merlino, invece, si sta iniziando lentamente (mooolto lentamente) ad accorgere che Artù non gli è proprio del tutto indifferente e che il suo corpo sta cercando di mandargli dei segnali.
Ringrazio come sempre royal_donkey che recensisce ogni mio capitolo instancabilmente e non smette mai di dirmi quanto ama questa storia (il che scalda sempre il cuoricino) e NorwegianWoodFields per la recensione allo scorso capitolo. Un piccolo ringraziamento anche a voi lettori silenziosi perché siete comunque importanti per me e perché spero che la storia vi piaccia, anche se non me lo dite. E anche a chi ha aggiunto la storia tra le seguite/ ricordate/ preferite (mi sa che nello scorso capitolo mi ero dimenticata di voi, perdonatemi).
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Citius! Altius! Fortius! ***


Piccola nota di inizio: il rating di questa storia è giallo, ma la "leggera trattazione di tematiche sessuali" può avere molte interpretazioni, a seconda della sensibilità di ognuno di noi. Visto che in questa storia Merlino ed Artù sono due universitari secondo me può succedere che termini come "sesso" o "scopare" vengano fuori o che ci siano riferimenti (e vi avviso che ogni tanto ce ne saranno). Non descriverò mai scene, avendo scelto di scrivere una storia a rating giallo, ma potrebbero esserci accenni - che comunque ritengo essere accettabili - ma che potrebbero urtare alcune personalità più sensibili.  In ogni caso saranno tutti in chiave scherzosa e leggera, mai troppo profondi o intimi. Spero di non essere non essere sfociata troppo nel volgare con certi termini e di non essere andata fuori rating.





 
Che tu possa avere sempre il vento in poppa,
che il sole ti risplenda in viso
e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle
(dal film "Blow")






Da quando Alator è entrato nella sua vita, da un paio di settimane, Merlino ha capito una cosa: se vuole davvero provare a fare qualcosa di leggero, una di quelle storielle estive che sembrano piacere tanto a Gwaine – nonostante non abbia più detto una cosa del genere da quando ha conosciuto Morgana – Alator è la persona giusta: non prende nulla, non hanno fatto discorsi importanti o si sono messi stupide etichette addosso. Che sia questo quello a cui si riferivano tutti a Capodanno, il famoso lasciarsi andare?

Non che Merlino abbia in questo periodo tempo per qualcosa di più impegnativo, visto l’ormai imminente sessione estiva, che lo distrae da ogni altra cosa – potrà essere leggero e darsi alla pazza gioia quanto vuole, ma gli esami verranno sempre prima di ogni altra cosa – e gli fa trascorrere le giornate in biblioteca. Superato lo scoglio di anatomia nulla gli sembra così impegnativo, ma non vuole adagiarsi sugli allori e il topo di biblioteca è tornato in un attimo – anche perché in quel posto un po' in ombra e nella vecchia università, riesce a trovare tregua dal caldo torrido che ha preso possesso della città.

Quindi, spesso e volentieri in compagnia di Freya e Gwen, si ritrova a prendere posto al tavolino alle 8.30 di mattina e ad alzarsi solo alla sera, con davvero poche pause caffè. Ma la presenza delle amiche lì lo fa distrarre a sufficienza per non sentire troppo la pesantezza e l’ansia dello studio.

Un altro che sembra aver capito che deve decisamente studiare è Artù, di cui in realtà il coinquilino ha seguito poco lo studio degli ultimi giorni – come già detto, non è stato quasi mai in casa – ma gli basta trovare i libri di legge in ogni angolo per capire che il biondo fa davvero sul serio: sembra voler dare tutti gli esami, anche quelli che gli sono rimasti indietro essendosi iscritto in ritardo. Sicuramente non sono più usciti a bere qualcosa la sera e questa già la dice lunga sull’impegno che Artù sta mettendo nello studio; l’unica cosa che è venuta in mente a Merlino è stata di fargli trovare sempre delle birre in frigo – magra consolazione rispetto al pub di Parsifal, ormai diventato di fiducia – perché sa che, pur essendo anche lui sotto esame, è il suo coinquilino quello che va supportato in questo momento così nuovo per lui.

Ma certe volte anche il moro ha bisogno di supporto, come dopo aver studiato tutto il giorno solo un capitolo, senza averlo capito – figurarsi imparato – granché. Merlino arriva alla porta, camminando praticamente come uno zombie e la apre automaticamente, accendendo le luci; per poco non sviene, quando si trova davanti Artù – o meglio, quello che sembra Artù – con una maglietta sporca, i capelli sparati in aria e le mani sulle ginocchia, seduto sul divano ma circondato da una quindicina di libri e quaderni gettati malamente per terra, penne sparse qua e là e dei vetri di bicchiere frantumato.

Ora, di scene pietose Merlino ne ha viste parecchie di ritorno a casa, ma questa ha davvero un che di strano: almeno di solito c’era una parvenza di ordine e sanità – più o meno – mentale, ora invece Artù sembra aver scaraventato via tutti i libri, riuscendo così a frantumare un bicchiere, riducendosi poi all’autocommiserazione.

“Artù!” esclama il moro, avvicinandosi “Ma che è successo?”

“Stavo studiando” si limita a borbottare il ragazzo.

“Sì, ma tutto questo?” insiste Merlino, indicando il caos che si è creato nel loro piccolo salotto.

“Stavo studiando” ripete Artù, senza nemmeno alzare lo sguardo su di lui.

“Forse tu sei nuovo di queste cose, ma io ho una certa esperienza nello studio e so che non si fa così” ribatte Merlino, appoggiando la borsa sulla sedia della cucina, prima di tornare davanti al suo coinquilino “Quindi, riproviamo: che cosa è successo?”

“Tu non capisci, Merlino” sbuffa Artù, appoggiandosi con la schiena al divano.

“Che cosa non capisco?”

“Devo andare bene a questo esame”

Il moro sbatte le palpebre, prima di sedersi accanto al suo coinquilino “Che cosa vuoi dire?”

“Io… non posso sbagliare. È il mio primo esame… tutti si aspettano di vedere quanto impegno io abbia messo in questa mia folle decisione di fare l’università”

“Io non penso che sia stata folle la scelta di fare l’università” replica Merlino “E nessuno ti sta facendo pressione, tutti vogliono solo essere sicuri che sia quello che vuoi fare sul serio. E il tuo impegno non si vede dal risultato di un esame, ma da come lo hai preparato”

Il moro lo guarda un attimo, anche se Artù non accenna a girarsi verso di lui, così aggiunge “Ed io posso testimoniare che stai dando tutto te stesso. Diamine, stai quasi dormendo sui libri come me! Lo sai che è grave, vero?”

Lo sbuffo divertito che il biondo gli rivolge fa sorridere il ragazzo.

“Ne sei sicuro?”

“Che è grave se inizi a dormire sui libri? Sicuramente, porta solo un gran mal di testa, un mal di schiena da far paura ed è poco produttivo. Te lo assicuro”

“Non parlavo di quello, idiota” risponde Artù, girandosi verso di lui “Credi sul serio che io possa farcela?”

“Non ho detto questo, ho detto che sicuramente hai fatto del tuo meglio” lo corregge Merlino, prima di sorridergli “Ma sì, sono anche convinto che ce la farai alla grande”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Perché ti conosco” risponde il moro, alzando le spalle “Perché sei mio amico e perché ho fiducia in te”

Artù lo guarda, prima di sbattere entrambi i pugni sul divano, frustato “Perché non puoi limitarti ad essere un idiota come sempre? Quando dici queste frasi… motivazionali… mi mandi in totale confusione”

E Merlino deve davvero trattenersi dal fargli notare che solitamente è lui a mandarlo in confusione, facendolo arrivare al punto di non capire più nulla con quelle sue stupide frasi totalmente improvvise, e che per una volta è un bene che ci sia lui dall’altro lato. Ma il brivido di soddisfazione che gli corre lungo la schiena non glielo toglie nessuno.

Sembra così fragile Artù in questo momento, con i libri sparsi intorno a lui, gli occhi stanchi e i capelli in disordine, ma il moro si ritrova comunque a pensare che è bellissimo anche così. Merlino, togliti questi stupidi pensieri dalla testa, accidenti. Il tuo coinquilino ha bisogno di supporto, non di uno che gli sbava dietro. E poi, perché dovresti sbavare dietro ad Artù? La tua avventura estiva già l’hai trovata.

“Sai, prima di ogni esame ho la tradizione di andare sul tetto” si ritrova a dire Merlino, troppo tardi per poter fermare le parole appena uscite dalla sua bocca.

“Perché così se ti vuoi buttare di sotto sei ad una giusta altezza?” dice sconsolato Artù.

“No, perché dal tetto si vedono delle stelle meravigliose. Poche, in realtà, ma sono comunque belle”

“Sei proprio sentimentale”

Merlino ignora il commento e domanda “Allora?”

“Allora cosa?” sbuffa il biondo.

“Allora vuoi venire sul tetto con me?”

“Devo studiare”

“Artù, non rompere le scatole. Sai tutto, è inutile che continui a studiare. Vieni sul tetto con me”

Gli occhi celesti di Artù si incrociano con quelli sempre chiari di Merlino e, dopo un attimo, il biondo annuisce “Almeno ho una scusa per la tua morte accidentale. E si dice rompere le palle. Sul serio, Merlino, la sai dire una parolaccia?”

“Muoviti, Asino, prima che cambi idea e che ti riempia di parolacce”

Esco di casa così, di corsa, sporchi e sudati per colpa del gran caldo, entrambi con i capelli in disordine e fanno la gara a chi fa prima per le scale. Il risultato è ovviamente scontato, ma Artù sorride come un bambino nel vedere l’espressione affaticata del coinquilino.

“Dovresti fare un po' di sport, lo sai?”

Ma il moro si sente subito meglio, quando vede l’amico aprire la porta del tetto e, finalmente assumere una posizione un po' più rilassata.

Si siedono a cavalcioni sul bordo, appoggiando le mani sulla balaustra, mentre guardano la città sotto di loro e le stelle alte nel cielo; dal suo paese, Merlino ne vede decisamente di più, ma queste sono la cosa più vicina a casa che ha trovato, quindi se le fa andare bene. E poi non sa se uno come Artù abbia mai avuto il tempo di fermarsi ad osservarle, nella sua frenetica vita, quindi possono essere considerate comunque un bello spettacolo.

“Sarà così per ogni esame?” mormora il biondo, facendo ciondolare i piedi.

Merlino scrolla le spalle “No. A volte sarà più tranquillo, altre volte sarà così tremendo che ti chiederai perché diamine lo stai facendo ed altre volte ancora non vedrai l’ora di farlo così da togliertelo dai piedi. L’importante è che ti ricordi perché lo stai facendo”

“Perché lo sto facendo…” ripete Artù a bassa voce “Perché vale la pena lottare…”

“L’hai preso proprio come motto, eh?” ridacchia Merlino.

“Da bambino mio padre diceva che dovevo essere più forte, più bravo e più veloce di tutti, era il suo motto. Era ora che trovassi una frase mia”

“Veramente sarebbe mia” sottolinea il moro.

“Sì, ma tu non la usi mai, quindi la prendo io. Avrò i diritti di copyright sulla frase e vorrò una percentuale ogni volta che la sentirò pronunciata dalla tua bocca” ribatte Artù.

“Non ti darò nemmeno un soldo, Asino. Sei un dannato plagiatore”

“Che parolone, Merlino!” esclama stupito il biondo “Stai andando nel mio campo di lavoro”

“Non è ancora il tuo campo di lavoro” gli ricorda l’altro “Prima devi passare gli esami”

“Ti ho detto che sei fastidiosamente attaccato alle parole?”

“Me lo dici a giorni alterni, sì” annuisce il moro, ma entrambi stanno sorridendo e la discussione – come al solito – cade dopo poco.

Dopo un po' di silenzio, con il leggero venticello che scompiglia i capelli di entrambi, Artù chiede “Sai riconoscere le stelle?”

“Chi sarebbe quello sentimentale adesso?” lo prende in giro Merlino.

“Sempre tu. E sei anche un idiota” sbuffa Artù “Io sono cresciuto in questa città, te lo ricordi?”

“Me le ha insegnate lo zio Gaius, quando portava me e Will a campeggiare…” finisce la frase sussurrando, prima di raccontare – forse più per ricordarselo lui stesso che per altro “La prima volta che ci siamo andati non riuscivamo a stare fermi, volevamo esplorare il bosco di notte e pescare nel fiume, così lo zio Gaius per tenerci buoni ci ha fatto studiare tutte le stelle”

“Scusa come faceva a tenerti buono facendoti studiare?” il biondo lo guarda totalmente incredulo.

“Perché io e Will facevamo una gara: chi sbagliava più costellazioni avrebbe lavato i piatti” risponde Merlino con un sorriso, prima di adombrarsi nuovamente “Era un bel periodo…”

“Mi dispiace, non volevo portarti alla mente brutti ricordi” si scusa subito Artù, ma l’altro scuote la testa.

“Non ti preoccupare, ormai sono andato avanti. E tutta la mia infanzia l’ho trascorsa con Will, quindi è normale che mi venga da pensare a lui ogni tanto”

“Allora insegnami le stelle che sai, così sarà un ricordo legato a me” esclama il biondo.

“Qui se ne vedono poche”

“Allora andremo in campeggio”

Con Artù in tenda? Va bene l’autocontrollo ma alcune cose sono troppo anche per Merlino. Merlino, smettila di pensare certe cose: i gay non saltano addosso a tutti i ragazzi che respirano. E sì, lui è un ragazzo solo ed è scientificamente provato che sia davvero un figo, ma Alator è la tua storiella estiva. Ora non lasciarti andare troppo.

“Pensiamo prima a fare gli esami, direi” il moro riporta l’amico con i piedi per terra “Se ti conosco un minimo, quando finirai gli esami, avrai così tanta voglia di divertirti che Parsifal dovrà cacciarti via a forza dal suo locale, dopo giorni di permanenza lì dentro”

“E tu verrai con me, sappilo” esclama Artù, mettendogli un braccio attorno al collo e stringendolo a sé, mentre con il pugno gli gratta la testa ed entrambi scoppiano a ridere.

“Se Artù non ci fosse, dovrebbero inventarlo” si ritrova a pensare il moro “Sarà un grande avvocato perché ci crede veramente”

E quando Artù torna a casa con il massimo dei voti al suo primo esame e gli rivolge quel suo sorriso speciale e dalla dentatura perfetta, Merlino è convinto che qualcuno abbia sostituito le ossa delle sue gambe con della gelatina. Ma non potrebbe essere più orgoglioso.

 

“Merlino!” urla il biondo dalla sala, mentre il moro cerca la maglietta meno orrenda che c’è in giro nella sua camera.

La sessione è finita e sia Artù che Merlino l’hanno superata nel migliore dei modi, quindi possono godersi interamente le vacanze, senza alcuna preoccupazione. Merlino ha avuto assolutamente ragione e Artù ha passato le sere successive all’ultimo esame dentro il bar di Parsifal, ma questa sera è chiuso e il biondo si ritrova sul divano senza idee su come passare la serata.

“Che c’è?”

“Usciamo insieme stasera? Mi annoio!”

Merlino sbuffa “Non è un problema mio, devo uscire con Alator stasera”

“Dai, ma quell’uomo sembra avere tipo 10 anni più di te! Come fai a starci insieme?” si lamenta Artù, mentre il coinquilino esce dalla camera per andare in bagno.

“Fai così solo perché stasera non hai nessuna ragazza, Artù”

“Io voglio uscire con il mio coinquilino” ribatte il biondo “E questa tua scarsa fiducia nei miei confronti mi ferisce profondamente”

“Sei la persona meno credibile del mondo nel dire queste parole” replica l’altro, andando in cucina alla ricerca delle sue chiavi.

“Anche questo mi ferisce profondamente”

“Devi davvero trovarti una ragazza”

“Che me ne faccio di una ragazza, quando ho il mio fantastico coinquilino? Con loro è tutto più complicato, devo stare attento a ciò che dico e ciò che faccio”

“Per quanto mi lusinghi essere al primo posto nel tuo cuore, anche con me dovresti stare attento a ciò che dici e ciò che fai” sbuffa il moro, nonostante non riesca a trattenere un sorrisetto per l’affetto che Artù inizia a dimostrare per lui: dopotutto non è così male che preferisca stare con lui piuttosto che con una ragazza, no? No, Merlino, basta fare questi pensieri, è ovvio che è male.

“Mi spieghi cosa ci trovi in Alator?” continua Artù, ora con una voce più ovattata, come se avesse affondato la faccia nei cuscini del divano.

“È bello, intelligente, dolce e sensibile?” elenca l’altro.

“Stai facendo la lista della spesa, Merlino?” lo prende in giro il biondo “Tutte queste caratteristiche ce le ho pure io. Che fai con lui che non puoi fare con me?”

Merlino lo guarda come a chiedergli se deve sul serio rispondere alla domanda “Sei serio? Vuoi che ti faccia un disegnino?”

Artù si alza su di scatto ed esclama “Merlino, non ti facevo così pervertito!”

“Me lo hai chiesto tu!” sbuffa l’altro in risposta “Che pensavi facessimo? Giocassimo a carte tutto il tempo?”

“Lo hai davvero già fatto con Alator? Ma vi siete appena conosciuti”

“Tu ti porti a letto le ragazze dopo una serata ed io non posso fare sesso con uno con cui esco da quasi un mese e mezzo?” gli urla per farsi sentire mentre torna in camera a prendere le ultime cose.

Artù sbuffa e il moro sente un tonfo come se fosse ricaduto sul divano; raccoglie il telefono e il portafoglio, prima di dichiararsi definitivamente pronto e tornare in salotto per salutare il suo coinquilino.

“Quindi è questo il tuo allettante programma della serata? Fare sesso nel bagno di un locale?”

“E il tuo è stare spiaggiato sul divano cercando di mandare a monte i miei piani?” commenta Merlino, osservando il corpo – nudo, ma perché è sempre nudo – steso a quattro di spade sul divano.

“Può darsi. Ci sto riuscendo?”

“No. Buona serata, Artù” risponde Merlino con un sorriso, evitando un pelo il pacchetto di fazzoletti che il biondo è svelto a tirargli.

Sembra l’inizio di una serata normale, no? Almeno per Merlino che esce di casa, monta in sella alla sua bici ed inizia a pedalare verso il locale dove ha appuntamento con Alator. Essendo estate è caldo e c’è molta gente in giro, con i vestiti più improponibili, ma a quanto sa il suo… compagno – non hanno ancora definito nulla tra loro – ha chiesto un tavolino fuori, in modo da evitare la calca del locale. È già lì quando arriva, con due drink davanti ed il sorriso accogliente.

“Ehi” lo saluta.

“Ehi” risponde Merlino, sedendosi accanto “Aspetti da molto?”

“Il tempo dell’ordinazione, non preoccuparti”

Iniziano a chiacchierare tra loro e Merlino non può non pensare al fatto che, pur stando bene con Alator, non è sicuro che sia ciò che vuole davvero: maledetto Artù, perché anche quando non è lì con lui è capace di essere assolutamente presente? Non può lasciarlo un attimo in pace?

“Ti va di andare a fare un giro?” propone Alator dopo un po' e Merlino annuisce, ma non fanno in tempo ad andare a pagare che Artù appare davanti a loro.

“Non andrete a fare un giro da nessuna parte”

“Artù!” esclama sorpreso il moro “Ma che diavolo ci fai qui?”

“Ho bisogno del mio coinquilino, forza, vieni” gli afferra il polso e lo tira leggermente “Scusa, Alator, fate la prossima volta”

“Ma che dici, Artù? Ti ho detto che per stasera ti saresti dovuto arrangiare con qualcun altro e che io avevo da fare” Merlino cerca di trattenersi dall’urlargli contro degli insulti di fronte a tutto il locale.

“Sì, ma ora devi venire con me”

“Dove e soprattutto perché?”

“Perché sì” dichiara semplicemente il biondo “Alator, te lo rubo”

Se non fosse così infuriato con il suo coinquilino, Merlino sicuramente penserebbe all’ottima scelta di parole fatta dall’amico, ma mentre sta cercando di puntare i piedi per non rendere la vita così facile ad Artù non può fare altro che insultarlo.

“Aspetta, stupido Asino” esclama alla fine esasperato, prima di girarsi verso Alator “Scusami, come vedi deve essere ubriaco o davvero non riuscirei a spiegarmi il suo comportamento. Ti chiamo dopo, va bene? Lo devo riaccompagnare a casa”

Alator annuisce, probabilmente un po' confuso, prima di fare un cenno di saluto ad entrambi.

Solo quando Merlino è sicuro di essere solo con Artù e a debita distanza da orecchie indiscrete gli urla contro “Ma che ti è saltato in mente, Artù? Sei totalmente pazzo? Mi viene da pensarlo visto che nemmeno tu puoi essere ubriaco, sono uscito di casa da nemmeno mezz’ora. Non è possibile che tu abbia bevuto così tanto in così poco tempo”

“Non sono ubriaco” conferma il biondo.

“E allora perché sei qui?” esclama esasperato il coinquilino “Sul serio non riesci a passare una serata da solo?”

“Mi dava fastidio l’idea, ecco tutto”

“Quale idea? Quella che io possa avere una vita mia?” Merlino si tocca le tempie con le mani, chiudendo gli occhi e provando a mettere insieme i pensieri confusi che gli stanno passando per la mente “Ma come hai fatto poi a trovarmi, si può sapere? Mi hai pedinato?”

“No, ho chiamato Gwaine” risponde Artù, alzando le spalle “Non mi avevi detto dove andavi”

“E forse c’era un motivo! Cazzo, Artù, non pensavo che potessi arrivare a tanto per noia” continua infuriato l’altro.

“Non mi piaceva l’idea di te che facevi sesso con qualcuno in uno squallido bagno” si limita a commentare Artù, anche se sembra perdere quella sicurezza che aveva fino a poco fa.

“Non… ma sul serio?” Merlino è allibito dalle parole dell’amico “Ti pare davvero che io potrei essere un tipo del genere?”

“Lo hai detto tu, quando sei uscito di casa” gli fa notare il biondo.

“Io non ho detto che stavo andando a scopare in un locale, ho detto che dovevo uscire con Alator” precisa invece l’altro.

“Fare un giro significa proprio quello” ribatte Artù.

“Fare un giro significa passeggiare, per la miseria!” urla Merlino, prima di sospirare ed abbassare il tono “In ogni caso non ne avevi alcun diritto”

“Non ci ho pensato, ecco tutto”

E il tono ancora così tranquillo di Artù fa in un attimo saltare di nuovo i nervi di Merlino, che sbotta “È questo il problema, Artù! Tu non pensi mai, non dai mai peso alle conseguenze delle tue azioni!”

“Che vuoi dire?”

“Perfino quando mi hai baciato a Capodanno hai detto che non sai perché lo hai fatto. Lo hai fatto così, tanto per. E mi ha spiazzato davvero totalmente il fatto che per te il bacio non abbia significato nulla, perché invece a me ha mandato in totale confusione” le parole gli escono di bocca prima che abbia anche solo il tempo di controllarle e subito Merlino si vorrebbe mordere la lingua per ciò che ha detto, ma può solo aggiungere “Io davvero non riesco a capire come ragioni, come ti vengano certe idee. È davvero faticoso seguire il filo dei tuoi pensieri”

Il moro alza lo sguardo – quand’è esattamente che si era messo a fissare l’asfalto? – e getta un’occhiata all’amico, che sembra essere diventato un po' pallido e con un’espressione spaventata; Merlino sente il suo cuore pompare il sangue più velocemente del normale e ha caldo, molto caldo: vorrebbe disperatamente prendere una boccata d’aria, nonostante si trovi all’aperto.

“Però mi hai seguito” è ciò che mormora Artù, abbassando lo sguardo.

“Cosa?”

“Mi hai seguito” ripete il biondo, guardando gli occhi azzurri del coinquilino “Potevi dire che ero pazzo, potevi prendere Alator e andare via, potevi ignorarmi. Ma non lo hai fatto”

Già, Merlino, non lo hai fatto. Hai preferito seguire il tuo folle coinquilino, invece di mandarlo al diavolo e concludere la serata il più lontano possibile da lui. Perché lo hai fatto?

“Perché sono così arrabbiato che domani non sarei riuscito ad esprimere la mia ira al meglio” il moro accantona la domanda, il perché ha fatto ciò che ha fatto, in un angolino lontano della sua mente e ricomincia il suo attacco “Perché bisogna che capisci che ti sei comportato da idiota e che non puoi fare così solo perché ti annoi”

Artù fa per aggiungere qualcosa, ma Merlino non gliene dà il tempo “E no, non aggiungere che lo hai fatto per il mio bene o cose del genere, perché è una spiegazione assurda e strampalata. Anzi, non aggiungere proprio niente perché non ho voglia di stare qui ad ascoltare i tuoi pensieri folli e totalmente illogici”

“Merlino…” prova ad intervenire Artù. In un qualsiasi altro momento, probabilmente, Merlino non avrebbe mai sovrastato la voce di Artù, rendendogli difficile anche parlare, perché il biondo si sarebbe imposto, avrebbe detto la sua solita sciocchezza o gli avrebbe sorriso e il moro avrebbe lasciato perdere, ritrovandosi a sorridere come un ebete. Ma in quel momento Merlino non sembra aver alcuna intenzione di cedere e il suo coinquilino sembra averlo capito, mentre prova a rimediare come può.

“Non… non dire altro, Artù. Ora non ti voglio ascoltare” lo interrompe infatti l’amico furioso “Me ne torno a casa”

“Quando mi vorrai parlare?” c’è qualcosa nella voce di Artù che per un attimo – ma solo per un attimo – fa sì che il moro si domandi se fa davvero bene a trattarlo così male per una cosa del genere che è perfettamente nel carattere e nello stile dell’amico.

“Non lo so” risponde bruscamente – troppo bruscamente – prima di aggiungere “Viviamo in casa insieme, non potrò non parlarti a lungo. Ma adesso voglio andare a casa e cercare di dimenticare questa serata penosa”

Merlino non sente se e quale risposta gli abbia dato Artù, si dirige rapidamente a riprendere la bici ed inizia a pedalare come una furia verso casa. E il biondo non si sorprende quando, entrando in casa poco dopo di lui, sente la chiave girare nella serratura della porta della camera del coinquilino.






Spazio autrice uuh una stella persona romantica
Perdonate il ritardo, la puntualità e la regolarità non sono il mio forte, nonostante la storia sia finita ed io debba effettivamente solo pubblicare il capitolo e le mie fantastiche e bellissime note (la modestia l'ho lasciata a Camelot).
Inizio queste note (no, sul serio, qualcuno le legge?) invitandovi a leggere quelle all'inizio del capitolo (così, giusto per essere sicuri che il messaggio passi e che qualcuno non si lamenti dei toni poi) e spiegandovi il titolo, perché magari non tutti conoscete quella frase: Citius! Altius! Fortius! è il motto delle Olimpiadi e significa "più veloce! più in alto! più forte!" e mi sembra una di quelle frasi che Uther potrebbe benissimo aver insegnato ad Artù per spingerlo a dare il massimo in ogni circostanza. E nel suo desiderio di libertà ed indipendenza Artù ha bisogno di una frase che sia solo sua, invece. 
Per quanto riguarda invece la seconda parte del capitolo diciamo che una persona sana di mente direbbe che certi gesti sono dettati da qualcosa di un po' oltre la semplice amicizia, ma a quanto pare Merlino ed Artù hanno un po' di prosciutto sugli occhi e devono aspettare che passi Scooby Doo e che se lo mangi, prima di risolvere il loro non tanto intricato né complicato mistero (okay, ora probabilmente sto delirando, ma da me piove e stare in casa fa strani effetti). E sì, Merlino non è poi passato così tanto sopra al bacio di Capodanno ed ogni tanto gli capita di ripensarci (chissà perchè). Ma non lo biasimiamo, lo farebbero in tanti.
Credo di aver delirato abbastanza in poche righe, quindi ringrazio come sempre royal_donkey per le sue splendide recensioni e ringrazio CrystalWolf_019 per averci tenuto a farmi sapere che la storia le piace (mi scalda sempre il cuoricino). E ringrazio chi ha aggiunto la storia tra le preferite/ ricordate/ seguite (anche voi mi scaldate sempre il cuoricino).
Vi lascio dicendovi che il nostro piccolo Artù è un grande oratore e che sicuramente si scuserà in un modo che farà diventare le ginocchia di Merlino di gelatina (di nuovo, per la seconda ma sicuramente non ultima volta).
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Così speciale ***


So tell me what you want to hear
Something that will light those ears
I'm sick of all the insincere
So I'm gonna give all my secrets away
This time
Don't need another perfect lie
Don't care if critics ever jump in line
I'm gonna give all my secrets away
(OneRepublic - Secrets)



Il cuore di Merlino batte così forte nel suo petto che, pur essendo uno studente di medicina, ha paura che possa letteralmente uscirgli dalla cassa toracica; ci appoggia una mano sopra, come a cercare di rallentarlo e proteggerlo, mentre, nel buio della sua camera, fissa il soffitto, ancora vestito di tutto punto. Si è chiuso dentro e non ha nemmeno la forza di alzarsi per mettersi il pigiama. Non ha la forza per fare niente, se non continuare a rivivere quelli che sono stati dieci minuti di follia assoluta e di confusione totale.

Perché Artù deve fare così? Perché non può limitarsi ad essere… meno? Perché deve essere così… troppo?

Prendiamo ad esempio ciò che è appena successo: che bisogno aveva Artù di presentarsi lì e strapparlo all’appuntamento? Ma è anche vero che lui lo ha seguito senza pensarci due volte, anche solo per urlargli contro tutti gli insulti che gli passavano per la mente, invece che rimanere con Alator e concludere la serata da un’altra parte. Perché Artù ha fatto così? Perché si deve comportare così? È già sufficientemente difficile ricordarsi costantemente del perché la vicinanza con il suo coinquilino sia una cosa così pericolosa per lui, perché non deve lasciarsi andare quel minimo di troppo. Perché Merlino lo sa benissimo, anche se non lo ammette – e probabilmente non lo ammetterà mai – che il coinquilino non è gli totalmente indifferente, anzi, gli è davvero poco indifferente. E continua a giustificare la cosa ripetendosi che “Artù è invadente in tutto”. Anche quando non c’è si sente la sua presenza, vuoi per il profumo che si è spruzzato prima di uscire, vuoi per i piatti sporchi da lavare e malamente accatastati sul lavello, vuoi per i libri sparsi per casa. Vuoi per tutte quelle minime cose che Merlino non può fare a meno di notare e di pensare a quanto siano così spaventosamente al loro posto. Quanto lui si senta al suo posto vicino ad Artù.

Ma lui non si può comportare così semplicemente perché si annoia, anche se continua a giustificare il fatto dicendo che pensava che fosse la cosa migliore per Merlino. Che poi, cosa ne sa Artù di che cos’è la cosa giusta per lui?

E Merlino riesce a mantenere il distacco e un mutismo alquanto insolito, visto l’amore del moro per le chiacchiere, nei giorni seguenti, senza che Artù provi nemmeno a giustificarsi nuovamente – cosa che il giovane medico, in realtà, si sarebbe aspettato. E in cui forse sperava.

Il ragazzo è sdraiato sul divano quando Artù si avvicina silenziosamente, anche se il coinquilino fa di tutto per non notarlo, tenendo gli occhi ben piantati sul libro che ha tra le mani e, quando il biondo si ferma a pochi centimetri da lui, alza lo sguardo, mantenendo il segno con un dito, ma senza accennare ad alzarsi. Per qualche secondo nessuno parla, prima che Artù rompa quel silenzio.

“Ti va una sigaretta?”

Così dicendo mostra il pacchetto che tiene tra le mani; Merlino lo osserva – lo squadra, sarebbe più corretto – da capo a piedi, mentre Artù non gli stacca gli occhi di dosso. È la prima parola che si rivolgono da quattro giorni, nemmeno i convenevoli si erano mai scambiati: dal canto suo, Merlino si era limitato a mangiare quell’attimo prima o dopo del solito, in modo da non incrociare Artù, anche se si premurava sempre di preparare qualcosa anche per lui – perché la cucina che sarebbe andata a fuoco, dopotutto, era anche la sua – mentre Artù faceva il possibile per tenersi fuori dai piedi, ma spesso il moro lo aveva beccato a guardarlo, come se fosse lì lì per dirgli qualcosa, per distogliere però lo sguardo un attimo dopo, quando si accorgeva che Merlino aveva alzato gli occhi.

“Che cos’hai in mente?”

“Niente”

“Tu hai sempre in mente qualcosa, Artù”

“Possiamo scendere qui sotto e fumarci una sigaretta insieme, per favore?” il biondo rimarca sulle ultime parole e, dopo un ultimo sguardo, Merlino sospira, mette definitivamente un segnalibro tra le pagine che stava leggendo e si alza dal divano.

“So che finché non accetto non mi lascerai in pace”

Artù non ribatte alle parole dell’amico, mentre gli fa un cenno con la testa e dopo poco si chiudono la porta alle spalle per andare davanti al portone. Il biondo gli passa il pacchetto e l’accendino e dopo un attimo due lucine rosse si accendono nel buio della notte; Merlino prende una lunga boccata di fumo, chiudendo gli occhi, mentre attende che il suo coinquilino parli per primo. Sa che la sigaretta è stata solo un pretesto per parlargli e sa che lui stesso l’ha accettata solo perché vuole disperatamente parlare di nuovo con Artù.

“Mi dispiace”

Merlino sbatte le palpebre un paio di volte, girandosi verso di lui.

“Ti dispiace?”

“Sono stato un idiota, non avrei dovuto”

“Già, non avresti dovuto” conferma il moro “Si può sapere perché cazzo lo hai fatto?”

“Perché…” parte subito Artù, prima di fermarsi di scatto, indeciso su come continuare “Perché sei il mio migliore amico…” mormora dopo un attimo “E pensavo fosse la cosa migliore per te”

È passato un po' di tempo dall’ultima volta che il tuo stomaco si è attorcigliato in questo modo, non è vero, Merlino? E adesso come fai a giustificare quella dannata morsa? E non puoi far finta di non aver sentito le parole “migliore amico” pronunciate da Artù e rivolte a te. Ma essere il migliore amico di un ragazzo così – bello, aggiunge la vocina rapidamente messa a tacere – è un bene o un male?

Il miglior amico di Artù Pendragon.

Certo che suona dannatamente bene.

“Non avresti dovuto” ripete Merlino “So quello che faccio”

“Nessuno sa con certezza quello che fa, tutti possono sbagliare” ribatte il biondo, riacquistando un po' della sua solita sicurezza “Ed io volevo evitare che tu lo facessi”

“Che intendi dire?”

“Tu sei una persona sensibile ed emotiva, non ho mai conosciuto qualcuno come te. E non sei il tipo che riesce a fare cose così leggere, insomma. Volevo evitare che te ne pentissi dopo. Ero preoccupato” risponde Artù, prima di aggiungere, vedendo che Merlino sta per ribattere qualcosa “E anche se tu ti sei arrabbiato con me, io sono convinto di aver fatto la scelta giusta. Non penso che Alator sia il tipo giusto per te, è troppo… diverso. Non va bene per uno come te”

E Merlino ci sta davvero provando a mantenere il suo stomaco – e il suo cuore – al giusto posto ma, per la miseria, perché Artù deve fare certe cose e dire frasi del genere? Perché, perché, perché? Ora viene fuori che non è minimamente pentito, che lo rifarebbe perché l’ha fatto per lui, il suo migliore amico. Il miglior amico di Artù Pendragon… sì, suona maledettamente bene. O no?

“E com’è uno come me?” a quanto pare Merlino ci tiene proprio a farsi venire le farfalle nello stomaco – meglio una morsa o degli animali che svolazzano allegramente? – perché il coinquilino è subito pronto a rispondere.

“Così speciale”

L’abilità di improvvisazione del moro è, come sempre, nascosta – praticamente latitante – e non aggiunge parola, limitandosi a guardare gli occhi chiari dell’amico – migliore amico – senza sapere minimamente cosa dire a queste parole. All’improvviso non riesce nemmeno a ricordarsi perché era così arrabbiato con lui, gli sembra una cosa sciocca, futile e senza importanza, successa un’infinità di tempo fa. All’improvviso avrebbe davvero una gran voglia di gettare a terra quella stupida sigaretta di cui ormai non riesce a sopportare nemmeno l’odore, usata solo come scusa per parlare, e lanciarsi tra le braccia dell’amico, per dirgli che per lui è tutto okay e che ha un coinquilino proprio idiota. All’improvviso si sente davvero bene.

Deve sul serio spiegare ad Artù come gestire le sue emozioni e come comportarsi in determinate circostanze, ma il talento naturale che ha nel parlare e la profondità delle frasi che riesce a dire è qualcosa di così inebriante e spiazzante che può essere solo un’abilità innata.

“Sei ancora arrabbiato con me?” le parole del biondo gli arrivano lontane, ma servono per risvegliarlo dai suoi pensieri.

Merlino scuote la testa “Sei un idiota talmente grande che se mi arrabbiassi per ogni minima cosa finirei in manicomio prima del tempo”

E il moro qui si aspetta che Artù faccia una battuta, che urli “Merlino” con il suo solito tono scandalizzato o una cosa del genere, mentre riceve in cambio solo un sorriso sollevato che però vale più di mille parole. Le labbra dell’amico si sollevano leggermente, creando quelle piccole fossette, e appaiono i denti bianchi e precisi; perfino gli occhi di Artù stanno sorridendo in questo momento e la stretta che Merlino sente allo stomaco è forse la più piacevole che abbia mai provato in tutta la sua vita.

“Pace fatta, Asino” il moro risponde al sorriso, spegnendo la sigaretta per terra.

Più tardi, quella sera, dopo un paio di birre sul divano mentre guardano i risultati di qualche partita non ben definita, Merlino scrive un messaggio ad Alator, spiegandogli di aver sistemato le cose con Artù, che era un attimo fuori di sé l’altra sera. Non è totalmente una bugia, più una mezza verità, ma il moro non ci fa troppo caso, specie perché Artù lo ha appena colpito a morte – se lo chiedeste a lui vi direbbe che gli ha dato una semplice pacca sulla schiena – per richiamare la sua attenzione su un’uscita molto prossima con il resto del gruppo.

“È il mio compleanno, tra un po'” esclama Merlino allegro, nonostante senta la schiena dolorante.

“Davvero?”

“In un anno un giorno dovrà pur essere il mio compleanno, no?”

“Sei un idiota” risponde subito Artù, per non dargliela vinta “Lo so che tutti hanno un compleanno, solo che non avevo pensato che è quasi un anno che vivo qui con te”

“Il tempo vola quando hai un coinquilino fantastico come me”

“Il coinquilino fantastico sono io” ribatte il biondo, indicandosi il petto con il pollice per rimarcare la frase “E visto che tu sei un pessimo organizzatore, ti aiuterò a preparare la tua festa”

“Pensavo a qualcosa di semplice, al bar” confessa il moro, appoggiandosi allo stipite della porta della sua camera. La giornata gli sembra essere stata infinita – probabilmente gran parte della colpa va alla serata appena avuta – e vorrebbe disperatamente andare a dormire, ma questo chiacchierare così con Artù lo trattiene da dentro e lui non ha la forza di opporsi.

“A chi lo vuoi dire?”

“Ai soliti”

“Anche ad Alator?” il moro è leggermente stupito dalla domanda e si ritrova a pensare che non aveva minimamente ragionato sulla possibile presenza o meno della sua… storiella estiva?

“Non lo so ancora” ammette quindi, prima di domandare “Secondo te lo dovrei chiamare?”

“La festa è la tua” commenta Artù, scrollando le spalle, ma poi aggiunge, più a bassa voce “Lui però non fa parte del nostro gruppo. E credevo fosse la tua storiella estiva, no?”

Il moro lo guarda, prima di annuire “Ci penserò”

Ma Merlino ha già deciso, non appena si chiude la porta alle spalle dopo aver augurato la buonanotte ad Artù. Ha capito subito, nel buio della camera, che non sente il bisogno di chiamare Alator, perché, dopotutto “lui non fa parte del gruppo”. E cerca di convincersi che questo sia l’unico motivo, che sarebbe a disagio, che si ritroverebbe in mezzo a persone che gli fanno gli auguri e magari si sentirebbe di troppo. Meglio fare una cosa ristretta, i soliti amici e una semplice birra.

Ma ovviamente la mancata presenza di Alator non può passare così inosservata come invece il moro spera.

“Semplicemente non sapevo se era il caso di invitarlo” si giustifica alla domanda di Gwen.

Sono in un locale che ormai frequentano spesso, non quello di Parsifal perché a Merlino sembrava brutto invitarlo nel suo stesso pub e sapeva che l’amico si sarebbe sentito in dovere di offrire qualcosa, cosa che il moro voleva assolutamente evitare: è la sua festa, dopotutto.

Di festa in realtà quella sera ha poco: sono tutti vestiti in maniera molto casual, stanno prendendo i loro soliti drink e non hanno piani particolarmente allettanti oltre allo stare lì insieme. Ma al festeggiato va benissimo così, non vorrebbe nulla di diverso. Ed è il primo ad essersi messo una semplice polo su dei jeans fino al ginocchio per cercare di passare inosservato.

“Ma è il tuo ragazzo!” insiste l’amica.

“Non lo abbiamo ancora stabilito ufficialmente”

“Merlino ma è possibile che dopo quasi due mesi ancora non sai dire se è il tuo ragazzo o no?” ridacchia Gwaine, alquanto divertito dalla cosa.

“Credevo che tutti voi mi supportaste nel mio lasciarmi andare” sbuffa Merlino, nascondendosi dietro ad un boccale di birra “E visto che non ne abbiamo ancora parlato non ho ritenuto di invitarlo questa sera… è solo una serata tra noi!”

Sì, e hai appena fatto pace con Artù e non sembrava contento di sapere che ci fosse anche Alator questa sera. Merlino, forse dovresti fare due più due e capire che stai preferendo il tuo coinquilino al tipo con cui stai uscendo.

“Non vi fa piacere essere solo noi?” aggiunge, sperando di mettere finalmente fine a quella sciocca discussione.

“Se a te fa piacere, allora va bene anche per noi” conclude Freya, prima di esclamare “Propongo un brindisi per il nostro Merlino che finalmente sta imparando a lasciarsi andare e che oggi festeggia un anno in più!”

Dopotutto, se Artù dice che sei il suo migliore amico e non gli piace il tuo ragazzo, lo devi ascoltare, no? Cioè, avrà i suoi buoni motivi e vorrà solo il meglio per te, giusto?

“E abbiamo anche un regalo per te!” si aggiunge Lancillotto “Da parte di tutti noi”

“Non mia” dichiara Artù con un sorrisetto “E visto che sono state Morgana, Freya e Gwen a sceglierlo, sono ben contento di tirarmene fuori”

“C’ero anche io!” si intromette Gwaine.

“Il che, forse, è la cosa peggiore” commenta Parsifal, facendo scoppiare a ridere tutti.

Merlino prende il pacchetto morbido e leggermente grande e lo scarta, ritrovandosi con un camice tra le mani, un libro e una camicia bianca con dei disegnini piccoli e azzurri.

“Era ora che cambiassi quel camice tutto sporco e rovinato che hai!” esclama Gwen “Un futuro medico deve andare in giro ben vestito”

“E visto che tu sei troppo pigro per comprartene uno nuovo ci abbiamo pensato noi”

“E invece “La signora delle camelie” come vi è venuto in mente?” ridacchia il moro, sventolando il libro davanti a sé.

“Quello è stato un tocco di Gwen” spiega Freya “L’unica che sia in grado di regalarti un libro nel nostro gruppo”

“Sono abbastanza convinta che tu non lo abbia mai letto, ho ragione?” interviene la ragazza e Merlino scuote la testa.

“Una scelta azzeccata, però. Ho sempre voluto leggerlo”

“E invece la camicia è stata un’idea mia!” si intromette Gwaine “Perché, non so se noti, il mio intuito da stilista ha subito catturato il fatto che quei disegnini sono dello stesso colore dei tuoi occhi. Quindi sarai un figo pazzesco con quella indosso e ti servirà per accalappiare la prossima preda”

“Gwaine, tu giri con bermuda da surfista e magliette comprate alle bancarelle” commenta Leon “Dove sarebbe, esattamente, il tuo intuito da stilista, mentre compri i vestiti per te?”

Scoppiano tutti a ridere, soprattutto perché in risposta Gwaine lancia la lattina vuota di Coca Cola di Lancillotto contro l’altro ragazzo, che si abbassa in tempo e l’oggetto finisce irrimediabilmente contro la schiena dell’uomo seduto al tavolo vicino. Le risate si moltiplicano e Merlino quasi lacrima tanto gli fa male la pancia – e tanto è felice di trovarsi in mezzo all’affetto dei suoi amici.

Forse è stato sul serio meglio che non lo abbia detto ad Alator, magari non ci sarebbe stata questa atmosfera così rilassata e… familiare.

Merlino lancia un’occhiata di sottecchi ad Artù, che ride sguaiatamente affianco a lui, mostrando i denti bianchi e perfetti, e sente una piccola morsa allo stomaco – che ignora, come sempre, perché ora non ha tempo di mettersi a pensare a sciocchezze simili.

Rimangono al bar quasi fino all’orario di chiusura – alla faccia del “voglio fare una cosa semplice, rilassata” – e il biondo si appoggia al suo coinquilino per non barcollare vistosamente mentre cammina. Fortunatamente quella sera non hanno preso la moto.

“Volete un passaggio, ragazzi?” chiede gentilmente Lancillotto, una mano intorno alle spalle della fidanzata.

Merlino fa per rispondere, ma viene preceduto da Artù “No, grazie, preferiamo fare due passi. Tanto ormai tardi per tardi…”

“Io invece accetto volentieri!” esclama Morgana, subito seguita da Parsifal.

Leon e Gwaine, invece, si offrono di riaccompagnare a piedi Freya a casa e tutto il gruppo, dopo poco, si divide, ognuno diretto verso una direzione diversa.
Artù e Merlino si allontanano ancora abbracciati – o meglio, con il moro che prova a sostenere l’amico, parecchio adagiato su di lui.

“Artù, per la miseria, aiutami!” si lamenta “Non ti appoggiare proprio completamente”

“Sei deboluccio, Merlino”

“Piantala. So benissimo che non sei così ubriaco da non riuscire a camminare da solo: al massimo barcolleresti un minimo”

“Ma così sto più comodo”

“Così non arriveremo mai a casa”

“Domani non devi fare nulla, se non ricordo male, e puoi dormire tutto il giorno. Che importa se ci mettiamo un po' di più?” si limita a commentare Artù e il suo coinquilino non sa davvero come ribattere alla cosa, quindi sbuffa, liberandosi dalla stretta dell’amico e lasciandolo in piedi da solo.

Artù ghigna e comincia a camminargli affianco, dopo avergli scompigliano i capelli.

“È una bella serata, non pensi?” commenta, guardando il cielo “Non ci sono nuvole praticamente”

“È il mio compleanno, ovvio che è una bella serata”

“Gwaine ti sta contagiando, lo sai? Questi sono i primi sintomi da primadonna”

“E il tuo di compleanno quand’è?” chiede il moro cambiando argomento all’improvviso, lanciandogli un’occhiata di sottecchi.

Artù scrolla le spalle “Tra un mesetto”

Merlino fa un rapido conto, prima di dichiarare “Vivevamo già insieme l’anno scorso”

“Sì” conferma il coinquilino, prima di aggiungere “Ma non è che non ho voluto festeggiarlo con te, semplicemente non l’ho festeggiato e basta”

“Come mai?”

“Non amo particolarmente il mio compleanno” Artù fa una specie di smorfia con la bocca “Sai, mio padre diceva sempre che è un giorno che va celebrato quei due minuti al mattino con un caffè e un pezzo di torta e poi bisogna tornare al lavoro più carichi che mai”

“Non devono essere state piacevoli le tue feste da piccolo”

“Erano tutti in giacca e cravatta. Perfino gli altri bambini”

“E la cravatta non finiva irrimediabilmente nel gelato?” ridacchia Merlino.

“No, più nel sugo di pesce”

“Che bambino è uno che mangia il sugo di pesce invece che il gelato?”

“Uno che non sapeva cosa fosse il ragù finché non glielo hai cucinato tu” si limita a dire il biondo, prima di sorridere “Ho anche fatto la rima”

“Non avevi mai mangiato del ragù?”

“Non fatto così. Ma non era terribile”

“Diamine, era del supermercato ed era già pronto, quel sugo” Merlino scoppia a ridere “L’ho semplicemente scaldato in padella”

“Allora posso dire che era decisamente buono. Ovviamente, visto che non lo avevi cucinato tu…”

“Sei davvero spassoso, a volte” ribatte offeso il moro, prima che l’altro lo afferri per la maglietta e lo stringa al suo petto.

“Come siamo permalosi”

“E tu fastidioso”

“Puntiglioso”

“Arrogante”

“Hai un repertorio davvero limitato, Merlino” esclama Artù, lasciandolo andare “Dovresti variare un po' i tuoi insulti”

“Tipo dicendoti che sei una testa di fagiolo?”

“Una che?” Artù mette su un’espressione allibita, mentre l’altro non riesce a smettere di sorridere.

“Una testa di fagiolo” ripete.

“Ma che insulto è? È come dire “porca paletta”, praticamente”

“Tutti hanno detto “porca paletta” nella loro vita”

“Si, quando avevano 12 anni, poi a tutti sono cresciuti barba ed attributi”

Continuano a prendersi in giro a vicenda, a ridacchiare nemmeno troppo sottovoce, mentre, barcollando, se ne tornano verso casa; la strada è in penombra perché si è fulminata la luce del lampione davanti al loro portone e Merlino ci mette quei due secondi di troppo per riuscire ad aprire il portone, suscitando altre risa da parte di Artù.

“Sua Altezza Reale potrebbe anche aprirsi la porta da solo” sbuffa il moro, tenendo però il portone aperto e facendo passare prima l’amico.

“Saresti un servitore davvero pessimo”

“E tu un re terribile, il vostro regno non sarebbe durato un giorno”

“Ti sbagli, ho ottime attitudini come capo” esclama Artù, più avanti di una rampa, la sua voce che rimbomba nella tromba delle scale.

“Come dittatore, vorrai dire”

“Merlino!”

All’urlo del ragazzo, si aggiungono le risate del moro e poco dopo la porta di casa si chiude alle loro spalle. Merlino lancia via la giacca marrone chiaro che aveva indosso e si stiracchia.

“Sto morendo di sonno” esclama, guardandosi intorno e versandosi un bicchiere d’acqua.

“Merlino?” lo chiama Artù, avvicinandosi con le mani dietro la schiena.

“Che c’è?”

“Ho una cosa per te”

“Mi stavo offendendo, credevo che ti fossi scordato di farmi il regalo, lo sai?” scherza il moro, mentre Artù gli rifila un sorriso nervoso.

“In realtà sono due”

“Perché mi hai fatto due regali?”

“Perché tra qualche giorno è un anno da che vivo con te” spiega il biondo, con fare ovvio.

“E mi hai fatto un regalo per questo?”

“Mi sembrava doveroso, mi hai sfamato per un anno intero” conferma Artù sorridendo “E non hai mai tentato di avvelenarmi… o almeno non di tua spontanea volontà”

“Che cosa staresti insinuando?”

“Dai, ammettilo il pollo che mi hai preparato il mese scorso poteva essere davvero letale, senza una brocca d’acqua al seguito”

“Sappi che sto per smettere di cucinarti, Artù” lo minaccia il moro.

“Ti sto solo dando dei consigli culinari, Merlino, dovresti apprezzarli”

“Quindi ora ti dovrei anche ringraziare?”

“Sarebbe carino, sì” il sorriso impertinente che corre sul viso del biondo scatena in Merlino una voglia mista di prenderlo a schiaffi e di baciarlo, nonostante sopprima quest’ultimo desiderio rapidamente, dando la colpa all’alcol.

“Io però non ti ho fatto nessun regalo”

“Ovvio, nessun regalo può essere al pari della mia presenza” commenta il biondo “E non eri tenuto a farmelo, oggi è il tuo compleanno”

Artù porta in avanti le mani e mostra gli oggetti che nascondeva dietro la schiena, allungandoli al coinquilino; Merlino li osserva un attimo: una è una busta da lettera, poco spessa, mentre l’altro è un pacchetto quadrato. Sente un attimo le mani tremare e spera vivamente che Artù non se ne accorga, perché non saprebbe spiegarle. Perché non sa descrivere il brivido che gli corre lungo la schiena mentre tiene in mano quei pacchetti, il regalo di Artù per il suo compleanno.

“Quale devo aprire prima?” sussurra.

“Quello per il tuo compleanno è la busta”

Non è proprio una vera risposta quella ricevuta da Artù, ma Merlino inizia da quella, prendendo un coltello per rompere delicatamente la carta ed evitare di rovinare la busta.

“Sei fastidiosamente preciso… i regali vanno scartati di forza” commenta il biondo, come se volesse riempire quel silenzio con qualche sciocchezza. Come se si sentisse a disagio per qualcosa.

“Non mi piace rovinare la carta, è importante anche l’impacchettamento” replica il moro, mentre si ritrova tra le mani due biglietti di carta rinforzata.

“Mi… mi hai comprato un biglietto per il concerto degli OneRepublic?” balbetta Merlino.

“In realtà sono due biglietti… puoi andarci con chi vuoi”

“Questi biglietti sono una rarità e costano una fortuna!” esclama l’altro “Come ti è saltato in mente?! E come sai che mi piacciono?”

“Forse non te ne sei mai accorto ma tieni la musica leggermente alta quando fai la doccia”

Il moro sente le guance scaldarsi e le orecchie arrossarsi, ma non ha il tempo di dire nulla perché Artù continua “E, per carità, io adoro gli OneRepublic, ma tu davvero non sai cantare e non rendi loro giustizia”

Le gote di Merlino diventano all’istante, se possibile, ancora più rosse, mentre balbetta qualcosa di sconclusionato e di senza senso.

“Volevo farti i biglietti di qualcosa come un tributo agli U2 o ai Pink Floyd, in realtà, ma non ne fanno in questo periodo e sull’anno prossimo non si sa ancora nulla” spiega Artù, mentre gesticola con le mani, con leggero imbarazzo.

“Vuoi venirci con me?” domanda subito Merlino, senza nemmeno pensarci.

“Io?”

“Sì. Hai detto che ti piacciono, no?” insiste il moro e Artù sorride – timidamente?

“Solo se mi prometti che se canteranno “Secrets” almeno quella non la canterai. Non puoi rovinarle proprio tutte”

“Ma quella è la mia canzone preferita!” si lamenta Merlino, ma Artù ghigna.

“Un patto è un patto”

“E va bene. Ma l’hai avuta vinta così facilmente solo perché mi hai fatto un regalo fantastico” cede il moro, appoggiando i biglietti sul tavolo.

“Apri l’altro, ora”

Anche questa volta il moro scarta la carta molto lentamente – facendo saltare tutti i nervi dell’altro – ed ora tra le mani si ritrova una cornice d’argento e la foto di loro due; non ha sinceramente idea di quando l’abbiano scartata, probabilmente è stato Gwaine o Leon, perché sono seduti davanti a quello che sembra essere il tavolo di un pub, con due birre davanti, e stanno ridendo entrambi.

“Non conoscevo l’esistenza di questa foto”

“Nemmeno io, l’ho trovata sul telefono di Leon qualche giorno fa e mi è venuta l’idea di stamparla. Questa casa non ha nessuno tocco personale…” spiega Artù, abbassando leggermente il tono.

“Non è più la casa di Lancillotto, questa”

“Non lo penso” risponde frettolosamente il biondo.

“È solo un commento ad alta voce” mormora Merlino, ma gli rivolge un sorriso gentile, prima di andare in sala e mettere la cornice affianco alla televisione “Non dovevi farmi due regali”

“No, hai ragione. Ma lo volevo”

“Grazie. Sono entrambi bellissimi”

Merlino si avvicina a lui, silenzioso come al solito, e gli circonda il collo con le braccia, stringendo lentamente; Artù, dopo un attimo di esitazione, alza le braccia, avvolgendole intorno alla vita dell’amico e stringendo piano. Rimangono così per qualche istante, prima di separarsi; la prima cosa che il giovane medico si trova davanti è il sorriso dalla dentatura perfetta del coinquilino.

“È stato un piacere”






Spazio autrice persona amante dei compleanni che belli gli OneRepublic
Ed ecco a voi le scuse di Artù Pendragon! Capaci di spappolare completamente il cervello di Merlino e di fargli dimenticare qualsiasi cosa lui possa aver fatto. Credo e ho sempre creduto, guardando la serie, che Artù sia una persona davvero capace di scusarsi, quando capisce di avere sbagliato, ed è un particolare che ho sempre adorato, soprattutto per il fatto che era un re ma che si rendeva conto di come, comunque, doveva comportarsi (anche grazie all'aiuto di Merlino, fin dalle prime puntate).
Comunque, uhm, sì, Artù, classico comportamento da migliore amico, il tuo, proprio.
Ho cercato di sottolineare che entrambi i ragazzi tengono molto al giudizio dell’altro, Artù per quanto riguarda gli esami e Merlino per quanto riguarda Alator. E che Merlino si sta finalmente rendendo conto che Artù per lui significa davvero tanto. Anche se ancora si accontenta di essere il suo migliore amico.
Non so sinceramente quando sia il compleanno di Merlino, né di Artù, ma secondo la mia licenza poetica siamo circa a fine Agosto, inizio Settembre in questo capitolo. E Merlino adora il suo compleanno, mentre Artù non lo ama particolarmente.
La Signora delle Camelie è un libro meraviglioso di Dumas (che vi consiglio caldamente perché io l'ho letto in tre giorni da quanto scorre bene) e vedo molto Merlino e Gwen come coppietta amante dei libri in mezzo ad un gruppo di persone meno "acculturate".
Volevo mettere i Coldplay come band, ma era troppo cliché (e ne ho già messi troppi in questa storia). Ed io adoro Secrets, quindi ho fatto sì che fosse la canzone preferita anche di Merlino ed Artù (licenza poetica pt.2).
E mi piace pensare che Artù voglia aggiungere un tocco personale alla casa, per sentirla più sua in un certo senso. E credo che anche questo possa essere visto come un gesto di vicinanza al suo coinquilino, per il voler arredare la casa che è di entrambi, con qualcosa che raffiguri entrambi.
Per concludere ringrazio chi ha recensito il capitolo scorso: royal_donkey come sempre per le sue recensioni e per amare così tanto la mia storia, Koa__ per aver fatto dei commenti meravigliosi e che mi hanno fatto davvero piacere e NorwegianWoodFields per le sue recensioni adorabili e sempre divertenti. Sono davvero contenta che la mia storia vi appassioni così tanto. E ringrazio chi ha aggiunto la storia tra le seguite/ ricordate/ preferite: anche vedere il vostro numero aumentare mi spinge ad andare avanti e mi rende fiera di ciò che scrivo.

Come sempre straparlo nelle note finali, quindi forse è meglio che ci dia un taglio.
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Abbracci speciali ***


No, non disturbatevi, restate sulla sedia,
Signori, mi presento, sono la commedia.
Non son fatto di ossa ma di atti,
che vi lascino rimborsati o soddisfatti,
il mio cuore è chiamato trama,
gente che si odia e che si ama,
il mio sangue è tutto ciò che accade
dal bacio, al duello con le spade,
il mio cibo è il vostro battimani,
il veleno, per gli attori cani.
Io sono la commedia e mi divido in atti
per raccontare a voi gli straordinari fatti
di questi cavalieri e della loro dama
di chi crede di amar
e di chi invece ama.
Si narrerà del poeta Cyrano e del suo naso
che pare modellato con lo stucco;
(ma non ditelo all'attore, non è il caso, perché ce l'ha davvero,
mica è un trucco)
e di Cristiano, giovane cadetto, che si esprime poco meglio di un gibbone
ma ha fascino ed è di bell'aspetto.
Un pò di fantasia questa è finzione
entrambi ardon d'amore, questo è il bello
per Rossana, cugina di Cyrano
di quest'ultimo adora anima e cervello
ma ama corpo e viso di Cristiano.
Ma l'ora dei preamboli è finita,
è ora che si vada ad incominciare
a tessere la trama e poi l'ordito
a svolgere, cucire e ricamare;
che squillino le trombe signori spettatori
inizia la commedia, che parlino gli attori.
(dal film "Chiedimi se sono felice")






Merlino si sente felice. Ha quasi voglia di andare da Gwen e urlargli “chiedimi se sono felice” come quel vecchio film di tre comici italiani, ma si trattiene, perché è davvero un pensiero ridicolo e senza senso. Non sa nemmeno perché è così felice, in realtà, ma si immagina che c’entri Artù, il coinquilino più fastidioso, petulante e prepotente che abbia mai conosciuto. Ma è il suo coinquilino e a lui va bene così.

Hanno giocato a minigolf, hanno preso la moto – con somma gioia del moro – e sono andati al mare. E poi al locale di Parsifal, al museo di Storia Naturale – com’è esattamente che sono finiti lì dentro? – e hanno mangiato delle patatine fritte seduti in una panchina del parco. Le giornate non sono mai noiose ed è triste quando pensa che l’università ricomincerà a breve e potrà dire addio, almeno per un po', a quelle giornate decise all’ultimo ma comunque sempre ricche di risate. Come se tra loro ci fosse qualcosa in più.

E poi ovviamente vedrà di meno Artù. Cioè, vedrà di meno Alator, il suo quasi ragazzo che gli ha portato i fiori il giorno dopo il suo compleanno e che lo ha invitato a mangiare del pesce in un ristorante pieno di luci e gente vestita elegantemente. E gli ha anche offerto la cena, da bravo gentleman. Con Artù è già tanto se si ricordano di preparare la cena: ci sono volte che inizia a bere la birra un’ora prima di cena e lo coinvolge sempre, finendo così entrambi a mangiare patatine dal sacchetto e caramelle gommose – che è comunque una gran cena, dal punto di vista di Merlino.

Deve smettere di pensare ad Artù, o finirà male. Se lo sente.

Ma, diamine, si diverte davvero troppo con lui: si può ridere per dieci minuti di fila perché qualcuno ha messo il sale al posto dello zucchero nella zuccheriera e si è poi bevuto un caffè salato? Merlino non riusciva più a prendere fiato e quando si era poi guardato allo specchio aveva scoperto di essere ancora tutto rosso, oltre che accaldato.

Però Alator è gentile, sempre disponibile e con moltissime proposte per passare la serata, che non implicano mai solo alcol, sesso o partite di football. Ed è gay ed è interessato a lui, caratteristiche che non sono proprio da buttare via.

E allora perché non è per nulla contento, quando gli ha proposto di passare una notte fuori, facendo un giro in moto per le campagne? Certo, la colpa è ovviamente del fatto che non si sente tranquillo ad andare in moto con lui – anche se con Artù ci va sempre – e non perché lascerà Artù a casa da solo e già si immagina il broncio colossale che gli metterà su. Sì, dai, il broncio non c’entra nulla, anche perché per farglielo passare bastano dei pancakes al mattino – che ovviamente Merlino gli ha preparato un paio di giorni prima perché non si sa mai.

Ma è troppo carino quel broncio.

Merlino, basta. Torna sul pianeta Terra. Come direbbe Jack Sparrow: “hai perso il cervello” (mentre tutto il resto del mondo gli direbbe più semplicemente che ha perso letteralmente la testa).

Forse sarebbe effettivamente ora che iniziassi a preparare lo zaino perché anche se stai via una notte sola bisogna che delle mutande di ricambio e una felpa li prendi. Così inizia a lanciare cose a caso dal suo armadio al letto, cercando di non pensare al fatto che andrà in moto, che starà via una notte e che non ne ha la minima voglia. E quasi non si accorge del telefono che vibra sul comodino, forse immaginando che sia Alator o qualsiasi altra persona che in quel momento potrebbe distrarlo dall’arduo compito di preparare dei semplici vestiti, o forse perché è distratto e pensa ad altro.

Poi però nota la spia blu del telefono, che lo avvisa di un messaggio e si siede, stanco, sul letto, afferrando il cellulare ed aprendo il messaggio.

Merlino, ho bisogno di te. Sono davanti alle porte dell’ospedale.

Il moro sgrana gli occhi davanti al testo totalmente inatteso e deve controllare almeno due volte il mittente per essere sicuro che sia proprio il suo coinquilino ad averlo mandato. Che cosa ci fa Artù in ospedale? Soprattutto visto e considerato che lui gli ospedali li odia. Si è forse fatto male? Merlino lo sapeva che la moto è un pessimo modo di girare per le strade.

Stai bene?

Digita in fretta e furia e deve ringraziare il correttore automatico per la scrittura di un messaggio comprensibile perché fosse stato per le sue dita avrebbe scritto un codice agli alieni.

Io sì… puoi venire qui?

Arrivo.

E senza dare nemmeno una spiegazione, né mandando un messaggio ad Alator, Merlino non ci pensa due volte, salta sulla bici e si precipita verso Artù.

Quando il moro arriva all’ospedale, trova il coinquilino esattamente dove aveva detto: davanti alle porte scorrevoli dell’edificio, mentre gioca nervosamente con le dita delle mani.

Lega rapidamente la bicicletta e gli si avvicina “Che cos’è successo?”

“È mio padre… ero nel suo ufficio, mi stava urlando contro e… non lo so, all’improvviso si è alzato e dopo un secondo era steso a terra…” balbetta Artù “Morgana è dentro con i medici, ma io… non ce la faccio… è tutta colpa mia…”

Merlino prova a rassicurarlo, appoggiandogli le mani sulle spalle “Artù, va tutto bene…”

“Non va tutto bene!” lo interrompe bruscamente il biondo “Tu non capisci, è già successo… non posso riviverlo di nuovo… chi entra qui dentro non esce…”

Il moro non capisce molto bene ciò che l’amico gli sta dicendo, ma non gli sembra il caso di domandare altro, quindi pensa più a rassicurarlo “Tu puoi fare tutto, Artù. Ricordi? Tu sei uno che lotta”

“Non posso entrare in questo ospedale”

“Uther è tuo padre, devi andare a trovarlo. Devi affrontare la tua paura… lo so che è difficile…”

“Non ce la faccio…” inizia a dire il biondo, ma viene subito bloccato da Merlino.

“Certo che ce la fai”

Artù lo guarda, gli occhi un po' lucidi e i capelli in disordine, prima di sussurrare “Puoi… puoi accompagnarmi dentro?”

In quel momento, Artù gli fa così tanta tenerezza che si chiede se qualcuno avrebbe mai il coraggio di dire di no ad una richiesta del genere. Non che lui ne abbia l’intenzione, è ovvio. Così annuisce.

“Certo che ti accompagno”

E il grazie che legge nei suoi occhi è la cosa più bella del mondo.

Ci mettono un po' a trovare Uther, ma alla fine riescono a raggiungere la stanza grazie anche alle urla di Morgana, che ha preteso una stanza privata e che ora sta facendo di tutto per farsi ascoltare e soddisfare con le ultime richieste.

Merlino la guarda ammirato, mentre è vestita di tutto punto con un tailleur nero e ha il fuoco negli occhi; la ragazza getta loro un’occhiata giusto per un attimo, prima di seguire un’infermiera per compilare gli ultimi documenti burocratici. Artù si siede su una sedia fuori dalla stanza, facendo dei respiri profondi, e il moro pensa che sia un buon momento per andare a cercare un medico e farsi spiegare cosa sia successo.

Così vaga per qualche minuto e parla con un paio di dottori, prima di tornare dall’amico che non si è mosso di un centimetro e che continua a fissare la porta.

“I medici dicono che ha avuto un calo di pressione dovuto allo stress” commenta, sedendosi accanto a lui “A quanto pare il mancamento è stato un segnale del corpo affaticato e stanco. Probabilmente al lavoro ha avuto delle giornate intense ed impegnative e, anche se non è più estate piena e l’aria ha rinfrescato, il clima non ha aiutato, facendogli abbassare drasticamente la pressione quando si è alzato in piedi di scatto”

“E ora… che deve fare? Che succederà? Quando uscirà?” domanda agitato il biondo.

“Il dottore che lo ha seguito è abbastanza tranquillo, ma lo terrà comunque sotto osservazione per la notte per ulteriori accertamenti”

“Starà bene?”

“Starà bene” risponde sicuro Merlino, guardandolo negli occhi e facendogli un piccolo sorriso “Vedrai che già domani lo rimanderanno a casa”

“Vorrei vederlo” commenta il coinquilino, guardando la porta.

“Credo che ora stia dormendo, gli hanno dato un tranquillante”

“Possiamo rimanere comunque un po' qui?”

Il moro esita un attimo, indeciso se rivelargli che dubita che Uther si risveglierà prima di cena visto che gli hanno somministrato un farmaco, ma poi annuisce.

“Vado a prendere dei crackers e un po' d’acqua alle macchinette”

Artù non fa commenti e non sposta lo sguardo e quando l’amico torna dopo qualche minuto lo vede ancora lì; così si siede accanto a lui, gli passa delle schiacciatine e rimane in silenzio a guardare la porta insieme a lui.

Stanno lì tutto il pomeriggio e non vengono degnati di alcuna attenzione: Uther sta semplicemente riposando, quindi i medici, oltre a controllare qualche valore dalle macchine a cui è attaccato, passano poco spesso da quelle parti e non dicono nulla; Morgana, dopo aver svolto tutta la burocrazia ospedaliera, con una precisione ed un rigore di cui il padre sarebbe fiero, siede per un’oretta accanto ai due ragazzi, mantenendo il loro silenzio, prima di alzarsi e dichiarare che ha delle faccende da sbrigare e che Uther non vorrebbe che stesse lì senza fare nulla, quando non è di alcuna utilità. Così li saluta, spiegando che andrà a controllare le pratiche sul tavolo dello studio, nella speranza di capirci qualcosa, e che avviserà i collaboratori più stretti del padre di ciò che è appena successo. Inoltre, prima di andar via, conferma anche lei ai due che il medico gli ha riferito che Uther verrà dimesso il pomeriggio seguente, se la notte procede tranquilla.

Merlino sente Artù sospirare accanto a sé e, finalmente, appoggiare la schiena e la testa contro il muro, chiudendo gli occhi; non parla, ma ha un’espressione più distesa e meno corrucciata.

Come previsto Uther non si sveglia prima di sera e così i due ragazzi sono costretti ad allontanarsi, accompagnati da un’infermiera alle porte dell’ospedale; il moro ferma un taxi, afferrando dolcemente l’amico per la manica e trascinandolo leggermente. Artù, dal canto suo, sembra totalmente in un altro mondo e segue l’altro senza dire una parola.

Merlino non sa se il suo coinquilino si ricordi qualcosa di quel viaggio in taxi dall’ospedale a casa, che è sembrato così infinitamente lungo e silenzioso, nonostante il tragitto relativamente breve. Non sa cosa stia pensando Artù in questo momento, mentre con le mani leggermente tremanti cerca di aprire il portone, e non sa cosa dire. Non lo sa ma vuole disperatamente dirgli qualcosa. Non lo sa, ma è perfettamente consapevole che tirare fuori le sue chiavi e aprire lui farebbero solo infuriare l’amico. Non lo sa e quindi sceglie di non fare niente, limitandosi a seguirlo su per le scale, una volta che è riuscito ad aprire la porta, e dentro casa, dove Artù si appoggia con un braccio alla sedia della cucina, guardando il vuoto.

È a quel punto che il moro interviene, avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla “Andiamo, Artù, ti accompagno in camera”

Non accende la luce, non si toglie le scarpe, non si toglie la giacca. Si limita a prendere il braccio dell’amico e a condurlo lentamente verso la sua camera, come poco prima lo aveva preso e portato al taxi; lo fa sedere sul letto e fa per premere l’interruttore della luce, quando la voce del biondo lo ferma.

“Aspetta, non farlo”

Il moro blocca il braccio a metà altezza e lo guarda confuso.

“Non accendere la luce. Non…” Artù abbassa lo sguardo “Voglio rimanere un attimo al buio”

Merlino annuisce impercettibilmente, prima di uscire dalla camera, interpretando quel “voglio rimanere un attimo al buio” come un “voglio rimanere un attimo da solo”.

Va nella sua stanza, si toglie i vestiti sporchi e sudati e si sciacqua la faccia in bagno, prima di mettersi una tuta e preparare l’acqua per il tè. Quando il bollitore fischia, aggiunge l’infuso e dopo pochi minuti lo trasferisce nella tazza, dirigendosi poi verso la camera dell’amico.

Artù è ancora lì, fermo ed immobile al buio, con la giacca ancora addosso e le scarpe ai piedi.

“Ti ho portato un po' di tè, credo che tu ne abbia bisogno”

Il biondo annuisce, mentre Merlino appoggia la tazza sul comodino, e si inizia a slacciare le scarpe, dopo essersi sfilato la giacca. Il moro si appoggia allo stipite della porta con le braccia incrociate, mentre osserva i movimenti lenti del coinquilino, che ora è rimasto in boxer e maglietta.

“Ti serve qualcosa?”

Artù scuote la testa, mentre si infila un paio di calzoncini da basket.

“Vuoi rimanere solo?” chiede di nuovo Merlino, che si sente leggermente a disagio: vorrebbe sul serio aiutare il coinquilino, sia perché pensa che sia un suo dovere ma anche – e soprattutto – perché vuole farlo, vuole aiutarlo. Vuole rivedere quel sorriso capace di sciogliere un ghiacciaio brillare sul viso dell’amico e strappargli via quell’ombra di tristezza che lo sta avvolgendo, riuscirci almeno per qualche secondo.

“No” risponde finalmente il biondo, alzando lo sguardo ed incontrando quello di Merlino “Puoi rimanere qui?”

“Devo accendere la luce?”

“No. Preferisco restare al buio”

Il biondo si risiede sul letto, accanto al comodino e alla tazza di tè fumante, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi la testa tra le mani. Merlino, invece, esita un attimo, prima di andarsi a sedere accanto a lui, ma mantenendo comunque una piccola distanza per dargli il suo spazio.

“Tuo padre starà bene”

“Lo dici come medico o come mio amico?” sospira Artù, senza spostarsi di un centimetro dalla posizione assunta.

“Lo dico perché lo penso sul serio” dichiara Merlino “Sia in qualità di medico che in qualità di tuo amico”

“Io li odio gli ospedali” commenta il biondo “Quando uno ci entra… Lo so, è già successo… e non posso riviverlo… mia madre…”

“Andrà bene, Artù” ribatte l’altro, con più sicurezza, ed interrompendolo perché non sembra davvero un discorso facile per Artù, non uno che può affrontare in quel momento “Devi essere il primo a tenere alto l’umore o tuo padre lo sentirà”

“Mio padre ha sempre fatto qualsiasi cosa per andare contro di me”

“Guarda che sei tu che hai fatto sempre tutto per andare contro di lui” gli fa notare, divertito, Merlino, ma l’altro non mostra cenni di aver sentito ciò che ha detto, così aggiunge “I pazienti hanno bisogno di pensieri positivi intorno a loro”

“Questo te lo sei appena inventato” esclama Artù, facendo ricadere le braccia.

“È vero, ma sono sicuro ci sia del fondamento scientifico dietro. La malattia lo sente se il paziente si sta lasciando andare e il primo passo per non farlo è avere speranza intorno”

“Un medico deve essere freddo e razionale”

“Non sono ancora un medico”

“Sarai un pessimo medico se dispenserai questo tipo di cure ai tuoi pazienti” sottolinea Artù.

“Io in questo momento voglio essere un buon amico. Ad essere un pessimo medico ci penserò quando prenderò la laurea” risponde Merlino, sorridendo.

“Tu sei sempre un buon amico…” sussurra Artù. Poi, come accortosi di ciò che ha appena detto, afferra con forza e rapidità la tazza sul comodino e ne beve un sorso lungo, sotto lo sguardo stupito del coinquilino.

Il biondo appoggia la tazza dove l’ha presa, si asciuga la bocca con il braccio e si limita a commentare “Anche questo tè fa davvero schifo. Dovresti fare un corso di cucina”

In quel momento qualcuno suona alla porta; il moro si chiede, stupito, chi possa essere e va a controllare: si ritrova davanti Alator. Merlino trattiene il respiro, mentre sente i passi di Artù alle sue spalle.

“Artù, è per me, torna pure in camera” mormora e non sente la risposta, ma i passi si allontanano. Guarda l’uomo sulla porta “Alator…”

“Alla buon’ora, Merlino”

In quel momento – e solo in quel momento – al moro torna in mente l’impegno “Il nostro appuntamento… scusa me ne sono totalmente dimenticato…”

“Ho visto” risponde bruscamente l’altro “Potevi almeno mandare un messaggio”

“Ho avuto da fare… siamo dovuti andare in ospedale” spiega brevemente Merlino, senza troppa voglia né intenzione di approfondire.

Alator sospira “Potevi avvisare. Credevo ti fosse successo qualcosa”

“Mi dispiace” si scusa l’aspirante medico, abbassando un attimo lo sguardo “E mi dispiace anche per il nostro appuntamento”

“Non importa” taglia corto l’altro “Rimandiamo, direi. Domani?”

“Credo che dovrò ancora per un po' occuparmi di alcune faccende…” mormora Merlino, facendo un cenno con la testa in direzione della casa silenziosa. Alator lo guarda per qualche secondo senza dire nulla, osserva la parte di casa che riesce a vedere e dopo un po' annuisce.

“Come vuoi. Fammi sapere quando sei più libero, allora”

Merlino sa di essersi – e di continuare ancora a – comportato male, sa che Alator non se lo merita e sa che avrebbe dovuto avvisare, non sparire così come se nulla fosse. È perfettamente consapevole di tutto ciò, ma nonostante questa certezza non si sente in colpa minimamente a tagliar corto la discussione con lui.

“Buonanotte, Alator”

“Buonanotte, Merlino”

E si richiude la porta alle spalle. Per tornare da lui.

Il moro sospira, dirigendosi di nuovo verso la camera di Artù, che ora ha la piccola lucina del comodino acceso; Merlino lo guarda, come accorgendosi solo ora che si è spogliato dei vestiti tenuti tutto il giorno e si è messo più comodo con dei pantaloncini sportivi ed una maglietta bianca pulita, nonostante sia così da parecchio. Ha i capelli in disordine, un po' spenti, e il viso pallido e lui vorrebbe davvero fare qualcosa per risollevargli il morale, almeno un minimo.

“Avevi un appuntamento con Alator?” gli domanda Artù, seduto sul letto, e Merlino annuisce.

“Lo hai saltato per venire da me?”

Il ragazzo annuisce ancora.

“Non avresti dovuto”

“Non ha importanza, Artù. Sei mio amico e ho scelto di starti vicino”

“Lui è il tuo ragazzo”

“Lui non è il mio ragazzo” ribatte Merlino, sedendosi accanto a lui “Forse lo diventerà, ma non ne abbiamo mai… parlato ufficialmente”

“Avevi un impegno”

“Tu avevi bisogno di me. Ed io volevo esserci per te”

Il biondo lo guarda, gli occhi stanchi ma comunque azzurri e profondi, mentre annuisce piano e sussurra “Sei un vero amico. Grazie… è stato… mi è servito averti accanto a me… ha significato tanto…”


 
Avete presente la teoria del piano inclinato? No? Ve la spiego.
Se mettete una pallina su un piano inclinato la pallina comincia a scendere
e per quanto impercettibile sia l'inclinazione, inizia a correre e correre sempre più veloce.
Fermala, è impossibile.
Ma per fortuna gli uomini non sono palline:
basta un gesto, un'occhiata, una frase qualsiasi per fermare il corso delle cose.



E Merlino, senza nemmeno accorgersene, si avvicina a lui e lo bacia dolcemente. Il busto ruota verso il suo coinquilino, le labbra sfiorano quelle di Artù e ne avvertono tutta la morbidezza: sono un po' salate, come se qualche lacrima solitaria ci si fosse depositata, ma a parte questo sono esattamente come il moro le ricordava – e come le aveva sognate.

Non sa da dove sia uscita tutta questa determinazione – che sicuramente non ha mai avuto – e soprattutto non sta considerando minimamente Alator, nonostante la situazione con lui non sia ancora né chiara né definita, ma sente che è la cosa giusta da fare, in quel momento. Potrebbe sembrare strano, ma come Artù c’è stato per lui a Capodanno, lui ora deve esserci per l’amico e se il suo coinquilino è così convinto che un bacio possa aiutare a sistemare le cose lui deve almeno provarci. Anche se non è una bella ragazza, di quelle che piacciono ad Artù.

Gli passa una mano tra i capelli in disordine, senza accennare a staccarsi dalla sua bocca, mentre sente la mano di Artù posarsi sulla sua coscia e stringere piano, tra le mani, il tessuto dei jeans. È Merlino il primo a scansarsi e coglie subito l’occasione per guardare negli occhi il suo coinquilino; anche Artù lo fissa, gli occhi incatenati a quelli chiari del moro, l’espressione incredula e due dita che si sfiorano le labbra, come a rendersi conto di ciò che è appena successo.

Improvvisamente Merlino sente caldo: ma come gli è saltato in mente di fare una cosa del genere? Lui non è una ragazza, perché un bacio del genere ad Artù dovrebbe fare piacere? Ed ora il biondo lo sta guardando con gli occhi sgranati e sbafati da delle leggere occhiaie e lui non sa minimamente cosa dire per rendere la situazione meno imbarazzante.

“Hai detto tu che un bacio può essere consolatorio” si giustifica il moro, sorpreso di non balbettare a quelle parole “Ho solo rifatto ciò che tu hai fatto per me”

“Sei davvero un idiota, Merlino” risponde Artù, avvicinandosi a lui e baciandolo nuovamente.

Artù bacia bene. Questa è un’altra delle cose che Merlino ha appurato in poco più di un anno di convivenza e dopo due baci e mezzo e non può fare a meno di pensarci mentre le labbra del biondo sono sulle sue a completare l’altra metà di quel terzo bacio.

Dura poco il momento, in realtà, perché dopo qualche secondo Artù si allontana.

“Anche questo lo considereremo un abbraccio, vero? Non faremo apparire nessun altro stupido elefante”

“Tu abbracci le persone in maniera davvero strana, ma chi sono io per giudicare?” Merlino sorride, prima di appoggiargli una mano sulla spalla “Volevo solo che ti tranquillizzassi e se ha funzionato sono felice. Come hai fatto tu per me”

“Sei davvero un buon amico, Merlino” mormora Artù, stendendosi sul letto a fissare il soffitto; il moro si sente un po' di troppo, quindi si alza in piedi, ma viene subito fermato.

“Aspetta!” Artù stacca gli occhi dal soffitto, per puntarli nello spazio accanto a lui “Ti andrebbe di rimanere un po' qui? Anche in silenzio, va bene. Non voglio rimanere da solo”

Il moro annuisce e fa il giro del letto, mentre l’altro si infila sotto le coperte; si stende vicino ad Artù, che si raggomitola e si nasconde, mantenendo fuori il naso, gli occhi chiusi e i capelli in disordine, e spegne la luce. Nell’oscurità Merlino si sfila le pantofole gettandole via malamente e si sdraia su un fianco, guardando la schiena di Artù che gli sta vicino; è stata una giornata strana ma, per qualche strano motivo, essere lì con lui, a dividere un letto da una piazza e mezzo, gli sembra la cosa più normale del mondo.

Gli dispiace per ciò che è successo ad Uther e per ciò che Artù ha passato quel pomeriggio, ma è fiero di lui per essere entrato in ospedale e per aver combattuto contro la sua paura. E più guarda la schiena del coinquilino, immaginandosi perfettamente il suo viso disteso in un sorriso e più non può fare a meno di pensare a quanto diverso sia Artù rispetto alla facciata che vuole dare a vedere. Lo guarda e vede un ragazzo che vuole piacere, un ragazzo insicuro, un ragazzo educato ed un ragazzo gentile. Vede un coinquilino fantastico nonostante i suoi molti difetti. Vede colui che, in meno di un anno, è riuscito a diventare il suo migliore amico e a stravolgergli la vita senza fare nulla. Vede Artù Pendragon in tutte le sue sfaccettature e gli sembrano tutte bellissime ed uniche.

Rimane a guardarlo per parecchi minuti, così tanti che si accorge pian piano che il respiro di Artù si va regolarizzando, fino a diventare profondo; quando Merlino si rende conto che l’amico accanto a lui si è addormentato si sfila piano dal suo letto, riacchiappando le pantofole alla cieca e si alza, cercando di fare il minimo rumore possibile. Gira intorno al letto per recuperare la tazza di Artù rimasta semivuota sul comodino e coglie l’occasione per guardare il coinquilino assopito: è da malati e forse un po' da maniaci, lo sa benissimo, eppure non riesce a non guardare l’espressione distesa e rilassata di Artù e non può fare a meno che sorridere.

Distoglie lo sguardo un attimo dopo, portando con sé l’immagine di Artù rannicchiato sotto le coperte ed esce dalla sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Solo quando ha lavato la tazza, chiuso a chiave il portone, spento le luci e si è rintanato nella sua stanza si lascia andare ad un sospiro, appoggiato alla porta chiusa e con il cuore che batte furiosamente nel petto.






Spazio autrice persona che cambia costantemente idea comunque frana non è che fria
Volevo aggiornare domenica 11 Ottobre perché era il compleanno di Bradley James, ma non ho avuto tempo (e poi ho pensato che il suo compleanno lo festeggeremo adeguatamente - ops, piccolo spoiler). Volevo aggiornare domani che di tempo ne ho parecchio, ma alla fine lo faccio oggi (perché fare le cose con calma quando si può correre?). Meglio che non faccia troppi ragionamenti, tanto cambio sempre idea.
Ma a voi non interessano queste cose, quindi passiamo alla storia (non so se vi interessano nemmeno queste, sinceramente, ma almeno sono più attinenti).
Non so quanto Aldo, Giovanni e Giacomo siano famosi all’estero, ma visto che non ho mai specificato dove effettivamente vivano Artù e Merlino ho pensato di inserirci anche loro, anche perché mi fanno sempre ridere quei tre. E un po' di risate in questo capitolo così pesante forse ci stanno bene.
Non ho voluto fare diagnosi o specificare eccessivamente cosa sia successo ad Uther volontariamente perché non mi piace non essere precisa e non è un campo in cui mi muovo con esperienza, quindi ho preferito mantenermi sul vago invece di inserire strafalcioni.
Uuuh c'è stato un altro bacio. Ops. E Alator? Quale Alator?
Non so se è una cosa sciocca e totalmente priva di senso, ma ho voluto che Merlino fosse “cattivo” in un certo senso, come nella quinta stagione in cui fa di tutto per proteggere Artù. Anche in questo caso sta facendo di tutto per lui, arrivando a baciarlo per cercare di distrarlo, per farlo stare meglio, nonostante Alator (di cui Merlino non si riesce a definire il fidanzato). Non so se il parallelismo sia riuscito però, ecco, volevo far capire che Merlino è cambiato dall’inizio della storia – dove non avrebbe mai tradito Will, né fatto qualcosa di così leggero – per Artù. Spero di non aver reso il tutto troppo superficiale e frivolo, perché nella mia mente filava alla perfezione (e perché qui prima o poi qualcosa deve succedere, altrimenti la storia non finirà mai).
Però è assolutamente vero che Merlino con questo bacio non ha scopi romantici e che punta proprio a distrarre il coinquilino e a non farlo pensare per quei due minuti.
Voglio assolutamente sapere le vostre opinioni perché ero davvero indecisa di questo passaggio.
Ringrazio tanto Koa__ per aver recensito lo scorso capitolo con una recensione meravigliosa e voi che avete aggiunto la storia alle preferite/ ricordate/ seguite. Non disperate, ci sarà questa love story, ve lo assicuro.
Ed io aggiorno, prima o poi, non disperate nemmeno su questo. Ma come ormai spero abbiate capito la puntualità (così come le cose poco cliché e troppo particolari) non mi piacciono granché.
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Stetoscopio tascabile di quinta categoria ***


Una delle peggiori tragedie dell'umanità è quella
di rimandare il momento di cominciare a vivere.
Sogniamo tutti giardini incantati al di là dell'orizzonte,
invece di goderci la vista delle aiuole in fiore sotto le nostre finestre
Orazio



Merlino è turbato.

Merlino è turbato. Come potrebbe non esserlo? Come potrebbe non esserlo dopo ciò che è successo? Non che sia successo granché – oh no, giusto Merlino, hai solamente baciato Artù, il tuo coinquilino – ma il moro sente distintamente l’inquietudine attanagliargli il petto. Ma è una sensazione quasi piacevole se ripensa al momento in sé e alla morbidezza delle labbra di Artù.

Ha scritto distrattamente un messaggio ad Alator, il buio della sua stanza squarciato solo dalla bassa luminosità del telefono, mentre era sdraiato sul suo letto, per scusarsi di essere stato assente e per chiedergli qualche giorno per badare al suo coinquilino, prima di fare questo giro in moto tanto sospirato. Ora è proprio lui a sospirare, mentre blocca il telefono e lo appoggia sul comodino: questo viaggio in moto non sa da fare, per citare un grande autore.

Però Merlino si alza con un pensiero positivo, la mattina dopo: conta molto sul fatto che, visto com’è andata la prima volta, anche in questa il fatto passerà nel dimenticatoio molto in fretta e così sarà davvero più facile farci i conti. E lui questa volta non ha alcuna intenzione di parlare con Artù – anche perché sa benissimo chi è stato a prendere l’iniziativa e a baciare per primo e il coraggio che aveva ieri è rimasto tutto nella stanza del suo coinquilino – quindi è contento di sapere che Artù non è il tipo che inizierà una conversazione del genere.

In quel momento bussano alla porta.

“Merlino?” mormora Artù dall’altra parte “So che sei sveglio, ho sentito la tua suoneria prima… possiamo parlare?”

Oh, ma cazzarola!

E maledizione a Gwaine che l’ha chiamato solo per augurargli il buongiorno.

Merlino si alza di scatto, spingendo via le coperte che ha ancora addosso, e si affretta a prendere una felpa dai piedi del letto e ad aprire persiane e finestre, prima di urlare “Entra pure, Artù!”

Il tutto come se non fosse in preda a mille pensieri.

Il biondo apre piano la porta e si guarda un attimo intorno “Questa camera è tremendamente disordinata. E puzza di chiuso”

Merlino, nervi calmi, sono solo le 9 di mattina.

“Non credo tu possa farmi la predica, viste le condizioni in cui è la tua, principino. Ci sono alcuni fazzoletti usati più vecchi di me!”

“Servono, visto che ogni volta che vai a fare la spesa ti dimentichi costantemente di comprarli”

“Nemmeno tu me li ricordi mai” ribatte il moro, sedendosi sul letto “Che succede, comunque? Hai ricevuto notizie dall’ospedale?”

Artù scuote la testa e si siede accanto a lui “No, ma Morgana mi ha mandato un messaggio per dirmi che sta andando lì e che non ha ricevuto chiamate durante la notte. Aveva espressamente lasciato detto di essere chiamata nel caso fosse successo qualcosa”

“Direi che è un buon segno” commenta Merlino con un sorriso “Vedrai che tuo padre sarà fuori prima di quanto pensi”

“Grazie per quello che hai fatto ieri per me” lo interrompe bruscamente Artù, guardandolo serio, mentre Merlino non sa come reagire “Sei stato… fantastico. Davvero. Non avrei voluto nessun altro accanto… e mi dispiace per il tuo impegno con Alator…”

“Non lo pensare nemmeno” lo blocca il moro, prima che l’altro possa aggiungere qualcosa “Sono stato contento di averlo fatto. Alator capirà e potremmo passare la giornata insieme molte altre volte. Tu avevi bisogno di me ieri ed io volevo esserci. Come tu ci sei stato per me a Capodanno e tutte le volte che ne ho avuto bisogno”

“Non sono state poi così tante” sorride Artù, ma viene interrotto di nuovo da Merlino.

“Sono state molte più di quanto tu possa pensare”

Non sa da dove gli derivi questo gran coraggio di aprirsi e confidare certe cose, ma ormai è consapevole di essere arrivato ad un punto molto in alto nel suo rapporto con Artù e pensa che certe cose le debba sapere.

“Ho solo ricambiato il favore” conclude il moro con un dolce sorriso sulle labbra.

Il biondo lo guarda un attimo, prima di annuire “Già…”

Si alza poi in piedi, guardando l’amico “Ho fame, facciamo i pancakes?”

Merlino lo esamina – anzi lo squadra da capo a piedi per essere più precisi: pantaloncini da basket e maglia bianca, come si era addormentato ieri sera, capelli in disordine e il viso un po' sciupato – prima di commentare “Questo pluralis maiestatis cosa starebbe a significare, esattamente?”

“Significa che io ti passerò la farina o qualsiasi altra cosa serva per fare i pancakes e tu li preparerai amorevolmente per il tuo coinquilino affamato” dichiara senza scomporsi Artù.

“Non sai nemmeno dove stia la farina, né qualsiasi altro ingrediente che va dentro i pancakes” ribatte Merlino, alzandosi “Credo di dovermi ritenere soddisfatto se sai dov’è la padella”

“Sotto la dispensa, vero?”

“C’eri quasi, è sopra al lavello perché ieri l’ho usata” Merlino scoppia a ridere, prima di dare una pacca sulle spalle al coinquilino “Forza, andiamo di là e vediamo se hai lasciato un po' di latte per prepararli o se hai abbandonato come al solito il cartone vuoto nel frigo”

Uther esce quello stesso pomeriggio dall’ospedale, con i valori ancora un po' sotto la media ma assolutamente a posto. Artù non gli dice nulla, ma Merlino lo vede, dal corridoio, mentre chiude la conversazione con Morgana e si rilassa sul divano, con un sospiro di sollievo. E il moro è davvero contento per lui.

Non passano che pochi giorni però che Merlino riceve una chiamata inaspettata al telefono: quando gli compare il nome “Morgana” sulla schermata improvvisamente inizia a sentirsi agitato e si domanda all’instante se per caso non è successo qualcosa ad Uther.

“Morgana?” domanda incerto Merlino, rispondendo al telefono: ovviamente è molto amico della ragazza ed è abituato a ricevere chiamate inattese da Freya o da Gwaine, ma dalla sorellastra di Artù non era mai successo e non sa proprio cosa aspettarsi.

“Ciao Merlino, puoi parlare?”

“Sì, certo, dimmi”

“Artù è lì con te?”

“No, è andato alla biblioteca universitaria per studiare”

“Chi l’avrebbe mai detto, eh?” commenta la ragazza, forse più a sé stessa che al ragazzo; infatti dopo solo un attimo cambia tono “Ti ho chiamato perché tra tre giorni è il compleanno di Artù”

“Davvero?” Merlino è stupito di quella frase, ma fa un rapido conto e si accorge che è esattamente passato poco più di un mesetto dal suo compleanno e da quanto Artù gli aveva detto quando era il suo.

“Sì, è questo venerdì. Stavo pensando di organizzare qualcosa”

“Dici che Artù abbia voglia di festeggiare?” domanda il moro “Sai per la faccenda di vostro padre… non so se è proprio dell’umore”

“Tu credi che lui non abbia bisogno di festeggiare?” replica la ragazza e Merlino ci pensa su un attimo: Artù ha una faccia scura da giorni e anche se Uther è tornato a casa subito non sembra essersi tranquillizzato granché. Forse una festa, per quanto magari non gradita, gli farebbe bene. E se ben ricorda, Artù non ha mai avuto una vera festa di compleanno, che non fosse uno stupido ricevimento.

Il ragazzo sospira “Hai ragione”

“Io ho sempre ragione” sottolinea Morgana, con un sorrisetto che l’altro però non può vedere “Allora, hai qualche idea?”

“Io? Pensavo che stessi organizzando tu”

“Io ho fatto la proposta. Sei il primo a cui l’ho detto”

“Perché io?”

“Perché sei il suo miglior amico” dichiara la ragazza e Merlino sente improvvisamente il petto scaldarsi: non si sarebbe mai abituato a quell’etichetta.

“E va bene…” mormora, ormai totalmente convinto, anche se non voleva mostrarlo così apertamente “C’è qualcosa che piace particolarmente ad Artù?”

“Uhm… gli piace il football, i cavalli, la birra… ah sì, gli piace anche nuotare” elenca Morgana, mentre Merlino si siede sul divano con la testa leggermente inclinata all’insù a guardare il soffitto.

“Non sono granché nell’organizzazione di feste, ma credi sarebbe possibile fare una festa in piscina?” propone il moro “Potrebbe essere divertente e sicuramente sarebbe più piacevole per tutti rispetto ad una partita di football. Andare in un locale mi sembra troppo banale e scontato”

La ragazza ridacchia “Non sarebbe una cattiva idea. Credo che Uther abbia dei contatti con una piscina al chiuso poco fuori città, magari riesco ad ottenere il permesso. Saremo i soliti, immagino”

“Credi di riuscire a farcela con così poco preavviso?”

“Per favore, Merlino, sai con chi stai parlando?”

Il moro sorride: sì, lo sa. Domanda sciocca: Morgana Pendragon ottiene sempre tutto ciò che vuole.

“Allora io avviso gli altri di tenersi pronti e di non rovinare la sorpresa. Per caso la piscina ha anche dei locali annessi? Sarebbe carino mangiare qualcosa dopo, senza inquinare completamente tutta l’acqua”

“Mi informerò” lo rassicura Morgana “E in caso organizzo anche il catering”

“Pensi che sarà costoso?”

“Penso che tu non debba preoccuparti”

“Dovremmo dividere le spese” le fa notare il ragazzo.

“Artù è mio fratello e sono certa che Uther mi darà dei soldi per lui. Voi comprategli un bel regalo”

“Credo che io glielo farò da solo…” mormora Merlino, prima di aggiungere “Ma mi raccomanderò con Leon”

“Ti terrò aggiornato sugli sviluppi”

“Sì, anche io” rispose il ragazzo “E Morgana… grazie”

C’è solo un istante di silenzio, prima che la ragazza risponda “No, Merlino. Grazie a te”

Appena riaggancia, il moro si dà immediatamente da fare e chiama tutti per avvisarli: ogni invitato risponde positivamente e con entusiasmo – come più o meno ogni volta che si propone di fare qualcosa di divertente – e Merlino si accorda con Leon perché sia lui ad organizzare il regalo.

“Io mi occupo delle bevande!” esclama subito Gwaine, entusiasta, stordendo il moro con la sua solita voce forte – che il telefono, invece di attenuare, aumenta. E Merlino è parecchio contento di dirgli che al cibo e al rinfresco ci penserà Morgana – anche se, visto quanto tempo passano insieme quei due, non ci sarebbe da sorprendersi se la ragazza gli affibbiasse il compito. Il che porterebbe comunque a troppo alcol. Ma almeno il moro ci ha provato ad evitarlo, di più non può fare.

Quando però chiude l’ultima chiamata Merlino inizia ad agitarsi: si era totalmente dimenticato che quello era il periodo del compleanno di Artù e, di conseguenza, si era totalmente dimenticato il suo regalo. Dannazione.

Il suo coinquilino gliene ha fatti ben due ed entrambi erano bellissimi; lui ha poco budget, zero idee e decisamente troppo poco tempo. Deve mettersi al lavoro e farsi venire in mente qualcosa.

Non si sa come però in quei tre giorni succedono ben tre cose favorevoli e propizie per la grande serata: per prima cosa Morgana riesce a convincere il proprietario della piscina ad affittargliela per quella sera – notizia su cui però Merlino aveva pochi dubbi – poi nessuno degli amici ha spifferato per puro caso la festa a sorpresa – cosa probabilmente di poco conto, ma per nulla scontata – e terza ed ultima informazione – at least but not at last – Merlino ha trovato un regalo per il coinquilino.

Non sa se è il regalo perfetto, né se arriva nemmeno lontanamente al livello di quelli che Artù ha fatto a lui, ma si ritiene abbastanza soddisfatto, soprattutto viste le premesse.

Anche se un po' d’ansia ce l’ha quel venerdì, quando si sforza di comportarsi in maniera assolutamente normale, come se fosse un giorno come un altro; nemmeno Artù fa particolari commenti, non si alza più tardi del solito né pretende di mangiare qualcosa di speciale, anzi, il moro è sicuro di averlo visto guardare alcuni fogli che hanno tutta l’aria di essere appunti.

E invece Merlino si sente più nervoso man mano che il tempo passa e che l’orario della festa si avvicina: il suo regalo non è per niente adatto, l’outfit è ancora da decidere, scoppierà sicuramente a ridere mentre cerca di convincere il suo coinquilino ad uscire o verrà scoperto nel giro di trenta secondi e con una semplice occhiata. Ci sono mille e uno variabili da considerare e il moro ha già ampiamente decretato che andranno tutte malissimo.

E mentre sistema la polo stirata di fresco nell’armadio – che ormai ha deciso di indossare alla festa, dopo lunga incertezza – afferra il telefono e scrive un messaggio ad Alator, nella speranza di distrarsi un po' dalla ormai imminente sorpresa.

Mi dispiace, ci siamo visti poco questi giorni. Ho ancora un paio di giorni impegnati, ma poi che ne dici di fare quella notte fuori e quel giro in moto?

O meglio, oggi ha la festa e visto che sarà Gwaine ad occuparsi dell’alcol – che strano – non gli sembra il caso di partire proprio la mattina dopo: potrebbe non essere nelle condizioni di intendere e di volere e soprattutto di salire su una moto senza vomitare.

Perché stia proponendo di nuovo il giro in moto invece non lo sa, perché davvero non ha voglia di farlo, ma Alator sembra entusiasta della cosa e Merlino crede un po' di doverglielo, in quel momento. E poi ormai dovrebbe essere abituato a quei dannati aggeggi, no? No, questo è poco ma sicuro. Però in montagna magari ci sarà poca gente ed Alator guiderà piano, no? Forse, questo è già più probabile.

Merlino si veste, ignora di proposito il telefono perché non ha proprio voglia di vedere se Alator gli ha risposto, e afferra lo zaino dove, oltre alle chiavi di casa e al cellulare, mette un costume da bagno, il costume da bagno di Artù – non è stato difficile fregarglielo da dentro l’armadio – e il regalo, impacchettato già malamente e che spera con tutto il cuore di non rovinare.

Va bene, non vedo l’ora. Mi manchi.

E lui a te manca, Merlino?

Il ragazzo sospira, ben consapevole che sarebbe stato decisamente meglio ignorare il messaggio, ma doveva assolutamente controllare l’ora: si sta avvicinando il momento di uscire. Ergo deve andare a chiamare il suo coinquilino.

Non si prende nemmeno la briga di bussare – come al solito – ed entra nell’altra stanza.

“Artù”

“Che vuoi?” chiede il biondo, sdraiato sul letto e con il viso schiacciato nel cuscino; il moro si avvicina.

“Forza, alzati, ti porto a fare un giro”

“Tu che porti a fare un giro me?” ridacchia Artù, la voce attutita dalla federa.

“Sì, esatto, io ti porto a fare un giro”

“E come ci andiamo? In bicicletta?” lo prende in giro l’altro.

“Sono disposto anche a salire sulla moto se per una benedetta volta fai quello che ti dico”

“Addirittura?”

Si, effettivamente è da non credere una proposta del genere.

“E dai, Artù, alzati. Da quant’è che non esci di casa se non per andare a lezione, in biblioteca o alla tua villa?”

“Non sono dell’umore”

Merlino sa benissimo che nessun altro oltre a lui poteva ricevere il compito di trascinare Artù fuori di casa, ma quando si era praticamente proposto non pensava che sarebbe stato così difficile.

“Sì, ma io ho disperatamente bisogno di qualcuno che mi accompagni in un posto”

Scusa alquanto ridicola.

“E perché?”

Ecco, appunto.

“Perché è fuori città ed io non posso arrivarci con la bicicletta”

Bravo Merlino, stai imparando a mentire.

“Quindi mi vorresti malamente sfruttare per un passaggio, in pratica” dichiara Artù, sollevando finalmente il viso dal cuscino e girandosi verso il coinquilino.

“Qualcosa del genere, sì. Tu mi sfrutti sempre quando ti annoi”

“Ti stai annoiando o hai bisogno di qualcuno che ti dia un passaggio?”

Ma Artù fa le prove per essere così irritante e fastidioso o gli riesce naturale?

“Entrambe le cose. Allora, mi accompagni? Non mi sembra che tu stia facendo niente di più interessante” insiste il moro “E se vieni con me dopo ci fermiamo al bar di Parsifal e ti offro una birra”

“Due” rilancia il biondo.

“Due birre” gli concede Merlino, felice di aver raggiunto un compromesso “Ora alzati, però”

“Sei davvero fastidioso” sbuffa Artù, ma si alza dal letto, lentamente, cercando intorno un paio di pantaloni da indossare al posto di quelli sportivi che ha sempre in casa “Si può sapere perché ci tieni tanto che venga con te?”

“Perché ogni tanto mi piace stare in tua compagnia?” prova a dire Merlino, prima di ridacchiare “A piccole dosi, s’intende”

“Sei anche davvero simpatico, Merlino, lo sai?” continua a brontolare l’altro, senza però smettere di vestirsi.

“E poi sono convinto che ti faccia bene prendere un po' di fresco”

“Posso sempre uscire in balcone…”

“E poi perché sono convinto che ti faccia bene punto” taglia corto il moro, lanciandogli la felpa che vede sul letto.

Artù la afferra e se la infila, prima di domandare “E perché mai?”

“Hai bisogno di ridere, Artù”

Il biondo lo guarda, senza replicare nulla; si limita ad annuire, afferrare chiavi, portafoglio e cellulare e seguirlo fuori dalla stanza. Percorrono le scale in silenzio e, sempre senza parlare, salgono sulla moto.

“Ho bisogno delle indicazioni” dichiara Artù, non appena sente le braccia di Merlino stringersi intorno alla sua vita.

“Vai in direzione della statale: il posto in cui devo andare è poco fuori città, in direzione sud”

“Ma si può sapere che devi andare a prendere?” urla il biondo per sovrastare il rombo del motore della moto.

“Non fare troppe domande” lo zittisce rapidamente l’altro “Anche se ti dicessi stetoscopio tascabile di quinta categoria che cosa capiresti?”

“Che non è solo la scrittura dei medici ad essere orribile ma anche le loro parole!”

E la risata di Merlino si perde nel vento, mentre sfrecciano sulla moto in direzione sud e si lasciano la città alle spalle.

Il moro ha controllato l’indirizzo e Google Maps prima di uscire e spera vivamente di riconoscere qualcosa una volta arrivati sul posto; la zona sud è una zona industriale ed è piena di edifici grigi e tutti molto simili tra loro, quindi procedono abbastanza lentamente.

“Ma sei sicuro di sapere dove stiamo andando?” chiede Artù per l’ennesima volta e viene nuovamente zittito dall’altro – che sta facendo di tutto per mantenere il sangue freddo e per cercare di capire dove diamine sono finiti.

“Artù, vuoi stare zitto? Sto cercando di concentrarmi”

“Non mi sembra stia funzionando granché” lo prende in giro il biondo “Questa cosa del concentrarti e pensare, sai… non funziona. Almeno con te”

“Quanto siete simpatico, Principino” Merlino gli fa il verso e, proprio in quel momento – finalmente – riesce a scorgere il cartello della piscina; così indica ad Artù la direzione, che la segue senza fare troppo domande e – finalmente pt. 2 – riescono a parcheggiare di fronte all’entrata principale.

L’edificio è grigio come tutti gli altri, ma ha delle ampie vetrate al piano superiore e una scritta con il nome della piscina e dei delfini; Merlino scende dalla moto e si guarda intorno, subito imitato da Artù.

“Perché mi hai portato qui, Merlino?” domanda il ragazzo, dopo aver messo il cavalletto alla moto e con il casco tra le mani.

“Te l’ho detto, Artù. Hai un disperato bisogno di ridere” risponde il moro, senza nemmeno girarsi “E perché devo prendere lo stetoscopio tascabile di quinta categoria. Forza, muoviti”

Non sente la risposta del coinquilino – forse perché non c’è alcuna risposta da parte del coinquilino – ma i suoi passi rimbombano sulle scale dietro di lui, quindi lo sta seguendo senza fiatare. Che strano.

Merlino sorride divertito al pensiero di un Artù docile e obbediente, mentre sale i gradini cercando di capire da che parte andare. Perché non ha fatto prima un giro di ispezione insieme a Morgana? Almeno ora non starebbe vagando senza meta per quel dedalo di scale e corridoi. E poi che diamine è uno stetoscopio tascabile di quinta categoria e come gli è uscito un nome del genere? Artù davvero non si è accorto che è un nome inventato? O è diventato improvvisamente arrendevole alle sue idee? Forse l’età porta saggezza.

Quando finalmente sente odore di cloro, prima che Artù possa commentare o chiedersi perché si trova in un posto del genere – Merlino non riuscirebbe a dire per la terza volta stetoscopio tascabile di quinta categoria senza mettersi a ridere – spinge il maniglione antipanico della porta e si ritrova al buio più totale, con Artù alle sue spalle ed il classico odore della piscina più forte che mai.

“Merlino, sul serio, che cosa ci facciamo…” Artù non riesce a finire la frase che le luci si accendono improvvisamente e una piscina che potrebbe benissimo essere olimpionica appare davanti a loro.

“Sorpresa!”

Morgana, Leon, Parsifal, Gwaine, Lancillotto, Ginevra e Freya sono tutti lì in costume e con vari gonfiabili in mano, mentre agitano le braccia e applaudono; Artù si guarda intorno spaesato e confuso, mentre la sorellastra si avvicina e lo abbraccia.

“Tanti auguri, Artù”

“Morgana…? Che ci fate tutti qui?”

“È una festa a sorpresa, Artù. E tu sei il festeggiato” interviene Gwaine, avvicinandosi a sua volta e dandogli una pacca sulla spalla “Non potevamo organizzarti una cosa banale in un bar”

“Avete… affittato una piscina?” domanda incredulo il festeggiato.

“È stata Morgana, in realtà” risponde Gwen, avvicinandosi “Noi abbiamo solo detto di sì e ci siamo presentati qui”

“Di là c’è una stanza: puoi appoggiare le tue cose e c’è da mangiare e da bere” lo informa Parsifal “Però considera che non avremmo dovuto introdurre né cibo né bevande in questo posto, quindi evita di smollicare nella piscina o sarà divertente andare a raccogliere ogni singola briciola con la maschera da sub”

“E soprattutto da ubriachi” conclude Lancillotto, facendo scoppiare a ridere tutti.

“C’è l’hai fatta ad arrivare, Merlino. Pensavamo non fossi riuscito a convincerlo” commenta Freya, abbracciando il biondo e schioccandogli un bacio sulla guancia.

“È stato difficile: Sua Altezza Reale ha il didietro pesante e parecchio affezionato al suo letto”

“Sì, ma tu non mi avevi mica detto che stavamo andando ad una festa” brontola Artù.

“Era una sor-pre-sa” scandisce il moro.

“Tu mi hai parlato di uno stetoscopio tascabile di quinta categoria” insiste l’altro.

“Un che?” domanda Lancillotto.

“Hai sul serio creduto che esistesse uno strumento da un nome tanto ridicolo?” sogghigna Merlino “Sei davvero ingenuo”

Artù lo fulmina con lo sguardo e prova a dargli una spinta per buttarlo in acqua, ma l’altro lo evita facilmente.

“Fammi prima mettere il costume!” protesta, togliendosi lo zaino dalle spalle e lanciandogli il suo.

“Hai frugato tra le mie cose?”

“Io lavo i tuoi vestiti e li rimetto anche a posto: frugo sempre tra le tue cose”

Questa volta Merlino è costretto ad evitare il costume del biondo che gli arriva contro a tutta velocità e ci riesce per un pelo, allontanandosi poi di qualche passo per evitare altri assalti a sorpresa.

Artù si schiarisce la voce e li guarda uno per uno “Non so davvero cosa dire, non me lo aspettavo proprio. Non sapevo nemmeno sapeste il giorno del mio compleanno”

“Fratellino, hai davvero così poca considerazione di me?” sbuffa Morgana, suscitando delle risate.

Il biondo tossisce “Ehm, sì, cioè, non pensavo avresti fatto una cosa del genere, ecco tutto. Sono contento che siate qui, comunque, e di festeggiare questo giorno insieme a voi”

“Decisamente meglio dei ricevimenti a base di pesce” commenta Leon, mettendogli un braccio intorno alle spalle “Forza, Artù, appoggia le cose nell’altra stanza, infilati il costume e raggiungici. Noi intanto facciamo gli onori ed inauguriamo la piscina, se per voi non è un problema”

Artù ghigna “Fate pure, io e Merlino ci mettiamo un attimo”

Afferra l’amico per le spalle e lo spinge verso la stanza, mentre il moro sente i primi tuffi nella piscina cristallina e le urla di Gwaine – che strano, Gwaine sta urlando – trascinato nella stanza.

“Sei un idiota” è la prima cosa che Artù gli dice, chiudendosi la porta alle spalle.

“Io ti ho detto che uscire ti avrebbe fatto bene” commenta Merlino, senza guardarlo, parecchio concentrato ad analizzare il cibo presente sul tavolo; sente la zip della felpa di Artù e il fruscio dei pantaloni per terra e deve un attimo chiudere gli occhi.

Maledizione Merlino, è il tuo coinquilino.

Sì, ma è bello.

Si sfila lentamente la felpa anche lui, avendo come la sensazione di essere osservato, ma non ha alcuna intenzione di girarsi; si leva la maglietta e si slaccia i pantaloni quando finalmente Artù rompe il silenzio.

“Merlino?”

“Uhm?”

“Grazie”

Il moro sorride, pur rimanendo girato “Sei un idiota, Artù”

Sente l’altro sbuffare con una nota divertita.

“Io vado di là, non vedo l’ora di tuffarmi in piscina. È da parecchio tempo che non mi faccio una bella nuotata come si deve”

“Secondo me non riuscirai a fartela nemmeno oggi”

Artù ride, con la sua risata pura e cristallina “Molto probabile”

È solo quando la porta si chiude alle sue spalle e il moro rimane finalmente da solo che ricomincia a respirare normalmente e può finalmente togliersi i pantaloni ed infilarsi il costume, prima di raggiungere gli altri che sono già in acqua, con tanto di gonfiabili a forma di fenicottero, materassini e tubi galleggianti.

Ovviamente Gwaine lo trascina in piscina, trovando assoluto sostegno in Lancillotto, ed il contatto con l’acqua è come sempre gelido e destabilizzante, ma la confusione che fanno i suoi amici distrae subito Merlino da quel dettaglio e si unisce ai festeggiamenti. Morgana fa partire la musica, Gwaine la lotta a chi si affoga per primo e Parsifal una sfida a chi tiene di più la palla; nella piscina riecheggiano risate, urla e canzoni cantate a squarciagola per parecchi minuti e, anche quando escono dall’acqua tutti infreddoliti, la situazione non cambia. Si spostano nell’altra stanza ed iniziano a mangiucchiare le cose portate da Morgana – e a bere, occupazione sicuramente principale e predominante – e Merlino non riesce a non gettare occhiate di soppiatto ad Artù, che ha un sorriso a trentadue denti, che va da un orecchio all’altro.

Se anche chiude gli occhi, il moro ha perfettamente chiari davanti a sé tutti i muscoli del viso del coinquilino che si contraggono mentre sorride, la fossetta che si crea all’angolo della bocca e le piccole rughe intorno agli occhi – ma perché Artù deve avere degli occhi così magnetici? – che fanno sì che anch’essi sorridano – possono degli occhi sorridere?

La risata cristallina di Artù gli arriva alle orecchie, probabilmente in seguito ad una battuta di Gwaine. E questa volta è il cuore di Merlino a sorridere.

Se un cuore può sorridere perché gli occhi non possono farlo?

Ma certi dettagli a Merlino non interessano granché, non vuole razionalizzare quegli stupidi – molto stupidi – pensieri irrazionali che ogni tanto – sempre più spesso – si ritrova a fare mentre guarda il suo coinquilino.

Perché Artù è davvero bello e lui non riesce a staccare gli occhi di dosso a quel fisico scolpito, a quei muscoli tonici e a quegli addominali definiti. Perché Artù ha la fastidiosa abitudine di stare nudo – almeno per quanto riguarda la maglietta – e ovviamente la piscina gioca a suo favore, anche se sono tutti fuori dall’acqua, stanno bevendo e fa un freddo cane.

Merlino lo guarda, mentre è stretto nella sua felpa, con il cappuccio a coprire i capelli umidi ed infreddolito fin nelle ossa, nonostante la doccia calda che si è fatto.

Come diamine fa a rimanere così mezzo nudo? Fa un freddo fottuto.

Il moro rimane un attimo incantato a guardare le goccioline che rimangono sulle punte dei capelli biondi, inscuriti dall’acqua, del suo coinquilino, le osserva mentre scendono lentamente sulle sue spalle e fanno una gara a chi va giù più velocemente. Un po' come le goccioline sui vetri delle macchine quando fuori piove. Solo che queste sono sul fisico del suo coinquilino, che Merlino sta guardando in maniera ossessiva.

Rischia di strozzarsi con la birra che sta bevendo appena gli viene in mente questa cosa ed inizia a tossire, portandosi la mano davanti alla bocca; fortunatamente, sono tutti occupati a bere e nessuno ne se ne accorge.

Non ci mette molto a svuotare la bottiglia e subito Lancillotto gliene passa un’altra – ma perché Lancillotto, di solito non è Gwaine a fare certe cose? – ma lo fa molto bene e di soppiatto, mentre il moro è impegnato a chiacchierare con Freya e gesticola ossessivamente. Quindi in realtà Merlino non sa perché si ritrova la bottiglia in mano, ma l’amico ha un sorrisetto soddisfatto a distorcergli le labbra che mandano il chiaro messaggio “Questa sera ti devi ubriacare”.
Ed effettivamente è quello che succede. Anche in relativamente poco tempo.

Ci mette un attimo Merlino a capire che le birre gli si sono moltiplicate tra le mani, che gli amici ridono in maniera sempre più sguaiata e che Freya e Gwen lo stanno solo distraendo per non farlo accorgere di quanto effettivamente sta bevendo.

Sente la testa leggera, gli occhi un po' lucidi ed improvvisamente quella felpa enorme che ha addosso gli fa un caldo pazzesco; se la sfila, rimanendo con la maglietta a maniche corte e il costume, prima di buttare giù in un sorso solo il resto della birra che era rimasta nella bottiglia. Si pulisce la bocca con la manica, mentre cerca di mettere a fuoco ciò che ha intorno.

È ubriaco, questo è sicuro. Non ricorda quand’è l’ultima volta che ha bevuto così tanto, ma il fatto che vede sfuocato, ha difficoltà a tenere gli occhi aperti e che non sta pensando minimamente al fatto che dopo dovrà di nuovo salire sulla moto di Artù gli fanno capire che forse ha leggermente esagerato.

È inoltre seduto per terra, anche se forse sdraiato sarebbe la definizione più corretta; non sa bene come ci è finito, ricorda di aver pensato che la panchina era scomoda e di essersi accomodato per terra, per poi scendere lentamente fino ad appoggiarsi al pavimento con il gomito, sorreggendosi la testa con la mano. È decisamente ubriaco.

Ma è il compleanno di Artù e lui è così bello. E così irraggiungibile.

Però gli ha sempre detto che quando beve diventa più simpatico e che altrimenti è tremendamente noioso. Quindi quelle quattro o cinque birre che ha bevuto possono solo far bene, no? O forse erano sei. Comunque, il conto non è importante. Soprattutto quando Artù si avvicina con quel suo sorriso storto ed una bottiglia con un liquido trasparente dentro; si siede accanto a lui e gli dice qualcosa, ma Merlino non capisce assolutamente nulla, sia perché è ubriaco – e questo ormai è appurato – sia perché Artù biascica, si mangia le parole e deve essere anche lui un tantino andato. Lo vede passargli un bicchiere e versarci dentro il contenuto della bottiglia e fare lo stesso con il suo.

“Cin cin, coinquilino”

Non ha smesso un attimo di sorridere, nemmeno mentre appoggiava la bottiglia sul pavimento o mentre si riempiva il bicchiere, ed il suo sorriso è così contagioso che Merlino non può non ricambiarlo.

“Cin cin, asino” risponde il moro, facendo toccare i due bicchieri.

“È una festa pazzesca!” esclama il biondo “Se tutti i miei prossimi compleanni saranno così farò il conto alla rovescia ogni anno”

E dopo aver detto questo beve in un sorso lo shottino, guardando poi l’amico.

Benedetti occhi. E benedetto sorriso che non ha abbandonato nemmeno per un attimo le sue labbra.

Merlino chiude gli occhi e butta giù l’intero bicchierino di vodka.

Così sia. Come si suol dire.






Spazio autrice persona amante dei compleanni pt.2 così va festeggiato (in ritardo) Bradley James
Non sono stata così brava da far coincidere questo capitolo con il compleanno vero di Bradley James, ma va bene, pazienza, l'importante è festeggiare, no? E ci vuole sempre un momento di festa per ricordarci che c'è un arcobaleno dietro ogni nuvola e che è necessario farsi almeno una risata al giorno (qui tra filosofia e latinorum oggi volo proprio).
E come si suol dire, in vino veritas, almeno per Merlino! Può sembrare banale? Sì, forse un po' (ma dai, è un po' che non inserisco un clichè, bisogna che vi ricordiate ogni tanto quanto li ami), ma credo che l'alcol ha dato solo quella spintarella in più a Merlino per fargli dare un nome alle emozioni che prova quando è con Artù. 
Spero che il compleanno di Artù vi sia piaciuto e che le cose non sembrino troppo affrettate: credo di averci messo un po' a pubblicare per paura di aver corso troppo in un solo capitolo, ma, come ho già detto, bisogna che prima o poi qualcosa succeda qui!
Ringrazio Koa__ per la fantastica recensione (anche qui forse Merlino dovrebbe chiedersi se è felice), NorwegianWoodFields che mi rende orgogliosa di ciò che scrivo e CrystalWolf_019 perché mi ha fatto ridere tantissimo con una recensione da mezza riga.
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Capelli biondi e occhi azzurri ***


So she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love
Think about it every time
I think about it
Can't stop thinking 'bout it

How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love
Makes me want to turn around and face me but I don't know nothing 'bout love
Come on, come on
Turn a little faster
Come on, come on
The world will follow after
Come on, come on
'Cause everybody's after love
(Accidentally in Love - Counting Crows)






Quando uno si sveglia generalmente ci mette un attimo a capire dove si trova. E quando ci si addormenta ubriachi, generalmente è anche peggio, soprattutto perché a volte non si ricorda nemmeno di essere andati a dormire.

Ora Merlino è sicuramente su un letto, con le persiane abbassate malamente perché la luce gli sta arrivando dritta sugli occhi e lo sta disturbando. Ma in che letto si trovi esattamente ci mette qualche secondo prima di capirlo.

Però quelle lenzuola morbide hanno proprio lo stesso odore di quelle di casa sua. E anche lo stesso colore, per quanto può vedere nel buio della stanza. Che dalla fisionomia ricorda molto la sua. E quindi viene fuori la seconda domanda: com’è arrivato nel letto di camera sua? Perché l’ultima cosa che ricorda è il sorriso di Artù e la vodka che gli corre giù lungo la gola.

Non crede sia plausibile essere tornato in moto dietro ad Artù perché lui sicuramente non sarebbe stato in grado di reggersi, ma dubita molto anche che Artù sia stato in grado di guidare.

Mentre cerca di scacciare il mal di testa lancinante che sente – dannato alcol – qualcuno bussa alla porta e il viso di Artù fa capolino.

“Allora sei sveglio” lo saluta, entrando subito nella stanza e dirigendosi verso le tende “Credevo di dover chiamare l’ambulanza, non davi alcun cenno di vita”

Merlino è sveglio da troppo poco tempo e non si è ancora fatto le domande fondamentali che bisogna porsi appena svegli al mattino – chi sono io, dove mi trovo, che giorno è – quindi non si prende la briga di rispondergli, limitandosi a tossicchiare per schiarirsi la gola che sente secchissima.

Artù fa il giro del letto e gli passa la bottiglietta d’acqua che il moro è solito tenere sul pavimento, in un qualche angolo della stanza; Merlino beve avidamente, sbrodolandosi leggermente e si pulisce la bocca con la mano.

“Come ti senti?”

“Uno schifo” ma Merlino sta sorridendo mentre lo dice; si mette a sedere lentamente, tenendosi la testa con una mano “Tu come stai?”

“Ho avuto giorni peggiori”

“Sul serio?” chiede il moro, ironico, ridacchiando.

“Ehi, non ho mica bevuto tanto quanto te”

“Ho il vago ricordo di te che continui ad offrirmi da bere e di Lancillotto che cambia le bottiglie di birra vuote tra le mie mani con quelle piene” commenta Merlino “Direi che la colpa non è mia”

“Anche quando ti alzi la mattina dopo una sbronza non perdi la tua capacità di argomentare”

“Tu sei il re delle argomentazioni”

“Ecco, appunto”

Merlino ridacchia, prima di scansare le gambe dal letto per permettere ad Artù di sedersi.

“Come siamo tornati a casa?”

“In macchina, ci ha riportato Lancillotto”

“E la moto?”

“Prima Parsifal mi ha accompagnato a riprenderla”

“Sei diventato stranamente assennato con il nuovo anno d’età” dichiara il moro, muovendo la testa su e giù, come per aumentare la veridicità delle sue parole.

“Sei un idiota”

“Peccato che le tue maniere sono sempre orribili” conclude subito dopo, sorridendogli “Ti è piaciuta la festa?”

Artù annuisce, guardandosi i piedi “Mi sono divertito molto e mi ha fatto bene. Non lo avrei mai detto mentre cercavi di convincermi ad uscire di casa ieri”

“Dovresti imparare a fidarti un po' più di me, asino” lo prende in giro Merlino, dandogli un piccolo pugno sul braccio.

“Forse hai ragione…”

Il moro sgrana gli occhi quando capisce che quelle parole non le ha solo immaginate, ma Artù le ha dette davvero; il biondo però non gli dà troppo tempo di pensarci – come al solito – perché aggiunge subito, a voce più bassa “Grazie. È stato… un bel pensiero”

“È stata di Morgana l’idea”

“So che tu l’hai aiutata, però. E che hai scelto la location”

“Diciamo che io ho detto piscina e lei ha fatto il resto”

“Hai fatto una bella cosa” insiste Artù, girandosi per guardarlo negli occhi e Merlino esita un attimo.

“Te l’ho detto, Artù: avevi bisogno di ridere” dichiara serio.

“Hai ragione… mi ha fatto bene”

“Cosa odono le mie orecchie? Il grande Artù Pendragon mi sta forse dando ragione?”

“Merlino”

“Sì?”

“Stai zitto”

Il moro sorride, senza nemmeno accorgersene “È stato un piacere, Artù”

E anche il biondo si ritrova a sorridere, prima di alzare una mano per scompigliare – violentemente – i capelli dell’amico e ritrovarsi a ridacchiare insieme a lui.

“Certo che eri proprio bello ubriaco ieri” commenta Artù, mentre l’altro cerca di sistemarsi i capelli.

Merlino annuisce “Non ho visto nemmeno cosa ti hanno regalato gli altri…”

In quel momento al moro viene in mente un dettaglio che aveva totalmente trascurato; si alza dal letto, raggiunge lo zaino lanciato malamente per terra e prende il pacchetto rimasto al suo interno, che porge poi ad Artù – che ha passato l’ultimo minuto a guardarlo confuso.

“Questo è il mio regalo. Volevo dartelo ieri ma sai, mi è rimasto nello zaino e poi ho avuto altre… cose per la testa, diciamo”

“Cioè lo scolarti da solo una mezza bottiglia di vodka?”

“Non ero solo e non era metà” ci tiene a precisare il proprietario della camera, ma Artù non lo sta già più ascoltando, troppo concentrato a guardare la busta che ha tra le mani.

“Posso aprirlo?”

“Certo che sì, è il tuo regalo” esclama il moro “Forza, dai, voglio vedere la tua espressione di pura gioia quando lo vedrai”

“Non ti sembra un regalo un po' troppo sottile, Merlino?” gli fa notare Artù, con aria fintamente offesa, mentre guarda la busta di carta tutta stropicciata e con gli angoli piegati.

“Solo perché sei ingrassato non vuol dire che i tuoi regali debbano essere più grandi” lo prende in giro l’altro, guadagnandosi all’istante una pacca – forte – in piena schiena, che lo fa tossire.

“Io non sono ingrassato, il mio fisico è meraviglioso” ribatte infatti il biondo, prima di guardare di nuovo il regalo che tiene tra le mani.

“Che aspetti?” domanda il moro, impaurito di aver fatto qualcosa che non va: Artù non voleva ricevere regali? Voleva che glielo facesse insieme agli altri perché il loro rapporto non è poi così speciale? Si aspettava sul serio un regalo più grosso?

“Stavo guardando la busta. Qualcuno mi ha detto che anche il pacchetto è importante” si limita a dire il ragazzo, prima di rompere la carta delicatamente.

Merlino si scopre a trattenere il respiro, mentre Artù tira fuori il biglietto – che è effettivamente il regalo – che si trova nella busta, facendo attenzione a non spiegazzarlo – più di quanto già non sia – e capisce in quel momento quanto forte è il suo desiderio che il regalo piaccia al suo coinquilino. Quanto spera di averci azzeccato e di avergli fatto un regalo pari a quelli che ha ricevuto da lui. Di averlo fatto sentire speciale come Artù fa sempre sentire lui.

Il biondo guarda per parecchio tempo la lettera e il moro si chiede se ci sia sul serio qualcosa che non va: è un biglietto con su scritto “Buono per una passeggiata a cavallo di due ore”, quanto ci può mettere quel somaro a leggerlo? Gli sta salendo l’ansia.

“Perché mi hai fatto un regalo così?” mormora Artù e ciò non fa che aumentare l’agitazione di Merlino.

“Perché mi era sembrata una cosa divertente… sai, tu sei un asino… tu vai a cavallo… un asino a cavallo… fa ridere!”

Sì, e tu fai pena, Merlino. Come ti è venuta in mente un’idea così sciocca? È ovvio che non fa ridere.

“No, no, scusa…” lo blocca il biondo “Intendevo dire… come facevi a sapere che mi sarebbe piaciuto fare una passeggiata a cavallo? Non credo di averlo detto a nessuno né tantomeno di avertelo mai proposto”

E sentendo queste parole il cuore del giovane medico inizia – finalmente – a rallentare e Merlino si sente un po' più tranquillo. Poco, ma un po' più tranquillo.

“Morgana mi ha detto che ti piacciono i cavalli…” spiega “Ed ho pensato che poteva essere una cosa divertente ed originale…”

Artù continua a fissare il bigliettino, senza prestare troppa attenzione alle parole del moro, che si arrischia a dire “Quindi… ti piace?”

Il biondo alza lo sguardo di scatto e lo guarda “Se mi piace? È un regalo meraviglioso… grazie”

E Merlino si ritrova a sorridere senza nemmeno accorgersene, sentendo una gioia indescrivibile scaturita da cinque semplici parole; potrebbe benissimo giurare che il sorriso gli stia andando da un orecchio all’altro, ma si forza di rimanere ben piantato sul letto e non levitare a qualche centimetro. Però Artù lo guarda e ridacchia, quindi qualcosa di buffo ce lo deve proprio avere.

“Comunque se io sono un asino tu sei un vero idiota, Merlino” ci tiene a precisare il biondo “Anzi, no, com’era quell’espressione totalmente assurda che ti eri inventato? Quella che fa concorrenza a porca paletta?”

L’altro fa una faccia offesa “Ti ho appena fatto il miglior regalo del mondo e tu mi tratti male? Sei una persona orribile, mi riprendo il buono”

“Il miglior regalo del mondo mi sembra di averti detto che è stato il mio maglione con le renne”

“Com’è che si chiamava?”

“Chi?”

“Come chi! La renna”

“La renna?” domanda Artù confuso e l’altro annuisce con vigore.

“Sì, dai, la renna di Natale”

“Intendi Rudolph?”

“Proprio lei”

“Ma cosa c’entra in questo momento?”

“Non mi veniva il nome” si giustifica Merlino, alzando le spalle “Mi urta non ricordarmi i nomi delle cose”

“Merlino, lasciatelo dire, sei ancora ubriaco” commenta Artù, dandogli una spinta sulla spalla e facendolo traballare un minimo all’indietro “Preferirei… non so, che ti mettessi a cantare, che facessi il giocoliere, che camminassi per casa barcollante… ma non parlare della renna di Babbo Natale!”

Merlino scoppia a ridere di gusto, rilasciando insieme adrenalina ed ansia che aveva accumulato mentre Artù scartava il regalo. Artù… era sempre colpa sua, maledetto.

In quel momento, l’occhio gli cade sul telefono e sulla solita lucina che gli indica l’arrivo dei messaggi: si ricorda all’improvviso dell’impegno preso con Alator per il giorno dopo e l’ansia torna all’istante.

“Ma che ore sono?”

“Quasi le 13” risponde Artù, controllando l'ora.

“Miseriaccia, è tardissimo!” esclama Merlino, alzandosi di scatto, mentre il coinquilino lo guarda confuso.

“Che devi fare, si può sapere?”

“Oltre preparare il pranzo per Sua Altezza Reale?” chiede ironico il moro “Devo preparare alcune cose, domani vado un paio di giorni via con Alator. E poi devo studiare o rimarrò indietro a solo un mese dall'inizio delle lezioni”

“Sei noioso, Merlino” sbuffa Artù, alzandosi “Non puoi iniziare a studiare così presto”

“Non siamo tutti bravi come voi, Altezza”

“Dove vai con Alator?”

“Mi ha detto che vuole fare un giro in moto per la campagna e dormire fuori. Sai... quello che era in programma quando tuo padre si è ammalato...” spiega Merlino, un po' a disagio, senza sapere nemmeno perché.

Artù lo guarda per qualche secondo senza dire una parola “Vai a fare un viaggio in moto... con Alator?”

“Sì, lo so che è assurdo, però me lo ha proposto ed è tanto che non stiamo un po' di tempo assieme”

“Quindi avete ufficializzato la cosa?” domanda il biondo, un po' bruscamente.

Merlino si tocca i capelli, nervoso “Uhm, no, in realtà ancora no. Credo che ne parleremo stasera”

“E... avete intenzione di...” Artù si blocca, senza terminare la frase e il moro ci mette qualche istante per capire come si doveva concludere.

“NO!” esclama frettolosamente – ma perché si imbarazza così tanto a parlare di certe cose con Artù? “Cioè, non lo so. Potrebbe succedere. Dipende dalla situazione, insomma”

Vedendo che l’altro sta per dire qualcosa, Merlino aggiunge “Tu invece? Che programmi hai per domani?”

Il biondo è preso un po’ in contropiede dal cambio di argomento, ma si riprende in fretta e scrolla le spalle “Non lo so, forse andrò al locale di Parsifal insieme a Leon e Gwaine”

Il moro annuisce, come a dire che ha capito, ma si sente stranamente dispiaciuto per qualcosa: sì, è vero, un po' gli dispiace abbandonare per un paio di giorni la sua casa – e Artù – ma sarà una cosa rapida, no? Tornerà presto.

E per convincersi di questo, prepara lo zaino molto più velocemente dell’altra volta, come se non dovesse metterci nulla di particolare. Perché tanto tornerà presto. Sarà di nuovo a casa in nemmeno un paio di giorni. Da Artù.

Oh, cazzo.

Quando arriva Alator e gli deposita un leggero bacio sulle labbra, chiedendogli se è pronto, Merlino vorrebbe tanto rispondergli di no. Quando Artù gli fa un cenno con la testa per salutarlo, tornando a concentrarsi sulla televisione un attimo dopo, Merlino vorrebbe tanto mandare all’aria quell’uscita. Quando cinge la vita di Alator con le braccia, stringendosi a lui un poco su quel dannato aggeggio, Merlino vorrebbe tanto scendere, tornare in casa e mangiare le patatine sul divano con Artù. Quando la moto romba e il viaggio inizia, con Alator che parla ma senza che capisca le parole portate via dal vento, Merlino chiude gli occhi e capisce che qualcosa non va. Che non è questo ciò che vuole.

Artù ha un anno più di lui, gli occhi azzurri, i capelli biondi e i denti dritti. Artù ama dormire fino a tardi, lanciargli contro le cose e le partite della domenica. Artù gli legge sempre il giornale, gli compra le caramelle e lo critica per la sua pessima cucina. Artù è mille cose diverse eppure è il ragazzo più semplice del mondo mentre beve una birra mezzo nudo sul divano. Artù è invadente, fastidioso, prepotente, arrogante e vuole avere sempre l’ultima parola; ma è anche dolce, premuroso e tremendamente ammaliante. E Merlino è irrimediabilmente, follemente, totalmente innamorato di lui.

Come può stare con Alator, mentre sente certe cose per Artù? E come può far finta di non provarle, quando è chiaro come il sole che quelle dannate strette allo stomaco che sente costantemente in compagnia del suo coinquilino sono dovute alla spaventosa sintonia che sente con lui e all’attrazione che prova?

Ha avuto problemi con Will, perché Artù si è infilato nella loro vita – senza nemmeno accorgersene – e perché gli ha dato tutto ciò che avrebbe sempre voluto dal suo ragazzo: sicurezza, leggerezza, certezza. È lì per lui, il coinquilino che conosce da un anno, e rappresenta perfettamente la persona che vuole al suo fianco. E Will e Alator non possono comunque nulla contro questa cosa, per il semplice motivo che non sono Artù. Nonostante lui sia un asino prepotente, arrogante ed etero.

Ed ora, invece, si ritrova in moto dietro ad Alator, andando chissà dove nel bel mezzo della campagna, mentre il vento gli fa freddo e i rumori delle macchine che gli passano accanto gli fanno paura, quando potrebbe essere benissimo a casa con Artù, a guardare una stupida partita di football di cui non gli interessa nulla, a preparare i biscotti alla cannella di cui invece avrebbe davvero voglia in questo momento o semplicemente a bere una birra.

E questa uscita, piuttosto che ufficializzare il suo rapporto con Alator, ha messo in chiaro, fin dal primo minuto, che non è lui la persona che Merlino vuole. Non è lui la persona con cui vorrebbe essere in giro in questo momento. Non è lui la persona di cui è innamorato.

Il moro si stringe di più alla schiena del ragazzo – che sembra così diversa da quella del suo coinquilino e che non lo fa sentire minimamente a suo agio – mentre prendono una curva stretta; quando Merlino ha riaperto gli occhi – dopo parecchio tempo, in modo da non vedere le entrate nelle strade affollate, né le strade affollate stesse – si è trovato in un paesaggio totalmente sconosciuto e parecchio brullo per essere così vicino alla città. Sono arrivati in montagna, lo si capisce bene, perché ciò che vede intorno a sé è totalmente diverso da prima: ci sono alberi, ghiaia, terreno sterrato con pozzanghere melmose e profumo di bosco. Ed è anche un po' più buio perché il sole del tardo pomeriggio è nascosto dietro ad una nuvola e coperto dalle fronde degli alberi.

Merlino spera che arrivino presto, quella strada non gli piace. O meglio, il paesaggio è meraviglioso, ma preferirebbe nettamente vederlo a piedi. O in macchina. O in qualsiasi altro mezzo di trasporto che non sia una moto enorme e dall’aspetto instabile.

E sta iniziando ad avere freddo, l’umidità gli sta entrando nelle ossa nonostante la giacca a vento pesante che si è messo. Ma perché stanno facendo un viaggio in moto a inizio novembre, si può sapere? Non potevano rimandarlo? O non farlo direttamente mai e prendere semplicemente una cioccolata calda in un locale?

Si accorge di aver chiuso gli occhi solo quando uno stridio inquietante lo coglie alla sprovvista e li riapre di scatto, giusto in tempo per vedere la moto scivolare e ritrovarsi scaraventato via, pochi metri più in là, illuminato solo dai fanali della moto ormai a terra. Sente un dolore sordo alla spalla, il cuore pulsare sangue velocemente e la frenata di una macchina, prima di vedere dei puntini neri davanti a sé e perdere conoscenza.

Quando si risveglia, la prima cosa che lo colpisce è il forte odore di disinfettante che lo circonda e il suono costante, regolare e alquanto fastidioso di un macchinario: ha fatto ore sufficienti di tirocinio in ospedale per capire all’istante dove si trova. Apre gli occhi, sentendo la testa pulsare leggermente e nota subito l’infermiera dai capelli corti e rossi che sta sistemando le medicine sul comodino accanto a lui.

“Ben svegliato!” lo saluta subito. Ha le lentiggini, gli occhi marroni ed un piercing sul naso “Come ti senti? Hai fatto una bella caduta, è una fortuna che tu te la sia cavata con così poco”

Il moro prova a mettersi leggermente seduto e sente qualcosa bloccargli i movimenti.

“Ti hanno ingessato il braccio” lo informa la ragazza “Hai una spalla lussata, ma per il resto sei sano come un pesce”

Con la mano libera, Merlino si tocca prima la fasciatura e poi se la porta alla testa, dove si afferra i capelli.

“Potresti avere un po' di emicrania dovuto al colpo, ti ho portato delle medicine” continua l’infermiera, parlando a macchinetta, passandogli le pasticche e un bicchiere d’acqua “Hai fatto spaventare parecchio il tuo amico”

Il ragazzo osserva le pillole, prima di buttarle giù in un sorso veloce; poi, con voce roca, domanda “Quale amico?”

“Ne hai parecchi qui fuori, a dire la verità. Stanno aspettando il tuo risveglio da almeno un paio d’ore”

“Che ore sono?”

“Quasi mezzanotte”

“Dovrebbe essere finito l’orario di visita” le fa notare Merlino e la ragazza gli rifila un sorriso.

“Vedo che sei informato: però il reparto è praticamente vuoto, oggi abbiamo dimesso quattro pazienti e i tuoi amici sembravano tutti molto ansiosi di vederti. Soprattutto un biondino decisamente carino e un ragazzo dai capelli lunghi” si avvicina un po', come per confessargli un segreto “Ed io sono qui da sola ed ho preso decisamente troppi caffè per volerli mandare via”

L’infermiera gli fa l’occhiolino, prima di iniziare a segnarsi i valori vitali su un foglio.

“E il ragazzo che stava con me?” domanda il moro.

“Lui non ha mai perso conoscenza e non ha riportato ferite gravi. Solo graffi, lividi e qualche acciacco, ma è potuto uscire: il dottore gli ha ordinato di andare a casa a dormire, anche se lui sarebbe voluto rimanere ad aspettarti. Lo hanno convinto ad andar via solo quando sono arrivati i tuoi amici”

La ragazza gli sorride, prima di girarsi verso la porta “Devo controllare altri pazienti: di norma ti dovrei dare un tranquillante e farti dormire, ma credo che ti possa essere più d’aiuto vedere i tuoi visitatori, vero?”

E senza nemmeno aspettarsi una risposta esce dalla stanza, lasciando un Merlino solo e leggermente confuso; dura poco però la solitudine perché un attimo dopo Freya, Lancillotto, Artù, Gwaine e Parsifal entrano nella stanza. Il moro sbatte le palpebre un paio di volte, come ad accertarsi che siano tutti davvero lì: non sa se sia sta la botta, i farmaci o il mancamento, ma si sente davvero confuso.

“Merlino!” esclama Freya, abbracciandolo dolcemente “Ci hai fatto così preoccupare, accidenti! Alator ha chiamato Lancillotto solo dopo che eri già stato portato qui, ma non sapeva dirgli molto visto che stavano visitando anche lui. Come ti senti?”

“Un po' stordito…” mormora Merlino, schiarendosi la voce “Non so nemmeno cosa sia successo, in realtà”

“Alator ha detto che la moto ha preso una pozzanghera e che siete scivolati per colpa della ghiaia” interviene Parsifal “Tu sei stato sbalzato fuori dalla moto, mentre lui è riuscito a buttarsi di lato solo una volta che la moto era a terra. Ti fa male il braccio?”

“Credo di aver ingerito un antidolorifico o che mi abbiano messo una pomata perché ancora non sento molto. Mi sono svegliato solo da pochi minuti”

“Hai bisogno di qualcosa? Acqua, vestiti puliti, medicine?” domanda Lancillotto “Gwen si scusa di non essere qui con te, ma aveva il tirocinio di notte proprio stasera”

“Non c’è problema… non sareste dovuti venire nemmeno voi, io sto bene…”

“Sciocchezze! Hai un braccio appeso al collo” esclama Gwaine.

“Gwaine, l’infermiera ci ha detto di fare piano” lo rimprovera Lancillotto “O ci farà uscire a tutti. Già non dovremmo essere qui…”

“Merlino ha un braccio rotto ed io sto dove mi pare” dichiara l’altro, totalmente sordo alle parole dell’amico “Merlino, cucciolo, ti hanno fatto tanto male? Dove deve darti il bacino per farti passare tutto il tuo amichetto Gwaine? Deve andare a picchiare Alator per quello che ti ha fatto? Tu dì una sola parola ed io vado”

Il moro alza gli occhi al cielo alle parole dell’amico, anche se deve trattenere un sorrisetto per non dargli quella soddisfazione “Sto bene, Gwaine, sul serio. L’infermiera è sparita o le avrei chiesto quando potrò uscire da qui”

“Sfuggente quella tipa, in effetti…” commenta Freya, mentre Lancilotto risponde alla domanda “Ha detto che ti terranno domani in osservazione perché potresti aver battuto la testa, ma se stai bene dopodomani potrai uscire senza problemi”

“Comunque Merlino ti ho preso una cosa” interviene di nuovo la ragazza, mostrandogli un piccolo pacchetto di caramelle “Non so se te le ricordi, erano quelle che avevamo mangiato tutta la notte quando eravamo venuti a trovare Fox. Ho avuto un grande déjà-vu quando Lancillotto ci ha chiamato stasera…”

Il moro sorride e afferra il pacchetto “Non so se le posso mangiare, ma ho una fame che non ci vedo, ragazzi. E poi adoro queste caramelle, mi sembrerebbe sprecato non mangiarle”

“Davvero le adori? Non ce n’eravamo accorti quando, quella sera, avevi svaligiato il distributore automatico” sogghigna Gwaine “Non so come non ti sia venuto il diabete dopo quella notte”

“Il giorno dopo non aveva mangiato nulla!” racconta Lancillotto, lasciandosi andare ai ricordi “Anche se diceva che era perché era preoccupato per Fox… non ci ho mai creduto, Merlino. So benissimo che avevi solo fatto un’indigestione di zucchero”

“Io ero davvero preoccupato per Fox, razza di insensibili” protesta il moro, offeso “E per sfogare la mia ansia mangiavo. E siete sempre voi a lamentarvi che quando sono sotto esame non mangio. Accontentatevi una buona volta o ditemi che devo fare quando sono agitato”

Scoppiano tutti a ridere alle parole del ragazzo, anche se lui non può fare a meno di notare che Artù non ha detto una parola da quando è entrato, né gli ha mai staccato gli occhi di dosso. Gli fa piacere che sia lì, gli fa più piacere vedere lui che chiunque altro, ma al tempo stesso gli dispiace che sia lì. Che lo veda stanco, pallido e sporco, con un braccio appeso al collo e i capelli in disordine.

Che cosa stupida, però, dopotutto lo vede anche tutti i giorni appena sveglio, non può essere tanto peggio…

Però il cuore gli inizia a battere forte nel petto, quando tutti gli amici lo salutano mentre Artù gli comunica che sarebbe rimasto qualche altro minuto; quasi non si accorge di Freya che gli dà un bacio sulla guancia, di Lancillotto e di Parsifal che gli promettono di tornare a trovarlo domani e di Gwaine che gli bacia l’altra guancia. Sa solo che ad un certo punto è lì, in quella stanza di ospedale a mezzanotte passata, da solo con Artù.

“Merlino…” mormora il biondo, sedendosi sul bordo del letto.

“Artù… che cosa ci fai qui?”

“Guarda che sei tu quello sdraiato su questo stupido letto” gli fa notare Artù e Merlino non può non sentire la nota nervosa che ha nella voce.

“No, intendo in un ospedale… tu odi gli ospedali”

“Sì, ma tu sei qui, pensavi che me ne sarei rimasto a casa?” ribatte Artù con fare ovvio “Che è successo? Mi sono rovesciato una tazza di tè bollente addosso quando Lancillotto mi ha detto che eri qui”

La cosa, nonostante la situazione, l’ansia che sente e il fatto che sia mezzanotte passata lo diverte.

“Tu ti sei preparato una tazza di tè? Tu sai accendere un fornello?” ridacchia Merlino, prima di tornare serio vedendo lo sguardo dell’amico “Sono caduto da una moto”

“Sei salito su una moto?”

“Ero con Alator, lo sai… siamo scivolati sulla ghiaia, credo, o su qualcosa di viscido… non sono sicuro. Siamo finiti fuori strada, insomma. Ma credo che tu lo sappia meglio di me” sussurra il moro, a disagio.

“Tu odi le moto, perché ci sei salito?” puntualizza l’altro, senza staccargli gli occhi di dosso.

“Perché mi aveva chiesto di fare un giro con lui…” ma mentre risponde così Merlino sa benissimo che ci deve essere qualcosa dietro perché Artù sapeva benissimo che sarebbe uscito con Alator e che sarebbero andati in moto.

“E che ne era di ciò che hai detto a Capodanno? Che avresti pensato più a ciò che è meglio per te e meno a ciò che è meglio per gli altri?”

Merlino guarda confuso il biondo, che sembra sconvolto dalla rabbia e dalla preoccupazione “Artù… ma che ti prende? È solo un braccio rotto… e sono salito spesso sulla tua moto”

“Sì, ma io so guidare bene e con te dietro sto sempre attento…” balbetta un attimo, prima di riprendere il tono un po' arrabbiato “Non ti avrei mai fatto cadere, insomma!”

Il moro si trattiene dal dirgli che Alator non l’ha sicuramente fatto volontariamente, che era salito sulla moto perché lo voleva – e questo forse evita di dirlo perché non è sicuro che sia la verità e lui le bugie non le sa proprio dire – e che non è stata colpa di nessuno perché in quel momento Artù ha davvero un’espressione che non gli ha mai visto e Merlino si dispiace di averlo fatto preoccupare così tanto.

“Sto bene, Artù… questo è l’importante, no?” mormora il ragazzo “Non preoccuparti, presto tornerò a casa e ti cucinerò qualcosa di decente… non perderai il tuo cuoco personale”

E a quelle parole – perché devono essere state per forza quelle parole, no? – il biondo sembra tranquillizzarsi: le spalle si rilassano, il volto si distende e le sue labbra si aprono in un sorriso, prima di dichiarare “Merlino, sei veramente un idiota”

“Tu ti sei rovesciato addosso una tazza di tè bollente e l’idiota sarei io?” gli fa notare il moro, con fare pensieroso.

“Ti darei un pugno, se non fosse che hai un solo braccio sano e non vorrei che perdessi anche l’uso di quello”

“Sei troppo violento, devi imparare a comunicare con le parole”

“Un ringhio va bene?”

“No”

I due ragazzi si guardano e si sorridono a vicenda; è Artù a parlare di nuovo “Vuoi riposarti? Devo andare via?”

Merlino scuote la testa “Tanto tra poco tornerà l’infermiera e ti manderà via a calci. Sai che pensa che sei carino?”

“Io sono carino” sottolinea il biondo “Vuoi che ti faccia ancora un po' compagnia?”

“Mi farebbe piacere. Prima che lei ti prenda a calci. Vorrei vedere anche quello, sai?”

“Sei un idiota”

“Se me lo dici tre volte di fila vinco un premio?”

“No. Perché sei un idiota”

E Merlino ride di gusto, senza pensare al braccio rotto, al letto di ospedale o alla mezzanotte passata e al sonno farmacologico che sente arrivare.

“Posso sapere qual è la storia di queste caramelle?” domanda Artù, prendendo in mano il sacchetto ormai vuoto.

“Non c’è molto da spiegare in realtà” risponde il moro “Una volta siamo venuti qui a mezzanotte e io avevo fame ed ero in ansia, quindi ho letteralmente mangiato tutte le caramelle del distributore”

“Sono di una sottomarca scadentissima, molto meglio le mie” commenta il biondo, guardando il nome “Ed eri preoccupato per tal Fox?”

“Era il mio ragazzo” risponde Merlino a bruciapelo “Il mio… primo ragazzo”

“Sì?” dice distrattamente Artù “E che gli era successo?”

“Una rissa in un bar. Sai, era uno con un forte senso della giustizia e con un’impulsività difficile da trattenere, se provocata”

“E dov’è adesso?”

Merlino scrolla le spalle “Fa il giornalista freelance, specializzato in zone di guerra. E fa volontariato in un’associazione umanitaria. Potrebbe essere ovunque, letteralmente in ogni zona del mondo”

“Non ha funzionato?”

Artù sembra stranamente curioso di sapere.

“No. Diciamo che è un’anima troppo libera per stare troppo tempo nello stesso posto. Però ci sentiamo ancora ogni tanto… ha anche una passione per la fotografia, oltretutto, e vede dei posti mozzafiato. A volte mi manda le foto che fa e che sa che mi possono piacere”

“Ha un nome alquanto ridicolo, se posso dire”

“Era un soprannome: una volta, quando ancora faceva il liceo, è riuscito a nascondersi nell’aula professori ed è rimasto lì per prendere le tracce di alcuni esami che ha avuto nei giorni successivi. I professori l’hanno scoperto, ma non hanno mai avuto prove per dimostrarlo e i suoi amici lo hanno soprannominato così”

“Veniva in classe con te?”

“No, è più grande” Merlino si appoggia alla testata del letto “Sai quei tipi più grandi che pensi siano irraggiungibili eppure vorresti ad ogni costo una chance con loro? Ecco, lui era così”

Il moro lo guarda, prima di sorridere “Ma che dico, tu sei Artù Pendragon, non hai mai avuto problemi di questo tipo”

“Vuoi che arrivi al quarto “sei un idiota”?”

Il ragazzo sorride e scuote la testa “Sono felice che tu sia passato qui nonostante… nonostante tutto”

“Dovevo vederti” dichiara il biondo “E sono… felice che tu stia bene. Passerò domani, d’accordo? E ti porterò delle vere caramelle. Tanto l’infermiera ha detto che sono carino, no?”

Artù gli strizza l’occhio e si alza dal letto “Buonanotte, Merlino. Cerca di riposare”

“Buonanotte, Artù. Grazie”

E non appena il coinquilino esce dalla porta, chiudendosela alle spalle, il moro si ritrova a pensare a ciò che avrebbe voluto dire ad Alator. A ciò che prova per Artù.

Può ignorare davvero il fatto che la visita di Artù è quella che gli è stata più gradita, soprattutto visto e considerato il suo terrore per gli ospedali? E lo ha fatto per lui, solo per lui.

E se il fatto di essere caduti dalla moto e di non essere mai arrivati al campeggio non è un segno, che cos’altro è?

No, Merlino, che cosa vai a pensare, ora stai davvero delirando. Chissà cosa c’era dentro quelle pasticche che hai preso, ti hanno drogato e nemmeno lo sai. O forse sei solo leggermente fuori di te. Probabile, visto che stai parlando da solo. Cioè, non proprio parlando, pensando. Aiuto, stai impazzendo.

Però Artù è davvero bello e tremendamente gentile e questo lo pensavi già da prima, quando sicuramente non eri sotto effetto di farmaci. Ed è venuto a trovarti. Che gesto carino…

E con questi pensieri – e una buona dose di melatonina in corpo – il ragazzo scivola lentamente nel sonno.

Il giorno dopo, quando si risveglia, Gwen è già lì e lo abbraccia forte, scusandosi per non essere andata lì prima. Ha l’aria stanca e le occhiaie sotto gli occhi, ma la sua espressione è serena dopo averlo visto. Però Merlino la manda a casa, non appena si presentano Artù, Lancillotto e Leon, perché crede che abbia davvero bisogno di dormire.

Il suo coinquilino gli ha sul serio portato le caramelle, quelle che gli piacciono tanto, e sta in ospedale con lui quasi tutto il giorno a parte brevi pause, in cui l’infermiera dai capelli rossi lo spinge letteralmente fuori dalla porta per mandarlo a mangiare e per far mangiare Merlino.

Lo viene anche a prendere il giorno dopo, quando viene dimesso dall’ospedale, per accompagnarlo a casa insieme a Freya e Morgana, che era fuori città in quei giorni ed era rientrata solo la sera prima tardi. Le due ragazze sono già sul taxi quando Artù fa fermare il suo coinquilino proprio davanti alle porte dell’ospedale.

“Ho bisogno di parlarti” esordisce, a voce un po' bassa per non farsi sentire dalle due ragazze.

“Qui?” domanda confuso il moro, guardandosi intorno.

“No, non qui. Ti va di andare a cena fuori?”

“Addirittura? Viviamo insieme, Artù, possiamo parlare quando vuoi” ridacchia Merlino, ma Artù non sembra aver voglia di scherzare.

“Preferisco andare fuori. Ma non ti sto dicendo che ci dobbiamo andare oggi, eh. Pensa prima a guarire e a toglierti quel gesso, poi andremo a cena”

“Sei sicuro? È successo qualcosa di grave?” si preoccupa subito l’altro. Perché Artù dovrebbe voler andare a cena fuori con lui, dicendoglielo addirittura con così tanto anticipo?

“Sì… cioè no, no. Non preoccuparti, è una cosa che può aspettare” dichiara dopo un po' di incertezza il coinquilino “Tu pensa a rimetterti, ora. E poi usciremo”






Spazio autrice persona assolutamente contro le scene tragiche vi presento Fox
E come ai cari poeti inglesi del ‘900 anche ad Artù serve la sua epifania: un incidente in moto è forse un po' clichè? Forse. Ma questa storia inizierà e finirà con i clichè, perché io li adoro e a volte sono tremendamente veri. 
E Merlino si è svegliato, yuppi! Sono bastate una moto ed una schiena a cui stringersi che non fosse quella di Artù - e tanti tanti pensieri, ma quelli sono solo trascurabili dettagli perché Merlino li ha ignorati dal primo all'ultimo - per fargli capire che c'è qualcosa che non va nel suo rapporto con il suo coinquilino (e forse era anche ora). Perdonatemi per la scena in ospedale - che personalmente di solito odio, non so perché in questa storia ce ne ho infilate due - e come sempre non sono stata molto dettagliata per evitare di addentrarmi in un campo che non mi compete. Non so nemmeno se al pronto soccorso dei visitatori possano entrare così tardi, ma facciamo di sì.
Per quanto riguarda Fox lui con questa storia non c'entra assolutamente nulla, ma è un personaggio importante nell'altra long che sto scrivendo (e che presto pubblicherò) quindi non ho resistito ad inserirlo anche qui.
Invece la canzone all'inizio è una delle mie canzoni preferite (e sono sicura che la conoscete in parecchi, anche se leggendola pensate di no - ma qualcuno le legge?) quindi volevo inserirla tantissimo e mi sembrava molto calzante per la situazione. Inoltre è un giorno importante per me oggi quindi volevo inserire tutto quello che mi pareva e punto (fenomenali poteri cosmici).
Ringrazio tantissimo Koa__ per le sue bellissime recensioni e per amare così tanto la mia storia e Resha_Stark che ha letto la storia tutta d'un fiato e che ci si è appassionata fin da subito. E anche chi ha aggiunto la storia tra preferite/ ricordate/ seguite: continuate ad aumentare e riempite il mio cuoricino di orgoglio.
Il prossimo capitolo penso sia il mio preferito (o comunque molto in alto in classifica), vi lascio dicendovi solo questo (sì, questo e le altre troppe parole che ho scritto in precedenza).
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 - È una storia sai... ***


È una storia sai
Vera più che mai
Solo amici e poi
Uno dice un noi
Tutto cambia già
(È una storia sai… - La Bella e La Bestia)






La guarigione del moro è rapida e nemmeno troppo dolorosa: fortunatamente non ci sono lesioni particolarmente gravi, né ripercussioni sulla spalla, sulla schiena o su traumi cerebrali e i leggeri dolori che sente se rimane troppo fermo in una posizione o appena sveglio la mattina sono facilmente curabili con delle aspirine o con degli antidolorifici.

Il suo coinquilino si è rivelato estremamente gentile e lo ha aiutato nel lavaggio dei piatti, nell’apparecchiare e sparecchiare la tavola e nel portare le buste della spesa, ma Gwen è stata assunta a tempo pieno come cuoca – e come infermiera all’occorrenza, ovviamente – in modo tale da evitare che il biondo si avvicinasse ai fornelli. Così ad ogni pasto anche Lancillotto e la ragazza si ritrovano nel piccolo appartamento ed ogni tanto si auto-invita anche Gwaine, che non vuole essere escluso, Freya, che ha espressamente detto a Capodanno che avrebbe mangiato di più con Gwen e Lancillotto e non sembra interessata al posto in cui si mangia tutti insieme, l’importante è farlo, e Parsifal, quando ha le pause pranzo libere e non vuole rimanere al suo locale.

Quindi forse quel maledetto gesso è stata solo una scusa per passare ancora più tempo insieme, invece che permettere a Merlino il dovuto e giusto riposo: si ritrova la sera, quando tutti se ne vanno, sempre stanco morto, sdraiato sul divano, ma non può non sorridere come un idiota, senza sapere nemmeno perché.

L’unico momento in cui è riuscito a rimanere da solo è stato quando ha chiesto di uscire ad Alator, per parlare. In quel caso nessuno si è presentato in casa, nessuno lo ha chiamato, nessuno lo ha disturbato, come se tutti sapessero ciò che vuole dire al suo… alla sua storiella estiva.

Alator lo sta già aspettando, di fianco al bar in cui si sono dati appuntamento; Merlino lo vede da lontano e, infreddolito, si avvicina, come al solito senza un minimo di discorso in mente, contando sulle sue inesistenti abilità oratorie.

“Ehi” lo saluta “Come va?”

Ottimo tentativo di attacco, Merlino, andare subito al punto.

“Possiamo parlare?” aggiunge quindi, mettendo a tacere la voce fastidiosa che è comunemente chiamata coscienza.

Alator alza un sopracciglio e si stacca dal muro dov’è appoggiato con le braccia incrociate.

“Dobbiamo parlare” si corregge allora Merlino, vedendo la sua espressione “Ti va un caffè?”

“Non molto, in verità. Ho lo stomaco un po' chiuso”

Il moro deglutisce, per niente rassicurato dalla frase.

Cosa avevamo detto delle tue abilità oratorie e delle tue doti di improvvisazione, Merlino?

“So cosa mi devi dire, Merlino” dichiara Alator e il moro lo guarda confuso.

“Lo sai?”

“Lo so” il ragazzo sospira “Io non ti piaccio, vero?”

“Tu…”

“No, aspetta, mi sono espresso male. Tu non sei innamorato di me, vero? Non proviamo le stesse cose”

Merlino non dice nulla, ricordandosi improvvisamente di essere poco abile anche nel mentire, oltre che nell’improvvisare.

“Sarei uno sciocco a non notarlo… ci sentiamo da mesi e tu non mi hai mai voluto definire il tuo ragazzo. Eppure sei un tipo serio, non uno di quelli da storie di una sera e via. Ma ti ho dato il tuo spazio e ho rispettato la tua volontà di non metterci stupide etichette, forse perché non piacciono nemmeno a me. Però non ho potuto non notare che non mi inviti mai a stare con i tuoi amici, né a casa tua, come se non volessi legarti più del dovuto… come se sapessi già che finirà…”

“Io…” prova a dire Merlino, ma sente la gola troppo secca.

“Non dire che ti dispiace, per favore” lo interrompe l’altro “So reggere un rifiuto, ma la compassione e la pena sono un’altra storia. Quelle non le voglio”

“Almeno lasciami spiegare” mormora l’altro, che sente un fastidioso senso di colpa aleggiargli sul petto.

“Cosa c’è da spiegare?” domanda Alator, ma senza cattiveria “Ho capito che c’è qualcun altro nel tuo cuore…”

“Non c’è nessuno nel…”

“… Anche se forse tu ancora nemmeno te ne sei reso conto” conclude Alator, rivolgendogli uno sguardo; fa una pausa, prima di aggiungere “Ed io ti assicuro che ho apprezzato il fatto che tu ci abbia provato comunque con me, che tu ci abbia dato una possibilità, senza chiudere immediatamente il portone. Ma sappiamo entrambi che non può funzionare, non finché non farai davvero chiarezza con te stesso su ciò che vuoi”

E Merlino lo sa bene che Alator ha ragione, che ha perfettamente ragione dal primo secondo di quella conversazione, dall’occhiata storta che gli ha rivolto, allo stomaco chiuso e ad un qualcuno nel suo cuore. Chissà poi chi sarà questo qualcuno nel suo cuore. Il moro, sicuramente, la forza di nominarlo ad alta voce non ce l’ha, si è limitato solo a pensare a lui, al suo nome e al suo viso. Spesso. Okay, molto spesso. Ma la colpa non è totalmente sua, visto che questo qualcuno vive nella stanza affianco.

E di nuovo si sente in colpa, un po', quando Alator si allontana, lasciandolo lì, al freddo, con le mani in tasca, davanti al bar, perché sa di essersi comportato male e di non essere stato giusto nei suoi confronti. Ma dall’altro lato si sente anche stranamente bene, come se si fosse liberato di un peso che gli opprimeva il petto, di un pensiero fisso e costante.

La non presenza di un ragazzo, specie se è sempre stato premuroso come Alator, non può passare inosservata, ma nessuno gli chiede nulla e Merlino pensa per l’ennesima volta che ha degli amici davvero speciali.

Quando si toglie il gesso il braccio gli pizzica tremendamente, non riesce comunque a muoverlo e non ha più una cosa di un colore indefinito e pieno di scritte stupide sul braccio. E Artù gli chiede di uscire.

E non gliela butta mica lì, come fa di solito, “ehi, mi annoio, andiamo a trovare Parsifal”, no. Questa volta no. Non è bastato il così largo preavviso con cui lo ha avvisato di questa possibile eventualità, ora ci ha tenuto a prenotarlo per due giorni dopo, per andare a cena fuori loro due insieme. Da soli.

Dire che Merlino ha mantenuto la calma è parlare per eufemismi, ovviamente.

Aveva faticosamente cercato di non pensare a ciò che gli aveva detto Artù fuori dall’ospedale, pensando che se lo sarebbe dimenticato, pensando che fosse una sciocchezza, pensando che fosse semplicemente contento di vederlo fuori di lì. Pensando tante di quelle cose che ha perfino fatto una lista sulle note del telefono – perché sì, Merlino adora le liste, soprattutto quelle delle cose da fare, nonostante l’ordine non sia proprio il suo punto di forza – ma che non l’hanno portato assolutamente da nessuna parte se non a chiedersi per l’ennesima volta – ormai quasi al limite della disperazione – perché diamine Artù vuole andare a cena fuori con lui e che cosa deve dirgli.

Ha bisogno di una mano.

Ormai fa di tutto per non farsi trovare dal suo coinquilino, nonostante vivano in una casa talmente piccola che se uno dei due mangia delle patatine nella propria stanza, l’altro sicuramente sentirà il rumore del pacchetto scartato.

È perfino arrivato a nascondersi nell’armadio, quando ha sentito i passi di Artù avvicinarsi alla porta della sua camera.

Ha decisamente bisogno di una mano.

Anche perché ovviamente non ha potuto dire di no alla richiesta di andare a cena insieme tra due giorni. Due giorni.

Saranno due giorni molto lunghi.

E a Merlino serve tutto un braccio, altroché.

“Artù mi ha chiesto di uscire” dichiara Merlino e Gwaine rimane perfettamente immobile. Il moro non sa esattamente perché stia confidando questa cosa proprio a lui che tra tutti i suoi amici è il più chiacchierone e quello che dà decisamente i peggiori consigli – volente o no, Lancillotto sta lentamente apprendendo l’arte di dare consigli dalla ragazza – ma Merlino forse non ha bisogno di consigli in questo momento, ma solo di qualcuno che sia… entusiasta.

“Artù ha fatto che cosa?!”

“Mi ha chiesto di uscire” ripete il giovane medico, passandosi una mano tra i capelli corvini “Non lo so, ha detto che mi deve parlare e che non vuole farlo a casa”

“E tu che cosa hai detto?”

“Che vuoi che gli abbia detto? Ho detto di sì. Ma ora sono tremendamente in ansia perché non capisco di cosa possa volermi parlare” il moro inizia a gesticolare, segno inequivocabile che si trova in grande difficoltà “Cioè, qualsiasi cosa sia, non ne possiamo parlare in casa, davanti ad un piatto cucinato da me?”

“Oh, sì, la classica frase “ti devo parlare”, quella sì che ti fa salire l’ansia” ridacchia l’amico, prima di appoggiargli una mano sulla spalla “Ma di che ti preoccupi? La cosa peggiore che ti può dire è che sei tremendamente disordinato e che non ne può più di te”

“Io non voglio che Artù non ne possa più di me” sbotta Merlino, prima di rendersene conto, quindi tenta di correggersi “Non voglio cercare un altro coinquilino, insomma. Magari vuole cambiare casa o si trasferisce in un altro Paese!”

“Merlino, prendi un bel respiro e rifiata o qui andrai in iperventilazione” lo prende in giro Gwaine “Se Artù si deve trasferire sul serio non è perché non vuole vivere con te. Okay, sotto esame non sei il massimo e potresti davvero divertirti un po' di più, ma Artù ci tiene a te. Fidati, ne sono sicuro”

“Non voglio uscire con Artù” dichiara il moro.

“Tutti vogliono uscire con Artù” ribatte l’amico con un sorriso.

“Io no. Perché non ci esci tu al posto mio?”

“Perché Artù ha invitato te, razza di codardo. Quindi vuole parlare con te e non con me” esclama Gwaine “Ma sul serio, mi spieghi qual è il problema? Siete usciti spesso voi due insieme da soli”

“Sì, ma non mi aveva mai invitato ad andare a cena fuori con così tanto anticipo dicendo che mi deve parlare. Di solito era tutto così improvvisato che non me ne rendevo nemmeno conto”

“Quindi il problema è che ha richiesto la tua presenza per uno di questi giorni?” chiede l’amico, sollevando un sopracciglio “Lo sai che non sta in piedi come cosa, vero?”

“Lo dici tu, per me è un problema grandissimo” replica Merlino “Non riesco a smettere di pensarci”

“Merlino, se non fossi il mio migliore amico ti prenderei per un pazzo fuori di testa” dichiara Gwaine, senza troppi mezzi termini “Ascolta: tu uscirai con Artù perché vivete insieme da più di un anno e siete stati insieme centinaia di volte e non ci sarà alcun problema”

“E se lo baciassi?” le quattro parole lasciano le labbra di Merlino prima ancora che lui se ne sia reso conto.

Tra i due ragazzi cala per un attimo il silenzio dopo la domanda, prima che Gwaine mormori “È questa la tua paura?”

L’altro annuisce.

“Allora io non ne vedo il problema” Merlino sgrana gli occhi alle parole dell’amico.

“Che intendi?”

“Che vi siete già baciati e Artù non mostra problemi per questo… genere di cose, diciamo. Non ti prenderà per schizzato solo per una cosa del genere e se davvero succedesse potreste parlarne con calma, come avete sempre fatto per ogni cosa”

“La fai davvero troppo facile” sospira il moro.

“Merlino… ti piace Artù?” chiede il ragazzo, dopo un attimo di silenzio, come colpito da un’improvvisa rivelazione.

“A chi non piace?” esclama il ragazzo, allargando le braccia “È un vero amico e sa essere molto dolce se mette da parte l’aria altezzosa che si porta dietro. Non faccio altro che ridere con lui, anche quando vorrei urlargli contro tantissimi insulti ed è bello. Molto bello. Cazzo, piace pure a te praticamente e tu non sei gay!”

“Ovvio, potrebbe essere davvero la mia anima gemella” conferma Gwaine “Ma questo non vuol dire nulla. Cioè la vostra è un po'… come quelle amicizie tra maschio e femmina, hai presente?”

“No”

“Ma sì, dai, dove uno dei due si innamora del suo migliore amico e non sa se dirglielo o salvaguardare l’amicizia”

“Io non ho intenzione di dirglielo” replica il moro “Hai dimenticato un ostacolo grande come una casa: ad Artù piacciono le ragazze”

“Sì, ma a Capodanno ti ha baciato, quindi è un tipo che non si fa troppi problemi in quel senso, non credi?”

“Sì, e anche quando sei andato con lui in ospedale” gli ricorda una vocina fastidiosa nella sua mente “Solo che Gwaine non lo sa perché non lo hai detto a nessuno”

“Tra un bacio da ubriaco ed una relazione c’è un abisso in mezzo” gli fa quindi notare Merlino.

“Quindi hai così scarsa fiducia nel controllo dei tuoi istinti che non ci uscirai davvero per una cosa del genere?”

“Non ci uscirò perché so che quest’uscita sarà un disastro”

“Merlino…” inizia Gwaine, prima di cambiare tono “Io ti ricordo che a Capodanno ho promesso che ti avrei aiutato a lasciarti andare. E questo è lasciarsi andare. Piaci ad Artù? Ottimo, non lo saprai se non ci esci e non lo baci. Non piaci ad Artù? Almeno ci hai provato e ne hai avuto la conferma. Artù vuole semplicemente uscire con te per essere sicuro che tu stia bene? Continuerà a chiedertelo anche se adesso gli dici di no. Quindi in ogni caso devi uscirci ed io ho tutta l’intenzione di fartelo fare, anche a costo di trascinarti io stesso a ristorante”

Perché, esattamente, aveva chiesto l’aiuto di Gwaine? Oh sì, l’entusiasmo. Forse ce ne sta mettendo decisamente un po' troppo.

“Gwaine…”

“Niente Gwaine” lo interrompe subito il ragazzo “Devi lasciarti andare, soprattutto adesso. Potrai pensare alle conseguenze quando avrai quaranta o cinquant’anni, non ora”

Parlare con l’amico lo ha aiutato? No – okay, forse un po' sì, ma ha comunque paura di ciò che può succedere a questa fantomatica uscita. Per lo meno ora riesce a guardare Artù negli occhi e sedersi accanto al lui sul divano a bere una birra e a guardare un film.

Ma non può fare a meno di pensare a ciò che il suo coinquilino gli deve dire, a che cosa lo abbia spinto ad una proposta tanto assurda, a come andrà la serata.

Vorrebbe tanto che la serata andasse bene…

Non si sentiva così… dal suo primo appuntamento con Fox? Dal suo primo appuntamento con Will? Dal suo primo appuntamento con chiunque? No, proprio con chiunque no, sicuramente Artù non è chiunque. E il loro non è un appuntamento. È solo un’uscita loro due, in un posto che Artù non gli ha voluto dire.

Oh, ma cazzarola.

Merlino gioca nervosamente con le sue mani mentre, seduto al tavolo della cucina, aspetta Artù, tornato a casa da nemmeno venti minuti e già sotto la doccia per prepararsi per la loro uscita. Dannazione, Merlino, non è un’uscita: siete semplicemente tu e il tuo coinquilino che andate a cena fuori. Ecco, quindi perché non chiamarla uscita? Sempre meglio di appuntamento.

Il ragazzo è tremendamente nervoso ed è pronto da almeno un’ora, dopo averne impiegate un paio per tentare di sciacquare le sue paure con una doccia e per decidere cosa mettersi: alla fine aveva optato per un paio di jeans – puliti – la camicia che gli hanno regalato al compleanno ed un maglioncino scuro. Nessuno potrebbe dire che è stato indeciso così a lungo per un outfit così anonimo ed è proprio ciò che vuole Merlino: risultare tranquillo e a suo agio per chiunque – alias Artù – lo guardi.

Però avrebbe davvero voluto inviare il suo outfit a Freya, come quando aveva quindici anni ed era sempre indeciso su cosa mettere, ma non ha potuto farlo: primo, perché sarebbe stato ridicolo – per l’ennesima volta, è solo un’uscita con il tuo coinquilino, dannazione – e secondo perché Freya non sa che sta per uscire con Artù e tanta agitazione per come vestirsi normalmente non ce l’ha più da parecchio tempo.

Una porta che si chiude lo fa girare di scatto e, dopo qualche secondo, vede l’amico apparire in cucina; Merlino deve sul serio ricordarsi di tenere chiusa la bocca e non fissarlo più del necessario ma, porca miseria, sta davvero bene: in realtà non si è vestito in modo particolare nemmeno lui, ha dei pantaloni blu che il moro gli ha visto indossare molte volte ed un maglioncino dello stesso colore con lo scollo a V da cui esce una camicia bianca con dei disegnini celesti – che ovviamente si intonano con i suoi occhi, ma questo Merlino cerca di non notarlo, anche se con risultati pessimi.

Altro che da 10, Artù è da 110 e lode con tanto di bacio accademico.

E il suo cuore fa un piccolo salto, pensando di avere un appuntamento – per la miseria, Merlino, piantala, non è un appuntamento – con un ragazzo del genere. Magari gli deve dire una cosa tremenda, lo odia, vuole cambiare casa, si è fidanzato e va a convivere, potrebbe volergli dire qualunque cosa. Ma mentre lo vede lì davanti a lui al moro non importa perché stanno per andare a cena insieme e quindi in quel momento tutto va bene. Tutto è al posto giusto.

“Ehi” lo saluta Artù.

“Ehi” risponde Merlino, schiarendosi la voce con un colpo di tosse “Sei pronto?”

L’altro annuisce “Possiamo andare”

“Moto?” domanda il moro, per cercare di rompere quella tensione che sente intorno a sé.

“No, facciamo due passi”

Merlino lo guarda stupito, ma lo segue fuori dalla porta senza aggiungere niente: dopotutto lui la moto la odia, perché dovrebbe voler salire su quell’aggeggio? Meglio i piedi. Vecchi, cari, fedeli piedi.

Escono dal loro piccolo appartamento ed iniziano a camminare nella notte scura; c’è una leggera brezza ed entrambi sono ben stretti nei loro cappotti, mentre passeggiano in silenzio lungo il marciapiede.

“Dove stiamo andando?” domanda il moro, un po' a disagio per tutto quel silenzio che non c’è mai stato tra lui e il suo coinquilino, tranne nei quattro giorni dopo la scenata davanti ad Alator. Che poi, a ripensarci, quella sì che sembrava una scenata di gelosia in piena regola… ma no, Merlino, cosa vai a pensare. È solo che Artù è un po' possessivo nei confronti delle persone a cui tiene e non vuole che si facciano male, questo dovresti averlo capito ormai.

“In un ristorante qui vicino. Ha appena aperto, ma ha già ricevuto tantissime recensioni positive”

“Non ti ricordi il nome?”

“Come?”

“Non ti ricordi il nome del posto?” ripete Merlino.

“Certo che me lo ricordo, perché non dovrei?”

“Perché non mi volevi dire dove andavamo, fino a stamattina. Dì la verità, non ti ricordavi il nome, vero?” il moro sta cercando disperatamente di buttarla sul ridere, di distrarsi da tutti i pensieri che gli affollano la mente.

“In realtà non ero sicuro di volerti portare qui” confessa il biondo “Però Leon c’è stato a pranzo oggi e ha detto che è davvero carino”

“Perché Artù vuole portarmi a cena in un posto carino?” pensa l’altro, agitandosi subito nuovamente “Perché le persone vengono sempre portati in posti carini prima di ricevere notizie orrende?”

“Come va con Alator?” domanda Artù, le mani in tasca e le spalle strette nel cappotto per tenere lontano il freddo, risvegliando il moro dai suoi pensieri.

“Noi…” inizia Merlino, prima di schiarirsi la voce ed incrociare le braccia sul petto per scaldarsi “Ci siamo lasciati”

L’altro gira leggermente il viso, in modo da guardarlo “Davvero?”

Merlino annuisce “Un paio di giorni fa… Non che… avessimo mai… ufficializzato la cosa, insomma. Ma in ogni caso, qualsiasi cosa fosse, è finita”

“Mi dispiace” commenta Artù “Tu stai bene?”

Il moro alza le spalle “Credo di sì. Era… una cosa leggera, no? Come mi avevate detto a Capodanno”

“Tu non sei proprio il tipo da storie leggere” sogghigna Artù, senza cattiveria “Anche questo è una parte di te”

“Pensavo stessi per dire “anche questo è fastidioso” come al solito”

“Staresti dicendo che sono ripetitivo?”

“Sto dicendo che sei noioso” Merlino si fa sfuggire le parole con una naturalezza estrema, come se fosse un dialogo già provato e ben fisso nella sua mente. E anche il sorriso che gli rivolge è spontaneo e totalmente inatteso.

Ma è proprio quando si sta iniziando a rilassare che il biondo lo fa fermare e gli indica una porta circondata da delle lucine colorate, vicino ad una grande vetrata che mostra una sala grande, illuminata e piena di persone che chiacchierano allegramente, davanti a piatti appetitosi.

“Siamo arrivati” commenta Artù, entrando; Merlino osserva ancora per un attimo il posto, prima di seguire il coinquilino dentro.

All’interno fa caldo – fortunatamente – e vengono subito accompagnati ad un tavolino un po' nascosto, dietro ad una pianta alta e rigogliosa, dove si accomodano ed iniziano a sfogliare il menù. E il calore che Merlino sente non è per niente dovuto all’alta temperatura che c’è, ma almeno può usarla come scusa per togliersi il maglioncino.

“Ti sei messo la camicia nuova” nota Artù.

“Uhm… sì”

Merlino è a disagio? Ovviamente.

“Per una volta Gwaine ha avuto occhio sul serio” commenta l’altro “Ma temo che non abbia alcuna possibilità come stilista”

“Mi immagino gli stilisti strani e leggermente fuori di testa, in realtà” dichiara il moro “Quindi Gwaine ce lo vedo bene. Te lo immagini con una sciarpa di piume fucsia?”

“Direbbe che gli sta spaventosamente bene perché si intona con i suoi occhi” ridacchia Artù e per l’ennesima volta in quella serata Merlino si rilassa involontariamente.

Peccato che l’ansia sale mezzo secondo dopo, appena la cameriera prende le loro ordinazioni e si allontana. E quando gli arrivano i piatti, Merlino non ce la fa più.

“Non ti trasferire” dichiara all’improvviso il moro, interrompendo malamente il suo coinquilino.

“Come?”

“Non ti trasferire. So di non essere un coinquilino modello, ma vivo davvero bene con te e non voglio che tu te ne vada”

“Ma di che stai parlando?”

“Non ti trasferisci?” chiede confuso – e stupito – Merlino ed Artù lo guarda come se fosse completamente fuori di testa – sì, forse un po' fuori di testa lo è sul serio.

“Perché dovrei trasferirmi?”

“Perché mi hai detto che mi vuoi parlare…” risponde l’altro “Non è di questo che vuoi parlare?”

“Continuo a non capire che stai dicendo”

“Hai detto… fuori dall’ospedale, sai… che mi volevi parlare. Pensavo ti volessi trasferire”

“Ma hai battuto la testa?” ridacchia Artù, che sta trattenendo – molto a stento e molto malamente – un sorrisetto divertito “Certo che non voglio trasferirmi. Perché dovrei volermi trasferire?”

“E allora di che volevi parlarmi?” domanda il moro, incredulo “Perché ti assicuro che ho vagliato davvero tante possibilità e quella del trasferimento è la più plausibile”

“Te lo dico dopo, ora pensiamo a mangiare”

Merlino lo guarda, non troppo convinto, ma afferra nuovamente la forchetta e non aggiunge altro sull’argomento.

La cena va – nessuna sorpresa – alla grande: Artù sembra sempre lo stesso, mentre prende in giro Merlino perché ha confuso i bicchieri dell’acqua e del vino, mentre mangia velocemente e poi osserva l’amico dicendogli che è sempre lento o mentre si sbrodola con l’acqua perché il moro lo fa ridere all’improvviso per vendicarsi. Ridono, chiacchierano e stanno seduti a lungo, anche dopo aver mangiato il dolce, finendo la bottiglia di vino che hanno ordinato e commentando i vestiti degli altri commensali.

Però quando si alzano e pagano un’ombra cala su entrambi e le risate e le chiacchiere spontanee spariscono non appena il cameriere dà loro lo scontrino una volta ricevuti i soldi.

“Ti va di fare due passi?” chiede il biondo quando escono e Merlino annuisce, seguendolo lungo la strada, in silenzio.

Ovviamente l’ansia e il nervosismo sono tornati più carichi che mai ed il fatto che il suo coinquilino non stia dicendo nulla lo sta letteralmente mandando ai matti.

“Che cosa mi devi dire, Artù?” domanda, esasperato, dopo cinque minuti buoni di totale silenzio.

“Ma perché hai così tanta fretta?” sbuffa il biondo.

“Perché mi hai chiesto di uscire due giorni fa per dirmi oggi una cosa, me lo avevi accennato appena sono uscito dall’ospedale, hai insisto per andare fuori ed ora voglio sapere cosa diavolo ti passa nella testa!”

Sì, sarebbe stata un’ottima risposta. Peccato che Merlino sente la bocca così tanto secca che non riesce a formulare le parole.

Non è ubriaco, questo no, ma sicuramente quel paio di bicchieri di vino che ha bevuto non aiutano a sciogliere la situazione – ma non si dice di solito che il vino ha esattamente questa funzione? Che ne è del vino che veritas?

A quanto pare questa cosa non è stata spiegata al cervello di Merlino, perché si sente fin troppo lucido e rimane in silenzio continuando a seguire Artù.

Dannazione.

Ma quando arrivano di fronte ad una scuola elementare e Artù commenta quanto sono carini i disegni che i bambini hanno appeso alle finestre Merlino non ce la fa più: ma chi se ne frega dei disegni dei bambini! Cioè, per carità, molto carini – il senso di colpa di Merlino dovrebbe conferirgli un Nobel per la pace – però in quel momento la sua testa è presa da altro. Da qualcun altro, per essere precisi. E questo qualcun altro si deve decidere a parlare – basta osservare i disegni di alberi, fiori e draghi – o il moro è pronto a strozzarlo con le sue stesse mani.

“Artù, per la miseria, fai basta” sbotta il moro e l’altro si gira a guardarlo, totalmente confuso – e leggermente incredulo, ad essere onesto “Che cosa succede? Non ne posso più, te lo assicuro”

Artù si avvicina e Merlino vorrebbe indietreggiare, perché il suo coinquilino è così serio che lo sta spaventando, ma non può, perché ha il muro della scuola elementare alle sue spalle e perché non è può succedere nulla dannazione, è solo Artù.

Ma Artù non ride come al solito, non ha le fossette sulle guance, non ha gli occhi sorridenti ed è sempre più vicino a lui; il moro deglutisce, sentendo molto caldo e avvertendo distintamente l’agitazione. Fa un passo indietro e le sue spalle toccano definitivamente il muro, mentre l’altro è ad un soffio da lui e Merlino deve sul serio sforzarsi per mantenere l’autocontrollo.

Artù si è messo il profumo? Perché sente un odore meraviglioso. O forse è solo lui. Ma tutti gli altri maschi profumano così? Non se ne era mai accorto.
All’improvviso il biondo gli mette una mano sulla spalla – ma perché Artù è così vicino? – un po' rigido e lo guarda, come se aspettasse un permesso. Ma un permesso per che cosa?

Merlino lo guarda e si ritrova per l’ennesima volta a pensare che il suo coinquilino abbia degli occhi davvero belli; respira profondamente e gli fa un timido sorriso. È forse questo che vuole Artù?

E dopo pochi istanti le labbra di Merlino vengono catturate da quelle morbide di Artù, ma il moro è così incredulo che rimane fermo per un secondo, prima di chiudere gli occhi e passargli le braccia intorno alla vita. Il biondo fa salire una mano tra i capelli del giovane medico, mentre con l’altra lo afferra per un fianco e lo avvicina a sé; le due lingue giocano nelle bocche, senza imbarazzo e senza incertezza, mentre i due respiri si fanno più affannati e i due ragazzi si sentono sempre più accaldati.

Quando si separano – o meglio, quando Merlino spinge lentamente indietro Artù, non appena il suo cervello si riattacca alla spina – il moro vede i capelli per aria dell’altro, la camicia storta, il fiato corto e gli occhi eccitati di Artù e non riesce a credere – e nemmeno a ricordare – di essere stato lui a ridurlo così. È davvero appena successo quello che pensa?

“Che…” inizia a dire Merlino, ma non ha abbastanza fiato per finire la frase, così è costretto a fermarsi e ricominciare “Che stai facendo?”

“Io… scusami” risponde subito Artù “Non volevo darti fastidio…”

“No, non mi hai…” il moro si interrompe bruscamente “È che non capisco perché lo hai fatto. Mi devi dire una cosa così orrenda che mi hai dato un abbraccio prima di dirmelo?”

“Cosa?”

“Perché mi hai baciato?” domanda a bruciapelo Merlino “Io…”

Non voglio che lo fai perché mi sto innamorando di te e se tu continui così io non risponderò più di me.

Questa sarebbe stata decisamente una bella risposta. Se solo riuscisse ad aprire bocca per pronunciarla. Ed è così spontanea, immediata ed inattesa che non può essere altro che la verità.

Dannata lingua che si muove nel palato solo per dire sciocchezze – o per fare altro – e mai per dire cose serie.

“Tu…?” insiste l’altro.

“Perché lo hai fatto?” forse il tono di Merlino è un po' brusco, perché Artù indietreggia di un passo, ma non smette di guardarlo negli occhi.

“Mi dispiace…”

“Perché lo hai fatto?!” scandisce il moro, lentamente “Per la miseria, Artù, spiegami perché diamine lo hai fatto!”

“Perché volevo farlo” sbotta Artù “Volevo farlo disperatamente, va bene? E mi dispiace se la cosa ti ha disturbato o innervosito o infastidito perché non era assolutamente mia intenzione”

Merlino lo guarda, totalmente incredulo delle parole appena pronunciate: Artù voleva baciarlo? Ha detto sul serio una cosa del genere? Improvvisamente sente molto caldo e avrebbe una tremenda voglia di sedersi.

“Tu… volevi farlo?” mormora, quando riesce a ricordarsi come si formulano le frasi.

“Sì. E speravo fosse quello che volevi anche tu, sinceramente” confessa il biondo, abbassando lo sguardo “Mi dispiace che non sia così. Era questo che dovevo dirti”

Fermi, fermi, fermi. Artù sta davvero pensando che quel bacio non gli sia piaciuto e di averlo infastidito con quella mossa?

Merlino sa che deve dire qualcosa, qualsiasi cosa per bloccare le idee folli che quell’idiota si sta sicuramente facendo venire in testa, ma non sa da che parte iniziare, non sa come fargli capire che è totalmente fuori strada e che è un imbecille più grande del solito se ha pensato anche solo per un secondo che quel bacio non gli sia piaciuto e che non sia ciò che vuole.

“Ma cosa ti viene in mente?” sono le prime parole che finalmente riesce a pronunciare e Artù alza lo sguardo, incerto “Tu, Artù Pendragon, sei forse il più grande idiota sulla faccia della terra. Io mi sono fatto millemila film mentali da quando hai detto che dovevi parlarmi e ho avuto così paura che tu non volessi avere più a che fare con me che questa notte non ho chiuso occhio e non ho nemmeno mangiato nulla per tutto il giorno perché ero nervosissimo per questa uscita. E tutto quello che hai da dirmi è che volevi baciarmi? Mi hai fatto prendere un colpo, razza di somaro”

Il biondo sbatte un paio di volte le palpebre, prima di incrociare le braccia al petto e dichiarare “Io non volevo dirti solo questo. Questo doveva essere il punto di partenza per poi dirti ciò che ti devo dire”

La sicurezza di Merlino vacilla nettamente: il moro non crede di essere in grado di sopportare altro, in questo momento, senza l’adeguata preparazione.

“E cos’altro mi dovresti dire?”

“Che mi piaci. Che mi piaci tanto” dice a bruciapelo Artù “Che mi sono innamorato di te, cazzo”

Mi sono innamorato di te, cazzo.

Lo ha detto sul serio?

Il moro sgrana gli occhi, involontariamente, ma sente la gola così asciutta che non può pronunciare alcuna parola; fortunatamente è Artù a continuare.

“La prima volta che avrei voluto toccarti è stato il pomeriggio di Natale, quando siamo tornati da casa di mio padre. Tu ti eri messo quel maglione orripilante che hai usato per tutto l’inverno perché dicevi che era l’unico che ti tenesse sufficientemente al caldo e con quel naso rosso da Rudolph ti sei messo a preparare la cioccolata calda. Ci cascavi dentro a quel pile, mentre mescolavi il latte nel pentolino e io avrei voluto abbracciarti, ne ho proprio sentito il bisogno fisico. Ma non l’ho fatto, perché credevo fosse colpa dell’incontro con mio padre e di quella sensazione di un Natale in famiglia che non avevo più provato da tanto tempo”

Artù si sposta i capelli all’indietro, ma Merlino non dice una parola – non ne è in grado – quindi il biondo continua.

“Poi dopo c’è stato Capodanno e ti ho visto immobile a fissare il muro, mentre cercavi di nascondere delle lacrime solitarie, e ti ho baciato senza nemmeno essermene reso conto. Eri semplicemente lì, triste e dispiaciuto e volevo cancellarti quell’espressione dalla faccia, che non ti si addice per niente”

Merlino si passa la lingua sulle labbra, che sente secchissime, mentre ascolta i battiti del suo cuore che stanno accelerando – ma come fa Artù a non sentirli?

“Mi hai un po' preso alla sprovvista, quando hai tirato fuori il discorso il primo dell’anno, perché nemmeno io sapevo bene perché lo avessi fatto”

“Hai messo su una faccia di bronzo da esporre in un museo” lo interrompe Merlino, con un sorriso subito ricambiato. Parlare per prendere in giro Artù è decisamente più facile che interromperlo durante il suo discorso.

“È la mia specialità” afferma, annuendo “Però ho cercato di non pensarci perché ero un po' ubriaco, perché era Capodanno, perché non avevo mai baciato un ragazzo e perché non avevo voglia di pensarci”

Il biondo scandisce le ultime parole, come se stesse confessando un grande segreto.

“Nei mesi dopo ho raggiunto con te un livello di complicità che non ho mai avuto con nessuno, nemmeno con Leon che è il mio miglior amico da quando ne ho memoria praticamente e che si è sorbito con me tutte le feste e i ricevimenti dell’azienda di mio padre. Mi ha spaventato la nostra intesa e mi ha spaventato ancora di più il fatto che tutte le ragazze che mi portavo a letto non mi soddisfacessero praticamente per niente. Ed erano brave te lo assicuro”

Merlino lancia un’occhiataccia ad Artù, che invece guarda distrattamente un punto imprecisato davanti a lui.

“Quando mi hai baciato, dopo l’ospedale, mi ha fatto star bene. Mi ha fatto stare davvero bene. Nonostante il momento, nonostante non fossi abituato a baciare un ragazzo, nonostante tutto. È stato il miglior abbraccio della mia vita”

Merlino sbuffa divertito, ma non aggiunge nulla perché vuole davvero vedere dove finirà questa conversazione, quanto in là Artù sarà capace di spingersi.

“Alator non mi è piaciuto fin dal primo momento: il modo in cui ti aveva approcciato nel locale, i suoi modi così… leggeri, che non si addicono per niente ad uno come te. E lo sai benissimo cosa ne penso di lui perché… te l’ho detto”

Il biondo conclude la frase molto più a bassa voce di come l’aveva iniziata, abbassando anche lo sguardo.

“Sapere che eri andato in moto con lui, nonostante il tuo odio per quei “dannati aggeggi” come li chiami tu mi ha fatto arrabbiare. Non so… credevo di essere l’unico con cui ti fidassi di andare in moto… mi faceva sentire speciale”

È un sussurro l’ultima parola ma Merlino la sente benissimo e un brivido gli corre lungo la schiena.

“Sei un idiota…” mormora.

“Dimmi che sono stato l’unico” ghigna Artù, ritrovando la sua solita sicurezza “Dimmi che tu non hai invitato Alator al tuo compleanno perché non volevi e non perché io ti avevo detto che non mi andava che ci fosse anche lui”

Merlino si sente avvampare, ma non ha intenzione di dare questa soddisfazione a quell’asino reale “Hai un’opinione di te un po' troppo alta, Asino”

“Ho una valutazione oggettiva delle cose, altroché!” ribatte l’altro, mentre le sue labbra si aprono in un sorriso ed il silenzio scende tra i due.

“Non hai nulla da dire?” chiede docile – per la prima volta in vita sua probabilmente – il biondo.

“Mi sembra di aver già detto tutto ciò che c’era da dire” replica l’altro, prima di ripetere “Sei un idiota”

“Sul serio, Merlino? Io ti faccio una dichiarazione d’amore e tu mi dici solo que…”

Artù non riesce però a finire la frase perché le labbra di Merlino si appoggiano dolcemente sulle sue, interrompendo qualsiasi discorso.

“Per la miseria, Artù, taci”






Spazio autrice sentite anche voi le campane? Gwaine sempre una star
Aiuto, aiuto, ce l'abbiamo fatta. Incredibile ma vero, si sono baciati e non solo per consolarsi (e chi sa quel che faranno stanotte...). Vi confesso che questo è il mio capitolo preferito. Credo di averlo scritto tipo dopo il secondo e poi ho modificato la dichiarazione di Artù man mano che succedevano cose. Non lo so, forse è per questo che ho ancora più paura del vostro giudizio su questo. O forse perché non ho mai scritto una cosa così romantica. Io, personalmente, lo adoro. 
Ci tengo molto alla domanda di Artù su Alator perché penso che non si sarebbe mai fatto avanti se avesse saputo che Merlino era felice con il suo ragazzo. 
Non so nemmeno cosa dire, in realtà, è un capitolo che parla da sé e che spero amiate come lo amo io. In ogni caso, io mi sono divertita a scriverlo.
Ringrazio tantissimo Koa__ per la sua recensione bellissima come sempre, LadyKant che ha scoperto la mia storia da poco ma che ci ha tenuto a dirmi quanto le piaccia e NorwegianWoodFields che mi fa sempre ridere (mi dispiace deluderti, niente neve, forse campane?).
Spero di non aver scritto degli strafalcioni, ho riletto questo capitolo così tante volte che lo so praticamente a memoria, senza nemmeno doverlo guardare. In ogni caso, fatemelo sapere, così come ci tengo molto alla vostra opinione sulla dichiarazione e su tutto il capitolo in generale.
E con questo termino qui delle note stranamente corte, dandovi appuntamento al prossimo capitolo!
A presto,
Felpie

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Quotidianità ***


Spazio autrice uuh un altro spazio prima del capitolo persona davvero troppo ritardataria
Scusatemi immensamente per il ritardo. La verità è che non volevo pubblicare il capitolo, per tanti motivi: perché il prossimo sarà l'ultimo, perchè il capitolo 18 è stato ricco, perché ho paura di essere stata banale. Per tanti motivi, insomma. Però eccolo qui, già pronto da parecchio, così come il prossimo. In attesa, semplicemente in attesa.
In questo capitolo ci sarà molto spazio per Artù e Merlino perché, diamine, finalmente si sono messi insieme, bisogna che qui passino un po' di tempo come coppietta.
So che Artù potrà sembrare un po' impacciato, ma sia con Ginevra che con Mithian non si è mai dimostrato troppo non impacciato, quindi volevo rimettere questo particolare perché personalmente lo trovo adorabile. Il capitolo ha accenni al sesso, quindi se a qualcuno dà fastidio, per favore, non leggetelo (non sono molti, in ogni caso). Come si suol dire, lettore avvisato, mezzo salvato.
Vi ringrazio per le bellissime recensioni che mi avete lasciato, a chi non mi aveva mai detto nulla ma che mi ha seguito fin qui, aspettando con ansia il momento del bacio, e a chi ha commentato con più frequenza. Ringrazio Resha_Stark che ha recensito la storia mezzo secondo dopo che l'avevo pubblicata praticamente, MAAE_8830 per aver amato il capitolo, LadyKant per averci tenuto a farmi sapere che la storia le piace e per aver atteso impaziente questo momento, BalestraHolmes per avermi fatto ridere con una semplice frase (e sì, tutti dovremmo avere un Gwaine al nostro fianco), Koa__ per le sue recensioni sempre precise, lunghe e puntuali e i suoi complimenti e simoasr94 per non aver mollato e per aver continuato a leggere, attendendo questo momento. E ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite/ ricordate/ preferite. Siete fantastici. Questa storia esiste anche perché ci siete voi a leggerla.
Vi lascio al capitolo ora, spero che vi piaccia. Come ho già detto, il prossimo sarà l'ultimo. Spero di pubblicarlo il 1° Dicembre perché, davvero, è pronto, devo solo avere il coraggio di mettere la parola "fine" a questa storia. Se non sarà il 1° dicembre, non temete, arriverà. Darò un finale ai nostri coinquilini.
A presto,
Felpie




 


A modo tuo
Andrai, a modo tuo
Camminerai e cadrai, ti alzerai
Sempre a modo tuo
(A modo tuo - Ligabue)

 





Quando si sveglia la mattina dopo, Merlino ci mette qualche secondo a capire dove si trovi: il letto è più largo del suo, ha un odore diverso e soprattutto qualcuno è steso accanto a lui. Sbatte le palpebre un paio di volte, soffermandosi a guardare Artù che dorme accanto a lui: hanno chiuso male le tende ieri sera – chi è che ha chiuso le tende, ieri? – quindi della luce filtra dalla finestra e i raggi del sole si depositano dolcemente sul viso riposato del principe. Ha un'espressione rilassata, con il lenzuolo tirato sopra le spalle ed i capelli biondi sparsi sul cuscino; Artù è girato verso di lui ed ha le labbra leggermente dischiuse.

Merlino si mette a sedere, il lenzuolo che scivola sul suo torace nudo, e si tocca leggermente le labbra con le dita: è successo davvero? Ha dei ricordi confusi di come si è conclusa la serata, non tanto perché fosse ubriaco – ci avevano pensato l’ansia e l’adrenalina a fargli smaltire il vino bevuto a cena – ma per l'intensità del momento e delle parole che Artù gli aveva detto.

... mi faceva sentire speciale...

... avrei voluto toccarti...

… mi ha fatto star bene. Mi ha fatto stare davvero bene…

Mi sono innamorato di te, cazzo.

Oh. Porca. Miseria.

Era successo davvero. Artù gli si era dichiarato – perché se quella non era una dichiarazione in pieno stile non sapeva cos'altro potesse essere – e poi lui lo aveva baciato.

Lui lo aveva baciato.

Ma da dove diavolo gli era saltato fuori quel coraggio? Non credeva di esserne in grado. Solo che dopo tutto quello che Artù gli aveva detto era stata la cosa che gli era venuta più spontanea.

Avevano passeggiato ed Artù gli aveva preso timidamente la mano; Merlino si era sentito arrossire, ma aveva ricambiato la stretta leggera ma dolce. Avevano camminato per un po' così, parlando poco e godendosi molto il silenzio e l'aria fresca della notte, prima di andare in direzione di casa. Artù lo aveva attirato a sé e lo aveva baciato ed avevano continuato così fin sotto il portone; si erano interrotti solo per le scale, per poi ricominciare a baciarsi una volta entrati in casa, appoggiati alla porta.

Un brivido corre lungo la schiena del moro, ripensando a quei momenti.

In quel momento Artù si muove accanto a lui, mugugnando qualcosa di indistinto.

“Buongiorno” lo saluta Merlino.

“Uhm... buongiorno” mormora Artù, stropicciandosi gli occhi per metterlo a fuoco “Sei sveglio da tanto?”

L'altro scuote la testa “No, mi sono appena svegliato anche io”

“E perché sei già seduto?”

“Pensavo”

Artù ghigna e si mette su un fianco, con la testa appoggiata sulla mano, per guardarlo meglio “E a che pensavi?”

“Che quei bambini hanno davvero delle grandi doti artistiche”

Il biondo sgrana gli occhi, preso in contropiede e poi gli dà una manata – forte – sul petto; subito il moro si lamenta “Ahia! Sei troppo manesco, Artù”

“Sei troppo deboluccio, Merlino” ribatte l’altro, prima di aggiungere più dolcemente “Ti stendi di nuovo?”

Il moro sorride, prima di sdraiarsi di nuovo accanto al biondo, appoggiato su un fianco in modo da sorridergli.

Le labbra di Merlino vengono catturate di nuovo da quelle di Artù ed in un attimo si ritrova imprigionato sotto il suo petto, con le mani dell’altro a sfiorargli i fianchi e i capelli.

“Sei prepotente anche a letto” protesta il moro, ribaltando le posizioni “Devi imparare a non controllare ogni cosa”

“Quello che controlla ogni cosa sei tu, Merlino” ribatte l’altro, ma deve soffocare un gemito quando il moro gli morde piano la pelle del collo.

“Artù…” sussurra il moro, chiudendo gli occhi.

“Shh, Merlino non rovinare il momento con le tue chiacchiere” lo zittisce bruscamente l’altro, baciandolo un attimo dopo.

E Merlino tace, concentrandosi solo sulle dita di Artù che gli sfiorano delicatamente il corpo, sul suo respiro caldo e sul cuore che gli sta pompando sangue a tutta velocità nelle vene, mentre il midollo surrenale – sì, anche in questi momenti il suo cervello pensa alla medicina – libera l’adrenalina e lo fa eccitare.

Così, coperti da un semplice lenzuolo, Merlino pensa di essere finito in un altro mondo, fatto un po' di caramelle e dolcezza e un po' di passione ed amore travolgente. Perché in questo momento lui si sente letteralmente travolto da Artù, da tutta la sua persona prepotente anche in questo, ma non ha alcuna intenzione di lamentarsi. Perché intrappolato sotto il suo corpo si sente bene, si sente al posto giusto. Perché Artù è forse tutto ciò che ha sempre desiderato ed in cui non aveva mai nemmeno osato sperare. Ed ora è sopra di lui, mentre lo bacia, mentre lo tocca, mentre lo accarezza dolcemente. Mentre fanno l’amore come se avessero tutto il tempo del mondo.

Quando sono di nuovo uno affianco all’altro, sudati e con il fiatone, rimangono entrambi in silenzio per qualche minuto, osservando il soffitto, in preda ai pensieri – nel caso di Merlino.

“Quindi?” mormora Artù, un po' a disagio, sollevandosi su un gomito per poter guardare il moro negli occhi

“Quindi?” chiede l’altro, confuso, girandosi verso di lui.

“Merlino, maledizione, dì qualcosa! Qualsiasi cosa, un minimo commento”

“Un commento?” domanda il moro e questa volta con un tono divertito ed un sorrisetto disegnato sulle labbra.

“E smettila di ripetere ciò che dico” sbuffa Artù.

“Hai davvero bisogno che io ingigantisca ancora di più il tuo ego?”

“Io non… okay, ma è la mia prima volta con un uomo… non lo so, ecco!”

Merlino ridacchia, cosa che gli fa guadagnare all’istante un’occhiata in tralice.

“Ho le ginocchia di gelatina. Anzi mi sento tutto di gelatina”

Il biondo sgrana gli occhi – e si trattiene dallo strozzarlo probabilmente “Ma che razza di commento è?”

“Quello che penso in questo momento” si limita a dire l’altro, prima di sorridere e farci una carezza sul viso “È stato fantastico, Artù, va bene? Ora la smetti di farti delle fisime sciocche?”

In risposta ottiene uno sbuffo seccato ed uno stizzito “Non ti sopporto”

“Non era quello che dicevi qualche minuto fa, mi sembra. O stanotte” sogghigna Merlino.

“Adesso ti prendo a pugni”

“Sei davvero manesco, dovremmo lavorare parecchio su questa cosa”

“Tu mi fai diventare così” sbuffa Artù, attirandolo a sé per stargli un po' più vicino.

Si guardano per qualche istante negli occhi, prima che il biondo rompa il silenzio “Quindi?”

“Quindi che cosa?” sbuffa Merlino, non capendo le sciocche domande che Artù gli sta rifilando.

“Quindi… ora?”

“Ora cosa?”

“Merlino, smettila di ripetere ciò che dico”

“E tu aiutami a capire cosa mi vuoi dire: sul serio, il verbo nella frase serve per mandare un messaggio, un solo avverbio non può…” inizia il moro, sollevandosi leggermente per mettersi seduto.

“Quindi ora cosa siamo” lo interrompe bruscamente il biondo, senza guardarlo negli occhi, ma anche lui sollevandosi.

Oh… quel quindi.

E adesso che gli risponde? Inventa di sana pianta che è stata una notte di solo sesso e tanti saluti o che desidera con tutto il cuore un’occasione con lui perché non gli è indifferente proprio per nulla?

Guarda Artù ed i suoi occhi azzurri ci mettono esattamente due secondi e mezzo a colpirlo.

Verità, decisamente meglio la verità, soprattutto perché non sa mentire e sicuramente non vuole farlo ora e con ciò che sente e prova.

Merlino sente le guance scaldarsi, mentre si ritrova a balbettare “Noi… siamo… ehm… tu che cosa vuoi che siamo?”

“Te l’ho chiesto prima io”

“Io… vorrei che fossi il mio ragazzo…” mormora il moro, distogliendo anche lui lo sguardo, proprio mentre Artù, invece, lo solleva per osservarlo meglio; Merlino si rigira di scatto e balbetta “Però, ecco, insomma, io lo capisco che… se per te è difficile… cioè non è ciò a cui sei abituato e…”

“È quello che voglio” lo interrompe il biondo e l’altro sgrana un po' gli occhi.

“Davvero?”

“Davvero. Pensavo di essere stato chiaro, ieri sera”

“Ero molto concentrato a guardare i disegni dei bambini”

“Sei insopportabile. Sappi che ho una gran voglia di prenderti a pugni” sbuffa Artù, prima di abbassare lo sguardo e mormorare “Tu non hai davvero niente da dirmi?”

E Merlino lo guarda con tenerezza, con una dolcezza spontanea e genuina, mentre pensa che Artù è in ansia per qualcosa che gli deve dire lui, per qualcosa che vuole sentirsi dire da lui. E la cosa lo rende tremendamente felice.

Rimane in silenzio per un altro minuto buono, in cui cerca di scegliere con la massima cura le parole da dire.

“Tu mi piaci, Artù. Mi piaci tanto. E so che sembra sciocco detto così, con il lessico di un bambino di cinque anni, ma voglio essere diretto. Sei… cazzo, sei perfetto. Sotto ogni punto di vista. Sei spiritoso, sei divertente, sei gentile, ti prendi cura degli altri, ti impegni in ciò in cui credi… e sì, sei bello, so che aspettavi dicessi questo…”

“Veramente volevo farti notare che hai detto una parolaccia, ma anche che pensi che io sia bello, sì. Però continua, stavi andando forte”

“Ora smetto”

Pensare di prepararsi un discorso da fare ad Artù è una cosa totalmente folle.

“Non puoi, ieri ho parlato io, ora tocca a te. 1 a 0 e palla al centro”

“Non voglio smettere” precisa Merlino “Ma tu mi fai saltare i nervi”

“Certo che hai le idee chiare…”

“Sì, stupido Asino, ho le idee chiarissime, ma tu sembri divertirti a disgregarmele completamente e a ricomporle come pare a te. Pensavo fossi viziato, figlio di papà, arrogante, prepotente, altezzoso, sprezzante e paternalistico. Ed è vero, sei davvero prepotente in ogni cosa che fai, anche mentre dormi, perché ti sei fregato tutte le coperte…”

“Questa cosa non è assolutamente…”

“E anche ora, mentre sto cercando di dirti che non faccio che pensare a te ultimamente, stai cercando di nuovo di prendere parola” lo zittisce il moro “Perciò, se ti riesce di stare un minuto in silenzio, continuo dicendoti che non sei ciò che pensavo e forse sì, potresti davvero fare il supereroe per la dolcezza che mostri verso gli altri e per la tua voglia di dare una mano. E lo fai anche senza accorgertene e forse questa è la parte più bella di te. Perché se non sono crollato del tutto dopo Will è stato merito tuo. Perché se mi sono lasciato andare di più è merito tuo. Perché se sono salito su una moto più e più volte, dannazione, è solo merito tuo. Perché sei speciale, Artù, in un modo che è completamente tuo e fai bene a sentirtici perché non sarei mai salirei mai in moto con qualcun altro con la tranquillità che ormai provo salendo dietro di te”

Merlino si sente un fiume in piena mentre dice quelle parole e non riesce più a fermarsi; perfino Artù è ammutolito e lo guarda con la bocca leggermente aperta e gli occhi grandi. E così è, se possibile, ancora più bello.

Lo sguardo gli cade su di lui e il moro perde un attimo il filo del discorso; ovviamente Artù sfrutta la cosa a suo vantaggio e lo bacia. Il moro lo scansa bruscamente.

“Che fai?” domanda incredulo Artù.

“Stavo parlando”

“Ed io volevo baciarti” ribatte il biondo “Parlavi troppo, come sempre”

“Se qui ci baciamo ogni volta che uno dei due parla troppo davvero non ne usciamo”

“Sei tu che parli troppo, io la dico sempre giusta”

“Ad essere precisi, tu non la dici mai giusta” ridacchia Merlino, tornando però serio un attimo dopo “Ti daranno del gay, lo sai, vero?”

“Non mi importa”

“A tutti importa, la prima volta”

“Forse sì” Artù lo guarda “Ma ne varrà la pena”

E la morsa che questa volta Merlino sente ha un nome ed una descrizione precisa, che possono essere riassunti con il termine “Artù Pendragon”.

Vedendo che il biondo sta per aggiungere qualcosa, Merlino lo anticipa “Se mi dici un altro quindi sappi già che non capirò”

Artù sbuffa “Non userò il tuo preziosissimo avverbio, stai tranquillo. Volevo solo sapere che facciamo ora”

“Io, personalmente, ho fame. Una fame da lupi. E ho voglia di pancakes. E poi credo che dovrò andare all’università, bisogna che almeno le lezioni del pomeriggio le seguo”

“Vedrai gli altri?”

“Forse Gwaine, credo che Gwen abbia il tirocinio”

“Glielo dirai?”

“Di noi?” domanda Merlino “Sai che Gwaine è il nostro fan numero 1?”

“Non mi sorprende”

“Comunque pensavo che potremmo dirglielo insieme. O vedere dopo quanto lo capiscono” propone il moro “Intanto vieni in cucina, devo preparare l’impasto”

Merlino sguiscia fuori dal letto e subito Artù lo segue, come un cagnolino, e si siede al tavolo, osservandolo mentre prende gli ingredienti.

“Puoi anche aiutarmi, lo sai?”

“Non sei tu che non vuoi che mi avvicini ai fornelli?”

“Sì, ma alla dispensa ti ci puoi avvicinare, almeno per passarmi le cose” ribatte il moro.

“No, grazie, sto bene qui”

Il giovane medico alza gli occhi al cielo, ma sorride mentre lo fa quindi probabilmente non è poi così credibile; fa andare le fruste per amalgamare meglio gli ingredienti tra loro, mentre Artù gli domanda “Hai qualcosa da dirmi?”

“Ancora?” ridacchia Merlino.

“No, dico… cose che dovrei sapere. Sai, come quando mi sono trasferito qui”

“Cose che dovresti sapere…” sussurra pensieroso il giovane medico, divertito dai toni teneri e incerti dell’altro; appoggia le fruste che sgocciolano impasto e si gira vero il biondo, appoggiandosi al piano cottura con la schiena “Uhm… trovo sciocco ricordarsi tutti i mesiversari, alcuni sono totalmente inutili tipo i quattro mesi, mi piace dormire insieme ma se provi a svegliarmi con un bacio o solo perché ti annoi sono capace di soffocarti con un lenzuolo, mi piace il caffè a letto, ma non mi azzarderei mai a chiedertelo perché non voglio assolutamente che ti avvicini alla macchinetta, potrebbe scapparmi un “amore” per chiamarti…”

“Ti prego, non chiamarmi “amore”, sa troppo di ragazzo” sbuffa Artù, facendolo sogghignare.

“Uhm, allora credo proprio che lo farò spesso” il biondo gli rifila un’occhiataccia, ma Merlino continua “Poi… credo proprio che ti fregherò le magliette, ne hai qualcuna davvero carina. Basta credo”

Si gira per riprendere in mano le fruste e domanda “Tu mi devi dire qualcosa?”

“Io… vorrei tenerti per mano. E credo di essere un tantinello geloso. E se mi freghi una maglietta che mi piace potrei essere io ad ucciderti”

Merlino si ferma un attimo “Sono d’accordo, per la mano…”

Rimangono in silenzio per qualche minuto, l’unico rumore nella casa dato dalle fruste che girano veloci; il moro afferra la padella, accende il fuoco ed inizia a versare un po' di impasto.

“Stavo pensando…”

“Oh no, non di nuovo, ti prego” ridacchia Merlino ed Artù lo guarda storto.

“Sei un idiota, Merlino. Un vero e proprio idiota”

“Un vero e proprio idiota di cui sei innamorato?”

“Non ancora per molto se continui così” sbuffa Artù, ma quando il moro gli fa apparire davanti un pancake enorme l’argomento cade subito “Comunque volevo solo sapere se avevi già preso il biglietto per tornare a casa a Natale”

Merlino è leggermente preso in contropiede dalla domanda, che non si aspettava minimamente, ma fa finta di non darlo a vedere – o almeno ci prova – mentre continua a cucinare “In realtà no”

“Perché non… non lo passiamo insieme?”

“Come?”

“Sai, la nostra tradizione natalizia. Io, te e Rudolph. Lo hai detto tu che una tradizione è tale solo se viene fatta più volte”

“Mi hai ascoltato sul serio, allora…” mormora il moro, girando l’impasto più per ingannare il tempo che per altro “Certo che tu sei uno che va da zero a mille. Macché mille, un milione”

“Scusami, so che è una cosa affrettata e a cui non avevi mai nemmeno pensato e…”

“Ti farebbe piacere?” lo interrompe bruscamente Merlino, girandosi e trovandosi davanti un sorrisetto divertito.

“In realtà voglio vederti mettere il maglione che ti ho regalato”

“Non mi metterò mai quello stupido maglione”

“Ma te lo ha regalato il tuo ragazzo, devi metterlo”

Il tuo ragazzo.

Che belle parole, pronunciate da Artù. Soprattutto perché sono per lui.

“Però capisco se vuoi tornare a casa, Hunit e Gaius ti aspetteranno” aggiunge subito frettolosamente il biondo, fingendosi molto interessato al pezzo di pancake rimasto nel piatto.

“Credo che rimarrò qui” dichiara Merlino, senza girarsi a guardare l’espressione di Artù, ma girando il pancake nella padella “L’anno scorso ho studiato molto di più e a mamma è piaciuto molto venirmi a trovare a Gennaio. Non vedo troppi problemi a rifarlo anche quest’anno, se riescono a prendere i biglietti adesso non costeranno nemmeno tanto”

Il moro spegne i fornelli e appoggia un piatto con una pila di pancakes ancora caldi sul tavolo.

“E tu? Sei sicuro di non voler tornare a casa?”

“Preferisco le tue patate bruciacchiate”

E il sorriso che Artù gli riserva è per Merlino la cosa più bella del mondo.

Ciò che Merlino nota, in quei primi giorni di relazione, è che da quando si sono imbarcati in questa storia, i ruoli tra lui ed Artù sembrano essersi invertiti: Artù è sempre attento, con un occhio sempre posato su di lui, mentre il moro si è di colpo rilassato e vive serenamente, giorno dopo giorno, quella storia d’amore.

Però ogni tanto, in alcuni momenti, riscopre quella quotidianità tanto scontata – almeno prima – e si ritrova a guardarlo, come incredulo che sia successo veramente. E sorpreso di accorgersi di quanto davvero desiderasse quella routine e quella normalità.

Gli piace guardare Artù farsi la barba, mentre parlano di cosa mangiare per cena. Gli piace preparargli i biscotti alla cannella a sorpresa perché sa che Artù sgranerà gli occhioni azzurri e lo bacerà dolcemente, prima che finiscano a farlo in cucina. Gli piace quando ha freddo, mentre sono sul divano a guardare un film, e Artù se ne accorge – e lo fa sempre, ogni volta – e lo copre con una coperta. Gli piacciono queste e mille altre cose che hanno sperimentato in quella sola settimana. E che Merlino ha sempre desiderato, senza mai saperlo del tutto.

Merlino si sofferma spesso a guardare Artù – il suo ragazzo da ben una settimana – e non può non notare il leggero segno di un morso che gli è rimasto sulla spalla, il taglietto che si è fatto per sbaglio perché si è tagliato male la barba, i capelli arruffati perché non si è ancora pettinato da quando si è alzato. Tutte cose intime, familiari e così quotidiane che gli sembra di viverle da una vita, non solo da poco più di un anno o da una settimana, a seconda di quando si vuole far iniziare il loro periodo insieme. Non aveva mai notato il modo di Artù di infilarsi la maglia, mettendo prima la testa e poi solo dopo le braccia, né aveva mai fatto caso alla piccola cicatrice che ha sulla pancia – nonostante il suo coinquilino girasse nudo per casa fin dai tempi più antichi – e non aveva mai trovato particolarmente belle le sue magliette, che invece ora sanno di lui e che ora lo attirano tremendamente.

Non sa se da fuori si veda qualcosa di diverso, in lui. Lui, personalmente, si sente felice. E non pensa che qualcuno gli debba chiedere se è felice – scusate, comici italiani, questa volta non servite – per notarlo, perché, almeno secondo lui, ci manca davvero poco perché leviti dal terreno quando cammina.

I due decidono di non dire nulla agli amici, almeno non da soli, e caso vuole che Lancillotto organizzi una serata al locale per festeggiare in piccolo il suo compleanno solo pochi giorni dopo. E per fortuna, perché già solo all’università, un giorno che Artù lo va a prendere con la moto, rischiano di farsi scoprire mentre si scambiano un fugace bacio sulle labbra, protetti dal tronco di un albero. Scoppiano entrambi a ridere quando sentono le voci di Freya e Gwen, non prima però di aver sudato freddo per un attimo, temendo di essere stati scoperti così malamente.

Merlino non fa che chiedersi ripetutamente come reagiranno o cosa penseranno gli altri, sia perché un po' gli importa – sono comunque i suoi migliori amici, se pensano che lui ed Artù non siano una bella coppia vorrebbe dire che qualcosa non va – e sia perché vuole ridere di loro, almeno un po'. Solo poco, però. Il giusto.

“Ci pensi?” Artù lo distrae dai suoi pensieri.

“A cosa?” Merlino deve sovrastare il rumore dell’acqua corrente.

“È la nostra prima uscita ufficiale di coppia”

Merlino si interrompe dal lavare i pochi piatti del pranzo e guarda il ragazzo sbalordito “Da quando sei così smielato e sentimentale?”

“Pensavo ti piacesse il sentimentalismo” rispose piccato il biondo “Altrimenti possiamo parlare del fatto che questa sera prenderemo la moto”

“Assolutamente no” replica Merlino, per nulla stupito del rapido cambio di tono del ragazzo: che Artù è prepotente, lo aveva capito fin dal primo giorno di convivenza.

“Non era una domanda”

“Non possiamo andare a piedi? O in taxi?” si lamenta il moro.

“Speri sul serio di vincere questa discussione?” sogghigna Artù, prima di avvicinarsi a lui e baciarlo dolcemente, con la palese intenzione di distrarlo.

Merlino geme, prima di riuscire a mormorare “Guarda che non puoi sperare di farmi dimenticare che vuoi andare in moto così”

“Uhm… quindi non sto… riuscendo minimamente… a distrarti?” il biondo gli lascia dei baci sulla linea della mascella, scendendo poi giù fino al collo e Merlino si scopre a trattenere un brivido.

“Non ti sopporto”

“Davvero?”

“No” Merlino scansa leggermente il ragazzo, per guardarlo negli occhi “Stavo pensando una cosa”

“Credevo avessimo ormai appurato che non funziona quando pensi, no? Pensi sempre male”

“Che ne dici se stiamo a casa a Capodanno, anche quest’anno?” propone Merlino, ignorando il commento di Artù “Preferisco le feste in casa, piuttosto che in un locale affollato. È molto più intimo e ci divertiamo di più”

“Che ne dico, eh?” commenta il biondo, afferrandolo per la vita “Dico che possiamo fare tutto ciò che vuoi, Merlino”

Ovviamente la discussione sulla moto torna fuori prima di uscire ed altrettanto ovviamente Merlino perde malamente, così si ritrova stretto alla schiena del suo coinquilino, mentre sfrecciano per le strade buie e alquanto deserte. Almeno questa è una buona scusa per stringersi a lui. Peccato che se fossero fermi Merlino riuscirebbe a registrare meglio quest’informazione.

Alcuni sono già lì, altri arrivano dopo di loro e nel tempo di attesa i due ragazzi si scambiano continuamente occhiate complici e sguardi languidi; non hanno deciso né il modo né il momento in cui rivelare la cosa, ma non ce n’è bisogno perché, nell’esatto istante in cui Artù si alza e sparisce alla vista per andare a prendere da bere per tutti, sette paia di occhi si girano verso Merlino, che si sente all’improvviso molto osservato.

“Ehm… che succede?”

“Non devi dirci nulla, Merlino?” chiede Gwen, con un tono troppo soave per essere vero.

“Uhm… no?” prova il moro, ben sapendo che non ha molte speranze. I suoi subdoli amici hanno aspettato che si dividessero per attaccare il più indifeso – alias quello con la minor faccia di bronzo in certe circostanze.

“Allora? La gran serata?” esclama Freya, con uno sguardo malizioso, mentre tutti sorridono malignamente.

“Come fate a sapere che avevo una gran serata?” Merlino getta rapidamente un’occhiataccia a Gwaine, l’unico a cui lo avesse effettivamente riferito, ma questo alza le spalle con fare innocente, come a dire che lui non c’entra assolutamente nulla con quella storia.

“Ricordi Morgana e il suo futuro come spia? Pensi davvero che sareste potuti scampare ad una cosa del genere?” interviene Gwen.

“Come hai fatto, Morgana, a sapere una cosa del genere?”

“Non si possono rivelare certi trucchi, no?”

“Merlino, Artù ti ha chiesto di uscire praticamente all’uscita dell’ospedale. Doveva mettere i cartelli al neon per risultare meno evidente” dichiara Freya “Eravamo tutti in attesa del vostro appuntamento”

“E se proprio lo vuoi sapere c’era un giro di scommesse” ridacchia Leon.

“Avete scommesso sulla nostra uscita?”

“Ovviamente, Merlino, ovviamente” interviene Morgana, con un ghigno malizioso “Io, naturalmente, conoscendo mio fratello, ho scommesso contro Gwaine che sarebbe scappato qualcosa di più di un bacio, mentre lui diceva che tu saresti stato troppo sconvolto per fare alcunché, avresti fatto una scenata e rovinato il momento”

Merlino sente le orecchie scaldarsi, mentre balbetta “Diciamo che non mi sento di dire che ha vinto solo uno di voi due…”

Gli occhi chiari della ragazza si accendono come due fari, ma non dice nulla, anche perché è Parsifal ad intervenire “Io ho scommesso con Freya su dove lo avreste fatto la prima volta: lei diceva nel salotto, mentre io puntavo molto sulla camera di Artù”

“Questa conversazione è incredibilmente imbarazzante” afferma Merlino, spostando lo sguardo su Gwen e Lancillotto “Vi prego, non ditemi che avete scommesso anche voi o mi metto ad urlare”

“Allora inizia a preparare la voce perché Lancillotto era convinto che ti pagasse Artù la cena, mentre io ho insistito perché dividesse equamente a metà” ribatte la ragazza, con un sorrisetto.

“Ma quanto ci mette Artù a prendere delle dannate birre? Mi sono sorbito le vostre folli idee tutte da solo” sbuffa Merlino, guardandosi intorno nella vana speranza di vedere l’amico il coinquilino il ragazzo comparire in mezzo alla folla con i bicchieri tra le mani.

Il ragazzo di Artù Pendragon.

Questo sì che suona decisamente bene.

“Che mi sono perso?” esclama il ragazzo, appoggiando il vassoio con tutte le ordinazioni.

“Oh, niente, abbiamo degli amici che farebbero concorrenza a qualsiasi comare di qualsiasi villaggio” sbuffa Merlino “Sul serio, ragazzi, esistono le riviste di gossip”

“Ma voi due siete più interessanti” taglia corto Morgana “E noi vogliamo sapere i dettagli”

Il moro sente le guance andare a fuoco e guarda il suo ragazzo, sperando in un suo supporto, ma Artù è seduto comodamente con il boccale di birra già in mano.

“Niente da fare, Morgana, sei comunque mia sorella. Non posso dirti i dettagli”

“Questo non ti ha mai fermato, prima d’ora” sogghigna l’altra, alquanto divertita “A meno che non sia stata una cosa così speciale che non vuoi farmela sapere perché ti vergogni. In quel caso saresti scusato”

“Stai aspettando che io lo ammetta ad alta voce?”

“Sì”

“Allora sì, è stato speciale e non ho alcuna intenzione di condividere i dettagli con te”

Alle parole di Artù, Merlino sente le guance incendiarsi e guarda la sua birra chiara con molta attenzione.

Morgana sta per aggiungere qualcosa, ma il fratellastro l’anticipa, con un ghigno degno di quelli della sorella “A meno che tu non voglia condividere i dettagli della tua storia con Gwaine, di cui, se ricordo bene, non mi hai ancora detto nulla”

“Per questa volta l’hai scampata, fratellino” dichiara, sconfitta la ragazza.

“Però una cosa io e Merlino ve la vogliamo dire: pensavamo di dare una festa in casa per Capodanno, come l’hanno scorso. Ci siete?” conclude Artù.

“Ci mancherebbe! Aspettavo solo l’invito ufficiale, mi sarei presentato lì in ogni caso” esclama Gwaine, facendo scoppiare a ridere tutti e spostando la conversazione verso altri argomenti.

La serata continua piacevolmente fino all’ora di chiusura del locale, tra brindisi vari indetti da Gwaine e Leon in favore di Lancillotto per il suo compleanno, in favore di Merlino ed Artù, in favore dell’amore ed in favore dell’alcol. Alla fine tutti – eccetto Artù, Gwen e Parsifal, nominati per quella sera autisti ufficiali – sono un po' sopra le righe e nessuno riesce a smettere di sorridere.

L’aria è fredda, fuori dal locale, ed Artù passa un braccio sulle spalle di un Merlino tremante, mentre si avvicinano alla moto parcheggiata lì davanti.

“Quanto siete teneri” commenta Parsifal, con un sorrisetto.

“Vi prego, non ditelo” sbuffa Artù, passando il casco al ragazzo.

“Perché no, amore?” ridacchia Merlino, alquanto divertito da questo atteggiamento di Artù poco incline alle cose dolci proclamate tanto per.

“Buona serata, ragazzi” aggiunge, salendo sulla moto e stringendosi al biondo “Ci vediamo tutti a Capodanno da noi, vero?”

“Ovviamente” conferma Gwen con un sorriso dolce, mentre Artù mette in moto.

E l’ultima cosa che entrambi sentono, prima di ripartire, è l’urlo di Gwaine che si perde nel vento “Comunque, Merlino, cerca di contenerti! E tu, Artù, copriti quel succhiotto che si vede da chilometri di distanza!”

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 - Epilogo ***


E sorridevi e sapevi sorridere coi tuoi vent'anni portati così
Come si porta un maglione sformato su un paio di jeans
Come si sente la voglia di vivere
Che scoppia un giorno e non spieghi il perché
Un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è

Giorni lunghi fra ieri e domani, giorni strani
Giorni a chiedersi tutto cos'era, vedersi ogni sera
Ogni sera passare su a prenderti con quel mio buffo montone orientale
Ogni sera là, a passo di danza, a salire le scale
E sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore
Quando aprivi la porta il sorriso, ogni volta, mi entrava nel cuore

Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova
Era tanto potere parlarci, giocare a guardarci
Tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino
Religione del tirare tardi e aspettare mattino
E una notte lasciasti portarti via
Solo la nebbia e noi due in sentinella

La città addormentata non era mai stata così tanto bella
(Farewell - F. Guccini)







Con l’inoltrarsi di dicembre l’aria cambia drasticamente.

Arrivano le prime nevicate, i primi nasi rossi e tante risate in mezzo a palle di neve e fiati a forma di nuvoletta. Arrivano le caldarroste e l’odore di zenzero. Arrivano le luci sparse per la città, le stufette sempre accese e il marzapane. Arrivano i biscotti con la cannella fatti in casa. Arriva il periodo che forse Merlino preferisce in assoluto.

Il Natale si avvicina rapidamente, troppo rapidamente. Compaiono ogni giorno ancora più luci, gli alberi addobbati, le decorazioni e le carte scintillanti con cui i commessi impacchettano, senza un attimo di tregua, centinaia di regali al giorno.

Arrivano i primi esami, gli ultimi per quell’anno, e con essi soddisfazioni. Per ogni esame ben riuscito torte, coccole e tanto amore sono all’ordine del giorno, ma anche un paio di cene fuori qua e là.

Sono proprio a cena fuori, in un vecchio ristorante italiano, in quel momento, Merlino e Artù, per festeggiare la fine della sessione di Dicembre – che ricomincerà a Gennaio, ma quello è un piccolo e trascurabile dettaglio che in questo momento sembra una cosa distante – e stanno ridendo di un tizio che ha sbagliato aula dell’esame e che si è ritrovato a fare un compito di un’altra materia.

“Non ci credo!” esclama per l’ennesima volta Artù.

“Ti dico che è la verità!” ribatte Merlino, con le lacrime agli occhi “Dopo circa dieci minuti si è accorto che qualcosa non andava e ha chiesto che esame fosse quello. Quando gli hanno risposto “Fisiologia” ha detto “Ma non è questa l’aula di “Economia aziendale?”, ha preso le sue cose ed è uscito di gran fretta”

“Ma il professore? Non ha detto nulla?”

“Non sapeva nemmeno come reagire! Cioè ha sbagliato aula, dipartimento, edificio, qualsiasi cosa! Chissà come c’è finito nella nostra classe”

“E l’esame, dopo? Com’è andato?”

Merlino alza le spalle “A parte il fatto che ci ho messo un quarto d’ora a concentrarmi di nuovo perché non riuscivo a smettere di ridacchiare spero bene. Non che mi avessi fatto studiare molto, nell’ultimo periodo”

“Mi hai rifilato picche nell’ultimo periodo” ribatte Artù “In continuazione. Perché dicevi che dovevi studiare per questo benedetto esame”

“Io dovevo studiare per questo benedetto esame” sottolinea Merlino, fintamente arrabbiato “E non ti ho dato picche, sono andato in biblioteca altrimenti tu avresti continuato a distrarmi”

“Io non ti distraggo” replica l’altro.

“No? E sederti in cucina di fronte a me che studio, accarezzandomi casualmente il ginocchio sotto il tavolo come lo chiami?”

“Esattamente allo stesso modo di tu che vieni lì e mi baci, mentre tento di ricordami i decreti degli ultimi cinque anni” il biondo non ha alcuna intenzione di darsi per vinto “Com’è che hai detto? Sì, che sei venuto a chiedermi cosa volessi per cena”

“Io ti ho effettivamente chiesto cosa volessi per cena” gli fa notare il moro.

“Tu mi hai fatto un massaggio a tradimento sulle spalle, mi hai baciato e hai iniziato a provarci. E solo dopo mi hai chiesto cosa volessi per cena”

“Ti ho lasciato studiare, però”

“Tu credi che io fossi davvero così concentrato, dopo che mi hai distratto così?”

“No? Peccato” sogghigna Merlino “Ed io che speravo di farti contento”

“Mi hai reso molto contento, ma decisamente poco concentrato” dichiara il biondo “Non so dire se è stato meglio o peggio avere i nostri rispettivi esami sparpagliati qua e là o se sarebbe stato più produttivo averceli tutti gli stessi giorni”

“Non ti avrei potuto preparare quel fantastico spezzatino quando sei tornato a casa, se avessi avuto un esame anch’io”

“Allora sarebbe stato decisamente meglio che anche tu avessi dato un esame quel giorno”

“Vorresti forse dire che non ti è piaciuto il mio spezzatino?”

“No”

“Bugiardo”

Artù sorride e, anche se non alza le mani, la sua espressione dice chiaramente “Colpevole, ho mentito”.

“Tranquillo” aggiunge Merlino “So benissimo che hai adorato il mio spezzatino”

“Adesso non esageriamo”

La risata cristallina del moro risuona intorno al loro tavolo e la cosa fa sorride – ancora – dolcemente Artù; il biondo gli sfiora delicatamente il dorso della mano con il pollice e Merlino sente un calore all’altezza del petto: non è più una novità la sua relazione con il coinquilino – ma chi vuoi prendere in giro, Merlino, sarà sempre una novità – però non riesce ancora ad abituarsi a certi gesti, a certi sguardi, a certe sensazioni che, è sicuro, non ha mai provato prima con nessuno.

Così è costretto a portarsi alle labbra una forchettata del risotto ai funghi che sta mangiando perché altrimenti potrebbe ritrovarsi a sorridere come un idiota – ed Artù lo prenderebbe in giro, lui lo prende sempre in giro. Sente un po' di sugo posarsi sulle labbra e lo toglie rapidamente con la lingua.

Gli occhi di Artù si accendono in un attimo.

“Ho voglia di baciarti”

“Adesso?”

“Sei buffo”

“Perché me lo dici e non mi baci direttamente?” sorride Merlino, subito ricambiato e l’altro si sporge un po' in avanti, sfiorando delicatamente le labbra del ragazzo.

“Ammettilo che volevi solo assaggiare il sugo di funghi” lo prende in giro il moro.

“È buono. Ma non volevo assaggiare solo il sugo con i funghi”

Merlino sente le guance scaldarsi leggermente “Non mi abituerò mai a queste tue dannate insinuazioni”

“Insinuazioni?”

“Insinuazioni”

“Io non stavo insinuando proprio niente” ribatte Artù “Io ho detto ciò che voglio chiaro e tondo”

E questo, se possibile, imbarazza il moro ancora di più.

Sta per ribattere – anche se ancora non sa nemmeno come, ma l’importante sarebbe aprire la bocca intanto – quando sente un paio di uomini nel tavolo affianco uscirsene con un “Checche del cazzo”, seguito da un “Facessero certe cose a casa loro”.

È sicuro che anche Artù lo abbia sentito – non può non averlo fatto – così il moro allunga la mano sul tavolo per stringere quella del ragazzo. Si chiede come certa gente possa ancora pensare certe cose, nel ventunesimo secolo, come non riescano a distinguere due persone felici ed innamorate quando le vedono, a prescindere dal loro genere. Si chiede se mai cambierà questa situazione.

La mano di Artù è rigida e contratta sotto la sua, così come la mascella del biondo e Merlino gli lancia uno sguardo preoccupato.

“Artù…”

“Voglio rispondere”

“No. Non ne vale la pena. Non cambierà nulla, anzi, gli darai solo un altro motivo di discriminazione”

“Non possono passarla liscia così”

“Se tu ora vai da loro e gli rispondi ti abbassi al loro livello” gli occhi di Merlino cercano quelli di Artù, che invece continua a lanciare occhiate al tavolo vicino; il moro gli stringe di più la mano e finalmente il ragazzo si gira verso di lui.

“Continuiamo la nostra cena, continuiamo a festeggiare la fine degli esami, continuiamo a baciarci, continuiamo a fare tutto ciò che vogliamo, come se loro non ci fossero. Perché loro non ci sono, loro non sono nessuno, loro non ci conoscono. La serata è la nostra”

“Come fai a non arrabbiarti? Come fa a non darti fastidio?” sbuffa il biondo, poco convinto.

“Mi dà fastidio. Mi ha dato fastidio tantissimo in questi anni. Ma se mi fossi fermato a rispondere ad ognuno di quelli che hanno fatto un commento negativo sull’essere gay, sul baciare un ragazzo o su una qualsiasi minima cosa inerente a questo discorso, avrei dato molti meno esami e avrei vissuto molte meno cose. Avrei perso tempo e basta perché questo è rispondere alla gente ignorante: una perdita di tempo”

“Mi dà fastidio…”

“Lo so, Artù. Avevo cercato di avvisarti, no? A tutti dà fastidio, la prima volta. E anche la seconda, la terza e la quarta. Ma dopo un po' si impara ad ignorare certi commenti, a non perdere tempo così e godersi il momento che si sta vivendo. Perché è vero, noi siamo gay, ci piacciono i ragazzi, ma in questo non c’è assolutamente nulla di male. Perché sì, noi andremo a casa e continueremo a fare queste cose e faremo anche di peggio se ci va, perché ne abbiamo tutto il diritto. Come abbiamo tutto il diritto di stare qui, goderci la nostra cena e baciarci tutte le volte che vogliamo”

Il biondo lo guarda, gli occhi azzurri un po' liquidi dall’emozione e dall’orgoglio “Quando parli così sembri… saggio”

“Io sono saggio”

“Forse, tra i due, il supereroe dovresti essere tu, non io… o anche un mago, sì, anche un mago potresti essere” commenta Artù, prima di mormorare “Posso dartene un altro, quindi?”

“Di cosa?”

“Di bacio”

Merlino sorride “Puoi fare tutto quello che ti pare, Artù”

Se i due uomini al tavolo vicino commentano anche questa volta, nessuno dei due lo sente, troppo impegnati a baciarsi, a dividere il cibo, a ridere e a chiacchierare; quando si alzano dal tavolo, nessuno dei due pensa più a quello che è successo, escono dal locale soddisfatti ed Artù prende dolcemente la mano del ragazzo. Merlino guarda quella stretta gentile di sottecchi, come se non volesse farsi beccare a farlo, e sente il cuore accelerare un po': anche a questo non si abituerà mai, o almeno non così tanto facilmente.

Arriva al Natale e con esso arrivano anche i biscotti a mezzanotte inzuppati nel latte prima di scambiarsi i regali, dei baci dolci fino all’alba e un dormire insieme senza alcuna malizia. Come da copione, al risveglio, Merlino prende in giro Artù per i capelli sparati per aria e il biondo prova – ovviamente – a dargli un pugno, che ormai il ragazzo è bravo ad evitare e finiscono per baciarsi ancora e fare l’amore, anche la mattina di Natale.

“Perché non ti sei messo il mio maglione?” sbuffa Artù, mentre guarda Merlino cucinare le patate tanto richieste.

“Perché è un dannatissimo cliché” risponde il moro “E poi perché potrei rovinarlo, mentre cucino, e non voglio”

“Pensavo di andare da mio padre, dopo pranzo” dichiara l’altro a bruciapelo, ma il giovane medico non si gira nemmeno.

“Da solo” aggiunge Artù “È un problema?”

È a queste parole che Merlino risponde “Un problema? Perché dovrebbe esserlo?”

“Ti lascio da solo il giorno di Natale”

“Non tornerai mai più?” domanda divertito il moro.

“No, cioè, vado a prendere il caffè e mi trattengo un po' lì. Voglio… vedere come sta, insomma. E salutare Morgana”

“Conoscendola, ti avrà minacciato di morte”

“Probabile, ma non l’ho ascoltata molto, come al solito” ammette Artù “Non ti dispiace quindi rimanere una paio d’ore da solo?”

“Viviamo insieme e quasi in simbiosi, Artù” gli fa notare Merlino, che non riesce a smettere di sorridere divertito “Non mi mancherà l’ossigeno solo perché per un paio d’ore non ci vediamo. Però torna presto, o non ti aspetterò per guardare il film di Natale”

“Cosa guardiamo quest’anno?”

“Mamma ho perso l’aereo”

“Sei un cliché ambulante, Merlino, altroché! Il mio maglione con le renne non è che una piccola cosa in confronto” commenta Artù “Spero che guarderemo il secondo: è decisamente più bello del primo”

“Assolutamente no, il primo è meglio”

Merlino, da bravo tradizionalista, è assolutamente convinto che i primi film siano indubbiamente e drasticamente migliori di sequel, prequel e compagnia bella.

“Che ti dicevo? Un cliché ambulante” sbuffa il biondo “Questa discussione non finisce qui. Sono pronte quelle patate? Ho una fame pazzesca”

“Artù, certe volte sei davvero incontentabile” dichiara il moro, prima di scoppiare a ridere.

Quando Artù ritorna, dopo il caffè preso a casa del padre, trova Merlino con il maglione con le renne, sul divano, con due tazze di cioccolata calda fumante e con una torta di mandorle e carote; la casa profuma del dolce appena sfornato e di cioccolato e il moro non può non pensare a quanto sia bello il suo ragazzo con le guance arrossate dal freddo e gli occhi lucidi per il vento.

“Hai preparato una torta?”

“Non è Natale senza torta, no?” si limita a rispondere Merlino “Dai, muoviti a cambiarti e a raggiungermi. Ho cambiato idea, niente “Mamma ho perso l’aereo” quest’anno. Ti lascio scegliere tra “Polar Express” e “Nightmare Before Christmas”, dimmi quale preferisci”

“Nightmare Before Christmas si guarda ad Halloween” protesta Artù, togliendosi la giacca; il ragazzo fa per ribattere, ma viene subito bloccato dal biondo “No, non ci provare. Posso anche essere d’accordo sul fatto che forse il primo “Mamma ho perso l’aereo” è meglio del secondo, anche se devo dire che ci sono delle scene meravigliose anche nell’altro, ma su “Nightmare Before Christmas” non transigo: quello si guarda ad Halloween”

“Vada per “Polar Express” allora” dichiara Merlino, scoppiando a ridere e osservando Artù andare in camera a cambiarsi.

Dopo il Natale, il tanto atteso Capodanno.

Gwaine è in fibrillazione da giorni e avrà scritto un centinaio di messaggio solo a Merlino e praticamente solo per dirgli che è super entusiasta e che non vede l’ora di fare festa. Ha detto che si occuperà dell’alcol – di nuovo – e che spera che Gwen prepari i suoi famosi involtini.

Merlino è ovviamente già preoccupato ed in ansia per l’organizzazione, ma è molto contento di avere di nuovo i suoi amici in giro per casa in un clima di festa ed allegria; fortunatamente Gwen e Lancillotto aiutano con le pietanze e anche Leon dà una mano, preparando insieme a Freya un dolce con talmente tanta panna che, per mangiarla tutta, Artù tira fuori dei biscotti dalla credenza e finiscono per divorarla così.

Merlino corre come una trottola tra il ripostiglio e il salotto, cercando piatti, bicchieri e tovaglioli; Artù lo segue, solo per dargli fastidio, ovviamente.

“Questi pantaloni ti stanno divinamente” gli sussurra Artù all’orecchio con fare malizioso “Ho voglia di strapparteli di dosso”

“Ci sono tutti di là, non penso sarebbe saggio” gli fa notare il ragazzo, seppur celando malamente un brivido che gli corre lungo la schiena.

“Sei tremendamente noioso. Come se non sapessero che…”

Le orecchie di Merlino si tingono rapidamente di rosso “Questa conversazione è tremendamente imbarazzante…”

“Adoro questo tuo lato puritano, mentre poi…” questa volta è Artù a fermarsi e a lasciare la frase in sospeso, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Merlino.

“Ti diverti?”

“Molto”

“Sei insopportabile”

“E tu ti imbarazzi a parlare di sesso con il tuo ragazzo” ribatte Artù, mettendogli le mani sui fianchi e avvicinandoselo “Nonostante la maggior parte delle volte sei tu ad iniziare…”

“Mi imbarazza parlare di sesso così con te, soprattutto in una casa con pareti sottili e tutti i nostri amici di là” replica il moro, cercando di scostarsi, prima che le sue labbra vengano catturate inesorabilmente dal coinquilino.

“Ti ricordo che ci hanno beccato fin dalla prima volta, amore” sogghigna Artù.

Merlino gli dà una piccola spinta, scuote la testa e torna in salotto, nel bel mezzo dei festeggiamenti, dove Parsifal ha montato le casse e ha fatto partire la musica dal computer del biondo.

“Merlino!” esclama Gwaine, avvicinandosi a lui; sa di alcol e il giovane medico non può non ridere di fronte al suo aspetto già trasandato, nonostante abbiano finito la cena da poco “Adoro questa casa. Dovreste fare più spesso delle feste. Mi offro per portare l’alcol”

“Tu ti offri sempre per portare l’alcol, Gwaine”

“Ed infatti le nostre feste sono sempre divertenti” sottolinea il ragazzo, dai capelli lunghi, prima di afferrare Morgana per un braccio e baciarla sulle labbra con passione, accompagnato da un coretto di urla e fischi; Merlino scuote la testa, divertito, ed appoggia i bicchieri che ha preso nel ripostiglio sul tavolo.

“Serve una mano?”

“No, grazie, Gwen. Tutto in ordine” risponde all’amica con un sorriso; la ragazza gli si avvicina.

“Ci pensi che è già passato un anno dal Capodanno scorso?”

“Sembra meno, vero?” il moro si versa della birra e si porta il bicchiere alle labbra.

“Lancillotto mi ha chiesto di sposarlo”

Merlino sgrana gli occhi e rischia di strozzarsi con la birra; tossisce e si pulisce le labbra con la manica del maglioncino celeste che indossa “Lancillotto ha fatto che cosa?!”

“A Natale” conferma Gwen, annuendo “Sei il primo a cui l’ho detto”

“Gwen, lasciatelo dire, devi migliorare decisamente il modo in cui dire certe cose”

“A parlato il signor “il mio ragazzo si presenta al bar con un succhiotto, il resto ve lo lascio indovinare”…”

“È una cosa diversa!” protesta Merlino “Cioè tu… ti sposi? Voi vi sposate?”

“In futuro, ancora è tutto da decidere ma… sì, ci sposiamo” sussurra Gwen “Ed io sono così felice…”

Merlino stringe l’amica tra le braccia, mormorando “Sono molto contento per voi…”

Pochi istanti dopo, anche Lancillotto compare in cucina “Disturbo?”

“Oh, no, Gwen ha solo lanciato una bomba senza curarsi del mio povero cuore che non può reggere troppa dolcezza in una volta”

“Tu vivi sul pianeta cuoricino da un mese ormai, per te la dolcezza non sarà mai troppa” ribatte la ragazza e Merlino fa una smorfia, prima di ammettere “Effettivamente…”

Si gira a guardare l’amico “Sono molto felice per voi, Lancillotto”

“Sei il primo a cui Gwen lo voleva dire”

“Tu no?”

“Io ho paura della reazione di Gwaine, quando saprà di non essere stato il primo” confessa il ragazzo, facendo ridere l’amico.

“Manterrò il segreto, allora. Quando avete intenzione di dare il grande annuncio?”

“Più tardi, quando parleremo dei nostri propositi per il nuovo anno”

“Mi sembra un buon momento”

Merlino annuisce, prima di fare un cenno verso il salotto, dove la musica alta ha coperto ogni parola “Andiamo a ballare?”

Il ballare del giovane medico, in realtà, dura molto poco e si lascia cadere stancamente sul divano dopo solo due passi di danza accanto a Freya – che, al contrario, è instancabile e ha torturato il povero Parsifal fino allo sfinimento perché la accompagnasse nel ballo.

“Cos’è quella faccia?” esclama Artù, una voce leggermente modificata dall’alcol e dall’allegria, mentre si avvicina al ragazzo e gli dà una pacca sulla spalla.

“Pensavo”

“Tu pensi troppo, Merlino. L’anno scorso, per farti smettere di pensare, ho dovuto baciarti”

“Così mi hai dato solo altri argomenti a cui pensare”

“Dai, forza, vieni con me”

Merlino sorride e stringe la mano che Artù gli sta porgendo e lo segue fino in camera sua, dove il biondo si chiude la porta alle spalle; spinge il ragazzo contro la porta e si avvicina a lui, baciandolo dolcemente.

“Le mie labbra mi sembrano argomenti molto validi, non credi?” ridacchia Artù, con un sorrisetto divertito a sfiorargli le suddette labbra.

“Io credo che tu sia un idiota, ma questo lo penso da quanto hai messo piede in casa, quindi non è una novità” ribatte Merlino, rilassandosi contro il legno “Però stavo davvero pensando all’anno scorso”

“Quanto sei prevedibile” lo prende in giro Artù, avvicinandosi un po' più a lui “Era stato un bel bacio, no?”

“Hai visto che è vero il detto di ciò che succede a Capodanno?” gli fa notare il moro, ridacchiando.

“Io vedo solo che è vero che baciare qualcuno a Capodanno porta bene: guardaci, tu hai trovato un fantastico ragazzo ed io un cuoco personale che posso pagare in baci”

“Non sono così facilmente corruttibile, Artù”

“Sei molto corruttibile, Merlino” replica il biondo, avvicinando il viso al suo collo e soffiandogli leggermente le parole addosso, in modo tale che il suo fiato caldo sia percepito bene dal ragazzo in quel punto tanto sensibile. Cosa che ovviamente Artù sa e – ovviamente – sfrutta.

“Non è vero!” protesta l’altro e il biondo mette su un’espressione che dice chiaramente “Ma chi vuoi prendere in giro?”.

“Mi hai cucinato per un anno senza volere nulla in cambio, lo sai vero?”

“Non volevo che la cucina andasse a fuoco”

“Hai davvero scarsa fiducia nelle mie capacità”

“Assolutamente sì. Devo forse ricordarti che hai provato a scaldare il latte e stavi per squagliare il manico del pentolino?”

“Perché non fanno quei cosi di metallo, esattamente? Non sarebbe mai successo”

“Perché nessuno pensa che ci siano persone così idiote da mettere il manico di plastica praticamente sopra il fuoco” risponde Merlino, guadagnandosi un’occhiataccia; il moro sorride, divertito, e prende la mano di Artù per sedersi accanto a lui sul letto. Appoggia le braccia indietro e getta la testa verso il soffitto.

“Certo che ne sono successe di cose, quest’anno”

“Tipo tu che ti sei ubriacato e sei finito lungo e disteso per terra al mio compleanno”

“O tu che stavi per prendere a pugni Alator” ribatte Merlino.

“Avevo i miei buoni motivi”

“Eri geloso all’inverosimile”

“Calunnie e maldicenze”

Artù ha messo su il broncio e Merlino lo trova, se possibile, ancora più adorabile; si sporge verso di lui e lo bacia, anche se l’altro prova a fare resistenza – cinque secondi netti – prima di cedere malamente e lasciarsi andare al bacio; il moro gli accarezza una guancia e, quando si stacca, si prende un attimo per guardarlo negli occhi. Per guardare negli occhi il suo ragazzo. Il suo ragazzo Artù Pendragon.

“Mi piace questa cosa, sai?”

“Quale cosa?”

“Che sei geloso”

“Io non sono geloso”

“Me lo hai detto tu, ricordi? Che potresti essere un tantinello geloso”

“Non rigirare le mie frasi contro di me, Merlino” sibila Artù, ma in un attimo le labbra di Merlino sono di nuovo sulle sue e in soli cinque minuti hanno entrambi i capelli arruffati, le camicie spiegazzate e gli occhi lucidi di desiderio; respirano affannosamente ed è il moro il primo a riprendere il controllo.

“Torniamo di là? Tra poco scatta la mezzanotte, dobbiamo dire i nostri buoni propositi o Gwaine si arrabbierà, lo sai…”

“Aspetta un attimo, devo dirti una cosa” sussurra il biondo.

Merlino guarda confuso il ragazzo, incerto sull’essere in grado di ascoltare qualsiasi cosa Artù voglia dirgli. Con Artù non si sa mai quanto un discorso possa essere profondo.

“Volevo dirti che da quando vivo con te sono cambiato. Una volta non sapevo cosa fare della mia vita, vivevo di feste ogni sera, di donne nel mio letto la notte e di sveglia all’ora di pranzo il giorno dopo. Una volta non avrei mai pensato di baciare un ragazzo, anche se non ho mai avuto nulla contro i gay, né di fare l’amore con così tanto trasporto o di preoccuparmi solo perché tu non hai le tue caramelle nella credenza”

Com’è la cosa dei discorsi profondi di Artù all’improvviso? Sì, eccola.

“Con te sono migliorato, ma rimanendo me stesso. Con te ho capito cosa voglio essere”

“Un supereroe?”

“Un buon ragazzo, per te. Un buon figlio, per mio padre. Un buon fratello per Morgana. E un buon amico, per chi mi vuole bene” lo corregger Artù, spostandosi un ciuffo di capelli da davanti agli occhi “Perciò voglio dirti il mio buon proposito per il nuovo anno, prima di dirlo a tutti gli altri perché forse lo farò con meno intensità…”

Il biondo incrocia un attimo lo sguardo del moro – che in questo momento dovrebbe provare a ricordarsi come si respira ed invece la cosa non sta funzionando molto – prima di riprendere “Perché, maledizione, anche questo riesci a fare tu, riesci a farmi dire cose che non mi sarei mai sognato di dire, che non mi sarei mai sognato di provare, che non avrei probabilmente mai confessato a nessuno”

“Io lo sapevo, quando ti sei presentato con quaranta minuti di ritardo, che mi stavo mettendo in casa un idiota…” sussurra Merlino, cercando di non perdersi nemmeno un fiato di tutto il discorso di Artù.

“Voglio dirti che nel nuovo anno voglio essere il ragazzo perfetto, il coinquilino perfetto, l’amico perfetto per te. Voglio che tu sia fiero di me e voglio amarti come meriti. Voglio vederti sempre ridere, con quel sorriso storto che ti ritrovi. E voglio baciarti, tutto il giorno, tutti i giorni e fare l’amore con te, ma anche la spesa, le birre davanti alla televisione e le torte la domenica. Voglio imparare a fare il caffè e portartelo a letto ogni tanto, a sorpresa. Voglio questo e tante altre cose, ma voglio farle con te. Perché con te hanno un sapore diverso”

“Pensavo di avertelo detto, Artù. Tu puoi fare tutto quello che vuoi. Noi possiamo fare tutto quello che vogliamo” dichiara Merlino, facendogli un sorriso “Possibilmente rimanendo lontani dalle cose legali e dai dannati aggeggi a due ruote”

“Io lo sapevo, invece, che saresti diventato un centauro” ridacchia Artù e per il moro è meglio così, quando quei discorsi profondi si alternano a battute: è tutto così dannatamente nel loro stile.

“Tu sei perfetto già così, Artù. Non devi cambiare nulla di te”

“Io so di essere perfetto. Per me e per gli altri”

“Con la modestia come cavallo di battaglia…”

“Ma tu sei tu”

“E Colombo scoprì l’America…”

“No, idiota, intendevo che tu sei unico. Sei speciale” Artù alza lo sguardo e i suoi occhi si incastrano in quelli celesti del ragazzo “Sei qualcosa per cui vale la pena lottare”
 
 
 



Spazio autrice(?)
Grazie.
Inizio dicendo questo e aggiungendo che ora farò uno sproloquio di quelli che non avete mai visto.
Ringrazio ognuno di voi, per essere arrivato fino a qui e per aver amato la mia storia.
Ringrazio MAAE_8830, LadyKant e Koa__ per aver recensito lo scorso capitolo.
Ringrazio Relie_Diadamat per aver iniziato la mia storia per caso e per avermi detto di averla incuriosita.
Ringrazio bacieabbracci, boorori, colinred_, Erikasuper08, Frollove, ilpianista99, kit_kat1864, MAAE_8830, Morgana_melissa, Nadira_99, Nolalaviniaa, NorwegianWoodFields, Reghal75, royal_donkeyuelafox, _ang_1985_ e _endlessly per aver aggiunto la storia alle preferite.
Ringrazio Morgana_melissa, Nadira_99 e _elessar_ego per aver aggiunto la storia alle ricordate.
Ringrazio Amber, badluna, Come_What_Klaine, CrystalWolf_019, Dany_skywalker, G14d4, Greyisthesun, Koa__, LadyTsuky, MAAE_8830, Morgana_melissa, Nina Venceslai, Nolalaviniaa, roberta1993, RoeLinwood, royal_donkey, simoasr94, uelafox, vanessatomasino e _flaviaa_icc_ per aver inserito la storia tra le seguite.
Spero di non aver dimenticato nessuno (e di aver scritto i nomi giusti), alcuni di voi li ho ripetuti più volte, lo so, ma andavate ringraziati due volte, e spero di non aver violato regole di privacy nel farlo (in caso ditemelo che cancellerò ciò che ho scritto).
Ringrazio chi mi ha lasciato recensioni con costanza, chi me ne ha lasciata una qua e là, chi ha voluto anche solo dirmi quanto gli stesse piacendo la mia storia.
Ringrazio chi è arrivato fino a qui, per scoprire l’inizio di questa storia d’amore. Perché, per citare Once Upon a Time, questo non è un “happy ending”, ma un “happy beginning”.
Ringrazio ognuno di voi, dal primo all’ultimo, che mi avete accompagnato fino a qui.
Questa storia mi ha fatto compagnia per quasi 7 mesi, così come Merlin mi tiene compagnia ogni volta che non so cosa fare, ogni volta che voglio fare un tuffo nel passato ed ogni volta che ho voglia di leggerezza non stucchevole. Mi fa strano salutarla così, ma, chissà, magari è solo un arrivederci. Magari un giorno comparirà magicamente un sequel, nato dal nulla. Non sono una grande fan dei sequel, spesso basta l’opera originale, ma magari mi verrà un’idea che riterrò fantastica e la scriverò. Per adesso sono concentrata su un’altra long, che pubblicherò prima o poi, ed in cui Merlino ed Artù torneranno a Camelot e il piccolo e accogliente appartamento lo lascerò quindi stare per un po'.
È la prima long che scrivo (che finisco), praticamente, e l’ho insultata, ho avuto il blocco dello scrittore, ho avuto paura che fosse noiosa, ho avuto paura che fosse banale, non sapevo come riempire i capitoli, ma sono andata avanti. Sono andata avanti con la convinzione che non posso essere l’unica a cui piacciono la semplicità, la quotidianità e questi dannatissimi cliché. Sono andata avanti con la convinzione che, forse, questa volta ne valeva la pena. Che valeva la pena lottare per finirla e dare un degno finale ai due piccoli coinquilini. Sono andata avanti con la convinzione che mi stessi divertendo davvero tanto ad immaginare certe cose e che non volevo assolutamente smettere e con la speranza che anche a qualcun altro facesse piacere leggere ciò che scrivevo. Manzoni sarebbe fiero di me.
Eccomi qui, quindi, forse per la prima volta puntuale da quando ho iniziato questa storia, con l'ultimo capitolo.
Non so cosa dire su quest’ultimo capitolo, sinceramente, e spero che Artù abbia già parlato a sufficienza al posto mio. Forse non è molto da lui un discorso del genere, ma ci tenevo a concludere con un suo discorso che facesse capire quanto sia cambiato in quest’anno e tre mesi di convivenza. Spero di lasciarvi un bel ricordo di lui. Di lui, di Merlino, di me, della mia storia, e di tutti gli altri personaggi comparsi.
Come ho già detto, quindi, questo non è un addio, è solo un arrivederci.
Lunga vita a Camelot, all’amore, alle caramelle.
A presto,
Felpie

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3913973